Magisterium

di Signorina Granger
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Ritorno ad Hogwarts (Scelta OC) ***
Capitolo 3: *** Nuove lezioni ***
Capitolo 4: *** Rintocchi ***
Capitolo 5: *** Dolore ***
Capitolo 6: *** Nuova settimana, nuova lezione ***
Capitolo 7: *** Passeggiatine notturne, scommesse e lettere ***
Capitolo 8: *** Inviti a cena poco graditi ***
Capitolo 9: *** Corvonero - Serpeverde ***
Capitolo 10: *** Lettere indesiderate, indecisioni e rivelazioni ***
Capitolo 11: *** Partenze e cene poco attese ***
Capitolo 12: *** Lethifold e battibecchi ***
Capitolo 13: *** Gaffe e serate inusuali ***
Capitolo 14: *** Sfogarsi ***
Capitolo 15: *** Gita ad Hogsmead ***
Capitolo 16: *** Visite inattese e forti indecisioni ***
Capitolo 17: *** Il momento della verità ***
Capitolo 18: *** I Patronus ***
Capitolo 19: *** Passeggiatina al chiaro di Luna ***
Capitolo 20: *** Fratelli ***
Capitolo 21: *** Febbre, veleni e camini presi in prestito ***
Capitolo 22: *** Grifondoro - Serpeverde ***
Capitolo 23: *** Raccontarsi (Parte I) ***
Capitolo 24: *** Raccontarsi (Parte II) ***
Capitolo 25: *** Verifiche, chiarimenti e incontri indesiderati ***
Capitolo 26: *** Pedinamenti e Appuntamenti ***
Capitolo 27: *** Di chi dorme fino a tardi e di chi gioca a tennis ***
Capitolo 28: *** Nuotatina al chiaro di Luna ***
Capitolo 29: *** Compleanni, punizioni e lettere da casa ***
Capitolo 30: *** Piccole vendette e fantasmi da affrontare ***
Capitolo 31: *** Di chi resta e di chi se ne va' ***
Capitolo 32: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Magisterium
 
Prologo
 
Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, 1944
 
 
Non avrebbe mai pensato di tornare ad Hogwarts quando, nove anni prima, si era diplomata a pieni voti.
Eppure, malgrado tutto, era di nuovo in uno dei posti che aveva amato di più.
 
Varcando la soglia dell’Ingresso quasi sorrise, passando in mezzo agli studenti che le rivolgevano occhiate curiose, chiedendosi che cosa ci facesse tra le mura della scuola una donna che di certo non era un’alunna e nemmeno un’insegnante.
Come li invidiava, quegli adolescenti… Al sicuro dentro le mura di una scuola, con probabilmente l’unica preoccupazione dello studio in testa. Negli ultimi anni invece il Ministero e specialmente il Dipartimento avevano avuto diverse gatte da pelare, a causa di quello psicopatico di Grindelwald che disseminava terrore in tutta Europa.
Però in quel momento si stava ponendo la loro stessa domanda… Che cosa ci faceva di nuovo ad Hogwarts?
 
Probabilmente, presto avrebbe avuto la risposta a quella domanda che si poneva da tre giorni, quando le era inaspettatamente arrivata una lettera dall’ultima persona che si sarebbe aspettata: Armando Dippet, Preside di Hogwarts.
 
Salì le scale in fretta, senza guardarsi troppo intorno o fermarsi a parlare con qualcuno, diretta verso l’Ufficio del Preside.
Non tornava al castello da nove anni, però sembrava non aver dimenticato nulla… Nel momento stesso in cui aveva messo piede ad Hogwarts tutto le era tornato in mente, compresa la strada per raggiungere la sua vecchia Sala Comune.
 
Arrivata davanti al Gargoyle Charlotte si schiarì la voce per poi pronunciare la parola d’ordine, che Dippet le aveva scritto nella lettera:
 
Magisterium.”
 
Quando il Gargoyle si spostò Charlotte iniziò a salire la stretta scala a chiocciola, fermandosi davanti alla pesante porta di quercia intagliata. Non sentiva alcuna voce dall’interno della stanza, quindi Dippet molto probabilmente era solo… sembrava che avesse fatto chiamare soltanto lei.
 
Alzò la mano per bussare, ma non ne ebbe il tempo perché la porta si spalancò, mostrando l’anziano Preside seduto dietro la sua scrivania.  L’uomo le rivolse un sorriso, invitandola ad entrare:
 
“Buonasera Professore… Voleva vedermi?”
 
“Buonasera Charlotte… Si sieda, voglio parlarle di una certa idea che ho avuto. E chi meglio della prima donna ammessa al Dipartimento degli Auror può aiutarmi?”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
*****************************************************
Angolo Autrice:
Buongiorno a tutti! Per chi non avesse ancora avuto la malsana idea di prendere parte ad una mia Interattiva, molto piacere. 
Quanto sarebbe passato prima che me ne uscissi con una nuova storia? Poco, mi dicevo… e infatti eccomi qui.
 
La storia è ambientata nel 1944, tra la prima apertura della Camera dei Segreti e la sconfitta di Grindelwald…  Potete perciò creare OC con cognomi conosciuti, ma solo secondari (quindi niente Potter, Malfoy o Weasley).
 
Poche semplici regole per partecipare e andare d’accordo con la sottoscritta:

 
  • Potete creare studenti o professori, i primi devono essere del VII anno mentre i secondi devono avere un’età compresa tra i 25 e i 35 anni
  • Nella recensione dovete precisare se il vostro OC è un professore o uno studente, il sesso e la Casa più eventuali ruoli nel secondo caso
  • Massimo due OC a testa
  • Non accetto Licantropi, Animagus, mezze Veela, mezzi Vampiri ecc
  • Avete tempo per mandarmi le schede fino alle 19 del 27, quelle che mi arriveranno dopo non verranno considerate
  • Se partecipate e venite scelti dovete essere presenti, se sparite per tre capitoli di seguito siete eliminati
 
Detto questo, vi metto la scheda da completare per quanto riguarda gli Studenti:
 
Nome:
Casa:
Aspetto:
Prestavolto:
Descrizione psicologica:
Ruolo: (Quidditch, Caposcuola, Prefetto, Lumaclub ecc)
Cosa ama/odia:
Fobie/Debolezze:
Patronus e ricordo felice:
Molliccio:
Materie: (quali ama o odia, dove è bravo particolarmente o meno)
Abilità particolari per cui è stato scelto per la nuova “classe”:
Storia e Famiglia: (la storia è ambientata in un periodo non proprio facile, quindi accetto passati turbolenti, traumi ecc… Vi chiedo solo di non essere troppo tragici)
Amicizie/Inamicizie:
Relazione:
Altro:
 
 
Questa invece è quella dei Professori:
 
Nome:
Età:
Aspetto:
Prestavolto:
Descrizione psicologica:
Ex Casa:
Materia che insegna:* (mettete anche un’opzione di riserva in caso la prima sia occupata)
Patronus e ricordo felice:
Storia e Famiglia: (la storia è ambientata in un periodo non proprio facile, quindi accetto passati turbolenti, traumi ecc… Vi chiedo solo di non essere troppo tragici)
Oltre ad aver accettato la cattedra momentanea da Dippet, che lavoro fa? (Curatore, Pozionista, Auror, insegnava altrove ecc)
Abilità particolari:
Amicizie/Inamicizie:
Relazione:
Altro:
 
*Le materie sono: Veleni e Antidoti, Medimagia, Difesa contro le Arti Oscure Avanzata e Duelli (quest’ultima è già occupata)
 
 
Con questo è tutto, spero che parteciperete in tanti… A presto!
 
Signorina Granger
 
 

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Capitolo 2
*** Ritorno ad Hogwarts (Scelta OC) ***


Capitolo 1: Ritorno ad Hogwarts (Scelta OC)

 

6 Gennaio 1944

 

A Jane Prewett piaceva andare in treno… specialmente se si trattava dell’Espresso per Hogwarts, quella vecchia locomotiva che due volte all’anno la riportava a scuola e per altrettante volte la faceva tornare a casa, dalla sua famiglia.

L’unica cosa che non le era mai andata giù di quei viaggi in treno era che puntualmente ogni Settembre e ogni Gennaio non riusciva a trovare i suoi amici nei numerosissimi scompartimenti nei vari vagoni del treno.

La Tassorosso sbuffò sommessamente, continuando a camminare e voltando lo sguardo a destra e a sinistra nella speranza di intravedere qualche faccia amica nei vari scompartimenti, visibili dall’esterno grazie alle porte scorrevoli in vetro.

Ma dove si sono cacciati questa volta, nella cabina del macchinista?

Quei due ovviamente negavano sempre, ma Jane era sicura che lo facessero apposta a non farsi trovare… Se li immaginava chiaramente, rintanati in un qualche scompartimento a ridersela mangiando dolci e immaginandola intenta a cercarli colma di irritazione.  Immagine che in effetti corrispondeva alla realtà, ma Jane non teneva a farlo sapere a due tra i suoi più cari amici.

La ragazza si fermò all’improvviso, causando un mezzo scontro con qualcuno che camminava dietro di lei. Normalmente si sarebbe fermata a scusarsi, ma la sua attenzione era stata inevitabilmente catturata da due persone che avevano occupato lo scompartimento alla sua destra.

Ed eccoli lì, intenti a ridere, seduti accanto al finestrino uno di fronte all’altro e i sedili accanto a loro già mezzi ricoperti di dolci.
Non sbagliava un colpo, se si trattava di loro.

Jane si avvicinò e spalancò la porta, facendola scorrere con un gesto secco e restando in piedi sulla soglia, guardando i due zittirsi e voltarsi sincronicamente verso di lei.
Ne Amos ne Dante sembrarono cogliere l’espressione vagamente irritata che era comparsa sul volto della ragazza, perchè entrambi sfoggiarono due sorrisi allegri prima di salutarla:

“Jane, eccoti qui! Stavo per mandare Dan a cercarti.”

“Certo, ci credo. Mi spiegate perché ogni anno vi mettete nel punto del treno opposto rispetto al viaggio precedente?”

“Non lo facciamo apposta piccola Jane, è un caso...”

“E allora com’è che voi due vi trovate sempre in due secondi mentre io ci metto mezz’ora?”

La Tassorosso roteò gli occhi, entrando nello scompartimento e lasciando che la porta si chiudesse da sola alle sue spalle mentre si avvicinava ai due, lasciandosi scivolare sul sedile accanto ad Amos.

Dante le rivolse un gran sorriso e, anche se provò a non ricambiare, le sue labbra sottili si ritrovarono piegate leggermente all’insù quasi senza la sua volontà.

“Forse hai scarso senso dell’orientamento, Jane… Quanto a come noi ci troviamo sempre molto in fretta, non so spiegarlo.”

“Te lo dico io perché Dan, la vostra idiozia maschile funge da radar.”

Jane appoggiò il capo sulla spalla di Amos, sospirando e chiudendo gli occhi. Era immensamente felice di tornare a scuola, quelle vacanze erano state se possibili peggiori di quelle estive…

Vedere sua madre nervosa, terrorizzata e senza suo padre a tranquillizzarla era orribile… Come la consapevolezza di non poter fare assolutamente nulla per aiutarla, non ancora almeno.
Pochi mesi dopo però si sarebbe Diplomata, e allora le cose sarebbero cambiate… O almeno lo sperava. Le dispiaceva lasciare Hogwarts, significava non solo abbandonare la sua scuola e il luogo che le aveva fatto da casa negli ultimi anni… andarsene dal castello significava anche smettere di vivere in una bolla che non le faceva pensare alle guerra, non costantemente almeno.

“Che c’è Jane? Brutte vacanze?”

“Siamo nel 1944 Amos… Non esistono vacanze piacevoli. Per i maghi, per i Babbani… per nessuno.”

La Tassorosso tenne gli occhi chiusi, non sentendo alcuna risposta alla sue parole e avendo così la conferma che anche i suoi amici la pensavano allo stesso modo, anche se forse era l’unica ad avere il coraggio di dirlo ad alta voce.

Sentì il capo di Amos appoggiarsi contro il suo e la ragazza aprì gli occhi azzurri, ritrovandosi a guardare Dante che ricambiava il suo sguardo. Gli rivolse un debole sorriso e lui come sempre ricambiò, guardandola come se volesse aiutarla ma non sapesse come fare.

“Anche se intorno a noi tutto cade a pezzi, l’importante è stare uniti. Finché siamo con chi ci ama, niente può andare del tutto storto.”

Alle parole del ragazzo Jane non potè non sorridere, sapendo anche troppo bene da dove Dante avesse tirato fuori quelle parole:
“Questo chi l’ha detto Dan, tua madre?”

“No. Mio fratello Anthony.”     Il Grifondoro ricambiò il sorriso, facendo ridacchiare Jane mentre Amos alzò gli occhi al cielo, lanciando all’amico un’occhiata quasi rassegnata:

“Mi mancavano le tue citazioni Dan… Stare due settimane senza i tuoi aforismi di famiglia è stato quasi traumatico.”

“Falla finita Watson, dico quello che mi pare!”

                                                                    
Dante si abbandonò sullo schienale, prendendo una Cioccorana e scartandola mentre si metteva comodo, stendendo le lunghe gambe per quanto lo stretto spazio tra i sedili glielo permettesse e impedendo così ai due amici di muoversi, causando sonore proteste da parte di Amos.

Jane invece sorrise, quasi non ascoltando i battibecchi tra i due e pensando a quanto Hogwarts e di conseguenza i suoi amici le fossero mancati.

                                                                              *

“Un giorno o l’altro mi spiegherai perché vai in giro con quell’affare? Non ti ho mai visto usarla.”

Seduto comodamente sul sedile accanto al finestrino e il capo appoggiato sul vetro, Antares Black rivolse un’occhiata accigliata al ragazzo che era seduto di fronte a lui, facendolo sorridere appena:

“Dici questa? No, in effetti non la uso… Ma lo sappiamo solo io e te, infondo.”

Rodericus indicò la pipa che, come sempre quando non era costretto ad indossare la divisa, aveva infilato nel taschino del panciotto viola.

Antares non disse nulla, limitandosi ad alzare gli occhi al cielo e decidendo di lasciar perdere: conosceva Rodericus Lestrange da una vita, ma a volte proprio non lo capiva.

“Non fare quella faccia Black, lo sai come la penso… E’ tutta…”

“Questione di scena, lo so. Certo che so come la pensi, ti conosco da ben prima che tu cominciassi a metterti quegli affari assurdi!”

“Si chiamano panciotti, ignorante!”     

“Scusa se non sono un esperto di moda Babbana, Rod. Sai, la mia famiglia non si interessa molto a quel frangente… Nemmeno la tua a dire il vero, ma tu sei un caso a parte.”

Antares rivolse al suo più vecchio ed eccentrico amico uno sguardo esasperato e divertito allo stesso tempo, ormai abituato alle manie di Rod decisamente strane agli occhi di tutti, delle loro famiglie in particolar modo.

“Non è una novità, la mia famiglia l’ha capito più di sei anni fa, quando invece che a Serpeverde mi hanno smistato a Grifondoro.”

“Sei fortunato in realtà, ai miei genitori sarebbe venuto un infarto… I tuoi invece non hanno reagito troppo male, non sono poi così chiusi infondo.”

“Se intendi che non hanno cercato di suicidarsi o non mi hanno rinnegato… Allora sì, direi che non l’hanno presa troppo male.”

                                                                                    *

“Occhio alla testa!” 

Isabella si voltò, chinandosi giusto in tempo per evitare di finire decapitata da un baule volante che l’aveva sfiorata per pochi cm.
Sentendo il baule atterrare con un tonfo dietro di lei, la Caposcuola rivolse un’occhiata esasperata in direzione di una delle sue migliori amiche, che le si stava avvicinando con un sorriso stampato in faccia e l’aria allegra tipica da primo giorno dopo le vacanze… che sparisce sempre all’alba del secondo giorno:

“Ciao Bree… Cerchi di ammazzare qualcuno con quel baule?”

“Non fare tante storie Bella, non faccio male a nessuno… Ti sono mancata?”  
Brianna si fermò davanti all’amica, sorridendole mentre intorno a loro la Sala Comune di Corvonero era gremita di studenti che correvano a destra e a sinistra per sistemare i bagagli prima di cena.

Isabella non potè non ricambiare il sorriso, annuendo con un cenno del capo prima di abbracciarla:

“Si, certo… E ti sarei grata se non mi schiaffassi un baule in faccia.”

“Tranquilla, non ho intenzione di rovinarti i connotati… Ma non mi andava di spostarlo senza magia, pesa un quintale!”

“Ci credo, con tutte le cose che ti porti sempre via! Ma ora leviamolo da qui, è d’intralcio.”

Brianna lanciò un’occhiata oltre le spalle della rossa, cogliendo distintamente un ragazzo del sesto anno che inciampava sul suo baule e imprecava sonoramente per essersi fatto male al piede.

“Si, non è una cattiva idea… Andiamo, sto morendo di fame e non voglio fare tardi per la cena!”

Brianna sorrise, dando un colpetto sulla spalla dell’amica prima di superarla e avvicinarsi al suo baule, seguita a ruota da Isabella.

“Scusa se te lo domando Bree… ma che cavolo ti sei messa oggi?”    Mentre spostava il baule insieme all’amica e cercava di non finire addosso a qualcuno camminando all’indietro, Bella lanciò un’occhiata scettica in direzione della compagna, accennando alla cintura a vita alta che Brianna si era infilata sopra alla camicia o agli orecchini pendenti che portava.
La mora sbuffò, scrollando le spalle con nonchalance, ormai era abituata a domande simili:

“Odio questa divisa, il minimo che posso fare è aggiungere qualcosa di personale! Ma non ti dà fastidio l’essere vestita ogni giorno come tutti gli altri?”

“Onestamente? No, ma so quanto a te dia fastidio essere come tutti gli altri… Occhio al gradino, non voglio uccidermi prima del Diploma!”

“Io invece non voglio uccidermi prima della partita tra Corvonero e Grifondoro, quindi siamo pari.”

                                                                                    * 

Respirò profondamente prima di entrare, superando la porta spalancata e fermandosi sulla soglia della stanza.
Non era mai entrata prima d’ora… aveva visto quella bellissima porta di legno massiccio intagliato moltissime volte, ma nient’altro: in sette anni non le era mai capitato di entrare nell’aula insegnanti della scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, e solo un mese prima avrebbe detto che non sarebbe mai successo.

Eppure era lì, in quel tardo pomeriggio. Charlotte Selwyn fece correre i grandi occhi verdi sulle persone già sedute sulle sedie disposte a semicerchio, riconoscendo diversi volti familiare che non vedeva da molti anni.

C’erano i suoi stessi ex insegnanti e gli occhi dell’Auror si soffermarono, per un istante, su Albus Silente. Era seduto accanto a quello che senza dubbio era Horace Lumacorno, l’indimenticabile professore di Pozioni famoso per i suoi favoritismi per nulla mascherati.

Lo sguardo di Charlotte si posò su una faccia decisamente familiare e un debole sorriso le risultò spontaneo nel riconoscere un volto amico.
Regan probabilmente si sentì osservato, perché alzò gli occhi per posarli dritti su di lei, sorridendo con calore e alzando una mano nella sua direzione come a volerla salutare e invitarla ad avvicinarsi.
La sedia accanto a lui era vuota e Charlotte non se lo fece ripetere due volte, puntando dritta nella sua direzione con sollievo: la sola idea di sedersi vicino a Lumacorno la terrorizzava, benché avesse affrontato di tutto negli ultimi anni.

Quando gli fu vicino Regan le sorrise, salutando l’ex compagna di scuola:

“Signorina Selwyn, come sta?”

“Evita di darmi del Lei Regan… Tua moglie mi aveva accennato che Dippet volesse trascinare anche te in questa follia, ma non pensavo avresti accettato.”

L’uomo si strinse nelle spalle, passandosi una mano tra i lisci capelli castani mentre nella stanza facevano il loro ingresso gli altri professori, ovvero alcune tra le persone che avevano contribuito a rendere loro la vita difficile fino ad un decennio prima.

“Mi piace il mio lavoro, ma l’idea di cambiare per un po’ non mi dispiaceva… Si tratta solo di pochi mesi dopotutto, sarà un modo per rendersi utile. Non ti piace l’idea di fare la prof per un po’? Ti vedrei benissimo come professoressa cattiva!”

Regan sorrise, guadagnandosi un’occhiata torva da parte di Charlotte che si strinse appena nelle spalle, abbassando lo sguardo:

“Beh, sai com’è. Era o questo o continuare con la “terapia”, e io non sono una fan di quelle cose. Mi ci vedi stare con le mani in meno in questa situazione? Almeno qui farò qualcosa di utile, più o meno.”

Regan le rivolse un’occhiata comprensiva, annuendo appena con il capo:

“Si, ho sentito… Mi dispiace. Ma almeno ci sono io! Guarda il lato positivo, poteva capitarti qualche ex compagno di scuola odioso!”

L’ex Serpeverde sorrise allegramente con tutta l’intenzione di tirare su il morale all’amica nonché collega di sua moglie, che si accigliò per un attimo mentre i suoi occhi si posavano sulla soglia della stanza, dove aveva appena fatto la sua comparsa un loro coetaneo piuttosto alto e con i capelli scuri.

“A proposito di ex compagni di scuola… Non ti sembra di aver già visto quel tipo?”

“In effetti sì… Anzi, ci metto la mano sul fuoco che è…”


“William Cavendish!”


Imprecò mentalmente ma si sforzò di sorridere alla fonte della voce, accelerando considerevolmente il passo per sfuggire a Lumacorno e prendere posto, limitandosi a rivolgere al suo ex insegnante un cenno di saluto: l’ultima cosa di cui aveva bisogno era sentire ancora una volta le manfrine del Direttore della sua ex Casa.

Prese posto su una sedia vuota decisamente lontana dal suddetto insegnante, mentre Dippet aspettava che fossero tutti presenti per iniziare a spiegare per bene che cosa ci facessero dei volti nuovi e decisamente più giovani nella sala insegnanti.

Gli occhi di William vagarono sui suoi ex professori, cogliendo qualche volto nuovo prima di soffermarsi con lo sguardo su due suoi coetanei che lo osservavano a loro volta come se stessero cercando di riconoscerlo.

“Ma certo, è Will Cavendish!”   L’uomo sorrise alla giovane donna seduta accanto a lui, permettendo a William di riconoscerlo perfettamente grazie alla voce allegra e al sorriso.

Regan Carsen aveva un anno in più di lui, ma erano stati Smistati entrambi a Serpeverde e avevano avuto modo di conoscersi bene anni prima.

William rivolse un cenno di saluto all’ex compagno di Casa, che ricambiò allegramente mentre la giovane donna seduta accanto a lui mormorò qualcosa mentre riportava lo sguardo su Dippe:

“Ah certo, come ho fatto a non riconoscerlo…”

Will inarcò un sopracciglio, trovando la voce leggermente familiare così come i grandi occhi verdi… probabilmente avrebbe chiesto spiegazioni per il tono vagamente scettico della donna, ma il Preside scelse proprio quel momento per iniziare a parlare e l’uomo non ne ebbe il modo, costretto a stare in silenzio per non sfigurare davanti ai suoi ex insegnanti… il pensiero che ora più che ex insegnanti erano suoi colleghi era decisamente strano, lo faceva quasi sentire vecchio… Ma infondo aveva accettato la proposta di Armando Dippet di sua spontanea volontà, più per interrompere la routine e fare qualcosa di diverso che per reale desiderio d’insegnare.

In parole povere per i successivi cinque mesi avrebbe nuovamente vissuto ad Hogwarts mentre intorno a quelle mura la guerra infuriava l’Europa intera… Per qualche motivo, aveva la strana sensazione che alla fine di quel periodo non sarebbe stato lo stesso che era entrato in quella stanza poco prima.

                                                                        *

Complimenti, sei veramente un mito! Arrivare tardi alla primissima “riunione”, degno di te!

Lyanna sbuffò, maledicendosi mentalmente mentre percorreva il corridoio a passi svelti, dandosi da sola dell’idiota: ma come diamine aveva fatto a dimenticare la strada per la sala insegnanti? Ovviamente non c’era mai entrata mentre studiava ad Hogwarts, ed era passato un bel po’ dalla sua ultima visita al castello…

Ricordava chiaramente la strada per arrivare alla Torre di Corvonero, ma aveva completamente rimosso come arrivare a quella dannatissima sala.  Era strano pensare che da quel momento avrebbe potuto entrarci quando voleva e passare il tempo lì… Un anno prima non si sarebbe mai aspettata una cosa simile, ma in fin dei conti erano cambiate moltissime cose negli ultimi 12 mesi.

Una morsa fastidiosa si formò sulla sua gola e sul suo stomaco, facendola deglutire a fatica mentre continuava a camminare nel corridoio familiare.

Insegnare ad Hogwarts non era di certo il suo sogno quando studiava tra quelle mura… Ma la proposta del Preside era stata quasi una benedizione e non aveva proprio potuto rifiutare, visti i recenti avvenimenti.

Lyanna si costrinse a non pensare a cosa succedeva oltre i cancelli di Hogwarts, almeno per un’ora, mentre si fermava davanti alla porta chiusa della sala insegnanti. Sospirò, maledicendo la sua sfortuna per averla fatta arrivare tardi proprio in quell’occasione prima di alzare il braccio e bussare timidamente alla porta, intuendo che Dippet si stesse chiedendosi dove accidenti fosse finita la nuova Professoressa di Medimagia.

La porta si spalancò magicamente e Lyanna si sforzò di sorridere alle numerose persone che avevano posato gli occhi su di lei, facendo un passo per entrare nella stanza.  

Voglio scavarmi la fossa

Il sorriso rassicurante di Silente attenuò considerevolmente la sua voglia di sotterrarsi prima di rivolgersi a Dippet, che le sorrise a sua volta salutandola e invitandola gentilmente a sedersi.

Lyanna si lasciò scivolare su una sedia vuota, sospirando debolmente e appuntandosi mentalmente di imparare di nuovo a memoria il castello per evitare ulteriori figuracce in futuro proprio mentre il Preside riprendeva a parlare:

“Bene, ora che ci siamo tutti posso inziare… C’è qualche volto nuovo tra noi, o almeno per così dire visto che i nostri gentili ospiti sono ex studenti. Come ho già accennato ad Albus e ad Horace, durante le vacanze di Natale ho avuto il tempo e il modo di elaborare e mettere in pratica un’idea che avevo da un po’ di tempo e che spero condividerete. Credo che dobbiamo preparare maggiormente i nostri ragazzi a cosa li aspetta, specialmente di questi tempi non proprio felici per tutti noi… E chi può aiutarli meglio di alcuni tra i nostri più talentuosi ex allievi?”

 

 

 

 

 

 

………………………………………………………..
Angolo Autrice:
 
Penso sia inutile dire che mi dispiace moltissimo di avervi fatto aspettare tanto… Chi mi conosce sa che in genere ci metto molto meno ad aggiornare, prometto che per i prossimi capitoli non dovrete aspettare più di una settimana.
Grazie a tutti per le schede, mi spiace per chi non è stato scelto ma come mio solito ho preferito non scegliere un numero troppo elevato di personaggi per potermi concentrare meglio su ogni OC.
Ad ogni modo… Spero che questa breve presentazione degli OC vi sia piaciuta, grazie a chi mi ha mandato le schede!
Devo dire che questa volta mi avete veramente fregata, ero convinta che mi sarebbero arrivati pochi OC nelle vesti di insegnanti, quindi avevo “programmato” solo qualche materia… Invece me ne sono arrivati parecchi, scegliere è stata una vera impresa.

Ho una richiesta per gli autori degli Oc insegnanti: avrei bisogno che mi diceste se il vostro personaggio ricopriva un qualche ruolo quando andava a scuola o se per caso era nel Lumaclub, cose del genere.
Se il vostro OC in questo capitolo non vi è piaciuto fatemi sapere!

Vi metto qui sotto, infine, la lista degli OC con i PV

 

Studenti

Rodericus Lestrange, Grifondoro

Brianna Sparkle, Corvonero, Cercatrice

Isabella Burton, Corvonero, Caposcuola

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Dante Julius, Grifondoro, Portiere

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Antares Black, Serpeverde, Caposcuola, Portiere

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Amos Watson, Tassorosso, Cercatore

Jane Prewett, Tassorosso

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Professori

Charlotte Selwyn, 27 anni, ex Corvonero

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Regan Carsen, 28 anni, ex Serpeverde, Insegnante di Veleni e Antidoti

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Lyanna Goblets, 31 anni, ex Corvonero, Insegnante di Medimagia

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William Cavendish, 27 anni, ex Serpeverde, Insegnante di Difesa avanzata

OIP

 


E’ tutto, a presto!

Signorina Granger

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Capitolo 3
*** Nuove lezioni ***


Capitolo 2: Nuove lezioni
 
Lunedì 7 Gennaio
 
“Regan, hai finito di incipriarti il naso? Non per metterti fretta, ma è giusto farti sapere che Stephanie ci mette meno tempo di te a prepararsi.”
 
Charlotte sbuffò, in piedi davanti alla porta della camera di Regan. Dall’interno della stanza la donna sentì qualche borbottio non ben distinguibile, seguito dall’apertura della porta e la comparsa del Pozionista sulla soglia della stanza.
 
“Eccomi, Signorina Selwyn… Sono qui. E non dica che mia moglie ci mette meno tempo di me a cambiarsi, l’assicuro che non è così.”
 
“Io invece ti assicuro che diventerò nervosa se continui a darmi del Lei.”
 
Charlotte alzò gli occhi al cielo, facendo sorridere l’amico mentre si incamminavano lungo il corridoio per raggiungere la Sala Grande e fare colazione.
 
“Ma perché tanta fretta, Charlotte? In genere non sei una fissata con la puntualità.”
 
“All’Accademia ti fanno diventare particolarmente puntuale, credimi. In ogni caso, non voglio dovermi sedere vicino a Lumacorno.”
 
“Ahh, ora si spiega tutto! Avrei dovuto immaginarlo, l’hai sempre odiato. Peccato, eri molto brava in Pozioni se non ricordo male.”
 
“Ma mai quanto te Carsen, eri il suo pupillo quando studiavamo qui!”
 
Charlotte sfoggiò un sorrisetto divertito che fece piegare le labbra sottili di Regan in una smorfia, ricordando fin troppo bene quando faceva parte del Lumaclub. L’unica nota positiva di quelle noiose cene era stato incontrare Stephanie, la Grifondoro che qualche anno dopo era diventata sua moglie.
 
“Si beh… Non mi faceva troppo piacere. La cosa positiva è che ora non ci potrà più trascinare a quelle cene… O almeno credo. Non può farlo, vero?”
 
“Preghiamo di no, non risponderei delle mie azioni e il tricheco potrebbe trovarsi con qualche danno fisico permanente…”   Charlotte piegò le labbra in una smorfia, facendo ridacchiare l’amico che s’immaginò chiaramente il loro ex professore di Pozioni che si aggirava per la scuola con le stampelle dopo che l’ex Corvonero l’aveva affatturato per aver provato a trascinarla di nuovo ad una delle sue solite cene.
 
                                                                            *
 
Si sentiva decisamente osservata, e la cosa non le faceva particolarmente piacere.
 
Lyanna stava facendo colazione cercando di non badare agli studenti seduti davanti a lei che la osservavano con gli occhi carichi di curiosità, ottenendo però scarsi risultati: aveva quasi voglia di alzarsi e chiedere se non avessero mai visto una donna con meno di quarant’anni seduta a quel tavolo.
 
Ok, forse il punto era proprio quello in effetti…
 
Quando poi fecero la loro comparsa anche quelli che il giorno prima si erano presentati come Regan Carsen e Charlotte Selwyn, i mormorii e le domande degli studenti non fecero che aumentare.
 
Tuttavia l’ex Serpeverde e l’ex Corvonero sembrarono non badarci, camminando tra il tavolo di Corvonero e Tassorosso con falcate lunghe e disinvolte intenti a chiacchierare.
 
Lyanna osservò i due avvicinarsi al tavolo degli insegnanti e sorrise istintivamente nel vederli puntare dritti nella sua direzione: stavano evitando un certo professore, ci avrebbe messo la mano sul fuoco.
 
“Buongiorno Lyanna… Ti dispiace se ci sediamo qui?”    Charlotte le si parò davanti sorridendole in un modo che trasudava – ti prego dimmi di sì non voglio stare vicino a quel viscido ruffiano – e la donna non potè che annuire:
 
“Certo che no… sedetevi pure.”
 
“Grazie! Charlotte ha affrontato killer e quant’altro, ma di fronte all’ex prof di Pozioni scappa a gambe levate come puoi vedere.”
 
“Ridi meno Carsen, non mi sembra che TU sia andato da Lumacorno a fargli le feste.”
 
Charlotte fulminò l’uomo con lo sguardo mentre sedeva tra lui e Lyanna. Quest’ultima rivolse alla nuova collega un’occhiata curiosa, chiedendole che lavoro facesse:
 
“Sono un Auror… Tu che cosa fai invece?”
 
“Pozionista, niente di troppo emozionante… Davvero sei un Auror? Non l’avrei mai pensato…Non credevo ci fossero molte donne al Dipartimento!”
 
“E infatti è così, siamo solo in due. Io e quella santa che ha sposato Regan.”
 
Charlotte accennò col capo all’uomo sedutole accanto, che rivolse un sorriso allegro a Lyanna per poi fulminare l’amica con lo sguardo, come se avessero discusso di quella questione diverse volte.
 
“Oh, quindi tu sei collega di sua moglie… Davvero siete solo in due?”
 
“Già, e ora Stephanie dovrà cavarsela da sola per un po’, sfortunatamente… Non la invidio, è molto spiacevole essere circondate da vecchi trichechi brontoloni o nostri coetanei… maschilisti in entrambi i casi.”
 
Lyanna non riuscì a trattenere una risata, non invidiando per nulla la sua nuova collega anche se non poteva non ammirare la determinazione che doveva avere per forza, se era riuscita a smontare e a scavalcare la mentalità maschilista degli anni in cui vivevano.
Charlotte invece piegò le labbra in una smorfia come se le dispiacesse sinceramente di aver “abbandonato” la collega e amica in balia di quel branco di idioti… Ma non aveva avuto molta scelta, sfortunatamente.
 
In realtà a nessuna delle due donne era mai passato per la testa di insegnare… Sia Lyanna che Charlotte si erano ritrovate a dover accettare la proposta di Dippet per mancanza di alternative, ma non sapevano di essere nella stessa situazione dell’altra.
 
“Oh andiamo Charlotte! Non siamo tutti maschilisti, non fare dell’erba un fascio… Io non sono affatto così, ho sempre appoggiato Stephanie quando faceva l’addestramento in Accademia!”
 
“Fortunatamente tu sei un caso a parte Regan… Hai sale in zucca, mio caro amico. Sfortunatamente non si può dire lo stesso di molti altri, non dimenticherò mai le facce che mi circondavano in Accademia… Mi guardavano come se volessero chiedermi di portargli qualcosa da bere, nemmeno fossi la cameriera.”
 
Regan si trattenne dal ridere, sapendo che Charlotte era perfettamente seria: sapevano entrambi che non aveva avuto vita facile quando studiava per diventare Auror… e nemmeno dopo. Era piena di colleghi che la prendevano in giro, trattandola come se non fosse in grado di combinare nulla… O in caso contrario, ci provavano.
 
“Immagino… Ma essere riuscita a diventare Auror deve essere stata una gran soddisfazione! Io invece mi sento a disagio qui, è come se fossi nel posto sbagliato… Ho continuamente la tentazione di alzarmi e andare a sedermi al tavolo dei Corvonero.”
 
Lyanna sbuffò, lanciando un’occhiata carica di malinconia in direzione del suddetto tavolo dove un tempo anche lei sedeva insieme ai suoi amici per mangiare e chiacchierare.
Come invidiava quei ragazzi… Di certo molti non avevano situazioni familiari piacevoli visti gli anni che correvano, ma almeno erano al sicuro dentro le mura del castello… Lontani dai disastri, dalle brutte notizie che bombardavano il Ministero ogni giorno.
 
“Anche io… ex Corvonero anche tu? Strano, non mi ricordo di te…”   Charlotte guardò la donna assottigliando gli occhi, come se stesse cercando di ricordare la collega ai tempi della scuola. Lyanna però le sorrise quasi con aria divertita, scuotendo il capo:
 
“Non è così strano… Nemmeno io mi ricordo di te Charlotte, ma sono abbastanza sicura che abbiamo qualche anno di differenza. So che non bisognerebbe chiederlo, ma quanti anni hai?”
 
“27. Tu invece?”
 
“31… Ma sono davvero la più vecchia?”
 
“Tranquilla, Lumacorno ti batte alla grande.”        Le parole di Regan fecero ridacchiare Charlotte mentre Lyanna alzò gli occhi al cielo, sorridendo però a sua volta prima di parlare:
 
“Vorrei ben vedere! Intendevo tra noi quattro… Mi sembra che voi due abbiate la stessa età, no?”
 
“Circa, lui ha un anno in più di me. Però io e Cavendish abbiamo la stessa età.”
 
Charlotte si strinse nelle spalle mentre tagliava il bacon, facendo sospirare la collega: grandioso, era davvero la più vecchia del gruppo… Era il primo giorno e già si sentiva a disagio: ma eprchè tutti li guardavano? Nona avevano niente di cui parlare, gli studenti di Hogwarts?
 
“Ma perché ci fissano? Mi mette a disagio… Non sanno niente delle lezioni “speciali”?”
 
“Non credo… Se non ho capito male, oggi pomeriggio Dippet convocherà noi e gli studenti dell’ultimo anno per spiegargli il motivo della nostra presenza. Rilassati Lyanna, domani a quest’ira nessuno ci guarderà più come se fossimo creature sovrannaturali.”
 
Regan sorrise con aria rilassata, come se non desse alcun peso agli sguardi che lui e le due donne attiravano.
Lyanna annuì, non troppo convinta anche se in quel momento con suo gran sollievo molti sguardi si spostarono da lei: qualcuno era appena entrato in Sala Grande, attirando molta attenzione su di se.
 
                                                                          *
 
“Secondo te chi sono quelle persone? Non le ho mai viste prima…”    Amos studiò con attenzione i tre volti nuovi seduti al tavolo degli insegnanti, mentre Jane ripassava velocemente un capitolo di Antiche Rune:
 
“Non lo so, ma non mi interessa! Ho troppa paura per il test per pensare ad altro… Perché diamine tu sei rilassato?”
 
“Beh, non sono uno che si agita per le verifiche, dovresti saperlo… Rilassati Jane, andrà bene come sempre. Però voglio scoprire chi sono quei tre… Sono molto più giovani dei nostri soliti insegnanti, avranno circa dieci anni più di noi.”
 
“Ti prego, dimmi che non stai pensando a quanto siano attraenti quelle due.”        Amos si voltò verso l’amica, che aveva alzato lo sguardo dal libro per posare gli occhi azzurri su di lui con aria speranzosa e rassegnata insieme:
 
“… No, certo che no!”
 
“Lo spero. Perché come hai detto tu, avranno dieci anni in più rispetto a noi.”
 
“Beh, però devi ammettere che quella con la treccia è molto…”
 
“AMOS, DEVO RIPASSARE! Se devi discutere del fascino di un paio di donne misteriosamente sedute al tavolo degli insegnanti, vai da Dante!”
 
                                                                                    *
 
“Che cosa ci faranno quelle persone al tavolo degli insegnanti? Tu ne sai qualcosa?”   Alle parole di Brianna Isabella si strinse nelle spalle, facendola colazione in silenzio mentre nella sua mente c’era spazio solo per l’imminente test di Storia della Magia.
 
“Ma a che serve essere Caposcuola se non vi dicono le cose interessanti? Beh, spero che lo scopriremo presto… Guarda, è appena entrato un altro sconosciuto… Ma quando sono arrivati?”
 
“Immagino ieri, quando siamo tornati dalle vacanze.”  Bella si strinse nelle spalle, voltandosi però verso l’ingresso della Sala per vedere lo “sconosciuto” a cui aveva accennato la sua amica: in effetti un ragazzo alto e dai capelli scuri si stava avvicinando con calma al lungo tavolo posto orizzontalmente infondo alla sala, di certo consapevole di aver addosso un mucchio di sguardi… Sembrava però non farci molto caso, o forse non gli interessava perché ci era abituato.
 
“Beh, quello non dimostra molti più anni di noi… E’ carino!”
 
Brianna sorrise e Isabella le lanciò un’occhiata scettica, facendola sbuffare:
 
“Che ho detto, è vero! E lo pensano tutte qui dentro, inclusa tu, Isabella Burton. Ti senti pronta per il test, piuttosto?”
 
“Si, ma se anche così non fosse ormai quel che è fatto è fatto… Andiamo, ci aspetta una divertente ora in compagnia di Ruf!”
 
Isabela parlò in tono ironico, roteando gli occhi mentre si alzava seguita a ruota da Brianna, che lanciò un’ultima occhiata carica di curiosità in direzione del tavolo degli insegnanti prima di seguirla verso l’Ingresso, pronta ad addormentarsi sopra la pergamena grazie alla voce soporifera dell’insegnante.
 
                                                                       *
 
Quella sarebbe stata la sua prima giornata di “lavoro”, e non era iniziata propriamente nel migliore dei modi: ci aveva messo un po’ a scendere al piano terra… Non credeva possibile di aver dimenticato tante cose della sua vecchia scuola, ma ci aveva messo un secolo a trovare la strada dalla sua camera fino alla Sala Grande… era sempre stato abituato ai Sotterranei, mentre ora l’avevano rifilato al terzo piano.
 
Entrando nella grande, luminosa e accogliente Sala Will non potè non provare la piacevole sensazione di quando si entra nella casa in cui si è cresciuti… familiarità, mista forse a malinconia… Hogwarts gli era mancata, anche se forse se ne rendeva conto solo una volta tornato.
 
Camminando tra i tavoli delle Case si guardò intorno, studiando ancora una volta il finto cielo azzurro che sembrava sovrastarli. Era perfettamente consapevole di avere molti sguardi puntati addosso, ma non ci fece molto caso: ovviamente se l’era aspettato e d’altra parte… beh, ci era abituato.
 
William Cavendish aveva un bell’aspetto e lo sapeva… Era forse quella l’unica cosa per coi poteva ringraziare suo padre, probabilmente.
Quasi sorrise pensando a suo padre, sapendo che di certo l’aveva quassi colpito un infarto sapendo che suo figlio aveva accettato un simile lavoro… Ma a lui non dispiaceva, anche se insegnare non era mai stata la sua aspirazione: avrebbe fatto qualcosa di diverso per qualche mese, non c’era niente di male.
 
Avvicinandosi al tavolo degli insegnanti colse di sfuggita qualche occhiataccia dai suoi ex professori che un tempo non lo sopportavano, fatta eccezione per Lumacorno con cui aveva avuto un rapporto quasi conflittuale: il Direttore di Serpeverde si era sempre comportato quasi da ruffiano con lui, ma spesso e volentieri l’aveva rimproverato per l’atteggiamento talvolta maleducato e irriverente del suo allievo… Tuttavia in un modo o dell’altro, William Cavendish era sempre invitato alle sue cene e alle sue feste, trovandole infinitamente noiose tranne per le figuracce che occasionalmente qualcosa faceva durante quelle serate.
 
L’ex Serpeverde puntò dritto verso l’estremità sinistra del tavolo, non sognandosi nemmeno di andare a sedersi vicino ai suoi ex insegnanti e avvicinandosi invece a Regan, che alzò lo sguardo su di lui rivolgendogli subito un sorriso allegro e un cenno di saluto con la mano.
 
“Ciao Will! Mi chiedevo dove fossi finito… Pensavo che avresti saltato la colazione.”
 
“Diciamo che ho avuto qualche problema a trovare la Sala… Era più facile dormire nei Sotterranei.”
 
Sbuffò appena mentre sedeva accanto all’ex compagno di Casa, che sorrise come se lo capisse perfettamente:
 
“E’ vero… io ho la fortuna di avere una guida personale però.”
 
“Davvero? Charlotte, faresti da guida anche a me per caso?”
 
Capendo subito a chi si stesse riferendo Will rivolse alla donna un sorrisetto ironico, che venne ricambiato con un’occhiata scettica. Il giorno prima, durante la riunione con l’intero corpo insegnanti, Will aveva passato i primi cinque minuti a cercare di riconoscere la donna seduta accanto a Regan… Solo quando Dippet si era riferito a lei chiamandola “Charlotte” gli si era accesa una lampadina in testa, facendogli riconoscere quella donna come una sua ex compagna di scuola Corvonero, del suo stesso anno.
 
Non l’aveva più vista dal Diploma, ma erano bastate due parole per fargli capire che non era cambiata poi molto… anzi, se possibile era forse ancor più sarcastica rispetto ai tempi della scuola.
“Spiacente, ma è già dura dover aspettare che il Signor Carsen si prepari… Se aspetto che anche tu ti sistemi i capelli ogni mattina non terrò mai una lezione.”
 
“Esagerata, non ci ho messo così tanto stamattina!”
 
“Sai che ti dico? Domani ti cronometro.”
 
                                                                                 *
 
“Mi dici che accidenti stavi cercando di farmi capire a colazione? Fai pena con i segni, lasciatelo dire.”
 
“E’ colpa tua! Ci conosciamo da anni e non riesci ad interpretare cosa voglio dirti!”
 
“Perdonami, ma mangiamo a tavoli posti da una parte all’altra della sala, la distanza dio certo non aiuta. Ma ora sono tutt’orecchie Rod, quindi parla pure.”
 
Rodericus rivolse un’occhiata scettica al suo migliore amico, guardandolo come a volergli dire che infondo sapeva benissimo di cosa volesse parlargli… E in effetti era così: Antares non era certo stupido e soprattutto conosceva il suo amico Grifondoro… Non ci voleva molto a capire che cosa volesse dirgli.
 
“Beh, come penso si stiano domandando tutti… Secondo che ci fanno quelle persone al tavolo degli insegnanti? Non li ho mai visti prima…”
 
“Nemmeno io, a dire il vero. Anzi no, mi pare di aver già visto una delle due donne… Forse ad una qualche festa a casa mia.”
 
“Non è improbabile, se è Purosangue deve per forza aver preso parte a delle feste dai Black… Ma anche se così fosse, che ci fanno qui?”
 
“Non ne ho idea, ma immagino che lo scopriremo presto… Dippet continuava a confabulare con Silente a colazione, probabilmente parlavano proprio di questo.”
 
“Beh, in seconda ora abbiamo Trasfigurazione… Magari Silente ci dirà qualcosa.”   Il tono dubbioso di Rod gli fece guadagnare un’occhiata scettica da parte dell’amico, per niente convinto dell’idea: figurarsi se il Vicepreside avrebbe aperto bocca… Non era certo tipo da lasciarsi sfuggire accidentalmente qualcosa.
 
“Ne dubito, onestamente. Tuttavia non credo sia il caso di costruirci troppi castelli in aria, magari infondo non sta succedendo niente.”
 
Antares si strinse nelle spalle, tornando a guardare dritto davanti a se mentre seguiva i suoi compagni di corso verso l’aula di Storia della Magia. Rod non replicò e rimase in silenzio, ma si ritrovò a riflettere sulle parole dell’amico: non era pienamente d’accordo con Antares… qualcosa gli diceva che c’era davvero sotto qualcosa. Era una sensazione, non c’era un motivo in particolare… Ma aveva osservato quei quattro volti nuovi durante la colazione e li aveva visto parlare tra loro, era come se si conoscessero già. La loro presenza aveva di certo un fine, in quasi sette anni non era mai successo di vedere persone nuove comparire magicamente al tavolo degli insegnanti a quasi metà anno scolastico.
 
Il Grifondoro però era certo di non essere l’unico a pensarla così: durante la prima ora di lezione da dopo le vacanze di Natale sembrava che un po’ tutti avessero la testa per aria… Ovviamente a Storia della Magia non era un fatto strano vedere tutti praticamente addormentati, ma quel giorno c’era un motivo: quasi tutti si stavano chiedendo chi fossero le persone che avevano visto a colazione per la prima volta tra le mura di Hogwarts.
 
Uno studente di Grifondoro e uno di Tassorosso non facevano eccezione: non per niente avevano passato praticamente tutta la prima ora a discutere delle ipotesi più disparate, facendo esasperare la loro amica che aveva altamente rimpianto la scelta di sedersi accanto a loro per quella lezione.
 
Uscendo dall’aula Jane provò infatti un moto di sollievo, imponendosi di stare alla larga da Dante e Amos per le lezioni successive.
 
“Vi avviso, se sento qualcos’altro su delle spie sotto copertura e cose simili, darò il peggio di me.”
 
“Non farla tanto lunga Jane… Che ne sai, magari le cose stanno così sul serio!”
 
Alle parole di Amos Jane guardò il compagno di Casa con aria scettica, come a volersi assicurare che stesse dicendo sul serio… Tuttavia dalla faccia del ragazzo non traspariva alcuna ironia, quindi la ragazza interpretò le sue parole come serie:
 
“Non so perché quelle persone fossero sedute al tavolo degli insegnanti… Ma qualcosa mi dice che NON siano spie o cose simili. Non capisco perché vi stiate creando tanti castelli d’aria, magari sono stati qui durante le vacanze e domani se ne andranno!”
 
La Tassorosso alzò gli occhi al cielo mentre percorreva il corridoio, camminando un paio di passi davanti a Dante e Amos che invece si scambiarono un’occhiata, come se fossero entrambi fermi sulle loro idee e non avessero intenzione di prendere in considerazione le parole dell’amica.
 
“Lasciala perdere, probabilmente è dio cattivo umore per via della fine delle vacanze… Sono sicuro che si sbaglia.”   Amos parlò con l’aria di chi la sa lunga, facendo annuire Dante che parlò all’0amico in tono dubbioso mentre rifletteva a sua volta sulla presenza di quattro persone sconosciute nella Sala Grande:
 
“Lo credo anche io… Chissà che cosa stanno architettando Dippet e gli insegnanti.”
 
“Non ne ho idea, ma spero che non siano lezioni extra… Non reggerei, abbiamo già vagonate di compiti!”
 
“Disse quello che copiò il test di Storia della Magia da una sua amica…”
 
Jane parlò a bassa voce, ma non abbastanza da evitare di farsi sentire dai due e facendo ridacchiare Dante mentre Amos sfoggiò un sorrisetto colpevole anche se Jane non potè vederlo visto che dava le spalle ai due amici.
 
“Ok, finitela voi due… Abbiamo Trasfigurazione adesso e non voglio sentirvi discutere su chi copia i compiti da chi. Sarà un’ora lunga in ogni caso…”
 
“Tranquillo Dan, ti prometto che non ci sentirai discutere.”
 
“Davvero?”
 
“Davvero, visto che IO mi siederò con Brianna e Isabella! Vi lascerò discutere in pace sulle vostre assurde teorie, contenti?”
 
Jane rivolse ai due un gran sorriso, che però non venne decisamente ricambiato: anzi, un’ombra di delusione oscurò i volti dei due, anche se per motivi leggermente diversi.
 
Dante adorava chiacchierare con la Tassorosso e l’idea che lo abbandonasse non gli piaceva nemmeno un po’… d’altra parte, il, fatto che Amos Watson facesse pena in Trasfigurazione era un dato di fatto ad Hogwarts, e in genere faceva affidamento proprio sulla bravura della compagna di Casa durante quelle ore.   Il Tassorosso si ritrovò così a rivolgere all’amico un sorriso eloquente, che venne ricambiato con un sospiro:
 
“Tranquillo Amos… ti aiuto io a Trasfigurazione.”
 
                                                                                      *
 
“Lo sapevo, ci avrei scommesso che c’era davvero qualcosa sotto… Avevo ragione!”
 
Brianna sorrise con aria trionfante mentre usciva dall’aula di Trasfigurazione con affianco Jane e Isabella. Quest’ultima annuì con aria assorta, pensando a quello che aveva detto Silente durante la lezione: aveva fatto qualche allusione ai loro nuovi “ospiti” … e aveva detto che ben presto a tutti sarebbe stata chiara la loro presenza.  Infatti aveva informato tutti gli studenti del settimo anno presenti nella sua aula che alle 17, una volta terminate le elezioni, avrebbero dovuto recarsi tutti in Biblioteca.
 
“A quanto pare sì, c’è davvero un motivo se quelle persone sono qui.”    Al contrario di Brianna che era decisamente allegra dopo aver appreso della “riunione” da Silente, Jane sembrava quasi amareggiata: non le piaceva ammettere di aver sbagliato… ma non poteva negare che per una volta Amos e Dante avevano fatto centro e lei no, anche se era pronta a scommettere che i due non fossero andati molto vicino al vero motivo che giustificava la presenza di quelle persone ad Hogwarts.
 
“E non vedo l’ora di sapere qual è! Non so voi, ma ora inizierò a contare i minuti che ci separano dalle 17!”
 
“Beh, ti faccio i miei auguri Bree allora… Sono appena le 10.”
 
Il tono pacato di Bella le fece guadagnare un’occhiata torva da parte della mora, che la guardò come a volerle dare della guastafeste.
 
“Che c’è? E’ vero, insomma è un dato di fatto… Se non mi credi, guarda l’ora!”
 
“Lascia stare Bella… Piuttosto, qualcuno mi ricorda che materia abbiamo ora?”
 
“Erbologia, due ore.”  Il tono cupo di Jane si accoppiò perfettamente con la smorfia che comparve sul volto di Brianna, visibilmente poco felice alla prospettiva di passare ben due ore chiusa in una serra.
 
“Ok, ritiro tutto. Hai ragione Bella, saranno delle ore davvero molto lunghe…”
 
                                                                                 *
 
“Lo sapevo, ci siamo persi. Ho bisogno di una cartina, maledizione.”
 
“Non dire stupidaggini Cavendish, non ci siamo persi!”
 
Charlotte alzò gli occhi al cielo, continuando a camminare con calma e disinvoltura nel corridoio, come se fosse perfettamente rilassata e per nulla agitata.
Will invece sbuffò, rivolgendo alla collega un’occhiata scettica:
 
“Davvero? Perché quando qualcuno non sa dove si trova si dice proprio così: perdersi.”
 
“Conosco la definizione, grazie. Ma rilassati, siamo nella nostra vecchia scuola… troveremo la strada per la Biblioteca… prima o poi.”
 
“Grandioso, il tuo – pima o poi – mi rassicura molto… Vi insegnano questo all’addestramento per Auror? Ma che dico, non è colpa dell’addestramento, sono le donne che non sanno orientarsi.”
 
“In effetti non ci insegnano ad orientarci all’Accademia… in compenso però ci insegnano qualche trucco per ammazzare la gente in meno di cinque secondi. Se vuoi posso farti una dimostrazione pratica.”
 
Il sorriso di Charlotte convinse quasi il coetaneo a tacere… quasi, ovviamente.
 
“No grazie… Se vuoi puoi farmela quando avremo trovato finalmente la Biblioteca. Se penso che una volta ci andiamo quasi ogni giorno…”
 
“Beh, sono passati nove anni… Dimenticare è normale. Ma perché non incontriamo nessuno, sono tutti in classe?”
 
“Sono quasi le 17, immagino di sì… Possiamo solo sperare che qualche insegante con un’ora buca ci trov-“
 
Will non aveva nemmeno finito di parlare quando una voce, una voce orribilmente familiare, lo fece zittire all’istante oltre a bloccare sia lui che Charlotte.
La donna sgranò gli occhi a sua volta, evitando di voltarsi mentre esattamente come Will pregava di aver sentito male… o frainteso la voce nel migliore dei casi:
 
“Oh no… Dici che è lui?”  
 
“Certo che è lui Charlotte, non esiste uomo con voce più petulante… Non possiamo darcela a gambe, magari?”  
 
“Non posso, ho i tacchi…”   Charlotte si stampò un sorriso in faccia mentre si voltava lentamente verso il capo opposto del corridoio, imitata da Will che non vide altra soluzione se non seguire il suo esempio: avrebbe anche potuto filarsela, ma probabilmente non sarebbe stata granché come idea… Non solo si sarebbe fatto una figuraccia con un uomo che avrebbe dovuto vedere ogni giorno fino a Giugno, ma di certo Charlotte Selwyn l’avrebbe ammazzato sul serio, sfoggiando cosa aveva imparato all’Accademia durante l’addestramento.
 
 
“Professore… Buon pomeriggio! Sa, magari potrebbe aiutarci… Stiamo cercando la Biblioteca.”
 
Charlotte rivolse a Lumacorno un sorriso, guadagnandosi un’occhiata scettica da parte dell’ex Serpeverde:
 
Da quando sei così ruffiana?
 
Da quando conosco Horace Lumacorno… Mi ha influenzata negativamente
 
                                                                       *
 
“Siamo qui da dieci minuti… Qualcuno si degnerà di dire qualcosa o resteremo qui fino ai M.A.G.O.?”  
 
Antares sbuffò, tenendo le gambe accavallate mentre si guardava intorno nervosamente: non gli piaceva aspettare… erano le 17 passate e gli studenti dell’ultimo anno erano già tutti riuniti in Biblioteca. I professori erano tutti presenti, fatta eccezione per lo stesso Preside e Lumacorno… Se li immaginava chiaramente intenti a chiacchierare amabilmente mentre loro li aspettavano.
 
“Rilassati, staranno per arrivare…”
 
“Secondo me si stanno bevendo una tazza di the.”
 
“Beh, in effetti sarebbe ora… Non mi dispiacerebbe una tazza di… Ok, lasciamo stare.”
 
Cogliendo l’occhiataccia dell’amico Rod decise di non terminare la frase, spostando lo sguardo sugli insegnanti seduti su delle sedie allineate davanti a loro.
 
L’attenzione del ragazzo venne immediatamente catturata dalle persone che erano diventate il fulcro della giornata, sedute vicine e intente a parlare tra di loro. O almeno due di loro erano sedute vicine, visto che ne mancavano un paio all’appello.
 
 
Intanto, dietro di loro, anche altri due ragazzi erano piuttosto ansiosi che la “riunione” iniziasse… Sia Dante che Amos non vedevano l’ora di sentire cosa avesse da dire Dippet, praticamente non avevano pensato ad altro durante le lezioni.
 
“Odio aspettare… Ma perché non si muovono?”     Amos sbuffò, pregando mentalmente Dippet di darsi una mossa ad entrare, Anche Lumacorno non c’era, ma il Tassorosso non ci fece troppo caso… anzi, non poteva certo dire di essere triste per la sua assenza.
 
“Probabilmente Dippet lo fa apposta. E mi è appena venuto in mente che abbiamo già un sacco di compiti da fare… Passeremo la serata qui a studiare, temo.”     Dante sospirò quasi con rassegnazione, rimpiangendo più che mai le vacanze appena concluse. Certo non erano state particolarmente splendore visti i tempi che correvano, ma almeno aveva potuto passare un po’ di tempo con la sua famiglia… E soprattutto, non aveva dovuto passare 12 ore al giorno sui libri tra compiti e lezioni.
 
“Non ricordarmelo… Voglio una Giratempo per tornare al 23 Dicembre.”   Amos sbuffò, parlando a mezza voce e con aria contrariata mentre dalla porta della Biblioteca faceva la sua comparsa anche Lumacorno, vestito di un viola sgargiante impossibile da non notare e seguito da due tra i quattro nuovi insegnanti di Hogwarts.
 
“Ma che si è messo Lumacorno?”   Dante strabuzzò gli occhi, cercando di non ridere mentre davanti a lui Antares aveva perso quella sfida, soffocando le risate premendosi una mano sulla bocca e cercando di trattenersi per parlare:
 
“Ehy Rod… non sei l’unico ad amare il viola a quanto pare… Potreste andare in giro coordinati d’ora in poi.”    Antares era troppo intento a sghignazzare per far caso all’occhiataccia che gli rivolse Rodericus, decisamente schifato all’idea di vestirsi coordinato all’insegnante di Pozioni: se il Grifondoro adorava Silente incondizionatamente fin dal primo anno… beh, lo stesso non si poteva dire del Direttore della Casa di Serpeverde.
 
“Taci, Black.”
 
                                                                            *
 
“Ah, eccovi qui! Ma dove eravate?”   Regan inarcò un sopracciglio ma non ottenne alcuna risposta: sia Charlotte che Will lo guardarono come chi non ha alcuna voglia di parlare o dare spiegazioni prima di sedersi su due sedie vuote, lei accanto a Lyanna e lui accanto a Regan.
 
“Sarai lieta di sapere che non sei l’unica ad essersi persa già da subito… Non riuscivamo a trovare la Biblioteca.”   Charlotte parlò a voce bassa in modo da non farsi sentire dall’amico, facendo sorridere appena la collega: in effetti Lyanna era quasi sollevata… almeno non era l’unica ad aver dimenticato qualcosa di Hogwarts.
 
“E vi ha aiutati il vecchio Lumacorno?”
 
“Per nostra fortuna sì… Avrei preferito incontrare Silente, o anche Ruf! La mia fortuna non conosce limiti, a quanto pare…”
 
“Non lamentarti, almeno siete arrivati prima di Dippet! Io ieri mi sono fatta una figuracc-“
 
Lyanna però non finì la frase, interrompendosi bruscamente per via dello sguardo assassino che le stava rivolgendo la sua adorata ex insegnante di Erbologia.
 
“Ops… la Westerfeld non ha perso l’occhio omicida, vedo.”   Charlotte represse un sorrisetto, parlando con un filo di voce mentre sia lei che Lyanna puntavano gli occhi sul gruppo di studenti davanti a loro, evitando di guardarsi a vicenda.
 
“No, è rimasta uguale… un po’ più vecchia forse, ma non facciamoglielo notare.”
 
Charlotte cercò di non ridere alle parole di Lyanna e ringraziò mentalmente Dippet per aver scelto proprio quel momento per fare il suo ingresso nella grande Biblioteca: se non altro tutti si erano voltati verso di lui e nessuno l’aveva vista ridere sotto i baffi.
 
 
Quando il Preside aveva fatto il suo ingresso nella sala era sceso il silenzio più totale e nessuno fiatò anche quando Dippet iniziò finalmente a parlare, spiegando ai suoi studenti più grandi che cosa sarebbe cambiato nei successivi mesi di scuola.
 
In effetti per Lyanna, Regan, Charlotte e William fu quasi divertente studiare le facce dei loro nuovi studenti mentre Dippet parlava: le espressioni di quel gruppo di adolescenti mutarono piuttosto in fretta, variando dalla sorpresa, all’irritazione… alcuni sembravano emozionati, altri solo irritati dalla notizia che il Preside stava dando loro.
 
Quando poi Dippet annunciò che non avrebbero seguito tutti quelle lezioni “speciali” ma solo alcuni che sarebbero stati selezionati nei giorni successivi da lui e gli altri insegnanti, gli studenti reagirono in modi differenti: alcuni sembravano quasi sollevati come se sperassero di non essere scelti per quelle materie extra, mentre altri quasi offesi dalla decisione del Preside come se non trovassero giusto che solo alcuni potessero avere quell’opportunità.
 
A quel punto c’era solo una cosa che tutti si chiedevano, sia studenti che insegnanti: chi sarebbe stato effettivamente scelto per quelle nuove lezioni che avrebbero messo a confronto brillanti ex studenti con diciottenni altrettanto talentuosi?
 
 






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Angolo Autrice:

Buon...giorno? E' quasi l'una, quindi credo di poter dire così. 
Questo capitolo è abbastanza introduttivo ma spero comunque che vi sia piaciuto, grazie per le recensioni che avete lasciato a quello precedente e per le informazioni.

Piccola richiesta per MasterOfPuppets_: ho bisogno di un punto della scheda che hai lasciato vuoto, quello sulle abilità del tuo OC. 
Per tutti invece: delle nuove 4 materie, in quali il vostro OC sarà bravo o meno?  E quali gli piacerebbero e viceversa?
Grazie in anticipo, a presto spero!

Signorina Granger

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Capitolo 4
*** Rintocchi ***


Capitolo 3: Rintocchi
 
Senza amore, senza rabbia, senza dolore,  
il respiro è come un orologio che fa tic tac
 
“Perché è qui?”
 
Quasi sorrise al sentirsi porre quella semplice domanda. Incredibile come fosse semplice ma brutalmente complessa allo stesso tempo… E la verità era solo una: non conosceva la risposta.
 
“Buffo. Credevo che dovesse dirmelo lei… Non è questo quelle che deve fare?”    Si voltò, restando vicino alla finestra appannata dalle gocce di pioggia che stavano inondando Londra dalla notte precedente, come spesso capitava nelle fredde giornate invernali.
 
Rivolse un sorriso ironico alla donna che la stava osservando di rimando, seduta su una sedia e con i capelli castani lunghi fino alle spalle e arricciati. Non potè fare a meno di pensare che anche sua madre portava i capelli così… Ma si disse di non pensarci in quel momento, mentre osservava la donna di circa quarant’anni seduta ad un paio di metri di distanza.
 
“Non esattamente. Speravo che lei avesse la consapevolezza… Sa, spesso accettare e riconoscere qualcosa è un passo davvero molto importante, specialmente all’inizio. Si sieda, per favore.”
 
“Preferisco stare in piedi, se non le dispiace.”
 
Restarono a studiarsi per un istante ma poi la donna sorrise gentilmente, accennando al divanetto a due posti color bordeaux davanti al quale era seduta:
 
“La prego, Signorina Selwyn. Si sieda.”
 
Charlotte sospirò, ma dopo aver esitato si mosse verso il divano, sedendo con riluttanza e maledicendo ancora una volta la gonna attillata che le impediva di muoversi liberamente. Un giorno o l’altro qualcuna si sarebbe ribellata e anche loro avrebbero potuto mettere i pantaloni, ne era certa.
 
Non le era mai piaciuto prendere ordini… Ma aveva imparato a farlo, diversi anni prima. Era stato uno dei primi compromessi che aveva dovuto stipulare per diventare un Auror.
 
Senza dire nulla puntò di nuovo gli occhi verdi in quelli più scuri della donna, che le sorrise come se fosse soddisfatta. Si sentiva quasi un cane in un centro di addestramento, in effetti.
E quella sensazione non le piaceva nemmeno un po’.
 
“La ringrazio. Parlarsi faccia a faccia è molto più facile, se ne renderà conto… Vorrei farle un’altra domanda, Signorina Selwyn. E sono sicura che a questa saprà rispondermi: che cosa ne pensa la sua famiglia?”
 
“Di questa… cosa? Beh, hanno contribuito a costringermi, quindi immagino che siano d’accordo.”
 
“Si chiama terapia, Signorina.”
 
“Charlotte, per favore. Nessuno mi chiama Signorina Selwyn da quando me ne sono andata di casa.”
 
La donna annuì con un cenno alle parole quasi brusche della ragazza, guardandola dritta negli occhi prima di parlare di nuovo:
 
“Charlotte, allora. Ma non intendevo che cosa ne pensano di tutto questo… Mi chiedevo che cosa ne pensano della sua vita.”
 
Charlotte piegò istintivamente le labbra carnose in un sorriso ironico, ricordando senza difficoltà le scenate a cui aveva assistito anni prima:
 
“Beh… Credo che lei lo sappia. Non ne sono molto felici, specialmente mia madre.”
 
“Com’è sua madre?”


“Diversa da me. Totalmente. E’ una donna ricca, bella, Purosangue… che si è sposata per volere dei suoi genitori quando era molto giovane.”
 
“E lei invece com’è, Charlotte? Non la conosco, ma so diverse cose di lei.”
 
“Davvero?”
 
“Basta guardarla e leggere il suo fascicolo: è giovane, molto attraente… Ma non è sposata. Questo trasuda desiderio di indipendenza o più che altro di allontanarsi dalla sua famiglia, considerando che sua madre ha fatto proprio il contrario. Voti altissimi a scuola: intelligenza. Primo Auror donna della storia in Inghilterra: determinazione, competitività, voglia di cambiare le cose. Lei è una persona in gamba, Charlotte. E allora io le domando: perché è qui?”
 
Charlotte sorrise nervosamente, abbassando lo sguardo mentre teneva le mani giunte, i gomiti appoggiati sulle sue gambe e la schiena leggermente protesa in avanti.
 
Perché era lì? Fosse stato per lei, di certo in quel momento sarebbe stata altrove… ma la sua famiglia aveva insistito, così come i suoi superiori. E non aveva avuto scelta, alla fine.
 
Gli occhi scuri di Luisa Bennet si posarono sulle mani della giovane donna, cogliendo il senso di impotenza che Charlotte provava mentre teneva le mani giunte e appoggiati sulle ginocchia, senza mostrarle i palmi.
 
Il silenzio calò nella stanza, mentre l’unico rumore era il rintocco dell’orologio a pendolo posto dietro alla sedia dove Luisa si era seduta. Tic, tac, tic, tac.  I rintocchi scandivano il tempo che passava, facendo innervosire leggermente Charlotte che dopo qualche istate sollevò il capo per guardare di nuovo la donna che le sedeva di fronte, spostando poi lo sguardo sul pendolo che scandiva il tempo che ancora doveva trascorrere chiusa in quella stanza.
Sarebbero state delle ore davvero lunghe, ne era certa…
 
                                                                               *
 
Tic, tac, tic, tac
 
Gli occhi di Charlotte erano fissi sull’orologio da taschino che teneva in mano, osservando le lancette muoversi senza però riuscire a vederle davvero.
Non sapeva nemmeno il perché, ma guardare quell’orologio e sentire le lancette muoversi nel surreale silenzio del corridoio le aveva fatto tornare in mente quella strana, quasi dolorosa prima “seduta”.
 
Le mani della donna strinsero l’orologio d’oro, voltandolo lentamente e osservando la S incisa sul retro del piccolo oggetto.
Istintivamente accarezzò con un dito la lettera in corsivo, sentendo una specie di morsa stringerle lo stomaco mentre la porta accanto alla quale era in piedi si apriva, facendola finalmente ridestare:
 
“Ehilà! Me lo sentivo che eri qui fuori… Dicevi sul serio allora, quando hai detto che volevi cronometrarmi! Dimmi, quanto ci ho messo oggi?”     Regan le sorrise, chiudendosi la porta alle spalle mentre Charlotte si voltava verso di lui, ricambiando il sorriso prima di rispondergli:
 
“Meno di ieri… 10 minuti! Bravo Regan, sono fiera di te.”
 
“Molte grazie… Dai, andiamo a fare colazione o Silente finirà tutte le cose più buone! Non mi ero mai reso conto di quanto fosse goloso quell’uomo!”
 
Regan prese l’amica sottobraccio, lanciando un’occhiata all’orologio da taschino d’oro che teneva ancora stretto in mano:
 
“Hai un orologio da taschino? Strano, in genere li portano gli uomini.”
 
“Beh, avevo detto che ti avrei cronometrato Regan… Io mantengo sempre quello che dico. Comunque non è mio, come hai detto tu le donne non li usano mai.”
 
Charlotte si fece scivolare l’orologio in una tasca della giacca color polvere, incuriosendo leggermente l’amico: aveva quasi voglia di chiederle di chi fosse l’orologio, ma Charlotte non sembrava aver molta voglia di parlarne visto il modo in cui aveva chiuso il discorso… E chi era lui per andare contro la sua volontà?
 
                                                                            *
 
“Fantastico, mi sono pure svegliata in ritardo! Mi sembra quasi di essere tornata a scuola…”
 
Lyanna sbuffò, appoggiando la spazzola sulla toilette e lanciando un’occhiata alla foto incorniciata e appoggiata accanto allo specchio ovale mentre allungava la mano verso il suo rossetto rosso preferito, quello che metteva praticamente ogni giorno.
 
Alle sue spalle l’orologio continuava a ticchettare, scandendo il tempo che passava e che determinava il suo lieve ritardo per la colazione:
 
“Hai visto come mi sono ridotta? Parlo pure con una foto… Se mi sentissi, rideresti molto.”
 
Le labbra di Lyanna si piegarono in un lieve sorriso, malinconico e quasi divertito allo stesso tempo mentre spostava gli occhi contornati da lunghe ciglia sullo specchio, stendendo il colore sulle labbra quasi con un gesto automatico.
 
 Rimettendo il rossetto sul tavolo Lyanna rimase per qualche istante ad osservare il suo riflesso nello specchio, trovando la scena dolorosamente familiare.
Mancava solo un piccolo, enorme dettaglio.
 
 
“Ancora con quel rossetto? Non ti ho praticamente mai vista senza.”
 
Si strinse nelle spalle, rivolgendo un sorriso all’uomo alle sue spalle attraverso lo specchio:
 
“Dovresti saperlo… ormai è il mio marchio di fabbrica. Perché, non ti piace?”
 
Lo guardò scrollare le spalle a sua volta prima di alzarsi dal letto, avvicinandolesi già vestito di tutto punto e rivolgendole un sorriso:
 
“No… Mi piace moltissimo invece.”
 
Quasi per dimostraglielo si chinò mentre lei si voltava, prendendole la testa tra le mani e baciandola.
Dopo qualche istante si staccò, sorridendole senza allontanare il viso da quello della donna per più di qualche cm:
 
“Ti amo, Lyanna.”
 
 
Sorrise appena, spostando gli occhi di nuovo sulla foto incorniciata. I rintocchi dell’orologio riempivano ancora la stanza silenziosa, non facendo che aumentare il tempo che stava trascorrendo lontana da lui. Senza staccare gli occhi dalla foto parlò a bassa voce, sapendo che ormai non avrebbe potuto sentirla nemmeno se avesse urlato a squarciagola:
 
“Ti amo anche io.”
 
                                                                             *
 
“In parole povere, ci aggiungeranno lezioni extra! Grandioso… Non voglio pensare a come faremo con tutti i compiti, visto che i nuovi corsi saranno al pomeriggio!”
 
Dante sospirò, guadagnandosi un lieve sorriso da parte di Jane, come se volesse tirargli su il morale mentre impilava ordinatamente i libri che doveva restituire alla Biblioteca:
 
“Non è una cosa brutta Dan… insomma, sono cose interessanti! Non certo come Storia! Quella sì che è una noia… Specialmente con Ruf come prof! Te lo immagini ad insegnare Medimagia?”
 
“Figuriamoci, il paziente farebbe in tempo a morire dissanguato prima che quello finisca di leggere un paragrafo. Lascia, faccio io.”
 
Jane fece per sollevare la torre di Pisa che aveva formato con i libri ma Dante la precedette, prendendoli e sollevandoli dal tavolo al posto suo.
 
“Grazie Dan!”    Jane gli sorrise, guardandolo con affetto incamminarsi a passo svelto per la Biblioteca prima di ridestarsi e trotterellargli dietro, non avendo alcuna intenzione di lasciarlo da solo visto che sarebbe stato capacissimo di combinare qualche guaio.
 
“Figurati… sei così magrolina che crolleresti.” Dante ridacchiò, facendo imbronciare appena l’amica. La cosa lo fece sorridere ulteriormente, guardandola con cipiglio divertito che si estese fino agli occhi eterocromatici:
 
“Dai piccola Jane, non prendertela! Sei carinissima comunque.”    Le sue parole fecero come al solito crollare il broncio della ragazza, che finì per sorridergli scuotendo appena il capo:
 
“Menomale che ci sei Dan, dovrei inventarti altrimenti! Tornando alle nuove materie… Rilassati, io spero piuttosto che io, te e Amos verremo scelti… Così almeno saremo insieme, no?”
 
“Ottima idea, così tu puoi aiutarmi nelle materie dove farò pena!”
 
“Grazie tante!”
 
“Beh, io ti faccio da facchino e tu da prof, mi sembra un buon compromesso.”
 
Dante sorrise allegramente proprio mentre la Bibliotecaria, Madama Jones, sbucava da dietro uno scaffale fulminando il Grifondoro con lo sguardo:
 
“JULIUS! SILENZIO!”
 
“Mi scusi, cercherò di parlare più piano!”   Il ragazzo rivolse alla donna un sorriso colpevole e carico di scuse, consapevole di avere una voce forte e decisamente difficile da non sentire.
L’anziana strega lo fulminò con lo sguardo per poi allontanarsi, borbottando qualcosa sul fatto che non avrebbero dovuto concedere ore buche agli studenti così da permettergli di gironzolare e fare chiasso.
 
“Com’è nervosa! E io che sto persino rimettendo in ordine dei libri!”
 
Jane non condivise l’espressione leggermente irritata dell’amico, ridacchiando invece:
 
“Beh, io te lo dico sempre… a volte ti sento parlare persino in Sala Grande, dal mio tavolo!”
 
“Cosa vuoi che ti dica Jane… avere un mucchio di fratelli mi ha temprato, dovevo farmi sentire sin da piccolo!”
 
Dante si strinse nelle spalle mentre appoggiava il mucchio di libri sul ripiano centrale della Biblioteca e, come sempre, i vari volumi planarono ordinatamente ognuno al suo posto dopo aver toccato il legno incantato del tavolo.
 
Jane invece non disse nulla per qualche istante, seguendo distrattamente il percorso di un tomo di Pozioni rilegato in pelle mentre rifletteva su quanto avesse appena detto Dante… anzi, su tutte le volte in cui il ragazzo accennava alla sua famiglia.
 
“Mi piacerebbe avere una famiglia come la tua, sai?”
 
Il tono vago e quasi assorto della ragazza fece voltare Dante, che la osservò dall’alto in basso per un attimo prima di sorriderle vivacemente:
 
“Beh, di certo non si sta mai tranquilli un attimo!”
 
“Non mi dispiacerebbe… una famiglia numerosa, chiassosa, tremendamente unita. Sei fortunato Dan.”
 
Jane sembrò riscuotersi, voltandosi verso il ragazzo e rivolgendogli un sorriso incerto, come se non si sapesse nemmeno spiegare perché avesse detto quelle parole. L’aveva sempre pensato, in realtà… ma era la prima volta in cui si esprimeva ad alta voce.
 
“Sai che ti dico Jane? Un giorno avrai una famiglia così grande che non saprai nemmeno dove metterla. Te lo prometto.” 
 
Dante le sorrise, allungando una mano dalle dita lunghe per darle un buffetto sulla guancia, facendola sorridere di rimando mentre si scostava leggermente:
 
“Grazie Dan… Spero che tu abbia ragione.”
 
“Certo che ho ragione. E ora smettila di fare il pulcino bagnato e fammi un sorriso Jane Prewett, lo sai che non mi piace vedere le persone tristi.”
 
Dante le rivolse un sorriso allegro e Jane non riuscì a non ricambiarlo, facendo saettare lo sguardo sull’orologio alle spalle del ragazzo…. Secondo le sue lancette che rintoccavano nel silenzio della Biblioteca, la loro ora buca stava per finire.
 
“Lo so, lo so… Ma ora è meglio andare, o la Jones ti butterà fuori a calci per “disturbo della quiete pubblica” … E poi tra meno di dieci minuti abbiamo Trasfigurazione.”
 
“Hai ragione… filiamocela.”
 
                                                                                 *
 
“Secondo te con quali criteri sceglieranno?”
 
“Immagino i più bravi in determinate materie… Quelli che si comportano meglio… Cose del genere.”      Isabella e Brianna, sedute una di fronte all’altra al tavolo dei Corvonero per il pranzo, stavano mangiando chiacchierando meno del solito, ognuna con la testa rivolta alla riunione in Biblioteca del pomeriggio precedente: entrambe si chiedevano se sarebbero state scelte e, nell’eventualità che accadesse, come sarebbero state quelle nuove lezioni.
 
“Beh, non mi dispiacerebbe poter seguire lezioni nuove… sarebbe interessante, anche divertente! Il Club dei Duellanti è solo per i ragazzi… sarebbe l’occasione per imparare a duellare, no?”
 
Brianna sfoggiò un sorriso allegro e Isabella annuì, non potendo non fare una smorfia alle parole dell’amica: le aveva sempre dato un gran fastidio il fatto che il Club dei Duellanti non fosse aperto alle ragazze… Non perché avrebbe necessariamente voluto prendervi parte, ma la trovava comunque un’ingiustizia bella e buona.
 
“Immagino di sì… Non sarebbe nemmeno male se qualche idiota si decidesse ad aprire il Club anche a noi.”
 
“Lascia perdere Bella, non lo faranno prima dei prossimi 30 anni… Ci hai provato, lascia stare.”
 
Isabella sospirò, scuotendo il capo e appoggiando la forchetta sul piatto. Decise di seguire il consiglio dell’amica e di lasciar perdere, chiudendo l’argomento e tornando a concentrarsi sulla questione delle nuove lezioni:
 
“Ok, meglio lasciar perdere… Ci comunicheranno chi è stato scelto dopodomani, me l’ha detto Silente stamattina.”


“Cosa, te l’ha detto dopo Trasfigurazione? Perché solo a te? E soprattutto perché non me l’hai detto?”
 
“Beh, dopo Trasfigurazione tu avevi Aritmanzia e io Antiche Rune, non ti ho visto fino ad ora! Immagino me l’abbia detto perché sono Caposcuola, comunque.”
 
“Questi sono i momenti in cui piacerebbe esserlo anche a me! Dopodomani, quindi… Immagino che ci osserveranno un po’ domani per decidere chi scegliere.”
 
“Non se sarei così sicura Bree… Magari ci hanno osservato anche stamattina senza farcelo sapere, chi può dirlo.”
 
Brianna si accigliò leggermente alle parole sibillina dell’amica, che per tutta risposta sollevò le sopracciglia come a volerle dire di non fare quella faccia e che poteva davvero essere così.
 
“La cosa mi mette un po’ di ansia… Ma hai ragione, potrebbe anche essere. Che ore sono piuttosto? Non ho più guardato l’ora…”
 
Brianna abbassò lo sguardo sull’orologio che portava allacciato al polso, sgranando gli occhi azzurri con orrore nel vedere la lancetta dei minuti posta tra il 10 e l’11 mentre quella dei secondi continuava a muoversi velocemente… forse anche troppo.
 
“Oh cavoli… A furia di parlare quasi perdiamo le lezioni! Tra meno di dieci minuti abbiamo Pozioni, dannazione!”
 
“Oh no, non mi va di sentire Lumacorno pavoneggiarsi!”   Isabella gemette, sbuffando mentre si alzava controvoglia dalla panca.  Bree le lanciò un’occhiata seccata, come a volerle dire – Perché, secondo te a me va? – mentre si alzava a sua volta per poi seguirla verso le porte aperte della Sala Grande, zigzando tra gli studenti che stavano uscendo come loro per tornare a lezione.
 
“Sai Bella, a volte penso che il tempo passi troppo in fretta… La pausa pranzo dura sempre troppo poco.”
 
“Il tempo è una delle poche cose costanti che esistano Bree… E’ la nostra mente ad elaborarlo diversamente da ciò che è, a volte.”
 
                                                                              *
 
“Senti… La tua pozione di che colore è?”    Rod si sporse leggermente verso il banco accanto al suo, sbirciando la pozione che ribolliva nel calderone di Antares. Una smorfia increspò le labbra del Grifondoro davanti a ciò che vide, ovvero una pozione color carta da zucchero.
 
“Ma andiamo, non è possibile! La mia è viola!”
 
“Beh, guarda il lato positivo… A te piace il viola.”
 
Antares si strinse nelle spalle, continuando a mescolare la sua pozione mentre Rod sbuffava, guardando il suo calderone con aria torva: per quanto Pozioni gli piacesse, non ne azzeccava mai una.
Antares sosteneva che aveva fuso tre calderoni dal sesto anno… In realtà erano 4, ma non aveva mai avuto il coraggio di correggerlo.
 
“Non sono mai riuscito a spiegarmi perché Lumacorno mi ha voluto nel suo “club” … Faccio pena nella sua materia!”
 
Rod sospirò, facendo stringere Antares nelle spalle prima di rispondergli in tono vago, come se avesse ripetuto quelle parole diverse volte:
 
“Vero. Ma ti chiami Lestrange di cognome, dopotutto.”
 
“Che fortuna… Beh, mi consolo: farò pena in Pozioni, ma almeno me la cavo in altre cose! In Trasfigurazione non mi batte nessuno.”
 
“Temo di dover dissentire, Lestrange: io sì.”
 
“Ma non dire assurdità! Ti vorrei ricordare mio caro Black, che una volta ho trasfigurato Yaxley in un tacchino al Club dei Duellanti!”
 
Rod sfoggiò un sorrisetto, ricordando l’episodio che non si sarebbe mai stancato di raccontare con infinita soddisfazione. Quando l’aveva raccontato ad Antares il Serpeverde aveva quasi pianto dal ridere, non riuscendo a smettere per diversi minuti e segnando così la condanna del compagno di Casa Starkey Yaxley, che spesso e volentieri si ritrovava con il fastidioso aneddoto sbattuto in piena faccia.
 
“La vedremo giovedì alla prossima lezione allora… Voglio proprio vedere chi tra noi ci metterà meno ad auto-trasfigurarsi in un comò.”
 
                                                                         *
 
“Che strazio… Non ricordavo che un’ora di lezione potessero essere così lunga!”
 
Will sbuffò, guardandosi le mani e tirando un sospiro di sollievo nel realizzare che poteva di nuovo vederle: non gli erano mai piaciuti gli incantesimi di Disillusione… una parte di lui aveva sempre il terrore di non riuscire a tornare normale.
 
“Se è stata lunga per te, immagina quei poveracci… Non li ho proprio invidiati, cominciavo anche ad avere caldo nonostante i Sotterranei in genere siano umidi.”
 
Regan si prese i lembi della giacca per farsi aria, lieto di essere finalmente uscito dall’aula di Pozioni al termine della lezione. Lui, Will, Charlotte e Lyanna avevano assistito silenziosamente senza farsi vedere dagli studenti, auto-applicando un Incantesimo di Disillusione prima di entrare in aula.
 
“Regan, cerca di capirlo… Per il povero Will dev’essere davvero frustrante non venir rimirato per un’ora intera! Sessanta minuti sono tantissimi infondo!”
 
Will lanciò un’occhiataccia alla donna che gli era appena comparsa accanto, che lo guardava con la compassione più finta del mondo:
 
 “Sempre adorabile, Charlotte… Il tempo passa, ma le persone non cambiano poi molto a quanto pare.”
 
“Stavo per dire la stessa cosa, mi hai letto nel pensiero!”
 
Charlotte gli sorrise amabilmente prima di strizzare l’occhio ad un Regan che stava cercando di non ridere, accelerando il passo per superare i due e raggiungere Lyanna che camminava qualche passo davanti a loro.
 
“Regan, stai ridendo?”
 
“Io? No! Ma come ti viene in mente Will? Non oserei mai. Notato qualcuno di interessante, comunque?”
 
“Dovrei chiedertelo io… Insegnerai tu Veleni e Antidoti dopotutto… e si avvicina abbastanza a Pozioni.”
 
“Un ragazzo Grifondoro stava quasi per disintegrare il suo calderone, poverino! Ero quasi tentato di andare ad aiutarlo…”
 
Regan sorrise con sincero divertimento, non potendo non provare solidarietà per quei ragazzi: in fin dei incontri solo un decennio prima era al loro posto… E anche se era sempre stato bravissimo in Pozioni, aveva avuto le sue lacune come tutti.
 
“Per carità, lasciali nel loro brodo finché sono nell’aula di Lumacorno… altrimenti poi chi lo sente. In ogni caso, per oggi abbiamo finito di fare da spettatori e la cosa mi solleva parecchio. Non abbiamo una qualche riunione adesso, vero?”
 
Il tono e l’espressione quasi allarmata di Will fecero sorridere l’ex compagno di Casa, che scosse il capo per rassicurarlo:
 
“Noi, tranquillo… Ma domani ne abbiamo una dopo le lezioni, per decidere chi seguiremo nei prossimi mesi.”
 
“Oh, fantastico… Non vedo l’ora. Beh, io vado a riposarmi un po’ finché ne ho la possibilità. Ci vediamo a cena Regan!”
 
Will rivolse al collega un cenno di saluto che venne ricambiato prima che Cavendish si allontanasse a passo svelto nel corridoio umido e poco illuminato.  Era la prima volta in cui tornava nei Sotterranei dopo nove anni… Era strano, in effetti. Sia per lui che per Regan, che venne sfiorato dalla tentazione di dare una sbirciata alla sua vecchia Sala Comune, giusto per vedere cosa fosse cambiato o rimasto uguale… Fortunatamente però si riscosse, dicendosi che non era una grande idea e che probabilmente avrebbe fatto prendere un colpo a qualche studente.
 
Passando davanti al muro che celava l’ingresso alla Sala Comune Regan sorrise appena, appuntandosi mentalmente di farci un salto entro la fine dell’anno scolastico… Non poteva certo tornare ad Hogwarts senza combinare almeno un guaio, dopotutto.
 
                                                                            *
 
“Bell’orologio.”      Charlotte alzò lo sguardo di scatto, ritrovandosi a guardare Lyanna sedersi accanto a lei nella Sala Insegnanti.
L’Auror annuì appena, chiudendo l’orologio da taschino per poi riporlo lentamente nella tasca della giacca:
 
“Grazie. In genere non amo gli orologi, in realtà… Non li porto mai.”
 
“Davvero? Perché?”
 
“Non lo so… credo che non mi piaccia il fatto che scandiscano costantemente il tempo, che ci ricordino quanto velocemente scorrano le nostre vite e a quanto ci scivolino dalle mani, a volte.”
 
Lyanna inarcò un sopracciglio alle parole della collega, che teneva lo sguardo fisso sulle fiamme che ardevano nel camino acceso come se stesse riflettendo su qualcosa.
 
“Non avevo mai pensato a questo… punto di vista. Non ci avevo mai riflettuto, ma forse hai ragione.”
 
“Probabilmente sono strana, lascia stare Lyanna… Ma a volte quel ticchettio mi rende davvero nervosa, non so perché.”
 
Charlotte sorrise tetramente, riuscendo quasi a sentire quel fastidioso rumore anche se l’orologio era chiuso e riposto nella sua tasca.  Aveva passato diversi minuti senza dire o fare nulla, osservando un orologio a pendolo e aspettando che il tempo trascorresse… Peccato che in quei momenti il tempo sembrava non passare mai, come se le lancette si divertissero a prendersi gioco di lei senza spostarsi.
 
A quelle parole Lyanna le rivolse un leggero sorriso, come a volerle tirare su il morale:
 
“Ognuno ha le sue stranezze Charlotte… E dietro c’è quasi sempre un motivo preciso.”
 
“Immagino che tu abbia ragione. Al tempo che passa, allora.”   Charlotte prese la tazza di the fumane dal tavolo da caffè, avvicinandola a quella che teneva in mano la mora e facendole incontrare.  Lyanna annuì, ripetendo le sue ultime parole prima di bere un sorso di the:
 
“Già… al tempo che passa mentre noi stiamo a guardare.”




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Angolo Autrice:
Buonasera! Non pensavo di aggiornare così presto, ma l'ispirazione ha bussato alla mia porta... quindi eccomi qui. 
Grazie per le informazioni che mi avete mandato e per le recensioni come sempre... a presto, spero, e buonanotte!
Signorina Granger

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Capitolo 5
*** Dolore ***


Capitolo 4: Dolore
 
Tra tutti gli animali, l’uomo è il più crudele.
E’ l’unico a infliggere dolore per il piacere di farlo
Mark Twain
 
1942
 
“Mi dispiace dovertelo chiedere Charlie… Ma Stephanie non è riuscita a tirargli fuori nemmeno una parola, e nemmeno John.”
 
“Non preoccuparti… Dammi dieci minuti e avrai le informazioni che vuoi.”    
 
La galleria, fredda e illuminata in modo da conferirle un’aria quasi spettrale, era praticamnete deserta e avvolta nel silenzio… Gli unici rumori erano i passi sul pavimento di metallo e le voci dei due Auror che la stavano attraversando fianco a fianco, camminandosi a passo svelto per raggiungere la sala infondo al tunnel.
 
“Dieci minuti? Non lo so Charlie… questo è davvero determinato, sostiene che non dirà nulla.”
 
“Lo dicono tutti, Sean… Ma tutti cambiano idea dopo aver chiacchierato un po’ con me.”   Charlotte sfoggiò un lieve sorriso prima di aprire la porta, entrando in una spoglia stanza dalle pareti grigie e un’unica lampada appesa al soffitto, illuminando l’intera stanza quadrata.
 
Sean non replicò alle sue parole, non potendo fare a meno di pensare che la giovane donna avesse ragione.  Entrando nella stanza dietro a Charlotte l’Auror lanciò un’occhiata in direzione dei due colleghi in piedi l’uno accanto all’altro: Stephanie teneva gli occhi fissi sull’uomo seduto sulla sedia e legato con una fune magica, e se la conosceva almeno un po’ sapeva per certo che aveva una gran voglia di lanciargli contro una maledizione.
John invece, il più giovane della squadra, si voltò verso i due colleghi quando fecero il loro ingresso, rivolgendo al superiore lo sguardo quasi esasperato di chi ha gettato la spugna.
 
Senza dire nulla Charlotte si avvicinò all’uomo di poco più di trent’anni, che la osservò di rimando con aria divertita, senza trattenere una mezza risata ironica:
 
“Non sapevo che al Dipartimento ci fossero tante belle ragazze! A saperlo mi sarei fatto catturare prima. Pensate davvero che una graziosa bambolina mi farà parlare?” 
 
Avvicinandosi a Stephanie Sean la vide distintamente piegare le labbra in una smorfia quasi schifata, mentre invece Charlotte sfoggiò un sorriso, rigirandosi la bacchetta tra le dita mentre si fermava di fronte all’uomo.
 
“Evidentemente sì, altrimenti non sarei qui. Sei proprio sicuro di non voler parlare di tua spontanea volontà? In questo modo ci risparmieremo un bel po’ di tempo…”
 
“Scusa, tesoro. Ho le labbra sigillate, e di certo non sarai tu a scucirmele.”
 
“Peccato. Speravo di rientrare a casa prima stasera… Vorrà dire che me dirai quello che vogliamo sentire con le cattive…”
 
                                                                         *
 
10 Gennaio 1944
 
“Amos!”
 
Sentendosi chiamare da una voce familiare il Tassorosso alzò lo sguardo, tenendo la tazza colma di caffè a mezz’aria mentre guardava Jane avvicinarglisi quasi di corsa, con un gran sorriso stampato in faccia che sembrava preannunciare una bella notizia:
 
“Buongiorno Jane… come mai tanta allegria di prima mattina? In genere affatturi chiunque ti rivolga la parola prima delle 9…”


“Oh, smettila… un sacco di persone sono irritabili di prima mattina. In ogni caso, ti cercavo per dirti che hanno appeso un foglio nell’Ingresso, con i nomi di chi è stato scelto per seguire i nuovi corsi… E siamo entrambi sulla lista! Anche Dante, in effetti… L’hai visto, così glielo dico!”
 
Jane sfoggiò un sorriso allegro, guardando verso l’affollato tavolo dei Grifondoro per cercare il ragazzo mentre Amos sfoggiava un sorrisetto: non vedeva l’ora di sentire l’amico brontolare perché non voleva seguire corsi extra dove di certo non sarebbe stato una cima… Nemmeno li era troppo entusiasta di avere nuove materie, ma la buona notizia era che in quel modo avrebbe perso molte lezioni inutili, come Divinazione.
 
“No, non l’ho visto… Credo stia arrivando.”
 
“Beh, vado a cercarlo! Voglio essere io a diglielo, così vedrò la sua faccia sgomenta!”
 
“Ma non fai colazione? Jane, è una pessima idea, quando non mangi diventi…”
 
Purtroppo il tono allarmato di Amos non fece cambiare idea alla Tassorosso, che girò sui tacchi per poi dirigersi felicemente verso le porte della Sala Grande, non facendogli finire la frase.
Il ragazzo sospirò, scuotendo il capo senza nemmeno prendere in considerazione l’idea di correrle dietro: la conosceva bene e sapeva che non cambiava facilmente idea… Come sapeva che, quando non faceva colazione, la dolce Jane diventava decisamente poco socievole e molto irritabile.
 
Che fosse il caso di tenerle da parte un croissant?
 
                                                                                 *
 
“Non hai idea di quanto sia felice! Non vedo l’ora di iniziare… Quando cominciano le lezioni?”
 
“Lunedì, saranno sempre di pomeriggio. A chi lo dici Bree, non vedo l’ora di imparare a Duellare, così poi andrò a fare un salutino a quei beoti del Club.”
 
“E allora Isabella farà tutti neri… Che bella visione.”      Il sorrisetto colmo di soddisfazione sul volto di Isabella non vacillò nemmeno per un istante, mentre Brianna sorrideva con aria divertita: di certo non si sarebbe persa la scena.
 
“Ci puoi scommettere. E se quel lurido verme del sesto anno… Come si chiama, quello moro!”
 
“Di chi parli?”
 
“Quello che ficca il naso a destra e a sinistra, quello viscido… Quello che ha sbattuto fuori Hagrid sostenendo che avesse aperto la Camera dei Segreti!”
 
Isabella sbuffò, cercando di ricordare il nome dell’irritante Serpeverde che molte volte aveva sorpreso a ficcanasare in giro per il castello in piena notte. Per quanto lo detestasse, non riusciva mai a ricordare come si chiamasse.
 
“Ahh, vuoi dire Riddle! Non ricordamelo, povera Mirtilla.”
 
Un brivido attraversò la schiena di Brianna, che piegò le labbra in una smorfia al ricordo dell’evento a dir poco spiacevole dell’anno precedente, quando una tredicenne della loro stessa Casa era stata trovata morta in un bagno.
Isabella annuì alle sue parole, sollevata di aver finalmente ricordato il nome del Prefetto:
 
“Si, lui. Detto tra noi, quella faccia non mi convince nemmeno un po’. Non so, è troppo perfetto… In ogni caso, se prova di nuovo a fare qualche commento sul fatto che non so duellare solo perché non ci fanno entrare al Club, potrei diventare piuttosto nervosa.”
 
Isabella sbuffò, incrociando le braccia al petto e, già che c’era, fulminando con lo sguardo il suddetto Serpeverde. Brianna sorrise ma non disse nulla, evitando d’informarla che trovava sempre molto divertenti gli screzi che l’amica aveva con il piccolo “eroe” di Hogwarts.
 
“Non pensarci… Per tua fortuna i corsi nuovi sono solo per il settimo anno, quindi non rischi di trovartelo tra i piedi.”
 
“Meno male. Non voglio nemmeno pensare a cosa voglia dire avercelo insieme in classe… Mi immagino Lumacorno, ho sentito che è schifosamente lecchino con lui.”
 
“Già… Non mi dispiace NON essere nel Lumaclub, sinceramente. A te?”
 
“No grazie, le ronde notturne mi bastano… Black mi ha anche lasciato il sabato sera, molto gentilmente. Ma se pensa di cavarsela si sbaglia, lo tallonerò finché non si prenderà almeno il venerdì! C’è anche lui nella nuova classe?”


“Si, mi sembra di sì.”
 
“Benissimo. Si prenderà il venerdì’ allora, o in alternativa gli rifilerò un veleno a lezione mentre guarda da un’altra parte.”
 
“Sai Bella… a volte ringrazio di essere tua amica e non tua nemica.”
 
                                                                                       *
 
“Come sarebbe a dire che vogliono bombardare Berlino? Dimmi che stai scherzando!”
 
Charlotte boccheggiò, guardando la donna che le stava davanti con gli occhi sgranati: possibile che i Babbani potessero essere tanto stupidi? Il Parlamento credeva davvero che bombardare la capitale della Germania fosse la soluzione ai loro problemi?
 
Stephanie sospirò, scuotendo il capo come se non riuscisse a crederci nemmeno lei:
 
“Non lo so CeCe… E’ tutto un gran casino qui da quando te ne sei andata.”
 
“Immagino… Mi piacerebbe essere lì, davvero.”   Il tono cupo di Charlotte fece quasi sentire in colpa l’ex Grifondoro, che si morse il labbro prima di parlare, annuendo con un lieve cenno del capo:
 
“Lo so… Scusami. Ma dico davvero, stanno tutti dando di matto. Non solo noi, anche i Babbani.”
 
“Beh, spero solo che Spencer-Moon muova il regale fondoschiena e vada a fare una chiacchierata con il Primo Ministro, o ci ritroveremo nei guai fino al collo! Non basta avere uno psicopatico che sta portando caos ovunque, ci voleva anche una stupida guerra tra i Babbani di mezzo mondo!”
 
“Non credo sia una coincidenza, Grindelwald c’entra di sicuro in tutta questa storia… Sei sicura di voler sapere che cosa succede a Londra, CeCe? Non so se ti fa bene…”
 
“Credimi Stephanie, mi fa sentire peggio stare fuori dal mondo senza sapere che cosa succede nella vita reale. Qui è come stare in una grande bolla, ma prima o poi ne uscirò.”
 
Charlotte sospirò, pregando affinché quei dannati mesi passassero in fretta: voleva tornare al suo lavoro vero, fosse stato per lei l’avrebbe fatto anche seduta stante. Il fato però aveva deciso di prendersi gioco di lei, mettendola in disparte proprio in un momento di simile difficoltà.
Guardò la collega, inginocchiata sul pavimento del suo nuovo ufficio, lanciarsi un’occhiata alle spalle prima di sbuffare, voltandosi di nuovo verso l’amica con aria seccata:
 
“Devo andare, abbiamo un branco di macellai da interrogare. Non è roba per me Charlotte, vorrei che fossi qui a sfar sputare sangue e informazioni a quei vermi.”
 
“Tornerò presto a disseminare terrore Stephanie, non preoccuparti. Che intendi con macellai, comunque?”
 
“Non credo che tu voglia saperlo di prima mattina. Ci vediamo presto Charlotte, ti terrò aggiornata… Salutami tanto Regan, digli che mi manca.”
 
Charlotte annuì, leggermente intenerita dal tono dolce e carico di affetto di Stephanie quando si parlava del marito, molto diverso di quello che aveva usato per parlare dei maghi che stava per interrogare.
 
“Sarà fatto… Buon lavoro.”
 
Scorgendo un ultimo sorriso sul volto della collega Charlotte si tirò indietro con il capo, sollevandolo dal braciere acceso che ardeva nel camino.
Rimase inginocchiata sul tappeto per qualche istante, riflettendo su quanto appena sentito mentre qualcuno si schiariva la voce, facendola voltare e tornare improvvisamente alla realtà:
 
“Ciao. Con chi stavi parlando?”
 
“Una collega. Non ho il camino in camera mia, quindi devo per forza venire qui…”
 
Stringendosi nelle spalle Charlotte si alzò senza staccare gli occhi da Will, che la guardava di rimando con gli occhi carichi di curiosità:
 
“Hai detto qualcosa a proposito di Berlino?”
 
“Si… pare che il Parlamento abbia deciso che sia una mossa intelligente bombardarla. Come no, si ritroveranno con Londra rasa al suolo a breve, se continuano così…”
 
L’Auror sbuffò, superando il collega per uscire dalla stanza e andare a fare colazione: dopo aver discusso di questioni decisamente poco piacevoli per mezz’ora aveva davvero bisogno di mettere qualcosa sotto i denti.
 
Will la seguì, uscendo dalla stanza e incamminandosi nel corridoio, desideroso di saperne di più: in effetti era da un paio di giorni che aveva un paio di domande in testa, ma non aveva mai trovato il modo o il momento di porle… Probabilmente quello era il momento giusto:
 
“A questo proposito… posso chiederti come mai sei qui? Non dirmi che l’idea di insegnare ti piace…”
 
“Non molto, in effetti. Ma credo che lo stesso si possa perfettamente dire di te… Dimmi Cavendish, tu perché sei qui?”
 
Will si strinse nelle spalle, ripetendo ancora una volta le medesime parole che aveva già usato con Regan e con un milione di altre persone:
 
“Dippet me l’ha chiesto… e non ho trovato un valido motivo per cui dirgli di no, diciamo che mi annoiavo.”
 
“Oh certo. C’è una guerra in corso, è comprensibile che tu ti stia annoiando...”    Il tono comprensivo e decisamente finto di Charlotte le fece guadagnare un’occhiata torva da parte dell’ex Serpeverde, che si strinse nelle spalle:
 
“Veramente stavamo parlando di te, Charlotte. Non svicolare… Fa’ davvero strano, una Selwyn che insegna… Le donne della tua famiglia solitamente non se ne stanno in un grande villa a dare ordini agli elfi domestici e a sfornare marmocchi?”
 
Will inarcò un sopracciglio, chiedendosi sinceramente perché l’ex compagna di scuola fosse tornata ad Hogwarts: non riusciva a capire perché un Auror dovesse voler lasciare il suo lavoro, specialmente nel bel mezzo di una guerra.
 
Con sua gran sorpresa Charlotte invece sorrise, guardandolo con aria quasi divertita mentre scendevano le scale:
 
“Hai detto bene Cavendish, solitamente è così… Ma non mi è mai piaciuto seguire la massa, specialmente se si tratta della mia famiglia. Quanto al perché sono qui… Beh, diciamo che l’alternativa era di gran lunga peggiore, si può dire che io abbia scelto il male minore.”
 
Non era mai stato un ficcanaso, solitamente si faceva gli affari propri. Non tanto perché fosse una persona riservata, più che altro perché era raro che gli importasse a tal punto di qualche altra persona da interessarsi alla sua vita… Ma c’era qualcosa che lo incuriosiva, forse il trovare quella donna molto diversa dalla ragazza che aveva frequentato le lezioni con lui anni prima. Charlotte Selwyn era cambiata, in qualche modo, ma così sottilmente da rendere difficile capire come. In un primo momento non lo si notava, ma c’era qualcosa di diverso in lei. E prima o poi avrebbe capito che cos’era…
 
                                                                                   *
 
“Sei sposata?” 
 
“Come?”    Lyanna si voltò di scatto verso Regan, svegliata da una specie di stato di trance. L’uomo accennò all’anello d’oro che la collega portava e che, quasi inconsciamente, si era messa a far ruotare mentre era immersa nei ricordi che la Sala Grande aveva risvegliato, riportando alla memoria un mucchio di colazioni, pranzi e cene passate in compagni di amici... e anche di qualcun altro.
 
La mano di Lyanna si allontanò immediatamente dalla fede quasi come se fosse incandescente, limitandosi ad annuire dopo aver esitato pe runa timo:
 
“Io… si.”
 
“Non mi ero accorto che portassi la fede… Da quanto sei sposata?”
 
“Quasi nove anni.”
 
“Però, è parecchio considerando che hai appena trent’anni… Eri molto giovane.”
 
“Si, in effetti si, avevo appena 22 anni.”
 
Lyanna abbassò lo sguardo sulla sua tazza di caffè’, chiedendosi perché facesse tanta fatica a dire che suo marito era morto: non riusciva nemmeno a togliersi la fede…
Sfortunatamente Regan non aveva idea che la sua nuova collega fosse rimasta recentemente vedova e sfoggiò il suo classico sorriso allegro, desideroso di fare conversazione e conoscerla meglio:
 
“Vi siete conosciuti a scuola?”
 
“Guà… Siamo stati amici per un sacco di tempo, ma poi le cose sono cambiate.”
 
Lyanna sorrise appena, provando una piacevole sensazione di sollievo nel ricordare alcuni tra i più bei momenti passati in quella scuola. Non le andava di raccontare come fossero realmente finite le cose e perché fosse dovuta tornare ad Hogwarts… Non ancora, almeno.
 
“Anche io e Stephanie ci siamo conosciuti qui… L’unica nota positiva delle cene di Lumacorno è stata conoscerla! Sai, lei era Grifondoro, credo che a tutta la mia Casa sia venuto un colpo al cuore quando ci siamo fidanzati. Ora che sono passati dieci anni, credo che qui sia presa un po’ troppo sul serio, la faccenda delle Case. Tu non credi?”
 
“E’ probabile. Infondo le persone cambiano, non restiamo per sempre come ad 11 anni… Chissà, magari se indossassi oggi il Cappello Parlante non mi Smisterebbe a Corvonero. Ti dirò Regan, tu non mi sembri per niente un Serpeverde. Ad occhio non so, ti avrei visto come un Grifondoro.”
 
Regan sorrise alle parole di Lyanna, annuendo come se gli avessero già detto quelle stesse parole:
 
“Non sei la prima a dirmelo… Anche Charlotte lo sostiene. Ah, parli del diavolo… Buongiorno Charlie!”
 
Regan sfoggiò un sorriso allegro, puntando gli occhi sull’amica che si stava avvicinando al tavolo degli insegnanti con Will subito dietro.
 
“Buongiorno… Regan, per favore, non chiamarmi…”
 
Charlotte sospirò ma non finì la frase, interrotta dall’amico che si maledisse mentalmente per la sua sbadataggine prima di scusarsi, affrettandosi a correggersi:
 
“Scusa! Lo so, mi dimentico continuamente… Va bene se ti chiamo CeCe come fa Stephanie?”
 
“Benissimo, grazie. Ci ho parlato prima, a proposito… Dice di salutarti e che le manchi moltissimo.”
 
Charlotte sedette accanto a Regan, salutando Lyanna con un sorriso mentre l’uomo invece sospirava, parlando con tono leggermente cupo:
 
“Manca anche a me… Dopo una settimana. Sono messo male!”
 
“Sei solo innamorato Regan. Ci fari l’abitudine, vedrai.”   Lyanna gli rivolse un sorriso quasi freddo, assente di una qualunque nota gioiosa, come se stesse parlando per esperienza personale e non stesse dicendo solo una frase fatta. Sia Charlotte che Regan intuirono che c’era qualcosa sotto da quelle parole ma soprattutto da quel sorriso forzato ma nessuno dei due si dilungò in domande inopportune; Regan si rivolse invece a Will, iniziando a chiacchierare allegramente delle nuove lezioni che non vedeva l’ora di iniziare, ignaro che la donna seduta accanto a lui lo stesse ringraziando mentalmente per non aver fatto domande a cui non avrebbe risposto volentieri.
 
                                                                                 *
 
Ma perché non lo trovo mai da nessuna parte?
 
Jane sospirò, guardandosi intorno nella vana speranza di scorgere la familiare e altissima figura di Dante: benché lo conoscesse da anni, non aveva mai capito come facesse a nascondersi ovunque nonostante i suoi due metri appena sfiorati di altezza.
 
Il pianerottolo che portava alla scalinata principale era in effetti gremito di studenti che stavano scendendo dalla Torre di Corvonero e di Grifondoro per andare a fare colazione, rendendo la ricerca dell’amico ancora più ardua per la ragazza: Dante era talmente alto che normalmente sarebbe stato impossibile non notarlo… In effetti molto probabilmente l’aveva vista e si stava nascondendo apposta, ridendosela sotto i baffi nel vederla impaziente e a disagio.
 
Dovrà pur comparire, prima o poi!
 
Jane sbuffò mentre si appiattiva lungo il muro, cercando di non farsi calpestare da qualche compagno di scuola decisamente impaziente di afre colazione, visto il modo in cui correvano sulle scale: avevano forse paura che finisse il cibo?
 
La ragazza stava quasi iniziando a considerare l’idea di Appellare l’amico quando sentì una mano sfiorarle la spalla, facendola voltare di scatto e ritrovandosi a guardare un sorriso allegro e un paio di occhi luccicanti:
 
“Cerchi qualcuno?”
 
“Dan, eccoti finalmente! Ma dove ti eri imbucato?”
 
“Qua e là, come sempre. Perché volevi parlarmi, piccola Jane?”
 
“Le nuove lezioni, Dan… Siamo stati scelti, e anche Amos!”
 
Jane sorrise ma Dante non ricambiò, sfoggiando invece quasi una smorfia: aveva sinceramente sperato che non l’avrebbero scelto… In effetti si chiedeva perché mai l’avessero preso, visto che non era eccezionalmente bravo in nessuna materia particolare.
 
“Beh, puoi anche provare a mostrarti allegro… L’idea di passare del tempo con i tuoi amici è tanto traumatizzante Dan?”
 
Jane abbozzò un sorriso, inclinando leggermente il capo e facendolo sorridere di rimando:
 
“Certo che no… Se non altro ci sarete tu e Amos, sarà molto più piacevole così. Ma ora basta parlare, non dovremmo andare a fare colazione? Sto morendo di fame!”
 
“Tranquillo, so che mangiare è uno dei tuoi hobby… Ma ci vorrà una vita per passare, qui p tutto bloccato.”
 
Jane sbuffò, accennando tetramente all’ingorgo che si era formato sul pianerottolo e sulle scale.
Dante però sembrò non porsi minimamente il problema, sorridendo alla ragazza prima di metterle un braccio intorno alle spalle:
 
“Tranquilla Jane, ci penso io… Guarda e impara.”
 
Jane inarcò un sopracciglio, guardandolo strizzarle l’occhio prima di alzare lo sguardo, puntandolo dritto davanti a se sulla folla di studenti:
 
Scusate, permesso! Fate passare!”
 
La voce tuonante del ragazzo fece bloccare gran parte dei presenti, che si voltarono in direzione dei due mentre il Grifondoro sorrideva, avanzando facilmente e trascinandosi dietro Jane grazie al varco che si era creato non appena aveva parlato. 
Dal canto suo la Tassorosso sbuffò, chiedendosi ancora una volta come facesse: probabilmente se lei avesse trovato a chiedere di farla passare, l’avrebbero calpestata.
 
“A volte vorrei avere una voce come la tua, sai?”
 
“Non è sempre positivo, in realtà… Se può farti stare meglio, per me è assolutamente impossibile cercare di suggerire durante le verifiche. Mi sente perfino Ruf!”
 
Dante sorrise e Jane scoppiò a ridere, annuendo mentre scendevano le scale per raggiungere l’Ingresso:
 
“Beh, questo mi solleva parecchio… Grazie Dan, tu sì che sei un amico!”
 
                                                                            *
 
“Non capisco perché tutti non facciano altro che parlare di questa stupida guerra… E’ una cosa così inutile, stupida… rozza. Così insensata, perché non si parla d’altro?”
 
Rod sbuffò, tenendo le mani sprofondate nelle tasche dei pantaloni neri mentre percorreva un corridoio insieme ad Antares per raggiungere l’aula di Trasfigurazione.
 
“Suppongo perché è una cosa… importante. Nel bene e nel male ci coinvolge tutti.”
 
“Forse, ma resta comunque inutile. E magari se tutti la smettessero di darci tanto peso finirebbe più in fretta.”
 
Il Serpeverde alzò gli occhi la cielo: conosceva Rod da un sacco di tempo e sapeva cosa pensava un po’ su tutto... compresa la guerra.
 
“So che è una cosa… “volgare” per i tuoi parametri di decenza ed eleganza Rod. Ma non tutti la pensano come te e ci sono un mucchio di persone che stanno guadagnando parecchio da tutta questa storia.”
 
Il Grifondoro si limitò a sbuffare, scuotendo il capo come se non volesse parlarne:
 
“Denti, lasciamo stare… Stiamo andando a Trasfigurazione e le ore di Silente sono quelle che preferisco… Non voglio rovinarmele.”
 
“Si sì tranquillo, lo so che hai una cotta per Silente e che adori le sue lezioni… Oggi avremo anche modo di constatare chi di noi è più è più bravo nella sua materia, pronto a trasformati in un bel comò di ciliegio Lestrange?”
 
“Non essere sciocco Black… mogano, se io fossi un mobile sarei di certo di mogano.”
 
Antares emise un suono a metà tra una risata e un verso esasperato alle parole dell’amico, ripetendosi ancora una volta che Rodericus Lestrange non sarebbe mai cambiato… anche se forse, anche se non l’avrebbe mai ammesso, gli andava bene così.
 
Tuttavia il Caposcuola non fece in tempo a dire nulla all’amico, perché udì una voce chiamarlo a gran voce dal fondo del corridoio. Voltandosi il Serpeverde sgranò gli occhi azzurri, imprecando mentalmente prima di rivolgersi all’amico frettolosamente:
 
“Si beh… Mogano, certo! Ora che ci penso, devo dire due parole a Silente prima della lezione… Ci vediamo in classe!”
 
Senza dare all’amico il tempo di dire nulla Antares si dileguò, affrettando improvvisamente il passo e allontanandosi lungo il corridoio. Rod inarcò un sopracciglio, chiedendosi che accidenti gli fosse preso mentre una figura dall’aria poco allegra compariva accanto a lui:
 
“BLACK! FARABUTTO, NON PUOI SCAPPARE PER SEMPRE! Ah, ciao Rod!”
 
“Ciao Isabella… perché vuoi parlare con Antares?”
 
“Il tuo caro amico mi ha scaricato i turni di ronda del fine settimana, ma se pensa di passarla liscia si sbaglia! Ora scusa, devo inseguirlo…  Ci vediamo in classe!”
 
Isabella rivolse al Grifondoro un debole sorriso prima di riprendere a correre nel corridoio, imprecando contro il suo “collega” che era schifosamente più veloce di lei nel svignarsela.
 
Anzi… Probabilmente non l’aveva mai visto correre tanto come quella mattina. Anche Rod pensò a quanto in fretta si fosse dileguato il suo migliore amico, non potendo fare a meno di sorridere: non l’aveva mai visto correre così velocemente, tranne quando erano bambini e scappavano da sua madre dopo aver combinato qualche guaio.
 
                                                                               *
 
“Proprio non vi capisco… Perché vi ostinate a farci perdere tanto tempo? Vi risparmiereste una buona dose di dolore…”
 
Charlotte quasi sospirò, guardando l’uomo steso sul pavimento che ricambiava il suo sguardo, respirando affannosamente e la fronte imperlata di sudore.
 
“Vuoi uccidermi?”
 
“Oh no, io non uccido nessuno. Ma il gatto gioca sempre un po’ con il topo, e noi continueremo a giocare finché non parlerai. Voglio sapere chi sta manipolando, in Germania… Qualcuno vicino ad Hitler, giusto? Devi solo dire i nomi, poi smetterai di soffrire anche se ti meriti tutto quello che ti sto facendo patire.”
 
Charlotte puntò la bacchetta sotto al mento dell’uomo, sollevandoglielo per far sì che la guardasse negli occhi verdi, carichi di disprezzo e freddezza.
 
“Te lo ripeto, non sarai certo tu a farmi parlare.”
 
“Io invece credo che sarò proprio io e sto per dimostrartelo. Ho visto come hai ridotto quelle poverette, quindi voglio farti una domanda: dimmi, che cosa si prova a stare davanti ad una donna che non ha paura di te?”
 
Un gemito di dolore trattenuto a stento uscì dalla bocca socchiusa dell’uomo quando il piede di Charlotte coperto dallo stivale di cuoio premette sulle sue costole, arrivando quasi ad incrinarle mentre la donna non staccava i suoi occhi dal volto dell’uomo:
 
“Charlie…”
 
“Sta’ zitto Sean. Non le hai viste.”
 
Il tono pacato di Charlotte non sembrava voler ammettere repliche, zittendolo all’istante. L’uomo si limitò a guardarla con una vena di preoccupazione, chiedendosi fin dove si sarebbe spinta questa volta… sapeva che si era sentita punta sul vivo in quel caso, non l’aveva preso per niente bene e tutta quell’aggressività era il risultato.
 
“Odio le persone che non rispondono alle domande, Joseph. Voglio i nomi, adesso.”
 
Dopo un istante di silenzio Charlotte fece per ricominciare con la Maledizione Cruciatus, ma la voce strozzata la bloccò di colpo con la bacchetta ancora puntata sul suo petto:
 
“Schmidt, Meyer.”
 
“Sono tre, lo sappiamo. Dimmi anche il terzo Joseph, o ti prometto che questa volta non sarò per niente gentile.”
 
“Schwarts! Sei contenta, stronza?”
 
Il tono rabbioso la fece sorridere, annuendo con un debole cenno del capo mentre allontanava la bacchetta dall’uomo, rimettendosi dritta in piedi:
 
“Si, molto… Grazie. Fatelo sparire dalla mia vista, per favore… Fallo portare al San Mungo John, ma che non lo perdano di vista neanche per un attimo. Andiamo Sean, dobbiamo muoverci.”
 
L’Auror girò sui tacchi e uscì in fretta e furia dalla stanza, quasi correndo lungo la galleria per tornare agli uffici del Dipartimento.
 
“Ma non dovresti essere tu il capo?”   John rivolse a Sean un’occhiata confusa, che venne ricambiata con una scrollata di spalle quasi rassegnata prima che l’uomo seguisse Charlotte fuori dalla stanza:
 
“Si beh… Ormai è partita, ora chi la ferma più… Vieni anche tu Stephanie, dobbiamo farci un giro al Ministero. Portate questo verme schifoso al San Mungo, anche se non se lo merita neanche un po’. Il dolore si, quello se l’è meritato.”
 
Lanciando all’uomo che avevano catturato solo poche ora prima un’occhiata carica di disgusto l’Auror uscì dalla stanza insieme a Stephanie, che annuì con un debole cenno del capo:
 
“Poco ma sicuro… E’ brutta da dire, ma alcune persone lo meritano davvero, visto quanto ne infliggono. E Charlie è davvero brava, io crollerei…”
 
“Crolla anche lei, di tanto in tanto. Solo che lo fa in silenzio e si rialza da sola, prima che qualcuno possa fermarsi ad aiutarla… Ma prima o poi scivolerà davvero Stephanie, e allora dovrà permettere a qualcuno di aiutarla sul serio.”
 
                                                                                  *
 
Sedendo sul letto, gli occhi di Charlotte non si staccarono dal muro nemmeno per un attimo… O più precisamente da un punto del muro, quello in cui aveva attaccato un articolo di giornale risalente a circa un mese prima.
 
Il titolo e la foto riuscivano sempre a provocarle una fitta di dolore all’altezza del petto… Nonostante quante volte l’avesse letto o anche solo semplicemente visto.
 
Però forse non era un male, forse infondo se lo meritava.
Aveva passato anni a far parlare i peggiori criminali aiutandosi spesso e volentieri con il dolore che provocava… Era arrivato il suo turno di soffrire, in fin dei conti.
 
Subito prima di tornare ad Hogwarts Luisa le aveva detto che c’erano cose che non si potevano escludere dalla vita umana… Principalmente due, l’amore e il dolore.
 
Nonostante si tenesse lontana dalla prima, viveva a stretto contatto con la seconda ormai da anni… E forse le cose non sarebbero cambiate per molto tempo.
 
“Mi dispiace, davvero… Ho sbagliato e non lo dico spesso Seannie, quindi spero davvero che tu mi stia ascoltando.”
 
Sapeva che non poteva più sentirla, ma si scusò comunque… con gli occhi lucidi e la voce flebile, lo sguardo puntato dritto su quel dannato articolo di giornale che aveva appeso proprio davanti al suo letto, in modo da averlo sempre davanti agli occhi per non dimenticare cosa aveva fatto.
 
Lo guardò sorridere nella foto in bianco e nero, i capelli come sempre spettinati e gli occhi verdi ridenti fissi sull’obbiettivo… Se non altro poteva ancora vederlo ridere, in qualche modo, anche se la scritta subito sopra la foto toglieva a lei qualunque voglia di farlo:
 
Sean Selwyn era morto durante una missione… Insieme a praticamente tutto il resto della squadra, eccetto la sorella Charlotte.
 
 
 








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Angolo Autrice: 


Buonasera! Scusate se ci ho messo un po' ad aggiornare ma da qualche giorno ho dovuto riprendere a studiare sul serio, purtrtoppo. Ad ogni modo non preoccupatevi, il prossimo capitolo arriverà al massimo nel week end.  Scusate gli errori che probabilmente abbonderanno ma non ho avuto tempo di rileggerlo per bene visto che volevo pubblicarlo stasera per non farvi aspettare un altro giorno. 
Grazie come sempre per le recensioni, spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto... Nel prossimo cominciamo con le lezioni "nuove", ci sarà da ridere XD (per me, ovviamente)  Avete una richiesta particolare, quale vorreste leggere per prima?

Detto ciò vi saluto, a presto!
Signorina Granger

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Capitolo 6
*** Nuova settimana, nuova lezione ***


Capitolo 5: Nuova settimana, nuova lezione 
 
Lunedì 14 Gennaio 


“Rod, potresti farmi un favore? Smettila di sorridere.” 

Con suo gran rammarico Dante si ritrovò davanti ad un sorriso ancora più largo, dovuto proprio alle sue parole e al tono decisamente poco allegro mentre faceva colazione più silenziosamente del solito.

“Che muso lungo Julius... Come mai così di cattivo umore?” 

“È lunedì mattina, essere di cattivo umore è una specie di legge, al lunedì mattina. E poi oggi cominciamo le lezioni nuove e non sono particolarmente felice.” 

Rod sfoggiò un sorrisetto, guardando il compagno di Casa come se proprio non lo capisse: di tutti quelli che erano stati scelti per i corsi extra, Dante Julius era molto probabilmente l'unico a non esserne felice. 

Lui al contrario non vedeva l'ora che arrivassero le 15, così da iniziare con la prima lezione: il fatto che si cominciasse proprio con quella che sarebbe diventata di certo la sua preferita in assoluto lo rendeva ancora più allegro. 

“Davvero non sei felice nemmeno un po’? Sarà molto più interessante delle solite, noiose materie! E poi oggi si duella... Non vedo l'ora.” 

“Ci credo Lestrange, sei il più bravo anche al Club da quel che ho sentito.” 

“Infatti è così... Ma sono certo che non te la caverai male Dante. Non fraintendere, nemmeno io sarò bravo in tutto: hai presente Pozioni, la materia in cui faccio più pena in assoluto? Considerando quante volte ho fuso un calderone, dubito che prenderò buoni voti in Veleni e Antidoti.” 

“Poco ma sicuro... Ma per me è diverso Rod, sono abbastanza sicuro che non eccellerò proprio in niente: odio duellare, anche se non me la cavo male, per fare un esempio.” 


Dante sospirò, guardando il suo piatto con aria sconsolata: conoscendosi era abbastanza sicuro che non sarebbe mandato malissimo in Duelli o Difesa avanzava... Ma di certo nessuna delle nuove materie l'avrebbe entusiasmato, anzi molto probabilmente avrebbero messo i suoi nervi a dura prova visto che di certo sarebbero state abbastanza toste.

E l'ultima cosa di cui aveva bisogno Dante Julius era innervosirsi e agitarsi, visti i problemi che aveva da sempre.


                                                                         *


“Che sonno... Dite che posso farmi un pisolino, oggi pomeriggio?” 

Regan nascose uno sbadiglio dietro alla mano, mentre accanto a lui Lyanna era intenta a leggere l'ultimo numero della Gazzetta del Profeta. Senza nemmeno alzare lo sguardo dal giornale la donna annuì, rispondendo distrattamente:

“Considerando che oggi l'unica di noi a fare lezione sarà Charlotte immagino di sì. Domani tocca a te, vero Regan?” 

“Sì, il martedì spetta a me. Non invidio CeCe, non vorrei mai avere il lunedì!” 


“Nemmeno io, in effetti. Per mia fortuna, hanno saggiamente deciso di rifarlo a lei... Così fino a mercoledì posso starmene in pace.”    Will sfoggiò un sorrisetto soddisfatto, infinitamente grato a Dippet di aver messo la sua lezione al mercoledì pomeriggio e non ad inizio settimana. 

“Certo che voi due avete proprio una gran voglia di lavorare... Piuttosto, che fine ha fatto Charlotte?”  Lyanna inarcò un sopracciglio, sollevando gli occhi dal giornale e scrutando l’ingresso della Sala Grande con aria accigliata.
Will per tutta risposta si strinse nelle spalle, parlando in tono pensieroso come se stesse ipotizzando il motivo del lieve ritardo della collega:

“Magari ha cambiato idea e se l’è filata...” 

“Ne dubito fortemente Will... CeCe non è tipo che molla qualcosa, e di certo non andrà via da qui prima di Giugno, puoi starne certo.” 

William si voltò verso Regan, guardandolo con lieve perplessità mentre invece il collega teneva gli occhi fissi sulla porta in attesa di vedere Charlotte, esattamente come Lyanna. 

“Stai alludendo a qualcosa?”     Il tono pacato e sicuro di Regan l'aveva decisamente incuriosito, portandolo a chiedersi se l’ex compagno di Casa non sapesse qualcosa sulla donna che lui ignorasse.

“No, assolutamente.”   Regan si strinse nelle spalle con disinvoltura, ma non bastò a far demordere Will che stava già elaborando le sue parole, chiedendosi cosa ci fosse sotto.
Tuttavia l’ex Serpeverde non ebbe molto tempo per riflettere quanto appena sentito, perché dopo pochi attimi venne distratto dalla voce di Lyanna: 

“Ah, eccola qui. Aspettate, ma che...”  Lyanna sgranò gli occhi, sporgendosi leggermente sul tavolo come a voler vedere meglio: Charlotte era appena comparsa sulla soglia, ma non era come qualunque persona in quella sala si era aspettato di vederla.

Regan al contrario scoppiò a ridere fragorosamente, sorridendo in direzione dell'amica che si stava avvicinando con disinvoltura, camminando in mezzo ai tavoli e ignorando i diversi sguardi allibiti che stava attirando.

“Non ci credo... Non credevo l'avrebbe fatto sul serio!”    Regan non smise di ridere nemmeno per un istante, mentre Lyanna non sapeva se trovare divertente o meno il fatto che la sua collega avesse... Beh, non fosse vestita come al solito.


 "Non capisco proprio che cos'avete, tutti quanti!”   Arrivata davanti al tavolo degli insegnanti Charlotte sbuffò, lanciando uno sguardo carico di esasperazione in direzione degli altri insegnanti. 

“Non avete mai visto una donna con i pantaloni, per caso?” 

“Beh Selwyn... In effetti no.”   Will piegò le labbra in un sorrisetto divertito, guadagnandosi un’occhiata torva da parte della donna:

“Beh, c'è sempre una prima volta... Se qualcuno ha pensato anche solo per un attimo che mi sarei messa ad insegnare a duellare con la gonna e magari i tacchi, si è sbagliato di grosso. Regan, piantala di ridere!” 

La giovane Auror fece il giro del tavolo per sedersi sull'ultima sedia rimasta libera, fulminando l'amico con lo sguardo. L'uomo però non ci fece molto caso e continuò a sghignazzare per qualche minuto di fronte alle facce sbalordite e alle mascelle che sfioravano il pavimento della Sala Grande.

“Una non può nemmeno vestirsi come vuole... Vorrei proprio vedervi, vuoi maschietti che vi professate tanto bravi e forti a vivere su dei tacchi a spillo! Crollereste dopo dieci minuti...” 

Il borbottio sommesso di Charlotte fece sorridere Lyanna, che annuì mentre ripiegava il giornale:

“Questo è vero... Dicevo sempre la stessa cosa anche a mio marito.” 


Charlotte le rivolse uno sguardo curioso, non potendo fare a meno di pensare che Lyanna non accennava praticamente mai alla sua vita al di fuori della scuola... Sapeva che era sposata perché aveva notato che portava la fede, ma aveva preferito non fare domande visto che Lyanna non ne parlava mai spontaneamente... Quella era la prima volta in cui la sentiva nominare il marito, anche se di sfuggita.


Will ebbe i medesimi pensieri ma nemmeno lui osò domandare nulla, notando lo sguardo un po’ cupo della collega mentre ritornava a concentrarsi silenziosamente sulla colazione, quasi come se si fosse pentita di aver parlato.

“Secondo c'è qualcosa sotto... Su suo marito, intendo.” 

Il mormorio assorto di Will fece alzare gli occhi al cielo all’ex Corvonero, che gli lanciò un’occhiata carica di rimprovero prima di replicare in tono piatto, come se la questione non dovesse essere di loro interesse: 

“Se anche fosse, non sono affari nostri... Abbiamo avuto tutti una vita tra il Diploma e la settimana scorsa Cavendish, ma non vuol dire che deve essere nota a tutti. E poi da quando sei diventato così curioso? A scuola eri Lord Non Mi Importa Di Nulla Fuorché di Me Stesso.” 

Charlotte rivolse all’ex compagno di scuola un’occhiata scettica, ricordando decisamente bene gli anni in cui aveva frequentato Hogwarts... Ricordava bene anche Will Cavendish, in effetti. 

“Mi hai sempre reputato immaturo Charlotte, ma le persone cambiano... Sono passati anni, chi ti dice che sono lo stesso che hai conosciuto qui? Mi annoi, lasciami almeno spettegolare e farmi qualche castello in aria! E poi davvero mi chiamavano così?” 

“No... Soltanto io. Mi passi le uova, per favore?” 

Roteando gli occhi Will eseguì, porgendo alla collega la ciotola con le uova strapazzate. Lei gli rivolse un debole sorriso, servendosi mentre lui rifletteva sulle sue parole:

“Hai ragione Charlotte, tutti abbiamo un passato... Per questo so per certo che tu sei qui per un qualche motivo. Stai fuggendo da qualcuno, per caso?” 

“Se anche fosse non lo direi a te! Non siamo amici e non lo siamo mai stati Cavendish, vedi di ricordarlo. Io non faccio domande a te e non tu non ne fai a me, sono sicura che così riusciremo ad andare d'accordo fino a Giugno.” 


                                                                          *


"Sai, credo di non vederti sorridere come stai facendo ora da quando Tassorosso ha vinto contro Serpeverde, a Ottobre.” 

Le parole di Jane non fecero che aumentare il sorriso di Amos, che annuì quasi con aria sognante mentre ricordava il felicissimo aneddoto:

“Ci puoi giurare, non vedo l'ora di iniziare... E le facce sgomente dei Serpeverde non le dimenticherò mai, il giorno migliore della mia vita!” 

“Ci credo... Quel branco di simpaticoni ci reputano degli imbecilli senza cervello, che nervoso.” 

Jane sbuffò prima di bere un sorso di caffellatte, face di annuire l'amico che era seduto di fronte a lei:

“Già... È stata una gran soddisfazione batterli a Quidditch, poco ma sicuro. E anche se ci ritengono degli idioti, sia tu che io siamo stati scelti per queste nuove materie... Un motivo deve pur esserci, non siamo certo stupidi!”

“Certo che non lo siamo Amos, sono solo un branco di palloni gonfiati vestiti di verde a pensarlo. Poco male, forse prima o poi cambieranno idea...” 

“Magari queste nuove lezioni saranno un modo per far sì che ciò accada, piccola Jane.” 

“Mi spieghi perché tu e Dan mi chiamate sempre piccola Jane? Sono alta nella media per una ragazza, ti ricordo!” 

La Tassorosso appoggiò la tazza sul tavolo, riservando all’amico un’occhiata quasi seccata: la chiamavano così da sempre, probabilmente già al primo anno quando Dante sfiorava il metro e settanta mentre lei era uno scricciolo.

“È vero... Ma sei comunque la nostra piccola Jane, arrenditi.” 

Amos le sorrise con aria divertita, facendola sospirare con fare arrendevole: se per i suoi due migliori amici lei era “piccola Jane”, probabilmente le cose non sarebbero ma cambiate per quelle teste di rapa. 


                                                                                  *


“Che noia... Ma quanto parla?”  Brianna sospirò, lanciando un’occhiata torva in direzione di Rüf che, come sempre, aveva il potere di far addormentare chiunque con la sua parlantina.
Persino Bella nelle sue ore faticava a stare attenta e a rimanere concentrata, finendo spesso col scarabocchiare distrattamente sulla pergamena.

“Credo che non si zittisca mai... Anche se non farebbe male un modo per spegnerlo...” 

“Dici che se mi alzo sul bancone mi metto a cantare l'inno nazionale smetterà di parlare per cinque minuti?” 

Il tono dubbioso di Bree fece alzare lo sguardo dell'amica, che la osservò per un istante come a volersi assicurare che fosse seria: conoscendola, tutto era possibile. 

“Perché mi guardi così? Era solo un’idea!” 

“Un'idea che io non metterei in pratica, se fossi in te... Potresti anche scivolare dal banco, ti conosco. Così cadresti addosso a me e finiremmo entrambi in Infermeria, cosa che oggi non può assolutamente accadere visto che abbiamo la prima lezione...”

“Tranquilla Bella, lo so che non vedi l'ora. E credo che sarà divertente, hai visto la prof? Stamattina aveva i pantaloni!” 


"Si, credo che non ci sia nessuno che non se ne sia accorto... Ero mezza tentata di alzarmi per farle i complimenti!”   Isabella sorrise, ricordando distintamente i commenti e gli sguardi di incrudeltà quando Charlotte Selwyn aveva fatto il suo ingresso nella Sala Grande con tanto di pantaloni a vita alta, stivali con i lacci e capelli raccolti in una coda alta. 

La Corvonero invece si era quasi messa a ridere, non tanto perché trovasse ridicola la situazione ma per via delle facce sgomente degli insegnanti. L'unico che sembrava essersi divertito parecchio era stato Silente, che aveva sfoggiato un inconfondibile sorrisetto mentre le mascelle dei suoi colleghi sfioravano il pavimento. 

“Beh, potrai farlo tra qualche ora, quando avremo la sua lezione... Ma il tempo si blocca in quest’aula? Non è possibile che le lancette ci mettano così tanto a sposarsi!” 

Brianza sbuffò, appoggiando il mento su una mano con aria sconsolata senza staccare gli occhi azzurri dell'orologio, quasi sperando che il tempo iniziasse a passare velocemente all’improvviso: mancavano meno di dieci minuti alla fine della lezione e tutti gli studenti del VII anno stavano quasi cronometrando il tempo che mancava alla Campanella e alla pausa pranzo. 

“chi può dirlo, il tempo procede in modo insolito durante le lezioni di Rüf... Speriamo solo che non ci dia un intero capitolo da studiare, come la settimana scorsa.” 

Isabella sbuffò, fulminando l'insegnante con lo sguardo mentre l'amica annuiva con aria sconsolata:

“Già... Lo spero proprio. Domani ho anche l’allenamento, quando studierò?” 

“Lo dici a me? Dippet quest’anno ha scambiato Prefetti e Caposcuola per delle guardie carcerarie, ho idea... Ho un sacco di turni di sorveglianza, ma almeno sono riuscita a lasciare il venerdì sera a Black.” 

La rossa sorrise, parlando quasi con aria sognante al ricordo di un paio di giorni prima, quando dopo Antiche Rune aveva praticamente placcato Antares, costringendolo a prendersi il turno del venerdì senza dargli via di scampo.
Anche Brianna sorrise, non permettendosi però di dirle che aveva trovato la scenetta molto divertente: non appena la campanella era suonata la sua amica era quasi corsa verso il banco del “collega”, rivolgendogli un sorriso trionfante mentre al contrario sul volto del Serpeverde era comparsa un’espressione allarmata e rassegnata allo stesso tempo: sapeva di non avere scelta se si trattava di Isabella Burton. 

“Perché sorridi Bree?” 

“Niente niente... Sono solo felice che tu sia riuscita nel tuo intento. Grazie al cielo mancano cinque minuti, stavo pensando di farmi un pisolino quasi quasi... Dopo pranzo che abbiamo?” 

“Divinazione.” 

“Poco male allora, avrò tempo di dormire dopo!” 


                                                                                    *


“L’ora più inutile di tutto l'anno! Anzi, di tutti gli anni messi insieme! Prima o poi qualcuno mi spiegherà a cosa serve questa materia...” 

Il tono cupo di Antares fece alzare gli occhi al cielo a Rod, che rivolse all’amico uno sguardo carico di esasperazione mentre lascia no la Torre Nord dopo un’estenuante ed infinita ora di Divinazione:

“Ormai lo sanno anche le armature che odi quella materia... Anzi, secondo me lo sa persino Sir Cadogan! Ma perché diamine non l’hai mai mollata se la odi così tanto?” 

“Me lo chiedi almeno una volta ogni due mesi dal quarto anno Rod, e io ti rispondo sempre allo stesso modo da allora... E così farò per le domande a venire: io non mollo niente, mai. Un Black...” 

“Non torna mai sui suoi passi... Si lo so, lo so! Me l'hai detto milioni di volte.”    Rod sospirò, decidendo di lasciar perdere visto che ormai aveva rinunciato da tempo a cercare di convincere Antares a lasciare Divinazione: in realtà passare quelle lezioni con lui era decisamente divertente visto che non la smetteva di sbuffare, brontolare a mezza voce e commentare sarcasticamente tutto quello che sentiva... In compenso però fare i compiti con lui – o meglio provare a farli per poi rinunciare miseramente – era quasi una tortura.

“Sai che ti dico Antares? Lasciamo perdere la Divinazione... In fin dei conti tra pochi mesi non dovrai più studiarla in vita tua, così sarai felice e anche io visto che non dovrò più sentirti. Pensa invece che tra un'ora abbiamo la prima lezione di Duelli!” 

Il tono sognante di Rodericus fece sorridere lievemente il suo migliore amico, che lo guardò come se sapesse benissimo a cosa stesse pensando:

“Fammi indovinare Rod... Non vedi l'ora di dimostrare che sei il migliore, quando si tratta di duellare.” 

“Ovviamente! Almeno mi riprenderò la rivincita visto che mi hai battuto a Trasfigurazione... Quattro secondi certo, ma mi hai comunque battuto.” 

“Certo che ti ho battuto, te l'avevo detto... Non prendertela Lestrange, sei comunque il migliore... Dopo di me certo, ma non è male come risultato.” 

Antares diede all'amico una pacca sulla spalla, senza riuscire a non sorridere in ogni caso. Quando poi il Grifondoro lo incenerì con gli occhi chiarissimi il suo sorriso si allargò, intuendo cosa stesse per sentirsi dire:

“Black, piantala di pavoneggiarti! Hai presente Starkey tramutato in un tacchino? Continua così e seguirai le sue orme!” 

“Sai che paura... Hai presente la MIA famiglia, Rod? Cresci con i Black e niente potrà mai spaventarti davvero, fidati. Eccetto mia madre arrabbiata, ovviamente.” 


“Non me parlare, io l'ho vista tua madre arrabbiata! Mette i brividi per davvero...” 

                                                                         
                                                                         *


“Ma perché siete tutti così... Felici? Non vi capisco proprio.” 

Dante incrociò le braccia al petto, sbuffando sommessamente: e pensare che per quella lezione stava pure perdendo un allenamento! 
Jane, seduta accanto a lui, non sembrava decisamente pensarla allo stesso modo visto il sorriso allegro che aveva dipinto in volto già da diverse ore:

“Dan, smettila di brontolare! Mi ricordi sempre di più mia madre, sai?” 

Amos scoppiò a ridere, ma la risata venne provvidenzialmente mascherata in un colpo di tosse quando Dante fulminò l'amico con lo sguardo, intimandogli di non ridere prima di rivolgersi nuovamente a Jane:

“Grazie tante Jane... Scusa, non mi piace fare il guastafeste ma queste lezioni mi mettono s disagio... Spero che vada tutto bene.” 

“Ma certo che andrà tutto bene Dan! Non essere sciocco, non succederà niente!”  

Jane gli sorrise quasi con tenerezza, appoggiandogli una mano sulla spalla mentre il ragazzo si sforzava di ricambiare, cercando invano di crederle... peccato che la dolce Jane non sapesse i motivi della preoccupazione dell’amico. 


“Jane ha ragione Dan, niente può andare storto... Rilassati.” 

Dante annuì, chiedendosi che cosa gli avrebbero detto i suoi fratelli maggiori in quel momento. Probabilmente avrebbero parlato esattamente come Amos, quindi non vide altra soluzione se non cercare di seguire il consiglio dell’amico: in fin dei conti se fosse partito già teso non sarebbe andato molto lontano. 


I pensieri del Grifondoro però vennero interrotti quando, poco dopo, la porta della grande sula dalle pareti grigie e quasi interamente spoglia si aprì, facendo entrare Charlotte Selwyn. 
Non appena la donna ebbe fatto la sua comparsa nella grande stanza il silenzio calò tra il gruppo di studenti, mentre ogni paio d'occhi era posato sulla donna che li osservava di rimando con aria curiosa e rilassata allo stesso tempo.

Non disse nulla per un momento, osservandoli quasi con una luce divertita nei grandi occhi verdi: sembrava quasi avere tutta l'intenzione di divertirsi, nelle ore che di lì fino s Giugno avrebbero passato insieme una volta a settimana.

Dopo qualche istante di completo silenzio la donna sedette sull’ultima sedia rimasta vuota, accavallando le gambe con un gesto fluido e rivolgendo ai suoi nuovi alunni un sorriso:

“Allora... Ditemi, chi di voi sa già duellare?”

Gli occhi dell’insegnante indugiarono sulle mani che si alzarono, facendo poi cenno perché le abbassassero:

“Il Club non è ancora aperto alle ragazze, vero?” 

“No.”   Isabella contorse la mascella, parlando con un tono seccato scarsamente celato che fece sorridere appena l’insegnante, che scosse il capo quasi con esasperazione:

“Certe cose non cambiano proprio mai... Vorrà dire che farò presto una chiacchierata con il Professor Dippet. Ad ogni modo che quelli vadano a quel paese, finché in questo castello ci sarò io le ragazze duelleranno eccome... Mi chiamo Charlotte Selwyn, sono un’Auror e, se tutto va come previsto, a Giugno sarete tutti in grado di avere la meglio in un combattimento. 
Non mi piacciono le regole, quindi ve ne darò poche: 
La prima è che il primo che mi chiamerà Professoressa Selwyn finirà dritto in cucina a lavare i piatti con gli elfi: gradirei che mi chiamaste Charlotte.
La seconda è che chi proverà a fare il furbo e a giocare sporco sotto la mia supervisione... Beh, finirà sempre in cucina a lavare i piatti, non amo chi non gioca secondo le regole.
Infine la terza: per un motivo o per un altro voi siete qui, e quello che imparare si spera che un giorno vi potrà essere utile... Perciò non dovete arrendervi e buttarvi giù, mai. Se lo fate nella vita vera siete fregati e voglio che impariate a non mollare già sotto queste mura.” 

“Se dovessimo per caso arrenderci finiamo sempre a lavare i piatti?” 

Le parole di Rod scaturirono una risata generale tra i compagni, mentre anche le labbra di Charlotte si piegavano in un sorrisetto:

“Mi scusi, lei è?” 

“Rodericus Lestrange.” 

“Beh Signor Lestrange... no, se demorderete non vi farò lavare i piatti, bensì vi sbatterò fuori da questa stanza. E ora che abbiamo chiarito voglio che chi sa già duellare si alzi e faccia una “dimostrazione”, così gli altri possono vedere come si fa e la prossima volta inizieremo dalle basi. Mi dicono che lei sia molto bravo, vediamo un po’ che cosa sa fare, Signor Lestrange.” 

Charlotte sorrise in direzione del Grifondoro, che ricambiò con nonchalance prima di alzarsi sotto lo sguardo divertito di Antares, che dal canto suo già prevedeva una prima lezione molto interessante:

"Rod, ti sei fatto una nuova amica.” 


Il Grifondoro gli sorrise di rimando, ma la sua allegria duro ben poco: dieci minuti dopo, quando venne decisamente stracciato dalla sua insegnante, non ce n'era infatti più alcuna traccia. 












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Angolo Autrice: 

Buonasera! Scusate il ritardo, avrei voluto pubblicare ieri ma non sono riuscita a finire il capitolo in tempo... Diciamo che ha fatto un po’ di fatica ad uscire dalla mia testa. 
Mi sono concentrata poco sugli insegnanti ma nel prossimo saranno più presenti... sarà abbastanza introspettivo, così saprete qualcosa in più sugli OC (specialmente gli studenti). 

Spero come sempre che vi sia piaciuto, grazie mille per le recensioni! :) 

Buonanotte, ci sentiamo presto con il seguito! 

Signorina Granger 

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Capitolo 7
*** Passeggiatine notturne, scommesse e lettere ***


Capitolo 6: Passeggiatine notturne, scommesse e lettere 
 
Lunedì 14 Gennaio
 
“E’ una pessima, pessima, pessima idea!”
 
“Smettila di essere così noioso… Non siamo studenti, non possono metterci di certo in punizione!”
 
“Ovviamente no… Ma IO non ci tengo a vedere la faccia della Selwyn se ci trova in giro a quest’ora! Stasera aveva il turno di sorveglianza e non mi sembrava molto felice… Non ci tengo a vederla contrariata, grazie!”
 
“Parli come se CeCe fosse un Dobermann… Rilassati Will, di certo non ci ucciderà!”
 
“Parla per te, tu sei suo amico! Sono io quello sacrificabile! Ma perché mi sono lasciato convincere…”
 
William sospirò, passandosi una mano tra i capelli mentre scendeva le scale insieme a Regan, diretti ai Sotterranei. Il collega non disse nulla, limitandosi a sorridere e senza smentire la sua ipotesi, cosa che di certo non lo tranquillizzò: non sapeva nemmeno perché stesse andando nei Sotterranei a tarda ora insieme al suo ex compagno di scuola… si era lasciato in qualche modo convincere da Regan ad accompagnarlo nella loro vecchia Sala Comune, forse perché infondo anche lui nutriva un po’ di curiosità nel rivederla dopo quasi un decennio.
 
“Non lo so, in effetti non ci speravo! Ti stai rammollendo Will…”
 
“Non mi rammollisco, se sono qui è perché lo voglio… Nessuno mi fa fare cose che non voglio fare Regan, non scordarlo mai.”
 
William sbuffò, parlando quasi in tono cupo mentre attraversava il Salone d’Ingresso quasi completamente buio: la scuola di notte non metteva nessuno dei due completamente a proprio agio, in effetti… Ma a differenza di molti suo compagni di Casa Will Cavendish non si era mai potuto definire codardo, non per niente anni prima il Cappello Parlante ci aveva messo parecchio a scegliere se Smistarlo a Serpeverde o a Grifondoro.
 
“Oh, non lo metto in dubbio… Ma ora muoviamoci, non vorrei che spuntasse davvero qualcuno da dietro una angolo.”
 
Scesero a passo svelto le scale per raggiungere i Sotterranei e nello specifico il muro che nascondeva l’ingresso della Sala Comune dei Serpeverde.
 
“Grazie al cielo sapevi la parola d’ordine, per un attimo ho temuto che mi avessi trascinato fin qui senza preoccuparti di scoprirla…”
 
“Ma per chi mi hai preso Will, per un idiota? Ovvio che mi ero informato, altrimenti non entravamo di sicuro… Lumos.”
 
Entrambi scivolarono cercando di non far rumore dentro la Sala Comune, accendendo la punta delle rispettive bacchette che illuminarono leggermente la grande stanza.
 
“Cavoli, non è cambiata per niente! C’è anche il quadro di quello scorbutico, come si chiamava…”
 
“Nigellus. Phineas Nigellus Regan…”
 
Will sollevò leggermente la sua bacchetta, studiando le pareti dove c’erano gli stessi dipinti che ricordava… anche i divani e le poltrone non erano cambiati, e nemmeno le lampade ad olio smaltate di verde scuro.
 
“Ah già, quando ho incontrato Dippet nel suo ufficio ci ho parlato… Persona sgradevole, decisamente.”


I due ex Serpeverde si voltarono di scatto, allarmati al sentire una voce provenire da dietro di loro: si ritrovarono con stupore a guardare Charlotte intenta a guardarsi intorno con grande interesse:
 
“CeCe? Che ci fai qui?”
 
“Vi ho seguito fin qui. Quindi è così la Sala Comune dei Puzza Sotto il Naso, interessante… Me la immaginavo diversa, con lusso più ostentato.”
 
Charlotte si avvicinò ai due con disinvoltura, continuando a guardarsi intorno mentre teneva le mani dietro la schiena.  Regan e Will intanto la stavano osservando con tanto d’occhi, chiedendosi come avessero fatto a non accorgersi che la donna li aveva pedinati:
 
“Esattamente, per quanto ci hai seguito?”
 
“Dal quarto piano. Ho sempre voluto vedere la vostra Sala Comune e ho colto l’occasione, ovviamente…”
 
Charlotte sfoggiò un sorriso, immensamente divertita di fronte alle faccia stralunata di Regan e a quella quasi seccata di Will: in effetti un po’ gli rodeva di non essersi accorto di avercela avuta alle calcagna per più di dieci minuti… Evidentemente Charlotte Selwyn aveva un passo molto felpato.
 
“E ora dove vai?”   Regan inarcò un sopracciglio, seguendo l’amica con lo sguardo mentre si avvicinava al centro della stanza con naturalezza, come se fosse il salotto di casa sua:
 
“Che domande, quel divano sembra comodo… Vado a provarlo!”
 
Di fronte alle parole e al sorriso di Charlotte Regan scosse debolmente il capo mentre invece Will alzava gli occhi al cielo con aria esasperata:
 
“Non fare quella faccia Carsen, io te l’avevo detto che di certo ci avrebbe beccati. La tua amica ha occhi e orecchie ovunque, a quanto pare…”
 
“Non sai quanto Cavendish…”
 
                                                                                     *
 
Martedì 15 Gennaio
 
“Ma quanto ci vuole? Io non vedo l’ora di cominciare!”    Brianna sbuffò, faticando a stare ferma sulla sedia mentre continuava a lanciare occhiate alla porta dell’aula, sperando che da un momento all’altro si aprisse e il loro prof facesse la sua comparsa.
 
“Bree, non ti ho mai vista tanto impaziente per una lezione… Che ti succede? … Ti prego, non dirmi che trovi carino il professore…”
 
“Beh, è carino in effetti. Peccato sia sposato… In ogni caso tranquilla, preferisco quello di Difesa Avanzata!”
 
Brianna rise, dando all’amica una pacca sulla spalla. Isabella invece alzò gli occhi chiari al cielo, astenendosi dal commentare: lei non si era mai guardata troppo intorno in fatto di ragazzi, da sempre troppo impegnata ad impedire a sua madre di trattarla come un’inutile giocattolo da pettinare e presentare agli amici di buona famiglia.
 
Non aveva mai avuto una vera cotta in vita sua… e ne era solo che felice, vista la società in cui viveva dove per la maggior parte delle persone le donne non avevano grandi ruoli se non sorridere, essere attraenti e avere qualche figlio.
Suo padre non l’aveva mai considerata molto, ponendo molta più attenzione a suo fratello… Isabella l’aveva sempre odiato e l’ultima cosa che voleva era finire come sua madre, impegnata a preoccuparsi solo di cose futili e di giocare con lei come se fosse un oggetto da mettere in mostra.
 
In effetti invidiava la sua migliore amica, che sembrava non soffrire delle sue stesse pene… Bree aveva sempre avuto la capacità di vivere le cose più alla leggera rispetto a lei, facendosi meno paranoie.
 
“Dai Bella, scherzavo! Non fare quella faccia…”
 
“Scusa, avevo la testa altrove…. Ma scusa, come fai a sapere che il professor Carsen è sposato?”
 
“Tranquilla, non ho fatto ricerche... ma porta la fede. Per essere una secchiona super intelligente ti guardi poco intorno, mia cara!”
Isabella sorrise appena alle parole dell’amica, limitandosi a scuotere il capo: in effetti no, non ci aveva fatto caso… Probabilmente eprchè aveva altro di cui preoccuparsi, ma decise di non sottolinearlo all’amica che sembrava decisamente allegra quel pomeriggio.
 
Non era l’unica, comunque: anche Amos, seduto tra Dante e Jane, era particolarmente sorridente. In effetti il Tassorosso era particolarmente entusiasta di inziare ad imparare a preparare Veleni e i loro rispettivi Antidoti… Era sempre stato bravissimo a Pozioni, aveva un olfatto particolarmente sviluppato che l’aveva sempre agevolato parecchio.
“Secondo voi con cosa inizieremo? Non vedo l’ora di iniziare a preparare qualcosa… Sarà di certo molto più divertente di Pozioni!”      Amos sorrise mentre Jane annuiva, leggermente divertita dalla sua allegria quasi insolita visto che erano a lezione.
 
“Immagino di sì… A me piace Pozioni, ma questo sarà più interessante.”
 
“Beh, voi due siete molto bravi in Pozioni… chissà io che combinerò! Ma non potrò essere peggio di Rod, questo mi rassicura.”
 
Dante sfoggiò un sorrisetto, rivolgendo al compagno di Casa seduto nel banco davanti un’occhiata divertita: non era mai stato un asso in Pozioni… ma nessuno poteva eguagliare Rodericus Lestrange, quella era una certezza che non l’avrebbe mai abbandonato.
 
“Dante, sarò penoso nel preparare intrugli ma non sono sordo…”   Rod sbuffò, voltandosi leggermente per lanciare al compagno di Casa un’occhiata seccata. Sia Jane che Amos ridacchiarono mentre Dante sorrideva con aria colpevole, quasi come a volersi scusare silenziosamente per le prese in giro.
 
“Beh, non puoi negare di essere il peggiore della classe Rod… sono davvero curioso, chissà come te la caverai.”   Antares sorrise con l’aria di chi la a lunga, immaginandosi chiaramente come sarebbero andate quelle lezioni: di certo il suo migliore amico avrebbe avuto modo di fondere qualche altro calderone entro la fine dell’anno. O nel peggiore dei casi qualcuno in quella stanza sarebbe finito avvelenato irrimediabilmente.
 
Rodericus fece per replicare ma non ne ebbe il tempo visto che la porta si aprì e Regan entrò nell’aula con la sua solita aria rilassata e un sorriso stampato in faccia:
 
“Buongiorno ragazzi! Mi chiamo Regan Carsen, sono un Pozionista al Ministero… e il Professor Dippet mi ha gentilmente chiesto di insegnarvi a riconoscere i Veleni e a prepararne gli antidoti… Mi raccomando, non assaggiate mai niente di quello che vi porterò o che preparerete se non vi dirò di farlo, altrimenti passerò guai seri.”
 
Le parole dell’insegnante scaturirono delle risate generali, ma Regan non imitò gli studenti e rimase serio, come se non stesse affatto scherzando: era sempre meglio essere precisi, visti gli spiacevoli episodi a cui aveva assistito anni prima, quando studiava per diventare Pozionista.
 
                                                                                  *
 
“Non voglio farlo… No, non posso.”
 
“Non è se “vuoi” farlo, il punto. Devi Rod, lo sai.”
 
“Oh, andiamo… non ce la farò mai…”     Rodericus sospirò, lanciando alla superficie scura dell’acqua un’occhiata carica di terrore: si era sempre rifiutato di avvicinarsi al Lago Nero… e ora il suo migliore amico, che era in piedi accanto a lui e lo stava guardando con aria divertita, pretendeva addirittura che ci si tuffasse dentro.
 
In realtà l’idea non era stata proprio di Antares: Rod amava fare scommesse, su qualunque cosa… E avendo perso sul tempo che l’amico avrebbe impiegato a tradurre un testo in Rune, doveva pagare pegno ossia tuffarsi nel Lago, come da lui stesso proposto.
 
“Non è stata una mia idea Rod, ma tua… E non vuoi tirarti indietro, immagino. Non lo fai mai.”
 
“E’ vero, ma ho posto come pegno questo solo perché ero convinto di vincere… Andiamo Antares, fa un freddo cane!”
 
Rod sospirò, sfoggiando una smorfia carica di disperazione. Provò anche a rivolgere all’amico uno sguardo implorante, ma Antares rimase impassibile e continuò semplicemente a sorridere, deciso a non demordere per nessun motivo: ovviamente sapeva che Rod odiava il Lago Nero e che la sola idea di imbattersi nella piovra o in qualche Avvincino lo terrorizzava… E proprio per questo non vedeva l’ora di guardarlo superare la sua paura.
 
Capendo che non gli avrebbe permesso di tirarsi indietro nemmeno se fossero passati mesi il Grifondoro sbuffò, sapendo di non avere scelta mentre si voltava di nuovo verso l’acqua:
 
“Ok, va bene… ma questa me la paghi Antares… la prossima volta in cui scommetteremo sarai tu a fare qualcosa di sgradevole, e anche tanto!”
 
“Andiamo Lord Ciliegio, ho gli allenamenti! Non posso aspettarti per ore!”
 
Antares roteò gli occhi azzurri, guadagnandosi un’occhiataccia da parte dell’amico prima che Rod si voltasse, respirando profondamente prima di mandare mentalmente a quel paese il mondo intero e fare un passo avanti, cadendo dritto in acqua.
 
Antares inarcò un sopracciglio, chiedendosi se per caso non sarebbe affogato… Non moriva dalla voglia di tuffarsi nell’acqua gelida, per di più prima di un allenamento, ma non avrebbe nemmeno lasciato che Rod affogasse.
 
Quando lo vide riemergere abbozzò un sorrisetto, cogliendo la sua smorfia schifata mentre impallidiva velocemente:
 
“FA UN FREDDO CANE! Smettila di ridere idiota, aiutami ad uscire da qui! Non lo farò mai più…”
 
“Chissà Rod, forse questo ti insegnerà a smetterla di scommettere su qualunque cosa…”
 
Antares non riuscì a non ridacchiare mentre si chinava, allungando un braccio all’amico per aiutarlo ad uscire dall’acqua. Il Grifondoro borbottò un “mai” appena percettibile mentre, tremando, si metteva steso sull’erba e puntava gli occhi azzurri sul cielo coperto di nuvole.
 
“Come ti pare… Aspetta, stai fermo o ti prenderai una polmonite.”   Antares puntò la bacchetta sull’amico, mandandogli del vapore caldo che lo asciugasse senza riuscire a smettere di sorridere: solo due giorni prima non avrebbe mai pensato di vederlo tuffarsi nel Lago Nero… fin dal primo anno Rodericus Lestrange si era categoricamente rifiutato di avvicinarsi anche solo di cinque metri alla riva, figuriamoci saltarci dentro in pieno inverno.
 
“Grazie… tu va’ pure ad allenarti per la partita di domenica prossima… io rimarrò qui a contemplare il cielo.”
 
Antares inarcò un sopracciglio, guardando l’amico con aria scettica mentre si chiedeva se lo stesse prendendo in giro o meno: tuttavia Rod sembrava davvero serio, anche se restando comunque nella sua teatralità, era impassibile mentre continuava ad osservare le nuvole che coprivano completamente il sole.
 
“Se proprio vuoi… Ma non venirti a lamentare quando avrai la febbre! Non fare l’apatico, devi essere felice… hai superato la tua paura Rod, non è a tutti.”
 
Il Grifondoro si limitò ad annuire con un cenno del capo, ringraziando mentalmente la buona sorte per non avergli fatto incontrare nessuna creatura marina nei pochi secondi in cui era rimasto in acqua: certo aveva superato una delle sue paure peggiori… ma non voleva certo dire che l’avrebbe mai rifatto.
 
“Si Antares, sono fiero di me… ricordami di scommettere sulla TUA fobia, la prossima volta.”
 
                                                                                 *
 
Jane si guardò intorno con apprensione, pregando affinché Amos arrivasse: possibile che quando aveva bisogno di qualcuno, quella persona era sempre misteriosamente assente? Conoscendolo, probabilmente aveva tardato in Sala Comune mentre recuperava i libri prima di raggiungerli in Biblioteca.
 
Di certo lei non era in grado di convincere Dante ad ignorare le parole velenose di un emerito imbecille… La ragazza rivolse al ragazzo uno sguardo implorante, avvicinandoglisi e mettendogli una mano sul braccio:
 
“Dan, per favore… Davvero, non importa, non…”
 
“Jane, ci penso io… Importa eccome. Lavati la bocca quando parli di lei Yaxley! Non la conosci quindi non parlare.”
 
Dante ignorò il tono di supplica dell’amica, continuando a squadrare con quasi odio il ragazzo che gli stava davanti nel bel mezzo della Biblioteca.
 
“Piantala Julius, non stavo certo dicendo eresie… La tua amica te lo può confermare, non è vero Prewett? Dillo, al nostro eroe, che ho ragione.”
 
Starkey sfoggiò un sorrisetto, puntando gli occhi scuri su Jane mentre Dante contraeva pericolosamente la mascella, trattenendosi dal mettergli le mani intorno al collo e strangolarlo.
 
Jane fulminò il Serpeverde con lo sguardo, ignorando le sue parole e rivolgendosi di nuovo a Dante, parlando a bassa voce e pregando che qualcuno non comparisse da dietro una angolo e peggiorasse ancora di più la situazione già molto tesa:
 
“Dan… è solo Yaxley, un idiota che non ha altro da fare se non sparlare… Non dargli retta, se non lo faccio io!”
 
“Fai male Jane! Nessuno parla male dei miei amici di fronte a me… Ascoltami bene Yaxley, non mi interessa che cosa ha fatto suo padre, Jane è la persona più dolce che esista e le sue azioni non devono ritorcersi su di lei! Perciò se ti sento ancora parlare di questa ragazza insieme ai tuoi inutili amici stacco la testa prima a te e poi a loro, è chiaro?”
              
Jane sospirò, tristemente consapevole che le minacce e le promesse di Dante Julius non andavano mai a vuoto… Succedeva spesso che anche con Amos, tra le risate, gli promettesse di fargliela pagare per qualcosa… Ma se era serio, era capacissimo di vendicarsi brutalmente su qualcuno e l’aveva già visto alzare le mani nel corso degli anni.   Dante si irritava spesso e molto facilmente, ma per sua fortuna l’aveva visto di rado davvero arrabbiato… peccato che quel momento fosse sulla buona strada per aggiungersi alla lista.
 
“Danny, per favore, andiamo via…”
 
“Si Julius, ascolta la tua amichetta e gira al largo invece di fare minacce a vuoto… Pensavo che i Tassorosso fossero degli idioti, ma a quanto pare lei ha più buonsenso di te. Forse hai ragione, la Prewett non mi sembra aver preso da suo padre.”
 
Starkey sorrise, accennando col capo alla Tassorosso appena prima che le mani di Dante volassero sul suo maglione, afferrandolo per il bavero e sollevandolo di più di dieci centimetri per avere il volto alla stessa altezza del suo:
 
“Ti ho detto di non parlare di lei o della sua famiglia… E’ tanto difficile?”
 
“Dante, smettila! Yaxley, se hai un briciolo di intelligenza TACI, per favore!”
 
 Jane sbuffò, tirando fuori la bacchetta dalla veste prima di minacciare l’amico di colpirlo sul serio, se non avesse rimesso a terra il Serpeverde:
 
“Ma Jane…”   Dante si voltò verso di lei, tenendo Yaxley ancora saldamente per i vestiti e guardandola quasi con incrudeltà, come se non capisse perché lei fosse tanto calma.
 
“DANTE. Mettilo giù, adesso. Anche se sei tu, ti giuro che ti Schianto.”
 
Il tono e l’espressione facciale della ragazza erano tanto seri che il Grifondoro sbuffò, esitando per un istante prima di far scivolare con riluttanza Yaxley contro lo scaffale di libri, guardandolo quasi con disgusto:
 
“A questo punto dovresti anche ringraziarla… Fammi un favore, gira al largo se ci tieni ai connotati!”
 
“Dovresti rilassarti un po’ Julius, se lei non s’è l’è presa non vedo perché debba farlo tu…”
 
Il Serpeverde gli risolve un’occhiata seccata mentre si sistemava il maglione nero della divisa, girando poi sui tacchi per allontanarsi e raggiungere di nuovo i suoi compagni.
 
Dante lo seguì con lo sguardo per un attimo, borbottando sommessamente un insulto prima di abbassare lo sguardo su Jane, che lo stava fissando con le mani sui fianchi e una faccia per niente allegra,
 
“Jane…”
 
“Siediti, Dante.”
 
“Ma io…”
 
“SIEDITI.”
 
Dante Julius era cresciuto in compagnia di sei fratelli… E non era abituato a cedere facilmente o a sentirsi ordinare qualcosa: in genere partivano discussioni, contestualizzazioni… Ma di fonte all’espressione seccata di Jane non riuscì a non obbedire, sedendo di nuovo al tavolo che aveva occupato fino a poco prima insieme a lei.
La Tassorosso sospirò, sedendosi accanto a lui e porgendogli una mano, come a volergli chiedere di dargli la sua.  Senza dire nulla Dante obbedì, ritrovandosi a stringere delicatamente la pallida mano di Jane tra la sua, decisamente più grande:
 
“Ascolta Dante… Lo so che hai le migliori intenzioni del mondo, ma non puoi alzare le mani su qualunque idiota che parla a sproposito!”


“Lo sai, non sopporto che qualcuno parli male delle persone a cui tengo… Specialmente quando si tratta di idiozie che non riguardano te, ma tuo padre! Perché non ti irrita?”
 
“Yaxley è un imbecille… lascialo dire. Ma non ha tutti i torti Dante, non ha detto niente di non vero per quanto riguarda mio padre, lo sai anche tu.”
 
Jane sorrise dolcemente, non riuscendo a restare arrabbiata o seccata di fronte agli occhioni da cucciolo che Dante sfoggiava sempre con lei: a volte si chiedeva se non lo facesse apposta per manipolarla come voleva, in effetti.
 
“Lo so… Ma non dovrebbero parlare se non sanno come sono andate davvero le cose Jane! Se parlassero dei miei fratelli non lo reggerei!”
 
“Dan… I tuoi fratelli sono brave persone, li conosco… e anche i tuoi genitori. Io non posso dire lo stesso di mio padre… Ma non mi importa, ha fatto la sua scelta e io di certo non la condivido. Lascia perdere Dan, non devi proteggere e aiutare il mondo intero, anche se inconsciamente pensi di doverlo fare.”
 
Il sorriso di Jane non vacillò nemmeno per un istante, anche se stavano parlando di qualcosa che cercava costantemente di evitare… e Date si ritrovò ad annuire, abbassando lo sguardo sulla sua mano che stringeva quella di Jane:
 
“Ok… Ma promettimi che se dovessi aver bisogno di qualcosa, mi chiamerai.”
 
“Ti nomino mia guardia del corpo personale allora, spilungone.”
 
Jane rise appena di fronte alla smorfia di Dante, che le rivolse un’occhiata sconsolata prima di borbottare:
 
“Non prendermi in giro per la mia altezza… lo sai che a volte mi mette a disagio.”
 
“Beh, tu mi chiami “piccola Jane”, quindi io posso chiamarti “spilungone” … Ma sei il mio gigante buono preferito, non dimenticarlo mai!”
 
Jane sorrise e Dante si ritrovò a ricambiare quasi senza volerlo, proprio mentre Amos faceva la sua comparsa spuntando da dietro uno scaffale con la borsa a tracolla carica di libri:
 
“Ah, eccovi qui! Mi sono imbattuto in Yaxley, Nott e Flint mentre arrivavo… mi hanno guardato peggio del solito, mi sono perso forse qualcosa?”
 
“No Amos… Ho solo evitato che Dante mandasse Yaxley in Infermeria.”
 
Jane roteò gli occhi azzurri, facendo accigliare il compagno di Casa che rivolse a Dante un’occhiata perplessa mentre sedeva davanti a loro. Il Grifondoro si limitò a sfoggiare un sorriso a trentadue denti mentre Jane scuoteva il capo, decisa a chiudere la questione:
 
“Sentite, lasciamo stare e pensiamo ai compiti per favore… Abbiamo le ore buche per prenderci avanti, non per spettegolare.”
 
“Si, beh, solo un attimo Jane! Perché volevi picchiare Yaxley?”
 
“Ha detto cose poco carine su Jane.”
 
“Beh, allora dovevi lasciare che lo spedisse in Infermeria con le ossa fratturate!”
 
“Amos, mi sei di zero aiuto, lo sai vero?”
 
                                                                                   *
 
Brianna lasciò che la porta si chiudesse da sola alle sue spalle, avvicinandosi al letto e lasciandocisi cadere stancamente sopra: l’allenamento le era sembrato infinito quel pomeriggio… Grazie al cielo era finito, visto che avevano ceduto il posto ai Serpeverde… E per una volta sembrava che a nessun membro della squadra fosse dispiaciuto, visto il freddo e la stanchezza generale.
 
Ed è solo martedì… come arriverò al weekend?    
 
Brianna sospirò, passandosi stancamente una mano sul viso mentre pensava alle nuove lezioni: per il momento aveva provato solo Duelli e Veleni… entrambe la interessavano moltissimo e non vedeva l’ora di cominciare a seguirle sul serio, imparare a duellare per bene e eprchè no, anche a preparare intrugli mortali o il modo per porvi rimedio.
 
Tuttavia era pur sempre un carico di lavoro extra… Se da una parte era soddisfatta che al contrario suo fratello non fosse stato scelto e sapeva che Alexander la invidiava parecchio, dall’altra provava quasi invidia per lui: era l’ultimo anno e aveva anche il Quidditch… non aveva idea di come avrebbe fatto a gestire tutto, probabilmente sarebbe finita a chiedere disperatamente aiuto ad Isabella.
 
Se non altro avere come amica la migliore della classe aveva i suoi vantaggi…
 
I pensieri della Corvonero vennero però interrotti da un rumore improvviso ed insistente, che la costrinse a sollevare la testa di scatto: ci mise un attimo a capire da cosa fosse generato quel battere, ma poi si rese conto che nessuno stava bussando alla porta del Dormitorio… c’era invece un piccolo gufo bruno che la fissava oltre il vetro della finestra, con gli enormi occhi puntati su di lei.
 
“Ciao piccolo… Hai qualcosa per me?”
 
Brianna sorrise, alzandosi dal letto per avvicinarsi alla finestra. Aprendola lasciò che il piccolo animale entrasse, guardandola quasi come se stesse aspettando che prendesse la lettera che gli era stata legata alla zampa.
 
Quando ebbe sciolto il nodo fatto col cordino il gufo svolazzò di nuovo fuori dalla finestra, diretto di certo alla Guferia.
 
Brianna girò la lettera, curiosa di sapere chi le scrivesse: quando vide scritto “Elladora Sparkle” con una strettissima calligrafia la ragazza si accigliò, chiedendosi perché le arrivasse una lettera della madre a quell’ora e non a colazione… Doveva essere qualcosa di urgente di sicuro.
 
Sedendo di nuovo sul letto la Corvonero aprì la lettera, carica di curiosità e un certo nervosismo: quella non era una risposta ad una sua lettera… sua madre aveva qualcosa da dirle, evidentemente.
                                                                                        
                                                                                      *
 
“Zia, perché io non posso venire alle tue lezioni?”
 
Lyanna sorrise, accarezzando i lisci capelli scuri del ragazzino che le stava camminando accanto, qualche libro tra le braccia e gli occhi puntati su di lei.
 
“Mi piacerebbe poterti insegnare tesoro… Ma io mi occupo solo dei ragazzi più grandi, sei troppo piccolo per duellare, preparare veleni mortali o curare qualcuno.”
 
“Non sono piccolo zia! Tra un mese compio 12 anni!”
 
“Scusa, hai ragione… ma sarai sempre il mio piccolo ometto!”       Lyanna sorrise, scompigliando affettuosamente i capelli del nipote che sbuffò, scostandosi con aria scocciata:
 
“Va bene, ho capito… anche io ti voglio bene zia, ma basta coccole!” 
 
Lyanna ridacchiò, strizzandogli l’occhio prima di accennare all’aula di Trasfigurazione che avevano appena raggiunto:
 
“D’accordo, come vuoi… ora va’ a lezione Digeon, non vorrai far aspettare Silente spero! E’ il miglior insegnante che esista, io lo adoravo!”
 
“Anche a me sta simpatico… vado, ci vediamo dopo!”
 
Il ragazzino le sorrise prima di raggiungere i compagni davanti alla porta dell’aula, mentre Lyanna gli rivolse un cenno di saluto prima di spostare di nuovo lo sguardo davanti a se, scorgendo Charlotte infondo al corridoio:
 
“Ciao Charlotte! Cosa stai leggendo?”        L’Auror si voltò, alzando gli occhi dallo schedario che stava sfogliando e sorridendole di rimando mentre la collega si avvicinava:
 
“Ciao… Niente, cose di lavoro che mi ha mandato una collega. Ti avevo visto già prima ma non volevo interrompere te e… tuo nipote?”
 
“Si, è il figlio di mio fratello maggiore… In effetti forse lo conosci, lavora al Dipartimento.”
 
“Quindi sei la sorella di Gregory Goblets? Si lo conosco, ma solo di vista... Non abbiamo mai lavorato insieme. Tuo nipote è Corvonero?”
 
Lyanna ebbe quasi la sensazione che la collega non avesse molta voglia di parlare del suo lavoro, ma non osò insistere sull’argomento per paura di essere invadente e si limitò ad annuire, sorridendo quasi con aria orgogliosa:
 
“Si, ha reso orgogliosa sua zia… Gli sono molto affezionata. Tu hai fratelli?”
Charlotte esitò per un attimo, gli occhi ancora posati sul gruppo di ragazzini intenti a chiacchierare prima che la lezione di Silente avesse inizio. Dopo un istante però sembrò riscuotersi, abbozzando un sorriso e riportando lo sguardo su Lyanna, rispondendo frettolosamente:
 
“No... Non ho fratelli. Senti, ti va di bere una tazza di the? Non abbiamo nulla da fare, dopotutto.”
 
“Con piacere… così mi racconti della tua prima lezione! Hai già atterrato qualcuno?”
 
“In un certo senso…”
 
                                                                                      *
 
“Si può sapere che sta succedendo qui?”    Isabella sbuffò, guardando il gruppo del quarto anno che stava discutendo animatamente nel bel mezzo del pianerottolo. 
Ma non avevano proprio altro da fare, oltre che sollevare inutili discussioni tra Case diverse? Il tutto perché i Serpeverde si credevano migliori dei Grifondoro e i Grifondoro ritenevano i primi dei palloni gonfiati arroganti…
 
“Immagino che stiano discutendo e che tra poco arriveranno alle mani.”
 
“Cavolo Antares, tu sì che hai occhio! Me n’ero accorta anche io… Beh, vai a fermarli!”
 
“Non lo fai tu?”
 
“No, nessuno mi prende sul serio, sono alta 1,60!”    Isabella sbuffò, alzando gli occhi al cielo mentre invece il Serpeverde sfoggiò un debole sorrisetto, non potendo che trovarsi d’accordo con la ragazza.
 
“Non hai tutti i torti… Aspetta, ma quello non è John Burke?”


“Il simpaticone che mi chiama “pel di carota”? Si, è proprio lui…”
 
Senza nemmeno dargli tempo di dire o fare nulla, Isabella partì in quarta verso il gruppo di scalmanati, lasciando il “collega” leggermente spiazzato: sapeva che molti prendevano in giro Isabella per via dei suoi capelli… così come sapeva che lei non lo poteva sopportare.
 
E per qualche motivo, sembrava che Isabella Burton non fosse affatto tipo da lasciarsi prendere in giro, usare o soggiogare facilmente.
 
“BURKE, MOLLA SUBITO JOHNSON O TI APPENDO AD UNO DEGLI ANELLI DELLO STADIO! E no, non scherzo. Milord, mi concede un aiuto per caso?”
 
Isabella si voltò verso di lui, rivolgendogli un’occhiata scettica dal chiaro messaggio. Antares abbozzò un sorriso e annuì, raggiungendola con poche falcate e dividendo a forza i due “cerebrolesi con scarso intelletto”, come era solita definirli la Corvonero.
 
                                                                                  *
 
“Posso?”
 
Charlotte alzò lo sguardo, sorridendo al vedere Regan sulla soglia della sua camera.
Annuì con un cenno del capo, dandogli silenziosamente il permesso di entrare. Lui non se lo fece ripetere ed entrò, chiudendosi la porta alle spalle prima di avvicinarsi alla scrivania dove l’0amica era seduta, lanciando un’occhiata alla pagina appesa al muro.
 
“Non dovresti tenerlo lì, CeCe… ti fa bene?”
 
“Non lo so, ma di sicuro mi permette di non dimenticare facilmente e mi va benissimo. Hai bisogno di qualcosa Reg?”
 
Charlotte si voltò completamente verso l’amico, inarcando un sopracciglio mentre lui le si avvicinava, appoggiandosi al ripiano della scrivania e guardandola dall’alto in basso: il Pozionista sospirò, lanciandole un’occhiata quasi rassegnata:
 
“CeCe, perché cerchi di allontanare tutti? Ti voglio bene e sono preoccupato per te… siamo, in effetti. Anche Stephanie pensa che forse dovresti tornare a vedere la Bennet.”
 
“Se sono qui Reg è proprio per NON andare alle sedute… Lo sai e lo sa anche Stephanie, non cercate di convincermi a tornare a Londra perché non lo farò prima del dovuto.”
 
“Sei una persona forte Charlotte… la psicologia ti spaventa tanto? Hai affrontato di peggio.”
 
“Sean diceva sempre che non c’è ostacolo più grande all’uomo se non se stesso… E’ più difficile affrontare se stessi che un qualche assassino, Regan. Ed evidentemente non sono poi così’ forte, altrimenti non sarei qui… Se lo fossi ora sarei a Londra, al Dipartimento.”
 
Charlotte contrasse la mascella, puntando gli occhi sul vetro leggermente appannato della finestra. Fuori il cielo era di un deprimente grigio scuro, quasi a voler riflettere come la donna si sentiva in quel momento.
 
“Può succedere CeCe… doveva succedere prima o poi, con quello che facevi! Sei un Auror, non sei la prima ad avere un crollo nervoso!”
 
“Mi hanno congedata per sei mesi, Reg… L’hanno presa come una tragedia, mi guadavano come se fossi un pericoloso animale tenuto in gabbia che avrebbe potuto liberarsi da un momento all’altro.”
 
Charlotte roteò gli occhi, parlando in tono decisamente cupo mentre ricordava con fastidio i giorni dopo la disastrosa missione, quando tutti i colleghi la guardavano come se fosse stata una bomba ad orologeria pronta ad esplodere.
 
“Beh, chiunque avrebbe reagito male ad una cosa simile CeCe… ma non credo che dovresti continuare ad addossarti tutta la colpa.”
 
“L’ha detto anche Stephanie, sai? Voi due siete proprio una bella coppia… Ragionate allo stesso modo.”
 
La donna abbozzò un sorriso, abbandonandosi sullo schienale della sedia quasi come a voler sdrammatizzare la situazione. Regan annuì e ricambiò il sorriso, come se condividesse appieno le sue parole:
 
“Lo so. E non credi che abbiamo ragione?”
 
“No… Non c’eravate Reg, è diverso quando lo vivi di persona. Senti, perché non cambiamo argomento? Com’è andata la tua prima lezione, Professor Carsen?”
 
Charlotte rivolse all’amico un sorriso, decisa a cambiare argomento come sempre quando si parlava di suo fratello o di come fosse morto. Regan esitò per un istante, combattuto: doveva insistere o assecondare la sua volontà? Era del parere che Charlotte non stesse affrontando la situazione nel modo giusto... ma infondo chi era per forzarla a fare qualcosa?
 
“Bene… mi stanno simpatici, quei ragazzi! Credo che il mio preferito sia Lestrange, è talmente incapace nella mia materia e in Pozioni da risultare comico…”
 
“Oh sì, lo conosco. Se la cava bene a duellare, però. Non abbastanza da reggere davanti a me ovviamente… Ma si può comunque migliorare.” 
 
Charlotte rise appena, sorridendo e strizzando l’occhio all’amico, che intuì cos’era successo il giorno prima ma si limitò a sorridere con cipiglio divertito, immaginandosi perfettamente la donna che atterrava senza tante cerimonie uno studente senza nemmeno faticare.
 
                                                                                          *
 
“Non hai idea di che accidenti mi è successo! Ci credo se ti dico che un branco di idioti del quarto anno hanno tirato su un polverone al secondo piano?”
 
Isabella sbuffò, chiudendosi la porta del Dormitorio alle spalle prima di avvicinarsi al suo letto con tutta l’intenzione di stravaccarcisi sopra.
Con sua somma sorpresa Brianna non disse nulla, restando immobile e in silenzio seduta sul suo letto con una lettera in mano e lo sguardo assorto, come se avesse la testa da un’altra parte.
 
Trovando strano che l’amica non le chiedesse nulla la rossa sollevò il capo, rivolgendo alla mora un’occhiata carica di curiosità:
 
“Bree? Va tutto bene?”
 
“Non proprio. Bella, mi ha appena scritto mia madre…”
 
Il tono cupo della ragazza fece risuonare un mucchio di campanelli d’allarme nella testa di Isabella, che in un attimo si era alzata per avvicinarsi all’amica, guardandola con leggera apprensione:
 
“E? Così mi spaventi Bree! I tuoi genitori stanno bene, vero?”


“Si, stanno bene. Ma… vogliono che io, Alex, Isabell e Kristyn torniamo a casa, hanno già scritto anche a Dippet.”




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 Angolo Autrice:

Buonasera! Sono finalmente riuscita a finire questo capitolo, scusate per eventuali errori ma non ho avuto tempo di rileggerlo volendo pubblicarlo questa sera, senza farvi aspettare un altro giorno. 
Mi dispiace ma dal prossimo capitolo Brianna non comparirà più... Mi spiace eliminare un personaggio già all'inizio, ma ero stata chiara sull'essere partecipi. 

In ogni caso spero che vi sia piaciuto... grazie come sempre per le recensioni! :)
Ci sentiamo tra qualche giorno con il seguito... Buonanotte!

Signorina Granger

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Capitolo 8
*** Inviti a cena poco graditi ***


Capitolo 7: Inviti a cena poco graditi  
Domenica 20 Gennaio 
               


Lasciando che la porta si chiudesse da sola alle sue spalle, si avvicinò al suo letto quasi senza pensarci, lasciandocisi cadere sopra. Sospirò, puntando gli occhi azzurri sul baldacchino sopra di lei e cercando, invano, di non pensare al fatto che Bree se n’era andata da nemmeno un’ora e già sentiva quando le sarebbe mancata. Non l’avrebbe potuta vedere prima di mesi… e chissà che cosa sarebbe successo entro Giugno, visto cosa stava succedendo in quel periodo. Le era parso di sentire di un bombardamento su Berlino quella mattina, ma non ci aveva fatto molto caso e preoccupandosi invece di salutare Brianna prima che se ne andasse insieme ai suoi fratelli. Come la sua migliore amica le aveva spiegato pochi giorni, sembrava che i suoi genitori avessero deciso di farli tornare a casa, ritenendo che sarebbero stati più al sicuro in previsione di come la Germania avrebbe risposto alle oltre 2.000 bombe che il Parlamento aveva fatto lanciare sulla capitale tedesca… E il fatto che solo un anno prima fosse morta una studentessa di certo non aveva contribuito a rendere Hogwarts più sicura agli occhi di diversi genitori che avevano iniziato a ritirare i figli dalla scuola.
Isabella sospirò, afferrando il suo cuscino e stringendolo quassi convulsamente tra le braccia, sentendo il bisogno di abbracciare qualcosa mentre la consapevolezza di essere sola si faceva strada nella sua mente molto più velocemente di quanto non avrebbe voluto.
Perché proprio Brianna aveva dovuto andarsene? Perché proprio la sua più cara amica?
Per anni lei era stata l’unica con cui si era confidata, con cui aveva mai parlato sinceramente al 100%... e ora da un giorno all’altro aveva perso una delle persone a cui teneva di più, ancora una volta.  Non sapeva come avrebbe fatto ad arrivare a Giugno senza una sorridente Brianna che, con le sue chiacchiere e i suoi assurdi accessori Babbani, la rallegrava costantemente e le impediva di pensare a ciò che l’aspettava fuori da quelle mura, a casa.

 

Isabella si voltò, rotolando sui gomiti per poggiare lo sguardo sul suo comodino, in particolare sulla foto che teneva gelosamente incorniciata.

 

Gli occhi chiari della ragazza volarono sul volto sorridente che non vedeva da tanto tempo se non in quella vecchia immagine, sentendo ancora una volta una lieve stretta allo stomaco:

 

“Secondo te perché non me ne va bene una, Nick? Ho forse fatto qualcosa di sbagliato?”

 

Sentì quasi gli occhi diventarle lucidi mentre osservava il sorriso allegro di Nicholas, immaginando che cosa le avrebbe risposto. Sentì quasi ancora una volta la sua risata e le sembrò di rivederlo sorridere teneramente, spettinandole i capelli rossi per i quali l’aveva sempre presa un po’ in giro prima di ammonirla di non dire stupidaggini e che sarebbe andato tutto bene, alla fine.

 

Peccato che, a rigor di logica, il suo adorato Nick si fosse sbagliato e niente stava andando per il verso giusto.

 

                                                                                    *                                                                           

 

 

“Non posso credere che l’abbiano fatto sul serio…”   

 

Charlotte sospirò, passandosi una mano sul viso quasi con esasperazione mentre se ne stava seduta su una poltrona in Sala Insegnanti.

Aveva appena letto una lettera di Stephanie, che le aveva spiegato per filo e per segno cos’era successo a Berlino durante la notte e per parte della mattinata.

E, a quanto pare, tra le innumerevoli vittime c’erano anche un paio di nomi fin troppo conosciuti ad entrambe: Wilhelm Meyer e Anthony Schwarts erano stati uccisi dalle bombe… I due uomini che aveva tanto faticato a rintracciare, mettendo sotto tortura più e più persone che aveva catturato nel corso di tutto l’anno precedente.

 

“Mi dispiace Charlotte… Ma non erano certo belle persone, la loro morte non dispiacerà a nessuno.”

 

“Lo so Reg… Ma ora Grindelwald manderà qualche altro imbecille a tenere sotto controllo Hitler, e ci vorranno altri mesi per conoscere i loro nomi. Ho fatto tutto per niente…”

 

Charlotte contorse la mascella, alzandosi per lasciar cadere la lettera dell’amica tra le fiamme del camino acceso, mentre Regan e Lyanna osservavano la collega in silenzio, non sapendo cosa dire per tirarla su di morale.

 

“Sono certo che troveranno chiunque manderà quel pazzo… Hai scovato quei nomi una volta, non sarà certo impossibile farlo di nuovo.”

 

“Beh, questa volta però non potrò mettere sotto torchio proprio nessuno reg, sono confinata qui dentro fino a Giugno… tecnicamente tutta questa storia non sarebbe più affar mio, tua moglie passerebbe dei guai se scoprissero che siamo spesso in contatto.”

 

“Non controllano le vostre lettere?”   Lyanna inarcò un sopracciglio, stupendosi dell’ingenuità del Dipartimento e facendo sorridere appena Charlotte, che si voltò verso di lei prima di tornare a sedersi sulla sua poltrona:

 

“Oh sì, a volte le intercettano… ma nel corso del tempo io e Stephanie abbiamo elaborato un modo tutto nostro per dirci le cose, non so se mi spiego.”

 

“Codici, capisco… Quindi potresti anche spettegolare su Regan e lui non lo saprebbe mai!”

 

“Ehy, loro non spettegolano su di me! Non lo fate, vero?”   Regan si voltò prima verso Lyanna e poi verso Charlotte, scrutando l’amica con aria sospettosa e facendola ridacchiare prima di stringersi nelle spalle:

 

“Forse… Non te lo dico.”

 

Regan sbuffò e probabilmente avrebbe replicato per farsi dire la verità, ma la porta della stanza si spalancò di colpo facendoli voltare tutti e tre verso l’uscio, trovandosi davanti un Will visibilmente poco tranquillo:

 

“Ho una notizia tremenda!”

 

“Complimenti Cavendish, vedo che hai saputo del bombardamento… ma arrivi tardi, lo sappiamo già.”

 

“Vedo che sei simpatica come sempre, Charlotte… ma io non mi riferisco a quello, bensì al fatto che Lumacorno ci vuole a cena insieme a lui! TUTTI E QUATTRO.”

 

“Non posso, ho un impegno.”     Will alzò gli occhi su Charlotte, che teneva le gambe accavallate mentre si osservava con nonchalance le punte dei capelli, come se le parole dell’uomo non l’avessero minimamente turbata.

 

“Ma se non ti ho nemmeno detto quando sarebbe!”

 

“Beh, mi sembra ovvio che farò in modo di avere un impegno, qualunque sia la data.”

 

Charlotte abbozzò un sorrisetto che fece sorridere anche Lyanna e Regan, mentre invece William alzò gli occhi al cielo prima di sedersi di fronte a Lyanna al tavolo ingombro di libri, pergamene e piume.

 

“Sorvolando sulla scarsa collaborazione di una certa individua… Lumacorno mi ha torchiato, sostiene di volerci invitare tra due settimane, domenica sera.”

 

“Mi duole infinitamente dover declinare, ma pensavo di scrivere una lettera a Stephanie proprio quella sera… o farmi una chiacchierata con lei attraverso il camino della mia camera.”

 

Regan piegò le labbra sottili in un sorriso angelico, guadagnandosi un’occhiata torva da parte del collega che si rivolse silenziosamente a Lyanna, inarcando un sopracciglio come a volerle porre silenziosamente la domanda: neanche la donna sorrise quasi con aria colpevole, sollevando le mani come a voler dichiarare la sua innocenza:

 

“Scusa Will, è il compleanno di mio fratello e pensavo di chiedere ad Armando se mi dava il permesso di tornare a casa quel giorno.”

 

“Tante grazie… Charlotte?”

 

“In effetti pensavo di lisciarmi i capelli proprio quella sera…”

 

Charlotte sfoggiò un sorriso angelico mentre continuava ad accarezzarsi i capelli, facendo ridere sia Regan che Lyanna mentre invece William alzò gli occhi al cielo, sospirando con aria esasperata:

 

“Puoi essere seria per un attimo, per favore?”

 

“Da quando il sarcasmo ti irrita, Cavendish? Da quel che ricordo ai tempi della scuola era il tuo migliore amico…”

 

“Io apprezzo infinitamente il sarcasmo, Charlotte… Ma mi dà fastidio quando gli altri lo usano su di me, specialmente una certa individua che sta sorridendo invece di rispondermi seriamente…”

 

“Va bene ho capito, sei di cattivo umore oggi. Devo proprio andarci?”

 

“Beh, salvo avere scuse molto plausibili… Si. E se pensi di filartela e di lasciami da solo con Lumacorno ti sbagli, Charlotte Selwyn. Ti verrò a cercare e ti trascinerò per i capelli fino al suo ufficio se necessario!”

“Che gentiluomo.”

Il commento chiaramente acido di Charlotte fece sorridere amorevolmente William, che decise di imitarla e di procedere usando l’ironia pungente:

 

“Io sono un gentiluomo, ma con chi se lo merita!”

 

Will incrociò le braccia al petto, fulminando sia Regan che Lyanna con lo sguardo vedendoli ridere sotto i baffi mentre, ne era sciuro anche se non poteva vederla, Charlotte gli faceva sommessamente il verso dalla sua poltrona.

 

“A questo punto quasi mi spiace di non venire, sarebbe divertente vedere voi due più Lumacorno cenare di nuovo insieme come un tempo… Un trio pieno d’amore.”

 

“Regan, piantala.”

 

“Quindi facevate tutti parte del Lumaclub? Anche io, ma solo perché ero parecchio secchiona all’epoca…”

 

“Lo stesso vale per me… CeCe perché si chiama Selwyn di cognome, suppongo. Tuo padre e Lumacorno non sono anche amici per caso?”

 

Regan si voltò verso l’amica, che borbottò qualcosa d’incomprensibile come se non volesse parlare dell’argomento, ricordando con scarso entusiasmo le infinite domande che il professore le aveva sempre fatto sulla sua famiglia quando studiava ad Hogwarts.

 

“Ok, abbiamo capito che è meglio sorvolare l’argomento... Anche Will era nel Lumaclub, anche se il motivo non è mai stato chiaro del tutto a nessuno. Scusa se te lo dico, ma la metà degli insegnanti non ti sopportavano, a volte ti riprendeva anche Lumacorno!”

 

“Si, beh… immagino che il chiamarmi di cognome Cavendish abbia completamente surclassato i motivi per NON avermi nel Lumaclub. E anche se mi detestavano, nessuno potrebbe mai mettere in discussione che ero il migliore del mio anno…”

 

“Questione di punti di vista…”

 

“Smettila Charlotte, lo so che sei ancora arrabbiata solo perché ti ho battuta di un punto ai M.A.G.O.”

 

William rivolse alla collega un sorrisetto soddisfatto, ricordando perfettamente gli esami finale così come se li ricordava lei, quando entrambi si erano notevolmente dati da fare per battere l’altro.

 

Regan alzò gli occhi al cielo come se quell’argomento non gli fosse affatto nuovo, mentre Charlotte sibilava che l’aveva battuta di un singolo ed insignificante punto e Lyanna guardava prima il Serpeverde e poi la Corvonero con aria leggermente accigliata, come se stesse cercando di capire entrambi:

 

“Sapete, devo ancora capire bene una cosa… Ma voi eravate amici o cosa, a scuola?”

 

Nessuno dei due diretti interessai spiccicò parola alla domanda di Lyanna, che ottenne come risposata due grugniti dal significato confuso mentre invece Regan ridacchiò, guadagnandosi il cuscino che Charlotte gli lanciò dritto in faccia.

 

“Ok, mi pare di capire che non eravate pappa e ciccia…”

 

“Non esattamente… Vedi Lyanna, a me piace vincere, e anche a Cavendish. Io sono intelligente, e in un modo contorto lo è anche lui… quindi eravamo spesso in competizione, a scuola.”

 

“Scusa, che vorrebbe dire che sono intelligente in un modo contorto? Ho un quoziente intellettivo superiore alla media, giusto perché tu lo sappia!”

 

Will rivolse all’ex compagna di scuola un’occhiata accigliata e offesa che la fece sorridere appena, accorgendosi che per nove anni non si era più potuta prendere sottilmente in giro con William Cavendish… ma aveva sei mesi per rifarsi, dopotutto.

 

                                                                              *

 

“Se per caso avessi tre costole rotte, che cosa faresti?”

 

“Ti porterei in Infermeria.”

 

“No, non puoi… L’Infermeria è crollata.”

 

“Allora al San Mungo.”

 

“E’ crollato!”

 

“Anche quello?”

 

“Sì, per colpa… di un bombardamento che i tedeschi hanno deciso di ricambiare! Andiamo Dan, provaci almeno!”

 

Jane sospirò, guardando l’amico con aria esasperata mentre facevano insieme i compiti… o almeno ci provavano, visto che il Grifondoro non era molto collaborativo.

Il ragazzo sbuffò, rivolgendo alla Tassorosso un’occhiata sconsolata:

 

“Ed dai Jane… E’ domenica, il mio cervello ormai è entrato in una fase buia dove non può produrre nulla di sensato!”

 

“Mi hai preso per scema? Amos mi ha abbandonata, non ti permetterò di dartela a gambe per spiare l’allenamento dei Serpeverde!”

 

Un sorrisino colpevole spuntò sul volto del Grifondoro di fronte all’accusa pienamente fondata di Jane, che lo guardò come se fosse un vero e proprio caso perso:

 

“Andiamo, prima finiamo e prima potrai andare a zonzo con Amos a fare gli idioti! E poi hai detto che l’ora di Medimagia ti era piaciuta, quindi poche storie e facciamo i compiti.”

 

“Da quando sei diventata così diligente? E poi non è proprio l’ora ad essermi piaciuta, quanto più l’insegnante.”

“I Tassorosso sono diligenti, Dan... Amos è un caso a parte. Comunque hai ragione, la Goblets è davvero carina! Finalmente un insegnante che non mi metterà mai ansia…”

 

Jane sorrise con aria sollevata, ricordando piacevolmente la lezione di Medimagia che avevano avuto solo un paio di giorni prima. Benché l’idea di avere a che fare con ferite e sangue non le piacesse, le era risultato impossibile – così come a tutti – non provare immediata simpatia per la dolce e sorridente donna che si erano ritrovati davanti.

 

“Già… La Selwyn invece credo che ci farà fuori tutti entro Giugno… però è stato meraviglioso quando ha atterrato Rod!”   Anche Dante sorrise con la stessa aria sognante dell’amica, ricordando con somma gioia quando si era ritrovato a ridere quando il compagno di Casa era finito a terra: le sue risa erano rimbombate per tutta la sala ma non ci aveva fatto molto caso, ignorando gli ammonimenti di Amos e Jane affinché si zittisse per evitare di fare la stessa fine di Rodericus.

 

“A me piace, è forte! Finalmente una donna con la spina dorsale… anzi, che dico. Ci sono un sacco di donne che ne hanno più degli uomini, solo che siete troppo occupati a farvi il nodo alla cravatta per accorgervene!”

 

“Ehy! Io sono femminista…”

 

“Lo so Dan, credo che non dimenticherò mai quando sei arrivato con le unghie dipinte di rosso, dopo le vacanze di Pasqua dell’anno scorso… Le tue sorelle ti trattano come una bambola per caso?”

 

“Una cosa del genere… Che vuoi farci Jane, mi adorano… In effetti sono schifosamente adorabile per natura, non trovi?”

 

“Purtroppo si… sei la persona meno odiabile che io conosca.”  Le labbra di Jane si sciolsero per un attimo in un sorriso sincero ma la Tassorosso si ridestò in fretta, dicendosi di non lasciarsi distrarre dall’amico che stava sfoggiando il suo sorriso soddisfatto:

 

“Però sei uno sfaticato! Su, rispondi: se dovessi fratturarmi qualche costola, cosa faresti?”

 

“Che domande, mi preoccuperei a morte per te!”

 

“Sei molto carino Dan… ma smettila di girarci intorno!”

 

                                                                                     *

 

Mentre usciva dagli spogliatoi, gli occhi di Antares Black andarono a finire dritti sugli spalti, in particolare sulla prima fila di sedie: mentre si allenava gli era parso di intravedere una figura familiare, ma si era convinto di essersi sbagliato… Eppure si ritrovò con stupore a guardare proprio il suo migliore amico, che se ne stava seduto sugli spalti con le gambe accallate e un giornale aperto stretto in mano.

 

Ma che accidenti è venuto a fare?

 

“Rod?”

 

Sentendosi chiamare il Grifondoro abbassò lo sguardo su di lui, rivolgendogli un mezzo sorriso prima di ripiegare con un gesto fluido il numero della Gazzetta del Profeta e alzarsi per andargli incontro:

 

“Eccoti qui! Mi chiedevo quanto ci avresti messo… Sono qui ormai da un po’.”

 

“Si, ho notato… E dimmi, come mai sua Altezza ha deciso di onorare lo stadio con la presenza?”

 

Antares inarcò un sopracciglio, guardando l’amico con aria scettica: a Rod il Quidditch non era mai piaciuto molto, non l’aveva mai seguito sostenendo che fosse un gioco ripetitivo e alle lunghe noioso… Probabilmente non lo riteneva “chic”, secondo Black.

 

“Sapevo che avevi l’allenamento e sono passato a salutarti! Tranquillo, non serve che mi ringrazi.”   Rod gli sorrise, dandogli una pacca sulla spalla mentre il Serpeverde si asteneva dal sottolineare che l’idea di ringraziarlo non l’aveva neanche minimamente sfiorato.

Il Grifondoro lo incitò a tornare al castello ma Antares non lo ascoltò appieno, concentrandosi sulla solita pipa che il ragazzo si era infilato nel taschino del panciotto… di un acceso color cremisi con ricamati ghirigori e arabeschi, quasi come a voler sottolineare l’appartenenza alla sua Casa anche se era andato a vedere l’allenamento dei Serpeverde in previsione della partita della settimana successiva.

 

“D’accordo, andiamo… carino, il panciotto.”    Le labbra di Antares si piegarono in un sorrisino, guadagnandosi un’occhiata torva da parte dell’amico, che decise di ignorare il suo evidente sarcasmo:

 

“Lo so, grazie. Invece di pensare al mio abbigliamento concentrati sulla prossima partita Black… cerca di non cadere dalla scopa come ad ottobre.”

 

“Io non… NON SONO CADUTO! Sono svenuto, è diverso! Non è stata colpa mia…”

 

“Se sei stato tanto sprovveduto da andare alla partita con la febbre alta, non è certo colpa mia o di qualcun altro…”

 

“Beh, non volevo tirarmi indietro prima della partita, anche se alla fine abbiamo perso lo stesso… Ma questa volta non andrà così, i Corvonero sono anche senza Cercatrice al momento visto che Brianna Sparkle se n’è andata. Abbiamo la vittoria in tasca.”

 

Un sorriso soddisfatto comparve sul volto del ragazzo, mentre Rod preferì evitare di commentare visto che l’argomento non era di sua competenza… Ovviamente avrebbe tifato per il suo amico, anche se i suoi compagni di Casa l’avrebbero linciato, Dante Julius in primis.

 

“Beh, lo spero per te… Anche eprchè so che perdere contro i Tassorosso è stato un brutto colpo.”

 

“Lasciamo stare, la mia famiglia era tentata di radiarmi dall’albero genealogico! A mio padre sarà venuto un infarto…”

 

“Ora capisci cosa ho provato IO quando mi hanno messo a Grifondoro! Anche se è sempre meglio di Tassorosso, in quel caso anche a mio padre sarebbe venuto un colpo vero e proprio... Quanti Purosangue ci sono in quella Casa?”

 

“Solo Jane Prewett, o almeno del nostro anno… Ma la sua famiglia non sta passando un bel periodo, non credo che a loro importi molto.”

 

Antares piegò le labbra in una smorfia, ricordando gli articoli letti sulla Gazzetta del Profeta ma ancor più frammenti di discussioni tra i suoi genitori proprio sull’argomento, durante le vacanze di Natale da poco concluse.

 

 “Ti riferisci a suo padre?”

 

Antares annuì, ripensando a tutti i mormorii che sentiva costantemente quando la Tassorosso passava in un corridoio… Era sempre stata benvoluta da tutti per via del suo carattere estremamente gentile e dolce, ma nelle ultime settimane si era parlato spesso di lei e della sua famiglia in special modo… Un paio di volte aveva anche assistito allo spettacolo gentilmente offerto da una Isabella Burton decisamente scocciata che aveva preso a parole poco gentili i “pettegoli” di turno, ordinando loro di stare zitti e farsi i fatti propri, se ne erano in grado.

 

In effetti Isabella sembrava, o almeno agli occhi di Antares, abbastanza delicata sulla questione “famiglia” e oltre a non accennare mai neanche lontanamente alla sua non sopportava di sentire gli altri sparlare di quelle altrui, inalberandosi parecchio.

Era un ragazzo piuttosto riservato e non essendo propriamente amici non si era mai sognato di chiederle nulla, ma era sempre stato molto bravo a capire le persone anche sapendo poco su di loro… E sulla sua “collega” di Corvonero sapeva abbastanza per avere la certezza che, qualunque cosa succedesse a casa sua, Isabella non voleva parlarne, affrontarlo e quindi nemmeno pensarci.

 

                                                                                   *

 

“Come mai quel muso lungo? L’idea di andare a cena con il tuo insegnante preferito non ti aggrada proprio, vero?”

 

Lyanna sorrise di fronte all’espressione decisamente cupa di William, che era seduto di fronte a lei mentre era intenta a scrivere una lettera a suo fratello.

 

“Proprio per niente…. Beata te, hai la scusa della famiglia da poter sfoderare.”

 

“I vantaggi di avere un fratello, suppongo… Usare il compleanno per saltare le cene scomode… Mi ricorderò di ringraziarlo per aver compiuto gli anni proprio di domenica, quest’anno. Tu non hai qualche fratello da poter usare come scusante, Will?”

 

“Si e no.”

 

“Che vuoi dire? Non voglio fare la ficcanaso, ovviamente…”

 

La donna inarcò un sopracciglio, curiosa ma non volendo allo stesso tempo impicciarsi nelle questione private altrui. William però accennò un debole sorriso, come se non gli importasse di intavolare o meno l’argomento:

 

“Non c’è problema Lyanna, non preoccuparti… Ho dei fratelli, ma non sono nella condizione di poter usare il loro compleanno come scusa.”

 

Will posò lo sguardo sulle fiamme che scoppiettavano nel camino acceso, assumendo un’espressione pensierosa mentre Lyanna lo osservava, carica di curiosità ma non osando indagare oltre: forse aveva un brutto rapporto con i suoi fratelli? Dalle sue parole, sembrava che le cose stessero più o meno così.

 

“Mi spiace… Se non altro nemmeno Charlotte ne ha, quindi nemmeno lei può filarsela con questa scusa.”

 

Lyanna si sforzò di sorridere, cercando di lasciar cadere l’argomento che sembrava non molto gradito da parte del collega. La donna abbassò il capo e riprese a scrivere velocemente sul foglio di pergamena, mentre Will si voltava lentamente verso di lei dopo aver esitato per un attimo:

 

“Come hai detto?”

 

“Solo che nemmeno Charlotte può defilarsi usando la scusa della famiglia, visto che non ha fratelli. Voi due vi conoscete da un bel po’, non lo sapevi?”

 

Lyanna tornò a guardare il collega, inarcando un sopracciglio di fronte all’espressione lievemente stralunata di William, che esitò per un attimo prima di parlare a bassa voce mentre tutti gli ingranaggi del suo cervello erano al lavoro, andando alla ricerca dei più disparati ricordi nei meandri della Memoria a Lungo Termine. “No… In effetti no.”
Lyanna fece spallucce e riprese a scrivere ma Will non smise di pensare a quello che aveva appena sentito: non sapeva perché, ma Charlotte Selwyn fingeva di essere figlia unica quando aveva un fratello, cosa di cui lui era perfettamente a conoscenza dato che ricordava chiaramente Sean Selwyn, Smistato a Serpeverde solo un anno prima di lui.

 









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Angolo Autrice:


Salve!  So che in questo capitolo non succede granchè, ma l'ho scritto abbastanza di getto... Chiedo venia per gli aggiornamenti poco regolari ma ho altre due storie in corso anche se ne sto per finire una, quindi spero di riuscire a pubblicare capitoli più decenti in futuro.
Nel prossimo ci sarà la partita tra Serpeverde e Corvonero... perciò, chi volete che vinca tra le due?  Ovviamente Nene e Alidifarfalla sono esentate dal fornirmi il voto.   (Per favore, votate via Messaggio Privato!)

Riusciranno Regan, Charlotte, Will e Lyanna a darsela a gambe dalla cena di Lumacorno? In questo caso vi anticipo la riposta: no, ovviamente verranno incastrati dal nostro Prof preferito e dalla sottoscritta visto che sarà senza dubbio una cenetta molto interessante...

Ma non preoccupatevi, verrà anche il momento di una bella cena anche per i nostri studenti XD Non risparmio nessuno, io.

Dovrei riuscire ad aggiornare entro la fine della settimana, quindi a presto!


Signorina Granger

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Capitolo 9
*** Corvonero - Serpeverde ***


Capitolo 8: Corvonero – Serpeverde 
 
Domenica 27 Gennaio 


“Non si vede neanche lontanamente per chi avete intenzione di tifare.”

Lyanna e Charlotte non risposero subito alle parole di Regan, che guardò con cipiglio divertito le due colleghe bere un sorso di the in perfetta sincronia prima di rivolgerglisi, entrambe con una sciarpa nera e blu al collo.

“Beh, dovrà passare molta acqua sotto i ponti prima che io tifi per Serpeverde!”

“Concordo con Lyanna… Senza offesa Reg, ma credo che non tiferò mai per voi, specialmente se gioca anche Corvonero… Io e Sean discutevamo sempre, quando c’erano le partite.”

Le labbra carnose di Charlotte si piegarono in un debole sorriso malinconico, ricordando le mezze zuffe che aveva avuto innumerevoli volte con il fratello maggiore, concluse quasi sempre con entrambi che ridevano, prendendosi reciprocamente in giro per poi “fare pace” con un abbraccio. 

Regan non disse nulla, abbassando lo sguardo mentre Lyanna inarcava un sopracciglio, rivolgendo all’uomo un’occhiata accigliata come a volergli chiedere di chi stesse parlando CeCe, che non aggiunse altro e si limitò a bere un altro sorso di the. 

“Ad ogni modo… Verrete alla cena del vecchio Luma, la settimana prossima? Reg, non puoi abbandonarmi con Lumacorno e Cavendish, non arriverei viva al dessert!”

“Tu dici? Io credo che semmai non ci arriverebbero LORO…”

“Beh, comunque ci sarebbero dei cadaveri! Per favore Reg…”

Charlotte si sporse leggermente verso l’amico, sbattendo le lunghe ciglia e sfoggiando la sua migliore aria da cucciola che aveva sfruttato per anni quando voleva dei favori da suo fratello maggiore.

Il Pozionista sbuffò, spostando lo sguardo sulla Sala Grande per evitare di guardare Charlotte, che però non mollò per niente: sorrise con aria divertita, ammonendolo:

“Guarda che ti salto in braccio davanti a tutti finché non mi dici di sì!”

“Non oseresti.”

“Dovresti conoscermi ormai, Reg… Mai mettermi alla prova. Potrei anche starti incollata come un koala per tutta la durata della partita…”

Regan si voltò verso di lei, sgranando gli occhi con aria allarmata solo all’idea. Lyanna ridacchiò con fare divertito mentre Charlotte si alzava allegramente, sedendosi sulle ginocchia dell’amico senza tanti preamboli:

“Bene, ora dovrai farmi da poltrona finché non mi prometterai che verrai alla cena maledetta!”

“CeCe, spostati! Lyanna, invece di ridere dammi una mano!”

Regan sbuffò, rivolgendo alla donna un’occhiata carica di richieste d’aiuto che però non arrivò, visto che l’insegnante sembrava essere molto presa dal suo muffin ai mirtilli:

Charlotte rise mentre Regan cercava invano di scollarsela di dosso, il tutto mentre il quarto componente del gruppo arrivava davanti al tavolo, guardandoli con aria accigliata come se si stesse chiedendo che problemi avessero:

“Avete per caso sbattuto la testa? Oppure avete bevuto un intruglio di Carsen e credete di avere 6 anni?”

“Ciao Cavendish, vedo che sei sempre tremendamente simpatico!”

Charlotte si voltò verso di lui sfoggiando un inusuale sorriso vivace, in netto contrasto con le stilettate glaciali che era solita rifilargli. Will si domandò per un attimo se la donna non stesse seriamente male mentre si sedeva accanto a Regan, che ormai aveva rinunciato a cercare di smuovere l’amica dall’abbraccio che stava attirando diversi sguardi da parte degli studenti.

“So che siete amici, ma credo che potrebbero iniziare a girare voci strane da questo spettacolo…”

2Non è colpa mia, e CeCe che fa la koala solo perché vuole che io venga alla cena!”

“In tal caso sono d’accordo con lei, per una volta!”


“Hai sentito? Se persino il piccolo Lord è d’accordo con me, allora devi venire! Quanto a te, Lyanna… hai poco da ridere, più tardi convincerò anche te!”

La donna sgranò gli occhi al sentire quelle parole, sfoggiando un’espressione allarmata che fece ridacchiare Regan, che rivolse alla collega un’occhiata eloquente come a volerle dire – te l’avevo detto – mentre Charlotte sorrideva, sapendo già che alla fine avrebbe ottenuto ciò che voleva, come sempre. 

“Non demordi mai, vero CeCe?”

Regan sospirò, alzando lo sguardo sull’Auror quasi con rassegnazione, facendola sorridere dolcemente:

“No Reg… è il mio peggior difetto, ma non cambio mai la strada che intraprendo.”

“Sei sicura che sia il tuo peggior difetto? Ho qui una lista che proverebbe il contrario…”

Il tono pensieroso di Will gli fece guadagnare un’occhiata inceneritoria da parte di Charlotte che però gli fece comparire un sorrisetto sul bel volto, annuendo e schioccando le dita nella sua direzione:

“Ecco… ora ti riconosco, Selwyn! Questa faccia ti si addice molto di più.”

“Ma ti senti? Hai un modo tutto tuo di insultare sottilmente le persone… Prima o poi qualcuno si stancherà e ti farà vedere i sorci verdi, credimi.”

“Può anche darsi… ma nel frattempo io mi diverto.” William sorrise, strizzandole l’occhio prima di iniziare a fare colazione. Il tutto mentre Regan cercava sempre di spostare Charlotte dalle sue ginocchia, temendo che qualche studentessa pettegola potesse iniziare a far girare voci assurde su di lui e la collega.

“Beh, ognuno passa il tempo come meglio crede… Ok Regan, smettila di frignare! Mi sposto, ora penserò a Lyanna…”

“Non ti sederai anche su di me, spero!”

“No… mi farò venire in mente qualcosa, so essere davvero molto persuasiva!”


                                                                             *


“DANTE. COME TI SEI VESTITO?”

Dan si voltò, ruotando su se stesso con un movimento fluidi e sorridendo allegramente alla vista dei suoi due fratelli minori che gli stavano davanti, nell’Ingresso.

“Ragazzi! Che intendi, Cora?”

Il Grifondoro inarcò un sopracciglio, non capendo l’occhiataccia che gli stava riservando la sorella di un anno più piccola, che lo guardava con le mani sui fianchi e l’aria truce. Somigliava un po’ alla loro mamma quando li beccava, da piccoli, con un vaso di marmellata in mano intenti a sgraffignarla, ma dalla sua faccia non sembrava il momento gusto per farlo notare alla ragazza:

“Come sarebbe cosa intendo! Brutto traditore, non puoi tifare per Corvonero!”

Coraline sbuffò, indicando con aria accusatoria la sciarpa che si era infilato il fratello maggiore.

Ops…


“Dai Cora, ancora con questa storia? Non puoi pretendere che io tifi per voi, sono Grifondoro!”

“Ma io sono la tua sorellina!” Coraline sbuffò, mettendo su il broncio mentre accanto a lei Francies sospirava, alzando gli occhi al cielo come se non comprendesse quelle assurde discussioni che sentiva puntualmente ormai da anni, visto che i sette fratelli Julius erano stati Smistati in tutte e quattro le Casate nel corso degli anni.

“Certo che lo sei… Ma preferisco tifare per Corvonero, scusa piccolina.” 

Dante sorrise e le si avvicinò per stritolarla in un abbraccio sotto lo sguardo quasi seccato di Francies, che si stava chiedendo perché la sorella si facesse tante paranoie per il Quidditch.

“Beh, mi ci vorrà un po’ per perdonarti… Francies invece tifa per me, vero?” Coraline rivolse un sorriso a 32 denti al fratello minore, che si fece di colpo piccolo piccolo (benché fosse più alto di lei) prima di borbottare qualcosa d’incomprensibile.

“Ecco, lo sapevo! Siete due brutti traditori, Anthony tiferebbe per la mia Casa se la sua non giocasse! E anche Lucas!”

“Oh, andiamo Cora… io sono Grifondoro e lui è Tassorosso, nessun Tassorosso tiferebbe mai per voi visto come li trattate.”

Dante roteò gli occhi mentre Francies gli rivolgeva un’occhiata carica di gratitudine, evitando di sottolineare quanta soddisfazione aveva provato pochi mesi prima quando la sua squadra aveva battuto proprio Serpeverde a Quidditch.

Cora sbuffò ma non replicò, limitandosi a roteare gli occhi come a voler lasciare perdere la questione:

“Ok, lasciamo stare… A proposito di Tassorosso, dove sono i tuoi inseparabili amici?”

“Amos è corso allo Stadio per accaparrarsi un posto in prima fila, in effetti mi sta aspettando.”

“Immaginavo... e Jane che fine ha fatto?”

La domanda di Coraline fece suonare quasi un campanello nella testa di Dante, che si accigliò all’istante nel rendersi conto di non aver visto la ragazza a colazione.

Francies si morse il labbro, dondolando nervosamente il peso da un piede all’altro mentre il fratello scuoteva il capo con aria pensierosa:

“Non lo so… non l’ho ancora vista, forse è già allo stadio…”

“Mh…”

“Che cos’era quel mugugno? Francies, sai dov’è Jane? Se sì, me lo devi dire.”

Dante sbuffò, inchiodando gli occhi eterocromatici sul fratello minore e mettendosi le mani sui fianchi con aria imperterrita. Ora era lui a somigliare alla madre della “tribù Julius”, ma nessuno dei due piccoli di casa tenne a farglielo notare. 

“Papà dice sempre che chi si fa gli affari propri vive più a lungo!”

“Si beh, Selene dice anche che tra fratelli ci si aiuta, quindi tu devi dirmi cosa sia sulla mia amica! Parla, Francies.”

Al sentirsi citare la sorella maggiore Francies, sbuffò, roteando gli occhi prima di sospirare con rassegnazione, sapendo che Dante non l’avrebbe mollato finché non avesse sputato il rospo.

“Ok… credo che sia ancora nella nostra Sala Comune, l’ho vista prima di andare a fare colazione… Non sembrava stare molto bene, emotivamente intendo.”

Il Tassorosso non fece quasi in tempo a finire la frase prima che Dante facesse dietro front, attraversando di corsa l’Ingresso urlando un “grazie, ti voglio bene!” prima di correre verso le cucine, fregandosene improvvisamente della partita o del fatto di essere già vestito per andare allo stadio.

“Ma dove va?”

“Alla nostra Sala Comune, suppongo… Non chiedermi come o perché, ma sa la strada. Ma ora andiamo Coraline, o ci perdiamo l’inizio.”

Senza aggiungere altro Francies prese la sorella maggiore sotto braccio, trascinandosela dietro e ignorando le sue sonore proteste visto che voleva andare a vedere a sua volta cosa fosse successo a Jane. 


                                                                                    *


“Questa volta vinciamo, eccome se vinciamo.”

“Bah.”

“Scusa Isabella, hai detto qualcosa per caso?”

“Io? No. Niente. Come ti viene in mente? Black, hai le allucinazioni ultimamente!” Isabella sgranò teatralmente gli occhi azzurri, guardando Antares come se avesse detto un’eresia. Il ragazzo le scoccò un’occhiata leggermente seccata prima di continuare a rivolgersi a Rod, che aveva seguito lo scambio di battute con aria divertita:

“Come stavo dicendo prima che qualcuno interrompesse… Oggi non sverrò neanche se dovessi prendermi un’insolazione, dannata febbre autunnale…”

“Veramente trovo piuttosto improbabile che tu prenda un’insolazione, siamo a Gennaio e non c’è un raggio di luce neanche a pagarlo…”

“Oh andiamo Rod, hai capito che intendo! Ora ti metti a fare le puntualizzazione come qualcuno?”

“Io non puntualizzo nulla Black, dico solo ciò che è evidente.”

Isabella passò accanto ai due senza nemmeno voltarsi, camminando a passo spedito per attraversare l’Ingresso e superare il Serpeverde e il Grifondoro. Antares la guardò male, borbottando qualcosa sul fatto che Isabella fosse irritabile solo perché sapeva che la sua Casa avrebbe perso a Quidditch:

“Grazie per le illuminazioni, allora… Non vieni a vedere la partita?”

“No, ho di meglio da fare che guardare un branco di geni che rincorrono una palla… Oh, scusa… Forse ti ho appena sottilmente insultato. Non prendertela, mi raccomando.”

Isabella si voltò verso i due, rivolgendo ad entrambi un lieve sorrisetto prima di salire la scalinata principale per andare in Biblioteca e prendersi avanti con i compiti, approfittando del fatto che sarebbe stata di certo praticamente vuota.

Non aveva mai amato particolarmente il Quidditch… e non le andava di vedere la partita, se non aveva Brianna per cui tifare. L’amica le aveva fatti promettere di scriverle se Corvonero avrebbe vinto o meno e la Caposcuola sperava che la sua Casa vincesse… di certo Brianna non sarebbe stata felice di sapere di aver fatto perdere la squadra andandosene una settimana prima della partita.

“Sai, ho come la sensazione che tu non le vada molto a genio?”

“Wow Rod, sei molto perspicace… forse si è svegliata con il piede sbagliato… A volte è più gentile.” Antares fece spallucce, sapendo che la Corvonero non fosse spesso acida soltanto con lui… in effetti a volte sembrava che ce l’avesse con mezza popolazione maschile di Hogwarts, forse sfogando sui compagni una chissà quale frustrazione… Ma erano tutte teorie che il ragazzo aveva creato, non aveva nessuna conferma sulle sue idee. 

“Però comincia ad essere divertente ascoltarvi quando parlate! Potreste anche fare spettacolo…”

“Conoscendoti, non avevo dubbi che lo trovassi divertente… Ma ora muoviti, Panciotto-Rosso, non voglio fare tardi alla partita perché tu dovevi incipriarti il naso!”

“Ma quale cipria, io non mi trucco! E poi questo è Bordeaux, razza di ignorante!”

Rod sbuffò, scoccando all’amico un’occhiata quasi seccata, come se la sua ignoranza sul frangente “colori” lo irritasse leggermente. Antares alzò gli occhi al cielo, passandosi una mano tra i capelli mentre sospirava con aria esasperata, come se si stesse trattenendo dal dire qualcosa. 

“Mio Dio…. Ma perché diamine siamo amici, noi due?”

“Sai che non ne ho idea? Non abbiamo quasi niente in comune! Il che però è un bene sotto un certo punto di vista, non sopporterei avere un amico troppo simile a me…”

“Se non altro sapresti cosa vuol dire passare molto tempo con qualcuno fissato con l’eleganza! Non ti farebbe male…”

“Taci Black, io sarò anche fissato ma tu sei troppo taciturno! Fatta eccezione per me, con gli altri te ne stai quasi sempre in un angolo a rimuginare su chissà cosa!”

“Tu invece blateri dalla mattina alla sera, quindi ci compensiamo a vicenda. Oh Merlino, ora sembriamo una vecchia coppia sposata…”


                                                                                 *


Dante sgattaiolò silenziosamente nella Sala Comune, cercando di non far rumore mentre si chiudeva lentamente la porta alle spalle. Pregò di non incontrare un branco di ragazzine come gli era capitato ad inizio anno, quando era andato a salutare Amos e si era perso, finendo chissà come nel Dormitorio femminile e ritrovandosi davanti ad un gruppetto di dodicenni che si erano messe a gridare dandogli pure del maniaco…

Benché fosse stato tre volte loro Dante era diventato piccolo piccolo di fronte al gruppo di studentesse e Francies e Amos l’avevano deriso per mesi, mentre fortunatamente Jane era andata in suo soccorso aiutandolo con le ragazzine del secondo anno:

“Ma quale maniaco… guardartelo, con questa faccia!” Lanciandogli un’occhiata eloquente Jane gli aveva ordinato di sfoggiare gli occhioni dolci, sfruttandoli come sempre per salvarsi dalle situazioni più disparate. 

Non moriva esattamente dalla voglia di incontrarle di nuovo e pregò che fossero andate a vedere la partita mentre si guardava intorno attentamente, cercando qualche traccia di Jane. 

Un singhiozzo sommesso gli fece drizzare le orecchie all’istante, puntando gli occhi su una delle poltrone rivolte verso il camino spento e che gli dava le spalle. 

Pregando che fosse lei e non una di quelle ochette isteriche Dante si avvicinò alla poltrona con passo felpato, camminando sul morbido tappeto e tirando mentalmente un sospiro di sollievo quando scorse la chioma di boccoli castani di Jane guardando la poltrona dall’alto in basso. 

Jane era accovacciata lateralmente sulla poltrona di pelle marrone, con il capo appoggiato allo schienale e le gambe strette tra le braccia. Dante fece rapidamente il giro per trovarsi davanti a lei, stampandosi in faccia un sorriso mentre si inginocchiava di fronte alla poltrona:

“Ciao, piccola Jane… Che cosa ci fai qui?”

Jane si voltò di scatto, puntando i grandi occhi azzurri e pieni di lacrime dritti su di lui quasi con aria allarmata, asciugandoseli in fretta prima di rispondere con voce rotta:

“Ciao… Che cosa ci fai tu qui, semmai… Non dovresti essere alla partita?”

“Stavo andando, ma poi un uccellino mi ha detto che stavi male… Che cosa c’è? Odio questa faccina triste, lo sai.”

Dante sorrise, allungando una mano per asciugare le guance umide della ragazza, che sbuffò come se stesse maledicendo mentalmente il fratello minore dell’amico. 

“Niente… vai alla partita Dan, non importa.”

“Beh, se proprio vuoi che ci vada ti porterò con me anche se dovessi caricarti in spalla, quindi poco cambia… Forse qui saresti più comoda. Non vuoi dire a Dan che cosa succede? Guarda che faccia adorabile ho…”

Dante sfoggiò il suo sorriso più accattivante, facendola ridere leggermente mentre gli dava una sberla sulla spalla, trovando quasi strano l’essere, per una volta, alla stessa altezza del ragazzo. 


“Lo so che sei adorabile Dan, non preoccuparti… Ma non mi va di stressarti con i miei problemi.”

“Sciocchezze, lo sai che io aiuto sempre chi mi sta a cuore… Resterò qui finché non parlerai, abbiamo tutto il tempo… Però stare così è davvero scomodo, in effetti.”

Dante quasi sbuffò e mise le mani sui braccioli della poltrona come se volesse alzarsi per sedersi da un’altra parte, ma Jane si sporse verso di lui e lo abbracciò, bloccando la sua azione sul nascere.

“Mi ha scritto mia madre ieri sera....”

Dante si bloccò di colpo sentendo quelle parole prima che Jane, incapace di trattenersi, riprendesse a piangere silenziosamente sulla sua spalla, circondandogli il collo con le braccia.

“Sta bene, vedo? Così mi preoccupi, Jane...” 

“Si, lei sta bene... ma mio padre no.” 

Jane si passò una mano su una guancia, asciugandola con la manica del maglione nero mentre Dante strabuzzava gli occhi, cercando di capire cosa fosse successo ma non volevo allo stesso tempo essere indelicato. 


“Cosa è successo?”

“Mia madre ha detto che è stato preso qualche giorno fa dagli Auror… l’hanno interrogato ma non ha voluto dire nulla. Hanno detto che si è tolto la vita da solo per non parlare; mamma ha chiesto di non scriverlo sulla Gazzetta del Profeta, voleva farmelo sapere di persona…”

“Perché non me lo volevi dire? Mi dispiace tanto Jane, davvero… Ma non puoi tenerti sempre tutto dentro.”

Dante sospirò, accarezzandole la zazzera di riccioli con una mano e la schiena con l’altra, restando inginocchiato sul pavimento per evitare di perdere l’equilibrio.

Era sempre stato molto altruista, fin da bambino… era sempre pronto ad aiutare tutti, chiunque, forse anche quegli idioti Serpeverde che a tratti detestava… Quando poi si parlava delle persone a cui teneva di più, si sentiva quasi ferito dal fatto che Jane non glie l’avesse detto subito, anche se la conosceva e sapeva quanto fosse riservata, specialmente sulla sua famiglia da quando, circa un anno prima, suo padre se n’era andato di casa per “aiutare” Grindelwald, lasciando moglie e figlia da sole a sopportare tutti i pettegolezzi che la notizia aveva scaturito.

“Lo so che si parla di tuo padre Jane, ma non credo che si meriti le tue lacrime… E nemmeno quelle di tua madre. Forse dovresti cercare di dimenticare quello che è successo, e te lo dice il fan numero 1 della famiglia in tutto il mondo.”

Dante sfoggiò un debole sorriso, allontanando leggermente il capo per poter guardare l’amica in faccia, che si sforzò di sorridergli di rimando:

“In tal caso, forse dovrei ascoltarti.”

“Lo credo anche io. Sai, sei talmente dolce che nessuno dovrebbe mai farti star male… Però ora posso alzarmi? Mi fanno male le gambe…”

“No, abbracciarti così è molto più facile…” Jane appoggiò di nuovo la testa sulla sua spalla coperta dal lungo cappotto grigio scuro che il ragazzo indossava, parlando in tono secco quasi come se gli avesse ordinato di non muoversi. Dante sbuffò ma non osò replicare, circondandola di nuovo con le braccia.

“Posso stare qui con te o vuoi che vada via?”

“Solo una matta ti manderebbe via Dan, passi i giorni a ripetermi quanto io sia dolce e forse non ti rendi nemmeno conto di quanto tu stesso lo sia… Grazie per esserci sempre.”

Jane sorrise appena, chiudendo gli occhi senza accennare a voler sciogliere l’abbraccio dal suo “adorabile spilungone” di due metri dal cuore d’oro.

“Figurati… Per qualunque cosa, sai dove trovarmi, questo e altro per te.”


                                                                                        *


“Oh, ma andiamo! Quello era fallo! Voi Serpeverde non siete in grado di giocare pulito.”

Charlotte sbuffò, trattenendosi dal scendere in campo per dirne quattro all’arbitro mentre Serpeverde incassava altri dieci punti, anche se il goal aveva portato ad una rovinosa caduta di un Battitore di Corvonero.

“Grazie tante… Ti ricordo che IO giocavo a Quidditch, sono stato anche Capitano.”

Will alzò gli occhi al cielo mentre, accanto a loro, Regan sembrava felice come una pasqua di essere di nuovo seduto sulle tribune di quello stadio e aveva l’aria di chi si sta divertendo un mondo mentre chiacchierava allegramente con Lyanna, commentando la partita con addosso un capello di lana verde scuro come a rimarcare l’appartenenza a Serpeverde.

Charlotte fece spallucce e Will non poté fare a meno di pensare che l’avesse detto proprio come frecciatina nei suoi confronti… era perfettamente da lei, dopotutto.

“Però mi stupisce che tu te la prenda tanto… Non ricordo che tu fossi una grande appassionata di Quidditch. Se non sbaglio, a tuo fratello piaceva molto di più.”

Il tono vago di William nascose la curiosità che provava da giorni, chiedendosi di continuo perché Charlotte avesse mentito a Lyanna su suo fratello. Forse l’aveva fatto perché non si parlavano più? 

D’altra parte Charlotte esitò per un istante, sentendosi raggelare al sentire nominare Sean. A volte riusciva a fargli qualche riferimento, ma sentirlo nominare da qualcun altro era diverso… e in quei rari momento la investiva la consapevolezza che non se l’era sognato o immaginato, ma se n’era andato per davvero.

“Si… A lui piaceva molto.” Charlotte deglutì, contando mentalmente il battito cardiaco come le aveva detto più volte di fare Luisa prima che partisse per Hogwarts.

Dieci, undici, dodici…

Accanto a lei Will la guardava con lieve curiosità, chiedendosi se avrebbe esplicitamente detto perché aveva negato di avere un fratello… Ricordava che fossero molto legati quando erano ad Hogwarts, ma le cose potevano benissimo essere cambiate nel corso degli anni. 

…tredici, quattordici, quindici…

Charlotte chiuse gli occhi sentendo le orecchie ronzarle fastidiosamente, stringendo le mani intorno alla ringhiera con un gesto quasi automatico, sentendo la voce di William farsi molto distante per qualche secondo.

Non adesso. Ti prego, non ora…


“Selwyn... Stai bene?” 

Will inarcò un sopracciglio, sfiorandole una spalla con la mano e facendola sussultare, spostandosi di qualche centimetro quasi come se la sua mano l’avesse scottata.

“Si, benissimo. Mi gira solo un po’ la testa, è meglio se mi siedo…”

Charlotte aprì gli occhi, lasciandosi quasi cadere sulla sedia dietro di lei mentre respirava profondamente, dicendosi di non agitarsi.
Sosteneva sempre di essere molto persuasiva… peccato che non potesse ordinare alla sua testa di non provocarle un attacco di panico in mezzo ad un centinaio di persone. 
Ebbe come la sensazione che Will si fosse seduto accanto a lei, forse le stava anche dicendo qualcosa… Ma sembrava che i suoi sensi la stessero abbandonando momentaneamente e non sentì qualunque cosa le stesse dicendo.

Quanta gente c’era intorno a lei? 

All’improvviso smise di sentire la cronaca e qualunque altra voce, concentrandosi sul fiume di persone che la circondavano…tantissime, forse anche troppe. All’improvviso, anche se non seppe mai spiegarsi il perché, si ritrovò quasi catapultata in un ricordo purtroppo non molto lontano, in una fredda notte di Dicembre, quando esattamente come in quel momento si era ritrovata circondata da un mucchio di persone. 

“CeCe, tranquilla...Sei ad Hogwarts, non in missione. Andrà tutto bene.”

Al sentire una voce familiare Charlotte sbattè le palpebre, ritrovandosi il volto di Regan a poco centimetri dal suo mentre le sue mani le stringevano le spalle. 
Charlotte annuì appena, respirando profondamente mentre tutti i suoni esplodevano intorno a lei e tornava a sentire di nuovo le voci che la circondavano. 

“Grazie…” Charlotte lo abbracciò istintivamente, sollevata di poter respirare normalmente visto il numero di volte in cui si era trovata senza fiato quando le capitava di stare in mezzo alla folla. 

“Stai bene vero?” Lyanna la stava osservando con aria preoccupata e Charlotte annuì, sforzandosi di sorridere debolmente mentre si staccava lentamente da Regan, che la guardava con lieve apprensione.

“Si, certo… Giramento di testa, tutto qui. Però preferisco andare adesso, scusate… Ci vediamo dopo.”

“Ti accompagno, se vuoi…”

“Non importa Reg, resta pure. Non voglio che tu perda la partita a causa mia…” Charlotte sorrise all’amico, che non sembrò molto convinto ma non replicò e la lasciò andare senza obbiettare, mentre William sfoggiava un’espressione leggermente contrariata.

Quando fu sparita infatti si rivolse a Regan, guardandolo con aria scettica e decisa allo stesso tempo, come se non avesse alcuna intenzione di non avere risposte:

“Regan… Che diamine le è preso? Per un attimo pensavo che sarebbe svenuta quando ho nominato Sean!”

“Tu non li leggi i giornali, vero Will?” Regan sospirò, voltandosi verso di lui e guardandolo quasi con aria stanca, come se non gli andasse per nulla di raccontare una certa storia. 
Senza capire cosa intendesse il collega inarcò un sopracciglio, invitandolo a spiegarsi mentre anche Lyanna sembrava curiosa, volendo sapere a sua volta:

“Ok… Ora vi spiegherò, ma non dite a Charlotte che lo sapete, altrimenti domani ritroveranno il mio cadavere sepolto nel parco.”


                                                                               *


Sorrise mentre planava verso il suolo, con la divisa che svolazzava vivacemente nel grigiore di quella giornata. Intorno a lui metà dello stadio esultava per la vittoria, anche se di certo tutti i Grifondoro eccetto Rod si stavano strappando i capelli per aver assistito alla vittoria di Serpeverde. 


Alla faccia dei Tassorosso


Con un sorriso Antares scivolò giù dalla sua scopa, soddisfatto al 100% di come fosse andata la partita: avevano vinto e lui si era fatto passare solo un paio di reti… Si era ampiamente rifatto dalla partita di Ottobre, non c’erano dubbi.

Intorno a lui tutti i compagni di squadra esultavano, al settimo cielo per aver vinto mentre poco lontano i Corvonero si disperavano. 
Il Portiere sorrise appena, non vedendo l’ora di informare anche una certa Corvonero della vittoria contro la sua Casa… certo lei non seguiva molto il Quidditch, ma gli avrebbe comunque dato soddisfazione dopo le stilettate di quella mattina.

Vedendo Rod avvicinarsi Antares rivolse all’amico un sorriso sinceramente allegro, di quelli che sfoggiava molto raramente… e i giorni in cui vinceva a Quidditch erano tra quelle circostanze. 

“Beh, alla fine hai vinto davvero… Per lo meno ti sei rifatto dalla figuraccia dell’altra volta.”

“Hai intenzione di rinfacciarmelo fino a Giugno, vero?”

“Forse… ma ricorda sempre che sei il mio migliore amico, anche se a nessuno il motivo è ben chiaro!” Rod sorride e Antares non riuscì a non ricambiare, guardandolo con esasperazione e divertimento allo stesso tempo: a volte non lo capiva proprio, ma ormai sapeva che non sarebbe ami cambiato… E dopo tutti quegli anni, di certo svegliarsi una mattina trovando un Rod noioso e silenzioso non sarebbe stata una bella sorpresa, visto che ormai lo considerava il fratello che non aveva mai avuto. 


                                                                               *


“Ehy, to’ guarda chi si vede! Non sei venuto alla partita? Mi spiace dirtelo, ma ha vinto Serpeverde…”

Rod sorrise mentre prendeva posto di fronte a Dante al tavolo dei Grifondoro, trovando il compagno di Casa già intento ad abbuffarsi. 
Il ragazzo si strinse nelle spalle, schiarendosi la voce prima di rispondere:

“Avrei preferito Corvonero, ma poco male… alla prossima partita vedremo come andrà. In ogni caso no, non sono venuto… Diciamo che ho avuto un imprevisto, ero con Jane.”

Nonostante il suo tono disinvolto Rod sfoggiò un sorrisetto che, come chi lo conosceva sapeva, non prometteva assolutamente nulla di buono. Dante infatti gli rivolse un’occhiata interrogativa, come a volergli chiedere cosa volesse dire quel sorrisetto:

“Oh, nulla… Non mi sorprende affatto che tu fossi con Jane Prewett. Passate un mucchio di tempo assieme, in effetto. E Antares mi ha detto che hai quasi picchiato Starkey perché aveva detto qualcosa su di lei.”

“Starkey è un idiota, se lo sarebbe meritato…”

“Non lo metto in dubbio, ti ricordo che io stesso una volta l’ho trasformato in un tacchino… Che cosa non si fa per una dolce fanciulla, vero Dante?”

Il sorrisetto quasi beffardo di Rod fece quasi andare di traverso il boccone a Dante, che tossicchiò prima di fulminarlo con lo sguardo, capendo che cosa intendeva:

“Piantala o ti trasformo in un pennuto a mia volta!”

“Non capisco perché ti scaldi tanto, non c’è proprio nulla di male… e poi di certo lo pensano tutti, visto che vi fate gli occhi dolci dalla mattina alla sera. E poi Jane è davvero carina…”

“ROD! TACI. Non c’è niente tra me e Jane!” Dante sgranò gli occhi, diventando all’improvviso dello stesso colore che il compagno indossava, facendolo sbuffare con aria esasperata, come se non capisse la testardaggine di Dante nel non voler ammettere quello che per lui era evidente:

“Certo, e io sono il Conte di Montecristo.”

“Non so chi sia, ma le tue parole trasudano ironia… quindi piantala o ti farò tacere io!”

Il tono di Dante era così repentino e minaccioso che il Grifondoro non osò continuare con la sua dolce e divertente tortura… Ma non smise affatto di sorridere, ripromettendosi di scavare più a fondo in futuro in quella storia che si prospettava tanto interessante. 


                                                                                  *


Lyanna teneva lo sguardo fisso sulla sua mano, rigirandosi la fede come aveva fatto milioni di volte negli ultimi anni. 
Corvonero aveva perso contro Serpeverde, ma non le dispiaceva più di tanto… in effetti aveva seguito poco e niente l’ultima parte della partita, completamente presa da quello che Regan aveva raccontato a lei e a Will.

Si era trattenuta dal correre da Charlotte e chiederle scusa per averle, anche se senza volerlo, chiesto di suo fratello… Ma Regan aveva pregato entrambi di fare finta di non sapere nulla visto che, come aveva sostenuto l’ex Serpeverde, Charlotte preferiva che pochissimi sapessero la storia intera e di certo si sarebbe sentita a disagio con la consapevolezza che lei e William sapevano come era morto Sean Selwyn, quasi due mesi prima. 

Lyanna sospirò, smettendo di torturare l’anello e alzando gli occhi per puntarli sullo specchio ovale che la rifletteva, restituendole uno sguardo quasi malinconico.
In effetti era da parecchio tempo che vedeva quell’espressione, quando si guardava allo specchio… E voleva che se ne andasse, lo voleva davvero.

Deglutendo Lyanna abbassò lo sguardo, puntandolo sulla foto che teneva incorniciata. Era l’unica che si era portata da casa e la ritraeva più giovane di qualche anno con addosso l’abito da sposa, sorridente e visibilmente felice come non si vedeva da mesi. 

“Scusami…” Le dita di Lyanna andarono di nuovo alla fede, ma per una volta non per rigirare l’anello d’oro… Lentamente la donna se lo sfilò, appoggiandolo sul ripiano di legno della toeletta e guardandolo roteare brevemente, mentre nella stanza calava il silenzio più completo se non il rumore del metallo che ondeggiava circolarmente sul legno.


Sentì gli occhi inumidirsi e sbattè più volte le palpebre per ricacciare a forza le lacrime indietro, posando di nuovo lo sguardo sulla foto:

“Scusami… ma non ci riesco più. Devo fare un passo avanti…”

Guardò il segno bianco che la fede le aveva lasciato, sapendo che le sarebbe rimasto per un bel po’… Si chiese che cosa le avrebbero chiesto i colleghi il giorno dopo… Ma non ci badò: forse doveva ammettere la verità e imparare dall’errore che Charlotte stava commettendo, anche se nel suo caso era passato molto meno tempo.

Lui continuava a sorriderle dalla foto e, per un attimo, Lyanna immaginò che cosa le avrebbe detto in quel momento. Probabilmente avrebbe annuito, avrebbe sorriso e si sarebbe chinato per darle un bacio sulla guancia, dicendole che doveva fare quello che si sentiva di fare e nient’altro.

E, anche se per un attimo, Lyanna gli sorrise di rimando, quasi a volerlo ringraziare perché rimaneva sempre e comunque la persona più comprensiva che avesse mai conosciuto. 


                                                                              *


Sospirò, guardando il piatto carico di cibo senza provare alcun languore: in genere era piuttosto golosa, ma quella sera non aveva nessuna voglia di mangiare, esattamente come la sera prima e a colazione, quando non si era nemmeno presentata in Sala Grande per i pasti, restandosene rintanata sotto le coperte senza aver voglia di fare nulla se non ripercorrere un mucchio di ricordi che comprendevano sua madre e suo padre. 

Aveva provato tante volte a chiedersi quando suo padre era cambiato, quando era diventata una persona diversa da quella che la prendeva tra le braccia alla sera, quando tornava dal Ministero e le sorrideva, chiedendole come stesse la sua piccola principessa. 

Jane chiuse gli occhi, ripetendosi di non pensarci, che ormai quella persona non esisteva più… suo padre era morto, ma non da due giorni: se n’era andato già molto tempo prima. 

Alzò lo sguardo con gli occhi leggermente lucidi, accorgendosi che Dante la stava osservando dal tavolo dei Grifondoro. 
Il suo sguardo era chiaro, diceva “Mangia”. Non aveva preso bene che non mangiasse da un giorno intero e se l’aveva trascinata quasi a forza fino alla Sala Grande.

La ragazza si morse il labbro, abbassando gli occhi sul piatto mentre stringeva debolmente la forchetta tra le dita, provando quasi un senso di nausea alla sola idea di ingerire qualcosa.
Amos era seduto davanti a lei e non sembrava molto contento dello scarso appetito dell’amica... ma non se la sentiva neanche di forzarla, visto il momento che stava passando.

“Se non te la senti lascia stare… E’ testardo, ma solo perché ti adora.”

Jane si voltò, trovandosi gli occhi chiari di Francies Julius puntati addosso. Nel vedere il fratellino di Dante la ragazza si rilassò, annuendo leggermente:

“Non so come farei se non avessi lui, a volte. Dev’essere un fratello maggiore fantastico.”

“Lo è, siamo fortunati.” Francies sorrise e annuì, parlando con sincero affetto mentre pensava ai fratelli a cui era tanto legato.

“Dimmi un po’… Hai detto tu a Dan che stavo male? Amos giura di non essere stato, quindi...” 

Il ragazzo, sentendosi chiamato in causa, alzò entrambe le braccia come a volersi dichiarare innocente, mentre Francies annuiva, scagionandolo così definitivamente: 

“Si… Scusa se non mi sono fatto gli affari miei, ma quello era pronto a tenermi in ostaggio…”

Francies sbuffò e Jane sorrise, voltandosi verso Dante e guardandolo con affetto: lui inarcò un sopracciglio, spostando lo sguardo da lei al fratello con aria quasi allarmata, come a voler chiedere se stessero parlando di lui. 

“Tranquillo Francies, so che è molto testardo quando vuole… Ma noi lo adoriamo proprio per quello che è, no?”


“Grazie tante Jane, mi sento escluso!” 

“Piantala Amos, voglio bene anche a te, ovviamente!” 


                                                                                     *


Si può sapere cosa stai facendo?

No, ora tu ti giri e te ne vai. Sissignore, ora vai in camera tua.

William Cavendish, cosa diamine stai facendo? Non puoi fare sul serio, non ti sta nemmeno simpatica!

Tu non vai a trovare nessuno, sono gli altri che vengono da te, specialmente le donne!


Will sbuffò, fermandosi nel bel mezzo del corridoio mentre l’indecisione si faceva prepotentemente strada nella sua testa.

Ma che diamine stava facendo? Era da almeno mezz’ora che tentava di andare da Charlotte, ma le dannate voci nella sua testa continuando a mettere in dubbio tutto quanto.

Perché lo stava facendo? Non lo sapeva bene nemmeno lui… era strano che fosse curioso, lui che non si era mai curato di nessuno se non di se stesso per praticamente tutta la vita. 

Sbuffando l’uomo riprese a camminare nel corridoio deserto, dicendosi che non serviva a nulla indugiare e che entro poco sarebbe potuto tornare in camera sua.
Non sapeva perché voleva andare da lei… Non si sentiva in colpa, però quasi sentiva di doverlo fare. Era strano e non riusciva a spiegarselo del tutto, però ormai era fatta.

Fermandosi davanti alla porta alzò una mano e, dopo aver indugiato ulteriormente, si decise finalmente a bussare leggermente.


Ok, sei in tempo. SCAPPA!

No che non scappo, io non vado da nessuna parte!


Will sospirò, certo di essere sul punto di uscire di testa visto che quasi parlava da solo. 

“Avanti.”

Al sentire la voce di Charlotte si decise e aprì la porta quasi con sollievo, felice di avercela fatta: ormai non poteva darsela a gambe, quindi doveva affrontare quella dannatissima e testarda donna a testa alta. 

Gli occhi di Will volarono sulla poltrona dove Charlotte era seduta, a piedi scalzi con un libro tra le ginocchia. Sgranò gli occhi al vedersi proprio lui sulla soglia della stanza, scattando in piedi quasi come una molla:

“Cavendish! Che… che ci fai qui? Pensavo fosse Regan…”

“Mi spiace aver deluso le tue aspettative, volevo solo assicurarmi che la mia nuova fonte di divertimento non fosse dipartita… Senza di te non avrei più nessuno da prendere in giro.”

In poche falcate Charlotte gli fu davanti ma gli occhi di William ebbero comunque il tempo di soffermarsi su una pagina di giornale appesa al muro color crema interamente vuoto.

“Mi fa piacere di interrompere la tua noia, Cavendish… Ti spiace se mi prendi in giro fuori?”

Senza tante cerimonie Charlotte lo spinse fuori, non badando al fatto di essere a piedi nudi e chiudendosi la porta alle spalle mentre lui la guardava come se la credesse definitivamente pazza:

“Certo che sei strana… Mi detesti a tal punto da non farmi nemmeno entrare in camera tua?”

“Forse. Ma grazie per essere passato.”

Charlotte sfoggiò un debole sorriso e Will abbassò lo sguardo, puntandolo sui suoi piedi nudi e inarcando un sopracciglio scuro perfettamente disegnato:

“Così ti prenderai anche una polmonite… Per essere la prima Auror donna del nostro Paese non sei così sveglia.”

“Fortunatamente ci sei tu a ricordarmelo, evitando che io mi monti inutilmente la testa. Non fa niente, io sopporto qualunque cosa.”

Lei sorrise e lui, puntando di nuovo gli occhi nei suoi, si trattenne dal dirle che non era vero e che lo sapevano entrambi… Ma tecnicamente non doveva sapere niente di quello che le era successo così si schiarì la voce, annuendo debolmente:

“Si, beh… Mi fa piacere che tu stia bene, qualunque cosa ti sia successa prima. Hai problemi con la folla?”

“A volte. Ora scusa ma la coperta e il mio libro mi chiamano, fa effettivamente freddino qui… Buonanotte Cavendish, ci vediamo domani!”

Lei gli rivolse un sorriso quasi frettoloso prima di tornare nella sua camera, dandogli appena il tempo di ricambiare il saluto prima di chiudere la porta.
Per un istante Will rimase immobile, contemplando la porta chiusa che aveva davanti. 

Dopo qualche secondi si ridestò, facendo dietro front per percorrere di nuovo il corridoio con un solo pensiero impresso nella mente: Charlotte Selwyn era incredibilmente brava a scappare… che fosse una dote innata o che l’avesse imparato con gli Auror, di sicuro su quel punto era imbattibile.


                                                                                  *


“Smettila di ridere, potrei anche sentirmi offeso! Non sei per niente triste di non poter passare la serata a chiacchierare domenica prossima, mi pare.”

Regan sbuffò, guardando male sua moglie mentre rideva a crepapelle, quasi rotolandosi sul pavimento del salotto di casa loro. 

Stephanie cercò di smettere di ridere ma le ci volle qualche altro secondo, mentre gli occhi le lacrimavano dalle risa:

“Scusa tesoro… Ma devi ammettere che è comico! CeCe ti ha incastrato e andrete a cena con Lumacorno! Dio solo sa quanto vorrei essere presente per vedere la scena!”

“Come sei carina, io passerò una serata assurda di sicuro e tu ridi alle mie spalle! Sei una moglie perfida.”

Regan mise su il broncio e Stephanie gli rivolse il suo dolce e tenero sorriso che, già dieci anni prima, l’aveva fatto sciogliere al primo sguardo.

“Scusa… Mi spiace, ma per favore vacci… Devi tenere d’occhio la nostra CeCe. E’ un pericolo per se stessa, in questo periodo.”

“Lo so, alla partita ha avuto un mezzo attacco di panico quando Will ha nominato suo fratello. Penso che avrebbe dovuto completare la terapia, ma la odiava…”

“E’ convinta di poter affrontare tutto, ma anche Sean diceva che prima o poi avrebbe avuto un esaurimento nervoso… Peccato sia successo con la sua morte, lui avrebbe saputo cosa fare.”

Stephanie sospirò con aria malinconica e Regan annuì, esitando per un istante durante il quale tra i due calò il silenzio, mentre entrambi pensavano alla loro amica che si rifiutava di ammettere di avere un problema. 

Poi però Regan rivolse alla moglie un sorriso, affrettandosi a cambiare argomento sapendo che faceva stare male anche lei:

“Cambiamo argomento… Come vanno le cose a Londra?”

“Non bene… Abbiamo preso Prewett due giorni fa ma quel maledetto ha pensato bene di togliersi la vita pur di non dirci niente su Grindelwald! E’ uno strazio Reg, sembra una partita a scacchi che non avrà mai fine. Per un motivo o per un altro tutti quelli che potrebbero portarci a lui muoiono.”

Stephanie sospirò, incupendosi prima di guardare il marito con malinconia:

“Mi manchi Reg… Vorrei che fossi qui.”

“Anche tu tesoro… Farò in modo di venire a casa presto per un fine settimana. Nel frattempo tieni alla larga i mascalzoni in mia assenza!”

“So trattare i criminali, tranquillo.”

“Non parlo di loro, parlo dei marpioni con cui lavori!”

La faccia seccata e seria di Regan fece di nuovo scoppiare a ridere la donna, che lo guardò con gli occhi carichi di affetto prima di sorridergli con dolcezza:

“Sapessi quanto ti amo, Regan Carsen… Vedi di tornare presto.”

“E tu cerca di non farti succedere nulla, ho bisogno di avere qualcuno da cui desiderare di tornare.”












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Angolo Autrice:


Buonasera! 
Questo è il terzo capitolo che pubblico oggi in tre storie diverse... quindi se per caso trovate qualche nome sconosciuto o cose strane, scusate ma il mio cervello è andato definitamente in tilt questa sera mentre finivo il capitolo. 

Grazie mille per i voti per la partita e per le recensioni :) 

Non mi dilungo oltre e vi saluto, scusate ma il letto mi chiama! Vi auguro un buon inizio settimana (se mai il lunedì possa essere un bel giorno) e una buonanotte... a presto, spero! 


Signorina Granger 

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Capitolo 10
*** Lettere indesiderate, indecisioni e rivelazioni ***



Capitolo 9: Lettere indesiderate, indecisioni e rivelazioni
 
Martedì 29 Gennaio


Dante aprì gli occhi, svegliandosi di colpo e mettendoci qualche istante per rendersi conto di essere sveglio, che era stato solo un sogno. 
Deglutendo il ragazzo si rigirò su un fianco, consapevole di tremare parecchio mentre se ne stava rannicchiato sotto le pesante coperte. 

Non aveva idea di che ore fossero, tutto intorno a lui era troppo buio perché l’ora di alzarsi fosse già arrivata… probabilmente era ancora notte fonda, visto che a giudicare dai loro respiri regolari Rod, Philip e Maximilian stavano ancora dormendo. 

Dante sospirò, chiudendo gli occhi e cercando di non pensare a quello che, ancora una volta, aveva visto. Non era la prima volta in cui faceva quel sogno, ma spesso riviveva quello strano, confuso ricordo – o almeno, aveva ipotizzato che fosse un ricordo – anche da sveglio, quando era particolarmente nervoso o aveva appena discusso con qualcuno. 

Non era certo se quelle urla e quella specie di esplosione fossero reali… ma da anni gli capitava di riviverle, di tanto in tanto. 
Non aveva mai avuto il coraggio di rivelare a qualcuno quei ricordi, nemmeno a suo fratello Anthony, il maggiore nonché quello a cui Dante era più affezionato… Una parte di lui cercava di convincerlo che fossero solo immagini di poca importanza, senza alcun significato.

Anche se non aveva conferma che quell’episodio fosse accaduto realmente o meno, a volte Dante aveva davvero paura che si avverasse quando arrivava quasi a perdere la pazienza. Era sempre stato abbastanza suscettibile, ma aveva anche una buona dose di pazienza che gli permetteva di perdere le staffe molto di rado, fortunatamente… in effetti doveva ringraziare le lezioni di autocontrollo che aveva preso fin da bambino.

Era possibile avere, anche solo in parte, paura di se stessi? 

Perché l’ultima cosa che voleva in assoluto era fare del male alle persone che lo circondavano, specialmente quelle a cui voleva bene.


                                                                             *


Will prese la lettera per leggere il nome del mittente, piegando immediatamente la labbra in una debole smorfia. Senza nemmeno aprirla l’uomo allungò nuovamente il bracco, lasciando la ruvida busta giallastra sul tavolo, esattamente dove l’aveva lasciata.

Voltandosi si accorse che non era l’unico a rifiutare la posta… Si ritrovò ad inarcare un sopracciglio, guardando Charlotte con aria scettica:

“Mi imiti, Charlotte?”

“No… evidentemente nessuno di noi due ha voglia di leggere questa mattina.” La donna si strinse nelle spalle, lanciando alla busta che aveva appena ricevuto un’occhiata più che torva.

“Non è esattamente il mio caso… diciamo che non mi serve aprirla, so già cosa c’è dentro.”

Will tornò a guardare la busta, parlando quasi con una nota di puro disprezzo nella voce. Charlotte gli rivolse un’occhiata curiosa ma non osò indagare oltre, temendo di ricevere di rimando domande a cui non avrebbe risposto volentieri: la lettera era di sua madre… e non aveva alcuna voglia di sorbirsi le moine irritanti di prima mattina, dove le chiedeva di tornare a casa, di mettere la testa a posto, di fare quello che una donna del suo calibro e della sua età doveva fare… le solite cose, insomma.

Anche Will aveva ricevuto una lettera da suo padre, cosa alquanto rara… per questo sapeva già cosa contenesse la busta e non sentiva minimamente il bisogno di aprirla: suo padre ogni anno gli mandava puntualmente un assegno… che il figlio si preoccupava di ignorare altrettanto puntualmente rifiutandosi di accettare esagerate somme di donare da una persona che l’aveva praticamente ignorato per tutta la vita.

Era pienamente consapevole di non essere la persone forse più matura del mondo e spesso nella sua vita aveva fatto scelte sbagliate… ma su quel punto non provava alcun rimpianto e si rifiutava di accettare i soldi di suo padre.

Provò forse una lieve nota d’invidia nei confronti di Regan, che stava divorando avidamente una lettera di sua moglie. 
In fin dei conti lui ce l’aveva, qualcuno che teneva davvero a lui? Probabilmente no… e anche se gli costava molto ammetterlo, un po’ la cosa stava cominciando a pesargli anche se aveva passato anni a ribadire che non gli interessava minimamente delle persone che lo circondavano. 

“Oggi è il tuo turno Reg… Cerca di non avvelenare i ragazzi però.”

“Io non avveleno nessuno! E’ Charlotte che ieri ne ha quasi fatto fuori uno!”

Le parole del collega fecero sbuffare Regan, che ripiegò la lettera della moglie prima di fare un cenno in direzione di Charlotte, che lo guardò con cipiglio quasi indignato:

“Io non ho fatto fuori nessuno! Non è certo colpa mia se hanno le capacità difensive di una marmotta…”

CeCe sbuffò, facendo ridacchiare debolmente Lyanna: in effetti quest’ultima si era ripromessa che entro la fine dell’anno avrebbe assistito ad una lezione della collega, morendo dalla voglia di vederla alla presa con un branco di adolescenti totalmente incapaci rispetto a lei.

“Lo dici tu… prima o poi verremo ad assistere ad una delle tue lezioni, io e Lyanna ci siamo già messi d’accordo.”

Regan sorrise, gongolando all’idea e guadagnandosi uno sguardo truce da parte di Charlotte, che sibilò una minaccia prima di bere un sorso di the.


“Confermo, non vediamo l’ora di vedere come te la cavi! Ma cambiando argomento… Allora siamo d’accordo per domenica, ci andiamo tutti?”

Lyanna si sporse leggermente verso i colleghi, abbassando il tono di voce di qualche ottava per non farsi sentire da Lumacorno, che stava chiacchierando allegramente con Silente a pochi posti di distanza.

“Beh…”

“Selwyn, dovrai passare sul mio cadavere se vorrai saltare la cena, chiaro?”

“E’ una proposta per sfidarti a duello, Cavendish? Perché sappiamo entrambi chi avrebbe la meglio, nonostante tu sia, forse, lievemente più intelligente di me. Sulla carta, ovviamente.”

La puntualizzazione di Charlotte fece sorridere leggermente William, che annuì come se si aspettasse parole simili uscire dalla bocca della donna:

“Certo, sulla carta… Poiché sono un bravo gentiluomo, ti lascio sguazzare felicemente nelle tue folli convinzioni Charlotte.”

“Folle sarai tu, razza di narcisis- Professore, buongiorno!”

Lo sguardo truce di Charlotte si trasformò in un tenero sorriso alla velocità della luce quando Horace Lumacorno si avvicinò al gruppetto, con un sorriso bonario e uno dei suoi soliti panciotti addosso.
Will roteò gli occhi, lanciando alla collega un’occhiata torva, dandole silenziosamente della lecchina a causa del repentino cambio di espressione e di tono di voce, da minaccioso a zuccheroso nel giro di pochi istanti. 

“Ti ho detto molte volte di smetterla di chiamarmi così, Charlotte… Potete benissimo darmi del tu, ormai. Scusate se vi interrompo, volevo solo solo ringraziarvi per aver accettato il mio invito per domenica… ci divertiremo tutti insieme, vero Albus?”

L’alta figura di Silente fece capolino da dietro il collega, rivolgendo un sorrisetto beffardo ai quattro ex alunni prima di annuire con aria divertita, come se non vedesse l’ora di assistere allo spettacolo:

“Naturalmente… sarà una serata molto interessante Horace, ne sono certo.”

“Su questo non ho alcun dubbio…” Regan si affrettò a bere un sorso di the mentre Lyanna si tratteneva dal ridere alle parole del collega sibilate con un filo di voce, in modo che soltanto lei e Will potessero sentirlo. 

“Scusate, ma devo correre a lezione adesso… Buona giornata a tutti!”

Con un sorriso allegro Lumacorno si congedò, sfoggiando il suo passo quasi teatrale come al solito. I quattro lo seguirono con lo sguardo per un attimo mentre Silente lo imitava, passando alle spalle dei quattro nuovi insegnanti per uscire a sua volta dalla Sala Grande.

Will si accigliò all’improvviso, voltandosi nella direzione del Vicepreside:

“Sbaglio o stava ridacchiando mentre ci superava?”

“Se anche fosse, ne avrebbe i motivi… scommetto che non vede l’ora di assistere alla cena di Lumacorno con quattro nuove cavie come intrattenimento.”

Lyanna sbuffò, roteando gli occhi prima di alzarsi a sua volta, congedandosi con un lieve sorriso:

“Ad ogni modo… scusate, ma vado anche io. Voglio salutare Digeon prima che inizino le lezioni, sua madre mi ha chiesto di assicurarmi che non combini pasticci…”

“Una zia-poliziotto come insegnante… povero ragazzo!”

“Non è una mia idea… io sono la zia più dolce del mondo! Ci vediamo dopo, buona giornata!”

Lyanna sorrise vivacemente, rivolgendo ai tre un cenno di saluto prima di fare il giro del tavolo e raggiungere a passo svelto la porta a doppia anta della Sala Grande ancora abbastanza affollata.

Quando fu abbastanza lontana per non poterli sentire Regan si sporse immediatamente sul tavolo per avvicinarsi a Charlotte oltre Will, che inarcò un sopracciglio con aria quasi seccata:

“Te ne sei accorta?”

“Di che parli?”

Charlotte guardò l’amico con curiosità, chinandosi leggermente a sua volta e avvicinandosi all’uomo, che sbuffò con aria impaziente:

“Non portava la fede! Ma non vi insegnano ad osservare, all’Accademia?”

“Si che lo fanno, ma non mi soffermo sui particolari in modo da poter spettegolare con te, Reg!”

“Scusate, vi dispiace spettegolare da un’altra parte? Tipo non quando ci sono io in mezzo?”

Will alzò gli occhi al cielo, guadagnandosi occhiate torve da parte degli altri due che gli diedero silenziosamente del “guastafeste” prima di obbedire, rimettendosi seduti dritti sulle loro sedie. 

“Beh, comunque… Non me ne sono accorta, ma guai a te se le fai domande Reg, sono affari suoi!”

“Ma magari è successo qualcosa di grave… dobbiamo scoprirlo!”

“NO. Noi non giocheremo a fare Holmes e Watson, Regan!”

Il tono fermo di Charlotte non sembrava quello di chi è disposto a cambiare idea troppo facilmente… ma Regan non sembrò badarci molto, accigliandosi e rivolgendosi invece a Will, parlando a bassa voce nel tentativo di non farsi sentire dalla donna:

“Ma di chi parla?”

“Non ne ho idea, annuisci e basta.”


                                                                                  *


“Spero davvero che la Hobskins controlli i compiti, ci ho messo una vita a finirli ieri sera!” 

“Aspetta... COMPITI? Oh mamma...” 

Rod sgranò gli occhi, sbiancando di colpo mentre Antares sospirava, rivolgendogli uno sguardo rassegnato:

“Fammi indovinare, te ne sei scordato...” 

“Si! E ora la Hobskins mi uccide! Dannazione...” Il Grifondoro gemette con aria grave, voltandosi di nuovo verso la cattedra dove la professoressa di Incantesimi aveva appena preso posto, studiando gli alunni mentre stava per porre la sua solita, fatidica domanda che spesso spingeva molti dei presenti a cercare di nascondersi sotto ai banchi:

"Buongiorno ragazzi... spero che abbiate svolto tutti i compiti che vi avevo assegnato venerdì. Si, Lestrange?"

"Professoressa... io non li ho fatti, ma in mia difesa posso affermare che i compiti sono d'intralcio alla nostra creatività!” 


“Oh signore, qualcuno lo faccia tacere...”.  Antares sospirò, passandosi stancamente una mano sul viso mentre qualche risatina si diffondeva nell'aula alle parole di Rod, che teneva gli occhi chiarissimi fissi sulla professoressa e aveva l'aria seria, come se credesse fermamente a quello che aveva appena detto:

“Lestrange, mi stavo giusto chiedendo quale aforisma ci avresti presentato oggi... lo aggiungerò alla lista.” 

La professoressa sospirò, guardando lo studente quasi come se ormai si fosse rassegnata alle sue “frasi ad effetto” di cui faceva puntualmente uso quando si scordava di fare i compiti.

“10 punti in meno a Grifondoro... e temo che oggi non prenderai parte all’incontro del Club dei Duellanti, Lestrange. Antares, per favore assicurati che li faccia oggi pomeriggio.” 

La donna guardo il Caposcuola come se vedesse in lui una specie di ancora di salvezza e Antares annuì, rispondendo con tono fermo:

“Certo professoressa...” 

“Cocco della prof!”   Mentre inforcava gli occhiali dalla montatura scura Rod scoccò all’amico un’occhiata torva, facendo scrollare le spalle al Serpeverde mentre tutti iniziavano a tirare fuori pergamene e libri dalle borse:

“Basta fare i compiti Rod... anche se “sono d’intralcio alla nostra creatività”, come sei solito sostenere tu.” 


Nel frattempo, qualche banco più indietro, Amos e Dante erano presissimi in un torneo di Impiccato usando i nomi degli incantesimi più lunghi che conoscevano, mentre Jane li guardava con aria divertita dal suo banco, accanto a quello di Bella. 

“Che idioti...” 

“Non volevo dirtelo visto che sono amici tuoi... ma forse un po’ lo sono.” 


Isabella le rivolse un sorriso quasi colpevole che Jane ricambio, annuendo con un cenno del capo:

“Non preoccuparti, anche se li adoro riconosco benissimo che siano due... esemplari particolari.”

“Interessante scelta di parole... però azzeccata.”    Isabella accennò un sorriso e Jane si voltò di nuovo verso il Tassorosso è il Grifondoro, che stavano confabulando come se il gioco fosse di gran lunga più importante della lezione che, almeno in teoria, avrebbero dovuto seguire.

Amos però si sentì osservato e alzò lo sguardo, accorgendosi di Jane e Bella che avevano gli occhi puntati nella sua direzione. Istintivamente sorrise, imitato dall’amico prima che entrambi sollevassero anche una mano per salutare allegramente le due da una parte all'altra dell'aula. 

“Si, sono decisamente degli idioti...” Janne trattenne una risata, ricambiando il gesto mentre Isabella roteava gli occhi, bruttando qualcosa che suono molto come “maschi” prima di tornare a prendere appunti. 


La Tassorosso invece esito, tenendo gli occhi puntati sui due ragazzi ancora per qualche secondo prima di imitarla e voltarsi di nuovo verso il proprio banco: aveva passato l'intero giorno prima a rimandare, ma sapeva che prima o poi avrebbe dovuto parlare con Dante e Amos... e anche se l'idea non le piaceva per niente, sapeva che doveva farlo dopo pranzo, quando avrebbero avuto un'ora buca.


                                                                                    *


“Devo dire che ammetterlo non mi fa molto piacere... ma sei bravo, Black.” 


“Lo sapevo già, ma grazie lo stesso.”   Isabella sbuffò appena, lanciando al compagno di banco un’occhiata quasi seccata: per una volta che sprecava una parola gentile su di lui, Antares Black doveva sfoggiare tutta l'umiltà che non aveva mai avuto in tutta la sua vita... e probabilmente sarebbe stato così per sempre. 


“Mi fa piacere vedere che i miei complimenti non ti montano la testa, Black, davvero molto piacere.” 

Le parole della rossa fecero sorridere appena il ragazzo, che si strinse nelle spalle mentre mescolava lentamente il contenuto del suo calderone:

“Non per fare l’arrogante, ma credo di avervelo nel sangue. Sai, nella mia famiglia queste cose non sono affatto anomale.” 

“Si, mi è parso di sentire che i Black sono un po’ i Medici inglesi contemporanei...”    La ragazza rivolse al compagno di banco un’occhiata di sbieco, chiedendosi se avesse colto il riferimento. Lo sguardo leggermente confuso del ragazzo le fece capire che no, non aveva idea di chi stesse parlando... così Isabella scosse il capo, invitandolo a lasciar perdere:

“Lascia stare, è stata una famiglia italiana molto importante nel Rinascimento... famosi per i complotti, gli intrighi familiari e cose del genere.” 

“In tal caso, credo che il paragone sia corretto... la mia famiglia è abbastanza caotica, in effetti.” 

Antares sorrise mentre continuava a mescolare il veleno che avrebbero dovuto preparare quel giorno... Regan aveva spericolato che non era affatto un intruglio mortale e che come effetti collaterali avrebbe solo portato ad una buona dose di ore di sonno profondo, giusto per farli cominciare. 

“Immagino.”   Malgrado tutto, malgrado non amasse toccare l'argomento “famiglia” anche quando si trattava di quella altrui (teneva sempre che il suo interlocutore potesse mettersi a farle domande personali) Isabella accennò un sorriso, certa che quello che succedeva nelle riunioni di famiglia dei Black fosse degno di uno dei romanzi che adorava leggere. 


Mentre Antares sembrava apprezzare moltissimo la nuova materia di studio, il suo migliore amico era invece leggermente nel panico mentre malediceva quella giornata, che tra i compiti arretrati di Incantesimi e la lezione di Veleni e Antidoti non stava certo concorrendo alla sua classifica personale del mese come giornata più piacevole.

Non gli era mai piaciuta Pozioni e aveva sempre saputo che non sarebbe mai migliorato granché... con l'arrivo di quella nuova materia era quasi stata segnata la sua definitiva rovina: per quanto sulla carta lo interessasse la preparazione e il riconoscimento dei veleni, in pratica proprio non era il suo campo. Il Grifondoro continuava a lanciare occhiate torve in direzione di Antares e Amos, che invece stavano risultando i migliori... se non altro però il ragazzo poteva trovare conforto nel suo vicino di banco nonché compagno di Casa Dante, che anche se non al suo livello non stava di certo dando il meglio di se durante quell'ora.

Jane sembrava, dal canto suo, divertirsi sinceramente: un po’ perché Regan Carsen le suscitava una gran simpatia, un po’ perché era sempre stata molto brava in Pozioni... E ovviamente perché le reazioni diverse dei suoi compagni stavano rendendo quel lasso di tempo decisamente piacevole, anche se Regan l'aveva divisa dai suoi soliti “compagni di avventura” e l'aveva fatta sedere accanto a nientemeno che Starkey Yaxley. Non le era ben chiaro con che criterio avessero scelto pure quell’imbecille, in effetti... e sul momento non era stata molto entusiasta, esattamente come Dante che aveva fatto per andare dall’insegnante a chiedere di scambiare lui e il Serpeverde, ma un’occhiata di Jane l'aveva bloccato seduta stante. 

La Tassorosso rivolse un’occhiata al suo compagno di banco temporaneo, chiedendosi perché stesse in silenzio e non la prendesse in giro, facendo battutine sulla sua Casa, sui suoi amici o sulla sua famiglia... in effetti era piuttosto insolito non sentire neanche una parola velenosa uscire da quella bocca.  Jane smise però di porsi quella domanda in fretta, quando si accorse delle occhiate quasi assassine che Dante lanciava sistematicamente in direzione di Starkey, quasi a volergli ricordare di tenere la bocca chiusa, o si sarebbe ritrovato appeso al lampadario che illuminava l’aula.


                                                                            *


Approfittando del tempo libero che aveva a disposizione, aveva deciso di fare una passeggiata. Faceva abbastanza freddo in realtà, ma aveva nevicato per praticamente tutta la notta e il parco di Hogwarts era completamente ricoperto da un soffice e spesso strato di neve fresca che moltissimi studenti avevano deciso di sfruttare, a quanto sembrava.

Nonostante la bassa temperatura c'erano studenti che passeggiavano, qualcuno che giocava con la neve... sembrava che tutti avessero intenzione di godersi una delle ultime nevicate abbondanti della stagione. 

Gli occhi di William era posati sul Lago Nero, che grazie al clima freddo e al nevischio che ci si scioglieva sopra aveva assunto un’aria quasi pittoresca. 
Era pienamente consapevole di non essere solo mentre se ne stava seduto sotto un albero, esattamente come aveva fatto milioni di altre volte quando aveva studiato ad Hogwarts... da quando era tornato a scuola non l'aveva più fatto ma dopo pranzo, osservando la neve attraverso la finestra della sua camera, non aveva resistito e si era infilato sciarpa e cappotto in fretta e furia per prendere un po’ d’aria. 

Gli sembrava quasi di sentire degli sguardi puntati su di se oltre a qualche sussurro e risatina sommessa, ma non ci fece troppo caso: non per essere egocentrico, ma ci era abituato... le ragazze facevano così anche quando studiava lì, in fin dei conti.


I pensieri dell'uomo vennero però bruscamente interrotto: un attimo prima si stava concentrando sugli innumerevoli ricordi che aveva legati a quella scuola, dove si era sentito a casa forse per la prima volta... è un attimo qualcosa di morbido e gelido l'aveva colpito dritto sulla spalla, distraendolo.

Per un istante si chiese chi avesse avuto quella brillante idea e mentre si spolverava la neve dal costoso cappotto si preparò a fare la ramanzina ad un qualche studente che aveva deciso di fare il simpaticone... ma poi alzò lo sguardo proprio mentre un gridolino di esultanza raggiungeva le sue orecchie:

“Centrato! 10 a 0 per Corvonero, signore e signori!”      Una risata cristallina echeggiò nel parco mentre William non riusciva a non sorridere appena, scorgendo Charlotte alzare le braccia con aria trionfante, il suo sorriso percettibile anche da diversi metri di distanza.

“È facile colpire qualcuno che non sta prestando attenzione, Selwyn...”

William si alzò mentre la donna gli si avvicinava, le mani ora sprofondate nelle tasche della giacca e un debole sorriso sornione stampato sul bel volto dai lineamenti delicati:

“Non accetto questo genere di considerazioni da un ex giocatore di Quidditch, Cavendish... Dio solo sa quante persone si saranno rotte qualcosa grazie a quei dannati Bolidi.” 

Mio fratello compreso


Fortunatamente si bloccò appena in tempo, non osando pronunciare quelle parole ad alta voce: non aveva nessuna voglia di sentirsi porre delle domande su Sean, specialmente dopo quello che era quasi successo alla partita. 

La donna abbassò lo sguardo, muovendo distrattamente della neve con un piede mentre Will si stringeva nelle spalle, ignorando il suo commento:

“In ogni caso... che ci fai qui? Sei venuta al freddo e al gelo solo per colpire me con della neve? Mi sento quasi onorato.” 

“Ti sembrerà strano, ma il mio mondo non ruota intorno a te, Cavendish... in realtà cerco Lyanna, aveva detto che avrebbe fatto una passeggiata insieme a Regan dopo la sua lezione.” 

“E perché non sei andata con loro?” 

“Volevo stare qualche minuto da sola... dovevo fare una cosa.” 

Charlotte su strinse nelle spalle, alzando lo sguardo per posarlo sul Lago Nero, voltandosi di profilo rispetto a William.  In effetti aveva aperto la lettera dei suoi genitori dopo un mucchio di tentennamenti ma non aveva intenzione di rispondere a sua madre... aveva invece scritto una lettera a Luisa, mantenendo fede al loro “accordo” avrebbe lasciato la terapia per andare ad Hogwarts, ma ogni settimana avrebbe scritto alla donna per dirle come stava, come si sentisse... tutte cose che riteneva pressoché inutili, ma sapeva di non avere scelta. 

Sentendo che il collega stava pensando a cosa poteva aver fatto Charlotte parlo di nuovo, afferrandosi a cambiare argomento:

“Secondo te Reg ha ragione? È successo qualcosa tra Lyanna e suo marito?” 

“Chi può dirlo... è abbastanza riservata sotto quel punto di vista.” 

“Lo siamo tutti sul fattore famiglia qui dentro.”   Charlotte gli rivolse un’occhiata eloquente, come a volergli ricordare che nemmeno lui faceva della sua famiglia il suo argomento di conversazione preferito. In effetti nemmeno lei sapeva molto di lui, se non storie vaghe che aveva sentito ai tempi della scuola, quando la figura di William Cavendish aveva suscitato molto scalpore dentro le mura di Hogwarts. 

William per una volta non replicò, cosa che stupì leggermente la sua interlocutrice anche se non lo diede a vedere, facendo calare un breve silenzio tra i due: Charlotte stava pensando alle parole di Regan a colazione, chiedendosi se fosse davvero successo qualcosa alla sua collega e nuova amica... ma non se la sentiva proprio di andarle a fare domande personali, non certo quando lei per prima non faceva alcun accenno, anzi le aveva quasi mentito, sulla sua vita privata. 


L’ex Serpeverde invece pensava alla lettera che il padre gli aveva mandato quella mattina... era ancora sigillata, abbandonata sulla scrivania nella sua camera. Anche Charlotte aveva ricevuto una lettera e anche lei non l'aveva aperta... forse avevano storie diverse, ma in un qualche modo si somigliavano. 

Guardandola con la coda dell’occhio quasi si sentì in colpa per sapere cos’era successo a suo fratello, anche se Regan non era sceso nei dettagli... non sapeva bene perché, ma fingere di essere all’oscuro di tutto lo faceva sentire quasi a disagio. 

Non gli piaceva il silenzio che si era andato a creare, così prese la sua bacchetta dalla tasca interna della giacca e sorrise appena, voltandosi verso Charlotte:

“Ehi, Selwyn...” 

La donna si voltò, guardandolo per una frazione di secondo proprio mentre con un colpo di bacchetta lui sollevava un bel mucchio di neve accanto a lui. Charlotte sgranò gli occhi e fece per prendere a sua volta la bacchetta mentre un sorrisetto beffardo compariva sul volto di William:

“... stavi dicendo, sul punteggio? Ho idea che Serpeverde stia per rimontare la classifica...” 


                                                                              *


“Quindi... hai già preso una decisione?” 

Jane distolse lo sguardo, faticando a reggere il contatto visivo con Amos: il modo in cui la guardava, con gli occhi carichi di malinconia, era insopportabile... le dispiaceva immensamente, ma non riusciva a dirlo ad alta voce.

Scosse debolmente il capo, sospirando prima di parlare a bassa voce, rannicchiata accanto all’amico contro il tronco di un grande faggio, non molto lontano dalla riva del Lago.

“Io... non lo so. Davvero Amos, non lo so ancora... ci sto pensando, però. E volevo dirvelo prima per evitare di saltarmene fuori una mattina con...” 

“Ok, ho capito. Non preoccuparti, lo capisco... ti voglio bene e ti appoggerò comunque, ma spero che tu faccia la scelta giusta per te.”    Amos sospirò, allungando un braccio per attirarla a se, facendole appoggiare il capo sulla sua spalla come erano soliti fare anche nella Sala Comune, su uno dei tanti divanetto imbottiti. 

La ragazza sospirò, annuendo con un debole cenno del capo mentre chiudeva gli occhi, ringraziando mentalmente per avere degli amici fantastici che le stavano accanto in uno dei momenti peggiori della sua vita. 

“Grazie Amos... ti voglio bene anche io.” 

“Lo so Jane... grazie per avermelo detto. Dante lo sa?” 

Lei scosse appena il capo, sentendo le dita sottili di Amos che le accarezzavano debolmente il palmo della mano mentre lui le dava un leggero bacio sulla tempia:

“No, glielo devo ancora dire... non so come fare. Hai presente quando ti guarda e ti viene voglia di coccolarlo perché sembra un cucciolo abbandonato?” 

“No, credo che usi quella faccia solo quando ci sei tu nei paraggi... o forse io non me ne accorgo e basta.” 

“Beh, in ogni caso... è la persona più carina che io conosca, non voglio ferirlo... c’è sempre per me e per chiunque, ma lui non chiede mai niente a nessuno! E se magari dovesse avere davvero bisogno di me proprio quando...” 


“Quando, esattamente? Vai forse da qualche parte Jane?” 

Jane spalancò gli occhi, imprecando mentalmente nel trovarsi davanti proprio Dante, di ritorno dagli allenamenti con il manico di scopa sottobraccio e l'aria stanca, ma un sorriso comunque stampato sul volto mentre teneva gli occhi fissi su di lei.

“Io... veramente...” Jane si voltò verso Amos, fulminandolo con lo sguardo come a volerlo ammonire per non averla avvertita che Dante si era avvicinato. Il Tassorosso sollevò le sopracciglia come a volersi scusare mentre Jane si alzava, rivolgendosi nuovamente al Grifondoro che la guardava come se fosse in attesa:

“Dan... perché non facciamo una passeggiata? Ti devo parlare.” 

La ragazza si sforzò di sorridere, allungando una mano verso di lui come a volerlo invitare a seguirla. Dante fece saettare lo sguardo su Amos, restando immobile come a volergli chiedere cosa stesse succedendo, diventando improvvisamente serio.

Il Tassorosso però rimase impassibile, limitandosi a fargli cenno di seguire Jane senza fare storie. Dante si rivolse così di nuovo alla ragazza, annuendo debolmente prima di lasciare la scopa ad Amos e stringerle con delicatezza la mano, seguendola verso la riva del Lago e chiedendosi se dovesse preoccuparsi sul serio. 


Quando, qualche minuto dopo, Jane ebbe finito di parlare Dante teneva lo sguardo sul Lago mentre elaborava quello che aveva appena sentito, sentendo lo sguardo della ragazza addosso. 
Dopo anni sapeva che Jane lo stava osservando con apprensione, chiedendosi di sicuro cosa stesse pensando e pregandolo mentalmente di dire qualcosa e di non restare a lungo in silenzio. 

Dal canto suo, Dante stava pensando a quello che, tra qualche giro di parole e con evidente difficoltà, Jane gli aveva appena detto:

“Sto pensando di tornare a casa, Dan... è per mia madre. Ha soltanto me e ora è da sola ad affrontare il fatto che mio padre se ne sia andato per la seconda volta... non è giusto che lo faccia da sola.” 


“Dan, per favore dì qualcosa...”   Jane sospirò, guardandolo con una notte implorante negli occhi azzurri mentre lui si voltava di nuovo verso di lei, annuendo con un debole cenno del capo mentre il suo viso restava serio, quasi inespressivo:

“Jane, da tutta la vita non faccio altro che ripetere quanto io ami la mia famiglia e a quanto conti per me... Perciò non posso proprio dirti che sbagli volendo stare vicino a tua madre.” 


Jane lo guardò, non riuscendo a chiedergli perché sembrava pensare l'esatto opposto di quello che le stava dicendo... la guardava quasi con aria grave, come se sentisse di essere già sul punto di perderla. 

“Non ho ancora deciso, non lo so... credo che sarebbe la cosa giusta da fare, ma non so se voglio andare via da qui. Insomma, Hogwarts è Hogwarts ed è l'unico posto dove riusciamo a stare lontani dalla guerra, almeno in parte... e poi ci siete tu e Amos.” 

“Non riesco ad immaginare di stare qui senza di te, piccola Jane... ma non posso rinchiuderti nei Sotterranei per tenerti qui con me, no?” 


Dante sorrise appena, allungando una mano per accarezzare una ciocca di capelli castani e facendola sorridere di rimando:

“Immagino che non sarebbe piacevole, a me piace stare all’aria aperta. Ma dico davvero Dan, non so cosa cosa farò... immagino di dover decidere entro un paio di giorni, però.” 

Jane sospirò, voltandosi di nuovo verso il Lago dalla superficie quasi ghiacciata e perfettamente liscia, tanto da sembrare uno specchio.
Dante annuì distrattamente alle sue parole, allungando una mano per sistemarle il bavero della giacca e la sciarpa di Tassorosso, facendola sorridere mentre si scostava leggermente:

“Smetterai mai di fare la mamma chioccia con me, Dan?” 

“Ovviamente no... sei la mia piccola Jane, giusto?”   Dante allungò le braccia, afferrandola e stringendola automatiche in un abbraccio, senza lasciarle alcuna via di fuga. La sentì protestare leggermente ma la ignorò completamente, chiudendo gli occhi e appoggiando il mento sul capo della ragazza.

Avrebbe voluto dirle di non andarsene, che senza di lei Hogwarts non sarebbe più stata la stessa ai suoi occhi... che senza di lei non avrebbe più avuto qualcuno da coccolare, da difendere a spada tratta e da guidare in mezzo alla folla grazie alla sua voce altisonante. 

In effetti avrebbe voluto dirle un sacco di cose ma non aprì bocca, stringendola più a lungo del solito mentre al contrario Jane aveva gli occhi aperti e perfettamente vigili, le guance color cremisi non certo a causa del freddo mentre pensava a sua volta a come sarebbe stato non vederlo più per un mucchio di ore ogni giorno. 

Era abbastanza certa di non volerlo sapere...


                                                                            *


“Ma quelli non sono CeCe e Will?”

“Intendi quei due che si stanno quasi ammazzando in una battaglia di neve all’ultimo sangue? Si.” 

“Perché la cosa non mi stupisce neanche un po’?” 

Lyanna sorrise, rivolgendo ai due colleghi un’occhiata divertita mentre passeggiava con calma al fianco di Regan, che sorrise di rimando abbassando lo sgaurdo su di lei:

“Non stupisce nemmeno me... sono quasi peggiorati rispetto a quando studiavamo qui, a quei tempi tendevano ad ignorarsi freddamente invece di tirarsi neve addosso a vicenda.” 

"Forse invece di maturare hanno subito un processo cerebrale inverso, chi lo sa, non sono una psicologa. A questo proposito, sai perché Charlotte odiasse tanto andarci? Non credo sia così terribile, no?” 

“Non lo so, è un argomento un po’ tabù... ma conoscendola credo la mettesse a disagio doversi aprire con una persona che non conosceva, lo fa a stento con quelli che tengono a lei dopotutto.” 

Regan si strinse nelle spalle, pensando alle innumerevoli volte in cui aveva discusso dell'argomento insieme a Stephanie, cercando di capire se lei riuscisse a comprendere il comportamento della collega. 
Tuttavia sembrava che anche sua moglie non avesse un quadro chiarissimo della situazione... e qualcosa gli diceva che nemmeno la diretta interessata ce l'aveva.


"Segreti, segreti, segreti... ci ostiniamo a nascondere tutto a tutti, credendo che così le cose vadano meglio... probabilmente solo affrontandole apertamente si può andare avanti, ma molti di noi credono nel contrario.”

Regan sospirò e Lyanna a quelle parole deglutì, provando una sensazione di forte disagio: e pensare che anche lei stava nascondendo una parte fondamentale del suo passato... lei è Charlotte non erano poi così diverse, infondo.

La donna mosse un po’ di neve con un piede, abbassando lo sguardo senza osare dire nulla. Regan la guardò, cogliendo qualcosa di negativo nella collega prima di parlare, trovando il coraggio di farlo da qualche parte nella sua mente:


“A questo proposito... posso farti una domanda personale? Se non vuoi rispondere dimmelo pure, non sei obbligata. E da ieri che non ti vedo con la fede... è successo qualcosa?” 

Lyanna alzò lo sguardo su di lui, guardandolo dritto negli occhi ed esitando per un attimo prima di rispondere. In quei brevi istanti Regan si maledisse mentalmente, chiedendosi perché non era stato zitto come gli aveva detto di fare Charlotte... non la ascoltava mai, in effetti. 

“Tranquillo, quando me la sono tolta mi aspettavo delle domande... credo che anche io te lo chiederei, al tuo posto.” 

Lyanna parlò con calma, voltandosi verso il Lago e restando impassibile mentre Regan la osservava, in attesa e sollevato che non gli avesse risposto male o tirato contro una maledizione per averle fatto una domanda personale. Dopo una breve pausa la donna riprese a parlare, raccontando ad alta voce quello che era successo forse per la prima volta:

“Non so perché, ma hai ragione... tendiamo a nascondere quello che ci fa soffrire al mondo intero. Non lo sta facendo solo Charlotte, lo faccio io... ricordi quando mi hai chiesto da quanto sono sposata? Nove anni... in realtà non sono più sposata da un anno, Regan, ma ho avuto il coraggio di togliermi la fede solo domenica, dopo la partita e aver scoperto quello che è successo a Charlotte.”

 












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Angolo Autrice:

Buonasera! 
Eccomi di ritorno... grazie a Sesilia, Hadley e Shiori Lily Chiara per aver recensito lo scorso capitolo :) 

Nel prossimo capitolo ci sarà ovviamente la famigerata cena Made in Lumacorno... Magari uno dei nostri quattro eroi lo avvelenerà entro la fine della serata per esasperazione, chi può dirlo. 

Spero di aggiornare presto, ma non so se ce la farò entro la fine della settimana... al limite, ci sentiamo lunedì! 

Signorina Granger 

                                                                          



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Capitolo 11
*** Partenze e cene poco attese ***


Capitolo 10: Partenze e cene poco attese 
 
Domenica 3 Febbraio


“Ti prego…”

Fin da bambina, aveva sempre pianto di rado… Non sapeva nemmeno con certezza quando l’aveva fatto per l’ultima volta, prima di quella sera.

Tutto quello di cui era consapevole era che stava versando più lacrime di quanto non avesse mai fatti in tutta la sua vita, mentre era inginocchiata sul marciapiede umido e teneva suo fratello tra le braccia. 

“Mi dispiace Seannie… Mi dispiace tanto.”

Charlotte trattenne a stento un singhiozzo mentre stringeva il corpo del fratello, inerme e freddo come il ghiaccio sotto le due dita che ormai avevano quasi perso la sensibilità a causa del gelo di fine Dicembre. 

Tremando gli accarezzò il volto, sfiorandogli la barba  con le dita sporche del suo stesso sangue, che divampava dalla profonda ferita che aveva lacerato il fianco di Sean Selwyn, ormai senza vita e senza nemmeno l’ombra del suo solito sorriso impresso in volto.

Charlotte guardò gli occhi chiari del fratello, trovandoli vacui e senza vita mentre nemmeno si accorgeva delle persone intorno a lei: c’era una gran baraonda nella piazza, tutti correvano a destra e a sinistra per cercare e aiutare qualcuno… Nessuno sembrava prestare molta considerazione alla giovane  seduta sul marciapiede con un cadavere stretto tra le braccia, o almeno nessuno tranne una donna che si era avvicinata ai due, guardando la scena quasi con orrore.
Stephanie Carsen allungò una mano, sfiorando delicatamente la spalla della sua amica Charlotte, facendola sobbalzare:

“Charlotte… vieni via. Lascialo andare.”

“No.”

Charlotte non si voltò neanche, senza smettere di tremare o staccare gli occhi dal volto del fratello, chinandosi leggermente per abbracciarlo tra le lacrime. 

“Ti prego Sean… Non puoi lasciarmi da sola, non ce la faccio.” Deglutì a fatica, trovando improvvisamente difficile respirare in mezzo a tutta quella calca, a tutto quel rumore… Sentiva distintamente il battito cardiaco notevolmente accelerato rispetto al normale, il cuore batteva tanto velocemente da non riuscire neanche a contare i battiti che sembravano esploderle nel petto.

Stephanie sospirò, cercando di mantenere un timbro di voce fermo mentre evitava di guardare il volto di Sean, chinandosi leggermente accanto all’amica, parlando a bassa voce e cercando di calmarla.

“Charlotte… non puoi fare niente. Dobbiamo tornare al Quartier Generale, ci penseranno i Medimaghi.”

“Senza mio fratello non vado da nessuna parte.” 

Charlotte deglutì senza smettere di guardare il volto di Sean, incurante del freddo, delle lacrime che le scorrevano sul volto e di tutto quello che stava accadendo intorno a lei… l’unica cosa che contava in quel momento era che suo fratello era morto. 

Sentì Stephanie dire qualcosa, ma non riuscì a capire le sue parole… la presa sulle spalle larghe di Sean si affievolì mentre la sua vista si annebbiava, provando un senso di vuoto. 

All’improvviso tutto divenne buio e la fastidiosa sensazione di precipitare la invase, mentre cercava di allungare le braccia per toccare suo fratello e poterlo abbracciare ancora una volta. 

Disse qualcosa ma non sentì nemmeno il suono delle sue parole, che rimbombarono nella sua testa mentre le sembrava di cadere sempre più velocemente.
Aprendo gli occhi di scatto Charlotte emise un lieve gemito, imprecando mentre il dolore alla testa si diffondeva velocemente, diventando più acuto ogni secondo che passava. 

Deglutì, conscia che si era finalmente svegliata… ma non era stata solo una sensazione, era davvero caduta dal letto visto che era finita dritta sul tappeto e probabilmente sbattendo la testa. 

Tremando Charlotte rimase immobile per qualche istante, incapace di muoversi mentre respirava più velocemente del normale, chiudendo gli occhi e cercando di concentrarsi solo sul battito cardiaco troppo accelerato.

Dieci, undici, dodici…

“Stai tranquilla Charlie, non devi avere paura… ti difende il tuo fratellone.” Le parole e la risata di Sean le invasero la mente.

… tredici, quattordici, quindici… 

“Non preoccuparti… andrà tutto bene, fidati di me.”

… sedici, diciassette, diciotto…

Charlotte riaprì gli occhi, iniziando a respirare più piano mentre piegava un braccio, cercando fare leva sul gomito per riuscire ad alzarsi. 

Sospirò nel realizzare che sembrava non avere più nemmeno un briciolo di forza, abbandonandosi di nuovo sul tappeto con arrendevolezza, rivedendo ancora una volta gli occhi cerulei e vacui di Sean proprio davanti a lei.

Incurante del freddo che sentiva Charlotte appogiò la testa sul tappeto, raggomitolandosi su se stessa e chiudendo gli occhi diventati lucidi. 

Te l’ho detto Seannie… senza di te non ce la faccio. 


                                                                                 *
 

Dante teneva lo sguardo sul vetro, appannato dalla pioggia che sembrava destinata a durare fino alla fine della giornata.
Faceva piuttosto freddo e tra il vento e la pioggia nessuno si sarebbe sognato di mettere il naso fuori dal castello, fatta eccezione per i poveri sventurati di Tassorosso che avevano allenamento proprio quella mattina. 

Già, i Tassorosso. 

Lo stomaco del ragazzo si contorse pensando a quella Casa mentre, seduto su un davanzale in Biblioteca con un libro appoggiato sulle gambe, cercava invano di concentrarsi sui compiti mentre se ne stava rannicchiato accanto ad uno dei camini, che lo scaldava quasi in modo rassicurante. 

Dante abbassò lo sguardo sul libro, sapendo che difficilmente avrebbe combinato qualcosa di produttivo finchè la sua mente era altrove, più precisamente nella Sala Comune dei Tassorosso. 

Non aveva ancora metabolizzato del tutto che Amos se ne fosse andato, la mattina precedente… e Jane avrebbe potuto benissimo imitarlo, visto che stando a quanto aveva detto la ragazza due giorni prima se fosse partita l’avrebbe fatto proprio quel giorno e ne aveva già parlato sia con Silente che con Dippet.

Aveva avuto quasi paura di chiederle cosa avesse deciso di fare, la sera prima… e non si era nemmeno presentato in Sala Grande per la colazione, temendo di non vederla entrare o ancora peggio che lei gli si avvicinasse con gli occhi chiarissimi carichi di tristezza per dirgli che aveva fatto le valige e che era andata a salutarlo.

Forse non era un atteggiamento molto da Grifondoro, ma non sopportava l’idea di vederla andare via proprio da sotto il suo naso, specialmente dopo che anche Amos era stato ritirato per volere dei genitori… Non che fosse l’unico, da quando erano finite le vacanze di Natale non pochi studenti erano tornati a casa… Ma Amos e Jane non erano chiunque per lui e l’idea di perderli entrambi nel giro di due giorni era assolutamente insopportabile. 

La cosa peggiore era che forse Jane sarebbe stata più propensa ad andarsene proprio a causa della partenza di Amos… forse avrebbe valutato che sarebbe stato meno difficile lasciare Hogwarts se avrebbe dovuto salutare in ogni caso uno dei sui migliori amici. 

Un lieve sorriso increspò le labbra di Dante, immaginandosi chiaramente come la ragazza avesse passato gli ultimi due giorni: la vedeva chiaramente a rigirarsi milioni di volte nel letto, coperta fino al naso per stare al caldo mentre cercava di prendere una decisione, andare a casa o lasciare lui da solo ad Hogwarts… 

Il problema era semplice: Jane era troppo buona, difficilmente avrebbe sopportato immaginarsi sua madre da sola dopo l’improvvisa e definitiva dipartita del padre… ma allo stesso tempo di sicuro le dispiaceva lasciare lui.


Povera piccola… non dev’essere stata una bella settimana

Sorrise appena quasi con amarezza, chiedendosi come avrebbe passato gli ultimi mesi di scuola senza i suoi amici… di certo avrebbe stressato i suoi fratelli per giorni, tanto che alla fine Coraline lo avrebbe preso a parolacce mentre il povero Francies avrebbe cercato di fare da mediatore.

In effetti non aveva passato bene gli ultimi giorni: tra la consapevolezza che Amos se ne sarebbe andato e la possibilità che Jane lo imitasse era stato parecchio immusonito… e ogni volta in cui Coraline o Francies gli chiedevano spiegazioni lui si limitava a grugnire, allontanandosi a testa bassa senza voler esprimere ad alta voce quello che provava o rendere i fratelli o chiunque altro partecipi della situazione. Non era abituato a chiedere supporto a qualcuno, nemmeno in un caso come quello. 

Sentendo dei passi, seguiti da una voce appena udibile ma familiare allo stesso tempo, Dante si riscosse in fretta, voltandosi di scatto. 
Non si era sbagliato… avrebbe riconosciuto quella voce gentile e delicata da miglia. 

Vide Jane a metà della corsia, di profilo mentre scambiava due parole con Isabella, che era in piedi con le braccia cariche di libri che dovevano pesare più di lei. 

Jane le rivolse un cenno di saluto e le sorrise prima di voltarsi, puntando dritta nella sua direzione e rivolgendogli un lieve sorriso, quello che lo faceva sciogliere come neve al sole. 

Dante non si mosse, restando immobile e in religioso silenzio mentre osservava la ragazza avvicinarglisi, studiandola e cercando di rendere ogni dettaglio indelebile nella sua testa: Jane camminava verso di lui con le falcate decise di chi sa esattamente dove vuole andare e perché, il colletto della camicia bianca perfettamente piegato sul maglione nero. Teneva le braccia conserte come faceva sempre quando aveva freddo e i capelli castani erano raccolti in una coda alta, permettendo di vederle meglio il suo volto pallido e delicato. 

“Ciao Danny.” Jane si fermò accanto a lui, sorridendogli con calma. Dante si sforzò di ricambiare, senza staccare gli occhi da quelli della ragazza:

“Ciao Jane… sei venuta a salutarmi?” Il tono cupo del Grifondoro sarebbe stato udibile anche a km di distanza e rimase quasi sconcertato nel vedere la Tassorosso accennare un sorriso, guardandolo con cipiglio divertito e intenerito allo stesso tempo:

“Ti ho cercato parecchio, in effetti. Dove ti eri nascosto?”

“Non mi andava di chiacchierare… se devi dirmi che te ne vai fallo subito, per favore.” Dante sospirò, abbassando lo sguardo con aria sconsolata e fulminando il libro di Trasfigurazione con lo sguardo, come se fosse lui il responsabile della situazione di incertezza in cui si trovava. 

“Ok… Pensavo di farti un bel discorso articolato, ma sarò breve se è questo che vuoi.”

Dante alzò lo sguardo di nuovo su di lei, guardandola con tanta malinconia che Jane per un attimo esitò, non sapendo se abbracciarlo o ridere, non potendo non trovare quella situazione divertente almeno in parte: le dispiaceva vederlo giù di morale, ma allo stesso tempo le faceva quasi piacere che l’idea che se ne andasse gli facesse tanto male. 

Si impose però di rimanere seria, allungando una mano per appoggiarla su quella di Dante prima di parlare:

“Dan… Io adoro mia madre. E’ sempre stata il mio punto di riferimento e le voglio molto bene, non si è meritata quello che ha fatto mio padre e odio saperla ad affrontare tutto questo da sola, non è giusto.”

Dante annuì con un debole cenno del capo, l’aria sempre più sconsolata mentre la certezza che Jane avesse deciso di andarsene si faceva strada nella sua testa.

La Tassorosso esitò per un istante ma poi riprese a parlare, ripetendo ad alta voce quello che aveva immaginato di dire molte volte nei giorni precedenti:

“Però… non mi piace neanche saperti qui da solo a tua volta, specialmente visto che Amos se n’è andato. E forse dovrei sfruttare il tempo che mi resta qui visto che ne avrò molto da passare a casa con lei.”

Jane quasi non finì la frase prima che Dante sgranasse gli occhi, guardandola per un attimo con le pupille dilatate prima di sorridere come non l’aveva visto fare da giorni, afferrandola per i fianchi e attirandola a sè con uno strattone, abbracciandola di slancio.

“Grazie piccola Jane… non ci speravo, ma grazie. Sarei perso senza di te.”

Chiuse gli occhi, approfittando di trovarsi alla sua stessa altezza e appoggiando il capo sulla sua spalla, lasciando che il profumo dolce di Jane gli invadesse le narici mentre le circondava la vita con le braccia. 

“E io senza il mio spilungone. Non ti potevo lasciare qui da solo, ti saresti fatto ammazzare in qualche modo…” 

Jane rise appena, ricambiando l’abbraccio senza trattenersi dal sorridere mentre lui sollevava il capo, ricambiando il sorriso e annuendo prima di darle un bacio su una guancia e poi sulla tempia:

“Forse l’avrei fatto apposta per farti tornare. Non mi sottovalutare mai, Jane Prewett.”


                                                                      *


“Ehy, eccoti… Non ti ho vista per tutta la mattina, cominciavo a preoccuparmi… tutto bene?”

Charlotte alzò lo sguardo, annuendo debolmente mentre Regan le sorrideva, sfiorandole la spalla prima sedersi accanto a lei, su una sedia davanti al camino.

“Si, benissimo, ero solo un po’ stanca… E’ da una settimana che non ho notizie di Stephanie, sta bene vero?”

Charlotte alzò lo sguardo dal camino per posarlo sull’amico, che annuì con lieve nervosismo, abbassando lo sguardo sul tappeto mentre cercava un modo per dirle ciò che aveva rimandato per diversi giorni.

Ora però Charlotte glie l’aveva direttamente chiesto e non poteva certo glissare e fare finta di nulla, doveva essere sincero per forza.

“Si, sta bene. In effetti non ti ha risposto perché pensiamo che tu debba… staccarti, per così dire. Credo non ti farà male stare un po’ senza dover pensare continuamente a ciò che accade al Dipartimento, CeCe. In effetti sarebbe quello il motivo del…”

“Puoi dirlo Reg. Congedo.” Charlotte puntò gli occhi sulle fiamme, parlando in tono aspro mentre il silenzio regnava nella stanza, rotto dal sospiro dell’uomo:

“Mi dispiace, ma credo sia meglio così, per un po’ di tempo… dovresti pensare ad altro, ti vogliamo bene ed entrambi vorremmo vederti stare meglio.”

“Si, lo diceva anche mia madre quando ha insistito perché facessi la terapia. Grazie per avermelo detto Reg, almeno non starò ad aspettare qualcosa che non arriverà.”

Charlotte si strinse debolmente nelle spalle e Regan non aggiunse altro, abbassando lo sguardo e sperando che non se la fosse presa… Non gli piaceva l’idea che la donna ce l’avesse con lui, ma agiva solo per il suo bene e perché voleva vedere di nuovo la vecchia CeCe, quella ironica, determinata e più sorridente che aveva intravisto solo per brevi momenti, quando si era seduta sulle sue ginocchia per convincerlo ad andare con lei alla cena di Lumacorno o durante la battaglia di neve con Will. 

I due restarono in silenzio per un po' mentre entrambi osservavano le fiamme danzare nel camino, prima che Charlotte si mosse: allungò una mano per posarla su quella di Regan, rivolgendogli un lieve sorriso che venne ricambiato dall'uomo, che capì che lo stava ringraziando. 

                                                                             *


“Che sta succedendo vicino alla porta?” 

Rod inarcò un sopracciglio, osservando con curiosità la ressa che si era formata nell’Ingresso, accanto alla porta della Sala Grande.

“Credo che abbiano appeso qualcosa… Andiamo a vedere.”

Antares s’infilò le mani in tasca e scese i pochi gradini della scalinata principale che lo separavano dall’Ingresso, seguito dal suo migliore amico. Erano entrambi piuttosto alti e non ci misero molto a farsi largo tra gli studenti più giovani per leggere cosa ci fosse scritto sull’avviso che era stato appeso solo poche ore prima:

“Grandioso, si va ad Hogsmeade, non vedo l’ora!” Un sorriso comparve sul volto di Rod dopo aver letto le prime righe, gongolando all’idea di fare di nuovo visita al paese solo tre settimane dopo. 

“Immaginavo si trattasse di questo, appendono di rado qualcosa che non siano avvisi di questo genere.” Antares fece spallucce senza staccare gli occhi chiari dal foglio, leggendolo per intero a differenza del suo amico, che ormai era già con la testa altrove, giù in paese. 


Alle loro spalle intanto qualcuno non era particolarmente allegro, come ad esempio una ragazza dai capelli color carota che cercava invano di capire cosa stesse succedendo, alzandosi in punta di piedi per riuscire a leggere ma comunque senza grandi risultati.


Grandioso. Grazie mamma, dovevi farmi con questi capelli ma almeno potevi darmi dieci cm in più!

Isabella sbuffò, maledicendo mentalmente sua madre mentre cercava di leggere quanto scritto da Dippet sull’avviso. 
Un moto di malinconia la invase nel ricordare molte situazioni del genere che le era già capitato di vivere… quando era piccola e non riusciva a vedere uno spettacolo e simili suo fratello rideva e la sollevava, facendo in modo che riuscisse a vedere nonostante la bassa statura. 

Non sembrava l’unica ad avere problemi di quel tipo, comunque: accanto a lei si era fermata anche Charlotte, che aveva un’aria torva probabilmente per il medesimo motivo.

“Alla faccia della galanteria, qui non si spostano neanche a pagarli…”

La donna sbuffò, borbottando sommessamente e facendo spuntare un lieve sorriso sul volto della sua allieva, che però non osò emettere un fiato mentre l’insegnante si guardava intorno, cercando con lo sguardo due precise persone. 

Individuando Regan e Will a pochi metri di distanza, intenti a commentare ciò che avevano davanti agli occhi, l’Auror sorrise con aria soddisfatta, avvicinandosi ai colleghi.

“Scusate, permesso, devo raggiungere quei due…”

Tra una gomitata e l’altra, Charlotte riuscì a raggiungere i due colleghi, che però non si erano accorti della sua presenza intenti com’erano a parlottare. Roteando gli occhi la donna alzò un braccio, puntellando le dita sulla spalla di Will per attirare la sua attenzione:

“Salve. Perché voi spilungoni non vi rendete utili e informate le persone meno avvantaggiate? Che succede?”

Entrambi si voltarono verso di lei, Regan sorridendo appena alle sue parole mentre Will le scoccò un’occhiata leggermente accigliata:

“Ciao Charlotte… ti eri rinchiusa nei tuoi appartamenti questa mattina?”

“Si Cavendish, so che ti traumatizzerà saperlo ma la mattina non mi sveglio con l’obbiettivo di vederti. Puoi dirmi invece, per cortesia, che c’è scritto su quel foglio?”

Charlotte inarcò un sopracciglio, parlando una nota di impazienza nella voce che lo fece sorridere con aria beffarda, guardandola con una nota di divertimento negli occhi castano-verdi:

“Che cosa c’è, Charlotte… non riesci a leggere?”

La donna assottigliò gli occhi e probabilmente stava per minacciarlo di non prenderla in giro ma Regan la batté sul tempo, intromettendosi e impedendo che si scatenasse il putiferio in mezzo agli studenti:

“Gita ad Hogsmeade, CeCe… sabato 23.”

Charlotte gli rivolse un sorriso carico di gratitudine, scoccando invece un’occhiataccia in direzione di Will prima di parlare:

“Grazie Reg… Ora vado a bermi un the prima dell’Ultima Cena… ci vediamo più tardi.”

Con un cenno di saluto la donna si dileguò, imitata da Regan e Will che si allontanarono dalla calca, permettendo così ad un’allegra Isabella di leggere l’avviso. 

“Grazie tante… mi hai tolto tutto il divertimento!” Will sbuffò, seguendo brevemente Charlotte salire le scale con lo sguardo prima di voltarsi vero il collega, che roteò gli occhi con aria esasperata:

“Dovresti ringraziarmi, ho evitato che voi due distruggeste il castello a suon di maledizioni… Credimi, non vuoi vedere Charlotte Selwyn con una bacchetta in mano quando ce l’ha con te, non è uno spettacolo piacevole.”


                                                                                *


“Dobbiamo parlare.”

Francies quasi si strozzò con l’acqua che stava bevendo quando sentì la voce di sua sorella proprio accanto a lui, voltandosi di scatto e trovandosi davanti una Coraline dall’aria molto risoluta, come se dovesse dirgli qualcosa di vitale importanza.

“Cora, che ci fai qui?”

“Te l’ho detto Fran, ti devo parlare! Hai notato che Dante ha cambiato umore più velocemente di una ragazza con le sue cose? C’è qualcosa sotto, dobbiamo indagare!”

“Neanche morto.”

“Come sarebbe? Mi devi aiutare, sei mio fratello!”

“Se vuoi un aiuto-detective chiama Anthony, io non mi immischio negli affari di Dan.”

Il Tassorosso alzò gli occhi al cielo mentre la sorella sbuffava, guardandolo come se proprio non lo capisse:

“Ma guardalo… insomma, hai visto? Sorride come un beota, è evidente che c’è qualcosa sotto… e fino a stamattina aveva un muso lungo come la barba di Silente!”

Francies si voltò verso il tavolo dei Grifondoro, scorgendo il fratello intento a chiacchierare amabilmente con Rodericus Lestrange tra un boccone e l’altro. In effetti sorrideva parecchio e sembrava particolarmente di buon umore, in netto contrasto con i giorni precedenti.

“Beh… forse era solo triste per via di Amos e gli è passata.”

“Può essere, ma secondo me c’è altro…” Coraline spostò lo sguardo dal fratello maggiore, puntandolo su una ragazza che mangiava a poca distanza da lei mentre chiacchierava con le sue compagne di Casa.

Una lampadina si accese nel cervello della Serpeverde, che sorrise con aria trionfante prima di assestare una gomitata allo stomaco del fratellino, rischiando per la seconda volta di fargli andare l’acqua di traverso:

“BINGO. Jane Prewett a ore 4.”

“CHE?”

“Mio dio, ma devo insegnarti tutto! Guarda lì, genio!”

La ragazza sospirò, indicando la ragazza al fratello che inarcò un sopracciglio, come se non capisse il suo ragionamento:

“Ok… e allora?”

“Beh, secondo me c’è di mezzo lei! Non mi avevi detto che forse se ne sarebbe andata? Dan era di pessimo umore fino a stamattina e la Prewett è ancora qui… Ci scommetto 100 punti che ha deciso di non tornare a casa e Dante è felice proprio per questo.”

Un sorriso soddisfatto comparve sul volto della ragazza, che guardò il fratellino come se si aspettasse un mare di complimenti per le sue “geniali intuizioni”. Francies invece la guardò con aria scettica, esitando prima di parlare a sua volta:

“Sei sicura che non mi abbiano adottato, vero?”

“Sicurissima, ma a questo punto credo che forse mamma e papà abbiano adottato me…”


                                                                                 *


“Ehy, ciao! Che muso lungo… è successo qualcosa?”

Lyanna sorrise in direzione di Charlotte, che si trascinò fino al tavolo con aia cupa, sedendosi davanti alla collega prima di stringersi nelle spalle:

“No, ma la prospettiva della cena mi deprime. A te non fa questo effetto?”

“Non proprio, anche perché sono sicura che Lumacorno si occuperà più che altro di te e Will, di me si curerà molto meno.”

“Che bella prospettiva… Per tirarmi su ho bisogno di qualcosa da bere.”

“Mia madre dice sempre che una tazza di the risolve praticamente tutto.” Lyanna sorrise gentilmente e Charlotte la imitò appena, guardandola con aria divertita mentre si versava del the nero in una tazza.

“Credo sia una tipica convinzione inglese… ma se fosse davvero così, il mondo sarebbe praticamente perfetto.”

“Immagino che sia vero, ma a volte è bello pensare che i problemi possano sparire di fronte a qualcosa di caldo… salute.”

Lyanna sorrise, sollevando leggermente la tazza di porcellana quasi a voler brindare, facendo sorridere di rimando anche la collega:

“A cosa si brinda, se posso chiedere?”

“Ad Horace Lumacorno, naturalmente! Che possa organizzare cene a lungo, Amen.”

“Amen.”


                                                                           *


“Sai, sono davvero felice che tu alla fine sia rimasta... Non avrei mai retto a frequentare le lezioni extra come unica ragazza, probabilmente sarei scappata a gambe levate!”

Jane rise alle parole di Isabella, seduta di fronte a lei ad un tavolo in Biblioteca, intente a finire i compiti per il giorno successivo:

“Immagino... al tuo posto avrei fatto lo stesso.” 

“Ma per favore, tu sei intoccabile... hai la guardia del corpo!”       Bella roteò gli occhi, facendo arrossire, suo malgrado, la Tassorosso che la guardò con gli occhi fuori dalle orbite:


“Se ti riferisci a Dante...” 

“Ovvio che mi riferisco a Dante!” 

“Si beh... è molto dolce con me.”    Un lieve sorriso spontaneo incurvò le labbra sottili di Jane mentre pensava con affetto alla sua “guardia del corpo”, cosa che in sfuggi allo sguardo della sua interlocutrice:


“Oh si, lo so. Lo sanno anche le armature, credo.”     Un sorrisino comparve sul volto di Isabella, che guardò la Tassorosso con l'aria di chi la sa lunga e facendola così sbuffare: non era certo la prima volta che le facevano un discorso simile... persino Amos aveva detto una cosa del genere, subito prima di andarsene. 
Senza contare che Yaxley definiva sempre Dante come “il fidanzatino della Prewett”. 

“Possiamo cambiare argomento, per favore? Credevo stessimo parlando della Pozione Polisucco.” 

“In teoria si, ma alla fine facendo i compiti in compagnia di finisce sempre per parlare d'altro, io e Bree andavamo a finire sugli argomenti più disparati.”

Isabella sorrise, ricordando con aria divertita gli innumerevoli pomeriggio passati con Brianna a fare i compiti e chiacchierare del più e del meno allo stesso tempo.


“Ti manca?” 

“Si, certo... ma ci scriviamo più di due volte a settimana, potrebbe andare peggio. E non vorrei mai vivere la situazione al contrario, se mia madre volesse riportarmi a casa credo che non lo reggerei proprio.”     Isabella abbassò lo sguardo, parlando con un tono cupo poco velato che non sfuggì alle orecchie di Jane, che la osservò prima di parlare con il tono gentile che usava sempre quando poneva una domanda personale:


“Non vai d'accordo con la tua famiglia?” 

“No. Adoravo mio fratello, ma... beh, il destino si è messo in mezzo e ha deciso, molto ironicamente, di portarmi via l'unico che mi capisse e apprezzasse per ciò che sono.” 

“Non dire così, sono sicura che i tuoi genitori ti vogliono bene.” 

“Mio padre non mi ha mai considerata molto, infondo sono solo una ragazza... che utilità rappresento, a parte sposarmi con qualcuno che possa tornare utile alla mia famiglia? Quanto a mia madre... lei è diversa da me, troppo per potermi capire. Tu sei Purosangue, Jane... Forse capisci cosa intendo.” 

“Mia madre non è così, lei crede nel matrimonio... o almeno, ci credeva fino all'anno scorso. Non mi forzerebbe mai a sposarmi, ne sono sicura.” 


Isabella sorrise quasi con un velo di tristezza alle parole della Tassorosso, abbassando lo sguardo sui libri mentre due parole uscivano dalle sue labbra a voce così bassa che Jane le udì a stento:

“Beata te...” 


                                                                           *


“Ok, ora che ci siamo tutti possiamo andare... coraggio, non è poi la fine del mondo!” 

Lyanna alzò gli occhi al cielo, prendendo Charlotte sotto braccio e facendo per portarsela dietro lungo il corridoio, seguite da Regan e Will che sembravano diretti ad un funerale più che ad una cena.

“Aspetta, ho scordato in camera...” 

Charlotte girò sui tacchi ma non ebbe il modo di svignarsela, trovandosi davanti un Will che non sembrava avere intenzione di ammettere fuggitivi quella sera:

“Te lo ripeto, Selwyn. Dovrai passare sul mio cadavere.” 

“E io ti ripeto che non vedo l'ora di poter duellare contro di te così da toglierti il sorrisetto arrogante dalla faccia.” 

“La vedremo.” 

“Quando vuoi!” 

“Bene.” 

“Benissimo.” 


I due si guardarono in cagnesco per qualche istante, mentre Lyanna alzava gli occhi al cielo con aria esasperata e Regan sorrideva quasi nervosamente, mettendo una mano sulla spalla di entrambi:

“D’accordo... che ne dite di arrivare tutti vivi all’ufficio di Lumacorno? Domani tu hai lezione CeCe, quindi se volete darvele di santa ragione potrete farlo domani pomeriggio... ma ora andiamo, su!” 

Regan sorrise, mettendo un braccio intorno alle spalle di Charlotte per condurla lungo il corridoio mentre la donna borbottava qualcosa di incomprensibile a mezza voce sul fatto che Will si credesse migliore di tutti in qualunque cosa. 

Will sbuffò e li seguì, camminando accanto s Lyanna che invece sembrava parecchio divertita. L'uomo se ne accorse e la guardò di traverso, inarcando un sopracciglio:

“Perché ridi sotto i baffi?” 

“Niente Will, niente...” 


                                                                                  *


“Ok, non voglio essere indiscreto ma quando è troppo è troppo. Che succede?” 

Rod chiuse il pesante tomo di Trasfigurazione con un gesto quasi teatrale, posando gli occhi chiarissimi su Dante quasi con fare accusatorio attraverso le lenti degli occhiali.

Il compagno di Casa, seduto davanti a lui ad un tavolo nella Sala Comune quasi deserta visto che molti erano ancora a cena, inarcò un sopracciglio, guardando Rod come se non capisse la sua domanda e il suo tono quasi accusatorio:

“Ehm... a che ti riferisci, Rod?” 

“Che domande, al fatto che oggi sembri colpito dal fulmine del buon umore e del sorriso, non ti vedevo così schifosamente felice da quando Tassorosso ha battuto Serpeverde!” 

Dante si accigliò e aprì la bocca per ribattere, ma Rod non gliene diede il tempo e riprese a parlare mene si sfilava gli occhiali, che portava sempre quando leggeva o faceva i compiti:

“Ieri sembravi in lutto, oggi invece svolazzi a mezzo metro da terra... che è successo, si può sapere?” 

Dante esitò per un attimo, pensando a come rispondere mentre un sorrisino compariva sul volto dell’altro Grifondoro, come se in realtà già sapesse la risposta:

“È possibile, anche se ovviamente la mia è solo un’ipotesi azzardata, che il tuo improvviso cambio d’umore abbia a che fare con il fatto che una certa ragazza abbia deciso di restare qui?” 

“Come fai a sapere..,” 

“Non importa, lo so e basta. Ma certo che è per questo, che domande stupide faccio oggi!” 


Rod sorrise con aria divertita, gongolando per la consapevolezza di avere ragione e facendo arrossire leggermente Dante, che boccheggiò prima di rispondere:

“Beh... certo che ha a che fare con Jane, le voglio bene e mi dispiacerebbe molto se se ne andasse, specialmente dopo che Amos si è ritirato! Ma non per il motivo che pensi tu, Lestrange.” 

“Sì sì, certo...” 


Dante lo fulminò con lo sguardo, abbassando gli occhi per andare avanti con i compiti e maledicendo mentalmente Antares Black per non essersi preso la custodia di Rodericus quella sera... gli stava simpatico, ma quando voleva sapeva essere molto pettegolo. 

Dopo qualche istante di silenzio in cui Dante Julius pensò che il discorso fosse stato chiuso Rod parlò di nuovo, osservando con attenzione il compagno per non perdersi la sua reazione a ciò che stava per chiedergli:


“Ok, quindi Jane non ti piace proprio per niente, ho capito.” 

“Mi piace eccome, ma non come intendi tu...” 

“Sì, ho afferrato il concetto... Perciò, non ti darebbe fastidio se qualcuno dovesse invitarla a passare la gita ad Hogsmeade insieme, no?” 


Rod fece del suo meglio per restare serio ma fu difficile non sorridere di fronte al lampo poco rassicurante che attraversò gli occhi eterocromatici di Dante per un istante, prima che si stringesse nelle spalle con finta noncuranza:

“No... solo sapendo di chi si tratta, ovviamente. Chi è che la vuole invitare?” 

“Perché dovrei dirtelo, tanto non ti interessa...” 

“Lestrange, ti avviso. Non provocarmi, potresti pentirtene.” 

Il tono e lo sguardo minaccioso di Dante fecero quasi sorridere Rod, che seppe di non aver affatto preso un granchio... Dante di certo non poteva fregarlo, anche se dal suo sguardo sembrava pronto a daglierle di santa ragione se non avesse sputato il rospo. 


                                                                                  *


“Signore, siamo solo al primo e già imploro aiuto divino...” 


Will sospirò, tagliando le lasagne con gesti secchi e quasi automatici, mentre accanto a lui Charlotte sghignazzava, divertita dalle smorfie che stava sfoggiando il collega. 

“Lo trovo divertente, Selwyn? Davvero?” 

“Diciamo che sono abituata a cose del genere, i miei genitori invitano a cena i loro pomposi amici più spesso di quanto non vorrei. Fortunatamente ormai riesco a stare alla larga da quelle situazioni, però.” 

Charlotte fece spallucce mentre allungava una mano per prendere il pane in contemporanea con il collega, che sbuffò quando si accorse che avrebbe dovuto combattere pure per dei carboidrati:

“Oh, ma dai! Lasciamelo!” 

“Io? Tu, semmai! Il detto “prima le signore” non ti dice nulla, suppongo.” 

Il tono velenoso di Charlotte scaturì un’espressione di vaga sorpresa sul volto di Will, che la guardò come se non capisse a cosa si stesse riemergendo:

“Naturale che lo conosco... però non mi sembra di avere una signora davanti.” 

Charlotte sgranò gli occhi e probabilmente avrebbe detto qualcosa di assai poco elegante se Lyanna non si fosse provvidenzialmente messa in mezzo, sporgendosi leggermente per avvicinarsi a Will e mettergli una pagnotta in mano:

“Bambini, smettetela! Will, eccoti del pane.” 

La donna alzò gli occhi al cielo, sentendosi quasi catapultata nelle cene di famiglia dove doveva sempre dividere i suoi nipoti che litigavano per ogni cosa. 

Nel frattempo, di fronte ai tre, Lumacorno sembrava non avere alcuna intenzione di mollare Regan, chiedendogli di Stephanie in quanto si ricordava benissimo anche di lei.

“Poverino... ma immagino che dopo toccherà a noi.” 

Lyanna sospirò, parlando in tono grave mentre con la coda dell’occhio avrebbe potuto giurare di aver visto Silente ridersela, seduto accanto a lei. 

In effetti c'era stata una specie di lotta tra i quattro, visto che tutti volevano accaparrarsi il posto vuoto accanto al Vicepreside... e Lyanna era risultata vincitrice, mentre il povero Reg si era dovuto sedere accanto proprio a Lumacorno. 

“Piuttosto, perché diamine siamo seduti vicini, noi due?” 

“Non lo so, ma stavo per chiederti lo stesso! Lyanna, puoi fare scambio con me?” 


Will si voltò verso la collega con fare speranzoso, ma l’ex Corvonero sfoggiò un sorrisino e scosse il capo, guardandoli con aria divertita:

“Mi spiace, ma sono felicissima dove mi trovo! Se sperate di prendervi il posto accanto a Silente, vi sbagliate... professore, mi parla degli studenti dell’ultimo anno? Mi piacerebbe conoscerli meglio tramite qualcuno che li ha seguiti per anni.” 

Con un gran sorriso la donna si voltò verso Silente, decisa a non farsi soffiare il posto per niente al mondo mentre gli altri due sbuffavano, a bocca asciutta e consolandosi con le lasagne.


“La prossima volta mi siedo io accanto a lui... era l'unico insegnante che non mi detestava.” 

“Solo se riuscirai ad arrivare prima di me, Cavendish. Comunque, credo che dovrebbero ricordarlo nelle Figurine delle Cioccorane solo per questo.” 


                                                                                *


“Andiamo, non è poi così difficile!” 

“Ok, ci riprovo. Una lucertola?” 

“Fuochino...” 

“Camaleonte?” 

“Ci sei vicino...” 

Antares sbuffò, osservando con attenzione l’animale che fluttuava davanti a lui, disegnato in aria con della polvere argentata uscita dalla bacchetta di Isabella, che era seduta accanto a lui sul penultimo gradino della Scalinata Principale.

“Ehm... una specie di varano?” 

“Ma no, è un’iguana! Come fai a non capirlo?” 

“Quella sarebbe un’iguana? Ho seri dubbi a riguardo.” 


Antares sbuffò, accennando al rettile con aria risoluta mentre Isabella alzava gli occhi al cielo, facendo dissolvere l'immagine con un colpo di bacchetta:

“Non è colpa mia se hai scarse conoscenze sui rettili! Coraggio, tocca a te...” 


La Corvonero sospirò, appoggiando il capo alla parete mentre Antares rifletteva per qualche istante, pensando a quale animale scegliere di disegnare. 

“Non capisco proprio perché ci facciano fare queste ronde... nessuno esce a farsi due passi, fa troppo freddo nei corridoi in questo periodo. Come fate nei Sotterranei, si può sapere?” 


Antares inarcò un sopracciglio, voltandosi verso di lei con il braccio sollevato e la bacchetta puntata dritta davanti a se, mentre la sottile polvere chiara andava a creare una figura a mezz’aria:

“Come fai a sapere dov’è la nostra Sala Comune?” 

“Di che si stupisci Antares, io so tutto!” 


Isabella sfoggiò un sorriso che gli fece alzare gli occhi al cielo, sapendo che non gli avrebbe di certo detto come aveva quell’informazione. 

Tecnicamente il ragazzo non avrebbe avuto alcun turno quella sera, ma a causa della cena di Lumacorno tutti gli insegnanti erano impegnati e quindi l'avevano incastrato... non aveva alcuna voglia di perlustrare il castello e alla fine lui e Bella si erano messi quasi a giocare nell’Ingresso. 


“D'accordo, lasciamo stare. Però devo dissentire, c'è spesso qualcuno che decide di farsi una passeggiatina in tarda serata.” 

“Sia come sia, non credo sia questo il modo giusto di fare le ronde.”   Isabella sorrise appena, sentendosi quasi in colpa per il modo in cui stavano passando il tempo: tecnicamente avrebbero dovuto gironzolare per i corridoi, ma sembrava che nessuno dei due avesse voglia di farlo quella sera.

Antares annuì mentre teneva gli occhi fissi davanti a se, osservando con attenzione l'anima che stava “disegnando”. 

“Probabile, ma abbiamo tempo per pattugliare i corridoi... prima voglio batterti a questo gioco però. Ok, che animale è?” 

Il Serpeverde si voltò verso la ragazza quasi con aria soddisfatta, come se fosse sicuro che non l'avrebbe mai indovinato. La ragazza osservò il mammifero per qualche istante prima di parlare in tono pacato, senza nemmeno staccare gli occhi dalla figura:

“Bufalo Texano.” 

“Non è possibile. Stai barando!” 

“Io non baro Antares, vinco ma gioco pulito, sempre.” 


                                                                           *


Will si sporse sul tavolo, prendendo una bottiglia di vino perché, come aveva appena borbottato a Lyanna, aveva assolutamente bisogno di bere per arrivare con piene facoltà mentali a fine serata. 

La collega sorrise, osservando Regan per un attimo prima di parlare a bassa voce:

“Poveraccio, non lo molla proprio... è davvero curioso, il nostro professore.” 

“Sempre stato... di certo mi chiederà di mio padre entro fine serata, ci scommetto tutto quello che ho.”  Il tono cupo di Will incuriosì Lyanna, che si voltò verso di lui:

“Tuo padre è...”

“Eric Cavendish. Figuriamoci se Lumacorno si sarebbe fatto sfuggire il figlio di un Duca da sotto al naso.” 

L'uomo si strinse nelle spalle quasi a voler chiudere l'argomento e capendo l’antifona Lyanna seguì la sua volontà, sorridendo debolmente prima di parlare di nuovo:

“In tal caso, credo che tu abbia ragione... ma probabilmente ci farà anche domande inerenti alla nostra vita privata, visto cosa sta chiedendo a Regan e il terzo grado che ha già fatto a Charlotte. Probabilmente ci chiederà se siamo sposati eccetera...” 

Lyanna si strinse nelle spalle, facendo cadere l’occhio sulla mano sinistra dove non c'era più la fede... il segno bianco era ancora visibile, ma si era schiarito leggermente. 
Non moriva dalla voglia di sentirsi chiedere di suo marito e sperava che Lumacorno avrebbe afferrato l’antifona... 
Per evitare di pensarci la donna si rivolse di nuovo al collega, guardandolo con lieve curiosità:


“Tu cosa gli dirai, Will?” 

“Non mi metterò a parlare della mia vita privata con lui, poco ma sicuro. Quando ero un suo studente poteva anche avere una presa su di me, ma ormai sono passati quasi dieci anni, quei tempi sono finiti. E comunque, non ci sarebbe molto da raccontare.” 

“Vuoi dire che non hai una ragazza? Strano, sei un bel ragazzo.” 

“Diciamo che ne ho avute tante, ma niente che valga la pena di raccontare.” 


Will si strinse nelle spalle e le sue parole fecero quasi sorridere Lyanna, che si astenne dal far notare che si era aspettata una risposta del genere. 


Nel frattempo Charlotte si stava consolando con una generosa fetta di torta, sostenendo che solo grazie agli zuccheri si sarebbe comportata bene e non avrebbe risposto male all’ex professore, intimandogli di farsi gli affari suoi quando le aveva chiesto della sua famiglia, argomento che la donna aveva glissato il più velocemente possibile. 

“CeCe, me ne passi una fetta? Will, vuoi della torta anche tu?” 

“Ma che domande fai, Lyanna! Mi stupisco di te.”    Charlotte sgranò teatralmente gli occhi mentre passava il piatto alla donna oltre Will, che la guardò con aria rassegnata mentre si preparava alla frecciatina in arrivo:

“Insomma, Cavendish deve mantenere la linea, non può mica mangiare dolci come noi mortali!” 

“Ridi pure, Selwyn... Sai cosa diceva Giovenale? Mens sana in corpore sano.” 

“Che dica quel che gli pare, intanto lui è nella tomba e io mangio, quando mi va!”  


Lyanna si trattenne dal ridere alle parole risolute della collega, che affondò la forchetta nella torta con aria determinata, come se si trattasse di una questione di vitale importanza.

Will avrebbe aggiunto qualcosa ma non ne ebbe il tempo visto che Lumacorno si rivolse proprio a lui, cessando la tortura inflitta ad un Regan molto sollevato.



“Allora William... come sta tuo padre?” 


Non rispondere male, Will
Comportati bene, per questa volta... 

William si trattenne dal sospirare, alzando lo sguardo sull’ex insegnante seduto di fronte a lui e sapendo di non avere scampo: la mezz'ora successiva della vita di Horace Lumacorno era interamente dedicata a lui. 















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Angolo Autrice:


Buonasera! Eccomi di ritorno con il nuovo capitolo e la tanto attesa per voi e meno per i diretti interessati cena XD 

Ovviamente ho intenzione di farne una anche per i nostri cari studenti, non se la caveranno neanche loro... nessuno sfugge a Lumacorno! 

Detto ciò, grazie come sempre per le recensioni, immagino sarete felici che Jane resterà nella storia. In realtà non ho mai pensato di eliminarla visto che la sua autrice è più che presente (ciao Sesilia) ma è stata una specie di “esigenza di trama”, per così dire. 

Però dite la verità, leggendo il titolo avete pensato che l'avessi eliminata XD Ve l'ho fatta! *l’autrice se la ride mentre le altre affilano i coltelli*

Mi ha comunque fatto molto piacere vedervi così interessate alla causa, Jane è decisamente un personaggio molto apprezzabile ma non mi aspettavo persino proposte di adozioni! XD 
Ma vi capisco, l’adoro anche io.

Jane, rassegnati, tutti ti vogliono bene qui! 
Ad ogni modo, avete appurato che c'è stata comunque un’”eliminazione” in questo capitolo... mi spiace perché mi si stanno dimezzando gli studenti, ma la presenza in questo caso è stata altalenante fin dall’inizio. 
Spero davvero di non dover eliminare altri personaggi perché davvero, mi piacciono molto tutti... insomma, dipende da voi. 

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, ci sentiamo tra qualche giorno con il seguito! 

Signorina Granger 



   

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Capitolo 12
*** Lethifold e battibecchi ***


Capitolo 11: Lethifold e battibecchi 
 
Mercoledì 6 Febbraio



“Che cosa sono?”      Una smorfia di puro disgusto comparve sul volto di Rodericus Lestrange, osservando l’immagina sgradevole che era comparsa alle spalle di Will, dietro alla cattedra e proiettata magicamente sulla lavagna. 

“Lethifold, ma li chiamano anche Veli Viventi. Newt Scamander li ha classificati come XXXXX, molti li reputano più pericolosi degli stessi Dissennatori... hanno le sembianze di semplici mantelli, ma è meglio non avvicinarsi.” 

Will, appoggiato alla cattedra, si voltò per osservare a sua volta l’immagine della creatura di cui avrebbe dovuto parlare e che gli altri studenti di Hogwarts non avrebbero mai trattato durante una normale lezione. 

“Grandioso...” il borbottio sommesso di Dante arrivò alle orecchie dell’insegnante, che si limitò a lanciargli un’occhiata ammonitrice senza dire niente, riprendendo a parlare come se niente fosse:


“Rilassatevi, dubito che avrete mai occasione di incappare in un Velo Vivente in futuro, o almeno lo spero vivamente per voi. Possono essere respinti soltanto con i Patronus e vivono in zone tropicali... ma si nutrono delle persone, a differenza dei Dissennatori.” 

“Non ce ne porterà uno a lezione, vero Professore?” 

Will si voltò di nuovo verso gli studenti, posando lo sguardo su Isabella, che sembrava leggermente nervosa mentre osservava l’immagine di un Lethifold che si nutriva di un uomo con apprensione. 

“Rilassati Isabella, io non attento alla vostra vita, lascio il compito alla Professoressa Selwyn.” 

Qualche risatina echeggiò nell’aula alle parole dell’uomo, che si schiarì la voce prima di riprendere a parlare a voce leggermente più alta per sovrastare le risate e i lievi commenti che le sue parole avevano scaturito:

“Tuttavia, la settimana prossima vi eserciterete con i Patronus... Il Ministero non ha approvato l’inserimento dell’Incanto nel normale programma scolastico, ma suppongo che per voi faremo un’eccezione.” 

Un sorriso compiaciuto comparve sul volto di Antares alle parole dell’insegnante, entusiasta all’idea di poter imparare ad evocare un Patronus a scuola... pregustava il momento in cui si sarebbe pavoneggiato della cosa con i suoi cugini. 

Alla faccia di Orion, Altair e Cygnus


“Sembri allegro. Vedere persone cruentemente uccise ti diverte?”    Rod inarcò un sopracciglio, osservando l'amico con aria accigliata.  Antares fece per replicare la Bella lo batté sul tempo, parlando in tono vago dal banco antecedente come se stesse parlando del tempo:


“Hai a che fare con un Black, Rod... di che ti stupisci?” 

“Grazie per aver sottolineato il disprezzo che provi per la mia famiglia, Isabella... veramente stavo pensando che non vedo l'ora di provare ad evocare un Patronus, Rod.” 

Antares roteò gli occhi mentre alle sue spalle Isabella sfoggiava un sorriso divertito... in realtà non disprezzava i Black, la divertiva solo far credere ai diretti interessati che fosse così.
Rod si accorse dell’espressione della ragazza e le rivolse un sorriso, strizzandole l’occhio come se avesse capito prima di voltarsi di nuovo verso la cattedra, tornando ad ascoltare la spiegazione dell’insegnante. 


Nella fila accanto invece Jane era seduta accanto a Dante e stava prendendo diligentemente appunti, evitando accuratamente di guardare le immagini proiettate alla lavagna che le procuravano fastidiosi brividi lungo la schiena. 
Era più tipo da Unicorni, Crup, Snasi, Puffole Pigmee o Kneazle invece di quelle disgustose Creature... 

Dante, conoscendola, le rivolse un’occhiata in tralice, chinandosi leggermente per avvicinarsi e parlarle sottovoce:

“Hai la pelle d'oca, Jane.” 

“Sai com’è, non è il mio genere di Creature.” 


“Ovviamente... ma tranquilla, hai sentito Cavendish... solo zone tropicali, quindi noi siamo salvi. Anche se potrebbe comunque esserci un qualche Velo Vivente nascosto nei meandri della scuola... ho sentito che c'è davvero di tutto, nella Stanza delle Necessità. E dopo la Camera dei Segreti, direi che abbiamo la prova che questa scuola è molto più di quel che sembra.” 

Dante si strinse nelle spalle, parlando in un tono volutamente vago mentre si stiracchiava, stendendo le gambe lunghissime sotto al banco mentre Jane si bloccava per un istante, elaborando le parole del ragazzo prima di deglutire a fatica.

“Dan, piantala...” 

“Guarda che dico sul serio... potrebbe anche spuntare qualcosa da dietro l'angolo quando meno te l’aspetti.” 

Dante protese un braccio oltre la schiena di Jane, raggirandola prima di stringere con forza la mano sul suo braccio, quasi come a volerle far credere che qualcuno fosse pronto ad aggredirla alle spalle. 

“DAN, smettila!” 

Il sibillino quasi minaccioso di Jane lo fece sorridere, guardando con affetto la ragazza divincolarsi dalla sua stretta per poi allontanarsi da lui con la sedia di qualche centimetro.

“Dai piccola, scherzavo... se anche ci fosse qualche mostro, ti difenderò io!” 


Jane borbottò qualcosa di incomprensibile, provando a restare imbronciata anche mentre lui sorrideva, dandole un buffetto affettuoso sulla guancia. Alzando lo sguardo Dante sfoggiò un sorriso colpevole in direzione di Will, che li stava osservando con un sopracciglio inarcato, come a volergli chiedere se avevano finito con le effusioni così che lui potesse proseguire con la lezione.

Jane divenne di un’accesa tonalità di bordeaux e si affrettò ad abbassare lo sguardo, maledicendo mentalmente Dante e la sua capacità di distrarla dai compiti e dalle lezioni.     


                                                                              *


“Ciao... cosa stai facendo?” 

Will si voltò, alzando lo sguardo dal libro che stava leggendo e guardando Charlotte chiudersi la porta della Sala insegnanti alle spalle con una tazza di porcellana fumante in mano.

“Ripasso per preparare le lezioni... È the?” 

“Meglio, cioccolata calda. Di che hai parlato oggi?”    Charlotte sedette di fronte a lui al tavolo rettangolare, appoggiando la tazza sul ripiano di legno e sporgendosi leggermente per vedere le illustrazioni sul libro... ma si ritrasse quasi subito, piegando le labbra carnose in una smorfia di disgusto:

“Ok, forse non voglio saperlo.” 

“Sono Lethifold, Charlotte... ma tu dovresti aver visto cose peggiori, no?” 

“È diverso... un conto è vedere qualcuno venire ucciso, un altro è un uomo divorato vivo.” 

La donna si strinse nelle spalle, abbassando lo sguardo sulla tazza come se le fosse quasi passata la voglia di berne il contenuto dopo aver visto quelle immagini... Will la guardò per un attimo ma poi abbassò lo sguardo a sua volta, tornando a posare gli occhi sul libro aperto:


“Ammetto che non è un bello spettacolo... preferirei parlare d'altro, in effetti.” 

“Per esempio? Unicorni scintillanti?”     Il sorriso e il tono ironico di Charlotte le fecero guadagnare un’occhiata leggermente torva da parte del collega, che si sistemò distrattamente i polsini della camicia sotto la giacca. 

“Non proprio, quella è roba da donne.” 

“Tipico. Pensate che siamo tutte delle inutili civette che stravedono per le cose belle e scintillanti... credo che ci vediate come delle Gazze Ladre, infondo. Eppure non sono io quella che indossa gemelli d'oro.” 


Charlotte inarcò un sopracciglio, accennando al polso del collega con aria quasi scettica. Lui seguì il suo sguardo, stringendosi nelle spalle prima di coprire la manica della camicia con la giacca:

“Mi piacciono le cose belle, che c'è di male?” 

“Niente, le cose belle piacciono a tutti infondo... Mia madre stravedeva per il bello, era convinta che io fossi la sua preziosa bambolona con cui giocare.” 

La donna si strinse nelle spalle, bevendo un sorso di cioccolata mentre spostava lo sguardo fuori dalla finestra, osservando gli alberi che quasi si piegavano di fronte alla pressione esercitata dal freddo vento che tirava dalla sera prima. 

“Non sono materialista, Charlotte... esteta, forse.” 


Will si strinse nelle spalle con noncuranza, non avendo alcun problema ad ammettere che da sempre si era sentito irrimediabilmente attratto dalle cose di bell’aspetto... e anche dalle belle donne. 


“Beh, questo spiega perché ti vesti sempre in maniera molto elegante Cavendish...” 

“Mi stai criticando?” 

“Assolutamente no, non mi permetterei mai.” 

Lei gli sorrise e lui la scrutò con attenzione di rimando: era sempre stato lui quello che sputava frecciatine e battutine, che insultava sottilmente... e ora quella donna caparbia gli fregava lo scettro dalle mani. 

“Ovviamente, non mi offenderesti mai... non è che sotto sotto sei invidiosa del mio incredibile intelletto, Selwyn?” 

“No Cavendish, mi chiedo solo dove tu abbia imparato ad auto-elogiarti tanto bene.” 

“Dote naturale... ma infondo nessuno mi critica mai sotto questo punto di vista, indovina perché Charlotte? Perché tutto quello che dico è vero e nessuno può negarlo.” 


Questa volta spetto a lui il turno di sorridere, mentre Charlotte lo osservava senza particolari espressioni dipinte in volto, come se si stesse chiedendo con che razza di esemplare umano avesse a che fare:

“Ovviamente, ad esempio?” 

“Il mio aspetto, il mio cervello, le mie capacità... sostengo di possedere cose che effettivamente ho, Charlotte. Fattene una ragione, non puoi criticarmi per la mia vanità, perché è fondata.” 

Sorrise, guardandola quasi con soddisfazione perché sapeva che era, per una volta, riuscito a zittirla e ad avere verbalmente la meglio... Charlotte rimase in silenzio per un attimo prima di annuire, sfoggiando un mezzo sorriso quasi amaro:


“Forse hai ragione Cavendish, probabilmente ti invidio... perché in mezzo a tutto questo, con tutto quello che succede, tu pensi davvero quello che mi hai detto... è quasi ammirevole, vorrei essere in grado di farlo anche io.” 

La donna si alzò, facendolo sbuffare debolmente:

“Andiamo Charlotte, hai capito che intendo... so che c'è ben altro di cui preoccuparsi al momento, so quello che hai dovuto affrontare.”    

Mentre gli dava le spalle per uscire dalla stanza la vide fermarsi e voltarsi di nuovo verso di lui, osservandolo con puro scetticissimo. Si maledisse all’istante di aver parlato, non potendo certo dirle che sapeva quello che le era successo... 


“Davvero, Will? Che cosa sai?”     

“Niente di preciso, naturalmente... ma immagino che non sia sempre facile essere un Auror, specialmente adesso. Tutto qui.” 

Mentendo si strinse nelle spalle con finta noncuranza, abbassando lo sguardo e sapendo che lei lo stava osservando con attenzione

 “Sei nervoso, per caso?”

“Cosa?” 

“Per un attimo sei sembrato a disagio...” 

“Davvero?”        William inarcò un sopracciglio, chiedendosi che cosa stesse cercando di dirgli... ma Charlotte si limitò ad annuire, abbassando lo sguardo prima di uscire dalla stanza. 

“Si.” 

Avrebbe voluto chiederle spiegazioni ma la porta si chiuse alle spalle della donna, lasciandolo di nuovo solo nella stanza. Confuso, abbassò lo sguardo sul libro che giaceva ancora aperto accanto a lui, posando gli occhi sulle macabre illustrazioni... 
Non seppe come, ma l’idea gli baleno in testa all’improvviso, senza un mero motivo... le labbra di Will si piegarono in un debole sorriso, non accennando neanche lontanamente a provare a scacciare quel pensiero. 


                                                                        *


Imprecò a mezza voce, sentendo solo di sfuggita le urla del Capitano Thomas Rudd quando la Pluffa sfuggì alla sua presa, finendo dritta dentro all’anello di sinistra. 

Tirava un bel po’ di vento quel tardo pomeriggio, e anche se adorava il Quidditch in quel momento Dante avrebbe di gran lunga preferito trovarsi altrove, magari rannicchiato vicino ad un camino per scaldarsi. 

In più, non riusciva minimamente concentrarsi e non stava affatto dando il meglio di sé... aveva la mente altrove, lo sapeva. 
Dante sospirò, passandosi una mano tra i capelli e arruffandoli ancora di più, spostandosi verso l'anello centrale mentre l'aria sferzava prepotentemente la sua divisa scarlatta, facendola svolazzare quasi come se fosse una fiamma in mezzo al cielo grigio. 

Perché non riusciva a smettere di pensare a quello che gli aveva detto Rod qualche giorno prima? Aveva finto di non darci molto peso sul momento, ma da domenica non riusciva a darsi pace, chiedendosi chi potesse essere interessato alla sua Jane senza però avere il coraggio di chiederle se avesse ricevuto qualche invito per la gita ad Hogsmead. 

Aveva provato in tutti i modi di far parlare Rod, arrivando anche a minacciare di affogarlo nel Lago Nero... ma il compagno di Casa non era certo uno sprovveduto e l'aveva accuratamente evitato nei giorni precedenti. 
Due giorni prima, quando si erano esercitati a duellare, Rod si era persino tenuto a debita distanza da Dante, sapendo che anche se non era bravo quanto lui negli scontri di quel tipo avrebbe potuto benissimo tirare fuori gli artigli e mandarlo al tappeto pur di farlo parlare. 

Per l'amor del cielo, chiedilo a lei e basta, che vuoi che sia? 

Dante sbuffò mentre cercava di concentrarsi sugli spostamenti della Pluffa che passava di Cacciatore in Cacciatore davanti a lui, rimpiangendo la presenza di Amos... se ci fosse stato lui, sarebbe stato tutto più facile e avrebbe potuto chiedergli consiglio o aiuto... magari gli avrebbe chiesto di indagare per conto suo. 

Purtroppo però non aveva più Amos su cui contare... e avrebbe dovuto pensarci da solo. In fondo si trattava di una semplice domanda, eppure si sentiva tremendamente a disagio e quasi stupido all’idea di porla a Jane.

Sbuffando sommessamente Dante saettò di due metri a sinistra, afferrando con una mano sola la Pluffa. 
Abbassò lo sguardo sulla palla di cuoio prima di lanciarla di nuovo si compagni, dandosi mentalmente dell’idiota per tutte le paranoie che si stava facendo... glie l'avrebbe chiesto e basta, non appena terminato l’allenamento. 


Una vocina nella sua testa gli suggerì che forse temeva la risposta più che la domanda in se... ma il ragazzo non ci diede molto peso, ordinandosi di concentrarsi sul Quidditch per altri venti minuti prima di sferrare con forza la Pluffa in direzione di Thomas, che sembrò sollevato di vederlo di nuovo concentrato. 


                                                                                     *


“Non vorrei fare la figura della codarda, ma questa roba è un po’ inquietante... non trovi?” 

“In effetti avrebbero potuto omettere le illustrazioni, fanno un po’ senso.” 


Isabella piegò le labbra in una smorfia, rivolgendo un’occhiata quasi disgustata alle immagini di Lethifold disegnate sul libro che avevano preso in prestito dal Reparto Proibito della Biblioteca per scrivere una relazione. 

“Già... spero solo di non dovermi mai scontrare con creature del genere.” 

“Per nostra fortuna, stando a quanto dice qui vivono solo in zone tropicali... non mi addentrerò mai in qualche giungla, dopo questa relazione.” 

Le parole di Isabella fecero sorridere appena Jane, che s’immaginò la compagna incappare in un Velo Vivente in Amazonia per poi darsela a gambe alla velocità della luce. 


“Io non l'avrei fatto comunque, non sono tipo da escursioni. Si sta molto meglio seduti di un divano davanti ad un bel caminetto scoppiettante invece di andarsene a zonzo per le giungle!” 

Isabella rise, annuendo e guardando la Tassorosso seduta di fronte a lei con aria divertita:

“Non ti ci vedo per niente a vagare per una foresta, Jane... sei troppo... delicata.” 

“Probabile. Tu invece, che ne pensi delle escursioni?” 

“No grazie, preferiscono i libri... anche se questo è a dir poco rivoltante, ne ho abbastanza.” 


Quasi rabbrividendo Isabella chiuse il pesante e antico tomo con un colpo secco, cercando di allontanare l’immagine di un Lethifold che divorava un povero viaggiatore dalla sua mente. 

Le due ripresero a scrivere sulle rispettive pergamene in silenzio per qualche minuto, mentre l'unico rumore nella Biblioteca praticamente deserta era lo scoppiettare del camino e i passi di Madama Jones che metteva a posto qualche libro o controllava i registri.

Le due stavano approfittando dell’ora buca per prendersi avanti con i compiti di Difesa Avanzata, ovvero scrivere una relazione sulle creature di cui avevano parlato quel giorno stesso. 


All’improvviso un rumore di passi affrettati riempì la Biblioteca, quasi come se qualcuno stesse correndo.
Jane si accigliò, sollevando il capo e chiedendosi chi fosse tanto matto da mettersi a correre per gli scaffali... di certo la Jones avrebbe fulminato seduta stante il malcapitato. 

In effetti la voce piuttosto irritata della donna giunse alle orecchie delle due studentesse, che trattennero le risate mentre i passi si facevano sempre più vicini, come se il nuovo arrivato stesse andando nella loro direzione.

“Povera Madama Jones... qualcuno deve avere molta fretta, a quando pare.” 

Isabella inarcò un sopracciglio, sporgendosi leggermente per riuscire a vedere chi fosse appena arrivato alle spalle di Jane. La Corvonero sorrise appena nel riconoscere la fonte dei passi, trattenendosi però dal fare commenti mentre tornava a scrivere chinando il capo, limitandosi a parlare a bassa voce:


“Si, a quanto pare qualcuno ha molta fretta...” 

Jane fece per chiederle a cosa si stesse riferendo, ma una voce familiare la fece quasi sobbalzare:

“Jane...”           la Tassorosso si voltò di scatto, trovandosi davanti Dante che la osservava senza sorridere, con cipiglio quasi serio.

Ma perché anche quando parlava normalmente aveva la voce così forte? Ogni volta in cui la chiamava alle spalle le faceva perdere cinque anni di vita. 

“Dan, ciao! È successo qualcosa?” 


Jane inarcò un sopracciglio, osservandolo meglio e accorgendosi che indossava ancora la divisa della squadra di Grifondoro, aveva i capelli completamente spettinati e sembrava che avesse quasi corso fino alla Biblioteca dal Campo. 

Isabella smise di scrivere, chiedendosi se non ci fosse un modo per squagliarsela senza che nessuno dei due se ne accorgesse... d'altra parte però moriva dalla voglia di sapere che cosa volesse Dante: a giudicare dalla sua faccia, sembrava qualcosa di importante.

“No, io... volevo solo chiederti una cosa. Il 23 c'è la gita ad Hogsmead, ci vieni con me come al solito o hai... altri programmi?” 

Dante guardò la ragazza quasi con aria sconsolata, come se temesse di venire abbandonato... Isabella non riuscì a trattenersi dal sbuffare, mentre si diceva di non lanciare il tomo appoggiato sul tavolo in faccia al Grifondoro e urlargli che era ovvio che ci sarebbe andata con lui, che erano uno più ottuso dell'altra.

Jane sembrò sorpresa da quelle parole, accigliandosi leggermente ed esitando per un attimo di annuire, stendendo le labbra nel suo solito sorriso dolce:

“Certo che ci vengo con te Danny... sempre che tu non voglia passare il pomeriggio con qualcun altro, naturalmente.” 

Immediatamente il volto di Dante si illuminò è un sorriso allegro comparve sul suo volto, annuendo con veemenza:

“Certo che vengo con te, piccola Jane... pensavo solo che... niente, non importa. Ora vado a cambiarmi, la Jones mi ucciderà se resto qui con la divisa sporca... ci vediamo a cena, ciao Bella!” 

“Ciao Julius...” 

Senza smettere di sorridere neanche per un attimo Dante girò sui tacchi e si allontanò, mentre Jane tornava a concentrarsi sui compiti come se niente fosse e Isabella seguiva brevemente il ragazzo con lo sguardo prima di spostare gli occhi azzurri sulla compagna, guardandola con aria inquisitoria:

“Secondo te perché ti ha chiesto una cosa del genere? Sembrava avesse paura che potessi andarci con qualcun altro.” 

“Non saprei... in effetti ho ricevuto un invito, ma preferisco andarci con Dan come sempre.” 

Jane si strinse nelle spalle e la risatina di Isabella non le sfuggi, lasciandole un’occhiata eloquente come a volerle dire di lasciar perdere. 
La Corvonero colse il messaggio è alzò le mani in segno di resa, sorridendo con aria divertita:

“Come vuoi Jane... fingi pure di non cogliere l’evidenza, ma prima o poi sarai messa alle strette, credimi.” 

“Sbaglio o ultimamente ti sei promossa a Grillo Parlante, Bella?” 

“Che vuoi che ti dica, quando mi annoio vado in giro a dare consigli, a quanto pare.” 


                                                                             *


“Cattive notizie?” 

Regan si limitò ad annuire quasi con aria sconsolata alle parole di Lyanna, ripiegando la lettera che aveva appena finito di leggere. 

“Già... le cose non vanno bene, là fuori.” 

“Ti capisco, anche mio fratello è un Auror... spero solo che non gli succeda niente di male.” 


Non posso perdere anche lui


Le parole restarono sospese a mezz'aria, ma Lyanna fu certa che il collega avesse capito benissimo cosa voleva dire... 

“Anche io. Dopo quello che è successo a Dicembre ho il terrore che possa succedere qualcosa del genere anche a Stephanie. Fortunatamente lei non era a Londra, quella sera.” 

Sapeva che la moglie si sentiva quasi in colpa per non essere stata presente, ritenendo che magari avrebbe potuto fare in modo che le cose non finissero tanto make... ma lui aveva ringraziato il fato che aveva deciso di non mandarla in missione a Londra, non quella sera. 


“Neanche mio fratello... e ora nessuno di quelli che erano a Covent Garden possono raccontarlo, a parte Charlotte. Secondo te ne parlerà mai apertamente?” 

“Non lo so, non l'ha mai fatto finora... quello che so me l'ha detto Stephanie, ha portato lei Sean e Charlotte al San Mungo, quella sera. Hanno quasi dovuto usare la magia per togliere il corpo di Sean dalle mani di CeCe.” 

Il tono cupo di Regan costrinse Lyanna ad immaginarsi la scena, anche se le risultava tremendamente difficile: faceva fatica a figurarsi Charlotte in lacrime e disperata, visto che solitamente non si scomponeva più di tanto. 

“Sai, quasi mi spiace di sapere cosa le è successo senza che lei lo sappia.” 

“Lo so, ma credo sia stato meglio dirvelo onde evitare spiacevoli episodi... spero solo che stando qui si distragga, anche se essere fuori dal mondo la rende molto nervosa.” 

Regan continuò a rigirarsi la fede, pensando all’amica e chiedendosi se lui e Stephanie avessero scelto bene quando avevano deciso di non parlare più di quanto succedeva al Dipartimento... Charlotte odiava sentirsi impotente, gli risultava difficile immaginarsela buona buona a fare lezione senza cercare di indagare su cosa succedesse fuori da Hogwarts. 


“Credo che le farà bene stare qui.., se non altro sarà impegnata a battibeccare con Will.” 

Lyanna sorrise, cercando di sdrammatizzare mentre pensava ai numerosi battibecchi a cui aveva assistito tra i due, che si colpivano spesso a suon di frecciatine... Anche se stava iniziando a domandarsi se per caso un girono Charlotte non avrebbe tirato fuori la bacchetta per maledire il collega, e allora sarebbero stati guai seri oltre che uno spettacolo molto divertente. 

“Non lo metto in dubbio... credo che potrebbero fare cabaret, sono piuttosto comici a volte... ma non dire a nessuno dei due che ho detto così, altrimenti si alleerebbero per uccidermi e il mio cadavere verrebbe ritrovato sul fondo del Lago Nero, probabilmente.” 


                                                                            *


“Non hai ancora finito i compiti, Roddy?” 

Antares si lasciò cadere su una poltrona, sfinito dopo l’allenamento. Rod lo fulminò con lo sguardo prima di tornare a scarabocchiare velocemente sul suo rotolo di pergamena, borbottando a mezza voce:

“Evita di chiamarmi così... e comunque si, sono alle prese con Storia della Magia.” 

“Beh, puoi sempre non finirli e uscirtene con una delle tue citazioni... com'era quella della settimana scorsa? “Mi appello al diritto di oziare”? Credo che ormai gli insegnanti tengano un registro con i tuoi aforismi, Rod.” 

“Sei solo invidioso perché questo brillanti idee vengono a me e non a te, Black... pensa ai tuoi preziosi allenamenti invece, credo che la mia Casa sia molto impaziente di battervi alla Semifinale.” 

Il Grifondoro abbassò lo sguardo sui compiti, sapendo che i Grifondoro non avevano alcuna intenzione di perdere proprio contro i Serpeverde nella partita di Marzo. 

Il Caposcuola però si strinse nelle spalle come se non fosse affatto preoccupato:

“Ne sono certo, ma nemmeno noi ci faremo battere dai palloni gonfiati... senza offesa, naturalmente.” 

“Tranquillo, nessuna offesa... non ho mai capito tutto questo accanimento tra le case, comunque. Serpeverde che odiano i Grifondoro e viceversa, Serpeverde che disprezzano i Tassorosso... ma c'è qualcuno che vi va a genio?” 

“Non saprei dirti... forse ci sentiamo leggermente superiori agli altri.” 

“Se vi sentite solo leggermente superiori io sono William Shakespeare.” 









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Angolo Autrice:

Scusate il lieve ritardo rispetto al solito, ma negli ultimi giorni mi sono concentrata di più su un’altra storia visto che era arrivata alla fine... ad ogni modo grazie mille per le recensioni come sempre :) 

Questa volta ho una piccola domanda per voi: 
Quand’è il compleanno del vostro OC? 

Ci sentiamo in settimana con il seguito, a presto e buona serata! 

Signorina Granger

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Capitolo 13
*** Gaffe e serate inusuali ***



Capitolo 12: Gaffe e serate inusuauali

 
Giovedì 14 Febbraio


“Andiamo ragazzi, non è poi la fine del mondo… Provateci almeno!”

Lyanna alzò gli occhi al cielo, osservando i suoi studenti a metà tra il divertito e l’esasperato: sembrava che molti non morissero dalla voglia di avvicinarsi a delle brutte ferite, anche se si trattava di manichini a cui la donna aveva fatto prendere magicamente sembianze umane, per rendere il tutto più realistico.

Per tutta risposta ricevette un coro di borbotti sommessi e le sue labbra si inclinarono leggermente in un sorriso, incrociando le braccia al petto e inarcando un sopracciglio:

“Mi rendo conto che oggi preferireste fare altro, ma prima finite e prima sarete liberi di andare a cercare la vostra dolce metà.”

“Hai sentito, Antares? Se finiamo in fretta potrai andartene, quindi muoviti e smettila di fare quella faccia, sembra che tu abbia visto un fantasma!”

“Come fai ad essere così calmo? E’ un cadavere!”

“Un cadavere pur sempre FINTO, Antares.” Rod sbuffò, guardando l’amico con cipiglio quasi esasperato: da una parte l’avversione e il disgusto che il suo amico provava per il sangue un po’ lo divertiva… ma dopo mezz’ora di lezione si stava pentendo di averlo scelto come compagno.
Il Serpeverde sbuffò, borbottando che mai nella vita avrebbe lavorato con i feriti o i malati mentre si teneva provvidenzialmente alla larga dal sangue, anche se finto, e lasciava che fosse l’amico a ricucire le ferite più superficiali.

“Non capisco perché dobbiamo fare così’… insomma, siamo maghi, non Babbani! Non dovremmo usare la magia, invece che fare tutto a mano come loro?”

Antares sbuffò, lanciando un’occhiata torva al “paziente” di cui dovevano occuparsi. Rod non disse niente, limitandosi a roteare gli occhi chiari mentre cercava di ricucire i tagli alla meno peggio.

“Devo dire che è difficile, però! Ma come fanno i Babbani… io sto combinando un macello, la prof mi ammazzerà! Comunque credo che ci voglia far capire come lavorano i Babbani.”

Rodericus sospirò, desiderando come non mai di trovarsi a Trasfigurazione o al Club dei Duellanti: non che la materia non gli interessasse, ma non si sentiva particolarmente portato… anche se era comunque migliore di Antares, che alla prima lezione con Lyanna era quasi sbiancato per poi squagliarsela in bagno per venti minuti.

“Non dire scemenze, è troppo gentile per prendersela con chiunque… Comunque, credo che tu l’abbia ricucito in modo un po’ strano…”

“Non è mica facile, provaci tu se ti senti un medico provetto!”



Nel frattempo, qualche metro più in là, Jane e Bella erano chine sul loro manichino, mentre la Tassorosso aveva una gran voglia di sotterrarsi sotto il pavimento e la Corvonero invece rideva sotto i baffi, incapace di non trovare divertente la gaffe dell’insegnante ad inizio lezione.

“Bella, te lo chiedo per favore… non ridere, è già abbastanza imbarazzante…”

Jane sospirò, lanciando all’amica un’occhiata cupa mentre la rossa non la smetteva di sghignazzare.

“Non ne dubito Jane… ma proprio perché sei diventata di una tonalità più scura persino dei miei capelli dovresti farti un paio di domande, non credi?”

Isabella sorrise, guadagnandosi dalla Tassorosso un’occhiata leggermente torva: in effetti se le stava facendo eccome, ma non teneva a farle sapere che aveva pienamente ragione… 
La ragazza abbassò di nuovo lo sguardo sul manichino affidato a lei e Isabella, cercando di sistemare le ferite su braccia e spalle come Lyanna aveva mostrato la settimana precedente. 

“Puoi anche ignorare me Jane Prewett, però non puoi farlo con quello che provi…”

Isabella sfoggiò un’espressione quasi divertita, cogliendo perfettamente il rossore sulle guance della ragazza prima di lanciare un’occhiata in direzione di Dante, sorridendogli allegramente quando si accorse che anche lui le stava osservando.

Il Grifondoro quasi sussultò e abbassò gli occhi in fretta e furia, cosa che fece scuotere il capo alla Corvonero quasi con arrendevolezza: quei due erano proprio cocciuti, ostinandosi a negare l’evidenza… o meglio, a fare finta di niente.


                                                                                 *


“Non è che per caso hai visto il libro che stavo leggendo ieri? Ero convinto di averlo lasciato qui...” 

Will sbuffò, spostando figli, calamai e libri dal tavolo che occupava parte della Sala Insegnanti e chiedendosi dove fosse finito il libro sui Patronus che stava leggendo fino alla sera prima. 

“No, non mi pare.” 

Will smise di cercare e alzò lo sguardo, rivolgendo un’occhiata scettica in direzione della poltrona davanti al caminetto acceso dove si era appollaiata Charlotte, intenta a leggere senza apparentemente curarsi molto della sua presenza. 

Perché qualcosa gli diceva che invece magari l'aveva spostato proprio lei? 

“Sicura?” 

“Si, Cavendish... l'avrai dimenticato da qualche parte.” 

“Io non dimentico mai niente, in realtà... ma pazienza, salterà fuori.” 


Charlotte non batté ciglio, continuando a leggere come se lui non ci fosse. Spinto da chissà quale impulso Will andò a sedersi nella poltrona di fronte a quella occupata dalla collega, studiandola con un mezzo sorriso divertito stampato in faccia:

“Non mi dirai che sei ancora arrabbiata con me per lo scherzetto che ti ho fatto l'altro giorno, CeCe...” 

“Non chiamarmi CeCe... e non provocarmi Cavendish, aspetto solo un scusa per poterti Schiantare.” 

Charlotte sollevò le iridi verdissime dalle pagine del libro fulminando il collega con lo sguardo mentre lui sorrideva, ricordando con non poco divertimento quando, pochi giorni prima, aveva avuto la brillante idea di fare uno scherzo alla collega, stregando uno dei lunghi mantelli appesi nell’armadio in Sala Insegnanti affinché sembrasse quasi un Velo Vivente e l’Auror non aveva reagito molto bene, dandogli ripetutamente dell’idiota immaturo prima di decretare che lo odiava, il tutto mentre Will quasi si era rotolato dalle risate sul tappeto della stanza. 

“Non lo faresti mai... come si suol dire, con che abbaia non morde. Non essere permalosa Charlotte, è stato uno scherzo innocente...” 

Will sorrise con aria divertita, il gomito appoggiato sul bracciolo della poltrona e la mano che sorreggeva il mento, osservando la donna fulminarlo con lo sguardo e borbottare qualcosa di incomprensibile mentre tornava a concentrarsi sul suo libro proprio mentre la porta si apriva, permettendo ad una Lyanna leggermente imbronciata di fare la sua comparsa.

“Salve...” 

“Ciao. Che faccia da funerale... i ragazzi ti hanno fatta dannare?” 

“No, ma mi sono fatta una figuraccia... dovrei mordermi la lingua, prima di parlare.” 

La donna sbuffò, andando a sedersi su una sedia e puntando gli occhi scuri sul fuoco con aria quasi sconsolata, come se si stesse auto-maledicendo per qualcosa che aveva fatto o detto.

Sia Will che CeCe inarcarono un sopracciglio, guardandola con curiosità e invitandola silenziosamente a parlare: che cosa poteva mai aver combinato la loro collega, che era a dir poco amatissima dai loro studenti?

“Se non sono indiscreta, che cosa è successo?” 

“Avete presente Jane Prewett e Dante Julius?”        Lyanna sbuffò mentre i due colleghi annuivano, gli occhi puntati su di lei senza dire una parola per invitarla a proseguire. Dopo aver esitato per un attimo la Pozionista sbuffò, passandosi una mano tra i capelli castani mentre concludeva il discorso:


“Beh, oggi è San Valentino... e spesso e volentieri, come credo vi sarete accorti anche voi, quei due si siedono vicino o lavorano in coppia insieme. Beh, io ho avuto l’accortezza di uscirmene con una frase del tipo ‘capisco che vogliate stare insieme visto che è San Valentino, ma oggi le coppie preferisco farle io’... perché non sto mai zitta?” 


Lyanna sospirò con aria grave, conscia dell’imbarazzo che aveva generato in quei due poveri ragazzi: e lei che si era convinta che stessero insieme, vedendoli sempre appicciati e intenti a ridere e a sorridersi. 


Charlotte e William osservarono la collega per un attimo, restando in silenzio ed immobili per una frazione di secondo prima di scoppiare fragorosamente a ridere quasi contemporaneamente, come se trovassero il tutto sinceramente divertente.

“Si, bravi, ridete pure! Menomale che passate metà del tempo a criticarvi a vicenda, in realtà siete uguali, voi due!”   Lyanna sbuffò, incrociando le braccia al petto e provando a fingersi offesa, anche se non durò a lungo di fronte all’ilarità dei due colleghi, finendo per distendere le labbra in un sorriso a sua volta:

“Ok, ammetto che è divertente, ma solo un po'’.” 

“Solo un po’? E io che pensavo di essere la regina delle gaffe, Lyanna grazie di esistere! Avrei proprio voluto esserci e vedere le loro facce...” 

Charlotte sorrise, immaginandosi la scena e pensando quasi con compassione ai due ragazzi: di sicuro entrambi si sarebbero voluti seppellire dall’imbarazzo, in una situazione del genere. O almeno, lei avrebbe avuto quell’impulso. 

“Jane è diventata viola, Dante al contrario è come sbiancato... ma mi rifiuto di pensare di aver preso una cantonata, secondo me c'è sotto qualcosa sul serio!” 


Il tono risoluto di Lyanna fece alzare gli occhi al cielo a Will, che ringrazio mentalmente Regan per essere tornato a casa quel giorno per stare un po’ con Stephanie: sentendo quella conversazione di sicuro il collega ed ex compagno di Casa avrebbe iniziato a costruire castelli d’aria, vedendo coppiette a destra e a sinistra. 

“Se anche fosse, non sono affari nostri... mi chiedo perché voi donne siate così ossessionate dalle storie d’amore altrui. Perché amate tanto ficcanasare?” 

“Non dobbiamo certo spiegarlo ad un cretino che fa scherzi orrendi! A proposito, fa’ di nuovo una cosa simile e dirai addio a quella faccia di cui vai tanto fiero, Cavendish.” 


                                                                                 *


Guardando Lucy McKoy e Andrew Le Fault abbracciati in un angolo della corsia e intenti a ridere e a parlare sottovoce, Jane Prewett si chiese perché tutti andassero matti per quella festa.

San Valentino, la festa degli innamorati... a lei non aveva mai fatto né caldo né freddo e l'aveva sempre passato con Amos e Dante come se niente fosse, non trovandosi nulla di speciale. 

Sembrava però che molti fossero in disaccordo con lei, visto quella mattina mezza scuola si era presentata in Sala Grande per la colazione con gli occhi a cuoricino e amore che sprizzava da tutti i pori... per lei era stata, come sempre, una mattinata normalissima... finché non era arrivata l'ora di Medimagia e le parole della professoressa l'avevano quasi spiazzata. 

Ormai era abituata alle allusioni non poi molto vaghe di Bella, ma sentirlo dire da una quasi estranea che non li conosceva era diverso... quindi davano davvero quell’impressione? 
Al solo pensarci Jane sentì di nuovo una forte sensazione di calore su tutto il viso, sapendo di essere arrossita di nuovo... ma non c'era un modo per controllare quell’orrenda reazione spontanea?

La Tassorosso sbuffò sommessamente, abbassando lo sguardo sui compiti che almeno in teoria avrebbe dovuto fare e imponendosi di piantarla per concentrarsi, anche se Dante Julius era irrimediabilmente nella sua testa.

Si trattenne dal prendere il tavolo a testate, dandosi mentalmente della cretina e borbottando a Dan di andarsene dalla sua testa, come se potesse sentirla.


“Ah, gentile! Io corro qui per stare un po’ con te e tu mi mandi via? Non si fa così, piccola Jane.” 

La Tassorosso sentì quasi il sangue gelarsi nelle vene prima di voltarsi di scatto, sforzandosi di sorridere mentre arrossiva per l'ennesima volta di fronte alla faccia corrucciata e quasi offesa di Dante, che la osservava dall’alto del suo 1,97 cm a braccia conserte, in piedi dietro al tavolo.

“Danny, ciao! No, non dicevo a te, parlavo tra me e me... quando sei arrivato?” 

“Poco fa, avrò anche una voce impossibile da ignorare ma almeno so muovermi con passo felpato... posso sedermi o mi manderai via?” 

Dante inarcò un sopracciglio, facendola sorridere e accennare col capo alla sedia accanto alla sua, provocandogli di rimando un sorriso allegro prima di prendere posto, scostando leggermente la sedia per starle più vicino. 

“Bene... allora, che stavi facendo?” 

Dante sfoggiò un sorriso allegro, puntando gli occhi eterocromatici sulla ragazza che abbassò lo sguardo sui libri, accigliandosi leggermente prima di rispondere: 

Mi chiedevo perché ultimamente la tua presenza mi fa uno strano effetto 


“Studiavo Aritmanzia, ti unisci a me spilungone?” 

“Neanche per idea, io e l’Aritmanzia proveniamo da due pianeti totalmente differenti... no, credo che mi dedicherò a Pozioni prima dell’allenamento.” 

“Non capirò mai perché tutti amano tanto il Quidditch... e poi siete matti ad allenarvi con questo tempo, fa freddissimo!” 

“Ne deduco che non verrai a vedermi, quindi.” 

“Alla partita verrò di sicuro, ma per oggi preferisco studiare invece che prendermi una polmonite... cerca invece di non farti male, piuttosto.” 


Jane scoccò al ragazzo un’occhiata quasi apprensiva che lo fece sorridere, guardandola con aria maliziosa:

“Nell’eventualità mi faresti da infermiera?” 

“Zitto e pensa ai compiti, Julius.” 


                                                                                  *


“Questa è un’ingiustizia, ecco cos’è! Ma non toccava ai Prefetti stasera?” 

Isabella sbuffò, camminando lungo il corridoio semi buio con aria leggermente contrariata, al fianco di un Antares che sembrava quasi annoiato, camminando con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni neri della divisa. 

“In teoria si, ma pare che abbiano richiesto un cambio a Silente... probabilmente volevano passare la serata con le loro “dolci metà”, per citare la Gobletz.” 

Il Serpeverde fece spallucce ma sentendo nominare la professoressa Isabella sorrise appena, lanciandogli un’occhiata divertita:

“A proposito... sbaglio o oggi morivi dalla voglia di scappare?” 

 “Io non scappo Isabella.” 

“C'è sempre una prima volta, no? E sei un Serpeverde, non possiamo certo definirvi dei cuor di leone... ma non c'è di che vergognarsi, un sacco di persone sono a disagio con il sangue.” 

“A te non dà fastidio?”     Antares inarcò un sopracciglio, guardandola come se non riuscisse a credere che il vedere o il contatto con il sangue non la mettesse a disagio.
Al sentire quelle parole il sorriso scomparve molto in fretta dal volto pallido di Isabella, che serrò la mascella per una frazione di secondo prima di rispondere in tono piatto, gli occhi chiari puntati dritti davanti a se mentre continuava a camminare:

“No. Non più.” 


                                                                            *


Dante si chiuse la porta alle spalle, cercando di fare il più piano possibile: ormai era passata l'ora di cena e la Biblioteca era praticamente vuota... era stanchissimo e in quel momento avrebbe voluto solo buttarsi sotto le coperte e dormire nel suo morbido letto, ma purtroppo doveva ancora finire di studiare. 


Cercando di fare il più piano possibile per non beccarsi l'ennesima ramanzina della Jones, che ormai probabilmente l'aveva battezzato come suo incubo personale, Dante percorse qualche corsia buia e praticamente deserto fino a raggiungere il tavolo dove, un paio d'ore prima, aveva studiato insieme a Jane. 

Gli piaceva il Quidditch e teneva moltissimo al suo posto in squadra, ma a volte era davvero difficile riuscire a stare al passo con i compiti con gli allenamenti... e dall'ultimo mese avevano anche iniziato delle lezioni extra che di sicuro non contribuivano a farlo sentire rilassato.

Nell’avvicinarsi al tavolo, illuminato debolmente da un paio di candele, Dante si fermò per un istante osservando la figura stagliata in controluce.
Sorrise istintivamente nel scorgere i capelli castani di Jane sciolti sulle spalle della ragazza mentre le si avvicinava cercando di fare piano, quasi certo che si fosse addormentata. 

Sedendosi accanto a lei Dante sorrise con aria divertiva, scrutando il viso di Jane appoggiato sulle braccia.

“Non credi di studiare troppo, Jane?” 

Si sforzò di usare un timbro basso anche se, come sempre, la sua voce risuonò nell’ambiente silenzioso e praticamente deserto, visto che la Biblioteca stava per chiudere... 
Sapendo che avrebbe dovuto svegliarla perché altrimenti avrebbe dovuto portarla fino al suo Dormitorio in spalla – cosa che avrebbe anche fatto, ma probabilmente il resto della scuola non l'avrebbe presa bene – Dante allungò una mano, sfiorandole il collo pallido con le lunghe dita e solleticandoglielo appena, sorridendo nel vederla contorcersi leggermente come se volesse dirgli di lasciarla dormire in pace. 

“Andiamo piccola Jane, non puoi dormire qui... domani ti sveglieresti con un bel mal di schiena.” 

Facendole il solletico con maggiore intensità Jane sorrise istintivamente, aprendo gli occhi e alzando una mano per portarsela sul collo e sfiorare quella del ragazzo, che vedendo che si era finalmente svegliata del tutto le sorrise allegramente: 

“Ciao, studentessa diligente! Tanto per chiedere, sei qui da quando me ne sono andato?” 

“Si, mi sono addormentata alle 9 credo... ma grazie per avermi svegliata. Che ci fai qui?” 

Jane si rimise dritta sulla sedia, stiracchiandosi mentre lui scrollava le spalle, borbottando qualcosa sui libri che doveva recuperare per finire i compiti nella sua Sala Comune. 

“Beh, buona fortuna... ti aiuterei io, ma credo che andrò a dormire o mi addormenterò di nuovo qui... ci vediamo domani Dan.” 

Jane sorrise mentre con un colpo di bacchetta faceva tornare ordinatamente libri, pergamene e piume nella sua borsa prima di sporgersi leggermente, dandogli un bacio su una guancia per poi alzarsi con la borsa caricata in spalla. 

“Buonanotte.” 

Dante le sorrise di rimando, guardandola allontanarsi prima di sparire dietro ad uno scaffale. Quando Jane uscì dal suo campo visivo Dante sospirò, voltandosi di nuovo verso il tavolo prima di parlare a bassa voce:

“Buon San Valentino, piccola Jane.” 


                                                                          *


Sospirò, rigirandosi sulla schiena per posare lo sguardo sul soffitto buio della stanza. 
Aveva problemi a dormire da un paio di mesi, da quando suo fratello era morto... e quella sera la sua mentre sembrava restia a spegnersi: nonostante avrebbe davvero voluto addormentarsi si sentiva perfettamente sveglia e vigile. 

A casa, quando non dormiva, gironzolava spesso per i corridoi... e ora non era più una studentessa, quindi se voleva andarsene a zonzo di notte per la scuola nessuno avrebbe potuto dirle nulla, o almeno in teoria.

Scalciando le coperte Charlotte si alzò, rabbrividendo dal freddo e infilandosi in fretta la vestaglia color avorio prima di uscire dalla camera facendo il più piano possibile, la bacchetta stretta in mano per farsi luce. 


Non sapeva nemmeno lei dove volesse andare, di preciso... si limitò a percorrere i corridoi al buio, rammentando le rare occasioni in cui aveva fatto una cosa del genere anche da studentessa, una volta anche in compagnia di Sean. 

Respirò profondamente, tenendo le braccia conserte come se volesse difendersi inconsciamente da qualcosa, camminando al buio con la vestaglia chiarissima che fluttuava dietro di lei. Probabilmente se qualcuno fosse spuntato da dietro un angolo l'avrebbe scambiata per un fantasma, in effetti. 


Charlotte percorse tutto il terzo piano contando i passi a bassa voce come aveva l'abitudine di fare quando era da sola. Al 325º passo era arrivata ai piedi delle scale e quasi senza rendersene conto scese al secondo. 

“Trecentotrenta, trecentotrentuno, trecentotrentadue...” 

Al 333º si bloccò di colpo, sentendo dei passi provenire da oltre il corridoio, seguite da delle voci appena udibili. 
Dopo anni era abituata a buttarsi nella mischia, quando sentiva qualcosa... non era abituata a scappare di fronte all’ignoto, non l'aveva mai fatto.
Charlotte sentì i muscoli delle braccia tendersi all’improvviso, quasi come se non fosse ad Hogwarts ma di nuovo a Londra, pronta a sfuggire a qualche Maledizione senza Perdono. 

Piantala Charlotte, sei ad Hogwarts, non in missione


Dicendosi che si trattava di sicuro di un qualche Prefetto di ronda o al massimo di qualche studente che aveva deciso di farsi una passeggiata come lei, Charlotte si mosse di nuovo e fece qualche passo avanti, accendendo la punta della bacchetta per riuscire a vedere. 

Nel momento stesso in cui imboccò il corridoio sentì i passi e le voci cessare di colpo... per un istante le parve di sentire soltanto il suo battito cardiaco ma per una volta non si fermò a contare, puntando gli occhi sul fondo del corridoio dove qualcuno le stava restituendo lo sguardo. 

“Charlotte?” 

Un’ondata di sollievo la investì di colpo e si ritrovò a sorridere quasi senza volerlo, osservando Regan sorriderle di rimando mentre le si avvicinava. 

“Ah, siete voi... dovevo immaginarlo, Sherlock e Watson di nuovo alla riscossa.” 

Inaspettatamente Regan l’abbracciò, quasi come se non si fossero visti per mesi interi e non per meno di due giorni:

“Non so chi siano, ma prima o poi mi informerò... come stai?” 

“A meraviglia. Come sta Stephanie, piuttosto?” 

Charlotte gli sorrise mentre Will era ancora fermo in mezzo al corridoio, osservandoli in silenzio e tenendo la bacchetta stretta in mano ad illuminarli.

“Ti saluta, sta benissimo.” 


Regan le rivolse un sorriso allegro e probabilmente Charlotte avrebbe indagato oltre, magari per scoprire qualcosa su quanto stesse accadendo al Ministero, ma Will si schiarì la voce e riportò l’attenzione dei due su di sé:

“Non vorrei interrompervi... ma non dovevamo andare, Regan?” 

“Si, giusto... arrivo. Stiamo andando alle cucine, CeCe... vieni anche tu?” 

“Si, ma vi consiglio di fare meno casino o sveglieremo tutto il castello... La camera di Lyanna non è su questo piano?” 

Charlotte inarcò un sopracciglio, avvicinandosi a Will insieme a Regan e chiedendosi se non si sarebbe unita anche lei all’allegra brigata: non era improbabile che avrebbero finito per svegliarla. 

“In effetti credo di sì... ma bando alle ciance, non ho cenato e ho fame, ci vuole uno spuntino serale.” 


                                                                         *


“Hai sentito?”       Isabella si bloccò di colpo, tendendo le orecchie mentre il silenzio calva di nuovo nel corridoio del secondo piano... sembrava che fossero soli, ma avrebbe giurato di aver sentito un rumore.

“A dire la verità, no. Che cosa hai sentito?” 

“Non lo so, credo ci sia qualcuno in giro.”    Isabella inarcò un sopracciglio, chiedendosi chi potesse avere la malsana idea di andarsene a zonzo quando lei avrebbe ucciso per tuffarsi sotto il suo piumone.
Antares non sembrò dare molto peso alle sue parole, limitandosi a fare spallucce prima di lanciare alla ragazza un’occhiata in tralice:

“Beh... magari è solo il mostro della Camera dei Segreti che ha deciso di farsi un giro.” 


Un lieve sorrisetto increspò le labbra del ragazzo nel cogliere la reazione di Isabella, che era sbiancata e irrigidita all’improvviso:

“Per favore, non scherzare...” 

“Sono serissimo, chi ti dice che non sia uscito da... beh, da ovunque si nasconda. Rilassati Isabella, non se la prenderà con noi.”      Antares sorrise e fece qualche passo avanti, raggiunto in fretta e furia dalla compagna che sbuffò sommessamente:

“Non è il caso di prenderla alla leggera, è morta una ragazzina l'anno scorso.” 

“Non la sto prendendo alla leggera, infatti... sto solo facendo un’ipotesi. Non mi dirai che hai paura, vero Bella?” 


“No. Certo che no. Ma rallenta, non lasciarmi da sola... BLACK, PERCHÉ DIAMINE HAI MESSO IL TURBO?”

Isabella sbuffò, accelerando per stare al passo con il “collega”, che rise sotto i baffi mentre camminava a passo svelto lungo il corridoio, quasi soddisfatto di essere riuscito a mettere un po’ di ansia addosso alla Corvonero. 

“Che domande, per scappare dal mostro... però devo dire che per avere le gambe corte non sei troppo lenta!” 

“Tante grazie, sei un vero gentiluomo.” 


                                                                        *


“Secondo voi che cosa diranno gli elfi domani mattina si troveranno le scorte saccheggiate?” 

Lyanna, con la forchetta in mano e una crostata alla crema davanti inarcò un sopracciglio, pensando con un po’ di compassione ai poveri elfi: aveva sentito che quelli di Hogwarts fossero a dir poco gentilissimi e servizievoli, di certo se avessero chiesto non avrebbero esitato a dargli qualcosa da mangiare... peccato che avessero scelto proprio quell'ora per fare uno spuntino.

“Non lo so, ma se qualcuno dovesse chiedermelo io a quest’ora ero a letto a dormire della grossa.” 

Charlotte fece spallucce, sporgendosi per assaggiare un pezzo di crostata mentre davanti a loro Regan spazzolava una fetta di torta al cioccolato alla velocità della luce. Will stava guardando il collega quasi con cipiglio stralunato, come se si stesse chiedendo come potesse mangiare tanto velocemente.

“A proposito, che ci facevate tutti e tre nel corridoio davanti alla mi camera? Stavo cercando di dormire e vi ho sentiti parlare.” 

“Io non riuscivo a dormire, sono uscita e mi sono trovata davanti Robinson Crusoe e Venerdì.” 

“Charlotte, mi spieghi perché ci affibbi strani soprannomi ogni due per tre?” 

Will sbuffò, guardando la donna con aria torva mentre si chiedeva cosa accidenti volesse dire “venerdì”: non era certo un giorno della settimana, lui!
Lyanna ridacchiò con aria divertita, sorridendo prima di rivolgersi alla collega e parlando a bassa voce, ma non abbastanza perché i due non la sentissero:

“Quindi chi dei due sarebbe Venerdì e quale Crusoe?” 

“Beh, Venerdì era il selvaggio... quindi punto su Cavendish.”    Charlotte fece spallucce e trattenne un sorriso, cogliendo l’espressione quasi indignata che era comparsa sul volto di Will, mentre Regan seguiva la scena chiedendosi di chi accidenti l'amica stesse parlando:

“Io, selvaggio? Selvaggio vallo a dire a Lumacorno, Selwyn!” 

“Non ti ho mai dato del selvaggio, non mi permetterei mai! Per quanto mi riguarda, venerdì è solo un giorno della settimana.” 

Charlotte sorrise con aria angelica, prendendo un altro pezzo di torta mentre Lyanna cercava di non scoppiare a ridere di fronte al paragone suggerito dalla collega.
Regan inarcò invece un sopracciglio, certo che Charlotte non avesse fatto propriamente un complimento al collega... ma di certo non l'avrebbe mai ammesso apertamente, sibillina com'era.
 
Notando che Will aveva ancora un’espressione decisamente torva dipinta in faccia Charlotte distese le labbra in un sorriso, guardandolo con aria divertita:

“Suvvia William, mangia un po’ di torta e rilassati, ti vedo nervosetto!” 


Regan alzò gli occhi per guardare Charlotte, ammonendola con lo sguardo di non tirare troppo la corda... ma sembrava che l’Auror si stesse sinceramente divertendo mentre sorrideva vivacemente e lui sapeva benissimo che non avrebbe rinunciato tanto in fretta alla sua fonte di divertimento.











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Angolo Autrice:

Buonasera! 
Questa volta ho descritto un San Valentino meno melenso rispetto a quello di altre mie storie... so che speravate che facessi diventare canon una certa ship in questo capitolo, ma vi assicuro che non vi farò aspettare ancora molto XD 
Grazie a Phebe per avermi suggerito l'idea della gaffe sulla Jante, comunque! Sei stata gran fonte d’ispirazione. 

Chiedo a chi non l'avesse ancora fatto di mandarmi il compleanno del proprio OC, per il resto vi auguro una buonanotte, ci sentiamo tra qualche giorno con il seguito! 


Signorina Granger 

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Capitolo 14
*** Sfogarsi ***


Capitolo 13: Sfogarsi 



Sai dirmi che cos’è questa?” 

Inarcò un sopracciglio con aria scettica, guardando Luisa come se fosse certa che la stesse prendendo in giro.
La donna però restituì il suo sguardo con calma e compostezza, come se fosse seria e stesse davvero aspettando la sua risposta.



Gli occhi di Charlotte si abbassarono quindi sull'oggetto che la donna aveva appoggiato sul tavolino che le separava, chiedendosi se non fosse un qualche trabocchetto: le domande di Luisa avevano sempre doppi fini.

“Una scatola. Una scatola nera.” 

Corretto. Una semplice scatola nera... niente di complicato, no? Aprila, Charlotte.” 

L’Auror si accigliò ma decise di non controbattere: aveva passato le prime due sedute, la settimana prima, a quasi
fare la guerra contro la psicologa perché non voleva rispondere alle sue domande... ora però non aveva più voglia di fare la bastian contraria e per quanto reputasse inutile quello che faceva da Natale, sapeva di non avere scelta.

La mano di Charlotte raggiunse con leggera titubanza la chiusura d'oro della scatola rettangolare, facendola scattare e chiedendosi al contempo se aprendola non sarebbe balzato fuori qualcosa di ripugnante... sotto un certo punto di vista, si fidava ben poco di Luisa.

“Solleva il coperchio.” 

Non le piaceva obbedire agli ordini, ma Charlotte lo fece: sollevò il coperchio della scatola scura, non osando sbirciarci all’interno. 
La donna si rimise dritta, alzando di nuovo lo sguardo su Luisa come se fosse in attesa di qualcosa, facendo sorridere debolmente la psicologa:

“Puoi guardare dentro, Charlotte... non ti morderà.” 

“Molte cose non mordono, eppure provocano dolore lo stesso. Il tempo che passo qui, per esempio.” 


Vedo che sei come sempre molto collaborativa, ma stiamo facendo progressi. Che cosa c'è qui dentro, Charlotte?” 

Luisa insistette, spingendo la scatola rettangolare e non più larga di 20 cm verso di lei, costringendola a guardare il suo interno. Charlotte si sporse e, anche se con riluttanza, abbassò di nuovo lo sguardo sulla scatola. 

L'interno era foderato di velluto scuro, ma non ci fece troppo caso... gli occhi della donna andarono invece direttamente sul suo fondo, accigliandosi leggermente: quella scatola era immensamente più grande di quanto nonsembrasse... era come se avesse decine di doppi fondi.

“Non lo so. Il fondo è troppo buio, non vedo cosa c'è dentro. Che razza di magia è?”


Charlotte alzò lo sguardo e intravide il sorrisetto che era comparso sul volto di Luisa, che si allungò per prendere la scatola, chiudendola e attirandola a se, accarezzandole il lucido coperchio con le dita pallide e lunghe:

“Non è questo che deve interessarci, Charlotte... Quanto più ciò che questa scatola rappresenta. Sai, ci sono delle persone che hanno paragonato la nostra mente ad una cosa come questa: una scatola nera. Una scatola così profonda da risultare impossibile da esplorare... potresti stare qui ore, giorni, scavando dentro questa scatola per riuscire a scorgere cosa c'è sul fondo... e non ce la faresti comunque.” 


“Bella metafora. Questo per farmi capire che...?” 

Che la nostra mente è quanto più di sconosciuto, misterioso ed affascinante che esista... Sfortunatamente io non posso dirti cosa si cela nella tua testa, Charlotte: così come tu non puoi arrivare sul fondo di questa scatola, io non posso scavare nella tua mente. Solo tu puoi dirmi cosa pensi e cosa provi, arrivando nelle profondità della tua mente, della tua scatola che è e resterà sempre inesplorabile ed inaccessibile al mondo intero.” 


“Sai, Luisa... pensavo che tu mi avresti dato delle risposte. Mi rendo invece conto che non fai altro che mettermi in testa domande a cui non so rispondere.” 


Lo so... e quando troverai le risposte, allora non ci vedremo mai più, il mio lavoro sarà finito. Ma fino ad allora, e mi dispiace dovertelo dire, sei nelle mani di un tiranno, ovvero la psicologia.”


                                                                                    *

Lunedì 18 Febbraio 


Charlotte sbuffò appena, ripiegando la lettera di Luisa quasi con aria sconsolata: le chiedeva come stava, e la realtà era che non lo sapeva nemmeno lei.
Di sicuro Hogwarts la distraeva parecchio e si sentiva effettivamente meglio... ma allo stesso tempo faticava a reggere l'idea di starsene in panciolle mentre i suoi colleghi rischiavano la vita un giorno sì è un giorno no. 

Luisa le aveva detto che tutto si sarebbe risolto quando avrebbe saputo darsi da sola delle risposte... ma ancora non ci riusciva e stava iniziando a pensare che non le avrebbe mai trovate. 

Appoggiando la lettera sul tavolo Charlotte tornò a concentrarsi sulla sua colazione, mescolando lo zucchero nel the affinché si sciogliesse (cinque giri) mentre alzava lo sguardo, osservando i gufi che planavano nella Sala Grande attraverso le finestre aperte, che facevano entrare anche la poca luce che illuminava la Scozia alle otto del mattino. 

Venticinque gufi, circa una trentina di lettere... come sempre Charlotte si ritrovò a contare tutto ciò che la circondava, finché i numeri che le affollavano la mente non sparirono a causa di una voce familiare che aveva iniziato a parlare accanto a lei:

“Chi ti scrive?” 

Voltandosi, Charlotte incontrò lo sguardo di Regan, che la stava osservando con curiosità: la collega si limitò a stringersi nelle spalle, smettendo di mescolare il the e togliendo il cucchiaino dalla tazza per appoggiarlo sul piattino:

“Luisa.”   

Regan annuì, sapendo che se si fosse trattato di una lettera dei genitori probabilmente Charlotte non l'avrebbe neanche aperta. Non era mai andata molto d'accordo con loro, ma qualcosa gli diceva che la situazione era peggiorata dopo la morte di Sean. 

“Sai, mi fa piacere che tu e lei vi scriviate... inizialmente la consideravi una specie di mostro, ricordi?” 

“Si beh, mia madre mi aveva costretto a parlarci, non ne ero molto contenta. Ma suppongo che avrebbe potuto andarmi peggio, è una brava persona. Non oso pensare avere mia madre come Terapista, probabilmente sarei scappata dopo due minuti.” 

Charlotte sfoggiò una smorfia prima di portarsi la tazza alle labbra, mentre Regan ridacchiava e le appoggiava una mano sulla spalla, sorridendole:

“Non ne dubito... ma voglio che tu sappia che io e Stephanie ti siamo vicini, sempre e comunque. È triste che tu non voglia affrontare tutto questo insieme alla tua famiglia, ma non sei sola comunque.” 

“Sai Reg, tua moglie per me rappresenta una famiglia più di mia madre, probabilmente. E poi non scordare una cosa, è mio padre che mi ha sbattuto fuori dal Dipartimento, praticamente.” 

Charlotte sorrise con amarezza, mentre Regan non osava replicare di fronte alla nuda e cruda verità: effettivamente Edgar Selwyn faceva parte del Consiglio e la sua opinione contava parecchio... e aveva espresso chiaramente la sua volontà quando avevano deciso su come comportarsi con sua figlia, assestandole un congedo di sei mesi per “riprendersi”. 

“Poco male, oggi ho lezione con i ragazzi... almeno potrò sfogarmi.” 

“D'accordo, ma non commettere un omicidio di massa CeCe, non voglio avere brandelli di studenti domani a lezione!” 

Regan le scoccò un’occhiata d’avvertimento in direzione dell’amica, che ridacchiò prima di strizzargli l'occhio e alzarsi:

“Tranquillo Reg... farò la brava. Mi limiterò a ridurre a brandelli un manichino fingendo che abbia le sembianze di quei vecchi bacucchi del Consiglio del Dipartimento... a cominciare dal Signor Selwyn.” 

Charlotte sorrise, facendo il giro del tavolo e avviandosi quasi con allegria verso le porte della Sala Grande, rivolgendo persino un gran sorriso a Will quando lo incrociò tra il tavolo di Tassorosso e quello dei Corvonero:

“Ciao Cavendish!” 

“Ciao, Charlotte...” 

William si voltò, seguendola con lo sguardo con aria accigliata prima di voltarsi di nuovo verso Regan, inarcando un sopracciglio:

“Le hai messo qualcosa nel the, Regan?” 

“No, è così di buon umore di suo... ma se fossi in Edgar Selwyn ringrazierei che sua figlia non conosca il voodoo, altrimenti sarebbe già morto da tempo.” 


                                                                           *


“Ahia!” 

“Smettila di lamentarti, se non ti muovessi di continuo non ti farei male!” 

“Ma non riesco a stare fermo, non è colpa mia... e poi questo letto è troppo corto per me, non possono allungarmelo? Ieri notte ho dovuto dormire con le gambe piegate...” 

Jane roteò gli occhi chiari prima di avvicinare di nuovo la mano al viso di Dante, tamponando col cotone il taglio che il ragazzo aveva sulla guancia. 
Lui piegò le labbra in una smorfia ma cercò di restare fermo, ignorando il più possibile il bruciore mentre Jane sospirava, guardandolo come se lo ritenesse senza speranza:

“Ora mi dirai perché diamine ti sei ridotto così? Sei un cretino, Dante Julius.” 

“Non è colpa mia... cercavo solo di dare una mano!” 

“Se la tua concezione di “dare una mano” equivale a prendere a cazzotti dei compagni di scuola, allora siamo messi bene. Si può sapere perché ti sei infilato in quella sottospecie di rissa, invece di starne fuori e farti gli affaracci tuoi?” 

Dante per tutta risposta sfoggiò un sorriso innocente, sperando di ammorbidirla anche se l'espressione corrucciata di Jane non vacillò minimamente, fulminandolo con lo sguardo e invitandolo a rispondere alla sua domanda. 

“Andiamo piccola Jane, ormai mi conosci... lo sai che se qualcuno se le dà di santa ragione io mi metto sempre in mezzo!” 

Dante sfoggiò un sorriso angelico, allungando una mano per sfiorare quella di Jane, che però la ritrasse e sbuffò, non lasciandosi ammorbidire dal soprannome che le aveva affibbiato il Grifondoro anni prima: 

“Ad ogni modo, sei un cretino comunque.” 

“Io sono malandato e dolorante e tu mi maltratti, sei proprio una pessima infermiera.”  


Dante la guardò con aria sconsolata, incrociando le braccia al petto e mettendo su il broncio. Jane lo guardò con lieve esasperazione, sapendo che quando l'aria da cucciolo non funzionava Dante le faceva il cane bastonato... e purtroppo, funzionava sempre. 

“Ironico... solo a San Valentino mi hai chiesto se ti avrei fatto da infermiera e ora mi tocca farlo davvero.” 

“Tranquilla, tornerò a lezione nel pomeriggio... anche se non mi dispiacerebbe saltare la lezione di Duelli, sono pessimo.” 

“Forse, ma in compenso Charlotte ti adora... dice che sei molto simpatico. Mi spiace dirtelo spilungone, ma non mi abbandonerai.” 

Jane sorrise allegramente e lui sbuffò, dandosi da solo dell’idiota per essere finito in infermeria pieno di lividi e con un braccio rotto di domenica invece che durante la settimana. Tuttavia il giorno prima il suo umore era notevolmente migliorato quando Lyanna era piombata in Infermeria in compagnia di Jane, asserendo che era una buona occasione per fare pratica prima di darsela a gambe, lasciando la studentessa a dir poco interdetta in compagnia di un Dante molto sorridente e improvvisamente felicissimo di essere finito in Infermeria. 


“Non fare la vittima, non sei moribondo... e ti hanno già messo a posto le ossa, ti ricordo.” 

“Si, ma sono ancora dolorante... non vedi come soffro? E poi ho una carenza d'affetto, sono giorni che non mi abbracci!” 

Il tono quasi accusatorio del ragazzo la fece sorridere, osservandolo con aria divertita prima di fare una piccola precisazione:

“Ma se tua sorella ti è praticamente saltata in braccio e non si staccava più, ieri!” 

“Vero... ma voglio anche un abbraccio da te, piccola Jane.” 

“Scusa, ma sono piena d’impegni, devo andare a lezione di Pozioni... ti saluto Lumacorno!” 


Jane sorrise, alzandosi e ignorando le sonore proteste del ragazzo, che le promise che avrebbe avuto il suo abbraccio una volta scagionato dall’Infermeria, quel pomeriggio. 


                                                                            *


“Oh mamma, non dirmi che l'ho ucciso... Dan, Danny stai bene?” 

Jane sgranò gli occhi, quasi correndo in direzione del ragazzo a inginocchiandosi accanto a lui, guardandolo con preoccupazione. 

“Tranquilla Jane, è vivo e vegeto... io ho ridotto dei compagni di addestramento molto peggio, otto anni fa.” 

Charlotte sorrise con aria divertita, osservando Dante aprire gli occhi e sbattere le palpebre un paio di volte prima di puntare le iridi di colori diversi su Jane, sorridendole debolmente mentre la ragazza tirava un sospiro di sollievo: quando l’aveva mandato al tappeto aveva seriamente pensato di avergli fatto male. 

“E io che credevo che fossi innocua ed indifesa... che granchio.” 

Jane ricambiò il sorriso mentre Charlotte lanciava ai due un’occhiata quasi compiaciuta prima di allontanarsi, avvicinandosi invece a Rod e Antares con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni marroni, andando ad assicurarsi che i due non si uccidessero a vicenda mentre avevano tutta l'aria di divertirsi parecchio. 

“Io te l'ho sempre detto, che non sono un cucciolo abbandonato da proteggere... sei tu che mi vedi così.” 

“Solo perché ti voglio bene. Tra l'altro, io avanzo ancora un abbraccio, mi risulta.”   Dante si mise lentamente a sedere sul pavimento, piegando le labbra in una smorfia a causa della schiena dolorante: quelle non erano di certo le sue giornate fortunate, di quel passo non sarebbe arrivato vivo all'uscita ad Hogsmead.


“Hai ragione... povero, piccolo Dante.”    Jane sorrise, pronunciando le ultime parole con una nota canzonatoria prima di ridacchiare, sporgendosi leggermente per abbracciare il ragazzo, che gongolò con aria soddisfatta mentre circondava la schiena e le spalle della ragazza con le braccia. :


“Almeno quando mi faccio male diventi più affettuosa! Forse dovrei avere incidenti più spesso... dimmi, cosa faresti se alla prossima partita mi rompessi un paio di costole solo per farmi coccolare?” 

“Per prima cosa di romperei le altre... e poi ti curerei, naturalmente.” 




“Quindi dobbiamo... ridurlo a brandelli?”   

Antares inarcò un sopracciglio, osservando il manichino con aria accigliata prima di voltarsi verso Charlotte, che annuì stringendosi nelle spalle con noncuranza:

“Si... vediamo quanto ci mettete a disintegrare un manichino. Non sarà lo stesso come farlo con una persona in carne ed ossa, ma almeno così allenerete la mira. Prego Black, procedi pure.” 

Antares indugiò per un attimo con lo sguardo sulla donna, chiedendosi se per caso non li stesse prendendo in giro... eppure sembrava serissima, come se si aspettasse davvero di vedere qualche manichino saltare in aria entro la fine della lezione.

Il Serpeverde si voltò di nuovo verso il manichino, alzando la bacchetta e puntandogliela contro mentre un lieve sorriso gli incurvava le labbra: magari sarebbe stato anche divertente. 

Di certo Isabella la pensava così, visto il lieve sorriso che aveva stampato in volto mentre disintegrava a suon di schiantesimi il suo manichino, quasi come se gli stesse scaricando addosso un profondo senso di frustrazione. 


“Stai immaginando qualcuno che odi al suo posto? Perché se fosse così, non vorrei essere nei panni di quella persona.” 

‘Forse ‘odiare’ è una parola grossa... Però di certo non si tratta di una persona per cui nutro molto affetto.” 

Isabella si strinse nelle spalle, guardando con aria soddisfatta la testa del manichino staccarsi e planare sul pavimento: era divertente, immaginare che ci fossero i suoi genitori sl suo posto.
Quando si rese conto di essere stata la prima a disintegrare il suo manichino la ragazza sorrise con fare incerto, non sapendo se esserne soddisfatta o meno... ma a sollevarle il morale ci pensò l’insegnante, che le sorrise e le diede una pacca affettuosa sulla spalla, come se sapesse come ci si sentiva. 


E poi, l'idea di aver battuto Antares Black dopo che lui aveva preso E in Pozioni era molto gratificante.

"Per una volta riconosco che mi hai battuto... sono pur sempre un gentiluomo, io.” 

“Naturalmente, non lo metterei mai in dubbio. In effetti è rilassante, potrei anche farci l'abitudine e farlo abitudinariamente.” 

Isabella sorrise con sincera allegria, rivolgendo al manichino (o quello che ne rimaneva) un'occhiata soddisfatta mentre Antares inarcava un sopracciglio, guardando la compagna con lieve scetticismo:

“Beh, piuttosto che tu vada in giro a ridurre a brandelli la gente, credo che sarebbe una soluzione migliore. Anche perché penso che sarei uno dei primi a finire nel tuo mirino.” 

Nonostante il suo tono serissimo Isabella rise, rivolgendogli un sorrisetto enigmatico prima di voltarsi e avvicinarsi a Jane, dimenticandosi accidentalmente di confermare o meno l'ipotesi del ragazzo.


Nel frattempo, dall'altra parte dell'aula attraverso la quale volavano incantesimi di continuo, Dante guardava il suo manichino con aria torva, come se non gli andasse di distruggerlo.

“Che cosa c'è, Julius? In genere agli adolescenti piace distruggere le cose. Non ti va di sfogarti un po’?”     

Il ragazzo si voltò, trovandosi davanti Charlotte. La donna lo guardava con lieve curiosità ma senza alcuna nota truce negli occhi verdi, come se non volesse affatto sgridarlo.

Il Grifondoro si strinse nelle spalle, abbassando lo sguardo:

“Preferirei non farlo.” 

“Perché no?” 

“Non finisce bene, quando sfogo la tensione.” 


Charlotte non disse nulla per un attimo, limitandosi ad osservarlo chiedendosi cosa volesse dire... in effetti nemmeno lui sapeva bene perché l'aveva detto: cercava in tutti i modi di convincersi che quello che sognava non era reale, ma una piccola parte di lui sentiva che c'era un fondo di verità in quelle immagini che lo vedevano protagonista di veri e propri incidenti a causa della sua stessa magia. 

“Beh, se non te la senti non importa. Occhio a non farti affettare da un incantesimo della tua amica Jane però, a differenza tua sembra aver preso la cosa molto sul serio.” 

Charlotte sorrise, accennando col capo in direzione della Tassorosso che sorrideva con aria divertita mentre smontava il manichino praticamente pezzo per pezzo. Non era difficile immaginare chi stesse immaginando di torturare e Dante sorrise istintivamente, annuendo con un debole cenno del capo:

“Si, è molto più forte di quanto non sembri.” 

Forse, riflettendoci, lo era anche più di lui.


                                                                   *


Charlotte guardò le sedie planare con ordine verso i rispettivi banchi mentre la porta dell'aula si chiudeva alle spalle di Isabella, segnando definitivamente la fine di quella lezione. 

E anche per questa settimana, è andata 


Charlotte si voltò, facendo un mezzo giro su se stessa e puntando gli occhi sui manichini: quasi sorrise nel trovarli praticamente distrutti, riparandoli velocemente con un colpo di bacchetta. 

Poteva effettivamente ritenersi soddisfatta dei progressi fatti dai ragazzi, in effetti... considerando che diversi non avevano mai duellato in vita loro fino ad un mese e mezzo prima, erano tutti nettamente migliorati, persino Rodericus che si considerava già una specie di guru in materia.

Gli occhi verdi di Charlotte si posarono su uno dei manichini che aveva appena riparato, ricordando quello che lei stessa aveva detto solo mezz'ora prima: immaginate che al loro posto ci sia qualcuno che odiate, verso il quale provate una gran rabbia. 

Rabbia

Ricordava quando aveva imparato a duellare, anni prima... all’Accademia non erano morbidi come lo era lei, specialmente con qualcuno che agli occhi di molti non era altro che una ragazzina ricca e viziata che si stava annoiando e che aveva deciso di giocare a fare l’Auror... col tempo ovviamente aveva fatto cambiare idea a tutti quegli imbecilli, ma ricordava benissimo i mesi trascorsi all’Accademia. 

Le avevano detto, al tempo, proprio quello che aveva ripetuto lei... di sfruttare la rabbia. 

Charlotte inclinò leggermente il capo, chiedendosi da quanto tempo non si sfogasse davvero e non facesse a pezzi qualcosa. 

Forse troppo. 

Quasi senza rendersene conto Charlotte sollevò il braccio, puntando la bacchetta contro il collo del manichino più vicino: un istante dopo la testa era di nuovo sul pavimento, mozzata con una perfetta linea orizzontale alla base della gola. 

Ripensò chiaramente a suo padre, mentre lo colpiva di nuovo, questa volta al petto: ricordava chiaramente come l'aveva implorato di non prendere la decisione sbagliata, ma lui l'aveva ignorata deliberatamente, uscendo dall'aula e non degnandola neanche di uno sguardo mentre imboccava il corridoio nella direzione opposta, non curandosi della figlia che gli chiedeva di fermarsi e di ascoltarla tra le lacrime. 


Sorrise debolmente, rivedendo suo padre allontanarsi proprio dove c'era il manichino... E quando lo colpì ripetutamente fino a trovarsi davanti a dei soli brandelli Charlotte si chiese come stessero passando quei mesi i suoi genitori... non avevano preso con gran allegria la proposta di Dippet e la figlia probabilmente aveva accettato sopratutto per quello: qualunque cosa pur di andarsene dalla casa dov'era cresciuta, lontana dai loro sguardi dubbiosi e preoccupati, come se la ritenessero una bomba ad orologeria pronta ad esplodere da un momento all'altro. 

Probabilmente non aveva mai odiato come odiava quell’espressione dipinta sul volto di sua madre, che la guardava ma che in realtà non la vedeva per niente. 


                                                                           *


Mentre scendeva le scale Will rabbrividì leggermente, chiedendosi come si fosse lasciato convincere da Lyanna a scendere nei Sotterranei per andare a cercare Charlotte.

Le aveva chiesto perché non ci andasse lei, ma la collega aveva glissato, annunciando che aveva un mucchio di lettere a cui rispondere prima di cena e che Charlotte non si faceva vedere da parecchio, quindi era il caso di andare a vedere dove si fosse cacciata.


Certo che qui si gela... ma come facevo a vivere qui sotto? 

Will accelerò il passo, non vedendo l'ora di tornare al piano di sopra e gustarsi una bella cena fumante invece che cercare la sua collega più testarda negli angoli più remoti del castello: ormai la sua lesione era finita da più di un'ora, ma aveva come la sensazione che fosse ancora nell'aula. 

Quando si fermò davanti alla porta Will afferrò la maniglia, non curandosi di bussare e aprendola leggermente, come a voler controllare di aver ragione o meno. 

Dopo un attimo di esitazione però spalancò la porta, causando un lieve cigolio a cui però non prestò la minima attenzione.
I suoi occhi vagarono per un attimo sul pavimento lucido e freddo della stanza ampia e praticamente vuota, ritrovandolo quasi ricoperto da frammenti di legno e plastica fino a fermarsi sulla figura stesa sul pavimento, in mezzo a quel disastro. 

Charlotte teneva le braccia conserte e le gambe distese sul pavimento, il viso rivolto al soffitto anche se gli occhi erano chiusi, mentre i lunghi capelli castani erano sparsi quasi come un ventaglio sul pavimento. 

“Charlotte?” 

Will quasi non riconobbe la sua voce, accigliandosi leggermente nel sentirla molto diversa dal solito: leggermente acuta, con una nota allarmata. 

Sentendosi chiamare Charlotte aprì gli occhi, girandosi verso di lui senza che nessuna emozione particolare trapelasse dalla sua espressione calma e rilassata, mentre una sensazione di sollievo s’impadroniva rapidamente del collega:

“Ciao. Come mai qui?” 

“Ti cercavo. Che accidenti hai combinato qui, Charlotte? O sono stati i ragazzi?” 


Will inarcò un sopracciglio, facendo una specie di slalom per evitare di inciampare su qualche coccio e frammenti di arti mentre si avvicinava alla collega, che non si mosse di un millimetro mentre si voltava, portando di nuovo lo sguardo fisso sul soffitto:

“Mi sono divertita un po’.” 

“Si? Beh, hai una strana concezione del divertimento.” 


Will si fermò accanto a lei, osservandola dall'alto in basso con aria accigliata mentre lei si voltava leggermente, ricambiando il suo sguardo come a volergli chiedere cosa volesse di preciso: 

“Perché mi cercavi?” 

“Perché non avevo altro da fare e Lyanna mi ha mandato alla ricerca di Charlotte Selwyn, l'insegnante perduta. Andiamo, è ora di cena e se non torno insieme a te le tue balie mi faranno la predica.” 

Will sbuffò, porgendole la mano con impazienza anche se Charlotte non la strinse, facendo invece spallucce e tornando a guardare il soffitto:

“Non importa, tu va’ pure... dì alle balie che non ho fame.” 

“No. Mi hanno già preso per un badante, non farò anche il postino... coraggio, te lo sto chiedendo, non farmelo fare con la magia o sollevandoti di peso Charlotte. Hai disintegrato mezza aula, non hai fame?” 

“Se mi alzo la smetterai di parlare?” 

“Forse.” 

Will sorrise, tenendo il braccio ancora allungato verso di lei, la mano che aspettava solo di essere stretta da quella di Charlotte. La donna lo guardò con aria quasi esasperata prima di sbuffare, afferrando la mano del collega sapendo che l'avrebbe assillata anche per ore, se necessario. 

Will l’aiutò ad alzarsi con aria soddisfatta, bel lieto di poter lasciare i Sotterranei per andare finalmente a cena.

“Si può sapere che ci facevi stesa in mezzo a questo macello? Per un attimo ho pensato che stessi male.” 

L’uomo inarcò un sopracciglio, osservandola con aria curiosa mentre la mano di Charlotte scivolava dalla sua e la sua proprietaria incrociava entrambe le braccia al petto, in un muto, inconscio ma chiaro messaggio di distacco:

“Ti piacerebbe. Non lo so, avevo voglia di stare da sola, un po’ in pace con me stessa. A te non succede mai?” 

“Non saprei... ma credo di essere stato solo già a lungo.” 


                                                                               *


“Che fine ha fatto Will?” 

“L'ho spedito a cercare Charlotte. Tu sai dov’è?” 

“No, non la vedo da qualche ora... probabilmente sta gironzolando per i corridoio, non riesce a stare ferma quando è nervosa. Piuttosto, mi spieghi cosa state complottando tu e lei? A pranzo ridacchiavate parecchio.” 

Regan inarcò un sopracciglio mentre prendeva posto accanto a Lyanna al tavolo degli insegnanti in Sala Grande, già gremita di studenti che attendevano con ansia di cenare. 

La donna per tutta risposta sfoggiò un sorrisetto prima di stringersi nelle spalle come se non fosse importante:

“Nulla... cose nostre.” 

“Sai, forse non sono un esperto della psicologia femminile, ma so che quando complottate siete quasi diaboliche... e ieri vi ho chiaramente viste sghignazzare fuori dall’Infermeria, non negarlo!” 

Il tono accusatorio del collega fece sorridere Lyanna, che lo guardò con aria divertita ma cercando allo stesso tempo di restare seria:

“Non so di che parli, Regan.” 

“Figuriamoci, riconosco quando le donne complottano da miglia... sarò sposato per un motivo, no? Non c'entrano gli studenti in qualche modo, vero? Tu eri appena uscita dall’infermeria lasciando dentro...” 

“Ehm, guarda... ci sono Charlotte e Will!” 

Lyanna sorrise, facendo un cenno di saluto in direzione della collega che ricambio prima di sorriderle, accelerando il passo per raggiungere velocemente il tavolo.

“CeCe, ma che cavolo hai fatto? Hai un pezzo di plastica nei capelli!” 

“Poco male, non mi ucciderà. Lyanna, ho assistito ad una pubblica dimostrazione d'affetto solo un paio d'ore fa... Ormai posso affermare che hai ragione.” 

Lyanna sfoggiò un sorriso soddisfatto mentre Regan, dopo aver sfilato un pezzo di plastica dai capelli di Charlotte, rivolse a Will uno sguardo allarmato come a volergli chiedere se sapesse di che stessero parlando le due, ottenendo però come risposta solo un’espressione confusa e accigliata.

“Lo sapevo, state tramando qualcosa... chi è che manifesta affetto in pubblico?”   Regan sbuffò, spostando lo sguardo dall'una l'altra con aria esasperata, ottenendo solo un’occhiata teatralmente perplessa da parte di Charlotte:

“E poi saremmo noi le pettegole! Reg, fatti gli affari tuoi o dirò a tua moglie che vai in giro a ficcare il naso in affari che non ti riguardano.” 

“Ma se siete voi due che spettegolate sulla vita sentimentale degli studenti!” 

“Si, ma noi siamo donne... a noi è permesso.” 


                                                                             *


Rod si lasciò cadere sul letto, sollevato di essere riuscito a finire i compiti ad un orario decente e di poter andare a letto presto, per una volta.
Da quando erano finite le vacanze di Natale non avevano praticamente avuto un pomeriggio con poco da studiare, e le lezioni nuove di certo non avevano contribuito ad alleggerire il carico di lavoro dell'ultimo anno.

Il Grifondoro si passò stancamente una mano sul viso, chiedendosi se sarebbe riuscito ad arrivare a Giugno con il cervello ancora intero e non ridotto in poltiglia: mancavano ancora mesi di scuola ed era già sfinito... non era granché come prospettiva. 

Il Dormitorio era vuoto visto che tutti i suoi compagni erano ancora in Biblioteca a studiare o giù in Sala Comune, come Dante che mentre lui era salito in camera era intento a finire i compiti di Trasfigurazione per Silente con aria decisamente sconsolata, come se avrebbe preferito fare qualunque altra cosa invece che i compiti. 

Rod si alzò a sedere di malavoglia, consapevole di doversi mettere il pigiama anche se era tentato di infilarsi sotto le coperte con la divisa addosso... di certo andava contro tutta l'edizione che aveva ricevuto, ma almeno gli avrebbe risparmiato un po' di tempo la mattina dopo. 

Il ragazzo si alzò dal letto per andare in bagno a lavarsi i denti ma la sua attenzione venne catturata da un rumore che proveniva dalla finestra accanto al letto di Dante. 
Rod si voltò con aria accigliata, sorridendo però alla vista del gufo reale che lo osservava attraverso il vetro con gli enormi occhi ambrati fissi su di lui: se non ci fosse stato abituato, probabilmente l'avrebbe quasi spaventato. 

“Ciao, Feather... cosa mi hai portato?” 

Rod si avvicinò alla finestra e l’aprì, permettendo al gufo di guardarlo storto per non avergli aperto prima prima di svolazzare dentro la stanza e tubare felicemente per la temperatura molto più piacevole.

“Scusami tanto, come facevo a sapere che eri lì fuori? Su, dammi la lettera.” 

Il gufo si appollaiò su un attaccapanni e Rod gli andò dietro per prendere la lettera che era stata legata alla zampa dell’animale... e come c'era da aspettarsi, la busta di pergamena era stata sigillata con lo stemma della sua famiglia in cera verde scuro, la preferita di suo padre. 

Rod slegò in fretta il laccio che legava la lettera alla zampa di Feather, che lo guardò allontanarsi di nuovo verso il letto in malo modo, offeso per non aver ricevuto nessuna ricompensa. 

Il ragazzo però non ci fece troppo caso, sedendosi sul letto mentre apriva la busta in fretta e furia, spiegando la lettera per leggerla. Dopo solo qualche riga il ragazzo sbuffò, piegando le labbra in una smorfia prima di lasciarsi di nuovo cadere sul materasso, perdendo all’improvviso la voglia di leggere la lettera che gli era appena arrivata.

Qualcosa gli diceva che neanche quella sera avrebbe dormito molto... gli avevano appena dato un po’ di cose su cui riflettere. 



















..........................................................................................
Angolo Autrice:

Ebbene sì... so che non ne sarete per niente contenti e dispiace molto anche a me, ma dal prossimo capitolo Rod non comparirà più. Mi spiace perché davvero lo adoravo, ma non mi sembra giusto fare eccezioni nei confronti di chi è già stato eliminato...
Nonostante la mia vena sadica non mi diverto particolarmente a far fuori gli OC, anche perché la storia è ambientata in un contesto dove non posso ammazzarli brutalmente per questioni di coerenza, quindi ormai sono stanca di mandarli via da Hogwarts a calci nel sedere. Spero quindi vivamente di non doverne eliminare altri, anche perché non vorrei dover abbandonare la storia per assenza di personaggi.  
Proprio per questo motivo ho anche un'altra notizia per voi: ho deciso di riaprire le iscrizioni; avrei preferito evitare anche perché non l'ho mai fatto, ma visto che ho eliminato quasi metà degli OC per quanto riguarda gli studenti, mi vedo costretta a riaprirle, ovviamente si tratta solo di OC della categoria sopracitata, non mandatemi personaggi nei panni di insegnanti perché non verranno considerati.

La scheda la trovate nel Prologo insieme alle regole, ma ne ripeto una qui: vi prego di non dissolvervi nell'aria, perché dopo tre personaggi eliminati preferirei non continuare a dimezzarli... ma se sparite, non avrò nessun problema ad eliminare il vostro personaggio. 

Se siete interessati vi chiedo di recensire il Prologo donde evitare confusioni da parte mia, la scadenza per le schede è per il 28/10 alle ore 15. 

Infine, una domanda per gli autori degli OC ancora in gioco: nel prossimo capitolo ci sarà l'uscita ad Hogsmead... avete qualche richiesta particolare su cosa vorreste che facesse il vostro OC? In caso fatemelo sapere.
Grazie per le recensioni, scusate se non vi ho risposto ma ho avuto qualche diverbio con il sito su ciò, di recente... 

Buona serata e a presto! 


P.s. Se anche non dovessi ricevere richieste per nuovi OC, non temete... al limite mi inventerò qualche personaggio io, di certo non vi libererete di me visto che ho tutta l'intenzione di portare a termine questa storia.

Un bacio grande alle sante che ancora mi seguono! 

Signorina Granger 

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Capitolo 15
*** Gita ad Hogsmead ***


Capitolo 14: Gita ad Hogsmead 
 
Sabato 23 Febbraio

 

“Mi mancherai.” 

Non sapeva nemmeno perché lo stesse dicendo... forse se fosse stata maggiormente lucida avrebbe persino riso di se stessa, osservando che non solo stava dicendo qualcosa di scontato, ma che in fin dei conti era comunque inutile... non poteva più sentirla.

Eppure, mentre teneva gli occhi arrossati dal non aver dormito e dal pianto sul fratello, lo disse comunque, non curandosi affatto della sua parte più razionale. 

“Mi mancherai moltissimo Nick.” 

Isabella sospirò, sporgendosi leggermente sulla sedia dov’era seduta per avvicinarsi a Nicholas, allungando una mano per sistemargli i capelli quasi con un gesto automatico, come aveva fatto milioni di volte da quando erano piccoli e lui era perennemente spettinato. 

Da una parte si sentiva quasi arrabbiata con suo fratello e con chi, chiunque fosse stato, avesse deciso di portarglielo via... per averla lasciata da sola con i loro genitori, con cui era sempre stata in contrasto. 

Li sentiva distintamente parlare a bassa voce, fuori dalla porta... non sapeva se fossero sinceramente tristi per la perdita e forse nemmeno le importava, l'unica cosa che sapeva era che a lei Nicholas sarebbe mancato moltissimo... ogni volta in cui si sarebbe trovata da sola con i genitori, probabilmente.

“Farò quello che mi hai detto, te lo prometto... Non li lascerò decidere per me, hai la mia parola.” 

La mano di suo fratello era gelida, ma Isabella la strinse comunque mentre deglutiva a fatica, fissando gli occhi chiari sul volto pallido e rilassato del ragazzo, quasi come se stesse dormendo... avrebbe dato davvero quell’impressione, se non fosse stato per il pallore e per la quantità di sangue che aveva perso durante la notte.

“Te lo prometto...  cerca solo di non dimenticarmi, ovunque tu sia ora..” 


                                                                                 
Si svegliò di scatto, spalancando gli occhi e ritrovandosi a stringere convulsamente un lembo del copriletto tra le mani tremanti.
Dopo un attimo, quando ebbe realizzato che era tutto passato e che l'aveva solo sognato per l’ennesima volta, la ragazza sospirò, deglutendo e rigirandosi sulla schiena per osservare il soffitto del baldacchino.

Non era la prima volta in cui sognava la mattina dopo la morte di Nicholas... le era già successo molte volte nel corso degli ultimi tre anni e ormai aveva quasi smesso di reagire, almeno esternamente.
La prima volta in cui le era successo era ad Hogwarts e ricordava perfettamente di come Brianaa l'aveva svegliata scrollandola quasi violentemente, osservandola con gli occhi azzurri carichi di preoccupazione nel vedere l'amica in lacrime e tremante.

Forse non aveva una gran voglia di andare ad Hogsmead, quel giorno... probabilmente avrebbe preferito rimanere al castello in santa pace, ma Silente le aveva chiesto un favore e nessuno era in grado di rifiutare di fronte a quel tono tanto gentile e carismatico e quegli eloquenti occhi chiarissimi.

Sospirando la ragazza si mise a sedere sul letto, scostando le coperte e passandosi stancamente una mano tra i lunghi capelli rossi prima di trascinarsi fino al bagno per rendersi presentabile, altrimenti tutti gli abitanti del villaggio sarebbero scappati urlando insieme agli studenti in visita. 

   
                                                                                  *


Deglutì a fatica, ritrovandosi a respirare con il fiato corto mentre teneva gli occhi fissi su un preciso punto, ai piedi del letto. 

Dopo qualche istante, quando riprese a respirare normalmente, si passò quasi stancamente una mano tra i capelli castani sparati come ogni mattina da tutte le parti, sospirando e rabbrividendo ancora per l’incubo da cui si era appena svegliato:

“Jane...”     Dante sospirò, chinando il capo e mettendosi le mani sul viso, strofinandosi gli occhi mentre cercava di non pensare al sogno che aveva fatto.
Ormai era stanco di vivere nell’incertezza, doveva assolutamente parlare con la sua famiglia... dubitava che Coraline o Francies avrebbero parlato, ma poteva sempre scrivere a Lucas, il fratello che preferiva e con cui era da sempre in maggiore confidenza rispetto agli altri membri della “tribù”. 

Il ragazzo fece per rilasciarli cadere sul letto, ma poi si ricordò che quello non era un sabato come gli altri... c'era la gita ad Hogsmead, e lui ci sarebbe andato proprio con la sua piccola Jane. 

Il Grifondoro sospirò, desiderando come non mai di avere qualcuno con cui parlare... non gli era mai mancato tanto Amos, probabilmente. Forse con lui avrebbe potuto sfogarsi, ma non se la sentiva proprio di farlo con Jane, specialmente dopo il sogno che aveva fatto.

Anzi, cominciava a chiedersi se sarebbe stato in grado di comportarsi normalmente durante la giornata, che avrebbe passato interamente con la Tassorosso... doveva farlo, visto che quegli occhioni azzurrissimi sapevano cogliere anche troppo bene quando qualcosa non andava.
Sospirando il ragazzo quasi rotolò giù dal letto, ordinandosi mentalmente di comportarsi normalmente e di non fare il musone durante la giornata.


                                                                               *


Mentre scendeva frettolosamente i gradini per arrivare all’Ingresso Jane aveva un gran sorriso stampato in volto, decisamente allegra all’idea di andare ad Hogsmead. 

Quando, zigzando tra gli altri studenti, finalmente arrivò alla scalinata principale con il cappotto già addosso il suo sorriso si allargò ulteriormente: Dante era decisamente impossibile da non notare, anche se la sala era abbastanza affollata... il ragazzo era in piedi con le mani sprofondate nelle tasche del cappotto grigio e aveva l'aria assorta, come se stesse pensando a qualcosa. 

“Dan!”   Jane sorrise, iniziando a scendere i gradini mentre il ragazzo si voltava verso di lei sentendosi chiamare, esitando per un attimo prima di rivolgerle un sorriso a sua volta:

“Ciao Jane... ce ne hai messo di tempo.” 

“Scusa, ma non trovavo più la mia sciarpa... farei anche a meno di metterla in realtà, ma se non lo faccio mia madre mi farà la predica, come ben sai.” 

Jane roteò gli occhi, cercando di fingersi esasperata mentre Dante, sistemandole il bavero della giacca, le rivolgeva di rimando un’occhiata torva:

“Piantala di prendermi in giro! Te lo dico solo perché dopo non vorrei doverti dare la mia e ammalarmi solo perché sei testarda come un mulo!” 

“Ma tu guarda, il toro che dice cornuto all’asino...”

“Com’è che oggi sei meno carina del solito? Hai mangiato qualcosa di acido a colazione?” 

Dante le assestò un leggero pizzicotto su una guancia, facendola ridacchiare e guardandolo con aria divertita: 

“Che dici, io sono sempre gentile e carina! Ma bando alle ciance Danny, dobbiamo andare!” 

Jane sorrise allegramente, prendendolo sottobraccio e trascinandolo verso il portone d’ingresso, iniziando già a concordare il loro “itinerario” per la giornata.


                                                                               *


“Puoi passarmi il mantello, per favore? È nell'armadio.” 

Charlotte, che era in piedi accanto all’armadio incriminato mentre si infilava la giacca, si bloccò alle parole di William, rivolgendogli un’occhiata quasi sospettosa prima di voltarsi lentamente verso il mobile, osservandolo come se fosse un malvivente a cui doveva far confessare qualche crimine.

“Rilassati, non c'è alcun Velo Vivente dentro... o almeno, non per mano mia.” 

Intuendo a cosa stesse pensando la collega Will sorrise con aria divertita, ricordando con immenso piacere la reazione terrorizzata di Charlotte, risalente a solo un paio di settimane prima. 

“Ridi pure, Cavendish... arriverà il momento in cui ti presenterò il conto da pagare. Lo faccio sempre.” 

Will ebbe appena il tempo di borbottare che non dubitava affatto di ciò quando la porta si aprì, facendo entrare nella stanza anche un più che allegro Regan:

“Buongiorno! Siete pronti?” 

“Io si, Cavendish si stava giusto sistemando il ciuffo...” 

Charlotte sorrise amabilmente in direzione del collega incriminato, che si bloccò con la mano a mezz'aria diretta affettivamente ai suoi lisci capelli castani. Will le rivolse un'occhiata torva prima di riabbassare il braccio lentamente, facendo ridere sotto i baffi Regan che non aveva nessuna voglia di perdersi il teatrino che i due mettevano puntualmente in scena ogni giorno.

“Io non... oh, piantala, sono pronto anche io, devo solo mettermi il mantello!” 

Will sbuffò, spaginando la bacchetta e appellando il mantello affinché uscisse da solo dall’armadio, mentre Charlotte roteava gli occhi:

“Certo, certo... io intanto raggiungo Lyanna, quando voi signorine avrete finito di sistemarvi il rossetto ci trovate nell’Ingresso.” 

Will la fulminò con lo sguardo ma per una volta decise di non replicare, restando in silenzio mentre invece Regan si sentiva inevitabilmente colpito nell’orgoglio:

“Ma quale rossetto? CeCe, perché metti in mezzo anche me?” 

Regan sfoggiò un’espressione offesa che fece ridacchiare l'amica, che gli strizzò l’occhio mentre lo superava per uscire dalla stanza:

“Perché è divertente!” 


                                                                                      *


Lyanna se ne stava accanto al portone d’ingresso, già pronta e decisamente allegra, salutando vivacemente tutti gli studenti che le auguravano buona giornata.

Un po’ le dispiaceva che suo nipote ancora non potesse andare in visita al paese, le sarebbe piaciuto fare un giro insieme a Digeon... anzi, il ragazzino la sera prima le si era quasi incollato alle gambe come una piccola scimmia, implorandola di portarlo con lei e facendole anche gli occhi dolci. In genere quella tattica funzionava sempre e la donna si scioglieva come neve al sole, ma in quell’occasione non avrebbe potuto accontentarlo neanche volendo: infondo non le aveva stilate lei, le regole della scuola. 


Vedendo una figura decisamente familiare scendere i gradini della scalinata principale Lyanna sorrise, rivolgendole un cenno per segnalare la sua presenza.
Charlotte la notò e le rivolse un debole sorriso, avvicinandosi con il suo solito passo deciso e spedito. 

“Ciao... vedo che a differenza di qualcun altro anche tu sei pronta, bene!” 

“Ti riferisci e Regan e Will? Effettivamente non li ho ancora visti dalla colazione...” 

Lyanna inarcò un sopracciglio, puntando gli occhi sulla scalinata alle spalle della collega come se sperasse di  vedere Regan e William spuntare da dietro l'angolo, ma Charlotte roteò teatralmente gli occhi, prendendola sottobraccio con un sorrisetto stampato in faccia:

“Tranquilla mia cara, le signore ci raggiungeranno non appena Cavendish avrà finito di incipriarsi il naso...” 

“Ora si che sono tranquilla... dimmi un po’ Charlotte, da uno a dieci quanto ti diverti a stuzzicarlo?” 

“Non giudicarmi male Lyanna, ho bisogno di un hobby mentre sono rinchiusa qui dentro, no?” 

Charlotte sorrise con aria divertita, gli occhi verdi quasi luccicanti mentre Lyanna scuoteva il capo con aria esasperata, anche se infondo i battibecchi e le prese in giro costanti tra i due erano piuttosto divertenti. 

“Ovviamente... infondo chi sono io per privarti del tuo divertimento?”

Lyanna sorrise e le due scoppiarono a ridere mentre uscivano dal castello, guadagnandosi qualche occhiata perplessa dagli studenti che le circondavano, che si chiesero cosa avessero da ridersela le due professoresse più giovani della scuola. 


                                                                           *


“Sei sicuro di non voler venire? Potrebbe essere l'ultima visita ad Hogsmead per noi.” 

“Si, sicuro. Non sono dell'umore.” 

Antares si strinse leggermente nelle spalle, tenendo gli occhi azzurri fissi con insistenza su un punto del muro di pietra davanti a lui. 

“Come vuoi... L’hai detto a Lyra?” 

Antares annuì, tamburellando con le dita sul ripiano di legno mentre cercava di trovare la voglia di fare i compiti... possibile che si fosse completamente dissolta nel nulla? 

Rod se n'era andato il giorno prima e non aveva nessuna voglia di andare in paese, non senza di lui che faceva l’idiota con uno dei suoi assurdi panciotti addosso... non sapeva bene perché, ma gli sembrava quasi sbagliato nei confronti del suo migliore amico che aveva sempre aspettato quelle uscite con gran trepidazione. 

Anche se gli dispiaceva di non andarci con Lyra, quel giorno si era svegliato con una gran voglia di stare da solo, in pace e tranquillità... probabilmente suo padre sapendolo gli avrebbe scritto una lettera piena di rimproveri per non “passare abbastanza tempo con la sua fidanzata”, ma non se ne curò molto. 


“D’accordo, allora io vado... ci vediamo stasera Antares.”   

“A dopo Starkey... chiudi la porta, per favore.”  Quando Starkey uscì dalla stanza e si chiuse la porta alle spalle Antares abbassò lo sguardo sul libro di Aritmanzia, piegando le labbra in una smorfia nel vedere tutti quei grafici, lettere e simboli con cui avrebbe dovuto passare la mattinata. 

“Magari potrei dire a Branagh che non ho fatto i compiti perché mi sono “appellato al diritto di oziare”...” 

Inevitabilmente Antares sorrise tra sé, pensando agli innumerevoli aforismi assurdi che aveva sentito uscire dalle labbra di Rodericus Iwan Lestrange nel corso degli anni, fin da quando erano piccoli e trovava le giustificazioni più assurde per non finire nei guai. 
Istintivamente il ragazzo si voltò, posando gli occhi su qualcosa appoggiato sul suo letto... sorrise appena nel vedere l’assurdo “regalo” che gli aveva fatto Rod prima di andare alla stazione di Hogsmead per tornare a Londra: il Grifondoro aveva pensato bene, teatrale com'era, di lasciargli uno dei suoi panciotti... nonché il suo preferito, quello viola decorato con ghirigori e ricami di gigli.

Il Serpeverde aveva provato a ricordargli che non si stavano dicendo addio e che si sarebbero rivisti di certo a fine anno o anche solo durante le vacanze di Pasqua... ma Rodericus aveva insistito, non potendo non fare il melodrammatico anche in quell’occasione e lasciandoglielo, anche se sapeva che Black si sarebbe fatto fare una foto in compagnia del Primo Ministro Babbano piuttosto che indossarlo pubblicamente.
Probabilmente, a suo padre sarebbe venuto un infarto nel vederlo indossare una cosa simile... 


                                                                                    *


Mentre era in piedi nella grande, praticamente sconosciuta sala, si sentiva più che mai un’estranea... ancora faticava a realizzare appieno che quella sarebbe stata la sua casa per i successivi mesi, che Hogwarts era ormai ufficialmente la sua scuola.

Senza contare che tutti le rivolgevano occhiate curiose e perplesse mentre le passavano davanti, chiedendosi da dove fosse arrivata e soprattutto perché una ragazza di 18 anni avesse cambiato scuola a soli pochi mesi dal Diploma... non che lei ne fosse felice ovviamente, sebbene molto dura sentiva già che Durmstrang le sarebbe mancata molto.

Stava per considerare l'idea di rintanarsi da sola da qualche parte quando una voce dal tono allegro attirò la sua attenzione, facendole alzare lo sguardo:

“Ciao!” 

Alzando lo sguardo la ragazza vide una sua coetanea che le si stava avvicinando, sorridendole amichevolmente. Quando le fu davanti Ingrid si rese conto che era più bassa di lei, ma la chioma di capelli rossi e gli intelligenti occhi azzurri di quella ragazza le suggerirono che era meglio non mettersela comunque contro.

“Tu devi essere Ingrid... io sono Isabella, piacere di conoscerti. Il Cappello ti ha Smistata a Corvonero, giusto?” 

“Si.” 

“Beh, allora temo proprio che nei prossimi mesi dovrai sopportarmi, sono in quella Casa anche io. Sei fortunata, oggi ci lasciando uscire dal castello... ti mostro il paese, vieni.” 

Isabella sorrise, facendole un cenno e invitando la nuova compagna di Casa a seguirla, che non se lo fece ripetere due volte e obbedì, affrettandosi anche a ringraziarla rivolgendole un sorriso: 

“Sei molto gentile, grazie.” 

“Figurati, infondo non avevo molto altro da fare e non mi andava comunque di andare ad Hogsmead da sola. Ultimamente molti studenti si ritirano da scuola, è quasi un bene che tu sia arrivata...

Isabella si strinse nelle spalle, pensando a Brianna con un pizzico di amarezza nella voce che Ingrid colse, ma non si permise di fare domande indiscrete e si limitò a seguire la ragazza fuori dal portone d’ingresso. 

“Spero che tu lo pensi davvero, temevo che mi avreste accolta con torce e forconi...” 

“Tranquilla, non ti aspetta niente del genere... almeno non per mano mia. Posso chiederti da dove vieni, piuttosto? Silente non me l'ha detto.” 

“Sono tedesca, come penso tu abbia già capito... purtroppo ho dovuto lasciare Durmstrang.” 

Ingrid si strinse nelle spalle mentre l'aria le faceva andare i lunghi capelli biondi da tutte le parti, ma non ci fece troppo caso: nella sua vecchia scuola quel clima era praticamente caldo e si ritrovò quasi a sorridere nel vedere moltissimi studenti stringersi le sciarpe intorno al collo. 

Isabella lanciò un’occhiata in tralice alla sua nuova compagna, chiedendosi perché se ne fosse andata da Durmstrang... di certo prima o poi l'avrebbe scoperto, ma non le sembrava proprio il caso di chiederglielo dopo averla incontrata da cinque minuti... ogni cosa al suo tempo, come diceva sempre suo fratello. 


                                                                             *


“Scusa se ci ho messo tanto, ma c'era parecchia fila.” 

Jane sorrise mentre Dante sedeva di fronte a lei, appoggiando i due boccali di Burrobirra sul tavolo.

“Tranquillo... e grazie per essere andato a prenderli tu.”
“Scherzi? Non si fa mai ordinare ad una signorina... e poi c'è così tanta calca che tu probabilmente saresti finita sul pavimento.” 

“Te lo ripeto per la milionesima volta Dan, non sono indifesa come pensi tu!” 

Jane sbuffò, gonfiando le guance con aria offesa mentre Dante sorrideva dolcemente, allungando una mano e accarezzando il dorso di quella della ragazza:

“Certo che no.” 

“Lo so che mi stai prendendo in giro, scemo! A chi credi di darla a bere, ti conosco io.” 

Jane gli rivolse un’occhiata eloquente prima di bere un sorso della bevanda calda, mentre Dante sorrideva con aria divertiva prima di imitarla. 

“Proprio perché mi conosci dovresti sapere che mi diverto a prenderti un po’ in giro... e poi te l'ho mai detto che sei tenerissima quando fai l’offesa? Si, proprio così!” 

Dante sorrise, guadagnandosi un’altra occhiataccia da parte della ragazza, che minacciò di rovesciargli la Burrobirra in testa se avesse continuato a deriderla. 

“Ok, prometto che non ti prenderò più in giro, zuccherino. Sei permalosetta, eh?” 

Dante ridacchiò, inclinando leggermente il capo e guardando la ragazza con affetto, morendo dalla voglia di alzarsi, fare il giro del piccolo tavolo rotondo e strapazzarla di coccole, trovandola adorabile con le guance arrossate dal freddo e i capelli castani leggermente arruffati. 

“Si, forse un po’... ma lo sei anche tu, una volta non sono venuta a vedere una tua partita e mi hai tenuto il muso per una settimana!” 

“Ho bisogno della mia piccolina che tifi per me, ovviamente! E poi alla fine vinco sempre quando ti tengo il muso, non per vantarmi ma sono proprio adorabile...” 


Dante sorrise con una punta di malizia, facendole borbottare qualcosa prima di nascondere la faccia dietro al boccale di Burrobirra, astenendosi dal dirgli che era pienamente d'accordo con lui.


                                                                       *


“Allora, l’idromele è per te, Lyanna?” 

Vendendo chela collega annuiva Will le porse il bicchiere, abbassando poi lo sguardo sull'ultima tazza che gli era rimasta in mano:

“Quindi questa è per...”   Non finì la frase, posando  gli occhi dritti su Charlotte che, seduta di fronte a lui, gli rivolse un sorriso:

“Perché faccio domande stupide?” 

“Veramente non saprei... ma quest’ultima era davvero un’ottima domanda, quindi non preoccuparti.” 
Il sorriso di Charlotte non vacillò neanche per un attimo mentre Regan rideva sotto i baffi e William roteava gli occhi con aria esasperata, porgendole la tazza fumante di cioccolata calda senza replicare, anche se fulminò comunque il collega con lo sguardo, intimandogli di starsene in silenzio. 


“È strano essere di nuovo qui... non avrei mai pensato di tornarci! In più questo posto non è cambiato quasi per niente...” 

Lyanna sorrise, guardandosi intorno quasi con affetto mentre ricordava le uscite in paese di quando studiava ad Hogwarts... in particolare quelle con il suo allora fidanzato nonché futuro marito, anche se mentre beveva Burrobirra e rideva insieme a lui tredici anni prima non avrebbe mai immaginato quello che sarebbe successo. 


“Gia... però è strano, siamo circondati da studenti che ci lanciano occhiate strane...” 

“Tranquillo Reg, staranno facendo commenti su di noi, come ogni studente che si rispetti fa con i suoi insegnanti.”   Charlotte si strinse nelle spalle con nonchalance, bevendo un sorso di cioccolata calda come se non le importasse di ciò che accadeva intorno a lei.

“Beh, su di me non certo commenti negativi... non l'avrei mai pensato, ma sono un ottimo insegnante, modestia a parte.” 

Will sorrise con aria compiaciuta, mentre Regan e Lyanna si scambiavano un’occhiata eloquente, restando in silenzio ma capendosi comunque: e quando mai la modestia veniva lasciata in disparte, quando si trattava di Will Cavendish? 

“Tranquillo Will, sono certa che non ti stanno criticando...”.  Charlotte sfoggiò un sorriso fin troppo dolce, allungando una mano per metterla sul braccio del collega quasi con fare comprensivo. D’altra parte William guardò la donna con tanto d’occhi, soffermandosi sul modo in cui Charlotte l'aveva chiamato... ma lo stupore durò ben poco, quando l’Auror finì la frase con un sorrisetto stampato sul bel volto: 

“... di certo staranno ammirando la tua bellezza.”


Il tono decisamente ironico fece scoppiare a ridere Regan, che non resse di fronte all’espressione teatrale dell’amica, seppellendo la faccia nel suo boccale per evitare di venire affatturato da Will Cavendish nel bel mezzo dei Tre Manici di Scopa. 

Lyanna infatti lo ammonì con lo sguardo di fare silenzio, anche se stava trattenendo un sorriso a sua volta mentre Charlotte rideva sotto i baffi e Will la guardava quasi con rassegnazione negli occhi castano-verdi:

“Ci avrei scommesso... era troppo strano, un tuo complimento. Ma se non altro grazie per aver sottolineato la mia bellezza, Charlotte.” 

Il turno di sorridere spettò a quel punto a Will, che sollevò leggermente il suo bicchiere in direzione della collega, quasi a voler brindare in suo nome mentre Charlotte sbuffava, borbottando qualcosa sul fatto che non era seria e che stava scherzando mentre abbassava lo sguardo e sia Lyanna che Regan sghignazzavano sotto i baffi.


                                                                               *


Non appena mise piede fuori dall’ufficio postale Jane rabbrividì leggermente per il freddo, quasi desiderando di tornarsene al caldo dentro i Tre Manici di Scopa. 

Alzando lo sguardo la Tassorosso vide Isabella infondo sulla strada, alzando una mano per salutarla e rivolgendole un sorriso. La rossa ricambiò mentre usciva da Mielandia in compagnia di una ragazza bionda che Jane non ricordava di aver mai visto prima... probabilmente era la ragazza nuova trasferitasi da Durmstrang di cui aveva già sentito parlare il giorno prima. 

Appuntandosi mentalmente di presentarsi quella sera stessa Jane girò sui tacchi, avviandosi verso la direzione opposta per raggiungere Dante, che aveva lasciato su una panchina con l'ordine di non muoversi mentre lei andava a spedire una lettera ad Amos e una a sua madre. 

Sorrise nel trovarlo esattamente come l'aveva lasciato, le mani in tasca, lo sguardo assorto fisso sulla strada quasi gelata e la caviglia destra appoggiata al ginocchio sinistro. 
In effetti era quasi strano che il ragazzo non avesse insistito per accompagnarla o che non si fosse mosso mentre lei non c'era, gironzolando per la via visto che era quasi incapace di stare fermo...     la Tassorosso lo osservò attentamente, studiandolo e cercando qualche indizio che le confermasse che qualcosa non andava: era leggermente più silenzioso del solito e sembrava che avesse la testa da qualche altra parte, anche se si sforzava di non darlo a vedere. 

In effetti Dante non era mai stato tipo da esternare se c'era qualcosa che non andava, tenendosi sempre tutto per se e non chiedendo mai aiuto o consiglio a nessuno... ironico, visto che lui invece si faceva sempre in quattro per aiutare chiunque, anche se si trattava di qualcuno che non gli stava poi molto simpatico. 


“Eccomi qui! Spero di non averci messo molto.”  Jane si stampò in faccia un gran sorriso mente si fermava accanto alla panchina, facendogli alzare lo sguardo quasi di scatto. Dopo un attimo di esitazione il Grifondoro inclinò le labbra in un debole sorriso, scuotendo il capo mentre lei gli sedeva accanto. 

“No, non preoccuparti... e se anche fosse, non sarebbe stato un problema.” 

Dante puntò nuovamente lo sguardo davanti a se con aria leggermente accigliata, mentre Jane sorrideva con gentilezza, prendendo una delle grandi mani del ragazzo e stringendola tra le sue.

 “Danny, a me puoi dire tutto, lo sai... perciò se ci fosse qualcosa che non va me lo diresti, vero?” 

Dante si voltò di nuovo verso di lei, esitando per un attimo mentre lei lo osservava attentamente:

 “... certo. Ma non c'è niente che non vada, Jane.” 

“Sicuro? Oggi sei più pensieroso del solito... e tu non parli mai di queste cose, con nessuno.” 

“Non è niente Jane, sono solo un po’ soprappensiero. Dai, andiamo da Mielandia a fare scorta di dolci.” 

Dante sorrise, alzandosi e trascinando con se anche alla ragazza tenendola ancora per mano. Jane gli rivolse uno sguardo inquisitorio e carico di un pizzico di delusione ma non insistette, annuendo e sorridendo debolmente di rimando:

“Ok, andiamo... e guai a te se mi rubi i dolci come fai sempre.” 

“Io? Rubare i dolci al mio zuccherino? Ma per chi mi hai preso Jane Prewett, non ruberei mai i dolci ad una signorina!” 

“Certo, e io sono Madame Batterfly... dai, andiamo spilungone.” 


                                                                             *


“Insomma, avete finito? Siamo qui da mezz'ora!” 

“Quante storie, arriviamo subito!” 

Lyanna sospirò, appoggiandosi al muro e guardando Regan e Charlotte in piedi davanti allo scaffale interamente dedicato al cioccolato con tutte le decine di varianti in esposizione. 

“Siete ancora qui? Ho fatto in tempo a percorrere la via tre volte... che stanno facendo?” 

Will fece capolino accanto a Lyanna, inarcando un sopracciglio e guardando i due colleghi con aria curiosa mentre il Pozionista e l’Auror si consultavano su cosa provare.

“Stanno prendendo una decisione di vitale importanza...” 

Il tono di Lyanna era decisamente ironico, tanto che Regan si voltò parlando con quasi con tono solenne:

“Certo che è importante... non veniamo di certo qui tutti i giorni, no?” 

“Ovvio che no, ma un gusto vale l'altro...” 

“Che eresie mi tocca sentire... ok, ho bisogno di un consiglio. Caramello o mandorle?” 

Charlotte inarcò un sopracciglio, voltandosi verso i due colleghi tenendo una tavoletta di cioccolato per mano come se si trattasse di una scelta che avrebbe influenzato il destino del mondo.

“Non lo so, è uguale.”     Will sospirò, roteando gli occhi e chiedendosi come fosse finito a dover dare consigli del genere... quella donna era veramente assurda.

“Cavendish, lasciati dire che come consigliere fai veramente schifo. Ok, le prendo tutte e due... vieni Reg!” 


Charlotte sorrise, prendendo l'amico sottobraccio e trascinandolo verso la cassa con una Lyanna decisamente sollevata: dopo aver preso qualcosa per Digeon aveva passato venti minuti lì dentro circondata da ogni tipo esistente di dolciume... il profumo dolcissimo cominciava quasi a farle venire la nausea. 


“Certo che c'è un sacco di gente che spende soldi per queste cose... valli a capire.”  Will inarcò un sopracciglio, osservando con aria scettica la miriade di studenti che affollava il negozio strapieno. 

“Questione di punti di vista, io non amo follemente i dolci... ma ti prego usciamo, mi sta venendo il diabete solo stando qui dentro!” 


 Lyanna fece un cenno a Will, suggerendogli di seguirla fuori dal negozio. Quando finalmente riuscirono a districarsi tra la ressa quasi tirarono un sospiro di sollievo: 

“Menomale, mi stava per venire la claustrofobia...”.   Lyanna sorrise con aria sollevata mentre la campanella appesa dietro alla porta tintinnava, segnando che qualcuno stava uscendo di nuovo: Regan e Charlotte sfoggiarono due sorrisi allegri mentre uscivano dal negozio, lasciandosi un gran profumo di cioccolato, zucchero e caramello alle spalle.


“Ok, eccoci qua... a questo punto possiamo tornare indietro, ora che ho il mio cioccolato sono soddisfatto.” 

Regan sorrise e Charlotte rise appena, prendendolo sottobraccio per avviarsi lungo la strada principale del paese, con Lyanna e Will qualche passo più indietro.

“Beh, ora sono due bambini felici...” 

Lyanna sorrise con aria divertita, pensando ai suoi nipoti e alla faccia che avrebbe fatto Digeon quando gli avrebbe dato l'enorme lecca-lecca che aveva comprato per il nipotino. 

“A quanto pare... a certe persone basta poco per essere di buon umore, non credi?” 

“Si, ma penso che in questo modo si viva molto meglio rispetto ad essere troppo esigenti e ambiziosi.” 


Lyanna sorrise e Will si ritrovò ad annuire, riflettendo sulle parole della collega e non potendo che essere d'accordo con lei: infondo, come dice il proverbio, chi s’accontenta gode.


“Ehy, ragazzi!”   Sia Regan che Charlotte si voltarono verso di lui sentendosi chiamare, guardandolo come in attesa di sentire cosa volesse. Will sfoggiò un lieve sorriso, intuendo già la risposta ma volendo almeno provarci:

“Non è che me ne fareste assaggiare un pezzo, della vostra miracolosa cioccolata?” 

“Naturale, Reg sarà ben lieto di farti assaggiare la sua.” 

“Scusa, perché devo farlo per forza io?” 


                                                                            *


“Dan, guarda che ti ho visto! Credi che io sia cieca per caso?”    Dante sghignazzò di fronte all’occhiata truce di Jane, che rimise al sicuro nella borsa la confezione di cioccolatini che aveva preso da Mielandia, tenendoli lontani dalle mani del ragazzo. 

“Non vuoi condividere i dolci con il tuo Dante, piccola Jane?” 

“No, sono molto gelosa dei miei cioccolatini...” 


Il tono serio e quasi solenne della ragazza lo fece sorridere, arruffandole i capelli con una manata come faceva sempre, causando così sonore proteste:

“Prima di derubi e poi mi spettini? Vergognati Julius! La prossima volta ci vado con qualcun altro sul serio, in gita!” 

Jane roteò gli occhi, facendo del suo meglio per risultare stizzita è credibile. Evidentemente però aveva buone doti recitative, perché Dante sgranò gli occhi e la sua mascella sfiorò il marciapiede sul quale stavano camminando per tornare al castello:

“Come scusa? Spero di aver capito male!” 

“No, credo che tu abbia capito benissimo Dante...” 

Jane gli sorrise amabilmente e con una nota divertita che il ragazzo però non colse, quasi inchiodando prima di fermarsi davanti a lei con le mani sui fianchi:

“Beh, ti informo che se dovesse esserci un'altra uscita prima della fine dell'anno ci verrai con me lo stesso... A PROPOSITO, mi vuoi dire chi ti aveva invitato? Voglio sapere chi è!” 

“No che non te lo dico, sei più che capace di andare a fargli l’interrogatorio!” 

“Naturale che lo farei, è il minimo.” 

Il tono risoluto di Dante fece sorridere inevitabilmente Jane, che lo guardò con affetto prima di abbracciarlo, appoggiando la testa sul suo petto e cingendogli la schiena con le braccia:

“Sei un tesoro Dan... ladro di dolci, ma comunque un tesoro.” 

Dante le accarezzò istintivamente i capelli castani, ripensando di nuovo al sogno che aveva fatto la notte precedente...

Piantala Dante, non le faresti mai del male


O almeno, lo sperava. 


                                                                          *


“Ciao... sei stato qui tutto il giorno?”   Antares si strinse nelle spalle, annuendo con un cenno del capo appena percettibile mentre Isabella gli passava davanti, le braccia cariche di libri.

“Non avevo molta voglia di andare in paese... anche tu ti prendi avanti con i compiti?” 

“Si, sono tornata prima apposta... sarei anche rimasta qui, ma Silente mi ha chiesto di fare da chaperon alla ragazza nuova.”    

Isabella appoggiò i libri sul tavolo, sollevata di essere riuscita a tenerli in equilibrio visto che due giorni prima uno le era scivolato di mano, cadendole dritto su un piede e facendole quasi tirare giù la Biblioteca a suon di imprecazioni. 

“Che sabato entusiasmante...” 

“Già. Forse avremmo dovuto rifiutare, quando ci hanno dato la carica di Caposcuola...”  Isabella si accigliò, chiedendosi come sarebbe andato l'anno senza tutte le ronde e le riunioni extra... in effetti ne aveva una anche quella sera, con suo scarsa gioia. 

“Forse. Non ti invidio, stasera hai anche un turno... di certo ti rattrista molto il fatto che io invece non ci sia.” 

Antares sfoggiò un sorrisetto mentre intingeva la piuma nel calamaio, parlando con la ragazza da un tavolo all’altro della sala. 

“Un corno! Starò benissimo senza un imbecille che mi arriva di soppiatto alle spalle fingendosi il mostro della Camera dei Segreti!” 

Isabella gli scoccò un’occhiata truce che prometteva vendetta mentre il ragazzo invece ridacchiava, ricordando con gran divertimento la ronda della sera prima, quando aveva fatto perdere, a detta sua, un decennio di vita alla Corvonero. 


“Non capisco perché ti spaventa tanto, Isabella...” 

“E io non capisco perché tu la prenda così tranquillamente! O sono io che sono paranoica, o tu ti adagi sugli allori, caro Black. Chissà, magari tra una settimana o due ti troverò pietrificato dietro un armatura, e allora mi farò una gran bella risata.” 


Isabella sorrise mentre tornava a rivolgere l'attenzione ai compiti, facendo accigliare leggermente il “collega”: non che tenesse di finire pietrificato visto che era Purosangue al 100%... ma ce la vedeva comunque Isabella Burton a mettersi a ridere fragorosamente se mai l'avesse trovato pietrificato nel bel mezzo di un corridoio. 


                                                                                  *


“Digeon!”   Lyanna sorrise, chiamando il nipote che si fermò nel bel mezzo del corridoio, voltandosi verso di lei e rivolgendole un’occhiata leggermente cupa mentre la zia gli si avvicinava:

“Ciao zia... com’è andata ad Hogsmead?” 

“Bene... ma non fare quella faccina, tra non molto potrai andarci anche tu! E comunque, ho preso una cosa per il mio nipotino preferito, ma non dire a tua sorella che l'ho detto.” 

Sorridendo Lyanna tirò fuori dal sacchetto di Mielandia l'enorme lecca-lecca di 7 gusti, scorgendo l’espressione di pura sorpresa che comparve sul volto del ragazzino:

“È per me?” 

“Certo, chi altro può essere il mio nipotino preferito? Ma...”   Lyanna scostò il braccio quando Digeon allungò una mano per afferrare la caramella, guardandolo come se fosse in attesa di qualcosa:

“Non lo avrai gratis. Voglio un bacio, prima.”   Lyanna si chinò leggermente, indicandosi una guancia mentre il ragazzino sbuffava debolmente, guardandosi intorno come per volersi accertare che non ci fosse nessuno nei paraggi prima di scoccare un bacio sulla guancia della zia, facendola sorridere con aria compiaciuta:

“Grazie... tieni, tutto tuo tesoro.” 

“Grazie zia!” 

Digeon sorrise, prendendolo allegramente prima di avviarsi verso la Sala Grande, pronto a vantarsi della sua “conquista” con tutti i compagni di corso che, come lui, non erano potuti andare ad Hogsmead.

La donna seguì il nipote con lo sguardo prima di avviarsi a sua volta verso la Sala Grande per la cena, sentendo quasi la voce di suo fratello ammonirla di viziare troppo i due nipoti... ma infondo, chi le impediva di farlo? 


                                                                                 *


“Allora... com’è andata la gita con la tua ragazza?” 

“Te l'ho già detto Olly, non è la mia fidanzata.” 

Mentre si sfilava la cravatta rosso-oro Dante quasi sospirò, lasciandosi cadere sul letto mentre Oliver ridacchiava, seduto alla sua scrivania e guardando il compagno di Casa con aria divertita

“Se lo dici non lo metto in dubbio... ma non credo che manchi molto.” 

“Com’è che in questa Casa sono tutti pettegoli? Anche Rod era molto interessato alla cosa... per caso ti ha incaricato di investigare sull’argomento?” 

Dante inarcò un sopracciglio, facendo sorridere Oliver mentre si alzava dalla sedia, diretto alla porta del Dormitorio:

“Forse... chi può dirlo. Ad ogni modo io vado a cena Dan, vieni anche tu?” 

“No... non ora. Tra un minuto scendo, tu intanto vai.” 

Oliver obbedì e uscì dalla stanza, lasciando il compagno di squadra e di Casa da solo nel Dormitorio. Quando sentì la porta chiudersi alle spalle di Oliver Dante sbuffò, passandosi una mano sul viso e dandosi mentalmente dell’idiota: Jane gli aveva chiesto più di una volta se ci fosse qualcosa che lo turbava... e lui aveva negato per tutto il giorno, ma la conosceva come le sue tasche e sapeva che ormai la Tassorosso aveva intuito qualcosa e non si sarebbe data pace finché non avrebbe scoperto che cosa lo disturbasse.

Evidentemente, non era riuscito a fare finta di niente per bene... di rado gli riusciva di mentire quando si trattava di Jane Prewett. Il Grifondoro si alzò dal letto, avvicinandosi alla scrivania per prendere un pezzo di pergamena e una penna d’oca: era decisamente arrivato il momento di chiarire quella storia, voleva scrivere a suo fratello Lucas e pretendere una spiegazione. 

















................................................................................
Angolo Autrice:

Buonasera gente! Mi spiace di averci messo quasi una settimana, ma ho ovviamente dovuto aspettare che mi arrivassero le schede nuove... e questo capitolo, non so perché, è stato decisamente lungo da scrivere. 
Ad ogni modo spero davvero che vi sia piaciuto, non ho approfondito molto i personaggi nuovi ma non temete, lo farò dal prossimo capitolo :) 

Vi metto qui sotto i loro Prestavolto, ma prima ho una domanda per voi:

Che cosa vuole fare il vostro OC dopo Hogwarts? 


Non mi sembra di avere altro da dirvi se non grazie a chi si è iscritto alla storia anche se siamo non dico a metà, ma quasi.


Oliver Miller 
olly

Ingrid Braun 
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Ci vediamo in settimana con il prossimo capitolo... a presto!

Signorina Granger 
                           

                                                                  



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Capitolo 16
*** Visite inattese e forti indecisioni ***


Capitolo 15: Visite inattese e forti indecisioni 
 
Giovedì 4 Marzo


“Ciao, Francies…” 

Francies Julius ormai era più che abituato a parlare con gli amici dei suoi fratelli… sin dal suo primo anno ad Hogwarts aveva fatto quasi da postino e messaggero per conto dei fratelli maggiori, ma con il tempo, quando erano rimasti solo lui, Coraline e Dante ad Hogwarts, aveva sperato che quei tempi fossero finalmente finito… ma quando alzò lo sguardo dal suo piatto pieno di bacon e incontrò due malinconici occhi azzurri, seppe che si stava sbagliando di grosso:

“Jane… ciao. Posso fare qualcosa per te?”

“Non voglio disturbarti, ma mi chiedevo… sai per caso se tuo fratello ce l’ha con me per qualche motivo?” Jane sospirò, parlando con tono decisamente cupo e abbassando lo sguardo sul suo piatto praticamente vuoto. Francies quasi si strozzò con il boccone che stava masticando, chiedendosi come se la sarebbe cavata da quella situazione: non poteva assolutamente ire a Jane la verità, ma non voleva nemmeno farla star male senza motivo.

“No, assolutamente, perché lo pensi?”

“Non lo so, è Da qualche giorno che mi evita. Ma non mi sembra di aver fatto niente di male…” 

Jane sospirò, lanciando un’occhiata malinconica in direzione del tavolo dei Grifondoro, chiedendosi perché il ragazzo l’avesse evitata per diversi giorni… aveva provato a chiedergli spiegazioni ma Dante se l’era puntualmente filata ogni volta, trovando improvvisamente qualche impegno importante che gli impediva di fermarsi a chiacchierare. 

“Ne dubito fortemente, Jane… Ma conosci mio fratello, a volte è un po’ lunatico…, Ed è permaloso, non credo che tu gli abbia fatto nulla, magari è lui che esagera. Parlagli, infondo siete in classe insieme, non può evitarti costantemente.” 

Francies si sforzò di sorridere, dandosi mentalmente dell’idiota: Dante l’avrebbe ucciso se avesse sentito quella conversazione… ma sempre meglio che dire a Jane la verità, cosa che avrebbe fatto veramente andare Dante fuori dai gangheri. 

La Tassorosso annuì senza troppa convinzione, e in quel momento il ragazzino quasi sorrise: in condizioni normali vedendola così cupa probabilmente Dante si sarebbe messo a chiederle cosa avesse fin dal suo tavolo… ma negli ultimi giorni suo fratello aveva la testa su un altro pianeta e purtroppo Jane non poteva immaginarne il motivo. 


                                                                                      *


Charlotte sorrideva mentre quasi trotterellava allegramente verso la Sala Grande, sollevata che fosse finalmente arrivata la colazione: la sera prima si era addormentata in camera sua e non aveva cenato… avrebbe anche potuto mangiarsi uno degli arazzi, se necessario. 

“CeCe!” La donna si fermò bruscamente, quasi inchiodando sul pavimento prima di fare un mezzo giro su se stessa, chiedendosi chi stesse interrompendo la sua marcia verso la colazione… Sorrise nel scorgere una figura decisamente familiare che le si stava avvicinando, anche se intorno a quest’ultima molti studenti nei paraggi la stavano guardando con tanto d’occhi e quasi trattenendo il fiato, chiedendosi chi fosse tanto matta da chiamare un insegnante con un soprannome. 

Charlotte però non ci badò, sorridendo calorosamente:

“Ciao, cuginetta… Qual buon vento?”

“Nessuno buon vento, temo… so che non ti farà piacere CeCe, ma ieri ho ricevuto questa… da zia Josephine. Ti prego leggila, altrimenti lei e mia madre sarebbero capaci di arrivare qui armate fino ai denti…”

Imogen Selwyn sospirò, porgendo alla cugina una lettera ancora sigillata che portava inesorabilmente la firma di Josephine Rowle-Selwyn. 

Come previsto dalla giovane Corvonero le labbra di Charlotte si piegarono in una smorfia bella e buona, prendendo la lettera con aria contrariata… anche se non osava negare le parole di Imogen:

“Temo che tu abbia ragione, Imogen… Sai, a volte penso che tua madre e la mia si somiglino molto di più rispetto ai nostri padri. E pensare che sono loro, quelli fratelli…”

“Chi può dirlo, infondo siamo tutti parenti… Non so che cosa ci sia in quella lettera Charlotte, ma se tua madre ha scritto a me allora sapeva che non l’avresti letta, ricevendola direttamente. Fallo per me, leggila.”

“Solo perché sei la mia cugina preferita… ma non dirlo ai tuoi fratelli, potrebbero prenderla male.”

“E’ ovvio che sono la tua preferita! Non credi che dovresti, in effetti, nutrire qualche favoritismo verso di me?” Imogen sfoggiò un gran sorriso, prendendo la cugina sottobraccio e trascinandola verso la Sala Grande, facendola sorridere con aria divertita:

“Neanche per idea! Sai che odio i ruffiani Imogen, attenta a come ti comporti.”

“Lascia perdere, non immagini quanto sia strano avere una cugina come prof… ma sappiamo entrambe che non mi toglieresti mai punti, sei una Corvonero anche tu.”

“Hai ragione… magari ti metterei in punizione, ma credo che l’essere fidanzata con Abraxas Malfoy sia già una sufficiente… Mia povera, giovane cuginetta, non sai a cosa vai incontro.”

“Per l’ultima volta, non mi ha costretto mia madre, davvero!” Imogen sbuffò, ripetendo la stessa frase forse per la milionesima volta… ma perché nessuno voleva credere che non era stata forzata dai genitori sul fidanzamento con Abraxas?

“Piuttosto… prima o poi qualcuno mi spiegherà perché noi siamo già tutti sistemati mentre tu sei riuscita a cavartela.”

“Sono piuttosto brava a scappare, in effetti… specialmente quando mia madre parlava di matrimoni, a quel punto diventavo un vero fulmine.”


                                                                            *


“Io continuo a sostenere la mia tesi: la Hobskin recentemente ha cominciato a darsi pesantemente all’alcool.”

“Naturalmente non la conosco, però non credo di riuscire ad immaginarmela con una bottiglia di Whisky in mano, bevendo a canna…”

Ingrid inarcò un sopracciglio, cercando di figurarsi la scena ma senza ottenere grandi successi: no, non era proprio il tipo da alcolismo.

“In effetti nemmeno io… ma spiegherebbe perché ha cominciato a darci ancora più compiti rispetto al solito. Secondo lei quando dovremmo farli? Ormai gli unici momenti in cui non ho un libro in mano è quando sono in bagno!”

Isabella sbuffò, cancellando nervosamente l’ultima riga della sua relazione per l’ennesima volta, mentre Ingrid a stento tratteneva un sorriso: non poteva assolutamente darle torto, visto che nelle ultime notti aveva scorto Isabella rintanata sotto le coperte e studiare, le tende del baldacchino tirare per evitare che la luce disturbasse lei, Imogen o Sybill. 

“Coraggio, te la caverai… sei una studentessa praticamente perfetta.”

“Vero, ma a volte vorrei prendere uno di questi mattoni, tirarlo addosso ad un insegnante per poi darmela a gambe… e dopo abbiamo anche Medimagia, non ce la farò mai a finire…”

Isabella sospirò, gemendo con aria sofferente mentre appoggiava la testa sul tavolo, lasciando che i lunghi capelli rosso-arancio andassero a finire sulla pergamena dove stava scrivendo. 

“Non dire così, l’insegnante sembra molto carina.”

“E infatti lo è, nessun dubbio su questo… ma è comunque un’ora e mezza in meno per fare i compiti. Pazienza, vorrà dire che mi terrò le occhiaie fino agli esami, ormai sono diventati la firma di Isabella Burton.”

“Buffo. Pensavo fossero i tuoi capel- “

Ingrid sorrise con fare angelico, non terminando la frase a causa dell’occhiata omicida che le aveva rifilato Isabella: non glie l’aveva mai chiesto direttamente, ma qualcosa le diceva che la compagna non amasse particolarmente i suoi capelli rossi. 

“Ok, ho afferrato il concetto. Perché te la prendi tanto, a Durmstrang era pieno di persone con i capelli chiari, anche rossi.”

“Può darsi, ma qui non sempre i capelli di questo colore sono visti benevolmente… E sono davvero stanca di sentirmi chiamare “pel di carota”.” Isabella roteò gli occhi, ricordando le innumerevoli volte in cui, da bambina, aveva “sgridato” Nicholas per non avere i capelli rossi come i suoi… Sembrava che sua madre li avesse trasmessi, molto gentilmente, soltanto a lei. 

“Ti puoi sempre tingere…”

“Certo, così mio padre mi chiuderebbe in casa per tutta la vita! E’ già convinto che io sia pressoché inutile, grazie, non gli servono motivi per disprezzarmi.”

Il tono cupo di Isabella la fece sorridere con un velo di amarezza, dispiacendosi per la famiglia che la ragazza si ritrovava… non poteva fare a meno di sentirsi fortunata, visto che era cresciuta in una famiglia affettuosa e molto unita. D’altra parte però, le ricordava anche che forse non ne avrebbe avuta una così per un bel po’ di tempo. 


                                                                        *


“Si può sapere perché hai quella faccia? Sembra che tu stia andando al patibolo.”

“Scusami tanto, ma ti ricordo che stiamo correndo… e fa freddo. Durante un’ora buca.”

Dante sbuffò, parlando in tono acido mentre correva accanto ad Oliver, che sbuffò e roteò gli occhi, scoccando al compagno un’occhiata eloquente:

“Non pensavo che volessi far vincere Serpeverde, a fine mese… Non fraintendermi, non mi piace fissare gli allenamenti nelle ore libere, ma ci danno così tanti compiti che non abbiamo molto altro tempo… e poi ci sono anche le lezioni in più che alcuni di noi seguono.”

Dante sospirò, ricordandosi solo in quel momento della lezione di Medimagia che lo aspettava nel pomeriggio… se non altro la presenza di Lyanna avrebbe fatto passare il tempo più velocemente, visto che adorava l’insegnante. D’altra parte però, significava anche doversi trovare per forza nella stessa stanza con Jane per un’ora e mezza… e non era certo di riuscire a trovare vie di fuga in eterno.

“Io l’avevo detto, che sarebbero state una rogna in più… Piuttosto, oggi cosa faremo secondo te?”

“Non lo so, ma penso che abbiamo finito con i metodi alla Babbana… non vedo l’ora di imparare a guarire le persone in un batter d’occhio come fanno in Infermeria!”

“Oh sì, ti vedo benissimo con la divisa di Madama Chips…” Dante sorrise sinceramente forse per la prima volta da giorni, guadagnandosi un’occhiata torva da parte del compagno mentre continuavano a correre, facendo il giro del campo. 

“Tante grazie. Ma almeno finalmente sorridi, ultimante sei parecchio musone. Che ti succede, Julius?”

“Solo qualche pensiero.”

Dante tacque per qualche minuto, conscio che infondo Jane avesse ragione: odiava i segreti e non sopportava che qualcuno gli nascondesse qualcosa… ma lui per primo non parlava mai dei suoi problemi e dei pensieri che gli frullavano nella testa. 
Ne era consapevole e si sentiva in colpa per come si stava comportando con la ragazza, ma sapeva che sarebbe stato molto più difficile mentirle e nascondere sfacciatamente qualcosa piuttosto che evitarla semplicemente. 

Sfortunatamente si era accorta che era molto scostante negli ultimi giorni e aveva di certo intuito che qualcosa non andava… e Dante sapeva che prima o poi l’avrebbe placcato una volta per tutte, facendogli sputare il rospo. 

Dante respirò profondamente senza smettere di correre, guardando dritto davanti a sé con cipiglio quasi malinconico: non aveva idea di come dirlo a Jane, visto che doveva ancora metabolizzarlo lui stesso del tutto… quando aveva ricevuto la risposta di Lucas si era chiuso nel Dormitorio per ore finché non era uscito, cercando Coraline e Francies per tutto il castello prima di farci una chiacchierata. Non era certo di averli ancora perdonati per avergli nascosto qualcosa per anni, anche se forse da una parte li ringraziava… aveva vissuto più serenamente, anche se aveva sempre sentito che qualcosa non andava. Sapeva che l’avevano fatto per il suo bene, ma non poteva comunque non avercela un po’ con tutti i suoi fratelli… si erano sempre detti tutto, o almeno così credeva. 

Se non altro ora finalmente sapeva, e tutto aveva acquisito più senso: ecco il perché di quei sogni confusi che somigliavano a ricordi, ecco il perché delle lezioni di autocontrollo che aveva preso da bambino.

Doveva solo spiegare a Jane quello che Lucas aveva spiegato a lui… facile, a dirsi.

A farsi, un po’ meno. 


                                                                              *


“Centocinquantatré, centocinquantaquattro, centocinquat…”

“Hai un disturbo compulsivo, per caso?”

Charlotte si fermò di colpo, smettendo di contare a bassa voce i gradini, sentendosi raggelare mentre alzava lo sguardo, posandolo sulla fonte della voce.

Ti pareva 

Non si scompose affatto quando si ritrovò a guardare William Cavendish, appoggiato con le braccia alla ringhiera delle scale del piano superiore, osservandola con interesse. 

“Se così fosse mi piacerebbe saperlo, da che cosa lo deduci?”

“Conti… perché conti sempre?”

“Non lo so. Mi rilassa, credo.”

Charlotte si strinse nelle spalle, abbassando lo sguardo per puntarlo dritto davanti a sé, riflettendo sulla sua stessa risposta mentre sentiva dei passi sopra di lei, segno che Will stava scendendo le scale per raggiungerla. 

Nemmeno lei aveva capito con certezza il motivo di quella mania del contare… non era per ammazzare il tempo, sentiva quasi il bisogno di farlo. 

“E perché dovresti essere nervosa?” 

Will inarcò un sopracciglio, avvicinandosi alla collega e rivolgendo un’occhiata scettica alle sue spalle come sempre tese e rigide… era quasi come se vivesse costantemente in allerta. 
Come da manuale però Charlotte non rispose alla sua domanda, limitandosi ad osservarlo e inarcando un sopracciglio con fare scettico: 

“Da quando fai l’analista, Cavendish? Hai un diploma di cui non sono a conoscenza?”

“Può anche essere… sono pieno di segreti, io.”

“Oh, non ne dubito, ma se anche fosse, non credo che mi farei psicanalizzare proprio da te… Temo che dovresti accodarti alla fila.” Charlotte sfoggiò un piccolo sorriso prima di riprendere a percorrere il corridoio, precedendo Will e smettendo di contare a bassa voce come faceva sempre quando era in compagnia. Notando che lui non la stava seguendo la donna si fermò, voltandosi e rivolgendogli un’occhiata scettica: 

“Coraggio uomo del mistero, andiamo… non vorrai far tardi a lezione, spero!”

Will si ricosse alle sue parole, affrettandosi a seguirla e rivolgendole un sorriso carico d’ironia:

“Mi ferisce sapere che non mi vorresti come tuo terapeuta… posso sapere il motivo?

“E ME LO CHIEDI? Saresti capace di tendermi una trappola dietro la porta! E quando parli con uno di loro, dovresti sentirti rilassato… al sicuro, diciamo.”

Will sorrise, valutando l’ipotesi mentre si accingeva a raggiungere i Sotterranei insieme a Charlotte:

“E con me non lo saresti?”

“Ne dubito fortemente… Passerei il tempo a preoccuparmi che tu non mi faccia qualche pessimo scherzo.”

“Altro che pessimo, quella dei mantelli è stata una trovata a dir poco geniale… ammettilo, Charlotte.”

“Sarà anche stata geniale, ma non scordare che prima o poi ti presenterò il conto da pagare… e potrebbe essere anche molto salato, mio caro.”

Charlotte gli rivolse un sorrisetto che non prometteva effettivamente proprio niente di buono, strizzandogli l’occhio quasi come a voler suggellare la sua promessa. 

Qualcosa diceva a William Cavendish che la sua collega avrebbe tenuto fede alla parola data…


                                                                               *


“Dante!” Mentre si voltava provò una strana sensazione contrastante: all’udire la voce di Jane si era sentito raggelare, ma quando la vide sorridergli quasi con vena speranzosa mentre gli si avvicinava, sentì uno strano formicolio, come di qualcosa svolazzargli nello stomaco:

“Jane… ciao.” 

“Ti siedi vicino a me?” Jane sorrise, fermandosi davanti a lui e guardandolo allo stesso modo in cui l’aveva guardato nell’ultima settimana: ti prego, dimmi cosa c’è che non va

“Mi piacerebbe… ma ho promesso ad Oliver di sedermi con lui… mi spiace.” Dante sorrise a fatica, indietreggiando di un passo prima di voltarsi e quasi correre verso il compagno di Casa, udendo comunque un sospiro sommesso uscire dalle labbra della Tassorosso, che si trascinò nel banco vuoto accanto a Bella. 
La rossa invece le sorrise, come se fosse felice che si fosse seduta vicino a lei e cercando alk contempo di tirarle sul il morale:

“Ehy! Perché quel muso lungo, tu adori Medimagia!”

“E’ così… ma non capisco perché Dante ce l’ha con me.”

“Te lo ripeto, secondo me non è così che stanno le cose.”

“E allora perché diamine mi evita? Mi guarda in faccia a stento, praticamente…”

“Io ti ho già detto come la penso: TALLONALO, BLOCCALO, CHIEDIGLI SPIEGAZIONI e fatela finita. Anzi, alla lista aggiungi anche bacialo, così la fate finita davvero una volta per tutte.”

Isabella tirò fuori calamaio e piume, parlando con una noncuranza che fece arrossire violentemente Jane, che guardò l’amica quasi con una vena di rimprovero:

“Bella, smettila!”

“Siete voi che dovete smetterla Jane… non certo io. Senti, se proprio non riesci a importi ci penso io… lo prenderò per un orecchio e lo porterò da te, non è un problema.

“Ma se sei alta 40 cm meno di lui!”

“37, JANE. 37.” Il tono fermo di Isabella fece sorridere, malgrado tutto, la Tassorosso proprio mentre la porta dell’aula si apriva, facendo entrare un’allegra e sorridente Lyanna seguita da Regan, Charlotte e William.

“Buongiorno ragazzi, come state’ Spero abbiate passato una settimana piacevole… e che abbiate fatto i compiti, dopo verificherò. Dunque, come potete vedere oggi abbiamo il piacere di avere con noi tre ospiti… il Professor Dippet ci ha chiesto di fare una lezione collettiva per materia durante il mese di Marzo, comincerete oggi.”

Lyanna sorrise, accennando ai tre colleghi che si erano fermati alle sue spalle, appoggiati alla cattedra.

Alle parole “piacevole settimana” Dante si lasciò sfuggire uno sbuffo carico di scetticismo, mentre Jane gli rivolgeva un’occhiata torva dall’altra fila di banchi, chiedendosi per la milionesima volta che cosa ci fosse che non andava in lui… Sapeva che era molto riservato, ma non capiva comunque perché la stava evitando. 

Avrebbe voluti dirgli che le mancava molto parlare con lui a tutte le ore, sorridergli e prenderlo in giro mentre lui le portava i libri… non avrebbe mai pensato di dirlo, ma le mancava persino il “piccola Jane” con cui l’aveva sempre chiamata. 

“Detto questo… come vi avevo già detto, abbiamo concluso la parte più Babbana della materia, d’ora in avanti ci concentreremo su altro… la lezione di oggi sarà tuttavia “riassuntiva”, perciò… chi dei miei cari colleghi avrà il piacere di farci da cavia e fingersi un ferito gravemente?”

Lyanna sorrise, facendo un mezzo giro su se stessa mentre terminava la frase, trovandosi davanti ai tre colleghi e sorridendo amabilmente, invitandoli a concedere la loro partecipazione.

Regan inarcò un sopracciglio, guardandola con cipiglio scettico come se volesse chiederle se stesse dicendo sul serio… Will invece aveva gli occhi quasi fuori dalle orbite, certo che li stesse prendendo in giro. A rimanere impassibile fu Charlotte, che dopo un attimo di esitazione si lasciò sfuggire un colpo di tosse che suonò molto come “Cavendish”.

Per tutta risposta Will si voltò di scatto verso di lei, guardandola con aria minacciosa:

“Selwyn…”

“Beh, fa davvero piacere vedere un volontario, ovviamente… Rilassati Will, non rovineremo la tua bella faccia... ci eserciteremo solo a ricucirti, niente di troppo traumatizzante.”


Lyanna sfoggiò un sorriso, avvicinandosi al collega e prendendolo sottobraccio mentre Charlotte rideva sotto i baffi, guardandolo con gli occhi luccicanti di divertimento: Will ricambiò con uno sguardo truce che la donna sembrò ignorare, troppo impegnata a gustarsi la sua vendetta per darci peso. 


“Ho come la sensazione che sarà una lezione molto divertente...”  Il sussurro di Charlotte fece sorridere Regan, che guardò l'amica con aria rassegnata, sapendo che non aveva praticamente aspettato altro. 


                                                                           *


“Ah, eccoti qui... ti devo parlar-“

“SHHH! Non vedi che sto cercando di origliare una conversazione?”   Antares tacque, inarcando un sopracciglio con scetticismo mentre si avvicinava ulteriormente ad Isabella, che si stava sporgendo leggermente dalla ringhiera delle scale, sbirciando qualcosa che stava avendo luogo un paio di piani più in basso.

“Comprendo che tu abbia molte occupazioni, tra cui ficcanasare negli affari altrui...” 

“Non ficcanaso, mi informo e basta.” 

“Sia come sia, volevo solo dirti che alle 20 Silente ci vuole vedere nel suo ufficio... credo che ci vogliano mettere a controllare un branco di ragazzini in punizione.” 

“Che bello, ora siamo anche baby-sitter... chissà, magari a fine anno ci faranno anche preparare i pasti.”   Isabella parlò in tono piatto, lanciando un’occhiata oltre le scale: poteva chiaramente vedere due figure decisamente note parlare, se non discutere... e moriva dalla voglia di sapere come avrebbero risolto le cose Dante e Jane, visto che non ne poteva più di vederli girarsi intorno di continuo. 

“Che ci provino... ad ogni modo ti lascio al tuo spionaggio Burton, ci vediamo dopo. Ah, dimenticavo: ti ringrazio infinitamente per la ciotola di sangue finto che mi hai accidentalmente rovesciato addosso, a lezione.” 

“Guada che è stato un incidente sul serio! So che pensi che l'abbia fatto apposta, ma giuro che questa volta sono innocente.” 

Antares inarcò un sopracciglio, guardando la compagna con una vena scettica nello sguardo. Isabella però continuò a tenere gli occhi spalancati, quasi come a volerlo convincerò:

“Davvero!” 

Certo, e io sono la Regina 


“Naturalmente, ti è scivolata per pura casualità... ora scusa, ma devo andare. Divertiti ad “informarti su quanto succede”.”   Antares accennò con il capo ai piani inferiori, facendo sorridere quasi allegramente la ragazza:

“Ci puoi giurare, sono proprio curiosa di come andrà a finire una certa storia...” 

“Come se qui succedesse chissà che cosa.” 

“Credimi Black, succedono un mucchio di cose dentro questo castello... solo che non ce ne rendiamo neanche conto.” 


                                                                                   *

La porta alle sue spalle si chiuse con un tale impatto da far quasi tremare il pavimento, ma Dante non ci badò per nulla, andandosi invece a sedere sul suo letto. Sbuffando si sfilò le scarpe, trattenendosi dal lanciarle dall'altra parte della stanza mentre la porta del bagno si apriva, facendo uscire un Oliver rilassato e persino fischiettante. 

Il Grifondoro però cambio espressione nell’accorgersi della sua presenza, osservandolo con curiosità:

“Ah, ciao Dante... che fai qui?”

“Ho parlato con Jane, poco fa... e qui so per certo che non la incontrerò, se non altro.” 

Dante sbuffò sommessamente, guardando con aria torva il pavimento mentre Oliver alzava gli occhi al cielo, chiedendosi che cosa fosse successo: nell'ultima settimana le cose tra i due erano un po’ cambiate... e a giudicare dalla faccia del compagno, la conversazione non doveva essere andata molto bene.

“Posso sapere che è successo?” 

“Niente, solo... non si era mai arrabbiata con me prima d'ora.”  

Dante sospirò, chinando il capo e ricordando con rammarico la conversazione avuta con Jane, quando l'aveva incrociata fuori dalla Biblioteca e lei non gli aveva permesso di darsela a gambe per l'ennesima volta, chiedendogli spiegazioni:

“Ho fatto qualcosa di male? Se così fosse dimmelo, non ignorarmi... per favore.” 

“Non hai fatto nulla, Jane, davvero.” 

“E allora perché ti comporti così? Cosa ti ha fatto cambiare dall’oggi al domani?” 


Aveva allungato una mano per accarezzarle il viso, ma lei si era ritratta, guardandolo con confusione e irritazione allo stesso tempo. 
 A anche se avrebbe voluto, ancora una volta non le aveva detto della lettera di Lucas... cominciava a pensare che non ci sarebbe mai riuscito, temendo che lei potesse in qualche modo allontanarsi. 


“Sai Dan... io credo che le confidenze avvicinino le persone, sono i segreti a dividerci. So che le vuoi bene e che non la vuoi perdere, e per far sì che ciò non accada mai dovresti per prima cosa essere sincero.” 

Dan annuì alle parole di Oliver, sapendo che il ragazzo aveva ragione... 

“Non so come dirglielo, Oliver... potrebbe prenderla male e volermi stare lontana. Io stesso ho paura di poterle fare del male.” 

“Non puoi saperlo... non so che cosa ti stia preoccupando, ma non ce la vedo a comportarsi così, Jane Prewett è uno zuccherino.” 

“Solo io posso chiamarla così.”   Oliver rise di fronte alla pacata puntualizzazione dell’amico, uscendo dalla stanza diretto in Biblioteca e lasciandolo di nuovo solo in mezzo ai suoi pensieri. 


                                                                      *


Regan si fermò, restando improvvisamente immobile nell’Ingresso. Aveva quasi raggiunto le porte della Sala Grande, ma quello che vide gli fece dimenticare quello che doveva o voleva fare... all’improvviso sorrise, iniziando a fare lo slalom tra gli studenti diretti a cena per correre incontro alla donna in piedi sulla soglia, le mani sprofondate nelle tasche della giacca e un’espressione stanca dipinta in volto.

Il volto di Stephanie si rallegrò leggermente vedendosi arrivare incontro il marito, sorridendogli debolmente:

“Ciao, Reg...” 

“Che ci fai qui? Sei venuta a salutarmi perché non ce la facevi più a stare senza di me?”  Regan sorrise, fermandosi davanti a lei e abbracciandola di slancio, sollevandola leggermente da terra e dandole un bacio a stampo sulle labbra. Quando la rimise a terra non cessò di sorridere, mentre invece la moglie lo guardò quasi scusandosi, accarezzandogli una guancia prima di parlare a bassa voce:

“Vorrei che fosse così, davvero... ma non sono qui per te, Reg.” 

“Immagino che tu stia cercando me. Ciao Stephanie... devo dire che mi sei mancata.” 

Regan si voltò, trovandosi davanti a Charlotte. L’Auror sorrise all’amica, sinceramente felice di vederla e quasi per niente sorpresa: sua madre le aveva scritto proprio che avrebbe ricevuto presto una visita... aveva omesso il motivo, ma almeno l'aveva avvertita.

“Ciao Charlie, anche tu mi sei mancata molto... e mi spiace diverti rivedere per darti una brutta notizia.”  Stephanie si avvicinò all’amica, abbracciandola mentre Regan assisteva alla scena con tanto d’occhi, chiedendosi che cosa diamine stesse succedendo:

“Scusate, mi potreste spiegare? Che sta succedendo, c'è un problema al Dipartimento?” 

“No amore, non proprio... abbiamo trovato qualcuno che stavamo cercando da più di un mese e volevo dirlo a Charlotte.” 

Stephanie si rivolse di nuovo all’amica, che inarcò un sopracciglio come a volerla invitare a continuare. L’ex Grifondoro sospirò, indugiando per un attimo prima di parlare: 

“Abbiamo trovato il corpo di John... E abbiamo preferito che lo sapessi per mano nostra, invece che per merito dei giornali.” 


                                                                       *


“Io ti avviso, Carsen: se ti azzardi ad usarmi come cavia per un qualche intruglio mortale la settimana prossima, resuscito e poi ti ammazzo. Lyanna basta e avanza ad attentare alla mia vita...”  

Will sbuffò, sedendosi accanto al collega senza ottenere alcuna risposta, mentre invece Lyanna sosteneva con fermezza che non aveva corso alcun rischio è che era tornato come nuovo. Stupito Will si voltò, guardando Regan con cipiglio scettico e quasi non udendo le parole della collega:

“Non è da te non replicare. È successo qualcosa?” 

“Mia moglie è qui.”    Il debole sussurro di Regan lo fece accigliare ancora di più, chiedendosi perché non stesse saltellando felicemente per tutta la Sala visto che si lamentava di sentire la sua mancanza almeno una volta ogni due giorni. Anche Lyanna inarcò un sopracciglio, bloccando la forchetta a mezz'aria e rivolgendogli un’occhiata curiosa:

“Davvero? E perché diamine non sei con lei?” 

“Triste, ma non è qui per me... doveva parlare con Charlotte, credo che siano ancora nell’Ingresso a discutere.”    Regan si strinse nelle spalle con aria cupa, sconsolato del fatto di essere stato escluso dalle chiacchiere della moglie dell'amica. 

“Mi dispiace... ma di certo è venuta per salutarti, sono sicura che abbia insistito per venire per questo.” 

Lyanna gli rivolse un sorriso, come a volergli tirare su il morale mentre Will teneva lo sguardo sulla porta aperta della Sala Grande con aria pensierosa, chiedendosi che cosa stesse succedendo proprio sotto al suo naso... non gli sarebbe dispiaciuto sgattaiolare fuori e origliare, ma di certo scoprendolo Charlotte lo avrebbe preso a maledizioni e non aveva bisogno di finire davvero a farsi ricucire le ferite dai suoi stessi studenti... Non dopo che Lyanna gli aveva fatto uno strano incantesimo, facendogli comparire delle bruttissime ferite che poi aveva fatto puntualmente sparire, fortunatamente. 

“Sai per caso perché tua moglie è venuta?” 

“Informazioni strettamente riservate, Will.. non credo di essere tenuto a rivelarle.” 


                                                                             *


“Scusa, posso sedermi qui?”   Ingrid alzò lo sguardo, sorpresa nel trovarsi davanti un sorridente ragazzo dai capelli color grano:

“Si, certo.” 

“Grazie. Sembra che questa sera tutta Hogwarts abbia deciso di studiare qui.” 

Oliver le rivolse un sorriso sincero, carico di gratitudine mentre prendeva posto di fronte alla ragazza, occupando la sedia che solo fino a poco prima aveva ospitato Isabella.

“È pieno di gente, in effetti...”

“Ah, quasi dimenticavo... non ci siamo ancora presentati, sono Oliver.”    Lui le sorrise allegramente, tendendole la mano che venne stretta dalla ragazza, che ricambiò il sorriso: in effetti nell'arco dei giorni che aveva già passato ad Hogwarts non si erano ancora parlato, anche se ovviamente l'aveva già intravisto varie volte a lezione. 

“Ingrid. Grifondoro, giusto?” 

“Già... Tu invece sei finita insieme al Tornado Burton.”    Oliver sorrise, ridacchiando sommessamente mentre pensava alla Caposcuola: in non poche occasioni aveva assistito alle strigliate che la ragazza appioppava a qualche altro studente... anzi, ci era passato anche lui un paio di volte. Cogliendo lo sguardo accigliata di Ingrid però sorrise, affrettandosi a spiegarsi meglio:

“Non fraintendere, è assolutamente unica... e conviene molto di più averla come amica che come nemica, credimi.”

“In tal caso, sono sollevata. Mi sembra una bella persona, comunque.” 

“Oh, lo è..” 

Finché non decide di detestarti, ovviamente. 


                                                                          *


“Ok, se qualcuno ha qualche obiezione sui turni lo dica ora...” 

La mano di Isabella scattò in aria, esattamente come quando, a lezione, conosceva una risposta: tuttavia Antares la ignorò deliberatamente, facendo scorrere lo sguardo sui Prefetti mentre la ragazza sfoggiava un evidente irritazione:

“Bene, vedo che nessuno ha da obbiettare...” 

“Veramente ci sarei io, se Sua Maestà non se ne fosse accorta.” 

Isabella inarcò un sopracciglio, quasi sventolando la mano mentre osservava Antares con stizza, maledicendolo mentalmente prima di scattare in piedi, conscia che non si sarebbe neanche sognato di farla parlare:

“Bene, se Sir Black non mi concede la parola, vorrà dire che me la prenderò da sola. Di grazia, tu e il tuo amichetto spiegatemi perché io finisco perennemente al fine settimana.” 

Isabella inarcò un sopracciglio, incrociando le braccia al petto mentre Antares, ancora comodamente seduto di fronte a tutti, sorrideva quasi amabilmente:

“Magari è un segno del destino...” 

“Vai a fare la Sibilla Cumana da un’altra parte, Black. Riddle, il sabato te lo prendi tu, e non ho altro da aggiungere... A meno che tu non abbia qualche appuntamento con Lumacorno, naturalmente.”

La rossa lanciò un’occhiata di sbieco al Prefetto di Serpeverde, ignorando le risatine che le due parole avevano scaturito e trovandolo come sempre con la sua “faccia da schiaffi”, come lei stessa sosteneva. Per tutta risposta il moro non disse niente, limitandosi ad osservare quasi con odio una delle poche persone che non era mai riuscito ad ingraziarsi.

“Mi piacerebbe sapere perché lasciamo che ce l'abbia vinta.”   Al mormorio del ragazzo Antares si strinse nelle spalle con noncuranza, guardando un’Isabella uscire dalla stanza con aria rilassata:

“Mio padre dice sempre che a volte bisogna far credere a qualcuno di aver vinto per batterlo... E poi è testarda, quando si impunta su qualcosa è dura che demorda.” 

“Può darsi, ma a volte mi chiedo perché le abbiano dato questo ruolo... sarà anche Purosangue, ma vale ben poco.” 


Antares si voltò verso il compagno di Casa, quasi volendogli chiedere di spiegarsi ma senza averne il tempo: Tom si era già alzato, uscendo dalla stanza a velocità quasi sorprendente e muovendosi tra le sedie quasi come se ci scivolasse in mezzo. 

Per un attimo, si chiese se Isabella non avesse ragione a vedere con occhio critico quel ragazzo... il fatto che non le piacesse non era un gran mistero, ma molti non ci facevano caso, reputando Tom Riddle una specie di eroe fin dall'anno prima, quando aveva smascherato (Povero Hagrid T.T Nda) il mostro della Camera dei Segreti e il suo stesso proprietario.

Forse quello era il caso di dire che non tutto è oro quel che luccica... peccato che non se ne fosse reso conto praticamente nessuno, almeno non ancora.


                                                                            *


“Dove l'avete trovato?” 

“Sotto le macerie, come ben sai stiamo lasciando che i Babbani si occupino della ricostruzione per conto loro, per non... destare sospetti. Ma non credo che sia sempre stato lì, e non sono l'unica a pensarla così.” 

Charlotte sospirò, osservando le fiamme danzare nel camino con inespressività, mentre Stephanie era seduta accanto a lei nella camera dell’amica:

"No di certo... l'hanno spostato dopo averlo ucciso per forza, l'avremmo trovato prima altrimenti.” 

“Esattamente... dovremmo solo capire che cosa sono riusciti a farsi dire, ma temo sia impossibile.” 

“Che cosa vuoi che gli abbia detto, Stephanie? Tutto quello che sapeva, probabilmente...”. Charlotte sbuffò, alzandosi e muovendo nervosamente qualche passo verso il camino, incapace come sempre di stare ferma quando era inquieta.

Stephanie non la imitò, limitandosi a seguirla con lo sguardo:

“Non è da escludere, purtroppo. Ma ti assicuro che li troveremo, CeCe... mi spiace solo che tu debba stare qui.” 

“Dispiace anche a me, odio non rendermi utile. Quando ci sarà il funerale?” 

“Settimana prossima credo, non so ancora con precisione... lo stanno ancora esaminando al San Mungo.” 


Per un attimo nessuna delle due disse nulla, mentre Charlotte si appoggiava con una spalla al caminetto, scrutando le fiamme con aria cupa:

“Aveva solo 21 anni... l'abbiamo praticamente formato noi, ma forse non siamo state abbastanza brave. Non era molto più grande dei ragazzi che camminano per questi corridoi, ed è morto.” 

Stephanie sospirò, annuendo e alzandosi per avvicinarsi all’amica, le braccia conserte e lo sguardo cupo esattamente come il suo:

“Lo so... è orribile ed ingiusto, era troppo giovane. Ma come tutti, sapeva cosa vuol dire fare il nostro lavoro, Charlie. E lo sapeva anche Sean... se fosse qui, ti direbbe la medesima cosa e sono sicura che, infondo, lo sai anche tu.”









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Angolo Autrice: 

Buonasera! Scusate se ci ho messo un po’, ma ho avuto un paio di giorni in cui l’ispirazione ha vacillato non poco. 
Ad ogni modo spero che il capitolo vi sia piaciuto, anche questo è uscito abbastanza lunghetto... spero che non vi dispiaccia u.u
In questo capitolo ha fatto una comparsata anche un personaggio di un'altra mia storia, ambientata circa nello stesso periodo... per chi ha partecipato ad History, Imogen potrebbe non essere l'unica u.u

Vi auguro una buona serata e una buona Domenica, ci sentiamo in settimana con il seguito! :) 

Signorina Granger 

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Capitolo 17
*** Il momento della verità ***


Catpitolo 16: Il momento della verità 
 
Mercoledì 10 Marzo


“Io vado a salutare sua madre... vuoi venire con me?” 

“Preferirei di no, credo sia meglio. Vai pure, io ti raggiungo tra un attimo.” 


Stephanie indugiò per un attimo, osservando l'amica con aria scettica prima di voltarsi, girando sui tacchi per avvicinarsi ad una donna in lacrime a qualche metro di distanza, circondata dal marito e dalla famiglia: avrebbe voluto dirle di smetterla di sentirsi in colpa e che nessuno l’accusava di nulla, ma conoscendola sapeva che non avrebbe mai cambiato idea.

Charlotte rimase immobile, in piedi davanti alla tomba bianca mentre osservava le poche parole incise sopra. 

Il funerale era finito solo da pochi minuti e alcuni se n'erano già andati... altri invece erano rimasti nel cimitero per salutare e fare le condoglianze ai genitori del defunto.

Gli occhi verdi di Charlotte saettarono da “John Newton” alle due date scritte sotto, in parallelo... in particolare si concentrò sulla data di morte, sentendo una specie di morsa stringerle lo stomaco:

21 Dicembre 1943 

Sospirò, conscia che non era quella la realtà... John non era affatto morto quella sera, a differenza di suo fratello... l'avevano ucciso solo in seguito, ma nessuno aveva potuto dire con certezza quando fosse accaduto e avevano preferito comunicare alla famiglia quella data, cioè quella dell’”incidente”. Non sapevano che il figlio era stato catturato e usato per ottenere informazioni per più di un mese, e forse era meglio così... probabilmente non l'avrebbero mai saputo, ma a Charlotte piaceva pensare che forse in quel modo l'avrebbero superata più facilmente. 

“Sai... sono contenta che ti abbiamo trovato. Ora possiamo andare oltre... tu, io, tutti quanti. È giusto così.” 

Charlotte parlò a bassa voce senza staccare gli occhi dalla lapide, conscia che nessuno potesse sentirla... forse nemmeno il destinatario delle sue parole, ma mentre parlava le sembrò quasi di rivivere il giorno in cui aveva conosciuto John, quel ragazzino al secondo anno all’Accademia che l'aveva vista quasi come una “mentore” fin da subito. 

“Mi dispiace, non doveva finire così.” 

Charlotte sospirò, abbassando lo sguardo e rivedendo per l'ultima volta il più giovane della sua squadra che, quando voleva corromperla per fare un cambio di turno, si presentava alla sua porta con un sorriso stampato in faccia e una tazza fumante in mano. 

“Spero davvero che tu mi possa perdonare, come tutti gli altri.” 

Charlotte fece un passo indietro prima di dare finalmente le spalle alla tomba, allontanandosi leggermente per raggiungere Stephanie, che l’aspettava con le mani in tasca e l'aria stanca, quasi come se non avesse dormito affatto per giorni. 

“Sei sicura di stare bene?” 

“Ho avuto giorni migliori, ultimamente ci fanno sgobbare più del solito... vorrei solo che Reg fosse a casa con me, rende sempre tutto più facile.” 

Stephanie sbuffò appena, parlando con un tono cupo poco velato che fece sorridere leggermente Charlotte,sfiorandole la spalla prima di parlare mentre iniziavano a camminare fianco a fianco sulla ghiaia, in mezzo alle lapidi per raggiungere l'uscita del cimitero.

“Lo so... tornerà presto, vedrai. E anche io, così non dovrai sopportare quella banda di trichechi da sola.” 

“Lo spero... salutamelo, digli che mi manca molto.” 

“Lo farò... ma ora temo proprio di dover tornare ad Hogwarts, Stephanie... Tranquilla, sono sicura che domani riceverai notizie da tuo marito, biascica che gli manca la sua adorata moglie un giorno sì e un giorno no.” 


Charlotte sorrise quasi con aria divertita nel vedere l'amica arrossire leggermente prima di imitarla, annuendo debolmente con il capo:

“Ci sentiamo presto, CeCe... cerca di non combinare troppi guai. E tieni d'occhio Regan, mi raccomando!” 


                                                                                   *


“Mi passi il porridge?” 

“Il cosa?” 

“Quello nella ciotola nera.” 

“Intendi quella strana poltiglia dal colore non ben definibile? Non mi sembra una cosa commestibile...” 

Ingrid inarcò un sopracciglio, studiando con occhio critico la ciotola di porridge mentre Isabella sbuffava, roteando gli occhi e borbottando qualcosa a proposito della cucina tedesca.

“Beh, contenta tu... io non lo mangio neanche sotto tortura.” Ingrid si strinse nelle spalle, assecondandola e passandole la suddetta poltiglia, lanciando al porridge un’occhiata quasi schifata.

“Ma l'ameno lo hai assaggiato?” 

“No, non ci tengo. Sembra una specie di pappa per cavalli... bleah.” 

Ingrid piegò le labbra in una smorfia, guardando Isabella mangiare quasi con disgusto mentre una figura piuttosto esile e familiare si avvicinava al tavolo dei Corvonero, occupando senza tante cerimonie il posto davanti alle due:

“Ho preso una decisione.’ 

“Ciao Jane... si anche io. Vorrei fare colazione... per la tua posso aspettare dieci minuti?” 

Isabella inarcò un sopracciglio, ma il tono e l’espressione risolutrisolutaTassorosso le fecero capire che Jane non si sarebbe alzata prima di aver parlato... e aveva come la sensazione di sapere a cosa si riferisse la sua decisione.

“Ok, lascia stare... dicci.” Isabella sospirò, invitandola con un cenno a proseguire e facendola sorridere prima di parlare di nuovo, soddisfatta di averla avuta vinta:

“Hai presente quando dici che devo andare da Dante e chiedergli chiaramente di spiegarmi perché mi evita?” 

“Intendi dire quello che ti dico da circa dieci giorni? Si, direi di sì.” 

“Beh, o la va o la spacca: io oggi lo torchio finché non parla, fosse l'ultima cosa che faccio!” 

Jane incrociò le braccia al petto con aria risoluta, facendo sorridere sia Ingrid che Isabella di sollievo: entrambe non ne potevano più di vedere la Tassorosso di cattivo umore per via della piega che aveva preso il suo rapporto con il Grifondoro. 

Isabella fece per farle notare che ci aveva messo anche troppo, ma Jane si sporse sul tavolo e le rubò la ciotola dalle mani, filandosela al suo tavolo ad una velocità quasi sorprendete, senza dare a nessuna delle due il tempo di rendersi conto di quanto accaduto:

“EHY, LA MIA COLAZIONE!”    Isabella sgranò gli occhi, reclamando a gran voce la colazione senza che Jane le facesse caso, facendole la linguaccia dal suo tavolo prima di ridacchiare allegramente, senza dare alcun segno di volerle ridare la scodella.

“Magari è un segno del destino... il cielo ti sta dicendo che il porridge non va mangiato, cara mia!” 

Ingrid si sforzò di usare un tono supponente, ma l'occhiataccia di Isabella mando subito a quel paese la sua nonchalance, facendola sorridere con aria divertita mentre la rossa sbuffava, borbottando su come quella giornata fosse iniziata male mentre decideva di dedicarsi ai biscotti. 


                                                                    *


Oliver inarcò un sopracciglio, tenendo lo sguardo fisso su Isabella, seduta sul penultimo banco dell'aula: non aveva la minima idea di cosa stesse cercando di dirgli.

Non era mai stato una cima nel labiale, e stava faticando parecchio a capire il messaggio della Corvonero... 

Isabella dal canto suo sembrava quasi esasperata dal fatto che lui, in piedi accanto alla lavagna, non la capisse... 

Sgranando gli occhi la rossa ripeté per l’ennesima volta, scandendo le sillabe lentamente.

“Allora, Miller?” 

Oliver quasi sussultò al sentisi chiamare, tornando improvvisamente alla realtà e voltandosi verso l'insegnante che lo guardava, in attesa di ricevere una risposta.

“Ehm... vennero stilate le Liste di... Prostituzione?” 

Il suo stesso tono era parecchio incerto mentre parlava, e le risatine che le sue parole provocarono gli confermarono che aveva frainteso il suggerimento di Bella: tuttavia non se ne fece un dramma, anzi il Grifondoro sfoggiò un debole sorrisetto carico quasi di scuse, mente i compagni di classe ridevano della grossa e Isabella invece si portava una mano sugli occhi, scuotendo il capo con aria sconsolata.

“Interessante versione dei fatti, Miller... ma non credo che tu ci sia andato vicino, se non foneticamente. Torna a sederti.” 

Oliver non se lo fece ripetere due volte e quasi corse al suo posto, trovando un Dante sorridente e visibilmente divertito ad aspettarlo:

“Complimenti Olly... nemmeno io ho mai fatto una gaffe simile.” 

“Sta’ zitto...”. Il borbottio del compagno fece ridacchiare leggermente Dante, mentre Oliver sbuffava leggermente e una pallina di pergamena lo colpiva dritto su una spalla. 

Voltandosi il ragazzo raccolse il bigliettino dal pavimento, spiegandolo per leggerne il contenuto prima di sorridere debolmente, alzando lo sguardo su Isabella e rivolgendole un sorriso. La ragazza per tutta risposta lo guardò quasi con esasperazione, scuotendo leggermente il capo prima di tornare a concentrarsi sulla lezione, decidendo che non avrebbe più cercato di suggerire durante le interrogazioni visti i malintesi che potevano venire fuori.

Liste di PROSCRIZIONE, imbecille!


                                                                            *


“La smetti di lagnarti? Non è certo la fine del mondo...” 

“Che ne vuoi sapere tu? Fa male, nel caso ti interessasse!”   Antares sbuffò debolmente, guardando suo cugino quasi con aria annoiata: Altair era seduto su un letto dell’Infermeria, le labbra piegate in una smorfia di dolore mentre si sfiorava leggermente il naso che gli avevano appena riaggiustato:

“Quante storie per un naso... Secondo me ti preoccupa di più il poter perdere la perfetta simmetria della tua faccia.” 

“Beh, c'è anche da considerare quell’aspetto.” 

“Lo sospettavo. Piuttosto, mi dici perché ti sei fatto picchiare da una ragazza? Se non fossi arrivato io, ho idea che ti avrebbe fatto anche di peggio...” 

“Non è stata colpa mia, lo giuro! E poi che dovevo fare, picchiarla? Io non le tocco, le ragazze... anche se si chiamano Abbott e sono molto poco tranquille.” 

Altair sbuffò, incrociando le braccia al petto quasi con sdegno mentre Antares alzava gli occhi al cielo, sforzandosi di non ridacchiare: di sicuro Orion e Cygnus avrebbero riso della grossa al sentire quella storia... Altair Black colpito alla Babbana, per di più da una ragazza. 

“Scusa cugino, ma se ti conosco almeno un po’ te la sarai cercata... e poi è risaputo che Elizabeth Abbott non sprizza amore per te da tutti i pori. Non cruciarti, credo che sia una delle poche in tutta Inghilterra a pensarla così. Cerca piuttosto una buona scusa, perché ho la sensazione che zio Cepheus non sarà molto felice di sapere che sei stato picchiato da una ragazza... una Tassorosso, per di più.” 

“Se non altro è Purosangue, altrimenti verrei disconosciuto dalla famiglia... ma ti avverto Antares, racconta questa storia a Cygnus o ad Orion e sei morto.” 


                                                                                       *


Saliva due gradini alla volta, cercando di fare il più in fretta possibile: al cambio dell'ora la Sala Insegnanti si affollava parecchio, e non aveva una gran voglia di fermarsi a chiacchierare... avrebbe preso il suo libro e poi si sarebbe rintanato in camera sua fino alle 17, quando sarebbe iniziata la sua lezione. 

Percorrendo il corridoio a passo svelto lo trovò deserto e silenzioso, come succedeva solo durante gli orari di lezione... quando studiava ad Hogwarts non gli era praticamente mai capitato di trovare i corridoi tanto calmi, eccetto di notte ovviamente.

Non indugiò sulla porta nemmeno per un istante, spalancandola con un gesto secco e deciso a fare in fretta... eppure si bloccò sulla soglia, mentre il flusso di pensieri che fino ad un attimo prima gli aveva affollato la mente scompariva di colpo di fronte all’incontro quasi inaspettato. 

Immobile e stranamente in silenzio, aveva ancora le dita chiuse intorno alla maniglia fredda della porta quando Charlotte alzò lo sguardo, posando gli occhi dritti su di lui.

“Sei tornata.” 

“Ciao. Si, so che ti sarebbe piaciuto stare senza di me più a lungo, ma temo che il mio permesso fosse solo di un giorno... perciò, eccomi di nuovo qui. Contento?” 

Era in piedi dietro al tavolo, il cappotto ancora addosso... probabilmente era appena tornata ma Will non glielo chiese, esitando per un attimo prima di rispondere alla domanda decisamente sarcastica della collega:

“Abbastanza... si sta molto più tranquilli senza di te in giro, ma al contempo quasi rischio di annoiarmi.” Sorrise, quasi a voler sdrammatizzare anche se moriva dalla voglia di chiederle a quale funerale fosse andata... Regan non aveva spiccicato parola sull’argomento, e anche Silente si era cucito le labbra alla velocità della luce quando aveva provato a chiederglielo.

In effetti, non sapeva bene nemmeno lui perché fosse diventato così ficcanaso... non era mai stato curioso verso il prossimo, anzi: il suo menefreghismo verso gli altri era sempre stato abbastanza alto, sostenendo che erano poche le persone di cui gli importava... eppure negli ultimi due mesi era diventato una specie di vecchietta curiosa, con suo sommo rammarico.

Charlotte non ricambiò il sorrisetto e non replicò neanche, cosa che gli fece quasi strabuzzare gli occhi: in tal caso, doveva essere grave.

La donna smise di impilare dei fogli e, prendendo il plico, fece per uscire dalla stanza senza aggiungere altro, anche se Will la fermò, parlando di nuovo:

“Dove sei stata?” 

“Buffo... pensavo che a te non importasse di niente e di nessuno, se non te stesso.” 

“Te l'ho già detto Charlotte... le persone cambiano. Tutti siamo curiosi infondo, chi più chi meno... solo che alcuni si sforzano per non sembrarlo.” 

Will si strinse nelle spalle con noncuranza, mentre ora era Charlotte ad indugiare sulla soglia della stanza, esitando per un attimo prima di rispondere con un tono di voce forse troppo piatto ed inespressivo:

“Avevo un funerale stamattina.” 


Gli ingranaggi nel cervello di William si muovevano a gran velocità, cercando un modo per indagare con un minimo di delicatezza... sfortunatamente, non era mai stato molto bravo con le parole in quelle situazioni. 

“Mi... dispiace. Spero non fosse un parente stretto...” 

“No, un collega. Com’è che sei improvvisamente curioso, Cavendish?” 

“Non fraintendere, non sapevo quando saresti tornata... e per la gioia di tutti noi, questo pomeriggio dovremmo passare un paio d'ore insieme. Non sei dannatamente felice, Charlotte?” 

“Ah, già, questa settimana tocca a te... me n’ero scordata. Spero solo che non ci farai affrontare creature schifose e pericolose Will, perché ti assicuro che mi vedrai fuggire dall'aula ad una velocità incredibile.” 

“Tranquilla, vedrai più tardi... sento che ci divertiremo, tu no?” 


Will sorrise quasi allegramente mentre appellava silenziosamente il libro, che gli planò dritto in mano permettendogli finalmente di uscire dalla stanza, superando una Charlotte molto dubbiosa e scettica con un sorrisetto stampato in faccia. 


Charlotte lo guardò allontanarsi attraverso la porta aperta, chiedendosi cosa accidenti avrebbero dovuto affrontare nel pomeriggio... non aveva molta voglia di fare nulla, figuriamoci affrontare qualche assurda creatura presa da un remoto angolo del pianeta.

E poi c'era da chiedersi perché William Cavendish fosse diventato improvvisamente curioso... e al contempo troppo mesto: anche se indirettamente, qualche giorno prima gli aveva fatto quasi capire che era stata da un’analista... e non aveva battuto ciglio, non chiedendole la minima spiegazione senza nemmeno reagire, quasi come se gli avesse detto di essere andata dal parrucchiere.

Un dubbio fastidioso s’insinuò nella testa di Charlotte Selwyn mentre lasciava a sua volta l’aula Insegnanti, dirigendosi a passo svelto verso la sua camera. 
Per una volta non contò nemmeno i suoi passi nel sentirli quasi rimbombare nei corridoi deserti, anche se era troppo impegnata a riflettere per rendersene conto. 


                                                                            *

Jane sbuffò sonoramente, continuando a camminare a passo svelto e guardandosi intorno di continuo: possibile che non riuscisse a trovarlo? 

Una vocina nella sua testa le suggerì che magari Dante lo stesse facendo apposta, a non farsi trovare... del resto nessuno sapeva meglio di lei quanto fosse dannatamente bravo a nascondersi, quando voleva.
Ironico, vista la sua considerevole statura...

La Tassorosso si chiese ancora una volta perché stava trascorrendo quei minuti a cercarlo invece che a studiare, approfittando dell'ora buca... forse perché infondo non le importava poi molto dello studio, se paragonato a Dante.


Jane si passò nervosamente una mano tra i capelli, sperando quasi che il ragazzo spuntasse da dietro un angolo e le sorridesse, avvicinandosi per parlarle... esattamente come aveva sempre fatto per più di sei anni, fino a due settimane prima. 

Le erano sembrate mesi, in effetti... se ripensava anche solo alla gita ad Hogsmead, uno degli ultimi giorni in cui Dante non l'aveva evitata, le sembrava un qualcosa di remoto... ormai si era quasi abituata, anche se controvoglia, al non avere Dante intorno per quasi tutto il giorno. 

Le mancava? 

Mentre scendeva le scale per raggiungere il secondo piano Jane piegò le labbra in un sorriso carico di amarezza, ripensando a qualcosa che aveva detto al ragazzo solo un paio di giorni prima: l'aveva incrociato dopo un allenamento e lui ovviamente aveva provato a filarsela alla velocità della luce. Stanca di quella situazione lei non gli era corsa dietro, ma aveva detto una cosa che pensava da giorni ma che non aveva ancora espresso a voce alta, quasi sperando che così lui non scappasse:

“Mi manchi, Danny.” 

Aveva parlato quasi a se stessa, con un tono così basso tanto da pensare che lui non l'avesse nemmeno sentita... Dante invece si era fermato e voltandosi verso di lei le aveva sorriso per la prima volta da giorni, con una nota quasi malinconica:

“Mi manchi anche tu, piccola Jane.” 


E se ti manco, perché sparisci di continuo? 

Era quasi certa che Dan non fosse in Biblioteca, ma tanto valeva provare... magari avrebbe incontrato qualcuno con cui parlare e avrebbe smesso di pensarci per un po’. 


Mentre entrava quasi sorrise, ricordando le innumerevoli volte in cui aveva trasportato una torre di libri alla volta rischiando di finire dritta sul pavimento... ma ogni volta Dante era spuntato dietro di lei, sbuffando e prendendoglieli di mani quasi con aria di rimprovero: “Vuoi per caso schiantarti sul pavimento, Jane? Non sei certo fatta per il sollevamento pesi!” 


La Tassorosso quasi fece una smorfia, intimandosi mentalmente di pensare ad altro: possibile che ogni maledetto angolo della scuola glielo ricordasse in qualche modo? 

Cominciava a pensare che avessero passato forse troppo tempo insieme.


Fortunatamente però una voce familiare e dal tono molto allegro la distrasse, facendole finalmente spostare l’attenzione:

sorrise d’istinto nel vedere una figura nota avvicinarlesi, con un sorriso stampato in faccia e una zazzera di capelli rossi sciolti sulle spalle:

“Chi non muore si rivede, ciao straniera! Come stai?” 

Quasi senza volerlo Jane si ritrovò a sorridere debolmente, non riuscendo a rimanere seria di fronte al sorriso allegro di sua cugina: Constance era perennemente allegra... non sapeva come o perché, e anche se la invidiava, di sicuro quella ragazza riusciva sempre a tirarle su il morale. 

“Ciao Connie... scusa, è da un po’ che non mi faccio vedere.” 

“Me ne sono accorta. Che ti succede? Sai, alla Torre di Grifondoro girano un mucchio di voci molto interessanti sulla mia adorata cugina.” 

“Che genere di voci?” 

“Non serve che tu lo sappia... ma dimmi, perché tu e Dante Julius non siete più perennemente insieme e intenti a farvi gli occhi dolci a vicenda?” 

“CONNIE, stai diventando pettegola per caso?” 

“Ma certo che no Jane... Tengo solo che tu stia bene.” 

Jane roteò gli occhi mentre invece Connie sorrideva, prendendola sottobraccio e trascinandola verso il tavolo che aveva occupato, decisa a farsi due chiacchiere con sua cugina e a non lasciarle vie di fuga: da giorni sentiva i Grifondoro del settimo anno fare commenti sulla questione... e molti erano persino andati a chiederle se sapesse perché Jane Prewett e Dante Julius non fossero più amici come prima.

“Naturalmente, tieni moltissimo alla mia felicità. Non mi va di girarci intorno Connie... non so che abbia Dante, da due settimane mi evita costantemente.” 

“Ma non può essere arrabbiato con te! Insomma, ti adora.”

“E tu che ne sai?” 

“Non serve essere un genio Jane, ha le pupille a cuore quando ti guarda. Anche tu, in effetti..” 

Connie ridacchio di fronte alla gomitata che le assestò la cugina mentre sedevano l'una accanto all'altra, snobbando volutamente i compiti e dedicandosi invece alle chiacchiere come facevano sempre. 

“Non fare quella faccia Jane, è cosi! Ad ogni modo sono certa che ha solo qualcosa che lo preoccupa, non è l'ha con te... dopo due settimane te l'avrebbe detto, no? E poi tu non gli avrai fatto nulla, sei assolutamente inodiabile.” 

“Non è vero, magari mi sono comportata male e non me ne sono resa conto, chi può dirlo?” 

“IO! Jane, una volta hai pestato un formicaio... e hai avuto i sensi di colpa per un giorno intero, io c’ero! Sei sempre super attenta a non ferire nessuno, non può essere arrabbiato con te.” 

“Oh, lasciamo stare... prima o poi lo troverò e ci parlerò, non voglio passare i prossimi mesi così. Mi manca il mio spilungone, è stranissimo stare senza di lui.” 

Jane sospirò con aria cupa, mentre invece Connie liquidava il discorso con la mano, sorridendo con l'aria di chi la sa lunga:

“Fidati di me, cuginetta... si rivolterà tutto molto presto. Queste orecchie sentono molte cose...” 

“Per prima cosa non chiamarmi cuginetta... sono più grande di un anno! E comunque... che cos’è questa storia che senti le cose e non mi informi?” 


                                                                              *


“Questa storia comincia a stancarmi.” 

“Non me ne parlare.” 

Antares chiuse il libro con un gesto secco, spostandolo frettolosamente alla sua sinistra prima di sbuffare, lanciando un’occhiata quasi truce alla montagna di libri che lo aspettavano. 

Isabella, seduta di fronte a lui e occupata nella stessa operazione, tamburellò nervosamente un piede sul pavimento, lanciando un’occhiata all’orologio a pendolo alle spalle del ragazzo:

“Grandioso, manca meno di mezz'ora alla fine dell'ora... e a quel punto ci aspetta una magnifica ora di Divinazione.” 

“La giornata prosegue di bene in meglio. Ci hanno preso per bibliotecari, per caso?” 

“L'altro giorni abbiamo fatto i facchini, oggi mettiamo a posto i libri che i nostri compagni hanno gentilmente disseminato per tutto il castello... domani ci faranno forse preparare la cena?” 

“Spero di no, perché in quel caso temo che non potrei essere di grande aiuto, non so nemmeno preparare un the.” 

Le parole di Antares, nonostante il tono acido, fecero sorridere debolmente Isabella, che gli lancio un’occhiata divertita anche se non disse nulla: chissà perché, la cosa non la stupiva per niente. 

“Piantala di ridere Burton, non sono cieco.” 

“Black, io te lo dico: hai le allucinazioni, meglio se vai a farti vedere da Madama Chips!”

Antares le riservò un’occhiata gelida che fece solo aumentare il sorriso sul volto di Isabella, appartenente molto più rilassata di lui: infondo i libri le piacevano... le rodeva solo non poter usare quei minuti per prendersi avanti con i compiti, come stavano facendo tutti i loro compagni. 

Per qualche minuto i due restarono in religioso silenzio, finché un gruppo di Corvonero non passò accanto al tavolo e una ragazza dagli occhi chiarissimi e i capelli scuri non salutò allegramente Isabella, che ricambiò:

“A volte mi domando perché non hanno chiesto ad Imogen di essere Caposcuola... forse sarebbe stato meglio.”  Isabella seguì brevemente l'amica con lo sguardo prima di scuotere il capo, tornando a concentrarsi sul titolo del libro e le iniziali dell'autore per capire in che settore lasciarlo:

“Forse sì. Ma almeno possiamo togliere punti al prossimo... e anche mettere in punizione.” 

Antares sfoggiò un sorrisetto, quasi gongolando interiormente mentre Bella faceva spallucce, come se la cosa la sforzasse solo minimamente:

“Beh, ammetto che non mi dispiacerebbe togliere punti a qualche pallone gonfiato... ma ogni volta che ci provo, quelli tornano misteriosamente al loro posto. Tu non ne sai nulla, suppongo.” 

“No, direi di no.”  Antares si strinse nelle spalle, leggendo il retro del volume rilegato in pelle che teneva in mano mentre Isabella sbuffava sommessamente, borbottando qualcosa sul fatto che il ragazzo non le lasciasse mai togliere punti ai Serpeverde.

“Certo, ci credo. Perlomeno mi hanno messa a lavorare con te e non con un perfetto imbecille come Yaxley... o peggio, Malfoy. Quel biondino proprio non lo reggo...” 

“È molto amico di mio cugino, ma io lo conosco poco... ma da quel che ne so, è fidanzato con la tua amica Imogen.” 

"Si... povera ragazza. Ma non è l'unica, se vogliamo parlare di...” 

Isabella s’interruppe bruscamente, zittendosi di colpo mentre gli occhi chiari di Antares quasi saettavano su di lei, scrutandola attentamente mentre chiudeva il libro che aveva in mano:

“Si? Prego, continua.” 

“Nulla, non volevo dire nulla, lascia stare.”   Isabella si strinse nelle spalle, sfoggiando un sorriso così innocente da risultare altrettanto poco credibile, mentre il Serpeverde roteava gli occhi con aria quasi seccata:

“Non farmi ridere Isabella... So cosa volevi dire.” 

“Davvero? Hai imparato a leggere nel pensiero e non hai informato tutto il castello? Stai facendo grandi progressi Black, i miei complimenti!” 

“Piantala di nasconderti dietro l'ironia, lo fai sempre... prima ti stavi forse riferendo, molto casualmente, ad un’altra tua compagna di Casa?” 

“Da cosa lo deduci?” 

“Non saprei. Forse dal fatto che stando a quanto mi hanno detto, quando l'hai saputo le hai persino fatto le condoglianze...” 

Antares sfoggiò un’espressione seccata, che non vacillò nemmeno di fronte alle risate della rossa, che annuì con aria divertita, ricordando benissimo quando aveva incrociato Lyra Blackthorne e le aveva fatto le “condoglianze” per il suo fidanzamento con Antares Black. 

“Suvvia, scherzavo! E lei lo sa, non preoccuparti... Lyra è molto dolce, è una Tassorosso mancata... ma non farlo sapere alla tua famiglia, potrebbero ritrattare il contratto sapendolo.” 

“Mi fa molto piacere che la mia famiglia ti stia sempre così a cuore, Burton.” 

“Non prenderla sul personale, dico davvero... ma non puoi negare che alcuni Black  siano un po’... difficili, diciamo.” 

“Se ti riferisci a mia cugina...” 

“Certo che mi riferisco a tua cugina, Antares! Walburga è terrificante, lo diceva sempre anche mio fratello.” 

Isabella piegò le labbra in una smorfia, quasi rabbrividendo pensando alla ragazza, che fortunatamente aveva lasciato Hogwarts l'anno prima. Antares annuì appena, non potendo non concordare con lei almeno su quel punto: 

“Si... Non è una persona facile, te ne do atto. Ma immagino che a preoccuparsene di più debba essere mio cugino Orion, visto che dovranno sposarsi.” 

“Ma nella tua famiglia siete tutti già fidanzati? Non vi invidio... io mi sono sempre rifiutata, e continuerà ad essere così.” 

“Non proprio tutti, mio cugino Altair... credo che per ora non abbia molta voglia di sistemarsi, diciamo.”   Antares sfoggiò un lieve sorriso pensando al cugino, ricordando la visita che gli aveva fatto in Infermeria solo un paio d'ore prima. 


“La cosa non mi sorprende. Piuttosto, è vero che è finito in Infermeria con il setto nasale mezzo distrutto? Che gli è successo, è caduto dalla scopa?” 

Antares a quella domanda dovette mordersi la lingua per non ridacchiare, abbassando in fretta lo sguardo per non far capire alla ragazza che stava faticando a restare serio: di certo suo cugino avrebbe raccontato quella versione in famiglia, ma lui sapeva la verità. 

“Si e no... Ma basta chiacchierare Burton, non voglio stare qui fino a stanotte e penso neanche tu, quindi diamoci una mossa.” 


                                                                            *

Sorrise debolmente, accarezzando le piume del gufo mentre gli legava la lettera alla zampa, cercando di tenerlo fermo:

“Rilassati, ora ti farai un bel giretto... sei contento? Fai in fretta per favore, ho urgente bisogno di lei.” 

Ingrid sorrise dolcemente all’animale, accarezzandolo con gentilezza mentre apriva una delle finestrelle, permettendogli di volare via: non sentiva sua madre da giorni... e moriva dalla voglia di sapere come stesse. 

La ragazza appoggiò i gomiti sul davanzale di pietra ruvida, sospirando leggermente mentre scrutava il cielo ricoperto di nuvole grigie: chissà come se la stava cavando suo padre... se non altro aveva la certezza che sua sorella stesse bene, visto che era ad Hogwarts con lei. 

Passava gran parte delle giornate a pensare, chiedendosi che cosa sarebbe successo se mai l'avessero trovato... non voleva nemmeno pensarci. Non solo avrebbe perso suo padre, ma tutta quella fatica non sarebbe servita a nulla: il loro trasferimento, la condizione di sua madre... a niente. 

Si consolava con la consapevolezza di essere, per lo meno, insieme alla sorellina... pensava di continuo a sua madre, chiusa in ospedale senza la famiglia con lei e incapace di reagire in qualche modo. 

E poi c'era suo padre... e chissà come se la passava, in quel preciso momento. 


Ingrid chiuse le mani a pugno, quasi infilzandosi i palmi con le unghie mentre gli occhi le tornavano improvvisamente lucidi: a volte le risultava difficile non essere sincera con nessuno e non mostrarsi come realmente si sentiva... triste, semplicemente triste. 

“Ciao, mandi una lettera?” 

Si voltò di scatto, trovandosi davanti un ragazzo sorridente che teneva una busta in mano, pronta ad essere spedita.

“Sì... anche tu, vedo.” 

“Già, ogni tanto devo dare mie notizie o mia madre penserà che mi sono cacciato nei guai... e poi devo dirle del Troll che ho preso in Storia della Magia oggi. Non la prenderà bene, ma in quella materia ormai è abituata.” 

Oliver sfoggiò un sorriso, mostrandosi stranamente allegro nonostante le sue parole: di fronte a tutta quell’allegria Ingrid non riuscì a non ricambiare, piegando le labbra in un debole sorriso mentre tornava a guardare il panorama, deglutendo e sbattendo ripetutamente le palpebre per scacciare le lacrime. 

“Beh, però è stato divertente.” 

“Lasciamo stare... povera Bella, lei almeno ci ha provato. Non sono molto bravo a leggere il labiale, temo. Però ci sono andato vicino, no?” 

“Sì, immagino di sì...”        Ingrid sorrise, voltandosi di nuovo verso il Grifondoro mentre il ragazzo cercava di tenere fermo un gufo per legargli la lettera alla zampa.


“Finalmente, mi stava per mordere... bene, credo che ora andrò finalmente a pranzo... vieni con me? Sai, finiscono tutte le cose più buone se si arriva tardi.” 

“In tal caso, credo che ti seguirò... in ogni caso non ti devi preoccupare, anche io sono una frana in Storia, non c'è data che io non confonda!” 

“Davvero? Beh, se non altro se verrò bocciato all'esame non sarò solo, allora! O chiederemo entrambi ripetizioni a Bella, credo sia la cosa migliore.” 


                                                                              *


Era da due settimane che rimandava ormai... e per la prima volta dopo giorni e giorni in cui aveva fatto di tutto per non trovarsi da solo con lei, ora la stava cercando, finalmente.

Le lezioni erano finite da poco, mancava meno di un'ora alla lezione di Difesa Avanzata... e voleva assolutamente parlare con Jane prima, così da togliersi finalmente quel peso di dosso: aveva la netta sensazione di essere sul punto di esplodere, e non era il caso che accadesse proprio a lezione... già a pranzo aveva rischiato di far saltare il tavolo dei Grifondoro: era già un fascio di nervi di suo, vedere Jane chiacchierare come se niente fosse con Tyler Morgan era stato quasi un colpo di grazia... Era quasi schizzato fuori dalla Sala Grande senza aver toccato cibo, quando le brocche con acqua e succo di zucca su tutto il tavolo avevano cominciato a bollire preoccupantemente. 

Non aveva alcuna intenzione di farsela scivolare tra le dita... e anche se forse non avrebbe preso bene quello che voleva finalmente dirle, almeno non si sarebbe arrabbiata con lui per la sua poca onestà: da un paio di giorni aveva smesso di cercarlo e la cosa gli aveva fatto suonare un pericoloso campanello d’allarme nella testa, decidendosi a parlarle anche per forti pressioni dei fratelli minori. 

Dante imprecò mentalmente mentre camminava con lunghe falcate, setacciando i corridoi e cercando qualche traccia di Jane: poteva solo sperare che non fosse nella sua Sala Comune... sapeva dove fosse e come entrare, ma non era certo il caso di farlo in pieno pomeriggio, quando di sicuro era piena di studenti che studiavano dopo le lezioni. 

Aveva appena imboccato un corridoio del terzo piano quando intravide una ragazza camminare, dandogli le spalle. Non ci mise neanche un secondo a capire che non era Jane, ma era comunque decisamente familiare... Quasi senza rendersene conto affrettò il passo, schierandosi la voce prima di parlare:

“Abbott!” 

La voce del ragazzo funse quasi da altoparlante nel corridoio vuoto, rimbombando fino alle orecchie della ragazza, che si voltò immediatamente sentendosi chiamare. 

Mentre le si avvicinava in fretta vide le labbra carnose della ragazza piegarsi in un sorrisetto, come se fosse quasi felice di vederlo:

“Ciao, Julius... qual buon vento?” 

“Cercavo... che hai fatto alla mano?” 

Dante inarcò un sopracciglio, abbassando lo sguardo sulla mano della ragazza, quasi completamente fasciata. Lizzy la guardò a sua volta prima di stringersi debolmente nelle spalle, tornando a guardarlo come se niente fosse:

“Nulla... ho preso a pugni Altair Black. Scusa, dicevi?” 

“Lo dici come se fosse una cosa normale... va beh, lasciamo stare: cerco Jane. Sai per caso dov’è?” 

“Si, è con Aerin... stavo giusto andando da loro. Seguimi.” 

Lizzy sorrise quasi con aria soddisfatta, come se lui le avesse appena dato una qualche conferma... in effetti era certa che presto il Grifondoro si sarebbe presentato dall’amica con la coda tra le gambe. 
Senza indugiare la Tassorosso partì quasi a passo di marcia, camminando a passo svelto e facendo ondeggiare i lunghissimi capelli scuri sulla sua schiena, con Dante subito dietro.

Il Grifondoro respirò profondamente, cercando di stare calmo nonostante sentisse una specie di buco nello stomaco e il battito cardiaco accelerato... aveva urgente bisogno di vederla. Era molto agitato, ma sapeva che come sempre quel sorriso avrebbe mandato le sue preoccupazioni a quel paese... O almeno, lo sperava. 

Seguì Lizzy fino ad un’aula vuota, fatta eccezione per le due ragazze sedute su un banco che parlavano e ridevano. Entrambi si voltarono verso la porta quando sentirono qualcuno entrare, e il sorriso di Jane sparì completamente nel vedere Dante, lasciando il posto ad un’espressione di pura sorpresa: 

“Jane, credo che qualcuno voglia parlare con te... andiamo Aerin, dobbiamo prenderci avanti con i compiti.” 

Nonostante morissero entrambe dalla voglia di ascoltare la conversazione, le due Tassorosso lasciarono l'aula, facendo restare soli i due. Per un istante Dante non disse nulla, osservando Jane e restando immobile sulla soglia dell’aula.

"Sei sicuro di voler parlare con me, Dante? Forse ti confondi con qualcun altro.” 

Dante sospirò, mettendosi le mani in tasca e avvicinandosi alla Tassorosso di qualche passo, tenendo lo sguardo basso per non guardarla in faccia, consapevole che invece lei lo stesse scrutando con attenzione.

“No Jane... Ho bisogno di parlarti.” 

“Ok, ti ascolto.” 

Jane annuì, osservandolo mentre lui le si avvicinava, fermandosi davanti a lei, ancora seduta sul banco. 

“Io... Mi dispiace per come mi sono comportato ultimamente, non volevo farti stare male.”

Dante si appoggiò al ripiano di legno a sua volta, voltandosi verso la ragazza. Guardandola negli occhi azzurrissimi colse che si stava sforzando di restare seria, impassibile... quasi distante. Ma lesse anche la solita dolcezza colmarle le iridi cerulee al sentire le sue parole: in un modo o nell'altro, lui riusciva sempre ad addolcirla. 

“Lo so. Ma se ce l'avevi con me, bastava dirlo.” 

“Jane, non sei mai stata tu il problema... davvero. Come potrei avercela con il mio zuccherino?” 

Dante alzò una mano, sfiorandole una guancia e provando al contempo una sensazione di sollievo nel suo non ritrarsi, felice di poterle stare di nuovo vicino. 

“E allora cosa c'è? A me puoi dire tutto, lo sai... ti voglio bene in ogni caso.” 

Jane gli sorrise, prendendogli la mano tra le sue e guardandolo come a volerlo invitare a proseguire. 

“Lo so che sei sempre disposta ad ascoltarmi, Jane... ma non è facile. È una cosa che ho saputo con certezza solo dopo Hogsmead, e all'inizio avevo paura a dirtelo, per questo ti ho evitato... ma non ce l'avevo con te, assolutamente.” 

“Che cosa può essere di tanto brutto da non poterlo dire a me, Dan? Non sarà la fine del mondo...” 

“Sai, credo che sia proprio questo il problema: da un certo punto di vista, dirlo a te è molto più difficile che parlarne con chiunque altro.”

Dante sorrise quasi amaramente, cogliendo la leggera confusione sul volto della ragazza prima di parlare di nuovo, questa volta con un tono più pacato e quasi più serio:

“Mi prometti che non ti allontanerai da me, Jane? Non posso stare senza di te, di sicuro l'ho capito nelle ultime due settimane.”

“Dante, così mi spaventi... certo che non mi allontano da te, non lo farei mai! Ma stai parlando come se avessi ucciso qualcuno, per favore dimmi qual è il problema!” 

“No, rilassati non ho ucciso proprio nessuno... ma non lo so Jane, potrei sempre farlo. E non voglio fare del male a nessuno, specialmente a te. Vedi... la mia famiglia me l'ha tenuto nascosto per anni, ma ho sempre fatto sogni strani che mi hanno fatto sospettare che ci fosse qualcosa che non andava. Non lo controllo e non lo faccio di proposito, ma soffro di esplosioni, scoppi di magia involontaria... e posso far male alle persone, sfortunatamente... e già successo quando ero piccolo, ho ferito i miei fratelli più grandi molte volte. Non mi succede da anni, ma sai quanto io sia irascibile e spesso nervoso... se lo divento troppo, esplodo. Sono giorni che ci penso e quasi non dormo Jane, non ce la facevo più a non dirtelo e a stare senza di te.” 

Dante sospirò, abbassando lo sguardo con aria cupa anche se sentì al contempo un macigno sollevarglisi dal petto: finalmente glie l'aveva detto... ora restava solo da capire che cosa ne pensava lei. 

Jane però non disse nulla, mentre elaborava quanto appena sentito... quel silenzio improvviso fu quasi agghiacciante per il ragazzo, che alzò lo sguardo di nuovo su di lei prima di scivolare giù dal banco, sospirando nervosamente mentre sentiva il battito cardiaco accelerare molto velocemente.

“Senti... se vuoi ti lascio da sola, se ci devi riflettere un po’ lo capisco, davvero. Mi faccio paura da solo, non preoccuparti.” 

“Dan. Siediti, per favore.” 

Era quasi certo di aver sentito male, ma voltandosi vide Jane sorridergli... e al contempo smise di pensare, ritrovandosi con il cervello ridotto improvvisamente in pappa mentre si lasciava scivolare in automatico sulla sedia più vicina, senza obbiettare minimamente.

Jane non disse niente mentre scivolava giù dal banco, guardandolo quasi con aria intenerita mentre sedeva sulle sue ginocchia, circondandogli il collo con le braccia:

“Ok... Non so perché tu ci abbia messo tanto, ma grazie per avermelo detto. No, fa silenzio. Ora parlo io.” Jane sorrise, appoggiando un dito sulle labbra del ragazzo e zittendolo sul nascere, impedendogli per una volta di parlare. Dante sbuffò appena ma non osò controbattere, annuendo anche se era diventato improvvisamente dello stesso colore del suo stemma a causa della vicinanza con la ragazza. 

“Bene... dicevo. Grazie per la sincerità, e se prima non te la sentivi va bene, immagino che prima tu abbia dovuto fare i conti con te stesso. Hai detto che non ti succede da anni, quindi non vedo perché preoccuparsi... hai un cuore d'oro Dante, non faresti del male a nessuno.” 

“Non la metterei proprio così... se dovessero trattare male i miei fratellini o te, spacco la faccia a qualcuno. Ok, sto zitto, continua.” 

“Grazie. Dicevo... hai una passione strana per le risse, ma non è grave... e sono sicura che queste crisi di cui soffri non ti succederanno quasi più, ora che sei cresciuto. Faremo solo in modo che tu non ti innervosisca troppo, o che lo stress non prenda il sopravvento. Credo che tu infondo l'abbia sempre saputo, visto come stai alla larga dall’ansia e dalle fonti di stress... ma dimmi, che cos’è che ti calma e ti rilassa, se mai dovesse succederti?” 

“Tu.” 

“Levati quel sorriso marpione dalla faccia Julius, io sono seria!” 

“Anche io... sei tu il mio anti-stress, cucciola.” 

Dante sorrise, avvicinandola ancora di più a lui mentre le circondava la vita con le braccia, appoggiando il capo sulla sua spalla con aria rilassata, sorridendo. Jane sbuffò leggermente e provò a scollarselo di dosso, ma invano:

“Dan, perché non riusciamo mai a fare un discorso serio? Smettila di fare il bambino!” 

“Sei troppo cattiva Jane, non vedi che sono bisognoso di coccole? Quando ci sei tu, non riesco ad essere nervoso... non so come, ma tutto si scioglie come neve al sole.” 


“Quindi, riassumendo... per evitare che tu distrugga mezza scuola, dovrei starti costantemente vicino?” 

“In pratica, si.” Dante sollevò il capo, sorridendo allegramente mentre la guardava in faccia, cogliendo una nota scettica nello sguardo della ragazza. 

“Non fare quella faccia, piccola Jane... ho bisogno di te.” 
Dante appoggiò la fronte su quella della ragazza, restando in silenzio e ascoltando solo il suo respiro, finché anche lei non parlò, annuendo debolmente:

“Anche io.”

Esitò per un attimo, ma poi incapace di resistere oltre appoggiò le labbra sulle sue, baciandola dolcemente mentre la teneva ancora stretta a sé, non avendo alcuna intenzione di guardarla allontanarsi un’altra volta. Era certo che il battito cardiaco fosse decisamente accelerato, ma forse per una volta non perché era in preda all’ansia o all’agitazione...

Nel giro di un istante smise di preoccuparsi di poter perdere il controllo per la prima volta dopo giorni... infondo aveva ragione: quando era vicino a Jane, andava tutto per il meglio. 














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Angolo Autrice:

E... salve! 
Probabilmente state facendo suonare le trombette da stadio perché, finalmente, vi ho fatte contente... questa volta solo 16 capitoli, poteva andare peggio :P

Ho deciso di dividere il capitolo in due parti, poiché altrimenti sarebbe venuto di circa una trentina di pagine... insomma, vedrete nel prossimo che, vi prometto, non ci metterà molto ad arrivare, per sabato al massimo lo pubblicherò di sicuro :) 

Grazie come sempre per le recensioni, scusate se non ho risposto ma ieri ho avuto una giornata un po’ piena, poi mi sono messa a scrivere... e infine ci sono stati i Medici, scusate. 

Ah, piccola nota: come forse qualcuna di voi avrà già capito, personaggi come Lizzy, Altair e Aerin non dovrebbero essere ad Hogwarts nel 1944... in effetti tecnicamente dovrebbero essere già diplomati visto che hanno un anno in più di questi fanciulli, ma mi dispiaceva non metterli quindi facciamo finta che siano coetanei. 

In questo capitolo i prof sono stati poco presenti... ma non preoccupatevi, si rifaranno nella seconda parte u.u

Ci sentiamo prestissimo, un bacio! 

Signorina Granger 

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Capitolo 18
*** I Patronus ***


Capitolo 17: I Patronus

 
                                                                                                                                   Mercoledì 10 Marzo, 17:00


“Dai andiamo, non possiamo fare tardi!” Jane sbuffò, cercando di districarsi tra il fiume di studenti che stava uscendo dalla Biblioteca: avevano avuto un tempismo pessimo per passare davanti al secondo piano.  

“Rilassati Jane, non ci uccideranno per un paio di minuti.” Dante, che camminava dietro di lei tenendola per mano, sorrise con noncuranza mentre invece la Tassorosso sembrava di altro avviso: non moriva dalla voglia di dover affrontare chissà quale mostro per aver fatto tardi a lezione...

“Di questo passo arriveremo nei Sotterranei domani, altro che pochi minuti... ma non puoi usare la tua voce come fai di solito?” Jane si voltò verso di lui, guardandolo con aria accigliata mentre Dante invece sorrise, fermandosi all’improvviso prima di fare pressione sul braccio di Jane, attirandola a sè senza tante cerimonie:

“DAN, CHE FAI? Siamo in ritardo, vuoi che Cavendish ci uccida?”

“Se ne farà una ragione... Non fare la guastafeste, piccola Jane.”

Dan sorrise con aria divertita, chinandosi per baciarla anche se la ragazza cercò di staccarsi dal suo abbraccio, squittendo nervosamente e arrossendo di colpo:

“Non davanti a tutti!”

“È proprio questo il punto, faccio capire a tutto il castello che sei solo mia... se vuoi posso anche dirlo a voce, ma così faccio prima.”

Dante sorrise e Jane sgranò gli occhi, orribilmente certa che sarebbe stato capace di alzarsi su una panca nella Sala Grande e urlare ai quattro venti che stavano insieme quella sera stessa, a cena.

Nel non sentirla controbattere Dan si chinò, baciandola con trasporto e sbuffando quando, pochi istanti dopo, Jane si staccò da lui per trascinarselo dietro verso i Sotterranei:

“Uffa Jane, non mi va di andare a lezione... voglio stare con te, ho due settimane da recuperare!”

“Smettila di fare il bambino... oggi ci saranno anche Carsen, Charlotte e la Goblets... sono sicura che sarà una lezione interessante.”

Jane gli sorrise e come sempre Dante si maledisse mentalmente per non riuscire a controbattere: in genere gli piaceva fare come voleva lui, ma con lei gli risultava impossibile impuntarsi.


                                                                                     *


Mentre apriva la porta dell'aula Antares sperò vivamente di non essere arrivato per ultimo: l'idea di stare in primo banco lo allettava ben poco, anche perché non aveva idea di cosa avrebbero dovuto fare quel giorno.

Tirò quasi un sospirò di sollievo nell’entrare in una stanza praticamente vuota, fatta eccezione per una figura dai capelli quasi scintillanti nella penombra, che era allegramente seduta nel banco in ultima fila:

“Oh, to’ guarda chi si vede... com’è che noi due siamo sempre i primi ad arrivare?”

“Non saprei... che sia per questo che ci hanno nominati Caposcuola?”

Antares si trascinò fino al terzo banco mentre parlava con tono decisamente acido, appoggiandoci la borsa sopra e lasciandosi scivolare sulla sedia: sarebbe volentieri andato a dormire dopo aver fatto da baby-sitter a suo cugino per tutto il pomeriggio... quasi quasi pretendeva un voto in più per Medimagia.

“Nervosetto, Black?” Il fatto che Isabella sembrasse decisamente allegra e quasi rilassata non contribuì a renderlo più socievole, limitandosi a fulminarla con lo sguardo prima di darle le spalle, posando gli occhi sulla cattedra e sperando che gli altri si sbrigassero ad arrivare.

Non aveva alcuna voglia di chiacchierare e fu quasi sollevato del silenzio che andò a crearsi, interrotto solo dalle dita pallide della ragazza che tamburellavano sul legno del banco con impazienza.


Dopo pochi istanti la porta si aprì, facendo entrare anche Oliver in compagnia di Ingrid, intenti a chiacchierare.

Oliver sorrise alla vista di Isabella, facendole un cenno mentre puntava dritto nella sua direzione:

“Ciao, carotina... non ho ancora avuto modo di ringraziarti per il suggerimento di questa mattina.”

“Te l'ho già detto mille volte, Oliver... non mi chiamare così! In ogni caso, forse sarebbe stato meglio se tu avessi capito correttamente. Mi mancavano proprio, le Liste di Prostituzione.”

Ingrid rise mentre Oliver si stringeva nelle spalle, per nulla turbato dalla sua gaffe... ci era abituato, quando si trattava di Storia della Magia:

“Beh, grazie comunque per il tentativo... mi faresti lezioni di labiale?”

“Temo di essere molto impegnata Olly... Sai, di recente qui mi stanno prendendo per un elfo domestico...”

“Non ci avevo riflettuto, ma la somiglianza è ammirevole...” Antares sfoggiò un sorrisetto mentre parlava a bassa voce, tenendo lo sguardo sul suo libro anche se non gli sfuggì il pesante tomo che gli sfiorò la testa di soli pochi centimetri, atterrando sul pavimento freddo della stanza con un tonfo sordo.

Si voltò verso la sua proprietaria con cipiglio perplesso, mentre Oliver rideva della grossa, seduto sul banco davanti a quello occupato da Ingrid e Isabella:

“Burton, credo ti sia sfuggito di mano il libro...”

“Colpa mia... mani di burro Black. Ma la prossima volta credo proprio che centrerò il bersaglio.”


                                                                                *


“D'accordo ragazzi... visto che ci siete tutti, possiamo cominciare. Come avrete notato, oggi non sono solo e abbiamo con noi qualche zavorra.”

"Tante grazie.” Lyanna inarcò un sopracciglio, incrociando le braccia al petto e lanciando un'occhiata torva in direzione di Will, che era in piedi qualche passo davanti a loro, rivolto verso la classe.

“Ovviamente scherzavo. Abbiamo con noi una sola zavorra, gli altri due sono ospiti.”


William sfoggiò un lieve sorrisetto, non voltandosi verso i tre diretti interessati anche se era certo che il messaggio fosse comunque stato inteso correttamente... sentì di sfuggita infatti Regan ridacchiare, mentre un borbottio seccato di Charlotte giungeva alle sue orecchie contemporaneamente.

"Bene, bando agli indugi e conciamo, direi... visto che oggi abbiamo la lieta presenza dei qui presenti colleghi, non credo sia il caso di annoiarci sui libri... alzatevi, per favore, ci serve più spazio.”

Quando i ragazzi si furono rumorosamente alzati scostando le sedie Will fece planare all’istante banchi e sedie verso le pareti della stanza, addossandoli al muro con un semplice movimento della bacchetta.

“Bene. Allora ragazzi... è da un paio di settimane che non lo facciamo, direi che è ora di tornare a concentrarci sui Patronus... e già che ci siamo, vi mostreremo anche noi come si fa. Qualche obiezione?”

Will inarcò un sopracciglio, voltandosi verso Regan, Lyanna e Charlotte cercando dei segni di disapprovazione che non trovò. Charlotte deglutì, aprendo la bocca per dire qualcosa per poi richiuderla, abbassando lo sguardo sul pavimento quasi a disagio.

Probabilmente le avrebbe chiesto se c'era qualcosa che non andava, ma non era il caso di metterla in difficoltà davanti a tutti... così Will tacque, rivolgendosi di nuovo agli studenti che al contrario dell’Auror sembravano aver preso la notizia piuttosto bene.

“D'accordo, in tal caso possiamo cominciare... oggi avete anche più di un parere, se ne avete bisogno chiedete pure. Sapete la teoria, quindi potete cominciare.”

Will sorrise mentre ruotava su se stesso, rivolgendosi ai tre colleghi mentre si avvicinava: aveva imparato anni prima ad evocare un Patronus formato, non sarebbe stato certo un problema... ma sapeva che, benché la teoria non fosse affatto complicata, metterla in pratica non era molto semplice.

“Sai, sono sollevato... temevo che ci avresti chiuso in una gabbia insieme ad una Chimera.”

“Avevo preso in considerazione un’Acromantula, ma poi ho desistito... per noi questo non dovrebbe essere difficile.”

Regan sorrise, annuendo quasi con aria sollevata mentre si rigirava la bacchetta tra le dita, come se stesse pensando a che ricordo utilizzare: era passato molto da quando aveva evocato un Patronus l'ultima volta... il suo lavoro d'altronde non lo richiedeva mai, e per fortuna non aveva mai avuto il dispiacere di trovarsi davanti ad un Dissennatore.

“Come mai i Patronus?”

“Non capisco perché, ma il Ministero non vuole metterli nei programmi scolastici... a mio spero dovrebbero, non si sa mai. E poi stiamo facendo i Dissennatori e i Lethifold, sarebbe stupido non parlare anche dei Patronus. E poi, in questo modo la nostra Charlotte saprà cosa fare se dovesse trovarsi davanti ad un vero Velo Vivente.”

“In al caso non evocherei un Patronus Cavendish, mi limiterei ad usarti come scudo umano.”

Il tono acido di Charlotte non fece vacillare il sorrisetto divertito di Will, che quasi riuscì ad immaginarsi la scena:

“Oh, non ne dubito. In questo modo avresti un ricordo molto felice da usare per evocare un Patronus in futuro, no?”

Charlotte alzò lo sguardo su di lui, piegando le labbra in un sorriso privo di ironia o beffa forse per la prima volta da giorni:

“Ottimo spunto... grazie, Cavendish”


                                                                               *


Poteva un ricordo essere bello, felice... un ricordo che al solo pensarci la faceva sorridere, ma che allo stesso tempo era quasi doloroso?

Non sapeva nemmeno lei che cosa provasse di fronte a quelle immagini ormai quasi sfuocate, ma sapeva che se c'era un ricordo che le avrebbe permesso di evocare un Patronus formato, era quello.

Doveva essere quello, per forza.


“La mamma non si arrabbierà?”

“È soltanto acqua Bella, si asciuga da sola... e poi non la farò cadere, vedrai.”

“Secondo me non ce la fai... è impossibile.”

“Io posso fare qualunque cosa Bella, l'hai scordato per caso?”

Nicholas le sorrise, strizzandole l’occhio mentre camminava verso di lei lentamente, tenendo le braccia spalancate per mantenere l’equilibrio mentre camminava sulla trave di legno, tenendo in precario equilibrio un bicchiere colmo d'acqua sulla testa.
Isabella seguiva i movimenti del fratello quasi trattenendo il fiato, certa che sarebbe scivolato e avrebbe fatto cadere l'acqua sul prezioso tappeto della madre... Invece Nicholas si fermò davanti a lei, sfoggiando un sorriso carico di soddisfazione mentre si solleva il bicchiere dalla testa:

“Ma come hai fatto?”

“Io sono magico, Bella.”

“Beh, anche io se è per questo!” Isabella sbuffò, gonfiando le guance con irritazione come solo le bambine erano in grado di fare, mentre Nicholas ridacchiava e le arruffava i capelli rossi, strizzandole l’occhio con aria complice:

“Ma certo piccolina... sei molto speciale, un giorno lo capiranno anche mamma e papà, vedrai. Intanto però, io riesco a tenere l'acqua in equilibrio e tu no, rassegnati.”

“Un giorno anche io andrò ad Hogwarts, e allora diventerò più brava di te Nick.”

Isabella gli fece la linguaccia mentre il fratello maggiore ridacchiava, guardandola con gli occhi chiari pieni d'affetto:

“La vedremo... ma scommetti che riesco a farlo anche camminando all'indietro?”

“No che non ce la fai, è impossibile.” Isabella si strinse nelle spalle, guardando il fratello quasi con sfida. Il ragazzino però sorrise, prendendo la sfida alla lettera e appoggiando di nuovo il bicchiere sul proprio capo, muovendo un passo indietro leggermente incerto. Al terzo però il bicchiere si inclinò, baciandogli una spalla e parte della schiena, facendo scoppiare a ridere la sorellina mentre il vetro s’infrangeva sul pavimento della stanza.

“Lo sapevo... era impossibile, Nick!”

Isabella continuò a ridere e Nicholas, per ripicca, raccolse dal pavimento il secondo bicchiere che avevano preparato per giocare e glielo rovesciò addosso senza tante cerimonie, bagnandola a sua volta.

“Nick, la mamma si arrabbierà!” La bambina smise di ridere, guardando il vestito bagnato quasi con orrore mentre Nicholas rideva, prendendola per la vita e abbracciandola, facendole il solletico e facendola così scivolare sul tappeto.

“Ma no, ora andiamo davanti al camino così ci asciughiamo... la mamma non lo saprà mai Bella.” Nicholas sorrise, guardando la sorellina contorcersi mentre rideva, stesa sul tappeto accanto a lui. Dopo qualche istante l’abbracciò, accarezzandole i capelli rossi e sorridendole:

“Mi mancherai quando tornerò ad Hogwarts... ma presto verrai anche tu, e allora staremo di nuovo insieme, nessuno potrà mai dividerci.”

“Staremo insieme per sempre, vero Nick? Papà non mi vuole bene, ma tu sì. Vero?”

“Ma certo... staremo insieme per sempre, piccoletta.”




Le sembrò quasi di sentire la sua stessa risata riempire la camera mentre Nicholas le faceva di nuovo il solletico... ma poi tornò alla realtà, parlando a bassa voce mentre teneva lo sguardo basso:

“Expecto Patronum.”

Ormai non ci aveva quasi più sperato, ma sorrise nel vedere un animale saltare fuori dalla punta della sua bacchetta... l’antilope d’argento si voltò verso di lei, riflettendosi negli occhi lucidi della ragazza prima di saltellare via, lasciandosi una scia luminosa alle spalle.

Isabella lo segui con lo sguardo, annuendo impercettibilmente prima di parlare di nuovo, a voce ancora più bassa in modo che nessuno potesse sentirla... ma sperò che suo fratello ci riuscisse:

“Per sempre.”


                                                                                      *


La prima volta in cui aveva evocato un Patronus formato, aveva assunto l’aspetto di un gabbiano... solo un paio d'anni dopo però era cambiato, lasciandola quasi interdetta quando se n'era resa conto per la prima volta.

Ci aveva messo un attimo a realizzare che non era affatto un caso: conosceva qualcun altro con lo stesso Patronus, dopotutto.

Chiuse gli occhi, esattamente come aveva fatto altre volte. Per un attimo le sembrò davvero di lasciare l'aula è persino Hogwarts, tornando ad un giorno purtroppo ormai lontano... eppure straordinariamente vicino, tanto da riuscire a sentire il profumo dei fiori che teneva in mano mentre una porta davanti a lei si apriva, permettendole di avere una visuale completa della chiesa.

I suoi occhi non avevano indugiato neanche per un istante sulle persone sedute davanti a lei, posandosi subito su una persona infondo alla navata, in piedi davanti all’altare. Le dava le spalle e stava parlando con qualcuno quando la porta si aprì, ma sentendo il rumore si era subito voltato, ricambiando il suo sguardo prima di sorriderle.

Le era sembrato di non averlo mai visto felice come in quel momento, mentre la guardava con gli occhi luccicanti e un gran sorriso stampato in volto... e di conseguenza lei aveva ricambiato, sentendosi improvvisamente leggera come una piuma.

Lyanna agitò la bacchetta, quasi curiosa: avrebbe visto un gabbiano uscire dalla sua bacchetta, come molti anni prima?
Le sue labbra si piegarono in un sorriso vedendo la volpe saltare fuori dalla sua bacchetta, voltandosi verso di lei e guardandola quasi con curiosità.
Lyanna sorrise, gli occhi fissi sulla volpe che trotterellò via, ignara del significato che portava appresso.

Aveva ancora il suo stesso Patronus... guardando quell’animale argenteo lo sentì quasi accanto a lei, tenendole le braccia intorno alla vita e baciandole una guancia come aveva fatto centinaia di volte.

“Ciao, tesoro.”


                                                                                       *


Aveva sempre usato lo stesso ricordo quando aveva evocato un Patronus... non gli costava molta fatica, infondo.
Aveva aspettato un po’, osservando gli studenti provarci e anche i suoi stessi colleghi: Lyanna era stata la prima, evocando una volpe.

Non gli sembrava un animale particolarmente adatto alla donna, ma sapendo che era stata sposata dedusse che forse aveva preso la forma di quello di suo marito, come dicevano succedeva spesso... lui non era un grande fan di quella teoria, ma a quanto sembrava poteva succedere, a volte.

Will rivolse un lieve sorriso in direzione di una Isabella visibilmente soddisfatta, quasi volendosi congratulare silenziosamente con lei per esserci riuscita dopo diversi tentativi.

La Caposcuola ricambiò mentre il suo coniglio le saltellava intorno, quasi volendo richiamare la sua attenzione.

Will spostò lo sguardo, chiudendo gli occhi mentre si rilassava, tornando indietro a molti anni prima. Non aveva avuto molti momenti particolarmente felici, non prima di Hogwarts... eppure, qualcuno ce n'era lo stesso, anche se erano pochi.

Svuota la mente


Quasi senza rendersene conto sorrise appena, ritornando con la memoria ad una sera di tanti anni prima, quando un bambino era seduto sul suo letto, aspettando sotto le coperte con impazienza... non aveva nessuna intenzione di dormire, non finché quella porta non si sarebbe aperta.

Il bambino sorrise con sincera gioia quando la porta si aprì lentamente e un volto decisamente familiare spuntò sulla soglia, guardandolo con aria intenerita:

“Signorino Will... è ancora sveglio, vedo.”

“Certo!”

Aveva sfoggiato il suo sorriso migliore, consapevole di essere adorabile con il pigiama azzurro addosso e il ciuffo di capelli castani sparato in aria... non era cambiato poi molto, in effetti.
La donna aveva sospirato, arrendendosi al fatto che non sarebbe cambiato mentre entrava nelle stanza, tenendo tra le mani la più grande tazza che Will avesse mai visto.


Will tese le braccia, afferrando la tazza piena di latte e cioccolato prima di berne un generoso sorso, sotto lo sguardo affettuoso della donna, la persona più vicina ad una madre che avesse mai avuto.

“Come le ho insegnato a dire, signorino?”

“Grazie.” Will sorrise con sincero affetto alla tata, emergendo dalla tazza e guardandola con un baffo di latte sopra al labbro e facendola sbuffare, pulendogli la bocca con un fazzoletto.

“Deve restare il nostro segreto, mi raccomando...”

“Non preoccuparti, non lo dirò a nessuno.”



Lei gli aveva strizzato l'occhio e come tutte le sere era uscita dalla camera del bambino, lasciandolo solo insieme alla sua quotidiana dose si affetto sotto forma di tazza di latte.


Aveva agitato la bacchetta tenendo ancora gli occhi chiusi, aprendoli solo dopo qualche istante: il consueto sorriso compiaciuto gli comparve sul volto nel vedere il coniglietto d’argento saltellare sul pavimento, intorno agli studenti e attirando molti sguardi ammirati.

Voltandosi aveva notato che anche Charlotte stava osservando il Patronus, ma con un’espressone quasi distante, come se in realtà stesse pensando ad altro.

Spinto da una forza sconosciuta Will si ritrovò ad avvicinarlesi quasi automaticamente, fermandosi accanto a lei e sorridendole:

“Bello vero? Quasi quanto il suo proprietario.”

“Oh, certo, stavo giusto pensando a questo.”

Charlotte spostò lo sguardo su di lui, scoccandogli un’occhiata quasi esasperata mentre lui invece sorrideva con fare leggermente beffardo, chiedendosi al contempo a cosa stesse pensando:

“Non ne dubito... Perché non evochi il tuo Patronus, Charlotte?”

“Sono stata ad un funerale oggi. Non sono molto in vena di... pensieri felici.”

Charlotte si strinse nelle spalle, abbassando lo sguardo quasi come se si vergognasse... non aveva mai avuto problemi ad evocare il suo Patronus, ma quella proprio sembrava non essere giornata.



“Credo che tu sappia meglio di me che a volte non ci sia tempo per riflettere. Se avessi davanti un Dissennatore lo evocheresti senza pensarci due volte, ne sono sicuro.”

“È un modo per dirmi che ne metterai uno in bagno?”

Charlotte inarcò un sopracciglio, facendolo sorridere leggermente mentre scuoteva il capo:

“Per chi mi hai preso Selwyn, non arriverei mai a tanto... ma basta chiacchierare, concentrati e chiudi gli occhi.”

“Guarda che non sei il mio insegnante!”

“Fallo e basta, per una volta non replicare ad ogni cosa che dico!”


Will sbuffò, avvicinandosi di un paio di passi alla collega mentre Charlotte decideva, per una volta, di obbedire senza contestare: forse non era il caso di tirare su una discussione nel bel mezzo della lezione.

“Strano, mi hai ascoltato davvero... tutto bene Selwyn?”

“Si Cavendish, ma smettila di parlare!” CeCe sbuffò appena, mentre cercava di focalizzarsi su un particolare ricordo... peccato che la voce di Will glielo rendesse praticamente impossibile. Nonostante tenesse gli occhi chiusi avrebbe giurato che lui avesse sorriso alle sue parole mentre si spostava dietro di lei, mettendole le mani sulle spalle.

Di fronte a quel gesto Charlotte spalancò gli occhi, facendo per schizzare via alla velocità della luce anche se Will glielo impedì, sbuffando e tenendola ferma facendo pressione sulle sue spalle:

“Andiamo Charlotte, non ti mangio! Fidati, per una volta...”

Charlotte borbottò qualcosa di incomprensibile, ma dopo un attimo di esitazione chiuse di nuovo gli occhi, cercando di rilassarsi mentre sollevava leggermente la bacchetta davanti a se:

“Ok... Pensa alla persona che ami di più. Un ricordo legato a questa persona ce lo dovrai pur avere, no? Non pensare a quello che hai visto stamattina Charlotte, pensa a qualcuno a cui tieni... e rilassati, sei sempre iper nervosa e pronta a scattare alla minima cosa.”

Non seppe perché, ma fece davvero quello che le stava dicendo Will... e non aveva alcun dubbio, su chi fosse la persona che amava di più.


Ben presto si dimenticò di essere ad Hogwarts a lezione, si dimenticò di tutto quello che era successo negli ultimi mesi e delle mani di Will sulle sue spalle.
Era a casa sua, di nuovo.

E rideva come non si sentiva fare da diverso tempo.

Sentiva le braccia di suo fratello strette intorno alla sua vita mentre la teneva sollevata, i piedi staccati da terra mentre giravano su se stessi, entrambi ridenti mentre stavano abbracciati l'uno all'altra.

“Sean, mettimi giù!”

Come sempre lui non l'aveva ascoltata, strizzandole l’occhio mentre la faceva roteare sul liscissimo pavimento della sala da ballo deserta, fatta eccezione per loro due.

Dopo pochi istanti erano entrambi scivolati sul pavimento, ma non si erano alzati ed erano rimasti stesi per terra senza smettere di ridacchiare:

“Sai, non credo che si faccia così.”

“Nemmeno io... ma a chi importa? Noi facciamo sempre quello che vogliamo, no?” Sean le aveva sorriso, strizzandole l'occhio e tenendola abbracciata a sè come faceva anche quando erano piccoli.

“Già... non siamo ballerini nati, la mamma dovrà farsene una ragione.”

“Lo penso anche io... dici che ci toglierà il saluto se alla festa di domani balleremo così?”

“Non credo, ma se anche fosse non mi importa di loro... mi basta il mio fratellone.”

“Ci vuole bene Charlie... a modo suo, ma ci vuole bene.”

“Sta zitto Sean, tu sei il suo principe perfetto... ti adora eccome, ma non so se lo stesso si possa dire di me.”

 
Charlotte sbuffò, dando una pacca sulla spalla del fratello mentre si rigirava sulla schiena, osservando l’alto soffitto della sala e l’enorme lampadario che dondolava sopra le loro teste.
 
“Le hai dato filo da torcere da quando avevi cinque anni, Charlie… Lei voleva una bambolina da pettinare, invece ha avuto un piccolo tornado dalla lingua biforcuta. E’ stato una specie di shock per nostra madre…”
 
“Come osi, io non ho la lingua biforcuta… dico solo le cose come stanno!”
 
Charlotte sbuffò, colpendo di nuovo il fratello su un braccio e facendolo ridacchiare, guardandola con aria divertita:
 
“Come ti permetti tu di colpire un tuo superiore, semmai! Non scordare che sono di grado superiore a te, piccoletta.”
 
“Non ho 15 anni Seannie, non chiamarmi così… e smettila di fare la mamma chioccia al Dipartimento, credei che non sappia che hai richiesto tu di avermi nella tua squadra?”
 
“E tu non chiamarmi Seannie allora… in ogni caso è ovvio che l’ho richiesto, ti devo tenere d’occhio… e assicurarmi che non ti succeda niente.”
 
Sean le sorrise con aria innocente, facendola sbuffare mentre borbottava qualcosa sul fatto che in famiglia tutti cercassero di controllarla costantemente.
 
“Sono tuo fratello maggiore Charlie, se non lo faccio io chi ci deve pensare?”
 
“Lascia perdere, se ripenso a quella volta in cui hai minacciato di avvelenare due del secondo anno solo perché mi avevano preso in giro…”
 
Charlotte piegò le labbra in una smorfia mentre invece il fratello rise, ricordando l’aneddoto con maggiore divertimento rispetto a lei.
 
“Te l’ho detto Charlie, proteggerti è uno delle mie occupazioni da sempre… e continuerò a farlo ancora per molto, salvo imprevisti.”
 
“Niente imprevisti, ho bisogno di te Seannie… perciò vedi di non farti succedere niente.”
 
Agitò la bacchetta, evocando il suo Patronus non verbalmente… e quando riaprì gli occhi sorrise debolmente, guardando per la prima volta dopo diverso tempo il puma d’argento che ricambiava il suo sguardo, fermo davanti a lei come se fosse in attesa di ricevere qualche ordine preciso.
 
Will le diede un colpetto su una spalla che la riportò alla realtà, spostandosi per poterla guardare in faccia e sorridendole appena:
 
“Discreta studentessa… tutto merito dell’insegnante però, ovviamente.”
 
“Ovviamente.”      Charlotte ricambiò il sorriso, non aggiungendo altro anche se una singola parola aleggiava nell’aria, tra lei e William, una parola che difficilmente avrebbe pronunciato ad alta voce visto quanto era orgogliosa: grazie.
 
                                                                                   *
 
“Che strano, ero convinta di averlo lasciato qui…”
 
Rosalie Prewett sollevò gli strofinacci e le pirofile che affollavano il tavolo, cercando il tagliere con il cioccolato che aveva frantumato poco prima.
 
Quando, pochi istanti dopo, lo ritrovò con il cioccolato praticamnete dimezzato spostò subito lo sguardo sulla bambina in piedi su uno sgabello accanto a lei, mettendosi le mani sui fianchi a mo’ di rimprovero:
 
“JANE PREWETT!”
 
“Non sono stata io!”    Jane sgranò gli occhioni azzurri, nascondendo le mani sporche di cioccolato dietro la schiena e stampandosi in faccia l’espressione più innocente che le riuscì, facendo sospirare la madre:
 
“Ah sì? E allora chi è stato?”


“Non lo so… magari è stata Winnie!”
 
Rosalie lanciò un’occhiata all’elfa domestica che stava lavando i piatti a poca distanza, sbuffando leggermente e guardando la figlia con aria esasperata:
 
“Non essere sciocca Jane, lo so che sei stata tu… e visto che ti sei già servita, forse è il caso che la mangino Rex e Connie.”
 
Un’espressione affranta incupì il visino pallido di Jane, che abbassò lo sguardo con aria malinconica, parlando con un filo di voce:
 
“Scusa mamma…”
 
Rosalie sorrise, non riuscendo a restare arrabbiata di fronte alla dolcezza della figlia, allungando una mano opera darle un pizzicotto su una guancia:
 
“Dai, non importa… ma la prossima volta ti terrò d’occhio, piccola peste. E ora aiutami, dobbiamo frantumare altro cioccolato visto che una parte è misteriosamente scomparsa nel lasso di tempo io cui sono andata a lavarmi le mani.”
 
Jane sorrise con finta aria angelica di fronte all’ironia della madre, che la guardò con gli occhi pieni d’affetto:
 
“Sei una piccola peste travestita da angioletto, non è così piccola? Dai, aiutami... dobbiamo finirla prima che papà torni a casa.”
 
Jane sorrise, rivedendo se stessa con le dita sporche di farina che aiutava la madre a fare una torta e poi suo padre che spuntava sulla soglia della cugina, sorridendole e prendendola in braccio come faceva ogni sera, tornato dal lavoro.
“Hai fatto una torta con la mamma per me, principessa?”      Suo padre le sorrise, gli occhi azzurri tremendamente simili ai suoi che la osservavano, ridenti di fronte alle mani e ai vestiti sporchi della figlia.
“No papà, è per gli zii che vengono domani… Ma se vuoi ne faccio una per te!”
Jane sorrise con sincera allegria mentre il padre, dopo aver infilato una mano nella farina, le sporcava ulteriormente le guance, facendola ridere.
“Peter, credo che sia già abbastanza ricoperta di farina senza il tuo contributo…”
Rosalie, che si stava pulendo le mani su uno strofinaccio, guardò i due con aria leggermente scettica mentre invece il marito sorrise, parlando alla figlia che teneva ancora in braccio:
 
“Che dici, lanciamo la farina anche alla mamma?”
 
Jane sorrise e annuì, quasi entusiasta all’idea del padre… un attimo dopo suo padre e sua madre ridevano, tirandosi farina addosso a vicenda e imbiancando così tutta la cucina.
 
Jane boccheggiò, gli occhi improvvisamente lucidi mentre stringeva la bacchetta tra le dita, incapace di pronunciare l’incantesimo.
 
La ragazza sbattè le palpebre per cacciare le lacrime mentre i ricordi di suo padre le affollavano la mente, non riuscendo a non pensare che andandosene si era portato via anche la felicità di sua madre.
 
E se da una parte sentiva che non l’avrebbe mai potuto perdonare, dall’altra le mancava l’uomo che la coccolava e le sorrideva, chiamandola “principessa”.
 
Un paio di braccia la strinsero inaspettatamente per la vita e prima di potersene rendere conto Jane si ritrovò stretta in un abbraccio da Dante, che le diede un bacio sulla nuca:
 
“Lo so che ti manca, Jane…” 
 
Jane deglutì, annuendo con un debole cenno del capo senza riuscire a proferire parola prima di chiudere gli occhi, appoggiando la testa al petto di Dante e lasciandosi abbracciare.
Il ragazzo sospirò mentre le accarezzava i capelli, trattenendosi dal dirle che non meritava le sue lacrime: qualcosa gli diceva che non era il momento per dire una cosa del genere…
“Non ci riesco.”
 
“Non lo devi fare per forza oggi piccola… ci riproverai.”         Dante abbassò lo sguardo, sorridendole con aria incoraggiante mentre lei annuiva debolmente, forse non del tutto convinta delle sue parole.
 
                                                                          *
 
Non la smetteva di sorridere, non ascoltando minimamente quello che il prete stava dicendo e continuando invece a voltarsi verso Stephanie, tenendola per mano e stando seduto accanto a lei.
Conscia del suo sguardo la donna si voltò, sorridendogli e accarezzandogli leggermente il palmo della mano.
 
Forse avrebbe dovuto prestare maggiore attenzione alla cerimonia, ma proprio non ci riusciva… si sentiva troppo felice, emozionato e nervoso allo stesso tempo per potersi concentrare su qualunque cosa se non su quella che stava per diventare sua moglie.
 
Regan sorrise, sentendosi tutto ad un tratto incredibilmente gioioso al solo ricordo del giorno del suo matrimonio… quando aveva visto Stephanie, quando le aveva scostato il velo dal viso, quando l’aveva baciata e quando aveva ballato insieme a lei… ad un anno di distanza tutto era perfettamente impresso nella sua memoria, portandogli più felicità di qualunque altro ricordo che avesse.
 
“Expecto Patronum.”
 
Un leone d’argento balzò fuori dalla sua bacchetta, correndo subito a rincorrere l’antilope di Isabella in compagnia del puma di Charlotte, mentre invece il coniglietto di Will saltellava da una parte all’altra per sfuggire agli artigli della volpe di Lyanna, che ridacchiava insieme a Charlotte, trovando la situazione molto divertente, al contrario di un corrucciato William che osservava il suo Patronus quasi come se fosse in pena per lui.
 
Regan seguì i movimenti del suo Patronus con lo sguardo, provando improvvisamente una sensazione fastidiosa di vuoto allo stomaco: non poteva fare a meno di pensare a quanto Stephanie gli mancasse… gli mancava sua moglie che lo andava a salutare al Ministero, che cercava invano di farlo uscire con la cravatta messa in ordine e che, quando usciva prima di lui al mattino, cercava di fare piano per non svegliarlo anche se lui si alzava lo stesso, incurante dell’ora per salutarla.
 
L’uomo sbuffò appena, passandosi una mano tra i capelli lisci e spettinandoli leggermente, mentre Lyanna gli si avvicinava, sorridendo:
“Pensavi a tua moglie?”
“Si… mi manca molto.”
“Già… anche a me lui manca.”
Lyanna sfoggiò un sorriso malinconico, osservando la sua volpe che trotterellava in giro per la grande stanza. Regan aprì la bocca per dire qualcosa ma la richiuse in fretta, temendo di poter essere indiscreto o di ferirla… sapeva di non poter lamentare la mancanza di Stephanie, perlomeno non di fronte a Lyanna.
 
“Tranquillo Reg, non mi offendo… è più che lecito che lei ti manchi.”
Quasi leggendogli nel pensiero Lyanna gli sorrise, dandogli una pacca sulla spalla prima di superarlo e avvicinarsi ad Isabella ed Ingrid, lasciandolo nuovamente solo e leggermente stupito, chiedendosi come facesse a sapere sempre cosa pensasse.
 
                                                                             *
 
“Astrid, che fai? Devi mettere lo zenzero prima di mescolare!”
 
“Smettila di fare la sapientona!”    Astrid sbuffò, facendole la linguaccia e continuando a mescolare l’impasto per i biscotti, ignorando la sorella maggiore.
 
“Ma così non saranno veri biscotti di Natale, senza lo zenzero… Dai, lo metto io.”  Ingrid sbuffò, allungando una mano per prenderle la scodella dalle mani anche se la sorellina glielo impedì, scostandosi appena in tempo mentre la madre delle due si avvicinava al tavolo per, come al solito, spegnere il possibile incendio imminente: 
“Smettetela di discutere, voi due… lo mezzo io, così non litigate.” 
“Noi non discutiamo mamma, ci vogliamo bene… vero Ingrid?”
Anne roteò gli occhi di fronte ai sorrisi angelici delle due figlie, prendendo il mestolo dalle mani della piccola di casa per mescolare al suo posto.   
“Certo, come no… Ingrid, che accidenti ti sei messa in testa?” 
La donna inarcò un sopracciglio, vagamente perplessa di fronte al capello da Babbo Natale che la figlia maggior si era infilata. Ingrid sorrise, divertita dalla faccia della madre prima di stringersi nelle spalle, parlando quasi come se fosse ovvio:
“Mamma, è la Vigilia di Natale… che cosa dovrei mettermi, un capello con le orecchie da coniglietto pasquale?” 
“Beh, ti starebbero benissimo…”   Astrid sfoggiò un sorrisetto beffardo, lanciando alla sorella un’occhiata divertita che la fece sbuffare: 
“Grazie tante, sempre in vena di complimenti tu… mettiti questo, invece di prendermi in giro!”
Ingrid si sfilò il cappello e lo mise alla sorellina, che scoppiò a ridere mentre la madre delle due cercava di rimanere seria… proposito che non andò a buon fine visto che l’immagine della figlia con un paio di orecchie da coniglio in testa la fecero irrimediabilmente ridacchiare, con grande indignazione di Ingrid: 
“Mamma, anche tu? Vi siete messe d’accordo contro di me?”
Ingrid sbuffò, prendendo una manciata di zenzero e lanciandolo senza tanti preamboli addosso alla sorellina e alla madre, che ridendo abbandonarono momentaneamente l’impasto per i biscotti per ricambiare, dando così vita ad una specie di battaglia a base di zucchero e farina.  
Con le risate di quel pomeriggio ancora in testa Ingrid sorrise, pronunciando l’incantesimo a bassa voce.
Il sorriso sul volto della ragazza si allargò nel vedere l’animale che uscì dalla sua bacchetta: era sempre stata molto curiosa, in effetti… ma non si sarebbe mai aspettata di avere una papera come Patronus.
Sua sorella l’avrebbe di certo trovato molto divertente, quando glie l’avrebbe detto… Già immaginava di vederla ridacchiare, di fronte alla notizia.
Ingrid guardò il suo Patronus zampettare confusionariamente sul pavimento dell’aula, non potendo fare a meno di chiedersi se avrebbe avuto un altro Natale come quello a cui aveva pensato per evocarlo.
 
                                                                                     *
 
Dante era inginocchiato davanti al caminetto, guardando i tizzoni ardenti quasi in attesa: non lo vedeva da mesi… e non vedeva l’ora di poter sentire di nuovo la voce del suo fratellone preferito.
 
Era la prima volta in assoluto in cui era felice di quello che aveva fatto… per una volta non aveva fatto male a nessuno, anzi: era riuscito a far smettere di piangere Coraline grazie alla sua magia, era riuscito a far smettere di star male Francies, che era caduto da un albero facendosi male… non sapeva nemmeno come, ma aveva fatto sbocciare fiori per tutto il giardino e le scintille colorate avevano in qualche modo fatto smettere di piangere la sorellina, poco prima in preda al panico per la punizione che i genitori avrebbero affibbiato a tutti e tre per essere saluti sull’albero senza supervisione… per la prima volta era riuscito davvero a fare del bene, senza fare male a nessuno.
 
E suo padre gli aveva promesso che quella sera avrebbe potuto parlare con Lucas per la prima volta dopo mesi, da quando era partito per Hogwarts.
 
Un gran sorriso comparve sul volto del bambino quando il viso familiare e sorridente di Lucas comparve tra le fiamme, guardandolo con affetto:
 
“Ciao, campione!”
 
“Luke!”
Dante fece per protendersi e abbracciarlo, ricordandosi però che non era davvero davanti a lui e fermandosi appena in tempo, risparmiandosi una bella scottatura.
 
“Mi sei mancato…”
 
“Anche tu, piccoletto… ma sono riuscito a salutarti, anche se non abbiamo tanto tempo. Mamma e papà mi hanno detto cos’hai combinato… te l’ho sempre detto, che puoi aiutare le persone invece che fare del male. Ma devi essere tu a convincerti e a capirlo.”
 
“C’erano un sacco di colori, Luke… e Cora non piangeva più. E neanche Francies, sono stato bravo?”
 
“Bravissimo, campione… ora sei tu il più grande, devi badare ai marmocchi mentre noi non ci siamo, intesi?”
 
“Non preoccuparti Luke, lo farò.”   Dante sfoggiò un sorriso allegro, annuendo al contempo e mostrando il dente che aveva irrimediabilmente scheggiato durante una delle innumerevoli zuffe tra fratelli.
Lucas gli sorrise, guardando il fratellini prediletto con affetto:
 
“Ci credo… sono fiero di te, Dante. Tutti noi lo siamo, non dimenticarlo mai.”
 
 
“Expecto Patronum.”
 
Dante sorrise nel vedere qualcosa balzare fuori dalla punta della sua bacchetta, inclinando leggermente il capo e cercando di capire di che animale si trattasse: un lupo, forse?
“Coyote… a che pensavi?”  
La voce di Jane lo riscosse, facendolo voltare nella sua direzione e sorriderle, stringendosi nelle spalle:
“Ai miei fratelli… quando ho capito che erano fieri di me.”
“E perché non dovrebbero esserlo? Sei tu che sei sempre stato troppo critico con te stesso, Dan.”
Jane sorrise, avvicinandoglisi e abbracciandolo, esattamente come lui aveva fatto con lei, solo poco prima.
“Forse… in effetti però se non sei scappata a gambe levate, non devo essere tanto male, no?”
 
                                                                                 *
 
“Dici che qui non ci troveranno?”
“Assolutamente si… qui non mi trovano mai.”        Antares sorrise alla domanda di Rod, alzandosi al contempo in punta di piedi per sbirciare attraverso una fessura: sentivano distintamente i genitori che li chiamavano a gran voce… forse un po’ gli dispiaceva fare preoccupare sua madre, ma giocare a “nascondino” era comunque divertente.
“Però dobbiamo uscire in tempo per il the, ricordatelo…”
“Tranquillo Rod, non ti farai mai perdere il tuo prezioso the…”   Antares ridacchiò, guadagnandosi un’occhiata torva da parte del suo migliore amico, che incrociò le braccia al petto e lo guardò con aria offesa, sembrando più che mai un piccolo lord con i capelli neri pettinati e la piccola giacca color bordeaux addosso.
“Dai, non fare quella faccia… seguimi, andando di qua si arriva alla Sala da Ballo!”
Antares sorrise, facendo cenno all’amico di seguirlo per il tunnel fin troppo stretto per una persona adulta, ma loro due ci passavano perfettamente.  
“Ma è pieno di polvere…” 
“Scusi Altezza, la prossima volta provvederò a pulire prima di portarla qui… andiamo Rod, vieni e non ti lagnare!”
Antares scomparve nello stretto imbocco senza aggiungere altro, sentendo distintamente l’amico sbuffare prima di seguirlo, non avendo nessuna intenzione di restare da solo in quella stanzetta buia, nascosta dietro ad un arazzo.  
“Va bene, arrivo… ma la prossima volta ci nascondiamo in giardino in mezzo alle aiuole di tua madre!”
Aveva riso alle parole dell’amico, immaginando se stesso in compagnia di Rod a rotolarsi in mezzo ai fiori della madre… e allora sì, che sarebbero stati nei guai.
 
“Expecto Patronum.”
 
Sorrise, a metà tra il soddisfatto e il sollevato, quando vide un animale d’argento saltare fuori con eleganza dalla punta della sua bacchetta, atterrando sul pavimento della stanza e voltandosi verso di lui, osservandolo per un istante prima di trotterellare via, librandosi a mezz’aria e attirando più d’uno sguardo.
 
Ci aveva pensato spesso, chiedendosi che forma avrebbe assunto il suo Patronus… e poteva ritenersi soddisfatto ora che aveva finalmente una risposta.
Antares seguì i movimenti del suo Patronus con lo sguardo, osservando il leone d’argento aggirarsi tra i suoi compagni con la criniera che si muoveva sinuosamente, creando delle onde luminose quasi ipnotiche.
 
Le labbra del ragazzo si inclinarono leggermente in un sorriso, appuntandosi mentalmente di scrivere a Rod quella ser stessa… probabilmente non gli avrebbe detto che aveva pensato a lui quando l’aveva evocato, ma avrebbe potuto fargli notare che ora era in grado di evocare il suo Patronus, che aveva preso la forma di un leone… Ovvero uno degli animali più temibili, forti e conosciuti. Sentiva quasi l’invidia pungente di Rod anche a km di distanza…
 
                                                                                  *
 
Oliver strinse la bacchetta tra le dita, imprecando mentalmente mentre contorceva la mascella con evidente irritazione: detestava il non riuscire ad evocare il suo Patronus… quanto meno, non formato del tutto.
 
In fin dei conti nemmeno Jane ci era riuscita, quindi almeno non era l’unico… ma era comunque molto sconfortante, anche se tutti gli insegnanti gli avevano detto di non darci molto peso e di non abbattersi: molti avevano qualche difficoltà ad evocare un Patronus formato, all’inizio… non era il primo, e nemmeno l’ultimo.
 
In ogni caso, il non esserci riuscito lo demoralizzava comunque… forse il ricordo che aveva usato, il suo primo incontro vero e proprio con Ethan sul campo da Quidditch qualche anno prima, nonché quando erano diventati amici, non era abbastanza intenso… era sicuro che fosse uno dei più belli che avesse, ma forse non era abbastanza.
 
Il Grifondoro sospirò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli e dicendosi di non pensare ancora a quella storia… l’aveva già fatto stare male abbastanza in passato, non era il caso di riportarla a galla.
 
Non potè fare a meno di pensare che forse quel ricordo gli avrebbe permesso di evocare il suo Patronus, se Ethan non se ne fosse andato… ma non l’avrebbe mai saputo con certezza.
 
“Dai, non fare quella faccia… se ci sono riuscita io puoi farlo anche tu, datti tempo.”
 
Ingrid gli sorrise con gentilezza, quasi invitandolo a non demoralizzarsi mentre gli passava davanti per uscire dall’aula insieme a tutti i loro compagni.
 
Oliver si sforzò di annuire, ricambiando debolmente il sorriso prima di seguirla fuori dalla stanza.
 
“Spero che tu abbia ragione… non mi ricordo, il tuo era una papera?”
 
“Si… e devo dire che è stata una sorpresa, un animale abbastanza insolito… ma evidentemente mi rispecchia. Dai, andiamo a cena… ho bisogno di buttare giù qualcosa dopo tutti questi ricordi e sentimentalismi, e credo anche tu.”
 
Oliver sorrise, annuendo e seguendola fuori dall’aula; sperava davvero che la Corvonero avesse ragione, visto che non voleva essere da meno dei suoi compagni… e poi era curioso di sapere che forma avrebbe assunto il suo Patronus, dopo aver visto quelli degli altri.
 
                                                                                         *
 
Dopo essersi chiusa la porta alle spalle si sfilò velocemente le scarpe, lasciandole con noncuranza accanto alla porta. Alzò le mani in un gesto automatico per legarsi i capelli, come faceva sempre quando restava da sola… ma la sua attenzione venne catturata quasi con magnetismo da qualcosa.
 
O meglio da qualcuno, che ricambiava il suo sguardo e che sorrideva nella sua direzione, come l’aveva visto fare milioni di volte.
 
Charlotte rimase immobile per un attimo, gli occhi fissi sulla pagina di giornale che aveva attaccato al muro due mesi prima… e che non aveva più toccato, lasciandola lì per giorni.
 
Camminando a piedi scalzi sul pavimento freddo e liscio si avvicinò alla parete, senza staccare gli occhi dall’articolo e in particolare dalla fotografia in bianco e nero di suo fratello, animata e che lo ritraeva sorridente, con la divisa blu e oro addosso.
 
Deglutì, alzando una mano per sfiorare la fotografia con le dita leggermente tremanti. Dopo qualche istante appoggiò completamente il palmo sulla foto, coprendola dalla sua visuale e sospirando leggermente. Rimase immobile per qualche istante ma poi si decise, staccando la pagina dal muro con un solo, secco gesto.
 
Il camino era già stato acceso, probabilmente dagli elfi, e Charlotte gli si avvicinò con la pagina della Gazzetta del Profeta stretta in mano, lanciandoci un’ultima occhiata prima di lasciarla cadere tra le fiamme.
 
Quella mattina, di fronte alla lapide di John, aveva capito che era arrivato il momento di chiudere quella storia… o almeno, di iniziare a farlo.
Sfortunatamente, loro non c’erano più… e non era giusto nei loro confronti non vivere appieno, non quando a loro quella possibilità era stata brutalmente negata.
 
Charlotte rimase immobile, osservando la sottilissima carta ripiegarsi su se stessa mentre le fiamme iniziavano a consumarne gli angoli… ben presto non sarebbe rimasta che cenere.
 
Ma infondo, non le serviva un articolo per ricordarsi di suo fratello e di quello che era successo.
Non l’avrebbe dimenticato in ogni caso, anche senza quel promemoria che si era imposta da sola.




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Angolo Autrice:

Buonasera! Come avevo predetto, il capitolo è davvero molto lungo... spero che non vi abbia annoiato, ma è uscito una specie di papiro.
Come sempre grazie per le recensioni, ci sentiamo in settimana con il seguito... spero che vi sia piaciuto, a presto e buonanotte!

Signorina Granger

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Capitolo 19
*** Passeggiatina al chiaro di Luna ***


Capitolo 18: Passeggiatina al chiaro di luna
 

 
                                                                                                                                                      Sabato 13 Marzo


“Vogliono liberare la Grecia, ho idea...”
 
Lyanna inarcò un sopracciglio mentre teneva l'ultimo numero della Gazzetta del Profeta stretta in mano, stando al quale era appena stato costituito un Comitato Nazionale per la liberazione dello Stato.
 
“Beh, sarebbe anche ora.”  Charlotte rimase impassibile, continuando a tenere gli occhi fissi sulle carte che stava disponendo sul tavolo secondo lo schema di un solitario.
 
“E stanno facendo pressioni a Stalin per riconoscere Badoglio... spero che ci riescano, se non altro.” Lyanna sospirò, richiudendo il giornale e lanciando un’occhiata in direzione della collega, che se ne stava in silenzio e apparentemente assorta.
 
“Beh, credo che se non lo fa avrà qualche grattacapo in più a cui pensare...”
 
Lyanna annuì, guardando il camino finalmente spento: il gelo sembrava essersi ormai ritirato, tanto che negli ultimi due giorni le temperature si erano leggermente alzate in tutto il Regno Unito... ovviamente in Scozia faceva ancora piuttosto credo, trovandosi a Nord, ma il clima era comunque più tollerabile.
 
Dopo qualche istante di completo silenzio la donna si voltò di nuovo Charlotte, guardandola sistemare le carte con aria concentrata:
 
“Non ti va di fare una partita? Io mi annoio terribilmente con i solitari...”
 
“A me non dispiacciono... mi aiutano molto a riflettere.”
 
Charlotte si strinse nelle spalle senza alzare lo sguardo, proprio mentre la porta si apriva e sulla soglia della stanza compariva Will.
 
“Ah, ciao... Com’è andata la passeggiata? Hai incontrato qualche studentessa sbavante per te nascosta dietro un albero?”
 
Lyanna sfoggiò un sorrisetto divertito mentre Will invece roteò gli occhi, evitando accuratamente di rispondere mentre entrava nella stanza, chiudendosi subito dopo la porta alle spalle.
 
“Preferisco non rispondere... voi che fate qui tutte sole?”
 
“Lyanna è sedata su una poltrona con un giornale sulle ginocchia e io ho delle carte in mano... mi chiedo davvero che cosa staremmo mai facendo...”
 
“Voleva essere una domanda retorica Charlotte, ma vedo che sei leggermente acida... il Solitario procede forse male?”
 
Will andò a sedersi accanto a Lyanna, che appoggiò il giornale sul bracciolo della poltrona mentre il collega le rivolgeva un debole sorriso:
 
“Se le hai chiesto di giocare, non sprecare fiato Lyanna... ci ho provato anche io, ma non le piacciono le partite a carte.”
 
Charlotte si strinse nelle spalle alle parole del collega, limitandosi ad inarcare un sopracciglio senza comunque sollevare lo sguardo dal tavolo:
 
“Preferisco fare i solitari... non mi piace molto perdere.”
 
“Ma a volte anche quelli non finiscono bene...”
 
“Beh, allora si può dire che preferisco perdere contro me stessa, che contro il prossimo.”
 
Specialmente se si chiama William Cavendish
 
Will sorrise leggermente di fronte al tono piatto di Charlotte, cogliendo le ultime parole non dette dalla collega mentre Lyanna roteava gli occhi, trattenendosi dal sbuffare e dal sottolineare che i due si punzecchiavano a vicenda per gran parte delle giornate.
 
 
Probabilmente avrebbero anche continuato, ma la porta si aprì all’improvviso, permettendo anche a Regan di fare la sua comparsa nella stanza:
 
“Ciao Reg! Ti prego, dimmi che ti va di fare una partita a scacchi o qualcosa del genere... mi annoio!”   Lyanna rivolse al collega un sorriso quasi speranzoso, che però non venne ricambiato: Regan la guardò senza sorridere, con anzi un’espressione piuttosto seria dipinta in volto.
 
“Mi piacerebbe, ma temo che dovremo aspettare... Mi fa piacere di avervi trovato insieme, perché Dippet vuole vederci. Tutti e quattro.”
 
Charlotte alzò lo sguardo dalle carte per la prima volta dopo forse mezz'ora, guardando Regan con aria leggermente perplessa: l'ultima volta in cui il Preside li aveva convocati era stato per parlare delle lezioni in comune... cosa poteva volere ancora?
 
“Beh, se non altro rompiamo la noia... coraggio, gambe in spalla!”  Al contrario di Regan, che era piuttosto serio, e di Charlotte e Will che sembravano vagamente confusi, Lyanna sorrise quasi allegramente, alzandosi senza alcuna esitazione e dando anche una leggera pacca sulla spalla di William, come a volerlo esortare a sbrigarsi a seguirla.
 
“Che cosa vorrà Dippet? Magari aumentarci le ore di lezione...”
 
“Può darsi... o magari siamo totalmente fuori strada, chi lo sa.”
 
 
“Andiamo, non fate i drammatici... magari ci vuole solo offrire una tazza di thè, sarebbe anche l'ora giusta!”
 
Al contrario degli altri tre Lyanna sorrise, avviandosi con aria rilassata verso l'ufficio del Preside mentre Regan, Will e Charlotte la seguivano, tutti e tre silenziosi e apparentemente pensierosi.
 
Nessuno dei tre lo disse ad alta voce, me pensavano tutti la medesima cosa: era molto poco probabile che Dippet volesse bere il thè insieme a loro, di sabato pomeriggio per di più.
 
 
                                                                                *
 
 
“È un’ingiustizia.”
 
“Smettila di lamentarti... meno parli, più lavori: ergo, prima finisci.”
 
Oliver sbuffò, continuando a scarabocchiare sulla sua pergamena mentre, di fronte a lui, Isabella continuava a fare i compiti di Aritmanzia con aria impassibile, senza prestare molta attenzione alle lamentele del compagno:
 
“Ma non è giusto... è il mio compleanno...”
 
“Lo so bene, infatti ti ho fatto gli auguri a colazione... ma se non volevi fare i compiti al tuo compleanno, potevi prenderti avanti ieri.”
 
“Io non sono come te Bella, non muoio dalla voglia di studiare quando mi sveglio... e poi ieri avevo allenamento, che vuoi farci?”
 
Isabella si limitò a roteare gli occhi azzurri, quasi sperando che la partita tra Serpeverde e Grifondoro arrivasse in fretta: difficilmente sarebbe andata a vederla, ma almeno avrebbe smesso di sentir parlare di allenamenti per un po’... e poi in quel periodo sembrava che le due Casate rivali per eccellenza si disprezzassero anche più del solito.
 
 
“Si, beh... se vuoi posso farti copiare Storia della Magia.”
 
“Lo faresti?”
 
“Si... solo perché è il tuo compleanno però, non prendermi sottogamba.”
 
 
Oliver sorrise, guardando la ragazza quasi con gli occhi scintillanti: probabilmente si sarebbe anche alzato per abbracciarla, se non avesse saputo che lei lo avrebbe di certo affatturato.
 
“Grazie Bella, sei la mia salvezza! Prima o poi ti ricambierò i favori che mi fai... anche se mi fai sbagliare durante le interrogazioni.”
 
“Ancora una volta, non è stata colpa mia! Io ho detto “proscrizione”, se tu hai capito “prostituzione” è un problema tuo. E poi a cosa dovrebbero mai servire, quelle liste?”
 
“Non ne ho idea... in effetti mi sembrava strano, ma ormai lasciamo stare... è passata, e mia madre non ha nemmeno preso molto male il Troll!”
 
Oliver sorrise quasi con aria soddisfatta mentre sgraffignava gli appunti di Storia dell’amica, facendo per iniziare a copiare i suoi schemi quando una figura familiare dai capelli chiari spuntò infondo al settore, quasi correndo nella loro direzione.
 
“Ehy, c'è Ingrid!”
 
Oliver sorrise, alzando una mano per fare cenno alla ragazza di avvicinarsi... e la bionda non se lo fece ripetere due volte, puntando dritta nella loro direzione e fermandosi accanto al loro tavolo con l'aria di chi ha qualcosa d’importante da dire:
 
“HoincontratoCarsenmihadettochestaseraabbiamounaverifica!”
 
“Ingrid. Sai che ti apprezzo moltissimo e ti ammiro molto per il modo in cui riesci a parlare e capire bene l'inglese... ma non ho capito neanche una sillaba, e penso di parlare anche a nome di Olly. Anzi, a giudicare dalla sua incapacità di leggere il labiale, suppongo di averne la certezza.”
 
Oliver rivolse un’occhiata torva in direzione di Isabella, che però rimase perfettamente impassibile e lo ignorò, tenendo gli occhi chiari puntati tranquillamente sulla compagna di Casa quasi come se fosse in attesa.
 
Dal canto suo Ingrid sospirò, prendendo fiato per un attimo prima di ripetere con maggiore calma:
 
“Ok... ho incrociato Carsen, venendo qui. E qualcosa mi dice che oggi avremo una sorpresa. Pare che stasera abbiano organizzato qualcosa, ma non so bene di cosa si tratti... ma suppongo che dopo cena al massimo Silente ci chiamerà nel suo studio, o magari anche Dippet.”
 
“Aspetta un secondo.... Stasera? Sei sicura che abbia detto stasera?”
 
 
Isabella si sporse leggermente sul tavolo, avvicinandosi alla ragazza e guardandola quasi con una nota speranzosa negli occhi che fece accigliare Ingrid mentre annuiva, non capendo la reazione dell'amica:
 
“Si, direi di sì... perché?”
 
“Perché stasera la serata libera, ero anche riuscita a fare a cambio di turno con...”
 
Isabella si zittì di colpo, mentre tutti i fili finalmente si collegavano e una faccia decisamente familiare spuntava dal nulla nella sua testa, facendole contrarre la mascella quasi pericolosamente:
 
“Black...”
 
Il sussurro - quasi un ringhio, in realtà - di Isabella scaturì due espressioni perplesse in Oliver e in Ingrid, che si scambiarono un’occhiata incerta anche se nessuno dei due osò parlare e chiedere alla ragazza spiegazioni.
 
“Devo andare.” Di punto in bianco Bella si alzò, scostando rumorosamente la sedia sull’antico pavimento e lasciando tutte le sue cose sul tavolo, quasi come se si fosse momentaneamente dimenticata dei compiti.
 
‘Ma... dove?”
 
Ingrid inarcò un sopracciglio, guardando la rossa allontanarsi a passo di marcia e risponderle in tono deciso, senza nemmeno fermarsi o voltarsi:
 
“A creare un buco nero nell’albero genealogico della Nobile e Antichissima Casata dei Black, ecco dove!”
 
 
Quando la Caposcuola fu sparita dietro uno scaffale Ingrid sedette sul suo posto lasciato vuoto, rivolgendo un’occhiata incerta in direzione di Oliver:
 
“Secondo te è il caso di prenderla in parola? E poi cosa c'entra Black?”
 
“Non saprei, era troppo occupata a fare pensieri omicidi per spiegarcelo... e forse non mi voglio nemmeno immischiare nei loro affari, credo sia meglio starne fuori. Piuttosto...
 Spiegami per bene che cosa ti ha detto Carsen.”
 
 
                                                                              *
 
 
Jane versò un po' di latte nella tazza già parzialmente piena di thè nero, mescolando il tutto prima di bere un sorso della bevanda calda.
 
A volte non le dispiaceva stare in pace e in completa tranquillità... e per lei l'ora del thè aveva sempre rappresentato questo.
 
La Sala Grande non era molto affollata, anche se molto di più rispetto alla settimana: in genere gli studenti a quell'ora studiavano, anzi spesso lei era ancora a lezione... fortunatamente, nel weekend poteva rilassarsi almeno un po’.
 
Lo sguardo della ragazza, seduta al tavolo dei Tassorosso come al solito, cadde sul tavolo dei Grifondoro, infondo alla Sala... e le sue labbra si inclinarono quasi istintivamente in un sorrisetto, ricordando l'episodio della sera prima che sul momento le aveva fatto venire voglia di sprofondare e di sparire dal castello, ma ripensandoci era quasi divertente... anzi, se non avesse riguardato lei probabilmente l'avrebbe trovato persino molto tenero.
 
Peccato che era stata proprio lei, l'oggetto dell’episodio... e se da un lato le faceva piacere, dall'altro poteva sentire chiaramente il forte imbarazzo della sera prima, quando Dan aveva avuto la magnifica idea di tenere fede alla sua promessa e aveva allegramente annunciato a tutta la Sala Grande che Jane Prewett era la sua fidanzata.
 
In effetti forse in quel momento gli avrebbe volentieri lanciato dietro una zuppiera, anche se conoscendolo avrebbe dovuto aspettassero: Dante manteneva sempre le sue promesse, dopotutto.
 
Inutile dire che se Isabella si era messa a sghignazzare senza ritegno dal tavolo dei Corvonero, Aerin ed Elizabeth anche dai posti accanto al suo e Coraline aveva allegramente applaudito con aria divertita, lei aveva fulminato Dante con lo sguardo, promettendogli una bella chiacchierata una volta terminata la cena. Persino sua cugina Connie se l'era risa, infinitamente divertita e sollevata di come le cose si fossero risolte tra lei e Dante.
 
"Ciao... Rimembravi il mio meraviglioso annuncio di ieri?”
 
“Già... in effetti penso che resterà impresso in questi muri per un bel po’. E la tua voce non ha certo aiutato, credo che non ci sia stato nessun abitante di Hogsmeade che non ti abbia sentito.”
 
Jane non si voltò, ma non le servì farlo per sapere che Dante stava sorridendo dopo essersi seduto accanto a lei, guardandola con aria divertita:
 
“Si, beh... i miei toni soavi non avranno lasciato indifferente nessuno, credo.”
 
“Su questo siamo d'accordo... il bello è che la tua voce è già baritonale normalmente, alzando persino il tono...”
 
Jane roteò gli occhi prima di bere un sorso di thè, mentre Dante invece si stampava in faccia un sorriso divertito:
 
“Povera Jane... l'ho messa in imbarazzo. Poco male, così almeno ora il messaggio è chiaro.”
 
“Lo spero, se dovessi rifarlo mi scaverò un buca e ci metterò la testa dentro, come gli struzzi!”
 
Dante ridacchiò mentre invece Jane sbuffava, conscia che il ragazzo l'avesse fatto più per mettere in imbarazzo lei che per altri motivi.
“Mi piacerebbe vederti farlo... Dai Jane, non prenderla male... A volte ti preoccupi troppo di quello che pensano gli altri, e credo che nessuno sia rimasto scandalizzato... anzi, mia sorella stava per mettersi a lanciare i coriandoli.”
 
"La sua faccia era molto allegra, in effetti... ma mai quanto tuo fratello, povero Francies: ha dovuto fare da mediatore per due settimane, per lui sarà stato un sollievo!”    Jane sorrise, pensando con affetto al fratellino del fidanzato, che per due settimane aveva fatto di tutto per tenere il piede ben fisso in due scale, non potendo dire a Jane tutta la verità ma non volendo al contempo separare lei e il fratello.
 
Dante annuì, accarezzandole distrattamente la schiena prima di parlare con un tono quasi vago:
 
“Si... in effetti penso che tutta la mia famiglia sia contenta.”
 
“Aspetta... come sarebbe tutta? L'hai detto a TUTTI?”
 
“No, è stata Cora... e mia madre ora si sente realizzata, sostiene che lei lo pensava già da anni... ad ogni modo non preoccuparti, ti vogliono tutti bene... e se non ti porto a cena da noi non appena finita la scuola mi uccideranno, ma ne riparleremo. Vado a fare i compiti, ci vediamo a cena.”
 
Dante si sporse per darle un fugace bacio sulla guancia prima di alzarsi, quasi correndo fuori dalla Sala  Grande senza neanche darle il tempo di metabolizzare quello che aveva sentito, figuriamoci per replicare.
Dal canto suo Jane sospirò, scuotendo leggermente il capo prima di bere un sorso di thè: adorava la famiglia di Dante, certo... sperava solo che per essere accettati dal clan dei Julius non ci fosse qualche sottospecie di prova di iniziazione da superare.
 
 
                                                                                *
 
 
Si passò nervosamente una mano tra i capelli, sbuffando debolmente e cercando di scacciare la fastidiosa vocetta beffarda che lo stava tormentando da ormai diversi minuti: aveva come la sensazione di sentire ancora Rod prenderlo in giro, mentre cercava di portare a termine gli – a sua detta – inutili compiti di Divinazione.
 
Si era chiesto tante volte del perché avesse scelto di frequentare quella materia... E per altrettante si era praticamente dato dell’idiota per essersi dato la zappa sui piedi in quel modo.
 
Antares Black si stava scervellando sul cosa potersi inventare da presentare a lezione il lunedì successivo quando qualcuno gli si avvicinò senza preavviso, spuntandogli davanti quasi dal nulla.
La comparsa di Isabella e la sua faccia decisamente poco allegra non gli fecero comunque battere ciglio e il ragazzo si limitò ad inarcare un sopracciglio con aria scettica, quasi a volerle chiedere che cosa volesse:
 
 
“Qual buon vento, Isabella?”
 
“Nessun buon vento, Black. Dimmi, per caso hai sentito di qualcosa che hanno organizzato per stasera?”
 
“Non saprei... perché me lo chiedi?”
 
Antares abbassò lo sguardo con noncuranza, ritornando a concentrarsi sui compiti mentre, ne era perfettamente cosciente, la Corvonero si tratteneva dal prendere la borsa piena di libri e colpirlo con quella: la rossa sbuffò con impazienza, fulminandolo con lo sguardo come a volerlo ammonire di non fare lo gnorri:
 
“Perché, casualmente, questa sera il turno ce l'hai tu... com’è che l'altro ieri ti sei gentilmente offerto di fare a cambio?”
 
“Un momento di pietà nei tuoi confronti, immagino.”
 
“Non mi prendere per scema Black, lo so che in qualche modo lo sapevi, ecco perché hai instituito per invertire i turni... avrei dovuto aspettarmelo, si tratta di TE dopotutto.”
 
Isabella contrasse la mascella, guardando il compagno con irritazione mentre invece lui sfoggiò un debole sorrisetto, come a volerla prendere in giro:
 
“Se ne sei tanto sicura... pensa quello che vuoi Burton, ma intanto domani sera tu passerai tre magnifiche ore a gironzolare per il castello a perdere tempo... E io non lo dovrò fare. Ora scusa, ma temo di dover finire Divinazione prima di cena, non ne avrò il tempo dopo... a meno che tu non voglia passarmi i tuoi per poter godere oltre della mia compagnia, ovviamente.”
 
Antares sorrise e Isabella si trattenne dall’informarlo sul dove gli avrebbe messo i compiti se non avesse finito di parlare... la Corvonero si limitò a fulminarlo con lo sguardo, giurandogli vendetta prima di defilarsi:
 
“Chi sono io per impedirti di istruirti, Black? Ma a proposito di Divinazione, ho una perla per te... di qualunque cosa si tratti, stasera non farti mettere a lavorare accanto a me, potresti non uscirne bene.”
 
Isabella girò sui tacchi, allontanandosi quasi a passo di marcia mentre chiunque le passasse accanto si spostava per farla passare: nessuno aveva molta voglia di mettersi sulla rotta di un’Isabella Burton nervosa.
 
Nessuno, tranne forse il Serpeverde che sorrise appena, scuotendo il capo prima di tornare a concentrarsi sui compiti: non avrebbe mai ammesso di aver sentito Silente e Dippet discutere sull’argomento due giorni prima, quando era arrivato in anticipo a lezione di Trasfigurazione… Ma di sicuro Isabella l’aveva comunque intuito, e non avrebbe mai cambiato idea.
 
                                                                          
 
                                                                                   *
 
Tre ore dopo
 
 
“A te sembravano sorpresi, quando sono entrati nell’ufficio di Dippet?”
 
“Non molto... o almeno, non tutti. Isabella non ha battuto ciglio, e nemmeno Ingrid o Antares...” Lyanna si accigliò mentre, in piedi accanto a Charlotte sul limitare della Foresta Proibita, ripensava a quando gli studenti avevano messo piede nell'ufficio del Preside, subito dopo cena: diversi non erano sembrati affatto sorpresi dalla notizia... quasi come se già sapessero tutto.
 
“Hai ragione... dici che forse sapevano?”
 
“Può essere, ma come...” Lyanna s’interruppe bruscamente, smettendo di parlare prima di voltarsi di scatto in contemporanea con Charlotte, rivolgendo a Regan un’occhiata omicida:
 
“Ma perché avete pensato subito a me? Potrebbe anche essere stato Will!”
 
“Non osare mettermi in mezzo Carsen, veditela tu!”  Will sbuffò, incrociando le braccia al petto e spaccando un’occhiata sinceramente seccata in direzione del collega, che borbottò di rimando qualcosa di poco comprensibile:
 
“Per una volta sono d'accordo con Cavendish, Reg... io non sono stata, e neanche Lyanna. Noi sappiamo tenere la bocca chiusa.”
 
Charlotte alzò gli occhi al cielo, rimpiangendo mentalmente di non essersi portata dietro una sciarpa, dei guanti... insomma, un intero kit invernale.
 
"Ma perché proprio nella Foresta? Fa freddo... Vorrei tanto sapere a quale genio è venuta l'idea.”
 
La donna sbuffò, affondando il viso nella sciarpa blu notte che indossava mentre Will si voltava verso di lei, sorridendo con aria quasi divertita prima di risponderle:
 
“Se non altro riconosci finalmente la mia intelligenza superiore... grazie Selwyn.”
 
“Ah, certo. È venuta a te, la grande idea... c'era da aspettarselo.”
 
 
Sia Regan che Lyanna erano perfettamente consapevoli che i due sarebbero stati in grado di continuare fino all’alba, così la donna si affrettò ad interrompere la discussione sul nascere, sorridendo e accennando alle figure che stavano attraversa do il parco buio:
 
“Credo che stiano arrivando i ragazzi... voi due, vedete di non litigare davanti a loro!”
 
“Sembri proprio mia madre a volte, Lyanna...”
 
 
"Non la conosco, ma so che non hai una grande opinione di lei... quindi mi ritengo sinceramente offesa Charlotte, ritengo che tu debba saperlo.”
 
 
                                                                           *
 
 
“Bene, ora che ci siete finalmente tutti vi possiamo spiegare chiaramente perché siete qui... temo che stasera andrete a dormire più tardi del solito, perché vi aspetta una specie di verifica.”
 
Regan sorrise amabilmente, mentre un borbottio di leggere proteste si diffondeva tra gli studenti. Lyanna e Charlotte rimasero in silenzio ma si scambiarono un’occhiata, provando quasi empatia con quei poveretti: nemmeno loro erano entusiaste, in effetti.
 
“Come avrete intuito, dovrete addentrarvi nella Foresta Proibita... ma non preoccupatevi, noi quattro vi seguiremo e vi aiuteremo in caso di necessità. Non dovrete vagare da soli nella Foresta, non vogliamo ritrovare frammenti di studenti in giro, perciò potete scegliervi un compagno.”
 
“Jane, tu stai con me.”   Il tono di Dante non ammetteva repliche, esattamente come la sua faccia mentre metteva un braccio sulle spalle della ragazza, come a volersi assicurare che non finisse nei guai. Jane aprì la bocca per dire qualcosa ma lo sguardo fermò del ragazzo le fece morire le parole in gola, portandola a richiudere le labbra senza dire nulla.
 
“Ingrid, se stai in coppia con me ti vorrò bene per sempre.”
 
“Perché ci tieni tanto?”
 
“Perché piuttosto che addentrarmi nella foresta in compagnia di Black, ci vado con un Lupo Mannaro!”
 
Ingrid stava per accettare la proposta della compagna quando Will spuntò accanto alle due Corvonero, con un sorrisetto che non prometteva niente di buono stampato in faccia:
 
“No, Ingrid tu stai con Miller.”
 
“Davvero? Grande, avevo paura di finire con Yaxley!”
 
Dal canto suo Oliver sorrise allegramente, ignorando l’occhiata torva che gli lanciò il suddetto Serpeverde.
Ingrid invece  inarcò un sopracciglio con aria perplessa, non capendo l’intervento dell’insegnante mentre invece Isabella stava progettando mentalmente il suo suicidio.
 
“Professore, la prego... non mi faccia questo!”
 
“Non CI faccia, semmai! Non è che io muoia dalla voglia di stare con te!”   Antares sbuffò con aria contrariata, mentre invece sia Regan che Will sghignazzavano allegramente. Charlotte lanciò un'occhiata ai due colleghi e sospirò, scuotendo il capo e borbottando al contempo qualcosa che suonò come “bambini” mentre Lyanna invece osservava Antares e Isabella con un’espressione accigliata dipinta in volto, come se stesse cercando di afferrare qualcosa che le stava sfuggendo:
 
“Sai, quei due mi ricordano qualcuno...”
 
“Beh, avrai tempo di rifletterci dopo, quando vagheremo per la Foresta in compagnia di qualche mostro...”
“Tranquilla Charlotte, la tua acidità terrà le creature a distanza…”
 
 
Charlotte sbuffò, fulminando William con lo sguardo al sentire il suo commento e solo in quel momento una lampadina si accese nel cervello di Lyanna, che sorrise spostando lo sguardo sui due colleghi: ecco chi gli ricordavano Isabella e Antares...
 
“Siete dispari, quindi temo che dovrà esserci un gruppo da tre...”
 
“BENE, io sto con Ingrid e Olly... o con Dante e Jane, tutto ma non con quei due!”
 
Isabella piegò le labbra in una smorfia, accennando con il capo ad Antares e Starkey; il primo la fulminò con lo sguardo, seccato dalle sue parole:
 
“Guarda che abbiamo dei nomi, Burton...”
 
“Isabella... stai con Black e Yaxley, questione chiusa.”    Will sorrise amabilmente, già pregustando il divertimento di dover seguire il percorso di quei tre insieme: se proprio doveva passare la serata così, tanto valeva divertirsi.
 
Isabella fece per replicare ma Regan glielo impedì, riprendendo a parlare per evitare di trascinare oltre la questione:
 
“Coppie fatte, questione chiusa... Isabella, ti chiediamo solo di non uccidere i tuoi compagni. Tornando alla verifica, come vi ho detto non ci va di raccogliere brandelli di studenti, o di aspettarvi fino a domani... perciò eccovi delle cartine della Foresta, sperando che non vi perdiate. Avrete un percorso preciso da seguire fino a tornare qui, quindi non dovrebbe succedervi... meno ci mettete a completare il percorso più alto sarà il voto... e prima potrete andare a dormire, quindi siamo certi che vi impegnerete al massimo.”
 
Il sorriso di Regan non venne ricambiato da nessuno, tantomeno da Antares che anzi inarcò un sopracciglio con aria scettica:
 
“Mi faccia capire... devo andarmene in giro per la Foresta Proibita con Isabella Burton, al freddo e a quest’ora... e non c'è niente in palio?”
 
“Temo che non ci siano premi Black, mi dispiace... parlatene con il Preside se avete obiezioni, l'idea non è stata nostra ma sono stati Silente e Dippet a pensarci.” Il tono cupo di Will non fece dubitare delle sue parole nessuno tra gli studenti, che si limitarono a sbuffare sommessamente mentre Lyanna consegnava ad ogni gruppo una cartina.
 
“Io ho un pessimo senso dell'orientamento... Black, fai tu da navigatore.”
 
“L'avrei fatto comunque... senza offesa, ovviamente.”
 
“Tranquillo, nessuna offesa... sappi che avrei preferito stare in coppia con Pix, comunque... senza offesa, ovviamente.”
 
 
                                                                          *
 
 
“Questa situazione non mi piace neanche un po’... Ma almeno sarà un compleanno impossibile da dimenticare.”
 
“Non vorrei essere antipatica, ma tecnicamente non siete voi quelli coraggiosi?”   Ingrid inarcò un sopracciglio, continuando a camminare al buio accanto ad Oliver, tenendo la bacchetta sollevata in modo da fare un po’ di luce intorno a loro.
 
“In teoria si, ma non è che ho paura... credimi, se fossi qui da anni nemmeno tu saresti tranquilla, girano un sacco di voci su questo posto. Voci molto poco promettenti, se devo passarci la serata.”
 
“Non ci metterebbero in serio pericolo Olly, rilassati... al limite ti difendo io!”
 
Ingrid sfoggiò un sorriso e Oliver sbuffò, rivolgendole un'occhiata in tralice e chiedendosi come facesse ad essere così allegra, vista la situazione in cui si trovavano:
 
“Mi spieghi perché sorridi praticamente sempre?”
 
“A volte è più facile felici che affrontare la realtà, Olly... a te non capita mai, di voler scappare da quello che stai vivendo?”
 
“Forse, ma preferisco essere sincero con me stesso... non ha senso evitare di affrontare le cose, secondo me.”
 
Oliver si strinse nelle spalle, continuando a camminare tenendo la mappa in mano e lanciando un’occhiata in tralice alla compagna, chiedendosi che cosa avesse voluto intendere con le sue parole. Ingrid però non disse altro e il ragazzo intuí che non aveva una gran voglia di parlarne... così decise di lasciar perdere, sapendo di dover rispettare la sua privacy.
 
“Beh, visto che siamo qui e non c'è molto da fare... posso chiederti perché ti sei trasferita qui insieme a tua sorella?”
 
“Credo che non ci sia bisogno che ti dica che le cose in Germania non vanno molto bene, Oliver... e a casa non eravamo più al sicuro.”
 
“E qui lo siete?”
 
“Beh, dicono che Hogwarts sia davvero sicura... e anche se non lo fosse, credo che nessuno sia davvero in una botte di ferro di questi tempi. Ma almeno qui avete Silente, è un bel vantaggio! E ora occhi aperti Olly, cerchiamo di non farci affettare da chiunque abiti questa Foresta... per dove bisogna andare?”
 
“Destra, secondo quest’affare... ma ho la sensazione che non ci porterà a nulla di buono.”
 
 
                                                                           *
 
 
“Ma dove accidenti è il nord?”
 
“Non è verso le montagne?”
 
“Grazie tante Burton, tu per caso le vedi con questo buio?”
 
Antares sbuffò, agitando la mappa che teneva in mano con aria spazientita mentre Isabella borbottava a mezza voce che non c'era bisogno di scaldarsi, prendendogli la cartina dalle mani prima di parlare ad alta voce, assumendo un tono solenne:
 
“Bene, ascoltate la mia idea... non mi va di finire da dessert a qualche Acromantula, quindi direi di spostarci in ogni caso... andiamo a sinistra.”
 
“Perché proprio a sinistra? ... e poi che c'entrano le Acromantule?”
 
“Non lo so, è la prima creatura pericolosa che mi è venuta in mente... anche se, ora che ci penso, ad uccidere Mirtilla era stata proprio una... ok, cambiamo argomento. In ogni caso muovete i regali posteriori, non voglio stare qui fino a domani mattina!”
 
Isabella sbuffò, partendo quasi a passo di marcia verso la direzione che più l’aggradava, con due perplessi Serpeverde alle calcagna.
 
“Te lo ripeto, Isabella... perché stiamo andando proprio di qua?”
 
“A destra la via sembrava più facile.”
 
“E allora?!”
 
“Non hai mai letto un romanzo. Black? Le strade più comode portano sempre a qualche pericolo mortale, quindi noi andiamo a sinistra.”
 
 
Antares sbuffò, non avendo altra scelta se non seguirla, anche se di malavoglia: nonostante si trattasse di lei non aveva nessuna intenzione di perdersi e restare da solo nella Foresta... in effetti era quasi grato, per un certo verso, di essere finito con lei: i capelli di Isabella la rendevano decisamente facile da individuare, anche al buio.
“Mi spieghi perché non controbatti? In genere detesti che qualcuno decida al posto tuo.”
 
“Non mi va di tirare su polemiche, Starkey... conoscendo il soggetto, sarebbe capace di discutere per ore e preferisco finire questa storia in fretta.”
 
Antares alzò gli occhi al cielo, limitandosi a seguire Isabella senza protestare: in effetti nessuno dei tre seppe mai che andando a destra si sarebbero effettivamente scontrati con una vera Acromantula...
 
                                                                                     *
 
“Dante, rilassati.”
“Sono rilassato… rilassatissimo, non vedi?”
“Stai tranquillo, non spunterà un serial killer armato di scure da dietro quell’albero! O almeno lo spero… anche se prima mi era sembrato di vedere qualcosa muoversi…” 
“Jane, così non mi aiuti!”
 
Il Grifondoro sbuffò, guardandosi nervosamente intorno come se temesse di finire affettato da un Centauro da un momento all’altro. Al contrario Jane sembrava decisamente rilassata, camminando accanto a lui con la bacchetta che illuminava il sentiero.
 
“Come fai ad essere così tranquilla? Siamo pur sempre nella Foresta Proibita!”
 
“Tranquillo Dan, se dovesse comparire qualche mostro ti difenderò io!”
 
Jane rise, guadagnandosi un’occhiata torva dal ragazzo: dopo essersi imbattuti in un Molliccio che aveva assunto la forma di un inquietante clown alla vista di Jane Dante non si sentiva per niente tranquillo: sperava che non ce ne fossero altri nei dintorni, non moriva dalla voglia di dover affrontare il suo davanti a lei.
 
“Ridi pure Prewett… ma prima eri terrorizzata a morte, quando ti è comparso davanti quel… coso.”
 
“Si chiama clown, Dan… e comunque tutti hanno paura di qualcosa, anche gli impavidi Grifondoro.”
Jane gli sorrise, chiedendosi di che cosa avesse paura il ragazzo: lo conosceva molto bene, ma non glie l’aveva mai chiesto… e non aveva nemmeno mai visto che forma assumesse il suo Molliccio.
 
“Forse… Ma non significa che si debba affrontarla.”
 
                                                                                *
 
“Dici che avranno già incontrato i Mollicci a quest’ora?”
 
“Penso di sì... sono ragazzi svegli, dubito che si siano persi.”
 
Lyanna si strinse nelle spalle, continuando a camminare accanto a Regan con aria rilassata, come se stessero facendo una normalissima passeggiata e non fossero nel bel mezzo della Foresta Proibita.
 
“Sai, non ero mai stato qui quando studiavo ad Hogwarts…”
 
“Neanche io, non finivo molto spesso in punizione… Per fortuna, penso che a quindici anni sarei scappata da qui dopo due minuti.”
 
“Mi ripeti perché CeCe è andata a cercare William?”
 
“Non l’ha specificato, ma credo voglia fargliela pagare per lo scherzo dei mantelli che le ha fatto il mese scorso… Ma non ci metterei la mano sul fuoco, ovviamente.”
 
                                                                                    *
 
UN SERPENTE! Black, fallo sparire!”
 
“Ma perché devo farlo io?”
 
“Perché… perché si, muoviti!”    Isabella, improvvisamente più pallida più del solito mentre teneva gli occhi puntati sul serpente a sonagli che era praticamente spuntato dal nulla e che aveva ovviamente puntato lei, ignorando i due Serpeverde.
 
“Strano… che ci fa QUI un serpente a sonagli?”    Antares inarcò un sopracciglio, prendendosela comoda mentre osservava il rettile con aria scettica e la Corvonero si era praticamente attaccata come un koala a Starkey, usandolo a mo’ di scudo umano.
 
“HAI FINITO DI MEDITARE?”
 
“Rilassati Bella, sarà un Molliccio… prima è comparsa una vespa gigantesca che ha puntato Antares, ora immagino sia il tuo turno.”
 
“Tranquillo Yaxley, non ho dimenticato quando il tuo amico ha tentato di usarmi come scudo umano per difendersi da quell’insetto.”
 
“In mia difesa posso dire che era spuntata dal nulla e che mi ha colto di sorpresa… ma ora pensa a farlo sparire Isabella, non abbiamo tutta la notte a disposizione.”
 
Starkey sospirò, sperando che per una volta la ragazza ascoltasse il compagno: stare a stretto contatto con quei due contemporaneamente sarebbe anche potuto essere divertente se non fosse stato buio, con il freddo e nella Foresta proibita.
 
“Bene, lo vediamo subito se è un Molliccio…. Riddikulus.”
 
In men che non si dica il serpente si gonfiò, prendendo la forma di un semplice palloncino che planò nelle mani della ragazza, che sorrise con aria sollevata prima di avvicinarsi ad Antares:
 
“Meno male… tieni Black, te lo regalo…. Tra voi simili vi capite.”
 
“Tante grazie…. Se hai finito di farmi complimenti, direi di andare avanti… ho la sensazione che ci sia molto altro ad attenderci.”
 
                                                                          *
 
“Facciamo un breve riepilogo: abbiamo dovuto affrontare quella sottospecie di gnomo sghignazzante che voleva prendermi per i capelli e uccidermi con ogni probabilità, Berlinga o come si chiamava, poi sono inciampata nel fango e dulcis in fundo ecco un Fire Crab che spunta dietro una angolo e ci abbrustolisce per bene!”
 
Ingrid sbuffò, togliendosi la cenere lasciata dalla Salamandra che avevano appena incontrato dal braccio.  Al sentire quelle parole un sorriso colpevole spuntò sul volto di Oliver, guardando la ragazza con aria di scuse:
 
“Mi dispiace, forse avrei dovuto prestare più attenzione durante la lezione di Cura delle Creature Magiche legata a quei piccoli stronzi…”
 
“Tranquillo, non siamo carbonizzati e questo è l’importante… anche se credo di essermi mezza ustionata l’avambraccio.”
 
Ingrid sbuffò, continuando a camminare e guardandosi intorno con maggiore attenzione rispetto a pochi minuti prima: l’ultima cosa di cui aveva bisogno era di passare a miglior vita durante una verifica.
 
“Dopo ti accompagno in Infermeria… speriamo solo che non ci abbiano messo una Chimera in giro o simili.”
 
“Nella mia vecchia scuola l’avrebbero senz’altro fatto… speriamo che qui siano più indulgenti.”
 
“Credo di sì… o almeno lo spero. E’ vero che a Durmstrang puntano molto di più sulle Arti Oscure?”
 
“Si… diciamo che le cose che voi fate in sette anni, noi le presentiamo già ai G.U.F.O…. Ma non mi dispiace il programma che avete qui, il clima generale è molto più rilassato.”
 
Ingrid sorrise come suo solito, e per un attimo Oliver si chiese perché quella ragazza tanto riservata sorridesse sempre e sembrasse perennemente di buon umore… anche lui era spesso allegro, ma non aveva mai creduto molto alle persone che si dimostravano di buon umore costantemente.
 
Voleva forse convincere qualcuno o se stessa in primis, con quei sorrisi?
 
“Ingrid…”
 
“Aspetta.”   La ragazza alzò una mano zittendolo all’istante e facendo piombare il silenzio nella radura in cui si trovavano. Oliver inarcò un sopracciglio e stava per chiederle spiegazioni quando si sentì spingere violentemente verso il suolo dalla stessa ragazza:
 
“Stai giù, Olly.”
 
                                                                                            *
 
“Charlotte… ti odio. E smettila di ridere.”   Will buffò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli e cercando di ignorare le risate di Charlotte, che si stava quasi rotolando sul fogliame mentre sghignazzava allegramente:
 
“Non ci penso neanche, avresti dovuto vedere la tua faccia!”   
 
Sbuffò, fulminando la collega con lo sguardo e sibilandole di smetterla di ridere, sena però ottenere grandi risultati.  Sbuffando Will riprese a camminare, infilandosi le mani in tasca e stampandosi un’espressione offesa in faccia mentre Charlotte lo seguiva ridacchiando:
 
“Non prendertela Will, ti ho finalmente reso pan per focaccia! Non pensavo avessi paura del buio.”
 
“Non ho paura del buio, infatti… ma sai, quando qualcuno spunta dal nulla e ti balza sulle spalle all’improvviso non è molto piacevole. Come accidenti hai fatto tra l’altro, ti sei arrampicata su un albero per caso?”
 
“Sono piena di risorse Cavendish, l’Addestramento è servito a qualcosa… Secondo te siamo stati troppo cattivi? Forse il Quintaped è stato un po’ esagerato…”
 
“Se la caveranno, in caso contrario interverremo noi… Ma sono sicuro che sono in grado di farcela.”
 
Will si strinse nelle spalle con nonchalance, in netto contrasto con l’espressione incerta e forse leggermente preoccupata di Charlotte: non ne era altrettanto sicura, anche se ci sperava…
 
“Spero che tu abbia ragione, per una volta… Non vorrei avere sulla coscienza anche uno studente morto.”
 
                                                                                   *
 
“Che accidenti è quell’affare?”
 
“Non lo so, ma parla piano o ci sentirà! Credo che sia un Tebo, ma è così buio che non ne sono sicura.”
 
Jane sbuffò sommessamente, mordendosi il labbro con nervosismo crescente mentre osservava l’animale da dietro un albero, seminascosta dietro il fusto della pianta: l’ultima cosa di cui aveva bisogno era di una sottospecie di cinghiale che aveva la capacità dio diventare invisibile da affrontare.
 
“Un Tebo? Mai sentito… è pericoloso? … Ok, dalla tua faccia credo che la risposta sia sì… quanto?”
 
“Newt Scamander l’ha classificato XXXX.”
 
Siamo fregati. Cosa fa?”
 
“Sia mai che tu stia attento a Cura delle Creature Magiche… può diventare invisibile, e credo che se la prenderà con noi quando ci vedrà, visto che è stato portato via dal suo habitat naturale per finire in un posto sconosciuto.”
 
Jane sbuffò, imprecando mentalmente contro chiunque avesse avuto quell’idea mentre cercava un modo per aggirare la creatura senza scontrarcisi contro direttamente… potè quasi giurare di sentire Dante borbottare che non avrebbe dovuto presentarsi per quella verifica.
 
                                                                                           *
 
“Aspettate… è LUCE quella che vedo? La luce blu che indica la fine del percorso! Merlino, ti ringrazio!”
 
Isabella quasi iniziò a correre verso il limitare degli alberi, tirando un sospiro di sollievo quando fu finalmente fuori dalla Foresta Proibita, ignorando i brividi di freddo e lasciandosi cadere sull’erba gelata:
 
“Sono pronta a giurarlo… io lì dentro non ci metterò mai più piede.”
 
“Nemmeno io.”   Antares sbuffò, andandosi a sedere accanto a lei e trattenendosi dal sentirsi sull’erba e mettersi a dormire lì: non vedeva l’ora di poter andare a letto… e di sicuro l’indomani neanche le cannonate lo avrebbero buttato giù dal letto prima delle 10.
 
“Ma tu non eri quello super rilassato?”
 
“Non cominciare Burton, ti ricordo che quando stavamo per essere divorati vivi da un Quintaped mi hai detto che infondo mi trovi simpatico.”
 
“Ho detto quasi simpatico Black, non dimenticarlo.”    Isabella sbuffò, passandosi una mano tra i capelli rossi mentre Regan e Lyanna sbucavano dagli alberi, entrambi sorridendo con aria rilassata:
 
“Ah, eccovi qui… per fortuna state bene. E siete anche stati i primi, sono stupita.”
 
“Per un pelo non facevamo da cena ad un Quintaped, ma siamo vivi e vegeti…”
 
“Tranquilli, vi abbiamo osservato per tutto il tempo… vi avremmo aiutati, ma siete stati davvero bravi.”
 
Lyanna sorrise con sincera soddisfazione, tanto che nessuno dei tre studenti riuscì ad avercela davvero con lei… Regan rivolse alla collega invece un’occhiata di sbieco, chiedendosi improvvisamente se Lyanna fosse consapevole del potere dei suoi sorrisi e lo usasse a proprio vantaggio.
 
“Siamo persino stati i primi… abbiamo fatto progressi, pensavo ci saremmo scannati per tuto il tempo.”
 
“Merito del mio senso dell’orientamento, Burton.”
 
“Non diciamo cretinate, ora esageri!”        
 
                                                                        *
 
Dante si lasciò cadere sul letto, deciso a dormire con la divisa ancora addosso: non aveva nessuna intenzione di perdere tempo per mettersi il pigiama, voleva solo addormentarsi in fretta.
 
Aveva lasciato Jane davanti alla porta della sua Sala Comune prima di salire alla Torre di Grifondoro, mentre invece Oliver aveva insistito per accompagnare Ingrid in Infermeria e far vedere il suo braccio a Madama Chips… Bella invece si defilata in fretta, sostenendo che se non fosse corsa a dormire si sarebbe addormentata in piedi.
 
Dal canto suo, Dante era sollevato che anche quella serata fosse finita… certo, per poco non si era fatto ammazzare da una sottospecie di cinghiale con il dono di diventare invisibile, ma di sicuro gli altri non se l’erano cavata molto meglio con i Quintaped.
 
E poi non aveva dovuto affrontare il suo Molliccio, cosa di cui era decisamente sollevato e grato al destino: non gli andava di doverlo fare davanti alla sua Jane.
 
Un lieve sorriso incurvò le labbra del ragazzo nel ricordare l’espressione terrorizzata che era comparsa sul viso di Jane alla vista del clown… e anche se avevano completato il percorso per ultimi, almeno aveva passato un po’ di tempo con lei, e doveva ammettere che era più brava di lui a mantenere la calma e il sangue freddo.
Chissà come avrebbe reagito di fronte al suo Molliccio… perché era sicuro di sapere che forma avrebbe assunto.
 
Il Grifondoro sbuffò, rigirandosi sul materasso per far sprofondare il viso nel cuscino: forse era il caso di smetterla di pensare e di mettersi a dormire, altrimenti il giorno dopo si sarebbe addormentato nel bel mezzo degli allenamenti.
 
                                                                                 *
 
“Non ci credo… stai ancora giocando?”     Will sgranò gli occhi, guardando con sincero stupore Charlotte seduta al suo solito posto al tavolo rettangolare, intenta a sistemare le carte sul ripiano di legno come se non avesse mai smesso di farlo dal pomeriggio.
 
“Non ho sonno, non dormo molto… Gli altri?”
 
“Lyanna ha detto che andava a dormire e anche Regan… Dippet domani mattina ci vorrà vedere per parlare di come sono andati i ragazzi, non dovresti andare a riposarti?”
 
Charlotte si limitò a stringersi nelle spalle mentre William le si avvicinava, restando in piedi accanto al tavolo e guardandola con sincera curiosità, chiedendosi che cosa le frullasse nella testa.
 
“Ci andrò quando avrò sonno… ma non devi certo farmi da badante, vai pure.”
 
“In realtà credo che resterò un po’ a darti fastidio. Mi sembra il minimo, dopo l’infarto che mi hai fatto prendere.”   Will sorrise, sedendosi di fronte alla collega mentre Charlotte rideva sotto i baffi, ricordando con gran soddisfazione il suo spavento.
 
“Come vuoi…”   Per un po’ restarono in silenzio, finché Charlotte non alzò lo sguardo dalle carte che teneva in mano per posare gli occhi chiari su di lui, esitando per un attimo prima di parlare:
 
“Giochi?”
 
“Si… vediamo se riesco a batterti al tuo amato gioco.” 
 
Will annuì, leggermente stupito dalla sua proposta mentre la donna smistava il mazzo: era la prima volta in cui accettava di fare una partita.
 
Forse stavano davvero facendo passi avanti, infondo.
 












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Angolo Autrice:

Buonasera! Scusate se ci ho messo più del solito ad aggiornare, avrei voluto scrivere domenica ma ieri ho avuto un test importante e alla fine non avevo la testa per scrivere nulla... Mi rendo inoltre conto che il capitolo sembra più una Cantica di Dante che altro, non odiatemi ma ultimamente mi vengono fuori papiri.

Prometto che il prossimo sarà più corto e che arriverà più in fretta... buona serata e a presto :)

Signorina Granger

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Capitolo 20
*** Fratelli ***


Capitolo 19: Fratelli
 
 
                                                                                                                                                      Lunedì 15 Marzo
 
 
La stanza era avvolta completamente nel silenzio, fatta eccezione per l'orologio a pendolo che scandiva con esasperante precisione il tempo che passava.
Era seduto alla sua scrivania da almeno mezz'ora, con la stessa lettera in mano... Sospirò, chiedendosi a come l'avrebbe detto.
 
Odiava fare quel genere di cose, ma sfortunatamente era una delle fastidiose incombenze che la sua posizione richiedeva... e dopo anni era perfettamente consapevole di non avere scelta.
 
Quando sentì bussare alla porta Armando Dippet alzò lo sguardo, ripiegando la lettera che gli era arrivata solo un paio d'ore prima di parlare ad alta voce:
 
“Avanti.”
 
La pesante porta intagliata si aprì senza alcuna esitazione e il pallido viso di una ragazzina sai capelli lunghi fece capolino sulla soglia della stanza, rivolgendo quasi un sorriso in direzione del Preside:
 
“Voleva vedermi, Professore?”
 
“Siediti Isabella, per favore.”
 
La giovane Corvonero obbedì, chiudendosi la porta alle spalle e avvicinandosi alla scrivania del Preside, prendendo posto su una delle sedie imbottite senza proferire parola.
Nel frattempo qualcosa ronzava nel cervello dell'uomo, ricordando la conversazione che aveva avuto solo poco prima con Silente a proposito della questione... come faceva spesso gli aveva chiesto un consiglio, e secondo il Vicepreside doveva semplicemente essere sincero con lei, senza troppi giri di parole.
 
Probabilmente il silenzio del Preside insospettì la ragazzina, che inarcò un sopracciglio mentre teneva le gambe accavallate, le mani pallide appoggiate in grembo mene cercava di occupare meno spazio possibile sulla sedia, sentendosi leggermente a disagio:
 
“Ho fatto qualcosa di male?”
 
“No... Ma mi è recentemente arrivata una lettera, Isabella... Dai tuoi genitori.”
 
 
Armando si schiarì la voce, notando l’espressione quasi allarmata che era comparsa, anche solo per un attimo, sul viso della Corvonero: sembrava che con quelle parole avesse confermato la sua ipotesi sull’essere in un mare di guai.
 
“I miei genitori?”
 
“Sì. Loro... pensano che sarebbe meglio se tu tornassi a casa. Solo per un po’ di tempo...”
 
“Non voglio tornare a casa... perché non posso restare qui?”   Isabella deglutì, tormentandosi nervosamente le dita mentre non staccava gli occhi da quelli del Preside, quasi implorandolo di non farla andare via: adorava la scuola... finché poteva restare, non voleva certo andarsene.
 
“Non ti stiamo punendo, non hai fatto nulla di male... ma vedi, si tratta di tuo fratello. Come sai, Nicholas è tornato a casa la settimana scorsa perché non si... sentiva molto bene. E tuo padre sostiene che sia meglio se torni a casa anche tu, per un po’ di tempo.”
 
Dopo essersi consultato con i Medimaghi
 
 
Ormai ne aveva viste e passate tante, alla sua età... ma Armando Dippet non ebbe comunque il coraggio di pronunciare quelle ultime parole ad alta voce, lasciando che aleggiassero nell'aria, tra lui e la ragazzina di 14 anni che gli stava seduta davanti.
 
D'altra parte sapeva che Isabella Burton non era affatto stupida, tantomeno ingenua... probabilmente l'avrebbe capito da sola, anche senza che lui sottolineasse la spiacevole situazione in cui si trovava.
 
Isabella rimase impassibile, non aprendo bocca per qualche istante mentre ricambiava lo sguardo di Dippet, ascoltando momentaneamente le lancette dei secondi muoversi mente elaborava quanto appena sentito.
Sfortunatamente, i suoi incubi si stavano avverando.
 
Forse avrebbe voluto chiedere perché nessuno aveva avuto il coraggio di dirglielo di persona... e quel giorno, Isabella ancora non sapeva che nessuno l'avrebbe mai fatto neanche in seguito. Non sentì mai dire ad alta voce che suo fratello stava molto, troppo male... ma si chiese molte volte perché suo padre non avesse voluto neanche scrivere a lei direttamente, invece che al Preside per usarlo come portavoce.
 
Dopo qualche istante di estenuante silenzio la ragazzina parlò, mantenendo un tono di voce quasi troppo pacato per il contesto in cui si trovava:
 
“Quando posso tornare?”
 
“Stasera stessa... scriverò a tuo padre per confermare che torni a casa mentre prepari le tue cose... a meno che non voglia tu, ovviamente.”
 
“No... se non le dispiace, preferirei lo facesse lei. La ringrazio, Professore.”
 
Isabella si alzò, sforzandosi di sorridere debolmente al Preside prima di girare sui tacchi, allontanandosi dalla scrivania per avvicinarsi alla porta: non moriva dalla voglia di tornare a casa, ovviamente... ma non avrebbe mai lasciato Nicholas in balia dei loro genitori, non quando probabilmente non gli restava più molto tempo.

 
 
La cosa peggiore? Non era neanche sorpresa... forse infondo lo sapeva già da molto tempo, da quando Nick aveva iniziato a passare del tempo in Infermeria troppo frequentemente.
 
Forse, per la prima volta, Isabella Burton non era affatto felice di non essersi sbagliata.

 
 
                                                                                    *
 
 
Le labbra si piegarono in un debole sorriso mentre sfiorava con un dito tremante la targa d’oro appoggiata sul tavolo, seguendo le linee delle lettere che erano state incise quasi tre anni prima.
 
Nicholas Burton
 
 
Quando, pochi giorni dopo la sua morte, Isabella era tornata ad Hogwarts e si era ritrovata quella targa tra le mani aveva quasi riso, tra le lacrime: aveva sentito suo fratello dire quanto quelle specie di premi o commemorazioni fossero stupide ai suoi occhi moltissime volte... difficilmente avrebbe mai immaginato che, un giorno, ne avrebbero fatta una anche per lui.
 
Non sapeva bene nemmeno lei perché era scesa nella Sala dei Trofei, mandando allegramente a quel paese i compiti che avrebbe dovuto fare... non ci andava mai in effetti, ma aveva fatto la stessa cosa anche l'anno prima.
 
Isabella appoggiò la targa di nuovo al suo posto, insieme alle altre... e i suoi occhi chiari incontrarono un’altra, appoggiata proprio vicino a quella del fratello visto che erano state sistemate nella vetrinetta in ordine cronologico.
 
La ragazza sfoggiò quasi una smorfia nel leggere quel nome... e non solo perché non lo sopportava, ma perché quel nome era vicino proprio a quello di suo fratello. Le faceva quasi schifo, in effetti.
 
Tom Orvoloson Riddle
 
Quando, un anno prima, avevano rifilato quel “premio” al Serpeverde Isabella non aveva smesso di essere scettica neanche per un istante, osservandolo sorridere cortesemente mentre stringeva la mano a Dippet... non che fosse stata l'unica, in realtà: Silente non aveva sorriso neanche per mezzo secondo, cosa abbastanza insolita visto che durante le lezioni era sempre molto affabile.
 
“Menzione speciale un corno... io non me la bevo, quella dell’eroe che scopre il mostro... Riddle ficca sempre il naso in faccende che non lo riguardano, e sa sempre più di quanto non dovrebbe.”
 
Aveva detto così a Brianna quel giorno, sbuffando a mezza voce e rifiutandosi categoricamente di applaudire: e dire che a lei quel ragazzino Grifondoro aveva sempre ispirato una gran simpatia... impossibile che potesse aver causato la morte di Mirtilla.
 
 
“Non capirò mai perché proprio non ti piace, Bella... sai, credo che metà della scuola sospiri quando passa.”
 
“È carismatico, Bree... ma lo sono tutti i peggiori, se proprio vogliamo dirlo. È più subdolo e falso del simbolo della sua Casata, e sfortunatamente ho la sensazione che un giorno non sarò l'unica a pensarla così.”

 
 
Isabella smise di guardare la targa, lanciando invece un’occhiata in direzione dell’orologio a pendolo che ticchettava in un angolo della stanza: forse era il momento di chiudersi in Biblioteca e studiare, invece di crogiolarsi sul ricordo di Nicholas.
 
“Forse dovrei andare... ciao Nick.”
 
Mandò un bacio alla targa di suo fratello prima di girare sui tacchi, uscendo dalla Sala dei Trofei con l'ultimo ricordo che aveva di Nicholas fisso nella mente... aveva la fastidiosa sensazione che l'immagine di suo fratello morto non l'avrebbe mai abbandonata del tutto.
 
 
                                                                          *
 
 
“Dove accidenti è finita Bella? Da quando non fa i compiti? Sta male?”
 
“No... o forse sì, ma non le ammetterebbe mai. Conoscendola si ostinerà a fare finta di niente, e credo sia meglio assecondarla.”
 
Jane si strinse nelle spalle, fissando lo sguardo fuori da una finestra per “cercare ispirazione”: stava facendo i compiti di Divinazione, ma non sapeva cosa inventarsi.
 
Ingrid invece inarcò un sopracciglio, guardando la ragazza con aria interrogativa:
 
“Che intendi? Perché dovrebbe stare male?”
 
“Oggi... è l'anniversario di morte di suo fratello. Ma non lo citerà nemmeno, se la conosco almeno un po’... e credo sia meglio darle corda, piuttosto che ricordarglielo ulteriormente.”
 
“Naturalmente. Ma... non sapevo che suo fratello fosse morto, non credo che l'abbia mai nominato da quando la conosco.”
 
“Non lo fa spesso. È morto tre anni fa, Nicholas era al settimo anno e noi al quarto... ma me lo ricordo benissimo lo stesso, c'erano stendardi neri ovunque.”
 
Jane abbassò lo sguardo sulla pergamena, improvvisamente piuttosto cura mentre Ingrid elaborava quanto appena sentito, non riuscendo a credere che ci avesse messo quasi un mese a sapere che Isabella non era figlia unica come si poteva pensare a primo impatto.
 
“E come è morto? Se era ancora qui non può centrare la guerra... la Camera dei Segreti era già aperta?”
 
“No, quella è stata una brutta faccenda esclusivamente dello scorso anno... non è morto come Mirtilla, non ha avuto incidenti. Non so i particolari, ovviamente non era mio amico e a quel tempo nemmeno Bella lo era poi molto... So solo che un giorno l'hanno mandato a casa, non stava bene. E pochi giorni dopo, Dippet ha spedito a casa anche Bella. Credo sia morto dopo una settimana al massimo, e allora Isabella è tornata a scuola.”
 
“Poverina... io mi sarei presa più tempo, non sarei mai riuscita a tornare a scuola quasi subito. Non so come reagirei, se dovessi perdere Astrid.”
 
“Sai Ingrid, lei... non ama passare il tempo a casa, con i suoi genitori. Dice sempre che sua madre non la capisce e che suo padre non la considera, credo che Nicholas fosse la sua ancora di salvezza, quantomeno in famiglia. Io sono figlia unica e non ne so molto, ma erano davvero molto legati.”
 
Jane sorrise debolmente, ricordando un episodio avvenuto diversi anni prima, quando erano al terzo anno... Ovviamente Isabella Burton era già un tipetto a tredici anni e non si lasciava sopraffare facilmente, ma Nicholas era comunque spuntato dal nulla con la spilla da Prefetto appuntata sul petto, quasi ringhiando ai due studenti del quinto anno che stavano prendendo in giro la sorellina per i suoi capelli di girare al largo, o li avrebbe appesi con le sue mani alla Guferia e lasciato che i Gufi li usassero come cena.
 
“Immagino... che storia triste.”   Ingrid appoggiò il mento su una mano, assumendo un’espressione pensierosa mentre rifletteva sulla sua compagna di Casa e su sua sorella allo stesso tempo: chissà come avrebbe reagito lei, perdendo la sua piccola peste... probabilmente non avrebbe retto, Bella era decisamente forte se considerato anche il distacco che aveva con i suoi genitori.
 
Se non altro lei aveva sempre avuto un bel rapporto con loro... Isabella invece si era ritrovata quasi sola, in un certo senso.
 
“Ok, forse è il caso di smetterla di deprimerci... piuttosto, la mia sorellina si comporta bene o ha distrutto la vostra Sala Comune?”
 
“Tranquilla, Astrid è adorabile... ieri sera ha avuto un’interessante conversazione con il Frate Grasso, in effetti.”  Un sorriso spuntò sul volto di Jane, ricordando con una punta di divertimento le chiacchiere della ragazzina con il fantasma della sua Casa.
 
“Quella parla persino con i muri, probabilmente... ti prego, tienila d'occhio.”
 
“Tranquilla, farò in modo che non combini pasticci... quanto avrei voluto un fratellino da coccolare.”
 
Jane sospirò, riprendendo a scarabocchiare sulla sua pergamena mentre i suoi pensieri volevano improvvisamente a casa, da sua madre. Si sentiva un po’ in colpa per averla lasciata sola, ma Rosalie Prewett sapeva badare al fatto suo... e poi non se l'era proprio sentita di lasciare Hogwarts qualche settimana prima, con gli occhioni tristi di Dante davanti.
 
“Credimi Jane, a volte fare la sorella diventa un lavoro... ci sono momenti in cui prenderei Astrid e la chiuderei dentro una stanza, pur di starmene in pace e tranquillità.”
 
“Se non altro non sei mai sola... a me è mancato, a volte.”
 
Jane sorrise con una nota di amarezza mentre Ingrid invece taceva, sorridendo alla vista del ragazzo che si stava avvicinando in fretta al loro tavolo, puntando dritto verso la Tassorosso senza fare il minimo rumore.
 
Solo quando le fu alle spalle si chinò, abbracciandola e dandole un bacio su una guancia:
 
“Ti senti sola piccola Jane? Non preoccuparti, ora hai me a tenerti compagnia!”
 
“Ho la sensazione che d'ora in poi non sarò mai più sola... chissà perché.”
 
Jane sorrise, voltandosi leggermente per incrociare lo sguardo di Dante, che le sorrise di rimando prima di arruffarle i capelli con una manata, ignorando le sue protese come da routine prima di stritolarla in un altro abbraccio.
 
“Ovvio che no Jane, non ti liberi facilmente di me!”
 
“Ma perché tutti mi usano come cuscino per gli abbracci e mi pettinano i capelli, cosa vi hanno fatto? E Dante, così mi incrini una costola!”
 
Jane sbuffò, cercando di districarsi dal soffocante abbraccio di Dante mentre Ingrid assisteva alla scena sorridendo, trovandoli come sempre decisamente teneri e divertenti allo stesso tempo.
 
Di fronte alle proteste della ragazza Dante sorrise con aria colpevole, staccandosi leggermente da lei ma tenendola ancora stretta tra le braccia, guardandola con affetto:
 
“Hai ragione, scusa... ma sei troppo magrolina, non è colpa mia se rischio di spezzarti! Hai mangiato a pranzo? E poi cos’è questa storia che tutti ti abbracciano?”
 
“E io che pensavo di aver trovato un fidanzato... ho trovato una seconda madre! Ingrid, smettila di ridere!”
 
 
                                                                                 *
 
 
“È una mia impressione, o sei un po’ nervoso?”
 
Regan inarcò un sopracciglio, osservando il collega che era seduto di fronte a lui con aria interrogativa. In effetti Will non aveva quasi spiccicato parola per tutta la partita a scacchi in corso, limitandosi a rimuginare con aria assorta.
 
L’ex Serpeverde sbuffò debolmente, stringendosi al contempo nelle spalle mentre muoveva una della sue Torri:
 
“Non sono nervoso... mi sto solo chiedendo a cosa faremo, più tardi.”
 
“Ti riferisci alla lezione che dobbiamo tenere insieme a Charlotte? Hai per caso paura che ti possa tagliuzzare?”
 
“Perdonami, ma sono due mesi che non fa altro che dire che aspetta l'occasione giusta per potermi Schiantare... e oggi le servirò l'occasione su un vassoio d'argento, temo.”
 
Will piegò le labbra in una smorfia, cercando di ignorare invece le risatine divertite di Regan, che guardò il collega con l'aria di chi la sa lunga:
 
“In effetti il tuo ragionamento non fa una grinza... io non vorrei trovarmi sulla strada di Charlotte Selwyn armata di bacchetta e con la scusa per poter duellare contro di me.”
 
“Ti ringrazio Reg, sei davvero di grande aiuto. Temo di non averla mai vista duellare, sfortunatamente... Quindi non mi posso neanche preparo psicologicamente. Tu sai qualcosa?”
 
“Beh, una volta sono andato al Dipartimento a salutare Stephanie, quando si stava ancora Addestrando... Charlotte era due anni più avanti in Accademia e stava per ottenere il Diploma. C'era anche lei, e ricordo chiaramente di averla vista mettere ko tutti i suoi compagni. Alla faccia di chi diceva che le donne non possono duellare.”
 
“E se mi dessi malato? Non voglio finire in Infermeria per un mese, grazie.”
 
“Rilassati Will, siamo a scuola, a lezione! Sono sicurissimo che si conterrà... ma vedi di starle alla larga una volta fuori da queste mura, almeno qui hai la certezza che non ti potrà uccidere.”
 
Will sbuffò, fulminandolo con lo sguardo mentre invece Regan sorrideva, sinceramente divertito dal leggero nervosismo del collega.
Tuttavia il sorriso di Reg non ebbe vita lunga, visto che Will sfoggiò un mezzo ghigno prima di parlare di nuovo, con tono carico di soddisfazione:
 
“Parli molto e presti poca attenzione, Reg... Scacco.”
 
“Cazzo.”
 
 
                                                                           *
 
 
“Da quanto sei qui?”
 
“2420 secondi.”
 
 
Lyanna inarcò un sopracciglio mentre Charlotte invece si affrettò a sorriderle debolmente, quasi con aria colpevole:
 
“Intendevo, circa 40 minuti.”
 
“Come mai?”
 
“Non lo so... qui c'è un silenzio tombale, prima delle lezioni. A volte mi piace, il silenzio.”
 
“Di certo aiuta a riflettere... a cosa stavi pensando?”
 
Lyanna sedette sulla cattedra accanto alla collega, quasi sperando che Charlotte fosse sincera con lei, per una volta: non aveva ovviamente mai accennato al suo congedo temporaneo o al motivo per cui l’Auror fosse ad Hogwarts... sapeva il perché, ma sperava che prima o poi Charlotte l'avrebbe detto a voce alta.
 
“Silente mi ha detto che tre anni fa è morto il fratello di Isabella Burton... lo sapevi?”
 
“No... come è morto?”
 
“Malattia credo, non ha fatto molto riferimenti... credo fosse un modo per dirmi che se Isabella non dovesse presentarsi a lezione, non dovremmo forzarla.”
 
“Immagino che preferisca stare da sola.”
 
“Forse. Ma a mio parere distruggere le cose o semplicemente duellare aiuta molto... sfoghi moltissimo.”
 
Charlotte si strinse nelle spalle, ostinandosi a tenere lo sguardo basso mentre faceva dondolare distrattamente le gambe, le mani serrate intorno al bordo della cattedra.
Forse avrebbe dovuto e voluto chiederle se stava parlando per semplice esperienza personale, ma Lyanna non lo fece, restando semplicemente in silenzio e non sapendo come comportarsi: non voleva mettere a disagio la collega e nei guai Regan rivelandole di sapere come era finita ad Hogwarts per dei mesi... ma si sentiva quasi in colpa a sapere la verità senza che lei ne fosse consapevole.
 
“Se lo dici tu, non ne dubito. Sai, ammiro molto le persone come te o come mio fratello...
 Credo che non potrei mai fare l’Auror.”
 
“La parte peggiore è l’Addestramento, che sembra non finire mai... o l'inizio, quando ti devi rendere conto di dove sei, cosa fai e che ogni tua azione porterà ad una precisa conseguenza. Poi ci ti abitui, e dovremmo farcene tutti una ragione. Purtroppo non viviamo in un romanzo, non finisce sempre tutto bene... e i buoni non vincono sempre, temo.”

 
                                                                                 *
 
 
Isabella si chiuse la porta alle spalle, avvicinandosi al suo letto per poi lasciarcisi cadere sopra.
 
Stupida
 
Erano passati tre anni, ma quel giorno si sentiva come se fosse successo solo poche ore prima.
 
Stupida
 
Aveva davvero sperato che almeno quel giorno i puoi genitori si sarebbero degnati di scriverle?
 
Stupida
 
Prese il cuscino, premendoselo sul viso e stringendolo tra le dita con forza, quasi a volerci sfogare addosso tutta la tensione che provava.
 
Stupida
 
Non cambierà mai. Anzi, se possibile era peggiorato.
Suo padre le rivolgeva a stento la parola da quando Nicholas era morto... e sua madre si era fatta ancora più apprensiva nei suoi confronti, preoccupandosi che diventasse una sottospecie di moglie e casalinga perfetta ora che era la loro unica speranza.
 
Stupida
 
Non gli importava, ormai lo sapeva. Non sapeva nemmeno se quel giorno, come lei, stavano rimpiangendo Nicholas.
 
Si tolse lentamente il cuscino dal viso, sbattendolo sul letto con forza, mordendomi il labbro con veemenza mentre ributtava le lacrime indietro, rifiutandosi di piangere: non glie l'avrebbe mai data, quella soddisfazione.
 
Tremando leggermente Bella si alzò, avvicinandosi al suo baule per poi aprirlo.
 
Stupida
 
Certo che sì erano dispiaciuti per la morte di suo fratello... infondo era lui, quello che contava. Era lui quello importante, quello su cui riversare ogni speranza.
 
Lei era solo una ragazza, dopotutto. Una ragazza troppo testarda e incline a fare di testa sua per poter andare bene alla sua famiglia.
 
 
“Perché papà non mi considera? Gli ho fatto qualcosa di male?”
 
“No Bella... Non capisce quanto tu sia speciale, anche se sei una femmina... Ma io lo so, non preoccuparti. E un giorno lo capiranno, ne sono sicuro.”

 
 
Stupida
 
Nicholas si sbagliava, a suo padre non interessava cercare di capire o conoscere sua figlia... per lui, sarebbe sempre stata in secondo piano.
 
 
Isabella deglutì, tirando fuori quello che stava cercando dal baule: un tubetto color cremisi è una tela completamente bianca, una delle tante che si era infilava nel baule prima di andare ad Hogwarts, come ogni anno.
 
 
“Perché non mi parlate? Che cosa devo fare per farmi ascoltare da voi?”
 
Lacrime. Un bicchiere che s’infrangeva sul tappeto... e suo padre la guardava, ostinandosi a restare in silenzio.
 
“Mi dispiace. Lo so che avreste preferito perdere me invece di perdere Nick ma è andata così. E non posso farci niente, anche se vorrei poter dire il contrario.”


 
Stupida
 
 
Appoggiò la tela sul pavimento, inginocchiandocisi davanti con gli occhi lucidi mentre apriva il tubetto di colore con la mente affollata da ricordi.
 
 
“Perché mi avete detto di stare in silenzio a cena?”
 
“Perché è quello che devi fare, Isabella... non preoccuparti, non ti devi affannare... Tu devi sorridere, essere carina e annuire. Nient’altro, non c'è bisogno di far sapere la tua opinione.”
 
“E se io invece volessi farla sentire, madre?”

 
 
Stupida, non gli importa di sapere cosa pensi. Devi sorridere ed essere carina, per il resto sei invisibile.
 
Il colore sporcò di rosso la tela immacolata e Bella contorse la mascella, stringendo con forza il tubetto affinché uscisse abbastanza colore. Poi lo lasciò sul pavimento accanto a lei, tracciando delle linee usando le dita che divennero ben presto di un acceso rosso, quasi come se fossero sporche di sangue.
 
Rosso, vedeva semplicemente rosso, un colore che in realtà non aveva mai amato.
 
Rosso come i capelli che aveva sempre odiato;
Rosso come il pigiama che aveva da bambina;
Rosso come il vestito che metteva sua madre agli eventi  importanti;
Rosso come il sangue.
 
Isabella si morse il labbro, sentendo la voce di Nicholas rimbombarle nella testa insieme a quella di sua madre,  che le ripeteva cosa doveva e non doveva fare.
 
Per quanto amasse Nicholas, si era sempre sbagliato: non sarebbero stati insieme per sempre, e i suoi genitori non avevano ancora cambiato su di lei... e forse non l'avrebbero mai fatto.
 
 
                                                                                *
 
 
“Pensierosa?”
 
Ingrid alzò lo sguardo, posando gli occhi azzurri sul ragazzo che, in piedi accanto a lei, le sorrideva.
 
“Solo un po’.”   Si strinse nelle spalle mentre Oliver prendeva posto sul banco accanto a lei, guardandosi intorno alla ricerca di Isabella senza però trovarne traccia.
 
“Sai, Jane mi ha detto del fratello di Bella. Stavo pensando a come reagirei, se dovesse succedere a me.”
 
“Non succederà. Nicholas è morto per malattia... piuttosto rara in effetti, non so di preciso di cosa si trattasse ma aveva a che fare con il sangue.”
 
“Vorrei poterti credere al 100%, sai Olly?”   Ingrid gli sorrise e, per una volta, Oliver riuscì a vedere la nota di malinconia e di tristezza nel sorriso e negli occhi di quella ragazza, quasi sempre nascosti dietro all’allegria.
 
Stava per chiederle il motivo delle sue parole quando il silenzio calò improvvisamente nella stanza: la porta dell'aula si era aperta e Charlotte era entrata, facendo zittire tutti all’istante... gli altri professori compresi, che erano arrivato in aula pochi minuti prima.
 
“Salve ragazzi... spero che ieri vi siate risposati, dopo la simpatica passeggiata di sabato notte.”
 
Charlotte sorrise quasi allegramente, avvicinandosi con il suo solito passo rapido e deciso aiutato dall’assenza della gonna.
 
Si trattenne dal ridere di fronte si borbottii seccati a cui andò incontro, intrecciando le mani dietro la schiena prima di sorridere:
 
“Credo che lo prenderò come un sì. Allora... se ci siete tutti, possiamo cominciare visto che oggi abbiamo la fortuna di avere con noi anche Lyanna e Regan.”
 
“Ehm-ehm.”
 
“Si beh, anche il Professor Cavendish. Manca qualcuno?”
 
“Bella.”
 
La voce di Jane causò quasi l'eco nella stanza grande è abbastanza spoglia, seguita da un breve silenzio durante il quale la Tassorosso e Ingrid si scambiarono un’occhiata eloquente, chiedendosi se il motivo dell'assenza della Corvonero non fosse semplicemente la data.
 
Lyanna rimase in silenzio, inarcando però un sopracciglio e guardando Charlotte, che si voltò a sua volta verso di lei prima di parlare di nuovo:
 
“Beh... non importa, cominceremo comunque.”
 
“Strano, non è mai in ritardo.”  Regan inarcò un sopracciglio con aria confusa, mentre invece Will si stringeva nelle spalle e gli studenti che non ricordavano cosa significasse quel giorno per la Corvonero stavano pensando la stessa cosa: Isabella non faceva mai tardi a lezione, tantomeno non le saltava.
 
 
“Chissà che ha.”
 
“Probabilmente è impegnata in una rissa con qualche studente che ha avuto la malsana idea di prenderla in giro... arriverà.”  Antares fece un gesto noncurante con la mano, liquidando il discorso e certo che la collega sarebbe arrivata in fretta dopo aver conciato per le feste qualche malcapitato che si era messo sulla sua strada.
 
 
“Oggi non vi farò allenare tra di voi... non subito almeno. Se permettete, vi voglio mostrare come si fa sul serio. Allora, chi si offre gentilmente come volontario?”
 
Charlotte fece un mezzo giro su se stessa, sorridendo con aria angelica in direzione dei tre colleghi, con Lyanna che quasi rideva e gli altri due improvvisamente molto evasivi.
 
“Reg moriva dalla voglia di duellare, Selwyn.”
 
IO? Tu semmai!”
 
“Non fate i bambini, qualcuno lo deve fare... rilassatevi, non vi ucciderò e non vi manderò neanche in Infermeria.”
 
Charlotte sorrise amorevolmente in direzione dei due colleghi, mentre alle sue spalle i ragazzi sghignazzavano allegramente senza volersi perdere neanche un istante di quella scenetta alquanto insolita: dopo che la donna li aveva messi ko per settimane, morivano dalla voglia di vederla farlo anche con i loro stessi insegnanti.
 
 
"Ma non può farlo Lyanna?”
 
“Grazie tante Will, sei un vero gentiluomo!”
 
"Finitela di fare i bambini... vorrà dire che deciderò io. Reg, vieni sulla pedana.”
 
 
William sorrise con aria trionfante, mentre invece Regan sbuffava sommessamente: in effetti stava per chiederle di quale pedana stesse parlando, ma non ebbe nemmeno tempo di aprire bocca che una pedana rettangolare era effettivamente comparsa nella stanza, proprio accanto a loro me re i banchi erano spariti nel nulla.
 
Charlotte gli sorrise con una punta di divertimento, facendogli un cenno e invitando l'amico a seguirla:
 
“Non preoccuparti Reg, tratto bene i miei amici... qualcun altro dovrebbe preoccuparsi, invece.”
 
 
William sbuffò, incrociando le braccia al petto mentre si chiedeva che cosa avrebbe combinato Charlotte: sfortunatamente, quel giorno aveva la scusante per poterlo finalmente mandare in Infermeria.
 
 
                                                                          *
 
 
“Ciao Imogen! Come mai qui fuori?”
 
La ragazza si voltò di scatto, puntando gli occhi chiari sulla compagna che era appena spuntata nel corridoio del Dormitorio, sorridendole allegramente come suo solito:
 
“Parla piano!”
 
“Perché? Che succede?”  Cassiopea inarcò un sopracciglio, fermandosi accanto all'amica che sospirò, accennando alla porta chiusa davanti a loro con il capo:
 
“Bella... credo che non voglia essere disturbata.”
 
“Che ci fa qui, non ha lezione?”
 
“Immagino di sì, ma non ci tengo a chiederglielo! Qui ci vorrebbe Brianna, temo.”
 
Imogen sbuffò, appoggiandosi al muro con aria sconsolata mentre Cassiopea annuiva distrattamente, passandosi una mano tra i capelli:
 
“Già... ma sfortunatamente dobbiamo pensarci noi due. Ok, ci provo io. Al limite, dì a mio fratello che gli voglio bene.”
 
Senza dare tempo alla compagna di aggiungere altro Cassiopea Black bussò alla porta, aspettando pazientemente una risposta che non arrivò:
 
“Bella, sono Cassy... posso entrare? Non vorrei disturbarti, ma ho scordato un libro sul comodino.”
 
“Che razza di scusa è?”
 
“Beh, trovane una tu allora!”
   I sussurri delle due Corvonero vennero interrotti da un borbottio sommesso proveniente dall'interno della stanza, che le spinse immediatamente ad entrare.
 
“Meno male, stai bene! Cominciavo a preoccuparmi!”
 
“Imogen, sei troppo tragica! Bella non vuole certo suicidarsi!”
 
Cassiopea sbuffò, roteando gli occhi e guadagnandosi così un’occhiataccia dall’amica, che le consiglio di tacere prima di rivolgersi di nuovo ad Isabella, seduta sul suo letto con una tela sulle ginocchia:
 
“Beh, in ogni caso... non puoi stare qui dentro Bella, devi andare a lezione... e tu non sali le lezioni!”
 
“C'è sempre una prima volta, Imogen.”
 
“Naturale, ma NON OGGI. Perciò alzati e vai nei Sotterranei, altrimenti ti ci porteremo noi con la forza.”
 
“Cassy, non mi va.”
 
“Non dire sciocchezze, certo che ti va... insomma, lo so che muori dalla voglia di prendere mio cugino a calci nel sedere, quindi vieni con me e niente storie.” Senza tanti preamboli Cassiopea si avvicinò all’amica, prendendole la tela dalle mani e lasciandola sul letto sotto lo sguardo sbigottito di Imogen, che si stava chiedendo se Cassiopea Black sarebbe mai uscita viva da quella stanza... eppure Bella non oppose grande resistenza, limitandosi a sbuffare mentre Cassy se la trascinava allegramente verso la porta, uscendo insieme a lei.
 
Imogen posò lo sguardo sul letto dell’amica, in particolare sulla tela… Isabella era piuttosto brava disegnare e aveva visto moltissimi schizzi nel corso degli anni, ma quello era molto diverso: c’era un solo colore ad occupare la tela, il rosso… e sembrava che avesse usato le dita, anziché i pennelli. Per un attimo si chiese se non avesse a che fare con Nicholas ma poi si affrettò a seguirle, consapevole che fosse meglio aiutare la giovane Black e scortare Bella: conoscendola, era capacissima di darsela a gambe alla prima occasione.
 
 
                                                                              *
 
 
“Non so voi, ma io MUOIO dalla voglia di vedere Charlotte che atterra Cavendish.”
 
Dante sfoggiò un sorriso a trentadue denti, visibilmente allegro come se fosse arrivato improvvisamente Natale: aveva sentito che i due avevano studiato ad Hogwarts insieme... e non ci voleva una vista d’aquila per rendersi conto del rapporto conflittuale che avevano, visto che battibeccavano anche davanti a loro.
 
“A me invece dispiace per lui... Ho la sensazione che finora Charlotte si sia rilassata.”
 
Jane inarcò un sopracciglio, osservando l’Auror ridacchiare mentre parava non nonchalance gli incantesimi di Regan, in piedi sulla pedana quasi senza muoversi.
 
“Non è da escludere. Sentì Jane, sai perché Bella non c'è?”
 
“Credo che non stia avendo una bella giornata Dan, tutto qui.” Jane si strinse nelle spalle, rivolgendogli un debole sorriso. Lui la guardò con aria interrogativa ma la Tassorosso rimase in silenzio, non volendo farsi gli affari dell'amica e spiegarsi meglio con il ragazzo.
 
 
Probabilmente più tardi sarebbe andata a cercarla per parlarle, anche se conoscendola forse preferiva stare sola invece che in compagnia.
 
Charlotte aveva appena disarmato Regan con un pigro colpo di bacchetta quando la porta della stanza si aprì, facendo scendere un tombale silenzio della stanza.
Isabella era sulla soglia dell'aula e, senza badare a nessun altro, poso gli occhi dritti su Charlotte, parlando con tono piatto e quasi inespressivo:
 
“Chiedo scusa per il ritardo, non ricapiterà.”
 
A quel punto gli occhi di tutti saettarono sull’insegnante, chiedendosi come avrebbe reagito: dopo un attimo di esitazione però Charlotte si limitò ad annuire, rivolgendo persino un debole sorriso alla studentessa:
 
“Non preoccuparti Isabella... vieni pure.”
 
Probabilmente Will avrebbe espresso a gran voce il suo disappunto, visto che se fosse stato lui a tardare tanto Charlotte lo avrebbe preso a padellate, ma un’occhiata di Lyanna lo convinse a desistere, restando in religioso silenzio come tutti gli altri.
 
Evitando lo sguardo di chiunque intanto Isabella si era lasciata scivolare su una sedia vuota, maledicendosi per essersi lasciata convincere mentre, ne era sicura, tutti si stavano chiedendo perché fosse arrivata tanto tardi. Peccato che non avesse alcuna voglia di spiegarlo, a nessuno.
 
 
Il silenzio tombale e vagamente imbarazzante venne provvidenzialmente interrotto da Charlotte, che si schiarì la voce prima di rivolgersi a William, sorridendogli con pericolosa gentilezza:
 
“D'accordo... bando alle ciance, continuiamo. Coraggio Will, è il tuo turno... vediamo come te la cavi nel MIO campo.”
 
“Lo sai che se utilizzi le Maledizioni Senza Perdono al di fuori delle missioni verrai sanzionata, vero?”
 
“Hai paura che usi Crucio per caso? Tranquillo Will, non ti farò male... così poi possiamo cedere il posto ai nostri cari studenti, che muoiono dalla voglia di scontrarsi contro i loro insegnanti."

"Beh, non la metterei proprio così..."    Oliver inarcò un sopracciglio, parlando a bassa voce in mood che solo Ingrid potesse sentirlo, facendola sorridere leggermente.
 
 
Charlotte sorrise, in piedi con la bacchetta stretta in mano con l'aria più rilassata del mondo, completamente a suo agio al contrario del collega, che la raggiunse rivolgendole un'occhiata decisamente torva:  perché gli risultava molto difficile crederle?
 
 “Com’è che dicono i francesi? En garde.”  
 
 
                                                                                    *
 
 
“Isabella, posso parlarti un secondo?”   La Corvonero si voltò, sentendosi quasi raggelare di fronte alle parole di Charlotte, che stava facendo tornare al loro posto banchi e sedie mentre tutto i suoi compagni stavano uscendo dall'aula.
 
“Si, certo.” Isabella deglutì, sospirando leggermente e preparandosi alla ramanzina mentre, alle sue spalle, Ingrid e Oliver le lanciavano un’occhiata quasi compassionevole.
 
Quando la porta fu nuovamente chiusa Charlotte andò a sedersi sulla pedana dove avevano duellato fino a pochi minuti prima, invitandola con un cenno della mano ad imitarla.
 
Ora mi uccide
Che faccio? Scappo?
No, non posso, ho già fatto una figuraccia!

 
“Tranquilla Bella, non ti mangio.”   Charlotte le sorrise, quasi intuendo i suoi pensieri e guardandola senza alcuna nota di irritazione o disappunto, come se volesse fare una normalissima chiacchierata.
 
Lo spero
 
“Ok...”
 
Isabella sedette accanto all’insegnante, sentendosi leggermente a disagio e chiedendosi che cosa volesse dirle: se non altro era andata bene durante la lezione, anche se era arrivata con mostruoso ritardo... la soddisfazione di aver atterrato Oliver e anche Starkey era decisamente molta.
 
“Tranquilla, non ti voglio rimproverare. Sarebbe ipocrita in effetti, io arrivavo spesso in ritardo a lezione.”
 
“Si, Imogen me l'ha detto..”
 
Ops
 
La ragazza si maledisse mentalmente, conscia che l'amica l'avrebbe uccisa... ma Charlotte si limitò a sorridere con sincero divertimento, annuendo come se se lo aspettasse:
 
“Immaginavo che la mia dolce cuginetta parlasse di me... Ma seriamente Bella, volevo solo dirti...”
 
Charlotte esitò, fissando lo sguardo sul pavimento quasi come se stesse pensando a cosa è come dirlo... non sapeva neanche perché lo stesse facendo, ma sentiva quasi che fosse giusto così.
 
“... anche io avevo un fratello. È morto qualche mese fa.”
 
“Mi dispiace.”
 
“Già, beh... non so cosa sia successo al tuo, ma di sicuro come il mio ti voleva molto bene. E sono certa che non sia giusto nei tuoi confronti stare così male. Lo so che ti manca, forse non smetterà mai di mancarti... una mia amica una volta mi ha detto che la tristezza passa, ma che il dolore rimane per sempre dentro di noi. Io credo che possiamo cercare di attenuarlo, per quanto sia possibile.”
 
Charlotte sorrise con aria cupa, ripensando alle parole di Luisa... Probabilmente aveva ragione lei, infondo.
 
“A lei manca suo fratello?”
 
“Oh si, moltissimo. Mi manca ogni giorno... era molto speciale per me. Sai, credo che io e te non abbiamo una situazione familiare molto diversa, i miei genitori non mi sono stati molto accanto dopo la perdita e la cosa non ha di certo aiutato. Forse è valso lo stesso per te.”
 
Isabella si limitò ad annuire, abbassando lo sguardo sui suoi piedi senza proferire parola, lasciando che forse l’Auror a continuare:
 
“Beh, in tal caso ti do un consiglio, Isabella... mandali a quel paese. Una famiglia non è una famiglia, se non ti sta accanto quando ne hai bisogno. E anche se forse io ci ho messo troppo tempo a capirlo, crogiolarsi non serve a nulla. Non ci sono più, e non possiamo farli tornare indietro... Neanche con tutte lacrime o la rabbia del mondo.”
 
 
                                                                             *
 
 
Antares era seduto su una sedia, sbuffando e lanciando occhiate in direzione del cugino, seduto di fronte a lui.
 
“Tu che cosa hai risposto alla domanda 2?”
 
“Non te lo dico.”
 
“Grazie tante Altair.”
 
“Lo faccio per te cugino, devi mantenerti uno studente modello in vista dei M.A.G.O.... come me, del resto.”
 
Altair sorrise dolcemente al cugino, che sbuffò e borbottò qualcosa di incomprensibile prima di tornare a concentrarsi sui compiti: era solo lunedì e già rimpiangeva il fine settimana...
 
Probabilmente Altair avrebbe parlato di nuovo, ma un rumore di passi attirò la sua attenzione, portandolo a rivolgere un gran sorriso a qualcuno oltre la spalla di Antares, che non si voltò nemmeno: c'era solo una persona a cui Altair sorrideva in quel modo.
 
“Eccovi qui! Come state?”   Cassiopea sorrise, andando a sedersi sulle ginocchia del fratello senza doverlo neanche chiedere, lasciandosi abbracciare e coccolare come sempre.
 
“Bene... Antares cerca di copiare i compiti da me.”
 
“Capirai, per una domanda!”    Antares sbuffò, facendo ridacchiare entrambi i cugini mentre Cassiopea appoggiava la testa a quella del fratello, dandogli un bacio su una guancia:
 
“Come mai tutto questo affetto, Cassy?”
 
“Niente... è solo che pensavo a quello che è successo a Bella, e penso che se dovesse succedere a me ne uscirei distrutta... quindi sappi che ti voglio bene, Altair.”
 
“Anche io ti voglio bene, cucciola. Ma diciamolo anche ad Antares, se no si sente escluso.”
 
“Non preoccuparti, sono anni che assisto alle vostre effusioni zuccherose... sono figlio unico, e credo che mi vada bene così.”
 
“Dici? Non sai quello che ti perdi, cuginetto... anche se a volte Altair è antipatico, ovviamente.”
 
A quel punto Antares sorrise, alzando lo sguardo sulla cugina prima di annuire con aria quasi divertita:
 
“Su questo siamo più che d'accordo, Cassy.”
 
 
                                                                              *
 
 
Ingrid camminava a passo svelto, guardandosi intorno con impazienza: possibile che proprio non riuscisse a trovarla?
 
Stava praticamente setacciando la Biblioteca da cima a fondo, sperando che fosse ancora lì anche se era quasi ora di cena, ormai... la lezione era da poco finita e non appena aveva lasciato i Sotterranei Ingrid aveva iniziato a cercare sua sorella.
 
Sorrise quando finalmente la trovo, seduta ad un tavolo in compagnia di un paio di ragazzine della sua età. Senza pensarci due volte Ingrid puntò in direzione della ragazzina, che vedendola arrivare le sorrise allegramente prima di finire quasi stritolata dall’abbraccio della sorella maggiore.
 
“Ingrid, cosa stai facendo?”
 
“Ti sto abbracciando, piccoletta... volevo dirti che ti voglio bene, anche se a volte mi rompi le scatole.”
 
 
                                                                                    *
 
“Dante, ma che cavolo fai?”
“Dan mollaci, non siamo poppanti!”
 
“Lo so, ma vi voglio bene lo stesso!”
Ignorando le proteste dei due fratelli minori Dante continuò a stritolarli, approfittando il suo essere più alto di tutti e due per impedire a Coraline e Francies di sfuggire alla sua presa.
 
Intanto Jane assisteva alla scena con un sorriso stampato in faccia, osservando il ragazzo stritolare i fratelli minori e ignorando al contempo le loro proteste.  
Si era spesso chiesa come sarebbe stato avere dei fratelli… e non riusciva a non invidiare almeno un po’ il fidanzato per la “tribù” con cui aveva condiviso l’infanzia.
Dante alzò lo sguardo su di lei, sorridendole mentre metteva finalmente a terra Coraline, che tirò un sospiro di sollievo:
 
Grazie al cielo…”
 
“Coraggio Jane, vieni qui.”
“Veramente non…”
 
La Tassorosso fece per dileguarsi per non “intromettersi” ma Dante fu più veloce, raggiungendola con solo due falcate per poi afferrarla, incollandosela al petto e baciandola con trasporto sotto lo sguardo di Francies e Cora, che sfoggiò un gran sorriso:
“Sono carinissimi, vero?”
“Se lo dici tu.” 
“Si Fran, lo dico io… Jane è perfetta per quella testa di legno di Danny, dobbiamo fare in modo che se la tenga stretta… è il nostro lavoro da fratelli minori!”
 
                                                                                                           *

William sedette sulla poltrona, trattenendo a stento una keggera smorfia: gli faceva ancora un male atroce la schiea, dopo la batosta inflittagli da Charlotte.
Di sicuro non aveva usato la Maledizione Curciatus, ma non si era comunque risparmiata... l'aveva aiutato a rialzarsi quasi ridacchiando, prendendosi una specie di rivincita attesa per anni, da quando aveva preso un voto più alto di lei in Difesa contro le Arti Oscure ai M.A.G.O. 
Will appoggiò la testa allo schienale della sedia, ripensando a quello che gli aveva detto Lyana... le aveva chiesto perchè Charlotte avesse chiesto ad Isabella di poterle parlare, e la collega gli aveva spiegato del fratello della ragazza, morto esattamente tre anni prima. 

Forse non gli piaceva ammetterlo, ma la faccenda l'aveva fatto pensare... di certo Charlotte aveva voluto parlare con la ragazza perchè aveva vissuto un'esperienza simile, anche se non l'avrebbe di certo detto a lui. 
Aveva pensato solo dopo a come dovesse essere perdere un fratello, una persona con la quale sei cresciuto, che ti conosce forse meglio di chiunque e con il quale hai condiviso di tutto, segreti che forse nessun'altro conoscerà mai. 

Non avrebbe mai conosciuto quella sensazione, e non aveva mai vissuto nessuna di quelle siruazioni... non era figlio unico, semplicemente non conosceva i suoi fratelli, e di certo le cose non sarebbero cambiate. Odiava suo padre più di chiunque altro, di certo non sarebbe asndato a cercare lui o i supi figli... una volta da bambino, in una delle sue rare visite, gli aveva chiesto di parlargli dei "suoi fratelli"... e "il Duca", come lo chiamava lui per prenderlo in giro, non aveva esitato a correggerlo: "frattellastri", gli aveva detto.

Sia mai che potesse illudersi di avere una famiglia... Will sbuffò debolmente, spostando lo sgaurdo fuori dalla finestra e chiedendosi come fossero. Un po' di curiosità l'aveva sempre avuta dopotutto, così come per sua madre, che non aveva mai conosciuto. 
Non aveva avuto molti punti di riferimento da bambino, e nemmeno da adolescente... così, meglio soli che mal accompagnati era diventato il suo motto, in un certo senso, forse cercando di convincere se stesso in primis, piuttosto che gli altri.

Certo, non avrebbe mai conosciuto il lutto di un familiare... ma forse avrebbe preferito godersi quello che veniva prima, ossia l'affetto. E non avrebbe mai perdonato suo padre per aveglierlo negato, sia da parte sua che da parte di sua madre. 





 
...............................................................................
Angolo Autrice:
 
Salve! Questa volta ci ho messo meno, come promesso... in realtà avrei anche aggiornato prima, ma ieri non potevo non andare a vedere Animali Fantastici e Dove Trovarli... per poi piangere come una rimbambita di fronte alla colonna sonora iniziale, ma tralasciamo.
 
Non so come mi sia venuto l’input di incentrare questo capitolo sul rapporto tra fratelli, ma spero davvero che vi sia piaciuto anche se è stato molto incentrato su Isabella, più che altro.
 
Mille grazie come sempre per le recensioni, scusate se non vi ho risposto... e niente, anche questo è abbastanza lungo ma da quel che ho capito non vi dispiace, quindi tanto meglio XD
 
A presto con il seguito!
 
Signorina Granger
 

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Capitolo 21
*** Febbre, veleni e camini presi in prestito ***


Capitolo 20: Febbre, veleni e camini presi in prestito
 
 

                                                                                                                                                   Martedì 23 Marzo

 
 
Era stesa lì da non sapeva neanche quanto, gli occhi chiusi e in completo silenzio, ascoltando distrattamente i flebili rumori che la circondavano.
Era così rilassata che forse si sarebbe persino addormenta... non le succedeva da un po’, di starsene così in tranquillità.
 
Tuttavia un leggero rumore di passi la mise subito in allerta, drizzando le orecchie mentre sentiva che qualcuno si stava sedendo vicino a lei senza però aprire gli occhi.
 
“Ciao.”
 
Sentendo quella voce familiare Ingrid aprì gli occhi, puntando le iridi azzurre sul ragazzo che la stava osservando di rimando, guardandola per una volta senza nemmeno l'ombra di un sorriso sul volto.
 
“Ciao Olly. Come mai qui? Anche tu scappi dal mondo?”
 
“Ti cercavo, in realtà... Mi dispiace molto per quello che è successo.”
 
Il tono e la nota quasi sconsolata le fecero capire che Oliver lo pensava davvero, ma sorrise comunque, stringendosi nelle spalle prima di puntare gli occhi chiari sul cielo azzurro, come se non fosse importante.
 
“Sei gentile... ma non importa, davvero.”
 
“Ti sbagli, importa... non è giusto che ti dicano quelle cose.”
 
“A me non importa Olly... che pensino quello che vogliono. Per quanto mi riguarda possono avere tutti i pregiudizi del mondo, basta che poi non vengano a lamentarsi se i Purosangue li maltrattano.”
 
“Vedi, è complicato... per i Purosangue tu non rappresenti niente di che, ma per i Nati Babbani... sei tedesca Ingrid, e ad alcuni questi basta per pensare di conoscerti.”
 
“Ne sono consapevole... fortunatamente però, non tutti i Nati Babbani la pensano così. Tu non mi hai preso per pazza e assetata di sangue solo perché ho l'accento tedesco, no?”
 
“No Ingrid, io preferisco conoscere le persone prima di giudicare... e poi hai ragione: noi non possiamo permettercelo, non quando ci lamentiamo che gli altri lo facciano con noi. Molti Purosangue sono degli imbecilli, ma neanche noi scherziamo... non ti possono accusare solo perchè sei tedesca e hai un accento strano."

 
Ingrid lo colpì sulla spalla ma gli sorrise e lui ricambiò, stendendosi sull'erba accanto a lei e puntando gli occhi castani sul cielo stranamente sgombro da nuvole:
 
“A cosa stai pensando?”
 
“Alle stupidaggini che fanno le persone... Babbani e Maghi. Infondo non siamo poi così diversi, a mio parere. Loro si discriminano a vicenda proprio come facciamo noi, anche se per motivi diversi... ed entrambi a volte incappiamo in delle guerre che potrebbero essere evitate.”
 
“Oggi sei davvero filosofica... hai mangiato un libro a colazione?”
 
“Stai insinuando che in genere non mi esprimo bene Miller? Occhio a come parli!”
 
Ingrid sbuffò, colpendolo leggermente sulla spalla e facendolo ridacchiare, sorridendole con aria divertita:
 
“Chiedo perdono, non volevo offendervi, signorina.”
 
“Sarà meglio.”
 
Ingrid sbuffò, sfrondandosi di sembrare scocciata mentre Oliver continuava a guardarla, scoppiando a ridere dopo qualche istante di silenzio:
 
“Scusa, non riesco a prenderti sul serio... con l’accento sembri davvero minacciosa! Dai Ingrid non fare quella faccia... aspetta, dove vai?”
 
 
“Manifesto la mia indignazione e levo le tende, se permetti!”
 
La bionda sbuffò e fece per alzarsi, ma Oliver ridendo la fermò, prendendola delicatamente per un polso senza smettere di sorridere:
 
“No, non te lo permetto... andiamo, torna qui.”   Con un lieve strattone la fece di nuovo stendere accanto a lui, sorridendole con aria divertita mentre invece lei sbuffava.
 
“Cos’è, ora mi fai il muso? Che tenera...”
 
“Io non sono tenera!”
 
Oliver annuì quasi a volerle dare ragione, ma il sorrisetto che sfoggiava fece comunque sbuffare la ragazza, che si alzò a sedere sull'erba per puntare lo sguardo sul Lago Nero, che scintillava sotto il sole..
 
“Certo, come preferisci... piuttosto, non abbiamo lezione tra poco?”
 
“Si, anche se preferirei stare qui... hai idea che prenderò l'ennesima S in Storia.. Dai, andiamo.”
 
Ingrid si alzò per poi rivolgersi al ragazzo ancora seduto sull’erba, tendendogli una mano pallida per aiutarlo ad alzarsi... Oliver la prese, stringendola con un sorriso allegro stampato in faccia mentre si alzava:
 
“Quindi preferiresti stare qui con me?”
 
“Beh, insomma... sì, credo. Ma basta chiacchierare, andiamo o faremo tardi!”
 
 
Ingrid gli mise una mano su una delle spalle larghe, quasi spingendolo verso il castello mentre il Grifondoro sorrideva vivacemente, improvvisamente ancor più di buon umore rispetto a poco prima.
 
 
                                                                               *


 
“Ricordate le mie parole: questa volta non prendo Troll! Ho studiato tutto il fine settimana, DEVO prendere almeno... una S!”
 
“Certo che sei un ragazzo davvero ambizioso, tu...”
 
L’occhiataccia di Oliver fece zittire all’istante Bella, che gli sorrise angelicamente mentre invece Ingrid ridacchiava.
 
“Ok, scusa Olly... piuttosto, dimmi la data del Concilio dei Folletti.”
 
“A volte mi chiedo perché metà delle cose che studiamo hanno a che fare con i folletti... comunque... 1122?”
 
“No, quello è il Concordato di Worms... 1111 Olly, come fai a non ricordartelo?”
 
“Non è colpa mia, io ci provo... le date mi odiano, non mi entrano in testa.”
 
Oliver sospirò, assumendo un’aria sconsolata che fece sorridere Ingrid, mettendogli una mano sulla spalla come a volerlo consolare:
 
“Dai... se riesco, ti suggerisco! Anche se nemmeno io sono una cima, in Storia.”
 
“Almeno non sono l'unico... ma grazie Ingrid, sei un tesoro. Bella, vergogna! Non vuoi condividere con i tuoi amici la tua conoscenza?”
 
“DOPO CHE HO PASSATO UNA SETTIMANA A SGOBBARE? No, grazie. Ah, ecco Jane... magari lei sarà disposta ad aiutarti, basta farle gli occhi dolci e mostrarsi in difficoltà.”
 
Isabella sorrise, rivolgendo un cenno in direzione della Tassorosso che si stava avvicinando al trio, camminando a passo svelto lungo il corridoio. Quando li ebbe raggiunti sorrise alle due ragazze, rivolgendosi però al Grifondoro con aria improvvisamente seria:
 
“Ciao ragazzi... Oliver, sai dov’è Dante?”
 
“È in Sala Comune, ha detto che non stava molto bene e preferiva riposarsi fino alla lezione di C-“
 
“STA MALE? Cos’ha? È grave? Devo andare a vedere come sta, è capace di uccidersi solo inciampando nei suoi stessi piedi! Dite a Rüf che farò tardi!”  Senza nemmeno dare ai tre il tempo di reagire la Tassorosso si era voltata, diventando improvvisamente pallida mentre quasi correva verso la direzione opposta, ovvero le scale.
 
“Ma, Jane... non sai la parola d'ordine!”
 
Il Grifondoro inarcò un sopracciglio con aria scettica, guardando la ragazza quasi inchiodare sul pavimento liscissimo prima di voltarsi, guardandolo con cipiglio impaziente:
 
“Giusta osservazione, Olly... presto, dimmela!”
 
“Jane, non so se...”
 
“Magicis vires.”
 
Sia Oliver che Ingrid si voltarono verso Bella, guardandola con tanto d’occhi mentre invece Jane le sorrise con gratitudine, ringraziandola prima di sparire dietro un angolo.
 
“Bella, come fai a sapere la nostra parola d’ordine?”
 
“Tesoro, sono Caposcuola. Ti aspetti davvero che non conosca le parole d'ordine? E ora forza miei prodi, abbiamo una verifica da superare.”
 
“Non sono pronto. Ingrid, mi farai supporto morale?”
 
Oliver sospirò con aria sconsolata, facendola ridere mentre i re entravano nell’aula di Storia della Magia, occupando gli ultimi posti infondo: in particolare il Grifondoro volle tenersi vicina Isabella, non avendo nessuna intenzione di cadere in una gaffe mostruosa come un paio di settimane prima.
 
Isabella sembrò intuire i pensieri dell’amico perché sorrise, non obbiettando e sedendosi accanto a lui, rivolgendogli un’occhiata divertita:
 
“Dimmi un po’ Olly... ma Dante sta male sul serio?”
 
 
                                                                       *
 
Sorrise, rilassato e compiaciuto allo stesso tempo: finalmente poteva riposarsi un po’, nella più completa tranquillità per di più.
 
La Sala Comune era avvolta nel più totale silenzio, e Dante poteva finalmente rilassarsi in santa pace... un po’ gli dispiaceva pensare ai suoi compagni a lezione, ma non sarebbe crollato il mondo se per una volta saltava una lezione.
 
Aveva appena preso la rivista sul Quidditch che aveva preso in prestito da Oliver quando sentì il familiare rumore del ritratto della Signora Grassa che si spostava di lato, permettendo a qualcuno di entrare.
 
Stava per abbassare la rivista per vedere di chi si trattasse vista l'ora insolita, ma una voce decisamente nota lo anticipò, facendogli drizzare le orecchie all’istante:
 
“Danny!”
 
 
Accigliato, il ragazzo alzò lo sguardo con la certezza di avere le allucinazioni e di vedere Jane anche quando non c'era... eppure se la trovò effettivamente davanti, con un’espressione sgomenta dipinta in faccia mentre lo guardava comodamente steso sul divano.
 
“JANE? Che ci fai qui, come sei... Olly.”
 
Ripromettendosi di fare a fette l'amico il prima possibile Dante sbuffò, mentre invece Jane non batteva ciglio, continuando ad osservarlo attentamente:
 
“Ma tu non stavi male!?”   Un sorriso colpevole e innocente si fece largo sul volto del ragazzo, anche se il viso di Jane non era per niente addolcito dal suo solito sorriso o dall’espressione dolce che la caratterizzava... in effetti non sembrava molto contenta.
 
“Quindi hai parlato con Oliver... In effetti non mi sento molto bene Jane.”
 
“Dante Julius... mi hai preso per scema? Guarda che ti conosco come le mie tasche!”
 
Jane gli si avvicinò, mettendosi le mani sui fianchi e fulminandolo con lo sguardo, mentre il ragazzo si metteva a sedere sul divano, sfoggiando un sorriso innocente:
 
“Dai piccola, non...”
 
“Sei un cretino Julius! E io che mi sono fatta persino diecimila rampe di scale di corsa per venire a vedere come stavi... solo per saltare la verifica, per di più! Vergognati!”
 
“Ahi... AHIA! Jane, metti giù quel cuscino!”  Dante sbuffò, mettendosi le mani sopra la testa per difendersi dalle cuscinate della ragazza, che gli stava manifestando così tutta la sua irritazione. Alla fine il ragazzo ebbe la meglio, prendendole il cuscino dalle mani e rimettendolo al suo posto, sul divano.
 
“Dai Jane, non guardarmi così... mi dispiace se ti sei preoccupata.”
 
“Sei sempre il solito. Io vado a fare la verifica di Storia, e tu vieni con me.”
 
Jane lo prese per mano, tirandolo su dal divano mentre il ragazzo sbuffava, seguendola comunque:


 
“Ma ho davvero male di testa... non possiamo stare qui, invece?”
 
“Neanche per idea, io non salto le verifiche... neanche se mi fai gli occhi dolci, rassegnati.”
 
Jane si voltò, sorridendogli quasi vivacemente e facendolo sbuffare, senza però osare contraddirla: sapeva per certo che quando voleva, sapeva essere persino più testarda di lui.
 
“Ok, va bene. Ma solo perché sei tu...”
 
 
                                                                         *
 
 
Ripiegò la lettera mentre alzava lo sguardo, posando gli occhi sulla finestra e osservando il Lago Nero scintillare sotto la luce del sole che aveva finalmente deciso di farsi vedere.
Era davvero una bella giornata... risultava quasi impossibile immaginarsi cruenti scenari in giro per l’Europa, esattamente in quel momento.
 
Eppure, a giudicare dalle parole di sua moglie, sfortunatamente era possibile.
 
“È di Stephanie?”
 
“Lo dici come se sperassi in una risposta negativa...”
 
“In effetti è così, perché quando ti scrive lei sprizzi gioia e cuori... Ma se hai quella faccia, vuol dire che non sono buone notizie.”
 
Sorrise quasi tristemente, consapevole che Charlotte aveva ragione mentre si voltava verso di lei, per nulla sorpreso di non averla neanche sentita entrare.
 
“Sfortunatamente hai ragione CeCe... mi è appena arrivata e si, è di Stephanie. Ci sono molte cose che i giornali omettono, sfortunatamente.”
 
“Ad esempio? Qualcosa di molto grave?”  Charlotte piegò le labbra in una smorfia, sedendosi sul tavolo e guardando l'amico quasi come se fosse in attesa di informazioni, immaginando di andare dal Direttore della Gazzetta del Profeta e minacciarlo di non nascondere dettagli non proprio irrilevanti, come aveva continuato a fare negli ultimi anni.
 
“Pare che i tedeschi abbiano ucciso 136 civili solo un paio di giorni fa... e ieri ne hanno fucilati altri 32.”
 
“Sembra che i tedeschi si divertano ad usarle, le armi...”
 
“Purtroppo. Ma non fa cenno al Ministero, niente di niente... parla solo dei Babbani. Secondo te che vuol dire?”
 
Regan inarcò un sopracciglio, guardando l'amica come se sperasse che lei gli fornisse una risposta chiara: era difficile comunicare con Stephanie, da quando vivevano lontani... lei non riusciva mai a nascondergli nulla guardandolo in faccia, ma ora era tutto molto diverso, sfortunatamente.
 
“Non lo so Reg, non ne so molto... ma credo che Stephanie si farebbe tagliare due dita, piuttosto che metterti nei guai. Se ti nasconde qualcosa, lo fa solo per il tuo bene e per non farti preoccupare.”
 
“Hanno persino chiuso i camini, quindi non posso più neanche parlarle direttamente... che strazio.”
 
Regan sospirò, guardando la lettera che teneva ancora in mano con aria sconsolata, morendo dalla voglia di sapere per filo e per segno cosa stesse succedendo fuori da quelle mura, oltre la campana di vetro che lo teneva alla larga da tutto il resto.
 
La sua sete di conoscenza tuttavia era nulla in confronto a quella di Charlotte, che dopo aver esitato per un attimo allungò una mano verso Regan, sorridendogli leggermente:
 
“Posso?”
 
“Certo. Ma non c'è niente di eclatante, temo che rimarrai delusa.”
 
Quasi sbuffando l'uomo porse il foglio all'amica, che lo spiegò in fretta: gli occhi di Charlotte però non si soffermarono sul papiro scritto da Stephanie, posandosi invece dritti verso la fine, dove l'amica salutava il marito e sperava di poterlo incontrare presto, oltre che ad Hogwarts tutto andasse per il meglio.
Un lieve sorriso increspò le labbra di Charlotte, che porse nuovamente la lettera a Regan mentre scivolava giù dal tavolo, guardandolo quasi con allegria:
 
“Tutta tua... grazie Reg. È davvero, non preoccuparti... andrà tutto bene, vedrai. Si risolverà tutto, presto o tardi.”
 

 
 
Regan guardò l'amica sorridergli e uscire dalla stanza senza aggiungere altro, osservandola però con un’espressione leggermente accigliata prima di abbassare nuovamente lo sguardo sulla lettera della moglie, osservando la pergamena quasi con aria accusatoria, come se volesse nascondergli qualcosa: conosceva sua moglie, e conosceva anche Charlotte Selwyn... e aveva come la sensazione che la prima avesse detto alla seconda molto più di quanto non avesse fatto con lui, grazie a quelle righe.
 
“Te lo prometto, Stephanie... arriverà il giorno in cui riuscirò a decifrare il codice che usate..”
 
 
                                                                             *
 
 
Zigzando tra gli studenti riversati nei corridoi dopo la fine delle lezioni, Isabella era finalmente riuscita a raggiungere l’Infermeria... giusto per accertarsi con i suoi stessi occhi che non era tutta una montatura, ma che il “malato” fosse malato sul serio.
 
La ragazza aprì la porta a doppio battente senza tanti preamboli, trotterellando dentro l’Infermeria con noncuranza, come se fosse la sua Sala Comune. Gli occhi azzurri della Corvonero vagarono sui letti disposti ordinatamente lungo le pareti, soffermandosi su una branda accostata al muro, accanto ad un’ampia finestra.
 
Istintivamente sfoggiò un sorrisetto, quasi divertita dalla situazione... solo due giorni prima non avrebbe mai detto che avrebbe vissuto un momento del genere.
 
Forse lo pensò anche l’oggetto della sua attenzione, che si voltò verso di lei prima di inarcare un sopracciglio, guardando la compagna con aria scettica:
 
“Sei venuta a controllare se sono morto Burton? Mi dispiace deluderti, ma ci vuole ben altro per togliermi di mezzo.”
 
“No, tranquillo, non era questa la mia intenzione... sono solo venuta a vedere l’infermo con i miei occhi.”    Isabella sorrise dolcemente, fermandosi davanti al letto di Antares e guardandolo con aria divertita, grata a Cassiopea per essersi lasciata sfuggire che il cugino stava male e che era relegato in Infermeria dalla sera prima.
 
“Se stai pensando che lo stia facendo apposta per saltare le lezioni e quant’altro, ti sbagli di grosso... anzi, muoio dalla voglia di uscire da qui, in tutta onestà.”
 
“Non si sa mai, quando si tratta di te... volevo controllare. Ma muoviti a guarire Black, non ho voglia di farmi tutti i turni da sola!”
 
“So che vai matta per la mia compagnia, ma nemmeno io mi sto divertendo!”
 
“E allora prendi le medicine, per Merlino!”
 
Isabella sospirò, roteando gli occhi mentre Antares sfoggiava una smorfia di puro disgusto, lanciando un’occhiata schifata alle suddette medicine e incrociando le braccia al petto:
 
“No.”
 
“Ci mancava solo questa... Beh, non ho la voglia e nemmeno la forza di ficcartele in gola dopo la verifica di Storia, quindi non spreco tempo... ci vediamo Black!”
 
“Davvero non mi minacci di morte? Strano...”
 
“Come ho detto non ne ho il tempo e nemmeno la voglia... ma potrei trovare qualcuno in grado di farlo. Non preoccuparti Antares, sono sicura che uscirai da qui molto presto, se farai il bravo... magari domani passerò a raccontarti della lezione di Carsen di oggi. Ciao!”
 
Isabella sorrise, girando sui tacchi prima di trotterellare fuori dall’Infermeria, lasciando di nuovo solo il ragazzo oltre che irritato dal perdere la suddetta lezione e vagamente stupito dall’arrendevolezza della ragazza: e dire che quando l'aveva vista entrare aveva già iniziato a cercare mentalmente un modo per sfuggirle...
 
 
                                                                                 *
 
 
“Ciao... dove vai con tutti quei libri?”
 
“Mi annoiavo e ho pensato di leggere un po’... è strano, prendere questi libri è una specie di deja fu!”  Lyanna sorrise mentre camminava lungo il corridoio praticamente deserto, in compagnia di William: in genere la Biblioteca traboccava di studenti di tutte le età, ma alle 15 erano ancora praticamente tutti a lezione, quindi ne aveva approfittato per riuscire a prendere qualche libro senza finire calpestata da una mandria di adolescenti.
 
“Motivo per cui NON li prendo in prestito, per quanto io abbia amato Hogwarts non tornerei mai indietro... la vita da studente mi è bastata una volta.”
 
"A me non dispiaceva studiare... anzi, ero parecchio brava. Ho sentito che oggi quelli del settimo anno avevano una verifica con Rüf... poverini, non li invidio. Persino io non riuscivo a stare attenta durante le sue ore!”
 
“Io spesso e volentieri le saltavo, tanto non se ne sarebbe mai accorto.”
 
Will fece spallucce, ricordando ben poco delle suddette lezioni: me aveva saltate parecchie in effetti, specialmente durante il sesto e settimo anno... in un modo o nell'altro era sempre riuscito a cavarsela egregiamente comunque, diplomandosi con voti altissimi con leggera stizza da parte di diversi insegnanti che, se ne rendeva perfettamente conto, non lo potevano vedere forse proprio per il suo essere sfacciato, un po’ arrogante ma comunque terribilmente sveglio e acuto.
 
“Figurati, non sapeva nemmeno i nostri nomi... ma dopo dobbiamo assiste Regan, e non vedo l'ora... potrò finalmente dimostrargli una volta per tutte che non è più bravo di me!”
 
La donna sorrise quasi con aria trionfante, come se non vedesse l'ora di farla vedere al collega mentre invece Will inarcava un sopracciglio, osservandola con aria vagamente perplessa:
 
“Da quando sei così competitiva?”
 
“Solo quando serve Will, solo quando serve...”
 
 
                                                                          *
 
 
Antares sbuffò, lanciando un’occhiata più che torva in direzione dell’orologio: non riusciva a credere di dover sprecare il tempo in quel modo... e il peggio è che mancava poco all'inizio della lezione sui Veleni, proprio quella che non avrebbe voluto perdere per niente al mondo.
 
Eppure in qualche modo era finito lì, su un maledetto letto ad aspettare nemmeno lui sapeva bene cosa... forse che Madama Chips si distraesse per scappare? Era un'idea... peccato che la donna gli avesse sequestrato la bacchetta, altrimenti avrebbe usato la magia per usare una qualche esca.
 
Quando la porta della Biblioteca si aprì il ragazzo quasi drizzò le orecchie, sperando che qualcuno fosse arrivato a liberarlo da quella tortura... e in effetti sorrise nel vedere una figura familiare avvicinarglisi, anche se non venne ricambiato:
 
“Grazie al cielo... devo uscire di qui, altrimenti darò di matto.”
 
“Beh, un motivo in più per prendere quelle, dico bene? Mi è giunta voce che ti rifiuti, Antares.”
 
Il sorriso sollevato svanì all’istante dal volto del ragazzo, che guardò con perplessità la ragazza dai capelli e occhi castani che gli stava davanti:


 
“Chi te l’ha... io la uccido, la Burton.”
 
“Non c'è bisogno di prendersela tanto... e poi io la trovo molto simpatica.”
 
Lyra sorrise, facendo sospirare leggermente il ragazzo che la guardò quasi con aria esasperata:


 
“Perché Lyra, c'è qualcuno in cui tu non vedi qualcosa di positivo?”
 
“Certo!”
 
“Ad esempio?”
 
“Beh... ora come ora non mi viene in mente nessuno, però quando ci avrò pensato te lo farò sapere. Comunque sia... prendi quelle pastiglie Ant, altrimenti continuerai a stare qui a lungo... e tu non vuoi perdere la partita di Domenica, vero?”
 
Lyra sorrise dolcemente, sapendo di aver fatto centro nel vedere la faccia quasi orripilata del ragazzo, che sgranò gli occhi azzurri con orrore:
 
“NON CI PENSO NEANCHE! Io ci vado, anche se dovessi avere la... Broncopolmonite!”
 
“Dovresti passare sul mio cadavere, Ant... sei già svenuto a Ottobre perché avevi la febbre, non vorrai che riaccada, vero?”
 
Antares sbuffò, borbottando qualcosa di incomprensibile mentre la Corvonero gli sorrideva, porgendogli il bicchiere d'acqua e le tre pastiglie bianche appoggiate sul comodino:
 
“Suvvia, non è la fine del mondo... non fare il bambino!”
 
“Ti ricordo che sono più grande di te, semmai io dovrei dare della bambina a te!”
 
“Forse, ma IO non ho paura delle medicine. Prima le prendi, prima guarisci... l’influenza non ha mai ucciso nessuno, e nemmeno QUESTE.”
 
Antares guardò prima lei e poi quello che teneva in mano, sbuffando prima di prenderle il bicchiere dalle mani con una smorfia stampata in volto, promettendo vendetta ad Isabella Burton per avergli portato davanti una delle poche persone che lo poteva convincere a fare qualcosa.
 
Anche se in effetti le era quasi grato di aver parlato con lei e con suo cugino Altair, che molto probabilmente l'avrebbe costretto a forza... in fin dei conti il cugino voleva che vincessero la partita tanto quanto lui.
 
“Sono quasi commossa Ant, finalmente mi ascolti! Stai facendo progressi.”
 
“Smettila di prendermi in giro Lyra...”
 
 
                                                                          *

 

“Incredibile ma vero, non siamo arrivati in ritardo… anzi, siamo in anticipo!”

 

“Sono piuttosto stupita anche io… che ci è successo oggi?!”       Charlotte sorrise, parlando quasi con un tono allegro che le fece guadagnare un’occhiata quasi preoccupata da parte di William, che si era seduto accanto a lei mentre insieme a Lyanna aspettavano l’arrivo di Regan.

 

“Perché quella faccia, Cavendish?”

 

“Mi chiedo solo se il tuo entusiasmo non abbia a che fare con quello che stiamo per fare… non è che stai progettando di avvelenarmi, vero?”

 

“Ma per favore Will, ti sembra che mi metterei davvero ad avvelenare le persone nel bel mezzo di una lezione?”

 

Charlotte roteò gli occhi, parlando come se il collega avesse detto un’assurdità bella e buona; Will parve rilassarsi a quelle parole, abbozzando un lieve sorriso che sparì pochi istanti dopo, quando Charlotte parlò nuovamente con tono vago, come se stesse riflettendo:

 

“… Se volessi avvelenare qualcuno, ovviamente lo farei in un luogo più neutrale, dove non potrebbero risalire a me.”

 

Charlotte sfoggiò un sorriso a trentadue denti mentre William sbuffava, scuotendo debolmente il capo mentre Lyanna restava in silenzio, tamburellando con le dita sul banco: non era mai stata una persona molto paziente, odiava aspettare… e non vedeva l’ora che la lezione avesse inizio.

 

“Immagino che sia un modo per dire che ti potrebbe scivolare qualcosa nel mio cibo, stasera.”

 

“Come sei pessimista e sospettoso William… Mi reputi davvero tanto subdola?”

 

Charlotte inarcò un sopracciglio, guardandolo quasi con aria divertita mentre la porta dell’aula si apriva, permettendo ad Oliver, Ingrid, Bella, Dante e Jane di entrare e impedendo all’uomo di risponderle.

 

Un vero peccato in realtà, perché a Charlotte sarebbe davvero piaciuto avere quella risposta.

 

                                                                                  *

 

“Sai, sono quasi sollevata che Rod non ci sia… con lui nelle vicinanze di un calderone non si poteva mai stare tranquilli!”

 

“Vero… però un po’ mi manca, con lui ci si divertiva sempre.”  Oliver sfoggiò un sorriso, ricordando con sincero divertimento le innumerevoli lezioni di Pozioni a cui aveva preso parte insieme al compagno per sei anni e mezzo, assistendo a gaffe assurde e a scenette memorabili, tra le quali la giacca di Lumacorno che quasi prendeva fuoco.

 

“Oh, decisamente…. Le sue citazioni rimarranno scolpite nel mio cuore per sempre. Mi passi il coltello d’argento, per favore?”

 

Oliver obbedì, passando il coltello a Bella per permetterle di sminuzzare delle code di Salamandra mentre Dante se la rideva al ricordo degli aforismi di Rodericus Lestrange.

 

“Hai ben poco da ridere Julius, non è che tu sia un Pozionista provetto…”

 

“Beh, almeno io non ho una sequenza infinita di Troll in Storia della Magia…”

 

“Bambini, fatela finita… fate i bravi.”      Jane roteò gli occhi azzurri, imitata da Isabella mentre invece Ingrid sorrideva, quasi con aria divertita mentre mescolava lentamente il contenuto del suo calderone:

 

“Ho sentito molto parlare di questo Rod… era Grifondoro?”

 

“Sì, ed è davvero un personaggio. Peccato che se ne sia andato, ma quest0anno l’hanno fatto in tanti.”

 

Alle parole di Oliver Dante piegò le labbra in una smorfia, assumendo un’aria cupa mentre pensava ad Amos, ricordando il giorno in cui si erano dovuti salutare, solo qualche settimana prima.

 

Jane gli lanciò un’occhiata e, intuendo a cosa stesse pensando, gli rivolse un debole sorriso consolatorio, sfiorandogli un braccio con una mano prima di parlargli a bassa voce:

 

“Manca anche a me, Dan… Ma almeno hai me, no?”    Jane sfoggiò un sorriso che Dante non riuscì a non ricambiare, annuendo e guardandola con dolcezza:

 

“Fortunatamente sì.”

 

“Ragazzi, mi raccomando… se diventa turchese state a distanza di sicurezza dal calderone, cercate di non respirare l’odore del Veleno… non ci va di dovervi rianimare, in tutta onestà.”

 

“Quindi basta annusarlo per perdere i sensi?”

 

“Si… e se lo si fa per più di una manciata di secondi si può cadere in una convalescenza molto lunga, quindi non inalatelo se non volete svegliarvi al San Mungo tra sei mesi.”

 

Il tono di Regan era talmente serio che nessuno osò mettere le sue parole in discussione e tutti si allontanarono di riflesso dal calderone che ribolliva, riempiendo la stanza di vapore caldo.

 

La persona che probabilmente si stava divertendo di più in tutta l’aula era Lyanna, che stava quasi mescolando allegramente il suo veleno in fase di preparazione, con un sorriso stampato in faccia e l’aria rilassata come se l’avesse fatto milioni di altre volte:

 

“Lyanna, ti reputo una delle persone più dolci e gentili che io conosca… Ma quel sorriso che hai mentre prepari un veleno mortale se ingerito o anche solo toccato è un po’ preoccupante.”

 

“Tranquillo Will, non sono sadica… ma era da molto che non avevo a che fare con questo genere di cose, un po’ mi mancava. Sono sicura che a CeCe il suo lavoro manca.”

 

“Alcune cose di sicuro… altre un po’ meno.”

 

L’Auror si strinse nelle spalle senza aggiungere altro, continuando a mescolare e tenendo lo sguardo sul calderone con aria assorta, come se avesse la mente altrove.  Lyanna invece si stava decisamente dando da fare, arrivando a portare a termine il lavoro con largo anticipo.

 

“Lyanna, per caso mi vuoi far sfigurare davanti ai ragazzi?”

 

“No Reg, come ti viene in mente?”    Lyanna sorrise amabilmente al collega, strizzandogli l’occhio con aria divertita mentre Regan roteava gli occhi, continuando a camminare per la stanza tenendo le mani intrecciate dietro la schiena, incapace di stare fermo e seduto dietro alla cattedra.

 

“Sapete, è quasi divertente vedervi diventare studenti per un giorno… siete davvero carini mentre vi cimentate nel mio pane quotidiano.”

 

Fermandosi davanti alla fila di banchi in prima fila dove aveva sistemato i tre colleghi Regan sorrise, guardando Charlotte e William con aria divertita… in effetti era molto piacevole giocare al prof anche con loro, avendo la possibilità di prenderli un po’ in giro.

 

Entrambi però sbuffarono, fulminando l’amico con lo sguardo quasi in perfetta sincronia:

 

“Falla finita Reg, ti ricordo che ti ho disarmato in dieci secondi solo una settimana fa.”

 

“Stia attenta Signorina Selwyn, altrimenti la metterò in punizione…”

 

“Regan, attento. Ricorda che sono amica di tua moglie.”

 

“Credo che minacciare un insegnante meriti un castigo… Regan, metti Charlotte a lavare i pavimenti, le farà bene.”

 

“Continua così e userò la tua preziosa giacca per farlo, Cavendish!”

 

Mentre i due riprendevano a discutere come da manuale Lyanna alzò gli occhi scuri al cielo, scuotendo il capo come a voler dichiarare la sua resa: ormai non provava nemmeno più a dividerli, finivano sempre con il prendersi in giro a vicenda prima di smettere di colpo, riprendendo a fare quello che stavano facendo con nonchalance.

 

Regan invece sorrise con aria divertita prima di tornare verso i ragazzi per impedire a Dante di far esplodere qualcosa…  Anche se si stava iniziando a chiedere quali fossero i veri ragazzi, in quella stanza.

 

 

                                                                                    *

 

Si rigirò tra le coperte, sbuffando e sforzandosi di ignorare il lancinante mal di testa che aveva da quel pomeriggio… odiava essere malato.

 

Aveva anche dovuto prendere quelle orribili medicine, ma non stava affatto meglio… aveva praticamente sofferto per nulla, quindi.

 

Antares sbuffò, ordinandosi mentalmente di dormire e di uscire dall’Infermeria il mattino seguente… non aveva alcuna intenzione di passare gli ultimi giorni prima della partita a letto, non poteva perdere gli ultimi due allenamenti.

 

Isabella era persino passata a salutarlo dopo la lezione con Carsen, comunicandogli la valanga di compiti che avevano assegnato solo quel giorno e ordinandogli di guarire in fretta… aveva il sospetto che la ragazza pensasse che si fosse ammalato apposta per far fare tutto il lavoro a lei, in effetti.

 

Sbuffò, maledicendo la mala sorte per farlo ammalare sempre prima delle partite… che avesse a che fare per caso con lo stress? Non era da escludere, anche se di certo l’essersi ammalato l’aveva reso ancora più nervoso… di sicuro il fatto che suo cugino Altair fosse piombato in Infermeria in crisi nervosa perché rischiava di perdere il suo Portiere per la Finale non l’aveva tranquillizzato.

 

Si stava sistemando nervosamente il cuscino quando istintivamente si bloccò, rimanendo immobile e con le orecchie tese: gli era sembrato di sentire dei passi, proprio fuori dalla porta… probabilmente si sarebbe alzato per dare un’occhiata, ma dopo un attimo di esitazione concluse che probabilmente era solo Isabella, o qualche Prefetto di turno… e se anche c’era qualche studente che stava gironzolando per il castello, non aveva nessuna voglia di rincorrere nessuno per i corridoi con la febbre alta.

 

                                                                             *

 

Tenendo la bacchetta stretta in mano e leggermente sollevata, Charlotte salì le scale in fretta, non curandosi di non fare rumore… tecnicamente non c’era alcuna regola che le impedisse di andarsene in giro per la scuola a quell’ora, anche se stava per introdursi in delle stanze che non le appartenevano.

 

Si fermò davanti alla porta, sfiorando la maniglia con le dita per assicurarsi che non ci fosse qualche incantesimo di protezione sopra. Ovviamente era chiusa, ma non era certo una sorpresa… figurarsi se un uomo come Albus Silente lasciava aperta la porta del suo ufficio.

 

Fortunatamente non era certo la prima volta in cui si trovava davanti ad una porta sigillata… non c’è mai niente di davvero chiuso, diceva sempre suo fratello.

 

Sospirò prima di puntare la bacchetta contro la serratura, chiedendo mentalmente scusa al suo ex professore preferito mentre la serratura scattava rumorosamente nel corridoio buio e completamente deserto, permettendole di aprire con cautela la porta.

 

“Ha sentito che hanno sigillato praticamente tutti i camini del Paese? Sembra che il Ministero non voglia avere a che fare con la Metropolvere per un po’, salve qualche eccezione.”

 

“Glielo ripeto Professore, le sarei davvero grata se mi desse del Tu… Mi conosce da quando portavo le trecce.”

 

“E’ vero, ma mi riesce difficile… temo che non ci riuscirò molto facilmente, Charlotte.”

 

Non osando controbattere alla donna non era rimasto che alzare gli occhi al cielo, mentre il Vicepreside la guardava quasi con aria divertita, gli occhi azzurri luccicanti mentre era seduto accanto a lei, al tavolo degli Insegnanti in Sala Grande.

 

“Ad ogni modo… si, come le dicevo stanno chiudendo tutte le comunicazioni. Temono che Grindelwald possa spuntare in un qualche salotto, forse?”

 

“Non saprei dirlo signore, non ho molte notizie dal Dipartimento al momento.”

 

“Non credo di essere autorizzato a darle informazioni, Signorina Selwyn… ma il Ministro vuole vedermi la settimana prossima, e sarò a Londra per un paio di giorni. E’ una fortuna che non abbiano sigillato il mio camino e quello del Professor Dippet, altrimenti mi sarebbe toccato prendere il treno, dopo che hanno rimosso quasi tutte le Passaporte del Paese.”

 

Charlotte aveva bloccato la mano a mezz’aria per un istante prima di riprendere a mangiare, sapendo che il mago l’osservava con la coda dell’occhio, quasi ridendo sotto i baffi…  Di sicuro sapeva esattamente cosa stesse pensando l’ex allieva:

 

“Già signore… una vera fortuna.”

 

Non sapeva perché, ma a quanto sembrava Silente le aveva dato il via libera per usare il camino del suo ufficio… ma era del parere che fosse meglio non chiedersi il motivo di molte azioni di quel geniale, imprevedibile mago.

 

Charlotte si chiuse delicatamente la porta alle spalle, sentendosi comunque un po’ in colpa mentre si avvicinava al caminetto spento, accendendolo in fretta prima di inginocchiarcisi davanti.

 

Sperando che andasse tutto secondo i piani Charlotte sospirò prima di chinarsi verso le fiamme, chiudendo gli occhi e mormorando qualcosa a bassa voce:

 

“Londra, Dipartimento degli Auror.”

 

                                                                                 *

 

“Chi non muore si rivede.”

 

Sussultò, voltandosi di scatto verso la fonte della voce… sorrise con sollievo nel trovarsi davanti al viso di Charlotte, affrettandosi ad avvicinarsi al camino e inginocchiandocisi davanti:

 

“Ciao Charlie… come sei riuscita a farlo? Stanno bloccando tutto, eccetto i camini del Wizengamot, degli Auror più importanti e del Ministro.”

 

“Non chiuderebbero mai il camino di Silente Stephanie… e come saprai lui ora è a Londra, al Ministero. Mi sento una specie di ladra e credo che tu abbia il tempo contato, perciò facciamola breve.”

 

“Lo dici a ME? Mi sono infiltrata nell’ufficio del Capo degli Auror CeCe, se Burke mi becca QUI sono morta!”

 

“Allora facciamo in fretta Stephanie, o tuo marito mi ucciderà per averti messa nei guai… dimmi cosa avete scoperto su Schmidt.”

 

Stephanie esitò per un attimo prima di parlare, gli occhi fissi sulla sua amica e collega… ma poi sorrise, guardandola quasi con sollievo e soddisfazione allo stesso tempo: dopo mesi, finalmente la rivedeva. La sua collega preferita era tornata, insieme al suo sguardo determinato.

 

“Bentornata, Selwyn.”

 









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Angolo Autrice:

Buonasera! Visto che con le recensioni siete state abbastanza rapide e il capitolo era quasi finito già dall'altro ieri, l'ho sistemato ed eccomi qui.

Nel prossimo capitolo ci sarà ovviamente la partita Grifondoro Vs Serpeverde... perciò, per chi tifate? Ovviamente Nene, Coco e Phebe non possono votare u.u  (Tranquilla Nene, ti prometto che Antares si rimetterà per l'incontro XD)

Non so quando arriverà il prossimo capitolo perchè devo preparare una valanga di materiale di Sociologia e Antropolgia per martedì e mercoledì, e ho altre due storie da aggiornare... alla peggio, ci sentiamo mercoledì sera o giovedì con il seguito, se il mio cervello non si sarà liquefatto... Buon fine settimana!

Signorina Granger

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Capitolo 22
*** Grifondoro - Serpeverde ***


Capitolo 21: Grifondoro - Serpeverde 
 
 
Domenica 28 Marzo 

 
“Per la biancheria di Morgana, cosa vi siete messe?” 
 
 
Isabella sgranò gli occhi, in piedi nel suo Dormitorio con lo sguardo puntato su due tra le sue compagne, che erano in piedi davanti a lei. 
 
Ingrid soffocò una risata mentre s’infilava le scarpe, seduta sul suo letto con tutta l'intenzione di stare fuori dalla questione... intanto Imogen e Cassiopea erano una accanto all'altra, ricambiando lo sgaurdo quasi accusatorio della Caposcuola:
 
“Io sono scusata... Abraxas mi uccide se non tifo per lui Bella!” 
 
 
“E io ho un fratello e un cugino in squadra... quindi sono scusata pure io.”  Cassiopea alzò una mano, parlando quasi con tono solenne mentre Bella roteava gli occhi chiari, borbottando qualcosa sul Quidditch di assolutamente incomprensibile.
 
“Coraggio donzelle, la colazione ci aspetta... Bella, vieni alla partita?” 
 
“No, devo studiare...”
 
La rossa sfoggiò una smorfia mentre usciva dal Dormitorio insieme alle tre compagne, lanciando un’occhiata incerta agli identici berretti verdi che si erano infilate Imogen e Cassiopea... non l'avrebbe mai capita, quella smania per quel gioco. 
 
“Secondo me Bella finge di studiare sempre... magari ha un segreto che non ci vuole rivelare.” 
 
“Vero, magari ha un fidanzato segreto e non ce lo vuole dire!”  Imogen sorrise, strizzando l'occhio a Cassy con aria cospiratoria, mentre  Ingrid ridacchiava e Bella sbuffava, borbottando di come il Quidditch stesse uccidendo i neuroni delle sue amiche.
 
 
                                                                                 *
 
 
“Ok, allora. Facciamo un breve riepilogo. Questo è Maxi.”
 
"Scusa, perché io devo essere una fetta biscottata?” 
 
“Ok, allora facciamo che Maxi è... quel toast. Invece Dante è questo pezzo di bacon.” 
 
“Ma a me il bacon non piace!” 
 
“NON MI INTERESSA, FINITELA DI PENSARE AL CIBO E ASCOLTATE!” 
 
Oliver sbuffò, roteando gli occhi con aria esasperata mentre Dante e Maximilian invece sghignazzavano, lieti come sempre di averlo fatto irritare mentre cercava di ripassare gli schemi di gioco. 
 
“Ok Olly, scusaci... ma sei troppo teso, rilassati!” 
 
“Non so come facciate VOI a stare tranquilli! Insomma, è la Finale... e siamo contro Serpeverde, se perdiamo ci rimettiamo la faccia!” 
 
“Se non altro siamo all'ultimo anno, quindi l'anno prossimo non dovremmo farci vedere per i corridoi.” 
 
“Certo Shacklebolt, ma mancano tre mesi al Diploma... e NON mi va di sorbirmi le beffe di Malfoy per questo lasso di tempo, e nemmeno di Black!” 
 
“In effetti non ha tutti i torti, Dan... insomma, io non reggerei le beffe di quella simpaticona della Shafiq fino a fine Giugno.” 
 
Le labbra di Maximilian si piegarono in una smorfia, lanciando un’occhiata tetra in direzione della suddetta Serpeverde, che era seduta al suo tavolo accanto ad Abraxas Malfoy, intenta a chiacchierare insieme all'amico. 
 
"Visto? Perciò ora concentratevi, dobbiamo ripassare gli schemi... DANTE, SMETTILA DI GUARDARE VERSO IL TAVOLO DEI TASSOROSSO, CI PARLI DOPO CON JANE!” 
 
 
                                                                               *
 
 
"Mamma mia, che musi lunghi... sembrate diretti al patibolo invece che ad una partita.” 
 
Antares inarcò un sopracciglio mentre suo cugino Altair, seduto di fronte a lui, sbuffava leggermente e dava una sonora pacca sulla schiena di Abraxas Malfoy, intimandogli di togliersi quella faccia da funerale:
 
“Ant ha ragione... è una partita, e non è certo la prima che giochiamo!” 
 
“C'è da dire che se perdiamo contro Grifondoro mi sotterrerò sotto il pavimento della Sala Grande.” 
 
 “Come siete allegri di primo mattino...”   Antares alzò gli occhi chiari al cielo mentre Altair invece ridacchiava, immaginandosi chiaramente il suo migliore amico scavarsi una fossa al centro della Sala per la vergogna... di certo perdere contro Grifondoro non sarebbe stato un bel colpo, tantomeno per l’orgogliosissimo biondino. 
 
“Abraxas ha solo paura di sfigurare davanti ad Imogen, vero blondy?” 
 
“Altair, chiamami ancora così è quella faccia di cui vai tanti fiero farà una pessima fine, chiaro?” 
 
Altair rise alle parole dell’amico, mentre invece Antares tamburellava le dita sul tavolo senza dire niente, lo sgaurdo fisso sulla finestra alle spalle del cugino mentre pensava alla partita imminente... e alla persona più assurda che avesse mai incontrato:
 
“Lo sai che detesto il Quidditch... ma so che senza di me saresti perso Black, quindi verrò a vedere la partita... Non ti aspettare che io faccia platealmente il tifo però, sai bene che non mi abbasso a certe cose.” 
 
Anche se non c'era, riusciva quasi a sentire le parole che Rodericus Lestrange avrebbe detto in quella circostanza: se lo vedeva chiaramente, circondato dai suoi compagni Grifondoro che facevano il tifo mentre lui se ne stava buono ed in silenzio, seguendo semplicemente la partita. Antares una volta gli aveva chiesto se non facesse apertamente il tifo perché non gli andava o se per caso temeva di ritrovarsi contro i suoi compagni di Casa, che l'avrebbero probabilmente ucciso nel vederlo tifare proprio per Serpeverde... ovviamente però, il ragazzo aveva deliberatamente glissato:
 
“Pensa alla partita invece di fare domande che non sono neanche degne di una risposta Black! Poi non venire a brontolare quando avrai perso, però!” 
 
 
Decisamente, un elemento simile non l'avrebbe più incontrato. 
 
 
                                                                                 *
 
 
“Ciao Francies! Contento per la partita?” 
 
“No, neanche un po’.”    Francies Julius sospirò, abbassando con aria cupa lo sgaurdo sulla sua colazione: era cresciuto con una quantità indefinita di cugini e sei fratelli più grandi... aveva uno spirito di sopravvivenza sviluppatissimo, ed ecco perché avrebbe preferito sparire per l'arco di tutta quella giornata.
 
Jane gli rivolse un debole sorriso, guardando il ragazzino quasi con aria comprensiva:
 
“Capisco, in effetti non deve essere facile essere nel mezzo, con un fratello di una Casa e la sorella nell'altra.” 
 
“Lascia stare, odio queste partite... non so mai per chi tifare. Se tifo per i Serpeverde Dante mi uccide e viceversa.” 
 
“Non essere tragico, Dante ti vuole molto bene... sei il suo fratellino, dopotutto.”  Jane gli sorrise dolcemente, consapevole di quanto il fidanzato volesse bene a quel ragazzino, auto-dichiarandosi il suo angelo custode e cercando sempre di aiutarlo in tutto e per tutto. 
 
“Lo so Jane, ma credimi... non hai idea di cosa sia capace di fare quando è offeso o arrabbiato. A te non torcerebbe un capello neanche se sotto tortura, per me è diverso. Anzi... posso usarti come scudo umano?” 
 
Jane fece per rispondere ma non ne ebbe il tempo, interrogata dalla voce profonda e decisamente familiare di Dante:
 
“Fran, non importunare il mio zuccherino... Buongiorno.” 
 
Dante sorrise alla ragazza, sedendosi accanto a lei e baciandola dolcemente su una guancia prima di rivolgersi di nuovo al fratellino, sorridendogli:
 
“Allora piccoletto... tifi per me oggi, spero.” 
 
AIUTAMI! 
 
Gli occhi del Tassorosso saettarono sul viso di Jane, inviandole una chiara richiesta di aiuto che la ragazza colse, avvicinandosi al Grifondoro e facendolo voltare verso di lei con una mano prima di baciarlo, facendogli improvvisamente dimenticare dei suoi fratelli minori e anche della partita. 
 
Quando si staccò, di malavoglia, dalle labbra della ragazza e si voltò verso la panca oltre al tavolo Dante Julius sgranò gli occhi, incredulo:
 
“Ma dove accidenti... Jane, eravate per caso d'accordo per distrarmi?” 
 
“Può essere. Ci sono riuscita, però.” 
 
Jane sorrise con aria divertita, facendolo annuire e sorridere a sua volta prima di avvicinarlesi nuovamente:
 
“Forse... meglio se riprovi, però..” 
 
 
                                                                                    *
 
 
"Non per fare la saccente, ma io l'avevo detto dall'inizio.” 
 
“A che ti riferisci, Lyanna?” 
 
“Ma come a cosa, a Dante e a Jane! Sono proprio carini...”   Lyanna sorrise, guardando i due sorridersi e parlare a bassa voce con le teste vicine quasi con una nota malinconica negli occhi scuri... in fin dei conti anche lei si era innamorata ad Hogwarts, anni prima. 
 
“Si, è vero. Anche io e mia moglie ci siamo messi insieme all'ultimo anno.” 
 
Regan sfoggiò un sorriso allegro, pensando con affetto a Stephanie e morendo dalla voglia di abbracciarla di nuovo. Quel giorno lui ovviamente avrebbe tifato per Serpeverde... ironico, visto che al contrario la moglie avrebbe di sicuro tifato per i Leoni: l'argomento era stato oggetto di diverse discussioni già ai tempi della scuola. 
 
“Hogwarts forse più che formare gli studenti sforna coppiette, direi...” 
 
 
Lyanna sorrise con aria divertita, abbassando lo sgaurdo sulla sua tazza di caffè prima di berne un sorso, mentre anche Charlotte li raggiungeva al tavolo. 
 
“Buongiorno a tutti... Voi due spettegolavate?” 
 
“Noi? Ma che dici... siamo persone molto riservate.” 
 
Regan scoccò una finta occhiata stizzita all'amica prima di bere un sorso di caffè in perfetta coordinazione con Lyanna... e Charlotte si trattenne dal far notare che mai come in quel momento gli erano sembrati due perfetti comari, rivolgendosi invece ad un William silenzioso e pensieroso. 
 
“Come mai non ti ho ancora sentito parlare? Sicuro di stare bene?” 
 
“Sicurissimo... sono solo indeciso, non so per chi tifare oggi.’ 
 
“Beh, gioca la tua vecchia Casa... non dovresti tifare per Serpeverde? Tu giocavi anche in squadra, se non ricordo male!” 
 
“È vero, ma... non se lo ricordi, ma il Cappello ci mise molto a smistarmi. Era indeciso tra Serpeverde e Grifondoro. In parte mi sento anche di appartenere a quella Casa, non mi sarebbe dispiaciuto finire lì.” 
 
Si strinse nelle spalle prima di realizzare di non aver forse mai detto a nessuno quel particolare sul suo Smistamento... l'aveva sempre ritenuto piuttosto personale, eppure l'aveva appena detto ad alta voce.
 
“Non farti sentire da Reg, potrebbe prenderla male. Anche se mi chiedo che cosa possa aver visto di cavalleresco in te, il Cappello...”.  Charlotte inarcò un sopracciglio, trattenendosi dal sorridere mentre William invece sbuffava debolmente, rivolgendole un’occhiata leggermente torva:
 
“Carina come sempre. Forse TU saresti stata una serpe favolosa, sai?” 
 
“Per carità, ti immagini io e te nella stessa Sala Comune? L'avremmo rasa al suolo!” 
 
Charlotte scosse il capo, immaginandosi chiaramente lei e il collega più giovani di dieci anni che si prendevano a maledizioni per tutta la Sala comune dei Serpeverde... a quel tempo non si stavano molto simpatici, in effetti. 
 
“Beh, visto come tu eri prevenuta nei miei confronti, non mi avrebbe stupito.” 
 
“Io NON ERO prevenuta Cavendish, TU eri insopportabile! Non che ora tu sia molto gradevole, ma a quel tempo eri ancora più irritante ed egocentrico.” 
 
“Grazie Selwyn, anche io ti trovavo tremendamente simpatica. E comunque, hai esitato.” 
 
“Ma quando?” 
 
“Prima di dire che nemmeno ora mi trovi molto... come hai detto? Gradevole.” 
 
“Cavendish, secondo me vaneggi... forse a furia di guardarti allo specchio qualcosa sta andando a farsi benedire nella tua testa.” 
 
 
Charlotte sbuffò appena prima concentrarsi sulla sua colazione, anche se nella sua mente tornarono le parole di Luisa, a proposito delle esitazioni e sul mentire... 
 
Ma si affrettò a scuotere il capo leggermente, eliminando quelle parole dalla propria testa con la stessa velocità con cui erano arrivate. 
 
 
                                                                                *
 
 
“Buongiorno... venite alla partita, spero!” 
 
“Naturalmente.”  Ingrid sorrise allegramente in risposta alle parole di Oliver, che si rivolse a Bella con aria interrogativa, ottenendo come risposta una debole scrollata di spalle:
 
“Veramente, dovrei studiare...” 
 
“Basta studiare, fa male! Devi venire Bella, dovete fare il tifo per me... perché tiferete per noi, SPERO.” 
 
“Ti pare che IO possa tifare per i Serpeverde Olly? Ok, vengo... al limite andrò via prima.” 
 
Isabella sospirò, acconsentendo e facendo così sorridere Oliver, che le diede una pacca sulla spalla con aria soddisfatta:
 
“Fantastico... ora scusate fanciulle ma devo andare, il Capitano non può fare tardi.” 
 
“Naturale. Buona fortuna, sono proprio curiosa di vedervi giocare.”   Ingrid gli sorrise prima di avvicinarsi al ragazzo di un passo, dandogli un bacio su una guancia e facendolo così diventare di un colore abbastanza simile alla sua divisa da Quidditch, mentre Bella assisteva alla scena con aria quasi divertita.
 
“Grazie...” 
“Figurati. Andiamo Bella? Altrimenti ci fregheranno i posti...”  Ingrid si rivolse alla ragazza con noncuranza, quasi come se non si fosse accorta dell’imbarazzo di Oliver. 
 
“Va bene, dobbiamo anche trovare Cassy e Imogen... ci vediamo dopo Olly, fai a fette i Serpeverde, mi raccomando!” 
 
“Strano, e io che pensavo avresti tifato per il tuo amico Black!” 
 
 
                                                                               *
 
 
“Mi sento quasi... in colpa. Ogni giorno di più.” 
 
“A cosa ti riferisci?” 
 
“A Charlotte. Mi hai raccontato di suo fratello due mesi fa, e lei non lo sa... non lo so, non mi sembra corretto. Non dovrebbe saperlo? Forse l’aiuterebbe e ne parlerebbe, finalmente!” 
 
“Potrebbe essere un’ipotesi, ovviamente... ma potrebbe anche reagire male, Will. La conosco, è tremendamente orgogliosa e se c'è una cosa che odia é mostrarsi fragile, o far capire quali sono le sue debolezze... si sentirebbe vulnerabile, e non so quanto le gioverebbe.” 
 
Will sbuffò debolmente mentre, seduto accanto a Regan, seguiva la partita quasi distrattamente. Tornare sugli spalti gli aveva fatto ricordare di quando, proprio in quel punto, Regan aveva raccontato brevemente a lui e a Lyanna di Sean Selwyn e del perché Charlotte fosse ad Hogwarts.
 
 
Non sapeva nemmeno perché, ma si sentiva quasi in colpa a sapere qualcosa che Charlotte preferiva tenere per sé... Forse lei avrebbe dovuto saperlo. 
 
“Lyanna che ne pensa?” 
 
“Lei sostiene di non volerla mettere in difficoltà facendole capire che sa cosa è successo... sai Will, credo che uno dei timori di CeCe sia semplicemente che le persone la trattino diversamente. Odia chi la guarda con compassione.” 
 
 
Will sbuffò debolmente alle parole del collega, guardando la Pluffa passare di mano in mano dei Cacciatori quasi con aria torva: forse Regan aveva ragione, ma era sicuro che fosse sbagliato fare finta di non sapere niente... e conoscendosi, prima o poi avrebbe parlato con la diretta interessata. 
 
“Ti posso chiedere perché ti interessa, comunque? Da te, è un po’ insolito.” 
 
“Sono solo curioso, nient’altro... infondo sono venuto qui per spezzare la “routine”, giusto perché mi succedesse qualcosa di diverso dall’ordinario.”
 
Will si strinse nelle spalle con noncuranza, anche se a giudicare dall’occhiata che gli rivolse Regan, non aveva convinto più di tanto il suo interlocutore... d'altra parte, non aveva convinto del tutto neanche se stesso.
 
 
                                                                              *
 
 
Alzando lo sgaurdo la luce quasi l’accecò, ma non poteva farne a meno... aveva sentito parlare molte volte di quella sala, di quel lampadario. 
 
Osservò quell’enorme e sfavillante insieme di luci per qualche istante, rimanendo immobile mentre il lampadario scintillava, restando pigramente immobile diversi metri sopra la sua testa. 
 
 
“Andiamo Sean, mettimi giù!” 
 
Ridendo si sentì sbilanciare, scivolando sul pavimento liscio e freddo accanto a suo fratello, che rise a sua volta mentre la sorella sorrideva, alzando lo sgaurdo dritto sul soffitto dell’enorme Sala che ormai conosceva tanto bene... gli occhi verdi della ragazza si posarono sul lampadario che dondolava sopra di lei, immaginandolo illuminato solo poche ore più tardi, per la festa. 
 
 
“Mi scusi signorina, può darmi il suo nome per favore?”   Una voce femminile, pacata e sconosciuta la fece come risvegliare da un sogno, portandola a rivolgersi alla fonte della voce prima di parlare di nuovo, osservando la donna bionda che restituiva il suo sgaurdo, tenendo in mano una specie di cartellina in netto contrasto con il vestito elegante che indossava. 
 
“Charlotte. Charlotte Selwyn.” 
 
 
“A che cosa stai pensando Charlie?” 
 
“Stavo solo immaginando le luci di domani sera... immagino che sarà bellissimo, come sempre.” 
 
“Nostra madre non se lo perdonerebbe mai, se così non fosse. Lei dice che una festa non è una festa, senza le luci ad illuminarla.” 
 
 
“Mi dispiace, non...” 
Charlotte rimase impassibile, osservando la donna che le stava davanti sbattere le palpebre un paio di volte, gli occhi scuri improvvisamente vacui. Dopo un attimo però tornò a sorriderle cortesemente, annuendo:
 
“Prego, entri pure.” 
 
“Grazie.”   Charlotte le sorrise di rimando prima di spostarsi, iniziando a camminare sul pavimento a mosaico della sala gremita di persone... i tacchi risuonavano sul pavimento mentre la donna si guardava intorno con attenzione, alla ricerca di un preciso volto.
 
Una mano le afferrò il braccio e quasi sussultò, voltandosi di scatto. Era quasi pronta a tirare fuori ed usare la bacchetta quando si rilassò, scorgendo i familiari occhi chiari di suo fratello... peccato che Sean non sembrasse molto felice di vederla:
 
“Non dovresti essere qui, Charlotte.”     Sean fulminò la sorella con lo sgaurdo, maledicendola per non dargli mai retta... ovviamente si era aspettato di vederla comparire, ma aveva sperato fino all’ultima che rispettasse i patti e restasse al Dipartimento. 
Di rimando Charlotte sbuffò appena, divincolandosi dalla presa prima di parlare con tono neutro e a bassa voce, evitando di farsi sentire dalla moltitudine di Babbani che li circondavano. 
 
“Se pensavi di tagliarmi fuori solo perché sono tua sorella, ti sbagliavi Seannie... posso stare qui anche io.” 
 
“CeCe, è pericoloso. Perché non mi ascolti mai? Devi andartene.” 
 
“No.” Charlotte si scostò, allontanandosi dalla stretta del fratello maggiore prima di riprendere a camminare con calma, con lui ancora alle calcagna. 
 
L'uomo sospirò, guardandola quasi con esasperazione: era più testarda di un mulo, a volte.
 
“Charlotte, lo dico per te... può succedere di tutto stasera.” 
 
“Lo so... ecco perché sono qui. Ti posso aiutare, no? Andiamo Sean, sii serio... se non fossi tua sorella non avresti cercato di farmi restare al Dipartimento, stanotte.” 
 
“Poi non dire che non ti avevo avvisata, però.” 
 
 
Si, lui l'aveva avvisata... ma come sempre Charlotte aveva preferito fare di testa sua, non ascoltando suo fratello.
 
E mezz'ora dopo, quando scivolò sul pavimento della sala quasi senza fiato a causa del fumo e alzò di nuovo lo sgaurdo sul soffitto, Charlotte Selwyn non vide più alcuna traccia della luce del lampadario, che era crollato sul pavimento a soli pochi metri da lei. 
 
 
Aprì gli occhi di scatto, svegliandosi di soprassalto e mettendosi a sedere di colpo sul divano dove si era addormentata. Charlotte deglutì nervosamente, sospirando nel rendersi conto di aver solo sognato... nel male, sì, ma quella serata ormai era passata e non avrebbe più dovuto riviverla, se non mentalmente.
 
La donna sbuffò, passandosi una mano tra i capelli castani e chiedendosi perché non riuscisse a dormire di notte ma si appisolasse nei luoghi più improbabili, compresa la Sala Insegnanti dove una volta Will aveva dovuto scrollarla con ben poca delicatezza per svegliarla. 
 
Gli occhi della donna andarono a finire sulla finestra, osservando per qualche istante la partita, anche se da lontano. Aveva preferito evitare di andare a vederla, almeno non dopo quello che era successo un paio di mesi prima... non le andava per niente di avere l’ennesimo attacco di panico.
 
Dopo qualche istante si alzò, quasi trascinandosi verso la scrivania per combinare qualcosa: Stephanie non si era più fatta sentire da qualche giorno prima, quando si era intrufolata nell’Ufficio di Silente per parlarle... evidentemente non aveva novità, ma a Charlotte non andava per niente di starsene con le mani in mano, aspettando che le notizie piovessero dal cielo: lo stava facendo già da troppe settimane. 
 
L’Auror prese un foglio di pergamena, accingendosi a scrivere un paio di lettere mentre nella sua testa vorticavano un nome e un volto, dandole quasi il tormento: non aveva idea di quanto ci avrebbe messo, ma prima o poi l'avrebbe trovato. E a quel punto, di certo David Schmidt avrebbe rimpianto di aver scelto la parte sbagliata in cui schierarsi... soprattutto, avrebbe rimpianto di aver fatto sganciare una bomba su Londra, la notte del Solstizio d’Inverno. 
 
 
                                                                                *
 
 
“Ehi! Allora... a che punto siamo?”  
 
Lyanna spuntò dal nulla tra Regan e William, facendoli quasi sussultare mentre la donna cercava con lo sgaurdo il tabellone del punteggio, oltre la testa di Lumacorno che le bloccava la visuale.
 
“40 a 30 per Serpeverde. A proposito, tu per chi tifi?” 
 
“Che razza di domande fai Reg, io sono un’insegnante... devo essere imparziale.” 
 
“Ma se l'altra volta ti eri persino messa la sciarpa di Corvonero!”
 
“Faceva freddo Will... mi serviva una sciarpa!” 
 
Lyanna fece un semplice gesto con la mano, quasi a voler liquidare il discorso mentre invece i due colleghi alzavano gli occhi al cielo, trattenendosi però dal replicare. 
 
I tre rimasero in silenzio a seguire la partita per qualche minuto, finché Grifondoro non fece una rete... e a quel punto a nessuno sfuggirono l’applauso di Silente e la sua visibile allegria mentre quasi saltellava sul posto, agitando anche una bandierina rossa e oro.
 
“Non ci credo... ma non dovrebbe essere imparziale?!” 
 
William sgranò gli occhi, guardando il Vicepreside con aria accigliata mentre invece Lyanna e Regan quasi si rotolavano dalle risate sugli spalti, specialmente quando Silente assestò all’amico e collega Horace Lumacorno una bella e buona gomitata, come a volergli rinfacciare la parità appena ritrovata. 
 
Alle loro spalle Dippet assisteva alla scena con cipiglio leggermente esasperato, scuotendo il capo ma senza dire nulla: infondo, ormai ci aveva fatto l’abitudine.
 
 
                                                                                   *
 
 
“Che nervi, non vedo un accidente... ecco perché non vengo alle partite, è come se non ci fossi!” 
 
“Rilassati Bella, non sei l'unica... io ormai me ne sono fatta una ragione.” 
 
Isabella sbuffò con lieve stizza, quasi invidiando la nonchalance di Lizzy Abbott mentre la Tassorosso si guardava le unghie perfettamente curate, rinunciando a cercare di vedere qualcosa della partita in corso. 
 
“Povera piccola Bella... dai vieni qui, ti faccio un po’ di posto.”  Ingrid rise, prendendo l'amica per un braccio e trascinandola accanto a sé, proprio davanti alla ringhiera delle tribune... ringhiera che una loro compagna di Casa stava deliberatamente ignorando, sporgendosi ben oltre il bordo e intimando ad un preciso giocatore di darsi una mossa:
 
“ALTAIR, MUOVI IL CULO!” 
 
Cassiopea Black sbuffò, intimando al fratello di muoversi mentre Imogen sghignazzava, trattenendosi dal fare il tifo mentre Jane era forse l'unica del gruppo a starsene buona ed in silenzio, in piedi tra Aerin Ollivander e sua cugina Connie. 
 
Merda, Malfoy ha segnato... senza offesa, Imogen.” 
 
“Tranquilla Aerin, nessuna offesa... Quindi Serpeverde sta vincendo? Io lo spero, altrimenti poi Abraxas chi lo sente...” Imogen sospirò, alzando gli occhi chiarissimi al cielo mentre invece Connie sbuffava, saltellando nervosamente sul posto:
 
“Jane, devi dire al tuo ragazzo di farsi passare meno reti...” 
 
“Devi capirlo poverino, la presenza del suo tesorino lo distrae.” 
 
Aerin sorrise con aria divertita, ridacchiando all’unisono con Bella mentre la Tassorosso fulminava le amiche con lo sgaurdo, intimando loro di piantarla mentre alle loro spalle Lizzy si interessava improvvisamente all’incontro, sporgendosi per vedere:
 
“CHE? Serpeverde sta vincendo? COL CAVOLO, SE NO POI CHI LO SENTE BLACK?” 
 
“Sono d'accordo con Lizzy, anche se penso che ci riferiamo a Black diversi...” 
 
“Per l’amor del cielo, già dopo la partita contro Corvonero era impossibile, figuriamoci se vincessero contro Grifondoro... se non si danno una mossa con quel Boccino, scendo in campo io!” 
 
“Ah si, vorrei proprio vederti Elizabeth... Abbott Vs Black, Round 2... chissà chi l'avrebbe vinta.” 
 
Aerin rise, ricordando con estrema gioia l'episodio di poco tempo prima, quando fuori dall’aula di Trasfigurazione Lizzy si era stufata e aveva assestato al ragazzo un bel pugno sul naso, intimandogli di lasciarla in pace e smetterla di fare la ruota come un pavone. 
 
“Lascia stare, avrò per tutta la vita il rimpianto di non aver assistito alla scena...” Bella sospirò quasi con sincero rammarico mentre Cassiopea inarcava un sopracciglio, voltandosi verso la Tassorosso:
 
“Posso chiederti una cosa Elizabeth? Come accidenti hai fatto a colpire mio fratello in faccia se sei alta quasi 30 cm in meno?” 
 
“Ma perché me lo chiedono tutti...” 
 
 
                                                                         *
 
 
Aveva appena sciolto l’abbraccio spezza-costole con Oliver quando si voltò, sorridendo quasi a trentadue denti mentre Jane gli si avvicinava, correndo sull'erba verso di lui e sorridendogli a sua volta. 
 
Il ragazzo dimezzò la distanza che li separava con due sole falcate, sorridendo quando la Tassorosso gli saltò praticamente in braccio, allacciandogli le gambe intorno alla vita e stringendogli le braccia intorno al collo:
 
“Ciao, campione... contento di aver vinto?” 
 
“Ovviamente... me lo dai un bacio premio?” 
 
Jane gli sorrise allegramente prima di accontentarlo, baciandolo con inusuale facilità visto che per una volta erano alla stessa altezza... il tutto mentre, alle loro spalle, i compagni di squadra del ragazzo quasi si rotolavano sull’erba per la gioia.
 
“E voi che non volevate neanche ripassare gli schemi... a volte torna utile darmi ascolto, no?” 
 
Oliver sfoggiò un sorriso che andava da un orecchio all’altro, mentre Bella e Ingrid gli si avvicinavano, facendolo quasi trotterellare nella loro direzione:
 
“Mi fa piacere che tu sia rimasta Bella... non hai studiato per me? Mi sento onorato!” 
 
“Sciocchezze, non ho studiato per poter vedere la faccia delusa di Black post sconfitta. Però sono contenta per voi, bravo Capitano.” 
 
Isabella sorrise all'amico, silenziosamente lieta che Grifondoro avesse vinto: non tanto perché il Quidditch le interessasse troppo, ma perché odiava quando Oliver perdeva... il ragazzo tendeva sempre a demoralizzarsi più del necessario e ad addossarsi completamente la responsabilità, essendo il Capitano. 
 
“Ha tentato di scappare ad un certo punto, ma sono riuscita a bloccarla... So quanto ci tenevi Olly, sono felice per te.” 
 
 
Bella inarcò un sopracciglio, spostando brevemente lo sgaurdo da Ingrid ad Oliver prima di sorridere e girare sui tacchi, facendo per allontanarsi:
 
“Bene... io devo andare, vi lascio soli.” 
 
“Andare? A fare cosa?” 
 
“Ho promesso a Brianna che l'avrei tenuta aggiornata sull’esito... se non le scrivo mi farà arrivare una Strillettera, con ogni probabilità. Ci vediamo dopo!” 
 
Senza neanche voltarsi indietro la rossa alzò una mano, rivolgendo un saluto ai due prima di dileguarsi, sparendo tra la calca di studenti che erano scesi sul campo per complimentarsi con i vincitori o consolare i Serpeverde. 
 
Ingrid e Oliver rimasero interdetti per un attimo dall’improvvisa scomparsa della Caposcuola, finché la bionda non si voltò verso il ragazzo:
 
“Sbaglio o se l’è filata?” 
 
“No, non sbagli. Chissà cosa le passa per la testa... ma ora andiamo, ho una Coppa da ritirare!”  Oliver sorrise, prendendo la ragazza sottobraccio per poi trascinarsela dietro per raggiungere Dippet e gli altri insegnanti insieme a lei, imitato da tutti i compagni di squadra. 
 
 
 
“Che facce da funerale... mi dispiace! Ho incrociato Antares prima, non sembrava molto allegro... Vuoi un abbraccio?” 
 
Altair annuì senza dire niente alle parole della sorella, che lo abbracciò quasi a volerlo consolare, mentre Imogen si tratteneva e cercava con tutta se stessa di non ridere: per quanto le dispiacesse che Abraxas avesse perso, non riusciva a non trovarlo divertente con quell’espressione sconsolata stampata in faccia, infinitamente diversa dal suo solito cipiglio impassibile. 
 
“Andiamo Abraxas, non è la fine del mondo... è solo una partita!” 
 
“Parla per TE Imogen... tu non ti dovrai sorbire le prese in giro da parte dei Grifondoro fino alla fine dell'anno... come accidenti farò a sopportare Maximilian Shacklebolt ora? Malfoy, ti devi vergognare!” 
 
Imogen si voltò verso la fonte della voce, sospirando nel trovarsi davanti Ariadne Shafiq, che osservava il suo amico d’infanzia con aria decisamente contrariata.
 
“Ariadne, non cominciare e lasciami in pace! Imogen, dille qualcosa!” 
 
“Cosa vuoi che le dica, sei tu che la conosci da quando portavate il pannolino!” 
 
 
La Corvonero roteò gli occhi chiari, preferendo come sempre stare fuori dai battibecchi dei due Serpeverde. Cassiopea invece rise, facendo cenno all’amica di seguirla e di lasciare i verde-argento a crogiolarsi nel dolore della sconfitta... o in alternativa lasciare che Ariadne e Abraxas si scannassero sotto la supervisione di Altair.
                                                                               

                                                                            *


“Eccovi qui... allora, chi ha vinto?”   Charlotte si voltò, sorridendo mentre Lyanna, Regan e William entravano in Aula Insegnanti. La prima sorrideva, mentre invece Regan non sembrava particolarmente allegro mentre si lasciava scivolare su una sedia, sbuffando:

“Indovina...” 

“Beh, dopo che Serpeverde ha battuto Corvonero non posso esserne dispiaciuta... povero Reg però. Immagino che anche Lumacorno abbia il cuore a pezzi.” 

Charlotte sorrise con aria divertita, immaginandosi l’insegnante di umore nero per aver perso l'opportunità di tenere la Coppa nel suo ufficio per un anno intero. Lyanna annuì alle parole della collega, sorridendo leggermente:

“In effetti non era molto felice... invece avresti dovuto vedere Silente, ti sei persa un tifoso accanito!” 

“In effetti sembrava più convinto lui di molti studenti... ma è sempre stato così o è una cosa recente?” 

“Non saprei Will, non ci ho mai fatto caso... ma recentemente mi sono resa conto che quell'uomo è assolutamente imprevedibile.” 


                                                                              *


“Non ti ho visto per tutto il pomeriggio... dove ti eri cacciato?” 

“Non avevo molta voglia di chiacchierare, tutto qui.” 

Antares si strinse nelle spalle, continuando a scrivere il suo tema per Pozioni mentre Altair si sedeva accanto a lui, intuendo che al cugino non andasse per niente di parlare di partite, Coppe o Grifondoro. 

“Scusami se te lo chiedo Ant, ma che ci fai qui? È domenica sera... non dovresti essere a zonzo per i corridoi adesso?” 

Altair inarcò un sopracciglio, guardando il cugino smettere di scrivere e sfoggiare un lieve sorrisetto, alzando lo sgaurdo su di lui:

“Si... in teoria si. Ma potrei aver... relegato qualcuno al mio posto.” 

“E come avresti fatto?” 

“Diciamo che potrei aver richiesto a Silente un cambio in virtù della mia influenza appena passata...” 

Antares sorrise con leggera soddisfazione mentre Altair rideva, perfettamente consapevole che il cugino stesse benissimo già da un paio di giorni... e probabilmente in quello stesso momento una rossa lo stava maledicendo in tutte le lingue del mondo, oltre a pianificare un modo per ucciderlo. 

Poteva anche aver perso contro Grifondoro... ma l'aver vinto contro Bella Burton era comunque una bella soddisfazione. 
















..........................................................................................................
Angolo Autrice:

Buon pomeriggio! Inizio col fare gli auguri ad una matta che mi sopporta già da un po’, partecipando a più di una mia storia...
BUON COMPLEANNO BEA!!!
*lancia coriandoli*

Spero davvero che il capitolo ti sia piaciuto, auguri ancora! <3

Detto ciò, grazie per i voti per la partita... Mi spiace per chi tifava per Serpeverde, ma temo che Silente si terrà la Coppa stretta nel suo ufficio per un bel po’. 


Non so di preciso quando aggiornerò, ma nei prossimi giorni non avrò molto da fare quindi potrei spuntarmene fuori domenica, molto probabilmente... si vedrà, un bacio e a presto! 

Signorina Granger 

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Capitolo 23
*** Raccontarsi (Parte I) ***


Capitolo 22: Raccontarsi (Parte I)
 
Giovedì 1 Aprile 
 
Stai alla larga da me
 
Era consapevole che Lumacorno stesse blaterando qualcosa sulla Pozione Polisucco, ma non lo stava ascoltando… era troppo concentrato sull’insetto che, non si sapeva come, si era infilato nei Sotterranei fino all’aula di Pozioni.
Antares Black sprofondò nella sedia, desiderando ardentemente di sparire nel nulla mentre seguiva nervosamente gli spostamenti di quella maledetta vespa che ronzava sopra le loro teste.  
Non era l’unico ad essersene accorto, ma Lumacorno non sembrava farci molto caso… Antares invece moriva dalla voglia di scappare dall’aula, e in fretta.
 
No, non venire qui! Vai di là!
 
Antares sbuffò, continuando a fissare nervosamente la vespa… aveva la sensazione che ce l’avesse proprio con lui, chissà perché. 
Quando poi l’insetto si abbassò e fece per planare sui banchi il Serpeverde fece quasi schizzare la mano in aria, attirando l’attenzione dell’insegnante: 
“Si Black?”
“Signore… posso andare in bagno?” 
“Certo, vai pure.” 
 
Lumacorno annuì con fare sbrigativo prima di riprendere a parlare, mentre il ragazzo sorrideva con sollievo e si alzava, ignorando le risatine di suo cugino mentre quasi correva fuori dalla stanza, alla larga dalla vespa.
 
“Non so perché, ma ho la sensazione che Black se la stesse filando… non ti ha dato quest’impressione?” 
“Non saprei.”     Bella si strinse nelle spalle con noncuranza, continuando a tenere gli occhi chiari puntati sulla pergamena mentre scriveva in fretta per stare al passo con la parlantina di Lumacorno. Oliver però inarcò un sopracciglio, guardandola quasi con aria sospettosa:
“Bella… a me non la dai a bere. Che hai fatto?”
 
“Assolutamente niente!”     Isabella alzò lo sguardo per puntarlo sull’amico, sorridendo a mo’ di angioletto innocente…. Peccato che ormai Oliver Miller non si facesse più ingannare da quel visino da bambola:
“Bella.”
 
“Andiamo, è il Primo d’Aprile… è lecito! Così impara il signorino Black a filarsela con i sotterfugi di fronte ai turni.” 
Bella sorrise con lieve soddisfazione, alzando lo sguardo sulla vespa che ronzava sopra le loro teste… se solo Antares Black avesse saputo che era finta…
 
                                                                                           *

 
“Notizie della mamma?” 
 
Ingrid esitò per un attimo prima di scuotere il capo, sospirando leggermente di fronte alla domanda della sorellina Astrid:
 
“No... o almeno, niente di rilevante. Non credo stia migliorando, piccoletta.”  
“Grazie per dirmi le cose Ingrid... papà non voleva mai dirmi niente, dice che sono “troppo piccola”.” 
“Sciocchezze, non sei piccola... e non credo sarebbe giusto tenerti all’oscuro di quello che succede alla nostra famiglia. Chissà come sta papà...”  
Ingrid sospirò, appoggiando il capo contro quello della sorella minore mentre stavano sedute una accanto all'altra, sulla riva del Lago Nero. 
Tra le due calò il silenzio per un po’, mentre entrambe osservavano il Lago e pensavano ai loro genitori, lontani sia tra loro due che rispetto alle figlie.  
“Almeno della mamma possiamo avere notizie... con papà è diverso.” 
 
“Sono sicura che sapremo presto come sta, Astrid... anzi, te lo prometto. Anche io vorrei scrivergli, ma se non lo facciamo è solo per il suo bene, potrebbero intercettare le lettere facilmente.” 
La Tassorosso annuì, anche se non sembrava molto convinta dalle parole della sorella maggiore, che però sorrise e l’abbracciò, facendole il solletico:
 
‘Ma ora levati quel muso lungo, infondo hai ancora la tua strepitosa sorellina, non ti puoi certo lamentare!”  
“Sul “strepitosa” avrei da ribattere, veramente... ahia!” 
 
                                                                               *
 
“Ciao… Ti va di giocare? Lyanna sta preparando la sua lezione e Regan chiacchiera con Silente.” 
William sfoggiò un sorriso innocente, che venne accolto con una buona dose di scetticismo dalla sua destinataria, che si chiuse la porta della stanza alle spalle mentre si guardava intorno con aria sospettosa, quasi come se fosse certa che ci fosse qualcosa ad aspettarla dietro ogni angolo.
Gli occhi verdissimi di Charlotte vagarono dal camino spento, all’armadio chiuso, alle poltroncine fino al tavolo dove il suo collega preferito era seduto, guardandola quasi con leggero divertimento mentre teneva il mazzo da gioco in mano: 
“Che c’è Charlotte? Paura di perdere?”
“Certo che no. Mi preoccupa di più quello che qualcuno potrebbe aver architettato per farsi quattro risate a mio discapito.”
 
La donna lo fulminò con lo sguardo, raggiungendolo e sedendosi di fronte a lui – ma solo dopo aver controllato sotto al cuscino della sedia – con la stessa espressione scettica stampata in faccia: 
“Andiamo Charlotte… pensi davvero che ti abbia fatto uno scherzo?”
“Dopo quello dei mantelli, non mi stupirebbe.”

 
La donna roteò gli occhi e lui sorrise, scuotendo il capo mentre il mazzo si auto-mescolava magicamente:
 
“Giuro che non ti spaventerò… non ti voglio traumatizzare prima di giocare a carte, non mi piace vincere facile.” 
“Bene. Hai trovato pane per i tuoi denti allora… perché a me piace vincere e basta.”
 
                                                                              *
 
“Ehi... ti sei nascosto perché temi che qualcuno possa farti uno scherzo?” 
Oliver quasi sussultò, voltandosi di scatto ma sorridendo leggermente nel trovarsi davanti Bella, rilassandosi all’istante: 
“Non proprio... volevo solo stare un po’ da solo.” 
“Devo andare o posso farti compagnia?”  
“No, in quanto mia suggeritrice ufficiale sei ammessa.... non è che hai un piano per farmi uno scherzo, vero?” 
 
“Tranquillo, non è mia intenzione.” Bella sorrise innocentemente, andando invece a sedersi accanto a lui, sul bordo della piscina vuota del Bagno dei Prefetti.  
“A cosa stai pensando?” 
“A niente...”  Oliver si strinse nelle spalle, giocherellando distrattamente con la cravatta rossa-oro mentre Isabella sbuffava, lanciando all’amico un’occhiata di sbieco:
 
“Certo, e io sono la Dama Grigia. Quando vogliamo stare da soli abbiamo sempre qualcosa per la testa Olly... andiamo, cosa c'è che non puoi dire a me?” 
 
“Pensavo a quando abbiamo parlato con Ingrid oggi... a quando ha nominato Ethan." 
Tra i due calò il silenzio per qualche istante, mentre Oliver si ostinava a tenere lo sguardo basso, fisso sulla sua cravatta che teneva ancora tra le dita mentre Bella rimuginava su quanto sentito, ricordando anche troppo bene quanto di cattivo umore fosse stato l'amico quando Ethan se n'era andato, non tornando ad Hogwarts per il settimo anno.
 
“Glie l'hai detto?” 
“A Ingrid? No... una volta mi ha chiesto se lo conoscevo, sapendo che aveva studiato qui. Le ho detto di sì, ma non che eravamo amici.”  
“Vi scrivete mai?” 
“No, ma gli ho detto io di non farlo... probabilmente è meglio così.”   Oliver sbuffò appena, lanciando un'occhiata torva alla vetrata del bagno, dove la sirena dai capelli rossicci li stava osservando con curiosità. 
 
“Lo so che ti manca Olly... lo so anche troppo bene, ad inizio anno eri più musone che mai. Ma credo che dovresti lasciar perdere questa storia, anche se mi rendo conto che dev’essere frustrante.” 
“Certo che lo è. I Purosangue sono degli imbecilli. Senza offesa.”  
“Nessuna offesa tesoro, lo so benissimo... mio padre non è molto meglio di quello di Ethan, sai? Insomma, se si fosse mai curato minimamente di me credo che anche lui avrebbe protestato se fossi diventata molto amica di in Nato Babbano. Il Signor Gallagher è un vecchio bigotto Olly, lascia stare... e lo sa anche Ethan, lo sai che disprezza la sua famiglia.” 
 
Oliver annuì, ricordando chiaramente tutte le volte in cui, nel corso degli anni, aveva sentito il suo migliore amico parlare della sua famiglia, di quanto secondo lui fossero fissato con la questione del Sangue... ai suoi genitori non era mai andato giù che fosse amico di un Nato Babbano. 
“Tu lo senti mai?”  
“Ogni tanto... mi ha chiesto di terrei d'occhio, in effetti.”   Isabella sorrise con aria divertita, già immaginando la reazione del Grifondoro che non tardò ad arrivare: Oliver si voltò verso la rossa, guardandola con gli occhi fuori dalle orbite: 
“E me lo dici solo ORA? Siamo ad Aprile! Aspetta... è un Pesce d’Aprile?” 
“Forse sì, forse no... non lo saprai mai, Miller!”  
Isabella rise, alzandosi e mettendosi di nuovo in piedi prima di trotterellare fuori dal Bagno dei Prefetti, seguita immediatamente dal Grifondoro:
 
“Bella, aspetta! Se tu e Ethan parlate di me me lo devi dire, capito? BURTON, DOVE CORRI, SONO PIÙ VELOCE DI TE!”  

                                                                             *
 
“Il peso della conoscenza mi opprime...”
“Lo dici a me? Non mi sento più le braccia.” 
 
Jane sospirò, appoggiando i libri di Pozioni sul tavolo con aria sconsolata: e lei che ad inizio anno si era messa a saltellare allegramente quando Lumacorno aveva annunciato che avrebbero preparato alcune tra le pozioni più importanti nel programma in vista dei M.A.G.O.... ora che aveva un’infinita relazione da scrivere sulla Pozione Polisucco, era molto meno felice.  
“Io volevo portarli al posto tuo, ma mi hai guardata con la faccia da “Dante smettila di trattarmi come una bambina, posso fare da sola!” E ho preferito stare alla larga.” 
 
Dante sorrise con aria innocente, cercando di non ridere di fronte allo sguardo seccato della ragazza, che prese posto al tavolo borbottando che lei non aveva quella vocetta che lui ostinava a sfoggiare quando le faceva il verso. 
 
“Ok, la smetto di prenderti in giro... farò il bravo, dobbiamo fare i compiti prima di Medimagia.” 
 
“Ma se ogni volta ti scrivo io metà della relazione...” 
“Solo perché sei il mio tesoro e non vuoi che io mi prenda indietro con i compiti, vero zuccherino?” 
“Approfittatore.” 
“Che carina che sei quando mi rimproveri!” 
“Guarda che ho un libro di 1000 pagine in mano.” 
“Sciocchezze, non riusciresti mai a darmelo in testa, non lo potresti sollevare abbastanza in alto.”  
“Vuoi mettermi alla prova?” 
 
Jane sbuffò appena, girando le pagine del libro con aria torva, parlando con un tono tagliente e quasi seccato... e al sentire quelle parole combinate a quel tono Da te inarcò un sopracciglio, guardandola quasi con aria sospettosa:
 
“Jane… non hai fatto colazione, vero?” 
“No... a Lizzy non è suonata la sveglia, abbiamo fatto tardi... e non ci vedo più dalla fame.” 
 
Jane gemette, appoggiando la testa sul libro e perdendo definitamente la forza di fare i compiti, rimpiangendo la colazione che non aveva avuto il tempo di fare. 
A quelle parole Dante sbuffò sonoramente, mettendosi immediatamente in quella che la ragazza chiamava “mamma orsa” e parlando con tono seccato:
“Jane, te lo dico sempre che devi mangiare... Altrimenti poi diventi intrattabile e non sei più dolce e carina come al solito! E poi secondo me sei troppo magra.”
 
“Grazie tante...” 
“Vado a prenderti qualcosa da mangiare... torno subito.” 
“La Jones ti ucciderà.” 
“Sciocchezze, mi adora!”     Dante sorrise, ma non fece in tempo a sparire dietro uno scaffale che la voce della suddetta Bibliotecaria giunse alle loro orecchie, di certo attratta dal timbro inconfondibile del ragazzo:
“JULIUS, TU NON PORTERAI CIBO QUI DENTRO FINCHÉ IO SARÒ VIVA, HAI CAPITO BENE?” 
 
Jane soffocò una risata mentre Dante se la dava a gambe, con la Bibliotecaria ben poco allegra alle calcagna: altro che adorarlo, probabilmente Eloise Jones faceva il segno della croce ogni volta in cui Dante Julius metteva piede in Biblioteca...
 
                                                                                 *
 
“Interessante scelta.”  
 
Oliver sfoggiò una smorfia, sentendosi raggelare prima di voltarsi, alzando letalmente lo sguardo sulla donna che si era fermata accanto al suo banco, osservando quello che lui e Dante stavano facendo.  
Lyanna però non stava guardando lui o il compagno di banco, aveva invece gli occhi scuri fissi sul banco, in particolare sul rotolo di pergamena appoggiato davanti ad Oliver. 
La mano della donna andò a sfiorare la pergamena, indicando uno spazio ancora vuoto sulla griglia del Tris:
 
“Io avrei messo il cerchio lì... così lo blocchi da entrambe le parti.” 
 
“Ah... grazie.” 
“Figurati.” 
Lyanna sorrise quasi allegramente prima di superarli, avvicinandosi di nuovo alla cattedra mentre i due Grifondoro la seguivano con lo sguardo, gli occhi fuori dalle orbite:
“Pazzesco. Lumacorno ci avrebbe uccisi.” 
“Decisamente... comunque io seguo il suo consiglio... beccati questa Julius!” 
 
Oliver sorrise con aria trionfante mentre invece il compagno sbuffava... ma nessuno dei due ebbe il tempo di dire altro, perché la voce di Lyanna lo fece bloccare:
 
“D'accordo ragazzi... spero davvero che oggi abbiate scritto quello che ho detto, perché giovedì prossimo farete una verifica.” 
Lyanna sorrise amorevolmente, soffermandosi casualmente con lo sguardo su due certi Grifondoro che per poco non svennero, diventando immediatamente pallidi:
 
Porca Morgana... tu hai scritto qualcosa?” 
“No, ero troppo impegnato a giocare... merda.” 
 
Dante piegò le labbra in una smorfia e per qualche istante i due restarono in silenzio, mentre ognuno pensava la stessa cosa... poi si voltarono in perfetta sincronia verso il banco dietro al loro, sfoggiando due sorrisi angelici:
 
Bella... lo sai che ti vogliamo bene, vero?” 
“Davvero? Io invece no, approfittatori.” 
 
Isabella sbuffò, incrociando le braccia al petto e fulminando i due Grifondoro con lo sguardo, mentre Jane ridacchiava, seduta accanto a lei:
“Tranquilli ragazzi... magari era uno scherzo!” 
“Giusto... prof, era un Pesce d’Aprile, vero?” 
 
Dante alzò la mano, sfoggiando un sorriso a metà tra il speranzoso e il nervoso che venne ricambiato dall’insegnante, che annuì con un lieve cenno del capo:
“Si Dante, scherzavo... volevo vedere le vostre facce terrorizzate e capire cosa si prova a mettere gli studenti nel panico.” 
 
“Meno male… ho perso due anni di vita.” 
Dante sorrise con sollievo, abbandonandosi allo schienale della sedia mentre anche Oliver esultava mentalmente... ma quando Lyanna era praticamente sul punto di uscire dall'aula si voltò verso gli studenti, sfoggiando un sorrisetto divertito:
 
“Anzi no. Questo era il Pesce d’Aprile... mi raccomando, studiate!” 
 
L'ultima cosa che Lyanna Goblets vide furono le mascelle dei ragazzi che sfioravano il pavimento di pietra, poi se la diede letteralmente a gambe, impedendo loro di sollevare qualunque protesta. 
 
 
                                                                                  *
 
 
“Avreste dovuto vedere le vostre facce quando avete sentito la parola “verifica”, siete diventati pallidissimi!”   Ingrid rise mene camminava lungo il corridoio in compagnia di Bella, Jane, Oliver e Dante... e gli ultimi due avevano due perfette facce da funerale.
 
“Perché non si può tornare indietro nel tempo? Bella ti prego... ti prometto che non te lo chiederò mai più!” 
 
“Non ci credo neanche un po’ Olly, perdonami... Ma perché non li chiedete a Jane o a Ingrid invece che sempre a me?” 
 
“Beh, perché siamo assolutamente certi che tu abbia scritto proprio tutto! Senza offesa, ragazze...” 
 
Dante sorrise in direzione di Jane e Ingrid prima di tornare a rivolgersi alla Corvonero, guardandola quasi con aria implorante in compagnia di Oliver. Dopo un attimo di esitazione la rossa sbuffò, annuendo leggermente mentre apriva la borsa:
 
“Va bene, ma solo perché di sicuro mi dareste il tormento per l'eternità... tenete. E vi ordino di prendere un bel voto.” 
 
"Sissignora!" 
 
Oliver sfoggiò un sorriso allegro mentre prendeva gli appunti dell'amica, che roteò gli occhi chiari mentre borbottava che prima o poi avrebbe iniziato a farsi pagare per dispensare in giro i compiti. 
 
In effetti la rossa stava per allontanarsi nel corridoio quando si bloccò, scorgendo qualcosa appollaiato sulla spalla di Dante: 
 
“D-Dante...” 
 
“Come mai quella faccia Bella? Bluff, ciao! Eccoti qui, non ti vedo da un po’!” 
 
Dante sorrise, alzando una mano per accarezzare la testa squamosa del camaleonte che si era appollaiato sulla sua spalla, gli enormi occhi fissi su un’Isabella improvvisamente pallidissima:
 
“Oddio, perché mi fissa? È inquietante... oddio, non mi vuole mordere vero?” 
 
“Si, può darsi. Gli stanno antipatiche le persone dai capelli rossi. Vuoi tenerlo?” 
 
Dante sfoggiò un sorrisetto, prendendo il camaleonte e porgendole alla Corvonero, che come da manuale indietreggiò scuotendo il capo, deglutendo a fatica:
 
Tienilo lontano da me... oddio, ma perché mi fissa?” 
 
“Te l'ho detto, odia i capelli rossi.”   Dante sorrise con cipiglio divertito, mentre invece Jane sbuffava e lo fulminava con lo sguardo, intimandogli silenziosamente di smetterla di fare l’idiota e di terrorizzare apposta Bella. 
 
Quando poi Bluff divenne dello stesso colore dei capelli della ragazza e le mostrò la sottilissima lingua biforcuta Bella giro sui tacchi, borbottando che i Rettili non potevano essere animali da compagnia mentre se la dava a gambe lungo il corridoio.
 
“Dante, sei un cretino! Lo sai che odia i rettili, cosa le vai a dire dei capelli rossi!” 
 
“Ed dai, scherzavo... è pur sempre il primo di Aprile, no? E poi glie l'ho detto mille volte, Bluff è buonissimo... vero?”   Dante sorrise, rimettendosi l'animale sulla spalla come faceva spesso e volentieri, lasciando che il camaleonte diventasse nero e rosso, mimetizzandosi con la divisa del suo proprietario. 
Sapendo di non poter obbiettare Jane si limitò a scuotere il capo, prendendo il ragazzo per un braccio per andare insieme a lui verso la Sala Grande per la cena, con Ingrid e Olly che ancora sghignazzavano per la reazione di Isabella di fronte al camaleonte:
“Povera Bella, li odia proprio!” 
 
“Decisamente... ricordo che una volta suo fratello le fece uno scherzo con un serpente finto, lei non gli parlò per una settimana intera.” 
 
Oliver sorrise mentre percorreva il corridoio semi-buio insieme alla Corvonero, ricordando il muso che l’allora dodicenne Isabella Burton aveva tenuto al fratello maggiore per giorni.
 
“Ieri ero nella Sala dei Trofei, stavo curiosando in giro per il castello... ho visto che c'è una targa con il nome di Nicholas... è dell'anno in cui è morto, perché glie l'hanno data?” 
 
“Immagino sia stata una specie di commemorazione... sai, Nicholas Burton piaceva praticamente a tutti, ed era anche Caposcuola. Quando è morto si è sentito, poco ma sicuro.”  
“Sembra che qui nessuno sia quello che sembra... com’è che abbiamo tutti qualcosa di cui non voglia parlare? Bella e suo fratello, Jane e suo padre – sì, me l'ha accennato – Dante e il suo... problemino. Tu hai qualcosa da nascondere, Olly?” 
“No... io sono un libro aperto.” 
 
“E allora perché te la sei data a gambe quando ho nominato Ethan Gallagher? E Bella si è cucita la bocca alla velocità della luce... L’ho conosciuto ed è un ragazzo simpatico, un po’ fuori dalle righe. Ce lo vedrei come tuo amico.” 
“Lo eravamo, infatti... siamo diventati amici al primo anno, anche a lui piaceva molto il Quidditch... piace. Ma credo che tu sappia come funzionano queste cose, a non tutti i Purosangue piacciamo noi Nati Babbani. Lui non si fa questi problemi, ma la sua famiglia si. Credo che suo padre l'abbia voluto trasferire a Durmstrang proprio per questo, qui coltivava “amicizie poco accettabili”.” 
 
Oliver sfoggiò una smorfia, ricordando la lettera che gli aveva scritto Ethan diversi mesi prima, spiegandogli perché non sarebbe tornato ad Hogwarts per l'ultimo anno di scuola. Ingrid però gli sorrise dolcemente, accarezzandogli il braccio:
 
“Non conosco suo padre, ma è per forza un idiota. Se ti avesse conosciuto la penserebbe diversamente, sei un Nato Babbano ma sei una bellissima persona.” 
Ingrid gli sorrise e Oliver ricambiò leggermente, certo che fosse sincera e che non glielo stesse dicendo solo per tirarlo su di morale. Dopo un attimo di silenzio però il Grifondoro parlò di nuovo, riallacciandosi al discorso della ragazza:
 
“Dicevi che qui hanno tutti qualcosa di cui non vogliono parlare... e tu Ingrid? Che cos'è che non ci dici?” 
 
“È ora di cena Olly, muoviti.”  
“Tanto prima o poi me lo dirai... stanne certa.” 

 
                                                                             *
 
“Fatemi-passare-devo-allontanarmi-da-questo-piano-per-favore-spostatevi!”
 
Non era possibile. Ci aveva messo un quarto d’ora a convincere quel branco di dodicenni a procedere con ordine senza calpestarsi l’un l’altro… Ed ecco che arrivava qualcuno a scombinare tutto il suo duro lavoro. Antares Black si voltò, cercando con lo sguardo chi fosse la causa di quel trambusto… e con somma sorpresa si rese conto di conoscerla molto bene:
 
“Ma che cavolo… Burton, cosa fai?” 
Antares sbuffò, inarcando un sopracciglio mentre abbassava lo sguardo sul tornado dai capelli rossi che stava creando scompiglio per tutto il corridoio, zigzando tra gli studenti per filarsela dal piano e correre in Sala Grande:
 
“Ah, ciao Black… Non lo vedi, cerco di passare!”
 
“Beh, aspetta un attimo, lo sai che a quest’ora c’è il pienone sulle scale… ma hai così fame?”
“No, devo solo stare lontana da Dante Julius e dal suo… animaletto."
 
Isabella piegò le labbra in una smorfia, rabbrividendo all’idea di trovarsi nei paraggi di quella cosa dagli occhi enormi che la fissavano con aria poco rassicurante… per quanto Dante si ostinasse a dire che fosse innocuo, lei continuava a non poterlo sopportare.


“Ah certo, il camaleonte… hai paura dei rettili, Bella?”        Il Serpeverde sorrise con leggero divertimento, osservando la ragazza anche se conosceva già la risposta alla sua domanda. Come da manuale la Corvonero sbuffò, rivolgendogli n’occhiataccia prima di parlare:
 
“Oh, taci… Tu sei scappato dall’aula di Pozioni per colpa di quella vespa, non negarlo!”
 
“E’ DIVERSO. Quelle… pungono. E fanno male!”      
“Io sono del parere che anche i Camaleonti non sono così innocenti… insomma, è impossibile che siano sempre immobili! Nascondono qualcosa…”
“Oh, certo. Sono sicuro che hanno un piano per conquistare il mondo… e a quel punto daranno la caccia alle nanette dai capelli color carota. Coraggio Burton, piantala con le cavolate a vai a cenare, a stomaco vuoto ragioni poco.”
 
“Non mi trattare come un cagnolino! E NANETTA LO DICI A TUA SORELLA!”
 
“Sono figlio unico.”
“Allora a tua cugina! Anzi no, Cassy non è bassa… beh, a qualunque membro della tua famiglia!”

 
Isabella sbuffò, incrociando le braccia al petto con aria offesa e accorgendosi solo in quel momento che metà degli studenti che li circondavano li stavano fissando con leggera curiosità:
“Beh, che avete da guardare? Il cabaret Burton-Black è finito… andate a mangiare!”
 
 
                                                                                       *

 
“Questa volta ti batto.” 
 
“Beh, la speranza è pur sempre l'ultima a morire.” 
 
 Charlotte sfoggiò un sorriso angelico che le fece guadagnare un’occhiataccia da parte di William, che sbuffò leggermente prima di tornare a guardare le carte che teneva in mano: insomma, aveva pur sempre una Scala a Colore di Picche... era praticamente impossibile che Charlotte potesse batterlo ancora una volta. 
“Ok Will... vediamo che hai. Vedo.” 
 
Will appoggiò le carte sul tavolo a ventaglio, incrociando le braccia al petto senza smettere di guardarla quasi a volerla sfidare di avere una combinazione migliore della sua. 
Gli occhi verdi dell’Auror indugiarono su tutte e cinque le carte prima di guardare il collega, restando impassibile:
 
“Scala a Colore? È il secondo punteggio più alto.” 
“Lo so. Vedo.”   Will sorrise, sentendosi già arrivato al traguardo mentre Charlotte guardava le sue carte, parlando di nuovo:
“Vediamo se hai fatto i compiti Cavendish… Qual è il punteggio più alto?” 
 
“La Scala Reale.” 
“E sai dirmi qual è il seme con più valore?”
 
“I cuori...” Will inclinò le labbra in una smorfia, già prevedendo cosa stesse per vedere: a meno che non stesse bluffando spudoratamente, lo stava per battere di nuovo. 
Charlotte invece sorrise, annuendo prima di appoggiare le carte sul tavolo a ventaglio, proprio come aveva fatto lui poco prima:
 
“Già... perciò temo proprio di non averti battuto Will... ti ho stra battuto.” 
“Non è possibile... Scala di Cuori? Secondo me tu bari Selwyn.” 
 
“No che non baro, sono semplicemente brava. Non ti piace perdere, vero Will?”   Charlotte rise mentre si alzava dalla sedia, imitata dal collega che però sbuffò:
 
“A nessuno piace perdere Charlotte, solo che molti non lo ammettono. Come fai a vincere sempre?” 
 
“È solo un gioco... e io gioco da anni, per tua sfortuna. Mi ha insegnato da piccola mio fratello, e anche lui non era mai molto felice, quando lo battevo ripetutamente. Dai, andiamo… ormai è ora di cena e siamo chiusi qui a giocare da quasi due ore.” 
Charlotte sorrise, ricordando le innumerevoli partite giocate con Sean fin da quando aveva 8 anni... e nel giro di un anno aveva iniziato a batterlo quasi perennemente, diventando più brava di lui, con grande sdegno del fratello maggiore.

 
Charlotte fece per avvicinarsi alla porta, ma la voce del collega la bloccò: dal canto suo, William aveva quasi sentito il cervello ronzargli quando l’aveva sentita nominare suo fratello… ecco che tornava sempre allo stesso punto: sai qualcosa che forse non dovresti sapere.
“Ci giochi ancora?”
“Come?”
“Con tuo fratello, intendo.”
“Perché me lo chiedi?”    Si fermò, voltandosi verso di lui e guardandolo a metà tra il confuso e il sospettoso, osservandolo stringersi leggermente nelle spalle:
 
“Così per chiedere… ho solo notato che quando parli di Sean lo fai sempre al passato.” 
 
Charlotte fece per replicare, ma le parole le morirono in bocca, consapevole che aveva ragione: del resto non avrebbe avuto senso usare il presente, visto che non c’era più.
“E’ una domanda insolita… e perché me lo chiedi proprio ora?”
 
“Sei TU che ti metti sempre sulla difensiva, Charlotte… lo fai anche ora. E’ come se avessi qualcosa di cui non vuoi parlare. Sbaglio?”
 
William inarcò un sopracciglio, restando immobile dietro alla sedia che aveva occupato fino a poco prima, tenendo le mani strette sullo schienale.   Charlotte non rispose, limitandosi a fissarlo di rimando per un istante, mentre rielaborava quanto aveva appena sentito… e al contempo le saltarono in mente anche altri scordi di conversazioni passate:
 
“Andiamo Charlotte, hai capito che intendo... so che c'è ben altro di cui preoccuparsi al momento, so quello che hai dovuto affrontare.” 
“Davvero, Will? Che cosa sai?”     

“Niente di preciso, naturalmente... ma immagino che non sia sempre facile essere un Auror, specialmente adesso. Tutto qui.” 

“Odio quando qualcuno fa il sibillino con me William. Se devi dirmi qualcosa, dilla e basta. Non nasconderti dietro ad una domanda.”         Contorse leggermente la mascella, stringendo le mani a pugno mentre teneva gli occhi fissi su William, quasi ordinandogli con lo sguardo di parlare.
“Non chiamarmi…”
“Dillo e basta.”
 
 
Will però non aprì bocca per qualche istante, esitando leggermente… e mentre sentiva il battito cardiaco accelerarle di colpo Charlotte prese una decisione: se non avrebbe parlato, avrebbe comunque fatto in modo di sapere. Ne aveva abbastanza, di persone che non le parlavano apertamente.
 
La vide portarsi una mano alla tasca interna della giacca e fece per imitarla, ma per sua sfortuna Charlotte era stata addestrata apposta per essere più veloce del suo interlocutore:
 
“Charlotte, non osare…”      
“Legilimens.”
 
                                                                                          *
 
“Ciao… sei in anticipo!”
 
“Preferisco arrivare prima, per evitare la calca di studenti nei corridoi… che giornata tetra.”
 
Regan sbuffò, voltandosi verso una delle grande finestre della Sala Grande: il cielo si era parecchio ingrigito rispetto al mattino… non sembrava affatto Primavera, in effetti.
Lyanna annuì, voltandosi a sua volta verso le vetrate:
 
“Già… è stata una giornata un po’ apatica, ma a lezione mi sono divertita. CeCe e Will?”
“Immagino che stiano arrivando… credo che abbiano passato metà del pomeriggio a sfidarsi ad un torneo di Poker all’ultimo sangue.”
Regan alzò gli occhi al cielo, tamburellando con le dita sul tavolo mentre aspettava che la cena venisse servita nella Sala ancora quasi vuota.  
“Hai convinto Will a non parlare con lei di suo fratello?” 
“Non saprei… insomma, gli ho detto cosa ne penso, ma Will fa sempre quello che vuole, alla fine.”
Il Pozionista sbuffò leggermente, sapendo che difficilmente il collega gli avrebbe dato retta… ma lui l’aveva avvertito, quindi se lo avesse trovato tagliuzzato avrebbe detto una semplice frase: “te l’avevo detto”.
 
“Tu la conosci meglio di me Reg… pensi davvero che la prenderebbe male?”
“Non lo so. La conosco da anni, ma è difficile prevedere qualcosa quando si tratta di CeCe, specialmente in questo periodo. Io credo… che non se la prenderebbe con lui, almeno non subito. Forse reagirebbe male, ma in un altro senso.”
 
Lyanna inarcò un sopracciglio, quasi a volergli chiedere a cosa si riferisse… ma Regan non aggiunse altro, tenendo gli occhi fissi sulla porta a doppia anta della Sala Grande, già aperta e in attesa di accogliere gli studenti di Hogwarts.  Ovviamente non poteva immaginare che quanto aveva detto si stesse praticamente avverando solo un paio di piani più in alto.  
 
                                                                                        *
 
“Basta.”
Con uno strattone allo stomaco Charlotte riaprì gli occhi, barcollando e trovandosi con la schiena contro la porta chiusa della stanza.
 
“Non avresti dovuto farlo.”    Will sospirò, passandosi una mano tra i capelli mentre puntava gli occhi su di lei, sollevato di essere riuscito a “farla uscire” dalla sua testa. Sfortunatamente però non faceva pratica con L’Occlumanzia da un po’, e Charlotte era riuscita a vedere quello che le interessava.
“Due mesi. Lo sai da due mesi e non me l’hai…”       L’Auror non finì la frase, chiudendo gli occhi e respirando profondamente, dicendosi di rilassarsi.
 
Conta CeCe. Conta.
“Regan diceva che l’avresti presa male. Charlotte, stai calma… Non ti voglio giudicare.”
Conta
William fece un passo verso di lei ma Charlotte scosse il capo con veemenza, tenendo lo sguardo fisso sul pavimento mentre cercava la maniglia della porta con la mano:
 
“Per favore, non ti avvicinare.”
“Charlotte, va tutto bene. Nessuno ti giudica qui.”
Avrebbe voluto contare i battiti per rilassarsi, ma erano così rapidi che non ci riusciva… quanto ai respiri, ormai quasi non li sentiva più, così come la voce di Will.
 
Deglutì a fatica, aprendo la porta mentre le pareti della stanza iniziavano a vibrare, minacciandosi di chiudersi sopra di lei.
 
Uscì in fretta dalla stanza, non volendo restare davanti a William e sotto il suo sguardo, faticando a respirare normalmente mentre appoggiava una mano sulla parete fredda. 
Per favore, non adesso
 
Possibile che non si fosse accorta di niente per settimane?
Stupida
E da quel che aveva visto nel ricordo di Will, lo sapeva che Lyanna… perché anche dopo mesi le persone continuavano a trattarla come una bomba ad orologeria?   
 
Improvvisamente le tornarono in mente i suoi genitori, il modo dubbioso e quasi preoccupato con cui l’avevano guardata, come un animale pericoloso chiuso in gabbia.  
Quasi senza rendersene conto Charlotte si lasciò scivolare sul pavimento, contro la parete del corridoio mentre le pareti s’inclinavano, facendola sentire schiacciata contro il pavimento e senza aria.
Smise di fare caso agli studenti che si erano fermati di fronte alla scena mentre la vista le si annebbiava leggermente e l’aria non ne voleva sapere di arrivare al polmoni.
 
Dopo un istante sentì due mani afferrarle le spalle e si ritrovò di nuovo davanti a Will, che la guardò restando impassibile: 
“Te l’ho detto CeCe… va tutto bene. Devi solo respirare. E’ facile… l’hai sempre fatto, perché smettere ora?”
 
“N-non…”
“Non parlare. Respira e basta.” 
 
Charlotte scosse leggermente il capo, quasi a volergli dire che non ci riusciva mentre le si inumidivano gli occhi.
Lo sapeva che era facile… però non ci riusciva lo stesso.
Ed era davvero stanca di provarci, di combattere una battaglia contri se stessa che andava avanti da mesi.
                                                       
“Sei tu il tuo peggior nemico, Charlotte… Quando avrai fatto ordine nella tua testa e nel tuo cuore, allora la smetterai di stare male e di avere attacchi di panico.”
 
E come si faceva, a fare ordine nella propria testa?  
Non lo sapeva ancora… e non aveva più voglia di provarci.
Era davvero stanca.
Deglutì, puntando gli occhi sul soffitto e trovandolo tremolante, quasi come se fosse un ologramma.  
Stanca
 
Smise di sentire le mani di Will stringerle le spalle e fece per chiudere gli occhi, trovando le palpebre improvvisamente molto pesanti.  
Aveva bisogno di riposarsi un po’…
Avrebbe voluto dormire, ma Will non sembrava della stessa opinione: lo schiaffo in pieno viso le fece aprire gli occhi di scatto, sussultando e respirando di riflesso, facendo arrivare finalmente un po’ di aria ai polmoni.
“Non addormentarti Charlotte… lo so che sei stanca, dormirai dopo… ora devi respirare, capito?”
Puntò di nuovo gli occhi sul volto del collega, che parlava con un timbro pacato e controllato… ma gli occhi castano-verdi di Will tradivano apprensione, quasi paura.  
“E’ facile CeCe… così.”    Will respirò profondamente e Charlotte lo imitò, boccheggiando leggermente ma riuscendo finalmente a respirare.
Dopo qualche istante il respiro tornò finalmente regolare e Will le sorrise, annuendo mentre le accarezzava i capelli:
 
“Visto, non era difficile...” 
Con gli occhi ancora lucidi Charlotte cercò con la mano il bavero della giacca di William, stringendo la stoffa nella mano prima di appoggiare il viso sul suo petto, parlando con un filo di voce e pronunciando un parola che di rado si sentiva uscire dalle sue labbra:

“Grazie.” 
“Non c’è di che.”  
Will le rivolse un debole sorriso e fu l’ultima cosa che Charlotte vide prima di chiudere gli occhi, perdendo i sensi mentre lui la sollevava dal pavimento, con diversi studenti ancora intorno: 

“Lo spettacolo è finito, andate a cena… e fatemi passare, per favore.” 
 
                                                                                    *
 
“Come mai tanta fretta?”
“Dopo ho la ronda, devo fare i compiti presto… vado in Biblioteca, ci vediamo dopo.” 
Bella sbuffò, sfoggiando un’espressione leggermente tetra mentre salutava Ingrid, dirigendosi senza troppa allegria verso la scalinata principale.
 
La bionda fece per dirigersi verso la sua Sala Comune ma si bloccò, fermata da una mano che le prese il braccio.
Si voltò di scatto, rilassandosi all’istante quasi si ritrovò davanti Oliver, sorridendogli leggermente:
 
“Ah, sei tu… mi hai spaventata!”
 
“Scusa, ma volevo fermarti prima che scappassi… Credo che io e te dobbiamo farci una chiacchierata.”
“A proposito di cosa?” 
“Di te, ovviamente. Te l’ho detto, non puoi fuggire sempre.”   Oliver le sorrise, ignorando l’espressione poco allegra della ragazza prima di trascinarsela dietro sulle scale, soddisfatto di averla colta alla sprovvista e di non averle dato modo di svignarsela.
 
“Oliver, devo fare i compiti!” 
“Ti prego, trova una scusa più credibile… Puoi fare di meglio, ne sono certo. Allora… perché non mi parli un po’ di te, Ingrid?”
Le sorrise ma la bionda non ricambiò, limitandosi a sbuffare con aria seccata e a guardarlo con scetticismo: 
“Non è una domanda che si dovrebbe fare quando ci si incontra e non dopo più di un mese?”
 
“Forse… ma mi sono reso conto di sapere poco e niente di te, o almeno della tua vita prima di venire in Scozia.”
Oliver le sorrise allegramente, sedendosi su una sedia e invitandola a fare lo stesso.
Sapendo di non avere vie di fuga Ingrid sospirò, obbedendo e prendendo posto sulla sedia accanto a quella del ragazzo nell’aula vuota dove l’aveva portata.
 
“Ok, mi arrendo. Sei veramente testardo, sai?”
 
 
“Credo che i Grifondoro lo siano un po’ tutti… Sai Ingrid, hai ragione: sembra che qui tutti abbiano un tallone d’Achille, qualcosa di cui non vogliono parlare… ma i segreti hanno vita molto breve ad Hogwarts e prima o poi tutti ne parliamo… non credi che sia arrivato anche il tuo turno?”

“Fingerò di sapere cosa sia questo tallone di Achille. Forse, ma io preferirei continuare a tenere la mia vita per me… non è che non mi fido di te Olly, sei la persona che ispira più fiducia che io abbia incontrato qui.” 
“Grazie! E allora cosa c’è?”
 
“Te l’ho già detto Oliver… sono venuta qui perché io e mia sorella siamo più al sicuro in Inghilterra, con Silente e tutto il resto.”
“Questo lo so… ma vorrei capire perché a Durmstrang o a casa tua, in Germania, non lo siete."
“E’ per mio padre.”           Il sussurro di Ingrid risultò appena percettibile alle orecchie del ragazzo, che non disse nulla e si limitò a guardarla, invitandola silenziosamente a continuare e a spiegarsi meglio.
 
Ingrid sospirò, abbassando lo sguardo mentre pensava ai suoi genitori, chiedendosi se dovesse parlarne finalmente con qualcuno o meno… forse l’avrebbe aiutata, dopotutto.
“Sta con Grindelwald?”
“No… no, è proprio questo il punto. Mio padre si è pubblicamente schierato contro di lui… e qui è molto diverso dal Nord, Olly… lì ci sono molte più persone che lo appoggiano.”
 
Ingrid si morse leggermente il labbro, ricordando quando lei e Astrid si erano ritrovate all’improvviso nell’ufficio di Dippet in compagnia di Silente, che era spuntato dal nulla con due enormi tazze di cioccolata calda in mano per le due giovani streghe e un sorriso rassicurante stampato in faccia.
 
“Gli è successo qualcosa?”

“Quasi. Lui sta bene, o almeno credo… non siamo in contatto, ha detto che era meglio per me e per Astrid. Papà parlava di andare via da un po’, e una notte sono spuntati due tizi poco simpatici… lui se l’è cavata, ma mia madre non ha avuto la stessa fortuna. E’ viva, ma è ancora in ospedale… non può fare praticamente niente, non da sola.”
 
 
La ragazza deglutì, pensando alla madre che non vedeva da settimane… non voleva neanche immaginare a come dovesse stare, chiusa in ospedale senza la sua famiglia accanto.
 
“Mi dispiace… Vieni qui.”    
 
Oliver sospirò, allungando le braccia mentre gli occhi chiari di Ingrid s’inumidivano leggermente, abbracciandola e sentendosi al contempo quasi in colpa per averle chiesto di parlargli.
Accidenti alla tua linguaccia, Oliver Miller
 
“Mi dispiace biondina… forse non dovevo insistere.”
 
“No… non ne aveva mia parlato con nessuno, a parte mia sorella. Forse è meglio averne parlato con qualcuno. E non chiamarmi mai più biondina, ti ricordo che ho studiato Arti Oscure.”

 
La ragazza sbuffò, parlando con tono leggermente seccato mentre invece il Grifondoro rideva, allontanandosi leggermente da lei per poterla guardare in faccia, asciugandole le guance umide con le dita:
“Eccola che si mette in modalità SS…”
 
“Olly, piantala!”  






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Angolo Autrice:

Ed eccomi con un altro maxi capitolo... e dire che l'ho persino diviso in due parti.
Beh, mi sembra di aver capito che non vi dispiacciono i capitoli lunghi, quindi tanto meglio... spero che vi sia piaciuto, grazie per le recensioni!

Non so quando aggiornerò con la seconda parte, ma di certo arriverà prima del prossimo weekend... perciò ci sentiamo in settimana!

Signorina Granger
 
 

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Capitolo 24
*** Raccontarsi (Parte II) ***


Capitolo 22: Raccontarsi (Parte II)
 
 
 
Sbuffò, continuando a camminare a passo svelto nel corridoio deserto e poco illuminato: ci aveva messo un po’, ma alla fine era riuscito a districarsi dal gregge di studenti che aveva occupato il corridoio come pecore disordinate.
 
“Andate a cena, non avete di meglio da fare?”      Alle sue parole e, soprattutto, di fronte al suo tono seccato e sbrigativo molti si erano finalmente dati una mossa, affrettandosi a lasciare il corridoio e permettendogli di passare.  Will abbassò lo sguardo senza smettere di camminare, rivolgendo un’occhiata leggermente apprensiva a Charlotte, che se ne stava pallida e immobile tra le sue braccia.
Che accidenti ti è preso, Selwyn?
Quando arrivò finalmente davanti alla porta dell’infermeria l’aprì con un piede, entrando e guardandosi nervosamente intorno alla ricerca di Madama Chips.
“E’ questo il modo di entrar- Ah, è lei… Che cosa è successo?”        La donna spuntò sul fondo della stanza, avvicinandosi quasi a passo di marcia e puntando lo sguardo dritto su Charlotte, chiedendosi cosa fosse successo ancora una volta: in quella scuola non stava mai tranquilla un attimo.
 
“Non lo so… credo che abbia avuto un attacco di panico, non respirava.”
“La metta lì, Signor Cavendish.”  

William obbedì, avvicinandosi ad un letto e appoggiandoci delicatamente Charlotte sopra prima di sedersi accanto al letto con aria risoluta, quasi a voler sfidare Madama Chips a mandarlo via: non avrebbe levato le tende finchè non si sarebbe svegliata, potevano starne certe entrambe. 
                                                                                      *

 
Quando aprì gli occhi tirò quasi un sospiro di sollievo, sorridendo leggermente nel rendersi conto di riuscire a respirare normalmente e senza alcuna difficoltà.
 
Tuttavia quella piacevole sensazione ebbe vita breve, e ben presto Charlotte si guardò intorno… accorgendosi che intorno a lei non c’era proprio un bel niente.
Era al buio, sul pavimento ruvido di una specie di stanza apparentemente vuota… fatta eccezione per lei, ovviamente.
 
“Si, in effetti non è molto carino qui… Motivo in più per darsi una mossa, non credi anche tu?”
 
Quasi perse un battito, nel sentire quella voce quasi dolorosamente familiare… era da tanto che non la sentiva, ma l’avrebbe riconosciuta tra mille anche se a volte le sembrava di averla dimenticata.
Charlotte si voltò, deglutendo alla vista di suo fratello, seduto accanto a lei. Sean si stava guardando intorno con aria quasi annoiata, ma voltandosi verso di lei le sorrise, come aveva fatto per 27 anni.
 
“Ciao Charlie… ti sono mancato?”
 

“Direi di sì… Dove siamo?”
 

“Onestamente non lo so… ma credo, ad occhio, di essere nella tua testa, in un angolo remoto della tua mente.”
 

“La scatola nera…”
 
“Come?”     Sean inarcò un sopracciglio, guardando la sorella scuotere leggermente il capo, scacciando le parole di Luisa in fretta come le erano tornate in mente:
“Niente, non importa. Piuttosto, mi dici perché ti vedo? Ti ho sognato tante volte, ma per lo più erano ricordi… questo sembra diverso.”
 
“E’ diverso, Charlie. Credo sia arrivato il momento di farmi uscire, non sei d’accordo? E’ tanto che vai avanti così.”
 

“Vorrei farlo Seannie… ma non c’è sempre un modo per scappare. Lo sappiamo entrambi.”

 

“Non ti ho insegnato niente, piccoletta? Non c’è mai niente di chiuso, Charlie… se si entra, si esce. Sempre.”
“Non sempre. Tu non sei uscito, sei rimasto bloccato dentro… Non c’è sempre una strada, se ci fosse stata l’avresti trovata.”
 
“O forse no. Mi hai sempre idealizzato molto Charlie, almeno ora devi vedere le cose per come stanno davvero… Forse non l’ho trovata, ma c’era. Infondo tu sei ancora viva, forse perché sei stata più in gamba di me.”
Sean le sorrise ma la sorella scosse il capo, abbassando lo sguardo cupo sulle sue gambe. 
“Non sono più in gamba di te Seannie… ho avuto fortuna, e tu mi hai aiutato.”

 

“E sono felice di averlo fatto, lo rifarei se potessi. Prima o poi dovrai voltare pagina Charlie, e farmi uscire dalla tua testa… Sai, non credo che sarei felice di vederti stare male, considerando che ho fatto di tutto per aiutarti.”
“Saresti?”
“Sta succedendo tutto nella tua testa sorellina, sono solo una specie di proiezione, sto dicendo quello che secondo te Sean direbbe ora. Forse non te ne rendi conto, ma infondo sai di dover andare avanti… Esci da questa bolla Charlie, fallo per tuo fratello, se non vuoi farlo per te.”
 

Sean le sorrise, sporgendosi verso di lei per darle un bacio sulla fronte, mentre Charlotte deglutiva, abbracciandolo:
 

“Mi manchi.”
“Lo so piccoletta… ma non hai più bisogno di me ormai. Vai avanti Charlotte.” 
Chiuse gli occhi, sentendo la mano del fratello accarezzarle i capelli mentre cercava di memorizzare la sua voce, non volendola dimenticare.
Eppure, sapeva che prima o poi sarebbe successo.


“Ci proverò, te lo prometto.”

 
                                                                               *

 
Venerdì 2 Aprile
 
 
Quando aprì’ gli occhi non era al buio… la luce filtrava attraverso le alte finestre ad arco, e solo guardando il soffitto della stanza sopra di lei Charlotte seppe dove si trovava. 
Perfetto… ci mancava solo questa.

 
“Beh, era anche ora. Hai dormito come un sasso per ore, stavo iniziando a considerare l’idea di buttarti un secchio d’acqua addosso.”
Si voltò, trovandosi davanti Will, seduto su una sedia accanto al letto. Malgrado il tono ironico le sorrise leggermente, come se fosse felice di vederla sveglia…. Sorriso che Charlotte non ricambiò, sospirando leggermente:
 
“Immagino, per te dev’essere stato devastante non potermi parlare per… che ore sono, esattamente?”
“Le 7. Hai dormito per quasi 12 ore di fila Charlotte, i miei complimenti.”
 
La donna sbuffò leggermente, sprofondando la faccia nel cuscino: attacco di panico nel bel mezzo di un corridoio, poi sveniva sempre nel corridoio… e poi dormiva per un’eternità. In effetti non le succedeva da un sacco di tempo di non svegliarsi neanche una volta nel cuore della notte…  
“Grandioso… ma tu come lo sai che ho dormito ininterrottamente? Sei stato qui?”    Charlotte sollevò il capo, puntando gli occhi sul suo interlocutore con un’espressione leggermente accigliata che lo fece esitare per un attimo prima di stringersi nelle spalle:
“… Certo che no. Me l’ha detto Madama Chips.”                   
“Grazie per ieri sera, ma non serviva portarmi qui. In effetti credo che dovrei andar-“
La donna fece per scostare le coperte per alzarsi, ma Will la bloccò con un’occhiataccia, intimandole silenziosamente di non muoversi:
 
“FERMA. Altrimenti Madama Chips ucciderà entrambi… e poi Regan starà arrivando per parlarti, probabilmente. Ieri sera era un fascio di nervi, poverino.”

“Ti prego, non dirmi che lo sa tutta la scuola…”
“Cosa credi, che abbia appeso dei volantini in giro? Comunque… come ti senti?”
 
“Bene. Come ho detto, posso benissimo andare… ok va bene, non serve fare quella faccia!” 
Charlotte sbuffò, incrociando le braccia al petto e guardando il collega con cipiglio leggermente seccato, facendolo sorridere con aria divertita: non era mai successo che lei lo ascoltasse, in effetti. 
 
“Ma che brava… Mi vuoi dire che ti è preso, ieri sera?”
“Non lo so. Però grazie per avermi aiutata.”         Charlotte abbassò lo sguardo sulle proprie gambe, non sapendo sinceramente come rispondere a quella domanda… e probabilmente Will stava per dire qualcos’altro ma la porta si aprì, permettendo anche a Regan di entrare: 
“CeCe! Che sollievo, sei sveglia… come stai?”
 
“Ciao Reg… bene. Ma perché resti lì? Dai, vieni!”     Charlotte inarcò un sopracciglio, notando che l’amico era rimasto a debita distanza dal suo letto, osservando prima lei e poi Will con leggera apprensione. Quest’ultimo però sembrava quasi divertito dalla cosa, ridendo sotto i baffi mentre Regan si avvicinava lentamente e tenendo il capo chino, come un bambino che va a prendersi un rimprovero:
 
“Andiamo Reg, non ti voglio ammazzare!” 
“Ah no? Perché se così fosse ti vorrei ricordare che tu e mia moglie siete anche e non vorrai farla diventare vedova, vero?”
“No, mi ucciderebbe… Will, puoi lasciarci soli per favore? Voglio fare due chiacchiere con Regan.” 
La donna spostò lo sguardo sul mago, sorridendogli amabilmente mentre invece Regan sgranava gli occhi, iniziando già a temere il peggio… probabilmente avrebbe anche pregato Will di restare, ma non ne ebbe il tempo: William gli diede una pacca sulla spalla, annuendo prima di alzarsi:
 
“Ok… Io sono qui fuori, in caso chiamatemi… Buona fortuna Reg.”
“WILL! Non mi abbandonare!” 
L’uomo sbuffò, parlando con un filo di voce ma senza ottenere alcun risultato: William gli sorrise prima di darsela quasi a gambe, lasciandoli soli nell’Infermeria deserta.
 
“Ma perché tutti pensano sempre che io li voglia ammazzare? Risulto così crudele? Voglio solo parlarti Reg, ti voglio bene anche se sei un inguaribile pettegolo!”
Charlotte sospirò, alzando gli occhi al cielo mentre appoggiava la schiena alla testiera del letto. Regan sorrise per un attimo con aria sollevata prima di tornare serio: 
“CeCe… sapevo che avresti reagito male, avevo chiesto a Will di non dirtelo… ma lui fa sempre quello che gli pare, spero solo che tu non voglia uccidermi adesso.”
 
“In effetti non me l’ha proprio… detto, diciamo che l’ho scoperto a modo mio. In ogni caso Reg, non ce l’ho con te… forse sarebbe stato meglio tenere la bocca chiusa, ma ti conosco e so che avevi le migliori intenzioni.”    Con somma sorpresa dell’uomo l’amica gli sorrise leggermente, come se non avesse DAVVERO intenzione di tenerlo a testa in giù per un’ora per fargliela pagare.
 
“Davvero? Beh, è un sollievo… insomma, lo sai che ti voglio bene! Volevo solo che non stessi male di fronte a qualche domanda scomoda, tutto qui.” 
“Lo so… e per questo ti perdono.”        Regan guardò l’amica, leggermente sorpreso dalle sue parole e dal tono calmo di Charlotte… però il suo sorriso era decisamente chiaro: la prossima volta non sarò tanto indulgente, per quanto ti voglia bene.
 
                                                                                *
 
L’erba le solleticava piacevolmente il collo e le mani, mentre se ne stava comodamente stesa sul prato, sotto il sole. Non era l’unica ad aver deciso di passare la giornata all’aria aperta visto il bel tempo, ma quasi tutti si erano sistemati sotto qualche albero in prossimità del Lago… lei invece no, le piaceva il calore del Sole.

 
“A cosa stai pensando?”
Una mano le sfiorò i capelli, accarezzandoglieli e facendola sorridere leggermente, scuotendo il capo:
 
“A niente.” 
“Per favore, ti conosco… cosa c’è?”        Dante sbuffò, girandosi su un fianco per poterla guardare in faccia, osservandola con aria inquisitoria.
 
Jane non si voltò, evitando di guardarlo mentre esitava, pensando a cosa dire… lo sapeva, lui la conosceva forse fin troppo bene.
“Niente di importante.”

 
“Una volta ho provato a nasconderti qualcosa che mi faceva stare male Jane, e sappiamo che non ha portato a nulla di buono… per favore, non fare come me.”    Dante sbuffò, guardandola con la sua faccia da cucciolo e continuando ad accarezzarle i capelli.
“Oggi… è il compleanno di mio padre.”   
 
 
Jane parlò con un filo di voce, tormentandosi le dita e tenendo gli occhi azzurri puntati sul cielo dello stesso colore, deglutendo mentre si sforzava per non piangere.  
“Non merita le tue lacrime, piccola Jane…”
 
Ricordava benissimo le parole di Dante, ma faticava a dargli retta, almeno su quel punto.
Per qualche istante il ragazzo non disse nulla prima di sospirare, prendendola delicatamente tra le braccia e dandole un bacio sulla nuca:
 
“Perché devo sempre tirarti fuori le cose con le pinze, piccola Jane? Non puoi stare sempre zitta, quando stai male.” 
“Ma proprio tu parli?”
 
“Io sono una testa di rapa, non devi imitarmi!” 
Malgrado tutto Jane rise appena, appoggiando la testa sul petto del ragazzo. Restò in silenzio per qualche istante ma poi alzò lo sguardo per poterlo guardare negli occhi, parlando a bassa voce:
 
“In teoria non mi dovrebbe mancare, lo so… però è così comunque.”
“E’ normale, era pur sempre tuo padre, non un estraneo. Prima o poi smetterai di pensarci Jane, vedrai. Impara che quando stai male devi parlarne con me, capito testona?”    Dante sbuffò, dandole un pizzicotto sul braccio e facendola sorridere di riflesso, abbracciandolo quasi con sollievo, chiudendo gli occhi:
 
“Grazie Dan.”  
“Non ho fatto niente.”
“Beh, grazie lo stesso.”
 
                                                                               *

 
“Ehy… ciao. Sono felice di vederti, visto che ieri sera continuavi a ripetere che CeCe ti avrebbe ucciso non appena sveglia. Come sta?”
 
Lyanna sorrise, chiudendo il giornale nel vedere Regan entrare in Sala Professori, trascinandosi fino alla poltrona libera: 
“Bene, o almeno così dice… Ma Charlotte direbbe di stare bene anche con una gamba rotta, quindi non fa molto testo. E’ ancora in Infermeria, credo che ci starà ancora per qualche ora…”

 
“E’ da sola?”
“No, Will è ancora lì. Credo che abbia dormito in Infermeria, in effetti.” 
Regan si lasciò cadere sulla poltrona, passandosi una mano tra i capelli lisci e come sempre leggermente spettinati, pensando alla conversazione appena avuta con l’amica.
 
Lyanna invece sfoggiò un lieve sorrisetto, assumendo quasi l’aria di chi la sa lunga prima di parlare di nuovo:
“E com’è andata? Ti ha lanciato contro qualche maledizione?”
 
“No, è stata stranamente molto calma. Non sembrava arrabbiata con me, ha detto che forse non avrei dovuto dirvelo… ma che in un certo senso mi è grata, perché sa che difficilmente lei l’avrebbe ammesso di sua spontanea volontà.” 
“Avevi le migliori intenzioni del mondo Reg, sono sicura che lo sa anche lei. Insomma, ce lo hai detto solo perché temevi che potessimo fare domande inopportune.”
“Si, glie l’ho detto… e credo che l’abbia capito. Ad un certo punto si è sporta verso di me, in un primo momento ho pensato volesse picchiarmi e invece mi ha abbracciato.”

“Sai, io penso che potrebbe farle solo bene… magari ora si deciderà a parlarne apertamente. Credo che aiuti, dire le cose ad alta voce.” 
Lyanna fece per riaprire il giornale, ma a quelle parole Regan si voltò di nuovo verso di lei, esitando per un attimo prima di parlare nuovamente:
“Tu dici?”
 
“Si, penso sia così.”
“Perché finalmente non mi dici perché sei qui, allora?”   
 
Lyanna si bloccò, tenendo il giornale a mezz’aria per un istante prima di sospirare, piegandolo e mettendolo di nuovo sulle sue ginocchia.  Tenendo lo sguardo basso fece per andare a rigirarsi la fede, come faceva sempre quando si trovava in difficoltà… Ci mise un attimo a ricordarsi che non la portava più da tempo, sentendosi per un istante a disagio, come se le mancasse qualcosa di fondamentale.    Contraendo la mascella intrecciò le mani, appoggiandosele in grembo prima di parlare di nuovo: 
“Mio marito è morto circa un anno fa, lo sai già… ha avuto un incidente. E dopo è stato… difficile. Non solo emotivamente, ma anche… economicamente. Ad inizio Gennaio Dippet mi ha scritto e ho subito accettato… infondo, adoravo stare qui. E gli ultimi mesi sono stati senza dubbio i migliori, rispetto all’anno passato. Da quando sono qui ci penso molto meno.”
 
“Non devi… smettere di pensarci, Lyanna. Devi solo smettere di stare male.” 
“Sai Reg, ti invidio tantissimo… quando dici che tua moglie ti manca. Anche a me manca molto, ma tu sai che la rivedrai… E non c’è niente di più bello che sapere che c’è qualcuno, a casa, che ti pensa e che ti aspetta. Non vorrei fare la melodrammatica, ma credo che tra noi quattro, tu sei l’unico ad avere questo magnifico lusso."
 
Lyanna sfoggiò un sorriso, lieve quanto amaro… e Regan non potè che annuire, perfettamente consapevole di quanto fosse felice e fortunato:
“Lo so… sono consapevole di quanto sia fortunato. Ma non dire così Lyanna, sei una persona meravigliosa, e adori la tua famiglia, ti ho visto stritolare tuo nipote in un abbraccio più volte. Sai, credo che tu sia una persona tremendamente difficile da odiare, sai senza dubbio farti voler bene dagli altri.”           Regan le sorrise, pensando sinceramente quello che le stava dicendo… in breve tempo aveva imparato a volerle bene, con il suo sorriso, il suo arrivare spesso e volentieri in ritardo quando si perdeva in giro per il castello e la sua gentilezza incondizionata.
 
“Anche tu. Lo so, senza la mia famiglia non so davvero come avrei fatto a superarlo… però a volte è stato molto difficile lo stesso. Non invidio per nulla chi non ha questa fortuna e non ha una famiglia unita come la mia, pronta a starti vicino quando soffri.”
“In teoria dovrebbero essere tutte così… sfortunatamente però, in pratica non è così.”
 
                                                                                     *
 
“Non potevamo andare in un altro bagno?”   Isabella sbuffò, dondolando nervosamente le gambe dal lavandino dove si era seduta. Ingrid sbuffò mentre si lavava le mani accanto a lei, guardando l’amica come se proprio non capisse il suo atteggiamento:
 
“Si può sapere perché scappi sempre da questo bagno? Cosa ti ha fatto?” 
“Beh… Lasciamo perdere, forse è meglio se non lo sai.”    La rossa sbuffò, piegando le labbra in una lieve smorfia: era passato un anno, ma le sembrava fosse successo il giorno prima… Mirtilla era morta proprio lì dentro, e la cosa la innervosiva leggermente.
 
“Ormai sono curiosa Bella… coraggio, che sarà mai?” 
“Ok, ma ti avevo avvertito: ricordi quando ti ho raccontato della ragazza morta, della Camera dei Segreti e tutto il resto? Beh, hanno trovato Mirtilla proprio QUI. Nessuno ci viene spesso, da allora.”
 
“Davvero? Ok, in effetti è leggermente inquietante… poverina, se penso che avrebbe l’età di mia sorella…”    Ingrid sospirò con aria malinconica, mentre invece Isabella si guardava intorno con apprensione, pregando che il fantasma di Mirtilla non comparisse da qualche angolo… il posto le piaceva già molto poco, anche senza un fantasma piagnucoloso.
 
“Sì beh, ora lo sai… possiamo andare? Mi sento strana qui!”
“Ok, andiamo… Olly e Dante ci aspettano per studiare."
Isabella sorrise, scendendo dal lavandino quasi con sollievo… e nel farlo sfiorò qualcosa inciso sul lavandino, una forma che inevitabilmente attirò la sua attenzione: un serpente.

Per l’amor del cielo, mi perseguitano!
La rossa inarcò un sopracciglio, esitando per un attimo… non se n’era mai accorta, in effetti nessuno usava quel rubinetto, che non funzionava mai.

 
“Bella? Ci sei? Non morivi dalla voglia di uscire da qui?”
 
“Si… arrivo!”   Isabella sorrise, girando sui tacchi e affrettandosi a seguirla, smettendo di pensarci… probabilmente non era niente di importante, dopotutto.
 
 
                                                                            *
 

“Mi dici a cosa stai pensando? E’ da un’eternità che te ne stai lì senza dire una parola!”
 
“Sono passati dieci minuti, Charlotte.”

L’ex Corvonero inarcò un sopracciglio prima di voltarsi verso l’orologio, non credendo alle parole di William… insomma, non potevano essere passati solo dieci minuti!
Sfortunatamente però il marchingegno confermò le parole dell’uomo, facendola sospirare con esasperazione:
 
“Oddio… Si prospetta una giornata molto lunga…”       Charlotte sbuffò, reggendo il capo con una mano mentre Will continuava a restare in silenzio, seduto accanto al letto della donna a riflettere su qualcosa a cui stava pensando da praticamente tutto il giorno… o anche dalla notte precedente, quando non si era mosso dall’Infermeria per controllare che Charlotte non smettesse all’improvviso di respirare.
 
Dopo che Regan era uscito dall’Infermeria quasi svolazzando per il sollievo di essere ancora tutto intero, Will era tornato dentro per tenere compagnia a Charlotte… o almeno così aveva detto a Madama Chips e a alla diretta interessata, ma in realtà il suo intento era principalmente di fare in modo che la donna non se la desse a gambe.

 
Trovando strano che non stesse parlando anche solo per prenderla in giro Charlotte si voltò verso di lui, guardandolo con lieve scetticismo negli occhi verdi:
 
“Sei strano oggi Will… che ti succede?”
“Niente, sto solo pensando ad una cosa. Ma anche tu hai la testa per aria.”
 
“Non rigirare la frittata! Stavo solo pensando che…”     Charlotte non finì la frase, esitando prima di sbuffare sommessamente, torturandosi le mani mentre cercava un modo per dire qualcosa a cui stava pensando già da un po’… ma non era mai stata brava a chiedere scusa.
Intanto Will la stava osservando con aria scettica, chiedendosi che cosa volesse dirgli… però per una volta era quasi piacevole vederla in difficoltà:
 
“Beh, ti volevo chiedere scusa. Per… essere entrata nella tua testa. Sono molto impulsiva, a volte non mi fermo a riflettere.”
William inarcò un sopracciglio prima di sorridere quasi allegramente, guardandola tenere lo sguardo basso con ostinazione: 
“Wow… prima mi ringrazi, poi mi chiedi scusa… Che ti succede?”
 
“Bella domanda… me lo sono chiesta mote volte. Piuttosto, mi dici perché non ti sei mai mosso da qui?”
 
“Mi assicuro che tu non scappi, sono sicuro che muori dalla voglia di uscire da qui… Senti, per ammazzare il tempo perché non mi racconti che cosa è successo a te e a tuo fratello? Non guardarmi come se fossi matto, secondo me ti aiuterebbe… non ne hai mai parlato ad alta voce, vero?”
 
“No, ma… non mi va.”    Abbassò lo sguardo, puntandolo sul lenzuolo del letto mentre piegava le gambe, avvicinandole al petto e stringendole istintivamente con le braccia.
Will le sorrise leggermente, alzandosi dalla sedia per sedersi sul letto, davanti a lei: 
“Lo immagino… ma credo che ti sarebbe utile per affrontarlo.”
 
“Ma Regan ve l’ha già…”
“Non si è soffermato su molti particolari CeCe, nemmeno lui sapeva molto… Senti, facciamo così: lo so che ti costerà, ma se accetti io ti racconto la MIA storia. Ci stai Selwyn?”      
 
Non sapeva nemmeno perché stava dicendo una cosa del genere… per un attimo si chiese se non stesse diventando matto, perché fino a poco tempo prima avrebbe riso se gli avessero detto che un giorno avrebbe pronunciato una frase simile. Vide lo stupore anche sul volto di Charlotte e si chiese se fosse la cosa giusta… in effetti non parlava mai della sua famiglia, ma forse lei avrebbe parlato più facilmente se l’avesse fatto anche lui.
 
“Non fraintendermi, muoio dalla voglia di conoscere la biografia di William Cavendish, ma…” 
“Bene, lo prendo come un sì. Possibile che ti metti a blaterare sempre? Tu non le conosci, le risposte brevi…”
 
Vale anche per te, simpaticone…”    Il borbottio sommesso di Charlotte lo fece sorridere, guardandola con lieve divertimento prima di parlare di nuovo:
“Andiamo Selwyn… non hai molto altro da fare, no? E hai la fortuna di poter passare del tempo con me, non sei felice?”
 
Sorrise con aria divertita e lei sbuffò, roteando gli occhi chiari prima di rispondere con il tono leggermente seccato che usava spesso e volentieri quando battibeccavano:

 
“Tantissimo. D’accordo Will, ma solo perché so che continuerai finché non acconsentirò… e per ringraziarti per ieri sera. Non mi piace essere in debito con le persone.”
“Non mi devi ringraziare, non potevo lasciare che passassi a miglior vita davanti ai miei occhi! Insomma, devo stare qui per altri due mesi… come mi divertirei, senza una graziosa rompiscatole da prendere in giro?”
 
Will sorrise, allungando quasi senza pensarci una mano per sfiorare quella di Charlotte. Era sicuro che l’avrebbe tirata indietro, ma con sua somma sorpresa non lo fece, esitando per un attimo prima di intrecciare le dita tra le sue.
Non sapeva neanche come gli fosse venuto in mente di proporle un simile “scambio” … non parlava mai con nessuno della sua famiglia, ma sapeva che se voleva che lei si aprisse doveva fare uno sforzo a sua volta.
 
Charlotte esitò ma poi annuì, sospirando leggermente:
“Ok… però cominci tu.”
“Ci avrei giurato. D’accordo, dopotutto l’idea è stata mia… dunque Charlotte, sai chi è mio padre?” 
“Naturale, se a scuola ti chiamavo “piccolo Lord” un motivo c’è.”
“Tanto perché tu lo sappia, ODIAVO quel soprannome!”
“Lo sapevo già. Vai avanti.”   Charlotte sorrise, inclinando leggermente il capo e facendolo sbuffare prima di continuare, le dita ancora intrecciate con quelle della donna: 
 
“Ok, ma cerca di non interrompermi… hai il potere di farmi innervosire, e non posso stare qui per ore. Comunque… beh, come sai mio padre è un Duca, ma non ho mai conosciuto mia madre. Sua Eccellenza ha fatto in modo che se ne andasse non appena sono nato… forse era Babbana, non ne ho idea, ma so che l’ha pagata per sparire. Non ho neanche mai capito perché mi ha riconosciuto, in effetti.”
Will spostò lo sguardo dal volto di Charlotte alla finestra accanto al letto, osservando il panorama quasi senza vederlo, pensando con odio a suo padre e a tutte le volte in cui si era chiesto chi fosse sua madre… ma non glie l’aveva mai voluto dire, e molto probabilmente non l’avrebbe mai fatto.
 
Charlotte dal conto suo non disse nulla, limitandosi ad ascoltarlo e consapevole di quanto probabilmente gli costasse dire quelle cose.  
“Ad ogni modo, non ho mai avuto un vero rapporto neanche con lui, mi veniva a trovare di rado e crescendo ho decisamente smesso di volerlo vedere, credo di averlo sempre odiato, infondo. Quando ero piccolo ho vissuto in una delle sue case di campagna, fino ai quattro anni… c’era una tata con me. Mi ha trasmesso più affetto lei che mio padre in 27 anni.”    William sorrise quasi senza rendersene conto, ricordando con sincero affetto i giorni passati in campagna… non era con i suoi genitori certo, ma aveva davvero voluto bene a quella donna gentile e affettuosa che gli portava ogni sera il latte con il cioccolato.
 
“Come mai veniva a trovarti poco?”
“Immagino sia stato per il mio caratterino, già da piccolo ero un bel personaggio… Non fare commenti.”
 
“Ok.”    Charlotte sfoggiò un sorriso innocente di fronte alla sua occhiata quasi minacciosa, trattenendosi dal dire qualcosa e interromperlo, permettendogli di continuare:
“Quando avevo quattro anni però mio padre mi ha tolto da quella casa, lui manda tutti i suoi figli in collegio, fino ai 18 anni… anche se ovviamente io ne sono uscito agli 11, Hogwarts è stata la mia salvezza. Detestavo stare lì, mi sentivo diverso… un po’ per la magia repressa e un po’ perché ero più intelligente degli altri.”      Will sorrise appena, facendo roteare gli occhi alla sua interlocutrice, che proprio non ce la fece a starsene zitta una seconda volta:
 
Ci mancherebbe altro…” 
“Vedo che stai tornando ad essere la stessa Charlotte di sempre molto velocemente… Bene.”
 
“Tutto merito tuo. Comunque… mi dispiace, davvero. Non dev’essere stato facile. Ora ti posso quasi perdonare per essere insopportabile.”       Charlotte sorrise, ma malgrado il tono ironico gli fu grata di averle raccontato della sua infanzia… se l’aveva fatto lui, poteva farlo anche lei. E anche se spesso e volentieri diceva di trovarlo poco simpatico, gli dispiaceva sinceramente per William Cavendish.
“E io che pensavo che saresti stata più carina dopo avermi ascoltato... Comunque non so se è stato proprio un male crescere lontano da mio padre, lo odio più di quinque altro... Ma ora tocca a te Selwyn, illuminami.”
 
“D’accordo… Ma non credo che vorrò ripeterlo, quindi ascoltami per favore.”
 
                                                                                      *

 
Jane teneva il capo appoggiato contro il vetro, rigirandosi nervosamente la bacchetta tra le dita.
Non aveva mai saltato una lezione in vita sua, ma aveva chiesto a Lizzy ed Aerin di dire a Lumacorno che non se la sentiva proprio, di andare a lezione quel pomeriggio…  e non era neanche andata a studiare con Bella, Olly, Dante e Ingrid durante un'ora buca.
Si odiava per il peso che stava dando a quel giorno… avrebbe voluto non provare niente, ma proprio non ci riusciva.
Sospirò leggermente, cercando di seguire le parole di Dante… le diceva di non pensarci, di non permettere a suo padre di farla soffrire anche ora che era morto.
 
Ci provava, ma da quando si era svegliata non la smetteva di pensarci.  
 
Pensa a qualcos’altro
Ma a cosa?
 
La Tassorosso chiuse gli occhi, costringendosi a pensare a qualcosa che la facesse sorridere e stare bene… sua madre, i suoi cugini, le sue amiche, Amos e ovviamente Dante.
Intorno a lei c’erano sempre state persone meravigliose… non era giusto permettere a suo padre di rovinarle tutto.

 
Rivisse dei momenti passati con sua madre a chiacchierare o a passeggiare, o a quando aveva insegnato a lei a e Connie a ballare, anni prima; le infinite chiacchierate con Aerin ed Elizabeth di sera, quando avrebbero dovuto dormire ma nessuna delle tre ne aveva voglia…   Rivisse i viaggi sull’Espresso per Hogwarts con Amos e Dante, le gite ad Hogsmeade insieme a loro, e quando Dan l’aveva baciata per la prima volta.
 
 Non seppe perché lo fece, ma tenendo ancora la bacchetta in mano e gli occhi chiusi mormorò le due parole che aveva già detto più di una volta… ma sempre senza risultato.
“Expecto Patronum.”
 
Quando aprì gli occhi, Jane Prewett sorrise sinceramente forse per la prima volta da quando si era svegliata… allungò una mano per sfiorare il muso d’argento del gattino Sacro di Birmania che la fissava di rimando con gli enormi occhi dello stesso colore dei suoi.
“Ciao… Sai, mi hai davvero fatto penare… però sei proprio carino, ne è valsa la pena.”

 
                                                                                   *
 
“Il 21 Dicembre, per il Solstizio, viene organizzata ogni anno una festa, è una specie di tradizione del Parlamento.  Dovevamo esserci, perché avevamo saputo dalla Germania che sarebbero state presenti persone che ci interessavano… Persone che cercavamo già da tempo, vicine ad Hitler e che molto probabilmente lo controllano per mano di Grindelwald.  A mio fratello è stato chiesto di andare ovviamente, era il migliore sotto copertura… aveva deciso di portarsi dietro anche il resto della squadra, ma a me disse di restare al Dipartimento, di non andare.”
“Perché?”
 
“Non l’avrebbe mai ammesso, ma immagino che l’abbia fatto perché temeva che potessi finire nei guai… ha sempre cercato di proteggermi, ma mi ha spesso dato fastidio, quando eravamo al lavoro. E sono solita ascoltare poco gli ordini, così sono andata lo stesso. Mi sono detta che non poteva essere peggio che restare chiusa in ufficio a girarmi i pollici e chiedermi cosa stesse succedendo dall’altra parte della città… Forse avrei dovuto ascoltarlo.” 
Charlotte sfoggiò un sorriso amaro, ripensando alle parole e agli ammonimenti del fratello, quando le aveva detto di restare al Dipartimento… ma lei non l’aveva ascoltato e aveva fatto di testa sua, come sempre.
 
Will invece non disse una parola, restando in silenzio e continuando ad osservarla, seduto sul letto davanti a lei nell’Infermeria deserta.
 
Dopo una breve pausa Charlotte si schiarì la voce, riprendendo a raccontare mentre la gola le si faceva sempre più secca man mano che andava avanti… ormai non poteva scappare per l’ennesima volta, era arrivato il momento di raccontare tutto per filo e per segno e magari anche di togliersi un grosso peso:
“Insomma, alla fine sono andata ugualmente. Per noi infiltrarci dopotutto non è certo difficile, basta confondere qualche Babbano… niente di complicato. Mio fratello era già lì e si è accorto subito che c’ero anche io… mi ha anche detto di andarmene ma non l’ho voluto ascoltare, così sono rimasta. Le persone che cercavamo, e che abbiamo continuato a cercare per mesi, sono Maghi… di certo sotto Pozione Polisucco, non avrebbero mai fatto entrare dei tedeschi ad una serata nel genere. Hanno preso le sembianze di qualche Ministro e voilà, eccoli a bere champagne in compagnia di qualche Babbano che tiene le redini del Paese.” 
“Li avete presi?”
 
“No… Sono riusciti a scappare, ma due di loro sono morti qualche settimana fa, il 20 Gennaio, quando noi inglesi abbiamo bombardato Berlino. Il terzo… beh, lo sto cercando.”
 
Charlotte contrasse la mascella, e il suo sguardo si indurì per un istante, ricordando il volto che aveva solo intravisto di sfuggita quella sera, quasi tre mesi e mezzo prima.
Di nuovo Will non aprì bocca, limitandosi ad osservarla e aspettando pazientemente che continuasse, lasciando che si prendesse i suoi tempi per non metterla a disagio.
“Beh, in ogni caso… di certo lo sapevano… si erano resi conto che avevamo avuto una soffiata, che sapevamo che erano lì sotto mentite spoglie. Ne sono usciti indenni, a differenza nostra e anche di molti Babbani. L’edificio è stato in gran parte distrutto da una bomba, e nel bel mezzo del caos hanno preso un mio collega… sono andata al suo funerale un paio di settimane fa.” 
 
“Quindi… tuo fratello è rimasto ferito dalla bomba?”
 
“Non esattamente. Non lo ricordo molto bene, è successo tutto in un attimo, e c’era davvero una confusione assurda… un attimo prima stavo pedinando Schmidt dopo averlo individuato per sbatterlo fuori a calci, lontano dai Babbani… e un attimo dopo il candelabro è crollato nel bel mezzo della sala. Lo rivedo ancora dondolare sopra la mia testa, a volte.”       Charlotte sbattè le palpebre, puntando lo sguardo davanti a sé, oltre la spalla di Will… le sembrò di rivederlo ancora una volta e un senso di nausea la pervase, portandola a desiderare di non averne mai più uno sopra.
“Ho avuto davvero fortuna, in effetti… non sono stata ferita, ma il soffitto è in parte crollato… sono morte sul colpo diverse persone, persone importanti per il Governo, in Inghilterra. Ma sai come sono fatta, io non mi arrendo facilmente… erano settimane che gli correvamo dietro come segugi, non volevo farmeli sfuggire così, da sotto al naso. Così ho cercato di inseguire uno dei tre, Schmidt... ma non ci sono riuscita. Mio fratello aveva ragione… non bisogna essere impulsivi, bisogna fermarsi e pensare anche solo per un istante. Purtroppo io non lo faccio sempre, ma Sean sì. Non sarebbe morto, probabilmente… era molto più accorto di me.”
 
Charlotte inclinò le labbra in un sorriso, ricordando tutte le volte in cui suo fratello l’aveva guardata e le aveva detto che era stata brava… ma che doveva anche imparare a riflettere di più, ad essere meno impulsiva e a non mettere le missioni o gli obbiettivi su un piano personale.
 
Mentre indugiava abbassò lo sguardo, puntando gli occhi sulla propria mano ancora stretta in quella di Will, quasi a volerla invitare a continuare.
 
“Ha cercato di aiutarti?”
“Si, purtroppo lo faceva sempre. Diceva che ognuno di noi aveva un punto debole, che tutti potevamo finire fregati da qualcosa che gli altri potevano rigirarci contro… il mio problema è l’impulsività, ma guardandomi indietro credo che il suo fossi io. Io non ero ferita gravemente, ma ci eravamo persi di vista in mezzo a tutto quel caos, gente che urlava e correva da tutte le parti, la polvere e il fumo ovunque… sono anche volati un paio di incantesimi, due miei colleghi sono stati uccisi e non sono morti a causa del crollo.”

 
“CHARLIE!”
 
Non si voltò, neanche sentendosi chiamare dalla familiare e rassicurante voce di suo fratello. Continuava ad avanzare, con la vista offuscata dalla polvere e dal fumo e il battito cardiaco accelerato. Zigzava tra le persone che correvano per uscire dall’edificio o che cercavano di trascinarsi dietro un ferito, ma non fece caso a nessuno di loro… Gli occhi della donna, per quanto lacrimanti e annebbiati, erano puntati su una figura precisa che le dava le spalle, camminando con una calma che quasi la esasperava: come poteva essere così tranquillo? Il soffitto sarebbe potuto crollare anche sopra la SUA testa, dopotutto… anche se molto probabilmente a dare l’ordine era stato lui, certo.
“Charlie, fermati!”         Una mano si chiuse intorno al suo braccio con forza, costringendola a fermarsi e a voltarsi, incrociando lo sguardo di Sean e il suo volto pallido e sanguinante a causa di un profondo taglio che aveva su una guancia.
 
“Sean, lasciami… lo posso prendere. Lo devo prendere, non me lo faccio scappare di nuovo!”
“Charlie, dobbiamo uscire, lascia stare!” 
 
Il tono e lo sguardo del fratello erano quasi imploranti… ma Charlotte si voltò di nuovo, puntando la bacchetta contro la causa di un sacco di problemi, lanciando con rabbia un incantesimo che infranse un grosso pezzo di intonaco che era crollato, proprio accanto alla testa del suo obbiettivo.
 
“Sean, lasciami, non riesco a prendere la mira! Ti prego, non possiamo tornare al Dipartimento a mani vuote dopo tutto questo casino!”
“Ok. Vado io. Vattene Charlie, ti prego.”     Senza darle neanche il tempo di fare qualcosa Sean mollò la presa sul suo braccio, superandola con uno scatto e correndo dietro a Schmidt, che era sparito fuori dalla sala, nella parte inferiore dell’edificio.
 
“Aspetta! Non…”       Ferma, nel bel mezzo della sala. Proprio quando non avrebbe dovuto farlo, Charlotte Selwyn aveva indugiato, mentre intorno a lei crollavano pezzi di intonaco, le persone urlavano e gli incantesimi dei suoi colleghi volavano attraverso l’ampia sala.
 
Aveva appena mosso dei passi per seguire il fratello maggiore quando un crack quasi l’assordò: una mano la fermò proprio mentre la parte inferiore dell’edificio, quello colpito più vicino dalla bomba, iniziava a crollare quasi come un tassello del Domino. 
“Charlotte. Dobbiamo andare.”
 
“C’è Seannie lì! Aiutami!”
Il tono implorante e affrettato di Charlotte sembrarono convincere Stephanie, che sospirò prima di inseguire la collega verso le macerie, dicendosi che non poteva lasciarla andare da sola. 
Con un gesto secco Charlotte sollevò tutti i pezzi del muro dal pavimento, riuscendo finalmente a passare… ma non pensava più a quello che avrebbe dovuto fare. Pensava solo a tirare fuori suo fratello. 
“Seannie…”

 
Era riuscita a tirarlo fuori prima che tutto crollasse definitamente, quello sì. Mentre pompieri, ambulanze e Auror insieme piombavano sulla scena, lei si era fermata su un marciapiede, con Stephanie accanto a suo fratello tra le braccia.
Improvvisamente tutto aveva smesso di girare o di avere importanza intorno a lei, mentre guardava suo fratello ferito mortalmente e sanguinante, ormai innaturalmente pallido.
 
Charlotte Selwyn aveva visto la vita andarsene dagli occhi di molte persone, durante la sua carriera… e di certo l’avrebbe visto molte altre volte. Ma non vide mai suo fratello smettere di respirare, quando lo trovò tra le macerie gli occhi verdi-azzurri di Sean Selwyn erano già completamente privi di vita.
E forse la cosa peggiore era che non sapeva se avrebbe preferito potergli dire addio o risparmiarsi quello spettacolo. 
 
“Mi dispiace Seannie… mi dispiace tanto.”   Praticamnete non disse altro per diverso tempo, dopo averlo trovato.  Sia sul ciglio di quella strada, che al San Mungo, che al Dipartimento… e anche a casa, quando si era chiusa dentro la camera che anni prima era stata del fratello per non vedere i genitori e sentirsi vicina a lui, in qualche modo.
 
“Non doveva andare così.”
“Oh, lo so. L’ho pensato milioni di volte."

 
Charlotte sfoggiò un sorriso amaro, annuendo leggermente mentre invece Will sbuffava, smettendo di stringere la sua mano per asciugarle le lacrime che stavano per colarle rovinosamente sul viso.
“Si, non doveva andare così, ma non nel modo in cui pensi tu. Non dovevi morire tu, semplicemente non doveva morire nessuno. Siete rimaste vive solo tu e Stephanie?”
 
“Si, gli altri sono stati uccisi da Meyer o da Schwarts, o sono rimasti feriti come mio fratello... Credo che la cosa peggiore sia che non solo Sean è morto, ma è anche morto per niente... A lui sono crollate delle macerie addosso, ma non a qualcuno che se lo meritava.”
 
“Mi dispiace Charlotte… ora ti senti meglio?”

“Vuoi la verità? No.” 
 
“Ok, forse ora no… ma presto le cose cambieranno, ne sono sicuro. Dovresti vederla così: tuo fratello sapeva quello che faceva… Non ti devi sentire in colpa.” 
Charlotte non rispose, osservandolo per un attimo prima di parlare:

 
“Ricordi quando ti ho detto che non ti avrei mai voluto come mio terapeuta?”
“Certo.”
 
“Beh, forse non saresti tanto male. Ma continuo a preferire Luisa, scusami.”          La donna sorrise leggermente e lui la imitò, cercando di fingersi stizzito mentre replicava:  
“Mi considero molto offeso, ma cercherò di perdonarti.”

 
                                                                                    *

 
“Ok… su o giù?” 
“Non so, è uguale.”    Bella si strinse nelle spalle, trattenendo a fatica uno sbadiglio mentre Antares sospirava, tirando fuori uno zellino dalla tasca dei pantaloni neri della divisa:
“Ok, tiriamo a sorte, altrimenti staremo qui ore a deciderci… Testa su, Croce giù… Croce, andiamo di qua.”

Senza tante cerimonie Antares mise una mano sulla spalla di Bella, quasi spingendola lungo il corridoio quasi totalmente buio. La rissa alzò lo sguardo sul compagno, guardandolo con lieve disappunto: 
 
“Ehy! Perché mandi avanti a me?”
“Ti uso come scudo umano nel caso compaia qualcosa di strano… Come una vespa.”
 
“Non parlarmene, a volte mi sogno ancora il Quintaped.”     La rossa sfoggiò una smorfia, ignorando deliberatamente le ultime parole del compagno cariche di riferimenti puramente casuali e rabbrividendo anche solo al ricordo della creatura che per poco non le aveva staccato una gamba solo poco tempo prima.  
 
“Quella sì che è stata una serata divertente… quasi quanto questa.”
“Ah-ah. Guarda che anche io adesso preferirei essere a dormire, sai? Coraggio, andiamo… di qui si va verso le cucine, in effetti.” 
 
La Corvonero inarcò un sopracciglio, rendendosi conto che lei e Antares si stavano avvicinando alla Sala Comune dei Tassorosso, oltre che alle cucine.
 
“Come fai a saperlo?” 
“Beh, al quinto anno gironzolavo parecchio durante le ronde… almeno ho avuto modo di ficcanasare in giro senza essere disturbata.”
 
Isabella sorrise allegramente mentre il compagno alzava gli occhi al cielo, astenendosi dal dire che ormai aveva finalmente capito DOVE si cacciasse la collega durante i turni, un paio d’anni prima. 
Probabilmente la Corvonero avrebbe detto qualcos’altro ma entrambi si fermarono di colpo, zittendosi all’istante nel sentire un rumore piuttosto vicino.
 
“Hai sentito?”
 

“Dovrei essere sordo per non aver sentito, Burton!”
“Come sei scorbutico… domani mattina beviti un po’ di latte e miele, ti farà bene!  Piuttosto… veniva da lì.”
I due si voltarono in perfetta sincronia verso una porta alla loro destra, prima che Antares parlasse di nuovo:
 
“Probabilmente c’è qualcuno che si diverte a giocare a mosca cieca.” 
Mentre parlava un sorriso spuntò sul volto di Isabella, che parlò con gli occhi azzurri quasi luccicanti nella penombra:
 
“Magari è un ladro!” 
“Lo dici come se la cosa ti divertis-“
 
“Aspettami qua, vado a catturarlo!”   Senza neanche dargli il tempo di dire una sillaba Bella quasi corse verso la porta, sparendo in men che non si dica dalla visuale del ragazzo, che imprecò a mezza voce prima di seguirla:
“BELLA! Ma chi diamine vuoi catturare, non siamo in un libro… aspettami, maledizione! Ma perché Silente non mi ha sistemato con una persona normale…” 
 
                                                                                   *
 
“Ti dico che si entra da QUI!”
“Ma sei sicuro? Secondo me stiamo prendendo un granchio…” 
Oliver Miller sbuffò, chiedendosi COME si era fatto convincere da Dante Julius a scendere fino alle cucine per rubare del cibo… a quell’ora solitamente già dormiva della grossa, ma quella sera il suo amico e compagno di Casa aveva deciso di fare incursione diversi piani più in basso.
 
Il tutto perché Dante aveva deciso di prendere del cibo e portarlo a Jane, non accettando che praticamente non avesse toccato cibo per tutto l’arco della giornata.
 
“Sicurissimo, mio fratello Lucas le aveva trovate anni fa… mi aveva anche spiegato come si entrava, ma non ricordo bene… accidenti!”
 
Dante sbuffò, cercando di ricordare cosa aveva detto suo fratello anni prima, mentre lui e Oliver erano fermi di fronte ad un quadro a suo parere orrendo, che raffigurava un enorme cesto di frutta.
Lui e Oliver avevano persino fatto cadere un vaso poco prima, ma l’avevano già riparato e con un po’ di fortuna nessuno li aveva sentiti… o forse no.

 
Due secondi dopo, mentre i Grifondoro se ne stavano a rimuginare davanti al dipinto, la porta infondo al corridoio si spalancò, facendo comparire una rossa di loro conoscenza sulla soglia:
 
“AH-AH, TI HO FREGA- ah, siete voi.”
L’espressione di Isabella passò molto rapidamente dal vittorioso al deluso, osservando i due amici con aria quasi seccata.
 
“BELLA? Che ci fai qui?”
Io? Voi semmai!”
 
“Eccoti finalmente, hai trovat- ah, siete voi.”
 
Di fronte al tono e alla faccia vagamente delusa di Antares Oliver si voltò verso Dante, inarcando un sopracciglio:
“Com’è che stasera sembrano tutti delusi di vederci?”
 
“Non lo so, forse speravano di incontrare Lumacorno con i bigodini in testa… Cosa fate qui?” 
“Oh beh, sai Julius… io e Isabella non riuscivamo a dormire e ci siamo casualmente incontrati fuori da questa porta, perché non avevamo altro da fare se non passeggiare per i corridoi a quest’ora… Secondo te cosa stiamo facendo?”
 
“Black, mi hai tolto le parole di bocca… piuttosto, state cercando di entrare nelle cucine?” 
Di fronte ai due sorrisi angelici di Dante e Oliver Bella roteò gli occhi, avvicinandosi mentre Antares inarcava un sopracciglio:
 
Ma perché tutti sanno da dove si entra tranne me?
 
“Fate spazio, principianti… lasciate passare l’esperta.” 
 
                                                                                        *
 
“Per l’ultima volta, non mi serve la scorta…”
“Smettila di brontolare, non ti liberi di me se ho deciso di accompagnarti!”
 
Charlotte sospirò, decidendo saggiamente di lasciar perdere e non obbiettare oltre: del resto sapeva che Will aveva ragione… e non aveva nessuna voglia di discutere per la centesima volta.  
Così continuò a camminare lungo il corridoio, diretta alla sua stanza con Will al seguito… Non sapeva bene perché avesse deciso di accompagnarla, ma non glie l’aveva chiesto: di sicuro sarebbe rimasto sul vago, come faceva sempre quando non aveva voglia di rispondere sinceramente.
 
“D’accordo Cavendish, ti ringrazio per avermi tenuto compagnia e per tutto il resto… buonanotte, ci vediamo domani.”
 
“Sai… oggi è il mio compleanno.”      Dopo essersi fermata davanti alla sua porta Charlotte stava per aprirla, ma la voce e le parole di Will la fermarono, facendola voltare di nuovo verso di lui.
“Dici davvero? Perché non l’hai detto prima? Beh… auguri, anche se in ritardo.”
 
“Credo che oggi tu abbia avuto altro a cui pensare.”
 
“Si beh… è il tuo compleanno e l’hai passato a tenere compagnia a me? Ti hanno mai detto che sei un po’ masochista?”
Will scosse il capo, sfoggiando un lieve sorriso alle parole della donna senza smettere di guardarla quasi con aria divertita:
 
“No, mai. Ma visto che, come hai detto tu, è il mio compleanno e l’ho passato quasi interamente con te… Non credi di dovermi fare un regalo?”
 
Charlotte mosse di riflesso un passo indietro quando William invece le si avvicinò, sorridendole: 
“La gentilezza improvvisa era un po’ strana, in effetti… che cosa vuoi?”
 
Charlotte sentì la porta contro la sua schiena, ma a differenza della sera prima non cercò la maniglia con la mano, restando nervosamente immobile mentre Will invece allungava una mano, prendendole il mento e sollevandole leggermente il capo verso di lui:
 
“Rilassati Selwyn, niente di complicato.”
 
Charlotte lo vide sorridere di nuovo, gli occhi castano-verdi luccicanti alla luce delle torce che illuminavano il corridoio. Un campanello d’allarme suonò nella sua testa ma non ebbe il tempo di fare niente, perché un istante dopo Will si chinò verso di lei, appoggiando le labbra sulle sue.
 
No, no, no! Non se ne parla neanche, ma ti sembra il momento?
 
Sentiva quasi una vocina urlarle di staccarsi, che aveva un tempismo assolutamente pessimo e che era già abbastanza incasinata per conto suo…   Ma mentre Will le appoggiava una mano sulla schiena e una tra i capelli, premendole la nuca contro la sua, non ce la fece a staccarsi, o almeno non subito.
Dopo qualche istante Charlotte si ritrasse di scatto, piuttosto rossa in viso e con il battito cardiaco accelerato mentre cercava la maniglia della porta con la mano, parlando con un filo di voce:
 
“Devo andare…buonanotte.”
 
Prima di dargli il tempo di fare qualunque cosa, Charlotte era già sparita dentro la sua stanza, chiudendosi la porta alle spalle prima di sbuffare, appoggiandosi al legno e chiedendosi perché andava sempre ad incasinarsi la vita.
 
Will invece esitò prima di sorridere, infilandosi le mani in tasca prima di allontanarsi nel corridoio, improvvisamente più allegro rispetto a molti compleanni precedenti e parlando a bassa voce:
 
“Sogni d’oro CeCe.”




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Angolo Autrice:

Buonasera! Scrivere questo capitolo è stato una specie di parto, quindi spero davvero che vi sia piaciuto e che non mi siano sfuggiti molti errori.
Di sicuro non è esattamente all'insegna della gioia e dell'allegria... a parte per un paio di punti ovviamente, ma di certo mi rifarò.

Ci sentiamo domenica con il prossimo capitolo... un bacio e buona serata!

Signorina Granger

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Capitolo 25
*** Verifiche, chiarimenti e incontri indesiderati ***


Capitolo 23: Verifiche, chiarimenti e incontri indesiderati

 

Giovedì 8 Aprile

 

 

“Bella, svegliati.”

“No grazie, passo.”

 

Ingrid alzò gli occhi al cielo, avvicinandosi al letto dell’amica con la spazzola in meno, intenta a sistemarsi i capelli mentre Isabella era ancora rintanata sotto le coperte, mugugnando che quel giorno avrebbe fatto sciopero.

 

“Andiamo Bella, dobbiamo scendere!” 

“No, è sabato.”

 

La risposta secca e decisa della Caposcuola lasciò interdetta la tedesca per un attimo, portandola a chiedersi se non fosse davvero sabato e lei si fosse sbagliata… lanciò un’occhiata in direzione di Imogen, che era seduta sul suo letto e si stava mettendo le scarpe. La ragazza scosse il capo con aria sconsolata, desiderando ardentemente a sua volta che fosse davvero arrivato il fine settimana.

 

“Vorrei tanto Bella, ma temo che sia giovedì. Andiamo, su!” 

Ingrid sospirò, avvicinandosi all’amica e scostando le coperte, facendola sbuffare. La rossa prese il cuscino e se lo premette sul viso, insultando mentalmente i Fondatori per aver creato Hogwarts.

“Che barba… per me è sabato, altro che giovedì…”

“Piantala di fare la pigrona, abbiamo anche verifica!” 

“Ah già… ok, ho capito. Accio.”

 

Senza nemmeno alzarsi Bella puntò pigramente la bacchetta contro il bagno, facendo planare verso di lei spazzola e cosmetici.

 

“Non ti alzi neanche?” 

“No, oggi va così… che ore avete detto che sono?”

 

“Le 8.”

“CHE? E IO COME FACCIO A RENDERE LA MIA FACCIA PRESENTABILE IN 5 MINUTI?”
 

“Io ho provato a svegliarti, ma tu hai ripetuto per dieci minuti che era sabato!”

 

                                                                                  *

 

Chissà di cosa sta parlando… bah, non ho voglia di pensarci

 

Isabella Burton inarcò un sopracciglio, osservando pigramente Lumacorno blaterare ma senza sentire una parola… la sua testa era ancora qualche piano più in alto, sotto le coperte.

Dietro di lei Ingrid e Jane stavano discutendo a bassa voce sulla Pozione Polisucco che dovevano ultimare, mentre nella fila accanto Oliver e Dante avevano nascosto gli appunti di Medimagia sotto al banco per ripassare durante la doppia ora di Pozioni.

 

“Ehy, Bella!”

 

Che barba, non si può neanche sonnecchiare in pace…

 

“Scusate ragazzi, ma non sono in grado di aiutarvi stamattina. Il mio cervello è disconnesso.”

La Corvonero si voltò verso i due, parlando con un tono talmente piatto e pacato che sia Jane che Ingrid ridacchiarono, cogliendo le facce deluse e sgomente dei due Grifondoro.

 

“Perché, di solito com’è?”

“Black, impara a sussurrare decentemente almeno! Ti avranno sentito anche i gargoyle!”

“Ma io volevo che mi sentissi, infatti!”

 

Isabella fece per replicare ma si tappò la bocca appena in tempo, stampandosi sul viso un sorriso innocente quando Lumacorno si piazzò davanti al suo banco.

 

“Come procede, Burton?”

Bella domanda, non so neanche cosa sto preparando…

“Splendidamente, signore.”

 

Isabella sorrise amabilmente all’insegnante, che lanciò un’occhiata al calderone della ragazza. Rimase in silenzio per un istante, durante il quale sia Dante che Oliver e Antares sperarono di assistere per la prima volta ad un rimprovero verso la perennemente perfetta Isabella Burton… ma rimasero a bocca asciutta e con le mascelle snodate quando l’uomo sorrise con aria soddisfatta:

 

“Non avevo dubbi… eccellente Burton.”


“CHE? HA MESSO COSE A CASO E HA FATTO GIUSTO? Ma come fa?”    

 

Dante sgranò gli occhi con orrore, chiedendosi come fosse possibile quando invece lui spesso e volentieri non riusciva a preparare una pozione correttamente anche impegnandosi.

 

“Bella domanda…”    Antares inarcò un sopracciglio, guardando la compagna quasi con una nota sospettosa negli occhi azzurri e chiedendosi perché non riuscisse mai a metterla con in castagna davanti agli insegnanti, neanche quando praticamente dormiva in piedi.

In effetti anche la Caposcuola sembrò vagamente perplessa, ma poi sorrise, rifilando una linguaccia ai tre compagni:

 

“Alla faccia vostra!”

“Burton, hai detto qualcosa?”

“Certo che no signore, chiedevo solo a Black se mi prestava il suo coltello d’argento.”

 

Isabella sfoggiò un sorriso innocente a trentadue denti, facendo sbuffare sommessamente Antares: avrebbe anche fatto a meno di prestarglielo, ma non poteva rifiutarsi davanti a Lumacorno…

 

“Grazie Black, gentilissimo!”

“Ma falla finita Burton!”

 

Il ragazzo sbuffò, rifilando un’occhiata torva alla compagna e facendola ridacchiare mentre si rigirava il coltello tra le mani, improvvisamente tornata perfettamente sveglia.

 

                                                                                       *

 

“Portala a Luisa, ok? E’ importante… e questa è per Stephanie, ma devi portarla a casa sua, non al Dipartimento, mi raccomando.”

 

Charlotte accarezzò le piume color crema del gufetto che si era appollaiato sulla finestra davanti a lei, legandogli le due lettere ad una zampa.

Il piccolo rapace tubò, puntandole contro gli occhioni ambrati. Charlotte gli sorrise, sperando che fosse un modo per dirle che aveva capito quello che doveva fare… non poteva certo presentarsi al Dipartimento con una sua lettera per Stephanie, di certo l’amica sarebbe finita nei guai.

Le aveva scritto comunque la sera prima, quando aveva saputo che i tedeschi si erano dati alla pazza gioia e avevano fucilato 28 civili e un centinaio di partigiani.

L’Auror guardò il piccolo gufo planare fuori dalla finestra, svolazzando e allontanandosi velocemente dalla sua visuale e dalla Guferia.

Rimase comunque lì per un po’ a guardare il Lago, appoggiandosi al davanzale senza cornice, scavato semplicemente nella pietra.

 

Chissà come se la cavavano, a Londra… di sicuro sia Maghi che Babbani stavano dando di matto, ognuno faceva quello che poteva per limitare i danni ma non sembrava essere mai abbastanza.

Malgrado tutto un lieve sorriso le comparve sul volto, immaginandosi con una punta di divertimento Stephanie dare di matto al Dipartimento, circondata da un buon numero di maschilisti idioti che non la ritenevano all’altezza per fare qualcosa sul campo… poveretta.

 

Rilassati, tempo qualche settimana e poi tornerò… li conciamo per le feste, quei vecchi bigotti

 

Le aveva scritto così, alla fine della lettera, intuendo che la collega volesse che tornasse almeno quanto lo voleva lei… insomma, senza Charlotte Stephanie con chi poteva fare il verso e prendere in giro il suo odiatissimo superiore che quasi la trattava da segretaria?

 

Sfortunatamente però al termine del suo congedo mancavano ancora due mesi e mezzo… e 10 settimane erano davvero molto, troppo lunghe.

Sarebbe rimasta ad Hogwarts per neanche due mesi, poi sarebbe dovuta tornare a Londra… e non aveva la minima idea di cosa avrebbe fatto per le tre settimane che sarebbero rimaste per stare alla larga dal suo lavoro.

Conoscendosi, era improbabile che sarebbe riuscita a non fare niente… ma qualcosa si sarebbe inventata.

 

Quanto a Luisa… beh, le aveva scritto perché sperava che l’avrebbe aiutata a risolvere la confusione che aveva in testa. Non si era mai definita una persona vigliacca, ma negli ultimi tempi scappare era diventata una specie di specialità per lei… e non a caso praticamente evitava accuratamente di trovarsi davanti a William Cavendish da quasi una settimana.

 

E qualcosa le diceva che lui non ne era molto contento…

 

                                                                                           *

 

“Scacco in 5 mosse. Mi dici che ti succede? Non ti avevo mai battuto così rapidamente.”

 

Regan inarcò un sopracciglio, osservando Will con aria confusa e leggermente scettica, chiedendosi perché avesse la testa su un altro pianeta.

Per tutta risposta William sbuffò, lanciando un’occhiata torva alla scacchiera come se fosse lei l’artefice dei suoi guai prima di riprendere a torturarsi nervosamente le mani, cosa che faceva da ormai diversi giorni.

 

“Niente… tutto bene.”

“Con quel tono aspro non direi… problemi con tuo padre?” 

“No, mio padre per me è come se non esistesse. Ma vorrei tanto capire perché diamine mi evita!”
 

 

William sbuffò, puntando gli occhi sul vetro della finestra con aria decisamente torva e con una gran voglia di spiegazioni. Regan inarcò un sopracciglio, cercando di trovare un senso nella frase del collega… senso che non riuscì proprio a cogliere:

 

“Ma scusa, se dici che per te non conta perché ti preoccupi se ti ignora?"
 

“Ma che hai capito, non parlo di mio padre! Mi ignora da tutta la vita praticamente, non me ne importa niente…”

“E allora di CHI stai parlando?”    Il Pozionista inarcò un sopracciglio, guardando il collega con aria leggermente confusa… Will contrasse la mascella, non avendo molta voglia di rispondere a quella domanda: gli dava già piuttosto fastidio anche senza dirlo ad alta voce.

 

Fortunatamente per lui però la porta si aprì, facendo entrare una Lyanna leggermente esasperata: 

“Ciao! Ho incontrato Lumacorno che tornava da una lezione… non mi mollava più! Quell’uomo è una macchinetta quando deve chiacchierare… Giocate a scacchi?”

“Si, ma ho appena stracciato Will… giochi con me? Mi sa che lui non è in vena oggi.”

 

Regan sorrise alla collega, accennando all’uomo che sbuffò, guardando il pavimento con aria torva mentre Lyanna gli lanciava un’occhiata, trattenendosi dal ridacchiare: quando aveva aperto la porta aveva perfettamente colto l’occhiata speranzosa che Will aveva rivolto alla soglia della stanza, quasi come se avesse sperato di vedere Charlotte.  

“Ah no? Che ti succede Will?”

 

Malgrado lo sapesse benissimo Lyanna sorrise angelicamente, parlando al collega senza ottenere una vera e proprio risposta: Will si limitò a stringersi nelle spalle, lo sguardo basso mentre malediceva mentalmente una certa individua:

 

“Niente…” 

“Pare che sia scocciato perché qualcuno lo evita.” 

“Ah sì? Mi chiedo proprio di chi possa trattarsi…”

 

Lyanna sorrise, trattenendosi dal ridere mentre Will la fulminava con lo sguardo e Regan continuava ad apparire leggermente confuso.

Charlotte non le aveva detto niente, ma nei giorni precedenti si era accorta che la collega aveva evitato accuratamente Will… e ogni volta in cui aveva provato a menzionare l’argomento aveva deliberatamente glissato.

 

Non ci voleva molto a capire a chi si stesse riferendo William… ma in 31 anni di vita e in 8 di matrimonio Lyanna Goblets aveva capito che l’altro sesso non aveva la stessa capacità di percezione delle donne.  

“Lyanna, hai visto CeCe? Non la vedo da ieri… in effetti è molto evasiva di recente.”

 

“Non l’ho vista di recente, ma credo che volesse mandare un paio di lettere… forse è alla Guferia. Will, tu non devi spedire niente?”

La donna si rivolse al collega, sorridendogli dolcemente con gli occhi scuri luccicanti di divertimento: qualche mese prima avrebbe giurato che non avrebbe più rivissuto situazioni del genere… ma a quanto sembrava tornare ad Hogwarts l’aveva davvero fatta tornare in quegli anni.

 

Will esitò per un attimo, osservandola di rimando prima di annuire lentamente, alzandosi in piedi: 

“Ora che mi ci fai pensare sì… ci vediamo dopo.”

Prima che qualcuno potesse chiedergli qualunque cosa William era già diretto alla porta, uscendo dalla stanza e avviandosi nel corridoio a passo svelto senza neanche chiudersela alle spalle, lasciando che sbattesse sui cardini da sola.

 

“Ma che sta succedendo qui? Charlotte non si fa mai vedere in giro, Will è perennemente di cattivo umore e tu ti comporti come se sapessi qualcosa che io ignoro… Lyanna, parla!” 

“Ok, ora ti spiego… ma come fai a non arrivarci? Tua moglie dovrebbe farti un corso di acume sentimentale, Reg.”

 

                                                                                     *

 

“Ma voi due state ancora ripassando?”      Ingrid inarcò un sopracciglio, rivolgendo a Dante e ad Oliver un’occhiata esasperata mentre i due ragazzi camminavano accanto a lei, diretti in Sala Grande per il pranzo ma con ancora gli appunti tra le mani.

“Certo, non vogliamo prendere una S! Devo prendere almeno una A.” 

“Già, stessa cosa per me…”          

 

Dante annuì come se Oliver avesse detto qualcosa di incontestabile, facendo alzare gli occhi al cielo ad Ingrid prima di notare una certa calca nell’Ingresso… ma non per entrare in Sala Grande come spesso succedeva, quanto più per leggere qualcosa che sembrava essere stato appeso sul muro.

 

“Che succede?” 

“Avranno appeso qualche avviso… andiamo a vedere!”  Oliver sfoggiò un sorriso allegro prima di prendere la ragazza per mano e trascinarsela dietro senza tante cerimonie, scendendo in fretta la scalinata principale.

“Olly vai piano, non voglio finire smaltata sul pavimento!” 

“Ma figurati biondina, ti tengo io!”

 

 

“Che succede?”         

Una voce pimpante e allegra fece voltare Dante, ma il Grifondoro dovette abbassare lo sguardo per poter guardare in faccia Bella, che era comparsa accanto a lui e osservava l’ingresso con gli occhi cerulei carici di curiosità. 

“Hanno appeso qualcosa… Ma Jane non era con te?”

Sono qui infatti!     La voce leggermente seccata della fidanzata lo fece voltare dall’altra parte, alla sua sinistra… e sorrise allegramente trovandosi accanto la sua “piccolina”, mettendole un braccio sulle spalle.

 

“Ah, eccoti! Scusa, non ti avevo vista… Su, andiamo a vedere cosa succede!”

Il Grifondoro si trascinò dietro Jane fino al muro dove venivano appese le comunicazioni… e come sempre non dovette faticare molto per passare davanti, visto che tutti si spostavano automaticamente per fargli spazio.

 

Isabella invece sbuffò incrociando le braccia al petto, restando dietro alla calca che si era affollata intorno alla pergamena… come al solito avrebbe dovuto aspettare che quel branco di scimmioni si levasse dai piedi per leggere qualcosa.

“Come mai rimani qui in disparte?”

 

Non si voltò neanche, riconoscendo perfettamente la voce e cogliendo distintamente la nota ironica.

“Sai com’è, amo guardare un branco di scimmie che si calpestano a vicenda per leggere un avviso. Tu invece, oltre a volermi prendere in giro perché rimani qui?”

 

Isabella alzò lo sguardo per guardare Antares, che si strinse nelle spalle: 

“So già cosa c’è scritto.” 

“Fantastico… sono sempre l’ultima a leggere queste cose, ci sono persino dei tredicenni più alti di me!”

Il tono seccato e aspro della ragazza lo fecero sorridere appena, ma si trattenne dal ridacchiare mentre la Corvonero parlava di nuovo:

 

“Vorrei proprio sapere chi è l’imbecille che li appende sempre così in alto…”

 

Isabella scrutò la calca davanti a lei mentre un inusuale silenzio piombava tra lei e il compagno, portandola ad alzare di nuovo lo sguardo dopo qualche istante: Antares era rivolto di nuovo verso di lei, osservandola restando impassibile.

 

“… Fammi indovinare, l’hai appeso tu.” 

“Già.”

“Oh beh, ovviamente non volevo darti dell’imbecille… ma già che ci sei mi potresti dire cosa c’è scritto? Sai, non ho fatto colazione e vorrei pranzare prima delle 16…”    Isabella sfoggiò un sorriso angelico, dando al ragazzo qualche colpetto sul braccio. Antares sorrise leggermente a sua volta, guardandola con aria divertita prima di parlare:

 

“Scusa, ma temo di avere molta fame anche io… ci vediamo a lezione, buona fortuna!”

 

Senza trattenere un sorrisetto il ragazzo se la diede a gambe, muovendosi velocemente per raggiungere la porta aperta della Sala Grande, sparendo rapidamente dal campo visivo della rossa. Ad Isabella non restò così che sbuffare, arrendendosi all’inevitabile:

 

“Ti pareva… grazie tante.”   

 

Se non altro ora era chiaro perché gli avvisi erano sempre così alti… un po’ perché Black li appendeva adattandoli alla sua altezza e un po’ perché si divertiva a vederla in difficoltà, senza ombra di dubbio.

 

                                                                                 *

 

“Ehy… ce ne hai messo di tempo! Ti eri persa?”  

Ingrid sorrise con allegria a Bella quando la rossa prese finalmente posto davanti a lei, leggermente scura in volto:

 

“Stendiamo un velo pietoso… Allora, ti vedo contenta in prossimità della gita.”

 

“Certo che sono contenta, tu ci sei stata diverse volte… io soltanto una.”

 

 

“Naturalmente. Mi chiedo chi potrebbe volerci andare con te, sabato prossimo…”

 

Isabella inarcò un sopracciglio, parlando con un tono assorto vagamente falso mentre masticava distrattamente un grissino.

La bionda le riservò un’occhiata leggermente seccata ma arrossì comunque, facendo sorridere leggermente l’amica:

“Ho indovinato? Non per vantarmi, ma sono sempre stata perspicace.”

“Modesta, anche. Solo perché Olly mi ha chiesto di andarci insie-“ 

“Tranquilla non mi devi spiegare niente, lo so da quando ti ho vista sorridere a trentadue denti che te lo aveva chiesto… mi passi il purè per favore? Non mangio da ieri, tra poco inizierò a masticare il tavolo!”
 

“Se mi avessi ascoltata e ti fossi svegliata in orario…”

“Shh! Silenzio!”

 

                                                                                     *

 

Antares si era appena seduto al tavolo dei Serpeverde quando una voce decisamente familiare lo fece sussultare, spuntando dal nulla accanto a lui:

 

“Sabato vieni con me.”

“Per la barba… La zia ci ha tartassato con le buone maniere per anni e tu te ne spunti così? Complimenti vivissimi.” 

 

Antares sbuffò, lanciando un’occhiata torva a suo cugino e ringraziando mentalmente per non aver preso nulla in mano quando Altair era comparso accanto a lui… probabilmente avrebbe mandato per aria un vassoio, in quel caso.

 

“Non farmi la predica con il Galateo Ant, sappi solo che sabato prossimo verrai con me ad Hogsmeade… infondo sono il tuo cugino preferito, no?”

“No.”

“Come no?”

“No, la mia preferita è Cassiopea.”

“… Allora il tuo cugino maschio preferito! E se mi dici che preferisci Orion o Cygnus a me avrai una brutta pausa pranzo!”

 

“Ok, può andare. Ma perché tanta premura? Non ci vai con una delle tue tante conquiste?”    Antares inarcò un sopracciglio, rivolgendo un’occhiata leggermente scettica al cugino mentre si serviva il pranzo nel piatto d’oro… ricordava di aver sempre visto Altair in giro per il paese con una qualche ragazza, in effetti.

 

“No, vado con il mio cugino musone preferito… a Febbraio sei rimasto rintanato nei Sotterranei, ma questa volta andrà diversamente. Insomma, so che eri in lutto per il tuo amico eccentrico, ma…”

 

“Non parlare male di Rod! Pensa al TUO migliore amico, piuttosto!”

Il tono quasi offeso e la faccia seccata di Antares fecero ridacchiare leggermente il cugino, che diede una pacca sulla spalla del Caposcuola con aria divertita:

 

“Ok, scusa… sei un po’ irascibile quando si tratta di Lestrange, vero? Come sei tenero Anty.”

“Chiamami ancora così e questo piatto finisce dritto sulla tua bella faccia, Altair.”

 

                                                                              *

 

Ok, poteva farcela

Doveva farcela.

Insomma, ormai studiava da sette anni… quanti esami e verifiche aveva affrontato in quell’arco di tempo? Tante… forse anche troppe.

Quindi quella non avrebbe fatto differenza: doveva ricordarsi le cose, per forza.

Dante sbuffò, osservando la domanda con aria grave.

E invece no. Come un certo Babbano di quel tempo avrebbe detto, la sua testa era una specie di tabula rasa.

 

Possibile che non ricordasse? Eppure ricordava di aver letto qualcosa a riguardo…

Il Grifondoro sbuffò, decidendo di passare oltre per concentrarsi sulla domanda successiva… e dire che lui ci aveva sperato fino all’ultimo, che fosse tutto un gran Pesce d’Aprile.

 

Dal canto suo, Lyanna era seduta sulla cattedra, osservando i ragazzi quasi con leggera compassione: ci era passata anche lei neanche troppo tempo prima, dopotutto.

Gli occhi scuri della donna si posarono su Dante Julius, provando improvvisamente un gran moto di tenerezza nei confronti di quel ragazzo tanto alto quanto di buon cuore… e nel cogliere la sua faccia non proprio allegra Lyanna scivolò giù dal tavolo, sorridendo prima di parlare ad alta voce:

 

“Sapete ragazzi, mi sono appena ricordata di aver… scordato una cosa in Sala Insegnanti. Torno subito.”

 

Senza smettere di sorridere Lyanna uscì dalla stanza a passo svelto, cogliendo comunque le espressioni sgomente e allo stesso tempo sollevate dei ragazzi.
 

Una vocina nella sua testa le suggerì che forse era troppo buona… ma la mandò a quel paese in fretta: in un mondo contaminato dalla guerra, i piccoli gesti di bontà non erano mai abbastanza, specialmente se si trattava di ragazzi.

 

Ovviamente non appena fu sparita dietro la porta un insieme di mormorii si diffuse nell’aula, mentre quasi tutti si rivolgevano al compagno più vicino per chiedere qualcosa: non era mai successa una cosa simile, in effetti… ma di certo non avrebbero protestato.

 

A parte forse una certa ragazza dai capelli color carota, che si ritrovò a sospirare quando ricevette più di qualche domanda sulla verifica:

 

“Ma perché chiedete sempre a me? Andate da Black!”

 

                                                                                             *

 

William guardava le carte con cipiglio torvo, chiedendosi come accidenti procedere… ma come facevano a piacere i Solitari, a Charlotte?

Lui proprio non riusciva ad andarne fuori…

 

Contrasse leggermente la mascella, dicendosi di non pensare a lei… gli era sfuggita da sotto al naso un’altra volta, quella mattina: quando era arrivato alla Guferia non l’aveva trovata, e neanche sul tragitto. Come faceva a non farsi trovare con tanta facilità?   Non la vedeva nemmeno ai pasti, e nelle rare occasioni in cui era successo si era sempre seduta a qualche sedia di distanza per evitare di dargli modo di parlarle.

E ovviamente non poteva fare una scenata nel bel mezzo della Sala Grande, lei lo sapeva...

Sbuffò, prendendo le carte per rimettere in ordine il mazzo con nervosismo: se pensava di nascondersi per le successive settimane, si sbagliava di grosso… prima o poi sarebbe riuscito a trovarsi faccia a faccia con Charlotte Selwyn.

 

Quasi come se qualcuno avesse improvvisamente deciso di fargli un favore la porta si aprì e voltandosi Will quasi sorrise: beh, non pensava che ci sarebbe voluto così poco… ma tanto meglio.

“Beh, chi non muore si rivede. Ciao Charlotte.”

 
                                                            

 

Negli ultimi giorni non aveva quasi mai messo piede in quella stanza… a parte il pomeriggio precedente, quando Will aveva avuto lezione e sapeva per certo che non l’avrebbe incontrato.

Aveva incrociato Lyanna che, per qualche misterioso motivo, ci era appena stata… e le aveva detto di non preoccuparsi, che non c’era nessuno e che poteva tranquillamente prendere il suo mantello.

Così, quando aveva aperto la porta, l’aveva fatto senza alcuna esitazione… e dopo due secondi avrebbe voluto diventare invisibile, o in alternativa rincorrere Lyanna Goblets per tutto il castello.

Quando gli occhi di Will Cavendish incontrarono i suoi dopo giorni, una sola parola si fece spazio tra i suoi pensieri:

 

Merda

 

“Ciao. Io… dovevo prendere una cosa, ma se hai da fare ti lascio solo.”

“Non ci provare neanche! Se pensi di filartela un’altra volta ti sbagli di grosso, Charlotte.”

 

Will si alzò di scatto, deciso ad impedirle di darsela a gambe: in men che non si dica la porta si chiuse alle spalle di Charlotte e con un pigro colpo di bacchetta Will la chiuse a chiave.

 

“Will. Per favore, apri.”

“No, non penso che lo farò… prima ci facciamo una chiacchierata che voglio fare da qualche giorno.”

 

Will sfoggiò un sorriso, rimettendo la bacchetta nella tasca interna della giacca prima di incrociare le braccia al petto, appoggiandosi allo schienale della poltrona dove fino a poco prima si era seduto.

 

“Will… non costringermi a Schiantarti.”

 

 Charlotte sospirò, restando immobile mentre parlava, in piedi davanti alla porta chiusa. Lui però non si scompose, limitandosi a sorriderle quasi con un luccichio divertito negli occhi castano-verdi:

 

“Non lo farai.”

“Sicuro?”

“Io sono sempre sicuro di quello che dico CeCe, infatti sbaglio molto di rado… Magari un mese fa l’avresti anche fatto, ma oggi no.”

 

Charlotte sospirò sommessamente, un po’ perché a malincuore sapeva che aveva ragione, anche se le costava ammetterlo: no, non l’avrebbe Schiantato… in compenso però si stava già appuntando mentalmente di fare un discorsetto a Lyanna al più presto.

 

“Non chiamarmi così, per favore.”

“Perché no? Andiamo Charlotte… non risollevare il muro. Non ha senso. Mi dici perché mi eviti da una settimana, invece? E non provare a dire “no, che dici, non ti evito”, perché sappiamo entrambi che lo stai facendo eccome.”

 

Will sbuffò, rivolgendole un’occhiata quasi seccata. Lo stupì però il suo silenzio, visto che si era aspettato repliche su repliche…

Charlotte invece non disse nulla per qualche istante, fissando lo sguardo su un punto del muro mentre pensava alla sua domanda… e a cosa rispondere.

Non lo sapeva bene neanche lei, in effetti… forse perché infondo era una codarda con i fiocchi.

 

“Non… non lo so. Non volevo parlare con te.”

“E perché, di grazia?”

“Credo che tu lo sappia, Will… sei molto intelligente, no?”

 

Il sarcasmo non lo scalfì neanche lontanamente, troppo occupato ad osservarla per darci peso. Lo sapeva?  Forse sì, in effetti… ma voleva comunque che glielo dicesse.

 

“Si, sono una persona intelligente… e anche tu. Per questo non capisco perché ti comporti così… Dimmi quello che ti passa per la testa invece di evitarmi.”

Will sbuffò, parlando con un tono seccato e quasi gelido, scrutandola attentamente per non lasciarsi sfuggire nessun cambiamento espressivo sul volto della donna.

Charlotte però non aprì bocca, continuando a non guardarlo… e dopo qualche istante Will fece qualche passo avanti, prendendola per un braccio e piazzandosi davanti a lei:

 

“Charlotte, guardami per favore.”

 

Stranamente obbedì, sollevando leggermente il capo per guardarlo in faccia.

“Perché mi eviti da quando ti ho baciata Selwyn? E non rifilarmi qualcosa del tipo che non provi niente per me et similia, perché se così fosse mi avresti assestato uno schiaffo.”

 

Odiava ammetterlo, ma aveva ragione… del resto non si era tirata indietro, non subito almeno.

 

“Non è questo.”             Charlotte abbassò lo sguardo, evitando di guardarlo negli occhi e parlando con un filo di voce. Per una volta non era sulla difensiva e non indossava nessuna maschera d’impassibilità, tanto che suo malgrado Will si addolcì leggermente, parlando con un tono più calmo:

 

“E allora cosa c’è?”

“E’… complicato. Io sono molto complicata… e adesso ho un sacco di cose per la testa, troppe per concentrarmi su altro.”

“Hai avuto una settimana di tempo e mi rifili QUESTA come scusa? Mi deludi Charlotte.”

“Non ridere! Insomma… io sono seria!”

 

“Anche io. Ok, ascoltami… Pensi che io sia la persona più facile del mondo? Assolutamente no. Perciò se sei complicata benissimo, non avrò vita facile dovendoti sopportare e viceversa. Comincio ad essere stanco di non avere nessun legame vero, Charlotte… E anche se so che non me ne darai mai una vinta, almeno non mi annoierò.”

 

Per la prima volta dopo giorni Will sorrise, alzando una mano per accarezzarle il viso.  Charlotte roteò gli occhi ma non riuscì a restare seria, sorridendo leggermente a sua volta:

 

“Sicuro? Non vuoi una graziosa, accondiscendete bambolina invece di una testarda, impulsiva e problematica come me?”

“Ne ho avute tante di graziose bamboline CeCe… ci ho messo molto a capire cosa volessi, ma credo di esserci finalmente arrivato. Insomma, sei indubbiamente problematica ma credo di riuscire a sopportarti.”

 

Sperando di averla convinta e che non lo prendesse a pugni Will si chinò leggermente, baciandola per la seconda volta.

E con suo gran sollievo, questa volta Charlotte non scappò.


 

                                                                                   *

 

Chiuse il libro tirando quasi un sospiro di sollievo, felice di aver finalmente finito.

Non si era affatto pentito di essersi rintanato in Biblioteca per fare i compiti, lì c’era molta più calma rispetto alla caotica e affollata Sala Comune… e nessuno aveva potuto dirgli niente nonostante l’ora leggermente tarda, con sua gran soddisfazione.

Stava per infilare tutte le sue cose nella borsa quando il rumore di passi affrettati lo fece voltare, incuriosito: chi poteva correre per la Biblioteca a quell’ora?

Il ragazzo non fece però in tempo a voltarsi, perché quella persona l’aveva già raggiunto… e quando sedette accanto a lui, si diede dello stupido per essersi anche chiesto di chi potesse trattarsi:

 

“Che ci fai qui? Non dovresti essere in giro per il castello a controllare che nessuno passeggi a quest’ora?"

Antares inarcò un sopracciglio, guardando Isabella con aria leggermente confusa: per tutta risposta la ragazza sfoggiò un’espressione quasi schifata, passandosi una mano tra i capelli.

 

“Lo stavo facendo infatti… ma non puoi neanche immaginare COSA ho visto.”

“Non mi dire… il mostro della Camera dei Segreti ha deciso di farsi un giro?”

“Sono seria, simpaticone! Ho avuto un’esperienza traumatica!”   La rossa sbuffò, parlando con un tono grave che lo incuriosì, guardandola in attesa:

“Beh, sentiamo… che ti è successo Burton di tanto orribile? Hai incrociato il camaleonte di Julius?

“PEGGIO.”

“Non mi dire che hai visto la Hobskin con la maschera sul viso!”

“No, no, peggio!”

Antares sgranò gli occhi, iniziando quasi a preoccuparsi… cosa poteva esserci di peggio?

 

“Come peggio? Che accidenti hai visto Burton?”

“Lumacorno… con i bigodini e in pigiama!”

 

Isabella gemette con aria grave, nascondendo il viso tra le mani mentre cercava di cancellare quell’immagine orrenda dalla proprio testa… ma aveva il sentore che non se ne sarebbe mai liberata.

Antares invece rimase in silenzio per un istante, osservandola senza muovere un muscolo… ma dopo qualche secondo fece l’ultima cosa che la Corvonero si sarebbe aspettata: scoppiò a ridere.
 

Stentando a crederci Bella alzò lo sguardo, puntando gli occhi sul ragazzo con stupore… non ricordava di averlo mai sentito ridere.

“Che hai da ridere? Non c’è niente di divertente!”

 

La ragazza sfoggiò un’espressione quasi offesa, ma lasciò perdere quando capì che il Serpeverde non avrebbe smesso per un bel po’, riempiendo la Biblioteca con le sue risate alla sola idea di Bella che s’imbatteva in Lumacorno in tenuta notturna e sbiancava di colpo:
 

“E dimmi Burton… la camicia da notte ce l’aveva?”

“Imbecille…”  

 

Isabella si alzò, sbuffando e allontanandosi dal tavolo a passo di marcia, tornando al suo turno mentre il ragazzo continuava a ridersela… ma alla fin fine sorrise anche lei, mentre spariva dietro uno scaffale.

 

 

 

 

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Angolo Autrice:

Buonasera! Lo so, avevo detto che avrei aggiornato ieri... ma proprio non sono riuscita a finire il capitolo in tempo, quindi eccomi qui.

Come sempre, spero che il capitolo vi sia piaciuto... nel prossimo ci sarà un'altra uscita ad Hogsmeade e non penso di metterci molto ad aggiornare, ho già qualche idea in testa XD 

Ci sentiamo tra qualche giorno con il seguito, di sicuro prima di Natale... buona serata e a presto!

Signorina Granger

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Capitolo 26
*** Pedinamenti e Appuntamenti ***


Capitolo 24: Pedinamenti e Appuntamenti 
 
 
Sabato 17 Aprile
 
 
 
Santa Priscilla… con tutto questo amore nell’aria mi sembra di essere di nuovo a San Valentino.”
 
 
Isabella fece vagare lo sguardo sulle sue compagne di Dormitorio, trovandole tutte e tre sorridenti e allegre come se fossero arrivate le vacanze estive mentre si sistemavano per scendere.
 
“Finiscila una buona volta, è da una settimana che mi prendi in giro!”   Ingrid rivolse un’occhiata torva in direzione della rossa, che invece sfoggiò un sorrisetto angelico:
 
“Che dici, io non ti prendo in giro… non è certo colpa mia se da diversi giorni sorridi come una scema.”
 
“Ti ringrazio.” 
 
Ingrid roteò gli occhi chiari mentre si spazzolava i capelli, con Cassiopea e Imogen che ridacchiavano alle sue spalle, entrambe in procinto di infilarsi le scarpe.
 
 
“Avete poco da ridere VOI DUE. Imogen, tu eri nella stessa situazione un anno fa con Abraxas, ti ricordo.”
 
“Su questo ha ragione…”
 
“Pensa per te Cassy, anche tu oggi hai un impegno, mi risulta.”
 
 
“Mentre voi discutete sui vostri romantici programmi per la giornata io vado di sotto… divertitevi, mi raccomando!”
 
Isabella sorrise angelicamente, scivolando giù dalla scrivania dove si era appollaiata per trotterellare verso la porta del Dormitorio, lasciando le altre tre Corvonero accigliate e in silenzio per qualche istante, finché Cassiopea non parlò:
 
 
“Siamo sicure che non abbia in mente qualcosa, vero?”
 
 
                                                                                         *
 
 
“Oh, ma guardalo… com’è carino!”
 
“EHY! Non dovresti dirlo a me?”
 
 
“Non essere gelosa Jane, anche se non te lo dico è scontato che sei bellissima!”
 
Dante abbassò lo sguardo sulla fidanzata, abbracciandola e rischiando come sempre di spezzarle una costola mentre Jane sorrideva di rimando, guardandolo quasi con aria intenerita:
 
“Non so se sei adorabile o un vero ruffiano… ma in ogni caso grazie. Piuttosto, mi dici PERCHE’ siamo fermi qui? Non dovremmo andare?”
 
 
Jane inarcò un sopracciglio, guardando il ragazzo con aria leggermente dubbiosa: era scesa nell’Ingresso già da qualche minuto, ma Dante stava insistendo per aspettare ad andare… teneva gli occhi fissi su Oliver con aria divertita, osservando l’amico aspettare nervosamente che Ingrid arrivasse.
 
“Andiamo piccola Jane… fammi godere lo spettacolo.”
 
La Tassorosso roteò gli occhi ma non osò ribattere, sapendo che non sarebbe mai riuscita a smuoverlo… quando però vide Bella scendere le scale e puntare dritta nella loro direzione sorrise a sua volta iniziò ad intuire che c’era qualcosa sotto.
 
 
“Buongiorno, piccioncini! Che fate ancora qui?”
 
“Dante si diverte a guardare Oliver mentre aspetta Ingrid. Poverino, scommetto che l’hai preso in giro di continuo durante l’ultima settimana!”
 
“IO? Prendere in giro Olly? Mi sento profondamente offeso per quest’accus- CHI DIAMINE E’ QUELLO?”
 
 
Dante sgranò improvvisamente gli occhi, contraendo la mascella mentre una ragazza molto familiare gli passava davanti… peccato solo che non fosse ne sola né in compagnia di qualche amica. No, Coraline Julius, la sua sorellina, era con un ragazzo.
 
“Chi? Quello con tua sorella? Non ne ho idea.”
 
“IO SI. Quell’imbecille mi prende sempre in giro perché sono bassa… Dannato, spocchioso Serpeverde.”
 
Isabella piegò le labbra in una smorfia quasi schifata, chiedendosi PERCHE’ Coraline stesse sorridendo a quel deficiente… ormai però aveva capito che a volte i sentimenti facevano brutti scherzi, ne aveva avuto la conferma quando una sua amica si era fidanzata con nientemeno che Abraxas Malfoy.
 
“E perché io non ne sapevo niente? CORA!”   Il Grifondoro fece per partire a passo di marcia verso la sorella minore, ma Jane ebbe la prontezza di riflessi di acchiapparlo per la camicia, cercando di trattenerlo:
 
“Danny, non ti permettere! Tua sorella sa badare a se stessa, ha cinque fratelli maggiori… non c’è addestramento migliore, probabilmente.”
 
Jane sospirò, guardando il ragazzo con sguardo quasi implorante… Dante fortunatamente si era fermato, più che altro perché se avesse continuato a camminare avrebbe rischiato di trascinare Jane sul pavimento.
 
“Ma… Ma è la mia sorellina. DOBBIAMO SEGUIRLI. BELLA, VIENI.”     Lo sguardo malinconico di Dante venne sostituito da un’espressione seria e determinata prima di scattare in avanti, sgusciando dalla presa di Jane per uscire dal castello.
 
“Cosa sono, un Labrador? … Ok, arrivo.”
 
Bella seguì il Grifondoro quasi senza esitazione, effettivamente divertita dalla situazione anche se non lo dava a vedere… Jane invece gemette, chiedendosi perché avesse scelto quei due tra le persone a cui teneva di più.
 
 
“EHY! Ma dove state andando? Ragazzi! Oh, al diavolo!”
 
 
Alla Tassorosso non restò che seguirli, intuendo che quella non sarebbe affatto stata una normalissima e tranquilla gita ad Hogsmeade.


                                                                                    *


“Ciao, scusa il ritardo!”  Sentendo la voce di Ingrid tirò quasi un sospiro di sollievo, ben lieto di aver finito di aspettare: era sceso nell’Ingresso persino in anticipo e non aveva fatto altro che blaterare nervosamente per tutto il giorno precedente, con Dante e Maximilian che a stento lo sopportavano mentre diventata più nervoso ogni ora che passava. 

“Ciao... tranquilla, non sei in ritardo. Vogliamo andare?”  Oliver sorrise, cercando di risultare il più rilassato possibile mentre Ingrid annuiva, prendendolo sottobraccio e avviandosi insieme a lui verso le porte aperte:

“Con piacere... Sai, non vedevo l'ora che arrivasse oggi!” 

Ironico... io quasi non ho dormito per l'ansia
 
 
                                                                              *
 
 
Antares Black camminava a passo di marcia, gli occhi azzurri fissi su suo cugino senza degnare di uno sguardo chiunque altro.
 
Altair era in piedi nel cortile, gli occhi molto simili a quelli del cugino puntati su un paio di persone… e non aveva affatto l’aria allegra.
 
“Eccoti qui. Ora mi vuoi spiegare perché hai insistito tanto?”
 
“Ciao anche a te.”   Altair si voltò sentendo la voce del cugino, rivolgendogli un lieve sorriso rilassato come se non ci fosse niente che non andasse:
 
 
“Possibile che tu sia così sospettoso nei miei confronti? Insomma, siamo cresciuti insieme, mi conosci.”
 
“Per l’appunto Altair, se non ti conoscessi sarei molto più tranquillo… coraggio, cosa c’è?”
 
 
Altair non rispose, limitandosi a spostare per una frazione di secondo lo sguardo dal cugino, puntando gli occhi su qualcosa alle sue spalle.
 
Cogliendolo Antares si voltò, cercando qualcosa che avrebbe potuto attirare l’attenzione di Altair… e quando posò gli occhi su un paio di ragazzi sfoggiò una mezza smorfia di orrore prima di voltarsi nuovamente verso il cugino:
 
“TE LO PUOI SCORDARE.”
 
 
“Mh? Che vai blaterando?”
 
“Non provare a prendermi in giro Altair Black, ti conosco. So a cosa stai pensando, e ripeto che te lo puoi scordare.”
 
“Siamo in famiglia Ant, e io sono la cosa più vicina ad un fratello che tu abbia mai avuto… quindi devi aiutarmi per forza, non hai scuse. Ora muoviti e cerca di passare inosservato.”
 
Altair agguantò il cugino e se lo trascinò dietro, evitando di ascoltare le sue proteste e obiezioni: Antares provò a fargli notare che per loro era molto dura passare inosservati visto che erano alti 1.90 ciascuno, ma Altair Black non volle sentire scuse… infondo, quando si metteva in testa qualcosa smuoverlo era impossibile, pochi lo sapevano meglio di suo cugino.
 
 
“Ok, COME TI PARE. Ma quando tua sorella vorrà ucciderci, sappi che le farò sapere che l’idea è stata tua!”
 
 
                                                                                         *
 
 
“E’ una pessima, pessima, pessima idea.”
 
“Jane, non fare l’uccellaccio del malaugurio!”
 
“Non faccio l’uccellaccio, dico solo quello che penso! E poi mi spieghi perché tu hai tutta l’aria di una che si sta divertendo un mondo?”
 
 
Jane sbuffò, fulminando una delle sue migliori amiche con lo sguardo: mentre Dante se ne stava in silenzio e serioso e lei era esasperata Bella non riusciva a non ridere sotto i baffi, seguendo i due con le mani in tasca e i lunghi capelli rossi raccolti in una coda alta.
 
“Ma dai, è troppo divertente! Insomma, guarda Dante… non l’ho mai visto così serio!”
 
 
“Già, nemmeno io. E non è un buon segno.”
 
 
La Tassorosso rivolse un’occhiata quasi apprensiva al suo fidanzato, mentre lei e Isabella cercavano di stargli dietro senza farsi notare da Coraline Julius, che di certo entro la fine della gita avrebbe beccato il fratello maggiore a pedinarla e lo avrebbe preso a maledizioni.
 
“Immagino che sia l’istinto da fratello-orso che si risveglia. Infondo è una cosa tenera, non credi? Preoccuparsi tanto per i propri fratelli.”
 
 
Jane si voltò verso l’amica, restando in silenzio per un attimo mentre osservava Bella tenere gli occhi azzurri puntati su Dante come se al posto del Grifondoro stesse vedendo qualcun altro.
Incapace di contraddirla su quell’argomento Jane sorrise appena, annuendo prima di prendere l’amica a braccetto:
 
“Si, lo è. Non ne so molto, ma a sentir Dante è un legame molto speciale… indistruttibile, se ci si vuole bene davvero.”
 
Isabella sorrise debolmente prima di annuire con un lieve cenno del capo: aveva già sentito molte volte un discorso simile… quando si era ammalato Nicholas non aveva fatto che ripeterlo, tanto che alla fine aveva dovuto crederci per forza.
 
“So a cosa stai pensando Bella… e sì, sono assolutamente sicura che anche lui l’avrebbe fatto, per te.”
 
 
                                                                                               *
 
 
“Oh, ma guardalo… che carino, è triste.”
 
“FATELA FINITA.”
 
“Hai visto, è persino scorbutico!”
 
 
William Cavendish sbuffò, rivolgendo un’occhiata quasi omicida in direzione dei sue due colleghi preferiti, che sghignazzarono allegramente mentre percorrevano la strada principale del paese per raggiungere i Tre Manici di Scopa.
 
Lyanna e Regan sembrarono non dare molto peso all’espressione decisamente seccata del collega, continuando a prenderlo poco sottilmente in giro.
 
“Ridete pure, prima o poi ve la faccio pagare.”
 
 
“Dai Will, non fare il permaloso… E’ carino che tu sia così musone perché Charlotte non c’è!”
 
Lyanna gli sorrise quasi teneramente, guardandolo incupirsi leggermente nel sentire quella frase mentre continuava a camminare a passo spedito con le mani in tasca.
 
William avrebbe voluto replicare, dire che non era affatto di cattivo umore perché non poteva passare la giornata con Charlotte… ma non lo fece, perché in cuor suo sapeva che Lyanna e Regan avevano ragione, per quanto lo stessero irritando.
 
 
Pensò a Charlotte, chiedendosi come stesse e cosa stesse facendo… non vedeva l’ora di chiederle come fosse andata, quella mattina non gli era sembrata particolarmente allegra, quando l’aveva salutata.
 
 
                                                                             *
 
 
 
“Pensi davvero che mi aiuterebbe?”
 
“Si, ne sono certa. Se si attiva il meccanismo dell’evitamento s’innesterà la paura della paura, e allora dovremmo parlare di disturbo vero e proprio: ti sarà molto più difficile uscirne… Devi tornare lì, Charlotte.”
 
 
“Se ne sei convinta… Immagino che dovrò farlo, prima o poi. In ogni caso, se il mio non è un disturbo, che cos’è?”
 
“Nevrosi, Charlotte… Ma non devi farne un dramma, ci sono molte più persone che soffrono di attacchi di panico di quanto tu non creda. Quanto alla mania di contare tutto, passerà col tempo, è solo un modo che la tua mente ha trovato per cercare di placare il panico.”
 
“Fantastico, sono nevrotica… Quando entro qui ricevo sempre ottime notizie, non c’è che dire.”
 
 
 
Alzò lo sguardo dall’orologio d’oro che teneva stretto in mano, la catenella arrotolata intorno alle sue dita.
Charlotte puntò lo sguardo sull’edificio che stavano ancora ricostruendo, dopo il bombardamento di fine Dicembre… le sembrava impossibile che fossero passati solo quattro mesi: le sembrava di non vedere, parlare o stare insieme a suo fratello da anni, quelle immagini apparivano sfuocate nella sua testa come se si trattasse di ricordi lontanissimi, appartenenti ad un mondo che ormai non esisteva più.
 
Ci aveva messo parecchio, ma alla fine si era decisa a tornare lì per la prima volta… Non si sentiva particolarmente meglio in realtà, ma sperava che Luisa avesse ragione.
 
 
Si trovava dall’altra parte della strada, e accanto a lei passavano Babbani che si godevano il sabato insieme ad amici e familiari, mentre delle auto sfrecciavano davanti a lei.
 
 
Sorrise leggermente mentre seguiva una macchina con lo sguardo: una volta, proprio su quella strada, Sean l’aveva infilata a forza dentro uno di quei marchingegni infernali per andare a controllare la zona senza dare nell’occhio, prima della fatidica missione del 21 Dicembre… e ricordava benissimo le risate che l’Auror pluripremiato si era fatto mentre lei invece si dava già per morta, urlandogli di farla scendere da quella “cosa”.
 
 
In effetti, ricordava anche qualcosa che le aveva detto… ci aveva ripensato milioni di volte, trovando il “tempismo” del fratello quasi ironico:
 
 
“Ok, grazie a Merlino ci siamo fermati… Mi hai fatto perdere 20 anni di vita, imbecille!”
 
 
Charlotte sbuffò, fulminando il fratello maggiore con lo sguardo mentre cercava quella stupida maniglia per scendere dall’auto dopo che si era presa un mezzo infarto, certa che si sarebbero schiantati da qualche parte da un momento all’altro… l’unica cosa divertente sarebbe stata la faccia di sua madre se li avesse visti dentro un’auto Babbana.
Sean invece rimase in silenzio per un attimo, senza più ridere e gli occhi fissi su delle persone a loro conosciute, che stavano discutendo solo a qualche metro di distanza.
 
 
“Non fare come la mamma Charlie, non disprezzare tutto ciò che è Babbano…”
 
“Non provare nemmeno a paragonarmi a lei, Sean! Io non disprezzo i Babbani, ma questa cosa più che essere utile ammazza le persone, ho idea… ma come diamine si fa a scendere?”
 
 
“Mentre cerchi un modo per filartela, ascoltami Charlie… Li vedi?”
 
 
Charlotte si era voltata quasi senza capire, osservando la strada e il marciapiede davanti a loro… cosa doveva vedere, esattamente?
 
“A cosa ti stai riferendo? C’è qualcuno?”
 
“Rilassati, non parlo dei tedeschi… John, Stephanie, Jude e Michael.”   L’uomo fece un cenno in direzione dei quattro colleghi, riuniti sul piazzale.
 
“Beh, certo. Perché?” 
 
Charlotte inarcò un sopracciglio, voltandosi verso Sean e guardandolo quasi senza capire… ma il fratello non batté ciglio, continuando a tenere gli occhi fissi davanti a sé e le mani ancora strette sul volante:
 
“Hanno bisogno di un leader, Charlie… e io potrei non esserci per sempre. Dovrai occupartene tu.”
 
“Dovresti, non dovrai.”
 
La puntualizzazione le venne spontanea, non volendo neanche pensare all’eventualità di perdere il fratello maggiore… Charlotte osservò attentamente suo fratello, cercando di capire perché se ne fosse uscito con una frase del genere. Ma lui dopo una lieve esitazione sorrise appena, voltandosi verso di lei:
 
“Certo, dovresti. E comunque… la maniglia è in basso a destra, geniale Corvonero.”
 
 
 
 
 Charlotte sfregò leggermente le dita sull’orologio da taschino che il padre aveva regalato a Sean per il suo diciottesimo compleanno… lo indossava sempre, anche al lavoro, e quando era morto glie l’aveva sfilato dal gilet, prima che i Medimaghi lo portassero via.
 
 
“Sai, non credo di poter prendere il tuo posto Seannie… però grazie per la fiducia.”
 
 
                                                                            *


“Se si rende conto che la stiamo seguendo ci ucciderà, lo sai vero?” 

“Certo che lo so, la conosco meglio di chiunque altro!” 

Antares sospirò, bevendo un sorso di Burrobirra e trattenendosi dal chiedere al cugino PERCHÉ stessero pedinando spudoratamente sua cugina, se lo sapeva... dal canto suo, lui stava già pensando a qualche scusa da rifilare a Cassiopea, se se ne fosse accorta.


Altair invece non aveva ancora toccato la bevanda, tenendo lo sgaurdo fisso quasi con insistenza su sua sorella, che era seduta a qualche tavolo di istanza... e con sommo dispiacere del ragazzo non era sola.

“Mi dici come hai fatto a sapere che oggi Cassy aveva un appuntamento? Di certo non te l'ha detto lei, sapendo che l'avresti presa male.” 

“Lo sai, se voglio scoprire una cosa prima o poi ci riesco... A me non sfugge niente.”   Altair contrasse la mascella, fulminando con lo sgaurdo il ragazzo seduto davanti a Cassiopea, desiderando quasi di poterlo uccidere con la forza della mente. 

“Oh, non ne ho mai dubitato. Ma non capisco perché te la prendi tanto!” 

“Vorrei proprio sapere perché non me l'ha detto! Mi dice sempre tutto.”   Altair si voltò, distogliendo finalmente lo sgaurdo da sua sorella per podere gli occhi azzurri sul tavolo quasi con aria malinconica, facendo alzare gli occhi al cielo al cugino:

“Certo che non te l'ha detto Altair, non per niente la stiamo pedinando! Smettila di preoccuparti, Cassy sa badare a se stessa perfettamente.” 

“Beh, io li tengo d'occhio lo stesso, per precauzione... ASPETTA, SI STANNO ALZANDO! Andiamo!”   Altair sgranò gli occhi e in men che non si dica si era già alzato, pronto a non perdere di vista sua sorella neanche per un istante... Antares invece sbuffò, guardando il cugino con aria torva:

“Ma io devo ancora finire di bere! ... ok arrivo, ma paghi tu!” 

Al Serpeverde non restò che seguirlo, arrendendosi al fatto che non avrebbe avuto una normale e tranquilla giornata ad Hogsmeade... ma chissà, forse dieci anni dopo avrebbe riso ricordando quei momenti. 


                                                                            *


“Non so perché, ma ho la sensazione che stia succedendo qualcosa di strano...” 

“Perché?” 

“Non lo so, ma prima mi è sembrato di vedere Dante seguire sua sorella, con Bella e Jane al seguito...”

Ingrid inarcò un sopracciglio, ripensando con lieve scetticismo alla scena a cui aveva precedentemente assistito: possibile che quei tre stessero combinando qualcosa?

“Beh, se anche fosse preferisco NON sapere cosa stanno facendo... con Dante e Bella non si può mai sapere, mentre la povera Jane si sarà trovata invischiata.” 

Oliver sorrise, scuotendo appena il capo con aria divertita mentre, appoggiato ad uno scaffale di caramelle, osservava Ingrid esaminare con lieve stupire i dolci assurdi in esposizione da Mielandia:

“Si, può essere... stasera indagherò con Bella. Ma che razza di dolci ci sono qui? Non ho mai visto niente del genere...” 

“Per questo tutti adorano Mielandia. Ehi, c'è tua sorella.”  Oliver sfoggiò un sorriso, sollevando una mano per rivolgere un cenno di saluto alla ragazzina, che era effettivamente comparsa sulla soglia del negozio. Astrid ricambiò, guardando i due con aria quasi divertita prima di dire qualcosa ad alta voce in tedesco rivolgendosi alla sorella maggiore, ridendo prima di filarsela, cogliendo lo sgaurdo omicida che le aveva rivolto Ingrid.

“Che ha detto?” 

“Niente... dai andiamo, ho finalmente scelto.”  Ingrid sbuffò, prendendo il Grifondoro sottobraccio per trascinarlo verso la cassa, facendolo sorridere con curiosità:

“Andiamo, dimmelo! Parlava di me?” 

“Non te lo dico Olly, rassegnati.” 


                                                                                *


“Dan davvero, non voglio fare la rompiscatole... ma se tua sorella se ne accorge, non la prenderà tanto bene!” 

Jane sospirò, pregando mentalmente il ragazzo di ascoltarla, per una volta... ma il Grifondoro proprio non ne voleva sapere, mentre se ne stava appollaiato su una panchina accanto alla ragazza, seguendo sua sorella con lo sgaurdo camminare lungo la strada. 

“Con un po’ di fortuna Jane, non si accorgerà di niente... Figuriamoci, è troppo presa a ridere per quello che le sta dicendo quell’imbecille.” 

“Ma se neanche lo conosci!” 

“BEH, LA FACCIA NON MI PIACE!” 

La Tassorosso sospirò, alzando gli occhi chiari al cielo e decidendo ufficialmente di lasciar perdere: 

Scusa Coraline, io ci ho provato 


Nel frattempo una certa Corvonero stava trotterellando allegramente sul marciapiede, diretta verso i due con tre bottiglie di Burrobirra in mano... Isabella sorrideva, divertendosi come non le succedeva da un po’: e lei che aveva pensato che si sarebbe persino annoiata, quel giorno! 

Gli occhi della ragazza, ai quali di rado sfuggiva qualcosa, andarono a posarsi su due persone e lei familiari che stavano parlottando animatamente... inarcando un sopracciglio Bella spostò lo sgaurdo da Altair e Antares Black ad una persona che stava camminando a solo qualche metro di distanza, infondo alla strada. 

Trattenendosi dal ridere e stentando quasi a crederci Bella sorrise, scuotendo appena il capo mentre riprendeva a camminare: sembrava che quella fosse la giornata dei pedinamenti. 

“Vi date allo spionaggio? Chissà come la prenderebbe Cassy...” 

“Si Burton, mio cugino ha preso così seriamente l’idea di diventare Auror che ha deciso di iniziare già da ora a fare pratica...” Antares roteò gli occhi mentre Altair invece lo fulminava con lo sgaurdo, sfoggiando subito dopo un gran sorriso in direzione di Bella, che si fermata accanto all’improbabile duo e cercava di non ridere di fronte a quella scena:

“Isabella, non...” 

“Rilassati Black, non le dirò niente... ma è sveglia, probabilmente se ne accorgerà da sè... in ogni caso buona fortuna, siete un’adorabile versione di Sherlock e Watson.” 

Sfoggiando un ultimo sorrisetto la rossa si allontanò, improvvisamente ancora più allegra rispetto a poco prima: a quanto pare lei, Dante e Jane non erano gli unici a darsi allo spionaggio...

“Ma di chi parlava?” 

“Non ne ho idea, ma ora possiamo smetterla di seguire Cassy, per favore? Questa situazione mi mette un po' di ansia, e se Lyra ci vede mi prenderà in giro per l'eternità...” 

“Aspetta... Come si permette di abbracciare mia sorella? Adesso lo sistemo per le feste, quel Corvonero da strapazzo.” 

Altair sbuffò e fece per raggiungere i due a passo di marcia, con un Antares esasperato alle sue spalle che tentava invano di farlo demordere:  ma perché non si era dato malato e non era rimasto al castello?  Ora avrebbe passato il resto della giornata ad impedire a suo cugino di uccidere un loro coetaneo...


“Altair, respira profondamente... e non fare cavolate, non voglio dover sistemare i tuoi guai!” 


                                                                                  *


“Sai, sono davvero felice che tu mi abbia chiesto di venire qui con te.” 

“Davvero?”  Le labbra di Oliver Miller si piegarono improvvisamente in un sorriso, voltandosi verso Ingrid e guardandola quasi con stupore. Il tono meravigliato del ragazzo sembrò stupirla leggermente, guardandolo con aria divertita:

“Ti sorprende tanto Olly?” 

“No, beh... mi fa piacere, naturalmente.”   Oliver sorrise, prendendole la mano e baciandone delicatamente il palmo, facendola arrossire leggermente prima di parlare di nuovo:

“E io sono felice che tu abbia accettato. In effetti avevo qualche dubbio a riguardo.” 

“Sul serio? Perché avrei dovuto rifiutare, scusa?” 

“Beh, non saprei... ma sono molto sollevato che tu non mi abbia rifilato un bel due di Picche, Ingrid.” 


Oliver sorrise e Ingrid ricambiò, trattenendosi dal fargli notare che avrebbe dovuto essere matta o aver sbattuto la testa da qualche parte per rifiutare il suo invito... 
Il Grifondoro intanto, seduto accanto a lei sulla panchina, si era voltato di nuovo verso la collina deserta:

“Lì non ci hanno mai costruito nulla...” 

“Magari prima o poi lo faranno.” 

“Si, certo... chi lo sa, magari tra qualche decennio ci sarà una casa infestata da qualche fantasma, chi può dirlo.” 


                                                                                      *


“Dante Julius, lasciatelo dire... sei veramente un idiota! Mi spieghi perché diamine mi hai seguita per tutto il giorno?”  Coraline Julius sbuffò, mettendosi le mani sui fianchi mentre guardava il fratello maggiore con irritazione, seduto davanti a lei: quando lo rimproverava voleva non doverlo guardare dal basso.  Si era accorta di essere seguita dal fratello maggiore circa a metà del pomeriggio, ma aveva preferito aspettare ed evitare di esplodere in mezzo al paese per poi placcare Dante dentro il castello, costringendolo a seguirla in un'aula vuota prima di andare a cena. 

“Lo so, mi dispiace... ma sei la mia sorellina, e non sapevo chi fosse quel ragazzo. Lucas o Anthony avrebbero fatto lo stesso!” 

“Non ne dubito, l’idiozia è una caratterista tipica dei maschi Julius! Anche se forse Francies si salva, in effetti. In ogni caso, razza di cretino, non devi chiedere scusa a me!” 

“Ah no?”   Dante alzò lo sgaurdo, guardando la sorella con un cipiglio interrogativo che la face sospirare, esasperata:

“No! Devi chiedere a scusa a quel pezzo di burro che ti sopporta e sostiene costantemente... avresti dovuto passare la giornata con lei, non pedinando me!” 

Dante sembrò pensarci per un attimo ma poi annuì, quasi saltando in piedi prima di parlare:

“Hai ragione... vado a cercarla!” 

“Certo che ho ragione, non dovresti neanche porti il dubbio!” 


                                                                               *


Scorgendo la sua figura familiare scendere le scale Will sorrise forse per la prima volta da quando si era svegliato, affrettandosi a chiamarla ad alta voce per attirare la sua attenzione:

“Charlotte!”  

Sentendosi chiamare la donna si fermò, voltandosi verso di lui e sorridendogli leggermente mentre aspettava che la raggiungesse:

“Ciao... com’è andata la giornata?” 

“Abbastanza noiosa senza di te, in effetti... ma dimmi, com’è andata la tua?” 

Charlotte esitò ma poi annuì appena, stringendosi nelle spalle:

“Non c'è male.” 


Intuendo che non le andava molto di parlarne Will le sorrise, mettendole un braccio sulle spalle prima di riprendere a scendere le scale insieme a lei:

“Dai, andiamo a cena... In ogni caso, l'importante è che tu abbia fatto quello che dovevi fare: un passo alla volta, ne uscirai del tutto.” 
        

                                                                           *


Sentendo la porta aprirsi e chiudersi alle sue spalle Isabella non si voltò, continuando a leggere:

“Ciao... l’appuntamento com’è andato?” 

Non aveva idea di quale tra le sue compagne fosse appena entrata nel Dormitorio, ma quella domanda poteva benissimo andar bene per tutte e tre. Sentendo un sospiro però la rossa intuì di chi si trattasse, sorridendo istintivamente mentre si voltava:

“Lasciamo stare... sappi solo che sono stata a tanto così dall’eliminare un paio di parenti stretti.” 

Cassiopea Black sbuffò, lasciandosi cadere sul suo letto e parlando con un tono decisamente seccato... Isabella ebbe l’accortezza di non dire niente, cercando di non ridere mentre moriva dalla voglia di sapere COME l'amica avesse beccato fratello e cugino a pedinarla... di sicuro era stata una scenetta molto divertente.

“Ma non mi dire... Cosa avranno mai combinato?” 

“Stendiamo un velo pietoso Bella,  stendiamo un velo pietoso...” 

Di opinione diversa sembrò invece essere Ingrid, che entrò nella stanza con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia:

“Ecco invece Miss Allegria... ciao crucca, com’è andata la tua giornata?” 

“Sei fortunata Bella, sono così di buonumore che non ti maledirò per quell’appellativo...”

Ingrid sorrise amabilmente alla rossa, sedendosi sul suo letto mentre anche Isabella sorrideva, divertita: evidentemente, era andata bene. 

“Tu piuttosto Bella... si può sapere che cosa hai fatto per tutto il giorno?” 

“Io? Oh, niente di che...” 


                                                                                *


“Fammi sapere quando avrai finito di ridere, mi raccomando.” 

“S-scusa, ma...” Per quanto si sforzasse Lyra Blackthorne non riusciva a smettere di ridere sotto lo sgaurdo torvo di Antares Black, immaginandomi chiaramente lui e il cugino che pedinavano Cassiopea in giro per Hogsmeade... finché la ragazza non li coglieva in fragrante e li minacciava di morte.

“Andiamo, devi ammettere che è divertente! E Altair cosa le ha detto?” 

“Lo sai, lui e la sua parlantina se la cavano sempre... è riuscito a convincerla a non affettarlo, ma io dopo questa ho chiuso con i pedinamenti, grazie.” 

“Vi ci vedo proprio tu e Altair, a fare gli agenti sotto copertura...” 

“Mi sono pentito di avertelo raccontato, sai? E smettila di ridere, non è affatto divertente!” 


Lyra non sembrò dargli retta perché continuò a ridacchiare, facendogli alzare gli occhi al cielo... ma per quanto avesse provato a restare serio alla fine sorrise, convenendo con la Corvonero:

“Ok... forse è leggermente divertente, te ne do atto. Ma solo leggermente!” 

   















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Angolo Autrice:

Visto che è l’1:30, esordisco direttamente facendovi gli auguri, Buon Natale!! 
Speravo di finire il capitolo per mezzanotte, ma alla fine ho sforato un po’... pazienza. 

Non mi dilungo molto perché ho sonno e devo prepararmi psicologicamente alla giornata che mi aspetta... dovrei aggiornare il 27 o il 28, se mi sarò ripresa dalla mega-abbuffata. 

Ho però, una domanda per voi... pure curiosità personale: qual è il duo che preferite? Attenzione ho detto duo, non coppia... può essere una coppia ovviamente, come può non esserlo.

Grazie come sempre per le recensioni... ci sentiamo presto, auguri ancora! <3


Signorina Granger 

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Capitolo 27
*** Di chi dorme fino a tardi e di chi gioca a tennis ***


Capitolo 25: Di chi dorme fino a tardi e di chi gioca a tennis 
 
 
Lunedì 26 Aprile
 
 
 
“Fate silenzio per favore… vi ricordo che è lunedì mattina per tutti, non solo per voi!”
 
 
Le parole dell’Insegnante di Incantesimi, nonché Direttrice di Corvonero, suscitarono qualche borbottio sommesso nell’aula, mentre praticamente tutti gli allievi del settimo anno desideravano di scappare e tornare a letto.
 
“Mamma mia, che umore pessimo… per lei sì che è lunedì mattina!”    Jane Prewett inarcò un sopracciglio, osservando la donna con lieve scetticismo mentre, nel banco dietro al suo, la sua compagna di Casa Aerin Ollivander si sporgeva leggermente, parlando a bassa voce:
 
“Secondo voi cos’ha?”
 
“Non è una domanda difficile… probabilmente si è alzata, si è guardata allo specchio e si è spaventata.”
 
“Facciamo l’appello… Ho sentito borbottare Abbott, quindi presumo che sia presente...”
 
Elizabeth sfoggiò un sorriso angelico, mentre Aerin e Jane si trattenevano dal ridere e la Hobskin faceva scorrere lo sguardo sul registro:
 
“Black?”
 
“Presente.”
 
“L’altro Black?”
 
Il silenzio calò nell’aula, mentre metà dei presenti si guardava intorno per cercare Antares con lo sguardo… l’altra metà invece rimase pressoché impassibile, non provando neanche a chiedersi perché il Caposcuola fosse assente.
 
Altair sorrise appena, alzando la mano mentre cercava di non ridere:
 
“Emh… Professoressa? E’ il 26 Aprile.”
 
“Si Black, grazie per la precisazione, lo so.”
 
“Intendo… è il compleanno di mio cugino.”
 
 
Il silenzio calò di nuovo nell’aula mentre l’insegnante scrutava il Serpeverde, ma la sua espressione accigliata durò solo per un attimo, poi sembrò capire e roteò gli occhi:
 
“Ah, certo… me n’ero scordata. Beh, lasciamo perdere allora… Continuiamo. Boulstrode?”
 
“Presente.”
 
“Braun?”
 
“Presente…”   Ingrid appoggiò la testa sulla mano con aria annoiata, accorgendosi solo dopo qualche istante che Oliver si era girato verso di lei, sorridendole. Per tutta risposta la bionda gli sorrise, salutandolo con un lieve cenno della mano.
 
“Burton?”
 
“Sì…”    Isabella smise una specie di sbuffo, desiderando di essere assente come un suo certo compagno di classe.
 
Beato te che dormi, Black
 
 
Ingrid si voltò verso l’amica, guardandola con espressione vagamente perplessa:
 
“Scusa, cosa c’entra che sia il suo compleanno? E perché la strega non ha battuto ciglio?”
 
 
“Diciamo che ormai ci è abituata, come tutti gli insegnanti… e anche noi. Sua Eccellenza ha una tradizione tutta sua, quando arriva il suo compleanno…”
 
 
                                                                               *
 
 
Antares Black sorrideva, mentre percorreva il corridoio buio con lunghe falcate: per una volta era lunedì e non aveva né sonno né voglia di trascinarsi nella sua camera… vista l’ora i suoi compagni dovevano aver appena terminato la pausa pranzo, e la prima lezione pomeridiana del lunedì era proprio nei Sotterranei, in compagnia di Lumacorno.
 
 
Il ragazzo si fermò davanti alla porta chiusa, bussando prima di aprirla e pregustandosi le facce cariche di invidia dei suoi compagni. Lumacorno smise improvvisamente di parlare e puntò gli occhi dritti su di lui, esitando per un’attimo prima di parlare mentre tutta la classe si voltava nella sua direzione:
 
“Ah, eccoti Black… coraggio, siediti.”
 
 
Il Serpeverde non se lo fece ripetere due volte, scivolando sul posto libero più vicino e rivolgendo al contempo un sorrisetto in direzione di suo cugino, che si era voltato verso di lui guardandolo a metà tra il divertito e l’esasperato.
 
 
“Allora, come stavo dicendo… Maledizione, ho perso il filo. Miller, cosa stavo dicendo?”
 
“EMH…”
 
“Ripeteva le proprietà curative dei bezoar, elencando i veleni a cui fanno da antidoto!”
 
“Stava riepilogando le proprietà curative dei bezoar, signore.”
 
 
Oliver sfoggiò un sorriso angelico e Lumacorno annuì, riprendendo a parlare con il suo solito tono e modo di gesticolare teatrale mentre Oliver si voltava verso la sua salvatrice, sorridendo all’amica e mandandole un bacio con la mano:
 
“Grazie Bella… ti adoro.”
 
“Prego… ma ora stai attento Olly.”     
 
Isabella sorrise appena, guardando l’amico con aria divertita: spesso le era passato per la testa di suggerirgli apposta una cavolata per scherzo… ma non ci era mai riuscita, affezionata com’era a quella testa di rapa.
 
 
                                                                                        *
 
 
“Prima di iniziare la parte pratica della lezione, credo di dover smistare i posti…”
 
“Che ci provi.”  
 
Oliver guardò l’insegnante quasi con sfida, rifiutandosi categoricamente di allontanarsi dalla sua ancora di salvezza, ovvero la ragazza seduta nel banco dietro al suo…
 
Gli occhi di Lumacorno però non indugiarono sul Grifondoro, andando invece a finire con aria divertita sull’ultimo banco infondo all’aula:
 
“Ah, eccola lì, la coppia del cuore. Nott, vieni qui davanti per favore.”
“Ma signore, perché mi sposta sempre?”
 
“Perché voi due non potete stare vicini, semplice.”
 
 
“Ma allora sposti LEI!”
 
“Giusto… Abbott, vieni qui davanti.”
 
L’uomo sorrise dolcemente mentre tamburellava con le dita sul banco vuoto davanti a lui, osservando la Tassorosso lanciare uno sguardo omicida al suo migliore amico, mentre invece Ian Nott sorrideva con aria vittoriosa, soddisfatto di essere sfuggito al primo banco, per una volta.
 
 
“Scommetto cinque Galeoni che ora sposta uno di noi due…”
 
“Ci sto.”

Quasi come se li avesse sentiti l'insegnante si voltò verso i due Grifondoro, osservandoli per un attimo prima di parlare: 
 
“Julius o Miller, qui davanti.”
 
“Ho vinto! Miller non vedeva l’ora di stare davanti a lei, signore!”  
 
 
Dante sorrise a trentadue denti alle parole dell’insegnante, assestando anche una pacca sulla spalla del compagno che invece sfoggiò una faccia da funerale, mandando un’occhiata malinconica a Bella prima di alzarsi:
 
“Questa me la paghi Julius…”
 
 
Controvoglia il Grifondoro si trascinò in primo banco, guadagnandosi un’occhiata carica di compassione da parte di Elizabeth, destinata alla sua stessa sorte:
 
“Ehy Liz… tu sei brava, vero?”
 
“Beh, abbastanza…”
 
“Perfetto, vedremo di arrivare sani e salvi alla fine delle due ore.”
 
 
                                             
 
Mezz’ora dopo l’aula dei Sotterranei si era già riempita di vapore e tutti avevano iniziato a soffrire il caldo: in inverno era quasi piacevole quella situazione, ma non a fine Aprile. 

Ingrid sbuffò, sventolandosi energicamente con il libro di Pozioni con le maniche della camicia bianca arrotolate fin sopra i gomiti. 

“Che caldo... Quanto manca alla fine della lezione?” 

"Più di un'ora Ingrid... mettiamocela via.” 

La bionda sospirò mentre Bella incantava il suo mestolo affinché mescolasse da solo, legandosi frettolosamente i capelli lunghi per cercare di alleviare leggermente il caldo. 

“Prima o poi dovremmo proporre a Lumacorno di fare lezione all’aperto... Secondo te come se la sta cavando Olly? Poverino, in prima fila...” 


Isabella sorrise leggermente, guardando l'amico quasi con compassione mentre Ingrid annuiva, guardandolo a sua volta:

“Già... povero. Non lo invidio neanche un po'.” 

Quasi come se le avesse sentite il Grifondoro si voltò nella direzione delle due Corvonero, sfoggiando una smorfia mentre accennava all’insegnante e congiungendo le mani come a volerle pregare di aiutarlo.

“Scusa Olly, non ti posso sempre aiutare... Ma sai una cosa Ingrid? Qualcosa mi dice che sarebbe molto più felice di essere in prima fila se ci fossi tu a tenergli compagnia... non farti pregare!” 

Isabella sorrise, mettendo le mani sulle spalle dell'amica e quasi spingendola verso la prima fila, ridendo sotto i baffi mentre la bionda la guardava con gli occhi sgranati:

“Bella, che cavolo fai?” 

“Ti do letteralmente una spinta, visto che siete lenti come lumache! Tra voi due e Dante e Jane non si chi sia peggio...” 

Prima di avere il tempo di replicare Ingrid si ritrovò accanto ad Oliver, con Bella che se l'era già squagliata tornando in fretta e furia al suo posto, riprendendo ad occuparsi della Pozione che stava preparando come se niente fosse. 

Dopo facciamo i conti, piccolo demonio...

Ingrid si stampò un sorriso in faccia mentre Oliver alzava lo sgaurdo su di lei, guardandola per un attimo con aria confusa:

“Ciao... come mai qui?” 

“Beh, ecco, io... non è che per caso hai un coltello da prestarmi?” 

Probabilmente alle sue spalle Bella stava sbattendo ripetutamente la testa sul suo banco, ma Ingrid cercò di non pensarci mentre Olly, accigliato, annuiva, porgendole l'utensile:

“Certo, tieni.” 



“Perché sono circondata da scemi, perché?” 

“Sei sicura di sentirti bene? Oggi sei più strana del solito.” 

Isabella sospirò, togliendosi le mani dal viso e lanciando un’occhiata grave in direzione del ragazzo che si era fermato accanto al suo banco mentre tornava dalla dispensa, guardandola a metà tra il divertito e il curioso:

“No Black, non sto bene! Sono circondata da un branco di lumache ottuse... buon compleanno, comunque. Dimmi, il piccolo principe ha dormito bene?”  Bella inarcò un sopracciglio, facendolo sogghignare leggermente:

“Oh si, benissimo... ancor meglio pensando a voi che facevate lezione.” 

Senza aggiungere altro il ragazzo la superò, tornando al suo posto e riportando così l'attenzione della rossa sul banco in prima fila, dove Ingrid e Olly si sorridevano mentre Lizzy se la filava elegantemente, sostenendo di “aver perso qualcosa da qualche parte e di doverlo andare a cercare” prima di squagliarsela, raggiungendo la Corvonero:

“Ciao Bella! Ti spiace se mi metto qui?” 

“Neanche un po’, lasciamoli tubare in pace...” 

Bella sfoggiò un sorriso mentre, in prima fila, Ingrid sospirò, chiedendosi perché fosse finita in mezzo ad una specie di complotto con Oliver che intanto si era voltato e guardava Bella e Lizzy confabulare:

“Sai, quelle due che cospirano insieme è davvero una pessima idea. Ma perché tutti sono strani di recente?” 

“Non saprei. Beh, se non ti dispiace, credo che rimarrò qui per davvero.” 

“Ma certo che non mi dispiace, tutt’altro.”  Oliver sfoggiò un sorriso allegro, passandosi una mano sul ciuffo di capelli biondi cenere e spettinandoli ancora più del solito, visibilmente contento nell’averla accanto. 

Il tutto, ovviamente, mentre Lumacorno si era perso in chiacchiere con Abraxas Malfoy e Altair Black, senza accorgersi di nulla. 


                                                                                *

"RAGAZZI! Eccovi finalmente... guardate qua!”  Dante sfoggiò un sorriso allegro, brandendo degli “oggetti strani” che teneva in mano. 
Ingrid e Jane alzarono lo sgaurdo dai libri e guardarono il Grifondoro con aria accigliata, chiedendosi che cosa avesse portato:

“Dan, che accidenti sono quelle... cose?” 

“Mi sembra che si chiamino racchette... i Babbani le usano per giocare! Olly, tu sai a cosa servono?” 

Dante si voltò, rivolgendosi al compagno di Casa che era appena spuntato da dietro uno scaffale, con un libro in mano. Il Grifondoro guardò l'amico con aria accigliata per un attimo prima di annuire, vagamente confuso:

“Si... Dante, dove diamine hai preso delle racchette da tennis?” 

“A Babbanologia! Mi spieghi bene come si gioca, sembra divertente!” 

Per un attimo Oliver esitò, ma il sorriso di Dante era piuttosto chiaro: non aveva alcuna intenzione di lasciar perdere. 

“Ok, va bene... perché ho la sensazione che è una pessima idea?” 



Isabella Burton camminava a passo svelto, i capelli rossi che le ondeggiavano sulle spalle e che quasi scintillavano quando passava davanti ad una finestra. 
Era in procinto di rilassarsi, sgattaiolando nella Stanza delle Necessità per stare fuori dal mondo e in pace... ma il fato aveva deciso che quel lunedì proprio non era giornata da riposo, perché prima che potesse sparire per un'ora, prima della lezione con Charlotte, le era giunta voce che qualcuno stava facendo un gran baccano in Biblioteca... e le avevano praticamente ordinato di andare a controllare. 

Appuntandosi mentalmente di maledire chiunque fosse l'artefice della confusione e chiedendosi al contempo di quale imbecille si trattasse, la Corvonero stava attraversando la Biblioteca a passo di marcia... e quando svoltò l'angolo la sua mascella sfiorò il pavimento. 

Per un attimo, mentre guardava i suoi migliori amici giocare con delle cose strane a rete in mano, Isabella si chiese come reagire: ridere? Sprofondare? Sbattere la testa contro uno scaffale? Mettersi le mani nei capelli? 

Alla fine optò per qualcos’altro, schiarendosi rumorosamente la voce per attirare l'attenzione di Dante, Olly, Ingrid e Jane, che stavano giocando ad una versione di tennis che somigliava più che altro al ping-pong da tavolo, usando due tavoli uniti come “campo”.

“PUNTO! Ah, ciao Bella! Come mai da queste parti?” 

Oliver le sorrise come se le stesse chiedendo del tempo, facendola sospirare leggermente:

“Mi è giunta voce che qualcuno sta facendo una gran confusione in Biblioteca... voi non ne sapete nulla, suppongo.” 

“Chi, noi? No... mostravo solo a Dan, Ingrid e Jane come si gioca. Perché hai quella faccia?” 

“MILLER, MA TI SEMBRA IL POSTO DOVE SI GIOCA A... QUESTA COSA?” 

“Dai Bella, non ti scaldare...”  Olly le sorrise quasi nervosamente, mentre Ingrid cercava di non ridere e Dante faceva finta di niente, astenendosi dal far notare che l'idea era stata sua.

“E soprattutto... GIOCATE E NON MI HAI NEANCHE INVITATO, SCREANZATO! Jane spostati, ora gioco IO contro Miller.” 

Il tono della Corvonero era così fermo che la Tassorosso non ebbe il coraggio di obbiettare, cedendole la racchetta e affrettandosi a spostarsi per evitare di finire in Infermeria: qualcosa le diceva che se le sarebbero date di santa ragione pur di vincere.

“Ma scusa Bella, tu non eri venuta qui per farci smettere?” 

“In teoria si, ma mi voglio sfogare un po’... dammi la palla Olly, coraggio.” 


                                                                             *


Mentre attraversava l’Ingresso per tornare nei Sotterranei, Antares Black era decisamente di ottimo umore, come sempre al suo compleanno: aveva passato la mattinata a dormire placidamente, e quando si era svegliato uno dei numerosissimi elfi di Hogwarts gli aveva portato la colazione, come ogni anno. 

Altair aveva provato a svegliarlo prendendolo a cuscinate, ma nessuno era in grado di buttarlo giù dal letto quel giorno... E il cugino di era beccato qualche parolaccia prima di decidere saggiamente di lasciar perdere: non aveva nessuna voglia di sorbirsi la vendetta di Antares per averlo svegliato il giorno del suo compleanno. 

“Ant!”  

Sentendosi chiamare il ragazzo si fermò, e il suo buonumore non poté che aumentare quando vide Lyra andargli incontro, sorridendogli:

“È da un secolo che ti cerco... dove ti eri nascosto?” 

“Stamattina dormivo, ma questo già lo sai.” 

‘Si, conosco la tua “tradizione”... in ogni caso, buon compleanno!”  

Lyra gli sorrise prima di alzarsi in punta di piedi per dargli un bacio su una guancia, facendolo sorridere con aria divertita:

“Potevi venire a farmeli stamattina, gli auguri!” 

“Col cavolo, l'anno scorso l'ho fatto e prima mi hai quasi lanciato contro una maledizione...” 

“In mia difesa posso dire che non mi ero reso conto fossi tu, ero assonnato...” 

“... e poi, quando ti sei accorto che ero IO e non Rod travestito per farti uno scherzo, mi hai impedito di andare a lezione in orario perché “ti sentivi trascurato e volevi le coccole”.”  

Lyra roteò gli occhi castani, ricordando la ramanzina che si era beccata da Lumacorno per colpa del ragazzo, che le si era incollato appresso a mo’ di koala, impedendole di andare a lezione perché “necessitava di affetto e di abbracci”. 
Antares invece sorrise, ricordando le sonore proteste della ragazza con gran divertimento:

“Beh, ma alla fine io ottengo sempre quello che voglio, no? Ora scusa, ma se non vado farò tardi io... e qualcosa mi dice che a differenza degli altri insegnanti Charlotte NON lo accetterebbe.” 

“Vai, o ti ritroverai senza qualche arto...” 

Lyra rise, immaginandosi la donna che inseguiva il ragazzo brandendo la bacchetta per tutti i Sotterranei. 

“No grazie, voglio arrivare intero almeno al Diploma... ci vediamo dopo!” 

Antares le sorrise prima di darle le spalle, affrettandosi a scendere nei Sotterranei per andare a lezione con tutta l'intenzione di essere puntuale: chi avrebbe placato le risate di Rod o Altair, se fosse finito in cucina a lavare i piatti per volere dell’Auror?

Stava per sparire sulle scale quando una voce attirò la sua attenzione, facendolo sbuffare leggermente:

“Che c'è ancora? Ah, ciao Cassy.” 

“Ciao Ant... Mi hanno detto di dirti di andare in Biblioteca, credo che sia urgente.” 

Il ragazzo esitò alle parole della cugina, sbuffando prima di fare dietro front e superarla, borbottando che se fosse arrivato in ritardo l'avrebbe fatta pagare a qualcuno. 
Cassiopea invece si affrettò a seguirlo, trotterellandogli dietro senza riuscire a non sorridere: voleva proprio vedere cosa stesse succedendo, un paio di piani più in alto.


                                                                              *


"Ma dai, quello non era punto... non hai visto che era andata fuori?” 

“Non dire cretinate, ti dico che era dentro!” 

La discussione su chi avesse fatto punto o meno ebbe vita breve, perché qualcuno era appena spuntato nella piccola saletta. 
Jane, seduta su una sedia mentre assisteva alla partita, se ne accorse per prima e sgranò gli occhi azzurri, guardando Antares Black assistere alla scena con impassibilità mentre, alle sue spalle, sua cugina e loro coetanea Cassiopea quasi si rotolava dal ridere sul pavimento.

“Isabella. Che. Cosa. Stai. Facendo?” 

“Ah... Black, ciao! Io... stavo sequestrando le racchette.” 

“Ma davvero?” 

La ragazza non batté ciglio di fronte al tono decisamente sarcastico del compagno, voltandosi verso Oliver con aria risoluta prima di prendergli la racchetta dalle mani:

“Certo! Insomma... Vergognati Oliver, giocare in Biblioteca!” 

“Ma perché sono sempre io a prendere parole? Non è giusto.”   Il Grifondoro sospirò con aria sconsolata, mentre Dante, incredulo e felice visto che per una volta nessuno se l'era presa con lui, cercava di non ridere di fronte alla faccia di Altair e alla reazione di Bella, che si voltò verso l'amico e gli disse “scusa, ti voglio bene” in labiale mentre Antares non guardava.

Ingrid sorrise al ragazzo quasi con aria consolatoria, prendendolo sottobraccio mentre cercava di non ridacchiare:

“Dai, non fare quella faccia...” 

“Lasciamo perdere... ma ora diamoci una mossa, abbiamo lezione con Charlotte tra cinque minuti e io non voglio lavare i piatti il giorno del mio compleanno!” 

Antares sbuffò, roteando gli occhi chiari mentre non pensava neanche ad eventuali punti da togliere a qualcuno: voleva solo muoversi e arrivare nei Sotterranei in fretta. 

“Quando hai ragione hai ragione... parleremo del tennis più tardi, ora tutti nei Sotterranei!” 

Prima di dare al tempo a qualcuno di dire qualcosa Bella se la svignò, intimando con lo sgaurdo a Cassiopea di smettere di ridere prima di sparire dietro uno scaffale, con un Antares accigliato alle calcagna:

“Scusa Burton, com’è che tu sai come si chiama quel gioco Babbano?” 

“Io... me l'ha detto Olly credo. Ma non hai detto di volerti sbrigare, Black? Su, andiamo!” 


“A me non la dai a bere Burton... lo so che stavi giocando anche tu, cosa credi!” 

“Non so proprio di che parli... sono una studentessa seria e diligente, io!” 


                                                                                *
                                                                     

Mentre, seduta sulla cattedra, aspettava che i ragazzi arrivassero, si era messa a pensare al suo Addestramento... ricordando come a volte fosse quasi arrivata a detestare suo fratello, per il modo particolarmente severo con cui l'aveva trattata per praticamente tutto il tempo. 

Gli aveva chiesto diverse volte perché fosse così duro con lei, e lui non le aveva mai risposto chiaramente... ma l'aveva capito lo stesso, con il tempo: non lo faceva perché non voleva che diventasse un Auror come lui, ma perché voleva che si preparasse al meglio per la strada che si era scelta. 


Il flusso di pensieri e di ricordi della donna venne interrotto dal rumore della porta che si apriva, permettendo a Jane, Dante, Oliver, Ingrid, Bella e Antares di entrare in aula quasi rotolando prima di correre ai rispettivi posti. 

“Buon pomeriggio ragazzi.”     Charlotte rivolse al gruppetto un lieve sorriso, chiedendosi perché diamine fossero entrati correndo come se ne andasse della loro vita. 

“Ok, abbiamo tardato di due minuti... non dovrò lavare i piatti!”  Antares sorrise con aria vittoriosa mentre Charlotte scivolava giù dalla cattedra, parlando a voce alta:

“Coraggio, facciamo sparire i banchi come sempre... e oggi le coppie non le formate voi... faremo in base all’altezza questa volta.” 

“Quindi...?” 

“Quindi Dante sta con Black, Jane con Ingrid e Oliver con Starkey...” 

Isabella, manco a dirlo, sfoggiò una smorfia, intuendo che avrebbe passato le due ore a fare il cactus/spettatore... ma Charlotte la sorprese, rivolgendole un lieve sorrisetto prima di continuare a parlare:

“Tranquilla Bella, non mi sono dimenticata di te! Tu puoi stare con me.” 

“EH? Ma veramente io sarei ben lieta di fare il cactus in un angolo, se devo essere sincera...” 

Di fronte al sorriso di Charlotte però la ragazza sospirò, dovendosi arrendere per forza: non avrebbe mai cambiato idea, lo sapevano tutti i presenti.


                                                                              *


Le facevano male praticamente tutti i muscoli, ma piuttosto che darlo a vedere in sua presenza probabilmente avrebbe digiunato per un giorno intero.

Si limitò così a stringere i denti, trattenendosi dal perdere la pazienza mentre la voce familiare e in genere rassicurante del fratello le penetrava nella testa... possibile che in certe occasioni quella voce suonasse tanto diversa?

“Così sei morta, Charlotte. Più rapida, concentrati.” 

“Lo sto facendo, se non te ne fossi accorto... siamo qui da ore.” 

“Evidentemente non lo stai facendo abbastanza, allora. Resteremo qui finché non mi andrà bene quello che farai, lo sai benissimo... e ora riprova.” 


La voce ferma di suo fratello non le era mai sembrata così irritante e simile a quella di suo padre... sollevò lo sgaurdo, puntando gli occhi sull’Auror che la stava osservando quasi pigramente, in piedi davanti a lei. Ancora una volta non riuscì a colpirlo e Sean parò l'incantesimo senza quasi battere ciglio, osservandola restando pressoché impassibile:

“Arriverà il giorno in cui mi ringrazierai sorellina... ma prima di quel momento, hai molto da imparare. E ora, di nuovo.” 

“Non puoi lasciarmi respirare un attimo?” 

“Io potrei... ma fuori da queste mura nessuno lo farà Charlotte, tanto vale abituarcisi subito. Mi sembrava di averti detto di ripetere, comunque.” 

Sean inarcò un sopracciglio, lanciandole contro uno Schiantesimo che la sorella evitò per un pelo, sbuffando sommessamente: mai come in quel momento aveva voluto prendere la faccia del fratello a sberle, probabilmente. 

“D'accordo, signore... eccoti accontentato.” 




“Lo so che siete stanchi di sentirmelo dire ragazzi... ma dovete fare più in fretta. Non dargli il tempo di capire cosa vuoi fare, neanche di pensare a come reagire.”  

Passando accanto ad Antares Charlotte mosse pigramente la bacchetta in direzione di Dante, facendogli volare seduta stante la bacchetta dalle mani. 
Cogliendo la stanchezza e la frustrazione generale quasi le veniva da sorridere, ripensando a quando si era trovata in una posizione simile.


“Siete davanti a qualcuno che vuole uccidervi, cosa fate? Non vi fermate a riflettere, giusto? Agite istintivamente... a volte bisogna solo smettere di pensare, toglietevi dalla testa uno schema preciso: state duellando, non giocando a scacchi. Più in alto, sul petto.” 

Senza smettere di parlare la donna sistemò il braccio di Jane, perché la ragazza puntasse la bacchetta sul petto di Ingrid mentre Olly sbuffava leggermente, voltandosi verso l’Auror:

“Ma uccidere non è sbagliato?” 

“Certo che lo è, io stessa non lo faccio se posso evitarlo. Ma guardatevi intorno signori, sapete in che periodo vivete, no? A volte non abbiamo molta scelta, tra l'uccidere o il farci ammazzare... e per quanto brutto possa essere l'uomo sceglierà sempre la prima di fronte a questo bivio, fa parte della nostra natura.” 


















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Angolo Autrice che entra in scena rotolando:


Salve! 
Avete passato un bel Natale, avete preso 10 kg in due giorni e siete sopravvissute ai parenti? Spero di sì, io mi sono ripresa stranamente in fretta e mi sono messa a scrivere...

Quante vorrebbero avere la stessa fortuna di Antares e passare il compleanno come fa lui? Beato il nostro Black... che fortunello.
In questo capitolo i prof praticamente non li ho messi... chiedo venia, ma nel prossimo vi assicuro che li avrete u.u


Ci sentiamo entro Capodanno con il seguito, buonanotte! 

Signorina Granger 

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Capitolo 28
*** Nuotatina al chiaro di Luna ***


Capitolo 26: Nuotatina al chiaro di Luna  

Sabato 1 Maggio, 1:00

 

Mentre scendeva silenziosamente le scale controllò l'ora nell’orologio da polso che portava e quasi le venne da sorridere, in mezzo al silenzio e al buio del castello di notte:

 

Beh, buon compleanno a me 

 

Di certo non avrebbe immaginato che avrebbe passato la notte del suo compleanno in quel modo solo una settimana prima... ma evidentemente le cose erano destinate ad andare diversamente rispetto al solito. 

Lyanna continuò a scendere le scale, diretta alla Sala Comune dei Tassorosso. Non ci era mai stata, ma Silente le aveva spiegato come entrarci il giorno prima: se non altro avrebbe soddisfatto la curiosità di poter vedere almeno una tra le Sale Comuni delle altre Case.

 

Imboccando il dedalo di corridoi e scalette che portavano alle cucine Lyanna quasi sorrise, chiedendosi come avrebbero reagito... poverini, un po’ le dispiaceva per loro infondo.

                                                                             *

 

Era stato strano bussare alla pesante porta scura con il battente a forma di corvo... da quanto non entrava nella sua vecchia Sala Comune? Quasi dieci anni, in effetti. 

 

Ancor più strano era stato ritrovarcisi dentro, davanti alla statua che ritraeva Priscilla Corvonero con il famoso diadema tra i capelli. 

Charlotte però non si era fermata più del dovuto a guardarsi intorno, sapendo di dover fare in fretta: aveva salito le scale del Dormitorio il più piano possibile, aprendo lentamente la porta delle ragazze dell'ultimo anno. 

 

Era buio certo, ma individuare Isabella non fu affatto difficile: i capelli della ragazza illuminati dalla flebile luce della luna quasi brillavano, al buio. 

Si avvicinò al letto della ragazza con passo felpato, sperando di non svegliare sua cugina o Cassiopea... conosceva Imogen, e di certo si sarebbe messa a farle decine di domande. 

 

“Isabella?” 

 

La donna si chinò, chiamando la ragazza a bassa voce. Bella non si mosse per un attimo ma poi sbuffò sommessamente, muovendo la testa e affondando la faccia nel cuscino, come se si tesse rifiutando di svegliarsi.

“Andiamo Bella, lo so che hai sonno... ma è ora di alzarsi, temo.” 

 

Le sfiorò la spalla con la mano, muovendola leggermente e facendola sbuffare di nuovo.

 

Doveva essere un incubo, per forza.

Perché ERA sabato, ne era sicura al 100%... e allora perché diamine qualcuno la stava svegliando? 

 

“Non c'è lezione oggi...” 

La Corvonero gemette, nascondendo il viso nel cuscino per qualche istante prima di trovarsi a pancia in su, girata dalla sua interlocutrice. Aprì gli occhi di malavoglia e quasi sussultò quando si rese conto di aver davanti non una delle sue compagne, bensì un’insegnante.

 

“Lo so Bella, ma temo che tu e Ingrid dobbiate venire con me. Svegliala tu per favore, e scendete nell’Ingresso il più velocemente possibile.” 

 

“CHARLOTTE?”  La donna non le diede quasi il tempo di capire cosa stesse succedendo prima di uscire dalla stanza circolare alla velocità della luce, muovendosi senza fare il minimo rumore. 

 

Questo è un complotto, non si dorme neanche di sabato adesso! 

Sbuffando la rossa si alzò, appellando la divisa per cambiarsi prima di avvicinarsi al letto di Ingrid, scrollandola leggermente:

 

“Sveglia Ingrid... dobbiamo andare.” 

“No, vai tu, non ho voglia...”  

“NEMMENO IO HO VOGLIA, ma non abbiamo scelta... su, alzati!” Sospirando Bella scostò le coperte dal corpo dell'amica, che sbuffò con irritazione, guardandola con aria torva:

 

“Ok, va bene... ma domani chi mi sveglia prima delle 10 perirà di morte dolorosa e cruenta!” 

 

                                                                            *

 

“Ehm... Black?” 

 

Nessuna risposta.

 

Regan Carsen sbuffò, avvicinandosi di più al letto del ragazzo, parlando a bassa voce per non farsi sentire dagli altri Serpeverde: 

“Andiamo Antares... mi duole sinceramente svegliarti, ma devi venire con me.” 

 

Antares Black sbuffò, ormai rassegnato all'idea di essere sveglio... e si voltò, pronto a minacciare di morte chiunque avesse avuto la malaugurata idea di svegliarlo in piena notte.

Trovandosi davanti un insegnante dovette però cambiare idea, tacendo e sgranando gli occhi chiari:

 

“Professore? Che ci fa qui?” 

“Era la mia stanza questa, so come si entra! Coraggio Black, devi venire nell’Ingresso entro dieci minuti al massimo... e già che ci sei sveglia Starkey, per favore.” 

 

Antares si alzò a sedere sul letto, annuendo e sbuffando leggermente mentre si passava una mano tra i capelli spettinati: voleva proprio sapere chi aveva avuto quella geniale trovata. 

 

                                                                                 *

 

“Allora ragazzi, capisco che siate stanchi... anche a me non dispiacerebbe dormire, ma dovete alzarvi. Coraggio.” 

 

Will mosse pigramente la bacchetta, scostando le coperte dai letti di Dante e Oliver e facendoli protestare sommessamente.

 

“Vi aspetto di sotto... fate in fretta, per favore.”  

“Che barba... ma perché dobbiamo alzarci?”    Oliver sospirò, alzandosi con una faccia molto poco allegra e chiedendosi perché avevano deciso di rovinargli il sabato sera. 

 

“Tra poco lo saprete, non preoccupatevi.” Will sfoggiò un sorrisetto divertito prima di sparire dietro la porta, scendendo la scala a chiocciola quasi allegramente: aveva sempre voluto vedere la Sala Comune di Grifondoro... e ora ne aveva finalmente avuto l'occasione. 

Doveva ammettere che fosse molto più accogliente di quella di Serpeverde, decisamente più fredda sia a livello di temperatura che di arredamento. 

 

“Maledizione, ci siamo messi a dormire neanche un'ora fa! Te l'avevo detto che dovevamo chiacchierare di meno Dan!” 

“Quindi ora cosa sarebbe, colpa mia? Sei tu che hai blaterato per mezz'ora su Ingrid, non certo io!”  

“Capirai, mezz'ora contro sei anni in cui ti ho sentito parlare di Jane con gli occhi a cuoricino... passami i calzini invece di rompere, ho freddo ai piedi!” 

“Come desidera, Madame.” 

 

                                                                                     *

 

“Ciao a tutti! Avete già svegliato i ragazzi?” 

 

Lyanna sorrise, trotterellando nell’Ingresso dove Regan, Charlotte e William stavano aspettando, tutti e tre vestiti e intenti a parlottare a mezza voce. 

Si voltarono sincronicamente sentendo la voce della donna e Charlotte le rivolse un gran sorriso, avvicinandolesi per abbracciarla:

 

“Si, anche se Isabella e Ingrid non erano molto allegre, temo... in ogni caso, buon compleanno!”  

“Non c'è da festeggiare, sto diventando vecchia! Tra un po’ mi compariranno i capelli bianchi.”  Lyanna sfoggiò una smorfia, rabbrividendo al solo pensiero e dovendosi arrendere al fatto di avere ormai 31 anni. 

 

“Che dici, non sei vecchia! La Hobskin sì che è una vecchia megera, non certo tu!” Regan le diede una pacca consolatoria sulla spalla, facendola sorridere mentre Charlotte e Will ridacchiavano.

 

“Questo mi tira su di morale... grazie Reg. Ditemi piuttosto, hanno cercato di uccidervi?”

“Black sembrava vagamente contrariato in effetti... ma no, nessun tentato omicidio.” 

“Io ci ho messo un secolo a buttare giù dal letto Julius e Miller... spero che non si siano addormentati sulle scale.”   William inarcò un sopracciglio, immaginandomi chiaramente la scena mentre invece Lyanna sorrideva, pensando quasi affettuosamente a Jane: 

“Jane invece si è alzata subito, non ha neanche protestato. I Tassorosso sono una benedizione, poco ma sicuro. Ah, eccovi qua!” 

 

Lyanna sorrise in direzione della Scalinata principale, vedendo Isabella e Ingrid scendere con delle facce quasi da funerale, mentre anche Jane spuntava accanto agli insegnanti. 

 

“Buongiorno... Possiamo sapere perché ci avete svegliato a mezzanotte questa volta?” 

 

Isabella inarcò un sopracciglio mentre Ingrid sbadigliava accanto a lei, avendo tutta l'aria di chi muore dalla voglia di stendersi per terra e tornare a dormire per recuperare il sonno arretrato di un'intera settimana.
 

“Quando arriveranno tutti vi diremo, non preoccuparti.” 

 

Regan sorrise quasi allegramente alla ragazza, perfettamente sveglio e arzillo mentre altri due membri molto assonnati del gruppo si trascinavano giù per le scale, sbuffando e protestando a mezza voce. 

 

Vedendo Jane però Dante sembrò risollevarsi leggermente, avvicinandosi alla ragazza che subito lo abbracciò, appoggiando la testa sul suo petto prima di parlare a bassa voce:

 

“Ti uso come cuscino, se non ti dispiace.”  

“Certo che no, fai pure.” Dante le sorrise teneramente, accarezzandole i capelli mentre Bella appoggiava la testa sulla spalla di Ingrid, borbottando che anche lei voleva usare qualcuno come cuscino.


“Non è giusto, perché devo fare io il cuscino?”  

“Beh... perché io sono più bassa, quindi posso usarti come appoggio!” 

 

Isabella sfoggiò un sorriso mentre Antares compariva accanto a loro, visibilmente contrariato per essere stato buttato giù dal letto e con i capelli leggermente spettinati. 

 

“’Giorno...” 

“Che gioia di vivere Black, la tua felicità è contagiosa!” 

 

Antares lanciò un’occhiata alla Corvonero come a volerle dire “ho sonno, non ho voglia di replicare” mentre Will riprendeva a parlare visto che erano arrivati tutti:

 

“Bene, visto che ci siete tutti, possiamo cominciare... ci duole avervi svegliato a quest’ora, ma temo che stasera dovrete venire con noi come qualche settimana fa.”  
 

“Ah già, quando un Tebo mi ha quasi ammazzato...” 

“Shh!” 

 

Jane diede un colpetto sulla spalla di Dante, invitandolo a fare silenzio mentre teneva ancora la testa appoggiata sul suo petto, usandolo per non addormentarsi in piedi.

 

“Si, beh... questa volta vedo che nessuno vi ha informato del “test”, fortunatamente.” 
 

Will lanciò un’occhiata significativa in direzione di Regan, che sorrise con aria angelica senza dire nulla, lasciandolo continuare:

 

“Ad ogni modo, non preoccupatevi: non credo che rischierete di prendere sonno... anzi, sono sicuro che a breve sarete tutti perfettamente svegli. Andiamo.” 

 

Will invitò i ragazzi con un cenno ad uscire dal castello, guardandoli trascinare i piedi verso la grande porta a doppia anta senza riuscire a non sorridere leggermente:

 

“Poverini, mi fanno quasi pena. Tu invece sorridi, sei un po' sadico o sbaglio?” 

Charlotte inarcò un sopracciglio, guardandolo con cipiglio scettico e facendolo sorridere di rimando, scuotendo il capo mentre la prendeva sottobraccio:
 

“No, non sono sadico. Sono masochista, forse, ma non sadico.” 

“Perché ho la sensazione che il masochismo sia riferito a me?”  

“Sei tu che l'hai dedotto, io non l'ho mai detto...” 

 

“Se avete finito di turbare potremmo andare? Coraggio, gambe in spalla!” 

 

Regan mise le mani sulle spalle di entrambi e li spinse senza tante cerimonie verso la porta, sfoggiando un’allegria poco velata mentre a Lyanna non restò che seguire l’improbabile trio, certa che quella sera non si sarebbe affatto annoiata in loro compagnia. 

 

                                                                                      *

 

“Sarò chiara: se mi fanno andare di nuovo nella Foresta Proibita, scappo.” 

 

Il tono risoluto e fermò di Ingrid fece sorridere leggermente Oliver, che la guardò con aria divertita mentre camminava accanto a lui sul prato:

 

“Paura, biondina?” 

“No di certo... Ma non mi va di tornarci. Perché cuor di leone, tu muori dalla voglia di farti un'altra passeggiata lì dentro?” 

“Dipende.” 

“Da cosa?” 

“Da solo no di sicuro, ma in tua compagnia probabilmente lo rifarei...”

 

 

Oliver sorrise, e anche se era buio colse comunque il lieve rossore che aveva colorato il viso pallido di Ingrid, che abbassò lo sguardo e gli borbottò di smetterla di dire cretinate. 

 

“Guarda che dicevo sul serio!” 

                                                                                 *

 

“Sai, in realtà un po’ mi spiace per loro.”  

 

Charlotte inarcò un sopracciglio, guardando i ragazzi che le stavano davanti mentre parlava a bassa voce, rivolgendosi a Lyanna. Quest’ultima annuì di rimando, guardando il gruppetto quasi con compassione:

 

“Anche a me… insomma, hai visto le facce quando ci siamo fermati qui?” 

 Lyanna sorrise appena, lanciando un’occhiata al Lago Nero che si stagliava alle loro spalle sotto la flebile luce della Luna piena.

 

“Già… sembrava che li avessimo portati in una casa infestata da fantasmi, o peggio.”

 

Non lo disse ad alta voce, mentre davanti a loro Will e Regan spiegavano ai ragazzi quello che dovevano fare - ovvero nuotare fino al centro del Lago e poi immergersi, raggiungere il fondo e prendere qualcosa senza specificare niente, sostenendo che l'avrebbero capito benissimo da soli -, ma Lyanna era quasi certa che avrebbero preferito farsi un giretto in una casa infestata piuttosto che una nuotata nel Lago Nero, per giunta di notte.


 

                        

“Sto pregando di svegliarmi da un momento all’altro e realizzare che è solo un brutto sogno…”
 

Ingrid piegò le labbra in una smorfia, osservando l’acqua con gli occhi azzurri carichi di preoccupazione mentre si rigirava nervosamente la bacchetta tra le dita.

“Dai, stai tranquilla… insomma, non c’è niente di troppo pericoloso lì dentro… o almeno credo. Ma di certo non può essere tanto peggio della Foresta Proibita, no?”

 

Alle parole di Oliver Ingrid alzò lo sguardo sul ragazzo, guardandolo con aria leggermente dubbiosa:

 

“Se ne sei sicuro… quindi non c’è qualche mostro marino orripilante qui dentro, vero?”

“No di certo… Ci sono un mucchio di Avvincini e i Maridi, ma fortunatamente Dippet ha bocciato la proposta di metterci dentro una piovra gigante l’anno scorso.”

 

Il Grifondoro sorrise nel vedere la ragazza quasi tirare un sospiro di sollievo, ringraziando mentalmente il Preside per non aver acconsentito a quell’idea assurda.

 

 “Bene, niente piovra… quindi, in pratica, alla peggio ci prenderemo una polmonite o verremo fatti a fettine dai Maridi. Non male come prospettiva.”

 

“Mi spieghi come diamine fai ad essere così tranquilla?”

“Non vedo perché dovrei essere preoccupata Jane… infondo siamo streghe, possiamo respirare sott’acqua grazie alla magia. E poi almeno siamo a Maggio, non fa poi così freddo… E dopo essere stata quasi ammazzata da uno stramaledettissimo Quintaped, credo che niente mi potrebbe spaventare.”

Isabella si strinse nelle spalle con nonchalance mentre si sfilava le scarpe, sorridendo ad una Jane decisamente meno rilassata mentre imitava l’amica, preparandosi di malavoglia a farsi un tuffo.

 

“Mi chiedo come vengano queste idee… Si divertono, secondo me.”

“Poco ma sicuro. Coraggio, zuccherino, sono assolutamente sicura che tra un mese o due rideremo di questa serata!” 

“Certo, se non sarò affogata nel frattempo.”

 

                                                                                     *

 

Guardando la superficie perfettamente liscia dell’acqua scura, contrariamente a tutti i suoi compagni, Antares Black quasi rideva… non perché trovasse divertente la situazione in sé, non moriva certo dalla voglia di farsi una nuotata a quell’ora.

Ma mentre si lasciava scivolare nell’acqua fredda, non potè fare a meno di pensare ad una persona che non vedeva da qualche tempo e che, di fronte a quella prova, di sicuro sarebbe scappato a gambe levate.

 

Peccato che Rod se ne fosse andato… gli sarebbe piaciuto parecchio assistere a quella scena.

 

                                                                                  *

 

“Mio dio… fa freddissimo! Ma chi ce l’ha fatto fare…”

 

Jane sospirò con aria grave, nuotando accanto a Bella e desiderando ardentemente di tornare a letto, sotto le coperte e al caldo.

 

“Un branco di sadici, ecco chi! Scommetto che Silente se la sta ridendo nel suo ufficio, oppure ci sta spiando con un cavolo di binocolo!”   
 

Isabella sbuffò, sfoggiando una smorfia mentre rabbrividiva leggermente per il freddo, continuando a nuotare tenendo la bacchetta infilata nella manica della camicia bianca ormai zuppa.

Avevano tutti visto il Lago milioni di volte, ma probabilmente a nessuno era mai sembrato grande come quella sera, mentre nuotavano per raggiungere il centro.


 

“Può essere, ma risparmia il fiato e nuota.”    Le due ragazze fulminarono sincronicamente Ingrid con lo sguardo, che non sembrava affatto a disagio per il freddo e nuotava come se niente fosse.

 

“Non fate quelle facce, a Durmstrang fa molto freddo… quest’acqua è decisamente calda per i nostri standard.”

“Beata te allora… Ok, non dovremmo esserci?”

 

Le tre ragazze si fermarono, raggiunte poco dopo dai compagni.

 

“Penso di sì… avevano detto al centro, dopotutto. Ok… vediamo di farlo in fretta.” 

Isabella si sfilò la bacchetta dalla manica della camicia prima di immergersi completamente sott’acqua, senza perdere neanche un istante. Non le importava poi molto di tornare indietro per prima in realtà, voleva solo tornare in fretta fuori dal Lago.  

“Ok, vado anche io… speriamo non ci siano molti Avvincini.”   

 

Jane esitò per un attimo ma poi seguì la rossa, immergendosi a sua volta per applicarsi l’Incantesimo Testabolla.

“Jane, aspetta!”                  Dante sbuffò, affrettandosi a seguire la Tassorosso per evitare di lasciarla da sola, sotto quella superficie scura oltre la quale non riusciva a vedere nulla…  Non sapeva perché, ma qualcosa gli diceva che non era del tutto sicuro, lì sotto.  

Ingrid invece esitò, restando ferma e galleggiando nell’acqua per lei quasi calda, osservando quasi con cipiglio assorto il punto dove aveva visto Bella sparire.

 

“Hai paura?”

Sentendo la voce di Oliver non si voltò, ma scosse leggermente il capo:

 

“No. Penso solo che sia troppo facile.”

“Beh, andiamo a scoprirlo allora… coraggio.”    

 

Voltandosi verso il Grifondoro, lo vide sorriderle come faceva sempre, con un che di piacevolmente rassicurante... e come al solito Ingrid non seppe opporsi a quel sorriso, lasciando che il ragazzo la prendesse delicatamente per mano prima di trascinarla con sé, sott’acqua.

 

                                                                              *

 

“Non pensi… non lo so, forse abbiamo esagerato."

“Tu che ti preoccupi per loro? Incredibile…”

“Guarda che non ho un cuore di pietra, Cavendish.”

Charlotte sbuffò leggermente, rivolgendo un’occhiata leggermente torva in direzione di Will, che era in piedi sulla riva del Lago accanto a lei, mentre Regan si era accomodato sotto un albero ed era impegnato a chiacchierare con Lyanna insieme a due tazze di caffè che aveva fatto comparire dal nulla. 

 

“Lo so, credimi. E comunque… sono sicuro che se la caveranno. Insomma, nelle ultime settimane quanto hai insistito sul fatto di non arrendersi? Ormai l’hanno capito Charlotte, e di certo lo metteranno in pratica.”

 

Charlotte continuò a tenere lo sguardo fisso sul Lago Nero senza più vedere nessuno nuotare verso il centro… ormai si erano tutti immersi sott’acqua.

 

“Quattro mesi fa, quando Dippet ci ha chiamato… avresti mai pensato che sarebbe successo tutto questo?”

 

Will si voltò di nuovo verso di lei, guardandola sorridere leggermente:

“No. Stare qui mi è servito molto… e spero che sia servito anche a loro.”  

 

Will le sorrise, appoggiandole un braccio intorno alle spalle prima di parlare di nuovo, guardandola quasi con aria divertita:

 

“Sono sicuro che è così. In ogni caso, quando dici che “ti è servito molto”, intendi che rincontrare me è stata una benedizione, immagino…”

“Merlino quanto sei egocentrico, Cavendish…” 

“Vero, ma a te piaccio così, dico bene?”
 

                                                                                              *

 

Raggiungi il fondo 
Raggiungi il fondo 

 

Teneva lo sguardo puntato dritto davanti a sè, conscia che diversi tra i suoi compagni si fossero fermati lungo il tragitto ed erano qualche metro più indietro rispetto a lei.

Isabella invece continuava, imperterrita, a nuotare verso il fondo del Lago, ignorando il più possibile quella voce.

Successivamente non sarebbe mai riuscita a descrivere perfettamente quei minuti, si sentiva quasi come in un sogno... da una parte viveva una specie di stato di trance, ma era anche cosciente di quello che doveva e voleva fare.

 

"Andiamo Bella... sono anni che non mi vedi e mi ignori così? Non è per niente carino da parte tua.” 

 

Il fondo... guarda il fondo, non voltarti. 

La tentazione era davvero molto grande, ma Bella continuava a non voltarsi, a sforzarsi di non sentire quella voce. 

Perché infondo lo sapeva, che non era lui. 

 

Ciononostante continuava a chiamarla, provocandole una specie di fitta dolorosa ogni volta in cui sentiva quella voce che fino a quel momento pensava di aver dimenticato... ma non appena l'aveva sentita non aveva avuto dubbi su a chi appartenesse. 

Isabella deglutì mentre la vista si faceva sempre più sfuocata, ritrovandosi in una specie di bolla surreale... e davanti a lei c'era suo fratello. 

 

“Beh, finalmente ti sei decisa a cedere. Ce ne hai messo... non mi volevi vedere, sorellina?”  

“Io non posso vederti. Perché non sei reale.” 

 

“Forse... però mi vedi, e mi senti.”    Nicholas le rivolse un sorriso, avvicinandosi alla sorella... era cambiato, non era come lo ricordava. Sembrava più grande di un paio d'anni, come se il tempo fosse passato anche per lui e non solo per la sorella minore. 

Ma non era possibile, lo sapeva. Per quanto le sarebbe piaciuto rivederlo, era solo un’illusione. 

 

“Stammi lontano.”  

“Che ti succede Bella? Sei cambiata.”  

“Le persone cambiano Nick... E non hai idea di quanto la tua morte mi abbia cambiata.” 

La ragazza fece un ulteriore passo indietro, allontanandosi da quella specie di ologramma che si trovava davanti.

 

Probabilmente Nicholas, o quella specie di immagine, avrebbe detto qualcos’altro... ma Isabella lo battè sul tempo, deglutendo prima di alzare un braccio, puntandogli la bacchetta contro:

 

“Sei morto Nick, da tempo ormai... Lo so che non sei reale. E ti prego, lasciami in pace.” 

“Se solo ti fermassi per un attimo ad ascoltare, Bella...” 

“Non voglio ascoltare Nick! Sei morto, smettila di tormentarmi!”  

 

Nel dire finalmente quelle parole ad alta voce, Isabella vide l'immagine di suo fratello andare in frantumi per l'ultima volta... e pochi secondi dopo le sembrò come di svegliarsi, riaprendo gli occhi e trovandosi sul fondo del Lago Nero. 

La Corvonero deglutì, ricacciando indietro le lacrime a forza prima di concentrarsi sul fondale, trovandosi davanti ad una serie di piccoli rotoli di pergamena... ognuno con un nome scritto sopra.  

Quasi senza riflettere la ragazza prese il suo per poi alzare lo sguardo, verso la superficie diversi metri più in alto... vide Jane passarle accanto senza battere ciglio, e Isabella per un attimo la invidiò, perché la Tassorosso non si era fermata neanche per un istante a dare peso a quella sorta di allucinazione che li aveva coinvolti tutti, man mano che scendevano verso il fondale. 

La Corvonero però si ridestò velocemente, riprendendo a nuotare nel senso opposto... e quasi sorrise, perché aveva come la sensazione di essere più leggera. Come se si fosse tolta un considerevole peso di dosso. 

                                                                          *

 

Avrebbe voluto non ascoltarli, ma proprio non ci riusciva.

 

Sapeva che non era reale, che non potevano essere davvero lì, accanto a lui... eppure riusciva chiaramente a sentire le loro voci familiare risuonargli fastidiosamente nelle orecchie, quasi ferendolo per le parole e il tono sprezzante o disgustato. 

 

Non li ascoltare 

Non sono loro 

Dante Julius deglutì, cercando di concentrarsi sul fondale sempre più vicino invece che sulle voci della sua famiglia, dei suoi fratelli e dei genitori... voci che pronunciavano parole che aveva sempre temuto di sentire. 

Incapace di resistere Dante ad un certo punto di voltò, sentendo una fastidiosa stretta allo stomaco nel vedere sua sorella Coraline praticamente in lacrime, che lo guardava come se lo odiasse o se avesse addirittura paura di suo fratello maggiore.

 

“Cora...” 

“Non ti avvicinare! Perché l'hai fatto?” 

 

Fece per avvicinarsi alla sorella, ma prima che potesse farlo Coraline era sparita, cedendo il posto a suo fratello maggiore Lucas. 

Era esattamente come l'aveva sognato di tanto in tanto... sanguinante, le braccia completamente martoriate e ricoperte di ferite. Lucas era sempre stato il suo preferito, quel che lo capiva di più e a cui si era maggiormente legato... eppure lo stava guardando quasi con odio.

 

“Contento? Guarda cosa hai fatto!” 

 

“Mi... mi dispiace.”   Deglutì, sentendo le ginocchia quasi cedergli mentre il battito cardiaco accelerava molto rapidamente. Nei secondi successivi davanti agli occhi di Dante si sussegui una rassegna di tutti i suoi fratelli più i genitori, che lo accusavano di essere un mostro, che gli mostravano le ferite che lui aveva provocato.  

“Non volevo. Mi dispiace.” 

 

Dante abbassò lo sgaurdo, incapace di reggere lo sgaurdo sprezzante e carico di odio delle persone che amava di più... si mise le mani tra i capelli, deglutendo a fatica mentre nella sua mente si susseguivano rapidamente una breve sequenza di ricordi vaghi e sfuocati, che ritraevano suo fratello Lucas che cercava di calmarlo e di aiutarlo, abbracciandolo e prendendosi così gran parte della scarica di magia che rilasciava incontrollatamente. 

 

“Dan?”     Nel sentire quella voce il ragazzo quasi perse un battito, alzando lo sgaurdo di scatto e sorridendo con sollievo nel trovarsi davanti la sua storica ancora di salvezza.

 

“Jane? Meno male...” Si alzò e quasi senza pensarci fece per raggiungerla, ma la ragazza lo bloccò, sollevando una mano per tenerlo a distanza e guardandolo con lieve preoccupazione: 

“Aspetta. Meglio se non ti avvicini, non si sa mai.” 

“Ma Jane... non sono pericoloso, te lo giuro!” 

 

O forse sì?

 

Fece per avvicinarsi alla ragazza, ma Jane sparì esattamente come tutti gli altri prima di lei... lasciandolo solo, con la sensazione che tutti l'avessero abbandonato. 

 

“Non... non sono pericoloso. Mi dispiace.”  Deglutì mentre la vista gli si annebbiava, portandolo a chiudere gli occhi senza smettere di tremare leggermente.

 

Quando aprì gli occhi realizzò con sollievo di essere sott’acqua, ma non stava nuotando... in effetti si muoveva, ma lui era perfettamente immobile.

Confuso, Dante alzò lo sgaurdo... e solo quando vide Jane si rese conto che la ragazza lo aveva afferrato per un braccio, trascinandolo con se verso la superficie.

 

Non ebbe però il tempo di reagire, perché pochi istanti dopo chiuse gli occhi di nuovo, perdendo i sensi e cadendo in un sonno senza sogni.

 

                                                                              *

 

“Siamo sicuri che non succederà nulla, se non riescono a raggiungere il fondale?” 

 

“Assolutamente... se riescono a prendere la loro pergamena avranno superato la prova, se crollano prima perderanno i sensi, ma ho fatto in modo che tornino in superficie da soli, in quel caso. Nessuno affogherà, non preoccuparti.” 

Lyanna annuì alle parole di Regan, leggermente più tranquilla... non si sarebbe mai perdonata di aver causato la morte di qualche adolescente.

 

“Tu cosa pensi che avresti visto, lì sotto?” 

“Immagino mia moglie in punto di morte... e voi?”   Regan spostò lo sgaurdo su Charlotte e William, guardando la prima stringersi nelle spalle mentre teneva lo sguardo fisso sull'erba: 

“Mio fratello, credo.” 

 

Will invece non disse niente, non sapendo sinceramente cosa rispondere: qual era la sua più grande debolezza legata ad una persona? Non lo sapeva nemmeno lui... probabilmente non si era mai affezionato abbastanza a qualcuno per poter rappresentare il suo tallone d’Achille. 

“Immagino sia stata una prova un po’ meschina... metterli di fronte alle loro debolezze più grandi. Credete che qualcuno sia riuscito a non fermarsi?” 

 

Lyanna spostò lo sgaurdo sul Lago, quasi aspettando di vedere qualcuno tra i suoi studenti tornare indietro... chissà se qualcuno era riuscito a non cadere in trappola al suo stesso inconscio e ai propri scheletri.

 

“Può essere... lo spero. Ma se nessuno dovesse essere stato abbastanza forte, spero almeno che quasi tutti siano riusciti ad affrontarlo e a continuare.”   

“Io credo che non ci sia prova peggiore che affrontare se stessi... se dovessero farcela, sarà davvero un bel risultato.” 

 

Charlotte puntò a sua volta gli occhi sull'acqua, chiedendosi a come avrebbe reagito lei di fronte a quella prova... di sicuro avrebbe sentito la voce di suo fratello chiamarla, ma si sarebbe voltata o fermata, cedendo? 

 

Non ne aveva idea... Ma anche se non erano loro quelli sotto esame, era certa che tutti i suoi colleghi si stessero ponendo la medesima domanda. 

                                                                              * 

 

Aveva fatto uno sforzo quasi sovrumano, ma non si era fermato o voltato nel sentire la voce di Ethan chiamarlo in continuazione... gli sarebbe piaciuto rivederlo, ma sapeva che non era reale o possibile. Almeno, non prima di qualche tempo. 

 

Oliver sfoggiò quasi un sorriso quando prese il piccolo rotolo di pergamena che riportava il suo nome sopra... ma quando si diede la spinta sul fondo sabbioso per tornare in superficie il sorriso svanì dal volto del ragazzo.

 

Sgranò gli occhi e si avvicinò quasi senza pensarci ad Ingrid, che era ferma a pochi metri da lui... gli occhi chiusi, orribilmente pallida. 

Le mise un braccio intorno alla vita per portarla con se, non avendo nessuna intenzione di farla affogare... si accorse però ben presto che la ragazza sembrava quasi trascinata da una corrente invisibile verso la superficie, sempre più lontana dal fondale.

 

Non sapeva cosa stesse succedendo, ma Oliver si lasciò scivolare insieme a lei, tenendola con un braccio e lasciando che appoggiasse la testa sulla sua spalla. 

 

                                                                            *

 

Mentre tossiva leggermente, si lasciò cadere con sollievo sull’erba, ripromettendosi di non avvicinarsi mai più neanche lontanamente al Lago Nero.

Stringeva ancora quel rotolo di pergamena tra le dita tremanti e più pallide del solito, mentre sentiva qualcuno che le si avvicinava, sedendosi accanto a lei:

 

“L’hai preso?”

Isabella annuì, porgendo la pergamena a Charlotte, che le sorrise e l’asciugò in pochi secondi, facendo evaporare l’acqua dai suoi capelli e dai vestiti.

 

“Molto brava Bella, la prima… Hai visto tuo fratello?”

“Sì.” 

“Ma l’hai respinto… perché?"
 

“Perché è morto. E sono stanca di lasciarmi tormentare dal suo ricordo. Posso andare?”

 

Isabella puntò gli occhi azzurri sulla donna, che annuì mentre si alzava, porgendole la mano per aiutarla a fare altrettanto: non aveva voglia di parlare, lo capiva.
 

“Suppongo di sì… vai pure.”

 

Rigirandosi il rotolo di pergamena tra le dita Charlotte guardò la ragazza allontanarsi, per una volta completamente priva dell’energia che solitamente la caratterizzava.

Solo quando Isabella fu lontana Charlotte srotolò la pergemena, osservando le immagini che si muovevano come se stesse guardando dei fotogrammi in successione, come aveva visto fare ai Babbani. Toccandola, Bella ci aveva impresso sopra l’esperienza appena vissuta, permettendole di assistere allo spettacolo anche se era passato.

“Credo che stia tornando qualcun altro… E’ Jane.” 

Lyanna si accigliò, scorgendo qualcuno accanto alla ragazza… qualcuno che si stava trascinando dietro, in effetti. 
 

“Si, con Dante. Vado ad aiutarla.”    Regan si mosse verso l’acqua, aiutando la Tassorosso a trascinare il ragazzo sull’erba.

Senza dire niente Jane porse all’uomo la sua pergamena e poi si inginocchiò sull’erba accanto al ragazzo, accarezzandogli i capelli e guardandolo con preoccupazione:

 

“Che cosa gli è successo?” 

“Tranquilla Jane, tra poco riprenderà coscienza… sei stata molto brava a riportarlo qui.”

Regan le sorrise, dandole una leggera pacca sulla spalla mentre tirava fuori la bacchetta per asciugare Dante.

 

Jane non disse niente, abbassando lo sgaurdo sul ragazzo e chiedendosi cosa avesse visto o sentito… non le aveva mai voluto dire qual era la cosa che lo spaventava di più, era sempre stato parecchio riservato a riguardo. 

 

“E’ andata bene?”    Charlotte annuì, richiudendo la pergamena alle parole di Lyanna prima di alzare lo sguardo sull’amica:

“Si… ha visto suo fratello, c’era da aspettarselo. Ma è stata brava. Non so se io avrei fatto altrettanto.” 

“Sono sicura di sì… anche Jane ci è riuscita, peccato per Dante invece.”

“Non siamo tutti uguali… c’è chi affronta meglio le proprie debolezze, dopotutto.”

 

                                                                                    *

 

Una volta tornato finalmente a riva non provò nemmeno ad alzarsi per qualche istante, restando steso sull’erba per riprendere fiato.

 

Finalmente era uscito da quel maledetto Lago… aveva come la sensazione che da quella sera anche lui l’avrebbe detestato a morte. Antares alzò un braccio, guardando il rotolo di pergamena che aveva preso… sperava almeno che ne fosse valsa la pena.

Fece per srotolarlo ma una voce lo fermò, facendolo voltare:

 

“Lascia perdere, quello serve a noi… non c’è niente che tu già non sappia, lì dentro.” 

“Ah sì? Quindi abbiamo fatto tutto questo per darvi informazioni?”

“Diciamo di sì.”    Will sorrise, prendendo la pergamena dalle mani del ragazzo che invece sbuffò sommessamente, appuntandosi mentalmente di restare a dormire la prossima volta in cui l’avrebbero svegliato in piena notte.

 

Antares tirò quasi un sospiro di sollievo quando smise di sentire freddo e una piacevole sensazione di calore lo invadeva grazie all’incantesimo dell’insegnante, facendolo smettere di tremare. 

 

“Posso andare ora?”

 

“Sì Black, vai pure… buonanotte.”      Si alzò con sollievo e si incamminò verso il castello, passando accanto a Jane che era seduta sull’erba, tenendo Dante accanto a sé mentre gli accarezzava i capelli.

 

Se non altro era riuscito a portare a termine quella cavolo di prova, anche se con qualche difficoltà… Isabella e Jane ci avevano messo meno tempo, ma alla fine ci era riuscito anche lui, ignorando le voci e facendo uscire dalla sua testa i suoi genitori, Altair, Rod, Cassiopea e Lyra, che mentre nuotava lo chiamavano e gli chiedevano di fermarsi e di aiutarli.

 

Appuntandosi mentalmente di non mettere mai più piede in quel Lago e di starne alla larga per il tempo che gli restava ad Hogwarts, Antares Black si avviava con sollievo verso il castello, decisamente più familiare e rassicurante… la nota positiva, se non altro, era di non aver incontrato nessuna strana creatura mentre era sott’acqua.

 

                                                                                 *

 

Si risvegliò tossendo leggermente, sentendosi stranamente asciutta mentre metteva chiaramente a fuoco la situazione… era fuori dall’acqua, e nel realizzare di essere uscita da quell’incubo quasi sorrise con sollievo.

 

“Ciao, bella addormentata… come stai?”

 

Solo sentendo la sua voce si rese conto che Oliver era accanto a lei, intento a guardarla sorridendo e accarezzandole la schiena.

La ragazza deglutì, mettendosi seduta dritta prima di parlare a bassa voce:

 

“Bene. Come sono uscita dal Lago?”

“Ti abbiamo aiutato, un po’ i prof e un po’ io… che cosa hai sentito che ti ha fatto fermare?”

“Mia madre. Era… da tanto che non sentivo la sua voce.”     La ragazza sbuffò appena, passandosi una mano tra i capelli e maledicendosi per aver ceduto, per non essere stata abbastanza forte.

“Non farne un dramma… non è stata colpa tua, quello per te è un grosso tasto dolente. Non sei l’unica, anche Dante non ne è uscito molto bene.” 

“Grazie per avermi aiutata Olly… non so perché, ma lo fai sempre.”      Oliver quasi sorrise a quelle parole, osservandola per un attimo con il capo chino mentre si teneva le gambe con le braccia prima di allungare una mano, prendendole il mento perché lo guardasse: 

 

Forse Bella ha ragione, quando dice che sei una testona ottusa...”
 

“Ehy! Come sarebbe a dire?”    Il tono e l’espressione offesa della ragazza fecero solo allargare il sorriso del Grifondoro, che la guardò a metà tra il divertito e l’esasperato:

“Non prenderla male Ingrid, non lo dico per offenderti… ma davvero vuoi dirmi che non sai perché?”

 

A quelle parole Ingrid tacque, distogliendo lo sguardo mentre si chiedeva cosa dire… lo sapeva, infondo?

Le sembrò quasi di sentire una voce nella sua testa – che somigliava stranamente a quella di Bella – suggerirle che sì, lo sapeva, e che era una cretina con i fiocchi oltre che piuttosto ottusa.  

Le sembrò, in effetti, di sentire la familiare ed esasperata voce di Isabella che le intimava di muoversi e trattenne a stento un lieve sorriso prima di annuire con un lieve cenno del capo:

 

“No, credo di saperlo, infondo.”   

 

Colse lo nota quasi speranzosa negli occhi castani di Oliver e gli sorrise, prima di prendergli delicatamente il viso tra le mani e appoggiare le labbra sulle sue. 
 

Pochi metri più in la qualcuno stava assistendo alla scena, e mentre Lyanna dava una gomitata a Regan sostenendo che lei l’aveva sempre saputo, Will sbuffava leggermente:

 

“Si, molto carini… ma Miller deve darmi la sua pergamena!”

“Beh, Appellala! Guai a te se li interrompi Cavendish.”

“Ah si? E cosa mi faresti in caso, sentiamo?” 

“Che domande mi fai, ti butterei nel Lago a calci! E tu non vuoi rovinarti il ciuffo, vero?”

 

Il tono dolce e il sorriso di Charlotte suggeriva che era piuttosto seria e convinta di quello che diceva… così Will si affrettò a seguire il suo consiglio e ad Appellare non verbalmente la pergamena di Oliver, che se la lasciò sfuggire dalle dita senza curarsene minimamente, troppo occupato a baciare Ingrid per accorgersi di qualunque altra cosa.

 

“Ma che bravo, mi ascolti ogni tanto! E ora che anche Dante si è svegliato, direi che possiamo tornare a dormire.”

“Ottima idea, ho sonno… domani avrò delle occhiaie mostruose! La prossimo volta mandiamo Lumacorno e Silente a fare una cosa del genere!”

“Tranquillo Willy, non preoccuparti… ti presterò il mio trucco per le occhiaie domani.”

 

Charlotte sorrise, alzandosi in punta di piedi per dargli un bacio su una guancia prima di darsela allegramente a gambe, allontanandosi ridacchiando e sotto lo sguardo torvo di William:

 

“Molto divertente. E comunque… IO NON MI TRUCCO! Finitela di ridere voi due, o vi faccio evanascere le corde vocali!”

“Scusa Will, ma siete troppo divertenti… dovreste diventare un duo comico.”

 

Lyanna sorrise, cercando di non ridere mentre si avviava verso il castello a braccetto con Reg, agguatando anche Will con il braccio libero e trascinandolo con sé a sua volta.

 

“Ma li lasciamo qui da soli?”

“So che vorresti ficcanasare Reg, ma lasciamo i piccioncini alla loro privacy…”

“Io sono perennemente accusato di essere pettegolo e Will di essere vanesio… da due donne per giunta! Ma in che razza di storia siamo finiti?

 

                                                                             *

 

Si chiuse la porta alle spalle lentamente, cercando di fare il più piano possibile… In un primo momento pensò di non voler svegliare i suoi compagni, ma poi posò gli occhi sul letto alla destra del suo, occupato da qualcuno che dormiva in una posizione assurda, a pancia in giù con le braccia che dondolavano dal materasso e le gambe attorcigliate nelle coperte.

 

Antares si avvicinò in punta di piedi, osservando suo cugino dormire della grossa prima di parlare a bassa voce:

 

“Ehy, Altair.”

 

“Mh?”         Il ragazzo sbuffò sommessamente, girando la testa dall’altra parte come a volergli dire di non disturbarlo… ma Antares non si mosse, continuando a parlare con un filo di voce: 

“Senti… stasera sapevo che era un test, quindi non mi sono fermato ad aiutarti sentendoti chiedermi aiuto… ma in circostanze normali lo farei, ovviamente.”

 

Antares si rimise dritto, quasi sorridendo con soddisfazione per averglielo detto anche se non direttamente… l’avrebbe preso in giro per sempre, probabilmente.

Conoscendolo il Caposcuola si scostò, avvicinandosi al suo letto per evitare che il cugino lo afferrasse e lo trascinasse a dormire nel suo letto, abbracciandolo avendolo scambiato per una qualche ragazza.

 

Di certo Altair non se lo sarebbe mai ricordato, ma almeno glie l’aveva detto, che l’avrebbe sempre aiutato in caso di bisogno.  

E finalmente, sentendo di aver fatto quello che doveva fare, Antares Black poteva tornare a dormire.

                                                                                  *

 

“Sei sicuro di stare bene? Hai una faccia… vuoi andare in Infermeria?”

“No, sto bene. Sono solo un po’ scombussolato.” 

 

Jane guardò Dante con cipiglio leggermente preoccupato mentre entravano nell’Ingresso, mano nella mano. Il ragazzo invece stava evitando di guardarla da quando si era svegliato, non avendo nessuna voglia di parlare di quanto era appena successo. 

 

“Danny, aspetta.”    Lo conosceva, sapeva che moriva dalla voglia di scappare… ma Jane si fermò, volendo parlare con lui prima di dividersi e andare nelle rispettive Sale Comuni. 

“Lo so che non vuoi parlarne, ma sei sempore stato troppo orgoglioso e riservato… a volte fa bene parlare con gli altri, con chi ci vuole bene. Che cosa hai visto?”

 

“Non è importante Jane.” 

“Si che lo è, altrimenti saresti andando oltre! Hai visto la tua famiglia, vero?” 

 

Lei gli si avvicinò di un passo, tenendo gli occhi azzurri fissi sul volto del ragazzo che invece stava fissando la porta chiusa della Sala Grande, oltre la ragazza.

 

“Dan… guardami, per favore.”

Jane gli prese anche l’altra mano e voltandosi Dante si ritrovò a guardare il sorriso rassicurante della ragazza, che riusciva sempre a farlo stare meglio.

 

“Devi imparare a fidarti di me, Danny.”

“Non è che non mi fido di te Jane…”

“Allora devi semplicemente imparare a confidarti, ogni tanto fa bene farlo. Non hai imparato niente da Marzo?”

 

Jane gli sorrise e Dante anuuì, ricordando fastidiosamente i giorni in cui lui e Jane non si erano praticamente rivolti la parola. Non voleva di certo riviverli, ma continuava a trovare difficile confidarsi con lei.

 

“Te lo chiedo di nuovo… Hai visto la tua famiglia?”

“Si. E anche tu.”  

 

Jane esitò per un attimo, guardandolo con leggera sorpresa prima di sorridergli di nuovo, guardandolo con affetto:

 

“Davvero?”

“Si… ma non eravate molto felici di avere a che fare con me. E’ questa la mia paura più grande Jane, che le persone a cui tengo mi abbandonino.”

Lo sgaurdo cupo del ragazzo la fece sorridere, guardandolo come se non capisse tutte le paranoie che si faceva: 

“Non lo farebbero mai Dante, e neanche io. Insomma… non l’hanno fatto quando eri bambino, perché dovrebbero farlo ora o in futuro? E hanno cercato di farti dimenticare perché ti amano moltissimo e non volevano vederti soffrire. Come si può abbandonare qualcuno per cui si fa una cosa del genere?”

 

Dante aggrottò la fronte, guardando la ragazza quasi con espressione confusa: come riusciva a fargli sempre cambiare prospettiva, a convincerlo a crederle?

 

“Quindi… ipotizziamo che io ti faccia finire in Infermeria o al San Mungo perché ho accidentalmente perso il controllo… mi allontaneresti?”

“No, te l’ho già detto. Smettila di tormentarti Dante Julius, tanto non ti libererai di me tanto facilmente.”

 

Jane si alzò in punta di piedi per dargli un bacio su una guancia, facendolo sorridere di rimando… e mentre la guardava attraversare l’Ingresso pensò che in ogni caso, qualunque fosse stata la sua risposta, non le avrebbe mai permesso di allontanarsi da lui.

Appena prima di vederla sparire dietro una porta però il ragazzo si ricordò di qualcosa che non le aveva ancora chiesto, chiamandola ad alta voce:

"Jane?"

"Sì?"  

 "Tu non ti sei fermata... chi hai sentito chiamarti?"     Jane gli sorrise, scuotendo leggermnete il capo di fronte a quella domanda che aveva aspettato da quando Dante aveva ripreso coscienza: 

"Io credo che tu lo sappia, Danny..."

Già, lo sapeva... non era difficile immaginarlo, dopotutto. Ma si chiedeva perchè lei non si fosse fermata neanche per un attimo.

"E perchè non ti sei fermata?"

"Perchè mio padre è morto, Dan. E se anche fosse, non avremmo assolutamente nulla da dirci. Buonanotte Danny, e ricordati che ti sarò sempre vicina, qualcunque cosa tu faccia."

                                                                           *

 

Ma si può sapere perché non mi vuoi lasciare in pace?”

 

Isabella sospirò, alzandosi a sedere sul letto e lanciando un’occhiata malinconica alla fotografia che teneva da anni appoggiata sul comodino, che ritraeva lei e Nicholas appena prima di iniziare il suo quarto anno ad Hogwarts.

 

Perfetto, brava Isabella… ora parli anche con i morti, tuo padre provvederà a chiamare un manicomio non appena tornerai a casa, del resto muore dalla voglia di liberarsi di te.


 

Benché fosse molto stanca, non riusciva a dormire… continuava a pensare a suo fratello, e a quello che aveva appena vissuto.

 

La Corvonero allungò una mano, prendendo la foto… ma contrariamente a quanto aveva fatto spesso non la prese per osservarla più da vicino, prese la cornice e la girò, appoggiandola sul ripiano del comodino in modo da non vedere se stessa e suo fratello sorridere.

 

“Scusa Nick, ti voglio bene. Ma è il momento di finirla.”

 

“Con chi stai parlando?”

“Niente, blateravo tra me e me… come è andata?”    Isabella si voltò verso la porta del Dormitorio, stampadnosi un sorriso in faccia mentre Ingrid si avvicinava al suo letto, lasciandocisi cadere sopra senza neanche curarsi di togliersi la divisa.

“Non benissimo, non sono stata forte quanto te, temo… ma la serata non è stata del tutto da buttare, in realtà.”

 

Ingrid sorrise all’amica, che la guardò di rimando con un sopracciglio inarcato… ci mise qualche istante, ma poi – visto che, come era solita sostenere, lei non era una lumaca ottusa contrariamente ai suoi amici – capì, e per la prima volta da quando era stata svegliata da Charlotte sorrise.

 

“Beh, era anche ora! E così, la mia carriera da Grillo Parlante/Cupido è ufficialmente chiusa.”

 

“Non ti annoierai, ora che hai finito le coppiette da sistemare?”

“Si, può essere… ma al limite mi troverò un’altra occupazione. Oppure potrei trovare un fidanzatino a tua sorella…

 

 

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Angolo Autrice:


Buongiorno, e buon anno! 
Avrei voluto aggiornare ieri, ma il sonno cronico mi ha colpita e non ce l'ho fatta... quindi, eccomi qui. 

Spero che questo maxi capitolo vi sia piaciuto, dovrei pubblicare il seguito tra un paio di giorni... intanto vi saluto e vi ringrazio per le recensioni e per i complimenti <3 

Signorina Granger 

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Capitolo 29
*** Compleanni, punizioni e lettere da casa ***


Capitolo 27: Compleanni, punizioni e lettere da casa
 

 
Sabato 8 Maggio
 
 
“Ma sei sicura che sia di qua?”
 
“Certo che sì! Io ascolto le indicazioni, e Oliver e Maximilian sono stati molto chiari.”
 
 
Francies rivolse alla sorella maggiore un’occhiata incerta, ma non osò replicare mentre Coraline saliva le scale accanto a lui, nel Dormitorio maschile dei Grifondoro.
 
“Se lo dici tu…”
 
“Si caro, lo dico io! Guarda: VII anno! Se avessi ascoltato te probabilmente saremmo finiti dalle ragazze…”
 
“Impossibile, Grifondoro stregò le scale in modo che i ragazzi non potessero entrare, io non sarei riuscito a passare.”
 
“Come fai a saperlo?”
 
Io ho letto Storia di Hogwarts, a differenza tua!”
 
 
Coraline alzò gli occhi al cielo mentre apriva silenziosamente la porta della stanza, intuendo che il fratello stesse ancora dormendo… e infatti lo vide, spanciato nell’unico letto ancora occupato, coperto fino al naso con il ciuffo sparato in aria in perfetta evidenza.
 
“Fai piano!”
 
I due si avvicinarono in punta di piedi al letto, prima che Coraline tirasse fuori qualcosa dalla tasca della gonna… prese una piuma e cominciò a solleticare il viso del fratello, che sfoggiò una smorfia prima di girarsi dall’altra parte, borbottando a mezza voce:
 
“Lasciami stare Olly…”
 
“Non siamo Olly!”
 
“Maxi allora…”
 
“Neanche.”
 
Sbuffando Dan si decise ad aprire gli occhi, sorridendo nel trovarsi davanti ai suoi fratellini, tirandosi su a sedere per cingere entrambi in un mega abbraccio da Julius.
 
“Ragazzi! Che carini, siete venuti a svegliarmi!”
 
“Si, ma mollaci o ci ucciderai…”
 
 
               
Dante obbedì, mollando la presa e sorridendo ai due fratelli minori… e solo allora si accorse della montagna di regali che occupava i piedi del suo letto, inviati dalla sua moltitudine di fratelli, zii e cugini.
Quando era piccolo, prima di Hogwarts, Dante amava svegliarsi la mattina del suo compleanno con i genitori e i fratelli pronti a sommergerlo di auguri, abbracci, regali e coccole... Francies e Coraline non erano mai andati a svegliarlo prima di allora, ed essendo il suo ultimo compleanno ad Hogwarts era piuttosto felice di vederli lì per lui. 
 
“Buon compleanno Dan! Mi raccomando però, scrivi alla mamma, lo sai che ci tiene.”
 
“Tranquillo Fran, è impossibile che me ne dimentichi… ho passato l’infanzia a sentirmi dire che “sono stato il più regalo della festa della mamma mai ricevuto”. Dopo le scriverò, non preoccupatevi. Ma che ci fate qui, è la prima volta che venite a svegliarmi!”
 
“Abbiamo convinto Oliver e Maximilian a spifferare la parola d’ordine.”    Coraline sfoggiò un sorriso angelico e Dante la guardò con un’espressione vagamente accigliata, certo che suo fratello maggiore Anthony sarebbe stato molto fiero della sua “piccola Serpe”.
 
 
“Quei due che spifferano la parola d’ordine ad una Serpeverde? Come avete fatto?”
 
“Facile, li abbiamo corrotti. Comunque… auguri fratellone! Ovviamente tengo a sottolineare che se osi pedinarmi di nuovo non festeggerai mai il diciannovesimo compleanno…”
Cora si sporse per abbracciare il fratello, sorridendogli dolcemente mentre invece Francies si accigliava: quella storia gli giungeva nuova.
 
“Ehy! Di cosa state parlando?”
 
“Lascia perdere, tu sei piccolo.”
 
“Ma se ho solo un anno meno di te, sapientona!”
 
 
Dante sospirò, roteando gli occhi mentre, come da manuale, i due Julius più piccoli iniziavano a discutere da una parte del letto all’altra, rischiando di fargli venire il mal di testa già alle 9 del mattino.
Con un gesto quasi automatico il Grifondoro li divise, minacciandoli di prenderli per le orecchie e di trascinarli fuori dalla stanza.
 
“Non ti ci mettere anche tu Dan! Hai solo un anno più di Cora, neanche tu puoi fare il grande capo!”
“Vero, ma QUI il più grande sono IO. Quindi decido io! Su, smettetela di discutere, fate i bravi bambini.”
 
Dante si alzò, ignorando le proteste dei due fratelli e sapendo che avrebbero smesso di discutere in un batter d’occhio, come facevano sempre: del resto, nonostante spesso Coraline prendesse in giro il fratello minore, una volta l’aveva vista prendersela con dei suoi compagni di Casa, sostenendo che soltanto lei poteva prenderlo in giro perché Tassorosso.
 
 
“Non ti ho mai visto tanto rapido nel svegliarti, Danny… che ti succede?”
 
“Facile… voglio vedere il mio zuccherino!”
 
                                                                                   
                                                                                    *
 
 
Dante Julius scivolò attraverso il buco lasciato dal ritratto della Signora Grassa con tutta l’intenzione di correre al piano terra per fare colazione e farsi coccolare per bene da una certa ragazza… ma non appena mise piede nel pianerottolo si bloccò, trovandosi davanti proprio una Jane sorridente con un piatto pieno di biscotti in mano.
 
“Buongiorno! Ti ho portato questi… buon compleanno!”
 
 
Jane sfoggiò un sorriso allegro che il ragazzo ricambiò, facendo galleggiare il piatto a mezz’aria accanto a loro per poterla abbracciare e baciare.
 
“Ciao, piccola Jane… grazie.”
 
“Figurati… è arrivata questa per te a colazione, ho pensato di portartela. E’ di Amos.”
 
 
Dante prese la lettera che la ragazza gli porgeva, felice che l’amico si fosse ricordato di fargli gli auguri, anche se non poteva farlo di persona.
Intuendo a cosa stesse pensando Jane gli accarezzò un braccio come a volergli dire che lo capiva, del resto anche a lei il compagno di Casa mancava molto.
 
“Ti manca?”
 
“Si, parecchio. Ma ho te, non va certo male… Dai, andiamo a fare colazione fuori.”
 
 
                                                                       
Senza darle il tempo di ribattere Dante prese la ragazza per mano, trascinandola con se giù per le scale.
 
 
                                                                                     *
 
 
“Puoi smetterla di fare la musona e dirmi a cosa stai pensando?”
 
“Io non faccio la musona!”     Ingrid sbuffò, continuando a fare colazione imperterrita, senza alzare lo sgaurdo sul ragazzo che si era seduto accanto a lei, al tavolo dei Corvonero.
 
Oliver non disse nulla per un attimo, osservandola mangiare senza accennare minimamente a sorridere come faceva di solito.
 
Ricordava chiaramente quando, la domenica precedente, Bella era entrata nella Sala Grande quasi correndo e aveva puntato dritta al tavolo dei Grifondoro, saltando in braccio all’amico e abbracciandolo, sostenendo che gli voleva bene e che era felice che finalmente avesse smesso di fare l’ottuso.
 
Per un attimo Oliver si era chiesto se non avesse sbattuto la testa da qualche parte, ma poi realizzò che si riferiva ad Ingrid… e a giudicare dal cinque che si erano scambiati la Corvonero e Dante, la ragazza non era l’unica ad averla pensata così.
 
 
“Non volevo chiedertelo direttamente, ma non mi lasci molta scelta. E’ per tua madre?”
 
Ingrid si bloccò, smettendo di mangiare per un attimo prima di ricominciare senza proferire parola, tenendo lo sguardo fisso sul piatto e limitandosi ad annuire:
 
“Sei quasi perennemente sorridente Ingrid, nonostante tu soffra molto… è normale non aver voglia di fingere, ogni tanto. Ed è la festa della mamma, è normale che tu oggi pensi a lei.”
 
“Lo so. Ieri sera le ho scritto una lettera, dopo andrò a spedirla… E’ brutto pensare che stia soffrendo, specialmente se si considera che è da sola.”
 
“Lo so che ti manca, di certo anche tu e Astrid le mancate. Ma proprio perché lei sta male sono sicuro che vorrebbe vederti felice e stare bene… Coraggio, andiamo a spedire quella lettera, le farà piacere leggerla.”
 
Ingrid fece per sottolineare che doveva ancora finire di fare colazione, ma il ragazzo non si fermò ad ascoltarla, trascinandola fuori dalla Sala Grande prima che potesse rendersene conto.
 
 
                                                                        *

 
“Tutto questo è tremendamente stupido. E inutile.”
 
“Sciocchezze! Hai visto come sta male Ingrid per sua madre? Il minimo che possiamo fare è essere carine con le nostre, visto che abbiamo la fortuna di averle in salute.”
 
 
Isabella sbuffò sommessamente, continuando a scarabocchiare sulla pergamena davanti alla quale quella che un tempo aveva creduto essere la dolce Jane Prewett l’aveva costretta a sedersi. Si, ormai aveva cambiato idea, visto che le aveva categoricamente ordinato di scrivere una lettera a sua madre, cosa che non aveva ancora fatto da quando erano finite le vacanze di Natale.
 
“Lo so che tu hai un bel rapporto con tua madre Jane, ma non siamo tutte uguali! E poi non credo proprio che lei stia aspettando una mia lettera con trepidazione, non le fa molta differenza.”
 
“Beh, allora tu devi essere superiore… E dopo voglio leggere cosa le hai scritto.”
 
 
“Ma tu non dovresti stare con il tuo amore eterno, visto che è il suo compleanno?”
 
“Si, ma è andato a farsi un voletto con Oliver e Maximilian… mi ha chiesto se volevo andare con loro, ma non volerei neanche per tutto l’oro della Gringott.”
 
“Oh, io lo farei eccome… così magari mia madre smetterebbe di assillarmi.”
 
Isabella sfoggiò una smorfia e Jane si maledisse mentalmente, chiedendosi perché a volte aprisse bocca prima di riflettere… la Tassorosso cercò di cambiare argomento, puntando gli occhi azzurri sul foglio dove l’amica stava scarabocchiando da diversi minuti.
 
“Posso vedere?”
 
“No.”
 
“Perché no?”
 
“Perché… è personale.”    Isabella si nascose il foglio dietro la schiena, aumentando così i sospetti dell’amica, che si mise le mani sui fianchi in perfetto stile mamma-chioccia:
 
“Non essere sciocca, ma se non volevi nemmeno scriverle! Fammi vedere Bella Burton, ti conosco!”
 
“No!”
 
“Si!”
 
Isabella fece per alzarsi e darsela a gambe, ma Jane la prese per un braccio e le strappò la pergamena dalle mani, inarcando un sopracciglio di fronte a ciò che l’amica ci aveva scritto sopra.
 
 
Ops
 
Isabella sfoggiò un sorriso da angoletto quando la Tassorosso alzò lo sguardo, puntando gli occhi azzurri su di lei restando perfettamente impassibile anche mentre girava il foglio verso la sua proprietaria, parlando in tono piatto:
 
“Bella. Che cavolo è questa?”
 
“Beh… Emh…”
 
 
Isabella si trattenne dal ridere di fronte alla faccia seriosa di Jane, osservando la caricatura che aveva fatto di sua madre… e quasi si complimentò con se stessa per l’ottimo lavoro eseguito, ci somigliava parecchio con tanto di mano di mano sul fianco ed espressione seccata.
 
“Andiamo Bella! Che ti costa scrivere qualcosa?”
 
“Ehy, io ho scritto qualcosa! Non li vedi i fumetti? Se vuoi te li leggo, se non capisci la calligrafia: “Isabella, mettiti a posto i capelli!”, “Isabella, sei una disperazione!”, “Isabella, ti devi sposare al più prest-“
 
“Ok, ho capito…. Aspetta un attimo, sbaglio o ha il braccio alzato come i nazist-“
 
“Coincidenze irrilevanti, Jane. Ora… visto che abbiamo appurato che non sarò mai in grado di scrivere una lettera decente a mia madre, posso fare i compiti?”
 
 
“Sai, credo che tu sia l’unica persona al mondo che preferisce fare i compiti piuttosto che scrivere una lettera… Ma va bene, hai vinto. Tieni la tua opera d’arte.”
 
La Tassorosso decise di arrendersi e porse il foglio all’amica, sospirando mentre invece Bella le sorrideva, lieta di aver vinto.
 
 
“Molte grazie! Anche se potrei sempre mandare questa a mia madre, cosa ne pensi?”
 
“Non so se è una buon idea, in realtà…”
 
 
                                                                                   *


Seduta sulla sedia, faceva dondolare quasi ritmicamente una gamba, faticando come sempre a stare ferma quando aveva qualcosa per la testa. 

La stanza era avvolta completamente nel silenzio, fatta eccezione per le lancette dell’orologio che scandivano i secondi con una precisione quasi snervante. 

Gli occhi di Charlotte era fissi sul pavimento della stanza silenziosa e praticamente deserta, ma di tanto in tanto l’Auror alzava lo sgaurdo per puntarlo sull’unica persona presente, oltre a lei. 

La festa della mamma... che idiozia. Lei si sarebbe staccata un braccio piuttosto che scrivere a sua madre, con la qualche aveva discusso per praticamente tutta la vita, specialmente da quando Sean non c'era più a fare da tramite tra le due, l'unica cosa che le aveva tenute unite nel corso degli anni. 

Non poteva però fare a meno di chiedersi a come dovesse sentirsi Will, che leggeva un libro come se niente fosse, seduto su una poltrona con le gambe accavallate esattamente come le sue... solo che lui riusciva a stare fermo senza problemi. 

Chissà com'era, non conoscere un genitore... non solo, non avere neanche la minima idea di chi fosse. 
Ovviamente lui si era comportato come al solito da quella mattina, ma Charlotte era convinta che anche lui avesse pensato a sua madre almeno una volta. 

Ma come faceva a parlarne senza essere indelicata? E poi era sempre stata pessima con le parole, non aveva mai avuto molto tatto...

“A cosa stai pensando, Charlotte? Il tuo cervello tra poco andrà in fusione, se continui a far muovere gli ingranaggi.” 

Il commento le fece riportare gli occhi su di lui, trovandolo impassibile e con lo sguardo puntato ancora sul libro.


Charlotte esitò per un attimo, ma poi senza dire nulla si alzò, mandando a quel paese tutti i ragionamenti contorti e le paturnie per lasciare che la sua impulsività la guidasse, come faceva spesso e volentieri. 


Gli si avvicinò, e Will alzò finalmente lo sguardo sulla donna, guardandola con aria leggermente accigliata sedersi sulle sue ginocchia prima di prendergli il libro dalle mani, chiudendolo senza neanche guardare il titolo per poi lasciarlo sul tappeto. 

“Io veramente stavo leggendo.” 

“Grazie per averlo sottolineato, ma continuerai più tardi. Credo di volerti parlare, ma sono pessima con le parole quindi per favore non interrompermi.” 

“Ok... come vuoi.”  Di certo trattandosi di chiunque altro Will avrebbe sbuffato e continuato ostinatamente a leggere, ma visto che si parlava di lei si limitò ad inarcare un sopracciglio, guardandola con gli occhi carichi di curiosità.

Charlotte esitò appena, puntando lo sgaurdo sul camino spento mentre Will le sistemava un braccio intorno alla vita, tenendola accanto a sè mentre l’Auror cercava le parole giuste.

Ma che cavolo, perché è così difficile? Piantala Charlotte, non devi mica conversare con il Ministro, è Will!


“Senti... non so perché, ma te lo voglio dire. Forse me ne pentirò, e forse sono uscita definitivamente di testa... me te lo voglio dire: hai presente quando al Lago, il primo, mi hai gentilmente fatto notare che rincontrarti qui è stata una benedizione?” 

Will annuì senza proferire parola e Charlotte per un istante lo guardò con pura sorpresa e confusione: da quando non replicava con qualche battutina? 
Forse aveva capito che non era davvero il caso di interromperla, per una volta in cui parlava con il cuore in mano. 

"Beh... sei terribilmente egocentrico William Cavendish, e forse dovrò lavorare parecchio per farti abbassare la cresta, se mai sarà possibile riuscirci. Ma hai ragione. A scuola non mi piacevi molto, ma forse siamo cambiati molto entrambi in nove anni... e sì, nonostante tu sia un rompiscatole mi hai davvero aiutata molto per affrontare la perdita di Sean. Quindi grazie, Will.” 


“Posso parlare?”   Will sorrise, guardandola annuire prima di parlare quasi con tono divertito:

“D'accordo... a cosa devo questa sottospecie di confessione? Ti senti bene?” 

“Non lo so, forse sto impazzendo per davvero. Chi può dirlo... ma tu mi sopporteresti comunque, no?” 

“No, non penso.” 

Charlotte inarcò un sopracciglio, soffermandosi per un attimo con lo sgaurdo sul volto impassibile di Will... fece per alzarsi ma lui sorrise, prendendola di nuovo per i fianchi e facendola sedere sulle sue gambe:

“Aspetta, scherzavo! Si Charlotte, ti sopporterei comunque. E grazie per averlo detto, lo so che non ami parlare apertamente di quello che provi...” 

“Beh, questo è per dirti che anche se sei un po’ antipatico a volte, sei una bella persona. Tuo padre non ha mai provato a conoscerti Will, ma non è stata colpa tua... E per quello che vale, sono sicura che saresti piaciuto a tua madre.” 

Will sorrise, annuendo mentre finalmente metteva i pezzi in perfetto ordine: ecco cos’era... impossibile che Charlotte decidesse di parlargli in quel modo senza un motivo. 

“Grazie... ma non preoccuparti per me, non fa niente. È andata così.” 

Will si strinse nelle spalle, abbassando lo sguardo mentre Charlotte gli accarezzava i capelli, chinandosi leggermente per baciarlo su una guancia. 

Dopo un attimo di silenzio lui alzò di nuovo lo sgaurdo, puntandolo su di lei quasi con aria torva:

“Piuttosto... dobbiamo parlare di una cosa. Visto che sono tanto una bella persona, com’e che mi hai paragonato ad un selvaggio?” 

“Eh? Forse stai impazzendo anche tu, Will?” 

“No, ho solo letto un libro! Quindi io sarei Venerdì, grazie tante!” 

La faccia vagamente offesa dell'uomo la fece esitare per un attimo, cercando di capire a cosa si stesse riferendo... ma poi gli occhi verdi di CeCe andarono a finire sul pavimento, o più precisamente sul libro che gli aveva tolto dalle mani.

Leggendo finalmente il titolo non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere, appoggiando la testa sulla spalla di Will che invece sbuffò, borbottando che non era affatto divertente:

“Oh Will... non ci credo, hai davvero letto Robinson Crusoe?” 

“Si, e a quanto pare io somiglio parecchio al caro Venerdì. Carino da parte tua.” 

“Dai, non fare l’offeso... scherzavo! E poi te l'ho detto diverse settimane fa Will, si può cambiare idea...” 

“Lo spero.”    Will le lanciò un'occhiata torva, parlando in tono pacato prima che il silenzio calasse nuovamente nella stanza, mentre i due si guardavano senza proferire parola. 

Durò solo qualche istante però, poi la risata di Charlotte riempì di nuovo la stanza, mentre la donna s’immaginava chiaramente William che leggeva quel romanzo Babbano, sempre più offeso e contrariato man manco che andava avanti con la lettura.

“Finiscila di ridere! Non è affatto divertente.” 

“Hai ragione, forse non lo è... no, infondo è quasi tenero che tu abbia dato tanto peso alle mie parole, alla mia opinione su di te. Tranquillo Will, probabilmente ho cambiato idea... ma non te lo assicuro.” 

Charlotte gli sorrise e lui sbuffò, borbottando qualcosa mentre l'avvicinava di più a sè, tenendo il viso a pochi centimetri dal suo:

“Stupida.” 

Fece per replicare al suo “complimento” ma Will glielo impedì, baciandola e sorridendole quando allontanò nuovamente il viso dal suo per poterla guardare negli occhi:

“Con tanto affetto, ovviamente.” 

“Ah si? Anche io ho qualcosa da dirti con tanto affetto...” 


                                                                          *


"Ma sei sicuro che si faccia così?” 

“No che non sono sicuro, ti sembra che io l'abbia mai fatto prima? ... e poi mi spieghi che cavolo ci fai qui?” 


Antares Black lanciò un’occhiata torva in direzione di quella che, almeno fino a quel momento, era stata una delle persone a cui teneva di più... ma da quel pomeriggio aveva deciso di cancellare uno dei suoi cugini da quella lista, visto che se ne stava comodamente seduto su un bancone con un’enorme scodella di patatine fritte davanti invece di aiutarlo.

“Che domande, ti do supporto morale.” 

“A me sembra più che altro che tu stia saccheggiando le scorte... lasciane un po’ anche per me.” 

Antares lanciò un’occhiata quasi sconsolata in direzione della ciotola che teneva in mano Altair, chiedendosi come fosse finito in quella situazione e cogliendo la faccia divertita del cugino. Figurarsi se Altair si sarebbe fatto scappare l'occasione di vedere suo cugino in punizione per la prima e unica volta in sette anni... 

“Ridi pure, cuginetto... Ma stai pur certo che se lo racconti a qualcuno in famiglia, ne pagherai le conseguenze. E poi mi spieghi come hai fatto a sapere che dovevo venire qui oggi?” 

Altair Black si affrettò a deglutire, annuendo mentre tentava di non soffocare a causa delle risa, mentre guardava il cugino minacciarlo con una spugna in mano. 

“Naturalmente. Tranquillo, porterò questa storia nella tomba... e comunque io so sempre tutto, ricordatelo.” 

“Certo certo... comunque, ti conviene. Cassy lo sa?” 

“No, tranquillo... la conosci, se glie l'avessi detto probabilmente sarebbe arrivata qui con una macchina fotografica per immortalare la scena. Non sarebbe una cattiva idea, però...” 

“Provaci. Piuttosto, perché non la smetti di mangiare e mi aiuti? Dai, passami quella cosa lì.” 

“Che?” 

“Non so come si chiama, quella cosa strana Babbana azzurrina!” 

Antares sospirò, maledicendo la sua mala sorte e in particolar modo una certa donna che lo aveva spedito a lavare i piatti del pranzo, ordinando agli elfi di non aiutarlo e sequestrandogli la bacchetta. 

Di certo nessun altro insegnante si sarebbe mai sognato di far fare una cosa simile a lui... Ma sembrava che a Charlotte Selwyn, facendo anch’ella parte delle Sacre 28,* non importasse di avere a che fare con un Black o – parole sue – con le figlie di Re Giorgio VI. 

“Ah, intendi il... detersivo?” 

“Ah ecco, si chiama così. Secondo te come si fa a lavare?” 

“Non saprei, probabilmente devi versarlo sopra e poi strofinare...” 

“Forse avremmo dovuto iscriverci a Babbanologia, al secondo anno.” 

“NOI? Ma sei matto? Mio padre e tuo padre ci avrebbero diseredati!” 

“No, non l'avrebbero fatto, siamo entrambi maschi, hanno bisogno di noi. Ma di certo ci avrebbero chiuso in casa per tutte le vacanze...” 

Antares sbuffò, versando quella strana cosa azzurra sopra i piatti che doveva lavare manualmente... si ripromise che non l'avrebbe mai più fatto in tutta la sua vita, oltre che non farlo sapere a nessuno a parte suo cugino e il suo migliore amico, anche se si era già pentito di averlo scritto a Rodericus visto che di sicuro l'avrebbe preso in giro per tutta la vita. 

Si era decisamente pentito di essere arrivato con mezz'ora di ritardo a lezione, lunedì...

“Si, è probabile. Ma mi spieghi perché sei stato così stupido da fare tardi?” 

“Non è stata colpa mia... Come ben sai, cuginetto, eravamo al campo a volare... e se qualcuno mi avesse ricordato l'ora come gli avevo chiesto, ora non sarei qui!” 

Antares scoccò un’occhiataccia al cugino, che invece sorrise con aria colpevole senza dire nulla.

Ops...


                                                                          *


Era sabato pomeriggio, il sole splendeva, era primavera inoltrata, mancavano tre settimane alla fine delle lezioni... ma sembrava che pochi avessero il lusso di potersi godere quel soleggiato fine settimana, o almeno non certo gli studenti del quinto, sesto e settimo anno. 

La Biblioteca era quindi decisamente affollata... forse troppo per i gusti di una certa studentessa di Corvonero, che aveva sempre preferito studiare in pace. 

Non si era mossa da lì da subito dopo pranzo, anche quando Jane aveva rinunciato a farle scrivere una lettera a sua madre e aveva raggiunto Dante in giardino... lei era rimasta lì, mettendosi a studiare per smetterla di pensare ai suoi genitori. 

Isabella Burton sbuffò mentre teneva tra le braccia una torre di libri, cercando di non pestare i piedi o travolgere nessuno mentre procedeva quasi a tentoni verso il suo tavolo, maledicendo mentalmente la Jones per aver vietato l'uso della magia in Biblioteca dalla settimana precedente. 

Solitamente stregava i libri affinché la seguissero, ma sfortunatamente non poteva più concedersi quella comodità, e li doveva portare tutti a mano...

“Santa Priscilla, qui tra poco mi crolla tutto... per favore spostatevi, o morirete sotto una valanga di libri visto che non vedo dove sto andando.” 

La Corvonero sospirò, procedendo tra gli scaffali e ringraziando tutte le ore che aveva passato chiusa lí dentro nel corso degli anni: se non altro ormai conosceva quel posto a memoria. 




Fissava il libro con aria torva, tenendosi la testa con la mano mentre cercava di ignorare le voci che riempivano la Biblioteca: disgraziatamente non potevano più usare la magia lì dentro, e sembrava che tutti l'avessero presa piuttosto male. 

Sentendo qualcuno intimare a mezza voce di levarsi dalla sua traiettoria e di fare meno baccano Antares si voltò, inarcando un sopracciglio nel vedere Isabella Burton tenere in bilico precario una montagna di tomi. 

O almeno suppose che fosse lei, visto che non poteva guardarla in faccia proprio a causa di quei libri.

“Perdindirindina!” 

Ok, era lei

“Mi verrà un’ernia al disco entro i M.A.G.O.! Qualcuno mi da una mano?” 


Improvvisamente Antares trovò molto interessante quel capitolo noiosissimo di Erbologia, facendo finta di niente mentre ringraziava la dea bendata che, per la prima volta da quando si era svegliato, sembrava volerlo aiutare: prima lavava i piatti e poi si ritrovava a studiare per tutto il pomeriggio... non era di sicuro un sabato da ricordare, quello, ma almeno i libri coprivano a Bella la visuale e non poteva vederlo.

“Antares, quando hai finito me lo puoi lasciare?” 

Porco Salazar 

Antares si sentì raggelare, voltandosi verso Abraxas Malfoy e annuendo senza proferire parola, sperando che le sue parole fossero passate inosservate alle orecchie della ragazza che ancora gironzolava senza guardare dove metteva i piedi.

Disgraziatamente però Isabella si fermò, sbuffando leggermente:

“Black! Dammi una mano, lo so che sei lì!” 

Antares sospirò, rivolgendo un'occhiata tetra in direzione di Abraxas, che gli sorrise con aria colpevole come a volersi scusare prima di darsela a gambe. 

Grazie tante... bell’aiuto.


“BLACK. Non fare finta di niente, cosa ti costa?”

“Perdonami Bella, ma temo di non aver sentito la parolina magica.” 

“Ti assicuro che se non mi aiuti ne sentirai parecchie, più tardi.” 


Antares si trattenne dal ridacchiare, rimanendo impassibile mentre fingeva di leggere con aria assorta, ignorando le proteste sommesse di Bella.

“Ok. Va bene. Per favore Antares, mi puoi dare una mano e togliermi un paio di libri di mano?” 

Isabella sospirò, ma quando pochi secondi dopo Antares le tolse tre libri dalle mani gli sorrise con sollievo:

“Ah, ciao! Ora ti vedo... grazie, stavo per schiantarmi al suolo.” 

“Si può sapere perché te ne vai in giro con tutti questi libri?” 

“Che domande, fa parte del mio allenamento quotidiano, il sollevamento pesi! No, in realtà mi tengo solo impegnata... non mi farà male.” 

Isabella lasciò la pila di libri sul tavolo con un sorriso sollevato, reputando che era il momento di riposare le braccia per qualche secondo. 

“Finalmente... non ce la facevo più! Credo che farò una pausa... Ma come le è venuto in mente alla Jones di vietare di usare a magia qui dentro?” 

“Beh, non saprei... magari perché qualcuno ha incantato delle racchette e si è cimentato in qualche gioco Babbano...” 

Antares si rimise seduto, parlando con un tono vago che la fece sbuffare leggermente:

“Tennis, era tennis! E poi smettila di rinfacciarmelo, non è stata una mia idea, ma di Dante.” 

“Può darsi, ma tu tecnicamente li avresti dovuti fermare...” 

“Vero, ma avevo voglia di fare qualcosa di nuovo... a noi non capita spesso di fare giochi Babbani, no?” 

Isabella si strinse nelle spalle mentre impilava i libri quasi distrattamente, mentre il Serpeverde roteò gli occhi chiari:

“Poco ma sicuro, ma a mio parere non è un male. Non è che odio i Babbani, penso solo che non abbia senso interessarsi al loro mondo, siamo maghi e conduciamo una vita sicuramente migliore della loro.” 

Specialmente per via dei piatti che noi non dobbiamo lavare

Fu seriamente tentato di dirlo, ma il ragazzo si morse la lingua, scegliendo di soprassedere: conoscendola, sapeva che Bella si sarebbe messa a ridere come una matta se avesse saputo che aveva passato il pomeriggio a lavare stoviglie... per sua fortuna Charlotte non l'aveva sbandierato ai quattro venti, forse intuendo che il giovane Black si sarebbe sotterrato piuttosto che farlo sapere in giro. 

“Secondo me invece non è un male interessarsene... Insomma guardaci: loro sono in guerra, come lo siamo noi ormai da anni... siamo davvero migliori, infondo?” 

Isabella scosse leggermente il capo, continuando a non capire perché metà mondo magico si ostinasse a criticare i Babbani. Aveva sentito milioni di volte dire che loro erano migliori, che erano in grado di fare cose migliori. 

Ma era davvero così?


“Dicono che noi sappiamo fare cose che loro neanche si sognano... ed è vero, di sicuro lo è. Ma io credo che sottovalutarli e non interessarsi minimamente al loro mondo sia comunque sbagliato, infondo sono esseri umani come noi, con difetti e peculiarità. E forse anche loro sanno fare cose che noi ignoriamo.” 


Antares inarcò un sopracciglio, guardando la ragazza con lieve scetticismo: la sua voce amareggiata, il modo in cui stringeva la copertina del libro quasi con risentimento... sembrava che stesse parlando per pura esperienza personale. 

“Ad esempio?” 

“Sai Antares, anche mio padre dice cose del genere... non odia i Babbani, ma sostiene che siamo comunque migliori di loro, che non potranno mai eguagliarci in quel che facciamo. Anche quando abbiamo scoperto che mio fratello soffriva di una strana, insolita malattia lo diceva... noi non abbiamo familiarità con quel disturbo, ma loro si. E forse, se mio padre avesse voluto mettere da parte l'orgoglio e la sua arroganza, mio fratello non sarebbe morto. Forse loro lo avrebbero aiutato. Ma noi siamo migliori, no? Non possiamo rivolgerci a dei Babbani, anche quando si tratta di vita o di morte.” 

Isabella contrasse la mascella mentre riprendeva la pila di libri in mano, sfogando finalmente un po' del risentimento che nutriva verso i suoi genitori, verso suo padre che non le aveva dato retta, neanche quando si era parlato della vita di Nicholas. 
Per una volta invece Antares tacque, intuendo che fosse un tasto piuttosto dolente che si nascondeva dietro al sorriso allegro di Isabella Burton.

Tra i due calò il silenzio mentre la ragazza si accingeva a tornare al suo tavolo, ma poi una voce riportò Bella alla realtà, facendola voltare:

“Isabella... Dippet ti vuole vedere. E credo che intendesse subito.” 

In genere la Corvonero sorrideva, quando si trovava davanti Oliver Miller... perché si trasmettevano allegria a vicenda, in qualche modo. Ma per una volta nessuno dei due sorrise, mentre Oliver guardava l'amica quasi con aria accigliata, chiedendole silenziosamente che cosa avesse combinato.

La rossa invece sospirò, borbottando che quello era proprio un sabato da dimenticare prima di annuire, abbandonando i libri sul tavolo.

“Fantastico. Grazie Olly... ci vediamo dopo. Ciao Antares.” 

La ragazza non aggiunse altro, restando impassibile mentre si allontanava a passo svelto, sotto lo sgaurdo sia del Grifondoro che del Serpeverde, il primo preoccupato e il secondo vagamente perplesso. 

“Strano... Dippet non ci convoca mai, più che altro lo fa Silente. Che cosa può volere?” 

“Non lo so Black... ma come hai detto tu, non lo fa mai. E se non ha chiamato anche te, dubito che riguardi la scuola. Spero solo che vada tutto bene.”  


                                                                         *


"Zuccherino! Ciao... vuoi fare un giretto?” 

Dante sorrise mentre planava verso il suolo, avvicinandosi a Jane che scosse il capo, come da manuale:

“Assolutamente no.” 

Dante sbuffò leggermente, ma sapeva che Jane si sarebbe sempre rifiutata di volare, anche se con lui a tenerla... ci aveva provato per anni insieme ad Amos a convincerla, ma niente da fare, Jane si intestardiva sempre su quel punto. 

Ma era pur sempre il suo compleanno... e per una volta Dante voleva scavalcare la paura dell’altezza della ragazza. 
Il Grifondoro spostò lo sgaurdo, posando gli occhi oltre la spalla della ragazza e assumendo la miglior faccia sconvolta che gli riuscì, sentendo già la vittoria in tasca:

“Ma quello non è uno scoiattolo ferito?” 

“Scoiattolo ferito? Dove?”  Come c'era da aspettarsi la Tassorosso si voltò all'istante e Dante sorrise, allungando un braccio per afferrarla e trascinarla sulla sua scopa:

“Ops, forse mi sono sbagliato... ultimante ho qualche allucinazione.” 

“DANTE! Non osare... mettimi subito giù!” 


Ma Dante finse di non sentirla, sorridendo mentre la sollevava senza alcuno sforzo e la sistemava sulla scopa davanti a lui, facendola sedere con le gambe da una parte:

“Rilassata piccola Jane, tieniti... non ti faccio certo cadere.”   Dante le sorrise, dandole un bacio su una guancia mentre si dava una leggera spinta sull'erba con i piedi, sollevandosi di circa dieci metri. 

“DANNY, lo sai che ho paura! Danny...” Jane sbiancò di colpo mentre Dante decollava, affrettandosi a seguire il suo consiglio e stringendo il manico di legno con le mani tremanti. Lo sentì ridacchiare mentre appoggiava il petto sulla sua schiena, stringendo a sua volta il manico e circondandola così con le braccia. Jane deglutì, appoggiando la testa sulla sua spalle e chiudendo gli occhi con decisione, rifiutandosi di guardare... inoltre, gli promise silenziosamente che poteva anche essere dolce e carina, poteva anche essere una Tassorosso, poteva anche amarlo... ma glie l'avrebbe fatta pagare comunque. 


                                                                                *


"Non hai idea di quanta fila ci fosse alla Guferia, sembra che tutta Hogwarts oggi volesse scrivere lettere! Ho una fame... mi passi le patate al forno?” 

Ingrid prese posto accanto a Bella quasi sospirando, sollevata di essere finalmente a tavola per cenare. La rossa rimase in silenzio ma obbedì, passandole la teglia mentre la bionda adocchiava un invitante vassoio pieno zeppo di formaggi, uno dei cibi preferiti in assoluto dalla tedesca. 

“Grazie. Come è andata la giornata? Jane ti ha convinta a scrivere a tua madre?” 

“No. E tu... come stai?”    Isabella si voltò verso l'amica, guardandola mangiare tenendo le mani intrecciate appoggiate sulle sue gambe. 

“Bene. Meglio di stamattina... Olly è molto bravo a tirarmi su di morale. E poi sono stata un po’ con mia sorella, anche quello mi aiuta.”  Ingrid sfoggiò un lieve sorriso, lanciando un'occhiata carica di affetto in direzione di Astrid, guardandola cenare e chiacchierare. 

Non sapeva se sua madre sarebbe più stata in grado di prendersi cura di loro, riprendendosi... ma di sicuro in quel caso si sarebbe presa cura di sua sorella, glie l'aveva promesso quando l'aveva vista per l'ultima volta. 

“Mi fa piacere. Tua madre ti vuole bene Ingrid, anche ora che non può starvi vicino.” 

Isabella sorrise e l'amica si voltò verso di lei, scrutandola con aria accigliata: c'era qualcosa che non andava... o comunque di diverso. Dov'era la Bella che rideva e che chiacchierava con mezza tavolata, facendo una mezza guerra con il cibo con Ian Nott e Elliott Boulstrode? Isabella sorrideva, ma parlava con un timbro troppo calmo e pacato per essere il suo, gli occhi azzurri di solito molto espressivi quasi spenti e il volto impassibile, che non trasudava nessuna emozione particolare. 

Sembrava quasi in trance, con il suo aspetto ma non del tutto lei. 

“Bella... va tutto bene? Perché non mangi?” 

“Non ho molta fame, in effetti. Sai, mentre studiavo Storia della Magia ho sfogato la mia disperazione su dei tramezzini.” 

Isabella sorrise lievemente, sperando di convincerla... fortunatamente Ingrid ancora non la conosceva così bene. 

“Quindi va tutto bene?” 

“Certo! Sono solo in una specie di coma dopo aver studiato per ore di fila!”   Isabella sbuffò appena, roteando gli occhi e tranquillizzando leggermente l'amica: ora un po’ la riconosceva, se non altro. 
Ma aveva comunque la sensazione che ci fosse qualcosa di cui la rossa non aveva voglia di parlare. 

Tuttavia decise di non aggiungere altro, di non insistere... perché la capiva, sapeva che a volte c'erano cose che si preferiva tenere per se stessi.


                                                                             *


“Di cosa staranno parlando, secondo voi?” 

Regan inarcò un sopracciglio, osservando con curiosità e lieve scetticismo insieme Dippet e Silente, che seduti come sempre vicini stavano confabulando sottovoce.

“Probabilmente stanno semplicemente conversando sulla scuola, Reg...” 

“No, fidati, hanno la faccia da “stiamo tramando qualcosa”.”   Will si limitò a roteare gli occhi alle parole dell’amico, non osando replicare mentre invece Lyanna rideva, dando una leggera gomitata a Regan:

“Se lo dici tu... magari potresti sostituire tua moglie e lavorare con Charlotte al posto su Reg... vi ci vedo vedo proprio voi due, a fare squadra sul campo.” 

“Beh, sarebbe divertente.”     Regan sfoggiò il suo solito sorriso allegro, voltandosi verso Charlotte mentre invece qualcuno si lasciava sfuggire un commento mentre si serviva l’insalata sul piatto:

“No, sarebbe un disastro. Di sicuro vi fareste ammazzare in due secondi, voi due insieme.”

 “Molte grazie per la fiducia...”  Charlotte sbuffò leggermente, rivolgendogli un’occhiata torva mentre invece lui le sorrideva, prendendole il mento con due dita con aria divertita:

“Prego Selwyn... quanto a te Reg, devo dire che questa volta sono d'accordo... Dippet e Silente stanno confabulando più del solito stasera, e ho sentito che oggi pomeriggio il Preside ha chiesto di vedere Isabella Burton.”   

Regan sorrise con aria soddisfatta, lanciando un’occhiata a Lyanna come a volerle dire “te l'avevo detto”; la donna però sembrò non badarci, sporgendosi leggermente verso Will e guardandolo con un sopracciglio inarcato:

“Si può sapere come fai a saperlo?” 

“Per favore. Basta fermarsi a fare due chiacchiere con Lumacorno, nominare mio padre ed ecco che ho tutte le informazioni che voglio.”    

L’ex Serpeverde roteò gli occhi, facendo un gesto sbrigativo con la mano come a voler liquidare il discorso, mentre Regan tamburellava impazientemente le dita sul tavolo:

“In ogni caso... potremmo sempre andare a ficcanasare, passando casualmente davanti all'ufficio di Dippet più tardi...” 

“Scordatelo Reg, non faremo i Piccoli Investigatori! Anche perché l'unica che non si farebbe beccare probabilmente sarei io... e no, non ho nessuna voglia di parare a Cavendish il regale posteriore.” 


                                                                              *


Nel prendere in mano quell’orribile aggeggio, piegò le labbra in una smorfia: ma come potevano usarlo su delle persone, i Babbani? 

Lei l'aveva fatto solo una volta in tutta la sua vita e aveva sperato di non doverlo ripetere mai più, ma Dippet era stato piuttosto chiaro quella mattina, dopo aver ricevuto una lettera dai Burton.

Sospirò e uscì dalla stanza tenendo in mano quella specie di mezzo di tortura, ritrovandosi nell’Infermeria praticamente deserta e buia, fatta eccezione per la candela accesa appoggiata su un comodino, accanto all’unico letto occupato. 

Era già li, quindi... non l'aveva nemmeno sentita entrare.
Le si avvicinò, osservando il profilo della ragazza illuminato debolmente dalla luce della candela... Era seduta sul letto, immobile, con gli occhi puntati su un punto indefinito davanti a se e le mani intrecciate: in silenziosa, arrendevole attesa. 

Sentendo i passi non si voltò, abbassando invece gli occhi sul suo braccio, coperto dalla manica della camicia bianca. Senza dire niente iniziò ad arrotolare il tessuto, mentre Madama Chips si fermava accanto al suo letto, i grandi occhi chiari puntati su di lei e la siringa in mano:

“Sei sicura di volerlo fare adesso? Puoi tornare domattina, farti accompagnare da qualcuno...” 

“No, non voglio aspettare... Per favore, lo faccia e basta.” 

Isabella Burton si ostinò a non voltarsi, limitandosi a sollevare il braccio. Con suo sollievo la donna non replicò, prendendole delicatamente il braccio con una mano mentre la Corvonero chiudeva gli occhi, rifiutandosi di guardare quell’ago orribilmente lungo perforarle la pelle. 











*: Le 28 famiglie Purosangue più antiche della Gran Bretagna, sia i Black che i Selwyn ne fanno parte




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Angolo Autrice:

Buongiorno!  

Per prima cosa, vi comunico che mancano tre capitoli alla fine della storia, Epilogo incluso, e qui sorge la fatidica domanda: come alcune di voi già sanno a volte scrivo una specie di Sequel delle Interattive, formato da una Raccolta di OS dedicate agli OC... perciò vi chiedo se volete che la scriva anche per questa storia, ditemi voi cosa ne pensate. 

Prima di andare e di lasciarvi... in effetti me l'aspettavo, ma il duo che a quanto pare preferite è formato da questi due adorabili testoni:

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Un bacio e a presto! 


Signorina Granger

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Capitolo 30
*** Piccole vendette e fantasmi da affrontare ***


Capitolo 28: Piccole vendette e fantasmi da affrontare
 
                                                                                                                           
Puoi nasconderlo, se vuoi
Puoi provare a sopprimerlo, ad ignorarlo, ma lui sarà sempre lì.
Finché non lo affronterai, ciò che ti fa soffrire sarà lì, a ridere alle tue spalle
 
 
Sabato 15 Maggio
 
 
Anche sentendo battere sul vetro, rimase raggomitolata sotto le coperte, rifiutandosi di alzarsi e cercando di ignorare il fastidioso rumore. Le sue compagne di Dormitorio erano già tutte scese per fare colazione, anche se circa un'ora prima avevano inutilmente provato a buttarla giù dal letto a suon di cuscinate.
 
Non pensarci 
Ignoralo 
Se ne andrà 
Ignoralo 
Non ammazzarlo
 
Al diavolo
 
Isabella sbuffò, scalciando le coperte e alzando la testa di colpo, lanciando un sguardo assassino al gufo che stava picchiettando sulla finestra accanto al suo letto, osservandola con gli enormi occhi color ambra. 
 
Chi osa disturbarmi all’alba delle 9? 
 
Isabella rotolò giù dal letto, avvicinandosi alla finestra con cipiglio torvo e lasciando che il rapace planasse nella stanza, con una lettera legata alla zampa. 
Era ancora assonnata ma riuscì a riconoscere l'animale... e decise che poteva perdonare la sua padrona per averla svegliata, mentre slegava la pergamena.
 
Aprì la lettera di Brianna, e solo leggendo le prime righe realizzò che quel sabato era il suo compleanno: per tutta la settimana non aveva fatto che pensare ad altro, se n'era praticamente dimenticata.
 
In effetti c'era un'altra lettera che aspettava di essere aperta... una lettera che Isabella teneva chiusa nel comodino dal giorno prima, non avendo ancora avuto il coraggio di aprirla e leggere quanto scritto.
La Corvonero lasciò la lettera dell'amica sul letto, sporgendosi leggermente per aprire il comodino e controllare che ci fosse... a volte sperava che fosse tutto un sogno, che si stesse immaginando tutto. 
 
E invece no, lei era ancora lì. Intatta e sigillata, la ceralacca verde che riportava una bacchetta incrociata ad un osso... il simbolo del San Mungo.  
 
Isabella la guardò per qualche istante e fece per prenderla, ma la sua mano di bloccò a metà strada... ma poi chiuse il cassetto, alzandosi per andare in bagno e cambiarsi.
Una vocina nella sua testa le suggerì che anche non aprendola, sarebbe sempre rimasta lì, un pallino fisso nella sua mente che le martellava i pensieri… prima o poi avrebbe dovuto aprirla, lo sapeva, ma ancora non voleva sapere cosa c’era scritto.
Se il risultato fosse stato negativo, allora quello sarebbe stato il momento perfetto per andare definitivamente oltre a quanto successo a suo fratello... in caso contrario, sarebbe stata la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso.
 
                                                                          *
 
“Mi spiegate, di preciso, che COSA ci fate qui?”
“Perché, ti dispiace così tanto fare colazione accanto a me?” 
 
 
Oliver inarcò un sopracciglio, lanciando un’occhiata scettica ad Ingrid che invece sorrise, allungando una mano per accarezzargli il braccio:
 
“Ovviamente no… mi chiedo solo perché siete… espatriati al tavolo dei Corvonero.”
 
La bionda spostò lo sguardo su Dante e Jane, seduti vicini davanti a lei… la Tassorosso si limitò a sorriderle con velato divertimento, mentre accanto a lei Imogen roteava gli occhi chiari:
 
“Te lo spiego io Ingrid… è una sottospecie di tradizione, ogni anno al compleanno di Bella piantano le tende qui per fare colazione insieme a lei.”
 
“Davvero? Che carini! Peccato che stamattina la nostra rossa sembri vagamente riluttante ad alzarsi… e poi credevo che tu fossi ancora arrabbiato con lei!”
 
Ingrid si rivolse di nuovo ad Oliver, che si strinse nelle spalle con nonchalance mentre Dante sghignazzava, nascondendo il viso dietro alla tazza per non farsi notare dal compagno di Casa:
 
“Vero, ma essendo il suo compleanno posso perdonarla…"
 
“Non fare il permaloso, lo sai che non l’ha fatto con cattiveria…”     Jane cercò di non ridere e di restare impassibile mentre parlava, ricordando quando, un paio di giorni prima, Lumacorno aveva fatto una domanda ad Olly e il Grifondoro aveva risposto secondo suggerimento della Corvonero… che aveva riso per praticamente il resto dell’ora dopo che Oliver aveva praticamente detto a Lumacorno di trovare splendidi i suoi baffi.
 
“Stendiamo un velo pietoso, preferisco non pensarci mai più!”
“Guarda il lato positivo Olly, Lumacorno è molto vanitoso… di sicuro le tue parole gli avranno fatto molto piacere!”   Dante rise, guadagnandosi un’occhiata torva da parte dell’amico e una ammonitrice, anche se a sua volta divertita, da Jane.

“Senza alcun dubbio. Ma sono felice che tu mi abbia perdonata Olly, come avrei fatto senza di te proprio oggi?”
 
Isabella sorrise, comparendo all’improvviso dietro all’amico e facendolo voltare di scatto.
 
“Lo so Bella, senza di me saresti perduta… quindi ti perdono.”   Il Grifondoro prese l’amica per un braccio, facendola sedere accanto a lui per fare finalmente colazione…  e quando ricevette gli auguri dai suoi amici Isabella sorrise, dimenticando per un po’ quello che si ostinava a non voler sapere, che l’aspettava qualche piano più in alto.

                                                                                          *
 
“Eccovi, finalmente, vi cercav- Che diamine state facendo?”
 
Lyanna spalancò gli occhi scuri, bloccandosi di colpo di fronte a quell’inaspettato, assurdo spettacolo: William e Regan erano fermi davanti alla porta dell’ufficio di Silente, chini sulla porta.
 
Shh! Stiamo origliando, non lo vedi?”
 “Merlino… ma quanti anni avete?” 
“Che succede? … Che diamine state facendo?”
 
Charlotte spuntò da dietro un corridoio, fermandosi accanto alla collega e guardando con tanto d’occhi amico e fidanzato, chiedendosi se non avesse le allucinazioni.
“Cos’è, la giornata delle domande intelligenti? Charlotte, non vedi che stiamo origliando?”
 
Will sbuffò sommessamente, parlando a bassa voce e lanciando un’occhiata seccata in direzione dell’Auror, che per tutta risposta gli fece il verso a mezza voce:
 
“Mi perdoni, non volevo interrompere… ma chi c’è dentro con Silente?”
“Dippet. Stanno parlando di una studentessa… Io l’avevo detto, che c’era qualcosa sotto!”
 
 
Lyanna e Charlotte si scambiarono un’occhiata confusa, indecise se girare sui tacchi e andarsene o dare corda ai due… decisero però di optare saggiamente per la prima scelta, sospirando prima di allontanarsi lungo il corridoio, lasciando i due a divertirsi con lo spionaggio:
 
“Secondo te di chi stanno parlando?” 
“Non ne ho idea. Ma non sono affari nostri, meglio starne fuori…”
 
                                                                                    *
 
“Hanno risposto?” 
“Sì, già da un paio di giorni… Ma credo che non abbia ancora aperto la lettera.”
 
“Beh, dovrà farlo… e in fretta. Suo padre mi ha scritto stamattina per chiedermi novità, ma il San Mungo si rifiuta di rivelare informazioni personali.”       Armando Dippet sospirò, guardando fuori dalla finestra mentre, seduto davanti a lui, Albus Silente rimase in silenzio per un istante prima di parlare di nuovo: 
 
“Lo farà, stanne certo. E’ una ragazza che sa il fatto suo, non è stupida. Vuole saperlo anche lei… ma non dev’essere facile, quanto scritto in quella lettera è determinate per lei e per la sua vita.”
“Spero solo che lo faccia in fretta: non possiamo costringerla ovviamente, ma dobbiamo sapere come comportarci. Manca più di un mese al suo Diploma, non può aspettare quel momento per aprirla.”
 
Il Preside sbuffò appena, scuotendo leggermente il capo mentre l’insegnante di Trasfigurazione inarcava un sopracciglio, guardandolo con gli occhi azzurri carichi di curiosità:
 
“Secondo te perché suo padre scrive a noi e non a lei direttamente? Lo fece anche quando Nicholas stava male, se non ricordo male. Hanno deciso di aspettare che fosse più grande per farle fare gli esami, ma avrebbero potuto parlarne direttamente con lei.”
“Non credo che vadano molto d’accordo. E ho la sensazione che Isabella non avrebbe accettato se fosse stato suo padre a dirglielo… non credi?”
“Può darsi. L’importante è che abbia accettato di farsi prelevare del sangue… non resta che sperare che non sia emofiliaca come suo fratello, a questo punto.”

 
                                                                                   *
 
“A cosa stai pensando?”
“A Bella.” 
“Non dirmi che sei ancora offeso per la storia dei baffi!”       Ingrid sorrise, trattenendosi dal ridere mentre invece Oliver sbuffava, scuotendo appena il capo:
“No… penso che abbia qualcosa per la testa, la conosco. Non hai notato che ultimamente sta spesso da sola? Per esempio… ora d0v’è?”
 
“Non ne ho idea, ma se vuole stare da sola dobbiamo rispettarla.”  
 
Ingrid si strinse nelle spalle, mentre Olly teneva gli occhi castani fissi sulla finestra chiusa, pensando alla sua amica. Lui, Ingrid, Dante e Jane erano seduti intorno ad un tavolo in Biblioteca per fare i compiti… o almeno in teoria, visto che Jane si stava effettivamente lamentando con il Grifondoro, che secondo la Tassorosso le impediva di fare i compiti volendo tenerla sulle ginocchia per farsi coccolare.

 
“Jane, non essere cattiva… su, non fare l’egoista.”
“Io non sono egoista, devo fare i compiti! Cosa dirò lunedì alla Hobskin, che non ho fatto i compiti perché uno spilungone voleva le coccole?” 
“Ottima idea, Rod sarebbe fiero di noi!”
Dante sorrise, facendo roteare gli occhi alla ragazza. Di fronte a quella riluttanza il Grifondoro sbuffò, guardandola con un’espressione volutamente offesa dipinta in faccia:

 
“Beh, se mi volessi bene veramente non ti faresti pregare tanto…”
“Ah sì? E se tu mi volessi bene veramente non mi trascineresti a tradimento sui manici di scopa!”

 
Jane incrociò le braccia al petto, lanciandogli un’occhiata da “come la mettiamo” mentre il ragazzo sbuffava:
 
“Ti ho chiesto scusa piccola Jane… volevo solo stare un po’ con te.”
 

“Fidanzatini, finitela di tubare e ascoltatemi… secondo me Bella ha qualcosa che non va. Ma la conoscete, non ne parlerebbe mai apertamente… quindi propongo di pedinarla e scoprire perché ci evita di recente!”
“OTTIMA IDEA! Io ci sono.”
 
Dante sorrise allegramente alle parole di Oliver, improvvisamente piuttosto entusiasta mentre sollevava Jane senza tanti preamboli, prendendola per la vita e mettendola giù dalla sua sedia prima di alzarsi.
La Tassorosso sospirò, passandosi una mano tra i capelli prima di parlare di nuovo, con un tono fermo e che non ammetteva repliche:
 
“Neanche per idea. Voi due non pedinerete Isabella, e non mi trascinerete di nuovo in una situazione del genere!”

 
“Che vuol dire di nuovo? Mi sono perso qualcosa?”     A quelle parole Oliver inarcò un sopracciglio, voltandosi verso l’amico in cerca di spiegazioni Dante annuì ma liquidò il discordo con un gesto sbrigativo della mano, mentre Ingrid assisteva alla scena senza osare intervenire e trattenendosi dal ridere:


“Si, ma eri troppo impegnato a tubare con Ingrid per accorgertene... dopo ti spiego. Dai Jane, lo sai che ti voglio bene, ma non mi puoi fermare. In fin dei conti mi basta darti una spintarella sulla spalla per farti volare per terra."


“Grazie per averlo sottolineato tesoro, ma per mia fortuna sono una strega… e ho diversi modi per fermarvi. E ora che ci penso, devo ancora fartela pagare… quindi…”

 
Jane sfoggiò un sorriso angelico mentre tirava fuori la bacchetta, puntandola verso i due senza nemmeno dar loro il tempo di ribattere. Due secondi dopo Ingrid spalancò gli occhi azzurri, guardando Dante e Oliver con stupore, divertimento e un po’ di incredulità:
 
“Jane! Cosa…. Cosa hai fatto?”
“Rilassati Ingrid, si riprenderanno… sai, Dante continuava a dire che non glie l’avrei mai fatta pagare per lo scherzetto della scopa… ogni tanto è bene mettere le cose in chiaro. Ora, ti va di aiutarmi a finire Incantesimi?”

 
La Tassorosso andò a sedersi di nuovo di fronte alla Corvonero, sorridendole dolcemente come era solita fare… e Ingrid, con gli occhi chiari ancora fuori dalle orbite, spostò lo sguardo dal duo di Grifondoro pietrificati alla ragazza, limitandosi ad annuire con un debole cenno del capo:
“Certo. Ricordami solo di non farti mai arrabbiare.”

 
                                                                              *

 
Ma chi è l’idiota che ha progettato gli scaffali? Non ci arriverò mai!

 
Isabella sbuffò, guardando quasi con odio il libro che era ancora fermo al suo posto… sembrava quasi deriderla perché no, non arrivava all’ultimo scaffale.
Ovviamente in genere era solita Appellare i libri che non riusciva a prender… ma ora che la magia in Biblioteca era vietata, non poteva più farlo, purtroppo.

 
Maledetto libro! Spera almeno di essere interessante, altrimenti farai una pessima fine con tutta la fatica che sto facendo!
 
Isabella si morse nervosamente un labbro, alzandosi per l’ennesima volta in punta di piedi per cercare di prenderlo… ma le dita pallide della ragazza sfiorarono solo la copertina di pelle.
 
Possibile, poi, che nei paraggi non ci fosse nessuno a cui chiedere?
 
A parte, certo, l’individuo che era comodamente seduto alle sue spalle e che non si degnava neanche lontanamente di darle una mano…
 
Aveva anche la sensazione che stesse ridacchiando, ma ogni volta in cui si voltava verso di lui, Antares sembrava perfettamente serio mentre scriveva la relazione per Incantesimi.
 
 
Dal canto suo, Antares Black ricordava di aver fatto di rado i compiti con uno spettacolo tanto divertente davanti… Isabella si era praticamente messa a saltellare sul posto, borbottando a mezza voce insulti contro il libro. Non gli aveva chiesto aiuto in effetti, orgogliosa com’era di rado lo faceva… e probabilmente sapeva che lui sarebbe stato riluttante ad aiutarla.
 
Tenendo gli occhi fissi sulla pergamena, vide la rossa sbuffare prima di allontanarsi a passo svelto, sparendo dietro gli scaffali riservati alle Pozioni… provò quasi una leggera delusione nel vederla sparire: peccato, era stato uno spettacolino davvero divertente.
 
Quando la vide tornare, qualche minuto dopo, Antares dovette mettere a dura prova la sua faccia di bronzo, di solito impassibile: per un attimo si chiese se non stesse avendo le allucinazioni, ma trattandosi di Isabella Burton in effetti poteva anche essere vero…
 
Non riuscì a non sollevare lo sguardo, guardando la Corvonero trascinarsi dietro una scaletta che sistemò davanti allo scaffale, salendoci sopra borbottando che la cavalleria era morta e doveva arrangiarsi.
 
“Sono curioso, devo ammetterlo: dove hai trovato la scala?”
 
“Io sono piena di risorse Antares, cosa credevi? Quando la natura con te è crudele, devi ingegnarti per forza in qualche modo. Eccoti qua, maledetto!”
 
Isabella sbuffò mentre prendeva il libro con stizza, saltando giù dalla scala sotto lo sguardo divertito del Serpeverde:
 
“Beh, se non avessi paura di chiedere aiuto alle persone forse la scala non ti sarebbe servita.”
 
“Io non ho paura di niente! … a parte i serpenti. E comunque, vuoi forse negare di esserti follemente divertito a guardarmi imprecare contro un libro?”
 
 La Corvonero inarcò un sopracciglio, lanciando al ragazzo un’occhiata scettica e guardandolo sorridere leggermente:
 
“No, in effetti no. Tu piuttosto, non negare di essere orgogliosa.”
“Sono orgogliosa solo quando ci sei di mezzo tu… Cambiando argomento, ricordati che stasera tocca a te fare la ronda.”
 
 Antares sbuffò e fece per esprimere il suo disappunto per il dover perlustrare il castello da solo, ma Isabella per una volta lo batté sul tempo, sparendo insieme al suo tanto agognato libro.
 
Mente camminava tra gli scaffali, la Corvonero abbassò lo sguardo sul libro che teneva in mano, sbuffando debolmente: aveva detto di aver paura solo dei serpenti… ma in realtà era spaventata anche da una lettera che teneva ancora chiusa in un cassetto.
 
                                                                                  *
 
“Dimmi che è uno scherzo che hai organizzato tu, ti prego.” 
“No, io non c’entro. Lo giuro! Però è strano, qui hanno vietato di usare la magia ormai…”
 
Antares Black sospirò, passandosi una mano sul viso mentre invece suo cugino cercava di non ridere, reagendo in modo decisamente diverso di fronte alla medesima scena: che diamine ci facevano Dante Julius e Oliver Miller pietrificati nel bel mezzo della Biblioteca? 
 
“Non credi che sia un altro… attacco, vero? In fin dei conti Miller è un Nato Babbano, potrebbe anche essere.”
“Si, è una possibilità… ma qualcosa mi dice che si tratta solo di uno scherzo Ant, rilassati.”

Altair sorrise, guardandosi intorno per un attimo prima di tirare fuori la bacchetta dalla tasca dei pantaloni, mentre Antares osservava i due Grifondoro quasi con aria torva:
 
“Sai, se non fossero suoi amici giurerei quasi che c’è lo zampino di Isabella…”
Altair ridacchiò mentre agitava la bacchetta, sciogliendo non verbalmente l’incantesimo e permettendo così a Dante ed Oliver di riprendere coscienza.

 
Per Merlino… che diamine è successo?” 
“Eravate pietrificati. Possiamo sapere chi è stato? Mio cugino punta su Isabella Burton, io su Elizabeth Abbott…”
 
“Nessuna delle due, ma grazie per l’interessamento.”
 Oliver sbuffò debolmente, lanciando un’occhiata torva in direzione di Dante, quasi a volergli dire che per colpa dei suoi scherzi idioti era rimasti invischiato anche lui nell’incantesimo della sua ragazza.
 
“Davvero nessuna delle due? Strano…”    Altair sorrise, morendo dalla voglia di sapere chi avesse avuto quella brillante idea mentre Dante contraeva la mascella, borbottando qualcosa prima di superare i compagni e allontanarsi:
 
“Scusate, devo andare a parlare con una persona…” 
 
                                                                                     *
 
“Allora, detective… che cosa hai scoperto?”
“La finisci di prendermi in giro una buona volta?”

 
Stephanie rise, sorridendo dolcemente al marito mentre, inginocchiata davanti al camino in salotto, chiacchierava con lui. 
Come al solito di fronte a quell’espressione Regan non riuscì a mantenere il broncio, finendo col sorriderle di rimando e guardandola con affetto:
 
“Scusa, ma sei adorabile Reg… origli persino le conversazioni di Silente e Dippet!”
“Se non altro ora non possono mettermi in punizione. Comunque, grazie alle mie doti investigative credo di aver scoperto che una delle mie studentesse potrebbe avere un grave problema di salute.”

 
“I miei complimenti Detective Carsen, fai invidia a tua moglie da quanto sei deduttivo!”
“Finiscila! Tu e CeCe vi siete messe d’accordo per prendermi in giro per caso?”
 
“No, non lo faremmo mai… perché entrambe teniamo molto a te. Non vedo l’ora di vederti sul serio, Reg.”     Stephanie sorrise e il marito annuì, guardandola con una nota quasi malinconica negli occhi verde-azzurri:
 
“Anche io… Come va il lavoro, tutto bene?” 
“Sì, non stare in pensiero… per le prossime settimane pensa ai ragazzi e basta, poi tornerai e potrai tornare ad aspettarmi sveglio fino alle 3 del mattino e girovagare per tutta la casa, in attesa.”
“Dovrò pur occupare il tempo mentre mi preoccupo per te, no?”

                                                                             *

 
Solitamente cercava sempre di non dare troppo nell’occhio, quando entrava lì dentro… non che ci riuscisse mai, vista la sua considerevole stazza, ma quantomeno ci aveva sempre provato quando andava a trovare di nascosto suo fratello, Jane e Amos.
 
Non quel giorno, però. In quel pomeriggio entrò nella Sala Comune dei Tassorosso quasi a passo di marcia, scrutandone attentamente l’interno per cercare Jane, senza però trovarla…
 
Ignorando gli sguardi puntati con curiosità su di lui il ragazzo girò sui tacchi per raggiungere il corridoio che portava ai Dormitori… del resto ci era già entrato una volta in quello femminile, quando aveva incrociato quel gruppetto di isteriche.

 
Un sorriso gli increspò il volto quando vide, infondo al corridoio, una figura familiare… anche se non era Jane.
 
“Elizabeth?”

La Tassorosso puntò gli occhi scuri su di lui mentre si chiudeva una porta alle spalle, rivolgendogli un sorrisetto quasi come se non fosse per nulla sorpreso di vederlo:
 
“Ciao Dante… cosa ti porta qui?” 
“C’è Jane? Le devo parlare di una cosa.”
“Non saprei. Può essere. Di cosa le devi parlare?”
 
“Immagino che tu già lo sappia, in realtà. Andiamo Liz, c’è è no?”
 
“Scusami Dante, ma non credo che dovresti stare qui… Jane me l’aveva detto che saresti passato, però.”
 
Elizabeth sorrise, trattenendosi dal ridere mentre metteva le mani sulla schiena del ragazzo, spingendolo lungo il corridoio nella direzione opposta, mentre Dante sbuffava e lanciava un’occhiata alla porta chiusa del Dormitorio della fidanzata:
 
“Beh, dille da parte mia che è stato uno scherzo pessimo… ma perché non mi vuoi fare entrare?”
“Jane non è qui, credo che sia in giro da qualche parte…è una bella giornata ed è sabato, magari è uscita. In effetti prima l’ho vista parlare con Ryan Woodstock… magari è ancora con lui.”
 
Elizabeth si strinse nelle spalle mentre il Grifondoro invece sgranava gli occhi, guardandola quasi con orrore:
 
“Cosa c’entra lui adesso? E poi le Tassorosso non dovrebbero essere gentili? Mi state facendo cambiare idea, sai?”

 
“Mai sottovalutare noi tenere Tasse, mio caro Dante… e poi c’è sempre l’eccezione che conferma la regola… chiedi a Black, lui ne sa qualcosa!”
 
                                                                                 *
 
“Ah, eccoti qui!”  
“Ciao… vedo che ti sei liberato.” 
 
Ingrid sorrise, anche di fronte all’occhiata torva che le lanciò Oliver prima di lascarsi sedere su una sedia, accanto a lei.
 
“Lasciamo perdere… credo sia la prima e unica volta in cui devo ringraziare i Black. Comunque… si può sapere perché non mi hai liberato tu?”
“Scusa, ma non potevo andare contro a Jane ed eravate troppo carini, pietrificati! e poi se l’avessi fatto tu saresti andato a ficcanasare su Bella. Forse hai ragione Olly, forse c’è qualcosa che la tormenta… ma se non ne vuole parlare c’è un motivo. Lo farà se lo vorrà, se lo riterrà giusto… so che le vuoi bene, ma lasciamole i suoi spazi. Parlo per esperienza, è meglio così: insomma, anche io ci ho messo un po’ per parlarti di mia madre, no? E l’ho fatto perché mi fido di te.”
 
Per qualche istante il Grifondoro non disse nulla, tenendo gli occhi castani puntati sul pavimento. Ma poi alzò nuovamente lo sguardo sulla Corvonero, annuendo con un debole cenno del capo:
 
“Immagino di doverti ascoltare, tu sei meno impulsiva… Ma l’hai vista di recente?”
“Si, in effetti. E mi ha dato questo per te, visto che non riusciva a trovarti.”
 
Ingrid sorrise, porgendogli un biglietto… vide il Grifondoro sorridere con lieve soddisfazione mentre ne leggeva il contenuto, ma non gli chiese che cosa ci fosse scritto: ad ognuno la sua privacy, come era solita sostenere.
 
                                                                              *
 
 “Eccoti finalmente! Si può sapere perché mi hai pietrificato?”
 
Jane alzò lo sguardo, puntando gli occhi cerulei e opachi su Dante, che era appena comparso davanti a lei e le aveva preso il libro che stava leggendo dalle mani per attirare la sua attenzione.
 
La Tassorosso sorrise, anche di fronte alla faccia per nulla allegra del ragazzo, che per una volta non la stava guardando con occhi adoranti ma con cipiglio parecchio torvo e le braccia conserte:
 
“Ciao! Beh… la vendetta va servita fredda Danny, non lo sai? E poi ti conosco, saresti andato a tartassare Bella.”
 
“Si, beh, non sei stata per nulla carina. Rivoglio il mio dolce zuccherino!”
 
Sorridendo Jane si alzò, anche se la differenza d’altezza tra lei e Dante era comunque considerevole. La ragazza gli mise le mani sulle spalle e, alzandosi in punta di piedi, gli diede un bacio su una guancia, sorridendogli con la dolcezza di sempre:
 
“Io sono il tuo dolce zuccherino, Danny… ma a volte tiro fuori le unghie anche io.” 
Dante sbuffò mentre la circondava con le braccia e dopo un attimo il suo sguardo s’indurì di nuovo, osservandola con aria quasi sospettosa mentre gli veniva in mente un piccolo dettaglio per lui non proprio insignificante:
 
“Ora che ci penso… devi dirmi qualcosa a proposito di Woodstock?”
“Chi te l’ha detto? … Oh, Liz…” 
“Si beh, dimmi cosa ci facevi con lui!”
“Dai Danny, non prendertela… per me è solo un amico, anche se lui…”
 
Jane fece per concludere la frase, ma s’interruppe bruscamente mentre si accorgeva che Dan aveva sgranato gli occhi quasi con orrore:
 
“… anche se lui COSA, esattamente?”
Oh. Quindi Liz non ti ha detto… quello.”
Perché, cosa avrebbe dovuto dirmi?”
 
Dante inarcò un sopracciglio, iniziando a sentire qualcosa ronzargli fastidiosamente nelle orecchie… e all’improvviso gli tornò in mente Rod con le sue allusioni poco velate a qualcuno che, a quanto sembrava, era interessato alla sua piccola Jane.
Intuendo distintamente la sua crescente irritazione Jane fece un passo indietro, iniziando a darsela a gambe e maledicendo la sua lingua lunga:
 
“Sai una cosa… devo andare.”
“Aspetta, prima dimmi cosa c’è tra voi due! JANE, TORNA SUBITO QUI!”
 
 
Intanto, mentre Dante praticamente inseguiva la ragazza per esigere spiegazioni, due Tassorosso erano comodamente sedute su un divanetto, assistendo alla scena quasi con aria divertita:
 
“Fammi indovinare… l’hai fatto apposta.”
 
“Come avrei potuto immaginare che Dante non sapesse della cotta mostruosa che Ryan ha per Jane? E se anche fosse… andiamo, abbiamo bisogno di una scenetta divertente di tanto in tanto.”
 
Aerin si voltò verso la sua migliore amica, rivolgendo ad Elizabeth un’occhiata vagamente scettica, come a volerle dire di prendere in giro chiunque, ma non certo lei: al che Lizzy sbuffò, roteando gli occhi con studiata esasperazione prima di parlare con un tono quasi indignato:
 
“Oh, andiamo! Solo perché ho dato un pugno a Black sono una mezza criminale adesso?”
 

                                                                                   *
 
Aveva percorso quei corridoi a quell’ora decine di volte, ma mai come quella sera.
 
Isabella Burton camminava, avvolta nel silenzio e nell’oscurità quasi totale mentre si avvicinava al Bagno dei Prefetti. Per un attimo si chiese cosa si sarebbe inventata se avesse disgraziatamente incrociato Black, ma con un po’ di fortuna non sarebbe successo… o almeno lo sperava.
 
Tuttavia la Corvonero smise di pensarci quando entrò nell’ampio bagno, accorgendosi con sollievo che Oliver era già lì, seduto sul bordo della vasca vuota.
 
“Ciao…”   Bella si avvicinò al ragazzo, sedendosi accanto a lui mentre il Grifondoro la guardava con curiosità e leggera apprensione allo stesso tempo: gli aveva scritto di incontrarsi lì, chissà che cosa voleva dirgli.
 
“Ciao. Mi dirai finalmente cosa non va? Stai bene?”
“Non lo so. E’ questo il punto Olly… Ieri mi è arrivata questa, dal San Mungo. Ma non l’ho ancora aperta… tu sei più coraggioso di me, no?”

 
Oliver guardò l’amica tirare fuori una lettera dalla tasca della gonna, porgendogliela… e sfortunatamente era vero, c’era il simbolo dell’ospedale fissato sulla ceralacca verde.
Il ragazzo la prese, guardandola quasi con orrore prima di alzare gli occhi sulla Corvonero, che invece li teneva fissi sulla finestra ad arco che ritraeva una sirena dai capelli rossi.
 
“Vuoi… che la apra io? Sei sicura?”
“Sì. Io non ci riesco. Mi hanno fatto degli esami la settimana scorsa Olly, mio padre ha insistito per capire se sono emofiliaca come mio fratello. E’ ereditaria.”

 
Isabella contrasse la mascella, facendo dondolare le gambe nella vasca vuota mentre Oliver abbassava di nuovo gli occhi sulla busta, aprendola con le dita quasi tremanti: non voleva essere lui a darle una notizia del genere… ma la conosceva, e sapeva che se aveva ceduto e aveva messo da parte l’orgoglio per chiedergli una cosa simile, Bella sapeva che non sarebbe riuscita a leggere quelle righe che avrebbero potuto cambiare del tutto la sua vita.
 
“Qualunque cosa dica, Olly… grazie. Sei un vero amico.”

 
                                                                       *

 
Sentendo un lievissimo rumore di passi si era quasi messo a correre, giù pregustandosi il momento in cui avrebbe potuto togliere punti a qualcuno… e anche la reazione della sua cara collega, che di certo avrebbe sbuffato nel sentire che si era persa una scena simile.
 
Quando però svoltò l’angolo, il sorriso sparì dal volto di Antares Black, lasciando il posto ad un’espressione spontanea di pura sorpresa: nel corridoio, al quarto piano, c’era l’ultima persona che si sarebbe aspettato di vedere.
 
Isabella? Cosa ci fai qui?”

 
Sentendo la sua voce la ragazza quasi sobbalzò, alzando gli occhi azzurri sul ragazzo mentre teneva stretto in mano qualcosa, una lettera.
Antares lanciò una fugace occhiata a quello che teneva in mano ma poi tornò a concentrarsi nuovamente sul viso della Corvonero, sgranando gli occhi per la seconda volta: Isabella Burton piangeva per la prima volta da quando la conosceva.
 
“Ciao Black… avevo voglia di farmi una passeggiata. Vuoi togliermi punti o posso tornare nella mia Sala Comune?”
“No… vai pure. Va tutto bene?”
 
Praticamente sotto shock per averla davanti con gli occhi lucidi e le guance umide non si fermò neanche a chiederle troppe spiegazioni, guardandola accennare un sorriso e annuire debolmente:
“Mai stata meglio. Sai Black, visto che sono in vena e momentaneamente impazzita te lo dico: infondo ti considero quasi un amico.” 
"Ok, stai decisamente male.... Vai in Infermeria, probabilmente hai sbattuto la testa da qualche parte."






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Angolo Autrice:

Buonasera!
Innanzi tutto grazie per i pareri sulla Raccolta, per una volta siete state stranamente super rapide XD  

Tuttavia, visto che mancano un paio di capitoli alla fine, ho un'altra domanda per voi... dopo avervi chiesto qual è il vostro duo preferito, mi piacerebbe sapere qual è l'OC che preferite.

Detto ciò vi saluto, ci sentiamo tra qualche giorno con il penultimo capitolo!


Signorina Granger

 

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Capitolo 31
*** Di chi resta e di chi se ne va' ***


Capitolo 29: Di chi resta e di chi se ne va'
 
Domenica 30 Maggio, 21:30


Camminava con le mani sprofondate nelle tasche, senza neanche fare troppo caso a dove stesse andando: del resto quante volte aveva percorso quella strada? Ormai l'avrebbe potuta fare ad occhi chiusi, volendo. 

All'inizio girovagare al buio, nei corridoi avvolti nel completo silenzio, era stato strano e vagamente inquietante... ma con il tempo ci si era abituato, arrivando ad apprezzare considerevolmente il silenzio che calava a quell'ora nel castello di solito piuttosto rumoroso. 

Quella sera però, il suo penultimo turno di ronda, sembrava che dovesse andare diversamente: era circondato dal silenzio, sì... fatta eccezione per qualcuno che, alle sue spalle, stava sgranocchiando patatine senza proferire parola.

Erano appena arrivati al primo piano quando Antares non riuscì a non voltarsi, rivolgendo ad Isabella un’occhiata vagamente scettica che la fece bloccare all'istante con una patatina in mano, a metà tra la ciotola e la sua bocca:

“Beh? Che c'è?” 

“Bella. Credimi, ormai sono abituato alle trovate che mi rifili ogni volta... Ma si può sapere perché stai mangiando patatine a quest'ora?!” 

“Scusa, avevo fame, non ho cenato... ne vuoi una?” 

La rossa porse la scodella al ragazzo, continuando a parlare a voce bassa mentre il Serpeverde, dopo aver esitato per un attimo, prelevava una manciata di patatine.

“Ehy! Una, non cinquanta!” 

“Si chiama spirito di condivisione... E comunque, mi dici perché stiamo sussurrando?” 


La Corvonero inarcò un sopracciglio, riflettendo seriamente su quella domanda prima di stringersi nelle spalle, continuando a trotterellare con nonchalance dietro al ragazzo:

“Non saprei. Ma hai ragione, è stupido... direi che possiamo benissimo parlare a voce normale, tanto qui ci siamo solo no-“ 


Isabella però non finì la frase, bloccandosi all’improvviso e smettendo al contempo di camminare: la sua attenzione, e anche quella di Antares, venne catturata da un rumore proveniente senza alcun dubbio dalla porta infondo al corridoio che sembrava quasi essere circondata da un’aura minacciosa. 

I due si voltarono sincronicamente in quella direzione, tacendo per qualche istante prima che Isabella parlasse di nuovo, ancora una volta con un filo di voce: 

“... hai sentito?”   

“Ovviamente... beh, suppongo che tu voglia andare a dare un’occhiata!” 

Antares sfoggiò un sorriso, prendendo la ragazza per le spalle senza neanche darle il tempo di replicare e iniziando a trascinarla verso la porta incriminata: la rossa sgranò gli occhi chiari con orrore, guardando la porta con un che di preoccupato.

“CHE? No, io lì non ci vado!” 

“Devo andare io? È il bagno delle ragazze, non ci entro! E poi non eri tu quella che qualche settimana fa non appena ha sentito un rumore sospetto è praticamente corsa nella tana del lupo per “acchiappare il ladro?e poi non era neanche un ladro, se vogliamo dirla tutta...” 

“E’ diverso! Io LÌ non ci metto piede... di notte poi, sei matto? Non c'è nessuno a quest’ora, chi vuoi che ti veda se anche entri?” 

La rossa inchiodò bruscamente prima di fare il giro e imitare il compagno, spingendolo verso la porta:

“CHE FAI? Io non ci entro, scordatelo!”  

Probabilmente i due si sarebbero anche messi a discutere per l’ennesima volta, ma un secondo rumore proveniente dal medesimo bagno li fece tacere nuovamente per qualche istante, finchè Bella non parlò di nuovo:

“Propongodifingeredinonesseremaistatiquiedispostarcialsettimopiano.” 

“Per una volta non ho nulla da replicare Bella... andiamocene. E lascia qui le patatine, così magari il mostro mangerà quelle e non noi.” 

“... Parlare con te mi mette sempre così tanta allegria, lo sai Antares?” 


                                                                               *


20 Giugno 1935 


Maledizione, era in ritardo... proprio quel giorno, per di più. 

Sbuffò, maledicendo la sua mala sorte: possibile che dovesse fare tardi proprio al suo ultimo giorno ad Hogwarts, quando avrebbe dovuto essere puntualissima? 


Charlotte Selwyn sbuffò, continuando a scendere le scale di corsa e cercando di scacciare la fastidiosa voce di sua madre dalla sua testa, che le diceva qualcosa sull’educazione e che una signorina non dovesse mai tardare. 

Si sistemò in fretta e furia la cravatta blu e nera sopra alla camicia bianca, non vedendo l'ora di stringere il Diploma tanto agognato e sudato tra le mani... ma allo stesso tempo le sarebbe mancato quel castello che le aveva fatto da casa per anni. Era triste pensare che non ci sarebbe più tornata, dopo quel giorno.

Era così presa a chiedersi come sarebbe sopravvissuta a vivere di nuovo con sua madre che non si accorse di non essere poi l'unica ad essere in ritardo per la consegna dei Diplomi... tanto che qualcuno le andò addosso mentre attraversava il Salone d’Ingresso deserto. 

“Ehi! Guarda dove vai!” 

La Corvonero fulminò con lo sguardo la causa dell’urto, che le sorrise di rimando guardandola dall’alto in basso e senza smettere di camminare verso la porta socchiusa della Sala Grande:

“Scusa Selwyn... non ti avevo vista!” 

Probabilmente in un altra situazione avrebbe replicato, perché il tono supponente e il sorrisetto strafottente di William Cavendish l’aveva sempre irritata parecchio... ma era troppo di fretta per badare al Serpeverde e si limitò a sbuffare, seguendolo dentro la Sala Grande gremita di studenti.


Imbecille... grazie al cielo da domani non ti dovrò più sopportare ogni giorno. 


                                                                         *


31 Maggio 1944


“A cosa stai pensando?” 

“All'ultimo giorno da studentessa qui, quando pensavo che non sarei più tornata. Ironico, mi ritrovo per la seconda volta nella stessa situazione. Ah, e anche a quanto fossi antipatico un decennio fa, quando studiavamo qui. Ti ricordi al Diploma? Eravamo entrambi in ritardo e mi sei finito dritto addosso nell’Ingresso.” 

“Tu sei spuntata dal nulla, non è stata colpa mia.” 

“Ovviamente, ci mancherebbe altro. Sua maestà ha il diritto di precedenza, mi scuso per non aver invece disteso il tappeto rosso...” 

Charlotte rise appena e Will la fulminò con lo sguardo, assestandole una leggera gomitata mentre erano in piedi davanti ad un’ampia finestra, osservando il Lago Nero scintillare sotto il sole. 

“Scherzo, non fare il permaloso... e poi lo sai, a scuola non mi eri poi molto simpatico.” 

“Neanche tu se è per questo, la tua lingua era ancora più biforcuta di quanto non sia ora. Ti sei placata con l’Addestramento per caso?” 

“Può darsi, si. Tu invece... no, non sei cambiato poi molto, forse.” 

“Stai dicendo che sono ancora antipatico?” 

“Ovviamente.” 

Will la guardò male di nuovo, osservandola ridere e scuotere debolmente il capo, come se si divertisse moltissimo a prenderlo in giro:

“Vedo che sei sempre molto simpatica... Invece di deridermi, hai fatto le valige?” 

“Si. Anche se, ora che ci penso, credo di avere un’ultima cosa da fare. Ci vediamo dopo.” 


Charlotte sorrise, allontanandosi dalla finestra per prendere qualcosa che luccicava sul tavolo: l'orologio d'oro di Sean.

Will la seguì con lo sguardo, inarcando un sopracciglio mentre l’Auror apriva la porta della stanza:

“Che cosa devi fare?” 

“Quello che ho fatto quando eravamo appena arrivati qui... vado a cronometrare Reg!”


                                                                            *


“Che musi lunghi! Cos’è, siete stati colpiti dalla depressione del lunedì?” 

Ingrid inarcò un sopracciglio, osservando Dante e Oliver osservare i rispettivi piatti con due facce da funerale considerevoli. 

“Si e no.” 

I due si scambiarono un’occhiata tetra e la bionda continuò a guardarli con lieve scetticissimo, chiedendosi che cosa avessero per la testa mentre Jane continuava a restare in silenzio, come se preferisse stare fuori dall’argomento: aveva decisamete intuito a cosa stessero pensando i due Grifondoro, ma preferiva non dirlo ad Ingrid e aspettare che lo sapesse da sola dai due diretti interessati.

“Si e no? Cosa c'è allora?” 

“È il 31 Ingrid, il 31!”   Oliver sfoggiò una smorfia considerevole, scuotendo leggermente come il capo quasi con disperazione mentre Ingrid continuava a non capire, lanciando un’occhiata incerta in direzione di Jane: la Tassorosso però si limitò a sorriderle cn aria divertita, il capo appoggiato sulla spalla di Dante che per una volta era in religioso silenzio. 

“Deve per caso arrivarti il ciclo, Olly? 


Jane dovette premersi la mano sulle labbra per soffocare le risate, mentre accanto al quartetto Maximilian non ci provò neanche, scoppiando fragorosamente a ridere ma affrettandosi al contempo a nascondersi dietro la tazza di caffè. 

Oliver fulminò il ragazzo con lo sguardo ma poi tornò a concentrarsi sulla bionda, che lo guardava a metà tra il divertito e il curioso:

“No, simpaticona! Ma tra cinque giorni cominciano gli esami, e io non sono pronto!” 

“Neanche io se è per questo...” Dante sbuffò, parlando con un tono piatto e tetro che non gli si addiceva neanche un po’, tanto che Jane gli rivolse un sorriso consolatorio come a volerlo tirare su di morale, accarezzandogli un braccio:

“Andiamo... ce la faremo. Non sono i primi, no? E fortunatamente, gli ultimi...” 

“Si, ma sono anche i più importanti... non ce la farò mai ad arrivare a fine Giugno, avrò una crisi di nervi ben prima...” 

Oliver sfoggiò una smorfia e Ingrid gli sorrise, guardandolo quasi con luce divertita negli occhi chiari, come se trovasse comica tutta quella preoccupazione. Le parole del Grifondoro invece fecero quasi drizzare le orecchie a Jane, che lanciò un’occhiata preoccupata in direzione di Dante: non disse nulla ad alta voce, ma ora che ci pensava quasi temeva una crisi nel fidanzato, più che in Oliver. 

Del resto sapeva che cosa poteva scaturire l'ansia e l'essere sotto pressione nel Grifondoro... 
Forse anche Dante stava pensando la stessa cosa, ma rimase impassibile e non batté ciglio, continuando a tenere lo sguardo puntato sul tavolo dei Corvonero con aria quasi assorta. 

“Dan...” 

Jane fece per mettergli una mano sulla spalla ma improvvisamente il Grifondoro si mosse, alzandosi quasi di scatto:

“Devo andare.” 

“Andare? Dove? È ancora presto!”   

“Si, beh... devo chiedere una cosa alla Hobskin prima della lezione, quindi mi prendo in anticipo... ci vediamo in classe.” 

Sotto lo sguardo quasi sospettoso di Jane e confuso di Oliver e Ingrid Dante si allontanò dal tavolo, camminando con ampie falcate grazie alle gambe lunghissime verso le porte della Sala Grande.

“Secondo voi cosa deve chiedere alla megera?”  Ingrid inarcò un sopracciglio, tornando a rivolgersi ad Oliver e Jane prima che la Tassorosso sgranasse gli occhi azzurri quasi con orrore, alzandosi di colpo: 

“Oh no... Dante, non osare! Lascialo stare!” 

Prima di dare il tempo alla Corvonero di chiedere spiegazioni – quella mattina sembravano tutti strani – la Tassorosso quasi corse dietro al fidanzato, imprecando mentalmente per non essersene resa conto prima mentre Oliver ridacchiava leggermente:

“Ma che succede oggi a tutti?” 

“Non ne sono sicuro, ma credo che Jane stia per salvare la vita ad un tuo compagno di Casa...”    


                                                                           *


Regan Carsen sorrise mentre prendeva in mano la foto che lo ritraeva insieme a Stephanie il giorno del loro matrimonio, incorniciata e tenuta per settimane sul comodino posto accanto al suo letto. 

Restò immobile per qualche istante, osservando le immagini in bianco e nero muoversi magicamente: Stephanie aveva le mani intrecciate dietro il suo collo e rideva, rivolta verso la macchina fotografica mentre invece lui teneva gli occhi fissi su di lei, sorridendo con le braccia che le circondavano la vita.

Un po’ gli dispiaceva lasciare Hogwarts per la seconda volta, in realtà... avrebbe mai pensato, dieci anni prima, di tornarci? 
Decisamente no... e anche se si era divertito, non vedeva l'ora di tornare a casa per poterla abbracciare. 

Rimise la foto sul comodino, l'unica cosa che doveva ancora mettere via, prima di avvicinarsi alla porta della stanza e spalancarla per scendere un’ultima volta a fare colazione.

Il mago esitò quando si trovò davanti Charlotte, guardandola con gli occhi chiari spalancati:

“CeCe? Che ci fai qui?” 

“Sette minuti... sei decisamente migliorato da quando siamo arrivati qui, ma secondo me puoi fare di meglio.” 


Charlotte sorrise, chiudendo l'orologio che teneva in mano e sollevando lo sguardo su di lui, che sospirò leggermente prima di chiudersi la porta alle spalle, mettendole un braccio intorno alle spalle e sospirando:

 “Sei veramente assurda a volte, lo sai?” 

“Forse. Però mia vuoi bene, no? E poi dovevo cronometrarti Reg, è come un cerchio che si chiude!” 


                                                                                     *


“Non fare quella faccia, piccola Jane.” 

“Faccio la faccia che più mi aggrada! E ora siediti Dan, dobbiamo parlare.” 

“Ma perché la fai tanto lunga, non lo volevo mica picchiare...” 

“Meglio essere previdenti.” Dante sbuffò ma prese posto su una sedia e Jane sedette accanto a lui, nell'aula di Incantesimi ancora completamente vuota: 

“Dovrò ringraziare Bella, mi ha detto lei di averti visto venire di qua...” 

“Ma perché le ragazze si aiutano sempre tra loro?” 

“Non saprei, è una di quelle domande alle quali non si troverà mai risposta... come il motivo per cui noi andiamo in bagno in gruppo. In ogni caso Danny... sei sempre stato leggermente geloso di me in effetti, ma non devi prenderla così male. Non ha senso, ti fai solo mille paranoie per niente.” 


Jane gli sorrise, parlando con la voce dolce che riusciva sempre a tranquillizzarlo. Dante teneva invece lo sguardo basso, sbuffando leggermente e senza guardarla in faccia:

“Forse in effetti piaccio a Ryan, ma se anche fosse? Non ti devi preoccupare, per me ci sei soltanto tu.” 

“Davvero?” 

“Certo. Perché, hai anche dubbi? Il solito scemo...”   Jane roteò gli occhi, provando a fingersi scocciata senza però grandi risultati davanti al sorriso a trentadue denti di Dante, che si sporse per abbracciarla... come sempre dovette ricordarsi di non stritolarla, ma ormai Jane ci era abituata:

“Stai imparando a non inchinarmi le costole Dan?” 

“Ci provo... Ma tanto tu mi adori per quello che sono no? Gli abbracci spezza-ossa fanno parte del pacchetto, mi spiace.” 


                                                                      *


Le sembrava strano che fossero passati quasi quattro mesi, da quando era tornata ad Hogwarts... quelle settimane erano volate e salutare i ragazzi, il giorno prima, le aveva trasmesso una sensazione strana. 

Eppure, anche se un po’ le dispiaceva salutarli e “abbandonarli al loro destino”, sentiva di aver fatto tutto quello che doveva fare: sperava che sarebbero riusciti ad affrontare positivamente gli esami che sarebbero iniziati a giorni, e soprattutto la vita che li attendeva fuori da Hogwarts, lunga, insidiosa e piena di sorprese.

Ricordava come fosse stato il giorno prima quando Dippet le aveva scritto, o ancora quando era arrivata lì... sorrise, nel ricordare tutte le parolacce mentali quando si era persa al primo giorno, cercando la Sala Insegnanti. 


In effetti tra cene con Lumacorno, spuntini notturni e verifiche all'aperto gliene erano capitate di tutte in quelle settimane, quasi più di quando studiava lì.

Era come se in quei giorni si fosse trovata in una splendida, comoda bolla... forse era anche tornata un po’ indietro, a quando era una Corvonero che prendeva il massimo dei voti in tutte le materie.

Ma ora doveva tornare a casa, alla vita vera... e Lyanna lanciò un’ultima occhiata alla foto del suo matrimonio appoggiata in cima al cumulo di vestiti  prima di chiudere il baule, alzandosi per guardarsi allo specchio prima di uscire dalla stanza. 

Forse un po’ era cambiata da quando era lì... Ma il rossetto rosso era sempre lì, a fare capolino sul suo volto... e probabilmente sarebbe sempre rimasto, un frammento indelebile della donna sposata che era stata per otto anni.


                                                                                    *


Antares Black sorrise, convinto di averla scampata... ma quasi gli venne un infarto quando dovette inchiodare di colpo, trovandosi davanti il sorriso dolce e quasi minaccioso di Isabella Burton:

“Ciao Black. Dove vai di bello?” 

“Bella? Come hai... ma non eri...?” 

Antares inarcò un sopracciglio, voltandosi verso il punto dove fino a due secondi prima aveva visto la rossa... stava seriamente prendendo in considerazione l'idea che avesse trovato un modo per Smaterializzarsi dentro il castello quando la Corvonero sbuffò, guardandolo con aria grave:

“Dopo tutto questo tempo, dopo tutti questi anni ancora mi sottovaluti? Coraggio, se hai finito di giocare a nascondino ti devo dire un paio di cose.” 

“Perché ho la sensazione che non mi piaceranno per nulla?” 

Isabella però ignorò deliberatamente l’osservazione tetra del compagno, leggendo cn espressione vagamente accigliata quanto scritto nella pergamena che teneva in mano, con una calligrafia familiare ma a dir poco strettissima:

“Dannazione, la scrittura di Silente è minuscola... comunque, visto che sono indubbiamente la sua studentessa preferita...’ 

“Su questo ho qualche dubbio.” 

“... come dicevo, Black, visto che mi adora ha accettato di toglierci tutti i turni per Giugno, visto che abbiamo i M.A.G.O... alla faccia dei Prefetti. Comunque, temo che ad uno di noi due spetti l'onore di avere l'ultimo il 20.”

Antares sfoggiò un lieve sorriso, dandole una pacca sulla spalla prima di superarla:

“Grandioso. Divertiti a fare la ronda l'ultima sera, Bella.’ 

“Divertente, se pensi che io abbia voglia di farlo... no, essendo diplomatica ho deciso che tireremo a sorte. Casualmente ho qui una moneta.” 

Isabella sorrise e tirò fuori un Galeone dalla tasca, facendo sospirare leggermente Antares anche se annuì:

“Casualmente, certo. D’accordo, se proprio ci tieni... testa vinco io, croce perdi tu.” 


Con suo gran sollievo Bella non sembrò prestare molta attenzione alle sue parole, lanciando la moneta prima di riprenderla con la stessa mano, osservando la parte visibile con espressione vagamente accigliata, come se non fosse del tutto convinta:

“Testa...” 

“Meraviglioso allora... come ho detto Bella: divertiti.” 


Il Serpeverde sorrise e senza neanche darle il tempo di replicare girò sui tacchi, allontanandosi lungo il corridoio e lasciandola sola a brontolare sommessamente.


                                                                          *


Il suono della campanella le provocò quasi un brivido: erano passati anni, ma quel suono era sempre una specie di allarme per lei, portandola a drizzare le orecchie quasi come se potesse essere interrogata di nuovo da un momento all'altro. 

Nel vedere un’onda di ragazzini uscire dall’aula di Storia della Magia però sorrise, osservando attentamente gli studenti del secondo anno prima di soffermarsi su un Corvonero con i capelli scuri e spettinati. 

“Digeon?” 

Lyanna sorrise al nipote, che si voltò verso di lei e ricambiò mentre la zia gli si avvicinava, zigzando tra i ragazzini:

“Ciao... cosa c'è zia?” 

“Sono venuta a salutarti tesoro, più tardi torno a casa. Per favore, non combinare guai nelle prossime settimane.”  Il piccolo Corvonero sfoggiò un sorrisino che le fece quasi mettere le mani nei capelli, annuendo a mo’ di tenero angioletto:

“Ovviamente zia, per chi mi hai preso?” 

“Per il figlio di mio fratello, ecco per chi... comunque mi raccomando, fai bene gli esami, ok? Ci vediamo a fine mese.” 

“Ci proverò. Ora devo andare, ho Pozioni con il triche- con Lumacorno.” 

Digeon fece per darsela a gambe ma la zia lo afferrò per la manica della camicia bianca, abbracciandolo velocemente e stampandogli un bacio su una guancia, lasciandogli il segno rosso acceso.

“Zia, basta affetto!” 

Digeon sbuffò, sfoggiando una smorfia mentre Lyanna ridacchiava, strofinandogli leggermente una guancia per attenuare il segno del rossetto:

“Va bene ho capito, me ne vado, la mia presenza non è gradita. Vorrà dire che d'ora in poi vizierò solo tua sorella... Ciao piccola peste!” 

La donna sorrise e girò sui tacchi, incamminandosi lungo il corridoio e iniziando a contare mentalmente... il sorriso sul suo volto si allargò quando, arrivata al tre, si sentì chiamare dal nipote:

“Zia? Ovviamente ti voglio bene, quindi devi viziare anche me!” 

“Naturalmente... Non avevo alcun dubbio su questo.”  


                                                                              *


“Allora, dimmi... che cosa vedi?” 

“Non saprei, ma ho una certa fame... quindi penso che se avessi “l’Occhio” vedrei qualcosa di buono da mangiare.” 

Ingrid roteò gli occhi, scuotendo il capo quasi come se si fosse arresa mentre Oliver sorrideva, seduto davanti a lei:

“Andiamo biondina, è l'ultima lezione di Divinazione... mi devi pur divertire! Tu cosa vedi?” 

“Vediamo... ah si, vedo un ragazzo di mia conoscenza che prenderà Troll all'esame di Divinazione!” 

“Se questo ragazzo è alto, ha i capelli biondo cenere ed è carino, temo di essere io.” 

“Come sei egocentrico oggi!”  Ingrid rise di fronte all’espressione affranta del ragazzo, che subito muto in un sorriso: del resto già lo sapeva, non sarebbe mai andato bene in quella materia... insieme a Storia della Magia, ovviamente.

“Diciamo pure che mi sono arreso all’evidenza, mia cara Ingrid... per lo meno verremo bocciati insieme a Storia della Magia, così ci sarai tu a farmi da supporto!” 

“Evita di chiamare disgrazie, tesoro, preferirei non venire bocciata in Storia! Mia sorella me lo rinfaccerebbe per l’eternità, probabilmente... e non ridere!” 

“Ja, Führer...” 

“Olly. Guarda che non scherzo! Ti ricordo che dalle MIE parti ci insegnano molte cose interessanti che qui neanche vi sognate... si, anche se sei il mio adorabile Olly, lo farei comunque.” 


                                                                                   *



Aprì la porta senza fare rumore, facendo planare il baule sul tappeto del salotto per attutirne il tonfo mentre si chiudeva lentamente la porta alle spalle: non voleva che lo sentisse... non le aveva scritto che sarebbe tornato quella sera, voleva farle una sorpresa. 

Regan sorrise, puntando alle scale quasi con sollievo: era bello essere di nuovo a casa, in quelle stanze così familiari... anche se in effetti in quelle settimane aveva capito che “casa” era dove c'era lei, più che un luogo fisico specifico. 

Si sfilò le scarpe per non fare rumore, camminando con un passo felpato che probabilmente avrebbe reso orgogliosa una sua certa amica. La casa era praticamente al buio, ma salendo al secondo piano Regan scorse perfettamente una sottile striscia luminosa proiettata sul muro dalla porta socchiusa del suo studio. 

Se l'era aspettato, in realtà: aveva sempre sospettato che lei gli stesse fregando lo studio in sua assenza, anche se Stephanie aveva sempre negato con un sorriso da angioletto stampato in faccia. 

Percorse il corridoio con lo stesso sorriso definito “da ebete” da Will che aveva stampato in faccia da quando si era svegliato prima di fermarsi davanti alla porta, esitando per un attimo prima di aprirla lentamente: quasi non gli sembrava vero, di essere tornato... e forse sarebbe valso anche per sua moglie. 

Il suo sorriso si allargò quando la vide, seduta davanti alla scrivania e china su chissà quali rapporti... gli dava le spalle e sembrò non sentirlo, forse troppo presa da quello che stava facendo per badare a lui. O forse era abituata a stare sola e non ci fece caso, visto che prima che se ne andasse  sentiva ogni suo minimo movimento.

Regan si trattenne dal ridere mentre le si avvicinava con un paio di falcate, mettendosi le mani dietro la schiena prima di chinarsi, mettendo la testa alla stessa altezza della sua, sopra la spalla della donna:

“Che stai facendo?” 

Ridacchiò nell’assistere alla reazione dell’Auror, che quasi sobbalzò sulla sedia prima di voltarsi verso di lui e sorridere con sincera gioia:

“Reg!” 

Un attimo dopo Stephanie si era alzata per abbracciarlo... o meglio, saltargli praticamente in braccio e allacciargli le gambe in vita.

“Mi hai fatto prendere un infarto... perché non mi hai detto che saresti tornato oggi?” 

“E togliermi il divertimento di farti una sorpresa? Neanche morto... mi sei mancata.” 

Regan le sorrise teneramente prima di baciarla con trasporto, accarezzandole i capelli sciolti sulla schiena mentre lei gli spettinava per la centesima volta il ciuffo di capelli castani.

“Anche tu. Sono felice che tu sia tornato, finalmente.” 

Stephanie sorrise, appoggiando la fronte su quella del marito con gli occhi quasi luccicanti. 

Regan annuì, continuando ad accarezzarle i capelli quasi distrattamente:

“Anche io sono felice di essere qui... e sai una cosa? Ho imparato che non mi va proprio di riavere un’esperienza simile, se devo starti lontano per mesi. Temo che d'ora in poi mi dovrai sopportare costantemente.” 

“Lo faccio già da dieci anni, ti ricordo! Anzi, mi dici perché ci hai messo così tanto a chiedermi di sposarti? Stavo per farti la proposta io!” 

“Ad ognuno i suoi tempi, Signora Carsen. Non preoccuparti comunque, ora che siamo sposati non li liberi più di me, stanne certa.” 


                                                                              *


Nella Biblioteca aleggiava un’atmosfera decisamente tetra: tutti erano chini sui libri e muniti di espressioni poco allegre mentre facevano i compiti.

Un po’ perché era lunedì è un po’ perché, se la fine della scuola si avvicinava, questo comportava anche l'avvicinarsi degli esami imminenti.

Così, mentre l'unica ad essere allegra era probabilmente Coraline Julius, seduta tra i due fratelli con un sorriso sulle labbra per essere l'unica del trio a non avere esami importanti da temere, tutti gli altri sembravano poco allegri o loquaci: in tanti anni in cui aveva lavorato lì Eloise Jones non aveva mai assistito ad un simile silenzio, non quando c'era Dante Julius dentro la Biblioteca.

Eppure, con sua somma gioia, quella sera anche il raggio era taciturno, intento a studiare in compagnia dei fratelli minori con una faccia quasi schifata, mentre poco lontano tutte le ragazze di Corvonero dell'ultimo anno erano chine sui compiti di Antiche Rune e Aritmanzia.

“Sapete una cosa? Forse non avrei dovuto scegliere nessuna materia extra, al secondo anno.” 

Imogen Selwyn sbuffò, passandosi una mano tra i lunghi capelli castani quando si rise conto di aver letto la stessa riga per cinque volte, mentre accanto a lei Cassiopea Black cercava di tradurre un testo apparentemente infinito di Antiche Rune. 

“Non so se sia permesso, in realtà... ma di certo sarebbe stata una scelta strategica. Bella, hai finito Aritmanzia?” 

“No, oggi ho il cervello fuso, non capisco niente! Probabilmente non saprei dirvi neanche le tabelline, ora come ora.” 

La rossa sbuffò, guardando il libro con stizza come se lo incolpasse di essere troppo difficile, mentre si massaggiava nervosamente le tempie. 

C'era qualcosa che le ronzava in testa, ma non sapeva cosa... eppure era sicura di aver scordato un particolare, che magari le era sfuggito. 
Ma cosa? Ci pensava da tutto il giorno praticamente, ma non riusciva a capire di cosa si trattasse.


"Io sono bloccata sullo stesso paragrafo da mezz'ora! Ma non ditelo a mio fratello, altrimenti mi deriderà fino al Diploma...” 

“Non capirò mai perché siete così competitivi l'uno con l'altro. Ma perché diamine fate a gara per chi finisce di tradurre per primo?” 

“Non so, ormai è un’abitudine. Bella, a cosa stai pensando? Sei con noi sulla Terra?” 

Alle parole di Cassiopea Imogen e Ingrid si voltarono verso la Caposcuola che teneva, accigliata, gli occhi chiari puntati con insistenza su uno scaffale dietro la Black e un’espressione concentrata stampata in faccia, come se stesse cercando di afferrare qualcosa che le stava sfuggendo. 

“Chissà, magari sta considerando l'idea di defenestrare i compiti...’ 

“Nah, non lo farebbe mai... è troppo puntigliosa per farlo. Avrà qualcosa che le frulla per la testa.” 

Imogen si strinse nelle spalle e fece per abbassare di nuovo gli occhi chiari sul libro, quando Isabella quasi scattò in piedi:

“TESTA! Testa vinco io, croce perdi tu... MALEDETTO, me l'ha fatta un'altra volta!” 

Isabella sbattè con amarezza la mano sul tavolo mentre le altre tre si scambiavano occhiate incerte:

“Bella? Un po’ di tempo fa hai ricevuto una lettera dal San Mungo se non erro... sei sicura di stare bene, vero?” 

“Rilassati Cassy, alla fine è venuto fuori che non ho ereditato l’emofilia come mio fratello da qualche lontano parente, non sono nemmeno una portatrice sana... ma ora devo andare, aspettatemi qui!” 

“Andare? Dove?” 

“Non ne ho idea, ma... vado, lo trovo, lo ammazzo, gli rubo i compiti di Aritmanzia perché non sto capendo nulla... e poi torno!” 

Senza dare alle amiche il tempo di chiedere spiegazioni la rossa corse via, come se fosse questione di vita o di morte:

“Secondo voi di chi parlava?”    Ingrid inarcò un sopracciglio, osservando con espressione confusa il punto dove l'amica era sparita mentre Cassiopea si stringeva nelle spalle con noncuranza, tornando a concentrarsi sui compiti: 

“Non lo so, ma aveva la sua faccia determinata, quindi è meglio lasciarla fare... Scommetto venti galeoni invece che c'entra mio cugino... ci stai Imogen?” 

“D'accordo, andata.” 


                                                                              *


“BLACK! Dove scappi? Torna subito qui!” 


Antares sbuffò, roteando gli occhi prima di fulminare con lo sguardo suo cugino che, contrariamente a lui, se la stava ridendo deliberatamente mentre lo guardava quasi scappava dalla voce minacciosa di Isabella Burton.

“Non ridere Altair.” 

“Naturale che rido, siete troppo divertenti...” 


Antares fece per replicare e mandarlo gentilmente a quel paese, ma uno strano formicolio alle gambe lo distrasse, portandolo ad imprecare a mezza voce: non riusciva a camminare velocemente.

“Sleale, Burton.” 

“Perdonami, ma visto che non mi ascolti ti costringo a farlo.” 


Isabella entrò nel suo campo visivo proprio mentre suo cugino se la dava a gambe sghignazzando, probabilmente per osservare il teatrino a debita distanza: di sicuro non voleva finire Trasfigurato in qualcosa se i due avessero dovuto prendersi a maledizioni. 

Antares sbuffò, fermandosi e arrendendosi all'idea di non potersela svignare a causa dell’incantesimo della Corvonero che gli avrebbe comunque rallentato i movimenti.

“Ok, va bene... cosa c'è questa volta?” 

“E me lo chiedi? Testa vinco io, croce perdi tu... mi hai preso per scema, pensavi che non me ne sarei accorta?” 

“Ah, te ne sei accorta finalmente... ce ne hai messo di tempo.” 

Antares sfoggiò un sorrisetto che la fece sbuffare, fulminandolo con lo sguardo prima di incrociare le braccia al petto:

“Si, beh... in ogni caso t’informo che il 20 mi farai compagnia Black, è la punizione per la tua malvagità.”

“Va bene va bene... è la punizione per la mia malvagità. Ma ora mi liberi, per favore? Mi sta venendo un crampo...” 

Il Serpeverde sfoggiò una smorfia e la rossa annuì, agitando la bacchetta e liberandolo dal fastidioso formicolio che Impedimenta gli aveva procurato. 

“Mi fa piacere che abbiamo trovato un compromesso Antares... piuttosto, nella borsa per caso hai anche Aritmanzia?” 

“Si, l'ho appena finita con Altair... perché?” 


Antares inarcò un sopracciglio e prima di rendersene conto Bella gli si era avvicinata, rubandogli la borsa prima di darsela allegramente a gambe lungo il corridoio.

“EHY! Burton, ridammi la borsa!” 

“Scusa Black... te la restituisco domani!” 

Ovviamente Antares fece per seguirla e raggiungerla, ma non riuscì a farlo: si trovò bloccato, DI NUOVO. 

“Ma come diamine ha fatto... ALTAIR, PENSI DI LIBERARMI O CONTINUERAI A RIDERE FINO AL DIPLOMA?” 














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Angolo Autrice:

Buonasera! 

Il capitolo è piuttosto lungo, scusate ma avevo troppe idee per tagliare XD E ho voluto dare un po’ più spazio ai cari prof visto che nell'altro li avevo messi da parte. 
Grazie per le recensioni come sempre, spero che anche questo penultimo capitolo vi sia piaciuto...
Aggiornerò domenica con l’Epilogo, quindi a presto! 

Signorina Granger 

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Capitolo 32
*** Epilogo ***


 Magisterium


Epilogo 
 
Lunedì 21 Giugno 


“Insalata, pomodori, carote... ma possibile che qui ci siano solo cose SANE? Dov’è finito il rispetto per le schifezze?” 

Bella Burton sbuffò, smettendo di tirare fuori ortaggi da uno scaffale prima di alzarsi di nuovo in piedi, guardandosi intorno con aria accigliata mentre Antares si era appoggiato ad un bancone e seguiva la scena senza muovere un muscolo, le braccia conserte e le caviglie incrociate.

“Sai Bella, non sono sicuro che Silente intendesse QUESTO con “turno di ronda”...” 

“Pazienza. È il nostro ultimo turno e la nostra ultima sera qui, non ho intenzione di girovagare per i corridoi per la centesima volta! Io mi faccio uno spuntino, tu fai come meglio credi... ah, eccoli qui finalmente!” 

La rossa sfoggiò un sorriso vittorioso e soddisfatto quando tirò fuori un’enorme scodella carica di biscotti, sedendosi su uno sgabello prima di servirsene. 

“Vedo che come sempre sei molto restia a condividere... su, dammene uno.” 
 
“Carino da parte tua, prima non mi aiuti a cercarli e poi scrocchi! Vergognati Black.” 
 
Antares però la ignorò, prendendo a sua volta un paio di biscotti mentre Bella faceva dondolare distrattamente le gambe, guardandosi intorno quasi con aria pensierosa: era davvero strano realizzare di essere arrivata al Diploma... e ancor più strano era pensare che l'indomani a quell'ora non sarebbe più stata lì, ma di nuovo a casa sua. 
 
“Giugno è davvero volato... probabilmente non mi dispiacerebbe restare qui ancora un po’.” 

“Io sono ben lieto di prendere il Diploma e levare le tende, dopo tutto quello che ho studiato... chissà se ti ho battuta.” 

La Corvonero scoccò al ragazzo un’occhiata torva, coma a volergli dire “la vedremo” prima di addentare un altro cookies, assumendo un’espressione confusa:

“Ma non ti sembra strano? Questi non ci sono mai, in Sala Grande!” 

“Hai ragione.... forse Silente se li fa fare per lui e basta!” 

Le parole di Antares fecero bloccare improvvisamente la rossa, che abbassò lentamente lo sgaurdo sulla ciotola che teneva in mano prima di guardare di nuovo il ragazzo, che dopo un attimo di esitazione parlò di nuovo:

“Forse è il caso di metterli via.”  

“Si, forse è meglio... ok, basta biscotti. Però ho sete, vediamo se c'è qualcosa qui in giro...” 

La Corvonero scivolò giù dal sgabello prima di trotterellare verso la cella frigorifera, con Antares che sbuffò prima di rimettere i biscotti dove li avevano trovati: non aveva nessuna intenzione di lasciare tracce della loro permanenza lì dentro. 


“Ma come si apre questa roba? Uffa, non ci riesco...” 

Roteando gli occhi e chiedendosi come, ancora una volta, si fosse lasciato trascinare dalle idee strampalate della compagna, Antares si avvicinò ad Isabella. La rossa stava cercando di aprire lo sportello della cella senza però grandi risultati, tirando la maniglia verso di lei e sbuffando sommessamente.

Il Serpeverde lanciò un’occhiata a lei e poi alla porta prima di allungare semplicemente un braccio e dare una leggera spinta allo sportello bianco, che si aprì con uno scatto.

“Ma come hai fatto??” 

“C'è scritto “spingere”.” 
 

Il ragazzo inarcò un sopracciglio, indicando semplicemente il piccolo cartellino con scritto effettivamente “push”. 

“To’, non l'avevo visto... beh, comunque, guarda quante cose! Brutti tirchi, non ce le servono! Scommesso che se le bevono i prof, tutte queste Burrobirre...” 

“O magari gli elfi.” 

“Si beh, comunque... dai, fai il bravo gentiluomo e prendine un paio.” 

Isabella sfoggiò un sorriso e Antares la guardò quasi con esasperazione:

“Hai paura che ti chiuda dentro, se vai tu?” 

“Perché, lo faresti?” 

“Suppongo che dovrai restare con il dubbio... va bene, vado io.” 
 
Antares sbuffò, chinandosi leggermente per non sbattere la testa prima di addentrarsi nella cella frigorifera, prendendo un paio di bottiglie mentre Bella scrutava il cartellino con scritto “push”m chiedendosi come avesse fatto a non notarlo... strano, le era sembrato di non vederlo in un primo momento. 

“Ecco, piccoletta di poca fede. Tieni.” 


Quando Antares le porse una delle due bottiglie Bella la stappò... e un paio di attimi dopo aveva alzato gli occhi sul Serpeverde, guardandolo con sgomento e irritazione insieme:

“Non ci credo. Black, l'hai agitata!” 

“Non so proprio di che parli...”

Il tono vago del ragazzo e la sua espressione quasi sorpresa non la convinse neanche un po’, sbuffando mentre si levava della schiuma dalla punta dei capelli rossi:

“Certo, e io sono Tosca Tassorosso! Il solito Black...’ 
“Ma dai Bella, mi hai visto prenderle... come avrei potuto agitare la tua?” 

“Ti ho perso di vista in quella frazione di secondo in cui guardavo la porta... e in quei due secondi avresti potuto benissimo agitarla!” 

“Hai veramente scarsissima fiducia in me... ti fai troppe paranoie Bella.” 

Il tono accusatorio della ragazza lo fece quasi sorridere, ma si impose di restare serio e di limitarsi a bere un sorso di Burrobirra prima di allontanarsi, con la rossa alle calcagna che sbuffava e si toglieva la schiuma dalla camicia:  era sicura al 100% che l'avesse agitata, e entro la fine del giorno successivo sarebbe riuscita a farglielo ammettere.


                                                                             *

Lunedì 21 Giugno 


“Ma possibile che siamo in ritardo anche oggi? Questa si che non ci voleva...” 

“È colpa di Aerin, ci ha messi un’eternità in bagno!” 

“Ma sentila, quella che ci mette poco a cambiarsi!” 


Jane si limitò a roteare gli occhi, decidendo saggiamente di non intromettersi e di lasciare che le due compagnie di casa discutessero per conto loro mentre camminava quasi di corsa per raggiungere l’Ingresso. 

Notò con sollievo che non erano le ultime ad essere arrivate e che c'era un considerevole via vai nell’ampia stanza del castello... e le porte della Sala Grande erano fortunatamente ancora chiuse, quindi erano arrivate abbastanza in orario. 
Probabilmente Jane si sarebbe messa a cercare Dante o Bella... ma qualcosa che disse Lizzy alle sue spalle la fece bloccare, attirando immediatamente la sua attenzione:

“Ehi! Ma quello... c'è Amos!” 

Jane si voltò di scatto, cercando il ragazzo con lo sguardo... e un largo sorriso le comparve sul volto pallido quando lo vide camminare proprio verso di lei, rivolgendole un cenno con la mano e sorridendo a sua volta. 

“Amos!” 

Senza pensarci due volte Jane quasi gli corse incontro, abbracciandolo mentre Amos ridacchiava, ricambiando la stretta:

“Ciao... ti sono mancato?” 

“Certo... perché non mi hai detto che saresti venuto? ... e che ci fai qui, in effetti?” 

“Dippet ha scritto a tutti noi dell'ultimo anno, suppongo non volessero farci perdere il Diploma solo per qualche settimana di assenza... Che bello rivederti, mi sei mancata! Anche se odio te e Dante, come vi è venuto in mente di mettervi insieme proprio quando io me ne sono andato?” 

Lo sguardo torvo del ragazzo la fece sorridere quasi a mo’ di scusa... e poi si ricordò improvvisamente del suddetto Grifondoro, certa che sarebbe stato felicissimo di rivedere Amos. 

“Dante lo sa che sei qui?” 

“No, ho fatto una sorpresa anche a lui... andiamo a cercarlo, coraggio.” 

Il Tassorosso sorrise all'amica, mettendole un braccio intorno alle spalle per cercare insieme il loro spilungone preferito: del resto notarlo non era difficile, anche se spesso e volentieri Dante riusciva a nascondersi in modo impressionante per la sua altezza. 




“Mi dite che cosa state tramando? È da ieri sera che ridacchiate di soppiatto e fate finta di niente quando vi chiedo spiegazioni?” 

“Stai per caso parlando con noi, Bella?”   Cassiopea inarcò un sopracciglio, voltandosi verso la rossa mentre Imogen si tratteneva dal ridere di fronte all’espressione accigliata e innocente della Black:

“Certo Cassy, vedi altre ragazze che sghignazzano qui nei dintorni? Parlate, su!” 

Il tono d'accusa della Caposcuola però non sorbi molto effetto nelle due compagne, che continuarono a fare le gnorri per tutto il tragitto fino all’Ingresso, destando ampi sospetti da parte di Isabella:

“Non è che mi avete organizzato uno scherzo, vero?” 

“Per chi ci hai preso? In ogni caso muoviti, non vorrai arrivare in ritardo! Devi dare il buon esempio, no?” 

Cassiopea sorrise, quasi spingendo l'amica giù per le scale mentre la rossa sbuffava, borbottando che c'era qualcosa che non le tornava.

La ragazza smise però di pensarci una volta nell’Ingresso, sentendo una voce decisamete familiare chiamarla mentre scendeva le scale:

“Ehy, carotina!” 


Per quanto avesse sempre detestato quell’orrendo soprannome Bella si voltò d’istinto, sorridendo come non faceva da parecchio quando si ritrovò a guardare una ragazza dagli occhi chiari e i capelli scuri che le sorrideva. 

“Bree!” 

La Corvonero quasi saltellò verso l'amica prima di abbracciarla di slancio, facendola ridacchiare:

“Ciao Bella... ti sono mancata?” 

 “No, per niente, cosa ti viene in mente? Ma perché non mi hai detto che saresti venuta?” 

 “L’ho scritto solo ad Imogen, volevo farti una sorpresa! E ho fatto promettere a lei e Cassy di non dirti niente.” 

La mora sorrise e Isabelle si voltò, scoccando un’occhiata da “lo sapevo che tramavate qualcosa” in direzione delle due suddette compagne, che erano ancora ferme ai piedi delle scale mentre assistevano alla “rimpatriata”, rivolgendo due sorrisi angelici alla rossa.

“Hanno mantenuto la promessa. Sono felice di vederti, mi rattristava non poter condividere questo giorno con te! Ma ora vieni Sparkle, ti presento Ingrid.” 



Nel frattempo, dall'altra parte della sala gremita di studenti che aspettavano di entrare in Sala Grande, un certo Grifondoro smise di stritolare le sue due cavie preferite quando intravide una figura familiare.
Dante mollò la presa su Amos e Jane, sfoggiando un lieve sorrisetto prima di parlare:

“Scusate, devo andare a salutare una persona... aspettatemi per entrare!” 

“Le mie costole... mi sento tutta incrinata!” 

Jane si massaggiò un braccio quasi dolorante mentre Amos le sorrideva con aria consolatoria, abbracciandola delicatamente e senza spezzarla in due come faceva sempre Dante, che si allontanò quasi a passo di marcia verso un ragazzo dai capelli scuri e gli occhi chiarissimi che stava parlando con Antares.

“Ciao, Roddy.” 

“Dante! Come stai?”


“Benissimo, ma... Black, ti dispiace se te lo rubo per un attimo? Io e Rod abbiamo una conversazione in sospeso da parecchio.” 

Il sorriso di Dante non prometteva proprio niente di buono e Rod sgranò gli occhi chiarissimi, rivolgendo un’occhiata quasi implorante al suo amico che però annuì, sorridendo debolmente e guardando il Grifondoro con lieve divertimento:

“No, fa’ pure.” 

“CHE? Ant, questo mi ammazza! Non puoi farmi questo, sono il tuo migliore amico!” 

“Lo faccio proprio per questo... ci vediamo dopo!” 


Antares sorrise all'amico, rivolgendogli persino un cenno di saluto con la mano mentre Dante se lo trascinava dietro e Rod guardava il Serpeverde con una nota implorante negli occhi chiari e giurandogli vendetta allo stesso tempo. 

Antares però non si scompose, augurando invece mentalmente buona fortuna al suo amico... non sapeva di cosa volesse parlargli Dante, ma non gli era sembrato affatto allegro. 


                                                                               *


“Che cosa disegni?” 

“Il panorama. Non lo voglio scordare.”

Oliver si sporse leggermente per sbirciare il disegno di Isabella, che ritraeva in effetti il castello in lontananza. 
Non l'aveva mai detto ad alta voce, ma Oliver la conosceva e sapeva che era molto più triste di tutti gli altri all'idea di doversene andare... non aveva molta voglia di tornare dalla sua famiglia, e la capiva. 

Il Grifondoro le rivolse un debole sorriso che la ragazza ricambiò, parlando a bassa voce mentre attorno a loro Dante, Amos, Jane, Brianna e Ingrid mangiavano tutte le schifezze possibili prese al carrello.

“Avrei preferito restare lì, credo... tu sei felice di tornare?” 

“Si, i miei genitori mi mancano... hanno persino cancellato le vacanze di Pasqua per questioni di sicurezza, non li vedo da mesi. Anche se mi dispiace essere qui senza Ethan, è come se mancasse qualcosa, non poter condividere con lui questo giorno.” 

“Lo so, lo pensavo anche io in relazione a Brianna. Ma su col morale Olly, sono certa che lo rivedrai presto. Ora scusate, ma temo di dovervi lasciare... il mio dovere da Caposcuola è finito, devo mettere giù la spilla.” 

Isabelle si alzò, scavalcando le gambe degli amici per uscire dallo scompartimento sotto lo sgaurdo accigliato di Oliver, che per un attimo si chiese a cosa si fosse riferita l'amica.

“Come mai quella faccia cupa? Eri talmente terrorizzato dagli esami che ora dovresti fare i salti di gioia!” 

I pensieri del ragazzo vennero interrotti dalla voce di Ingrid, che gli sorrise prima di sedersi sulle sue ginocchia, facendolo annuire:

“Certo che sono felice, specialmente dopo aver appurato di aver preso persino A in Storia! Roba da matti, mia madre non ci crederà mai quando glielo dirò!” 

“Anche mia sorella stentava a crederci... e credo che mio padre penserà che io lo stia prendendo in giro, quando glielo dirò.” 

“Sapete dov’è ora?” 

“No... ma io e Astrid stasera andremo a Berlino, per salutare nostra madre. Se non altro vedrò lei.” 

Ingrid sfoggiò un  sorriso un po’ amaro, felice di poterla rivedere... anche se avrebbe preferito poterlo fare con sua madre in salute e come prima, non quasi incapace di fare qualunque cosa da sola.

“Ti manca molto, lo so... e mi mancherai anche tu, ma ci vedremo quest'estate, no?” 

“Ovviamente... credo che il mio posto ora sia in Inghilterra, almeno finché le acque non si calmeranno... cercheremo di far spostare mia madre al San Mungo, così potrò stare vicino sia a te che a lei.” 


Ingrid sorrise e Oliver ricambiò, annuendo con un debole cenno del capo mentre le accarezzava i lunghi capelli biondi:

“Mi fa piacere sentirlo... sono sicuro che andrà tutto bene e che presto tornerete ad essere una famiglia.” 

“Beh, sai come si dice Olly. La speranza è l'ultima a morire.” 


                                                                          *


Percorreva quel corridoio familiare, anche se era passato abbastanza tempo dall'ultima volta in cui ci era stata.
Era consapevole delle occhiate perplesse e quasi accigliate che molti le rivolgevano, passandole accanto... ma non ci faceva caso e continuava ad avanzare imperterrita e a testa alta, stringendo il foglio tra le mani. 

Si fermò davanti alla porta ed esitò prima di bussare. Ma lo fece, non aspettando nemmeno di ricevere una risposta prima di aprire la porta. 

Era seduto alla sua scrivania, come sempre... chino su dei fogli, ma alzò gli occhi chiari su di lei quando sentì la porta aprirsi, restando in perfetto silenzio e abbastanza impassibile, anche se Charlotte colse la nota di sorpresa negli occhi chiarissimi che somigliavano tanto a quelli di suo fratello. 

“Sei mesi, il congedo finisce ufficialmente oggi. Perciò sì, da domani torno in servizio.” 

Fece qualche passo avanti e lasciò cadere il foglio sulla scrivania del padre, oltre la targa in ottone con il suo nome inciso sopra. 

Non aspettò nemmeno che Edgar Selwyn, che aveva contribuito ad allontanarla dal Dipartimento votando nel Consiglio, le rispondesse, girando sui tacchi e uscendo dalla stanza senza aggiungere altro: non aveva intenzione di perdere altro tempo con lui, aveva altro a cui pensare.

Sei mesi... sei mesi dalla morte di Sean, le sembrava impossibile. Eppure quelle settimane erano effettivamente passate, ed ora poteva riprendere in mano la sua vita.

Allontanandosi lungo il corridoio sorrise a Stephanie, che l'aspettava davanti alla porta del suo ufficio:

“Bentornata! Da domani saremo di nuovo insieme, non vedo l'ora.” 

“Anche io... sarei tornata già oggi, ma credo di avere un ultima cosa da fare. Salutami Reg, naturalmente... ci vediamo domani mattina.” 

“Sarà fatto... ma prima che tu vada, devo darti questa. Credo che tu sia diventata il mio nuovo capo, Selwyn.” 

Stephanie sorrise, porgendo all'amica un foglio che Charlotte prese quasi senza credere alle sue parole: possibile che avessero nominato lei? Eppure la firma di Burke era lì.

“Chi mi ha nominato?” 

“Tuo fratello, in effetti. Qualche settimana prima dell’incidente ha detto a Burke che voleva che fossi tu a sostituirlo, se gli fosse successo qualcosa. A volte penso che lo sapesse, in un certo senso.” 

“Anche io.” 

Charlotte sfoggiò un lieve sorriso, stentando a credere che Sean avesse detto al Capo degli Auror di darle il suo posto. Si ricordò della conversazione che avevano avuto in quell’infernale affare Babbano, poco prima della sua morte: Stephanie aveva ragione, a volte le era davvero sembrato che Sean già sapesse come sarebbe finita quella sera. 

“Beh, allora sarò la prima donna qui dentro a poter mettere gli uomini in riga... non vedo l'ora. Ora però devo proprio andare, c'è una persona che devo vedere. Buona giornata Signora Carsen.” 

Sorrise all'amica prima di girare sui tacchi e allontanarsi nella direzione opposta, uscendo dagli uffici mentre Stephanie la seguiva con lo sguardo: aveva come la sensazione di sapere chi dovesse vedere, anche se non glie l'aveva chiesto. 


                                                                                *


Osservò la spilla per qualche istante prima di appoggiarla sul tavolo, realizzando definitivamente che il suo percorso ad Hogwarts era finito davvero, una volta per tutte.

“Che faccia triste... ti mancheranno i turni insieme a me, suppongo.” 

“No Bella, neanche un po'. Ho passato quest'anno a chiedermi che cosa avresti combinato ogni sera... tra spuntini, “ladri” e rumori sospetti nei bagni quando ci sei di mezzo tu succede sempre qualcosa di insolito. A volte penso che tu abbia una doppia personalità.” 

Isabelle fece spallucce, sorridendogli leggermente mentre sfilava a sua volta la spilla dalla camicia della divisa... presto avrebbe dovuto toglierla, in effetti. 

“Nessuna doppia personalità, sono solo quella che vedi.” 

“Per favore, a primo impatto sembri così normale, tranquilla, seria... ma poi a volte te ne esce con dei mezzi sprizzi di follia e idee strampalate.” 

“Lo so che mi adori Black, non serve che me lo dici, tranquillo. Piuttosto, ho sete... Mike, mi passi la bottiglia di Burrobirra?” 

Isabella sorrise al Prefetto di Corvonero, che obbedì e le passò la bottiglia per “brindare”... e Bella la passò senza dire nulla ad Antares, restando comodamente seduta e senza battere ciglio. 

Quasi senza riflettere Antares fece per stapparla, ma poi si bloccò sotto lo sgaurdo accigliato di tutti i Prefetti: c'era qualcosa che non andava. 

Il ragazzo alzò lentamente gli occhi su Isabella, che era seduta di fronte a lui... e sorrideva, guardandolo a sua volta con un’espressione angelica che ormai conosceva piuttosto bene. 

“Burton. Che cosa hai fatto?” 

“Io? Assolutamente nulla... perché tanto sospetto? È solo Burrobirra. Ho fatto esattamente quello che hai fatto tu.” 

“Per l'ultima volta, non l'ho agitata!” 

“Bene. Allora non l'ho fatto nemmeno io.” 

Il sorriso innocente e vagamente mellifluo di Bella rimase perfettamente intatto, guardando il ragazzo con gli occhi azzurri carichi di divertimento mentre Antares esitava, osservandola a sua volta. 
Abbassò poi lo sguardo sulla bottiglia che teneva ancora in mano, combattuto... fece per stapparla ma poi si bloccò, sbuffando e appoggiandola di nuovo sul tavolo:

“Ok, e va bene, l'ho agitata. Contenta?” 

Mentre parlava Bella si era sporta leggermente sul tavolo, prendendo la bottiglia e stappandola come se niente fosse prima di berne un sorso, sfoggiando poi un sorriso soddisfatto:

“Si, molto. Beh, questa me la porto via... quanto a voi, buon settimo anno. Tu invece, Black... beh, buona vita. Ciao a tutti!” 

Isabella sorrise allegramente, rivolgendo un cenno di saluto in direzione di un Antares abbastanza torvo e perplesso prima di uscire dallo scompartimento con nonchalance, come se niente fosse.

Antares invece sbuffò, costretto ad ammettere che l'aveva fregato... purtroppo, l'ultima battaglia l'aveva vinta lei. 
Ma forse era meglio lasciare le cose così e non far continuare oltre quel circolo vizioso di scherzi e frecciatine.


                                                                                  *


“Ciao, Luisa.” 

Luisa Bennet alzò gli occhi scuri dalla cartella che stava leggendo per posarli su quella che col tempo era diventata una delle sue pazienti preferite e più interessanti. 
Sorrise nel trovarsi davanti Charlotte Selwyn, lieta di rivederla:

“Ciao, Charlotte... siediti. Mi stavo giusto chiedendo se saresti venuta.” 

“Non potevo privarti del piacere di chiacchierare con me un'ultima volta, ti pare?” 

Charlotte attraverso la stanza e si lasciò cadere sul divano, lo stesso dove si era seduta molte volte... ma lo fece in modo diverso, limitandosi ad accavallare le gambe e senza incrociare le braccia. 
Prese posto in modo diverso, parlava in modo diverso.

Era diversa, completamente.

“Sei cambiata. Sei mesi fa non eri certo così bendisposta... probabilmente Hogwarts ti ha fatto bene. Perché non mi racconti brevemente com’è andata?” 

“Immagino di dover fare una bella sintesi allora, altrimenti potrebbe volerci un bel po’.” 

Charlotte sorrise e Luisa le rivolse un cenno del capo, invitandola ad iniziare: era passato un po’ dalla loro ultima chiacchierata... ed era curiosa di sentire cosa avrebbe detto, e sopratutto in che modo l'avrebbe fatto. 


                                                                                   *


Mentre Jane correva ad abbracciare sua madre e Dante dalla sua famiglia che era venuta a prendere lui, Francies e Coraline al completo, Oliver Miller si era guardato intorno per cercare i suoi genitori con lo sguardo... 

Inutile dire che aveva quasi perso un battito quando aveva visto qualcuno di decisamente familiare sorridergli e facendogli un cenno con la mano, quasi a voler attirare la sua attenzione. 

Impossibile 

Era davvero lì? 

“Ethan?” 

“Non mi vedi da mesi e mi saluti così? Sai quanti chilometri ho fatto per venire a salutarti? Sei un ingrato Miller.” 

L’ex Corvonero aveva scosse il capo quasi con disapprovazione, ma non era riuscito a non sorridere di fronte alla faccia più che allegra di Oliver, che aveva praticamente abbandonato i bagagli per andare ad abbracciarlo:

“Che ci fai qui? E chi ti ha detto che tornavamo oggi?” 

“Un uccellino color carota.” 

Ethan sorrise, accennando col capo a qualcuno oltre la spalla di Oliver, che si voltò e sorrise nel vedere Bella caricare il baule su un carrello insieme e Brianna.
Sentendo quasi il suo sguardo la Corvonero si voltò, sorridendo al Grifondoro prima di strizzargli l'occhio e allontanarsi in compagnia dell'amica. 

“È la solita... Sono felice di vederti, ho un sacco di cose da raccontarti! Aspetta, ora cerco Ingrid così ti saluta anche lei.” 

“Beh, lei sapeva che sarei venuto, in realtà.” 

“Ma possibile che lo sapesse tutta la scuola eccetto me!?” 




“Che muso lungo... non dirmi che farai l’offeso ancora per molto!” 

“Non sono offeso, sono scandalizzato! Bell’amico che sei, io arrivo a farti una sorpresa e tu mi lasci nelle mani di Dante Julius, che per poco non mi uccideva per non avergli detto dell'interesse di Ryan per il suo tesoro intoccabile! Vergognati!” 

 “E piantala, lo so che ti sono mancato! E metti via quella maledetta pipa, non ti crede nessuno Roddy.” 

“Non chiamarmi Roddy, Anty... io faccio quello che mi pare. E comunque non mi sei mancato per niente!” 

Il tono sdegnato e offeso di Rod fece quasi ridere Antares, che sorrise all'amico prima di parlare di nuovo in tono canzonatorio:

“Invece si!”

“No.” 

“Si.” 

“No!” 

“Ti dico di sì!” 

“Ok e va bene mi sei mancato, razza di rompiscatole... ma falla finita o me ne torno da dove sono venuto, Black!” 

“Si Rod, anche tu un po’ mi sei mancato.” 




“Molto bene, vedo che oltre a formare coppiette ricongiungi persino amici dispersi... ottimo lavoro Burton. E ora che si fa?” 

“Si torna a casa, immagino... non è che potresti adottarmi, vero Bree?” 

Lo sguardo speranzoso della rossa fece ridere Brianna, sorridendo all'amica e guardandola con sincero affetto:

“Scusa, ma siamo già in quattro fratelli... credo che i miei ne abbiano abbastanza, anche se in famiglia tutti ti adorano. Mia madre dice che potrai venire quando vorrai, non preoccuparti. Piuttosto... è lunedì. Sai, in Irlanda si dice che iniziare un viaggio di lunedì porti fortuna, ma finirne uno sia di cattivo auspicio... dimmi, secondo te ne stiamo finendo o iniziando uno?” 

Isabella Burton si strinse nelle spalle, sorridendo mentre camminava accanto alla sua amica, spingendo il carrello che conteneva il baule e i capelli rossi che scintillavano sotto il sole, decisa a smetterla di farsi influenzare dalla sua famiglia: Hogwarts ormai era finito, ed era il momento di voltare completamente pagina per essere puramente se stessa, non quella che gli altri avrebbero voluto che fosse. 


“Onestamente? Non lo so... immagino che sia questione di punti di vista.” 


                                                                               *


“Quindi, facendo un breve riepilogo di tutto quello che mi hai raccontato... hai fatto l'insegnante per circa cinque mesi, sei tornata ad Hogwarts e probabilmente anche grazie a questo sei riuscita a superare il lutto e il senso di colpa che provavi... Sei andata oltre quello che ti è successo a Dicembre, come anche tuo fratello avrebbe voluto, hai smesso di fare l’Auror per un po’ ma da domani riprenderai, e hai anche ottenuto il posto di tuo fratello a capo dell’unità... ah, quasi dimenticavo: ti sei innamorata.” 

Charlotte quasi si strozzò con il thè che stava bevendo, sforzandosi di non soffocare mentre un sorrisino faceva capolino sul volto di Luisa, che era come sempre seduta davanti a lei, come se quelle settimane non fossero mai passate, anche se la donna che aveva di fronte era molto diversa da quella che aveva incontrato per la prima volta. 

“Come scusa? Io non... tu che ne sai?” 

“Ah, niente, avrò frainteso... perdonami. Ma mi fa piacere che tu sia molto più disposta a raccontarmi le cose, quando ci siamo conosciute dovevo tirartele fuori a forza. Una volta ti ho detto che solo tu potevi trovare le risposte che cercavi, e ci sei riuscita se stai di nuovo bene... perciò i miei complimenti Charlotte, hai vinto la battaglia contro te stessa.” 

“Non cercare di svicolare con i discorsi profondi da strizzacervelli, Luisa! Ripetimi un po’ l'ultima parte!” 

“Beh, ho detto che hai superato l'ostacolo che tu stessa rappresentavi.” 

Luisa sorrise con aria innocente, chiudendo la cartella clinica di Charlotte dopo averci scarabocchiato qualcosa sopra... ma per la prima volta l’Auror non ci badò e non le chiese mai cosa avesse scritto accanto al suo nome nell'ultima pagina, continuando a guardare la donna con lieve sospetto:

“No, l'altra ultima parte!” 

“Ah, intendi che ti sei innamorata? Perdonami, non volevo sconvolgerti, ma mi era sembrato di capirlo...” 

“Ma io non ti ho detto niente! Luisa, non azzardarti ad andartene...” 

“Temo che la tua ora sia finita Charlotte, ma se vuoi passare a trovarmi ancora sarai la benvenuta.’ 

Luisa si alzò e Charlotte la imitò, continuando a guardarla quasi con aria accusatoria mentre la psicologa si avvicinava alla porta per aprirla... e al contempo un pensiero si fece largo nella mente dell’Auror, facendole sgranare gli occhi quasi con orrore:

“Luisa... non dirmi che sei una Legilimens!” 

“Non te l'avevo detto? Che sbadata, mi sarà sfuggito...” 

“Mi stai dicendo che hai sempre saputo quello che pensavo e non mi hai mai detto niente? Avresti potuto aiutarmi in meno tempo!” 

“Vero, ma non sarebbe stato abbastanza utile per te.” 

“Sai una cosa, voi strizzacervelli siete veramente un branco di sadici! Siete peggio di noi Auror, altroché!” 


Luisa continuò a sorridere, aprendo la porta e rivolgendosi nuovamente alla sua ormai ex paziente, avendo concluso l'ultima seduta: 

“Può essere. Ma ti ricordo che se io lo so, vuol dire che TU lo pensi. Quindi deve essere vero per forza... Buona giornata, Charlotte Selwyn.” 





















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Angolo Autrice:

Temo proprio di non riuscire a scrivere capitoli brevi in questa storia... anche l’Epilogo è venuto lungo, roba da matti. 
Comunque sì, è finita anche questa! 

*Le autrici lanciano coriandoli per essersela levata di torno, perché dopo quasi cinque mesi non la sopportavano più *

Signorina: Inutile che festeggiate, vi ricordo che avete votato di sì per la Raccolta! 

*Le autrici si ricordano che dovranno sopportarla per altre due settimane come minimo e smettono di festeggiare*


Ovviamente ringrazio di cuore chi ha partecipato alla storia dall’inizio e non si è persa per strada, ovvero Sesilia Black, HadleyTheImpossibleGirl, Nene_92, Moontastic, amilcara95, Phebe Junivers e Alidifarfalla, Coco per aver preso parte alla storia in un secondo momento... Ma un grazie speciale a Shiori Lily Chiara, che ha seguito e recensito la storia dall'inizio, anche prima di partecipare; grazie a chi ha messo la storia tra Preferite, Seguite e Ricordate. 

Per la prima volta ho voluto reinserire gli OC eliminati nella conclusione... mi sembra quasi di sentire i festeggiamenti di alcune di voi nell’aver rivisto Rod XD Sono stata troppo buona probabilmente, non credo che questo buonismo si ripeterà.

Per chi partecipa all'altra mia storia in corso ci vediamo lì, per le altre ovviamente ci sentiamo molto presto con le OS, dovrei pubblicare la prima domani. 

Si accettano scommesse su quanto ci metterò ad uscirmene con una nuova storia, ma intanto vi saluto e vi ringrazio ancora, anche per aver votato come personaggio preferito la mia acida Charlotte <3


Un bacio, 
Signorina Granger 

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