Un grande desiderio di amare.

di lily winterwood
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il mio corpo ti calza come un guanto. ***
Capitolo 2: *** Vai bene per me (mi stai distruggendo). ***
Capitolo 3: *** L'ovvia necessità di ricordare. ***
Capitolo 4: *** In questa città e in questa notte. ***
Capitolo 5: *** Un ricordo senza conforto. ***
Capitolo 6: *** Tu emergi dall'eternità. ***
Capitolo 7: *** Penso a te (ma non lo dico più). ***



Capitolo 1
*** Il mio corpo ti calza come un guanto. ***


Note della Traduttrice a.k.a gli scleri di Class Of 13: Se non avete visto in qualche modo l'ultimo capolavoro di Makoto Shinkai Kimi No Na Wa (o Your Name, per chi preferisce l'inglisc), vi prego, rimediate in attesa che a gennaio arrivi al cinema da noi.
Questa storia, che è a metà tra un crossover e una Soulmates!AU, si ispira alla fatidica "leggenda del filo rosso del destino": poiché di recente ho scoperto - con una certa sorpresa - che non tutti ne sono a conoscenza, mi prodigo nel farvi un celere riassunto.
Si narra che ognuno di noi abbia legato al dito mignolo della propria mano sinistra un filo rosso la cui altra estremità è legata allo stesso dito della stessa mano della nostra anima gemella: le persone legate da tale filo sono destinate, in qualsiasi luogo o universo, ad incontrarsi ed innamorarsi ogni volta, per poi rimanere per sempre assieme.
Come presto vedrete, proprio come nel film, attraverso il sonno Yuuri e Viktor si scambiano di corpo, vivendo l'uno la vita dell'altro. I risultati? Beh, starete a vedere nel corso di questa storia, ma vi assicuro che si tratta di una piccola perla, al punto che ricevere dall'autrice il permesso di tradurla mi ha resa felice come una pasqua.
Come sempre, poiché non dispongo di una beta reader, eventuali riconoscimenti di errori e suggerimenti (non sono assolutamente una pro, nelle traduzioni - ma nemmeno nello scrivere io stessa nda-) non potranno che farmi piacere ed essere di immenso aiuto. Ah, se masticate un po' l'inglese e volete supportare direttamente l'autrice, trovate la storia originale qui: http://archiveofourown.org/works/8884927/chapters/20367091

P.S: Piccolo suggerimento da una traduttrice anonima che è una fag delle opere di Shinkai: vi consiglio di ascoltare Yumetourou e ZenZenZense dei RADWIMPS mentre leggete questo capitolo, sono due canzoni splendide che fanno parte della colonna sonora del film~

 

Capitolo 1: il mio corpo ti calza come un guanto.
 
 “I meet you. I remember you. Who are you?” - Elle, Hiroshima mon amour


Quando Viktor Nikiforov si sveglia, la prima cosa che sente è il dolore per essere caduto da un letto divenuto improvvisamente troppo stretto.

Tirandosi su dal pavimento, brontola e si toglie la polvere di dosso - solo per scoprire che la sua vista sembra essere più sfocata del normale e che sta indossando delle robe.

È strano. Di solito dorme solo con gli slip.

Victor si passa una mano tra i capelli e rimane scioccato da quanto si siano accorciati. Non riesce nemmeno a vedere di che colore siano.

Si guarda attorno, cercando di trovare uno specchio. C'è un altro letto nella stanza spinto in un angolo con un copriletto di un verde brillante. Ci sono degli scaffali pieni di libri di testo, due scrivanie con delle giacche nere appese alle sedie, una borsa ai piedi del suo letto con un paio di vecchi pattini da ghiaccio pieni di graffi che fanno capolino dal suo interno e una gabbia con tre criceti sul comodino che affianca l'altro letto.
C'è uno specchio accanto alle porte scorrevoli di un armadio e Viktor vi si avvicina per guardare al suo interno, fermandosi improvvisamente nello scorgere il proprio riflesso.

Si trova nel corpo di un giovane asiatico.


«Yūri! Faremo tardi all'allenamento!».

Yūri Katsuki balza a sedere sul letto per vedere il suo compagno di stanza Phichit Chulanont guardarlo con il capo inclinato su un lato. Lotta con i suoi occhiali e, quando li indossa, l'espressione preoccupata di Phichit viene messa a fuoco.
«Cosa c'è?», domanda Yūri.

«Ti sei ricordato gli occhiali, questa volta», sottolinea Phichit.

Yūri si acciglia. «Perché dovrei dimenticare i miei occhiali? Ne ho bisogno per vedere».

«Ieri ti sei presentato agli allenamenti senza di loro», risponde semplicemente Phichit. Yūri lo osserva scioccato. «E hai fatto ritardo perché in qualche modo ti eri dimenticato come raggiungere la pista. Ma Ciao Ciao ha lasciato correre dopo averti visto ottenere ottimi risultati in allenamento! Sei perfino riuscito ad eseguire il tuo quadruplo Salchow!».

«Cosa?», ripete Yūri, sentendosi sempre più confuso. Come avrebbe potuto... L'ultima cosa che ricorda è di essere andato a letto e poi di aver avuto il più strano dei sogni sull'andare in Russia e pattinare proprio come il suo idolo Viktor Nikiforov.
Come ha potuto vivere un'intera giornata per poi non ricordare nulla di ciò che è accaduto?

«Che giorno è?», domanda Yūri mentre si allunga verso le robe per l'allenamento con mani tremanti.

«È il 20 aprile», afferma Phichit.
Il braccio di Yūri si ferma. Era stato soltanto il 18 quando si era messo a letto.

«Yūri?», domanda Phichit, la preoccupazione che si rifà viva nella sua voce. «Se non ti senti bene posso dire a Ciao Ciao di farti venire più tardi, o di darti un giorno di riposo --».
«Sto bene!», insiste immediatamente Yūri strofinandosi poi gli occhi. Si ferma nuovamente nel momento in cui nota qualcosa scritto sulla sua mano.

Ciao Yūri!

Yūri osserva le parole per un momento per poi sospirare, cominciando a vestirsi per l'allenamento.

È soltanto dopo, mentre sta ascoltando per metà le chiacchiere eccitate di Phichit sulla possibilità di pattinare sulla musica da Il Re e il Pattinatore per la prossima stagione mentre si dirigono alla pista, che controlla il proprio cellulare e trova delle nuove foto nel suo rullino fotografico.

«Siamo andati al Caffè Astro?», domanda improvvisamente.

«Sì», conferma Phichit. «Hai scattato foto ad ogni cosa».
Yūri osserva il grande quantitativo di selfie nell'album e sospira. «Così pare», sottolinea aprendo poi le note.

Lì c'è una nuova voce recitante la data del giorno prima. Accigliandosi, Yūri la apre e trova un dettagliato resoconto di ciò che è accaduto il giorno precedente, così come una critica piuttosto lunga alla coreografia del suo Programma Breve.
«Beh, chiunque si sia occupato del mio corpo ieri almeno se ne intendeva di pattinaggio artistico», commenta laconicamente Yūri mentre ripone il telefono in tasca. Phichit ride e insieme si dirigono all'allenamento.
Non succede nulla di particolarmente degno di nota. Yūri era inizialmente preoccupato del fatto che le persone avrebbero potuto pensare che fosse regredito rispetto a qualsivoglia progresso l'altro pattinatore avesse fatto il giorno prima, ma le persone sembrano troppo felici nel vederlo "tornato alla normalità" per commentare la sua tecnica. Successivamente prende qualcosa da mettere sotto i denti ad un piccolo Caffè assieme a Phichit e decide di tornare nella loro stanza per occuparsi dei compiti.

Soltanto una volta giunto alla sua scrivania nota un'altra cosa che l'altro pattinatore ha lasciato per lui. Uno dei suoi quaderni è ricoperto da appunti che non ricorda di aver scritto. Ci sono pagine e pagine di idee per coreografie, suggerimenti per riuscire ad eseguire un quadruplo Salchow, appunti sulle parti del suo corpo che l'altro pattinatore sembra pensare che abbiano bisogno di maggiore flessibilità. Yuuri ridacchia un po' leggendole ma si sente più grato che altro di avere questi appunti. È come avere un coach segreto che lo conosca anche meglio di Celestino.

Volge nuovamente lo sguardo alla sua mano. Ciao Yuri, recita il messaggio. Yūri prende un pennarello dal suo portapenne e scrive sulla propria mano, sotto quel messaggio:

Chi sei?

E anziché fare i compiti cerca qualche altro video di Viktor Nikiforov che pattina su You Tube e sospira nel guardare il suo idolo scivolare sul ghiaccio senza sforzo come un qualche divino dio del pattinaggio.

Cosa non darebbe per trascorrere un giorno nei pattini di Viktor...


Yūri si sveglia alla sensazione di qualcosa di umido contro la sua guancia.
Sorpreso, scatta a sedere solo per scontrarsi con un barboncino color cioccolato intento a leccare la sua guancia. «Vicchan, smettila!», strilla. Il cane si ferma per guardarlo quasi interrogativamente.
È in quel momento che Yuuri ricorda di non aver portato Vicchan con sé a Detroit. Oltretutto questo è cane è molto più grande e più vecchio di Vicchan. Infatti somiglia di più a...

Oh. Dev'essere di nuovo quel sogno.

«Makkachin, scendi», dice Yūri, e il barboncino salta giù dal letto troppo grande e troppo bianco. Yūri si arrampica fuori da questo, trova la vestaglia e si stiracchia. È di nuovo senza maglietta e, quando guarda nello specchio, Viktor Nikiforov ricambia il suo sguardo.

Così come il petto finemente cesellato di Viktor Nikiforov e i suoi addominali duri come la roccia e il suo bel sedere e - Yūri si obbliga ad interrompere quel corso dei suoi pensieri prima che diventi ancor più inquietante.

Solo perché si tratta di un sogno non significa che sia autorizzato a fare cose oscene con il corpo del suo idolo.

Yūri si veste di fretta e si dirige nella cucina dell'appartamento. Il frigo di Viktor è terribilmente vuoto, riempito solo con i più scialbi alimenti di base, un paio di scatole del take-out e un quantitativo poco salutare di vodka e champagne. Le credenze sono ugualmente vuote, con scatole contenenti principalmente barrette proteiche e di granola e quelle che Yūri si azzarda ad immaginare siano snack a basso contenuto calorico impacchettati in brillanti confezioni dalle lettere in cirillico. Il cibo per cani è su uno scaffale più in alto nella dispensa (la quale è anche'essa riempita da alcool; Yūri dovrà in qualche modo sistemare questa cosa), perciò riempie la ciotola per il cibo di Makkachin, cambia l'acqua e prende un paio di barrette alla granola prima di controllare il suo - beh, di Viktor - cellulare.
Ha diversi messaggi in russo. Yūri borbotta. Questo sogno è troppo realistico. Sarebbe stato carino essere in grado di capire il russo.
Google Translate gli fornisce qualcosa di molto simile a "dove sei" e "hai detto che saresti stato alla pista cinque minuti fa", cosa che porta Yūri ad andare nel panico. Digita (in inglese; non è masochista) un celere "Sto arrivando", prende il suo cappotto e la borsa sul divano che contiene un paio di pattini dalla lama dorata e si fionda fuori dalla porta.
È solo quando si sta avviando fuori da questo fin troppo eccentrico condominio di San Pietroburgo rivolgendo un cenno al portinaio che si rende conto di non avere idea di dove sia la pista.

Yuuri si guarda attorno, preso dal panico. La strada è relativamente tranquilla ma non c'è modo per cui possa abbordare un completo sconosciuto e chiedere indicazioni per la pista di pattinaggio. Ce ne potrebbe essere più di uno! E cosa succederebbe se quella persona non parlasse inglese?
Un altro messaggio. Yūri lo legge tramite Google Translate. "Sto venendo a prenderti", recita.
«Viktor!», qualcuno grida nemmeno un minuto dopo. Yūri sobbalza. Si volta, sorpreso, per vedere un adolescente fermo sul marciapiede a due passi da lui che indossa una felpa del Team russo e un sguardo imbronciato.

Yūri fa un passo indietro. Cosa ci fa Yuri Plisetsky in questo sogno? Conosce a malapena il ragazzo; tutto ciò che sa è che è dato come favorito per la vittoria del Gran Prix Junior di quest'anno.

Yuri Plisetsky fa un passo in avanti e lo calcia su uno stinco. Yūri balza indietro mentre Yuri si solleva verso il suo viso e comincia a gridare in russo contro di lui.
«Scusami», è tutto ciò che riesce a dire in risposta-

Yuri lo osserva. «Che diamine ti è preso, vecchiaccio?», domanda.
«Non lo so!», squittisce Yūri. «Questo è un sogno, giusto?».

Gli occhi di Yuri si assottigliano. E poi fa spallucce. «Come ti pare», dice. «Ma verrai con me alla pista. Hai detto di avere delle coreografie per i programmi del mio debutto nella categoria senior».
 
«Cosa?», domanda Yūri. Programmi per il debutto nella categoria senior? Il ragazzo era davvero previdente. «Io... Mi dispiace. Non so di cosa tu stia parlando».
«Oh, non dirmi che te ne sei dimenticato di nuovo!». Yuri getta le mani all'aria. «Guarda, amico, avevamo un accordo!».

Yūri ride imbarazzato. «Beh, uhm. Sono sicuro che Vik- Voglio dire, di averlo appuntato da qualche parte!».
E tira fuori il cellulare di Viktor e lo sblocca. Viktor gli aveva lasciato una nota sul suo programma: sicuramente ne avrà alcune anche per il programma di Yuri qui da qualche parte...

Oh. Giusto. Sarebbero state in russo.

«Uhm. Prendi questo? Sono sicuro che sia qui...», dice Yūri passando il telefono a Yuri. Il ragazzino lo prende rivolgendo una strana occhiata a Yūri e comincia a scorrere le note.

«Che ti prende?», domanda. «Hai improvvisamente dimenticato come fare qualsiasi cosa in russo? Dev'essere l'età che comincia a farsi sentire».

«Sono... Piuttosto stressato», mente Yūri anche se non è sorpreso quando Yuri gli risponde con un'occhiata incredula. Non ci sarebbe cascato nemmeno lui. Viktor Nikiforov non sarebbe mai così stressato da dimenticare come comprendere il russo.

«Eri strana anche un paio di giorni fa», sottolinea Yuri svogliatamente, cominciando a camminare lungo la strada. Yūri lo segue da vicino. «Combinare casini con i tuoi salti a destra e a manca. Yakov ti ha suggerito di provare di nuovo il tuo quadruplo flip e tu hai detto di non essere capace di farne uno. Come se Viktor Nikiforov non fosse capace di fare la mossa che è il suo marchio di fabbrica».
Yūri ricordava quella cosa dall'ultimo sogno. Uh. Questi sogni avevano davvero una buona idea di cosa fosse la continuità narrativa.
«Ho detto che era colpa delle vongole andate a male, sì?», domanda.

«Hai di nuovo mangiato delle vongole andate a male?», domanda Yuri restituendogli il telefono.

Yūri lo prende. «Sì, diciamo di sì», mormora. Perché la verità sarebbe troppo strana.
Se l'allenamento una volta tornato a Detroit era stato privo di eventi, l'allenamento a San Pietroburgo è terribile. Yūri si sente quasi in imbarazzo a fare una tale figuraccia nel corpo di Viktor, perché in quel modo sembra che Viktor stesso abbia improvvisamente sviluppato la grazia di una giraffa morente.
Deve essere grato a Yuri Plisetsky, però (e, detto sinceramente, quante volte nella sua vita penserà mai una cosa del genere?) perché il biondo è stato rapido nel dire a tutti che non si sentiva bene  - altre vongole andate a male - e di non dargli fastidio se combina casini sul ghiaccio. Ciò significa che  il oh-così-spaventoso coach Yakov Feltsman non sta prestando (troppa) attenzione alle sue (eccessive) cadute e al suo inciampare.

Dall'altro lato, Yuri Plisetsky sembra aver compreso qualsivoglia appunto sulla coreografia che Viktor gli ha lasciato sul suo cellulare e sta provando alcuni dei passi. Sta provando i salti quadrupli. E sta atterrando sui quadrupli Salchow meglio di quanto Yūri sia mia riuscito a fare.
Dopo l'allenamento Yūri fa ritorno all'appartamento. Si ferma da un fruttivendolo sulla strada e compra dell'altro cibo per il frigo di Viktor: perlopiù frutta e verdura, ma anche gli ingredienti più vicini che riesce a trovare per un katsudon decente, anche se leggermente non autentico. Dopo aver scaricato il cibo in cucina, porta fuori Makkachin al parco più vicino. L'aria è tiepida con l'incerta dolcezza della primavera e Yūri la assapora mentre osserva Makkachin annusare i cespugli e gli alberi.
Quella notte cucina due porzioni di katsudon, mangiandone una e riponendo l'altra nel frigo per Viktor assieme ad un appunto con la ricetta. Scarabocchia immagini di fiori e piccoli barboncini sui pattini e li lascia in giro per tutto l'appartamento. Si sdraia sul divano con Makkachin e scatta dei selfie.
E poi apre l'applicazione delle note e scrive gli eventi del giorno, seguiti da commenti sulla bellezza della città, su quanto sia soffice il pelo di Makkachin e su tutti i posti che vuole visitare la prossima volta che sarà qui.
Potrebbe non essere in grado di lasciare un feedback sul modo di pattinare di Viktor, ma almeno può godersi il suo mondo.


Viktor non è sicuro del perché ci sia lo scarabocchio di un cane su dei pattini da ghiaccio sullo specchio del suo bagno.
Non è sicuro anche del perché ci sia più frutta e verdura nel frigo (non era mai riuscito a comprendere cosa potesse fare con queste in modo che ne uscisse fuori qualcosa di commestibile), o del perché nel frigo ci sia una ciotola di una specie di carne impanata sul riso con dell'uovo assieme ad un ricetta in inglese attaccata ad essa.
(La riscalda comunque per colazione. Con grande probabilità è la cosa più buona che abbia mai mangiato.)
Yuri lo guarda in modo strano quando si presenta alla pista. «Niente vongole andate a male, vecchiaccio?».
«Non ho idea di cosa tu stia parlando», risponde Viktor.
«Siamo tornati alla normalità, quindi», dice Yuri. «Non riuscivi ad eseguire nemmeno un quadruplo salchow, ieri, né tantomeno ad insegnarmi la tua stessa coreografia».
«Ti ho mostrato la coreografia?», gli fa eco Viktor. «Sto ancora rifinendo delle parti!».
«Beh, non direi davvero che tu mi abbia mostrato qualsiasi cosa ieri, dal momento che eri così fuori da non riuscire nemmeno a leggere il russo». Yuri alza gli occhi al cielo. «Andiamo e basta, okay? Non sto mica ringiovanendo, qui».
Viktor sospira e si spinge via dai bordi.


«Yūri, andiamo. Lo so che puoi eseguire il quaduplo salchow», dice Celestino. Yūri si poggia contro i bordi, il respiro affannato. Prende un lungo sorso dalla sua bottiglia dell'acqua e sospira.
«Mi dispiace», dice.

«Semplicemente vai là fuori e prova di nuovo».

Yūri si asciuga il sudore dalla fronte e si dirige al centro del ghiaccio. Il successivo paio di tentativi di atterrare su un quadruplo salchow vanno miseramente male, anche quando tiene a mene il consiglio del suo coach del mistero.
È più tardi, mentre sta incerottando le vesciche sui suoi piedi, che nota un nuovo messaggio sulla sua gamba.

Controlla la tua scrivania. ;)

Nonostante il dolore ai suoi piedi protesti con ogni passo, Yūri se la svigna letteralmente verso il suo dormitorio. Fermandosi con una scivolata davanti alla sua scrivania, comincia a controllare tutto ciò che c'è sopra - i suoi quaderni, i suoi cassetti, il suo portapenne.
E poi la vede. C'è  una fotografia incorniciata di Viktor Nikiforov sulla sua scrivania, l'unica parte della sua considerevole collezione di cimeli di Viktor che ha portato con sé a Detroit. Ma adesso c'è una firma su di essa.

Viktor Nikiforov ha autografato la sua foto.


Viktor sta scorrendo le proprie note cercando il post che ha fatto riguardo i suoi programmi, quando nota la voce in inglese. Un altro giorno nella Vita di Viktor Nikiforov, recita. Accigliandosi, la apre.
Si tratta di un lungo resoconto su quello che deve essere stato il giorno precedente, seguito da eccitati commenti sulla bellezza della città e sul pelo di Makkachin. Viktor si ritrova a sorridere appena mentre legge quelle parti.
Adesso ispeziona il proprio appartamento, trovando tutti i piccoli scarabocchi che sono stati lasciati per lui, così che possa spostarli invece sul frigo.
E infine scrive, Yuri Katsuki, sei tu? sul suo braccio poco prima di andare a letto.
Al suo successivo risveglio la sua risposta è sulla sua mano. .


Non è un sogno, realizza Yūri mentre fissa con incredulità gli appunti sul suo programma che ricorda con certezza di non aver scritto. Quei giorni che trascorro come Viktor Nikiforov sono reali.
Non è un sogno
, realizza Victor mentre fissa, confuso, il suo frigo improvvisamente ben rifornito e una pletora di appunti su varia piatti giapponesi attaccata alle sue credenze. Quei giorni che trascorro come Yūri Katsuki sono reali.
Per qualche strana, inspiegabile, fantastica ragione, Yūri Katsuki e Viktor Nikiforov si stanno scambiando di posto.

 

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Capitolo 2
*** Vai bene per me (mi stai distruggendo). ***



Capitolo 2: vai bene per me (mi stai distruggendo).
 
Ci vogliono un paio di scambi per riuscire ad impostare il sistema. Viktor è quello che lascia gli appunti sulla tecnica di pattinaggio, quello che offre un feedback sul programma di Yūri così come condivide i dettagli del proprio programma affinché Yūri non sia completamente spaesato nel momento in cui si trova nel suo corpo.
È ancora primavera. La stagione del pattinaggio artistico non comincia sul serio fino all'autunno. Gli è ancora rimasto del tempo per riuscire ad imparare i programmi gli uni degli altri e capire cosa fare riguardo ai loro scambi. Yūri ha scritto diversi appunti al riguardo in una delle moleskine di Viktor. Potrebbe essere causato dal sonno, dice, ma non ne sono del tutto sicuro.

Oltre al dover sapere due set di programmi ( e doversi fidare del fatto che nessuno dei due utilizzerà quelle conoscenze per cambiare il proprio per ottenere più punti durante la competizione), i due lasciano di continuo dei resoconti per l'altro su ciò che hanno fatto durante gli scambi, così come dei promemoria su cosa fare e non fare.

Potresti non eseguire i miei programmi meglio di quanto io possa? La cosa porta Celestino a domandarsi come mai il mio progresso sia così inconsistente.
Hai chiaramente il talento per riuscire ad eseguire quei salti. 
Perché non ci riesci?
Mi manca la sicurezza!

Allora forse dovrei aiutarti ad acquisirne un po'!
Non pattinando meglio di me sui miei stessi programmi!


Dopo un po' le cose sembrano prendere un ritmo regolare. Si svegliano, vanno ad allenarsi, si procurano da mangiare e trascorrono del tempo con gli amici. Yuuri lascia una copia del suo orario scolastico sul suo telefono così che Viktor sia costretto a presentarsi anche alle sue lezioni nei giorni in cui si scambiano. Anche se non è sicuro che possa essere di una qualche utilità - tutto ciò che davvero gli rimane dopo gli scambi infrasettimanali sono impressioni sfocate di ciò di cui potrebbero aver parlato in classe così come dei gli scarabocchi fatti in momenti di noia su entrambe le sue braccia. Phichit, che frequenta spesso le sue stesse classi, fa del suo meglio per aggiornarlo, ma Yūri sa che il suo amico trascorre gran parte delle lezioni controllando Touchbook piuttosto che prestando attenzione, perciò non c'è davvero motivo di affidarsi a lui per le spiegazioni su ciò che è successo in classe nei giorni di scambio.

Inoltre Phichit non sa nemmeno la verità riguardo ciò che gli succede in quei giorni. Lui e Viktor si sono scambiati l'implicita promessa di tenere questo strano fenomeno per loro.

Phichit ha detto che alle volte palpeggi il mio sedere mentre ti stai guardando allo specchio. Potresti evitare di farlo?
Come posso sapere che tu non stia facendo lo stesso con il mio sedere, Yuri?
Perché io ho davvero un senso della dignità?
La tua dignità sarebbe molto più credibile se spendessi davvero del tempo per imparare come atterrare dopo un quadruplo Salchow.


È un'intricata danza tra i due, come se si stessero muovendo assieme seguendo una canzone il cui ritmo è a loro sconosciuto. Alle volte li colpisce ancora quanto sia incredibile la loro situazione, ma cosa possono farci? Le reazioni delle persone attorno a loro confermano chiaramente che, infatti, si stanno scambiando di posto.
E, nonostante le note e le precauzioni, cominciano entrambi a diventare più sfacciati nelle loro azioni nei panni dell'altro.

Preso un caffè assieme ad una ragazza carina dal conservatorio! Ha detto di essere disponibile a lavorare su un pezzo per il programma del tuo free skate!
Viktor! Smettila di interferire nella mia vita sentimentale!
Sto solo cercando di renderti un po' più popolare, qui!
Senti chi parla. Dal tuo lato non ho ricevuto chiamate o visite da qualcuno che potrebbe anche remotamente passare come un amante.


La volta successiva in cui Viktor si sveglia come se stesso, controlla il cellulare alla ricerca del resoconto di Yūri e quasi lo scaglia contro il muro più vicino.

Yuri, perché ci sono dei messaggi flirtanti da parte di Christophe sul mio cellulare?
Era in città quindi gli ho chiesto di uscire assieme per cena. 
Ti piace Christophe, no? Hai un sacco di selfie con lui.
E io che pensavo che fossi completamente privo di esperienza.

La volta successiva in cui Yūri si sveglia come se stesso trova la parola "idiota" in russo scritta sulla sua fronte e una nota da parte di Viktor sul suo cellulare.

La volta successiva in cui Viktor si sveglia come se stesso trova la parola "idiota" in giapponese scritta sulla sua guancia e una nota adesiva da parte di Yūri sullo specchio del bagno.

Allora forse dovresti prendere in considerazione che anche a me piaccia semplicemente stare da solo!


Viktor si è abituato ai giorni in cui si sveglia come Yūri.

È sempre piuttosto semplice capirlo anche prima che apra gli occhi, perché la sua sveglia quando si sveglia come Yuuri è la suoneria della sveglia del telefono di Yūri, non un Makkachin affamato che gli lecca il viso. Perciò questa volta spegne semplicemente la sveglia sul materasso accanto a sé, indossa gli occhiali di Yuuri e si alza a sedere.

Uh. La stanza è cambiata, questa volta. Si trova in una stanza d'albergo. Ai piedi del letto giace una valigia straripante di vestiti. I pattini di Yūri sono posti accanto ad essa.
Viktor accende la televisione. Stanno trasmettendo un telegiornale giapponese. Lo lascia in riproduzione mentre apre l'armadio solo per trovare i costumi da pattinaggio di Yūri e quello che possibilmente è il più brutto completo che vi abbia mai visto appeso.
 (Viktor riflette brevemente su se comprare un nuovo completo per Yūri violerebbe l'avviso di "non spendere troppi soldi" che Yūri stesso gli aveva lasciato.)
C'è un appunto sullo specchio del bagno quando va a prepararsi. Recita:

Nel caso dovessimo scambiarci, Viktor, oggi è il giorno del Free Skate dell'NHK Trophy. Indossa il costume blu e cerca di avere il completo sotto mano per il banchetto che seguirà.
Viktor borbotta. Nessun quantitativo di preparazione, nessun quantitativo di avvisi e di appunti e di strani e possibilmente fin troppo strani consigli da allenatore potrebbero mai prepararli per uno scambio il giorno di una competizione. Si sono rivelati a vicenda le assegnazioni per il Grand Prix di quest'anno e Viktor ha sentito una strana miscela di felicità e delusione nel sapere che non avevano alcun evento comune.
Sarebbe stato carino incontrare, faccia a faccia come se stesso, l'uomo che ha riempito il suo frigo e dato da mangiare al suo cane, l'uomo che in qualche modo è riuscito ad avvicinarlo ai suoi compagni pattinatori - l'uomo che gli stava mostrando, anche se non era mai realmente presente quando accadeva, che c'era di più nella vita del pattinaggio e delle medaglie.

Medaglie. Merda. Viktor si schiaffa una mano sul viso quando ricorda che la scorsa notte era stata la notte antecedente il Free Skate della Coppa di Cina. Strano che queste due competizioni avvengano quasi contemporaneamente. L'ISU ha davvero bisogno mettere in ordine i cazzi propri.

Almeno aveva lasciato un promemoria nel proprio telefono per Yūri, giusto in caso. L'unica cosa rimasta di cui preoccuparsi era se Yūri poteva riuscire ad eseguire o meno il Free Skate di Viktor durante la competizione. Ha letto resoconti di prove che oscillavano da un paio di imprecisioni ad assoluti disastri, perciò una volta aveva chiesto a Yuri Plisetsky di registrare il suo modo di pattinare al prossimo giorno delle "vongole andate a male" (come il più giovane degli Yuri aveva insistito per chiamarlo).

I video ottenuti come risultato avevano placato gran parte delle paure di Viktor. Yūri Katsuki era capace di eseguire gran parte, se non tutti, gli elementi dei programmi di Viktor. Diavolo, il modo in cui esegue le sequenze di passi potrebbe essere anche migliore di quello di Viktor. Avrebbe fatto un commento al riguardo per lui la prossima volta che si sarebbero scambiati.

Se tutto andava per il verso giusto, Yūri si sarebbe ricordato di quegli appunti durante la competizione, quella sera.

Viktor si bagna il viso con dell'acqua e passa una mano tra i suoi capelli. Raddrizzandosi, si stiracchia poi un po', catalogando i lividi sul corpo di Yūri che non erano stati presenti l'ultima volta che si sono scambiati. Infine si volta così da poter guardare allo specchio il sedere fasciato negli slip di Yūri.

Forse no, per il suo bene, pensa Viktor.

Palpeggia lo stesso il sedere di Yūri. Non è colpa sua se il pattinatore giapponese ha delle gambe che avrebbero potuto mandare in frantumi le montagne.

Viktor arriva alla pista appena in tempo per il riscaldamento. Fa un paio di giri sul ghiaccio per scaldarsi e prova il suo quadruplo Salchow. Al fine di fingere di essere Yūri, ci mette un po' di incertezza.
Le persone si lamentano sempre di quanto sia difficile mantenere la propria personalità sul ghiaccio. Viktor non può fare a meno di ridere un po' al riguardo. Provate a fingere di essere la personalità sul ghiaccio di qualcun altro.

«Sembra che tu sia in buona forma, oggi, Yūri!», gli dice Celestino quando esce dal ghiaccio. «Non farti prendere dai nervi e avrai l'oro assicurato!».
Viktor ride. «Farò del mio meglio», dice.
«Questo è lo spirito!». Celestino gli dà una pacca sulla spalla facendo sobbalzare appena i suoi occhiali.
«Una domanda veloce, coach», dice Viktor. Celestino gli rivolge un sopracciglio alzato come a volerlo incoraggiare a continuare. «Qual è l'ordine?».

«Sarai il quarto, ovviamente, visto che ti sei piazzato terzo con il tuo programma breve».
«Ah». Non male, Yūri. «Posso vedere i punteggi?».
Celestino tira fuori i risultati del programma breve sul suo telefono e Viktor li scrutina. Sembra che dovrà battere Christophe Giacometti e Cao Bin. Yūri ha almeno dieci punti di vantaggio rispetto al pattinatore che è attualmente ultimo. Non è particolarmente preoccupato.
Tornano dove gli altri pattinatori stanno facendo stretching e stanno chiacchierando mentre lo Zamboni viene fuori per rifare la superficie del ghiaccio per la competizione. Christophe gli rivolge un sorriso a trentadue denti e un cenno della mano e per un attimo Viktor si domanda se Christophe l'abbia scoperto. Lo saluta di rimando, attento a metterci una punta di timidezza.
Yūri aveva accennato di non conoscere davvero gran parte dei pattinatori con i quali era in competizione, ma in base a come alcuni tra gli altri pattinatori gli rivolgono sorrisi amichevoli, Viktor sospetta che Yūri sia sminuendo i suoi legami con il resto della comunità.
La competizione ha inizio. Viktor guarda, assieme a Christophe e a Leo de la Iglesia accanto a lui, Emil Nekola prendere posto sul ghiaccio. Si acciglia un po' nel momento in cui nota cosa il pattinatore ceco sta indossando.
Non è ciò che aveva indossato ai Mondiali la scorsa primavera?
Viktor scaccia via il pensiero. Potrebbe essere soltanto una strana coincidenza. Non aveva guardato con attenzione Emil durante i mondiali, ad ogni modo, e spesso i pattinatori artistici riciclano i loro costumi.
E la musica. E le routines.

L'espressione di Viktor si acciglia ulteriormente ad ogni performance dei pattinatori successivi. Leo de la Iglesia ed Eric Zimmermann non sono riusciti ad accedere alla finale del Grand Prix o ai Mondiali lo scorso anno, ma Viktor sospetta che anche i loro programmi potrebbero essere delle ripetizioni.
Non c'è da stupirsi se anche il costume di Yūri sembra stranamente familiare.
Viktor si riscuote dai suoi pensieri nel momento in cui gli annunciatori chiamano il nome di Yūri. Cede le protezioni dei suoi pattini a Celestino, beve un sorso d'acqua e si dirige verso il centro del ghiaccio.
Adesso non è il momento di soffermarsi a rimuginare su quello che potrebbe semplicemente essere un brutto caso di déjà-vu. Ha un programma libero da pattinare.
Pattina sul programma di Yūri magnificamente, senza sbagliare minimamente alcun salto. Si tratta di un programma difficile, anche se di sicuro non sta affatto massimizzando il potenziale di Yūri come pattinatore. Viktor è fin troppo cosciente delle punti di forza e dei limiti del corpo dell'altro. Sa che quell'uomo può fare di meglio.

Dovrà scrivere un appunto al riguardo quando sarà fuori dal ghiaccio.
Alla fine il programma giunge al termine. Viktor abbassa le braccia e si dirige verso il kiss and cry per attendere i punteggi di Yūri. Controlla il suo telefono nel momento nell'istante stesso in cui se lo ritrova tra le mani, considera per un attimo l'idea di mandare un messaggio al proprio numero per vedere come se la sta cavando Yūri nei suoi panni alla Coppa di Cina. Ma alla fine opta per non farlo.
Il punteggio esce. Si trova al primo posto. Celestino lo abbraccia e Viktor ricambia l'abbraccio quasi in automatico, mentre la sua testa si trova ancora a miglia di distanza a Pechino.
Che diavolo sta succedendo?
Fino a che Christophe (e Viktor sa che sa eseguendo la stessa routine dello scorso anno; lo ha visto esibirsi su di essa a Sochi e ai Mondiali) ottiene il proprio punteggio, tuttavia, diventa chiaro - Yūri Katsuki ha vinto l'oro al Trofeo NHK e di conseguenza si è classificato per la finale del Grand Prix.
Nulla. I risultati non sono ancora stati postati. Viktor deglutisce. Magari è una questione di fuso orario. I risultati saranno online dopo il banchetto.
Accetta la medaglia d'oro e i fiori e poi scappa in hotel per cambiarsi e indossare quel completo orrendo per il banchetto.
Viktor non è sicuro di quando abbia cominciato ad odiare per la prima volta i banchetti dell'ISU. Forse era successo attorno alla sua terza vittoria consecutiva ai Mondiali, quando i pezzi grossi non la smettevano di distribuire falsi sorrisi sul suo "bisogno di sorprendere costantemente il pubblico" e la sua "squisita attenzione ai dettagli tecnici" e altre inopportune floride frasi riguardanti il suo modo di pattinare. Aveva trascorso gran parte di queste serate sorseggiando diversi bicchieri di champagne e contando i minuti mancanti al momento in cui sarebbe stato socialmente accettabile andarsene.
Quella sera, però, come Yūri Katsuki, poteva sorridere a tutti coloro che gli auguravano il meglio, accettare le loro congratulazioni leggermente sorprese, e fiondarsi nell'angolo dove Christophe sta parlando con Sara Crispino e Mila Babicheva.
«Yūri!», esclama Christophe quando si avvicina. «Che rimonta incredibile! Congratulazioni per esserti qualificato per la Finale!».
Viktor ricorda di aver letto la nota entusiasta di Yūri riguardo all'aver conseguito l'argento allo Skate America. Sorride e annuisce. «Sono eccitato all'idea di andare a...», si interrompe, incitando uno degli altri pattinatori a rispondere.
«Sochi?», interviene Mila.
Viktor sente il proprio stomaco precipitare. La finale del Gran Prix di quest'anno dovrebbe tenersi a Barcellona».
«Chris», dice all'improvviso mentre un pensiero terribile si forma nella sua mente. «Ti piacerebbe avere il mio numero?».

«Ooh, Yūri. Improvvisamente così risoluto». Il sorriso congratulatorio di Chris si trasforma in un sorrisetto compiaciuto. «Certo che puoi».
Cede il proprio cellulare. Viktor lo prende, voltandosi con il pretesto di volere un po' di privacy, e apre i messaggi di Chris. Scorre finché non vede il suo stesso nome e lo apre.

Il messaggio più recente è quello in cui Chris si è congratulato con lui per la sua vittoria nello Skate Canada. Nessuno dei più recenti e più flirtanti messaggi è presente.

Viktor si sente come se gli avessero tirato via la terra da sotto ai piedi. La stanza oscilla e si oscura davanti a lui: è soltanto a malapena cosciente di essere stato preso da qualcuno, del preoccupato "Stai bene?" di Christophe nel suo orecchio, prima che tutto diventi nero.

Viktor si sveglia di nuovo nella sua stanza d'albergo a Pechino.

Questa volta la testa gli sta pulsando tremendamente come se qualcuno la stesse colpendo ripetutamente con una mazza. La luce che filtra dalle finestre è troppo brillante. Ugh. Una sbornia.

Che cosa ha fatto Yūri?

Viktor cerca a tentoni il proprio telefono solo per accorgersi che qualcuno sta giacendo nel letto accanto a lui. Sussulta, schizza a sedere e abbassa lo sguardo per vedere Christophe Giacometti addormentato accanto a sé, svestito in modo disturbante.
«Yūri, non avrai», sussurra Viktor leggermente inorridito.

Christophe si rigira, ancora addormentato. Viktor si acciglia. Christophe era stato assieme a lui - beh, Yuuri - al Trofeo NHK la scorsa notte. Ma allora la notte precedente non era stata altro che una ripetizione dell'anno scorso. Perciò...

Viktor cerca le date. È abbastanza certo che le date del Trofeo NHK dell'anno scorso combaciano con le date della Coppa di Cina di quest'anno. Il Trofeo NHK di quest'anno deve ancora avere luogo.

Cerca comunque i risultati della Coppa di China e si sente inondato dal sollievo. Yuuri gli ha conquistato l'argento. Probabilmente una sconfitta, considerando che Phichit Chulanont ha vinto l'oro, ma Viktor può porvi comunque rimedio a Mosca.

Phichit. Viktor sorride un po' al nome dell'amico di Yuuri. Di tutte le persone che avrebbero potuto batterlo, Phichit Chulanont sarebbe stato quello che se lo sarebbe meritato. Ricorda di aver visto quando duramente il giovane pattinatore tailandese lavorava a Detroit, quanta gioia riceveva da ogni trottola e ogni salto. Buon per lui.

C'è un fruscio mentre Christophe si sveglia, stiracchiandosi, sbadigliando e strofinandosi gli occhi. Viktor soffoca uno sbadiglio di risposta e rimane semplicemente seduto lì mentre Christophe si arrampica a sedere, un lento sorriso che si fa strada sul volto dello svizzero nel momento in cui lo vede.
«Buongiorno», dice Christophe.
Viktor serra le labbra. Non è che non gli piaccia Christophe. Era semplicemente stato troppo concentrato sul pattinaggio per gran parte della sua vita per permettere a se stesso di stabilire con gli altri pattinatori qualcosa di più di scappatelle post-competizione in stanze d'albergo poco illuminate.
«Devi aver bevuto più di quello che pensavamo», dice Christophe accigliandosi.

«Così pare», concorda Viktor.

Christophe borbotta, posando la testa tra le mani. «Se lo avessi saputo non avrei permesso che- Ero messo piuttosto male anche io, in realtà-».

«Chris. Perdono tutto ciò che i noi ubriachi hanno combinato», dice Viktor. E qualunque cosa Yuuri abbia combinato nei panni di un me ubriaco, aggiunge silenziosamente. «Semplicemente dimmi qualunque cosa tu ricordi».

Christophe ridacchia. «Davvero, Viktor? Sei assolutamente sicuro di non ricordare di esserti spogliato fino a rimanere in mutande e di aver fatto pole dance?».
Se Viktor fosse stato in corso di bere qualcosa nel momento in cui lo aveva sentito, avrebbe sputato tutto. «Pole dance?», gli fa eco.

«Sì. Come mai non mi hai detto che avevi cominciato a praticarla anche tu? Ti avrei passato il numero del mio istruttore. Immagino che la performance di Yūri Katsuki al banchetto della finale del Grand Prix dello scorso hanno ti ha davvero colpito, uh?».

Yūri Katsuki. Viktor sblocca il proprio telefono, scorrendo tra i contatti finché non trova il nome di Yūri. Preme il tasto di chiamata.

La suoneria del telefono di Yūri taglia il silenzio della pista mentre lui si lancia in una trottola bassa volante.

Yūko Nishigori lo agita davanti a lui. «Yūri, non vuoi rispondere?», domanda.

Yūri interrompe la sua routine e pattina verso i bordi dove lei è situata, le sopracciglia aggrottate. «Chi sta chiamando?», domanda.

«Si tratta di Minako-sensei», dice.

Yūri sospira. «Starà alzando il gomito allo Yu-Topia. Sono sicuro che possa aspettare», risponde mentre si dirige nuovamente verso il centro del ghiaccio.
Yūko annuisce. «Okay, se lo dici tu. Scusami se ti ho interrotto».

Yūri ride imbarazzato. «Non fa niente. Dov'eravamo rimasti?».

Yūko apre la bocca per rispondere ma in quell'esatto momento Yūri scivola sul ghiaccio mentre la terra sotto i loro piedi comincia a tremare.


Il numero che sta cercando di raggiungere è stato disconnesso o non è più esistente.
Viktor attacca e prova a richiamare, senza successo. Christophe lo guarda accigliandosi, la preoccupazione dipinta su tutto il suo volto.

«Stai bene?», domanda. Viktor espira, mettendo giù il telefono.

«Hai, uh, avuto notizie di Yūri Katsuki, di recente?», chiede.
Un'ombra sembra attraversare il volto di Christophe a quella domanda. Viktor sbatte le palpebre, sentendo lo stomaco precipitare. Non c'è modo per cui quell'espressione possa significare qualcosa di buono.

La voce di Chris è fin troppo gentile quando riprende nuovamente a parlare. «Viktor. Non ricordi il terremoto avvenuto in Giappone durante i Campionati Mondiali la scorsa primavera?».

Lo stomaco di Viktor sembra essere ad occhio e croce all'altezza delle ginocchia, adesso. «Era solo una leggera scossa. Non eravamo neanche lontanamente vicini al suo peggio», fa notare.
«I notiziari non facevano altro che parlarne, Viktor», dice Christophe. «Il terremoto colpì il Kyushu. È stato piuttosto brutto, ma lo tsunami che lo ha seguito è stato anche peggio. Un sacco di persone sono morte, specialmente nelle città costiere».

«E Yūri-».

«È stato una delle persone che sono morte. Non hanno fatto altro che parlarne, nel mondo del pattinaggio artistico, Viktor, come potevi non saperlo?».
«Io...». Viktor sbatte le palpebre. «Pensavo fosse a Detroit», sottolinea inutilmente. Non è lontano dalla verità: si scambiava con Yūri mentre quest'ultimo era a Detroit.

«Si è ritrasferito in patria dopo che la sua stagione è finita in anticipo», dice Christophe.
Il cuore di Viktor sta impazzendo. Non può essere. Se Yūri era morto per tutto il tempo, allora chi-

 Le sue dita stanno tremando mentre sblocca il proprio cellulare e scorre tra le note e i resoconti. All'inizio appaiono completamente normali, ma poi man mano che Viktor continua a leggere le lettere iniziano a rovinarsi e a sparire.
E prima che Victor possa salvare qualcosa, l'equivalente di sei mesi di voci scritte da Yūri sul suo telefono svanisce davanti ai suoi stessi occhi.

«No», sussurra Viktor. Sente la sensazione di bagnato nei suoi occhi cadere sullo schermo del suo telefono, sente il groppo nella sua gola improvvisamente così difficile da mandare giù. Christophe gli si avvicina e Viktor si volta per seppellire il volto nella curva della spalla dell'altro, lasciando che i singhiozzi scuotano il suo corpo.

Yūri Katsuki, questo meraviglioso uomo che gli ha mostrato cosa si prova a vivere, è morto.



 
Note della Traduttrice a.k.a  gli scleri di Class Of 13.

Purotto twisto! 
Giusto per dirlo alla giapponese maniera. Ebbene sì, questo secondo capitolo si è concluso con un mega twist che dovrebbe essere piuttosto inaspettato per chi non conosce il film da cui questo AU prende spunto e sappiate che l'angst, i feels e tutti i sentimenti sono in arrivo nei prossimi capitoli. *piange solo al pensiero*
Questo capitolo era oscenamente lungo (3000 parole e passa, per Viktor Nikiforov! (?)) e da quel che ho visto anche i prossimi non sono da meno. Considerate questa pubblicazione così ravvicinata un regalo di Buon Anno Nuovo anticipato, considerando che la settimana prossima parto e starò fino all'8 senza PC e che per la settimana successiva al mio ritorno potrò mettermi a tradurre solo la sera; insomma, per farla breve, il terzo capitolo non arriverà prima del 9 Gennaio. ;;
Come sempre, poiché io sono una patata e non una pro, se trovate errori di qualunque genere o avete consigli da dispensare sapete dove trovarmi (se lasciare recensioni vi pesa -anche se sarebbe molto apprezzato - trovate i link per contattarmi nella mia bio).
Passate un buon capodanno!

Ja ne~

 

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Capitolo 3
*** L'ovvia necessità di ricordare. ***


Capitolo 3:  L'ovvia necessità di ricordare.




Novembre diventa dicembre. A San Pietroburgo i canali si congelano e la neve si accumula alta sulle loro sponde.

Sono trascorse quattro settimane (non che Viktor stia assolutamente tenendo il conto, ovviamente) dal suo ultimo scambio con Yūri. Nel frattempo ha vinto l'oro alla Roestelecom Cup e trascorre il resto delle sue giornate alla pista, allenandosi. Il suo telefono resta testardamente privo di commenti, il suo appartamento caparbiamente svuotato di note adesive con disegni di barboncini sui pattini, le sue braccia ostinatamente prive dei commenti e domande scritti a pennarello.

Il pezzo al pianoforte per il suo free skate viene fatto partire nuovamente e Viktor protende le mani verso il cielo in una preghiera che per lui è più sentita che mai. Ha commissionato questo pezzo specificamente per raccontare la storia di un amore non convenzionale che trionfa contro ogni previsione, con l'intenzione di pattinare a proposito dello strano intrecciarsi della sua vita con quella di Yūri Katsuki. Aveva sperato che entrambi riuscissero ad accedere alla Finale del Grand Prix così che potesse pattinarlo per Yūri in persona e dirgli successivamente che il programma era dedicato a lui. E da lì? Non ne era stato sicuro. Ma il promemoria di Christophe aveva fatto crollare tutto quello davanti alle sue orecchie.

Viktor esegue senza sforzo il quadruplo flip e ripensa alla notte del Free Skate dei Campionati Mondiali. Era stato sottoposto, quella sera, dopo la sua quinta vittoria consecutiva, a domande riguardanti ciò che avrebbe fatto nell'anno a venire. Allora non aveva dato una risposta, perché in tutta onestà non aveva idea di cosa avrebbe fatto. Aveva perso la sua scintilla. Ma era inutile prendersi del tempo libero, specialmente se aveva intenzione di tornare l'anno successivo. Il mondo del pattinaggio artistico competitivo era come la marea; poteva esserne inghiottito fino ad annegare o vederla allontanarsi da lui a velocità allarmante.

La conferenza stampa, quella notte, era stata interrotta da degli annunci riguardanti un inaspettato terremoto di magnitudo 7.6 al largo della costa di Hasetsu, nella regione giapponese del Kyushu. Avevano perfino avvertito, lontani com'erano a Tokyo, un leggerissimo tremolio delle scosse di assestamento.

Il giorno successivo Viktor aveva guardato con muto orrore le notizie dei postumi nella sua stanza d'albergo. Allora aveva rilasciato in una breve conferenza alcune parole di cordoglio alla stampa, donato il suo premio in denaro ai fondi di riabilitazione del disastro e aveva preso il volo di ritorno per San Pietroburgo non appena gli aeroporti avevano riaperto. Si era tenuto lontano dai notiziari da allora poiché stava cominciando a lavorare ai programmi per la stagione successiva e non aveva bisogno di distrazioni. Non aveva sentito nulla riguardo la morte di Yūri Katsuki e per qualche motivo nessuno sembrava averlo infastidito al riguardo. Forse avevano pensato che avesse bisogno di tempo per elaborare il lutto.

E quello era stato il momento in cui gli scambi avevano cominciato ad avere luogo, perciò come avrebbe potuto sapere di essersi scambiato di posto con un fantasma per tutto il tempo? Aveva trascorso vent'anni della sua esistenza trascurando la vita e l'amore, perciò è proprio tipico della sua fortuna che, la prima volta che lascia davvero che qualcuno rompa il ghiaccio della sua facciata, l'universo glielo debba portare via nel momento in cui comincia sinceramente ad innamorarsene.
Viktor lascia che la musica lo avvolga, lanciandosi nella sua sequenza di passi. Non è esattamente come appare nel video di lui (beh, di Yūri come lui) che Yuri ha filmato durante quel "giorno delle vongole andate a male" di Settembre, ma ci va vicino e Viktor non è sicuro di quante altre volte sarà in grado di guardare quel video senza soffrire di un qualche crollo.
Yūri potrebbe anche essere morto da Aprile, ma una qualche parte di Viktor si rifiuta di andare avanti.
Triplo Axel. Triplo flip. Viktor sente uno strano bisogno che lo strattona dentro di sé e per un breve istante finge che sia una parte dell'anima di Yūri che sta provando a dirgli cosa fare successivamente. Si lancia in una combinazione di triplo Axel, loop singolo e triplo Salchow mentre la musica comincia a crescere verso un climax da capogiro di pianoforte e violino. Di solito più o meno a questo punto dovrebbe sentire l'affaticamento affondare nelle sue ossa, ma in qualche modo oggi è diverso. Oggi esegue una combinazione di triplo Lutz e triplo toe loop senza esitazione e poi finalmente —
Il quadruplo Salchow riesce senza sforzo mentre la musica giunge al suo ultimo gioioso picco.

Viktor conclude la sua routine con una trottola combinata e, mentre la musica si dissolve, si allunga verso il lato della pista e chiude i suoi occhi. Per un breve istante Yūri è lì, fermo presso i bordi, i suoi occhi castani che brillano, il viso arrossato in una gioia estatica.
Quando apre gli occhi il punto in cui Yūri era posizionato è vuoto. Viktor lascia cadere la mano, pattina verso il suo lettore musicale e spegne la musica.
Prende del cibo da asporto sulla via del ritorno per il suo appartamento. Non era stato dell'umore per provare a cucinare, ultimamente, specialmente non da quando le ricette che Yūri aveva scrupolosamente scritto per lui erano tutte scomparse. L'unica cosa che suggerisce che essere siano mai state lì sono i bianchi fogli di carta appesi alle credenze assieme alle verdure che sicuramente non ha comprato per se stesso che giacciono nel frigo. Yūri ha cambiato così tanto i suoi dintorni eppure, adesso che era scomparso, sembrava quasi come se in realtà non ci fosse mai stato. Sarebbe stato più semplice dire che si era completamente dimenticato di comprare del cibo o di attaccare della carta sulle sue credenze o di scattare dozzine di foto di San Pietroburgo e di Makkachin, ma Viktor non è mai stato il genere di uomo che cercava la risposta facile.
Makkachin guaisce quando Viktor entra nel suo appartamento, perciò poggia per terra le scatole del take-out  e porta fuori il vecchio barboncino. Il freddo gli gela il naso mentre camminano nel parco. L'inverno attutisce anche il più leggero dei rumori; qui tutto ciò che rompe il silenzio mortale è il rombare distante dei tram.
Viktor stringe la sciarpa attorno al suo collo e volge lo sguardo in alto. Anche se il cielo notturno in San Pietroburgo non ha tutte quelle stelle, ce ne sono comunque alcune visibili perfino attraverso l'inquinamento, solo piccoli tenaci puntini di luce su velluto nero. Mentre li osserva a Viktor tornano in mente le storie della sua babushka su come ciascuna stelle sia una persona e su come, quando una persona muore, la sua stella cada dal cielo.
La realizzazione lo colpisce all'improvviso. O forse è sempre stata li e non ci ha mai davvero pensato fino a quel momento. Viktor tira fuori il proprio cellulare e comincia a cercare dei biglietti aerei per il Giappone.
Deve trovare la stella di Yūri e riportarla alla sua legittima costellazione.

Ma prima vince la Finale del Grand Prix. Anche se se la cava per un pelo — Il programma breve di Yuri Plisetsky, che era stato coreografato da Viktor stesso, batte il suo record mondiale per il più alto punteggio di uno Short Program. Viktor non gli invidia questa vittoria; il ragazzo aveva strafatto fin troppo durante questa stagione, affamato di un'occasione per provare il proprio valore.
Christophe gli si avvicina di soppiatto al banchetto che segue con un bicchiere di champagne e un'espressione tetra. «Semplicemente non è lo stesso», dice.
Viktor ha la sensazione di sapere di cosa Christophe stia parlando. «Senza Yūri?», domanda per confermare, e Christophe annuisce.
«Chi avrebbe immaginato che avrebbe potuto essere l'anima della festa?», ride il pattinatore svizzero sorseggiando il proprio champagne. «Dovemmo versarne uno anche per lui dopo tutto questo», aggiunge facendo cenno verso il banchetto davanti a lui.

«Perché farlo dopo il banchetto?», domanda Viktor, ricordando la pressione del corpo di Yūri contro il suo, lo scintillio nei suoi occhi castani. Come aveva potuto dimenticare, nei mesi tra la finale del Grand Prix e i Mondiali, l'uomo che lo aveva fatto sentire così vivo per una notte. Ora è troppo tardi; non lo—
«Un punto a tuo favore», dichiara Christophe e prende una forchetta dal tavolo più vicino. Con questa inizia a picchiettare il suo bicchiere, facendo ammutolire la sala e volgere gli occhi di tutti su di loro. Viktor non è sicuro se sia lo champagne o quel po' di Yūri che potrebbe o non potrebbe essere ancora in lui, ma riesce a sentire le proprie guance scaldarsi.
«Chris», sibila, ma Christophe sta già levando in aria il proprio bicchiere.
«Mi piacerebbe proporre un brindisi a Yūri Katsuki», dichiara lo svizzero. «Questo banchetto l'anno scorso è stato trasformato da uno scialbo e francamente piuttosto elitario affare ad una vera festa quando ha deciso di bere tre —
«Quattro!», interviene Sara Crispino per poi tapparsi la bocca con la mano quando suo fratello Michele le rivolge un'occhiataccia.
«Quattro bottiglie di champagne!», si corregge Christophe. «E ha iniziato a sfidarci tutti in dei dance-off per "riguadagnare il suo onore" dopo essersi piazzato sesto nella divisione senior maschile. Sono sicuro che ognuno di noi sia cosciente del fatto che, se fosse stato con noi, oggi, staremmo tutti attendendo con trepidazione un bis»..

Viktor sente quell'ormai fin troppo familiare groppo in gola che sembra non riuscire a mandare giù.

«Il mondo del pattinaggio artistico ha perso uno dei suoi, lo scorso aprile», dice Christophe e Viktor si domanda con un po' di curiosità se ha mai visto lo svizzero così serio prima d'ora. «Agli amici che non ci sono più».

«Agli amici che non ci sono più», fa eco la stanza, e Viktor borbotta concorde, buttando giù il contenuto del flute in un solo sorso. L'alcool brucia nel retro della sua gola; non appena il calore si dissipa, Viktor sta cercando il suo prossimo bicchiere.

«Svegliati, vecchiaccio!».

Viktor guaisce e si porta le mani alle orecchie. Di tutte le non desiderate sveglie telefoniche del mondo per la mattina dopo una lunga notte di champagne e commiserazione, le grida di Yuri Plisetsky si piazzano tanto in alto quanto l'esplosione di una bomba.

«Cazzo, Yuri, un po' più forte e forse l'intero hotel riuscirà a sentirti», borbotta.
A Yuri Plisetsky evidentemente non importa. «Che cazzo era ciò che è successo la notte scorsa?», domanda.
«Cosa?», gli fa eco Viktor, sedendosi sul letto dell'hotel e massaggiandosi le tempie. Getta un'occhiata assonnata al teenager situato ai piedi del suo letto indossando una giacca di pelle nera e possibilmente l'antenata di tutte le espressioni disgustate sul suo viso. Che diamine ha combinato per guadagnarsi quell'occhiata...
Oh.
«Capisco che su sia ancora ossessionato dalla morte del porcellotto, ma non avevi bisogno di provare a fare una replica della mia umiliazione», taglia corto Yuri incrociando le braccia.

Viktor assottiglia lo sguardo. «Stai indossando la giacca di Otabek Altin?», chiede.

L'intero volto di Yuri si tinge di rosso acceso. «Non sviare il discorso!», strilla. «Come posso aver perso contro di te? Non hai nemmeno mai fatto breakdance nella tua vita!».
Uno strano calore si fa strada dalla base del petto di Viktor. «Io ho... Ballato la breakdance?», gli fa eco.

«Oh, dio». Yuri getta le mani in alto. «Di nuovo vongole andate a male?».

Il calore si espande per tutto il corpo di Viktor, gli fa battere il cuore un po' più in fretta con un sentimento a cui non si azzarda a dare un nome.

«Sì, forse», dice, ed è piuttosto sicuro che i suoi occhi stiano brillando. Tira fuori il suo cellulare.

«Cosa stai facendo?», domanda Yuri.

Viktor aveva pianificato di visitare il Giappone e rendere omaggio a Yūri il giorno dell'anniversario del disastro. Si era concesso questi giorni tra la finale del Grand Prix e i Mondali per capire se ci fosse un qualsivoglia modo per connettersi con lui un'ultima volta. Ma, mentre questo sentimento brillante e rovente continua a scorrere in lui, Viktor cambia il proprio itinerario per volare a Fukuoka quel pomeriggio.

«Vado ad Hasetsu», dice nel momento in cui posa il proprio cellulare.

Yuri lo fissa. «Hai perso la testa», commenta seccamente.

«No», ribatte Viktor. «La sto trovando».


 



Viktor è all'aeroporto a Barcellona quando sente chiamare il suo nome. Si volta per vedere Christophe e Yuri dirigersi verso di lui con le loro valige.

«Pensavo di aver detto di non aver bisogno che voi due vi accodiate», dice Viktor quando Yuri si ferma al bancone del check-in per la prima classe e porge il proprio passaporto alla donna dall'altro lato.

«Come se ti lasciassi gironzolare per la culonia del Giappone da solo», scatta Yuri. «Potresti venire derubato dai ninja».

«Non credo che sia probabile», sottolinea Christophe porgendo anche lui il suo passaporto.

«Tappati quella bocca», ruggisce Yuri mentre ottengono le loro carte d'imbarco. «Veniamo anche noi, Viktor, che tu ci voglia o meno».

Viktor sospira. Aveva esplicitamente detto a Yuri che questa era una cosa che avrebbe dovuto fare da solo. Dopotutto le uniche persone al mondo che sapevano degli scambi erano lui e Yūri Katsuki. Ma se l'altro Yuri e Christophe insistono così tanto nell'accompagnarlo, allora non gli rimane altra scelta che permetter loro di accodarsi.

«Va bene», dice. «Ma non vi è permesso ridere di qualsiasi cosa farò durante questo viaggio».

«Come ti pare», lo sbeffeggia Yuri mentre comincia a trascinare via la sua valigia. «Andiamo, perderemo il nostro volo».

Viktor lascia che un sorriso si faccia strada sul suo volto mentre lo segue a ruota. Se avesse dovuto essere completamente sincero con se stesso, era piuttosto contento che Yuri stesse insistendo sul non fargli compiere tutto questo da solo.

Diciannove ore sono uno un tempo troppo lungo per essere rinchiuso in un aereo con un irascibile semi-protegé quindicenne e un venticinquenne che è diventato tuo scopamico solo dopo che un altro uomo ha preso controllo del tuo corpo e lo ha agganciato da ubriaco, ma in qualche modo Viktor se la cava. Mentre Yuri e Christophe dormono accanto a lui, scorre tra le foto del banchetto della finale del Grand Prix sul suo portatile, sorridendo mentre passa di foto in foto delle rubiconde, ubriache (eppure adorabili) espressioni di Yūri.
È piuttosto sorprendente che Yūri non si sia imbattuto in queste foto mentre si scambiavano. Forse semplicemente Yūri non trascorreva molto tempo al suo portatile. Non è che Viktor le stesse nascondendo, dopotutto.

Fa partire un video che Mila gli aveva mandato la mattina dopo. In questo lui e Yūri stanno ballando assieme. All'inizio lasciano un po' di spazio tra di loro, ma poi si avvicinano sempre di più l'uno nello spazio dell'altro, imitandosi a vicenda finché non stanno ballando assieme, i corpi premuti assieme e dei sorrisi estasiati sui loro volti.
Se c'è una qualche possibilità che questo improbabile piano nella sua testa possa riportargli Yūri, Viktor lo metterà in atto. Il calore sta ancora scorrendo in lui, quasi minacciando di sopraffarlo. Riesce a malapena a dormire per via dell'eccitazione e dell'anticipazione.

L'ultima volta che si era sentito così, aveva ballato con Yūri al banchetto.

Viktor fa partire un altro video, questo mandatogli da Sara. Yūri è avvinghiato a lui, mezzo vestito, con quella familiare orribile cravatta legata attorno alla sua testa. Sta blaterando in un giapponese ubriaco, i suoi fianchi che si sfregano contro quelli di Viktor senza alcun tipo di grazia.

Viktor non può fare a meno di sorridere alla scena.
In un improvviso passaggio all'inglese, lo Yūri-sullo-schermo prega il Viktor-sullo-schermo di diventare il suo allenatore, e getta le sue braccia attorno alle spalle dell'altro. Viktor sospira. Anche se era stato assolutamente pronto a dire sì su due piedi, quella notte, aveva lasciato perdere l'idea la mattina seguente considerandola come il vaneggiamento di un ubriaco. Quanto era stato stupido.

Anche se, adesso che ci pensa, in un certo senso ha fatto da coach a Yūri per tutto l'anno, attraverso i loro scambi. Certo, si trattava dello Yūri dello scorso anno, ma anche solo questa piccola sensazione dei essere nei panni di un altro pattinatore e di aiutarlo a portare al massimo il suo potenziale? Era stata incredibile.

Qualunque cosa fosse successa durante questo viaggio, avrebbe provato a fare l'allenatore dopo questa stagione. Anche nella morte, Yūri Katsuki gli aveva dato una nuova direzione nella vita.


 


Note della traduttrice a.k.a gli scleri di Class Of 13.

Come anticipato (più o meno) le cose cominciano a farsi seriamente interessanti. Yuuri ha risvegliato in Viktor un sentimento nuovo a cui il russo non si azzarda a dare un nome (ma sappiamo tutti benissimo di cosa si tratta, non è vero? *ammicc*) e tanto basta per spingerlo a lanciarsi in un folle viaggio verso il Giappone alla ricerca di quel barlume di speranza che potrebbe permettergli di riportare il ragazzo indietro. Proprio come nel film da cui trae ispirazione questa storia, iniziano a farsi sentire i primi potenti feels (e non avete ancora visto nulla, ve lo garantisco) e la tensione sale: cosa avrà in mente il nostro affascinante russo? Lo scoprirete presto.
Nel frattempo vi incito a visitare la storia originale (trovate il link all'inizio della traduzione) e a supportare l'autrice,  che ha fatto un lavoro assolutamente grandioso.
Al prossimo capitolo!

 

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Capitolo 4
*** In questa città e in questa notte. ***


Capitolo 4: in questa città e in questa notte.



Sono le cinque del pomeriggio del giorno dopo, quando arrivano all'aeroporto di Fukuoka. Yuri trova immediatamente il più vicino hotspot Wi-Fi per mandare messaggi a delle persone - o meglio, solo ad Otabek, se la rapida occhiata di Viktor al cellulare del ragazzo  è indicatrice di qualcosa.

Il treno per Hasetsu li lascia nel cuore di una città che sta lottando per tornare in piedi. Grandi porzioni della città sono ancora in ricostruzione, in particolar modo le zone più vicine all'oceano. Anche se ci sono parti della cittadina che sono rimaste per lo più indenni dal peggio del terremoto e dello tsunami, ci sono anche delle parti che non sono altro che mastodontiche pile di macerie, minacciose nel cielo invernale che si sta velocemente oscurando.
Chiamano un taxi per raggiungere il loro hotel. Mentre Yuri e Christophe guardano in alto e parlando delle possibilità per la cena, Viktor guarda lo sfarfallio delle luci che oltrepassano. Piccoli cumuli di neve sporca macchiano il suolo e ricoprono le macerie di case e negozi. Le persone che tornano lentamente in questa città si affrettano anch'esse nel gelo, i cappotti stretti a loro e le maschere che ne coprono i volti.

Yuri li trascina in un ristornante non appena hanno fatto il check-in. Il posto che ha scelto a quanto pare ha riaperto da poco e c'è una clientela niente male al suo interno quando entrano e trovano il loro tavolo. La cameriera arrossisce anche solo quando Viktor guarda nella sua direzione e getta praticamente loro i menù nella sua corsa per ritirarsi in cucina.

Viktor sorride un po' alla scena e poi apre il menù. Ha dato loro quelli in inglese. cosa che sta a significare che probabilmente il posto è principalmente meta di turisti. Ma nota che il katsudon è presente al suo interno e la decisione è presa. Ricorda l'appunto che Yūri aveva lasciato sulla sua prima ciotola di katsudon. Mi dispiace, ma non è quello autentico, i supermercati russi non hanno il panko! Era stato comunque delizioso, perciò è eccitato all'idea di provare quello vero.

Non lo delude. "Vkusno!", esclama Viktor non appena dà il primo morso. Yuri lo guarda alzando gli occhi al cielo e Christophe ride sopra la sua stessa ciotola.
«Non sapevo avessi un tale debole per questo piatto», commenta Christophe, passando la lingua sulle sue bacchette in una maniera che era sicuramente considerata oscena in qualunque paese le usasse come posate. «Ma, in effetti, lo hai cucinato per me l'ultima volta che sono stato a San Pietroburgo».

Il cuore di Viktor perde un battito. Doveva essere successo durante quello scambio a luglio. Al tempo aveva rimproverato Yūri per la cosa, perché si era svegliato con dieci nuovi selfie di Christophe in una stanza d'albergo a San Pietroburgo seguiti da emoji ammiccanti. Sorride al ricordo, adesso.

«Sono contenta che ci sia al meno una persona a questo mondo che apprezzi la mia cucina», dice tornando al katsudon davanti a sé.
Colei che gestisce il locale in persona si presenta al loro tavolo mentre stanno per finire. «Avevo sentito qualcosa riguardo tre ospiti stranieri molto avvenenti nel mio ristorante, e volevo vedere di persona», dice, e Viktor non è sicuro di perché senta una strana sensazione che lo trascina verso di lei, ma lo fa comunque.

«Il Katsudon era divino!», dice. «Sono sicuro che sia esattamente questo il cibo degli dei».

La gestrice sbatte gli occhi e successivamente rimane a bocca aperta. Lo ha chiaramente riconosciuto. «Viktor Nikiforov!», sussulta per poi voltarsi e vedere anche Christophe e Yuri. «Christophe Giacometti! Yuri Plisetsky! Cosa— come— è un tale onore!».

Viktor sorride. «Lieto di conoscerla», offre tendendo una mano. Lei la scuote con vigore, gli occhi che brillano.
«Minako Okukawa! Io — Wow. Sono senza parole. Viktor Nikiforov, ad Hasetsu!». Poi una strana tristezza sembra passarle sul volto e Viktor semplicemente sa.

«Lei conosceva Yūri Katsuki, vero?», chiede piano.

Minako annuisce. Viktor gesticola verso il posto vuoto di fronte a sé e lei lo occupa con un veloce cenno di ringraziamento.

«Viktor qui sta cercando di trovarlo», dice Yuri senza preamboli, guadagnandosi un'occhiataccia da parte di Viktor. «Cosa c'é? È la verità».

Minako serra le labbra. «Beh, è morto», fa notare con schiettezza.

«Lo so», replica Viktor, anche se lo addolora dirlo.
«Allora è un bene che tu mi abbia trovata», dice Minako. «Ero un'amica di famiglia dei Katsuki. Lo tsunami non è stato clemente con loro, temo. Loro...», si interruppe, le mani che stringevano il tavolo. «Toshio Katsuki era l'unico sopravvissuto della famiglia dopo il disastro», continua dopo un momento, la voce debole. «Ha lasciato Hasetsu, però. Troppi ricordi perduti. Io ho mantenuto i cimeli di famiglia che era riuscito a salvare, ma...», si interrompe nuovamente, gli occhi lucidi nella luce soffusa del ristorante.

«Aspetta». Christophe si acciglia improvvisamente. «Minako Okukawa! Sapevo che il tuo nome suonava familiare! Non hai vinto il Benois de la Danse? Cosa ci fai a gestire un ristorante?».
«Ho perso il mio vecchio appartamento e il mio studio di danza», risponde. «Ma il mio vecchio snack bar era stato danneggiato solo superficialmente, perciò ho pensato di ristrutturarlo in un vero e proprio ristorante». Fa una pausa. «I Katsuki conducevano un centro termale in città, lo Yu-Topia Katsuki. Alcuni dei cimeli che Toshio mi ha dato prima di andarsene erano le ricette dei piatti preferiti della famiglia, incluso il piatto preferito di Yūri, il katsudon». Ride appena guardando la ciotola di Viktor ormai vuota. «Probabilmente sarebbe stato commosso di sentire che ti piace così tanto. Ti ammirava davvero, Viktor».

Il groppo nella sua gola è tornato. Viktor riesce a sentire le lacrime minacciarlo di offuscargli la visuale, perciò si affretta con tutta la discrezione di cui è capace.

«Mi dispiace che mi ci sia voluto così tanto tempo per trovarlo», dice piano. Lo stesso sorriso di Minako è bagnato dalle lacrime.

«Se vuoi rendergli omaggio posso portarti a fargli visita domani» , offre lei.

Viktor annuisce. «Mi piacerebbe», concorda.

Viktor si sta dando una ripulita per la notte nel bagno della loro camera d'albergo quando sente Christophe e Yuri fare il suo nome.

«... Quello con cui comunque Viktor aveva uno strano accordo, perciò dovresti dividerlo con lui», sta dicendo Yuri mentre Viktor preme il suo orecchio contro il sottilissimo muro tra il bagno e la camera da letto. Sono leggermente attutite, ma riesce ad afferrare gran parte delle parole di Yuri. «Inoltre russi come una motocicletta di merda, perciò ti voglio il più lontano possibile da me».
La risposta di Christophe è ancora più attutita a causa della distanza, perciò Viktor deve sforzarsi un po' per capire ciò che sta dicendo. «Non sono nemmeno sicuro che l'accordo valga ancora. Si sta comportando in maniera un tantino diversa dalla Coppa di Cina».

«Vorrai dire che è tornato alla normalità», dice Yuri.

«Non so se debba necessariamente piacermi», risponde Christophe. «È molto più simpatico quando è più rilassato».

«Sì, magari al prezzo di sembrare fottutamente ridicolo», taglia corto Yuri. Viktor si stizzisce un po' nel sentirlo. I video che Yuri stesso ha girato mostrano chiaramente come il modo di pattinare di Yūri, perfino nel corpo di Viktor, non era ridicolo.

«Sei soltanto arrabbiato per via del fatto che si stia finalmente prendendo il tempo per smettere di essere una qualche specie di robot che pattina per vincere medaglie d'oro», dice Christophe. «Fidati, è da un po' ormai che competo contro di lui. Riesco a distinguere quando il suo atteggiamento amichevole è quello che mostra alle telecamere e quando invece è veramente amichevole, e questo anno passato è stato maggiormente quest'ultimo, per una volta nella sua vita».

C'è una lunga pausa nella quale Viktor riesce ad udire dei passi, come se Yuri o Christophe stessero facendo avanti e dietro sul pavimento.

Alla fine Yuri prende di nuovo la parola. «Pensi che questa improvvisa e folle idea di andare a visitare la città natale del Cotoletto sia parte di ciò?».

«Forse», risponde Christophe. «In primo luogo sembrava sorpreso di sapere che Yuuri Katsuki era morto. Ha addirittura provato a chiamarlo e a mandargli dei messaggi, come se fino ad allora avesse comunicato con Yūri oltre la tomba o qualcosa del genere».

Yuri sbuffa. «Forse si è imbattuto in un catfish».

Christophe emette un suono che Viktor non riesce a sentire bene ma che suona un po' come una risatina. «Catfish o no, chiunque abbia incontrato lo ha davvero cambiato. Voglio dire, mi piaceva perfino prima di tutto questo, in quella maniera in cui ti piace qualcuno di assolutamente irraggiungibile, sai?».

«... Vai avanti», dice Yuri, e Viktor riesce quasi ad immaginare il più giovane con le braccia e le gambe incrociate, un'espressione scettica ma intrigata sul suo volto.

«Ma è sempre stato come se stesse osservando noi altri dalla cima del podio come se esistessimo al di fuori di una specie di bolla di ghiaccio al di fuori di lui», continua Christophe. «Cosa che, come immagino saprai, va bene per creare del buon materiale per un rivale, ma non per un amico».

«Sì, sì,», dice Yuri. «Ma che cosa ha a che vedere con Cotoletto?».
«Hai visto com'erano al banchetto», dice Christophe. «Ed è per questo che sono sinceramente sorpreso che Viktor non avesse saputo che Yūri era morto fino alla Coppa di Cina. Basandoci sul modo in cui su comportava quando io ero in visita a San Pietroburgo, penseresti che abbia superato qualsivoglia cotta si fosse preso quella notte».

Yuri sbuffa. «Immagino di no».

Viktor si allontana poi dal muro nel momento in cui Yuri e Christophe spostano la discussione su qualcosa riguardante l'Hasetsu Castle. Poggiandosi pesantemente contro il piano del lavandino guarda lo specchio e nota, per la prima volta dopo tanto tempo, le ombre sotto i suoi occhi e il leggero diradamento dei suoi capelli.

Si getta altra acqua sul viso, cercando di far svanire l'immagine, e successivamente poggia la fronte contro il freddo vetro dello specchio.


Domani, si dice. Domani rivedrò Yūri.


Il cimitero di Hasetsu è situato sul tranquillo fianco di una collina, molto più nell'entroterra e rimasto per lo più indenne dal disastro di Aprile. Un paio di lapidi sono crepate e molte altre sembrano essere state erette di recente. Minako si fa strada tra i silenziosi monoliti di pietra, i tre pattinatori che la seguono subito dietro.

Alla fine si fermano in un angolo davvero tranquillo della collina, sotto l'ombra di un piccolo albero di cipresso. Minako si inginocchia davanti alla pietra, tira fuori un piccolo spazzolino e comincia a pulirla.

«Lascia che sia io a farlo», dice piano Viktor. Minako cede lo spazzolino, e Viktor le si inginocchia accanto, pulendo la patina di sporco che si è posata leggera sul marmo gelido. Non riconosce gran parte dei nomi sulla pietra eccetto uno.
Le sue dita ripercorrono i kanji del nome di Yūri e per un breve istante deve ricordarsi come si fa a respirare nuovamente. Minako gli prende lo spazzolino e Viktor, impotente, la guarda finire di fare pulizia.

Dopodiché la vede accendere le bacchette di incenso nei contenitori alla base. Christophe fa un passo avanti con un bouquet di rose blu tra le sue braccia. Minako le posa nel vaso anch'esso situato ai piedi della tomba e fa un passo indietro, gli occhi tenuti bassi in preghiera.

Più Viktor rimane inginocchiato presso la tomba con il cuore che scalpita nel suo petto, più l'incenso gli fa pizzicare gli occhi. Misura il trascorrere del tempo con ogni battito, cercando di afferrare quel calore che lo aveva bruciato a Barcellona. Era venuto lì per connettersi con Yūri, perciò come poteva non sentire nulla qui?
Chiude gli occhi e il rumore sibilante delle lame sul ghiaccio riempie spontaneo le sue orecchie. Con gli occhi della mente coglie improvvisamente un fotogramma di Yūri, al centro del ghiaccio in una pista che non gli è familiare, lo sguardo rivolto verso il cielo mentre comincia una routine familiare...

«Viktor?», domanda Minako. Viktor apre gli occhi. Il nome di Yūri sulla lapide è la prima cosa che vede.

«Minako-san», dice piano Viktor mentre si rimette in piedi. «Che cimeli hai di Yūri?».



 


Dopo aver lasciato il cimitero, Minako li porta al suo nuovo appartamento. Mentre Yuri e Christophe guardano una specie di strano gioco in televisione, lei porta Viktor in disparte presso una stanza piccola e poco illuminata dove una foto della famiglia Katsuki giace su un tavolino.
Accanto ad essa c'è la foto di un'altra famiglia, questa composta da una giovane coppia con tre bambine. Tutti troppo giovani per essere morti, pensa Viktor mentre osserva il tavolo.

Minako tira fuori uno scatolo dall'angolo della stanza. Al suo interno vi sono dei poster di Yūri, alcuni dei quali danneggiati dall'acqua. E poi c'è un paio di occhiali semi-distrutti dalla montatura blu, la fotografia di uno Yūri più giovane con un cucciolo di barboncino e - Viktor inspira bruscamente - un familiare paio di pattini scheggiati.
«Posso?», domanda gesticolando verso i pattini. Minako annuisce.

«Probabilmente avrebbe voluto che li avessi tu», dice. «Ha sempre desiderato competere sul tuo stesso ghiaccio. Eri l'ispirazione che lo aveva spinto a lavorare con la stessa durezza che lo ha portato a diventare il miglior pattinatore del Giappone».

I pattini sono un peso familiare nelle mani di Viktor. Sono anche un po' più piccoli di quello che ricorda, ma in effetti l'ultima volta che li aveva visti era stato nel corpo di Yūri. Sorride.

«Sono onorato», dice, e Minako ricambia il sorriso.

Viktor stringe i pattini a sé per tutto il tragitto di ritorno all'hotel. Yuri e Christophe gli rivolgono delle bizzarre occhiate, ma non dicono nulla al riguardo. Prendono qualcosa per il pranzo ad un Ramen-ya e successivamente Christophe si defila dal gruppo per andare a fare un po' di turismo. Yuri e Viktor tornano all'hotel, poi, e, mentre Yuri fa un po' di zapping, Viktor manda un messaggio a Minako.

Yūri pattinava in qualche pista qui ad Hasetsu?
Riceve risposta nel giro di un'ora. Sì. L'Ice Castle Hasetsu. Però è stato severamente danneggiato durante il disastro. Hanno finito di ricostruirlo a novembre e adesso è chiamato Katsuki Yūri Memorial Rink.

Viktor dà un'occhiata alle indicazioni per la pista e poi volge lo sguardo a Yuri, che pare essersi sintonizzato su qualche show animato su un uomo a cui piace dare pugni alle cose.

Qual è l'orario migliore per pattinare lì? Domanda a Minako.
Attorno a quest'ora è generalmente il momento di calma pomeridiana, risponde. Perché?
C'è qualcosa che ho bisogno di fare.

Yuri volge lo sguardo a Viktor dal letto su cui si è buttato. «Oh no», dice. «Hai in mente qualcosa».

«Cosa te lo fa dire?», domanda Viktor, attraversando di già la stanza verso il punto in cui giacciono i pattini di Yūri, le protezioni delle lame che brillano appena nella luce del pomeriggio che filtra dalla finestra.

«Vengo con te», insiste Yuri.

«No, invece», replica Viktor.

«Perché no?», domanda il ragazzo.

«Non capiresti», risponde Viktor.

«Mettimi alla prova».
Viktor scuote la testa e si volta verso la porta. «Quando torna Christophe digli che sono andato a fare una passeggiata e che non tornerò in tempo per cena».

«Chi porta dei pattini con se per una passeggiata?», lo sbeffeggia Yuri, voltandosi verso la televisione con una sorta di sbuffo rassegnato. «Va bene, hai vinto. Ma farai meglio a tenere il telefono con te. Ti ammazzo se ti succede qualcosa solo perché sei stato stupido».

Viktor ride. «Se lo dici tu», risponde per poi andarsene.
Chiama un taxi per raggiungere la pista. Si tratta di una delle poche costruzioni che sono state ricostruite nella parte distrutta della città, probabilmente perché la gente di Hasetsu era stata così entusiasta di renderlo un memoriale per un eroe cittadino che era perito nel disastro. Da qui riesce a sentire l'odore del sale della brezza marina e a vedere il luccicare dell'oceano oltre i cumuli di macerie che un tempo potevano essere stati un ponte che attraversava la baia. Delle nuvole stanno cominciando ad affacciarsi per coprire il sole del pomeriggio; l'odore della pioggia è forte nell'aria.

Viktor entra nell'edificio e paga la tassa pubblica all'adolescente brufoloso dietro il bancone. Tutto attorno alla lobby ristrutturata sono disposti poster e fotografie di Yūri Katsuki, così come un'intera teca di medaglie e trofei leggermente danneggiati dall'acqua. Probabilmente donati da Minako, comprende Viktor con un fitta di dolore alle interiora. Cammina oltre.
Il ghiaccio è, come Minako ha promesso, completamente vuoto per via della moria del pomeriggio. La superficie era anche stata rifatta da poco, con giusto un paio di graffi su di essa. Viktor allaccia i pattini di Yūri, stringendo la mandibola quando nota che sono un po' stretti sui suoi piedi. Dopo aver poggiato le protezioni sul sedile accanto a sé, si dirige sul ghiaccio. Dopo aver fatto un giro per abituarsi ancora una volta ai pattini di Yūri, si dirige verso il centro della pista.

La musica gli soggiunge dalla memoria. Si tratta di una richiesta disperata di vicinanza che non sapeva avrebbe mai avuto risposta fino a che non aveva incontrato Yūri. Yūri che, nell'infinita stranezza del cosmo, è venuto da lui con un anno di anticipo e troppo tardi, eppure. Le loro linee temporali erano sempre state fuori fase. E toccava a Viktor sistemare ciò nell'unica maniera in cui era capace.
Perciò volge lo sguardo al cielo, posa una mano di fianco alla sua testa e comincia il programma.

Al primo impatto è come arrancare nel buio. I pattini di Yūri premono troppo stretti sulle sue dita e per un momento tutto ciò che riempie il suo mondo è il bianco rovente del dolore. Ma continua a pattinare, preparandosi per il primo quadruplo. La musica pulsa attraverso di lui mentre atterra sul quadruplo Lutz e sente il suo cuore accelerare in risposta.

C'è qualcosa che lo sta chiamando. Quella speranza bruciante è tornata in lui; deve solo continuare a pattinare, continuare a portarla fuori. Lo sa, adesso più che mai, che deve ancora essere un pezzo dell'anima di Yūri dentro di lui. Se fosse anche solo lontanamente possibile ripristinare anche soltanto quel pezzo di Yūri, se fosse anche solo lontanamente possibile avere un'ultima possibilità per sistemare le cose, allora Viktor—

Sa che cadrà sul quadruplo flip prima ancora che le sue lame abbiano lasciato il suolo. Il mondo sembra distorcersi mentre vola attraversando l'aria, ruotando una, due, tre, quattro —

Il freddo del ghiaccio gli corre incontro all'istante e Viktor chiude gli occhi preparandosi ad un impatto che non giunge mai.


 


Note della traduttrice a.k.a gli scleri di Class Of 13

Viktor è un folle e io lo amo profondamente (anche se lui ama Yuuri, ma vbb). Come potete vedere i primi feelsoni iniziano a farsi strada nella trama e sono certa che non ho bisogno di dirvi il nome della canzone su cui Viktor pattina alla fine, no? C'è un solo pezzo in Yuri!!! On ICE che è una disperata preghiera di un amante. :"
Ad ogni modo: folle è bello, altrimenti Your Name non avrebbe senso, ma soprattutto spero voi abbiate notato come il famigerato filo rosso del destino non è una così semplice da gestire: sarebbe molto bello se a due persone bastasse essere predestinate, per stare insieme, ma zio Shinkai (così come l'autrice della fanfiction originale) ci ricorda con una certa mancanza di tatto come tale filo esista solo se due persone si impegnano per crearlo (dopotutto se Viktor non tenesse davvero a Yuuri non sarebbe andato fino ad Hasetsu, no? :P). So brace yourselves, perché hard feels are coming. Lettori avvisati, mezzi salvati.
Inoltre ci tenevo di cuore a ringraziare tutti coloro che seguono silenziosamente e non questa storia e tutti coloro che l'hanno inserita tra le preferite/ricordate. Siete la gioia di ogni ficwriter, specialmente quando lasciate qualche commento. <3
Al prossimo aggiornamento! 
Ja ne~

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Capitolo 5
*** Un ricordo senza conforto. ***


Capitolo 5: un ricordo senza conforto.
 



 

All'inizio è come annegare. Tutto ciò ci cui è cosciente è la pressione dei pattini sui suoi piedi e il bruciore nei suoi polmoni. Viktor scalcia e si dimena contro la corrente che lo trascina in basso, ma senza risultati.

E poi il mondo esplode attorno ai lui in una luce brillante e, anche se sta ancora cadendo, smette di lottare per guardare le immagini che gli sfrecciano davanti, ciascuna di esse connessa a lui da un sottile filo rosso.

«Guarda cosa so fare!», esclama un bambino pattinando per formare un piccolo cerchio sul ghiaccio. Una bambina a bordo pista lo applaude.
«Era bellissimo, Yūri!», grida.


Le immagini si sfocano e scompaiono, ma sono rapidamente sostituite da altre nuove. Yuuri e la ragazza sono più grandi, adesso, mentre guardano qualcosa in televisione.

«Quello è Viktor Nikiforov, l'attuale campione mondiale della divisione Junior. Non è figo?», domanda la ragazza.

Il piccolo Yūri fissa la televisione, gli occhi castani spalancanti e brillanti in quella maniera che Viktor ama. Viene trascinato via prima che possa reagire ulteriormente, però, e l'immagine passa a Yuuri e alla ragazza che saltano assieme sul ghiaccio. Dopodiché appare Yuuri da solo, che prova delle sequenze coreografiche finché non sono assolutamente perfette.
«Yūri -kun, anche tu hai avuto un cucciolo?», chiede la ragazza mentre si trovano davanti alle porte della pista.
«Sì!», dice Yūri ammirando il piccolo barboncino tra le sue braccia. «Il suo nome è Viktor».
«Ammiri davvero tanto, Viktor, non è così? Spero che un giorno tu possa avere la possibilità di pattinare sul suo stesso ghiaccio», dice la ragazza, e, sebbene Yūri arrossisca appena nel sentirlo, i suoi occhi brillano di una determinazione ferrea.


L'Ice Castle Hasetsu si dissolve rapidamente sotto di lui mentre viene trascinato via a Detroit. Viktor si regge al filo mentre guarda uno Yūri più grande scrivere delle domande sulla propria mano — lo osserva provare il suo quadruplo Salchow ancora e ancora finché finalmente non riesce ad atterrarci su — lo vede provare il free skate di Viktor quasi come se sapesse che un giorno avrebbe dovuto pattinarlo lui stesso —  
Stupido Viktor. Come se avesse diritto di commentare la mia solitudine. Non ricevuto chiamate o visite da nessuno che potrebbe anche solo lontanamente passare per un suo amante!
Viktor vede Yūri svegliarsi come lui in una stanza d'albergo di Pechino la notte del free skate della Coppa di Cina. Osserva Yūri pettinare i suoi capelli allo specchio e indossare il suo costume, notando con un po' di vergogna come non tocchi il suo sedere.

Viktor probabilmente andrà bene al trofeo NHK, perciò devo cercare di fare del mio meglio con il suo programma!

Guarda Yūri nel suo stesso corpo pattinare verso il centro del ghiaccio, osserva le deboli note del pezzo al pianoforte cadere piano attorno a lui, vede Yūri cadere - ma con abbastanza rotazioni - sul quadruplo flip e eseguire il quadruplo Salchow alla fine.

Questo è un pezzo sull'amore, lo so. Magari è perfino un pezzo su di noi?
E oh, quanto vorrebbe dirgli che ha ragione. Il pezzo è dedicato a loro e alla loro strana intrecciata storia d'amore che sembra trascendere il tempo e lo spazio. Ma le parole gli rimangono bloccate in gola senza possibilità di smuoverle, e l'immagine di Yūri-nei-suoi-panni che si erge sul secondo gradino del podio si distorce e si dissolve come il riflesso della luce della luna sulla superficie di un lago che si increspa improvvisamente.

Sono riuscito ad arrivare alla finale del Grand Prix! Finalmente riuscirò ad incontrare Viktor!

Oh no. Grida Viktor all'improvvisa rivelazione, ma sta già cadendo lontano dell'immagine di Yūri seduto in una cabina del bagno a Sochi, le lacrime che cadono rapide e fitte dai suoi occhi. Le gocce sembrano inseguirlo sempre più giù, sbocciando in un'altra immagine davanti ai suoi occhi.

Si tratta dell'arrivo di Yūri ad Hasetsu, con l'aria di essere più pesante di quanto Viktor ricordi, la sconfitta che si avvinghia a lui come una nuvola temporalesca. Viktor guarda una trasmissione televisiva dei Campionati Mondali venire riprodotta nella sala da pranzo di quello che doveva essere stato lo Yu-Topia Katsuki, e Yūri la supera correndo sulla sua strada per dirigersi alla pista.

Devo mostrare a Yuuko quest'ultima routine. Lei è stata la prima a farmi conoscere Viktor, la prima a credere in me. Devo ringraziarla.

«Devi uscire di lì!», urla Viktor, anche se i fili rossi lo tirano via dall'immagine di Yūri che si erge al centro del ghiaccio, pronto per la sua ultima performance. «Yūri! Ascoltami! Un terremoto e uno tsunami stanno per abbattersi su Hasetsu e avete bisogno di evacuare!».

I fili lo strascinano giù verso l'immagine finale di Yuuri e di quella ragazza - Yūko - emergere dalle macerie della pista di pattinaggio, giusto in tempo per vedere il fangoso vorticare delle onde avvicinarsi velocemente a loro.

«Yūri! Vai via da lì!», grida Viktor mentre assiste impotente ai begli occhi castani di Yūri spalancarsi per la paura. «Yūri, ti prego!».

E mentre l'acqua si abbatte per terra, Viktor urla il nome di Yūri finché la voce non lo abbandona, e allora il mondo attorno a lui precipita nell'oscurità.

Viktor annaspa mentre i suoi occhi si aprono improvvisamente. Prova a muovere la testa solo per ritrovarsi con una cuscino da viaggio comodamente arrotolato attorno al suo collo. Il borbottio del treno riempie l'aria e Viktor si volta a guardare mentre città e paesi si sfocano in lampi di grigio e bianco.

Poi coglie distrattamente il proprio riflesso nel vetro e rimane a bocca aperta. Il volto di Yūri ricambia il suo sguardo, un berretto nero calato in testa e una sciarpa di un blu brillante ben arrotolata attorno al suo collo. La sua mascherina è tirata su fino al naso e la sua giacca marrone chiaro è abbottonata su quelli che sembrano una montagna di strati. Viktor è anche piuttosto sicuro che se avesse raggiungo quegli strati e tastato un po', avrebbe trovato un nuovo strato di grasso che di sicuro non c'era l'ultima volta che si erano scambiati.

Potrebbe non andare bene per la competizione, ma in quel momento a Viktor non sarebbe potuto importare di meno. Era tornato nel corpo di Yūri. Yūri è ancora vivo. Sente le lacrime salirgli negli occhi e deve resistere all'impulso di abbracciarsi e stringersi per timore delle persone nei posti accanto al suo. Ma oh dio, vorrebbe farlo. Cataloga mentalmente ogni battito del cuore, ogni respiro. Assapora il calore della pelle di Yūri e la morbidezza del suo corpo.
Dio, il sedere di Yuuri deve essere incredibilmente soffice in questo momento. Ma non ha intenzione di mettere alla prova quell'ipotesi in pubblico.
Quasi non sente l'annuncio per la Stazione di Hasetsu, ma riesce a scendere in tempo lo stesso, trascinando la valigia rossa di Yūri con sé mentre trova gli ascensori per l'uscita.

Quasi non appena scende in stazione, si ritrova davanti ad innumerevoli poster del viso di Yūri. Viktor deve trattenere una risatina nel vederli. Yūri aveva fatto menzione in diversi resoconti in passato del fatto che fosse soltanto "uno dei tanti" pattinatori artistici in Giappone, un nessuno che non sarebbe mancato ad alcuno. Quanto si sbagliava, perfino quando era stato vivo. Poster di Yūri Katsuki sembrano ammontare all'ottantacinque percento delle decorazioni di questa stazione. Chiaramente il ragazzo è un eroe cittadino.

Una voce familiare lo scuote dalle sue constatazioni. «Yūri!», lo chiama Minako, e Viktor si volta per vederla l'altro capo del tornello dei biglietti, la gamba estesa in un arabesque mentre lo saluta con una bandiera con su il nome di Yūri.

«Minako!», esclama facendo un passo verso il tornello. Per un momento fruga in tutte le tasche subito disponibili di Yūri cercando di trovare il suo biglietto. Finalmente lo trova nella tasca dei pantaloni della sua tuta e attraversa la barriera. «È bello rivederti!».

Lei inarca un sopracciglio. «Per te è Minako-sensei, Yūri-kun», insiste. «Inoltre, come mai l'inglese? Hai lasciato il cervello in America?».
Viktor ride imbarazzato. «Diamola per buona, sì», dice. «Minako-sensei», aggiunge velocemente. Lei alza gli occhi al cielo, prende la sua mano e comincia a trascinarlo verso l'uscita.

Viktor si guarda attorno, notando che le persone lo stanno fissando e si stanno sussurrando qualcosa in giapponese. A quanto pare Yūri doveva essere stato sulla bocca tutti in città, a quel tempo. Sorride e saluta un bambino e una vecchietta mentre Minako continua a spingerlo fuori dalla stazione.

«Sei diventato più amichevole con i tuoi fan, sembra», dice. «L'America sta facendo miracoli».
«Immagino di sì», dice Viktor guardandosi attorno con curiosità mentre finalmente escono dalla stazione ed è bombardato dalla vista degli alberi di ciliegio perdere i loro petali come un gigante nevischio rosa. È una di quelle immagini del Giappone a cui quasi sicuramente non si abituerà mai, non importa quante volte vi avrebbe fatto visita in primavera. «Dove stiamo andando?».

«Ti sto portando a casa, sciocco», risponde Minako trascinandolo verso il parcheggio. «Stasera vanno in onda i Campionati Mondiali; non vorrai perderti Viktor Nikiforov, no?».

Viktor si lascia sfuggire una risata nel sentirlo. Minako gli rivolge una strana occhiata per poi sbloccare la macchina. Mentre Viktor carica il bagaglio di Yūri nel bagagliaio e prende posto nel sedile del passeggero, guarda in basso gettando uno sguardo al cellulare di Yūri per controllare l'ora.  È soltanto il primo pomeriggio. Ha tempo.

«Minako-sensei», dice mentre la macchina esce dal parcheggio. «Di recente ha sentito nulla nelle notizie riguardo… Dei terremoti?».

Viktor guarda Hasetsu sfrecciargli accanto per un po', ancora orgogliosa e bella prima della caduta, e sospira. «È soltanto…». Come dovrebbe anche solo fare una cosa del genere? «Ho soltanto la sensazione che forse dovremmo far andare via di qui tutti coloro che conosciamo il più presto possibile», spiattella.

Le nocche di Minako divento improvvisamente bianche sul manubrio, come se stesse cercando di rimanere sulla carreggiata piuttosto che sterzare di lato per accostare e chiedergli se alla fine ha perso la testa. Prende un paio di respiri profoni e poi dice, in una voce che sta chiaramente cercando di mantenere calma:

«Cosa ti fa pensare che accadrà?».

«Io —», Viktor si interrompe. Prende anche lui un respiro profondo. «Lo so e basta, va bene?».

«In genere non lanciano un allarme durante il telegiornale se c'è un terremoto in arrivo?».
«Sì, ma questo è inaspettato! Ecco perché te lo sto dicendo!». Viene fuori più petulante ed isterico di quel che avrebbe voluto, ma Minako sembra gestirlo tranquillamente, più o meno.

«Okay», dice. «Ammettiamo che io ti creda, Yūri. Cosa vuoi che faccia, fare inversione e portarci subito fuori città?».

«Non ancora». Viktor scuote la testa. «Dobbiamo far evacuare tutti quanti».

Minako annuisce lentamente. «E come proponi di farlo?».

«Io…», Viktor incespica per un momento. «Non ne sono sicuro», ammette.

Minako sbuffa. «I Nishigori all'Ice Castle Hasetsu attualmente hanno accesso a buona parte dell'equipaggiamento di trasmissione della citta. Potresti cominciare lì».
Viktor l'avrebbe abbracciata proprio lì e in quel momento se non stesse guidando e se non fosse stato sicuro del fatto che la cosa sarebbe sembrata molto fuori dal personaggio se fatta nel corpo di Yūri. Perciò, invece, opta per un semplice ringraziamento e riporta la sua attenzione sullo scenario di passaggio.

Arrivano finalmente ad un ryōkan in stile tradizionale, individuando un cartello che lo annuncia come lo Yu-Topia Katsuki all'entrata. Minako parcheggia l'auto nel cortile e scaricano il bagaglio di Yūri, trascinandolo attraverso l'entrata principale. Il respiro di Viktor si mozza al tepore che sembra permeare l'aria in questa piccola locanda. Si tratta chiaramente di un piccolo esercizio a conduzione familiare, e solo il pensiero di Yūri che cresce in un ambiente del genere fa sentire il suo cuore stranamente agitato.

Ricorda poi per cosa è qui e il gelo lo coglie in quello stesso istante. Non c'è modo per cui possa salvare l'intera costruzione così com'è da ciò che succederà. Ma potrebbe almeno provare a salvare le persone al suo interno.

Minako grida un saluto in giapponese. Alcuni momenti dopo una robusta signora di mezza età li raggiunge correndo per salutarli, gli occhi che brillano in maniera familiare. La madre di Yūri, realizza Viktor, e il freddo colpisce nuovamente il suo cuore.
Sbatte gli occhi quando c'è un improvviso e lungo silenzio e realizza che avrebbe dovuto rispondere a qualcosa che la madre di Yūri ha appena detto. «Scusami», Viktor dice, imbarazzato. «Non sono sicuro di quello che hai appena detto».

La madre di Yūri rivolge un'occhiata preoccupata a Minako, che risponde in giapponese. Dopodiché si volta nuovamente verso di lui, lo sguardo caldo e invitante.

«È passato troppo tempo dall'ultima volta che ti abbiamo visto, Yūri. Bentornato a casa», dice in un inglese accentato ma fluente.
«Oh», dice Viktor. Non è sicuro di quanto tempo sia passato, davvero. «È bello essere a casa, immagino».

«È un peccato che tu non ti sia qualificato ai Mondiali quest'anno, ma almeno questo significa che riusciamo a vederti di più!», continua la madre di Yūri, e il cuore quasi si ferma alle implicazioni del fatto che Yūri avrebbe potuto essere ai Mondiali stanotte piuttosto che qui ad Hasetsu. Specialmente adesso che sta conoscendo i cari di Yūri non è sicuro di quale situazione sia peggiore. «Ma probabilmente sarai molto affamato dopo aver viaggiato per tutto il giorno. Posso prepararti una ciotola di Katsudon, se vuoi!».

Lo stomaco di Viktor brontola un po' nel sentirlo. «Mi piacerebbe», concorda.

Ha la distinta sensazione di star mancando qualcosa, però, mentre la madre di Yūri aiuta a trasportare la valigia di Yūri nella sua camera. Viktor si affretta a seguire, cercando di memorizzare la struttura della locanda così da non sembrare un idiota perdendosi nella stessa casa d'infanzia di Yūri. Scorre nel cellulare di Yūri, cercando di trovare alcune note da parte sua che potrebbero aiutarlo. Sfortunatamente le note e i resoconti non sono lì.

Grandioso. Devo farlo prendendo la strada difficile, pensa Viktor in modo indisponente mentre viene lasciato in stanza di Yūri a vuotare i bagagli. Un paio di note su qualunque cosa Yūri faccia quando è casa aiuterebbero, in questo momento.

Dà un'occhiata in giro per la stanza e fischia quando vede il gran numero di foto e poster di Viktor Nikiforov appesi dappertutto. Sembra essere lo stesso rapporto poster-muro della Stazione di Hasetsu. È tentato di autografarli tutti quanti, ma sa che probabilmente sarebbe uno spreco di tempo.

Controlla nuovamente il suo telefono. Il free skate maschile comincia alle 7 e sono attualmente le quattro. Il terremoto dovrebbe colpire attorno alle otto e mezza, con del tempo tra la scossa principale e conseguente tsunami. Ha tempo per avvisare le persone, se lo ascolteranno.

Minako aveva detto qualcosa prima sul fatto che la famiglia Nishigori avesse all'Ice Caste accesso all'equipaggiamento di trasmissione. Deve solo capire come arrivare all'Ice Castle da qui.

Tirando fuori delle indicazioni per l'Ice Castle mentre è sulla strada, Viktor sfreccia fuori dalla stanza di Yūri.

Viene fermato a metà dell'ingresso da una donna  dai capelli corti e con le punte ossigenate e uno yukata che la denota come una impiegata dello Yu-Topia. «Come mai tutta questa fretta, Yūri?», chiede.

Viktor nota, con un po' di sollievo, che deve essersi sparsa la notizia di parlargli in inglese. «Sto andando fuori», dice.

«Fuori?», gli fa eco. «Sei appena arrivato. Mamma sta finendo di prepararti il katsudon. Perché non ti riposi un po' alle terme?».
«Ho bisogno di andare all'Ice Castle», dice Viktor mentre il suo stomaco si contorce alla realizzazione che questa donna deve essere la sorella di Yūri. Un'altra anima da salvare.

«Perciò hai deciso di tornare dopo questa stagione?», domanda.
Viktor sbatte gli occhi. «Uhm», risponde con intelligenza. Yūri, aiuto! Cosa dovrei dire?

«Lo sai che noi ti supporteremo qualunque cosa tu faccia, vero?».

«Sì», dice trovando improvvisamente interessante la brillantezza del pavimento di legno.

Sembra aver percepito il suo disagio riguardo l'argomento e posa una mano sulla sua spalla. «So che vorresti scappare e andare ad allenarti, ma mamma ha pensato che fosse strano che tu non abbia ancora salutato Vicchan».
«Vicchan», fa eco Viktor.

La sorella di Viktor lo guarda perplessa e comincia a spingerlo verso un paio di porte scorrevoli.
«Sì, Yūri, Vicchan. Lo sai. Il cane per cui hai supplicato mamma e papà per mesi? Quello che hai amato probabilmente più del resto di noi messi assieme? ANdiamo, non dirmi che te ne sei già dimenticato  —».

E poi lo spinge verso l'entrata e chiude le porte dietro di lui. Viktor quasi cade dal pianerottolo davanti al pavimento in tatami, ma riesce a trattenersi e si toglie le ciabatte prima di attraversare la stanza per dirigersi verso un altare dove giace una familiare foto di uno Yūri più giovane che stringe un piccolo cucciolo di barboncino.

Viktor espira. Yūri aveva parlato del suo cane in alcune note. Ma non aveva mai saputo il nome del cane né che fosse morto.
Ricordando ciò che Minako aveva fatto alla tomba, Viktor si allunga e spolvera la foto sull'altare con un piccolo pennello, dopodiché accende una stecca di incenso nel sostegno davanti ad essa. Nota che le targhette del cane giacciono accanto alla foto, assieme un piatto di panini al vapore in raffreddamento.

Viktor ride un po' nel vederli. Makkachin avrebbe adorato questi panini.

«Vicchan», dice piano, voltando la fotografia. Il piccolo barboncino era identico a Makkachin quando Viktor lo ha avuto. Yūri probabilmente avrebbe detto di aver avuto un cane che era morto se fosse accaduto prima del loro ultimo scambio all'NHK Trophy, perciò Vicchan deve essere morto nel lasso di tempo tra allora e il presente. Il pensiero gli fa stringere un po' il cuore.

«Viacchan, so che probabilmente tu non puoi sentirmi, e se puoi probabilmente non sapresti chi sono», dice. «Sono Viktor, la persona di cui Yūri ti ha dato il nome. Sono venuto qui per sistemare le cose. So che è egoista da parte mia dire una cosa del genere, ma Yūri non si sarebbe dovuto ricongiungere a te così presto e così violentemente. Avrebbe dovuto vivere ancora per molti anni… E riunirsi a te nel sonno, tutto vecchio, rugoso e amato...».

Riesce a sentire di nuovo il groppo in gola e la puntura delle lacrime nei suoi occhi.
«Ti prego, Vicchan, dammi la forza. Dammi il coraggio necessario per salvare Yūri e la sua famiglia dal disastro, stanotte. E dammi…», si interrompe asciugandosi gli occhi. «… E dammi la possibilità di dimostrare a Yūri che lo amo».

Rimane vicino all'altare ancora un po' prima di alzarsi e lasciare la stanza. La sorella di Yūri, che stava bighellonando nella hall con una sigaretta, gli rivolge un cenno di saluto mentre esce dal ryōkan.

Viktor tira nuovamente fuori le indicazioni per l'Ice Castle Hasetsu e corre.

L'Ice Castle sembra un po' più vecchio rispetto all'ultimo ricordo che ha di esso. Viktor controlla l'ora mentre corre su per gli scalini  che conducono alla pista. Si sta facendo tardo pomeriggio, adesso; ha circa tre ore e mezzo di tempo prima del terremoto.

Fa irruzione attraverso le porte, facendo alzare lo sguardo in sorpresa alla ragazza dietro il bancone. È Yuuko, che si apre in un sorriso e un saluto che lui ignora.

«Yūri?», domanda confusa quando non risponde.

Viktor scuote la testa. «Mi dispiace, non posso parlare giapponese al momento», si scusa.

Lei gli rivolge uno sguardo interrogativo. «C'è qualcosa che non va?».

«Sì», risponde immediatamente Viktor. «Ci saranno un terremoto e uno tsunami in Hasetsu stanotte e dobbiamo far evacuare la città il prima possibile. Posso accedere alla vostra attrezzatura da trasmissione?».

È solo dopo aver sputato fuori tutto questo che si rende conto di come il gesto non fosse assolutamente da Yūri, perché Yuuko lo sta fissando con la testa inclinata di lato.
«Ti senti bene, Yūri?», domanda. «Vieni qui; forse dovrei misurarti la febbre».

«Sto bene!», esclama Viktor. «Ti prego, Yuuko, devi credermi!».

«Vorrei poterlo fare, ma è solo che sembra  — non c'è modo per cui  —».

«Yūri!». Un'altra persona all'improvviso prende Viktor in una presa alla testa, anche se pronunciando un altro saluto in giapponese che Viktor non riesce a comprendere. Solleva lo sguardo per trovare un uomo più alto e muscoloso dal volto bonario.

«Ehi?», riesce a dire attraverso la sua riserva di ossigeno in rapido esaurimento.

«Takeshi!», lo rimprovera Yuuko. «Lascialo andare!».
L'uomo obbedisce ridendo imbarazzato e scompigliando i capelli di Viktor. «È passato un sacco di tempo dall'ultima volta che sei stato qui, Yūri! Sei grasso quasi quanto me, adesso!».

Viktor borbotta. Dopodiché viene placcato da tre bambine identiche vestite in rosa, viola e blu.

«È bello riaverti tra noi, Yūri!».

«Wow, sei davvero diventato grasso, Yūri!».

«Hai perso l'uso del giapponese in America, Yūri?».

Viktor si rimette a fatica suoi suoi piedi, abbassando lo sguardo verso le tre bambine che stanno avidamente scattando voto della sua faccia in rapido arrossamento. Una giovane coppia con tre bambine  —

«Axel, Loop, Lutz!», abbaia Yuuko. «Smettetela di molestare il poveretto; è appena tornato!».

Viktor deglutisce. Deve salvare anche loro.

«Takeshi», dice voltandosi verso l'uomo. «Ti prego, fammi un favore. Porta la tua famiglia fuori città in questo istante. Vai verso l'entroterra più che puoi e su un suolo rialzato, se possibile».

Takeshi Nishigori si acciglia. «Cosa c'è che non va, Yūri?», domanda.

«Cosa?», domandano le tre gemelle. «Impossibile!».

«Dice che ci saranno un terremoto e uno tsunami, stasera», dice Yuuko.

«Non manderebbero un'allerta se una cosa del genere stesse per succedere?», domanda Takeshi.

«Ma fino ad allora sarà troppo tardi!», insiste Viktor. «Ti prego. Fidati di me».

Takeshi annuisce e Viktor si sente pervadere dal sollievo.

Yuuko si acciglia. «Che ne sarà delle altre persone in Hasetsu? Non dovremmo avvertire anche loro?».

«Ecco perché ho richiesto l'accesso alla vostra attrezzatura da trasmissione», dice Viktor. «Dobbiamo far evacuare la città, adesso».

«Ma i Campionati Mondali sono stasera!», si lamenta Axel.

«Morirete se rimarrete qui!», grida Viktor.

Ci sono diversi minuti di silenzio. Il cuore di Viktor batte così forte che è un miracolo che nessun altro riesca a sentirlo.
E se nessun altro mi credesse? Se morissero tutti nonostante I miei avvertimenti, allora tutto ciò sarebbe colpa mia?

L'ansia si fa strada nei suoi pensieri, avvelenandoli con la paura. Riesce a sentire il suo cuore scalpitare, il respiro che accelera. Le facce della famiglia Nishigori sembrano distorcersi in esseri lontani e mostruosi.

No. Non così. Viktor strizza gli occhi. Non posso lasciare che abbia la meglio su di me adesso.

All'improvviso il nome di Yūri si fa strada nella nebbia nella sua mente. Apre gli occhi e Yuuko ha una mano sul suo braccio e un sorriso sul volto.

«Manderemo un annuncio alla città», dice. «E andremo a prendere la tua famiglia sulla strada per uscire da Hasetsu».
Viktor prende un respiro profondo e ricambia il sorriso. «Bene», dice.

«Manderemo subito una notifica stampa!», dichiara Lutz, e le tre ragazze scorrazzano immediatamente verso un paio di porte, ridacchiando.

Viktor potrebbe collassare proprio lì sul posto. La mano di Yuuko non ha ancora lasciato il suo braccio.

«Sei sicuro di volerti perdere l'esibizione di Viktor, Yūri?», domanda con gli occhi che brillano scherzosamente. Viktor ossserva le porte di vetro che conducono alla pista e con sorpresa ricorda.
Se lui è qui nel corpo di Yūri, allora ciò significa che anche Yūri è qui, ma nel suo.

«Ne sono sicuro», dice, lo sguardo fisso sulle porte di vetro. «Per favore, andate. Mandate la notifica di evacuazione e andate via di qua assieme alla mia famiglia».
Yuuko e Takeshi lo osservano scioccati all'affermazione. «Che ne sarà di te, allora?», domanda Takeshi.

«Troverò un modo per fuggire», dice Viktor, e controlla il telefono di Yūri. Sono quasi le sette. Fuori il cielo sta cominciando a scurirsi in sfumature di rosa.
Si accorge degli altri che gli altri due se ne vanno, piuttosto che sentirli, e procede a grandi falcate verso le porte che separano l'entrata dalla pista.

La prima cosa che Yūri sente quando si sveglia è freddo. La sua faccia e le sue mani sono premuti con fermezza contro il ghiaccio e riesce a sentire attraverso tutto il suo corpo il vago pulsare dell'essere caduto sul ghiaccio.

Con lentezza si tira a sedere. Un ciuffo di capelli argentati gli cade sugli occhi.

Oh. È nel corpo di Viktor.

Yūri si guarda attorno. La pista su cui è seduto ha ancora la familiare insegna dell'Ice Castle su di sé, perciò deve essere ancora in Hasetsu.

Allora cosa ci fa Viktor ad Hasetsu? E indossando i suoi pattini, nientedimeno?  

Yūri pattina lentamente verso l'entrata della pista, aggrappandosi ai bordi per reggersi. Le sue dita sembrano essere troppo compresse in questi pattini e il suo intero corpo gli duole. Qualunque cosa Viktor abbia fatto al suo corpo potrebbe richiedere presto una visita medica.

Esce dal ghiaccio, trova le sue protezioni e le indossa. Alla fine si rimette le scarpe di Viktor e si avvia a grandi passi fuori dalla pista  —
Solo per ritrovarsi in un'entrata completamente diversa. I muri sono pieni di suoi poster e foto; c'è perfino una teca da esposizione piena di suoi trofei.

Il cuore di Yūri sembra aver preso posto fisso nella sua gola. Dove li —

I suoi occhi ricadono sulla targhetta sulla porta, e la raggiunge di corsa per leggerla, sentendo il suo stomaco precipitare mentre lo fa.

 
Questa pista, precedentemente chiamata Ice Castle Hasetsu, è stata ricostruita e rinominata in ricordo di
Katsuki Yūri
1992 - 2016
Uno dei migliori pattinatori artistici del Giappone e primo nei nostri cuori.


Yūri scheggia fuori dalla struttura, il cuore che palpita. Dalla cima delle scale osserva la pila di macerie che era stata il ponte che collegava lo Yu-Topia e l'Ice Castle, e i gusci di così tante altre strutture familiari attorno alla pista. Il sole sta già tramontando, morente nel cielo sfumato di rosa, ricoprendo le rovine innevate di pagliuzze d'oro brillante.

Allora quello tsunami…

Le ginocchia di Yūri tremano. Si accascia sull'asfalto, osservando il paesaggio devastato.

… Deve avermi ucciso.


 


Note della traduttrice a.k.a gli scleri di Class Of 13

Chiedo umilmente perdono per il ritardo, ma per colpa di un inconveniente avevo perso la prima parte del capitolo e quindi ho dovuto tradurre ripartendo dall'inizio di quest'ultimo. Ci siamo, mancano solo due capitoli alla fine della storia e ormai siamo al culmine degli avvenimenti: ce la farà Viktor a salvare Hasetsu dall'incombente disastro e ad incontrare finalmente il nostro Yuuri? Se volete un mio consiglio spassionato (no, non è vero, è un consiglio da fag del film, ma dettagli) potreste ascoltare Sparkle dei RADWIMPS durante la lettura del capitolo, giusto per sentirvi come se steste guardando il film.
E vi avviso, se io mi sono commossa traducendo questo capitolo... Nel prossimo si piange a fontana, e tanto, perché c'è il mio momento preferito di tutta la storia e di tutto il film a cui si è ispirata e io semplicemente non reggo.
Al prossimo capitolo!
Ja ne~

 

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Capitolo 6
*** Tu emergi dall'eternità. ***


Capitolo 6: tu emergi dall'eternità.



Viktor non ritrova il proprio corpo sul ghiaccio. Certo che no; come potrebbe? Tecnicamente dovrebbe trovarsi a miglia di distanza, a Tokyo, a prepararsi per pattinare "Stammi Vicino" un'ultima volta.

Le loro linee temporali sono ancora fuori sincrono. Ma questa è anche l'occasione in cui sono stati più vicini l'uno all'altro, escludendo la finale del Grand Prix di Sochi.

All'improvviso ricorda, ma attraverso gli occhi di Yūri…
«Yuri!», la voce di Viktor risuona alle spalle di Yūri. Si volta, l'espressione che si abbatte quando nota che Viktor sta parlando con Yuri Plisetsky. «Il tuo free skate era buono, ma dovresti lavorare sulle tue sequenze di —».
«Ho vinto, perciò che importanza ha?», domanda l'altro Yuri, mentre Yūri cerca di far rallentare il battito del proprio cuore.
Forse semplicemente non mi ha ancora notato. Ci siamo scambiati di posto per tutto l'anno, dopotutto; dovrà notarmi di sicuro. Però… Se non è più successo dal Trofeo NHK… Deve essere deluso dal fatto che sono andato così male alla finale del Grand Prix…


Viktor sente un bruciore al fianco mentre sfreccia oltre le stanze che circondano la pista, controllando ciascuna di esse qualsiasi indizio sul fatto che Yūri possa essere stato lì. È l'unico rimasto nell'Ice Castle, adesso, e tutto attorno a lui strombazza la notifica di evacuazione, in inglese e in giapponese:

Sono previsti un terremoto e uno tsunami ad Hasetsu, stanotte. Tutti coloro che sono situati vicino la costa devono evacuare verso zone nell'entroterra o verso suolo rialzato.

«Yūri!», grida Viktor, anche se il corpo di Yūri protesta contro ogni suo movimento con stilettate di dolore ai fianchi. «Yūri, dove sei?».


«Yūri!», grida Viktor mentre finalmente irrompe nell'entrata, la mente frastornata per via del ricordi di Yūri. Come avrei potuto saperlo, allora? Come avrei potuto sapere che avevi già avuto modo di conoscermi, che ci saremmo scambiati i corpi? Eppure

Il bruciore dell'alcol scorre nel corpo di Yūri. Non è sicuro di quante bottiglie abbia bevuto, e tutto non è che un frastornante ed euforico caos.
«Quando la stagione sarà finita potresti venire ad Hasetsu!La mia famiglia gestisce un resort termale e saremmo lieti di averti come ospite!», blatera Yūri mentre si struscia contro il corpo di Viktor, mezzo svestito e con una cravatta legata attorno al collo. «Se vinco questo dance-off dovrai diventare il mio coach, okay? Be my coach, Viktor!».


«Yūri!». La voce di Viktor si sta facendo rauca mentre scorre fuori sulla scalinata antistante la pista. Le ombre attorno a lui si stanno allungando. «Yūri, sei qui, non è vero?».

Yūri sobbalza nel momento in cui sente il proprio nome riecheggiare nel vento. Si rimette a fatica in piedi, le ginocchia ancora deboli, e si guarda attorno. Il cielo sta cominciando a scurirsi da tonalità dorate a rosa e violetto mentre il sole si avvicina sempre più alle montagne ad ovest.

«Viktor?», lo richiama correndo verso la pista. «Viktor, dove sei?».

Viktor, dove sei?

Viktor si guarda disperatamente attorno alla ricerca della fonte dell'eco. «Yūri!», grida di rimando, correndo verso le scale.

C'è un improvviso spostamento d'aria, un inaspettato tuffo al cuore, e Viktor sa.


 

C'è un improvviso spostamento d'aria, un inaspettato tuffo al suo cuore, e Yūri sa.

Si volta verso lo spazio vuoto davanti agli scalini e allunga un braccio. «Viktor, sei…»

«Lì?», sussurra Viktor, mentre si allunga verso lo spazio vuoto davanti alle porte della pista.

Niente.

Il rosa si scurisce in violetto, e gli ultimi deboli raggi del sole dorato scompaiono dietro le montagne.



Yūri volge lo sguardo al paesaggio marittimo.. Nel crepuscolo morente tutto è al confine, irreale. Per un breve istante le macerie diventano nuovamente edifici imponenti, e poi, in un battito di ciglia, tornano ancora una volta ad essere rovine.

Lentamente volta la testa e il respiro si mozza quando vede la figura alta e affusolata di Viktor Nikiforov in piedi davanti a sé.

«Viktor», soffia, e Viktor apre le braccia, e Yūri si precipita tra di esse, la vista offuscata dalle lacrime mentre si aggrappa con tutto se stesso al corpo assolutamente reale, assolutamente familiare del suo idolo e… Qualunque cosa loro siano adesso. Sente le braccia di Viktor circondarlo, rassicuranti e sicure, e non riesce a fare a meno di singhiozzare nell'incavo della spalla di Viktor. «Viktor, sei tu, sei veramente tu!».
«Sì», dice Viktor, e il suo respiro è un delicato mormorio rivolto all'orecchio di Yūri. «Sono io. Sono venuto a trovarti. Mi dispiace che mi ci sia voluto così tanto tempo per trovarti».

«Ma tu… Sei venuto quando io ero…».

«Sapevo che una parte di te era rimasta ancora in me, e ho provato a tirarla fuori pattinando sulla tua ultima routine».

«Io stavo pattinando sulla tua routine». Yūri spinge appena Viktor, gli occhi spalancati mentre ricorda il modo in cui si era svegliato. «E perché avresti fatto qualcosa di così stupido? Lo sai che miei pattini sono piccoli per te! Ti sei fatto male!».
Viktor non riesce a fare a meno di ridere nel sentirlo. Questo è lo Yūri che ricorda, agitato e preoccupato e così terribilmente, terribilmente carino.
Ma Yūri non ha finito di rimproverarlo. «Inoltre, che cos'è questa fissa per il mio sedere? Phichit ti ha visto mentre lo palpavi, sai».

«Non potevo farci niente! È stato soltanto una volta, o due…». O sempre

Yūri, chiaramente, non se la beve. «Pervertito», dice, ma c'è una certa tenerezza nella sua voce, come se stesse accontentando qualcuno di amato. Viktor sente il cuore palpitare al pensiero.

«Per la cronaca, il tuo sedere è perfetto», dice, e Yūri diventa di colore rosso acceso. «Tutti coloro che erano presenti al banchetto della finale del Grand Prix dell'anno scorso sono d'accordo con me, perché tu lo sappia». Si interrompe. «E mi dispiace non averti riconosciuto subito a Sochi. Non avevo cominciato a scambiarmi con te fino a dopo i Mondiali di quest'anno, perciò mi ci è voluto un tempo vergognosamente lungo per capire che era da allora che tu non c'eri più».

Yūri sorride. Sembra quasi impossibile essere arrabbiati con Viktor, non importa quanto siano frustranti le cose che fa. «Dovresti mangiare del cibo vero ogni tanto, e abbracciare di più Makkachin».

«Sono orgoglioso di te per averti visto atterrare sul quadruplo Salchow», risponde Viktor. «E per averti visto tentare il quadruplo flip».

«Dovevo farlo; era parte del tuo programma». Yūri fa una pausa, le sopracciglia che si corrugano mentre ricorda improvvisamente qualcosa. «A proposito, il tuo free skate di quest'anno era…».

«Dedicato a te?», domanda Viktor, e il più bello dei sorrisi si fa strada sul suo volto. «Sì».

Yūri lo bacia.
Non è sicuro di cosa lo spinga a farlo. Le labbra di Viktor sono così morbide sotto le sue e, anche se il russo si irrigidisce per qualche istante per la sorpresa al primo contatto, si scioglie rapidamente poco dopo, le braccia che tornano attorno a Yūri. Il cuore di Yūri canta.

Si separano dopo quelli che avrebbero potuto essere minuti, o ore, o giorni. L'espressione di Viktor appare leggermente senza fiato e il rossore si sta facendo rapidamente strada sulle guance di Yūri mentre si strofina il retro del collo.

«Scusami», dice.

«Non scusarti», dice Viktor, e preme un bacio più tenero e rapido sulle labbra di Yūri. Yūri sospira.

«Perciò c'è un terremoto in arrivo», dice dopo essersi ritratto.

«Hai ancora più o meno un ora prima che colpisca», risponde piano Viktor voltandosi verso l'oceano. «Ma è lo tsunami ciò di cui mi preoccuperei maggiormente».

«Che mi dici degli altri? La mia famiglia? Yūko e Takeshi? Minako-sensei?».

«Gli ho detto di evacuare», dice Viktor. «Se tutto è andato bene, in questo momento dovrebbero essere fuori pericolo».

«Bene». Yūri gli sorride. «Grazie, Viktor».

«No, hai fatto tutto tu», risponde Viktor.

Yūri annuisce, volgendo anche lui lo sguardo all'oceano. Il crepuscolo sta rapidamente sfumando nella notte; gli ultimi resti di oro stanno scomparendo dietro le montagne. Questo momento di confine è quasi terminato.
«Yūri», dice Viktor all'improvviso, e Yūri si volta per trovarlo con una penna nella sua mano. «Giusto in caso dovessimo svegliarci senza ricordare cosa siamo facendo qui, o chi eravamo l'uno per l'altro», dice mentre scrive qualcosa sulla mano di Yūri. Poi la prende e ne bacia l'anulare, un sorriso sul suo volto. «Ti prego, stammi vicino».

«Lo farò», concorda Yūri mentre prende la penna e la mano di Viktor. Viktor sente la punta della penna scorrere sulla sua mano e poi, all'improvviso, l'ultima pagliuzza di oro nel cielo scompare, e Yūri non c'è più.

La penna cade sul cemento e Viktor rimane con una linea sulla sua mano.

Yūri chiama i suoi genitori non appena fugge dall'Ice Castle.

Sua madre risponde al primo squillo. «Yūri?», domanda con voce preoccupata. «Abbiamo sentito la trasmissione di emergenza. Stai bene?».

«Sto bene, dice Yūri mentre giunge ai gradini che portano sulla montagna sulla quale si erge di Castello di Hasetsu. «Perché stiamo parlando in inglese?».

Sua madre ridacchia. «Pensavo avessi perso il tuo giapponese in America».

Yūri si acciglia. Non ricorda di averlo detto. «Beh», dice in giapponese, «è tornato». E, prima che lei possa commentare al riguardo, aggiunge: «E tu che mi dici? Tu, papà e Mari state bene?».

«Ci stiamo dirigendo fuori città con Minako-senpai», risponde sua madre.

«Che mi dici di Yūko e Takeshi?». I gradini sembrano continuare all'infinito, e sta già cominciando a sentirsi senza fiato. Ma sa che non può smettere di correre, non adesso. Prende un respiro profondo e continua ad andare avanti. «Stanno andando via anche loro?».

«Sono subito dietro di noi, penso», dice Hiroko. «Hai l'aria di essere senza fiato, caro. È tutto —».
«Chiamami quando è finita!», esclama Yūri, e riattacca così da poter digitare il numero di Yūko. Il profumo dei fiori di ciliegio è intenso nell'aria e una brezza fredda sta soffiando. Rabbrividisce. Viktor si è tolto il suo cappotto e si è dimenticato di rindossarlo.

Ma ancora, preferirebbe essere infreddolito piuttosto che morto.

Yūko risponde dopo un paio di squilli. «Yūri-kun! Dove sei?», domanda.

«Mi sto dirigendo al castello!», grida Yūri mentre continua ad arrampicarsi sugli scalini che
conducono su lungo il versante della montagna.

«Lì non sei al sicuro dal terremoto!», controbatte Yūko, e, quasi certamente, quando Yūri alza lo sguardo, il Castello di Hasetsu si staglia su di lui quasi come se fosse un presagio.

«Ma è il posto più alto che posso trovare vicino l'Ice Castle», dice Yūri.

«Veniamo a prenderti», dichiara Yūko.

«No, non lo farete», taglia corto Yūri. «Uscite di lì. Salvatevi».

Attacca, notando all'improvviso che il mondo attorno a lui sembra stranamente immobile.

Poi c'è un improvviso allarme squillante dal suo telefono e il terreno sotto i suoi piedi comincia a tremare.

I flash brillanti delle machine fotografiche sono irritanti in una buona giornata e positivamente accecanti in una cattiva. Oggi tendono più verso il lato negativo. Viktor si lascia scivolare sopra le voci dei reporter. Stanno riempiendo di domande Otabek Altin, comunque, perciò non è che debba ascoltare con troppa attenzione.

«Signor Nikiforov, quali sono i suoi piani per la prossima stagione?», domanda improvvisamente un reporter.

Viktor sbatte gli occhi e poi abbassa lo sguardo, non volendo dire alla stampa che non è davvero sicuro di cosa fare dopo. Cinque campionati mondiali, cinque Grand Prix, troppi Campionati Europei per essere contati — Non è abbastanza?

«Signor Nikiforov?», domanda nuovamente il reporter, ma in quel momento, lo schermo più vicino che sta mostrando la trasmissione della conferenza stampa viene improvvisamente mutato con un con un riquadro di allerta che appare proprio sotto le facce dei campioni. Un allarme comincia a suonare.

All'improvviso le telecamere sono spostare verso uno dei dei presentatori — Morooka, ricorda Viktor, quello piuttosto magniloquente — che comincia a leggere qualcosa in giapponese con la più pallida e terrorizzata delle espressioni sul suo volto.

«Che sta succedendo?», sussurra Viktor a Christophe. Christophe indica il proprio telefono. Viktor tira fuori il suo e legge lo schermo.

Un'Allerta di Emergenza Terremoto è stata notificata. Prestate attenzione a forti scosse nelle seguenti prefetture: Nagasaki, Saga e Fukuoka.

Morooka continua a dare l'annuncio mentre Viktor cerca notizie sul suo telefono. A quanto pare alle 20.30 c'era stata una scossa di terremoto di magnitudo 7.6 al largo della costa della cittadina di Hasetsu. È stata notificata anche un'allerta tsunami per le persone residenti nelle prefetture coinvolte.

Il pavimento trema solo leggermente. Il cuore di Viktor batte un po' più in fretta e il suo stomaco si contorce. Sa che non è davvero in pericolo qui a Tokyo, lontano da dovunque il terremoto stia avendo luogo. Allora perché si sente come se una parte di sé lo sia?


 


Yūri sa che la prima cosa che deve fare se viene colto da un terremoto mentre è fuori è trovare uno spazio aperto. Il problema è che c'è davvero poco spazio aperto su questa collina, il pavimento si sta spaccando sotto i suoi piedi e gli alberi hanno l'aria di essere sul punto di crollare su di lui da un momento all'altro.

Yūri si sostiene contro il muro di pietra la lato del sentiero che conduce al castello. I suoi occhiali sfuggono e li toglie mettendoli da parte. Il mondo si sfoca e trema mentre continua a correre verso l'alto, verso il punto panoramico dove c'è un piccolo spazio aperto. C'è un suono borbottante proveniente da qualche altra parte della collina e si affretta a percorrere gli ultimi metri che lo separano dal punto panoramico giusto in tempo per vedere il Castello di Hasetsu ondeggiare pericolosamente nell'oscurità.


Perde l'equilibrio alla sbandata successiva, riuscendo a malapena a mantenersi prima che un'altra scossa lo getti a terra. Le sue ginocchia e i palmi delle sue mani si infiammano per il dolore e sibila, mettendosi a sedere per valutare i danni. Tuttavia un forte cigolio lo costringe a fermarsi e voltarsi, scioccato.
Alla sbandata successiva, la copertura di legno che ricopriva parte del punto panoramico crolla improvvisamente e Yūri corre disperato verso la ringhiera per evitare le travi in caduta. Si aggrappa al metallo freddo e si rimette a fatica in piedi, mantenendosi alla ringhiera mentre il terreno trema sotto di lui.

Qua fuori guarda le luci di Hasetsu tremolare e accendersi. Senza prestare davvero attenzione alza la mano per controllare le ferite sul palmo e nota, invece, qualcos'altro.

Ti amo.
Chi lo ha scritto? Si domanda Yūri distrattamente, fissando le due parole. Sa che qualcuno lo ha fatto e che anche lui lo ama, ma non riesce esattamente a ricordare chi sia, in questo momento, o perché sia stato spinto a scrivere delle parole del genere a Yūri. Sa che è qualcuno di familiare, in qualche modo. Ma chi? E perché sembra come se, anche se sa di essere maledettamente vicino all'epicentro di un terremoto, che una parte di lui sia completamente in pace?

I petali dei fiori di ciliegio cadono all'impazzata attorno a lui mentre gli alberi nel punto panoramico scricchiolano e ondeggiano. In lontananza Yūri riesce a scorgere appena il ponte che attraversa la baia ondeggiare, con le macchine rimaste su di esso scivolare e schiantarsi le une con le altre.

E poi, come un tutt'uno, tutte le luci di Hasetsu si spengono.

Questa è un'allerta d'emergenza per uno tsunami. L'NHK sta trasmettendo questo annuncio in inglese, cinese, coreano e portoghese.

Viktor non riesce a distogliere lo sguardo dallo schermo mentre è in piedi nella sala da ballo con il resto della comunità del pattinaggio artistico, mentre guarda la trasmissione dell'allerta.

L'agenzia meteorologica avvisa che degli tsunami sono attesi nelle seguenti aree: costa della Prefettura di Saga.
Viktor è solo vagamente cosciente di qualcuno - Sara Crispino, forse? - tirare fuori il proprio cellulare e chiamare qualcuno. Il suo cuore sta battendo furiosamente nel petto, minacciando di esplodere. C'è qualcosa che gli sfugge, qualcuno che gli sfugge, e non sa esattamente determinare cosa sia, o nominare chi sia.
“What’s wrong?” Mila’s voice is distant, faint. The music of the banquet, and all the other noises
«Cosa c'è che non va?». La voce di Mila è distante, debole. La musica del banchetto e tutti gli altri rumori provenienti dale persone che lo circondano gli giungono come se li stesse ascoltando sott'acqua.
Tutto ciò che riesce a sentire sono i battiti del suo cuore e la trasmissione:


Le onde possono essere alte fino a 3 metri in alcune delle aree menzionate. Tutti coloro che si trovano vicino la costa devono evacuare verso zone rialzate.

«Non risponde», la voce di sara, anche se distante, suona come se sia sull'orlo delle lacrime.

«Magari ha spento il cellulare. Lo sai che lo fa, alle volte», risuona la voce di Christophe.

I pugni di Viktor si stringono. Chi è questa persona? Chi sto dimenticando?


 

Su una collina, proprio sotto un vecchio castello in rovina, un telefono con una cover azzurra ricoperta di barboncini si illumina con la notifica di una chiamata persa.

Le onde giungono, giungono e giungono.
Ingoiano il vecchio ponte che attraversa la baia e si infiltrano tra le strade, allagando le case e i negozi rimasti ancora in piedi e trascinando via le auto. Riempiono le stanze di un vecchio ryokan fino che a lo foro di un ragazzo e del suo cane non sta mulinando nella corrente fangosa, e i poster di Viktor Nikiforov di quel ragazzo stanno galleggiando dopo essersi staccati dai muri.
Trascinano i detriti di una vecchia pista di pattinaggio per le strade della cittadina deserta, assieme a barche e macchine e altri edifici crollati.

Le onde giungono e giungono, e le sirene suonano ancora, ma, oltre a quello, Hasetsu è muta come una tomba.


 

Note della Traduttice a.k.a Gli scleri di Class Of 13

Sono in tremendo ritardo, lo so. Ma ehi, dovevo studiare per un esame, quindi ho dovuto rimandare la traduzione di questo penultimo capitolo a... Stasera. Si tratta di una traduzione fatta in tempi record (perdonate eventuali errori, ma il mio cervello è ancora in fase di ripresa) ma di un capitolo che mamma mia, che feels. Ispirato alla scena del Katware Doki del film originale, io vi consiglio di ascoltare proprio l'omonimo pezzo suonato dai RADWIMPS, giusto per farvi male da soli.
E ora qualche piccola nota informativa: come giustamente ci informano nel romanzo di Your Name (su cui non sono ancora riuscita a mettere la zampe, ahimé) "kataware doki" è un'espressione dialettale di Itomori, la città di Mitsuha. Il termine da cui deriva è "tasokare doki", che è proprio il crepuscolo: "kataware doki", invece significa letteralmente "momento del frammento" ( non ricorda una certa cometa, nono) e può essere interpretato come "momento della metà", proprio perché è l'istante di tempo quasi magico in cui due persone destinate finalmente si incontrano.
Al prossimo (ed ultimo) capitolo!
Ja ne~

 

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Capitolo 7
*** Penso a te (ma non lo dico più). ***


Capitolo 7: Penso a te (ma non lo dico più).
 


Viktor.
Viktor, dove sei?
Mi hai chiesto di starti vicino, ma non posso farlo se non riesci a ricordarti di me.
Viktor, ti prego, non andare; ho paura di perderti…


«Viktor sta bene, Yuri, i dottori hanno detto che non ha riportato alcuna ferita. Nemmeno una slogatura. Sarà in forma per i campionati nazionali russi alla fine del mese, ne sono sicuro».

«Non è quello il punto. Hanno detto di averlo trovato privo di sensi fuori dalla pista dopo una caduta».
Viktor Nikiforov considera brevemente l'ipotesi di lasciare che le due persone nella stanza - Christophe Giacometti e Yuri Plisetsky, a giudicare da come suonano - sappiano che può udire ciò che stanno dicendo, ma non lo fa.
Invece rimane lì disteso con gli occhi chiusi, la sua mente che cerca di riottenere la percezione di dove si trova.

È vivo, innanzitutto. Disteso su un letto da qualche parte. Yuri e Christophe sono nei paraggi. Ma c'è qualcosa che manca, e la parte peggiore è che non sa chi o cosa sia.

«Però i dottori dicono che sta bene. Dovresti semplicemente lasciarlo riposare. Ad essere sinceri è piuttosto carino».
«Sei disgustoso», taglia corto Yuri. C'è il fruscio di qualche genere di involucro. «Tieni. L'ho preso dalla bancarella in fondo alla strada».

C'è un momento di pausa. «È delizioso».

«Sì, come ti pare». Yuri prende posto vicino al letto. «Sapevo che questo viaggio era una follia. Odio avere ragione».

«Sei solo indolenzito da tutto lo sforzo fisico che l'atto del ricostruire richiede».
«Ehi! Si tratta dell'idea stupida avuta da Viktor! Non aveva tempo per autocompiacersi per aver vinto l'oro alle finali del Grand Prix per sei volte di fila. No, è "andiamo a vedere come se la cava Katsudon", "andiamo a dare una mano a Katsudon nel ricostruire la città", "mi domando se Katsudon sarà felice di vederci", come se fosse innamorato del tipo o qualcosa del genere!».

«Te ne stai accorgendo solo ora che è innamorato?», ridacchia Christophe. «È come se fosse una persona completamente diversa in questi giorni. Il resto di noi se n'è accorto da un miglio di distanza».

«Sì, ed è disgustoso. Viktor Nikiforov è morto».
«Fuori il vecchio, dentro il nuovo», dice Christophe cantilenando. «Accettalo e basta, Yuri. La storia di Yūri Katsuki quest'anno lo ha davvero cambiato. Non sapremo mai davvero come o perché, ma lo ha fatto».

Viktor è appena cosciente della lacrima che scorre lungo la sua guancia nel sentir menzionare il nome di Yūri.

«Guarda, Chris. Lo hai fatto piangere nel sonno, mostro».

Christophe ridacchia. «Viktor, forse non dovresti origliare».

Viktor borbotta, tenendo gli occhi chiusi. «Yuri a te importa», bofonchia e il letto affonda bruscamente mentre Yuri si arrampica all'improvviso su di esso.

«Svegliati, vecchiaccio!», grida direttamente nell'orecchio di Viktor, come a voler compensare per il suddetto momento di preoccupazione.

Viktor strilla e apre gli occhi.

Si pente immediatamente della sua azione, perché le luci nella stanza sono fin troppo brillanti. Per prima cosa prova a sedersi, ma poi qualcuno lo preme nuovamente giù. Non appena i suoi occhi si abituano alla luminosità, si rende conto di essere in una stanza d'ospedale.

Yuri compare nel suo campo visivo, apparendo scontroso come Viktor si aspetta che sia. «Io ti ammazzo, razza di imbecille!», scatta Yuri. «Ti ho detto di tenere con te il cellulare! Immagina la mia sorpresa quando quella signora di nome Minako mi ha chiamato e mi ha detto che la gente della pista di pattinaggio ti stava portando in ospedale perché avevi avuto una caduta e poi sei barcollato fuori come se avessi ricevuto una concussione!».
«L'ho ricevuta?», domanda Viktor.

Yuri ribolle. «Sorprendentemente, no», dice. «Infatti non hai preso storte né ti sei rotto qualcosa. Cosa che penso che non sia niente di meno di un fottuto miracolo».

«Non ci saremmo mica voluti perdere i mondiali, no?», aggiunge la voce di Christophe da accanto a lui. Viktor volta il capo e lo svizzero agita la mano in segno di saluto.

«Saresti deluso dal vincere l'oro semplicemente perché ho ricevuto una concussione», sottolinea Viktor.

«Un punto», concede Christophe. «I dottori dicono che sei libero di andartene non appena ti senti pronto».
Viktor chiude gli occhi. Il corpo gli fa ancora male per via della caduta, ma almeno può riposare meglio sapendo che non aver ricevuto danni preoccupanti. Anche se tutto gli sembra peggio di quel che è realmente, perciò forse rimarrà qui un altro po'.

«Dove ci troviamo?», domanda.

Yuri borbotta l'ora familiare borbottio delle "vongole-andate-a-male". «Siamo in Giappone, stupido», dice.
«Hasetsu», aggiunge Christophe. «Sei venuto qui per trovare Yūri Katsuki».

Il nome gli dice qualcosa, ma Viktor non è del tutto sicuro del perché
«Forse dovrei richiamare il dottore e farti dare di nuovo una controllata. Potresti avere dei danni cerebrali, dopotutto», dice Yuri, e Viktor scuote il capo.

«No, no, sto bene», dice e si mette lentamente a sedere.

La mano di Christophe è immediatamente sul suo braccio, la preoccupazione evidente nella sua espressione. «Sicuro di stare bene?», chiede.

Viktor muove il braccio fuori dalla presa di Christophe e si mette testardamente in piedi. La testa gli gira un po' e si aggrappa al corrimano del letto d'ospedale per bilanciarsi.

«Ho fame», dichiara, prima che Christophe o Yuri possano spingerlo di nuovo sul letto. «Andiamo a mangiare il katsudon».
Viktor è ben cosciente delle strane occhiate che Yuri e Christophe si scambiano a cena.

Le ignora comunque, concentrandosi maggiormente sulla deliziosa ciotola di cotoletta impanata davanti a sé. Gli porta alla mentre distanti ma affezionati ricordi di tepore e risate. Non è sicuro del perché, ma lo assapora lo stesso.

Quando rimette giù la sua ciotola vuota e si guarda attorno, scorge un frammento di un poster familiare sul muro.

Si tratta di Yūri Katsuki, le braccia estese verso il cielo, il Castello di Hasetsu che brilla sullo sfondo. Viktor sente il suo cuore perdere un battito alla vista anche se, ancora una volta, non è del tutto sicuro del perché.

Minako Okukawa giunge a salutarli dopo il pasto, questa volta con una bottiglia di saké. Viktor ne rifiuta un bicchiere, però, perché la testa gli pulsa ancora leggermente. Perciò Minako versa un bicchiere a sé e a Christophe, e bevono l'uno alla salute dell'altro.

«Devo dire che siamo tutti davvero grati per la vostra visita qui», dice Minako dopo aver posato il proprio bicchiere. «È un gesto di solidarietà davvero commovente stare con Yūri durante la ricostruzione della sua città natale».

Viktor sbatte gli occhi. La cosa gli suona strana, per qualche motivo, eppure tutti la stanno trattando come se non fosse altro che la verità. «Come se la passa?», domanda, la voce esitante.

Minako sospira. «Potrebbe andare peggio», dice. «Hiroko e Mari dicono che non dorme molto, se non affatto.

«Quando tornerà?», domanda Yuri. «Devo ancora fargli il culo sul ghiaccio».

«Si spera in tempo per la prossima stagione», risponde Minako facendo spallucce. «Ma chi lo sa? La ricostruzione è ancora in corso, e Yūri si rifiuta di andare fino a che le cose non tornano nuovamente ad essere come prima. È testardo fino a quel punto».

«Potrebbe allenarsi qui, no?», domanda curioso Viktor.

«Avrebbe bisogno di un coach, qui, e non ci sono coach nell'intera prefettura che potrebbero essergli di qualche utilità», dice Minako. «Ecco perché in primo luogo è andato a Detroit».

Viktor annuisce mentre Christophe finisce il suo bicchiere di saké e se ne versa un altro. Yūri Katsuki. L'unica cosa chiara che ricorda su quell'uomo è il suo ballare ubriaco al banchetto della finale del Grand Prix e una promessa biascicata di cui non riesce proprio a ricordare le parole.
Viktor non riesce a dormire, quella notte. Si gira e rigira, fin troppo cosciente del russare di Christophe nel letto accanto al suo e di Yuri che borbotta qualcosa in russo nell'altro letto dall'altra parte della stanza.
Alla fine si tira fuori dal letto e si dirige verso la finestra, guardando la cittadina ancora in fase di recupero in basso.

Cerca le notizie sul terremoto e sullo tsunami di aprile. C'erano stati danni diffusi, ma le vittime erano state sorprendentemente poche (meno di cinquanta persone erano morte o ferite, infatti) per via di una richiesta di evacuazione largamente in anticipo e tempestiva. Maggiormente degno di nota era il miracoloso salvataggio della leggenda del pattinaggio artistico giapponese Yūri Katsuki, che in qualche modo era sopravvissuto al cuore del terremoto e conseguente tsunami mentre si trovava sulla cima della collina sotto il Castello di Hasetsu. Dopo essersi completamente ripreso, Yūri si è preso una stagione libera per aiutare nella ricostruzione della sua cittadina, e le numerose donazioni dai suoi fan in tutto il mondo hanno velocizzato il recupero del paese molto più di quanto previsto in origine.
Eppure, mentre Viktor cammina per le tranquille strade di Hasetsu, sulla strada per la Pista di Pattinaggio "Katsuki Yūri" riaperta di recente, nota che ci sono ancora molte costruzioni che sono poco più di pile di macerie. Hasetsu ha ancora una lunga strada davanti prima di poter essere dichiarata completamente ripresasi, ma almeno è sulla buona strada per esserlo.

Le porte della pista sono sbloccate. L'entrata è ricoperta di foto di Yūri nelle sue competizioni, e c'è perfino una teca di vetro che mostra dei trofei leggermente danneggiati dall'acqua proprio davanti alle porte centrali. Al bancone Yūko Nishigori sta completando delle scartoffie, con Takeshi Nishigori che spazza il pavimento dell'entrata. Le loro figlie sono distese su una delle panchine vicino alla teca dei trofei, rivolgendo degli "ooooh" e "aaaah" a qualcosa nei loro telefoni.

Quella in viola alza lo sguardo quando Viktor entra. «Ehi, è Viktor Nikiforov!», esclama.

Viktor sorride e rivolge un cenno di saluto. Le tre gemelle sciamano immediatamente verso di lui, scattandogli delle foto e chiedendo degli autografi.
«Ehi, ehi!», le sgrida Takeshi, «Lasciatelo respirare!».

«Ci scusi, le nostre ragazze sanno essere piuttosto entusiaste!», aggiunge Yūko mentre le tre gemelle corrono via con dei sorrisi trionfanti sui loro volti. L'espressione di Yūko si ammorbidisce nel momento in cui le ragazze sono fuori dalla portata d'orecchio. «Sta cercando un po' di tempo da trascorrere sul ghiaccio, Signor Nikiforov?».

Viktor annuisce. «Non riuscivo a dormire», ammette. «Perciò ho pensato di fare un salto qui e pattinarci su».

Yūko inarca un sopracciglio. «Abbiamo sentito che è stato in ospedale, prima», dice. «È sicuro di stare abbastanza bene da poter pattinare?».

Viktor ride. «Sì, va tutto bene!». Mette mano al suo portafogli. «Quant'è per un paio d'ore?».

«Oh, non ce n'è bisogno!», dice Takeshi con uno strano luccichio negli occhi. « C'è Yūri Katsuki all'interno; deve soltanto chiedere se potete condividere il ghiaccio».
Oltre le porte che conducono alla pista Viktor riesce a sentire lo scorrere dei pattini sul ghiaccio. Annuisce in ringraziamento ai Nishigori (che stanno sorridendo da orecchio ad orecchio, per qualche strana ragione) e si dirige attraverso le porte.

Di primo impatto la luminosità della pista lo acceca un po', ma una volta che i suoi occhi si abituano, gli si mozza il respiro.

Yūri è sul ghiaccio, con indosso la sua divisa della JSF e i guanti alle mani e i suoi vecchi pattini ai piedi. Il suo viso è più tondo rispetto ai poster, ma il suo fisico è ancora piuttosto snello. Probabilmente a causa di mesi di duro lavoro. Realizza Viktor con un sobbalzo. Si sta muovendo attraverso la coreografia di un programma, il corpo che si muove come un tutt'uno con la musica nella sua testa.
Viktor riconosce il pezzo quasi come se lo stesse pattinando lui stesso. Guarda, immobile nello stupore, mentre Yūri atterra sul suo quadruplo Salchow e si muove in una bellissima sequenza di pazzi, seguita da un triplo axel e un triplo flip. Anche se la canzone non è riprodotta da nessuna parte, Viktor giura di poter sentire il duetto del piano e del violino soltanto guardando i movimenti di Yūri.

Mentre Yūri scivola senza sforzo sul ghiaccio, le braccia distese come se stesse volando, Viktor si allunga e tocca il proprio volto, ed è sorpreso dal trovare le dita scivolare via bagnate. Le lacrime scorrono sulle sue guance e, per qualche motivo, non riesce a fermarle. Ma non riesce nemmeno a distogliere lo sguardo. Non da Yūri, mai più.

Yūri completa la sua combinazione successiva. Il cuore di Viktor gli balza in gola mentre Yūri si getta in una sublime sequenza di passi da capogiro, guadagnando più slancio con ogni giro, con ogni piroetta. Si sta preparando ad un altro quadruplo, Viktor lo sa. La coreografia originale aveva un quadruplo Salchow alla fine come un ringraziamento a Yūri, ma Yūri sta prendendo il volo sul bordo interno della parte posteriore delle lame-

È un quadruplo flip. E Yūri lo esegue correttamente.

Nel momento in cui Yūri atterra sul flip, tutto torna a Viktor in un'inesorabile onda di ricordi.
«Be my coach, Viktor!». Gli occhi di Yūri brillano guardandolo, e Viktor è piuttosto sicuro in questo momento di non aver mai visto nulla di più bello nella sua vita…
Viktor è in piedi davanti allo specchio di una stanza poco familiare, esaminando il suo corpo improvvisamente più basso e robusto. Tira appena i suoi capelli neri ora molto più corti, prima di voltarsi rispetto allo specchio e afferrare il proprio sedere con un ghigno soddisfatto…
«Che ti è preso ultimamente?», domanda Yuri Plisetsky mentre Viktor sorride ai nuovi selfie sul proprio cellulare che di sicuro non ha scattato e al resonconto su come Makkachin, il giorno precedente, avesse inseguito uno scoiattolo…
Viktor guarda le parole in giapponese scarabocchiate sulla sua guancia e il post-it attaccato al suo specchio, il suo sorriso che si allarga sempre di più mentre il suo cuore palpita come se stesse per prendere il volo…
«Mi dispiace così tanto; pensavo lo sapessi». La voce di Christophe è troppo gentile, troppo consolante, mentre Viktor piange sulla sua spalla e una serie di messaggi svanisce dal suo cellulare…
I piedi di Viktor bruciano e dolgono in protesta mentre si lancia in quel quadruplo flip in un paio di vecchi pattini…


Viktor si trova ad avere le vertigini, le lacrime che cadono con maggiore decisione dai suoi occhi mentre ricorda e ricorda e ricorda. È come se una parte di lui fosse stata risvegliata e adesso tutto sembra improvvisamente cadere in perfetta chiarezza.
Yūri.
Yūri, ti ho trovato.

Sono al tuo fianco, adesso, e non ti lascerò di nuovo.
Yūri, sto venendo da te!


Mentre Yūri allenta la tensione nella sua ultima trottola combinata, Viktor si sente come se il suo cuore stesse per esplodere. Alla fine non riesce più a sopportarlo e, mentre Yūri alza le proprie braccia nella sua posa finale, Viktor corre.

Non ha mai indossato i suoi pattini per poi dirigersi sul ghiaccio così in fretta nella sua vita, ma eccolo lì, improvvisamente al centro della pista, dove Yūri è situato, il cuore che palpita furiosamente nel suo petto.
«Yūri», soffia come se si trattasse di una preghiera.

«Viktor», sussurra Yūri, i suoi bei occhi castani spalancati per il disorientamento. «Cosa ci fai qui?».

«Sono venuto a vederti». Oh, Viktor desidera così tanto allungarsi e toccare Yūri, come a volersi assicurare che l'uomo non sparirà ancora una volta, ma si contiene. «Mi dispiace averti fatto aspettare così a lungo».

Yūri abbassa lo sguardo nel sentirlo, la sua espressione indecifrabile. Il cuore scalpitante di Viktor trema appena.

Dopo un lungo istante Yūri parla nuovamente. «Pensavo che fosse tutto un sogno», mormora, e Viktor è stupito nel trovare delle lacrime che scorrono sulle guance del giapponese, brillanti nella luce fluorescente della pista.

«Sono qui, adesso», risponde, allungando una mano. Il respiro di Yūri di ferma al gesto. Per un lungo momento la pista è in silenzio prima che Yūri scacci via le lacrime e guardi Viktor con occhi brillanti.

«Mi ricordo di te», dice, e posa la sua mano in quella di Viktor.

Il ballo gli sorge spontaneo come respirare, come se i loro corpi parlassero la stessa lingua. Scivolano assieme sul ghiaccio, fianco a fianco, mano nella mano, e ad un certo punto la visuale di Viktor viene offuscata nuovamente da lacrime che non si premura di scacciare. Sta inviando una preghiera disperata, e, miracolosamente, Yūri gli sta dando la risposta.

O forse Yūri è sempre stato la risposta.

Pattinano assieme sulla stessa sconosciuta eppure familiare musica, due fili scarlatti che si intrecciano finalmente in uno solo. Yūri traccia la guancia di Viktor con tutta la familiarità di un amante, il tocco leggero come una piuma che fa cantare il cuore di Viktor. Anche se sa che questa nuova possibilità di stare assieme è solo la loro prima riunione, sembra più come se si sia riunito a Yūri in migliaia di altre vite, migliaia di altre possibilità.

Mentre pattinano in cerchio l'uno attorno all'altro, senza mai togliersi gli occhi di dosso, Viktor prende la mano di Yūri e ne bacia l'anulare.

«Anche io mi ricordo di te», dice, e il sorriso di Yūri è più brillante di tutte le stelle nel cielo.

 
Note della Traduttrice a.k.a gli scleri di Class Of 13.

E siamo alla fine. E' stato un lungo viaggio pieno di feels, ma che mi ha lasciata davvero tanto soddisfatta, essendo questa la prima traduzione di una certa lunghezza in cui mi cimento. 
Questa parte finale è stata palesemente ispirata all'episodio 12, per questo mentre traducevo mi sono messa a sentire il duetto di "Stammi Vicino" in loop e... puff, mi sono commossa. Ho il cuore di marshmallows, mi sa tanto.
Innanzitutto ci tengo a ringraziare la stessa Lily Winterwood, l'autrice che mi ha permesso di tradurre la sua storia. Traducendo e vedendo le varie sfumature dei verbi da lei scelti, mi sono accorta di aver avuto la possibilità di trasporre nella nostra lingua un vero e proprio gioellino che si integrava splendidamente con il messaggio originale del film di Shinkai ( di cui io sono una fan sfegatata, se non si fosse capito).
In secondo luogo ci terrei a ringraziare le mie "sorelline" (anche se in realtà io sono la più ciofane del trio) Eli e Fang che hanno sclerato e pianto con me man mano che traducevo ( e fangirlavo in maniera oscena, aggiungerei ) su questa storia, e tutti i simpaticissimi fan di YoI con cui ho avuto il piacere di parlare su Telegram, che sono sempre stati gentilissimi nei loro pareri sul mio lavoro.
Spero che la storia e la mia traduzione vi siano piaciuti!
Alla prossima traduzione!
Ja ne~
 

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