Una parte della mia vita

di Christine_Heart
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Sotto la pioggia ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: Incontro ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: Ricordi e Similitudini ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3: Crescere insieme. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: Il primo sorriso ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5: Primi dentini ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6: L'emozione delle prime parole ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7: Primi passi ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8: Un bagnetto con papà ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9: Legami che uniscono ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10: Un regalo inaspettato ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11: E' ora di merenda ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12: Un brutto mal di testa ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13: Tra le braccia del Dottore ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14: La serata delle storie ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15: Ritorno a casa ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16: Gioco tra bambini ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17: Il Dottore ha sempre idee brillanti ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18: Buonanotte ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19: Il momento della verità ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20: Il re ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21: Giorni tempestosi ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22: Vecchi ricordi ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23: Ha deciso ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24: Addio ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25: Il dolore del Dottore ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26: E' una promessa ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27: Un'abbraccio dal passato (Parte 1) ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28: Un'abbraccio dal passato (Parte 2) ***
Capitolo 30: *** Capitolo 29: Un'abbraccio dal passato (Parte 3) ***
Capitolo 31: *** Capitolo 30: Il futuro ***



Capitolo 1
*** Prologo: Sotto la pioggia ***


A Thor
Se tutti avessimo un cuore da cane...



 
 

Prologo : Sotto la pioggia.

 

Whoo whoo...

Il suono dell'Universo riecheggiava forte nella notte silenziosa e la cabina blu si confuse con l' oscurità.
Il Dottore tirò un lungo sospiro, e aprì con un cigolio la porta del Tardis. I suoi occhi castani e profondi si persero in quell'infinito mare di colori poco chiari.
Uscì, e l'aria fresca della notte, gli scompigliò appena i capelli, lasciando ondeggiare gli abiti.
«Dove siamo finiti questa volta Tardis?!?» chiese con curiosità al suo vecchio amico, accarezzandogli con affetto la superficie in rilievo.
Richiuse la porta, bloccò l'ingresso con un giro di chiave, e s'incamminò in quella notte stellata.
Il sentiero era desolato, non un'anima viva. La brezza fresca del mare si confondeva con l'aria calda dei dintorni.
Era estate sicuramente fine Giugno, si capiva dal caldo che si respirava nell'aria. Una breve discesa, e poi eccola lì...la civiltà.
Abitazioni e fiaccole, che si dipingevano in lontananza, a dipingere un po' il cielo.
Il Dottore sorrise, infilandosi le mani in tasca.
«Ah...» affermò appena divertito.
Continuava a guadarsi attorno, alla ricerca di qualche punto di riferimento.
Arricciò le labbra felice una volta compreso il luogo.
«Antica Grecia...Didymos !» pronunciò soddisfatto, annuendo compiaciuto.
«Mhm...ci sarà da divertirsi!» confessò a se stesso, sorridendo sbarazzino.
Avanzò di pochi passi, godendosi la camminata e poi...sentì un tuono in lontananza.
«Ma quello....???» cercò di capire.
E quasi per istinto alzò gli occhi al cielo.
Le stelle erano ancora limpide e ben visibili nel firmamento, eppure quel rombo l'aveva sentito, non era frutto della sua immaginazione.
Un'altro eco più distinto e vicino...ed infine...
Plik...plik...
Quattro gocce d'acqua gli bagnarono la fronte e il sorriso del Dottore si allargò per la pura gioia.
«Ah...sta iniziando a piovere, non ci credo!» esclamò felice.
La prima pioggia che segnava l'inizio dell'estate, era segno che lui non si sbagliava.
Il Dottore rise più forte, ed aprì le braccia al cielo.
L'acqua lo stava bagnando da capo a piedi, ma la cosa non sembrava importargli. Iniziò a girare su se stesso, accogliendo ogni singola goccia di pioggia. Si sentiva vivo, era da tempo che aveva perso quella sensazione, e quelle poche gocce stavano facendo la differenza, stavano allietando i suoi due cuori, e la sua anima stanca.
Si passò una mano tra i capelli bagnati, e sorrise di nuovo.
«Ho sempre amato l'acqua.» disse soddisfatto.
E poi il suono più inaspettato di tutti, quel tipico piccolo suono, che non ti aspetteresti mai in una notte strana e particolare come quella.
Il vagito di un neonato.

 

Piccolo, indifeso, innocente...il primo erede del regno di Didymos , nato da solo poche ore dormiva beato nella sua culla. Il suo respiro dolce e regolare faceva intuire che il suo era un sonno tranquillo, avvolto da sogni semplici e caldi. La regina gli sfiorò appena la testa, e gli sorrise con affetto.
Sentì bussare alla porta, e lesta tolse la mano, dal volto di suo figlio.
La levatrice, la stessa donna anziana che in quello stesso giorno l'aveva aiutata a partorire i suoi due gemelli, entrò nella stanza.
«Mia signora.» salutò con rispetto.
«Avete chiesto di vedermi???» chiese poi quasi per conferma.
La regina annuì, e ritornò a fissare il piccolo che sembrava non accorgersi di nulla.
«Devi fare una cosa per me...» sussurrò.
«Come sua maestà ordina.» rispose lesta la donna come da copione.
«Ti sto chiedendo un favore, non un ordine.» dichiarò decisa.
«Che cosa posso fare per voi, mia signora?» chiese di nuovo la levatrice sicura di sé.
«Porta via mio figlio da qui.»rispose la regina abbassando gli occhi.
«Ma mia signora...» osò quasi sconvolta.
«Fallo e basta...non voglio più vederlo.» disse lei portandosi una mano sul petto.
«Ma ha sentito che cosa ha detto La sapiente!» disse la donna allarmata.
«Non m'importa che cosa ha detto...non voglio che rimanga qui.» confesso alzando un po' il tono e sottolineando il gesto con il movimento del braccio, e le maniche di seta sottili e appena visibili, la seguirono, donandole un aria regale.
«Ma mia signora...» provò la donna.
«Hai visto come ha reagito il re?!?» chiese disperata.
«Ma certo...» provò a parlare l'altra.
«Ha rinnegato il bambino, l'ha chiamato mostro, e ha proibito a me, sua moglie, sua regina, di compiere il mio dovere da madre.» spiegò sua altezza tra le lacrime.
«...» non disse nulla.
«Questo piccolo non avrà vita facile con il re, non sarà mai il ben accetto, sarà lo scarto della casata, lo sfogo di chiunque....ed io non voglio questo per lui.»dichiarò ancora, con la stessa foga di prima.
«Mia signora...» provò inutilmente a calmarla l'anziana.
«Non m'importa se mi è stato mandato dagli dei, o che è lui sarà un distruttore...prima di tutto questo, lui è mio figlio...e nessuna madre desidera il male per il suo bambino!» affermò ancora terribilmente dispiaciuta per tale verità.
L'anziana donna non sapeva bene cosa rispondere, cosa dire per far cessare quello strazio.
«Non lo riconoscerà mai come suo figlio, non avrà amore da nessuno...come puoi chiedermi di vederlo crescere tra le lacrime e il dolore.» disse infine addolorata.
«Io...» iniziò la vecchia donna.
«Portalo via da qui...portalo via da me...portalo via da tutto e da tutti.»pregò la donna.
«Ma....La Sapiente ha detto che la vita di questo piccolo è legata a quella di suo fratello...cosa diremo del bambino mia signora?!?» domandò confusa.
«Non lo so...ma non credo che la cosa possa importare sul serio.»annuì rammaricata.
«E che ne sarà del piccolo?!?» chiese l'anziana perplessa.
«Sono sicura del fatto che troverà una bella famiglia, che lo alleverà con amore e con affetto...sono sicura del fatto che qualcuno vorrà davvero avere questo bambino.» confessò in un sussurrò, guardando ancora suo figlio, che dormiva come un angelo.
«Sono sicura, portalo via.»disse decisa, guardando la vecchia negli occhi.
«Farò come mi è stato detto allora.» decise l'anziana avvicinandosi alla culla.
«Ma fa presto, sbrigati...»le disse la regina, coprendo il bambino.
«Portalo fuori adesso, nessuno ti vedrà.»le spiegò annuendo, con riconoscenza.
«Sì mia Signora.» pronunciò l'altra, accennando un lieve inchino.
E lesta, avvolgendo meglio il neonato in quella copertina poco calda, svelta uscì dalla stanza, lasciando la regina da sola, con il suo dolore.
«Addio piccolino!»pronunciò, coprendosi le labbra con una mano tremante.

 

Il Dottore, non riusciva a credere alle sue orecchie...
 

Continua...

 

Note dell’autrice:
Buonsalve a chiunque è arrivato fino infondo. Eccomi qua, con una nuova storia, e mio primo crossover!!! *w* 
Allora questa ff si concentra sulla famosa e meravigliosa serie tv Doctor Who, e ad una saga meno nota che personalmente adoro: La saga dei Dark Hunter di Sherrilyn Kenyon. Purtroppo faccio riferimento ad solo personaggio principale, Acheron Parthenopaeus, ma lui li batte tutti credetemi. 
Mi è venuta in mente questa storia perchè mi sono resa conto, che sia Ten che Acheron hanno moltissimo in comune, così mi sono chiesta cosa poteva succedere se era il Dottore a crescere un bimbo tormentato e solo 
come lui, e in questi trenta capitoli c'è il risultato, spero di aver fatto un buon lavoro. Ho cercato di rimanere sul vago così da permettere una buona lettura a tutti, ma alle volte scendo nel dettaglio però non temete, ogni cosa sarà spiegata.
Ricordate che anche un commentino piccolo piccolo è sempre gradito.
Bacio ^3^
Chris.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1: Incontro ***


Capitolo 1: Incontro

 

Il Dottore, non riusciva a credere alle sue orecchie.
Aveva davvero sentito il pianto di un bambino, o quel posto gli stava giocando dei brutti scherzi???
La pioggia continuava con insistenza, e quello che sembrava un pianto disperato si fece più forte.
Il Dottore deglutì nervoso, ma si decise a seguire quella vocina lamentosa.
Rimase a bocca aperta, quando spostando i sottili arbusti di un cespuglio, si ritrovò davanti agli occhi, un bambino avvolto solo in una coperta leggera.
Si guardò attorno disperato, mentre il suo corpo continuava a proteggere il piccolo dalla pioggia battente. Chi aveva potuto osare tanto???
Quel vagito di supplica si alzò di tono, e gli occhi del Dottore tornarono su quel bimbo chiaro di pelle, dalla testolina appena colorata d'oro.
Strillava con forza, mentre grossi lacrimoni gli scendevano giù per le guance.
«Ehi....shhhh!» gli disse con dolcezza.
S'inginocchiò con lentezza, e con mani tremanti raccolse il piccolo, da quel terreno ormai umido e freddo. Lo sistemò con cura tra le braccia, mentre con calma ritornava in piedi. Strinse il piccolo contro il suo petto caldo, e con la stessa attenzione di prima sollevò un lembo del suo cappotto lungo per proteggere il volto del piccolo da altra acqua. Lo cullò appena, incantandosi di fronte a quel volto così piccolo e perfetto.
Si guardò attorno un ultima volta, nella speranza di poter vedere ancora qualcuno.
Ma la pioggia ormai era diventata insopportabile, e il Dottore non voleva rischiare di far prendere altro freddo a quel trovatello. Chinò il capo sul piccolo, gli concesse un tenero sorriso, e continuando a ripararlo dall'acqua iniziò a correre verso l'unica riparazione che conosceva bene.
Appena intravide la cabina blu, estrasse svelto la chiave, aprì rapido la porta e si fiondò dentro.
Richiuse con un tonfo l'anta del Tardis, e si fermò a riprendere fiato. 
Si passò una mano tra i capelli bagnati, finendoli così di scompigliare.
Sentì un nuovo lamento, e finalmente si rese conto di cosa stringeva a sé.
L'aveva fatto davvero??? Aveva preso con sé un bambino??? Ma poteva farlo senza complicare le sorti del tempo e dello spazio???
Il fagottino che stringeva contro i suoi due cuori, si lamentò di nuovo, con l'intento di riprendere a piangere, infatti il Dottore poteva già vedere due lacrime farsi strada tra le sue piccole ciglia.
«Ehi ehi...va tutto bene, non c'è bisogno di piangere.» gli disse piano, cullandolo di nuovo.
Gli sorrise con premura, e gli accarezzò piano la testa.
«Va tutto bene, ora siamo all'asciutto.» gli spiegò spostando il cappotto da lui.
Riprese a cullarlo, mentre con l'ausilio dei denti provava a togliersi almeno un lato del cappotto, afferrandolo dalla manica.
«Ecco...aspetta un attimo.» gli disse spostandolo sul braccio ormai libero.
Fece svolazzare l'altro lato del cappotto, e finalmente questo cadde per terra, con un sonoro splash, segno che era davvero zuppo.
«Hai visto alla fine ci siamo riusciti.» gli disse con un sorriso di vittoria.
Il piccolo singhiozzò ancora, chiudendo a pugno le manine.
Il Dottore si chinò, e raccolse il cappotto fradicio, che lanciò verso il suo solito posto.
Il bimbo lanciò un urletto di disapprovazione.
«Beh, che succede adesso?!?» chiese al piccolo avanzando verso i comandi del Tardis.
E rimase rapito quando incontrò gli occhi del bambino.
«Ma...» era complicato da spiegare, ne aveva viste tante di meraviglie, ma quella...
«Oh, ma sei bellissimo, dico sul serio!!! » affermò il Dottore rapito.
«Con tutto il trambusto di prima, non avevo visto, non li avevo notati...» cercò di spiegarsi.
«...Hai dei bellissimi occhi!» gli disse poi con tono meravigliato.
«Ma guardali....sono magnetici!» affermò il Dottore pizzicandogli appena la guancia.
«Lo dico con il cuore, e appropsito sono due...»
Il piccolo si lamentò di nuovo, e in quel momento una goccia d'acqua cadde dai capelli castani del Dottore, bagnando il faccino del bimbo.
«Scusa.» sussurrò il Dottore, asciugandola con il pollice.
«Hai ragione prima ci asciughiamo, e poi pensiamo ai complimenti.» disse annuendo, con un sorriso allegro in volto. Superò i comandi del Tardis, e con passo sicuro si diresse nella stanza accanto. Afferrò due o tre asciugami di spugna dal primo cassetto, e si avvicinò al letto.
Buttò gli asciugamani sulla superficie morbida, e sorreggendo la testolina del neonato, appoggiò un ginocchio sul letto, facendo leva su di esso, per sistemarsi.
«Eccoci qua.» disse adagiando con attenzione il piccolo al centro del materasso.
«Ora ci asciughiamo per bene.» disse sorridendo.
Prese il primo asciugamano, e con premura spogliò il bimbo dalla coperta bagnata. Con leggerezza, iniziò a passare il panno su quel corpicino, che non stava fermo un attimo.  Gli accarezzò con dolcezza e con urgenza il pancino, le braccine e le gambine. Poi con la stessa calma gli asciugò la testina e quei pochi capelli biondi.
«Ora va meglio, non è vero?!?» gli chiese avvolgendolo in un nuovo asciugamano morbido per tenerlo al caldo. E il piccolo con leggeri versi sembrava apprezzare.
«Però non posso tenerti così per sempre, ti devo vestire in qualche modo!» spiegò il Dottore, prendendolo di nuovo in braccio.
S'incamminò con passo sicuro verso l'enorme armadio del Tardis.
«Oh!!!» esclamò felice il Dottore.
«Bene...ora abbiamo solo l'imbarazzo della scelta!» scherzò divertito guardandosi attorno, mentre il piccolo con occhi sbarrati cercava di capire dove fosse finito.
Il Dottore rimase imprigionato in quel faccino dolce di meraviglia, e si ritrovò a sorridere intenerito, poi scosse appena la testa per ritornare in se, e si limitò ad osservare i capi.
«Allora...» disse mentre con le dita frugava in mezzo alle giacche.
«Chissà, dove sono andati a finire?!?» si domandò tra se e se, rovistando ancora tra quelli abiti, che in confronto al bimbo che teneva in braccio, sembravano vesti da giganti.
«Ah, forse qualcosa ho trovato!» esclamò sollevato, tirando fuori una maglietta minuta di colore rosso sgargiante, accoppiato con una serie di piccoli jeans.
Li mostrò al piccolo ondeggiando un po' i vestitini con un sorriso divertito in volto:
«Mhm, che ne dici, ti piacciono?!?» gli chiese inclinando un po' il capo.
Il bimbo li osservo allungo, sfiorando appena con una manina la maglietta a mezze maniche.
«Non ti convince, eh?!?» gli domandò ancora osservando il suo faccino confuso.
«Mhm, in effetti non piacciano molto neanche a me.» confessò guardandoli un ultima volta con disappunto scuotendo appena il capo, poi senza preavviso, li rigettò assieme alle altre magliettine e pantaloncini di piccola taglia.
«Vediamo un po' cosa abbiamo qui!» disse poi avvicinandosi ad un'altro capo.
Cercò con attenzione, mentre il piccolo cercava di conversare tramite piccoli e delicati versetti, che riscaldavano i cuori e il sorriso del Dottore.
«Eh lo so, hai ragione, dovrei mettere un po' in ordine qui dentro, ma sono un Signore del tempo io, quindi posso farlo con vera calma.» scherzò guardando il piccolo con un sorriso divertito.
Il piccolo sorrise allegro, aprendo di più le manine verso il Dottore.
Quest'ultimo sbirciò ancora tra gli abiti e poi...
«Ah, eccoli!!!» esclamò felice.
«Finalmente li ho trovati!!!» aggiunse poi quasi fiero.
E si ritrovò tra le mani, una tutina di piccola taglia, rosso quasi spento, dai polsini e il colletto dorati, e sul pancino un disegno che sembrava quasi rappresentare un infinito.
«Che ne dici, questo può andare?!?» domandò il Dottore.
Il bimbo inclinò appena il faccino, osservò un pochino lo strano disegno, e poi con una risatina cristallina, allungò le manine verso quel insolito pigiamino quasi a voler dire che l'adorava. Il Dottore sorrise soddisfatto della sua scelta, e contento disse:
«Bene, visto che abbiamo scelto...e che la cosa ti soddisfa quasi quanto a me, che ne dici....ci cambiamo?!?» chiese divertito.
La serie di versetti teneri che susseguirono, presto si trasformarono in un sì nella mente del Dottore.
«Va bene, allora ci mettiamo comodi, eh giovanotto?!» disse tranquillo.
Afferrò un vecchio cappotto, lo appoggiò con disinvoltura su il tavolo lì vicino. Lo aprì per bene, e con attenzione vi poggiò sopra il piccolo. Lo spogliò della copertina improvvisata, e con attenzione senza fargli male, avvolse prima intorno alla vita un largo pezzo di stoffa a mon di pannolino, poi iniziò a infilargli la tutina, partendo dai piedini, che felici si muovevano scattanti.
«Dai cucciolo, aspetta un attimo, altrimenti non vado bene.» gli disse con gentilezza mentre con evidente difficoltà provava a sistemargli l'altro piedino.
Il piccolo lo guardava in volto, e si lasciò uscire un piccolo versetto dolce.
«Lo so che è grande.» confermò sorridendo.
«Ma purtroppo non ho altro, e tu sei così piccino...» continuava a spiegargli, mentre gli copriva un braccino, e con dolcezza faceva uscire fuori la manina dal polsino largo.
«Abbiamo quasi finito.» gli disse il Dottore, mentre faceva aderire la tutina fin sotto il collo.
Gli sistemò un po' la base, così da far aderire la stoffa i piedini, e poi finalmente lo prese in braccio, sistemandolo su di un lato, per vedere meglio la tutina.
«E' davvero un po' grande...» affermò divertito il Dottore, sistemandogli un po' i polsini con alcuni risvolti, per fargli uscire fuori le belle manine.
«...ma almeno ti terrà al caldo.» gli disse, annuendo convinto.
Lo cullò ancora un po' accarezzandogli il pancino, tenendolo ben saldo su un solo braccio mentre il bimbo lo guardava curioso, e poi con dolcezza si spinse verso il suo collo.
«Oh! Fai piano così mi uccidi.» scherzò il Dottore stringendolo a sua volta, e accarezzandogli con dolcezza la schiena.
«Sì, anch'io ti trovo molto carino.» gli sussurrò all'orecchio, abbracciandolo con tenerezza.


Continua...

 

Note dell’autrice:
E continuiamo con questa avventura!!! ^^

Spiegazioni: 

-Occhi magnetici: Acheron ha gli occhi di color argento, spesso nel libro vengono paragonati al mercurio fuso e sono talmente penetranti che sembrano vorticare e attirarti proprio come un magnete.
-Armadio: Scena ispirata all'episodio speciale di Doctor Who:L'invasione di Natale. 
-
Tutina rossa: Mi sono imbattuta in alcune fanart in cui un baby Dottore indossava proprio una cosa simile in braccio ai suoi genitori. Poi siccome i Signori del Tempo vestono spesso in rosso e oro, la cosa potrebbe non essere del tutto sbagliata. Comunque mi è piaceva l'idea che il Dottore condividesse qualcosa di suo con il piccolo appena trovato.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2: Ricordi e Similitudini ***


Capitolo 2: Ricordi e Similitudini

 

Vide la sua bellissima madre distesa sul suo letto dorato, il corpo ricoperto di sudore, il viso terreo, mentre una servitrice le scostava gli umidi capelli biondi dai chiari occhi azzurri. Non aveva mai visto sua madre più piena di gioia di quel giorno. La stanza era affollata da burocrati di corte, e suo padre, il re, era in piedi a fianco del letto con i suoi capi di Stato. Le lunghe finestre a vetrate colorate erano aperte, lasciando che la fresca aria del mare offrisse sollievo dalla calura di quel giorno d'estate inoltrata.
«È un altro bellissimo bambino» proclamò con gioia la levatrice, avvolgendo il neonato in una coperta.
«Per la dolce mano di Artemide, Aara, mi hai reso orgoglioso!» disse suo padre mentre un fragoroso grido di giubilo riecheggiava per la stanza.
«Due gemelli per governare le nostre isole gemelle!»
Ridendo, sua madre osservò la levatrice ripulire il primogenito.
Acheron, si sforzò di respirare attraverso i suoi nuovi polmoni. Aveva inspirato per bene e a fondo quando udì un grido allarmato.
«Zeus abbia pietà, il più grande è malformato, vostre maestà.»
Sua madre alzò gli occhi, la fronte corrugata dalla preoccupazione.
«Com'è possibile?»
La levatrice lo portò da sua madre, che teneva il secondogenito contro il seno.
Spaventato, il bimbo voleva solo essere confortato. Allungò una manina verso il fratello che aveva condiviso con lui il grembo nei mesi passati. Se solo avesse potuto toccare suo fratello, tutto sarebbe andato a posto. Lui lo sapeva.
Invece sua madre allontanò suo fratello, via dalla sua vista e fuori portata. «Non può essere» singhiozzò sua madre. «È cieco.»
«Non cieco, maestà» disse l'anziana sapiente facendosi avanti attraverso la folla. Le sue vesti bianche erano pesantemente ricamate con filo d'oro e indossava un'elaborata ghirlanda dorata sopra i capelli ingrigiti. «Ti è stato mandato dagli dei.»
Il re strinse gli occhi con rabbia verso la regina. «Sei stata infedele?» accusò Aara.
«No, mai.»
«Allora in che modo è venuto dai tuoi lombi? Tutti noi qui l'abbiamo visto.»
Tutti quanti nella stanza fissarono la sapiente, la quale guardò con aria assente il bimbo inerme che piangeva affinché qualcuno lo prendesse e gli desse conforto. Calore.
«Questo bambino sarà un distruttore» disse, la sua voce antica che risuonava forte e stentorea in modo che tutti potessero udire il suo annuncio. «Il suo tocco porterà la morte a molti. Nemmeno gli dei stessi saranno al sicuro dalla sua ira.»
«Allora uccidiamolo adesso.» Il re ordinò alla sua guardia di estrarre la spada e uccidere il bimbo.
«No!» esclamò la sapiente, fermando la guardia prima che potesse esaudire il volere del re. «Uccidi questo neonato e anche tuo figlio morirà, maestà. Le loro forze vitali sono collegate. È il volere degli dei che tu lo allevi fino all'età adulta.»
Il bimbo singhiozzò, non comprendendo la paura che percepiva da quelli attorno a lui. Tutto ciò che voleva era essere tenuto in braccio come suo fratello. Che qualcuno lo coccolasse e gli dicesse che tutto sarebbe andato bene.
«Non alleverò un mostro» tuonò il re.
«Non hai scelta.» La sapiente prese il bimbo dalla levatrice e lo porse alla regina. «È nato dal tuo corpo, maestà. È tuo figlio.»
Il bimbo strillò ancora più forte, protendendo di nuovo le manine verso sua madre. Lei si ritrasse, stringendo il secondogenito contro il petto ancora più forte di prima. «Non lo allatterò. Non lo toccherò. Levalo dalla mia vista.»
La sapiente portò il bambino da suo padre. «E tu, maestà? Non lo riconoscerai?»
«Mai. Quello non è figlio mio.»
La sapiente trasse un profondo respiro e mostrò il bambino a tutta la stanza. La sua stretta era debole, il suo tocco privo d'amore o compassione.
«Allora verrà chiamato Acheron, come Acheronte, il fiume del dolore. E come quel fiume del mondo sotterraneo, il suo viaggio sarà buio, lungo e paziente. Sarà in grado di dare la vita e di toglierla. Camminerà attraverso la vita solo e abbandonato, cercando sempre gentilezza e trovando sempre crudeltà.»
La sapiente abbassò lo sguardo verso l'infante tra le sue mani e pronunciò la semplice verità che avrebbe tormentato il bimbo per il resto della sua esistenza.
«Che gli dei abbiano pietà di te, piccolino. Nessun altro l'avrà mai.»


Il Dottore si svegliò di soprassalto, scosso da un pianto forte e improvviso.
Svelto si voltò verso il piccolo che gli dormiva accanto, protetto da una pila di cuscini.
Il bimbo strillò di nuovo con tutto il fiato che aveva in gola, agitando le manine.
Le sue guanciotte si erano colorate subito di rosso, e le lacrime iniziavano a scendere copiose.
«Shhhh, calma calma...» gli sussurrò il Dottore, prendendolo tra le braccia con dolcezza.
«Scusa, mi sono addormentato...» gli spiegò con pazienza.
«Che succede...mi sono mosso con troppa fretta...ti ho fatto paura?!?» gli chiese tranquillo.
«Perdonami, non volevo spaventarti, è stato tutta colpa di quel brutto sog...» ma non ebbe la forza di finire la frase, non era sicuro del fatto che fosse davvero stato qualcosa di simile.
«Va tutto bene piccolo.» gli confesso calmo.
Lo cullò con attenzione, mentre il piccolo tendeva le braccia verso di lui.
«Dai forza, ora basta...non è stato niente.» gli sussurrò ancora.
Ma lo stesso Dottore era ancora sconvolto da quello che aveva appena visto.
Era solo un sogno vero??? pensò il Dottore, mentre la sua fronte era ancora medita di sudore.
Cullò ancora il piccolo, che sembrava non volersi calmare.
«Sta tranquillo piccolo, qui sei al sicuro, nessuno ti farà del male.» gli disse mentre sollevava le gambe contro il suo petto.
«Non devi temere, fin quando starai qui, non permetterò a nessuno di farti del male.» gli disse ancora, mentre con dolcezza gli accarezza la testa.
Con attenzione lo sistemo sulle sue gambe ben alzate, lasciando che la testolina agitata si posasse sulle sue ginocchia.
«Sei stato tu, non è vero?!?» gli domandò poi, prendendogli le manine.
«Il bimbo che ho visto in quella visione, eri tu giuso?!?» chiese ancora con un sorriso timido, portandogli via il primo lacrimone dalla guancia.
«Era il tuo primo ricordo, vero?!?» chiese di nuovo, sfiorandogli la guancia.
Gli sorrise ancora una volta con fare incoraggiante, sfiorandogli di nuovo il viso con delicatezza.
«E' stata la prima cosa che hai visto, e quindi anche la prima cosa che hai provato.» si provò a spiegare mentre con affetto guardava gli occhietti gonfi e rossi del piccolo che ormai, calmato dalle parole del Dottore, aveva smesso di piangere.
«Ho percepito le tue stesse emozioni.» gli disse quasi nervoso.
«Tu mi hai trasmesso...» ma non riuscì a dirlo.
Paura, dolore...abbandono.” tutte sensazioni che il Dottore conosceva fin troppo bene.
Deglutì con l'amaro in bocca, per quello che aveva appena pensato.
“Come si può essere così spietati con un bimbo così piccolo?!? E' appena venuto al mondo, è riuscito solo a fare il suo primo respiro con i suoi piccoli polmoni, e già la sua stessa famiglia lo vuole morto...con quale coraggio...questa mentalità io non riesco a capirla!” si torturò il Dottore, ma per quato ci provasse non riusciva a trovare una giusta risposta.
«Cieco...» sussurrò ripensando alle parole della vecchia.
«Certo che la medicina fa davvero schifo dalle tue parti...» affermò, sollevando un dito.
«...Basta un semplice trucchetto per scoprire...» e fece ondeggiare il dito verso sinistra.
«...se la tua vista è buona...» e lo spostò verso destra.
«...oppure no.» confermò muovendolo di nuovo verso sinistra.
Sorrise di nuovo, soddisfatto del risultato che aveva appena ottenuto.
«E sembra proprio che tu abbia un'ottima vista!» si complimentò il Dottore.
«Ippocrate sarebbe disgustato dalla donna che ti ha dato del non vedente.» scherzò divertito chinandosi sul piccolo, quasi a volergli tirare su il morale.

«Allora uccidiamolo adesso.»
“Uccidere...un innocente?!?” pensò sconvolto il Dottore.

«Non alleverò un mostro»
“Mostro?!? Ma l'avete visto, è una creaturina perfetta.” continuò a riflettere.

«Non lo allatterò. Non lo toccherò. Levalo dalla mia vista.»
“Ah...ma...è un bambino che colpe può avere?!?” pensò di nuovo.

«Mai. Quello non è figlio mio.»
“Avere un figlio è un dono, come può non capirlo?!?”
 

Il Dottore non riusciva a darsi pace, e quelle frasi crudeli continuavano a riecheggiarli in testa, sbriciolando ogni buon senso e ogni frammento del suo essere quasi umano.
Guardò il volto del bambino provando ad immaginare cosa aveva provato in quel singolo momento, piccolo e spaventato, bisognoso e solo.
«L'uomo alle volte sa essere spietato anche solo con le parole non è vero?!?» chiese con gentilezza, ma il suo tono faceva presagire che lui conosceva già la risposta.

«Allora verrà chiamato Acheron, come Acheronte, il fiume del dolore.»

«E alle volte la loro crudeltà non ha fine.» aggiunse annuendo tristemente.
«Si nasconde in un gesto...» gli spiegò accarezzandogli con la nocca la guancetta rossa.
«...In una semplice parola....» continuò senza smettere.
«....o si può celare dentro un nome.» concluse coccolando un ultima volta.
«Ho ragione Acheron?!?» chiese alla fine.
Il piccolo dagli occhi lucidi, lo fissò deciso, e sembrò quasi annuire, mentre dalla sua boccuccia usciva fuori un versetto appena udibile.
Sembrava spaventato o fortemente preoccupato, e il Dottore non poteva dargli torto.
«Non ti preoccupare piccolo, ci penserò io a te.» gli disse calmo, per non agitarlo.
« Penserò io a proteggerti, non temere.» gli confessò ancora con un sorriso.
«Non ti lascerò solo...so bene cosa vuol dire e nessuno merita un destino simile.» affermò ancora, mentre con delicatezza gli baciava le piccole nocche, con il solo scopo di tranquillizzarlo.
« Forse non potrò darti l'affetto che ti meriti...» affermo un po' confuso, arricciando le labbra distratto.
«... ma farò del mio meglio.» annuì fissando gli occhi del piccolo.

Il bimbo sembrò sorridere felice, stringendo con affetto a giacca del Dottore.
Lui rispose con dolcezza a quell'istinto, poi guardò il letto in cui aveva sistemato il piccolo per almeno quella notte.
«E domani tiriamo fuori anche la mia vecchia culla, che ne dici?!?» chiese allegro, quasi a voler cambiare argomento. Sapeva di aver bisogno di pensare ad altro, doveva distrarsi, per evitare che la sua furia silenziosa potesse prendere il sopravento.
«E' un po' vecchiotta, ma credimi è molto comoda.» confesso strizzando l'occhio al piccolo, che sembrava gradire una tale notizia.
Il Dottore gli sorrise di nuovo con tenerezza, quasi lieto del fatto di poterlo tenere con sé.
Gli accarezzò di nuovo la guancia, iniziava ad amare quel gesto, iniziava ad amare quel profumo di bimbo, iniziava ad amare i suoi versetti, iniziava ad amare quelli occhi meravigliosi che lo fissavano curioso, iniziava ad amare la sua presenza....iniziava ad amarlo.
«Ora dormi Acheron.» gli sussurrò con affettuosità, prendendolo di nuovo tra le braccia e cullandolo ancora, per aiutarlo a dormire.
«Ci sono io qui con te.» gli mormorò con bontà.
«Dormi piccolo mio.» disse ancora avvicinandolo al suo viso per baciargli la fronte.
«Dormi.» pronunciò ancora guardandolo con pazienza e affetto.
E con premura l'osservò, continuandolo a cullare, fin quando il piccolo non chiuse gli occhi sereno, con un lieve sorriso sulle labbra.


Continua...

 

Note dell’autrice:
-Corsivo: La lunga parte iniziale che vedete in corsivo non è mia ma è tratta direttamente dal libro di Acheron!
-Culla: Riferimento all'episodio 06x07 di Doctor Who: 
Un uomo buono va in guerra.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3: Crescere insieme. ***


Capitolo 3: Crescere insieme.

 

1° mese

 

Il Dottore entrò con calma nella sua camera da letto, attento a non far rumore, per non svegliare il piccolo, che ormai si era abituato alla sua culla.
Sì avvicinò a quel lettino a lui tanto caro, e sbirciò dentro quasi con fare curioso.
«Ehi giovanotto!» esclamò quasi felice, chinandosi sul piccolo.
«Ma io non ti avevo lasciato che dormivi?!?» chiede quasi confuso.
Il piccolo lanciò un urletto felice nel vederlo, e subito accennò un piccolo sorriso.
«Che succede, non hai sonno?!?» domandò ancora il Dottore, accarezzandogli la guancia con tanto di quell'affetto da sollevarla un po' verso l'alto.
Il bimbo lo guardo negli occhi e rispose con una serie di versetti allegri.
Poi con dolcezza, e con il capo appena inclinato sulla destra, tese le braccia verso l'uomo.
«Ho capito.» sorrise bonario il Dottore.
«Non siamo più stanchi!» precisò dopo prendendolo in braccio.
Lo appoggiò con dolcezza sul suo petto e gli accarezzò più volte la schiena, mentre il bimbo contento lasciava gongolare la sua testolina felice.
Il Dottore sorrise sentendolo così vivace, mentre quel piccolo capino non stava fermo, e continuava a dimenarsi di qua e di là.
«Fai piano, vedi di non farti male.» suggerì il Dottore accarezzandogli la nuca con gentilezza.
Gli sfiorò ancora una volta la schiena, fino a raggiungere la testolina che coccolò con affetto.
«E che facciamo per farci venire sonno?!? » chiese il Dottore all'orecchio del bambino.
In bimbo fece schioccare le due labbra, con un leggero smack, quasi a voler dire che era indeciso quanto lui. Il Dottore ci pensò un po', mentre con calma sistemava il piccolo sul suo braccio destro.
Lo guardò negli occhi e gli sorrise, mentre cercava una soluzione.
Poi sentì la lampadina accendersi.
«Ti va se ti racconto una storia?!?» chiese curioso annuendo.
Un lungo versetto dolce si disperse per la stanza, trasformandosi in un sì, nella testa del Dottore.
«Va bene!» disse divertito il Dottore avvicinandosi al letto.
Sollevò l'ampio cuscino e si mise seduto sul bordo. Distese le gambe e appoggio la schiena con calma, senza sballottare troppo il bimbo. Si mise seduto e sentì il cuscino morbido sostenergli la schiena, e con dolcezza sistemò il piccolo tra le sue braccia, facendo attenzione al collo.
Sollevò le gambe, portandole vicino al petto, e ci posò sopra il piccolo per farlo stare il più comodo possibile, poi senza dire nulla gli prese la manina.
«Mhm, che dici siamo comodi?!?» gli chiese stringendolo a se.
Il piccolo emise una serie di suoni teneri.
«Allora posso cominciare?!?» chiese il Dottore, coprendo il piccolo con un ampia coperta che teneva distesa sul letto.
Il bimbo arricciò le labbra con un ultimo suonino, poi strinse il dito indice del Dottore, quasi riconoscente di quello che stava facendo per lui.
«C'era una volta...» iniziò il Dottore.
«Nello spazio infinito, un pianeta giallo-arancione, bellissimo e più grande della Terra stessa, di nome Gallifrey, era il mio pianeta Natale, il pianeta dei Signori del Tempo, è lì che io sono nato e cresciuto, sai?!?»
«Gallifrey era una continua scoperta, un posto nuovo e splendente ogni giorno...»
«...Il cielo era arancio bruciato con la cittadella racchiusa in una cupola di vetro che spelnde sotto i soli gemelli, e ci sono catene montuose che si estendono all'infinito con le pendici di erba rosso scuro e le cime di ghiaccio. Il secondo sole sorgeva a sud e le montagne splendevano, le foglie sugli alberi erano argento e quando s'innondava di luce al mattino sembrava una foresta in fiamme, mentre al tramonto quando la brezza soffia tra i rami si creava un'arcobaleno di colori che era uno spettacolo.»
Il Dottore si fermò un attimo solo per riprendere fiato. Aveva descritto la sua città con foga, quasi a non voler dimenticare nulla, perso tra quei ricordi che ormai erano così lontani, ricordi di una vita che era stata e che non avrebbe mai potuto riavere.
«Gallifrey era anche chiamato il "Mondo splendente dei sette sistemi". E qui nasceva la cittadella dei Signori del Tempo che risiede nel continente dell'Impegno Selvaggio, sui Monti del Sollievo e della Solitudine, ove si trova anche il palazzo del governo. Al suo interno vive Rassilon, il primo signore del Tempo...» e dopo quelle parole la voce del Dottore tremò, per poi spegnersi in un amaro deglutire.
«Uhm!» pronunciò il bimbo, sfiorando la mano del Dottore.
E il Dottore si riscosse dai suoi oscuri pensieri, grazie a quel tocco gentile.
«No, non ti preoccupare...» gli disse il Dottore cullandolo.
«E' tutto okay, sto bene.» lo tranquillizzò il Dottore con un dolce sorriso.
Altri tre versetti dolci ma preoccupati da parte del piccolo.
«Sì, sto bene.» gli disse ancora tranquillo.
«Non pensare a me, pensa a chiudere gli occhi e a dormire.» gli spiegò paziente, baciandogli la fronte, sistemandolo di nuovo sotto la grande coperta.
«Sto bene!» pronunciò il Dottore, anche se dentro sentiva i cuori distruggersi ad ogni parola che stava raccontando al piccolo.
«Allora che cosa stavamo dicendo...» si soffermò a pensare il Dottore.
«Ah sì... Rassilon, il primo signore del Tempo!» esclamò con voce tonante degna di un attore di teatro, che era appena rientrato nella parte.
Il Dottore continuò con il suo lungo racconto senza rendersi conto che...
Non ho mai raccontato a nessuno la mia storia, così nei dettagli...lui è il primo che sa veramente chi e cosa sono...lui è il primo che s'imbatte nel mio passato!”
« Ma ormai quel mondo meraviglioso non esiste più, non c'è più nessun Signore del Tempo, ed io lo so, perchè sono stato io a mettere fine alle loro vite.» pronunciò ancora a bassa voce.
«Io sono l'ultimo della mia specie.» disse tristemente.
«L'ultimo Signore del Tempo!» sussurrò alla fine, con gli occhi lucidi.
Guardò il bimbo addormentato tra le sue braccia. La piccola bocca appena aperta a cercare aria, i piccoli occhietti sereni, stretti in un sogno tranquillo, le manine piccole e appoggiate sul petto.
Ma tanto è troppo piccolo per ricordare una storia del genere.” si limitò a pensare.
Osservò ancora il piccolo stretto a se, e sorrise.
Con lui a suo fianco, tutto sembrava prendere una piega diversa, la sua vita sembrava più lieta e felice, più degna di essere vissuta, fino all'ultimo.
«Buonanotte piccolo Acheron!» sussurrò dolce, con un ultimo bacio.

Continua...

 

Note dell’autrice:
-Rassilon è il Presidente del pianeta Gallifrey, l'autorità massima tra i Signori del Tempo. E' possbile vederlo nell'episodio speciale: La fine del tempo (Prima e Seconda parte) e nell'episodio crossover  che ha segna il 50 ° anniversario del serie: Il giorno del Dottore.
-Blu: La frase scritta in blu è la stessa descrizione che il Dottore concede a Martha Jones nell'episodio 03x03 intitolato: L'ingorgo.


 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4: Il primo sorriso ***


Capitolo 4: Il primo sorriso

 
 
3° mese

 
 
Il Dottore sorrise felice, aprendo la porta del Tardis. Finalmente era tornata la primavera, una delle stagioni più belle, ed era il periodo giusto per portare fuori suo “figlio”. Per quanto il Dottore sapesse che quel piccolo frugoletto non era sua figlio, ormai non riusciva a definirlo in altro modo. Era troppo importante per lui, da ignorare un tale attaccamento, il bimbo stava diventando fondamentale per lui, una ragione di vita.
Tranquillamente il Dottore si avvicinò a lui, che sereno stava giocando con alcuni peluche sul pavimento del Tardis, e prendendolo in braccio gli chiese:
«Che ne dici piccolo, ti va di uscire fuori per una passeggiata?!?» domandò felice.
Il piccolo stava masticando l'orecchio di un simpatico coniglio blu, mentre fissava gli occhi del padre, che attendeva paziente.
«Dai Acheron, non torturare questo povero coniglio.» gli disse calmo, togliendogli l'orecchio dalla bocca, senza fargli male.
Il piccolo piagnucolò appena tendendo le manine verso il suo giocatolo.
«No, niente capricci, in bocca non si mette.» lo rimproverò buono il Dottore.
Il bimbo si lamentò di nuovo, allungando di più le manine.
«Ehi!» lo riprese calmo il Dottore, sistemandolo su di un braccio solo.
«Ti ho detto di no, è sporco e in bocca non si mette.» spiegò facendogli di no, con il dito.
Il bimbo arricciò le labbra offeso, mentre chinava gli occhi dispiaciuto.
«Dai dai, amore del papà, non fare così!» gli disse il Dottore, con un sorriso carico d'affetto.
Sì avvicinò alla cesta dei giochi, e vi lasciò cadere dentro il coniglietto, che Acheron salutò con la manina, come per dirgli ci vediamo dopo.
«Allora tesoro, vogliamo uscire un pochino, ormai il freddo è finito, e poi il sole fa bene hai bimbi come te!» gli disse avvicinandosi al passeggino.
Il bimbo rispose con un lungo versetto dolce, e si tuffo verso quel trasportino blu notte.
«Va bene va bene, andiamo andiamo, solo fai piano!» sorrise il Dottore, sistemandolo a sedere.
Gli legò la vita con attenzione, e lo coprì con una coperta leggera, per evitare che il vento fresco potesse dargli fastidio, sistemò la cappa sulla testa del piccolo, e si avviò verso l'uscita.
Appena fuori, un odore dolce e fresco di primavera invase entrambi.
Il Dottore sorrise nel intravedere, la faccina sorpresa e curiosa di suo figlio, si voltò un attimo per chiudere il Tardis, poi prese il manico e s'incamminò sereno.
Il sole era caldo e piacevole, e Acheron non si lasciava sfuggire niente, per ogni cosa aveva un commento da fare, e un sorriso da donare.
«Allora ti piace?!?» chiese ad un certo punto il Dottore, sentendo il piccolo applaudire con le manine, mentre il sonaglino legato al bracciolo suonava.
Il bimbo gli rispose con una serie di paroline dolci, poi si sentì un lungo e meravigliato uh!
Il Dottore sorrise di nuovo, fermò il passeggino, e si avvicinò al piccolo.
«Che c'è tesoro, che cosa hai visto?!?» chiese vedendolo allegro e con le manine tese.
Il bimbo continuava a guardare il suo oggetto di curiosità, e con una serie di mhm, cercò di spiegarsi, e di atterrare a se, quella cosina così graziosa che continuava a volare.
Il Dottore seguì, la manina del piccolo, e capì.
«Ah, è vero...è la prima volta che ne vedi una, hai ragione.» disse il Dottore, intuitivo.
Il bimbo applaudì di nuovo quando quella creaturina si spostò su di un'altro fiore.
Il Dottore rise dentro di se, e tranquillo slegò il piccolo e lo prese in braccio, senza che Acheron spostasse la sua attenzione. Il Dottore poggiò il primo piede sull'erba fresca, poi l'altro, ed infine si accovacciò, sistemando il piccolo su di una gamba.
«Ti piace cucciolo?!?» chiese guardando la sua reazione.
Il bimbo allungò di nuovo le manine verso quello strano esserino, e con un versetto dolce cercò di attirare la sua attenzione.
«Sì chiama farfalla Acheron, non piccolo cane!» rise divertito.
Il bimbo annuì e cercò di nuovo di prenderla. Ma quella farfallina blu, sembrava ignorare il bambino che voleva solo giocare con lei.
«Guarda, ti faccio vedere una cosa.» gli sussurrò il Dottore allungano la mano.
«Però mi devi promettere di non toccarla!» gli disse guardandolo serio.
Il bimbo annuì con il capo, rimanendo a fissare la mano del padre.
Il Dottore fissò la farfalla blu, e delicato allungò la mano verso di lei. L'insettino da prima rimase a guardare quella strana cosa rosa, ma poi una volta preso fiducia, sia avvicinò.
Il Dottore sentì le piccole zampette, sfiorargli il palmo e una volta al centro esatto della sua mano, l'accostò agli occhi del piccolo.
Acheron rimase a fissare l'esserino con la bocca aperta, e gli occhi che gli brillavano per la meraviglia nel vederla così da vicino.
«E' bella vero?!?» chiese il Dottore guardando prima la creaturina, poi il bambino.
«Guarda che bei riflessi celesti che ha, e le rifiniture nere sono proprio carine, vero?!?» chiese ancora, senza distogliere gli occhi dal bimbo che con le guanciotte rosse, non riusciva a smettere di guardare quell'esserino dai tratti delicati e le movenze dolci.
Il bimbo emise un lungo versetto tenero, inclinando il capo verso l'animaletto.
Per un attimo i loro occhi s'incrociarono, dopodiché, la farfallina volò via.
«Ora torna a casa.» spiegò il Dottore notando il faccino triste del piccolo.
«Gli facciamo ciao ciao?!?» chiese agitando la mano.
Il bimbo continuò a fissare la farfallina volare via, e intanto provava a chiudere ed ad aprire il suo pugnetto in un saluto un po' goffo.
Il Dottore lo trovò adorabile, tanto che rimase fermo su di lui il più lungo possibile.
«Hai visto che bella che era?!?» chiese alzandosi in piedi.
Poi con dolcezza prese i fianchi del piccolo, e lo tirò su, voltandolo con attenzione verso di lui, sollevandolo un po' sopra la sua testa.
Il bimbo sorrise contento, e il Dottore rimase imprigionato in quel gesto.
«Oh mio Dio!!!» esclamò stupefatto.
«E' un sorriso!» disse felice.
«Non uno qualunque, ma il suo primo sorriso!» affermò gioia.
«Non è più uno spasmo, ma un sorriso vero e proprio ed è rivolto a me...» disse ancora.
«Ed è così simile al mio!» si rese conto sussurrando quella verità.
Rimase a fissare il volto del piccolo, con bocca appena aperta.
Il piccolo aveva sorriso davanti alla normalità, non c'era nulla di speciale, solo un semplice gesto, in braccio al Dottore, che era abituato allo straordinario.
«E' il suo primo sorriso!» sussurò felice.
Il Dottore fissò ancora il piccolo che ormai considerava suo figlio, e si rese conto che non c'era cosa più bella in tutto l'Universo.
«Voglio vederti sorridere sempre piccolo mio!» gli sussurrò con dolcezza.
«D'ora in poi qualunque cosa accada, voglio vederti ridere sempre!»
Il bimbo sorrise di nuovo, quasi come se avesse capito, mentre la sua felicità invadeva il luogo.
 
«E' il suo primo sorriso di gioia ed è tutto per me!»

 

Continua...

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Capitolo 6
*** Capitolo 5: Primi dentini ***


 
Capitolo 5: Primi dentini
 
 
5° mese
 
 
«Coraggio piccolo, basta piangere, calmati un po'» disse il Dottore, cullandolo ancora una volta.
Era disperato non sapeva più cosa fare con il bimbo, che piangeva e strillava senza darsi pace.
«Dai coraggio piccolo...shhhh...» gli provò a sussurrare, mentre gli spostava i capelli un po' più lunghi dal faccino tutto sudato.
Ma il piccolo non smetteva di piangere, nuovi lacrimoni scesero giù su quelle guance rosse rosse per via dello sforzo.
E un nuovo strillo di fastidio riecheggiò per le sale del Tardis.
«Su su...forza piccolino...» gli sussurrò buono il Dottore cullandolo ancora un po'.
Aveva provato di tutto, aveva aggiunto nel latte un po' di miele per renderlo più dolce, così da lasciar in bocca un gusto piacevole che lo distraesse dal fastidio, aveva provato a giocare con lui, aveva provato a massaggiargli le gengive con un cotone imbevuto di camomilla, aveva provato a cullarlo a lungo nella speranza che prendesse sonno, ma tutti quei rimedi sembravano aver effetto solo per un paio di minuti abbondanti.
Il piccolo strillò di nuovo, mentre si agitava tra le braccia dell'uomo.
«Coraggio bimbo, vedrai che passerà presto.» gli sussurrò di nuovo, spostandolo dalle braccia al suo petto. Mise un braccio sotto le gambine, mentre l'altra mano gli accarezza la piccola schiena, con la speranza che smettesse di dimenarsi.
«Tranquillo Acheron, tranquillo.» gli sussurrò ancora, posando la mano sulla sua testolina, accarezzandolo dolcemente.
Il bimbo pianse di nuovo, mentre due singulti gli salivano in gola.
«Shhh shhh, va tutto bene.» gli spiegò con dolcezza sostenendolo con entrambe le braccia.
Il piccolo dimenò più di una volta il capo, asciugandosi gli occhietti sulla spalla del Dottore.
«Va bene, questa spalla non ti piace, proviamo l'altra?!?» chiese, spostandolo con delicatezza.
Un altro singhiozzo e altre due lacrime bagnarono la faccetta del piccolo con un'altra protesta.
«Shhh....shhhh, lo so che è fastidioso piccolo.» gli disse ancora.
Sistemò il braccio che lo reggeva, e poi con dolcezza gli fece appoggiare la testolina sul petto. Con la stessa calma, gli poggiò una mano sul faccino, massaggiando con calma la guancia, mentre l'altra riposa tranquilla su uno dei suoi cuori.
Lo cullò con pazienza, senza smettere di coccolarlo per un secondo.
Il movimento lento e pendolatorio stava facendo stancare anche lui, ma sembrava calmare il piccolo quindi il Dottore aveva il diritto di assecondarlo.
Gli baciò il capo, stringendolo un po' di più contro di se.
«Va meglio così cucciolo?!?» gli chiese in un mormorio, baciandolo di nuovo.
Il bimbo si lamentò di nuovo, tirando su con il nasino, ma non si spostò da quella posizione, malgrado le lacrime, e il corpicino che tremava stanco, sembrava più calmo ora.
«Povero piccolo.» gli sussurrò ancora, accarezzandogli un po' i capelli.
Lo cullò un altro paio di minuti, prima di voltarsi verso il comodino e verso una bacinella con tanto di acqua e alcuni cubetti di ghiaccio.
Immerse con calma la mano nell'acqua alla ricerca di qualcosa.
Ne tirò fuori un massaggia-gengive tutto arancione e tondo, perfettamente tondo.
Si trattava di un giocattolino in gomma ruvida contenente liquido refrigerante che andava spesso
rinfrescato per permettere un'azione benevola sulle gengive del piccolo.
Il bimbo vedendo il suo giocattolo, alzò appena il capo ed emise un versetto dolce e tenue, tendendo appena la manina con fare stanco.
«Sì piccolo, te lo do subito.» rispose il Dottore, controllando la temperatura del oggettino, accostandolo alle labbra. Doveva essere fresco non ghiacciato.
«Ecco qui.» pronunciò infine, porgendolo al bimbo.
Il piccolo lo strinse forte nella sua manina ed iniziò a mordicchiarlo sollevato, riappoggiando la testa sul petto del Dottore.
Il Dottore gli accarezzò la testolina bionda, mentre sentiva il bimbo mordere il suo gioco, capì che finalmente il piccolo si era tranquillizzato un po' di più.
«Povero cucciolo, chissà che noia, eh?!?» chiese baciandogli di nuovo la testa.
Lo cullò ancora un po' con dolcezza, e poi guardò l'orologio.
Sospirò ansioso, e ritornò a guardare il piccolo che teneva stretto tra le braccia.
«Che ne dici tesoro, proviamo a fare un po' di ninna mhm?!?» gli disse di nuovo, avvicinandosi al letto, e spostando con calma la coperta.
Il Dottore aspettò una sua risposta prima di agire, e il piccolo tolse un attimo il gioco di bocca, per dar vita ad un enorme sbadiglio.
L'uomo sorrise intenerito e accarezzò con affetto la sua piccola guancia.
«Eh sì, è meglio metterci a letto.» affermò chinandosi sul letto.
«Sei stanco non è vero?!?» chiese poggiando il piccolo al centro esatto del letto.
«Ti sei sfiancato, hai pianto tutto il giorno per il fastidio, io se fossi in te sarei esausto!» acconsentì, sistemandogli la tutina azzurra.
Il bimbo sbadigliò di nuovo, prima di riprendere a mordere il giochino, quasi a voler confermare le parole del Dottore.
«Coraggio piccolo, è il momento di metterci a dormire.» spiegò il Dottore, avvicinandogli con fare scherzoso, facendolo camminare ondeggiando di qua e di là il suo peluche preferito, un piccolo labrador nero. Il bimbo sorrise divertito, e afferrò il pupazzetto con una manina, stringendolo forte a sé, mentre con l'altra, continuava a mordere il piccolo anello. Il Dottore si distese al suo fianco, appoggiando la testa sul braccio e osservò con dolcezza il piccolo e i suoi occhietti lucidi.
Allungò con calma una mano verso di lui, e gli accarezzò con delicatezza il pancino, con il solo scopo di calmarlo ancora.
«Finiamo la storia di ieri sera che ne dici?!?» gli chiese fissandolo negli occhi.
Il bimbo fece uscire dalla boccuccia un versetto dolce, e strinse meglio il suo peluche contro di sé, mentre il Dottore lo copriva con attenzione.
«Va bene.» acconsentì il Dottore, rimmettendosi giù, e tornando sul pancino del piccolo.
«Allora ieri sera siamo arrivati alla parte della volpe, vero?!?» chiese così da poter riprendere il filo del discorso.
«Il Piccolo Principe aveva appena incontrato la volpe, giusto?!?» domandò ancora.
Il bimbo con la sua piccola e dolce vocina confermò.
Il Dottore sorrise, si schiarì la voce, e continuò con quella storia che conosceva a memoria:
 
"Buon giorno", disse la volpe.
"Buon giorno", rispose gentilmente il piccolo principe, voltandosi: ma non vide nessuno.
"Sono qui", disse la voce, "sotto al melo…."
"Chi sei?" domandò il piccolo principe, " sei molto carino…"
"Sono la volpe", disse la volpe.
" Vieni a giocare con me", disse la volpe, "non sono addomesticata".
"Ah! scusa ", fece il piccolo principe.
Ma dopo un momento di riflessione soggiunse:
" Che cosa vuol dire addomesticare?"
 
Il bimbo ascoltava rapito le parole del Dottore, la sua voce soave era così delicata e lenta da sembrare una ninna nanna, e al bambino quel misto di suoni piaceva tanto. Si sentiva così calmo e tranquillo quando il Dottore gli parlava, si sentiva al sicuro.
Ed intanto i suoi occhi su stavano facendo pensati.
 
"Ecco il mio segreto. E' molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi".
 
Mancava davvero poco alla fine della storia, ma ormai il piccolo aveva chiuso gli occhi, e stava dormendo così bene. Il Dottore poteva capirlo dal suo respiro regolare, e dal pancino che sotto la sua mano continuava ad andare su e giù.
«Finalmente ci sono riuscito a farti addormentare!» sorrise trionfante il Dottore.
Gli sfiorò appena la testolina, e con dolcezza gli tolse dalla mano quel anello in gomma per evitare che durante il sonno potesse dargli noia. Gli sfiorò appena le labbra per verificare se un po' di fresco era rimasto, ma il bimbo si sentì infastidito da quel gesto, tanto che mosse un paio di volte le labbra lasciandole schioccare appena, poi passò una manina sul nasino e si sistemò di lato, abbracciando di nuovo il suo piccolo peluche.
Il Dottore rise divertito da quel tenero gesto, e coprendolo meglio, si alzo piano dal letto, senza fare il minimo rumore, per paura che si potesse svegliare di nuovo.
Posò di nuovo il giochino nell'acqua ancora fresca, e calmo si passò una mano tra i capelli.
«Povero piccolo spero che finisca presto questo fastidio» sussurrò il Dottore accarezzandogli con dolcezza la testolina, sprofondata nel cuscino.
Un suono acuto lo fece sobbalzare.
«Tardis!!!» lo riprese brusco voltandosi verso di lui.
«Ma che cosa fai, così lo svegli, fai piano maledizione!!!» gli sussurrò severo il Dottore.
Un altro suono rispose alla voce del Dottore.
«Sì, ho capito..ma fai piano!» lo riprese di nuovo a bassa voce.
«Comunque sì, hai ragione.» annuì tornando sul piccolo.
Il Tardis risuonò di nuovo quasi per voler costringere il Dottore ha dargli una vera risposta.
«Sì, è davvero carino!» arrossì appena l'uomo.
«Ha delle guanciotte adorabili.» confessò contento.
Il Tardis si fece sentire di nuovo, con due suoni che riecheggiarono.
«Beh, è complicato non affezionarsi ad una creaturina così dolce...ma sono consapevole del fatto che non sono suo padre, se è questo che volevi chiedermi!»
Un'altro suono sottolineò l'essere offeso del Tardis, e questo fece sorride il Dottore.
«Dai, non fare così, lo so che ti vuoi solo prendere cura di me.» afferma annuendo.
Una nuova vibrazione da parte della cabina.
«Eh lo so, era un po' nervoso sta sera.» confermò il Dottore, unendo le labbra triste.
Il Tardis intervenì ancora con una domanda.
«No, non si è fatto male, sono un Dottore, e tu sei il luogo più sicuro di tutti, è impossibile ferirsi qui, e poi io non lo permetterei mai!» spiegò come se fosse ovvio. Di nuovo la cabina disse la sua.
«Sì giusto...provvederei subito a fare il mio dovere da Dottore!» rispose svelto.
Una nuova domanda da parte della cabina blu.
«E non sta male...sta solo mettendo i dentini.» spiegò di nuovo il Dottore quasi divertito.
Un nuovo suono ridondante si estese in quella stanza.
«No, non è doloroso...solo è una cosa nuova per lui, e sente il cambiamento nella sua bocca, e la cosa lo agita un po', gli da un po' di fastidio, ma non sente nulla.» spiegò rilassato il Dottore, come se stesse tenendo una tranquilla lezione, e lui fosse di ottimo umore.
Il Tardis intervenì ancora con un suono piacevole.
«E' vero, mi piace stare con lui.» disse quasi imbarazzato il Dottore.
Il Tardis quasi canticchiò qualcosa, quasi a voler prendere in giro il Dottore, che incassò il colpo e sorrise divertito.
«Ma ora basta con le chiacchiere Tardis, è tardi e non voglio svegliarlo.» disse buono.
«E non sopporto vederlo piangere, mi fa male!» confessò tornado a guardare il piccolo che ormai dormiva così bene da fare invidia.
«Su coraggio a nanna!» sorrise buono il Dottore accarezzando una superficie dell'amico.
Un ultimo suono chiaramente udibile risuonò nella camera.
«Buona notte Tardis!» sussurrò il Dottore, prima di stendersi affianco al bimbo.
 
Continua...


Note dell’autrice:

Spiegazioni: 
-Il piccolo Principe: Io amo questo libro!!! *w* E destino ha voluto che anche Acheron fosse legato a questa storia. Non è stata una mia decisione ma dell'autrice, e mi piaceva l'idea che fosse proprio il Dottore a fargli conoscere questo romanzo, una sorte di legame profondo tra i due.
-Tardis: Lo so, tecnicamente il Tardis non parla, ma il Dottore interagisce spesso con lui/lei come dimostra anche l'episodio 06x04 dal titolo la moglie del Dottore. Insomma volevo dare una piccola voce anche a Sexy! XD

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Capitolo 7
*** Capitolo 6: L'emozione delle prime parole ***


Capitolo 6: L'emozione delle prime parole
 

7° mese

 
 
«Tu non lo sai piccolo, ma la mia vita è molto particolare e frenetica!» spiegò.
«Sì corre tantissimo e di continuo!» scherzò il Dottore.
Quella mattina il Dottore era di ottimo umore, veramente felice, e appena il piccolo si era svegliato, l'aveva praticamente rubato alla culla, e aveva fatto partire un'allegra canzone, forte e non troppo lenta così da poter divertire anche il bimbo, che teneva in braccio.
«Quando sarai più grande capirai di cosa sto parlando.» gli disse volteggiando su se stesso, mentre teneva con dolcezza la mano del bimbo nella sua, come se la loro fosse una vera e propria danza professionale, e non un qualcosa per divertirsi.
«Pensa che una volta ho mando in camera sua un “mutante”, perchè mi aveva fatto molto arrabbiare, e lui c'è andato sul serio, convinto che fossi la sua mamma.» raccontò divertito.
«E' stata una cosa davvero spassosa, non me lo sarei mai aspettato, ma è stato davvero divertente, dico sul serio!» esclamò allegro il Dottore con una risata.
«Però alla fine nessuno aveva cattive intenzione, erano solo dei nanogeni che volevano curare la
razza umana così da lasciarli in perfetta salute.» spiegò sereno.
Il piccolino tremò appena tra le braccia dell'uomo e subito nascose il faccino contro il suo petto, con fare impaurito, con un mugolio spaventato, dopo aver sentito quello strano nome.
«Nononono...» pronunciò svelto il Dottore cullandolo un po'.
«I nanogeni non sono nulla si spaventoso, sono solo piccoli essereni dorati che vanno in giro a curare le persone...sono i piccoli infermieri dello spazio!» spiegò divertito.
Il bimbo lo fissò con una faccina confusa, e cercò invano di capire. Il Dottore sorrise divertito, muovendosi ancora di lato, e aggiunse:
«E poi proprio in quella occasione, ho scoperto quanto sono buone le banane!» disse con volto meravigliato e con tono entusiasta, quasi come se da un momento all'altro ne avrebbe degustata una.
«Sono molto dolci e una volta ho mangiato un tortino con questo frutto, ed era la fine del mondo.» afferma felice. Poi si ferma un attimo a riflettere.
«Forse non è proprio carino far finire il mondo per via di un tortino.» pensò ad alta voce fermandosi un attimo nella danza.
Il piccino mise il broncio e con un versetto offeso guardò il Dottore con aria di sfida.
«Eh sì, non è davvero molto carino.» continuò a riflettere.
«Diciamo che era davvero buono e che in qualche modo il suo sapore mi ha stupito!» affermò alla fine facendo l'occhiolino al piccolo, che rise divertito.
Il Dottore riprese a muoversi sulle note di quella bella melodia, mentre il bimbo muoveva la testa a tempo di musica, e provava a dire qualcosa.
«E sempre in quel tempo, la mia amica Rose m'insegnò a ballare...» confessò rallentando il passo, fino a fermarsi, perso in quei ricordi.
«Non è che m'insegnò a ballare sul serio, lei mi fece ricordare il ballo...»
«...eravamo proprio qui, in questa stessa stanza...» affermò guardandosi intorno, gettando uno sguardo perso oltre i comandi del Tardis.
«Jack ci guardava da lì...» rise indicando le porte del Tardis.
«...divertito più di noi, con un sorriso sbarazzino in volto.» scherzò nei confronti dell'amico.
«E' stata davvero brava...non trovi?!?» chiese in sussurrò totalmente distratto.
Un accordo un po' più forte della melodia, lo fece riprendere. Fissò il bimbo che lo guardava stranito, e con dolcezza gli sorrise, riprendendo a muoversi.
«Mi è piaciuto davvero ballare in suo compagnia!» confessò con tenerezza.
Sorrise ancora una volta, deciso ha lasciare quei bei ricordi.
«E ancora...» il Dottore si fermò di colpo.
«No aspetta aspetta...!» esclamò affascinato rimanendo in ascolto.
«Questo pezzo è troppo bello, non possiamo perdercelo.» affermò continuando il suo ballo.
Due passi a destra, due a sinistra, quattro avanti e...
«Casche!!!» esclamò diverito, portando con attenzione giù il piccolo, che non smetteva di ridere allegro, sicuro tra quelle braccia che ormai conosceva bene.
Liberò le manine dalla singola presa del Dottore, interrompendo così il “Ballo di coppia” e sventolò le braccine con fare spensierato.
Il Dottore si unì a quelle infinite risate che non volevano smettere, e felice vide il bimbo applaudire con le manine, quasi a voler sottolineare il fatto che si era davvero divertito.
Riportò il bimbo in su e lo sistemò sul suo braccio, accarezzandogli la testa.
«Sono brillante non è vero?!?» chiese con fare al quanto modesto.
E con sua sorpresa, malgrado lui stesse ironizzando sul suo modo di essere, il bimbo annuì, fiero del gesto che aveva appena fatto.
Il Dottore rimase a bocca aperta, cosciente del fatto che il piccolo aveva capito la sua domanda.
«Dici sul serio, piccolo mio?!?» chiese confuso.
Il bimbo accennò un dolce sorriso, e con la stessa convinzione di prima annuì di nuovo.
Il Dottore sgranò gli occhi per la sorpresa, rimanendo a bocca aperta.
«Mi stai prendendo in giro?!?» chiese del tutto stranito, sistemandosi il piccolo in braccio.
Il bimbo scosse il capo, e con un mezzo sorrisetto, allungò una manina verso il Dottore.
«Pa...» provò a dire o meglio a balbettare.
«Che cosa vuoi dirmi?!?» sorrise radioso il Dottore, sentendo la voce del piccolo.
«Ba...pap...» provò di nuovo.
«Che cosa...hai fame?!» chiese l'uomo guardando l'orologio.
«Da...d...pa...» ci riprovò ma non era il suono che voleva sentire uscire dalle sue labbra.
«Eh no, hai mangiato da poco, non credo che sia per quello.» riflette il Dottore, cercando di capire cosa voleva dirgli il piccolo.
«Pa...» gonfiò le guance infuriato perchè non riusciva a dire quella parolina a cui lui teneva.
«Con calma, non ti arrabbiare, le prime paroline sono sempre le più difficili!» spiegò
«Pap...» respirò affondo fissando l'uomo negli occhi.
«Pap...Papà!» pronunciò alla fine soddisfatto, spostando un po' la mano sulla guancia.
Il Dottore rimase di nuovo a bocca aperta, guardando il bimbo che gli sorrideva felice, per essere riuscito a chiamarlo come voleva.
«Che cosa hai detto?!?» chiese distratto convinto di averlo solo immaginato.
«Pa...pa..papà!» ripete con un po' di difficoltà il bimbo.
Il Dottore deglutì nervoso e sentì gli occhi bruciare e pizziacare, avvolti da un'improvvisa e forte emozione che non riusciva a capire.
«Sarei io?!?» domandò meravigliato.
«Mhm!!!» rispose il bimbo allungando le lettere.
«Pa...pa..à!» ridisse di nuovo accarezzando ancora una volta il volto del Dottore.
«Così io sono il tuo papà adesso?!?» domandò il Dottore provando a trattenere le lacrime, mentre sul volto sia affacciava un sorriso colmo d'affetto.
Il bimbo rise divertito, poi senza preavviso strinse forte le spalle di quell'uomo, e appoggiando la testolina sulla sua spalla, lo chiamò di nuovo, con quel nuovo nome che aveva un suono così dolce e così bello da commuovere l'uomo che lo stava crescendo.
Il Dottore lo strinse forte a sua volta, appoggiando la guancia contro la schiena del piccolo, accarezzandogli il corpicino una e più volte.
Lo cullava con dolcezza, consolandosi in quel gesto, e intanto lasciava gli occhi chiusi, per non rischiare il pianto.
«Pa...pà!» disse di nuovo Acheron, mentre un sorrisetto tenero, copriva le labbra del piccolo, che si lasciava coccolare dal quell'uomo che tanto amava.
«Sì, se vuoi sono papà!» sussurrò il Dottore senza vergogna.
 
 
La sua prima parola di senso compiuto, e credo che sia stata la più bella di tutte.
 

Continua...

Note dell’autrice:
Spiegazioni: 
-La storia che racconta il Dottore e la parte del ballo fa riferimento all'episodio 1x09 e 1x10 dal titolo Il bambino vuoto.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7: Primi passi ***


Capitolo 7: Primi passi


8° mese

 
Era giorno di relax sul Tardis, e il Dottore si stava godendo la compagnia del bimbo comodamente seduto sul sedile giallo davanti ai comandi del Tardis, mentre il piccolo Acheron giocava allegramente accanto a lui, su un tappetto morbido, circondato da un paio di peluche e una palla rossa. Stava iniziando a parlare e a formare le prime frasette di senso compiuto, era una cosa adorabile, anche perchè il Dottore si divertiva a sentire la vocetta del piccolo.
Ma malgrado l'età il bimbo ancora non riusciva a camminare. Il Dottore l'aveva visto gattonare per il Tardis, e spesso aggrapparsi a qualcosa di solito solo per tirarsi su, e compiere una serie di passetti senza lasciare il sostegno, ma di camminare da solo passo dopo passo, il piccolo sembrava non volerne sapere niente.
Il Dottore osservò ancora per un paio di minuti il bimbo, che si stava divertendo a tirare avanti e indietro la palla rossa, che continuava a finire contro i suoi piedini, mentre lui la spingeva con le mani. Sorrise, nel vederlo così felice, poi allungò i piedi sui comandi del Tardis, facendo attenzione a dove poggiava per non spingere nessuna leva involontariamente, incrociò le gambe, incrociò le mani dietro la testa, e si soffermò ad osservare il soffitto. Si perse nei suoi pensieri, e in alcuni ricordi, mentre il suo sguardo si colorava nelle pareti dorati del suo Tardis. Chiuse gli occhi sospirando affondo, avvolto da quello che poteva ricordare un dolce profumo di rose, poi...
«Papà!» si sentì chiamare chiaramente.
Spostò il capo sul suo piccolo, senza cambiare posizione.
«Endi?!?» chiese il bimbo allungando una manina verso di lui.
Il Dottore sorrise, e lasciò ricadere le gambe sul pavimento.
Poi si rese conto che Acheron si teneva aggrappato con forza ad un cavo nero fissato vicino ad una leva del Tardis. Il Dottore si alzò in piedi solo per appoggiarsi a quei comandi che tanto adorava.
Notò che il piccolo si teneva con una sola manina, ed era un bel cambiamento.
Il Dottore fece schioccare la lingua, mentre con sguardo sorpreso fissava il piccolo, indeciso sul dal farsi. Sì sistemò gli occhiali dal bordo nero che aveva sul naso e ci provò.
«Perchè invece non vieni tu dal papà?!?» gli chiese aggirando i comandi per porsi proprio di fronte al piccolo, che subito scosse il capo.
Il Dottore sorrise e si accovacciò tendendo le braccia verso il piccolo.
«Coraggio cucciolo, vieni dal papà.» gli disse annuendo sicuro.
Il bimbo scosse di nuovo il capo, reggendosi con più forza.
«Dai non fare così, ci penserà papà a prenderti, non ti farai nulla.» lo tranquillizzò, allungando di più le braccia, verso di lui.
«Forza piccolo, vieni dal papà!» esclamò incoraggiandolo.
Il bimbo chinò il capo, quasi a voler analizzare il percorso che doveva fare, deglutì nervoso, e fece il primo passetto, senza lasciare il cavo.
«Lasciati piccolo, fidati di me.» gli sorrise il Dottore.
Acheron osservò prima il cavo, poi il Dottore, poi di nuovo il cavo nero, e si fermò sul Dottore.
Non sapeva cosa fare.
«Non aver paura, ti prometto che ti prenderò io qualsiasi cosa accada, lasciati andare, non temere Acheron!» gli disse di nuovo il Dottore allungandosi di nuovo verso di lui.
Il bimbo deglutì ancora, e con occhi smarriti, si convinse a fare ciò che gli era stato detto.
Con mani tremanti, lasciò il cavo, e fissò il padre.
«Coraggio piccolino, vieni da me.» gli disse il Dottore con un nuovo sorriso.
Il piccolo spostò il piedino avanti, e subito fece seguire l'altro.
Il Dottore annuì, mentre il piccolo compiva lo stesso gesto, unendo subito i due piedini per paura di cadere. Guardò di nuovo il Dottore, confuso.
«Coraggio piccolo, vieni da me!» lo incoraggiò ancora il Dottore
Il bimbo accennò un sorriso, e mosse di nuovo i piedini, un po' instabile.
«Coraggio piccolino, vieni!» sorrise gioioso il Dottore, compiendo un passo indietro lentamente così che il piccolo non potesse notare la differenza del suo tragitto.
Il piccolo si mosse ancora, sorridendo. Iniziava a prenderci gusto, e la cosa gli piaceva.
Spostò di nuovo i piedini, accelerando un po' il passo, e poi di nuovo prima il destro e poi il sinistro, e ancora mise i piedini uno davanti all'altro.
«Bravo così!» pronunciò felice il Dottore spostandosi di nuovo.
Il bimbo sorrise al complimento del padre e con una risatina allegra accelerò il passo, un piedino che seguiva rapido l'altro quasi a corsa.
«Ah! Piano...senza correre!» lo riprese gentile il Dottore, guardandolo serio.
Acheron gli sorrise di nuovo, e rallentò il passo. Un piedino di seguito all'altro, e poi si fermò bruscamente. I suoi bei occhietti incerti, cercavano l'appoggio del padre.
«Che cosa succede tesoro?!?» chiese confuso il Dottore.
«Endi???» chiede spaventato il bimbo.
«Dai piccolo, come prima, sei stato bravo fino adesso, non ti fermare!» gli disse compiaciuto, facendogli cenno con la mano di riprovare.
«Non avere paura tesoro, il papà non va da nessuna parte, ti aspetta qui!» gli spiegò paziente, e con un'altro bel sorriso, annuì verso il figlio.
Acheron osservò di nuovo il percorso da fare, e arricciando le labbra, spostò di nuovo il piede destro, poi con calma quello sinistro.
«Un'altro passetto, ci sei quasi!» incalzò il Dottore.
Ancora una nuova passeggiata, ancora una serie di passetti incerti.
«Un'altro piccolo sforzo!» spronò così il bimbo.
Un nuovo dondolio da parte di quel corpicino così piccolo.
«Forza, vieni vieni!!!» gli disse elettrizzato.
Mise un piedino davanti all'altro, ma perse l'equilibrio.
Il Dottore lo afferrò prontamente, lasciandolo cadere tra le sue braccia.
«Bravo tesoro!!!» esclamò contento.
«Sci?!?» chiese in attesa di conferme, osservando gli occhi castani del Dottore.
«Sì piccolino, guarda quanta strada hai fatto per venire dal papà.» gli disse felice, mentre il piccino stringeva con affetto l'indice del padre, per rimanere in piedi.
Il piccolo si voltò indietro per capire. I comandi del Tardis erano ben distanti da lui, segno che di passi ne aveva fatti un bel po'.
«La tua prima avventura, lontano dal sostegno dei comandi del Tardis!» scherzò l'uomo.
Acheron ritornò a guardare il padre, e felice gongolò soddisfatto.
«Sei stato bravissimo!» gli disse di nuovo accarezzandogli la testa.
Acheron sorrise felice, godendosi quella bella carezza.
«Ti serve solo un po' di pratica!» suggerì dopo alzandosi in piedi.
Il bimbo seguì il suo gesto, notando quando il padre fosse effettivamente più alto di lui, poi sentì quella strana parola, ed inclinò il capo da una parte in cerca di chiarezza.
Il Dottore scoppiò a ridere. Aveva una faccetta così adorabile in quel momento, non riuscì a trattenersi amava troppo quel bimbo.
«Fare pratica vuol dire, riprovarci tante e tante volte fin quando non riesci a farlo per bene, fin quando non sei veramente bravo.» gli spiegò allungando una manina verso di lui.
«Sieme?!?» chiese prendendo la mano.
«Certo, io e te faremo sempre tutto assieme, non lascerò mai solo il mio bambino, qualsiasi cosa accada, io sarò lì pronto a proteggerti in un modo o nell'altro.» gli disse sincero.
«Non ti preoccupare, sarò sempre al tuo fianco!» affermò di nuovo.
E con suo enorme piacere, il Dottore vide dipingersi sul volto del piccolo, un bel sorriso che andava allargandosi pian piano, lieto per quella notizia.
«Riproviamo?!?» chiese dopo.
Acheron si morse un pochino il labbro inferiore indeciso, poi allungò le braccia verso il padre.
«Che cosa c'è?!?» chiese il Dottore, prendendolo.
Il bimbo accarezzò con dolcezza i capelli del Dottore, scompigliandoli appena, poi si allungò verso di lui, e posò le sue labbra sulla guancia dell' uomo. Senza dire nulla, gli buttò le braccia intorno al collo. Il Dottore rimase sorpreso da tanto spontaneità, ma non riuscì a trattenersi dall'impulso di abbracciarlo il più forte possibile.
Non mi abituerò mai al suo affetto, è così intenso e sincero da sconvolgermi.
«Ti adoro anch'io, piccolo mio!» sussurrò il Dottore, ma così piano che neanche il bimbo riuscì a sentirlo. Quel mormorio rimase un eco tra la sue mente e la sua anima.
«Forza piccolo, rimettiamoci a lavoro!» esclamò felice il Dottore, lasciandolo scendere.
Il bimbo annuì, e subito si sentì prendere le manine.
«Mi raccomando un passo alla volta, piano piano.» gli ricordò il Dottore, chinandosi su di lui, così da poterlo sorreggere meglio. Le mani forti e calde del Dottore, si strinsero con più dolcezza sulle sue. Acheron annuì felice e mosse il primo passo.
Amava camminare, ma amava ancora di più poterlo fare con suo padre.
 
E' in momenti come questi che mi accorgo che lui sta crescendo velocmente, e sempre in questi attimi infiniti di semplicità mi rendo conto che è la mia più bella e grande esperienza.
 

Continua...

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Capitolo 9
*** Capitolo 8: Un bagnetto con papà ***


Capitolo 8: Un bagnetto con papà

 
9° mese

 
«Ah, che stai facendo?!?» lo riprese tranquillo il Dottore.
Lesto gli spostò la manina dalla bocca, pulendogli via il sapone.
«Ti ho detto in bocca no!» gli spiegò ancora trattandogli le manine.
«Non è buono il sapone da mangiare.» gli disse togliendo un po' di sapone da sotto l'occhio.
Era sempre così dal primo bagnetto il piccolo trovava interessante e degna di curiosità qualsiasi cosa affiorasse da quella vasca in porcellana.
Il Dottore raccolse un po' d'acqua in un bicchiere e poggiando con calma la mano libera sulla fronte del piccolo, gli bagnò i capelli che avevano bisogno di essere sistemati.
Gli pulì un po' il faccino, e ripete lo stesso gesto, con la stessa attenzione.
Ed intanto lo guardava con la coda dell'occhio.
Era un bimbo vivace il suo Acheron, e testardo come non mai.
Gli bagnò la schiena, e versò un po' di sapone sulla spugnetta azzurra.
Stava per iniziare a lavarlo quando lo vide. Le manine stavano tornando all'attacco.
«Che cosa ti ho detto?!?» chiese accostandosi alla prima spalla.
Il piccolo sentitosi scoperto, lesto lasciò cadere le mani nell'acqua creando un simpatico spalsh, e la cosa strappò un sorriso al Dottore.
«Allora?!?» domandò ancora iniziando a “pulirlo” con calma.
«Occa no!» ripete il bimbo scuotendo il capo.
«E quindi?!?» fece eco il Dottore, passando all'altra spalla.
«Gno!» disse il bimbo fissando il suo ditino, provando a muoverlo come aveva visto fare tante volte dopo quella strana parola.
«Bravo Acheron!» gli disse il Dottore occupandosi del collo.
Il Dottore, mise ancora un po' di sapone e passò al petto e al pancino del piccolo.
Il bimbo osservò quella strana spugnetta che gli massaggiava il corpo, mentre nella sua manina teneva stretta una paperella di gomma gialla.
Faceva il solletico e si divertiva a vederla gonfiarsi d'acqua.
«Osso?!?» chiese al padre mentre stava per mettere via la spugnetta.
«Sì, certo che puoi!» rispose gentile il Dottore, porgendogliela.
Il bimbo sorrise felice afferrando gioioso l'oggetto, e in un attimo affogò la spugnetta sotto l'acqua solo per vederla ritornare in superficie tutta gonfia.
Il bimbo rise divertito, e subito la spugnetta si ritrovò di nuovo sotto.
Un attimo dopo stava volando in aria con la paperella, in uno strano acchiapparello.
Il Dottore sorrise, immaginando a stento che cosa fossero diventati quei due oggetti per il figlio, e senza distogliere gli occhi dal piccolo, aprì una seconda boccetta di shampoo.
Verso un po' del contenuto sulla mano e qualche goccia, sulla testa del bimbo, che sembrava non accorgersi di nulla. Chiuse il contenitore, ed iniziò a lavare la testa del piccolo, massaggiando la cute con dolcezza senza fargli male.
Il piccolo continuava ad affogare la spugna e la paperella, ridendo a più non posso, mentre le bolle di sapone continuavano ad invadere la stanza, per la felicità del bimbo, che ama perdersi in quella sfera trasparente dai mille colori.
Il piccolo Acheron rise lieto, nel vedere una piccola bolla di sapone passargli davanti e posarsi sulla paperella a mon di casco.
«Guada!!!» esclamò felice indicando il suo giocattolo.
«Hai visto che bello?!?» chiese divertito il Dottore, mentre continuava a lavargli la testa.
Il bimbo contento giocò con le mani nell'acqua, creando una serie di ciak ciak allegri, schizzando a più non posso per la felicità, e una fila indefinita di bolle di sapone si sparsero nell'aria sulla vasca.
Il Dottore sorrise divertito cosciente del fatto che in pratica ormai era più zuppo del figlio.
Il bimbo continuò ancora per un paio di minuti a giocare con l'acqua schizzando il muro vicino,
mentre il padre, continuava a lavargli la testa.
«Dai ora basta.» gli disse gentile il Dottore, sposandosi di fianco.
Prese il soffione della doccia, e aprì l'acqua calda, controllando la temperatura.
«Sciacquiamoci per bene okay?!?» disse facendogli l'occhiolino.
Il bimbo rise, e allungò le mani verso il padre, che l'aiutò ad alzarsi e a rimanere in piedi, per paura che potesse perdere l'equilibrio.
«Tira indietro la testa.» gli sussurrò.
Il bimbo obbedì subito, e l'acqua calda in poco tempo, gli ricadde in testa.
Il Dottore gli accarezzò più volte il capo, per togliere il sapone in eccesso, mentre l'acqua faceva il resto. Il Dottore passò la mano un ultima volta sul volto del piccolo per evitare che il sapone scappatogli potesse finire negli occhi del bimbo, e in tutta risposa Acheron aprì la bocca, per accogliere sulla lingua il gusto inesistente di quell'acqua calda.
Il Dottore rise come un matto, di fronte a quel gesto così infantile.
«Ma che fai, chiudi la bocca, ti ripeto che il sapone non è buono da mangiare!»
Il piccino sorrise divertito, mentre abbassa la testa, e la mano del Dottore gli passava sul volto per togliere le ultime gocce.
Una volta spostata la mano, fissò gli occhi del figlio, e lui come se nulla fosse, si passò la lingua sulle labbra, come se avesse appena mangiato qualcosa di buono.
Il Dottore rise di nuovo scuotendo il capo:
«E va bene, fai come preferisci.» gli disse mentre accostava di nuovo il soffione vicino a l piccolo. Poi quella stessa acqua si occupò del resto del corpo.
In breve tutto il sapone abbandonò quel piccolo corpo chiaro e roseo.
«Ecco qua, finito!» annunciò chiudendo l'acqua e rimettendo tutto al suo posto.
«Aspettami qui, vado a prendere l'accappatoio!» gli disse alzandosi in piedi.
Gli facevano male le ginocchia a forza di stare giù, e la camicia, anche se arrotolata fino ai gomiti era bagnata, così come buona parte dei pantaloni, ma non gli importava poi molto, aveva passato del tempo, del bel tempo con il figlio.
“Fare il bagnetto assieme a mio figlio, non ha prezzo, anche se alla fine i miei indumenti sono bagnati a tal punto da sembrare appena usciti da un temporale. Perdersi nella sua spontaneità, nella sua ingenuità, nella sua felicità, è una delle cose più belle in questo Universo!” Pensò il Dottore massaggiandosi un po' le ginocchia doloranti.
«Stai fermo eh, mi raccomando.» gli disse calmo, mentre abbassava prima le maniche della camicia e poi quelle della giacca blu.
«Arrivo subito.» confermò prima di voltarsi.
«Sci!» esclamò il bimbo tranquillo.
Il bimbo obbedì ondeggiando un po' con il corpo in attesa, e riuscì a stare fermo, fin quando non si accorse che l'acqua seguiva il suo movimento lento.
Fissò l'acqua spostando di nuovo il peso da un piede all'altro, per capire se quella sensazione che aveva provato un'attimo fa, non fosse solo un' illusione. E quando dei piccoli cerchi si formarono intorno alle sue gambe, il bimbo rise quasi emozionato, ed in breve tempo dei nuovi ciak ciak risuonarono in quel bagno, mentre i suoi piedini danzavano con l'acqua.
«Basta Acheron...» gli disse in Dottore con l'accappatoio sul braccio.
«Rischi di cad...» ma la frase si perse in quella stanza.
Non si preoccupò di finire la frase, ma bensì di sporgersi in avanti e afferrare il figlio in tempo, che stava per perdere l'equilibrio e cadere all'indietro. Lesto, gli prese le mani e lo riportò su.
«Oplà!!!» esclamò calmo, per non farlo preoccupare troppo.
Gli strinse meglio le manine quasi a fargli coraggio, che alla fine il peggio era stato evitato.
«Non è successo niente, Acheron!» gli sussurrò sistemandogli l'accappatoio addosso e legandolo in vita. Il bimbo deglutì appena, e il Dottore notandolo intuì.
«Tutto bene?!?» gli domandò abbassando gli occhi per cercare i suoi.
Il bimbo annuì senza avere l'effettiva voglia di rispondere.
«Ti sei spaventato?!?» chiese di nuovo l'uomo accennando un lieve sorriso.
Un nuovo sì da parte del capo. Il Dottore sospirò, e lo prese in braccio, facendolo uscire dalla vasca.
In un breve istante i due l'uno stretto all'altro stavano volteggiando per la stanza.
Si era preso uno bello spavento, il Dottore l'aveva capito, e quello era uno dei pochi modi che conosceva per calmare il figlio e farlo sorridere di nuovo.
Quando una risata divertita arrivò alle sue orecchie, quella dolce giostra si fermò.
«Eh, perchè sei un testone!» esclamò rincuorato, mentre i suoi piedini poggiavano sul tappetino di stoffa, e il Dottore s'inginocchiava di nuovo.
«Ire?!?» chiese il bimbo confuso, da sotto il cappuccio che gli stava asciugando i capelli.
«Che sei testardo, e che fai l'opposto di quello che ti viene detto.» spiegò il Dottore, togliendo il cappuccio, e passando una mano tra i capelli color grano del piccolo.
Il Dottore si alzò in piedi di poggiò le mani sui fianchi, chinandosi un po' sul bimbo.
«Io che ti avevo detto?!?» chiese curioso.
«Pemmo.» rispose il bimbo arrossendo appena.
«E tu cosa hai fatto?!?» domandò ancora e ritornando su, incrociò le braccia al petto, con sguardo indagatore. Acheron chinò il capo, sentendosi in colpa.
Il Dottore ridacchio dentro di se, e accarezzò la testa del figlio.
«Era bello il suono dell'acqua non è vero?!?» chiese poi curioso.
«Sci!» rispose il bimbo tristemente.
«Guarda che non sono arrabbiato con te.» gli spiegò calmo pizzicandogli il naso.
Acheron alzò gli occhi e fissò l'uomo quasi con fare sorpreso. Non che la cosa fosse una novità, il suo papà non si era mai arrabbiato seriamente con lui, ma in quel frangente era sicuro, che il Dottore qualcosa gli avrebbe detto.
«Mhm, l'importante è che tu non ti sia fatto nulla.» disse il Dottore infilandosi le mani in tasca.
«Ma la prossima volta gioca a quel modo solo quando il Dottore ti sta vicino, va bene?!?»
Acheron lo guardò stranito, come se le parole appena dette non avevano senso.
Sorrise contento e disse:
«Papà icino!» esclamò il bimbo felice, portandosi le manine sul cuore, una sopra l'altra.
Papà! Non mi ha mai chiamato Dottore o Smith o in qualsiasi altro modo. Non ha mai chiesto il mio vero nome, il mio vero essere. Da quando ha iniziato a parlare, non si è mai rivolto a me con quel nome che adotto con tutti, con quel nome che di solito per me significa tanto, per lui sono solo papà, sono il suo papà.
«Empre!!!» disse alla fine formando un piccolo arco con le braccia.
Il Dottore sorrise intenerito mentre dentro sentiva piangere per la commozione.
«Il papà ti starà vicino in ogni momento non temere.» gli sussurrò con gentilezza, accarezzandogli con affetto la guancia.

 
Continua...

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Capitolo 10
*** Capitolo 9: Legami che uniscono ***


Capitolo 9: Legami che uniscono
 
3 Anni
 
Il suono dell'universo si diffuse con estremo piacere per le vie di Londra. Era da tempo che il Dottore mancava da quella città, e quale altro pretesto aveva per visitarla se non il compleanno del figlio. Aprì le porte del Tardis e prese la mano del piccolo Acheron.
«Oove adiamo papà?!?» chiese il bimbo curioso, mentre si aggiravano per quelle trafficate strade, confondendosi tra persone, macchine e bus a due piani.
«E' una sorpresa!» sorrise il Dottore, chinando il capo sopra di lui.
«Eerchè?!?» domandò di nuovo cercando di capire.
«Perchè oggi è il tuo complanno, te l'ho spiegato.» precisò l'uomo.
«Ah scì, è ero!» rise divertito il bimbo, muovendo piccoli passeti, quasi saltellando.
«Indi la orpresa è per me?!?» domandò quasi meravigliato il piccolo.
«In un certo senso.» scherzò il Dottore, sorridendo di nuovo.
Il bimbo annuì mordicchiandosi un po' le labbra nervoso, e il Dottore in tutta risposta gli accarezzò il capo, mentre senza lasciarlo svoltarono sulla destra. E in un attimo il Dottore fu catapultato in un simpatico quartiere dalle basse pareti bianche, dagli imponenti palazzi in mattone grigio e dai bassi cancelletti neri. Baker street, non era cambiata per nulla, dalla sua ultima visita, un paio di anni addietro. Il Dottore sorrise vedendo una porta nera dal batacchio in oro leggermente spostato sulla sinistra...era il 221 B di Baker Street.
«Ee osa c'è papà?!?» chiese curioso il piccolo.
«Nulla, vecchi ricordi.» rispose vago l'uomo fermandosi di fronte ad una serie di tavolini in ferro, proprio davanti ad un bar.
Sulla tenda da sole in rosso c'era scritto a chiare lettere bianche: “ Speedy's Sandwich Bar & Cafe” mentre tra un ondina e l'altra con lettere più piccole c'era scritto: “Breakfast – Lunch – Pasta”
«Eei già tato qui?!?» chiese il piccolo guardandolo confuso.
«Oh sì!» esclamò felice il Dottore. «Sono stato qui più di una volta!» proseguì.
«Proprio lì abita un mio vecchio amico.» sorrise indicando una finestra a lui nota.
«Ma non ci perdiamo in chiacchiere, oggi è il tuo giorno!» gli disse quasi euforico, e senza pensarci troppo lo spinse dentro il piccolo ristorante.
«Buongiorno!!! » salutò cordiale il Dottore, e una ragazzina bionda di massimo 25 anni sorrise radiosa all'uomo rispondendo al suo saluto.
Il Dottore si avvicinò al bancone trascinando con lui il piccolo. Si fermò di fronte alla vetrata, dove dolci e dolcetti spiccavano assieme a pizze e tramezzini.
«Scegli pure tutto quello che vuoi!» gli sussurrò il Dottore chinandosi su di lui.
Il bimbo si voltò a guardare il Dottore, con occhioni grossi grossi e stupiti.
«Iici sul serio?!?» chiese meravigliato.
«Certo, è il tuo compleanno, mi sembra il minimo!»
«E' erchè ono tato bravo?!?»
Il Dottore scoppiò a ridere.
Poi appena riuscì a riprendersi, si accovacciò accanto al figlio poggiandogli una mano sulla spalla.
«E spiegami, quand'è che non lo saresti stato?!?»
Il bimbo ci penso su un po' serio, poi arricciando le labbra sollevò le spalle in segno d'arresa.
Il Dottore sorrise ancora e con garbo lo sollevò da terra, così da fargli vedere meglio:
«Su coraggio...» gli disse sistemandolo su di un braccio.
«...Che cosa vuoi provare oggi?!?»
Il bimbo si guardò un po' attorno, cercando qualcosa di nuovo.
«Ow!!!» esclamò poi meravigliato il piccolo, e subito indicò con la manina, una serie di dolcetti gonfi ricoperti di panna e confetti gialli.
«Ello è il olce i ui mi ai palato?!?» chiese curioso.
«Sì, è proprio quello!!!» rispose allegro il Dottore.
«Ma guarda...non credevo di ritrovarlo qui.» si disse tra se e se.
«Oglio assaggialo!!!» affermò contento il piccolo.
«Va bene, allora due tortini alla banana...» disse guardando con un sorriso la ragazzina.
«E poi, altro???» chiede il Dottore, gentile.
«Ooglio povave la pazza!» rispose svelto il piccolo, rimanendo a fissarla.
«La pazza?!?» chiede stupito il Dottore, non riuscendo a capire.
«Sì, la pazza...» annuì il piccolo voltandosi verso il padre.
«Eella lì!» disse il piccolo, notando l'espressione persa dell'uomo.
Il Dottore seguì l'indice del piccolo e capì, trattenendosi dal ridere.
«La pizza!» lo corresse con un sorriso.
«Quella si chiama pizza, non pazza, ecco perchè non capivo.» rise con affetto.
«Bene, basta così?!?» chiese al bimbo per avere conferma.
Il piccolo annuì, sorridendo al padre.
«Okay!» esclamò semplicemente il Dottore, facendo scendere il piccolo.
«Allora sono, due tortine e tre pezzi di pizza.» sorrise il Dottore alla ragazzina, mentre faceva l'occhiolino al figlio, che aveva notato un numero in più.
«E poi vorrei anche un thè e un succo!» aggiunse con un sorriso smagliante.
La bionda sistemò il tutto su di un vassoio, e fece lo scontrino, come sua abitudine.
Il Dottore guardò il prezzo, e si tastò le tasche della giacca.
«Accidenti...» iniziò sorpreso.
«...ancora non ho tolto questo brutto vizio...» continuò cercando all'interno della giacca blu.
«...è che non porto mai soldi con me...e ora ...» cercò di spiegarsi.
Tastò un ultima volta le tasche esterne nella speranza di aver qualcosa, ma niente.
«Aspetta un attimo...forse...no.» disse infine.
Sospirò sconsolato, e sorridendo alla ragazzina gli chiese di tenere tutto da parte.
Poi prese la mano del figlio, e uscì dal bar.
«Ove adiamo adesso papà?!?» chiese il piccolo voltandosi indietro senza capire.
«Papà ha scordato i soldi.» rise divertito, quasi a prendersi in giro.
«Senza non posso pagare la signorina, quindi devo rimediare!» spiegò.
E rise di nuovo, fermandosi davanti ad un bancomat.
«Non ti muovere da vicino a papà, okay???» gli disse lasciandogli la mano.
«Va bene.» annuì il piccolo fissando il papà.
Il Dottore spostò la giacca da un lato, e cercò nella sua tasca interna, fin quando non ne tirò fuori un aggeggio grigio con una sferica lucina blu in cima. Voltò il cacciavite sonico verso la finestrella del bancomat e premette sul pulsante nero. In un istante la lucina blu si accese e iniziò un leggero ronzio. Fatto questo il Dottore mise via il suo fedele amico e aspettò un attimo. Secondo dopo, il piccolo vide sputare alla macchina una serie di pezzi di carta, e con un faccino meravigliato capì che quelli erano i famosi soldi di cui il padre gli aveva parlato.
«Bene!» esclamò il Dottore, infilandosi tutti in tasca.
«Questi dovrebbero bastare per oggi.» disse riprendendo la mano del piccolo.
Poi come se nulla fosse successo, prese la mano del piccolo per ritornare sui proprio passi.
In breve si ritrovarono di nuovo in quel simpatico bar, e il Dottore pagò ciò che era rimasto da parte, concedendo alla ragazza di tenere il resto per il disturbo.
Poi prese il vassoio e si avvicinò al tavolino bianco, dove posò tutto sulla di una bella superficie pulita, e aiutò il figlio a sedersi, tirando sotto al sedia una volta sistematosi. Sorrise al piccolo prendendo posto di fronte a lui, e con attenzione sistemò il primo pezzo di pizza sul piattino di plastica, che porse al figlio. Il bimbo guardò con desiderio quella pasta leggermente fumante, e non perse tempo, afferrò il piatto, soffiò appena e dette un morso deciso. Masticò con calma, assaporando il composto, lasciando sciogliere ogni ingredienti. Il Dottore lo guardava curioso, in attesa, aspettando il suo giudizio, mentre sorseggiava con calma il suo thè freddo. Pochi secondi, e il bimbo rimise giù il piatto. Il suo volto diceva tutto, le sue guance era leggermente colorate di rosso, e i suoi occhi d'argento si erano accessi di pura meraviglia.
«Allora?!?» chiese divertito il Dottore.
«E' uona, buona davvero!!!» esclamò felice il piccolo, dando un'altro morso.
Il Dottore rise allegro tra se e se, e sollevando il suo pezzo di pizza, augurò buon appetito.
Fu un pranzo tranquillo, con poche battute e risate, mentre il piccolo sgambettava felice sotto il tavolo continuando ad assaporare quella nuova delizia. Finito si pulì per bene il faccino e le manine, e con altro tanto desiderio afferrò il suo dolcetto alla banana.
«Ehi aspetta!» quasi lo riprese il Dottore.
Il bimbo si fermò di colpo, lasciando il dolce a mezz'aria ancora lontano dalla sua bocca.
«Dammi un attimo!» disse sorridendo.
Il piccolo non riusciva a capire, ma assecondò quello strano desiderio, e lo allungò al padre.
Il Dottore ringrazio in silenzio, e lo poggiò sul tavolo.
Frugò nella tasca della giacca, con un gesto fulmineo coprì il dolce dalla vista del piccolo, che curioso allungava il collo, cercando di capire cosa stava succedendo al suo dessert.
Quando il braccio si spostò lasciando finalmente la visuale libera, il bimbo capì.
Rise allegro allungando le mani felice.
Sulla sommità di tutta quella panna e confetti, spiccava una candela azzurra.
Il bimbo osservò affascinato quel contrasto di colore, tenendo tutto ben saldo nella sua manina.
Poi sentì un leggero ronzio e dopo uno schiocco di dita, e in un attimo vide la candela accendersi in una bella fiamma arancione.
Acheron sorrise gioioso di fronte a quella magia, mentre i suoi occhi prendevano le tonalità della fiamma e brillavano per la contentezza.
«Tanti auguri piccolo mio!» esclamò sereno il Dottore.
 
La sera era ormai arrivata, ed era ora di ritornare a casa. Il Tardis era stato lasciato fuori città, su un bel piano erboso. Il piccolo Acheron apriva la marcia, stringendo con forza il suo drago azzurro, il nuovo peluche che il padre gli aveva comprato per il suo compleanno. Andava avanti con piccole falcate, mentre la coda dell'animaletto rischiava di farlo inciampare ogni volta.
Il Dottore invece lo sorvegliava a poca distanza, con due buste in mano.
Era stato giorno di shopping, di parco giochi, e di nuove scoperte, in una bella giornata di sole poco calda, che aveva divertito e fatto bene ad entrambi.
«Papà!» si sentì chiamare all'improvviso.
«Che cosa succede?» chiese subito il Dottore affrettandosi a raggiungerlo.
Il bimbo corse verso di lui, aggrappandosi alla sua gamba e nascondendo la testa contro il suo polpaccio, indicò davanti a loro.
«E ono?!?» chiese spaventato il piccolo, scuotendo il capo contro di lui.
Il Dottore seguì l'indice del piccolo, e rimase meravigliato da ciò che vide.
Di fronte a lui, tanti punti gialli, brillavano nella notte, schiariti dai raggi argentei della luna piena.
«Lucciole!» esclamò incredulo il Dottore sorridendo felice.
Avanzò di un passo, ma si sentì trattenere da due manine che non mollavano la presa.
«O i accino!» rispose subito il bimbo abbassando di più gli occhi.
«Perchè?!? Guarda che meraviglia! Stanno facendo una bellissima magia, e tu ti stai perdendo questo incantevole spettacolare, perchè devi fare il bimbo con il broncio.»
«O accio i oncio!» disse il bimbo sbattendo il piedino per terra.
«Sì invece, te ne stai qui attaccato a me, invece di divertirti.» annuì sicuro il Dottore.
«Ivertirmi?!?» chiese il bimbo alzando il capo per incrociare gli occhi del padre.
«Sì, le lucciole sono divertenti...soprattutto se...» e senza dire altro prese il figlio, afferrandolo da sotto le ascelle, e facendolo dondolare un po' con dolcezza, lo posò sulle spalle, tenendolo ben saldo, reggendogli le gambe, per evitare che potesse cadere all'indietro.
«Soprattutto se, sali sulle spalle di papà, e aprì le mani al cielo.» disse sorridendo.
«Osì?!?» chiese il bimbo, aprendo i suoi piccoli palmi verso il nulla.
«Sì, esatto...e tieniti pronto!!!» esclamò felice il Dottore.
E di colpo iniziò a girare su se stesso, in mezzo a quei puntini infiniti e lucenti.
Il bimbo sorrise di gioia, quando si rese conto, che in quel momento, sembrava quasi di volare.
Sfiorava i piccoli insetti senza fargli male, guardava le stelle e si sentiva brillare.
Sorrise ancora, assieme al padre, prima che quella giostra improvvisata si fermasse di colpo, con il risultato che il Dottore aveva il fiatone e il piccolo sgambettava felice.
«E osa anno?!?» chiese il bimbo ormai sereno.
Il Dottore non voleva dargli una risposta da sapientone, stava parlando con un bambino il bello era proprio questo, stava parlando, non doveva dimostrare di sapere.
«Loro brillano e rischiarano nella notte, ti fanno compagnia.» rispose semplicemente.
«E echè?!?»domandò ancora il piccolo confuso.
«Così facendo possono dare luce ai tuoi sogni.» disse sicuro.
«Ai ogni?!?» domandò di nuovo.
Alzò gli occhi dietro la sua spalla, per scorgere il volto del figlio:
«Certo, i sogni sono la cosa più importante a questo mondo, e se smetti di sognare, smetti di vivere, ecco perchè esistono le lucciole, per fare luce in quei momenti bui.» spiegò paziente.
E con dolcezza, allungò le mani verso il figlio, per farlo scendere. Una volta giù:
«Ivere?!?» cercò di capire il bimbo, con tanto di ditino sotto il mento.
«Sì amore! A questo mondo sono tante le cose per cui vale la pena vivere, sono ad esempio l'amore, l'amicizia, l'affetto, la famiglia, ma secondo me i sogni sono il motore di tutto, sono quelli che ti spingono ad andare avanti, e a definire il chi sei.» cercò di spiegarsi il Dottore.
«E io i ono?!?» disse il bimbo curioso.
«Sei un bimbo meraviglioso dal cuore grande, sei forte, sei buono ed altruista, e sono pronto a scommettere che una volta grande, farai del tuo meglio per essere felice, e rendere felice chi ti ama, e che sarai pronto a farlo ad ogni costo.»
Il Dottore si chinò su di lui, e con un sorriso caldo gli disse:
«Non lo scordare mai Acheron...vivere rimane la cosa più bella ed importante in tutto questo Universo.»
 
 
Continua...

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Capitolo 11
*** Capitolo 10: Un regalo inaspettato ***


Capitolo 10: Un regalo inaspettato
 
5 anni
 
Era una bella giornata di primavera, e le porte del Tardis erano spalancante su di un bel giardino, dove stava giocando tranquillo Acheron, mentre il padre stava sistemando il controllo dei comandi della cabina. Stava armeggiando con un martello e altri due strumenti nella speranza di non fare ulteriori danni. Di tanto intanto dava un occhio al figlio, che sembrava divertirsi più di lui.
In verità desiderava da morire lasciar perdere tutto, e correre a rotolarsi assieme al figlio, inventarsi qualche nome strano, per dar vita ad un nuovo giochi, dove anche i dinosauri potevano volare, ma prima il dovere e poi il piacere, quindi con un sospiro il Dottore ritornò a lavoro.
Sentì il figlio ridere e dette una sbirciatina prima di rimettersi sotto. Stava armeggiando con il caccivite sonico, su alcuni controlli secondari del Tardis, disteso sulla schiena accanto alle piccole sedie imbottite gialle quando:
«Papà!!!» si sentì chiamare poi.
«Aspetta un attimo Acheron...non ti posso...» ma la frase gli morì in gola, quando sentì un tonfo improvviso e il gemere del figlio.
«Acheron!!!» chiamò subito spaventato, alzandosi di colpo.
Vide il ragazzino disteso per terra, le mani sulle grate del Tardis, così come le ginocchia e una buona parte del petto.
Il piccolo sospirò con fatica cercando di ritirarsi su.
«Ti sei fatto male?!?» chiese subito spaventato correndo da lui.
Gli scivolò accanto svelto, e l'aiutò ad alzarsi. Con calma lo sorresse fin quando non riusci a farlo sedere. Con dolcezza gli poggiò una mano sotto il mento per alzargli il volto e vedere se c'erano danni anche al faccino. Tirò un sospiro di sollievo quando si rese conto che era a posto.
Solo il ginocchio destro e le mani avevano piccole ferite colorate di rosso accesso.
«Vieni fai vedere le mani.» gli disse subito sorreggendo con dolcezza l'arto più vicino.
«Non è nulla.» disse in sussurro il bimbo per non far preoccupare troppo il padre.
Ma il Dottore decise di controllare lo stesso con la massima attenzione, e controllò soprattutto che niente si fosse rotto. Poi voltando con attenzione la mano, notò che c'era solo un brutto taglio sul palmo. Sospirò rassicurato, visto la caduta poteva andare anche peggio.
«Ecco...» disse frugandosi in tasca. «...Mettici sopra questo.» disse piano appoggiando sopra il brutto taglio un fazzoletto di stoffa. Il Dottore fece leggera pressione, e poi guardò il figlio.
«L'altra manina?!?» chiese poi ancora scosso.
«Sta bene.» rispose lesto Acheron spostandola dalla presa dell'uomo.
«E come mai è chiusa?!?» chiese vedendo che solo le nocche erano sporche del suo sangue.
Acheron indugiò mordendosi appena il labbro per cercare una giusta risposa.
«I-io...ho una cosa per te.» rispose alla fine.
«Per me?!?» domandò meravigliato il Dottore.
Non si aspettava una cosa del genere. Era raro che ricevesse regali.
«Sì, non è molto, ma volevo che fosse tuo.» spiegò il bimbo allungando la manina verso il padre che ancora lo guardava stranito.
«Come mai?» cercò di capire il Dottore.
E deglutendo nervoso Acheron aprì la mano sinistra.
Al suo interno riposava sereno un quadrifoglio verde brillante, con un sottile gambo che spariva nella manica del piccolo.
«L'ho trovato.» cercò di giustificarsi subito Acheron, quasi a voler evitare un rimprovero.
«Lo so che ho spezzato la sua vita, e questo mi dispiace, ma se ti porterà un po' di fortuna, io ne sarò veramente felice.» affermò con un sorriso timido.
Il Dottore rimase a guardare quel bel palmo che reggeva delicato quel piccolo germoglio verde dai quattro petali a forma di cuore.
«E' per me?!? Sei sicuro?!?» chiese l'uomo stupefatto.
«Sì!» rispose il bimbo come se fosse ovvio e allungò di più la manina.
«Ma no, tienilo è un porta fortuna...» acconsentì il Dottore.
«Voglio che sia tuo.» disse infine Acheron deciso.
Il Dottore alzò gli occhi su di lui, e incrociò quelli argentei del ragazzino che ormai era così cambiato dalla prima volta che l'aveva stretto a se.
Si era fatto più alto, il volto da bimbo era delicato e dolce, i capelli corti si erano dipinti di un biondo miele, e i suoi occhi di puro mercurio risplendevano solari.
Sorrise, quasi fiero di lui, e senza aggiungere altro prese con attenzione quel semplice regalo.
Lo alzò verso il suo volto, solo per guardarlo meglio.
Era di un fantastico verde brillante, e le venature più chiare presenti su ogni foglia, formavano un arco, che visto nell'insieme era un cerchio, frastagliato ed impreciso, ma bellissimo.
«Grazie Acheron!» sussurrò il Dottore commosso da quel piccolo gesto.
E senza aggiungere altro, stringendo a se quel nuovo regalo, allungò una mano e accarezzò la guancia del figlio, che sorrise sereno.

 
Continua...

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Capitolo 12
*** Capitolo 11: E' ora di merenda ***


 
Capitolo 11: E' ora di merenda
 
5 Anni
 
 
«Ma papà per favore!!!» supplicò il bimbo con sguardo dolce.
«Ho detto di no!» rispose severo il Dottore sottolineando il gesto con il dito.
«Fai almeno un'altra pagina o giuro che non mi sposto da qui per la merenda!»
«Ma ne ho già scritta una, e sono stato bravo.» si lamentò il piccolo.
«Sì, non ho detto che non sei stato bravo.» lo corresse il Dottore.
«E di nuovo sì, è vero, c'erano pochissimi errori nelle parole che ti ho dettato...ma i patti erano due!» gli ricordò il Dottore calmo alzandosi dalla sedia.
Il bimbo sbuffò pesantemente, e gonfiando le guance incrociò le braccia.
«Solo un'altra?!?» chiese quasi a voler la certezza assoluta.
«Sì, come promesso...poi pomeriggio di divertimento come da me promesso!» affermò il Dottore facendogli l'occhiolino.
Il bimbo gli sorrise anche se faceva di tutto per far finta di rimanere arrabbiato.
«E va bene...ma poi basta!» esclamò Acheron puntandogli contro il dito con fare minaccioso.
«Te lo giuro!» rispose il Dottore facendosi la croce sul cuore.
«Così non vale!!!» sorrise il bimbo scuotendo il capo.
«Tu ne hai due!!!» gli ricordò toccandosi il suo cuore.
«Vero.» rise divertito e subito si vincolò anche l'altro.
«Così va meglio?!?» chiese con fare sbarazzino.
Acheron annuì soddisfatto, ma rimase a guardare il padre.
«Non ti vedo scrivere.» sorrise il Dottore con tono canticchiante.
 
 
***
 
 
«Ehi fermo fermo, dove stai andando?!?» chiese il Dottore afferrandolo per il braccio.
S'inginocchio di fronte a lui, senza lasciarlo in attesa di risposta.
«Fuori!» rispose il ragazzino come se fosse la cosa più ovvia di questo mondo.
Il Dottore sorrise e aggiunse:
«Sì, ma non così...fa freddo fuori, ti prenderai un raffreddore così.» gli spiegò paziente.
«E tu come fai a saperlo?!?» chiese confuso Acheron.
«Perchè era da un po' che volevo portarti qui!» annuì l'uomo.
E si alzò per prendere il cappotto e i guanti del figlio.
«Davvero?!?» chiese l'altro seguendolo con lo sguardo.
«Sì, e sono sicuro che ti piacerà.» disse il Dottore allegro.
«Dai allora, forza andiamo!!!» esclamò felice il bimbo allungando le braccia, pronto ad indossare il suo cappotto lungo e nero.
Il Dottore rise di gusto e l'aiuto con le maniche.
Poi gli fece indossare i guanti blu, facendoli aderire per bene alla mano.
«Posso andare?!?» chiese tutto eccitato.
Il Dottore annuì, e afferrando il suo di cappotto lo guardò uscire dal Tardis.
Acheron spalancò le porte della cabina e subito un'ondata di vento freddo lo invase.
«Wooooh!!!» esclamò subito il bimbo colto alla sprovvista.
«Ma dove siamo?!?» chiese voltandosi verso il padre, che con passo calmo lo stava raggiungendo, mentre chiudeva con un bottone il cappotto chiaro.
«Sul Tetto del Mondo o meglio conosciuto come Himalaya!» gli spiegò il Dottore accarezzandogli il capo. Il bimbo sorrise entusiasta, e subito si precipitò fuori portando con se il Dottore. Acheron si fermò a pochi passi dal Tardis solo per guardarsi intorno.
Vette infinite che si confondeva con il cielo, il bianco si confondeva con gli altri colori, e l'aria era così fredda da ghiacciare il corpo.
«E' bellissimo!!!» riuscì solo a dire con un filo di voce.
«Chi abita queste terre pensa che questa catena sia la dimora degli dei, e che quest'ultimi vegliano su di loro dalla sommità di queste vette.» spiegò il Dottore tranquillo.
«Davvero?!?» chiese il piccolo con tanta meraviglia.
«Essendo così alte e vicine al cielo, non è un pensiero sbagliato.» annuì il padre.
«E che c'entra con me?!?» chiese il piccolo stranito.
«Con te?! Nulla.» scherzò il Dottore.
«Volevo solo mostrarti una parte di mondo tutto qui!» chiarì con un sorriso.
«Un giorno capirai.» gli spiegò il padre con un sorriso complice.
«Chissà magari un giorno questo luogo potrebbe essere la tua dimora!» gli disse chinando solo gli occhi su di lui.
«Come?!?» domandò Acheron distratto.
«No, nulla...solo una sensazione.» disse con tono vago.
«Ma io non sono un dio!» rispose sicuro Acheron.
Il Dottore sorrise di fronte alla caparbietà decisa e sicura del figlio.
Anche perchè lui sapeva, per quanto strano era successo e l'aveva visto.
La sera in cui aveva preso il piccolo con se, il momento in cui aveva scoperto il suo nome, aveva visto un suo possibile futuro, e una parte di lui, ma non poteva dirgli niente. Il destino era così, si poteva conoscere ma non si poteva svelare.
«Sei il mio Dio!» disse piano l'uomo sfiorando il capo del figlio.
Il piccolo sorrise felice, sotto il tocco del padre, poi ritornò a fissare l'orizzonte.
Poco dopo il bimbo infreddolito, si portò le mani chiuse a cucchiaio vicino alle labbra e vi soffiò dentro, per riscaldarle appena.
Soffiò di nuovo e una nuvoletta d'aria si disperse nel vento.
«Acheron!» chiamò il Dottore con una nota di sfida nella voce.
Il bambino alzò gli occhi sul padre che era chino su di lui.
E senza avere il tempo di capire si ritrovò ricoperto di neve. Una palla di neve l'aveva colpito a tradimento, in pieno viso.
Acheron rimase sgomento da quel gesto, non solo perchè il volto si era praticamente congelato e ormai aveva neve anche in bocca, ma anche perchè il Dottore come se niente fosse, aveva dato inizio al divertimento. Acheron scosse con forza il capo, per togliere il grosso, poi passando una mano tra i capelli, si limitò a fulminare il padre, che ridendo correva in avanti, armandosi di nuovo.
«Ah, vuoi la guerra...e che guerra sia!!!» esclamò divertito, e con aria di competizione appallottolando un po' di neve in una mano.
«Allons-y!!! » esclamarono all'unisono, mentre la battagliava aveva inizio sul serio.

 

Continua...

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Capitolo 13
*** Capitolo 12: Un brutto mal di testa ***


Capitolo 12: Un brutto mal di testa
 
5 Anni
 
«Acheron!!!» chiamò forte il Dottore, alla ricerca del figlio.
Lo stava cercando dappertutto, ma senza risultato.
«Acheron!!!» chiamò di nuovo percorrendo il corridoio.
«Papà...sono qui...» si sentì chiamare ad un certo punto da una voce flebile.
Corse nella stanza del figlio da cui era arrivata la sua voce debole.
Lo trovò disteso sul letto, gli dava le spalle, ma poteva ben vedere che le gambe erano contratte contro il suo petto, le mani avvinghiavano il cuscino.
«Ehi cucciolo, ma che cosa ti succede?!?» chiese preoccupato, avvicinandosi a lui.
Il figlio stava sudando freddo, tremava e aveva gli occhi serrati come in preda a qualcosa di forte e doloroso che non riusciva a controllare.
«Che cos'hai?!?» chiese di nuovo, fermando la sua mano contro la fronte del bambino.
«Non è febbre.» si disse il Dottore cercando di capire.
Il bimbo in tutta risposta si contorse di più, stringendo con più forza le mani sul cuscino.
«Acheron...parla con papà...non capisco che cosa ti sta succedendo?!?»
«Sento male!» esclamò svelto il piccolo, stringendo di più i denti.
«Dove?!?» chiese subito il Dottore chinandosi su di lui, per prendergli la mano.
«In testa!» rispose lesto l'altro sottraendosi dall'affetto del padre, per indicargli il punto.
Respirò affondo prima di riprendere:
«Ma non le senti?!?» chiese con dolore Acheron, voltando appena il capo.
«Sentire cosa?!?» chiese subito in ansia il Dottore rimanendo a bocca aperta.
 
«Un suono di tamburi come se si avvicinassero.»
«Il battito dei tamburi infinito.»
«I tamburi...sono nella mia testa non li senti, tu non li senti...»
 
«No...non anche a mio figlio...lui non ha visto nel vortice del tempo per poi impazzire, non può essere maledetto anche lui come il Maestro.» pensò spaventato il Dottore.
 
«Voci! Ci sono tante voci nella mia testa, e parlano di cose che non so, non riesco a capire, mi urlano in testa e mi fanno male, tanto male.»
«Acheron, va tutto bene.» gli sussurrò il Dottore accarezzandogli i capelli.
«No, non va bene...non le voglio nella mia testa, mi fanno male, mandale via ti prego.»
lo pregò Acheron con sguardo spaventato, versando solo una lacrima.
«Ascolta Acheron...» iniziò il Dottore tranquillo.
«..io non le sento, e non so come mandarle via...» continuò con gentilezza.
E il volto di Acheron si sfigurò di una nuova paura.
«Tranquillo...» gli sussurrò per calmarlo e gli afferrò la vita, per aiutarlo a mettersi seduto sul letto. La sua presa era delicata, e alzò il corpo del figlio dalla comodità del letto con estrema attenzione. Una volta seduto gli prese le mani e gli accarezzò la fronte, quasi a voler dire che tutto quel dolore sarebbe passato presto.
«...ma forse ho un modo per aiutarti.» disse accovacciandosi di fronte a lui.
Il bimbo tremò ancora e fissò il padre come in cerca d'aiuto.
«Che ne dici, vogliamo provarci?!?» chiese con un sorriso triste.
Il bimbo annuì, stringendo di più le mani del Dottore.
«D'accordo...allora chiudi gli occhi.» gli suggerì l'uomo.
Acheron lo guardò allungo terrorizzato, ma alla fine dopo aver deglutito per il nervosismo, fece come gli era stato detto. In un attimo tutto si oscurò, e quelle voci si fecero più forti.
Con dolcezza il Dottore sfilò le mani dalla presa del figlio, e sospirò un attimo.
«Non aver paura, papà non ti farà nulla.» gli disse in un mormorio.
Poi poggiò le dita sulle tempie di quel bambino che sembrava tremare per il timore, e fece una leggera pressione, senza fargli male. Dopodiché chiuse gli occhi, e rimase in ascolto.
C'era un irreale silenzio, mentre il Dottore cercava di concentrarsi per il bene del figlio.
«Sei entrato nei miei pensieri, e ci stai passeggiando dentro.» disse Acheron meravigliato.
Stava percependo la presenza del padre nella sua mente, ed era così piacevole.
«Se c'è qualcosa che non vuoi che veda pensa ad una porta chiusa ed io non guarderò.» gli spiegò con gentilezza il Dottore continuando con il suo lavoro.
Il bimbo annuì, e rimase fermo, mentre nella sua testa le voci continuavano.
 
«Vieni da noi, Apostolos. Torna a casa…»
 
«Forse risveglierò vecchi ricordi...» cercò di spiegare il Dottore, ma fu interrotto.
«Ma che infanzia triste e solitaria!» esclamò d'improvviso Acheron con voce ferita.
Il Dottore sgranò gli occhi dopo aver sentito quelle parole senza capire.
«Ma che stai dicendo...tu...» d'istinto staccò le dita dal figlio come se si fosse appena bruciato.
Il piccolo aprì gli occhi, e spaventato da quanto appena successo rimase a fissare il padre.
«Come ci sei riuscito?!?» chiese sorpreso il Dottore, guardandolo stupefatto.
Gli mancava l'aria dai polmoni, com'era stato possibile?!? Era solo un bambino...eppure era riuscito a leggere la sua mente, il suo passato.
«Non lo so.» rispose onesto il bambino, guardando il padre preoccupato.
«Le hai sentite anche tu?!?» domandò poi subito il bimbo ancora agitato.
«Sì, ma erano confuse.» spiegò il padre, deglutendo nervoso.
Il bimbo abbassò il capo, e strinse forti le mani in grembo.
«Le senti ancora?!?» domandò poi dopo il Dottore, accarezzandogli il capo.
«Sono lontane.» mormorò Acheron tirando su con il naso.
«Ehi ehi piccolo...va tutto bene, va tutto bene.» sussurrò il Dottore abbracciandolo forte.
Si mise a sedere sul letto, accanto al figlio e senza lasciarlo iniziò a cullarlo dolcemente.
«Non piangere, va tutto bene.» gli sussurrò il Dottore continuando a stringerlo.
«Non sto piangendo...è che...» cercò di spiegarsi Acheron ancora scosso.
«Lo so tesoro, lo so...chiunque sarebbe spaventato da una cosa del genere.» acconsentì l'uomo.
«Ma perchè le sento??? Che cosa vogliono da me???» chiese Acheron
«Non lo so Acheron, non lo so davvero.» rispose onesto il Dottore.
«Ma fanno così male.» confessò sfiorandosi la testa.
«Mi dispiace, mi dispiace davvero tanto.» giurò il Dottore, disperato.
Poi senza aggiungere altro, senza distaccarsi da quel corpo che ancora scosso tremava appena sotto il suo tocco, si distese sul letto accanto al figlio.
«Ora dormi, non ti preoccupare. » gli disse il Dottore accarezzandogli la testa, una e più volte.
«Vedrai che domani saranno solo un brutto ricordo.» continuò passando alla guancia.
«Va tutto bene, ora dormi.» gli sussurrò di nuovo, mentre il piccolo chiudeva gli occhi.
 
***
 
Quando il Dottore riaprì gli occhi, erano notte fonda. Non sentiva più il corpo del figlio attaccato al suo, ipotizzò che si era spostato per dormire meglio, così 'istinto si voltò sulla sua destra.
Ma il letto era vuoto, non c'era traccia del piccolo Acheron.
Svelto abbandonò la camera, e corse nella sala comandi, dove sperava di trovarlo, visto che quella era una delle sue stanze preferite.
Tirò un sospiro di sollievo quando lo vide appoggiato alla cornice blu della porta del Tardis, spalancata sopra l'Universo infinito.
Era proprio come lui, amava tutto ciò che lo circondava, adorava tutto ciò che gli suscitava un minimo di curiosità, e appena la curiosità aveva il sopravento su di lui, doveva assopirla.
Ora se ne stava lì, con le braccia conserte, degno di un piccolo uomo, ad osservare la galassia azzurra che fuori vorticava lenta.
Si avvicinò al figlio senza fare troppo rumore e con dolcezza si avvinghiò alla sua piccola vita, in un tenero abbraccio.
«Ciao papà!» salutò felice Acheron voltandosi verso il padre, che ora gli sorrideva felice.
«Ciao.» lo saluto semplicemente tranquillo.
«Ti ho svegliato?!?» chiese poi subito il bimbo.
«No, mi sono svegliato perchè non ti ho più trovato nel letto.» gli spiegò prendendolo per mano e portandolo al centro della sala.
«Non farlo mai più.» gli disse con dolcezza guardandolo in volto.
«Scusa.» disse mortificato il bimbo.
«No, non intendevo lasciare il letto nel cuore della notte, quando dormo con te, ma aprire le porte del Tardis senza il mio permesso o la mia presenza.» gli spiegò di nuovo.
«Ma perchè?!? Il Tardis è casa mia, mi sento al sicuro qui.» gli disse Acheron quasi arrabbiato.
«Ed è un bene che tu ti senta così protetto, ma è solo per precauzione.» gli disse sereno.
Ma il bimbo in tutta risposta abbasso il capo rattristato dal suo gesto.
«Non è un rimprovero Acheron.» affermò calmo.
«Non mi piace!» sussurrò di getto il piccolo.
«Che cosa?!» chiese confuso il Dottore.
«Il mio nome.» rispose l'altro alzando la testa.
«Ma è il tuo nome.» cercò di farlo ragionare il Dottore.
«Lo so, ma detesto il suo significato.» continuò Acheron con tristezza.
«Ma che t'importa del significato, l'importanza del nome è di chi lo porta...» gli disse con dolcezza chinandosi su di lui: «...sono abbastanza sicuro che il tuo nome possa diventare famoso in futuro, un nome nobile e temuto, sarà un nome da sfruttare, credimi.» cercò di fargli coraggio il Dottore con tanto di occhiolino finale.
«Ma rimane il fatto che non mi piace.» confermò di nuovo il piccolo.
Il Dottore si tirò su, e rimase fermo a pensare ad una possibili soluzione, accarezzandosi il mento, mentre fissava vacuo il soffitto del Tardis. Il bimbo lo sentiva sussurrare vari nomi, ma nessuno sembrava convincere abbastanza il Dottore.
«Che ne dici di Ash?!? Non è male, se ti piace, possiamo chiamarti così!» esclamò ad un certo punto, quasi fiero della sua scelta.
«Ash Smith?!» pronunciò distratto rimanendo a riflettere tra se.
«Ash Smith...sì, è bello.» pronunciò lieto il bimbo.
«Smith!» rise il Dottore divertito.
«Vuoi anche utilizzare il mio falso cognome?!» chiese ancora allegro.
Acheron annuì felice, quasi orgoglioso di possedere quel preciso cognome.
«Papà, perchè ti fai chiamare John Smith?!?» chiese poi senza pensarci.
«Nome di fantasia per i curiosi, non tutti comprendo che il mio nome vero e proprio sia “Dottore”, devo sempre essere il dottor chi, o il dottor cosa.» rise divertito.
«Ma nessuno conosce il tuo vero nome???» domandò di nuovo il bimbo curioso.
«Sono in pochi, ma io preferisco Dottore.» confessò l'uomo con un bel sorriso in volto.
«Perchè?!?» chiese Acheron cercando di capire.
«E' un bel ruolo quello del dottore, aiuta chi sta male, chi ha bisogno.» elencò il Dottore gongolando con la testa, soddisfatto del “titolo” che aveva scleto.
«E poi...» aggiunse arricciando le labbra mentre rifletteva sul dirsi.
«...Così sono al sicuro.» annuì il Dottore.
«Al sicuro???» fece eco Acheron ormai sul punto di perdersi.
«Sono un signore del tempo, conoscere il mio nome equivale a possedere la mia persona...chi conosce il tuo vero nome, può legarsi a te per sempre.» spiegò paziente.
«Legarsi a te?!? In che senso?» chiese il piccolo confuso.
«Può...sapere qualcosa in più su di te, unirsi a te, stringere patti o sfruttarti magari per sempre, può distruggerti, farti del male o del bene, ecco perchè è meglio difendersi...proteggere il proprio nome così da essere al sicuro da tutto.» concluse deciso.
«Ecco perchè allora sei “Il Dottore”!» esclamò radioso il piccolo.
«Esatto.» confermò il Dottore.
«E poi questo nome spaventa i miei nemici, gli basta sentirlo sussurrare per capire a chi appartiene e comprendere quanto sono in pericolo.» gli disse in un mormorio.
«E' un nome di potere.» disse il bimbo con gli occhi che gli brillavano per la meraviglia.
«Precisamente...un nome di grande potere.» sorrise il Dottore.

 
Continua...

 
Note dell’autrice:
-Le frasi un blu sono state riprese dall'episodio 02x04 dal titolo Finestre nel tempo.
-Apostolos: E' il vero nome di Acheron, e le voci che sente sono i richiami degli dei atlantidei, regno di cui lui fa realmente parte.
-Ash: E' chiamato così dal suo gruppo di amici, ma mi piaceva l'idea che questo nome in origine fosse stato un dono da parte di una persona, che per lui qui è davvero importante. 

 

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Capitolo 14
*** Capitolo 13: Tra le braccia del Dottore ***


Capitolo 13: Tra le braccia del Dottore
 
5 Anni
 
«Padre, padre!!!» si sentì chiamare a grand voce il Dottore.
«Papà, papà, papà!!!» continuò a gridare Ash, mentre rapido correva da lui.
«Che cosa succede?!?» chiese subito il Dottore mollando il libro che stava leggendo sul divanetto giallo, accanto a se. Vide Ash correre verso di lui, con la paura impressa sul volto. S'inginocchiò svelto e strinse a se il figlio, quando quest'ultimo gli si gettò tra le braccia.
«Che cosa succede???» domandò di nuovo con tristezza il Dottore.
Ma il piccolo non rispose, si limitò a singhiozzare tra le braccia del suo papà che preoccupato, decise di tirarlo su e stringerlo più forte. In tutta risposta il bambino si aggrappò letteralmente al Dottore, stringendo le braccia intorno al collo e le gambe intorno alla vita dell'uomo, senza mai alzare il capo, continuando a tirare su col naso. Il Dottore non disse nulla, con dolcezza gli baciò il capo, e poi si mise seduto. Sistemò la schiena, allungò le gambe, incrociò i piedi, e senza muoversi continuò a cullare il suo bambino, che spaventato non lo lasciava andare.
«Ehi, ma che cosa è successo???» gli chiese infine accarezzandogli i capelli biondi.
«Che cosa ti ha sconvolto così tanto, piccolo mio?!?» domandò il Dottore con dolcezza senza smettere di consolarlo. «Sono ancora le voci!» osò con la speranza di sbagliarsi. Sentì il figlio deglutire nervoso, poi Ash tirò su la testa, e con gli occhi ancora arrossati da pianto, tirò su con naso un ultima volta, prima di annuire.
«Ma piccolo non devi fare così...non devi avere paura di loro.» gli disse con un sorriso incoraggiante.
«Ma...» sussurrò mortificato.
«Non sono niente tesoro, sono solo voci, non ti possono fare nulla.» gli spiegò il Dottore, sfiorandogli la guancia, mentre gli portava via una lacrima.
«Lo so ma...» mormorò rattristato il piccolo.
«Ti preoccupa sentirle???» domandò il padre vedendolo agitarsi di nuovo.
«Forse.» sospirò il bambino con fare vago.
Il Dottore sorrise con affetto, di fronte a quella risposta confusa. Poi con attenzione,visto che il piccolo si era calmato, ma ancora non aveva intenzioni di lasciarlo, sistemò il figlio accanto a se, staccandolo da quel caldo abbraccio. Ash di puro rimando si avvicinò il più possibile al Dottore, spostandosi piano sul divanetto giallo, e fermandosi solo quando era ad un soffio dall'uomo. Quasi a voler essere protetto da quella figura che un attimo prima, lo stringeva tra due battiti.
«Sta tranquillo piccolo mio, va tutto bene.» gli disse il Dottore accarezzandogli la schiena, poi chinò gli occhi su di lui, quasi a voler capire le sue intenzioni e gli chiese:
«Vuoi che venga a dormire con te?!?»
«No, non ho sonno.» rispose lesto il piccolo scuotendo il capo.
E involontariamente si strinse tra le braccia, quasi a voler allontanare da lui un oscura sensazione che gli aveva appena sfiorato l'anima, al ricordo della sua stanza. E il Dottore se ne rese subito conto. «Ash?!» lo chiamò con calma, per non terrorizzarlo ancora.
«Va tutto bene, guardami.» gli disse sollevandogli il mento con l'indice.
E Ash si ritrovò imprigionato in quelli occhi color della terra, senza possibilità di fuggire.
«Ti ho promesso di tenerti al sicuro, e puoi star certo che manterrò la mia promessa, non ti succederà niente, quelle voci non ti faranno niente in mia presenza, mi hai capito?!?» chiese.
Ma Acheron aveva notato la differenza nel tono di voce del Dottore, c'era un qualcosa di prepotente in quella voce, qualcosa di sicuro, qualcosa che marcava la promessa fatagli anni fa, quando era ancora solo un neonato. Acheron sapeva di potersi fidare di lui, così come sapeva che quel Dottore avrebbe smosso l'intero Universo per vederlo felice, lo sapeva perchè l'aveva già fatto in più occasioni, saranno stati semplice gesti, ma sono quelli che contano nella vita.
«Sì, ho capito, va bene..mi dispi...» provò a dire Ash deluso.
«Non dire che ti dispiace, non devi, sia perchè non ti devi sentirti in colpa, sia perchè non ti devi pentire di niente.» lo rimproverò buono il Dottore.
«Ma io sono un bambino, e i maschi...» cercò di spiegarsi.
«Se mi viene a dire che sei un uomo, e che quindi non devi dimostrarti debole, che non puoi metterti a piangere per una cosa tanto sciocca, perchè devi sempre essere il maschio forte, giuro che ti spedisco in camera tua subito e ti mando a letto senza cena per tutta la settimana.» lo fermò subito il Dottore con voce severa e terribilmente seria, annuendo convinto dopo le sue parole.
Ma poi Ash vide spuntare un piccolo sorriso sul volto del Dottore, e capì che solo una parte di ciò che aveva detto corrispondeva a verità, e non era la parte della "punizione".
«Seriamente Ash...» iniziò a dirgli il padre, addolcendo il volto e fermando i suoi occhi su quelli del figlio, che quasi bramava di sapere che cosa doveva dirgli.Ogni sua parola, era una lezione in più sulla vita, era un granello in più di fiducia e felicità che gli regalava. Le parole di suo padre avevano sempre un effetto di pura bontà su di lui. «..sei un essere umano, e l'essere umano ha il diritto di piangere, ha il diritto di urlare, ha il diritto di cercare conforto quando ne ha bisogno, si diventa forti con il tempo, crescendo e imparando a vivere...quindi non venirmi più a raccontare una stupidaggine simile, perchè mi arrabbio sul serio, okay?!?» gli chiese accarezzandogli la fronte, una e più volte, quasi a voler allontanare da lui quei pensieri non degni di un bambino.
«Sì okay!» esclamò sollevato il piccolo.
Poi ritornò a fissare il libro dalla copertina rossa che aveva notato prima nel arco di tempo in cui si era calmato, poco dopo che il padre era riuscito a tranquillizzarlo.
«Stavi guardando quel libro da quanto ti sei seduto.» rise di gusto il Dottore, notando la meraviglia negli occhi di Ash, mentre accarezza la copertina rigida.
«Vuoi leggere un po' con papà?!?» chiese con tono garbato.
«Sì, mi piacerebbe tanto!» esclamò felice Ash.
«Va bene allora, vieni di più vicino a papà.» gli disse allargando il braccio sinistro, per accoglierlo meglio accanto a se. Il Dottore iniziò a leggere, la sua voce era così lenta e calda da incantare il piccolo, era una fiaba, la fiaba di un certo “Pinocchio”, narrava di un pezzo di legno che era diventato un burattino e voleva diventare un bimbo vero a tutti i costi. Era una storia interessante, aveva il suo fascino e ad Ash piaceva sentire quelle storie in compagnia del padre, ma il sonno ebbe presto il sopravento su di lui. Fece di tutto per rimanere sveglio, cercò più volte di tenere gli occhi aperti, ma niente...alla fine si ritrovò addormentato serenamente sulla spalla del padre. Il Dottore chinò lieve gli occhi su di lui, e gli sorrise con dolcezza. Poi con calma poggiò il libro aperto a metà accanto a se, e con premura raccolse il capo del figlio, e lo poggiò sulla sua gamba, gli sollevò i piedi e gli sistemò le mani, e in tutta risposta Acheron si rannicchiò contro la poltroncina e si sistemò meglio sulla gamba del padre, sorridendo lieve.
«Finisco questo capitolo e andiamo a letto.» gli sussurrò come se lui potesse sentirlo.
Poi rimase a contemplarlo. Era così bello suo figlio, e ora che se ne stava lì addormentato, tra le braccia di Morfeo, era adorabile. Quel sorriso semplice gli illuminava il volto, e le mani strette l'una con l'altra ricordavano perfettamente il fatto di quanto fosse ancora piccolo.
Il Dottore sorrise di nuovo, e senza svegliarlo, poggiò una delle sua mani sulle sue, e con delicatezza iniziò ad accarezzargli quei piccoli dorsi.
Era importante per lui averlo vicino in ogni momento, era una gioia averlo lì, ora e per sempre.
«Sì, facciamo decisamente così.» disse di nuovo, riprendendo il libro in mano.
«Finisco questo capitolo e poi a letto.» si rispose nascondendo uno sbadiglio.
E tranquillamente riprese la lettura, ignorando il fatto che la sua gamba destra stava iniziando a formicolare.

 
Continua...

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Capitolo 15
*** Capitolo 14: La serata delle storie ***


Capitolo 14: La serata delle storie
 
5 Anni
 
«Come ti senti Ash?!?» domandò piano il Dottore, sfiorando la fronte del piccolo.
Quelle stupide voci erano tornate, e questa volta Acheron sembrava averne sofferto parecchio, continua a dire al suo papà che non la smettevano di urlare, che facevano davvero male, e in lacrime gli pregava di farle smettere, e ha continuato con quella supplica fin quando il sangue non è iniziato ad uscirli dal naso copioso e denso, fin quando ormai all'estremo delle forze, non si è abbandonato tra le braccia del padre, privo di sensi e tremante come una foglia.
«Fa ancora tanto male la testa?!?» domandò ancora, con un tono di voce calmo, ma che lasciava trasparire molto ansia. Si era preoccupato sul serio, non l'aveva mai visto in quello stato.
«No...per ora si sono calmate, sembra essere tornato tutto alla normalità.» spiegò sereno.
Cercò di sorridere mentre con la mano porta via un po' di sangue, che continua a uscirgli da naso.
«La facciamo lo stesso la serata delle storie, vero papà?!?» domandò poi Acheron speranzoso.
«Ma certo!» esclamò subito il padre, ritrovando il suo ottimismo di sempre.
«Allora giovanotto, cosa vuoi sentire questa sera, per la serata delle storie?!?» chiese il Dottore allegro, sedendosi di fronte al figlio, saltellando una più volte sul suo materasso.
«Non lo so, l'avventuriere sei tu, stupiscimi.» gli disse divertito Ash, mettendosi seduto a sua volta, poggiando per bene la schiena contro il letto.
«Ieri mi hai raccontato della bellissima Madame de Pompadour, e di come le hai salvato la vita entrando in scena come un cavaliere senza macchia e senza paura in groppa al tuo cavallo bianco.» rise felice ricordando ogni particolare.
«Sì, possiamo dire che le ho salvato la vita in un certo senso.»
«Sì, ma senza quel meccanismo lento, ora non saresti qui a raccontarlo.» rise di nuovo.
«Touchè, è vero hai ragione.» concesse il Dottore sorridendo a sua volta.
Poi il Dottore ci pensò un po' su, prima di proporre:
«Posso raccontati di come assieme alla mia amica Martha ho conosciuto William Shakespeare, grande bella avventura.» acconsentì il Dottore gioioso.
«Shakespeare, e chi è?!?» domandò subito curioso Ash.
«Ah vedrai, ti piacerà come storia, abbiamo tirato in ballo anche Harry Potter.» annuì felice il Dottore ricordando il suo incontro.
«Harry Potter?!?» chiese stupito il ragazzino.
«Sì, Harry...tu non conosci Harry Potter?!?» domandò meravigliato il Dottore.
«No, non me ne hai mai parlato.» quasi lo rimproverò il bambino.
«Accidenti che svista, dovremmo rimediare sicuramente.» sorrise il Dottore.
Cercò una rapida soluzione prima di parlare:
«Facciamo così sta sera di racconto di Shakespeare, e la settimana dopo iniziamo con Harry, sono sette libri, abbiamo un bel po' da leggere che ne dici?!?» domandò quasi eccitato.
«Va bene, mi sembra un ottima idea!» annuì contento il bambino
«Molto bene, allora...» iniziò allegro il Dottore.
«Ma prima di iniziare posso farti una domanda?!?» osò Ash incerto.
«Certo, puoi farmi tutte le domande che vuoi.» gli fece coraggio il padre.
Acheron cercò le parole adatte prima di iniziare, ma ormai la domanda era pronta, ci aveva pensato su un bel po', e ora voleva sapere, voleva sentire la risposta del suo Dottore.
«Papà, perchè mi hai preso con te quella notte???» chiese tutto d'un fiato.
«Quale notte???» chiese confuso.
«La notte in cui mi hai trovato.» confermò il bimbo deglutendo nervoso.
«Non avrei dovuto?!?» chiese in Dottore senza capire.
«No, è che...rispondi ti prego.» chiarì Ash.
«Ma perchè eri così piccolo ed indifeso, eri innocente, come avrei potuto lasciarti lì da solo?!?» chiese il Dottore senza capire le parole del figlio.
Ma notando che il piccolo rimaneva in silenzio senza dire nulla, continuò.
«Non sono riuscito a distogliere lo sguardo e a passare oltre...eri così spaventato ed infreddolito, come avrei potuto.» dichiarò il Dottore come se fosse ovvio.
«Mi hai preso, perchè era la cosa giusta da fare?!?» chiese ancora.
«Cosa c'è di sbagliato in questo?!?» cercò di capire il Dottore.
Ma gli occhi del figlio erano così lontani, così confusi, e si decise a rispondere.
«Sì, era la cosa giusta da fare per me.» disse deciso poggiando una mano su di un cuore.
Il bambino provò a dire altro, ma il Dottore fu più veloce di lui.
«Ti sembra forse giusto lasciare morire un bambino, solo, al freddo, senza alcun tipo di affetto...abbandondato come se fosse un'oggetto?» chiese il Dottore quasi arrabbiato.
«No...» rispose ora mortificato Ash, chinando gli occhi imbarazzato.
«Ma...mi avresti preso con te anche se ero un adolescente?!?» domandò senza alzare lo sguardo, quasi timoroso della risposta che poteva ricevere.
«Ti avrei preso con me anche da adulto, se ce n'era davvero bisogno.» dichiarò il Dottore a bassa voce, ma con occhi sinceri.
«Neonato, bambino, adolescente, adulto o vecchio, per me, non fa molta differenza...avevi bisogno d'aiuto, ed io ero pronto a dartelo.» aggiunse piano.
«Non so perchè ti hanno abbandonato tra quei cespugli...» disse scuotendo il capo.
«...Ma una parte di me ne è veramente felice.» confessò alla fine Dottore.
E dopo quelle parole, Ash incuriosito, sbirciò il volto del padre.
Vide un sorriso nascergli spontaneo e le guance del Dottore colorarsi appena di rosso, come se un bellissimo ricordo gli avesse appena attraversato la testa, donandogli felicità
«Davvero?!?» chiese poi, meravigliato.
«Ma certo.» sorrise con dolcezza il Dottore.
«Lasciandoti hanno dato a me la possibilità di trovarti, di crescerti di vivere la mia vita con te...non c'è cosa più bella di questa credimi.» disse il Dottore sicuro delle sue parole.
«Per una volta il destino non è stato crudele con me, e mi ha dato te.» disse ancora.
«E poi in questo mondo c'è troppo male, troppe cose orribili, troppo cose prive di senso, troppe cose mosse solo dall'egoismo personale, deve succedere qualcosa di bello ogni tanto.» aggiunse con un che di soddisfatto nella voce.
Non si pentiva minimamente del suo gesto, sapeva di aver fatto la cosa giusta, ed Acheron lo capì guardando il suo volto, era così fiero, così dolce, il volto di un padre che è orgoglioso e ama sul serio suo figlio. Ash ne rimase rapito, stupito e allo stesso tempo quasi commosso, perchè sapeva di non avere il suo stesso sangue, le sue stesse origini, eppure continuava a considerarlo suo figlio.
«Ed io che cosa rappresento per te?!?» chiese infine.
Il Dottore fissò per un lungo attimo i suoi occhi, poi accennò un sorriso.
«Tutto.» confessò senza esitare un attimo.
«Sei più importante della mia stessa vita.» disse con leggerezza.
«Sei mio figlio, la persona più bella di tutte.» gli sussurrò con dolcezza accarezzandogli la guancia, come se fosse il corpo di un pulcino.
Ash si lasciò avvolgere da quel caldo affetto che suo padre gli infondeva sempre.
«Grazie papà!» mormorò Ash felice.

 

Continua...

 

Note dell’autrice:
- William Shakespeare ed Harry Potter!!! *-* Due amori in un colpo solo, protagonisti in un fantastico episodio di Doctor Who!
Qui faccio riferimento all'episodio 03x02 dal titolo "Il codice shakespeariano".

 

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Capitolo 16
*** Capitolo 15: Ritorno a casa ***


Capitolo 15: Ritorno a casa
 
7 Anni
 
Il Tardis si fermò di nuovo, e il Dottore con un sospiro di sollievo mise il blocco ai comandi. Era stato un viaggio un po' turbolento, ma ero lo stile del Tardis, o la sua incapacità di guidare quella cabina blu. Ma ormai ci aveva fatto l'abitudine così come suo figlio.
«Ash!!!» chiamò solare il Dottore, rimanendo in ascolto.
«Tutto bene?!?» chiese poi, dirigendosi verso il suo cappotto.
«Sì, dammi solo un attimo arrivo subito.» si sentì rispondere dalla sua camera.
«Va bene, fai con calma.» gli disse il Dottore, infilandosi la prima manica.
Poco dopo sentì il figlio uscire dalla sua camera, percorrere il corridoio e ritrovarsi in breve tempo nella sala comandi, tutto trafelato perchè non voleva fare tardi.
«Ehi ehi, piano...non scappa mica la nuova destinazione.» gli disse il Dottore con un sorriso.
«Sì, lo so!» esclamò Ash, cercando di riprendere fiato.
«Ma sono troppo curioso di sapere.» disse alla fine con un sorriso.
«La curiosità non è sempre un bene sai.» dichiarò il Dottore aprendo le porte del Tardis.
«Parli proprio tu, che sembri viverci nella curiosità.» gli disse il bimbo con una linguaccia.
E il Dottore scoppiò a ridere divertito dalla battuta, ma soprattutto dal gesto infantile del figlio.
«Va bene va bene, te lo concedo.» gli rispose annuendo.
«Allora andiamo???» chiese poi quando la risata si spense.
«Certo, che stiamo aspettando!» esclamò svelto il ragazzo, buttandosi fuori.
Il Dottore rise di nuovo scuotendo il capo, quasi a dire: E adesso chi lo ferma più quel monello.
Si fermò a chiudere le porte del Tardis con la chiave, poi voltandosi capì dove si trovava.
E quasi si sentì svenire, perchè i due cuori smisero di battere.
«Tardis, perchè siamo qui?» chiese appoggiandosi allo stipite della porta.
Ma il suo amico non rispose, né un suono di avvertimento. Il Dottore deglutì spaventato ma fu obbligato a ritornare in sé, quando vide il figlio corrergli incontro.
«Ehi!» lo salutò con un sorriso.
«Hai già visto qualcosa che ti interessa?!?» gli chiese divertito.
Il ragazzino scosse il capo sincero e aggiunse: «Non ancora...stavo aspettando te.»
«Andiamo!» esclamò felice prendendogli la mano.
Ma il Dottore non riuscì a muoversi di un passo, malgrado la foga del figlio.
«Papà!» chiamò piano Ash voltandosi.
«Che cosa succede?!? Stai male?!?» chiese preoccupato avvicinandosi di un passo a lui.
«Sembri pallido!» continuò dopo, sfiorandogli la mano.
«No, è tutto okay.» gli disse con calma, cercando di non far trasparire nulla.
«Vai pure avanti, ti raggiungo subito.» gli disse accarezzandogli il capo.
Ash sorrise allegro, e sistemandosi il giubottino di pelle corse avanti.
E il Dottore lo guardò andar via, con il dolore stampato nel corpo.
«Perchè mi hai fatto questo Tardis?!? Così lui saprà!» sussurrò con gli occhi lucidi.
 
***
 
Dydimos non era cambiata poi molto dall'ultima volta che il Dottore l'aveva vista. Non che la cosa gli importasse, voleva solo andare via di lì al più presto, un'oscura sensazione si stava facendo strada nella sua anima. E la cosa non gli piace, non gli piaceva affatto.
«Papà!» chiamò ad un certo punto Ash, passando accanto ad una bancarella.
Era giorno di mercato, e le bancherelle e i vari passanti non mancavano.
«Sì Ash.» rispose il Dottore distogliendo gli occhi da un pezzo che sembrava fatto di marmo.
«Mi spieghi di nuovo come facciamo a comunicare con gli altri, senza barriere linguistiche?!?» gli chiese con aria distratta, quasi a voler ricordare le ultime “lezioni” del padre.
«Te l'ho detto il Tardis traduce per noi, in questo momento stiamo parlando greco o latino senza neanche rendercene conto.» gli sorrise il Dottore.
«E per i nostri vestiti?!?» chiese di nuovo curioso.
Il Dottore si fermò a pensarci un attimo, sollevando il sopracciglio sinistro confuso.
«Questo non lo so sai, sorprendete eh?!?» chiese divertito.
Ash rise unendosi alla risata del padre e aggiunse: «E' strano più che altro, tu sai sempre tutto.»
«Forse...ma credo che la cosa passi inosservata.» scherzò il Dottore.
«Insomma non credo che vedere degli abiti diversi dai loro...» ed il Dottore indicò la bella tunica rossa di un mercante di stoffe e sete pregiate. «...possa cambiarli la vita.» annuì sicuro.
«Giusto, hai ragione.» acconsentì Ash annuendo a sua volta.
Senza dire altro poi corse ad una bancarella lì vicino, e rimase rapito da ciò che vide.
«Papà guarda...è meraviglioso!!!» esclamò il bambino adocchiando un cavallino di legno.
Era di piccole fatture, l'intaglio quasi perfetto, chiaro.
«Che cosa hai visto?!?» chiese subito dopo il Dottore, avvicinandosi al figlio.
«Quel cavallino, è bellissimo.» rispose subito felice.
E rimase a fissarlo con un che di affascinato che non riusciva a capire.
«Lo vuoi?!?» chiese garbato il Dottore.
«Ma...» non sapeva bene cosa dire ad essere onesti.
«Non costerà troppo.» mentì Ash, cercando di non incrociare gli occhi del padre.
«Ma no, non ti preoccupare...se ti piace davvero tanto, te lo prendo.» disse il Dottore con un sorriso incoraggiante. E il bimbo senza pensarci troppo annuì.
Il Dottore con attenzione raccolse il piccolo giocattolo e porgendolo al venditore si fece dire il prezzo. Pagò senza prendere il resto, e guardò suo figlio.
Il piccolo aveva lo sguardo fisso sulla serie di cavallini in legno disposti in fila uno dietro all'altro, e aveva un lieve sorriso in volto. Sembrava che gli piacesse sul serio. Acheron senza pensarci allungò la mano curioso e bramoso di toccarlo, ma nello stesso istante in cui sfiorò il legno, qualcun'altro, un'altra mano imitò il suo gesto. Stranito ritrasse la sua, e si voltò per vedere chi fosse. E sembrava quasi di guardarsi allo specchio. C'era un bambino della sua stessa età, capelli color del grano come i suoi, forse appena più lunghi, leggermente più magro, con l'unica differenza che il fanciullo aveva gli occhi azzurri. Acheron rimase a bocca aperta, non ci poteva credere, era impossibile. Il bambino accanto a lui, rimase a fissarlo, poi abbassò gli occhi rattristato.
I cuori del Dottore saltarono un battito. Ci vedeva doppio???
«Ciao!» esclamò educato, cercando di nascondere l'agitazione.
Il piccolo mormorò qualcosa d'impreciso, e continuò a fissare il terreno.
«Sei qui da solo, mamma e papà non ci sono?!?» chiese subito guardandosi intorno.
E con la scusa di attirarlo verso di loro, per non perderlo, il Dottore gli sfiorò la spalla, e in un istante capì al volo chi aveva davanti agli occhi. Era il fratello gemello di suo figlio. E lui non ne sapeva assolutamente nulla. Il Dottore calmo spostò la mano, come se la pelle del piccolo iniziasse a bruciare, e rimase a fissarlo stravolto. Il bimbo chinò di più il capo, quasi timido, e sussurrò che la sua famiglia lo stavano aspettando in una bancarella più avanti, e che doveva raggiungerli. E così come era arrivato con lo stesso silenzio si allontanò, e sparì tra le gente.
«Aspetta...» sussurrò Ash senza pensarci.
Rimase a fissare la folla, indeciso sul da farsi. Si ricordò di respirare solo quando il padre gli accarezzò il capo con gentilezza. Una parte di lui voleva lasciare tutto e tutti e seguire quel bambino, l'altra parte voleva ignorarlo e lasciarlo con la sua famiglia.
«Ash?!?» chiamò confuso, tenendo il giocatolo in braccio.
Il bimbo ritornò sul padre, e alzò lo sguardo.
«Vai da lui.» gli disse con dolcezza sistemandogli il cavallo tra le mani.
«Che cosa?!?» chiese il bimbo meravigliato.
«Ho visto il tuo sguardo, ti capisco, ho reagito come te, cercalo e stai con lui, sei un bambino, alla tua età è un bene fare nuove conoscenze.» gli sorrise il Dottore.
Ash lo guardò dritto negli occhi, e sentì i suoi arrossarsi appena per l'emozione.
Senza aggiungere altro, senza lasciare il regalo appena ricevuto, abbraccio forte la vita di suo padre, il più forte possibile, quasi a voler dimostrargli più affetto.
«Ma una cosa Ash.» gli disse il padre sollevandogli il volto.
«Resta dove ti posso vedere.» chiarì, mentre gli voltava il cavallino tra le mani così da poter vedere chiaramente la superficie piana inferiore.
Tirò fuori il suo cacciavite sonico e con un sorriso furbetto incise qualcosa sul fondo dell'animaletto. Acheron sbirciò curioso, fin quando non lo vide, era il suo nome, scritto a chiare lettere, impresse nel legno.
«E divertiti.» disse alla fine il Dottore con un occhiolino divertito.
«Grazie papà!» rispose Ash in un sussurro felice.
Poi si voltò e svelto si mescolò tra la folla, alla ricerca di quel ragazzino.
E in quel momento il Dottore, vedendolo andar via dovette fare appello a tutte le sue forze, per non cadere giù, c'era qualcosa di orrendamente sbagliato in quella visione.
 
Continua...
 
Note dell’autrice:
-Cavallino di legno: Allora questa scena è nata da un piccolo extra, non lo metto tutto per evitare spoiler sia alla saga originale, sia a questa storia, vi lascio un piccolo pezzettino per farvi capire che questo giocatolo è davvero importante per Acheron! u.u
 
"Non ne aveva idea, ma quando scostò il tessuto di carta e trovò un vecchio cavallo intagliato a mano, il suo cuore si fermò.
No. Non poteva essere…
Lo prese e lo girò. Inciso nella parte posteriore, c’era una scritta in greco antico:
 
Ad Acheron
Da Ryssa.
Amore eterno.
 
Le lacrime riempirono i suoi occhi mentre ricordava sua sorella che glielo regalava per il suo compleanno, quando era un bambino piccolo."

Estratto dal libro di Stige 14.02.2013 e tradotto da Dark Hunter Italia – Fan Site italiano dedicato a Sherrilyn Kenyon

 

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Capitolo 17
*** Capitolo 16: Gioco tra bambini ***


Capitolo 16: Gioco tra bambini
 
Ash continuava a correre tra la folla, scontrandosi e inciampando con i passanti, che non degnava di uno sguardo, ma a cui chiedeva scusa ogni volta dopo averli spintonati o avergli pestato un piede, malgrado la fretta ricordava le buone maniere.
Si fermò un attimo per riprendere fiato, e ne approfittò per guardarsi attorno alla ricerca di quel bambino così simile a lui. Respirò affondo e poi lo vide.
Era davvero ad un paio di bancarelle più in là, ma la sua famiglia non c'era, era solo di nuovo.
«Tanto meglio.» pensò Ash. «Non dovrò perdermi in chiacchiere.» affermò deciso.
Riprese la sua corsa, con la paura che quei pochi metri che li dividevano potessero aumentare.
«Aspetta!!!» gli gridò contro, quando si rese conto che il bambino stava per andarsene.
Notò il faccino confuso e perplesso dell'altro, ma Ash sorrise di gioia quando capì che si era fermato solo per aspettarlo. Si fermò di getto di fronte a lui, con un sorriso solare, e dopo un respirò profondo parlò.
«Ciao io sono Ash!» si presentò allungandogli la mano.
«Tu come ti chiami?!?» chiese educato.
Il bambino fissò per un paio di secondi la mano aperta tesa verso di lui.
Deglutì nervoso, indeciso sul da farsi. Ma poi a cuor leggero sorrise, con sorriso dolce e commosso che gli illuminava gli occhi belli e azzurri come il cielo in quella giornata di pace.
«Io mi chiamo Styxx, molto piacere.» disse stringendogli la mano con forza.
 
***
 
Il Dottore aveva preso posto sotto l'ombra di un bell'albero, ormai stanco di fissare il mercato e le sue meraviglie. Stava tenendo d'occhio suo figlio e il suo nuovo amico, che giocavano tranquilli a pochi passi da lui, vicino ad una fontana che spruzzava acqua fresca.
Ash giocava con il cavallino appena comprato, mentre l'altro bimbo sfoggiava alcuni soldatini di legno, che prestava volentieri pur di mettere in scena un bel gioco. I due si stavano divertendo sul serio, ridevano di gusto, e si affiancavano il più possibile pur di star vicini.
Il Dottore sorrise con tenerezza di fronte quella scena, erano così spensierati, così piccoli, così tranquilli, così belli nella loro innocenza, nella loro spontaneità, nella loro purezza.
Li lasciò giocare godendosi le risate allegre e le parole d'infante che sentiva, non c'era nulla di più bello. Amava vedere suo figlio ridere, il suo volto splendeva come il sole quando era felice.
Chiuse gli occhi assaporando quell'attimo, e il buon profumo di fiori che il vento portava con se.
Il sole caldo gli baciava il volto, i capelli sbarazzini persi nella brezza, mentre un ricordo lontano e piacevole, gli sfiorava la mente.
Era in pace come non l'era stato da tempo.
 
***
 
«Ash, forza andiamo, si è fatto tardi.» lo richiamò il Dottore.
Il gioco era ormai finito da tempo, e Ash era rimasto con il suo cavallino in mano, e lo sguardo perso sul suo nuovo amico, che sereno a passo lento stava tornando a casa.
«Arrivo subito.» disse senza distrarsi.
«Guarda che non ti aspetto.» gli disse il Dottore con una risatina divertita.
Ma il bambino non riusciva a distogliere lo sguardo, quasi a voler rimane lì in quello stesso punto, solo per aspettare l'alba e riprendere il gioco.
«Io vado.» rise il Dottore, avviandosi con calma, verso il sentiero diretto al Tardis.
«Che?!? No, aspettami!!!» esclamò subito il bambino lanciandosi in una nuova corsa per non perdere il padre, che ha passo garbato si stava allontanando.
Preso dalla foga della corsa il bambino non riuscì a frenare in tempo, e senza volerlo si scontrò con quell'uomo che gli dava le spalle. Rise divertito, mentre si massaggiava la fronte.
«Scusa!» esclamò senza smettere di ridere.
«Ti sei fatto male?!?» sì sentì chiedere con cortesia.
Ash disse di no con la testa, poi alzò gli occhi e si sentì sprofondare quando si rese conto che quell'uomo non era suo padre.
Lì c'era un uomo giovane e attraente, dagli zigomi angolosi e dai folti capelli bruni piegati in una frangia. Portava giacca di tweed e un farfallino rosso.
«Ciao giovanotto!» si sentì dire dall'uomo con il cravattino.
«Oh, mi scusi!» disse mortificato Ash. «Ero convinto che...» cercò di spiegarsi.
«Credo che il tuo papà sia dalla parte opposta alla mia.» rispose lesto quell'uomo con un bel sorriso in volto, indicandogli il punto, dove un bel signore, alto dai capelli castani si guardava attorno in attesa di suo figlio.
«Ah, la ringrazio!» disse felice il piccolo con un sorriso tenero.
Quell'uomo si chinò davanti a lui e gli batté pian piano la punta del dito sul naso:
«Non lasciarmi mai la mano.» gli sussurrò con affetto.
«Come???» chiese subito Ash sorpreso con volto smarrito.
«Ah...cioè voglio dire...non lasciare mai la mano al tuo papà, potresti perderti tra tutta questa gente...e non credo che al tuo papà possa piacere l'idea di stare da solo.» disse tutto d'un fiato quell'uomo con un filo d' imbarazzo nella voce e sul volto.
«Insomma fai il bravo bambino.» gli disse infine con un occhiolino.
«Certo.» rispose annuendo Ash.
Non sapeva perchè, ma era come se conoscesse quell'uomo da una vita.
Lo ringraziò di nuovo, e lo salutò educato con un ultimo sorriso.
Quell'uomo gli fece ciao ciao con la mano, e con un semplice risolino sulle labbra, lo guardò andar via. Rimase a fissare l'attimo esatto in cui il piccolo strinse forte la vita di suo padre, l'istante in cui l'uomo che era stato, spostare gli occhi verso il basso e con un sorriso meraviglioso che gli accendeva volto dire qualcosa tipo: “Ah, eccoti finalmente!”, il sorriso complice dei due, l'affetto nel semplice gesto di accarezzare i capelli del piccolo, la protezione nel cingergli le spalle, e la semplicità nell'andarsene via assieme, felici di essere solo loro due.
Sorrise un'ultimo secondo, poi il suo volto si oscurò, avvolto da un dolore che conosceva bene. Infondo lui sapeva, lui ricordava che periodo era, l'aveva già vissuto, e rammentava il male che aveva fatto. Ma non poteva mostrarlo a nessuno, non era da lui, andava sempre tutto bene per lui.
«Chi era?!?» chiese una bella ragazza dai capelli ramati, avvicinandosi con passo saltellato all'uomo in attesa.
«Un bel bimbo molto educato.» rispose con che di fiero nella voce.
«Sono così carini a quella età!» esclamò la fanciulla con un misto di dolcezza e di meraviglia.
«Già!» acconsentì l'uomo sistemandosi il cravattino con orgoglio.
«Allora che facciamo?!?» domandò la ragazza, fissando l'uomo.
L'altro lasciando cadere le braccia lungo il corpo, e crucciando le labbra rispose:
«Non so, non mi diverte molto stare qui, preferirei le lune di Giove.» confessò annoiato.
«Le lune di Giove, mi piace come suona!» esclamò allegra la ragazza.
«Tu che dici Rory?!?» chiese all'uomo dai capelli biondi che gli stava accanto.
Quest'ultimo alzò le spalle, e con un mezzo sorriso tirato aggiunse:
«Perchè no!»
 
Continua...
 
Note dell’autrice:
Ta-dan!!! *-* Ecco la sorpresa di cui tanto parlavo, e insomma non credo che abbia bisogno di presentazioni con il suo cravattino rosso, in caso contrario, non potevo non dare una piccola parte al Dottor Undici, l'adoro troppo con la sua esuberanza e il suo carattere da bambino curioso! :3
E ho messo Rory ed Amy perchè sono stati i primi ad accompagnarlo nelle sue avventure! u.u
 
 

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Capitolo 18
*** Capitolo 17: Il Dottore ha sempre idee brillanti ***


Capitolo 17: Il Dottore ha sempre idee brillanti

 
Era stata una bella giornata non c'era che dire. Ash si era divertito davvero assieme a quel ragazzino così simile a lui, ma qualcosa gli sfuggiva, qualcosa non tornava, e lo stava tormentando, tenendolo sveglio e lontano dalla sua camera. Ash ci aveva provato in tutti i modi ad addormentarsi ma senza successo, ed ignorando il voler di suo padre aveva aperto le porte del Tardis per guardare fuori.
La sera era da poco arrivata ma era già viva di stelle, e un aria fresca percorreva le stradine della cittadina. Appoggiato alla cornice della fida cabina, fissava lontano.
«Ash!» si sentì chiamare con dolcezza.
«Papà!» disse svelto voltandosi.
Incrociò lo sguardo sicuro di suo padre, ed improvvisamente si sentì piccolo. Era stato colto in flagrante, e per quanto sapeva di aver sbagliato, non voleva essere ripreso.
«Scusa, lo so che non dovevo aprire ma...» cercò di scusarsi.
«Come mai sei ancora sveglio?!?» chiese il Dottore ignorando le scuse del figlio.
Tanto non servivano, e il suo volto così teso nascondeva qualcosa di serio.
«Non riesco a dormire.» confessò chinando gli occhi.
«Come mai?!?» chiese di nuovo il Dottore accovacciandosi di fronte a lui.
«Styxx!» mormorò il bambino, giocando con le mani.
Ma il Dottore si ritrovò a fissare il figlio con aria perplessa quasi a voler dire:
“E questo adesso chi è? Mi sono perso qualcosa?”
«Il bambino con cui ho giocato oggi!» spiegò Ash con un breve sorriso.
«Ah! E' quello il suo nome! Non me l'avevi detto!» esclamò solare il Dottore.
Il piccolo annuì con aria assente.
«Che cosa succede piccolo?!?» chiese il padre accarezzandogli il volto.
«Stavo pensando a quel bambino, è così simile a me!» confessò stordito, con volto distorto dallo stupore e dalla paura. La cosa lo preoccupava sul serio.
Il Dottore si rimise in piedi e accarezzò la testa del figlio, con affetto.
“Sorvolando il fatto che è praticamente uguale a te, fatta eccezione per i capelli che sono un po' più lunghi, e per il fisico che è meno nutrito del tuo?!? Sì, infine dei conti credo che sia davvero simile a te.» pensò divertito con un risolino.
«Già, ti somiglia molto.» acconsentì il Dottore.
«Ma com'è possibile?!?» chiese confuso il bambino.
«Non so dirtelo Ash, non riesco a capirlo neanche io.» disse deciso.
«Mi sentivo così...legato a lui.» cercò di ragionare, ripensando a quel pomeriggio.
«Vorrei fare qualcosa per lui.» disse all'improvviso senza pensarci.
«Perchè dici così?!?» chiese il Dottore stupefatto.
«I suoi occhi.» rispose lesto il piccolo.
«Cosa c'è che non va nei suoi occhi?» domandò di nuovo il Dottore.
«Non sono come i miei.» confessò poggiando il volto sul padre.
«Ash, te l'ho già detto, i tuoi occhi non hanno niente che non va, sono...»
«No, volevo dire...non sono felici.» precisò il bambino con un sorriso tenero.
«Capisco.» annuì il padre.
«Erano tristi, così tristi da farmi male.» disse con rammarico.
Il Dottore fissò il volto del figlio e capì.
«E per questo vuoi fare qualcosa per lui?» chiese colpito.
«Sì, ma non so cosa.» disse il piccolo con tristezza.
Il Dottore ci pensò un po' su e poi propose:
«Che ne dici di andare a fargli compagnia?!?» chiese sereno.
«Adesso???» domandò Ash accigliato.
«Sì, insomma dormite assieme, date vita ad un pigiama party, è divertente!» concesse il Dottore.
«Non so...» rispose pensieroso.
«Sono sicuro che ti divertirai.» affermò con un occhiolino.
«E tu?!?» chiese il piccolo senza pensarci.
«Io cosa???» disse di rimando il Dottore.
«Starai qui da solo???» domandò Ash desolato.
Il Dottore sbarrò gli occhi, rimanendo a bocca aperta.
«Ma non sono solo...c'è il Tardis come me...» cercò di dirgli il padre.
«Che è una macchina...» spiegò deciso.
«Ma è telepatica.» precisò il Dottore.
«Ma non è umana, non ti può rispondere, non può interagire con te.» rispose deciso.
«Ash, perchè stiamo parlando di questo, proprio adesso?!?» chiese il Dottore stranito e improvvisamente stanco, di lottare con suo figlio.
«Io...» il bambino non sapeva cosa dire, si sentiva come diviso.
«Starò bene...papà non ha paura di stare da solo.» confessò.
«Dici sul serio...» cercò di capire il bimbo.
«Lo sono stato per tanto tempo, ormai io e la solitudine siamo vecchie amiche.» disse fissando il basso, cosciente delle proprio e vere parole.
«Ma in ogni modo è per una notte sola, starai via da me per un solo giorno, non c'è niente di male, è per la felicità di un bambino, va bene così.» aggiunse lesto per convincere suo figlio.
Ash scrutò allungo il volto del padre, il suo sorriso splendente, il suo volto calmo, il suo orgoglio nei suoi confronti nel gesto che stava per compiere, tutto rimase sul suo volto fino infondo.
«D'accordo.» disse infine il bambino con labbra tremule.
«Vuoi andare, papà ti accompagna?!?» chiese con dolcezza il Dottore.
«Sì.» rispose sicuro Ash con un sorriso felice.
 
***
 
«Papà resterà proprio qui, non si muove, se hai bisogno di me, ti basterà affacciarti alla finestra e chiamare il mio nome, correrò subito da te, hai capito?!» gli chiese con un sorriso.
«Sì.» disse un po' timoroso il piccolo osservando la stanza in cui si trovava, stanza così diversa dalla sua, così spoglia, così priva di vita, così priva di ricordi, così priva d'affetto.
«Ti veglierò dal Tardis, non temere.» precisò pizzicandogli la guancia, quasi a volerlo distrarre dai suoi piccoli tormenti.
«Va bene.» rispose annuendo senza distogliere lo sguardo dalla camera.
Poi si ricordò gli attimi prima e si affrettò ad aggiungere:
«Scusa per prima, io non volevo essere così...» disse il piccolo con vocina tremula.
Il Dottore si ritrovò a sorridere divertito, ma in quel sorriso non c'era cattiveria, solo dolcezza, e tanto amore.
«Naaah, non ti preoccupare, non è successo niente.» disse con disinvoltura, sventolando una mano, come se tutto si potesse cancellare con quel semplice gesto.
Poi sorrise al suo bambino con fare complice, a fargli capire che davvero tutto era stato perdonato e si chinò su di lui, e lo strinse il più forte possibile, accarezzandogli la schiena.Con un sorriso tenero in volto, abbraccio suo figlio lieto di averlo.
«Buona notte, piccolo mio.» sussurrò prima di andarsene.
 
Non avrebbe mai voluto lasciarlo lì da solo, non avrebbe mai voluto assecondare il desiderio di suo figlio, ma non aveva altra scelta, sarebbe stato egoista da parte sua, e non poteva permetterselo.
Suo figlio aveva il diritto di conoscere nuove persone, soprattutto della sua età, soprattutto se...legate a lui. Quel bambino era il fratello di suo figlio, la sua vera famiglia, e anche se Ash non sapeva ancora nulla, presto avrebbe capito, e si sarebbe trovato di fronte ad scelta.
Lui o la sua vera famiglia.
E la cosa lo spaventava sul serio, non voleva rimanere solo di nuovo.
 

Continua...

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Capitolo 19
*** Capitolo 18: Buonanotte ***


Capitolo 18: Buonanotte

 
Quando arrivò la notte quella tranquilla, dopo l'ora di cena, Styxx si recò in camera sua.
«Ciao!» salutò solare Ash quando lo vide entrare.
Il bambino stranito dalla situazione, sfigurò il volto per la paura e in un attimo era già pronto ad chiedere aiuto con un grido di soccorso.
«Oh no, ti prego, non urlare... sono io, Ash.» lo fermò lesto il bambino, alzando le mani agitante in segno di resa, annunciandosi con un sorriso.
«Ash?!?» chiese stranito l'altro, mettendo a fuoco.
«Ma che cosa ci fai qui?!?» domandò poi sollevato e rallegrato.
«Ti volevo fare una sorpresa!» scherzò divertito.
«Credo che tu ci sia riuscito.» ironizzò il piccolo.
«Il mio papà mi ha permesso di rimanere a dormire qui con te, credi che hai tuoi possa andare bene?!?» chiese con un che di speranza.
Styxx sorrise garbato e fissando l'amico rispose:
«Non credo che faccia differenza.» ammise sconsolato.
«Perchè?!?» chiese Ash stranito.
Styxx si ritrovò a sorrise con gentilezza e scuotendo il capo aggiunse:
«Non ti preoccupare.» rispose con calma in un sussurro.
«Viene, siediti!» l'invitò poi, quasi a voler cambiare argomento.
Il bambino fece come gli era stato detto. Lesto si tolse le scarpe, e saltellò due volte sul morbido letto. Incrociò le gambe e attese l'amico, che prendesse posto di fronte a lui. Styxx rise, ed educato prese posto sul letto mettendosi seduto con grazia.
«Ah!» esclamò subito dopo Ash alzando un dito, in segno di ricordo.
«Il mio papà, per ringraziarti della tua ospitalità ci ha comprato...» e senza fare troppe cerimonie scartò un sacchetto di carta marroncino.
«Pane con il miele!» esclamò felice il bambino vedendo quel piccolo tesoro.
«Ti piace?!?» chiese Ash quasi aspettandosi un sì come risposta.
«Se mi piace?! E' uno dei miei preferiti!» rispose solare il piccolo.
«Ne sono felice.» rispose con dolcezza Ash, porgendogli una fetta.
Styxx la prese con attenzione e attese che l'amico avesse la propria tra le mani.
Sorrisero contenti entrambi e addentarono il pane con gioia.
«Dimmi Ash...» iniziò Styxx dopo aver buttato giù il primo boccone.
«...come mai siete qui?!?» chiese curioso.
«Io e mio padre viaggiamo spesso, giriamo per il mondo, è divertente!» confessò con un sorriso sbarazzino in volto.
«Come si chiama il tuo papà?!?» chiese Styxx curioso.
«Il Dottore!» rispose Ash come se fosse ovvio.
«Oh, è un'uomo di medicina!» esclamò meravigliato il piccolo.
«Sì, ed è anche molto bravo nel suo lavoro, il più bravo dell'Universo.» confessò con orgoglio Ash guardando l'amico in volto mentre prendeva un'altro pezzo del suo pane.
«Ma io ti ho chiesto come si chiama, non che professione svolge.» rise l'altro assaporando anche lui un'altro boccone del suo spuntino.
«Te l'ho detto si chiama il Dottore.» insistette Ash inarcando un sopracciglio.
«Ho capito che è un'uomo di scienza, ma voglio sapere il suo nome!» disse Styxx confuso.
 
«Nome di fantasia per i curiosi, non tutti comprendo che il mio nome vero e proprio sia “Dottore”, devo sempre essere il dottor chi, o il dottor cosa.»
 
«John Smith!» rispose rapido, dopo essersi ricordato le parole del padre.
«Oh, ma che nome interessante.» disse con occhioni pieni di curiosità l'amico.
«Già!» confermò l'altro molto vago.
«Quindi tu sei Ash Smith.» cercò di capire Styxx ancora curioso.
«Non proprio.» rispose mangiando un'altro po'.
«Non capisco?!?» chiese Styxx imitando l'amico.
«Io non sono proprio suo figlio, mi ha trovato...o meglio mi ha preso con lui quando avevo solo pochi giorni.» confessò timido, ma un sorriso dolce in viso.
«Eri appena nato?!?» chiese sconvolto Styxx.
«Sì, e lui mi ha trovato e mi ha cresciuto come se fossi suo.» spiegò di nuovo Ash.
E per non dover aggiungere altro, prese un'altro po' del suo pane.
«Quindi per lui tu sei suo figlio?!» chiese Styxx con tenerezza.
«Esatto.» rispose l'altro con un sorriso caldo.
«Ed è bravo con te?» chiese deglutendo appena, e prese di nuovo un po' di pane.
Ash trovò strana quella domanda, ma rispose lo stesso per educazione.
«E' fin troppo paziente con me!» scherzò con un sorriso enorme.
«Tu sei figlio unico?!?» chiese poi di gettò prendendo ancora pane.
«No, ho una sorella Ryssa...ma non andiamo molto d'accordo.» confessò triste.
«Come mai?!» chiese stranito Ash.
«Non so...lei non vuole capirmi. » provò a dire.
E in quel momento abbassò il capo sconfitto.
Ash rimase colpito, più rimaneva con Styxx, più si rendeva conto di essere davvero così simile a lui.
Anche in quel momento, si rivedeva così tanto in quel bambino.
«Hai visto?» chiese senza pensarci.
«Che cosa???» domandò Styxx senza capire.
«Siamo così simili tu ed io...com'è possibile?!» cercò di intuire, togliendosi gli ultimi strati di miele dalle dita.
«Non lo so...coincidenza?» scherzò l'amico finendo il suo pane.
«Forse...Il mio papà dice che nel mondo ognuno di noi ha sette sosia.» ironizzò l'altro.
«Magari alla fine scopriremo che siamo gemelli separati dalla nascita!» continuò a ridere Styxx.
«Non credo.» rispose di getto Ash.
«Perchè dici così?» chiese in un sussurrò Styxx temendo di averlo offeso.
«Anche se ci somigliamo nel corpo, non vale lo stesso nell'anima o nel cuore...è una cosa che dice sempre il mio papà.» annuì sicuro di ciò che aveva detto.
«E poi io sono diverso.» disse infine rattristato.
«Che cosa vuoi dire?» chiese l'amico adesso preoccupato.
Ash tentennò un paio di secondi poi si decise a rispondere:
«Sento le voci...strani voci nella mia testa.» disse in mormorio.
«Voci di dolore?!?» chiese l'amico spaventato.
«Esatto.» annuì Ash senza guardarlo.
«Voci che ti chiedono aiuto?» domandò ancora Styxx.
«Sì.» rispose Ash incerto.
«Voci che ti fanno male?» chiese Styxx ormai senza fiato.
«Ma come fai a saperlo?» chiese sorpreso Ash, guardandolo negli occhi.
E vide. L'amico aveva la sua stessa espressione, gli stessi occhi di timore, quando era lui a sentire quelle maledette voci che riecheggiavano nella sua testa.
«Perchè succede anche a me.» confessò in un sussurrò quasi timoroso del fatto che se l'avesse detto un po' più forte la sua testa sarebbe esplosa di dolore.
«Non prenderti gioco di me.» disse Ash quasi arrabbiato.
«No, non ti sto mentendo è così, le sento anch'io, sono forti nella mia testa, le sento anche adesso.» confessò spaventato, con gli occhi lucidi.
«Dici sul serio?» chiese Ash sconvolto.
«Sì...io non dormo quasi mai per colpa loro...sto male per colpa loro, alle volte il dolore alla testa è così forte, che mi esce il sangue dal naso o vomito.» confessò con il cuore straziato.
«La tua famiglia lo sa?» chiese Ash timoroso quanto l'amico.
Styxx chinò la testa, e giocò un po' con la coperta prima di rispondere.
«Ho provato a dirglielo ma non mi hanno creduto, sono stato ridicolizzato e punito per aver mentito.» rispose deglutendo nervoso.
«Ma tu non hai mentito, hai detto loro la verità giusto?» cercò di fargli coraggio Ash.
«Sì, ma nessuno mi ha creduto...mi hanno accusato di simulare il dolore per avere maggior attenzione da parte loro.» spiegò ancora abbassando di più il capo.
«Come si può simulare il dolore, è impossibile.» s'irritò Ash.
Poi cercò gli occhi di Styxx per capire.
«Nessuno?!? Davvero nessuno ti ha creduto???» domandò incredulo.
Styxx non disse nulla, scosse il capo e basta.
«Il tuo papà lo sa?» chiese senza distogliere gli occhi dalle coperte.
«Sì, e lui mi ha creduto subito, passa le notte insonne accanto a me, mi conforta quando sto male, mi asciuga le lacrime quando il dolore non smette, mi bacia la fronte per tenermi buono.» disse con orgoglio, quasi a far capire all'amico che un vero padre si comporta così.
«Come vorrei che...» iniziò a dire Styxx, ma fu interrotto.
«Ci sono io con te adesso.» gli disse subito Ash, accarezzandogli la guancia con affetto.
Styxx rimase rapito da quel gesto. D'istinto sollevo il capo, imprigionò i suoi occhi in quello dell'amico e si lasciò avvolgere da quel gesto spontaneo, da quell'affetto.
Fu talmente spontaneo e inaspettato che rischiava di mettersi a piangere.
«Ma non ci sarai per sempre.» disse chinando di nuovo il capo.
«Io ed il mio papà troveremo una soluzione, ti daremo una mano, non temere.» gli disse fiducioso, pizzicandogli appena sotto l'occhio.
«E come?» chiese Styxx sorridendo e massaggiandosi sulla pelle.
«Lascia fare al mio papà...lui è brillante.» confessò Ash con un occhiolino.
Sorrise incoraggiante, e poi fece un enorme fatica a trattenere un enorme sbadiglio.
«Ora però credo che sia arrivato il momento di metterci a dormire.» disse strusciandosi un po' l'occhio sinistro, e sbadigliando di nuovo.
«Sì, lo credo anch'io.» rise Styxx.
E senza troppe cerimonie, si distese e si rannicchiò nel suo lato.
Aspettò che l'amico gli fosse accanto.
Fissò un'ultima volta quelli occhi così innaturali.
«Buonanotte Ash!» disse educato.
«Buonanotte Styxx!» rispose l'amico con un cenno del capo.
E in pochi attimi si erano addormentati uno di fianco all'altro, con le mani vicine.
 
***
 
Quella notte sono riuscito a dormire. Sono riuscito a dormire tranquillo e beato come non facevo da tempo. Le voci erano così distanti, così leggere che sembravano solo un brutto sogno.
Non sentivo niente attorno a me, solo i pensieri felice di Ash. E ad essere onesto con me stesso, mia facevano bene. Mi faceva bene la sua vicinanza, mi faceva bene la sua presenza, mi faceva sentire normale, mi faceva sentire amato.
Si comportava da amico con me, e l'avrei voluto al mio fianco.
Per sempre.
 
 
***
 
Un paio di ore dopo l'alba.
 
Il Dottore aveva visto nella mente di Styxx, e non voleva metterlo nei guai. Decise così che alle prime luci del mattino sarebbe andato a prendere suo figlio, e l'avrebbe riaccompagnato dall'amico quel pomeriggio stesso. Il suono dell'Universo riecheggiò tranquillo ed il Tardis si materializzò nella stanza, dove i due piccoli dormivano beati.
Il Dottore, fece piano nell'aprire le porte, e senza fare rumore si avvicinò al letto.
I due bambini dormivano schiena contro schiena, le piante dei piedi vicini, e volti sereni.
Il Dottore sorrise nel vederli così tranquilli, ma egualmente si chinò su suo figlio.
«Ash!» chiamò piano, accarezzandogli il capo.
Il bimbo si scosse appena e ritornò a dormire.
«Dai pigrone.» scherzò il padre accarezzandolo di nuovo.
«Andiamo sveglia, torniamo più tardi.» cercò di spigargli.
«Ash!» lo chiamò di nuovo.
Il bimbo aprì lentamente gli occhi, stropicciandoseli con la mano chiusa a pugno.
«Papà...» provò a pronunciare ancora stanco.
Il Dottore sorrise, nel vedere i capelli scompigliati del figlio, nel sentire la sua vocina ancora rotta dal sonno, e il suo volto ancora addormentato.
«Ma io che ti avevo chiesto?!?» gli chiese divertito.
«Mhm...» pronunciò il piccolo poggiando di nuovo la testa sul cuscino.
«Di portarti il pigiama.» gli disse pizzicandogli il naso.
«...Scordato.» bofonchiò il figlio in risposta.
«Lascia perdere, non fa niente.» gli disse prendendolo in braccio.
Ash aprì di poco gli occhi solo per stringersi forte al padre. Fece passare le mani intorno al collo, poggiò la testa su di una spalla, e chiuse gli occhi ancora una volta.
«Sei stanco eh?!?» chiese baciandogli la guancia.
«Che ore hai fatto ieri sera, piccolo monello?!?» chiese ancora guardando in volto il figlio.
Ma Ash non rispose, tutto quello che il Dottore riuscì a sentire era il suo respiro leggero, segno che si era riaddormentato. Il Dottore sorrise scuotendo il capo e abbassò gli occhi su Styxx. Fissò Styxx allungo, adorava la possibile idea di aver un altro figlio. Con un sorriso gli accarezzò il capo, facendo attenzione a non svegliarlo, poi lo coprì meglio dalla leggera brezza di quella mattina. Dopodiché issò meglio suo figlio, e gli accarezzò con dolcezza la schiena, mentre si avviava piano verso il Tardis.
«Papà...» si sentì chiamare all'improvviso, da una vocina stanca.
«Sì.» sussurrò il Dottore, mentre apriva le porte del Tardis.
Ash inumidì due volte le labbra, sistemando meglio la testa sulla spalla del padre, poi parlò:
«Lui è come me.» confessò piano.
Il Dottore si fermò di colpo, con il figlio in braccio e gli occhi sbarrati.
Respirò affondo più volte per calmarsi, cercando controllare i battiti.
Aveva ragione dunque?!? Sarebbe successo???
Sentì gli occhi bruciare, e la gola seccarsi.
L'avrebbe permesso??? Sarebbe riuscito a fare una cosa simile???
«Dormi Ash, dormi adesso...ne parliamo più tardi.» mormorò nervoso.
Un'ultimo toccò alla schiena di Ash, poi le porte del Tardis si chiusero, e la cabina blu si allontanò da quella stanza, con la premura di fare il minimo rumore possibile, così da lasciare il piccolo Styxx al suo bel sonno.
 
Continua...
 
Note dell’autrice:
La maggior parte dei riferimenti che trovate in questo capitolo sono estratti dal libro di Stige. Frammenti che potete trovare nel sito qui sotto, gentilmente offerto e tradotto da Dark Hunter Italia – Fan Site italiano dedicato a Sherrilyn Kenyon. ^^

http://darkhunteritalia.it/books/22-styxx/estratti-styxx/estratto-07/

 (In questa storia sto usando il vero nome del protagonsita, Styxx, perchè mi sembra più corretto e più orecchiabile, ma per qualche assurdo motivo in italiano è diventato Stige, quindi per non fare torto a nessuno ogni tanto lo tiro fuori.)

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Capitolo 20
*** Capitolo 19: Il momento della verità ***


 
Capitolo 19: Il momento della verità

 
Il Dottore chiuse le porte del Tardis e si occupò del figlio. Lo distese con attenzione nel suo letto, e lo lasciò riposare. Lui nell'attesa tornò ai comandi del Tardis deciso a leggere un po'. Si mise seduto, inforcò i suoi occhiali e aprì l'ultimo libro sfogliato. 
Riuscì a leggere serenamente cinque capitoli, prima che si svegliasse il piccolo. Lo notò entrare nella stanza con la coda dell'occhio.
«Buongiorno papà!» esclamò felice e assonnato mentre si strusciava un occhietto.
«Buongiorno piccolo mio!» rispose il Dottore mettendo via il libro.
Si alzò in piedi, e abbracciò suo figlio, che con dolcezza tendeva le mani verso di lui.
Lo strinse forte ridendo sereno, assieme al bimbo che sembrava al settimo cielo.
«Allora com'è andata?!?» chiese subito dopo il Dottore.
«E' stato bellissimo, mi sono diverito tantissimo!» esclamò allagrando le braccia.
Si lasciò mettere giù e continuò il suo racconto.
«Abbiamo parlato fino a notte fonda, riso e scherzato, e ha apprezzatto tantissimo il pane con il miele ha detto che era uno dei suoi preferiti!» aggiunse tutto contento.
«Bene, ne sono felice.» sorrise il Dottore.
«Credi che si possa fare un'altra volta?!?» chiese il bimbo con gli occhioni a piattino per l'emozione di ripetere un'altra sera quella nottata.
«Certo, se i suoi genitori sono d'accordo, perchè no.» acconsentì il genitore.
«Styxx ha detto che non è un problema per i genitori.» rispose lesto il bambino.
«I suoi gentiori non ti hanno fatto storie ieri sera?!?» chiese stranito il Dottore.
«Non gli ho detto nulla!» rispose il piccolo leggermente in imbarazzo.
«E perchè?!? Quali erano le mie condizioni?» chiese il Dottore a mon di rimprovero.
«Ma papà...Styxx ha detto che andava bene, non volevo disturbare nessuno.» si giustificò Ash.
«E se i genitori di Styxx fossero andati in camera ha controllare il figlio?!? Sai cosa poteva succedere se ti vedevano?!?» cercò di far capire il Dottore.
«Styxx mi ha detto di non preoccuparmi, ho pensato che era tutto a posto!» rispose il bimbo con una vocina tremula sentendosi in colpa.
«Va bene.» acconsetì il Dottore sospirando paziente.
Poi il volto del Dottore si adombrò di nuovo, avvolto da una nuova tristezza.
Era arrivato il momento.
«Papà, che cosa ti succede?!?» chiese subito Ash vedendolo abbattuto.
«Sei arrabbiato con me?!? Ho fatto qualcosa di sbagliato.» domandò subito dopo.
«Papà ti deve dire una cosa.» confessò il Dottore, incerto sul da farsi.
«Che cosa?!?» chiese il bimbo ancora preoccupato.
«Ho scoperto una cosa e hai il diritto di saperlo.» gli dichiarò il Dottore.
«Cosa?!?» domandò di nuovo il bimbo ormai in ansia.
«Siediti, ti dirò tutto.» gli disse il Dottore prendendo posto.
 
***
 
Il Dottore fu sincero e gli spiegò tutto quello che aveva visto appena aveva sfiorato Styxx, gli raccontò del fatto che era suo fratello gemello e di come fossero uniti sin dalla nascita, talmente legati che erano affiancati anche nell'anima.
«Non lo sapevo prima, devi credermi.» gli disse alla fine.
«Ma allora...io non sono solo.» disse sereno il piccolo
«Non lo sei mai stato.» disse il Dottore con un leggero sorriso.
«No, volevo dire che ho una famiglia.» cercò di spiegarsi gentile.
«Non l'avevi quando eri solo con me?!?» chiese il Dottore preoccupato.
«Sì, ma una parte di me volevo sapere chi era la mia mamma.» confessò Ash con un sorriso.
Mamma! Non voleva sapere chi era il suo papà, o la sua vera famiglia, voleva solo conoscere l'identità di sua madre, e questo consolò in parte il Dottore, forse lo considerava ancora suo padre.
«Mi sembra giusto.» acconsetì alla fine addolcendo il volto.
«Io quindi ho un fratello.» rise di gusto Ash.
Il Dottore annuì, senza distogliere lo sguardo dolce da lui.
«Allora anche lui è tuo figlio.» disse Ash felice.
«No, non proprio.» rispose il Dottore scuotendo il capo.
«Ma può diventare tuo figlio?» chiese il bimbo speranzoso.
«Non credo, lui ha una mamma e un papà.» rispose il Dottore paziente.
«Possiamo prenderlo con noi?!?» chiese allora felice il piccolo.
« Non posso strappare un bambino dalla sua casa, dalla sua vita, dalla sua famiglia, è disumano, è una cosa che non posso fare, sarebbe un rapimento in piena regola.» rispose il Dottore con tanta dolcezza da poter far invidia ad una mamma.
«E allora che cosa possiamo fare?» chiese il bimbo ormai confuso, scrollando le spalle con un sospiro rattristato.
«Ti ho detto tutto perchè meritavi di saperlo, non ti potevo mentire,ma ad essere onesti non lo so.» rispose il Dottore abbassando le spalle sconfitto.
«Sei grande abbastanza da poter scegliere da solo, ma questa non è una cosa facile, non è come scegliere un vestito da mettere, o cosa mangiare a cena, è un grande passo, e non posso lasciartelo fare da solo, ne vale della tua vita.» disse il Dottore incrociando i suoi occhi.
Suo figlio ormai era cresciuto, ma permettergli di scegliere da solo con chi rimanere gli sembrava un'impresa troppo ardua per quel piccolo, troppo grande, troppo importante, troppo ingiusta.
Il Dottore sapeva che ora più che mai suo figlio aveva bisogno di lui.
«Facciamo così, domani daremo la...»
Stava per dire bella ma si fermò, per lui non era proprio il massimo della notizia.
«..notizia anche a Styxx, così sarà più facile scegliere, sapremo cosa fare, senza far torto a nessuno, che ne dici?!?» chiese il Dottore, cercando di essere ottimista.
Il bimbo annuì sicuro, allegerendo i cuori del padre, con un sorriso carico di ottimismo.

 
Continua...

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Capitolo 21
*** Capitolo 20: Il re ***


Capitolo 20: Il re
 
 
Il giorno dopo come promesso dal Dottore, i due si avviarono verso la casa di Styxx.
Non dissero molto durante il tragitto, poche parole e qualche risata, ma era evidente che entrambi erano agitati di fronte a quella situazione. Come poteva iniziare la conversazione?!? Salve sono il Dottore e ho cresciuto vostro figlio da solo in questi anni, poi venendo qui ho scoperto che erano due, ora che faccio, li lasciamo in contatto o volete portamelo via, anche se siete stati voi a lasciarlo in mezzo ad una strada??? No, non era cosa dal Dottore.
Il Dottore sospirò impesierito, e con la sua solita disinvoltura mostrò la sua carta psichica a due guardie nei pressi del palazzo, sempre per evitare ogni noia.
Lui era il Signor Dottore e il principe Ash...infondo non era così distante dalla verità ora.
In pochi istanti si ritrovarono presso un lungo corridoio, meglio dire una balconata enorme con collone e archi a ponti che affacciavano sul mare e sul paese, era una vista mozzafiato.
Ma il Dottore fu distratto da un tonfo più tosto insolito da sentire all'interno di una casa.
Il Dottore e suo figlio continuarono a percorrere il corridoio come se nulla fosse.
Ma poi lo vide, davanti a lui, a pochi passi da lui, in una stanza non troppo lontana, sotto un ultima e imponente arcata.
Il Dottore sentì qualcosa montargli dentro, non era solo rabbia, era anche orrore, i suoi due cuori iniziarono a protestare e svelto corse in avanti.
Infondo amava correre, anche se questo voleva dire mettersi in possibili guai.
Non ci pensò allungo, forse non ci pensò per niente, poteva esserci suo figlio in quella situazione e non l'avrebbe mai permesso, non in sua presenza.
Vide la scena a rallentatore, l'adulto che fermava di nuovo il bambino, stretto in una morsa, avvolto contro il suo braccio, e la mano che si alzava, e che ricadeva pesante con violenza e prepotenza sul corpo del piccolo. Il bambino che cercava di proteggersi mentre continuava a chiedere scusa.
Era troppo. Troppo per il Dottore che scattava con un nulla.
«Ma che cosa succede?» chiese con rabbia il Dottore afferando il polso del re. Lo strinse con forza, senza mollare la presa, e si mise tra i due, pronto a fare scudo al bambino.
«Che cosa state facendo?» chiese di nuovo, senza lasciarlo andare.
«E voi chi siete?» chiese adirato l'uomo, cercando di liberarsi.
«Il Dottore!» esclamò con orgoglio lasciandolo in malo modo.
«E pretendo di sapere che cosa succede qui?» chiese ancora al limite.
Xerse lo guardo stranito, rimanendo appena a bocca aperta.
Deglutì nervoso non sapendo cosa rispondere e se rispondere.
«Mio figlio deve imparare ad obbedire, non pensare a giocare.» disse cercando di avere un minimo di contegno.
«Ma p-padre io...» provò a dire il piccolo.
«Fa silenzio tu!» gli urlò contro il padre con rabbia.
«Non mi sembra il caso...» disse il Dottore con tono calmo, ma con sguardo sicuro.
«E' mio figlio, decido io per lui.» rispose l'altro con tono furioso.
«Non in mia presenza.» lo fulminò il Dottore accentuando ogni parola in tono minaccioso.
«Odio ripetermi, che cosa stava succedendo qui?» aggiunse poi senza perdere la calma.
«Continua a farlo di proposito.» rispose lesto l'uomo.
«Siete grande e grosso e dovreste essere in grado di parlare in modo tale che chi vi ascolta possa capire a volo!» disse il Dottore tutto d'un fiato sollevando le sopraciglia, con volto stranito.
«Prende come uno stupido gioco ogni suo dovere, ad ogni mia udienza con il popolo pensa bene di dar fastidio con i suoi suoi sciocchi potete perdonarmi padre, ho mal di testa padre, e poi si sporca di sangue come una ragazzina!» esclamò furioso.
«T'insegno io a giocare con me piccolo stupido.» gli gridò contro.
Il Dottore non si spostò di un centimentro,deciso e serio, rimase al suo posto, accigliato e a bocca aperta, scosse il capo come se quello che aveva appena sentito fosse la cosa più stupida dell'Universo. Quasi rise di fronte a quelle parole.
«Ma vi rendete conto di quello che avete appena detto?!?» chiese quasi curioso.
«Io...» quasi balvettò l'altro.
«State ipotizzando che vostro figlio di appena sette anni sia in grado di fare tutto questo solo per farvi dispetto, non vi sembra un po'... ridicolo!?» esclamò con un risolino.
«Vi state prendendo gioco di me?» chiese l'altro.
«Beh, io non sto facendo molto, andate bene anche da solo.» rispose onesto il Dottore.
«Prima cosa moderate il tono con vostro figlio.» aggiunse senza lasciargli modo di replicare la sua battuta. «Seconda cosa...dovreste dare retta ad un bambino così piccolo. Anche se sono semplici mal di testa non vanno ignorati, e voi siete suo padre, dovreste essere più apprensivo con lui. Non vi preoccupa sapere che vostro figlio abbia continui mal di testa?!? Non vi dovrebbe far dormire la notte sapere che vostro figlio sta male.» disse il Dottore come se la cosa lo irittasse.
«E' un'uomo!» urlò furioso il re.
«E' un bambino di appena sette anni, ha il diritto di sentirsi male esattamente come l'avete voi, non siete perfetto o sbaglio!» urlò con toni più alti il Dottore.
«E' un bambino sciocco e viziato che non ha rispetto di chi gli sta intorno.» gli rispose l'altro fissando quasi con odio il piccolo, che ancora si nascondeva dietro il Dottore.
E per quanto Xerse, avesse l'istintò primario di afferarlo di nuovo e continuare con la sua lezione, non aveva il coraggio di agire di fronte a quell'uomo. C'era qualcosa che lo spaventava e terribilmente, c'era qualcosa di non umano in quel Dottore.
«E voi siete uno stupido, arrogante ed ignorante.» definì il Dottore con tono sicuro.
Xerse rimanse a bocca aperta, incredulo di fronte all'insulto che gli era stato appena mosso, nessuno aveva mai osato tanto, quell'uomo invece aveva risposto e ne andava fiero.
«Ma che cosa succede?!?» chiese un'altro uomo entrando nella stanza.
«E voi sareste?!?» chiese il Dottore con aria di sfida, pronto a combattere anche con lui.
«Estes!» rispose quello con un leggero cenno del capo.
«Sì, il nome non è poi così importante...» disse il Dottore con una alzata di mano.
«Volevo sapere chi siete, nonno, bis nonno, soggetto di passeggio che ha deciso di infastidirmi...» elencò con calma alzando pian piano gli occhi al cielo.
«Bel soffitto!» esclamò poi notando i dettagli.
«Sono il fratello del re.» rispose l'altro inorgogliendo il petto.
«Oh, imparentati! » disse poi tornando sui due, ed infilando le mani in tasca.
«Questo spiega molte cose.» annuì convinto il Dottore.
«Cosa volete dire?» chiese Estes confuso.
«Nulla, sta di fatto che non siete stato invitato a questa conversazione.» rispose con un sorriso.
«Ma come osate? Chi siete voi?» chiese adirato Estes.
«Il Dottore, molto piacere.» rispose con un'altro risolino di scherno.
«Ora possiamo rimanere soli.» aggiunse concedandolo con una mano come se nulla fosse.
«Come osate.» ripetè di nuovo Estes.
«Non l'avevate già detto?!?» chiese confuso il Dottore alzando un sopraciglio.
«State qui di fronte al re, e gli mancate di rispetto.» cercò di capire Estes.
«Non né ha con altri, perchè dovrei essere io a mostrarglielo?» chiese il Dottore con prepotenza.
«E' il re.» rispose come se fosse ovvio Estes.
«Sì, ed io sono un signore del tempo.» disse trafiggendo con gli occhi entrambi.
«Sta di fatto che vi siete intromerso nella sua disciplina.» provò a cambiare argomento Estes.
«Avete fegato a chiamarla così, questa non è disciplina è abuso.» rispose il Dottore a denti stretti, per trattenere la collera che provava dentro.
Il Dottore non stava più parlando, spiegando, stava vomitando quelle parole.
«Ma il re...» cercò di dire Estes.
«Forse non vi è arrivato il messaggio.» disse ormai stufo il Dottore.
«Quale?!?» chiese Estes.
«Chiudete quella bocca.» pronunciò a chiare lettere il Dottore.
Aveva raggiunto la sua esasperazione, e voleva solo essere lasciato in pace.
Tanto come sempre anche qui non era ascoltato.
«Basta, abbiamo scherzato anche troppo.» intervennì poi Xerse offeso.
«Styxx vieni subito qui.» ordinò Xerse indicandò il punto definito di fronte a lui.
Il bambino timoroso provò a muoversi, ma non ci riuscì.
«Non ti muovere Styxx, ci penso io.» gli disse calmo il Dottore prendendogli la mano.
«Styxx!» chiamò con rabbia l'uomo.
«Padre...» chiamò piano Styxx.
«Fa come ti dico!!!» urlò di nuovo.
«Padre vi prego.» pronunciò il piccolo con gli occhi luccidi.
«Obbedisci a tuo padre.» pronunciò poi Estes.
«Smettetela immediatamente.» pronunciò con rabbia il Dottore.
«E' una minaccia?!?» chiese Xerse.
«E' solo un consiglio, perchè se non la finite qui e subito, interverò io.» disse il Dottore cercando ancora una volta di trattenersi.
«Non mi serve un Dottore per cambiarmi, so chi sono e Styxx sa cosa gli attende se osa disobbedirmi.» minacciò Xerse.
Il voltò del Dottore s'indurì, serrò forte la mascella, alzò con sfida il capo, e fissò il suo nemico negli occhi, mentre le sue mani bruciavano di rabbia.
«Io vi giuro, parola mia che se alzate di nuovo mano su questo bambino qui e oggi, sotto i miei occhi, non ci sarà dio che mi possa fermare, vi giuro che il vostro arto si ritroverà staccato dal vostro polso, e per la prima volta non mi pentirò di aver agito in tale modo.» rispose il Dottore sottolineando ogni parola, con occhi fiammeggianti di odio.
«Ora chiamate pure chi volete per dimostrarmi il vostro potere, guardie comprese che sono pronte a cacciarmi via in mal modo dal vostro palazzo o di gettarmi in qualche oscura segreta per essere torturato in seguito...io non mi rimangio mai la parola data...a costo di farmi male.» sottolineò di nuovo deciso e con più rabbia di prima mentre la mascella si serrava di più.
«E' stato davvero bello conferire con il re.» disse alla fine indicandolo con il mento.
Xerse non riuscì a dire nulla. Semplicemente voltò le spalle al Dottore, e seguito dal fratello lasciarono la stanza, in silenzio.
Il Dottore li guardò andar via, con aria di supremazia, fino all'ultimo secondo, mentre la furia silenziosa del Dottore lampeggiava nei suoi occhi.

 
Continua...

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Capitolo 22
*** Capitolo 21: Giorni tempestosi ***


 
Capitolo 21: Giorni tempestosi
 
 
«Mi dispiace Styxx, io non lo sapevo.» gli disse disperato.
L'abbracciò forte, mentre sentiva il piccolo tremare, scosso da quei pochi singhiozzi che si stava concedendo.
«Non ho capito subito, mi dispiace.» disse ancora, accarezzandogli la schiena.
«Non volevo che ti succedesse una cosa del genere.» gli sussurrò dispiacciuto.
«Mi dispiace.» disse un'ultima volta, mentre il senso di colpa si faceva più forte, e si mescolava a quella rabbia silenziosa che stava provando e stava tenendo a bada con grande fatica.
 
Ho salvato un bambino da un destino crudele e ne ho condannato un'altro.
 
Dove ho sbagliato?
 
***
 
Il Dottore prese per mano i due bambini, per un attimo si era dimenticato che suo figlio era lì.
Si avviarono a passo lento verso un'ampia balconata, decorata da molte piante, e una bella fontana che sprizzava acqua in piccole cascate. Da lì si poteva vedere una serie infinita di alberi, una parte della città, fino a perdersi in un lontano monte che faceva da orizzonte. Ma il Dottore non si occupò del panorama, era ancora troppo arrabbiato per dargli peso. Con dolcezza prese in braccio Styxx e l'aiutò a sedersi sul bordo della fontana, continuando a tenere sotto occhio suo figlio, che timoroso non si allontanava da lui. Gli accarezzò con dolcezza il capo sussurrandogli che andava tutto bene, poi nel suo piccolo cercò di consolare anche Styxx, che ancora spaventato non riusciva a frenare il tremore alle mani.
«E' tutto finito.» gli disse con calma.
Prese un po' d'acqua dalla fontana, e la possò con attenzione sulla guancia, una e più volte.
Cercò di dargli sollievo come poteva, non riusciva a fare altro in quel momento, stavo combattendo con l'impulso di portalo via con se, come aveva detto suo figlio. Ma una parte di lui sapeva che non poteva farlo, non era quello il destino di quel bambino. L'accarezzò di nuovo, sperando che potesse bastare.
Attimi dopo, il Dottore vide arrivare di corsa verso loro una donna anziana, immaginando che fosse una balia o qualcosa del genere, che si occupava del piccolo in assenza dei genitori, il Dottore l'aiutò ad alzarsi e con un sorriso d'incoraggiamento gli disse che sarebbe tornato presto, e che ora era meglio se andava a riposare un po'. Lo lasciò andare via e lo seguì fin quando le tende sottili non lasciarono intravedere più nulla. L'istante dopo si voltò verso suo figlio.
«Ehi!» gli sussurrò con dolcezza, e per istinto, lo strinse forte con un sorriso dolce in viso.
«Va tutto bene?!?» gli chiese poi prendendogli le mani tra le sue.
Il piccolo annuì, ma il Dottore sapeva che non era così.
«Papà, chi era quell'uomo?!?» chiese Ash con voce tremante.
«Ash...» chiamò piano per non spaventarlo ancora.
«Chi era?!? Continuavano a dire che era il re, perchè?!?» chiese ancora il piccolo con gli occhi spalancati per la paura.
«Perchè lui è il re, anche se a parer mio non n'è all'altezza.» rispose il Dottore spostando una ciocca bionda sul viso del piccolo.
«Non dirmi che quella...bestia...» provò a dire il bimbo spaventato.
«Sì, è il suo papà.» confessò il Dottore
Ash rimase a bocca aperta, mentre i suoi occhi tremavano per l'orrore.
Lasciò le mani del Dottore, scuotendo il capo.
«No...» sussurrò sconvolto.
«No!» pronunciò di nuovo mentre una lacrima scendeva lenta sul suo viso.
«Se lui è il padre di Styxx...vuol dire che è...» non riuscì a finire la frase.
In risposta un'altra lacrima scese dall'occhio sinistro.
«Ash!» chiamò piano il Dottore, prendedogli con calma una mano.
«Va tutto bene.» gli disse il Dottore avvicinandolo a lui.
E aspettando che fosse lui a fare la prima mossa, attese che suo figlio si gettasse tra le sue braccia per piangere in silenzio.
«Va tutto bene piccolo mio, tutto bene.» gli sussurrò il Dottore, accarezzadogli la schiena.
Gli baciò il capo con affetto, poi appoggiò protettivo il suo mento tra i capelli del figlio, e lo lasciò sfogare.
 
Quando tornarono al Tardis, Ash corse in camera sua e lì si chiuse per tutto il resto della giornata.
Non usciva per nessun motivo, non parlava, non mangiava, non dormiva, se ne stava chiuso nella sua stanza su il suo letto, con gli occhi gonfi e rossi per il pianto.
Il Dottore provò più volte a convincerlo ad uscire dalla propria camera, ma nulla, la porta rimaneva chiusa, e dopo il nono tentativo, sospirò amareggiato con tono grave e augurò la buonanotte a suo figlio, che aveva chiaramente fatto intuire che voleva rimanere solo.
 
***
 
Il giorno dopo il Dottore provò di nuovo a parlare con il figlio, e con sua sorpresa quella volta la porta della sua camera era aperta.
Aprì piano ed entrò senza fare rumore.
«Ash?!» chiamò piano, vedendo suo figlio disteso nel suo letto di spalle.
Si avvicinò al piccolo, per controllare se stava dormendo.
«Papà.» disse debolmente il bambino.
«Ehi ehi, piano piano.» disse con calma il Dottore, notando una goccia di sangue uscirgli dal naso.
Prese un fazzoletto, e la pulì con attenzione.
«Ti fa male la testa di nuovo?!?» chiese peoccupato.
Il bimbo annuì, e provò a sollare il capo dal cuscino senza riuscirci.
«Mi fa così male che se provo a spostarmi, o ad alzare la testa, tutto gira più forte e mi viene la nausea.» spiegò il bambino deluso.
«Dovevi chiamarmi subito.» lo rimproverò buono il Dottore.
Ash abbassò gli occhi e disse di no.
«Io volevo...» cercò di dire.
«Ash...» lo riprese il Dottore.
Ma non era un vero e proprio rimprovero c'era compassione e tristezza in quella voce. Sapeva perchè non lo aveva chiamato, voleva provare lo stesso dolore che provava il fratello ogni volta che non veniva creduto. Il Dottore sospirò preoccupato, con dolcezza iniziò a massaggiargli la fronte, creando piccoli cerchi su punti indefiniti ma che potevano davvero dare fastidio.
«Papà...» chiamò poi piano il piccolo.
«Che cosa c'è?!?» domandò il Dottore senza smettere.
«Non voglio uscire oggi, non mi sento bene.» disse il bimbo chianando gli occhi.
«Lo so piccolo mio, lo so.» rispose il Dottore con un sorriso timido.
«Posso rimanere qui?!?» chiese educato il piccolo.
«Ma certo, nessun problema.» rispose il padre, accarezzandogli il capo.
Il piccolo sospirò con forza, e deglutendo con disgusto, quasi come se la gola gli brucciasse, o come se avesse un sapore orrendo in bocca, provò a chiudere gli occhi. Ma sospirò di nuovo, capendo che non ci sarebbe riuscito.
«Fatti più in là piccola peste.» scherzò il Dottore, prendendo posto vicino al figlio.
«Prova a chiudere gli occhi.» gli disse poi senza distogliere lo sguardo da lui.
«Fa troppo male papà, non riesco.» spiegò il bambino con voce rotta come se si fosse appena fatto male, senza volerlo.
«Fidati, fai come ti dico.» gli disse sfiorandogli una ciocca bionda.
Il bambino sospirò di nuovo ma obbedì, e chiuse gli occhi, cercando di non pensare al dolore che continuava a marterlargli in testa.
Sentì le dita del padre, premere con dolcezza contro le sue tempie.
«Papà...» chiamò piano.
«Shhh shhh, non ti proccupare, dormi.» gli disse con un filo di voce.
Passarono solo pochi minuti, e in breve il bambino si addormentò profondamente.
 
Ash dormì per tutta la notte, anche se il suo sonno era agitato riuscì a riposare.
Il Dottore invece non chiuse occhio, vegliando sul figlio.
A mezzanotte passata, si scatenò una tempesta fuori dal Tardis, la pioggia batteva pensate contro la cabina, i forti tuoni risuonovano sinistri in ogni stanza, e i lampi esplodevano senza avviso illuminando tutto come se fosse giorno. Ma il Dottore non fece caso a tutto quel caos, suo figlio invece nel suo sonno sembrava quasi assecondare ogni istante di quella pioggia.
Stava sudando freddo, ogni singola goccia scendeva lenta e densa dalla sua fronte, mentre le palpebre chiuse tremavano con paura. Il Dottore cercò di calmarlo e di raffredare il corpo ormai troppo caldo con impacchi d'acqua, ma nulla, sembravano non servire a niente, solo ad agitare di più il piccolo. Solo quando la buffera cessò, il suo bambino riuscì a calmarsi e a dormire sereno.
Si accucciò contro il corpo del padre, rannicchiò le gambe contro il petto, e sospirò come se qualcosa di sinistro fosse appena passato.
Il Dottore ancora scosso strinse a sé il bambino e gli baciò il capo, poggiando poi la propria testa su quella del piccolo. Guardò dinanzi a lui nella folta oscurità, come in cerca di qualcuno magari del colpevole che aveva scatenato quella tempesta, ma non vide niente, era solo preoccupato, e il suo sguardo si fece grave e serio, mentre accarezzava la schiena di suo figlio.
 
Ma che cosa sta succedendo qui???
 
Una parte di lui lo sapeva fin troppo bene, ma non aveva le forze per accettarlo.

 

Continua...

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Capitolo 23
*** Capitolo 22: Vecchi ricordi ***


Capitolo 22: Vecchi ricordi

 

Il giorno dopo i due passarono tutto il giorno al letto. Il Dottore aiutò suo figlio a cambiarsi e a lavarsi, e poi si misero giù, uno accanto all'altro a ricordare gli anni passati. Se ne stavano lì distesi, senza pensare ad altro o ad altri, ridendo di loro e di ciò che era stato, quasi come se uno dei due sapesse che presto quell'atmosfera piacevole si sarebbe distrutta.
«Ti ricordi la prima volta che hai visto la neve?!?» chiese il Dottore divertito.
«Sì, non potevo credere ai miei occhi!» esclamò felice Ash.
«Abbiamo giocato tutto il giorno, e mi hai detto che la terra aveva preso freddo ecco perchè era così bianca, e poi che era raffreddata, che aveva un raffreddore terribile, e per questo gocciolava così tanto dagli alberi.» rispose sereno.
«Già, ti avevo detto che la terra si era ammalata, e che per farla stare meglio dovevamo divertirci, con pupazzi e angeli di neve.» disse il Dottore con un sorriso solare.
«Sì, il mio angelo era carinissimamente storto.» rise Ash felice.
«E poi io non volevo andarmene, e abbiamo mangiato accanto alla neve, ed io ero così imbacuccato che non andavo bene.» rise divertito.
«E' vero...e avevi le guanciotte rosse rosse.» sorrise il Dottore.
«E ti ricordi la prima volta che ho visto un cane?!?» chiese Ash con meraviglia.
«Sì, quanto avevi 1 o 2 anni?!? Non ricordo bene, ma eri piccolo, e te ne stavi nel tuo passeggino tranquillo ad esplorare il mondo, poi hai visto quel cucciolo avvicinarsi a te, e subito hai allungato la mano.» disse il Dottore imitando il gesto che allora aveva fatto il piccolo.
«Volevo capire che cos'era, era così piccolo, veloce, e carino.» si giustificò Ash.
«Sì certo!» esclamò il Dottore facendo l'occhiolino al figlio.
« E quando hai toccato per un attimo il suo pelo morbido, hai iniziato a gridare felice, e volevi toccarlo di nuovo e quel piccolo continuava ad avvicinarsi a te tutto curioso, e non smetteva di scodinzolare un attimo...tanto ha fatto che alla fine è riuscito a leccarti il viso.» rise.
«Sì, ed io non riuscivo a capire, mi era piaciuto, ma non capivo che cos'era stato.» cercò di spiegarsi Ash con leggero imbarazzo.
«Ti sei ammutolito di colpo, ed io mi avvicinato a te, per spigarti cos'era successo.» ricordò il Dottore annuendo sereno.
 
«Che cosa è successo piccolo, eh?!?» chiese il Dottore chinandosi sul figlio, che perplesso continuava a fissare quel batuffoletto di pelo biondo, che dimenava la coda felice, e mostrava la sua bella lingua rosa, felice del gesto che aveva appena compiuto.
Il piccolo si voltò verso il padre, che con un sorriso solare e un fazzoletto di carta stava pulendo la guancia bagnata del figlio. Il bambino fissò ancora una volta il cagnolino, poi il padre, poi di nuovo il cagnolino che tirava per avvicinarsi al piccolo, e infine di nuovo il padre. E in un attimo i suoi occhioni si riempirono di lacrime anche se non sapeva il perchè.
«No, non fare così. Non è stato niente.» gli disse il Dottore, accarezzandogli la testa.
« Il cagnolino ti ha solo dimostrato il suo affetto, ti ha dato un bacio.» gli disse ancora, allungando la mano verso il cagnetto, che felice si gettò in un'attimo su di lui.
«Guarda?!» disse il Dottore al figlio, e in pochi secondi s'inginocchiò per terra e allungò la mano con un sorriso complice in volto.
«Sì, ma sei bellissimo!!! Un bellissimo cucciolo, che ama farsi coccolare!!!» esclamò felice il Dottore accarezzandolo senza sosta.
«Sì, ma quanto sarai bello, eh?!?» esclamò di nuovo, grattandogli sotto il mento.
«Visto!» disse contento il Dottore, mentre solleticava l'orecchio dell'amico a quattro zampe.
«E' un cucciolo affettuoso e giocherellone.» rise di gusto, mentre l'animaletto, gli leccava felice il palmo della mano.
Poi guardò suo figlio, che meravigliato osservava la scena.
«Vieni, facciamogli altri due coccole, che ne dici?!?» chiese il Dottore prendendo la mano del piccolo, e poggiandola sulla testa del cucciolo.
«Ma piano eh, senza fargli male.» gli spiegò aiutandolo ad accarezzare il cagnetto.
«Così, bravo!» esclamò felice il Dottore, lasciando la mano del bimbo.
E il piccolo Ash rise divertito con le dita sparse tra i peli biondi di quel cucciolo tanto dolce.
 
«Mi piacerebbe avere un cane.» confessò alla fine Ash.
«Non è una cattiva idea sai.» disse il Dottore annuendo.
«Tanto di spazio ne abbiamo.» rise ancora divertito l'uomo seguito da suo figlio.
«Papà...» chiamò poi piano.
«Sì.» sussurrò il Dottore voltandosi verso di lui.
«...tutto ciò che mi hai detto su chi potevo essere, su chi potevo diventare...era vero?!? Tu avevi visto, hai visto il mio futuro non è così?!?» cercò di capire il bambino.
Il Dottore sospirò amareggiato, sapeva che il figlio prima o poi gli avrebbe fatto quella domanda, ma sperava che non fosse adesso.
«Non ho visto il tuo futuro, ho visto una parte del tuo futuro, anzi ad essere precisi piccolo istanti, frammenti, delle due vite che protesti avere.» rispose lentamente.
«Spiegati meglio?!» disse Ash leggermente confuso dalla spiegazione del padre.
«E' così che vedo il tempo, passato, presente e futuro, e ci sono eventi che non posso cambiare perchè fissi nel tempo, ma non con te...con te...tutto era diverso.» rispose il Dottore senza emozione nella voce e senza espressione sul volto.
«Davvero?!?» chiese Ash, come per capire meglio.
«Hai due scelte o rimanere con me, e viaggiare per sempre al mio fianco...o...» non riuscì a finire, il pensiero era doloroso, ma pronunciare quella verità voleva dire accettarla.
«Vivere con mio fratello.» disse Ash con un semi sorriso.
«Esatto...o vivere la tua vita, in tutto e per tutto.» pronunciò il Dottore con fatica.
 
Continua...

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Capitolo 24
*** Capitolo 23: Ha deciso ***


Capitolo 23: Ha deciso

 
Quando Ash si rimise in forze, il Dottore anche se ancora in ansia per lui, gli concesse di andare a trovare Styxx. Il bambino voleva sapere come stava e passare un po' di tempo con il fratello. Il Dottore li lasciò insieme tutto il pomeriggio, permettendogli così di ridere e scherzare un po' assieme, senza pensare ad altro. Quando scese la sera, ritornarono assieme a casa, e Ash sfinito crollò dal sonno accanto a suo padre. Da quanto Ash aveva scoperto la verità, sembrava quasi che quel posto gli facesse male, così il Dottore decise che sarebbero rimasti fino a domenica e poi sarebbe andato via, costi quel che costi.
Ma lui non sapeva che l'indomani il destino aveva qualcosa in servo per lui.
Quel sabato mattina Ash si svegliò presto, tanto presto che riuscì a vedere l'alba. Il suo cuore era pesante e irrequieto c'era qualcosa che lo turbava, qualcosa che gli faceva male, una scelta che non sapeva prendere. Avrebbe dovuto parlarne con suo padre, ma sapeva che la scelta aspettava solo lui. Quando ormai le prime luce dell'alba si erano levate Ash ritornò nella sua camera, si lavò con calma, si vestì con la stessa tranquillità, fece il letto nei migliori nei modi, e intanto continuava a trovare risposta alla stessa domanda che dalla notte successiva lo stava tormentando come un martello fa su di un chiodo: “Che cosa devo fare?!?”
Sospirò tristemente e uscì dalla sua camera, con la brutta sensazione che quella poteva essere l'ultima volta chela vedeva. Con passo mogio andò da suo padre.
«Papà!» chiamò piano per paura di spaventarlo.
Era presto, davvero tanto presto, e anche se il Dottore era mattutino, li si esagerava.
«Papà!» lo chiamò di nuovo,
Il Dottore si girò nel letto e si voltò verso suo figlio.
«Ehi, ma sei già sveglio?!?» chiese il Dottore stranito.
«Come mai? Non riuscivi a dormire?» domandò trattenendo uno sbadiglio.
«Già.» rispose Ash con un mezzo sorriso.
«Ma sei già pronto per uscire, a che ora ti sei alzato?» chiese il Dottore mettendosi seduto.
«All'alba.» confessò il piccolo.
«Ash!» chiamò preoccupato il Dottore sbarrando gli occhi.
«Lo so, lo so, ma non riuscivo a prendere sonno.» si giustificò il piccolo.
«Ma stai bene?!?» chiese il Dottore preoccupato, saltando giù dal letto.
«Sì, non ti preoccupare.» disse il bimbo facendo un passo indietro.
«Ash, non mentirmi, c'è qualcosa che non va?!?» domandò il Dottore chinandosi sul figlio e appoggiando le mani sulle sue spalle.
«No, tutto bene.» rispose Ash abbassando il capo.
Il Dottore continuò a fissarlo per un paio di minuti ancora, cercando d' intravedere anche la minima traccia di dolore, ma alla fine sospirò e lasciò cadere le braccia lontano da suo figlio. Sorrise cercando di non essere il più naturale possibile.
«Andiamo da Styxx?!?» chiese sereno.
Ash alzò il volto, e la tristezza che istanti fa sembrava divorarlo, era sparita, al suo posto un volto solare e occhi che brillavano emozionati, sorrise lieve e annuì.
 
***
 
Un'altro pomeriggio era passato, e il Dottore era rimasto da parte e vigile, mentre i due piccoli giocavano tra loro. C'era tanta dolcezza e attenzione in quei due bambini mentre stavano assieme. E ogni volta che Ash doveva lasciare il fratello, una parte di lui sembrava allontanarsi sempre di più, e il Dottore notava quel distacco ogni volta.
Si avvicinò a suo figlio con passo lento, e le mani in tasca, quasi a volergli lasciare spazio, mentre guardava Styxx che si dirigeva di corsa verso casa.
«Coraggio, andiamo.» gli disse fermandosi accanto a lui e cingendolo con calma.
«Torneremo domani.» aggiunse portandolo via con dolcezza.
S'incamminarono tranquilli a passo moderato, soprappensiero, verso il Tardis, quando...
«Papà!» si sentì chiamare con dolcezza quasi con timore.
Il Dottore si voltò stranito e osservò suo figlio che sembrava minuscolo.
«Sì piccolo!» rispose lui con un sorriso.
Suo figlio stava fermo a pochi passi da lui, a capo chino.
«Che succede Ash?!?» chiese avvicinandosi.
Il bambino chiaramente indeciso, fissava il terreno, con occhi tristi.
«Tu hai detto che io sono in grado di scegliere.» disse il piccolo con tono educato.
«Sì, è vero.» acconsentì il Dottore annuendo.
«Posso rimanere qui papà?!» chiese il piccolo tutto d'un fiato.
Il volto del Dottore si sfigurò per lo stupore, spalancò gli occhi, e rimase a bocca aperta.
«Perchè Ash?!?» chiese senza pensarci.
«E' mio fratello.» disse il piccolo sicuro.
«Ash, ma loro non ti hanno voluto, ti hanno abbandonato appena nato in mezzo ad una strada.» cercò di fargli capire, deglutendo nervoso.
«Sì, lo so...ma non mio fratello.» annuì il bimbo fissando gli occhi del Dottore.
«Ash...» chiamò il Dottore, ma non riuscì a dire altro.
«Lui ha bisogno di me.» disse il bambino portandosi un pugnetto sul cuore.
 
Anch'io ho bisogno di te.
 
«Ash, ti prego non farmi questo.» disse il Dottore scuotendo il capo con occhi lucidi.
S'inginocchiò di fronte a lui, e gli prese le mani.
«Pensaci bene, rimandiamo il viaggio, possiamo stare qui quanto vuoi, ma rifletti, ti prego...loro non ti hanno mai...» provò a dire l'uomo con il solo intento di fargli cambiare idea.
«Dottore.» chiamò deciso Ash.
E l'uomo spalancò di più gli occhi, mentre sentiva i due cuori crollare.
Non l'aveva mai chiamato così, e ora che l'aveva fatto faceva male.
«Ash, ti scongiuro.» lo supplicò con voce lieve.
«Ti prego...» gli disse con gli occhi ludici.
«Ti prego non puoi...» aggiunse con tristezza, mentre una lacrima si fermava sulle sue ciglia.
«Abbiamo lo stesso cuore, le stesse anime...non voglio...» disse disperato.
«Ho deciso, è la mia scelta.» rispose sincero il piccolo stringendo le mani del padre.

 

Continua...

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Capitolo 25
*** Capitolo 24: Addio ***


Capitolo 24: Addio
 
 
Il Dottore non aveva altra possibilità, suo figlio aveva scelto, e sembrava deciso ad andare fino infondo, nulla gli avrebbe fatto cambiare idea. Fece cambiare suo figlio nel Tardis, gli fece indossare una tunica bianca, simile a quella di Styxx, meno vistosa per dare meno nell'occhio, e un paio di sandali comodi.
Il Dottore era rimasto fuori, ad aspettare, mentre cercava di fare fronte alle lacrime.
Sentì le porte del Tardis cigolare appena, si voltò svelto per vedere suo figlio uscire dalla cabina blu.
Deglutì nervoso e avvicinandosi al bambino disse:
«Sei sicuro.» sussurrò con tristezza il Dottore cercando di abbozzare un mezzo sorriso.
Il piccolo annuì senza alzare lo sguardo.
«Posso chiederti una cosa?!?» osò poi il piccolo quasi imbarazzato.
«Qualsiasi cosa!» esclamò il Dottore sincero.
«Non cercarmi.» rispose svelto il bambino con volto innocente.
«Dimenticami se puoi.» aggiunse, mentre i suoi occhi tremavano decisi.
«Ash...» mormorò il Dottore distrutto, scuotendo il capo.
«Ti prego, è meglio così.» rispose il bimbo con occhi tremuli.
Il Dottore rimase immobile di fronte a quella richiesta, non sapeva che dire.
«Me lo prometti?!?» domandò subito Ash, sperando in una conferma.
«Non credo di riuscire a giurartelo.» disse il Dottore con occhi tristi.
Il bimbo annuì abbassando il capo, come se fosse colpevole di qualcosa.
«Quanto tempo ho?!?» chiese poi il bimbo continuando a fissare il nulla.
Il suo papà gli aveva spiegato che avrebbe dovuto cambiare l'arco del suo tempo, per farsi che tutti si ricordassero di lui, senza alterare la storia.
«Fino all'alba di domani, poi si ricorderanno di te.» spiegò calmo.
«Va bene.» annuì Ash tranquillo.
«Vieni qui.» gli sussurrò chinandosi su di lui.
Lo trascinò con affetto vicino a lui, s'inginocchiò e lo strinse forte a sé.
Gli accarezzò più volte la testa per tranquillizzarlo.
«Ho paura papà.» gli disse Ash impaurito.
«Non averne, non se la meritano, tu vali molto di più.» gli confessò con dolcezza.
«Stai facendo un gesto meraviglioso.» gli disse poi orgoglioso.
«Tu sei meraviglioso e lo sarai per sempre.» gli sussurrò infine con affetto, baciandogli la guancia. Poi gli sorrise con fierezza e lo fissò negli occhi, in quelli occhi che erano tutto per lui.
«Tu starai bene?!?» chiese il piccolo preoccupato.
«Sì, come sempre.» gli rispose il Dottore sicuro, come se fosse una cosa ovvia, ma più rispondeva più evitava di lasciar trasparire il dolore che provava dentro.
Si alzò in piedi, e sospirando con forza, guardò lontano per pochi attimi, tirando su col naso. Non aveva il coraggio di mostrare gli occhi lucidi a suo figlio.
«Papà...» chiamò il piccolo.
«Dimmi piccolo mio.» rispose con voce forzata, deglutendo nervoso.
«Non ti devi preoccupare per me, io starò bene.» gli confessò il bimbo con un sorriso timido.
«Lo so, lo so...tu sei bravo.» rispose il Dottore con un sorriso caldo.
Sì passò una mano sotto gli occhi e tirò di nuovo su col naso.
«Vuoi che ti accompagni?!?» chiese garbato, tirando ancora su col naso.
«No, ti ringrazio...preferisco andare da solo.» disse Ash scuotendo il capo.
Il Dottore annuì, mentre sentiva il mondo crollargli addosso.
«Allora...mi raccomando...qualunque cosa accada, non ti lasciare abbattere, continua ad essere te stesso, continua a vivere, come... » gli ricordò con affetto.
«Come mi hai sempre detto di fare.» sorrise Ash con occhi tristi.
«Esatto, e se avrai bisogno di me...» provò a dire, nella speranza di vederlo di nuovo.
«No...» rispose subito Ash, sottolineando la sua certezza con un no del capo.
«Okay.» acconsentì il Dottore con un mezzo sorriso.
Fissò per un istante infinito il bambino che aveva davanti in silenzio.
Sembrava ieri che in quello stesso posto l'aveva raccolto dalla strada, e l'aveva aiutato a crescere, ed ora era lì, sicuro, deciso, coraggioso e pronto.
«Grazie.» aggiunse poi il Dottore con tono lieve, senza spezzare quel bel sorriso di gratitudine che aveva sul volto. Ash sollevò gli occhi sorpreso da ciò che sentiva, e si ritrovò di fronte un volto deciso e raggiante, fiero e orgoglioso.
«E' stato bello, ci siamo divertiti assieme, non è vero?!?» chiese il Dottore.
«Sì, è vero...siamo stati bene.» riuscì a dire alla fine il piccolo.
E in un attimo si ritrovò abbracciato a suo padre, timoroso per la scelta che aveva fatto, triste per la scelta che era stato obbligato a prendere, e distrutto dal pensiero di dover abbandonare quell'uomo tanto buono, che era stato sempre e comunque un padre per lui.
«Ti voglio bene papà.» gli disse tra le lacrime.
Il Dottore provò a rimanere in disparte, distaccato, sarebbe stato più facile, ma non ci riuscì, non era da lui, non era mai stato da lui.
Lui c'era sempre per chi aveva bisogno.
«Ti vorrò sempre bene anch'io.» gli rispose prendendolo in braccio.
Lo strinse forte contro di sé, nascondendo il volto disperato tra i capelli del figlio, e rimasero così, per alcuni minuti, stretti l'uno all'altro, mentre le loro lacrime si confondevano. Il Dottore piangeva in silenzio, stringendo forte quel corpicino che tanto amava. Sperava che quel gesto trattenesse suo figlio per sempre, perchè non voleva lasciarlo andar via. Ma alla fine, malgrado i lamenti del figlio, cedette, non poteva cambiare il destino.
Con dolcezza accarezzò la testa del figlio e l'aiutò a scendere.
Il Dottore sorrise felice, mentre si asciugava le lacrime rimaste sul volto.
Guardò suo figlio, gli portò via le poche gocce rimaste e aggiunse:
«Va tutto bene Ash, tutto bene.» gli disse deglutendo ma senza smettere di sorridere.
«Tutto bene.» gli confermò accarezzandogli una ciocca bionda.
«Ora va, prima che cambi idea.» gli disse sorridendo un'ultima volta.
 
Continua...

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Capitolo 26
*** Capitolo 25: Il dolore del Dottore ***


Capitolo 25: Il dolore del Dottore
 
 
Il Dottore lo guardò andar via, e ad ogni suo passo, sentiva il dolore aumentare. I suoi cuori erano mossi da un moto di tristezza, delusione, sofferenza, ma soprattutto rabbia, perchè il destino aveva giocato con lui un'altra volta, l'aveva ingannato un'altra volta, gli aveva fatto amare e perdere di nuovo, e lui c'era cascato. Quando suo figlio, il suo Ash non fu più visibile, si strappò dal desiderio di corrergli dietro, e portarlo via con se con la forza. Sospirò con l'amaro in bocca, alzò il capo con fare fiero, e con occhi decisi ma lucidi, a passo sicuro si diresse verso il Tardis. Aprì la porta, e scivolò dentro.
La richiuse alla sue spalle, accarezzò un attimo la superficie, mentre si appoggiava ad essa come se la sua testa avesse bisogno di un sostegno. Scosse il capo per distrarsi, e si voltò verso la sua cabina. Tutto sembrava uguale, l'unica cosa diversa erano i suoi occhi che non smettevano di bruciare.
Una lacrima scese lenta e gli rigò il viso. Il Dottore l'asciugò con calma, e rimase a fissare le sue dita bagnate assente. Un'altra lacrima scese silenziosa, e il Dottore ormai distrutto si sentì obbligato a nascondere il volto dietro le mani. Portò via quelle lacrime che non si volevano fermare, poi con passo indeciso, barcollante, con la testa altrove, il Dottore entrò nella camera di suo figlio.
L'ultima maglietta che aveva indossato era ancora lì piegata sul suo letto.
Il Dottore la raccolse con delicatezza, e la strinse forte a sé.
«Perchè?!?» si chiese mentre altre due lacrime scendevano piano.
«Perchè anche mio figlio.» si domandò ancora.
«Perchè anche lui.» si chiese senza avere risposta.
«Perchè?!?» si domandò di nuovo, ma nessuno gli rispondeva.
«Perchè?!!» si chiese con rabbia, e senza pensarci spazzò via tutto ciò che era sul comodino del figlio, poi si voltò per distruggere il letto, e spogliare l'armadio, e i cassetti.
«Perchè?!!» urlò di nuovo con rabbia.
Un suono di compressione riecheggiò nella stanza del bambino.
«Sta zitto tu!!!» urlò contro il Tardis indicandolo con furia.
«E' tutta colpa tua!!!» continuò a gridare.
«Se tu non ti fossi fermato qui, nulla di tutto questo sarebbe successo!!!» gli sputò contro mentre i suoi occhi s'iniettavano di pazzia.
«Mio figlio sarebbe qui con me adesso!!!» continuò ad urlare mentre gettava per terra la maglietta che aveva in mano. Il Tardis suonò di nuovo quasi con disappunto.
«E' mio figlio!!!» urlò deciso.
«Non osare dire il contrario!!!» urlò con odio.
La cabina risuonò decisa questa volta, come un rimprovero.
«Prenditi le tue responsabilità!!!» gli urlò ancora contro il Dottore.
«E' tutta colpa tua!!!» disse ancora colpendo con forza il muro di quella stanza.
Respirò affondo un paio di volte, per riprendere il controllo, poi chinò il capo sconfitto.
La sua schiena era un fremito, e i singhiozzi ormai non si fermavano più.
Il Dottore cadde in ginocchio disperato e distrutto, avvinghiando le mani al pavimento, mentre le lacrime gli bagnavano il volto.
 
Se ne vanno. Perchè devono farlo o perchè trovano un'altro...e alcune mi dimenticano...suppongo...e...e...mi spezzano il cuore.
 
La mia famiglia?!?
 
Loro hanno tutti qualcun'altro.
 
Penserò io a lei.
 
Quante persone devo perdere ancora?!?
 
Sarah Jane Smith, Rose Tyler, Jack Harkness, Mickey Smith, Martha Jones, il Maestro, Donna Noble, Wilfred Noble, Astrid, Jenny, River Song, Joan...
Ash...il mio Ash...
 
Quante persone ancora?!?
 
«No, non è vero.» si disse chinando il capo, e lasciando cadere il pugno lungo il pavimento.
«Non è colpa tua.» sussurrò tristemente.
«E' mia.» mormorò con dispiacere.
«E' colpa mia.» si disse trattenendo le lacrime.
«E' sempre stata colpa mia.» mormorò nascondendo il viso tra le mani.
«Mia è soltanto mia.» singhiozzò distrutto.
«Mi dispiace, mi dispiace davvero tanto.» pianse ancora.
E il Dottore non sopportò più il dolore, si sciolse in lacrime, una goccia dietro l'altra, crollò per terra, convulsivamente strinse le ginocchia al petto, stringendosi il più possibile in quella deforma posizione fetale. Si strappava i capelli per la disperazione, lo stomaco si chiudeva, le urla uscivano mute, il respiro mancava, il dolore sfigurava il volto, le lacrime venivano nascoste, tremava e nel frattempo stringeva contro il suo cuore, come se fosse il dono più importante dell'universo, il quadrifoglio che il figlio gli aveva regalato.
 
Aveva perso un'altra persona che amava, l'aveva persa per sempre.
Il destino aveva giocato con lui un'altra volta,e aveva vinto ancora, ed era stato crudele.

 
Continua...

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Capitolo 27
*** Capitolo 26: E' una promessa ***


Capitolo 26: E' una promessa
 
 
Era piccolo, innocente, fragile e aveva ancora pochi mesi. Il Dottore aveva passato un'ora nel cercare di far addormentare il piccolo. Ora aveva chiuso gli occhi, dormiva beato, con la mano stretta sul dorso del padre. Il Dottore sorrise mentre con lentezza continuava a cullarlo. Sorreggeva con attenzione le sue gambine e lo teneva stretto in vita, il suo pancino saliva e scendeva in un respiro sereno e regolare e la sua piccola schiena contro il suo petto era così rilassata.
Il Dottore accarezzò le piccole dita che malgrado addormentate non lasciavano il suo dorso.
«Va tutto bene, dormi.» gli sussurrò continuando ad accarezzare quella pelle morbida.
 
Un pianto lontano. Un lamento appena. Tanto bastò a destare il Dottore. Aprì gli occhi come se si fosse svegliato da un sonno profondo e si guardò attorno. In mano ancora il regalo che gli aveva fatto il figlio. Scosse il capo frastornato e provò ad alzarsi. Tossì un paio di volte, cercando di regolare il respiro che era mancato allungo durante il pianto, si girò su di un fianco, e provò a tirarsi su. Gli faceva male la testa, e gli occhi bruciavano. Barcollò leggermente appena si ritrovò in piedi, e si guardò intorno, come alla ricerca di ciò che aveva provocato quel dolore, fissò il letto di suo figlio. E sentì di nuovo el lacrime brucciare i bordi degli occhi già gonfi.
 
« Non stare da solo papà… trova qualcuno… anche se la sua perdita ti distruggerà il cuore… non rimanere solo… non lo meriti...fallo per me.»
 
Le ultime parole che gli aveva detto, il suo ultimo desiderio prima di andarsene, prima di lasciarlo solo di nuovo. L'ultima richiesta che aveva giurato di mantenere.
«Non ti preoccupare Ash, prima o poi guarirò.» disse fissando il quadrifoglio.
«Fidati di me, sono il Dottore.» sorrise con tenerezza.
Poi baciò i petali del piccolo fiore, e senza perderlo di vista, l'appoggiò con cura sul letto del figlio.
Era un addio, uno vero, quello che durava per sempre, per tutta una vita, e il Dottore lo sapeva.
Un'ultima carezza a quel portafortuna che non avrebbe più avuto con sé.
Poi un sospiro pesante e infine lasciò la stanza, chiudendosi la porta alla spalle.
 
Tutto sarebbe rimasto così com'era.
 
***
 
Era notte fonda, e la piccola candela brillava sulle pareti della stanza.
Il Dottore non c'era riuscito doveva dirgli addio, almeno un'altra ultima volta, così senza farsi notare era arrivato fin sotto la finestra dove sapeva esserci la camera dei piccoli. Rimase a fissare quella piccola luce, quella piccola fiamma distante come se da un momento all'altro potesse accadere un miracolo. Fisso quella piccola finestra con cuore pesante, cosciente del fatto che adesso gli mancava qualcosa. Teneva a bada le sue emozioni e soprattutto la voglia di chiamare suo figlio e salutarlo ancora, prima di andare via per sempre. E intanto il vento freddo che quella notte si era alzato, gli ghiacciava l'anima lasciandolo scoperto al dolore. Quel forte gelo presagiva pioggia, una triste e brutta pioggia estiva. Il Dottore sorrise, di fronte all'ingenuità dei due piccoli che avevano lasciato la finestra aperta, per resistere al caldo. Tirò fuori dalla giacca il suo cacciavite sonico e lo puntò contro le tende della finestra, e queste ubbidienti, si chiusero con lentezza, nascondendo così la finestra e riparando i due bambini. Il Dottore sorrise un'ultima volta, e sollevò una mano, l'agitò appena, come se stesse salutando un fantasma che conosceva bene. Forse era il fantasma della vita che era stata.
«Addio, Acheron.» sussurrò con rimpianto.
«Mi manchi.» mormorò ancora tristemente.
«Addio, mio principe.» disse infine, lasciando cadere la mano.
Fissò ancora la finestra chiusa con rammarico, poi abbassò il capo e si allontanò in silenzio.
Sparì dentro il Tardis, l'unico amico che gli era rimasto.
 
La singola stella che illuminava la notte, fu coperta da una fitta coltre di nubi nere.
Tutto era finito.

 
Continua...

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Capitolo 28
*** Capitolo 27: Un'abbraccio dal passato (Parte 1) ***


Capitolo 27: Un'abbraccio dal passato (Parte 1)

 
Anni dopo...

 
Ash rimase un po' lì, su dei gradini a contemplare la giornata stranamente silenziosa.
Era uscito per fare compere con Simi, e ora aveva preso una pausa da tutto quello shopping.
Rimase lì, con lo zaino tra le gambe, gli occhiali neri legati alla maglietta, e gli occhi persi tra le nuvole. Si ricordava di quelle nuvole, e alle volte gli mancavano. Sospirò affondo, chiudendo gli occhi. Assaporò quell'attimo di pace, immerso nell'oscurità fresca di un albero e in un lontano ricordo. Respirò di nuovo quasi come se quell'aria potesse liberarlo da ciò che opprimeva il suo cuore. Fissò di nuovo le nuvole cercando tra quelle infinite morbidezze una piccola traccia di speranza, poi fece per alzarsi e andarsene, ma fu costretto a cambiare idea...qualcosa di familiare arrivò alle sue orecchie.
 
***
 
Ash s'incamminò con passo sicuro verso quel suono che conosceva bene, girò l'angolo con circospezione, e rimase senza parole quando vide...una cabina blu smaterializzarsi sotto i suoi occhi. Non poteva crederci, stava forse sognando?!
Sorpreso si avvicinò con la speranza che in verità ciò che stava vedendo non fosse una visione. La sua mano toccò il legno duro e sorrise di sollievo, lieto di ciò che stava succedendo. Iniziò ad accarezzare quella bella superficie blu. Sì spostò appena fissando ancora la sua vecchia casa, poi senza pensarci poggiò una mano sulla maniglia in ferro e provò a spingere...stranamente la porta era aperta, come se fosse un invito a farlo entrarlo.
 
***
 
Ash sorrise di nuovo di fronte a quell'invito, spinse di nuovo e la porta si aprì.
Deglutì quasi nervoso, e decise di varcare la soglia per sbirciare dentro. Nulla era cambiato, era tutto esattamente come lo ricordava, le pareti d'oro, le grandi sfere scure, e la sala comandi con la sua bella luce verde acqua. Tutto era rimasto uguale.
Ash si sistemò lo zaino in spalla, e avanzò di un'altro passo, chiudendosi la porta alle spalle.
Sì guardò intorno, e si sentì investire da una serie di ricordi piacevoli.
«Eh, ma allora Tardis, mi dici che ti prende, perchè ti sei fermato così all'improvviso?!?»
Un suono divertito si diffuse per il Tardis.
«Ma che dici siamo soli io e te, non c'è nessun'altro.» lo riprese il Dottore.
Un altro rumore echeggiò con gioia.
«Sei in vena di scherzi, io...» il Dottore scosse il capo, voltandosi.
E rimase a bocca aperta. Lasciò cadere il martello che aveva in mano, e continuò a fissare il giovane uomo che sorridente gli stava davanti.
«Ciao papà!» salutò Ash solare.
Il Dottore non sapeva bene cosa rispondere, avanzò di un passo con volto incredulo, rimanendo a bocca aperta. Sentiva le mani tremare e gli occhi bruciare. Non ci poteva credere, non era possibile, non poteva essere veramente di fronte a lui.
Sembrava un sogno, uno dei tanti che aveva fatto così spesso.
«Ash?!» chiamò stupefatto.
«Chi altri?!» gli rispose Ash continuando a sorridere divertito.
Il Dottore sorrise sorpreso, e senza azzardare altro abbracciò forte quell'uomo.
Ash sorrise divertito, stringendolo con affetto.
«Ma guardati, sei cambiato, ti sei fatto più alto!» gli disse felice il Dottore, guardandolo da capo a piede stringendogli le spalle.
«Sono cresciuto!» sorrise Ash annuendo.
«E i tuoi capelli...» osservò il Dottore stranito.
«Che fine ha fatto quel bel biondo?» chiese quasi deluso.
«Sparito.» rise di nuovo Ash.
«Ma sono scuri, e...» il Dottore prese una ciocca rossa e l'appoggiò ai suoi capelli.
Ash si irrigidì appena, ma notando la spensieratezza dell'uomo, riuscì a ritrovare il controllo e a rilassarsi di nuovo. Il Dottore intanto confrontava la ciocca rossa con una delle sue castane.
«Io l'ho sempre detto che il rosso mi stava bene.» disse annuendo.
Poi voltò le spalle all'amico e si allontanò tornando vicino i comandi del Tardis.
«Ti stanno bene.» aggiunse poi con un nuovo sorriso.
Ash annuì grato abbozzando un sorrisetto tranquillo.
«Anche tu stai bene.» gli disse poi appoggiandosi ad una colonna Tardis.
«Faccio del mio meglio.» rispose il Dottore convinto.
«Sei invecchiato.» mormorò poi Ash incrociando le braccia.
«I tuoi occhi... sono più vecchi.» aggiunse dopo come se fosse normale.
«Grazie.» rispose tranquillo il Dottore.
Ash rimase a fissarlo per un paio di minuti. Non era cambiato per niente, era lo stesso uomo che ricordava nei suoi sogni da bambino.
«Cosa ci fai qui?!?» chiese curioso ridestandosi dai suoi pensieri.
«Problemi con il Tardis, vero vecchia mia?» chiese il Dottore dando due colpetti alla console.
«Sei qui solo di passaggio?!?» domandò Ash quasi dispiaciuto.
«Esatto.» sorrise il Dottore, spostando una leva.
«Quindi immagino che ci sia un'altro addio?» domandò Ash.
«Ora e per sempre.» rispose piano il Dottore alzando il volto su di lui.
«Anche se non è detto.» rise dopo contento.
«Dove sei stato?!?» chiese dopo curioso di sapere.
«In giro, l'universo è ampio, non ci si annoia mai.» rispose il Dottore tranquillo, mentre cercava di far combaciare due bulloni tra loro.
«E sei sempre stato da solo?!?» chiese Ash inclinando appena il capo.
Il Dottore si fermò di colpo, e chinò gli occhi sovrappensiero.
«Sì.» rispose alla fine onesto.
«Ho conosciuto altre persone, ma o non erano pronte a seguirmi o non hanno potuto seguirmi.» aggiunse rapido quasi a voler giustificare quella solitudine.
«E le altre ragazze: Rose, Martha e Donna, le hai più viste?!?» continuò Ash.
«Oh sì, è stanno tutte benissimo, felici nel loro bellissimo mondo.» annuì più volte il Dottore.
«Quindi io sono stato l'ultimo?!» chiese Ash rimanendo a bocca aperta.
«Sì.» rispose il Dottore con un sorriso lieve.
«Non sei mai tornato?!?» chiese dopo Ash di getto senza pensarci.
Il Dottore chinò il capo, quasi a voler ignorare la domanda.
«Quando mi hai lasciato andare...sei mai tornato indietro?» chiese poi convinto.
«Sì...» rispose piano il Dottore.
«Mi hai mentito?» scattò subito Ash.
«No, non ti ho mai promesso che non l'avrei fatto.» gli rispose lesto il Dottore.
«Tu hai visto?!?» chiese poi l'altro sconvolto.
«Sì...io ho visto, sentito...e...» deglutì senza riuscire a finire.
«E non hai mai voluto portarmi via?» domandò scuotendo il capo.
«Sempre. Ogni volta.» rispose il Dottore con un sospiro.
«E cosa ti ha trattenuto?» cercò di capire Ash.
«Il fatto che era stata una tua scelta.» disse il Dottore soffermandosi su di lui.
«Forse ero troppo piccolo e stupido.» rispose Ash distogliendo lo sguardo.
«No, eri umano.» lo corresse il Dottore.
«Non sono umano.» chiarì Ash.
«Oh, neanch'io...eppure vengo considerato tale.» rise il Dottore.
«Tu hai agito per il bene degli altri, l'hai sempre fatto, sei buono.» aggiunse dopo con tenerezza.
«Certo, perchè tu mi hai cresciuto così.» disse Ash indicandolo.
«Saresti stato così anche se le nostre strade non si fossero mai incrociate.» disse il Dottore annuendo mentre un sorriso complice gli spuntava pian piano.
Sì fermò un attimo, incrociò le braccia, e rimase in attesa di una risposta.
«Come fai a dirlo?» chiese Ash sorpreso.
«Lo dico per l'uomo che ho davanti adesso, senza una pecca.» rispose il Dottore calmo.
«Non sono perfetto.» disse Ash fissandolo negli occhi deciso.
«Tutti hanno difetti e demoni...» acconsentì.
«... ma tu sei perfetto sotto molti aspetti.» sorrise il Dottore.
«E' bello sentirtelo dire.» rispose Ash accennando un sorriso sereno in volto.
«E' bello potertelo dire.» scherzò l'altro ricambiando l'affetto.
Poì sospirò affondo, si spinse un po' in avanti, e riprese il suo lavoro su i comandi del Tardis.

 
Continua...
   
Note dell’autrice:
- Sei invecchiato: Questa conversazione è stata presa dall'episodio 04x01 dal titolo Adipose Industries.
- E non hai mai voluto portarmi via?: Acheron non ha avuto un infanzia, nè una vita felice. Dopo la sua morte da umano la dea Artemide lo ha riportato in vita con il suo sangue, e da allora Acheron è a capo dei Dark Hunter, cacciatori che proteggono la terra.
- Non sono umano.: Acheron non è impazzito, ma come già detto lui è una divinità Atlantidea e nella sua forma “divina”, ha la pelle blu, i capelli neri, le corna, labbra e artigli neri. I suoi occhi possono essere rossi, argentei turbinanti, gialli o giallo-arancione circondati di rosso. La sua voce ha un suono profondo e demoniaco.
 
 

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Capitolo 29
*** Capitolo 28: Un'abbraccio dal passato (Parte 2) ***


Capitolo 28: Un'abbraccio dal passato (Parte 2)

 
 
Il Dottore rimase zitto per un paio di secondi. Poi così, dal nulla...
«Sei stato fortunato, alla fine.» disse piano voltandosi verso il figlio.
«Che intendi dire?» chiese Ash senza capire.
«Ho visto le persone buone che ti circondano.» rispose il Dottore con un sorriso.
Ash lo fissò sorpreso, rimanendo con la bocca leggermente aperta.
«Hai conosciuto i miei ragazzi?!?» chiese sbalordito.
«I tuoi ragazzi?!? Guai a chi te li tocca eh?!?» sorrise divertito il Dottore.
«Ne vado particolarmente orgoglioso, sì.» annuì fiero con un sorriso leggero in volto.
E il Dottore si perse in quel volto così sereno, amava vederlo così.
«Ho solo visto come si comportano con te...non so chi siano però.» spiegò annuendo.
«Non mi conoscono.» affermò Ash abbassando gli occhi.
«Sarà...» disse il Dottore sollevando le spalle ottimista. « ...ma a me sembra che ti hanno accettato per quello che sei.» disse alla fine tranquillo.
«Vuoi sempre avere l'ultima parola, vero?» domandò Ash quasi irritato.
«Quando ho ragione sì.» scherzò il Dottore gongolando con la testa divertito.
«Anche...quel tizio che fa surf...come si chiama?!» provò a ricordare
«Savitar?» chiese Ash intuitivo.
«Sì!» esclamò soddisfatto il Dottore schioccando le dita verso di lui.
«Non è poi così male.» disse alla fine calmo.
«Credevo che avresti disapprovato.» disse Ash alzando un sopracciglio.
«E' un brav'uomo, un po' troppo orgoglioso forse che va in giro ha dire di odiare tutto e tutti, ma alla fine ha un buon cuore.» annuì il Dottore, ritornando poi sul Tardis.
«L'hai mai visto?» chiese Ash incuriosito.
«Vuoi scherzare...come faccio ad incontrarlo, possiede un isola evanescente.» disse euforico il Dottore voltando appena il capo, per poi ridere mentre spostava qualche leva.
«Come fai a saperlo?» domandò Ash stranito.
Il Dottore temporeggiò, pensando bene a cosa rispondere, mentre fissava il figlio.
«Com'è che ora mi sento spiato?» domandò Ash ridendo.
«Che esagerazione...» disse il Dottore offeso.
«Vengo a vedere come stai di tanto intanto, tutto qui.» spiegò semplicemente.
«Ma non so tutto su di te.» gli disse buono.
Ash annuì, ma il suo sguardo diceva: “Ah ah, facciamo finta che sia così.”
«Sei fidanzato?!?» chiese poi il Dottore incuriosito.
«Non lo sai già?!» lo prese in giro Ash.
«No.» rispose onesto il Dottore.
«Non credi che sia personale?» domandò poi quasi a voler ignorare quel argomento.
«Oh suvvia!» esclamò il Dottore lasciando cadere le braccia in giù.
«Sono più vecchio di te, mi fa bene ascoltare qualcosa di positivo.» disse felice.
«Sicuro di essere più vecchio di me?» chiese Ash inarcando entrambe le sopracciglia.
«Decisamente sì.» rispose il Dottore sollevando il mento.
«No.» rispose alla fine Ash sospirando dispiaciuto.
«Porta pazienza, prima o poi succederà.» gli disse annuendo convinto.
E Ash era pronto a rispondergli con un: “Sì, come no.”
Ma il Dottore quasi ad intuire quella risposta lo fermò per chiedergli altro.
«E tuo fratello adesso, come sta?!?» chiese poi felice rammentandosi di lui.
«Non lo so...» rispose piano Ash rabbuiandosi.
«E' passato tanto tempo e l'ultima volta che ci siano visti...non è andata bene.» tirò corto.
Il Dottore lasciò perdere il Tardis, e accorciò le distanze tra i due. «Andrà meglio, vedrai.» gli disse con dolcezza mentre gli poggiava una mano sulla spalla.
«Perchè sei sempre così positivo?!?» gli chiese Ash infastidito.
«Difetto di fabbrica.» scherzò il Dottore.
 
Soteria le diede un bacio sulla guancia.
Vi lasciamo riposare, ma se avete bisogno di qualsiasi cosa, fatecelo sapere.”
Acheron strinse leggermente la mano di Bethany, poi abbracciò Styxx.
Congratulazioni, fratello. Non vedo l’ora di vedere Theron e Bas giocare con lui.”
Anche Styxx. Il figlio di Acheron, Theron, era nato lo scorso maggio. Ad appena qualche mese di distanza, i loro figli sarebbero stati più come gemelli che cugini. E i loro figli avrebbero avuto tutta l’infanzia viziata che lui e Acheron avrebbero dovuto avere.
 
Sarebbero stati...
Fratelli, sempre e per sempre.
 
«Comunque non lo puoi sapere.» rispose Ash abbassando il capo.
«E' vero hai ragione.» acconsentì il Dottore dondolando un po' sul posto.
«Ma tu non dici sempre...» provò a ricordare chiudendo gli occhi.
«Non mi viene...» disse di nuovo, e alzo il volto verso il soffitto del Tardis.
«Com'è che era...a volte...» iniziò a tamburellando un po' sul mento alla ricerca delle parole.
«A volte le cose devono andare male per poter andare bene.» disse Ash come un mantra.
Il Dottore tornò su di lui e gli sorrise fiducioso, quasi a volergli dire: “L'ha detto tu, non io.”
«Le cose vanno male adesso, ma non è detto che sia così anche domani Ash, tutto può cambiare non lo scordare.» gli disse con un pizzico sulla guancia.

 
Continua...
 
Note dell’autrice:
- Ragazzi: Ash si sta riferendo ai Dark Hunter.
- Corsivo: La piccola parte in corsivo è un estratto del libro di Styxx. Personalmente parlando è una bellissima fonte di gioia.
- "A volte le cose devono andare male per poter andare bene." : Questa è una delle frasi di Ash, è la più famosa e una delle più belle che abbia mai detto.
Non so se la frase corrisponde a verità, ma alle volte mi piace pensare che sia così.

 

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Capitolo 30
*** Capitolo 29: Un'abbraccio dal passato (Parte 3) ***


Capitolo 29: Un'abbraccio dal passato (Parte 3)

 
 
Rimasero un po' senza dir niente, mentre il Dottore provava a far collaborare il Tardis.
«Vuoi una mano?» chiese Ash divertito.
«No no, ti ringrazio.» rise il Dottore
Ash sentì squillare il cellulare, lo prese dalla tasca e rispose.
«Sì.» disse semplicemente.
«Akri!!!» sentì urlare dall'altra parte.
Ash rise spostando un po' il cellulare dall'orecchio.
«Ti sei stancata?!» chiese ridendo.
«Sì, va bene.» sorrise ancora annuendo col capo.
«D'accordo, ho capito.» aggiunse dopo comprensivo.
«Arrivo subito.» disse alla fine.
Salutò, e spense la chiamata, riponendo il cellulare nella tasca dei pantaloni mentre il Dottore lo fissava con il tipico volto: “ Ma chi era a telefono?”
«Vuoi conoscere tua nipote?» gli domandò lui con un sorriso sereno.
«Mia...» farfugliò il Dottore colto alla sprovvista.
«Tu hai una figlia?!» chiese poi meravigliato.
«In un certo senso sì.» annuì Ash lieto.
«Ma...» provò a capire il Dottore scuotendo il capo.
«E' il mio famiglio.» gli spiegò Ash per non farlo impazzire.
«Ma è come una figlia per me.» aggiunse dopo con sguardo dolce.
«E perchè dovrei conoscerla?» chiese il Dottore confuso.
«Come perchè?!» disse Ash offeso ritraendosi di colpo da lui.
«Sei mio padre.» aggiunse dopo in un sussurro felice.
«Lo sai che...» iniziò a dire il Dottore.
«Eppure è qui di fronte a me.» lo interruppe Ash con un sorriso radioso.
Il Dottore addolcì il volto pur rimanendo a bocca aperta.
«Non dire così, non sono realmente tuo padre.» disse il Dottore cupo.
«Lo sei stato per molto, moltissimo tempo.» disse con affetto Ash.
«E' meglio evitare.» spiegò il Dottore con occhi tristi.
E quel gesto spezzò il cuore di Acheron. Era difficile rimanere impassibile di fronte a quello sguardo colmo di dolore, di fronte a quegli occhi lucidi da far male. In quel momento sembrava un bambino colto sul fatto dopo qualche marachella, e che sotto il rimprovero dei genitori, se ne stava lì, con il suo faccino triste, a cercare le giuste parole per chiedere scusa.
«Non ti voglio obbligare ad entrare nella sua vita, capisco perchè non vuoi, ma almeno vieni a vedere.» gli disse buono Ash.
Il Dottore sospirò con fare dubbioso, ma poi annuì. Si avvicinò alle porte del Tardis per aprirle appena e sbirciare fuori, mentre Ash si sistemava al suo fianco.
«Lei è Simi.» gli sussurrò Ash indicando davanti a loro.
Il Dottore guardò con attenzione la bella ragazza davanti a sé. Era alta e molto snella, vestita con un top grigio ornato da un leggero pizzo nero e decorato con piccole rose, guanti infradito lunghi a rete neri, leggins a strisce rossi e neri, stivali con la zeppa che gli arrivavano alle cosce e che salivano fino alla sua minigonna rossa. I suoi occhi erano messi in risalto da una alta coda nera e da alcune ciocche rosso vivo che le ricadevano lungo il collo e da un linea precisa di eye-liner nero. Le labbra erano appena colorate da un pallido rosso e al collo portava una collana dal ciondolo corto che raffigurava un sole d'oro con tre fulmini d'argento al centro.
Si guardava intorno in attesa del suo Akri.
«E' bellissima!» esclamò il Dottore meravigliato.
«Sì, ed è Charonte.» sorrise Ash.
«Se...» disse il Dottore assecondandolo annuendo, senza togliere gli occhi da Simi.
«Nella versione più comune un demone.» rise Ash.
«Allora è di una bellezza demoniaca.» scherzò il Dottore guardandolo.
«Beh, io sono blu...» disse Ash senza pensarci.
«Che sei!?» scattando su e lasciando la porta del Tardis.
Ash sorrise di gusto, soprattutto dopo la faccia stupefatta dell' uomo.
«Si vede che anche tu conosci solo la superficie di me.» annuì Ash calmo.
«E mi sta bene così.» rispose il Dottore intenerito.
«Si vede che abbiamo trovato il nostro mondo in cui vivere.» aggiunse dopo grato.
Ash annuì consapevole del fatto che il Dottore aveva davvero ragione, e non sapendo cos'altro dire si limitò a fissarlo un attimo, per poi avvicinarsi a lui, e abbracciarlo forte. Il Dottore gli gettò le braccia al collo assaporando la dolcezza di quel tocco.
«Sono fiero di te.» gli disse poi in un sussurro senza lasciarlo.
«Stammi bene!» gli augurò Ash guardandolo negli occhi
«Anche tu, ragazzo mio!» rispose il Dottore con un mezzo sorriso e una carezza.
Ash si guardò intorno un'ultima volta, poi sorrise di nuovo a suo padre e infine uscì in strada.
Appena Simi lo vide, corse da lui prendendolo per mano.
«Dov'eri?!» chiese poi imbronciata.
«Ho rincontrato un vecchio amico.» gli spiegò accarezzandole la testa.
«Un vecchissimo amico.» disse guardando verso il Tardis.
Vide suo padre appoggiato alla porta del Tardis, con un sorriso tenero il volto. Ash involontariamente ricambiò quel sorriso così puro, poi alzò una mano in segno di saluto, dimenticandosi del fatto che Simi era lì e che probabilmente non stava capendo. Il Dottore chinò appena il capo, sollevando un attimo la sua mano, e in quel momento Ash si sentì a pezzi. Sospirò affondo, era l'ultima volta che l'avrebbe visto e lo sapeva bene. Notò gli occhi lucidi del padre e sentì i suoi inumidirsi. Con il cuore in frantumi strinse le spalle di Simi e si allontanò.
Sentì una porta cigolare appena, poi un leggera ventata, dopodiché silenzio.
Per un istante le strade di New Orleans sembrarono vuote e spente, ma solo per un istante.
Poi il caos riprese, le chiacchiere, la musica, le risate tra passanti. La vita normale continuava tranquilla, e nessuno si era accorto della scomparsa di una cabina blu.
Nessuno, tranne uno.
 
 
Il Dottore fermò il Tardis. La piccola cabina blu rimase sospesa sopra la Terra, silenziosa. Con calma il Dottore si avvicinò alle sue porte per aprirle e guardare fuori. Era sempre meraviglioso perdersi in quell'infinito blu. Si mise seduto al margine del Tardis con le gambe che penzolavano del vuoto, ad osservare il panorama. Era sempre stato rilassante per lui.
«Oggi l'hai fatto apposta, non è vero?!» chiese voltandosi verso il Tardis.
«Ti sei fermata apposta, per farmi parlare con lui, non è così?!» domandò ancora ritornando sulla Terra, che sembrava ascoltarlo. Il Tardis risuonò appena quasi con voce colpevole ma divertita.
«Ti ringrazio!» sorrise con dolcezza il Dottore.
«E' stato un bel gesto.» annuì commosso.
«Ma non voglio entrar a far parte della sua vita.» spiegò alla fine.
«Sta bene e questo mi basta.» disse sereno.
Il Tardis si fece sentire di nuovo stranita da quella risposta.
«Non ha bisogno di me. I figli sanno sempre come cavarsela, non hanno mai veramente bisogno di te, siamo noi genitori che cerchiamo di proteggerli da tutto, e lo facciamo per non farli soffrire, per evitare che si facciano del male. Vederli tristi o malati...» si fermò a pensare.
«...Ti distrugge il cuore più di ogni altra cosa, ed io ne ho due.» provò a scherzare.
«Non ha più bisogno di essere tenuto per mano, ormai sa camminare da solo...e cammina ogni giorno verso il suo futuro.» concluse alla fine abbassando gli occhi.
Il Tardis riecheggiò con dolcezza.
«Sì, è straordinario vero!?» chiese il Dottore pur conoscendo la risposta.
«Continuerò a vegliarlo da lontano, consapevole del fatto che non potrò toccarlo, non potrò dargli consigli di nessun genere, non potrò stare un intera giornata con lui, non potrò accompagnarlo al cinema, non potrò incontrare la sua ragazza, non potrò ridere con lui o con i suoi figli...non potrò fare nulla.» disse alla fine con rammarico.
«Ma è vivo. Ha la sua vita, ed è giusto viverla.» terminò annuendo.
Il Dottore rimase lì a fissare la Terra con un sorriso tenero in viso.
 
Continua...
 
Note dell’autrice:
Eccoci qui, siamo letteralmente ad un passo dalla fine, il prossimo capitolo infatti sarà l'ultimo, ma non il meno importante! ;)
 
- Akri: Termine atlantideo per “signore e padrone”.
- Charonte: Il Dottore non si stupisce delle sembianze del famiglio di Ash, perchè in un certo senso ha sempre saputo chi era realmente Acheron. e con il tempo ha imparato ad apprezzare e a conoscere meglio il mondo che circonda il figlio.

 

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Capitolo 31
*** Capitolo 30: Il futuro ***


 
 
Ash aveva finito il suo lungo giro di perlustrazione. Era tutto tranquillo, e in attesa dell'alba aveva deciso di fare due passi, sperando che il sonno arrivasse presto.
Si fermò davanti ad una bancarella di fiori. Li guardò allungo, mentre il forte profumo si mescolava a quello della notte.
Prese un mazzo di rose, e ne respirò l'aroma.
E quel profumo gli riportò alla mente...capelli castani, occhi sognanti, sorriso dolce...quel profumo...gli ricordarono...Soteria Kafieri, meglio conosciuta come Tory.
Sorrise lievemente, quasi con leggerezza, con amore pensando a lei.
Poi scosse con vigore il capo, deciso a pensare ad altro. Ma non riuscì a mettere giù i fiori.
«Ma che cosa sto facendo?!» si chiese disperato passandosi una mano tra i capelli.
Intanto aveva già pagato la signorina concedendole di tenere il resto.
 
Il Dottore guardò suo figlio indeciso davanti alla bancarella.
Posava e riprendeva quei fiori senza sapere con esattezza cosa fare.
Sorrise rimanendo appoggiato al muro con le braccia conserte.
«Ti stai innamorando!» sorrise infine il Dottore, sparendo nell'ombra.
 
E lui già sapeva che era quella giusta, già sapeva che da lì a qualche anno...
 
«Sei pronto, T-Rex?» Ash annuì a Talon che era uno dei suoi testimoni.
Talon si dileguò mentre Savitar veniva avanti. «Sei nervoso, Grom?»
Forse avrebbe dovuto esserlo, tuttavia non vedeva l’ora. Tirò fuori la fede nuziale con il diamante giallo da tre carati dalla tasca e lo osservò mentre brillava alla luce fioca della chiesa. Il centro della pietra era circondato da piccoli diamanti bianchi in una montatura molto antica e unica.
Sarebbe stato bellissimo su di lei. «Nemmeno un po’.» disse a Savitar.
 
 
***
 
New Orleans, 16 aprile 2011
 
Aggrappandosi disperatamente alla mano grande e forte di suo marito, mentre erano circondati dagli amici più cari e dalla famiglia nella loro camera da letto, Soteria Parthenopaeus poggiò all'indietro la testa contro i cuscini accatastati dietro di lei e spinse con tutte le sue forze.
Ritornò alle tecniche di respirazione che tutte e tre le sue ostetriche le avevano insegnato (perché la paranoia di suo marito temeva che una non fosse abbastanza), ma era inutile come tutte le spinte che dava. Per non parlare dello stordimento. Guardò suo marito che era sudato fradicio tanto quanto lei. Non aveva lasciato il suo fianco nemmeno per un secondo da quando era cominciato.
I suoi lunghi capelli neri erano legati indietro in una coda stretta e i suoi turbinanti occhi argentei la guardavano con orgoglio e amore.
Lui le baciò la guancia e le scostò i capelli dal viso. «Va tutto bene, Sota. Ci sono io.»
 
«Respira lentamente e dolcemente, poi spingi. Non forte, ma gentilmente. Fagli sapere che è al sicuro e che lo vuoi qui per essere amato.»
Leccandosi le labbra,Tory annuì e fece quello che lei le ordinava.
«Ancora una volta.»
Dopo la quarta volta, Artemide si spostò ai suoi piedi. Poi si rivolse ad Ash.
«Vieni, Acheron. Sii il primo a dare il benvenuto a tuo figlio alla sua nuova vita.»
Andò da Tory e, con un'altra spinta, suo figlio scivolò tra le sue mani.
Per un minuto intero, non riuscì a respirare mentre guardava il più piccolo e il più perfetto essere che avesse mai visto nella sua vita.
«È un puffo?» chiese Tory.
Ash si mise a ridere. Visto che la sua pelle era blu nella sua forma divina, Tory aveva scherzato con lui che non avrebbero avuto un bambino, ma un puffo. Artemide taglio e legò il cordone, poi prese il bambino e lo svegliò.
Lui fece un vagito che avrebbe fatto vergognare Simi.
Artemide lo avvolse in un lenzuolo, poi lo portò da Tory. «Ti presento tuo figlio, Soteria.»
Tory guardò in adorazione il bambino minuscolo che, perfino adesso, somigliava a suo marito. Era perfetto in tutti i sensi. Dalla parte superiore della testa che era coperta di una peluria bionda fino alla punta delle dita dei suoi piedini.
«Wow.» Tory guardò verso suo figlio che iniziava a scalciare e a dimenarsi. Non c'era modo di descrivere quello che sentiva in quel momento. Questo era suo figlio. Una parte di lei e di Ash. La parte migliore di loro. Ash alzò la mano in modo che il bambino potesse stringere con la sua piccola mano il suo indice. «Allora, come lo chiameremo?» Il sorriso di Tory illuminò il suo mondo. «Credo che mi piacerebbe chiamarlo Sebastos Eudorus.»
 
Si chinò e la baciò dolcemente. «Grazie per mio figlio.»
I suoi occhi brillarono e l'amore che vi vide non smetteva mai di sorprenderlo.
«Grazie per la mia vita.»
 
***
 
Ash guardò suo figlio con un sorriso smagliante. Si era svegliato da poco e aveva colorato la stanza con piccoli versetti indefiniti. Tory dormiva ancora. Così Ash si alzò dal letto con calma e si avvicinò alla culla. Lo prese in braccio con attenzione augurandogli un buongiorno. Era una sensazione nuova. Ne aveva tenuti di bambini in braccio, ma nessuno era stato suo figlio. Continuava a pensare che tenerlo lì accanto era la cosa più bella del mondo. Il cuore gli martellava all'impazzata ogni volta che lo vedeva, ed era così piacevole sentire la morbidezza di una piccola mano che ti stringeva l'indice con affetto. E mentre Bas prendeva in prestito la fede nuziale del padre attaccata al dito per metterla in bocca, Ash si soffermò a riflettere sul fatto che c'era una persona che gli mancava da giorni, e che ora sarebbe stata utile averla lì. Non era una passeggiata essere genitori, e Ash era abbastanza sicuro di questo. Il semplice fatto di tenere lì, in braccio in quel preciso istante il suo piccolo lo spaventava da morire. Si fermò di colpo a due passi dal salotto.
Cosa sarebbe successo durante i primi passi, durante le prime parole, o il primo compleanno, i primi capricci, il primo rimprovero, il primo ginocchio sbucciato, la prima bicicletta, le prime amicizie, la scuola, i primi esami, la prima lite con i genitori, la prima ragazza.
Oh dei, era complicato e spaventoso anche il solo pensarci.
E' vero c'era Simi. E poi c'era Kat che aveva scoperto essere sua figlia, e ultimamente si era preso cura di sua nipote...ma con loro era stato diverso.
Sospirò e alla fine decise di mettersi seduto, cullando appena il suo bambino.
«Conosco un'uomo che ora sarebbe in grado di calmarmi sul serio.» gli disse sorridendo.
«Non lo conosce nessuno in famiglia.» continuò a spiegargli.
«Neanche la mamma.» gli disse scuotendo il capo.
«E' un segreto che condividerò solo con te» gli sussurrò facendolo ridere.
«Con te e nessun'altro.» gli disse baciandogli le piccole nocche.
«E ti parlerò di un uomo chiamato il Dottore.» aggiunse poi sistemandolo meglio tra le braccia.
«Lui non è come noi...è speciale, è fantastico, ed è brillante.» gli disse felice.
«E se mai un giorno tra le stelle vedrai una cabina blu, seguila...sarà una bella avventura.» gli disse con dolcezza mentre una sensazione di nostalgia gli afferrava lo stomaco.
«Ti prometto che in quella circostanza non mi arrabbierò con te per essere sparito nel nulla per una serie indefinita di minuti.» gli disse scherzando, e il bimbo gridò divertito quasi come se avesse capito la battuta del padre. Ash rise con il piccolo perdendosi nei suoi occhi chiari. Gli accarezzò la guancia con il pollice, mentre il bambino continuava a giocare con la sua mano.
Poi si soffermò a guardare il cielo limpido.
 
«Sono orgoglioso di essere tuo figlio.»
 
 
***
 
Il vento era piacevole quel giorno, e il Dottore se lo godeva seduto sotto un albero, appoggiato alle porte del suo Tardis. Osservava da lontano una casa che conosceva bene. Dentro notava chiaramente un'uomo che continuava a passeggiare avanti ed indietro, stringendo contro un di sé un fagottino che continuava a sgambettare felice. Gli teneva con dolcezza una mano, mentre gli raccontava chissà cosa. Il Dottore sorrise con gioia. Tempo indietro aveva fatto una cosa simile con quell'uomo che non riusciva a sedersi. Rimase a fissarli ancora per un bel po', trattenendosi dall'impulso di andar a suonare il campanello. Alla fine sospirò deciso, e si alzò in piedi. Guardò un'ultima volta verso quella finestra e sorrise con amore.
«Divertiti, sii felice e vivi con mio nipote.» gli disse ridendo.
«E tu piccolo, vedi di non farlo impazzire, sarà divertente ma a tutto c'è un limite.» scherzò.
«Avrai un padre fantastico, uno dei migliori, credimi.» gli disse fiero.
Guardò Ash che sorridendo accarezzava la guancia di suo figlio.
«Hai tutto il tempo di questo mondo per stare con chi ami.» gli disse felice.
Un'ultimo istante, un'ultimo addio, poi voltò le spalle ai due e rientrò nel Tardis. Chiuse le porte e rimase in ascolto, in attesa di qualcosa di piacevole. Ma ormai il Tardis era silenzioso da tempo, da troppo tempo, e il Dottore se ne ricordava sempre dopo soprattutto quando s'imbatteva in qualcosa d'interessante, soprattutto quando aveva la tendenza a spiegarla ad alta voce, dimenticandosi del fatto di essere rimasto solo, troppo solo e troppo allungo, sembrava un pazzo.
Infondo era un pazzo con una cabina blu.
Sì avvicinò ai vari comandi, mentre la luce verde acqua colorava appena il suo volto.
«Siamo soli io e te Tardis.» gli disse accarezzandogli la superficie.
«Un po' come sempre.» aggiunse con un sorriso.
Il Tardis ripose con affetto e il Dottore annuì sicuro di quello che aveva appena detto.
Poi come spesso accadeva, poggiò la mano sulla leva più grande e...
«Allons-y!» disse a gran voce, sollevandola di scatto.
Guardò verso l'alto, e permise alla sua cara vecchia amica di portarlo in posti lontani.
 
«Sono orgoglioso di essere tuo padre.»

 
Fine.

 
Note dell’autrice:

Ecco ci qui, siamo arrivati alla fine! Ebbene sì, ho concluso il mio primo crossover! Che gioiosa tristezza! XD  
Comunque sono molto soddisfatta di questa idea! u.u


Spiegazioni veloci:
-Matrimonio: La scena del matrimonio è uno estratto del libro di Acheron di Sherrilyn Kenyon.
- Nascita: Questo meraviglioso momento è stato preso dal libro Retribution 
di Sherrilyn Kenyon.

Allora non avendo molto da dire, passo direttamente ai ringraziamenti:
- Il primo in assoluto va a Thor, il mio amatissimo e fedele Labrador che mi ha aiutato a scrivere questa storia. In verità scrivere è stato complicato visto che volevi più giocare che fare altro, infatti spesso mi ritrovavo per terra in tua compagnia, ma quando ti addormentavi al mio fianco, io mi sentivo carica e piena di energia!
Mi manchi ma come vedi continuo a scrivere! :3
- Secondo ringraziamento va ai protagonisti. Anche se non siete di mia creazione, ci siete stati in un momento in cui il mondo sembrava fregarsene, quindi....grazie Dottore per i fantastici viaggi, le risate e i pianti, e grazie Ash per le lunghe letture e perdite di pazienza che ci siamo fatti. ;) 
- Terzo ma non meno importante, ringrazio di tutto cuore WolfLuna! Hai avuto la forza di leggere fino infondo, di seguire questa avventura, e di recensire i miei capitoli, cosa che ha reso questa autrice con un autostima quasi inesistente davvero felice, quindi grazie mille per tutto!  :)

 

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