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di Briseide12
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il principio ***
Capitolo 2: *** Cinema ***
Capitolo 3: *** Intanto ***
Capitolo 4: *** Parco ***
Capitolo 5: *** Auto ***
Capitolo 6: *** Centro commerciale ***
Capitolo 7: *** Piscina ***
Capitolo 8: *** A casa di D ***
Capitolo 9: *** Laurea ***
Capitolo 10: *** Addio ***



Capitolo 1
*** Il principio ***


Non so bene come funzioni, ma un giorno che tu sia consenziente o meno, guarderai una persona e te ne innamorerai, da quel momento da estraneo che conduceva una vita che non conoscevi, diviene per te : la tua vita. Quest’uomo o donna che sia, sarà da quel momento il motivo primario della gioia e della tristezza e come se si è protetti da un alone invisibile, quello che avviene all’esterno non ci tocca, per quanto grave possa essere.
Fu così che per cause sconosciute persino a me, mi ritrovai anche io nella densa melassa dell’amore. Sia chiaro la mia storia è soggettiva, ovvero quello che è accaduto a me non capiterà per forza a tutti/e.
Non sono mai stata un genio negli inizi, ma cercherò di regalarvi un inizio degno di questo nome.
Tutti attraversiamo un momento della nostra vita in cui ci sentiamo soli, non quella solitudine passeggera, ma la solitudine depressiva che ci fa sentire persi. Bene, mi ritrovai anche io in questa situazione e dato che non mi piace restare in balia della depressione né divorarmi vagonate di cioccolate, ho deciso per la peggiore delle ipotesi………mi sono iscritta ad un sito d’incontri.
I personaggi che si trovano in questi siti, rappresentano gli estremi della società ovvero o estremamente muscolosi e palestrati che cercano solo la botta e via di una notte, oppure i belli solo per la propria mamma (forse) che fanno foto con cuccioli per ottenere un mi piace. Oltre agli estremi però, capitano anche quei rari individui che come creature mitologiche pensi che non esistano e quando gli trovi ti abbondoni all’idea che ti crei di loro, durante le conversazioni in chat. Iniziai la conversazione in chat con questo individuo mitologico, sembrava una persona di altri tempi e piena di interessi, mi chiamava milady e si rivolgeva a me in stile dolce stilnovo.
Ero su quel sito da meno di tre giorni e comparve lui, D. riporto esattamente il nickname che aveva nel sito. D inizia la conversazione con un timido ciao e dopo i preamboli iniziali di una conversazione tra estranei mi chiede se avevo un account facebook. Dovete sapere che l’unica difesa in quei siti è chiedere se hanno un account facebook, perché questo gli identifica e ci permette di capire se siano reali, se hanno quell’aspetto che dicono di avere; ovviamente avere un discreto numero di foto e più di 100 amici rende la situazione più chiara.
Dopo il mio assenso alla fatidica domanda, ci scambiamo i contatti e D non si fa sentire per circa due giorni. Pensai che non gli ero piaciuta (anche se avevo le stesse foto del sito d’incontri), mi sentii con un altro ragazzo nel frattempo. La domenica ricomparve e con un “domenica noiosa?” ruppe il ghiaccio di due giorni. Iniziammo a parlare da gennaio e ogni conversazione era perfetta, ovvero una compatibilità che non crederesti neanche con il tuo gemello omozigote. A febbraio dato che non si decideva lui, dopo giornate a parlare di creare un partito politico immaginario, gli chiesi di vederci per andare insieme a vedere un film al cinema.
Accettò anche se era un po’ risentito che la prima mossa l’avessi fatta io (strani i ragazzi), comunque decisi che era carino anche questo pensiero.
Il primo appuntamento rende tutti nervosi, ma l’appuntamento con un ragazzo conosciuto in chat non ha pari in fatto di nervosismo.
In primis ti chiedi se si presenterà, se avrà l’aspetto che ha in foto e soprattutto se si riuscirà a creare la sintonia che si aveva dietro il sicuro schermo della chat.
Gli diedi appuntamento poco lontano da casa mia, all’ora stabilita mi avvertì con un messaggio WhatsApp. Tremavo un po’ e non riuscivo a calmarmi e ovviamente il freddo di febbraio non mi aiutava a fermare il tremore, vidi in lontananza una macchina scura segnalarmi con i fari la sua presenza. Dedussi che fosse lui anche se il riflesso sul parabrezza non mi permetteva di vedere l’identità del guidatore, cercai di stringere gli occhi più che potevo ma non riuscivo a vedere chiaramente il viso.
Una volta avvicinata lo vidi e dovendo essere sincera, era meglio in foto. Rimasi un po’ delusa, ma entrai in macchina e lo salutai; fui contenta almeno di sentire la stessa voce che avevo ascoltato diverse volte nei messaggi vocali.
Dato che il film iniziava alle 20:00 avevamo ancora un’ora, decisimo di andare a prendere qualcosa in un bar lungo la strada. Dopo essermi sorbita i diversi complimenti alternati alla preoccupazione del parcheggio di D, finalmente scesimo dal veicolo e mi resi conto di essere più alta di lui.
La prima sensazione che ho provato era disagio, il disagio che ti fa provare il sudore freddo; non era per il fatto che mi avesse mentito sull’altezza e né che fosse più basso di me, ma la sua frase per nulla scherzosa, ma seria che avrebbe dovuto portarsi le scarpe con il tacco interno. Io risi e lui mise il muso. Va bene penserete adesso che i segnali iniziali gli avevo, perché sono andata avanti in questa storia. Avrete una risposta se avrete la pazienza di sopportare i miei scritti.
 
 

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Capitolo 2
*** Cinema ***


Entrammo nel Bar il cui nome Shimany non reggeva il confronto con la piccolezza del luogo, aveva solo un tavolino e due sedie in plastica fredda.
Mi sedetti ordinai un tè e lui prese lo stesso, ci fissammo per un po’ ed io continuai a pensare che aveva la forma del viso strana. Mi guardò e cominciò a chiedermi dei miei piani per il futuro e di quello che avevo intenzione di fare dopo la laurea. Domande che ci eravamo già fatti in chat, ma accettai il compromesso di fingere che fossero nuove per rompere il ghiaccio.
Appena finito il tè bollente (ovvero dopo circa un’ora), ci alzammo e di fronte a me si parò l’eterno dilemma pago io o lascio che mi offra lui. Il pensiero si fece insistente dal momento in cui mi alzai dalla sedia fino a quando corsi affianco a D vicino alla cassa. Estrassi lesta il portafogli e lui mi fermò, pensai che un 1,50 € fosse una cifra ragionevole da farsi offrire e ringraziai semplicemente.
Finalmente uscimmo ed il freddo che prima era un ostacolo alla mia calma adesso mi rasserenava, ci avvicinammo all’auto ed aprii la portiera facendo attenzione ad entrare senza rovinare nulla (avevo notato una leggera ossessione da parte di D per quell’auto). Intanto D rimase fuori a guardare l’auto con estrema precisione, come se volesse osservare se il freddo avesse spostato la vernice dell’auto.
Dopo 5 minuti contati entrò in auto ed al mio tutto ok, rispose si certo dovevo controllare l’auto ed io sorrisi non sapendo che dire.
Il cinema che dire, per fortuna aveva parcheggi di tutti i gusti e non dovetti sorbirmi ennesime lamentele riguardo a quel particolare. Ci avviammo al botteghino e lì non avevo problemi, avevo fatto il biglietto prima per evitare l’ennesimo interrogativo.
Glielo mostrai e lui guardandomi offeso, affermò che avrebbe dovuto comprarmelo lui. Io lo interpretai come orgoglio maschile deluso e gli sorrisi colpevole.
Il film mi trasmise la gioia che cercavo, ogni tanto vedevo con la coda dell’occhio che mi osservava e trovai la cosa molto dolce e mi aspettavo la classica “mossa”, una mano intorno alla spalla, una carezza, un qualcosa….ma nulla.
Ero un po’ delusa e nel cinema c’era un odore che non mi piaceva, ero un po’ sconsolata. Decisi di rendere questa giornata un po’ più adrenalinica, ho un piccolo vizio se vedo un posto abbandonato aperto voglio vedere cosa c’è dentro. Sulla base del mio vizio durante la camminata alla fine del cinema, entrai seguita da lui in un luogo antico di mia conoscenza, una casa ottocentesca; solitamente aveva il catenaccio al cancello, ma quel giorno era aperto e quindi entrai.
So che era un atteggiamento un po’ da pazzoide, infatti D mi gridava dietro pazza pazza continuamente, mentre salivo i gradini resi scivolosi dal guano. Diedi un’occhiata veloce e mi diressi all’uscita che era sbarrata da D, che mi disse solo se ero consapevole di quanto fossi pazza. Mentre lo diceva sentii di nuovo quell’odore raccapricciante che avevo sentito nel cinema.
Ignorai la cosa e mi avviai di nuovo dove era legittimo camminare. D era impaziente di sapere dove avremmo cenato dato che lui era nuovo della mia città, lo portai in una pizzeria che conoscevo. Ci trovammo nuovamente seduti a fissarci e quando arrivò la pizza sospirai di sollievo, scartai la crosta bruciacchiata e mangiai di gusto. D si mise a ridere e accarezzandomi una guancia, mi fece comprendere che il cameriere avrebbe avuto da ridire del mio scartare la crosta. Io risi (pensavo che fosse una battuta), lui prese la crosta e la divorò facendola scomparire dal mio piatto.
Ignorai anche questo commento, era arrivato il momento conclusivo della giornata. Mi parlò di nuovo di sé come in chat e cominciò a cantare una canzone alla radio , mi stava riaccompagnando a casa e prima di scendere mi disse che per lui la distanza non era un problema ed io asserii dicendo che lo stesso era per me.
Ad un certo punto assunse l’espressione pesce lesso e si fiondò a bocca aperta sulle mie povere labbra e mi bacia con un bacio salivoso e terribilmente bavoso, concludendo non contento delle mie labbra con il mio piccolo naso. Io sono inorridita sia per il bacio sia per aver capito finalmente l’origine di quel cattivo odore, era lui.
Vado a casa con la ferma intenzione di non vederlo mai più. Ovviamente come voi sapete  non fu così, lo rividi  purtroppo.
 
 

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Capitolo 3
*** Intanto ***


Ritornata a casa , mi preparai per dormire e mi ritrovai come spesso capita a riflettere sulla serata e nel mentre, non riuscivo a liberarmi di quell’odore insopportabile. Mi rigirai ripetutamente nelle coperte del mio letto e mentre mi comparivano vorticose le immagini di quell’appuntamento, capii una cosa…..la fonte di quell’odore fastidioso ero io.
Mi ricordai con enorme vergogna che avevo fatto la tintura ai capelli due giorni prima e dato che i miei capelli hanno l’abilità di assorbire qualsiasi odore sia buono che cattivo, si erano impregnati dell’odore di tintura.
Nonostante questa scoperta non indifferente mi resi conto che non avevo comunque voglia di rivederlo e dato che la chiarezza è essenziale nella vita, glielo dissi.
Lui mi mandò diversi messaggi vocali strazianti che mi fecero sentire una terribile persona e in più dopo essermi scusata e cercato di limitare i danni, disse la frase che non avrei potuto evitare neanche con una mossa alla matrix ovvero “Rimaniamo almeno amici non voglio rinunciare almeno a sentirti in chat, fingiamo che non ci siamo mai visti…ti prego”.
 
Bene , così fecimo. Non era il conversare, ma il modo in cui ogni cosa che accadeva voleva essere condivisa con il proprio “amico” in chat, che mi spinsero piano piano a modificare i ricordi della serata passata con lui, fino a smussare e rendere perfino amabili i piccoli i gesti che avevo considerato prima insopportabili.
D era abile con le parole e sapeva bene come utilizzarle una delle tante sere in cui ci scambiavamo messaggi, aveva avuto l’idea di comunicare con me anche tramite Skype fingendo di essere un alter ego (ovvero un anti se stesso) ed io come un’idiota mi divertivo.
 
Sfruttando l’immagine dell’alter ego che aveva creato mi aveva piano piano coinvolta nella sua rete, tanto che cominciai a guardare le sue foto e lo vedevo bello…stavo incominciando a idealizzarlo.
D era anche molto attento ai miei cambiamenti, nel tono della voce o semplicemente nel modo di scrivere e sapeva quando ero triste o semplicemente annoiata, allora faceva in modo di mandarmi qualcosa di carino ad esempio un fotomontaggio di noi due al posto dei personaggi di Katniss e Peeta, nel quale diceva di vedere noi due ,o una poesia dedicata a me.

Questi gesti carini insieme ad una vera e propria dichiarazione d’amore mi fecero ricapitolare e decisi a distanza di un mese dal primo appuntamento di accettare di rivederlo. Oltretutto pensai che l’odore, l’unica pecca che la mia mente piena di nuvolette rosa ricordava, risultava essere colpa mia.
 
Decisimo di incontrarci di giorno, in un parco. Era domenica mattina ed il giorno dopo avrei dovuto affrontare un esame all’università, ero un po’ nervosa. Questa volta sapeva dove abitavo e insistette di volermi prendere sotto casa, lo vidi da lontano e non lo vedevo più né basso né brutto (ero drogata? No,peggio……ero innamorata). Mi venne incontro con una rosa rossa, cosa inusuale per me e trovai quel gesto molto romantico. Mi diede la rosa si avvicinò e mi salutò con il tipico scontro mascellare che si usa tra amici (apprezzai anche questo), dopo questa lunga serie infinita di apprezzamenti mentali, D parlò e rovinò in parte la mia idealizzazione mentale; elencò le incredibili gesta che gli avevano permesso di comprare quella rosa , disse che si era dovuto addirittura allontanare da sua madre dicendo che aveva delle commissioni da fare ed invece era per prendere quella straordinaria rosa a me.
 
Avevo apprezzato tanto il gesto e glielo avevo anche comunicato regalandoli un bacio sulla guancia anche se non amo le rose rosse, ma l’aggiunta della descrizione dell’impresa la trovai eccessiva…cioè era pur sempre una sola rosa e lui era un mio coetaneo, un universitario non un ragazzino delle medie.
Ci fu un secondo in cui la mia mente comprese che era esagerato, ma poi quella droga che si chiama amore agiì e ritornai a nuvolette rosa.
Salii in macchina con lui ed in meno di 5 minuti ci ritrovammo al parco, D era nervoso in un modo che credo solo Bruce prima di trasformarsi in Hulk poteva essere, ma pensai che d’altronde fosse normale dato che voleva conquistare una ragazza che all’inizio lo aveva rifiutato.
 

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Capitolo 4
*** Parco ***


Scesi dalla macchina, dopo aver cercato di non schiacciare la rosa, durante il breve tragitto. Mi guardai intorno e osservai quel parco, così spesso percorso quando ero sola e mi resi conto come uno stesso luogo può apparire sempre diverso. Questa volta con me c’era D e mi sembrava di fare più caso alle piccole cose, il canto degli uccellini, la luce del sole, il vento; mi sembrava di osservare ogni cosa con occhi nuovi, completamente in pace con me stessa.
D camminava affianco a me agitato e notai anche qualche gocciolina di sudore sulla fronte, nonostante fossimo in pieno inverno. Ad un certo punto, durante la marcia si gira mi guarda e mi dà un bacio a stampo, io rimango un po’ sorpresa e m’infastidisce un po’ la cosa.
Nonostante tutto sorrisi incerta e sentii lui dirmi che voleva provare (eh bè giusto, proviamo a fare scontro muso muso ! ), sorrisi di nuovo e cercai di parlare un po’ giusto per sbloccarci.
Tutto quello che mi raccontava, mi portava ad aggiornare il quadro che mi ero fatta di lui. L’avevo dipinto come una persona timida e priva di senso d’orgoglio, ovvero avevo creato un nuovo D che viveva nella mia testa e si sovrapponeva a quello che mi camminava realmente affianco.
In realtà vedevo un’immagine distorta della realtà, ma all’epoca credevo di aver trovato il Graal.
Ci fermammo ad una panchina e ci sedemmo, guardai un po’ il panorama e mi resi conto che era più bello (ero nella fase visione raggiante), lo guardai e non so perché lo baciai.
Questa volta controllai il bacio e scoprii che anche lui era capace di baciare come si deve, quindi dedussi che il primo bacio era stato orribile solo per l’agitazione.
Sono una persona passionale e quindi nonostante avevo un piano per portarlo in giro per la mia città, optai per il mare (si va bene…volevo pomiciare).
 
Ero del tutto invaghita, ci salutammo con calore.
Ormai pensavo sempre a lui.                                                                                     
Il giorno dopo feci l’esame con tranquillità e ricevetti il suo messaggio con un riassunto della nostra giornata del giorno prima (non credetevi chissà cosa, era giorno e dopo tutto ci conoscevamo da poco e sono una tipa all’antica). Quindi trovai carino il riassunto anche se un po’ pretenzioso. Il giorno seguente mi trovavo all’università e mi chiese tramite chat di diventare la sua principessa (lo so, era una cavolata, ma mi sciolsi comunque). Era la festa della donna e decidemmo di vederci per festeggiare il nostro essere insieme, mi portò dei fiori per l’occasione e ci recammo vicino al porto. Ricordo che era una giornata ventosa e i capelli che mi volavano davanti al viso mi impedivano di vedere con chiarezza e di fare delle foto decenti, i miei capelli aggredivano il viso di D e lui fingeva che gli piacesse.
Durante il momento dell’aperitivo, il luogo addobbato per la festa della donna e gli sguardi che s’incontravano senza sosta. Ci guardavamo per ore come piccioncini e nel tentativo di camminare rischiavamo continuamente di cadere , sospesi nell’eccitazione del momento.
Ricordo quel giorno ancora, come uno dei pochi in cui ero totalmente felice senza alcun dubbio.
Ritornai a casa felice come non mai, il tipo di felicità che non si contiene ed emerge come solarità nei tratti del viso.
Il  giorno dopo decisi di andare io da lui, presi il treno e mi recai nella sua città.
Bene, procedeva tutto alla grande e neanche una nuvola compariva nella mia mente ormai infessalita (passatemi il termine ahah!). Mi portò allo stadio, lui faceva il portiere della squadra che doveva giocare, all’ingresso lo fermarono, non l’avevano riconosciuto (figura di m…a); comunque riuscimmo ad entrare lo stesso. Un bambino di circa 7 anni ci guardava da lontano ed io gli sorrisi, ma lui continuava a fissare serio ed imperterrito il mio ragazzo, ci avvicinammo al bambino e D lo salutò. Il bambino si rifiutò di guardarlo e gli rifilò un calcio correndo via…..
Gli chiesi subito, cos’era successo e lui mi disse che era un bambino pazzo e che solitamente il bambino gli dava baci sul collo. Bene queste parole per me erano strane, avevo un dubbio.
Mentre la serata scorreva e il ricordo del bambino si allontanava, comparve un altro fatto strano. Passiamo vicino al cinema della sua città e guarda il poster di un film ad un certo punto felice si gira e mi dice che l’attrice di quel film locale era la sua compagna delle medie. Fin lì nessun problema se non fosse che il film era un genere hard, oltretutto strano. La trama in breve , (dato che lui insisteva per farmi vedere il trailer) consisteva in una ragazza che veniva violentata più volte da uomini diversi e poi decide di diventare lesbica.
Era, in parole molto semplici, un film di m…a, letteralmente. Glielo faccio notare e lui triste mi dice che voleva vederlo con me. Io gli dissi che se proprio ci teneva poteva vederlo con i suoi amici, ma io non volevo averci nulla a che fare.
Dopo questo accaduto durato all’incirca 5 ore, mi dice che scherzava. (uno scherzo divertente….. rido ancora adesso.)
 
 
 

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Capitolo 5
*** Auto ***


 Ritornai nuovamente nella sua città, volevo venirli incontro con i diversi spostamenti che altrimenti avrebbe dovuto fare e nonostante io mi alzassi alle 6 del mattino e fossi continuamente affaticata dal tirocinio universitario iniziato da poco, decisi di recarmi alla stazione del suo paese.
Mi venne a prendere alla stazione, ricordandomi quanto difficile fosse stato per lui arrivare in tempo (bè 5 minuti , sono sempre 5 minuti della propria vita !!).
Appena entrata nella sua macchina cominciammo ad ascoltare un gruppo che piaceva molto a D , preso dalla foga del momento comincia a cantare a squarciagola scatenando la mia risata senza sosta.
Continua così giocando un po’ a storpiare le note della canzone e ad un tratto percorrendo una strada in discesa, sentiamo un rumore sordo.
Attimi per comprendere che la macchina di D non aveva più uno specchietto, perso scontrandosi con quello di una macchina parcheggiata, il cui stato era penoso (era esploso letteralmente).
D è nel panico, comincia ad accelerare e trova un vicolo dove nascondere la macchina.
Comprendo l’attimo di paura ed appena lo vedo un po’ più rilassato, gli dico che dobbiamo tornare indietro, non possiamo scappare dal problema. D mi guarda con espressione vuota e mi dice che suo padre l’avrebbe ucciso e che lui non sa come fare. Dato che avevo notato che lo specchietto della “nostra” macchina era rimasto per terra in mezzo la strada, glielo dissi e lui con la speranza negli occhi mi disse di andare a piedi sul luogo e di recuperarlo facendo finta di niente.
Mentre camminiamo cerco di dirgli che dobbiamo aspettare l’altro conducente dell’auto parcheggiata, perché altrimenti saremo stati dei codardi.
D mi prende le mani e mi urla che lui non ha soldi per pagare quell’uomo. Dato che non sono una persona che si lascia prendere dalla rabbia, cerco di rasserenare gli animi. Lui abbassa il tono di voce e mi dice che non ha neanche l’assicurazione alla macchina, mi prega di stare zitta e di non rovinargli la vita ed io dato che ero innamorata di lui, ingoio il rospo e continuo a camminare.
Ci ritroviamo sul luogo dell’incidente, D si nasconde dietro una colonna e mi guarda fissamente dicendomi con serietà che devo andare io da sola a prendere il resto del suo specchietto dalla strada, perché nel paese potevano riconoscerlo e dato che io non ero del posto, nessuno mi avrebbe fatto domande.
Inarco le sopracciglia in segno di incredulità di quello che mi stava chiedendo, cerco di fare respiri profondi e di vederla dalla sua prospettiva, ma nonostante i miei sforzi vedo una persona che mi sta usando come scudo per i suoi problemi.
Non ci crederete, ma come una demente matricolata andai io, lui dietro la colonna a spiarmi ed io a cercare di sembrare naturale, mentre cercavo di recuperare la struttura in plastica dello specchietto e più lestamente che potevo misi quella cosa, nella mia borsetta. Fui fortunata non c’era nessuno, neanche il proprietario dell’auto parcheggiata, solo il meccanico di fronte che aveva gustato la scena dell’incidente, mi guardava con sorriso beffardo.
Mi sentii di aver fatto qualcosa che non dovevo e riportai lo specchietto a D, lui mi ringraziò con un bacio, ma io non riuscii a trovare lo stato di tranquillità che mi contraddistingue.
Ritornammo in auto con D che continuava a dire che Sabato di m…a , si è rovinata la giornata e bla bla ( risparmio almeno voi da queste inutili chiacchere).
Tutto il tempo restai zitta. In auto andammo veloci perché D disse che in paese avrebbero sparso la voce in fretta e lui aveva la macchina danneggiata, quindi avrebbero collegato direttamente alla sua persona.
Quindi amici miei , ci dirigemmo in una strada di campagna dove passammo ben 5 ore, non pensate per cose divertenti o romantiche…nulla di tutto ciò.
Passai un meraviglioso sabato sera a sentire le lamentele di D e dopo 2 ore di sopportazione gli dissi che alla fine era solo uno specchietto, poteva andare peggio.
Non l’avessi mai detto , mi disse che non lo capivo e che non sapevo come era suo padre che era un pazzo e bla bla .
Finalmente chiama sua madre e gli dice cosa è accaduto e dato che mette in vivavoce, sento una persona calma e ragionevole che chiede prima se qualcuno si è fatto male e dopo, quando sente dello specchietto lo rassicura dicendo che sarebbero andati lunedì in concessionaria a sistemare il tutto.
Quando durante la chiamata D aggiunge che lo avevo recuperato io , la signora s’informa di come stavo ed aggiunge che doveva prenderlo lui e non doveva far rischiare la sua ragazza di prendersi la responsabilità che era sua.
In quel momento pensai che avrei dovuto fidanzarmi con la madre, almeno la pensavamo allo stesso modo.
Chiusa la chiamata con la madre, lo chiama il padre e lì non mette il vivavoce, ma le urla del padre si sentono dal telefono comunque.
Non esagerando, furono 65 minuti di urla continue senza sosta, finché il signore in questione non cominciò a riflettere e chiuse la chiamata.
A quel punto D , butta il telefono dietro con rabbia e finalmente sta zitto. Triste, ma zitto.
Ero dispiaciuta per lui e lo abbracciai semplicemente, gli diedi qualche bacino e finalmente dopo 5 ore di estenuante tortura, ritornò un po’ sereno.
Mi chiese scusa ed io lo perdonai, stupidamente pensai che la bestia era il padre e che lui era un cucciolino indifeso.
In quel momento compresi che era una persona che aveva bisogno di serenità e pensai di averne abbastanza per contagiarlo. All’inizio funzionò, ma la vita è una sequela di problemi piccoli , grandi , futili e importanti ; tutto sta nell’affrontarla, cercando di essere calmi e obiettivi ed io ero forte solo per me stessa, non per entrambi.
A quel tempo invece, gli ormoni dell’amore e la gioia che avevo, mi fecero pensare che forse ce la potevo fare per noi due.
 
 
 
 
 

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Capitolo 6
*** Centro commerciale ***


Arrivò l’estate ed io e D eravamo insieme da 5 mesi ormai.
Vi erano stati diversi altri episodi di intolleranza di D , sia verso bambini che giocavano per strada, sia riguardo al suo argomento preferito ,ovvero, il parcheggio e lo stato della sua preziosa macchina.
In una delle mattinate estive ci ritrovammo al centro commerciale della mia città, dato che si avvicinava il suo compleanno, volevo vedere cosa gli piaceva realmente.
Arrivammo al parcheggio, ci fermammo e come da abitudine ci baciammo finchè non compariva qualcuno ad interromperci ( e credetemi se vi dico che accadeva frequentemente, c’era sempre o la vecchietta o la famigliola di turno che anche nel luogo più sperduto ,se noi ci baciavamo, comparivano a farci compagnia).
Entrammo nel centro commerciale abbracciati, ogni tanto ci rubavamo qualche bacio e ci guardavamo intorno.
La meta solita di questi giri era il negozio di video games, dato che piaceva anche a me, non era una meta che mi dispiacesse. Osservai con attenzione e notai il suo sguardo ammirato verso un videogioco, lo lasciò un po’ triste ed io memorizzai il nome per fare il regalo perfetto.
La giornata era abbastanza tranquilla e ricca di effusioni, proprio le effusioni ci ricordarono di acquistare le protezioni, per approfondire il nostro scambio affettuoso in modo più intimo e sicuro.
A questo punto emerse di nuovo il suo lato “strano”, dopo l’acquisto fatto mi guarda e mi chiede se prendevo la pillola.
Io pensai che era una domanda legittima e gli dissi che non la prendevo, perché sconsigliata dal mio medico, data l’allergia al principio attivo del farmaco e gli dissi che era carino a preoccuparsi, al fine di essere totalmente sicuri.
Bene, lui mi guarda fissamente e con un cipiglio arrabbiato mi dice che lui non doveva spendere i soldi per i preservativi e che lo facevamo molto spesso.
Ero totalmente incredula di quello che stavo sentendo, scambiò il mio silenzio per senso di colpevolezza e continuò affermando che non potevamo andare avanti così.
Io sempre comprensiva ( idiota è il termine più giusto) gli chiesi se aveva dei problemi economici e lui con scherno mi disse che lo pagavano per fare il portiere, ma grazie a me non poteva più fare le scommesse con gli amici.
Finalmente mi svegliai un po’, non sono un tipo che urla o alza le mani o questo genere di villanate, lo guardai (anzi lo folgorai ) e gli dissi solo addio.
Mi chiamò per giorni, il cellulare non faceva che squillare, si presentò sotto casa mia e mi disse che non avevo capito cosa voleva realmente dire. Oltretutto la chicca che aggiunse fu unica, disse testuali parole “come ragazza non mi costi tanto”; ero basita e decisi di lasciarlo.
Ritornò il giorno dopo con dei cioccolatini e mi disse che in realtà era colpa della sua famiglia che era una m…a, il suo stress era dovuto a diverse situazioni difficili e che io ero l’unica sua luce e bla bla bla.
Ci ricascai, alcuni di voi stanno urlando noooooooo, avete ragione.
Ritornammo allegramente insieme anche se più di qualcosa si era rotto (anche le parti basse che non ho ) e volevo che il suo compleanno fosse meraviglioso.
Il giorno del suo compleanno corrispondeva al nostro mesiversario e quindi pensavo al modo di organizzare qualcosa di bellissimo.
Innanzitutto gli comprai il videogames che voleva, versione originale e una penna usb dei minions (si andava pazzo per i minions, io li odiavo), poi gli scrissi un bigliettino carino e prenotai ad un ristorantino della sua città.
La mattina del suo compleanno era l’ultimo giorno utile per consegnare la mia tesi di laurea e rimanemmo che avrei consegnato il tutto e appena finito sarei andata da lui che mi avrebbe aspettato alla stazione.
Mentre attendo alla fila della segreteria per esplicare le formalità dovute, ricevo il suo messaggio di risposta al mio di auguri; lo leggo felice fino a che arrivo a metà del messaggio che diceva “amore il mio amico può festeggiare solo adesso, quindi sto festeggiando prima; so che non puoi esserci, ma ci vediamo di sera non preoccuparti”.
Mi sarei considerata solo sfortunata se non gli avessi detto del ristorante, ma dato che glielo avevo detto ieri sera dicendo che era il mio regalo per lui, mi considerai ferita che avesse scelto il suo amico ad un pranzo organizzato il giorno prima con me.
Decisi di non farglielo pesare, era il suo compleanno e se non voleva pranzare con me, andava comunque bene (avrei risparmiato soldi almeno).
Dopo tre ore di fila, compilate le dovute carte e consegnata la tesi per la mia seduta di laurea; presi il treno per tornare a casa, mi lavai e mi preparai e corsi di nuovo in stazione per andare da lui.
Arrivai alla stazione e c’era lui ad accogliermi (almeno non aveva fatto tardi), lo baciai e gli consegnai il pacchetto sorridendo.
Lui mi guardò sorpreso e mi accompagnò in macchina, cercammo un posto carino dove sederci ad aprire il pacchetto e parlare un po’.
Aprii il pacchetto ed era felice dei regali (non per vanto, ma i regali sono il mio asso nella manica), poi mi disse “così ti fai perdonare per non esserci stata da stamattina, la tesi poteva aspettare”.
Mi alterai in modo contenuto e ripetendogli che la scadenza era oggi e che non potevo fare altrimenti, senza rinfacciarli che aveva mandato a monte il nostro pranzo.
Mi baciò all’improvviso e mi disse che mi stava prendendo in giro, poi prendendomi la mano mi disse che per il nostro sesto mese saremmo andati in piscina, il giorno dopo.
 
 
 

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Capitolo 7
*** Piscina ***


Aspettai con il prendisole e il costume, il treno per andare da D, ero imbarazzata di trovarmi lì vestita a quel modo, ma dato che dovevamo subito recarci in piscina e che lì non so come non esistevano camerini, mi ero dovuta preparare da casa (non voglio enumerare il numero di pervertiti che s’incontrano alla stazione alle ore 8:00 del mattino).
Finalmente dopo un viaggio in treno sudato (non funzionava l’aria condizionata), arrivai al paese di D, era già lì ad attendermi al binario.
Salimmo in macchina e stavamo per partire, quando una coppia di turisti ci chiede se potevamo accompagnarli al centro città. So che potrà sembrare cattivo da parte mia, ma mi trasmettevano una cattiva sensazione, ma D che voleva farsi bello ai miei occhi (come disse lui, appena lasciati i passeggeri) decise di offrirli il passaggio in auto.
La coppia parlava continuamente ed io avevo mal di testa, mi ero alzata presto per diversi mesi ed ero un po’ stressata per la presentazione di tesi. Fatto sta che dopo 20 minuti che per me erano stati lunghissimi, scesero. D mi chiese se era stato bravo ecc ecc, ma io m’incazzai.. vi spiego il motivo: ci sono diversi treni che passano tra la mia città ed il paese di D e lui aveva insistito che io prendessi il primo treno delle 8:00 , perché non voleva perdere tempo e voleva andare subito in piscina; io mi alzavo alle 6 tutti i giorni e andavo a dormire alle 2:00 per uscire con lui e finire la presentazione di tesi. Quindi gli dissi che volevo prendere il treno delle 9:00 semplicemente per dormire un po’, almeno il sabato dato che ero esausta, oppure se poteva passare lui da me ed andare in piscina il pomeriggio; D mi disse che non potevamo fare tardi ecc ecc, bene dopo il passaggio ai turisti avevamo deviato dal “percorso” ed arrivammo alle 11:00. Conclusi il “litigio” dicendo che ero esausta ed avevo bisogno di riposo e lui mi sorprese prendendo dalla tasca delle chiavi.
Le chiavi erano della casa in campagna della zia, situata affianco alla piscina.
Mi incazzai interiormente questa volta….so che voleva farmi una sorpresa, ma sapeva che avrei preferito mettermi il costume in piscina invece di viaggiare in treno , poteva mentire dicendomi che c’erano i camerini e poi mostrarmi casa di sua zia; comunque ingoiai il rospo.
Lasciammo i borsoni a casa della zia e finalmente ci trovammo in piscina, abitualmente frequentata da D durante le vacanze, a detta sua….fatto sta che ci presentiamo nel luogo e i titolari non avevano nessuna prenotazione a suo nome e quindi ci siamo accontentati dei posti rimasti (due meravigliose sdraio con un palo in mezzo che le divideva ).
Non dissi nulla e gli sorrisi comunque (dopotutto lo amavo), mi rilassai sulla sdraio ed osservai i bagnanti e guarda un po’ avevano tutti la cuffia…..la prima cosa che chiesi a D e se dovevamo portarci la cuffia e lui a dirmi che non serviva era una piscina ad impresa familiare e bla bla….bene serviva la cuffia invece.
Per fortuna ci diedero le cuffie in dotazione, meravigliose finte cuffie in pezza con gli stessi disegni dei tendoni da circo, ma lo trovai comunque esilarante, quando vidi D indossarle.
Entrammo in acqua e nuotammo un po’, dirigendoci al centro vasca dove c’era una sorta di costruzione circolare, D si appoggia al bordo di questa struttura per darmi un bacio e….la mattonella della struttura cade sotto il semplice peso della sua mano e quindi passiamo il tempo a ripescare la mattonella e metterla a posto.
Esausta mi dirigo alla vasca idromassaggio e mi rilasso lì con lui, nel frattempo compare alle nostre spalle un conoscente di D (durante la giornata, appaiono tutti i conoscenti di D…scoprii in seguito che tutti quelli del suo paese volevano vedermi e lui gli aveva detto di venire in piscina), che gli cominciò a parlare di sport e a porgere i suoi auguri per il compleanno , fin qui tutto normale, dopo il tizio chiede come aveva passato il compleanno e D comincia a raccontate aggiungendo con ammiccamento che la sera l’aveva passata con me. Lì mi sento trattata da oggetto e fingendo che m’infastidisse il sole, mi reco dall’altra parte del bordo piscina e aspetto che finisse di vantarsi della sua serata di compleanno. Quando viene da me, mi dice che lui non mi vede come un oggetto e che mi ama (intanto però le sue parole non coincidevano ai fatti, oltretutto non mi aveva neanche presentato a quel tizio come la sua ragazza).
I primi mesi che stavamo insieme, mi presentava a chiunque anche se solo lo salutavano di sfuggita, invece gli ultimi mesi poteva anche parlare ore con una persona, ma io rimanevo accanto a lui a fissare il vuoto perché m’ignorava e non mi presentava.
Glielo dissi e lui mi disse che i suoi amici ci avrebbero provato con me se mi conoscevano (un motivo bomba! Degno dei bambini dell’asilo). Quando uscii dalla piscina e mi diressi alla sdraio, un gruppo di uomini mi fissava e D corse da loro e li salutò, tra quelli vi era il proprietario del luogo. D scappò avanti ed io rimasi nel mezzo non sapevo se avvicinarmi o se andarmene, aspettai un po’ pensando che avrebbe salutato e sarebbe tornato presto, mentre invece continuò a restare lì oltretutto prolungando lui il discorso. Allora dopo 5 minuti che quelle “persone” bavose mi fissavano, me ne andai alla mia sdraio e feci un cruciverba. Agii bene perché D tornò dopo un’ora, tutto felice di non so cosa, glielo chiesi e lui disse che gli avevano detto che aveva una ragazza che si scoperebbero tutti.
Dopo queste parole colme di romanticismo, m’infuriai dicendogli che non ero il suo giocattolo e che mi ero stancata di quel luogo e di quelle persone che sembrava che stessero lì per vedere me (scoprii dopo che erano lì a posta) e gli dissi che volevo andarmene. Eravamo arrivati alle 12 e ce ne andammo alle 17 , D cercò di recuperare dicendomi che si era reso conto di essere stato un idiota e che non voleva ferirmi. Io mi stavo rivestendo vicino alla sdraio e con uno sguardo meno severo gli dissi di andare e mi scappò un sorriso bonario (ero drogata d’amore).
Ci avviammo all’uscita e lui pagò per entrambi, insistette su questo perlomeno, mentre pagava c’era il tizio proprietario del luogo che gli chiese dei genitori e D rispose che andava tutto bene e poi attaccò bottone di nuovo, il tizio mi volle offrire un succo di frutta, ma io rifiutai volevo solo andarmene. Bene, D lo guardò e disse che voleva lui il succo, io ero un po’ stupita come il tizio del resto, ma D ebbe comunque il suo succo e poi finalmente uscimmo da quel piccolo luogo odioso.
D mi spiegò dopo che dato che il tizio non aveva voluto fargli neanche uno sconto sul prezzo, aveva preteso il succo per avere almeno qualcosa gratis, io gli dissi ok (ma intendiamoci non me ne fregava più di tanto).
Andammo insieme a comprare una margherita maxi e delle crocchette di patate che gustammo all’ombra degli alberi di casa di sua zia, fu piacevole.. la serata era tiepida e le stelle in campagna si vedevano chiaramente. D fu di nuovo romantico ed io mi lasciai coinvolgere dal suo romanticismo e così finimmo sul divano. Fece il romantico per tutto il resto della serata anche se non finiva di prendermi in giro per il numero di volte che andavo a bere l’acqua (facevo avanti ed indietro continuamente, sarà che in quella casa piena di santini e lumini si creava un’atmosfera afosa).
Ci coccolammo un po’ e poi sistemammo le cose, dovevo tornare a casa. Arrivai a casa stanca, ma contenta dell’ultima parte della giornata ed il mio sentimento di amore mi fece cancellare il resto o se non lo cancellava, me lo faceva apparire innocuo e privo di cattiveria.
 
 

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Capitolo 8
*** A casa di D ***


Ritornai a casa con un’amnesia parziale delle situazioni che mi avevano infastidita in piscina, ma dopotutto l’amaro rimaneva e il senso di dover presto ammettere di aver compiuto un errore nella scelta della persona d’amare, cominciò ad emergere in me.
Al mattino ero felice, avevo dormito diverse ore, era domenica….santa adorata e profumata domenica. Trotterellavo per casa, allegra, avevo finito la tesi e la seduta di laurea era a pochissimi giorni di distanza. Fremevo come l’acqua in ebollizione. Il mio cellulare vibrò, sapevo che era il saluto mattutino di D, lo ignorai…volevo avere quella preziosa mattina per me. Mi vestii e respirando l’aria estiva, feci una deliziosa passeggiata al parco con il mio cane e mentre camminavo tra cespugli di rosmarino e foglie di alloro, rivolgevo lo sguardo verso l’alto e ammiravo il cielo nel suo azzurro vivace. Ero rilassata e perfettamente riposata e decisi di rispondere al messaggio di D, era molto più lungo del solito e mi informava che ci saremmo visti anche questo pomeriggio. Cominciò a sorgere quello strano tarlo di ragionevolezza che si faceva spazio nel melmoso cieco amore che mi avvolgeva…..desideravo non vederlo.
Repressi il pensiero sentendomi colpevole e gli risposi che ne sarei stata felice.
Il pomeriggio arrivò più presto di quello che credevo e mi ritrovai in macchina con D, arrivammo al suo paese e attraversando diverse stradine, mai percorse prima ,si fermò sotto il portone di casa sua. Questa volta era diversa dalle altre, non si guardava intorno temendo che lo potesse vedere qualcuno, ma era su di giri e finalmente senza mezze parole, mi disse che aveva casa libera per tutta la giornata. Bene la ragionevolezza che si stava risvegliando fu respinta con un calcio, dalla prospettiva di passare una giornata con lui, da soli…..(ero tornata nella fase di tardismo amoroso, perdonatemi ).
La sua casa era al terzo piano, non aveva ascensore e salimmo a piedi, non sarebbe stato un problema se non fosse che la palazzina era abitata da diversi parenti di D e quindi le facemmo di corsa; varcai l’ingresso con un fiatone simile al barrito di un elefante. Mi accasciai sul primo divano utile e D velocemente m’impedii di sedermi. Lo guardai stranita, non ero sporca né sudata né nessun’altra situazione che m’impedisse di poter beatamente poggiare il mio sederino su quel dannato divano. Lui mi disse che era il posto di suo padre e che non poteva essere sciupato, perché il padre lo avrebbe notato. Bene, lo fissai per diversi minuti senza emettere neanche un suono e sussurrai un va bene; mi spostò una sedia della cucina e finalmente potetti sedermi e mi portò un succo di frutta (un gesto gentile che mi fece notare, mentre lo compiva, che classe..).
Sicuramente starete pensando che sono una masochista o roba simile, ma in realtà vivevo nel mondo ovattato dell’amore cieco e pazzoide; andammo nella sua stanza ed entrammo in intimità, durante l’atto amoroso ci fu un eccesso di passione (più precisamente…D aveva voglia di saltare sul letto), sentimmo un meraviglioso crac ed il piccolo letto ad una piazza della sua cameretta, cedette all’impeto della passione.
Dovete sapere che sono una persona abbastanza gioviale e vedo la comicità un po’ in tutto e anche in questo caso, nonostante l’imbarazzo, scoppiai a ridere. D non rise con me. Mi fissò con odio e cominciò a ripetere per 7 volte di fila “che figura di m…a” e smisi di ridere all’istante ed iniziò l’ingigantimento della situazione, mi disse “Che c…o avevi da ridere”…….e come se non bastasse concluse con “adesso mio padre dirà chi c…o porti a casa”. Non sono un tipo litigioso e non riesco ad entrare in conflitto, quindi posi le braccia conserte e me ne andai da quella stanza e mi sdraiai sul famoso divano intoccabile del padre. Riflettei un bel po’, mentre D continuava a bestemmiare…. dopo 37 minuti di bestemmie, mi cercò e mi chiese di perdonarlo. Io non gli parlai, lo soppesai per un po’ e con estrema difficoltà cercai di allontanare l’umiliazione in cui mi sentivo avvolta. Mi alzai e gli dissi come potevamo risolvere il “problema” rete del letto, dato che si era solo piegata bisognava fare una pressione dalla parte opposta per raddrizzarla e dato che non era capace ad usare un martello, la aggiustai io.
Mi cinse tra le sue braccia per ringraziarmi, ma non ricambiai e dissi soltanto che volevo tornare a casa.
Svegliarsi dall’amore è come essere colpiti dall’onda d’urto di un esplosivo, ti rende per qualche tempo sordo e spaesato e comprendi che qualcosa si è distrutto. Non pronunciai neanche una parola, nonostante lui cercasse di ripristinare ogni cosa, ma ormai vedevo. Ero triste, ma consapevole……il problema era che non lo ero ancora abbastanza. Si fermò vicino casa mia e mi baciò senza che lo volessi e la scintilla che pensavo di aver sepolto, risplendette di nuovo (dannata scintilla ), ricambiai a malincuore il bacio. So di avervi deluso, ma ancora non ero pronta….ero molto vicina, ma non avevo ancora toccato il fondo… per spingermi via da lui. Vi rassicuro dicendovi che era solo questione di giorni e sarei rinsavita.
 

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Capitolo 9
*** Laurea ***


Era il mio gran giorno, ero carica, emozionata e piena di positività per la giornata che avrei trascorso. La seduta era di pomeriggio alle 15 e l’emozione mi accompagnava dalla sera prima, avevo fatto sogni agitati ingarbugliandomi nelle lenzuola e avevo il familiare crampo allo stomaco che mi accompagna negli eventi importanti. Avevo scelto cosa indossare e il discorso da fare, diversi giorni prima e tutto filava liscio, i miei genitori erano fieri di me, come del resto i miei fratelli e i miei nonni; ero la regina della festa.
D non mi aveva contattata per tutto il giorno, eravamo rimasti che ci saremmo incontrati direttamente nell’aula magna e cosa che contribuiva ad emozionarmi era che la mia famiglia avrebbe incontrato per la prima volta, il ragazzo con cui mi frequentavo da diversi mesi. Arrivai in aula molto tempo prima e mi sistemai a sedere sulle poltroncine rosse della sala e intanto guardavo il palco su cui avrei dovuto parlare della mia tesi, avevo i tacchi (è una sorta di evento per me…sono un tipo sportivo), un vestito formale blu scuro con una cinturina che rappresentava un’edera rampicante che si avvolgeva intorno alla mia vita; ed ero sicura di me.
Il primo a notare l’arrivo di D fu mio padre, era stato puntuale e lo presentai alla mia famiglia che lo salutò, lasciandoci un po’ d’intimità per parlare. Ci sedemmo su un divanetto poco distante dall’aula magna e cercai di tranquillizzarmi come potevo, contando mentalmente ogni singolo respiro. D si guardava le mani e non parlava ed io ruppi il ghiaccio, chiedendoli del parcheggio (sapevo che era il suo argomento preferito ), lui si girò e mi squadrò ed io mi misi in posa scherzosamente, aspettando come un gatto sornione dei complimenti per quanto fossi bella, o cose del genere….non avvenne nulla di tutto questo, mi disse soltanto che la mia cintura non era una cintura. Ci misi un po’ a perdere l’espressione sorniona e gli dissi che era ovvio che fosse una cintura, oltretutto l’avevo scelta con estremo gusto. D alzò spallucce e fece l’indifferente, poi mi chiese quanto avrei preso come voto di laurea glielo dissi e lui disse che lui avrebbe preso di meno alla sua. Trovavo quei discorsi vuoti e privi di sentimento, sapevo che non si sentiva a suo agio tra persone che non conosceva, però pensavo che perlomeno sarebbe stato educato. Salgo sul palco e faccio il mio discorso, guardo più volte verso di lui, ma vedo che guarda semplicemente lo schermo dietro di me….non me. Capii per la prima volta cosa volesse dire, essere attraversati da uno sguardo. Mi applaudirono tutti (sicuramente perché con me finivano di sorbirsi i discorsi di laurea…ero l’ultima) anche D si unii con malavoglia all’applauso. Non capivo il motivo, ma la gioia che sentivo in quel momento la soddisfazione della fine di una vita di studi e il vicino ingresso nel mondo del lavoro, era elettrizzante e spaventoso insieme, mi sentivo come un aquilotto in procinto di spiccare il primo volo , lanciandosi nel vuoto da una rupe.
Avevo pianificato la festa il giorno dopo la laurea, così che potevano esserci tutti, di conseguenza quel giorno portai dei pasticcini come pre-festeggiamento. Mi porgono il bicchiere con il prosecco per inaugurare il primo brindisi, dopo un affascinante discorso di commiato. Dopo aver assaggiato un goccio del bicchiere (non sono una patita degli alcolici….amo i succhi di frutta come i bimbi)mi metto in posa per le diverse foto, D mi prende il bicchiere pieno dalla mano e mi dà in cambio il suo bicchiere vuoto. Un grazie mi muore sulle labbra, ancor prima di nascere, mi aspettavo che mi togliesse il bicchiere per fare le foto,  non per prendere il contenuto del mio.
Rimango un po’ stranita, mantengo le apparenze per le persone che mi erano intorno. Intanto D inizia a pavoneggiarsi con le mie amiche che erano alla mia seduta di laurea, assume la posizione propria del pavone che mostra la ruota e si mette a dire (ho amiche fidate che mi raccontano tutto ed una sorella con l’udito sviluppato) che io non volevo il viaggio in Egitto e quindi aveva optato per un vasetto egiziano, al perché non mi avesse regalato un papiro delle mie amiche, afferma che me lo aveva già regalato (l’unica cosa che avevo ricevuto era una stampa su un cartoncino di una dea egizia, fatta da lui…ovviamente l’avevo gradita, apprezzo i gesti…ma francamente non era un papiro). Non mi era mai stato proposto un viaggio ed ovviamente non me lo aspettavo, però dire che non lo volevo io era strano.. ero un egittomane fin dalla culla e le mie amiche e la mia povera sorella, lo sapevano bene.
Questo ovviamente lo venni a sapere dopo, in quel  momento sapevo solo che D per qualche ragione aveva voluto prendere il mio bicchiere ed ancora vi confesso che mi chiedo il perché.
Finimmo i pasticcini ed ognuno si diresse a casa, io andai con D per passare un po’ di tempo da soli. Prima però, avevo un bisogno impellente di andare alla toilette; ritornai indietro verso l’aula magna speranzosa, ma era sfortunatamente già chiusa …e quindi potete immaginare me con i tacchi, traballante e con l’estremo desiderio di trovare un bagno. Lo confidai a D che mi guardò scocciato, raggiunsi l’aula più vicina e trovai il bagno (oasi nel deserto), D mi aspettò fuori, ma prima che entrassi mi disse di togliermi quella cintura. Lo guardai e gli dissi che mi piaceva e volevo tenerla ed entrai in bagno, caso avverso volle che nel rivestirmi la cintura si spaccasse in diversi pezzi ed io mi ritrovai, come una stupida, a singhiozzare in bagno sui resti di una cintura rotta. Non potevo aggiustarla sul momento ed odiavo che pensasse anche solo per un momento che me la fossi tolta, perché lo aveva detto lui….cercai di pensare a lungo ad una soluzione e la porta del bagno è testimone dei miei tentativi più fantasiosi: forcine per capelli, elastici ecc ecc….ma furono tutti inutili.
Pensai che non potesse mai accadere che mi vergognassi per qualcosa del genere, ma uscii da quel bagno piena di vergogna e di sconfitta per aver perso una futile cintura. D mi sorrise dicendomi che ora ero perfetta ed io gli mostrai la cintura, dicendo che se non fosse accaduto l’avrei tenuta. Lui asserii serio, ma in cuor suo sapevo che pensava di avermi convinta a fare quello che voleva lui. 

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Capitolo 10
*** Addio ***


Dopo quello che era successo qualche minuto prima, non mi andava più di trascorrere la serata con lui e per le 20:00, inventai una scusa e D mi riaccompagnò a casa.
Presi l’ascensore e mi guardai allo specchio, mentre stringevo il vasetto egizio che D mi aveva regalato, feci come quando ero bambina…mi avvicinai a un respiro dallo specchio e fissai dentro le mie pupille, quasi per chiedere a me stessa come stavo. Appena aprii il portone di casa, il calore della mia famiglia mi avvolse e capii che quello che volevo era sentirmi così, sentirmi a casa anche quando non lo ero; invece con D mi sentivo in balia delle onde.
Non so come fosse possibile, ma in quel momento dentro di me dimoravano gioia e tristezza insieme, erano distribuite così in egual misura da non sapervi dire, quale delle due potesse prevalere sull’altra. Sapevo solo che non volevo più che D, potesse farmi sentire così un’altra volta.
Il giorno dopo, ricevetti un messaggio in chat di D che mi diceva che era accaduto qualcosa di molto triste e che aveva bisogno di parlare con me, aggiunse che sapeva che la mattina ero dai miei parenti che mi facevano gli auguri per la laurea, ma comunque aveva bisogno di me. Io non attesi oltre, nonostante fossi nel mezzo del pranzo al ristorante, mi alzai dalla sedia e corsi nella sala reception. Lo chiamai subito con la compassione e il senso di paura di quello che poteva essere accaduto, nella voce. D mi rispose con la voce a pezzi e distrutta ed io sentivo il mio cuore palpitare dal senso di colpa di non poter essere lì a consolarlo, cercai di capire cosa avesse e gli posi domande indiscrete…immaginavo il peggio. D sospirando si faceva attendere e alla fine sputò il rospo, disse con ansia e fretta nella voce spezzata che il capitano della sua squadra di calcetto aveva accettato il posto presso la squadra di un altro paese (a 5 minuti di macchina dal suo) e lui non sapeva se seguirlo e abbandonare così i suoi tifosi (che come ben sapete, non lo riconobbero neanche all’ingresso dello stadio), oppure restare ma doversi pagare le eventuali trasferte per le partite da giocare.
Si, avete capito bene…era questo l’avvenimento orribile che gli era accaduto. Fui talmente sorpresa che gli chiesi se era “solo per questo” che mi aveva, in un certo senso, costretto a chiamarlo. D risentito mi disse che per lui non era una sciocchezza e che io essendo la sua fidanzata, avrei dovuto ascoltarlo sempre e consigliarlo.
Sapete, vi ho detto che sono una persona calma, non alzo la voce e cerco sempre di trovare un compromesso…in quel caso mi alterai davvero, ma una rabbia così lucida che mi svegliò del tutto, nel momento stesso in cui nacque. Ero totalmente assorta da quell’unico sentimento, non provavo più amore, tristezza, nulla. Sentii la mia voce diversa, mentre gli parlavo, gli dissi con la calma asettica di un computer che avrei voluto vederlo, perché gli dovevo parlare. D era agitato ed aveva ovviamente capito che qualcosa era cambiato in me e volle insistere che gli dicessi cosa. Io volevo dirglielo di persona, ma poi pensai che non fosse giusto che lui venisse da me e senza più esitare gli dissi che volevo lasciarlo. Mi pregò di pensarci un po’ e mi disse che mi avrebbe lasciata tranquilla a pranzare e che dopo mi avrebbe richiamata, acconsentii dicendogli che non sarebbe cambiato nulla.
Mi chiamò nel pomeriggio e gli dissi la stessa cosa e lui mi disse che sarebbe cambiato e che avrebbe controllato i suoi modi poco gentili. Io, (ormai vi ho detto ero solo un sentimento che urlava a gran voce), gli dissi quello che pensavo ovvero che le persone in fondo non cambiano e che lui per me era un debole.
Mi telefonò i giorni a seguire cercando di convincermi e mi urlò che sapeva che era per quella volta della rete ed io sospirando gli dissi che era per tante situazioni spiacevoli ed aggiunsi che io non potevo aiutarlo. Ci avevo provato con tutta me stessa, ma non potevo. La vita non scorre mai tranquilla, vi sono sempre dei problemi che siano piccoli o grandi ed avere affianco una persona che trasforma le sciocchezze in problemi e i problemi in situazioni impossibili, equivaleva a morire dentro.
Gli dissi che gli avrei inviato il regalo che mi aveva fatto a casa, ma lui insistette affinché me ne disfassi io, perché come subito aggiunse, non voleva certo restituirmi quelli che gli avevo fatto io (anche se ovviamente non gliel’avrei mai chiesto).
Non mi cercò per mesi anche se nel fondo del mio cuore, pensavo che se mi avesse dimostrato di avere il coraggio di parlarmi e presentarsi di persona, sarebbe stato un segno che cominciava ad essere diverso, ma come avevo previsto era una persona troppo debole per provarmi il contrario.
Quello che vidi, fu che mi bloccò su qualsiasi social, nonostante non avessi mai provato a contattarlo, anzi gli avevo tolto l’amicizia su Facebook e cancellato il suo numero, ma non l’avrei bloccato senza che me ne desse una ragione.
Il giorno del mio compleanno arrivarono tre rose rosse, con un bigliettino “alla stella più bella. D”; erano passati 3 mesi da quando avevamo chiuso ed io usai l’unico mezzo a disposizione (Skype) per dirgli che apprezzavo il pensiero, ma non volevo i suoi auguri.
Mi rispose molti giorni dopo, accusandomi di aver finto in quei mesi e che io non lo avevo mai amato e diverse cose del genere, ma sapeva anche lui che mentiva. Mi disse che i fiori me li aveva mandati perché era dolce e gli risposi che tutti sono dolci quando sono innamorati e lui uscii di scena con una risata….proprio come Joker di Batman.
Ho riflettuto spesso su questa esperienza e non mi recrimino nulla, ho seguito il mio cuore ed anche se potevo apparire debole, in certi momenti, era dovuto solo al fatto che volevo dargli una possibilità di essere la persona che potenzialmente poteva essere.
Le relazioni che non vanno, ci aiutano a capire cosa vogliamo veramente sia da noi stessi che dalle persone che decidono di passare la loro vita al nostro fianco, per questo non mi pento di nulla.
Vi ringrazio amici di avermi “ascoltato” fino alla fine…un bacio Briseide.
 
 

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