Riflesso distorto

di Adamsberg94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ti odio ***
Capitolo 2: *** Pensieri ***
Capitolo 3: *** In punizione ***
Capitolo 4: *** Tregua ***



Capitolo 1
*** Ti odio ***


 

Riflesso distorto

 

Autore: Adamsberg94

Rating: arancione.

Generi: angst, drammatico, romantico.

Lunghezza: più di 10 capitoli (saranno circa una trentina).

Tipo di coppia: slash.

Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Un po' tutti.

Contesti: Dal VI libro alternativo.

Note: nessuna.

Avvertimenti: nessuno.

Trama: Harry Potter stava nascondendo qualcosa, ora ne era certo, e quella cosa pareva riguardare anche lui. Avrebbe scoperto di che cosa si trattava, giurò a se stesso mentre seguiva la McGranitt verso i sotterranei, anche a costo di seguire Potter a tutte le ore del giorno.

Harry è pronto a sacrificarsi ancora una volta per il Mondo Magico. Draco non intende permetterglielo.

 

 

Capitolo primo – Ti odio

 

Goccia dopo goccia, una fitta pioggia iniziò a cadere. Un fulmine in lontananza illuminò il cielo plumbeo, seguito a pochi secondi di distanza dal rombo di un tuono. Le chiome scure degli alberi si agitavano a tempo, all'unisono, scosse dal furioso soffiare del vento giunto insieme al temporale. Le foglie non più verdi, cadute a terra a causa dell'inverno ormai alle porte, volteggiavano nell'aria, alzandosi in spire scomposte e disordinate.

Due occhi cinerei, specchi perfetti di quel cielo tempestoso, stavano osservando annoiati lo spettacolo che avevano davanti, quasi fissi in un mondo parallelo, al di là di quella coltre di nubi scure e minacciose. C'era qualcosa di estremamente affascinante nel modo in cui il tempo era cambiato, quanto velocemente la luce del sole fosse stata sostituita da un leggero velo di oscurità.

Un altro lampo brillò, risaltando sullo sfondo nero e tetro, questa volta più vicino. Il suo bagliore attirò gli occhi, che seguirono attenti la sua breve caduta. Il loro possessore ebbe appena il tempo di contare fino a tre prima che il rombo potente di un altro tuono fendesse l'aria, facendo tremare le ampie vetrate della biblioteca nella quale si era rifugiato.

Il giovane osservò ancora per qualche secondo l'etra tonante, dopodiché tornò a concentrarsi sul libro che stava studiando. Sfogliò qualche pagina, scorrendo veloce lo sguardo da una riga all'altra e prendendo di tanto in tanto qualche appunto. Dopo qualche minuto, la sua attenzione venne attirata nuovamente fuori dalla finestra: le pesanti gocce d'acqua avevano iniziato ad abbattersi contro il vetro, creando un'immagine confusa.

Una figura nera attraversò proprio in quel momento il parco di corsa, diretto verso il portone d'ingresso della scuola nel tentativo di ripararsi dalla pioggia che cadeva sempre più violentemente. Nonostante la visibilità ridotta, il giovane poté riconoscere un paio di familiari occhiali tondi e una famosa cicatrice.

«Potter...» sibilò, con astio evidente nel tono di voce.

Aveva dimenticato che quella sera i Grifondoro avevano prenotato il campo da Quidditch per allenarsi e che probabilmente Potter, il suo peggior nemico, avrebbe gironzolato per la scuola oltre il solito orario. L'idea di poterlo incrociare per i corridoi della scuola lo metteva di cattivo umore, come se una rabbia violenta si fosse impossessata di tutto il suo corpo, costringendo i muscoli a tendersi e la schiena a irrigidirsi.

«Draco, è ora di andare. Sta per scattare il coprifuoco.»

La voce di Blaise lo riscosse dai suoi pensieri. Si alzò, afferrò i fogli sparsi sul tavolo e li ripose ordinatamente nella sua borsa.

«Arrivo subito» rispose, gettando un'ultima occhiata fuori dalla finestra. La figura di Potter era già scomparsa oltre il portone di ingresso e la pioggia ancora si abbatteva al suolo. Draco distolse lo sguardo, afferrò la borsa e si diresse nei sotterranei, verso la sala comune.

Da quando la guerra era iniziata si sentiva come se tutto fosse avvolto da una nebbia leggera che gli impediva di scorgere a pieno il contorno delle cose. Se prima tutto appariva chiaro e la sua vita non era altro che certezze e decisioni già prese, ora era solo un accatasto di dubbi e insicurezze. Come poteva esserci chiarezza nella sua mente, se tutto ciò in cui aveva sempre creduto era cambiato in così breve tempo? Come quel temporale che era giunto all'improvviso, oscurando una tiepida giornata di sole.

Solo una cosa era rimasta la stessa: il suo odio per quel patetico Grifondoro. Era qualcosa di intrinseco in lui, di naturale. Appena scorgeva la zazzera scura e disordinata dell'altro, quando ne riconosceva la postura rilassata e dalle spalle un po' curve, le sue mani iniziavano a prudere come se la voglia di prendere a pugni quel viso irritante gli impedisse di stare fermo.

Odiava Potter come nessun altro, e lo odiava ancor di più da quando aveva capito che il suo odio non era più ricambiato. Con l'inizio della guerra contro il Signore Oscuro, pareva fosse terminata la guerra tra loro: non c'erano più sguardi di disprezzo, niente più insulti, niente più risse. Per quanto Draco tentasse di provocare l'altro con frecciatine e insinuazioni, Potter aveva smesso di reagire. Ora si limitava semplicemente a lanciargli un'occhiata indifferente e a passare oltre come se Draco avesse smesso di esistere. E Draco non riusciva a sopportarlo.

Nel frattempo, era arrivato all'ingresso della sala comune Serpeverde. Pronunciò la parola d'ordine ed entrò, dirigendosi verso il dormitorio senza prestare attenzione a nessuno. Da quando era stato scagionato per l'omicidio di Silente, i suoi compagni di casa non erano molto propensi a un atteggiamento amichevole nei suoi confronti. Non che vi fossero troppi problemi, semplicemente la maggior parte dei Serpeverde aveva deciso di ignorarlo.

Gettò a terra la sua borsa con i libri, si spogliò della divisa e si lasciò andare sul letto. I suoi compagni di stanza stavano già dormendo e il profondo russare di Goyle aveva invaso la stanza. Nonostante Draco si sentisse stanco, negli ultimi tempi il sonno tardava sempre ad arrivare, come se il groviglio di pensieri nella sua testa avesse vita propria e facesse di tutto per tenerlo sveglio.

Si rigirò tra le coperte, posizionandosi sul fianco destro e chiuse gli occhi, nel tentativo di addormentarsi; ma l'immagine di una figura che correva invase la sua mente. Perché continuava a pensare a Potter? Negli ultimi tempi più che mai, quell'idiota e il suo strano comportamento continuavano a essere al centro dei suoi pensieri.

Si voltò con la schiena rivolta al materasso e gli occhi fissi al soffitto.

Era diventato tutto così difficile, così faticoso da comprendere. Per quanto disperatamente cercasse di seguire il flusso delle cose, il muoversi convulso di un mondo che stava cambiando, si sentiva sempre lasciato indietro. Potter lo aveva lasciato indietro, abbandonando le liti infantili per mettersi a fare il salvatore del mondo e scegliendo di sacrificarsi per una causa inutile. Sarebbe stato il Signore Oscuro a vincere e lui avrebbe finito per soccombere insieme ai suoi patetici amici.

Potter aveva preso una decisione, così come Draco aveva fatto la sua scelta. Alla fine di tutto, la guerra non sarebbe stata altro che un ulteriore motivo per continuare ad odiarsi.

 

 

***

 

 

Draco non riuscì a prendere sonno fino a quasi l'alba. Il sole non si era ancora mostrato, ma già una fioca luce aveva iniziato a rischiarare il cielo; quando finalmente quell'aggroviglio di assordanti pensieri gli diede pace, permettendogli di addormentarsi.

Solo un paio di ore dopo, giusto il tempo di riposarsi quanto bastava per reggere a un'altra giornata scolastica, il fruscio dei suoi compagni che si alzavano lo svegliò. Aprì lentamente gli occhi e osservò il soffitto sopra la sua testa per alcuni istanti, mentre la sua mente cercava di destarsi del tutto.

Blaise stava già iniziando a cambiarsi; Tiger e Goyle, al contrario, stavano ancora russando con la bocca spalancata. Draco sbuffò e si passò una mano sul viso: a volte davvero non sopportava quei due.

Si abbassò, sporgendosi oltre il bordo del letto, e afferrò una delle sue scarpe.

«Muovetevi, idioti! O faremo tardi a colazione» sibilò irritato, lanciandola in direzione di Tiger. Quest'ultimo grugnì e aprì gli occhi per qualche secondo, dopodiché si voltò dall'altra parte e tornò a dormire.

«Vedo che sei di buon umore stamattina...» asserì Blaise, finendo di sistemarsi la cravatta e rimirandosi allo specchio per controllare che tutto fosse in ordine.

Draco emise una specie di ringhio e si alzò definitivamente dal letto, dirigendosi in bagno.

«Non ho dormito molto» spiegò.

Blaise sospirò e si appoggiò alla porta chiusa che lo divideva dal compagno di stanza.

«Posso sapere cosa ti prende ultimamente?»

Vi fu qualche secondo di pausa, prima che Draco rispondesse: «Niente di importante... O comunque niente che ti riguardi.»

«Ne sei sicuro? Non ti vedo molto in forma...»

Un'altra pausa. «Ti ho detto che sto bene.»

«Draco, con quello che è successo è normale che...» ritentò.

«Blaise, piantala! Mi ascolti quando ti parlo?! Lasciami in pace.» La voce di Draco giunse furiosa dall'altro lato della porta.

«D'accordo...» Blaise si scostò e tornò a sistemare i suoi libri nella borsa. Lui e Draco non erano grandi amici, tra loro c'era solamente una forma di pacato rispetto e reciproca stima, dovuti soprattutto al fatto che dividevano lo stesso dormitorio; ma Blaise non riusciva a fare a meno di preoccuparsi. Draco sembrava non riuscire a legare con nessuno e questo lo portava a essere sempre nervoso e irritabile. Nemmeno Tiger e Goyle gli prestavano più ascolto come prima.

La situazione era peggiorata dopo la morte di Silente per mano di Piton: nonostante le accuse di complicità nei confronti del loro professore, a Draco era stato concesso di tornare a scuola; ma, benché ogni accusa fosse caduta, la maggior parte degli studenti aveva iniziato ad isolarlo. Perfino Potter aveva iniziato a ignorarlo, non facendo altro che aumentare la tensione intorno a lui.

Il che, a dir la verità, era abbastanza strano. Tralasciando il fatto che Draco e Potter avessero passato gli ultimi sei anni a tormentarsi l'un l'altro, quest'ultimo era l'unico motivo per cui Draco aveva potuto fare ritorno ad Hogwarts: la testimonianza di Potter era stata essenziale alla liberazione del suo compagno di casa.

Draco, però, non sembrava mostrare alcun tipo di riconoscenza verso la sua nemesi, anzi, l'odio nei suoi confronti pareva essere aumentato ulteriormente.

Sinceramente, Blaise aveva smesso di comprendere da un pezzo cosa diavolo stesse accadendo in quella scuola. Sbuffò e tentò anche lui di svegliare Tiger e Goyle, mentre un Draco arrabbiato usciva dal bagno sbattendo la porta.

 

 

***

 

 

«Hai intenzione di mangiare quel povero porridge o continuerai a infilzarlo finché non ti implorerà agonizzante?»

Draco sollevò la testa dal suo piatto e lanciò a Pansy un'occhiata irritata.

«Non rompere» ringhiò, tornando a pungolare la sua colazione con più veemenza.

Già si era svegliato di cattivo umore, se poi i suoi compagni non facevano altro che intromettersi, era sicuro che quella si sarebbe rivelata una pessima giornata. Per non parlare poi di qualcuno che, seduto dalla parte opposta della Sala Grande, non faceva altro che irritarlo con i suoi modi rozzi e grezzi.

Draco assottigliò gli occhi: Potter se ne stava seduto al suo tavolo a chiacchierare con quei pezzenti dei suoi amici. In realtà, nemmeno lui sembrava particolarmente di buon umore, visto che se ne stava leggermente in disparte, intento più ad ascoltare che a prendere parte alla conversazione vera e propria.

Weasley aveva il volto arrossato per lo sforzo di parlare con la bocca piena e gesticolava in modo estremamente fastidioso; mentre la Mezzosangue cercava di spiegargli qualcosa, alzando gli occhi al cielo ogni volta che veniva interrotta.

Li osservò solo per qualche secondo, dopodiché tornò a guardare Potter. Come lui, sembrava poco propenso a mangiare qualcosa per colazione quella mattina e presentava un'aria stanca. I capelli erano, se possibile, ancora più disordinati del solito. La divisa che aveva indosso era tutta spiegazzata, come se ci avesse dormito dentro. La cravatta, lasciata lenta sul collo, ricadeva storta sulla camicia e aveva diverse grinze.

Quasi fosse un suo riflesso, anche Potter stava giocherellando col cibo nel piatto, senza prestare molta attenzione a quel che stava minuziosamente facendo a pezzi.

Poi l'altro sollevò lo sguardo nella sua direzione e i loro occhi si incontrarono. Potter sussultò e si voltò immediatamente verso Weasley, spezzando subito il contatto.

L'irritazione di Draco giunse alle stelle. Solo fino a poco tempo prima, Potter non avrebbe mai abbassato lo sguardo davanti a lui, lo avrebbe sostenuto in segno di sfida nei suoi confronti. Erano entrambi troppo orgogliosi per ignorare le reciproche provocazioni, le quali tendevano spesso a finire con una buona dose di pugni.

Merlino, quanto odiava quella situazione! Perfino quello sfregiato osava ignorarlo.

Potter disse velocemente qualcosa ai suoi compagni e si alzò, diretto fuori dalla Sala Grande. Draco non ci pensò due volte, si alzò a sua volta e afferrò la borsa, intenzionato a seguire l'altro.

«Ehi, dove stai andando?» gli chiese Pansy, sporgendosi verso di lui.

Draco la scansò e si mosse veloce verso l'ingresso della sala.

«Secondo te? Vado a lezione» rispose acido, prima di sparire dietro a Potter.

 

 

***

 

 

Lo seguì, mentre si dirigeva verso l'aula di Trasfigurazione. I corridoi erano ancora abbastanza vuoti, dato che la maggior parte degli studenti stava ancora facendo colazione.

«Diamine, Potter! Fermati.»

L'altro si bloccò di colpo e si voltò, rivolgendogli un'occhiata infastidita.

«Cosa diavolo vuoi, Malfoy?»

Anche Draco si fermò, un attimo interdetto. Adesso che se lo trovava davanti, non era più certo di che cosa volesse dire. Potter lo fissava con uno sguardo irritato, come se lui gli stesse facendo perdere del tempo prezioso, e Draco sentì la sua rabbia aumentare.

«Niente,» sibilò, «avevo solo una cosa da darti.»

Prima che potesse riflettere su quello che stava per fare, la sua mano stretta in pugno era andata a cozzare contro il naso di Potter, producendo uno scricchiolio sinistro. L'altro barcollò e cadde all'indietro, andando a sbattere con le schiena contro il pavimento e facendo cadere la borsa, che finì dal lato opposto del corridoio.

Draco calciò via la propria e osservò Potter tamponarsi il sangue che usciva dal naso e dal labbro spaccato con una manica della divisa, mentre cercava di alzarsi da terra, aiutandosi con la mano libera. Si aspettava che l'altro reagisse, che rispondesse al suo colpo; invece, si limitò a voltarsi e dargli le spalle.

«Bene. Ora, se non ti dispiace,» asserì Potter, senza guardarlo, «avrei altro da fare».

Perché? Perché diamine Potter continuava a ignorarlo?

Per un momento, con la schiena dell'altro rivolta verso di lui, Draco perse il controllo. Afferrò Potter per una spalla, costringendolo a girarsi, mentre un secondo pugno partiva in direzione del suo zigomo. Un taglio non molto profondo si aprì sulla pelle tirata, e Potter portò la mano ad asciugarsi dal sangue che aveva iniziato a colare lungo la guancia.

«Si può sapere che diavolo vuoi da me?!» gli urlò contro, spingendolo via. «Stammi lontano, Malfoy!»

Il terzo colpo di Draco venne bloccato dall'arrivo della professoressa McGranitt.

«Signor Malfoy!» intervenne, con un'espressione sbigottita sul volto. «Cosa sta facendo? Si allontani immediatamente dal signor Potter!»

Solo in quell'istante, Draco si rese conto di quello che aveva fatto. Il viso di Potter era una maschera di sangue e lo zigomo aveva iniziato a gonfiarsi. Fece per dire qualcosa nel tentativo di giustificarsi, ma la McGranitt lo interruppe di nuovo.

«Voglio sapere che cosa sta succedendo qui! Ora!»

Potter gli rivolse un'occhiata strana che non riuscì bene a identificare. Dopodiché chiuse gli occhi, prese un profondo respiro e li riaprì.

«È stata colpa mia, professoressa» iniziò. «Ho provocato Malfoy e lui ha reagito.»

Cosa? A Draco quasi venne un colpo. Cosa stava dicendo quell'idiota?

Mai nella sua vita avrebbe immaginato di vedere Harry Potter mentire per difenderlo.

Si voltò a osservare l'altro con un'espressione stupita, specchio perfetto di quella della loro insegnante. Davvero, non capiva che cosa stesse succedendo.

La McGranitt si riprese prima di lui e rivolse a Potter uno sguardo di rimprovero. «Se quello che dice è vero, sono molto delusa da lei, signor Potter. Stia pur certo che prenderò seri provvedimenti riguardo al suo comportamento e mi auguro che un evento del genere non accada mai più.»

Potter lo guardò di nuovo. «Può esserne sicura, professoressa.»

«Bene, ora vada in infermeria a farsi curare; parleremo dopo della sua punizione. Nel frattempo, signor Malfoy, lei mi seguirà dal suo Capocasa: non penserà certo che la sua reazione esagerata venga ignorata totalmente.»

Ma Draco non stava ascoltando, ancora intento a domandarsi quali potessero essere le motivazioni del comportamento di Potter. Non solo aveva smesso di rispondere ai suoi insulti e alle provocazioni, o di restituire i colpi ricevuti come scusa per scontrarsi anche fisicamente oltre che verbalmente, ma si era addirittura addossato una colpa che era totalmente del Serpeverde. Era stato Draco a seguirlo fuori dalla Sala Grande, Draco a fermarlo nel bel mezzo del corridoio e Draco a colpirlo senza motivazione alcuna; allora perché lo stava difendendo?

Harry Potter stava nascondendo qualcosa, ora ne era certo, e quella cosa pareva riguardare anche lui. Avrebbe scoperto di che cosa si trattava, giurò a se stesso mentre seguiva la McGranitt verso i sotterranei, anche a costo di seguire Potter a tutte le ore del giorno.

 

Continua...

 

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Capitolo 2
*** Pensieri ***


Capitolo secondo – Pensieri

 

Potter non si era fatto vedere per tutto il giorno né si era presentato a cena. Draco dubitava di averlo colpito così forte da impedire a Madama Chips di guarirlo con un colpo di bacchetta, quindi dedusse che lo stesse evitando. Esattamente come aveva fatto negli ultimi mesi.

Niente di nuovo.

Sbuffando, Draco lasciò cadere la forchetta del piatto e si alzò da tavola, pronto a dirigersi verso l'ufficio della McGranitt. Non sapeva ancora che punizione gli sarebbe spettata quella sera.

Il sorrisetto odioso di Lumacorno non aveva fatto nessuna piega quando uno dei suoi studenti era stato trascinato lì da un altro professore, accusato di aver distrutto la faccia di un suo compagno di classe. Quando la McGranitt gli aveva chiesto quale provvedimento avesse intenzione di prendere, il professore di Pozioni si era limitato a fare spallucce e a darle carta bianca.

Draco per un attimo aveva sentito la mancanza di Piton. Non che l'altro non lo avrebbe punito, ma almeno non correva il rischio di essere espulso. La McGranitt era tra coloro che si erano opposti fermamente al suo ritorno ad Hogwarts e, di sicuro, non avrebbe sprecato l'occasione per rispedirlo a casa.

La sua unica speranza di rimanere stava nel fatto che c'era anche Potter di mezzo, e nessuno si sarebbe mai permesso di espellerlo. Non con il Signore Oscuro là fuori, pronto a farlo a pezzi.

Con questi pensieri nella testa, Draco continuò a camminare verso l'ufficio della professoressa.

 

 

***

 

 

«Bene, si accomodi, signor Malfoy. Aspetteremo l'arrivo del signor Potter, poi potrete cominciare la vostra punizione.»

Draco si limitò ad annuire e si sistemò su una delle due sedie di fronte alla scrivania. La McGranitt aveva ripreso a scrivere, ignorandolo completamente. I minuti passarono nel silenzio quasi totale, disturbato solo dal graffiare della piuma sulla pergamena. Draco stava iniziando ad annoiarsi, ma non aveva altra scelta se non starsene seduto lì senza far niente. Iniziò a picchiettare con il tacco della scarpa sul pavimento, a ritmo, battendo a tempo con le mani sulle cosce.

La McGranitt alzò gli occhi da qualunque cosa stesse scrivendo e gli lanciò un'occhiata caustica. Al giovane venne quasi da sogghignare.

«Signor Malf-»

In quel momento qualcuno bussò. «Avanti, signor Potter.»

Draco non si voltò, ma sentì la porta aprirsi e la voce della sua nemesi scusarsi per il ritardo. «Prego, si sieda anche lei, signor Potter.» La McGranitt posò la penna e intrecciò le dita sulla scrivania, guardando il Grifondoro sedersi di fronte a lei. «Ora che siete qui entrambi possiamo discutere i termini della vostra punizione. Ma prima lasciatemi mettere in chiaro un paio di cose. Signor Potter, mi aspetto una certa maturità da parte sua. Maturità che le impedisca di perdere tempo in sciocche provocazioni, soprattutto quando sappiamo tutti che ha cose molto più importanti a cui pensare.»

Alla sua sinistra, Draco sentì Potter irrigidirsi. Non fece in tempo a voltarsi per osservarlo meglio, che lo sguardo della McGranitt puntò verso di lui, costringendo i suoi occhi a fissarsi in quelli dell'insegnate. «Per quanto riguarda lei, signor Malfoy, non mi interessa cosa il signor Potter le abbia detto di così sconvolgente, ma una reazione del genere è del tutto inaccettabile. Non si azzardi mai più a colpire un suo compagno in quel modo, o le conseguenze saranno ben peggiori della punizione che vi aspetta questa sera. Sono stata chiara?»

Draco si costrinse ad annuire, senza lasciar trasparire alcuna emozione. Non aveva intenzione di mostrare a Potter o alla McGranitt quanto si sentisse umiliato in quel momento. Quella mattina aveva permesso alla rabbia di esplodere e le conseguenze erano state ben visibili sul volto sanguinante di Potter. Non si sarebbe concesso un secondo errore del genere, soprattutto non davanti alla causa della sua frustrazione,

«Bene, ora parliamo della vostra punizione. Entrambi aiuterete a riordinare l'ufficio del custode, ovviamente senza l'uso della magia. Provvederete a copiare a mano tutte le schede rovinate o illeggibili, e le sistemerete in ordine alfabetico all'interno dei rispettivi schedari. Fatto questo, provvederete a tirare a lucido ogni angolo dell'ufficio, finché non sparirà ogni singolo granello di polvere. Dovrebbe essere un compito abbastanza facile per lei, signor Potter, visto che non è la prima volta che le viene assegnato. E in circostanze simili, se non ricordo male.» Sibilò le ultime parole furiosa.

Draco non poteva sapere a cosa si riferisse, ma dal tono della sua voce Potter doveva averla combinata grossa. «Vi ci vorranno settimane per portare a termine il compito che vi è stato assegnato, e in questo tempo che sarete costretti a trascorrere insieme non intendo assistere ad altre scene come quella di oggi. Se accadrà, vi assicuro che ve ne pentirete.» Un sorriso che non prometteva nulla di buono si aprì sul suo volto. «E ora, come ultima cosa pretendo che vi scusiate a vicenda.»

«Cosa?!» esclamò Draco. «Non ho intenzione di scus-»

«Va bene.»

Per la prima volta da quando era entrato in quella stanza, Draco guardò Potter. E ne rimase sconvolto.

Sulla sua faccia facevano ancora mostra di sé i segni dei colpi che gli aveva inferto quella mattina, solo il sangue era scomparso. Il taglio sullo zigomo era stato malamente coperto con un cerotto, tutta la zona si era colorata di sfumature nere e violacee. Il naso non sembrava rotto, ma dal modo in cui Potter teneva aperta la bocca per respirare doveva fargli ancora molto male. Il labbro superiore era gonfio e livido.

Non capiva. Lo aveva visto dirigersi verso l'infermeria e sicuramente Madama Chips non avrebbe avuto problemi a curare ferite del genere. Dopotutto non era la prima volta che si azzuffavano, e Draco stesso era finito a farsi mettere a posto la faccia da lei.

La McGranitt non sembrava minimamente toccata dal fatto che il volto di Potter avesse ancora un aspetto orribile. Anzi, pareva quasi non essersene accorta. Questo lo sconvolse ancora di più.

Potter si girò verso di lui, per guardarlo dritto negli occhi. «Mi dispiace, Malfoy» disse, per poi tornare seduto nella stessa posizione di prima, con le braccia incrociate e la mascella serrata.

«Tocca a lei, signor Malfoy.»

Draco era troppo scioccato per opporsi. Si sforzò di mantenere un'espressione neutra mentre biascicava uno «scusa» poco convinto.

La McGranitt sembrava soddisfatta. «Bene,» disse, «questa sera ormai si è fatto tardi. Inizierete la vostra punizione sabato pomeriggio. Vi presenterete alle due in punto nell'ufficio del signor Gazza».

«Ma sabato ci sono gli allenamenti!» esclamò Potter.

«Doveva pensarci prima di fare quello che ha fatto.»

«Ma-»

L'espressione della McGranitt si fece dura. «Vuole aggiungere qualcosa, signor Potter?»

Per un attimo Draco temette che l'altro avrebbe finalmente spifferato tutto. Gemette interiormente all'idea che, dopo aver saputo che era tutta colpa sua, l'insegnante l'avrebbe probabilmente espulso. Con sua grande sorpresa, Potter si limitò solamente a stringere i denti. «No, niente» sussurrò adirato.

«Allora potete andare.»

Un battito di ciglia e Potter era già scomparso fuori dalla porta.

 

 

***

 

 

Quando tornò al dormitorio Blaise e Pansy lo stavano aspettando. La ragazza si era seduta con le gambe incrociate sul suo letto, mentre Blaise se ne stava bellamente appoggiato al davanzale della finestra.

Draco sospirò. Si era aspettato una cosa del genere. Si erano trattenuti tutto il giorno dal dirgli qualunque cosa per evitare che potesse scappare davanti alle loro domande, e ora gli avevano teso una trappola. «Pansy, levati dal mio letto» ordinò.

«No.» La risposta non lo sorprese. «Non prima di aver parlato.»

«Non c'è niente da dire.»

Blaise si decise a intervenire. «Si può sapere perché hai picchiato Potter?»

Quella domanda lo colpì come uno schiaffo. «Non lo so» sussurrò, abbassando lo sguardo.

Quale patetico bugiardo. Lo sapeva benissimo. Voleva solo che finalmente qualcuno lo guardasse, che tutti smettessero di evitarlo come se fosse affetto da vaiolo di drago. Era stanco degli sguardi sfuggevoli, delle persone che si muovevano in punta di piedi attorno a lui.

Quando aveva deciso di tornare a Hogwarts, si era aspettato una cosa simile. In un momento delicato come quello, con la guerra a un passo di distanza, ogni Serpeverde avrebbe pensato con attenzione alle proprie mosse. Alla fine dei conti, Draco era un reietto. Chi si era schierato con il Signore Oscuro sapeva che ormai i Malfoy non figuravano più tra le fila dei suoi preferiti, e il fatto che Potter avesse combattuto così strenuamente per difenderlo in tribunale non aveva fatto altro che aumentare il sospetto nei suoi confronti.

Dall'altra parte, aveva quasi ucciso Silente. Nessuno lo avrebbe mai perdonato per questo, neanche con un milione di sentenze di innocenza davanti. Poteva sentire sulla sua pelle gli sguardi carichi di odio che i Grifondoro e gli altri studenti gli lanciavano. Persino i professori non riuscivano a rimanere neutrali, tra chi lo guardava con velato disprezzo e chi con pietà.

In tutto questo, lui si sentiva tra due fuochi, pronto a esplodere da un momento all'altro. Tornare dai Serpeverde significava subire le peggiori umiliazioni e lui non aveva la forza di sopportarlo. Schierarsi contro il Signore Oscuro era ancora più impensabile, senza contare che nessuno lo avrebbe mai accolto volentieri tra le fila della Luce.

Non sapeva cosa fare. Tutto era cambiato troppo velocemente, tanto che solo a pensarci gli veniva da vomitare. Ma Potter... Potter era stato l'unica costante nella sua vita. Sapeva che niente avrebbe potuto cambiare il loro rapporto, era l'unica certezza che gli era rimasta.

Quando aveva deciso di tornare a scuola, si era aspettato tutto quello, sì, ma anche che l'altro sarebbe rimasto lo stesso di prima. Il suo rivale, la sua nemesi, il suo nemico. Si sarebbero insultati, provocati a vicenda e poi presi a pugni; e tutto sarebbe tornato ad avere un senso, il mondo sarebbe tornato a girare dal verso giusto.

Si sbagliava.

Niente sarebbe tornato come prima. Potter era l'eroe, il beniamino di quegli idioti, il salvatore del fottuto mondo magico, era andato oltre. Oltre i battibecchi infantili, le scazzottate e gli insulti da ragazzini. Era cresciuto e lo aveva lasciato indietro.

«Draco.» Blaise sospirò affranto. «Non credi che sia arrivato il momento di parlare di quello che sta succedendo?»

«No.» Draco distolse lo sguardo. «Te l'ho già detto stamattina, non c'è niente di cui parlare.»

Pansy sbuffò e fece una breve risata amara. «Seriamente, Draco, che c'è qualcosa che non va se ne accorgerebbe chiunque. Il punto è un altro, o ne parli con noi, ti sfoghi e tutto quello che vuoi così finalmente le cose tornano al loro posto, o te ne vai a fare la zitella acida e mestruata con qualcun altro. Sono stufa del tuo atteggiamento di merda, siamo tuoi amici e ti staremo vicino se vorrai. La questione è se lo vuoi o meno.»

«Io...» Non sapeva cosa dire. Si passò una mano tra i capelli, nel tentativo di riacquistare la compostezza che aveva perso. «Non lo so cosa mi sia preso oggi» disse alla fine, dopo una pausa che sembrò durare un'ora. «E non so nemmeno cosa mi stia prendendo in questo momento. Non ho intenzione di fare confessioni da posta del cuore, né ora né mai. Vi prometto solo che cercherò di essere meno intrattabile.»

Blaise roteò gli occhi. «Lo sai, vero, che solo perché non ne parli non è che i problemi spariscano così, puff, in uno schiocco di dita. Non vuoi parlarne con noi va bene, ma trova il modo di risolvere le cose. E soprattutto, impara a trattenerti: oggi i Grifondoro sembravano sul piede di guerra, non vedevano l'ora di vendicare il loro eroe. Ringrazia che Potter li abbia convinti a non farlo.»

«Come scusa?»

«Non te ne eri accorto?» intervenne Pansy. «Non hai sentito Weasley che ne parlava oggi in classe?»

Draco ignorò l'improvviso bisogno di sedersi. «No...» mormorò. «Ora scusatemi, ma sono stanco. È stata una lunga giornata e vorrei solo andare a dormire.»

Prima di poter ricevere una qualunque risposta, si era diretto verso il bagno e vi si era chiuso dentro.

 

 

***

 

 

Si rigirò un'altra volta nel letto. Quella sera era impossibile trovare una posizione comoda per dormire, non importava quanto si rigirasse, c'era sempre qualcosa che lo infastidiva.

In realtà, quel qualcosa aveva un nome ben preciso, ma Draco non voleva pronunciarlo nemmeno nella sua testa. Farlo voleva dire dargli importanza e finché non lo avesse detto apertamente, avrebbe potuto bellamente ignorarlo, fingere che non esistesse.

Tutte le informazioni che aveva raccolto in giornata gli si abbatterono addosso. C'erano troppe domande nella sua testa, un ronzio fastidioso che lo stava portando alla pazzia. Non voleva dargli voce, perché avrebbe significato dover fare i conti con quello che stava succedendo in quel momento. Ma come poteva capire quello che stava combinando Potter se non si decideva ad ascoltare i propri pensieri?

Ecco, aveva pronunciato quel nome ad alta voce. Beh, non lo aveva detto sul serio, era rimasto tutto chiuso nella sua mente, però ormai lo aveva pensato. Ora non poteva più tirarsi indietro, tanto valeva iniziare a darsi qualche risposta.

Quindi, Potter non si era limitato ad addossarsi la colpa della loro lite e a condividere con lui una punizione ingiusta, aveva anche impedito che qualche Grifondoro gli giocasse un brutto scherzo. Perché? Non sapeva rispondere.

Aveva già fin troppi debiti nei confronti di Potter. Non gli bastava aver impedito che Draco venisse sbattuto ad Azkaban per il resto dei suoi giorni, aver convinto gli insegnati a farlo tornare a scuola, no, quel cazzo di idiota con la sindrome da salvatore del mondo doveva pure salvarlo da un'orda di Grifondoro inferociti. Perché cazzo non poteva farsi gli affari suoi?

Sbuffò e cambiò nuovamente posizione. Questa nuova abitudine di trascorrere la nottata a pensare a Potter gli faceva già schifo. Non aveva intenzione di ripagare quei debiti, non gli doveva niente. Era stato l'altro a decidere per entrambi, a scegliere di difendere Draco quando lui non gli aveva chiesto nulla. Quindi che non si aspettasse qualcosa da lui. Niente. Nichts. Rien.

Si voltò un'altra volta e premette la faccia verso il cuscino.

Vaffanculo, Potter.

 

Continua...

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Capitolo 3
*** In punizione ***


Capitolo terzo – In punizione

 

Sabato era arrivato troppo in fretta per i suoi gusti. Draco si era alzato già di cattivo umore dopo l'ennesima notte insonne. Gli ultimi giorni erano trascorsi veloci, occupati per la maggior parte del tempo dalle lezioni.

Potter aveva fatto di tutto per evitarlo, come Draco si era aspettato. Due giorni dopo la loro lite, si era presentato a colazione con la faccia completamente guarita, ogni traccia del loro scontro scomparsa.

Un'altra stranezza da aggiungere alla lista.

I Grifondoro avevano accolto sorridenti il loro eroe, come se fosse appena tornato sano e salvo da una sanguinosa battaglia. Per il resto, a parte qualche occhiata furiosa di tanto in tanto, non avevano tentato alcuna vendetta nei suoi confronti. Il che confermava quanto gli avevano raccontato Blaise e Pansy: Potter aveva provveduto un'altra volta a parargli il culo.

Quel sabato mattina, Draco decise di trascorrerlo in riva al Lago Nero. Nonostante fosse la metà di novembre, il tempo era ancora abbastanza tiepido da permettergli di studiare all'aperto. Afferrò il mantello e un paio di libri e uscì dal dormitorio. Dopo gli ultimi giorni, aveva solo bisogno di trascorrere qualche ora in solitudine e di una boccata d'aria.

Gli altri stavano ancora tutti dormendo, quindi fu facile sgattaiolare via nel silenzio più totale. I corridoi erano ancora vuoti, così come la Sala Grande. Anziché fermarsi a far colazione, Draco afferrò un paio di panini e si diresse verso il lago. Si sistemò su una roccia e aprì il libro di Pozioni.

Trascorse tutta la mattinata a leggere e studiare, nel tentativo di non pensare a cosa sarebbe successo di lì a poche ore; e per la prima volta da qualche mese a quella parte si sentì meno stanco.

 

 

***

 

 

La McGranitt e Potter lo stavano già aspettando davanti all'ufficio di Gazza.

«Ora che anche il signor Malfoy è arrivato potete cominciare. Manderò il signor Gazza ad avvertirvi quando potrete lasciare quest'ufficio.»

I due ragazzi aspettarono di vedere l'insegnante andarsene, prima di mettere piede nella stanza. Draco imprecò interiormente di fronte al grande caos che regnava. Gli archivi erano talmente colmi che gran parte delle pergamene erano finite per terra. Molte si erano deteriorate a causa dell'umidità che aleggiava nell'aria e ora erano praticamente illeggibili. Altre erano state rosicchiate dai topi o erano macchiate da impronte di gatto, quelle di Mrs Purr probabilmente. La scrivania invece era quasi sgombra, tranne che per un paio di lettere e alcune piume.

Potter raccolse tutte quelle buste e le spostò su un tavolino basso in un angolo. Poi afferrò una vecchia poltrona tarmata e la trascinò fino alla scrivania, posizionandola dal lato opposto rispetto alla sedia dove probabilmente sedeva Gazza di solito.

«Allora... come ci organizziamo?» chiese, sedendosi sulla poltrona.

Draco raccolse alcune delle pergamene per terra e si posizionò sulla sedia di Gazza. «Iniziamo a copiare queste.»

Potter si limitò ad annuire e ad afferrare una delle piume sul tavolo. Senza aggiungere più nessuna parola, si misero a lavorare con le teste chine.

 

 

***

 

 

Dopo due ore Draco non ne poteva già più. Non riusciva a decifrare la maggior parte delle parole scritte su quei fogli consumati e la mano iniziava a dolergli. Senza contare che aveva saltato il pranzo per restarsene in riva al lago e ora se ne stava pentendo.

Potter doveva essere della sua stessa idea visto che continuava a sbuffare, infastidendo il Serpeverde. All'ennesimo sbuffo, Draco scattò. «Piantala» sibilò a denti stretti.

La mano di Potter lasciò andare la penna e i suoi occhi si alzarono dal foglio per incrociare quelli di Draco. «Altrimenti cosa fai? Mi prendi a pugni? Ah no, aspetta, lo hai già fatto.»

Draco non si scompose, si limitò ad alzare un sopracciglio e ad incrociare le braccia. «Non ti ho chiesto io di mentire alla McGranitt» replicò. «Se ti fa tanto schifo stare qui, perché non le hai detto la verità?»

Potter riabbassò la testa sul foglio davanti a lui e riprese a scrivere, senza rispondergli. Draco ghignò, divertito all'idea di mettere l'altro in difficoltà. «Dai, Potter, dimmi quello che stai combinando. Perché hai mentito alla McGranitt?»

Quando erano entrati in quella stanza, un paio di ore prima, Draco non pensava che avrebbero mai avuto l'occasione di parlarsi. Non che lui e Potter avessero mai discusso civilmente, in realtà. Negli anni, erano state poche le parole che si erano scambiati e per la maggior parte si trattava comunque di insulti o provocazioni.

In quel momento, però, Draco pensò di approfittare del fatto che nessuno di loro due sarebbe potuto scappare per scoprire qualcosa di più sull'altro. Non intendeva continuare a trascorrere le sue notti a porsi interrogativi su interrogativi, a chiedersi cosa avesse quell'idiota che non andava.

«Lasciami in pace, Malfoy. Non sono affari tuoi.» La risposta non lo sorprese, ma non per questo si diede per vinto.

«Pensi davvero che ti lascerò andare via senza una risposta? Mancano almeno altre due ore prima della fine della punizione e posso andare avanti a tormentarti finché non ti decidi a rispondere.»

«Fai pure, posso ignorarti per le prossime due ore.»

Draco strinse irritato la piuma tra le sue mani. «Già,» replicò, «ultimamente sei diventato bravo ad ignorare

Quelle parole erano uscite dalla sua bocca prima ancora che avesse il tempo di riflettere sul loro significato. Non era riuscito a trattenere tutta l'irritazione che lo aveva colpito in quel momento e una nota di fastidio aveva impregnato le sue parole, rendendo palese il senso di frustrazione nascosto dietro ad esse.

Anche Potter sembrava essersene accorto. Risollevò la testa per guardarlo, ma contro ogni aspettativa non lo derise. «Perché la cosa ti infastidisce tanto?» chiese solamente.

Draco non voleva rispondergli. Era lì per cavar fuori informazioni all'altro, non il contrario. Un'idea gli balenò per la mente. «Io rispondo a te se tu rispondi a me» propose.

«Sì, come no.» Potter rise, ma il divertimento non raggiunse i suoi occhi. «Chi mi dice che non è un trucco da Serpeverde?»

«Se la metti così,» Draco fece una pausa per riflettere, «potrei cominciare io. Tu fai una domanda a me e io ne faccio una a te, finché uno di noi non si stanca. Ci stai?»

Un lampo di interesse balenò negli occhi verdi. «Mi stai davvero dando carta bianca?»

«Ovvio che no.» Un ghigno increspò le labbra del biondo. «Ricordati che sono un Serpeverde. Per ogni domanda che mi farai, ne toccherà una anche a me.»

Non intendeva permettere a Potter di scoprire qualcosa di sé – non amava confidarsi nemmeno con i suoi migliori amici –, ma l'idea di poter manipolare l'altro per estorcergli le informazioni di cui aveva bisogno lo eccitava. Potter era un idiota Grifondoro con il suo senso dell'onore e altre stronzate, non si sarebbe approfittato troppo di quella situazione. Cosa che invece Draco aveva intenzione di fare.

«Va bene...» Potter non sembrava molto convinto. «Quindi... comincio io?»

«Quando vuoi, Sfregiato.»

L'altro sbuffò spazientito per via dell'insulto, ma non disse niente. Si limitò a umettarsi le labbra, come se volesse prendere tempo. «Ehm... quindi... posso sapere perché mi hai preso a pugni l'altro giorno?»

Aveva immaginato quella domanda. Era la stessa che gli aveva fatto Blaise, quindi era pronto a rispondere. Decise di essere sincero, giusto per vedere la reazione di Potter. «Non mi piace essere ignorato.»

«Tutto qui?»

Draco fece un sorriso furbo. «Tutto qui» rispose. «Ora tocca a me. Perché mi hai parato il culo con la McGranitt?»

Potter fece una smorfia strana. «Ti avrebbero espulso, no?»

Bene, dritti al punto quindi. «E come mai non vuoi che mi espellano?»

«Ehi, ora tocca a m-»

«No.» L'espressione stupita di Potter fece quasi ridere Draco. «Prima mi hai fatto due domande, tocca di nuovo a me.»

Potter ci mise qualche secondo prima di capire, poi la consapevolezza si fece strada sul suo viso. «Fottuto bastar-»

«Attento, Potter. Non è colpa mia se ti sei lasciato fregare» replicò. «Ora rispondi.»

Occorsero diversi minuti prima che l'altro si decidesse a parlare. Draco moriva dalla voglia di sentire quello che Potter aveva da dire, ma aspettò pazientemente in silenzio. Stava per ottenere le risposte che gli servivano e non avrebbe rovinato tutto mettendo fretta all'idiota.

«Ehm... Uhm...» Potter sospirò e Draco alzò gli occhi al cielo. «Non ho fatto tanta fatica l'estate scorsa per permetterti di rovinare tutto per un paio di pugni.»

Draco non si era aspettato tutta quella sincerità da parte dell'altro. Sembrava che le parole avessero fatto fatica a uscire dalla bocca del moro, quindi probabilmente non era stato facile per lui dire quelle cose. Perché lo aveva fatto allora?

Contro ogni aspettativa, stavano tenendo una discussione civile. Draco si ritrovò a pensare che forse non era poi così male. Di certo, molto meglio che essere evitato come se fosse stato affetto da pustole contagiose.

«Bene, è di nuovo il mio turno...» Potter sembrò riflettere molto attentamente sulla domanda da fargli. «Perché non parli più con gli altri Serpeverde?»

«Cosa?»

«Hai capito bene. Perché continui ad evitare quelli della tua Casa?»

Quindi Potter lo aveva studiato. Si era accorto dei rapporti sempre più freddi tra lui e gli altri Serpeverde. Peccato che fosse un pessimo osservatore: non era lui ad evitare gli altri, semmai il contrario.

«Sono loro che non parlano con me. E il motivo è semplice, anche un idiota come te dovrebbe riuscire a capirlo.» Non diede all'altro il tempo di replicare. «Quindi, perché mi hai difeso al processo?» sputò fuori, irritato. Potter stava iniziando a toccare dei tasti che non gli piacevano, quindi aveva intenzione di non andarci piano con lui.

Potter sospirò di nuovo e si appoggiò con le spalle allo schienale della poltrona, incrociando le braccia dietro la testa, come a voler mettere la maggior distanza possibile tra loro due. «Non credevo che avrei mai avuto questa conversazione con te» disse. «Forse non dovrei nemmeno risponderti...»

«Ma?»

«Ma» continuò «potrebbe essere l'occasione per mettere alcune cose al loro posto.»

Draco non sapeva cosa pensare. L'atteggiamento di Potter nei suoi confronti era cambiato troppo repentinamente perché lui potesse capirci qualcosa. Com'erano passati dagli insulti a quello? Ora non era più certo di voler sapere quello che l'altro avesse da dirgli. Aveva iniziato quello stupido gioco per tornare ad odiare Potter, non per ascoltare le sue confessioni.

«Io ti ho visto quella notte. Ti ho visto abbassare la bacchetta.»

Draco trattenne il respiro. «Cosa?»

«È per questo che ho testimoniato per te. A loro mi sono limitato a raccontare di Piton, ma io ti ho visto abbassare la bacchetta quella sera. Non avresti ucciso Silente, io lo so.»

Era troppo. Draco si alzò di scatto e spinse in avanti la scrivania, contro il petto di Potter, facendo cadere alcuni fogli per terra. «Non osare. Tu non sai un cazzo di me, Potter!»

Potter si spinse con i piedi e allontanò la poltrona da lui. «Cosa cazzo stai facendo?» ringhiò, cercando di spingere via la scrivania. «Sei impazzito?!»

Draco perse di nuovo il controllo. «Non provare a intrometterti nella mia vita, Sfregiato! Io non ti ho chiesto niente, cazzo!»

«Lo so!» Ora anche Potter stava urlando. «Allora dimmi perché non lo hai ucciso?!»

Draco scavalcò la scrivania e si lanciò contro l'altro. Lo afferrò per il colletto e lo spinse a terra. Potter si agitò sotto di lui nel tentativo di liberarsi, ma la presa sulla sua camicia era troppo stretta. Draco voleva solo prenderlo a pugni finché la sua faccia non fosse diventata irriconoscibile, colpirlo fino a zittirlo per sempre.

Poi Potter smise di divincolarsi e lo guardò dritto negli occhi. «Tocca a me, rispondi. Perché hai abbassato la bacchetta?» sussurrò.

Le mani del Serpeverde lasciarono la presa. Draco si lasciò cadere sul pavimento accanto a Potter, improvvisamente troppo stanco per essere arrabbiato. «Non lo so» rispose sinceramente, gli occhi fissi su un angolo lontano della stanza. Non riusciva a fermarsi, sembrava che le parole volessero uscire a tutti i costi dalla sua bocca. Non voleva incontrare lo sguardo di Potter, non mentre diceva quello che stava per dire. «Suppongo di non aver mai voluto davvero farlo sul serio. Ho avuto paura» confessò.

Non lo aveva mai detto a nessuno. L'idea che fosse Potter il primo a sentire quelle parole lo fece quasi ridere. Era una situazione talmente assurda, cazzo, che se non fosse stato lì non ci avrebbe mai creduto. Lui e Potter a parlare di fottuti sentimenti dopo quasi essersi picchiati di nuovo, come due scolarette del cazzo.

Era tutto sbagliato, fottutamente sbagliato. Non era così che sarebbero dovute andare le cose. Doveva essere lo sfregiato quello in difficoltà, non lui.

«Quando ho deciso di testimoniare per te, si sono opposti tutti.» La voce di Potter era talmente flebile che Draco si dovette sforzare per sentire. «Erano tutti arrabbiati con me, perché non riuscivano a capire come potessi perdonare quello che avevi fatto.»

Draco rimase in silenzio, in attesa che l'altro continuasse. Ci volle un'eternità.

«Hai una seconda opportunità, Malfoy. Io ti sto dando una seconda opportunità. Vedi di non buttarla al cesso.» Detto questo, si alzò e incominciò a raccogliere i fogli che avevano fatto cadere. Dopo qualche secondo, Draco lo imitò.

Ripresero a lavorare in silenzio senza più guardarsi.

 

 

***

 

 

Gazza venne a chiamarli quando ormai era ora di cena. Non avevano combinato molto quel pomeriggio, erano a malapena riusciti a finire di copiare le schede che ricoprivano il pavimento.

Il vecchio custode non sembrava per niente soddisfatto. Ignorando le imprecazioni, Draco raccolse le sue cose e fece per dirigersi verso la porta.

«Potter, il preside mi ha detto di dirti di presentarti nel suo ufficio dopo cena» Gazza ghignò divertito. «Scommetto che ti aspetta una bella punizione.»

Potter emise solo un breve sospiro e uscì dalla stanza, seguito da Draco.

Per tutto il tragitto verso la Sala Grande nessuno dei due parlò, come se quanto accaduto alcune ore prima non fosse mai successo.

Draco aveva trascorso le ultime due ore a pensare a quello che l'altro gli aveva detto. Non aveva mai visto il suo fallimento nell'uccidere Silente come una seconda opportunità. Non essere stato capace di portare a termine i piani del Signore Oscuro era costato caro alla sua famiglia.

Potter aveva ancora una volta stravolto la situazione, sorprendendolo. In un singolo pomeriggio era riuscito ad estorcere al Serpeverde più informazioni di quante se ne fosse fatte scappare con i suoi amici. Draco non sapeva perché gli aveva risposto così sinceramente; c'era stato qualcosa negli occhi dell'altro, nella sua convinzione così ferma che lui potesse essere davvero innocente, a convincerlo a parlare. Sentiva il bisogno di riflettere su quelle parole.

«Ehi Potter» lo chiamò. L'altro si bloccò, ma non si voltò. Questo non fermò Draco. «Riguardo a quello che hai detto prima sulle seconde possibilità e il resto... io credo di poterci pensare.»

Non sapeva perché lo aveva detto ad alta voce, ma all'improvviso si sentì meglio. Più leggero, come se si fosse tolto un peso.

Potter non disse niente, ma Draco poté giurare di averlo visto sorridere mentre si dirigeva al tavolo dei Grifondoro.

 

Continua...

 

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Capitolo 4
*** Tregua ***


Ciao a tutt*! Non è mia abitudine scrivere le note d'autore, perché penso che distraggano dalla lettura, ma per oggi farò un'eccezione.
Ecco a voi un capitolo extra! Volevo augurare buon San Valentino agli innamorati e buona festa dei single (che sarebbe oggi) a chi come me non sente profumo d'amore nell'aria. Ovviamente spero che questo capitolo vi piaccia :)
Con la prossima pubblicazione (che sarà domenica, così come tutte le altre), cancellerò questo messaggio. Per ogni comunicazione, comunque, potete consultare la mia pagina autore. Che altro dire? Ancora auguri e buona lettura!

P.S. Ditemi solo che i personaggi non sono OOC! E ricordatevi che non c'è solo la storia tra Harry e Draco, tra poco arriva la mia parte preferita ;)

 

Capitolo quarto – Tregua

 

Era strano come tutta la rabbia e il rancore nei confronti di Potter si fossero talmente affievoliti da essere quasi scomparsi. Cinque giorni prima lo aveva preso a pugni per la frustrazione ed ora stava seriamente riflettendo sulle sue parole. Assurdo.

Quando si era presentato a cena, quella sera, nessuno aveva provato a parlare con lui. Blaise si era limitato a lanciargli una lunga occhiata, squadrandolo, mentre Pansy aveva continuato a non alzare gli occhi dal piatto. Draco ne fu sollevato. Non sarebbe stato capace di nascondere il tumulto interiore che gli stava scoppiando nel petto.

Mangiare, fingere che non fosse successo niente, non guardare verso qualcuno, seduto al lato opposto della sala, era stato estremamente difficile. Si era limitato a mandare giù un paio di bocconi, la fame che lo aveva colto nel pomeriggio completamente scomparsa, e ora stava tornando nella sala comune.

Aveva così tante cose a cui pensare che sembrava che il cranio dovesse esplodergli da un momento all'altro. Quando posò la testa sul cuscino, però, si addormentò subito.

 

 

***

 

 

La sera prima era stata tremenda.

Harry appoggiò la testa sul tavolo e sospirò. Aveva lo stomaco chiuso e la sola idea di colazione gli faceva venire da vomitare. Chiuse gli occhi e sperò che la nausea se ne andasse. Aveva solo bisogno di un minuto di riposo, solo uno...

«Stai bene, Harry? Sei pallido...» La nota preoccupata nella voce della sua migliore amica lo costrinse a riaprire gli occhi. Si sforzò di mettersi dritto e sorriderle. «Sono solo un po' stanco» la rassicurò.

«Com'è andata ieri sera?» gli chiese Ron, iniziando a riempirsi il piatto.

Harry si trattenne dal sospirare. «Come al solito. Zero progressi.»

Entrambi i suoi amici annuirono e tornarono alla colazione. Harry gliene fu grato, quell'argomento era quasi un tabù tra di loro e lui odiava parlarne.

Per distrarsi dal mal di stomaco che sembrava non volesse lasciarlo, iniziò a guardarsi intorno per la sala. Era ancora abbastanza presto e la maggior parte degli studenti non era ancora arrivata. Se si fosse trattato di un altro giorno, anche Harry avrebbe fatto di tutto per dormire fino all'ultimo secondo; ma quella mattina non aveva visto l'ora di lasciare l'ufficio del preside per correre in Sala Grande. Odiava talmente tanto quelle notti, che non gli importava di alzarsi all'alba pur di scappare.

In quel momento Draco Malfoy fece il suo ingresso, diretto verso il tavolo dei Serpeverde. Solo, come lo vedeva sempre. A Harry tornò in mente quanto successo il giorno prima e la voglia di affogarsi nel succo di zucca lo colpì prepotentemente.

Come suo solito, aveva parlato troppo. Cosa gli era venuto in mente di dire quelle cose al Serpeverde? Godric, quanto era stupido. Pensava davvero di poter redimere Malfoy con un paio di frasette sul bene e sul male? Si sentiva patetico.

Ma aveva detto la verità. Tutti all'Ordine si erano opposti fermamente alla sua intenzione di testimoniare in favore di Malfoy, Harry però non aveva permesso a nessuno di fermarlo. Non dopo quello che aveva scoperto su di sé l'estate prima. Solo a pensarci gli venivano i brividi.

Ai mille perché che gli erano stati rivolti, lui aveva risposto semplicemente che era la cosa giusta da fare. Pietrificato sotto il Mantello dell'Invisibilità, avevo visto chiaramente quello che era successo alla Torre di Astronomia. Malfoy aveva abbassato la bacchetta. Era stato solo un'istante prima che arrivassero Piton e gli altri Mangiamorte, ma Harry aveva visto la paura nei suoi occhi. Lo aveva visto convincersi a lasciare Silente in vita.

No, non avrebbe permesso che l'altro pagasse per un solo errore. Harry stesso era stato manipolato per anni, poteva capire come ci si sentisse a far parte di un piano più grande di sé.

Non aveva raccontato a nessuno tutta la verità, nemmeno a Ron e a Hermione. C'erano delle cose che non riusciva a dire ad alta voce, non poteva mostrare a nessuno quella parte di lui che ormai lo spaventava più di qualunque altra cosa. Era stato costretto a mettere l'Ordine al corrente di una parte della sua scoperta, ma non era riuscito a raccontare tutto fino in fondo. Le visioni, gli incubi, l'odore di sangue nelle narici, il desiderio di uccidere... quelle cose se le era tenute per sé.

In realtà era stata proprio quella scoperta a convincerlo a dare a Malfoy una seconda opportunità. Se lui che portava dentro un male così grande poteva combattere per la Luce, perché non doveva essere concesso lo stesso al Serpeverde. Quello sguardo, quegli occhi grigi così carichi di disperazione... Harry aveva sentito solo il desiderio di salvarlo.

Si era sentito così impotente. Lui, il salvatore del Mondo Magico, non era capace di salvare se stesso, figurarsi gli altri. Ma forse... forse con Malfoy avrebbe potuto farcela.

La voce di Ron lo riscosse dai suoi pensieri. «Allora, ti va di andare in biblioteca?»

Harry distolse lo sguardo dal tavolo dei Serpeverde e si alzò. «Andiamo» disse solo, dirigendosi verso l'uscita.

 

 

***

 

 

La mattina dopo si svegliò comunque all'alba, ma si sentiva lo stesso riposato. Aveva bisogno di riflettere sul giorno prima, quindi decise di cercare un posto tranquillo in cui poter stare da solo. Solitamente gli altri studenti preferivano trascorrere la domenica in sala comune o a studiare in biblioteca. Dato che anche quel giorno c'era il sole, molti avrebbero deciso di stare all'aperto, come aveva fatto Draco la mattina precedente. Probabilmente il perimetro intorno al Lago Nero sarebbe stato gremito di gente.

Draco decise ugualmente di andare a controllare che il suo posto fosse libero. Prima di uscire dalla sala comune, Harper – il capitano della squadra di Quidditch – gli ricordò che quella sera ci sarebbero stati gli allenamenti, visto che i Grifondoro avevano prenotato il campo il giorno prima e i Corvonero per quella mattina. Draco lo ringraziò e si affrettò verso la Sala Grande.

Lo aveva sorpreso il fatto di essere riammesso in squadra, soprattutto senza più suo padre alle spalle a supportarlo. Harper era stato fino a un paio di anni prima il suo sostituto, poi aveva scoperto di essere più bravo come portiere che come cercatore ed era riuscito a farsi eleggere capitano. Draco era convinto che non lo sopportasse visto che la sua presenza in squadra gli aveva impedito di giocare un bel po' di partite, ma dedusse che nessun giocatore migliore si fosse presentato per ricoprire il suo ruolo quell'anno. Non che gli dispiacesse – anzi, aveva finalmente qualcosa che potesse distrarlo da quella situazione di merda –, semplicemente non se lo era aspettato.

Non voleva perdere troppo tempo a colazione per evitare che qualcuno occupasse il suo posto al lago, così affrettò il passo. Una volta arrivato in Sala Grande, fece di tutto per non voltarsi a guardare il tavolo dei Grifondoro. Non era ancora pronto ad affrontare quegli occhi.

Si sedette al tavolo Serpeverde in completo silenzio, dando le spalle agli altri tavoli. Si servì una tazza di caffè e del pudding e iniziò a mangiare. Poteva sentire alla base della nuca uno strano formicolio, la vaga sensazione di essere osservato. La mano con cui stava tenendo la forchetta tremò appena. Resistette alla tentazione di voltarsi per vedere se la sua supposizione fosse esatta.

Pansy e Blaise entrarono in quel momento. Draco si affrettò a tirare fuori un libro dalla borsa per fingersi impegnato. Non aveva voglia di affrontare le loro domande su come era andata la punizione e su Potter. Fortunatamente, la sera prima si era addormentato prima del ritorno dei suoi compagni e non era stato costretto ad affrontare Blaise. Il fatto che a cena né lui né Pansy gli avessero chiesto qualcosa non significava che avrebbero fatto lo stesso a colazione.

Si sedettero entrambi davanti a lui, ma – con sua sorpresa – non dissero niente. Stavano parlando tra di loro del tema per Difesa contro le Arti Oscure e di come il nuovo professore li stesse riempiendo di compiti per i M.A.G.O. A Draco non interessava, quindi continuò a fingere di leggere, girando una pagina di tanto in tanto.

Avvertiva ancora quella fastidiosa sensazione di essere osservato. Un brivido fece per attraversargli la schiena e Draco si irrigidì nel tentativo di nasconderlo. Non avrebbe fatto cadere la propria espressione indifferente, mai. Non voleva che qualcuno potesse provare a leggere nella sua testa.

«Perché Potter ti sta guardando?»

Draco sollevò la testa dal libro per guardare Pansy. Non girarti. Non farlo. «Non ne ho la più pallida idea» rispose, per poi rituffarsi col naso tra le pagine. Pregò che Pansy non insistesse e così lei fece. Si limitò ad alzare le spalle e a fare una smorfia. «Vabbè, tanto se ne sta andando.»

Non. Lo. Fare.

Draco contò fino a dieci, poi cedette. Si voltò giusto in tempo per vedere la schiena di Potter scomparire dietro la porta.

 

 

***

 

 

Lasciò cadere la borsa coi libri e si sedette sulla solita roccia. Faceva più freddo di quanto si fosse aspettato, soprattutto a causa del leggero vento gelido che si era alzato all'improvviso dal lago. Le sue acque scure si increspavano ad ogni folata, trasformandosi in piccole onde che si infrangevano sull'enorme masso su cui Draco si era posizionato.

Il giovane tirò fuori il libro di Difesa contro le Arti Oscure e lo appoggiò sulle cosce, utilizzando le gambe piegate come leggio. Aveva pensato di iniziare a scrivere il tema per compito, ma l'aria fredda gli aveva fatto cambiare idea. Si sarebbe limitato a leggere le fonti che gli servivano, in modo da poter tenere le mani al caldo sotto il mantello.

In realtà, la cosa migliore da fare sarebbe stata tornare al castello. Alcuni studenti si erano già arresi, avevano afferrato i propri libri ed erano corsi al riparo. Draco però non aveva voglia di affrontare la ressa che avrebbe sicuramente trovato in biblioteca, così strinse i denti e affondò il mento sotto il mantello, nel colletto del maglione.

Poteva sentire la pelle del viso seccarsi a causa del freddo, ma non se ne curò. Fosse stato un altro giorno, un'altra vita, si sarebbe sicuramente preoccupato che la sua bella faccia non si rovinasse; ma ora aveva cose molto più importanti a cui pensare.

A tornare indietro di un anno, all'estate prima che il Signore Oscuro gli desse l'ordine di uccidere Silente, Draco non si sarebbe riconosciuto. Non era solo la sua vita ad avere preso delle svolte inaspettate, lui stesso era cambiato più di quanto volesse ammettere. Non era sicuro che gli sarebbe piaciuto tornare alla situazione precedente a tutto quello – neanche allora era stato felice –, desiderava soltanto che le cose fossero più facili.

Perché doveva essere tutto così difficile?

Ai suoi mille tormenti, doveva aggiungersi anche Potter. Nella sua testa, quel nome continuava ad assumere sfumature diverse in base al momento. La sera prima aveva provato un sentimento sconosciuto, una sorta di senso di gratitudine, che mai avrebbe pensato di poter rivolgere all'altro. Si era sentito finalmente libero, come se un grosso peso gli si fosse tolto dal petto.

Ora che la notte era trascorsa, aveva avuto il tempo di riflettere a mente lucida su quanto Potter gli aveva detto il pomeriggio prima. Voleva davvero dimenticare anni di odio e vedere il Grifondoro sotto un'altra luce? Voleva abbandonare gli ideali di una vita intera solo perché l'altro gli stava offrendo la possibilità di farlo?

Non lo sapeva.

Però, sorprendentemente, ci stava sul serio riflettendo sopra. Solo un anno prima, davanti a un discorso del genere, formulato dal suo peggior nemico per giunta, ci avrebbe sputato sopra e non avrebbe esitato a sfruttare l'occasione per vendicarsi di quella mano rifiutata tanti anni prima.

Cosa doveva fare?

Non resistette all'impulso di afferrarsi la testa tra le mani. Odiava mostrarsi debole davanti agli altri, ma in quel momento erano in pochi coloro che avrebbero potuto vederlo. Gli altri studenti che avevano deciso di rimanere sul lago erano abbastanza lontani ed erano tutti piuttosto impegnati per notare proprio lui. E se anche lo avessero fatto, a quella distanza sarebbe sembrato che Draco fosse particolarmente concentrato su quello che stava studiando.

Suo padre era ancora chiuso ad Azkaban, sua madre in mano al Signore Oscuro. Anche se avesse voluto passare dalla parte dei buoni, chi avrebbe protetto loro? E soprattutto, ci sarebbe stato davvero qualcuno oltre a Potter disposto ad accoglierlo tra le fila della Luce?

Forse stava semplicemente fraintendendo tutto. Magari Potter aveva inteso tutt'altro con quel suo discorso. Aveva parlato di seconde occasioni, sì, ma non gli aveva rivolto alcuna offerta concreta. Probabilmente la sua mente aveva viaggiato troppo, nella tacita speranza di trovare una soluzione a quella situazione di merda.

Parlandosi chiaro, avrebbe mentito a se stesso se avesse affermato che in quel momento i suoi genitori non si trovavano in pericolo. Aveva deluso il Signore Oscuro, aveva fallito, e il fatto che Piton avesse portato a termine con successo il suo compito non aveva salvato lui e la sua famiglia dalla sua ira. Tremava ancora al ricordo di quegli occhi rossi, della gelida crudeltà che vi si poteva leggere dentro.

All'improvviso fece troppo freddo. La tentazione di alzarsi a cercare un angolo caldo e riparato divenne più intensa. Si strinse ancora di più nel mantello e avvolse le mani nel bordo del maglione per riscaldarle.

Era inutile continuare a rimuginare sulle parole di Potter, forse avrebbe dovuto parlarne con direttamente con lui.

Oh grandioso. Poteva sentire il suo cervello imprecargli contro. Parlare con Potter, sul serio? Cosa si aspettava di preciso, che l'altro si sedesse a bere un tè con lui e lo aiutasse a risolvere i suoi dubbi esistenziali? Ridicolo.

E se invece fosse stata davvero quella la soluzione a tutti i suoi problemi? Lasciare da parte l'orgoglio e abbassarsi a dialogare civilmente con Potter era una cosa così difficile da fare? Dopotutto era stato Potter il primo a confessarsi con lui, a confidargli cose che lui non era sicuro di voler sentire. I sentimentalismi e le stronzate annesse non facevano parte del suo essere Serpeverde, ma se per una volta farvi affidamento si fosse rivelata la cosa giusta da fare?

Prima che la sua mente potesse anche solo formulare il pensiero, il suo inconscio aveva deciso.

Si alzò velocemente e infilò con forza il libro dentro la borsa. Era quasi ora di pranzo, se si fosse affrettato forse sarebbe riuscito a beccarlo prima che scomparisse di nuovo insieme ai suoi amici.

Avrebbe ascoltato il suo cervello ridergli dietro più tardi, ora doveva trovare Potter.

 

 

***

 

 

Harry aveva avuto bisogno di una pausa. La sensazione di nausea che lo aveva colpito quella mattina non era ancora scomparsa e l'andamento oscillatorio che le lettere continuavano ad assumere davanti ai suoi occhi non lo stava aiutando affatto. Non voleva far vedere a Ron ed Hermione il suo malessere, quindi si era scusato e aveva detto di dover andare il bagno. Non era stata proprio una bugia, considerando che si sentiva come se avesse dovuto rimettere da un momento all'altro.

Ora stava girovagando senza uno scopo preciso nel corridoio. Sarebbe dovuto tornare in biblioteca entro pochi minuti, se non voleva che i suoi amici si preoccupassero. Negli ultimi tempi Hermione era diventata particolarmente apprensiva, soprattutto da quando avevano scoperto quella cosa. Da un lato, questo faceva sentire Harry amato; dall'altro, però, lo stava soffocando. I rari momenti che riusciva a trascorrere da solo gli sembravano una liberazione.

«Potter, aspetta!»

Si fermò di colpo e si voltò verso la voce che lo aveva chiamato. Vide una figura bionda venirgli incontro: Malfoy. Doveva averlo seguito di corsa, dato che aveva il respiro leggermente accelerato, e ora stava in piedi di fronte a lui. Harry aspettò che l'altro dicesse qualcosa, ma quando il silenzio superò il minuto si decise a parlare.

«Hai qualcosa da dirmi?» domandò spazientito. Non aveva intenzione di sprecare i suoi ultimi minuti di libertà a litigare. Un déjà-vu lo colpì all'improvviso. «Non vuoi colpirmi di nuovo, vero?» chiese, facendo un passo indietro.

Malfoy alzò gli occhi al cielo. «No, Potter.»

«Allora cosa vuoi da me?»

Harry osservò l'altro avvicinarsi e resistette all'impulso di andare via. Davvero, non voleva iniziare un'altra lite con il Serpeverde, non con il rischio di farsi assegnare un'altra punizione. Malfoy, però, si fermò a un passo da lui.

«Possiamo parlare?»

Harry non se lo era aspettato. In verità, non pensava nemmeno che si sarebbero mai parlati in modo quasi civile come avevano fatto il giorno prima. Non era sicuro di quello che il Serpeverde volesse dirgli; anzi, un po' ne aveva paura. Avrebbe potuto girare i tacchi e tornarsene in biblioteca, ma qualcosa lo spinse a fermarsi. Curiosità, suppose. Dopotutto era stato lui a iniziare quella faccenda durante la punizione. Continuava a chiedersi se non avesse fatto meglio a starsene zitto.

«Credo di sì» disse lentamente, osservando l'altro. Malfoy rimase impassibile, gli fece solo cenno di seguirlo dentro un'aula vuota.

Geniale, Harry, pensò tra sé e sé mentre si chiudeva la porta alle spalle. Seguire Malfoy da solo dentro un'aula vuota, quando pochi giorni fa ti ha quasi rotto il naso a suon di pugni. Geniale, dico davvero.

Zittì la sua voce interiore e guardò Malfoy sedersi su uno dei banchi vuoti. Fece lo stesso, posizionandosi dalla parte opposta della stanza. Mettere una certa distanza tra loro lo faceva sentire più sicuro, sia nel controllo delle sue emozioni che a livello fisico.

«Ehm...» iniziò quando fu evidente che l'altro non avrebbe parlato. Non ancora, perlomeno. «Cosa volevi dirmi?»

Malfoy lo fissò negli occhi per qualche secondo prima di parlare, sul volto un'espressione indecifrabile. «Riguardo a ieri, credo che tu mi debba delle spiegazioni.»

Si era immaginato una cosa del genere, anche se aveva sperato di sbagliarsi. Harry era sempre più convinto di aver rivelato troppo. Si era lasciato travolgere dal momento e aveva confessato tutto, nell'assurda speranza di poter cambiare le cose. Malfoy lo odiava – Merlino, gli aveva quasi spaccato la faccia! - e non sarebbero bastate certo due parole a fargli cambiare idea. Probabilmente stava per dirgli di lasciarlo in pace per sempre, oppure stava meditando di ucciderlo. Il che lo costrinse a zittire nuovamente la sua voce interiore dal dargli dello stupido. «Cioè?»

«Voglio solo sapere cosa intendevi con tutto quel discorso.» Malfoy fece una pausa. Harry aspettò in silenzio che continuasse. «Cosa erano tutte quelle stronzate sulle seconde opportunità e il resto? Cosa volevi dire?»

Harry corrugò la fronte, perplesso. Cosa voleva dire? Non gli sembrava di essersi spiegato male. Va bene che aveva la tendenza a farfugliare e che fare discorsi non era esattamente il suo forte, ma gli pareva di essere stato abbastanza chiaro. «Ehm, continuo a non capire.»

«Merlino, Potter!» ringhiò Malfoy, esasperato, passandosi una mano tra i capelli chiari. Sembrava che stesse cercando di riordinare le idee o di trattenersi dal mettergli le mani addosso. Harry non si sentì minimamente in colpa. «Era... era un'offerta?»

Le sopracciglia di Harry ora toccavano quasi l'attaccatura dei capelli. Cosa esattamente voleva sentirsi dire Malfoy? Fu tentato di chiederglielo direttamente, ma temeva che l'altro lo avrebbe strangolato. «Offerta?» disse lentamente. «Mi stai chiedendo se ti stavo offrendo di passare dalla parte dei buoni?»

«Sì!» Malfoy alzò gli occhi al cielo. Di nuovo. Harry lo trovava piuttosto irritante. «Per Salazar, Potter, hai intenzione di continuare a rispondere alle mie domande con altre domande? Devo farti uno schemino o pensi di riuscire a capire la comune lingua parlata?»

Harry stava per sorridere divertito, poi si ricordò che non doveva dare soddisfazioni all'altro. «Sei tu che non parli chiaro» rispose, facendo una smorfia. «Comunque... non so neanche io cosa era. Dipende anche da quello che tu vuoi che sia...» buttò lì con noncuranza.

«Ti rendi conto che parlare con te è snervante, vero?» Malfoy sospirò.«Senti, Potter, io voglio solo sapere che cosa significava tutto quel discorso. Non puoi uscirtene fuori così, all'improvviso, e aspettarti che io non sospetti come minimo un tiro sinistro.»

In effetti, Harry non aveva pensato che le proprie parole potessero essere interpretate in modo ambiguo. Aveva solo provato a essere... sincero? Come suo solito, non aveva riflettuto molto prima di parlare.

«Ho detto esattamente quello che volevo dire» rispose. «Tu sei libero di pensare e fare quello che vuoi, io mi sono solo limitato a rispondere al tuo giochetto. E no, non era un'offerta, per il semplice fatto che non ho mai pensato che potesse esserlo né che tu potessi anche solo rifletterci su; ma questo non cambia che non ti serve una mia proposta ufficiale se vuoi cambiare.»

«Non è così semplice!»

«Sì, lo è.» Un moto di irritazione colpì Harry. Malfoy forse non aveva avuto alcuna scelta l'anno prima, ma ora le cose erano cambiate. Gli era stata aperta una finestra su un mondo di nuove soluzioni, non era così complicato provare quantomeno a prenderle in considerazione. Era Harry quello condannato, non Malfoy. «Non sono la tua balia, Malfoy. Non ti devo dire io cosa fare. Se la tua vita ti fa tanto schifo cambia le cose, altrimenti tutto può anche restare così com'è.»

Malfoy incrociò le braccia sul petto e puntò lo sguardo su un punto imprecisato del pavimento. Sembrava che non volesse guardare Harry o che si fosse chiuso all'improvviso all'interno della sua mente per riflettere. I minuti trascorsero troppo lentamente, mentre un senso di impazienza si faceva strada in Harry. Mentre osservava in silenzio il Serpeverde, il suo cervello gli ricordò che aveva lasciato da troppo tempo la biblioteca e che probabilmente Ron ed Hermione era già sulle sue tracce. Stranamente però la cosa non lo colpì più di tanto: il desiderio di sapere come avrebbe reagito Malfoy era più forte della preoccupazione dei suoi amici.

Dopo quelle che gli sembrarono ore, Malfoy finalmente parlò. «Non è facile per me fare quello che sto per fare... quindi vedi di non fare lo stronzo.» Harry si fece più attento. «Dicevi sul serio quando hai detto che mi avresti dato una seconda opportunità?»

Harry annuì soltanto, senza parlare, per paura che l'altro si interrompesse e non continuasse.

«Io ho riflettuto su quello che mi hai detto sabato e, se è vero quello che hai detto, penso di poter – insomma – provare a cambiare le cose.»

«Cosa intendi?» gli chiese Harry, un po' confuso. Dopo il tribunale e il suo discorso del giorno prima, c'era stato un breve attimo in cui aveva quasi sperato che Malfoy si unisse alla loro causa, ma si era subito reso conto che si trattava di una fantasia irrealizzabile. Andiamo, era Malfoy, il suo rivale per sei anni, il razzista di merda che aveva chiamato Hermione 'sanguesporco' e che non perdeva occasione per insulare i Weasley, come poteva pensare che sarebbe mai passato dalla sua parte?

Eppure una parte di Harry, seppur piccola e ben nascosta nel suo inconscio, desiderava che la situazione cambiasse. Sperava di poter sentire Malfoy pronunciare poche e semplici parole, sentirgli dire che era disposto a schierarsi con lui. Questa volta non mise a tacere il suo cervello che gli dava del povero illuso. Era inutile autoconvincersi di una cosa che non sarebbe mai successa.

«Non aspettarti che cambi all'improvviso fazione,» iniziò Malfoy, come a voler dare ragione ai pensieri di Harry, «ma alcune cose possono cambiare, se anche a te va bene.»

La mano del biondo si sollevò lentamente e si tese tra di loro. Harry la guardò sconcertato domandandosi cosa avesse intenzione di fare. «Cos-»

«Aspetta, fammi finire. Io in realtà non so neanche perché lo sto facendo, ma... posso proporti una tregua?»

 

 

***

 

 

Harry sbatté gli occhi un paio di volte, incapace di parlare. Osservava la mano tesa davanti a sé con un misto di stupore e sospetto. «Uh...» Non aveva la minima idea di come comportarsi. «In che senso?» chiese, dandosi subito dell'imbecille. Che domanda idiota.

Malfoy doveva essere dello stesso parere perché ghignò. «Tregua, Potter. Sai cosa vuol dire o devo cercarti la definizione sul dizionario?»

«Lo so» rispose irritato. «Non intendevo questo. Volevo dire... mi stai chiedendo di essere tuo a-amico?» Le parole gli erano uscite a fatica dalla gola. Sembrava che il suo cervello non riuscisse a concepire un'idea tanto assurda, figurarsi formularla completamente. Lui e Malfoy amici, suonava così... impossibile.

L'espressione orripilata sul volto dell'altro gli fece intendere che probabilmente anche lui la pensava così. «Salazar, no. Tu sei Potter.» Lo aveva detto come se fosse una parolaccia. Harry provò a ignorare l'irritazione, ma sulla sua faccia il fastidio si impresse a chiare lettere. «Intendo dire che forse potremmo provare a smettere di odiarci.»

Ah. «Ma io non ti odio.»

Ed era vero. Erano successe troppe cose nell'ultimo anno e mezzo perché lui potesse ancora odiare Malfoy. Mal sopportarlo? Sì. Considerarlo un bambino stronzo e viziato? Sicuro. Ma provare addirittura dell'odio nei suoi confronti era ormai stupido. Non aveva senso infierire su qualcuno in difficoltà solo perché lo aveva tormentato per... quanti? Sei anni?

In effetti, pensò Harry, c'era ancora qualche sassolino che doveva essere tolto dalla scarpa, ma niente di così grosso da spingerlo a detestare l'altro. Sinceramente, con quello che stava accadendo nella sua vita in quel momento, voleva solamente essere lasciato in pace a sguazzare nella sua angoscia senza che nessuno gli rompesse le palle. Perfino stare con Ron ed Hermione stava iniziando a pesargli, figurarsi se aveva il tempo di odiare il Serpeverde.

«Oh...» Malfoy sembrava essere rimasto senza parole. «Comunque, potremmo provare a comportarci in modo civile. Accetti o no? Mi stanno venendo i crampi al braccio.»

Harry si era dimenticato della mano di Malfoy tesa verso di lui, in attesa di essere stretta. La sua mente volò a sette anni prima, al suo primo giorno di scuola. Malfoy aveva fatto la stessa cosa, ma allora Harry aveva rifiutato la sua amicizia. Non voleva essere amico di un piccolo bullo stronzo, non voleva avere niente a che fare con qualcuno che gli ricordava così tanto i suoi parenti babbani.

Ma gli anni erano passati, le cose erano cambiate. Malfoy sembrava cambiato ed Harry stesso lo era. Non erano più due undicenni, due ragazzini infantili, uno abituato ad avere tutti ai suoi piedi e l'altro desideroso di trovare un posto nel mondo. C'era una guerra in corso ora, c'erano morte e distruzione, forse un semplice gesto come quello avrebbe portato un po' di luce nell'oscurità.

Alla fine Harry prese una decisione. Ricordava il profondo desiderio di salvare Malfoy che aveva provato quell'estate, la speranza di poter cambiare una storia che sembrava già scritta.

Lentamente, sollevò la propria mano per stringere quella del suo ex rivale. Nel farlo, sentì uno strano calore avvolgergli il petto.

 

Continua...

 

 

 

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