Cremisi

di Dicembre
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 01 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 02 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 03 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 04 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 05 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 06 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 07 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 08 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 09 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 01 ***


Il sole era allo zenit e bruciava la terra, arida ed esausta. Tutt’intorno al villaggio, il deserto era l’unico padrone: per quante miglia a Nord e a Sud, Nyven non avrebbe saputo dirlo. Le case che erano sorte intorno a quell’unica strada che collegava Droà – la città del sud – con Epsèda – la città dell’est – erano per la maggior parte dell’anno disabitate. Erano terre troppo inospitali perché chiunque potesse pensare di fermarcisi. Solo in quel periodo dell’anno, solo durante la tratta degli schiavi, il villaggio si ripopolava. Gli schiavi che venivano venduti al Crocevia erano della miglior specie: forti e tenaci nel lavoro, domati e sottomessi nell’indole.

 

Nella strada principale era già stato montato il palco dove gli schiavisti avrebbero esposto la loro merce: molte delle persone venute apposta per affari si erano già radunate e aspettavano che il mercato aprisse.

Nyven guardò da sotto il palco gli acquirenti, per la maggior parte umani, alcuni di loro provenienti da luoghi molto lontani. Fissò per un po’ un gruppo in particolare: avevano il corpo e le mani coperti da molti strati di tessuto - la faccia persino - da un velo sottile che lasciava solo intravedere gli occhi. Nyven non ne aveva mai visti di così chiari, di un azzurro terso. Gli avevano raccontato che esistevano degli uomini con la pelle chiara e gli occhi azzurri, ma lui non li aveva mai visti. La sua pelle ormai era bruciata da anni e anni passati sotto il sole di Droà e i suoi occhi erano color dell’ambra. Si chiese se chi aveva gli occhi azzurri vedesse il mondo in maniera diversa, magari per loro il cielo era più blu e la terra meno inospitale.

 

Sentì le catene ai polsi tirare.

“Muoviti, ragazzo, tocca a noi” L’uomo che aveva parlato, Tocua, era il suo nuovo padrone. Continuò a tirarlo per le catene, nonostante Nyven stesse camminando, rischiando di fargli perdere più volte l’equilibrio. Questo gli sarebbe costato per lo meno venti frustrate e un giorni di digiuno, perché avrebbe sporcato i vestiti appositamente tenuti da parte per la tratta. E Nyven non si poteva permettere di saltare nessun pasto, né di ricevere ulteriori frustate. Sospirò, da tempo ormai non osava più guardarsi quella trama fitta di cicatrici che gli ricopriva la pelle del dorso. Il suo vecchio padrone si divertita a frustare i suoi schiavi ogni qual volta che perdeva al gioco.

E il suo vecchio padrone non era certo un buon giocatore.

Proprio a causa del gioco sconsiderato del suo padrone, Nyven era stato ceduto a Tocua: il mercante era di passaggio a Droà e s’era fermato nella taverna, dove il vecchio era ormai ubriaco e aveva terminato tutti i soldi portati con sé. Era stato sfidato, altezzosamente, da chi non sa riconoscere di non essere un buon giocatore, e aveva vinto. Il vecchio s’era visto costretto a pagare pegno con il suo miglior ragazzo, altrimenti avrebbe rischiato di passare qualche mese nelle segrete di Droà e magari di non uscirne vivo.

Tocua non era interessato a Nyven di per sé, come mercante di schiavi raramente si teneva qualcuno al suo servizio. Ma il ragazzo era bello e sicuramente avrebbe reso molto bene al Crocevia dove, se non per le sue braccia, avrebbe potuto essere venduto per il suo corpo.

E poi c’erano quei capelli…

I capelli del ragazzo erano davvero straordinari: neri corvini e lunghi fino alla vita, erano lucidi e brillanti come quelli di una ninfa, seppure Nyven non potesse certo né lavarseli né tanto meno oliarseli di frequente. Non sarebbero passati inosservati. L’unico dettaglio che Tocua non era riuscito a cambiare, erano le ciocche rosso carminio che inevitabilmente risaltavano, fra quella chioma nera. Aveva tentato di tingerle con del succo Alis, ma i capelli non si erano tinti, rimanendo del loro rosso acceso.

Tocua aveva rinunciato quasi subito, non voleva sprecare troppo denaro per delle tinture che non erano efficaci, inoltre – probabilmente – quella stranezza sarebbe piaciuta a qualcuno.

Nyven sarebbe di certo valso un buon prezzo.

Salirono sul palco in cinque. Nyven non conosceva bene gli altri, né sapeva come fossero finiti lì, ma non gli importava più di tanto. Preferiva non conoscere nessuno, non fare amicizia. Sarebbe stato venduto, non li avrebbe mai più rivisti. A cosa avrebbe giovato conoscerli? A nulla, questo il ragazzo l’aveva scoperto in tenera età.

Le catene ai polsi e ai piedi non gli permettevano grandi movimenti, ma non erano dolorose. Il cerchio al collo, invece, quello sì era pesante da sorreggere e, insieme al sudore, macerava la pelle sottostante. Entro sera, Nyven sapeva che avrebbe sanguinato e sperò che il suo nuovo padrone non lo punisse per essersi causato dei tagli freschi, prima dell’arrivo nella sua casa.

Nyven si chiese quali fra gli ormai tantissimi commercianti di fronte al palco l’avrebbero comprato. Forse gli uomini dagli occhi azzurri? O forse quelli laggiù, con le sciabole incrociate sulla schiena? O forse quegli altri, sicuramente abitanti di Droà, che non smettevano di fissarlo?

Tocua, intanto, faceva il suo dovere da grande oratore. A sentir lui, tutti e cinque i ragazzi erano i miglior schiavi che il Crocevia avesse mai visto: forti, sottomessi, ubbidienti e capaci. Fece loro aprire la bocca, per mostrare che tutti loro avevano denti e gengive sane – questo avrebbe alzato il prezzo perché molti schiavi avevano la bocca marcia. Da semplici infezioni, a gangrena che ne inficiava la capacità di parola, ne alterava i lineamenti del viso e spesso li uccideva.

Uno schiavo malato sono solo soldi buttati.

Colpì poi, uno ad uno gli schiavi nello sterno con un pugno, per dimostrare che non avessero malattie respiratorie, anche queste causa di gravi perdite da parte dei padroni.

Tocua stava procedendo all’esposizione delle mani e di come queste fossero abituate al lavoro, quando d’un tratto si fermo.

Nyven guardò stupito il proprio padrone, ma poi si accorse che il silenzio era calato in tutta la piazza. Solo i vento, che sollevava sabbia e polvere, continuava imperterrito a soffiare sul terreno

Poi un rumore di zoccoli e solo dopo qualche istante, Nyven vide chiaramente avvicinarsi un cavallo enorme e nero, montato da un cavaliere ammantato dello stesso colore. La bestia e il cavaliere erano così imponenti da sovrastare il palco.

Tocua guardò il nuovo venuto:

“Posso fare qualcosa per voi?”

Se il mercante fosse intimorito, Nyven non poteva dirlo: la sua voce e il suo aspetto risultarono perfettamente saldi. Il ragazzo capì che cosa avesse generato tutta la fortuna di cui Tocua si vantava spesso.

Il viso del cavaliere era completamente coperto dall’ombra del suo cappuccio, ma Nyven ebbe l’impressione che stesse scrutando attentamente tutti loro, finché non alzò il braccio e lo indicò.

La tunica che lo copriva cadde leggermente dal suo braccio e lo scoprì, rivelando al posto delle dita dei lunghi artigli bianchi.

Nyven sentì Tocua imprecare sottovoce e si spaventò. Se l’essere stato scelto da quell’uomo misterioso non l’aveva particolarmente turbato, il sentir Tocua perdere il suo sangue freddo sì. Un padrone valeva l’altro, bestie o umani, non faceva alcuna differenza. Ma Tocua non aveva mai perso la sua compostezza di fronte a nessuno…

Il cavaliere slacciò una borsa dal dorso del cavallo e la lanciò sul palco. Con l’urto i legacci si sciolsero e le monete – almeno mille  Auri – si sparpagliarono ovunque.

Alla vista di tutti quei soldi, la piazza fu pervasa di un brusio: nessuno schiavo vale quella cifra.

Tocua non poteva credere ai propri occhi e s’affrettò a liberare il collo di Nyven.

“E’ vostro” disse semplicemente, tradendo con la voce, tutta la paura e lo stupore che quel cavaliere ed il suo gesto avevano generato. Prese poi la Pergamena di Proprietà e vi appose la propria firma, per certificare che Nyven fosse stato venduto e non rubato. Il cavaliere afferrò il contratto, poi subito dopo il ragazzo e, come se fosse stata una piuma, lo sollevò dal palco e lo depose sul proprio cavallo. Non disse nulla, ma diede un buffetto al cavallo, che partì al galoppo.

 

Nyven sapeva che non avrebbe dovuto fare domande: se il suo padrone voleva che lui sapesse qualcosa gliel’avrebbe detto lui stesso, altrimenti non doveva saperla. Perciò si limitò ad aggrapparsi alla tunica nera del cavaliere e a chiudere gli occhi.

Cavalcarono tre giorni e tre notti senza sosta e senz’acqua. La temperatura diminuiva gradualmente, ma Nyven era così disidratato che, il pomeriggio del terzo giorno, non ce la fece più a rimanere aggrappato e sul dorso del cavallo.

L’urto con la terra non gli fece particolarmente male, voleva solo bere.

Poi svenne del tutto.

 

 

Riprese i sensi molto dopo, senza capire dove si trovasse. La vista era offuscata e i muscoli così intorpiditi da non riuscire a muoversi. Cercò di dire qualcosa, ma non riuscì a schiudere le labbra ed ebbe la sensazione di avere la lingua grossa e spessa, forse gonfia. Immobile anch’essa.

C’era del movimento intorno a lui, rumore di vetro sbattuto qua e là, passi affrettati: che si trovasse in una taverna? No, c’era troppo silenzio. Forse nella cucina di qualcuno. Il nuovo padrone si sarebbe di certo infuriato con lui, che non riusciva a muoversi. Riprovò, ma rimase immobile.

Riuscì però a distinguere chiaramente due voci.

“L’hai quasi portato qui morto! Irìyas ti avrebbe fatto la pelle!”

“Pensa alla tua di pelle, coniglio! E’ da troppo tempo che mi stai attorno e ancora respiri. Dovresti essermene grato”

L’altro borbottò qualcosa che Nyven non capì.

“Non è colpa mia se gli umani sono così deboli…”

“Ti avevo avvertito. Non te l’avessi detto… ma mi ero raccomandato! E poi, non sarà la prima volta che incontri degli umani!”

“E mi auguro sia l’ultima. Puzzano, sono incredibilmente fragili e certamente stupidi. Chi vanta un minimo d’intelligenza non si farebbe mai mettere quelle catene al collo e alle braccia”

Nyven girò leggermente il viso per vedere chi stava parlando. Riusciva a vedere solo uno dei due interlocutori, ma quando lo scorse del tutto si augurò di essere in un sogno, mentre ancora cavalcava dietro il nuovo padrone. Gli artigli bianchi alle sue zampe erano però l’evidenza che non stava sognando. Era la bestia che l’aveva prelevato dal Crocevia: un Lapdinare.

Erano creature di cui aveva solo sentito parlare e che certamente non calcavano il suolo di Droà. Avevano le sembianze di lupi, col pelo folto e scuro e gli occhi rossi che sembravano trasudare sangue. Camminavano eretti sulle zampe posteriori e usavano quelle anteriori come gli umani usano le braccia, ma all’occorrenza potevano mettersi a quattro zampe per correre così veloce da far nascere la leggenda che nessun occhio umano abbia mai potuto scorgere un Lapdinare correre. La loro forza fisica era nota in tutto il regno, lei stessa oggetto di numerosissime leggende. Nessuno poteva competere con loro, qualunque esercito avrebbe pregato per avere un Lapdinare fra le sue fila, ma i lupi non vengono mai sottomessi.

Nyven si chiese chi osasse parlare con quel tono ad un Lapdinare senza la minima preoccupazione di venire sbranato, per aver detto una parola di troppo.

Esisteva, quindi, qualcuno più potente e forte di un lupo?

Quando il ragazzo riuscì a vedere chi era la persona che parlava con quel tono ad un Lapdinare, sussultò per la sorpresa e questo avvertì i due che s’era svegliato.

“Per la Dea Terra, meno male s’è svegliato”

Il Lapdinare scrutò Nyven coi suoi occhi rossi: “Ce ne hai messo di tempo!” Poi gli diede le spalle. “Vado nella foresta, qui non servo più e non voglio perdere ulteriore tempo a discutere con un coniglio grasso”

Il lupo scomparve dalla stanza. Solo lo sventolio della tenda indicò a Nyven che era uscito dalla porta.

“Non è grasso” puntualizzò il coniglio guardando Nyven “E’ pelo” concluse poi massaggiandosi la pancia.

Un coniglio. Un Eclage per essere precisi. Alto probabilmente meno di lui, coi baffi e la peluria bianca intorno alla bocca, profonde rughe intorno agli occhi e degli occhialini da vista tondi sul naso rosa che continuava a muovere infastidito, come se gli facesse prurito.

Un Eclage paffuto e vecchio che parlava con quel tono ad un Lapdinare?

“Smettila di guardarmi come se avessi visto un fantasma! Non aver mai visto un Eclage non ti dà l’autorizzazione a guardarmi così, bamboccio di Droà. Non pensare che, siccome sono solo un coniglio, non possa tenere testa anche a te, perché ti sistemo io” disse agitando la zampa in direzione di Nyven “Così come sistemo quell’ arrogante di Mamim”

“Mamim?” Nyven aveva la gola così secca da avere dolore nel pronunciare le parole.

“Mamim, sì, il Lapdinare. Il lupo!” gli rispose l’Eclage come se stesse parlando con uno stupido. “Ma ora sbrigati perché il tuo nuovo padrone ti vuole incontrare”

Non era l’Eclage il suo nuovo padrone, dunque.

Non potevano essere fatte domande, né si poteva alzare lo sguardo, ma la curiosità di Nyven per quel posto era così intensa che indugiò a lungo con lo sguardo su quella stanza e sul coniglio di fronte a lui. Gli sarebbe costato qualche frustata, probabilmente, ma come poteva non guardare? Solo un attimo, poi abbassò lo sguardo, il buonsenso prevalse.

L’Eclage annuì, compiaciuto, ma non disse nulla, semplicemente lo aiutò ad alzarsi.

Solo una volta seduto, Nyven si rese conto di essere stato completamente rasato. Forse il suo nuovo padrone lo preferiva senza capelli, o forse erano troppo sporchi per essere presentati al suo cospetto

“Zir”

Il ragazzo non capì e guardò l’Eclage aggrottando la fronte.

“Zir” ripetè il coniglio infastidito “Mi chiamo Zir. Cosa vuoi fare, chiamarmi Eclage per tutta la vita? Vuoi che io ti chiami Umano per sempre? Non è mica piacevole sai?” L’Eclage agitò le zampe indispettito “Io ti chiamo Nyven tu mi chiami Zir, è facile no?”

“Sìsì” il ragazzo si affrettò a rispondere “Molto facile signore!”

“Niente signore, solo Zir. Il tuo signore ti sta aspettando, e non sarà certo contento se lo faremo attendere. Non è proprio l’uomo più paziente del regno”

Il coniglio gli fece cenno di seguirlo e Nyven  cercò di stare al passo. Le gambe erano ancora troppo intorpidite per correre, ma voleva evitare di dare un buon pretesto al proprio padrone per arrabbiarsi. Zir l’aveva chiamato uomo, quindi probabilmente il suo nuovo padrone era un umano. E questo rasserenò l’animo del ragazzo: troppe bestie ignote per volere che anche il nuovo padrone fosse una di loro. Gli umani lui li conosceva bene, non l’avrebbe colto impreparato. Sapeva come erano fatti, come parlavano e li capiva. In un certo senso, conosceva il suo padrone meglio di quanto conoscesse l’Eclage o il Lapdinare.

Servire qualcuno che si conosce rende la vita molto più semplice.

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Capitolo 2
*** Capitolo 02 ***


Capitolo Due

 

 

 

Le scale che Zir gli aveva indicato per raggiungere le stanze del padrone s’erano rivelate essere anguste, dai gradini pericolanti e malfermi, tanto che Nyven, dovette appoggiare le mani alle pareti più volte per non cadere. Ed erano infinite. Chiocciola dopo chiocciola, sembravano non terminare più. Finalmente, dopo almeno un’ora dall’inizio della salita, Nyven trovò una porta a fermargli la strada: probabilmente la porta d’ingresso.

In realtà era tutta diversa da come se l’era immaginata: era piccola e impolverata, in legno. Il chiavistello era divelto e il lucchetto arrugginito. Sembrava la porta di una cantina abbandonata, piuttosto che l’entrata alle stanze di qualcuno.

Aprendola scricchiolò e lasciò cadere anni di polvere e sabbia che probabilmente nessuno s’era mai dato la briga di pulire. Nyven iniziò a tossire, mentre quella nuvola gli imbrattava la pelle e gli penetrava negli occhi.

La stanza nella quale entrò era vuota, se non per del mobilio accatastato ad una parete e una cassapanca sulla parete opposta. Del suo padrone neanche l’ombra.

Nyven si chiese se, per caso, avesse sbagliato strada, ma subito scartò l’idea: non avrebbe potuto, le scale andavano in una sola direzione. Pensò che forse Zir lo aveva preso in giro, forse lo aveva mandato da tutt’altra parte.

Del resto, era l’unica spiegazione possibile, fra quelle quattro mura non c’era nessun padrone, né per altro avrebbe potuto vivere lì nessuno che si fregiasse del titolo di mago.

Si guardò un attimo intorno, indeciso sul da farsi, anche se la cosa più sensata gli apparve quella di tornare indietro e chiedere a Zir quale fosse la strada giusta per le stanze del padrone.

Guardò quel luogo per un’ultima volta, indugiando un po’ più a lungo sulla cassapanca. Non era un peccato lasciarla lì abbandonata, quando aveva tutta l’aria di essere di fattura pregiata?

“In effetti, è un peccato”

Nyven si girò di scatto verso la voce che aveva sentito provenire alle sue spalle, ma non vide nessuno. La porta malandata era come l’aveva lasciata.

Si girò di nuovo per vedere chi avesse parlato, ma la stanza era quadrata, non c’era luogo dove nascondersi.

“Mio signore?” Nyven mantenne la voce ferma, ma si avvicinò alla cassapanca. Che la voce provenisse da lì dentro?

Sollevò il coperchio e, di nuovo, udì la voce di prima, che rise.

“Mi credi così piccolo da entrare lì dentro?”

Nyven si spaventò all’udire di nuovo quella voce profonda così vicino a lui da sembrare gli stesse parlando all’orecchio. Lasciò andare il coperchio della cassapanca indietreggiando d’istinto. Dalla cassapanca si sollevò una nuvola di polvere.

“No…” rispose Nyven “No, mio signore… E’ che non la vedo”

“Certo che non mi vedi, non sono lì” disse l’altro “Tu piuttosto, perché sei laggiù?”

“Ho preso le scale che m’ha indicato Zir, signore” disse Nyven mortificato.

Era poco importante chi gli avesse indicato la strada, quando questa era sbagliata. Probabilmente il padrone era molto infastidito dal non vederlo ancora da lui.

Per un po’ la stanza ripiombò nel silenzio e Nyven non poté fare altro che girarsi intorno alla ricerca di quella voce. 

Era bassa e molto calda, ma lo terrorizzava.

Da dove proveniva? Sembrava che gli parlasse da vicino, ma lì non c’era nessuno. E sembrava gli parlasse da destra, o forse da sinistra. Ma all’inizio l’aveva pensata dietro di sé.

Quella voce era in tutta la stanza.

“Prendi quelle scale e vieni da me. In fretta”

Nyven si guardò in torno. Quali scale? Non c’erano scale in quella stanza

“Qu…” ma la voce lasciò il posto allo stupore. Di fianco alla cassapanca, Nyven scorse la sagoma di alcuni scalini. Si avvicinò per vederli meglio, prima era sicuro non ci fosse niente.

O forse sì?

Erano gradini trasparenti - difficili da vedere con un occhio distratto - che scomparivano oltre una piccola apertura sul soffitto. Li avrebbe notati se ci fossero stati prima…

Appoggiò il piede sul primo gradino per cominciare a salire le scale, ma di nuovo, si fermò stupito: il suo piede era zuppo d’acqua.

Nyven fece un passo indietro. I gradini non c’erano sicuramente quando era entrato nella stanza e l’acqua non può reggere il peso di un uomo. Che senso aveva che fossero comparsi dei gradini fatti d’acqua?

Nessuno, ma quella era l’abitazione di un mago, era altrettanto sciocco farsi così tante domande e non salire velocemente. Avrebbe ottenuto – come unico risultato – quello di fare arrabbiare il proprio padrone per il suo ritardo.

Eppure…

Si rese conto di avere paura, molta più paura di tutte le altre volte in cui aveva conosciuto un nuovo padrone.

 

Salì quelle scale d’acqua più lentamente di quanto avesse voluto, temendo, ad ogni scalino, di cadere. Eppure, gradino dopo gradino, l’acqua lo reggeva benissimo.

Arrivato in cima alle scale Nyven, non riuscì a trattenere lo stupore. Si ritrovò immerso in una foresta pluviale, dove – dall’acqua sulla quale camminava – crescevano alberi nodosi che s’intrecciavano a rami di altri alberi. Le foglie enormi e le liane che si tuffavano in acqua, impedivano di vedere se ci fosse qualcuno lì ad attenderlo, oppure se, ancora una volta, fosse arrivato nel luogo sbagliato. Alcune ninfee rosse e gialle galleggiavano vicino ai suoi piedi. Nyven si chinò per vederle meglio, ma all’incresparsi dell’acqua toccata dai suoi piedi, le corolle dei fiori si chiusero, in difesa.

“Le spaventi”

Nyven sussultò “Si… Signore?”

“Vieni avanti”

Il ragazzo fece qualche passo, senza avere idea di dove si stesse dirigendo.
Sentì un fruscio sopra di lui, probabilmente un battito d’ali.

“Segui i pesci, loro sanno dove mi trovo”

Nyven guardò l’acqua sotto di lui e vide numerosissimi pesci nuotare in un'unica direzione. Li seguì. Sperò di non dover fare troppa strada: era certo che le ginocchia non avrebbero retto molto più a lungo.

Poi i pesci scesero più in profondità, e Nyven non li vide più, ma non era necessario: il suo padrone era davanti a lui.

Il ragazzo chinò in fretta la testa.

“Mio signore…” cercò di mantenere la voce ferma “Scusate se l’ho fatta aspettare”

L’altro non rispose e lo squadrò, a lungo. Il silenzio si fece insopportabile quasi subito e Nyven spostò il peso da un piede all’altro, sperando che il rumore dell’acqua potesse alleviare quella paura ingiustificata. Non era la prima volta che si trovava di fronte ad un nuovo padrone, non era forse così?

Ma i rumori della foresta erano ovattati, l’acqua sotto i suoi piedi sembrava un’eco lontana. C’era il suo respiro, ma non era sufficiente a calmarlo. Non poteva parlare, perché non era stato interpellato, ma moriva dalla voglia di fare qualcosa – qualunque cosa – pur di sentire un rumore conosciuto.

Finalmente, l’altro parlò “Sei bravo a controllarti”

“Mi scusi signore?”

“Conosco altri che avrebbero parlato. Dunque è vero ciò che si dice del Crocevia Sud: gli schiavi sono davvero i migliori del Regno”

“Io farò quel che m chiederete di fare, signore”  

L’altro sorrise, ma Nyven, pur non guardandolo in viso, ebbe la chiara sensazione che quello fosse un sorriso di scherno.

“Sai leggere, ragazzo?”

“Conosco bene la lingua ufficiale del Regno, signore. So leggere il dialetto di Droà e capisco bene i dialetti dell’ovest, ma non so pronunciarli.” Nyven arrossì leggermente “Ho più volte provato, ma il mio accento è così forte che non venivo capito”

“E come mai uno schiavo conosce e sa leggere la lingua ufficiale?”

“Il penultimo…” ma poi Nyven si corresse, pensando a Tocua “Il terzultimo padrone era un cartografo, signore. Mi ha insegnato a leggere le mappe, a disegnarle. E con lui ho letto molti libri di esploratori e viaggiatori, per poter disegnare mappe complete”

Il mago annuì.

“E sei mai stato oltre i confini del Regno?”

“No signore, mai. Ma ho incontrato molti viaggiatori provenienti da ovest. Mai nessuno proveniente da est”

“Nessuno mai è andato o venuto dall’est”

“Ma ho sentito che Giqiath la Sagg…”

“Conosci Giqiath la Saggia?” lo interruppe il mago.

“Ho solo sentito dire che è una regina di un regno lontano, nell’est, signore. E che sia l’unica ad essere venuta sin qui… Non l’ho mai conosciuta, però”

Irìyas sorrise “E’ venuta qui trecento anni fa”

Nyven arrossì: “Non lo sapevo signore…”

La stanza ricadde nel silenzio e solo in quell’istante Nyven si accorse di non avere assolutamente idea dell’aspetto della persona con la quale stava parlando. La voce del suo padrone gli imponeva di tenere la testa china, impaurito in quella stanza d’acqua. Ma ora che il silenzio era tornato, il ragazzo osò guardare davanti a sé.

Irìyas sorrise.

Era seduto su una poltrona per metà immersa nell’acqua. Aveva un libro appoggiato sulle gambe che teneva accavallate e una mano appoggiata sul libro. La pelle era così chiara  che Nyven si chiese se fosse bianca.

Alzò ancora lo sguardo, osando arrivare fino al volto. I capelli nero corvini gli ricadevano sulle spalle e sul viso, nonostante fossero in parte legati. Gli occhi erano così verdi che Nyven si sentì in colpa nel guardarli apertamente, e subito riabbassò lo sguardo.

Esistevano, dunque, anche gli occhi color dell’acqua? Nyven, in vita sua, non ne aveva mai visti.

Forse s’era sbagliato, forse erano solo occhi celesti che, col riflesso dell’acqua intorno a loro, catturavano un po’ di verde.

Alzò di nuovo lo sguardo e non ebbe dubbi: erano verdi e, divertiti, aspettavano che lui facesse qualcosa.

“Signore…Posso farvi una domanda?”

“L’hai appena fatta”

Il ragazzo si zittì subito “Oh…”

Nyven spostò il peso prima su uno, poi sull’altro piede, cercando di trovare una posizione comoda fra quel disagio che dilagava.

Sentì il padrone sorridere. Sapeva benissimo lo stato in cui Nyven si trovava: non era propriamente paura, non era propriamente panico. In effetti, il ragazzo, non riuscì a capire esattamente cosa si agitasse nel suo animo.

Incomprensione. Per il suo nuovo padrone, affabile ma gelido. Non violento, a gesti o parole, ma apparentemente piuttosto aggressivo.

Fascino. Perché l’uomo di fronte a lui sembrava in estremo controllo di tutto quello che stava accadendo lì intorno, sapeva dove nuotavano i pesci e sapeva dove si trovava anche quando Nyven non era di fronte a lui. Ed era seduto su una poltrona immersa nell’acqua, senza peraltro essere bagnato.

“Sai perché sei qui?”

“Per servirvi” rispose prontamente.

“Sai perché ho preso te e non qualcun altro. Per quella cifra, a dire il vero, avrei potuto acquistare braccia ben più muscolose, più adatte ai lavori pesanti”

Nyven diede un rapido sguardo ai suoi muscoli che sapeva non essere molto grossi. Chinò il capo.

“Forse…” alcuni l’avevano voluto per il suo corpo. Ma non fece in tempo a finire la frase.

“Perché ti ho fatto rasare i capelli?”

Nyven scosse la testa “Erano forse sporchi?”

Il padrone sospirò, apparendo esasperato.

Appoggiò il mento su una mano e guardò Nyven a lungo. “Davvero nessuno si è mai accorto di niente?”

Il ragazzo alzò lo sguardo, confuso “Di cosa, signore?”

L’uomo seduto picchiò il palmo contro il libro in grembo, seccato.

“Che ignoranti! Ignoranti e certamente sciocchi!” disse stizzito. Poi si strinse nelle spalle “Tanto meglio. Questo agevola me”

Nyven era molto confuso.

“Non capisco, signore…”

“Irìyas”

“Cosa?”
”Chiamami col mio nome”

“Sì, sign…” Nyven s’ammutolì.

“Che cosa spegne il fuoco, Nyven, lo sai?”

Il ragazzo aggrottò la fronte “L’acqua”

Di nuovo si ritrovò quegli occhi verdi addosso. Irìyas indugiò un po’ su di lui e poi si alzò dalla poltrona. Prese un bicchiere appoggiato su un tavolo che Nyven non aveva notato prima e con questo raccolse un po’ d’acqua dal pavimento.

Indicò il camino – e ancora una volta Nyven avrebbe giurato che prima non c’era nessun camino nella stanza – e vi buttò l’acqua. Il fuoco si abbassò leggermente, ma subito l’acqua evaporò, lasciando nuovamente spazio  alle fiamme.

“Che cosa spegne il fuoco, Nyven, lo sai?”

 

***

 

sine nomine: Grazie davvero! La storia ha una fabula piuttosto complicata (alleggerita da un non tranto complicato intreccio), quindi non sarà un racconto "breve" (neanche infinito, ovviamente). Sono contenta che sin da subito ti siano piaciuti i toni favoleggianti, perchè quest'aura fra fantasy e favola piace tanto anche a me (la panciotta di Zir, poi, è così tenera XD). Baci

Dolceamara: Ciao!Come dicevo prima, i toni favoleggianti sono una caratteristica a cui tengo, per inframezzare meglio il fantasy canonico ad un'idea un po' diversa che vorrei sviluppare. E sono davvero felice che ti piaccia l'esordio e come scrivo. La "quantità" di recensioni non è uno sprone, non ti preoccupare. Leggere recensioni come la tua sì. E poi già ti adoro, per l'affascinante... Ahhh * /me gongola. Bacio

BarbaraG.: Che entusiasmo davvero. Grazie davvero. Spero che non scemi tutto subito e spero anche di risentirti presto (e sì, anch'io adoro il coniglio, così bisbetico!)

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Capitolo 3
*** Capitolo 03 ***


Nuova pagina 1

Capitolo Tre

 

Nyven non riusciva a smettere di guardarla.

La sua sagoma, a volte, si confondeva con l’acqua dell’ambiente, i lineamenti del viso sembravano appena accennati, eppure era bellissima.

Il ragazzo le si avvicinò lentamente.

“Sa benissimo che la stai guardando” la voce di Irìyas era un sussurro nel suo orecchio. Nyven si voltò spaventato, ma vide che il mago era distante.

Riportò la sua attenzione sull’Ancella.

Non avrebbe mai creduto possibile vedere un dio, invece lei era lì, di fronte a lui, intenta a fare qualcosa che Nyven non capiva.

Agli occhi umani appariva fatta d’acqua, trasparente. I capelli sembravano raccolti, ma a volte ricadevano pesantemente sulla spalle di lei, con uno scroscio.

 

Le Ancelle - divinità marine il cui compito era quello di raccogliere l’acqua del mare che cadeva ai confini del mondo, per poi rigettarla  nel Mare Interno ed evitare quindi che questa cadesse, lontano dalla terra - erano fantasticherie per alcuni. Irraggiungibili per i più. Le loro enormi giare in Cristallo di Vento, la loro bellezza eterna e sfuggevole erano la leggenda più antica di tutto il Regno.

Nyven non sapeva esattamente dove si trovasse il castello del mago e, di conseguenza, non aveva idea di quanto fosse vicino ai confini.

Il Regno toccava, in due punti,  la fine del mondo, dove il mare cadeva giù.

 

“Siamo vicini alle Colonne?”

“Non hai idea di dove ti trovi?”

Nyven scosse la testa: “No signore”

“Né perché un’Ancella si trovi qui”

“Questo lo reputo un miracolo…” disse Nyven arrossendo.

Irìyas sorrise all’ingenuità del ragazzo “Non esistono miracoli” poi tese una mano all’Ancella che smise di fare quello che stava facendo – Nyven non aveva idea di che cosa fosse – e si avvicinò al mago.

Sembrò sorridere e sembrò guardarlo negli occhi a lungo. Poi gli mise le braccia intorno a collo, lasciando le l’acqua bagnasse i suoi capelli corvini.

Lo strinse a sé e, in uno scroscio, scomparve, ricomparendo esattamente dove Nyven l’aveva vista all’inizio.

Era così bella…

“Siete bellissima” Nyven si sentì dire. Lei lo guardò e rise, divertita.

“Dovresti imparare a parlare ad un’Ancella”

“Signore?”

“Non puoi rivolgerti ad una dea come se ti rivolgessi ad un qualunque mortale”

Ma l’Ancella si avvicinò al mago con l’aria corrugata e Irìyas scoppiò a ridere

“Non è d’accordo” spiegò “ dice che il tuo complimento le ha fatto molto piacere” e poi rise di nuovo.

Nyven guardò il suo padrone, mentre questi era intento a parlare con l’Ancella. Sembrava così felice e rilassato, che il ragazzo osò, di nuovo, prendere la parola.

“Dove siamo qui, signore?”

“A Nord-Est, fra Tagorln ed Epsèda,”

Nyven sgranò glì occhi ripensando a Droà, dove da sempre era vissuto “Fin lassù…”

L’Ancella sorrise di nuovo divertita

“Le devi essere particolarmente simpatico, ma non confonderti. Lei” disse prendendo una mano della dea ed avvicinandosi al ragazzo “E’ un Ancella delle Colonne del Sud”

“Nel territorio di Droà?”

Iriyas annuì “Ed è qui per aiutarmi”

Fu in quel momento che Nyven si rese conto che la persona che aveva davanti non era semplicemente un mago bizzarro ed originale che si circondava di stranezze.

Chi poteva avere un’Ancella al proprio servizio?

Sebbene la dea sembrasse felice di essere lì, probabilmente di sua scelta, quale mago poteva sperare nell’aiuto di un dio?
Nyven guardò spaventato l’uomo di fronte a lui. Era un umano; la catenina d’argento che correva attraverso i suoi lobi indicava il suo rango, ma…

Nyven lo stava guardando con la bocca aperta.

“Chiudila” gli disse Irìyas aspramente “e rispondimi, che cosa spegne il fuoco?”

Nyven si scosse da quel torpore momentaneo, abbassando velocemente lo sguardo.

“Non lo so, mio signore” rispose, questa volta.

Il ragazzo ebbe la sensazione che il padrone sorridesse, ma se effettivamente lo fece non seppe dirlo. Non vide le sue labbra muoversi.

Non capì quindi se fosse un sorriso di scherno, di approvazione, di derisione oppure se fosse un’illusione della sua mente. Ma non ebbe il tempo per pensarci, Irìyas condusse l’Ancella per mano, sin dove aveva lasciato il suo lavoro e lo sollevò: una rete sottilissima appoggiata sull’acqua.

Ne staccò un pezzettino.

Protese il palmo verso Nyven: un frammento di una corda forse?

Ma quando Nyven vide che cosa il mago stava porgendogli sul proprio palmo, fu troppo confuso per dire qualcosa.

Un filo cremisi, inzuppato d’acqua, ma così brillante da apparire luminoso

“E’ un tuo capello”

E così dicendo, il mago buttò il filo nello stesso fuoco dove poco prima aveva buttato l’acqua.

Le fiamme crepitarono, si alzarono per un istante, ma poi Nyven sentì uno sbuffo, quasi una voce roca di chi non ha più fiato. Le fiamme si ripiegarono su se stesse, schiacciate e soffocate.

Si spensero quasi subito, le ultime braci si trasformarono in cenere.

Il rosso del fuoco scomparve.

“I miei…” Nyven si portò una mano sulla testa, completamente rasata.

“Ricresceranno, molto in fretta”

“Ma come…?”

“Com’è possibile?”

Nyven annuì

“I tuoi capelli soffocano il fuoco, qualunque fiamma, anche  ben più alta di quelle nel camino” Irìyas apparve estremamente serio “ E io devo spegnere un fuoco che non è mai stato spento prima d’ora”

Nyven fece per chiedere qualcosa, ma gli occhi del padrone gli impedirono di farlo. Per un istante, vi vide dolore e a lui, uno schiavo, non era permesso fare domande.

Un fuoco mai spento…

“E l’arte di una dea d’acqua” continuò Irìyas come se non ci fosse stata alcuna pausa fra i suoi pensieri “L’arte di un’Ancella, permette ai tuoi capelli di essere perfetti e pronti. Sta intrecciando con le sue mani una rete”

Il ragazzo fece un passo verso l’Ancella che, con mani esperte, stava tessendo i suoi capelli cremisi.

“Ma io ora sono…”

Nyven si rese conto di non avere più capelli in testa e, di conseguenza, di non essere più utile al padrone “Mi manderete via?”

Era davvero così triste al pensiero di andarsene?

C’era qualcosa di così affascinante in quel posto, che Nyven sperò di essere di qualche aiuto e di non essere costretto ad andare via.

Irìyas sorrise: “I tuoi capelli cresceranno in fretta, non ti manderò via” rispose, quasi avesse letto i pensieri del ragazzo “Sarebbe stato sciocco l'averti acquistato per quella cifra, per prendermi solo i tuoi capelli…”

“Oh…” Annuì Nyven sollevato “Che cos’altro devo fare?”

“Ora va’ a letto, tra poco avrai molto sonno… Domani torna qui, aiuterai l’Ancella ad intrecciare i tuoi capelli e aiuterai Zir in alcune faccende” A quelle parole, Irìyas rise divertito, come se gli fosse venuto in mente qualcosa di molto buffo “Zir non sarà per niente contento di dover badare ad un ragazzino…”

Nyven abbassò lo sguardo, non era certo così piccolo da aver bisogno di una balia, nè di un supervisore.

Non sapeva esattamente gli anni che aveva, ma sicuramente più di diciotto soli.

“Quanti anni hai ragazzo?”

“Non lo so signore. Da quando ho memoria, ho contato diciotto soli…”
”Quindi - più o meno - ne avrai ventidue, ventitre…”

“Sì, signore””

“E leggevi mappe…”

“Le disegnavo… anche... “
”Anche questo ci tornerà molto utile” aggiunse il mago annuendo “Ma ora va’, devi dormire”

Nyven esitò e Irìyas lo guardò negli occhi, obbligando il ragazzo ad abbassarli “Nel sonno, i tuoi capelli cresceranno di più”.

 

 

Quando Nyven alzò di nuovo lo sguardo si ritrovò di fronte alla cassapanca impolverata nella stanza vuota.

Non c’era alcuna traccia delle scale d’acqua, solo qualche granello di polvere che ancora svolazzava, dopo che il coperchio della cassapanca s’era chiuso bruscamente.

“Ma…”

Nyven non capì, s’era sognato tutto?

Sospirò, scrollando la testa.. Fece per fare un passo verso la porta – forse Zir l’avrebbe aiutato a capire – e solo in quel momento notò i suoi piedi zuppi

Il ragazzo era più confuso che mai, ma non gli venne dato il tempo di riflettere.

“Allora!” sentì una voce gridare “Torni su o vuoi l’invito scritto?” Zir stava urlando

“Arrivo!”

Non poteva farsi troppe domande, lui non era certo lì per avere risposte.

Che importava se non capiva il suo nuovo padrone?

Che importava se non riusciva a capire quel… quel luogo in cui era stato portato. Sarebbe stata la sua nuova casa e il mago il suo nuovo padrone.

Che senso aveva essere così confuso?
Eppure Nyven non riusciva a mettere in ordine i pensieri che si affollavano nella sua mente e, neanche, riusciva a farli tacere.

 

La vecchia porta impolverata era aperta, le sale che portavano da Zir erano tutte in salita: ma non era forse salito per raggiungere quello sgabuzzino?

Sospirò.

Avrebbe impiegato molto tempo per capire quella casa e il suo nuovo padrone.

 

 

Il coniglio lo stava attendendo, picchiettando  le dita sulla parete

“Guarda che la prossima volta non ti aspetto!”

“E’ che…”

“Sìsì, lo sgabuzzino, ma potevi comunque fare prima”

“Ma io non…”

“Non capisci, certo. Cosa vuoi capire, il primo giorno”

“Sì, però…”

“Niente però, devo farti vedere la stanza, o vuoi dormire nello sgabuzzino da basso?”

“Ovunque and…”
”Certo ovunque. Vuoi che ci creda? In quella topaia impolverata non ci starei neanche legato”

“Dove…”

“Dove dormirai? Nella tua stanza, ovvio!”

Nyven sospirò all’ennesima interruzione. Non avrebbe cavato molte informazioni da Zir, quella sera.  Tentò allora di cambiare strategia, mentre cercava di stare al passo del coniglio che quasi correva

“Il padrone?”

“Il padrone cosa?”

Aveva sperato Zir completasse anche quella frase

“L’ho incontrato”

“Certo che l’hai incontrato”

“In una stanza d’acqua”
”Mica pensavo l’avessi incontrato nello sgabuzzino”

“Ma come…. “

Al che Zir si fermò di colpo e si girò a guardare Nyven, spingendosi gli occhiali contro il naso

“Non cercare di capire quello che non puoi capire, ragazzo. Non così presto. Il consiglio che ti posso dare io è quello di osservare, se vuoi capire. Nessuna domanda – qua dentro – porterà ad una risposta chiara, perché non esiste nessuna risposta certa.”

Zir guardò il ragazzo negli occhi “Ci sono molte faccende complicate e forze coinvolte di cui meno sai e meglio è. Fa’ ciò che ti compete, ma cerca di…” poi s’interruppe scuotendo la testa, quasi si fosse ricordato di qualcosa.

“Cosa pensi di Irìyas” chiese dopo un attimo

Nyven esitò, ma non i suoi occhi. Gli era apparso inquietante e gli era apparso forte. Gli era apparso terribile e pauroso, ma anche bello. Gli era apparso affascinate. Gli era apparso irraggiungibile, ma soprattutto voleva rivederlo, voleva parlare di nuovo con lui, per capire esattamente che cosa stesse pensando di Irìyas.

Vedendo l’esitazione del ragazzo e la sua bocca leggermente aperta, ma priva di parole, Zir scrollò le spalle, apparendo sconsolato.

Riprese a camminare, ma non disse più una parola: lo sguardo di Nyven era stato sufficiente per dirgli tutto.

 

***

sine nomine: sono contenta che ti piaccia *_* In effetti, non voglio dare molto a "vedere" le motivazioni sottese di uno o dell'altro personaggio. Voglio costruire i loro caratteri e le loro ambizioni piano piano. Penso che sia molto più coinvolgente, per chi legge. Anche se, devo ammettere, più complicato per chi scrive. Per quanto riguarda Irìyas e la sua caratterizzazione. Vorrei renderlo stizzoso, arrogante, ma non per questo fastidioso o antipatico. E il suo essere bello mi aiuta molto. Spero di risentirti, anche ora che c'è l'obbligo di registrazione per le recensioni ^_^

Dolceamara: Ciao ^_^/ In effetti, devo essere sincera, alcuni capitoli sono più pregni di altri. Probabilmente per quello che hai detto tu, il punto di vista di Nyven confonde lui, ma allo stesso tempo, confonde la visione di chi legge. Inoltre le variazioni di ritmo mi servono perchè mi aiutano a creare un'atmosfera di incertezza. L'incedere di ognuno dei personaggi vorrei che fosse un po' frammentato. Grazie mille per la tua recensione, baci. A presto.

BeautifulKirja: Benvenuta e grazie per il commento. Spero che il prosueguo del racconto ti coinvolga altrettanto ^_^

BiGi: L'ambientazione di questo capitolo era fondamentale, Irìyas doveva entrare in scena in modo piuttosto teatrale (è un teatralone, alla fine XD). Questa cosa della registrazione piace poco anche a me ._.

Erika Dreven/Aphrodite: Oh che onore. Davvero hai cominciato a scrivere dopo Hiruseki? /me arrossiche. E' l'unica fanfiction che ho scritto impegnandomi davvero. Poi ho subito abbandonato il genere, ma a lei tengo tanto. Cremisi è di genere diverso, ma se il fantasy ti piace, benvenuta a bordo! (la panciotta di Zir è troppo morbida °_°). Nessuna noia dalle chiacchiere, figurati. Anzi, spero di risentirti quanto prima, perchè mi ha fatto proprio piacere.

 

Un bacio a tutti.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 04 ***


Nuova pagina 1

La stanza era angusta e buia.

Non c'erano finestre, le pareti erano gocciolanti. Probabilmente si trovava in uno scantinato.

C'era anche odore di muffa.

Nyven non si ricordava come mai si trovasse lì. S'era svegliato e s'era ritrovato lì dentro, con le spalle appoggiate alle pareti che trasudavano umidità.

Il ragazzo aveva le gambe così pesanti che parevano fisse, ancorate al pavimento.

Nyven respirava affannosamente

"Che cosa ci faccio qui?"

Nessuno rispose e nonostante la stanza fosse piccola, la sua voce rimbombò.

"Padrone?"

Ancora nessuna risposta, la voce si perse dopo una piccola eco.

Tastò la parete per cercare una via d'uscita, ma le gambe gli cedettero e cadde a terra carponi. Sentiva male, le membra pesanti non rispondevano al suo volere. Si trascinò e cercò di rialzarsi.

"Padrone?" Nyven si accorse di essere nel panico.

Perchè era lì?

Che il padrone l'avesse rinchiuso lì perchè aveva fatto qualcosa che non doveva?

Nyven non ricordava nulla.

A tentoni, continuò a tastare il muro per cercare una via d'uscita.

Il buio era così intenso che Nyven non riusciva a vedere oltre la propria mano.

"C'è qualcuno?"

Ma ancora una volta, nessuno rispose.

D'improvviso apparve una fiammella laddove Nyven era certo non ci fosse altro che una parete di mattoni.

“Chi è?” Il ragazzo era terrorizzato, ma immobile “chi è” ripetè.

Ancora silenzio.

La fiammella s’ingrandì e divenne un falò.

Nyven si schiacciò contro la parete che non era più umida, stava diventando sempre più calda. Si scostò per paura di bruciare.

Le fiamme ormai divampavano, alte e crepitanti

“C’è qualcuno? Per favore, rispondete”

Ma non ci fu risposta. C’era silenzio, nonostante il fuoco. Non si sentiva alcun rumore.

Nyven si accorse che vicino a dove si trovava, la parete della stanza era interrotta da una piccola fessura: che fosse la via d’uscita?
Appena la fiamma si accorse che il ragazzo si stava dirigendo verso quella apertura, avvampò.

Nyven la guardò con gli occhi sgranati ed ebbe la netta sensazione che anche lei fosse lì a guardarlo, con le pupille dilatate, rosso cremisi.

“Chi sei?”

Ma la fiamma non aveva voce. Solo occhi ardenti.

Nyven raggiunse la fessura. C’erano delle scale strette, a chiocciola. Sembravano l’unica via d’uscita. Il ragazzo esitò: la fiamma non voleva che lui scappasse, la fiamma lo voleva lì per lei.

Ma fu l’esitazione di un istante, Nyven le girò le spalle e corse, con le sue gambe di nuovo leggere.

Ci fu un boato, quasi un’esplosione e la stanza prima fatta di mattoni solidi si frantumò sotto l’ira del fuoco.

Nyven si ritrovò a scappare dalle fiamme che lo inseguivano, lo rincorrevano, sempre più velocemente…

Le scale sembravano infinite, chiocciola dopo chiocciola… e il fuoco era lì, a lambire la sua pelle. Se Nyven si fosse fermato sarebbe stata la fine.

Il cuore in petto gli batteva all’impazzata.

Che cosa ci faceva lì?
E che fuoco era quel fuoco vivo che lo rincorreva e minacciava di reclamarlo e bruciarlo nel suo calore?

Il silenzio di prima era stato rimpiazzato dall’affanno di Nyven e dalla rincorsa delle fiamme che crepitavano.

Sembravano ululare.

C’erano scalini, troppi scalini e il caldo era atroce, ma Nyven non poteva fermarsi.

Le pareti intorno a lui crollarono definitivamente, bruciate come fossero carta.

 

Nyven si svegliò di soprassalto, madido di sudore gelido. Era nella sua stanza, ai piedi del letto. Nello stesso posto dove s’era addormentato la sera prima.

 

* * *

 

Nell’aria c’era odore di pane appena sfornato e forse anche di tè. Sì, te alla vaniglia…

“Pane, tè alla vaniglia…” Nyven biasciò, con la bocca impastata, credendo di trovarsi in un  altro sogno

“E ciambelle al latte ripiene di marmellata di ribes. Inoltre zuppa di uova e mele…”

Nyven spalancò gli occhi

“E tante altre cose. Quindi se ora vuoi fare la grazia di alzarti… Ma non dovevi essere un gran lavoratore?”

Zir lo stava guardando con severità.

Nyven si affrettò a mettersi in piedi

“Sì, signore, certo signore” disse non riuscendo a scrollarsi di dosso il torpore che sentiva “Io…”

Ma Zir lo interruppe.

“Basta ciance. Non so perché Irìyas pretenda che sia io a prendermi cura di te, giacché potrei occuparmi di compiti ben più alti e nobili” disse con tono petulante “ma è lui che dà gli ordini qui dentro. E sebbene mi senta di argomentare il più della volte, questa volta no” scrollò le spalle, parlando fra sé e sé “chissà poi perché”

“Il padrone…”

“Sì, è il padrone ad avermi mandato qui, non ti svegliavi più! Dobbiamo fare tantissime cose questa mattina, non possiamo perdere altro tempo. Ma prima devi mangiare”

“Posso anche…”

“No che non puoi non mangiare! Sei a digiuno da cinque giorni!”

In effetti, Nyven aveva così fame che faticava a reggersi in piedi. Il suo stomaco brontolò.

“Visto?”

“Cinque giorni…Non capisco”

Zir  battè due volte le mani e un piccolo animaletto – un castorino – entrò con un vassoio enorme, stracolmo di cibo.

Nyven strabuzzò gli occhi al castoro, ma tutto fu dimenticato – l’animale e il suo sonno di cinque giorni – di fronte a tutto il cibo che gli avevano portato.

“Pos…”

“Fa’ in fretta”
Zir non riuscì a finire la frase che il ragazzo aveva già mangiato mezza ciambella al cioccolato amaro.

“Che modi! Dovremo lavorare anche su quelli…”

Zir andò a rovistare nell’armadio del ragazzo.

“Devi indossare vesti pesanti. Non sei abituato a questo clima, né per altro hai un bel pelo folto come il mio, avrai freddo…”

Si girò verso Nyven e sospirò, sorridendo, d’improvviso.

“Hai dormito cinque giorni, ragazzo. Il padrone ti ha fatto dormire per cinque giorni di fila perché i tuoi capelli crescono di più quando dormi” e con la zampa indicò la testa del ragazzo.

Si sistemò gli occhiali sul naso e appoggiò dei vestiti sul suo letto, non distogliendo lo sguardo da Nyven che lo guardava ancora assonnato.

“Dobbiamo andare al mercato, avrò tempo e modo di parlare con te, finalmente”

“Parlare con me?”

“E’ evidente che non stai capendo niente di quello che succede. Non sai perché sei qui, non sai dove qui sia, non sai perché i tuoi capelli siano così importanti… Ma queste sono tutte domande di poco conto. Quello che non sai è in cosa sei stato coinvolto”

Nyven aggrottò la fronte, aspettando che il coniglio continuasse a parlare.

“Non lo saprai da me. L’unico che ha il diritto di parlarne è Irìyas. Deciderà lui cos’è meglio fare. Io, semplicemente, cercherò di non farti fare delle sciocchezze”

“Delle sciocchezze?”

Zir mosse il naso, come se gli facesse prurito. I baffetti  s’arricciarono e lui, con la zampa, tentò di lisciarli.

“Non ne vogliono proprio sapere di stare a posto…”

Nyven sorrise.

“Non pensare, ragazzo” lo ammonì Zir “ che a me interessi di te. Non cadere nell’errore che qui la tua vita sarà diversa. Solo perché non è come quella che hai vissuto finora, non significa necessariamente che sarà diversa. Tu sei qui perché sei utile, nessun altro motivo. Non dare fastidio, non disturbare e fa’ bene il tuo dovere. Non ti verrà chiesto altro. Ma questo è ciò che si pretende”

L’improvviso cambiamento di tono del coniglio aveva stupito Nyven. Quell’aria simpatica e un po’ scorbutica che aveva intravisto all’inizio era, d’improvviso, scomparsa.

Il ragazzo annuì.

Del resto, non s’aspettava nulla di più, non avrebbe disturbato e sarebbe stato il più utile possibile.

Zir lo fissava.

“Irìyas…” disse poi quasi soprappensiero “Irìyas ha riso quando t’ha visto dormire” e con la zampa indicò il tappeto dove Nyven aveva passato le notti precedenti.

“Perché non hai dormito sul letto?”

“Pensavo fosse il letto di qualcun altro…In una stanza così grande…”

Il coniglio scosse la testa: “E’ la tua stanza, e quello è il tuo letto. Nell’armadio ci sono i tuoi vestiti e quella sul tavolo è la tua colazione. “

Nyven si guardò intorno “Io non ho mai avuto niente di mio, pensavo…”

“…di dover dormire ai piedi del letto?”

“Pensavo semplicemente che qualcun altro avrebbe dormito sul letto – il padrone forse – e che io dovessi dormire per terra. Non sarebbe stata la prima volta che accadeva. Anzi” Nyven si strinse nelle spalle “ero molto felice di poter dormire su un tappeto”

Zir si avvicinò a lui, togliendogli di mano l’involtino che Nyven pareva essersi dimenticato di mangiare “Sbrigati a vestirti…”

Lasciò che Nyven cominciasse ad indossare quello che lui gli aveva messo sul letto prima di ricominciare a parlare. “Era da tanto che Irìyas non rideva così di gusto. Eppure, quando ti ha visto dormire per terra, avvolto dal tappeto per ripararti dal freddo, è scoppiato a ridere. In effetti eri buffo, lui però non rideva così da tantissimo…”

Nyven avrebbe voluto chiedere perché, ma sapeva che Zir non gli avrebbe dato alcuna risposta esauriente.

Finì di vestirsi con quel pensiero in testa.

E stranamente contento di aver fatto in qualche modo felice il padrone.

 

 

Vide per la prima volta il casello, quando il carro si stava allontanando per dirigersi verso il mercato.

Nyven s’era stupito quando, per muoversi, Zir gli aveva detto che avrebbero usato un semplice carro trainato da cavalli. Forse ancora coinvolto dalla visione dell’ancella, s’era aspettato qualcosa di insolito, surreale. Quei giorni passati lì facevano apparire il Crocevia un luogo visitato anni fa, ma l’idea del carro lo rassicurò. Qualche cosa, anche in quel luogo così diverso da quelli che conosceva, funzionava in maniera consueta.

Il castello sembrava fuoriuscire dalla roccia, in parte costruito su di essa, in parte incastonato. Era imponente. In effetti il ragazzo non era in grado di dire se quello di fronte a lui fosse un castello… forse di più un palazzo, o una villa.

Nyven scosse la testa.

Si trovava persino in difficoltà nel capire che cosa avesse di fronte: non avrebbe certo avuto vita facile.

Il palazzo era isolato, intorno la vegetazione era lussureggiante.

“Non ci abita nessuno qui intorno?”

“Irìyas è più che sufficiente. E gli abitanti di casa sua sono, a parer mio, fin troppi”

Nyven allargò gli occhi: “E’ che sembra un posto piuttosto solitario…”

“In realtà, come vedrai, la città non è molto distante. Inoltre, tieni anche presente che abita un Lapdinare in quelle stanze”

“Non capisco”

“Questo perché non lo conosci. Ma Mamim non accetterebbe di vivere in nessun altro luogo abitato se non lì. I Lapdinare sono la specie che più d’ogni altra ha necessità di sentirsi libera. E la città tende a dare un certo senso di costrizione…”

“Ma tu non hai mai paura?”

“Di vivere qui?”

“ Di Mamim”

Zir sorrise: “Avrei paura se non ci fosse”

Nyven lo guardò meravigliato, senza parlare per un po’, mentre i cavalli galoppavano verso il mercato, poi riportò la sua attenzione sul palazzo che piano piano si allontanava.

I capelli che gli erano cresciuti fino alle spalle gli davano fastidio alla vista e cercò di tirarseli via dagli occhi.

“Certo che sono cresciuti proprio in fretta…”

“Stasera te li taglierò”

“Il padrone m’ha detto che gli servono per spegnere il fuoco. Un fuoco che persino lui non riesce a spegnere…”

Zir non spostò le sua attenzione dalle redini che aveva in mano.

“Ho visto ben poco, devo ammetterlo. Ma da quello che ho visto, il padrone deve essere un uomo estremamente potente… Com’è possibile che lui non abbia l’arte di spegnere il fuoco?” Nyven continuò a parlare, sperando che Zir lo aiutasse nel suo ragionamento “All’inizio, quando m’ha detto che aveva bisogno dei miei capelli per spegnere il fuoco, ho semplicemente pensato che il padrone non avesse il dominio sugli elementi naturali. Un mio vecchio padrone, che si vantava di conoscere le arti magiche, mi disse che non tutti i maghi sono uguali e che non tutti hanno il controllo sulla natura. Però di certo il padrone ha un perfetto controllo sull’acqua, tanto da poter dare ospitalità persino ad un’ancella…” Nyven lottò ancora una volta coi suoi capelli “Quindi ho pensato che il fuoco a cui il padrone si riferiva fosse un altro tipo di fuoco, ma francamente io non conosco nessun altro tipo di fuoco che il fuoco stesso” rise per la sua frase “Forse sto parlando un po’ troppo…”

Zir scosse la testa “Continua. Sono curioso di sapere fin dove ti sei spinto.”

“Non molto più in là, a dire il vero. Poi mi sono addormentato” Nyven allargò le braccia, come ad indicare che  il sonno fosse stato più forte di lui

“Questa mattina però ho capito che il padrone deve avere molta fretta. Mi fa dormire per far sì che i miei capelli crescano prima, stasera vuole già che siano tagliati… Evidentemente ne ha bisogno il più presto possibile”

Zir sorrise: ”Sei molto sveglio, quasi troppo per un pivello di Droà”

Nyven fece una smorfia di dissenso: “Non sono così piccolo! Ma, un momento” disse poi cambiando completamente voce ed espressione “hai detto il padrone ha riso quando m’ha visto?”

“Così ho detto”

“E’ venuto nella mia stanza?”

“Com’era suo diritto fare”

Nyven capì d’essere stato frainteso “Certo, certo! Lo chiedevo per capire il motivo…”

“Pensi che... ?” chiese il coniglio in modo allusivo

“O no, no” si affrettò a dire il ragazzo, stranamente imbarazzato “Voglio dire, il padrone può fare quel che vuole…” ma si rese conto di aver peggiorato la situazione. Avvampò “Insomma, intendevo…”

“Per parlare”

“Che cosa?”

“Il padrone è venuto in camera tua per parlarti”

“Ma non hai detto che dormivo?”

“E questo cosa c’entra? Non ho detto che ti aveva cucito la bocca”

“Ho parlato nel sonno?”

“Molto, devo ammettere”

Le guance del ragazzo divennero ancora più rosse. “Chissà che cos’ho detto”

“Niente di disdicevole, se è questo che ti preoccupa. Ma il padrone ha sicuramente capito che ti deve piacere molto”

Nyven guardò Zir con la bocca aperta, per un attimo non seppe che cosa dire. “In che senso?”

“In che senso…Che senso può esserci in quello che ho appena detto?”

“In che senso mi piace il padrone: l’ho visto solo qualche minuto”

“Ad Irìyas non serve altro per farsi amare o odiare. Il tempo, qui, viene scandito in modo diverso da come sei abituato. E poi non dimenticarti che hai parlato molto, col padrone. Magari sei rimasto affascinato dalle sue parole”

“Ti sbagli. Ho rispetto per il padrone, e mi piace” disse scandendo ogni sillaba del verbo “perché ho incontrato altri padroni e lui, sicuramente, è uno dei più gentili. Ma non so altro. Inoltre non ho il diritto di avere altre opinioni, né sul padrone, né sul posto dove sono stato portato. Ciò che penso deve e dovrà sempre essere sfumato.”

Il coniglio guardò il ragazzo. “Voi umani siete ben strani…”

“Gli schiavi sono diversi dagli essere umani”

“Su questo devo darti ragione”

 

Svoltato l’angolo le orecchie a punta del coniglio e quelle di Nyven furono investite dai rumori del mercato, dai chiassi delle bancarelle.

 

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Nota dell'autore: In realtà il "sogno" che c'è all'inizio del capitolo avrebbe dovuto essere separato dal capitolo stesso (così è nella versione "originale"). In pratica, mi sembrava troppo striminzito per considerarlo un vero e proprio aggiornamento. Ci saranno altri sogni e forse mi comporterò diversamente, ma questa volta che il capitolo 4 è già pronto, ho preferito addentrarmi in fretta nella storia ^_^

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Francesca Akira89 Sono contenta che la storia ti incuriosisca ^_^ In realtà, la intro iniziale io l'ho sempre considerata un piccolo sunto di quel che avverrà, ecco perchè forse ti sembra che ho anticipato troppo. Anche se la storia è davvero più articolata  ^_^ (e spero che continui a piacerti). Nyven sembra un bamboccio perchè non capisce niente di quello che gli sta succedendo (povero °_°). Ma per il personaggio che è, non potevo farlo troppo piccolo...

Majo: Ciao ^_^/ In effetti, il punto di vista estremamente soggettivo ha dei grossi impicci da cui devo sempre districarmi (non rimarrà sempre così), ma in fondo, il mondo nuovo è presentato al lettore così come è presentato a Nyven. La sua prospettiva m'è sembrata quindi la migliore ^_^ Un bacio

silencio/Sine Nomine: Oh che bello, rieccoti! Davvero, ero preoccupata che ti dileguassi fra i lettori senza volto. Ed invece, eccoti qui *_*. Sì, la casa, il mago... Bene o male la maggior parte degli abitanti di queste terre hanno un che di bizzarro (per usare un eufemismo), Irìyas poi è un misto di strafottenza, ai limiti dell'arroganza da una parte, estrema correttezza e alti ideali dall'altra...Non un personaggio facile (neanche da scrivere e descrivere °_°)

BiGi: Stressami pure, non puoi che farmi piacere XD. L'acqua che cade giù, in effetti, non è una mia idea XD. All'inizio mi sono fatta qualche remora perchè l alternanza delle stagioni e un ciclo solare difficilmente potevano implicare una terra piatta (senza gravità). Ma poi mi sono detta "E' un fantasy, stai facendo parlare un coniglio, la terra piatta è il meno" XD

Aphrodite: Ciao cara ^_^/ Puoi immaginarti Zir come meglio credi. In effetti un po' Bianconiglio è. Anche se non così cronicamente in ritardo. XD Di dove sono? La parte italiana di me (metà) è di Milano. Vivo un po' lì e un po' in Inghilterra. Ma se hai notato un'inflessione dialettale, è sicuramente lombarda (mia nonna parla solo dialetto ._. Si capise lei e lei). Un bacio

Vocedelsilenzio Ciao. Sono davvero contenta di trovare una tua recensione (due tue recensioni, a dire il vero).E ancora più contenta che Cremisi ti incuriosisca. Odierei cadere nel banale, e mi rendo conto che sia molto semplice farlo. La storia è strutturara e impostata su una base tridimensionale e "storica" (sai quanto questo mi piaccia), perciò uno dei miei intenti era proprio quello di creare un racconto originale.

 

Un bacio a tutti.

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Capitolo 5
*** Capitolo 05 ***


Capitolo Cinque

 

 

Nyven era già stato in posti affollati.

Il mercato di Droà si diceva essere il più grande del Regno. Quando ancora abitava lì, cercava di scapparci ogni qual volta che il suo padrone non aveva bisogno di lui, per mangiare di datteri ricoperti di cacao e yogurt per cui lui andava matto: i dacaio.

Il mercato di Droà era stracolmo di gente, di chiasso. Gente che vendeva alimenti, altri vendevano tessuti, altri vesti, altri ancora souvenir. Spesso si faceva fatica a camminare, tante erano le persone.

 

Il mercato davanti a sé, quindi, non lo stupì per la sua grandezza, né per la folla. Nyven ne rimase semplicemente accecato. Il sfavillio della maggior parte delle bancarelle, delle vesti e delle tuniche femminili, dell’acqua del lago che riverberava il sole, crearono per un attimo l’illusione che tutto brillasse di luce propria.

Tagorln è famosa per i suoi gioielli e per la sua seta luminosa”

“Luccica tutto…”

Zir rise, arricciando il naso: “Ogni plenilunio arrivano dalle contee vicine, dai laghi, e da tutte le terre circostanti,mercanti d’oro, di seta e di gioielli e rimangono qui fino alla notte di luna nuova”.

“Dobbiamo comprare gioielli? O forse venderli?”

Zir rise di nuovo

“Certo che no. Dobbiamo comprare dei vestiti per te, dobbiamo comprare questi” disse agitando un foglietto fra le zampe “per Irìyas e prendere un libro”

“Prendere?”

Nyven fu interrotto dal grido di una donna. In mezzo alla folla, non distinse chi aveva gridato.

“Si è fatta trovare prima del previsto”

“Cos..”

Ma Zir era già sparito, lasciando Nyven solo sul carro che era accostato e legato ad una staccionata.

“Zir, dove sei?”

Il coniglio sembrava scomparso, mentre la folla davanti a lui era troppo indaffarata a correre verso la propria bancarella, o verso il proprio carro, per badare un un ragazzo che cercava un Eclage.

C’è n’erano altri, molti altri. C’erano conigli, c’erano uomini, c’erano ballerine..C’erano troppe persone.

Che cosa fare? Dove andare?

Di nuovo sentì, sopra le grida del mercato, il grido di una donna.

D’istinto Nyven indietreggiò.

Aveva paura, in quel mercato stracolmo di gente, si sentiva solo.

Una vecchia macilenta gli si avvicinò. Era piccola e gracile, le sue gambette ricurve spuntavano grinze da sotto una gonna che non gliele copriva tutte. Portava sulle spalle un cesto pieno d’erba. E aveva i capelli bianchi e arruffati a raggiera, intorno a qual viso grigio di vecchiaia.

Lo indicò: “Perché sei qui?” gli chiese “Tu porti sventura!”

Nyven corrugò la fronte “Io…”

“Tu porti sventura!” questa volta la vecchia gridò, con la stessa voce che Nyven aveva sentito poco prima.

“E’ lei signora che ha gridato…”

“Perché sei qui?”

“E’ lo schiavo di Irìyas” Nyven fu contento di vedere che il coniglio era ricomparso

La vecchia si girò di colpo, stringendo i pugni “Non sa cosa si sta portando in casa!”

“Lo sa meglio di te”

La vecchia gridò, senza dire niente. Poi riprese fiato “C’è il fuoco…E’ cremisi, il colore del fuoco che non può essere spento”

“Vecchia hai portato quel che dovevi portare?”

“Portami da Irìyas”

La vecchia non lo chiese, e Zir arricciò il naso, senza rispondere.

Nyven si chiese come mai il coniglio stesse esitando e chi fosse quella vecchia. Cercò di intervenire

“Non poterò sventura” era una frase sciocca. Era una frase davvero sciocca, ma gli venne naturale. Perché avrebbe dovuto portare sventura? Forse semplicemente perché i suoi capelli avevano proprietà particolari?

Semmai avrebbe dovuto aiutare il padrone. Lui di certo non …

“Che ne vuoi sapere?” le gambette della vecchia tremarono “Che ne vuoi sapere tu, marmocchio!”

“Basta. Irìyas sa quello che fa”

“Irìyas è arrabbiato. Portami da lui”.

Inaspettatamente Zir non replicò, si sistemò gli occhi sul naso e indicò il carro.

La vecchia, però, invece di salire come Nyven si sarebbe aspettato facesse, si mise a gridare, farfugliando qualcosa, lo afferrò per un polso e lo trascinò con sé, nella folla.

Camminava molto veloce per la sua età e il ragazzo, confuso, non potè fare altro che seguirla.

Arrivò ad una piccola tenda, sul lato di uno dei mille corridoi del mercato e vi entrò, trascinando con sé anche Nyven.

“Questo è il libro…” disse prendendo un tomo impolverato sopra una pila di coperte.”Questo libro può avere qualche risposta…Prendilo”

Nyven allungò il braccio, ma appena toccato la copertina, Nyven ritrasse la mano.

La vecchia sorrise.

“Il colore del fuoco…”

Ma Nyven s’intestardì, afferrando il libro dalle mani della donna. La sua mano bruciò leggermente, ma nulla di più.

Nessun dolore, nessun fuoco

“Io non porto nessuna sventura!” la voce del ragazzo sembrò una rassicurazione per se stesso.

Lui non portava nessuna sventura. Lui era un semplice schiavo che voleva compiacere il suo padrone. Non avrebbe mai fatto niente contro quel padrone che gli parlava nel sonno, che lo vestiva e lo nutriva come un ospite.

Non avrebbe mai voluto portare sventura.

Alzò gli occhi dal libro, per guardare la donna. Lei non c’era più. Nyven si guardò intorno. La tenda era vuota, il vento faceva tremare le pareti, ma a parte lui, con Nyven non c’era nessuno.

Si sentì debole e, d’imporvviso, scoraggiato.

Si sentì molto solo.

Pensò di essere sciocco: la donna aveva evidentemente detto una stupidaggine, era lei ad essere pazza, non lui ad avere sbagliato.

E anche se si sentiva terribilmente in colpa in quell’istante avrebbe solo dovuto accantonare quella sensazione evidentemente sbagliata.

Non c’era alcun motivo per sentirsi in colpa.

Si sedette per terra, con il libro fra le mani. La sua copertina era ammuffita ai bordi, le pagine all’interno non sembravano perfettamente rilegate, le une alle altre.

Nyven ripulì la copertina con le mani, per togliere lo strato di polvere che la ricopriva.

C’era un rubino incastonato al centro della copertina: nessun titolo né autore. Solo una pietra.

Nyven aprì il libro, ma anche sulle pagine interne non c’era scritto niente.

Era un libro completamente bianco.

 

 

A tramonto il castello riverberava di arancio.

Nyven aveva tenuto il libro stretto per tutto il tempo del viaggio e Zir non gliel’aveva chiesto, né gli aveva rivolto più la parola.

Il ragazzo aveva provato a chiedergli chi fosse quella donna anziana, ma Zir era parso non ascoltarlo.

Anche in quel momento, Zir sembrava sovrappensiero

“Devo portare il libro al padrone?”

“Tu che cosa ci fai qui?”

Nyven non si era accorto del’arrivo di Mamir, ma si ritrovò il Lapdinare davanti, coi denti digrignati.

“Cosa?”

“Smettila Mamir, il ragazzo ha avuto una giornata difficile oggi…” disse Zir come se anche lui fosse stato scosso dal torpore nel quale era caduto

Ma Mamir sembrava irritatissimo: “Sei andato al mercato, hai incontrato la Bianca e sei ancora qui?” afferrò Nyven per la spalla e lo scosse, ferendogli la pelle con gli artigli “Sei davvero uno così privo di nervo da tornare qui? In catene?”

“Adesso basta…”

Mamir spinse Nyven che perse l’equilibrio e si ritrovò il Lapdinare addosso, con le zampe che gli schiacciavano il petto

“Che cosa..?” Che cosa aveva fatto?”

“Non provi imbarazzo e ribrezzo per te stesso?”

Nyven si sentì soffocare, portò le mani sulle zampe del Lapdinare per cercare di liberarsene, ma fu tutto inutile.

“Cosa..?”Cercò di dire, ma Mamir lo lasciò andare

Gli occhi rossi gli brillavano, i canini erano esposti: trasudava rabbia e disprezzo. E apparentemente tutto quell’odio era rivolto contro di lui

“Basta Mamir, che cosa t’aspettavi?” Nyven s’era dimenticato della presenza di Zir

“Che scappasse. Nulla di più e nulla di meno. C’era il mercato, c’era la strega. C’erano tutte le condizioni perché tentasse di scappare… Eppure eccolo qua, docile e stupido, col suo libro in mano”

“Perché sarei dovuto scappare?” Mamir, di nuovo, gli si avvicinò pericolosamente

Nyven indietreggiò

“Sei un codardo. E sei uno schiavo. E per questo i disprezzo” Si girò di colpo. Il giardino fu attraversato da un soffio di vento e apparve Irìyas.

“Zir ha ragione, la giornata è stata difficile per il ragazzo”

Mamir sbuffò, ma continuò a guardare Nyven “Se non avessi padroni così potenti, ti avrei ucciso. Non meriti niente di ciò che ti viene dato”

Irìyas gli fece un cenno e il lupo, finalmente, sembrò abbandonare la sua rabbia immotivata, per avvicinarsi al mago. Gli disse qualcosa in una lingua che Nyven non conosceva e Mamir annuì, andandosene.

“Non prestargli troppa attenzione, è un Lapdinare, è naturale che si comporti così”

Nyven annuì e il coniglio lo guardò con uno sguardo compassionevole “Devi solo abituatici”

Nyven annuì di nuovo.

Abbassò lo sguardo e notò fra le sue mani, il libro che gli aveva dato la vecchia del mercato.

Lo porse con mani tremanti al padrone.

“Questo è per voi, la vecchia…” gli si spezzò la voce senza che potesse farci niente.

“So tutto” Irìyas prese il libro dalle mani del ragazzo “L’hai lasciato con la Bianca?”

Zir si sistemò gli occhiali “Se l’è preso lei, a dire il vero. Sembrava piuttosto sconvolta”.

Il coniglio raccontò quello che era successo al mercato.

Irìyas sorrise, con quel sorriso di chi sta ascoltando una storia di cui sa già la fine

“Arrabbiato, dunque? Io sono molto arrabbiato. E se è vero che Nyven portarà sventura, che la porti. Ciò che conta, ora, è catturare Gyonnareth.”

“Col libro abbiamo fatto un grosso passo avanti”.

Il mago lo aprì e scorse le prime pagine come se stesse leggendo qualcosa. “E’ perfetto”

“La Bianca vorrà la sua ricompensa”

“L’avrà, ma a suo tempo. Non credo abbia dimenticato ciò che lei deve a me”

Il coniglio sorrise “Dubito potrebbe mai dimenticarsene. Credo che con la fine del mercato, torni sui laghi. Sarà semplice andare da lei”

Irìyas annuì e s’incamminò verso il suo palazzo, e Zir con lui.

Nyven rimase lì, immobile, completamente dimenticato da tutt’e due.

Prima che se ne rendesse conto, Nyven si ritrovò col viso inondato di lacrime e in singhiozzi.

Non capiva assolutamente nulla di tutto quello che gli era capitato.

Il mercato, tutte le sue luci…La vecchia e il suo gridare. Mamir che lo aveva aggredito, con così tanto odio.

C’era stata una piccola speranza in lui: che una volta tornato a casa, Irìyas gli avrebbe spiegato qualcosa, o che per lo meno Zir avesse speso qualche parola per rassicurarlo o, se non altro, per fargli capire cos’era successo quel giorno.

Ed invece non c’era stata neanche una parola. Il senso d colpa che l’aveva sfiorato al mercato quand’era stato accusato di portare sventura, la paura per Mamir, lo sconcerto nel vedere la vecchia …

Possibile che nessuno gli volesse parlare?

Sentiva troppi dialoghi che non capiva, succedevano troppe cose che doveva fingere di non vedere.

“Irìyas” si ritrovò ad implorare in un giardino vuoto. Il sole era calato e il padrone era lontano. Avrebbe potuto scappare, ma non voleva farlo. Voleva correre, voleva gridare, ma soprattutto voleva che il suo padrone lo prendesse per mano e lo rassicurasse. Poteva ben tollerare le ferite fisiche e non badare a quelle emotive: nessun padrone aveva mai scalfito quel lato del suo carattere perché mai era stato coinvolto.

E nemmeno in questo caso lo era, se non che quella confusione e quel senso di colpa assolutamente ingiustificato sembravano testimoni del contrario.

Se anche solo il padrone l’avesse guardato un istante, prima di prendere il libro ed andarsene, forse ora Nyven non avrebbe pianto.

Maledisse i suoi capelli che l’avevano portato lì e continuò a piangere da solo.

 

***

silencio: Sono contenta che l'ambientazione ti piaccia. mi piace creare contrasti, oltre a creare un mondo descrivendolo, ma non facendo pesare le troppe descrizioni (e sì, casa di Irìyas piace anche a me XD). Nyven ha un ruolo un po' passivo, per ora. E' naturale, caratterialmente e per esigenze di copione, è troppo spaesato per prendere in mano la situazione. Del resto, è anche vero che sarebbe noioso se tutto fosse come sembra. La Bianca, per esempio, non la pensa come te  ^_^

Vocedelsilenzio: Ti ringrazio molto. Quando scrivo ho un'immaginazione molto "visiva" (tant'è vero che non mi vorrei definire "scrittrice", quanto " racconta storie") perciò descrivo e riporto quel che vedo. Ecco perchè da alcune parto sto attenta ai colori, altre volte al dettaglio, altre ancora a nulla, perchè il personaggio, magari, è troppo agitato per "vedere". Sono contenta di sapere che tutto questo porta a un buon risultato (Nyven che dorme per terra era un obbligo XD).

BiGi: Non sei l'unica, evidentemente, che pensa che Nyven nasconda qualcosa, tranne Nyven stesso °_° Grazie per i complimenti.

Un bacio a tutti.

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Capitolo 6
*** Capitolo 06 ***


Nuova pagina 1

Capitolo Sei

 

 

C’era un piccolo balcone, in camera di Nyven, che sporgeva sul lago. Gli intrecci che ne delimitavano il perimetro sembravano rampicanti vivi, nonostante fossero in marmo. La balaustra era sufficientemente larga per sedersi: Nyven scoprì presto che quello era il posto che preferiva in tutto il palazzo.

Quanti giorni erano passati dal mercato?

Un paio, secondo il ragazzo, ma probabilmente molti di più. Non aveva visto più nessuno, se non qualche piccolo castorino che, di tanto in tanto, gli portava da mangiare. Altrimenti, la maggior parte delle volte, si trovava il cibo già pronto: doveva solo allungare la mano e mangiare. Era troppo stanco per fare altro.

Sospirò, più dormiva e più i suoi capelli crescevano. Il padrone lo faceva dormire sempre. Non era annoiato dalla cosa, il torpore che aveva addosso era così profondo che sapeva non avrebbe avuto la forza per fare altro. Inoltre non poteva permettersi di essere annoiato, quando il suo dovere era semplicemente quello di fare ciò che Irìyas gli aveva detto di fare.

Forse, semplicemente, si sentiva un po’ solo.

Sospirò di nuovo.

Aveva le gambe accovacciate e il mento appoggiato alle ginocchia. I suoi capelli gli lambivano le orecchie e si disfacevano al soffio del vento. Probabilmente tra un po’ avrebbe dormito di nuovo.

Guardò verso il basso, anche l’acqua del lago era increspata dal vento: pareva che non ci fosse anima viva né lì né fin dove il suo occhio arrivare.

Forse non si sentiva solo, forse, semplicemente, si stava adattando a quell’atmosfera di solitudine e pace che circondava quel luogo così poco abitato. E pensare che a poca distanza da lì c’era un mercato traboccante di vita…

Gli venne in mente nuovamente la vecchia e le sue parole.

Una voce in lui gli diceva che l’avrebbe incontrata nuovamente. Non sapeva dove, né quando, ma l’avrebbe rincontrata e lei gli avrebbe spiegato le sue parole.

Sventura… Come può portare sventura qualcuno che non fa niente e non dice niente. Nyven eseguiva solo quello che gli veniva richiesto, la sua volontà era quella del padrone. La sventura viene se chiamata, lui di certo non l’avrebbe fatto.

Si chiese anche se il padrone fosse nuovamente venuto a parlargli. Si augurò di no… o forse di sì.

La compagnia del padrone lo inquietava, ma ugualmente avrebbe voluto ricordarsi delle cose dette, e non parlare con lui solo nel sonno.

Al terzo sospirò, Nyven scese dalla balaustra del balcone, stanco di sé.

Non gli era stato impedito di uscire dalla sua camera, era inutile quindi segregarsi volontariamente.

Decise di andar a cercare Zir. Nonostante il carattere un po’ scorbutico del coniglio, l’Eclage era quello che gli aveva sempre dato una risposta e che, più di ogni altro, s’era preso cura di lui.

Camminò lungo il corridoio, sapeva che era inutile tentare di ricordarsi quale fosse la strada che l’avrebbe riportato da Zir: l’architettura del palazzo era in continuo mutamento.

In effetti, non avrebbe saputo neanche dire dove potesse trovarsi Zir.

Si diresse dove gli parve più ragionevole dirigersi: scese una scalinata che lo portava ad un enorme anticamera dai soffitti altissimi. C’era una porta a vetri enorme che dava su un patio che Nyven non aveva mai visto – sorrise al pensiero: quante cose non aveva visto di quella casa! – quando un rumore catturò la sua attenzione.

Si diresse verso una porta chiusa, di legno. Il rumore si ripeté. Poteva  essere il rumore di qualcuno che sistemava delle posate, o forse dei piatti. Nyven si ricordò che il giorno in cui era stato portato al palazzo, Zir era intento a sistemare alcuni barattoli in una bacheca. Spero di aver trovato la stanza del coniglio.

Si affacciò dalla porta, cautamente, in parte curioso e in parte intimorito di chi  o cosa – avrebbe potuto trovare in quel luogo.

Si guardò intorno: una cucina. C’erano pentole appese ai muri, cucciai e mestoli che pendevano dalla cappa sopra il tavolo al centro della stanza.

E c’era Irìyas. Nyven s’immobilizzò.

Il mago leggeva qualcosa, sostenendosi la testa con una mano e con l’altra giocando con una ciocca di capelli. Per un istante sembrò una persona qualunque che stava leggendo un libro.

Il suo volto era calmo e attento, Nyven si ritrovò a fissarne i lineamenti e a curiosare lungo il collo e i capelli corvini che risaltavano sulla camicia bianca..

Non avesse saputo chi era, Irìyas gli sarebbe parso un poeta intento a rileggere un suo scritto, con le sopracciglia leggermente corrugate e attente, nella cucina di una casa di campagna. La luce giocava col rame delle pentole, colorando l’aria di un colore tenue e morbido.

Nyven ringraziò la sorte che l’aveva condotto lì.

“Non entri?” la voce di Irìyas non spezzo il silenzio, semplicemente lo accompagnò.

Nyven si studì di non sussultare.

“Preferisci rimanere lì immobile a fissarmi?”

Senza accorgersene Nyven arrossì.

“Mi piace” disse il ragazzo in un filo di voce. Gli piaceva rimanere lì a fissarlo? Gli piaceva cosa? Chi?

Ma entrò nella cucina, cercando di non far rumore.

Irìyas gli indicò uno sgabello vicino a lui.

“Volevi mangiare qualcosa?”

“No, signore. Mi annoiavo in camera e …” Devi stare attento” sorrise Irìyas “ rischi di perderti” Nyven abbassò gli occhi imbarazzato: “A dire il vero, signore, è da quando vivo qui che mi perdo in continuazione”

“L’altra sera m’hai chiamato Irìyas, perché non lo fai più?” c’era pura curiosità nella voce del mago, e Nyven s’irrigidì di colpo. L’aveva sentito piangere, e l’aveva sentito pronunciar il suo nome in quel modo troppo intimo per poterselo permettere.

“Scusatemi”

“Non scusarti, ti ho chiesto io di chiamarmi per nome”

“Ma…”

“La giornata al mercato dev’essere stata molto complicata per te…”

Nyven si lasciò ingannare da quel tono pieno di comprensione. Non avrebbe dovuto e lo sapeva, perché un padrone non è mai comprensivo senza un motivo. Ma Irìyas, in quella luce di rame, coi suoi occhi verdi mai visti prima era troppo seducente perché Nyven non ci credesse.

“Lo è stata.” sospirò “A dire il vero non è la prima volta che vengo accusato di qualcosa che non ho fatto o che non capisco. Ma quella donna… La Bianca…” Scosse la testa alla ricerca delle parole

“Imparerai che la Bianca dice spesso cose che non hanno senso alle orecchie di chi ascolta”

“La rivedrò ancora?”

Irìyas sorrise e non rispose. Indicò il cesto al centro del tavolo.

“Prendine una” e lui stesso mangiò una delle sferette color ambra che lo riempivano.

“Che cosa sono?”

“Acini di uva d’oro”.

Nyven ne prese in mano uno, guardandolo “E’ trasparente”

“Mettilo in bocca”

Nyven obbedì. Il succo era dolcissimo e fortemente alcolico. Irìyas scoppiò a ridere alla smorfia di stupore e felicità del ragazzo.

“E’ buonissima”

“Mangiala pure”

Nyven non se lo fece ripetere due volte.

“Posso chiedervi una cosa, signore?”

“Di nuovo, l’hai appena fatto. Chiedimi pure quello che vuoi”

Nyven si mise una mano fra i capelli, leggermente a disagio per la sua goffaggine.

“Chi è Gyonnareth?”

“Perché me lo chiedi?”

“Perché avete detto che l’importante per voi è catturarlo e…”
”Hai buona memoria, è un nome complicato da ricordare”

“Lo ricordo perché la Gyo è il suffisso per…”

Irìyas lo interruppe: “Conosci molto bene la lingua ufficiale”

“Ricordo di aver letto un libro a riguardo, a Droà. E quindi ho capito bene. Volete catturare…”

“Esatto” Lo interruppe di nuovo e sorrise, enigmatico.

Gyonnareth, un drago.

A quella nuova certezza, Nyven fermò la mano a metà strada fra il cestino d’uva e la sua bocca, impietrito. Non capiva né sapeva tante cose. Ma catturare un drago non solo era estremamente pericoloso e probabilmente impossibile, era anche blasfemo.

Irìyas rise di questa sua reazione

“Vi prendete gioco di me?”

“Non dovrei?”

Nyven si rese conto che il tono di Irìyas era leggermente cambiato alle sue orecchie, che i suoi sensi si ottundevano.

“Sono piuttosto alcolici gli acini che stai mangiando…”

Nyven annuì, ma mangiò ancora un paio d’acini: erano troppo buoni per smettere.

“Voi volete catturare un drago…” si accorse che c’era ammirazione in quelle parole. In effetti, nessuno poteva vantare fra i suoi trofei la testa di un drago.

“Un drago si cattura solo se si uccide…”

“Sei ingenuo, Nyven. Sei così ingenuo da suscitare tenerezza”

Il ragazzo arrossì, abbassando gli occhi. Aveva le guance in fiamme, aveva davvero bevuto troppo.

“E’ che vorrei capire…”

“Capire cosa?”

“Capire questo posto e capire voi.” Doveva fermarsi, quello era il suo padrone, ma l’alcol gli aveva sciolto la lingua “Sono stato comprato e venduto molte volte, ho conosciuto padroni diversi, alcuni mi hanno insegnato il loro mestiere, altri mi hanno fatto rimpiangere i padroni precedenti ma…” si passò la lingua sulle labbra per umettarsele, aveva la gola riarsa. Continuò a mangiare l’uva. “io vorrei capivi. Ci sono così tante cose che vorrei chiedervi e sapere. Mi limito a guardare, ma sembra non essere sufficiente”

“Sapere non è compito tuo”

“Lo so” lo sapeva davvero, e non voleva che il mago lo fraintendesse, ma lì con lui avrebbe dato qualunque cosa per un solo dei pensieri del mago.

“Vorrei sapere quello che pensi” si sentì dire prima di riuscire a fermarsi. I fumi dell’alcol gli avevano completamente annebbiato la capacità di giudizio. Chiuse le palpebre appesantite, Irìyas si sarebbe sicuramente arrabbiato.

Invece non sentì nulla, non un grido, non una percossa.

Riaprì gli occhi ed incontrò quelli verdi del mago. Illeggibili.

“Scusatemi, io…”si mise in piedi per scappare dalla stanza. Straparlava.

“Non dovrei assolutamente parlare in questo stato. Perdonatemi…” fece un passo ma vacillò “Non volevo offendervi con la mia stupida curiosità, avete ragione ad essere arrabbiato, a non parlare…”

Perché non taceva? Con la voce impastata, le sue parole uscivano come una supplica, supplicava il mago di dire qualcosa. Pochi erano stati i suoi incontri con Irìyas. Pochi giorni prima era scoppiato in lacrime sperando che il mago lo aiutasse, ora non voleva altro che sentire la sua voce che lo rassicurasse dicendogli che la sua audacia non era stata offensiva.

Sorrise amaramente della sua stupidità.

Barcollò, perdendo l’equilibrio.

Non cadde, perché Irìyas lo sostenne.

“Sei proprio ingenuo”

Lo sollevò da terra prendendolo in braccio e Nyven, per un attimo, non capì quello che succedeva. Poi si ritrovò col viso sulla sua spalla, gli occhi incollati dall’alcol ma un odore nuovo che lo accompagnava fuori dalla cucina. Si strinse al mago per non cadere.

 

Irìyas lo portò fino in camera sua, adagiandolo sul letto e coprendolo con le coperte pesanti per non fargli soffrire la notte, lontana dal tepore del sud.

Gli spostò i capelli dal viso e chiuse poi la porta-finestra del balcone, rimanendo per un attimo a guardare l’acqua del lago colorata dal sole.

Ritornò da Nyven e rimase fermo uno, due, istanti che non seppe quantificare. Poi si abbassò, portando le labbra vicino al suo orecchio:

“Non voglio ucciderlo”

Se ne andò dalla stanza sorridendo.

 

***

 

N.d.A: In questo capitolo mi sono divertita a prendere un po' in giro Nyven (ora che posso ancora). La tentazione è stata troppo forte. Spero che non me ne si voglia ^_-
(comunicazione di servizio) Il prossimo capitolo, dato che c'è Pasquetta a breve e quindi un po' di vacanza in più, pensavo di caricarlo lunedì.

Un saluto a tutti.

 

***

 

Rodelinda: Quando ho letto la tua recensione sono rimasta senza parole, per 5 minuti imbarazzata a guardarmi i piedi: grazie mille! Davvero, mi sono quasi commossa. Sono contenta che Cremisi ti piaccia e che ti abbia spinto non solo a leggere un genere (purtroppo) così inflazionato e parecchio bistrattato, ma anche a trovarlo una bella storia. Sinceramente, io ho un amore intenso per la lingua italiana, perciò con me troverai una porta spalancata, se si parla di attenzione per la grammatica, per la sintassi o per l'ortografia! Diamine, questi dovrebbero essere i mezzi che ci appartengono sin dalle scuole elementari. Ma so che per molti non è così e che spesso ciò che si trova in giro è scritto proprio male. La "storia", invece, è altro argomento. Per quanto mi riguarda, il raccontare storie è sempre stata una mia passione e il dare tridimensionalità ai personaggi anche. Qualunque sia il "genere" della storia, cerco sempre di fare emergere la personalità di chi descrivo. Poi devo essere sincera, c'è un po' di sforzo e studio dietro ogni mio racconto. L'ispirazione mi serve per crearlo, ma tutta la trama è già viva e completa quando il racconto prende forma scritta e inizio con la prima pagina. Non dirò mai "non so come andare avanti", perchè la fine è già insita nell'inizio '^_^ . Ciancio, come al solito, e qui mi placo. Di nuovo grazie per le tue parole. Davvero. Un bacio

Vocedelsilenzio: Ah Ah Ah. Mi hai fatto ridere con "vortice di dubbi", e sono contenta che ti ci lascerai cadere. Ora, non credo che questo capitolo te ne sciolga qualche d'uno. Tutt'al più li aumenterà '^_^ Ma che ci si vuol fare? *me ride sotto i baffi. Grazie ancora. Baci

Aphrodite: Somma Sorellona? Wow XD Il punto di vista di Nyven (e del lettore, fin ora), mi rendo conto sia un po' confuso (anzi, direi che è volutamente confuso). Ma piano piano verranno chiarite molte cose. Mamir avrà il suo spazio, magari non subito, ma l'avrà. E' un lupo burbero, ma alla fine, è solo facciata. Un bacio grande

Francesca Akira89: Deve faticare per avere i suoi spazi, ora che è appena arrivato, è proprio confuso ^_-

Manny_chan: Ciao e grazie mille per la tua recensione (e benvenuta ^*^). Nyven non è quel che sembra... Non farò spoiler, ma posso dire che la Bianca tornerà su queste pagine. Vecchiuccia e bisbetica sì, ma... Un bacio

silencio Ciao. Grazie per le tue parole ^_^ La Bianca, in effetti, è vissuta a lungo (e ciò basti, altrimenti svelo parte di trama a venire) e sicuramente ricomparirà fra queste pagine. Le vecchiette bisbetiche, del resto, non riescono a stare lontane da ciò che interessa loro. Credo che neanche questo capitolo chiarirà molto dell'intreccio, anche se dà un piccolo input (ma mai troppo grande, altrimenti perdo tutto il divertimento). Sono anche felice del fatto che Nyven si dimostri sì essere il nuovo arrivato in balia degli eventi, ma che dia una qualche impressione di profondità caratteriale. Il povero Nyven ha proprio bisogno di ambientarsi.

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Capitolo 7
*** Capitolo 07 ***


Nuova pagina 1

N.D.Dicembre: Come promesso, sono tornata presto. Ecco qui un nuovo capitolo.Volevo rassicurare i più confusi, presto(issimo) si scioglieranno alcuni nodi importanti della storia. Sarà tutto graduale, però piano piano la matassa comincia ad avere una sua forma ben precisa ^_^. Grazie ancora per tutto il supporto e le recensioni. Vi adoro *_* (le risposte ad ognuno, come sempre, le trovate in fondo alla pagina). La smetto con le ciance. Un bacio

 

***

 

Capitolo Sette

 

 

Si ritrovò in una stanza che non conosceva.

All’inizio Nyven non ne ebbe paura: quante stanze del palazzo poteva riconoscere? Poche. Pochissime. Forse era arrivato lì pensando di andare in cucina, o forse…

Nyven non ricordava assolutamente come fosse arrivato lì.

La stanza era buia, a malapena riusciva ad intravedere le sagome dei mobili. Qualcuno accese un lume.

Nyven cercò di fare un passo avanti, ma le sue gambe non risposero agli ordini, sembravano ancorate al terreno. Perse l’equilibrio nel tentativo di fare il passo, ma non cadde in avanti. A fermare la sua caduta apparve una parete in vetro che gli impediva di entrare nella stanza. Immobile e segregato al di qua del vetro, poteva semplicemente vedere quello che succedeva al di là.

La persona che aveva acceso il lume era un vecchio, leggermente ricurvo sulla propria schiena. Aveva i capelli candidi e lunghi che si confondevano con i peli sul viso. Barba e capelli quasi toccavano il pavimento.

Camminava spedito, nonostante il peso degli anni. Prese un libro da uno scaffale e lo appoggiò sulla scrivania, dove ardeva la luce appena accesa.

C’era qualcosa d’irreale in quello che stava osservando i ragazzo, ma Nyven non capì immediatamente cosa fosse.

Perché l’anziano non lo vedeva? E perché nessun movimento produceva il naturale e conseguente rumore? La stanza era immersa nel completo silenzio. Solo il fuoco all’interno della lampada ardeva, rumorosamente, scoppiettando.

“Mi scusi” Nyven tentò di parlare, ma dalla sua bocca non uscì alcuna voce.

Continuò ad osservare il vecchio.

Era immerso nella lettura, con le sopracciglia corrugate e gli occhi piccoli che scorrevano parola per parola, velocemente. A volte il viso si distendeva in un’espressione di stupore, ma subito ritornava concentrato su ciò che leggeva.

Nyven tentò nuovamente di farsi notare.

“Signore, mi scusi…”

Il vecchio parve non sentirlo.

Il ragazzo sospirò, immobile sui suoi piedi, fissi sul pavimento. Cercò di girarsi, per vedere se poteva uscire da quella stanza. Dietro di lui non c’erano porte.

Il rumore del fuoco, d’improvviso, si quietò.

Nyven si girò di scatto, spaventato da quel silenzio improvviso. La lampada emise un lampo e il fuoco divampò.

Nyven cercò di fare un passo in direzione del vecchio ma, ancora, le sue gambe rimasero immobili

“Signore, stia attento!”
Ma il vecchio sembrò non notare il fuoco, impegnato com’era a leggere.

“Signore, scappi”

Di nuovo il vecchio non si mosse.

La fiamma dalla lampada divampò sulla parete e sui libri che iniziarono a bruciare immediatamente.

Il vecchio ancora, non si mosse.

Nyven venne colto dal panico. Perché non s’accorgeva che tutto intorno a lui bruciava?

Picchiò i pugni sul divisorio in vetro che separava lui da quella stanza ormai in fiamme. Non ci fu alcun rumore.

Il vecchio non si muoveva.

Nyven tentò di nuovo di gridare, il fuoco ormai era divampato in tutta la stanza.

Il vecchio alzò lo sguardo e lo fissò. Gli occhi verdi, appesantiti dalle rughe, sembravano ammonirlo e sgridarlo. Lo guardavano con tale rimprovero che Nyven fu sicuro che il vecchio lo conoscesse.

Eppure lui non l’aveva mai visto prima.

Il fuoco divampava e quel vecchio canuto non scappava, non faceva nulla se non accusarlo di qualcosa.

Si alzò, coi capelli in fiamme e portò l’indice tremante di fronte a lui, verso Nyven. La sua bocca era stretta, le labbra premute l’una contro l’altra per resistere al fuoco.

E poi arse anche lui, scomparendo in una fiammata alta e scura, mentre anche la stanza bruciava tutta.

E Nyven lo guardò con occhi vitrei e spalancati, accusato, nuovamente, dal dito e dallo sguardo di un vecchio che non conosceva.

Il vetro davanti a lui si sciolse, ma il fuoco non osò lambirlo.

 

*

 

Era stato comprato da un mercante di schiavi, era stato portato lontano… Eppure lì, fra quelle mura, non era né la distanza, né la sua condizione a pesargli addosso e a schiacciarlo.

Non sarebbe stato in grado, probabilmente, di dire esattamente cosa fosse. Nei suoi sogni veniva accusato di qualcosa che neanche sapeva, una vecchia gli aveva puntato il dito contro, gridando e intimandogli di andar via… Poteva non avere amici, poteva rimanere da solo, l’aveva sempre fatto. Ma adesso viveva nell’ansia di dimostrare, in qualche modo, di meritarsi la sua nuova casa.

Non aveva mai mangiato così bene come in quei giorni, né dormito in modo così tranquillo.

Non aveva neanche mai potuto scherzare e ridere così tanto come gli era capitato di fare da quando era arrivato al palazzo del mago.

Già, il mago…

“Hai deciso di darmi una mano, oppure non posso disturbare il corso dei tuoi pensieri?”

Zir era stato, per un attimo, dimenticato.

“No, no” si affrettò a rispondere Nyven.

“E allora va a prendermi della polvere di cedro… e già che ci sei, portami anche un po’ d’acqua”

“Ma a che cosa serve questo…” il ragazzo cercò di trovare le parole guardando il liquido denso che Zir continuava a rimestare “questo… intruglio?”

“Intruglio?” Zir la prese sul personale “Questo è l’unico solvente in grado di lucidare e far brillare le perle rosa!”

Nyven annuì, ma aveva l’aria di chi non ha capito di cosa si parli.

“Ti si deve proprio spiegare tutto! Non ti ho detto che Tangorn è famosa per il suo mercato di gioielli?”

Ma di nuovo Nyven annuì con l’aria di chi non capiva.

“Le perle rosa crescono nel lago di Tangorn, e solo lì. Non sono vere e proprie perle, io li chiamerei più coralli… Ma sono tondi come le perle e sono bellissime. Nascono opache e l’unico modo per dargli luce è quest’intruglio. Il palazzo avrà pur bisogno di guadagnare qualche soldo durante il mercato!”

Nyven sorrise “Che sciocco. Non ci avevo mai pensato, ma anche un mago ha bisogno di soldi per la servi…”Nyven, d’improvviso, si interruppe “Perché non ci sono umani, nei dintorni?”

“Che cosa?”
”Perché non c’è nessun umano nel palazzo? Il mercato ne era ricolmo, la città e i laghi … Eppure qua intorno non ho ancora visto un umano”

“Magari semplicemente non sai dove cercarlo”

“Ma no…” C’era una certa urgenza nel tono di Nyven, quasi avesse fretta di mettere ordine fra i suoi pensieri. “Gli umani non si nascondono, se ci fossero stati, li avrei visti. Per quanto mi perda ogni volta che cammino fra i corridoi di questa casa, non ho mai visto umani”

Zir aggrottò le sopracciglia: “E questo è un male?”
”No, non fraintendermi” Nyven temette che Zir si irritasse“E’solo che è strano.”

“Perché sei abituato a vivere in un mondo dove ci sono solo umani”

“Questo non è vero” rispose imbronciato il ragazzo “ è che numericamente…”

“Basta baggianate! Va’ a prendere ciò che devi” Zir interruppe così il corso di pensieri del ragazzo.

Nyven andò verso la mensola con aria pensierosa, fermandosi a metà strada.

“Non dovrei, lo so. Io non dovrei pensare a tutto…questo” disse facendo un ampio gesto col braccio “Eppure non posso fare a meno di notare che…”

“Che?”

“Che  c’è qualcosa di insolito”

“Sei nella casa di un mago” disse l’Eclage con aria di sufficienza.

“Non è quello che intendo! Non solo, comunque… Perché il padrone mi parla nel sonno, perché invece non m’interroga quando sono sveglio? Perché non ci sono umani quando nei dintorni, i paesi pullulano di umani, perché il padrone vuole uccidere un dr…”

“Basta così” il tono di Zir non ammise repliche “Non spingerti troppo oltre e non trarre insulse conclusioni!”

Nyven chinò il capo “Scusami, hai ragione.” Seppur accudito, nutrito e trattato come un pari, Nyven era pur sempre uno schiavo “A volte dimentico il perché sono qui”

“E dimentichi chi sei! Se Irìyas ti sentisse parlare in questo modo ti punirebbe severamente. Forse, addirittura, ti caccerebbe. Bada a quel che dici!”

“Lo offenderei a tal punto?”

“Ciò che hai appena detto non è così innocuo come sembra, anche se…”

Zir lasciò correre via le parole insieme ai pensieri che l’avevano generate. A Nyven non rimase che prendere la polvere di cedro e portarla a Zir, sperando che il coniglio riprendesse a parlare.

Cercò di insistere: “Anche se?” era un rischio, ma quello che riusciva a sapere da Irìyas era così poco che qualunque dettaglio in più gli sembrava fondamentale per imparare a conoscere il suo padrone.

“Che cos’è, per te, Irìyas?”
”Il mio padrone”

“Non solo”

Nyven non poteva certo mentire: “E’ ciò che è” si strinse nelle spalle “E’ il mio padrone perché così deve essere…Io non posso sperare o avere desideri, Zir. E di conseguenza, io non ne ho”

Il coniglio arricciò il naso, brontolando “Non mi stupisco che Mamir non possa vederti”

“E questo che significa?”

“Per un Lapidare qualcuno senza desideri è qualcuno senza forza. E qualcuno senza forza va eliminato”

“Vuole uccidermi?” Nyven non pensò di dire una sciocchezza. Del resto, dal modo in cui era stato ricevuto a Mamir il giorno del mercato, era chiaro non piacesse al lupo.

Zir versò la polvere di cedro e il liquido che stava rimestando assunse un colore rosso intenso, poi rosato, poi bianco.

“Non vuole certo ucciderti. Inoltre, detto fra noi, Irìyas non lo perdonerebbe mai”

“Ha ancora bisogno dei miei capelli…” Concluse la frase il ragazzo.

Zir roteò gli occhi dietro gli occhialini, ma non disse niente.

Per un po’ nella stanza si udì solo lo sbatter del cucchiaio di legno contro la terrina, fra le zampe di Zir.

“C’erano umani, una volta”

“Che cosa?” Nyven udì quelle parole come se Zir le avesse gridate dritto nelle sue orecchie.

“C’era un maestro e c’erano dei discepoli. C’era un’accademia, non lontano da qui. C’erano davvero molti umani. Ma erano ben altri tempi. Ora le loro storie sono ben diverse da quelle che avrebbero dovuto essere.”

“Un’accademia?”

“L’Accademia”

“Oh…L’Accademia. Quella scuola nella valle di Liah dove va a studiare anche l’Erede al trono?”
Il coniglio annuì: “Irìyas ha sviluppato buona parte dei suoi poteri fra quelle mura. Ma lui era troppo dotato, persino …”

“Basta così, coniglio!”

La voce di Irìyas raggelò il sangue di Nyven. Si girò d’istinto, per guardarlo, con gli occhi spalancati. Vide il mago sull’uscio della porta, con lo sguardo severo e immobile. Seppe benissimo, con quello sguardo, che Irìyas li ascoltava dall’inizio della loro conversazione. Che l’aveva sentito chiedere troppo. Il mago spostò gli occhi da Zir a lui, occhi verdi ed inespressivi.

Era terrorizzato, quasi temesse per la propria vita. Irìyas l’avrebbe ucciso per quelle sue sciocche domande? O forse l’avrebbe ucciso perché aveva ascoltato l’Eclage?

Tremò. E sostenne lo sguardo, cercando un indizio di quel che temeva

Cercò di parlare, ma le sue labbra erano impastate. E fece una cosa inspiegabile persino per lui: sorrise.

Fu un sorriso molto rapido, trattenuto e nascosto, abbassando la testa e sperando – inutilmente – che il padrone non lo notasse.

Ma come si poteva non sorridere quando si guardava così a lungo Irìyas? La sola possibilità di guardalo lo rendeva così felice che, in fondo, valeva la pena rischiare di essere cacciato.

“Io…”
”Taci e va’ nella tua stanza”

Nyven sussultò, ma obbedì subito. Uscì dalla stanza e si girò indietro, per guardare ancora una volta il suo padrone. Si sarebbe addormentato con quella immagine negli occhi.

Anche il mago era voltato e lo guardava.

Nyven inciampò lievemente sui suoi piedi, e corse via.

 

 

 

Il promontorio che si tuffava nel lago era ricoperto di verde e creava uno stretto, dove l’acqua del lago, placidamente, s’infrangeva sulla roccia. Dalla finestra del palazzo si poteva vedere la statua di donna che sorgeva laddove il promontorio incontrava l’acqua. Era scolpita nella sua roccia, in parte di forma umana e in parte pesce, con le braccia protese verso le imbarcazioni che passavano di lì.

L’Ancella era lontana, probabilmente era vicino alla statua, nel suo elemento naturale: l’acqua.

“Sarà andata a giocare con i pesci…”

Irìyas era seduto sul davanzale dell’enorme finestra ad arco e guardava lontano, nessun luogo in particolare.

“Sono preoccupato. L’Ancella, Nyven… Troppe forze contrapposte si stanno riunendo fra queste mura” La voce di Mamir risuonò roca, quasi fosse un ringhio.

IL mago sorrise: “Dell’Ancella non ti devi preoccupare. E’ uno spirito mite, non incline alla guerra. Non ci arrecherà alcun danno”

“Lo stesso non si può dire del ragazzo”

Irìyas sospirò “Te ne sei accorto?”

“Non ho certo le tue capacità, Irìyas, ma non potevo non vedere qualcosa di così evidente”.

“Quando ti ho detto di prenderlo al Crocevia e di portarlo qui, avevo sospettato che qualcuno con quei capelli non fosse un semplice schiavo. Tuttavia la conferma l’ho avuta solo quando l’ho visto”

“E lui lo sa?”

“Dubito. Non è in grado di mentire così bene da ingannarmi. E poi, io stesso non so esattamente chi sia…”

“Nemmeno tu?”

Irìyas scosse la testa, lasciando che i capelli ondulassero un pochino, ritornando a guardare il lago.

“Non lo so. Ma i suoi capelli sono troppo importanti per allontanarlo. Devo correre il rischio di avere Nyven qui. Non posso cederlo a nessuno”

Zir, che era rimasto in fondo alla stanza, si lisciò il pelo delle orecchie e la profonda cicatrice che correva lungo una di queste e la sua nuca.

“Voi umani siete così possessivi…”

Irìyas guardò l’Eclage. Dopo un attimo alzò le sopracciglia e annuì, con noncuranza.

“Pensi che fra poco uscirà allo scoperto?”

“Non credo, no” il mago scosse la testa “Sento Nyven gridare nel sonno. Agitarsi. Deve sognare qualcosa che lo terrorizza, ma i suoi sogni, ai miei occhi, sono bui. Riesce a non farmeli leggere. Ci sono persone che schermano i propri sogni senza saperlo. Più Nyven ha paura, e più si rinchiude in se stesso, credo. Così tutto m’appare buio.”

“Mandalo via, il ragazzo non mi piace”

“Non lo manderò via, lo sai”

“La Bianca ha detto che porta sventura, e tu sai che la Bianca raramente sbaglia”

“La vecchia deve fare il suo dovere. Del resto mi occupo io. Tu sai bene che non lo lascerò andare. Non posso. I suoi capelli sono l’unica cosa che mi permetterà di liberare Gyonnareth “ Si mise una mano fra i capelli, tirandoseli indietro, sospirando.

“Irìyas, lascia che ti dica…”

“Non dire niente” Disse in tono un po’ troppo alto “Non dire assolutamente nulla.”

“Mi chiedo solo chi sia il ragazzo. Il mio istinto non sbaglia mai. E non mi posso fidare”
Irìyas sorrise “Fidare? Sai bene Mamir che non parlerei mai di fiducia così a sproposito. Nessuno si fida. Solo, Nyven m’è utile”

Riprese la parola il coniglio: “Ed è bello averlo qui”

Le parole rimasero nell’aria per molto tempo e il mago non vi rispose, né negò. Lasciò che si spegnessero da sole, ma la loro eco continuò, seppur silenziosa.

Forse era davvero bello averlo lì, ma ad Irìyas questo non interessava. Voleva liberare Gyonnareth e per farlo, aveva bisogno di Nyven. E voleva sapere chi fosse il ragazzo.

Il resto era davvero di poco conto.

Il mago continuò a guardare l’acqua del lago e i riflessi cremisi del sole. Erano davvero bellissimi.

 

* * *

Francesca Akira89: Ahimè, sono una fanatica dell'introspezione. A volte, mi rendo conto, indugio anche troppo sui risvolti psicologici delle varie scene. *sospiro* Come dicevo prima, però, sebbene la storia rimarrà un "mistero  da svelare", molte cose piano piano verranno chiarite a breve. Un bacio

Manny_chan:Ah ah ah. Tenerlo come cucciolo da compagnia non sarebbe poi male. Originale, ma del resto è Irìyas stesso ad esserlo XD Il nostro piccolo Nyven (come del resto s'è finalmente accorto Irìyas) non è il rintronato dormiente che pare, anche se in effetti, è piuttosto rintronato dal suo continuo dormire. Il che, detto fra noi, è un po' il mio sogno. Dormire dormire dormire perchè "devo". Altro che svegliarsi ogni mattina alle 6... *sigh*

BiGi: O dorme o beve, Nyven certo non si può dire che si ammazzi di lavoro (ma ho cose divertenti in serbo per lui HAHAHAH risata satanica).

Un bacio a tutti

 

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 08 ***


Nuova pagina 1

Capitolo Otto

 

 

Irìyas era completamento immerso nell’acqua, ma ugualmente non si bagnava. I suoi capelli neri fluttuavano sulla superficie e lui guardava con occhi assenti la stanza che lo circondava.

Lasciò che l’acqua entrasse in contatto con la sua pelle.

Sorrise, gli faceva solletico.

Non dubitava mai del suo operato. Dubitare, così gli aveva detto il Saggio Alem, significava rallentare nell’incedere.

Rallentare nell’incedere…Lui davvero non se lo poteva permettere. Gyonnareth sarebbe arrivato di lì a poco. Lui avrebbe dovuto essere pronto a tutto.

Eppure, se non del suo operato, dubitava. Prese con le mani un po’ d’acqua e lasciò che gli scorresse lungo le braccia. Dubitava di cosa?
Non ne era sicuro. Se su quello che faceva non aveva alcun dubbio, forse sul modo?

No. Aveva pensato a lungo su come raggiungere il suo obiettivo. Non aveva dubbi a riguardo. C’era una sola cosa che voleva nella sua vita e ora Gyonnareth gliel’avrebbe impedito.

Non poteva che opporsi al drago.

A lungo aveva parlato con la Bianca e a lungo aveva parlato con Gyofinan che sapeva essere dalla sua parte. Non dubitava sul modo.

Sospirò.

Dubitava su Nyven, su chi Nyven fosse. Sapeva bene quali fossero i suoi dubbi, ma ammetterli lo infastidiva terribilmente.
Perché quel ragazzo lo preoccupava così tanto?

Da semplice schiavo al Crocevia, si era rivelato qualcos’altro. Ma inconsapevolmente.

Quindi non era una macchinazione ordita contro di lui, non era una forza estranea che cercava di indebolirlo dall’interno. Era solo una forza sconosciuta.

Chi era davvero il ragazzo?

Il Saggio Alem gli avrebbe suggerito di diffidare, ma il Saggio Alem era morto.

Irìyas non riusciva a diffidare di Nyven.

Si chiese se quella fosse una debolezza dovuta alla sua ormai scarsa abitudine nell’interagire con gli esseri umani, ma poi scosse la testa e sorrise. Il suo intuito gli aveva permesso di dominare la quasi completezza delle arti magiche, perché metterlo in dubbio proprio ora?

Forse aveva davvero ragione Mamir: era sempre meglio non aver a che fare con gli esseri umani.

Sebbene lui stesso appartenesse di fatto allo stesso genere, nella realtà la sua abilità nell’utilizzo delle arti magiche aveva modificato sia il suo essere che il suo modo di vivere.

Poteva diventare mago chiunque avesse l’abilità innata di dominare la magia, la scuola poteva solo insegnare come usarla. Chi entrava nella casta dei maghi perdeva l’appartenenza alla propria specie. Un mago era più longevo di un uomo, i suoi sensi erano più fini e i suoi movimenti più veloci.

Irìyas conosceva bene questa distinzione, ma sapeva altrettanto bene che erano gli umani ad aver più facilità di altri ad imparare le Arti Magiche e, di conseguenza, a sfruttare la loro dote, grande o piccola che fosse.

Irìyas si perse fra i pensieri di ciò che era stato, lasciandosi catturare dal fondo della vasca

Il Saggio Alem, uno degli anziani della Cerchia Accademica, l’aveva preso sotto la sua ala protettrice sin da subito. Lui e altri nove. Alcuni di loro, però, abbandonarono l’Accademia prima di avere il congedo ufficiale: la cerchia degli anziani non caldeggiava né aiutava nessuno dei suoi discepoli. Li indirizzava e li conduceva lungo la via che gli stessi allievi avevano scelto, ma se qualcuno esprimeva la volontà di andarsene, era libero di farlo.

L’Accademia non era una scuola; di scuole ne era disseminato il Regno. L’Accademia accettava solo pochi e non tratteneva nessuno. Era proprio a causa di questa politica attuata dagli anziani da secoli, che l’Accademia ormai aveva un prestigio ed un nome che non aveva pari. Solo i migliori, solo coloro che avevano trovato il perfetto equilibrio fra se stessi e l’ambiente, potevano concludere il loro percorso.

Irìyas era stato all’Accademia per sette anni. Aveva finito il suo percorso evolutivo in quattro, e poi era rimasto col Saggio Alem per raffinare l’Alchimia. O almeno questa era la scusa che aveva trovato.

La realtà diversa. Irìyas aveva ben altri progetti: l’Alchimia la conosceva, per lui e per Hado - il suo migliore amico - c’era l’Est. Inesplorato, sconosciuto.

Irìyas aveva come unico desiderio quello di andare a Est.

Il mondo conosciuto finiva a Nord con le Colonne, a Sud, tutto il territorio di Droà confinava con la Fine del Mondo. A Ovest c’erano altri due regni, che Irìyas conosceva fin troppo bene. Ma nessuno era mai andato ad Est, nessuno conosceva cosa ci fosse al di là del confine. Chiunque avesse tentato di attraversarlo non aveva fatto ritorno. Nessun esploratore era mai arrivato per raccontargli alcuna storia.

La sua storia, Irìyas, voleva scriverla da sé.

Solo una donna, la regina di un paese lontano, che si faceva chiamare Giqiath arrivò. E l’unica persona che sapeva come fosse arrivata Regina Giqiath delle terre dell’Ovest era il Saggio Alem.

L’anziano era consapevole di cosa Irìyas volesse da lui. Il ragazzo non teneva il suo sogno celato. Era troppo sfrontato per tenere il segreto e sapeva fin troppo bene che nessuno, a parte lui, avrebbe potuto avere un sogno tanto ambizioso.

Anche Hago lo coltivava e nelle loro serate invernali, prima di spegnere la luce per addormentarsi, progettavano di andare insieme ad Est. Hago non aveva mai avuto le qualità magiche di Irìyas, non aveva il controllo degli elementi e dello spazio, ma era un perfetto alchimista. Tutto, nel laboratorio aveva voce e senso. Suppliva così alle sue carenze nell’Arte Magica.

Sideas, un ragazzo che come percorso aveva seguito il Militare e che in soli cinque anni l’aveva concluso, prendeva spesso in giro Hago per le mille boccettine che tintinnavano nelle sue tasche.

Una nuova parola rispondeva il ragazzo.

Ogni alchimia, per Hago, era una parola.

Poi un giorno il Saggio Alem fece vedere qualcosa ad Irìyas: una pergamena.

Era mattina, erano nel chiostro dell’Accademia.
Alem gli svelò il suo mistero.

Il pomeriggio dello stesso giorno, Alem morì. E come una matassa che non smette più di sfilarsi, accadde tutto di lì a poco.

 

 

“Irìyas?”

Il mago riemerse dall’acqua.

“E’ arrivato un corvo messaggero”

“So già il messaggio che porta”

Zir mosse il naso per sistemarsi gli occhialini “Non vuoi leggerlo comunque?”

“Arriverà Sideas, fra due giorni” sospirò “Temo di sapere anche il motivo che lo conduce qui”.

Irìyas si alzò dall’acqua e cominciò ad asciugarsi “Ma se pensa di poter prendere Nyven con sé, si sbaglia”

“Ci serve ancora?”

Irìyas annuì, impercettibilmente “Non t’incuriosisce?”

“Cosa? L’arrivo di Sideas?”

Irìyas non rispose e scrollò le spalle, come chiaro segno di voler essere lasciato solo. Non si riferiva all’arrivo di Sideas.

Non avrebbe mai ceduto Nyven, anche se a chiederlo era un suo vecchio compagno di scuola.

Dopo quel pomeriggio in cui tutto era finito e il suo sogno aveva inevitabilmente preso una forma diversa, niente l’aveva più incuriosito. La noia che aveva generato il suo stato attuale, il suo intuito e la consapevolezza di non poter andare ad Est l’avevano sempre schiacciato, placidamente. L’aria si era fatta densa intorno a lui e tutto si muoveva disordinatamente.

Con Nyven, invece, qualcosa era cambiato.

C’era qualcosa nel ragazzo che Irìyas non riusciva a spiegare, un fondo cremisi nel suo spirito che il mago trovava caotico. E questo lo confondeva.

C’erano domande cui non sapeva rispondere, e un senso d’attesa e anticipazione che pensava dimenticato.

 

 

Lo trovò disteso sull’erba, appisolato sotto i raggi di un sole troppo debole per lui

“Prenderai freddo…”

Nyven si mise a sedere, di soprassalto “Io …Non…” biascicò ancora fra i fumi del sonno.

Il padrone si sedette di fronte a lui e l’osservò.

“Ho fatto qualcosa di male?” disse il giovane preoccupato.

Il mago sorrise “L’hai fatto?”
”No… o almeno, non credo. Ma è così raro vedervi…”

“A non far niente?”

“Sì…. Cioè, no. Non intendevo quello, non mi permetterei” Nyven era in piena confusione. Da un placido dormiveglia s’era ritrovato Irìyas di fronte e questo lo agitava moltissimo.

Sospirò, cercando di tornare padrone di sé.

Irìyas sorrise.

“Quando sei diventato schiavo?”

“Io sono nato schiavo, signore”

“Lo erano anche i tuoi genitori?”

Nyven si strinse nelle spalle, non sapendo rispondere: “Non lo so. Credo di sì, perché così m’è stato detto, ma a dire il vero, non lo so”

Era piuttosto frequente che i figli di schiavi venissero portati via, ancora in fasce, dalle braccia dei genitori. Questo permetteva alla madre di non doversi occupare del figlio e di poter lavorare meglio.

I bambini poi venivano cresciuti, a seconda della città in cui vivevano, da diverse comunità, o da alcune nutrici che se ne prendevano cura, per poi essere venduti appena in grado di fare qualcosa, come entrare nelle cave d’avorio – minuscole – oppure tessere seta d’oro i cui fili erano troppo sottili per delle mani adulte.

“Qualcuno t’ha insegnato a leggere, a scrivere, persino a disegnare mappe… E’ piuttosto insolito”

“E’ vero, ma i miei padroni avevano bisogno che leggessi per loro o che li aiutassi con il lavoro. Il cartografo non vedeva più molto bene, perciò si serviva dei miei occhi per dipingere mappe dettagliate.”

“Hai imparato bene?”

“Mi piaceva molto leggere e disegnare. Avevo la possibilità di leggere quello che mi pareva, una volta che il mio padrone era andato a letto, purchè non avessi consumato l’olio delle sue lampade. Ma al chiaro di luna si legge benissimo”

Irìyas alzò le sopracciglia. La notte di droà era dominata da una luna enorme, azzurra e luminosa. Quand’era piena, la luce che emanava era sicuramente sufficiente per leggere. Lì più a nord, invece, la luna azzurra si vedeva poco. Il cielo del nord era occupato da una luna più piccola, rosso intenso, che illuminava poco la notte delle città.

Il mago osservò il ragazzo a lungo, senza dire niente, poi allungò la propria mano, col palmo rivoltò all’insù.

L’avvicinò al viso di Nyven e d’improvviso accese una fiammella di fuoco. Le pupille del ragazzo si dilatarono così tanto che i suoi occhi apparvero neri. Sussultò.

Non emise un grido, né un gemito, ma rimase  immobile e terrorizzato, a fissare il fuoco.

Il mago strinse il pugno e il fuoco si spense. Nyven, ugualmente, rimase con lo sguardo fisso di fronte a lui. Si accorse solo dopo che una lacrima gli rigava il volto.

Irìyas lo attirò a sé,  continuando a fissarlo. Solo quando la sua testa fu appoggiata sulla sua veste, Nyven capì che il padrone gli stava accarezzando il viso e i capelli, per calmarlo.

Com’era possibile? Parlavano normalmente, sull’erba del giardino e, in un attimo, il terrore s’era impossessato di lui.

Che cosa aveva fatto Irìyas?

Il mago sospirò, senza dire una parola. Se qualcuno l’avesse guardato negli occhi forse avrebbe letto una nuova consapevolezza, ma lì in giardino non c’era nessuno. Nyven piangeva, nascosto fra i suoi vestiti.

Il mago ora sapeva dove andare a cercare per sapere chi fosse quel ragazzo dai capelli cremisi.

 

***

 

Francesca Akira89: Ciao ^_^/ Il punto di vista è finalmente cambiato. Povero Nyven, in effetti l'ho proprio sfruttato per introdurre il personaggio, il mondo e tutta la situazione. Ora il punto di vista sarà più ampio e mi auguro, un po' più chiaro (lo è?). E poi, da buona praticante dell'introspezione, non posso lasciare gli altri personaggi senza che dicano la loro XD

Yukochan: Ciao e benvenuta (magari leggevi Cremisi anche prima, ma è la tua prima recensione ^_^). Grazie davvero per le tue parole. Le parti descrittive mi divertono tanto. Il fantasy mi dà la possibilità di sbizzarrirmi (e sì, i giardini d'acqua sono proprio una mia fissa, li tiro fuori ogni due per tre XD). Sì, è un racconto che avrà dei risvolti shounen ai (non yaoi), l'ho scritto fra le note. Non sarà una storia shounen ai, ma un fantasy in cui c'è anche quel risvolto. (non so se mi sono spiegata poi tanto bene °_°). Spero che questo non ti faccia desistere come lettore/ice.

kymyit: Benvenuto/a anche a te *hugs* ahahah mi hai fatto morire dal ridere con la storia del bagno perchè mi sono immaginata il povero Nyven in crisi mistica per uno sciocco bagno (e in effetti, dev'essere complicato vivere in un posto così).

Manny_chan Ciao. Mi piace leggere le tue congetture *_é NOn ti dirò se sono esatte o meno (rischierei spoiler), ma di sicuro posso dirti che, in effetti, fra le righe ci sono importanti dettagli. La storia non sarà breve. Non avendola ancora finita di scrivere, non posso dire quanto lunga, ma avendo bene chiara la trama posso dire con certezza che andrà avanti per un pochino (anch'io preferisco i racconti lunghi. Leggerli a capitoli, a volte, è frustrante, ma alla fine, è molto più gratificante). *D* passa un tè e biscotti, così Manny chan si mette comoda XD

silencio: Grasssie davvero *_* Cerco di mantenere una lingua "semplice" perchè Cremisi mischia avventura, mistero e fantasy. Essere troppo barocca nello stile farebbe cadere la suspence e limiterebbe la velocità del racconto, che invece mi è utile. Quando me lo ri(ri-ri-ri) leggo, a volte sfoltisco alcune frasi troppo pompose (col rischio di renderle semplicistiche). Ma ci provo, insomma. Felice che piaccia il risultato. Dimmi, però, e questo cambio di prospettiva, ti dà una mano a capire un po' meglio Cremisi?

Rodelinda: *D l'abbraccia forte e R quasi ci lascia le penne stritolata.* Gli snodi delle trame sono così complicati... In effetti, il capitolo scorso lo era e che gioia sapere che ti attira (da qui l'abbraccio, non me ne volere XD). Il fantasy è da sempre stato bistrattato perchè un'evidente evasione, ma io l'ho sempre trovato un bel modo per evadere che ugualmente può dare spunti sia riflessivi sia letterari. E Cremisi vuole essere una bella parentesi nella vita di chi legge. Come dici tu, una piccola vacanza *_* Un bacione

BiGi:ahah non sei pazza. E' che Nyven inquieta un pochino gli animi degli altri protagonisti, perciò penso sia normale inquieti e incuriosisca. Diciamo che per ora non  do notizie certe sulla sua identità XD Baci

Aphrodite: Descrivere un personaggio così, in effetti, è piuttosto complicato. Ma Irìyas ha fatto del suo istinto e di se stesso la sua forza. Viene spiegato un po' meglio in quetso capitolo, non può dubitare. Ma diciamo che comunque, nella complessità della sua vita, ci sono alti e bassi (per quanto riguarda il distacco e tutto il resto) *_* E poi, mi diverte molto il fatto che questa sua rigidità spaventi. Se io incontrassi Irìyas sarei terrorizzata °_° Un baciotto.

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 09 ***


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Aggiornamento prima del solito (non me ne vorrete mica XD), il prossimo sarà comunque a breve. Ci terrei che questi capitoli scorressero velocemente, per necessità di trama e per addentrarsi meglio nella vicenda. Avendoli inoltre già scritti (i capitoli), posso permettermelo ^_^v

 

Capitolo Nove

 

Sideas sarebbe arrivato di lì a poco, aveva solo un’altra notte di viaggio.

Irìyas voleva cercare di aver ben più chiara l’identità di Nyven prima che il militare arrivasse.

Si chiese quanto il suo vecchio compagno d’Accademia fosse cambiato in quegli anni, quanto di tutto quello che era successo all’Accademia fosse rimasto nei loro ricordi.

Accantonò il pensiero, infastidito.

Non aveva importanza, in quel momento.

Doveva prima cercare di chiarire alcune cose riguardo al ragazzo, poi si sarebbe occupato di Sideas.

Nyven dormiva, avrebbe dormito sicuramente ancora un giorno, forse qualcosa di più.

Irìyas sorrise. Il ragazzo non poteva certo immaginare quanti pensieri e dubbi generasse in lui, sicuramente non pensava neanche di essere fonte di preoccupazione.

Probabilmente dormiva beato, sognando il sole di Droà.

 

Gli  stivali continuavano a scivolare sul terreno sdruccioloso del promontorio, l’aria intorno si faceva sempre più rarefatta e fredda. Irìyas si fermò un attimo per guardare il lago sotto di lui e la sua casa, ormai molto lontana. Quando aveva scelto dove vivere, non aveva avuto dubbi: quello era stato, da sempre, uno dei luoghi da lui considerati più belli. I giochi di luce del sole di giorno, della luna rubra di notte e di quei flebili raggi cerulei della luna azzurra, creavano un senso di pace da cui Irìyas traeva grande forza.

La sua calma era una calma acquisita: la morte di Alem e, ora, Gyonnareth che sarebbe venuto ad annientarlo… Gli intrecci, le cause e le concause di una mattina passata nel chiostro dell’Accademia, quando si era finalmente venuti a conoscenza di come un abitante dell’Ovest era giunto lì; lo sgomento di apprendere della morte del proprio maestro, e di come questa si era verificata… Hado, Sideas, il loro inevitabile allontanarsi per forza e volontà…

Niente di tutto questo poteva mai trovare quiete per Irìyas.

Tutto era accaduto così in fretta, che in realtà nulla aveva preso un posto preciso nel suo animo, tutto s’era affollato in fondo e lì era rimasto, senza mai dare pace.

 

Il mago appoggiò una mano sulla roccia, sfiorando l’erbetta che cresceva dalle fessure. Un albero, lì affianco, allargò i propri rami, accarezzando con le fronde l’aria. Dove Irìyas aveva la mano comparve una scala in pietra.

L’aria intorno si fece gelida, ma non fastidiosa. La natura intorno non risentì del freddo, né il sole si fece più mite. Il vapore acqueo sembrava cristallizzarsi intorno al mago che cominciò a scendere per le scale comparse nella roccia. Da troppo tempo non andava lì.

Arrivò in un atrio enorme, scavato nella roccia, ricoperto di neve.

“Perché sei qui?” chiese senza neanche voltarsi.

“Qui sto meglio che altrove”

“Ma questo non è il posto per te”

“Certo che sei rimasto arrogante e strafottente, come quando eri giovane”

Irìyas sorrise e si girò verso la vecchia che aveva appena parlato.

“E’ una frase piuttosto irriverente la tua, soprattutto se ti fermi ad osservarci”

La Bianca si strinse nelle spalle: “Non importa se sei così bravo a celare la tua età”

“Non la pensavi così, quando mi hai implorato di ridarti la giovinezza”

La Bianca sospirò: “Gli umani mi temono, così vecchia e grinza. Alcuni hanno paura che muoia davanti ai loro occhi, altri semplicemente, mi reputano brutta…”

“Avresti dovuto fermarti all’Accademia più a lungo”

La Bianca ghignò, mostrando le sue gengive rosee: “ Lasciare l’Accademia non è mai una propria scelta, come non lo è entrarci. Semplicemente, la mia magia era insufficiente”.

Irìyas sorrise. Quella vecchia antipatica e storta, in fondo, gli piaceva.

“Immagino tu non sia venuto a parlare con me”

“Gyofinan come sta?”

“Lei sta benissimo. Vorrebbe uscire di qui, ma sa che per ora è meglio di no”

Il mago annuì.

“Lasciami solo, ora, devo parlare con lei.”

 

 

Ogni volta che la vedeva, Irìyas ne rimaneva incantato.

Lì, nella sua stanza enorme, di giacchio e neve, era accovacciato un drago bianco con scaglie argentate sul collo.

Nonostante fosse piegato sulle zampe e languidamente adagiato a terra, Gyofinan era enorme e maestosa. Mosse il collo con eleganza, quando si accorse che Irìyas era entrato nella grotta e lo fissò, con occhi azzurri, grattandosi con la coda il collo, accarezzando così il pelo vicino alle orecchie.

Irìyas l’aveva vista volare più d’una volta, ali spiegate e zampe protese, era l’essere più bello che avesse mai visto.

“Buongiorno, mio bel mago” aveva una voce suadente e molto profonda, che subito permeò ogni anfratto della grotta. Sembrava provenire dall’interno della gola, una voce molto calda.

“Buongiorno a te” Irìyas sorrise.

“Se guardi me con quegli occhi ammirati, non riuscirai a trattenere lo stupore quando vedrai Nnareth(1).“  Sugli occhi del drago scese un velo di tristezza.

“Ti manca molto”

“Vorrei che non si fosse lasciato catturare come uno sciocco. Mi manca lui, mi mancano le distese su cui potevamo volare…”

“Lo libereremo”

Il drago annuì: “Lo so che lo farai”

“Abbiamo ancora tempo prima del solstizio”

Il drago emise uno sbuffo, dalle narici. Un misto di preoccupazione e ansia.

“Non è da te essere così preoccupata”

“Non lo ucciderai, vero? Promettimelo”

“Sulla mia vita”

Il drago chiuse gli occhi: “Lo so bene, parlo solo come una compagna preoccupata”

Irìyas annuì, in silenzio. I draghi, creature semi-eterne, si accoppiano per la vita. Scelto un compagno, il loro legame non fa altro che rinsaldarsi col tempo che passa.

Gyofinan e Gyonnareth erano compagni sin dall’alba dei tempi, ma erano stati separati.

“E il ragazzo?”

Il mago guardò il drago, cercando le parole.

“L’ho trovato al Crocevia. Esattamente come avevi detto tu, i suoi capelli vincono ogni fiamma”

“Eppure nella tua voce, sento del dubbio”

“Non è un semplice schiavo, non capisco chi o che cosa sia…”

“Spiegati meglio”. Il drago si alzò sulle gambe anteriori e la temperatura scese ancor di più.

“Speravo potessi dirmi qualcosa tu, a dire il vero. E’ affascinato dal fuoco. Non solo non ne subisce l’effetto, ma si avvicina se vede una fiamma. Sempre di più, fino a possederla e non accorgersene…”

“Impossibile”

“Lo pensavo anch’io, eppure è così. Quando è arrivato qui pensavo che quel colore di fondo che lo caratterizza, quel rosso acceso, fosse semplicemente dovuto ai suoi capelli…” Irìyas corrugò la fronte “Invece lo domina”
”Impossibile! I draghi dominano il fuoco” la voce di Gyofinnan si fece ancora più profonda “Avrà imparato a governare le fiamme”

Il mago scosse la testa.

“Io governo le fiamme, Finan, eppure non domino il fuoco. La sua dev’essere una capacità innata. Perché non ne è consapevole, né si accorge di quanto sia affascinato dal fuoco stesso”

“E’ davvero possibile per un umano dominare il fuoco? Se così fosse, se davvero avessi ragione, l’ordine fra gli elementi verrebbe rivoluzionato”

“Sideas sta venendo qui”

Il drago emise un ruggito sommesso e le sue iridi si tinsero di blu notte.

“Il re sa che Nyven è qui?”

Irìyas annuì.

“Il re sa bene che Nyven è qui, ma dubito che sappia altro. Non so se l’intento di Sideas sia quello di avere il ragazzo per proteggere il re, oppure se davvero sa chi è Nyven e cos’è la sua aura cremisi. Che sia per l’uno o per l’altro motivo, non mi porterà via il ragazzo. Da tempo ormai, gli ordini del re non sono più i miei ordini.” Irìyas distolse lo sguardo dal drago. Che fosse davvero per pura politica che Sideas veniva lì? Sicuramente veniva per Nyven, ma l’ipotesi che lui sapesse chi fosse il ragazzo lo irritava. Era insensata e spaventosa. Il mago scosse la testa, per allontanare il pensiero “Nyven è mio”.

Le iridi del drago si schiarirono.

“La mia fiamma è molto fredda, è bianca e gela, ardendo, Irìyas. Non ho risposte quindi per giustificare come possa un ragazzino dominare il fuoco. Scopri se la sua fiamma è calda oppure gelata. Forse potremo capire chi è”

Il mago guardò il drago intensamente, prima di parlare: “Nyven non è un semplice umano, né appartiene a nessuna delle razze che io conosco. Non ha pelo sulla pelle, o scaglie sulla schiena. A  vederlo sembra solo un ragazzino…”

“Dove vuoi arrivare?”

“Se fosse un abitante dell’Est me lo diresti?”

“Che cosa intendi?”

“Se Nyven venisse da Est, se questa mia incomprensione fosse dovuta alla mia ignoranza, me lo diresti?”

“I Draghi volano liberi verso Est e Ovest, non sono legati come voi umani alla terra in cui vivono. Conoscono quello che c’è al di là della linea di confine”

“E’ proprio su questo che si basa il nostro patto. Ciononostante non hai risposto alla mia domanda”

Il drago rimase in silenzio per un po’, lasciando che l’aria uscisse ed entrasse dalle sue narici rumorosamente.

“Mi piaci, Irìyas, mi piaci molto. Non sei timorato, né stupido. Sei aggressivo, ma avveduto. E sei potente, così consapevole della tua forza che mi parli come se ci conoscessimo da sempre. Per questo devi credere a quello che ti dico, non ti mentirei. Nyven non è un abitante dell’Est. Non so cosa sia, non lo capisco, né so il perché lui non sia consapevole della sua natura, probabilmente, proprio perché unico. Forse è solo un figlio proibito di un’Ancella e un Lapillo, forse, solo, non lo sappiamo ancora. Ma non viene da Est. Niente, laggiù, gli somiglia.”

Irìyas si avvicinò al drago e si sedette, appoggiandosi al pelo sulla sua zampa. Lo prese fra le mani e lo lisciò, morbido quasi fosse fatto di piuma.

“Grazie” Non fu necessario dire altro e Irìyas rimase in compagnia di Gyofinnan finché il sole non calò.

Trasudava rosso, che colava languido nel lago.

Irìyas e il drago lo guardarono spegnersi nelle acque.

“Forse è figlio del sole” scherzò il drago che s’era concessa di uscire dalla sua grotta, come sempre più raramente faceva con l’avvicinarsi del solstizio.

Irìyas si ritrovò a pensare che il ragazzo avesse, in effetti, proprio quei colori.

* * *

1. E' una nota che non vorrei mettere, ma pubblicando questo racconto a capitoli, vengono a perdersi alcune cose che, se il racconto fosse letto pagina per pagina, rimarrebbero probabilmente di più. Nnarreth non è altro che Gyonnareth, il drago di cui si parla da vari capitoli. Il prefisso "Gyo" (questo è stato detto qualche capitolo fa) è un prefisso che nella lingua del Regno si usa per tutti i draghi. Non a caso i due nominati qui sono Gyonnareth e Gyofinan. Tuttavia, il prefisso vuol dire, in pratica, drago. Sarebbe stato sciocco fare chiamare (da un drago) un altro drago con il prefisso Gyo. Di questo prefisso, ne accenna Nyven un po' di tempo fa, ma sono quasi certa che, col passare del tempo, essendo un piccolo dettaglio, sia andato dimenticato dai più. Ho pensato, quindi, fosse meglio essere chiari e specificare che Nnareth non è un nuovo personaggio, ma sempre il "famoso" drago. Per chiarezza, insomma ^_^

Ora smetto di cianciare, a presto ^_^/ Un bacio a chi è arrivato sin qui :)

 

* * *

 

kymyit: Un'ideuzza? Sono curiosa *_* Nyven, in effetti, è un personaggio molto complesso (nella sua apparente semplicità). Ti ringrazio tantissimo per i complimenti riguardo la mia scrittura :) Davvero. In effetti leggo moltissimi libri (in generale). Di fantasy ne ho letti molti tempo fa (erano un pane quotidiano), ora ne leggo meno perchè, purtroppo, trovo che siano scritti male e siano piuttosto scontati. Non tutti, ovviamente. Ma essendo da molti (editori stessi, oltre che autori) considerato un genere di serie B, si permettono di pubblicare storie per me davvero brutte. Però spulcio sempre fra quegli scaffali, in libreria e mi lascio ispirare dal momento :) Baci

Francesca Akira89: Mi diverte molto non rivelare niente di Nyven e lasciare che venga fuori piano piano XD  Come scrivevo all'inizio, sto cercando di velocizzare un pochino la "pubblicazione" così il racconto risulta molto più leggibile, secondo me (e spero, di conseguenza, bello '^_^). Sideas... eh eh eh ti posso dire che è un personaggio che io adoro, ma non c'è da aspettare tanto prima che compaia ^_^

Manny_chan: Buoni i biscotti vero? Se ne vuoi ancora, prendi pure. Ne ho anche delle varietà al cioccolato, alla vaniglia o alla crema, a seconda dei gusti. Io adoro la gente che congettura. Innanzitutto perchè vuol dire che la mia storia dà adoto a congetture (e non è davvero poco), dall'altro perchè mi piacciono i lettori partecipi (e buone amiche per il tè). Comunque 'sto ragazzino, davvero, è così bistrattato! (si noti che sono io a bistrattarlo XD), ma se ne farà una ragione, sono certa. Il tema dell'est sarà un tema ricorrente, non temere. Verrà spiegato in lungo e in largo (ecco il perchè, anche, dei biscottini. Aiutano a mantenere l'attenzione ^_^)

Yukochan  Ciao. Contenta di risentirti e che lo shounen ai non sia stato un deterrente '^_^ Questa storia è ambientata in un mondo a cui ho dato (e continuo a dare) tridimensionalità. Siccome a me piacciono molto le dimensioni storiche degli eventi (sia nel reale che nel raccontato), la mia idea di base - sempre - è quella di dare profondità, ambientare una storia (in questo caso Cremisi), in un mondo che ha una vita propria, una propria Storia e altre mille vicende oltre a quella che sto raccontando. Questo secondo me rende molto più realistico l'avvenimento. Quindi non ti preoccupare, si sverrà a sapere un po' di più sull'accademia, le gerarchie  sociali e i contorni della vicenda ^_^

BiGi: Contenta che l'idea del viaggio piaccia. In effetti Irìyas è un animo troppo irrequieto e vivace per accontentarsi di ciò che ha *_*

silencio: Graziegraziegrazie. Continua a ripeterlo, perchè ogni volta mi sorprendo che ciò che scrivo piaccia e sia interessante  Ti voglio bbbbene *_* Irìyas non poteva sempre rimanere nell'ombra e il punto di vista non poteva rimanere troppo quello di Nyven, proprio per come (e si vedrà in seguito) voglio strutturare la storia. Altrimenti sarebbe diventata di una noia mortale. Certo però che non potevo svestire Irìyas del suo fascino, ai miei occhi è tremendamente affascinante XD (sì, mi sento una Nyven-simile in questo senso hahaha)

Aphrodite: Sono furbissima XD Il legame fra Irìyas e Alem è un legame molto intenso. Del resto, Alem era il maestro di Irìyas. Se pensi al carattere di Irìyas, è facile capire che carisma e forza debba aver avuto il vecchio saggio (altrimenti Irìyas l'avrebbe calpestato XD). Di più non posso dire, ovviamente. Ti mando un bacione anch'io (ah, fai benissimo ad andare a sensazioni, è davvero sempre la cosa migliore da fare)

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


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Capitolo Dieci

 

 

Agli inizi del Mondo, quando non esisteva il Regno, quando i popoli confinanti non vivevano sotto bandiere diverse e quando i Draghi dominavano i cieli nell’Est e nell’Ovest, esisteva un’unica lingua, la Lingua Antica, che ognuno parlava.

Era una Lingua melodiosa, priva di suoni gutturali e cupi. Poteva essere pronunciata al solo pensiero.

Con l’avvento dei Venti e col loro bagaglio gravido di guerre, la Lingua Antica era stata abbandonata a favore dei diversi dialetti. L’oscurantismo e la Notte che aveva dominato quel periodo, creando mille frammenti di terra in lotta fra loro, aveva creato a sua volta mille frammenti di lingua.

Le biblioteche dell’Accademia erano state messe a fuoco, il libri che custodivano i Canti di Pace del Vecchio Mondo erano bruciati con lei. Pochi frammenti erano stati tramandati oralmente dagli Ohnan, bardi e cantori che da generazioni conservavano il patrimonio della Lingua Antica.

 

L’incantesimo che avrebbe dovuto pronunciare Irìyas il giorno del solstizio, doveva essere pronunciato nella Lingua Antica.

Irìyas non aveva ancora con sé l’esatta traduzione e questo lo irritava moltissimo.

Picchiò i pugni sul tavolo, spazientito.

“Pronunciarlo nella Lingua Ufficiale del Regno sarebbe da pazzi, eppure…”

Zir era con lui nella stanza. Scosse la testa.

“E’ proprio necessaria la Lingua Antica?”

“E’ l’unica in grado di proteggere Gyonnareth da ciò che verrà scatenato il giorno del solstizio”

Zir si lisciò i baffi.

“Sono certo che Gyofinan la ricorda. I draghi sono gli unici che…”

"Non cominciare!"

C'era una certa irritazione nella voce di Irìyas e Zir si spazientì.

"Questo perchè sei il solito testardo"

"Questo perché se Finan sapesse esattamente cos'ho intenzione di fare, sarebbe troppo preoccupata"

"Pensi davvero che non lo sappia?"

"Lo sa benissimo. Ma sentirlo sarebbe diverso"

Zir sbuffò, scuotendo la testa. Non era d'accordo, ma il mago non era dell'umore adatto per essere contraddetto.

"Nelle biblioteche non potrai trovare l'esatta formulazione della frase..."

"Se non dovessi riuscire a dirla nella sua interezza, così sarà più che sufficiente"

“Ma sarà estremamente pericoloso... Per te soprattutto"

Irìyas non rispose e continuò a leggere il libro che aveva davanti, cercando fra le sue pagine le parole dimenticate.

 

“Padrone!” Nyven irruppe nella stanza con così tanta furia che i fogli sullo scrittoio di Irìyas furono scossi dalla corrente. Quando vide gli occhi del mago e quelli del coniglio fissi su di lui, s’immobilizzò, pentendosi immediatamente della sua foga.

“S…scu…”

“Che cosa c’è, ragazzo?” Zir interruppe la balbuzie di Nyven.

“Ci sono dei corvi, ad Ovest. Tantissimi corvi che volano sul castello”

Irìyas non rispose, aggrottò le sopracciglia.

“Riesci a vederli?”

“Sapete che stanno arrivando?” poi si mise una mano sulla bocca “Di nuovo, perdonate la mia irruenza…ma sono così minacciosi, sono così…”

“Sono a più di un giorno di cammino da qui”

“Impossibile, signore, li vedo chiaramente…”

Irìyas scosse la testa e ripeté, con voce più bassa e cupa “Sono a più di un giorno da qui”.

Nyven fece un passo indietro, terrorizzato da quel tono. Persino il pelo di Zir si rizzò sulla coda del coniglio.

Gli istanti di silenzio che seguirono quelle parole apparvero così rumorosi alle orecchie di Nyven che fu costretto ad interromperli…

“Io… non volevo” fu l’unica cosa che riuscì a dire.

Il ragazzo s’inginocchio, lì sul posto, con la testa china. Doveva tacere, non poteva parlare.

Tremò e ci volle tutto il suo autocontrollo per non lasciare che le lacrime testimoniassero ulteriormente, il suo terrore.

Pochi secondi, poche parole e gli sembrò di aver, di colpo, messo una distanza incolmabile fra lui e Irìyas.

Era impaziente di rivederlo, era impaziente di parlargli…eppure ora era terrorizzato.

“Zir, chiama Mamir, ho bisogno di lui”.

L’Eclage annuì e lasciò la stanza.

Doveva parlare? Doveva spiegare esattamente…?

“Io, li vedo. Perdonatemi, se potete…”

“Sono i corvi di Sideas. Un mio vecchio compagno di scuola. Sta venendo qui”. La voce del mago era ritornata quella di sempre.

“Oh…”

“Non sono minacciosi, se non istigati. Come militare del Re, Sideas può cavalcare a fianco dei corvi Reali”

“Sono corvi speciali?”

Irìyas sorrise: “Sono antichi come i draghi e saggi quasi quanto i gufi. Sono speciali, sì”.

“Perché vengono qui?”

“Per te. Ma questo tu lo sai già”

Nyven fu colto alla sprovvista dalla sua stessa paura “Non mi farete andare via, non è vero?”

“Se non ne ho motivo…”

Il ragazzo sussultò, rumorosamente. Sciocco! Perché temere quello che già sapeva?

“Cercherò di non darvene alcuno”

Irìyas sorrise, sistemandosi dietro le orecchie i capelli che gli continuavano a coprire gli occhi.

“Vieni qui” gli disse indicando il bracciolo della sua poltrona.

 

Seduto lì era come essere seduto sulle gambe di Irìyas, sentiva benissimo quell’odore d’acqua che aveva sentito il primo giorno lì, quando era stato accolto nelle stanze dell’Ancella. Sentiva il suo respiro lieve e lo scorrere delle sue dita sul libro di fronte a lui.

Sembrava quasi avesse tutti i sensi amplificati e finemente abituati ad ogni sfumatura.

Sapeva bene, però, che anche Irìyas era altrettanto consapevole di quel che pensava.

“Perché sei così agitato?”

“Perché sono vicino a voi” non aveva senso mentire.

“Hai paura?”

“Un po’”

“Puoi alzarti e andartene”

“Ma non voglio farlo… Io… “ gli mancò il fiato “vorrei stare con voi”

Irìyas sorrise “Non è una cosa saggia quella che hai appena detto”

Nyven arrossì “Quello che intendevo dire è che vorrei trascorrere più tempo con voi per…”

“Per?”

“Capire… Capire molte cose. Vorrei sapere dell’Accademia, della vostra vita laggiù. Vorrei sapere quando avete saputo che sareste stato un mago, vorrei sapere perché non ci sono uomini qui. Vorrei…”

Irìyas scoppiò a ridere e lo fermò “ Vorresti sapere tante cose. La curiosità è un’amica pericolosa, lo sai?”

Nyven annuì “Lo so, ma è innata. Spesso mi fermo a guardarvi, nella mia mente. Quando so che dopo poco mi addormenterò, quando so che dormirò per due, tre giorni di fila, mi permetto di pensare a voi e a come vi ho visto quel giorno, a quello che facevate… Mi permetto d’immaginare quello di cui vi occupate mentre io ho sonno. Se anche voi, prima o poi, dormirete oppure se i maghi non dormono mai.” Arrossì… “Immagino così tante cose…”

Irìyas lo guardò, senza dire nulla e lo sguardo del mago non fece altro che peggiorare il rossore del ragazzo.

“Voi mi credete malvagio?”

La domanda colse Irìyas alla sprovvista “Malvagio?”

“Dicono che porterò sventura. Voi mi parlate nel sonno e…”

“E?”

“E poi, da quando sono qui….” Esitò nuovamente “Sono cambiate molte cose, che fanno paura persino a me.” Sorrise “Sapete bene a cosa mi riferisco: al fuoco”

“Che ne sai tu del fuoco?”

“Non ne so nulla, ma lo sento chiamarmi”. Sospirò “E’ sciocco, vero?”

“Meno di quanto tu creda”

Irìyas prese una ciocca carminia del ragazzo fra le dita e cominciò ad intrecciarla fra le sue: “Questi tuoi capelli sono speciali…Sono unici. E il fuoco, su di loro, non ha potere. Non è affatto sciocco questo tuo attaccamento…”

“Ma non mi farete andare via per questo, non è vero?” d’impeto, Nyven interruppe Irìyas, stringendogli la manica “Non posso andare via, io …ho paura di andare via”

Il mago guardò il ragazzo per un istante di troppo, la pelle ambrata del Sud trasudava paura. Irìyas ebbe il forte desiderio di toccarla, ma non lo fece.

“Non prometterò qualcosa che non manterrò”

“Avete intenzione di mandarmi via?”

“Non per adesso, no”

“Ma…”

“Nessun ma! E’ come ...”

L’aria, d’improvviso, si fece bollente.

Irìyas si accorse che le pupille di Nyven erano diventate allungate e sottili come fessure e le sue iridi rosse, come i suoi capelli. Non si mosse, nonostante la ragione gli dicesse di fare qualcosa.

Quella creature dal nome Nyven non era un ragazzo, e la curiosità, come lui stesso aveva detto poco prima, è regina delle azioni di ognuno.

Irìyas rimase a guardarlo.

Nyven prese il libro che Irìyas stava leggendo e vi appoggiò la mano sopra. La pagina s’incendiò, pur non bruciando.

La fiamma si spense quasi subito, al suo posto, ancora calde, brillavano le parole della Lingua Antica che Irìyas avrebbe dovuto pronunciare. Tutte.

Nyven sorrise, guardando il mago, e gli diede un lievissimo bacio sulla guancia. La pelle di Irìyas si ustionò leggermente.

“Non mi mandare via”

Poi il ragazzo s’addormentò di colpo, accasciandosi tra le braccia di Irìyas.

Il suo corpo era tornato freddo, come quello di qualunque essere umano.

 

***

N.d.Dicembre: Ma povero, povero Nyven. Però è davvero divertente bistrattarlo, trattarlo male e essere l'unica a sapere chi è. Non lo sa neanche lui ò_O Vi mando un bacio, ho un po' di chiacchiericcio addosso e vorrei dilungarmi, ma devo scappare. Quindi siete risparmiati dalle mie scemeze a raffica (per ora XD).
p.s. 50 recensioni, wow. Mi fate diventare rossa davvero. Posso offrirvi birra per festeggiare e ringraziarvi? *_*

***

Yukochan: I draghi bianchi *_* Sì, Finan, per come la immagino io, è bellissima. Lei dice che Gyonnareth è più possente, ma lei è proprio bella. Sono felice di averle dtrasmesso la giusta maestosità. Contenta che tutto questo mistero ti piaccia. Per tranquillità, ti dico che alcune parti importanti verranno rivelate a breve, ma Nyven e il fuoco era troppo divertente, per non dedicargli un capitolo *_* Un bacione

BiGi: Contentissima che anche a te sia piaciuta Finan, se lo merita. Poverina, in effetti è molto sola, ma per ora, le mie angherie sono rivolte a Nyven ehehe un bacio

Manny_chan: Ah Ah Ah Irìyas "romantico". Beh, sì, un lato del suo caratterere in effetti ha del romanticismo, però non è altruist-errimo, mettiamola così ;D Per quanto riguarda la mia cattiveria con Nyven, imperversa, ma il fanciullo si presta e io non resisto. Che ci posso fare? E' che è un personaggio complesso, ma per ora ancora ignaro °_° E io sono un po' "lunga" nello spiegare, svolgere e disfare le trame. Non mi piacciono le storie in cui tutto succede senza un motivo, ma il dare motivazioni mi richiede tempo e capitoli (e io ci marcio un po' XD). Un bacione.

Aealith: Ciao e benvenuta! *D abbraccia A* scritto così bene, grazie mille *_* Sono felice che Cremisi ti piaccia e ti prenda. Cerco di dare il mio (piccolo) contributo al genere fantasy, così tante volte bistrattato. Il che è un peccato (il fatto che sia bistrattato, non il mio contributo XD), perchè a me piace molto. Un bacio ^.^

silencio: Ormai mi commuovo quando leggo una tua recensione. Finan bella e mastosa *_* E' proprio come volevo che trasparisse, perchè - come dicevo prima - io la immagino bellissima. Un po' in stile drago-occidentale, quindi apparentemente aggressiva e cattiva, ma elegante e con l'aria "saggia". Poi bianca, quindi molto regale. In questo capitolo lascio un po' intravedere parte della Storia del Regno, citando i Venti e la Lingua Antica. Come ho forse già detto, mi piace dare tridimensionalità a quel che scrivo e dare quindi l'impressione che la storia sia ambientata in un mondo che esiste, che vive una vita propria al di là di ciò che è narrato. Dovresti vedere il mio quadernetto di appunti, quanti riferimenti, fatti, scritte ha sopra, su cose che probabilmente qui non verranno menzionate, ma che mi servono per creare un mondo a tutto tondo (ho fatto la rima °_°) XD Un bacio

Francesca Akira89: Eh eh eh. Irìyas è molto *molto* possessivo. Contenta che ti piaccia (anche a me *_*). Irìyas è un mago, con le fattezze di un giovante (30 enne circa?), ma di fatto, il tempo per i maghi scorre in modo diverso che per gli umani. Sideas arriverà presto *_* Un bacio

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


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Capitolo Undici

 

 

Al suo interno, la locanda era molto fumosa. Le pipe di adhar emanavano il loro tipico aroma che imperniava tutta l’aria circostante. Il luogo era così affollato che si faticava a muoversi. Solo un angolo era apparentemente occupato da una persona sola, avvolta in un manto molto scuro che la copriva fin sopra i capelli. Sembrava non essere presente in quel quadro di chiasso generale, sorseggiava la sua bevanda osservando la neve che cadeva all’esterno. Persino le mani erano avvolte dalla sua tunica, intorno a lui pareva esserci una alone luminescente…

Questa figura aveva attratto l’attenzione di due individui seduti ad un tavolo all’estremità opposta della taverna. I loro occhi guardavano in realtà, con estrema cupidigia, una pietra rosso sangue che si poteva intravedere a lato dell’uomo ammantato. Non era ben chiaro dove fosse incastonata o perché fosse lì, ma la lucentezza del prezioso ed il colore non lasciava dubbi sulla sua origine: una pietra dei Lavici, così rara e preziosa, che avrebbe fatto gola a chiunque e questo, i due osservatori, lo sapevano bene.

Ai due individui se ne avvicinò un terzo, con l’aria di chi ha ben capito a cosa stessero mirando i compari.

“Chi più essere così ingenuo da portare una Lavica con sé e non nasconderla debitamente?” Bisbigliò, una volta seduto al tavolo.

“Sembra non curarsene assolutamente, lo osservo da diverso tempo, ma è lì che sorseggia qualcosa e fissa fuori, mentre quella pietra è al suo fianco. Non ne ho mai viste di così grosse.”

“Non ci sono dubbi, quel colore è inconfondibile…Forse è tempo che la pietra cambi padrone… Del resto, se quell’uomo ha così poca attenzione da portare una Lavica in un posto come questo, mettendola in bella mostra, noi non possiamo fare altro che cogliere l’invito”

Due di loro risero, ma il terzo, l’uomo che s’era aggiunto, scrutò in fondo alla locanda per capire perché quel forestiero fosse stato tanto sconsiderato. La visione fin troppo semplicistica de suoi amici non lo convinceva, sembrava come se lo straniero fosse circondato da un’aura d’estrema sicurezza, e questo lo metteva in guardia.

“Non capisco perché hai quella faccia preoccupata, sai benissimo che sia io che Goll” ed indicò l’altro compagno”saremmo in grado di rubare la pietra a quello sconosciuto…del resto non siamo nuovi a furti, o sbaglio?”

Sorrisero di nuovo, ma ancora una volta il terzo degli amici, Radha, fissò lo straniero in maniera scettica.

Dal canto suo il forestiero, ignaro dei discorsi di cui era il protagonista, continuava a guardare fuori e a sorseggiare la sua bevanda. Non un movimento di troppo, solo un ritmico avvicinarsi il boccale, nascondendo la sua figura nel mantello e nell’ombra da questo generata.

Appoggiata per l’ennesima volta la tazza sul tavolo, l’uomo sembrò stringersi nelle sue spalle e appoggiarsi al muro, nascondendo con questo gesto la Lavica che tanto aveva suscitato cupidigia.

“Accidenti, così non ne posso più ammirare la bellezza” disse spazientito Goll “Poco male, tra poco sarà mia”

Radha, però, era stato colpito da un altro elemento, ben diverso dalla Lavica: il ciuffo bianco che era fuoriuscito dal manto dello straniero. Una ciocca di capelli folta e lunga, ma quello che era importante, di un bianco candido, molto intenso.

“Invece di guardare quello che non potete più vedere, osservate i capelli del forestiero”

“Che l’ira di Orm mi fulmini, quei capelli sono bianchi!”

“Un vecchio?”

“Sciocco. Quale vecchio potrebbe avere con sé una Lavica? Quelli non sono i capelli di un vecchio”

“Il capitano delle Guardie Reali!”

“Quaggiù? Il Re vive lontano da qui ed è ben raro vedere spostamenti territoriali, soprattutto in un periodo di profonda crisi, come questo…”

Radha sapeva che il suo compagno aveva ragione: il capitano delle Guardie Reali, possessore di una Lavica così grande da poter appartenere solo al Re… Non riusciva a capire cosa succedesse.

Chi era il forestiero?

L’attenzione di Radha fu catturata dalla danzatrice della locanda che aveva iniziato a ballare sulle note del suonatore che pizzicava le corde del suo strumento con tale sapienza da coinvolgere l’intera locanda in quella musica malinconica.

L’umore degli ospiti sembrò cambiare quando la danzatrice iniziò a cantare su quelle note. Era un canto antico, una leggenda, che tutti sapevano avere un fondo di verità.

La storia di come  un falco-uomo e la sua donna erano stati divisi dall’arrivo dei Venti e allontanati, per sempre, dopo l’incendio di Rubra. Il falco e il suo amore ancora si cercano, fra i mari e le terre infinite del mondo, fino a quando non si ritroveranno.

Alla voce della danzatrice, alta e cristallina, si unì prima una poi tutte le voci dei presenti. Piano piano la leggera tristezza iniziale lasciò il posto al ballo.

Passo dopo passo e col vino che scorreva a fiumi, il chiasso ritornò a farla da padrone, dissolvendo la fine della canzone e l’esecuzione della danzatrice.

“Vecchie storie per vecchi rimbambiti, ecco cos’è questa canzone” grugnì Goll.

“Eppure a me è sempre piaciuta, mi chiedo se mai Rubra si sia infuocata, se mai…”

“Ragiona, razza d’idiota, come può una luna infuocarsi? E’ rossa perché è rossa, non certo perché brucia” così Radha zittì il compagno,ma ugualmente guardò fuori, dove Rubra occupava imperiosa l’unico squarcio di cielo libero da nuvole.

Lì a nord, il cielo notturno sembrava veramente tinto di fuoco e sangue.

Scosse la testa per liberarsi di quei pensieri, il suo senso pratico gli imponeva di non abbandonarsi a sciocche riflessioni, ma anzi lo sollecitava a riportare l’attenzione su qualcosa di rosso sì, ma ben più prezioso e concreto.

Goll e i suoi compari posarono di nuovo gli occhi sul forestiero che sembrava non essersi mosso.

Il capitano delle Guardie Reali aveva studiato all’Accademia: forse era così sicuro della sua forza che non temeva nemico.

No, la spiegazione doveva essere cercata da altre parti. Pensando questo Radha si alzò e raggiunse il forestiero ammantato, che sembrò non notarlo finché il nuovo arrivato non picchiò i pugni sul tavolo. Neanche così, però, il capitano si mosse più del necessario, mosse semplicemente gli occhi in direzione di Redha e lo fissò. La luce era così fioca che non permetteva di distinguere nulla dei lineamenti del viso dell’uomo.

“Come mai ti trovi in questi territori?” chiese Radha “Evidentemente non sei di qui” ma non ci fu risposta.

Si guardarono per diverso tempo, la locanda sembrò divenire silenziosa, anche se il frastuono scomparve solo dalle orecchie di Redha.  Fu proprio lui a riprendere la parola.

“Dovresti stare attento a come giri, certi oggetti non sono giocattoli” ed indicò con un gesto rapido del mento, il luogo dove prima aveva visto a pietra Lavica.

Non sapeva bene neanche lui come mai mettesse in guardia il forestiero dalle intenzioni dei suoi compagni: lui che per primo aveva voluto impadronirsi del gioiello, ma man mano che osservava quell’uomo misterioso ne aveva sempre più timore. Ancora una volta, però, il capitano non si mosse, non disse niente, rimase solo ad osservare Radha che, dal canto suo, cercava di decifrare quegli occhi in penombra.

Goll e il compagno s’avvicinarono al tavolo, ignari delle parole di Redha. Fu proprio Goll ad accostarsi al forestiero più di tutti, fino a sporgersi per raggiungere con la mano la Lavica.

“Ma come, sono qui che mi protendo per prendere la tua pietra e non fai niente?”

Ma lo straniero non mosse neanche lo sguardo, osservava Radha che era stupito quanto l’amico di quella totale apatia.

Perché lo straniero non faceva niente?
Perché era così tranquillo?

Il capitano delle Guardie in quei territori, possessore di una Lavica enorme, una delle pietre più preziose di tutto il regno, messa in bella mostra in una locanda che pullulava di facce certamente non rassicuranti. Eppure immobile, osservatore di quello che succedeva, consapevole ma statico. Perché?

Goll non si faceva certo tutte quelle domande, per lui la situazione era molto più lineare: un forestiero che non sapeva stare al mondo era incappato laggiù ed ora avrebbe pagato le conseguenze della sua idiozia. Si protese ulteriormente, scostò parte del mantello che aveva ricoperto la pietra e questa apparve in tutta la sua brillantezza.

Ancora poco e avrebbe potuto toccarla.

E fu allora che Redha capì, vide bene la lavorazione della pietra, gli ornamenti che la circondavano e cosa la sosteneva. Fece per muovere lui il braccio, in direzione dell’amico, nel vano tentativo di fermarlo e gridò: “Non toccare quella pietra”

Ma fu tutto inutile perché le urla di Goll prevalsero sulle sue, grida raccapriccianti. Goll stava ardendo vivo, in un attimo cadde a terra, divorato dalle fiamme che subito s’estinsero una volta che il corpo perse vita, solo il tempo di un grido e poi tutto  finito.

Radha aveva ancora la mano protesa.

E fu a questo punto che il forestiero si mosse, scostò coi piedi il corpo carbonizzato di Goll e fece per andarsene. Nella locanda era calato il silenzio, tutti avevano assistito alla scena ed ora avevano paura persino di respirare.

Solo il locandiere osò accennare una protesta: “I danni…qualcuno dovrà ripagarmeli…” nonostante la voce flebile, lo straniero parve sentire, perché si girò nella direzione da cui era venuto il bisbiglio, si portò le mani in tasca e gettò sul bancone tre Auri.

“Tre monete reali…grazie… io… sa, non volevo essere scortese… lei sarà sempre il benvenuto qui…” Con tre Auri sapeva che si sarebbe potuto ricostruire l’intera locanda.

“Aspetta” gridò Radha allo straniero che ormai era in prossimità della porta.

“Quella che porti è…?”

Cosa lo straniero stringesse nella mano fu chiaro solo allora, quando sollevò quell’oggetto: una spada, nera come la pece, nella cui elsa era incastonata la Lavica. Così facendo la ripose nel fodero che portava sulla schiena e si scostò il mantello dal viso, lasciandolo finalmente scoperto.

Il viso era pallido, quasi esangue. Il colore della pelle si confondeva con quello delle labbra.

Portava un monile argentato al lobo sinistro e il medaglione  reale affisso  sulla casacca.

 “Se tu puoi maneggiare la spada senza subire le terribili conseguenze del povero Goll, questo significa che Beklar è morto”

“Mio padre non è morto” disse lui e le sue parole, come i suoi occhi, furono attraversati da un lampo di tristezza che scomparve però immediatamente.

Lo straniero non aspettò che Radha disse altro, aprì la porta della locanda e ne uscì, in silenzio, senza dare ulteriori spiegazioni sul perché avesse quella spada.

Solo Irìyas avrebbe dovuto sapere. Solo di lui si poteva fidare.

Sideas avvolse nuovamente nel suo mantello per ripararsi dalla neve che cadeva abbondante.  

 

***

Yukochan: Ah ah ah adoro ratman e le sue braccia alzate! Per quanto riguarda il mio maltrattare Nyven, ci ho preso così gusto che - non temere - non gli renderò la vita facile di certo. E' un personaggio complicato, e che, fra le altre cose, non conosce se stesso. Capisci bene che per me vuol dire andare a nozze ohoho <-- risata perfida. Un bacio (p.s. Irìyas alla fine, non è il blocco di ghiaccio che ci vuol far credere XD)

Manny_chan: Col cambio repentino di prospettiva, in questo capitolo, mi sa che non aiuto le varie congetture °_° Ma a me piace così tanto Sideas che non potevo non lasciargli grossi spazi. Del resto, lo ammetto, mi diverte lasciare i nostri baldi giovani da soli, senza il mio continuo occhio indiscreto che si fa gli affari loro XD Per poi andarli a disturbare nei momenti meno opportuni °_°

silencio: Grazie *_* ormai sai che le tue recensioni mi mandano in brodo di giuggiole (parlo come mia nonna ._.). La dimensione storica è troppo importante per lasciarla fuori. In questo capitolo se ne intravede un altro po', con la leggenda dell'uomo-falco e la sua donna. Non ho ancora creato la Lingua Antica, perchè scriverla mi è sempre parso di limitarla. E' una lingua "universale" che tutti capivano e parlavano. Lascio che rimanga un'idea in ognuno. Ormai è persa.

BiGi: Ehehe In effetti, il nostro povero Nyven deve prendere un po' di iniziativa. Irìyas è troppo concentrato sui suoi draghi e sui suoi progetti. E' stato un bacino molto casto, ma almeno ha rotto un po' il ghiaccio ;D

natsu_yuki: Benvenuta! *D stritola Natsu che scappa gridando °_° A parte i miei saluti un po' energici, sono contenta che la storia ti stia piacendo e che ti prenda. e' molto importante per me sapere di riuscire a coinvolgere. Io adoro il fantasy, vorrei però scrivere qualcosa di non banale (stra-felice che per ora non lo sia). Spero di risentirti presto ^_^

Aphrodite: Sorellina, ciao! *hug* Mi piace leggere le tue congetture, ed in effetti, che Nyven sia figlio del tramonto potrebbe starci davvero. I colori sono quelli (da cui, il titolo della storia). E sono anche contenta che hai notato l'aria mistica dei due capitoli. E' molto importante, perchè come ormai è chiaro, Nyven va al di là della comprensione di chiunque (persino della mia, a volte ehehe). Quindi mi piace che ci sia questo alone surreale intorno a lui. Ti mando un bacio. p.s. Hai fatto un fumetto?

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


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N.d.Dicembre: Urka-Urka (chi si ricorda Robin Hood della Walt Disney? Fantastico *_*), siamo già al capitolo 12... Volevo ringraziare chiunque fosse arrivato sin qui, sia chiunque commenti (le risposte singole, ovviamente, sono in fondo al capitolo), sia chi legge silenziosamente. Devo dire che, finalmente, si arriva ad una parte meno "introduttiva", ci si addentra un pochino più nei meandri (della mia psiche? @_@). Direte voi "12 capitoli"? Beh, sappiate che ho fatto davvero molto di peggio per trame ben più lente (che dite? non vi rincuora? Ah ''^_^). Non mi dilungherò troppo qui (già è sufficiente quello che faccio con Cremisi), vi bacio semplicemente, e scappo dietro Zir che è così contento di ricevere ospiti (non posso mica deluderlo!). Al prossimo capitolo ^_^//

 

 

Capitolo Dodici

 

 

Aveva lasciato la strada del nord, mancava poco più di un giorno di percorso e sarebbe arrivato da Irìyas. Sideas sapeva benissimo che il mago l’aveva già scorto e che sicuramente i suoi corvi erano già stati notati dagli abitanti delle zone vicine, ma non era importante. Il Re l’aveva mandato esplicitamente lì, nessuno, se non lui stesso, sapeva che non sarebbe tornato a Palazzo se non quando fosse stato tutto pronto.

La vegetazione era brulla,  gli zoccoli del suo cavallo schiacciavano una terra ancora ghiacciata, però era bello notare come le stelle di bosco, piccoli fiorellini rosa, costellavano i tronchi degli alberi.

Pensò a come avrebbe trovato Irìyas, forse diverso da quello che ben conosceva.

All’Accademia, lui, Irìyas e Hago avevano un legame così forte che pensavano, ingenuamente, che non sarebbe mai mutato.

Sorrise. Era così giovane ed ingenuo, a quei tempi…

Il giorno della morte di Alem era tutto cambiato: Irìyas era cambiato, Hago pure. Inevitabilmente lui, così diverso dai primi due, aveva dovuto seguire la sua strada ed allontanarsi da entrambi.

Non aveva mai più visto Irìyas, eppure qualcosa in lui gli diceva che avrebbe capito. Non poteva fidarsi di nessun altro.

Aveva avuto notizie dai suoi corvi, nel corso degli anni: lo stesso Irìyas aveva scelto per sé una vita lontana da tutti e da tutto ciò che poteva rappresentare un pericolo.

Lui così potente, eppure così cauto nel mettersi in prima linea…

Quel giorno all’Accademia aveva davvero cambiato tutto quanto.

La vita di corte che spesso era obbligato a fare gli lasciava, sempre di più, l’amaro in bocca, soprattutto per la nostalgia di quel periodo in cui esistevano persone con cui poteva parlare apertamente.

Esistevano persone per cui valeva la pena vivere.

Ma questo era il passato.

Il presente era ben diverso. Gyonnareth stava arrivando e avrebbe riarso il Regno, già fragile e minato nelle fondamenta dai sui stessi regnanti.

Irìyas sarebbe andato ad est, come da sempre aveva desiderato. E lui…

Scosse la testa. Aveva un piano ben preciso, ma doveva avere il modo di pensarci e organizzare ogni minimo dettaglio. Un errore, anche sciocco, avrebbe potuto costare davvero troppo.

 

 

Era esattamente come i corvi gli avevano descritto, ed esattamente come avrebbe potuto essere la casa di Irìyas. Bianca ed imponente, traslucida,  dai riflessi color dell’ambra. Il sole, che pure era alto in cielo sembrava abbracciare il palazzo con dita rosate. Il lago che si distendeva sul lato est della costruzione brillava di azzurro e giallo. Sembrava quasi che l’acqua scherzasse con la luce, il tutto dava un senso così intenso di quiete che Sideas sorrise, felice di essere finalmente arrivato.

 

Smontò da cavallo e lasciò che un servitore, un qualcosa di simile ad un procione, portasse l’animale nelle stalle.

Era dunque vero che pochi essere umani erano i benvenuti fra quelle mura.

“Che il Vento di Pace sia con te e con le parole che rechi. Che sia il compagno delle tue intenzioni. Che tu possa trovare ospitalità fra queste mura dove i Venti non soffiano e dove le porte sono aperte per la brezza. Che tu sia il benvenuto.”

Il saluto rituale di Zir risuonò estremamente formale.  Si era lisciato il pelo, pulito le lenti degli occhiali ed aveva indossato la casacca da cerimonia.

Erano così pochi i visitatori che Zir si sentiva in dovere, quasi, di trattare tutti come fossero ospiti d’onore.

E, in questo caso, Sideas lo era.

“Salute a te, mastro Zir”

Come gli piaceva essere chiamato mastro…

“Sarete stanco per il lunghissimo viaggio, seguitemi che vi farò vedere le vostre stanze e dove potrete riposarvi”.

“Irìyas non è qui?”

“Non ora, mi dispiace.”

Sideas annuì: “lo immaginavo. Forse potrò trovarlo da Gyofinnan”

Zir gelò sul posto e il cavaliere non trattenne un sorriso rapido. Aveva esattamente ottenuto la reazione che voleva.

“Suvvia” rassicurò tuttavia l’Eclage “non ci conosciamo, ma posso supporre che Irìyas vi abbia parlato dei nostri anni passati all’Accademia. Non potevo non accorgermi della presenza di un drago, così vicino a me”

Zir annuì e si sistemò gli occhialini sul naso, riprendendo il controllo della situazione.

“L’avevo sottovalutata” disse in un misto di ammirazione e preoccupazione.

Probabilmente Irìyas era da Gyofinnan, o forse era da tutt’altra parte. Nonostante Sideas fremesse all’idea di rivedere l’amico, la pesantezza del viaggio e la stanchezza accumulata gli fecero desiderare, come mai, un letto morbido.

Ormai era lì, sarebbe stato comunque meglio parlare con Irìyas a mente lucida.

 

 

“E’ arrivato questa mattina”

“Non ha chiesto di Nyven?”

“A dire il vero ha chiesto di te.”

Irìyas annuì, pensieroso.

“E sapeva che Gyofinnan è qui vicino”

Il mago sorrise apertamente: “Sarebbe stato impensabile nasconderglielo”

Zir borbottò. “Io non immaginavo…”

“Non immaginavi perché non lo conosci. E’ molto raro che i guerrieri abbiano i sensi così fini, ma Sideas ha concluso il suo percorso all’Accademia nel tempo in cui io ho finito il mio. Le strade intraprese sono, probabilmente, opposte, ma non per questo meno complicate”

“Pensi che sia per questo che il Re ha mandato lui in persona fin qui? Non si scomoda il capitano delle guardie per nulla”

“Può essere. Forse, però, il Re ha scelto di mandare lui perché sapeva che non avrei parlato con nessun altro. Se c’è qualcuno che può convincermi a cedere Nyven, questo è solo Sideas. Il Re deve saperlo”.

“Però, Irìyas, c’è qualcosa di strano in quel guerriero”

Il mago aggrottò la fronte e fissò il coniglio, aspettando che questi si spiegasse.

“Non ha chiesto di Nyven. Come ti ho detto, l’unica cosa che ha fatto è stato chiedere di te. E poi…” L’Eclage esitò.

“E poi?” si spazientì Irìyas

“E poi… portava una spada, Irìyas”

Una spada? Che un cavaliere portasse una spada non era cosa insolita, pensò il mago, ma lasciò che Zir proseguisse senza essere interrotto.

“Non era una qualunque spada. Non l’ho vista bene, perché Sideas la portava sulla schiena, ma ho intravisto l’elsa…” di nuovo Zir s’interruppe e Irìyas lo riprese.

“Coniglio! O mi dici cos’hai visto, oppure taci. Smettila di fare le frasi a metà”

Zir scosse la testa “Sembrava la Spada dei Principi”

Le pupille di Irìyas si dilatarono lievemente, ma non disse nulla.

La Spada dei Principi.

Avrebbe verificato lui di persona quale spada appoggiasse sulle spalle dell’amico.

Si chiese quindi se davvero il motivo per cui Sideas era giunto fin lì era Nyven.

Il ragazzo irruppe nella stanza con foga: “Zir guarda…” si zittì immediatamente quando vide che nella stanza c’era anche il padrone.

Irìyas si fermò a guardare il ragazzo. I capelli erano lunghi ed incredibilmente rossi.

Le ciocche nere parevano nascoste sotto un’inondazione cremisi.

L’aria un po’ spaventata e un po’ stupita di Nyven lo fece sorridere. Il ragazzo era lì da un po’, ma girava ancora a piedi scalzi, con le vesti di Droà e quel cipiglio da strada che probabilmente non avrebbe mai perso.

Sembrava un’anima libera che per caso si ritrovava intrappolata fra quelle mura.

“Non siete più arrabbiato con me?”

Irìyas lo guardò.

“Per via della Lingua Antica, per…” si guardò i piedi “Davvero non so il perché la conosco. Non lo ricordo. L’avrò imparata da piccolo…”

Il mago alzò la mano per zittirlo: “Non importa che tu conosca il motivo. O peggio, che cerchi di trovarne uno per me”

Nyvn aggrottò la fronte, non capendo esattamente se il padrone fosse arrabbiato ancora con lui.

Irìyas aveva troppe domande per la testa e pochissime risposte, cosa che lo infastidiva oltremodo. Da troppo tempo non si trovava più nella condizione di non capire esattamente quello che gli succedeva. Aveva fatto del controllo la sua sicurezza, ora che questo veniva meno, doveva fare di tutto per riottenerlo.

Nyven conosceva la lingua antica, l’immagine del fuoco che bruciava lettere ardenti era vivida. Ora quei capelli accesi, quasi riarsi...

Gli sembrò che Nyven stesse aumentando la sua già nota affinità per il fuoco. Lo dominava, lo spegneva, ma ora sembrava che il ragazzo ci giocasse.

Il suo gioco era scherzoso, a volte, a volte impudente. Sicuramente non era il gioco di un qualunque essere umano con la fiamma.

Gli accarezzò il viso, la sua pelle abbronzata e i capelli, morbidissimi. Si distrasse un attimo e non sentì l’amico arrivare.

 

Sideas entrò nella stanza e tutto si zittì. Irìyas, suo malgrado, s’immobilizzò, con gli occhi fissi sul compagno perduto.

Il mago rivide Sideas come l’aveva salutato, anni fa, all’Accademia. Lui, come chiunque avesse quella forza e fosse vissuto all’Accademia, non percepiva lo scorrere del tempo come un normale defluire.

Nei suoi occhi, però, c’era una luce nuova. Più cupa, rispetto a quando si erano salutati la mattina della sua dipartita, più intensa e segreta.

E con quegli stessi occhi, Sideas rivide l’amico di sempre, seduto ed intento a giocherellare con i capelli cremisi del suo schiavo, inginocchiato ai suoi piedi.

Lo sguardo troppo sveglio e attento perché qualcuno potesse prenderlo in giro e quel sorrisino ironico che, da sempre, aveva sulle labbra.

Non si erano visti per anni, per tanto tempo non si erano parlati. Bastò un attimo perché tutto tornasse a quel giorno all’Accademia, quando Hago era scappato; quando troppi dubbi, paure e colpe avevano sovraccaricato le loro storie; quando si erano allontanati, intraprendendo una via obbligata segnata anni prima della loro nascita.

Bastò un attimo perché tutto tornasse a quel momento in cui le loro strade s’erano divise, ma in cui sapevano che nessuno dei due avrebbe mai voltato le spalle all’altro.

O nell’Ovest, o nell’Est, si sarebbero sempre ritrovati.

 

***

Francesca Akira89: Devo dire che io adoro i cambi repentini di scena. Non vedevo l'ora che Sideas arrivasse perchè volevo dedicare a lui solo qualche pagina XD Riguardo ai suoi obiettivi...beh, sono molteplici (di più non m'è permesso dire °_°). Baci

Yukochan: Anch'io! E Sideas è un personaggio importante. Non potevo non ritagliargli un buon esordio! Volevo che fosse un'entrata in scena incisiva ^_^ Per quanto riguarda il fuoco, c'è davvero ovunque. All'inizio, il titolo del racconto era diverso, Cremisi rischiava di essere un po' semplicistico. Ma poi questa prevalenza di rosso e fuoco ha avuto la meglio (rel resto, è anche il filo rosso conduttore di tutto l'ambaradan XD). Ps. gli impegni universitari, una piaga della società ;_; Bacio

Manny_chan: tutti i personaggi usciti dall'Accademia hanno un che di strano (fra Irìyas e Sideas...). Al cavaliere dovevo per forza di copione ritagliare un'entrata in scena un po' da spaccone, un po' da solitario, e un po' da sono-l'amico-d'infanzia-di-Irìyas-non-potevo-essere-diverso. e poi, così pallidino, solitario e imbronciato, mi piace XD BaciBaci

BiGi: Sideas ha davvero dei programmi a sè XD Ma di più non posso rivelare. Contenta che ti piaccia il nuovo arrivato *_* E sì, i Venti sono "il vento" al plurale. E' una storia molto lunga, quella che è successa allora, comunque hai capito benissimo ;D

Vocedelsilenzio: che gioia risentirti! Davvero. Innanzitutto perchè così ho modo di ricomplimentarmi per il remo (fantastico *_*), poi perchè tengo davvero molto al tuo commento. I punti di vista iniziano a cambiare. Quello di Nyven mi era utile all'inizio, ma sarebbe stato troppo riduttivo se mantenuto :/ L'Est... La volontà di conoscenza e di andare ad Est è (e sarà) un tema  ricorrente nella vita di Irìyas. Del resto, il mago, non è proprio il tipo da adagiarsi sugli allori ed accontentarsi di quel che sa. E' supponente e altezzoso, ma non stupido ^_^

silencio: Sideas ha forti motivazioni e una forte personalità (non avrebbe potuto essere amico di Irìyas in gioventù, altrimenti. Il mago non è tipo da frequentare gente di poca sostanza) sono contenta che questo traspaia nel capitolo. Come (e questo lo sai, per questo ti voglio benissimo XD) non può non trasparire il mio gongolare quando mi si dice che il mondo di Cremisi ha un certo spessore. Sai quanto ci tengo *_*

Aphrodite: Felice di averti fatto felice (che gioco di parole!). Sideas mi piace per la sua storia (che ancora non si conosce, ma che conosce la sottoscritta XD), e anche per la sua personalità. Poi mi sarei se piace anche a te *_* Ti mando un bacio e scappo, ho visto di essere terribilmente in ritardo. Ciao oneechan

 

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


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Capitolo Tredici

 

 

Il sole era immerso per metà nelle acque del lago, intrise del suo arancione. Languidamente, si appoggiava come per riposarsi dopo una giornata estenuante.

L’erba sotto i piedi di Sideas sfrigolava ad ogni suo passo, l’unico rumore udibile in tutta la valle.

Il cavaliere e il mago non avevano ancora detto una parola da quando erano usciti dal palazzo. C’erano troppe parole e troppi anni che dovevano essere messi lentamente in ordine. Nessuna voce poteva, per ora, intromettersi fra quei silenzi.

Ma il tempo non era amico di nessuno dei due.

“Pensavo di sapere il perché stessi venendo qui…” Irìyas si fermò, lasciando che il suo sguardo indugiasse sull’acqua di fronte a lui “evidentemente gi anni passati lontano dall’Accademia non mi hanno fatto un gran bene”

Sideas sorrise: “Non sbagliavi. Il motivo per cui il Re mi ha mandato qui è esattamente quello che credi.”

“Non è il motivo per cui tu sei venuto qui, però”

“Non lo è” Sideas scosse la testa “Sono successe così tante cose da quel giorno…”

“Quel giorno?” Irìyas sorrise per l’evidente omissione di Sideas.

“Il giorno in cui è morto Alem” il cavaliere aggiunse.

“Sono successe troppe cose, o forse non è successo niente”

“La presenza di Nyven qui non può essere definita niente”

“Nyven è solo un effetto collaterale”

Sideas scosse la testa. Conosceva troppo bene Irìyas per non sapere cosa sottendevano quelle affermazioni, preferì quindi procedere con cautela.

“Il Re mi ha imposto di venire qui e portarlo via. L’ordine preciso è quello di portarlo a lui, con o senza il tuo volere”

“Che sciocco che è. Sa bene che da tempo ormai non seguo più la sua volontà”

“Ma il tuo palazzo rimane nel suo territorio. La sua ala di influenza ve ben oltre la città. Lui ritiene di avere il diritto su ogni cosa animata calpesti il suo suolo”

“Questo mi convince sempre di più che tu serva uno sciocco”

“Io non servo nessuno” rispose stizzito Sideas.

Irìyas si girò di scatto, scioccato dall’affermazione, ma Sideas non permise all’amico di chiedere cos’era ovvio. Il mago preferì lasciar condurre la discussione dal cavaliere.

“Il Re vuole Nyven per sé perché è venuto a conoscenza delle incredibili proprietà dei suoi capelli rossi.” Sideas alzò le sopracciglia “ E com’è tipico di chi sta al potere per troppo tempo, vuole tutto per sé perché ciò che non è suo rappresenta una minaccia”

“E’ per questo che sei qui?”

“Anche”

Irìyas lo lasciò proseguire.

“E’ per sapere chi mi è amico”

Il vento scosto leggermente i capelli bianchi di Sideas dalla sua fronte, li sparpagliò per poi riposarli ordinatamente.

“Devo spiegarti, ma…”

“Non sai di chi fidarti.”

“Forse” alzò le sopracciglia “ O meglio, so bene di chi fidarmi, ma non so ancora esattamente cosa questo comporterà”

“Io non posso esserti di alcun aiuto”

“Questo non è vero: ci potremo essere di enorme aiuto. Non altererò nessuno dei tuoi progetti, né rallenterò la tua corsa verso l’Est”. Sideas si girò a guardare l’amico “Perché di questo si tratta, non è vero? Di andare a Est. Ci possono essere draghi che dormono di fianco casa tua, amici di un tempo che minacciano la tua patria, ma alla fine tutto ritorna all’Est. Non è così?”

Irìyas non rispose subito, lasciò che quella lieve brezza che spirava fra  loro fosse l’unico suono.

Sospirò: “E’ sempre e solo l’Est”.

Sideas sorrise.

Perché negarlo? Era il suo sogno e il suo obiettivo da sempre, l’Est. Esplorarlo, conoscerlo…

Solo e semplicemente andare ad Est.

Tutto quello che c’era lì, nell’Ovest, gli era noto, la natura aveva poche meraviglie da offrirgli, gli uomini, poi, nessuna.

Oltre il confine, fra il Mare Interno e il Bosco Nuovo c’erano i Territori. Qualche accampamento nomade si poteva trovare a ridosso del Bosco, su una terra che pareva riarsa e bruciata. Ma poi più nulla.

Finiva forse il mondo? Nessun esploratore che avesse tentato era mai riuscito a far ritorno, tanto che gli Anziani dell’Ovest erano più che convinti che non ci fosse nulla più ad Est del Bosco Nuovo e che gli esploratori fossero semplicemente caduti giù dal mondo e si fossero persi.

Poi era arrivata una Regina da un paese lontano. Una mitomane, secondo gli anziani. Una di quelle selvagge del Bosco Nuovo o degli Eremiti del Mare.

In lei non c’era nulla di selvaggio, gli aveva svelato Alem, né di folle. Lei davvero abitava l’est.

Ed era stato proprio il giorno in cui Alem aveva svelato ad Irìyas il modo in cui la Regina aveva raggiunto l’Accademia, in terre così lontane dalla sua casa, il giorno in cui Alem era morto.

Da quando Irìyas aveva saputo, avrebbe fatto di tutto per andare ad Est.

“Il sole sta calando, è meglio se rientriamo”

L’ultimo raggio rosso scomparve fra le acque del lago, spegnendosi in quella distesa blu.

 

“C’è qualcuno in questa stanza?”

Irìyas scosse la testa: “Nessun orecchio, vicino o lontano, ci può sentire”

Il fuoco scoppiettava nel camino e il cavaliere rimase a guardarlo per un po’. Il mago gli dava la certezza che nessun altro, tranne loro due, avrebbe ascoltato quel dialogo. 

Si girò verso l’amico e lo scrutò, senza dire una parola. Guardò il suo sguardo fermo, gli occhi verdissimi e attenti e guardò quell’aura di completo controllo che emanava la sua figura.

Per un guerriero quell’aura significava sicurezza, per Sideas l’aver ritrovato un amico.

“Il Re vuole conquistare i due Regni dell’Ovest”

Irìyas sgranò gli occhi: “Cosa vuole fare?”

Sideas sospirò, annuendo: “Il Re vuole conquistare Tantenor e Iubinor, i due regni ad ovest del nostro. Non lo sa nessuno, se non lui stesso, il suo consigliere e Yselkir, il mio secondo”

“Spiegati meglio”

“… ed è venuto a saperlo anche mio padre Beklar, che è scomparso da allora”.

Di nuovo Sideas fece una pausa, passandosi una mano sugli occhi, come se il peso di quelle parole fosse troppo gravoso, persino per lui.

Riprese a parlare, Irìyas aveva il diritto di sapere: “La sfera d’influenza del re ormai da anni diventa sempre più sottile. Il nord-est, Tagòrn e le terre dei laghi, a sud, dove sorgono le Colonne di Droà: nessuno si sente suddito di un re inetto. All’estremo nord, poi, da anni si elegge un capo ogni volta che il precedente muore. Non ci sono mai state guerre di secessione, ma è evidente che il Re sta perdendo la sua influenza sui confini…”

“E questo come coinvolge i regni confinanti?”

“I rapporti commerciali di questi ribelli con loro si sono intensificati. Hanno trovato vie alternative, per evitare i dazi doganali”

“Le casse del nostro esoso re ne avranno di certo risentito” ironizzò il mago.

“Ma il re non sarebbe mai stato in grado di dichiarare guerra a tutto il continente: non ha abbastanza uomini per pensare di portare avanti una guerra su più fronti. Lo so bene perché da tempo tutto il suo esercito è in mano mia” sorrise, compiaciuto. Con le sue doti gli era stato così facile salire di grado velocemente, che ora si trovava nel posto così ambito da chi, nell’esercito, c’era da molto più tempo di lui.

L’alterigia derivata dalla sua forza era sempre piaciuta a Irìyas.

“Che cosa gli ha fatto cambiare idea?”

“Hago”

Il sangue di Irìyas per un istante si raggelò e si ritrovò senza voce e senza pensieri. L’orrore che quel nome gli aveva suscitato e le conseguenze che quell’affermazione avrebbe portato, sarebbero stati devastanti.

Sideas annuì, con gli occhi di chi ha già vissuto quello sgomento e quel terrore. Con gli occhi di chi ha già visto la follia del suo re.

“Il Re è venuto a sapere che Hago sa come soggiogare i draghi e che Hago sta venendo qui da te per distruggerti, a cavallo di Gyonnareth”

Il puzzle si componeva tassello dopo tassello e prendeva la sua forma devastante.

“Il Re vuole soggiogare i draghi per conquistare il continente. Sa che possono essere asserviti alla sua volontà perché sa che Hago l’ha fatto. Sa anche che Hago prima verrà qui perché io posso impedirgli di andare ad Est e perché posso liberare Gyonnareth, però sa anche che posso farlo solo grazie a Nyven. Il Re vuole il ragazzo così da proteggersi dall’ira dei draghi che odiano la schiavitù…” Sideas annuì, Irìyas aveva capito bene.

“Ma ad Hago non interessano le guerre intestine. A lui interessa solo l’Est” obiettò il mago, col cuore che ancora gli batteva troppo velocemente

“Al Re non interessa Hago di per sé. Gli permetterà di fare quello che vorrà, una volta che Hago gli abbia rivelato come mettere le catene ad un drago”

Irìyas scosse la testa: “Ma Hago è uno dei più potenti alchimisti del regno…”

“Il Re vuole che tutti gli alchimisti dell’Accademia che superano i tre anni di apprendimento vadano da lui…”

“Lui davvero oserebbe catturare i draghi…”

Irìyas era ancora incredulo. Non aveva nessuna considerazione per il regnante, mai si era sottomesso al suo volere. Ma il voler catturare i draghi e usarli in guerra andava ben oltre la poca stima. Era una cosa da pazzi. Si girò verso l’amico.

“E tu vuoi spodestarlo”

“Mio padre ha scoperto i loro piani e da allora è scomparso. Non è morto, ma non so dove sia”

Era inutile chiedergli il perché lo sapesse. L’istinto del cavaliere era perfetto ed era una delle caratteristiche che lo rendevano così forte. Sideas aveva ragione.

“Perché sei venuto qui?”

Sospirò: “Sono venuto qui perché voglio che tu fermi Hago, voglio che lui scompaia. Se il re davvero scoprirà come soggiogare i draghi, tutto diventerà più difficile. Ti darò il mio aiuto, se me lo permetterai e se ne avrai bisogno. E sono venuto qui perché ho bisogno di tempo e di un posto dove capire chi mi è amico e chi mi è nemico”

Irìyas sorrise compiaciuto: “Il mio amico d’infanzia progetta un colpo di stato?”

Sideas annuì: “E deve farlo bene, perché da qui in poi non si torna più indietro”

“Sai bene che non ti aiuterò, una volta liberato Gyonnareth”

“So bene che andrai ad Est, ma non è il tuo aiuto futuro che voglio. Nessuno di noi due aiuterà l’altro, una volta intrapresa la nostra strada: io sono un militare, tu sei un mago. E’ giusto così. Il tuo aiuto lo voglio adesso.”

Irìyas guardò l’amico, si ricordò della prima volta che lo aveva incontrato all’accademia. Con quei capelli bianchi e la pelle diafana, gli era sembrata una presenza ultraterrena. Poi aveva imparato a conoscerlo, a conoscere il suo istinto, l’acuzie dei suoi sensi, la bravura delle sue arti e del suo ingegno. Gli riaffiorarono alla mente l’affetto e il rispetto che provava per quell’uomo di fronte a lui, pensava di averli dimenticati o scacciati.

Dopo che Hago li aveva calpestati, aveva creduto che di conseguenza anche Sideas prima o poi l’avrebbe fatto, ma s’era sbagliato.

Sorrise, come non sorrideva da tempo. Era felice grazie alle persone che erano con lui.

Scosse la testa, quasi incredulo.

Quel sorriso fu l’unica risposta di cui Sideas aveva bisogno.

 

Qualcuno bussò alla porta, con urgenza.

Entrò Zir senza neanche aspettare di averne il permesso.

“Nyven è scomparso”.

 

* * *

Francesca Akira89: Oh Oh Oh crudele >:D potrei mai? Mi diverte molto "interrompere sul più bello", del resto, è un modo per giocare coi personaggi. Come avrai dedotto con questo capitolo, adoro i cliffhanger

BiGi: Questa interruzione pare non essere stata troppo gradita. Ma mica si poteva sperare in un tutto e subito, suvvia XD

Yukochan: Il "riarso il regno" non è messo lì a caso, ma ci sarà tempo per capire. Forse l'altra volta non mi sono spiegata bene. Il racconto ha sicuramente risvolti shounen ai (non yaoi perchè non ha niente di così esplicito), ma non vuole essere un racconto il cui fine è il fatto che i protagonisti stiano insieme. E', in primis, un racconto fantasy, con tutti i risvolti del genere. Poi ha anche un tocco di shounen ai, perchè a me piace. La storia è nata così, perciò non aveva senso cambiarla. Felice che ti piaccia Zir. Il buon coniglio, in fondo, adora gli incontri formali (è come se si sentisse l'unico veramente educato lì in mezzo XD).

Silencio: L'affetto nei tuoi confronti te lo sei meritato per le tue recensioni XD Sei costante, e scrivi sempre qualcosa di articolato. Mi piace. Non ti preoccupare per la critica, figurati se mi offendo. Tutt'altro. Mi aiuta a concentrarmi di più su quel che scrivo e a cercare di capire dove posso fare meglio e migliorare ^_^ Farò più attenzione. Per quanto riguarda Sideas, penso che questo capitolo un po' chiarisca il suo ruolo, anche se - come al solito - mi diverte rivelare poco per volta ^_^

Stellabrilla: Ciao e benvenuta ^_^ Grazie mille per la tua recensione. Mi fa davvero piacere sapere che trovi Cremisi fresco e ben scritto. So bene che i fantasy rischiano di essere sempre la solita minestra sotto mentite spoglie, perciò sapere di riuscire a creare qualcosa di diverso è bellissimo (diciamola tutto, gongolo *_*). Felice di essere stata scoperta. Baci

GoodMiss: wow, che entusiasmo! Benvenuta anche a te *_* e grazie per la recensione. Lieta che cremisi abbia colto nel segno (così come i suoi personaggi. Il buon vecchio Zir si liscia i baffi XD).

Vocedelsilenzio: Ahaha il mio cervellino ha un che di angosciante, a volte XD A dire il vero, a me non piace definirmi "scrittrice", sia perchè scrivo mi sembra una definizione troppo pretenziosa, sia perchè (e soprattutto) perchè mi reputo di più una racconta-storie. Mi piace inventare e raccontare, intrecciare, disfare e ricostruire. E sapere che questa immaginazione riesce in qualche modo a prendere forma mi riempie d'orgoglio (detto da te, poi. Sai quanto mi piaccia sia il tuo modo di scrivere che quello che scrivi). Il cambiamento nel punto di vista era davvero importante. Nyven da solo, non sarebbe proprio bastato alla trama O_O Il piccolo è pure scomparso, adesso XD

Manny_chan: Sideas è un tipo diverso da Irìyas, non più potente, ma più guerriero (del resto, è un militare. Irìyas è un solitario). Dal mio punto di vista, solo una persona come lui poteva essere amico di Irìyas. Se non fosse stato un po' oscuro ed inquietante, Irìyas si sarebbe annoiato a morte XD (Robin Hood è fantastico. *_* )

Aphrodite: Ciao Oneechan :D Mi piace come congetturi su Cremisi. Mi chiedo ora cosa penserai di Nyven ^_^ Sideas e Irìyas sono molto legati, più il là nella storia verrà spiegato ancora meglio il loro legame e l'Accademia. Mi pirendo il mio tempo perchè non mi piacciono i racconti che corrono, ma abbi fede che soddisferò la tua curiosità. Un bacio

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Nuova pagina 1

N.d.D: Sono appena tornata da una settimana di vacanza. Me la meritavo, non ce la facevo davvero più. Sono avanti con la stesura si Cremisi, rispetto alla pubblicazione su questo sito, quindi, nonostante in questa settimana non abbia scritto mezza sillaba, eccomi qui di nuovo. Sinceramente, sette giorni di vacanza non sono stati sufficienti, ma sono stati qualcosa. Ho pensato molto a Cremisi, devo dire. Alcuni dettagli hanno preso risvolti inquietanti O_O Ringrazio tutti quelli che leggono, spero che questa storia continui a piacere. Le risposte ai singoli le trovate in fondo al capitolo. Baci

 

 

Capitolo Quattordici

 

 

Il sonno, ancora una volta, era stato privo di sogni. Ricordava a malapena cosa avesse fatto, una volta varcata la soglia della sua stanza.

Che giorno era? Quanto aveva dormito? Nyven non lo sapeva. Trovò sul tavolo un’enorme colazione e il silenzio intorno a lui.

Sospirò. Che cosa pretendeva? Sapeva benissimo che era così che doveva essere, che il suo padrone aveva diritto di fare qualunque cosa. Che aveva il diritto, come in quel caso, di addormentarlo per far sì che i suoi capelli crescessero prima. Era proprio inutile che si sentisse così vuoto.

Tuttavia non riuscì a trattenere un sospiro. Se solo…

Uscì dalla sua stanza, dirigendosi verso quella che pensava potesse essere una delle uscite del palazzo. Irìyas era così complicato, che in un certo senso quei corridoi labirintici erano uno specchio della sua persona.

I suoi vari padroni erano sempre stati molto chiari con lui: alcuni erano stati violenti, altri erano stati gentili, altri ancora l’avevano trattato come si tratta un bell’oggetto inanimato. A lui era sempre andato bene così. Ma Irìyas lo accarezzava, lo sgridava, lo voleva a sé e poi non più.

E l’animo del ragazzo non riusciva ad imparare che andava bene anche così., che era sbagliato – eccome se era sbagliato! – desiderare.

Eppure lui desiderava.

Le pareti in pietra del corridoio sembravano infinite,  in fondo si trovava un salone enorme ed illuminato, pieno di porte a vetro che davano all’esterno.

Solo una di queste era aperta. Nyven l’attraversò.

Si ritrovò fra le rovine d’una cappella. Il suo tetto sventrato era ricoperto di vegetazione, l’altare nascosto dai rampicanti.

La luce del sole filtrava attraverso le mille crepe di quei muri e tingeva gli arbusti di un arancione brillante. Nyven non aveva mai visitato quell’ala del palazzo. Si sentì inquieto. Ebbe la netta sensazione che non dovesse trovarsi lì.

Fece un passo indietro e si voltò, ma non trovò più il palazzo da cui era uscito.

“Sei troppo lontano dal palazzo, per ritrovare la strada”

“Chi ha parlato?”

“Non hai idea del luogo in cui ti trovi, vero?”

Da dietro l’altare comparve una donna. I vestiti in velo bianco le accarezzavano le forme e i suoi passi lievi non producevano alcun rumore.

“Chi sei?”

“La domanda giusta è dove sei” lei sorrise.

Nyve tremò, indietreggiando.

“Non aver paura, non voglio farti del male”

“E’ Irìyas che m’ha fatto venire qui?”

La donna rise, quando ormai si trovava vicino al ragazzo: “No. Non direi proprio. Se lo sapesse, non sarebbe affatto contento” rise di nuovo.

I capelli biondi le accarezzavano il viso, gli occhi sembravano sfumati di rosso, ma era solo un gioco di luce.

“Dove mi trovo?”

“Sei nella vecchia Cappella del Vespro”

Nyven aggrottò la fronte: “Ma…”

“Esattamente” lo interruppe lei “questo è quel che ne rimane” La donna si sedette su un cumulo di pietre ricoperte di muschio e fece cenno a Nyven di avvicinarsi a lei. Il ragazzo non si mosse.

“Hai ancora paura?”

“Irìyas non sa che sono qui, devo andare da lui”

“Irìyas non può accorgersi che non ci sei”

“Impossibile!”

“Non ti sta cercando, per ora.”

“E dopo?”

“Dopo ti nasconderò” sorrise di nuovo, con quel sorriso di prima, enigmatico. Terrificante e dolce allo stesso momento. Stranamente Nyven non ebbe alcuna reazione, a quelle parole. Non sussultò, non cercò di scappare.

“Non c’è nulla che tu possa fare, mio bel giovane. Siediti e ascoltami”

Nyven non mosse un passo, ma lasciò parlare la donna.

“La Cappella del Vespro, un tempo, era bellissima. Prima dell’arrivo dei Venti, prima che le loro guerre dilaniassero l’Ovest, pellegrini venivano da ogni dove per visitare la Cappella e per vedere me, la sua Sacerdotessa”

“E perché ora non è più così?”

“Alla fine della prima era, quando i Venti arrivarono e frammentarono il mondo, la loro furia colpì anche la mia casa” la donna allargò le braccia. “Guarda lì” disse indicando un’enorme crepa nel muro “Ora crescono fiori, ma per tutti gli anni successivi ai Venti, non esisteva più nulla, solo distruzione. Ora, se non altro” aggiunse con un sorriso triste “crescono i fiori” ripeté, quasi a consolarsi.

Si passò una mano sulle vesti, come a sistemarle meglio, per non farle stropicciare.

“Prima dell’arrivo dei Venti, i Cavalieri dell’Accademia venivano qui, a mostrarmi la loro spada. I maghi a mostrarmi le loro mani…”

“Ma se questa Cappella era così importante, chi ha permesso che andasse in rovina?”

La donna lo guardò con condiscendenza.

“Tutti e nessuno, mio ingenuo bimbo. Tutti e nessuno” ripeté “La Cappella fu messa sotto assedio, le sue pareti vennero distrutte e tutta la sacralità e il significato che aveva, dissolti insieme alle sue mura. E poi perché ricostruire un posto così quando la Capitale è in fiamme, quando il regno è in frantumi? La Lingua fu perduta e le persone smisero di comprendersi. La Cappella fu semplicemente dimenticata”

Nyven ebbe un brivido e sentì una goccia di sudore scorrergli lungo la schiena. Provò a muoversi, ma non ci riuscì.

Quella donna, quel posto… Era tutto sbagliato, non doveva trovarsi lì.

Irìyas non sapeva dove fosse, lui stesso non sapeva dove fosse e quella donna, nei ricordi e nei gesti, sembrava lasciar trasparire un’ambizione lontana dalla malinconia con cui si vestiva.

“Che cosa vuoi da me?”

La donna rise, coprendosi le labbra con la mano, nel tentativo di soffocare quella risata eccessiva.

“Mio povero caro, tutti che vogliono qualcosa da te. Nessuno che vuole te. Buffo, no?”

La donna si avvicinò a lui, sistemandosi i capelli dietro alle orecchie. “Guarda, non mi trovi bella?”

Nyven non rispose “Eppure io sono bella, ma nessuno lo crede più” sospirò.

“Esiste un’idea” riprese a parlare la donna “Esiste un’idea di conquista, per essere precisi, ma di più non posso dirti. E io faccio, in qualche modo, parte di quell’idea.”

“Lasciami andare”
”Assolutamente no. Ormai sei con me. Quando Irìyas scoprirà quel che ho fatto non mi lascerà vivere, perciò tanto vale portarlo a termine”

“Portare a termine cosa?” la voce di Nyven tradiva un’ansia sempre più palpabile “E poi, se davvero sai che morirai, perché fai…” Nyven pensò alle parole migliori da usare, ma non le trovò “perché fai tutto questo? Chi sei?”

“Non sto facendo nulla. Prendo uno schiavo da un luogo e lo do al suo legittimo padrone. E’ così deprecabile il mio atto?”

“Il mio padrone è Irìyas”

La donna rise: “Il padrone di chiunque è solo il Re”

Nyven sgranò gli occhi.

“Ops, m’è sfuggito” la donna rise.

Il Re… Che cosa c’entrava il Re in tutto questo?

“Non capisco, cosa…”

“Il Re ricostruirà la Cappella del Vespro” poi, spazientita, la donna prese per mano il ragazzo “Il Re riporterà questa terra agli antichi fasti, alla Prima Età, prima dell’arrivo dei Venti. Ridonerà forza a queste mura”

“Io non capisco. Non riesco assolutamente a capire!” gli occhi di Nyven lampeggiarono di rosso.

“Vuoi riportare questa Cappella all’età dell’oro, vuoi ridonarle vita, ma sai che morirai perché Irìyas ti ucciderà. E questo Re… perché ti fidi di questo Re? Lui che non ha mai preso a cuore le condizioni dei suoi sudditi? Lui che ha lasciato marcire questa Cappella, così come i confini del suo stesso regno?”
”Non per niente sei nato in terra di Droà” disse la donna, guardando il ragazzo con una certa ammirazione “Sì sa, laggiù siete tutti partigiani”

“Il popolo di Droà è solo un popolo libero”

“Curioso che ti annoveri anche tu fra le persone libere. Non hai appena finito di dire che appartieni ad Irìyas?”

Nyven esitò, colto nella sua stessa contraddizione. “E’ un’altra libertà, quella di cui parlavo”

“La libertà è unica. Non ne esistono variazioni”.

La donna strattonò il braccio del ragazzo e lo accompagnò fuori dalla Cappella, varcando quella che una volta doveva esserne l’entrata principale.

“Tutto questo” disse con un ampio gesto del braccio, indicando la Cappella alle loro spalle e il bosco davanti a loro “dev’essere rigenerato, e ciò non può essere fatto finché sei qui”

“Vuoi uccidermi?”

“Te l’ho già detto, no. Voglio solo mandarti via”

“”Vuoi mandarmi dal Re?”

“Lui ha promesso, perciò sì, vorrei mandarti da lui”

“Ma Sideas vuole portarmi dal Re”

“Ma Sideas è amico di Irìyas”

“Ma…”

“ E per quanto mi riguarda” lo interruppe lei “ voglio solo che tu te ne vada, lontano da qui. Voglio la mia casa e i suoi fasti. Voglio una nuova giovinezza”

Nyven aggrottò le sopracciglia e fece un passo indietro, pronto a scappare.

“Non riuscirai a muoverti”

Era vero, le sue gambe non riuscivano a muoversi, le sue caviglie erano troppo pesanti.

“Non ti sei reso conto che è da quando sei entrato nella cappella che hai le catene legate ai polsi?”

Nyven si guardò le braccia, d’istinto. Pesanti cerchi di ferro circondavano le circondavano entrambe.

“E ai piedi” ugualmente aveva ferri intorno alle caviglie.

“Tu porti sventura ragazzo, questo te l’ho già detto. Non puoi rimanere qui”.

Arrivò una folata di vento che, per un attimo, oscurò il cielo.

Nyven guardò la donna attentamente: “Io non ti ho mai visto prima”

Lei sorrise “E’ un peccato che gravi un destino tanto oscuro sulle tue spalle, ed è un peccato che nessuno, nemmeno le stesso Irìyas sembra in grado di capirlo. Sarebbe stato bello se fossi rimasto a vivere qui. Ma non posso permetterlo” la donna indicò un carro che arrivava da lontano” Ti porteranno via, verso la capitale. E poi non so. Non m’interessa sapere quel che ne sarà di te. Sarà già tanto” sorrise “se sopravvivrò dopo questa mia follia”

“Allora perché la fai? Perché?”

“Perché tu porterai sventura. Porterai sventura alla mia casa, La Cappella. Porterai sventura ad Irìyas e a queste terre. Ti ucciderei, se fossi convinta che quel corpo fosse la causa di tutto. Ma”   s’interruppe pensierosa “ma non è così. C’è qualcos’altro, ucciderti non avrebbe senso”

Il carro si avvicinava: “Allora ti mando lontano, dove non puoi nuocere ne a me né ad Irìyas. Dove, se è vero che sventura porti, la porterai a chi se la merita. Se invece mi sbaglio, se tutto questo fosse frutto della mia fantasia…” la donna sospirò in maniera melodrammatica “Beh, allora ti avrò restituito al Re e questo mi porterà la sua gratitudine”

Dal carro scese un omone peloso, con così tanta barba in viso da non riuscire a scorgerne i lineamenti.

“E’ lui?” grugnì.

“E’ lui”

L’uomo annui e sollevò di peso Nyven, mettendolo sul retro del carro.

“Lasciamo andare!” gridò il ragazzo, senza che l’altro sembrasse notarlo “Lasciami!”

L’uomo assicurò le catene e legò una corda al cerchio che si chiudeva sul collo di Nyven, quasi lo volesse tenere al guinzaglio.

“Irìyas mi cercherà!”
La donna sorrise “Faremo in modo che non ti trovi”

“Farà scherzi?” chiese l’omone alla donna.

“Portalo alla Capitale, non farà alcuno scherzo. Prendi la strada per il nord, però. E’ più lunga di quella diretta, ma è più sicura” la donna gli diede un sacchetto tintinnante “Ecco i tuoi Auri, il resto quando ci rivedremo”

“NO! Lasciami andare! Lasciami! IRIYAS!” gridò il ragazzo, ma il carro riprese il suo viaggio e la donna che l’aveva incatenato scomparve nella sua cappella.

***

Yukochan: Il rapporto fra Sideas e Irìyas è molto solido. E' bello da scrivere perchè è molto più bilanciato rispetto a quello fra Irìyas e Nyven. Sideas è allo stesso livello del mago, Nyven è un sottomesso (ma direi che anche quest'aspetto mi piace ahahha). Hago avrà la sua parte, ovviamente. La sua "gloria" e le sue pagine, ma tutto a tempo debito. Ora devo dedicare un pochino a questa donna (s'è capito chi è? XD). Baci

Silencio: Grazie, e ancora grazie. Davvero. Finalmente il racconto prende una sua forma, un po' per volta si delineano contorni più definiti e sono contenta di sapere che la storia ti stia "intrigando" di più. Hago... Hago è un personaggio complesso, avrà il suo spazio, ovviamente. E (mi auguro di renderlo bene) una caratterizzazione articolata.

Manny_chan: Per ora mi sono dedicata ad una donna O_O In effetti, i personaggi femminili non è che dominano incontrastati XD Mi chiedo se sia già chiaro chi è (non è che sia proprio un segreto, a dire il vero XD). Un bacione

Aphrodite: La storia è nata come fantasy, non come shounen ai, ma i risvolti sentimentali saranno necessari AHAHAHA contenta, oneechan, che anche questo capitolo ti sia piaciuto e che ti abbia fatto fare congetture. Mi diverte sapere di ispirare pensieri, di incuriosire... Nyven purtroppo doveva andare via. Non ti preoccupare, non lo dimentico certo per strada XD Un bacio

Vocedelsilenzio: Irìyas ha una particolare ossessione per la conoscenza. E' un personaggio annoiato che trova, come unico stimolo, quello di continuare a sapere. E' uno di quelle persone che corre il rischio di essere un eterno insoddisfatto (purtroppo ne è pieno il mondo -_-). Dalla sua, però, ha la forza di volontà di perseguire ciò che vuole e quello in cui crede (non è un pigro, per così dire). Tutti vogliono qualcosa, sì. Io ritengo che sia importante creare dei personaggi abbastanza umani (pur nel fantasy), con pregi, debolezze, bontà e cattiverie. Il Buono o il Cattivo, davvero, non fanno per me :/ Grazie ancora tanto per le tue parole *_*

Bigi: Non sei la prima che mi dice che Sideas è inquietante. Così diafano e sicuro di sè, mi rendo conto, possa fare un po' paura. C'è un che di ambiguo, in lui. Ma a me piace così tanto scrivere di lui, che non posso proprio farne a meno XD Baci

 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Capitolo Quindici

 

 

Fu istintivo per Irìyas: si girò verso Sideas.

I suoi occhi tradivano incertezza, ira, incredulità ed esasperazione.

Lui era arrivato e Nyven era scomparso, poteva davvero essere una coincidenza? No.

“Tu” era più un’affermazione che altro. Gliel’aveva portato via.

Sideas lo guardò stupito, per un istante, non aspettandosi quell’accusa.

“Non c’entro”

“Lo sai che non posso crederti”

“Certo che puoi”

Ma come poteva Irìyas credergli, quando qualcosa al suo interno lo schiacciava così forte da fargli venire la nausea? Il suo respiro era troppo veloce.

“Sei arrivato e lui è scomparso”

“Sono sempre stato con te”

Irìyas rise: “E questo cosa c’entra?”

Entrò nella stanza Mamir: “Non c’è, non lo trovo. Ha sicuramente lasciato le sue stanze e queste terre da un po’. Il suo odore è flebile”

“Perché?” Irìyas aveva già emesso il suo giudizio e Mamir lo colse al volo, digrignando i denti, ma Zir sollevò un braccio, cercando di riportare la calma.

Irìyas non poteva credere a Sideas, Zir lo sapeva bene. Il mago aveva smesso di credere agli amici troppo tempo prima per pensare che ora, ad anni di distanza, potesse cancellare tutto quel che era stato per riconciliarsi con l’Accademia. Ma Sideas non c’entrava col passato di Irìyas.

“Irìyas, rifletti”

“Taci coniglio!” la voce del mago era cupa e minacciosa, ma il corpo era immobile.

Zir non si lasciò intimorire: “Rifletti, stupido di un mago!” All’insulto, Irìyas si girò verso l’Eclage.

“Cerca il ragazzo, ritrovarlo è la nostra priorità, prima di capire chi ce l’ha portato via.”

Irìyas si girò di nuovo verso Sideas, silenziosamente.

I capelli bianchi del cavaliere incorniciavano il suo viso pallido, ma gli occhi erano attenti. Non c’era collera, né colpa.  Sospirò: “Non sono Hago”

“Lo so bene”

“Non lo sai invece”

Irìyas corrugò le sopracciglia infastidito: lo sapeva benissimo.

“Non ho Nyven, non l’ho preso io. Tutto ciò che sai su di me, tutto ciò che ti ho raccontato, è vero. Se ancora ti riesci a fidare del tuo istinto, sai benissimo che ho ragione”

“Se non tu, chi può volere il ragazzo?” gli chiese Mamir, guardandolo con quegli occhi rossi che non permettevano alcuna esitazione nella risposta.

“Questo io non lo so.” Sideas scosse la testa “Forse tutti”

“Chi può osare tanto da rubarlo ad Irìyas?”

“Non so neanche questo” Ammise il cavaliere e il lupo lo guardò, avvicinandosi minaccioso, ma il cavaliere non si mosse.

Non c’era paura in lui, non c’era timore. La presenza di Mamir, che avrebbe fatto tremare chiunque, sembrava non sfiorarlo minimamente.

“Tu senti la presenza dei draghi, vero?”

“Non esattamente. Non è la loro presenza che sento, ma la loro forza. Sarebbero fra i guerrieri più feroci e forti in battaglia se a loro la guerra interessasse. Non potrei non accorgermene”

“E hai già visto dei Lapdinare” la sua era un’affermazione.

“Sarei un soldato mediocre, altrimenti”.

Mamir lo guardò e smise di camminargli intorno, si appoggiò sulle quattro zampe e sorrise, divertito.

“Quest’uomo ti somiglia, Irìyas. E penso che gli si debba credere”.

Irìyas non aveva ancora detto una parola.

Credere a Sideas?

Dov’era Nyven?

“Devo cercarlo” affermò,  d’improvviso, voltandosi verso la finestra e appoggiandovi sopra una mano. “E’ inutile stare qui, cercare di capire, cercare di…” si fermò. La sua frustrazione lo interruppe.

Zir aveva ragione: dovevano trovare Nyven. Innanzitutto. Il resto sarebbe venuto dopo. Irìyas sentì un’antica rabbia ritornare in superficie, un’ira dimenticata, fatta di tradimento, astio, incomprensione e dolore.  Il vetro sotto la sua mano si frantumò, divenendo polvere e sciogliendosi nel vento. Così come i vetri di tutta la stanza che andarono in mille pezzi, con un suono sordo e sincrono.

Irìyas doveva ritrovare Nyven, il suo schiavo. Tutto il resto era di poco conto.

 

 

 

La strada era lunga e grigia. I lampioni ardevano con la loro luce cerea e delimitavano il percorso, il cielo era bianco ed inespressivo.

C’era un rumore di fondo, una litania che pareva un lamento, ma nulla più. Era tutto così bianco da apparire inesistente.

Irìyas si concentrò su quel che riusciva a vedere. Il braciere che ardeva  e che era lievemente impresso in quell’immagine sfuocata era il Braciere dei Venti: un enorme fuoco che delimitava i punti cardinali del regno. Ce n’erano otto, creati dalla terra e dalla roccia. Il fuoco che ardeva all’interno non era rosso, ma di colore cangiante, a seconda del Vento che spirava.  Tuttavia in quell’immagine tutto era così bianco che il colore era nullo.

Irìyas vide un arco sulla strada fatto in pietra. Pareva un’antica porta diroccata, ma non la riconobbe. Le colonne che lo sostenevano erano attraversate dal vento, che ne aveva violato la struttura portante.

Poi di nuovo, tutto si dissolse nel bianco.

Irìyas non riusciva a trovare alcun riferimento per quei luoghi, non riusciva a trovare Nyven.

Poco mancò che gridasse la sua frustrazione. Senza Nyven non sarebbe riuscito a liberare Gyonnareth, senza Nyven non avrebbe trovato le risposte alle domande che ormai gli affollavano la mente, ravvivando curiosità e voglia di scoperta, che temeva sopite dopo l’abbandono delle mura dell’Accademia.

Senza Nyven…

Senza Nyven non avrebbe imparato la lingua Antica, né per altro avrebbe scoperto come un semplice ragazzo la conoscesse, il perché del suo completo controllo del fuoco, il perché lui…

Nessuno poteva prendesi ciò che era suo, nessuno poteva prendergli Nyven.

A ben guardare le sfumature e i respiri troppo veloci e superficiali del mago, si sarebbe potuto leggere persino un sottile filo di preoccupazione, un’ansia nascosta per lungo tempo e dimenticata, che riemergeva. La paura di cosa sarebbe successo al suo schiavo, inerme ed incapace di proteggersi contro tutto ciò che inevitabilmente, oramai, gli ruotava intorno.

Scosse la testa e ricominciò a cercare.

La litania che accompagnava la sua ricerca proseguiva, imperturbabile, tessendo ricami argentei su uno sfondo bianco e confondendo ancora di più l’immagine che Irìyas cercava di vedere. Bianco, tutto, come se il mondo fosse stato cancellato.

“Non è da nessuna parte!” disse frustrato “Chi me lo cela? Il Re?”

Sideas scosse la testa: “Non avrebbe senso. Il Re si fida di me, sa che gli porterò il ragazzo. Non avrebbe avuto senso farlo catturare quando io sono appena venuto. Lascia che mandi i corvi…”

Le pupille di Irìyas si strinsero, impercettibilmente: “I corvi reali?”

Sideas annuì.
”Se manda i corvi reali, saranno notati dalla popolazione ben prima che da chiunque abbia preso Nyven” suggerì Zir “La gente si chiederà perché i corvi reali volano liberi sulle loro terre. E se la voce dovesse giungere al Re…”

Sideas annuì: “E’ vero, ma se lascio che si sparpaglino su tutto il Regno appariranno agli occhi distratti dei contadini semplicemente come uno o due corvi, un poco più grandi delle cornacchie che infestano i loro raccolti. Non è necessario che volino in stormo”

“I corvi reali faranno questo per te?”

Sideas annuì: “Il Re non è mai stato un buon padrone. E i primi ad accorgersene sono stati loro”

Irìyas si passò  una mano sulla bocca, pensieroso: “Va bene. Se Nyven è celato così bene ai miei occhi, forse non lo sarà a quelli dei corvi”

Sideas annuì, allontanandosi.  Non disse una parola, fece solo un ampio gesto con la mano e un centinaio di corvi arrivarono, due soli si appollaiarono sul suo braccio. Spiccarono subito il volo e scomparvero nel cielo, volando in direzioni diverse. Nel giro di pochi minuti, si confusero con le nuvole.

Irìyas riprese la sua ricerca, immobile, in quella stanza dove ora il vento correva fra i vetri infranti.

La strada era lunga, lastricata di marmo, con ombre veloci che l’attraversavano, ma che non lasciavano traccia. Uomini?

Una lanterna tenuta da qualcuno s’accese d’improvviso, ma la luce bianca si confuse con la foschia e la luce si dissolse.

Faceva freddo, su quella strada: Irìyas sentiva il gelo penetrargli dalla pelle, lentamente. Si trovava forse al Nord?

Al Nord…

La fiammella ricomparve, fioca ed indecisa, ma forte a sufficienza per illuminare una statua di donna che torreggiava sulla strada. La mano protesa era in diamante e brillava sotto la luce eburnea del cielo. La chioma era lunga e fluente, sparpagliata al vento.

“La Dea del Nord”

“Che cosa?” la voce di Zir s’era fatta fin troppo acuta.

“Nyven ha attraversato i Cancelli del Nord”

“Impossibile! Ci vogliono almeno cinque giorni di viaggio serrato per arrivare fin lassù”

“Eppure è lì”

“Vado io” disse Mamir.

“Aspetta!” gli ordinò invece Irìyas “non ha senso andare fin lassù, se non sappiamo come c’è arrivato e chi ce l’ha portato. Non è andato da solo, una distanza del genere non si copre in così poco tempo a piedi”

Il lupo digrignò i denti.

“Non è solo?” chiese Sideas.
”No, non lo è, ma non vedo chi è con lui”

Qualcuno gli offuscava la vista, qualcuno s’era frapposto prepotentemente fra lui e Nyven. Un mago, per forza di cose. Nessun altro sarebbe stato in grado di confonderlo a tal punto.

E un mago potente.

Irìyas scosse la testa, non poteva essere Hago. Non avrebbe avuto senso. Hago non sapeva di Nyven e, anche se l’avesse saputo in qualche modo, doveva tenere sotto controllo Gyonnareth. Non avrebbe mai avuto anche la forza per confondere la visione di Irìyas e per far andare il suo schiavo così a nord…

Perché andare lì?

Irìyas cercò nuovamente di trovare la strada che aveva visto, concentrandosi sulla Dea del Nord che gli apparve bianca e sfumata.

E lì capì, non riuscendo a trattenere il suo stupore di fronte all’evidenza di avere sempre avuto la risposta di fronte agli occhi. Si trattava solo di leggerla.

“Mamir”

Il lupo aveva gli occhi intrisi di sangue.

“Portala qui”

Il lapdinare scomparve.

 

***

Yukochan: Contenta, davvero, che anche questo capitolo sia piaciuto *_* Il povero Nyven è troppo facile da bistrattare perchè non lo faccia. Mi diverte molto. Poi ha bisogno di un suo spazio e di una sua crescita. Il casa di Irìyas sarebbe stato schiacciato dalla presenza del mago e ora del suo amico... Però, in effetti, il destino è complicato per il piccolo XD Vacanza... Ad essere sincera, ormai, mi sembra che siano passati mille anni. Sono di nuovo stanchissima.

Francesca Akira89: Ehehe l'identità della donna non era troppo complessa, no? La Bianca ha una "forza" di cui si parlerà dopo. Non è un mago potente come Irìyas, ma è riuscita comunque a distrarlo. Il mago, ora, dovrà per forza cercare il suo protetto (e Nyven rimarrà solo nelle mie manine.     BWHAHAH)   

Vocedelsilenzio : Grazie mille a te ^_^ In effetti, sarebbe stato troppo lineare far procedere Cremisi lungo la sola via maestra. La trada che porta alla fine deve per forza di cose essere più tortuosa XD

BiGi: Contenta che la Cappella ti sia piaciuta. La immagino maestosa, anche nella sua decadenza...Baci

Manny_chan: ahaha in effetti, ho una gestione difficile dei personaggi femminili. Perchè, in fin dei conti, mi vengono fuori dei personaggi noiosi. Non so davvero perchè. Quindi li centellino, ahimè XD Scherzi a parte, so che dovrei probabilmente introdurne di più, ma preferisco non creare un personaggio, piuttosto che crearne per poi non essere in grado di gestirlo ^_^

Aphrodite: Ciao Onee-chan! Hai visto? Del resto, non potevi pensare che Cremisi avesse una trama troppo lineare, ti pare? Ora, in effetti, bisogna andare a riprendersi Nyven ^_^ Il fanciullo altrimenti, è perduto °_°  Con il corteo, mi hai fatto morire dal ridere XD Un bacione

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Nuova pagina 1

Ciao a tutti ^_^/ Ormai siamo abbastanza "in là" nella storia, anche se ce n'è ancora da venire XD Come vi sembra? Com'è? Su, si Si'ore e si'ori, rompete gli indugi. Chi ha sempre letto e mai recensito, chi ha sempre recensito e mai letto °_°, chi passa di qui per caso, qui per qualche biscottino al cioccolato (la casa ne ha di ottimi), lasciatemi un commento, un saluto, un cenno, un fiore. Quel che volete, sarà tutto messo in bacheca ed esposto *_* Vi ringrazio per aver letto fin qui. e spero andiate anche oltre ehehe un Bacione, Dicembre

 

***

 

Capitolo Sedici

 

 

 

Un Ohnan cantava mesto.

Cantava dell’uomo-falco, della sua forza e del suo coraggio. Le terre erano unite, un tempo, quando lui viveva per il suo amore.

Ma era un’era gravida di oscurità.

La voce dell’Ohnan si piegò, in un pianto.

Era l’epoca dei Venti, quando arrivarono e distrussero tutto ciò che sfioravano. L’uomo-falco non poté nulla contro di loro. Nessuno poté nulla. L’impeto del Vento rapì il suo amore, distruggendo così l’unica cosa per cui valesse la pena di vivere.

La taverna dove il bardo raccontava il suo canto popolare era in silenzio, ammaliata dall’ennesimo racconto dell’uomo-falco e della sua donna e dalla tristezza di saperli ancora in cerca l’uno dell’altra.

C’era la guerra, e la luna Rubra bruciò sotto l’impeto della violenza di quel periodo. Tinse il cielo del Nord di rosso.

La Bianca non capì né dove fosse, né tanto meno come mai fosse lì. Non conosceva il luogo, né i suoi avventori. Conosceva la canzone, nata quando ormai era Sacerdotessa. Era un mito di cui non ricordava l’origine.

Tuttavia ricordava benissimo l’arrivo di ciò che avrebbe distrutto tutto.

L’Ohnan continuò a cantare.

Raccontò del terremoto che seguì i Venti, di come la terra si spaccò in due. Continuò a raccontare, ma la Bianca smise di ascoltare. Si ritrovò seduta, sola, su una seggiola lontana dal bardo, vestita con le vesti che celebrano il Vespro.

Cercò di alzarsi, ma rimase immobile.

D’improvviso il cantore smise di parlare e si zittì. Tutta la locanda cadde in un silenzio innaturale. Come un fuoco che si spegne, divenne tutto grigio, senza colore. E divenne tutto freddo.

L’Ohnan si alzò, e si avvicinò a lei silenziosamente. Camminava, ma pareva non toccare il suolo coi piedi, pareva quasi privo di materia.

Si avvicinò, di più, e le si accostò al viso.

“Tu” le disse” che sei stata testimone della fine di un’Età, nel buio vedrai il tramonto della seconda”

La Bianca sgranò gli occhi e non capì, ma schiacciò d’istinto la schiena contro la sedia, per allontanarsi il più possibile da quel bardo che le parlava come se la conoscesse.

L’aria si fece ancora più gelida.

“Non è possibile per gli uomini vedere l’alba e il tramonto delle Età.”

“Chi sei?”

“Chi ero”

“Sei morto?”

Lui annuì, e la Bianca cercò di guardarlo bene in viso. Si accorse che l’ Ohnan non aveva un viso definito; lei non riusciva a vederlo. Poteva essere vecchio, o poteva essere giovane, si accorse che poteva essere qualunque cosa.

“Sono morto, non cercare di guardarmi, io non esisto più”

“Chi sei?”

Lui sembrò alzare la spalle e la Bianca ebbe la sensazione che l’Ohnan sospirasse.

“Te l’ho già detto, io ero”

“Che cosa ti è successo?”

Di nuovo, il bardo sospirò: “Ora mi ritrovo solo a cantare, ciò che è stato nel passato non ha importanza”

La Bianca sgranò gli occhi. La voce, le movenze e soprattutto quella cadenza così particolare nel sillabare ogni singola parola…

Lui sorrise, consapevole che lei l’aveva riconosciuto.

“Sei stato ucciso”

Il cantore non rispose, per un attimo. La sacerdotessa si accorse che intorno a loro non c’era più nessuno, solo neve e freddo.

“Nessun umano può essere il testimone dell’alba e del tramonto di un’Età. Ma ora, adesso che il sole ha cominciato a declinare ma è ancora luminoso, salvati. Salva te stessa e ciò che ami.”

Una folata di vento gelido le ghiacciò le guance. La Bianca rimase immobile, incapace di parlare.  Non aveva più voce, né fiato in gola.

L’Ohnan sorrise.

“Ci rivedremo a suo tempo, quando verrai da me. Per ora, salvati”.

Divenne tutto di un buio innaturale e così freddo da gelare il cuore in un istante.

La Bianca si svegliò di soprassalto, gridando con la sua voce vecchia e gracchiante. Le membra le facevano male e aveva il fiato corto.

Fu in quell’istante che divenne consapevole che la Seconda Età era prossima al termine e che lei non avrebbe visto l’alba della nuova: sarebbe morta presto, nel gelo.

 

 

 

Gli occhi di Mamir correvano veloci fra i rami, seguendo quell’odore tenue che era l’unica traccia che aveva.

La Bianca non era in città, di questo era certo.

Il mago aveva detto a lui di andare a prenderla perché era in un posto isolato. Il lupo si chiese perché fosse stata così stupida da rapire Nyven.

Ma non si soffermò troppo su quel pensiero: le ragioni, le cause e le concause… Non erano affari suoi, né gli interessavano particolarmente. Il suoi ragionamenti erano molto più lineari di quelli di un essere umano. La Bianca aveva violato ciò che non poteva essere violato. La Bianca doveva pagare.

Pensò a cosa Irìyas le avrebbe fatto, una volta portata al suo cospetto, ma non trovò nessuna risposta. Avrebbe potuto ucciderla o punirla. Di più, davvero, non poteva dire.

L’odore si intensificò, sulle rive del Lago Tondo, Mamir lo seguì come un segugio segue la propria preda.

La trovò, com’era ovvio. La ricerca fu minima, un lupo è nato per la caccia. Ma non poté toccarla.

La trovò seduta sui resti del muro portante della Cappella del Vespro, con le gambe che ondeggiavano lungo il perimetro esterno e la sua schiena appoggiata ad una colonnina che, probabilmente una volta, era il supporto per una finestra.

“Mi hai trovata…” disse lei.

“Scendi” le ordinò il Lapdinare, ma lei scosse la testa.

“Se scendessi, mi prenderesti e mi porteresti da lui” disse con l’ovvietà di quando si spiegano le cose semplici “Qui invece sono protetta e per te questo” disse appoggiando la mano al muro su cui era seduta “è un limite invalicabile”

“Irìyas ti raggiungerà”

 “L’ha già fatto, guarda” la Bianca alzò il braccio mostrando una ferita lunga che gli incideva la pelle del collo e della spalla “Quando è arrabbiato è davvero spaventoso” sorrise mestamente.

Mamir iniziò a camminare a destra e a sinistra, per studiare il modo per afferrare quella traditrice e portarla dal mago.

“Quello che hai fatto è insensato. Voi umani...”

“Noi umani ci muoviamo e abbiamo motivazioni che voi lupi non potrete mai capire”

Mamir si fermò un istante e fece una smorfia, mostrando la sua fila di denti aguzzi: “Questo è vero, ma alla fine siete sempre in fuga da quello che fate”

La Bianca scosse la testa: “Lo sai che mi ha parlato nella Lingua Antica?”

Mamir non capì e i suoi occhi rossi si rimpicciolirono aspettando una spiegazione.

“Nyven, il ragazzo…o chiunque sia. M’ha parlato nella Lingua Antica, lo sciocco. Senza neanche rendersene conto.” La Bianca si sistemò i capelli dietro le orecchie e guardò lontano, nessun punto di preciso. Il vento le riportò la ciocca di capelli davanti alla faccia

“Avevo quindici anni quando arrivarono i Venti”

Mamir si immobilizzò. Davvero la Bianca era così vecchia?

Poi lei riprese: “Quando finì la Prima Età, quando i Venti portarono distruzione e scompiglio, avevo solo quindici anni. La Lingua Antica fu perduta e nessuno, da allora, l’ha più parlata” si strinse nelle spalle, quasi a giustificarsi “Io stessa la ricordo molto male”

“Tu sei una Sacerdotessa della Prima Età?”

Lei annuì, guardando il lupo per la prima volta negli occhi e senza rabbrividire: “Che cosa avevo da perdere nel togliere Nyven ad Irìyas?”

Mamir ringhiò: “Spiegati donna, non parlare per enigmi!”

“Chi parla la Lingua Antica, Mamir? Chi?” la Bianca scosse i capelli “Nessuno. Eppure Nyven, senza neanche accorgersene, mi ha parlato nella lingua dimenticata, in quella lingua bruciata dopo l’avvento dei Venti. Non c’è modo che lui la sappia. Nessuna creatura in tutto l’Ovest ricorda quella lingua. Io e pochissimi altri possiamo dire di ricordare la venuta dei Venti, ma nessuno di noi ricorda una lingua dimenticata. Eravamo troppo giovani e troppo sciocchi per farne tesoro. Lui invece…” la Bianca sospirò. “Lui la sa.  Nyven porterà sventura. La porterà ad Irìyas, ma anche a tutti coloro che gli sono in qualche modo legati. La porterà a te, così come la porterà a me. Dovevo allontanarlo, ma il mago se lo teneva così stretto…” lasciò che le parole scorressero via, permettendo per un istante che il vento le disperdesse. “Non hai notato anche tu un fondo cremisi e minaccioso nell’animo del ragazzo? Non dirmi che il tuo istinto non ti ha detto più volte che sarebbe stato molto meglio averlo lontano piuttosto che vicino…”

Mamir fu colto alla sprovvista. Annuì, non  poteva certo mentire su una cosa così evidente.

“L’unico che non se ne rende conto è Irìyas che segue ostinatamente il suo sogno, senza badare alle conseguenze”

Il lapdinare riprese a camminare, come per puntare una preda: “Ti sbagli. Irìyas sa bene quel che fa e sa bene che Nyven è ben più che un semplice schiavo. “
”E’ che lui può scendere a compromessi, io no” tagliò corto la Bianca, come se fosse infastidita dalle sue stesse parole “Guarda la mia casa” disse con un ampio gesto del braccio “Guarda la mia casa e dimmi. Pensi davvero che io possa scendere a compromessi? Pensi davvero che possa permettermi di aspettare che un moccioso si riveli?” stinse i pugni stizzita “Per cosa? Per lasciar che un mago pazzo faccia quel che vuole e che gli ultimi resti della mia casa vengano rasi al suolo davanti ai miei occhi?” rise divertita “Proprio con te ne parlo! Proprio con te che sei un lupo e che sai cosa significa l’appartenenza ad un branco e il dover proteggere il proprio territorio! Nyven avrebbe distrutto gli ultimi fasti di una casa in rovina. Su queste poche pietre posso ricostruire, posso riedificare il sacerdozio del Vespro. Con Nyven qui, mi sarebbe stato impossibile”

Il lupo digrignò i denti e annuì, ma ugualmente disse: “Sai che mettersi contro ad Irìyas equivale a perdere qualunque cosa si abbia. Non ti perdonerà per quello che hai fatto”

“Se non sarò io a riedificare queste mura, allora sarà chi viene dopo di me. Non ha importanza. E nemmeno m’interessa di morire” si strinse nelle spalle. “Mi hai ascoltato, mio bel lupo? Non ho forse il diritto di essere stanca di questa vita che non ha avuto per me nessun riguardo?” Sospirò, abbassando le spalle, quasi a sottolineare la sua resa: “Difendo l’unica cosa che m’appartiene e che non voglio che venga a perdersi nel tempo”

Poi la Bianca si mise a ridere, di un sorriso liberatorio: “Pensa, Mamir, pensa a quando tutto questo sarà finito, quando Gyonnareth avrà spalancato le sue fauci e avrà bruciato questi luoghi, quando…” La ferita sul collo ricominciò a sanguinarle.

“Irìyas non la pensa allo stesso modo, ma si sbaglia” la Bianca sospirò “Nyven ha parlato nella Lingua Antica e conosceva le parole che Irìyas dovrà pronunciare di fronte a Gyonnareth: le ha incise col fuoco sulla carta del libro che io stessa ho procurato ad Irìyas. Non posso davvero credere non sapesse che sarei, prima o poi, venuta a conoscenza di tutto. Sono troppo coinvolta in tutta questa faccenda perché possa pensare di tenermi all’oscuro”

Mamir piegò le zampe posteriori e si mise seduto, in attesa.

“E’ la fine di un’Era, il Re ha promesso che ricostruirà questa Cappella, ma io non credo alle sue promesse. C’è sotto qualcosa, che non vuole dire. Un drago ed un Alchimista stanno volando verso queste terre per distruggerle, due vecchi amici si sono ritrovati, così diversi, ma di nuovo uniti… E io lo stesso mi affanno per proteggere la mia casa quando so che è un’impresa disperata. Ma so che Irìyas, se non adesso, capirà le mie motivazioni”

“Chi è Nyven?”

“Questo io non lo so, purtroppo. Non riesco a capirlo. Non sono neanche sicura sia davvero importante saperlo. Ora che è lontano, ora che porterà la sua sventura altrove, potrò proteggere la mia casa e ricostruirla”

Mamir la guardò a lungo, i suoi occhi rossi erano tranquilli, i suoi muscoli tesi ma immobili. Se la strega avesse lasciato le mura della sua Cappella, lui l’avrebbe presa, in un istante, ma fintano che era seduta lassù, protetta dalla sacralità del Vespro, nessuno poteva violarla.

“Perché ora?”

“Che cosa?” fu la Bianca a non capire.

“Perché ora? Hai chiesto ad Irìyas una nuova giovinezza, hai barattato il tuo libro bianco per questa promessa. La tua casa è distrutta da tempo immemore… Perché ora, perché tutto d’un tratto, hai deciso che è tempo di ricostruire la Cappella del Vespro?”

La Bianca sorrise, si raccolse i capelli dietro la nuca e si stinse nelle spalle, spostando gli occhi lontano, verso quelle valli oltre gli alberi che conosceva così bene, immutate nel corso di tutti quegli anni.

“Perché sto per morire”

Gli occhi di Mamir diventarono così rossi da brillare.

“Come lo sai?”

“Lo so. Per quanto non potente come Irìyas, anch’io ho delle qualità” si schermì guardandosi la pelle delle mani, finalmente liscia e senza rughe. “So che morirò presto, anche se non so come. Non ho più tempo per aspettare. Non so chi verrà dopo di me, chi sarà scelto per ergere nuovamente queste mura. Ma chiunque sia, sarà giovane e sarà inesperta. Senza la mia guida, dovrà per lo meno poter trarre forza da queste mura e dalla pace che vi regna all’interno.” Sollevò la schiena dalla colonna alla quale era appoggiata “Persino tu, fra i più forti guerrieri del Regno, non puoi violare la sacralità di questa Cappella. Persino Irìyas non può portarmi fuori. Nonostante cada in pezzi la forza di questo luogo è così imponente che persino dalle macerie di un tempo si può essere protetti. Ma questo andrebbe perso se la Cappella venisse definitivamente distrutta e rasa al suolo e se non ci fosse nessuno in grado di contenere la sua forza e rifondarne le fondamenta.”

Il taglio sul collo riprese nuovamente a sanguinare: “L’ho proprio fatto arrabbiare” sorrise la Bianca.

“Peccato perché non avrei mai voluto fare qualcosa per contrariarlo… Irìyas è così…” ma la Bianca non concluse la frase. Al lupo probabilmente non interessava sapere come fosse Irìyas agli occhi di una donna.

Era bello Irìyas. Era bello, ma era anche incredibilmente forte e sicuro di sé. Strafottente col mondo, supponente e tracotante, ma mai sciocco o cieco di fronte a quello che l’aspettava. Era straordinariamente saggio, per la sua età, acuto ed incredibilmente solo. Irìyas non riusciva mai ad accontentarsi e questo lo rendeva sempre flebilmente insoddisfatto.
Questo agli occhi di una donna, in particolare agli occhi della Bianca, era un lato del mago che doveva essere sorretto e salvato. Ma Irìyas non permetteva a nessuno di farlo, semplicemente perché lui non voleva. Voleva solo andare avanti e ricercare altrove la sua soddisfazione. Il mago diceva sempre che la sua storia, lui, voleva scriverla da sé. Non c’era spazio per nient’altro. La Bianca sorrise. Del resto l’ego del mago probabilmente occupava già tutto lo spazio disponibile.

 

Il lupo si rimise in piedi e fece qualche passo in direzione della Cappella: “Dev’essere stata bella, un tempo” commentò “ma ora davvero, è solo un mucchio di pietre senza significato”

“Per voi lupi, che significato possono avere delle costruzioni?”

“Quando uscirai, verrò a prenderti. E se rimarrai dentro le mura della tua casa, quelle stesse mura saranno la tua tomba”

Mamir scomparve, senza dare alla Bianca la possibilità di replica. Corse via velocemente, troppo velocemente perché l’occhio della donna lo vedesse. Era stanco delle sue chiacchiere, stanco di star lì ad ascoltarla. Eppure quello che gli aveva detto non lo lasciava completamente indifferente.

Lui, più di altri, capiva cosa significava l’appartenenza alla terra e al suo branco. Sebbene da tempo ormai non vivesse più coi suoi simili, questo di fatto non aveva cambiato le cose. Il suo branco si era probabilmente ampliato, il suo territorio anche, ma non poteva dare torto alla vecchia: l’avrebbe difeso a qualunque costo.

Non avrebbe portato a molto, l’operato della Bianca. Se davvero la donna fosse morta di lì a poco, però, la paura che aveva di Nyven era giustificata. Lui stesso, un lupo, un Lapdinare, avrebbe preferito Nyven lontano dalle sue terre. Era una forza ignota, qualcosa di incomprensibile. E Mamir non tollerava le forze che si celavano nell’ombra.

 

***

 

Manny_chan: hahaha I ruoli secondari delle donne nei miei racconti.... Bisognerebbe studiare attenta,ente la cosa (per capire cosa ci sia che non va nel mio neurone). Ma non ci posso fare niente se l'attrativa per i bei figlioli, come li chiami tu, è ben più intensa XD Il ruolo della Bianca si capisce meglio in questo capitolo, così come (penso) si capisca meglio l'ineluttabilità degli eventi. Il ragazzo, Nyven, un po' ci è e un po' ci fa, che vuoi farci, è giovane e inesperto XD Presto, però, prometto nuovi elementi di rilievo. Un baciotto.

silencio: Spagna? wow, dove esattamente? Come si legge in questo capitolo, Nyven era in una specie di mondo a parte, all'interno della Cappella. Del resto, non avrebbe parlato la Lingua Antica se se ne fosse reso conto. E' un personaggio strano, complicato da gestire perché lui stesso non sa chi sia (io sì, però ohoho). Alla fine, però, è molto divertente. Per quanto riguarda il legame. Sono contenta che si veda "il consolidamento", non vorrei creare un semplice rapporto freddo e "inutile".

BiGi: Grasssie per l'entusiasmo *_*

Yukochan: Ma no, non era chiaro chi fosse quella donna (del resto, la descrizione era completamente diversa da quella fatta all'inzio), è che come Sacerdotessa doveva avere una parvenza più dignitosa ^_^ Sono felice che le ambientazioni e gli ambienti ti piacciano, ci tengo molto (sono un bellissimo contorno, per me). L'accusa diretta era d'obbligo, perchè il passato di Irìyas lo rende molto sospettoso. Ma tutto a suo tempo ^_^ Baci

Aphrodite: AHAHA la vecchia sclerotica :°D In realtà, per quanto riguarda la vecchia, il destino farà il suo corso. Del resto, come lei stessa sa, morirà presto (l'ha pure sognato). A breve bisognerà andare a riprendersi il piccolo schiavo, non si può mica lasciarlo solo per troppo tempo! Baci-baci

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Nuova pagina 1

Abbiamo sforato i 100 commenti!! Wow, grazie, grazie mille *_* Non ci posso credere. Io vi bacio, vi adoro! Non ci avrei mai sperato! Birra gratis per tutti, offre la casa XD

Un (minimo) accenno di shounen ai. Ah aha lo so, mi tiro la zappa sui piedi perchè sono *lenta* nel fare evolvere le situazioni emotivo-sentimentali. E questo stressa anche me. Ma non ci posso fare niente, mi diverto a costruire, distruggere, e ad esasperare (dovreste leggere i miei deliri su alcuni capitoli che poi vengono prontamente cestinati. Va be', esco. domenica uggiosa, io sono proprio felice.

Capitolo Diciassette

"Nyven?

Il ragazzo si svegliò di soprassalto, e nella sua testa, gridò.

"Non così forte" Irìyas sorrise.

Era buio intorno a lui, come sempre ultimamente, un filo d'aria proveniva dall'esterno. Era fredda. Nient'altro si poteva dire. Nyven non aveva la minima idea di dove fosse.

Non aveva paura, però. Che importava dov'era? Nulla. La vecchia abitudine di non sapere e che questo non gli importasse non era stata dimenticata. Non sapeva dov'era. Era lontano dalla sua ultima casa. Davvero, non era importante. Lui non aveva diritto ad una casa. Non aveva diritto a sperare di tornare.

"Padrone?" Eppure, non riuscì a chiamare Irìyas con un filo di speranza. Troppa, rispetto a quella che avrebbe voluto.

"Ti ho già detto di non chiamarmi così, m'infastidisce"

"Posso sapere perchè?"

"Il rispetto non è dato dalle sole parole"

"Però..."

"Basta così"

Nyven si zittì.

"Scusate è che..."

"Si, lo so, ma non importa. Mi fai ridere anche per questo"

"Vi faccio ridere?"

"Molto"

Ci fu una pausa. C'era un misto di imbarazzo e stupore.

Quella conversazione era diversa dalle altre. Il padrone sembrava essere così vicino, da poter leggere qualunque cosa gli sfiorasse i pensieri. Nyven ebbe paura: forse era davvero così.

"Come posso sentirvi?" La voce del mago non gli proveniva da vicino e di certo le sue orecchie non udivano un suono. Era come se il padrone gli parlasse direttamente alla mente.

"Sono io che ti parlo” il tono della voce era calmo, quasi scherzoso, Nyven si rilassò un poco. Perché stupirsi, ancora, di quello che succedeva quando era Irìyas a giostrare gli eventi?

"E' che non vi vedo" disse, sentendosi immediatamente uno sciocco.

"Perché non ci sono, sono troppo lontano" C’era esasperazione nel tono di Irìyas. Nonostante il mago non l’avesse detto esplicitamente, era come se Nyven riuscisse ad intravedere ciò che prima gli era precluso.

"Già..." di nuovo una pausa. Era un piccolo bagliore, nulla di più. Quella del ragazzo non era una vera e propria consapevolezza. Tuttavia in quel dialogo sembrava filtrare qualcos’altro oltre alle semplici parole.

"E' molto difficile" si sentì dire, senza volerlo.

"Che cosa lo è?"

"Stare qui"

"Dove sei?

"Non lo so, mi tengono al buio. Sono su un carro, si muove velocemente, ma è da più giorni che sono al buio..."

"Ti vengo a prendere" il tono di Irìyas tradì una certa urgenza mista a preoccupazione. Nyven colse anche quella sfumatura, ma preferì non badarci. Più tardi, quando si fosse ritrovato nuovamente da solo avrebbe ripensato a quel tono e avrebbe cercato di capirlo.

"Davvero?" Che domanda sciocca. Davvero? Nyven stava male interpretando quel dialogo, e lo stava facendo consapevolmente.

"Pensi davvero che ti lasci andare via così?"

"No, però..."

"Non ci sono però: vengo a prenderti. Non è su un carro il tuo posto. Aspetto solo che i corvi reali tornino a casa"

"I corvi?"

"Sideas li ha mandati a cercarti"

"Sideas?" Di nuovo, quella sensazione che il non detto trapelasse più del dovuto. Al buio, in un carro che lo stava portando lontano, Nyven si sentì, per un istante, molto più vicino ad Irìyas di quanto non si fosse mai sentito.

"Mi ero sbagliato" il mago interruppe i suoi pensieri.

"Su cosa?"

"Su molte cose, anche sul suo conto. All'Accademia, quando molte delle cose di oggi non erano ancora accadute, Sideas era uno dei miei amici più stretti."

"E poi?"

"L'ho confuso con un altro"

"Con Hago?"

"Sai troppe cose" non c'era alcun rimprovero nelle sue parole.

"Mi piace osservarvi “Disse Nyven, schermendosi “ lo faccio da quando sono stato portato a casa vostra da Mamir"

Nyven aveva cercato di giustificare le sue parole come sempre faceva persino con se stesso. La realtà, però, era lievemente diversa. Non capiva esattamente il perché, ma lui sapeva bene che Hago stava arrivando. Era da qualche tempo, ormai, che percepiva Hago avvicinarsi a sé, così come percepiva la presenza di Gyonnareth, minacciosa. Ma non disse nulla, semplicemente accantonò il pensiero perché, in fondo, sapeva che era un pensiero senza senso.

"Il lupo ti mette ancora paura?" Nyven riprese a parlare col padrone.

"Non mi vuole fra le vostre mura"

"Questo perché non ti capisce"

"Non mi capisco neanch'io" Il mago poteva leggergli nel pensiero? Nyven non voleva mentirgli.

"Lo so, ma non importa"

"Non importa?" Davvero non importava? Quella sua confusione, quella sua insicurezza, quella sua insana attrazione per il fuoco, davvero non era importante? Probabilmente no. Irìyas non poteva sbagliarsi.

Irìyas non proseguì e, per un attimo, ci fu il silenzio più completo.

"Ho sempre avuto paura che mi mandaste via"

"Lo so. E' buffo che ora ti venga a prendere, non trovi?"

"E' molto buffo. Ma mi rende felice. Anche solo sapere che mi cercate…"

"Devi tornare qui" Dopo un attimo Irìyas aggiunse “Mi servi”.

"Ma. Pad…"c'era apprensione nella voce del ragazzo "Irìyas" si corresse "Gyonnareth arriverà fra poco, non puoi allontanarti troppo…"

Irìyas parve ridere: "Sai davvero troppo."

"Avete lasciato che capissi. Io non ho meriti" Non era vero. Nyven sapeva che questa frase era una menzogna. Ma se n’era convinto lui stesso, quindi anche in quell’occasione, ci credette.

"Verrò a prenderti, Nyven, perché non voglio che qualcun altro ti prenda con sé."

"Vi servo ancora?"
"Sì. Il tuo posto è qui"

"Quand'ero più piccolo, quando ancora abitavo a Droà, non avevo mai avuto paura del domani. Pensavo che, bene o male, qualcosa sarebbe successo. Non mi è mai davvero interessato il cosa. Qualcosa. Fosse anche morire. Qualcosa sarebbe successo e perciò non mi sono mai chiesto che cosa sarebbe stato. Ora che sono lontano…" esitò "Ora che sono lontano da casa vostra non faccio altro che chiedermelo. Non faccio altro che sperare che domani possa tornare a casa" s'interruppe, perché la voce gli cedeva "mi dispiacerebbe… sapere di non poter più tornare" ammise, arrossendo nel buio.

Sentì Irìyas sorridere e non capì se il mago si stesse prendendo gioco di lui.

"Non mi credi, quindi, quando ti dico che ti riporterò qui?"

"Nono signore…Cioè…" s'interruppe confuso "Vi credo." Poi ripeté per convincersi "Vi credo. Ma non ho pazienza e…" ho paura, stava per aggiungere, ma non lo fece. Si sentì sciocco.

"Hai freddo?"

"Un po'"

"Ti stanno portando a nord. Hai già superato i Cancelli del Nord, ma non capisco dove vogliano arrivare. Immagino che per te, abituato al sole di Droà, il clima stia diventando un problema"

"Qui dentro non è così terribile. Penetra un po' di aria, ma non troppa per gelarmi" Fece una pausa, come se pensasse "Vorrei provare a scappare, ma sono vestito come lo ero quando mi hanno preso da casa tua." Poi ancora si fermò e sorrise, si accucciò prendendosi le ginocchia fra le braccia e sospirò. Irìyas sembrava sinceramente preoccupato. Nyven sorrise, sapendo che nessuno l’avrebbe visto. Forse Irìyas avrebbe capito il motivo della sua contentezza, ma che importava?

"Come posso permettere che qualcosa di mio venga rubato?"

Nyven sorrise di nuovo. Non c'erano bugie in un dialogo come quello. Alcune cose potevano essere celate, altre semplicemente omesse. Ma non si poteva mentire. E Nyven si rese conto che Irìyas era contento di parlargli, contento di averlo trovato e determinato a riprenderselo. Il suo tono era pacato. Lo smacco di essersi fatto rubare qualcosa di così importante probabilmente gli bruciava ancora. Nel buio del suo viaggio, Nyven si rimproverò: in fondo avrebbe dovuto essere in grado di badare a se stesso. Permettere che la sacerdotessa lo mandasse via, con quella facilità, era da sciocchi.

"Siete diverso da quando è tornato Sideas"

"Mi ha aperto gli occhi"
"Su vecchie questioni?"
"Sulle nuove, a dire il vero. Quando non ti ho più trovato nelle tue stanze, ho dato la colpa a lui"

"In che senso?"

"Ho pensato fosse stato lui a portarti via"

"Beh, del resto era appena arrivato…"

"Ma è stato un ragionamento sciocco e privo di riflessione. E sai come " poi sorrise un pochino "Sai come gli sciocchi e le persone che non riflettono mi irritano. Pensare che fosse stato lui a portarti via da me è stato un pensiero pigro."

"E cos'è cambiato?"

Di nuovo Irìyas rise, queste volta più apertamente: "Zir mi ha insultato. Quel coniglio a volte si prende troppe libertà" sospirò "E Sideas ha detto l'unica frase che m'avrebbe potuto far aprire gli occhi"

"Che cos'ha detto?"

Il mago non rispose. Non sono Hago, aveva detto. Semplicemente. Ed era vero, così vero che Irìyas non era riuscito a capirlo subito. La frustrazione per Hago aveva coperto con dita invisibili il suo giudizio. Intransigente com’era, Irìyas era molto infastidito, ma questo non era necessario che Nyven venisse a saperlo.

"Io…” Nyven prese fiato “C’è una cosa che dovete sapere.”

Irìyas aspettò che il ragazzo parlasse

“Sento Finnan… Sento Nnareth arrivare. Io so e sono stranamente consapevole della vicinanza dei draghi a queste terre.”

“Perché lo dici ora?”

“Al buio, chiuso e lontano dalla vostra casa, mi rendo conto che quel fuoco di cui avevo paura non si trova più lì dove credevo. E’ ovunque. E’ dentro ognuno di noi. Ma soprattutto, è dentro di me”

“Lo so” disse il mago in un soffio di voce “ Persino Gyofinnan non riesce a comprenderti”

“Nemmeno voi?”
”Nemmeno tu stesso”

Il ragazzo sospirò e non disse più nulla per un po’.

Nyven riprese a parlare: " Non so cosa abbia portato a questa situazione, né chi sia che muova i fili dietro una cosa tanto folle come portare un drago in catene e obbligarlo ad attaccare un territorio abitato da uomini" fece una breve pausa "Ma se davvero tutto questo accadrà, se davvero… “ poi di nuovo si zittì, confuso. Cosa voleva dire? Cosa, per l’ira di Orm., voleva dire? Non lo sapeva. “Ma so che sei un uomo giusto" Non si rese conto di quella frase, se non dopo averla pronunciata ad alta voce. E di certo non capì il significato di quell’ammissione. Rimase una frase detta in un momento di intimità, senza troppo peso. Una frase ingenua, ma che forse avrebbe cambiato il corso della storia.

 

 

"Il carro corre veloce, non posso indugiare oltre. Se arriverà ad Adiisia sarà difficile trovarti”

“Adiisia?” chiese Nyven preoccupato

“Ti riporterò a casa. E' una promessa."

***

Yukochan: Al ventesimo si festeggia con tanto di fuochi d'artificio *_* La Bianca è un personaggio complesso, che si ama o si odia, perchè in fondo è un'egoista. Ma è anche giustificata. Chi non avrebbe fatto quel che ha fatto lei? Solo s'è messa contro ad Irìyas che ha le idee confuse, ma rimane pur sempre Irìyas. Difficilmente si lascerà mettere i piedi in testa. Un baciotto

Bigi: La Bianca ha fatto quel che doveva fare, in Cremisi nessuno è davvero altruista. In effetti fa tenerezza anche alla sottoscritta ._.

Manny_chan: Eh eheh dici bene, Irìyas non gliela lascerà passar liscia. Del resto, mi pare sia inevitabile. La vecchia (ringiovanita adesso. E' fissata con le rughe °_°) non aveva più cartucce da sparare, alla fine è solo disperata. Nyven ha parlato nella lingua antica nel capitolo in cui lui è stato rapito. Non è specificato perchè non è fondamentale ai fini del racconto, dato che l'importante è sapere che Nyven sa la Lingua Antica. I perchè e i per come si sapranno strada facendo XD

Aphrodite: Ciao sorellina! *hug* La Bianca si chiama così perchè... sì, si scoprirà più in là, anche se non è un segreto fondamentale, nè un cardine della storia. Alla fine, tenerezza la fa. Vuole solo proteggere l'unica e ultima cosa che le rimane, pur sapendo di morire. E' un personaggio vecchio, antico e che ha fatto la storia del mondo. Alla fine, le voglio bene nonostante sia un po' sciocca. Un bacione

Bemporad: Ciao e benvenuto *_* Sono felice che la storia ti piaccia e spero di risentirti. Per quanto riguarda il numero di personaggi, in effetti non ce ne sono molti. Ma sono appena 2uscita" da una storia corale, con davvero tanti personaggi e volevo creare qualcosa di diverso. Inoltre, il fulcro di Cremisi non è tanto il numero di personaggio, ma l'incastro fra gli eventi. Tant'è vero che alcuni personaggi (e alcuni eventi) ancora non sono comparsi. E poi, ma questa è una mia idea, non penso che il genere fantasy "debba" aver tanti personaggi. Devo essere in numero congruo alla storia, no? Un saluto ^_^/

Persefone Fuxia: Ciao e benvenuta! *huggles* Felicissima di leggere una tua recensione. Grazie mille per i complimenti, sono contenta che trovi Cremisi originale (è così difficile creare un fantasy originale...). Spero di risentirti presto. Un bacio

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Nuova pagina 1

Questo capitolo mi ha divertita molto °_° Era inevitabile, del resto. Mi chiedo se qualcuno se l'aspettasse. Ma meglio non parlare troppo qui (voglio vedere le reazioni, sono proprio curiosa!). Direi che le mie ciance possono aspettare, magari il prossimo capitolo, quando avrete letto questo. Per ora, non dico nulla ^_^ Baci

 

Capitolo Diciotto

 

 

 

Irìyas era seduto sulla balaustra in marmo. Aveva i piedi che ondeggiavano nel vuoto e lo sguardo lontano, al di là del lago che placidamente si infrangeva sulla spiaggia. Il cielo era azzurro e lui guardava quelle sfumature che cambiavano col variare di un soffio d’aria. Sideas era di fianco a lui, appoggiato coi gomiti sulla stessa balaustra, a guardare lo stesso cielo.

C’era silenzio, in quel momento, e un forte senso d’attesa.

Irìyas sospirò: “Mi auguro tornino presto”

I corvi di Sideas non avevano dato nessun segnale ancora, ma avevano iniziato la loro ricerca poco prima. Avrebbero dato loro notizie solo al tramonto.

“Se veramente quella pazza della Bianca ha mandato Nyven così a nord, non arriveremo in tempo per la notte. Si può solo sperare che si trovi un riparo adeguato”

“E’ abituato al sole di Droà, avrà bisogno di più di un riparo per la notte di Adiisia” Irìyas rispose quasi a se stesso e Sideas sorrise a quel tono preoccupato.

“Finché la Bianca si nasconde nella sua Cappella, può ostacolarti nella ricerca. Ma difficilmente potrà ostacolare me” gli disse, per rassicurarlo “Non hai detto tu stesso che per celarlo così bene ai tuoi occhi, probabilmente sta esaurendo tutte le sue energie?”

Irìyas si distese un pochino: “E’ così. Mi chiedo se debba radere al suolo la sua stupida casa”

Sideas, questa volta, rise rumorosamente: “Non esageri?”

“La Bianca è una stupida. Pensa davvero di liberarsi di Nyven semplicemente mandandolo lontano. Sa bene che potrei tirarla fuori da lì, e non lasciare niente della Cappella del Vespro. E sa altrettanto bene che andrò a riprendermi Nyven, qualunque fosse la sua idea iniziale”

“Penso che non voglia Nyven qui quando Gyonnareth arriverà. D’altro canto, sa che sei troppo devoto per radere al suolo la Cappella. Lei ne è solo la sacerdotessa, è casa sua solo per il momento. La sacralità del Vespro va ben oltre la follia di una donna”

“Se non troverò Nyven entro il tramonto, non sarà più importante cosa penso di quelle mura ormai decadenti. Adiisia è troppo pericolosa per chiunque…”

“Mi chiedo perché non l’abbia ucciso. Perché non se n’è liberata in modo diverso. Che senso ha mandarlo via, quando sa che lo riprenderai con te?”

Irìyas scosse la testa, non sapendo dare una risposta sicura: “Credo che si aspetti che si riveli. Ormai il fondo cremisi che domina lo spirito di Nyven diventa sempre più forte. Probabilmente, quello che la Bianca crede è che, messo in una situazione di pericolo come un viaggio per Adiisia possa in qualche modo accelerare il suo rivelarsi”

“Probabilmente hai ragione. Ma Nyven non s’è protetto da lei quando l’ha portato nella Cappella… Ugualmente” proseguì Sideas, ragionando ad alta voce “Nyven non ha ritenuto quella una situazione di particolare pericolo…”

“Mi chiedo chi sia Nyven e perché…” ma Irìyas si interruppe, sospirando “In fondo, che importa?”

“Nyven è uno spirito guerriero. Qualunque cosa o persona sia, la forza che c’è in lui non ha un fondo di magia”

Irìyas rise: “Mi è mancato molto parlarti. Finalmente…” s’interruppe esitando come di solito non faceva “Finalmente posso parlare con la certezza di venire capito”

Le parole del mago rimasero sospese fra loro, la loro eco morbida non appesantì l’atmosfera, ma anzi la rese intima. La trasformò nella stessa che c’era quando i due ragazzi all’Accademia si ritrovavano di nascosto in biblioteca a leggere i Libri Proibiti o andavano a rubare nelle cucine quando erano in punizione e non era loro concesso di mangiare.

“Sai perché sono qui, Irìyas?”

“Mi hai mentito l’altro giorno?”

Sideas sorrise: “No. Il vero motivo del mio viaggio qui è quello che sai, non ho mentito. Ma non vuoi forse sapere perché ho con me la Spada dei Principi? Perché sono disposto ad aiutarti a ritrovare Nyven quando in realtà dovrei solo progettare come spodestare un Re inetto?”

Non lasciò che Irìyas rispose, sapeva benissimo che il mago conosceva la risposta.

“Per te. E per me” il cavaliere sorrise “Non per il mago che ho di fronte, non per la forza che ora possiede…” prese un po’ di tempo, prima di continuare “Ma per il ragazzo, quel giorno all’Accademia, per il tradimento di una persona che consideravamo alla stregua di un fratello, per la disperazione nei tuoi occhi alla notizia che Alem era stato arso vivo e l’incredulità quando Hago ti ha voltato le spalle. E per tutto quello che è accaduto dopo, quando me ne sono andato” guardò il lago di fronte a lui “ ho giurato che mi sarei vendicato di Hago”

“Ma lui ha tradito solo me”

“E’ irrilevante. L’ha fatto solo perché tu intralciavi il suo cammino e ora viene qui perché solo tu puoi fermarlo. Avrebbe fatto lo stesso con me, se fossi stato io quello a volere andare ad Est.”

“Vivi secondo un codice dimenticato” Irìyas sorrise, guardando il suo amico con occhi che aveva dimenticato di avere. Con profonda ammirazione.

“Non è lo stesso per te? Tradire te equivale a tradire me. Eravamo in tre, siamo sempre stati in tre. E’ lui che ci ha voltato le spalle”.

Di nuovo fece una pausa. Di nuovo lasciò che l’aria si permeasse delle sue parole.

“Vivere secondo un codice dimenticato di rispetto è un’arma a doppio taglio, Irìyas. Ti eleva al di sopra degli uomini che s’affannano per rubarsi il pane, ma espone il tuo fianco agli attacchi del nemico che non si fa scrupoli. E Hago non si è fatto scrupoli a mettere Gyonnareth in catene, quando sappiamo benissimo che lo stesso avresti potuto fare tu, ma ti sei rifiutato”

“I draghi non sopportano le catene” era un’affermazione, la prosecuzione della frase di Sideas. Era un’ovvietà per il mago: nessuno aveva il diritto di mettere le catene ai draghi, di fronte ai quali ci si poteva solo inginocchiare. Esseri ben più saggi e potenti, forti e sapienti di qualunque piede avesse mai calcato il suolo del Regno. Lui, così come nessun altro, non aveva il diritto di soggiogarli alla propria volontà.

“Ma questo, Irìyas, è un codice che quasi tutti hanno dimenticato” Sideas ripeté le parole del mago che annuì, silenzioso.

“La Spada dei Principi è mia di diritto. Me l’ha ceduta mio padre, poco prima di scomparire, la pietra che ha incastonato sull’elsa mi aiuterà contro Gyonnareth” rise fra sé e sé “Non penserai che sia uno sprovveduto e che sia venuto qui con l’idea di affrontare un drago a mani nude?”

“Non lo sei, no. La Spada dei Principi è una spada di dominio. Chiunque ce l’ha ha il diritto di comandare i popoli e condurli alla guerra o alla pace”

“E’ la spada che i Lavici hanno forgiato per il guerriero favorito dal re”

“ E tu sei il favorito del Re?”

La domanda retorica fece ridere Sideas: “Non lo era neanche mio padre, ma questo Re non ha la forza di opporsi a nessuno. Ha semplicemente lasciato che la spada passasse di mano in mano. Io ho solo fatto in modo che quelle mani fossero le mie”

Irìyas scosse la testa: “Zir era molto preoccupato, quando ha visto quella spada”

“E’ inevitabile. La Spada dei Principi porta guerra, è un’arma che miete vittime e preannuncia battaglia ovunque arrivi. Ma sarebbe sciocco negare che, a breve, qui ci sarà quello che non è mai avvenuto prima, non credi?”

“Nyven deve tornare qui prima che Gyonnareth arrivi, ho… ancora bisogno di lui” Irìyas sospirò, ripensando alle parole scambiate col ragazzo poco prima. “Lui stesso, adesso, sa perché mi servono i suoi capelli”

“Lui stesso?” Sideas aggrottò la fronte.

“Sapeva molto, forse troppo, quando gli ho parlato”  Irìyas si sistemò i capelli, raccogliendoseli dietro la nuca “Forse …” poi lasciò i capelli nuovamente liberi “Parlargli attraverso il pensiero gli ha permesso di capire esattamente quello che volevo fare”

“Ti ha letto la mente?”

“Per forza di cose. Per cercarlo e parlargli gli ho imposto un contatto con me. Inevitabilmente ha letto anche la superficie dei miei pensieri”

Sideas rise: “Non avrà visto nient’altro che draghi”

Irìyas rise con lui:” Ti prendi gioco di me?” Poi ritornò serio “E poi ha visto l’Est”

Sideas si strinse nelle spalle: “Inevitabilmente”

“Esiste solo l’Est” proseguì Irìyas, terminando la frase dell’amico “E’ impossibile non vederlo. Io voglio andare ad Est, voglio vedere cosa c’è al di là del Confine e al di là dei Territori. Qualunque cosa ci sia, io voglio scoprire cosa sia” strinse i pugni, inavvertitamente “E Nyven ha visto che chiunque tenti di fermarmi verrà schiacciato. Chiunque. Io non posso…” fece una smorfia, forse di dolore, ravvivando un ricordo mai sopito “Non posso permettere ad Hago di rubare il mio sogno e di lasciare che sia lui a portarlo a termine”

Sideas guardò il mago. Sul suo volto c’era la stessa determinazione che aveva visto nei suoi occhi durante gli anni dell’Accademia. C’era la fronte corrugata, ma gli occhi chiari di chi sa ciò che vuole.

“E’ la tua storia, Irìyas, è giusto che tu te la riprenda”

Il mago annuì: “E’ mia. Nessuno riuscirà mai a portarmela via. Nessuno deve prendere ciò che è mio” scese dalla balaustra dov’era seduto e vi appoggiò la schiena, dando le spalle al lago “Ecco perché devo riprendermi Nyven. Ho assolutamente bisogno di quel ragazzo”

“Non importa chi sia?”
”Non importa. No. L’Est prima di tutto. Chiunque si rivelerà essere, e soprattutto, se si rivelerà essere qualcuno, allora vedrò se è un amico o un nemico. Ma sino ad allora, non posso preoccuparmene”

Sideas scosse la testa, guardando il mago.
Davvero non te ne preoccupi? Avrebbe voluto dire, ma tenne la frase per sé.

Irìyas si girò a guardare Sideas: “Le nostre storie, però, s’incrociano sempre”

“Non è una casualità, Irìyas. Non sarei venuto in nessun altro luogo…”

“A programmare il tuo colpo di stato?” Irìyas sorrise e Sideas con lui.

“Sei sempre stato tu, Irìyas. Sei sempre stato l’unico con cui sapevo che avrei potuto condividere qualunque cosa, persino la più segreta. A differenza tua, adesso, ho nuovi occhi e devo cercare chi possa seguirmi e mai voltarmi le spalle. A differenza tua, la mia storia è su questa terra e non posso scriverla da solo”  Sideas guardò di nuovo lontano “Ma è inevitabile che le nostre storie s’incrocino sempre”

Il mago lo baciò. Di fronte ad un lago placido che rifletteva i raggi di un sole sempre meno luminoso, Sideas ricambiò quel bacio. Era una bacio nostalgico e di assoluta fiducia. Un bacio che avrebbero dovuto darsi quel giorno all’Accademia quando Hago era scomparso e quando, per la prima volta, le loro strade avevano preso direzioni diverse, ma mai opposte.

Era un bacio di cui Irìyas aveva sempre avuto bisogno, ma che aveva sempre negato, per arroganza. Perché non importa quanto si è forti, le labbra di Sideas valevano la pena dimenticarselo per un po’. Ed era un bacio che il cavaliere aveva voluto per troppo tempo per non prenderselo. Nonostante ora tutto fosse diverso e nonostante ora lui stesso fosse diverso, era un bacio che voleva per se stesso. Non una promessa d’amore, quella non ci sarebbe mai potuta essere fra loro. Non più ormai.  Né, peraltro, loro l’avrebbero voluta.

Ma una promessa di fedeltà che va oltre le parole ed oltre il tempo. Che va oltre l’Est o un Re da spodestare.

 

Un suono lieve e acuto infranse il silenzio e un uccello nero comparve, volando veloce.

“Sono tornati”

“E con notizie sicure su Nyven”

 

***

 

Yukochan: Felicissima che l'intimità ti sia piaciuta. Del resto, era proprio quello il fine del dialogo fra i due. Per i caratteri che hanno, possono incontrarsi e avvicinarsi solo in modo insolito. Perciò, un dialogo mentale m'è sembrata la cosa più adatta. Superficialmente sono così diverse che il rischio era quello che non si sarebbero mai avvicinati. Ma piano piano si arriva ad un'intimità più seria (devo dare libero sfogo al mio lato shounen ai XD). Un bacione

BiGi: questa versione di Irìyas (forse un po' più veritiera) mi rendo conto sia spiazzante. Ma è un personaggio complesso, deve avere i suoi tempi e spazi ^_^

Persefone Fuxia: ahah no. Non c'è assolutamente gusto, hai ragione. Io poi mi diverto a crearne un a bizzeffe XD Di Nyven si avreanno presto notizie, non temere. Per ora, mi sono concentrata su altro (e poi Sideas mi piace così tanto, che non potevo non dargli un ruolo importante, anche nella vita di Irìyas).

Aphrodite: Ciao Onee-chan, come va? Sìsì, l'intesa fra i due aumenta, del resto è naturale. Ho un debole per il lato sentimentale delle vicende, e anche qui ce ne sarà la giusta dose XD Irìyas e Nyven, poi, sono così carini insieme... Shounen ai significa un amore fra uomini, ma senza la componente esplicita sessuale. Quindi magari anche fisico, ma in cui non c'è la descrizione verbale dell'amore. Shounen ai è un po' più focalizzato sui sentimenti, lo yaoi sul fisico. Ma direi che qui in Italia la gente li usa entrambi, senza fare grossa distinzione. E quindi si dice spesso yaoi per intendere un amore omosessuale, anche se poi di descrizioni fisiche non ce ne sono ^_^ Sei dolcissima e ti ringrazio di considerarmi "maestra", non so quanto sia meritato, ma grazie davvero. *abbraccio*

silencio: ciao! Bello risentirti *hug* Per quanto riguarda la "relazione" fra Irìyas e Nyven, ho bisogno di svilupparla piano. Sono due persone così diverse, ma che si trovano sotto alcuni punti di vista, quindi devono legare in modo diverso dal consueto (mi sarei annoiata a descrivere una relazione troppo canonica. Del resto Irìyas è quel che è col carattere che ha, Nyven ancora non s'è rivelato, non potevo scrivere di un normale tormento amoroso, no?). E sì, sono davvero stupita delle 100 e più recensioni, mai avrei immaginato... *^_^* Che gioia. Ti ringrazio (come sempre) delle tue parole e ti faccio un in bocca al lupo per la tesina, maturità e tutto il resto. A presto risentirsi allora. baci ^^

Manny: ciao!! /me ti abbraccia forte. Bellissimo risentirti *_* Il nostro mago non poteva rimanere freddo e intoccabile per troppo tempo, non sarebbe stato divertente no? Alla fine, per dare spessore al suo personaggio, dovevo un po' scavare e smontare un pochino la sua "facciata", altrimenti come potevo dare sfogo alla mia vena shounen ai (che spinge per esprimersi al meglio hahaha)? Ora, questo capitolo è un po' inaspettato forse, ma necessario. E sì, devono ancora entrare in scena personaggi importanti *_* Un bacione

 

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Nuova pagina 1

Rieccoci, rieccoci qui, quando ormai il caldo arriva °_° (Dal mio nick, potrete intuire che non sono un tipo da climi assolati XD). Ma ce la faremo anche quest'anno ^_^v. Ecco il nuovo capitolo, più riflessivo dei precedenti ed introspettivo. Irìyas, ormai, deve rendersi conto che la sua facciata da "duro e puro" non può essere mantenuta integra. L'azione arriverà a brevissimo, nonchè alcuni grandi chiarimenti. (alcuni, non tutti) e poi c'è sempre la mia anima shounen ai da sfogare, ad un certo punto (sì, mica la posso fare aspettare troppo, no?) XD Un bacio, a presto ^_^/

 

 

Capitolo Diciannove

 

 

 

Come Irìyas aveva sospettato, Nyven andava a nord. Il perché gli sfuggiva.

La Bianca voleva che il ragazzo andasse dal re ma, più probabilmente, alla Bianca non  interessava affatto sapere dove fosse Nyven. Lo voleva lontano da sé quando lei sarebbe morta.

Irìyas rifletté sulle parole che aveva detto la Sacerdotessa al suo lupo. Sapeva che sarebbe morta. Non sapeva come, né quando, ma sarebbe inevitabilmente morta presto. Il mago conosceva le doti della vecchia, sapeva quindi che non si sbagliava. La donna, di conseguenza, era terrorizzata dall’idea che Nyven potesse essere lì, vicino a casa sua, quando lei non ci sarebbe stata più per proteggerla.

Nyven…

Irìyas sospirò rumorosamente. Il ragazzo era un mistero. Niente di ciò che aveva visto o di cui aveva letto assomigliava a Nyven. Probabilmente la Bianca aveva ragione, così come Mamir, così come chiunque gli dicesse che il ragazzo avrebbe portato sventura.

Lo stesso Nyven gli aveva confessato che questa sua attrazione per il fuoco lo spaventava.

Ma cosa doveva fare lui?
Si pigiò le dita sugli occhi, infastidito da questo suo essere incapace di ritrovare l’equilibrio e la pacatezza di un tempo. Che cosa doveva fare, lui?

Irìyas si rese conto di non poter far niente. In tempi normali, avrebbe potuto indagare a fondo l’animo del ragazzo, capire cosa si agitava nell’ombra e, di conseguenza, capire chi fosse quello che avrebbe dovuto essere un semplice schiavo. Ma quello non era il tempo per argute riflessioni, né era il tempo degli studi. Purtroppo, Irìyas si rese conto di essere obbligato a riportare Nyven da sé, pur sapendo che questi poteva essere una seria minaccia per se stesso e per ciò che voleva fare. Non aveva scelta. Nyven gli serviva, altrimenti non sarebbe mai andato ad Est.

E l’Est era irrinunciabile.

Sospirò di nuovo e Sideas lo trovò con la fronte aggrottata perso nei suoi pensieri, quando entrò nelle sue stanze.

“Sono stati tutti avvisati”

“Verrai anche tu?”
Sideas esitò: “Vuoi che venga?”
”Sei appena arrivato qui. Pochi giorni e già ti rimetti in marcia. Che cosa penserà il Re di questi tuoi spostamenti?”
Sideas si strinse nelle spalle: “Non è necessario che il Re venga a conoscenza di quel che faccio”

“Ma la voce giungerà anche alle sue orecchie. Ti vedranno, se vieni anche tu. E sai bene che le notizie corrono velocemente…”

Sideas rifletté per un attimo. L’avrebbero riconosciuto ovunque, i suoi capelli bianchi e la Spada sulla sua schiena tradivano la sua identità. Del resto, non era neanche pensabile non portarla con sé.

Scosse le spalle: “Anche se gli giungerà voce, non saprà il perché siamo andati a Nord. Meglio ancora, se venisse a saperlo, penserebbe semplicemente che sto compiendo il mio dovere. “

Il cavaliere ebbe l’istinto di avvicinarsi al mago. Di toccarlo per assicurarsi che fosse reale. Ma non lo fece, rimase immobile.

“Verrò con te, Irìyas. Riporteremo Nyven qui perché non sarà una Sacerdotessa senz’arte ad impedirmi di vedere la fine di Hago. Senza Nyven, il rischio di vedere la mia terra in fiamme è troppo alto…” strinse i pugni. “Non posso davvero permetterlo”

Irìyas sorrise all’amico.

 

Il piano era semplice. Irìyas e Sideas sarebbe partiti e andati a Nord seguendo la via maestra. Ci avrebbero impiegato poco più di una giornata, grazie ad Irìyas.

Mamir sarebbe andato lungo il corso dei Fiumi Spenti, dove avrebbe potuto ritrovare parte del suo branco e vedere se qualcuno dei Lapdinare aveva notizie di quello che accadeva a Nord.

Irìyas, infatti, era a conoscenza della presenza di un mercato di schiavi portato avanti in semi clandestinità sulla piazza di Adiisia, ma non riusciva a capire se davvero quella fosse la meta di chi aveva Nyven con sé.

Il mercato di Adiisia era simile a quello portato avanti al Crocevia del Sud: la merce veniva esposta e data poi al miglior acquirente. Era illegale perché nessuno aveva mai pagato le tasse alla capitale, ma era tacitamente accettato, soprattutto in quei tempi, quando il potere centrale stava perdendo la sua influenza sulle periferie.

Quello su cui Irìyas era dubbioso era il perché Nyven fosse stato effettivamente portato là. La Bianca non aveva forse dato direttive particolari? Nyven doveva essere portato dal Re. O forse gli accordi erano altri e, in fondo, l’unica cosa che importava, era allontanare il ragazzo dal territorio su cui sorgeva la Cappella.

Quello che Irìyas temeva era che la Bianca non avesse né intenzione di portare Nyven al Re, né tanto meno venderlo ad Adiisia. Più probabilmente, la Bianca sperava che Nyven  assiderasse nelle notti gelide del Nord, rimanesse freddo ed innocuo per un tempo indeterminato. Fino a quando lei non avesse rifondato la sua casa.

C’era qualcos’altro che Irìyas non capiva esattamente.

La Bianca aveva fatto un sogno. Un sogno che non era riuscito a discernere bene perché confuso nella mente della stessa Sacerdotessa. Aveva incontrato qualcuno, nel sogno, qualcuno che lei conosceva e che le aveva rivelato la sua sorte: la Bianca sarebbe morta nel gelo. Che anche lei stesse andando a Nord?

Non aveva senso. Perché allontanarsi dall’unica cosa che si vuole proteggere? Mancava poco all’arrivo di Gyonnareth e Hago, perché andarsene?

Mancava poco all’arrivo di Gyonnareth…

Irìyas sospirò, scuotendo la testa. Cercò di togliersi quell’ultima immagine di Hago degli occhi. Non l’aveva mai abbandonato. A volte cercava di accantonarla in un angolo remoto della sua mente, dato che ormai la consapevolezza che Gyonnareth e Hago sarebbero venuti per lui esulava da quell’ultimo giorno in cui il suo vecchio amico gli aveva voltato le spalle. L’evento che sarebbe accaduto di lì a poco aveva acquistato una vita propria, sembrava quasi che Hago fosse uno sconosciuto, qualcuno che semplicemente voleva imporre la propria volontà con la forza.

Ma più spesso il pensiero di Hago acquisiva la sua vera forma.

Zir interruppe i suoi pensieri: “E’ meglio che partiate”

Irìyas annuì, ma non si mosse.

Zir lo guardò, indeciso se parlare nuovamente oppure aspettare. Passarono secondi lunghissimi, non c’erano suoni nella stanza, se non il lontano rumore del lago.

“E’ inutile vero?”

“Che cosa lo è?” il coniglio arricciò il naso come quando non capiva.

“Tutta questa forza” spiegò Irìyas creando una sfera luminosa sopra il suo palmo “Potrei distruggere la capitale con un solo gesto. Eppure, oggi, tutta questa forza sembra inutile”

“Perché non lo fai?”

Irìyas sorrise, sapeva che il coniglio lo conosceva bene e sapeva già la risposta. La diede lo stesso: “Non m’interessa farlo. Non m’interessa conquistare la terra, dominare… Non ho alcun interesse per niente delle cose che tutta questa forza può darmi” Sorrise, con quei sorrisi che Zir ormai s’era disabituato a vedere. “Potrei conquistare, potrei dominare, potrei davvero fare molto cose”

“Ma la forza non ti dà tutto”

“A me non dà niente”

Zir fece qualche passo verso la stanza, poi si fermò: “Puoi andare ad Est solo grazie alla forza che hai. Nessuno, tranne te, avrebbe la possibilità di essere così ambizioso”

“Pensi che io sia ingiusto?”

Zir scosse la testa: “Penso solo che tu sia un idealista. E che rischi di pagare le conseguenza delle tue idee.”

“Avrei dovuto fare come Hago?”

“No, ma mi chiedo chi altri, oltre te, l’avrebbe fermato”

“Il mio è stato puro egoismo, coniglio” il disprezzo nelle parole di Irìyas era esclusivamente diretto verso se stesso “Ciò che è mio non può essermi portato via”

Zir sorrise, sistemandosi gli occhiali sul naso: “Per difendere la tua forza?”

“Perché se è vero che la forza che ho non è utile per ciò che voglio fare, è altrettanto vero che la userò contro chiunque cerchi di intralciare il mio cammino”

“Devi essere il primo ad andare ad Est?”

Irìyas finalmente si alzò dalla sua sedia e si diresse verso la porta, Si fermò di fronte a Zir: “Ovviamente” e sorrise, riacquistando il sorriso che aveva perduto in quei pochi istanti di sconforto.

Si allontanò, doveva andare a Nord.

 

 

Era raro vedere Irìyas così, era raro trovarlo impotente a guardare l’acqua del suo lago. L’unica che, placidamente, lo calmava.

La sensazione di completa impotenza frustrava il mago perché era stato educato al controllo. Ogni suo gesto, sin da piccolo era stato finalizzato a qualcosa. Aveva imparato sulla sua pelle che si ha ben poco controllo su quel che accade. Irìyas non aveva potuto avere il controllo su Hago, su quel che aveva fatto a Gyonnareth e sul tradimento del suo più caro amico. Non aveva avuto modo di trattenere Sideas, che aveva seguito la sua strada finendo alla corte di un re che lui stesso disprezzava. E ora persino Nyven era stato allontanato da chi riteneva che l’averlo lontano valesse il rischio di opporsi a lui.

E forse proprio per questa serie di ragioni, Irìyas aveva coltivato un sogno impossibile, tanto ambizioso da richiedere tutta la sua magia, vasta e insondata.

Era l’unica cosa che riteneva come veramente propria, e la cui riuscita dipendesse solo ed unicamente dalla sua volontà.

Era cresciuto con la convinzione che il suo sogno fosse la sua unica identità. E ora che si trovava a pochi giorni dalla resa dei conti, doveva stringere fra le dita questa sua convinzione con ancora più forza.

Poteva rimanere solo. Anzi, probabilmente quello davvero era il suo destino, ma l’Est dava un senso a tutto quello che faceva.

Quanto aveva odiato Hago per l’essersi appropriato ed aver calpestato in modo ignobile tutto quel che loro due avevano costruito!

Non era vero che la sua forza era inutile. Sapeva bene che le parole dette a Zir erano il frutto di  semplice frustrazione. Se Irìyas non fosse stato così potente, Hago sarebbe già sui Territori, alla volta di un mondo sconosciuto.

Sorrise, fra sé e sé.

 

Questi pensieri furono interrotti da un rumore metallico, proveniente da lontano. Gli parve il rumore di una catena. Da dove proveniva?

Di nuovo.

Irìyas cercò l’origine di quel suono. Chiuse gli occhi. A casa sua non c’era niente che producesse quel rumore. Cercò altrove. Cercò lontano.

 

 

Il sole era alto in cielo, ma comunque faceva davvero freddo. Le case erano coperte di neve e il terreno dei vicoli era duro e ghiacciato. All’esterno delle abitazioni si vedevano ben poche persone, sembravano tutti di fretta e tutti desiderosi di tornare all’interno delle loro case.

Nyven era legato con una catena di ferro allo steccato che recintava una taverna nella quale era entrato l’omone che l’aveva portato fin là. I suoi vestiti leggeri non  offrivano grosso riparo a quella temperatura. Il ragazzo si guardò intorno. C’erano case basse, col tetto alto e a punta. Sulla cima, dal camino di ognuno usciva del fumo. In lontananza si sentì il rintocco di una campana che, in un attimo, permeò ogni strada e vicolo.

Nyven venne percorso da un brivido di freddo: era arrivato ad Adiisia.

 

***

 

Bemporad: AHAHAH bello, direi che leggere una storia è meglio che iscriversi agli esami (non menzionerò qui le volte che non sono riuscita ad iscrivermi ad un esame... Risulterei ridicola!). Però... wow... Nicole... *me arrossisce* sei carinissimo. Guarda che poi io ci credo e mi monto la testa *_* Nicole è stupenda, pensare al paragone con Cremisi... Grazie mille, davvero *_* Sono stata tentata (e lo sono tutt'ora) di infarcire il racconto di tanti personaggi, e tanti ambienti, però già la trama è abbastanza complicata da leggere a capitoli (e non di seguito, come un racconto su carta), mi sembrava eccessivo aggiungere troppe cose oltre quelle funzionali alla storia. Il mondo che vorrei creare è un mondo a tutto tondo, con riferimenti "storici", avvenimenti precedenti e luoghi citati, ma non descritti (come se esistessero veramente). E sì, così mi permetterà di ambientarci un bel po' di storie (guardò avanti) ^_^ Eddai, il sottofondo shounen ai non sarà mica un deterrente così grande, no? O sì? Un saluto, a presto

Yukochan: hehehe sìsì, ce ne saranno altri ^_- Sono felice felice che il capitolo ti sia piaciuto, e che la sintonia fra Sideas e Irìyas si sia sentita. Sono davvero unitissimi. C'è cameratismo, c'è fiducia... Insomma, un bacino ci stava tutto *_*

silencio: Nono, per carità. Niente scenate di gelosia, niente "ripicchine". Davvero, non sono il tipo. Sono cose che già non sopporto nella vita reale, figuriamoci se le metterei in un fantasy. I rapporti fra Irìyas e Sideas sono di genere diverso, di cameratismo. Da vecchi compagni di classe che hanno diversi modi di comunicare. Ma penso che distruggerei i personaggi se li rendessi gelosi o vendicativi verso loro stessi. E Hago, beh, devo dire che in effetti, è divertente creare attesa, se ne parla ma non s'è mai visto. E' difficile resistere alla tentazione di farlo comparire troppo presto XD

Persefone Fuxia: *me abbraccio forte persefone*. E' esattamente quello che volevo trasmettere. Un'idea di rapporto proprio diverso. Anche se devo ammettere, mi sono proprio divertita a farli baciare. Dovevo un po' sciogliere questa tensione quasi fisica che si era creata fra i due. Sono distanti e vicinissimi allo stesso tempo ^_^ (L'Est, ah, Irìyas è davvero ossessionato *_*)

Aphrodite: Ciao oneechan *_* Grazie per le tante parole gentilissime che mi scrivi sempre *_* Sìsì, ora si deve andare a prendere il povero Nyven che là al freddo e al gelo sicuramente non se la passerà bene. Anche perchè, lo sappiamo, ci nasconde qualcosa (che io so, ma non posso rivelare hohoh). E Mamir - anche lui dovrà avere la sua parte ^^ Un bacione

Manny_chan: sìììì! Che emozione, sono sempre troppo felice quando si capiscono i riferimenti ai capitoli precedenti. Sìsì, il vecchio (perchè di vecchio si tratta, in fondo ) è quello arso vivo. Non dirò le modalità, ma il puzzle piano piano si completa (sei stata bravissima *_*). Il Vespro per ora, rimane in piedi (per quale che c'è), ma solo perchè Irìyas deve andare a recuperare il fanciullo fra le nevi (o cielo, sembra il titolo per un'altra fanfiction HAHAHA). Un bacio.

BiGi: Era inevitabile. Del resto, non me ne volere, è un piccolo sfogo, non ho fatto gravi danni, no?

Francesca Akira 89: Mi spiace che sia tutto poco chiaro, ma purtroppo è l'enorme limite di leggere una storia a capitoli ;_; Se ti può consolare (o forse peggioro la situazione), Irìyas ritrova Nyven a breve. Pochi capitoli. E che, nel giro di pochi capitoli, penso che le cose si facciano più chiare. E' una storia ad "incastro", tutto succede pian piano, ma tutto succede con un preciso scopo. Il re, hai ragione tu, è un personaggio ignobile ._. Un bacione

 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Nuova pagina 1

Festa!! Siamo arrivati al capitolo 20! Voglio stelle filanti , coriandoli (birra) e tanti pasticcini  e sì, ancora birraaaaa!! Il primo giro lo offro io!. Sono proprio felice, il capitolo 20 in effetti è un bel traguardo... Non credete? Cremisi prosegue, il Regno ha molti misteri ancora da svelare. XD

 

 

 

Capitolo Venti

 

 

Nyven si ritrovò accovacciato sulla neve, non sapendo che cosa fare. Il sole era stranamente caldo, alto in cielo, ma la catena che lo teneva legato era gelida, così come la neve sui suoi piedi.

L’uomo che l’aveva portato lì non accennava a tornare, il ragazzo cercò di strattonare la catena per vedere se la staccionata alla quale era legato avrebbe retto. La staccionata non si mosse.

Sospirò.

Irìyas sarebbe arrivato a prenderlo, ma quando?

Di nuovo, provò a fare cedere la catena, che era troppo ben fissata perché si staccasse con un semplice strattone.

Nyven si guardò intorno. Di Adiisia aveva solo sentito parlare, a Droà la si descriveva quasi fosse un miraggio di ghiaccio e cristallo. In realtà agli occhi del neo-arrivato la città appariva viva e chiassosa. La gente non era riversa nelle strade come nelle sue terre, ma ugualmente, le voci le riempivano, strabordanti dalle taverne che affollavano ogni via.

Le casette avevano i tetti a punta, alti  e aguzzi. All’estremità superiore c’era della neve su ognuno, ma i lati erano così ripidi che neanche la neve più tenace sembrava riuscire ad aggrapparsi. In lontananza Nyven sentì delle campane suonare, ma non riuscì a vedere da dove provenisse il suono.

Sulla strada, poco lontano da dov’era stato legato, passò un uomo. Nyven lo fissò, per un istante. L’uomo parve non accorgersi neanche di lui. Nyven non riuscì a non guardare i suoi occhi azzurri, così chiari da apparire quasi bianchi. Aveva già visto occhi così, al Crocevia prima di essere acquistato da Irìyas, ma poi non ci aveva più pensato. Ora, quando sembravano essere passati anni da quel giorno, si ritrovò con lo stesso pensiero in mente: che quegli occhi così chiari permettessero ai loro padroni di vedere il mondo diverso da come lo vedeva lui?

L’uomo si allontanò dalla sua vista e i suoi occhi azzurri scomparvero con lui.

Fu in quel momento che, per un istante, la vista del ragazzo si offuscò e l’immagine di una città indaffarata di dissolse, in un’ombra.

Il ragazzo fu percorso da un brivido e, quasi scosso da un torpore durato tropo tempo, vide la situazione per quella che era.

Era stato uno sciocco. Sciocco e certamente stupido.

Si vide lì, seduto all’estremo nord del regno, incatenato ed incapace di portarsi in salvo da sé.

Nyven vide per un attimo solo il fuoco.

Esistevano uomini con gli occhi azzurri, così come esistevano città costruite sul ghiaccio. Esisteva un mondo che non conosceva, ma che sentì come suo.

Si sentì d’improvviso incredibilmente forte ed ansioso di liberarsi da quelle catene che lo tenevano stretto per allontanarsi velocemente oppure anche per restare: per fare ciò che voleva.

Nyven si sentì slegato da tutto ciò che era stato per vedersi, per un istante, con occhi nuovi.

La sua pelle bruciò, come mai prima d’ora, e la neve ai suoi piedi si sciolse immediatamente, riscaldando la terra. Il cerchio in ferro che gli legava il collo perse la sua forma, colando sui cingoli che divennero molli, sotto il calore.

Fu un istante, perché poi Nyven perse questa nuova visione d’insieme e si perse dietro all’unico pensiero che davvero sembrava confortarlo: Irìyas.

Sorrise. Forse chissà, forse davvero, sarebbe venuto a prenderlo.

 

“Guarda che se rimani lì, muori assiderato, guarda”

Nyven si girò di scatto. Non vide subito chi gli aveva parlato, poi sentì la sua catena tirare.

“Devi aver fatto qualcosa di grave, devi. Chi ti ha legato così, chi?”

Nyven guardò l’omino che aveva di fronte a sé. Era piccolo, alto poco oltre la sua vita, con le faccia coperta di barba e gli occhi celesti, come quelli dell’uomo appena passato.

“Chi sei?”

“Lè”

“Che cosa?” Nyven era confuso.

“Il mio nome è Lè, il. Tu come ti chiami tu?”

“Nyven”

L’essere si mise a ridere” Nyven, lo sciocco Nyven” E così dicendo, fece per andarsene

“Ehi, dove vai?”

“A lavorare, a. Perché, tu non lavori perché?”

Nyven aggrottò la fronte: “Ma perché parli così?”

“Come parlo come?”

“Perché ripeti la parola all’inizio e alla fine?”

“Io non ripeto niente, io” poi Lè scosse le mani spazientito.

“Perdo tempo, perdo. Con uno stupido, con. Legato ad una catena, legato. Ora che arriva la notte, ora, morirai di freddo morirai.”

“Liberami”

“Liberati da solo, liberati!” Lè era già distante.

“Aspetta!” Nyven gridò.

Lè s girò a guardarlo.

“Cosa vuoi cosa?”

“Aiutami”

Lè scosse la testa: ”No” disse “devo andare a lavorare, devo”

Lè si girò definitivamente e se ne andò, lasciando Nyven, nuovamente solo.

D’istinto, Nyven si alzò per seguirlo, ma la catena al collo gli impedì di fare più di un passo. Si ritrovò per terra.

La taverna dove molto probabilmente il suo carceriere si trovava era a poca distanza da lì, il carro su cui avevano viaggiato anche. Eppure, sia l’una che l’altro erano irraggiungibili.

Una figura slanciata gli si avvicinò, guardandolo. Poi con un salto si sedette sulla staccionata di fianco a Nyven; il ragazzo guardò il nuovo arrivato, confuso.

Quella città era piena di personaggi che lui non riusciva a capire.

L’uomo seduto sulla staccionata sembrava giovane, forse della sua stessa età. Aveva i capelli color blu intenso, lasci come seta. Gli ricadevano sulla fronte e sugli occhi, tanto che Nyven intravedeva a malapena questi ultimi, fra le ciocche del ragazzo. Portava un cappotto di pelliccia all’apparenza molto caldo, lungo fino ai piedi. Le mani erano nascoste nelle tasche, così come i piedi erano celati al di sotto del cappotto.

Lo scrutava silenziosamente, Nyven non osò parlare.

“Liberati” gli disse il ragazzo, d’un tratto.

Nyven lo fissò, socchiudendo gli occhi, poi rispose spazientito: “Se fossi in grado di farlo, l’avrei già fatto” rispose in tono quasi petulante.

L’altro continuò a fissarlo, senza dire niente per qualche minuto.

“Cos’hai da fissarmi?” Nyven fu costretto a rompere il silenzio, sotto lo sguardo intenso del nuovo arrivato: “Siete tutti così in questa città? Venite qui per dirmi che mi devo liberare altrimenti quando calerà il sole gelerò?” Nyven scrollò le spalle “Lo so benissimo da me”

“Eppure non mi posso essere sbagliato”

Nyven aggrottò la fronte: “Riguardo a che cosa?”

“Poco fa, sono sicuro di aver percepito del fuoco provenire da qui…” poi allungò la mano, indicando il cerchio in ferro intorno al collo di Nyven: “E quella catena è quasi fusa”

“Non dire scioc…” ma Nyven fu costretto ad interrompersi: la catena che lo teneva prigioniero pareva essersi sciolta e ora risolidificata.

“Ma cosa...?”

“E poi io non sono come un Koob” alla faccia nuovamente confusa di Nyven, l’altro si spiegò meglio “Koob. Sono gli uomini pelosi di Adiisia.. Lè, quello che ti ha appena preso in giro, è uno di loro. La loro specie resiste alle sere di questa città” poi aggiunse, fra sé e sé “con tutto quel pelo che si fanno crescere addosso, resisterei anch’io!”

L’accento del nuovo arrivato non era di quella zona, però. Nyven non riuscì a capire da dove venisse il ragazzo, ma l’intonazione e la sua cadenza sembravano quelle di uno straniero

“Tu non sei di qui, vero?”

“Io vengo da molto lontano” sorrise lui “Come penso anche tu”

“Io sono di Droà”

L’altro annuì, pensieroso. Poi d’improvviso si mosse. Nyven non distinse bene i suoi movimenti, né capì immediatamente quello che il ragazzo faceva. Ma si ritrovò libero, con le catene spezzate ai suoi piedi. Vide solo il ragazzo riporre la sua spada nel fodero.

“Dove vivo io, non esistono schiavi. Ogni uomo nasce libero” disse ritornando ad essere tutto coperto dal suo cappotto. “E nemmeno tu sei nato per essere schiavo”
Nyven lo guardò. Ebbe la netta sensazione che quell’uomo di fronte a lui intendesse altro, oltre a quello che aveva appena detto

“Nemmeno io” rispose, sussurrando.

“Soprattutto tu” ma non disse più niente e gli girò le spalle, per andarsene via.

“Se sarà destino ci incontreremo di nuovo. Per ora le nostre strade s’incrociano e si dividono qui”

“Chi sei?”

“Uno straniero” rispose l’il ragazzo dai capelli blu “Ma non occuparti di questo. Trova Lè, trova un Koob che ti dia riparo e ti nasconda. Non andare a cercare alloggio in una taverna. Il tuo padrone, appena vedrà le catene spezzate, sarà in una taverna che verrà a cercarti. Non rendergli la vita semplice. Non tornare in catene, perché la prossima volta non sarai così fortunato da trovare qualcuno che potrà spezzartele”

Lo straniero se ne andò, guardando per un’ultima volta in direzione di Nyven. Il ragazzo ebbe la netta sensazione che gli occhi dell’uomo brillassero.

 

Non volle farsi troppe domande. Tuttavia, inevitabilmente, non riuscì spegnere i suoi pensieri: chi era quell’uomo dai capelli blu? Perché l’aveva liberato e perché le sue catene parevano sciolte?

Erano domande a cui non aveva un risposta. Lì, fra la nevi del nord, probabilmente non ne avrebbe trovata una. Non badò a se stesso, né alle sue mani, altrimenti avrebbe notato che le sue unghie erano più lunge e le sue mani più nervose. Avrebbe faticato a riconoscerle. E avrebbe notato che i suoi capelli erano rosso acceso. Fuoco senza più alcuna traccia del nero che dava tanta tranquillità a chi lo vedeva.

Si mosse velocemente da lì, temendo che il suo carceriere tornasse fuori a prenderlo. Seguì la strada che aveva preso Lè, nella speranza di ritrovare lui oppure un altro rifugio per la notte. Il sole era alto in cielo, ma probabilmente era pomeriggio: non gli rimaneva che qualche ora per trovarsi un riparo.

 

Correva anche Mamir, lontano da Adiisia, in territori che lui conosceva così bene da poterli attraversare non badando a niente. I Fiumi Spenti solcavano il terreno. Il letto del fiume più grande, ormai senz’acqua, s’incuneava fra le montagne alte e maestose che, con la loro mole, nascondevano i ruscelli e i rivoli d’acqua figli di quelli che un tempo erano i fiumi più grandi del Regno.

La terra sotto le sue zampe era morbida e i suoi artigli facevano bene presa sul terreno: nessun occhio umano avrebbe mai potuto vederlo. Arrivò ad una rocca sopraelevata. Sotto la macchia era fitta e il letto del fiume era nascosto dai rami. Per un attimo lasciò che quell’aria intrisa d’acqua gli bagnasse il pelo. Si fermò per il soffio del vento e per quella folata, così caratteristica del suo luogo d’origine: gli era mancata.

Sì, pensò, forse la Bianca aveva ragione. Lui avrebbe fatto qualunque cosa per impedire a qualcuno di portargli via quella rocca, quel vento e quei Fiumi sotto le sue zampe.

Saltò giù. Aveva passato troppo tempo con gli umani: si lasciava frenare da inutili riflessioni quando doveva solo correre e raggiungere il suo branco.

Un Lapdinare grigio gli si parò di fronte, Mamir interruppe così la sua corsa.

“Mamir, proprio non ci si aspettava di vedere te qui”

“Chiobe” Mamir salutò il lupo più anziano “E’ per un motivo importante che sono tornato”

“Non lo metto in dubbio”  gli sorrise il suo capobranco.

Camminarono per un po’, in silenzio, fianco a fianco.

“Non vuoi dirmi di che si tratta? Perché sei lontano da Irìyas?”

“Saprai bene che Gyonnareth sta arrivando”

L’anziano annuì e aggiunse: “E’ la fine della Seconda Età”

“Il drago arriverà, cavalcato da Hago. Un vecchio amico di Irìyas, un guerriero, è arrivato nel suo palazzo con la notizia che il Re sa che Hago ha soggiogato un drago”

Chiobe scosse il muso: “Ancora non riesco a capire come Gyonnareth si sia lasciato mettere in catene”

“Irìyas sostiene che siano state le arti di Hago ad aver ingannato il drago”

Il Lapidare grigio dondolò la testa, consapevolmente: “Dev’essere un uomo da cui guardarsi. Ma il Re” riprese poi il discorso “Il Re non è certo in grado di fare nulla di tutto questo. Il Re degli uomini è uno stupido”

Mamir digrignò i denti: “Non so perché, ma Irìyas ha grande fiducia in questo cavaliere. E’ forte ed estremamente potente: ha fiducia in quel che dice”

“Ed Irìyas non è uno che sbaglia” Il vecchio prese una strada ripida che percorreva i margini della montagna.

Il vento continuava ad inumidire il pelo dei due Lapdinare.

“Lo schiavo che Irìyas ha comprato al Crocevia del Sud è stato portato ad Adiisia. E’ per questo che sono qui”

Chiobe si fermò e dall’oscurità, uscirono altri lupi. I loro occhi erano rossi, come quelli d Mamir, le loro zampe forti ed imponenti.

“Bentornato Mamir” disse una lupa dal pelo bianco.

Il vento carico d’acqua s’intrufolò nei cunicoli scavati dai fiumi e fischiò, con un lungo e cupo lamento. Chiobe ululò a quel suono e così fecero gli altri lupi. 

 

***

 

L'azione vera e propria arriverà nel capitolo 21, se per caso qualcuno se lo stesse chiedendo ^_^

***

Persefone_fuxia: in realtà anche questo capitolo è parzialmente introduttivo. Introduttivo di un'altra parte del mondo, se non altro. Però, almeno, Nyven è finalmente slegato. Prometto (perchè è già scritto, parlo con cognizione di causa) che nel prossimo capitolo ci sarà azione. Per il ricongiungimento, bisogna aspettare ancora un pochino (non troppo, però ;D). Un bacione, grazie mille per le tue recensioni
 
Silencio: hago si fa attendere, lo so. Ma fa parte del personaggio. Dev'essere ben dosato. Mi diverte molto centellinarlo, devo essere sincera. E poi, così come Irìyas, dev'essere ben caratterizzato, non è certo un personaggio da poco. Perciò, anche la caratterizzazione con occhi di altri (di Irìyas soprattutto, ma anche di Sideas), è importante. Alla fine, tutti i personaggi sono molto "chiaroscurali". Io vorrei (seppur nel contesto fantasy) scrivere qualcosa di tridimensionale e stimolante, perciò sapere che in qualche modo ci stia riuscendo, mi dà veramente una grossa spinta ^_^ Last but not least, ci tengo a sapere la tua opinione sull'azione che ci sarà a breve. Così vediamo se riesco ben ad amalgamarla con tutto il resto ^_^//
 
Bigi: Il nostro Irìyas è pieno di insicurezze. Solo che all'inizio, il punto di vista soggettivo del nostro nYven, non le lasciava trasparire per niente ^_^
 
Manny_chan: Io adoro le tue impressioni, perchè sono sempre giuste, quindi mi fanno sentire sulla buona strada (/me tronfia ehehehe). Il capitolo 19, e questo sono utili per un cambiamento. Mi lascio sempre tentare dai cambiamenti di estetica 8sia climatica che di ambientazione) accompagnata dai cambiamenti caratteriali *_* E poi, sarò sincera, mi diverte troppo lasciare Nyven in balia del freddo e del gelo (più freddo avrà, più si riscalderà quando arriva il tempo XDD). Baci
 
Aphrodite: Irìyas è un insoddisfatto di base, hai proprio ragione! Non ha ancora trovato qualcosa che lo stimoli e lo diverta per un lungo periodo di tempo. Sembra sempre alla ricerca di qualcosa. Il punto è vedere se lo troverà ehehehe E vedere il "confronto" fra i tre amici. Grazie mille per le tue recensioni, ti mando un bacione grande
 
EmoAlex:Ciao! Benvenuto! Evviva, un nuovo lettore!. Sono sempre troppo felice quando leggo nuove recensioni. Contenta di sapere che Cremisi ti abbia preso così tanto da leggere 19 capitoli tutti di file °_° Ci avrai messo un bel po' di tempo ^_^' Spero di risentirti. Ciao ^_^/

Bemporad: Urca, cambiare idea sull yaoi? No, beh, non credo ^_^'' Dici? L'importante è che tu abbia sospirato e che non abbia invece detto "urgh", e abbia chiuso la pagina schifato. Vuol dire che l'amalgama è venuto bene e che il bacio non è risultato melenso, ma giusto per il contesto, no? Suvvia, il bacino ci stava proprio (non ho saputo farne a meno, che ci voi farci?).

 

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Capitolo Ventuno

Un bacio a chi è arrivato fin qui, un bacio e una birra (o un bicchiere di vino?) a chi recensisce. ^_^

 

 

Capitolo Ventuno

 

 

 

Nyven non aveva alcuna idea di dove andare. Lè era scomparso, lo straniero era scomparso e lui non conosceva Adiisia per niente. Avrebbe cercato rifugio in una taverna, ma sapeva che lo straniero aveva ragione: il suo carceriere l’avrebbe sicuramente cercato lì. E poi non aveva merce di scambio, non aveva soldi con sé, non aveva nulla.

Fu percorso da un brivido di freddo. Guardò il cielo azzurro,  vide il sole a metà dell’orizzonte. Presto sarebbe calata la notte e lui non poteva rimanere lì a far nulla aspettandola.

Cercò di ragionare e pensare il più velocemente possibile. Tuttavia non ne ebbe il tempo,

sentì una voce gridare dietro di lui. Si girò di scatto: avevano scoperto che era scappato. Il suo carceriere brandiva un bastone, con una mano, e con l’altra aveva una catena con cui probabilmente lo voleva legare nuovamente. C’erano altri tre uomini con lui, che appena lo videro cominciarono a corrergli incontro. Nyven non ebbe tempo di pensare a chi fossero, a cosa fare o a dove nascondersi. Iniziò a correre lui stesso.

Non voleva tornare ad avere, nuovamente, un cerchio al collo. Non voleva essere picchiato, costretto con la forza. Non voleva più essere in balia degli eventi.

Non voleva assolutamente essere in balia di nessuno.

E allora correva veloce, Nyven, sapendo che i suoi inseguitori gli erano dietro. La catena che lo straniero aveva spezzato lo ingombrava e gli rendeva difficile muoversi come voleva, il metallo intorno alle caviglie gli faceva male. Ciononostante, Nyven correva. Si girò per vedere  quanto i suoi inseguitori gli fossero vicino.

L’omone che brandiva il bastone e due suoi compagni erano ancora dietro di lui, con il respiro affannato, ma decisi a non lasciarlo scappare. Nyven non vide il quarto uomo.

“Fermati!” gli inveì contro uno di loro “Non puoi andare da nessuna parte!”
”Sei mio, appena ti prendo…”

“Fermati!”

Ma Nyven non aveva certo intenzione di farlo.

Prese una stradina stretta, che sperò non essere a fondo cieco. Scavalcò un piccolo muretto e si ritrovò in un prato, con qualche accumulo di neve qua e là e una casetta nel centro. Fu tentato di correre alla porta e chiedere aiuto, ma subito ci ripensò: cosa avrebbe potuto dire? Che era uno schiavo, ma che questa situazione non gli andava più bene? Corse nella direzione opposta, ma qualcosa intralciò il suo incedere.

Cadde per terra.

“Ti abbiamo fermato!” gridò il quarto uomo che gli si presentò di fronte “Dove pensavi di andare, moccioso?”

Il cuore di Nyven perse un battito. Arrivarono anche gli altri tre che lo accerchiarono. Che cosa fare?
”Bene, ora da bravo…:” gli disse il suo carceriere “Vieni qui senza fare troppo i capricci”

“Che cosa vuoi da me?” La sua voce - per l’ira di Orm! – tremava come quella di un bambino. “Dovevi portarmi dal Re”

“O…” rise “quello che devo o non devo fare non è affar tuo, moccioso”

Si avvicinò a lui, camminando minaccioso; Nyven si sentì davvero in trappola. Gli altri compari ridevano.

Indietreggiò. La neve calpestata gli scricchiolò sotto i piedi. Ebbe allora un’idea, si piegò velocemente e prese una manciata di neve in mano. Non la lanciò contro il suo carceriere, non gli avrebbe fatto nulla, ma contro uno dei tre uomini che lo avevano accerchiato. Nyven sperò che così facendo, l’uomo avrebbe impiegato un attimo per togliersi la neve dagli occhi e quello avrebbe costituito l’unico varco da cui Nyven poteva scappare.

E lui possedeva solo le sue gambe: doveva correre via. Fu rapido, prese la neve e la lanciò contro l’uomo alla sua destra: lo centrò in pieno viso. Lui, stupito, non si riparò e Nyven vide in quell’incertezza l’unica via di fuga.

Corse via. Gli uomini urlarono, sentì una mano sfiorargli la manica della maglia che indossava, ma evidentemente non riuscì ad afferrarlo, perché Nyven scappò via.

“Maledetto schiavo” gli gridò l’uomo che comunque non demorse.

Il cuore di Nyven batteva velocissimo, non sentiva stanchezza, non sentiva dolore. Se si fosse fermato sarebbe morto. Si guardò a destra e poi a sinistra: la strada che stava percorrendo lo portava dritto in un bosco. Il giardino, la casetta e il centro di Adiisia erano ormai alle sue spalle. Si pentì di non aver bussato alla porta di quella casa che, forse, si sarebbe aperta per lui, ma ora non poteva tornare indietro.

Riuscì ad entrare nel bosco, sperò che almeno lì potesse nascondersi. Ma si sbagliò di nuovo: non era un bosco quello in cui era entrato. Il terreno sotto di lui sembrò scomparire, Nyven si accorse di aver perso l’equilibrio e di cadere in un dirupo. Si aggrappò alla prima cosa che si trovò fra le mani e sbatté con tutto il corpo contro la parete. Aveva le gambe a penzoloni nel vuoto e il suo braccio iniziò a sanguinare, ma il dolore tardò ad arrivare: la paura era troppo intensa per provare qualcosa. Appoggiò i piedi su una roccia e, appena riacquistato l’equilibrio, si ritrovò addosso uno dei suoi inseguitori che come lui non s’era accorto del dirupo. Era caduto e ora si aggrappava a lui tentando di risalire.

“Lasciami andare”

Ma l’altro non rispose, l’unico appiglio fra lui e il vuoto era Nyven: ci si aggrappò con quanta più forza aveva.

Nyven cercò di strattonarlo via, staccandogli una mano, ma rischiò a sua volta di perdere l’equilibrio.

“Lasciami!” gli disse inutilmente.

“Ragazzetto fastidioso…” Nel cercare di risalire, però, Nyven avvertì l’uomo staccarsi momentaneamente da lui, e lo strattonò via. Lontano.

E l’uomo si staccò, perse la presa e, inevitabilmente, cadde nello strapiombo. Nyven riuscì a guardarlo un attimo negli occhi. Vi trovò sorpresa e incredulità, non ci fu tempo perché vi potesse vedere paura. Gli occhi di quell’uomo che aveva perso la presa gli parvero enormi e secchi, come se fosse già morto.

Guardò in basso, vide il corpo dell’altro colpire la roccia e poi scomparire oltre la foschia che c’era a valle. L’uomo gridò, ma lui non sentì niente.

Quegli occhi gli diedero una sensazione di estrema potenza. Non sentì il vento scorrergli addosso, non ebbe più paura del dirupo ai suoi piedi; le sue mani lo tenevano saldo alla roccia e, con una lieve mossa, riuscì ad arrampicarsi e a tornare in cima alla scarpata.

La paura e lo sgomento di quegli occhi gli fecero ricordare qualcosa di dimenticato e sopito: gli fecero ricordare che lui non era mai stato preda, ma solo predatore.

I suoi capelli cremisi, la sua pelle scura e le sue mani emanavano così tanto calore che, nuovamente, la neve lì vicino, si sciolse immediatamente ed evaporò velocemente, quasi a scappare anche lei da quella persona che calpestava il suolo. I tre compari dell’uomo appena caduto impietrirono di fronte a quella creatura che non era più lo stesso ragazzo che avevano inseguito. I loro volti cerei guardarono verso il viso di Nyven che però, semplicemente, sorrise, pervaso dalla sua forza ritrovata.

Senza aspettare oltre afferrò uno dei tre e lo scaraventò giù dal dirupo. Lui che aveva osato intralciargli il cammino, che lo aveva deriso, che lo aveva chiamato ragazzino! Lui ormai era solo un ricordo.

“Chi sei in realtà?” gli chiese il suo carceriere con una voce tremante “Chi sei?”

Ma non ottenne risposta. Fu lui questa volta ad indietreggiare.

Alzò le mani, come per placarlo: “Non avvicinarti… Ora me ne vado…” gli tremò la voce “Ora me ne vado e ti lasciamo in pace” si girò verso il compagno: “Fa’ qualcosa!” ma il compagno aveva già iniziato a correre.

“Sta’ calmo” la sua voce aveva una nota isterica. Poi si voltò ed iniziò a scappare a sua volta.

Nyven li guardò allontanarsi, inoltrandosi nel bosco che s’allungava intorno al dirupo, verso nord. Aveva una strana consapevolezza di dove si trovasse e di tutto quello che gli stava intorno. Sorrise, con un ghigno che gli scoprì i denti: nessuno di quei due sarebbe tornato a casa, quella sera.

Corse anche lui.

Era molto più veloce, molto più forte e molto più consapevole di ciò che lo circondava. Gli alberi, l’erba e i respiri dei due uomini sembravano parlargli all’orecchio e sussurrargli che quelle due prede, sarebbero state sue.

Afferrò la prima che gridò di dolore, gli affondò le dita nella spalla con una semplicità tale che ci provò gusto.

“Lasciamo…” guaì, ma Nyven non lo lasciò “Abbi pietà”

Perché mi chiedi pietà, quando non me l’hai concessa tu per primo?” la voce di Nyven risuonò così melodiosa che l’uomo sanguinante ebbe, per un istante, la speranza che la persona di fronte a lui non volesse la sua vita. Ma non capì una parola di quel che Nyven gli aveva detto, perciò non rispose.

Dimmi, perché mi inseguivi

Di nuovo silenzio.

“Io…Io…non ti capisco”

Nyven strinse la presa: le sue mani erano nervose e forti come non lo erano mai state prima. L’uomo su ustionò e gridò dal dolore.

Perdo tempo

L’uomo prese fuoco, di colpo s’incendiò quasi fosse un arbusto secco.

E Nyven riprese la sua caccia.

L’omone che l’aveva portato fino ad Adiisia aveva il respiro pesante, si sarebbe potuto udire ovunque.

Nyven lo trovò subito.

Il suo carceriere tremò: “Che cosa vuoi da me?”

Perché mi hai portato qui?”

L’uomo non capì, come unica risposta, tremò.

Nyven sorrise, intuendo il vero motivo per cui tutti parevano non capirlo.

“Perché mi hai portato qui?” ripeté con un accento che non gli era consueto.

“Ho eseguito degli ordini”

“Per cui sei stato lautamente pagato…”

L’omone indietreggiò, ma non osò ricominciare a correre. Il suo viso, ricoperto di peluria, era madido di sudore e i peli della barba tremavano lievemente, quasi anche loro fossero impauriti.

“Dovevo semplicemente portarti lontano.  Nei Territori, oppure dal Re, non era importante”

“E’ stata una sciocca…”

“Chiunque tu sia” disse l’uomo puntando il dito verso Nyven “Chiunque tu sia non la passerai liscia!”
Il ragazzo aggrottò la fronte: “E’ una minaccia?”

“E’ la Sacerdotessa del Vespro che m’ha dato gli ordini”

Nyven rise, i suoi denti, troppo aguzzi per un uomo, brillarono al sole.

“Quella vecchia non può niente, ormai è troppo stanca anche solo per le sue gambe”

“Lasciami andare” fece un ultimo tentativo l’uomo, ma Nyven rispose semplicemente “No”

Gli aprì la gola con le mani. Il suo carceriere non riuscì neanche ad emettere un gemito, tanta fu la violenza di Nyven. E prese fuoco, anche lui come il suo compagno iniziò ad ardere con lingue di fuoco alte ed intense.

Le mani di Nyven erano intrise del sangue della sua vittima.

Ebbe la consapevolezza, lì più che mai, di essere nato predatore.

 

Il bosco ritornò silenzioso, nessun animale si mosse, né fece rumore. Quello che era appena accaduto aveva portato via la voce agli alberi.

Nyven sentì un grande sonno, un senso di profonda instabilità e di vertigine.

Si sentì cadere a terra. Fece per rialzarsi, arrancando sulle gambe, ma di nuovo cadde.

Pensò alla donna che l’aveva voluto lì, alla responsabile del suo rapimento e seppe, in quel momento, che si sarebbe vendicato. Di lei, così come di un’altra persona presente nel suo passato.

Non c’era più neve per terra, era completamente evaporata. Nyven non riuscendo più a reggersi in piedi, si accucciò ai piedi di un albero. Solo un po’ di riposo, poi avrebbe di nuovo cercato un rifugio. I suoi pensieri erano foschi, il dolore alle braccia che ancora sanguinavano iniziò a farsi sentire.

Ma perché le sue braccia sanguinavano?
Prima di addormentarsi gli venne in mente il mago. Si chiese se, davvero, stava venendo fino ad Adiisia per lui. Sorrise a quel pensiero, perché sapeva che la risposta era sì: Irìyas veniva a prenderlo.

Si sentì felice a quel pensiero, felice al ricordo del suo viso e di quegli occhi quasi innaturali tanto erano verdi.

Avrebbe davvero voluto rivederlo, sentirlo parlare e trascorrere del tempo con lui.

Gli avrebbe chiesto di sollevargli dall’anima quel peso enorme che lì sotto un albero di Adiisia sentiva: chi era?

Irìyas forse lo sapeva, o forse no.

Ma Nyven era certo che solo Irìyas avrebbe potuto accettarlo in ogni sua sfaccettatura.

S’addormentò definitivamente, dimentico che la notte di Adiisia non è clemente con nessuno.

 

 

Irìyas e Sideas arrivarono col sole basso all’orizzonte. I suoi raggi parevano argentei, tanto l’aria si stava facendo fredda. Non c’era traccia di quel sole caldo che colorava d’arancione i laghi vicino la casa del mago. Il sole, là a nord, pareva azzurro e freddo.

C’erano poche persone nelle strade del centro, qualche Koob trasportava, affannato, il proprio carretto pieno di legna appena tagliata. Una campana suonò due volte e il suo rumore, pesante ed intenso, coprì qualunque suono: annunciava il coprifuoco.

Il sole sarebbe calato di lì a due ore.

Irìyas guardò in direzione della campana che però non poté vedere perché la vista gli era ostruita da un palazzo. Al di là di questo, sulla cime dei colli di Adiisia, a dominio della città, si ergeva il Tempio d’Avorio, dimora terrena della Dea del Nord. L’avrebbe visitato un’altra volta, ora doveva concentrarsi sulla presenza di Nyven.

Più si era avvicinato alla città, più l’aveva percepita. Fino ad un certo punto, quando era scomparsa. Lì ad Adiisia, in quel momento, non c’era alcuna traccia di Nyven.

 

***

 

Persefone Fuxia: Nyven è molto vitale ultimamente XD Fosse per lui, mi sa, brucerebbe tutto... Nuovi personaggi, nuovi intrecci. In effetti, la faccenda è complicata XD ma farò un po' di chiarezza nel prossimo capitolo. Un bacione

kymyt: che bello risentirti! Felice che i capitoli ti stiano piacendo, spero che riuscirai a metterti in pari presto così mi farai sapere che ne pensi ^^

silencio: spero di ottenere le birre, con questo capitolo. Ti è piaciuto? Nyven non è sveglissimo XD Diciamo che prende coscienza di sè a spizzichi e bocconi, anche se in questo capitolo fa passi da gigante XD Per quanto riguarda le descrizioni, a volte ne faccio di lunghissime, a volte mi limito all'essenziale. Lascio che sia, perciò dipende da ciò su cui voglio mettere l'accento. Bacione

Yukochan: Ciao! Ecco, in questo capitolo un po' di casino è successo, non trovi? Ci voleva un po' d'azione, altrimenti rischiavo di arenarmi in troppe elucubrazioni mentali. Il dialetto di Lè è difficile da trascrivere, ma mi diverte molto. Le lingue, per la caratterizzazione dei popoli, sono molto importanti. Mi piace dare ad ognuno la propria ^_^  E poi, Lè mi fa ridere solo per come parla. E' un personaggio molto concreto, ma il suo dialetto lo rende ironico pur non volendo. Baci Baci p.s. *me apre una bottiglia di rhum e inizia a preparare il chupito!

Manny_chan: ciao! il ragazzo dai capelli blu ovviamente torna. Io che ho una certa fissa peri capelli (nel caso non si fosse capito XD) non potrei lasciare passare in sordina uno con fluenti capelli blu, no? XD

Aphrodite: ciao onee-chan! Quanti capitolo? Ehm...non lo so. Nel senso che ho ben in testa la storia, cosa succede e quando succede. Quanto spazio questo impiegherà, lo so molto meno. Non riesco proprio a fare previsioni. Il rapimento di Adiisia, per esempio, ha impiegato qualche capitolo in più del previsto...Baci baci

EmoAlex: Il ragazzo dai capelli blu... beh, in un racconto dominato dal rosso, un pochino di blu ci voleva (sono fissata coi colori). Nyven però, ora, è più cremisi che mai XD Un beso

BloodyTwinlight: ciao e benvenuta ^_^/ *me offre birra gelata*. Felicissima che Cremisi ti piaccia e che sia riuscita ad amalgamare bene yaoi con fantasy. Del resto, ci sono poche storie che uniscono i due generi (a meno di non fare una storia romantica a sfondo fantasy, ma è un altro discorso). Devo dire, però, che la mia vena shounen ai, a volte, è un po' sofferente perchè vorrebbe sfogarsi meglio (ma le darò spazio XD). Per quanto riguarda Favola Metropolitana, sì, è mia. Felice che ti piaccia anche quella. Avendo come protagonista un prete, non sono sicura sia ben accetta su EFP, perciò non l'ho ancora pubblicata :/ Baci

BiGi: La descrizione dei Fiumi Spenti m'è venuta in mente un giorno quando stavo andando verso la Valtellina, il paesaggio è esattamente come l'ho visto là ^_^ Byes

 

 

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Nuova pagina 1

Ciao a tutti! Dopo un bel po' di pausa, rieccomi qui con un nuovo capitolo! La pausa è stata dovuta alle vacanze, non me ne vogliate, suvvia XD Ero in altri lidi, in altre terre, lontano dal mondo e da internet (oltre che lontano da Milano!), perciò impossibilitata ad aggiornare. Ora, purtroppo, sono molto di fretta. Vorrei rispondere ad ognuno degli stupendi commenti che mi avete lasciato - come faccio di solito - ma ho un aereo che mi aspetta e se non aggiorno subito rischio di fare passare ancora troppo tempo. Scusatemi! Prometto che dal prossimo capitolo riprendo il commento "personale" (che preferisco, decisamente). Colgo però l'occasione per abbracciare forte e ringraziare i nuovi recensori, Namida e AliDiPiume. Leggere di riuscire a coinvolgere così tanto come mi dite, mi dà un'enorme carica! E per salutare le vecchie conoscenze, silencio, Yukochan, Bloodytwilight, BeautifulKirja, Manny_chan, Aphrodite ed EmoAlex. Siccome non ho tempo, e mi dispiace davvero, vi offro del buon vino francese che mi ha appena regalato mia nonna. Vi lascio con il calice e il capitolo, con la promessa di riapparire con la mia solita frequenza (Ahimè, le vacanze sono finite ;_;). Vado, l'aereo mi attende (sembro Grace Kelly XD). Bacioni

 

 

 

Capitolo Ventidue

 

 

Tagorn distava solo tre settimane di cammino serrato da Adiisia, eppure il paesaggio in cui la città era immerso era completamente diverso. I grandi laghi, il sole che tingeva di arancio le loro acque, il tepore del clima donavano a quei luoghi un'aura di quiete e di bellezza che il freddo di Adiisia, inevitabilmente, non permetteva. Era una città ammantata di ghiaccio e cristallo, altera e lontana, a lei i suoi abitanti si erano adattati, a lei e alle sue regole ferree. Al calar del sole, quando la notte scendeva improvvisamente sulle case dai tetti a punta, nessuno poteva essere sorpreso lontano dal suo focolare. Solo i koob potevano resistere al freddo per un po' oltre il tramonto: la loro pelle era spessa e i loro peli folti. Ma dopo poco dovevano, anche loro, correre nelle proprie abitazioni e ripararsi dal vento e dalla neve che, inevitabilmente, diventavano i padroni della notte. La città, quindi, s'era in parte sviluppata sotto terra, per permettere che la vita continuasse anche dopo il tramonto. La maggior parte delle taverne avevano un accesso sotterraneo, così come le case della popolazione.

 

Irìyas non veniva ad Adiisia da molto. La prima volta se la ricordava bene: era ancora all'Accademia e con lui c'erano sia Sideas che Hago. La città gli era apparsa maestosa e spaventosa allo stesso tempo. Il cielo era terso come in quel momento, e si era chiesto com'era possibile che al calar del sole quello stesso cielo diventasse minaccioso e carico di neve.

Anche lì, come allora, il cielo era azzurro e l'aria era fresca. Di minaccioso, in Adiisia, Irìyas non trovava nulla.

"Non è più qui?" gli chiese Sideas, ma Irìyas scosse la testa.

"Non se n'è andato"

"Ma hai detto che non c'è più"

Il mago annuì, il ragazzo non si trovava da nessuna parte. Che la Bianca fosse una maga così potente da ingannare Irìyas e poi celargli il suo schiavo? Sapeva che non era quella la soluzione.

“Proviamo a seguirne le tracce, sono sicuro che si trovi ancora in città. Solo non mi spiego dove sia e chi lo nasconda”. Mossero i primi passi e la neve sotto i loro piedi crepitò, rotta dal peso delle loro scarpe. Le pellicce che portavano li coprivano completamente, lasciando libero solo il viso. Un koob attraversò la strada e li guardò: avevano l’aspetto di forestieri, inevitabilmente avrebbero attratto l’attenzione.

Camminarono un po’, in silenzio, attenti a qualunque rumore che potesse suggerire loro dove fosse Nyven. Dopo un po’ Irìyas si fermò di fronte ad una taverna e l’osservò. L’insegna era il legno ed era appesa ad una struttura di ferro. La Luna Azzurra.

“E’ un nome piuttosto malinconico, se pensi che quassù la Luna Azzurra si vede solo per pochi giorni d’estate”

Sideas annuì: “Persino la Luna Rossa si vede poco e sfumata, coperta com’è dalle nubi notturne della città.” Poi si girò verso il mago “Nyven è stato qui?”

“Forse. C’è qualcosa… Un’aura, ma potrei sbagliarmi. E’ molto flebile”

La porta di legno della taverna s’aprì d’improvviso e un uomo ubriaco ne uscì barcollando.

“Vado a casa” disse rivolto a qualcuno all’interno “Sta per calare la notte”, ma non riuscì a mettere un piede dopo l’altro, cadde a terra a faccia in giù.

“Come mai non c’è la neve?” chiese l’ubriaco non capendo esattamente cosa fosse successo: “Dove l’avete messa?”

 “Nessuna l’ha messa da nessuna parte, Grole!” un uomo con un grembiule si avvicinò all’ubriaco, aiutandolo a mettersi in piedi, “sei tu che hai bevuto troppo”

Sideas si guardò intorno: Grole aveva ragione, invece. Tutt’intorno alla taverna la neve pareva essere scomparsa, come fosse stata sciolta. Ma l’oste era troppo impegnato a sollevare il suo cliente da terra e a riportarlo dentro alla taverna, per osservare il terreno sotto di lui.

Irìyas e Sideas seguirono l’uomo all’interno della locanda che era gremita di persone. C’era un camino enorme sulla parete opposta all’entrata e numerosissimi bracieri lungo tutte le pareti. Al bancone centrale molti erano indaffarati a farsi versare nuovamente da bere. Le voci degli avventori si mischiavano, alcuni in fondo alla sala ridevano, altri parlavano a voce molto alta, sembrava quasi litigassero. Nessuno parve accorgersi dei due forestieri appena entrati e Irìyas ebbe un attimo di tempo per capire che cosa, in quella taverna, gli sussurrasse il nome di Nyven.

Fu solo un istante, però, perché d’improvviso, quasi uscito dal nulla, si parò loro di fronte un ragazzo dai capelli blu. Estrasse una spada da sotto il mantello, con la quale mirò senza esitazione il petto di Sideas. Sarebbe stato fin troppo sprovveduto, il cavaliere, se davvero si fosse fatto sorprendere così, ma la stanza era troppo piena di gente per arrischiarsi ad estrarre la Spada dei Principi. Sideas evitò il fendente ed estrasse il piccolo pugnale che teneva nella manica, per impedire che quel ragazzo dai capelli blu lo colpisse. Nuovamente, infatti, lo straniero gli fu addosso. Nella locanda era improvvisamente calato il silenzio, solo una voce, forse quella dell’oste, continuava a supplicare di smettere, inascoltata. Ma Sideas non faceva nulla, solo evitava i colpi di qualcuno che voleva la sua vita senza un apparente motivo. Si stancò di giocare: quando si rese conto che di fianco a lui non c’era più nessuno da proteggere attaccò lui il ragazzo, per immobilizzarlo. Schivò la mano dello straniero e ne afferrò il polso, stringendolo in una presa che non l’aveva mai tradito in battaglia. Ma il polso svanì, un istante, il tempo per permettere al ragazzo di liberarsi dalla presa di Sideas e sorridere beffardo. Fra le ciocche blu che gli coprivano parzialmente il viso Sideas notò, solo in quel momento, gli occhi dello straniero, che brillavano di luce azzurrina. Un abitante della Citta Nascosta. Il cavaliere capì che erano inutili i tentativi di immobilizzazione con lui. Estrasse la Spada, sfilandola dal fodero sulla schiena. Se un abitante della Città Nascosta lo attaccava lì, di fronte a tantissima gente, in una città così lontana dalla propria, era perché aveva capito chi era lui. Tanto valeva dargliene conferma impugnando la spada sua di diritto. Lo straniero la vide. Una consapevolezza passò in quelle iridi luminescenti, qualcosa che Sideas non riuscì a decifrare. Non ne ebbe il tempo. Ma non era importante: in quel frangente avrebbe dovuto mettere fine a quell’inutile scena. La Lavica sull’elsa emise un bagliore rosso e sinistro. Lo straniero perse lievemente l’equilibrio e appoggiò una mano su uno dei tavoli dietro di lui. La lama della spada trafisse i suoi vestiti, dalla spalla fino alla cinta e si conficcò nel legno del tavolo. Lo straniero non riuscì ad evitarlo e si ritrovò bloccato contro il tavolo, senza però avere nessuna ferita sul corpo, con i vestiti inchiodati al legno.

Guardò Sideas e poi la spada, ma non osò toccarla perché conosceva benissimo le proprietà dell’arma che aveva vicino. Poi si strinse nelle spalle e scoppiò a ridere, battuto.

“Certo che ti piace rischiare” un uomo vicino al bancone parlò.

Il ragazzo dai capelli blu lo guardò con sufficienza: “Il potere centrale non mi è mai piaciuto” Scosse i ciuffi di capelli e li spostò lievemente dagli occhi le cui iridi, ora, non brillavano più. I lineamenti del suo viso erano delicati, ma gli zigomi alti e il mento affilato gli davano un’aria belligerante e lievemente sfacciata.

Sideas sfilò la spada dal tavolo e la ripose nel suo fodero: “Se avessi la grazia di spiegarmi che cosa vuoi da me…”

“Niente” disse il ragazzo con l’aria di chi dice una cosa ovvia. “Solo, non mi piaci per niente. E soprattutto, non mi piace chi rappresenti”

Sideas alzò le sopracciglia, non disse nulla. Era su un terreno fragile. Il ragazzo di fronte a lui era un abitante della Città Nascosta, città stato al confine sud del Regno. Prima dell’arrivo dei Venti, faceva anche lei parte del Regno, dopo di allora, invece, si era considerata una città autonoma. Tuttavia, sebbene quest’autonomia durasse ormai da alcuni secoli, non esisteva niente di ufficiale che la sancisse. Perciò, nei registi ufficiali, la Città Nascosta rientrava ancora sotto la legislazione del Re.

Non gli piaceva chi Sideas rappresentava e lì, all’estremo nord del Regno, non aveva timore a dirlo così palesemente, dato che gli stessi Territori del Nord, da tempo, consideravano il potere centrale come un potere inutile, e perfino avversario.  E Sideas ne era il principale rappresentante.

Sospirò, aspettando che il ragazzo si spiegasse meglio: probabilmente la sua presenza lì era stata scambiata per un ordine del Re di sondare gli umori del Nord.

“Del resto” continuò lo straniero “Non mi aspettavo certo di cogliere il Capo delle Guardie impreparato ad un attacco così triviale” si sedette sul tavolo, a gambe incrociate. Era alto e slanciato, si mosse con movimenti estremamente fluidi.

“Il tuo nome?”
”A’ece’nar ge Tiada-na Yssal-na” A’ece’nar secondo-genito di Dama Tiada e Signor Yssal. Il figlio del reggente della Città Nascosta.

“Inutile che chieda a te chi sia, dato che il tuo nome è ben noto in queste terre e oltre i confini.”

“E cosa ci fa il figlio di Dama Tiada in queste gelide lande?” la domanda di Sideas era retorica, A’ece’nar non gliel’avrebbe mai detto.

Difatti il ragazzo sorrise, e fu Sideas a riprendere la parola: “Non siamo qui per attaccar briga” nel suo tono c’era leggero scherno “Ma siamo alla ricerca di una persona che il mio compagno di viaggi è sicuro sia passata di qua”

“E chi sarebbe questa persona, signori?” chiese l’oste.

“Un ragazzo dai capelli rossi, vestito con vesti troppo leggere per Adiisia. Uno schiavo, probabilmente in catene”

“Il ragazzo della staccionata!” disse A’ece’nar.

“L’hai visto?” gli chiese Sideas.

“E l’ho anche liberato” annuì lo straniero “Era legato qui fuori, ad una staccionata, con catene alle braccia e al collo. Nessun uomo dovrebbe essere messo in catene”

“E dov’è ora?”

“Non ne ho idea. L’ho liberato e gli ho consigliato di andarsene e di trovare riparo per la notte.”

“C’erano tre uomini che si sono accorti di quello che hai fatto” aggiunse un uomo vicino a A’ece’nar, che aveva già parlato in precedenza “e che si sono messi a inseguirlo. Forse l’hanno preso e ucciso”

“Non è morto, né è stato catturato” disse Irìyas.

“E tu com…” ma poi l’uomo si zittì, avendo visto gli ornamenti all’orecchio del mago, che ne indicavano il rango.

“Il nostro capitano si accompagna a gente importante” lo schernì A’ece’nar.

Il tono del ragazzo era irritante, ma Sideas non si lasciò trarre in inganno.

“L’hai liberato tu?” gli chiese il mago.

Lui annuì e Irìyas allungò la mano verso lo straniero dai capelli blu. Inspirò a lungo, poi sorrise:

“E’ ancora in città.” Sideas annuì e appoggiò due Auri sul bancone dell’Oste. Sorrise fra sé e sé, ricordando l’ultima volta che era stato in una taverna: anche in quell’occasione aveva dovuto pagare il proprietario per  la sua discrezione e per l’utilizzo della sua Spada.

Poi ci fu un attimo in cui sia lui, sia Irìyas non sentirono più nulla.

Solo A’ece’nar sembrò accorgersi che qualcosa di diverso stava riempiendo l’aria. Nessun altro, all’interno della taverna, si accorse di nulla e i liquori del Nord fecero il resto per riportare allegria in quello stanzone.

Uscirono tutti e tre, di corsa.

“Cos’è stato?” chiese lo straniero.

C’era il forte richiamo di fuoco, quasi fosse stata l’esplosione silenziosa di un incendio. I lapilli invisibili permeavano l’aria e bruciavano sulla pelle delle uniche persone che si erano accorte che qualcosa o qualcuno in città era in grado di bruciarne le fondamenta.

“E’ Nyven” disse Irìyas, sgranando gli occhi.

“Chi è Nyven?” chiese A’ece’nar che non conosceva il nome del ragazzo.

“Chi è Nyven?” chiese Sideas, che non sapeva chi potesse dominare il fuoco a tal punto da incendiare l’aria.

Irìyas scosse la testa: non aveva risposte.

 

 

La notte calava ormai. Il Tempio d’Avorio scoccò l’ultima campana, dal suono più acuto ed intenso delle altre, pochi minuti e il sole sarebbe scomparso del tutto. Il cielo era per metà tinto d’azzurro e giallo: l’alone di luce che il sole riusciva ad emanare sembrava poca cosa confronto al resto del cielo che inevitabilmente si colorava di blu notte.

Nyven ancora dormiva, sotto l’albero, rannicchiato in posizione fetale, nel vano tentativo di scaldarsi dall’aria sempre più gelida.

Una mano lo scosse.

“Ehi…”

Nyven non si mosse. La mano pelosa provò di nuovo a scuoterlo, poi iniziò a picchiettarlo sulla testa.

“Ehi! Vuoi morire, vuoi?”

Nyven cercò di dire qualcosa, ma aveva tutta la bocca impastata.

“Se rimani qui, se, il freddo della notte ti gelerà il sangue, il”

“Lè?”

“Sei fortunato, sei. Se non ti avessi svegliato, se, ti ritrovavo domani mattina ghiacciato, ti”

“Dove mi trovo?”

“Ad Adiisia, ad” Lè aveva il tono di chi sta parlando con uno stupido e ha fretta di andare.

“Vogliamo sbrigarci, vogliamo? Altrimenti ti lascio qui, altrimenti”

“Dove…?” La mente di Nyven era ancora confusa, non ricordava perché si trovasse lì, si guardò intorno, ma non vide niente. C’era però un intenso odore di sangue lì vicino. Ma, ugualmente, quel bosco sembrava quieto.

“Allora!” La voce d Lè lo riportò alla realtà “Hai un posto dove stare, hai?”

“Io?”

“E con chi altro potrei parlare, e?” Lè era davvero convinto di avere davanti uno stupido.

“Ah beh…” Nyven scosse la testa, svegliandosi definitivamente “No, non ho nessun posto dove stare”

“Dei soldi, dei?”

“Mi hanno portato qui per vendermi”

Lè annuì: “L’avevo immaginato, l’avevo” Poi iniziò a camminare.

“Mi lasci qui?”

“Vieni, vieni” Lè scosse la mano velocemente e facendogli segno di seguirlo “Ti faccio dormire nel corridoio, ti.”

Nel corridoio? Nyven avrebbe voluto chiedere spiegazioni, ma un brivido gelido gli percorse la schiena e guardò il cielo. La notte non permetteva più nessuna domanda. Si affrettò a seguire Lè.

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


Nuova pagina 1

Mi hanno chiesto come mai mi sia concentrata su un personaggio impostante sì, ma comunque non fondamentale: la Bianca. Mi piace, mi diverte raccontare la sua storia, nonostante sia una storia non edificante nè tanto meno eroica. E' un personaggio vecchio e stanco. Un po' diverso dai protagonisti, quindi comunque stimolante, per me. E poi mi fa tenerezza. Alla fine è in balia degli eventi. Un bacio grande.

 

***

 

“Mi hai regalato questa pietra rosso fuoco. Dici che nelle terre dell’Ovest la usano per generare il fuoco e ora io la stringo come reliquia delle mie speranze. Camminiamo su un manto di neve fresca, non dico una parola. Ho timore ad infrangere questo silenzio, timore di guardarti negli occhi per vedere né più né meno di quello che già so: a te solo spetta la decisione, mi rimetto a te.

Camminiamo e i tuoi colori brillano sotto il sole, di un rosso scarlatto, finché non arrivammo ad un dirupo, il cui fondo non poteva essere visto. Mi guardavo intorno: solo gelo e bianco, un filo di vento increspa le leggera superficie della neve e la fa apparire mare.

Tu, rosso scarlatto, pari ardere.

- E’ bello qui, non è vero?

Annuisco col capo, incerta se guardare te o quello spettacolo riflesso nei tuoi occhi cristallo. Più ti guardo, più ammiro la tua bellezza, più ti venero.

- Eppure, nonostante io ami questi luoghi, nonostante il mio potere, non posso rimanere confinato in questo bianco infinito, in questa terra sterile, dove il fuoco brucia per sciogliere la neve e combatte contro il gelo. E’ una sorte ingiusta la mia, non credi?

- Non addossarti colpe che non hai. La paura che generi è solo causata dall’ignoranza e dalla consapevolezza che con un niente puoi distruggere le loro vite. Ma gli uomini non sono tutti uguali…

- Uomini…- e come se la tua mente si perdesse lontano, volgi lo sguardo – anche tu sei una di loro.

- Eppure non ti temo.

- Tu non temi i falchi, né temi i lupi, perché dovresti temere me? – ridi, con la tua voce così profonda da rianimare la valle intera.

Chino la testa e la scuoto. Se solo sapessi la paura che mi stringe lo stomaco in questo momento non diresti una frase così, se solo ti rendessi conto di quanto tremano le mie mani capiresti che ti sbagli.

- Tieni questo - ed è così che appare dal nulla questa pietra cremisi che ora è il simbolo di tutto e niente, d’ansia e di bellezza. E’ una lingua di fuoco che prende vita.

- Chiunque, sia questo umano oppure no, dimostri la tua saggezza, merita che i suoi desideri vengano esauditi.

Stringo le mani intorno alla pietra e la sento, calda, pulsare fra le dita.

- Saggia a detta degli uomini.

- Se persino loro, così ciechi, ammirano la tua mente, la tua saggezza dev’essere davvero infinita.

- I miei desideri verranno esauditi? – chiedo. Oso chiedere perché sei tu, com’è ovvio, che deciderai se farmi conoscere quello che voglio.

 

Il sole basso in cielo colora il tuo volto di luce cosicché non posso vedere chiaramente l’espressione del tuo volto e tu del mio. Forse è una fortuna perché altrimenti mi vedresti sorridere, felice. E sei dispettoso, so bene che ti saresti divertito a tormentarmi, negando e negandomi ancora ciò che voglio.

 

*

 

 

Il sole era alto in cielo. Alto e stranamente splendente, sopra una distesa d’acqua di cui non si vedeva la fine. L’acqua era verde e blu. Qua e là le onde s’infrangevano sugli scogli che, prepotentemente, si ergevano dalle acque. Lontano c’era un arcipelago dove l’acqua diventava più chiara e le onde diventavano bianche. Ma Nyven non riuscì ad andare a vedere chi ci fosse, in quelle terre frammentate e sparpagliate sul mare.

Sapeva di sognare, era stranamente consapevole che tutto ciò che vedeva non fosse reale, perciò sapeva anche di non avere controllo sulla sua volontà.

L’aria gli scorreva sul viso, piacevole e profumata e lui si sentì felice come raramente gli era capitato di essere.

“L’aria ti ferisce?”

“Non ho mai visto niente di così bello” la voce che aveva parlato era quella di una donna, cristallina e calda. Nyven non aveva idea di chi fosse.

Vide il mare avvicinarsi, le onde s’infransero su di lui che scoppiò a ridere. La voce femminile che aveva sentito poco prima rise con lui.

Poi tutto scomparve.

Nyven si ritrovò nel buio del suo sogno. Si guardò prima a destra, poi a sinistra. Non c’era più alcuna traccia d’acqua, né della voce cristallina della donna. Non c’era più traccia dell’azzurro del cielo. Solo il buio, incolore.

Si svegliò del tutto, avvolto dalle coperte e con gli occhi di un piccolo Koob che lo fissavano curiosi.

 

*

Era giovane, molto giovane quando vide per la prima volta la Cappella del Vespro.

La Bianca ripensò a quel giorno con estrema nostalgia. Era stato in quel momento, al primo sguardo, che la sacerdotessa aveva deciso che avrebbe dedicato la sua vita a quel luogo. Che avrebbe fatto di tutto per capirne i segreti e per svelarne le meraviglie. E poi ne era diventata la Sacerdotessa e ne era diventata la custode. Il suo intento era ora più che mai forte, nonostante ormai la sua Cappella non fosse altro che macerie, dimentica di quella bellezza che aveva  ammaliato la Sacerdotessa e gli abitanti del Regno prima di lei.

Voleva ricostruirla, voleva dare la possibilità alla sua Cappella del Vespro di rinascere. Ora, però, non ne avrebbe avuto più il tempo.

Sospirò, accarezzando con le mani le corolle dei fiori che crescevano vicino all’altare.

Il giorno che vide le alte mura imponenti del Vespro era una bambina. Suo padre le teneva stretta la mano e lei, col naso all’insù, guardava con la bocca aperta quel luogo pieno di mistero. Si sentì chiamare, qualcosa nell’aria pronunciò il suo nome. In quel momento seppe che il Vespro le sarebbe appartenuto e lei avrebbe vissuto per lui.

Divenne una novizia dopo pochi anni, quando il sole già calava sulla Prima Età. Ma il sole, pur nel suo alternarsi di giorno e notte, non era mai calato sul Regno. Nessuno capì davvero quello che succedeva finché, inevitabilmente, non accadde.

Della sua famiglia l’unica che sopravvisse all’impeto dei Venti fu lei, perché protetta, all’interno delle mura della Cappella. Protetta, durante un tempo che le sembrò infinito, promise che un giorno avrebbe fatto lo stesso. Avrebbe protetto la sua casa, come lei ora la proteggeva. Il sole non si alzò più in cielo, la notte non calò. Durante i Venti, l’aria era grigia ed irrespirabile, completamente priva di colore.

La Bianca sospirò di nuovo, con quelle sue belle labbra turgide, ritrovate, dopo un’immane sforzo.

La legge era chiara, nessuno può vedere il tramonto di due Età: perché quindi le faceva così male morire? Forse aveva paura, pensò. Forse, semplicemente, voleva avere più tempo.

Quando aveva conosciuto Irìyas il mago era ancora giovane ed aveva da poco terminato i suoi studi all’Accademia. Si era presentato d’improvviso alla sua porta, senza essere annunciato. La Bianca avrebbe imparato presto che tutto quello che riguardava Irìyas era improvviso agli occhi degli altri.

Nonostante il Vespro fosse ormai diroccato, spesso dei visitatori passavano; tuttavia era venuta a mancare la sacralità che aveva caratterizzato quel luogo durante tutta la prima Età e i rituali che accompagnavano i gesti di chiunque venisse a pregare. Perciò vedere Irìyas alle sue porte, e sentire la sua forza pervadere il Vespro, stupì la Bianca e diede inizio alle sue speranze.

Irìyas avrebbe vissuto in prossimità della Cappella, nella regione dei Laghi. Voleva trarre dal Vespro protezione e voleva dal Vespro il Libro Bianco, su cui ricercare la formula per impedire a Gyonnareth di distruggere lui ed il suo sogno.

Ma, ovviamente, nel mondo, nulla è fatto per nulla.

Le gambe della Bianca erano già inferme, allora, la vecchiaia le era entrata nelle ossa.

“E’ vero, quindi, che non rimane niente di integro, del Vespro e della sua Sacerdotessa”. Quel tono sprezzante… la Bianca avrebbe finito per trovarlo irresistibile.

“Ciò che non è integro agli occhi, lo può essere per lo spirito” gli rispose lei, vedendo per la prima volta Irìyas e osservandolo mentre si guardava intorno.

Il mago sollevò le sopracciglia: “Sono belle parole, per giustificare il fatto che nessuno abbia ancora ricostruito queste mura”

“Di dove sei, ragazzo?”

“Di ovunque, e nessuna parte” La Bianca fece per rispondere, ma si rese conto che, in quel frangente, Irìyas non mentiva. Irìyas non sapeva di dove fosse.

“Se fossi più sapiente, sapresti che il Vespro non può essere ricostruito con semplice calce e mattoni”

“Solo la magia genera magia/ solo in un sole che albeggia esiste il Mattino/ solo di un sole che tramonta si nutre il Vespro” Irìyas citò a memoria i versi del Cantico che riassumevano il perché era impossibile ricostruire le mura del Vespro semplicemente ergendo nuovamente ciò che era crollato.

“Quindi, se sei consapevole che il Vespro non può essere ricostruito così semplicemente, che cosa sei venuto a fare?”

“Non dovrebbe essere tuo dovere accogliere i viandanti e indicare loro la strada?”

“Tu non sei un viandante” la Bianca non riusciva a capire quale fosse il fine di Irìyas “Qual è il tuo nome?”

“Irìyas” sorrise, e sorrise anche lei. Entrambi sapevano che quel nome diceva molto.

“Vieni dall’Accademia?” gli chiese dopo un attimo la Bianca, facendolo entrare all’interno del Vespro.

“Sì, ma vivrò qui per ora”

“Ho sentito che uno dei Saggi dell’Accademia è morto…”

Lui annuì, ma non aggiunse niente. Si guardò intorno, seguendo con gli occhi le crepe che s’intrecciavano sul moro, le rime di frattura delle pareti e la luce che filtrava accarezzando l’aria all’interno della cappella e illuminandola delicatamente, senza lasciare che l’ombra si appropriasse degli angoli nascosti.

“E’ vero quello che si dice quindi…” Irìyas seguì un raggio di sole attraverso una crepa “ E cioè che la forza del Vespro è comunque forte, nonostante la Cappella cada a pezzi”

“Non potrebbe essere altrimenti: è lei che ha protetto queste terre dall’arrivo dei Venti”

Irìyas avvicinò all’altare. Vi appoggiò una mano sopra.

“E ci sono secoli che parlano attraverso queste pietre”

“Io non posso far altro che ascoltarle”

Era questa l’enorme differenza fra la Bianca ed Irìyas, il vero perno del loro accordo, ma anche la causa di profonde incomprensioni.

“Ascoltare non è sufficiente, bisogna fare! Fare qualunque cosa, ma fare. Per ricostruire”

La Bianca sospirò. Irìyas non riusciva a vedere i motivi della passività della Bianca, per lui limitarsi ad ascoltare equivaleva a non far nulla.

La Bianca invece, riteneva che solo ascoltando avrebbe trovato la chiave per ricostruire la sua casa.

A distanza di anni, fra quelle stesse mura che avevano visto il primo incontro fra la Bianca ed Irìyas la Bianca era più che mai consapevole che si era trovata costretta a fare qualcosa, ascoltando le sue pietre. In fondo, pensò, tutt’e due avevano ragione.

”Ed è per questo che sei qui?”

Irìyas camminò fino al fondo della Cappella, dietro l’altare. Fra le macerie, s’intravedeva un enorme affresco dove vi era rappresentato un uomo, ammantato di bianco con le mani alzate verso il cielo. La mano sinistra era rivolta verso il sole, la destra verso le due lune: il primo celebrante del Vespro.

“Dev’essere davvero stata bellissima…” Irìyas disse fra sé e sé. Nell’udirlo, la Bianca sorrise: c’era un rispetto antico, in quelle parole, che la Bianca non pensava di poter sentire in una persona così giovane.

Il mago si girò verso la donna: “Io posso ridare fasto a questa Cappella…” fece una pausa guardandosi intorno.

“E come?”

Irìyas la guardò, finalmente, negli occhi “Devi averla percepita anche tu, sai che posso fare quel che dico”

“Ho percepito la tua forza, quella sì. Ma perché dovresti metterla al servizio del Vespro?”

“Corri troppo, vecchia” la Bianca aggrottò le sopracciglia in disappunto “Non metterei mai la mia forza al tuo servizio. Ho solo detto che potrei aiutarti, ovviamente in cambio di qualcosa”

“Di cosa?” La vecchia lo guardò guardinga.

“Voglio il Libro Bianco”

Ci fu un silenzio che parve eterno, il Libro Bianco apparteneva da secoli al Vespro, vi erano contenuti tutti gli incantesimi noti ai sacerdoti. All’occhio umano, però, il libro appariva come intonso e con tutte le pagine di un bianco immacolato.

“Per cosa?”

“Questo non è affar tuo”

“Ma sai” puntualizzò lei “che quel Libro è del Vespro, non potrei mai cederlo”

“Non vorresti rivedere questi luoghi pullulare di visitatori, la scuola avere così tanti aspiranti al sacerdozio da non riuscire a muoversi fra i banchi? Hai bisogno di qualcuno che rafforzi le fondamenta di questo luogo, cosicché possa essere erto nuovamente”

“Ma non cederò mai il Libro”

“Non voglio che tu me ne faccia dono. Solo che tu me lo dia, poi ti verrà restituito, integro ed immacolato, come me l’hai dato”

La Bianca lo guardò sospettosa.

“Non è finita qui, non è vero?”

Il mago sorrise: “Posso ridarti la giovinezza che sogni”

Lei non riuscì a trattenere un singulto e si mise una mano sulla bocca.

“Cosa credi, che non sia in grado io stessa di mascherare le mie rughe e il mio aspetto avvizzito?”

Lui rise: “Io posso controllare il tempo e moderare la sua azione su di te”

Di nuovo, lei non trattenne lo sgomento.

“E questo in cambio di cosa?”

“Questo te lo dirò solo se dirai di sì”

Irìyas venne a trovarla altre volte. Altre e numerosissime volte. E alla fine la persuase a dargli il Libro e ad accettare la sua giovinezza.

 

Si alzò dal giardino nel quale si era abbandonata ai ricordi. Ora sapeva perché Irìyas aveva bisogno del Libro, e sapeva anche che era stato Nyven a rivelargli la formula da pronunciare nella Lingua Antica. In cambio del libro, il mago aveva impresso un’enorme forza alle fondamenta della Cappella, rinsaldandole, rifortificandole e rendendole simili a quelle della Prima Età. L’energia sprigionata dal mago e catturata dal Vespro era stata intensa e prolungata. Poi Irìyas era tornato a casa con la sicurezza di avere il Libro Bianco che la vecchia gli aveva poi portato al mercato.

La seconda parte, quella relativa alla sua bellezza, ormai era stata dimenticata. La Bianca, con il rapimento di Nyven, aveva consapevolmente reciso l’accordo fra lei e il mago. Le dispiaceva e le era dispiaciuto, ma ormai era cosa fatta.

Ciononostante, lei continuava a celare Gyofinnan agli occhi degli uomini e permettere al drago di rimanere nel territorio del Regno senza che altri, lontano da lì, se ne accorgessero.

 

I suoi pensieri furono brutalmente interrotti da un’onda d’urto potentissima, che fece vacillare la terra. Ebbe la netta sensazione che il terreno sotto di lei bruciasse e che le pareti della cappella s’incendiassero. Cadde per terra: sotto l’urto, qualche ciottolo le cadde addosso, ma le fondamenta della Cappella ressero a quella ignota forza dirompente.

C’era un’enorme carica di rabbia, la Bianca fece fatica a rialzarsi da terra.

Proveniva dal nord profondo, da un luogo lontano da lì. Cos’era?
La Bianca non lo capì subito. Scosse la testa e, ancora una volta, si rese conto di come fosse stato il Vespro a salvargli la vita. Vide molte scintille bruciare, ma una più di altre: iniziò a seguirla, nella speranza di capire esattamente cosa fosse.

Corse dietro la scintilla e poi si fermò, raggelata. Un brivido le percorse la schiena perché in quella scintilla trovò la risposta. Era stato Nyven. Nyven si era risvegliato e Nyven aveva tentato di vendicarsi. Da così lontano, il ragazzo era riuscito a raggiungerla. Poi qualcosa l’aveva trattenuto ed ora il suo spirito sembrava essere di nuovo scomparso, ma quella forza, quell’onda di rabbia erano più che mai reali.

Ciò che però raggelò ancor di più il sangue alla Bianca fu il riconoscere la forza di Nyven, capire esattamente e senza più alcun dubbio cos’era quello spirito che per troppo tempo s’era celato nell’animo del ragazzo.

Lo riconobbe perché lei, quello spirito, lo conosceva, l’aveva già visto all’alba della Seconda Età.

“Che gli dei proteggano noi tutti…” bisbigliò fra sé e sé “Perché torni ora?”

Ma nessuno era lì vicino per sentirla, le sue parole si persero in un soffio di vento e la scintilla scomparve: “Morirò dunque per mano tua?”

Si mise una mano sul cuore che batteva velocemente. Era davvero giunta la sua ora. Il sole in cielo si oscurò e lei, d’istinto, alzò lo sguardo in alto per vedere che cosa coprisse la sua luce.

“Non per mano di Nyven, dunque, ma bruciata dalla fiamma di chi ho protetto fino ad oggi” 

 

***

AliDiPiume: Ciao ^_^/ Questa volta il capitolo è un po' più lungo, dato che c'è anche il sogno (che disolito ocnfonde, più che essere esplicativo XD). Mi piace che fai supposizioni, non ti dirò se sono giuste o sbagliate (sennò si perde la suspance ^_^), però mi fa capire quanto sono chiara e quanto la storia "prenda" oppure no ^^ Un baciotto

Yukochan: L'alcol te lo offro più che volentieri ^_^ Sideas è un personaggio che mi piace, è "cresciuto" nel racconto più di quanto fosse mia intenzione farlo crescere. Avrà i suoi spazi, glieli devo. Per quanto riguarda le lune...eh eh, mi sa che il mio malcelato romanticismo deve venire fuori da qualche parte XDD un bacio

willHole: wow *_* Grazie mille! A questo punto sono curiosisiisma di sapere che ne pensi del resto del racconto. Per quanto riguarda i colori, io adoro assecondare la trama ai colori, il rosso in "Cremisi" è un tema importante... Spero di risentirti presto.

BiGi: Grazie mille ^_^ Baci

Aphrodite:  ehehe i nomi complicati sono tipici degli abitanti della Città Nascosta. Mi diverte crearli XD Le luce sono state citate precedentemente, ma nulla di più. E' una terra piatta, qualla in cui è ambientato Cremisi, perciò le lune si vedono solo in alcune zone del mondo. Non girano intorno alla terra, come succede nella realtà ^_^ Bacione grande

Persefone Fuxia: in ragazzo dai capelli blu è sì alquanto avventato. Ma è una sua caratteristica. E' un ragazzino, ma che sa il fatto suo. ^_^ Il mago deve aspettare il giorno per trovare il suo "focoso" schiavo XD Baci

Aealith: Sìsì, svaligio la bieereia più che volentieri XD Le ombre sul racconto mi servono per mantenere viva l'attenzione, mi piace svelare a poco a poco... Sono felice di risentirti che che anche i capitoli "nuovi" ti siano piaciuti. A presto. baci

Manny_chan: sì, è esatto. Ora aspettano la notte, poi si mettono sulle sue tracce ^_^ Il piccolo, altrimenti, è perduto °_° Baci

 

 

 

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


Nuova pagina 1

Ringrazio tutti qui. Vorrei postare i capitolo prima di andare al cinema, altrimenti rimando ancora, poi va a finire che lo pubblico troppo in ritardo. Ringrazio tantissimo chi ha recensito, perchè mai, e dico mai avrei pensato di arrivare a 156 recensioni! Siete stupendi! Ringrazio Persefone Fuxia. Mi spiace lasciare troppi misteri in giro (non credermi! XD), ma non temere, piano piano la matassa si scioglierà. Ringrazio Yukochan. hehehe sì, io adoro la sfacciataggine di Irìyas, così pieno di sé, ma in fondo, anche molto fragile *_* E sono felice che l'amore della Bianca ti abbia coinvolta. In fondo, è stata solo sfortunata. Un ringraziamento anche ad AliDiPiume. Davvero hai capito chi è Nyven *_* Sempre più felice che ti piaccia sempre di più il racconto! Un bacio a silencio, recensore di vecchia data che mi scrive sempre cose così belle *_* Come va? Per quanto riguarda gli incipit, purtroppo lo so, sono parti che verranno capite solo a storia conclusa... Ma fanno parte del racconto, mi spiaceva lasciarle fuori. Ringrazio Namida. Ti rassicuro, il tizio dai capelli blu tornerà a breve ^_^ Un bacione a Aphrodite-chan. Mi diverti tantissimo con le tue congetture. Mi raccomando non smettere! La Bianca, ahimè, si deve guardare da tanti personaggi :(  And ultima, ma non per importanza, benvenuta a DJKIKA. Mi spiace averti fatto venire il mal di testa, ma sono felicissima che ti sia letta la storia praticamente in un sol boccone. Vuol dire che ti ha presa *_*

Vi lascio con un bacio. E con l'assicurazione che i segreti di Nyven verranno svelati, entro l'ultima pagina XD

 

 

Capitolo Ventiquattro

 

 

Nyven dormiva. Poco prima di addormentasi fra gli alberi, in attesa che la notte di Adiisia calasse su di lui, aveva cercato di raggiungere la responsabile del suo rapimento. Ma subito dopo aver ucciso i suoi tre inseguitori una stanchezza incoercibile l’aveva avuta vinta sulle sue membra, e si era inevitabilmente addormentato. Né lui, né altri potevano capire la sua vera natura, perché né lui né altri conoscevano ciò che era stato durante i Venti, ciò che era stato prima e dopo. Non c’era nessuno che lo ricordasse. Ma la Bianca, lei così vecchia e così stanca, sapeva e si ricordava quel sapore maledetto di rabbia che aveva nuovamente colpito la sua casa. La sua casa che, ancora una volta, l’aveva protetta e che non era crollata. La sua casa che in quel momento, inevitabilmente, le stava per dire addio.

Gyofinnan volò sopra la Cappella del Vespro e si appoggiò sulle mura che delimitavano una delle navate. Nonostante la sua mole enorme e il suo peso planò leggera. La coda bianca era arrotolata fra le zampe, il collo lungo, disteso; tutto intorno a lei l’aria si fece gelida.

I suoi occhi blu guardarono la Bianca: “L’hai sentito”

Non era una domanda, perché il drago sapeva benissimo la risposta.

La Bianca, nonostante quello che sapeva essere inevitabile, non riuscì a non guardare Gyofinnan ammirata. I draghi ormai non si lasciavano guardare, né per altro scorgere mentre volavano in cielo. Gyofinnan era lì perché lei l’aveva protetta: la presenza di un drago nel Regno, avrebbe rappresentato una minaccia per alcuni e un piatto succulento per altri, alla ricerca d’inutile gloria.

“L’era dei draghi è finita” disse la Bianca, quasi a sé stessa.

“L’era dei draghi non è mai stata, in questo Regno che non ha mai saputo risollevarsi dall’arrivo dei Venti”

La maga aggottò la fronte: “Risollevarsi?”

“Avresti dovuto guardarti intorno, strega. Altri regni, lontani o vicini, hanno fatto fronte al disastro: il tuo Regno è stato in grado solo di compiangersi” La voce del drago era profonda e cupa, ma limpida. Non c’era giudizio, né ira. L’aria che soffiava fra quelle mura, accarezzò il pelo sulla sua schiena.

“Che ne vuoi sapere tu degli uomini…” la Bianca sorrise “Non ne puoi sapere niente!” Il drago la guardò coi suoi occhi sempre più scuri senza però rispondere.

“Esiste un luogo, su questa terra, dove draghi e uomini coesistono?” le chiese la Bianca.

“La convivenza con gli uomini è difficile” ammise il drago “Ma esistono luoghi dove i draghi convivono con altre razze. Loro e noi”

La Bianca la guardò scettica: “Nell’Est?”

Il drago sorrise, mostrando in parte i denti aguzzi che scintillarono al sole: “Anche qui nell’Ovest, nelle città che il vostro insulso Re vuole conquistare con una forza che non ha e che non gli appartiene”

“Molte cose sono cambiate…” di nuovo, la Bianca parlò fra sé e sé. Da tempo, ormai, non visitava i popoli dell’Ovest. Da tempo, ormai, non lasciava il territorio del Regno per esplorare le terre dei Feil a Iubinor oppure gli uomini a Tantenor. Sorrise, amara “Mi sono lasciata ingabbiare dalle maglie di tristezza che il destino m’ha teso, senza riuscire in nessun modo affrontarle.”

Il drago stiracchiò il collo e la zampe anteriori, lasciando che la vecchia parlasse: “Voi uomini, quando invecchiate, diventate inutilmente malinconici”

La sacerdotessa annuì.

“Ora che so chi è Nyven, mi rendo conto di quanto sia stato inutile allontanarlo da qui”

“E’ stato inutile allontanarlo nel modo in cui l’hai fatto. Avresti potuto portarlo nei Territori, lasciarlo lì a morire”

“Non avrei dovuto suscitare la sua aggressività. Forse lasciandolo protetto in casa di Irìyas non si sarebbe mai ricordato chi è stato”

Il drago dispiegò le ali enormi ed emise un lungo lamento dalla gole, così basso da essere poco udibile: “Presto arriverà Gynnareth” disse, come un dato di fatto. Nyven si sarebbe risvegliato comunque.

“Sei qui per uccidermi?”
”La Cappella del Vespro questa volta, non ti proteggerà”

La Bianca annuì, consapevole. “Non avrei dovuto percepire l’identità di Nyven, ma lui m’ha attaccata…”

Gyofinnan scese dal muro sul quale era planata e si avvicinò alla Sacerdotessa. I suoi passi si udivano perfettamente, all’interno della Cappella, ritmati ed eleganti. Le fondamenta di quel luogo sacro sembravano sprigionare una melodia silenziosa, felici di quella presenza.

“Perché ti sei innamorata di Irìyas?” chiese il drago, quando le fu vicino.

La Bianca sorrise: “Ti chiedi perché, in tutti questi anni, non abbia trovato un uomo migliore di lui?” Ma non lasciò che Gyofinnan  rispondesse. “Irìyas è venuto da me con delle richieste. Fino al suo arrivo, non ero stata in grado di far fronte a niente di ciò che era accaduto al Vespro, che mi era stato lasciato solo perché la precedente Sacerdotessa era morta nei Venti. E’stato un errore lasciare in mano mia, nelle mani di una ragazzina inesperta, tanta responsabilità. Mi sono sentita troppo forte e troppo potente rispetto a quello che in realtà ero. Mi sono sentita, d’improvviso, immortale.” La Bianca sorrise, stringendosi nelle spalle. “Ero sopravvissuta ai Venti per volere del Vespro, ero stata scelta come Sacerdotessa, ero stata eletta dal destino. O almeno, così credevo. Nella realtà, però” la sua voce s’incrinò “Nella realtà però ero solo una ragazzina che non era in grado di creare niente con le sue mani o di portare avanti un’idea. Il Vespro, con me, non è riuscito a rinascere: non ho trovato, in tutti questi anni, una fonte di forza adeguata alle sue fondamenta. Mi sono lasciata convincere, dal tempo e da me stessa, che non esisteva forza in grado di rifondare ciò che i Venti avevano distrutto. Mi sono chiusa in una cecità che, per anni, m’ha reso completamente inerme. Poi è arrivato Irìyas. In un attimo m’ha dimostrato che non basta attendere perché le cose accadano, che bisogna ricercare la forza di ottenere ciò che si vuole…” Di nuovo, la Bianca fece una pausa, guardando il drago che era accovacciato vicino a lei. “Si è facilmente ingannati dalla forza di Irìyas. Si pensa che, perché così potente, abbia ottenuto tutto con estrema facilità. All’inizio credevo anch’io che per lui fosse tutto semplice, solo perché la sorte gli era stata amica. Poi m’ha insegnato che tutto quello che ha ottenuto, gli è capitato perché l’ha voluto. Niente pare essergli accaduto per caso. Mi ha insegnato a prendermi cura di ciò a cui tengo. E’ stato lui ad insegnarmi a prendermi cura del Vespro, senza aspettarmi che fosse lui a prendersi cura di me.”

Gyofinnan la guardò con un’espressione quasi mite, con occhi circondati da scaglie argentee.

“Non eri sufficientemente forte per il ruolo di cui eri stata investita”

“Perciò mi sono innamorata stupidamente di chi m’ha messo davanti agli occhi tutti gli errori che ho fatto”

“Ma ora l’hai tradito”

La Bianca si strinse nelle spalle: “Le mie azioni non hanno cambiato la realtà dei fatti. Anche se non mi sarei mai aspettata che Irìyas andasse personalmente da Nyven…” c’era rimpianto nella sua voce “E ora che so chi è davvero Nyven, capisco come sia inevitabile che Irìyas voglia solo Nyven con sé. Mi chiedo solamente perché abbia le spoglie di un semplice schiavo”

“Questo ce lo dirà Nyven stesso”

La sacerdotessa annuì, sospirando.

“Non mi uccidere”

“Non ti lascerò vivere” Gyofinnan si mise in piedi, sollevandosi sulle quattro zampe e dispiegando tutte le sue ali, oscurando il sole.

La Bianca indietreggiò, spaventata, all’interno della sua Cappella: “Non glielo dirò!” Aveva paura, era inevitabile, ma sapeva che il drago non avrebbe desistito.

Il drago non ascoltò, la fiamma che gli uscì dalla bocca colpì prepotentemente la Bianca che provò un gelo intenso. Tutto all’interno della cappella divenne di cristallo. La sacerdotessa cadde a terra, ma si risollevò, per mettersi la riparo.

“Non posso permetterti di…” cadde di nuovo a terra e Gyofinnan le si avvicinò: “Non hai scampo” di nuovo, il fuoco del drago la investì con tutta la sua violenza, la sacerdotessa congiunse le mani, per un ultimo disperato tentativo. Riuscì a scappare, ad avvicinarsi all’altare: “No…” bisbigliò, tremando. Le sue labbra erano cianotiche e i suoi movimenti intorpiditi dal gelo. Il drago si sollevò in cielo. Di nuovo, oscurò il sole, l’aria si cristallizzò e il bosco che circondava la cappella parve immobilizzarsi di fronte al drago. La fiamma, questa volta, colpì tutto il Vespro, e la Bianca gridò. La sua casa, il sua cappella, gelarono in ogni anfratto, il suo interno fu pervaso dal fuoco che ardeva, azzurro e violento.

L’altare della cappella scricchiolò appena, poi tutto fu silenzio.

Il cristallo che aveva avvolto la cappella brillò sotto il sole al tramonto, diventando di un rosso acceso. Gyofinnan si appoggiò a terra, osservando quella costruzione abbracciata dalla sua stessa fiamma ormai spenta, ammantata dal freddo che lei stessa aveva generato.

Poi il cristallo intorno al Vespro si frantumò in mille pezzi, come polvere luminosa al sole. Si sciolse nel soffio di vento che spirò quando tutto era inevitabilmente finito.

L’altare della Cappella era ricoperto di fiori bianchi dai pistilli colorati che venivano scossi dalla brezza. Molti si lasciarono catturare da quel vento che ne sparpagliò i mille petali nell’aria.

Il profumo di fiori cosparse tutto il Vespro, i boschi e la pianura tutt’intorno, come un ultimo saluto della sua abitante centenaria.

Gyofinnan si allontanò, consapevole che non esisteva più la forza della Bianca che ne occultava la presenza.

 

 

Irìyas lo percepì. Percepì il grido della Bianca, la morsa del gelo e poi, infine, la sua voce scomparire. Gli parve di assaporare anche l’odore di fiori che lì a Nord, ad Adiisia, sicuramente non crescevano.

Ormai era calata la notte e il buio si stava impadronendo di tutto.

“La Bianca è morta” disse, guardando fuori dalla finestra della stanza dove aveva preso alloggio. Sideas, che era appoggiato alla parete opposta, annuì.

“Come?”

“Gyofinnan…”

Sideas aggrottò la fronte, ma non chiese il perché di quello strano comportamento del drago. La voce di Irìyas tradiva altrettanto sconcerto.

“Sento voci, sento grida… Ma faccio fatica a sentire Nyven.”
”Dev’essere da qualche parte”

Il mago annuì: “Altrimenti sarebbe ghiacciato, là fuori”

Ci fu silenzio per un attimo. La notte carica di neve e grandine imperversava fra le strade deserte di Adiisia, le stesse pareti della camera erano fredde, nonostante i fuochi accesi ovunque. Irìyas si strinse nel suo mantello: “E’ la fuori chissà dove” si lasciò sfuggire un sospiro, incapace di capire lui stesso le proprie parole. Nyven lo preoccupava, Nyven lo agitava, lo voleva con sé, lo voleva fra le sue mura. Avrebbe voluto averlo lì davanti per chiedergli troppe cose che non avevano ancora avuto risposta. Si rese conto che poco importava chi fosse Nyven in realtà, importava solo ritrovarlo e riportarlo sui Laghi, magari mostrargli le Colonne dove finiva il mondo…

Il mago sapeva che Nyven in quel momento era ad Adiisia, nascosto, ma al sicuro. Era scomparso e riapparso. La Bianca, invece, era scomparsa definitivamente.

Lo sapeva che sarebbe successo, sapeva bene che sarebbe morta di lì a poco perché lei stessa gliel’aveva detto. Eppure non riuscì a non sentirsi triste. Non riuscì a non chiedersi se quella morte fra i ghiacci fosse proprio quella che avrebbe voluto o se invece avrebbe potuto sperare in una vita oltre il tramonto della Seconda Età. Gli sarebbe mancata. Quella vecchia, stupida e arrogante, quella buona a nulla, probabilmente gli sarebbe mancata molto. Aveva osato mettergli i bastoni fra le ruote, aveva osato contravvenire ad un patto stretto e sigillato fra loro: l’avrebbe uccisa con le sue mani, se solo avesse avuto un po’ più di tempo.
Sospirò. Forse no, non l’avrebbe fatto. Forse l’avrebbe perdonata perché sapeva, in cuor suo che, benché avventata, l’azione della Bianca aveva come unico scopo quello di proteggere quel Vespro che non era stata mai in grado di proteggere. Era un ultimo tentativo, vano, ma pur sempre un tentativo.

Guardò fuori un’ultima volta e ripensò a quelle mille rughe che l’avevano accolto nel Vespro, il giorno in cui lui era andato per stringere un patto con lei. Probabilmente non avrebbe mai dimenticato quel viso.

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


Ciao a tutti. E' successo un disastro al mio computer e, ahimè, è defunto ...
Grazie al cielo, mi miei preziosissimi files erano in doppia copia su chiavetta (a volte la mia saggezza mi sconvolge! XDD), ma ora mi ritrovo senza il mio programma per creare un html decente. Indi, la formattazione di questo capitolo sarà orrida ._. Scusatemi!
Farò casino, io non sono assolutamente capace di usare l'html ... Va be', siate clementi.

Venendo a noi, sono proprio felice che la Bianca (anche se ormai è solo "petali nel vento") vi sia piaciuta. Alla fine è un personaggio tenero. E sì, ha un che di ingenuo che le dà un fascino tutto particolare. Una freschezza che forse manca agli altri, così gravati dagli "eventi" E a proposito di eventi vi lascio qualche (finta) anticipazione, per chi è impaziente XD



Per chi vuole finalmente fare luce su alcuni misteri e iniziare a districarsi lo rimando al capitolo 28

Per chi vuole un pizzico di shounen ai lo rimando al capitolo 27 (e al 29)

Per chi vuole ancora un po' del ragazzo dai capelli blu lo rimando al capitolo 26

Per chi vuole ancora un po' di carne al fuoco lo rimando a qui sotto. Con la (semi) promessa che le spiegazioni sono ormai davvero prossime.
ah...dimenticavo.
Per chi vuole finalmente sapere chi è Nyven deve aspettare... mica posso svelarvi tutto XDD

A presto ^_^//


Capitolo Venticinque

 

 

L’entrata della casa di Lè non si vedeva, a meno di non stare molto attenti. Era nascosta dalla neve e da alcuni gradini. Quando Lè, che precedeva Nyven di alcuni passi, scomparve là sotto, il ragazzo ebbe la sensazione che il piccolo Koob fosse svanito d’improvviso. A ben guardare invece, la porta si poteva vedere, in legno massiccio bianco, piccola e stretta. Nyven dovette chinarsi per entrare.

Si ritrovò davanti un numero imprecisato di uomini bassi e pelosi che lo guardavano.

“Dormirà qui, dormirà” poi si rivolse a Nyven “Mia moglie Tè, mia. I miei figli Rè, Vè, Cè, Jè, Sé, i”  Nyven incurvò le labbra, facendo fatica a trattenere il sorriso.

Nessuno di loro protestò e nessuno di loro gli rivolse la parola. Se ne andarono, entrando nelle diverse porte lungo il corridoio.

Il ragazzo ebbe un attimo di tempo per guardarsi intorno. Il soffitto era troppo basso per lui, lo sfiorava con la testa. Il corridoio era luminoso, anche se non c’erano né bracieri, né lampade lungo le sue parenti. Ed era molto caldo, nonostante non ci fossero fuochi accesi.

“Dormirai qui, dormirai”

La voce di Lè riportò gli occhi di Nyven sul Koob “ e domani sarai fuori di qui, e…” sospirò.

“Nessuno è molto contento di farti dormire nel corridoio, nessuno. Sicuramente sarai d’impiccio, sicuramente. Se mio cugino, se, ti vede qui, ti, si arrabbierà molto, si. Perciò, all’alba fuori, perciò”

Lè si girò per andarsene.

“Aspetta…”

Il koob si girò a guardare il ragazzo.

“Perché mi aiuti?”

Gli occhietti di Lè si strinsero e osservarono Nyven a lungo, non rispondendo immediatamente alla sua domanda.

“Qualcosa mi dice che è meglio averti come amico che come nemico, qualcosa”

“Mi aiuti perché mi temi?”

Lè scosse la testa, senza né affermare né negare: “Non lo so perché ti aiuto, non. Lo faccio e basta, lo! Mi sembra saggio, mi…” Fece il sospiro di chi parla anche con se stesso.

Comparve la moglie di Lè  - Tè? Nyven non era assolutamente sicuro del nome - gli stese  una coperta sul pavimento e gliene diede una in mano. Lo guardò anche lei, con gli stessi occhi che Lè aveva avuto poco prima.

“Mi aiutate perché vi faccio paura?”

Lei non rispose subito: “Sei troppo lungo per dormire nelle stanze, sei” La sua voce aveva un tono così femminile e caldo che Nyven si stupì, quasi più del sentirla finalmente parlare “Voi uomini del sud siete senza peli e troppo alti. Disperdete troppo calore e occupate troppo spazio”

Nyven sorrise: “Da dove vengo io, il sole brucia la terra anche quand’è notte fonda”

Lei sorrise: “La terra da dove vieni tu ha il colore dei tuoi capelli, la mia si colora solo del bianco della neve o del nero della notte”

 

Le luci vennero spente quasi subito e Nyven si ritrovò immerso nel buio più scuro. Non gli rimase che sdraiarsi sul giaciglio che gli avevano preparato e chiudere gli occhi. Tuttavia non riusciva a prendere sonno. Si portò le coperte fin sopra il naso, nel tentativo di scacciare i mille e più pensieri che urlavano nella sua testa e non lo lasciavano dormire.

Che cos’era successo da quando aveva lasciato la casa di Irìyas? Dov’erano i suoi inseguitori, l’uomo che l’aveva legato di fronte all’osteria il giorno prima? Nyven aveva ricordi molto confusi. Ma in lui c’era una strana consapevolezza: sapeva che era a causa sua se i suoi inseguitori erano scomparsi. Era a causa sua se nessuno ora gli dava più la caccia. Sorrise.

Non ricordava quello che era successo, ma qualcosa in lui era profondamente cambiato: non aveva più paura. Era forse spaesato, perché non conosceva quei luoghi, perché era lontano da casa. Ma quel sottile filo d’ansia che l’aveva accompagnato da sempre, sembrava un ricordo lontano. Quasi non gli fosse mai appartenuto. Sentiva le sua braccia più forti e la sua mente molto più lucida.

E poi…

E poi c’era qualcosa di ancora più nuovo che bussava alla sua mente e gli rubava il sonno. Qualcosa di ancora non ben chiaro ai suoi pensieri. C’era una sensazione in lui di appartenere altrove, di non essere nato sotto il sole di Droà, di non essere nato al caldo di una terra bagnata dal mare del sud. Eppure, nonostante questa consapevolezza, sapeva altrettanto bene che Droà era tutto ciò che si ricordava. Sospirò, nel buio del corridoio dei Koob. Ora era lì, a nord, senza sapere esattamente il motivo per cui era lì. Era stato portato, obbligato e messo in catene.

Adiisia, come Droà, osservava gli uomini, con tranquillità, lasciandoli affannare nelle loro vicende quotidiane. Ma quei due occhi, quello del nord e quello del sud, non si erano mai posati su di lui. Nyven sapeva che le due città l’avevano riconosciuto.

Sospirò nuovamente e si passò una mano in faccia, come a togliere con le dita i pensieri cui non riusciva a dare un ordine.  

Ora non avrebbe dovuto fare altro che tornare da Irìyas. Perché il mago, nonostante fosse il suo “padrone”, era l’unico che era sempre stato estremamente chiaro con lui. Gli aveva detto quello che voleva, senza giri di parole o inutili inganni. E poi, chi voleva prendere in giro? Irìyas aveva avuto la meglio su di lui il primo giorno, quando immerso nell’acqua l’aveva guardato con i suoi occhi verdi e aveva capito di lui cose che allo stesso Nyven ancora sfuggivano. Doveva tornare da Irìyas perché voleva tornare da Irìyas. E perché voleva aiutarlo ad andare ad Est.

Che cosa avrebbe fatto una volta che il mago fosse partito non era una questione a cui pensare. Ora solo doveva ritrovarlo. Lì ad Adiisia. Perché Irìyas era venuto per lui, a riprenderselo.

Di nuovo Nyven si strinse nelle coperte, felice a quel pensiero: Irìyas era lì per lui. O forse solo per i suoi capelli. Ciononostante, era venuto.

Già… i suoi capelli, che ora erano lunghi, lunghissimi e cremisi. Irìyas sarebbe stato contento di vederli così. E lui ne sarebbe stato contento di conseguenza. Nemmeno Nyven riusciva a capire il suo rapporto col mago, né tanto meno perché avesse tutta quella voglia di aiutarlo. Era probabilmente la capacità di Irìyas di sedurre chiunque gli fosse necessario che aveva avuto la meglio sul ragazzo. Gli bastava vedere il viso del suo padrone felice, avrebbe avuto tempo per capire i perché che muovevano ogni cosa.

Il sonno stava quasi per aver la meglio su di lui quando, d’improvviso, la sua mano sinistra iniziò a bruciare sotto la sua guancia. Nyven si alzò di scatto, sorpreso da se stesso. Tentò di guardarsi la mano, ma in quel buio non si vedeva nulla. Prima le dita, poi il polso, il braccio la spalla e la nuca. Poi tutta la schiena. Il dolore fu così intenso che Nyven emise un gemito, nonostante cercasse di non svegliare nessuno dei suoi ospiti. Si mise una mano di fronte alla bocca e soppresse un grido: la sua pelle bruciava. Cercò di mettersi in piedi, per raggiungere una stanza dove poter vedere che cosa avesse il suo braccio, ma le sue gambe erano intorpidite. Ricadde sdraiato nel suo letto, ansimante. Il fuoco gli era amico, ma aveva la netta sensazione che lo stesse bruciando.

 

Sentì una mano scuoterlo violentemente. Nyven si svegliò di soprassalto. Una faccia pelosa, con gli occhi accigliati e oscurati da un cappello calato sulla fronte, lo guardava con ira.

“Chi sei?”

“Chi sei tu, chi, maledetto gigante maledetto!”

Si mise in piedi di soprassalto, dimentico di quanto fosse appena successo la notte precedente.

“Che cosa vuoi?” il koob di fronte a lui aveva un bastone fra le mani, col quale lo colpì violentemente alle ginocchia.

“Esci subito da questa casa, esci, non abbiamo bisogno di voi giganti qua dentro, non!”

Nyven vide Lè accorrere.

“Lascialo stare, lascialo”
”La casa di mio padre, la, così profanata, così”

Il koob che aveva svegliato Nyven iniziò a litigare con Lè.

“E’ anche la casa di mio padre, è” poi Lè si girò verso Nyven “E’ l’alba, è. Esci e va’ pure a cercare come tornare a casa, esci”

Il koob, che Nyven immaginò essere il cugino cui Lè aveva accennato la sera prima, si girò verso il ragazzo, brandendo di nuovo il bastone: “Vattene via, vattene. Io non sopporto i giganti, io!”

Nyven così si ritrovò sbattuto fuori senza troppe cortesie, con un Lè che continuava a gridare col cugino, in una lingua che Nyven faceva fatica a capire.

Faceva ancora freddo, l’aria di Adiisia svegliò completamente il ragazzo che si guardò velocemente intorno.

C’erano alcune case che Nyven non aveva visto la sera prima e occhi spalancati di Koob che lo guardavano, atterriti. Il ragazzo non capì. Una bambina lo indicò e si mise a piangere. Nyven indietreggiò, voleva andarsene ma davanti a lui si stavano riunendo troppe persone.

Nyven si strinse nella coperta che aveva preso a casa di Lè, e fu allora che vide la sua mano sinistra. Un tatuaggio gli percorreva le dita, gli legava il polso e si attorcigliava lungo il braccio, fino alla spalla. Poi Nyven non riusciva a vedere dove questo proseguisse, ma il suo significato non lasciava dubbi. Coprì il braccio con la coperta, con la quale si avvolse tutto, per nascondersi. E si mise a correre. Doveva andare via, doveva avere un attimo di tempo da solo per guardarsi, per capire… Ecco che cos’era il dolore di quella notte: quel tatuaggio che riappariva, indelebile sulla sua pelle. Perché l’aveva?

Nyven non ricordava assolutamente nulla.

Un koob cercò di fermarlo, ma nessuno gli si oppose davvero.

Dov’era Irìyas? No, forse non doveva cercarlo… ma il mago l’avrebbe trovato.

Il cuore di Nyven batteva all’impazzata, quel disegno su suo braccio sinistro, i nodi e gli intrecci lo condannavano a morte.

Che cosa aveva fatto per meritarsi…

I pensieri di Nyven furono interrotti dai rumori di una piazza vicina. Il ragazzo si coprì bene la testa, il corpo e le braccia. Nessuno poteva vedere la sua pelle. Prese una stradina che lo portò in una piazza molto affollata: lì forse qualcuno poteva dirgli se uno straniero dagli occhi verdi era da poco arrivato in città.

Non fu necessario chiedere. Appena arrivato in piazza, una mano lo afferrò. Prima di poter protestare, un dito gli chiuse la bocca: “Dopo, non qui”

Nyven non riuscì a trattenere la sorpresa. La mano di Irìyas stringeva forte la sua, ora forse avrebbe avuto pace.

Camminò per stradine con poca gente, quasi Irìyas non volesse incontrare nessuno. Arrivarono di fronte alla locanda che Nyven riconobbe essere la stessa dov’era stato legato appena arrivato ad Adiisia. Non entrarono dalla porta principale ma salirono delle scale esterne. Irìyas non lasciava andare la sua mano e Nyven la stringeva forse un po’ troppo forte.

Solo all’interno della stanza il mago lasciò andare la presa, finalmente girandosi verso il ragazzo e guardandolo negli occhi. Nyven non riuscì a leggerli, tanto era agitato. Si strinse nella coperta, ma Irìyas non gli permise di fare un passo indietro.

Il mago non parlava, aveva le labbra strette e quegli occhi verdi fissi sul suo viso. Con la mano gli accarezzò la fronte e Nyven ebbe l’impressione di udire un sospiro, lieve.

Forse era solo  un’impressione…

Irìyas prese  una ciocca dei capelli rossi del ragazzo e l’accarezzò per tutta la sua lunghezza. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma subito la richiuse. Lasciò andare i capelli e gli portò la mano sul viso, percorrendo la linea degli zigomi e poi scostando la coperta dalla testa di Nyven. Il ragazzo aveva la bocca asciutta e non aveva nessuna parola da frapporre tra lui e il mago, ma quando capì che la coperta non gli nascondeva più la nuca, tremò, facendo un passo indietro di istinto.

“Non…” riuscì a dire, spezzando con la sua voce quel momento “Irìyas non…” ripeté, cercando di dare un senso alle sue parole.

Vide il mago aggrottare le sopracciglia e poi spalancare gli occhi, appena il disegno sulla sua pelle fu evidente. Prese la coperta e gliela tolse, lasciandolo coi vestiti leggeri che aveva a Tangorn.

“Chi è stato?”

Il ragazzo scosse la testa: “Nessuno qui ad Adiisia”

“Chi sei Nyven?”

Di nuovo il ragazzo scosse la testa: “Non lo so”

Irìyas gli si avvicinò, di nuovo prese i suoi capelli fra le dita, poi percorse con l’indice il tatuaggio sul collo di Nyven, sulla sua spalla e sul braccio. Ogni intreccio, ogni nodo.

“Torni con me?”

Nyven non si aspettava quella domanda, così semplice e diretta. Non sapeva dove altro andare, ma soprattutto non voleva andare da nessun’altra parte se non ovunque fosse Irìyas. Fece sì con la testa e si morse le labbra per non piangere. Poi l’abbracciò, incurante di quello che avrebbe e non avrebbe dovuto fare. Abbracciò Irìyas come non potesse fare altro. E il mago ricambiò l’abbraccio, stringendo il ragazzo a sé. Con la mano destra gli percorse la schiena, sfiorando quel tatuaggio inciso sulla pelle di Nyven.

Nyven era stato maledetto. Qualcuno che conosceva le Maledizioni ne aveva lanciata una contro di lui, in un tempo remoto, forse, o forse prossimo.

La Maledizione ora gravava sulla volontà di Nyven legandogli le dita, sulla sua forza intrecciandogli il braccio, sul suo destino coprendogli la nuca e sulla sua vita disegnandogli la schiena.

Irìyas conosceva pochissimi esseri in grado di dominare le Maledizioni.

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


Ciao a tutti. I problemi con il computer rimangono e io sono nella fase "disperazione" per vari motivi. Uno di questi è che io, l'html, non lo so oggettivamente usare, quindi per fare questa pagina ci ho messo (non è un assurdità) 50 minuti netti. Prima usavo front page, due click ed il gioco era fatto. Ora non so far niente. Quindi devo procurarmi un nuovo editor, altrimenti rischio di posticipare sempre la pubblicazione dei capitoli perchè devo avere mezzo pomeriggio per caricarli online ._. Non si può mica... Avete idea di un editor gratis che posso utilizzare? Magari scaricabile da internet, facile e "userfriendly"? Mamma mia, potrei anche imparare i 4 comandi dell'html, davvero...
Comunque sia, ecco che riesco a postare il nuovo capitolo. Mi scuso se la formattazione non è delle migliori (l'impegno, vi assicuro, c'è stato). Rin grazio tantissimo tutti per i commenti. Lo sapete che vi adoro, e che mi aiutate tantissimo ad andare avanti. Nella mia mente Cremisi è finita, ma scriverla, comunque, richiede impegno e fatica. Leggere quel che scrivete mi dà molta forza. Grazie. Trovo l'editor e riprendo a rispondere ad personam. Promesso. Ora devo andarmi a preparare qualcosa per il pranzo... Un bacio grande. Grazie ancora.
per ultimo, sìsì, non temete ormai la famosa "matassa" (come quale matassa? quella della trama XD) si sta srotolando. Ho finito oggi il capitolo 30 (sono un po' più avanti rispetto alla pubblicazione) e ormai è (quasi) finito il tempo dei misteri ^_^ Bacibaci (quanto ciancio!)

Capitolo Ventisei

 

 

Il sole era sorto da poco. I suoi raggi bianchi illuminavano le finestre della taverna dove Sideas si trovava e dove sorseggiava un infuso di ortiche e cannella. Non si era ancora svegliato nessuno. Persino l’oste aveva gli occhi assonnati e passava lentamente lo straccio sul bancone. Il cavaliere guardava fuori dalla finestra, con gli occhi di chi sta guardando tutt’altro. Adiisia era un mondo lontano, una terra di confine. Il Re non avrebbe mai potuto assoggettarla a sé.

Sideas si chiese se davvero il Re fosse così sprovveduto come appariva, oppure se il suo piano comprendesse qualcos’altro che lui ignorava. Se è vero che i draghi avrebbero potuto assoggettare le terre confinanti col Regno, era altrettanto vero che nessun drago ama la schiavitù. Appena avesse potuto si sarebbe ribellato, ardendo tutto il Regno, senza alcuna remora. Forse il Re conosceva più in dettaglio come Hago avesse fatto ad assoggettare Gyonnareth e non temeva quindi l’eventuale vendetta dei draghi…

Eppure, nonostante tutto, il regno stesso rischiava di sfaldarsi: quelle terre di confine, a Tangorn, probabilmente nei territori di Droà, per non parlare delle città dell’Ovest. Tutte le terre di confine avevano, a poco a poco, acquistato una loro autonomia a cui non avrebbero di certo rinunciato per il volere del Re.

Sideas sospirò. Era una situazione estremamente complicata. Dopo tutto, era anche impensabile che il regno si frammentasse in tante città stato, quando le reti commerciali erano così fitte che  nessuno avrebbe tratto un gran giovamento dalla propria dichiarazione d’indipendenza.

Forse il vero problema era il Re che ora sedeva al trono. Era un Re incapace, inconsapevole dei problemi che affrontavano le sue terre e fin troppo consapevole del suo potere.

Ed era un Re che regnava da troppo tempo.

“Sei diverso da come ti avevano descritto”

La voce di A’ece’nar interruppe il flusso di pensieri di Sideas. Il cavaliere non scostò gli occhi dal punto che stava fissando. Bevve un altro sorso del suo infuso, poi appoggiò la tazza sul tavolo e se ne versò ancora, dalla brocca bollente.

“E chi mi aveva descritto?”

“Le parole della gente. Sai…” A’ece’nar si strinse nelle spalle “ Ci sono persone che si conoscono prima che le si incontri”

Sideas annuì e non disse nulla.

“Abbiamo saputo che Beklar è scomparso. Temevamo il nuovo capitano delle guardie”

“Non lo temete più?”

“Ora il timore è diverso”

Sideas si girò, finalmente, per guardare il suo interlocutore negli occhi: “Perché parli al plurale? Di chi è questa volontà collettiva?”

A’ece’nar non rispose subito, sorrise: “E’ la volontà del consiglio, è la volontà che mi ha mandato qui…”

“Non dovresti parlare con me di queste cose”

Il ragazzo dai capelli blu annuì, a sua volta: “E’ vero, ma te l’ho detto. Sei diverso da come ti avevano descritto.” Prese fiato “Mio fratello m’ha insegnato a fidarmi dell’istinto. La gente della Città Nascosta sopravvive grazie al proprio istinto. Se non lo seguisse, le nostre navi cadrebbero giù dal mare, oltre i confini del mondo, e andrebbero perdute. Siamo abituati a basarci solo sull’istinto per capire la minima variazione delle correnti, per leggere le stelle e cosa ci stanno indicando…Se il nostro istinto ci abbandona, noi moriamo”

“Perché mi stai dicendo tutto questo?”

“C’è qualcosa in te che mi dice che Beklar ha cresciuto un buon figlio…”

“Sei giovane, devi stare attento”.

“Sono giovante, è vero, ma sono qui all’estremo nord del regno. Chi mi ha mandato s’è fidato di me”

Sideas annuì, capendo dove il ragazzo lo voleva portare.

A’ece’nar riprese a parlare: “Non mi hai ucciso, ieri, quando ti ho attaccato”

Sideas rise: “Non mi avrai scambiato per un pazzo sanguinario”

Il ragazzo dai capelli blu rise a sua volta: “No, ma avresti potuto farlo. Ti ho attaccato io, senza motivo, d’improvviso. Saresti stato più che giustificato”

“La Spada del Principi non si sporca mai del sangue di innocenti”

“Ma io sono un tuo nemico”

Sideas si girò verso il ragazzo, per ascoltare la sua spiegazione. A’ece’nar gli fece gesto con la mano per farlo avvicinare a sé: “Perché tu sai” gli bisbigliò all’orecchio “che tutta la Città Nascosta non vede l’ora di dichiararsi indipendente…” Rise divertito fra sé e sé. “Ma non lo farà. Non ora, comunque.”

Sideas annuì: “Lo so bene. E penso lo sappia anche il Re”

“Il Re dunque non è la tua mente, i tuoi occhi e la tua mano?”

“Il mio Re è tutto questo, sì…” era un terreno troppo fragile. A’ece’nar non doveva sapere né con chi stava Sideas, né doveva capire il suo pensiero. Lasciargli intuire di essere contro il Re sarebbe stato sicuramente controproducente. La voce non doveva diffondersi, la sua facciata doveva rimanere integra ed immacolata. Di contro però, sarebbe stato controproducente anche non lasciare nessuno spiragli aperto ad A’ece’nar. Il ragazzo si fidava. Per qualche motivo, il ragazzo gli indicava una direzione da prendere. Sideas non aveva assolutamente intenzione di chiudergli la porta.

Il cavaliere vide una figura muoversi rapidamente, all’esterno della locanda. Sorrise: Irìyas aveva trovato Nyven. Sarebbero dovuti tornare a casa di lì a poco.

I pensieri di Sideas furono di nuovo interrotti da A’ece’nar.

“Prendi questa” gli disse porgendogli un frammento di quello che, a prima vista, pareva vetro “ E fanne buon uso”. Poi si alzò, per andarsene “ Se davvero non mi sono sbagliato, userai quella pietra nel migliore dei modi. Se invece il mio giudizio è stato fuorviato dalla tua astuzia, allora quella pietra ti sarà inutile”

Sideas la sollevò, per farla brillare al sole: “E’ un Frammento d’Acqua”

A’ece’nar annuì.

“I Lavici, nel fondo delle nostre terre, forgiano pietre rosse, le generano dal fuoco e le plasmano con la loro arte. Sono conosciute come Frammenti di Fuoco, oppure semplicemente Pietre Laviche.” Sideas si girò per guardare negli occhi il ragazzo dai capelli blu “Sotto i mari i loro fratelli crescono e plasmano Frammenti d’Acqua, con egual cura ed egual arte. Gli uomini le conoscono anche come Acquee. Perché mi doni questo piccolo frammento?”

“E’ la chiave d’entrata, o quella d’uscita. Di più, lo sai, non ti dirò”

Sideas riguardò quel Frammento d’Acqua, sapendo che non avrebbe, in quel momento, ottenuto alcuna risposta.

E, se mai l’avrebbe ottenuta, non sarebbe stato in quei giorni e sotto quel cielo.

Annuì. Sideas era un uomo che sapeva pazientare.

Il ragazzino che gli era apparso e lo aveva attaccato il giorno prima - A’ece’nar ge Tiada-na Yssal-na – non era in realtà l’ingenuo ed infantile attaccabrighe che poteva sembrare.

Sideas strinse il Frammento d’Acqua fra le dita. Con quella pietra in suo possesso – una pietra di cui non conosceva né l’utilizzo, né tantomeno il perché fosse finita fra le sue mani – Sideas ebbe chiara ed evidente la dipartita della sua strada da quella di Irìyas.

Le loro strade erano sempre state diverse, ma pur sempre parallele. Forse lontane, forse nascoste agli occhi dell’altro. Lì, però, in quel momento, in un’Adiisia che ritornava al lavoro e dove lui si versava una tisana, col più quotidiano dei gesti, gli fu chiaro che i destini suoi e del suo mago erano stati intrecciati ma mai amalgamati. Lui non sarebbe mai andato ad Est, la sua destinazione sarebbe stata la Città Nascosta, probabilmente. Se fosse sopravvissuto all’arrivo di Gyonnareth.

Finì la seconda tazza di infuso, assaporando il retrogusto di cannella che gli pizzicava leggermente la lingua.

In fondo, anche lui, voleva scrivere la sua storia con le proprie mani.

 

 

 

“Vengo con te” fu una risposta ovvia, quella che Nyven diede ad Irìyas, nascosto fra le sue braccia. Nonostante tutto, però, entrambi aspettarono di udirla, prima di crederci.

La pelle di Nyven era calda, la Maledizione bruciava intessendosi con lei.

“Non sai chi è stato?” di nuovo Nyven scosse la testa

“Ma so che qualcosa è cambiato” aggiunse il ragazzo “I miei inseguitori… La Bianca… Sono stato io ad ucciderli”

“La Bianca è morta per mano di Gyofinnan”

Nyven obiettò: “La Bianca è morta perché mi ha portato via da casa tua”

Irìyas, in fondo al suo animo, sapeva che cosa intendeva il ragazzo. Gyofinnan aveva arso il corpo ormai vecchio della Bianca, ma tutto era stato generato dal gesto folle di portargli via Nyven.

“Non dovrei portarti con me. Forse la Bianca aveva visto giusto. Forse davvero, sei da allontanare…”

Nyven guardò Irìyas negli occhi, cercando di capire se il suo padrone stesse parlando sul serio oppure no. Bastò uno sguardo per capirlo. Sorrise, sollevato.

“Forse hai ragione” ammise “E’ da quando mi hai accolto nella tua casa che tutto è cambiato. Prima ero solo un ragazzino che cercava di sopravvivere a Droà. Ora non so più neanche chi sono…” alzò il braccio sinistro, guardando il suo tatuaggio “E sono stato maledetto, da qualcuno così potente da essere in grado di farlo senza che ne abbia memoria”

“C’è una parte oscura nella tua vita che tu non ricordi, ma che sta venendo in superficie. “ E ciononostante, voglio che torni a casa con me. Avrebbe voluto concludere Irìyas, ma si trattenne. In fondo, non era necessario che Nyven lo sapesse e non era necessario neanche ammetterselo ad alta voce.

“Non temi la mia Maledizione?”

Irìyas annuì: “Sarei uno sciocco e un ingenuo se ti dicessi che no, non la temo” sorrise fra sé e sé.

“Chiunque ti dica che non la teme mente. Una persona maledetta è una persona pericolosa”

“Eppure mi permetti di venire con te?” Nyven guardò Irìyas negli occhi, cercando di non tremare e di non temere le parole del mago. Sarebbero tornati a casa insieme, perché aveva così paura?
”Stai tremando”

“Perché ho paura” disse il ragazzo con sincerità.

“Di cosa?”

“Di molte cose. Ho sempre avuto paura di mole cose. Ora, però, ho anche paura di me stesso”

“Ti voglio a casa con me. Forse importerà sapere chi ti ha maledetto, forse no. Ma voglio che tu venga con me…” ripeté, sorprendendosi di quante volte avrebbe potuto ripetere quella frase.

Che cosa volesse di Nyven, non gli era ancora del tutto chiaro. Oltre i suoi capelli, voleva i suoi segreti. Voleva capire chi o che cosa fosse quel ragazzo. E voleva il ragazzo per sé. La sua possessività non gli permetteva di mentire a se stesso.

Gli porse delle vesti più consone per il clima di Adiisia, poi il mago lasciò la stanza, per uscire e permettere che il freddo clima del nord gli riordinasse i pensieri.

Vide Sideas uscire dalla locanda sottostante e sollevare lo sguardo verso di lui. Si fissarono, consapevoli di quello che avrebbero dovuto fare.

“Hago sta arrivando” disse Irìyas ad alta voce “Io devo fermarlo. Tutto il resto è di secondaria importanza”

Si girò lo stesso verso la stanza e verso il ragazzo con tatuato sulla pelle il simbolo di perdizione. Le sue dita furono percorse da un fremito, strinse con le mani la balaustra e non si mosse.

Il passato lo avrebbe inevitabilmente attirato a sé.

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***


Computer nuovo, programma nuovo, capitolo nuovo. Procediamo con ordine.

Computer nuovo, senza alcun programma utile, che devo ancora sistemare, ma finalmente "fichissimo", quindi che funziona. Zero programmi, ci dovrò lavorare a lungo...

Programma nuovo di html. Aealith non smetterò mai di ringraziarti. Non lo capisco ancora bene. Ma sembra un programmino davvero semplice per gente incapace tipo me. Indi, penso che lo si domi nel giro di poco (le ultime parole famose XD)

Capitolo nuovo, finalmente un lieve accenno di shounen ai, per chi si chiedesse se me lo fossi dimenticata. Il prossimo capitolo avrà una buona dose di spiegazioni e, alla fine, direi che d'ora in avanti, non si "accumuleranno" più nuovi misteri, ma si verranno a risolvere i vecchi. E sì, avete ragione, lo shounen ai un po' è carente, ma questa è una storia fantasy, prima che sentimentale. Ma fidatevi, ce n'è una buona dose ^_^ Un bacione a tutti

Capitolo Ventisette

 

 

La stanza era buia, solo un raggio di luce penetrava attraverso le imposte e giocava fra i capelli di Irìyas, capelli cobalto. Filo dopo filo, li accarezzava per poi perdersi e scomparire. Il mago dormiva.  S’era concesso un attimo di riposo, prima di tornare a Tangòrn e riprendere ciò che aveva bruscamente lasciato a metà, quando la Bianca gli aveva portato via Nyven. Un’ora di sonno solamente, dopo giorni che non se lo concedeva.

Nyven non riusciva a prendere sonno, invece. Non voleva e non poteva dormire. Temeva che appena avesse chiuso gli occhi i fantasmi del suo passato avrebbero preso il sopravvento.

Il ragazzo guardava quel sottile raggio sfiorare il mago senza recargli alcun disturbo, scrutava ogni sfaccettatura della sua luce su di lui.

Sospirò. Si sarebbe svegliato a breve. C’era qualcosa in quel sottile gioco di luce che metteva in allarme Nyven, ma era una preoccupazione a cui Nyven non voleva badare. Stava prendendo forma nella sua testa un luogo di terrore in cui lui era vissuto e in cui spesso, l’unica notizia dall’esterno era portata da un sottile raggio di luce che penetrava dal muro…

Si passò la mano sulla faccia, nel tentativo di distrarsi. Ma era impossibile: stava tutto inevitabilmente tornando in superficie.

Riposò gli occhi su Irìyas: era bello, stanco sul letto con quel tuo viso finalmente rilassato, senza né ombre né maschere, sereno. Da sveglio Irìyas indossava un abito che inevitabilmente lo oscurava e gli corrugava l’espressione in un misto di preoccupazione e malinconia. Lì sdraiato, Irìyas sembrava in pace.

Nyven per un istante s’illuse che questo significasse che il mago non lo temesse e che quindi non l’avrebbe mai allontanato da sé. In quella stanza buia, all’estremo nord del Regno, Nyven s’ingannava che questo significasse che prima o poi il mago gli avrebbe permesso di stargli vicino o anche semplicemente guardarlo nelle notti senza Lune.

Ma era un inganno, una sua speranza priva di fondamento: al di fuori di quelle mura, ormai, il Regno come lo si conosceva strava cedendo. Il Sole tramontava sulla Seconda Età e con la sua luce si sarebbe perso anche il mondo per come lo si conosceva.

Di nuovo Nyven cercò di scacciare con un gesto quei mille pensieri che si affollavano nella sua mente.

Perché in fondo al suo cuore lui sapeva che, in un modo o nell’altro, forse nel bene o forse nel male, lui avrebbe avuto un ruolo nel tramonto di questo Sole stanco e del suo tempo.

Ora però lui era lì, con Irìyas che gli aveva chiesto di tornare a casa, con Irìyas che lo voleva con sé. Era sufficiente questo per renderlo felice, incredibilmente felice. Irìyas diceva sempre che lui, la sua storia, voleva scriverla da sé. E non era forse possibile farlo anche per Nyven? Forse questa sua consapevolezza era tardiva, ma non poteva anche lui prendere il proprio destino fra le mani e decidere per se stesso? Non avrebbe mai compromesso il sogno di Irìyas, non si sarebbe mai frapposto fra lui e l’Est. Non era importante quanto, in cuor suo, temesse la sua vera natura. Quanto quella voce che gli continuava a dire che il punto di rottura sarebbe arrivato diventava assordante. Irìyas era - oramai – troppo importante perché il passato potesse intralciare il futuro.

 

Il raggio di luce perseverava ed illuminava i capelli del mago, che teneva gli occhi chiusi e respirava regolarmente. La semioscurità che veniva a generarsi sembrava quasi densa, sembrava quasi gravare sui sensi di Nyven. S’insinuava sottopelle, questa malinconia d’ombra che imperava sulla stanza. Nyven si avvicinò ad Irìyas, sapendo di non potere assolutamente sfiorarlo, ma non resistendo alla tentazione di farlo.

E se il mago si fosse svegliato? Il ragazzo cercò di stare attento, lo toccò delicatamente prima sulle guance, poi i capelli e di nuovo il viso. Disegnò con le dita gli zigomi del mago e arrivato alle labbra si fermò. Non osò toccarle. Possibile che il mago non si fosse svegliato?

Era risaputo che i maghi avessero il sonno così leggero che il cadere di una piuma li avrebbe svegliati. Forse era troppo stanco.

“Che cosa fai?”

I pensieri di Nyven furono subito smentiti. Si ritrovò nell’imbarazzo di non sapere cosa dire.

Ma Irìyas non aspettò una risposta che non poteva esserci, si alzò dal letto: “Dobbiamo andare” disse, ma continuò a guardare Nyven che non si era mosso. Gli prese i capelli fra le dita, ormai rossi e lunghissimi “Dovremo tagliarli…” la voce, alle orecchie di Nyven arrivò ovattata.

“Sono rossi” disse il ragazzo, in un moto di ovvietà, ma nella speranza che il suo gesto, l’aver accarezzato il suo padrone, potesse essere accantonato.

“Tutto ciò che ti appartiene, ormai, è rosso. C’è persino un riflesso rosso che a volte mi sembra di intravedere nel tuo iride, ma non capisco se è fuoco oppure sangue che è stato versato…”

“Da me?”

Irìyas aspettò un attimo prima di rispondere: “Sì, versato da te”

Nyven sussultò, sapeva già la risposta.

Si guardò le mani, che erano quelle di un ragazzo troppo dedito al lavoro, ma nulla di più. Non conosceva magie, né era uno stratega: “Io non avrei saputo come versare sangue…”

Ma sapevano entrambi che ciò che Nyven ricordava era solo una minima parte di quello che in effetti era stato.

 

Le tende vennero scosse da un alito d’aria e il raggio di luce che aveva fino a quel momento illuminato da solo la stanza tremò, scomparve e poi riapparve, prima timido, poi più intenso. Per un istante la stanza fu immersa nel buio.

Il buio fu irresistibile. Irìyas baciò le palpebre di Nyven, chiudendole e permettendosi di indugiare prima sull’una e poi sull’altra. Baciò le guance, e la linea del mento. La pelle del ragazzo era calda, lui era immobile.

“Devi nascondere la tua Maledizione al mondo” gli baciò l’orecchio in cui aveva appena bisbigliato. Nyven non capì una parola. Irìyas passò una mano sulla nuca del ragazzo, sulla schiena, sul braccio, fino a prendergli la mano.

Se la portò alla bocca. Il tatuaggio che gli aveva coperto la pelle era scomparso: ”E’ solo nascosto” precisò il mago “Agli occhi di chi non può vederlo”

Nyven non si mosse, anche quando il mago si allontanò da lui, scostando le tende dalla finestra.

“E’ tempo di andare, Adiisia ormai dev’essere lasciata alle spalle”

Irìyas uscì dalla stanza e Nyven udì i suoi passi scendere le scale. Eppure lui non si mosse. Si rese conto di non riuscire a muoversi.

Perché non l’aveva baciato?

Avrebbe dovuto fare un semplice gesto. Eppure non aveva fatto niente. Ormai era chiaro persino a se stesso, voleva Irìyas per sé.

Una voce nella sua mente gli suggerì di non osare troppo. Un’altra gli intimò di prendersi ciò che voleva.

 

Irìyas trovò Sideas alla finestra del salone principale. Del ragazzo dai capelli blu non c’era più traccia.

“Dobbiamo andare via di qui” gli disse il cavaliere senza voltarsi.

Irìyas guardò nella direzione verso cui guardava Sideas. Vide alcuni Koob lì di fronte alla locanda.

“Vogliono cacciare Nyven”

Sideas aggrottò le sopracciglia.
”A dopo le spiegazioni. E’ meglio uscire dal retro, non mi va di affrontare un nugolo di ometti pelosi ed impazziti”

Sideas sorrise.

“Vogliono Nyven” spiegò Irìyas “Meglio andare via”

Irìyas corse su per le scale, per far scendere Nyven. Sideas lasciò all’oste due Auri per il suo silenzio.

Un koob entrò nella locanda.

“Dov’è il ragazzo” chiese con tono minaccioso, ma si zittì quando davanti a lui vide Sideas.

“Non so di chi tu stia parlando, ma lasciami passare”

Il Koob arretrò, rimanendo sull’uscio della porta. Riprese coraggio: “Lo abbiamo visto tutti e sappiamo che è qui…”

Intervenne l’oste: “Signori, posso offrirvi qualcosa?”

“Oste, tu non sai a chi stai dando alloggio. E’ pericoloso”

“Pericoloso o no” obiettò Sideas “nessuno mi sembra pericoloso come te, che entri qui gridando e brandendo un bastone”

Il Koob guardò il cavaliere e vide la Spada dei Principi sulle sue spalle. Digrignò i denti.

“Siete tutti uguali, voi della capitale, spocchiosi e fastidiosi. Ma la nostra città deve liberarsi della feccia”
Sideas permise a quelle parole di irritarlo, ma non reagì. Si voltò verso l’oste: “E’ meglio che me ne vada. E’ inutile perdere tempo qui, quando le nostre faccende ci attendono altrove”

L’oste annuì, sollevato che quegli ospiti che si erano rivelati estremamente scomodi, se ne andassero.

Il Koob fermò il passo di Sideas: “Tu lo sai che ciò che rappresenti non ci piace?”

“Sei troppo esplicito, Koob. Dovresti essere più saggio e tenere le tue esternazioni per te”

“Questo Re cadrà”

Sideas estrasse la spada, troppo velocemente perché il Koob la vedesse. Il taglio sulla cute dell’uomo peloso fu superficiale, ma ugualmente doloroso.

“Sta attento” minacciò il cavaliere “Le guerre si iniziano così”

Se ne andò, sapendo che Irìyas e Nyven lo aspettavano. Non avrebbe voluto estrarre la spada, ma doveva far tacere quel koob molesto e doveva mantenere il suo ruolo ad Adiisia, così come altrove. Il Re regnava ancora e lui ne era il suo capitano.

 

Raggiunse gli altri e guardò il ragazzo, come se lo vedesse per la prima volta. La Lavica sull’elsa della sua spada brillò di una luce cupa e brillante. Sideas rimase impietrito.

“Lo vedi anche tu” la frase di Irìyas fu più una constatazione che una domanda. Sideas vedeva la maledizione, per quanto il tatuaggio fosse invisibile agli occhi, i sensi del cavaliere erano troppo sviluppati per non accorgersene.

“Ti hanno maledetto lontano da qui… Chi è stato?”

Nyven scosse la testa, i suoi occhi brillarono, riflettendo la luce della Spada dei Principi.

“Non so se temere più te oppure Hago che sarà qui fra poco”

Irìyas guardò l’amico: “Non indugiamo oltre”

***


Persefone Fuxia: Grassie mille *_* Gli intrighi politici, io li adoro, e sebbene non abbiano un'importanza fondamentale in Cremisi, ce l'avranno nel seguito (ahah sì, ovviamente Cremisi avrà un seguito. Ma sarà una storia "a parte". Semplicemente l'ambientazione sarà la stessa e temporalmente sarà subito dopo). Mi diverte fare e disfare trame losche XD Dammi della matta '^_^

AliDiPiume: ma no... ma... /Dic inizia a scappare. Non mi volere male °_° Per la mia salvezza, ho postato questo capitolo abbastanza in fretta, no? Per quanto riguarda l'editor, ti ringrazio tantissimo per la proposta, ma ho scaricato questo che mi hanno consigliato e mi trovo bene. Così posso editare il capitolo esattamente come vorrei ^_^ /Dic scappa dalla "quartatrice" XDD

Aealith: Grazie, salvatrice! Come ho già detto, ecco il tuo consiglio all'opera. Il programma sembra semplice da usare, perciò a prova di Dicembre XD Spero che il capitolo ti sia piaciuto ^^ Baci baci

Yukochan: L'ordine temporale, onestamente, non mi convince molto. Probabilmente, nella versione riveduta, lo cambierò un po', ma mi sembrava un dettaglio di poco conto, perciò per ora, l'ho lasciato com'era nell'originale. Nella realtà, anch'io vedo lo scorrere del tempo nel Regno in modo diverso rispetto a quello che ho riportato.  
Il capitolo 30 è già stato scritto, e farà festa grande sicuramente *_* Tu porta le pizze, io (come al solito) procuro l'alcol XD

DJKIKA: Computer nuovo. L'altro mi dava troppi problemi, finchè un giorno non si è più riacceso ._. Avendo i capitoli già pronti, proverò a postarli rapidamente. Cremisi è lunga, ho paura che poi "si perda il ritmo", se ci metto troppo ad aggiornare...

BiGi: Capitolo corto, hai ragione. Mi sono fatta perdonare con un aggiornamento abbastanza rapido? baci ^_^/

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Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***


Cremisi_28

L'avevo promesso: non ci saranno sempre "misteri su misteri", ecco che la trama inizia a districarsi, a farsi capire. Ecco che alcuni nodi vengono al pettine e vengono "sciolti". O se non altro, le cose iniziano ad avere un certo ordine. Voi che dite? Il povero Nyven ha comunque la testa confusa, ma quella ahimè, è pure difficile da sconfondere XD Mando un bacino a tutti quelli che leggono, ci stiamo avvicinando al capitolo 30, se siete ancora qui (o già qui) vi adoro *_* Dicembre ^_^/

Capitolo Ventotto

 

 

La trovarono così, cosparsa di fiori bianchi, che coprivano l’altare e ne profumavano l’aria.

La trovarono così, la Cappella del Vespro, inesorabilmente vuota ed incredibilmente sola.

“La Cappella morirà, se nessuno prenderà il posto della Bianca” sussurrò Zir, temendo, con la sua voce, di disturbare il sonno di quei luoghi “Non esiste più un noviziato dal quale scegliere il successore della Bianca e il Mattino è troppo lontano da qui perché il suo celebrante si preoccupi del Vespro”

Irìyas raccolse un fiore: “Era destino che la Bianca scomparisse nella sua follia. Non so se mai qualcuno prenderà il suo posto. Non è affar mio”

“Ma senza il suo Vespro, anche il Mattino si spegnerà. E senza le due Cappelle…” il coniglio sospirò, non osando pensare alle conseguenze che la distruzione di Mattino e Vespro avrebbe  portato.

Sideas alzò il Frammento d’Acqua di A’ece’nar e lasciò che questo brillasse al sole, di una luce azzurra innaturalmente intesa.

“Lascia che sia io ad occuparmi di questo mondo, non chiedere ad Irìyas risposte che non può avere”

“Come hai fatto ad ottenere un Frammento d’Acqua?” Zir venne percorso da un brivido di stupore, e lo stesso Irìyas non nascose la sua meraviglia.

“Porti con te il Frammento di Fuoco più grande del Regno e allo stesso modo maneggi un Frammento d’Acqua senza subirne conseguenze…” disse ammirato.

“Me l’ha donato A’ece’nar, il secondogenito dei regnanti della Città Nascosta. Non so perché, ma ho intenzione di scoprirlo. Non so quali porte mi aprirà, ma so per certo che solo capendolo potrò restaurare la pace in questo Regno che ormai, è chiaro, si sta sfaldando sotto i nostri occhi”

“E ripristinerai i Noviziati?” Zir era scettico.

Sideas sorrise, non sapendo rispondere: “Non lo so, Zir. Davvero. Ma sarebbe sciocco da parte mia pensare che per rifondare questo Regno io debba solo confrontarmi col Re. Il Vespro ha fondamenta molto solide, ma avrà bisogno presto di una celebrante. E così…” Non terminò la frase, troppe cose da dire e nessuna allo stesso tempo. Del resto, ormai lo sapeva, quel Frammento d’Acqua  aveva segnato il suo destino.

“Partirò dopo aver liberato Gyonnareth” poi si girò a guardare Irìyas che fissava la Cappella “le nostre strade si divideranno definitivamente lì”

Il mago annuì: “Può darsi che si incrocino nuovamente” disse, più all’aria che ai due che gli erano vicino “Andrai alla Città Nascosta?”

“Starò qui, all’inizio” Sideas sospirò “Ho bisogno di capire esattamente quello che sta succedendo per non fare passi falsi”

“Ma qui, Sideas, è lontano dalla capitale e lontano dai due regni confinanti…”

Qui, Zir, è la casa di Irìyas, che non è davvero lontana da nulla, nel Regno. Perché credi che sia venuto?”

Irìyas non trattenne la risata, quando vide sul muso di Zir un’espressione di completa confusione.

“Chiunque abbia il permesso di abitare la mia casa, lo ha di conseguenza per ogni suo accesso...” Zir cominciava a capire. Irìyas avrebbe lasciato la sua casa al vecchio amico, e con lei anche tutti gli accessi creati dal mago che rendevano il suo palazzo relativamente vicino a qualunque regione del Regno.

“Basta parlare del futuro, ora dobbiamo riportare l’attenzione al presente. Zir “Il tono di Irìyas era completamente cambiato “Va’ ad assicurarti che Nyven dorma. Il pensiero di Adiisia deve lasciarlo in pace almeno per un po’. E assicurati che la dea dell’Acqua stia tessendo i suoi capelli”.

Il coniglio salì – con una certa goffaggine – sul cavallo che l’aveva portato al Vespro. Guardò il Vespro e sospirò. Era davvero un peccato che tutto fosse in rovina.

 

“Perché Gyofinnan ha fatto tutto questo?” Dopo lunghi minuti di silenzio, Sideas diede voce alle sue domande.

“Gyofinnan è un essere molto aggressivo. Avrà avuto le sue ragioni, ma di certo, ha agito d’istinto”

Sideas scosse la testa: “Un drago impulsivo?” chiese incredulo.

Irìyas si strinse nelle spalle: “Per quanto lo possa essere un drago… Ai nostri occhi la loro vecchiaia è sinonimo di saggezza. La loro forza è sinonimo di dominio. Ma anche loro, esattamente come gli uomini, sono dominati dal carattere che è stato donato loro alla nascita. Gyofinnan non fa differenza” sospirò, distogliendo lo sguardo dal Vespro. “Gyofinnan vuole che Gyonnareth venga liberato. Non vuole altro. Qualunque cosa intralci il suo percorso, dev’essere spazzato via”

“Una forma di egoismo…”

Il mago annuì: “Una forma di egoismo, sì. Senza che sia necessariamente malvagia. Semplicemente, Gyofinnan non ha alcun interesse per le faccende umane, né per questa terra. Vuole tornare nella propria, col suo compagno. La Bianca deve, in qualche modo, aver fatto un passo falso”

Sideas annuì: “Un passo falso che le è costato la vita”

“Per Gyofinnan questo ha poca importanza. Un essere semi-eterno vede, nella caducità dell’uomo, la sua fragilità…”

Il cavaliere annuì: “Ora è nascosta, più di prima. Non c’ più la Bianca che la protegge… Perché rimane qui?” Sideas si voltò verso l’amico “Perché Finnan non se ne va, aspettando che Gyonnareth venga liberato o che distrugga il Regno?” fece una piccola pausa “Che cosa lega Gyofinnan a te, Irìyas?”

Irìyas sorrise, voltandosi verso l’amico. Non rispose subito, ma rimase a guardarlo per un istante, con una certa ammirazione.

“Non avresti mai dovuto andartene dall’Accademia e dirigerti verso la Capitale. O forse è colpa mia, non avrei mai dovuto lasciar passare così tanto tempo prima di ritrovarti”

Non rispose alla domanda, ma si diresse verso l’interno della Cappella. Il cavaliere lo seguì. In prossimità dell’altare, Irìyas riprese a parlare.

“Ero appena andato via dall’Accademia. Il Saggio Alem era morto, ucciso da una forza ignota. Hago era scappato rubando il segreto di come andare ad Est e appropriandosi del mio sogno. Ricordo i giorni che succedettero agli ultimi all’Accademia con una certa difficoltà. Non so esattamente cosa feci, forse perché anche allora non sapevo cosa fare… Pensavo di essere stato privato di tutto, del mio maestro, dei miei amici, e, soprattutto, che tutto quello che avevo voluto costruire per raggiungere il mio obiettivo fosse stato disfatto e calpestato” Irìyas sorrise, sedendosi sulla base di una colonna ormai in frantumi. “In quei giorni avevo completamente perso la mia lucidità. Non riuscivo a capire dove ritrovare la mia storia”

Sideas a sua volta si sedette vicino all’amico, per ascoltarlo; non fece rumore, per non interromperlo. Gli eventi all’Accademia – lo sapeva bene – erano una parte troppo fragile del passato di Irìyas che non potevano essere interrotti da alcun rumore.

“Non avevo un luogo dove tornare, né dove andare.  In quei giorni camminai e cavalcai a lungo. Molto a lungo, fino ad arrivare ai Confini del Mondo. Li hai mai visti?” Irìyas non aspettò la risposta. “Ero a Sud, fra il territorio di Droà e le Rapide di Ocber, dove crescono gli Alberi Millenari. Avevo viaggiato così tanto da essere arrivato alla Fine del Mondo e non aver assolutamente capito dove doveva portarmi la mia strada. Una volta arrivati al confine, che cosa si fa? O si va in mare, andando incontro a morte certa, oppure si torna indietro. Io non avevo intenzione né di fare l’una, né l’altra cosa. Perciò mi sono fermato. Dopo giorni e giorni, mesi forse, mi sono fermato, perché la strada s’interrompeva.

Il promontorio dov’ero arrivato e dove mi sedetti era molto più in alto del livello del mare, ma ugualmente qualche onda raggiungeva il mio piede. E rimasi lì a guardare quello spettacolo incredibile. Davanti a me il mare cadeva quasi subito, in una cascata di cui non si vedeva la fine. Creava mulinelli e vortici apparentemente senz’ordine e poi cadeva, inevitabilmente. Più ad Ovest invece, dove gli Alberi Millenari si arroccano e dove sprofondano le loro radici, l’acqua è molto più calma e il mare molto più pacato. La distesa azzurra  è molto più ampia e solo in lontananza, osservando bene, si vede la fine del mare. Lì, lontano, si può anche intravedere una delle Colonne. Purtroppo il suo colore si confonde con quello del cielo, perciò è difficile da vedere bene” Irìyas sembrava perso nel suo racconto, probabilmente tornato nel lontano Sud.

“Rimasi lì per un po’, a guardare il mare che cadeva e a chiedermi che cosa potessi fare. Finché non mi accorsi di non essere solo laggiù. Le Ancelle riempivano le loro giare d’acqua e la riversavano nelle Rapide di Ocber, che poi avrebbero riportato l’acqua al Mare Interno. La loro figura era appena accennata, esile ed imponente allo stesso tempo. Probabilmente c’erano anche quando ero arrivato, ma ero così preso dai miei pensieri che non le avevo viste. E’ lì che l’Ancella che ora è nel lago mi parlò per la prima volta. Senza che facessi niente, mi si avvicinò appoggiando la sua giara sull’acqua del mare e nuotando fino a me, per poi raggiungermi sul promontorio. Sapevo dell’esistenza delle Ancelle, ovviamente, ma non le avevo mai viste.

All’inizio non disse niente, si limitò a guardami e io a guardare lei. Aveva l’odore della salsedine e i colori del mare. Poi, d’un tratto, sorrise e m’indicò l’orizzonte, lontano. Troppo lontano perché io potessi vedere. O comunque non subito”

Irìyas prese fiato, ricordando nel dettaglio ogni risvolto di quel giorno.

“Fu così che incontrai Gyofinnan la prima volta. Un drago bellissimo, con le scaglie bianche che riverberavano la luce del sole ed un’eleganza che non avevo mai visto prima. Planò vicino a me, con quel suo fare che ho imparato essere tipico di lei: un po’ aggressivo e un po’ silenzioso. Quasi volesse testare le persone prima di rivolgere loro la parola. Mi parlò nella Lingua Antica, sapendo che è una lingua ormai dimenticata dalle orecchie degli Umani. Ma all’Accademia avevo imparato tutto ciò che ne era rimasto, perciò qualcosa capii. E questo, probabilmente, la ben dispose nei miei confronti.

E’ vero dunque quello che si dice, mago disse nella Lingua Ufficiale del Regno tu sei il compagno di studi di Hago l’Alchimista. Tu sei il mago dagli straordinari poteri.

Io non risposi subito, affascinato com’ero da lei e infastidito da quel nome pronunciato ad alta voce

Non so chi ti ha dato le informazioni che hai, ma di certo sono datate. Non sono più il compagno di studi di Hago.

Era troppo attenta – e io troppo giovane per nasconderlo – per non accorgersi del risentimento che provavo pronunciando quel nome.

So bene, disse lei, che la tua strada e quella di Hago si sono separate perché, ora, quella di Hago s’è incrociata con la mia.

Ricordo che se l’avessi avuto di fronte, avrei potuto ucciderlo lì, con le mie mani, ma solo quando Gyofinnan riprese a parlare, capì che dovevo fermare quel pazzo ad ogni costo.

Ha catturato Nnareth, il mio compagno.

Come può averlo catturato?

Gliel’ha insegnato l’Accademia.

Come ha potuto…

Per andare ad Est, l’ha messo in catene.”

Irìyas si alzò, e si mise di fronte a Sideas, parlandogli dritto negli occhi.

“Servono i draghi per andare ad Est” disse in un solo fiato, come sussurrando un segreto.

“Nessun viaggiatore è mai tornato dai Territori perché solo volando sul dorso di un drago si riescono ad oltrepassare, a superare il mare e ad arrivare nei Regni dell’Est. Solo sul dorso di un drago io avrei potuto scoprire cosa c’è al di là dei Territori di Confine” sospirò, quasi qualcosa, d’improvviso, l’avesse vinto “Ma nessun drago porterà mai nessun umano sul proprio dorso, per permettergli di viaggiare e scoprire ciò che vuole. Il draghi sono esseri liberi, mai avrebbero accettato di portare me, Hago o chiunque sulla propria schiena per assecondare i nostri futili desideri”

“Ed è per questo che Hago ha soggiogato Gyonnareth?”

Irìyas annuì: “Aveva imparato come farlo all’Accademia, e non aveva esitato a mettere in pratica le sue conoscenze, nonostante sapesse benissimo che i draghi sono animali sacri…” prese tempo “Nonostante sapesse benissimo che non gliel’avrei mai permesso”

Sideas capì “E’ per questo che Gyofinnan è venuta a cercarti?”

“Sì, è per questo. Gyofinnan sapeva che era troppo rischioso - per lei - opporsi a Hago. Se questi era stato in grado di soggiogare Gyonnareth, altrettanto avrebbe potuto fare con lei. Se lei si fosse fatta catturare allora, le loro speranze di libertà sarebbero svanite del tutto. Hago sa bene che se catturi un drago, questo non ti perdonerà mai. Non lascerà mai vivo e libero un drago a cui ha messo le catene”

Sideas annuì e Irìyas riprese a parlare: ”Ma Finnan sapeva che io potevo fermare Hago, potevo impedirgli di andare a Est. E sapeva anche che avrei comunque impedito ad Hago di fare ciò che io volevo fare”

“E come poteva saperlo?”

“Questo non lo so, ma quando venne a cercarmi, ai Confini del Mondo, sapeva già molte cose. E mi fece una proposta che non potevo certo rifiutare” sorrise, ricordandosi quel giorno.

“Ed è il motivo per cui Gyofinnan ora è qui”

Il mago annuì: “Se fossi stato in grado di liberare Gyonnareth dal giogo di Hago, mi avrebbe portato lei ad Est, volontariamente. Mi avrebbe permesso di volare sul suo dorso e mi avrebbe fatto attraversare i Territori, il Mare e avrebbe finalmente esaudito il mio desiderio”

Sideas inarcò le sopracciglia, sorpreso: “Liberare Gyonnareth e sconfiggero Hago, quindi, non è semplice vendetta”

Irìyas scosse la testa: “Abbiamo stretto un patto. Liberare Gyonnareth senza ferirlo, cosicché io possa andare ad Est”

Sideas vide finalmente tutto chiaramente: “E la rete che stai facendo tessere dall’Ancella è per rendere innocuo Gyonnareth…”

“I capelli di Nyven domano persino la fiamma dei draghi. Domano qualunque fuoco. Affrontare Gyonnareth il giorno del Solstizio senza rendere innocua la sua fiamma sarebbe da pazzi…”

“Tutto questo, però, ha portato l’anima di Nyven a risvegliarsi, il suo fondo cremisi a scalpitare pur di venire fuori…”

Irìyas non rispose subito: “Nyven”disse d’un tratto” è tutto ciò che non ho ancora capito, non so perché tutto quello che lo circonda sembra affondare le sue radici in avvenimenti di molto tempo fa”

Irìyas si alzò, facendo cenno all’amico di seguirlo: dovevano tornare a casa.

“Il mare continuò a cadere, ai Confini del Mondo, ma quando me ne andai di lì, io ero un uomo completamente diverso da quello che era arrivato laggiù per caso”

“Forse non era poi stato per caso”

“Forse. E forse Nyven ha una ragione per essere qui”

***

DJKIKA: non me ne volere *_* Appoggia quel badile, suvvia ''^_^ LO shounen ai scarseggia, lo so, ma perchè dev'essere inserito in altri luoghi. L'attrazione è chiara, ma non potevo farli saltare addosso l'uno all'altro, Avrei fatto un OOC in una original! La tentazione (ammetto) però, è stata grande XD abbi un pochino di fede . baci

Ali ò_O la mia pelle devo venderla molto cara °_° Lo so, lo so...La tentazione era enorme. credimi. Ma non era proprio quello il momento giusto. Ora, quando Irìyas deciderà che è ilmomento giusto, magari, avrai già tirato fuori il fucile e sparso il mio sangue per i 5 continenti... (Voglio dire, lo spargerei io stessa, se poi non dovessi andare a raccattarlo in giro XD). Baci baci

silencio caro, ciao! Bello risentirti *_* Grazie tantissimo per la tua recensione e spero che questo capitolo (in qualche modo un po'  chiarificatore) ti sia piaciuto altrettamento ^_^ Sideas piace moltissimo anche a me, mi diverte. Così tanto da dedicare 8finito cremisi) una storia tutta a lui. Il "seguito" (se di seguito si può parlare, dato che sarà solo un seguito "temporale") lo vedrà alle prese con gravi problemi di politica interna ed estera XD I koob, invece, sono quel che sono. Un popolo molto chiuso nelle sue tradizioni e molto irritato dalla presenza di esterni. Non potevo creare degli illuminati. In ultimi, la lingua...Sulla lingua ci sto facendo un piccolo dizionarietto. Mi piacerebbe scrivere anche qualcosa della Lingua Antica, ma temo che il risultato la "imbartardisca" troppo. La lingua del regno, invece 8diversa da quella della Citta Nascosta ha regole di pronuncia più precise. Appena è pronto lo posto ^_^ Un bacio grande, a presto ^_^/

Namida:hai perfettamente ragione! i nomi degli abitanti della città nascosta sono impronunciabili; e non solo per te. Io che li ho inventati, poi, fatico a ricordarli...vedi  un po' ._. Forse un "Giorgio" sarebbe stato meglio XDD Felice che lo shounen ai sfumato ti sia piaciuto (e che almeno tu non mi abbia minacciato di morte °_°) Besos

Francesca: era ora, me lo dico io stessa XD

Aealith: salvatore! scusami. Chissà perchè ero convinta fossi una ragazza. Birra per farmi perdonare? Le fan dello shounen ai mi sono collassate sì, ma mi hanno anche minacciato di morte, di accoltellamenti nella notte e cose simili. Aiuto °_°  (però mi salvo, dato che Hago sta davvero arrivando... XD). Vendo cara la pelle XD

BiGi: ogni promessa è debito, abbi fede °_°

Aphrodite, sorellina. felice di risentirti. E felice che i capitoli ti siano piaciuti. Irìyas lo sto persuadendo a che si sciolga un pochino, del resto non può mica rimanere tutto d'un pezzo fino alla fine °_° altrimenti non c'è divertimento XD

Yuko: Sideas *_* Mi piacer così tanto che s'è meritato una storia da protagonista (dopo Cremisi). Non manga tantissimo alla fine, perciò sto già delineando il suo percorso. Non potevo lasciare che un personaggio così mi sfuggisse (poi quei capelli bianchi, quell'aria assorta... Mi piace *_*). Pensa che all'inizio era davvero solo un personaggio minore... 

Un bacione a tutti...

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Capitolo 29
*** Capitolo 29 ***


Ciao a tutti ^_^/ Finalmente (per chi lo attende9 un altro po' di shounen ai. Ma soprattutto, finalmente, un po' di... ah sono in vena di misteri  XD meglio arrivare a fine capitolo. So che ci sono persone che aspettavano le ultime righe da tempo (io compresa!). baci baci

Capitolo Ventinove

 

 

Sì. Forse davvero Nyven aveva una ragione per essere lì, ma lui non sapeva quale fosse.

Ormai, però, era convinto che le coincidenze non esistessero: a tutto c’era una ragione. Irìyas si fermò a guardare il sole che tramontava languido sul suo lago. C’era una quiete irreale, lì intorno. L’acqua era troppo lontana perché si sentisse, gli alberi erano immobili, gli uccelli silenti e il cielo silenzioso. La quiete prima della tempesta. Ormai mancavano pochissimi giorni al Solstizio e il mago sapeva che Hago sarebbe arrivato allora: Gyonnareth e il suo fuoco sarebbero stati molto più forti con l’aiuto del sole.

Irìyas strinse i pugni. Un lieve formicolio gli attraversò i polpastrelli. Inutile negarselo: quella era anticipazione. Avrebbe sconfitto Hago, avrebbe liberato Gyonnareth e avrebbe intrapreso la strada per l’Est, è vero. Ma prima di tutto, avrebbe rivisto il suo vecchio compagno. Era suo nemico, ora, ed era l’unico ostacolo che si frapponeva fra lui e l’Est.

Entrò nella stanza dove Nyven si trovava ormai da tempo. Era sveglio e gli dava le spalle, appoggiato alla balaustra del balcone a guardare lontano. La sua schiena era nuda e il tatuaggio della Maledizione era ben evidente. Non aveva più senso nasconderlo, ora che si era ritornati a casa.
La schiena di Nyven, così come tutto il suo corpo, era lievemente cambiata. I muscoli erano diventati più delineati, le braccia parevano più forti. I suoi capelli, poi, nonostante fossero appena stati tagliati, già gli coprivano la nuca. Rosso cremisi.
Nyven non si accorse che Irìyas era entrato nella stanza, rimase a guardare davanti a sé senza muoversi.
Irìyas gli si avvicinò silenziosamente, fino a sedersi di fianco al ragazzo.

Fu solo allora che Nyven si accorse di una presenza in camera sua. Sussultò, spaventato.

“Oh” riuscì a dire, non aspettandosi di vedere lì il suo padrone.

“Ti ho spaventato?” chiese sapendo già la risposta “Sei sveglio da molto?”

“Da un po’ i miei capelli continuano a crescere, a vista d’occhio...”

Irìyas sorrise, prendendone una ciocca “E ormai non crescono più capelli neri”

Nyven si strinse nelle spalle: “Non ho controllo sul mio corpo. Succedono cose…”

Irìyas lo interruppe, mettendogli un dito sulle labbra: “Non ti preoccupare”

“Irìyas, io…”

“Shhh…”

Nyven sospirò, riportando i suoi occhi sul lago di fronte a sé.

“Mancano pochi giorni, ormai li sento qui”

Irìyas annuì e Nyven proseguì: “Ora che la Bianca non protegge più Gyofinnan, sento la sua presenza forte e preponderante. Ma la forza che percepisco arrivare è molto più aggressiva: Gyonnareth è arrabbiato. Distruggerà tutto”

“Gyonnareth è un drago in catene che non riesce a liberarsi. Rivuole la sua compagna e rivuole la sua libertà”

Nyven annuì, consapevole: “Si dovesse sbagliare qualcosa, si dovesse anche solo lasciargli uno spiraglio, Gyonnareth distruggerà tutto quanto”
“E’ per questo che Sideas è qui… Per molti altri motivi, anche, ma soprattutto perché deve proteggere la sua terra. Se dovessimo sbagliare qualcosa “ Irìyas sorrise, ripetendo la frase di Nyven “ Se dovessimo sbagliare qualcosa, Sideas non può lasciare che Gyonnareth arda il regno. Sebbene le sue fondamenta siano fragili, è la sua terra. La proteggerà finché avrà forza”

Nyven riportò gli occhi su Irìyas e vide che il mago non li aveva mai tolti da lui. Rimase in silenzio per un attimo, con mille domande in testa e la difficoltà di formularne anche solo una.

“La sua terra…” ripeté “Tu andrai ad Est, vero?”

Che domanda stupida. Nyven si rese conto di quanto fosse sciocca la sua domanda nel momento in cui la pronunciò, ma ormai non poteva rimangiarsela. Non era forse tutto finalizzato al sogno di Irìyas?

“Vuoi venire con me?” Il mago capì ben prima del ragazzo il perché Nyven avesse fatto una domanda così sciocca.
Lui guardò il padrone, con le labbra secche e nessuna parola da condividere.

Poi annuì: “Io…” prese fiato “io voglio stare con te” arrossì alle sue parole. “A me non interessa così tanto l’Est. Non conosco bene l’Ovest, non ho viaggiato, né studiato molto, ma…” di nuovo fece una pausa “Ma vorrei stare con te. Vivere nella tua casa, e non dover ricominciare tutto daccapo con qualcuno che mi compra ad un nuovo mercato. Pensavo… tempo fa pensavo che fare una vita così non mi avrebbe pesato. In fondo, io non saprei cosa fare se fossi da solo. Nessuno mi ha mai insegnato cosa fare e io non sono abituato a pensare che posso stare da solo. Forse tra un po’, forse serve del tempo. Ma ho sempre pensato che una vita così sia una vita comoda, in cui non devi fare niente se non quello che ti viene detto. “ Abbassò lo sguardo imbarazzato “Ora è tutto diverso. Ora finalmente voglio qualcosa per me, non voglio fare quello che altri mi dicono.” Rise fra sé e sé “La Bianca è morta a causa mia, io ho tentato di ucciderla e lei ha scoperto chi sono. Così Finnan, in mia vece, l’ha uccisa e così Finnan, in mia vece, sa chi sono. Sono stanco di questa passività, lo trovi sciocco?”

Irìyas non parlò, ma scosse la testa, lasciando che Nyven proseguisse.

“Sono stanco di non sapere e vivere in un mondo in cui gli altri sanno, sono stanco di stringere i pugni e non avere niente fra le mani” se le guardò “Ora so che sono mani incredibilmente forti, queste. So che posso fare quello che voglio, senza lasciare che gli altri agiscano in vece mia. Io posso scoprire chi sono senza che siano gli altri a dirmelo… In qualche modo” guardò Irìyas negli occhi per un istante di troppo “ la mia storia, ora, posso scriverla anch’io da me”

Irìyas sorrise, per la sua frase rubata.

“E ora so che è o con te, o da solo che starò. Anche se questo mi è vietato dalla legge. Riscatterò la mia libertà”
Non era ciò che voleva dire, ancora una volta Nyven si rese conto che le frasi gli si formavano sulle labbra prima che in testa. Lui voleva stare con Irìyas. O da solo o con lui sì, ma solo perché non aveva senso stare con nessun altro. Mise una mano sulla camicia di Irìyas e strinse il pugno, sgualcendola. Ma in fondo non aveva più grande importanza. E Irìyas lo lasciò fare, senza opporre nessuna resistenza, incuriosito e intenerito dall’esitazione del ragazzo.
Lasciò che il suo schiavo lo baciasse, a fior di labbra. Erano calde e secche, le labbra del suo Nyven, che si staccò immediatamente. Irìyas non lo lasciò allontanare.

“Andrò da solo ad Est” disse il mago e Nyven strinse le labbra “Non ha senso che tu venga con me. Ma ha senso che tu sia libero “ gli sussurrò sulla pelle “Non sarò io, né Finnan, né la Bianca a dirti quello che farai. E’ giusto così”

“Ma… “ protestò il ragazzo, Irìyas lo interruppe.

“ Com’è facile, per me, avere ragione su di te? Farai quello che ti dico. Eseguirai qualunque mia parola. Lo so io, ma lo sai bene anche tu. Sei venuto qui per i tuoi capelli. Qui, a differenza che in qualunque altro posto dove sei stato, nessuno ti ha trattato come uno schiavo. E questo ti fa illudere che questo bacio sia sincero. E che tu voglia venire ad Est perché vuoi stare con me. Avresti voluto rimanere con chiunque ti avesse trattato con un minimo di umanità”

Nyven non lasciò che il mago proseguisse con quest’assurdità: “Non è vero!” guardò il mago dritto negli occhi “E’… diverso” ma non riuscì a spiegarsi, come avrebbe voluto “ E’ diverso perché è grazie a te che…”

“Non è grazie a me. E’ solo il naturale corso degli eventi”

Nyven si ammutolì, corrugando la fronte: “Sei ingiusto. Anche tu pensi che io non sia in grado di discernere cosa voglio per me da cosa semplicemente è capitato. Forse hai ragione, non avrei avuto questo desiderio di libertà – non ora comunque – se non fossi stato tu a prendermi al Crocevia. Ma è ingiusto e sbagliato da parte tua fraintendermi. Lascia che sia io a volerti. Permettimi di farlo, permettimi di voler venire ad Est, di voler stare con te. So che non è questa la mia strada, ma è quello che vorrei. Perciò, per favore, non pensare che i miei desideri non mi appartengano”. Fu Irìyas a baciarlo, questa volta, interrompendo il farfugliare senza senso di Nyven. Fu un bacio molto più profondo del primo e molto più intenso. Nyven si ritrovò completamente senza fiato.

Desideri, volontà… Niente aveva alcun senso alle orecchie né dell’uno, né dell’altro.

Irìyas sapeva che Nyven era solo affascinato dalla nuova libertà che vedeva a portata di mano, da quei misteri di cui era inevitabilmente venuto a far parte e da quella nuova forza che sentiva scorrere nelle vene. Finalmente il ragazzo capiva, sentiva… Finalmente Nyven percepiva di essere forte e di poter reggersi sulle proprie gambe da solo.

Di contro Nyven non tollerava sentire il suo Irìyas mettere in discussione quello che per lui era così evidente: c’era il mago e nessun altro. Non perché fosse stato il primo, non per una casualità. Ma perché era lui, coi suoi silenzi, i suoi sorrisi. Il suo fare prepotente a volte e protettivo altre. Era semplicemente e solo lui.

Nyven lo strinse a sé, nascondendosi nella spalla del mago. A volte, il suo Irìyas, era davvero irragionevole.





Il sole calò sul lago e su tutto il regno, lasciando che la notte ricoprisse tutto il cielo. Irìyas uscì dalla stanza di Nyven. Si passò una mano sugli occhi, pur di non pensare. La voce di Zir lo raggiunse inaspettata: “Irìyas dovresti riposarti un po’” il coniglio si sistemò gli occhiali sul naso “Non puoi arrivare così al Solstizio”

Il mago annuì, consapevole, mentre il coniglio riprese la parola: “Non lasciare…”

Ma il mago lo interruppe con un gesto: “Non parlare”

“Sai che ho ragione. Nyven si rivelerà troppo pericoloso”

Il mago sorrise: “Fosse innocuo non saremmo certo a questo punto”. E se ne andò verso la sua stanza. La tristezza nel tono del mago non sfuggì al fedele Eclage che ne conosceva fin troppo bene l’animo.





Il suo corpo era adagiato sul limitare del Bosco Nuovo. Se occhio umano l’avesse visto, in quella notte priva di stelle, non avrebbe saputo discernere la sua sagoma da quella del buio. Solo un orecchio acuto avrebbe potuto sentire il suo respiro, profondo e lento, quasi il battito di un cuore che si sta fermando. Le sue palpebre chiuse nascondevano gli occhi rossi ed iracondi, a cui non sarebbe sfuggita la più piccola delle prede. Le palpebre erano chiuse, ma lui non dormiva. Solo aspettava. Aspettava una mossa falsa di colui che aveva osato metterlo in catene, oppure di raggiungere il suo obiettivo e distruggere tutto ciò che si frapponeva fra lui e la morte degli esseri umani che lo tenevano lontano dal cielo e da Finnan.

Il suo respiro si fece più profondo e l’aria intorno a lui divenne bollente, per un istante. Le foglie sugli alberi a lui più prossimi divennero brace e si sparpagliarono in cielo.

“Manca poco, non essere così impaziente” la voce dell’Alchimista gli fece aprire un occhio, che brillò.

“Alla tua morte” concluse lui, con la voce che gli proveniva dalla profondità della gola, calda e cupa, quasi inudibile.

L’umano rise: “ Qualcuno di certo morirà…”

“Gli uomini non possono attraversare i Territori, è inutile che vi affanniate”

L’umano rise di nuovo: “Mi sembra che si sia già ampiamente affrontata questa discussione”

Il drago chiuse l’occhio: “Fai tu, io ti ho avvisato”

“Fra un po’ è il Solstizio…”

“Davvero credi che Irìyas non abbia posto rimedio al nostro arrivo?”

“Penso che abbia provato, sì, ma la cosa non mi preoccupa. E’ così convinto che Alem, il suo grande maestro, gli abbia detto la verità, che non sospetterà mai che sia stato lui per primo a tradirlo”

“Voi uomini siete degli essere ben più feroci di chiunque altro abbia mai incontrato su questa terra. Tradite i vostri amici, i vostri genitori e i vostri figli come fosse la più normale delle cose”

Hago non rispose, e si sedette anche lui, appoggiando la schiena ad un albero.

“Riprenderemo il nostro viaggio all’alba. Ora è meglio riposare”.

Gyonnareth non disse nulla, solo alzò il collo, per guardare nella direzione in cui sapeva si trovava Finnan.

Si chiese come mai la sua compagna fosse così vicina al mago, ma presto l’avrebbe scoperto lui stesso.

***

Aealith: santa birra! Sempre sia lodata, ovviamente *_* Hago ... quasi non aspetto altro neanch'io. Per una che pensa già ai personaggi prima di scriverli, Hago è rimasto in silenzio troppo a lungo! Besos

DJKIKA: Lemon O_O eheheh ad essere del tutto onesti, in Cremisi, non ci sarà una lemon, non penso si adatti bene con il tipo di trama. ne ho scritte e ne scriverò, però, quindi non temere, non voglio perdere la mia verve "slash". del resto, Cremisi ha quest'aura di magia intorno, che mi sarebbe difficile mettere una scena fisica troppo esplicita. In questo capitolo, però, c'è un piccolo accenno... almeno è qualcosa ^_^

Ali. friggere la pelle è un'espressione che mi ha fatto ridere mezzora *_* bella, la dovrei riciclare XD Ecco il prossimo capitolo, che ne dici? Questo Irìyas mi farà impazzire.

Namida: un pochino di shounen ai, sì. anche se - se sei arrivata sin qui - avrai visto che anche in questo capitolo non è che dia troppo sfogo alla mia vena shounen ai che, onestamente, ne risente. Ma non è finita qui, ovviamente, non temere ;D

Persefone: sì, anche a me ricorda alessandro. Del resto, anche la terra piatta e l'idea delle "colonne" non è propriamente originale XD Il non poter andare più avanti è metaforico, anche. Io adoro costellare i racconti di secondi, terzi significati nascosti...

manny: ciao! che piacere risentirti. E anzi, vorrai scusarmi tu per i miei terribili ritardi con le email. prometto che ti rispondo in questi giorni, ma davvero, novembre è stato un mese orribile. cremisi e la mia "vita" mediatica ne hanno risentito enormemente -_- La Bianca è un personaggio malinconico, alla fine mi ci sono affezionata anch'io.

Aphrodite: certo. sideas avrà un racconto tutto per sè che, ovviamente, sta già prendendo forma nella mia testa (ma prima finisco Cremisi, non ti preoccupare). Non potrei lasciare il piccolo ed "indifeso" Nyven da solo, no? anche perchè, fra un po', ci saranno importanti rivelazioni ^_^ Un bacione grande

Silencio: ciao! Felicissima che le prime "spiegazioni" i i primi "misteri svelati" siano all'altezza ^_^ La terra piatta l'ho amata appena m'è venuta in mente. In fondo, mi sono detta, è un fantasy; ci sono draghi, maghi, e altre amenità, perchè devo attenermi ad un'astronomia consueta? Ecco quindi che il mare cade giù. E' un'immagine 8quella che ho in testa e quella che ho cercato di descrivere) che mi affascina molto. In realtà vorrei risponderti a lungo sulla differenza fra sideas e irìyas, ma non posso dilungarmi molto perchè sarà un argomento che verrà sviscerato ne capitoli successivi. Soprattutto nel 31 è in un paio dopo. Perciò, se ne parlassi qui, farei delle inutili anticipazioni. sideas e irìyas sono di indole drammaticamente diversa, e forse è per questo che si piacciono così tanto. Sono esattamente complementare. Io personalmente trovo sia l'uno che l'altro affascinanti, a modo loro, ma devi pur tener conto che uno è un guerriero, l'altro è un mago... Ti rimando quindi al capitolo 31, così mi dirai che la "spiegazione" ti ha soddisfatto XD a presto ^_^/

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Capitolo 30
*** Capitolo 30 ***


Più di 200 recensioni? Mai ci avrei sperato, quando si è arrivati a 200 pensavo di svenire. grazie mille, a tutti. davvero. siete magnifici! Dicembre è commossa :*D

Capitolo Trenta

 

 

L’aria aveva un sapore diverso. Hago non viveva più da quelle parti da tempo ormai.

L’alchimista era seduto ai bordi del Bosco Nuovo, guardava lontano ma non aveva gli occhi fissi da nessuna parte. Il Solstizio sarebbe arrivato di lì a poco e lui non aveva tempo da perdere.

Raccolse i due cerchi di metallo che lo legavano a Gyonnareth e si mise in piedi. Il metallo tintinnò e per un istante non vi fu altro rumore. Hago si guardò intorno, nel silenzio irreale, più completo; si mise una mano sulla guancia dove la ferita infertagli da Gyonnareth gli faceva ancora male e dove i punti erano ancora freschi. Sbuffò, infastidito:

“Andiamo”

Il drago era lontano a sufficienza per non essere visto, ma il suo udito sentì l’ordine al quale non poteva sottrarsi. Dispiegò le ali nere, così poderose da oscusare il sole, e spiccò il volo per andare dal suo padrone.

“Distruggerò quei maledetti cerchi” il suo alito riscaldava così tanto l’aria da farla apparire di fuoco. I suoi occhi rossi trasudavano ira.

“Non puoi distruggerli, e tu lo sai. Ormai sei condannato a stare con me finchè lo vorrò”

“Allora ucciderò te”

“Non puoi fare neanche questo” La voce di Hago era perfettamente calma, nonostante Gyonnareth fosse così vicino a lui da poterlo schiacciare con un passo. L’Alchimista sapeva di avere il completo controllo sul drago.

“Dobbiamamo riprendere la strada verso Irìyas”

Ma Gyonnaerth non lo ascoltò: “Sbagli, umano. Hanno già provato a catturare e a tenere imprigionato un drago. Il drago si è ribellato. Si è liberato e ha ucciso il suo carceriere. Succederà lo stesso a te”

Hago prima sorrise, poi non riuscì a tratterere un risolino divertito.

“Trovi la tua morte molto divertente?”

“No, non fraintendermi… Non è la mia morte a divertirmi” voltò lo sguardo verso il drago “Trovo solo estremamente divertente il susseguirsi degli eventi. E l’errore originale di voi dragi: il venire nell’Ovest”

“I draghi non abitano la terra, come voi uomini. I draghi abitano il mondo. Non esistono confini per noi draghi. Voi uomini questo non riuscite a capirlo” Esistevano questi momenti, fra il drago e l’umano. Sebbene Hago stringesse i cerchi che soggiogavano Gyonnareth e lo costringevano a fare esattamente quello che l’Alchimista gli ordinava di fare, e Gyonnaerth avesse per questo giurato vendetta e morte all’uomo, per alcuni momenti regnava la calma. Erano parentesi brevi, quando il vento non soffiava e l’aggressività dell’uno o dell’altro non prendeva il sopravvento. Tuttavia, era proprio in questi momenti che mondi apparentemente così diversi come quelli di uomini e draghi, sembravano avvicinarsi.

Difatti il drago riprese a parlare:

“L’Est, per voi fonte di meraviglia e curiosità, è diverso dall’Ovest. Tuttavia, anche al di là dei Territori esistono gli uomini. C’era una regina, un tempo. Il suo nome era Giqiath. Regnava sui territori dell’Est come mai nessuno prima o dopo di lei. Nelle vostre memorie, infatti, il suo nome è Giqiath la Saggia. Lei era amica dei draghi. Ricordo bene che spesso si avventurava fino i confini del proprio regno per parlare e trascorrere parte del suo tempo con alcuni di noi che in quel periodo abitavano quelle terre.” Gyonnareth sbuffò, lasciando che un po’ di fumo nero uscisse dalle sue narici. “Strinse amicizia in particolare con uno di noi: Briel.”

Hago annuì, conosceva la storia, ma la riascoltava ogni volta con piacere. Le gesta di Giqiath lo avevano sempre affascinato e reso desideroso di riuscire, in qualche modo, lui stesso a ripercorrere le orme dell’unico umano amico dei draghi. Ma lei era stata portata ad Ovest come amica da Gyobriel. Lui l’aveva portata sulle sue spalle, le aveva fatto attraversare i Territori, il mare e il Bosco Nuovo, fino a farle raggiungere i confini del Regno. Lui, invece, stringeva i cerchi di ferro che obbligavano Gyonnareth ad eseguire i suoi ordini. Non sarebbe riuscito altrimenti a far sì che il drago lo portasse ad Est. Il drago riprese a raccontare: “Anche Giqiath era curiosa di conoscere il mondo. Di sapere cosa c’era oltre i confini del proprio regno. E Briel si offrì di farle da compagno”

“Ed è per questo che Gyobriel venne ad Ovest”

Il drago si riaccucciò sulle zampe.

“Questo non fu un errore. L’errore fu della sorte”

“Giqiath e Gyobriel trovarono, qui nell’Est, Alem”

“Trovarono molte altre cose. Andarono ben oltre i confini del vostro Regno. Andarono dai Feil, nell’Ovest più profondo. Raggiunsero il confine occidentale del mondo”

Hago annuì, ma ribattè: “Ma la sorte volle che incontrarono anche Alem” poi sorrise “Ecco perché fremo all’idea di rivedere Irìyas. Lui ignora la vera natura del suo caro maestro. Lui è convinto che gli anziani dell’Accademia siano un esempio di rettitudine”

“Voi umani siene subdoli” Gyonnareth interruppe l’Alchimista “Irìyas era un tuo amico. E’ anche colpa tua se crede di aver avuto un maestro degno di questo nome”

Hago strinse i cerchi di ferro che teneva in mano: “In un certo senso, il nostro maestro mi ha insegnato qualcosa di molto importante”. Lasciò che il metallo tintinnasse, ascoltando quel suono con estremo piacere. Poi riprese a parlare: “Fu Alem a catturare Gyobriel. Fu lui il primo a capire come catturarvi” Gyonnareth si irritò, una lingua di fuoco uscì con la sua voce: “Era forte, il vecchio. Così forte da catturare Briel e tenerlo in catene e segregato nelle celle dell’Accademia per troppo tempo”

“Nonostante l’abbia tenuto in prigione, noto una certa ammirazione nella tua voce, drago…” Hago sorrise, conoscendo già la risposta di Gyonnareth.

“Alem era potente. La sua forza è da ammirare”

“Ma Gyobriel l’ha ucciso. Dopo essersi liberato, il drago s’è vendicato”

“Ha ristabilito l’ordine delle cose.” Il drago fece passare qualche istante, prima di continuare a parlare. “Alem catturò Briel quando questi ormai era lontano da Giqiath che era tornata ad Est. Capì come catturarlo e lo tenne in catene. La sua audacia, alla fine, lo ha portato alla perdizione”

“Alem voleva conoscere la Lingua Antica, voi draghi siete gli unici ad averne memoria”

Gyonnareth si spazientì un po’. “Voi uomini volete sapere, sapere… Sapere senza capire nulla. Voi volete andare ad Est, conoscere la Lingua Antica. Volete tutto ciò che non avete, ma non capite assolutamente niente di quello che possedete. Siete superficiali e vacui. Non vi conoscevo prima di incontrare te, se non nei racconti del nostro popolo, ma ora so che la tua morte non sarà una grave perdita”

Hago sorrise, a questa velata minaccia di Gyonnareth.

“Dobbiamo andare, Irìyas ci aspetta”

Gyonnareth si alzò, tendendo le zampe anteriori, ma rimanendo appoggiato su quelle posteriori.

“Perché Irìyas non ha fatto come te?” chiese guardando oltre il Bosco Nuovo, oltre l’ultimo confine che lo separava da Gyofinnan “Se anche Irìyas sa come andare ad Est e se è davvero ciò che vuole nella sua vita, perché ha lanciato un incantesimo contro di te tanto potente da impedirti di andare ad Est e preferisce affrontare te e me, piuttosto che seguirti e finalmente coronare il suo sogno?”

Hago non rispose, si assicurò che la brace del fuoco della sera precedente fosse completamente spenta e si mise a camminare, verso il Regno. Gyonnareth non si mosse, l’umano poteva camminare per ore, lui con un battito d’ali l’avrebbe raggiunto. L’umano avrebbe potuto bisbigliare a molta distanza, e lui l’avrebbe sentito ugualmente.

Hago però, pur non rispondendo, non riuscì a levarsi la domanda del drago dalla testa.

Maledetto drago, perché fargli quella domanda, esattamente in quel luogo, quando ormai mancava così poco al Solstizio? Gyonnaereth non aveva voluto sapere mai molto sul rapporto che legava Hago ad Irìyas. Non gli era mai veramente interessato capire i tanti perché lo stavano portando nel Regno: Gyonnareth voleva solo essere libero.

Poi piano piano, stando con Hago che, seppur di natura taciturna, era un uomo e come tale a volte cercava nella sua voce la spiegazione di quel che viveva, aveva cominciato a voler capire le ragioni che muovevano il suo carceriere e il suo vecchio amico. Aveva voluto saspere perché era stato catturato, perché, dopo la cattura, non era stato costretto a volare verso Est.

Aveva voluto sapere perché.

Hago aveva le risposte a tutti quei perché. Lui aveva contravvenuto all’unica vera regola che legava lui ad Irìyas e Sideas: aveva tenuto nascosto e per sé il segreto di Alem.

Perché l’aveva fatto era poco chiaro persino a lui stesso. Tuttavia, di fatto, aveva seguito la sua strada. Hago sapeva bene che il suo seguire il proprio percorso agli occhi dei suoi vecchi amici era apparso come un tradimento. Ed in effetti, sotto un certo punto di vista, il suo era un tradimento effettivo. Ma quello che biasimava ad Irìyas soprattutto, quello che l’aveva portato ad allontanarsi prima e ad averlo come nemico poi era l’assoluta incapacità dell’amico di capire che per perseguire i propri sogni, per percorrere la strada che porta alla meta, bisogna scendere a compromessi. Bisogna cercare di sagomare le proprie idee per raggiungere un obiettivo. Che il fine, in alcuni casi, giustifica i mezzi.

Questo, per Irìyas era inconcepibile.

Ecco perché Irìyas, quando aveva capito cosa stava facendo Hago, non solo si era sentito tradito, ma aveva anche usato i mezzi in suo possesso per impedire ad Hago di andare da solo ad Est. Né per altro, aveva voluto seguirlo. I draghi non possono essere messi in catene, Irìyas diceva sempre. Ma al contempo, Irìyas voleva andare ad Est. Qualunque cosa fra lui e il suo obiettivo doveva sparire.

Ma allora come avrebbe fatto a realizzare il suo sogno? Come avrebbe fatto Irìyas ad andare ad Est?

A questo quesito, il mago – poco prima di lasciare l’Accademia – non aveva saputo dare una risposta. Aveva detto di non averla.

Se l’avesse trovata in quei giorni per Hago rimaneva ancora un mistero.

Un mistero che probabilmente si sarebbe svelato di lì a poco.

Irìyas quindi gli aveva impedito di andare ad Est.

Quanta forza in quell’uomo… Hago sorrise, fra sé e sé, continuando a camminare. Non avrebbe mai potuto, lui, rompere un incantesimo lanciatogli contro da Irìyas. Soprattutto uno così ben congeniato e creato a regola d’arte.

“Perché per Irìyas il fine non giustifica i mezzi” disse l’Alchimista non aspettandosi che Gyonnaereth capisse fino in fondo quello che volesse dire. Ora le carte sul tavolo erano chiare e non c’era più il tempo per le parole. Irìyas avrebbe impedito ad ogni costo ad Hago di andare ad Est, e Hago doveva impedire ad Irìyas di intralcialgli la strada. Gyonnareth avrebbe eseguito ogni suo ordine e questo, verosimilmente, lo avrebbe portato alla vittoria. Nemmeno Irìyas avrebbe potuto opporsi a Gyonnareth. Probabilmente, pensò Hago, Irìyas avrebbe cercato di porre un qualche rimedio alla presenza del drago. Forse Irìyas aveva una risorsa che Hago non conosceva. Ma lo stesso valeva per lui. Anche il mago, persino il suo vecchio e più caro amico, non sapeva come la sua arte Alchemica era evoluta in quel periodo lontano dall’Accademia.

Hago si accarezzò i polpastrelli di indice e medio col pollice. La sua mano s’illuminò per qualche istante.

Inoltre, sapeva che Gyofinnan viveva da un po’ di tempo con Irìyas. Le era stata celata per lungo tempo, ma ultimamente qualcosa s’era rotto e la presenza del drago compagno di Gyonnaereth era diventata molto più evidente.

Era poco importante.

Il mago non l’avrebbe mai messa in catene e lei non avrebbe mai attaccato lui, sapendo che così facendo avrebbe, con ogni probabilità, rischiato di venire catturata lei stessa. Lui, infatti, non aveva alcun timore. Sapeva che avrebbe potuto tranquillamente soggiogare anche lei.

Gyonnareth gli volò di fianco, percorrendo velocemente quel tratto di strada fatto dall’umano. Non disse nulla per un po’, camminò elegantemente nonostante la sua mole enorme.

Hago legò i cerchi di ferro alla sua cintura, guardò il drago e si fermò, per un attimo.

“Irìyas” gli disse poi come continuando un discorso “vive secondo un codice antico e non sa che ormai, le sue idee sono andate perdute.”

***

Silencio: Errata corrige - volevo scrivere 32, non 31. Penso che già in questo capitolo le "motivazioni" di Irìyas appaiano un po' più chiare. Ma comunque, se ne parla più a fondo nel 32. ho sbagliato ad indicarti il capitolo '^_^

Ali: ciao cara *_* Rossa anche tu? ma sai che anche a me era balenata una certa voglia di farmi i capelli rosso fuoco? Poi, però, purtroppo (XD) il lavoro non me lo permette, perciò rimango castana... La resa dei conti è prossima. adoro tergiversare un po' sui perchè, e tendo a posticipare un po' l'azione, ma ormai quasi ci siamo ^_^ Baci

Persefone: Hola ^_^/ gyonnareth in catene è *molto* pericoloso *_* Mi diverte molto, però, descrivere questo drago tutto nero. Lo immagino molto aggressivo ^^ Per la parte shounen ai, invece... irìyas si deve solo arrendere all'evidenza che ormai il "dato è tratto". Non si può sfuggire al proprio destino MWHAHAHAH (e a una scrittrice che si deve sfogare sulle sue povere creature ^_^)

djkika: ciao ^_^// Irìyas è un personaggio complesso, molto solitario e poco incline a condividere con gli altri parte della sua vita e di quel che gli accade. E' probabilmente una sorta di difesa e una peculiarità del suo carattere... ogni cosa a suo tempo ;D Baci

Ciao namida ^_^ felice che il capitolo ti sia piaciuto. L'accenno shounen ai era dovuto, così come l'arrivo di hago. Mi diverte molto creare tensione. sia fra i due (irìyas e nyven) che con hago (di diverso genere), per poi sfogarmi sulla voglia di libertà di nyven che a volte stride con il suo volere stare con irìyas. Povero piccolo, nelle mie mani! HAHAHA

Mana: wow, che bella recensione, grazie! felice, davvero felice, che tu abbia trovato Cremisi e che ti sia piaciuta così tanto. Ho spesso il dubbio di riuscire a trasmettere quello che ho in testa, la storia, il coinvolgimento e i fili che si dipanano, ma il leggere recensioni come la tua non solo mi sprona ad andare avanti, ma anche mi gratifica. Sto andando nella direzione giusta ^_^ E' bello saperti innamorata di irìyas e del suo nome. E' un personaggio difficile da rendere, perchè è un personaggio da un lato molto contreto, e dall'altro per niente. Sfuggevole, a volte, e penso in parte incomprensibile (lo è per me stessa '^_^) . e sì, si puà dire "fighissima", riferendosi all'ambientazione. Mi hai fatto gongolare letteralmente. Io "vedo" il mondo di Cremisi, sapere che riesco anche a ricrearlo su carta e rendere bene l'ambientazione mi fa gongolare letteralmente 8e arrossire, devo ammetterlo '^_^). Grazie ancora. spero di risenriti presto.

BiGi: Hahaha Irìyas è difficile, che ci voui fare, è un mago pieno di sè XD

Manny: ciao! La storia di sideas ha preso così tanto anche me (coi suoi frammenti d'acqua e fuoco), tanto che gli dovrò dedicare un racconto a parte, tutto per lui. Ormai è un personaggio troppo grosso per fare da secondo ^_^ baci baci

aphrodite: ciao sorellina ^_^/ No, purtroppo sai che io tergiverso un po' quando si tratta di entrare in azione. mi lego molto alle cause che hanno portato agli eventi, e poi passo agli eventi. Forse è un difetto, ma mi piace sempre motivare il perchè sta accadendo il putiferio XD Comuqnue, non manca poi molto all'azione. Qualche capitolino ^^ pochi, promesso. Un bacione

kymyit Ciao! che piacere ricevere un tuo commento *_* Felice che il capitolo 11 ti sia piaciuto e spero, a questo punto, di sentirti presto! besos

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Capitolo 31
*** Capitolo 31 ***


So bene di essere mancata per tantissimo tempo da queste pagine e da questi lidi. me ne scuso immensamente con tutti coloro che seguono e seguivano la mia storia. Credetemi quando vi dico che ci sono state motivazioni davvero gravi alla base della mia dipartita, e davvero al di là della mia volontà. Perciò ora che posso riprendere, mi riprometto di ritornare ad aggiornare regolarmente come ho sempre fatto e a rispondere ai singoli che vorranno lasciarmi un commento (lo sapete quanto ci tengo).
Scusate l'assenza, spero che il nuovo capitolo un po' ripaghi dei mesi di silenzio.
Un bacione a tutti





Vedere il cielo attraverso le sbarre, vedere il mondo contorniato da piccoli ramoscelli di vetro che intaccano la sua ampiezza… Tutto questo non può essere ammesso.

Il vecchio a volte passa e lo guarda, stringe a sé i due cerchi in ferro che l’hanno reso schiavo, li fa tintinnare per assicurarsi di possederne tutta la forza, poi se ne va.

La stanza nella quale l’ha chiuso è troppo piccola, le ali sono indolenzite tanto devono essere attaccate al corpo. Giura vendetta. Terribile. Non perdonerà mai nessuno dell’Accademia. Il veccho e i suoi discepoli, tutti, verranno uccisi.  Appoggia il muso sulle zampe, sospira e dalle sue narici esce fumo nero.

E’ lì dentro da troppo tempo.

La porta della sua cella si apre e il vecchio entra. Ha i cerchi legati alla cintura e la tunica che fruscia li nasconde.

“Stai bene oggi?”

Lui non risponde

“E’ da qualche giorno che sei troppo quieto e mi preoccupi. Non ti starai mica arrendendo?” poi sorride, sa che nessun drago mai si arrende, nel senso inteso dagli umani.

“Non dici niente? Ti lascio andare sai, se parli con me…” Stupido umano, vecchio e maledettamente stupido

“Io ti ucciderò” gli ripete, ma al vecchio questo pare non interessare

“Siamo tutti destinati a morire” ma il drago sorride perché sa che queste parole, per lui, non sono vere. Non importa quanto tempo passerà lì dentro. Lui può solo essere ucciso, non può morire. E questa è una grande differenza, anche se gli umani spesso faticano a vederla.

Il vecchio gli poggia le mani addosso, gli accarezza le scaglie cremisi e quella leggera peluria sul collo. Per arrivare a toccarlo lì, deve arrampicarsi sulle sue zampe, aggrappandosi al corpo del drago che rimane immobile. Il drago non può fare niente.

Si sistema sulle zampe, quelle anteriori vorrebbero distendersi, quelle posteriori allungarsi, ma nella sua cella c’è appena lo spazio per stare accovacciati.

“Parlami, insegnami la Lingua Antica. Parlami!” il vecchio quasi supplica “Perché ti tengo qui se l’unica cosa che fai è rimanere immobile?”

Il vecchio, così saggio fra gli uomini, sembra uno sciocco agli occhi del drago. Lui è debole, troppo debole per ribellasi. Ma era solo questione di tempo, sta ricercando le forze per schiacciare quegli stupidi che camminano fra le stanze di quell’Accademia così cara al Regno, e che neanche si accorgono che un drago dorme nelle segrete.

“Non possono sentirti” il vecchio pare leggergli nel pensiero “I Cerchi celano la tua presenza a tutti. L’altro giorno” il vecchio sorride al ricordo “L’altro giorno uno dei miei alunni, uno dei più acuti, si è accorto di qualcosa. A vederlo, sembra innoquo: ha i capelli bianchi come neve, gli occhi profondi e silenziosi. Ha le braccia di un ragazzo, non è ancora un uomo. A vederlo adesso, sembra più un poeta che un guerriero. Ma sarà un gran guerriero. Ha i sensi più fini di un Lapnidare e ha l’intelligenzadei Gufi. L’altro giorno si è accorto che qua sotto c’è un gran segreto. L’ho dovuto allontanare per un po’, facedogli credere che fosse solo magia quella che sentiva. Del resto” sorride di nuovo “ Non potrebbe mai immmaginare che cosa nascondo qui…” Il vecchio accarezza la spina del drago e continua a parlare, il drago sembra non ascoltarlo ma è attento a qualunque parola. Un solo errore del vecchio e lui lo potrebbe sbranare.

Una campana suona, in lontananza.

“Devo andare, si celebrano i Venti e l’inizio della Seconda Età oggi” scende dalla schiena del drago “tornerò. E sai che avrò metodi ben più persuasivi di quelli adottati oggi. Posso fare di te quel che voglio”

Aspetta che il vecchio esca. Poi il drago di nuovo guarda fuori. Sente il legame che lo lega all’Accademia fortissimo sulle sue zampe e sulle sue scaglie. Vorrebbe bruciare tutto. I draghi non possono essere confinati dentro mura artificiali.

Si rigira verso la finestra e i che li vede: due occhi verdi, così intenso da ricordargli il mare su cui spesso vola. Lo guardano attraverso le sbarre, in un misto di sgomento e terrore. Lo fissano, affascinati. Quando notano che anche il drago li ha visti, si chiudono e il loro proprietario scappa via. Non una mossa per liberarlo, non una parola. Anche loro, anche quegli occhi verdi così rari per gli umani, appartenevano ad un nemico da uccidere.

I suoi occhi, color del fuoco, bruciano giurando vendetta. Il fuoco che deve trattenere dentro di sé per ordine del vecchio freme per esplodere. Il vecchio, ma anche questo ragazzo dagli occhi verdi e curiosi, anche lui sarebbe morto per mano sua.

 

 

 

I dettagli erano nitidi nella sua testa, quegli occhi, quell’odio e quella curiosità. L’aveva visto per la prima volta lì.

Si svegliò di soprassalto. Non si era accorto di essersi addormentato. Era di nuovo notte, il Solstizio era di un giorno più vicino.





Capitolo 31

Hago si sedette, appoggiando la schiena alle zampe posteriori di Gyonnareth.

Diede un morso al pane rappreso che aveva con sé, ma non iniziò a masticare subito. Lasciò che si ammorbidisse con la saliva, poi deglutì. Il vento dei Territori soffiava, annaspando fra le cime degli alberi del Bosco Nuovo. Non era intenso, ma il suo rumore rimbombava nelle orecchie.

Le orecchie dell’alchimista erano lievemente asimmetriche: la sinistra, che avrebbe dovuto portare l’orecchino che definiva l’appartenenza alla sua classe, era per metà mozzata. L’orecchino gli era stato legato alla restante parte del padiglione, ma da quando aveva perso il suo orecchio Hago non aveva mai mostrato i monili del suo potere. La sua vanità glielo impediva. Ora che anche sul viso portava i segni del suo operato, ora che Gyonnareth gli aveva lasciato una cicatrice indelebile, l’Alchimista era stato obbligato a scendere a compromessi con sé stesso.

“Dovrei fartela pagare, questa cicatrice” disse l’uomo al drago, toccandosi la faccia. Il drago non rispose, né aprì gli occhi continuando apparentemente a dormire. Hago sapeva che nessun drago dorme.

Aveva male quando masticava, la guancia era ancora dolente. Ma l’aveva avuta vinta lui, contro il drago. Ora lui possedeva i due cerchi di ferro che legavano Gyonnareth al suo volere.

Di nuovo il vento soffiò, di nuovo sembrò ululare, riempiendo il cielo del suo alito.

“Il Sole sta tramontando”. Il sole era alto in cielo, era poco dopo mezzogiorno. Ma non era questo che Gyonnareth intendeva.

Fu Hago questa volta a non rispondere. Non subito.

“Alem avrebbe dato qualunque cosa per vedere questi ultimi raggi di Sole” sospirò “ma la legge per gli umani è impietosa. La legge della natura: nessuno può vedere il Sorgere di due Soli. Così come nessuno può vederne il Tramonto. Alem aveva visto il tramonto della Prima Età. Il Sole sta tramontando una seconda volta.”

Il pensiero del maestro non lo lasciava in pace, ultimamemente. Il vecchio continuava a ritornare  nella sua testa. Più si avvicinava ad Irìyas, più la figura del vecchio maestro lo tormentava.

Mise in bocca un altro pezzo di pane. Questa volta iniziò a masticarlo.

Probabilmente lo odiava. Così come probabilmente odiava Irìyas. D’istinto avrebbe voluto che sia il suo vecchio maestro sia il suo vecchio amico scomparissero dalla sua mente. Ma Alem era morto, eppure non era scomparso dalla sua testa. Si chiese se la stessa cosa sarebbe successa per Irìyas.

“Non riesco nemmeno ad odiarli”

“Mhm?” il drago non capì.

“Li detesto. Sono loro la causa di ciò che sta succedendo, eppure non riesco ad odiare né l’uno, né l’altro” non era necessario che Hago specificasse i loro nomi.

Gyonnareth scosse il collo e scrollò la zampa su cui era apporggiato l’alchimista. Questi scostò la schiena, ma poi la riappoggiò.

“Non vedo differenza “

“La differenza è enorme”

“Voi umani siete buffi. Vi divertite ad addossare la colpa  agli altri quando in realtà la colpa è vostra”

Hago non rispose, scosse la testa per esprimere il suo disaccordo.

“Quando sono arrivato all’Accademia, Irìyas era già lì e Alem già l’aveva eletto come il miglior allievo della Seconda Età” sorrise “Era lì da pochi mesi, eppure aveva già scalzato chiunque. “ Si girò verso il drago, anticipando quello che penso il drago avrebbe detto “Non ne fui geloso, la gelosia la lascio alle donne. Solo non capivo che cosa potesse aver visto Alem in Irìyas che non aveva mai trovato prima” si fermò ed aspettò la domanda di Gyonnareth.

“E hai scoperto che cosa fosse?”

Annuì. “Un’insieme di cose. Irìyas era forte. Incredibilmente abile nelle arti magiche, ma allo stesso tempo era anche ambizioso”

“Non mi sembra che forza ed ambizione siano eventi così rari per voi umani…”

“Ma Irìyas aveva un profondo senso storico che ormai gli umani hanno perso”

Gyonnareth aprì gli occhi, sanguigni: “Spiegati meglio!” disse irritato. Odiava il parlar per  enigmi dell’umano.

“Irìyas vive secondo un codice antico di lealtà. Lui non si ritiene abitante del Regno, non si è mai ritenuto suddito del Re, lui s’è sempre e solo sentito figlio di questo mondo. Dà importanza agli eventi e a cosa ha solcato la storia, un’importanza che ormai nessuno dà…”

Il drago iniziava a capire.

L’Alchimista continuò: “Alem era convinto di aver trovato in Irìyas il suo discepolo. Con il suo senso storico, Irìyas avrebbe dato qualunque cosa per conoscere la Lingua Antica. Con la sua abilità nelle arti magiche, avrebbe fatto qualunque cosa per conoscere la Lingua che permette ad ogni incantesimo di essere molto più potente. Alem era convinto che tutto quello per cui lui aveva lavorato nella vita, sarebbe stato portato avanti da Irìyas. Come si sbagliava!” rise “Aveva frainteso Irìyas così tanto, da ritrovarsi – dopo poco tempo – con qualcuno che non ere più in grado di controllare”.

Hago non proseguì. Prese un altro pezzetto di pane e se lo mise in bocca , masticando lentamente.

Li odiava. Sì, probabilmente li odiava  davvero.

Alem, si era rivelato un maestro poco lungimirante. Un uomo ambizioso, falso col suo stesso pupillo. Incapace di portare avanti il suo progetto e così sciocco da lasciarsi uccidere dal drago da lui stesso catturato.

E Irìyas… Irìyas  non aveva ingannato nessuno. No, non era per questo che lui odiava il mago. Lo odiava perché lui aveva sempre pensato di aver capito il mago, di averlo capito così bene da poterlo precedere. Invece l’evidenza dimostrava il contrario: Hago si era sbagliato su tutto. Si era sbagliato a tal punto che ora lui e Irìyas si trovavano su fronte opposto.

Aveva così tanto frainteso il mago da aver – in fine – tradito il suo più caro amico.

Gyonnareth si mosse e Hago si alzò, come scosso da un sonno profondo.

“Com’è possibile che Irìyas non si sia mai accorto della vera natura di Alem? “ la voce del drago risuonò cupa, nel mettersi in piedi, parve provenire dal suo stomaco. “Com’è possibile che un mago come lui non abbia capito con chi aveva a che fare?”

“Alem è sempre stato molto bravo ad ingannare le persone. Più bravo che a fare altro. Ha ingannato Irìyas, ma ha anche ingannato Giqiath prima e Briel dopo.  Nascondeva la sua vera natura…”

“E tu?”

“Io l’ho solo scoperta per caso. Non avrei mai dovuto sapere che cosa tramava il nostro vecchio maestro” non trattenne un sorriso,” ma l’Alchimia m’ha aiutato.” Prese fiato.

“Irìyas non c’era. Non ricordo dove fosse, ma non c’era. Sideas era con lui. In quegli anni all’Accademia eravamo, praticamente, inseparabili. Ma sarò onesto, eravamo inseparabili per via di Irìyas. Sideas non ha arti magiche dalle quali attingere, io nemmeno. Il fascino che il mago esercitava su noi sbarbati era incredibile. Alla fine… alla fine penso di odiarlo anche per questo.” Rise e per un po’ smise di raccontare

“Scesi nelle segrete profonde del palazzo degli Accademici, la costruzione principale dell’Accademia, perché sapevo che lì Alem conservava le Lacrime del Vento, ovvero la pioggia che cadde durante la fine della Prima Età. Avevo in mente di fare meraviglie con quell’acqua!” di nuovo si fermò, ripensando a quei momenti.

Le scale che scendevano verso quegli scantinati erano buie e umide. C’era un forte odore di muffa.

“Chiocciola dopo chiocciola – ricordo bene – scesi. C’erano dei bracieri alle parenti che erano spenti e apparivano in frantumi. Ero quasi arrivato nella sua stanza, quando lo vidi. Il calore lì sotto era così alto che ero convinto, all’inizio, che qualcosa bruciasse. Poi però, per caso o per errore, arrivai alla sua porta. Alla porta di Gyobriel. C’era una piccola finestrella, con diverse sbarre, io mi affacciai per vedere che cosa c’era all’interno di quella stanza e perché faceva così caldo.

Aveva gli occhi rossi. Non avevo mai visto un drago, mi parve enorme. Le sue scaglie erano color cremisi, le sue iridi color sangue e tutto mi parve per un istante di un rosso così intenso da accecarmi”

“Briel è diretto figlio di Fuoco, il nostro capo branco”

“Gyobriel mi guardò con degli occhi che giurarono vendetta” Hago sorrise, ripensando a quel giorno: “Temetti per un istante che il cuore mi si fermasse. Poi suonò la campana, di nuovo. Era il periodo della Celebrazione dei Venti. All’Accademia c’erano le celebranti del Mattino, del Vespro, c’era una delegazione reale… C’erano tantissimi personaggi importanti, ma io sapevo che c’era anche un drago, rosso cremisi, rinchiuso nelle segrete dell’Accademia. L’unica cosa che ancora mi chiedo…” rivolse lo sguardo verso Gyonnareth “L’unica cosa che ancora mi chiedo è com’è possibile che io sia arrivato lì. Possibile che Alem non avesse messo qualche protezione per il suo mago? Perché nessuno si è mai accorto di lui e, ad un certo punto, io sono potuto scendere nelle segrete dell’accademia e raggiungerlo? Questo, in realtà, non ha senso”

Gyonnareth non rispose, ma d’improvviso spiccò il volo per allontanarsi dal suo padrone. Non voleva più ascoltarlo.

In lontananza poteva scorgere qualche abitazione umana degli Erranti, i nomadi che vivevano ai confini del regno. Ormai pochi battiti d’ali e avrebbe raggiunto Gyofinnan. Avrebbe – se non altro – capito esattamente quello che sarebbe successo. Perché Hago, sebbene come tutti gli umani parlasse troppo, non gli aveva raccontato tutto. Lo sapeva. D’altronde, era ben consapevole che Irìyas non li aspettava senza far nulla. Nessuno dei due umani avrebbe mai lasciato prevalere l’altro. Ormai sapevano da troppo tempo che si sarebbero incontrati quel solstizio.

Volse lo sguardo verso le terre del Regno, planando sull’acqua del mare e sfiorandola con le zampe. Si appoggiò su uno scoglio, non distogliendo gli occhi dalla direzione dev’era Finnan.

 

 

Ormai lo sentiva: era prepotente e forte, ma le sue mani non tremavano più.

“Irìyas qualcosa è cambiato”. Nyven si guardò il tatuaggio della maledizione fin sopra il braccio. Fin dove poteva arrivare a vederlo. “Brucia” disse indicandolo col mento.

Il mago gli si avvicinò: “I draghi stanno arrivando e tu reagisci al loro fuoco” gli mise una mano sulla spalla e il bruciore scomparve immediatamente.

Nyven lo guardò, fissandolo a lungo.

Irìyas guardò quel viso ormai noto nei minimi dettagli: “Se vuoi puoi andare” disse d’improvviso. Nyven non capì.

“Vattene. Sei libero di andare via e non girarti indietro”

“Andare? Andare dove?”

“Dove vuoi. Non ha senso che tu rimanga qui”

“Mi stai mandando via di qui?”

Il mago annuì.

“Ma mi hai…” stava per dire comprato, ma si accorse che era un termine che non aveva più senso, ormai.

“Ti libero. Devi andare via. Non puoi rimanere qui ora che Gyonnareth sta arrivando”

“Io rimango”

Irìyas aggrottò le sopracciglia.

“Come puoi chiedermi di andarmene proprio ora?” Nyven strinse i pugni e le sue iridi parvero illuminarsi.

“Di cosa stai parlando?”

“Niente di più e niente di meno di quanto abbia detto.” Irìyas dice semplicemente “Devi solo andare via di qui. Con la stessa facilità con cui ti ho preso al crocevia, così ti mando via dalla mia casa.”

Nyven rabbrividì per la freddezza delle parole.

“Non hai più bisogno di me?”

“Non ho più bisogno di te, no. Ma non solo. E’ troppo pericoloso per te rimanere qui. Pericoloso ed insensato, in quanto metteresti a repenaglio la tua vita e non aiuteresti la mia”

Nyven fece per replicare ma non trovò nulla da dire.

Andare via? Andare dove? Irìyas sarebbe andato ad Est, ma non aveva mai pensato a cosa ne sarebbe stato di lui. Ingenuamente, aveva sempre posticipato il problema e ora non aveva parole per controbattere.

La luce era rossa, il Sole caldo e carico di fuoco. Nyven guardò Irìyas a lungo ma poi un brivido lo percorse lungo tutta la schiena e fu costretto a voltarsi verso la finestra.

“I draghi…” disse a fil di voce “I draghi sono qui e se lasciati liberi, faranno una strage”

Irìyas annuì. Lo sapeva. Ed era per questo che Sideas era venuto da lui.

Gyonnareth era ormai al limitare del Regno, Gyofinnan lo aspettava.

E il fuoco che governava i suoi giorni ardeva così intensamente sui suoi sensi che ormai era certo che avrebbe presto scoperto l’origine di Nyven.

Ma in quel momento era più importante allontanarlo.

Il ragazzo, altrimenti, sarebbe bruciato nel fuoco eterno di un drago prigioniero.

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Capitolo 32
*** Capitolo 32 ***


Capitolo Trentadue

 

 

La stanza era immersa nel silenzio. Nonostante Zir stesse sistemando alcune ampolle sugli scaffali dell’armadio, nonostante il fuoco ardesse alto nel camino, nonostante ci fossero tre persone in quella stanza, la stanza era immersa nel silenzio.

Sideas sorseggiava del vino da un calice di cristallo e fissava il fuoco, statico, con gli occhi di chi guarda altrove. Gli occhi di Sideas guardavano lontano. I capelli bianchi ricadevano ordinatamente sulla fronte, creando ombre sul suo viso che ne coprivano gli occhi. Tuttavia era chiaro che le sue iridi erano concentrate su quello che sarebbe capitato di lì a poco.

Nyven, invece, era accovacciato vicino al fuoco, per riscaldarsi dal freddo pungente che non riusciva più ad allontanare.

Zir, in disparte, ordinava liquidi per non disperderne il valore.

“Ti ha detto di andare via” La voce profonda del cavaliere si insinuò nel silenzio della stanza. Nyven ebbe un brivido. Annuì, girandosi verso Sideas.

“Lo sapevi?” chiese.

Il cavaliere annuì e il ragazzo sperò che questi continuasse senza che lui dovesse chiedere perché.

Ma Sideas non lo fece.

“Perché?” chiese dunque il ragazzo. Perché Irìyas voleva mandarlo via? Perché gliel’aveva detto in modo così frettoloso e freddo? Perché non poteva rimanere, aiutarlo ad andare ad Est? E perché lui, d’improvviso, non andava più bene?

Un solo perché ne nascondeva troppi. Nyven se ne rese subito conto, ma Sideas scosse la testa: aveva capito perfettamente.

Il silenzio si impadronì di nuovo di tutta la stanza, ma Zir non sistemò più nessuna boccetta sugli scaffali dell’armadio: si fermò a fissare il cavaliere, aspettandosi qualcosa.

Gli occhi di Sideas vagarono sulle fiamme del fuoco per un po’ prima di parlare. Di nuovo, non guardavano ciò che era loro davanti, guardavano altrove. Questa volta indietro.

“Irìyas è un mago” esordì come se dicesse un’ovvietà “E’ un mago come nessun altro nel Regno, o in tutte le terre dell’Ovest. E questo non solo perché il suo potere è maggiore di quello di qualuqnue altro, non solo perché le sue arti magiche e il suo dominio su di loro è perfetto, ma anche perché vive secondo un codice a cui ormai nessuno crede più…” sorrise, distogliendo lo sguardo dal fuoco e posandolo su Nyven “Non capisci, vero?”

Il ragazzo scosse la testa: non capiva fino in fondo.

“Non ti sembra futile, quasi capriccioso, il suo accanirsi contro Hago perché gli ha rubato un sogno? Perché stringere così tanto la morsa, dare fondo a così tanta energia per impedire al suo vecchio compagno di andare dove lui vuole andare? In fondo, Irìyas non ha mai davvero sognato di essere primo, bensì solo di andare ad Est. Il suo motivo è la conoscenza, vedere cosa c’è oltre i Territori. Non ha molto senso il suo accanirsi contro Hago, se non si conosce a fondo Irìyas…”

Nyven lo guardò, con gli occhi rossi e ardenti, ma non disse una parola.

“Ci ho messo diverso tempo a capire il mondo in cui vive Irìyas. Quando arrivai all’Accademia, onestamente, non capivo assolutamente i motivi che erano dietro a una qualunque azione del mago.” Sorrise “Ed è per questo, credo, che stringemmo amicizia: volevo capire. Alem lo trattava come una gemma rara, tutti lo temevano, ma nessuno lo capiva davvero. Per me poi, che sono l’esatto opposto, che vivo per calcare la terra e impugnare una spada, il modo in cui Irìyas guardava il mondo sembrava un’assurdità” rise di nuovo, ricordando il passato. “Ho più volte pensato che fosse pazzo… Poi invece, ho iniziato a capirlo, ho iniziato a vedere coi suoi occhi il mondo e mi sono accorto che, ai suoi occhi, questa terra è completamente diversa da quella che appare a me.”

“E come gli appare?”

“Gli appare astratta. L’idea e gli ideali sono ciò che caratterizza un uomo, non le azioni o la forza.” Sideas si sporse verso Nyven cercando di mettere in parole quello che gli riusciva difficile da spiegare “Per questo è un grande mago. Nessuna magia deriva da qualcosa di concreto. Un incantesimo non trae forza dalla terra, ma trae forza dal solo pensiero”

“E’ vero…” Nyven iniziava a capire.

“La forza della natura che poi viene incanalata da Irìyas, segue l’ordine della sua magia che deriva esclusivamente dal suo pensiero. Così pensieri, idee e ideali acquisiscono un significato completamente nuovo per un mago, perché tutto si poggia su di loro. Per un mango creare un incantesimo equivale a dare magia ad un suo pensiero”

“E Hago ha rubato un pensiero  di Irìyas…”

“Esatto. Irìyas l’ha vissuta come una violazione intima e un furto di ciò che gli apparteneva…”

“Un furto ben più importante di qualunque oggetto… Ma…” Nyven fece una pausa, cercando di mettere ordine ai pensieri “Ma l’ andare ad Est è un obiettivo, non un incantesimo. E’ davvero così importante per Irìyas, il fatto che Hago, ora, lo condivida con lui?”

“Hago non lo condivide. Hago se né appropriato. Come credi che faccia Irìyas ad impedire ad Hago di andare ad Est?”

“Con un incantesimo…” Nyven era titubante.

Sideas scosse la testa e allora, sul viso di Nyven comparve assoluta confusione.

“Non capisco…”

Sideas scoppiò a ridere, vedendo l’espressione corrucciata del ragazzo.

“Non fare quella faccia” gli disse il cavaliere “Riconosco che sia molto complesso da capire… “ guardò il fuoco di fronte a lui e riprese a parlare “E’ un’idea di irìyas, quella di andare ad Est. E’ il sogno del mago e il suo unico obiettivo . Non è mai appartenuta ad Hago. Ed è proprio per questo che Irìyas, ora, riesce ad impedire ad Hago di andare ad Est: impedisce al suo sogno di allontanarsi da lui”

Zir, che era rimasto in disparte fino a quel momento, intervenne, avvicinandosi e sistemandosi gli occhiali sul naso.

“Ragazzo” disse con quel tono che gli era proprio, in parte accondiscendente e in parte paterno: “Non pensare di capire le vie della magia in un'unica serata. Non ci riuscirai. Non ci sono riuscito io, né c’è riuscito Sideas. Nessuno che non sia un mago riesce a capire che cosa c’è dietro ogni incantesimo e dietro ogni magia. Però ciò che ha detto il cavaliere è vero: Irìyas vive secondo un codice dimenticato. Penso che pochi altri individui, Umani, Eclage e non, rispettino la storia e accolgano un’idea come la cosa più importante di una persona…” arricciò il naso “Hago ha calpestato ciò che di più sacro c’era per Irìyas, senza remore. Per fare questo ha messo in catene un drago, l’essere più antico e nobile di questa terra. Irìyas non poteva tollerarlo. Nessun drago può essere messo in catene, ogni drago dev’essere rispettato”

“Perché sono essere millenari, sopravvissuti ai Venti e conoscitori della Lingua Antica. Perché sono saggi e forti. Perché sono draghi. “ aggiunse Sideas con semplicità “Semplicemente.”

Nyven scosse la testa “Hai ragione. Capisco poco. Capisco poco di come sia possibile che Irìyas fermi Hago, ma ora capisco di più perché Irìyas abbia preso così a cuore il tradimento di Hago: per lui il tradimento è più profondo che per chiunque altro”

“E questo Hago lo sapeva bene…”

“ Però…” Nyven arrossì “Però quello che non capisco…” esitò di nuovo “ è perché vuole allontanare me…”

Sideas scoppiò a ridere. In quel silenzio generale e nello stupore che quella domanda aveva generato sui visi di Sideas e Zir, la sua risata risuono calda e profonda. Lo stesso coniglio non trattenne un risolino.

“Scusami se mi permetto di sorridere. Non fraintendermi, non è perché ritengo la tua domanda sciocca. Al contrario. Sono io che ho divagato troppo, non rispondendo con precisione a quello che mi avevi già chiesto.”

Nyven lo guardò con occhi enormi, le iridi ormai completamente rosse.

“Irìyas non vuole coinvolgerti in quella che sa essere la sua battaglia. Non vorrebbe neanche me qui, se non sapesse che anch’io sono legato ad Hago. Vuole proteggerti perché teme che tu possa rimanere coinvolto in qualcosa che non ti riguarda.”

Nyven protestò “Ma quel che riguarda irìyas riguarda anche me!”

“Non si può condividere tutto. So bene che la tua volontà di restare  è forte, ma Irìyas sente di averti coinvolto in qualcosa in cui tu non c’entri.”

“Ormai è troppo tardi…” disse in un fiato Nyven.

Sideas lo guardò intensamente. Guardò i suoi capelli vermigli, gli occhi color del fuoco e quel tatuaggio che ormai non era più nascosto dalla volontà di Irìyas e che perciò risaltava sulla pelle scura del ragazzo.

“Forse ormai è davvero troppo tardi” disse infine “rimani un mistero, Nyven. Rimani un mistero, ma ormai sono convinto che appartieni a questa storia più di quanto c’è dato sapere. E non perché ormai sei inevitabilmente legato ad Irìyas. Non solo comunque…”

Nyven riprese a guardare il fuoco e non disse nulla per un po’.

Il silenzio, di nuovo, s’impadronì di tutta la stanza.

“Io sono da sempre legato a questa storia” disse d’improvviso alzandosi in piedi e mettendo una mano dentro il fuoco. Non si bruciò, ammaestrò le fiamme perché gli lambissero semplicemente la pelle, senza nemmeno scaldargli la superficie “Nessuno sa quel che sono, nemmeno io. Eppure” protese ulteriormente la mano verso il fuoco e prese sul suo palmo una fiamma, che continuò a bruciare. Si guardò la mano prima, poi la rivolse verso il cavaliere che guardava in silenzio. “Eppure io sono legato al fuoco più di chiunque altro. Io devo rimanere con Irìyas perché il fuoco dei draghi lo ucciderà, io devo proteggerlo”

“Non cadere nell’errore di pensare di proteggere Irìyas solo perché domini la fiamma”

Nyven corrugò le sopracciglia.

“E non cadere nell’errore che Irìyas o io possiamo credere che per questo tuo dominio sul fuoco tu sia dalla nostra parte. Il tuo animo è aggressivo e forte, Nyven. Il fondo cremisi che si percepisce non ha nulla di protettivo”

“Lo so.” Questa risposta stupì Sideas che non si aspettava un’ammissione così semplice da parte del ragazzo, il quale notò il suo stupore. “Non credere che, perché ancora non ho capito tutto quello che mi riguarda, non ho capito niente. Io ho ucciso i miei carcerieri ad Adiisia. Li ho arsi, perché mi hanno catturato. Non so come l’ho fatto, ma so che l’ho fatto. Sogno il fuoco. Sogno sempre il fuoco che tenta di essere improgionato all’interno di mura che non possono contenerlo. Sento la rabbia salire, sento un istinto primordiale che mi porterebbe ad andarmene via di qui.” Sospirò ”Il sesto senso di Irìyas ha ragione, quando gli consiglia di allontanarmi. Ma io voglio rimanere, perché Irìyas solamente non ha cercato di mettermi in catene”

Sideas sgranò gli occhi e strinse i pugni ai braccioli della poltrona, sgomento. Zir non si era accorto di nulla, ma il cambiamento nel tono e nell’atteggiamento del ragazzo non potevano sfuggire ai suoi sensi.

La stessa persona che gli aveva chiesto perché, all’inizio del loro dialogo, ora emanava una cosapevolezza e una forza che Sideas aveva raramente percepito.

Non c’era più spazio per i perché, nell’animo di Nyven, la sua era una precisa volontà di rimanere a Tangorn e col mago. La sua era forza, nel fuoco sulla sua pelle e nelle sue parole.

Ma Nyven, di questo, non era per niente consapevole.

“E’ a questo tuo animo mutevole che Irìyas è rimasto impigliato” bisbigliò Sideas più a se stesso che a qualcuno nella stanza. Si alzò dalla poltrona, per avvicinarsi al Nyven.
“E allora rimani” disse “Rimani perché tu lo vuoi, non perché Irìyas te lo chiede. Perché Irìyas non te lo chiederà mai. Nonostante – ne sono certo – lui non voglia assolutamente che tu te ne vada dal suo fianco.”

A quelle parole, Nyven sorrise, di quei sorrisi semplici che era solito fare quando si sentiva in imbarazzo.

L’aura aggressiva si era di nuovo nascosta. Nascosta, sì, perché Sideas sapeva che sarebbe tornata. Lei, così come quella consapevolezza di potere che Nyven ormai aveva.

“Dobbiamo andare al lago”

“Al lago?” Nyven non capì.

“La rete è conclusa e l’ancella ha tessuto con le sue dita  quel che fermerà Gyonnareth. Il Solstizio è fra tre notti”

 

 

Sideas lasciò la stanza, consapevole che Nyven lo seguiva. Non doveva andarsene il ragazzo. Irìyas era stato semplicemente se stesso e l’aveva mandato via col suo modo di fare secco e sbrigativo, come sempre quando si trattava di questioni che faticava a gestire. Ma Nyven non poteva andarsene, perché ormai scriveva la propria storia con le sue mani.

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