Cremisi di Dicembre (/viewuser.php?uid=2724)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 01 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 02 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 03 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 04 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 05 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 06 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 07 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 08 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 09 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 01 ***
Il sole era allo zenit e
bruciava la terra, arida ed esausta. Tutt’intorno al villaggio, il deserto
era l’unico padrone: per quante miglia a Nord e a Sud, Nyven non avrebbe
saputo dirlo. Le case che erano sorte intorno a quell’unica strada che
collegava Droà – la città del sud – con Epsèda – la città dell’est – erano
per la maggior parte dell’anno disabitate. Erano terre troppo inospitali
perché chiunque potesse pensare di fermarcisi. Solo in quel periodo
dell’anno, solo durante la tratta degli schiavi, il villaggio si ripopolava.
Gli schiavi che venivano venduti al Crocevia erano della miglior specie:
forti e tenaci nel lavoro, domati e sottomessi nell’indole.
Nella strada principale era
già stato montato il palco dove gli schiavisti avrebbero esposto la loro
merce: molte delle persone venute apposta per affari si erano già radunate e
aspettavano che il mercato aprisse.
Nyven guardò da sotto il
palco gli acquirenti, per la maggior parte umani, alcuni di loro provenienti
da luoghi molto lontani. Fissò per un po’ un gruppo in particolare: avevano
il corpo e le mani coperti da molti strati di tessuto - la faccia persino -
da un velo sottile che lasciava solo intravedere gli occhi. Nyven non ne
aveva mai visti di così chiari, di un azzurro terso. Gli avevano raccontato
che esistevano degli uomini con la pelle chiara e gli occhi azzurri, ma lui
non li aveva mai visti. La sua pelle ormai era bruciata da anni e anni
passati sotto il sole di Droà e i suoi occhi erano color dell’ambra. Si
chiese se chi aveva gli occhi azzurri vedesse il mondo in maniera diversa,
magari per loro il cielo era più blu e la terra meno inospitale.
Sentì le catene ai polsi
tirare.
“Muoviti, ragazzo, tocca a
noi” L’uomo che aveva parlato, Tocua, era il suo nuovo padrone. Continuò a
tirarlo per le catene, nonostante Nyven stesse camminando, rischiando di
fargli perdere più volte l’equilibrio. Questo gli sarebbe costato per lo
meno venti frustrate e un giorni di digiuno, perché avrebbe sporcato i
vestiti appositamente tenuti da parte per la tratta. E Nyven non si poteva
permettere di saltare nessun pasto, né di ricevere ulteriori frustate.
Sospirò, da tempo ormai non osava più guardarsi quella trama fitta di
cicatrici che gli ricopriva la pelle del dorso. Il suo vecchio padrone si
divertita a frustare i suoi schiavi ogni qual volta che perdeva al gioco.
E il suo vecchio padrone
non era certo un buon giocatore.
Proprio a causa del gioco
sconsiderato del suo padrone, Nyven era stato ceduto a Tocua: il mercante
era di passaggio a Droà e s’era fermato nella taverna, dove il vecchio era
ormai ubriaco e aveva terminato tutti i soldi portati con sé. Era stato
sfidato, altezzosamente, da chi non sa riconoscere di non essere un buon
giocatore, e aveva vinto. Il vecchio s’era visto costretto a pagare pegno
con il suo miglior ragazzo, altrimenti avrebbe rischiato di passare qualche
mese nelle segrete di Droà e magari di non uscirne vivo.
Tocua non era interessato a
Nyven di per sé, come mercante di schiavi raramente si teneva qualcuno al
suo servizio. Ma il ragazzo era bello e sicuramente avrebbe reso molto bene
al Crocevia dove, se non per le sue braccia, avrebbe potuto essere venduto
per il suo corpo.
E poi c’erano quei capelli…
I capelli del ragazzo erano
davvero straordinari: neri corvini e lunghi fino alla vita, erano lucidi e
brillanti come quelli di una ninfa, seppure Nyven non potesse certo né
lavarseli né tanto meno oliarseli di frequente. Non sarebbero passati
inosservati. L’unico dettaglio che Tocua non era riuscito a cambiare, erano
le ciocche rosso carminio che inevitabilmente risaltavano, fra quella chioma
nera. Aveva tentato di tingerle con del succo Alis, ma i capelli non si
erano tinti, rimanendo del loro rosso acceso.
Tocua aveva rinunciato
quasi subito, non voleva sprecare troppo denaro per delle tinture che non
erano efficaci, inoltre – probabilmente – quella stranezza sarebbe piaciuta
a qualcuno.
Nyven sarebbe di certo
valso un buon prezzo.
Salirono sul palco in
cinque. Nyven non conosceva bene gli altri, né sapeva come fossero finiti
lì, ma non gli importava più di tanto. Preferiva non conoscere nessuno, non
fare amicizia. Sarebbe stato venduto, non li avrebbe mai più rivisti. A cosa
avrebbe giovato conoscerli? A nulla, questo il ragazzo l’aveva scoperto in
tenera età.
Le catene ai polsi e ai
piedi non gli permettevano grandi movimenti, ma non erano dolorose. Il
cerchio al collo, invece, quello sì era pesante da sorreggere e, insieme al
sudore, macerava la pelle sottostante. Entro sera, Nyven sapeva che avrebbe
sanguinato e sperò che il suo nuovo padrone non lo punisse per essersi
causato dei tagli freschi, prima dell’arrivo nella sua casa.
Nyven si chiese quali fra
gli ormai tantissimi commercianti di fronte al palco l’avrebbero comprato.
Forse gli uomini dagli occhi azzurri? O forse quelli laggiù, con le sciabole
incrociate sulla schiena? O forse quegli altri, sicuramente abitanti di Droà,
che non smettevano di fissarlo?
Tocua, intanto, faceva il
suo dovere da grande oratore. A sentir lui, tutti e cinque i ragazzi erano i
miglior schiavi che il Crocevia avesse mai visto: forti, sottomessi,
ubbidienti e capaci. Fece loro aprire la bocca, per mostrare che tutti loro
avevano denti e gengive sane – questo avrebbe alzato il prezzo perché molti
schiavi avevano la bocca marcia. Da semplici infezioni, a gangrena che ne
inficiava la capacità di parola, ne alterava i lineamenti del viso e spesso
li uccideva.
Uno schiavo malato sono
solo soldi buttati.
Colpì poi, uno ad uno gli
schiavi nello sterno con un pugno, per dimostrare che non avessero malattie
respiratorie, anche queste causa di gravi perdite da parte dei padroni.
Tocua stava procedendo
all’esposizione delle mani e di come queste fossero abituate al lavoro,
quando d’un tratto si fermo.
Nyven guardò stupito il
proprio padrone, ma poi si accorse che il silenzio era calato in tutta la
piazza. Solo i vento, che sollevava sabbia e polvere, continuava
imperterrito a soffiare sul terreno
Poi un rumore di zoccoli e
solo dopo qualche istante, Nyven vide chiaramente avvicinarsi un cavallo
enorme e nero, montato da un cavaliere ammantato dello stesso colore. La
bestia e il cavaliere erano così imponenti da sovrastare il palco.
Tocua guardò il nuovo
venuto:
“Posso fare qualcosa per
voi?”
Se il mercante fosse
intimorito, Nyven non poteva dirlo: la sua voce e il suo aspetto risultarono
perfettamente saldi. Il ragazzo capì che cosa avesse generato tutta la
fortuna di cui Tocua si vantava spesso.
Il viso del cavaliere era
completamente coperto dall’ombra del suo cappuccio, ma Nyven ebbe
l’impressione che stesse scrutando attentamente tutti loro, finché non alzò
il braccio e lo indicò.
La tunica che lo copriva
cadde leggermente dal suo braccio e lo scoprì, rivelando al posto delle dita
dei lunghi artigli bianchi.
Nyven sentì Tocua imprecare
sottovoce e si spaventò. Se l’essere stato scelto da quell’uomo misterioso
non l’aveva particolarmente turbato, il sentir Tocua perdere il suo sangue
freddo sì. Un padrone valeva l’altro, bestie o umani, non faceva alcuna
differenza. Ma Tocua non aveva mai perso la sua compostezza di fronte a
nessuno…
Il cavaliere slacciò una
borsa dal dorso del cavallo e la lanciò sul palco. Con l’urto i legacci si
sciolsero e le monete – almeno mille Auri – si sparpagliarono ovunque.
Alla vista di tutti quei
soldi, la piazza fu pervasa di un brusio: nessuno schiavo vale quella cifra.
Tocua non poteva credere ai
propri occhi e s’affrettò a liberare il collo di Nyven.
“E’ vostro” disse
semplicemente, tradendo con la voce, tutta la paura e lo stupore che quel
cavaliere ed il suo gesto avevano generato. Prese poi la Pergamena di
Proprietà e vi appose la propria firma, per certificare che Nyven fosse
stato venduto e non rubato. Il cavaliere afferrò il contratto, poi subito
dopo il ragazzo e, come se fosse stata una piuma, lo sollevò dal palco e lo
depose sul proprio cavallo. Non disse nulla, ma diede un buffetto al
cavallo, che partì al galoppo.
Nyven sapeva che non
avrebbe dovuto fare domande: se il suo padrone voleva che lui sapesse
qualcosa gliel’avrebbe detto lui stesso, altrimenti non doveva saperla.
Perciò si limitò ad aggrapparsi alla tunica nera del cavaliere e a chiudere
gli occhi.
Cavalcarono tre giorni e
tre notti senza sosta e senz’acqua. La temperatura diminuiva gradualmente,
ma Nyven era così disidratato che, il pomeriggio del terzo giorno, non ce la
fece più a rimanere aggrappato e sul dorso del cavallo.
L’urto con la terra non gli
fece particolarmente male, voleva solo bere.
Poi svenne del tutto.
Riprese i sensi molto dopo,
senza capire dove si trovasse. La vista era offuscata e i muscoli così
intorpiditi da non riuscire a muoversi. Cercò di dire qualcosa, ma non
riuscì a schiudere le labbra ed ebbe la sensazione di avere la lingua grossa
e spessa, forse gonfia. Immobile anch’essa.
C’era del movimento intorno
a lui, rumore di vetro sbattuto qua e là, passi affrettati: che si trovasse
in una taverna? No, c’era troppo silenzio. Forse nella cucina di qualcuno.
Il nuovo padrone si sarebbe di certo infuriato con lui, che non riusciva a
muoversi. Riprovò, ma rimase immobile.
Riuscì però a distinguere
chiaramente due voci.
“L’hai quasi portato qui
morto! Irìyas ti avrebbe fatto la pelle!”
“Pensa alla tua di pelle,
coniglio! E’ da troppo tempo che mi stai attorno e ancora respiri. Dovresti
essermene grato”
L’altro borbottò qualcosa
che Nyven non capì.
“Non è colpa mia se gli
umani sono così deboli…”
“Ti avevo avvertito. Non te
l’avessi detto… ma mi ero raccomandato! E poi, non sarà la prima volta che
incontri degli umani!”
“E mi auguro sia l’ultima.
Puzzano, sono incredibilmente fragili e certamente stupidi. Chi vanta un
minimo d’intelligenza non si farebbe mai mettere quelle catene al collo e
alle braccia”
Nyven girò leggermente il
viso per vedere chi stava parlando. Riusciva a vedere solo uno dei due
interlocutori, ma quando lo scorse del tutto si augurò di essere in un
sogno, mentre ancora cavalcava dietro il nuovo padrone. Gli artigli bianchi
alle sue zampe erano però l’evidenza che non stava sognando. Era la bestia
che l’aveva prelevato dal Crocevia: un Lapdinare.
Erano creature di cui aveva
solo sentito parlare e che certamente non calcavano il suolo di Droà.
Avevano le sembianze di lupi, col pelo folto e scuro e gli occhi rossi che
sembravano trasudare sangue. Camminavano eretti sulle zampe posteriori e
usavano quelle anteriori come gli umani usano le braccia, ma all’occorrenza
potevano mettersi a quattro zampe per correre così veloce da far nascere la
leggenda che nessun occhio umano abbia mai potuto scorgere un Lapdinare
correre. La loro forza fisica era nota in tutto il regno, lei stessa oggetto
di numerosissime leggende. Nessuno poteva competere con loro, qualunque
esercito avrebbe pregato per avere un Lapdinare fra le sue fila, ma i lupi
non vengono mai sottomessi.
Nyven si chiese chi osasse
parlare con quel tono ad un Lapdinare senza la minima preoccupazione di
venire sbranato, per aver detto una parola di troppo.
Esisteva, quindi, qualcuno
più potente e forte di un lupo?
Quando il ragazzo riuscì a
vedere chi era la persona che parlava con quel tono ad un Lapdinare,
sussultò per la sorpresa e questo avvertì i due che s’era svegliato.
“Per la Dea Terra, meno
male s’è svegliato”
Il Lapdinare scrutò Nyven
coi suoi occhi rossi: “Ce ne hai messo di tempo!” Poi gli diede le spalle.
“Vado nella foresta, qui non servo più e non voglio perdere ulteriore tempo
a discutere con un coniglio grasso”
Il lupo scomparve dalla
stanza. Solo lo sventolio della tenda indicò a Nyven che era uscito dalla
porta.
“Non è grasso” puntualizzò
il coniglio guardando Nyven “E’ pelo” concluse poi massaggiandosi la pancia.
Un coniglio. Un Eclage per
essere precisi. Alto probabilmente meno di lui, coi baffi e la peluria
bianca intorno alla bocca, profonde rughe intorno agli occhi e degli
occhialini da vista tondi sul naso rosa che continuava a muovere
infastidito, come se gli facesse prurito.
Un Eclage paffuto e vecchio
che parlava con quel tono ad un Lapdinare?
“Smettila di guardarmi come
se avessi visto un fantasma! Non aver mai visto un Eclage non ti dà
l’autorizzazione a guardarmi così, bamboccio di Droà. Non pensare che,
siccome sono solo un coniglio, non possa tenere testa anche a te, perché ti
sistemo io” disse agitando la zampa in direzione di Nyven “Così come sistemo
quell’ arrogante di Mamim”
“Mamim?” Nyven aveva la
gola così secca da avere dolore nel pronunciare le parole.
“Mamim, sì, il Lapdinare.
Il lupo!” gli rispose l’Eclage come se stesse parlando con uno stupido. “Ma
ora sbrigati perché il tuo nuovo padrone ti vuole incontrare”
Non era l’Eclage il suo
nuovo padrone, dunque.
Non potevano essere fatte
domande, né si poteva alzare lo sguardo, ma la curiosità di Nyven per quel
posto era così intensa che indugiò a lungo con lo sguardo su quella stanza e
sul coniglio di fronte a lui. Gli sarebbe costato qualche frustata,
probabilmente, ma come poteva non guardare? Solo un attimo, poi abbassò lo
sguardo, il buonsenso prevalse.
L’Eclage annuì,
compiaciuto, ma non disse nulla, semplicemente lo aiutò ad alzarsi.
Solo una volta seduto,
Nyven si rese conto di essere stato completamente rasato. Forse il suo nuovo
padrone lo preferiva senza capelli, o forse erano troppo sporchi per essere
presentati al suo cospetto
“Zir”
Il ragazzo non capì e
guardò l’Eclage aggrottando la fronte.
“Zir” ripetè il coniglio
infastidito “Mi chiamo Zir. Cosa vuoi fare, chiamarmi Eclage per tutta la
vita? Vuoi che io ti chiami Umano per sempre? Non è mica piacevole sai?” L’Eclage
agitò le zampe indispettito “Io ti chiamo Nyven tu mi chiami Zir, è facile
no?”
“Sìsì” il ragazzo si
affrettò a rispondere “Molto facile signore!”
“Niente signore, solo Zir.
Il tuo signore ti sta aspettando, e non sarà certo contento se lo faremo
attendere. Non è proprio l’uomo più paziente del regno”
Il coniglio gli fece cenno
di seguirlo e Nyven cercò di stare al passo. Le gambe erano ancora troppo
intorpidite per correre, ma voleva evitare di dare un buon pretesto al
proprio padrone per arrabbiarsi. Zir l’aveva chiamato uomo, quindi
probabilmente il suo nuovo padrone era un umano. E questo rasserenò l’animo
del ragazzo: troppe bestie ignote per volere che anche il nuovo padrone
fosse una di loro. Gli umani lui li conosceva bene, non l’avrebbe colto
impreparato. Sapeva come erano fatti, come parlavano e li capiva. In un
certo senso, conosceva il suo padrone meglio di quanto conoscesse l’Eclage o
il Lapdinare.
Servire qualcuno che si
conosce rende la vita molto più semplice. |
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Capitolo 2 *** Capitolo 02 ***
Capitolo Due
Le scale che Zir
gli aveva indicato per raggiungere le stanze del padrone s’erano rivelate essere
anguste, dai gradini pericolanti e malfermi, tanto che Nyven, dovette appoggiare
le mani alle pareti più volte per non cadere. Ed erano infinite. Chiocciola dopo
chiocciola, sembravano non terminare più. Finalmente, dopo almeno un’ora
dall’inizio della salita, Nyven trovò una porta a fermargli la strada:
probabilmente la porta d’ingresso.
In realtà era
tutta diversa da come se l’era immaginata: era piccola e impolverata, in legno.
Il chiavistello era divelto e il lucchetto arrugginito. Sembrava la porta di una
cantina abbandonata, piuttosto che l’entrata alle stanze di qualcuno.
Aprendola
scricchiolò e lasciò cadere anni di polvere e sabbia che probabilmente nessuno
s’era mai dato la briga di pulire. Nyven iniziò a tossire, mentre quella nuvola
gli imbrattava la pelle e gli penetrava negli occhi.
La stanza nella
quale entrò era vuota, se non per del mobilio accatastato ad una parete e una
cassapanca sulla parete opposta. Del suo padrone neanche l’ombra.
Nyven si chiese
se, per caso, avesse sbagliato strada, ma subito scartò l’idea: non avrebbe
potuto, le scale andavano in una sola direzione. Pensò che forse Zir lo aveva
preso in giro, forse lo aveva mandato da tutt’altra parte.
Del resto, era
l’unica spiegazione possibile, fra quelle quattro mura non c’era nessun padrone,
né per altro avrebbe potuto vivere lì nessuno che si fregiasse del titolo di
mago.
Si guardò un
attimo intorno, indeciso sul da farsi, anche se la cosa più sensata gli apparve
quella di tornare indietro e chiedere a Zir quale fosse la strada giusta per le
stanze del padrone.
Guardò quel
luogo per un’ultima volta, indugiando un po’ più a lungo sulla cassapanca. Non
era un peccato lasciarla lì abbandonata, quando aveva tutta l’aria di essere di
fattura pregiata?
“In effetti, è
un peccato”
Nyven si girò di
scatto verso la voce che aveva sentito provenire alle sue spalle, ma non vide
nessuno. La porta malandata era come l’aveva lasciata.
Si girò di nuovo
per vedere chi avesse parlato, ma la stanza era quadrata, non c’era luogo dove
nascondersi.
“Mio signore?”
Nyven mantenne la voce ferma, ma si avvicinò alla cassapanca. Che la voce
provenisse da lì dentro?
Sollevò il
coperchio e, di nuovo, udì la voce di prima, che rise.
“Mi credi così
piccolo da entrare lì dentro?”
Nyven si
spaventò all’udire di nuovo quella voce profonda così vicino a lui da sembrare
gli stesse parlando all’orecchio. Lasciò andare il coperchio della cassapanca
indietreggiando d’istinto. Dalla cassapanca si sollevò una nuvola di polvere.
“No…” rispose
Nyven “No, mio signore… E’ che non la vedo”
“Certo che non
mi vedi, non sono lì” disse l’altro “Tu piuttosto, perché sei laggiù?”
“Ho preso le
scale che m’ha indicato Zir, signore” disse Nyven mortificato.
Era poco
importante chi gli avesse indicato la strada, quando questa era sbagliata.
Probabilmente il padrone era molto infastidito dal non vederlo ancora da lui.
Per un po’ la
stanza ripiombò nel silenzio e Nyven non poté fare altro che girarsi intorno
alla ricerca di quella voce.
Era bassa e
molto calda, ma lo terrorizzava.
Da dove
proveniva? Sembrava che gli parlasse da vicino, ma lì non c’era nessuno. E
sembrava gli parlasse da destra, o forse da sinistra. Ma all’inizio l’aveva
pensata dietro di sé.
Quella voce era
in tutta la stanza.
“Prendi quelle
scale e vieni da me. In fretta”
Nyven si guardò
in torno. Quali scale? Non c’erano scale in quella stanza
“Qu…” ma la voce
lasciò il posto allo stupore. Di fianco alla cassapanca, Nyven scorse la sagoma
di alcuni scalini. Si avvicinò per vederli meglio, prima era sicuro non ci fosse
niente.
O forse sì?
Erano gradini
trasparenti - difficili da vedere con un occhio distratto - che scomparivano
oltre una piccola apertura sul soffitto. Li avrebbe notati se ci fossero stati
prima…
Appoggiò il
piede sul primo gradino per cominciare a salire le scale, ma di nuovo, si fermò
stupito: il suo piede era zuppo d’acqua.
Nyven fece un
passo indietro. I gradini non c’erano sicuramente quando era entrato nella
stanza e l’acqua non può reggere il peso di un uomo. Che senso aveva che fossero
comparsi dei gradini fatti d’acqua?
Nessuno, ma
quella era l’abitazione di un mago, era altrettanto sciocco farsi così tante
domande e non salire velocemente. Avrebbe ottenuto – come unico risultato –
quello di fare arrabbiare il proprio padrone per il suo ritardo.
Eppure…
Si rese conto di
avere paura, molta più paura di tutte le altre volte in cui aveva conosciuto un
nuovo padrone.
Salì quelle
scale d’acqua più lentamente di quanto avesse voluto, temendo, ad ogni scalino,
di cadere. Eppure, gradino dopo gradino, l’acqua lo reggeva benissimo.
Arrivato in cima
alle scale Nyven, non riuscì a trattenere lo stupore. Si ritrovò immerso in una
foresta pluviale, dove – dall’acqua sulla quale camminava – crescevano alberi
nodosi che s’intrecciavano a rami di altri alberi. Le foglie enormi e le liane
che si tuffavano in acqua, impedivano di vedere se ci fosse qualcuno lì ad
attenderlo, oppure se, ancora una volta, fosse arrivato nel luogo sbagliato.
Alcune ninfee rosse e gialle galleggiavano vicino ai suoi piedi. Nyven si chinò
per vederle meglio, ma all’incresparsi dell’acqua toccata dai suoi piedi, le
corolle dei fiori si chiusero, in difesa.
“Le spaventi”
Nyven sussultò
“Si… Signore?”
“Vieni avanti”
Il ragazzo fece
qualche passo, senza avere idea di dove si stesse dirigendo.
Sentì un fruscio sopra di lui, probabilmente un battito d’ali.
“Segui i pesci,
loro sanno dove mi trovo”
Nyven guardò
l’acqua sotto di lui e vide numerosissimi pesci nuotare in un'unica direzione.
Li seguì. Sperò di non dover fare troppa strada: era certo che le ginocchia non
avrebbero retto molto più a lungo.
Poi i pesci
scesero più in profondità, e Nyven non li vide più, ma non era necessario: il
suo padrone era davanti a lui.
Il ragazzo chinò
in fretta la testa.
“Mio signore…”
cercò di mantenere la voce ferma “Scusate se l’ho fatta aspettare”
L’altro non
rispose e lo squadrò, a lungo. Il silenzio si fece insopportabile quasi subito e
Nyven spostò il peso da un piede all’altro, sperando che il rumore dell’acqua
potesse alleviare quella paura ingiustificata. Non era la prima volta che si
trovava di fronte ad un nuovo padrone, non era forse così?
Ma i rumori
della foresta erano ovattati, l’acqua sotto i suoi piedi sembrava un’eco
lontana. C’era il suo respiro, ma non era sufficiente a calmarlo. Non poteva
parlare, perché non era stato interpellato, ma moriva dalla voglia di fare
qualcosa – qualunque cosa – pur di sentire un rumore conosciuto.
Finalmente,
l’altro parlò “Sei bravo a controllarti”
“Mi scusi
signore?”
“Conosco altri
che avrebbero parlato. Dunque è vero ciò che si dice del Crocevia Sud: gli
schiavi sono davvero i migliori del Regno”
“Io farò quel
che m chiederete di fare, signore”
L’altro sorrise,
ma Nyven, pur non guardandolo in viso, ebbe la chiara sensazione che quello
fosse un sorriso di scherno.
“Sai leggere,
ragazzo?”
“Conosco bene la
lingua ufficiale del Regno, signore. So leggere il dialetto di Droà e capisco
bene i dialetti dell’ovest, ma non so pronunciarli.” Nyven arrossì leggermente
“Ho più volte provato, ma il mio accento è così forte che non venivo capito”
“E come mai uno
schiavo conosce e sa leggere la lingua ufficiale?”
“Il penultimo…”
ma poi Nyven si corresse, pensando a Tocua “Il terzultimo padrone era un
cartografo, signore. Mi ha insegnato a leggere le mappe, a disegnarle. E con lui
ho letto molti libri di esploratori e viaggiatori, per poter disegnare mappe
complete”
Il mago annuì.
“E sei mai stato
oltre i confini del Regno?”
“No signore,
mai. Ma ho incontrato molti viaggiatori provenienti da ovest. Mai nessuno
proveniente da est”
“Nessuno mai è
andato o venuto dall’est”
“Ma ho sentito
che Giqiath la Sagg…”
“Conosci Giqiath
la Saggia?” lo interruppe il mago.
“Ho solo sentito
dire che è una regina di un regno lontano, nell’est, signore. E che sia l’unica
ad essere venuta sin qui… Non l’ho mai conosciuta, però”
Irìyas sorrise
“E’ venuta qui trecento anni fa”
Nyven arrossì:
“Non lo sapevo signore…”
La stanza
ricadde nel silenzio e solo in quell’istante Nyven si accorse di non avere
assolutamente idea dell’aspetto della persona con la quale stava parlando. La
voce del suo padrone gli imponeva di tenere la testa china, impaurito in quella
stanza d’acqua. Ma ora che il silenzio era tornato, il ragazzo osò guardare
davanti a sé.
Irìyas sorrise.
Era seduto su
una poltrona per metà immersa nell’acqua. Aveva un libro appoggiato sulle gambe
che teneva accavallate e una mano appoggiata sul libro. La pelle era così
chiara che Nyven si chiese se fosse bianca.
Alzò ancora lo
sguardo, osando arrivare fino al volto. I capelli nero corvini gli ricadevano
sulle spalle e sul viso, nonostante fossero in parte legati. Gli occhi erano
così verdi che Nyven si sentì in colpa nel guardarli apertamente, e subito
riabbassò lo sguardo.
Esistevano,
dunque, anche gli occhi color dell’acqua? Nyven, in vita sua, non ne aveva mai
visti.
Forse s’era
sbagliato, forse erano solo occhi celesti che, col riflesso dell’acqua intorno a
loro, catturavano un po’ di verde.
Alzò di nuovo lo
sguardo e non ebbe dubbi: erano verdi e, divertiti, aspettavano che lui facesse
qualcosa.
“Signore…Posso
farvi una domanda?”
“L’hai appena
fatta”
Il ragazzo si
zittì subito “Oh…”
Nyven spostò il
peso prima su uno, poi sull’altro piede, cercando di trovare una posizione
comoda fra quel disagio che dilagava.
Sentì il padrone
sorridere. Sapeva benissimo lo stato in cui Nyven si trovava: non era
propriamente paura, non era propriamente panico. In effetti, il ragazzo, non
riuscì a capire esattamente cosa si agitasse nel suo animo.
Incomprensione.
Per il suo nuovo padrone, affabile ma gelido. Non violento, a gesti o parole, ma
apparentemente piuttosto aggressivo.
Fascino. Perché
l’uomo di fronte a lui sembrava in estremo controllo di tutto quello che stava
accadendo lì intorno, sapeva dove nuotavano i pesci e sapeva dove si trovava
anche quando Nyven non era di fronte a lui. Ed era seduto su una poltrona
immersa nell’acqua, senza peraltro essere bagnato.
“Sai perché sei
qui?”
“Per servirvi”
rispose prontamente.
“Sai perché ho
preso te e non qualcun altro. Per quella cifra, a dire il vero, avrei potuto
acquistare braccia ben più muscolose, più adatte ai lavori pesanti”
Nyven diede un
rapido sguardo ai suoi muscoli che sapeva non essere molto grossi. Chinò il
capo.
“Forse…” alcuni
l’avevano voluto per il suo corpo. Ma non fece in tempo a finire la frase.
“Perché ti ho
fatto rasare i capelli?”
Nyven scosse la
testa “Erano forse sporchi?”
Il padrone
sospirò, apparendo esasperato.
Appoggiò il
mento su una mano e guardò Nyven a lungo. “Davvero nessuno si è mai accorto di
niente?”
Il ragazzo alzò
lo sguardo, confuso “Di cosa, signore?”
L’uomo seduto
picchiò il palmo contro il libro in grembo, seccato.
“Che ignoranti!
Ignoranti e certamente sciocchi!” disse stizzito. Poi si strinse nelle spalle
“Tanto meglio. Questo agevola me”
Nyven era molto
confuso.
“Non capisco,
signore…”
“Irìyas”
“Cosa?”
”Chiamami col mio nome”
“Sì, sign…”
Nyven s’ammutolì.
“Che cosa spegne
il fuoco, Nyven, lo sai?”
Il ragazzo
aggrottò la fronte “L’acqua”
Di nuovo si
ritrovò quegli occhi verdi addosso. Irìyas indugiò un po’ su di lui e poi si
alzò dalla poltrona. Prese un bicchiere appoggiato su un tavolo che Nyven non
aveva notato prima e con questo raccolse un po’ d’acqua dal pavimento.
Indicò il camino
– e ancora una volta Nyven avrebbe giurato che prima non c’era nessun camino
nella stanza – e vi buttò l’acqua. Il fuoco si abbassò leggermente, ma subito
l’acqua evaporò, lasciando nuovamente spazio alle fiamme.
“Che cosa spegne
il fuoco, Nyven, lo sai?”
***
sine nomine: Grazie davvero! La
storia ha una fabula piuttosto complicata (alleggerita da un non tranto
complicato intreccio), quindi non sarà un racconto "breve" (neanche infinito,
ovviamente). Sono contenta che sin da subito ti siano piaciuti i toni
favoleggianti, perchè quest'aura fra fantasy e favola piace tanto anche a me (la
panciotta di Zir, poi, è così tenera XD). Baci
Dolceamara: Ciao!Come dicevo
prima, i toni favoleggianti sono una caratteristica a cui tengo, per
inframezzare meglio il fantasy canonico ad un'idea un po' diversa che vorrei
sviluppare. E sono davvero felice che ti piaccia l'esordio e come scrivo. La
"quantità" di recensioni non è uno sprone, non ti preoccupare. Leggere
recensioni come la tua sì. E poi già ti adoro, per l'affascinante... Ahhh
* /me gongola. Bacio
BarbaraG.: Che entusiasmo
davvero. Grazie davvero. Spero che non scemi tutto subito e spero anche di
risentirti presto (e sì, anch'io adoro il coniglio, così bisbetico!)
|
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Capitolo 3 *** Capitolo 03 ***
Nuova pagina 1
Capitolo Tre
Nyven non
riusciva a smettere di guardarla.
La sua sagoma, a
volte, si confondeva con l’acqua dell’ambiente, i lineamenti del viso sembravano
appena accennati, eppure era bellissima.
Il ragazzo le si
avvicinò lentamente.
“Sa benissimo
che la stai guardando” la voce di Irìyas era un sussurro nel suo orecchio. Nyven
si voltò spaventato, ma vide che il mago era distante.
Riportò la sua
attenzione sull’Ancella.
Non avrebbe mai
creduto possibile vedere un dio, invece lei era lì, di fronte a lui, intenta a
fare qualcosa che Nyven non capiva.
Agli occhi umani
appariva fatta d’acqua, trasparente. I capelli sembravano raccolti, ma a volte
ricadevano pesantemente sulla spalle di lei, con uno scroscio.
Le Ancelle -
divinità marine il cui compito era quello di raccogliere l’acqua del mare che
cadeva ai confini del mondo, per poi rigettarla nel Mare Interno ed evitare
quindi che questa cadesse, lontano dalla terra - erano fantasticherie per
alcuni. Irraggiungibili per i più. Le loro enormi giare in Cristallo di Vento,
la loro bellezza eterna e sfuggevole erano la leggenda più antica di tutto il
Regno.
Nyven non sapeva
esattamente dove si trovasse il castello del mago e, di conseguenza, non aveva
idea di quanto fosse vicino ai confini.
Il Regno
toccava, in due punti, la fine del mondo, dove il mare cadeva giù.
“Siamo vicini
alle Colonne?”
“Non hai idea di
dove ti trovi?”
Nyven scosse la
testa: “No signore”
“Né perché
un’Ancella si trovi qui”
“Questo lo
reputo un miracolo…” disse Nyven arrossendo.
Irìyas sorrise
all’ingenuità del ragazzo “Non esistono miracoli” poi tese una mano all’Ancella
che smise di fare quello che stava facendo – Nyven non aveva idea di che cosa
fosse – e si avvicinò al mago.
Sembrò sorridere
e sembrò guardarlo negli occhi a lungo. Poi gli mise le braccia intorno a collo,
lasciando le l’acqua bagnasse i suoi capelli corvini.
Lo strinse a sé
e, in uno scroscio, scomparve, ricomparendo esattamente dove Nyven l’aveva vista
all’inizio.
Era così bella…
“Siete
bellissima” Nyven si sentì dire. Lei lo guardò e rise, divertita.
“Dovresti
imparare a parlare ad un’Ancella”
“Signore?”
“Non puoi
rivolgerti ad una dea come se ti rivolgessi ad un qualunque mortale”
Ma l’Ancella si
avvicinò al mago con l’aria corrugata e Irìyas scoppiò a ridere
“Non è
d’accordo” spiegò “ dice che il tuo complimento le ha fatto molto piacere” e poi
rise di nuovo.
Nyven guardò il
suo padrone, mentre questi era intento a parlare con l’Ancella. Sembrava così
felice e rilassato, che il ragazzo osò, di nuovo, prendere la parola.
“Dove siamo qui,
signore?”
“A Nord-Est, fra
Tagorln ed Epsèda,”
Nyven sgranò glì
occhi ripensando a Droà, dove da sempre era vissuto “Fin lassù…”
L’Ancella
sorrise di nuovo divertita
“Le devi essere
particolarmente simpatico, ma non confonderti. Lei” disse prendendo una mano
della dea ed avvicinandosi al ragazzo “E’ un Ancella delle Colonne del Sud”
“Nel territorio
di Droà?”
Iriyas annuì “Ed
è qui per aiutarmi”
Fu in quel
momento che Nyven si rese conto che la persona che aveva davanti non era
semplicemente un mago bizzarro ed originale che si circondava di stranezze.
Chi poteva avere
un’Ancella al proprio servizio?
Sebbene la dea
sembrasse felice di essere lì, probabilmente di sua scelta, quale mago poteva
sperare nell’aiuto di un dio?
Nyven guardò spaventato l’uomo di fronte a lui. Era un umano; la catenina
d’argento che correva attraverso i suoi lobi indicava il suo rango, ma…
Nyven lo stava
guardando con la bocca aperta.
“Chiudila” gli
disse Irìyas aspramente “e rispondimi, che cosa spegne il fuoco?”
Nyven si scosse
da quel torpore momentaneo, abbassando velocemente lo sguardo.
“Non lo so, mio
signore” rispose, questa volta.
Il ragazzo ebbe
la sensazione che il padrone sorridesse, ma se effettivamente lo fece non seppe
dirlo. Non vide le sue labbra muoversi.
Non capì quindi
se fosse un sorriso di scherno, di approvazione, di derisione oppure se fosse
un’illusione della sua mente. Ma non ebbe il tempo per pensarci, Irìyas condusse
l’Ancella per mano, sin dove aveva lasciato il suo lavoro e lo sollevò: una rete
sottilissima appoggiata sull’acqua.
Ne staccò un
pezzettino.
Protese il palmo
verso Nyven: un frammento di una corda forse?
Ma quando Nyven
vide che cosa il mago stava porgendogli sul proprio palmo, fu troppo confuso per
dire qualcosa.
Un filo cremisi,
inzuppato d’acqua, ma così brillante da apparire luminoso
“E’ un tuo
capello”
E così dicendo,
il mago buttò il filo nello stesso fuoco dove poco prima aveva buttato l’acqua.
Le fiamme
crepitarono, si alzarono per un istante, ma poi Nyven sentì uno sbuffo, quasi
una voce roca di chi non ha più fiato. Le fiamme si ripiegarono su se stesse,
schiacciate e soffocate.
Si spensero
quasi subito, le ultime braci si trasformarono in cenere.
Il rosso del
fuoco scomparve.
“I miei…” Nyven
si portò una mano sulla testa, completamente rasata.
“Ricresceranno,
molto in fretta”
“Ma come…?”
“Com’è
possibile?”
Nyven annuì
“I tuoi capelli
soffocano il fuoco, qualunque fiamma, anche ben più alta di quelle nel camino”
Irìyas apparve estremamente serio “ E io devo spegnere un fuoco che non è mai
stato spento prima d’ora”
Nyven fece per
chiedere qualcosa, ma gli occhi del padrone gli impedirono di farlo. Per un
istante, vi vide dolore e a lui, uno schiavo, non era permesso fare domande.
Un fuoco mai
spento…
“E l’arte di una
dea d’acqua” continuò Irìyas come se non ci fosse stata alcuna pausa fra i suoi
pensieri “L’arte di un’Ancella, permette ai tuoi capelli di essere perfetti e
pronti. Sta intrecciando con le sue mani una rete”
Il ragazzo fece
un passo verso l’Ancella che, con mani esperte, stava tessendo i suoi capelli
cremisi.
“Ma io ora
sono…”
Nyven si rese
conto di non avere più capelli in testa e, di conseguenza, di non essere più
utile al padrone “Mi manderete via?”
Era davvero così
triste al pensiero di andarsene?
C’era qualcosa
di così affascinante in quel posto, che Nyven sperò di essere di qualche aiuto e
di non essere costretto ad andare via.
Irìyas sorrise:
“I tuoi capelli cresceranno in fretta, non ti manderò via” rispose, quasi avesse
letto i pensieri del ragazzo “Sarebbe stato sciocco l'averti acquistato per
quella cifra, per prendermi solo i tuoi capelli…”
“Oh…” Annuì
Nyven sollevato “Che cos’altro devo fare?”
“Ora va’ a
letto, tra poco avrai molto sonno… Domani torna qui, aiuterai l’Ancella ad
intrecciare i tuoi capelli e aiuterai Zir in alcune faccende” A quelle parole,
Irìyas rise divertito, come se gli fosse venuto in mente qualcosa di molto buffo
“Zir non sarà per niente contento di dover badare ad un ragazzino…”
Nyven abbassò lo
sguardo, non era certo così piccolo da aver bisogno di una balia, nè di un
supervisore.
Non sapeva
esattamente gli anni che aveva, ma sicuramente più di diciotto soli.
“Quanti anni hai
ragazzo?”
“Non lo so
signore. Da quando ho memoria, ho contato diciotto soli…”
”Quindi - più o meno - ne avrai ventidue, ventitre…”
“Sì, signore””
“E leggevi
mappe…”
“Le disegnavo…
anche... “
”Anche questo ci tornerà molto utile” aggiunse il mago annuendo “Ma ora va’,
devi dormire”
Nyven esitò e
Irìyas lo guardò negli occhi, obbligando il ragazzo ad abbassarli “Nel sonno, i
tuoi capelli cresceranno di più”.
Quando Nyven
alzò di nuovo lo sguardo si ritrovò di fronte alla cassapanca impolverata nella
stanza vuota.
Non c’era alcuna
traccia delle scale d’acqua, solo qualche granello di polvere che ancora
svolazzava, dopo che il coperchio della cassapanca s’era chiuso bruscamente.
“Ma…”
Nyven non capì,
s’era sognato tutto?
Sospirò,
scrollando la testa.. Fece per fare un passo verso la porta – forse Zir
l’avrebbe aiutato a capire – e solo in quel momento notò i suoi piedi zuppi
Il ragazzo era
più confuso che mai, ma non gli venne dato il tempo di riflettere.
“Allora!” sentì
una voce gridare “Torni su o vuoi l’invito scritto?” Zir stava urlando
“Arrivo!”
Non poteva farsi
troppe domande, lui non era certo lì per avere risposte.
Che importava se
non capiva il suo nuovo padrone?
Che importava se
non riusciva a capire quel… quel luogo in cui era stato portato. Sarebbe stata
la sua nuova casa e il mago il suo nuovo padrone.
Che senso aveva
essere così confuso?
Eppure Nyven non riusciva a mettere in ordine i pensieri che si affollavano
nella sua mente e, neanche, riusciva a farli tacere.
La vecchia porta
impolverata era aperta, le sale che portavano da Zir erano tutte in salita: ma
non era forse salito per raggiungere quello sgabuzzino?
Sospirò.
Avrebbe
impiegato molto tempo per capire quella casa e il suo nuovo padrone.
Il coniglio lo
stava attendendo, picchiettando le dita sulla parete
“Guarda che la
prossima volta non ti aspetto!”
“E’ che…”
“Sìsì, lo
sgabuzzino, ma potevi comunque fare prima”
“Ma io non…”
“Non capisci,
certo. Cosa vuoi capire, il primo giorno”
“Sì, però…”
“Niente però,
devo farti vedere la stanza, o vuoi dormire nello sgabuzzino da basso?”
“Ovunque and…”
”Certo ovunque. Vuoi che ci creda? In quella topaia impolverata non ci starei
neanche legato”
“Dove…”
“Dove dormirai?
Nella tua stanza, ovvio!”
Nyven sospirò
all’ennesima interruzione. Non avrebbe cavato molte informazioni da Zir, quella
sera. Tentò allora di cambiare strategia, mentre cercava di stare al passo del
coniglio che quasi correva
“Il padrone?”
“Il padrone
cosa?”
Aveva sperato
Zir completasse anche quella frase
“L’ho
incontrato”
“Certo che l’hai
incontrato”
“In una stanza
d’acqua”
”Mica pensavo l’avessi incontrato nello sgabuzzino”
“Ma come…. “
Al che Zir si
fermò di colpo e si girò a guardare Nyven, spingendosi gli occhiali contro il
naso
“Non cercare di
capire quello che non puoi capire, ragazzo. Non così presto. Il consiglio che ti
posso dare io è quello di osservare, se vuoi capire. Nessuna domanda – qua
dentro – porterà ad una risposta chiara, perché non esiste nessuna risposta
certa.”
Zir guardò il
ragazzo negli occhi “Ci sono molte faccende complicate e forze coinvolte di cui
meno sai e meglio è. Fa’ ciò che ti compete, ma cerca di…” poi s’interruppe
scuotendo la testa, quasi si fosse ricordato di qualcosa.
“Cosa pensi di
Irìyas” chiese dopo un attimo
Nyven esitò, ma
non i suoi occhi. Gli era apparso inquietante e gli era apparso forte. Gli era
apparso terribile e pauroso, ma anche bello. Gli era apparso affascinate. Gli
era apparso irraggiungibile, ma soprattutto voleva rivederlo, voleva parlare di
nuovo con lui, per capire esattamente che cosa stesse pensando di Irìyas.
Vedendo
l’esitazione del ragazzo e la sua bocca leggermente aperta, ma priva di parole,
Zir scrollò le spalle, apparendo sconsolato.
Riprese a
camminare, ma non disse più una parola: lo sguardo di Nyven era stato
sufficiente per dirgli tutto.
***
sine
nomine: sono contenta che ti piaccia *_* In effetti, non voglio dare
molto a "vedere" le motivazioni sottese di uno o dell'altro personaggio. Voglio
costruire i loro caratteri e le loro ambizioni piano piano. Penso che sia molto
più coinvolgente, per chi legge. Anche se, devo ammettere, più complicato per
chi scrive. Per quanto riguarda Irìyas e la sua caratterizzazione. Vorrei
renderlo stizzoso, arrogante, ma non per questo fastidioso o antipatico. E il
suo essere bello mi aiuta molto. Spero di risentirti, anche ora che c'è
l'obbligo di registrazione per le recensioni ^_^
Dolceamara:
Ciao ^_^/ In effetti, devo essere sincera, alcuni capitoli sono più pregni di
altri. Probabilmente per quello che hai detto tu, il punto di vista di Nyven
confonde lui, ma allo stesso tempo, confonde la visione di chi legge. Inoltre le
variazioni di ritmo mi servono perchè mi aiutano a creare un'atmosfera di
incertezza. L'incedere di ognuno dei personaggi vorrei che fosse un po'
frammentato. Grazie mille per la tua recensione, baci. A presto.
BeautifulKirja: Benvenuta e grazie per il commento. Spero che il
prosueguo del racconto ti coinvolga altrettanto ^_^
BiGi:
L'ambientazione di questo capitolo era fondamentale, Irìyas doveva entrare in
scena in modo piuttosto teatrale (è un teatralone, alla fine XD). Questa cosa
della registrazione piace poco anche a me ._.
Erika Dreven/Aphrodite:
Oh che onore. Davvero hai cominciato a scrivere
dopo Hiruseki? /me arrossiche. E' l'unica fanfiction che ho scritto impegnandomi
davvero. Poi ho subito abbandonato il genere, ma a lei tengo tanto. Cremisi è di
genere diverso, ma se il fantasy ti piace, benvenuta a bordo! (la panciotta di
Zir è troppo morbida °_°). Nessuna noia dalle chiacchiere, figurati. Anzi, spero
di risentirti quanto prima, perchè mi ha fatto proprio piacere.
Un bacio a
tutti.
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Capitolo 4 *** Capitolo 04 ***
Nuova pagina 1
La stanza era angusta e
buia.
Non c'erano finestre, le
pareti erano gocciolanti. Probabilmente si trovava in uno scantinato.
C'era anche odore di
muffa.
Nyven non si ricordava
come mai si trovasse lì. S'era svegliato e s'era ritrovato lì dentro, con le
spalle appoggiate alle pareti che trasudavano umidità.
Il ragazzo aveva le gambe
così pesanti che parevano fisse, ancorate al pavimento.
Nyven respirava
affannosamente
"Che cosa ci faccio qui?"
Nessuno rispose e
nonostante la stanza fosse piccola, la sua voce rimbombò.
"Padrone?"
Ancora nessuna risposta,
la voce si perse dopo una piccola eco.
Tastò la parete per
cercare una via d'uscita, ma le gambe gli cedettero e cadde a terra carponi.
Sentiva male, le membra pesanti non rispondevano al suo volere. Si trascinò e
cercò di rialzarsi.
"Padrone?" Nyven si
accorse di essere nel panico.
Perchè era lì?
Che il padrone l'avesse
rinchiuso lì perchè aveva fatto qualcosa che non doveva?
Nyven non ricordava nulla.
A tentoni, continuò a
tastare il muro per cercare una via d'uscita.
Il buio era così intenso
che Nyven non riusciva a vedere oltre la propria mano.
"C'è qualcuno?"
Ma ancora una volta,
nessuno rispose.
D'improvviso apparve una
fiammella laddove Nyven era certo non ci fosse altro che una parete di mattoni.
“Chi è?” Il ragazzo era
terrorizzato, ma immobile “chi è” ripetè.
Ancora silenzio.
La fiammella s’ingrandì e
divenne un falò.
Nyven si schiacciò contro
la parete che non era più umida, stava diventando sempre più calda. Si scostò
per paura di bruciare.
Le fiamme ormai
divampavano, alte e crepitanti
“C’è qualcuno? Per favore,
rispondete”
Ma non ci fu risposta.
C’era silenzio, nonostante il fuoco. Non si sentiva alcun rumore.
Nyven si accorse che
vicino a dove si trovava, la parete della stanza era interrotta da una piccola
fessura: che fosse la via d’uscita?
Appena la fiamma si accorse che il ragazzo si stava dirigendo verso quella
apertura, avvampò.
Nyven la guardò con gli
occhi sgranati ed ebbe la netta sensazione che anche lei fosse lì a guardarlo,
con le pupille dilatate, rosso cremisi.
“Chi sei?”
Ma la fiamma non aveva
voce. Solo occhi ardenti.
Nyven raggiunse la
fessura. C’erano delle scale strette, a chiocciola. Sembravano l’unica via
d’uscita. Il ragazzo esitò: la fiamma non voleva che lui scappasse, la fiamma lo
voleva lì per lei.
Ma fu l’esitazione di un
istante, Nyven le girò le spalle e corse, con le sue gambe di nuovo leggere.
Ci fu un boato, quasi
un’esplosione e la stanza prima fatta di mattoni solidi si frantumò sotto l’ira
del fuoco.
Nyven si ritrovò a
scappare dalle fiamme che lo inseguivano, lo rincorrevano, sempre più
velocemente…
Le scale sembravano
infinite, chiocciola dopo chiocciola… e il fuoco era lì, a lambire la sua pelle.
Se Nyven si fosse fermato sarebbe stata la fine.
Il cuore in petto gli
batteva all’impazzata.
Che cosa ci faceva lì?
E che fuoco era quel fuoco vivo che lo rincorreva e minacciava di reclamarlo e
bruciarlo nel suo calore?
Il silenzio di prima era
stato rimpiazzato dall’affanno di Nyven e dalla rincorsa delle fiamme che
crepitavano.
Sembravano ululare.
C’erano scalini, troppi
scalini e il caldo era atroce, ma Nyven non poteva fermarsi.
Le pareti intorno a lui
crollarono definitivamente, bruciate come fossero carta.
Nyven si svegliò di
soprassalto, madido di sudore gelido. Era nella sua stanza, ai piedi del letto.
Nello stesso posto dove s’era addormentato la sera prima.
* * *
Nell’aria c’era
odore di pane appena sfornato e forse anche di tè. Sì, te alla vaniglia…
“Pane, tè alla
vaniglia…” Nyven biasciò, con la bocca impastata, credendo di trovarsi in un
altro sogno
“E ciambelle al
latte ripiene di marmellata di ribes. Inoltre zuppa di uova e mele…”
Nyven spalancò
gli occhi
“E tante altre
cose. Quindi se ora vuoi fare la grazia di alzarti… Ma non dovevi essere un gran
lavoratore?”
Zir lo stava
guardando con severità.
Nyven si
affrettò a mettersi in piedi
“Sì, signore,
certo signore” disse non riuscendo a scrollarsi di dosso il torpore che sentiva
“Io…”
Ma Zir lo
interruppe.
“Basta ciance.
Non so perché Irìyas pretenda che sia io a prendermi cura di te, giacché potrei
occuparmi di compiti ben più alti e nobili” disse con tono petulante “ma è lui
che dà gli ordini qui dentro. E sebbene mi senta di argomentare il più della
volte, questa volta no” scrollò le spalle, parlando fra sé e sé “chissà poi
perché”
“Il padrone…”
“Sì, è il
padrone ad avermi mandato qui, non ti svegliavi più! Dobbiamo fare
tantissime cose questa mattina, non possiamo perdere altro tempo. Ma prima devi
mangiare”
“Posso anche…”
“No che non puoi
non mangiare! Sei a digiuno da cinque giorni!”
In effetti,
Nyven aveva così fame che faticava a reggersi in piedi. Il suo stomaco brontolò.
“Visto?”
“Cinque
giorni…Non capisco”
Zir battè due
volte le mani e un piccolo animaletto – un castorino – entrò con un vassoio
enorme, stracolmo di cibo.
Nyven strabuzzò
gli occhi al castoro, ma tutto fu dimenticato – l’animale e il suo sonno di
cinque giorni – di fronte a tutto il cibo che gli avevano portato.
“Pos…”
“Fa’ in fretta”
Zir non riuscì a finire la frase che il ragazzo aveva già mangiato mezza
ciambella al cioccolato amaro.
“Che modi!
Dovremo lavorare anche su quelli…”
Zir andò a
rovistare nell’armadio del ragazzo.
“Devi indossare
vesti pesanti. Non sei abituato a questo clima, né per altro hai un bel pelo
folto come il mio, avrai freddo…”
Si girò verso
Nyven e sospirò, sorridendo, d’improvviso.
“Hai dormito
cinque giorni, ragazzo. Il padrone ti ha fatto dormire per cinque giorni di fila
perché i tuoi capelli crescono di più quando dormi” e con la zampa indicò la
testa del ragazzo.
Si sistemò gli
occhiali sul naso e appoggiò dei vestiti sul suo letto, non distogliendo lo
sguardo da Nyven che lo guardava ancora assonnato.
“Dobbiamo andare
al mercato, avrò tempo e modo di parlare con te, finalmente”
“Parlare con
me?”
“E’ evidente che
non stai capendo niente di quello che succede. Non sai perché sei qui, non sai
dove qui sia, non sai perché i tuoi capelli siano così importanti… Ma
queste sono tutte domande di poco conto. Quello che non sai è in cosa sei stato
coinvolto”
Nyven aggrottò
la fronte, aspettando che il coniglio continuasse a parlare.
“Non lo saprai
da me. L’unico che ha il diritto di parlarne è Irìyas. Deciderà lui cos’è meglio
fare. Io, semplicemente, cercherò di non farti fare delle sciocchezze”
“Delle
sciocchezze?”
Zir mosse il
naso, come se gli facesse prurito. I baffetti s’arricciarono e lui, con la
zampa, tentò di lisciarli.
“Non ne vogliono
proprio sapere di stare a posto…”
Nyven sorrise.
“Non pensare,
ragazzo” lo ammonì Zir “ che a me interessi di te. Non cadere nell’errore che
qui la tua vita sarà diversa. Solo perché non è come quella che hai vissuto
finora, non significa necessariamente che sarà diversa. Tu sei qui perché sei
utile, nessun altro motivo. Non dare fastidio, non disturbare e fa’ bene il tuo
dovere. Non ti verrà chiesto altro. Ma questo è ciò che si pretende”
L’improvviso
cambiamento di tono del coniglio aveva stupito Nyven. Quell’aria simpatica e un
po’ scorbutica che aveva intravisto all’inizio era, d’improvviso, scomparsa.
Il ragazzo
annuì.
Del resto, non
s’aspettava nulla di più, non avrebbe disturbato e sarebbe stato il più utile
possibile.
Zir lo fissava.
“Irìyas…” disse
poi quasi soprappensiero “Irìyas ha riso quando t’ha visto dormire” e con la
zampa indicò il tappeto dove Nyven aveva passato le notti precedenti.
“Perché non hai
dormito sul letto?”
“Pensavo fosse
il letto di qualcun altro…In una stanza così grande…”
Il coniglio
scosse la testa: “E’ la tua stanza, e quello è il tuo letto. Nell’armadio ci
sono i tuoi vestiti e quella sul tavolo è la tua colazione. “
Nyven si guardò
intorno “Io non ho mai avuto niente di mio, pensavo…”
“…di dover
dormire ai piedi del letto?”
“Pensavo
semplicemente che qualcun altro avrebbe dormito sul letto – il padrone forse – e
che io dovessi dormire per terra. Non sarebbe stata la prima volta che accadeva.
Anzi” Nyven si strinse nelle spalle “ero molto felice di poter dormire su un
tappeto”
Zir si avvicinò
a lui, togliendogli di mano l’involtino che Nyven pareva essersi dimenticato di
mangiare “Sbrigati a vestirti…”
Lasciò che Nyven
cominciasse ad indossare quello che lui gli aveva messo sul letto prima di
ricominciare a parlare. “Era da tanto che Irìyas non rideva così di gusto.
Eppure, quando ti ha visto dormire per terra, avvolto dal tappeto per ripararti
dal freddo, è scoppiato a ridere. In effetti eri buffo, lui però non rideva così
da tantissimo…”
Nyven avrebbe
voluto chiedere perché, ma sapeva che Zir non gli avrebbe dato alcuna risposta
esauriente.
Finì di vestirsi
con quel pensiero in testa.
E stranamente
contento di aver fatto in qualche modo felice il padrone.
Vide per la
prima volta il casello, quando il carro si stava allontanando per dirigersi
verso il mercato.
Nyven s’era
stupito quando, per muoversi, Zir gli aveva detto che avrebbero usato un
semplice carro trainato da cavalli. Forse ancora coinvolto dalla visione
dell’ancella, s’era aspettato qualcosa di insolito, surreale. Quei giorni
passati lì facevano apparire il Crocevia un luogo visitato anni fa, ma l’idea
del carro lo rassicurò. Qualche cosa, anche in quel luogo così diverso da quelli
che conosceva, funzionava in maniera consueta.
Il castello
sembrava fuoriuscire dalla roccia, in parte costruito su di essa, in parte
incastonato. Era imponente. In effetti il ragazzo non era in grado di dire se
quello di fronte a lui fosse un castello… forse di più un palazzo, o una villa.
Nyven scosse la
testa.
Si trovava
persino in difficoltà nel capire che cosa avesse di fronte: non avrebbe certo
avuto vita facile.
Il palazzo era
isolato, intorno la vegetazione era lussureggiante.
“Non ci abita
nessuno qui intorno?”
“Irìyas è più
che sufficiente. E gli abitanti di casa sua sono, a parer mio, fin troppi”
Nyven allargò
gli occhi: “E’ che sembra un posto piuttosto solitario…”
“In realtà, come
vedrai, la città non è molto distante. Inoltre, tieni anche presente che abita
un Lapdinare in quelle stanze”
“Non capisco”
“Questo perché
non lo conosci. Ma Mamim non accetterebbe di vivere in nessun altro luogo
abitato se non lì. I Lapdinare sono la specie che più d’ogni altra ha necessità
di sentirsi libera. E la città tende a dare un certo senso di costrizione…”
“Ma tu non hai
mai paura?”
“Di vivere qui?”
“ Di Mamim”
Zir sorrise:
“Avrei paura se non ci fosse”
Nyven lo guardò
meravigliato, senza parlare per un po’, mentre i cavalli galoppavano verso il
mercato, poi riportò la sua attenzione sul palazzo che piano piano si
allontanava.
I capelli che
gli erano cresciuti fino alle spalle gli davano fastidio alla vista e cercò di
tirarseli via dagli occhi.
“Certo che sono
cresciuti proprio in fretta…”
“Stasera te li
taglierò”
“Il padrone m’ha
detto che gli servono per spegnere il fuoco. Un fuoco che persino lui non riesce
a spegnere…”
Zir non spostò
le sua attenzione dalle redini che aveva in mano.
“Ho visto ben
poco, devo ammetterlo. Ma da quello che ho visto, il padrone deve essere un uomo
estremamente potente… Com’è possibile che lui non abbia l’arte di spegnere il
fuoco?” Nyven continuò a parlare, sperando che Zir lo aiutasse nel suo
ragionamento “All’inizio, quando m’ha detto che aveva bisogno dei miei capelli
per spegnere il fuoco, ho semplicemente pensato che il padrone non avesse il
dominio sugli elementi naturali. Un mio vecchio padrone, che si vantava di
conoscere le arti magiche, mi disse che non tutti i maghi sono uguali e che non
tutti hanno il controllo sulla natura. Però di certo il padrone ha un perfetto
controllo sull’acqua, tanto da poter dare ospitalità persino ad un’ancella…”
Nyven lottò ancora una volta coi suoi capelli “Quindi ho pensato che il fuoco a
cui il padrone si riferiva fosse un altro tipo di fuoco, ma francamente io non
conosco nessun altro tipo di fuoco che il fuoco stesso” rise per la sua frase
“Forse sto parlando un po’ troppo…”
Zir scosse la
testa “Continua. Sono curioso di sapere fin dove ti sei spinto.”
“Non molto più
in là, a dire il vero. Poi mi sono addormentato” Nyven allargò le braccia, come
ad indicare che il sonno fosse stato più forte di lui
“Questa mattina
però ho capito che il padrone deve avere molta fretta. Mi fa dormire per far sì
che i miei capelli crescano prima, stasera vuole già che siano tagliati…
Evidentemente ne ha bisogno il più presto possibile”
Zir sorrise:
”Sei molto sveglio, quasi troppo per un pivello di Droà”
Nyven fece una
smorfia di dissenso: “Non sono così piccolo! Ma, un momento” disse poi cambiando
completamente voce ed espressione “hai detto il padrone ha riso quando m’ha
visto?”
“Così ho detto”
“E’ venuto nella
mia stanza?”
“Com’era suo
diritto fare”
Nyven capì
d’essere stato frainteso “Certo, certo! Lo chiedevo per capire il motivo…”
“Pensi che... ?”
chiese il coniglio in modo allusivo
“O no, no” si
affrettò a dire il ragazzo, stranamente imbarazzato “Voglio dire, il padrone può
fare quel che vuole…” ma si rese conto di aver peggiorato la situazione. Avvampò
“Insomma, intendevo…”
“Per parlare”
“Che cosa?”
“Il padrone è
venuto in camera tua per parlarti”
“Ma non hai
detto che dormivo?”
“E questo cosa
c’entra? Non ho detto che ti aveva cucito la bocca”
“Ho parlato nel
sonno?”
“Molto, devo
ammettere”
Le guance del
ragazzo divennero ancora più rosse. “Chissà che cos’ho detto”
“Niente di
disdicevole, se è questo che ti preoccupa. Ma il padrone ha sicuramente capito
che ti deve piacere molto”
Nyven guardò Zir
con la bocca aperta, per un attimo non seppe che cosa dire. “In che senso?”
“In che
senso…Che senso può esserci in quello che ho appena detto?”
“In che senso
mi piace il padrone: l’ho visto solo qualche minuto”
“Ad Irìyas non
serve altro per farsi amare o odiare. Il tempo, qui, viene scandito in modo
diverso da come sei abituato. E poi non dimenticarti che hai parlato molto, col
padrone. Magari sei rimasto affascinato dalle sue parole”
“Ti sbagli. Ho
rispetto per il padrone, e mi piace” disse scandendo ogni sillaba del verbo
“perché ho incontrato altri padroni e lui, sicuramente, è uno dei più gentili.
Ma non so altro. Inoltre non ho il diritto di avere altre opinioni, né sul
padrone, né sul posto dove sono stato portato. Ciò che penso deve e dovrà sempre
essere sfumato.”
Il coniglio
guardò il ragazzo. “Voi umani siete ben strani…”
“Gli schiavi
sono diversi dagli essere umani”
“Su questo devo
darti ragione”
Svoltato
l’angolo le orecchie a punta del coniglio e quelle di Nyven furono investite dai
rumori del mercato, dai chiassi delle bancarelle.
---------------------------
Nota dell'autore: In realtà il "sogno" che c'è all'inizio del
capitolo avrebbe dovuto essere separato dal capitolo stesso (così è nella
versione "originale"). In pratica, mi sembrava troppo striminzito per
considerarlo un vero e proprio aggiornamento. Ci saranno altri sogni e forse mi
comporterò diversamente, ma questa volta che il capitolo 4 è già pronto, ho
preferito addentrarmi in fretta nella storia ^_^
---------------------------
Francesca Akira89 Sono contenta che la storia ti incuriosisca ^_^ In
realtà, la intro iniziale io l'ho sempre considerata un piccolo sunto di quel
che avverrà, ecco perchè forse ti sembra che ho anticipato troppo. Anche se la
storia è davvero più articolata ^_^ (e spero che continui a piacerti).
Nyven sembra un bamboccio perchè non capisce niente di quello che gli sta
succedendo (povero °_°). Ma per il personaggio che è, non potevo farlo troppo
piccolo...
Majo: Ciao ^_^/ In effetti, il punto di vista estremamente
soggettivo ha dei grossi impicci da cui devo sempre districarmi (non rimarrà
sempre così), ma in fondo, il mondo nuovo è presentato al lettore così come è
presentato a Nyven. La sua prospettiva m'è sembrata quindi la migliore ^_^ Un
bacio
silencio/Sine Nomine:
Oh che bello, rieccoti! Davvero, ero
preoccupata che ti dileguassi fra i lettori senza volto. Ed invece, eccoti qui
*_*. Sì, la casa, il mago... Bene o male la maggior parte degli abitanti di
queste terre hanno un che di bizzarro (per usare un eufemismo), Irìyas poi è un
misto di strafottenza, ai limiti dell'arroganza da una parte, estrema
correttezza e alti ideali dall'altra...Non un personaggio facile (neanche da
scrivere e descrivere °_°)
BiGi: Stressami pure, non puoi che farmi piacere XD.
L'acqua che cade giù, in effetti, non è una mia idea XD. All'inizio mi sono
fatta qualche remora perchè l alternanza delle stagioni e un ciclo solare
difficilmente potevano implicare una terra piatta (senza gravità). Ma poi mi
sono detta "E' un fantasy, stai facendo parlare un coniglio, la terra piatta è
il meno" XD
Aphrodite:
Ciao cara ^_^/ Puoi immaginarti Zir come meglio credi. In effetti un po'
Bianconiglio è. Anche se non così cronicamente in ritardo. XD Di dove sono? La
parte italiana di me (metà) è di Milano. Vivo un po' lì e un po' in Inghilterra.
Ma se hai notato un'inflessione dialettale, è sicuramente lombarda (mia nonna
parla solo dialetto ._. Si capise lei e lei). Un bacio
Vocedelsilenzio Ciao. Sono davvero contenta di trovare una tua
recensione (due tue recensioni, a dire il vero).E ancora più contenta che
Cremisi ti incuriosisca. Odierei cadere nel banale, e mi rendo conto che sia
molto semplice farlo. La storia è strutturara e impostata su una base
tridimensionale e "storica" (sai quanto questo mi piaccia), perciò uno dei miei
intenti era proprio quello di creare un racconto originale.
Un bacio a
tutti.
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Capitolo 5 *** Capitolo 05 ***
Capitolo
Cinque
Nyven era già
stato in posti affollati.
Il mercato di
Droà si diceva essere il più grande del Regno. Quando ancora abitava lì, cercava
di scapparci ogni qual volta che il suo padrone non aveva bisogno di lui, per
mangiare di datteri ricoperti di cacao e yogurt per cui lui andava matto: i
dacaio.
Il mercato di
Droà era stracolmo di gente, di chiasso. Gente che vendeva alimenti, altri
vendevano tessuti, altri vesti, altri ancora souvenir. Spesso si faceva fatica a
camminare, tante erano le persone.
Il mercato
davanti a sé, quindi, non lo stupì per la sua grandezza, né per la folla. Nyven
ne rimase semplicemente accecato. Il sfavillio della maggior parte delle
bancarelle, delle vesti e delle tuniche femminili, dell’acqua del lago che
riverberava il sole, crearono per un attimo l’illusione che tutto brillasse di
luce propria.
“Tagorln
è famosa per i suoi gioielli e per la sua seta luminosa”
“Luccica tutto…”
Zir rise,
arricciando il naso: “Ogni plenilunio arrivano dalle contee vicine, dai laghi, e
da tutte le terre circostanti,mercanti d’oro, di seta e di gioielli e rimangono
qui fino alla notte di luna nuova”.
“Dobbiamo
comprare gioielli? O forse venderli?”
Zir rise di
nuovo
“Certo che no.
Dobbiamo comprare dei vestiti per te, dobbiamo comprare questi” disse agitando
un foglietto fra le zampe “per Irìyas e prendere un libro”
“Prendere?”
Nyven fu
interrotto dal grido di una donna. In mezzo alla folla, non distinse chi aveva
gridato.
“Si è fatta
trovare prima del previsto”
“Cos..”
Ma Zir era già
sparito, lasciando Nyven solo sul carro che era accostato e legato ad una
staccionata.
“Zir, dove sei?”
Il coniglio
sembrava scomparso, mentre la folla davanti a lui era troppo indaffarata a
correre verso la propria bancarella, o verso il proprio carro, per badare un un
ragazzo che cercava un Eclage.
C’è n’erano
altri, molti altri. C’erano conigli, c’erano uomini, c’erano ballerine..C’erano
troppe persone.
Che cosa fare?
Dove andare?
Di nuovo sentì,
sopra le grida del mercato, il grido di una donna.
D’istinto Nyven
indietreggiò.
Aveva paura, in
quel mercato stracolmo di gente, si sentiva solo.
Una vecchia
macilenta gli si avvicinò. Era piccola e gracile, le sue gambette ricurve
spuntavano grinze da sotto una gonna che non gliele copriva tutte. Portava sulle
spalle un cesto pieno d’erba. E aveva i capelli bianchi e arruffati a raggiera,
intorno a qual viso grigio di vecchiaia.
Lo indicò:
“Perché sei qui?” gli chiese “Tu porti sventura!”
Nyven corrugò la
fronte “Io…”
“Tu porti
sventura!” questa volta la vecchia gridò, con la stessa voce che Nyven aveva
sentito poco prima.
“E’ lei signora
che ha gridato…”
“Perché sei
qui?”
“E’ lo schiavo
di Irìyas” Nyven fu contento di vedere che il coniglio era ricomparso
La vecchia si
girò di colpo, stringendo i pugni “Non sa cosa si sta portando in casa!”
“Lo sa meglio di
te”
La vecchia
gridò, senza dire niente. Poi riprese fiato “C’è il fuoco…E’ cremisi, il colore
del fuoco che non può essere spento”
“Vecchia hai
portato quel che dovevi portare?”
“Portami da
Irìyas”
La vecchia non
lo chiese, e Zir arricciò il naso, senza rispondere.
Nyven si chiese
come mai il coniglio stesse esitando e chi fosse quella vecchia. Cercò di
intervenire
“Non poterò
sventura” era una frase sciocca. Era una frase davvero sciocca, ma gli venne
naturale. Perché avrebbe dovuto portare sventura? Forse semplicemente perché i
suoi capelli avevano proprietà particolari?
Semmai avrebbe
dovuto aiutare il padrone. Lui di certo non …
“Che ne vuoi
sapere?” le gambette della vecchia tremarono “Che ne vuoi sapere tu,
marmocchio!”
“Basta. Irìyas
sa quello che fa”
“Irìyas è
arrabbiato. Portami da lui”.
Inaspettatamente
Zir non replicò, si sistemò gli occhi sul naso e indicò il carro.
La vecchia,
però, invece di salire come Nyven si sarebbe aspettato facesse, si mise a
gridare, farfugliando qualcosa, lo afferrò per un polso e lo trascinò con sé,
nella folla.
Camminava molto
veloce per la sua età e il ragazzo, confuso, non potè fare altro che seguirla.
Arrivò ad una
piccola tenda, sul lato di uno dei mille corridoi del mercato e vi entrò,
trascinando con sé anche Nyven.
“Questo è il
libro…” disse prendendo un tomo impolverato sopra una pila di coperte.”Questo
libro può avere qualche risposta…Prendilo”
Nyven allungò il
braccio, ma appena toccato la copertina, Nyven ritrasse la mano.
La vecchia
sorrise.
“Il colore del
fuoco…”
Ma Nyven
s’intestardì, afferrando il libro dalle mani della donna. La sua mano bruciò
leggermente, ma nulla di più.
Nessun dolore,
nessun fuoco
“Io non porto
nessuna sventura!” la voce del ragazzo sembrò una rassicurazione per se stesso.
Lui non portava
nessuna sventura. Lui era un semplice schiavo che voleva compiacere il suo
padrone. Non avrebbe mai fatto niente contro quel padrone che gli parlava nel
sonno, che lo vestiva e lo nutriva come un ospite.
Non avrebbe mai
voluto portare sventura.
Alzò gli occhi
dal libro, per guardare la donna. Lei non c’era più. Nyven si guardò intorno. La
tenda era vuota, il vento faceva tremare le pareti, ma a parte lui, con Nyven
non c’era nessuno.
Si sentì debole
e, d’imporvviso, scoraggiato.
Si sentì molto
solo.
Pensò di essere
sciocco: la donna aveva evidentemente detto una stupidaggine, era lei ad essere
pazza, non lui ad avere sbagliato.
E anche se si
sentiva terribilmente in colpa in quell’istante avrebbe solo dovuto accantonare
quella sensazione evidentemente sbagliata.
Non c’era alcun
motivo per sentirsi in colpa.
Si sedette per
terra, con il libro fra le mani. La sua copertina era ammuffita ai bordi, le
pagine all’interno non sembravano perfettamente rilegate, le une alle altre.
Nyven ripulì la
copertina con le mani, per togliere lo strato di polvere che la ricopriva.
C’era un rubino
incastonato al centro della copertina: nessun titolo né autore. Solo una pietra.
Nyven aprì il
libro, ma anche sulle pagine interne non c’era scritto niente.
Era un libro
completamente bianco.
A tramonto il
castello riverberava di arancio.
Nyven aveva
tenuto il libro stretto per tutto il tempo del viaggio e Zir non gliel’aveva
chiesto, né gli aveva rivolto più la parola.
Il ragazzo aveva
provato a chiedergli chi fosse quella donna anziana, ma Zir era parso non
ascoltarlo.
Anche in quel
momento, Zir sembrava sovrappensiero
“Devo portare il
libro al padrone?”
“Tu che cosa ci
fai qui?”
Nyven non si era
accorto del’arrivo di Mamir, ma si ritrovò il Lapdinare davanti, coi denti
digrignati.
“Cosa?”
“Smettila Mamir,
il ragazzo ha avuto una giornata difficile oggi…” disse Zir come se anche lui
fosse stato scosso dal torpore nel quale era caduto
Ma Mamir
sembrava irritatissimo: “Sei andato al mercato, hai incontrato la Bianca e sei
ancora qui?” afferrò Nyven per la spalla e lo scosse, ferendogli la pelle con
gli artigli “Sei davvero uno così privo di nervo da tornare qui? In catene?”
“Adesso basta…”
Mamir spinse
Nyven che perse l’equilibrio e si ritrovò il Lapdinare addosso, con le zampe che
gli schiacciavano il petto
“Che cosa..?”
Che cosa aveva fatto?”
“Non provi
imbarazzo e ribrezzo per te stesso?”
Nyven si sentì
soffocare, portò le mani sulle zampe del Lapdinare per cercare di liberarsene,
ma fu tutto inutile.
“Cosa..?”Cercò
di dire, ma Mamir lo lasciò andare
Gli occhi rossi
gli brillavano, i canini erano esposti: trasudava rabbia e disprezzo. E
apparentemente tutto quell’odio era rivolto contro di lui
“Basta Mamir,
che cosa t’aspettavi?” Nyven s’era dimenticato della presenza di Zir
“Che scappasse.
Nulla di più e nulla di meno. C’era il mercato, c’era la strega. C’erano tutte
le condizioni perché tentasse di scappare… Eppure eccolo qua, docile e stupido,
col suo libro in mano”
“Perché sarei
dovuto scappare?” Mamir, di nuovo, gli si avvicinò pericolosamente
Nyven
indietreggiò
“Sei un codardo.
E sei uno schiavo. E per questo i disprezzo” Si girò di colpo. Il giardino fu
attraversato da un soffio di vento e apparve Irìyas.
“Zir ha ragione,
la giornata è stata difficile per il ragazzo”
Mamir sbuffò, ma
continuò a guardare Nyven “Se non avessi padroni così potenti, ti avrei ucciso.
Non meriti niente di ciò che ti viene dato”
Irìyas gli fece
un cenno e il lupo, finalmente, sembrò abbandonare la sua rabbia immotivata, per
avvicinarsi al mago. Gli disse qualcosa in una lingua che Nyven non conosceva e
Mamir annuì, andandosene.
“Non prestargli
troppa attenzione, è un Lapdinare, è naturale che si comporti così”
Nyven annuì e il
coniglio lo guardò con uno sguardo compassionevole “Devi solo abituatici”
Nyven annuì di
nuovo.
Abbassò lo
sguardo e notò fra le sue mani, il libro che gli aveva dato la vecchia del
mercato.
Lo porse con
mani tremanti al padrone.
“Questo è per
voi, la vecchia…” gli si spezzò la voce senza che potesse farci niente.
“So tutto”
Irìyas prese il libro dalle mani del ragazzo “L’hai lasciato con la Bianca?”
Zir si sistemò
gli occhiali “Se l’è preso lei, a dire il vero. Sembrava piuttosto sconvolta”.
Il coniglio
raccontò quello che era successo al mercato.
Irìyas sorrise,
con quel sorriso di chi sta ascoltando una storia di cui sa già la fine
“Arrabbiato,
dunque? Io sono molto arrabbiato. E se è vero che Nyven portarà sventura, che la
porti. Ciò che conta, ora, è catturare Gyonnareth.”
“Col libro
abbiamo fatto un grosso passo avanti”.
Il mago lo aprì
e scorse le prime pagine come se stesse leggendo qualcosa. “E’ perfetto”
“La Bianca vorrà
la sua ricompensa”
“L’avrà, ma a
suo tempo. Non credo abbia dimenticato ciò che lei deve a me”
Il coniglio
sorrise “Dubito potrebbe mai dimenticarsene. Credo che con la fine del mercato,
torni sui laghi. Sarà semplice andare da lei”
Irìyas annuì e
s’incamminò verso il suo palazzo, e Zir con lui.
Nyven rimase lì,
immobile, completamente dimenticato da tutt’e due.
Prima che se ne
rendesse conto, Nyven si ritrovò col viso inondato di lacrime e in singhiozzi.
Non capiva
assolutamente nulla di tutto quello che gli era capitato.
Il mercato,
tutte le sue luci…La vecchia e il suo gridare. Mamir che lo aveva aggredito, con
così tanto odio.
C’era stata una
piccola speranza in lui: che una volta tornato a casa, Irìyas gli avrebbe
spiegato qualcosa, o che per lo meno Zir avesse speso qualche parola per
rassicurarlo o, se non altro, per fargli capire cos’era successo quel giorno.
Ed invece non
c’era stata neanche una parola. Il senso d colpa che l’aveva sfiorato al mercato
quand’era stato accusato di portare sventura, la paura per Mamir, lo sconcerto
nel vedere la vecchia …
Possibile che
nessuno gli volesse parlare?
Sentiva troppi
dialoghi che non capiva, succedevano troppe cose che doveva fingere di non
vedere.
“Irìyas” si
ritrovò ad implorare in un giardino vuoto. Il sole era calato e il padrone era
lontano. Avrebbe potuto scappare, ma non voleva farlo. Voleva correre, voleva
gridare, ma soprattutto voleva che il suo padrone lo prendesse per mano e lo
rassicurasse. Poteva ben tollerare le ferite fisiche e non badare a quelle
emotive: nessun padrone aveva mai scalfito quel lato del suo carattere perché
mai era stato coinvolto.
E nemmeno in
questo caso lo era, se non che quella confusione e quel senso di colpa
assolutamente ingiustificato sembravano testimoni del contrario.
Se anche solo il
padrone l’avesse guardato un istante, prima di prendere il libro ed andarsene,
forse ora Nyven non avrebbe pianto.
Maledisse i suoi
capelli che l’avevano portato lì e continuò a piangere da solo.
***
silencio: Sono contenta che l'ambientazione ti piaccia. mi piace
creare contrasti, oltre a creare un mondo descrivendolo, ma non facendo pesare
le troppe descrizioni (e sì, casa di Irìyas piace anche a me XD). Nyven ha un
ruolo un po' passivo, per ora. E' naturale, caratterialmente e per esigenze di
copione, è troppo spaesato per prendere in mano la situazione. Del resto, è
anche vero che sarebbe noioso se tutto fosse come sembra. La Bianca, per
esempio, non la pensa come te ^_^
Vocedelsilenzio: Ti ringrazio molto. Quando scrivo ho
un'immaginazione molto "visiva" (tant'è vero che non mi vorrei definire
"scrittrice", quanto " racconta storie") perciò descrivo e riporto quel che
vedo. Ecco perchè da alcune parto sto attenta ai colori, altre volte al
dettaglio, altre ancora a nulla, perchè il personaggio, magari, è troppo agitato
per "vedere". Sono contenta di sapere che tutto questo porta a un buon risultato
(Nyven che dorme per terra era un obbligo XD).
BiGi:
Non sei l'unica, evidentemente, che pensa che Nyven nasconda
qualcosa, tranne Nyven stesso °_° Grazie per i complimenti.
Un bacio a
tutti.
|
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Capitolo 6 *** Capitolo 06 ***
Nuova pagina 1
Capitolo Sei
C’era un piccolo
balcone, in camera di Nyven, che sporgeva sul lago. Gli intrecci che ne
delimitavano il perimetro sembravano rampicanti vivi, nonostante fossero in
marmo. La balaustra era sufficientemente larga per sedersi: Nyven scoprì presto
che quello era il posto che preferiva in tutto il palazzo.
Quanti giorni
erano passati dal mercato?
Un paio, secondo
il ragazzo, ma probabilmente molti di più. Non aveva visto più nessuno, se non
qualche piccolo castorino che, di tanto in tanto, gli portava da mangiare.
Altrimenti, la maggior parte delle volte, si trovava il cibo già pronto: doveva
solo allungare la mano e mangiare. Era troppo stanco per fare altro.
Sospirò, più
dormiva e più i suoi capelli crescevano. Il padrone lo faceva dormire sempre.
Non era annoiato dalla cosa, il torpore che aveva addosso era così profondo che
sapeva non avrebbe avuto la forza per fare altro. Inoltre non poteva permettersi
di essere annoiato, quando il suo dovere era semplicemente quello di fare ciò
che Irìyas gli aveva detto di fare.
Forse,
semplicemente, si sentiva un po’ solo.
Sospirò di
nuovo.
Aveva le gambe
accovacciate e il mento appoggiato alle ginocchia. I suoi capelli gli lambivano
le orecchie e si disfacevano al soffio del vento. Probabilmente tra un po’
avrebbe dormito di nuovo.
Guardò verso il
basso, anche l’acqua del lago era increspata dal vento: pareva che non ci fosse
anima viva né lì né fin dove il suo occhio arrivare.
Forse non si
sentiva solo, forse, semplicemente, si stava adattando a quell’atmosfera di
solitudine e pace che circondava quel luogo così poco abitato. E pensare che a
poca distanza da lì c’era un mercato traboccante di vita…
Gli venne in
mente nuovamente la vecchia e le sue parole.
Una voce in lui
gli diceva che l’avrebbe incontrata nuovamente. Non sapeva dove, né quando, ma
l’avrebbe rincontrata e lei gli avrebbe spiegato le sue parole.
Sventura… Come
può portare sventura qualcuno che non fa niente e non dice niente. Nyven
eseguiva solo quello che gli veniva richiesto, la sua volontà era quella del
padrone. La sventura viene se chiamata, lui di certo non l’avrebbe fatto.
Si chiese anche
se il padrone fosse nuovamente venuto a parlargli. Si augurò di no… o forse di
sì.
La compagnia del
padrone lo inquietava, ma ugualmente avrebbe voluto ricordarsi delle cose dette,
e non parlare con lui solo nel sonno.
Al terzo
sospirò, Nyven scese dalla balaustra del balcone, stanco di sé.
Non gli era
stato impedito di uscire dalla sua camera, era inutile quindi segregarsi
volontariamente.
Decise di andar
a cercare Zir. Nonostante il carattere un po’ scorbutico del coniglio, l’Eclage
era quello che gli aveva sempre dato una risposta e che, più di ogni altro,
s’era preso cura di lui.
Camminò lungo il
corridoio, sapeva che era inutile tentare di ricordarsi quale fosse la strada
che l’avrebbe riportato da Zir: l’architettura del palazzo era in continuo
mutamento.
In effetti, non
avrebbe saputo neanche dire dove potesse trovarsi Zir.
Si diresse dove
gli parve più ragionevole dirigersi: scese una scalinata che lo portava ad un
enorme anticamera dai soffitti altissimi. C’era una porta a vetri enorme che
dava su un patio che Nyven non aveva mai visto – sorrise al pensiero: quante
cose non aveva visto di quella casa! – quando un rumore catturò la sua
attenzione.
Si diresse verso
una porta chiusa, di legno. Il rumore si ripeté. Poteva essere il rumore di
qualcuno che sistemava delle posate, o forse dei piatti. Nyven si ricordò che il
giorno in cui era stato portato al palazzo, Zir era intento a sistemare alcuni
barattoli in una bacheca. Spero di aver trovato la stanza del coniglio.
Si affacciò
dalla porta, cautamente, in parte curioso e in parte intimorito di chi o cosa –
avrebbe potuto trovare in quel luogo.
Si guardò
intorno: una cucina. C’erano pentole appese ai muri, cucciai e mestoli che
pendevano dalla cappa sopra il tavolo al centro della stanza.
E c’era Irìyas.
Nyven s’immobilizzò.
Il mago leggeva
qualcosa, sostenendosi la testa con una mano e con l’altra giocando con una
ciocca di capelli. Per un istante sembrò una persona qualunque che stava
leggendo un libro.
Il suo volto era
calmo e attento, Nyven si ritrovò a fissarne i lineamenti e a curiosare lungo il
collo e i capelli corvini che risaltavano sulla camicia bianca..
Non avesse
saputo chi era, Irìyas gli sarebbe parso un poeta intento a rileggere un suo
scritto, con le sopracciglia leggermente corrugate e attente, nella cucina di
una casa di campagna. La luce giocava col rame delle pentole, colorando l’aria
di un colore tenue e morbido.
Nyven ringraziò
la sorte che l’aveva condotto lì.
“Non entri?” la
voce di Irìyas non spezzo il silenzio, semplicemente lo accompagnò.
Nyven si studì
di non sussultare.
“Preferisci
rimanere lì immobile a fissarmi?”
Senza
accorgersene Nyven arrossì.
“Mi piace” disse
il ragazzo in un filo di voce. Gli piaceva rimanere lì a fissarlo? Gli piaceva
cosa? Chi?
Ma entrò nella
cucina, cercando di non far rumore.
Irìyas gli
indicò uno sgabello vicino a lui.
“Volevi mangiare
qualcosa?”
“No, signore. Mi
annoiavo in camera e …” Devi stare attento” sorrise Irìyas “ rischi di perderti”
Nyven abbassò gli occhi imbarazzato: “A dire il vero, signore, è da quando vivo
qui che mi perdo in continuazione”
“L’altra sera
m’hai chiamato Irìyas, perché non lo fai più?” c’era pura curiosità nella voce
del mago, e Nyven s’irrigidì di colpo. L’aveva sentito piangere, e l’aveva
sentito pronunciar il suo nome in quel modo troppo intimo per poterselo
permettere.
“Scusatemi”
“Non scusarti, ti
ho chiesto io di chiamarmi per nome”
“Ma…”
“La giornata al
mercato dev’essere stata molto complicata per te…”
Nyven si lasciò
ingannare da quel tono pieno di comprensione. Non avrebbe dovuto e lo sapeva,
perché un padrone non è mai comprensivo senza un motivo. Ma Irìyas, in quella
luce di rame, coi suoi occhi verdi mai visti prima era troppo seducente perché
Nyven non ci credesse.
“Lo è stata.”
sospirò “A dire il vero non è la prima volta che vengo accusato di qualcosa che
non ho fatto o che non capisco. Ma quella donna… La Bianca…” Scosse la testa
alla ricerca delle parole
“Imparerai che
la Bianca dice spesso cose che non hanno senso alle orecchie di chi ascolta”
“La rivedrò
ancora?”
Irìyas sorrise e
non rispose. Indicò il cesto al centro del tavolo.
“Prendine una” e
lui stesso mangiò una delle sferette color ambra che lo riempivano.
“Che cosa sono?”
“Acini di uva
d’oro”.
Nyven ne prese
in mano uno, guardandolo “E’ trasparente”
“Mettilo in
bocca”
Nyven obbedì. Il
succo era dolcissimo e fortemente alcolico. Irìyas scoppiò a ridere alla smorfia
di stupore e felicità del ragazzo.
“E’ buonissima”
“Mangiala pure”
Nyven non se lo
fece ripetere due volte.
“Posso chiedervi
una cosa, signore?”
“Di nuovo, l’hai
appena fatto. Chiedimi pure quello che vuoi”
Nyven si mise
una mano fra i capelli, leggermente a disagio per la sua goffaggine.
“Chi è
Gyonnareth?”
“Perché me lo chiedi?”
“Perché avete detto che l’importante per voi è
catturarlo e…”
”Hai buona memoria, è un nome complicato da ricordare”
“Lo ricordo perché la Gyo è il suffisso per…”
Irìyas lo interruppe: “Conosci molto bene la lingua ufficiale”
“Ricordo di aver letto un libro a riguardo, a Droà.
E quindi ho capito bene. Volete catturare…”
“Esatto” Lo interruppe di nuovo e sorrise,
enigmatico.
Gyonnareth, un
drago.
A quella nuova certezza, Nyven fermò la mano a metà strada fra il cestino
d’uva e la sua bocca, impietrito. Non capiva né sapeva tante cose. Ma catturare
un drago non solo era estremamente pericoloso e probabilmente impossibile, era
anche blasfemo.
Irìyas rise di questa sua reazione
“Vi prendete gioco di me?”
“Non dovrei?”
Nyven si rese conto che il tono di Irìyas era
leggermente cambiato alle sue orecchie, che i suoi sensi si ottundevano.
“Sono piuttosto alcolici gli acini che stai
mangiando…”
Nyven annuì, ma mangiò ancora un paio d’acini:
erano troppo buoni per smettere.
“Voi volete catturare un drago…” si accorse che
c’era ammirazione in quelle parole. In effetti, nessuno poteva vantare fra i
suoi trofei la testa di un drago.
“Un drago si cattura solo se si uccide…”
“Sei ingenuo, Nyven. Sei così ingenuo da suscitare
tenerezza”
Il ragazzo arrossì, abbassando gli occhi. Aveva le
guance in fiamme, aveva davvero bevuto troppo.
“E’ che vorrei capire…”
“Capire cosa?”
“Capire questo posto e capire voi.” Doveva
fermarsi, quello era il suo padrone, ma l’alcol gli aveva sciolto la lingua
“Sono stato comprato e venduto molte volte, ho conosciuto padroni diversi,
alcuni mi hanno insegnato il loro mestiere, altri mi hanno fatto rimpiangere i
padroni precedenti ma…” si passò la lingua sulle labbra per umettarsele, aveva
la gola riarsa. Continuò a mangiare l’uva. “io vorrei capivi. Ci sono così tante
cose che vorrei chiedervi e sapere. Mi limito a guardare, ma sembra non essere
sufficiente”
“Sapere non è compito tuo”
“Lo so” lo sapeva davvero, e non voleva che il
mago lo fraintendesse, ma lì con lui avrebbe dato qualunque cosa per un solo dei
pensieri del mago.
“Vorrei sapere quello che pensi” si sentì dire
prima di riuscire a fermarsi. I fumi dell’alcol gli avevano completamente
annebbiato la capacità di giudizio. Chiuse le palpebre appesantite, Irìyas si
sarebbe sicuramente arrabbiato.
Invece non sentì nulla, non un grido, non una
percossa.
Riaprì gli occhi ed incontrò quelli verdi del
mago. Illeggibili.
“Scusatemi, io…”si mise in piedi per scappare
dalla stanza. Straparlava.
“Non dovrei assolutamente parlare in questo stato.
Perdonatemi…” fece un passo ma vacillò “Non volevo offendervi con la mia stupida
curiosità, avete ragione ad essere arrabbiato, a non parlare…”
Perché non taceva? Con la voce impastata, le sue
parole uscivano come una supplica, supplicava il mago di dire qualcosa. Pochi
erano stati i suoi incontri con Irìyas. Pochi giorni prima era scoppiato in
lacrime sperando che il mago lo aiutasse, ora non voleva altro che sentire la
sua voce che lo rassicurasse dicendogli che la sua audacia non era stata
offensiva.
Sorrise amaramente della sua stupidità.
Barcollò, perdendo l’equilibrio.
Non cadde, perché Irìyas lo sostenne.
“Sei proprio ingenuo”
Lo sollevò da terra prendendolo in braccio e
Nyven, per un attimo, non capì quello che succedeva. Poi si ritrovò col viso
sulla sua spalla, gli occhi incollati dall’alcol ma un odore nuovo che lo
accompagnava fuori dalla cucina. Si strinse al mago per non cadere.
Irìyas lo portò fino in camera sua, adagiandolo
sul letto e coprendolo con le coperte pesanti per non fargli soffrire la notte,
lontana dal tepore del sud.
Gli spostò i capelli dal viso e chiuse poi la
porta-finestra del balcone, rimanendo per un attimo a guardare l’acqua del lago
colorata dal sole.
Ritornò da Nyven e rimase fermo uno, due, istanti
che non seppe quantificare. Poi si abbassò, portando le labbra vicino al suo
orecchio:
“Non voglio ucciderlo”
Se ne andò dalla stanza sorridendo.
***
N.d.A: In
questo capitolo mi sono divertita a prendere un po' in giro Nyven (ora che posso
ancora). La tentazione è stata troppo forte. Spero che non me ne si voglia ^_-
(comunicazione di servizio) Il prossimo capitolo, dato che c'è Pasquetta a breve e quindi un po' di
vacanza in più, pensavo di caricarlo lunedì.
Un saluto a
tutti.
***
Rodelinda:
Quando ho letto la tua recensione sono rimasta senza parole, per 5 minuti
imbarazzata a guardarmi i piedi: grazie mille! Davvero, mi sono quasi commossa.
Sono contenta che Cremisi ti piaccia e che ti abbia spinto non solo a leggere un
genere (purtroppo) così inflazionato e parecchio bistrattato, ma anche a
trovarlo una bella storia. Sinceramente, io ho un amore intenso per la lingua
italiana, perciò con me troverai una porta spalancata, se si parla di attenzione
per la grammatica, per la sintassi o per l'ortografia! Diamine, questi
dovrebbero essere i mezzi che ci appartengono sin dalle scuole elementari. Ma so
che per molti non è così e che spesso ciò che si trova in giro è scritto proprio
male. La "storia", invece, è altro argomento. Per quanto mi riguarda, il
raccontare storie è sempre stata una mia passione e il dare tridimensionalità ai
personaggi anche. Qualunque sia il "genere" della storia, cerco sempre di fare
emergere la personalità di chi descrivo. Poi devo essere sincera, c'è un po' di
sforzo e studio dietro ogni mio racconto. L'ispirazione mi serve per crearlo, ma
tutta la trama è già viva e completa quando il racconto prende forma scritta e
inizio con la prima pagina. Non dirò mai "non so come andare avanti", perchè la
fine è già insita nell'inizio '^_^ . Ciancio, come al solito, e qui mi placo. Di
nuovo grazie per le tue parole. Davvero. Un bacio
Vocedelsilenzio: Ah Ah Ah. Mi hai fatto ridere con "vortice di
dubbi", e sono contenta che ti ci lascerai cadere. Ora, non credo che questo
capitolo te ne sciolga qualche d'uno. Tutt'al più li aumenterà '^_^ Ma che ci si
vuol fare? *me ride sotto i baffi. Grazie ancora. Baci
Aphrodite:
Somma Sorellona? Wow XD Il punto di vista di Nyven (e del lettore, fin ora), mi
rendo conto sia un po' confuso (anzi, direi che è volutamente confuso). Ma piano
piano verranno chiarite molte cose. Mamir avrà il suo spazio, magari non subito,
ma l'avrà. E' un lupo burbero, ma alla fine, è solo facciata. Un bacio grande
Francesca
Akira89: Deve faticare per avere i suoi spazi, ora che è appena
arrivato, è proprio confuso ^_-
Manny_chan: Ciao e grazie mille per la tua recensione (e benvenuta
^*^). Nyven non è quel che sembra... Non farò spoiler, ma posso dire che la
Bianca tornerà su queste pagine. Vecchiuccia e bisbetica sì, ma... Un bacio
silencio
Ciao. Grazie per le tue parole ^_^ La Bianca, in effetti, è vissuta a lungo (e
ciò basti, altrimenti svelo parte di trama a venire) e sicuramente ricomparirà
fra queste pagine. Le vecchiette bisbetiche, del resto, non riescono a stare
lontane da ciò che interessa loro. Credo che neanche questo capitolo chiarirà
molto dell'intreccio, anche se dà un piccolo input (ma mai troppo grande,
altrimenti perdo tutto il divertimento). Sono anche felice del fatto che Nyven
si dimostri sì essere il nuovo arrivato in balia degli eventi, ma che dia una
qualche impressione di profondità caratteriale. Il povero Nyven ha proprio
bisogno di ambientarsi.
|
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Capitolo 7 *** Capitolo 07 ***
Nuova pagina 1
N.D.Dicembre:
Come promesso, sono tornata presto. Ecco qui un nuovo capitolo.Volevo
rassicurare i più confusi, presto(issimo) si scioglieranno alcuni nodi
importanti della storia. Sarà tutto graduale, però piano piano la matassa
comincia ad avere una sua forma ben precisa ^_^. Grazie ancora per tutto il
supporto e le recensioni. Vi adoro *_* (le risposte ad ognuno, come sempre, le
trovate in fondo alla pagina). La smetto con le ciance. Un bacio
***
Capitolo
Sette
Si ritrovò in una stanza
che non conosceva.
All’inizio Nyven non ne
ebbe paura: quante stanze del palazzo poteva riconoscere? Poche. Pochissime.
Forse era arrivato lì pensando di andare in cucina, o forse…
Nyven non ricordava
assolutamente come fosse arrivato lì.
La stanza era buia, a
malapena riusciva ad intravedere le sagome dei mobili. Qualcuno accese un lume.
Nyven cercò di fare un
passo avanti, ma le sue gambe non risposero agli ordini, sembravano ancorate al
terreno. Perse l’equilibrio nel tentativo di fare il passo, ma non cadde in
avanti. A fermare la sua caduta apparve una parete in vetro che gli impediva di
entrare nella stanza. Immobile e segregato al di qua del vetro, poteva
semplicemente vedere quello che succedeva al di là.
La persona che aveva
acceso il lume era un vecchio, leggermente ricurvo sulla propria schiena. Aveva
i capelli candidi e lunghi che si confondevano con i peli sul viso. Barba e
capelli quasi toccavano il pavimento.
Camminava spedito,
nonostante il peso degli anni. Prese un libro da uno scaffale e lo appoggiò
sulla scrivania, dove ardeva la luce appena accesa.
C’era qualcosa d’irreale
in quello che stava osservando i ragazzo, ma Nyven non capì immediatamente cosa
fosse.
Perché l’anziano non lo
vedeva? E perché nessun movimento produceva il naturale e conseguente rumore? La
stanza era immersa nel completo silenzio. Solo il fuoco all’interno della
lampada ardeva, rumorosamente, scoppiettando.
“Mi scusi” Nyven tentò di
parlare, ma dalla sua bocca non uscì alcuna voce.
Continuò ad osservare il
vecchio.
Era immerso nella lettura,
con le sopracciglia corrugate e gli occhi piccoli che scorrevano parola per
parola, velocemente. A volte il viso si distendeva in un’espressione di stupore,
ma subito ritornava concentrato su ciò che leggeva.
Nyven tentò nuovamente di
farsi notare.
“Signore, mi scusi…”
Il vecchio parve non
sentirlo.
Il ragazzo sospirò,
immobile sui suoi piedi, fissi sul pavimento. Cercò di girarsi, per vedere se
poteva uscire da quella stanza. Dietro di lui non c’erano porte.
Il rumore del fuoco,
d’improvviso, si quietò.
Nyven si girò di scatto,
spaventato da quel silenzio improvviso. La lampada emise un lampo e il fuoco
divampò.
Nyven cercò di fare un
passo in direzione del vecchio ma, ancora, le sue gambe rimasero immobili
“Signore, stia attento!”
Ma il vecchio sembrò non notare il fuoco, impegnato com’era a leggere.
“Signore, scappi”
Di nuovo il vecchio non si
mosse.
La fiamma dalla lampada
divampò sulla parete e sui libri che iniziarono a bruciare immediatamente.
Il vecchio ancora, non si
mosse.
Nyven venne colto dal
panico. Perché non s’accorgeva che tutto intorno a lui bruciava?
Picchiò i pugni sul
divisorio in vetro che separava lui da quella stanza ormai in fiamme. Non ci fu
alcun rumore.
Il vecchio non si muoveva.
Nyven tentò di nuovo di
gridare, il fuoco ormai era divampato in tutta la stanza.
Il vecchio alzò lo sguardo
e lo fissò. Gli occhi verdi, appesantiti dalle rughe, sembravano ammonirlo e
sgridarlo. Lo guardavano con tale rimprovero che Nyven fu sicuro che il vecchio
lo conoscesse.
Eppure lui non l’aveva mai
visto prima.
Il fuoco divampava e quel
vecchio canuto non scappava, non faceva nulla se non accusarlo di qualcosa.
Si alzò, coi capelli in
fiamme e portò l’indice tremante di fronte a lui, verso Nyven. La sua bocca era
stretta, le labbra premute l’una contro l’altra per resistere al fuoco.
E poi arse anche lui,
scomparendo in una fiammata alta e scura, mentre anche la stanza bruciava tutta.
E Nyven lo guardò con
occhi vitrei e spalancati, accusato, nuovamente, dal dito e dallo sguardo di un
vecchio che non conosceva.
Il vetro davanti a lui si
sciolse, ma il fuoco non osò lambirlo.
*
Era stato
comprato da un mercante di schiavi, era stato portato lontano… Eppure lì, fra
quelle mura, non era né la distanza, né la sua condizione a pesargli addosso e a
schiacciarlo.
Non sarebbe
stato in grado, probabilmente, di dire esattamente cosa fosse. Nei suoi sogni
veniva accusato di qualcosa che neanche sapeva, una vecchia gli aveva puntato il
dito contro, gridando e intimandogli di andar via… Poteva non avere amici,
poteva rimanere da solo, l’aveva sempre fatto. Ma adesso viveva nell’ansia di
dimostrare, in qualche modo, di meritarsi la sua nuova casa.
Non aveva mai
mangiato così bene come in quei giorni, né dormito in modo così tranquillo.
Non aveva
neanche mai potuto scherzare e ridere così tanto come gli era capitato di fare
da quando era arrivato al palazzo del mago.
Già, il mago…
“Hai deciso di
darmi una mano, oppure non posso disturbare il corso dei tuoi pensieri?”
Zir era stato,
per un attimo, dimenticato.
“No, no” si
affrettò a rispondere Nyven.
“E allora va a
prendermi della polvere di cedro… e già che ci sei, portami anche un po’
d’acqua”
“Ma a che cosa
serve questo…” il ragazzo cercò di trovare le parole guardando il liquido denso
che Zir continuava a rimestare “questo… intruglio?”
“Intruglio?” Zir
la prese sul personale “Questo è l’unico solvente in grado di lucidare e far
brillare le perle rosa!”
Nyven annuì, ma
aveva l’aria di chi non ha capito di cosa si parli.
“Ti si deve
proprio spiegare tutto! Non ti ho detto che Tangorn è famosa per il suo mercato
di gioielli?”
Ma di nuovo
Nyven annuì con l’aria di chi non capiva.
“Le perle rosa
crescono nel lago di Tangorn, e solo lì. Non sono vere e proprie perle, io li
chiamerei più coralli… Ma sono tondi come le perle e sono bellissime. Nascono
opache e l’unico modo per dargli luce è quest’intruglio. Il palazzo avrà
pur bisogno di guadagnare qualche soldo durante il mercato!”
Nyven sorrise
“Che sciocco. Non ci avevo mai pensato, ma anche un mago ha bisogno di soldi per
la servi…”Nyven, d’improvviso, si interruppe “Perché non ci sono umani, nei
dintorni?”
“Che cosa?”
”Perché non c’è nessun umano nel palazzo? Il mercato ne era ricolmo, la città e
i laghi … Eppure qua intorno non ho ancora visto un umano”
“Magari
semplicemente non sai dove cercarlo”
“Ma no…” C’era
una certa urgenza nel tono di Nyven, quasi avesse fretta di mettere ordine fra i
suoi pensieri. “Gli umani non si nascondono, se ci fossero stati, li avrei
visti. Per quanto mi perda ogni volta che cammino fra i corridoi di questa casa,
non ho mai visto umani”
Zir aggrottò le
sopracciglia: “E questo è un male?”
”No, non fraintendermi” Nyven temette che Zir si irritasse“E’solo che è strano.”
“Perché sei
abituato a vivere in un mondo dove ci sono solo umani”
“Questo non è
vero” rispose imbronciato il ragazzo “ è che numericamente…”
“Basta
baggianate! Va’ a prendere ciò che devi” Zir interruppe così il corso di
pensieri del ragazzo.
Nyven andò verso
la mensola con aria pensierosa, fermandosi a metà strada.
“Non dovrei, lo
so. Io non dovrei pensare a tutto…questo” disse facendo un ampio gesto col
braccio “Eppure non posso fare a meno di notare che…”
“Che?”
“Che c’è
qualcosa di insolito”
“Sei nella casa
di un mago” disse l’Eclage con aria di sufficienza.
“Non è quello
che intendo! Non solo, comunque… Perché il padrone mi parla nel sonno, perché
invece non m’interroga quando sono sveglio? Perché non ci sono umani quando nei
dintorni, i paesi pullulano di umani, perché il padrone vuole uccidere un dr…”
“Basta così” il
tono di Zir non ammise repliche “Non spingerti troppo oltre e non trarre insulse
conclusioni!”
Nyven chinò il
capo “Scusami, hai ragione.” Seppur accudito, nutrito e trattato come un pari,
Nyven era pur sempre uno schiavo “A volte dimentico il perché sono qui”
“E dimentichi
chi sei! Se Irìyas ti sentisse parlare in questo modo ti punirebbe severamente.
Forse, addirittura, ti caccerebbe. Bada a quel che dici!”
“Lo offenderei a
tal punto?”
“Ciò che hai
appena detto non è così innocuo come sembra, anche se…”
Zir lasciò
correre via le parole insieme ai pensieri che l’avevano generate. A Nyven non
rimase che prendere la polvere di cedro e portarla a Zir, sperando che il
coniglio riprendesse a parlare.
Cercò di
insistere: “Anche se?” era un rischio, ma quello che riusciva a sapere da Irìyas
era così poco che qualunque dettaglio in più gli sembrava fondamentale per
imparare a conoscere il suo padrone.
“Che cos’è, per
te, Irìyas?”
”Il mio padrone”
“Non solo”
Nyven non poteva
certo mentire: “E’ ciò che è” si strinse nelle spalle “E’ il mio padrone perché
così deve essere…Io non posso sperare o avere desideri, Zir. E di conseguenza,
io non ne ho”
Il coniglio
arricciò il naso, brontolando “Non mi stupisco che Mamir non possa vederti”
“E questo che
significa?”
“Per un Lapidare
qualcuno senza desideri è qualcuno senza forza. E qualcuno senza forza va
eliminato”
“Vuole
uccidermi?” Nyven non pensò di dire una sciocchezza. Del resto, dal modo in cui
era stato ricevuto a Mamir il giorno del mercato, era chiaro non piacesse al
lupo.
Zir versò la
polvere di cedro e il liquido che stava rimestando assunse un colore rosso
intenso, poi rosato, poi bianco.
“Non vuole certo
ucciderti. Inoltre, detto fra noi, Irìyas non lo perdonerebbe mai”
“Ha ancora
bisogno dei miei capelli…” Concluse la frase il ragazzo.
Zir roteò gli
occhi dietro gli occhialini, ma non disse niente.
Per un po’ nella
stanza si udì solo lo sbatter del cucchiaio di legno contro la terrina, fra le
zampe di Zir.
“C’erano umani,
una volta”
“Che cosa?”
Nyven udì quelle parole come se Zir le avesse gridate dritto nelle sue orecchie.
“C’era un
maestro e c’erano dei discepoli. C’era un’accademia, non lontano da qui. C’erano
davvero molti umani. Ma erano ben altri tempi. Ora le loro storie sono ben
diverse da quelle che avrebbero dovuto essere.”
“Un’accademia?”
“L’Accademia”
“Oh…L’Accademia.
Quella scuola nella valle di Liah dove va a studiare anche l’Erede al trono?”
Il coniglio annuì: “Irìyas ha sviluppato buona parte dei suoi poteri fra quelle
mura. Ma lui era troppo dotato, persino …”
“Basta così,
coniglio!”
La voce di
Irìyas raggelò il sangue di Nyven. Si girò d’istinto, per guardarlo, con gli
occhi spalancati. Vide il mago sull’uscio della porta, con lo sguardo severo e
immobile. Seppe benissimo, con quello sguardo, che Irìyas li ascoltava
dall’inizio della loro conversazione. Che l’aveva sentito chiedere troppo. Il
mago spostò gli occhi da Zir a lui, occhi verdi ed inespressivi.
Era
terrorizzato, quasi temesse per la propria vita. Irìyas l’avrebbe ucciso per
quelle sue sciocche domande? O forse l’avrebbe ucciso perché aveva ascoltato l’Eclage?
Tremò. E
sostenne lo sguardo, cercando un indizio di quel che temeva
Cercò di
parlare, ma le sue labbra erano impastate. E fece una cosa inspiegabile persino
per lui: sorrise.
Fu un sorriso
molto rapido, trattenuto e nascosto, abbassando la testa e sperando –
inutilmente – che il padrone non lo notasse.
Ma come si
poteva non sorridere quando si guardava così a lungo Irìyas? La sola possibilità
di guardalo lo rendeva così felice che, in fondo, valeva la pena rischiare di
essere cacciato.
“Io…”
”Taci e va’ nella tua stanza”
Nyven sussultò,
ma obbedì subito. Uscì dalla stanza e si girò indietro, per guardare ancora una
volta il suo padrone. Si sarebbe addormentato con quella immagine negli occhi.
Anche il mago
era voltato e lo guardava.
Nyven inciampò
lievemente sui suoi piedi, e corse via.
Il promontorio
che si tuffava nel lago era ricoperto di verde e creava uno stretto, dove
l’acqua del lago, placidamente, s’infrangeva sulla roccia. Dalla finestra del
palazzo si poteva vedere la statua di donna che sorgeva laddove il promontorio
incontrava l’acqua. Era scolpita nella sua roccia, in parte di forma umana e in
parte pesce, con le braccia protese verso le imbarcazioni che passavano di lì.
L’Ancella era
lontana, probabilmente era vicino alla statua, nel suo elemento naturale:
l’acqua.
“Sarà andata a
giocare con i pesci…”
Irìyas era
seduto sul davanzale dell’enorme finestra ad arco e guardava lontano, nessun
luogo in particolare.
“Sono
preoccupato. L’Ancella, Nyven… Troppe forze contrapposte si stanno riunendo fra
queste mura” La voce di Mamir risuonò roca, quasi fosse un ringhio.
IL mago sorrise:
“Dell’Ancella non ti devi preoccupare. E’ uno spirito mite, non incline alla
guerra. Non ci arrecherà alcun danno”
“Lo stesso non
si può dire del ragazzo”
Irìyas sospirò
“Te ne sei accorto?”
“Non ho certo le
tue capacità, Irìyas, ma non potevo non vedere qualcosa di così evidente”.
“Quando ti ho
detto di prenderlo al Crocevia e di portarlo qui, avevo sospettato che qualcuno
con quei capelli non fosse un semplice schiavo. Tuttavia la conferma l’ho avuta
solo quando l’ho visto”
“E lui lo sa?”
“Dubito. Non è
in grado di mentire così bene da ingannarmi. E poi, io stesso non so esattamente
chi sia…”
“Nemmeno tu?”
Irìyas scosse la
testa, lasciando che i capelli ondulassero un pochino, ritornando a guardare il
lago.
“Non lo so. Ma i
suoi capelli sono troppo importanti per allontanarlo. Devo correre il rischio di
avere Nyven qui. Non posso cederlo a nessuno”
Zir, che era
rimasto in fondo alla stanza, si lisciò il pelo delle orecchie e la profonda
cicatrice che correva lungo una di queste e la sua nuca.
“Voi umani siete
così possessivi…”
Irìyas guardò l’Eclage.
Dopo un attimo alzò le sopracciglia e annuì, con noncuranza.
“Pensi che fra
poco uscirà allo scoperto?”
“Non credo, no”
il mago scosse la testa “Sento Nyven gridare nel sonno. Agitarsi. Deve sognare
qualcosa che lo terrorizza, ma i suoi sogni, ai miei occhi, sono bui. Riesce a
non farmeli leggere. Ci sono persone che schermano i propri sogni senza saperlo.
Più Nyven ha paura, e più si rinchiude in se stesso, credo. Così tutto m’appare
buio.”
“Mandalo via, il
ragazzo non mi piace”
“Non lo manderò
via, lo sai”
“La Bianca ha
detto che porta sventura, e tu sai che la Bianca raramente sbaglia”
“La vecchia deve
fare il suo dovere. Del resto mi occupo io. Tu sai bene che non lo lascerò
andare. Non posso. I suoi capelli sono l’unica cosa che mi permetterà di
liberare Gyonnareth “ Si mise una mano fra i
capelli, tirandoseli indietro, sospirando.
“Irìyas, lascia
che ti dica…”
“Non dire
niente” Disse in tono un po’ troppo alto “Non dire assolutamente nulla.”
“Mi chiedo solo
chi sia il ragazzo. Il mio istinto non sbaglia mai. E non mi posso fidare”
Irìyas sorrise “Fidare? Sai bene Mamir che non parlerei mai di fiducia così a
sproposito. Nessuno si fida. Solo, Nyven m’è utile”
Riprese la
parola il coniglio: “Ed è bello averlo qui”
Le parole
rimasero nell’aria per molto tempo e il mago non vi rispose, né negò. Lasciò che
si spegnessero da sole, ma la loro eco continuò, seppur silenziosa.
Forse era
davvero bello averlo lì, ma ad Irìyas questo non interessava. Voleva liberare
Gyonnareth e per farlo, aveva bisogno di
Nyven. E voleva sapere chi fosse il ragazzo.
Il resto era
davvero di poco conto.
Il mago continuò
a guardare l’acqua del lago e i riflessi cremisi del sole. Erano davvero
bellissimi.
* * *
Francesca
Akira89: Ahimè, sono una
fanatica dell'introspezione. A volte, mi rendo conto, indugio anche troppo sui
risvolti psicologici delle varie scene. *sospiro* Come dicevo prima, però,
sebbene la storia rimarrà un "mistero da svelare", molte cose piano piano
verranno chiarite a breve. Un bacio
Manny_chan:Ah
ah ah. Tenerlo come cucciolo da compagnia non sarebbe poi male. Originale, ma
del resto è Irìyas stesso ad esserlo XD Il nostro piccolo Nyven (come del resto
s'è finalmente accorto Irìyas) non è il rintronato dormiente che pare, anche se
in effetti, è piuttosto rintronato dal suo continuo dormire. Il che, detto fra
noi, è un po' il mio sogno. Dormire dormire dormire perchè "devo". Altro che
svegliarsi ogni mattina alle 6... *sigh*
BiGi:
O dorme o beve, Nyven certo non si può dire che si ammazzi di lavoro (ma ho cose
divertenti in serbo per lui HAHAHAH risata satanica).
Un bacio a tutti
|
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Capitolo 8 *** Capitolo 08 ***
Nuova pagina 1
Capitolo Otto
Irìyas era
completamento immerso nell’acqua, ma ugualmente non si bagnava. I suoi capelli
neri fluttuavano sulla superficie e lui guardava con occhi assenti la stanza che
lo circondava.
Lasciò che
l’acqua entrasse in contatto con la sua pelle.
Sorrise, gli
faceva solletico.
Non dubitava mai
del suo operato. Dubitare, così gli aveva detto il Saggio Alem, significava
rallentare nell’incedere.
Rallentare
nell’incedere…Lui davvero non se lo poteva permettere. Gyonnareth sarebbe
arrivato di lì a poco. Lui avrebbe dovuto essere pronto a tutto.
Eppure, se non
del suo operato, dubitava. Prese con le mani un po’ d’acqua e lasciò che gli
scorresse lungo le braccia. Dubitava di cosa?
Non ne era sicuro. Se su quello che faceva non aveva alcun dubbio, forse sul
modo?
No. Aveva
pensato a lungo su come raggiungere il suo obiettivo. Non aveva dubbi a
riguardo. C’era una sola cosa che voleva nella sua vita e ora Gyonnareth
gliel’avrebbe impedito.
Non poteva che
opporsi al drago.
A lungo aveva
parlato con la Bianca e a lungo aveva parlato con Gyofinan che sapeva essere
dalla sua parte. Non dubitava sul modo.
Sospirò.
Dubitava su
Nyven, su chi Nyven fosse. Sapeva bene quali fossero i suoi dubbi, ma ammetterli
lo infastidiva terribilmente.
Perché quel ragazzo lo preoccupava così tanto?
Da semplice
schiavo al Crocevia, si era rivelato qualcos’altro. Ma inconsapevolmente.
Quindi non era
una macchinazione ordita contro di lui, non era una forza estranea che cercava
di indebolirlo dall’interno. Era solo una forza sconosciuta.
Chi era davvero
il ragazzo?
Il Saggio Alem
gli avrebbe suggerito di diffidare, ma il Saggio Alem era morto.
Irìyas non
riusciva a diffidare di Nyven.
Si chiese se
quella fosse una debolezza dovuta alla sua ormai scarsa abitudine
nell’interagire con gli esseri umani, ma poi scosse la testa e sorrise. Il suo
intuito gli aveva permesso di dominare la quasi completezza delle arti magiche,
perché metterlo in dubbio proprio ora?
Forse aveva
davvero ragione Mamir: era sempre meglio non aver a che fare con gli esseri
umani.
Sebbene lui
stesso appartenesse di fatto allo stesso genere, nella realtà la sua abilità
nell’utilizzo delle arti magiche aveva modificato sia il suo essere che il suo
modo di vivere.
Poteva diventare
mago chiunque avesse l’abilità innata di dominare la magia, la scuola poteva
solo insegnare come usarla. Chi entrava nella casta dei maghi perdeva
l’appartenenza alla propria specie. Un mago era più longevo di un uomo, i suoi
sensi erano più fini e i suoi movimenti più veloci.
Irìyas conosceva
bene questa distinzione, ma sapeva altrettanto bene che erano gli umani ad aver
più facilità di altri ad imparare le Arti Magiche e, di conseguenza, a sfruttare
la loro dote, grande o piccola che fosse.
Irìyas si perse
fra i pensieri di ciò che era stato, lasciandosi catturare dal fondo della vasca
Il Saggio Alem,
uno degli anziani della Cerchia Accademica, l’aveva preso sotto la sua ala
protettrice sin da subito. Lui e altri nove. Alcuni di loro, però, abbandonarono
l’Accademia prima di avere il congedo ufficiale: la cerchia degli anziani non
caldeggiava né aiutava nessuno dei suoi discepoli. Li indirizzava e li conduceva
lungo la via che gli stessi allievi avevano scelto, ma se qualcuno esprimeva la
volontà di andarsene, era libero di farlo.
L’Accademia non
era una scuola; di scuole ne era disseminato il Regno. L’Accademia accettava
solo pochi e non tratteneva nessuno. Era proprio a causa di questa politica
attuata dagli anziani da secoli, che l’Accademia ormai aveva un prestigio ed un
nome che non aveva pari. Solo i migliori, solo coloro che avevano trovato il
perfetto equilibrio fra se stessi e l’ambiente, potevano concludere il loro
percorso.
Irìyas era stato
all’Accademia per sette anni. Aveva finito il suo percorso evolutivo in quattro,
e poi era rimasto col Saggio Alem per raffinare l’Alchimia. O almeno questa era
la scusa che aveva trovato.
La realtà
diversa. Irìyas aveva ben altri progetti: l’Alchimia la conosceva, per lui e per
Hado - il suo migliore amico - c’era l’Est. Inesplorato, sconosciuto.
Irìyas aveva
come unico desiderio quello di andare a Est.
Il mondo
conosciuto finiva a Nord con le Colonne, a Sud, tutto il territorio di Droà
confinava con la Fine del Mondo. A Ovest c’erano altri due regni, che Irìyas
conosceva fin troppo bene. Ma nessuno era mai andato ad Est, nessuno conosceva
cosa ci fosse al di là del confine. Chiunque avesse tentato di attraversarlo non
aveva fatto ritorno. Nessun esploratore era mai arrivato per raccontargli alcuna
storia.
La sua storia,
Irìyas, voleva scriverla da sé.
Solo una donna,
la regina di un paese lontano, che si faceva chiamare Giqiath arrivò. E l’unica
persona che sapeva come fosse arrivata Regina Giqiath delle terre dell’Ovest era
il Saggio Alem.
L’anziano era
consapevole di cosa Irìyas volesse da lui. Il ragazzo non teneva il suo sogno
celato. Era troppo sfrontato per tenere il segreto e sapeva fin troppo bene che
nessuno, a parte lui, avrebbe potuto avere un sogno tanto ambizioso.
Anche Hago lo
coltivava e nelle loro serate invernali, prima di spegnere la luce per
addormentarsi, progettavano di andare insieme ad Est. Hago non aveva mai avuto
le qualità magiche di Irìyas, non aveva il controllo degli elementi e dello
spazio, ma era un perfetto alchimista. Tutto, nel laboratorio aveva voce e
senso. Suppliva così alle sue carenze nell’Arte Magica.
Sideas, un
ragazzo che come percorso aveva seguito il Militare e che in soli cinque anni
l’aveva concluso, prendeva spesso in giro Hago per le mille boccettine che
tintinnavano nelle sue tasche.
Una
nuova parola rispondeva il ragazzo.
Ogni alchimia,
per Hago, era una parola.
Poi un giorno il
Saggio Alem fece vedere qualcosa ad Irìyas: una pergamena.
Era mattina,
erano nel chiostro dell’Accademia.
Alem gli svelò il suo mistero.
Il pomeriggio
dello stesso giorno, Alem morì. E come una matassa che non smette più di
sfilarsi, accadde tutto di lì a poco.
“Irìyas?”
Il mago riemerse
dall’acqua.
“E’ arrivato un
corvo messaggero”
“So già il
messaggio che porta”
Zir mosse il
naso per sistemarsi gli occhialini “Non vuoi leggerlo comunque?”
“Arriverà
Sideas, fra due giorni” sospirò “Temo di sapere anche il motivo che lo conduce
qui”.
Irìyas si alzò
dall’acqua e cominciò ad asciugarsi “Ma se pensa di poter prendere Nyven con sé,
si sbaglia”
“Ci serve
ancora?”
Irìyas annuì,
impercettibilmente “Non t’incuriosisce?”
“Cosa? L’arrivo
di Sideas?”
Irìyas non
rispose e scrollò le spalle, come chiaro segno di voler essere lasciato solo.
Non si riferiva all’arrivo di Sideas.
Non avrebbe mai
ceduto Nyven, anche se a chiederlo era un suo vecchio compagno di scuola.
Dopo quel
pomeriggio in cui tutto era finito e il suo sogno aveva inevitabilmente preso
una forma diversa, niente l’aveva più incuriosito. La noia che aveva generato il
suo stato attuale, il suo intuito e la consapevolezza di non poter andare ad Est
l’avevano sempre schiacciato, placidamente. L’aria si era fatta densa intorno a
lui e tutto si muoveva disordinatamente.
Con Nyven,
invece, qualcosa era cambiato.
C’era qualcosa
nel ragazzo che Irìyas non riusciva a spiegare, un fondo cremisi nel suo spirito
che il mago trovava caotico. E questo lo confondeva.
C’erano domande
cui non sapeva rispondere, e un senso d’attesa e anticipazione che pensava
dimenticato.
Lo trovò disteso
sull’erba, appisolato sotto i raggi di un sole troppo debole per lui
“Prenderai
freddo…”
Nyven si mise a
sedere, di soprassalto “Io …Non…” biascicò ancora fra i fumi del sonno.
Il padrone si
sedette di fronte a lui e l’osservò.
“Ho fatto
qualcosa di male?” disse il giovane preoccupato.
Il mago sorrise
“L’hai fatto?”
”No… o almeno, non credo. Ma è così raro vedervi…”
“A non far
niente?”
“Sì…. Cioè, no.
Non intendevo quello, non mi permetterei” Nyven era in piena confusione. Da un
placido dormiveglia s’era ritrovato Irìyas di fronte e questo lo agitava
moltissimo.
Sospirò,
cercando di tornare padrone di sé.
Irìyas sorrise.
“Quando sei
diventato schiavo?”
“Io sono nato
schiavo, signore”
“Lo erano anche
i tuoi genitori?”
Nyven si strinse
nelle spalle, non sapendo rispondere: “Non lo so. Credo di sì, perché così m’è
stato detto, ma a dire il vero, non lo so”
Era piuttosto
frequente che i figli di schiavi venissero portati via, ancora in fasce, dalle
braccia dei genitori. Questo permetteva alla madre di non doversi occupare del
figlio e di poter lavorare meglio.
I bambini poi
venivano cresciuti, a seconda della città in cui vivevano, da diverse comunità,
o da alcune nutrici che se ne prendevano cura, per poi essere venduti appena in
grado di fare qualcosa, come entrare nelle cave d’avorio – minuscole – oppure
tessere seta d’oro i cui fili erano troppo sottili per delle mani adulte.
“Qualcuno t’ha
insegnato a leggere, a scrivere, persino a disegnare mappe… E’ piuttosto
insolito”
“E’ vero, ma i
miei padroni avevano bisogno che leggessi per loro o che li aiutassi con il
lavoro. Il cartografo non vedeva più molto bene, perciò si serviva dei miei
occhi per dipingere mappe dettagliate.”
“Hai imparato
bene?”
“Mi piaceva
molto leggere e disegnare. Avevo la possibilità di leggere quello che mi pareva,
una volta che il mio padrone era andato a letto, purchè non avessi consumato
l’olio delle sue lampade. Ma al chiaro di luna si legge benissimo”
Irìyas alzò le
sopracciglia. La notte di droà era dominata da una luna enorme, azzurra e
luminosa. Quand’era piena, la luce che emanava era sicuramente sufficiente per
leggere. Lì più a nord, invece, la luna azzurra si vedeva poco. Il cielo del
nord era occupato da una luna più piccola, rosso intenso, che illuminava poco la
notte delle città.
Il mago osservò
il ragazzo a lungo, senza dire niente, poi allungò la propria mano, col palmo
rivoltò all’insù.
L’avvicinò al
viso di Nyven e d’improvviso accese una fiammella di fuoco. Le pupille del
ragazzo si dilatarono così tanto che i suoi occhi apparvero neri. Sussultò.
Non emise un
grido, né un gemito, ma rimase immobile e terrorizzato, a fissare il fuoco.
Il mago strinse
il pugno e il fuoco si spense. Nyven, ugualmente, rimase con lo sguardo fisso di
fronte a lui. Si accorse solo dopo che una lacrima gli rigava il volto.
Irìyas lo attirò
a sé, continuando a fissarlo. Solo quando la sua testa fu appoggiata sulla sua
veste, Nyven capì che il padrone gli stava accarezzando il viso e i capelli, per
calmarlo.
Com’era
possibile? Parlavano normalmente, sull’erba del giardino e, in un attimo, il
terrore s’era impossessato di lui.
Che cosa aveva
fatto Irìyas?
Il mago sospirò,
senza dire una parola. Se qualcuno l’avesse guardato negli occhi forse avrebbe
letto una nuova consapevolezza, ma lì in giardino non c’era nessuno. Nyven
piangeva, nascosto fra i suoi vestiti.
Il mago ora
sapeva dove andare a cercare per sapere chi fosse quel ragazzo dai capelli
cremisi.
***
Francesca
Akira89: Ciao ^_^/ Il punto di vista è finalmente cambiato. Povero
Nyven, in effetti l'ho proprio sfruttato per introdurre il personaggio, il mondo
e tutta la situazione. Ora il punto di vista sarà più ampio e mi auguro, un po'
più chiaro (lo è?). E poi, da buona praticante dell'introspezione, non posso
lasciare gli altri personaggi senza che dicano la loro XD
Yukochan:
Ciao e benvenuta (magari leggevi Cremisi anche prima, ma è la tua prima
recensione ^_^). Grazie davvero per le tue parole. Le parti descrittive mi
divertono tanto. Il fantasy mi dà la possibilità di sbizzarrirmi (e sì, i
giardini d'acqua sono proprio una mia fissa, li tiro fuori ogni due per tre XD).
Sì, è un racconto che avrà dei risvolti shounen ai (non yaoi), l'ho scritto fra
le note. Non sarà una storia shounen ai, ma un fantasy in cui c'è anche quel
risvolto. (non so se mi sono spiegata poi tanto bene °_°). Spero che questo non
ti faccia desistere come lettore/ice.
kymyit:
Benvenuto/a anche a te *hugs* ahahah mi hai fatto morire dal ridere con la
storia del bagno perchè mi sono immaginata il povero Nyven in crisi mistica per
uno sciocco bagno (e in effetti, dev'essere complicato vivere in un posto così).
Manny_chan
Ciao. Mi piace leggere le tue congetture *_é NOn ti dirò se sono esatte
o meno (rischierei spoiler), ma di sicuro posso dirti che, in effetti, fra le
righe ci sono importanti dettagli. La storia non sarà breve. Non avendola ancora
finita di scrivere, non posso dire quanto lunga, ma avendo bene chiara la trama
posso dire con certezza che andrà avanti per un pochino (anch'io preferisco i
racconti lunghi. Leggerli a capitoli, a volte, è frustrante, ma alla fine, è
molto più gratificante). *D* passa un tè e biscotti, così Manny chan si mette
comoda XD
silencio:
Grasssie davvero *_* Cerco di mantenere una lingua "semplice" perchè Cremisi
mischia avventura, mistero e fantasy. Essere troppo barocca nello stile farebbe
cadere la suspence e limiterebbe la velocità del racconto, che invece mi è
utile. Quando me lo ri(ri-ri-ri) leggo, a volte sfoltisco alcune frasi troppo
pompose (col rischio di renderle semplicistiche). Ma ci provo, insomma. Felice
che piaccia il risultato. Dimmi, però, e questo cambio di prospettiva, ti dà una
mano a capire un po' meglio Cremisi?
Rodelinda:
*D l'abbraccia forte e R quasi ci lascia le penne stritolata.* Gli snodi delle
trame sono così complicati... In effetti, il capitolo scorso lo era e che gioia
sapere che ti attira (da qui l'abbraccio, non me ne volere XD). Il fantasy è da
sempre stato bistrattato perchè un'evidente evasione, ma io l'ho sempre trovato
un bel modo per evadere che ugualmente può dare spunti sia riflessivi sia
letterari. E Cremisi vuole essere una bella parentesi nella vita di chi legge.
Come dici tu, una piccola vacanza *_* Un bacione
BiGi:ahah
non sei pazza. E' che Nyven inquieta un pochino gli animi degli altri
protagonisti, perciò penso sia normale inquieti e incuriosisca. Diciamo che per
ora non do notizie certe sulla sua identità XD Baci
Aphrodite:
Descrivere un personaggio così, in effetti, è piuttosto complicato. Ma Irìyas ha
fatto del suo istinto e di se stesso la sua forza. Viene spiegato un po' meglio
in quetso capitolo, non può dubitare. Ma diciamo che comunque, nella complessità
della sua vita, ci sono alti e bassi (per quanto riguarda il distacco e tutto il
resto) *_* E poi, mi diverte molto il fatto che questa sua rigidità spaventi. Se
io incontrassi Irìyas sarei terrorizzata °_° Un baciotto.
|
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Capitolo 9 *** Capitolo 09 ***
Nuova pagina 1
Aggiornamento
prima del solito (non me ne vorrete mica XD), il prossimo sarà comunque a breve.
Ci terrei che questi capitoli scorressero velocemente, per necessità di trama e
per addentrarsi meglio nella vicenda. Avendoli inoltre già scritti (i capitoli),
posso permettermelo ^_^v
Capitolo
Nove
Sideas sarebbe
arrivato di lì a poco, aveva solo un’altra notte di viaggio.
Irìyas voleva
cercare di aver ben più chiara l’identità di Nyven prima che il militare
arrivasse.
Si chiese quanto
il suo vecchio compagno d’Accademia fosse cambiato in quegli anni, quanto di
tutto quello che era successo all’Accademia fosse rimasto nei loro ricordi.
Accantonò il
pensiero, infastidito.
Non aveva
importanza, in quel momento.
Doveva prima
cercare di chiarire alcune cose riguardo al ragazzo, poi si sarebbe occupato di
Sideas.
Nyven dormiva,
avrebbe dormito sicuramente ancora un giorno, forse qualcosa di più.
Irìyas sorrise.
Il ragazzo non poteva certo immaginare quanti pensieri e dubbi generasse in lui,
sicuramente non pensava neanche di essere fonte di preoccupazione.
Probabilmente
dormiva beato, sognando il sole di Droà.
Gli stivali
continuavano a scivolare sul terreno sdruccioloso del promontorio, l’aria
intorno si faceva sempre più rarefatta e fredda. Irìyas si fermò un attimo per
guardare il lago sotto di lui e la sua casa, ormai molto lontana. Quando aveva
scelto dove vivere, non aveva avuto dubbi: quello era stato, da sempre, uno dei
luoghi da lui considerati più belli. I giochi di luce del sole di giorno, della
luna rubra di notte e di quei flebili raggi cerulei della luna azzurra, creavano
un senso di pace da cui Irìyas traeva grande forza.
La sua calma era
una calma acquisita: la morte di Alem e, ora, Gyonnareth che sarebbe venuto ad
annientarlo… Gli intrecci, le cause e le concause di una mattina passata nel
chiostro dell’Accademia, quando si era finalmente venuti a conoscenza di come un
abitante dell’Ovest era giunto lì; lo sgomento di apprendere della morte del
proprio maestro, e di come questa si era verificata… Hado, Sideas, il loro
inevitabile allontanarsi per forza e volontà…
Niente di tutto
questo poteva mai trovare quiete per Irìyas.
Tutto era
accaduto così in fretta, che in realtà nulla aveva preso un posto preciso nel
suo animo, tutto s’era affollato in fondo e lì era rimasto, senza mai dare pace.
Il mago appoggiò
una mano sulla roccia, sfiorando l’erbetta che cresceva dalle fessure. Un
albero, lì affianco, allargò i propri rami, accarezzando con le fronde l’aria.
Dove Irìyas aveva la mano comparve una scala in pietra.
L’aria intorno
si fece gelida, ma non fastidiosa. La natura intorno non risentì del freddo, né
il sole si fece più mite. Il vapore acqueo sembrava cristallizzarsi intorno al
mago che cominciò a scendere per le scale comparse nella roccia. Da troppo tempo
non andava lì.
Arrivò in un
atrio enorme, scavato nella roccia, ricoperto di neve.
“Perché sei
qui?” chiese senza neanche voltarsi.
“Qui sto meglio
che altrove”
“Ma questo non è
il posto per te”
“Certo che sei
rimasto arrogante e strafottente, come quando eri giovane”
Irìyas sorrise e
si girò verso la vecchia che aveva appena parlato.
“E’ una frase
piuttosto irriverente la tua, soprattutto se ti fermi ad osservarci”
La Bianca si
strinse nelle spalle: “Non importa se sei così bravo a celare la tua età”
“Non la pensavi
così, quando mi hai implorato di ridarti la giovinezza”
La Bianca
sospirò: “Gli umani mi temono, così vecchia e grinza. Alcuni hanno paura che
muoia davanti ai loro occhi, altri semplicemente, mi reputano brutta…”
“Avresti dovuto
fermarti all’Accademia più a lungo”
La Bianca
ghignò, mostrando le sue gengive rosee: “ Lasciare l’Accademia non è mai una
propria scelta, come non lo è entrarci. Semplicemente, la mia magia era
insufficiente”.
Irìyas sorrise.
Quella vecchia antipatica e storta, in fondo, gli piaceva.
“Immagino tu non
sia venuto a parlare con me”
“Gyofinan come
sta?”
“Lei sta
benissimo. Vorrebbe uscire di qui, ma sa che per ora è meglio di no”
Il mago annuì.
“Lasciami solo,
ora, devo parlare con lei.”
Ogni volta che
la vedeva, Irìyas ne rimaneva incantato.
Lì, nella sua
stanza enorme, di giacchio e neve, era accovacciato un drago bianco con scaglie
argentate sul collo.
Nonostante fosse
piegato sulle zampe e languidamente adagiato a terra, Gyofinan era enorme e
maestosa. Mosse il collo con eleganza, quando si accorse che Irìyas era entrato
nella grotta e lo fissò, con occhi azzurri, grattandosi con la coda il collo,
accarezzando così il pelo vicino alle orecchie.
Irìyas l’aveva
vista volare più d’una volta, ali spiegate e zampe protese, era l’essere più
bello che avesse mai visto.
“Buongiorno, mio
bel mago” aveva una voce suadente e molto profonda, che subito permeò ogni
anfratto della grotta. Sembrava provenire dall’interno della gola, una voce
molto calda.
“Buongiorno a
te” Irìyas sorrise.
“Se guardi me
con quegli occhi ammirati, non riuscirai a trattenere lo stupore quando vedrai
Nnareth(1).“ Sugli occhi del drago scese un velo di tristezza.
“Ti manca molto”
“Vorrei che non
si fosse lasciato catturare come uno sciocco. Mi manca lui, mi mancano le
distese su cui potevamo volare…”
“Lo libereremo”
Il drago annuì:
“Lo so che lo farai”
“Abbiamo ancora
tempo prima del solstizio”
Il drago emise
uno sbuffo, dalle narici. Un misto di preoccupazione e ansia.
“Non è da te
essere così preoccupata”
“Non lo
ucciderai, vero? Promettimelo”
“Sulla mia vita”
Il drago chiuse
gli occhi: “Lo so bene, parlo solo come una compagna preoccupata”
Irìyas annuì, in
silenzio. I draghi, creature semi-eterne, si accoppiano per la vita. Scelto un
compagno, il loro legame non fa altro che rinsaldarsi col tempo che passa.
Gyofinan e
Gyonnareth erano compagni sin dall’alba dei tempi, ma erano stati separati.
“E il ragazzo?”
Il mago guardò
il drago, cercando le parole.
“L’ho trovato al
Crocevia. Esattamente come avevi detto tu, i suoi capelli vincono ogni fiamma”
“Eppure nella
tua voce, sento del dubbio”
“Non è un
semplice schiavo, non capisco chi o che cosa sia…”
“Spiegati
meglio”. Il drago si alzò sulle gambe anteriori e la temperatura scese ancor di
più.
“Speravo potessi
dirmi qualcosa tu, a dire il vero. E’ affascinato dal fuoco. Non solo non ne
subisce l’effetto, ma si avvicina se vede una fiamma. Sempre di più, fino a
possederla e non accorgersene…”
“Impossibile”
“Lo pensavo
anch’io, eppure è così. Quando è arrivato qui pensavo che quel colore di fondo
che lo caratterizza, quel rosso acceso, fosse semplicemente dovuto ai suoi
capelli…” Irìyas corrugò la fronte “Invece lo domina”
”Impossibile! I draghi dominano il fuoco” la voce di Gyofinnan si fece ancora
più profonda “Avrà imparato a governare le fiamme”
Il mago scosse
la testa.
“Io governo le
fiamme, Finan, eppure non domino il fuoco. La sua dev’essere una capacità
innata. Perché non ne è consapevole, né si accorge di quanto sia affascinato dal
fuoco stesso”
“E’ davvero
possibile per un umano dominare il fuoco? Se così fosse, se davvero avessi
ragione, l’ordine fra gli elementi verrebbe rivoluzionato”
“Sideas sta
venendo qui”
Il drago emise
un ruggito sommesso e le sue iridi si tinsero di blu notte.
“Il re sa che
Nyven è qui?”
Irìyas annuì.
“Il re sa bene
che Nyven è qui, ma dubito che sappia altro. Non so se l’intento di Sideas sia
quello di avere il ragazzo per proteggere il re, oppure se davvero sa chi è
Nyven e cos’è la sua aura cremisi. Che sia per l’uno o per l’altro motivo, non
mi porterà via il ragazzo. Da tempo ormai, gli ordini del re non sono più i miei
ordini.” Irìyas distolse lo sguardo dal drago. Che fosse davvero per pura
politica che Sideas veniva lì? Sicuramente veniva per Nyven, ma l’ipotesi che
lui sapesse chi fosse il ragazzo lo irritava. Era insensata e spaventosa. Il
mago scosse la testa, per allontanare il pensiero “Nyven è mio”.
Le iridi del
drago si schiarirono.
“La mia fiamma è
molto fredda, è bianca e gela, ardendo, Irìyas. Non ho risposte quindi per
giustificare come possa un ragazzino dominare il fuoco. Scopri se la sua fiamma
è calda oppure gelata. Forse potremo capire chi è”
Il mago guardò
il drago intensamente, prima di parlare: “Nyven non è un semplice umano, né
appartiene a nessuna delle razze che io conosco. Non ha pelo sulla pelle, o
scaglie sulla schiena. A vederlo sembra solo un ragazzino…”
“Dove vuoi
arrivare?”
“Se fosse un
abitante dell’Est me lo diresti?”
“Che cosa
intendi?”
“Se Nyven
venisse da Est, se questa mia incomprensione fosse dovuta alla mia ignoranza, me
lo diresti?”
“I Draghi volano
liberi verso Est e Ovest, non sono legati come voi umani alla terra in cui
vivono. Conoscono quello che c’è al di là della linea di confine”
“E’ proprio su
questo che si basa il nostro patto. Ciononostante non hai risposto alla mia
domanda”
Il drago rimase
in silenzio per un po’, lasciando che l’aria uscisse ed entrasse dalle sue
narici rumorosamente.
“Mi piaci,
Irìyas, mi piaci molto. Non sei timorato, né stupido. Sei aggressivo, ma
avveduto. E sei potente, così consapevole della tua forza che mi parli come se
ci conoscessimo da sempre. Per questo devi credere a quello che ti dico, non ti
mentirei. Nyven non è un abitante dell’Est. Non so cosa sia, non lo capisco, né
so il perché lui non sia consapevole della sua natura, probabilmente, proprio
perché unico. Forse è solo un figlio proibito di un’Ancella e un Lapillo, forse,
solo, non lo sappiamo ancora. Ma non viene da Est. Niente, laggiù, gli
somiglia.”
Irìyas si
avvicinò al drago e si sedette, appoggiandosi al pelo sulla sua zampa. Lo prese
fra le mani e lo lisciò, morbido quasi fosse fatto di piuma.
“Grazie” Non fu
necessario dire altro e Irìyas rimase in compagnia di Gyofinnan finché il sole
non calò.
Trasudava rosso,
che colava languido nel lago.
Irìyas e il
drago lo guardarono spegnersi nelle acque.
“Forse è figlio
del sole” scherzò il drago che s’era concessa di uscire dalla sua grotta, come
sempre più raramente faceva con l’avvicinarsi del solstizio.
Irìyas si
ritrovò a pensare che il ragazzo avesse, in effetti, proprio quei colori.
* * *
1. E' una nota
che non vorrei mettere, ma pubblicando questo racconto a capitoli, vengono a
perdersi alcune cose che, se il racconto fosse letto pagina per pagina,
rimarrebbero probabilmente di più. Nnarreth non è altro che Gyonnareth, il drago
di cui si parla da vari capitoli. Il prefisso "Gyo" (questo è stato detto
qualche capitolo fa) è un prefisso che nella lingua del Regno si usa per tutti i
draghi. Non a caso i due nominati qui sono Gyonnareth e Gyofinan. Tuttavia, il
prefisso vuol dire, in pratica, drago. Sarebbe stato sciocco fare chiamare (da
un drago) un altro drago con il prefisso Gyo. Di questo prefisso, ne accenna
Nyven un po' di tempo fa, ma sono quasi certa che, col passare del tempo,
essendo un piccolo dettaglio, sia andato dimenticato dai più. Ho pensato,
quindi, fosse meglio essere chiari e specificare che Nnareth non è un nuovo
personaggio, ma sempre il "famoso" drago. Per chiarezza, insomma ^_^
Ora smetto di
cianciare, a presto ^_^/ Un bacio a chi è arrivato sin qui :)
* * *
kymyit:
Un'ideuzza? Sono curiosa *_* Nyven,
in effetti, è un personaggio molto complesso (nella sua apparente semplicità).
Ti ringrazio tantissimo per i complimenti riguardo la mia scrittura :) Davvero.
In effetti leggo moltissimi libri (in generale). Di fantasy ne ho letti molti
tempo fa (erano un pane quotidiano), ora ne leggo meno perchè, purtroppo, trovo
che siano scritti male e siano piuttosto scontati. Non tutti, ovviamente. Ma
essendo da molti (editori stessi, oltre che autori) considerato un genere di
serie B, si permettono di pubblicare storie per me davvero brutte. Però spulcio
sempre fra quegli scaffali, in libreria e mi lascio ispirare dal momento :) Baci
Francesca
Akira89: Mi diverte molto non
rivelare niente di Nyven e lasciare che venga fuori piano piano XD Come
scrivevo all'inizio, sto cercando di velocizzare un pochino la "pubblicazione"
così il racconto risulta molto più leggibile, secondo me (e spero, di
conseguenza, bello '^_^). Sideas... eh eh eh ti posso dire che è un personaggio
che io adoro, ma non c'è da aspettare tanto prima che compaia ^_^
Manny_chan:
Buoni i biscotti vero? Se ne vuoi ancora, prendi pure. Ne ho anche delle varietà
al cioccolato, alla vaniglia o alla crema, a seconda dei gusti. Io adoro
la gente che congettura. Innanzitutto perchè vuol dire che la mia storia dà
adoto a congetture (e non è davvero poco), dall'altro perchè mi piacciono i
lettori partecipi (e buone amiche per il tè). Comunque 'sto ragazzino, davvero,
è così bistrattato! (si noti che sono io a bistrattarlo XD), ma se ne farà una
ragione, sono certa. Il tema dell'est sarà un tema ricorrente, non temere. Verrà
spiegato in lungo e in largo (ecco il perchè, anche, dei biscottini. Aiutano a
mantenere l'attenzione ^_^)
Yukochan
Ciao. Contenta di risentirti e
che lo shounen ai non sia stato un deterrente '^_^ Questa storia è ambientata in
un mondo a cui ho dato (e continuo a dare) tridimensionalità. Siccome a me
piacciono molto le dimensioni storiche degli eventi (sia nel reale che nel
raccontato), la mia idea di base - sempre - è quella di dare profondità,
ambientare una storia (in questo caso Cremisi), in un mondo che ha una vita
propria, una propria Storia e altre mille vicende oltre a quella che sto
raccontando. Questo secondo me rende molto più realistico l'avvenimento. Quindi
non ti preoccupare, si sverrà a sapere un po' di più sull'accademia, le
gerarchie sociali e i contorni della vicenda ^_^
BiGi:
Contenta che l'idea del viaggio piaccia. In effetti Irìyas è un animo troppo
irrequieto e vivace per accontentarsi di ciò che ha *_*
silencio:
Graziegraziegrazie. Continua a ripeterlo, perchè ogni volta mi sorprendo che ciò
che scrivo piaccia e sia interessante Ti voglio bbbbene *_* Irìyas non
poteva sempre rimanere nell'ombra e il punto di vista non poteva rimanere troppo
quello di Nyven, proprio per come (e si vedrà in seguito) voglio strutturare la
storia. Altrimenti sarebbe diventata di una noia mortale. Certo però che non
potevo svestire Irìyas del suo fascino, ai miei occhi è tremendamente
affascinante XD (sì, mi sento una Nyven-simile in questo senso hahaha)
Aphrodite:
Sono furbissima XD Il legame fra Irìyas e Alem è un legame molto intenso. Del
resto, Alem era il maestro di Irìyas. Se pensi al carattere di Irìyas, è facile
capire che carisma e forza debba aver avuto il vecchio saggio (altrimenti Irìyas
l'avrebbe calpestato XD). Di più non posso dire, ovviamente. Ti mando un bacione
anch'io (ah, fai benissimo ad andare a sensazioni, è davvero sempre la cosa
migliore da fare)
|
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Capitolo 10 *** Capitolo 10 ***
Nuova pagina 1
Capitolo Dieci
Agli inizi del
Mondo, quando non esisteva il Regno, quando i popoli confinanti non vivevano
sotto bandiere diverse e quando i Draghi dominavano i cieli nell’Est e
nell’Ovest, esisteva un’unica lingua, la Lingua Antica, che ognuno parlava.
Era una Lingua
melodiosa, priva di suoni gutturali e cupi. Poteva essere pronunciata al solo
pensiero.
Con l’avvento
dei Venti e col loro bagaglio gravido di guerre, la Lingua Antica era stata
abbandonata a favore dei diversi dialetti. L’oscurantismo e la Notte che aveva
dominato quel periodo, creando mille frammenti di terra in lotta fra loro, aveva
creato a sua volta mille frammenti di lingua.
Le biblioteche
dell’Accademia erano state messe a fuoco, il libri che custodivano i Canti di
Pace del Vecchio Mondo erano bruciati con lei. Pochi frammenti erano stati
tramandati oralmente dagli Ohnan, bardi e cantori che da generazioni
conservavano il patrimonio della Lingua Antica.
L’incantesimo
che avrebbe dovuto pronunciare Irìyas il giorno del solstizio, doveva essere
pronunciato nella Lingua Antica.
Irìyas non aveva
ancora con sé l’esatta traduzione e questo lo irritava moltissimo.
Picchiò i pugni
sul tavolo, spazientito.
“Pronunciarlo
nella Lingua Ufficiale del Regno sarebbe da pazzi, eppure…”
Zir era con lui
nella stanza. Scosse la testa.
“E’ proprio
necessaria la Lingua Antica?”
“E’ l’unica in
grado di proteggere Gyonnareth da ciò che verrà scatenato il giorno del
solstizio”
Zir si lisciò i
baffi.
“Sono certo che
Gyofinan la ricorda. I draghi sono gli unici che…”
"Non
cominciare!"
C'era una certa
irritazione nella voce di Irìyas e Zir si spazientì.
"Questo perchè
sei il solito testardo"
"Questo perché
se Finan sapesse esattamente cos'ho intenzione di fare, sarebbe troppo
preoccupata"
"Pensi davvero
che non lo sappia?"
"Lo sa
benissimo. Ma sentirlo sarebbe diverso"
Zir sbuffò,
scuotendo la testa. Non era d'accordo, ma il mago non era dell'umore adatto per
essere contraddetto.
"Nelle
biblioteche non potrai trovare l'esatta formulazione della frase..."
"Se non dovessi
riuscire a dirla nella sua interezza, così sarà più che sufficiente"
“Ma sarà
estremamente pericoloso... Per te soprattutto"
Irìyas non
rispose e continuò a leggere il libro che aveva davanti, cercando fra le sue
pagine le parole dimenticate.
“Padrone!” Nyven
irruppe nella stanza con così tanta furia che i fogli sullo scrittoio di Irìyas
furono scossi dalla corrente. Quando vide gli occhi del mago e quelli del
coniglio fissi su di lui, s’immobilizzò, pentendosi immediatamente della sua
foga.
“S…scu…”
“Che cosa c’è,
ragazzo?” Zir interruppe la balbuzie di Nyven.
“Ci sono dei
corvi, ad Ovest. Tantissimi corvi che volano sul castello”
Irìyas non
rispose, aggrottò le sopracciglia.
“Riesci a
vederli?”
“Sapete che
stanno arrivando?” poi si mise una mano sulla bocca “Di nuovo, perdonate la mia
irruenza…ma sono così minacciosi, sono così…”
“Sono a più di
un giorno di cammino da qui”
“Impossibile,
signore, li vedo chiaramente…”
Irìyas scosse la
testa e ripeté, con voce più bassa e cupa “Sono a più di un giorno da qui”.
Nyven fece un
passo indietro, terrorizzato da quel tono. Persino il pelo di Zir si rizzò sulla
coda del coniglio.
Gli istanti di
silenzio che seguirono quelle parole apparvero così rumorosi alle orecchie di
Nyven che fu costretto ad interromperli…
“Io… non volevo”
fu l’unica cosa che riuscì a dire.
Il ragazzo
s’inginocchio, lì sul posto, con la testa china. Doveva tacere, non poteva
parlare.
Tremò e ci volle
tutto il suo autocontrollo per non lasciare che le lacrime testimoniassero
ulteriormente, il suo terrore.
Pochi secondi,
poche parole e gli sembrò di aver, di colpo, messo una distanza incolmabile fra
lui e Irìyas.
Era impaziente
di rivederlo, era impaziente di parlargli…eppure ora era terrorizzato.
“Zir, chiama
Mamir, ho bisogno di lui”.
L’Eclage annuì e
lasciò la stanza.
Doveva parlare?
Doveva spiegare esattamente…?
“Io, li vedo.
Perdonatemi, se potete…”
“Sono i corvi di
Sideas. Un mio vecchio compagno di scuola. Sta venendo qui”. La voce del mago
era ritornata quella di sempre.
“Oh…”
“Non sono
minacciosi, se non istigati. Come militare del Re, Sideas può cavalcare a fianco
dei corvi Reali”
“Sono corvi
speciali?”
Irìyas sorrise:
“Sono antichi come i draghi e saggi quasi quanto i gufi. Sono speciali,
sì”.
“Perché vengono
qui?”
“Per te. Ma
questo tu lo sai già”
Nyven fu colto
alla sprovvista dalla sua stessa paura “Non mi farete andare via, non è vero?”
“Se non ne ho
motivo…”
Il ragazzo
sussultò, rumorosamente. Sciocco! Perché temere quello che già sapeva?
“Cercherò di non
darvene alcuno”
Irìyas sorrise,
sistemandosi dietro le orecchie i capelli che gli continuavano a coprire gli
occhi.
“Vieni qui” gli
disse indicando il bracciolo della sua poltrona.
Seduto lì era
come essere seduto sulle gambe di Irìyas, sentiva benissimo quell’odore d’acqua
che aveva sentito il primo giorno lì, quando era stato accolto nelle stanze
dell’Ancella. Sentiva il suo respiro lieve e lo scorrere delle sue dita sul
libro di fronte a lui.
Sembrava quasi
avesse tutti i sensi amplificati e finemente abituati ad ogni sfumatura.
Sapeva bene,
però, che anche Irìyas era altrettanto consapevole di quel che pensava.
“Perché sei così
agitato?”
“Perché sono
vicino a voi” non aveva senso mentire.
“Hai paura?”
“Un po’”
“Puoi alzarti e
andartene”
“Ma non voglio
farlo… Io… “ gli mancò il fiato “vorrei stare con voi”
Irìyas sorrise
“Non è una cosa saggia quella che hai appena detto”
Nyven arrossì
“Quello che intendevo dire è che vorrei trascorrere più tempo con voi per…”
“Per?”
“Capire… Capire
molte cose. Vorrei sapere dell’Accademia, della vostra vita laggiù. Vorrei
sapere quando avete saputo che sareste stato un mago, vorrei sapere perché non
ci sono uomini qui. Vorrei…”
Irìyas scoppiò a
ridere e lo fermò “ Vorresti sapere tante cose. La curiosità è un’amica
pericolosa, lo sai?”
Nyven annuì “Lo
so, ma è innata. Spesso mi fermo a guardarvi, nella mia mente. Quando so che
dopo poco mi addormenterò, quando so che dormirò per due, tre giorni di fila, mi
permetto di pensare a voi e a come vi ho visto quel giorno, a quello che
facevate… Mi permetto d’immaginare quello di cui vi occupate mentre io ho sonno.
Se anche voi, prima o poi, dormirete oppure se i maghi non dormono mai.”
Arrossì… “Immagino così tante cose…”
Irìyas lo
guardò, senza dire nulla e lo sguardo del mago non fece altro che peggiorare il
rossore del ragazzo.
“Voi mi credete
malvagio?”
La domanda colse
Irìyas alla sprovvista “Malvagio?”
“Dicono che
porterò sventura. Voi mi parlate nel sonno e…”
“E?”
“E poi, da
quando sono qui….” Esitò nuovamente “Sono cambiate molte cose, che fanno paura
persino a me.” Sorrise “Sapete bene a cosa mi riferisco: al fuoco”
“Che ne sai tu
del fuoco?”
“Non ne so
nulla, ma lo sento chiamarmi”. Sospirò “E’ sciocco, vero?”
“Meno di quanto
tu creda”
Irìyas prese una
ciocca carminia del ragazzo fra le dita e cominciò ad intrecciarla fra le sue:
“Questi tuoi capelli sono speciali…Sono unici. E il fuoco, su di loro, non ha
potere. Non è affatto sciocco questo tuo attaccamento…”
“Ma non mi
farete andare via per questo, non è vero?” d’impeto, Nyven interruppe Irìyas,
stringendogli la manica “Non posso andare via, io …ho paura di andare via”
Il mago guardò
il ragazzo per un istante di troppo, la pelle ambrata del Sud trasudava paura.
Irìyas ebbe il forte desiderio di toccarla, ma non lo fece.
“Non prometterò
qualcosa che non manterrò”
“Avete
intenzione di mandarmi via?”
“Non per adesso,
no”
“Ma…”
“Nessun ma!
E’ come ...”
L’aria,
d’improvviso, si fece bollente.
Irìyas si
accorse che le pupille di Nyven erano diventate allungate e sottili come fessure
e le sue iridi rosse, come i suoi capelli. Non si mosse, nonostante la ragione
gli dicesse di fare qualcosa.
Quella creature
dal nome Nyven non era un ragazzo, e la curiosità, come lui stesso aveva detto
poco prima, è regina delle azioni di ognuno.
Irìyas rimase a
guardarlo.
Nyven prese il
libro che Irìyas stava leggendo e vi appoggiò la mano sopra. La pagina
s’incendiò, pur non bruciando.
La fiamma si
spense quasi subito, al suo posto, ancora calde, brillavano le parole della
Lingua Antica che Irìyas avrebbe dovuto pronunciare. Tutte.
Nyven sorrise,
guardando il mago, e gli diede un lievissimo bacio sulla guancia. La pelle di
Irìyas si ustionò leggermente.
“Non mi mandare
via”
Poi il ragazzo
s’addormentò di colpo, accasciandosi tra le braccia di Irìyas.
Il suo corpo era
tornato freddo, come quello di qualunque essere umano.
***
N.d.Dicembre: Ma
povero, povero Nyven. Però è davvero divertente bistrattarlo, trattarlo male e
essere l'unica a sapere chi è. Non lo sa neanche lui ò_O Vi mando un bacio, ho
un po' di chiacchiericcio addosso e vorrei dilungarmi, ma devo scappare. Quindi
siete risparmiati dalle mie scemeze a raffica (per ora XD). p.s. 50 recensioni,
wow. Mi fate diventare rossa davvero. Posso offrirvi birra per
festeggiare e ringraziarvi? *_*
***
Yukochan: I draghi
bianchi *_* Sì, Finan, per come la immagino io, è bellissima. Lei dice che
Gyonnareth è più possente, ma lei è proprio bella. Sono felice di averle
dtrasmesso la giusta maestosità. Contenta che tutto questo mistero ti piaccia.
Per tranquillità, ti dico che alcune parti importanti verranno rivelate a breve,
ma Nyven e il fuoco era troppo divertente, per non dedicargli un capitolo *_* Un
bacione
BiGi:
Contentissima che anche a te sia piaciuta Finan, se lo merita. Poverina, in
effetti è molto sola, ma per ora, le mie angherie sono rivolte a Nyven ehehe un
bacio
Manny_chan: Ah Ah
Ah Irìyas "romantico". Beh, sì, un lato del suo caratterere in effetti ha del
romanticismo, però non è altruist-errimo, mettiamola così ;D Per quanto riguarda
la mia cattiveria con Nyven, imperversa, ma il fanciullo si presta e io non
resisto. Che ci posso fare? E' che è un personaggio complesso, ma per ora ancora
ignaro °_° E io sono un po' "lunga" nello spiegare, svolgere e disfare le trame.
Non mi piacciono le storie in cui tutto succede senza un motivo, ma il dare
motivazioni mi richiede tempo e capitoli (e io ci marcio un po' XD). Un bacione.
Aealith: Ciao e
benvenuta! *D abbraccia A* scritto così bene, grazie mille *_* Sono
felice che Cremisi ti piaccia e ti prenda. Cerco di dare il mio (piccolo)
contributo al genere fantasy, così tante volte bistrattato. Il che è un peccato
(il fatto che sia bistrattato, non il mio contributo XD), perchè a me piace
molto. Un bacio ^.^
silencio: Ormai mi
commuovo quando leggo una tua recensione. Finan bella e mastosa *_* E' proprio
come volevo che trasparisse, perchè - come dicevo prima - io la immagino
bellissima. Un po' in stile drago-occidentale, quindi apparentemente aggressiva
e cattiva, ma elegante e con l'aria "saggia". Poi bianca, quindi molto regale.
In questo capitolo lascio un po' intravedere parte della Storia del Regno,
citando i Venti e la Lingua Antica. Come ho forse già detto, mi piace dare
tridimensionalità a quel che scrivo e dare quindi l'impressione che la storia
sia ambientata in un mondo che esiste, che vive una vita propria al di là di ciò
che è narrato. Dovresti vedere il mio quadernetto di appunti, quanti
riferimenti, fatti, scritte ha sopra, su cose che probabilmente qui non verranno
menzionate, ma che mi servono per creare un mondo a tutto tondo (ho fatto la
rima °_°) XD Un bacio
Francesca Akira89: Eh eh eh. Irìyas è
molto *molto* possessivo. Contenta che ti piaccia (anche a me *_*). Irìyas è un
mago, con le fattezze di un giovante (30 enne circa?), ma di fatto, il tempo per
i maghi scorre in modo diverso che per gli umani. Sideas arriverà presto *_* Un
bacio
|
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Capitolo 11 *** Capitolo 11 ***
Nuova pagina 1
Capitolo Undici
Al suo interno,
la locanda era molto fumosa. Le pipe di adhar emanavano il loro tipico aroma che
imperniava tutta l’aria circostante. Il luogo era così affollato che si faticava
a muoversi. Solo un angolo era apparentemente occupato da una persona sola,
avvolta in un manto molto scuro che la copriva fin sopra i capelli. Sembrava non
essere presente in quel quadro di chiasso generale, sorseggiava la sua bevanda
osservando la neve che cadeva all’esterno. Persino le mani erano avvolte dalla
sua tunica, intorno a lui pareva esserci una alone luminescente…
Questa figura
aveva attratto l’attenzione di due individui seduti ad un tavolo all’estremità
opposta della taverna. I loro occhi guardavano in realtà, con estrema cupidigia,
una pietra rosso sangue che si poteva intravedere a lato dell’uomo ammantato.
Non era ben chiaro dove fosse incastonata o perché fosse lì, ma la lucentezza
del prezioso ed il colore non lasciava dubbi sulla sua origine: una pietra dei
Lavici, così rara e preziosa, che avrebbe fatto gola a chiunque e questo, i due
osservatori, lo sapevano bene.
Ai due individui
se ne avvicinò un terzo, con l’aria di chi ha ben capito a cosa stessero mirando
i compari.
“Chi più essere
così ingenuo da portare una Lavica con sé e non nasconderla debitamente?”
Bisbigliò, una volta seduto al tavolo.
“Sembra non
curarsene assolutamente, lo osservo da diverso tempo, ma è lì che sorseggia
qualcosa e fissa fuori, mentre quella pietra è al suo fianco. Non ne ho mai
viste di così grosse.”
“Non ci sono
dubbi, quel colore è inconfondibile…Forse è tempo che la pietra cambi padrone…
Del resto, se quell’uomo ha così poca attenzione da portare una Lavica in un
posto come questo, mettendola in bella mostra, noi non possiamo fare altro che
cogliere l’invito”
Due di loro
risero, ma il terzo, l’uomo che s’era aggiunto, scrutò in fondo alla locanda per
capire perché quel forestiero fosse stato tanto sconsiderato. La visione fin
troppo semplicistica de suoi amici non lo convinceva, sembrava come se lo
straniero fosse circondato da un’aura d’estrema sicurezza, e questo lo metteva
in guardia.
“Non capisco
perché hai quella faccia preoccupata, sai benissimo che sia io che Goll” ed
indicò l’altro compagno”saremmo in grado di rubare la pietra a quello
sconosciuto…del resto non siamo nuovi a furti, o sbaglio?”
Sorrisero di
nuovo, ma ancora una volta il terzo degli amici, Radha, fissò lo straniero in
maniera scettica.
Dal canto suo il
forestiero, ignaro dei discorsi di cui era il protagonista, continuava a
guardare fuori e a sorseggiare la sua bevanda. Non un movimento di troppo, solo
un ritmico avvicinarsi il boccale, nascondendo la sua figura nel mantello e
nell’ombra da questo generata.
Appoggiata per
l’ennesima volta la tazza sul tavolo, l’uomo sembrò stringersi nelle sue spalle
e appoggiarsi al muro, nascondendo con questo gesto la Lavica che tanto aveva
suscitato cupidigia.
“Accidenti, così
non ne posso più ammirare la bellezza” disse spazientito Goll “Poco male, tra
poco sarà mia”
Radha, però, era
stato colpito da un altro elemento, ben diverso dalla Lavica: il ciuffo bianco
che era fuoriuscito dal manto dello straniero. Una ciocca di capelli folta e
lunga, ma quello che era importante, di un bianco candido, molto intenso.
“Invece di
guardare quello che non potete più vedere, osservate i capelli del forestiero”
“Che l’ira di
Orm mi fulmini, quei capelli sono bianchi!”
“Un vecchio?”
“Sciocco. Quale
vecchio potrebbe avere con sé una Lavica? Quelli non sono i capelli di un
vecchio”
“Il capitano
delle Guardie Reali!”
“Quaggiù? Il Re
vive lontano da qui ed è ben raro vedere spostamenti territoriali, soprattutto
in un periodo di profonda crisi, come questo…”
Radha sapeva che
il suo compagno aveva ragione: il capitano delle Guardie Reali, possessore di
una Lavica così grande da poter appartenere solo al Re… Non riusciva a capire
cosa succedesse.
Chi era il
forestiero?
L’attenzione di
Radha fu catturata dalla danzatrice della locanda che aveva iniziato a ballare
sulle note del suonatore che pizzicava le corde del suo strumento con tale
sapienza da coinvolgere l’intera locanda in quella musica malinconica.
L’umore degli
ospiti sembrò cambiare quando la danzatrice iniziò a cantare su quelle note. Era
un canto antico, una leggenda, che tutti sapevano avere un fondo di verità.
La storia di
come un falco-uomo e la sua donna erano stati divisi dall’arrivo dei Venti e
allontanati, per sempre, dopo l’incendio di Rubra. Il falco e il suo amore
ancora si cercano, fra i mari e le terre infinite del mondo, fino a quando non
si ritroveranno.
Alla voce della
danzatrice, alta e cristallina, si unì prima una poi tutte le voci dei presenti.
Piano piano la leggera tristezza iniziale lasciò il posto al ballo.
Passo dopo passo
e col vino che scorreva a fiumi, il chiasso ritornò a farla da padrone,
dissolvendo la fine della canzone e l’esecuzione della danzatrice.
“Vecchie storie
per vecchi rimbambiti, ecco cos’è questa canzone” grugnì Goll.
“Eppure a me è
sempre piaciuta, mi chiedo se mai Rubra si sia infuocata, se mai…”
“Ragiona, razza
d’idiota, come può una luna infuocarsi? E’ rossa perché è rossa, non certo
perché brucia” così Radha zittì il compagno,ma ugualmente guardò fuori, dove
Rubra occupava imperiosa l’unico squarcio di cielo libero da nuvole.
Lì a nord, il
cielo notturno sembrava veramente tinto di fuoco e sangue.
Scosse la testa
per liberarsi di quei pensieri, il suo senso pratico gli imponeva di non
abbandonarsi a sciocche riflessioni, ma anzi lo sollecitava a riportare
l’attenzione su qualcosa di rosso sì, ma ben più prezioso e concreto.
Goll e i suoi
compari posarono di nuovo gli occhi sul forestiero che sembrava non essersi
mosso.
Il capitano
delle Guardie Reali aveva studiato all’Accademia: forse era così sicuro della
sua forza che non temeva nemico.
No, la
spiegazione doveva essere cercata da altre parti. Pensando questo Radha si alzò
e raggiunse il forestiero ammantato, che sembrò non notarlo finché il nuovo
arrivato non picchiò i pugni sul tavolo. Neanche così, però, il capitano si
mosse più del necessario, mosse semplicemente gli occhi in direzione di Redha e
lo fissò. La luce era così fioca che non permetteva di distinguere nulla dei
lineamenti del viso dell’uomo.
“Come mai ti
trovi in questi territori?” chiese Radha “Evidentemente non sei di qui” ma non
ci fu risposta.
Si guardarono
per diverso tempo, la locanda sembrò divenire silenziosa, anche se il frastuono
scomparve solo dalle orecchie di Redha. Fu proprio lui a riprendere la parola.
“Dovresti stare
attento a come giri, certi oggetti non sono giocattoli” ed indicò con un gesto
rapido del mento, il luogo dove prima aveva visto a pietra Lavica.
Non sapeva bene
neanche lui come mai mettesse in guardia il forestiero dalle intenzioni dei suoi
compagni: lui che per primo aveva voluto impadronirsi del gioiello, ma man mano
che osservava quell’uomo misterioso ne aveva sempre più timore. Ancora una
volta, però, il capitano non si mosse, non disse niente, rimase solo ad
osservare Radha che, dal canto suo, cercava di decifrare quegli occhi in
penombra.
Goll e il
compagno s’avvicinarono al tavolo, ignari delle parole di Redha. Fu proprio Goll
ad accostarsi al forestiero più di tutti, fino a sporgersi per raggiungere con
la mano la Lavica.
“Ma come, sono
qui che mi protendo per prendere la tua pietra e non fai niente?”
Ma lo straniero
non mosse neanche lo sguardo, osservava Radha che era stupito quanto l’amico di
quella totale apatia.
Perché lo
straniero non faceva niente?
Perché era così tranquillo?
Il capitano
delle Guardie in quei territori, possessore di una Lavica enorme, una delle
pietre più preziose di tutto il regno, messa in bella mostra in una locanda che
pullulava di facce certamente non rassicuranti. Eppure immobile, osservatore di
quello che succedeva, consapevole ma statico. Perché?
Goll non si
faceva certo tutte quelle domande, per lui la situazione era molto più lineare:
un forestiero che non sapeva stare al mondo era incappato laggiù ed ora avrebbe
pagato le conseguenze della sua idiozia. Si protese ulteriormente, scostò parte
del mantello che aveva ricoperto la pietra e questa apparve in tutta la sua
brillantezza.
Ancora poco e
avrebbe potuto toccarla.
E fu allora che
Redha capì, vide bene la lavorazione della pietra, gli ornamenti che la
circondavano e cosa la sosteneva. Fece per muovere lui il braccio, in direzione
dell’amico, nel vano tentativo di fermarlo e gridò: “Non toccare quella pietra”
Ma fu tutto
inutile perché le urla di Goll prevalsero sulle sue, grida raccapriccianti. Goll
stava ardendo vivo, in un attimo cadde a terra, divorato dalle fiamme che subito
s’estinsero una volta che il corpo perse vita, solo il tempo di un grido e poi
tutto finito.
Radha aveva
ancora la mano protesa.
E fu a questo
punto che il forestiero si mosse, scostò coi piedi il corpo carbonizzato di Goll
e fece per andarsene. Nella locanda era calato il silenzio, tutti avevano
assistito alla scena ed ora avevano paura persino di respirare.
Solo il
locandiere osò accennare una protesta: “I danni…qualcuno dovrà ripagarmeli…”
nonostante la voce flebile, lo straniero parve sentire, perché si girò nella
direzione da cui era venuto il bisbiglio, si portò le mani in tasca e gettò sul
bancone tre Auri.
“Tre monete
reali…grazie… io… sa, non volevo essere scortese… lei sarà sempre il benvenuto
qui…” Con tre Auri sapeva che si sarebbe potuto ricostruire l’intera locanda.
“Aspetta” gridò
Radha allo straniero che ormai era in prossimità della porta.
“Quella che
porti è…?”
Cosa lo
straniero stringesse nella mano fu chiaro solo allora, quando sollevò quell’oggetto:
una spada, nera come la pece, nella cui elsa era incastonata la Lavica. Così
facendo la ripose nel fodero che portava sulla schiena e si scostò il mantello
dal viso, lasciandolo finalmente scoperto.
Il viso era
pallido, quasi esangue. Il colore della pelle si confondeva con quello delle
labbra.
Portava un
monile argentato al lobo sinistro e il medaglione reale affisso sulla casacca.
“Se tu puoi
maneggiare la spada senza subire le terribili conseguenze del povero Goll,
questo significa che Beklar è morto”
“Mio padre non è
morto” disse lui e le sue parole, come i suoi occhi, furono attraversati da un
lampo di tristezza che scomparve però immediatamente.
Lo straniero non
aspettò che Radha disse altro, aprì la porta della locanda e ne uscì, in
silenzio, senza dare ulteriori spiegazioni sul perché avesse quella spada.
Solo Irìyas
avrebbe dovuto sapere. Solo di lui si poteva fidare.
Sideas avvolse
nuovamente nel suo mantello per ripararsi dalla neve che cadeva abbondante.
***
Yukochan:
Ah ah ah adoro ratman e le sue braccia alzate! Per quanto riguarda il mio
maltrattare Nyven, ci ho preso così gusto che - non temere - non gli renderò la
vita facile di certo. E' un personaggio complicato, e che, fra le altre cose,
non conosce se stesso. Capisci bene che per me vuol dire andare a nozze ohoho
<-- risata perfida. Un bacio (p.s. Irìyas alla fine, non è il blocco di ghiaccio
che ci vuol far credere XD)
Manny_chan:
Col cambio repentino di prospettiva, in questo capitolo, mi sa che non aiuto le
varie congetture °_° Ma a me piace così tanto Sideas che non potevo non
lasciargli grossi spazi. Del resto, lo ammetto, mi diverte lasciare i nostri
baldi giovani da soli, senza il mio continuo occhio indiscreto che si fa gli
affari loro XD Per poi andarli a disturbare nei momenti meno opportuni °_°
silencio:
Grazie *_* ormai sai che le tue recensioni mi mandano in brodo di giuggiole
(parlo come mia nonna ._.). La dimensione storica è troppo importante per
lasciarla fuori. In questo capitolo se ne intravede un altro po', con la
leggenda dell'uomo-falco e la sua donna. Non ho ancora creato la Lingua Antica,
perchè scriverla mi è sempre parso di limitarla. E' una lingua "universale" che
tutti capivano e parlavano. Lascio che rimanga un'idea in ognuno. Ormai è
persa.
BiGi:
Ehehe In effetti, il nostro povero Nyven deve prendere un po' di iniziativa.
Irìyas è troppo concentrato sui suoi draghi e sui suoi progetti. E' stato un
bacino molto casto, ma almeno ha rotto un po' il ghiaccio ;D
natsu_yuki:
Benvenuta! *D stritola Natsu che scappa gridando °_° A parte i miei saluti un
po' energici, sono contenta che la storia ti stia piacendo e che ti prenda. e'
molto importante per me sapere di riuscire a coinvolgere. Io adoro il fantasy,
vorrei però scrivere qualcosa di non banale (stra-felice che per ora non lo
sia). Spero di risentirti presto ^_^
Aphrodite:
Sorellina, ciao! *hug* Mi piace leggere le tue congetture, ed in effetti, che
Nyven sia figlio del tramonto potrebbe starci davvero. I colori sono quelli (da
cui, il titolo della storia). E sono anche contenta che hai notato l'aria
mistica dei due capitoli. E' molto importante, perchè come ormai è chiaro, Nyven
va al di là della comprensione di chiunque (persino della mia, a volte ehehe).
Quindi mi piace che ci sia questo alone surreale intorno a lui. Ti mando un
bacio. p.s. Hai fatto un fumetto?
|
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Capitolo 12 *** Capitolo 12 ***
Nuova pagina 1
N.d.Dicembre: Urka-Urka
(chi si ricorda Robin Hood della Walt Disney? Fantastico *_*), siamo già al
capitolo 12... Volevo ringraziare chiunque fosse arrivato sin qui, sia chiunque
commenti (le risposte singole, ovviamente, sono in fondo al capitolo), sia chi
legge silenziosamente. Devo dire che, finalmente, si arriva ad una parte meno
"introduttiva", ci si addentra un pochino più nei meandri (della mia psiche?
@_@). Direte voi "12 capitoli"? Beh, sappiate che ho fatto davvero molto di
peggio per trame ben più lente (che dite? non vi rincuora? Ah ''^_^). Non mi
dilungherò troppo qui (già è sufficiente quello che faccio con Cremisi), vi
bacio semplicemente, e scappo dietro Zir che è così contento di ricevere ospiti
(non posso mica deluderlo!). Al prossimo capitolo ^_^//
Capitolo Dodici
Aveva lasciato
la strada del nord, mancava poco più di un giorno di percorso e sarebbe arrivato
da Irìyas. Sideas sapeva benissimo che il mago l’aveva già scorto e che
sicuramente i suoi corvi erano già stati notati dagli abitanti delle zone
vicine, ma non era importante. Il Re l’aveva mandato esplicitamente lì, nessuno,
se non lui stesso, sapeva che non sarebbe tornato a Palazzo se non quando fosse
stato tutto pronto.
La vegetazione
era brulla, gli zoccoli del suo cavallo schiacciavano una terra ancora
ghiacciata, però era bello notare come le stelle di bosco, piccoli fiorellini
rosa, costellavano i tronchi degli alberi.
Pensò a come
avrebbe trovato Irìyas, forse diverso da quello che ben conosceva.
All’Accademia,
lui, Irìyas e Hago avevano un legame così forte che pensavano, ingenuamente, che
non sarebbe mai mutato.
Sorrise. Era
così giovane ed ingenuo, a quei tempi…
Il giorno della
morte di Alem era tutto cambiato: Irìyas era cambiato, Hago pure.
Inevitabilmente lui, così diverso dai primi due, aveva dovuto seguire la sua
strada ed allontanarsi da entrambi.
Non aveva mai
più visto Irìyas, eppure qualcosa in lui gli diceva che avrebbe capito. Non
poteva fidarsi di nessun altro.
Aveva avuto
notizie dai suoi corvi, nel corso degli anni: lo stesso Irìyas aveva scelto per
sé una vita lontana da tutti e da tutto ciò che poteva rappresentare un
pericolo.
Lui così
potente, eppure così cauto nel mettersi in prima linea…
Quel giorno
all’Accademia aveva davvero cambiato tutto quanto.
La vita di corte
che spesso era obbligato a fare gli lasciava, sempre di più, l’amaro in bocca,
soprattutto per la nostalgia di quel periodo in cui esistevano persone con cui
poteva parlare apertamente.
Esistevano
persone per cui valeva la pena vivere.
Ma questo era il
passato.
Il presente era
ben diverso. Gyonnareth stava arrivando e avrebbe riarso il Regno, già fragile e
minato nelle fondamenta dai sui stessi regnanti.
Irìyas sarebbe
andato ad est, come da sempre aveva desiderato. E lui…
Scosse la testa.
Aveva un piano ben preciso, ma doveva avere il modo di pensarci e organizzare
ogni minimo dettaglio. Un errore, anche sciocco, avrebbe potuto costare davvero
troppo.
Era esattamente
come i corvi gli avevano descritto, ed esattamente come avrebbe potuto essere la
casa di Irìyas. Bianca ed imponente, traslucida, dai riflessi color dell’ambra.
Il sole, che pure era alto in cielo sembrava abbracciare il palazzo con dita
rosate. Il lago che si distendeva sul lato est della costruzione brillava di
azzurro e giallo. Sembrava quasi che l’acqua scherzasse con la luce, il tutto
dava un senso così intenso di quiete che Sideas sorrise, felice di essere
finalmente arrivato.
Smontò da
cavallo e lasciò che un servitore, un qualcosa di simile ad un procione,
portasse l’animale nelle stalle.
Era dunque vero
che pochi essere umani erano i benvenuti fra quelle mura.
“Che il Vento di
Pace sia con te e con le parole che rechi. Che sia il compagno delle tue
intenzioni. Che tu possa trovare ospitalità fra queste mura dove i Venti non
soffiano e dove le porte sono aperte per la brezza. Che tu sia il benvenuto.”
Il saluto
rituale di Zir risuonò estremamente formale. Si era lisciato il pelo, pulito le
lenti degli occhiali ed aveva indossato la casacca da cerimonia.
Erano così pochi
i visitatori che Zir si sentiva in dovere, quasi, di trattare tutti come fossero
ospiti d’onore.
E, in questo
caso, Sideas lo era.
“Salute a te,
mastro Zir”
Come gli piaceva
essere chiamato mastro…
“Sarete stanco
per il lunghissimo viaggio, seguitemi che vi farò vedere le vostre stanze e dove
potrete riposarvi”.
“Irìyas non è
qui?”
“Non ora, mi
dispiace.”
Sideas annuì:
“lo immaginavo. Forse potrò trovarlo da Gyofinnan”
Zir gelò sul
posto e il cavaliere non trattenne un sorriso rapido. Aveva esattamente ottenuto
la reazione che voleva.
“Suvvia”
rassicurò tuttavia l’Eclage “non ci conosciamo, ma posso supporre che Irìyas vi
abbia parlato dei nostri anni passati all’Accademia. Non potevo non accorgermi
della presenza di un drago, così vicino a me”
Zir annuì e si
sistemò gli occhialini sul naso, riprendendo il controllo della situazione.
“L’avevo
sottovalutata” disse in un misto di ammirazione e preoccupazione.
Probabilmente
Irìyas era da Gyofinnan, o forse era da tutt’altra parte. Nonostante Sideas
fremesse all’idea di rivedere l’amico, la pesantezza del viaggio e la stanchezza
accumulata gli fecero desiderare, come mai, un letto morbido.
Ormai era lì,
sarebbe stato comunque meglio parlare con Irìyas a mente lucida.
“E’ arrivato
questa mattina”
“Non ha chiesto
di Nyven?”
“A dire il vero
ha chiesto di te.”
Irìyas annuì,
pensieroso.
“E sapeva che
Gyofinnan è qui vicino”
Il mago sorrise
apertamente: “Sarebbe stato impensabile nasconderglielo”
Zir borbottò.
“Io non immaginavo…”
“Non immaginavi
perché non lo conosci. E’ molto raro che i guerrieri abbiano i sensi così fini,
ma Sideas ha concluso il suo percorso all’Accademia nel tempo in cui io ho
finito il mio. Le strade intraprese sono, probabilmente, opposte, ma non per
questo meno complicate”
“Pensi che sia
per questo che il Re ha mandato lui in persona fin qui? Non si scomoda il
capitano delle guardie per nulla”
“Può essere.
Forse, però, il Re ha scelto di mandare lui perché sapeva che non avrei parlato
con nessun altro. Se c’è qualcuno che può convincermi a cedere Nyven, questo è
solo Sideas. Il Re deve saperlo”.
“Però, Irìyas,
c’è qualcosa di strano in quel guerriero”
Il mago aggrottò
la fronte e fissò il coniglio, aspettando che questi si spiegasse.
“Non ha chiesto
di Nyven. Come ti ho detto, l’unica cosa che ha fatto è stato chiedere di te. E
poi…” L’Eclage esitò.
“E poi?” si
spazientì Irìyas
“E poi… portava
una spada, Irìyas”
Una spada? Che
un cavaliere portasse una spada non era cosa insolita, pensò il mago, ma lasciò
che Zir proseguisse senza essere interrotto.
“Non era una
qualunque spada. Non l’ho vista bene, perché Sideas la portava sulla schiena, ma
ho intravisto l’elsa…” di nuovo Zir s’interruppe e Irìyas lo riprese.
“Coniglio! O mi
dici cos’hai visto, oppure taci. Smettila di fare le frasi a metà”
Zir scosse la
testa “Sembrava la Spada dei Principi”
Le pupille di
Irìyas si dilatarono lievemente, ma non disse nulla.
La Spada dei
Principi.
Avrebbe
verificato lui di persona quale spada appoggiasse sulle spalle dell’amico.
Si chiese quindi
se davvero il motivo per cui Sideas era giunto fin lì era Nyven.
Il ragazzo
irruppe nella stanza con foga: “Zir guarda…” si zittì immediatamente quando vide
che nella stanza c’era anche il padrone.
Irìyas si fermò
a guardare il ragazzo. I capelli erano lunghi ed incredibilmente rossi.
Le ciocche nere
parevano nascoste sotto un’inondazione cremisi.
L’aria un po’
spaventata e un po’ stupita di Nyven lo fece sorridere. Il ragazzo era lì da un
po’, ma girava ancora a piedi scalzi, con le vesti di Droà e quel cipiglio da
strada che probabilmente non avrebbe mai perso.
Sembrava
un’anima libera che per caso si ritrovava intrappolata fra quelle mura.
“Non siete più
arrabbiato con me?”
Irìyas lo
guardò.
“Per via della
Lingua Antica, per…” si guardò i piedi “Davvero non so il perché la conosco. Non
lo ricordo. L’avrò imparata da piccolo…”
Il mago alzò la
mano per zittirlo: “Non importa che tu conosca il motivo. O peggio, che cerchi
di trovarne uno per me”
Nyvn aggrottò la
fronte, non capendo esattamente se il padrone fosse arrabbiato ancora con lui.
Irìyas aveva
troppe domande per la testa e pochissime risposte, cosa che lo infastidiva
oltremodo. Da troppo tempo non si trovava più nella condizione di non capire
esattamente quello che gli succedeva. Aveva fatto del controllo la sua
sicurezza, ora che questo veniva meno, doveva fare di tutto per riottenerlo.
Nyven conosceva
la lingua antica, l’immagine del fuoco che bruciava lettere ardenti era vivida.
Ora quei capelli accesi, quasi riarsi...
Gli sembrò che
Nyven stesse aumentando la sua già nota affinità per il fuoco. Lo dominava, lo
spegneva, ma ora sembrava che il ragazzo ci giocasse.
Il suo gioco era
scherzoso, a volte, a volte impudente. Sicuramente non era il gioco di un
qualunque essere umano con la fiamma.
Gli accarezzò il
viso, la sua pelle abbronzata e i capelli, morbidissimi. Si distrasse un attimo
e non sentì l’amico arrivare.
Sideas entrò
nella stanza e tutto si zittì. Irìyas, suo malgrado, s’immobilizzò, con gli
occhi fissi sul compagno perduto.
Il mago rivide
Sideas come l’aveva salutato, anni fa, all’Accademia. Lui, come chiunque avesse
quella forza e fosse vissuto all’Accademia, non percepiva lo scorrere del tempo
come un normale defluire.
Nei suoi occhi,
però, c’era una luce nuova. Più cupa, rispetto a quando si erano salutati la
mattina della sua dipartita, più intensa e segreta.
E con quegli
stessi occhi, Sideas rivide l’amico di sempre, seduto ed intento a giocherellare
con i capelli cremisi del suo schiavo, inginocchiato ai suoi piedi.
Lo sguardo
troppo sveglio e attento perché qualcuno potesse prenderlo in giro e quel
sorrisino ironico che, da sempre, aveva sulle labbra.
Non si erano
visti per anni, per tanto tempo non si erano parlati. Bastò un attimo perché
tutto tornasse a quel giorno all’Accademia, quando Hago era scappato; quando
troppi dubbi, paure e colpe avevano sovraccaricato le loro storie; quando si
erano allontanati, intraprendendo una via obbligata segnata anni prima della
loro nascita.
Bastò un attimo
perché tutto tornasse a quel momento in cui le loro strade s’erano divise, ma in
cui sapevano che nessuno dei due avrebbe mai voltato le spalle all’altro.
O nell’Ovest, o
nell’Est, si sarebbero sempre ritrovati.
***
Francesca
Akira89: Devo dire che io adoro i cambi repentini di scena. Non vedevo
l'ora che Sideas arrivasse perchè volevo dedicare a lui solo qualche pagina XD
Riguardo ai suoi obiettivi...beh, sono molteplici (di più non m'è permesso dire
°_°). Baci
Yukochan:
Anch'io! E Sideas è un personaggio importante. Non potevo non ritagliargli un
buon esordio! Volevo che fosse un'entrata in scena incisiva ^_^ Per quanto
riguarda il fuoco, c'è davvero ovunque. All'inizio, il titolo del racconto era
diverso, Cremisi rischiava di essere un po' semplicistico. Ma poi questa
prevalenza di rosso e fuoco ha avuto la meglio (rel resto, è anche il filo rosso
conduttore di tutto l'ambaradan XD). Ps. gli impegni universitari, una piaga
della società ;_; Bacio
Manny_chan:
tutti i personaggi usciti dall'Accademia hanno un che di strano (fra Irìyas e
Sideas...). Al cavaliere dovevo per forza di copione ritagliare un'entrata in
scena un po' da spaccone, un po' da solitario, e un po' da sono-l'amico-d'infanzia-di-Irìyas-non-potevo-essere-diverso.
e poi, così pallidino, solitario e imbronciato, mi piace XD BaciBaci
BiGi:
Sideas ha davvero dei programmi a sè XD Ma di più non posso rivelare. Contenta
che ti piaccia il nuovo arrivato *_* E sì, i Venti sono "il vento" al plurale.
E' una storia molto lunga, quella che è successa allora, comunque hai capito
benissimo ;D
Vocedelsilenzio: che gioia risentirti! Davvero. Innanzitutto perchè così
ho modo di ricomplimentarmi per il remo (fantastico *_*), poi perchè tengo
davvero molto al tuo commento. I punti di vista iniziano a cambiare. Quello di
Nyven mi era utile all'inizio, ma sarebbe stato troppo riduttivo se mantenuto :/
L'Est... La volontà di conoscenza e di andare ad Est è (e sarà) un tema
ricorrente nella vita di Irìyas. Del resto, il mago, non è proprio il tipo da
adagiarsi sugli allori ed accontentarsi di quel che sa. E' supponente e
altezzoso, ma non stupido ^_^
silencio:
Sideas ha forti motivazioni e una forte personalità (non avrebbe potuto essere
amico di Irìyas in gioventù, altrimenti. Il mago non è tipo da frequentare gente
di poca sostanza) sono contenta che questo traspaia nel capitolo. Come (e questo
lo sai, per questo ti voglio benissimo XD) non può non trasparire il mio
gongolare quando mi si dice che il mondo di Cremisi ha un certo spessore. Sai
quanto ci tengo *_*
Aphrodite:
Felice di averti fatto felice (che gioco di parole!). Sideas mi piace per la sua
storia (che ancora non si conosce, ma che conosce la sottoscritta XD), e anche
per la sua personalità. Poi mi sarei se piace anche a te *_* Ti mando un bacio e
scappo, ho visto di essere terribilmente in ritardo. Ciao oneechan
|
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Capitolo 13 *** Capitolo 13 ***
Nuova pagina 1
Capitolo Tredici
Il sole era
immerso per metà nelle acque del lago, intrise del suo arancione. Languidamente,
si appoggiava come per riposarsi dopo una giornata estenuante.
L’erba sotto i
piedi di Sideas sfrigolava ad ogni suo passo, l’unico rumore udibile in tutta la
valle.
Il cavaliere e
il mago non avevano ancora detto una parola da quando erano usciti dal palazzo.
C’erano troppe parole e troppi anni che dovevano essere messi lentamente in
ordine. Nessuna voce poteva, per ora, intromettersi fra quei silenzi.
Ma il tempo non
era amico di nessuno dei due.
“Pensavo di
sapere il perché stessi venendo qui…” Irìyas si fermò, lasciando che il suo
sguardo indugiasse sull’acqua di fronte a lui “evidentemente gi anni passati
lontano dall’Accademia non mi hanno fatto un gran bene”
Sideas sorrise:
“Non sbagliavi. Il motivo per cui il Re mi ha mandato qui è esattamente quello
che credi.”
“Non è il motivo
per cui tu sei venuto qui, però”
“Non lo è”
Sideas scosse la testa “Sono successe così tante cose da quel giorno…”
“Quel giorno?”
Irìyas sorrise per l’evidente omissione di Sideas.
“Il giorno in
cui è morto Alem” il cavaliere aggiunse.
“Sono successe
troppe cose, o forse non è successo niente”
“La presenza di
Nyven qui non può essere definita niente”
“Nyven è solo un
effetto collaterale”
Sideas scosse la
testa. Conosceva troppo bene Irìyas per non sapere cosa sottendevano quelle
affermazioni, preferì quindi procedere con cautela.
“Il Re mi ha
imposto di venire qui e portarlo via. L’ordine preciso è quello di portarlo a
lui, con o senza il tuo volere”
“Che sciocco che
è. Sa bene che da tempo ormai non seguo più la sua volontà”
“Ma il tuo
palazzo rimane nel suo territorio. La sua ala di influenza ve ben oltre la
città. Lui ritiene di avere il diritto su ogni cosa animata calpesti il suo
suolo”
“Questo mi
convince sempre di più che tu serva uno sciocco”
“Io non servo
nessuno” rispose stizzito Sideas.
Irìyas si girò
di scatto, scioccato dall’affermazione, ma Sideas non permise all’amico di
chiedere cos’era ovvio. Il mago preferì lasciar condurre la discussione dal
cavaliere.
“Il Re vuole
Nyven per sé perché è venuto a conoscenza delle incredibili proprietà dei suoi
capelli rossi.” Sideas alzò le sopracciglia “ E com’è tipico di chi sta al
potere per troppo tempo, vuole tutto per sé perché ciò che non è suo rappresenta
una minaccia”
“E’ per questo
che sei qui?”
“Anche”
Irìyas lo lasciò
proseguire.
“E’ per sapere
chi mi è amico”
Il vento scosto
leggermente i capelli bianchi di Sideas dalla sua fronte, li sparpagliò per poi
riposarli ordinatamente.
“Devo spiegarti,
ma…”
“Non sai di chi
fidarti.”
“Forse” alzò le
sopracciglia “ O meglio, so bene di chi fidarmi, ma non so ancora esattamente
cosa questo comporterà”
“Io non posso
esserti di alcun aiuto”
“Questo non è
vero: ci potremo essere di enorme aiuto. Non altererò nessuno dei tuoi progetti,
né rallenterò la tua corsa verso l’Est”. Sideas si girò a guardare l’amico
“Perché di questo si tratta, non è vero? Di andare a Est. Ci possono essere
draghi che dormono di fianco casa tua, amici di un tempo che minacciano la tua
patria, ma alla fine tutto ritorna all’Est. Non è così?”
Irìyas non
rispose subito, lasciò che quella lieve brezza che spirava fra loro fosse
l’unico suono.
Sospirò: “E’
sempre e solo l’Est”.
Sideas sorrise.
Perché negarlo?
Era il suo sogno e il suo obiettivo da sempre, l’Est. Esplorarlo, conoscerlo…
Solo e
semplicemente andare ad Est.
Tutto quello che
c’era lì, nell’Ovest, gli era noto, la natura aveva poche meraviglie da
offrirgli, gli uomini, poi, nessuna.
Oltre il
confine, fra il Mare Interno e il Bosco Nuovo c’erano i Territori. Qualche
accampamento nomade si poteva trovare a ridosso del Bosco, su una terra che
pareva riarsa e bruciata. Ma poi più nulla.
Finiva forse il
mondo? Nessun esploratore che avesse tentato era mai riuscito a far ritorno,
tanto che gli Anziani dell’Ovest erano più che convinti che non ci fosse nulla
più ad Est del Bosco Nuovo e che gli esploratori fossero semplicemente caduti
giù dal mondo e si fossero persi.
Poi era arrivata
una Regina da un paese lontano. Una mitomane, secondo gli anziani. Una di quelle
selvagge del Bosco Nuovo o degli Eremiti del Mare.
In lei non c’era
nulla di selvaggio, gli aveva svelato Alem, né di folle. Lei davvero abitava
l’est.
Ed era stato
proprio il giorno in cui Alem aveva svelato ad Irìyas il modo in cui la Regina
aveva raggiunto l’Accademia, in terre così lontane dalla sua casa, il giorno in
cui Alem era morto.
Da quando Irìyas
aveva saputo, avrebbe fatto di tutto per andare ad Est.
“Il sole sta
calando, è meglio se rientriamo”
L’ultimo raggio
rosso scomparve fra le acque del lago, spegnendosi in quella distesa blu.
“C’è qualcuno in
questa stanza?”
Irìyas scosse la
testa: “Nessun orecchio, vicino o lontano, ci può sentire”
Il fuoco
scoppiettava nel camino e il cavaliere rimase a guardarlo per un po’. Il mago
gli dava la certezza che nessun altro, tranne loro due, avrebbe ascoltato quel
dialogo.
Si girò verso
l’amico e lo scrutò, senza dire una parola. Guardò il suo sguardo fermo, gli
occhi verdissimi e attenti e guardò quell’aura di completo controllo che emanava
la sua figura.
Per un guerriero
quell’aura significava sicurezza, per Sideas l’aver ritrovato un amico.
“Il Re vuole
conquistare i due Regni dell’Ovest”
Irìyas sgranò
gli occhi: “Cosa vuole fare?”
Sideas sospirò,
annuendo: “Il Re vuole conquistare Tantenor e Iubinor, i due regni ad ovest del
nostro. Non lo sa nessuno, se non lui stesso, il suo consigliere e Yselkir, il
mio secondo”
“Spiegati
meglio”
“… ed è venuto a
saperlo anche mio padre Beklar, che è scomparso da allora”.
Di nuovo Sideas
fece una pausa, passandosi una mano sugli occhi, come se il peso di quelle
parole fosse troppo gravoso, persino per lui.
Riprese a
parlare, Irìyas aveva il diritto di sapere: “La sfera d’influenza del re ormai
da anni diventa sempre più sottile. Il nord-est, Tagòrn e le terre dei laghi, a
sud, dove sorgono le Colonne di Droà: nessuno si sente suddito di un re inetto.
All’estremo nord, poi, da anni si elegge un capo ogni volta che il precedente
muore. Non ci sono mai state guerre di secessione, ma è evidente che il Re sta
perdendo la sua influenza sui confini…”
“E questo come
coinvolge i regni confinanti?”
“I rapporti
commerciali di questi ribelli con loro si sono intensificati. Hanno trovato vie
alternative, per evitare i dazi doganali”
“Le casse del
nostro esoso re ne avranno di certo risentito” ironizzò il mago.
“Ma il re non
sarebbe mai stato in grado di dichiarare guerra a tutto il continente: non ha
abbastanza uomini per pensare di portare avanti una guerra su più fronti. Lo so
bene perché da tempo tutto il suo esercito è in mano mia” sorrise, compiaciuto.
Con le sue doti gli era stato così facile salire di grado velocemente, che ora
si trovava nel posto così ambito da chi, nell’esercito, c’era da molto più tempo
di lui.
L’alterigia
derivata dalla sua forza era sempre piaciuta a Irìyas.
“Che cosa gli ha
fatto cambiare idea?”
“Hago”
Il sangue di
Irìyas per un istante si raggelò e si ritrovò senza voce e senza pensieri.
L’orrore che quel nome gli aveva suscitato e le conseguenze che quell’affermazione
avrebbe portato, sarebbero stati devastanti.
Sideas annuì,
con gli occhi di chi ha già vissuto quello sgomento e quel terrore. Con gli
occhi di chi ha già visto la follia del suo re.
“Il Re è venuto
a sapere che Hago sa come soggiogare i draghi e che Hago sta venendo qui da te
per distruggerti, a cavallo di Gyonnareth”
Il puzzle si
componeva tassello dopo tassello e prendeva la sua forma devastante.
“Il Re vuole
soggiogare i draghi per conquistare il continente. Sa che possono essere
asserviti alla sua volontà perché sa che Hago l’ha fatto. Sa anche che Hago
prima verrà qui perché io posso impedirgli di andare ad Est e perché posso
liberare Gyonnareth, però sa anche che posso farlo solo grazie a Nyven. Il Re
vuole il ragazzo così da proteggersi dall’ira dei draghi che odiano la
schiavitù…” Sideas annuì, Irìyas aveva capito bene.
“Ma ad Hago non
interessano le guerre intestine. A lui interessa solo l’Est” obiettò il mago,
col cuore che ancora gli batteva troppo velocemente
“Al Re non
interessa Hago di per sé. Gli permetterà di fare quello che vorrà, una volta che
Hago gli abbia rivelato come mettere le catene ad un drago”
Irìyas scosse la
testa: “Ma Hago è uno dei più potenti alchimisti del regno…”
“Il Re vuole che
tutti gli alchimisti dell’Accademia che superano i tre anni di apprendimento
vadano da lui…”
“Lui davvero
oserebbe catturare i draghi…”
Irìyas era
ancora incredulo. Non aveva nessuna considerazione per il regnante, mai si era
sottomesso al suo volere. Ma il voler catturare i draghi e usarli in guerra
andava ben oltre la poca stima. Era una cosa da pazzi. Si girò verso l’amico.
“E tu vuoi
spodestarlo”
“Mio padre ha
scoperto i loro piani e da allora è scomparso. Non è morto, ma non so dove sia”
Era inutile
chiedergli il perché lo sapesse. L’istinto del cavaliere era perfetto ed era una
delle caratteristiche che lo rendevano così forte. Sideas aveva ragione.
“Perché sei
venuto qui?”
Sospirò: “Sono
venuto qui perché voglio che tu fermi Hago, voglio che lui scompaia. Se il re
davvero scoprirà come soggiogare i draghi, tutto diventerà più difficile. Ti
darò il mio aiuto, se me lo permetterai e se ne avrai bisogno. E sono venuto qui
perché ho bisogno di tempo e di un posto dove capire chi mi è amico e chi mi è
nemico”
Irìyas sorrise
compiaciuto: “Il mio amico d’infanzia progetta un colpo di stato?”
Sideas annuì: “E
deve farlo bene, perché da qui in poi non si torna più indietro”
“Sai bene che
non ti aiuterò, una volta liberato Gyonnareth”
“So bene che
andrai ad Est, ma non è il tuo aiuto futuro che voglio. Nessuno di noi due
aiuterà l’altro, una volta intrapresa la nostra strada: io sono un militare, tu
sei un mago. E’ giusto così. Il tuo aiuto lo voglio adesso.”
Irìyas guardò
l’amico, si ricordò della prima volta che lo aveva incontrato all’accademia. Con
quei capelli bianchi e la pelle diafana, gli era sembrata una presenza
ultraterrena. Poi aveva imparato a conoscerlo, a conoscere il suo istinto,
l’acuzie dei suoi sensi, la bravura delle sue arti e del suo ingegno. Gli
riaffiorarono alla mente l’affetto e il rispetto che provava per quell’uomo di
fronte a lui, pensava di averli dimenticati o scacciati.
Dopo che Hago li
aveva calpestati, aveva creduto che di conseguenza anche Sideas prima o poi
l’avrebbe fatto, ma s’era sbagliato.
Sorrise, come
non sorrideva da tempo. Era felice grazie alle persone che erano con lui.
Scosse la testa,
quasi incredulo.
Quel sorriso fu
l’unica risposta di cui Sideas aveva bisogno.
Qualcuno bussò
alla porta, con urgenza.
Entrò Zir senza
neanche aspettare di averne il permesso.
“Nyven è
scomparso”.
* * *
Francesca
Akira89: Oh Oh Oh crudele >:D potrei mai? Mi diverte molto "interrompere
sul più bello", del resto, è un modo per giocare coi personaggi. Come avrai
dedotto con questo capitolo, adoro i cliffhanger
BiGi:
Questa interruzione pare non essere stata troppo gradita. Ma mica si poteva
sperare in un tutto e subito, suvvia XD
Yukochan:
Il "riarso il regno" non è messo lì a caso, ma ci sarà tempo per capire. Forse
l'altra volta non mi sono spiegata bene. Il racconto ha sicuramente risvolti
shounen ai (non yaoi perchè non ha niente di così esplicito), ma non vuole
essere un racconto il cui fine è il fatto che i protagonisti stiano insieme. E',
in primis, un racconto fantasy, con tutti i risvolti del genere. Poi ha anche un
tocco di shounen ai, perchè a me piace. La storia è nata così, perciò non aveva
senso cambiarla. Felice che ti piaccia Zir. Il buon coniglio, in fondo, adora
gli incontri formali (è come se si sentisse l'unico veramente educato lì in
mezzo XD).
Silencio:
L'affetto nei tuoi confronti te lo sei meritato per le tue recensioni XD Sei
costante, e scrivi sempre qualcosa di articolato. Mi piace. Non ti preoccupare
per la critica, figurati se mi offendo. Tutt'altro. Mi aiuta a concentrarmi di
più su quel che scrivo e a cercare di capire dove posso fare meglio e migliorare
^_^ Farò più attenzione. Per quanto riguarda Sideas, penso che questo capitolo
un po' chiarisca il suo ruolo, anche se - come al solito - mi diverte rivelare
poco per volta ^_^
Stellabrilla:
Ciao e benvenuta ^_^ Grazie mille per la tua recensione. Mi fa davvero piacere
sapere che trovi Cremisi fresco e ben scritto. So bene che i fantasy rischiano
di essere sempre la solita minestra sotto mentite spoglie, perciò sapere di
riuscire a creare qualcosa di diverso è bellissimo (diciamola tutto, gongolo
*_*). Felice di essere stata scoperta. Baci
GoodMiss:
wow, che entusiasmo! Benvenuta anche a te *_* e grazie per la recensione. Lieta
che cremisi abbia colto nel segno (così come i suoi personaggi. Il buon vecchio
Zir si liscia i baffi XD).
Vocedelsilenzio: Ahaha il mio cervellino ha un che di angosciante, a
volte XD A dire il vero, a me non piace definirmi "scrittrice", sia perchè
scrivo mi sembra una definizione troppo pretenziosa, sia perchè (e soprattutto)
perchè mi reputo di più una racconta-storie. Mi piace inventare e raccontare,
intrecciare, disfare e ricostruire. E sapere che questa immaginazione riesce in
qualche modo a prendere forma mi riempie d'orgoglio (detto da te, poi. Sai
quanto mi piaccia sia il tuo modo di scrivere che quello che scrivi). Il
cambiamento nel punto di vista era davvero importante. Nyven da solo, non
sarebbe proprio bastato alla trama O_O Il piccolo è pure scomparso, adesso XD
Manny_chan:
Sideas è un tipo diverso da Irìyas, non più potente, ma più guerriero (del
resto, è un militare. Irìyas è un solitario). Dal mio punto di vista, solo una
persona come lui poteva essere amico di Irìyas. Se non fosse stato un po' oscuro
ed inquietante, Irìyas si sarebbe annoiato a morte XD (Robin Hood è fantastico.
*_* )
Aphrodite:
Ciao Oneechan :D Mi piace come congetturi su Cremisi. Mi chiedo ora cosa
penserai di Nyven ^_^ Sideas e Irìyas sono molto legati, più il là nella storia
verrà spiegato ancora meglio il loro legame e l'Accademia. Mi pirendo il mio
tempo perchè non mi piacciono i racconti che corrono, ma abbi fede che
soddisferò la tua curiosità. Un bacio
|
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Capitolo 14 *** Capitolo 14 ***
Nuova pagina 1
N.d.D: Sono
appena tornata da una settimana di vacanza. Me la meritavo, non ce la facevo
davvero più. Sono avanti con la stesura si Cremisi, rispetto alla pubblicazione
su questo sito, quindi, nonostante in questa settimana non abbia scritto mezza
sillaba, eccomi qui di nuovo. Sinceramente, sette giorni di vacanza non sono
stati sufficienti, ma sono stati qualcosa. Ho pensato molto a Cremisi, devo
dire. Alcuni dettagli hanno preso risvolti inquietanti O_O Ringrazio tutti
quelli che leggono, spero che questa storia continui a piacere. Le risposte ai
singoli le trovate in fondo al capitolo. Baci
Capitolo Quattordici
Il sonno, ancora
una volta, era stato privo di sogni. Ricordava a malapena cosa avesse fatto, una
volta varcata la soglia della sua stanza.
Che giorno era?
Quanto aveva dormito? Nyven non lo sapeva. Trovò sul tavolo un’enorme colazione
e il silenzio intorno a lui.
Sospirò. Che
cosa pretendeva? Sapeva benissimo che era così che doveva essere, che il suo
padrone aveva diritto di fare qualunque cosa. Che aveva il diritto, come in quel
caso, di addormentarlo per far sì che i suoi capelli crescessero prima. Era
proprio inutile che si sentisse così vuoto.
Tuttavia non
riuscì a trattenere un sospiro. Se solo…
Uscì dalla sua
stanza, dirigendosi verso quella che pensava potesse essere una delle uscite del
palazzo. Irìyas era così complicato, che in un certo senso quei corridoi
labirintici erano uno specchio della sua persona.
I suoi vari
padroni erano sempre stati molto chiari con lui: alcuni erano stati violenti,
altri erano stati gentili, altri ancora l’avevano trattato come si tratta un
bell’oggetto inanimato. A lui era sempre andato bene così. Ma Irìyas lo
accarezzava, lo sgridava, lo voleva a sé e poi non più.
E l’animo del
ragazzo non riusciva ad imparare che andava bene anche così., che era sbagliato
– eccome se era sbagliato! – desiderare.
Eppure lui
desiderava.
Le pareti in
pietra del corridoio sembravano infinite, in fondo si trovava un salone enorme
ed illuminato, pieno di porte a vetro che davano all’esterno.
Solo una di
queste era aperta. Nyven l’attraversò.
Si ritrovò fra
le rovine d’una cappella. Il suo tetto sventrato era ricoperto di vegetazione,
l’altare nascosto dai rampicanti.
La luce del sole
filtrava attraverso le mille crepe di quei muri e tingeva gli arbusti di un
arancione brillante. Nyven non aveva mai visitato quell’ala del palazzo. Si
sentì inquieto. Ebbe la netta sensazione che non dovesse trovarsi lì.
Fece un passo
indietro e si voltò, ma non trovò più il palazzo da cui era uscito.
“Sei troppo
lontano dal palazzo, per ritrovare la strada”
“Chi ha
parlato?”
“Non hai idea
del luogo in cui ti trovi, vero?”
Da dietro
l’altare comparve una donna. I vestiti in velo bianco le accarezzavano le forme
e i suoi passi lievi non producevano alcun rumore.
“Chi sei?”
“La domanda
giusta è dove sei” lei sorrise.
Nyve tremò,
indietreggiando.
“Non aver paura,
non voglio farti del male”
“E’ Irìyas che
m’ha fatto venire qui?”
La donna rise,
quando ormai si trovava vicino al ragazzo: “No. Non direi proprio. Se lo
sapesse, non sarebbe affatto contento” rise di nuovo.
I capelli biondi
le accarezzavano il viso, gli occhi sembravano sfumati di rosso, ma era solo un
gioco di luce.
“Dove mi trovo?”
“Sei nella
vecchia Cappella del Vespro”
Nyven aggrottò
la fronte: “Ma…”
“Esattamente” lo
interruppe lei “questo è quel che ne rimane” La donna si sedette su un cumulo di
pietre ricoperte di muschio e fece cenno a Nyven di avvicinarsi a lei. Il
ragazzo non si mosse.
“Hai ancora
paura?”
“Irìyas non sa
che sono qui, devo andare da lui”
“Irìyas non può
accorgersi che non ci sei”
“Impossibile!”
“Non ti sta
cercando, per ora.”
“E dopo?”
“Dopo ti
nasconderò” sorrise di nuovo, con quel sorriso di prima, enigmatico.
Terrificante e dolce allo stesso momento. Stranamente Nyven non ebbe alcuna
reazione, a quelle parole. Non sussultò, non cercò di scappare.
“Non c’è nulla
che tu possa fare, mio bel giovane. Siediti e ascoltami”
Nyven non mosse
un passo, ma lasciò parlare la donna.
“La Cappella del
Vespro, un tempo, era bellissima. Prima dell’arrivo dei Venti, prima che le loro
guerre dilaniassero l’Ovest, pellegrini venivano da ogni dove per visitare la
Cappella e per vedere me, la sua Sacerdotessa”
“E perché ora
non è più così?”
“Alla fine della
prima era, quando i Venti arrivarono e frammentarono il mondo, la loro furia
colpì anche la mia casa” la donna allargò le braccia. “Guarda lì” disse
indicando un’enorme crepa nel muro “Ora crescono fiori, ma per tutti gli anni
successivi ai Venti, non esisteva più nulla, solo distruzione. Ora, se non
altro” aggiunse con un sorriso triste “crescono i fiori” ripeté, quasi a
consolarsi.
Si passò una
mano sulle vesti, come a sistemarle meglio, per non farle stropicciare.
“Prima
dell’arrivo dei Venti, i Cavalieri dell’Accademia venivano qui, a mostrarmi la
loro spada. I maghi a mostrarmi le loro mani…”
“Ma se questa
Cappella era così importante, chi ha permesso che andasse in rovina?”
La donna lo
guardò con condiscendenza.
“Tutti e
nessuno, mio ingenuo bimbo. Tutti e nessuno” ripeté “La Cappella fu messa sotto
assedio, le sue pareti vennero distrutte e tutta la sacralità e il significato
che aveva, dissolti insieme alle sue mura. E poi perché ricostruire un posto
così quando la Capitale è in fiamme, quando il regno è in frantumi? La Lingua fu
perduta e le persone smisero di comprendersi. La Cappella fu semplicemente
dimenticata”
Nyven ebbe un
brivido e sentì una goccia di sudore scorrergli lungo la schiena. Provò a
muoversi, ma non ci riuscì.
Quella donna,
quel posto… Era tutto sbagliato, non doveva trovarsi lì.
Irìyas non
sapeva dove fosse, lui stesso non sapeva dove fosse e quella donna, nei ricordi
e nei gesti, sembrava lasciar trasparire un’ambizione lontana dalla malinconia
con cui si vestiva.
“Che cosa vuoi
da me?”
La donna rise,
coprendosi le labbra con la mano, nel tentativo di soffocare quella risata
eccessiva.
“Mio povero
caro, tutti che vogliono qualcosa da te. Nessuno che vuole te. Buffo, no?”
La donna si
avvicinò a lui, sistemandosi i capelli dietro alle orecchie. “Guarda, non mi
trovi bella?”
Nyven non
rispose “Eppure io sono bella, ma nessuno lo crede più” sospirò.
“Esiste un’idea”
riprese a parlare la donna “Esiste un’idea di conquista, per essere precisi, ma
di più non posso dirti. E io faccio, in qualche modo, parte di quell’idea.”
“Lasciami
andare”
”Assolutamente no. Ormai sei con me. Quando Irìyas scoprirà quel che ho fatto
non mi lascerà vivere, perciò tanto vale portarlo a termine”
“Portare a
termine cosa?” la voce di Nyven tradiva un’ansia sempre più palpabile “E poi, se
davvero sai che morirai, perché fai…” Nyven pensò alle parole migliori da usare,
ma non le trovò “perché fai tutto questo? Chi sei?”
“Non sto facendo
nulla. Prendo uno schiavo da un luogo e lo do al suo legittimo padrone. E’ così
deprecabile il mio atto?”
“Il mio padrone
è Irìyas”
La donna rise:
“Il padrone di chiunque è solo il Re”
Nyven sgranò gli
occhi.
“Ops, m’è
sfuggito” la donna rise.
Il Re… Che cosa
c’entrava il Re in tutto questo?
“Non capisco,
cosa…”
“Il Re
ricostruirà la Cappella del Vespro” poi, spazientita, la donna prese per mano il
ragazzo “Il Re riporterà questa terra agli antichi fasti, alla Prima Età, prima
dell’arrivo dei Venti. Ridonerà forza a queste mura”
“Io non capisco.
Non riesco assolutamente a capire!” gli occhi di Nyven lampeggiarono di rosso.
“Vuoi riportare
questa Cappella all’età dell’oro, vuoi ridonarle vita, ma sai che morirai perché
Irìyas ti ucciderà. E questo Re… perché ti fidi di questo Re? Lui che non ha mai
preso a cuore le condizioni dei suoi sudditi? Lui che ha lasciato marcire questa
Cappella, così come i confini del suo stesso regno?”
”Non per niente sei nato in terra di Droà” disse la donna, guardando il ragazzo
con una certa ammirazione “Sì sa, laggiù siete tutti partigiani”
“Il popolo di
Droà è solo un popolo libero”
“Curioso che ti
annoveri anche tu fra le persone libere. Non hai appena finito di dire che
appartieni ad Irìyas?”
Nyven esitò,
colto nella sua stessa contraddizione. “E’ un’altra libertà, quella di cui
parlavo”
“La libertà è
unica. Non ne esistono variazioni”.
La donna
strattonò il braccio del ragazzo e lo accompagnò fuori dalla Cappella, varcando
quella che una volta doveva esserne l’entrata principale.
“Tutto questo”
disse con un ampio gesto del braccio, indicando la Cappella alle loro spalle e
il bosco davanti a loro “dev’essere rigenerato, e ciò non può essere fatto
finché sei qui”
“Vuoi
uccidermi?”
“Te l’ho già
detto, no. Voglio solo mandarti via”
“”Vuoi mandarmi
dal Re?”
“Lui ha
promesso, perciò sì, vorrei mandarti da lui”
“Ma Sideas vuole
portarmi dal Re”
“Ma Sideas è
amico di Irìyas”
“Ma…”
“ E per quanto
mi riguarda” lo interruppe lei “ voglio solo che tu te ne vada, lontano da qui.
Voglio la mia casa e i suoi fasti. Voglio una nuova giovinezza”
Nyven aggrottò
le sopracciglia e fece un passo indietro, pronto a scappare.
“Non riuscirai a
muoverti”
Era vero, le sue
gambe non riuscivano a muoversi, le sue caviglie erano troppo pesanti.
“Non ti sei reso
conto che è da quando sei entrato nella cappella che hai le catene legate ai
polsi?”
Nyven si guardò
le braccia, d’istinto. Pesanti cerchi di ferro circondavano le circondavano
entrambe.
“E ai piedi”
ugualmente aveva ferri intorno alle caviglie.
“Tu porti
sventura ragazzo, questo te l’ho già detto. Non puoi rimanere qui”.
Arrivò una
folata di vento che, per un attimo, oscurò il cielo.
Nyven guardò la
donna attentamente: “Io non ti ho mai visto prima”
Lei sorrise “E’
un peccato che gravi un destino tanto oscuro sulle tue spalle, ed è un peccato
che nessuno, nemmeno le stesso Irìyas sembra in grado di capirlo. Sarebbe stato
bello se fossi rimasto a vivere qui. Ma non posso permetterlo” la donna indicò
un carro che arrivava da lontano” Ti porteranno via, verso la capitale. E poi
non so. Non m’interessa sapere quel che ne sarà di te. Sarà già tanto” sorrise
“se sopravvivrò dopo questa mia follia”
“Allora perché
la fai? Perché?”
“Perché tu
porterai sventura. Porterai sventura alla mia casa, La Cappella. Porterai
sventura ad Irìyas e a queste terre. Ti ucciderei, se fossi convinta che quel
corpo fosse la causa di tutto. Ma” s’interruppe pensierosa “ma non è così. C’è
qualcos’altro, ucciderti non avrebbe senso”
Il carro si
avvicinava: “Allora ti mando lontano, dove non puoi nuocere ne a me né ad
Irìyas. Dove, se è vero che sventura porti, la porterai a chi se la merita. Se
invece mi sbaglio, se tutto questo fosse frutto della mia fantasia…” la donna
sospirò in maniera melodrammatica “Beh, allora ti avrò restituito al Re e questo
mi porterà la sua gratitudine”
Dal carro scese
un omone peloso, con così tanta barba in viso da non riuscire a scorgerne i
lineamenti.
“E’ lui?”
grugnì.
“E’ lui”
L’uomo annui e
sollevò di peso Nyven, mettendolo sul retro del carro.
“Lasciamo
andare!” gridò il ragazzo, senza che l’altro sembrasse notarlo “Lasciami!”
L’uomo assicurò
le catene e legò una corda al cerchio che si chiudeva sul collo di Nyven, quasi
lo volesse tenere al guinzaglio.
“Irìyas mi
cercherà!”
La donna sorrise “Faremo in modo che non ti trovi”
“Farà scherzi?”
chiese l’omone alla donna.
“Portalo alla
Capitale, non farà alcuno scherzo. Prendi la strada per il nord, però. E’ più
lunga di quella diretta, ma è più sicura” la donna gli diede un sacchetto
tintinnante “Ecco i tuoi Auri, il resto quando ci rivedremo”
“NO! Lasciami
andare! Lasciami! IRIYAS!” gridò il ragazzo, ma il carro riprese il suo viaggio
e la donna che l’aveva incatenato scomparve nella sua cappella.
***
Yukochan:
Il rapporto fra Sideas e Irìyas è molto solido. E' bello da scrivere perchè è
molto più bilanciato rispetto a quello fra Irìyas e Nyven. Sideas è allo stesso
livello del mago, Nyven è un sottomesso (ma direi che anche quest'aspetto mi
piace ahahha). Hago avrà la sua parte, ovviamente. La sua "gloria" e le sue
pagine, ma tutto a tempo debito. Ora devo dedicare un pochino a questa donna
(s'è capito chi è? XD). Baci
Silencio:
Grazie, e ancora grazie. Davvero. Finalmente il racconto prende una sua forma,
un po' per volta si delineano contorni più definiti e sono contenta di sapere
che la storia ti stia "intrigando" di più. Hago... Hago è un personaggio
complesso, avrà il suo spazio, ovviamente. E (mi auguro di renderlo bene) una
caratterizzazione articolata.
Manny_chan:
Per ora mi sono dedicata ad una donna O_O In effetti, i personaggi femminili non
è che dominano incontrastati XD Mi chiedo se sia già chiaro chi è (non è che sia
proprio un segreto, a dire il vero XD). Un bacione
Aphrodite:
La storia è nata come fantasy, non come shounen ai, ma i risvolti sentimentali
saranno necessari AHAHAHA contenta, oneechan, che anche questo capitolo ti sia
piaciuto e che ti abbia fatto fare congetture. Mi diverte sapere di ispirare
pensieri, di incuriosire... Nyven purtroppo doveva andare via. Non ti
preoccupare, non lo dimentico certo per strada XD Un bacio
Vocedelsilenzio: Irìyas ha una particolare ossessione per la conoscenza.
E' un personaggio annoiato che trova, come unico stimolo, quello di continuare a
sapere. E' uno di quelle persone che corre il rischio di essere un eterno
insoddisfatto (purtroppo ne è pieno il mondo -_-). Dalla sua, però, ha la forza
di volontà di perseguire ciò che vuole e quello in cui crede (non è un pigro,
per così dire). Tutti vogliono qualcosa, sì. Io ritengo che sia importante
creare dei personaggi abbastanza umani (pur nel fantasy), con pregi, debolezze,
bontà e cattiverie. Il Buono o il Cattivo, davvero, non fanno per me :/ Grazie
ancora tanto per le tue parole *_*
Bigi:
Non sei la prima che mi dice che Sideas è inquietante. Così diafano e sicuro di
sè, mi rendo conto, possa fare un po' paura. C'è un che di ambiguo, in lui. Ma a
me piace così tanto scrivere di lui, che non posso proprio farne a meno XD Baci
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Capitolo 15 *** Capitolo 15 ***
Capitolo Quindici
Fu istintivo per
Irìyas: si girò verso Sideas.
I suoi occhi
tradivano incertezza, ira, incredulità ed esasperazione.
Lui era arrivato
e Nyven era scomparso, poteva davvero essere una coincidenza? No.
“Tu” era più
un’affermazione che altro. Gliel’aveva portato via.
Sideas lo guardò
stupito, per un istante, non aspettandosi quell’accusa.
“Non c’entro”
“Lo sai che non
posso crederti”
“Certo che puoi”
Ma come poteva
Irìyas credergli, quando qualcosa al suo interno lo schiacciava così forte da
fargli venire la nausea? Il suo respiro era troppo veloce.
“Sei arrivato e
lui è scomparso”
“Sono sempre
stato con te”
Irìyas rise: “E
questo cosa c’entra?”
Entrò nella
stanza Mamir: “Non c’è, non lo trovo. Ha sicuramente lasciato le sue stanze e
queste terre da un po’. Il suo odore è flebile”
“Perché?” Irìyas
aveva già emesso il suo giudizio e Mamir lo colse al volo, digrignando i denti,
ma Zir sollevò un braccio, cercando di riportare la calma.
Irìyas non
poteva credere a Sideas, Zir lo sapeva bene. Il mago aveva smesso di credere
agli amici troppo tempo prima per pensare che ora, ad anni di distanza, potesse
cancellare tutto quel che era stato per riconciliarsi con l’Accademia. Ma Sideas
non c’entrava col passato di Irìyas.
“Irìyas,
rifletti”
“Taci coniglio!”
la voce del mago era cupa e minacciosa, ma il corpo era immobile.
Zir non si
lasciò intimorire: “Rifletti, stupido di un mago!” All’insulto, Irìyas si girò
verso l’Eclage.
“Cerca il
ragazzo, ritrovarlo è la nostra priorità, prima di capire chi ce l’ha portato
via.”
Irìyas si girò
di nuovo verso Sideas, silenziosamente.
I capelli
bianchi del cavaliere incorniciavano il suo viso pallido, ma gli occhi erano
attenti. Non c’era collera, né colpa. Sospirò: “Non sono Hago”
“Lo so bene”
“Non lo sai
invece”
Irìyas corrugò
le sopracciglia infastidito: lo sapeva benissimo.
“Non ho Nyven,
non l’ho preso io. Tutto ciò che sai su di me, tutto ciò che ti ho raccontato, è
vero. Se ancora ti riesci a fidare del tuo istinto, sai benissimo che ho
ragione”
“Se non tu, chi
può volere il ragazzo?” gli chiese Mamir, guardandolo con quegli occhi rossi che
non permettevano alcuna esitazione nella risposta.
“Questo io non
lo so.” Sideas scosse la testa “Forse tutti”
“Chi può osare
tanto da rubarlo ad Irìyas?”
“Non so neanche
questo” Ammise il cavaliere e il lupo lo guardò, avvicinandosi minaccioso, ma il
cavaliere non si mosse.
Non c’era paura
in lui, non c’era timore. La presenza di Mamir, che avrebbe fatto tremare
chiunque, sembrava non sfiorarlo minimamente.
“Tu senti la
presenza dei draghi, vero?”
“Non
esattamente. Non è la loro presenza che sento, ma la loro forza. Sarebbero fra i
guerrieri più feroci e forti in battaglia se a loro la guerra interessasse. Non
potrei non accorgermene”
“E hai già visto
dei Lapdinare” la sua era un’affermazione.
“Sarei un
soldato mediocre, altrimenti”.
Mamir lo guardò
e smise di camminargli intorno, si appoggiò sulle quattro zampe e sorrise,
divertito.
“Quest’uomo ti
somiglia, Irìyas. E penso che gli si debba credere”.
Irìyas non aveva
ancora detto una parola.
Credere a
Sideas?
Dov’era Nyven?
“Devo cercarlo”
affermò, d’improvviso, voltandosi verso la finestra e appoggiandovi sopra una
mano. “E’ inutile stare qui, cercare di capire, cercare di…” si fermò. La sua
frustrazione lo interruppe.
Zir aveva
ragione: dovevano trovare Nyven. Innanzitutto. Il resto sarebbe venuto dopo.
Irìyas sentì un’antica rabbia ritornare in superficie, un’ira dimenticata, fatta
di tradimento, astio, incomprensione e dolore. Il vetro sotto la sua mano si
frantumò, divenendo polvere e sciogliendosi nel vento. Così come i vetri di
tutta la stanza che andarono in mille pezzi, con un suono sordo e sincrono.
Irìyas doveva
ritrovare Nyven, il suo schiavo. Tutto il resto era di poco conto.
La strada era
lunga e grigia. I lampioni ardevano con la loro luce cerea e delimitavano il
percorso, il cielo era bianco ed inespressivo.
C’era un rumore
di fondo, una litania che pareva un lamento, ma nulla più. Era tutto così bianco
da apparire inesistente.
Irìyas si
concentrò su quel che riusciva a vedere. Il braciere che ardeva e che era
lievemente impresso in quell’immagine sfuocata era il Braciere dei Venti: un
enorme fuoco che delimitava i punti cardinali del regno. Ce n’erano otto, creati
dalla terra e dalla roccia. Il fuoco che ardeva all’interno non era rosso, ma di
colore cangiante, a seconda del Vento che spirava. Tuttavia in quell’immagine
tutto era così bianco che il colore era nullo.
Irìyas vide un
arco sulla strada fatto in pietra. Pareva un’antica porta diroccata, ma non la
riconobbe. Le colonne che lo sostenevano erano attraversate dal vento, che ne
aveva violato la struttura portante.
Poi di nuovo,
tutto si dissolse nel bianco.
Irìyas non
riusciva a trovare alcun riferimento per quei luoghi, non riusciva a trovare
Nyven.
Poco mancò che
gridasse la sua frustrazione. Senza Nyven non sarebbe riuscito a liberare
Gyonnareth, senza Nyven non avrebbe trovato le risposte alle domande che ormai
gli affollavano la mente, ravvivando curiosità e voglia di scoperta, che temeva
sopite dopo l’abbandono delle mura dell’Accademia.
Senza Nyven…
Senza Nyven non
avrebbe imparato la lingua Antica, né per altro avrebbe scoperto come un
semplice ragazzo la conoscesse, il perché del suo completo controllo del fuoco,
il perché lui…
Nessuno poteva
prendesi ciò che era suo, nessuno poteva prendergli Nyven.
A ben guardare
le sfumature e i respiri troppo veloci e superficiali del mago, si sarebbe
potuto leggere persino un sottile filo di preoccupazione, un’ansia nascosta per
lungo tempo e dimenticata, che riemergeva. La paura di cosa sarebbe successo al
suo schiavo, inerme ed incapace di proteggersi contro tutto ciò che
inevitabilmente, oramai, gli ruotava intorno.
Scosse la testa
e ricominciò a cercare.
La litania che
accompagnava la sua ricerca proseguiva, imperturbabile, tessendo ricami argentei
su uno sfondo bianco e confondendo ancora di più l’immagine che Irìyas cercava
di vedere. Bianco, tutto, come se il mondo fosse stato cancellato.
“Non è da
nessuna parte!” disse frustrato “Chi me lo cela? Il Re?”
Sideas scosse la
testa: “Non avrebbe senso. Il Re si fida di me, sa che gli porterò il ragazzo.
Non avrebbe avuto senso farlo catturare quando io sono appena venuto. Lascia che
mandi i corvi…”
Le pupille di
Irìyas si strinsero, impercettibilmente: “I corvi reali?”
Sideas annuì.
”Se manda i corvi reali, saranno notati dalla popolazione ben prima che da
chiunque abbia preso Nyven” suggerì Zir “La gente si chiederà perché i corvi
reali volano liberi sulle loro terre. E se la voce dovesse giungere al Re…”
Sideas annuì:
“E’ vero, ma se lascio che si sparpaglino su tutto il Regno appariranno agli
occhi distratti dei contadini semplicemente come uno o due corvi, un poco più
grandi delle cornacchie che infestano i loro raccolti. Non è necessario che
volino in stormo”
“I corvi reali
faranno questo per te?”
Sideas annuì:
“Il Re non è mai stato un buon padrone. E i primi ad accorgersene sono stati
loro”
Irìyas si passò
una mano sulla bocca, pensieroso: “Va bene. Se Nyven è celato così bene ai miei
occhi, forse non lo sarà a quelli dei corvi”
Sideas annuì,
allontanandosi. Non disse una parola, fece solo un ampio gesto con la mano e un
centinaio di corvi arrivarono, due soli si appollaiarono sul suo braccio.
Spiccarono subito il volo e scomparvero nel cielo, volando in direzioni diverse.
Nel giro di pochi minuti, si confusero con le nuvole.
Irìyas riprese
la sua ricerca, immobile, in quella stanza dove ora il vento correva fra i vetri
infranti.
La strada era
lunga, lastricata di marmo, con ombre veloci che l’attraversavano, ma che non
lasciavano traccia. Uomini?
Una lanterna
tenuta da qualcuno s’accese d’improvviso, ma la luce bianca si confuse con la
foschia e la luce si dissolse.
Faceva freddo,
su quella strada: Irìyas sentiva il gelo penetrargli dalla pelle, lentamente. Si
trovava forse al Nord?
Al Nord…
La fiammella
ricomparve, fioca ed indecisa, ma forte a sufficienza per illuminare una statua
di donna che torreggiava sulla strada. La mano protesa era in diamante e
brillava sotto la luce eburnea del cielo. La chioma era lunga e fluente,
sparpagliata al vento.
“La Dea del
Nord”
“Che cosa?” la
voce di Zir s’era fatta fin troppo acuta.
“Nyven ha
attraversato i Cancelli del Nord”
“Impossibile! Ci
vogliono almeno cinque giorni di viaggio serrato per arrivare fin lassù”
“Eppure è lì”
“Vado io” disse
Mamir.
“Aspetta!” gli
ordinò invece Irìyas “non ha senso andare fin lassù, se non sappiamo come c’è
arrivato e chi ce l’ha portato. Non è andato da solo, una distanza del genere
non si copre in così poco tempo a piedi”
Il lupo digrignò
i denti.
“Non è solo?”
chiese Sideas.
”No, non lo è, ma non vedo chi è con lui”
Qualcuno gli
offuscava la vista, qualcuno s’era frapposto prepotentemente fra lui e Nyven. Un
mago, per forza di cose. Nessun altro sarebbe stato in grado di confonderlo a
tal punto.
E un mago
potente.
Irìyas scosse la
testa, non poteva essere Hago. Non avrebbe avuto senso. Hago non sapeva di Nyven
e, anche se l’avesse saputo in qualche modo, doveva tenere sotto controllo
Gyonnareth. Non avrebbe mai avuto anche la forza per confondere la visione di
Irìyas e per far andare il suo schiavo così a nord…
Perché andare
lì?
Irìyas cercò
nuovamente di trovare la strada che aveva visto, concentrandosi sulla Dea del
Nord che gli apparve bianca e sfumata.
E lì capì, non
riuscendo a trattenere il suo stupore di fronte all’evidenza di avere sempre
avuto la risposta di fronte agli occhi. Si trattava solo di leggerla.
“Mamir”
Il lupo aveva
gli occhi intrisi di sangue.
“Portala qui”
Il lapdinare
scomparve.
***
Yukochan:
Contenta, davvero, che anche questo capitolo sia piaciuto *_* Il povero Nyven è
troppo facile da bistrattare perchè non lo faccia. Mi diverte molto. Poi ha
bisogno di un suo spazio e di una sua crescita. Il casa di Irìyas sarebbe stato
schiacciato dalla presenza del mago e ora del suo amico... Però, in effetti, il
destino è complicato per il piccolo XD Vacanza... Ad essere sincera, ormai, mi
sembra che siano passati mille anni. Sono di nuovo stanchissima.
Francesca
Akira89: Ehehe l'identità della donna non era troppo complessa, no? La
Bianca ha una "forza" di cui si parlerà dopo. Non è un mago potente come Irìyas,
ma è riuscita comunque a distrarlo. Il mago, ora, dovrà per forza cercare il suo
protetto (e Nyven rimarrà solo nelle mie manine. BWHAHAH)
Vocedelsilenzio : Grazie mille a te ^_^ In effetti, sarebbe stato troppo
lineare far procedere Cremisi lungo la sola via maestra. La trada che porta alla
fine deve per forza di cose essere più tortuosa XD
BiGi:
Contenta che la Cappella ti sia piaciuta. La immagino maestosa, anche nella sua
decadenza...Baci
Manny_chan:
ahaha in effetti, ho una gestione difficile dei personaggi femminili. Perchè, in
fin dei conti, mi vengono fuori dei personaggi noiosi. Non so davvero perchè.
Quindi li centellino, ahimè XD Scherzi a parte, so che dovrei probabilmente
introdurne di più, ma preferisco non creare un personaggio, piuttosto che
crearne per poi non essere in grado di gestirlo ^_^
Aphrodite:
Ciao Onee-chan! Hai visto? Del resto, non potevi pensare che Cremisi avesse una
trama troppo lineare, ti pare? Ora, in effetti, bisogna andare a riprendersi
Nyven ^_^ Il fanciullo altrimenti, è perduto °_° Con il corteo, mi hai
fatto morire dal ridere XD Un bacione
|
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Capitolo 16 *** Capitolo 16 ***
Nuova pagina 1
Ciao a tutti
^_^/ Ormai siamo abbastanza "in là" nella storia, anche se ce n'è ancora da
venire XD Come vi sembra? Com'è? Su, si Si'ore e si'ori, rompete gli indugi. Chi
ha sempre letto e mai recensito, chi ha sempre recensito e mai letto °_°, chi
passa di qui per caso, qui per qualche biscottino al cioccolato (la casa ne ha
di ottimi), lasciatemi un commento, un saluto, un cenno, un fiore. Quel che
volete, sarà tutto messo in bacheca ed esposto *_* Vi ringrazio per aver letto
fin qui. e spero andiate anche oltre ehehe un Bacione,
Dicembre
***
Capitolo
Sedici
Un Ohnan cantava mesto.
Cantava dell’uomo-falco,
della sua forza e del suo coraggio. Le terre erano unite, un tempo, quando lui
viveva per il suo amore.
Ma era un’era gravida di
oscurità.
La voce dell’Ohnan si
piegò, in un pianto.
Era l’epoca dei Venti,
quando arrivarono e distrussero tutto ciò che sfioravano. L’uomo-falco non poté
nulla contro di loro. Nessuno poté nulla. L’impeto del Vento rapì il suo amore,
distruggendo così l’unica cosa per cui valesse la pena di vivere.
La taverna dove il bardo
raccontava il suo canto popolare era in silenzio, ammaliata dall’ennesimo
racconto dell’uomo-falco e della sua donna e dalla tristezza di saperli ancora
in cerca l’uno dell’altra.
C’era la guerra, e la luna
Rubra bruciò sotto l’impeto della violenza di quel periodo. Tinse il cielo del
Nord di rosso.
La Bianca non capì né dove
fosse, né tanto meno come mai fosse lì. Non conosceva il luogo, né i suoi
avventori. Conosceva la canzone, nata quando ormai era Sacerdotessa. Era un mito
di cui non ricordava l’origine.
Tuttavia ricordava
benissimo l’arrivo di ciò che avrebbe distrutto tutto.
L’Ohnan continuò a
cantare.
Raccontò del terremoto che
seguì i Venti, di come la terra si spaccò in due. Continuò a raccontare, ma la
Bianca smise di ascoltare. Si ritrovò seduta, sola, su una seggiola lontana dal
bardo, vestita con le vesti che celebrano il Vespro.
Cercò di alzarsi, ma
rimase immobile.
D’improvviso il cantore
smise di parlare e si zittì. Tutta la locanda cadde in un silenzio innaturale.
Come un fuoco che si spegne, divenne tutto grigio, senza colore. E divenne tutto
freddo.
L’Ohnan si alzò, e si
avvicinò a lei silenziosamente. Camminava, ma pareva non toccare il suolo coi
piedi, pareva quasi privo di materia.
Si avvicinò, di più, e le
si accostò al viso.
“Tu” le disse” che sei
stata testimone della fine di un’Età, nel buio vedrai il tramonto della seconda”
La Bianca sgranò gli occhi
e non capì, ma schiacciò d’istinto la schiena contro la sedia, per allontanarsi
il più possibile da quel bardo che le parlava come se la conoscesse.
L’aria si fece ancora più
gelida.
“Non è possibile per gli
uomini vedere l’alba e il tramonto delle Età.”
“Chi sei?”
“Chi ero”
“Sei morto?”
Lui annuì, e la Bianca
cercò di guardarlo bene in viso. Si accorse che l’ Ohnan non aveva un viso
definito; lei non riusciva a vederlo. Poteva essere vecchio, o poteva essere
giovane, si accorse che poteva essere qualunque cosa.
“Sono morto, non cercare
di guardarmi, io non esisto più”
“Chi sei?”
Lui sembrò alzare la
spalle e la Bianca ebbe la sensazione che l’Ohnan sospirasse.
“Te l’ho già detto, io
ero”
“Che cosa ti è successo?”
Di nuovo, il bardo
sospirò: “Ora mi ritrovo solo a cantare, ciò che è stato nel passato non ha
importanza”
La Bianca sgranò gli
occhi. La voce, le movenze e soprattutto quella cadenza così particolare nel
sillabare ogni singola parola…
Lui sorrise, consapevole
che lei l’aveva riconosciuto.
“Sei stato ucciso”
Il cantore non rispose,
per un attimo. La sacerdotessa si accorse che intorno a loro non c’era più
nessuno, solo neve e freddo.
“Nessun umano può essere
il testimone dell’alba e del tramonto di un’Età. Ma ora, adesso che il sole ha
cominciato a declinare ma è ancora luminoso, salvati. Salva te stessa e ciò che
ami.”
Una folata di vento gelido
le ghiacciò le guance. La Bianca rimase immobile, incapace di parlare. Non
aveva più voce, né fiato in gola.
L’Ohnan sorrise.
“Ci rivedremo a suo tempo,
quando verrai da me. Per ora, salvati”.
Divenne tutto di un buio
innaturale e così freddo da gelare il cuore in un istante.
La Bianca si svegliò di
soprassalto, gridando con la sua voce vecchia e gracchiante. Le membra le
facevano male e aveva il fiato corto.
Fu in quell’istante che
divenne consapevole che la Seconda Età era prossima al termine e che lei non
avrebbe visto l’alba della nuova: sarebbe morta presto, nel gelo.
Gli occhi
di Mamir correvano veloci fra i rami, seguendo quell’odore tenue che era l’unica
traccia che aveva.
La Bianca non era in città, di questo era certo.
Il mago aveva
detto a lui di andare a prenderla perché era in un posto isolato. Il lupo si
chiese perché fosse stata così stupida da rapire Nyven.
Ma non si
soffermò troppo su quel pensiero: le ragioni, le cause e le concause… Non erano
affari suoi, né gli interessavano particolarmente. Il suoi ragionamenti erano
molto più lineari di quelli di un essere umano. La Bianca aveva violato ciò che
non poteva essere violato. La Bianca doveva pagare.
Pensò a cosa
Irìyas le avrebbe fatto, una volta portata al suo cospetto, ma non trovò nessuna
risposta. Avrebbe potuto ucciderla o punirla. Di più, davvero, non poteva dire.
L’odore si
intensificò, sulle rive del Lago Tondo, Mamir lo seguì come un segugio segue la
propria preda.
La trovò,
com’era ovvio. La ricerca fu minima, un lupo è nato per la caccia. Ma non poté
toccarla.
La trovò seduta
sui resti del muro portante della Cappella del Vespro, con le gambe che
ondeggiavano lungo il perimetro esterno e la sua schiena appoggiata ad una
colonnina che, probabilmente una volta, era il supporto per una finestra.
“Mi hai
trovata…” disse lei.
“Scendi” le
ordinò il Lapdinare, ma lei scosse la testa.
“Se scendessi,
mi prenderesti e mi porteresti da lui” disse con l’ovvietà di quando si spiegano
le cose semplici “Qui invece sono protetta e per te questo” disse appoggiando la
mano al muro su cui era seduta “è un limite invalicabile”
“Irìyas ti
raggiungerà”
“L’ha già
fatto, guarda” la Bianca alzò il braccio mostrando una ferita lunga che gli
incideva la pelle del collo e della spalla “Quando è arrabbiato è davvero
spaventoso” sorrise mestamente.
Mamir iniziò a
camminare a destra e a sinistra, per studiare il modo per afferrare quella
traditrice e portarla dal mago.
“Quello che hai
fatto è insensato. Voi umani...”
“Noi umani ci
muoviamo e abbiamo motivazioni che voi lupi non potrete mai capire”
Mamir si fermò
un istante e fece una smorfia, mostrando la sua fila di denti aguzzi: “Questo è
vero, ma alla fine siete sempre in fuga da quello che fate”
La Bianca scosse
la testa: “Lo sai che mi ha parlato nella Lingua Antica?”
Mamir non capì e
i suoi occhi rossi si rimpicciolirono aspettando una spiegazione.
“Nyven, il
ragazzo…o chiunque sia. M’ha parlato nella Lingua Antica, lo sciocco. Senza
neanche rendersene conto.” La Bianca si sistemò i capelli dietro le orecchie e
guardò lontano, nessun punto di preciso. Il vento le riportò la ciocca di
capelli davanti alla faccia
“Avevo quindici
anni quando arrivarono i Venti”
Mamir si
immobilizzò. Davvero la Bianca era così vecchia?
Poi lei riprese:
“Quando finì la Prima Età, quando i Venti portarono distruzione e scompiglio,
avevo solo quindici anni. La Lingua Antica fu perduta e nessuno, da allora, l’ha
più parlata” si strinse nelle spalle, quasi a giustificarsi “Io stessa la
ricordo molto male”
“Tu sei una
Sacerdotessa della Prima Età?”
Lei annuì,
guardando il lupo per la prima volta negli occhi e senza rabbrividire: “Che cosa
avevo da perdere nel togliere Nyven ad Irìyas?”
Mamir ringhiò:
“Spiegati donna, non parlare per enigmi!”
“Chi parla la
Lingua Antica, Mamir? Chi?” la Bianca scosse i capelli “Nessuno. Eppure Nyven,
senza neanche accorgersene, mi ha parlato nella lingua dimenticata, in quella
lingua bruciata dopo l’avvento dei Venti. Non c’è modo che lui la sappia.
Nessuna creatura in tutto l’Ovest ricorda quella lingua. Io e pochissimi altri
possiamo dire di ricordare la venuta dei Venti, ma nessuno di noi ricorda una
lingua dimenticata. Eravamo troppo giovani e troppo sciocchi per farne tesoro.
Lui invece…” la Bianca sospirò. “Lui la sa. Nyven porterà sventura. La porterà
ad Irìyas, ma anche a tutti coloro che gli sono in qualche modo legati. La
porterà a te, così come la porterà a me. Dovevo allontanarlo, ma il mago se lo
teneva così stretto…” lasciò che le parole scorressero via, permettendo per un
istante che il vento le disperdesse. “Non hai notato anche tu un fondo cremisi e
minaccioso nell’animo del ragazzo? Non dirmi che il tuo istinto non ti ha detto
più volte che sarebbe stato molto meglio averlo lontano piuttosto che vicino…”
Mamir fu colto
alla sprovvista. Annuì, non poteva certo mentire su una cosa così evidente.
“L’unico che non
se ne rende conto è Irìyas che segue ostinatamente il suo sogno, senza badare
alle conseguenze”
Il lapdinare
riprese a camminare, come per puntare una preda: “Ti sbagli. Irìyas sa bene quel
che fa e sa bene che Nyven è ben più che un semplice schiavo. “
”E’ che lui può scendere a compromessi, io no” tagliò corto la Bianca, come se
fosse infastidita dalle sue stesse parole “Guarda la mia casa” disse con un
ampio gesto del braccio “Guarda la mia casa e dimmi. Pensi davvero che io possa
scendere a compromessi? Pensi davvero che possa permettermi di aspettare che un
moccioso si riveli?” stinse i pugni stizzita “Per cosa? Per lasciar che un mago
pazzo faccia quel che vuole e che gli ultimi resti della mia casa vengano rasi
al suolo davanti ai miei occhi?” rise divertita “Proprio con te ne parlo!
Proprio con te che sei un lupo e che sai cosa significa l’appartenenza ad un
branco e il dover proteggere il proprio territorio! Nyven avrebbe distrutto gli
ultimi fasti di una casa in rovina. Su queste poche pietre posso ricostruire,
posso riedificare il sacerdozio del Vespro. Con Nyven qui, mi sarebbe stato
impossibile”
Il lupo digrignò
i denti e annuì, ma ugualmente disse: “Sai che mettersi contro ad Irìyas
equivale a perdere qualunque cosa si abbia. Non ti perdonerà per quello che hai
fatto”
“Se non sarò io
a riedificare queste mura, allora sarà chi viene dopo di me. Non ha importanza.
E nemmeno m’interessa di morire” si strinse nelle spalle. “Mi hai ascoltato, mio
bel lupo? Non ho forse il diritto di essere stanca di questa vita che non ha
avuto per me nessun riguardo?” Sospirò, abbassando le spalle, quasi a
sottolineare la sua resa: “Difendo l’unica cosa che m’appartiene e che non
voglio che venga a perdersi nel tempo”
Poi la Bianca si
mise a ridere, di un sorriso liberatorio: “Pensa, Mamir, pensa a quando tutto
questo sarà finito, quando Gyonnareth avrà spalancato le sue fauci e avrà
bruciato questi luoghi, quando…” La ferita sul collo ricominciò a sanguinarle.
“Irìyas non la
pensa allo stesso modo, ma si sbaglia” la Bianca sospirò “Nyven ha parlato nella
Lingua Antica e conosceva le parole che Irìyas dovrà pronunciare di fronte a
Gyonnareth: le ha incise col fuoco sulla carta del libro che io stessa ho
procurato ad Irìyas. Non posso davvero credere non sapesse che sarei, prima o
poi, venuta a conoscenza di tutto. Sono troppo coinvolta in tutta questa
faccenda perché possa pensare di tenermi all’oscuro”
Mamir piegò le
zampe posteriori e si mise seduto, in attesa.
“E’ la fine di
un’Era, il Re ha promesso che ricostruirà questa Cappella, ma io non credo alle
sue promesse. C’è sotto qualcosa, che non vuole dire. Un drago ed un Alchimista
stanno volando verso queste terre per distruggerle, due vecchi amici si sono
ritrovati, così diversi, ma di nuovo uniti… E io lo stesso mi affanno per
proteggere la mia casa quando so che è un’impresa disperata. Ma so che Irìyas,
se non adesso, capirà le mie motivazioni”
“Chi è Nyven?”
“Questo io non
lo so, purtroppo. Non riesco a capirlo. Non sono neanche sicura sia davvero
importante saperlo. Ora che è lontano, ora che porterà la sua sventura altrove,
potrò proteggere la mia casa e ricostruirla”
Mamir la guardò
a lungo, i suoi occhi rossi erano tranquilli, i suoi muscoli tesi ma immobili.
Se la strega avesse lasciato le mura della sua Cappella, lui l’avrebbe presa, in
un istante, ma fintano che era seduta lassù, protetta dalla sacralità del
Vespro, nessuno poteva violarla.
“Perché ora?”
“Che cosa?” fu
la Bianca a non capire.
“Perché ora? Hai
chiesto ad Irìyas una nuova giovinezza, hai barattato il tuo libro bianco per
questa promessa. La tua casa è distrutta da tempo immemore… Perché ora, perché
tutto d’un tratto, hai deciso che è tempo di ricostruire la Cappella del
Vespro?”
La Bianca
sorrise, si raccolse i capelli dietro la nuca e si stinse nelle spalle,
spostando gli occhi lontano, verso quelle valli oltre gli alberi che conosceva
così bene, immutate nel corso di tutti quegli anni.
“Perché sto per
morire”
Gli occhi di
Mamir diventarono così rossi da brillare.
“Come lo sai?”
“Lo so. Per
quanto non potente come Irìyas, anch’io ho delle qualità” si schermì guardandosi
la pelle delle mani, finalmente liscia e senza rughe. “So che morirò presto,
anche se non so come. Non ho più tempo per aspettare. Non so chi verrà dopo di
me, chi sarà scelto per ergere nuovamente queste mura. Ma chiunque sia, sarà
giovane e sarà inesperta. Senza la mia guida, dovrà per lo meno poter trarre
forza da queste mura e dalla pace che vi regna all’interno.” Sollevò la schiena
dalla colonna alla quale era appoggiata “Persino tu, fra i più forti guerrieri
del Regno, non puoi violare la sacralità di questa Cappella. Persino Irìyas non
può portarmi fuori. Nonostante cada in pezzi la forza di questo luogo è così
imponente che persino dalle macerie di un tempo si può essere protetti. Ma
questo andrebbe perso se la Cappella venisse definitivamente distrutta e rasa al
suolo e se non ci fosse nessuno in grado di contenere la sua forza e rifondarne
le fondamenta.”
Il taglio sul
collo riprese nuovamente a sanguinare: “L’ho proprio fatto arrabbiare” sorrise
la Bianca.
“Peccato perché
non avrei mai voluto fare qualcosa per contrariarlo… Irìyas è così…” ma la
Bianca non concluse la frase. Al lupo probabilmente non interessava sapere come
fosse Irìyas agli occhi di una donna.
Era bello
Irìyas. Era bello, ma era anche incredibilmente forte e sicuro di sé.
Strafottente col mondo, supponente e tracotante, ma mai sciocco o cieco di
fronte a quello che l’aspettava. Era straordinariamente saggio, per la sua età,
acuto ed incredibilmente solo. Irìyas non riusciva mai ad accontentarsi e questo
lo rendeva sempre flebilmente insoddisfatto.
Questo agli occhi di una donna, in particolare agli occhi della Bianca, era un
lato del mago che doveva essere sorretto e salvato. Ma Irìyas non permetteva a
nessuno di farlo, semplicemente perché lui non voleva. Voleva solo andare avanti
e ricercare altrove la sua soddisfazione. Il mago diceva sempre che la sua
storia, lui, voleva scriverla da sé. Non c’era spazio per nient’altro. La Bianca
sorrise. Del resto l’ego del mago probabilmente occupava già tutto lo spazio
disponibile.
Il lupo si
rimise in piedi e fece qualche passo in direzione della Cappella: “Dev’essere
stata bella, un tempo” commentò “ma ora davvero, è solo un mucchio di pietre
senza significato”
“Per voi lupi,
che significato possono avere delle costruzioni?”
“Quando uscirai,
verrò a prenderti. E se rimarrai dentro le mura della tua casa, quelle stesse
mura saranno la tua tomba”
Mamir scomparve,
senza dare alla Bianca la possibilità di replica. Corse via velocemente, troppo
velocemente perché l’occhio della donna lo vedesse. Era stanco delle sue
chiacchiere, stanco di star lì ad ascoltarla. Eppure quello che gli aveva detto
non lo lasciava completamente indifferente.
Lui, più di
altri, capiva cosa significava l’appartenenza alla terra e al suo branco.
Sebbene da tempo ormai non vivesse più coi suoi simili, questo di fatto non
aveva cambiato le cose. Il suo branco si era probabilmente ampliato, il suo
territorio anche, ma non poteva dare torto alla vecchia: l’avrebbe difeso a
qualunque costo.
Non avrebbe
portato a molto, l’operato della Bianca. Se davvero la donna fosse morta di lì a
poco, però, la paura che aveva di Nyven era giustificata. Lui stesso, un lupo,
un Lapdinare, avrebbe preferito Nyven lontano dalle sue terre. Era una forza
ignota, qualcosa di incomprensibile. E Mamir non tollerava le forze che si
celavano nell’ombra.
***
Manny_chan:
hahaha I ruoli secondari delle donne nei miei racconti.... Bisognerebbe studiare
attenta,ente la cosa (per capire cosa ci sia che non va nel mio neurone). Ma non
ci posso fare niente se l'attrativa per i bei figlioli, come li chiami tu, è ben
più intensa XD Il ruolo della Bianca si capisce meglio in questo capitolo, così
come (penso) si capisca meglio l'ineluttabilità degli eventi. Il ragazzo, Nyven,
un po' ci è e un po' ci fa, che vuoi farci, è giovane e inesperto XD Presto,
però, prometto nuovi elementi di rilievo. Un baciotto.
silencio:
Spagna? wow, dove esattamente? Come si legge in questo capitolo, Nyven era in
una specie di mondo a parte, all'interno della Cappella. Del resto, non avrebbe
parlato la Lingua Antica se se ne fosse reso conto. E' un personaggio strano,
complicato da gestire perché lui stesso non sa chi sia (io sì, però ohoho). Alla
fine, però, è molto divertente. Per quanto riguarda il legame. Sono contenta che
si veda "il consolidamento", non vorrei creare un semplice rapporto freddo e
"inutile".
BiGi:
Grasssie per l'entusiasmo *_*
Yukochan:
Ma no, non era chiaro chi fosse quella donna (del resto, la descrizione era
completamente diversa da quella fatta all'inzio), è che come Sacerdotessa doveva
avere una parvenza più dignitosa ^_^ Sono felice che le ambientazioni e gli
ambienti ti piacciano, ci tengo molto (sono un bellissimo contorno, per me).
L'accusa diretta era d'obbligo, perchè il passato di Irìyas lo rende molto
sospettoso. Ma tutto a suo tempo ^_^ Baci
Aphrodite:
AHAHA la vecchia sclerotica :°D In realtà, per quanto riguarda la vecchia, il
destino farà il suo corso. Del resto, come lei stessa sa, morirà presto (l'ha
pure sognato). A breve bisognerà andare a riprendersi il piccolo schiavo, non si
può mica lasciarlo solo per troppo tempo! Baci-baci
|
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Capitolo 17 *** Capitolo 17 ***
Nuova pagina 1
Abbiamo sforato i
100 commenti!! Wow, grazie, grazie mille *_* Non ci posso credere. Io vi bacio,
vi adoro! Non ci avrei mai sperato! Birra gratis per tutti, offre la casa XD
Un (minimo)
accenno di shounen ai. Ah aha lo so, mi tiro la zappa sui piedi perchè sono
*lenta* nel fare evolvere le situazioni emotivo-sentimentali. E questo stressa
anche me. Ma non ci posso fare niente, mi diverto a costruire, distruggere, e ad
esasperare (dovreste leggere i miei deliri su alcuni capitoli che poi vengono
prontamente cestinati. Va be', esco. domenica uggiosa, io sono proprio felice.
Capitolo Diciassette
"Nyven?
Il ragazzo
si svegliò di soprassalto, e nella sua testa, gridò.
"Non così
forte" Irìyas sorrise.
Era buio
intorno a lui, come sempre ultimamente, un filo d'aria proveniva dall'esterno.
Era fredda. Nient'altro si poteva dire. Nyven non aveva la minima idea di dove
fosse.
Non aveva paura, però. Che
importava dov'era? Nulla. La vecchia abitudine di non sapere e che questo non
gli importasse non era stata dimenticata. Non sapeva dov'era. Era lontano dalla
sua ultima casa. Davvero, non era importante. Lui non aveva diritto ad una casa.
Non aveva diritto a sperare di tornare.
"Padrone?" Eppure, non
riuscì a chiamare Irìyas con un filo di speranza. Troppa, rispetto a quella che
avrebbe voluto.
"Ti ho già detto di non
chiamarmi così, m'infastidisce"
"Posso sapere perchè?"
"Il rispetto non è dato
dalle sole parole"
"Però..."
"Basta così"
Nyven si zittì.
"Scusate è che..."
"Si, lo so, ma non importa.
Mi fai ridere anche per questo"
"Vi faccio ridere?"
"Molto"
Ci fu una pausa. C'era un
misto di imbarazzo e stupore.
Quella conversazione era
diversa dalle altre. Il padrone sembrava essere così vicino, da poter leggere
qualunque cosa gli sfiorasse i pensieri. Nyven ebbe paura: forse era davvero
così.
"Come posso
sentirvi?" La voce del mago non gli proveniva da vicino e di certo le sue
orecchie non udivano un suono. Era come se il padrone gli parlasse direttamente
alla mente.
"Sono io che
ti parlo” il tono della voce era calmo, quasi scherzoso, Nyven si rilassò un
poco. Perché stupirsi, ancora, di quello che succedeva quando era Irìyas a
giostrare gli eventi?
"E' che non
vi vedo" disse, sentendosi immediatamente uno sciocco.
"Perché non
ci sono, sono troppo lontano" C’era esasperazione nel tono di Irìyas. Nonostante
il mago non l’avesse detto esplicitamente, era come se Nyven riuscisse ad
intravedere ciò che prima gli era precluso.
"Già..." di
nuovo una pausa. Era un piccolo bagliore, nulla di più. Quella del ragazzo non
era una vera e propria consapevolezza. Tuttavia in quel dialogo sembrava
filtrare qualcos’altro oltre alle semplici parole.
"E' molto
difficile" si sentì dire, senza volerlo.
"Che cosa lo
è?"
"Stare qui"
"Dove sei?
"Non lo so,
mi tengono al buio. Sono su un carro, si muove velocemente, ma è da più giorni
che sono al buio..."
"Ti vengo a
prendere" il tono di Irìyas tradì una certa urgenza mista a preoccupazione.
Nyven colse anche quella sfumatura, ma preferì non badarci. Più tardi, quando si
fosse ritrovato nuovamente da solo avrebbe ripensato a quel tono e avrebbe
cercato di capirlo.
"Davvero?"
Che domanda sciocca. Davvero? Nyven stava male interpretando quel
dialogo, e lo stava facendo consapevolmente.
"Pensi
davvero che ti lasci andare via così?"
"No,
però..."
"Non ci sono
però: vengo a prenderti. Non è su un carro il tuo posto. Aspetto solo che i
corvi reali tornino a casa"
"I corvi?"
"Sideas li
ha mandati a cercarti"
"Sideas?" Di
nuovo, quella sensazione che il non detto trapelasse più del dovuto. Al buio, in
un carro che lo stava portando lontano, Nyven si sentì, per un istante, molto
più vicino ad Irìyas di quanto non si fosse mai sentito.
"Mi ero
sbagliato" il mago interruppe i suoi pensieri.
"Su cosa?"
"Su molte
cose, anche sul suo conto. All'Accademia, quando molte delle cose di oggi non
erano ancora accadute, Sideas era uno dei miei amici più stretti."
"E poi?"
"L'ho
confuso con un altro"
"Con Hago?"
"Sai troppe
cose" non c'era alcun rimprovero nelle sue parole.
"Mi piace
osservarvi “Disse Nyven, schermendosi “ lo faccio da quando sono stato portato a
casa vostra da Mamir"
Nyven aveva
cercato di giustificare le sue parole come sempre faceva persino con se stesso.
La realtà, però, era lievemente diversa. Non capiva esattamente il perché, ma
lui sapeva bene che Hago stava arrivando. Era da qualche tempo, ormai, che
percepiva Hago avvicinarsi a sé, così come percepiva la presenza di Gyonnareth,
minacciosa. Ma non disse nulla, semplicemente accantonò il pensiero perché, in
fondo, sapeva che era un pensiero senza senso.
"Il lupo ti
mette ancora paura?" Nyven riprese a parlare col padrone.
"Non mi
vuole fra le vostre mura"
"Questo
perché non ti capisce"
"Non mi
capisco neanch'io" Il mago poteva leggergli nel pensiero? Nyven non voleva
mentirgli.
"Lo so, ma
non importa"
"Non
importa?" Davvero non importava? Quella sua confusione, quella sua insicurezza,
quella sua insana attrazione per il fuoco, davvero non era importante?
Probabilmente no. Irìyas non poteva sbagliarsi.
Irìyas non
proseguì e, per un attimo, ci fu il silenzio più completo.
"Ho sempre
avuto paura che mi mandaste via"
"Lo so. E'
buffo che ora ti venga a prendere, non trovi?"
"E' molto
buffo. Ma mi rende felice. Anche solo sapere che mi cercate…"
"Devi
tornare qui" Dopo un attimo Irìyas aggiunse “Mi servi”.
"Ma. Pad…"c'era
apprensione nella voce del ragazzo "Irìyas" si corresse "Gyonnareth arriverà fra
poco, non puoi allontanarti troppo…"
Irìyas parve
ridere: "Sai davvero troppo."
"Avete
lasciato che capissi. Io non ho meriti" Non era vero. Nyven sapeva che questa
frase era una menzogna. Ma se n’era convinto lui stesso, quindi anche in quell’occasione,
ci credette.
"Verrò a
prenderti, Nyven, perché non voglio che qualcun altro ti prenda con sé."
"Vi servo
ancora?"
"Sì. Il tuo posto è qui"
"Quand'ero
più piccolo, quando ancora abitavo a Droà, non avevo mai avuto paura del domani.
Pensavo che, bene o male, qualcosa sarebbe successo. Non mi è mai davvero
interessato il cosa. Qualcosa. Fosse anche morire. Qualcosa sarebbe successo e
perciò non mi sono mai chiesto che cosa sarebbe stato. Ora che sono lontano…"
esitò "Ora che sono lontano da casa vostra non faccio altro che chiedermelo. Non
faccio altro che sperare che domani possa tornare a casa" s'interruppe, perché
la voce gli cedeva "mi dispiacerebbe… sapere di non poter più tornare" ammise,
arrossendo nel buio.
Sentì Irìyas
sorridere e non capì se il mago si stesse prendendo gioco di lui.
"Non mi
credi, quindi, quando ti dico che ti riporterò qui?"
"Nono
signore…Cioè…" s'interruppe confuso "Vi credo." Poi ripeté per convincersi "Vi
credo. Ma non ho pazienza e…" ho paura, stava per aggiungere, ma non lo
fece. Si sentì sciocco.
"Hai
freddo?"
"Un po'"
"Ti stanno
portando a nord. Hai già superato i Cancelli del Nord, ma non capisco dove
vogliano arrivare. Immagino che per te, abituato al sole di Droà, il clima stia
diventando un problema"
"Qui dentro
non è così terribile. Penetra un po' di aria, ma non troppa per gelarmi" Fece
una pausa, come se pensasse "Vorrei provare a scappare, ma sono vestito come lo
ero quando mi hanno preso da casa tua." Poi ancora si fermò e sorrise, si
accucciò prendendosi le ginocchia fra le braccia e sospirò. Irìyas sembrava
sinceramente preoccupato. Nyven sorrise, sapendo che nessuno l’avrebbe visto.
Forse Irìyas avrebbe capito il motivo della sua contentezza, ma che importava?
"Come posso
permettere che qualcosa di mio venga rubato?"
Nyven
sorrise di nuovo. Non c'erano bugie in un dialogo come quello. Alcune cose
potevano essere celate, altre semplicemente omesse. Ma non si poteva mentire. E
Nyven si rese conto che Irìyas era contento di parlargli, contento di averlo
trovato e determinato a riprenderselo. Il suo tono era pacato. Lo smacco di
essersi fatto rubare qualcosa di così importante probabilmente gli bruciava
ancora. Nel buio del suo viaggio, Nyven si rimproverò: in fondo avrebbe dovuto
essere in grado di badare a se stesso. Permettere che la sacerdotessa lo
mandasse via, con quella facilità, era da sciocchi.
"Siete
diverso da quando è tornato Sideas"
"Mi ha
aperto gli occhi"
"Su vecchie questioni?"
"Sulle nuove, a dire il vero. Quando non ti ho più trovato nelle tue stanze, ho
dato la colpa a lui"
"In che
senso?"
"Ho pensato
fosse stato lui a portarti via"
"Beh, del
resto era appena arrivato…"
"Ma è stato
un ragionamento sciocco e privo di riflessione. E sai come " poi sorrise un
pochino "Sai come gli sciocchi e le persone che non riflettono mi irritano.
Pensare che fosse stato lui a portarti via da me è stato un pensiero pigro."
"E cos'è
cambiato?"
Di nuovo
Irìyas rise, queste volta più apertamente: "Zir mi ha insultato. Quel coniglio a
volte si prende troppe libertà" sospirò "E Sideas ha detto l'unica frase che
m'avrebbe potuto far aprire gli occhi"
"Che cos'ha
detto?"
Il mago non
rispose. Non sono Hago, aveva detto. Semplicemente. Ed era vero, così
vero che Irìyas non era riuscito a capirlo subito. La frustrazione per Hago
aveva coperto con dita invisibili il suo giudizio. Intransigente com’era, Irìyas
era molto infastidito, ma questo non era necessario che Nyven venisse a saperlo.
"Io…” Nyven
prese fiato “C’è una cosa che dovete sapere.”
Irìyas
aspettò che il ragazzo parlasse
“Sento
Finnan… Sento Nnareth arrivare. Io so e sono stranamente consapevole della
vicinanza dei draghi a queste terre.”
“Perché lo
dici ora?”
“Al buio,
chiuso e lontano dalla vostra casa, mi rendo conto che quel fuoco di cui avevo
paura non si trova più lì dove credevo. E’ ovunque. E’ dentro ognuno di noi. Ma
soprattutto, è dentro di me”
“Lo so”
disse il mago in un soffio di voce “ Persino Gyofinnan non riesce a
comprenderti”
“Nemmeno
voi?”
”Nemmeno tu stesso”
Il ragazzo
sospirò e non disse più nulla per un po’.
Nyven
riprese a parlare: " Non so cosa abbia portato a questa situazione, né chi sia
che muova i fili dietro una cosa tanto folle come portare un drago in catene e
obbligarlo ad attaccare un territorio abitato da uomini" fece una breve pausa
"Ma se davvero tutto questo accadrà, se davvero… “ poi di nuovo si zittì,
confuso. Cosa voleva dire? Cosa, per l’ira di Orm., voleva dire? Non lo sapeva.
“Ma so che sei un uomo giusto" Non si rese conto di quella frase, se non dopo
averla pronunciata ad alta voce. E di certo non capì il significato di quell’ammissione.
Rimase una frase detta in un momento di intimità, senza troppo peso. Una frase
ingenua, ma che forse avrebbe cambiato il corso della storia.
"Il carro
corre veloce, non posso indugiare oltre. Se arriverà ad Adiisia sarà difficile
trovarti”
“Adiisia?”
chiese Nyven preoccupato
“Ti
riporterò a casa. E' una promessa."
***
Yukochan: Al
ventesimo si festeggia con tanto di fuochi d'artificio *_* La Bianca è un
personaggio complesso, che si ama o si odia, perchè in fondo è un'egoista. Ma è
anche giustificata. Chi non avrebbe fatto quel che ha fatto lei? Solo s'è messa
contro ad Irìyas che ha le idee confuse, ma rimane pur sempre Irìyas.
Difficilmente si lascerà mettere i piedi in testa. Un baciotto
Bigi: La Bianca ha
fatto quel che doveva fare, in Cremisi nessuno è davvero altruista. In effetti
fa tenerezza anche alla sottoscritta ._.
Manny_chan: Eh eheh
dici bene, Irìyas non gliela lascerà passar liscia. Del resto, mi pare sia
inevitabile. La vecchia (ringiovanita adesso. E' fissata con le rughe °_°) non
aveva più cartucce da sparare, alla fine è solo disperata. Nyven ha parlato
nella lingua antica nel capitolo in cui lui è stato rapito. Non è specificato
perchè non è fondamentale ai fini del racconto, dato che l'importante è sapere
che Nyven sa la Lingua Antica. I perchè e i per come si sapranno strada facendo
XD
Aphrodite: Ciao
sorellina! *hug* La Bianca si chiama così perchè... sì, si scoprirà più in là,
anche se non è un segreto fondamentale, nè un cardine della storia. Alla fine,
tenerezza la fa. Vuole solo proteggere l'unica e ultima cosa che le rimane, pur
sapendo di morire. E' un personaggio vecchio, antico e che ha fatto la storia
del mondo. Alla fine, le voglio bene nonostante sia un po' sciocca. Un bacione
Bemporad: Ciao e
benvenuto *_* Sono felice che la storia ti piaccia e spero di risentirti. Per
quanto riguarda il numero di personaggi, in effetti non ce ne sono molti. Ma
sono appena 2uscita" da una storia corale, con davvero tanti personaggi e volevo
creare qualcosa di diverso. Inoltre, il fulcro di Cremisi non è tanto il numero
di personaggio, ma l'incastro fra gli eventi. Tant'è vero che alcuni personaggi
(e alcuni eventi) ancora non sono comparsi. E poi, ma questa è una mia idea, non
penso che il genere fantasy "debba" aver tanti personaggi. Devo essere in numero
congruo alla storia, no? Un saluto ^_^/
Persefone Fuxia:
Ciao e benvenuta! *huggles* Felicissima di leggere una tua recensione. Grazie
mille per i complimenti, sono contenta che trovi Cremisi originale (è così
difficile creare un fantasy originale...). Spero di risentirti presto. Un bacio
|
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Capitolo 18 *** Capitolo 18 ***
Nuova pagina 1
Questo capitolo mi
ha divertita molto °_° Era inevitabile, del resto. Mi chiedo se qualcuno se
l'aspettasse. Ma meglio non parlare troppo qui (voglio vedere le reazioni, sono
proprio curiosa!). Direi che le mie ciance possono aspettare, magari il prossimo
capitolo, quando avrete letto questo. Per ora, non dico nulla ^_^ Baci
Capitolo Diciotto
Irìyas era
seduto sulla balaustra in marmo. Aveva i piedi che ondeggiavano nel vuoto e lo
sguardo lontano, al di là del lago che placidamente si infrangeva sulla
spiaggia. Il cielo era azzurro e lui guardava quelle sfumature che cambiavano
col variare di un soffio d’aria. Sideas era di fianco a lui, appoggiato coi
gomiti sulla stessa balaustra, a guardare lo stesso cielo.
C’era silenzio,
in quel momento, e un forte senso d’attesa.
Irìyas sospirò:
“Mi auguro tornino presto”
I corvi di
Sideas non avevano dato nessun segnale ancora, ma avevano iniziato la loro
ricerca poco prima. Avrebbero dato loro notizie solo al tramonto.
“Se veramente
quella pazza della Bianca ha mandato Nyven così a nord, non arriveremo in tempo
per la notte. Si può solo sperare che si trovi un riparo adeguato”
“E’ abituato al
sole di Droà, avrà bisogno di più di un riparo per la notte di Adiisia” Irìyas
rispose quasi a se stesso e Sideas sorrise a quel tono preoccupato.
“Finché la
Bianca si nasconde nella sua Cappella, può ostacolarti nella ricerca. Ma
difficilmente potrà ostacolare me” gli disse, per rassicurarlo “Non hai detto tu
stesso che per celarlo così bene ai tuoi occhi, probabilmente sta esaurendo
tutte le sue energie?”
Irìyas si
distese un pochino: “E’ così. Mi chiedo se debba radere al suolo la sua stupida
casa”
Sideas, questa
volta, rise rumorosamente: “Non esageri?”
“La Bianca è una
stupida. Pensa davvero di liberarsi di Nyven semplicemente mandandolo lontano.
Sa bene che potrei tirarla fuori da lì, e non lasciare niente della Cappella del
Vespro. E sa altrettanto bene che andrò a riprendermi Nyven, qualunque fosse la
sua idea iniziale”
“Penso che non
voglia Nyven qui quando Gyonnareth arriverà. D’altro canto, sa che sei troppo
devoto per radere al suolo la Cappella. Lei ne è solo la sacerdotessa, è casa
sua solo per il momento. La sacralità del Vespro va ben oltre la follia di una
donna”
“Se non troverò
Nyven entro il tramonto, non sarà più importante cosa penso di quelle mura ormai
decadenti. Adiisia è troppo pericolosa per chiunque…”
“Mi chiedo
perché non l’abbia ucciso. Perché non se n’è liberata in modo diverso. Che senso
ha mandarlo via, quando sa che lo riprenderai con te?”
Irìyas scosse la
testa, non sapendo dare una risposta sicura: “Credo che si aspetti che si
riveli. Ormai il fondo cremisi che domina lo spirito di Nyven diventa sempre più
forte. Probabilmente, quello che la Bianca crede è che, messo in una situazione
di pericolo come un viaggio per Adiisia possa in qualche modo accelerare il suo
rivelarsi”
“Probabilmente
hai ragione. Ma Nyven non s’è protetto da lei quando l’ha portato nella
Cappella… Ugualmente” proseguì Sideas, ragionando ad alta voce “Nyven non ha
ritenuto quella una situazione di particolare pericolo…”
“Mi chiedo chi
sia Nyven e perché…” ma Irìyas si interruppe, sospirando “In fondo, che
importa?”
“Nyven è uno
spirito guerriero. Qualunque cosa o persona sia, la forza che c’è in lui non ha
un fondo di magia”
Irìyas rise: “Mi
è mancato molto parlarti. Finalmente…” s’interruppe esitando come di solito non
faceva “Finalmente posso parlare con la certezza di venire capito”
Le parole del
mago rimasero sospese fra loro, la loro eco morbida non appesantì l’atmosfera,
ma anzi la rese intima. La trasformò nella stessa che c’era quando i due ragazzi
all’Accademia si ritrovavano di nascosto in biblioteca a leggere i Libri
Proibiti o andavano a rubare nelle cucine quando erano in punizione e non era
loro concesso di mangiare.
“Sai perché sono
qui, Irìyas?”
“Mi hai mentito
l’altro giorno?”
Sideas sorrise:
“No. Il vero motivo del mio viaggio qui è quello che sai, non ho mentito. Ma non
vuoi forse sapere perché ho con me la Spada dei Principi? Perché sono disposto
ad aiutarti a ritrovare Nyven quando in realtà dovrei solo progettare come
spodestare un Re inetto?”
Non lasciò che
Irìyas rispose, sapeva benissimo che il mago conosceva la risposta.
“Per te. E per
me” il cavaliere sorrise “Non per il mago che ho di fronte, non per la forza che
ora possiede…” prese un po’ di tempo, prima di continuare “Ma per il ragazzo,
quel giorno all’Accademia, per il tradimento di una persona che consideravamo
alla stregua di un fratello, per la disperazione nei tuoi occhi alla notizia che
Alem era stato arso vivo e l’incredulità quando Hago ti ha voltato le spalle. E
per tutto quello che è accaduto dopo, quando me ne sono andato” guardò il lago
di fronte a lui “ ho giurato che mi sarei vendicato di Hago”
“Ma lui ha
tradito solo me”
“E’ irrilevante.
L’ha fatto solo perché tu intralciavi il suo cammino e ora viene qui perché solo
tu puoi fermarlo. Avrebbe fatto lo stesso con me, se fossi stato io quello a
volere andare ad Est.”
“Vivi secondo un
codice dimenticato” Irìyas sorrise, guardando il suo amico con occhi che aveva
dimenticato di avere. Con profonda ammirazione.
“Non è lo stesso
per te? Tradire te equivale a tradire me. Eravamo in tre, siamo sempre stati in
tre. E’ lui che ci ha voltato le spalle”.
Di nuovo fece
una pausa. Di nuovo lasciò che l’aria si permeasse delle sue parole.
“Vivere secondo
un codice dimenticato di rispetto è un’arma a doppio taglio, Irìyas. Ti eleva al
di sopra degli uomini che s’affannano per rubarsi il pane, ma espone il tuo
fianco agli attacchi del nemico che non si fa scrupoli. E Hago non si è fatto
scrupoli a mettere Gyonnareth in catene, quando sappiamo benissimo che lo stesso
avresti potuto fare tu, ma ti sei rifiutato”
“I draghi non
sopportano le catene” era un’affermazione, la prosecuzione della frase di Sideas.
Era un’ovvietà per il mago: nessuno aveva il diritto di mettere le catene ai
draghi, di fronte ai quali ci si poteva solo inginocchiare. Esseri ben più saggi
e potenti, forti e sapienti di qualunque piede avesse mai calcato il suolo del
Regno. Lui, così come nessun altro, non aveva il diritto di soggiogarli alla
propria volontà.
“Ma questo,
Irìyas, è un codice che quasi tutti hanno dimenticato” Sideas ripeté le parole
del mago che annuì, silenzioso.
“La Spada dei
Principi è mia di diritto. Me l’ha ceduta mio padre, poco prima di scomparire,
la pietra che ha incastonato sull’elsa mi aiuterà contro Gyonnareth” rise fra sé
e sé “Non penserai che sia uno sprovveduto e che sia venuto qui con l’idea di
affrontare un drago a mani nude?”
“Non lo sei, no.
La Spada dei Principi è una spada di dominio. Chiunque ce l’ha ha il diritto di
comandare i popoli e condurli alla guerra o alla pace”
“E’ la spada che
i Lavici hanno forgiato per il guerriero favorito dal re”
“ E tu sei il
favorito del Re?”
La domanda
retorica fece ridere Sideas: “Non lo era neanche mio padre, ma questo Re non ha
la forza di opporsi a nessuno. Ha semplicemente lasciato che la spada passasse
di mano in mano. Io ho solo fatto in modo che quelle mani fossero le mie”
Irìyas scosse la
testa: “Zir era molto preoccupato, quando ha visto quella spada”
“E’ inevitabile.
La Spada dei Principi porta guerra, è un’arma che miete vittime e preannuncia
battaglia ovunque arrivi. Ma sarebbe sciocco negare che, a breve, qui ci sarà
quello che non è mai avvenuto prima, non credi?”
“Nyven deve
tornare qui prima che Gyonnareth arrivi, ho… ancora bisogno di lui” Irìyas
sospirò, ripensando alle parole scambiate col ragazzo poco prima. “Lui stesso,
adesso, sa perché mi servono i suoi capelli”
“Lui stesso?”
Sideas aggrottò la fronte.
“Sapeva molto,
forse troppo, quando gli ho parlato” Irìyas si sistemò i capelli,
raccogliendoseli dietro la nuca “Forse …” poi lasciò i capelli nuovamente liberi
“Parlargli attraverso il pensiero gli ha permesso di capire esattamente quello
che volevo fare”
“Ti ha letto la
mente?”
“Per forza di
cose. Per cercarlo e parlargli gli ho imposto un contatto con me.
Inevitabilmente ha letto anche la superficie dei miei pensieri”
Sideas rise:
“Non avrà visto nient’altro che draghi”
Irìyas rise con
lui:” Ti prendi gioco di me?” Poi ritornò serio “E poi ha visto l’Est”
Sideas si
strinse nelle spalle: “Inevitabilmente”
“Esiste solo
l’Est” proseguì Irìyas, terminando la frase dell’amico “E’ impossibile non
vederlo. Io voglio andare ad Est, voglio vedere cosa c’è al di là del Confine e
al di là dei Territori. Qualunque cosa ci sia, io voglio scoprire cosa sia”
strinse i pugni, inavvertitamente “E Nyven ha visto che chiunque tenti di
fermarmi verrà schiacciato. Chiunque. Io non posso…” fece una smorfia, forse di
dolore, ravvivando un ricordo mai sopito “Non posso permettere ad Hago di rubare
il mio sogno e di lasciare che sia lui a portarlo a termine”
Sideas guardò il
mago. Sul suo volto c’era la stessa determinazione che aveva visto nei suoi
occhi durante gli anni dell’Accademia. C’era la fronte corrugata, ma gli occhi
chiari di chi sa ciò che vuole.
“E’ la tua
storia, Irìyas, è giusto che tu te la riprenda”
Il mago annuì:
“E’ mia. Nessuno riuscirà mai a portarmela via. Nessuno deve prendere ciò che è
mio” scese dalla balaustra dov’era seduto e vi appoggiò la schiena, dando le
spalle al lago “Ecco perché devo riprendermi Nyven. Ho assolutamente bisogno di
quel ragazzo”
“Non importa chi
sia?”
”Non importa. No. L’Est prima di tutto. Chiunque si rivelerà essere, e
soprattutto, se si rivelerà essere qualcuno, allora vedrò se è un amico o un
nemico. Ma sino ad allora, non posso preoccuparmene”
Sideas scosse la
testa, guardando il mago.
Davvero non te ne preoccupi? Avrebbe voluto dire, ma tenne la frase per
sé.
Irìyas si girò a
guardare Sideas: “Le nostre storie, però, s’incrociano sempre”
“Non è una
casualità, Irìyas. Non sarei venuto in nessun altro luogo…”
“A programmare
il tuo colpo di stato?” Irìyas sorrise e Sideas con lui.
“Sei sempre
stato tu, Irìyas. Sei sempre stato l’unico con cui sapevo che avrei potuto
condividere qualunque cosa, persino la più segreta. A differenza tua, adesso, ho
nuovi occhi e devo cercare chi possa seguirmi e mai voltarmi le spalle. A
differenza tua, la mia storia è su questa terra e non posso scriverla da solo”
Sideas guardò di nuovo lontano “Ma è inevitabile che le nostre storie
s’incrocino sempre”
Il mago lo
baciò. Di fronte ad un lago placido che rifletteva i raggi di un sole sempre
meno luminoso, Sideas ricambiò quel bacio. Era una bacio nostalgico e di
assoluta fiducia. Un bacio che avrebbero dovuto darsi quel giorno all’Accademia
quando Hago era scomparso e quando, per la prima volta, le loro strade avevano
preso direzioni diverse, ma mai opposte.
Era un bacio di
cui Irìyas aveva sempre avuto bisogno, ma che aveva sempre negato, per
arroganza. Perché non importa quanto si è forti, le labbra di Sideas valevano la
pena dimenticarselo per un po’. Ed era un bacio che il cavaliere aveva voluto
per troppo tempo per non prenderselo. Nonostante ora tutto fosse diverso e
nonostante ora lui stesso fosse diverso, era un bacio che voleva per se stesso.
Non una promessa d’amore, quella non ci sarebbe mai potuta essere fra loro. Non
più ormai. Né, peraltro, loro l’avrebbero voluta.
Ma una promessa
di fedeltà che va oltre le parole ed oltre il tempo. Che va oltre l’Est o un Re
da spodestare.
Un suono lieve e
acuto infranse il silenzio e un uccello nero comparve, volando veloce.
“Sono tornati”
“E con notizie
sicure su Nyven”
***
Yukochan: Felicissima che l'intimità ti sia piaciuta. Del resto,
era proprio quello il fine del dialogo fra i due. Per i caratteri che hanno,
possono incontrarsi e avvicinarsi solo in modo insolito. Perciò, un dialogo
mentale m'è sembrata la cosa più adatta. Superficialmente sono così diverse che
il rischio era quello che non si sarebbero mai avvicinati. Ma piano piano si
arriva ad un'intimità più seria (devo dare libero sfogo al mio lato shounen ai
XD). Un bacione
BiGi: questa versione di Irìyas (forse un po' più veritiera) mi
rendo conto sia spiazzante. Ma è un personaggio complesso, deve avere i suoi
tempi e spazi ^_^
Persefone Fuxia: ahah no. Non c'è assolutamente gusto, hai
ragione. Io poi mi diverto a crearne un a bizzeffe XD Di Nyven si avreanno
presto notizie, non temere. Per ora, mi sono concentrata su altro (e poi Sideas
mi piace così tanto, che non potevo non dargli un ruolo importante, anche nella
vita di Irìyas).
Aphrodite: Ciao Onee-chan, come va? Sìsì, l'intesa fra i due
aumenta, del resto è naturale. Ho un debole per il lato sentimentale delle
vicende, e anche qui ce ne sarà la giusta dose XD Irìyas e Nyven, poi, sono così
carini insieme... Shounen ai significa un amore fra uomini, ma senza la
componente esplicita sessuale. Quindi magari anche fisico, ma in cui non c'è la
descrizione verbale dell'amore. Shounen ai è un po' più focalizzato sui
sentimenti, lo yaoi sul fisico. Ma direi che qui in Italia la gente li usa
entrambi, senza fare grossa distinzione. E quindi si dice spesso yaoi per
intendere un amore omosessuale, anche se poi di descrizioni fisiche non ce ne
sono ^_^ Sei dolcissima e ti ringrazio di considerarmi "maestra", non so quanto
sia meritato, ma grazie davvero. *abbraccio*
silencio: ciao! Bello risentirti *hug* Per quanto riguarda la
"relazione" fra Irìyas e Nyven, ho bisogno di svilupparla piano. Sono due
persone così diverse, ma che si trovano sotto alcuni punti di vista, quindi
devono legare in modo diverso dal consueto (mi sarei annoiata a descrivere una
relazione troppo canonica. Del resto Irìyas è quel che è col carattere che ha,
Nyven ancora non s'è rivelato, non potevo scrivere di un normale tormento
amoroso, no?). E sì, sono davvero stupita delle 100 e più recensioni, mai avrei
immaginato... *^_^* Che gioia. Ti ringrazio (come sempre) delle tue parole e ti
faccio un in bocca al lupo per la tesina, maturità e tutto il resto. A presto
risentirsi allora. baci ^^
Manny: ciao!! /me ti abbraccia forte. Bellissimo risentirti *_* Il
nostro mago non poteva rimanere freddo e intoccabile per troppo tempo, non
sarebbe stato divertente no? Alla fine, per dare spessore al suo personaggio,
dovevo un po' scavare e smontare un pochino la sua "facciata", altrimenti come
potevo dare sfogo alla mia vena shounen ai (che spinge per esprimersi al meglio
hahaha)? Ora, questo capitolo è un po' inaspettato forse, ma necessario. E sì,
devono ancora entrare in scena personaggi importanti *_* Un bacione
|
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Capitolo 19 *** Capitolo 19 ***
Nuova pagina 1
Rieccoci, rieccoci
qui, quando ormai il caldo arriva °_° (Dal mio nick, potrete intuire che non
sono un tipo da climi assolati XD). Ma ce la faremo anche quest'anno ^_^v. Ecco
il nuovo capitolo, più riflessivo dei precedenti ed introspettivo. Irìyas,
ormai, deve rendersi conto che la sua facciata da "duro e puro" non può essere
mantenuta integra. L'azione arriverà a brevissimo, nonchè alcuni grandi
chiarimenti. (alcuni, non tutti) e poi c'è sempre la mia anima shounen ai da
sfogare, ad un certo punto (sì, mica la posso fare aspettare troppo, no?) XD Un
bacio, a presto ^_^/
Capitolo Diciannove
Come Irìyas
aveva sospettato, Nyven andava a nord. Il perché gli sfuggiva.
La Bianca voleva
che il ragazzo andasse dal re ma, più probabilmente, alla Bianca non
interessava affatto sapere dove fosse Nyven. Lo voleva lontano da sé quando lei
sarebbe morta.
Irìyas rifletté
sulle parole che aveva detto la Sacerdotessa al suo lupo. Sapeva che sarebbe
morta. Non sapeva come, né quando, ma sarebbe inevitabilmente morta presto. Il
mago conosceva le doti della vecchia, sapeva quindi che non si sbagliava. La
donna, di conseguenza, era terrorizzata dall’idea che Nyven potesse essere lì,
vicino a casa sua, quando lei non ci sarebbe stata più per proteggerla.
Nyven…
Irìyas sospirò
rumorosamente. Il ragazzo era un mistero. Niente di ciò che aveva visto o di cui
aveva letto assomigliava a Nyven. Probabilmente la Bianca aveva ragione, così
come Mamir, così come chiunque gli dicesse che il ragazzo avrebbe portato
sventura.
Lo stesso Nyven
gli aveva confessato che questa sua attrazione per il fuoco lo spaventava.
Ma cosa doveva
fare lui?
Si pigiò le dita sugli occhi, infastidito da questo suo essere incapace di
ritrovare l’equilibrio e la pacatezza di un tempo. Che cosa doveva fare, lui?
Irìyas si rese
conto di non poter far niente. In tempi normali, avrebbe potuto indagare a fondo
l’animo del ragazzo, capire cosa si agitava nell’ombra e, di conseguenza, capire
chi fosse quello che avrebbe dovuto essere un semplice schiavo. Ma quello non
era il tempo per argute riflessioni, né era il tempo degli studi. Purtroppo,
Irìyas si rese conto di essere obbligato a riportare Nyven da sé, pur sapendo
che questi poteva essere una seria minaccia per se stesso e per ciò che voleva
fare. Non aveva scelta. Nyven gli serviva, altrimenti non sarebbe mai andato ad
Est.
E l’Est era
irrinunciabile.
Sospirò di nuovo
e Sideas lo trovò con la fronte aggrottata perso nei suoi pensieri, quando entrò
nelle sue stanze.
“Sono stati
tutti avvisati”
“Verrai anche
tu?”
Sideas esitò: “Vuoi che venga?”
”Sei appena arrivato qui. Pochi giorni e già ti rimetti in marcia. Che cosa
penserà il Re di questi tuoi spostamenti?”
Sideas si strinse nelle spalle: “Non è necessario che il Re venga a conoscenza
di quel che faccio”
“Ma la voce
giungerà anche alle sue orecchie. Ti vedranno, se vieni anche tu. E sai bene che
le notizie corrono velocemente…”
Sideas rifletté
per un attimo. L’avrebbero riconosciuto ovunque, i suoi capelli bianchi e la
Spada sulla sua schiena tradivano la sua identità. Del resto, non era neanche
pensabile non portarla con sé.
Scosse le
spalle: “Anche se gli giungerà voce, non saprà il perché siamo andati a Nord.
Meglio ancora, se venisse a saperlo, penserebbe semplicemente che sto compiendo
il mio dovere. “
Il cavaliere
ebbe l’istinto di avvicinarsi al mago. Di toccarlo per assicurarsi che fosse
reale. Ma non lo fece, rimase immobile.
“Verrò con te,
Irìyas. Riporteremo Nyven qui perché non sarà una Sacerdotessa senz’arte ad
impedirmi di vedere la fine di Hago. Senza Nyven, il rischio di vedere la mia
terra in fiamme è troppo alto…” strinse i pugni. “Non posso davvero permetterlo”
Irìyas sorrise
all’amico.
Il piano era
semplice. Irìyas e Sideas sarebbe partiti e andati a Nord seguendo la via
maestra. Ci avrebbero impiegato poco più di una giornata, grazie ad Irìyas.
Mamir sarebbe
andato lungo il corso dei Fiumi Spenti, dove avrebbe potuto ritrovare parte del
suo branco e vedere se qualcuno dei Lapdinare aveva notizie di quello che
accadeva a Nord.
Irìyas, infatti,
era a conoscenza della presenza di un mercato di schiavi portato avanti in semi
clandestinità sulla piazza di Adiisia, ma non riusciva a capire se davvero
quella fosse la meta di chi aveva Nyven con sé.
Il mercato di
Adiisia era simile a quello portato avanti al Crocevia del Sud: la merce veniva
esposta e data poi al miglior acquirente. Era illegale perché nessuno aveva mai
pagato le tasse alla capitale, ma era tacitamente accettato, soprattutto in quei
tempi, quando il potere centrale stava perdendo la sua influenza sulle
periferie.
Quello su cui
Irìyas era dubbioso era il perché Nyven fosse stato effettivamente portato là.
La Bianca non aveva forse dato direttive particolari? Nyven doveva essere
portato dal Re. O forse gli accordi erano altri e, in fondo, l’unica cosa che
importava, era allontanare il ragazzo dal territorio su cui sorgeva la Cappella.
Quello che
Irìyas temeva era che la Bianca non avesse né intenzione di portare Nyven al Re,
né tanto meno venderlo ad Adiisia. Più probabilmente, la Bianca sperava che
Nyven assiderasse nelle notti gelide del Nord, rimanesse freddo ed innocuo per
un tempo indeterminato. Fino a quando lei non avesse rifondato la sua casa.
C’era
qualcos’altro che Irìyas non capiva esattamente.
La Bianca aveva
fatto un sogno. Un sogno che non era riuscito a discernere bene perché confuso
nella mente della stessa Sacerdotessa. Aveva incontrato qualcuno, nel sogno,
qualcuno che lei conosceva e che le aveva rivelato la sua sorte: la Bianca
sarebbe morta nel gelo. Che anche lei stesse andando a Nord?
Non aveva senso.
Perché allontanarsi dall’unica cosa che si vuole proteggere? Mancava poco
all’arrivo di Gyonnareth e Hago, perché andarsene?
Mancava poco
all’arrivo di Gyonnareth…
Irìyas sospirò,
scuotendo la testa. Cercò di togliersi quell’ultima immagine di Hago degli
occhi. Non l’aveva mai abbandonato. A volte cercava di accantonarla in un angolo
remoto della sua mente, dato che ormai la consapevolezza che Gyonnareth e Hago
sarebbero venuti per lui esulava da quell’ultimo giorno in cui il suo vecchio
amico gli aveva voltato le spalle. L’evento che sarebbe accaduto di lì a poco
aveva acquistato una vita propria, sembrava quasi che Hago fosse uno
sconosciuto, qualcuno che semplicemente voleva imporre la propria volontà con la
forza.
Ma più spesso il
pensiero di Hago acquisiva la sua vera forma.
Zir interruppe i
suoi pensieri: “E’ meglio che partiate”
Irìyas annuì, ma
non si mosse.
Zir lo guardò,
indeciso se parlare nuovamente oppure aspettare. Passarono secondi lunghissimi,
non c’erano suoni nella stanza, se non il lontano rumore del lago.
“E’ inutile
vero?”
“Che cosa lo è?”
il coniglio arricciò il naso come quando non capiva.
“Tutta questa
forza” spiegò Irìyas creando una sfera luminosa sopra il suo palmo “Potrei
distruggere la capitale con un solo gesto. Eppure, oggi, tutta questa forza
sembra inutile”
“Perché non lo
fai?”
Irìyas sorrise,
sapeva che il coniglio lo conosceva bene e sapeva già la risposta. La diede lo
stesso: “Non m’interessa farlo. Non m’interessa conquistare la terra, dominare…
Non ho alcun interesse per niente delle cose che tutta questa forza può darmi”
Sorrise, con quei sorrisi che Zir ormai s’era disabituato a vedere. “Potrei
conquistare, potrei dominare, potrei davvero fare molto cose”
“Ma la forza non
ti dà tutto”
“A me non dà
niente”
Zir fece qualche
passo verso la stanza, poi si fermò: “Puoi andare ad Est solo grazie alla forza
che hai. Nessuno, tranne te, avrebbe la possibilità di essere così ambizioso”
“Pensi che io
sia ingiusto?”
Zir scosse la
testa: “Penso solo che tu sia un idealista. E che rischi di pagare le
conseguenza delle tue idee.”
“Avrei dovuto
fare come Hago?”
“No, ma mi
chiedo chi altri, oltre te, l’avrebbe fermato”
“Il mio è stato
puro egoismo, coniglio” il disprezzo nelle parole di Irìyas era esclusivamente
diretto verso se stesso “Ciò che è mio non può essermi portato via”
Zir sorrise,
sistemandosi gli occhiali sul naso: “Per difendere la tua forza?”
“Perché se è
vero che la forza che ho non è utile per ciò che voglio fare, è altrettanto vero
che la userò contro chiunque cerchi di intralciare il mio cammino”
“Devi essere il
primo ad andare ad Est?”
Irìyas
finalmente si alzò dalla sua sedia e si diresse verso la porta, Si fermò di
fronte a Zir: “Ovviamente” e sorrise, riacquistando il sorriso che aveva perduto
in quei pochi istanti di sconforto.
Si allontanò,
doveva andare a Nord.
Era raro vedere
Irìyas così, era raro trovarlo impotente a guardare l’acqua del suo lago.
L’unica che, placidamente, lo calmava.
La sensazione di
completa impotenza frustrava il mago perché era stato educato al controllo. Ogni
suo gesto, sin da piccolo era stato finalizzato a qualcosa. Aveva imparato sulla
sua pelle che si ha ben poco controllo su quel che accade. Irìyas non aveva
potuto avere il controllo su Hago, su quel che aveva fatto a Gyonnareth e sul
tradimento del suo più caro amico. Non aveva avuto modo di trattenere Sideas,
che aveva seguito la sua strada finendo alla corte di un re che lui stesso
disprezzava. E ora persino Nyven era stato allontanato da chi riteneva che
l’averlo lontano valesse il rischio di opporsi a lui.
E forse proprio
per questa serie di ragioni, Irìyas aveva coltivato un sogno impossibile, tanto
ambizioso da richiedere tutta la sua magia, vasta e insondata.
Era l’unica cosa
che riteneva come veramente propria, e la cui riuscita dipendesse solo ed
unicamente dalla sua volontà.
Era cresciuto
con la convinzione che il suo sogno fosse la sua unica identità. E ora che si
trovava a pochi giorni dalla resa dei conti, doveva stringere fra le dita questa
sua convinzione con ancora più forza.
Poteva rimanere
solo. Anzi, probabilmente quello davvero era il suo destino, ma l’Est dava un
senso a tutto quello che faceva.
Quanto aveva
odiato Hago per l’essersi appropriato ed aver calpestato in modo ignobile tutto
quel che loro due avevano costruito!
Non era vero che
la sua forza era inutile. Sapeva bene che le parole dette a Zir erano il frutto
di semplice frustrazione. Se Irìyas non fosse stato così potente, Hago sarebbe
già sui Territori, alla volta di un mondo sconosciuto.
Sorrise, fra sé
e sé.
Questi pensieri
furono interrotti da un rumore metallico, proveniente da lontano. Gli parve il
rumore di una catena. Da dove proveniva?
Di nuovo.
Irìyas cercò
l’origine di quel suono. Chiuse gli occhi. A casa sua non c’era niente che
producesse quel rumore. Cercò altrove. Cercò lontano.
Il sole era alto
in cielo, ma comunque faceva davvero freddo. Le case erano coperte di neve e il
terreno dei vicoli era duro e ghiacciato. All’esterno delle abitazioni si
vedevano ben poche persone, sembravano tutti di fretta e tutti desiderosi di
tornare all’interno delle loro case.
Nyven era legato
con una catena di ferro allo steccato che recintava una taverna nella quale era
entrato l’omone che l’aveva portato fin là. I suoi vestiti leggeri non
offrivano grosso riparo a quella temperatura. Il ragazzo si guardò intorno.
C’erano case basse, col tetto alto e a punta. Sulla cima, dal camino di ognuno
usciva del fumo. In lontananza si sentì il rintocco di una campana che, in un
attimo, permeò ogni strada e vicolo.
Nyven venne
percorso da un brivido di freddo: era arrivato ad Adiisia.
***
Bemporad: AHAHAH bello, direi che leggere una storia è meglio che
iscriversi agli esami (non menzionerò qui le volte che non sono riuscita ad
iscrivermi ad un esame... Risulterei ridicola!). Però... wow... Nicole... *me
arrossisce* sei carinissimo. Guarda che poi io ci credo e mi monto la testa *_*
Nicole è stupenda, pensare al paragone con Cremisi... Grazie mille, davvero *_*
Sono stata tentata (e lo sono tutt'ora) di infarcire il racconto di tanti
personaggi, e tanti ambienti, però già la trama è abbastanza complicata da
leggere a capitoli (e non di seguito, come un racconto su carta), mi sembrava
eccessivo aggiungere troppe cose oltre quelle funzionali alla storia. Il mondo
che vorrei creare è un mondo a tutto tondo, con riferimenti "storici",
avvenimenti precedenti e luoghi citati, ma non descritti (come se esistessero
veramente). E sì, così mi permetterà di ambientarci un bel po' di storie (guardò
avanti) ^_^ Eddai, il sottofondo shounen ai non sarà mica un deterrente così
grande, no? O sì? Un saluto, a presto
Yukochan: hehehe sìsì, ce ne saranno altri ^_- Sono felice felice
che il capitolo ti sia piaciuto, e che la sintonia fra Sideas e Irìyas si sia
sentita. Sono davvero unitissimi. C'è cameratismo, c'è fiducia... Insomma, un
bacino ci stava tutto *_*
silencio: Nono, per carità. Niente scenate di gelosia, niente "ripicchine".
Davvero, non sono il tipo. Sono cose che già non sopporto nella vita reale,
figuriamoci se le metterei in un fantasy. I rapporti fra Irìyas e Sideas sono di
genere diverso, di cameratismo. Da vecchi compagni di classe che hanno diversi
modi di comunicare. Ma penso che distruggerei i personaggi se li rendessi gelosi
o vendicativi verso loro stessi. E Hago, beh, devo dire che in effetti, è
divertente creare attesa, se ne parla ma non s'è mai visto. E' difficile
resistere alla tentazione di farlo comparire troppo presto XD
Persefone Fuxia: *me abbraccio forte persefone*. E' esattamente
quello che volevo trasmettere. Un'idea di rapporto proprio diverso. Anche se
devo ammettere, mi sono proprio divertita a farli baciare. Dovevo un po'
sciogliere questa tensione quasi fisica che si era creata fra i due. Sono
distanti e vicinissimi allo stesso tempo ^_^ (L'Est, ah, Irìyas è davvero
ossessionato *_*)
Aphrodite: Ciao oneechan *_* Grazie per le tante parole
gentilissime che mi scrivi sempre *_* Sìsì, ora si deve andare a prendere il
povero Nyven che là al freddo e al gelo sicuramente non se la passerà bene.
Anche perchè, lo sappiamo, ci nasconde qualcosa (che io so, ma non posso
rivelare hohoh). E Mamir - anche lui dovrà avere la sua parte ^^ Un bacione
Manny_chan: sìììì! Che emozione, sono sempre troppo felice quando
si capiscono i riferimenti ai capitoli precedenti. Sìsì, il vecchio (perchè di
vecchio si tratta, in fondo ) è quello arso vivo. Non dirò le modalità, ma il
puzzle piano piano si completa (sei stata bravissima *_*). Il Vespro per ora,
rimane in piedi (per quale che c'è), ma solo perchè Irìyas deve andare a
recuperare il fanciullo fra le nevi (o cielo, sembra il titolo per un'altra
fanfiction HAHAHA). Un bacio.
BiGi: Era inevitabile. Del resto, non me ne volere, è un piccolo
sfogo, non ho fatto gravi danni, no?
Francesca Akira 89: Mi spiace che sia tutto poco chiaro, ma
purtroppo è l'enorme limite di leggere una storia a capitoli ;_; Se ti può
consolare (o forse peggioro la situazione), Irìyas ritrova Nyven a breve. Pochi
capitoli. E che, nel giro di pochi capitoli, penso che le cose si facciano più
chiare. E' una storia ad "incastro", tutto succede pian piano, ma tutto succede
con un preciso scopo. Il re, hai ragione tu, è un personaggio ignobile ._. Un
bacione
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Capitolo 20 *** Capitolo 20 ***
Nuova pagina 1
Festa!! Siamo
arrivati al capitolo 20! Voglio stelle filanti , coriandoli (birra) e tanti
pasticcini e sì, ancora birraaaaa!! Il primo giro lo offro io!. Sono
proprio felice, il capitolo 20 in effetti è un bel traguardo... Non credete?
Cremisi prosegue, il Regno ha molti misteri ancora da svelare. XD
Capitolo Venti
Nyven si ritrovò
accovacciato sulla neve, non sapendo che cosa fare. Il sole era stranamente
caldo, alto in cielo, ma la catena che lo teneva legato era gelida, così come la
neve sui suoi piedi.
L’uomo che
l’aveva portato lì non accennava a tornare, il ragazzo cercò di strattonare la
catena per vedere se la staccionata alla quale era legato avrebbe retto. La
staccionata non si mosse.
Sospirò.
Irìyas sarebbe
arrivato a prenderlo, ma quando?
Di nuovo, provò
a fare cedere la catena, che era troppo ben fissata perché si staccasse con un
semplice strattone.
Nyven si guardò
intorno. Di Adiisia aveva solo sentito parlare, a Droà la si descriveva quasi
fosse un miraggio di ghiaccio e cristallo. In realtà agli occhi del neo-arrivato
la città appariva viva e chiassosa. La gente non era riversa nelle strade come
nelle sue terre, ma ugualmente, le voci le riempivano, strabordanti dalle
taverne che affollavano ogni via.
Le casette
avevano i tetti a punta, alti e aguzzi. All’estremità superiore c’era della
neve su ognuno, ma i lati erano così ripidi che neanche la neve più tenace
sembrava riuscire ad aggrapparsi. In lontananza Nyven sentì delle campane
suonare, ma non riuscì a vedere da dove provenisse il suono.
Sulla strada,
poco lontano da dov’era stato legato, passò un uomo. Nyven lo fissò, per un
istante. L’uomo parve non accorgersi neanche di lui. Nyven non riuscì a non
guardare i suoi occhi azzurri, così chiari da apparire quasi bianchi. Aveva già
visto occhi così, al Crocevia prima di essere acquistato da Irìyas, ma poi non
ci aveva più pensato. Ora, quando sembravano essere passati anni da quel giorno,
si ritrovò con lo stesso pensiero in mente: che quegli occhi così chiari
permettessero ai loro padroni di vedere il mondo diverso da come lo vedeva lui?
L’uomo si
allontanò dalla sua vista e i suoi occhi azzurri scomparvero con lui.
Fu in quel
momento che, per un istante, la vista del ragazzo si offuscò e l’immagine di una
città indaffarata di dissolse, in un’ombra.
Il ragazzo fu
percorso da un brivido e, quasi scosso da un torpore durato tropo tempo, vide la
situazione per quella che era.
Era stato uno
sciocco. Sciocco e certamente stupido.
Si vide lì,
seduto all’estremo nord del regno, incatenato ed incapace di portarsi in salvo
da sé.
Nyven vide per
un attimo solo il fuoco.
Esistevano
uomini con gli occhi azzurri, così come esistevano città costruite sul ghiaccio.
Esisteva un mondo che non conosceva, ma che sentì come suo.
Si sentì
d’improvviso incredibilmente forte ed ansioso di liberarsi da quelle catene che
lo tenevano stretto per allontanarsi velocemente oppure anche per restare: per
fare ciò che voleva.
Nyven si sentì
slegato da tutto ciò che era stato per vedersi, per un istante, con occhi nuovi.
La sua pelle
bruciò, come mai prima d’ora, e la neve ai suoi piedi si sciolse immediatamente,
riscaldando la terra. Il cerchio in ferro che gli legava il collo perse la sua
forma, colando sui cingoli che divennero molli, sotto il calore.
Fu un istante,
perché poi Nyven perse questa nuova visione d’insieme e si perse dietro
all’unico pensiero che davvero sembrava confortarlo: Irìyas.
Sorrise. Forse
chissà, forse davvero, sarebbe venuto a prenderlo.
“Guarda che se
rimani lì, muori assiderato, guarda”
Nyven si girò di
scatto. Non vide subito chi gli aveva parlato, poi sentì la sua catena tirare.
“Devi aver fatto
qualcosa di grave, devi. Chi ti ha legato così, chi?”
Nyven guardò
l’omino che aveva di fronte a sé. Era piccolo, alto poco oltre la sua vita, con
le faccia coperta di barba e gli occhi celesti, come quelli dell’uomo appena
passato.
“Chi sei?”
“Lè”
“Che cosa?”
Nyven era confuso.
“Il mio nome è
Lè, il. Tu come ti chiami tu?”
“Nyven”
L’essere si mise
a ridere” Nyven, lo sciocco Nyven” E così dicendo, fece per andarsene
“Ehi, dove vai?”
“A lavorare, a.
Perché, tu non lavori perché?”
Nyven aggrottò
la fronte: “Ma perché parli così?”
“Come parlo
come?”
“Perché ripeti
la parola all’inizio e alla fine?”
“Io non ripeto
niente, io” poi Lè scosse le mani spazientito.
“Perdo tempo,
perdo. Con uno stupido, con. Legato ad una catena, legato. Ora che arriva la
notte, ora, morirai di freddo morirai.”
“Liberami”
“Liberati da
solo, liberati!” Lè era già distante.
“Aspetta!” Nyven
gridò.
Lè s girò a
guardarlo.
“Cosa vuoi
cosa?”
“Aiutami”
Lè scosse la
testa: ”No” disse “devo andare a lavorare, devo”
Lè si girò
definitivamente e se ne andò, lasciando Nyven, nuovamente solo.
D’istinto, Nyven
si alzò per seguirlo, ma la catena al collo gli impedì di fare più di un passo.
Si ritrovò per terra.
La taverna dove
molto probabilmente il suo carceriere si trovava era a poca distanza da lì, il
carro su cui avevano viaggiato anche. Eppure, sia l’una che l’altro erano
irraggiungibili.
Una figura
slanciata gli si avvicinò, guardandolo. Poi con un salto si sedette sulla
staccionata di fianco a Nyven; il ragazzo guardò il nuovo arrivato, confuso.
Quella città era
piena di personaggi che lui non riusciva a capire.
L’uomo seduto
sulla staccionata sembrava giovane, forse della sua stessa età. Aveva i capelli
color blu intenso, lasci come seta. Gli ricadevano sulla fronte e sugli occhi,
tanto che Nyven intravedeva a malapena questi ultimi, fra le ciocche del
ragazzo. Portava un cappotto di pelliccia all’apparenza molto caldo, lungo fino
ai piedi. Le mani erano nascoste nelle tasche, così come i piedi erano celati al
di sotto del cappotto.
Lo scrutava
silenziosamente, Nyven non osò parlare.
“Liberati” gli
disse il ragazzo, d’un tratto.
Nyven lo fissò,
socchiudendo gli occhi, poi rispose spazientito: “Se fossi in grado di farlo,
l’avrei già fatto” rispose in tono quasi petulante.
L’altro continuò
a fissarlo, senza dire niente per qualche minuto.
“Cos’hai da
fissarmi?” Nyven fu costretto a rompere il silenzio, sotto lo sguardo intenso
del nuovo arrivato: “Siete tutti così in questa città? Venite qui per dirmi che
mi devo liberare altrimenti quando calerà il sole gelerò?” Nyven scrollò le
spalle “Lo so benissimo da me”
“Eppure non mi
posso essere sbagliato”
Nyven aggrottò
la fronte: “Riguardo a che cosa?”
“Poco fa, sono
sicuro di aver percepito del fuoco provenire da qui…” poi allungò la mano,
indicando il cerchio in ferro intorno al collo di Nyven: “E quella catena è
quasi fusa”
“Non dire scioc…”
ma Nyven fu costretto ad interrompersi: la catena che lo teneva prigioniero
pareva essersi sciolta e ora risolidificata.
“Ma cosa...?”
“E poi io non
sono come un Koob” alla faccia nuovamente confusa di Nyven, l’altro si spiegò
meglio “Koob. Sono gli uomini pelosi di Adiisia.. Lè, quello che ti ha appena
preso in giro, è uno di loro. La loro specie resiste alle sere di questa città”
poi aggiunse, fra sé e sé “con tutto quel pelo che si fanno crescere addosso,
resisterei anch’io!”
L’accento del
nuovo arrivato non era di quella zona, però. Nyven non riuscì a capire da dove
venisse il ragazzo, ma l’intonazione e la sua cadenza sembravano quelle di uno
straniero
“Tu non sei di
qui, vero?”
“Io vengo da
molto lontano” sorrise lui “Come penso anche tu”
“Io sono di Droà”
L’altro annuì,
pensieroso. Poi d’improvviso si mosse. Nyven non distinse bene i suoi movimenti,
né capì immediatamente quello che il ragazzo faceva. Ma si ritrovò libero, con
le catene spezzate ai suoi piedi. Vide solo il ragazzo riporre la sua spada nel
fodero.
“Dove vivo io,
non esistono schiavi. Ogni uomo nasce libero” disse ritornando ad essere tutto
coperto dal suo cappotto. “E nemmeno tu sei nato per essere schiavo”
Nyven lo guardò. Ebbe la netta sensazione che quell’uomo di fronte a lui
intendesse altro, oltre a quello che aveva appena detto
“Nemmeno io”
rispose, sussurrando.
“Soprattutto tu”
ma non disse più niente e gli girò le spalle, per andarsene via.
“Se sarà destino
ci incontreremo di nuovo. Per ora le nostre strade s’incrociano e si dividono
qui”
“Chi sei?”
“Uno straniero”
rispose l’il ragazzo dai capelli blu “Ma non occuparti di questo. Trova Lè,
trova un Koob che ti dia riparo e ti nasconda. Non andare a cercare alloggio in
una taverna. Il tuo padrone, appena vedrà le catene spezzate, sarà in una
taverna che verrà a cercarti. Non rendergli la vita semplice. Non tornare in
catene, perché la prossima volta non sarai così fortunato da trovare qualcuno
che potrà spezzartele”
Lo straniero se
ne andò, guardando per un’ultima volta in direzione di Nyven. Il ragazzo ebbe la
netta sensazione che gli occhi dell’uomo brillassero.
Non volle farsi
troppe domande. Tuttavia, inevitabilmente, non riuscì spegnere i suoi pensieri:
chi era quell’uomo dai capelli blu? Perché l’aveva liberato e perché le sue
catene parevano sciolte?
Erano domande a
cui non aveva un risposta. Lì, fra la nevi del nord, probabilmente non ne
avrebbe trovata una. Non badò a se stesso, né alle sue mani, altrimenti avrebbe
notato che le sue unghie erano più lunge e le sue mani più nervose. Avrebbe
faticato a riconoscerle. E avrebbe notato che i suoi capelli erano rosso acceso.
Fuoco senza più alcuna traccia del nero che dava tanta tranquillità a chi lo
vedeva.
Si mosse
velocemente da lì, temendo che il suo carceriere tornasse fuori a prenderlo.
Seguì la strada che aveva preso Lè, nella speranza di ritrovare lui oppure un
altro rifugio per la notte. Il sole era alto in cielo, ma probabilmente era
pomeriggio: non gli rimaneva che qualche ora per trovarsi un riparo.
Correva anche
Mamir, lontano da Adiisia, in territori che lui conosceva così bene da poterli
attraversare non badando a niente. I Fiumi Spenti solcavano il terreno. Il letto
del fiume più grande, ormai senz’acqua, s’incuneava fra le montagne alte e
maestose che, con la loro mole, nascondevano i ruscelli e i rivoli d’acqua figli
di quelli che un tempo erano i fiumi più grandi del Regno.
La terra sotto
le sue zampe era morbida e i suoi artigli facevano bene presa sul terreno:
nessun occhio umano avrebbe mai potuto vederlo. Arrivò ad una rocca
sopraelevata. Sotto la macchia era fitta e il letto del fiume era nascosto dai
rami. Per un attimo lasciò che quell’aria intrisa d’acqua gli bagnasse il pelo.
Si fermò per il soffio del vento e per quella folata, così caratteristica del
suo luogo d’origine: gli era mancata.
Sì, pensò, forse
la Bianca aveva ragione. Lui avrebbe fatto qualunque cosa per impedire a
qualcuno di portargli via quella rocca, quel vento e quei Fiumi sotto le sue
zampe.
Saltò giù. Aveva
passato troppo tempo con gli umani: si lasciava frenare da inutili riflessioni
quando doveva solo correre e raggiungere il suo branco.
Un Lapdinare
grigio gli si parò di fronte, Mamir interruppe così la sua corsa.
“Mamir, proprio
non ci si aspettava di vedere te qui”
“Chiobe” Mamir
salutò il lupo più anziano “E’ per un motivo importante che sono tornato”
“Non lo metto in
dubbio” gli sorrise il suo capobranco.
Camminarono per
un po’, in silenzio, fianco a fianco.
“Non vuoi dirmi
di che si tratta? Perché sei lontano da Irìyas?”
“Saprai bene che
Gyonnareth sta arrivando”
L’anziano annuì
e aggiunse: “E’ la fine della Seconda Età”
“Il drago
arriverà, cavalcato da Hago. Un vecchio amico di Irìyas, un guerriero, è
arrivato nel suo palazzo con la notizia che il Re sa che Hago ha soggiogato un
drago”
Chiobe scosse il
muso: “Ancora non riesco a capire come Gyonnareth si sia lasciato mettere in
catene”
“Irìyas sostiene
che siano state le arti di Hago ad aver ingannato il drago”
Il Lapidare
grigio dondolò la testa, consapevolmente: “Dev’essere un uomo da cui guardarsi.
Ma il Re” riprese poi il discorso “Il Re non è certo in grado di fare nulla di
tutto questo. Il Re degli uomini è uno stupido”
Mamir digrignò i
denti: “Non so perché, ma Irìyas ha grande fiducia in questo cavaliere. E’ forte
ed estremamente potente: ha fiducia in quel che dice”
“Ed Irìyas non è
uno che sbaglia” Il vecchio prese una strada ripida che percorreva i margini
della montagna.
Il vento
continuava ad inumidire il pelo dei due Lapdinare.
“Lo schiavo che
Irìyas ha comprato al Crocevia del Sud è stato portato ad Adiisia. E’ per questo
che sono qui”
Chiobe si fermò
e dall’oscurità, uscirono altri lupi. I loro occhi erano rossi, come quelli d
Mamir, le loro zampe forti ed imponenti.
“Bentornato
Mamir” disse una lupa dal pelo bianco.
Il vento carico
d’acqua s’intrufolò nei cunicoli scavati dai fiumi e fischiò, con un lungo e
cupo lamento. Chiobe ululò a quel suono e così fecero gli altri lupi.
***
L'azione vera e propria arriverà
nel capitolo 21, se per caso qualcuno se lo stesse chiedendo ^_^
***
Persefone_fuxia:
in realtà anche questo capitolo è parzialmente introduttivo. Introduttivo di
un'altra parte del mondo, se non altro. Però, almeno, Nyven è finalmente
slegato. Prometto (perchè è già scritto, parlo con cognizione di causa) che
nel prossimo capitolo ci sarà azione. Per il ricongiungimento, bisogna
aspettare ancora un pochino (non troppo, però ;D). Un bacione, grazie mille
per le tue recensioni
Silencio: hago si
fa attendere, lo so. Ma fa parte del personaggio. Dev'essere ben dosato. Mi
diverte molto centellinarlo, devo essere sincera. E poi, così come Irìyas,
dev'essere ben caratterizzato, non è certo un personaggio da poco. Perciò,
anche la caratterizzazione con occhi di altri (di Irìyas soprattutto, ma anche
di Sideas), è importante. Alla fine, tutti i personaggi sono molto
"chiaroscurali". Io vorrei (seppur nel contesto fantasy) scrivere qualcosa di
tridimensionale e stimolante, perciò sapere che in qualche modo ci stia
riuscendo, mi dà veramente una grossa spinta ^_^ Last but not least, ci tengo
a sapere la tua opinione sull'azione che ci sarà a breve. Così vediamo se
riesco ben ad amalgamarla con tutto il resto ^_^//
Bigi: Il nostro
Irìyas è pieno di insicurezze. Solo che all'inizio, il punto di vista
soggettivo del nostro nYven, non le lasciava trasparire per niente ^_^
Manny_chan: Io
adoro le tue impressioni, perchè sono sempre giuste, quindi mi fanno sentire
sulla buona strada (/me tronfia ehehehe). Il capitolo 19, e questo sono utili
per un cambiamento. Mi lascio sempre tentare dai cambiamenti di estetica 8sia
climatica che di ambientazione) accompagnata dai cambiamenti caratteriali *_*
E poi, sarò sincera, mi diverte troppo lasciare Nyven in balia del freddo e
del gelo (più freddo avrà, più si riscalderà quando arriva il tempo XDD). Baci
Aphrodite: Irìyas
è un insoddisfatto di base, hai proprio ragione! Non ha ancora trovato
qualcosa che lo stimoli e lo diverta per un lungo periodo di tempo. Sembra
sempre alla ricerca di qualcosa. Il punto è vedere se lo troverà ehehehe E
vedere il "confronto" fra i tre amici. Grazie mille per le tue recensioni, ti
mando un bacione grande
EmoAlex:Ciao!
Benvenuto! Evviva, un nuovo lettore!. Sono sempre troppo felice quando leggo
nuove recensioni. Contenta di sapere che Cremisi ti abbia preso così tanto da
leggere 19 capitoli tutti di file °_° Ci avrai messo un bel po' di tempo ^_^'
Spero di risentirti. Ciao ^_^/
Bemporad: Urca,
cambiare idea sull yaoi? No, beh, non credo ^_^'' Dici? L'importante è che tu
abbia sospirato e che non abbia invece detto "urgh", e abbia chiuso la pagina
schifato. Vuol dire che l'amalgama è venuto bene e che il bacio non è
risultato melenso, ma giusto per il contesto, no? Suvvia, il bacino ci stava
proprio (non ho saputo farne a meno, che ci voi farci?).
|
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Capitolo 21 *** Capitolo 21 ***
Capitolo Ventuno
Un bacio a chi è
arrivato fin qui, un bacio e una birra (o un bicchiere di vino?) a chi
recensisce. ^_^
Capitolo Ventuno
Nyven non aveva
alcuna idea di dove andare. Lè era scomparso, lo straniero era scomparso e lui
non conosceva Adiisia per niente. Avrebbe cercato rifugio in una taverna, ma
sapeva che lo straniero aveva ragione: il suo carceriere l’avrebbe sicuramente
cercato lì. E poi non aveva merce di scambio, non aveva soldi con sé, non aveva
nulla.
Fu percorso da
un brivido di freddo. Guardò il cielo azzurro, vide il sole a metà
dell’orizzonte. Presto sarebbe calata la notte e lui non poteva rimanere lì a
far nulla aspettandola.
Cercò di
ragionare e pensare il più velocemente possibile. Tuttavia non ne ebbe il tempo,
sentì una voce
gridare dietro di lui. Si girò di scatto: avevano scoperto che era scappato. Il
suo carceriere brandiva un bastone, con una mano, e con l’altra aveva una catena
con cui probabilmente lo voleva legare nuovamente. C’erano altri tre uomini con
lui, che appena lo videro cominciarono a corrergli incontro. Nyven non ebbe
tempo di pensare a chi fossero, a cosa fare o a dove nascondersi. Iniziò a
correre lui stesso.
Non voleva
tornare ad avere, nuovamente, un cerchio al collo. Non voleva essere picchiato,
costretto con la forza. Non voleva più essere in balia degli eventi.
Non voleva
assolutamente essere in balia di nessuno.
E allora correva
veloce, Nyven, sapendo che i suoi inseguitori gli erano dietro. La catena che lo
straniero aveva spezzato lo ingombrava e gli rendeva difficile muoversi come
voleva, il metallo intorno alle caviglie gli faceva male. Ciononostante, Nyven
correva. Si girò per vedere quanto i suoi inseguitori gli fossero vicino.
L’omone che
brandiva il bastone e due suoi compagni erano ancora dietro di lui, con il
respiro affannato, ma decisi a non lasciarlo scappare. Nyven non vide il quarto
uomo.
“Fermati!” gli
inveì contro uno di loro “Non puoi andare da nessuna parte!”
”Sei mio, appena ti prendo…”
“Fermati!”
Ma Nyven non
aveva certo intenzione di farlo.
Prese una
stradina stretta, che sperò non essere a fondo cieco. Scavalcò un piccolo
muretto e si ritrovò in un prato, con qualche accumulo di neve qua e là e una
casetta nel centro. Fu tentato di correre alla porta e chiedere aiuto, ma subito
ci ripensò: cosa avrebbe potuto dire? Che era uno schiavo, ma che questa
situazione non gli andava più bene? Corse nella direzione opposta, ma qualcosa
intralciò il suo incedere.
Cadde per terra.
“Ti abbiamo
fermato!” gridò il quarto uomo che gli si presentò di fronte “Dove pensavi di
andare, moccioso?”
Il cuore di
Nyven perse un battito. Arrivarono anche gli altri tre che lo accerchiarono. Che
cosa fare?
”Bene, ora da bravo…:” gli disse il suo carceriere “Vieni qui senza fare troppo
i capricci”
“Che cosa vuoi
da me?” La sua voce - per l’ira di Orm! – tremava come quella di un bambino.
“Dovevi portarmi dal Re”
“O…” rise
“quello che devo o non devo fare non è affar tuo, moccioso”
Si avvicinò a
lui, camminando minaccioso; Nyven si sentì davvero in trappola. Gli altri
compari ridevano.
Indietreggiò. La
neve calpestata gli scricchiolò sotto i piedi. Ebbe allora un’idea, si piegò
velocemente e prese una manciata di neve in mano. Non la lanciò contro il suo
carceriere, non gli avrebbe fatto nulla, ma contro uno dei tre uomini che lo
avevano accerchiato. Nyven sperò che così facendo, l’uomo avrebbe impiegato un
attimo per togliersi la neve dagli occhi e quello avrebbe costituito l’unico
varco da cui Nyven poteva scappare.
E lui possedeva
solo le sue gambe: doveva correre via. Fu rapido, prese la neve e la lanciò
contro l’uomo alla sua destra: lo centrò in pieno viso. Lui, stupito, non si
riparò e Nyven vide in quell’incertezza l’unica via di fuga.
Corse via. Gli
uomini urlarono, sentì una mano sfiorargli la manica della maglia che indossava,
ma evidentemente non riuscì ad afferrarlo, perché Nyven scappò via.
“Maledetto
schiavo” gli gridò l’uomo che comunque non demorse.
Il cuore di
Nyven batteva velocissimo, non sentiva stanchezza, non sentiva dolore. Se si
fosse fermato sarebbe morto. Si guardò a destra e poi a sinistra: la strada che
stava percorrendo lo portava dritto in un bosco. Il giardino, la casetta e il
centro di Adiisia erano ormai alle sue spalle. Si pentì di non aver bussato alla
porta di quella casa che, forse, si sarebbe aperta per lui, ma ora non poteva
tornare indietro.
Riuscì ad
entrare nel bosco, sperò che almeno lì potesse nascondersi. Ma si sbagliò di
nuovo: non era un bosco quello in cui era entrato. Il terreno sotto di lui
sembrò scomparire, Nyven si accorse di aver perso l’equilibrio e di cadere in un
dirupo. Si aggrappò alla prima cosa che si trovò fra le mani e sbatté con tutto
il corpo contro la parete. Aveva le gambe a penzoloni nel vuoto e il suo braccio
iniziò a sanguinare, ma il dolore tardò ad arrivare: la paura era troppo intensa
per provare qualcosa. Appoggiò i piedi su una roccia e, appena riacquistato
l’equilibrio, si ritrovò addosso uno dei suoi inseguitori che come lui non s’era
accorto del dirupo. Era caduto e ora si aggrappava a lui tentando di risalire.
“Lasciami
andare”
Ma l’altro non
rispose, l’unico appiglio fra lui e il vuoto era Nyven: ci si aggrappò con
quanta più forza aveva.
Nyven cercò di
strattonarlo via, staccandogli una mano, ma rischiò a sua volta di perdere
l’equilibrio.
“Lasciami!” gli
disse inutilmente.
“Ragazzetto
fastidioso…” Nel cercare di risalire, però, Nyven avvertì l’uomo staccarsi
momentaneamente da lui, e lo strattonò via. Lontano.
E l’uomo si
staccò, perse la presa e, inevitabilmente, cadde nello strapiombo. Nyven riuscì
a guardarlo un attimo negli occhi. Vi trovò sorpresa e incredulità, non ci fu
tempo perché vi potesse vedere paura. Gli occhi di quell’uomo che aveva perso la
presa gli parvero enormi e secchi, come se fosse già morto.
Guardò in basso,
vide il corpo dell’altro colpire la roccia e poi scomparire oltre la foschia che
c’era a valle. L’uomo gridò, ma lui non sentì niente.
Quegli occhi gli
diedero una sensazione di estrema potenza. Non sentì il vento scorrergli
addosso, non ebbe più paura del dirupo ai suoi piedi; le sue mani lo tenevano
saldo alla roccia e, con una lieve mossa, riuscì ad arrampicarsi e a tornare in
cima alla scarpata.
La paura e lo
sgomento di quegli occhi gli fecero ricordare qualcosa di dimenticato e sopito:
gli fecero ricordare che lui non era mai stato preda, ma solo predatore.
I suoi capelli
cremisi, la sua pelle scura e le sue mani emanavano così tanto calore che,
nuovamente, la neve lì vicino, si sciolse immediatamente ed evaporò velocemente,
quasi a scappare anche lei da quella persona che calpestava il suolo. I tre
compari dell’uomo appena caduto impietrirono di fronte a quella creatura che non
era più lo stesso ragazzo che avevano inseguito. I loro volti cerei guardarono
verso il viso di Nyven che però, semplicemente, sorrise, pervaso dalla sua forza
ritrovata.
Senza aspettare
oltre afferrò uno dei tre e lo scaraventò giù dal dirupo. Lui che aveva osato
intralciargli il cammino, che lo aveva deriso, che lo aveva chiamato ragazzino!
Lui ormai era solo un ricordo.
“Chi sei in
realtà?” gli chiese il suo carceriere con una voce tremante “Chi sei?”
Ma non ottenne
risposta. Fu lui questa volta ad indietreggiare.
Alzò le mani,
come per placarlo: “Non avvicinarti… Ora me ne vado…” gli tremò la voce “Ora me
ne vado e ti lasciamo in pace” si girò verso il compagno: “Fa’ qualcosa!” ma il
compagno aveva già iniziato a correre.
“Sta’ calmo” la
sua voce aveva una nota isterica. Poi si voltò ed iniziò a scappare a sua volta.
Nyven li guardò
allontanarsi, inoltrandosi nel bosco che s’allungava intorno al dirupo, verso
nord. Aveva una strana consapevolezza di dove si trovasse e di tutto quello che
gli stava intorno. Sorrise, con un ghigno che gli scoprì i denti: nessuno di
quei due sarebbe tornato a casa, quella sera.
Corse anche lui.
Era molto più
veloce, molto più forte e molto più consapevole di ciò che lo circondava. Gli
alberi, l’erba e i respiri dei due uomini sembravano parlargli all’orecchio e
sussurrargli che quelle due prede, sarebbero state sue.
Afferrò la prima
che gridò di dolore, gli affondò le dita nella spalla con una semplicità tale
che ci provò gusto.
“Lasciamo…”
guaì, ma Nyven non lo lasciò “Abbi pietà”
“Perché mi
chiedi pietà, quando non me l’hai concessa tu per primo?” la voce di Nyven
risuonò così melodiosa che l’uomo sanguinante ebbe, per un istante, la speranza
che la persona di fronte a lui non volesse la sua vita. Ma non capì una parola
di quel che Nyven gli aveva detto, perciò non rispose.
“Dimmi,
perché mi inseguivi”
Di nuovo
silenzio.
“Io…Io…non ti
capisco”
Nyven strinse la
presa: le sue mani erano nervose e forti come non lo erano mai state prima.
L’uomo su ustionò e gridò dal dolore.
“Perdo tempo”
L’uomo prese
fuoco, di colpo s’incendiò quasi fosse un arbusto secco.
E Nyven riprese
la sua caccia.
L’omone che
l’aveva portato fino ad Adiisia aveva il respiro pesante, si sarebbe potuto
udire ovunque.
Nyven lo trovò
subito.
Il suo
carceriere tremò: “Che cosa vuoi da me?”
“Perché mi
hai portato qui?”
L’uomo non capì,
come unica risposta, tremò.
Nyven sorrise,
intuendo il vero motivo per cui tutti parevano non capirlo.
“Perché mi hai
portato qui?” ripeté con un accento che non gli era consueto.
“Ho eseguito
degli ordini”
“Per cui sei
stato lautamente pagato…”
L’omone
indietreggiò, ma non osò ricominciare a correre. Il suo viso, ricoperto di
peluria, era madido di sudore e i peli della barba tremavano lievemente, quasi
anche loro fossero impauriti.
“Dovevo
semplicemente portarti lontano. Nei Territori, oppure dal Re, non era
importante”
“E’ stata una
sciocca…”
“Chiunque tu
sia” disse l’uomo puntando il dito verso Nyven “Chiunque tu sia non la passerai
liscia!”
Il ragazzo aggrottò la fronte: “E’ una minaccia?”
“E’ la
Sacerdotessa del Vespro che m’ha dato gli ordini”
Nyven rise, i
suoi denti, troppo aguzzi per un uomo, brillarono al sole.
“Quella vecchia
non può niente, ormai è troppo stanca anche solo per le sue gambe”
“Lasciami
andare” fece un ultimo tentativo l’uomo, ma Nyven rispose semplicemente “No”
Gli aprì la gola
con le mani. Il suo carceriere non riuscì neanche ad emettere un gemito, tanta
fu la violenza di Nyven. E prese fuoco, anche lui come il suo compagno iniziò ad
ardere con lingue di fuoco alte ed intense.
Le mani di Nyven
erano intrise del sangue della sua vittima.
Ebbe la
consapevolezza, lì più che mai, di essere nato predatore.
Il bosco ritornò
silenzioso, nessun animale si mosse, né fece rumore. Quello che era appena
accaduto aveva portato via la voce agli alberi.
Nyven sentì un
grande sonno, un senso di profonda instabilità e di vertigine.
Si sentì cadere
a terra. Fece per rialzarsi, arrancando sulle gambe, ma di nuovo cadde.
Pensò alla donna
che l’aveva voluto lì, alla responsabile del suo rapimento e seppe, in quel
momento, che si sarebbe vendicato. Di lei, così come di un’altra persona
presente nel suo passato.
Non c’era più
neve per terra, era completamente evaporata. Nyven non riuscendo più a reggersi
in piedi, si accucciò ai piedi di un albero. Solo un po’ di riposo, poi avrebbe
di nuovo cercato un rifugio. I suoi pensieri erano foschi, il dolore alle
braccia che ancora sanguinavano iniziò a farsi sentire.
Ma perché le sue
braccia sanguinavano?
Prima di addormentarsi gli venne in mente il mago. Si chiese se, davvero, stava
venendo fino ad Adiisia per lui. Sorrise a quel pensiero, perché sapeva che la
risposta era sì: Irìyas veniva a prenderlo.
Si sentì felice
a quel pensiero, felice al ricordo del suo viso e di quegli occhi quasi
innaturali tanto erano verdi.
Avrebbe davvero
voluto rivederlo, sentirlo parlare e trascorrere del tempo con lui.
Gli avrebbe
chiesto di sollevargli dall’anima quel peso enorme che lì sotto un albero di
Adiisia sentiva: chi era?
Irìyas forse lo
sapeva, o forse no.
Ma Nyven era
certo che solo Irìyas avrebbe potuto accettarlo in ogni sua sfaccettatura.
S’addormentò
definitivamente, dimentico che la notte di Adiisia non è clemente con nessuno.
Irìyas e Sideas
arrivarono col sole basso all’orizzonte. I suoi raggi parevano argentei, tanto
l’aria si stava facendo fredda. Non c’era traccia di quel sole caldo che
colorava d’arancione i laghi vicino la casa del mago. Il sole, là a nord, pareva
azzurro e freddo.
C’erano poche
persone nelle strade del centro, qualche Koob trasportava, affannato, il proprio
carretto pieno di legna appena tagliata. Una campana suonò due volte e il suo
rumore, pesante ed intenso, coprì qualunque suono: annunciava il coprifuoco.
Il sole sarebbe
calato di lì a due ore.
Irìyas guardò in
direzione della campana che però non poté vedere perché la vista gli era
ostruita da un palazzo. Al di là di questo, sulla cime dei colli di Adiisia, a
dominio della città, si ergeva il Tempio d’Avorio, dimora terrena della Dea del
Nord. L’avrebbe visitato un’altra volta, ora doveva concentrarsi sulla presenza
di Nyven.
Più si era
avvicinato alla città, più l’aveva percepita. Fino ad un certo punto, quando era
scomparsa. Lì ad Adiisia, in quel momento, non c’era alcuna traccia di Nyven.
***
Persefone Fuxia: Nyven è molto vitale ultimamente XD Fosse per lui, mi sa,
brucerebbe tutto... Nuovi personaggi, nuovi intrecci. In effetti, la faccenda è
complicata XD ma farò un po' di chiarezza nel prossimo capitolo. Un bacione
kymyt: che bello risentirti! Felice che i capitoli ti stiano piacendo, spero
che riuscirai a metterti in pari presto così mi farai sapere che ne pensi ^^
silencio: spero di ottenere le birre, con questo capitolo. Ti è piaciuto?
Nyven non è sveglissimo XD Diciamo che prende coscienza di sè a spizzichi e
bocconi, anche se in questo capitolo fa passi da gigante XD Per quanto riguarda
le descrizioni, a volte ne faccio di lunghissime, a volte mi limito
all'essenziale. Lascio che sia, perciò dipende da ciò su cui voglio mettere
l'accento. Bacione
Yukochan: Ciao! Ecco, in questo capitolo un po' di casino è successo, non
trovi? Ci voleva un po' d'azione, altrimenti rischiavo di arenarmi in troppe
elucubrazioni mentali. Il dialetto di Lè è difficile da trascrivere, ma mi
diverte molto. Le lingue, per la caratterizzazione dei popoli, sono molto
importanti. Mi piace dare ad ognuno la propria ^_^ E poi, Lè mi fa ridere
solo per come parla. E' un personaggio molto concreto, ma il suo dialetto lo
rende ironico pur non volendo. Baci Baci p.s. *me apre una bottiglia di rhum e
inizia a preparare il chupito!
Manny_chan: ciao! il ragazzo dai capelli blu ovviamente torna. Io che ho una
certa fissa peri capelli (nel caso non si fosse capito XD) non potrei lasciare
passare in sordina uno con fluenti capelli blu, no? XD
Aphrodite: ciao onee-chan! Quanti capitolo? Ehm...non lo so. Nel senso che ho
ben in testa la storia, cosa succede e quando succede. Quanto spazio questo
impiegherà, lo so molto meno. Non riesco proprio a fare previsioni. Il rapimento
di Adiisia, per esempio, ha impiegato qualche capitolo in più del previsto...Baci
baci
EmoAlex: Il
ragazzo dai capelli blu... beh, in un racconto dominato dal rosso, un pochino di
blu ci voleva (sono fissata coi colori). Nyven però, ora, è più cremisi che mai
XD Un beso
BloodyTwinlight:
ciao e benvenuta ^_^/ *me offre birra gelata*. Felicissima che Cremisi ti
piaccia e che sia riuscita ad amalgamare bene yaoi con fantasy. Del resto, ci
sono poche storie che uniscono i due generi (a meno di non fare una storia
romantica a sfondo fantasy, ma è un altro discorso). Devo dire, però, che la mia
vena shounen ai, a volte, è un po' sofferente perchè vorrebbe sfogarsi meglio
(ma le darò spazio XD). Per quanto riguarda Favola Metropolitana, sì, è mia.
Felice che ti piaccia anche quella. Avendo come protagonista un prete, non sono
sicura sia ben accetta su EFP, perciò non l'ho ancora pubblicata :/ Baci
BiGi: La
descrizione dei Fiumi Spenti m'è venuta in mente un giorno quando stavo andando
verso la Valtellina, il paesaggio è esattamente come l'ho visto là ^_^ Byes
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Capitolo 22 *** Capitolo 22 ***
Nuova pagina 1
Ciao a tutti! Dopo
un bel po' di pausa, rieccomi qui con un nuovo capitolo! La pausa è stata dovuta
alle vacanze, non me ne vogliate, suvvia XD Ero in altri lidi, in altre terre,
lontano dal mondo e da internet (oltre che lontano da Milano!), perciò
impossibilitata ad aggiornare. Ora, purtroppo, sono molto di fretta. Vorrei
rispondere ad ognuno degli stupendi commenti che mi avete lasciato - come faccio
di solito - ma ho un aereo che mi aspetta e se non aggiorno subito rischio di
fare passare ancora troppo tempo. Scusatemi! Prometto che dal prossimo capitolo
riprendo il commento "personale" (che preferisco, decisamente). Colgo però
l'occasione per abbracciare forte e ringraziare i nuovi recensori, Namida
e AliDiPiume. Leggere di riuscire a coinvolgere così tanto come mi
dite, mi dà un'enorme carica! E per salutare le vecchie conoscenze,
silencio, Yukochan, Bloodytwilight,
BeautifulKirja, Manny_chan, Aphrodite ed
EmoAlex. Siccome non ho tempo, e mi dispiace davvero, vi offro del
buon vino francese che mi ha appena regalato mia nonna. Vi lascio con il calice
e il capitolo, con la promessa di riapparire con la mia solita frequenza (Ahimè,
le vacanze sono finite ;_;). Vado, l'aereo mi attende (sembro Grace Kelly XD).
Bacioni
Capitolo Ventidue
Tagorn distava
solo tre settimane di cammino serrato da Adiisia, eppure il paesaggio in cui la
città era immerso era completamente diverso. I grandi laghi, il sole che tingeva
di arancio le loro acque, il tepore del clima donavano a quei luoghi un'aura di
quiete e di bellezza che il freddo di Adiisia, inevitabilmente, non permetteva.
Era una città ammantata di ghiaccio e cristallo, altera e lontana, a lei i suoi
abitanti si erano adattati, a lei e alle sue regole ferree. Al calar del sole,
quando la notte scendeva improvvisamente sulle case dai tetti a punta, nessuno
poteva essere sorpreso lontano dal suo focolare. Solo i koob potevano resistere
al freddo per un po' oltre il tramonto: la loro pelle era spessa e i loro peli
folti. Ma dopo poco dovevano, anche loro, correre nelle proprie abitazioni e
ripararsi dal vento e dalla neve che, inevitabilmente, diventavano i padroni
della notte. La città, quindi, s'era in parte sviluppata sotto terra, per
permettere che la vita continuasse anche dopo il tramonto. La maggior parte
delle taverne avevano un accesso sotterraneo, così come le case della
popolazione.
Irìyas non
veniva ad Adiisia da molto. La prima volta se la ricordava bene: era ancora
all'Accademia e con lui c'erano sia Sideas che Hago. La città gli era apparsa
maestosa e spaventosa allo stesso tempo. Il cielo era terso come in quel
momento, e si era chiesto com'era possibile che al calar del sole quello stesso
cielo diventasse minaccioso e carico di neve.
Anche lì, come
allora, il cielo era azzurro e l'aria era fresca. Di minaccioso, in Adiisia,
Irìyas non trovava nulla.
"Non è più qui?"
gli chiese Sideas, ma Irìyas scosse la testa.
"Non se n'è
andato"
"Ma hai detto
che non c'è più"
Il mago annuì,
il ragazzo non si trovava da nessuna parte. Che la Bianca fosse una maga così
potente da ingannare Irìyas e poi celargli il suo schiavo? Sapeva che non era
quella la soluzione.
“Proviamo a
seguirne le tracce, sono sicuro che si trovi ancora in città. Solo non mi spiego
dove sia e chi lo nasconda”. Mossero i primi passi e la neve sotto i loro piedi
crepitò, rotta dal peso delle loro scarpe. Le pellicce che portavano li
coprivano completamente, lasciando libero solo il viso. Un koob attraversò la
strada e li guardò: avevano l’aspetto di forestieri, inevitabilmente avrebbero
attratto l’attenzione.
Camminarono un
po’, in silenzio, attenti a qualunque rumore che potesse suggerire loro dove
fosse Nyven. Dopo un po’ Irìyas si fermò di fronte ad una taverna e l’osservò.
L’insegna era il legno ed era appesa ad una struttura di ferro. La Luna Azzurra.
“E’ un nome
piuttosto malinconico, se pensi che quassù la Luna Azzurra si vede solo per
pochi giorni d’estate”
Sideas annuì:
“Persino la Luna Rossa si vede poco e sfumata, coperta com’è dalle nubi notturne
della città.” Poi si girò verso il mago “Nyven è stato qui?”
“Forse. C’è
qualcosa… Un’aura, ma potrei sbagliarmi. E’ molto flebile”
La porta di
legno della taverna s’aprì d’improvviso e un uomo ubriaco ne uscì barcollando.
“Vado a casa”
disse rivolto a qualcuno all’interno “Sta per calare la notte”, ma non riuscì a
mettere un piede dopo l’altro, cadde a terra a faccia in giù.
“Come mai non
c’è la neve?” chiese l’ubriaco non capendo esattamente cosa fosse successo:
“Dove l’avete messa?”
“Nessuna l’ha
messa da nessuna parte, Grole!” un uomo con un grembiule si avvicinò
all’ubriaco, aiutandolo a mettersi in piedi, “sei tu che hai bevuto troppo”
Sideas si guardò
intorno: Grole aveva ragione, invece. Tutt’intorno alla taverna la neve pareva
essere scomparsa, come fosse stata sciolta. Ma l’oste era troppo impegnato a
sollevare il suo cliente da terra e a riportarlo dentro alla taverna, per
osservare il terreno sotto di lui.
Irìyas e Sideas
seguirono l’uomo all’interno della locanda che era gremita di persone. C’era un
camino enorme sulla parete opposta all’entrata e numerosissimi bracieri lungo
tutte le pareti. Al bancone centrale molti erano indaffarati a farsi versare
nuovamente da bere. Le voci degli avventori si mischiavano, alcuni in fondo alla
sala ridevano, altri parlavano a voce molto alta, sembrava quasi litigassero.
Nessuno parve accorgersi dei due forestieri appena entrati e Irìyas ebbe un
attimo di tempo per capire che cosa, in quella taverna, gli sussurrasse il nome
di Nyven.
Fu solo un
istante, però, perché d’improvviso, quasi uscito dal nulla, si parò loro di
fronte un ragazzo dai capelli blu. Estrasse una spada da sotto il mantello, con
la quale mirò senza esitazione il petto di Sideas. Sarebbe stato fin troppo
sprovveduto, il cavaliere, se davvero si fosse fatto sorprendere così, ma la
stanza era troppo piena di gente per arrischiarsi ad estrarre la Spada dei
Principi. Sideas evitò il fendente ed estrasse il piccolo pugnale che teneva
nella manica, per impedire che quel ragazzo dai capelli blu lo colpisse.
Nuovamente, infatti, lo straniero gli fu addosso. Nella locanda era
improvvisamente calato il silenzio, solo una voce, forse quella dell’oste,
continuava a supplicare di smettere, inascoltata. Ma Sideas non faceva nulla,
solo evitava i colpi di qualcuno che voleva la sua vita senza un apparente
motivo. Si stancò di giocare: quando si rese conto che di fianco a lui non c’era
più nessuno da proteggere attaccò lui il ragazzo, per immobilizzarlo. Schivò la
mano dello straniero e ne afferrò il polso, stringendolo in una presa che non
l’aveva mai tradito in battaglia. Ma il polso svanì, un istante, il tempo per
permettere al ragazzo di liberarsi dalla presa di Sideas e sorridere beffardo.
Fra le ciocche blu che gli coprivano parzialmente il viso Sideas notò, solo in
quel momento, gli occhi dello straniero, che brillavano di luce azzurrina. Un
abitante della Citta Nascosta. Il cavaliere capì che erano inutili i tentativi
di immobilizzazione con lui. Estrasse la Spada, sfilandola dal fodero sulla
schiena. Se un abitante della Città Nascosta lo attaccava lì, di fronte a
tantissima gente, in una città così lontana dalla propria, era perché aveva
capito chi era lui. Tanto valeva dargliene conferma impugnando la spada sua di
diritto. Lo straniero la vide. Una consapevolezza passò in quelle iridi
luminescenti, qualcosa che Sideas non riuscì a decifrare. Non ne ebbe il tempo.
Ma non era importante: in quel frangente avrebbe dovuto mettere fine a quell’inutile
scena. La Lavica sull’elsa emise un bagliore rosso e sinistro. Lo straniero
perse lievemente l’equilibrio e appoggiò una mano su uno dei tavoli dietro di
lui. La lama della spada trafisse i suoi vestiti, dalla spalla fino alla cinta e
si conficcò nel legno del tavolo. Lo straniero non riuscì ad evitarlo e si
ritrovò bloccato contro il tavolo, senza però avere nessuna ferita sul corpo,
con i vestiti inchiodati al legno.
Guardò Sideas e
poi la spada, ma non osò toccarla perché conosceva benissimo le proprietà
dell’arma che aveva vicino. Poi si strinse nelle spalle e scoppiò a ridere,
battuto.
“Certo che ti
piace rischiare” un uomo vicino al bancone parlò.
Il ragazzo dai
capelli blu lo guardò con sufficienza: “Il potere centrale non mi è mai
piaciuto” Scosse i ciuffi di capelli e li spostò lievemente dagli occhi le cui
iridi, ora, non brillavano più. I lineamenti del suo viso erano delicati, ma gli
zigomi alti e il mento affilato gli davano un’aria belligerante e lievemente
sfacciata.
Sideas sfilò la
spada dal tavolo e la ripose nel suo fodero: “Se avessi la grazia di spiegarmi
che cosa vuoi da me…”
“Niente” disse
il ragazzo con l’aria di chi dice una cosa ovvia. “Solo, non mi piaci per
niente. E soprattutto, non mi piace chi rappresenti”
Sideas alzò le
sopracciglia, non disse nulla. Era su un terreno fragile. Il ragazzo di fronte a
lui era un abitante della Città Nascosta, città stato al confine sud del Regno.
Prima dell’arrivo dei Venti, faceva anche lei parte del Regno, dopo di allora,
invece, si era considerata una città autonoma. Tuttavia, sebbene quest’autonomia
durasse ormai da alcuni secoli, non esisteva niente di ufficiale che la
sancisse. Perciò, nei registi ufficiali, la Città Nascosta rientrava ancora
sotto la legislazione del Re.
Non gli piaceva
chi Sideas rappresentava e lì, all’estremo nord del Regno, non aveva timore a
dirlo così palesemente, dato che gli stessi Territori del Nord, da tempo,
consideravano il potere centrale come un potere inutile, e perfino avversario.
E Sideas ne era il principale rappresentante.
Sospirò,
aspettando che il ragazzo si spiegasse meglio: probabilmente la sua presenza lì
era stata scambiata per un ordine del Re di sondare gli umori del Nord.
“Del resto”
continuò lo straniero “Non mi aspettavo certo di cogliere il Capo delle Guardie
impreparato ad un attacco così triviale” si sedette sul tavolo, a gambe
incrociate. Era alto e slanciato, si mosse con movimenti estremamente fluidi.
“Il tuo nome?”
”A’ece’nar ge Tiada-na Yssal-na” A’ece’nar secondo-genito di Dama Tiada e Signor
Yssal. Il figlio del reggente della Città Nascosta.
“Inutile che
chieda a te chi sia, dato che il tuo nome è ben noto in queste terre e oltre i
confini.”
“E cosa ci fa il
figlio di Dama Tiada in queste gelide lande?” la domanda di Sideas era retorica,
A’ece’nar non gliel’avrebbe mai detto.
Difatti il
ragazzo sorrise, e fu Sideas a riprendere la parola: “Non siamo qui per attaccar
briga” nel suo tono c’era leggero scherno “Ma siamo alla ricerca di una persona
che il mio compagno di viaggi è sicuro sia passata di qua”
“E chi sarebbe
questa persona, signori?” chiese l’oste.
“Un ragazzo dai
capelli rossi, vestito con vesti troppo leggere per Adiisia. Uno schiavo,
probabilmente in catene”
“Il ragazzo
della staccionata!” disse A’ece’nar.
“L’hai visto?”
gli chiese Sideas.
“E l’ho anche
liberato” annuì lo straniero “Era legato qui fuori, ad una staccionata, con
catene alle braccia e al collo. Nessun uomo dovrebbe essere messo in catene”
“E dov’è ora?”
“Non ne ho idea.
L’ho liberato e gli ho consigliato di andarsene e di trovare riparo per la
notte.”
“C’erano tre
uomini che si sono accorti di quello che hai fatto” aggiunse un uomo vicino a A’ece’nar,
che aveva già parlato in precedenza “e che si sono messi a inseguirlo. Forse
l’hanno preso e ucciso”
“Non è morto, né
è stato catturato” disse Irìyas.
“E tu com…” ma
poi l’uomo si zittì, avendo visto gli ornamenti all’orecchio del mago, che ne
indicavano il rango.
“Il nostro
capitano si accompagna a gente importante” lo schernì A’ece’nar.
Il tono del
ragazzo era irritante, ma Sideas non si lasciò trarre in inganno.
“L’hai liberato
tu?” gli chiese il mago.
Lui annuì e
Irìyas allungò la mano verso lo straniero dai capelli blu. Inspirò a lungo, poi
sorrise:
“E’ ancora in
città.” Sideas annuì e appoggiò due Auri sul bancone dell’Oste. Sorrise fra sé e
sé, ricordando l’ultima volta che era stato in una taverna: anche in quell’occasione
aveva dovuto pagare il proprietario per la sua discrezione e per l’utilizzo
della sua Spada.
Poi ci fu un
attimo in cui sia lui, sia Irìyas non sentirono più nulla.
Solo A’ece’nar
sembrò accorgersi che qualcosa di diverso stava riempiendo l’aria. Nessun altro,
all’interno della taverna, si accorse di nulla e i liquori del Nord fecero il
resto per riportare allegria in quello stanzone.
Uscirono tutti e
tre, di corsa.
“Cos’è stato?”
chiese lo straniero.
C’era il forte
richiamo di fuoco, quasi fosse stata l’esplosione silenziosa di un incendio. I
lapilli invisibili permeavano l’aria e bruciavano sulla pelle delle uniche
persone che si erano accorte che qualcosa o qualcuno in città era in grado di
bruciarne le fondamenta.
“E’ Nyven” disse
Irìyas, sgranando gli occhi.
“Chi è Nyven?”
chiese A’ece’nar che non conosceva il nome del ragazzo.
“Chi è Nyven?”
chiese Sideas, che non sapeva chi potesse dominare il fuoco a tal punto da
incendiare l’aria.
Irìyas scosse la
testa: non aveva risposte.
La notte calava
ormai. Il Tempio d’Avorio scoccò l’ultima campana, dal suono più acuto ed
intenso delle altre, pochi minuti e il sole sarebbe scomparso del tutto. Il
cielo era per metà tinto d’azzurro e giallo: l’alone di luce che il sole
riusciva ad emanare sembrava poca cosa confronto al resto del cielo che
inevitabilmente si colorava di blu notte.
Nyven ancora
dormiva, sotto l’albero, rannicchiato in posizione fetale, nel vano tentativo di
scaldarsi dall’aria sempre più gelida.
Una mano lo
scosse.
“Ehi…”
Nyven non si
mosse. La mano pelosa provò di nuovo a scuoterlo, poi iniziò a picchiettarlo
sulla testa.
“Ehi! Vuoi
morire, vuoi?”
Nyven cercò di
dire qualcosa, ma aveva tutta la bocca impastata.
“Se rimani qui,
se, il freddo della notte ti gelerà il sangue, il”
“Lè?”
“Sei fortunato,
sei. Se non ti avessi svegliato, se, ti ritrovavo domani mattina ghiacciato, ti”
“Dove mi trovo?”
“Ad Adiisia, ad”
Lè aveva il tono di chi sta parlando con uno stupido e ha fretta di andare.
“Vogliamo
sbrigarci, vogliamo? Altrimenti ti lascio qui, altrimenti”
“Dove…?” La
mente di Nyven era ancora confusa, non ricordava perché si trovasse lì, si
guardò intorno, ma non vide niente. C’era però un intenso odore di sangue lì
vicino. Ma, ugualmente, quel bosco sembrava quieto.
“Allora!” La
voce d Lè lo riportò alla realtà “Hai un posto dove stare, hai?”
“Io?”
“E con chi altro
potrei parlare, e?” Lè era davvero convinto di avere davanti uno stupido.
“Ah beh…” Nyven
scosse la testa, svegliandosi definitivamente “No, non ho nessun posto dove
stare”
“Dei soldi,
dei?”
“Mi hanno
portato qui per vendermi”
Lè annuì:
“L’avevo immaginato, l’avevo” Poi iniziò a camminare.
“Mi lasci qui?”
“Vieni, vieni”
Lè scosse la mano velocemente e facendogli segno di seguirlo “Ti faccio dormire
nel corridoio, ti.”
Nel corridoio?
Nyven avrebbe voluto chiedere spiegazioni, ma un brivido gelido gli percorse la
schiena e guardò il cielo. La notte non permetteva più nessuna domanda. Si
affrettò a seguire Lè.
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Capitolo 23 *** Capitolo 23 ***
Nuova pagina 1
Mi hanno chiesto come mai mi sia
concentrata su un personaggio impostante sì, ma comunque non fondamentale: la
Bianca. Mi piace, mi diverte raccontare la sua storia, nonostante sia una storia
non edificante nè tanto meno eroica. E' un personaggio vecchio e stanco. Un po'
diverso dai protagonisti, quindi comunque stimolante, per me. E poi mi fa
tenerezza. Alla fine è in balia degli eventi. Un bacio grande.
***
“Mi hai regalato questa pietra rosso fuoco.
Dici che nelle terre dell’Ovest la usano per generare il fuoco e ora io la
stringo come reliquia delle mie speranze. Camminiamo su un manto di neve fresca,
non dico una parola. Ho timore ad infrangere questo silenzio, timore di
guardarti negli occhi per vedere né più né meno di quello che già so: a te solo
spetta la decisione, mi rimetto a te.
Camminiamo e i tuoi colori brillano sotto il
sole, di un rosso scarlatto, finché non arrivammo ad un dirupo, il cui fondo non
poteva essere visto. Mi guardavo intorno: solo gelo e bianco, un filo di vento
increspa le leggera superficie della neve e la fa apparire mare.
Tu, rosso scarlatto, pari ardere.
- E’ bello qui, non è vero?
Annuisco col capo, incerta se guardare te o
quello spettacolo riflesso nei tuoi occhi cristallo. Più ti guardo, più ammiro
la tua bellezza, più ti venero.
- Eppure, nonostante io ami questi luoghi,
nonostante il mio potere, non posso rimanere confinato in questo bianco
infinito, in questa terra sterile, dove il fuoco brucia per sciogliere la neve e
combatte contro il gelo. E’ una sorte ingiusta la mia, non credi?
- Non addossarti colpe che non hai. La paura
che generi è solo causata dall’ignoranza e dalla consapevolezza che con un
niente puoi distruggere le loro vite. Ma gli uomini non sono tutti uguali…
- Uomini…- e come se la tua mente si perdesse
lontano, volgi lo sguardo – anche tu sei una di loro.
- Eppure non ti temo.
- Tu non temi i falchi, né temi i lupi, perché
dovresti temere me? – ridi, con la tua voce così profonda da rianimare la valle
intera.
Chino la testa e la scuoto. Se solo sapessi la
paura che mi stringe lo stomaco in questo momento non diresti una frase così, se
solo ti rendessi conto di quanto tremano le mie mani capiresti che ti sbagli.
- Tieni questo - ed è così che appare dal nulla
questa pietra cremisi che ora è il simbolo di tutto e niente, d’ansia e di
bellezza. E’ una lingua di fuoco che prende vita.
- Chiunque, sia questo umano oppure no,
dimostri la tua saggezza, merita che i suoi desideri vengano esauditi.
Stringo le mani intorno alla pietra e la sento,
calda, pulsare fra le dita.
- Saggia a detta degli uomini.
- Se persino loro, così ciechi, ammirano la tua
mente, la tua saggezza dev’essere davvero infinita.
- I miei desideri verranno esauditi? – chiedo.
Oso chiedere perché sei tu, com’è ovvio, che deciderai se farmi conoscere quello
che voglio.
Il sole basso in cielo colora il tuo volto di
luce cosicché non posso vedere chiaramente l’espressione del tuo volto e tu del
mio. Forse è una fortuna perché altrimenti mi vedresti sorridere, felice. E sei
dispettoso, so bene che ti saresti divertito a tormentarmi, negando e negandomi
ancora ciò che voglio.
*
Il sole era alto in cielo.
Alto e stranamente splendente, sopra una distesa d’acqua di cui non si vedeva la
fine. L’acqua era verde e blu. Qua e là le onde s’infrangevano sugli scogli che,
prepotentemente, si ergevano dalle acque. Lontano c’era un arcipelago dove
l’acqua diventava più chiara e le onde diventavano bianche. Ma Nyven non riuscì
ad andare a vedere chi ci fosse, in quelle terre frammentate e sparpagliate sul
mare.
Sapeva di sognare, era
stranamente consapevole che tutto ciò che vedeva non fosse reale, perciò sapeva
anche di non avere controllo sulla sua volontà.
L’aria gli scorreva sul viso,
piacevole e profumata e lui si sentì felice come raramente gli era capitato di
essere.
“L’aria ti ferisce?”
“Non ho mai visto niente di
così bello” la voce che aveva parlato era quella di una donna, cristallina e
calda. Nyven non aveva idea di chi fosse.
Vide il mare avvicinarsi, le
onde s’infransero su di lui che scoppiò a ridere. La voce femminile che aveva
sentito poco prima rise con lui.
Poi tutto scomparve.
Nyven si ritrovò nel buio del
suo sogno. Si guardò prima a destra, poi a sinistra. Non c’era più alcuna
traccia d’acqua, né della voce cristallina della donna. Non c’era più traccia
dell’azzurro del cielo. Solo il buio, incolore.
Si svegliò del tutto, avvolto
dalle coperte e con gli occhi di un piccolo Koob che lo fissavano curiosi.
*
Era giovane,
molto giovane quando vide per la prima volta la Cappella del Vespro.
La Bianca
ripensò a quel giorno con estrema nostalgia. Era stato in quel momento, al primo
sguardo, che la sacerdotessa aveva deciso che avrebbe dedicato la sua vita a
quel luogo. Che avrebbe fatto di tutto per capirne i segreti e per svelarne le
meraviglie. E poi ne era diventata la Sacerdotessa e ne era diventata la
custode. Il suo intento era ora più che mai forte, nonostante ormai la sua
Cappella non fosse altro che macerie, dimentica di quella bellezza che aveva
ammaliato la Sacerdotessa e gli abitanti del Regno prima di lei.
Voleva
ricostruirla, voleva dare la possibilità alla sua Cappella del Vespro di
rinascere. Ora, però, non ne avrebbe avuto più il tempo.
Sospirò,
accarezzando con le mani le corolle dei fiori che crescevano vicino all’altare.
Il giorno che
vide le alte mura imponenti del Vespro era una bambina. Suo padre le teneva
stretta la mano e lei, col naso all’insù, guardava con la bocca aperta quel
luogo pieno di mistero. Si sentì chiamare, qualcosa nell’aria pronunciò il suo
nome. In quel momento seppe che il Vespro le sarebbe appartenuto e lei avrebbe
vissuto per lui.
Divenne una
novizia dopo pochi anni, quando il sole già calava sulla Prima Età. Ma il sole,
pur nel suo alternarsi di giorno e notte, non era mai calato sul Regno. Nessuno
capì davvero quello che succedeva finché, inevitabilmente, non accadde.
Della sua
famiglia l’unica che sopravvisse all’impeto dei Venti fu lei, perché protetta,
all’interno delle mura della Cappella. Protetta, durante un tempo che le sembrò
infinito, promise che un giorno avrebbe fatto lo stesso. Avrebbe protetto la sua
casa, come lei ora la proteggeva. Il sole non si alzò più in cielo, la notte non
calò. Durante i Venti, l’aria era grigia ed irrespirabile, completamente priva
di colore.
La Bianca
sospirò di nuovo, con quelle sue belle labbra turgide, ritrovate, dopo un’immane
sforzo.
La legge era
chiara, nessuno può vedere il tramonto di due Età: perché quindi le faceva così
male morire? Forse aveva paura, pensò. Forse, semplicemente, voleva avere più
tempo.
Quando aveva
conosciuto Irìyas il mago era ancora giovane ed aveva da poco terminato i suoi
studi all’Accademia. Si era presentato d’improvviso alla sua porta, senza essere
annunciato. La Bianca avrebbe imparato presto che tutto quello che riguardava
Irìyas era improvviso agli occhi degli altri.
Nonostante il
Vespro fosse ormai diroccato, spesso dei visitatori passavano; tuttavia era
venuta a mancare la sacralità che aveva caratterizzato quel luogo durante tutta
la prima Età e i rituali che accompagnavano i gesti di chiunque venisse a
pregare. Perciò vedere Irìyas alle sue porte, e sentire la sua forza pervadere
il Vespro, stupì la Bianca e diede inizio alle sue speranze.
Irìyas avrebbe
vissuto in prossimità della Cappella, nella regione dei Laghi. Voleva trarre dal
Vespro protezione e voleva dal Vespro il Libro Bianco, su cui ricercare la
formula per impedire a Gyonnareth di distruggere lui ed il suo sogno.
Ma, ovviamente,
nel mondo, nulla è fatto per nulla.
Le gambe della
Bianca erano già inferme, allora, la vecchiaia le era entrata nelle ossa.
“E’ vero,
quindi, che non rimane niente di integro, del Vespro e della sua Sacerdotessa”.
Quel tono sprezzante… la Bianca avrebbe finito per trovarlo irresistibile.
“Ciò che non è
integro agli occhi, lo può essere per lo spirito” gli rispose lei, vedendo per
la prima volta Irìyas e osservandolo mentre si guardava intorno.
Il mago sollevò
le sopracciglia: “Sono belle parole, per giustificare il fatto che nessuno abbia
ancora ricostruito queste mura”
“Di dove sei,
ragazzo?”
“Di ovunque, e
nessuna parte” La Bianca fece per rispondere, ma si rese conto che, in quel
frangente, Irìyas non mentiva. Irìyas non sapeva di dove fosse.
“Se fossi più
sapiente, sapresti che il Vespro non può essere ricostruito con semplice calce e
mattoni”
“Solo la magia
genera magia/ solo in un sole che albeggia esiste il Mattino/ solo di un sole
che tramonta si nutre il Vespro” Irìyas citò a memoria i versi del Cantico che
riassumevano il perché era impossibile ricostruire le mura del Vespro
semplicemente ergendo nuovamente ciò che era crollato.
“Quindi, se sei
consapevole che il Vespro non può essere ricostruito così semplicemente, che
cosa sei venuto a fare?”
“Non dovrebbe
essere tuo dovere accogliere i viandanti e indicare loro la strada?”
“Tu non sei un
viandante” la Bianca non riusciva a capire quale fosse il fine di Irìyas “Qual è
il tuo nome?”
“Irìyas”
sorrise, e sorrise anche lei. Entrambi sapevano che quel nome diceva molto.
“Vieni
dall’Accademia?” gli chiese dopo un attimo la Bianca, facendolo entrare
all’interno del Vespro.
“Sì, ma vivrò
qui per ora”
“Ho sentito che
uno dei Saggi dell’Accademia è morto…”
Lui annuì, ma
non aggiunse niente. Si guardò intorno, seguendo con gli occhi le crepe che
s’intrecciavano sul moro, le rime di frattura delle pareti e la luce che
filtrava accarezzando l’aria all’interno della cappella e illuminandola
delicatamente, senza lasciare che l’ombra si appropriasse degli angoli nascosti.
“E’ vero quello
che si dice quindi…” Irìyas seguì un raggio di sole attraverso una crepa “ E
cioè che la forza del Vespro è comunque forte, nonostante la Cappella cada a
pezzi”
“Non potrebbe
essere altrimenti: è lei che ha protetto queste terre dall’arrivo dei Venti”
Irìyas avvicinò
all’altare. Vi appoggiò una mano sopra.
“E ci sono
secoli che parlano attraverso queste pietre”
“Io non posso
far altro che ascoltarle”
Era questa
l’enorme differenza fra la Bianca ed Irìyas, il vero perno del loro accordo, ma
anche la causa di profonde incomprensioni.
“Ascoltare non è
sufficiente, bisogna fare! Fare qualunque cosa, ma fare. Per ricostruire”
La Bianca
sospirò. Irìyas non riusciva a vedere i motivi della passività della Bianca, per
lui limitarsi ad ascoltare equivaleva a non far nulla.
La Bianca
invece, riteneva che solo ascoltando avrebbe trovato la chiave per ricostruire
la sua casa.
A distanza di
anni, fra quelle stesse mura che avevano visto il primo incontro fra la Bianca
ed Irìyas la Bianca era più che mai consapevole che si era trovata costretta a
fare qualcosa, ascoltando le sue pietre. In fondo, pensò, tutt’e due avevano
ragione.
”Ed è per questo
che sei qui?”
Irìyas camminò
fino al fondo della Cappella, dietro l’altare. Fra le macerie, s’intravedeva un
enorme affresco dove vi era rappresentato un uomo, ammantato di bianco con le
mani alzate verso il cielo. La mano sinistra era rivolta verso il sole, la
destra verso le due lune: il primo celebrante del Vespro.
“Dev’essere
davvero stata bellissima…” Irìyas disse fra sé e sé. Nell’udirlo, la Bianca
sorrise: c’era un rispetto antico, in quelle parole, che la Bianca non pensava
di poter sentire in una persona così giovane.
Il mago si girò
verso la donna: “Io posso ridare fasto a questa Cappella…” fece una pausa
guardandosi intorno.
“E come?”
Irìyas la
guardò, finalmente, negli occhi “Devi averla percepita anche tu, sai che posso
fare quel che dico”
“Ho percepito la
tua forza, quella sì. Ma perché dovresti metterla al servizio del Vespro?”
“Corri troppo,
vecchia” la Bianca aggrottò le sopracciglia in disappunto “Non metterei mai la
mia forza al tuo servizio. Ho solo detto che potrei aiutarti, ovviamente in
cambio di qualcosa”
“Di cosa?” La
vecchia lo guardò guardinga.
“Voglio il Libro
Bianco”
Ci fu un
silenzio che parve eterno, il Libro Bianco apparteneva da secoli al Vespro, vi
erano contenuti tutti gli incantesimi noti ai sacerdoti. All’occhio umano, però,
il libro appariva come intonso e con tutte le pagine di un bianco immacolato.
“Per cosa?”
“Questo non è
affar tuo”
“Ma sai”
puntualizzò lei “che quel Libro è del Vespro, non potrei mai cederlo”
“Non vorresti
rivedere questi luoghi pullulare di visitatori, la scuola avere così tanti
aspiranti al sacerdozio da non riuscire a muoversi fra i banchi? Hai bisogno di
qualcuno che rafforzi le fondamenta di questo luogo, cosicché possa essere erto
nuovamente”
“Ma non cederò
mai il Libro”
“Non voglio che
tu me ne faccia dono. Solo che tu me lo dia, poi ti verrà restituito, integro ed
immacolato, come me l’hai dato”
La Bianca lo
guardò sospettosa.
“Non è finita
qui, non è vero?”
Il mago sorrise:
“Posso ridarti la giovinezza che sogni”
Lei non riuscì a
trattenere un singulto e si mise una mano sulla bocca.
“Cosa credi, che
non sia in grado io stessa di mascherare le mie rughe e il mio aspetto
avvizzito?”
Lui rise: “Io
posso controllare il tempo e moderare la sua azione su di te”
Di nuovo, lei
non trattenne lo sgomento.
“E questo in
cambio di cosa?”
“Questo te lo
dirò solo se dirai di sì”
Irìyas venne a
trovarla altre volte. Altre e numerosissime volte. E alla fine la persuase a
dargli il Libro e ad accettare la sua giovinezza.
Si alzò dal
giardino nel quale si era abbandonata ai ricordi. Ora sapeva perché Irìyas aveva
bisogno del Libro, e sapeva anche che era stato Nyven a rivelargli la formula da
pronunciare nella Lingua Antica. In cambio del libro, il mago aveva impresso
un’enorme forza alle fondamenta della Cappella, rinsaldandole, rifortificandole
e rendendole simili a quelle della Prima Età. L’energia sprigionata dal mago e
catturata dal Vespro era stata intensa e prolungata. Poi Irìyas era tornato a
casa con la sicurezza di avere il Libro Bianco che la vecchia gli aveva poi
portato al mercato.
La seconda
parte, quella relativa alla sua bellezza, ormai era stata dimenticata. La
Bianca, con il rapimento di Nyven, aveva consapevolmente reciso l’accordo fra
lei e il mago. Le dispiaceva e le era dispiaciuto, ma ormai era cosa fatta.
Ciononostante,
lei continuava a celare Gyofinnan agli occhi degli uomini e permettere al drago
di rimanere nel territorio del Regno senza che altri, lontano da lì, se ne
accorgessero.
I suoi pensieri
furono brutalmente interrotti da un’onda d’urto potentissima, che fece vacillare
la terra. Ebbe la netta sensazione che il terreno sotto di lei bruciasse e che
le pareti della cappella s’incendiassero. Cadde per terra: sotto l’urto, qualche
ciottolo le cadde addosso, ma le fondamenta della Cappella ressero a quella
ignota forza dirompente.
C’era un’enorme
carica di rabbia, la Bianca fece fatica a rialzarsi da terra.
Proveniva dal
nord profondo, da un luogo lontano da lì. Cos’era?
La Bianca non lo capì subito. Scosse la testa e, ancora una volta, si rese conto
di come fosse stato il Vespro a salvargli la vita. Vide molte scintille
bruciare, ma una più di altre: iniziò a seguirla, nella speranza di capire
esattamente cosa fosse.
Corse dietro la
scintilla e poi si fermò, raggelata. Un brivido le percorse la schiena perché in
quella scintilla trovò la risposta. Era stato Nyven. Nyven si era risvegliato e
Nyven aveva tentato di vendicarsi. Da così lontano, il ragazzo era riuscito a
raggiungerla. Poi qualcosa l’aveva trattenuto ed ora il suo spirito sembrava
essere di nuovo scomparso, ma quella forza, quell’onda di rabbia erano più che
mai reali.
Ciò che però
raggelò ancor di più il sangue alla Bianca fu il riconoscere la forza di Nyven,
capire esattamente e senza più alcun dubbio cos’era quello spirito che per
troppo tempo s’era celato nell’animo del ragazzo.
Lo riconobbe
perché lei, quello spirito, lo conosceva, l’aveva già visto all’alba della
Seconda Età.
“Che gli dei
proteggano noi tutti…” bisbigliò fra sé e sé “Perché torni ora?”
Ma nessuno era
lì vicino per sentirla, le sue parole si persero in un soffio di vento e la
scintilla scomparve: “Morirò dunque per mano tua?”
Si mise una mano
sul cuore che batteva velocemente. Era davvero giunta la sua ora. Il sole in
cielo si oscurò e lei, d’istinto, alzò lo sguardo in alto per vedere che cosa
coprisse la sua luce.
“Non per mano di
Nyven, dunque, ma bruciata dalla fiamma di chi ho protetto fino ad oggi”
***
AliDiPiume: Ciao ^_^/ Questa volta il
capitolo è un po' più lungo, dato che c'è anche il sogno (che disolito ocnfonde,
più che essere esplicativo XD). Mi piace che fai supposizioni, non ti dirò se
sono giuste o sbagliate (sennò si perde la suspance ^_^), però mi fa capire
quanto sono chiara e quanto la storia "prenda" oppure no ^^ Un baciotto
Yukochan: L'alcol te lo offro più che
volentieri ^_^ Sideas è un personaggio che mi piace, è "cresciuto" nel racconto
più di quanto fosse mia intenzione farlo crescere. Avrà i suoi spazi, glieli
devo. Per quanto riguarda le lune...eh eh, mi sa che il mio malcelato
romanticismo deve venire fuori da qualche parte XDD un bacio
willHole: wow *_* Grazie mille! A
questo punto sono curiosisiisma di sapere che ne pensi del resto del racconto.
Per quanto riguarda i colori, io adoro assecondare la trama ai colori, il rosso
in "Cremisi" è un tema importante... Spero di risentirti presto.
BiGi: Grazie mille ^_^ Baci
Aphrodite: ehehe i nomi
complicati sono tipici degli abitanti della Città Nascosta. Mi diverte crearli
XD Le luce sono state citate precedentemente, ma nulla di più. E' una terra
piatta, qualla in cui è ambientato Cremisi, perciò le lune si vedono solo in
alcune zone del mondo. Non girano intorno alla terra, come succede nella realtà
^_^ Bacione grande
Persefone Fuxia: in ragazzo dai
capelli blu è sì alquanto avventato. Ma è una sua caratteristica. E' un
ragazzino, ma che sa il fatto suo. ^_^ Il mago deve aspettare il giorno per
trovare il suo "focoso" schiavo XD Baci
Aealith: Sìsì, svaligio la
bieereia più che volentieri XD Le ombre sul racconto mi servono per mantenere
viva l'attenzione, mi piace svelare a poco a poco... Sono felice di risentirti
che che anche i capitoli "nuovi" ti siano piaciuti. A presto. baci
Manny_chan: sì, è esatto. Ora
aspettano la notte, poi si mettono sulle sue tracce ^_^ Il piccolo, altrimenti,
è perduto °_° Baci
|
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Capitolo 24 *** Capitolo 24 ***
Nuova pagina 1
Ringrazio tutti
qui. Vorrei postare i capitolo prima di andare al cinema, altrimenti rimando
ancora, poi va a finire che lo pubblico troppo in ritardo. Ringrazio tantissimo
chi ha recensito, perchè mai, e dico mai avrei pensato di arrivare
a 156 recensioni! Siete stupendi! Ringrazio Persefone Fuxia. Mi
spiace lasciare troppi misteri in giro (non credermi! XD), ma non temere, piano
piano la matassa si scioglierà. Ringrazio Yukochan. hehehe sì, io
adoro la sfacciataggine di Irìyas, così pieno di sé, ma in fondo, anche molto
fragile *_* E sono felice che l'amore della Bianca ti abbia coinvolta. In fondo,
è stata solo sfortunata. Un ringraziamento anche ad AliDiPiume.
Davvero hai capito chi è Nyven *_* Sempre più felice che ti piaccia sempre di
più il racconto! Un bacio a silencio, recensore di vecchia data
che mi scrive sempre cose così belle *_* Come va? Per quanto riguarda gli
incipit, purtroppo lo so, sono parti che verranno capite solo a storia
conclusa... Ma fanno parte del racconto, mi spiaceva lasciarle fuori. Ringrazio
Namida. Ti rassicuro, il tizio dai capelli blu tornerà a breve ^_^
Un bacione a Aphrodite-chan. Mi diverti tantissimo con le tue
congetture. Mi raccomando non smettere! La Bianca, ahimè, si deve guardare da
tanti personaggi :( And ultima, ma non per importanza, benvenuta a
DJKIKA. Mi spiace averti fatto venire il mal di testa, ma sono
felicissima che ti sia letta la storia praticamente in un sol boccone. Vuol dire
che ti ha presa *_*
Vi lascio con un
bacio. E con l'assicurazione che i segreti di Nyven verranno svelati, entro
l'ultima pagina XD
Capitolo Ventiquattro
Nyven dormiva. Poco prima di addormentasi fra gli
alberi, in attesa che la notte di Adiisia calasse su di lui, aveva cercato di
raggiungere la responsabile del suo rapimento. Ma subito dopo aver ucciso i suoi
tre inseguitori una stanchezza incoercibile l’aveva avuta vinta sulle sue
membra, e si era inevitabilmente addormentato. Né lui, né altri potevano capire
la sua vera natura, perché né lui né altri conoscevano ciò che era stato durante
i Venti, ciò che era stato prima e dopo. Non c’era nessuno che lo ricordasse. Ma
la Bianca, lei così vecchia e così stanca, sapeva e si ricordava quel sapore
maledetto di rabbia che aveva nuovamente colpito la sua casa. La sua casa che,
ancora una volta, l’aveva protetta e che non era crollata. La sua casa che in
quel momento, inevitabilmente, le stava per dire addio.
Gyofinnan volò sopra la Cappella del Vespro e si
appoggiò sulle mura che delimitavano una delle navate. Nonostante la sua mole
enorme e il suo peso planò leggera. La coda bianca era arrotolata fra le zampe,
il collo lungo, disteso; tutto intorno a lei l’aria si fece gelida.
I suoi occhi blu guardarono la Bianca: “L’hai
sentito”
Non era una domanda, perché il drago sapeva
benissimo la risposta.
La Bianca, nonostante quello che sapeva essere
inevitabile, non riuscì a non guardare Gyofinnan ammirata. I draghi ormai non si
lasciavano guardare, né per altro scorgere mentre volavano in cielo. Gyofinnan
era lì perché lei l’aveva protetta: la presenza di un drago nel Regno, avrebbe
rappresentato una minaccia per alcuni e un piatto succulento per altri, alla
ricerca d’inutile gloria.
“L’era dei draghi è finita” disse la Bianca, quasi
a sé stessa.
“L’era dei draghi non è mai stata, in questo Regno
che non ha mai saputo risollevarsi dall’arrivo dei Venti”
La maga aggottò la fronte: “Risollevarsi?”
“Avresti dovuto guardarti intorno, strega. Altri
regni, lontani o vicini, hanno fatto fronte al disastro: il tuo Regno è stato in
grado solo di compiangersi” La voce del drago era profonda e cupa, ma limpida.
Non c’era giudizio, né ira. L’aria che soffiava fra quelle mura, accarezzò il
pelo sulla sua schiena.
“Che ne vuoi sapere tu degli uomini…” la Bianca
sorrise “Non ne puoi sapere niente!” Il drago la guardò coi suoi occhi sempre
più scuri senza però rispondere.
“Esiste un luogo, su questa terra, dove draghi e
uomini coesistono?” le chiese la Bianca.
“La convivenza con gli uomini è difficile” ammise
il drago “Ma esistono luoghi dove i draghi convivono con altre razze. Loro e
noi”
La Bianca la guardò scettica: “Nell’Est?”
Il drago sorrise, mostrando in parte i denti
aguzzi che scintillarono al sole: “Anche qui nell’Ovest, nelle città che il
vostro insulso Re vuole conquistare con una forza che non ha e che non gli
appartiene”
“Molte cose sono cambiate…” di nuovo, la Bianca
parlò fra sé e sé. Da tempo, ormai, non visitava i popoli dell’Ovest. Da tempo,
ormai, non lasciava il territorio del Regno per esplorare le terre dei Feil a
Iubinor oppure gli uomini a Tantenor. Sorrise, amara “Mi sono lasciata
ingabbiare dalle maglie di tristezza che il destino m’ha teso, senza riuscire in
nessun modo affrontarle.”
Il drago stiracchiò il collo e la zampe anteriori,
lasciando che la vecchia parlasse: “Voi uomini, quando invecchiate, diventate
inutilmente malinconici”
La sacerdotessa annuì.
“Ora che so chi è Nyven, mi rendo conto di quanto
sia stato inutile allontanarlo da qui”
“E’ stato inutile allontanarlo nel modo in cui
l’hai fatto. Avresti potuto portarlo nei Territori, lasciarlo lì a morire”
“Non avrei dovuto suscitare la sua aggressività.
Forse lasciandolo protetto in casa di Irìyas non si sarebbe mai ricordato chi è
stato”
Il drago dispiegò le ali enormi ed emise un lungo
lamento dalla gole, così basso da essere poco udibile: “Presto arriverà
Gynnareth” disse, come un dato di fatto. Nyven si sarebbe risvegliato comunque.
“Sei qui per uccidermi?”
”La Cappella del Vespro questa volta, non ti proteggerà”
La Bianca annuì, consapevole. “Non avrei dovuto
percepire l’identità di Nyven, ma lui m’ha attaccata…”
Gyofinnan scese dal muro sul quale era planata e
si avvicinò alla Sacerdotessa. I suoi passi si udivano perfettamente,
all’interno della Cappella, ritmati ed eleganti. Le fondamenta di quel luogo
sacro sembravano sprigionare una melodia silenziosa, felici di quella presenza.
“Perché ti sei innamorata di Irìyas?” chiese il
drago, quando le fu vicino.
La Bianca sorrise: “Ti chiedi perché, in tutti
questi anni, non abbia trovato un uomo migliore di lui?” Ma non lasciò che
Gyofinnan rispondesse. “Irìyas è venuto da me con delle richieste. Fino al suo
arrivo, non ero stata in grado di far fronte a niente di ciò che era accaduto al
Vespro, che mi era stato lasciato solo perché la precedente Sacerdotessa era
morta nei Venti. E’stato un errore lasciare in mano mia, nelle mani di una
ragazzina inesperta, tanta responsabilità. Mi sono sentita troppo forte e troppo
potente rispetto a quello che in realtà ero. Mi sono sentita, d’improvviso,
immortale.” La Bianca sorrise, stringendosi nelle spalle. “Ero sopravvissuta ai
Venti per volere del Vespro, ero stata scelta come Sacerdotessa, ero stata
eletta dal destino. O almeno, così credevo. Nella realtà, però” la sua voce
s’incrinò “Nella realtà però ero solo una ragazzina che non era in grado di
creare niente con le sue mani o di portare avanti un’idea. Il Vespro, con me,
non è riuscito a rinascere: non ho trovato, in tutti questi anni, una fonte di
forza adeguata alle sue fondamenta. Mi sono lasciata convincere, dal tempo e da
me stessa, che non esisteva forza in grado di rifondare ciò che i Venti avevano
distrutto. Mi sono chiusa in una cecità che, per anni, m’ha reso completamente
inerme. Poi è arrivato Irìyas. In un attimo m’ha dimostrato che non basta
attendere perché le cose accadano, che bisogna ricercare la forza di ottenere
ciò che si vuole…” Di nuovo, la Bianca fece una pausa, guardando il drago che
era accovacciato vicino a lei. “Si è facilmente ingannati dalla forza di Irìyas.
Si pensa che, perché così potente, abbia ottenuto tutto con estrema facilità.
All’inizio credevo anch’io che per lui fosse tutto semplice, solo perché la
sorte gli era stata amica. Poi m’ha insegnato che tutto quello che ha ottenuto,
gli è capitato perché l’ha voluto. Niente pare essergli accaduto per caso. Mi ha
insegnato a prendermi cura di ciò a cui tengo. E’ stato lui ad insegnarmi a
prendermi cura del Vespro, senza aspettarmi che fosse lui a prendersi cura di
me.”
Gyofinnan la guardò con un’espressione quasi mite,
con occhi circondati da scaglie argentee.
“Non eri sufficientemente forte per il ruolo di
cui eri stata investita”
“Perciò mi sono innamorata stupidamente di chi
m’ha messo davanti agli occhi tutti gli errori che ho fatto”
“Ma ora l’hai tradito”
La Bianca si strinse nelle spalle: “Le mie azioni
non hanno cambiato la realtà dei fatti. Anche se non mi sarei mai aspettata che
Irìyas andasse personalmente da Nyven…” c’era rimpianto nella sua voce “E ora
che so chi è davvero Nyven, capisco come sia inevitabile che Irìyas voglia solo
Nyven con sé. Mi chiedo solamente perché abbia le spoglie di un semplice
schiavo”
“Questo ce lo dirà Nyven stesso”
La sacerdotessa annuì, sospirando.
“Non mi uccidere”
“Non ti lascerò vivere” Gyofinnan si mise in
piedi, sollevandosi sulle quattro zampe e dispiegando tutte le sue ali,
oscurando il sole.
La Bianca indietreggiò, spaventata, all’interno
della sua Cappella: “Non glielo dirò!” Aveva paura, era inevitabile, ma sapeva
che il drago non avrebbe desistito.
Il drago non ascoltò, la fiamma che gli uscì dalla
bocca colpì prepotentemente la Bianca che provò un gelo intenso. Tutto
all’interno della cappella divenne di cristallo. La sacerdotessa cadde a terra,
ma si risollevò, per mettersi la riparo.
“Non posso permetterti di…” cadde di nuovo a terra
e Gyofinnan le si avvicinò: “Non hai scampo” di nuovo, il fuoco del drago la
investì con tutta la sua violenza, la sacerdotessa congiunse le mani, per un
ultimo disperato tentativo. Riuscì a scappare, ad avvicinarsi all’altare: “No…”
bisbigliò, tremando. Le sue labbra erano cianotiche e i suoi movimenti
intorpiditi dal gelo. Il drago si sollevò in cielo. Di nuovo, oscurò il sole,
l’aria si cristallizzò e il bosco che circondava la cappella parve
immobilizzarsi di fronte al drago. La fiamma, questa volta, colpì tutto il
Vespro, e la Bianca gridò. La sua casa, il sua cappella, gelarono in ogni
anfratto, il suo interno fu pervaso dal fuoco che ardeva, azzurro e violento.
L’altare della cappella scricchiolò appena, poi
tutto fu silenzio.
Il cristallo che aveva avvolto la cappella brillò
sotto il sole al tramonto, diventando di un rosso acceso. Gyofinnan si appoggiò
a terra, osservando quella costruzione abbracciata dalla sua stessa fiamma ormai
spenta, ammantata dal freddo che lei stessa aveva generato.
Poi il cristallo intorno al Vespro si frantumò in
mille pezzi, come polvere luminosa al sole. Si sciolse nel soffio di vento che
spirò quando tutto era inevitabilmente finito.
L’altare della Cappella era ricoperto di fiori
bianchi dai pistilli colorati che venivano scossi dalla brezza. Molti si
lasciarono catturare da quel vento che ne sparpagliò i mille petali nell’aria.
Il profumo di fiori cosparse tutto il Vespro, i
boschi e la pianura tutt’intorno, come un ultimo saluto della sua abitante
centenaria.
Gyofinnan si allontanò, consapevole che non
esisteva più la forza della Bianca che ne occultava la presenza.
Irìyas lo percepì. Percepì il grido della Bianca,
la morsa del gelo e poi, infine, la sua voce scomparire. Gli parve di assaporare
anche l’odore di fiori che lì a Nord, ad Adiisia, sicuramente non crescevano.
Ormai era calata la notte e il buio si stava
impadronendo di tutto.
“La Bianca è morta” disse, guardando fuori dalla
finestra della stanza dove aveva preso alloggio. Sideas, che era appoggiato alla
parete opposta, annuì.
“Come?”
“Gyofinnan…”
Sideas aggrottò la fronte, ma non chiese il perché
di quello strano comportamento del drago. La voce di Irìyas tradiva altrettanto
sconcerto.
“Sento voci, sento grida… Ma faccio fatica a
sentire Nyven.”
”Dev’essere da qualche parte”
Il mago annuì: “Altrimenti sarebbe ghiacciato, là
fuori”
Ci fu silenzio per un attimo. La notte carica di
neve e grandine imperversava fra le strade deserte di Adiisia, le stesse pareti
della camera erano fredde, nonostante i fuochi accesi ovunque. Irìyas si strinse
nel suo mantello: “E’ la fuori chissà dove” si lasciò sfuggire un sospiro,
incapace di capire lui stesso le proprie parole. Nyven lo preoccupava, Nyven lo
agitava, lo voleva con sé, lo voleva fra le sue mura. Avrebbe voluto averlo lì
davanti per chiedergli troppe cose che non avevano ancora avuto risposta. Si
rese conto che poco importava chi fosse Nyven in realtà, importava solo
ritrovarlo e riportarlo sui Laghi, magari mostrargli le Colonne dove finiva il
mondo…
Il mago sapeva che Nyven in quel momento era ad
Adiisia, nascosto, ma al sicuro. Era scomparso e riapparso. La Bianca, invece,
era scomparsa definitivamente.
Lo sapeva che sarebbe successo, sapeva bene che
sarebbe morta di lì a poco perché lei stessa gliel’aveva detto. Eppure non
riuscì a non sentirsi triste. Non riuscì a non chiedersi se quella morte fra i
ghiacci fosse proprio quella che avrebbe voluto o se invece avrebbe potuto
sperare in una vita oltre il tramonto della Seconda Età. Gli sarebbe mancata.
Quella vecchia, stupida e arrogante, quella buona a nulla, probabilmente gli
sarebbe mancata molto. Aveva osato mettergli i bastoni fra le ruote, aveva osato
contravvenire ad un patto stretto e sigillato fra loro: l’avrebbe uccisa con le
sue mani, se solo avesse avuto un po’ più di tempo.
Sospirò. Forse no, non l’avrebbe fatto. Forse l’avrebbe perdonata perché sapeva,
in cuor suo che, benché avventata, l’azione della Bianca aveva come unico scopo
quello di proteggere quel Vespro che non era stata mai in grado di proteggere.
Era un ultimo tentativo, vano, ma pur sempre un tentativo.
Guardò fuori un’ultima volta e ripensò a quelle
mille rughe che l’avevano accolto nel Vespro, il giorno in cui lui era andato
per stringere un patto con lei. Probabilmente non avrebbe mai dimenticato quel
viso.
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Capitolo 25 *** Capitolo 25 ***
Ciao a tutti. E' successo un disastro al mio computer e, ahimè, è defunto ...
Grazie al cielo, mi miei preziosissimi files erano in doppia copia su chiavetta (a volte la mia saggezza mi sconvolge! XDD), ma ora mi ritrovo senza
il mio programma per creare un html decente. Indi, la formattazione di questo capitolo sarà orrida ._. Scusatemi!
Farò casino, io non sono assolutamente capace di usare l'html ... Va be', siate clementi.
Venendo a noi, sono proprio felice che la Bianca (anche se ormai è solo "petali nel vento") vi sia piaciuta. Alla fine è un personaggio tenero. E sì, ha un che di
ingenuo che le dà un fascino tutto particolare. Una freschezza che forse manca agli altri, così gravati dagli "eventi"
E a proposito di eventi vi lascio qualche (finta) anticipazione, per chi è impaziente XD
Per chi vuole finalmente fare luce su alcuni misteri e iniziare a districarsi lo rimando al capitolo 28
Per chi vuole un pizzico di shounen ai lo rimando al capitolo 27 (e al 29)
Per chi vuole ancora un po' del ragazzo dai capelli blu lo rimando al capitolo 26
Per chi vuole ancora un po' di carne al fuoco lo rimando a qui sotto. Con la (semi) promessa che le spiegazioni sono ormai davvero prossime.
ah...dimenticavo. Per chi vuole finalmente sapere chi è Nyven deve aspettare... mica posso svelarvi tutto XDD
A presto ^_^//
Capitolo Venticinque
L’entrata della casa di Lè
non si vedeva, a meno di non stare molto attenti. Era nascosta dalla neve e
da alcuni gradini. Quando Lè, che precedeva Nyven di alcuni passi, scomparve
là sotto, il ragazzo ebbe la sensazione che il piccolo Koob fosse svanito
d’improvviso. A ben guardare invece, la porta si poteva vedere, in legno
massiccio bianco, piccola e stretta. Nyven dovette chinarsi per entrare.
Si ritrovò davanti un
numero imprecisato di uomini bassi e pelosi che lo guardavano.
“Dormirà qui, dormirà” poi
si rivolse a Nyven “Mia moglie Tè, mia. I miei figli Rè, Vè, Cè, Jè, Sé, i”
Nyven incurvò le labbra, facendo fatica a trattenere il sorriso.
Nessuno di loro protestò e
nessuno di loro gli rivolse la parola. Se ne andarono, entrando nelle
diverse porte lungo il corridoio.
Il ragazzo ebbe un attimo
di tempo per guardarsi intorno. Il soffitto era troppo basso per lui, lo
sfiorava con la testa. Il corridoio era luminoso, anche se non c’erano né
bracieri, né lampade lungo le sue parenti. Ed era molto caldo, nonostante
non ci fossero fuochi accesi.
“Dormirai qui, dormirai”
La voce di Lè riportò gli
occhi di Nyven sul Koob “ e domani sarai fuori di qui, e…” sospirò.
“Nessuno è molto contento
di farti dormire nel corridoio, nessuno. Sicuramente sarai d’impiccio,
sicuramente. Se mio cugino, se, ti vede qui, ti, si arrabbierà molto, si.
Perciò, all’alba fuori, perciò”
Lè si girò per andarsene.
“Aspetta…”
Il koob si girò a guardare
il ragazzo.
“Perché mi aiuti?”
Gli occhietti di Lè si
strinsero e osservarono Nyven a lungo, non rispondendo immediatamente alla
sua domanda.
“Qualcosa mi dice che è
meglio averti come amico che come nemico, qualcosa”
“Mi aiuti perché mi temi?”
Lè scosse la testa, senza
né affermare né negare: “Non lo so perché ti aiuto, non. Lo faccio e basta,
lo! Mi sembra saggio, mi…” Fece il sospiro di chi parla anche con se stesso.
Comparve la moglie di Lè -
Tè? Nyven non era assolutamente sicuro del nome - gli stese una coperta sul
pavimento e gliene diede una in mano. Lo guardò anche lei, con gli stessi
occhi che Lè aveva avuto poco prima.
“Mi aiutate perché vi
faccio paura?”
Lei non rispose subito:
“Sei troppo lungo per dormire nelle stanze, sei” La sua voce aveva un tono
così femminile e caldo che Nyven si stupì, quasi più del sentirla finalmente
parlare “Voi uomini del sud siete senza peli e troppo alti. Disperdete
troppo calore e occupate troppo spazio”
Nyven sorrise: “Da dove
vengo io, il sole brucia la terra anche quand’è notte fonda”
Lei sorrise: “La terra da
dove vieni tu ha il colore dei tuoi capelli, la mia si colora solo del
bianco della neve o del nero della notte”
Le luci vennero spente
quasi subito e Nyven si ritrovò immerso nel buio più scuro. Non gli rimase
che sdraiarsi sul giaciglio che gli avevano preparato e chiudere gli occhi.
Tuttavia non riusciva a prendere sonno. Si portò le coperte fin sopra il
naso, nel tentativo di scacciare i mille e più pensieri che urlavano nella
sua testa e non lo lasciavano dormire.
Che cos’era successo da
quando aveva lasciato la casa di Irìyas? Dov’erano i suoi inseguitori,
l’uomo che l’aveva legato di fronte all’osteria il giorno prima? Nyven aveva
ricordi molto confusi. Ma in lui c’era una strana consapevolezza: sapeva che
era a causa sua se i suoi inseguitori erano scomparsi. Era a causa sua se
nessuno ora gli dava più la caccia. Sorrise.
Non ricordava quello che
era successo, ma qualcosa in lui era profondamente cambiato: non aveva più
paura. Era forse spaesato, perché non conosceva quei luoghi, perché era
lontano da casa. Ma quel sottile filo d’ansia che l’aveva accompagnato da
sempre, sembrava un ricordo lontano. Quasi non gli fosse mai appartenuto.
Sentiva le sua braccia più forti e la sua mente molto più lucida.
E poi…
E poi c’era qualcosa di
ancora più nuovo che bussava alla sua mente e gli rubava il sonno. Qualcosa
di ancora non ben chiaro ai suoi pensieri. C’era una sensazione in lui di
appartenere altrove, di non essere nato sotto il sole di Droà, di non essere
nato al caldo di una terra bagnata dal mare del sud. Eppure, nonostante
questa consapevolezza, sapeva altrettanto bene che Droà era tutto ciò che si
ricordava. Sospirò, nel buio del corridoio dei Koob. Ora era lì, a nord,
senza sapere esattamente il motivo per cui era lì. Era stato portato,
obbligato e messo in catene.
Adiisia, come Droà,
osservava gli uomini, con tranquillità, lasciandoli affannare nelle loro
vicende quotidiane. Ma quei due occhi, quello del nord e quello del sud, non
si erano mai posati su di lui. Nyven sapeva che le due città l’avevano
riconosciuto.
Sospirò nuovamente e si
passò una mano in faccia, come a togliere con le dita i pensieri cui non
riusciva a dare un ordine.
Ora non avrebbe dovuto fare
altro che tornare da Irìyas. Perché il mago, nonostante fosse il suo
“padrone”, era l’unico che era sempre stato estremamente chiaro con lui. Gli
aveva detto quello che voleva, senza giri di parole o inutili inganni. E
poi, chi voleva prendere in giro? Irìyas aveva avuto la meglio su di lui il
primo giorno, quando immerso nell’acqua l’aveva guardato con i suoi occhi
verdi e aveva capito di lui cose che allo stesso Nyven ancora sfuggivano.
Doveva tornare da Irìyas perché voleva tornare da Irìyas. E perché voleva
aiutarlo ad andare ad Est.
Che cosa avrebbe fatto una
volta che il mago fosse partito non era una questione a cui pensare. Ora
solo doveva ritrovarlo. Lì ad Adiisia. Perché Irìyas era venuto per lui, a
riprenderselo.
Di nuovo Nyven si strinse
nelle coperte, felice a quel pensiero: Irìyas era lì per lui. O forse solo
per i suoi capelli. Ciononostante, era venuto.
Già… i suoi capelli, che
ora erano lunghi, lunghissimi e cremisi. Irìyas sarebbe stato contento di
vederli così. E lui ne sarebbe stato contento di conseguenza. Nemmeno Nyven
riusciva a capire il suo rapporto col mago, né tanto meno perché avesse
tutta quella voglia di aiutarlo. Era probabilmente la capacità di Irìyas di
sedurre chiunque gli fosse necessario che aveva avuto la meglio sul ragazzo.
Gli bastava vedere il viso del suo padrone felice, avrebbe avuto tempo per
capire i perché che muovevano ogni cosa.
Il sonno stava quasi per
aver la meglio su di lui quando, d’improvviso, la sua mano sinistra iniziò a
bruciare sotto la sua guancia. Nyven si alzò di scatto, sorpreso da se
stesso. Tentò di guardarsi la mano, ma in quel buio non si vedeva nulla.
Prima le dita, poi il polso, il braccio la spalla e la nuca. Poi tutta la
schiena. Il dolore fu così intenso che Nyven emise un gemito, nonostante
cercasse di non svegliare nessuno dei suoi ospiti. Si mise una mano di
fronte alla bocca e soppresse un grido: la sua pelle bruciava. Cercò di
mettersi in piedi, per raggiungere una stanza dove poter vedere che cosa
avesse il suo braccio, ma le sue gambe erano intorpidite. Ricadde sdraiato
nel suo letto, ansimante. Il fuoco gli era amico, ma aveva la netta
sensazione che lo stesse bruciando.
Sentì una mano scuoterlo
violentemente. Nyven si svegliò di soprassalto. Una faccia pelosa, con gli
occhi accigliati e oscurati da un cappello calato sulla fronte, lo guardava
con ira.
“Chi sei?”
“Chi sei tu, chi, maledetto
gigante maledetto!”
Si mise in piedi di
soprassalto, dimentico di quanto fosse appena successo la notte precedente.
“Che cosa vuoi?” il koob di
fronte a lui aveva un bastone fra le mani, col quale lo colpì violentemente
alle ginocchia.
“Esci subito da questa
casa, esci, non abbiamo bisogno di voi giganti qua dentro, non!”
Nyven vide Lè accorrere.
“Lascialo stare, lascialo”
”La casa di mio padre, la, così profanata, così”
Il koob che aveva svegliato
Nyven iniziò a litigare con Lè.
“E’ anche la casa di mio
padre, è” poi Lè si girò verso Nyven “E’ l’alba, è. Esci e va’ pure a
cercare come tornare a casa, esci”
Il koob, che Nyven immaginò
essere il cugino cui Lè aveva accennato la sera prima, si girò verso il
ragazzo, brandendo di nuovo il bastone: “Vattene via, vattene. Io non
sopporto i giganti, io!”
Nyven così si ritrovò
sbattuto fuori senza troppe cortesie, con un Lè che continuava a gridare col
cugino, in una lingua che Nyven faceva fatica a capire.
Faceva ancora freddo,
l’aria di Adiisia svegliò completamente il ragazzo che si guardò velocemente
intorno.
C’erano alcune case che
Nyven non aveva visto la sera prima e occhi spalancati di Koob che lo
guardavano, atterriti. Il ragazzo non capì. Una bambina lo indicò e si mise
a piangere. Nyven indietreggiò, voleva andarsene ma davanti a lui si stavano
riunendo troppe persone.
Nyven si strinse nella
coperta che aveva preso a casa di Lè, e fu allora che vide la sua mano
sinistra. Un tatuaggio gli percorreva le dita, gli legava il polso e si
attorcigliava lungo il braccio, fino alla spalla. Poi Nyven non riusciva a
vedere dove questo proseguisse, ma il suo significato non lasciava dubbi.
Coprì il braccio con la coperta, con la quale si avvolse tutto, per
nascondersi. E si mise a correre. Doveva andare via, doveva avere un attimo
di tempo da solo per guardarsi, per capire… Ecco che cos’era il dolore di
quella notte: quel tatuaggio che riappariva, indelebile sulla sua pelle.
Perché l’aveva?
Nyven non ricordava
assolutamente nulla.
Un koob cercò di fermarlo,
ma nessuno gli si oppose davvero.
Dov’era Irìyas? No, forse
non doveva cercarlo… ma il mago l’avrebbe trovato.
Il cuore di Nyven batteva
all’impazzata, quel disegno su suo braccio sinistro, i nodi e gli intrecci
lo condannavano a morte.
Che cosa aveva fatto per
meritarsi…
I pensieri di Nyven furono
interrotti dai rumori di una piazza vicina. Il ragazzo si coprì bene la
testa, il corpo e le braccia. Nessuno poteva vedere la sua pelle. Prese una
stradina che lo portò in una piazza molto affollata: lì forse qualcuno
poteva dirgli se uno straniero dagli occhi verdi era da poco arrivato in
città.
Non fu necessario chiedere.
Appena arrivato in piazza, una mano lo afferrò. Prima di poter protestare,
un dito gli chiuse la bocca: “Dopo, non qui”
Nyven non riuscì a
trattenere la sorpresa. La mano di Irìyas stringeva forte la sua, ora forse
avrebbe avuto pace.
Camminò per stradine con
poca gente, quasi Irìyas non volesse incontrare nessuno. Arrivarono di
fronte alla locanda che Nyven riconobbe essere la stessa dov’era stato
legato appena arrivato ad Adiisia. Non entrarono dalla porta principale ma
salirono delle scale esterne. Irìyas non lasciava andare la sua mano e Nyven
la stringeva forse un po’ troppo forte.
Solo all’interno della
stanza il mago lasciò andare la presa, finalmente girandosi verso il ragazzo
e guardandolo negli occhi. Nyven non riuscì a leggerli, tanto era agitato.
Si strinse nella coperta, ma Irìyas non gli permise di fare un passo
indietro.
Il mago non parlava, aveva
le labbra strette e quegli occhi verdi fissi sul suo viso. Con la mano gli
accarezzò la fronte e Nyven ebbe l’impressione di udire un sospiro, lieve.
Forse era solo
un’impressione…
Irìyas prese una ciocca
dei capelli rossi del ragazzo e l’accarezzò per tutta la sua lunghezza. Aprì
la bocca per dire qualcosa, ma subito la richiuse. Lasciò andare i capelli e
gli portò la mano sul viso, percorrendo la linea degli zigomi e poi
scostando la coperta dalla testa di Nyven. Il ragazzo aveva la bocca
asciutta e non aveva nessuna parola da frapporre tra lui e il mago, ma
quando capì che la coperta non gli nascondeva più la nuca, tremò, facendo un
passo indietro di istinto.
“Non…” riuscì a dire,
spezzando con la sua voce quel momento “Irìyas non…” ripeté, cercando di
dare un senso alle sue parole.
Vide il mago aggrottare le
sopracciglia e poi spalancare gli occhi, appena il disegno sulla sua pelle
fu evidente. Prese la coperta e gliela tolse, lasciandolo coi vestiti
leggeri che aveva a Tangorn.
“Chi è stato?”
Il ragazzo scosse la testa:
“Nessuno qui ad Adiisia”
“Chi sei Nyven?”
Di nuovo il ragazzo scosse
la testa: “Non lo so”
Irìyas gli si avvicinò, di
nuovo prese i suoi capelli fra le dita, poi percorse con l’indice il
tatuaggio sul collo di Nyven, sulla sua spalla e sul braccio. Ogni
intreccio, ogni nodo.
“Torni con me?”
Nyven non si aspettava
quella domanda, così semplice e diretta. Non sapeva dove altro andare, ma
soprattutto non voleva andare da nessun’altra parte se non ovunque fosse
Irìyas. Fece sì con la testa e si morse le labbra per non piangere. Poi
l’abbracciò, incurante di quello che avrebbe e non avrebbe dovuto fare.
Abbracciò Irìyas come non potesse fare altro. E il mago ricambiò
l’abbraccio, stringendo il ragazzo a sé. Con la mano destra gli percorse la
schiena, sfiorando quel tatuaggio inciso sulla pelle di Nyven.
Nyven era stato maledetto.
Qualcuno che conosceva le Maledizioni ne aveva lanciata una contro di lui,
in un tempo remoto, forse, o forse prossimo.
La Maledizione ora gravava
sulla volontà di Nyven legandogli le dita, sulla sua forza intrecciandogli
il braccio, sul suo destino coprendogli la nuca e sulla sua vita
disegnandogli la schiena.
Irìyas conosceva pochissimi
esseri in grado di dominare le Maledizioni. |
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Capitolo 26 *** Capitolo 26 ***
Ciao a tutti. I problemi con il computer rimangono e io sono nella fase "disperazione" per vari motivi. Uno di questi è che io, l'html, non
lo so oggettivamente usare, quindi per fare questa pagina ci ho messo (non è un assurdità) 50 minuti netti.
Prima usavo front page, due click ed il gioco era fatto. Ora non so far niente. Quindi devo procurarmi un nuovo editor, altrimenti rischio di posticipare sempre la pubblicazione dei capitoli perchè devo avere mezzo pomeriggio per caricarli online ._. Non si può mica... Avete idea di un editor gratis che posso utilizzare? Magari scaricabile da internet, facile e "userfriendly"? Mamma mia, potrei anche imparare i 4 comandi dell'html, davvero...
Comunque sia, ecco che riesco a postare il nuovo capitolo. Mi scuso se la formattazione non è delle migliori (l'impegno, vi assicuro, c'è stato). Rin grazio tantissimo tutti per i commenti. Lo sapete che vi adoro, e che mi aiutate tantissimo ad andare avanti. Nella mia mente Cremisi è finita, ma scriverla, comunque, richiede impegno e fatica. Leggere quel che scrivete mi dà molta forza. Grazie. Trovo l'editor e riprendo a rispondere ad personam. Promesso. Ora devo andarmi a preparare qualcosa per il pranzo... Un bacio grande. Grazie ancora.
per ultimo, sìsì, non temete ormai la famosa "matassa" (come quale matassa? quella della trama XD) si sta srotolando.
Ho finito oggi il capitolo 30 (sono un po' più avanti rispetto alla pubblicazione) e ormai è (quasi) finito il tempo dei misteri ^_^
Bacibaci (quanto ciancio!)
Capitolo Ventisei
Il sole era sorto da poco.
I suoi raggi bianchi illuminavano le finestre della taverna dove Sideas si
trovava e dove sorseggiava un infuso di ortiche e cannella. Non si era
ancora svegliato nessuno. Persino l’oste aveva gli occhi assonnati e passava
lentamente lo straccio sul bancone. Il cavaliere guardava fuori dalla
finestra, con gli occhi di chi sta guardando tutt’altro. Adiisia era un
mondo lontano, una terra di confine. Il Re non avrebbe mai potuto
assoggettarla a sé.
Sideas si chiese se davvero
il Re fosse così sprovveduto come appariva, oppure se il suo piano
comprendesse qualcos’altro che lui ignorava. Se è vero che i draghi
avrebbero potuto assoggettare le terre confinanti col Regno, era altrettanto
vero che nessun drago ama la schiavitù. Appena avesse potuto si sarebbe
ribellato, ardendo tutto il Regno, senza alcuna remora. Forse il Re
conosceva più in dettaglio come Hago avesse fatto ad assoggettare Gyonnareth
e non temeva quindi l’eventuale vendetta dei draghi…
Eppure, nonostante tutto,
il regno stesso rischiava di sfaldarsi: quelle terre di confine, a Tangorn,
probabilmente nei territori di Droà, per non parlare delle città dell’Ovest.
Tutte le terre di confine avevano, a poco a poco, acquistato una loro
autonomia a cui non avrebbero di certo rinunciato per il volere del Re.
Sideas sospirò. Era una
situazione estremamente complicata. Dopo tutto, era anche impensabile che il
regno si frammentasse in tante città stato, quando le reti commerciali erano
così fitte che nessuno avrebbe tratto un gran giovamento dalla propria
dichiarazione d’indipendenza.
Forse il vero problema era
il Re che ora sedeva al trono. Era un Re incapace, inconsapevole dei
problemi che affrontavano le sue terre e fin troppo consapevole del suo
potere.
Ed era un Re che regnava da
troppo tempo.
“Sei diverso da come ti
avevano descritto”
La voce di A’ece’nar
interruppe il flusso di pensieri di Sideas. Il cavaliere non scostò gli
occhi dal punto che stava fissando. Bevve un altro sorso del suo infuso, poi
appoggiò la tazza sul tavolo e se ne versò ancora, dalla brocca bollente.
“E chi mi aveva descritto?”
“Le parole della gente.
Sai…” A’ece’nar si strinse nelle spalle “ Ci sono persone che si conoscono
prima che le si incontri”
Sideas annuì e non disse
nulla.
“Abbiamo saputo che Beklar
è scomparso. Temevamo il nuovo capitano delle guardie”
“Non lo temete più?”
“Ora il timore è diverso”
Sideas si girò, finalmente,
per guardare il suo interlocutore negli occhi: “Perché parli al plurale? Di
chi è questa volontà collettiva?”
A’ece’nar non rispose
subito, sorrise: “E’ la volontà del consiglio, è la volontà che mi ha
mandato qui…”
“Non dovresti parlare con
me di queste cose”
Il ragazzo dai capelli blu
annuì, a sua volta: “E’ vero, ma te l’ho detto. Sei diverso da come ti
avevano descritto.” Prese fiato “Mio fratello m’ha insegnato a fidarmi
dell’istinto. La gente della Città Nascosta sopravvive grazie al proprio
istinto. Se non lo seguisse, le nostre navi cadrebbero giù dal mare, oltre i
confini del mondo, e andrebbero perdute. Siamo abituati a basarci solo
sull’istinto per capire la minima variazione delle correnti, per leggere le
stelle e cosa ci stanno indicando…Se il nostro istinto ci abbandona, noi
moriamo”
“Perché mi stai dicendo
tutto questo?”
“C’è qualcosa in te che mi
dice che Beklar ha cresciuto un buon figlio…”
“Sei giovane, devi stare
attento”.
“Sono giovante, è vero, ma
sono qui all’estremo nord del regno. Chi mi ha mandato s’è fidato di me”
Sideas annuì, capendo dove
il ragazzo lo voleva portare.
A’ece’nar riprese a
parlare: “Non mi hai ucciso, ieri, quando ti ho attaccato”
Sideas rise: “Non mi avrai
scambiato per un pazzo sanguinario”
Il ragazzo dai capelli blu
rise a sua volta: “No, ma avresti potuto farlo. Ti ho attaccato io, senza
motivo, d’improvviso. Saresti stato più che giustificato”
“La Spada del Principi non
si sporca mai del sangue di innocenti”
“Ma io sono un tuo nemico”
Sideas si girò verso il
ragazzo, per ascoltare la sua spiegazione. A’ece’nar gli fece gesto con la
mano per farlo avvicinare a sé: “Perché tu sai” gli bisbigliò all’orecchio
“che tutta la Città Nascosta non vede l’ora di dichiararsi indipendente…”
Rise divertito fra sé e sé. “Ma non lo farà. Non ora, comunque.”
Sideas annuì: “Lo so bene.
E penso lo sappia anche il Re”
“Il Re dunque non è la tua
mente, i tuoi occhi e la tua mano?”
“Il mio Re è tutto questo,
sì…” era un terreno troppo fragile. A’ece’nar non doveva sapere né con chi
stava Sideas, né doveva capire il suo pensiero. Lasciargli intuire di essere
contro il Re sarebbe stato sicuramente controproducente. La voce non doveva
diffondersi, la sua facciata doveva rimanere integra ed immacolata. Di
contro però, sarebbe stato controproducente anche non lasciare nessuno
spiragli aperto ad A’ece’nar. Il ragazzo si fidava. Per qualche motivo, il
ragazzo gli indicava una direzione da prendere. Sideas non aveva
assolutamente intenzione di chiudergli la porta.
Il cavaliere vide una
figura muoversi rapidamente, all’esterno della locanda. Sorrise: Irìyas
aveva trovato Nyven. Sarebbero dovuti tornare a casa di lì a poco.
I pensieri di Sideas furono
di nuovo interrotti da A’ece’nar.
“Prendi questa” gli disse
porgendogli un frammento di quello che, a prima vista, pareva vetro “ E
fanne buon uso”. Poi si alzò, per andarsene “ Se davvero non mi sono
sbagliato, userai quella pietra nel migliore dei modi. Se invece il mio
giudizio è stato fuorviato dalla tua astuzia, allora quella pietra ti sarà
inutile”
Sideas la sollevò, per
farla brillare al sole: “E’ un Frammento d’Acqua”
A’ece’nar annuì.
“I Lavici, nel fondo delle
nostre terre, forgiano pietre rosse, le generano dal fuoco e le plasmano con
la loro arte. Sono conosciute come Frammenti di Fuoco, oppure semplicemente
Pietre Laviche.” Sideas si girò per guardare negli occhi il ragazzo dai
capelli blu “Sotto i mari i loro fratelli crescono e plasmano Frammenti
d’Acqua, con egual cura ed egual arte. Gli uomini le conoscono anche come
Acquee. Perché mi doni questo piccolo frammento?”
“E’ la chiave d’entrata, o
quella d’uscita. Di più, lo sai, non ti dirò”
Sideas riguardò quel
Frammento d’Acqua, sapendo che non avrebbe, in quel momento, ottenuto alcuna
risposta.
E, se mai l’avrebbe
ottenuta, non sarebbe stato in quei giorni e sotto quel cielo.
Annuì. Sideas era un uomo
che sapeva pazientare.
Il ragazzino che gli era
apparso e lo aveva attaccato il giorno prima - A’ece’nar ge Tiada-na
Yssal-na – non era in realtà l’ingenuo ed infantile attaccabrighe che poteva
sembrare.
Sideas strinse il Frammento
d’Acqua fra le dita. Con quella pietra in suo possesso – una pietra di cui
non conosceva né l’utilizzo, né tantomeno il perché fosse finita fra le sue
mani – Sideas ebbe chiara ed evidente la dipartita della sua strada da
quella di Irìyas.
Le loro strade erano sempre
state diverse, ma pur sempre parallele. Forse lontane, forse nascoste agli
occhi dell’altro. Lì, però, in quel momento, in un’Adiisia che ritornava al
lavoro e dove lui si versava una tisana, col più quotidiano dei gesti, gli
fu chiaro che i destini suoi e del suo mago erano stati intrecciati ma mai
amalgamati. Lui non sarebbe mai andato ad Est, la sua destinazione sarebbe
stata la Città Nascosta, probabilmente. Se fosse sopravvissuto all’arrivo di
Gyonnareth.
Finì la seconda tazza di
infuso, assaporando il retrogusto di cannella che gli pizzicava leggermente
la lingua.
In fondo, anche lui, voleva
scrivere la sua storia con le proprie mani.
“Vengo con te” fu una
risposta ovvia, quella che Nyven diede ad Irìyas, nascosto fra le sue
braccia. Nonostante tutto, però, entrambi aspettarono di udirla, prima di
crederci.
La pelle di Nyven era
calda, la Maledizione bruciava intessendosi con lei.
“Non sai chi è stato?” di
nuovo Nyven scosse la testa
“Ma so che qualcosa è
cambiato” aggiunse il ragazzo “I miei inseguitori… La Bianca… Sono stato io
ad ucciderli”
“La Bianca è morta per mano
di Gyofinnan”
Nyven obiettò: “La Bianca è
morta perché mi ha portato via da casa tua”
Irìyas, in fondo al suo
animo, sapeva che cosa intendeva il ragazzo. Gyofinnan aveva arso il corpo
ormai vecchio della Bianca, ma tutto era stato generato dal gesto folle di
portargli via Nyven.
“Non dovrei portarti con
me. Forse la Bianca aveva visto giusto. Forse davvero, sei da allontanare…”
Nyven guardò Irìyas negli
occhi, cercando di capire se il suo padrone stesse parlando sul serio oppure
no. Bastò uno sguardo per capirlo. Sorrise, sollevato.
“Forse hai ragione” ammise
“E’ da quando mi hai accolto nella tua casa che tutto è cambiato. Prima ero
solo un ragazzino che cercava di sopravvivere a Droà. Ora non so più neanche
chi sono…” alzò il braccio sinistro, guardando il suo tatuaggio “E sono
stato maledetto, da qualcuno così potente da essere in grado di farlo senza
che ne abbia memoria”
“C’è una parte oscura nella
tua vita che tu non ricordi, ma che sta venendo in superficie. “ E
ciononostante, voglio che torni a casa con me. Avrebbe voluto concludere
Irìyas, ma si trattenne. In fondo, non era necessario che Nyven lo sapesse e
non era necessario neanche ammetterselo ad alta voce.
“Non temi la mia
Maledizione?”
Irìyas annuì: “Sarei uno
sciocco e un ingenuo se ti dicessi che no, non la temo” sorrise fra sé e sé.
“Chiunque ti dica che non
la teme mente. Una persona maledetta è una persona pericolosa”
“Eppure mi permetti di
venire con te?” Nyven guardò Irìyas negli occhi, cercando di non tremare e
di non temere le parole del mago. Sarebbero tornati a casa insieme, perché
aveva così paura?
”Stai tremando”
“Perché ho paura” disse il
ragazzo con sincerità.
“Di cosa?”
“Di molte cose. Ho sempre
avuto paura di mole cose. Ora, però, ho anche paura di me stesso”
“Ti voglio a casa con me.
Forse importerà sapere chi ti ha maledetto, forse no. Ma voglio che tu venga
con me…” ripeté, sorprendendosi di quante volte avrebbe potuto ripetere
quella frase.
Che cosa volesse di Nyven,
non gli era ancora del tutto chiaro. Oltre i suoi capelli, voleva i suoi
segreti. Voleva capire chi o che cosa fosse quel ragazzo. E voleva il
ragazzo per sé. La sua possessività non gli permetteva di mentire a se
stesso.
Gli porse delle vesti più
consone per il clima di Adiisia, poi il mago lasciò la stanza, per uscire e
permettere che il freddo clima del nord gli riordinasse i pensieri.
Vide Sideas uscire dalla
locanda sottostante e sollevare lo sguardo verso di lui. Si fissarono,
consapevoli di quello che avrebbero dovuto fare.
“Hago sta arrivando” disse
Irìyas ad alta voce “Io devo fermarlo. Tutto il resto è di secondaria
importanza”
Si girò lo stesso verso la
stanza e verso il ragazzo con tatuato sulla pelle il simbolo di perdizione.
Le sue dita furono percorse da un fremito, strinse con le mani la balaustra
e non si mosse.
Il passato lo avrebbe
inevitabilmente attirato a sé.
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Capitolo 27 *** Capitolo 27 ***
Computer nuovo, programma nuovo, capitolo nuovo.
Procediamo con ordine.
Computer nuovo, senza alcun programma utile, che
devo ancora sistemare, ma finalmente "fichissimo", quindi che funziona.
Zero programmi, ci dovrò lavorare a lungo...
Programma nuovo di html. Aealith non smetterò mai
di ringraziarti. Non lo capisco ancora bene. Ma sembra un programmino
davvero semplice per gente incapace tipo me. Indi, penso che lo si domi
nel giro di poco (le ultime parole famose XD)
Capitolo nuovo, finalmente un
lieve accenno di shounen ai, per chi si chiedesse se me lo fossi
dimenticata. Il prossimo capitolo avrà una buona dose di spiegazioni e,
alla fine, direi che d'ora in avanti, non si "accumuleranno" più nuovi
misteri, ma si verranno a risolvere i vecchi. E sì, avete ragione, lo
shounen ai un po' è carente, ma questa è una storia fantasy, prima che
sentimentale. Ma fidatevi, ce n'è una buona dose ^_^ Un bacione a tutti
Capitolo Ventisette
La stanza era buia, solo un raggio di luce
penetrava attraverso le imposte e giocava fra i capelli di Irìyas,
capelli cobalto. Filo dopo filo, li accarezzava per poi perdersi e
scomparire. Il mago dormiva. S’era concesso un attimo di
riposo, prima di tornare a Tangòrn e riprendere ciò che aveva
bruscamente lasciato a metà, quando la Bianca gli aveva portato via
Nyven. Un’ora di sonno solamente, dopo giorni che non se lo concedeva.
Nyven non riusciva a prendere sonno, invece. Non
voleva e non poteva dormire. Temeva che appena avesse chiuso gli occhi
i fantasmi del suo passato avrebbero preso il sopravvento.
Il ragazzo guardava quel sottile raggio sfiorare il
mago senza recargli alcun disturbo, scrutava ogni sfaccettatura della
sua luce su di lui.
Sospirò. Si sarebbe svegliato a breve. C’era
qualcosa in quel sottile gioco di luce che metteva in allarme Nyven, ma
era una preoccupazione a cui Nyven non voleva badare. Stava prendendo
forma nella sua testa un luogo di terrore in cui lui era vissuto e in
cui spesso, l’unica notizia dall’esterno era portata da un sottile
raggio di luce che penetrava dal muro…
Si passò la mano sulla faccia, nel tentativo di
distrarsi. Ma era impossibile: stava tutto inevitabilmente tornando in
superficie.
Riposò gli occhi su Irìyas: era bello, stanco sul
letto con quel tuo viso finalmente rilassato, senza né ombre né
maschere, sereno. Da sveglio Irìyas indossava un abito che
inevitabilmente lo oscurava e gli corrugava l’espressione in un misto
di preoccupazione e malinconia. Lì sdraiato, Irìyas sembrava in pace.
Nyven per un
istante s’illuse che questo significasse che il mago non lo temesse e
che quindi non l’avrebbe mai allontanato da sé. In quella stanza buia,
all’estremo nord del Regno, Nyven s’ingannava che questo significasse
che prima o poi il mago gli avrebbe permesso di stargli vicino o anche
semplicemente guardarlo nelle notti senza Lune.
Ma era un inganno,
una sua speranza priva di fondamento: al di fuori di quelle mura,
ormai, il Regno come lo si conosceva strava cedendo. Il Sole tramontava
sulla Seconda Età e con la sua luce si sarebbe perso anche il mondo per
come lo si conosceva.
Di nuovo Nyven
cercò di scacciare con un gesto quei mille pensieri che si affollavano
nella sua mente.
Perché in fondo al
suo cuore lui sapeva che, in un modo o nell’altro, forse nel bene o
forse nel male, lui avrebbe avuto un ruolo nel tramonto di questo Sole
stanco e del suo tempo.
Ora però lui era
lì, con Irìyas che gli aveva chiesto di tornare a casa, con Irìyas che
lo voleva con sé. Era sufficiente questo per renderlo felice,
incredibilmente felice. Irìyas diceva sempre che lui, la sua storia,
voleva scriverla da sé. E non era forse possibile farlo anche per
Nyven? Forse questa sua consapevolezza era tardiva, ma non poteva anche
lui prendere il proprio destino fra le mani e decidere per se stesso?
Non avrebbe mai compromesso il sogno di Irìyas, non si sarebbe mai
frapposto fra lui e l’Est. Non era importante quanto, in cuor suo,
temesse la sua vera natura. Quanto quella voce che gli continuava a
dire che il punto di rottura sarebbe arrivato diventava assordante.
Irìyas era - oramai – troppo importante perché il passato potesse
intralciare il futuro.
Il raggio di luce
perseverava ed illuminava i capelli del mago, che teneva gli occhi
chiusi e respirava regolarmente. La semioscurità che veniva a generarsi
sembrava quasi densa, sembrava quasi gravare sui sensi di Nyven.
S’insinuava sottopelle, questa malinconia d’ombra che imperava sulla
stanza. Nyven si avvicinò ad Irìyas, sapendo di non potere
assolutamente sfiorarlo, ma non resistendo alla tentazione di farlo.
E se il mago si
fosse svegliato? Il ragazzo cercò di stare attento, lo toccò
delicatamente prima sulle guance, poi i capelli e di nuovo il viso.
Disegnò con le dita gli zigomi del mago e arrivato alle labbra si
fermò. Non osò toccarle. Possibile che il mago non si fosse svegliato?
Era risaputo che i
maghi avessero il sonno così leggero che il cadere di una piuma li
avrebbe svegliati. Forse era troppo stanco.
“Che cosa fai?”
I pensieri di Nyven
furono subito smentiti. Si ritrovò nell’imbarazzo di non sapere cosa
dire.
Ma Irìyas non
aspettò una risposta che non poteva esserci, si alzò dal letto:
“Dobbiamo andare” disse, ma continuò a guardare Nyven che non si era
mosso. Gli prese i capelli fra le dita, ormai rossi e lunghissimi
“Dovremo tagliarli…” la voce, alle orecchie di Nyven arrivò ovattata.
“Sono rossi” disse
il ragazzo, in un moto di ovvietà, ma nella speranza che il suo gesto,
l’aver accarezzato il suo padrone, potesse essere accantonato.
“Tutto ciò che ti
appartiene, ormai, è rosso. C’è persino un riflesso rosso che a volte
mi sembra di intravedere nel tuo iride, ma non capisco se è fuoco
oppure sangue che è stato versato…”
“Da me?”
Irìyas aspettò un
attimo prima di rispondere: “Sì, versato da te”
Nyven sussultò,
sapeva già la risposta.
Si guardò le mani,
che erano quelle di un ragazzo troppo dedito al lavoro, ma nulla di
più. Non conosceva magie, né era uno stratega: “Io non avrei saputo
come versare sangue…”
Ma sapevano
entrambi che ciò che Nyven ricordava era solo una minima parte di
quello che in effetti era stato.
Le tende vennero
scosse da un alito d’aria e il raggio di luce che aveva fino a quel
momento illuminato da solo la stanza tremò, scomparve e poi riapparve,
prima timido, poi più intenso. Per un istante la stanza fu immersa nel
buio.
Il buio fu
irresistibile. Irìyas baciò le palpebre di Nyven, chiudendole e
permettendosi di indugiare prima sull’una e poi sull’altra. Baciò le
guance, e la linea del mento. La pelle del ragazzo era calda, lui era
immobile.
“Devi nascondere la
tua Maledizione al mondo” gli baciò l’orecchio in cui aveva appena
bisbigliato. Nyven non capì una parola. Irìyas passò una mano sulla
nuca del ragazzo, sulla schiena, sul braccio, fino a prendergli la mano.
Se la portò alla
bocca. Il tatuaggio che gli aveva coperto la pelle era scomparso: ”E’
solo nascosto” precisò il mago “Agli occhi di chi non può vederlo”
Nyven non si mosse,
anche quando il mago si allontanò da lui, scostando le tende dalla
finestra.
“E’ tempo di
andare, Adiisia ormai dev’essere lasciata alle spalle”
Irìyas uscì dalla
stanza e Nyven udì i suoi passi scendere le scale. Eppure lui non si
mosse. Si rese conto di non riuscire a muoversi.
Perché non l’aveva
baciato?
Avrebbe dovuto fare
un semplice gesto. Eppure non aveva fatto niente. Ormai era chiaro
persino a se stesso, voleva Irìyas per sé.
Una voce nella sua
mente gli suggerì di non osare troppo. Un’altra gli intimò di prendersi
ciò che voleva.
Irìyas trovò Sideas
alla finestra del salone principale. Del ragazzo dai capelli blu non
c’era più traccia.
“Dobbiamo andare
via di qui” gli disse il cavaliere senza voltarsi.
Irìyas guardò nella
direzione verso cui guardava Sideas. Vide alcuni Koob lì di fronte alla
locanda.
“Vogliono cacciare
Nyven”
Sideas aggrottò le
sopracciglia.
”A dopo le spiegazioni. E’ meglio uscire dal retro, non mi va di
affrontare un nugolo di ometti pelosi ed impazziti”
Sideas sorrise.
“Vogliono Nyven”
spiegò Irìyas “Meglio andare via”
Irìyas corse su per
le scale, per far scendere Nyven. Sideas lasciò all’oste due Auri per
il suo silenzio.
Un koob entrò nella
locanda.
“Dov’è il ragazzo”
chiese con tono minaccioso, ma si zittì quando davanti a lui vide
Sideas.
“Non so di chi tu
stia parlando, ma lasciami passare”
Il Koob arretrò,
rimanendo sull’uscio della porta. Riprese coraggio: “Lo abbiamo visto
tutti e sappiamo che è qui…”
Intervenne l’oste:
“Signori, posso offrirvi qualcosa?”
“Oste, tu non sai a
chi stai dando alloggio. E’ pericoloso”
“Pericoloso o no”
obiettò Sideas “nessuno mi sembra pericoloso come te, che entri qui
gridando e brandendo un bastone”
Il Koob guardò il
cavaliere e vide la Spada dei Principi sulle sue spalle. Digrignò i
denti.
“Siete tutti
uguali, voi della capitale, spocchiosi e fastidiosi. Ma la nostra città
deve liberarsi della feccia”
Sideas permise a quelle parole di irritarlo, ma non reagì. Si voltò
verso l’oste: “E’ meglio che me ne vada. E’ inutile perdere tempo qui,
quando le nostre faccende ci attendono altrove”
L’oste annuì,
sollevato che quegli ospiti che si erano rivelati estremamente scomodi,
se ne andassero.
Il Koob fermò il
passo di Sideas: “Tu lo sai che ciò che rappresenti non ci piace?”
“Sei troppo
esplicito, Koob. Dovresti essere più saggio e tenere le tue
esternazioni per te”
“Questo Re cadrà”
Sideas estrasse la
spada, troppo velocemente perché il Koob la vedesse. Il taglio sulla
cute dell’uomo peloso fu superficiale, ma ugualmente doloroso.
“Sta attento”
minacciò il cavaliere “Le guerre si iniziano così”
Se ne andò, sapendo
che Irìyas e Nyven lo aspettavano. Non avrebbe voluto estrarre la
spada, ma doveva far tacere quel koob molesto e doveva mantenere il suo
ruolo ad Adiisia, così come altrove. Il Re regnava ancora e lui ne era
il suo capitano.
Raggiunse gli altri
e guardò il ragazzo, come se lo vedesse per la prima volta. La Lavica
sull’elsa della sua spada brillò di una luce cupa e brillante. Sideas
rimase impietrito.
“Lo vedi anche tu”
la frase di Irìyas fu più una constatazione che una domanda. Sideas
vedeva la maledizione, per quanto il tatuaggio fosse invisibile agli
occhi, i sensi del cavaliere erano troppo sviluppati per non
accorgersene.
“Ti hanno maledetto
lontano da qui… Chi è stato?”
Nyven scosse la
testa, i suoi occhi brillarono, riflettendo la luce della Spada dei
Principi.
“Non so se temere
più te oppure Hago che sarà qui fra poco”
Irìyas guardò
l’amico: “Non indugiamo oltre”
***
Persefone
Fuxia:
Grassie mille *_* Gli intrighi politici, io li adoro, e sebbene non
abbiano un'importanza fondamentale in Cremisi, ce l'avranno nel seguito
(ahah sì, ovviamente Cremisi avrà un seguito. Ma sarà una storia "a
parte". Semplicemente l'ambientazione sarà la stessa e temporalmente
sarà subito dopo). Mi diverte fare e disfare trame losche XD Dammi
della matta '^_^
AliDiPiume: ma
no... ma... /Dic inizia a scappare. Non mi volere male °_° Per la mia
salvezza, ho postato questo capitolo abbastanza in fretta, no? Per
quanto riguarda l'editor, ti ringrazio tantissimo per la proposta, ma
ho scaricato questo che mi hanno consigliato e mi trovo bene. Così
posso editare il capitolo esattamente come vorrei ^_^ /Dic scappa dalla
"quartatrice" XDD
Aealith:
Grazie, salvatrice! Come ho già detto, ecco il tuo consiglio all'opera.
Il programma sembra semplice da usare, perciò a prova di Dicembre XD
Spero che il capitolo ti sia piaciuto ^^ Baci baci
Yukochan:
L'ordine temporale, onestamente, non mi convince molto. Probabilmente,
nella versione riveduta, lo cambierò un po', ma mi sembrava un
dettaglio di poco conto, perciò per ora, l'ho lasciato com'era
nell'originale. Nella realtà, anch'io vedo lo scorrere del tempo nel
Regno in modo diverso rispetto a quello che ho riportato.
Il
capitolo 30 è già stato scritto, e farà festa grande sicuramente *_* Tu
porta le pizze, io (come al solito) procuro l'alcol XD
DJKIKA:
Computer nuovo. L'altro mi dava troppi problemi, finchè un giorno non
si è più riacceso ._. Avendo i capitoli già pronti, proverò a postarli
rapidamente. Cremisi è lunga, ho paura che poi "si perda il ritmo", se
ci metto troppo ad aggiornare...
BiGi:
Capitolo corto, hai ragione. Mi sono fatta perdonare con un
aggiornamento abbastanza rapido? baci ^_^/
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Capitolo 28 *** Capitolo 28 ***
Cremisi_28
L'avevo
promesso: non ci saranno sempre "misteri su misteri", ecco che la trama
inizia a districarsi, a farsi capire. Ecco che alcuni nodi vengono al
pettine e vengono "sciolti".
O se non altro, le cose iniziano ad avere un certo ordine. Voi che
dite? Il povero Nyven ha comunque la testa confusa, ma quella ahimè, è
pure difficile da sconfondere XD Mando un bacino a tutti quelli che
leggono, ci stiamo avvicinando al capitolo 30, se siete ancora qui (o
già qui) vi adoro *_* Dicembre ^_^/
Capitolo Ventotto
La trovarono così,
cosparsa di fiori bianchi, che coprivano l’altare e ne profumavano
l’aria.
La trovarono così,
la Cappella del Vespro, inesorabilmente vuota ed incredibilmente sola.
“La Cappella
morirà, se nessuno prenderà il posto della Bianca” sussurrò Zir,
temendo, con la sua voce, di disturbare il sonno di quei luoghi “Non
esiste più un noviziato dal quale scegliere il successore della Bianca
e il Mattino è troppo lontano da qui perché il suo celebrante si
preoccupi del Vespro”
Irìyas raccolse un
fiore: “Era destino che la Bianca scomparisse nella sua follia. Non so
se mai qualcuno prenderà il suo posto. Non è affar mio”
“Ma senza il suo
Vespro, anche il Mattino si spegnerà. E senza le due Cappelle…” il
coniglio sospirò, non osando pensare alle conseguenze che la
distruzione di Mattino e Vespro avrebbe portato.
Sideas alzò il
Frammento d’Acqua di A’ece’nar e lasciò che questo brillasse al sole,
di una luce azzurra innaturalmente intesa.
“Lascia che sia io
ad occuparmi di questo mondo, non chiedere ad Irìyas risposte che non
può avere”
“Come hai fatto ad
ottenere un Frammento d’Acqua?” Zir venne percorso da un brivido di
stupore, e lo stesso Irìyas non nascose la sua meraviglia.
“Porti con te il
Frammento di Fuoco più grande del Regno e allo stesso modo maneggi un
Frammento d’Acqua senza subirne conseguenze…” disse ammirato.
“Me l’ha donato
A’ece’nar, il secondogenito dei regnanti della Città Nascosta. Non so
perché, ma ho intenzione di scoprirlo. Non so quali porte mi aprirà, ma
so per certo che solo capendolo potrò restaurare la pace in questo
Regno che ormai, è chiaro, si sta sfaldando sotto i nostri occhi”
“E ripristinerai i
Noviziati?” Zir era scettico.
Sideas sorrise, non
sapendo rispondere: “Non lo so, Zir. Davvero. Ma sarebbe sciocco da
parte mia pensare che per rifondare questo Regno io debba solo
confrontarmi col Re. Il Vespro ha fondamenta molto solide, ma avrà
bisogno presto di una celebrante. E così…” Non terminò la frase, troppe
cose da dire e nessuna allo stesso tempo. Del resto, ormai lo sapeva,
quel Frammento d’Acqua aveva segnato il suo destino.
“Partirò dopo aver
liberato Gyonnareth” poi si girò a guardare Irìyas che fissava la
Cappella “le nostre strade si divideranno definitivamente lì”
Il mago annuì: “Può
darsi che si incrocino nuovamente” disse, più all’aria che ai due che
gli erano vicino “Andrai alla Città Nascosta?”
“Starò qui,
all’inizio” Sideas sospirò “Ho bisogno di capire esattamente quello che
sta succedendo per non fare passi falsi”
“Ma qui,
Sideas, è lontano dalla capitale e lontano dai due regni confinanti…”
“Qui,
Zir, è la casa di Irìyas, che non è davvero lontana da nulla, nel
Regno. Perché credi che sia venuto?”
Irìyas non
trattenne la risata, quando vide sul muso di Zir un’espressione di
completa confusione.
“Chiunque abbia il
permesso di abitare la mia casa, lo ha di conseguenza per ogni suo
accesso...” Zir cominciava a capire. Irìyas avrebbe lasciato la sua
casa al vecchio amico, e con lei anche tutti gli accessi creati dal
mago che rendevano il suo palazzo relativamente vicino a qualunque
regione del Regno.
“Basta parlare del
futuro, ora dobbiamo riportare l’attenzione al presente. Zir “Il tono
di Irìyas era completamente cambiato “Va’ ad assicurarti che Nyven
dorma. Il pensiero di Adiisia deve lasciarlo in pace almeno per un po’.
E assicurati che la dea dell’Acqua stia tessendo i suoi capelli”.
Il coniglio salì –
con una certa goffaggine – sul cavallo che l’aveva portato al Vespro.
Guardò il Vespro e sospirò. Era davvero un peccato che tutto fosse in
rovina.
“Perché Gyofinnan
ha fatto tutto questo?” Dopo lunghi minuti di silenzio, Sideas diede
voce alle sue domande.
“Gyofinnan è un
essere molto aggressivo. Avrà avuto le sue ragioni, ma di certo, ha
agito d’istinto”
Sideas scosse la
testa: “Un drago impulsivo?” chiese incredulo.
Irìyas si strinse
nelle spalle: “Per quanto lo possa essere un drago… Ai nostri occhi la
loro vecchiaia è sinonimo di saggezza. La loro forza è sinonimo di
dominio. Ma anche loro, esattamente come gli uomini, sono dominati dal
carattere che è stato donato loro alla nascita. Gyofinnan non fa
differenza” sospirò, distogliendo lo sguardo dal Vespro. “Gyofinnan
vuole che Gyonnareth venga liberato. Non vuole altro. Qualunque cosa
intralci il suo percorso, dev’essere spazzato via”
“Una forma di
egoismo…”
Il mago annuì: “Una
forma di egoismo, sì. Senza che sia necessariamente malvagia.
Semplicemente, Gyofinnan non ha alcun interesse per le faccende umane,
né per questa terra. Vuole tornare nella propria, col suo compagno. La
Bianca deve, in qualche modo, aver fatto un passo falso”
Sideas annuì: “Un
passo falso che le è costato la vita”
“Per Gyofinnan
questo ha poca importanza. Un essere semi-eterno vede, nella caducità
dell’uomo, la sua fragilità…”
Il cavaliere annuì:
“Ora è nascosta, più di prima. Non c’ più la Bianca che la protegge…
Perché rimane qui?” Sideas si voltò verso l’amico “Perché Finnan non se
ne va, aspettando che Gyonnareth venga liberato o che distrugga il
Regno?” fece una piccola pausa “Che cosa lega Gyofinnan a te, Irìyas?”
Irìyas sorrise,
voltandosi verso l’amico. Non rispose subito, ma rimase a guardarlo per
un istante, con una certa ammirazione.
“Non avresti mai
dovuto andartene dall’Accademia e dirigerti verso la Capitale. O forse
è colpa mia, non avrei mai dovuto lasciar passare così tanto tempo
prima di ritrovarti”
Non rispose alla
domanda, ma si diresse verso l’interno della Cappella. Il cavaliere lo
seguì. In prossimità dell’altare, Irìyas riprese a parlare.
“Ero appena andato
via dall’Accademia. Il Saggio Alem era morto, ucciso da una forza
ignota. Hago era scappato rubando il segreto di come andare ad Est e
appropriandosi del mio sogno. Ricordo i giorni che succedettero agli
ultimi all’Accademia con una certa difficoltà. Non so esattamente cosa
feci, forse perché anche allora non sapevo cosa fare… Pensavo di essere
stato privato di tutto, del mio maestro, dei miei amici, e,
soprattutto, che tutto quello che avevo voluto costruire per
raggiungere il mio obiettivo fosse stato disfatto e calpestato” Irìyas
sorrise, sedendosi sulla base di una colonna ormai in frantumi. “In
quei giorni avevo completamente perso la mia lucidità. Non riuscivo a
capire dove ritrovare la mia storia”
Sideas a sua volta
si sedette vicino all’amico, per ascoltarlo; non fece rumore, per non
interromperlo. Gli eventi all’Accademia – lo sapeva bene – erano una
parte troppo fragile del passato di Irìyas che non potevano essere
interrotti da alcun rumore.
“Non avevo un luogo
dove tornare, né dove andare. In quei giorni camminai e
cavalcai a lungo. Molto a lungo, fino ad arrivare ai Confini del Mondo.
Li hai mai visti?” Irìyas non aspettò la risposta. “Ero a Sud, fra il
territorio di Droà e le Rapide di Ocber, dove crescono gli Alberi
Millenari. Avevo viaggiato così tanto da essere arrivato alla Fine del
Mondo e non aver assolutamente capito dove doveva portarmi la mia
strada. Una volta arrivati al confine, che cosa si fa? O si va in mare,
andando incontro a morte certa, oppure si torna indietro. Io non avevo
intenzione né di fare l’una, né l’altra cosa. Perciò mi sono fermato.
Dopo giorni e giorni, mesi forse, mi sono fermato, perché la strada
s’interrompeva.
Il promontorio
dov’ero arrivato e dove mi sedetti era molto più in alto del livello
del mare, ma ugualmente qualche onda raggiungeva il mio piede. E rimasi
lì a guardare quello spettacolo incredibile. Davanti a me il mare
cadeva quasi subito, in una cascata di cui non si vedeva la fine.
Creava mulinelli e vortici apparentemente senz’ordine e poi cadeva,
inevitabilmente. Più ad Ovest invece, dove gli Alberi Millenari si
arroccano e dove sprofondano le loro radici, l’acqua è molto più calma
e il mare molto più pacato. La distesa azzurra è molto più
ampia e solo in lontananza, osservando bene, si vede la fine del mare.
Lì, lontano, si può anche intravedere una delle Colonne. Purtroppo il
suo colore si confonde con quello del cielo, perciò è difficile da
vedere bene” Irìyas sembrava perso nel suo racconto, probabilmente
tornato nel lontano Sud.
“Rimasi lì per un
po’, a guardare il mare che cadeva e a chiedermi che cosa potessi fare.
Finché non mi accorsi di non essere solo laggiù. Le Ancelle riempivano
le loro giare d’acqua e la riversavano nelle Rapide di Ocber, che poi
avrebbero riportato l’acqua al Mare Interno. La loro figura era appena
accennata, esile ed imponente allo stesso tempo. Probabilmente c’erano
anche quando ero arrivato, ma ero così preso dai miei pensieri che non
le avevo viste. E’ lì che l’Ancella che ora è nel lago mi parlò per la
prima volta. Senza che facessi niente, mi si avvicinò appoggiando la
sua giara sull’acqua del mare e nuotando fino a me, per poi
raggiungermi sul promontorio. Sapevo dell’esistenza delle Ancelle,
ovviamente, ma non le avevo mai viste.
All’inizio non
disse niente, si limitò a guardami e io a guardare lei. Aveva l’odore
della salsedine e i colori del mare. Poi, d’un tratto, sorrise e
m’indicò l’orizzonte, lontano. Troppo lontano perché io potessi vedere.
O comunque non subito”
Irìyas prese fiato,
ricordando nel dettaglio ogni risvolto di quel giorno.
“Fu così che
incontrai Gyofinnan la prima volta. Un drago bellissimo, con le scaglie
bianche che riverberavano la luce del sole ed un’eleganza che non avevo
mai visto prima. Planò vicino a me, con quel suo fare che ho imparato
essere tipico di lei: un po’ aggressivo e un po’ silenzioso. Quasi
volesse testare le persone prima di rivolgere loro la parola. Mi parlò
nella Lingua Antica, sapendo che è una lingua ormai dimenticata dalle
orecchie degli Umani. Ma all’Accademia avevo imparato tutto ciò che ne
era rimasto, perciò qualcosa capii. E questo, probabilmente, la ben
dispose nei miei confronti.
E’ vero
dunque quello che si dice, mago
disse nella Lingua Ufficiale del Regno tu sei il compagno di studi di Hago l’Alchimista.
Tu sei il mago dagli straordinari poteri.
Io non risposi
subito, affascinato com’ero da lei e infastidito da quel nome
pronunciato ad alta voce
Non so chi
ti ha dato le informazioni che hai, ma di certo sono datate. Non sono
più il compagno di studi di Hago.
Era troppo attenta
– e io troppo giovane per nasconderlo – per non accorgersi del
risentimento che provavo pronunciando quel nome.
So bene, disse lei, che la tua strada e quella di
Hago si sono separate perché, ora, quella di Hago s’è incrociata con la
mia.
Ricordo che se
l’avessi avuto di fronte, avrei potuto ucciderlo lì, con le mie mani,
ma solo quando Gyofinnan riprese a parlare, capì che dovevo fermare
quel pazzo ad ogni costo.
Ha
catturato Nnareth, il mio compagno.
Come può
averlo catturato?
Gliel’ha
insegnato l’Accademia.
Come ha
potuto…
Per andare
ad Est, l’ha messo in catene.”
Irìyas si alzò, e
si mise di fronte a Sideas, parlandogli dritto negli occhi.
“Servono i draghi
per andare ad Est” disse in un solo fiato, come sussurrando un segreto.
“Nessun viaggiatore
è mai tornato dai Territori perché solo volando sul dorso di un drago
si riescono ad oltrepassare, a superare il mare e ad arrivare nei Regni
dell’Est. Solo sul dorso di un drago io avrei potuto scoprire cosa c’è
al di là dei Territori di Confine” sospirò, quasi qualcosa,
d’improvviso, l’avesse vinto “Ma nessun drago porterà mai nessun umano
sul proprio dorso, per permettergli di viaggiare e scoprire ciò che
vuole. Il draghi sono esseri liberi, mai avrebbero accettato di portare
me, Hago o chiunque sulla propria schiena per assecondare i nostri
futili desideri”
“Ed è per questo
che Hago ha soggiogato Gyonnareth?”
Irìyas annuì:
“Aveva imparato come farlo all’Accademia, e non aveva esitato a mettere
in pratica le sue conoscenze, nonostante sapesse benissimo che i draghi
sono animali sacri…” prese tempo “Nonostante sapesse benissimo che non
gliel’avrei mai permesso”
Sideas capì “E’ per
questo che Gyofinnan è venuta a cercarti?”
“Sì, è per questo.
Gyofinnan sapeva che era troppo rischioso - per lei - opporsi a Hago.
Se questi era stato in grado di soggiogare Gyonnareth, altrettanto
avrebbe potuto fare con lei. Se lei si fosse fatta catturare allora, le
loro speranze di libertà sarebbero svanite del tutto. Hago sa bene che
se catturi un drago, questo non ti perdonerà mai. Non lascerà mai vivo
e libero un drago a cui ha messo le catene”
Sideas annuì e
Irìyas riprese a parlare: ”Ma Finnan sapeva che io potevo fermare Hago,
potevo impedirgli di andare a Est. E sapeva anche che avrei comunque
impedito ad Hago di fare ciò che io volevo fare”
“E come poteva
saperlo?”
“Questo non lo so,
ma quando venne a cercarmi, ai Confini del Mondo, sapeva già molte
cose. E mi fece una proposta che non potevo certo rifiutare” sorrise,
ricordandosi quel giorno.
“Ed è il motivo per
cui Gyofinnan ora è qui”
Il mago annuì: “Se
fossi stato in grado di liberare Gyonnareth dal giogo di Hago, mi
avrebbe portato lei ad Est, volontariamente. Mi avrebbe permesso di
volare sul suo dorso e mi avrebbe fatto attraversare i Territori, il
Mare e avrebbe finalmente esaudito il mio desiderio”
Sideas inarcò le
sopracciglia, sorpreso: “Liberare Gyonnareth e sconfiggero Hago,
quindi, non è semplice vendetta”
Irìyas scosse la
testa: “Abbiamo stretto un patto. Liberare Gyonnareth senza ferirlo,
cosicché io possa andare ad Est”
Sideas vide
finalmente tutto chiaramente: “E la rete che stai facendo tessere
dall’Ancella è per rendere innocuo Gyonnareth…”
“I capelli di Nyven
domano persino la fiamma dei draghi. Domano qualunque fuoco. Affrontare
Gyonnareth il giorno del Solstizio senza rendere innocua la sua fiamma
sarebbe da pazzi…”
“Tutto questo,
però, ha portato l’anima di Nyven a risvegliarsi, il suo fondo cremisi
a scalpitare pur di venire fuori…”
Irìyas non rispose
subito: “Nyven”disse d’un tratto” è tutto ciò che non ho ancora capito,
non so perché tutto quello che lo circonda sembra affondare le sue
radici in avvenimenti di molto tempo fa”
Irìyas si alzò,
facendo cenno all’amico di seguirlo: dovevano tornare a casa.
“Il mare continuò a
cadere, ai Confini del Mondo, ma quando me ne andai di lì, io ero un
uomo completamente diverso da quello che era arrivato laggiù per caso”
“Forse non era poi
stato per caso”
“Forse. E forse
Nyven ha una ragione per essere qui”
***
DJKIKA:
non me ne volere *_* Appoggia quel badile, suvvia ''^_^ LO shounen ai
scarseggia, lo so, ma perchè dev'essere inserito in altri luoghi.
L'attrazione è chiara, ma non potevo farli saltare addosso l'uno
all'altro, Avrei fatto un OOC in una original! La tentazione (ammetto)
però, è stata grande XD abbi un pochino di fede . baci
Ali
ò_O la mia pelle devo venderla molto cara °_° Lo so, lo so...La
tentazione era enorme. credimi. Ma non era proprio quello il momento
giusto. Ora, quando Irìyas deciderà che è ilmomento giusto, magari,
avrai già tirato fuori il fucile e sparso il mio sangue per i 5
continenti... (Voglio dire, lo spargerei io stessa, se poi non dovessi
andare a raccattarlo in giro XD). Baci baci
silencio
caro, ciao! Bello risentirti *_* Grazie tantissimo per la tua
recensione e spero che questo capitolo (in qualche modo un po'
chiarificatore) ti sia piaciuto altrettamento ^_^ Sideas
piace moltissimo anche a me, mi diverte. Così tanto da dedicare 8finito
cremisi) una storia tutta a lui. Il "seguito" (se di seguito si può
parlare, dato che sarà solo un seguito "temporale") lo vedrà alle prese
con gravi problemi di politica interna ed estera XD I koob, invece,
sono quel che sono. Un popolo molto chiuso nelle sue tradizioni e molto
irritato dalla presenza di esterni. Non potevo creare degli illuminati.
In ultimi, la lingua...Sulla lingua ci sto facendo un piccolo
dizionarietto. Mi piacerebbe scrivere anche qualcosa della Lingua
Antica, ma temo che il risultato la "imbartardisca" troppo. La lingua
del regno, invece 8diversa da quella della Citta Nascosta ha regole di
pronuncia più precise. Appena è pronto lo posto ^_^ Un bacio grande, a
presto ^_^/
Namida:hai
perfettamente ragione! i nomi degli abitanti della città nascosta sono
impronunciabili; e non solo per te. Io che li ho inventati, poi, fatico
a ricordarli...vedi un po' ._. Forse un "Giorgio" sarebbe
stato meglio XDD Felice che lo shounen ai sfumato ti sia piaciuto (e
che almeno tu non mi abbia minacciato di morte °_°) Besos
Francesca: era ora,
me lo dico io stessa XD
Aealith:
salvatore! scusami. Chissà perchè ero convinta fossi una ragazza. Birra
per farmi perdonare? Le fan dello shounen ai mi sono collassate sì, ma
mi hanno anche minacciato di morte, di accoltellamenti nella notte e
cose simili. Aiuto °_° (però mi salvo, dato che Hago sta
davvero arrivando... XD). Vendo cara la pelle XD
BiGi:
ogni promessa è debito, abbi fede °_°
Aphrodite,
sorellina. felice di risentirti. E felice che i capitoli ti siano
piaciuti. Irìyas lo sto persuadendo a che si sciolga un pochino, del
resto non può mica rimanere tutto d'un pezzo fino alla fine °_°
altrimenti non c'è divertimento XD
Yuko:
Sideas *_* Mi piacer così tanto che s'è meritato una storia da
protagonista (dopo Cremisi). Non manga tantissimo alla fine, perciò sto
già delineando il suo percorso. Non potevo lasciare che un personaggio
così mi sfuggisse (poi quei capelli bianchi, quell'aria assorta... Mi
piace *_*). Pensa che all'inizio era davvero solo un personaggio
minore...
Un
bacione a tutti...
|
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Capitolo 29 *** Capitolo 29 ***
Ciao
a tutti ^_^/ Finalmente (per chi lo attende9 un altro po' di shounen
ai. Ma soprattutto, finalmente, un po' di... ah sono in vena di misteri
XD meglio arrivare a fine capitolo. So che ci sono persone
che aspettavano le ultime righe da tempo (io compresa!). baci baci
Capitolo Ventinove
Sì. Forse davvero Nyven aveva
una ragione per essere lì, ma lui non sapeva quale fosse.
Ormai, però, era
convinto che le coincidenze non esistessero: a tutto c’era una ragione.
Irìyas si fermò a guardare il sole che tramontava languido sul suo
lago. C’era una quiete irreale, lì intorno. L’acqua era troppo lontana
perché si sentisse, gli alberi erano immobili, gli uccelli silenti e il
cielo silenzioso. La quiete prima della tempesta. Ormai mancavano
pochissimi giorni al Solstizio e il mago sapeva che Hago sarebbe
arrivato allora: Gyonnareth e il suo fuoco sarebbero stati molto più
forti con l’aiuto del sole.
Irìyas strinse i
pugni. Un lieve formicolio gli attraversò i polpastrelli. Inutile
negarselo: quella era anticipazione. Avrebbe sconfitto Hago, avrebbe
liberato Gyonnareth e avrebbe intrapreso la strada per l’Est, è vero.
Ma prima di tutto, avrebbe rivisto il suo vecchio compagno. Era suo
nemico, ora, ed era l’unico ostacolo che si frapponeva fra lui e l’Est.
Entrò nella stanza
dove Nyven si trovava ormai da tempo. Era sveglio e gli dava le spalle,
appoggiato alla balaustra del balcone a guardare lontano. La sua
schiena era nuda e il tatuaggio della Maledizione era ben evidente. Non
aveva più senso nasconderlo, ora che si era ritornati a casa.
La schiena di Nyven,
così come tutto il suo corpo, era lievemente cambiata. I muscoli erano
diventati più delineati, le braccia parevano più forti. I suoi capelli,
poi, nonostante fossero appena stati tagliati, già gli coprivano la
nuca. Rosso cremisi.
Nyven non si accorse
che Irìyas era entrato nella stanza, rimase a guardare davanti a sé
senza muoversi.
Irìyas gli si avvicinò
silenziosamente, fino a sedersi di fianco al ragazzo.
Fu solo allora che
Nyven si accorse di una presenza in camera sua. Sussultò, spaventato.
“Oh” riuscì a dire,
non aspettandosi di vedere lì il suo padrone.
“Ti ho spaventato?”
chiese sapendo già la risposta “Sei sveglio da molto?”
“Da un po’ i miei
capelli continuano a crescere, a vista d’occhio...”
Irìyas sorrise,
prendendone una ciocca “E ormai non crescono più capelli neri”
Nyven si strinse nelle
spalle: “Non ho controllo sul mio corpo. Succedono cose…”
Irìyas lo interruppe,
mettendogli un dito sulle labbra: “Non ti preoccupare”
“Irìyas, io…”
“Shhh…”
Nyven sospirò,
riportando i suoi occhi sul lago di fronte a sé.
“Mancano pochi giorni,
ormai li sento qui”
Irìyas annuì e Nyven
proseguì: “Ora che la Bianca non protegge più Gyofinnan, sento la sua
presenza forte e preponderante. Ma la forza che percepisco arrivare è
molto più aggressiva: Gyonnareth è arrabbiato. Distruggerà tutto”
“Gyonnareth è un drago
in catene che non riesce a liberarsi. Rivuole la sua compagna e rivuole
la sua libertà”
Nyven annuì,
consapevole: “Si dovesse sbagliare qualcosa, si dovesse anche solo
lasciargli uno spiraglio, Gyonnareth distruggerà tutto quanto”
“E’ per questo che
Sideas è qui… Per molti altri motivi, anche, ma soprattutto perché deve
proteggere la sua terra. Se dovessimo sbagliare qualcosa “ Irìyas
sorrise, ripetendo la frase di Nyven “ Se dovessimo sbagliare qualcosa,
Sideas non può lasciare che Gyonnareth arda il regno. Sebbene le sue
fondamenta siano fragili, è la sua terra. La proteggerà finché avrà
forza”
Nyven riportò gli
occhi su Irìyas e vide che il mago non li aveva mai tolti da lui.
Rimase in silenzio per un attimo, con mille domande in testa e la
difficoltà di formularne anche solo una.
“La sua terra…” ripeté
“Tu andrai ad Est, vero?”
Che domanda stupida.
Nyven si rese conto di quanto fosse sciocca la sua domanda nel momento
in cui la pronunciò, ma ormai non poteva rimangiarsela. Non era forse
tutto finalizzato al sogno di Irìyas?
“Vuoi venire con me?”
Il mago capì ben prima del ragazzo il perché Nyven avesse fatto una
domanda così sciocca.
Lui guardò il padrone,
con le labbra secche e nessuna parola da condividere.
Poi annuì: “Io…” prese
fiato “io voglio stare con te” arrossì alle sue parole. “A me non
interessa così tanto l’Est. Non conosco bene l’Ovest, non ho viaggiato,
né studiato molto, ma…” di nuovo fece una pausa “Ma vorrei stare con
te. Vivere nella tua casa, e non dover ricominciare tutto daccapo con
qualcuno che mi compra ad un nuovo mercato. Pensavo… tempo fa pensavo
che fare una vita così non mi avrebbe pesato. In fondo, io non saprei
cosa fare se fossi da solo. Nessuno mi ha mai insegnato cosa fare e io
non sono abituato a pensare che posso stare da solo. Forse tra un po’,
forse serve del tempo. Ma ho sempre pensato che una vita così sia una
vita comoda, in cui non devi fare niente se non quello che ti viene
detto. “ Abbassò lo sguardo imbarazzato “Ora è tutto diverso. Ora
finalmente voglio qualcosa per me, non voglio fare quello che altri mi
dicono.” Rise fra sé e sé “La Bianca è morta a causa mia, io ho tentato
di ucciderla e lei ha scoperto chi sono. Così Finnan, in mia vece, l’ha
uccisa e così Finnan, in mia vece, sa chi sono. Sono stanco di questa
passività, lo trovi sciocco?”
Irìyas non parlò, ma
scosse la testa, lasciando che Nyven proseguisse.
“Sono stanco di non
sapere e vivere in un mondo in cui gli altri sanno, sono stanco di
stringere i pugni e non avere niente fra le mani” se le guardò “Ora so
che sono mani incredibilmente forti, queste. So che posso fare quello
che voglio, senza lasciare che gli altri agiscano in vece mia. Io posso
scoprire chi sono senza che siano gli altri a dirmelo… In qualche modo”
guardò Irìyas negli occhi per un istante di troppo “ la mia storia,
ora, posso scriverla anch’io da me”
Irìyas sorrise, per la
sua frase rubata.
“E ora so che è o con
te, o da solo che starò. Anche se questo mi è vietato dalla legge.
Riscatterò la mia libertà”
Non era ciò che voleva
dire, ancora una volta Nyven si rese conto che le frasi gli si
formavano sulle labbra prima che in testa. Lui voleva stare con Irìyas.
O da solo o con lui sì, ma solo perché non aveva senso stare con nessun
altro. Mise una mano sulla camicia di Irìyas e strinse il pugno,
sgualcendola. Ma in fondo non aveva più grande importanza. E Irìyas lo
lasciò fare, senza opporre nessuna resistenza, incuriosito e intenerito
dall’esitazione del ragazzo.
Lasciò che il suo
schiavo lo baciasse, a fior di labbra. Erano calde e secche, le labbra
del suo Nyven, che si staccò immediatamente. Irìyas non lo lasciò
allontanare.
“Andrò da solo ad Est”
disse il mago e Nyven strinse le labbra “Non ha senso che tu venga con
me. Ma ha senso che tu sia libero “ gli sussurrò sulla pelle “Non sarò
io, né Finnan, né la Bianca a dirti quello che farai. E’ giusto così”
“Ma… “ protestò il
ragazzo, Irìyas lo interruppe.
“ Com’è facile, per
me, avere ragione su di te? Farai quello che ti dico. Eseguirai
qualunque mia parola. Lo so io, ma lo sai bene anche tu. Sei venuto qui
per i tuoi capelli. Qui, a differenza che in qualunque altro posto dove
sei stato, nessuno ti ha trattato come uno schiavo. E questo ti fa
illudere che questo bacio sia sincero. E che tu voglia venire ad Est
perché vuoi stare con me. Avresti voluto rimanere con chiunque ti
avesse trattato con un minimo di umanità”
Nyven non lasciò che
il mago proseguisse con quest’assurdità: “Non è vero!” guardò il mago
dritto negli occhi “E’… diverso” ma non riuscì a spiegarsi, come
avrebbe voluto “ E’ diverso perché è grazie a te che…”
“Non è grazie a me. E’
solo il naturale corso degli eventi”
Nyven si ammutolì,
corrugando la fronte: “Sei ingiusto. Anche tu pensi che io non sia in
grado di discernere cosa voglio per me da cosa semplicemente è
capitato. Forse hai ragione, non avrei avuto questo desiderio di
libertà – non ora comunque – se non fossi stato tu a prendermi al
Crocevia. Ma è ingiusto e sbagliato da parte tua fraintendermi. Lascia
che sia io a volerti. Permettimi di farlo, permettimi di voler venire
ad Est, di voler stare con te. So che non è questa la mia strada, ma è
quello che vorrei. Perciò, per favore, non pensare che i miei desideri
non mi appartengano”. Fu Irìyas a baciarlo, questa volta, interrompendo
il farfugliare senza senso di Nyven. Fu un bacio molto più profondo del
primo e molto più intenso. Nyven si ritrovò completamente senza fiato.
Desideri, volontà…
Niente aveva alcun senso alle orecchie né dell’uno, né dell’altro.
Irìyas sapeva che
Nyven era solo affascinato dalla nuova libertà che vedeva a portata di
mano, da quei misteri di cui era inevitabilmente venuto a far parte e
da quella nuova forza che sentiva scorrere nelle vene. Finalmente il
ragazzo capiva, sentiva… Finalmente Nyven percepiva di essere forte e
di poter reggersi sulle proprie gambe da solo.
Di contro Nyven non
tollerava sentire il suo Irìyas mettere in discussione quello che per
lui era così evidente: c’era il mago e nessun altro. Non perché fosse
stato il primo, non per una casualità. Ma perché era lui, coi suoi
silenzi, i suoi sorrisi. Il suo fare prepotente a volte e protettivo
altre. Era semplicemente e solo lui.
Nyven lo strinse a sé,
nascondendosi nella spalla del mago. A volte, il suo Irìyas, era
davvero irragionevole.
Il sole calò sul lago
e su tutto il regno, lasciando che la notte ricoprisse tutto il cielo.
Irìyas uscì dalla stanza di Nyven. Si passò una mano sugli occhi, pur
di non pensare. La voce di Zir lo raggiunse inaspettata: “Irìyas
dovresti riposarti un po’” il coniglio si sistemò gli occhiali sul naso
“Non puoi arrivare così al Solstizio”
Il mago annuì,
consapevole, mentre il coniglio riprese la parola: “Non lasciare…”
Ma il mago lo
interruppe con un gesto: “Non parlare”
“Sai che ho ragione.
Nyven si rivelerà troppo pericoloso”
Il mago sorrise:
“Fosse innocuo non saremmo certo a questo punto”. E se ne andò verso la
sua stanza. La tristezza nel tono del mago non sfuggì al fedele Eclage
che ne conosceva fin troppo bene l’animo.
Il suo corpo era
adagiato sul limitare del Bosco Nuovo. Se occhio umano l’avesse visto,
in quella notte priva di stelle, non avrebbe saputo discernere la sua
sagoma da quella del buio. Solo un orecchio acuto avrebbe potuto
sentire il suo respiro, profondo e lento, quasi il battito di un cuore
che si sta fermando. Le sue palpebre chiuse nascondevano gli occhi
rossi ed iracondi, a cui non sarebbe sfuggita la più piccola delle
prede. Le palpebre erano chiuse, ma lui non dormiva. Solo aspettava.
Aspettava una mossa falsa di colui che aveva osato metterlo in catene,
oppure di raggiungere il suo obiettivo e distruggere tutto ciò che si
frapponeva fra lui e la morte degli esseri umani che lo tenevano
lontano dal cielo e da Finnan.
Il suo respiro si fece
più profondo e l’aria intorno a lui divenne bollente, per un istante.
Le foglie sugli alberi a lui più prossimi divennero brace e si
sparpagliarono in cielo.
“Manca poco, non
essere così impaziente” la voce dell’Alchimista gli fece aprire un
occhio, che brillò.
“Alla tua morte”
concluse lui, con la voce che gli proveniva dalla profondità della
gola, calda e cupa, quasi inudibile.
L’umano rise: “
Qualcuno di certo morirà…”
“Gli uomini non
possono attraversare i Territori, è inutile che vi affanniate”
L’umano rise di nuovo:
“Mi sembra che si sia già ampiamente affrontata questa discussione”
Il drago chiuse
l’occhio: “Fai tu, io ti ho avvisato”
“Fra un po’ è il
Solstizio…”
“Davvero credi che
Irìyas non abbia posto rimedio al nostro arrivo?”
“Penso che abbia
provato, sì, ma la cosa non mi preoccupa. E’ così convinto che Alem, il
suo grande maestro, gli abbia detto la verità, che non sospetterà mai
che sia stato lui per primo a tradirlo”
“Voi uomini siete
degli essere ben più feroci di chiunque altro abbia mai incontrato su
questa terra. Tradite i vostri amici, i vostri genitori e i vostri
figli come fosse la più normale delle cose”
Hago non rispose, e si
sedette anche lui, appoggiando la schiena ad un albero.
“Riprenderemo il
nostro viaggio all’alba. Ora è meglio riposare”.
Gyonnareth non disse
nulla, solo alzò il collo, per guardare nella direzione in cui sapeva
si trovava Finnan.
Si chiese come mai la
sua compagna fosse così vicina al mago, ma presto l’avrebbe scoperto
lui stesso.
***
Aealith:
santa birra! Sempre sia lodata, ovviamente *_* Hago ... quasi non
aspetto altro neanch'io. Per una che pensa già ai personaggi prima di
scriverli, Hago è rimasto in silenzio troppo a lungo! Besos
DJKIKA:
Lemon O_O eheheh ad essere del tutto onesti, in Cremisi, non ci sarà
una lemon, non penso si adatti bene con il tipo di trama. ne ho scritte
e ne scriverò, però, quindi non temere, non voglio perdere la mia verve
"slash". del resto, Cremisi ha quest'aura di magia intorno, che mi
sarebbe difficile mettere una scena fisica troppo esplicita. In questo
capitolo, però, c'è un piccolo accenno... almeno è qualcosa ^_^
Ali.
friggere la pelle è un'espressione che mi ha fatto ridere mezzora *_*
bella, la dovrei riciclare XD Ecco il prossimo capitolo, che ne dici?
Questo Irìyas mi farà impazzire.
Namida: un
pochino di shounen ai, sì. anche se - se sei arrivata sin qui - avrai
visto che anche in questo capitolo non è che dia troppo sfogo alla mia
vena shounen ai che, onestamente, ne risente. Ma non è finita qui,
ovviamente, non temere ;D
Persefone:
sì, anche a me ricorda alessandro. Del resto, anche la terra piatta e
l'idea delle "colonne" non è propriamente originale XD Il non poter
andare più avanti è metaforico, anche. Io adoro costellare i racconti
di secondi, terzi significati nascosti...
manny:
ciao! che piacere risentirti. E anzi, vorrai scusarmi tu per i miei
terribili ritardi con le email. prometto che ti rispondo in questi
giorni, ma davvero, novembre è stato un mese orribile. cremisi e la mia
"vita" mediatica ne hanno risentito enormemente -_- La Bianca è un
personaggio malinconico, alla fine mi ci sono affezionata anch'io.
Aphrodite:
certo. sideas avrà un racconto tutto per sè che, ovviamente, sta già
prendendo forma nella mia testa (ma prima finisco Cremisi, non ti
preoccupare). Non potrei lasciare il piccolo ed "indifeso" Nyven da
solo, no? anche perchè, fra un po', ci saranno importanti rivelazioni
^_^ Un bacione grande
Silencio:
ciao! Felicissima che le prime "spiegazioni" i i primi "misteri
svelati" siano all'altezza ^_^ La terra piatta l'ho amata appena m'è
venuta in mente. In fondo, mi sono detta, è un fantasy; ci sono draghi,
maghi, e altre amenità, perchè devo attenermi ad un'astronomia
consueta? Ecco quindi che il mare cade giù. E' un'immagine 8quella che
ho in testa e quella che ho cercato di descrivere) che mi affascina
molto. In realtà vorrei risponderti a lungo sulla differenza fra sideas
e irìyas, ma non posso dilungarmi molto perchè sarà un argomento che
verrà sviscerato ne capitoli successivi. Soprattutto nel 31 è in un
paio dopo. Perciò, se ne parlassi qui, farei delle inutili
anticipazioni. sideas e irìyas sono di indole drammaticamente diversa,
e forse è per questo che si piacciono così tanto. Sono esattamente
complementare. Io personalmente trovo sia l'uno che l'altro
affascinanti, a modo loro, ma devi pur tener conto che uno è un
guerriero, l'altro è un mago... Ti rimando quindi al capitolo 31, così
mi dirai che la "spiegazione" ti ha soddisfatto XD a presto ^_^/
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Capitolo 30 *** Capitolo 30 ***
Più di 200 recensioni? Mai ci avrei sperato, quando
si è arrivati a 200 pensavo di svenire. grazie mille, a tutti. davvero.
siete magnifici! Dicembre è commossa :*D
Capitolo Trenta
L’aria aveva un sapore
diverso. Hago non viveva più da quelle parti da tempo ormai.
L’alchimista era
seduto ai bordi del Bosco Nuovo, guardava lontano ma non aveva gli
occhi fissi da nessuna parte. Il Solstizio sarebbe arrivato di lì a
poco e lui non aveva tempo da perdere.
Raccolse i due cerchi
di metallo che lo legavano a Gyonnareth e si mise in piedi. Il metallo
tintinnò e per un istante non vi fu altro rumore. Hago si guardò
intorno, nel silenzio irreale, più completo; si mise una mano sulla
guancia dove la ferita infertagli da Gyonnareth gli faceva ancora male
e dove i punti erano ancora freschi. Sbuffò, infastidito:
“Andiamo”
Il drago era lontano a
sufficienza per non essere visto, ma il suo udito sentì l’ordine al
quale non poteva sottrarsi. Dispiegò le ali nere, così poderose da
oscusare il sole, e spiccò il volo per andare dal suo padrone.
“Distruggerò quei
maledetti cerchi” il suo alito riscaldava così tanto l’aria da farla
apparire di fuoco. I suoi occhi rossi trasudavano ira.
“Non puoi
distruggerli, e tu lo sai. Ormai sei condannato a stare con me finchè
lo vorrò”
“Allora ucciderò te”
“Non puoi fare neanche
questo” La voce di Hago era perfettamente calma, nonostante Gyonnareth
fosse così vicino a lui da poterlo schiacciare con un passo.
L’Alchimista sapeva di avere il completo controllo sul drago.
“Dobbiamamo riprendere
la strada verso Irìyas”
Ma Gyonnaerth non lo
ascoltò: “Sbagli, umano. Hanno già provato a catturare e a tenere
imprigionato un drago. Il drago si è ribellato. Si è liberato e ha
ucciso il suo carceriere. Succederà lo stesso a te”
Hago prima sorrise,
poi non riuscì a tratterere un risolino divertito.
“Trovi la tua morte
molto divertente?”
“No, non
fraintendermi… Non è la mia morte a divertirmi” voltò lo sguardo verso
il drago “Trovo solo estremamente divertente il susseguirsi degli
eventi. E l’errore originale di voi dragi: il venire nell’Ovest”
“I draghi non abitano
la terra, come voi uomini. I draghi abitano il mondo. Non esistono
confini per noi draghi. Voi uomini questo non riuscite a capirlo”
Esistevano questi momenti, fra il drago e l’umano. Sebbene Hago
stringesse i cerchi che soggiogavano Gyonnareth e lo costringevano a
fare esattamente quello che l’Alchimista gli ordinava di fare, e
Gyonnaerth avesse per questo giurato vendetta e morte all’uomo, per
alcuni momenti regnava la calma. Erano parentesi brevi, quando il vento
non soffiava e l’aggressività dell’uno o dell’altro non prendeva il
sopravvento. Tuttavia, era proprio in questi momenti che mondi
apparentemente così diversi come quelli di uomini e draghi, sembravano
avvicinarsi.
Difatti il drago
riprese a parlare:
“L’Est, per voi fonte
di meraviglia e curiosità, è diverso dall’Ovest. Tuttavia, anche al di
là dei Territori esistono gli uomini. C’era una regina, un tempo. Il
suo nome era Giqiath. Regnava sui territori dell’Est come mai nessuno
prima o dopo di lei. Nelle vostre memorie, infatti, il suo nome è
Giqiath la Saggia. Lei era amica dei draghi. Ricordo bene che spesso si
avventurava fino i confini del proprio regno per parlare e trascorrere
parte del suo tempo con alcuni di noi che in quel periodo abitavano
quelle terre.” Gyonnareth sbuffò, lasciando che un po’ di fumo nero
uscisse dalle sue narici. “Strinse amicizia in particolare con uno di
noi: Briel.”
Hago annuì, conosceva
la storia, ma la riascoltava ogni volta con piacere. Le gesta di
Giqiath lo avevano sempre affascinato e reso desideroso di riuscire, in
qualche modo, lui stesso a ripercorrere le orme dell’unico umano amico
dei draghi. Ma lei era stata portata ad Ovest come amica da Gyobriel.
Lui l’aveva portata sulle sue spalle, le aveva fatto attraversare i
Territori, il mare e il Bosco Nuovo, fino a farle raggiungere i confini
del Regno. Lui, invece, stringeva i cerchi di ferro che obbligavano
Gyonnareth ad eseguire i suoi ordini. Non sarebbe riuscito altrimenti a
far sì che il drago lo portasse ad Est. Il drago riprese a raccontare:
“Anche Giqiath era curiosa di conoscere il mondo. Di sapere cosa c’era
oltre i confini del proprio regno. E Briel si offrì di farle da
compagno”
“Ed è per questo che
Gyobriel venne ad Ovest”
Il drago si riaccucciò
sulle zampe.
“Questo non fu un
errore. L’errore fu della sorte”
“Giqiath e Gyobriel
trovarono, qui nell’Est, Alem”
“Trovarono molte altre
cose. Andarono ben oltre i confini del vostro Regno. Andarono dai Feil,
nell’Ovest più profondo. Raggiunsero il confine occidentale del mondo”
Hago annuì, ma
ribattè: “Ma la sorte volle che incontrarono anche Alem” poi sorrise
“Ecco perché fremo all’idea di rivedere Irìyas. Lui ignora la vera
natura del suo caro maestro. Lui è convinto che gli anziani
dell’Accademia siano un esempio di rettitudine”
“Voi umani siene
subdoli” Gyonnareth interruppe l’Alchimista “Irìyas era un tuo amico.
E’ anche colpa tua se crede di aver avuto un maestro degno di questo
nome”
Hago strinse i cerchi
di ferro che teneva in mano: “In un certo senso, il nostro maestro mi
ha insegnato qualcosa di molto importante”. Lasciò che il metallo
tintinnasse, ascoltando quel suono con estremo piacere. Poi riprese a
parlare: “Fu Alem a catturare Gyobriel. Fu lui il primo a capire come
catturarvi” Gyonnareth si irritò, una lingua di fuoco uscì con la sua
voce: “Era forte, il vecchio. Così forte da catturare Briel e tenerlo
in catene e segregato nelle celle dell’Accademia per troppo tempo”
“Nonostante l’abbia
tenuto in prigione, noto una certa ammirazione nella tua voce, drago…”
Hago sorrise, conoscendo già la risposta di Gyonnareth.
“Alem era potente. La
sua forza è da ammirare”
“Ma Gyobriel l’ha
ucciso. Dopo essersi liberato, il drago s’è vendicato”
“Ha ristabilito
l’ordine delle cose.” Il drago fece passare qualche istante, prima di
continuare a parlare. “Alem catturò Briel quando questi ormai era
lontano da Giqiath che era tornata ad Est. Capì come catturarlo e lo
tenne in catene. La sua audacia, alla fine, lo ha portato alla
perdizione”
“Alem voleva conoscere
la Lingua Antica, voi draghi siete gli unici ad averne memoria”
Gyonnareth si
spazientì un po’. “Voi uomini volete sapere, sapere… Sapere senza
capire nulla. Voi volete andare ad Est, conoscere la Lingua Antica.
Volete tutto ciò che non avete, ma non capite assolutamente niente di
quello che possedete. Siete superficiali e vacui. Non vi conoscevo
prima di incontrare te, se non nei racconti del nostro popolo, ma ora
so che la tua morte non sarà una grave perdita”
Hago sorrise, a questa
velata minaccia di Gyonnareth.
“Dobbiamo andare,
Irìyas ci aspetta”
Gyonnareth si alzò,
tendendo le zampe anteriori, ma rimanendo appoggiato su quelle
posteriori.
“Perché Irìyas non ha
fatto come te?” chiese guardando oltre il Bosco Nuovo, oltre l’ultimo
confine che lo separava da Gyofinnan “Se anche Irìyas sa come andare ad
Est e se è davvero ciò che vuole nella sua vita, perché ha lanciato un
incantesimo contro di te tanto potente da impedirti di andare ad Est e
preferisce affrontare te e me, piuttosto che seguirti e finalmente
coronare il suo sogno?”
Hago non rispose, si
assicurò che la brace del fuoco della sera precedente fosse
completamente spenta e si mise a camminare, verso il Regno. Gyonnareth
non si mosse, l’umano poteva camminare per ore, lui con un battito
d’ali l’avrebbe raggiunto. L’umano avrebbe potuto bisbigliare a molta
distanza, e lui l’avrebbe sentito ugualmente.
Hago però, pur non
rispondendo, non riuscì a levarsi la domanda del drago dalla testa.
Maledetto drago,
perché fargli quella domanda, esattamente in quel luogo, quando ormai
mancava così poco al Solstizio? Gyonnaereth non aveva voluto sapere mai
molto sul rapporto che legava Hago ad Irìyas. Non gli era mai veramente
interessato capire i tanti perché lo stavano portando nel Regno:
Gyonnareth voleva solo essere libero.
Poi piano piano,
stando con Hago che, seppur di natura taciturna, era un uomo e come
tale a volte cercava nella sua voce la spiegazione di quel che viveva,
aveva cominciato a voler capire le ragioni che muovevano il suo
carceriere e il suo vecchio amico. Aveva voluto saspere perché era
stato catturato, perché, dopo la cattura, non era stato costretto a
volare verso Est.
Aveva voluto sapere
perché.
Hago aveva le risposte
a tutti quei perché. Lui aveva contravvenuto all’unica vera regola che
legava lui ad Irìyas e Sideas: aveva tenuto nascosto e per sé il
segreto di Alem.
Perché l’aveva fatto
era poco chiaro persino a lui stesso. Tuttavia, di fatto, aveva seguito
la sua strada. Hago sapeva bene che il suo seguire il proprio percorso
agli occhi dei suoi vecchi amici era apparso come un tradimento. Ed in
effetti, sotto un certo punto di vista, il suo era un tradimento
effettivo. Ma quello che biasimava ad Irìyas soprattutto, quello che
l’aveva portato ad allontanarsi prima e ad averlo come nemico poi era
l’assoluta incapacità dell’amico di capire che per perseguire i propri
sogni, per percorrere la strada che porta alla meta, bisogna scendere a
compromessi. Bisogna cercare di sagomare le proprie idee per
raggiungere un obiettivo. Che il fine, in alcuni casi, giustifica i
mezzi.
Questo, per Irìyas era
inconcepibile.
Ecco perché Irìyas,
quando aveva capito cosa stava facendo Hago, non solo si era sentito
tradito, ma aveva anche usato i mezzi in suo possesso per impedire ad
Hago di andare da solo ad Est. Né per altro, aveva voluto seguirlo. I
draghi non possono essere messi in catene, Irìyas diceva sempre. Ma al
contempo, Irìyas voleva andare ad Est. Qualunque cosa fra lui e il suo
obiettivo doveva sparire.
Ma allora come avrebbe
fatto a realizzare il suo sogno? Come avrebbe fatto Irìyas ad andare ad
Est?
A questo quesito, il
mago – poco prima di lasciare l’Accademia – non aveva saputo dare una
risposta. Aveva detto di non averla.
Se l’avesse trovata in
quei giorni per Hago rimaneva ancora un mistero.
Un mistero che
probabilmente si sarebbe svelato di lì a poco.
Irìyas quindi gli
aveva impedito di andare ad Est.
Quanta forza in
quell’uomo… Hago sorrise, fra sé e sé, continuando a camminare. Non
avrebbe mai potuto, lui, rompere un incantesimo lanciatogli contro da
Irìyas. Soprattutto uno così ben congeniato e creato a regola d’arte.
“Perché per Irìyas il
fine non giustifica i mezzi” disse l’Alchimista non aspettandosi che
Gyonnaereth capisse fino in fondo quello che volesse dire. Ora le carte
sul tavolo erano chiare e non c’era più il tempo per le parole. Irìyas
avrebbe impedito ad ogni costo ad Hago di andare ad Est, e Hago doveva
impedire ad Irìyas di intralcialgli la strada. Gyonnareth avrebbe
eseguito ogni suo ordine e questo, verosimilmente, lo avrebbe portato
alla vittoria. Nemmeno Irìyas avrebbe potuto opporsi a Gyonnareth.
Probabilmente, pensò Hago, Irìyas avrebbe cercato di porre un qualche
rimedio alla presenza del drago. Forse Irìyas aveva una risorsa che
Hago non conosceva. Ma lo stesso valeva per lui. Anche il mago, persino
il suo vecchio e più caro amico, non sapeva come la sua arte Alchemica
era evoluta in quel periodo lontano dall’Accademia.
Hago si accarezzò i
polpastrelli di indice e medio col pollice. La sua mano s’illuminò per
qualche istante.
Inoltre, sapeva che
Gyofinnan viveva da un po’ di tempo con Irìyas. Le era stata celata per
lungo tempo, ma ultimamente qualcosa s’era rotto e la presenza del
drago compagno di Gyonnaereth era diventata molto più evidente.
Era poco importante.
Il mago non l’avrebbe
mai messa in catene e lei non avrebbe mai attaccato lui, sapendo che
così facendo avrebbe, con ogni probabilità, rischiato di venire
catturata lei stessa. Lui, infatti, non aveva alcun timore. Sapeva che
avrebbe potuto tranquillamente soggiogare anche lei.
Gyonnareth gli volò di
fianco, percorrendo velocemente quel tratto di strada fatto dall’umano.
Non disse nulla per un po’, camminò elegantemente nonostante la sua
mole enorme.
Hago legò i cerchi di
ferro alla sua cintura, guardò il drago e si fermò, per un attimo.
“Irìyas” gli disse poi
come continuando un discorso “vive secondo un codice antico e non sa
che ormai, le sue idee sono andate perdute.”
***
Silencio:
Errata corrige - volevo scrivere 32, non 31. Penso che già in questo
capitolo le "motivazioni" di Irìyas appaiano un po' più chiare. Ma
comunque, se ne parla più a fondo nel 32. ho sbagliato ad indicarti il
capitolo '^_^
Ali: ciao cara *_*
Rossa anche tu? ma sai che anche a me era balenata una certa voglia di
farmi i capelli rosso fuoco? Poi, però, purtroppo (XD) il lavoro non me
lo permette, perciò rimango castana... La resa dei conti è prossima.
adoro tergiversare un po' sui perchè, e tendo a posticipare un po'
l'azione, ma ormai quasi ci siamo ^_^ Baci
Persefone:
Hola ^_^/ gyonnareth in catene è *molto* pericoloso *_* Mi diverte
molto, però, descrivere questo drago tutto nero. Lo immagino molto
aggressivo ^^ Per la parte shounen ai, invece... irìyas si deve solo
arrendere all'evidenza che ormai il "dato è tratto". Non si può
sfuggire al proprio destino MWHAHAHAH (e a una scrittrice che si deve
sfogare sulle sue povere creature ^_^)
djkika:
ciao ^_^// Irìyas è un personaggio complesso, molto solitario e poco
incline a condividere con gli altri parte della sua vita e di quel che
gli accade. E' probabilmente una sorta di difesa e una peculiarità del
suo carattere... ogni cosa a suo tempo ;D Baci
Ciao namida ^_^
felice che il capitolo ti sia piaciuto. L'accenno shounen ai era
dovuto, così come l'arrivo di hago. Mi diverte molto creare tensione.
sia fra i due (irìyas e nyven) che con hago (di diverso genere), per
poi sfogarmi sulla voglia di libertà di nyven che a volte stride con il
suo volere stare con irìyas. Povero piccolo, nelle mie mani! HAHAHA
Mana:
wow, che bella recensione, grazie! felice, davvero felice, che tu abbia
trovato Cremisi e che ti sia piaciuta così tanto. Ho spesso il dubbio
di riuscire a trasmettere quello che ho in testa, la storia, il
coinvolgimento e i fili che si dipanano, ma il leggere recensioni come
la tua non solo mi sprona ad andare avanti, ma anche mi gratifica. Sto
andando nella direzione giusta ^_^ E' bello saperti innamorata di
irìyas e del suo nome. E' un personaggio difficile da rendere, perchè è
un personaggio da un lato molto contreto, e dall'altro per niente.
Sfuggevole, a volte, e penso in parte incomprensibile (lo è per me
stessa '^_^) . e sì, si puà dire "fighissima", riferendosi
all'ambientazione. Mi hai fatto gongolare letteralmente. Io "vedo" il
mondo di Cremisi, sapere che riesco anche a ricrearlo su carta e
rendere bene l'ambientazione mi fa gongolare letteralmente 8e
arrossire, devo ammetterlo '^_^). Grazie ancora. spero di risenriti
presto.
BiGi:
Hahaha Irìyas è difficile, che ci voui fare, è un mago pieno di sè XD
Manny:
ciao! La storia di sideas ha preso così tanto anche me (coi suoi
frammenti d'acqua e fuoco), tanto che gli dovrò dedicare un racconto a
parte, tutto per lui. Ormai è un personaggio troppo grosso per fare da
secondo ^_^ baci baci
aphrodite:
ciao sorellina ^_^/ No, purtroppo sai che io tergiverso un po' quando
si tratta di entrare in azione. mi lego molto alle cause che hanno
portato agli eventi, e poi passo agli eventi. Forse è un difetto, ma mi
piace sempre motivare il perchè sta accadendo il putiferio XD Comuqnue,
non manca poi molto all'azione. Qualche capitolino ^^ pochi, promesso.
Un bacione
kymyit Ciao! che piacere ricevere un tuo commento *_* Felice che il capitolo 11 ti sia piaciuto e spero, a questo punto, di sentirti presto! besos
|
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Capitolo 31 *** Capitolo 31 ***
So bene di essere mancata per
tantissimo tempo da queste pagine e da questi lidi. me ne scuso
immensamente con tutti coloro che seguono e seguivano la mia storia.
Credetemi quando vi dico che ci sono state motivazioni davvero gravi
alla base della mia dipartita, e davvero al di là della mia volontà.
Perciò ora che posso riprendere, mi riprometto di ritornare ad
aggiornare regolarmente come ho sempre fatto e a rispondere ai singoli
che vorranno lasciarmi un commento (lo sapete quanto ci tengo).
Scusate l'assenza,
spero che il nuovo capitolo un po' ripaghi dei mesi di silenzio.
Un bacione a tutti
Vedere il cielo attraverso le
sbarre, vedere il mondo contorniato da piccoli ramoscelli di vetro che
intaccano la sua ampiezza… Tutto questo non può essere ammesso.
Il vecchio a volte passa e lo
guarda, stringe a sé i due cerchi in ferro che l’hanno reso schiavo, li
fa tintinnare per assicurarsi di possederne tutta la forza, poi se ne
va.
La stanza nella quale l’ha chiuso è
troppo piccola, le ali sono indolenzite tanto devono essere attaccate
al corpo. Giura vendetta. Terribile. Non perdonerà mai nessuno
dell’Accademia. Il veccho e i suoi discepoli, tutti, verranno uccisi.
Appoggia il muso sulle zampe, sospira e dalle sue narici
esce fumo nero.
E’ lì dentro da troppo tempo.
La porta della sua cella si apre e
il vecchio entra. Ha i cerchi legati alla cintura e la tunica che
fruscia li nasconde.
“Stai bene oggi?”
Lui non risponde
“E’ da qualche giorno che sei
troppo quieto e mi preoccupi. Non ti starai mica arrendendo?” poi
sorride, sa che nessun drago mai si arrende, nel senso inteso dagli
umani.
“Non dici niente? Ti lascio andare
sai, se parli con me…” Stupido umano, vecchio e maledettamente stupido
“Io ti ucciderò” gli ripete, ma al
vecchio questo pare non interessare
“Siamo tutti destinati a morire” ma
il drago sorride perché sa che queste parole, per lui, non sono vere.
Non importa quanto tempo passerà lì dentro. Lui può solo essere ucciso,
non può morire. E questa è una grande differenza, anche se gli umani
spesso faticano a vederla.
Il vecchio gli poggia le mani
addosso, gli accarezza le scaglie cremisi e quella leggera peluria sul
collo. Per arrivare a toccarlo lì, deve arrampicarsi sulle sue zampe,
aggrappandosi al corpo del drago che rimane immobile. Il drago non può
fare niente.
Si sistema sulle zampe, quelle
anteriori vorrebbero distendersi, quelle posteriori allungarsi, ma
nella sua cella c’è appena lo spazio per stare accovacciati.
“Parlami, insegnami la Lingua
Antica. Parlami!” il vecchio quasi supplica “Perché ti tengo qui se
l’unica cosa che fai è rimanere immobile?”
Il vecchio, così saggio fra gli
uomini, sembra uno sciocco agli occhi del drago. Lui è debole, troppo
debole per ribellasi. Ma era solo questione di tempo, sta ricercando le
forze per schiacciare quegli stupidi che camminano fra le stanze di
quell’Accademia così cara al Regno, e che neanche si accorgono che un
drago dorme nelle segrete.
“Non possono sentirti” il vecchio
pare leggergli nel pensiero “I Cerchi celano la tua presenza a tutti.
L’altro giorno” il vecchio sorride al ricordo “L’altro giorno uno dei
miei alunni, uno dei più acuti, si è accorto di qualcosa. A vederlo,
sembra innoquo: ha i capelli bianchi come neve, gli occhi profondi e
silenziosi. Ha le braccia di un ragazzo, non è ancora un uomo. A
vederlo adesso, sembra più un poeta che un guerriero. Ma sarà un gran
guerriero. Ha i sensi più fini di un Lapnidare e ha l’intelligenzadei
Gufi. L’altro giorno si è accorto che qua sotto c’è un gran segreto.
L’ho dovuto allontanare per un po’, facedogli credere che fosse solo
magia quella che sentiva. Del resto” sorride di nuovo “ Non potrebbe
mai immmaginare che cosa nascondo qui…” Il vecchio accarezza la spina
del drago e continua a parlare, il drago sembra non ascoltarlo ma è
attento a qualunque parola. Un solo errore del vecchio e lui lo
potrebbe sbranare.
Una campana suona, in lontananza.
“Devo andare, si celebrano i Venti
e l’inizio della Seconda Età oggi” scende dalla schiena del drago
“tornerò. E sai che avrò metodi ben più persuasivi di quelli adottati
oggi. Posso fare di te quel che voglio”
Aspetta che il vecchio esca. Poi il
drago di nuovo guarda fuori. Sente il legame che lo lega all’Accademia
fortissimo sulle sue zampe e sulle sue scaglie. Vorrebbe bruciare
tutto. I draghi non possono essere confinati dentro mura artificiali.
Si rigira verso la finestra e i che
li vede: due occhi verdi, così intenso da ricordargli il mare su cui
spesso vola. Lo guardano attraverso le sbarre, in un misto di sgomento
e terrore. Lo fissano, affascinati. Quando notano che anche il drago li
ha visti, si chiudono e il loro proprietario scappa via. Non una mossa
per liberarlo, non una parola. Anche loro, anche quegli occhi verdi
così rari per gli umani, appartenevano ad un nemico da uccidere.
I suoi occhi, color del fuoco,
bruciano giurando vendetta. Il fuoco che deve trattenere dentro di sé
per ordine del vecchio freme per esplodere. Il vecchio, ma anche questo
ragazzo dagli occhi verdi e curiosi, anche lui sarebbe morto per mano
sua.
I dettagli erano nitidi nella sua
testa, quegli occhi, quell’odio e quella curiosità. L’aveva visto per
la prima volta lì.
Si svegliò di soprassalto. Non si
era accorto di essersi addormentato. Era di nuovo notte, il Solstizio
era di un giorno più vicino.
Capitolo 31
Hago si sedette, appoggiando la schiena alle zampe posteriori
di Gyonnareth.
Diede un morso al pane rappreso che aveva con sé, ma non
iniziò a masticare subito. Lasciò che si ammorbidisse con la saliva,
poi deglutì. Il vento dei Territori soffiava, annaspando fra le cime
degli alberi del Bosco Nuovo. Non era intenso, ma il suo rumore
rimbombava nelle orecchie.
Le orecchie dell’alchimista erano lievemente asimmetriche: la
sinistra, che avrebbe dovuto portare l’orecchino che definiva
l’appartenenza alla sua classe, era per metà mozzata. L’orecchino gli
era stato legato alla restante parte del padiglione, ma da quando aveva
perso il suo orecchio Hago non aveva mai mostrato i monili del suo
potere. La sua vanità glielo impediva. Ora che anche sul viso portava i
segni del suo operato, ora che Gyonnareth gli aveva lasciato una
cicatrice indelebile, l’Alchimista era stato obbligato a scendere a
compromessi con sé stesso.
“Dovrei fartela pagare, questa cicatrice” disse l’uomo al
drago, toccandosi la faccia. Il drago non rispose, né aprì gli occhi
continuando apparentemente a dormire. Hago sapeva che nessun drago
dorme.
Aveva male quando masticava, la guancia era ancora dolente. Ma
l’aveva avuta vinta lui, contro il drago. Ora lui possedeva i due
cerchi di ferro che legavano Gyonnareth al suo volere.
Di nuovo il vento soffiò, di nuovo sembrò ululare, riempiendo
il cielo del suo alito.
“Il Sole sta tramontando”. Il sole era alto in cielo, era poco
dopo mezzogiorno. Ma non era questo che Gyonnareth intendeva.
Fu Hago questa volta a non rispondere. Non subito.
“Alem avrebbe dato qualunque cosa per vedere questi ultimi
raggi di Sole” sospirò “ma la legge per gli umani è impietosa. La legge
della natura: nessuno può vedere il Sorgere di due Soli. Così come
nessuno può vederne il Tramonto. Alem aveva visto il tramonto della
Prima Età. Il Sole sta tramontando una seconda volta.”
Il pensiero del maestro non lo lasciava in pace,
ultimamemente. Il vecchio continuava a ritornare nella
sua testa. Più si avvicinava ad Irìyas, più la figura del vecchio
maestro lo tormentava.
Mise in bocca un altro pezzo di pane. Questa volta iniziò a
masticarlo.
Probabilmente lo odiava. Così come probabilmente odiava
Irìyas. D’istinto avrebbe voluto che sia il suo vecchio maestro sia il
suo vecchio amico scomparissero dalla sua mente. Ma Alem era morto,
eppure non era scomparso dalla sua testa. Si chiese se la stessa cosa
sarebbe successa per Irìyas.
“Non riesco nemmeno ad odiarli”
“Mhm?” il drago non capì.
“Li detesto. Sono loro la causa di ciò che sta succedendo,
eppure non riesco ad odiare né l’uno, né l’altro” non era necessario
che Hago specificasse i loro nomi.
Gyonnareth scosse il collo e scrollò la zampa su cui era
apporggiato l’alchimista. Questi scostò la schiena, ma poi la
riappoggiò.
“Voi umani siete buffi. Vi divertite ad addossare la colpa agli
altri quando in realtà la colpa è vostra”
Hago non rispose, scosse la testa per esprimere il suo
disaccordo.
“Quando sono arrivato all’Accademia, Irìyas era già lì e Alem
già l’aveva eletto come il miglior allievo della Seconda Età” sorrise
“Era lì da pochi mesi, eppure aveva già scalzato chiunque. “ Si girò
verso il drago, anticipando quello che penso il drago avrebbe detto
“Non ne fui geloso, la gelosia la lascio alle donne. Solo non capivo
che cosa potesse aver visto Alem in Irìyas che non aveva mai trovato
prima” si fermò ed aspettò la domanda di Gyonnareth.
“E hai scoperto che cosa fosse?”
Annuì. “Un’insieme di cose. Irìyas era forte. Incredibilmente
abile nelle arti magiche, ma allo stesso tempo era anche ambizioso”
“Non mi sembra che forza ed ambizione siano eventi così rari
per voi umani…”
“Ma Irìyas aveva un profondo senso storico che ormai gli umani
hanno perso”
Gyonnareth aprì gli occhi, sanguigni: “Spiegati meglio!” disse
irritato. Odiava il parlar per enigmi
dell’umano.
“Irìyas vive secondo un codice antico di lealtà. Lui non si
ritiene abitante del Regno, non si è mai ritenuto suddito del Re, lui
s’è sempre e solo sentito figlio di questo mondo. Dà importanza agli
eventi e a cosa ha solcato la storia, un’importanza che ormai nessuno
dà…”
Il drago iniziava a capire.
L’Alchimista continuò: “Alem era convinto di aver trovato in
Irìyas il suo discepolo. Con il suo senso storico, Irìyas avrebbe dato
qualunque cosa per conoscere la Lingua Antica. Con la sua abilità nelle
arti magiche, avrebbe fatto qualunque cosa per conoscere la Lingua che
permette ad ogni incantesimo di essere molto più potente. Alem era
convinto che tutto quello per cui lui aveva lavorato nella vita,
sarebbe stato portato avanti da Irìyas. Come si sbagliava!” rise “Aveva
frainteso Irìyas così tanto, da ritrovarsi – dopo poco tempo – con
qualcuno che non ere più in grado di controllare”.
Hago non proseguì. Prese un altro pezzetto di pane e se lo
mise in bocca , masticando lentamente.
Li odiava. Sì, probabilmente li odiava davvero.
Alem, si era rivelato un maestro poco lungimirante. Un uomo
ambizioso, falso col suo stesso pupillo. Incapace di portare avanti il
suo progetto e così sciocco da lasciarsi uccidere dal drago da lui
stesso catturato.
E Irìyas… Irìyas non aveva
ingannato nessuno. No, non era per questo che lui odiava il mago. Lo
odiava perché lui aveva sempre pensato di aver capito il mago, di
averlo capito così bene da poterlo precedere. Invece l’evidenza
dimostrava il contrario: Hago si era sbagliato su tutto. Si era
sbagliato a tal punto che ora lui e Irìyas si trovavano su fronte
opposto.
Aveva così tanto frainteso il mago da aver – in fine – tradito
il suo più caro amico.
Gyonnareth si mosse e Hago si alzò, come scosso da un sonno
profondo.
“Com’è possibile che Irìyas non si sia mai accorto della vera
natura di Alem? “ la voce del drago risuonò cupa, nel mettersi in
piedi, parve provenire dal suo stomaco. “Com’è possibile che un mago
come lui non abbia capito con chi aveva a che fare?”
“Alem è sempre stato molto bravo ad ingannare le persone. Più
bravo che a fare altro. Ha ingannato Irìyas, ma ha anche ingannato
Giqiath prima e Briel dopo. Nascondeva
la sua vera natura…”
“Io l’ho solo scoperta per caso. Non avrei mai dovuto sapere
che cosa tramava il nostro vecchio maestro” non trattenne un sorriso,”
ma l’Alchimia m’ha aiutato.” Prese fiato.
“Irìyas non c’era. Non ricordo dove fosse, ma non c’era.
Sideas era con lui. In quegli anni all’Accademia eravamo, praticamente,
inseparabili. Ma sarò onesto, eravamo inseparabili per via di Irìyas.
Sideas non ha arti magiche dalle quali attingere, io nemmeno. Il
fascino che il mago esercitava su noi sbarbati era incredibile. Alla
fine… alla fine penso di odiarlo anche per questo.” Rise e per un po’
smise di raccontare
“Scesi nelle segrete profonde del palazzo degli Accademici, la
costruzione principale dell’Accademia, perché sapevo che lì Alem
conservava le Lacrime del Vento, ovvero la pioggia che cadde durante la
fine della Prima Età. Avevo in mente di fare meraviglie con
quell’acqua!” di nuovo si fermò, ripensando a quei momenti.
Le scale che scendevano verso quegli scantinati erano buie e
umide. C’era un forte odore di muffa.
“Chiocciola dopo chiocciola – ricordo bene – scesi. C’erano
dei bracieri alle parenti che erano spenti e apparivano in frantumi.
Ero quasi arrivato nella sua stanza, quando lo vidi. Il calore lì sotto
era così alto che ero convinto, all’inizio, che qualcosa bruciasse. Poi
però, per caso o per errore, arrivai alla sua porta. Alla porta di
Gyobriel. C’era una piccola finestrella, con diverse sbarre, io mi
affacciai per vedere che cosa c’era all’interno di quella stanza e
perché faceva così caldo.
Aveva gli occhi rossi. Non avevo mai visto un drago, mi parve
enorme. Le sue scaglie erano color cremisi, le sue iridi color sangue e
tutto mi parve per un istante di un rosso così intenso da accecarmi”
“Briel è diretto figlio di Fuoco, il nostro capo branco”
“Gyobriel mi guardò con degli occhi che giurarono vendetta”
Hago sorrise, ripensando a quel giorno: “Temetti per un istante che il
cuore mi si fermasse. Poi suonò la campana, di nuovo. Era il periodo
della Celebrazione dei Venti. All’Accademia c’erano le celebranti del
Mattino, del Vespro, c’era una delegazione reale… C’erano tantissimi
personaggi importanti, ma io sapevo che c’era anche un drago, rosso
cremisi, rinchiuso nelle segrete dell’Accademia. L’unica cosa che
ancora mi chiedo…” rivolse lo sguardo verso Gyonnareth “L’unica cosa
che ancora mi chiedo è com’è possibile che io sia arrivato lì.
Possibile che Alem non avesse messo qualche protezione per il suo mago?
Perché nessuno si è mai accorto di lui e, ad un certo punto, io sono
potuto scendere nelle segrete dell’accademia e raggiungerlo? Questo, in
realtà, non ha senso”
Gyonnareth non rispose, ma d’improvviso spiccò il volo per
allontanarsi dal suo padrone. Non voleva più ascoltarlo.
In lontananza poteva scorgere qualche abitazione umana degli
Erranti, i nomadi che vivevano ai confini del regno. Ormai pochi
battiti d’ali e avrebbe raggiunto Gyofinnan. Avrebbe – se non altro –
capito esattamente quello che sarebbe successo. Perché Hago, sebbene
come tutti gli umani parlasse troppo, non gli aveva raccontato tutto.
Lo sapeva. D’altronde, era ben consapevole che Irìyas non li aspettava
senza far nulla. Nessuno dei due umani avrebbe mai lasciato prevalere
l’altro. Ormai sapevano da troppo tempo che si sarebbero incontrati
quel solstizio.
Volse lo sguardo verso le terre del Regno, planando sull’acqua
del mare e sfiorandola con le zampe. Si appoggiò su uno scoglio, non
distogliendo gli occhi dalla direzione dev’era Finnan.
Ormai lo sentiva: era prepotente e forte, ma le sue mani non
tremavano più.
“Irìyas qualcosa è cambiato”. Nyven si guardò il tatuaggio
della maledizione fin sopra il braccio. Fin dove poteva arrivare a
vederlo. “Brucia” disse indicandolo col mento.
Il mago gli si avvicinò: “I draghi stanno arrivando e tu
reagisci al loro fuoco” gli mise una mano sulla spalla e il bruciore
scomparve immediatamente.
Nyven lo guardò, fissandolo a lungo.
Irìyas guardò quel viso ormai noto nei minimi dettagli: “Se
vuoi puoi andare” disse d’improvviso. Nyven non capì.
“Vattene. Sei libero di andare via e non girarti indietro”
“Andare? Andare dove?”
“Dove vuoi. Non ha senso che tu rimanga qui”
“Mi stai mandando via di qui?”
“Ma mi hai…” stava per dire comprato, ma
si accorse che era un termine che non aveva più senso, ormai.
“Ti libero. Devi andare via. Non puoi rimanere qui ora che
Gyonnareth sta arrivando”
Irìyas aggrottò le sopracciglia.
“Come puoi chiedermi di andarmene proprio ora?” Nyven strinse
i pugni e le sue iridi parvero illuminarsi.
“Niente di più e niente di meno di quanto abbia detto.” Irìyas
dice semplicemente “Devi solo andare via di qui. Con la stessa facilità
con cui ti ho preso al crocevia, così ti mando via dalla mia casa.”
Nyven rabbrividì per la freddezza delle parole.
“Non hai più bisogno di me?”
“Non ho più bisogno di te, no. Ma non solo. E’ troppo
pericoloso per te rimanere qui. Pericoloso ed insensato, in quanto
metteresti a repenaglio la tua vita e non aiuteresti la mia”
Nyven fece per replicare ma non trovò nulla da dire.
Andare via? Andare dove? Irìyas sarebbe andato ad Est, ma non
aveva mai pensato a cosa ne sarebbe stato di lui. Ingenuamente, aveva
sempre posticipato il problema e ora non aveva parole per controbattere.
La luce era rossa, il Sole caldo e carico di fuoco. Nyven
guardò Irìyas a lungo ma poi un brivido lo percorse lungo tutta la
schiena e fu costretto a voltarsi verso la finestra.
“I draghi…” disse a fil di voce “I draghi sono qui e se
lasciati liberi, faranno una strage”
Irìyas annuì. Lo sapeva. Ed era per questo che Sideas era
venuto da lui.
Gyonnareth era ormai al limitare del Regno, Gyofinnan lo
aspettava.
E il fuoco che governava i suoi giorni ardeva così
intensamente sui suoi sensi che ormai era certo che avrebbe presto
scoperto l’origine di Nyven.
Ma in quel momento era più importante allontanarlo.
Il ragazzo, altrimenti, sarebbe bruciato nel fuoco eterno di
un drago prigioniero.
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Capitolo 32 *** Capitolo 32 ***
Capitolo
Trentadue
La stanza era immersa nel
silenzio. Nonostante Zir stesse sistemando alcune ampolle sugli
scaffali dell’armadio, nonostante il fuoco ardesse alto nel camino,
nonostante ci fossero tre persone in quella stanza, la stanza era
immersa nel silenzio.
Sideas sorseggiava del vino da un
calice di cristallo e fissava il fuoco, statico, con gli occhi di chi
guarda altrove. Gli occhi di Sideas guardavano lontano. I capelli
bianchi ricadevano ordinatamente sulla fronte, creando ombre sul suo
viso che ne coprivano gli occhi. Tuttavia era chiaro che le sue iridi
erano concentrate su quello che sarebbe capitato di lì a poco.
Nyven, invece, era accovacciato
vicino al fuoco, per riscaldarsi dal freddo pungente che non riusciva
più ad allontanare.
Zir, in disparte, ordinava liquidi
per non disperderne il valore.
“Ti ha detto di andare via” La
voce profonda del cavaliere si insinuò nel silenzio della stanza. Nyven
ebbe un brivido. Annuì, girandosi verso Sideas.
“Lo sapevi?” chiese.
Il cavaliere annuì e il ragazzo
sperò che questi continuasse senza che lui dovesse chiedere perché.
Ma Sideas non lo fece.
“Perché?” chiese dunque il
ragazzo. Perché Irìyas voleva mandarlo via? Perché gliel’aveva detto in
modo così frettoloso e freddo? Perché non poteva rimanere, aiutarlo ad
andare ad Est? E perché lui, d’improvviso, non andava più bene?
Un solo perché ne nascondeva
troppi. Nyven se ne rese subito conto, ma Sideas scosse la testa: aveva
capito perfettamente.
Il silenzio si impadronì di nuovo
di tutta la stanza, ma Zir non sistemò più nessuna boccetta sugli
scaffali dell’armadio: si fermò a fissare il cavaliere, aspettandosi
qualcosa.
Gli occhi di Sideas vagarono sulle
fiamme del fuoco per un po’ prima di parlare. Di nuovo, non guardavano
ciò che era loro davanti, guardavano altrove. Questa volta indietro.
“Irìyas è un mago” esordì come se
dicesse un’ovvietà “E’ un mago come nessun altro nel Regno, o in tutte
le terre dell’Ovest. E questo non solo perché il suo potere è maggiore
di quello di qualuqnue altro, non solo perché le sue arti magiche e il
suo dominio su di loro è perfetto, ma anche perché vive secondo un
codice a cui ormai nessuno crede più…” sorrise, distogliendo lo sguardo
dal fuoco e posandolo su Nyven “Non capisci, vero?”
Il ragazzo scosse la testa: non
capiva fino in fondo.
“Non ti sembra futile, quasi
capriccioso, il suo accanirsi contro Hago perché gli ha rubato un
sogno? Perché stringere così tanto la morsa, dare fondo a così tanta
energia per impedire al suo vecchio compagno di andare dove lui vuole
andare? In fondo, Irìyas non ha mai davvero sognato di essere primo,
bensì solo di andare ad Est. Il suo motivo è la conoscenza, vedere cosa
c’è oltre i Territori. Non ha molto senso il suo accanirsi contro Hago,
se non si conosce a fondo Irìyas…”
Nyven lo guardò, con gli occhi
rossi e ardenti, ma non disse una parola.
“Ci ho messo diverso tempo a
capire il mondo in cui vive Irìyas. Quando arrivai all’Accademia,
onestamente, non capivo assolutamente i motivi che erano dietro a una
qualunque azione del mago.” Sorrise “Ed è per questo, credo, che
stringemmo amicizia: volevo capire. Alem lo trattava come una gemma
rara, tutti lo temevano, ma nessuno lo capiva davvero. Per me poi, che
sono l’esatto opposto, che vivo per calcare la terra e impugnare una
spada, il modo in cui Irìyas guardava il mondo sembrava un’assurdità”
rise di nuovo, ricordando il passato. “Ho più volte pensato che fosse
pazzo… Poi invece, ho iniziato a capirlo, ho iniziato a vedere coi suoi
occhi il mondo e mi sono accorto che, ai suoi occhi, questa terra è
completamente diversa da quella che appare a me.”
“E come gli appare?”
“Gli appare astratta. L’idea e gli
ideali sono ciò che caratterizza un uomo, non le azioni o la forza.”
Sideas si sporse verso Nyven cercando di mettere in parole quello che
gli riusciva difficile da spiegare “Per questo è un grande mago.
Nessuna magia deriva da qualcosa di concreto. Un incantesimo non trae
forza dalla terra, ma trae forza dal solo pensiero”
“E’ vero…” Nyven iniziava a capire.
“La forza della natura che poi
viene incanalata da Irìyas, segue l’ordine della sua magia che deriva
esclusivamente dal suo pensiero. Così pensieri, idee e ideali
acquisiscono un significato completamente nuovo per un mago, perché
tutto si poggia su di loro. Per un mango creare un incantesimo equivale
a dare magia ad un suo pensiero”
“E Hago ha rubato un pensiero di
Irìyas…”
“Esatto. Irìyas l’ha vissuta come
una violazione intima e un furto di ciò che gli apparteneva…”
“Un furto ben più importante di
qualunque oggetto… Ma…” Nyven fece una pausa, cercando di mettere
ordine ai pensieri “Ma l’ andare ad Est è un obiettivo, non un
incantesimo. E’ davvero così importante per Irìyas, il fatto che Hago,
ora, lo condivida con lui?”
“Hago non lo condivide. Hago se né
appropriato. Come credi che faccia Irìyas ad impedire ad Hago di andare
ad Est?”
“Con un incantesimo…” Nyven era
titubante.
Sideas scosse la testa e allora,
sul viso di Nyven comparve assoluta confusione.
“Non capisco…”
Sideas scoppiò a ridere, vedendo
l’espressione corrucciata del ragazzo.
“Non fare quella faccia” gli disse
il cavaliere “Riconosco che sia molto complesso da capire… “ guardò il
fuoco di fronte a lui e riprese a parlare “E’ un’idea di irìyas, quella
di andare ad Est. E’ il sogno del mago e il suo unico obiettivo . Non è
mai appartenuta ad Hago. Ed è proprio per questo che Irìyas, ora,
riesce ad impedire ad Hago di andare ad Est: impedisce al suo sogno di
allontanarsi da lui”
Zir, che era rimasto in disparte
fino a quel momento, intervenne, avvicinandosi e sistemandosi gli
occhiali sul naso.
“Ragazzo” disse con quel tono che
gli era proprio, in parte accondiscendente e in parte paterno: “Non
pensare di capire le vie della magia in un'unica serata. Non ci
riuscirai. Non ci sono riuscito io, né c’è riuscito Sideas. Nessuno che
non sia un mago riesce a capire che cosa c’è dietro ogni incantesimo e
dietro ogni magia. Però ciò che ha detto il cavaliere è vero: Irìyas
vive secondo un codice dimenticato. Penso che pochi altri individui,
Umani, Eclage e non, rispettino la storia e accolgano un’idea come la
cosa più importante di una persona…” arricciò il naso “Hago ha
calpestato ciò che di più sacro c’era per Irìyas, senza remore. Per
fare questo ha messo in catene un drago, l’essere più antico e nobile
di questa terra. Irìyas non poteva tollerarlo. Nessun drago può essere
messo in catene, ogni drago dev’essere rispettato”
“Perché sono essere millenari,
sopravvissuti ai Venti e conoscitori della Lingua Antica. Perché sono
saggi e forti. Perché sono draghi. “ aggiunse Sideas con semplicità
“Semplicemente.”
Nyven scosse la testa “Hai
ragione. Capisco poco. Capisco poco di come sia possibile che Irìyas
fermi Hago, ma ora capisco di più perché Irìyas abbia preso così a
cuore il tradimento di Hago: per lui il tradimento è più profondo che
per chiunque altro”
“E questo Hago lo sapeva bene…”
“ Però…” Nyven arrossì “Però
quello che non capisco…” esitò di nuovo “ è perché vuole allontanare
me…”
Sideas scoppiò a ridere. In quel
silenzio generale e nello stupore che quella domanda aveva generato sui
visi di Sideas e Zir, la sua risata risuono calda e profonda. Lo stesso
coniglio non trattenne un risolino.
“Scusami se mi permetto di
sorridere. Non fraintendermi, non è perché ritengo la tua domanda
sciocca. Al contrario. Sono io che ho divagato troppo, non rispondendo
con precisione a quello che mi avevi già chiesto.”
Nyven lo guardò con occhi enormi,
le iridi ormai completamente rosse.
“Irìyas non vuole coinvolgerti in
quella che sa essere la sua battaglia. Non vorrebbe neanche me qui, se
non sapesse che anch’io sono legato ad Hago. Vuole proteggerti perché
teme che tu possa rimanere coinvolto in qualcosa che non ti riguarda.”
Nyven protestò “Ma quel che
riguarda irìyas riguarda anche me!”
“Non si può condividere tutto. So
bene che la tua volontà di restare è
forte, ma Irìyas sente di averti coinvolto in qualcosa in cui tu non
c’entri.”
“Ormai è troppo tardi…” disse in
un fiato Nyven.
Sideas lo guardò intensamente.
Guardò i suoi capelli vermigli, gli occhi color del fuoco e quel
tatuaggio che ormai non era più nascosto dalla volontà di Irìyas e che
perciò risaltava sulla pelle scura del ragazzo.
“Forse ormai è davvero troppo
tardi” disse infine “rimani un mistero, Nyven. Rimani un mistero, ma
ormai sono convinto che appartieni a questa storia più di quanto c’è
dato sapere. E non perché ormai sei inevitabilmente legato ad Irìyas.
Non solo comunque…”
Nyven riprese a guardare il fuoco
e non disse nulla per un po’.
Il silenzio, di nuovo, s’impadronì
di tutta la stanza.
“Io sono da sempre legato a questa
storia” disse d’improvviso alzandosi in piedi e mettendo una mano
dentro il fuoco. Non si bruciò, ammaestrò le fiamme perché gli
lambissero semplicemente la pelle, senza nemmeno scaldargli la
superficie “Nessuno sa quel che sono, nemmeno io. Eppure” protese
ulteriormente la mano verso il fuoco e prese sul suo palmo una fiamma,
che continuò a bruciare. Si guardò la mano prima, poi la rivolse verso
il cavaliere che guardava in silenzio. “Eppure io sono legato al fuoco
più di chiunque altro. Io devo rimanere con Irìyas perché il fuoco dei
draghi lo ucciderà, io devo proteggerlo”
“Non cadere nell’errore di pensare
di proteggere Irìyas solo perché domini la fiamma”
Nyven corrugò le sopracciglia.
“E non cadere nell’errore che
Irìyas o io possiamo credere che per questo tuo dominio sul fuoco tu
sia dalla nostra parte. Il tuo animo è aggressivo e forte, Nyven. Il
fondo cremisi che si percepisce non ha nulla di protettivo”
“Lo so.” Questa risposta stupì
Sideas che non si aspettava un’ammissione così semplice da parte del
ragazzo, il quale notò il suo stupore. “Non credere che, perché ancora
non ho capito tutto quello che mi riguarda, non ho capito niente. Io ho
ucciso i miei carcerieri ad Adiisia. Li ho arsi, perché mi hanno
catturato. Non so come l’ho fatto, ma so che l’ho fatto. Sogno il
fuoco. Sogno sempre il fuoco che tenta di essere improgionato
all’interno di mura che non possono contenerlo. Sento la rabbia salire,
sento un istinto primordiale che mi porterebbe ad andarmene via di
qui.” Sospirò ”Il sesto senso di Irìyas ha ragione, quando gli
consiglia di allontanarmi. Ma io voglio rimanere, perché Irìyas
solamente non ha cercato di mettermi in catene”
Sideas sgranò gli occhi e strinse
i pugni ai braccioli della poltrona, sgomento. Zir non si era accorto
di nulla, ma il cambiamento nel tono e nell’atteggiamento del ragazzo
non potevano sfuggire ai suoi sensi.
La stessa persona che gli aveva
chiesto perché, all’inizio del loro dialogo, ora
emanava una cosapevolezza e una forza che Sideas aveva raramente
percepito.
Non c’era più spazio per i perché,
nell’animo di Nyven, la sua era una precisa volontà di rimanere a
Tangorn e col mago. La sua era forza, nel fuoco sulla sua pelle e nelle
sue parole.
Ma Nyven, di questo, non era per
niente consapevole.
“E’ a questo tuo animo mutevole
che Irìyas è rimasto impigliato” bisbigliò Sideas più a se stesso che a
qualcuno nella stanza. Si alzò dalla poltrona, per avvicinarsi al Nyven.
“E allora rimani” disse “Rimani perché tu lo vuoi, non perché Irìyas te
lo chiede. Perché Irìyas non te lo chiederà mai. Nonostante – ne sono
certo – lui non voglia assolutamente che tu te ne vada dal suo fianco.”
A quelle parole, Nyven sorrise, di
quei sorrisi semplici che era solito fare quando si sentiva in
imbarazzo.
L’aura aggressiva si era di nuovo
nascosta. Nascosta, sì, perché Sideas sapeva che sarebbe tornata. Lei,
così come quella consapevolezza di potere che Nyven ormai aveva.
“Dobbiamo andare al lago”
“Al lago?” Nyven non capì.
“La rete è conclusa e l’ancella ha
tessuto con le sue dita quel che
fermerà Gyonnareth. Il Solstizio è fra tre notti”
Sideas lasciò la stanza,
consapevole che Nyven lo seguiva. Non doveva andarsene il ragazzo.
Irìyas era stato semplicemente se stesso e l’aveva mandato via col suo
modo di fare secco e sbrigativo, come sempre quando si trattava di
questioni che faticava a gestire. Ma Nyven non poteva andarsene, perché
ormai scriveva la propria storia con le sue mani.
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