Me, you and the test tube.

di _laragazzadicarta_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo. ***
Capitolo 3: *** Capitolo terzo. ***
Capitolo 4: *** Capitolo quarto. ***
Capitolo 5: *** Capitolo quinto. ***
Capitolo 6: *** Capitolo sesto. ***
Capitolo 8: *** Capitolo settimo. ***



Capitolo 1
*** Capitolo primo. ***


Me, you and the test tube

Capitolo primo.

Siamo perennemente alla ricerca di legami. Che a donarti questi legami sia una sconosciuta nel sudicio bagno di un locale in centro o la ragazza carina che ti fa l’occhiolino durante la pausa pranzo a lavoro non è rilevante, ciò che importa davvero è lasciare una traccia su questo pianeta, un segno come per ribadire “ehi, ci sono passato anch’io qui!”.
Siamo perennemente sottopressione. Se sei un attraente trentenne senza un piccolo esercito di marmocchi a carico la tua vita non è completa. Le serate con i tuoi amici, ormai tutti accasati e con figli, diventano sempre più rare finché non li vedi scomparire uno ad uno consumandosi tra pannolini e biberon e ringrazi gli dei di tutti i 12 universi per non esserti ridotto a ciò.
Una sola della vecchia gang sai che non ti abbandonerà mai, l’altra faccia della tua stessa medaglia, attraente ed emancipata. È lei che aspetti di domenica mattina sotto un ombrello giallo per rifugiarti da quest’acquazzone che non vuole saperne di cessare. Poi vedi i suoi vaporosi capelli turchesi far capolino da un taxi, le gambe chilometriche ed il vestito eccessivamente corto. Un sorriso involontario spunta sulle sue labbra carnose appena ti vede e nulla, nemmeno una pessima giornata di marzo, può turbarti.
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« Cosa mi racconta la mia bimba preferita? » sorrido chiudendo l’ombrello di un improponibile giallo canarino e seguendo la mia migliore amica all’interno della solita tavola calda dove da ormai 7 anni ci riuniamo ogni domenica mattina.
Silenziosamente ci dirigiamo verso un tavolino appartato, ci sediamo l’uno di fronte all’altra ed io la incito a rispondere alla mia precedente domanda.
« Non vorrai che ti estorca le parole con le pinze, conosco quel tuo sorrisetto! » sorrido passandomi una mano tra i capelli corvini zuppi d’acqua, inutile dovrò farmi uno shampoo appena tornerò a casa.
« Ho preso una decisione molto importante…» sorride lei dolcemente prendendomi la mano «…sei la prima persona a cui lo confesso».
« Non tenermi sulle spine, Bul! » dico stringendo la sua mano, è così morbida.
« C’è un momento inevitabilmente nella vita di ogni donna, sai…ci ho pensato a lungo e per me è davvero importante che tu mi appoggi in questo».
« Bulma, mi stai spaventando » rido nervosamente stringendo ancora di più le sue piccole dita affusolate.
« Voglio avere un bambino » sbotta d’un fiato, io allontano istintivamente la mano. Un bambino? Perché?! Per sentirlo piangere? Ansimare? Urlare? Dare tutta se stessa per un bambino è mettere da parte la carriera, il divertimento, me. Perché si, con un bambino tra i piedi non avrà più tempo per le nostre colazioni domenicali, i venerdì sera in discoteca o della semplici cenette. E poi? Non può lasciarmi solo, non lei.
« Ti senti sola? Comprati un cane! » urlo indignato.
« Vegeta! Davvero non capisci quanto sia importante per me? » chiede silenziosamente corrugando il volto, mi fa male vederla così.
« No » dico fermamente distogliendo lo sguardo.
« Bene, allora non abbiamo altro da dirci » dice la turchese prendendo la sua borsa ed alzandosi furiosa.
« Bimba, non vorrai veramente un marmocchio! Sai urlano, mordono, sporcano, piagnucolano, ti stanno sempre tra i piedi, fanno i capricci…» dico afferrandole il braccio con forza.
« Come te, insomma…» dice Bulma divincolandosi, la seguo fuori dal locale.
« E comunque per fare un bambino bisogna prima trovare un uomo…» dico fermandomi in mezzo alla strada. Lei si volta. Piove a dirotto ma riesco comunque a distinguere le sue lacrime copiose.
«…o molto più semplicemente una banca del seme!» risponde d’impeto.
« Cosa? Bulma non dire sciocchezze! Potrebbero darti lo sperma di un serial killer o di un drogato! È pericoloso! Tuo figlio potrebbe ereditare malattie mentali o peggio…» mi avvicino a lei e la trascino al coperto.
« Peggio? Potrebbe uscire come te? » sbuffa lei fermandosi sotto il portico ed accendendosi una sigaretta «….e poi Yamcha è una persona deliziosa» dice aspirando il fumo, la imito accendendomi anch’io una sigaretta.
« E chi è “Yamcha”? » chiedo sbuffando.
« Il donatore…» risponde raggomitolandosi per terra, faccio lo stesso. Il petto le si alza ed abbassa freneticamente. È completamente bagnata, trema. Mi tolgo la giacca e la poggio sulle sue piccole spalle.
« Pensavo che ci fosse l’obbligo di anonimato e poi…potevi chiedere a me…» sospiro circondandolo le spalle con un braccio per riscaldarla.
« Non volevo che mio figlio fosse come te… » sussurra lei inspirando dalla sigaretta, intorno a noi si è creata una fitta coltre di fumo.
« Perché come sono io? » sussurro cercando il suo sguardo, ma non lo trovo.
«…uno stronzo».

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Sono passate due settimane da quella domenica piovosa, oggi c’è il sole. Sono due settimane che non la vedo. Domenica scorsa ha detta di avere un impegno improrogabile, cazzate. Sono in cucina sorseggiando il caffè e leggendo il giornale quando qualcuno bussa alla porta, probabilmente il postino finalmente mi avrà recapitato il pacco che ho ordinato su Amazon. In boxer mi dirigo verso la porta e la apro.
Una figura minuta è sull’uscio della mia porta ed istintivamente sorrido facendola accomodare.
« Ti hanno avvisato che Natale è passato da tre mesi? » sogghigna Bulma guardando i miei boxer con un’adorabile fantasia natalizia.
« Non ti piacciono? » chiedo sorridendo.
« Sono tremendamente sexy » sussurra la ragazza avvicinandosi al mio orecchio e stampandomi un bacio sul collo.
« Ti mancavo? » chiedo seguendola in cucina.
« Avevo bisogno di un consiglio! » dice la turchina fasciata in un vestito con un bel motivo floreale.
« Si, ti mancavo » sorrido sornione iniziando ad armeggiare con la caffettiera.
« Blu o rosso? » sbotta lei sedendosi sull’isola della cucina.
« Blu » sorrido dandole le spalle.
« Immaginavo… » sorrise il folletto «…questo è per lei, signor Prince» disse porgendomi un invito.
« Party d’inseminazione di Bulma Brief…» leggo piano « È una di quelle cazzate New Age? »
« È un po’ come un addio al nubilato, ma con i preservativi come palloncini»
« Perché mi hai chiesto blu o rosso? »
« Per scegliere il colore del mio vestito »
« Molto interessante...» sbadiglio «...ci saranno anche le tue amiche? » chiedo mordendomi il labbro inferiore.
« Se è Laura che t’interessa, assolutamente no » afferma lei teatralmente.
« Bul, quando smetterai di essere gelosa? » sorriso versando il caffè nelle tazzine.
« Quando smetterai anche tu! » sorride lei scendendo dall’isola sculettando eccessivamente dirigendosi verso il salotto.
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ANGOLO AUTRICE:
Okay, non lo so. Mi è venuta fuori così è mi dispiace per voi che avete dovuto leggere ciò. La trama è ispirata a "due cuori ed una provetta". Ditemi che ve ne pare!
Un bacio,
-Vit

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Capitolo 2
*** Capitolo secondo. ***


Me, you and the test tube

Capitolo secondo.

“Party d'inseminazione”.
Bulma Brief è appena uscita dal mio lussuoso appartamento in centro lasciandomi solo nella solitudine più cieca e con in mano questo stupido bigliettino color cobalto. Ad impregnare l'aria il profumo di vaniglia sui cuscini che profumano ancora di lei. Riguardo ancora e ancora ed ancora il biglietto e lo poggio sulle mie labbra.
“Party d'inseminazione”.
Le feste mi sono sempre piaciute, eppure questa no. Questa mi turba, apre una voragine d'interrogativi dentro di me, l'incertezza di ciò che verrà è sempre più grande. Che stupido, geloso di un bambino non ancora nato.
“Party d'inseminazione”.
Ed è già sabato. Sono sull'uscio dell'appartamento di Bulma fasciato in una triste camicia glicine regalatemi dalla turchina qualche Natale fa. Dentro l'appartamento le risate degli invitati. Dovrei ridere anch'io, la mia migliore amica sta per avere un bambino, eppure sento solo un forte dolore al petto.
“Party d'inseminazione”: due nomi ed una preposizioni. Diciannove lettere. Otto vocali e undici consonanti. Sono al tredicesimo drink e queste tre parole sono tornate nella mia mente almeno ventitré volte negli ultimi diciassette minuti.

« Ehi amico, non ti vedevo bere così ... »
« ...da quando è morto mio padre...bla bla bla. Siediti e bevi con me, Kakaroth » dico facendogli spazio accanto a me «...oppure la generalessa t'impone solo latte e semolino? » lo prendo in giro riferendomi a sua moglie, ChiChi.
« Io bevo se tu mi dici cos'hai » dice il mio amico dai disordinati capelli corvini e il solito largo sorriso.
« Non ho nulla che un po' di vodka non possa curare, tu invece? Il marmocchio continua a turbare il tuo riposo? »
« Gohan ha dodici anni, ha smesso di frignare di notte da almeno nove anni » sbuffa il minore fingendosi offeso «... comunque non prendermi in giro. Tu hai paura».
« Paura? E di cosa? » rido distogliendo lo sguardo.
« Di perderla ».
“Cazzo se mi conosci bene, Kakaroth” penso scrutando in lontananza.
Kakaroth, il cui nome di battesimo è Goku, è il mio migliore amico. È sempre stato accanto a me nei momenti più duri ed è capace di leggermi dentro senza che io pronunci una sola parola.
« Non la perderai, okay? » dice appoggiando una mano sulla mia spalla e abbozzando un sorriso.
« Non ho paura di perderla, sono solo tutte queste figure falliche che mi mettono a disagio » dico fingendo il mio solito sorriso a mezzo volto, Kakaroth ricambia il mio sorriso.
Dei gridolini interrompono la nostra chiacchierata ed eccola entrare. Bellissima, forse più del solito. Tra i capelli turchini sono annodati fiori selvatici variopinti e sul volto è disegnato un fantastico sorriso. Mi rivolge lo sguardo ed io alzo un braccio per salutarla.
Kakaroth mi ha lasciato solo al bancone, ha raggiunto la sua isterica consorte. Dopo aver salutato un po' di amici, Bulma finalmente si avvicina a me, ma non è sola. Accanto a lei uno di quei fusti tutto muscoli e niente cervello, ma a quel punto della serata non sono più capace di fingere di tollerare quel bellimbusto.
« Tu devi essere Vegeta, Bulma mi ha parlato molto di te! » sorride il tizio offrendomi la mano che stringo con molta più foga del necessario.
« Peccato, Bul non mi ha affatto parlato di te » rispondo fintamente dispiaciuto, Bulma alza lo sguardo ma la ignoro.
« Yamcha, ignoralo è soltanto ubriaco » afferma Bulma corrugando le labbra.
« Purtroppo non sono abbastanza ubriaco da dimenticare che stai facendo un'enorme cazzata » rispondo alzandomi dallo sgabello dell'isola della cucina « ora se permettete vado al cesso »
« Affogatici » risponde l'azzurra marciando al lato opposto della sala mentre il ragazzo le sussurra qualcosa all'orecchio.
Mi dirigo verso il bagno tentando di non sbattere contro pericolose sculture di ghiaccio dalle forme più strane e perverse. Arrivato alla mia metà mi appresto a sciacquare il mio viso per sgomberare la mente diventata troppo pesante ed offuscata dai fumi dell'alcool quando un piccolo barattolino colpisce la mia attenzione: “ il miracoloso seme di Yamcha”.
« Vediamo se sarà ancora così miracoloso giù nelle fogne tra ratti e lucertole » sogghigno aprendo il barattolo ed annusandolo «...bleah » dico prima di svuotarne il contenuto nel water. Risciacquo il contenitore e lo rimetto al suo posto. Sorrido soddisfatto e sto per uscire dalla toilette quando mi accorgo di un piccolo particolare “sono un completo idiota”.
Apro il rubinetto e metto la testa nel lavabo mentre faccio ordine tra i miei pensieri. Ovvio che si accorgeranno che manca lo sperma, è un fottuto party d'inseminazione!
«E ora che faccio?» mi ripeto« ...se Bulma lo scopre la perderò davvero. Devo sostituire il seme mancante, ma con cosa? Borotalco? Certo che no. Albume d'uovo? Non ha la stessa consistenza. Con altro sperma? Oh, geniale. Ma dove lo trovo? Ma che domande?! Sono un uomo ».
Rasserenato dal mio soliloquio mi siedo sulla tazza del water e abbasso i boxer ed i pantaloni in un sol gesto.
« Si, ma così non riesco » frugo nel cesto delle riviste lì accanto sperando di trovare un numero di playboy, ma l'unica cosa che mi capita tra le mani è una rivista di cucito con in copertina un ormai sessantenne Jane Fonda «...al diavolo, è pur sempre Jane Fonda».
Mentre con la mano sinistra reggo quel giornale che deve aver almeno vent'anni, con la mano destra inizio a stuzzicare il mio membro freneticamente. Lo accarezzo delicatamente e poi con sempre più foga lungo tutta la sua lunghezza finché non riverso tutto il mio seme in quel barattolino.

Mi risveglio sul divano dell'appartamento ormai vuoto di Bulma con un gran mal di testa ed un completo vuoto di memoria, l'ultima cosa che ricordo è Bulma avvinghiata a quel palestrato.
Sento dei rumori provenire dalla cucina, deve essere Bulma che armeggia con la caffettiera. « Bulma...» urlo tentando di alzarmi, ma un capogiro mi riporta sul divano «...dimmi che hai un'aspirina e confermami che tua madre non ha abusato di me mentre dormivo».
« Ecco la tua aspirina, ma non posso accontentare la tua seconda richiesta... » ride Bulma avvicinandosi a me con un vassoio colmo di ghiottonerie «...scherzo, mamma non ti ha sfiorato nemmeno con un dito ».
« Comunque scusa per ieri...sono stato un po' duro. Non dovevo dire quelle cose » sussurro ritentando di mettermi a sedere.
« Vegeta, non importa...voglio sola che ci riappacifichiamo prima della mia partenza» .
« Partenza? »
« Voglio che mio figlio nasca in un luogo sereno, torno in campagna dai miei».

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Capitolo 3
*** Capitolo terzo. ***


Me, you and the test tube

Capitolo terzo.

Seduto alla scrivania del mio ufficio osservo la pagina Word immacolata davanti a me. Sono settimane che ossero la stanghetta che compare e scompare ad intermittenza invitandomi a scrivere. Boccheggio un altro tiro della mia Marlboro rossa e mi lascio cadere sulla mia comoda poltrona blu notte. Iniziare a scrivere un romanzo è sempre semplice, perfino un bambino ci riuscirebbe, ma durante l'epilogo della storia tutte le convincenti idee che avevi all'inizio scompaiono in quel grande casino cosmico che è la tua testa. Inutile, i finali sono sempre difficile, devi cercare di accontentare tutti i lettori. Sarebbe magnifico se anche la vita fosse così, con un finale mozzafiato che fa contenti tutti, ma non è la verità. In un finale perfetto non mi ritroverei a trentasette anni solo come un cane in un bellissimo studio al ventinovesimo piano di uno dei grattacieli più moderni della città, in uno studio che assomiglia sempre di più ad una gabbia dorata. In un finale perfetto sarei con Bulma a sorseggiare il nostro solito caffè nel solito pub al solito tavolo. Invece sono sette anni che non la vedo.

« In che senso torni in campagna? ».
Bulma distoglie da me i suoi occhi turchesi e sposta una ciocca di capelli dietro l'orecchio da folletto.
« Perfetto! Va benissimo così » dico alzandomi dal divano e abbottonandomi i jeans. Mi dirigo nervosamente verso la porta, ma lei mi blocca il braccio tra le sue piccole dita affusolate.
« Ti prego, non odiarmi, cerca di...capirmi » sussurra quasi in un mugugno, la ignoro ed esco.

Spengo la sigaretta nel posacenere di cristallo e poi torno a guardare il soffitto. Come ho detto non ho più visto Bulma da quel giorno. Inizialmente ci telefonavamo quasi tutti i giorni, benché fossero solo chiamate brevi e glaciali, poi sono diminuite sempre più finché non si sono trasformate in eventi rari collegabili a formali auguri durante le festività e gli anniversari. Vengo interrotto dalla voce atona della mia segretaria tramite il ricetrasmettitore che mi annuncia una chiamata sulla seconda linea.
« Pronto? » rispondo annoiato.
« Sul telefono non rispondevi e ho chiamato a lavoro. Sei occupato? » chiede titubante una voce all'altro capo del telefono.
« Bul? » sussurro sorpreso mettendomi ritto sullo schienale della poltrona.
« Rispondimi, sei occupato? » ripete una seconda volta, imbambolato faccio di "no" con la testa due o tre volte prima di rispondere.
« Perfetto, scendi. Devo presentarti qualcuno...» dice fermamente.
« Scendere dove? Non credo di aver capito » sussurro spegnendo il PC ed infilando una sigaretta tra i denti senza però accenderla.
« Sono sotto la Satan Tower, scendi scem... » prima che possa terminare la frase sono già fuori dal mio ufficio, aspetto qualche secondo l'arrivo dell'ascensore, ma non vedendolo arrivare e colto dall'agitazione decido di fare le scale. Ventinove piani, cinquantotto rampre, troppi scalini per contarli. Quando arrivo all'uscita della Satan Tower ho la tachicardia, dovrei proprio smettere di fumare, o forse non è per quello che il cuore batte così forte?
Ed eccola, bellissima come sempre. Direi raggiante. Com'è possibile che il passare degli anni non l'abbia nemmeno sfiorata? Nemmeno una ruga sciupa il suo volto candido. Indossa un vestito di seta con motivi floreali e solo a quel punto mi rendo conto di quanto io sia inadeguato con indosso i soliti jeans sgualciti ed una t-shirt di Batman.
Finalmente trovo il coraggio di andarle incontro, mi sorride ed io accenno un sorrido sbilenco e mi accendo la sigaretta che avevo tra i denti.
« Ne vuoi una? » chiedo porgendole il pacchetto.
« Non mi vedi da sette anni ed è la prima cosa che mi chiedi? » ride lei prima di saltarmi tra le braccia e sussurrarmi «...mi sei mancato, spocchioso principino ».
«...anche tu, donna » sussurrò inspirando il suo odore di vaniglia. Non so spiegarmi con precisione quanto siamo rimasti l'uno tra le braccia dell'altro sotto gli sguardi inquisitori dei passanti, so solo che anche se fossero trascorsi secoli sarebbe stato comunque troppo breve.
« Ora possiamo andare al parco, mamma? » sbuffa una vocina alle mie spalle.
« È proprio lui che volevo presentarti... » ride Bulma «...principino spocchioso numero uno ti presento il principino spocchioso numero due ».
Entrambi alziamo gli occhi al cielo e sussurriamo «...tsk».
Solo allora mi soffermo ad osservare il bambino, è sorprendente quanto il piccolo Trunks somigli a Bulma: lo stesso improbabile colore di capelli, lo stesso modo di arrossire, lo stesso pezzo di cielo imprigionato negli occhi, forse solo più nuvoloso. Sono proprio soddisfatto che il marmocchio non somigli a quel tizio, Yamcha.
Tutti e tre ci dirigiamo verso il parco giochi, Trunks corre davanti entusiasta per la nuova città tutta da scoprire ed io e Bulma camminiamo lentamente dietro di lui.
« Perché sei tornata? » chiedo cercando il suo sguardo.
« Ho ricevuto una chiamata da Yamcha» dice e notando il mio sguardo inquisitore continua «...vuole conoscere suo figlio » .
« Credevo che il donatore dovesse rimanere anonimo » rispondo «...e poi non capisco perché proprio ora».
« Sta divorziando da sua moglie e...» cerca di dire Bulma, ma io la fermo.
« Shh...non voglio sapere della storia di come non è riuscito a tenere il suo cazzo nei pantaloni...e poi non può piombare così all'improvviso nella vita di Trunks! » rispondo irritato.
« Da quando t'importa di lui? In sette anni quante volte mi hai chiesto come stava? Zero. Tralasciando che non volevi nemmeno che lo mettessi al mondo! »
« Beh...ora m'importa! » controbatto «...e poi quel tipo non mi piace...»
« Ah, eccola! La tua stupida gelosia. Vegeta, è suo padre» starnazza lei. Incredibile, ogni volta che parliamo del tizio finiamo per litigare. Sono sette anni che lui è sempre al centro delle nostre discussioni, come un tarlo che scava le sue gallerie in un bellissimo tavolo di mogano.
Decido di tacere e sveltisco l'andatura raggiungendo il bambino, anche Bulma ci raggiunge.
« Andiamo a comprare il gelato » dico a Trunks avvicinandomi ad un camioncino bianco. A servirci un'attraente ragazza con uniforme arancione molto scollata che lascia davvero poco all'immaginazione, le sorrido.
« Trunks come lo vuoi il gelato? » chiedo continuando a sorridere alla ragazza, deve avere poco più di vent'anni.
« Cioccolato, fragola e pistacchio » sorride il bambino.
« Ma ti verrà il mal di pancia » interviene Bulma a braccia conserte.
« Io ho sempre preso il gelato a cioccolato, fragola e pistacchio e guarda come sono venuto su bene! Due gelati a cioccolato, fragola e pistacchio e uno... ad amarena » dico, conosco bene i gusti di Bulma «... quant'è?»
« Fosse per me le darei anche tutto il bancone gratis, comunque sono 3 dollari » sorride e prima di consegnarmi lo scontrino ci scrive sopra il suo numero di telefono, sorrido e le faccio l'occhiolino. Bulma allora mi strappa il bigliettino da mano e lo rimette sul bancone.
« Scusi deve esserci un error...» dice Bulma e appena la ragazza si avvicina le spalma il gelato sulla faccia e urla un « oops...sono proprio sbadata».
La ragazza impietrita balbetta qualcosa, ma la turchese inizia a sbraitare così tante parole tutte insieme che è impossibile seguire il suo discorso. Alzo le spalle e con Trunks mi siedo su una panchina.
« Tua madre è proprio impossibile...» sospiro «...prima definisce me "geloso" e poi si comporta in quel modo », il bambino annuisce.
Poco dopo Bulma ci raggiunge e dice «...ah questi giovani d'oggi, hanno perso qualunque pudore. E tu non ti vergogni? Potrebbe essere tua figlia! »
« Ma non lo è » rispondo.
« Bulma! » una voce odiosa raggiunge le nostre orecchie interrompendo la discussione, stringo i pugni e sento Trunks sospirare «...non ancora quel tizio», involontariamente mi scappa un sorriso.
« Yamcha! » sorride Bulma abbracciandolo «...ti ricordi di Vegeta? »
« Certo! Come potrei dimenticare? » dice l'insetto porgendomi la mano.
« Peccato, io ho un ricordo sfocato ».
Il che era la verità poiché non ricordavo quasi niente del party d'inseminazione, avevo così tanto alcool in circolo che la madre di Bulma, Bunny, avrebbe potuto fare di me il suo schiavo sessuale ed io non avrei nemmeno contestato.
« La prossima volta bevevi di meno » risponde acidamente Bulma.
« Bene, io ora vi lascio. Devo tornare a casa a controllare se il mio pesciolino rosso nell'acquario è ancora vivo » dico teatralmente.
« Mamma, posso andare anch'io a vedere il pesciolino rosso? » piagnucola Trunks e prima che Bulma possa controbattere prendo la mano del bambino e dico «...questo sarà un pomeriggio tutto sesso, droga e rock' n' roll, magari senza sesso e droga però » mi correggo vedendo lo sguardo assassino di Bulma «...o almeno non per noi, ometto. Torna presto, Bul» dico poi rivolgendomi alla turchina.
« Non sei mio padre! » sbuffa lei.
« Chissà, forse un giorno tua madre mi costringerà a firmare l'atto di matrimonio dopo avermi narcotizzato » rido sfidandola.
« Beh...non è ancora arrivato quel giorno » soffoca una risata Bulma.
« Tranquillo, bado io a lei » s'intromette il parassita.
« È proprio questo il problema » affermo voltandomi. Mentre mi allontano con Trunks sento l'insetto dire «...non sto molto simpatico al tuo amico, eh ». Sorrido.

Angolo autrice: Vorrei ringrazio Giada00 e Acido_lime per aver recensito e tutti voi che leggete e leggerete questa storia!

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Capitolo 4
*** Capitolo quarto. ***


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Capitolo quarto.

Non mi piacciono i bambini, non mi sono mai piaciuti: strillano, piangono, frignano, sono tremendamente appiccicosi. Eppure il moccioso di Bulma non mi dispiace. Non fraintendetemi, non saranno di certo un paio di occhioni azzurri e dei buffi capelli lilla a farmi cambiare idea, dico solo che non è poi così male.
Camminiamo in silenzio verso la fermata dell'autobus finché lui non rompe il silenzio con un borbottio «...ma guarda tu che tipo. Lui non ce l'ha una mamma? Perché deve stare con la mia? ».
Un sorriso involontario mi incornicia il viso, finalmente ho trovato nel piccolo nano un malefico alleato. Il bambino deve aver sentito la mia risata infatti si volta e mi osserva sornione «... eppure credo proprio di non essere l'unico a non sopportare quel tizio ».
Non rispondo, ma continuo a sorridere e il bambino afferma «...lo prendo come un sì».
« Sai che io a casa non ho nessun pesciolino rosso? Magari potremmo andare a comprarne uno » dico cambiando argomento, benché non tolleri Yamcha non mi sembra giusto screditarlo agli occhi di suo figlio.
Il bambino sorride compiaciuto e annuisce, a quel punto ci dirigiamo verso il negozio di animali più vicino, quello sulla 65esima strada. Un'insegna fatiscente appare davanti ai nostri occhi “il genio delle tartarughe”, benché titubante decido di entrare. Le condizioni igieniche non sono delle migliori tant'è che al bambino scappa un sonoro «... c'è puzza di sedere sporco di pupù ».
« Trunks, modera i termini » lo rimprovero giocosamente.
« C'è un odore molto sgradevole paragonabile a quello dei glutei impregnati di feci» si corregge il bambino ed io sorrido dicendo «...non è il massimo della galanteria, ma può andare ».
« Voi giovani siete fuori di testa! Non c'è più rispetto! Questo è l'odore della natura! » ci canzona un minuto vecchietto con indosso degli occhiali da sole ed una camicia hawaiana, non deve essersi accorto che a) siamo in pieno inverno e b) le finestre sigillate creano un'atmosfera così tetra da far sembrare un cimitero abbandonato un party a bordo-piscina.
« Cerco qualcosa per il bambino » dico titubante, il vecchietto esulta entusiasta mostrando il suo sorriso sdentato.
« Io direi di svignarcela prima che il vecchio ci uccida e ci mangi per cena » dice Trunks, ma prima che io possa dare il mio assenso il vecchio riappare con delle riviste.
« Non è mai troppo presto per iniziare » dice il vecchio allusivo porgendomi una di quelle riviste. Mi bastano pochi istanti per capire di cosa si tratta. Non ci posso credere sono delle dannate riviste pornografiche! Notando il mio sdegno il vecchietto mi guarda interrogativo e chiede «...ma lei parlava di animali domestici?! »
Sbuffo ruotando gli occhi al cielo, poi dicono che quelli fuori di testa sono i giovani. Il vecchio allontanandosi dalla cassa s'incammina tra gli scaffali e ci rimprovera «... seguitemi! Non mi fido di voi due potreste rubare qualcosa». Come se ci fosse qualcosa da rubare, penso raggiungendo il vecchio. Ci sono ragnatele ovunque e quando un ragno compare davanti a me e Trunks all'unisono urliamo «Bleah».
« Cosa cercate? » chiede l'anziano incurante dei nostri commenti, poi continua «...un boa albino, una belladonna o forse un camaleonte? »
« Io opterei per qualcosa che non strisci...» dico disgustato.
«... e che non abbia più di quattro zampe » suggerisce Trunks con la medesima espressione.
« Un pesciolino rosso? » chiede l'anziano porgendomi un barattolo impolverato che emana un tanfo agghiacciante, raccolgo tutta la mia forza di volontà ed apro il barattolo.
« Credi che sia morto » suggerisco tentando di reprimere il forte senso di vomito che s'impadronisce di me.
« Peccato, Cleo era la mia preferita » dice dispiaciuto il vecchio.
« Vegeta, andiamocene » sussurra Trunks ed io annuisco. Mentre il vecchio è intento a rovistare tra gli scaffali silenziosamente ci dileguiamo.
« Che pazzo! » dice Trunks scoppiando in una fragorosa risata ed io lo seguo a ruota, «...ora dove andiamo?» chiede il bambino.

Osservo i grattacieli grigi farsi sempre più radi ed essere sostituiti velocemente da estese pinete verdeggianti. Sta per scendere la notte e vedo tutti affaccendati nel tentativo di tornare al più preso a casa dove li aspettano una moglie, una figlia o una madre. Mi diverto a fantasticare sulla vita di questi sconosciuti che da qui sembrano così piccoli, quasi formichine che tornano al formicaio. Tutto sfreccia veloce davanti ai miei occhi mentre osservo la città ed i suoi abitanti dal finestrino dell'autobus. Forse è questo il grande dono degli scrittori, scrutare nell'animo umano e vedere ciò che gli altri non sono capaci di vedere. Poi la mia attenzione ricade sull'esserino sdraiato in parte a me: dorme. Involontariamente mi scappa un sorriso impercettibile.
« Le assomiglia davvero tanto, suo figlio » sorride un'anziana signora che occupa un posto poco lontano da noi.
« Non è mio figlio » specifico immediatamente, l'anziana mi guarda un po' titubante ed io torno a guardare il moccioso.

Dopo lo strano incontro con quel inquietante "genio delle tartarughe" abbiamo deciso si sostare un po' in un giardinetto pubblico, ci sediamo su una panchina e rimaniamo in silenzio ognuno immerso nei propri pensieri.
Ancora una volta è Trunks a rompere il silenzio. Come sua madre, credo odii quell'atmosfera pesante che il silenzio crea, poiché è proprio quando si tace che la mente inizia a parlare.
« Com'è avere un papà? » chiede Trunks, seguo il suo sguardo, sta osservando un bambino in lontananza che gioca con il proprio padre.
Ci penso un po' su, come spieghi cos'è un papà ad un bambino che non ne ha mai avuto uno? Cerco di boccheggiare qualche sillaba, ma nessun suono sembra voler uscire dalla mia bocca. Allora incrocio lo sguardo inquisitore del bambino e mi decido a pronunciare la prima cosa che mi viene in mente.
« Un papà è come una mamma, solo con più muscoli e meno cervello » dico sperando che si accontenti della mia risposta.
« Perché io non ho un papà? Tutti i miei amici ce l'hanno...» dice tristemente il bambino contraendo il volto in una smorfia. Ancora una volta sono colto di sprovvista.
« Cosa ti ha raccontato tua madre riguardo al tuo papà? » chiedo poi tentando di capire quanto realmente lui sappia.
« La mamma ha detto che quando una donna è sola, ma ha tanto amore da donare chiede aiuto all'omino dello sperma... » sorrido a quella storielle sincera ed abbastanza veritiera.
« E che faccia ha questo "omino dello sperma"? » mugugno imitando il bambino.
« Mamma dice sempre che somiglio in tutto a lei tranne che nel mio modo di guardare le cose...dice che ho uno sguardo un po'... malinconico. Probabilmente l'ho preso da "lui" » sospira Trunks aggrottando le sopracciglia in una maniera a me familiare.
« Beh...allora ti faccio una proposta » dico sorridendo mentre il bambino mi guarda da sotto il suo cipiglio «...se ti va potrei fare io quelle cose che i papà fanno di solito, finché non trovi il tuo di papà, insomma...»

Strano come non perda quel cipiglio nemmeno mentre è tra le braccia di Morfeo, è così buffo.
L'autobus arriva al capolinea e scuoto il bambino per svegliarlo allorché mi risponde con un mugugno e notando la sua scarsa collaborazione decido di caricarlo tra le mie braccia.
In pochi minuti arrivo sulla soglia di casa mia ed ad arrendermi un familiare cespuglio di capelli azzurri.
« Dove siete stati? » chiede con sospetto.
« Potrei farti la stessa domanda... » rispondo con l'omonimo sguardo «...le chiavi sono nella mia tasca sinistra, ti dispiace aprire? »
La turchina annuisce scavando nelle mie tasche finché non trova il mazzo di chiavi ed apre l'uscio di casa.
« Questo posto non è cambiato per niente, sei sempre il solito disordinato » dice accendendo la luce. Le sue parole non suonano come un rimprovero, ma come un riportare alla mente vecchi ricordi.
« Sei sempre stata tu quella che portava ordine nella mia vita » dico adagiando il bambino sul divano, poi mi dirigo in cucina.
« Vuoi una tisana? » chiedo aprendo lo stipe in alto a destra, lei annuisce.
« Ti somiglia molto... » dico dopo attimi di silenzio, Bulma arrossisce poi risponde «...non so se sia positivo».
« Credimi lo è » sorrido porgendole la sua tazza fumante.
« Yamcha è terribilmente afflitto, Trunks sembra che non lo sopporti...» dice improvvisamente mentre sembra immergere la testa in quel sottile strato di vapore che proviene dalla tazza.
« Dagli solo un po' di tempo, è un ragazzino sveglio...» dico sorseggiando la mia tisana mentre sono appoggiato all'isola della cucina «...poi i rapporti con i genitori sono sempre un po' conflittuali ».
« Il problema è che Yamcha non riesce a notare nessuna somiglianza con lui, nessun interesse comune » sospira Bulma, intimamente esulto di questa piccola vittoria morale. «...Yamcha è un tipo sportivo, allena la squadra giovanile di baseball della città, Trunks al contrario non sembra interessato allo sport, nonostante sia un bambino vivace preferisce passare il tempo a leggere o inventare storielle che trascrive in un quaderno...».
A quest'affermazione mi ritornano alla mente le parole di mia madre quando ha trovato in camera mia un quaderno rilegato con delle favole da me inventate, ha detto proprio così « Vegeta, non puoi stare tutta la giornata in camera tua a giocare con i peluche e inventare storie su draghi e principi. Prendi esempio dal tuo amico Goku, ho incontrato sua madre, ha vinto un nuovo torneo di arti marziali».
Sorrido ripensando a mia madre e poi rispondo « Che c'è di male? Anch'io scrivevo storielle alla sua età! »
« Ecco il problema...ha più cose in comune con te che con suo padre Comunque è tardi, devo andare. Sveglio Trunks» dice riponendo la tazza ormai vuota nel lavabo, ma prima che possa raggiungere il salotto la fermo trattandole il braccio.
« Da chi andate a dormire stanotte? Spero non in uno squallido motel » dico e osservando lo sguardo imbarazzante di Bulma capisco « No, non puoi. Non puoi andare a dormire a casa di quell'idiota, te lo proibisco » sbottò stringendo il suo braccio con più insistenza quando lei cerca di divincolarsi, la costringo a guardarmi.
« Tu non mi proibisci un bel niente» urla lei ed io la zittisco giustificandomi con un «...il bambino! Sta dormendo! ». Da quando m'importa di svegliare un bambino? Da quando sono così "paterno"?
« Vegeta, è la mia vita. Non puoi dirmi se andare o meno a dormire dal mio compagno ».
Al suono di quella parola lascio il suo piccolo polso e mi volto verso lo stipe. Perché quella parola deve fare così male? Compagno. Infondo è giusto così, lo so. È il padre di suo figlio, anche Trunks gioverebbe della loro unione. Perché non posso essere semplicemente felice per la mia migliore amica?
« Vegeta...tutto okay? » sussurra lei appoggiando la sua piccola mano sulla mia spalla, sento un brivido lungo la schiena. Perché dopo tutti questi anni il suo semplice tocco mi fa ancora questo effetto?
Ho conosciuto Bulma quattordici anni fa. Ero un neolaureato in lettere e filosofia, mi è stata presentata da un'amica comune ad una festa in un club. Non che i club siano il posto ideale per conoscere una ragazza, ma dal primo momento che l'ho vista sono rimasto ammaliato dalle forme del suo corpo, dal suo odore e dai suoi adorabili capelli. Quest'amica comune la convinse a darmi una chance, un appuntamento in quello che da quel momento è diventato il nostro bar della domenica. Non so con precisione cos'è andato storto in dell'appuntamento, forse eravamo troppo simili e diversi in egual maniera, fatto sta che non scoccò la scintilla, almeno per lei. Ci fu un bacio, questo si, alcuni anni dopo al venticinquesimo compleanno di Kakaroth, probabilmente era troppo ubriaca per ricordare uno stupido bacio. Eppure quel bacio non ci ha diviso, anzi se è possibile siamo diventati ancora più intimi, inseparabili. Eppure un dubbio continua a tormentarmi.
« Forse avremmo dovuto darci una possibilità » sussurro guardando il vuoto mentre le mie mani poggiano sul piano cucina.
« Cosa? » chiede lei confusa, rimango in silenzio.
Sento il suo sguardo insistente su di me finché non si arrende e si volta.
« Lascia qui Trunks, lo passi a prendere domattina » dico continuando a guardare davanti a me, le mie parole sono quasi un sussurro, una richiesta.
« Va bene »


Angolo autrice: Eccomi, insolitamente presto. Ringrazia innanzitutto Elias_ per aver recensito! Cosa ne pensate? Vegeta ha finalmente fatto chiarezza nei suoi sentimenti? E il maestro Muten ci sarà una storia in cui non è un pervertito?
A presto,
-Vit

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Capitolo 5
*** Capitolo quinto. ***


Me, you and the test tube

Capitolo quinto.

Sento la porta chiudersi e lascio cadere la testa contro lo stipe. Perché mi sento così? Perché quest'inquietudine si fa spazio dentro di me? Perché somiglia sempre di più ad una voragine?
Lancio la tazza da cui Bulma ha appena bevuto la calda bevanda contro il muro e mi accascio sul pavimento fissando il vuoto davanti a me.
Cerco il pacchetto di sigarette nella tasca dei jeans e ne estraggo una accendendola. In pochi istanti il fumo mi circonda annebbiando la mia vista e in parte anche i miei pensieri. Una dolce apatia prende il sopravvento lasciandomi solo, sgombero dai pensieri.
Accecato dalla gelosia avevo dimenticato che Trunks dormiva nel salone accanto e rimango spaesato quando lo vedo sull'uscio della cucina ad osservarmi a braccia conserte.
« Sei innamorato della mamma? » chiede mordendosi il labbro inferiore allo stesso modo in cui è solita farlo sua madre davanti all'evidenza dei fatti, una verità talmente evidente che tento, invano, di nascondere.
« Non dire sciocchezze, moccioso » dico aspirando la sigaretta e distogliendo lo sguardo. Sento gli occhi di lui posarsi su di me con insistenza finché non chiede «...da quando lo sai? ».
« Cosa? » chiedo fingendo di non sapere a cosa si riferisca.
« Da quando sai di amarla? » chiede con insistenza avanzando verso di me. Appoggio la testa al mobile dietro di me e guardo il soffitto.
Da quando lo so? Quando è iniziato? Impossibile stabilire il momento esatto, quando me ne sono reso conto eravamo già troppo legati l'uno all'altra per mettere in pericolo la nostra amicizia e immischiarci in qualcosa di più grande di noi. Ho imparato ad amarla giorno dopo giorno perché lei è stata capace di farmi amare tutti i miei difetti, perché è stata l'unica a portare la luce nella mia ombra. Ho tentato più volte di vuotare il sacco, urlare a squarciagola quanto lei fosse l'unica luce che poteva illuminare la mia strada, quanto ogni eroina dei miei romanzi fosse solo una mera fotocopia di lei e delle sue innumerevoli qualità. Quando finalmente volevo dirle tutto, quella piovosa domenica mattina, è scomparsa dalla mia vita. Per mesi, per anni l'ho cercata nei nostri luoghi, l'amore non usa gli occhi, ma la forza degli odori. Ovunque sentivo l'odore della sua pelle, del suo respiro su di me bramando di indossarlo senza difese. Quando finalmente cominciavo a rassegnarmi, a dimenticarla, è ritornata facendo tornare a galla tutti i miei sentimenti, amplificati ed irrefrenabili.
« Come immaginavo sei nella pupù » sentenzia il bambino sospirando e riportandomi alla realtà.

Guardo Trunks dormire sul mio letto, io sono seduto sul davanzale a fumare sperando che i miei sentimenti volino via con una folata di vento, come il fumo.
Non ho chiuso occhio tutta la notte, dannati pensieri.
Sono le sette e un quarto quando sento suonare il campanello, inquieto raggiungo la porta, ma arrivato alla meta sembro come impietrito, incapace di aprire la porta. Il campanello suona una seconda volta, continuo ad indugiare, poi una terza volta e finalmente apro. Davanti a me la coppia dell'anno, li accolgo con un sorriso forzato e falsamente li invito ad accomodarsi.
« Trunks dorme, volete un caffè? » chiedo ripromettendomi di non guardare Bulma negli occhi e di rimanere impassibile.
« Lo abbiamo appena preso » dice Yamcha e appoggiandole una mano sui fianchi come per sottolineare il suo possesso la conduce in salotto dove tutti e tre ci accomodiamo.
« Vegeta, cos'hai? È da ieri che sei strano » chiede lei dopo aver ripetuto precedentemente una domanda che non ho e non ho voluto ascoltare.
« Ho solo dormito poco » rispondo continuando a tenere la testa bassa.
« Ti ho chiesto se ti stavi sentendo con qualche ragazza...» ripete, possibile che non si accorga della stupidità di questa domanda? Come potrei anche solo pensare di stare stare con un'altra quando sento la sua presenza ovunque?
« Due o tre » rispondo annoiato.
« Ti piacciono i bambini, Vegeta? » chiede poi l'idiota.
« Sai Yamcha, Vegeta non è un grande amante dei bambini...forse perché lui stesso è un po' Peter Pan » dice Bulma sfidandomi, ma non notando alcuna reazione cambia argomento e dice «...vado a svegliare Trunks, ha dormito abbastanza ».
Bulma si allontana ed un forte silenzio crea un'aria pesante nella stanza, Yamcha cerca di rompere il ghiaccio con un « A me i bambini piacciono molto, è difficile rendere migliori gli adulti...i bambini sono ancora in tempo per rendere questo mondo migliore ».
« È quello che ripetono da generazioni, è solo una bella bugia » dico tagliando corto e il silenzio torna nell'aria finché Bulma e Trunks non ci raggiungono.
« Mamma, invitiamo anche Vegeta! » esulta Trunks.
« Trunks, Vegeta sarà occupato» risponde Bulma e il bambino incrociando le braccia al petto ed assumendo il suo cipiglio caratteristico risponde « Che ne sai se non gliel'hai chiesto? ».
Bulma, sconfitta, sospira «...stasera che ne dici di venire con noi alla partita di Yamcha? »
Vedo Yamcha roteare gli occhi, quale pretesto migliore di questo per accettare?
« Ci sarò » dico e un sorriso a metà si apre sul volto del piccolo Trunks, eppure sono sicuro si aver già visto da qualche parte quell'espressione.

Annoiato aspetto sugli spalti l'inizio di questa stupida partita di baseball rileggendo per l'ennesima volta "la nausea" di Sartre. Sono con lo sguardo fisso sul libro quando in lontananza sento « Trunks! Posa quel libro! Ti ho ripetuto centinaia di volte che non si legge mentre si cammina! ».
« Bene, ora sono seduto» sbuffa il bambino sedendosi accanto a me e tornando alla sua lettura: "il piccolo principe" di Saint-Exupéry. Ricordo di averlo letto anch'io alla sua età.
« Io preferisco la Volpe selvatica alla vanitosa Rosa...» suggerisco sorridendo «...la Volpe gli...».
«...appartiene in un modo più profondo poiché il Piccolo Principe l'ha addomesticata» conclude il piccolo guardandomi intensamente negli occhi.
« Bulma! » urla l'idiota ed io e Trunks ci voltiamo infastiditi a quel richiamo. Bulma alza una mano per salutarlo e poi si siede accanto a suo figlio.
La partita inizia e Bulma dice « okay ragazzi, via i libri», sbuffando le obbediamo.
Seguiamo annoiati la partita, la squadra di Yamcha sta perdendo miseramente. Durante la pausa Bulma decide di raggiungerlo giustificandosi «...ha bisogno di un portafortuna».
Appena io e Trunks rimaniamo soli il bambino dice « Devo sapere una cosa...», lo invito a proseguire, «...sei tu il mio omino del seme? ».
Deglutisco rumorosamente e per quanto vorrei fosse il contrario rispondo «... no».
« Perché? » chiede ingenuamente.
« Tua madre ha scelto qualcun altro...» sussurro mordendomi la guancia dall'interno .
« Chi? »
« Non...»
« Non mentire...certo che lo sai, Vegeta » dice con decisione, mi arrendo.
« L'idiota » sospiro guardando Bulma tra le braccia di Yamcha esultare per un nuovo punto messo a segno dalla squadra.
« Vegeta, sai che non ha senso. Somiglio a lui quanto la seta alla lana. È uno stupido, non posso essere suo figlio».

« No, è impossibile » urlo a Kakaroth mentre il mio amico mi guarda annoiato.
« Non poi così tanto, eri così ubriaco da essere diabolicamente lucido. Dopo aver litigato con Bulma sei andato in bagno e nessuno ti ha più visto per una buona mezz'ora e "casualmente" il barattolino con il seme di Yamcha era proprio in quel bagno. Su, amico, cerca di ricordare! Ho sonno » sbuffa Kakaroth sdraiandosi sul tavolo della cucina.
Cammino per la stanza massaggiandomi le tempie finché la mia attenzione non ricade sulla replica di un vecchio film con...
« Jane Fonda » urlo.
« Non gridare in questo modo, non riesco ad addormentarmi » sbuffa il minore «...poi ti sembra il momento di parlare di Jane Fonda? »
« Non capisci? Jane Fonda... Jane Fonda...»
« Non capisco cosa? Si, era un gran pezzo di figa Jane Fonda, ma...?»
« In bagno c'era una rivista con Jane Fonda in copertina! »

ANGOLO DELL'OROLOGIAIA MATTA:
Che Vegeta abbia finalmente capito qualcosa di ovvio per un bambino di sei anni?
Ringrazio francmarro per la recensione e tutti voi che leggete!
A presto,
-Vit

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Capitolo 6
*** Capitolo sesto. ***


Me, you and the test tube

Capitolo sesto.

« In quale bagno? » sbuffa Kakaroth. Io, ignorando la sua domanda, mi accascio sul divano del mio amico incapace di credere ai ricordi sfocati ed alcolici che riaffiorano velocemente nella mia testa.
Stupido, stupido Vegeta. Cosa ti è salato in mente? Vorrei proprio spaccarmi quel mio bel faccino. In che casino ti sei cacciato.
« Trunks è mio figlio » sussurro mordendomi nervosamente il labbro inferiore e passandomi una mano tra i capelli color ebano « Trunks è mio figlio » ripeto guardando il soffitto.
Il suo cipiglio malinconico tanto simile al mio, il naso dritto e quel dannato sorriso a metà volto. Ho un figlio, sangue del mio sangue, carne della mia carne. Ho un figlio a cui sento di voler già bene più di me stesso.
« Non vorrei interrompere il tuo dialogo interiore, ma sarei felice se spiegassi anche a me come può essere possibile dimenticarsi di avere un figlio » sbuffò Kakaroth.
« Stupido, ingenuo Kakaroth...non l'ho mai dimenticare veramente, l'ho sempre saputo. Non avrei mai permesso che quell'idiota di Yamcha profanasse la mia Bulma. Oh mia alcolica follia » dico saltando in piedi e raggiungendo il mio amico.
« Quindi hai finalmente ammesso a te stesso di amare Bulma? » sorride Kakaroth stiracchiandosi.
« Da quando lo sai? »
« Mh...uno, due, cinque, quattordici anni » mugugna Kakaroth mentre irrisoriamente fa finta di contare gli anni sulla punta delle dita. Velocemente mi dirigo verso l'uscio della stanza con un sorriso che allarma il mio buon amico.
« Dove vai? » sbuffa esasperato Kakaroth.
« A casa dell'idiota da mio figlio e Bulma» dico con un velo di orgoglio nel tono di voce.
« Fermo qui, l'idiota sei tu se pensi che Bulma ti perdonerà quando scoprirà una cosa del genere» dice Kakaroth e poi continua «...e poi è notte fonda».
Cazzo, odio ammetterlo ma Kakaroth ha ragione. Se Bulma lo scopre non mi perdonerà mai è troppo orgogliosa per permetterselo. Dannato orgoglio, ci fa sentire così forti, eppure ci allontana inesorabilmente da chi amiamo.
« Cosa proponi di fare? » chiedo sconsolato voltandomi verso il mio amico.
« Nell'immediato andare a casa a dormire » dice alzandosi dalla sedia che lo ospitava e raggiungendomi «... sarà Bulma a farsi viva, devi solo aspettare».
« Sai che odio aspettare» sbuffo chiudendo la porta dietro di me.
Anche se a malincuore decido di fare come consigliatomi da Kakaroth. Sono rimasto incollato al telefono per giorni ad aspettare una telefonata dell'azzurra, invano. Sto per appisolarmi dopo l'ennesima notte insonne quando il mio telefono finalmente da segni di vita.
« Bulma! » urlo rispondendo.
« Bulma? Chi è Bulma? » dice una voce femminile molto stridula e, dal tono, anche piuttosto arrabbiata.
« Micole, dannazione » sbuffo nervosamente combattendo contro la forte voglia di riagganciare.
« "Micole, dannazione"... è così che rispondi alla tua fidanzata? » dice la donna, sento il rumore delle sue dita tamburellare isteriche sul tavolino.
« Non puoi autodefinirti la mia fidanzata, queste cose si decidono in due. E poi sai benissimo che tra noi non c'è stato nulla se non un bacio mentre dormivo » sbuffo stanco delle persecuzioni di quella donna.
« Vegeta, ma allora non mi vuoi bene? » dice simulando un pianto isterico.
Roteo gli occhi al cielo e riattacco dicendo « Non cercarmi più».
Getto deluso il telefono sul davanzale con foga, pochi istanti più tardi il telefono torna a squillare.
« Ti ho detto di non cercarmi più » urlo. La mia pazienza, già di suo inesistente, ha raggiunto il limite.
« Se proprio insisti... » dice ridendo Bulma, quando imparerò a leggere il nome del mittente prima di rispondere?, poi continua lei tornando seria «...sei occupato?».
« Tsk, pensavo fossi...non importa » dico irritato, poi riacquistando la calma dico «...no, non sono occupato».
« Volevo chiederti un grosso favore...» sono sicuro che si sta mordendo l'interno del pollice, dalla mia bocca esce solo un mugugno che la invita a proseguire, «... sono in montagna con Yamcha e c'è una specie di tempesta quindi non possiamo tornare a casa e Trunks è dai miei genitori, potresti andare a prenderlo e portarlo a scuola? Sai bene che mio padre è troppo in là con gli anni per poter guidare e mia madre non ha la patente».
« Mh va bene... quand'è che torni?» chiedo tentando di dissipare il fastidio del suo restare sola con quel bell'imbusto ed in montagna.
« Non lo so, spero presto...» dice diventando triste all'improvviso.
« Qualcosa non va?»
« Ti spiego tutto quanto torno».
Con un mugugno che equivale ad un "va bene" riattacco e corro a vestirmi. Indossati i primi stracci non maleodoranti che ho sotto mano e dopo essermi lavato velocemente mi dirigo verso la mia auto in direzione della casa dei genitori di Bulma.
Suono il campanello e assumo la mia solita posizione con le braccia al petto che vuol essere una sorta di muro tra me e gli altri.
Ad aprirmi la porta è il vecchio di Bulma con la solita sigaretta tra le labbra e il gatto sulla spalla.
« Vegeta, da quanto tempo! Bulma?» chiede cercando la figlia con lo sguardo.
« È bloccata in montagna con il suo compagno » dico con disgusto.
« Sei passato a prendere tuo figlio? » chiede il vecchio lasciandomi spiazzato «...Vegeta, ti conosco da anni, sei come un figlio per me... pensi davvero che non riconoscerei il tuo cipiglio? » riprende comprensivo l'uomo.
« Dici che ho fatto una cazzata? » chiedo spontaneo respirando a fatica.
« Non hai fatto nulla che non avrebbe fatto un qualunque uomo innamorato » risponde lui alzando le spalle e spostandosi dall'usco.
« Tsk...» mugugno entrando ed accomodandomi sul divano «...Bulma non lo sa, vero? »
« Se lo sa, non me l'ha mai fatto intendere. Comunque dovresti dirglielo tu, prima che lo capisca lei » dice il Dr. Brief accomodandosi di fronte a me.
« Non dire sciocchezze, vecchio. Sai che finirebbe per odiarmi e perderei sia lei che mio figlio» dico prendendomi il volto tra le mani.
« E tu riusciresti a non odiare te stesso se taci? » dice comprensivo l'anziano prima che Bunny e Trunks facciamo il loro ingresso in salotto. Il bambino appena mi vede mi corre incontro e si avvinghia al mio collo, distolgo lo sguardo imbarazzato.
« Vegeta, che ci fai qui? » chiede Trunks e sua nonna subito aggiunge malizisa «...dovresti venire più spesso», non ha ancora smesso di sperare che un giorno io diventi il suo amante.
« Tsk...su andiamo Trunks, devi andare a scuola! » dico alzandomi quando il bambino si allontana dal mio collo. Carica il suo zaino sulle spalle e salutando i suoi nonni con un abbraccio si allontana con me.
Mentre ci incamminiamo verso la mia auto guardo Trunks saltellare allegro e penso a ciò che mi ha detto il vecchio: dire a Bulma che Trunks è mio figlio. Sembra facile, pft.
« Vegeta, ricordi quello di cui abbiamo parlato alla partita? » chiede Trunks in auto, io lo guardo interrogativo tramite lo specchietto retrovisore, poi continua dicendo «...ne ho parlato con la mamma...», mi sento gelare il sangue temendo il peggio, «...ha detto che è Yamcha l'omino dello sperma».
Stringo il volante tanto forte che le nocche diventano acolori ed iniziano a pizzicarmi.
« Sei felice, ragazzino? » chiedo dopo lunghi attimi guardandolo insistentemente.
« Si » dice con sicurezza incrociando le braccia al pezzo sorridendo sadicamente «... perché so che non è la verità e...la sai anche tu, la tua reazione l'ha confermato ».
« Io non so proprio nulla, moccioso » dico atono sterzando e voltandomi a guardare il bambino che ha assunto un'espressione contrariata «...ah, al diavolo. Non posso mentire anche a te...», poi mi correggo, « soprattutto non a te ».
Una luce illumina gli occhi del bambino che dice sfidandomi « allora cosa aspetti a riprenderti la mamma, omino dello sperma?».
Sorrido allusivo a mia volta e faccio inversione sfrecciando poi sull'autostrada a tutta velocità.

ANGOLO DELL'ASTROLOGA:
Preannuncio scintille! Nel senso che Bulma farà esplodere Vegeta come una granata! Ringrazio I_am_a_LBS_ e felinala per aver recensito e tutti voi lettori silenziosi che crescete ogni giorno!
A presto,
-Vit.

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Capitolo 8
*** Capitolo settimo. ***


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Capitolo settimo.

Sono finalmente arrivato davanti allo chalet, le gambe sembrano non volermi sostenere. Ora che sono solo, pronto, o quasi, a fronteggia il mio più grande nemico, il mio orgoglio, sento la solitudine in questa battaglia probabilmente già persa. Vorrei non essere solo, eppure lo sono. Ho lasciato Trunks a casa di Kakaroth raccomandando al mio amico di portare il ragazzino a scuola nonostante i costanti «... papà, voglio venire con te » a cui deciso rispondevo « Trunks, non insistere...». Inutile ammettere che sentire quella parola, papà, era... strano. Strano e inaspettato, eppure mi riempiva il cuore di gioia.
Con la promessa di tornare al più presto ho preso l'autostrada ed eccomi qui. Durante il viaggio la mente non ha smesso di parlarmi nemmeno per un secondo ipotizzando discorsi che ho già dimenticato.
Apro la porta principale e mi dirigo alla reception chiedendo della signorina Brief. La receptionist risponde di non potermi fornire informazioni, ma notando la mia insistenza e certamente facilitato dal fascino che sono consapevole di avere risponde con un «... è alla stanza numero 13 ».
Annuisco ringraziando e di corsa salgo le scale in mogano con il cuore in gola.
Con facilità trovo la stanza e mi accorgo che la porta è aperta, la osservo passarsi una mano tra i capelli: è sola.
Deglutisco e mi faccio coraggio: entro.
« Bulma...» sussurro chiudendo la porta dietro di me.
« Che ci fai qui? » dice con dice atona continuando a darmi le spalle.
« Non potevo più aspettare...devo parlarti » mi fermo ma non notando nessuna risposta continuo « Trunks è mio figlio » dico senza girarci troppo intorno, perdo un battito, attendo una sua risposta e quando arriva l'enigmatica risposta rimango di sasso.
« Vedi? Non era poi così difficile confessarlo » dice atona.
« Cosa? Sapevi che avevo sostituito il contenuto del barattolino? » chiedo avvicinandomi velocemente a lei e stringendo le sue spalle per costringerla a voltarsi.
« Quale barattolino? » chiede confusa.
« Quello con il seme di Yamcha...» dico ancora più confuso.
« Davvero non ricordi niente di quella notte? » chiede mordendosi nervosamente il labbro inferiore, quasi volesse staccarselo. Scuoto la testa, poi lei continua «... eri davvero così ubriaco? Allora dovrò raccontarti tutto io? ».

Ero seduta sul bordo del mio letto con il barattolino tra le mie piccole mani. Ero confusa, non ero pronta forse non lo sarei mai stata. Volevo un figlio, con tutta me stessa, ma lo volevo dall'unica persona che mi era sempre stata accanto e sempre ci sarebbe stata. Sfortunatamente quella persona aveva una totale repulsione per i bambini e per i legami in generale. Guardavo il vuoto senza guardarlo davvero. La vista mi si era annebbiata a causa delle lacrime ed i pensieri avevano iniziato a torturarmi in quel silenzio glaciale, sai bene quanto io odio il silenzio. Vedevo il mio ipotetico bambino e ti somigliava così tanto: lo sguardo imbronciato e malinconico, i tuoi lineamenti duri addolciti dal mio sorriso e il tuo sarcasmo.
Abbandonata ai miei pensieri però non mi ero accorta di non essere sola in casa, almeno finché non ho sentito i tuoi passi pesanti e la tua voce alcolica dire così schiettamente « Bulma, ti amo ». Quanto suonavano bene quelle parole, così bene che credevo di averle immaginate. “Dannata stupida fantasia” mi ero trovata a pensare, poi hai continuato come un'eco dei miei pensieri « Non credevo che per riuscire a dire queste banali tre parole dovessi essere tanto ubriaco, eppure suonano così bene: “Bulma, io ti amo”. Oh, ti amo così tanto che...cazzo ». Ti sei bloccato rompendo quella magia e riportandomi alla realtà, la bottiglia di whisky ti era scivolata dalle mani trasformandosi in un miliardo di piccoli diamanti, «...mh...peccato, era davvero ottimo» hai sussurrato.
Ti guardavo con gli occhi lucidi pronunciare quelle parole. Ti guardavo cercando di impormi un contegno, ma non ci riuscivo. Non poteva essere solo una sogno, eri reale. Ti sei avvicinato e ti sei seduto accanto a me, volevo sfiorati e darti un pizzicotto per capire se eri davvero tu, ma ho desistito timorosa di scoprire che eri solo una mia fantasia. Hai continuato il tuo discorso alcolicamente lucido «...e sei una stupida se non te ne sei accorta. È talmente evidente e non parlo solo del mio cazzo duro ogni volta che sei vicino a me ». Ti sei seduto sul mio letto troppo grande per una sola persona ed hai iniziato a sfiorare il mio braccio, sì eri reale.
« Vegeta, sei ubriaco » ho trovato il coraggio di pronunciare con voce flebile.
« Io sono ubriaco e tu sei bellissima... domani io sarò sobrio, e con grande mal di testa, ma tu continuerai ad essere bellissima » hai sussurrato attirandomi verso di te e poggiando delicatamente le tue labbra sulle mie. Ho buttato il barattolino al suolo e mi sono lasciata cullare tra le sue braccia, per la prima e ultima volta mi sono sentita al sicuro...tra le tue braccia, Vegeta.

« Non guardarmi così...» dice notando il sguardo pensieroso «...ho avuto paura, okay? Al mio risveglio ho capito che non ricordavi nulla, pensavo che con il tempo avresti ricordato e...ti ho aspettato per sette anni, Vegeta...», continuo a rifugiarmi ne mio mutismo con le braccia conserte, «... so che ora sei arrabbiato, probabilmente mi odi, ti ho escluso per sette anni dalla vita di tuo figlio e...».
« Sta zitta, donna » dico semplicemente unendo le nostre labbra in un bacio che vale più di mille parole vuote.

Sono tutti intorno al grande tavolo della mia sala da pranzo intonando quella stupida canzoncina di compleanno. Ci sono tutti: Kakaroth, quell'isterica di sua moglie ChiChi, i loro due bambini, il vecchio Dr. Brief e anche quella ninfomane di sua moglie, Yamcha, si Yamcha. Bulma mi ha spiegato che l'impiasto è solo un suo buon amico e che tra loro non c'è stato mai nulla, eppure credo lui sia infatuato di lei, ma come giudicarlo. Ma soprattutto ci sono loro: Trunks e Bulma.
Io non sono cambiato molto, sono solo un po' più felice. Indosso uno stupido capello di carta a forma di cono e sbuffo rumorosamente mentre tutti urlano «...ora il desiderio».
Ma cosa potrei mai desiderare? Ho già tutto ciò che desidero. Ci penso un po' su e poi soffio le candeline, sono quaranta... dannazione sono davvero troppe.
Mentre rimurgino su quanto sia ingiusto avere già quarant'anni Bulma prende la parola « Ho un annuncio da fare » dice incrociando il mio sguardo «...sono incinta ».
La sala si riempie di risate e felicitazioni cosicché nessuno sente il mio «...non scapperai di nuovo, non ho più l'età per rincorrerti». Sorridendo le stringo un braccio intorno alla vita e faccio congiungere le nostre labbra. Si, sono proprio felice.

ANGOLO AUTRICE:
Sono alla fine e come al solito ci tempo a ringraziare tutti voi che avete letto questa storia!
Un abbraccio e a presto, credo tornerò con un'altra storiella molto presto!
-Vit

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