La storia di un Amore di Crystal eye (/viewuser.php?uid=130782)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Inizio ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Tre anni dopo, quanti cambiamenti... ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - La Camera Dei Segreti ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Risolvere Problemi Famigliari ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - Paura ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - La fine ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 - Epilogo ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 - Inizio ***
Capitolo 1
Sentì bussare alla porta della sua stanza, cosa abbastanza strana, poiché la signora Cole sapeva che detestava essere disturbato.
La ignorò, continuando a concentrarsi sul libro di Incantesimi che stava leggendo.
Quella bussò ancora, questa volta più forte, ma lui, seppur spazientito, continuò a fare finta di niente.
“Tom!” lo chiamò la direttrice dell’orfanotrofio, continuando a battere le nocche sul legno vecchio della porta.
“Tom, apri!” disse ancora, con tono più alto.
Sbuffando, si alzò dal letto e aprì la porta. Si trovò davanti alla direttrice e ad una bambina di circa undici anni, con lisci capelli biondi molto lunghi e due grandi occhioni verdi.
“Cosa vuole? Stavo studiando!” fece annoiato, spaventandola leggermente.
“Il professor Silente ha mandato una lettera dicendo che questa bambina verrà a scuola con te, quest’anno, e dovreste fare amicizia. Lei è Estele Demon.” Spiegò la donna, presentandoli. “Lui è Tom Riddle. Vi lascio a conoscervi meglio.” Concluse e se ne andò, lasciando la piccola e le sue cose davanti alla porta, dove un arrabbiatissimo Tom Riddle stava seriamente pensando di farla scappare con qualche brutto scherzo.
La bambina prese la sacca che aveva appoggiato a terra e il baule e, guardandolo, chiese.
“Posso entrare? Gli altri bambini mi hanno già guardato male tutto il tempo… perché ho abiti più belli dei loro…” sussurrò, tenendo lo sguardo basso, attirando l’attenzione del ragazzo sui suoi abiti, nuovi e di splendida fattura, di certo molto più costosi rispetto ai vestiti smessi e di seconda mano che indossavano tutti gli altri in quel posto.
Sospirando pesantemente, il ragazzo si fece da parte e la aiutò con il baule.
“Allora, perché il vicepreside ha mandato qui una principessina come te?” le domandò.
Gli occhi di lei si riempirono di lacrime.
“Nessuno mi vuole tenere con sé! Tutti dicono che sono marcia come mio padre...” disse, asciugando repentinamente una lacrima sfuggita al suo controllo.
Il giovane mago le lanciò un’occhiata incuriosita.
“Come mai tuo padre dovrebbe essere marcio?” chiese, con un dolce sorriso, per convincerla ad aprirsi con lui.
“Lui è un seguace di Grindelwald e la sua famiglia lo ha sempre considerato un traditore per questo... infatti, quando la mamma è morta, nessuno mi ha voluta...” spiegò, guardandolo negli occhi, fiera, in attesa di una qualche critica.
“E tu sei davvero come lui? Hai qualche potere oscuro, di cui nessuno è a conoscenza?” continuò, utilizzando il tono carezzevole e dolce, sorridendo incoraggiante, per cercare di farle rivelare qualche informazione in più.
“Non c’è bisogno che ti fingi gentile, tanto lo capisco che stai mentendo... però, ti prego... almeno tu, non farlo... vorrei che fossi sincero con me...” fece la piccola, osservandolo attentamente con i grandi occhi di smeraldo che si ritrovava, che sembravano capaci di leggergli dentro il cuore.
Lasciando cadere la maschera per cercare di ingraziarsela, lui le lanciò comunque un’occhiata curiosa. Voleva sapere perché quella ragazzina aveva attorno un’aura che attirava la sua attenzione come il miele con le api.
“Se proprio non vuoi dirmelo, Demon, non fa nulla. Lo scoprirò da solo!” esclamò e lei gli sorrise.
“Accomodati pure, Tom.” Gli disse, spostando faticosamente il baule ai piedi del letto inutilizzato, poi si sedette sul materasso con la sacca accanto e si tirò i bei capelli biondi da un lato, per intrecciarli in modo che non le dessero troppo fastidio.
Tom, intanto era ritornato al suo libro di Incantesimi, e leggendo distrattamente un passaggio semplice, si chiese in quale casa sarebbe finita la piccola. Poi si diede dello stupido, quella non era cosa che lo riguardava.
“Quanti anni hai, Tom?” gli domandò la voce cristallina di Estele, distraendolo ancora una volta dal libro.
“Ne ho dodici.” Disse atono.
“Oh... io ne ho compiuti undici il mese scorso... perciò tu sei al secondo anno, giusto? Com’é Hogwarts?” fece, provocando uno sbuffare infastidito al giovane che cercava di concentrarsi sulla lettura.
“Non hai niente di meglio da fare che scocciare me? Non hai da studiare qualcosa, da leggere o qualunque altra cosa ti tenga occupata per un po’? Voglio finire questo libro!” sibilò, seccato da tutte quelle chiacchiere.
La giovane lo guardò stringendo gli occhi in due fessure e mettendo il broncio, poi tirò fuori dalla sacca un libro di pozioni e cominciò a leggerlo, prendendo alcuni appunti sui bordi delle pagine.
Tom la osservò qualche attimo, convinto che avrebbe ribattuto, dopo di che, ritornò al suo libro e riuscì a finirlo e a memorizzare gli incantesimi in esso contenuti in un paio d’ore.
Una volta finito, fece scorrere distrattamente gli occhi d’onice per la stanza e vide che la bambina si era addormentata con il libro appoggiato addosso.
Scosse la testa, alzandosi dal letto per coprirla con una coperta e toglierle il pesante tomo da sopra. Nel poggiarlo sull’unico comodino della stanza fece cadere un paio di foto, incastrate all’interno delle pagine.
Si chinò a raccoglierle e si accorse che erano foto magiche. La prima ritraeva una giovane coppia, la donna era bellissima, con capelli lunghi e scuri e un sorriso dolcissimo le formava una fossetta sull’angolo destro della bocca. L’uomo dai capelli chiari, guardava incantato la dama tra le sue braccia, tendendole un piccolo e delicato fiore di Pesco, simbolo di... al ragazzo venne da ridere leggendo la dedica sul retro della foto.
“ In ricordo del nostro primo incontro, come segno del mio eterno amore per te!”
Non riusciva a capire come mai le persone credessero così tanto nell’amore... ma forse, era solo perché non ne aveva mai ricevuto, pensò malinconicamente con lo sguardo adombrato da un lampo di solitudine, scacciata via subito dopo da uno scuotimento della testa.
L’altra foto ritraeva la donna di prima con in braccio una bambina, entrambe ridevano felici e gioiose all’obbiettivo, dove si doveva trovare l’uomo. Suo padre e sua madre. Li portava sempre con sé. Sapeva chi erano.
I suoi occhi si tinsero di rosso per un millisecondo, colmi di gelosia e invidia e rabbia, anche se non capiva bene per cosa fossero quelle emozioni. Comprendeva la rabbia, ma il resto gli era incomprensibile, non aveva bisogno di niente di ciò che aveva perso lei. Lui stava bene così, era sempre stato bene così.
Con questi pensieri in testa, andò a dormire, non accorgendosi di due occhi verdi che lo osservavano con aria triste.
°°°
Nelle settimane seguenti, la piccola Estele rimase accanto a Tom, divenendo per lui una costante, con le sue domande su svariati argomenti, tra cui anche cose che avrebbe studiato a scuola e che già stava cercando di imparare approfonditamente.
Il giovane mago non l’avrebbe mai ammesso neanche sotto tortura, ma gli piaceva e si divertiva a vederla pendere dalle sue labbra mentre le spiegava concetti che le risultavano troppo difficili o la aiutava con gli incantesimi e le trasfigurazioni.
Nel tempo libero preparavano pozioni insieme e in quel campo era lei a dare al Serpeverde degli ottimi consigli, che ogni tanto lo offendevano per la loro ovvietà.
“Ehi, Tom! Ma quando andiamo a Diagon Alley? Non dobbiamo comprare delle divise, o ingredienti per pozioni, o altro che potrebbe servire?” gli domandò un paio di settimane prima dell’inizio della scuola.
Lui le riservò un’occhiata scettica, aveva notato che aveva uno scomparto, all’interno del baule, dove c’era tutto l’occorrente per la scuola.
“Non sei già ben fornita?” chiese, infatti, ironico.
Estele si imbronciò.
“Ma dai! Una passeggiata a Diagon Alley la possiamo sempre fare! Su! Non farti pregare troppo, Tom!” lo pregò, appoggiandosi appena al suo braccio e guardandolo con gli occhioni luccicanti.
Scuotendo la testa, Tom accettò, promettendole che sarebbero andati nella città magica prima della fine dell’estate.
Lei assottigliò gli occhi, minacciando terribili conseguenze se non avesse mantenuto la parola data.
Il giorno della gita finalmente arrivò. La giovane mise un vestitino verde chiaro, legando i capelli in una treccia per farli stare apposto e attese che Tom si decidesse a sbrigarsi per andare.
Il ragazzo la trovò fuori dalla stanza che l’aspettava con impazienza.
“Siamo pronti, principessa?” le chiese, porgendole il gomito, inchinandosi.
“Ma certo, Mylord.” Rispose con un sorrisetto perfido, aggrappandosi al suo braccio.
Lungo la strada si allontanò leggermente da lui, rimanendogli comunque molto vicina, non avendo mai girato per i vicoli scuri e pericolosi di Londra.
Arrivarono al Paiolo Magico in poco tempo, e la piccola salutò l’oste con grande cordialità.
“Buongiorno, Tom!” disse, facendo arricciare il naso al maghetto accanto a lei.
“Buongiorno, milady! Andate a Diagon Alley?” ricambiò, con un sorriso, mentre indaffarato preparava le ordinazioni dei suoi clienti.
“Si! Quest’anno andrò ad Hogwarts!” lo informò.
“Molto felice per te, piccola lady. Dovreste andare, allora, se volete sbrigare le vostre faccende prima che faccia notte!” la salutò.
“A più tardi, Tom.” Fece lei in risposta, seguendo il suo Tom, che stava aspettando indispettito davanti al muro che portava nella città dei maghi.
“Ti sei offeso? Ho fatto qualcosa di male?” gli domandò, vedendolo stringere le labbra in una linea sottile.
“Certo che no! E adesso sbrighiamoci!” ribatté duramente, avviandosi nella calca di gente che si muoveva per la via principale.
Estele, attraversato il passaggio, si illuminò, dirigendosi a passo sicuro verso la Gringott, dove chiese di poter fare un prelievo dalla sua camera personale.
Tom spalancò gli occhi vedendo quanto ricca era quella ragazzina.
Dopo aver preso i galeoni che, secondo lei, sarebbero bastati per quella giornata, uscirono dalla Banca e il povero Riddle si trovò trascinato da Madama McClan, dove lei si fece fare diverse divise e altri vestiti, poi lo guardò rapidamente e disse alla ragazza che le aveva preso le misure che anche lui doveva prendere le divise e dei vestiti.
Sentendo quelle parole, il ragazzo assottigliò lo sguardo, cercando di incenerirla, mentre lei se la rideva.
La giovane le comunicò che i vestiti sarebbero stati recapitati al suo indirizzo, ma Estele le chiese di farli avere al suo elfo domestico.
Una volta usciti dalla sartoria, Tom esplose. “Si può sapere perché mi hai praticamente rifatto il guardaroba?” le sputò arrabbiato e umiliato.
“Volevo solo farti un regalo, non deve essere facile stare a Serpeverde con dei vestiti di seconda mano... ma se non li vuoi puoi sempre rivenderli... considerali un regalo per il tempo che mi hai sopportata all’orfanotrofio...” rispose lei, un po’ abbattuta dalla sua reazione.
A quelle parole il Serpeverde si sentì un vero idiota, per la prima volta in vita sua... avrebbe voluto rivedere il bel sorriso che aveva fino a qualche momento fa. – Perché hai dovuto per forza dare retta all’orgoglio? Perché? – si chiese, cercando delle parole per scusarsi, senza risultato.
“Non fa niente! Davvero! È tutto a posto! Su, dobbiamo ancora vedere qualche libreria, sono curiosa di vedere se c’è qualcosa di interessante!” esclamò lei, ritrovando il suo entusiasmo.
Si diresse verso il Ghirigoro e si mise a cercare dei libri a suo parere interessanti, Tom seguì il suo esempio e gironzolò per gli scaffali, guardando i titoli, cercando qualcosa che potesse aiutarlo nelle sue ricerche.
Prese diversi libri di genealogie magiche e altri che approfondivano argomenti studiati o da studiare.
Cercò la bambina con lo sguardo all’interno della libreria, ritrovandola intenta a leggere un libro di Erbologia.
“Quello potresti anche comprarlo, potrebbe essere utile per la scuola.” Suggerì, andandole alle spalle.
“Dici? Le piante mi hanno sempre affascinato, sai? E anche alla mamma piacevano tanto... nella nostra casa avevamo un giardino pieno di piantine curative e fiori colorati.” Disse con malinconia, persa nei ricordi.
“Su, su. Ci dobbiamo sbrigare, prima che faccia sera dobbiamo essere all’orfanatrofio.” La distrasse.
Lei gli sorrise.
Pagarono i libri e se ne andarono.
Sulla strada per il ritorno furono entrambi silenziosi e quando entrarono nella loro stanza, iniziarono a sistemare tutte le cose nei loro bauli.
Estele impilò tutti i libri che aveva tirato fuori dal suo baule sul letto e cominciò a metterli nel comparto degli oggetti scolastici, dividendoli in due categorie, quelli che servivano per le lezioni e quelli che potevano servire da approfondimento.
Per fare tutto impiegò apposta più tempo possibile, controllando tutto diverse volte, utilizzando il sistemare il baule come scusa per non parlare.
Tom finì in poco tempo, non avendo tirato fuori troppe cose dal suo ritorno da Hogwarts e si sedette sul letto, appoggiato al muro, con un libro sulle gambe, in attesa che finisse di preparare.
Lui la stava ancora guardando quando finì e le sorrise divertito, prima di mettersi a dormire.
Lei arrossì leggermente per il suo comportamento infantile, ma non voleva parlare con lui in quel momento, la sua reazione l’aveva ferita a Diagon Alley, anche se non voleva ammetterlo nemmeno con se stessa.
°°°
Il primo settembre, Estele si alzò all’alba, troppo felice per poter dormire di più e il giovane Tom la trovò che si spazzolava i capelli davanti al piccolo specchio magico che le aveva regalato suo padre, mentre canticchiava una specie di ninna nanna sottovoce per non disturbarlo.
Si lasciò sfuggire un sorriso dolce, sincero, che mascherò subito con uno sbadiglio.
“Oh! Buongiorno Tom!” lo salutò, con un enorme sorriso.
“Buongiorno, principessina.” Rispose.
Si alzò dal letto, preparandosi in poco tempo.
Verso le nove e trenta erano pronti per andare, la signora Cole e un altro paio di inservienti vennero a salutarli, o meglio, vennero a salutare la piccola Demon, che, nonostante non andasse d’accordo con i bambini, aveva catturato la simpatia di tutti coloro che lavoravano nell’orfanotrofio.
Alla stazione di King’s Cross li accompagnò il giardiniere/tuttofare che lavorava all’orfanatrofio.
Lo salutarono e si diressero, senza dare troppo nell’occhio, al binario nove e tre quarti, dove li aspettava l’Espresso per Hogwarts.
Saliti, presero posto in uno scompartimento libero e al Serpeverde tornò in mente la domanda che si era fatto quando l’aveva conosciuta.
“In che casa credi di finire, principessina?” le domandò senza guardarla, distrattamente, come se fosse di scarsa importanza.
“Mh? Non so... mi hanno sempre detto che sarei una brava Corvonero, ma non sono sicura che sia la casa che fa per me... tu in che casa mi manderesti?” rispose, osservando il paesaggio che cominciava a scorrere velocemente fuori dal finestrino.
“Corvonero potrebbe andare... ma forse... no, tu non sei abbastanza Serpe...” disse sovrappensiero.
“Tu credi?” sussurrò, con un ghignetto appena accennato, prima di immergersi nella lettura del libro “Storia di Hogwarts”, che aveva già letto diverse volte.
Poco prima dell’arrivo, misero le divise.
“Ci rivediamo dentro. Forse.” Le disse, con il tono che lasciava intendere che non le avrebbe più rivolto la parola se fosse stata membro di un’altra casa, o comunque non come mentre erano all’orfanotrofio.
Lei gli lanciò un sorriso, prima di dirigersi verso gli altri primini, sulla sponda del Lago Nero.
“Ehi! Riddle! Chi è la mocciosa che ti ha appena salutato? Un’altra sporca Mezzosangue?” fece una voce dietro di lui.
Un Serpeverde del settimo anno che lo guardava dall’alto in basso, indietreggiò spaventato, quando il giovane Riddle gli lanciò uno sguardo di ghiaccio e gli rispose gelido.
“Anche fosse, non sono affari che ti riguardano. Se proprio vuoi scoprire chi è, aspetta lo Smistamento.” Poi se ne andò, seguito dalla cricca di purosangue del secondo e terzo anno, affascinati dal suo carisma e dalla sua intelligenza, nonostante fosse un Mezzosangue.
Lo Smistamento fu molto lento, poiché arrivarono anche molti studenti che avevano frequentato da privatisti per timore della guerra contro il mago oscuro Grindelwald.
La giovane Estele Demon era fiduciosa, sapeva che con i suoi poteri e la sua indole sarebbe riuscita a farsi mandare a Serpeverde. D’altronde era stata la casa di suo padre.
“Estele Demon!”
Quando venne chiamato il suo nome, molti trattennero il fiato, collegandolo immediatamente a suo padre e al mago che serviva.
La piccola avanzò fiera fino allo sgabello, dove si sedette, in attesa che il professor Silente le mettesse il Cappello Parlante sulla testa.
“Ah! Salve signorina Demon, benvenuta!” esordì il cappello, facendole prendere un colpo. “Vedo che desidera molto andare a Serpeverde, per suo padre, ma anche per qualcun altro... in effetti Serpeverde soddisferebbe il suo desiderio di conoscenza e la sua ambizione, ma...” ragionò, scrutando dentro di lei.
“Mi mandi a Serpeverde!” pensò perentoria.
“Beh, se questo è il suo modo di fare, signorina, non vedo perché non dovrebbe essere una... SERPEVERDE!” disse il cappello, smistandola nella casa che desiderava.
Si alzò con espressione soddisfatta, dirigendosi verso il tavolo dei verde-argento.
Tom la guardò sedersi con grazia ed eleganza poco lontano da lui, degnandolo a malapena di uno sguardo. Sorrise internamente, l’aveva sottovalutata e adesso lei si stava prendendo la sua piccola rivincita.
Gli lanciò un’occhiata di sottecchi, venendo notata da Walburga Black, che le riservò uno sguardo velenoso.
“Lui non è alla tua portata, Demon!” sibilò, sconvolgendo tutti coloro che l’avevano sentita e attirando l’attenzione del soggetto della conversazione.
“Può darsi che non sia alla mia portata, ma tu il massimo che puoi fare è strisciare ai suoi piedi, in attesa che posi il suo sguardo su di te e ti faccia la grazia di non schiacciarti come un vermicolo.” Ribatté, altrettanto velenosa e altera, senza neanche guardarla in faccia.
Un paio di ragazzi scoppiarono a ridere alla faccia rossa di rabbia della mora, che, insieme alla sua amica, Druella Rosier, lanciò occhiate di fuoco alla giovane Demon fino alla fine della cena.
All’interno del dormitorio, alcune ragazzine del suo anno le fecero i complimenti.
“Sei stata grande! Ma ti rendi conto che quella è una Black? La sua famiglia è una delle più antiche e potenti!” disse una ragazza, Miranda Zabini, giocando con una ciocca di capelli scuri mentre parlava.
“I Demon lo sono anche di più!” disse un’altra, una certa Jennifer Smitherson, con altre due che annuivano in accordo. “Secondo alcune fonti, addirittura Salazar Serpeverde discende dai Demon!”
“Credo che quella sia solo una leggenda... non ho mai trovato informazioni simili negli alberi genealogici di famiglia. Anche se alcuni membri parlano Serpentese!” si intromise nella conversazione l’interessata. “E, in ogni caso, quella non mi spaventa.” Fece, ridendo insieme alle altre.
Nelle settimane seguenti i momenti per parlare con Tom diminuirono drasticamente; lui era sempre impegnato in qualche cosa: studio, una partita a scacchi, una lezione e i momenti per parlare erano rarissimi.
Estele dimostrò di essere una perfetta Serpeverde, i suoi ottimi voti la portavano ad essere considerata un esempio da tutti i professori e, nonostante la parentela con un mago oscuro, molti studenti di altre case le parlavano, le chiedevano aiuto, in alcuni casi, e lei ne approfittava per ricevere dei favori in cambio.
Non mancarono anche gli scontri verbali in sala comune con la carissima Walburga Black, convinta sarebbe diventata la preferita del loro Lord, a cui la giovane Serpe rispondeva con calma stoica, senza farsi agitare da quegli insulti e attacchi, talvolta anche molto pesanti.
Durante le vacanze di Natale rimasero in pochi, soprattutto tra i Serpeverde. E i due ne approfittarono soprattutto per passare un po’ più di tempo insieme.
“Ehi, principessina! Finalmente! Iniziavo a pensare avessi intenzione di non mangiare questa mattina!” disse gelido come suo solito.
Estele si sistemò la coda alta, assicurandosi che i capelli fossero in ordine e si sedette al tavolo dei Serpeverde accanto a lui, prendendo subito una fetta di crostata.
Tom la guardò con occhi infuocati cercando di attirare la sua attenzione, detestava essere ignorato, se poi a non prestargli attenzione era lei si sentiva come invisibile agli occhi del mondo intero, come se il suo sguardo fosse l’unico importante nell’intero universo.
“Continuerai ad ignorarmi ancora per molto?” domandò, fingendo indifferenza sorseggiando il suo the.
Lei sorrise appena e fece una piccola smorfia che poteva significare qualsiasi cosa. Stizzito, nascose la sua rabbia per quella non risposta bevendo il the che aveva scelto per colazione. Quasi ci si soffocò nel vedere un Tassorosso del suo anno, tale Anthony Kircke, che si avvicinava alla sua Estele e le domandava chiarimenti e aiuti sulla pozione che Lumacorno aveva dato da preparare, come compito.
Lei a lui rispose, cordialmente e con grande disponibilità.
Appena se ne fu andato il Tassorosso, Tom espresse la sua gelosia con un commento gelido e velenoso più di un serpente.
“Perché non vai con lui? Sembri andarci molto d’accordo! – Potreste fare una bella coppia! Visto come sembrava interessato a usare la sua abilità in pozioni. A Serpeverde sarebbe stato benissimo quell’idiota. Un tasso troppo serpe e una serpe troppo buona! –“ disse e pensò il giovane, con gli occhi d’ossidiana che si striavano di rosso.
La bionda Demon gli posò una mano sull’avambraccio, facendolo calmare istantaneamente, spostando i suoi pensieri su di sé.
“Stai tranquillo, quello è solo uno studente come tanti altri. Non ha nulla di interessante o di speciale. Può cercare di sfruttare le mie doti di pozionista o sperare di conquistarmi in qualche modo, ma non ha niente che possa interessarmi.” Gli disse lei, guardandolo con quei pozzi verde Avada Kedavra che non lasciavano adito a dubbi.
“E allora perché diavolo lo aiuti?” domandò lui, ancora arrabbiato.
“Sono una Serpeverde, ricorda. Non faccio mai niente per niente!” ribatté, con un sorriso furbo.
Tom la guardò intensamente dentro quegli abissi verdi e si immaginò diversi scenari in cui lei metteva in scacco quell’idiota.
Alcune ore più tardi, erano in giro nel parco innevato ad osservare il Lago Nero semighiacciato, sotto la cui superficie si poteva intravedere, a volte, la piovra gigante che pigramente si muoveva nell’acqua scura.
“Tu mi nascondi qualcosa!” se ne uscì ad un certo punto Tom.
“Cosa dovrei nasconderti, sentiamo?” ribatté, scuotendo la testa e facendo ondeggiare la cosa bionda.
“Non ne sono certo, ma sento che c’è qualcosa di importante che mi nascondi. Se non vuoi dirmelo, come gli altri tuoi segreti, lo scoprirò da solo!” disse, guardandola indagatore.
“Bene, allora divertiti, investigatore!” lo sfidò. “Tanto non credo ci arriverai mai...” aggiunse con tono finto innocente.
“Non ci conterei troppo e ti sarei grato se la smettessi di usare la Legilimanzia su di me! È altrettanto fastidioso!” le disse, un po’ scocciato.
Estele spalancò gli occhi e lo guardò. “Io non sono una legilimens! Non conosco quell’incantesimo!” esclamò, irritata.
“Quindi, sei una telepate? Puoi sentire i pensieri di chi vuoi?” le domandò per sicurezza.
Annuì, mordendosi il labbro per allentare la tensione e cercare di non concentrarsi sulla sua mente e senza guardarlo in faccia per non vedere nella sua espressione il riflesso dei suoi pensieri.
-Mi potrebbero essere utili, davvero tanto questo tipo di poteri! Potrei riuscire a scoprire chi sono, ciò che voglio sapere, qualsiasi cosa, facendo le domande giuste alle persone giuste, grazie al suo aiuto! Ma...” pensò, facendo riempire gli occhi della giovane di lacrime.
Poi il tono dei suoi pensieri cambiò.
-Ma... ma lei è l’unica che mi sta vicina per me, per quello che sono e non per vivere del riflesso del mio potere... voglio davvero perdere l’unica persona che sembra davvero tenerci a me? – si chiese, decidendo che poteva mettere da parte le sue convinzioni sull’amore e l’amicizia, ma solo per lei.
Estele gli sorrise e lo abbracciò stretto, lasciando che una lacrima rompesse le sue difese e facendolo arrossire come non mai, mentre lui rimaneva immobile e rigido tra le sue braccia.
Dopo quel giorno il loro rapporto divenne molto più stretto. Tanto che entrambi si avvicinarono ancora di più e tutti videro Tom Riddle sciogliere in parte la sua fredda cortesia, anche il professor Silente vide che lo studente che temeva avrebbe seguito una strada oscura e piena di crudeltà poteva essere salvato. Sembrava essere cambiato rispetto all’anno precedente, era più rilassato, più dolce addirittura, anche se solo con la piccola.
Poco prima della fine dell’anno, il professor Silente chiamò Estele nel suo ufficio.
“Buonasera, signorina Demon, spero abbia trascorso un buon anno qui a scuola!” la salutò.
Lei sorridendo annuì.
“Oh, si! Un anno splendido! Non vedo l’ora arrivi di nuovo settembre!” fece entusiasta, facendo sorridere il vice preside.
“Sono molto contento di ciò! Gradisce del the? Dei biscotti?” le offrì gentilmente.
“No, grazie. Sono apposto. Ma, professore, potrei chiedere perché mi ha convocata? Non credo sia solo per sapere come è stato il mio primo anno qui...” domandò la bambina con una strana sensazione.
“Ha ragione, infatti. L’ho fatta venire perché proprio ieri sua nonna materna mi ha contattato per dirmi che ha intenzione di tenerti con sé e di diventare il tuo tutore. Per questo, non ci sarà bisogno che torni nell’orfanotrofio, con il signor Riddle.” Le comunicò, facendole spalancare gli occhi dalla sorpresa.
Sapeva che prima o poi sarebbe andata via da quell’orfanotrofio, ma non pensava sarebbe successo tanto presto.
Era convinta che sarebbe passato ancora un po’ di tempo prima che i parenti di sua madre venissero a reclamarla. Invece, non ci avevano messo neanche un anno.
E adesso doveva lasciare Tom da solo in quell’orrendo posto.
“Signorina, temo che le notizie non siano finite... sua nonna ha intenzione di ritirarla da Hogwarts, studierà come privatista e farà gli esami di fine anno alla scuola di Minerva, in Italia.” Aggiunse, e quest’ultima notizia la sconvolse più di tutto il resto.
“Ma non può farlo! Ho appena cominciato! Non mi può ritirare, io mi trovo bene a scuola! Ho degli amici!” esclamò sconvolta da quella rivelazione.
“Mi rendo conto, bambina, ma purtroppo, in quanto tuo tutore legale, può farlo... o meglio, l’ha già fatto, dopo la fine dell’anno andrai a vivere con lei e comincerai a studiare con degli insegnanti privati. Mi dispiace.” Disse il vicepreside.
Estele con le lacrime agli occhi annuì, in fondo non era mica colpa del professore se sua nonna voleva tenerla vicina a sé il più possibile.
Ora doveva trovare il modo di dirlo a Tom. Ma non voleva lasciarlo.
Non dopo tutti i bei momenti che avevano passato assieme.
Ripensò a diversi episodi in cui lei e il suo bel Serpeverde erano rimasti insieme.
Come nelle fredde giornate d’inverno, quando tutti preferivano rintanarsi nelle sale comuni o in biblioteca a studiare, loro due e pochissimi altri impavidi o pazzi si mettevano sotto gli alberi spogli, freddi, ma pulsanti di vita sotto la superficie, a studiare, leggere, o semplicemente a trascorrere un po’ di tempo insieme, come facevano spesso all’orfanotrofio.
O a Natale, quando aveva raccontato al suo amico dei suoi poteri e lui, anche se per un attimo aveva pensato che potevano essergli utili quelle capacità, aveva poi deciso che non aveva importanza quanto fossero forti o adatti ai suoi piani, era una compagnia troppo buona per poterla buttare via per “così poco”.
O ancora di quando le aveva detto che secondo lui amicizia e amore erano solo un’invenzione dell’uomo per sentirsi meno solo e adesso invece iniziava a capire il valore di un vero amico. Anche se aveva aggiunto che lui non ne avrebbe avuti altri, lei sarebbe stata sempre l’unica.
Si congedò dal professor Silente, continuando a pensare a tutte le giornate trascorse con Tom.
Aveva iniziato a sentire il calore dell’amicizia, sembrava essere più dolce e meno pieno di rancore, non voleva che perdesse la fiducia che aveva in lei. Ma non poteva evitare di partire, non aveva il potere per fermare il volere di sua nonna.
Doveva trovare Riddle e dirglielo, parlargli e sperare che capisse, ma era difficile, probabilmente l’avrebbe presa sul personale, offendendosi, sentendosi abbandonato.
I suoi piedi procedevano in automatico verso il dormitorio di Serpeverde, anche se la sua mente era da un’altra parte, perciò non si accorse di essere in rotta di collisione con l’oggetto dei suoi pensieri, che la bloccò, posandole le mani sulle spalle, risvegliandola dalla sua trance.
“Cosa hai principessina?” le domandò, con sguardo serio.
Trovandoselo davanti, dopo quello che aveva saputo, non poté fare altro che buttarsi tra le sue braccia e piangere.
Lui si irrigidì, in un primo momento, sorpreso e preoccupato per quella reazione, che era assolutamente non da lei. La strinse a sé, passandole una mano tra i capelli per cercare di farla calmare.
Rimasero così per diversi minuti, in un corridoio deserto, durante i quali lei sfogò tutte le lacrime che non era riuscita a piangere fino a quel momento. Poi si allontanò leggermente, asciugandosi le lacrime che le solcavano ancora le guance.
Lui la osservò un istante, per controllare che stesse bene per davvero. Infine le chiese nuovamente.
“Cosa è successo, principessina?”
Prendendo un bel respiro, cercò le parole per comunicargli che stava per andarsene per non sapeva quanto tempo.
“Mia nonna ha contattato Silente... vuole che vada a vivere con lei...” iniziò.
“Beh, è una buona cosa... l’orfanotrofio Wood’s non è proprio il posto più bello per crescere...” commentò lui, con un piccolo sorriso amaro.
“Non è solo per l’estate... io... non verrò più a scuola... mi ha ritirato... andrò da lei… in Italia...” sussurrò, con lo sguardo basso, troppo triste e spaventata dalla sua possibile reazione per riuscire a guardarlo negli occhi.
“Ritirata? Aspetta, ma... perché? Perché hai accettato? Vuoi andare via?” le domandò, con occhi feriti, sottintendendo il “da me” nell’ultima domanda, che lei sentì come se l’avesse urlato a squarciagola.
“No! Certo che non me ne voglio andare! Ma non ho altra scelta... non in questo momento... ti prego cerca di capire...” cercò di spiegarsi sul punto di mettersi di nuovo a piangere nel vedere che lui si allontanava e le voltava le spalle per andarsene via. “Tom! Aspetta! Ti prego! Io non ti abbandonerò mai! Hai capito? Mai!” gli gridò dietro, senza che lui mostrasse una qualche reazione.
Corse in dormitorio e preparò una busta, mettendoci dentro il ciondolo dove suo padre aveva fatto incastonare un frammento dello specchio e scrisse velocemente una lettera. Dopo di che nascose tutto dentro il baule.
Le ultime settimane del suo primo e, probabilmente, ultimo anno ad Hogwarts finirono nel modo più brutto e doloroso possibile. Tom, il suo adorato Tom, girava sempre circondato dai suoi seguaci e non la degnava neanche di uno sguardo. Faceva sempre in modo di evitarla ai pasti e di non rimanere da solo nei momenti che sapeva sarebbe stata libera.
Quella freddezza da parte sua, la portò a desiderare che il giorno della partenza arrivasse presto, così che potesse stare con qualcuno di famiglia e smettere di soffrire nel vederlo tutti i giorni.
L’ultima sera, prima di andare a dormire, andò nella guferia, dove diede ad un gufo della scuola il compito di consegnare la sua busta a Tom solo quando fosse andata via. Sperava l’ avrebbe perdonata per quello che stava per fare, ma aveva intenzione di proporre un accordo a sua nonna e per farlo, doveva incontrarla il prima possibile.
Così lasciò la busta e tornò nella sua stanza per salutare le sue amiche e compagne di stanza, facendogli promettere che non avrebbero detto a nessuno della sua partenza anticipata.
Poi si diresse davanti all’ufficio del preside Dippet e, con il baule rimpicciolito nella sacca che usava per viaggiare, si apprestò a partire, tramite Metropolvere, per l’Italia.
Sua nonna la aspettava seduta su una comoda poltrona, accanto al camino.
“Benvenuta, cara!” la salutò. “Allora che tipo di accordo desideri propormi?” le domandò senza darle neanche il tempo di ricambiare il saluto.
La guardò stupita.
“Come sai che voglio proporti un accordo?” chiese di rimando, ancora sorpresa.
“Beh, devi sapere che c’è un motivo per cui ti ho ritirata da scuola ed è che tra pochi mesi, i tuoi poteri inizieranno a svilupparsi insieme alla tua magia e se fossi rimasta lì avresti molto probabilmente perso il controllo. D’altronde l’ho visto succedere e dovevo assolutamente impedirlo.” Disse a mo’ di spiegazione, lasciandola ancora più perplessa di prima.
“La nostra famiglia, la famiglia di tua madre, ha antiche discendenze elfiche, da lì il tuo nome, che hanno dotato quasi tutti i suoi membri di straordinarie capacità, anche per un mago.” Espose. “Così come tu sei empatica, io ho la capacità di vedere cose che potrebbero accadere. E questo tipo di poteri deve essere tenuto sotto controllo, se non si vuole finire controllati da loro.” Aggiunse.
“Quindi c’è la possibilità che io possa tornare a Hogwarts?” domandò cautamente, pensando alla possibilità di rivedere Tom.
“Potrebbe... ma tutto dipende da te. E dal tuo impegno! Se riuscirai a padroneggiare alla perfezione i tuoi poteri, ti prometto che potrai tornare a scuola e dal tuo amore...” giurò, facendola arrossire con l’ultima affermazione.
“Lui non è il mio amore...” ribatté.
“Non ancora, forse... ma lo sarà...” replicò l’anziana con un piccolo sorriso enigmatico.
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 - Tre anni dopo, quanti cambiamenti... ***
Capitolo
2
3
anni dopo
Il
professore di Pozioni era sempre fiero di come la sua allieva
prediletta
imparasse in fretta e trovasse sempre delle migliorie
intuitive da poter apportare alla pozione su cui lavorava per renderla
più
perfetta di quanto già non fosse.
Anche
quel giorno se ne andò soddisfatto, dicendo che oramai non
aveva
più niente da insegnarle, al massimo poteva accadere il
contrario.
Quella
frase fece molto piacere ad Estele, soprattutto perché la
sapeva
corrispondere esattamente a ciò che pensava e provava il suo
mentore.
Si
diresse da sua nonna per l’ultimo test, poi avrebbe saputo se
i tre
anni di studi e grandi sacrifici avessero dato i risultati sperati e le
sarebbe
stato concesso di tornare a scuola, dal suo Tom.
In
quegli anni, ogni volta che pensava di lasciar perdere, di non poter
reggere il ritmo forsennato delle sue giornate, si metteva a ripensare
a ciò
che aveva gridato a Tom, l’ultimo giorno in cui si erano
parlati. E ciò che,
ogni giorno, gli diceva tramite lo specchio.
Lui
non rispondeva mai, ma sapeva che ogni cosa detta allo specchio,
dopo aver detto l’incantesimo che attivava la connessione,
sarebbe arrivato
dall’altra parte sotto forma di biglietto.
“Ciao,
nonna.” Salutò entrando nel salotto dove era
arrivata quella
notte di inizio estate, tre anni fa.
“Buongiorno!
Vedo che il tuo professore è molto soddisfatto del tuo
rendimento e, come lui, anche gli altri. Pensa che il professore di
Trasfigurazione si dice convinto che passeresti anche diretta al sesto
anno...”
si complimentò, buttando lì la notizia che forse
sarebbe tornata a scuola per
frequentare lo stesso anno del suo... sua nonna non sbagliava mai, per
quanto
aveva avuto modo di capire... amore.
“Quindi
pensi che potrei dare i G.U.F.O. e frequentare il sesto
anno?”
domandò con il fiato sospeso.
“Non
ho detto questo, il tuo professore ne è convinto, ma
c’è ancora una
cosa che al nostro patto manca...” replicò,
sorseggiando lentamente una tazza
di tè, comodamente seduta sulla sua poltrona preferita.
“Sono
perfettamente in grado di controllarmi, adesso! Posso stare tra la
gente senza che nella mia testa esplodano i pensieri di tutti quelli
che mi
stanno attorno!” esclamò con convinzione.
“Vedremo...”
concesse sua nonna, “Andiamo, se anche tu dovessi
frequentare il sesto anno, devi prendere il materiale
necessario...” aggiunse,
alzandosi dalla poltrona.
Si
diressero a Diagon Alley e, poco prima di entrare, Estele
creò
attorno alla sua testa una barriera che filtrasse i pensieri della
gente e non glieli
facesse arrivare tutti in una volta. Poi si addentrarono nella calca.
Sua
nonna la portò a comprare i libri di scuola e alcune letture
personali, a prendere gli ingredienti per le pozioni e poi la
trascinò da
Madama McClan, dove le fece fare le divise per Hogwarts e
ordinò un paio di vestiti
eleganti, sostenendo che le sarebbero serviti.
La
giovane la guardò, scettica, ma senza fare obiezioni, ormai
abituata
al suo modo di fare da sibilla.
Presero
un gelato e si accomodarono in un posto un po’ riservato,
dove
sua nonna le fece i complimenti per essere riuscita a tenere tutti
fuori dalla
sua mente e, soprattutto, dal suo cuore.
“Ricorda
sempre che le emozioni sono quanto di più forte possa
esistere
al mondo!” esclamò, raccomandandole prudenza per
quando sarebbe tornata a
scuola.
“Nonna
non devi preoccuparti, andrà tutto bene! E poi hai detto tu
stessa che avrò l’aiuto del professor Silente, se
dovessi avere bisogno di
qualcosa.” Rispose, con un gran sorriso, finendo il suo
gelato alla crema.
Il
primo di settembre era finalmente arrivato e, come era successo il
suo primo giorno di scuola di quattro anni prima, si alzò
prestissimo,
ricontrollando di aver preso tutto il necessario e di essere pronta ad
affrontare il viaggio.
Sua
nonna aveva accettato di farle la richiesta di poter dare i G.U.F.O.
e li aveva passati tutti con il massimo, o quasi, dei voti.
Il
vicepreside Silente le aveva mandato le congratulazioni per essere
riuscita a passare gli esami e si diceva molto felice del suo ritorno a
scuola.
Prese
lo specchio e sussurrò, come ogni anno, un “Buon
primo giorno a
casa!” al suo Tom, consapevole di quanto fosse importante per
lui Hogwarts.
Aveva
pensato spesso al suo caro amico e si era resa conto che più
pensava a lui come ad un amico, più si accorgeva che non era
proprio amicizia
quella che sentiva per il moro Serpeverde. Avvertiva il cuore battere
fortissimo ogni volta che pensava a quando si sarebbero rincontrati e
quando temeva
che lui l’avrebbe cacciata, offeso per averlo lasciato solo,
lo sentiva avvolto
da una morsa dolorosa.
“Sei
pronta?” le domandò sua nonna, entrando nella sua
stanza, mentre
lei metteva a posto lo specchio dentro il baule.
Annuì,
un po’ spaventata.
L’anziana
donna sorrise, avvicinandosi con un ciondolo. Era una
malachite, una pietra verde con striature bianche e nere, che
simboleggiava la
forza, ma anche la protezione dai blocchi energetici.
“Grazie!”
le disse, quando gliela mise attorno al collo. “È
bellissima!”
“Riprende
un po’ i tuoi occhi... gli occhi di mia figlia... sono dello
stesso verde intenso!” mormorò con le lacrime agli
occhi, “Tuo padre la regalò
a tua madre quando si fidanzarono, ora è arrivato il momento
che la indossi
tu.” Rivelò, facendole spalancare gli occhi dalla
sorpresa.
Strinse
il ciondolo, poggiandolo contro il cuore, sorridendo nostalgica.
L’orologio
scoccò le nove e sua nonna si avvicinò al
giacchetto che
aveva preparato sul letto.
“È
ora che tu vada! Se non vuoi perdere il treno!” le sorrise,
porgendoglielo.
“Grazie
di tutto! Tornerò per le vacanze, se vuoi...” le
sussurrò,
abbracciandola forte, ignorando momentaneamente la giacchetta che
avrebbe
dovuto indossare.
“Non
ce ne è bisogno! Ora vai!” esclamò con
convinzione, staccandosi
dall’abbraccio e mettendole in mano la giacca e la borsa dove
aveva ciò che
avrebbe tenuto a portata di mano.
Un
piccolo elfo domestico prese il baule e attese l’ordine di
andare.
“Bene,
Myki, andiamo, o rischiamo di fare tardi!” disse, salutando
con
lo sguardo l’anziana signora che la guardava con le lacrime
agli occhi.
Le
lanciò un sorriso raggiante e, con una passaporta,
andò alla
stazione.
Sul
treno venne raggiunta dalle sue amiche, che la trascinarono in uno
scompartimento e la trattennero fino alla fine del viaggio, volendo
sapere ogni
cosa che le era accaduta dal giorno della partenza fino a quel momento,
nonostante
si fossero sentite in quegli anni di lontananza.
“Ok
ragazze, calme, va bene? Ci siamo sentite in questi anni, vi ho
raccontato quello che mi è successo...” disse,
cercando di svicolare.
“Ci
hai raccontato solo una parte degli eventi! Credi che non ci siamo
accorte che nascondevi qualcosa?” domandò
Jennifer, mentre Miranda, Lucy e
Annabel annuivano, guardandola intensamente.
Estele
sorrise, poi prese un respiro profondo e cercò di richiamare
i
propri ricordi, per poter raccontare alle sue amiche quel che le era
successo.
“Allora,
diciamo che, come vi ho detto, il primo mese è stato il
peggiore... non riuscivo a fare niente, neanche nello studio normale
avevo
buoni risultati. Quindi, mia nonna mi disse di mettermi
l’anima in pace e
lasciar perdere il mio obbiettivo...” cominciò,
sentendo nuovamente il dolore
provato quei primi giorni, l’odio che aveva provato per la
donna che la stava
facendo soffrire e la voleva segregare in una gabbia dorata, tenendola
lontana
dal mondo e, soprattutto, da Tom. “Poi le cose sono cambiate,
da quel giorno è
stato come se il mio cervello avesse cambiato marcia... sono sempre
stata molto
intelligente, ma non ero in grado di studiare tutto quello che mia
nonna voleva
imparassi... invece, riuscii a cambiare la situazione, mi portai, anzi,
avanti
con alcuni programmi, facendo pratica e avvantaggiandomi quando non
dovevo
seguire nessuna lezione... dopo quel periodo no, è andato
tutto come vi ho
raccontato...” finì, timorosa di dire che aveva
finalmente scoperto e ammesso i
suoi sentimenti per Tom.
“E
come hai fatto a mantenerti così in forma? Sei ancora
più bella di
quanto non fossi in quelle foto!” disse Annabel, guardando
con invidia e
ammirazione il suo fisico praticamente perfetto.
Alta
poco meno di un metro e settanta, slanciata e formosa. La maglia
azzurro chiaro aderente che indossava le faceva risaltare le curve
senza essere
volgare, mentre la minigonna e gli stivaletti bassi con qualche
centimetro di
tacco le slanciavano ancora di più le gambe.
“Adesso,
sicuramente avrai la scuola ai tuoi piedi! Sembri una
principessa, miss Demon!” scherzò Miranda.
Ridacchiò
alla battuta della sua amica, mentre pensava a cosa avrebbe
detto lui. Arrossì nel
pensare che
forse avrebbe potuto trovarla bella e, magari, anche qualcosa in
più.
“Ehi,
che ti prende?” le domandò Lucy, notando il suo
improvviso
rossore. Spalancò gli occhi, accorgendosi del suo stato.
“Si,
è vero! Sei tutta rossa… non ci sarà
forse qualcosa che non ci hai
detto, vero?” insinuò Miranda, rigirando il
coltello nella piaga e facendola
arrossire ancora di più.
“Ma
no che non c’è! Conoscete tutto di
me…” provò a dire, ma loro le
scoccarono delle occhiate molto eloquenti, che le fecero capire che
avevano
capito.
“Non
ti devi preoccupare, siamo tue amiche! Non ti abbandoniamo mica se
ci informi di qualcosa di oscuro e pericoloso!” disse
scherzosamente Annabel,
per cercare di tirarle su il morale.
“Ok,
allora… il mio segreto è che sono... sono
innamorata di Tom
Riddle...” disse un po’ tentennante, sorprendendo
tutte le altre, che la
guardarono con gli occhi di fuori.
“Tu
cosa? Ma credevo fosse solo un amico... e poi non lo
conosci!”
esclamò Miranda, scuotendo la testa con fare preoccupato,
facendo scappare
qualche capello dalla coda perfetta.
“Certo
che lo conosco!” ribatté Estele, tirandosi contro
lo schienale e
incrociando le braccia al petto per enfatizzare il concetto.
“No,
Mir ha ragione! Sono passati tre anni e lui non è
più come prima!
Succedono strani incidenti a chi lo fa arrabbiare o lo offende in
qualche modo
e nessuno sa come accada esattamente.” Aggiunse Lucy.
“Forse
dovresti prima capire se è ancora lo stesso Tom che hai
conosciuto tu, perché potrebbe rivelarsi molto
cambiato.” Le disse la rossa
Annabel, con sguardo timoroso.
Estele
sospirò, ma volle cercare di capire di cosa parlassero,
così si
concentrò per abbassare la barriera che teneva la sua mente
isolata e si
proiettò nei loro pensieri, provando a vedere dai loro
ricordi in che modo era
cambiato Tom.
Quando
vide la sua “corte”, formata tutta da serpi del suo
anno e di
quello di Tom stesso, come Abraxas Malfoy e i cugini Black, Cygnus e
Orion, che
lo idolatravano come se fosse un dio e lo osservavano ogni secondo in
cerca di
approvazione; rimase sorpresa, ma ricordò anche una
conversazione che aveva
origliato tra sua nonna e diversi ritratti di suoi antenati.
Flashback
“Se
dovessero tornare insieme sai anche tu cosa accadrebbe!”
stava
dicendo sua nonna.
Estele,
non capendo a chi si riferisse, decise di rimanere in ascolto.
“Non
puoi tenerli separati per sempre! Un giorno lui verrà a
prenderla e
tutte e due sappiamo che può finire in due soli modi: morte
o amore!” rispose
una voce femminile, facendo sospirare l’anziana donna.
“Non
hai altra scelta! Lascia andare la tua nipotina e il suo destino
potrebbe non essere segnato come credi!” aggiunse una voce
maschile.
La
piccola rimase sorpresa nel sentirsi nominare nel discorso. Stavano
parlando di lei. Ma non solo, parlavano di lei e Tom. Si
appoggiò con
l’orecchio alla porta per sentire meglio.
“È
mia nipote! Tutto quello che mi rimane di mia figlia! Della mia
famiglia! E non voglio rischiare di perderla, non per
quell’essere!” esclamò
con rabbia e disperazione insieme.
Però
quelle parole fecero arrabbiare la biondina: aveva insultato Tom e
voleva tenerla rinchiusa. Se davvero non voleva perderla, tenerla
segregata non
era il modo giusto.
Stava
per decidere di entrare e urlare contro la donna, ma si
fermò,
sentendo una voce maschile, baritonale e profonda, dire.
“Se
desideri tenerla al sicuro, questo non è il modo giusto per
farlo.
Mandala a scuola, fidati di lei. Non dovete prestare attenzione solo
alla parte
negativa della visione.” Fece, prima di chiamare Estele e
dirle di uscire allo
scoperto.
Sua
nonna la guardò entrare, rossa in viso, ma determinata e
fiera, come
sua madre.
“Da
quanto eri lì nascosta?” le domandò,
cercando di capire quanto
avesse sentito.
“Abbastanza.
Perché odi così tanto Tom? Non lo conosci
nemmeno!” ribatté
decisa.
“Forse
sei tu quella che non lo conosce. Lui non è
l’angelo che tu pensi
sia! E peggiorerà!” si intromise la donna che per
prima aveva sentito parlare.
“Voi
non sapete di cosa state parlando!” esclamò
Estele, battendo i
piedi a terra, cercando di fargli capire quel concetto che le sembrava
così
facile.
“Piccola
mia, vieni qui un momento. Voglio spiegarti perché diciamo
questo.” Le disse sua nonna, sorridendo triste e facendole
cenno di andare a
sedersi accanto a lei sul divanetto davanti al camino.
La
giovane, spostando la treccia bionda dietro le spalle, si
accomodò
sulla poltrona, rannicchiandosi sopra di essa, abbracciandosi le gambe
e
posando il mento sulle ginocchia.
Elisabeth
sospirò, le sembrava di essere tornata indietro nel tempo e
di
avere a che fare di nuovo con sua figlia.
“Diversi
anni prima della tua nascita, un’amica di famiglia disse a
Isabel che qualcuno le avrebbe portato via sua figlia. Lei allora
cercò di
scoprire esattamente cosa sarebbe accaduto, decidendo di consultare un
veggente
che fosse in grado di darle informazioni più precise. Dopo
aver conosciuto tuo
padre, trovarono insieme la persona giusta.”
Spiegò, attirando l’attenzione
totale della ragazza, che ora la guardava con gli occhioni verdi
spalancati.
I
quadri ridacchiarono, rivedendo in lei la madre, che quando ascoltava
qualcosa che le piaceva o la interessava non c’era modo di
distrarla.
“Quell’uomo
era stato, come tuo padre, fedele seguace di Grindelwald e
si era tirato indietro per aver visto la disfatta del suo signore.
L’aveva
avvertito che sarebbe stato sconfitto dalla persona a lui
più cara e lui lo
cacciò via, minacciandolo di morte. Lui spiegò ai
tuoi genitori quale sarebbe
stata la loro vita insieme e poi aggiunse: “la magia oscura
sarà sempre parte
della vostra famiglia”. Loro non credo avessero capito
esattamente cosa
volessero dire quelle parole. Solo quando tu iniziasti a manifestare i
tuoi
poteri, tua madre cominciò a capire cosa volesse
dire...” continuò il racconto.
“Perché,
lui cosa intendeva? Cosa hanno i miei poteri di tanto
strano?”
si intromise, cercando di comprendere.
“Il
poter entrare nelle emozioni altrui è un potere molto raro e
pericoloso. Potresti far si che tutti facciano quello che desideri e io
non
voglio che il tuo amico ti usi per i tuoi poteri. Ho avuto una visione
riguardo
a voi due e le possibilità sono due. O io ti lascio tornare
a scuola, con il
rischio che lui utilizzi i tuoi poteri per i suoi scopi, sfruttando il
tuo
attaccamento per lui; oppure ti impedisco di andare e lui, finita la
scuola...”
disse, bloccandosi e pensando, senza accorgersi che Estele era
così concentrata
su di lei che l’avrebbe sentita comunque. – E dopo
essersi macchiato di
numerosi crimini... uccidere quella povera ragazza, la sua famiglia...
verrà ad
uccidere anche te... o a renderti il suo burattino – la
piccola sgranò gli
occhi inorridita.
Vedendo
quella reazione, l’anziana strega comprese che aveva sentito
i
suoi pensieri.
“So
che è spaventoso e inconcepibile ai tuoi occhi, ma purtroppo
è ciò
che ho visto.” Aggiunse, incrociando le mani davanti al petto.
“Non
credo a quello che hai visto, perché farò in modo
che non accada!”
esclamò l’altra con convinzione. “Io so
che lui non è cattivo e posso evitare
che compia quelle azioni, ma tu devi lasciarmi andare!”
La
nonna sospirò.
“Sapevo
che avresti detto questo. Sei tale e quale a tua madre!”
disse,
sconfitta. “Anche lei avrebbe fatto di tutto pur di salvare
il suo amore.”
Fine
flashback
Tornò
alla realtà e rimase un secondo in silenzio, mentre le altre
aspettavano una sua risposta e pregavano fosse in linea con quello che
le
avevano rivelato.
“Proverò
a parlarci, anche se dovesse essere cambiato, sono certa che
dentro di sé non è così.”
Disse sicura, facendo sospirare le sue amiche che
comunque sorrisero, accettando la risposta.
“Fai
come vuoi. Ma adesso dobbiamo cambiarci, prima di arrivare a
scuola.” Suggerì Annabel.
Si
cambiarono e ricominciarono a parlare del più e del meno
fino
all’arrivo. In stazione non riuscì a vederlo, ma
non si perse d’animo, certa
che lo avrebbe visto a cena.
Giunti
in Sala Grande, si sedettero vicine e si ritrovarono ad avere
tutti gli occhi puntati addosso.
“Ma
cosa hanno da fissare tutti?” domandò Miranda
scocciata.
“Ah,
chi non muore si rivede! Che c’è gli insegnanti
privati non ti
sopportavano più e ti hanno fatto ritornare a scuola? O
è stata tua nonna?” la
accolse la voce acida di Walburga Black, che si andava a sedere accanto
a Tom,
mentre rideva stridula.
Tutti
quanti la guardarono, mentre i Serpeverde della
“corte” di Riddle
ridevano insieme alla mora.
Sbuffò,
ignorandoli.
Le
sue amiche li guardarono male, poi intavolarono una discussione su
quello che si era persa a scuola e non erano sicure di avergliene
parlato,
facendo intervenire anche altri studenti del loro anno che, nonostante
l’astio
della Black, le volevano rivolgere la parola.
Parlarono
durante la cena, ridendo e scherzando, finché il prefessor
Lumacorno non le disse che il vice preside aveva piacere di parlarle
prima di
andare a lezione, la mattina seguente.
Annuì,
con un sorriso in direzione del professore, poi si alzò per
andare in dormitorio.
“Aspetta,
veniamo anche noi!” disse Lucy, facendo segno alle altre di
sbrigarsi, ma lei scosse la testa.
“Fate
con calma, ci rivediamo in Dormitorio.” Disse Estele,
avviandosi
senza prestare molta attenzione a ciò che le accadeva
intorno.
Almeno
fin quando qualcuno non le prese un polso e la trascinò
dentro un
aula vuota.
“Ehi,
ma che vuoi?” si lamentò, massaggiandosi la parte
lesa.
“Sei
tornata. Perché?” domandò la persona
che l’aveva sequestrata
rivelando la sua identità.
“Tom?
Che vuol dire perché sono tornata? Non volevo neanche
partire.
Avrei preferito rimanere con...” si alterò lei,
chiedendosi come potesse non
capire.
“Te
ne sei andata! Prima della fine di scuola! Sei andata dalla tua cara
nonnina!” le sputò addosso con odio.
Al
sentire e vedere nei suoi occhi tutto quell’odio e quella
rabbia a
Estele vennero le lacrime agli occhi.
Tirò
fuori una busta bianca e la consegnò a Tom, che rimase
interdetto
per qualche secondo.
“Che
cosa c’è dentro?” chiese, prendendola e
aprendola, tirando fuori un
fascicolo.
“La
tua famiglia!” sussurrò lei, giocando con una
ciocca di capelli
biondi.
A
quelle parole lui spalancò gli occhi, guardandola come se la
vedesse
per la prima volta.
“Come...
come hai fatto? Ho cercato dovunque e non ho trovato niente!”
disse sconvolto. Abbassò lo sguardo sui documenti, sgranando
gli occhi nel
leggere ciò che vi era scritto. ”Mia... mia
madre... lei era una strega! Ed era
addirittura così debole da morire! Da lasciarmi solo dopo
avermi dato il nome
di quel babbano di mio padre! L’ha abbandonata!
L’ha lasciata morire in uno
squallido orfanatrofio!” gridò, sconvolto e
arrabbiato per la notizia.
“Tom!
Calmati! Ti prego! Non devi condannarli così senza neanche
incontrarli!” provò a dire Estele, aggrappandosi
al suo braccio.
“Non
mi leggere i pensieri! Sta fuori da questa storia!” le disse,
allontanandola bruscamente.
La
giovane degli occhi verdi lo guardò senza vederlo per
qualche attimo,
prima di lasciarsi cadere a terra, immersa in un mondo che non le
apparteneva e
che la teneva bloccata, incapace di fare qualunque cosa.
-Stai
qui, là fuori nessuno ti capisce, ma noi si! Non te ne
andare!-
Tom
non si accorse subito di cosa stava accadendo, ancora troppo
accecato dalla rabbia, perciò quando Nagini gli
strusciò lungo la gamba il suo
primo impulso fu quello di allontanarla, prima di accorgersi che
c’era qualcosa
di strano.
Si
girò verso Estele, che sedeva in terra, con la schiena
poggiata
contro le gambe di uno dei banchi e teneva le mani ai lati del corpo e
guardava
fisso un punto con occhi vacui, la testa leggermente china da un lato
come
fosse una marionetta senza fili.
La si
avvicinò e la scosse, tenendole per le spalle.
“Demon!
Demon! Svegliati!” la chiamò, ma l’unica
reazione che ottenne
furono delle lacrime, che silenziose e brucianti caddero dalle giade
nei suoi
occhi.
Tom
spalancò gli occhi ossidiana, pieni di preoccupazione per la
sua
piccola Estele, la sua principessina.
“Ehi,
principessa? Ti prego rispondimi! Principessina!” disse
abbracciandola e carezzandole dolcemente i capelli.
Dal
buio ovattato in cui si trovava, la giovane Serpeverde
avvertì il
calore dell’abbraccio dell’altro e il calore
emanato dalle sue emozioni, la
preoccupazione, la paura, l’affetto. Prese un respiro
profondo per uscire dal
bozzolo e ricambiare la stretta.
“Sono
qui! Sono tornata!” sussurrò, mentre lui
continuava a chiamarla.
“Scusami,
principessa. Non avrei dovuto, ma…”
Mormorò con un filo di
voce, carezzandole i capelli.
“Tranquillo,
è tutto a posto! Adesso sono qui e non ho intenzione di
andarmene tanto presto! Non ti lascerò più! Mi ha
solo colpito l’intensità
della tua rabbia...” promise, tenendolo ancora più
vicino a sé.
Il
giovane moro posò un bacio sul capo biondo, allontanandola
con
riluttanza.
Estele
sospirò, consapevole che avrebbe ricominciato ad urlare
entro
poco, o comunque, avrebbe continuato a sputare insulti ai suoi
genitori,
soprattutto a suo padre.
“Tom...
senti, so che è un colpo apprendere tutto questo, ma vorrei
tu
pensassi ad una cosa...” fece, tenendo su di sé
l’attenzione del giovane. “Non
correre a conclusioni affrettate, so che quello che tuo padre ha fatto
è
imperdonabile, ma vorrei che tu provassi a parlarci. Se non con lui,
almeno con
i tuoi nonni.”
“Ci
penserò!” disse, spostando lo sguardo.
-Non
posso perdonarlo!-
“Tom!
Non mentire con me, almeno tu!” lo riprese, ripetendo le
parole
del loro primo incontro.
-Temo
sia la forza dell’abitudine! Non posso essere sincero con
nessuno,
non più. Nessuno ne è degno!- pensò,
con divertita amarezza.
“Ok,
come vuoi. Ci vediamo a lezione, Tom. Sappi solo una cosa. Io non
ti abbandonerò! Per me sei ancora il mio migliore
amico” affermò prima di
uscire dall’aula, lasciando Riddle a terra a osservarla andar
via, anche se
stavolta sapeva esattamente dove trovarla.
Estele
si chiuse dietro le tende del baldacchino, lasciando che le
lacrime che tratteneva da quando era entrata in quella classe cadessero
dai
suoi occhi come un fiume in piena.
Le
parole di Tom e le sue reazioni avevano confermato quello che sia le
sue amiche, sia sua nonna le avevano detto di lui.
Iniziavano
a temere di essere stata troppo presuntuosa nel dire che
l’avrebbe salvato, nell’essere convinta che avrebbe
potuto aiutarlo a non
cadere nel baratro dove si stava dirigendo. Sperava che con lei si
sarebbe
comportato diversamente, visto che, come aveva detto lui stesso, era la
sua
unica amica ma forse si sentiva ancora tradito del fatto che aveva
deciso di
andare con sua
nonna, senza fare troppi
reclami.
Prese
lo specchio e sussurrò quasi senza voce.
“Ti
amo, Tom! Perché ti comporti così?
Perché devi farmi soffrire così?”
non pensando che lui poteva essere in ascolto, dall’altra
parte, quasi in
attesa che lei dicesse qualcosa.
Aveva
imparato da tempo che evitando di aprirlo aveva più
possibilità di
tenere con sé i biglietti che quel ciondolo creava per
passare il messaggio.
Tuttavia
quella sera se ne rimase in attesa che lei dicesse qualcosa,
qualunque cosa, anche che adesso lo odiava, purché si
facesse sentire.
Ma di
certo non si aspettava di udire quelle parole.
Lui
non poteva essere amato!
Era
un essere senza emozioni, non poteva venire amato, non da un angelo
come lei.
Chiuse
gli occhi, stringendo il ciondolo al petto e cercando di non
pensare al fatto che, al sentire quelle parole, il suo cuore aveva
cominciato a
battere velocissimo e la sua mente non riusciva ad immaginare
nient’altro che
lei, come era cambiata e come era quando l’aveva conosciuta.
Era
diventata ancora più bella, se non avesse visto i suoi
occhi,
guardarlo come facevano sempre, avrebbe pensato fosse una dea
incarnata. Non
poteva essere lei. Ma poi, quegli occhi, che lo scrutavano dentro,
così come
faceva lui con coloro che voleva manipolare.
Quelle
pietre preziose che lo fissavano limpidi, fiduciosi e pieni
d’amo...
Spalancò
gli occhi improvvisamente, realizzando che lei l’aveva sempre
guardato così, allora da quanto era innamorata di lui, la
sua piccola
principessa? Perché non glielo aveva mai detto?
Perché allora, se lo amava, lo
avrebbe lasciato solo?
Teneva
ancora il ciondolo aperto e continuava a pensare a lei, alle
tante domande che non potevano avere risposta, a meno che lei non
avesse deciso
di rispondere.
“Perché
mi hai lasciato solo se mi amavi?” chiese al vento, sperando
di
avere una risposta o un segnale.
Estele
spalancò gli occhi nel sentire quella voce, sussurrare
quelle
parole con quel tono così disperato e arrabbiato insieme.
Aprì la bocca per
rispondere, ma poi ci ripensò. Anche se desiderava
ardentemente che lui
tornasse ad essere il suo Tom, non riusciva a trovare il coraggio di
dire
qualcosa, poté solo posare lo specchio e coprirlo con un
panno di seta.
Si
strinse nelle spalle, lasciando che la sua mente raggiungesse quella
del ragazzo, senza che lui se ne rendesse conto. Poi cercò
di entrare nella sua
mente, trovandolo addormentato, perso nei ricordi.
Si
sorprese di vedere che stava sognando tutti momenti in cui erano
insieme e ridevano, o meglio, lei rideva e lui al massimo stirava le
labbra in
un sorriso.
Si
lasciò cullare dai suoi ricordi per poter riposare in un
sonno
tranquillo.
°°°
Si
svegliò la mattina dopo sentendo suonare la sveglia e
ricordandosi
che doveva incontrare il vicepreside.
Si
preparò velocemente, per poter fare anche una chiacchierata
con
qualche compagno di casa.
Salì
in Sala Grande, trovando il professor Silente che usciva.
“Buongiorno,
Professore!” disse la giovane, portandosi una ciocca dietro
l’orecchio.
“Buongiorno,
signorina Demon! Venga con me, ancora non ha fatto
colazione, giusto?” la salutò il mago gioviale,
avviandosi verso il suo
ufficio.
Lì,
la invitò a sedersi e le offrì qualcosa per fare
colazione.
“Un
po’ di the? O caffè?”
“Del
caffè va benissimo, grazie!” rispose con un
sorriso, accettando la
tazza che le porgeva il professore di Trasfigurazione.
“Gradisce
anche un biscotto o qualcos’altro?” chiese,
ricevendo un cenno
del capo.
“Un
biscotto, grazie mille.” Dopo aver trascorso qualche momento
in
silenzio, il professore posò la sua tazza e
incrociò le mani, portandole
davanti al viso.
“Allora,
sua nonna mi ha mandato tutti i documenti e i risultati dei
suoi G.U.F.O., devo ammettere che sono rimasto molto
sorpreso!” esclamò.
“Già...
mi sono impegnata molto per raggiungere il mio obbiettivo!”
spiegò con decisione.
“Si,
ho visto! Ma vorrei sapere una cosa, come ha reagito Tom
vedendola?” domandò indagatore. Al sentire quelle
parole, Estele si irrigidì.
“Cosa
vuole sapere esattamente? Non abbiamo ancora parlato!” disse,
fingendosi indifferente, prendendo un altro biscotto.
“Oh,
davvero? Avrei giurato di averlo visto uscire poco dopo di lei,
ieri sera a cena, ma probabilmente mi sbaglio.”
Suggerì.
“Posso
sapere dove vuole arrivare?” chiese diretta, non riuscendo a
comprendere cosa volesse esattamente.
“Voglio
evitare, come lei, signorina Demon, che il signor Riddle prenda
una strada sbagliata.” rispose passando una mano sulla barba
rossiccia.
Il
modo in cui disse quella frase le mise i brividi. Non era stato
minaccioso o simile, ma le aveva fatto venire in mente
l’assurda idea che il
professore potesse fare del male a Tom.
“Non
so di cosa stia parlando, professore, ma devo proprio andare, le
lezioni inizieranno presto e non voglio arrivare tardi il primo
giorno.” Disse,
alzandosi e salutando velocemente il vicepreside.
Prese
un respiro profondo quando fu sufficientemente lontana
dall’ufficio poi si avviò a passo svelto verso la
classe di Pozioni Avanzate.
Arrivò
per prima e si sedette al primo banco, tirando fuori il libro di
Pozioni e cominciando a leggerlo.
Stava
modificando le procedure di una pozione, quando le si parò
davanti
una persona. La ignorò, continuando a concentrare tutta la
sua attenzione a
quello che stava facendo.
“Ehi,
mocciosa? Tu non sei in questa classe. Perché non te ne vai
dalle
tue amichette?” domandò con la sua solita
gentilezza Walburga Black, mentre le
spintonava una spalla, rischiando di farla sbagliare a scrivere.
“Veramente
sono nel posto giusto. Ho già dato i G.U.F.O., per cui non
c’è alcun motivo per cui dovrei ripetere
l’anno!” rispose, pacata e tranquilla,
mentre pregava che il professore arrivasse presto e la costringesse
almeno a
fare finta di non assillarla.
Walburga
aprì la bocca per ribattere, ma la richiuse subito,
intercettando un’occhiataccia che Tom le stava lanciando,
sedendosi accanto a
Estele.
“Buongiorno
Tom!” gli disse con un sorriso triste, tornando a correggere
la procedure della pozione.
“Demon!
Anche se ha passato i G.U.F.O., non ho intenzione di far
abbassare la mia media o di lavorare per entrambi,
quest’anno, è chiaro? Perciò
se desideri rimanere qui, sarà meglio che tu sia in grado di
fare quello che
devi!” mise in chiaro, facendola arrossire per la rabbia, ma
non gli diede
spago.
“Se
sono passata e mi hanno permesso di passare avanti di un anno
sarà
perché ha le capacità, non credi? E se temi per
la tua media, sarò ben felice
di togliermi di torno, visto che sembri non sopportare la mia
presenza.” Disse
solo, prendendo le sue cose e alzandosi.
“No!
Puoi restare. Non mi dai fastidio!” la fermò lui
immediatamente,
afferrandola per un polso.
“Benissimo!
E sta tranquillo, se sono potuta passare avanti è solo
perché ho le capacità!” mise in chiaro,
strattonando appena il polso che
l’altro teneva ancora imprigionato.
In
quel momento entrò il professor Lumacorno, che appena la
vide, la
riempì di complimenti per aver passato i G.U.F.O. con
così grande bravura.
Poi
si rivolse a Tom.
“Beh,
signor Riddle, quest’anno avrà una degna rivale!
Dovrà impegnarsi
parecchio per mantenere la sua posizione di primo della
classe.” Scherzò il
professore, prima di iniziare la lezione.
Testò
le conoscenze della classe, assegnando 30 punti a Serpeverde,
grazie a Estele e Tom, che sembravano conoscere tutte le risposte. Poco
prima
della fine della lezione, Tom le si avvicinò per poterle
parlare senza essere
sentito, né dall’insegnante, né da uno
studente.
“Mi
dispiace per ieri! Possiamo continuare a parlare. Farò in
modo che
non ti infastidiscano più!” disse, sorprendendola.
“Non
preoccuparti! So difendermi e il tuo comportamento l’ho
già
perdonato; ho capito che forse mi ero sbagliata. Io non posso
salvarti!”
rispose, cupa, finendo la pozione e sistemando le sue cose per andare
alla
prossima lezione.
Si
allontanò da lui e, mentre lei era ancora a portata
d’orecchio, Abraxas
Malfoy, Orion Black e Marcus Avery si avvicinarono al moro Serpeverde,
per
chiedergli se voleva che le fosse data una lezione.
Lui
scosse la testa, dicendo che ci avrebbe pensato da solo a rimettere
la signorina al suo posto.
Nei
giorni seguenti lei gli parlò solo quando non poteva farne a
meno,
stando con le sue amiche tutto il tempo e iniziando a stare anche con
alcuni
membri dei Cavalieri di Walpurga, che la trovavano un soggetto
interessante.
Tom
si sentì come se fosse tornato al secondo anno, in cui tutto
il suo
mondo girava attorno a lei e non poteva fare a meno di seguire la sua
figura
ogni volta che passava.
Voleva
parlarle, ma non credeva di poter reggere alla sua freddezza. Per
evitare di pensare a lei, si gettò a capofitto nelle
ricerche per trovare la
famosa Camera dei Segreti, dove poteva entrare solo l’Erede
di Salazar
Serpeverde. E grazie ai documenti
che
gli aveva fornito, aveva scoperto che i Gaunt, la famiglia di sua
madre, erano
discendenti diretti del fondatore verde argento.
Di
conseguenza, lui era l’Erede di Serpeverde.
Per
questo parlava con i serpenti, per questo capiva il loro linguaggio.
Era
un rettilofono come il fondatore della sua casa.
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 - La Camera Dei Segreti ***
Capitolo
3
Estele
stava parlando con Miranda e Annabel di come fossero le lezioni
del sesto anno e le ragazze ad un certo punto le chiesero come stesse
andando
con Riddle.
“Abbiamo
notato che non parli molto con lui...”
disse la rossa, mentre l’altra annuiva.
La
bionda le guardò qualche secondo, prima di prendere un
respiro
tremante.
“È
tornato come quando l’ho conosciuto all’inizio.
Solo che adesso non
posso agire come ho fatto all’orfanatrofio. Sto cercando di
capire come comportarmi
con lui.” Spiegò.
“Sai,
credo che questo tuo comportamento si stia rivelando giusto,
perché l’ho visto spesso fissarti con aria
nostalgica o addirittura
malinconica! Forse avevi ragione tu! E lui ci tiene davvero a
te!” riferì
Miranda.
“Può
darsi, ma se davvero desidera parlarmi dovrebbe provarci, invece di
rimanere a guardare!” esclamò, a metà
tra lo stizzito e il lusingato.
Proprio
in quel momento, Tom passò loro accanto, lanciandole
un’occhiata
così intensa che per poco non ci rimase secca. Comunque, lo
sfidò con lo
sguardo, sollevando leggermente il mento, senza mostrare tutta
l’emozione che
provava in quell’attimo di eternità.
Una
volta che si fu allontanato, il suo cuore ricominciò a
battere
normalmente, mentre le sue amiche la guardavano incredibilmente
preoccupate.
“Si
può sapere che cosa vi prende? Non è mica morto
qualcuno sotto i
vostri occhi! Smettetela di guardarmi come se stesse per succedermi
qualcosa di
orribile!” fece Estele, spaventata da quegli sguardi.
“Tu...
tu hai sfidato Riddle! In pieno corridoio! Davanti ad alcuni
della sua cricca! Ora se vorrà la tua testa sarà
il minimo! È pericoloso,
Estele. Non puoi comportarti
così con
lui!” sussurrò concitata la moretta, trascinando
l’amica verso il Dormitorio di
Serpeverde.
“È
così! Gli basterà schioccare le dita per far
agire uno dei suoi
scagnozzi e ti assicuro che non a tutti piace usare la magia per fare
del male,
alcuni di loro preferiscono la forza bruta.” Aggiunse Annabel.
Passarono
davanti all’aula di Pozioni da cui uscì una figura
enorme che,
vista la velocità con cui la stavano trascinando, non
riuscì ad evitare.
Gli
finì addosso e una manona la afferrò per un
braccio, evitandole una
brutta caduta.
“Oddio,
scusami!” disse, Estele, riacquistando l’equilibrio.
“Oh...
nulla! Io sto bene! Tu...?” rispose la figura, con una voce
bassa
e profonda, molto preoccupata.
“Ehi
mezzogigante, vedi di andartene!” disse Miranda, con tono
acido.
Lui
abbassò lo sguardo, imbarazzato, mentre le ragazze passavano.
“Non
sei stata molto carina con lui!” esclamò la
bionda, sistemandosi i
capelli in una treccia.
“Non
c’è bisogno di essere gentili con lui,
è un Grifondoro!” disse
Annabel.
“Non
è un buon motivo per comportarsi come Walburga
Black!” le
rimproverò, uscendo con la borsa con i libri e
l’occorrente per studiare.
“Dove
vai? Non dovresti restare da sola!” cercarono di fermarla,
proprio
in quel momento entrava Lucy, insieme ad un’altra ragazza del
quinto anno.
“Ciao,
piccola Demon!” la salutò Jennifer Smitherson.
“Oh,
ciao! Come va?” le domandò, con un sorriso.
“A
me tutto bene. Invece ho sentito di sotto che tu stai facendo
arrabbiare il Prefetto!” fece, sollevando un sopracciglio.
“Eh,
già! È il mio nuovo hobby! Comunque io stavo
andando a studiare un
po’, ti va di venire con me?” chiese, allargando il
sorriso.
“Certo!”
accettò, ricambiando con un ghigno sfrontato, salutando le
altre, che si guardarono un po’ timorose per la loro amica.
Estele
camminò con sicurezza nel Dormitorio, pur sentendo gli
sguardi
perforanti di alcuni dei Serpeverde attorno a Tom.
“Lord,
desideri che la rimetta a posto?” domandò Avery
sfregandosi le
mani, pronto a farle del male.
“No,
non ce né bisogno. Le parlerò io.” Fece
l’interpellato con voce
annoiata.
Le
due ragazze si sistemarono nel parco, dove le giornate ancora miti
permettevano agli studenti di restare all’aria aperta senza
soffrire troppo il
freddo.
Estele
tirò fuori dei libri di Astronomia, per poter scrivere la
relazione sulla particolare convergenza di stelle che avevano disegnato
la
notte prima.
Il
compito non era difficile, ma Jennifer si divertì un mondo a
vederla
combattere con i nomi dei pianeti e delle stelle e i gradi di
osservazione di
ognuno.
Poco
prima che potesse iniziare a stilare la relazione in modo
più
ordinato e completo, Tom andò loro vicino, guardando fisso
Estele.
“Ti
devo parlare” disse. “In privato!”
aggiunse, lanciando un’occhiata
alla Serpeverde con lei.
“Non
mi pare abbiamo qualcosa da dirci, Tom. Ora scusami ma devo finire
questo compito!” gli rispose lei, posando appena gli occhi su
di lui.
“Io
invece ritengo che abbiamo molto da dirci! Smitherson? Lasciaci
soli!” fece, rivolgendosi direttamente alla sua amica castano
scura.
La
bionda spalancò gli occhi e la guardò, vedendola
indecisa con gli
occhi puntati nella sua direzione. Annuì, non volendo che
anche lei si mettesse
contro Tom, dato che non era sicura che avrebbe avuto lo stesso
riguardo
mostrato con lei.
“Bene,
finalmente soli! Sai la tua impertinenza sta iniziando a darmi
sui nervi! Non ne posso più di sentire i
miei…” disse il ragazzo, iniziando ad
alterarsi.
“I
tuoi seguaci che non vedono l’ora di farmi la
festa?” domandò
retorica, interrompendolo e risistemando i libri e alzandosi per
fronteggiarlo
quasi alla pari, peccato che, rispetto al suo metro e sessanta, lui
fosse alto
quasi venti centimetri in più e continuasse a guardarla
dall’alto in basso.
“Comunque,
sappi che non mi interessa! Non ho nessuna intenzione di
leccarti le scarpe come fanno loro!” aggiunse, facendo
spalancare gli occhi
d’ossidiana per pochi istanti, prima che si stringessero in
due fessure rosso
scarlatto, che la spaventarono leggermente.
“Non
mi devi parlare così! Non puoi farlo! Hai capito?
È pericoloso
mettersi contro di me! E io non voglio farti del male!” fece,
con voce bassa e
appena sibilante, colma di rabbia trattenuta a stento, prendendola per
le
spalle e bloccandola contro un albero vicino, abbassando la testa e il
tono nel
dire l’ultima frase.
Gli
smeraldi che Estele aveva per occhi, all’inizio sgranati per
lo
spavento, si addolcirono, fecendole scappare un sorriso.
“Tom!
Io lo so che tu non vuoi farmi del male, ma non puoi chiedermi di
abbassare la testa! Perché ti amo e perché,
nonostante tutto, voglio salvarti,
non importa a quale prezzo!” lo informò,
sentendolo trattenere il fiato quando
la parola “amore” lasciò le sue labbra.
“Non
dovresti provare questo per me, tuttavia sono egoisticamente felice
di ciò!” mormorò, in modo che solo lei,
che era così vicina, potesse sentirlo,
tenendo il capo abbassato quasi a toccare la fronte di Estele.
Lei
fece un mezzo sorriso e si avviò verso il castello, per
poter
terminare quel compito e tornare dalle sue amiche, sicuramente
preoccupatissime.
“Demon!
Vieni domani sera alla nove davanti all’entrata del
Dormitorio.”
Le diede appuntamento, utilizzando il tono che di solito usava per
abbindolare
le persone, comunque lei decise di sollevare una mano, salutandolo, per
fargli
capire che aveva sentito.
°°°
La
sera dopo, alle nove e dieci, arrivòz davanti la porta
d’accesso al
Dormitorio e trovò Tom già ad aspettarla.
“Sei
in ritardo!” fu la prima cosa che le disse.
“Scusami,
ma ho avuto un contrattempo, non mi sono riuscita a liberare
prima!” si giustificò, ridendo.
Lui
scosse la testa, sbuffando scocciato, guardandola un secondo con un
sopracciglio alzato; solo lei poteva avere impegni di
venerdì sera che non
riguardassero giri per il castello insieme ad un amico.
“Andiamo,
visto che sembri avere tante informazioni, potresti essermi
utile.” Fece, guardandola dritta negli occhi.
“Che
cosa vuoi fare?” chiese, seguendolo mentre si dirigevano
verso il
secondo piano.
“Trovare
la Camera dei Segreti! E tu mi aiuterai!” esclamò
con ovvietà
lui.
“Ma
io non ho idea di dove si trovi!” si lamentò la
ragazza.
“Infatti,
ho trovato il posto dove credo ci sia l’entrata della Camera,
ma voglio che tu sia con me!” spiegò lui, senza
guardarla.
Arrivarono
nel bagno delle ragazze e Estele domandò.
“Sei
certo che non arriverà nessuno? Questo è un bagno
delle donne!” lui
annuì, prima di mettersi a cercare qualcosa che potesse far
pensare ad un
collegamento con Salazar Serpeverde e la giovane fece lo stesso.
Avevano
controllato praticamente tutto, finché Estele non
cercò di
aprire un rubinetto per lavare le mani sporche di polvere e non sapeva
quale
altra sporcizia, solo che non usciva acqua. Insospettita,
iniziò a esaminare il
rubinetto, ma quello dopo poco cominciò a lasciar scorrere
l’acqua fresca.
Tuttavia la giovane si era ormai dimenticata di volersi ripulire le
mani e
controllò i rubinetti fino a trovarne uno con un serpente in
rilievo.
“Tom!
Forse ho trovato l’entrata!” lo chiamò
entusiasta, mentre
lui esaminava il muro.
“Davvero?”
chiese, avvicinandosi.
“Si,
guarda: questo rubinetto non funziona e c’è inciso
un serpente!”
gli mostrò, piena di entusiasmo.
“Allora
proviamo!” mormorò Tom, prima di dire
“Apriti” al passaggio in
serpentese, non sapendo che anche lei lo parlava.
I
rubinetti iniziarono a spostarsi, allargandosi e quello segnato dal
serpente sparì sotto il pavimento, lasciando così
aperto il passaggio circolare
che conduceva nella Camera dei Segreti.
“Vado
per primo!” esclamò Tom, sedendosi sul bordo del
tunnel oscuro,
dandosi una spinta per scivolare giù.
Estele
lo guardò svanire nell’oscurità e
attese qualche minuto prima di
fare lo stesso. Chiuse gli occhi, non avendo desiderio di vedere
qualunque cosa
ci fosse lì sotto e attese per quella che le
sembrò una vita che il tunnel
terminasse. Cadendo su un ammasso di ossa e melma, pensò che
avrebbe preferito
continuare a scivolare.
“Stai
bene?” le domandò Tom, aggiustandosi la divisa.
“Si,
si. Ma che schifo!” rispose, accettando la mano che le
porgeva per
potersi rialzare.
Poi
si guardarono, per assicurarsi personalmente che l’altro
stesse bene
e partono alla scoperta di quei sotterranei, seguendo il tunnel
più grande.
Li
portò in una grande sala, cupa e umida. Esattamente davanti
al
cunicolo da cui arrivavano loro c’era la statua della testa
di Salazar Serpeverde,
che incuteva gran timore ai due ragazzi.
Iniziarono
a guardarsi attorno leggermente in soggezione, cercando di
capire dove potesse trovarsi il Basilisco o qualsiasi creatura avesse
lasciato lì
sotto il fondatore della loro casa.
“Comunque
oggi, se non fossi venuto io a parlarti, l’avrebbe fatto
Kircke…” buttò lì Tom
all’improvviso.
Estele
si girò a guardarlo, capendo cosa volesse dire con quella
frase.
“E
allora? E poi non mi ricordo neanche di questo Kircke!”
rispose
indifferente, continuando ad esplorare.
“Davvero
non ti ricordi il Tassorosso che hai quasi fatto bocciare al
tuo primo anno?” le domandò indagatore.
“Ah,
è lui? Ho avuto altro a cui pensare da allora,
perciò mi perdonerai
se l’ho dimenticato, comunque ora che mi ci fai pensare, mi
ricordo di aver
visto un Tassorosso venire verso di noi, prima che tu piombassi come un
predatore. Ed era anche carino.” Ribatté.
Lui
sbuffò borbottando in serpentese.
“La prosssssima volta ti faccio
parlare con lui, visssssto che ti piace cossssì tanto!”
lei si arrabbiò e
lo riprese nella stessa lingua.
“Ti asssssicuro che sssse
avessssssi qualche interesssssse per quel dannato tassssssso te ne
sssaresti
accorto da tempo!” lui si girò a
guardarla con tanto d’occhi.
“Tu parli la lingua dei
ssserpenti?” chiese sibilando sconcertato.
“Sssi! L’ho sssempre sssaputa
parlare e non te l’ho mai detto perché avevo
giurato che non l’avrei usssata
davanti ad altre persssone! E in quel momento non era importante!”
“Come non era importante? Ero
convinto di essssssere l’unico rettilofono a ssscuola!”
si arrabbiò.
“E lo eri! Sssono mancata tre
anni, ricordi?” ribatté a tono la
giovane, togliendosi dal viso dei ciuffi
sfuggiti alla crocchia.
Lui
strinse gli occhi in due fessure, poi il rumore di una pietra che
cadeva li spaventò, facendoli girare verso quella che
credevano essere la
fonte, visto l’eco che rendeva impossibile capire dove fosse
esattamente.
La
sagoma squamosa di un grosso serpente li lasciò senza
parlare si
spostarono al centro della sala, tenendolo d’occhio,
chiedendosi perché ancora
non erano morti o altro.
Non
capivano cosa stesse accadendo, quando quella bestia parlò.
“Tanto tempo, attessso per tanto
tempo, sss erede del padrone sss e ora sssono arrivati due!”
disse in
serpentese, facendo fuoriuscire la lingua biforcuta ogni tanto,
emettendo
sibili anche quando non c’erano esse.
I due
si guardarono, prima che Tom prendesse coraggio e chiedesse al
serpentone.
“Mi sssapresssti dire perché noi sssiamo
ancora vivi? Anche ssse ti ssstiamo guardando negli occhi?”
“Oh!
Sssiete miei
padroni, sssu di voi non fa effetto il mio sssguardo!”
sibilò.
“E tu farai qualsssiasssi cosssa
ti ordiniamo?” domandò Estele.
“Sssi!” rispose solo
sistemandosi su alcune rocce e chiudendo gli occhi.
“Magari
potrei chiedergli di far fuori il tuo Tassorosso!” disse Tom,
tornando
all’inglese.
Estele
si incavolò seriamente e ribatté in serpentese.
“Sssarebbe meglio che morisssssse
Anthony Kircke, visssto che ti sssta tanto antipatico! Non ti
sssopporto più!
Vorrei davvero che venisssssse uccissso!”
gridò, sibilando senza accorgersi
di aver inviato nella mente del serpente le immagini riguardo
l’obbiettivo e
che questi si era diretto verso uno dei tunnel che gli avrebbe permesso
di
arrivare al suo obbiettivo.
Il
ragazzo la guardò, preoccupato.
Lei
si mise una mano sulla bocca, con gli occhi che si riempirono di
lacrime.
Aveva
condannato un ragazzo a morte certa.
Appena
Tom le si avvicinò con l’intento di consolarle lei
si allontanò
bruscamente, iniziando a ripercorrere di corsa a ritroso il percorso
per
ritornare al bagno e da lì in Dormitorio, cercando di non
pensare a cosa aveva
fatto.
Il
ragazzo la seguì, aiutandola con un incantesimo di
levitazione ad
uscire dal tunnel.
Una
volta nel bagno sentirono qualcuno piangere disperato, per cui,
facendo il massimo silenzio, uscirono per ritornare al Dormitorio di
Serpeverde.
Il
basilisco passò loro accanto da dentro i muri e gli
comunicò che
l’ordine era stato eseguito e che l’obbiettivo si
trovava ora in un posto
sicuro. I due giovani non vollero indagare, preferendo non sapere cosa
era
accaduto al Tassorosso.
Il
basilisco fece ritorno al bagno, dove fece aprire il passaggio e
un’altra persona vide i suoi grandi occhi gialli. Mirtilla,
una giovane
Corvonero che piangeva per via delle cattiverie di una ragazza e si era
rinchiusa in quel bagno.
Quando
Estele tornò nella stanza che divideva con le sue amiche,
nonostante fosse un anno avanti, si ritrovò sommersa dalle
domande.
“Perché
sei stata via fino ad ora?”
“Ti
ho fatto del male?”
“Cosa
hai combinato? Sembra ti sia rotolata nella melma!” le
dissero
tutte insieme, alzandosi dai loro letti per correrle incontro.
La
giovane guardò uno degli orologi che c’erano nella
stanza e rimase
incredibilmente sorpresa di vedere che avevano passato tutta la notte
nella
Camera e che oramai era pieno giorno.
“Siamo
andati in riva al Lago Nero e sono inciampata in una pozza
fangosa. Ora però ho proprio voglia di un bel
bagno!” spiegò, dirigendosi
decisa verso di esso per potersi finalmente togliere tutto lo schifo
che aveva
addosso.
“Ma
ti ha fatto del male? Ti ha detto qualcosa?”
domandò Lucy.
“In
realtà no; voleva solo parlarmi senza testimoni.”
Disse, cercando di
non pensare a ciò che era accaduto e rilassandosi dentro
l’acqua calda mentre
un incantesimo le ripuliva ogni centimetro di pelle.
°°°
Quel
giorno, a pranzo, il preside Dippet informò tutta la
scolaresca che
due studenti se ne erano andati.
”Non
sappiamo ancora cosa li abbia attaccati, perciò, per
decisione
unanime del consiglio studentesco la scuola verrà chiusa da
lunedì. Sistemate
le vostre cose e preparatevi a tornare a casa! E ora, un minuto di
silenzio per
i due nostri studenti che ci hanno lasciato: Mirtilla White, Corvonero
del
secondo anno, e Anthony Kircke, Tassorosso del sesto anno.”
Dopo quell’annuncio
lei e Tom si lanciarono un’occhiata veloce e abbassarono il
capo, come tutti,
mostrandosi addolorati.
Finito
il pranzo, Estele disse alle sue amiche di voler stare un po’
da
sola e si diresse verso il Lago Nero, dove lui la raggiunse circa
mezz’ora più
tardi per parlare dell’annuncio di Dippet.
“Adesso
cosa facciamo? Non posso permettere che chiudano la scuola!”
fece, dopo aver lanciato un incantesimo silenziante intorno a loro.
“L’unica
possibilità che non chiudano la scuola è che
trovino il colpevole,
o presunto tale.” Gli ricordò lei, guardando fisso
il lago.
“Esatto!
E io credo di sapere chi potrebbe prendersi la colpa!”
esclamò
sovrappensiero Riddle, attirando l’attenzione della ragazza
su di sé.
“E
chi sarebbe questa persona?”
“Rubeus
Hagrid, il Mezzogigante di Grifondoro! Sono certo che ha una qualche
creatura pericolosa che possiamo incolpare!” rispose.
“Ci penso io, tu è meglio
che torni in Dormitorio.” Le assicurò.
Lei
annuì, asciugandosi una lacrima.
°°°
Estele
si diresse in sala comune dove cominciò a leggere un libro
di
Incantesimi. Alcune ore dopo arrivò il professor Lumacorno a
dare la notizia
che il colpevole era stato catturato e la scuola non sarebbe stata
chiusa,
grazie all’intuizione provvidenziale del brillante signor
Riddle, poco dietro
di lui.
Hagrid
venne scortato fuori dalla scuola da funzionari del ministero, ma
grazie all’intervento del professor Albus Silente, gli fu
permesso di rimanere
a scuola dopo aver consegnato la bacchetta. Sarebbe rimasto nel
territorio
scolastico come guardiacaccia, ruolo che avrebbe potuto apprezzare
maggiormente
vista la sua passione per le creature magiche, anche, e soprattutto,
pericolose.
°°°
Risolta
la questione chiusura scuola nel migliore dei modi, per loro; di
comune accordo i due decisero di tenere chiusa la camera fino a data da
destinarsi.
Tom
decise di scrivere un diario e raccogliere al suo interno ogni
avvenimento riguardante la Camera dei Segreti e un altro dentro cui
impresse
tutti i suoi ricordi e momenti passati con lei. Quest’ultimo
lo incartò perché
nessuno potesse leggerlo e lo lasciò in una scatola in legno
pregiato e
decorato con rune in rilievo. La nascose all’interno del
baule prima di tornare
in sala comune.
°°°
Alcuni
mesi dopo
Tom
aveva portato avanti delle ricerche riguardanti un artefatto oscuro,
su cui chiese delucidazioni e conferme al professor Lumacorno. Poi, un
pomeriggio, mentre passeggiava con Estele nella neve alta di gennaio
decide di
parlargliene.
“Ehi,
principessa? C’è una cosa che vorrei
chiederti.” Le disse,
attirando la sua attenzione.
“Cosa
mi vuoi chiedere?” gli domandò.
“Tu
hai paura della morte?” chiese a bruciapelo.
“Cosa
intendi? Non credo di capire.” Disse lei.
“Hai
paura di morire? Cioè, se ci fosse un modo per vivere per
sempre,
lo utilizzeresti?” si spiegò un po’
meglio.
“Non
lo so, una vita immortale potrebbe diventare orribile se non ci
fosse nessuno con cui condividerla. E piuttosto che essere eternamente
sola, io
sceglierei una vita mortale!” rispose, stupendolo un pochino.
“Io,
però, ho scoperto un modo per rimanere in vita per sempre! E
vorrei
passare l’eternità con te!” disse lui,
guardandola dritta negli occhi.
“Cosa?”
fece lei confusa.
“Si!
Esiste un tipo di artefatto, chiamato Horcrux e permette di
sigillare in un oggetto un pezzo della propria anima. Finché
l’oggetto sarà
integro, la persona non morirà.” La
informò di quella che aveva scoperto.
“Horcrux?
Ma sei pazzo? Sigillare un pezzo della propria anima? Non è
qualcosa che puoi fare così alla leggera! La vita
è una cosa sacra! Ed è sacra
proprio perché finita, non avrebbe senso, altrimenti, tante
piccole cose che
rendono la vita degna di essere vissuta perderebbero di significato.
Non voglio
più sentirti dire queste cose, Tom! La morte non
è qualcosa di cui aver paura! Se
non esistesse, l’uomo non avrebbe più motivo di
vivere appieno le giornate, di
provare l’emozione di fare qualcosa e sapere che
sarà unico.” Gli disse,
arrabbiandosi inizialmente e addolcendo il tono, per cercare di fargli
comprendere
meglio ciò che intendeva.
Tom
la guardò dubbioso.
“La
morte è la fine di tutto!” esclamò con
convinzione.
“No,
non è così. La morte è solo
l’inizio di qualcos’altro.”
Mormorò
avvicinandosi a lui, facendogli una carezza sulla guancia.
“Ne
sei davvero convinta?” sussurrò, ancora poco
convinto.
Estele
annuì.
“Però
promettimi che non te ne andrai. Promettimi che resterai sempre al
mio fianco!” chiese, con gli occhi pieni di preoccupazione e
incertezza.
Lei
sorrise e annuì di nuovo.
“Lo
prometto, ma tu giurami che non farai uso di
quell’incantesimo!” lo
rassicurò, abbracciandolo stretto.
Lei
alzò il viso e, tirandosi in punta di piedi, lo
baciò. Fu un bacio
delicato, appena uno sfiorarsi di labbra morbide e carnose. Stava per
tirarsi
indietro, quando lui la trattenne, prolungando per un tempo che
sembrò infinito
quel bacio casto e puro.
Poi
Tom, approfondì il contatto, schiudendo le labbra e,
mordicchiandole
dolcemente il labbro inferiore, le chiese il permesso per rendere
più profondo
e passionale il contatto.
Lei
lo baciò di rimando e andarono avanti, assaggiandosi,
assaporandosi
l’un l’altra.
Tenendosi
il più vicini possibile, perdendosi nel bacio e…
“Estele!
Estele! È arrivata una lettera di tua nonna!”
gridò Lucy,
correndo verso di loro e fermandosi di colpo, trovandoli
così avvinghiati l’uno
all’altra.
“Ops!
Ho interrotto qualcosa?” chiese in imbarazzo e un
po’ spaventata
dallo sguardo di lui.
“Veramente
si!” rispose Estele, girandosi a guardarla.
“Beh,
scusatemi! Ma è arrivata questa da parte di tua
nonna.” Le spiegò
consegnando la lettera. Lo scritto era corto, ma la fece sorridere e
abbracciare di nuovo Tom.
-Sono
molto felice per voi! Congratulazioni! Hai davvero cambiato il tuo
destino! Ti voglio bene, nonna!- lui la guardò come se fosse
impazzita per un
secondo, poi le fece un piccolo sorriso di rimando, facendo comparire
una
piccola fossetta sul lato sinistro della bocca.
“Ti
amo, Tom!” gli disse baciandolo di nuovo.
“Anche
io, principessa!” rispose lui, appena si staccarono per
prendere
fiato.
°°°
Il 21
giugno, in occasione del solstizio d’estate, la famiglia
Malfoy diede
una festa, dove furono invitati entrambi, Tom perché, anche
se di umili natali,
era lo studente più brillante della scuola e il giovane mago
più potente tra i
Serpeverde del suo anno; Estele era una Demon e, per quanto la sua
famiglia
potesse essere caduta in basso dal punto di vista etico e morale,
l’influenza
del nome Demon era ancora molta e considerando anche il suo legame con
Tom, era
tra le persone che avrebbe avuto una grande importanza.
Per
questo Abraxas Malfoy aveva invitato entrambi.
Per
quello e perché il giovane Riddle era anche il suo capo.
Fortunatamente
cadeva di sabato, perciò gli invitati avevano ricevuto il
permesso dal preside per restare fuori dalla scuola.
I due
arrivarono insieme.
Estele
aveva i capelli raccolti in uno chignon formato da capelli
intrecciati in basso sul lato sinistro del capo, con un paio di boccoli
biondi
che cadevano liberi sulla parte destra, incorniciandole il viso. Il suo
mantello, lungo fino ai piedi, impediva la vista del suo vestito verde
scuro,
lungo fino alle caviglie, con uno scollo a barca, coperto da una
sciarpa
attorno al collo, sempre verde, che arrivava fino a sotto il vestito, a
formare
una specie di strascico.
Tom
indossava una elegante veste da mago, che lo faceva sembrare un
principe o Salazar Serpeverde in persona, somiglianza dovuta
soprattutto al
verde intenso intarsiato d’argento.
Il
padrone di casa accolse i nuovi arrivati con un inchino e un
baciamano alla giovane.
Walburga
Black, insieme ad Orion Black e Druella Rosier, si avvicinò
alla coppia, facendo una riverenza a Tom e ignorando la bionda.
Alla
festa, tutti i Cavalieri andarono a porre omaggio a Tom, come se
fosse lui il padrone di casa o l’ospite d’onore, e
molti riservarono ad Estele
lo stesso rispetto che mostravano al loro lord.
Poi
ballarono insieme e lei fu invitata a ballare da molti, che tenevano
d’occhio la ragazza per conto di Riddle, quando lui era
distratto.
Un
gruppo di giovani purosangue riuscirono a trovarla in uno dei pochi
momenti in cui era sola.
“Come
mai sei venuta con lui? Mi chiedo proprio cosa ci trovi in
te!”
esordì Walburga, scuotendo la criniera indomabile di capelli
neri.
“Beh
dovresti chiederlo a lui e, per tua informazione, non sono venuta
solo a fare la bella bambolina, stiamo insieme!”
ribatté lei, stufa del
comportamento della Black.
Sembrava
che, nonostante fosse andata accompagnata, la sua bellezza,
accentuata dal vestito, e le grandi possibilità che molte
famiglie vedevano nel
suo nome e nelle sue ricchezze avessero acceso le speranze di alcuni in
una
possibile unione; che, tuttavia, sparirono in una nuvola di fumo quando
Tom la
prese per la vita è la baciò appassionatamente
davanti a tutti, facendo
partire, da parte dei giovani, applausi e fischi.
Estele
poi danzò anche con Abraxas e, in quell’occasione,
ne approfittò
per parlare un po’ e cercare di capire se poteva fidarsi di
lui.
“Sembri
essere tra i più fedeli cavalieri di Walburga!”
mormorò, mentre
ballavano, dritto nel suo orecchio, facendolo spaventare.
“Tu
sai dell’ordine?” domandò quasi senza
voce, senza dare l’impressione
di essere in qualche modo turbato.
“Certo!
E so chi ne fa parte. Vorrei chiederti se tu tradiresti mai
Tom.” Proseguì lei sempre sussurrando.
Il
giovane Malfoy la guardò un secondo per inquadrarla e
decidere come
muoversi.
“No,
non lo tradirei mai, lui per me non è solo un leader da
seguire, io
lo considero anche un amico! Anche se lui non ammetterà mai
che di un amico
abbiamo tutti bisogno, non lo abbandonerò, né
abbandonerò te!” decise di
rispondere alla fine, fissandola negli occhi verde Avada kedavra.
Lei
lo abbagliò con un sorriso prima di concentrasi sul suo
amato e continuare
a ballare con lui.
Finita
la festa, a tutti gli invitati che provenivano da Hogwarts
vennero offerte delle stanze per dormire al Manor, dando loro la
possibilità di
riposare, prima di tornare a scuola il giorno seguente.
°°°
Dopo
la festa a casa Malfoy, la fine della scuola e l’estate
trascorsero
in un lampo.
I due
fidanzati uscirono ogni giorno insieme, visitando Londra e andando
in giro per negozi a Diagon Alley.
Nonostante
infuriasse la guerra contro il Mago Oscuro Grindelwald, le
strade erano ancora stracolme di gente che passava da un negozio
all’altro,
salutava i propri conoscenti, si fermava anche a chiacchierare.
La
ragazza riuscì, inoltre, a convincere Tom a non andare a
cercare vendetta
da suo padre e dai suoi nonni; non subito almeno.
°°°
Quando
tornano a scuola per il loro ultimo anno, Walburga Black e le sue
amiche oche non osarono avvicinarsi a Estele, memori di ciò
che era accaduto
alla festa a casa dei Malfoy.
L’anno
trascorse tranquillo e senza troppi problemi, a parte Silente che
aveva preso a controllare Tom e Estele in modo molto più
attento. I due non ci
fecero troppo caso, mantenendo un basso profilo, pur continuando ad
eccellere
in tutte le materie.
Poco
prima della fine dell’anno, il Professore di Trasfigurazione
ricevette una lettera e, dopo aver letto il contenuto, si
alzò e se ne andò,
tra lo sconcerto di tutti.
Estele
si scambiò uno sguardo con Tom, prendendogli una mano e
fargli
vedere cosa aveva visto nella mente del vicepreside.
La
lettera era da parte di Grindelwald.
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 - Risolvere Problemi Famigliari ***
NOTE
DELL’AUTRICE: Buonasera a tutti carissimi lettori!!! Mi scuso
per
le lunghissime attese, ma ho cominciato
l’università e non sono riuscita a
scrivere nulla prima di poco tempo fa… spero vorrete
perdonarmi J
cercherò di scrivere
presto anche i prossimi capitoli!!!
Buona
lettura
Cry
Capitolo
4
Dopo
il diploma, Tom avrebbe voluto poter rimanere a scuola come
insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure, ma il preside Dippet gli
negò il
posto, dicendo che era ancora troppo giovane e che era meglio
ripassasse tra
qualche anno. Decise quindi di iniziare le ricerche di dove viveva suo
padre e
i suoi nonni, ma Estele lo dissuase dall’andare
immediatamente da loro,
dicendogli che intanto era meglio sistemarsi e trovare un lavoro. Lei
riuscì a
trovare impiego presso la sartoria di Madama McClan, come aiuto sarta.
Tom,
invece, grazie all’aiuto di un amico della famiglia Demon, il
signor Leonard Gray, aveva trovato un impiego presso una catena di
negozi di
antiquariato, specializzati in antichi artefatti magici, anche oscuri.
Il
proprietario era un grande amico di Alexander Demon e riteneva che il
giovane Tom potesse avere fiuto per gli affari, come l’aveva
suo suocero.
Decise per questo, dopo alcune settimane in cui il Serpeverde
riuscì a vendere
e acquistare diversi manufatti difficili da reperire o vendere ad un
prezzo ragionevole,
gli propose di fargli una commissione.
Lui
desiderava degli oggetti che la signora Hepzibah Smith possedeva e
non era ancora riuscito a farseli vendere, quindi incaricò
il signor Riddle di
andare dalla donna e fare in modo di portarglieli.
Tom
Riddle si presentò a Godric’s Hollow, dove viveva
la strega e le
iniziò a parlare dell’offerta del suo superiore.
“Signora
Smith, il mio capo è davvero molto interessato a dei cimeli
che
lei possiede. È disposto a pagare qualsiasi cifra pur di
averli.” Disse, usando
il tono carezzevole e delicato che a scuola conquistava tutti quanti.
“Si,
mi ha già chiesto diverse volte di venderglieli…
ma non credo…
insomma sono dei cimeli di famiglia…” rispose lei,
un po’ incerta, non
riuscendo a dire un no secco a quel ragazzo come era riuscita a fare
con il
signor Gray.
“Oh,
sono sicuro che sono molto importanti per lei, ma la pregherei di
considerare comunque l’ipotesi della vendita. Potrebbe
risultare la più
vantaggiosa.” Ribatté lui, continuando con il suo
miglior tono manipolatore, la
sua voce era divenuta come miele, calda e tanto dolce da rasentare la
stucchevolezza.
Sapeva
che la donna avrebbe ceduto presto.
“Certo,
ci penserò… però…
infondo… beh, si, forse mi potrebbero fare
comodo dei soldi, ma…” ragionò lei,
sempre più incerta.
“Signora
Smith, la prego, non si angusti troppo per questa storia, non
deve separarsi da quei cimeli, se non se la sente. In fondo,
è comprensibile se
non vuole, sono ricordi di famiglia. Arrivederci, signora
Smith!” La rassicurò
Tom, con un piccolo sorriso, conquistandola
definitivamente.
Infatti,
la strega ci pensò qualche altro minuto, poi, proprio mentre
lui stava per uscire e andare via, lo fermò, dicendo che, in
realtà, per quanto
la riguardava, non le interessavano poi tanto quei gioielli, che non
erano poi
così importanti per lei.
Iniziarono
quindi ad accordarsi sul prezzo e il giovane Riddle riuscì a
far risparmiare al suo padrone un sacco di galeoni.
Quando
tornò al negozio con la Coppa di Tassorosso e il Medaglione
di
Serpeverde, Estele lo accolse con un abbraccio e un bacio, che per poco
non
fecero perdere al ragazzo la presa sul bottino.
“Quanto
ti amo!” mormorò, strappandogli un sorriso sghembo.
“Attenzione,
piccioncini. Questi lasciali pure a me, Tom!” si intromise
il signor Leonard Gray con un sorriso malizioso, facendoli arrossire.
°°°
L’ultimo
dell’anno era ormai passato, quando Tom Riddle decise che non
poteva più aspettare e si recò alla casa dove
vivevano suo padre, Tom Riddle
senior, e i suoi nonni, John e Mary Riddle.
Una
volta trovatosi davanti l’imponente edificio, si
sentì tremare le
mani e non comprese se per furia omicida o se era soltanto spaventato
da
quell’incontro, ormai inevitabile.
Solo
la presenza di Estele accanto a lui, che si manifestò nel
momento
in cui la giovane gli prese le mani, stringendogliele forte,
riuscì a far si
che lui non bruciasse tutto subito o entrasse a bacchetta alzata,
pronto per
uccidere tutto ciò che respirava dentro
l’edificio.
“Non
sei costretto ad entrare, se non te la senti. Torneremo
un’altra
volta!” sussurrò lei nel suo orecchio, vedendolo
stringere la mascella tanto
forte da far digrignare i denti.
”No!
Entrerò adesso!” esclamò lui
–O non lo farò più!-, allontanandosi
di qualche metro da quella che era la sua prima ed unica amica,
sentendo che se
non avesse affrontato la sua famiglia quel giorno, non avrebbe avuto la
forza
di tornarci e rimanere perfettamente calmo, o quasi.
“Se
non lo facessi, è probabile che la prossima volta che
vedrò questa
casa, sarà per ucciderne gli abitanti!” disse con
tono scuro e basso,
avvertendo il bisogno di spiegarsi, non riuscendo a sopportare la vista
della
sua espressione triste e addolorata per quando si era allontanato
bruscamente.
Lei
si riavvicinò cautamente, abbracciandolo stretto, mentre lui
le
posava solo una mano alla base della schiena e il capo sul suo.
Poi
si allontanò e le chiese di restargli vicino con lo sguardo
quando
si separarono e lei gli sorrise, prendendogli una mano e avviandosi
verso la
casa.
Nessuno
dei due ci aveva fatto troppo caso, nell’aria uggiosa del
tardo
pomeriggio di una giornata che ancora conservava un po’ di
calore autunnale,
alla magione che da fuori sembrava già incredibilmente
ricca.
La
facciata scura era perfettamente pitturata, il giardino in perfette
condizioni e tutto ciò che si vedeva dalle finestre era una
sfilza di oggetti
d’antiquariato.
Poteva
passare per un museo, se i ragazzi non avessero saputo che era
abitata e il vedere gente, probabilmente camerieri, che, ogni tanto
passavano
davanti alle finestre, confermava l’ipotesi.
Dopo
qualche attimo di ultima incertezza si decisero a
suonare il campanello.
Andò
ad aprire una giovane cameriera, dai grandi occhi
scuri, che si spalancarono, notando l’incredibile somiglianza
con il signor
Thomas Riddle senior.
Dopo
diversi momenti di sconcerto, domandò.
“Cosa
desiderate?”
Estele
si avvicinò leggermente.
“Dovremmo
palare con i signori Riddle, se possibile.”
Rispose in modo cordiale, con un piccolo sorriso.
La
cameriera sorrise a sua volta e li fece entrare.
“Il
signore e la signora non aspettavano visite. Vi
dovrei annunciare.” Disse la giovane, guidandoli per il
corridoio riccamente
decorato.
I
due ragazzi, soprattutto lei, ammirarono le opere
d’arte disseminate per il corridoio e nelle stanze di cui
riuscivano a vedere
l’interno.
La
cameriera si fermò davanti ad una porta in mogano
molto elegante.
Bussò
un paio di volte e attese.
“Avanti!”
si sentì dire da una voce maschile.
La
giovane aprì la porta.
“Buonasera,
signore, signora. Perdonate il disturbo, ma
ci sono due giovani che desiderano parlarvi.”
Mormorò con tono reverenziale.
La
bionda vide l’uomo, probabilmente il signor Riddle,
guardare verso qualcuno, e dedusse che la signora si doveva trovare in
una
parte nascosta del salone.
Si
fecero avanti, dietro alla cameriera, che salutò e
uscì, chiudendosi la porta alle spalle.
Tom
fissava il viso di un uomo di circa quarant’anni,
che lo osservava di rimando con gli occhi che si spalancavano sempre di
più ad
ogni secondo che passava.
Accorgendosi
che il ragazzo non sembrava intenzionato a
parlare, lei si fece avanti con un piccolo sorriso.
“Scusate
il disturbo, signori, ma avevamo necessità di
parlarvi. Il mio nome è Estele Demon e lui è il
mio fidanzato, Tom Riddle.”
Presentò se stessa e lui.
“Tom
Riddle? Thomas! È tuo figlio questo? Perché non
ce
l’hai detto?” si alterò il signor
Riddle, avvicinandosi al figlio con fare
minaccioso.
“Non
lo sapevo! Mi aveva detto di essere incinta… ma io
non le ho creduto, lei… lei faceva cose strane! Non potevo
fidarmi!” cercò di
difendersi quest’ultimo, con occhi spiritati. “Lui
non è mio figlio!” concluse
con tono da folle, uscendo dalla stanza.
Sentendo
quelle parole, il più giovane dei Riddle
strinse gli occhi in due fessure e fece per prendere la bacchetta.
Estele
si fiondò sulle sue mani, tenendogliele strette.
“Io
proprio non capisco cosa sia preso a quel ragazzo…
è innegabile che questo giovane sia suo figlio.”
Disse sconcertato il signor
John Riddle.
Mary
Riddle annuì in accordo.
“Forse
è perché la madre di Tom era una strega,
così
come me e Tom stesso. Vostro figlio è stato avvicinato con
un incantesimo, ma
poi lei ha deciso di dirgli la verità e lui, quando
l’hai saputo, è fuggito,
lasciandola completamente sola. È morta partorendo vostro
nipote in un
orfanatrofio di Londra.” Spiegò loro,
sconvolgendoli sulla parte della magia,
ma Tom aiutò a dimostrare che fosse vero, facendo esplodere
il tavolinetto di
vetro antico, spaventando i due babbani.
“Tom!”
lo riprese la ragazza, preoccupata che qualcuno
si potesse fare male.
Dopo
il primo momento di spavento, la signora Riddle
sorrise ai due, alzandosi dalla poltrona dove era rimasta seduta e
andando
verso il nipote con le braccia aperte.
“Sono
così contenta! Ho un mago per nipote!” disse,
parlando per la prima volta e abbracciando Tom, che si
lasciò stringere da quelle
braccia così dolci e materne. John rise.
“Avevi
ragione tu, cara, la magia non esiste solo nelle
favole per bambini!” fece, poi volle sapere dal nipote dove
aveva studiato,
cosa aveva imparato e cosa voleva fare nella sua vita.
Lui
rispose il più sinceramente possibile, arrossendo quando
raccontò di essere stato costretto a comprare tutte cose di
seconda mano e il
signor Riddle fece una faccia sdegnata. “Maledizione a mio
figlio! Non posso
credere che per colpa sua testardaggine mio nipote abbia dovuto vivere
in un
orfanotrofio e subire scherni a scuola! Dobbiamo assolutamente
rimediare a
questa cosa!” sbottò, uscendo dal salone,
lasciando i due ragazzi sorpresi.
Si
girarono insieme a guardare Mary, la quale scosse
appena la testa, con un piccolo sorriso sulle labbra.
“Tornerà
appena avrà “rimediato” in qualunque
modo
intenda farlo!” li rassicurò, poi tornò
seria. “Allora, non mi hai ancora detto
che lavoro fai e cosa desideri per il tuo futuro. Sei giovane, puoi
puntare
anche molto in alto.” Aggiunse con tono curioso.
Tom
pensò intensamente alla risposta, non essendo
troppo sicuro che sua nonna avrebbe accettato le sue manie di
“grandezza e
protagonismo”, come le chiamava Estele quando litigavano.
“Beh,
al momento lavoro in un negozio di antiquariato
che si dedica soprattutto a manufatti magici antichi, rari e, a volte,
un po’
pericolosi. Il mio datore di lavoro poi mi incarica spesso e volentieri
di
acquistare o vendere degli oggetti. Non è male come lavoro,
ma mi piacerebbe
entrare nel Ministero della Magia e cambiare alcune cose al suo
interno.”
Rispose infine, addolcendo, e di molto, le sue reali intenzioni, di cui
la sua
adorata speranza era a conoscenza.
“Oh!
Bene! D’altronde se desideri diventare una persona
importante, dovresti anche avere l’abbigliamento adatto e,
visto che il mondo
della politica è peggio di una donna, dovrai avere le
finanze necessarie per
tenere sotto controllo i rivali e gli alleati.” Disse John
Riddle, entrando
nella sala, molto più rilassato e contento di prima.
“Cosa
hai fatto, caro?” domandò dolcemente la sua
consorte.
“Ho
risolto i problemi finanziari di nostro nipote!
Domattina, Tom, dovresti accompagnarmi alla banca per aprire
definitivamente un
conto a tuo nome, in questo modo potrai avere accesso a tutto il denaro
che ti
spetta e di cui non hai potuto usufruire in precedenza.”
Spiegò l’uomo e il
giovane Riddle annuì, con un sorriso appena accennato.
L’orologio
a pendolo che si trovava nel salone scoccò
in quel momento le otto di sera. I due maghi si alzarono, salutando
l’anziana
coppia.
“Ci
piacerebbe rimanere ancora, ma dobbiamo proprio
andare.” Disse Estele con un sorriso.
La
signora Riddle abbracciò Tom, dandogli un bacio
sulla guancia e invitandolo a tornare a trovarli quando voleva.
Il
nonno gli tese una mano e la strinse forte,
abbracciandolo per pochi attimi. Poi richiamarono la cameriera, che li
scortò
fuori.
°°°
Tornati
nel loro appartamento di Londra, parlarono per
un po’ di quella sera e delle impressioni che avevano avuto.
“Mi
sono sembrati molto felici di sapere di avere un
nipote…” buttò lì Estele.
Tom
annuì, ma poi si girò a guardarla con occhi
infuocati.
“Loro
sembravano felici, ma non posso perdonare mio
padre! Per tutto quello che ha fatto e detto a me e a mia
madre!” esclamò con
tono glaciale.
“Lui
pagherà!” ribatté lei, guardandolo con
quegli
occhi color Anatema mortale che sembravano pronti ad uccidere.
Dopo
aver fissato lo sguardo di Tom per alcuni secondi,
la ragazza si diresse in camera da letto, per cambiarsi con abiti
più comodi
per stare dentro casa, prima di cominciare a preparare la cena.
Il
suo fidanzato, vedendola alle prese con i fornelli
dimenticò per qualche ora il desiderio di vendetta nei
confronti del suo
vecchio.
“Hai
diversi elfi domestici al tuo servizio, eppure ti
ostini a voler fare tutto da sola! Sei davvero incredibile!”
le mormorò
all’orecchio, facendola ridere.
“Gli
elfi domestici stanno preparando Demon Manor per
noi, hanno già abbastanza da fare, non credi?” si
giustificò.
“Adesso
lasciami finire, o potrei bruciare tutto!” lo
riprese, portandolo a desistere dall’attuare qualunque cosa
avesse in mente,
almeno finché la cena non fosse stata pronta.
°°°
Il
giorno dopo, si alzarono presto, dovendo andare
entrambi al lavoro, lasciando agli elfi domestici il compito di
ripulire.
Estele
fece una piccola deviazione per dare una lezione
all’adorato Thomas Riddle senior.
Non
era completamente contraria alle maledizioni, se la
situazione la vedeva come necessarie, ma riteneva che quel dannato
babbano non
meritasse di morire sotto un incantesimo.
Estele
riteneva che un babbano di quella risma dovesse
prima comprendere cosa voleva dire pericolosa e mostruosa, quando si
parlava di
magia, ma non aveva il tempo per dargli una lezione.
Si
materializzà davanti casa Riddle e attese che
uscisse, lo vide poi prendere una delle nuove invenzioni babbane,
l’automobile.
Gli
si avvicinò lentamente con la bacchetta in mano,
per poi decidere che non valeva neanche la pena torturare o maledire
quell’uomo
in qualche modo; optò invece per un piccolo incidente con
quella scatola di
metallo.
Mormorò
un incantesimo che fece gelare la strada su cui
doveva passare, facendo sbandare la macchina e finire Tom Riddle senior
sotto
la ferraglia rovesciata.
Dopo
l’incidente, la giovane si materializzò al lavoro,
dove la aspettavano diverse riparazioni da fare, orli da sistemare,
divise da
cucire.
°°°
Una
volta tornata a casa, trovò Tom, con in mano una
lettera, che, seduto di fronte al camino sulla sua poltrona preferita,
fissava
lo scoppiettare del fuoco con espressione persa.
Appena
si accorse di lei, le passò lo scritto, senza
guardarla.
Estele
osservò preoccupata il pezzo di carta, prima di
prenderlo dalle sue mani e leggerlo.
–
Caro Tom, sono
ben consapevole che non desideri sapere nulla che riguarda tuo padre,
ma temo
di sentirmi in dovere di informarti che lui è morto questa
mattina in un
incidente. Io e tua nonna speriamo tanto di rivederti presto. Con
questo
scritto non è mia intenzione obbligarti in qualche modo a
piangere la sua morte,
soprattutto dopo gli eventi della scorsa notte. Qualsiasi cosa
deciderai di
fare, noi ti vorremo bene. Con tanto affetto, John Riddle. –
Finì
di leggere lo scritto e guardò il suo fidanzato,
cercando di capire perché glielo aveva fatto leggere e
perché sembrava così
turbato da esso.
Trascorsero
molti minuti senza parlare, poi lei
esplose, stufa di quel silenzio.
“Tom,
è tutto a posto? Qualcosa ti turba?” gli
domandò
in tono gentile.
Finalmente,
da quando era tornata lui sembrò accorgersi
veramente della sua presenza.
“Non
è stato un incidente, vero?” mormorò
incolore.
La
ragazza spalancò gli occhi verdi, sorpresa.
Poi
lui si alzò dalla poltrona e le prese le mani,
baciandole dolcemente.
“Quando
è arrivata quella lettera io avevo deciso che
mi sarei occupato di lui. Ma… non avresti dovuto sporcarti
le mani con lui…”
sussurrò, continuando a tenere le sue mani.
Lei
sorrise e scosse la testa.
“Non
c’è niente che io non possa fare, per te. Anche se
si tratta di qualcosa di cui posso non andare molto
fiera…” mormorò, prima di
dargli un leggero bacio sulle labbra, che lui approfondì.
°°°
Quella
notte lei si svegliò da sola, nella loro camera
da letto e attese preoccupata il suo ritorno, immaginando dove fosse
andato.
La
porta si aprì nel silenzio assoluto.
Tom
non si accorse che Estele era sveglia finché non si
distese a letto accanto a lei.
“Dove
sei stato?” domandò in un sussurro.
Tom
si girò di scatto verso di lei e la guardò
sorpreso.
“Credevo
dormissi, non intendevo svegliarti.” Mormorò
lui, evitando di rispondere.
Lei
lo osservò per qualche secondo senza dire niente,
mentre lui continuava a sostenere quegli occhi indagatori.
“Hai
intenzione di rispondermi o lo devo scoprire da
sola?” gli disse, dopo aver trascorso diversi minuti in
silente attesa che
rispondesse.
Prese
un respiro profondo e le raccontò di aver definitivamente
chiuso i conti con la famiglia di sua madre.
FLASHBACK
Stava
bussando alla porta di suo zio Orfin Gaunt e nel
momento in cui il mago aprì gli lanciò un
Expelliarmus appropriandosi della sua
bacchetta.
Il
mago era così stordito dall’alcool che non si rese
neanche conto di cosa era successo.
“Salve zio, è
davvero un piacere conoscerti! Spero vorrai essere così
gentile da portare i
miei saluti a mia madre!” gli disse in serpentese,
poi gli puntò contro la
bacchetta che gli aveva appena rubato.
L’uomo
ci mise un po’ a capire cosa gli era stato
detto, ma alla fine iniziò ad imprecare in serpentese.
“Ma chi diavolo
sei tu? E perché mi chiami zio? Non ho nessun nipote io! E
se per madre intendi
quella stupida di mia sorella: è stata diseredata! Ha avuto
ciò che meritava,
per essere scappata con un sudicio babbano. Perciò non ho
nessuna intenzione di
parlarle! “ e continuò a lanciare
improperi contro Merope e il babbano di
cui si era innamorata, i mezzosangue che già iniziavano a
“infestare” il mondo
magico e i sangue sporco che venivano portati in numero sempre maggiore
nelle
scuole.
Tom
rimase qualche istante ad ascoltare gli improperi
di quell’uomo, prima di lanciare l’Anatema che
uccide contro di lui e ponendo
fine a quelle lamentele.
Rimase
ad osservare per qualche istante l’ultimo
contatto con la famiglia di sua madre e se ne andò,
ringraziando mentalmente
Merlino di averlo convinto ad andare da solo.
Era
convinto che Estele ci sarebbe rimasta male al sentire
quelle parole rivolte a lui (e ad un sacco di altre cose e persone, ma
in
particolare a lui).
FINE
FLASHBACK
Una
volta finito di descrivere gli avvenimenti della
serata, guardò verso di lei, cercando conforto nei suoi
occhi verdi come l’anatema
che aveva lanciato lui stesso poche ore prima.
Estele
evitò il suo sguardo per alcuni istanti,
riflettendo su ciò che le aveva raccontato poi gli sorrise,
dandogli un bacio
sulla fronte e abbracciandolo stretto.
Lui
si lasciò stringere come non gli era mai successo
quando era bambino.
Dopo
quell’ulteriore dimostrazione che lei era dalla
sua parte, Tom iniziò seriamente a pensare ad un modo per
tenerla stretta a sé,
per evitare che lo abbandonasse come avevano fatto tutti nel corso
della sua
vita.
Così,
circa una settimana dopo l’uccisione di suo zio,
decise che le avrebbe chiesto di sposarlo e di entrare nei Cavalieri di
Walburga.
Si
recò a comprare l’anello e quella sera si
preparò a
chiederle di sposarlo.
A
cena parlarono del più e del meno, mentre Tom
attendeva quello che doveva essere il momento giusto.
Nei
pochi istanti in cui Estele si allontanò dalla sala
da pranzo per portare via alcuni piatti e prendere un’altra
bottiglia di vino,
il giovane Riddle si era inginocchiato davanti a lei e le tendeva la
scatolina
con dentro l’anello, ancora chiusa.
Lei
si fermò con una bottiglia in mano, guardandolo
stupita.
Lui
la osservò pochi istanti con un piccolo sorriso e
poi le disse.
“Estele
Demon, vuoi diventare la mia regina oscura?”
La
ragazza non comprese subito cosa intendesse
esattamente, ma lui fece aprire la scatolina che conteneva un piccolo
anellino
in oro bianco con tre pietre incastonate, una più grande al
centro che doveva
essere un diamante e le due più piccole degli smeraldi.
Lo
guardò per un paio di secondi con gli occhi che si
riempivano
di lacrime mentre mormorava.
“Si!”
Lui
allargò il suo sorriso.
Le
mise delicatamente l’anello al dito e si alzò,
permettendole di lanciarglisi addosso e baciarlo, con le calde lacrime
di gioia
ed emozione che le cadevano dagli occhi.
Continuavano
a baciarsi per un tempo infinito, finché
il bisogno d’aria non li costrinse a separarsi.
“Credevo
che non me l’avresti mai chiesto!”
sussurrò
con la voce leggermente spezzata.
“Temevo
che… che mi avresti abbandonato… avevo bisogno
di sapere che saresti stata mia… per sempre!”
ribatté lui, con tono non molto
fermo, ma deciso.
Estele
sorrise, sapendo che la possessività insita in
quelle parole era il suo modo di amarla, anche se non lo avrebbe mai
ammesso,
ma andava bene così.
Lo
amava così com’era, con quel suo rifiuto a
dimostrare emozioni.
Lo
amava e stava per diventare sua moglie, la sua
regina oscura.
Non
avrebbe mai approvato le idee di sterminio che
alcuni dei suoi seguaci più estremisti chiedevano di
realizzare, ma sapeva che
era necessario fermare l’amalgama tra maghi e babbani
perché rischiavano di
portarli all’estinzione della magia, ma nemmeno riteneva
giusto che le famiglie
purosangue continuassero a sposarsi tra di loro, facendo nascere poi
dei
maghinò.
Tom
sapeva tutto questo e lo accettava e, anzi, cercava
di limitare la sete di sangue e di potere dei suoi seguaci e li faceva
infiltrare in posizioni importanti, in modo da dare una base sicura al
suo
regno.
°°°
Il
giorno scelto per l’unione di Estele alla cerchia
dei Mangiamorte venne organizzata una grande festa a palazzo Malfoy,
gentilmente offerta da Abraxas Malfoy.
Estele
era incredibilmente nervosa, anche se conosceva quasi
tutti coloro che sarebbero stati presenti alla festa, o forse proprio
per
questo, dato che era consapevole che diversi membri desideravano la sua
testa.
La
ritenevano responsabile della condotta più umana e
meno sanguinaria di Tom e lei, in realtà, ne era felice.
Comunque
aveva sia Abraxas Malfoy che Orion Black che
la tenevano d’occhio e la proteggevano da ogni possibile
attacco.
Ma
tutti sapevano che non sarebbe mai stata attaccata
in modo così plateale, non davanti a Tom, per lo meno.
Si
sentiva sotto osservazione, probabilmente dal suo
comportamento di quella sera si sarebbe deciso il suo destino nella
mente dei
Mangiamorte.
Riddle
le si avvicinò e le mise un braccio intorno alla
vita, fasciata dal leggero velluto blu cupo che costituiva il suo
abito.
Lei
sorrise, rilassandosi tra le sue braccia,
allungando una mano per stringere la sua.
L’anello
che le aveva regalato brillava come se avesse
luce proprio e attirava l’attenzione di tutti, creando enorme
compiacimento
nell’ego del Lord Oscuro.
Dopo
vari balli e l’arrivo di tutti gli ospiti, la
festa entrò nel vivo, Tom prese la mano di Estele e fece
cadere l’attenzione
generale su di loro.
Attirati
tutti gli sguardi, stringendo forte la mano
della sua ragazza, fece un annuncio.
“Vi
ringrazio tutti per aver preso parte ai
festeggiamenti per il mio fidanzamento ufficiale con la mia splendida
futura
Regina Oscura! Ma desidero informarvi che ella prenderà il
posto che le spetta
al mio fianco anche nel nostro gruppo d’elite! Estele Demon,
da questa notte
sarà, in modo ufficiale, la mia signora,
diventerà una Mangiamorte!” esordì
Tom, alzando le loro mani intrecciate, permettendo a tutti di vedere
che lui
stesso portava un anello simile a quello della ragazza, sempre in oro
bianco,
ma con un solo grande smeraldo al centro.
Tutta
la sala, alla vista e all’annuncio, esplose in un
coro di congratulazioni e auguri.
Poi
il padrone di casa si avvicinò al tavolo delle
vivande e prese un calice, sollevandolo.
“Propongo
un brindisi alla nostra Regina Oscura!” disse
Malfoy.
Molti
altri alzarono i calici che avevano in mano,
coloro che non li avevano ne presero dai vassoi che gli elfi domestici
facevano
passare tra di loro.
Il
Lord e la sua signora alzarono i loro calici in
ringraziamento ad Abraxas.
Successivamente,
dopo diversi brindisi, si recarono su
una piattaforma, leggermente rialzata, dove Estele si
abbassò appena, chinando
il capo, con un sorriso biricchino.
Tom
le carezzò una guancia, prima di prendere la
bacchetta e puntarla sul suo petto, lasciato un po’ scoperto
dalla scollatura
del vestito, e lanciò l’incantesimo in serpentese.
Il
sorriso scomparve dalle labbra della giovane, mentre
sentiva la magia entrarle nel sangue e nelle ossa, bruciando come fuoco
vivo;
tuttavia, nonostante il dolore, non emise un fiato, stringendo solo gli
occhi per
evitare di far cadere quelle lacrime che premevano per uscire.
Finito
l’incanto, il suo sposo la prese per la vita
appena in tempo, prima che perdesse i sensi.
°°°
Quando
Riddle la vide tremante, con il capo chino di
fronte a sé, non si sentì potente come gli
succedeva quando marchiava qualcuno
di nuovo, anzi, era preoccupato a morte per lei, per come sembrava
diventare
sempre più pallida ogni secondo che passava, più
andava avanti con
l’incantesimo.
Stava
per decidere di rimandare tutto, quando si
ricordò di essere in una sala con tutti i suoi seguaci che
lo guardavano pieni
di aspettativa.
Se
si fosse fermato, dubitava che loro sarebbero stati
in silenzio, non tutti almeno; i più estremisti tra i suoi
adepti avrebbero
voluto che finisse quello che aveva iniziato, anche a costo di farla
soffrire
ancora di più.
No,
doveva andare avanti, finire il Morsmorde e poi
assicurarsi che stesse bene.
Completò
l’incantesimo e, prima che cadesse a terra, le
pose un braccio attorno alla vita, tenendola sollevata, per cercare di
farle
riprendere conoscenza.
Abraxas
e Orion si avvicinarono, pronti ad intervenire
se ci fosse stato bisogno d’aiuto.
Il
Lord, vedendo che non si riprendeva, la prese in
braccio, passandole l’altro braccio sotto le ginocchia e,
guardando il padrone
di casa, gli chiese di mostrargli la sua stanza.
Dopo
di che, fu chiamato un medimago, che visitò la
giovane.
“Allora,
cosa ha? Perché non si riprende? È
grave?”
domandò preoccupato, pur mantenendo un tono gelido.
Il
medico sorrise.
“Non
si angusti troppo, signore, lei è il marito?”
chiese, cercando di rassicurarlo.
“No,
sono il fidanzato, come mai?” rispose.
“La
sua fidanzata è in dolce attesa, signore,
congratulazioni!” disse l’uomo con un gran sorriso,
mentre Tom lo guardava con
gli occhi fuori dalle orbite.
“Vuol
dire che lei… aspetta un bambino?”
domandò per
conferma.
Il
medimago annuì.
Abraxas
entrò in quel momento per avere notizie della
sua ospite e vide il suo Lord perso in un mondo tutto suo e
l’uomo che aveva
chiamato con urgenza circa un’ora prima stava sistemando le
sue cose per
andarsene.
“Dottore,
è tutto a posto? Niente di grave?” chiese per
sicurezza.
“Si,
è tutto a posto. Solo, fate riposare la paziente,
ha bisogno di molto riposo. Buona serata e ancora
congratulazioni.” Si
accomiatò.
°°°
Estele
si svegliò qualche ora più tardi, con Tom che
guardava il camino acceso da una poltrona vicino al letto.
“Tom…”
lo chiamò con un filo di voce.
“Ehi,
sei sveglia finalmente, principessa!” la salutò
lui.
“Cosa
è successo? Come sono arrivata qui?” chiese lei,
non ricordando nulla dopo che il suo Tom le aveva imposto il Marchio
Nero.
“Hai
perso i sensi e ti ho portata qui, poi un medimago
ti ha visitata…” spiegò lui.
Lei
spalancò gli occhi a quelle parole.
“E
che ha detto?” domandò.
“Tu
sapevi di aspettare un bambino?” ribatté,
guardandola intensamente.
“No…
ma stavo iniziando a vedere i segni…” rispose lei.
“Aspettavo di avere una conferma per
dirtelo…” mormorò, con calde lacrime
che
le cadevano dagli occhi, incontrollate.
Tom
la abbracciò stretta, non volendo che si agitasse,
e lei si strinse nel suo abbraccio, nascondendo il viso nella sua
spalla.
“Shhh…
va tutto bene, non sono arrabbiato. Anzi, non
puoi immaginare quanto sono felice.” La rassicurò
con tono dolce.
“Stiamo
per diventare una famiglia.”
|
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 - Paura ***
NOTE
DELL'AUTRICE: allora.... che dire.... Salve a tutti!!!! Mi scuso per
questa lunghissima attesa.... non mi ero neanche accorta fosse passato
tanto tempo!!!!! Comunque, tralasciando i diversi problemi personali
avuti in questo periodo di attesa, voglio ringraziare già
ora tutti coloro che leggeranno e recensiranno, e rinnovare un
ringraziamento a quelli che hanno messo la storia tra le seguite,
ricordate, preferite!!!!
Un
bacione a tutti
Cry
Capitolo
5
Secondo
Tom,
la notizia dell’arrivo di un nuovo piccolo Riddle era un
evento che doveva
essere festeggiato con tutti gli onori. Estele quasi non lo
riconosceva, tanto
era euforico quando ne parlavano, anche se si ritrovavano poi a
litigare per
questo.
Si
accendeva
di gioia e orgoglio e si affaccendava intorno alla ragazza, impedendole
con
ordini dati con voce trasudante preoccupazione di fare qualunque cosa,
spaventato che potesse sentirsi male o che accadesse qualcosa al
bambino, poi
la vedeva, affaccendarsi a sistemare piccole cose, e sentiva che
qualcosa, nel
suo cuore, si scioglieva, il suo comportamento si addolciva e cercava
di faremtutto
pur di non farla soffrire o sentire triste.
Quel
suo
essere così sdolcinato però lo faceva sentire
come uno di quei mollaccioni
testa calda di Grifondoro, ma finché lei gli sorrideva
dolcemente o con una
leggera aria di rimprovero prima di lamentarsi che “non era
mica malata o
inferma!”, lui si sentiva leggero e chiuso in una bolla di
felicità che lo
divideva dal mondo reale.
Tuttavia,
proprio perché quando parlavano di festeggiare
l’arrivo del bambino litigavano,
c’erano anche momenti, come quello, in cui lei sembrava
perdere la testa.
“NO!
Non
voglio altre feste! Nessuno a parte chi sa già deve venire a
sapere del
bambino!” stava gridando lei, con le lacrime agli occhi.
Tom
la
guardò e cercò di ribattere e di avere una
spiegazione esauriente sul perché
non avrebbe dovuto celebrare l’arrivo di un figlio, un erede,
con i suoi
adepti.
E
dopo quasi
un’ora di grida, oggetti lanciati e lacrime cadute, Estele si
accasciò sul
divano, sfinita, tenendosi la pancia con fare protettivo.
Il
giovane
la guardò preoccupato, avvicinandosi di corsa a lei,
mettendole un braccio
intorno alle spalle sedendole vicino.
“Cos’hai?
Stai male? Ti prego rispondi, principessa mia!
Principessina!” le disse
concitato, timoroso che potesse stare veramente male fisicamente.
Lei
girò il
viso verso la sua spalla e iniziò a piangere ancora
più disperata e solo dopo
diversi minuti riuscì a calmarsi abbastanza da mormorare
vicino al suo
orecchio.
“Tom,
ti
prego, non… non voglio che tutti i tuoi seguaci sappiano del
bambino! Alcuni di
loro mi odiano… ho paura… ho paura che possano
decidere di fargli del male!
Loro… loro sono pericolosi! Se sapessero… ti
prego!” mormorò spaventata.
Tom
la tenne
stretta a sé, mentre rifletteva su ciò che aveva
appena detto.
Era
vero, i
suoi seguaci non avrebbero mai osato fare qualcosa contro di lei, ma
c’erano
alcuni di loro che volevano che fosse più fermo e crudele
nelle sue decisioni,
che desideravano lo sterminio della feccia babbana.
Ma
non
credeva avrebbero davvero osato sfidarlo apertamente attaccando la sua
futura moglie
e suo figlio.
“Va
bene,
calmati ora. Ti prometto che non organizzeremo feste… fino a
che non sarò più
che certo della lealtà dei miei seguaci.” Rispose
infine, dolcemente,
carezzandole la schiena.
Estele
alzò
gli occhioni verdi e lucidi su di lui, per capire se le stava mentendo
o se
diceva la verità.
Poi
annuì,
più tranquilla.
°°°
Qualche
giorno più tardi, Tom insistette comunque per festeggiare
con i due suoi
fedelissimi, Orion Black e Abraxas Malfoy, che erano a conoscenza dello
stato
interessante della sua Regina Oscura e li convocò a Demon
Manor, ormai pronto
per ospitare di nuovo una famiglia.
I
due
giovani si congratularono con il loro Lord, portando dei doni per il
giovane
principe o principessa che stava per nascere.
Estele
li
ringraziò con un sorriso di circostanza, prima di lamentare
un forte mal di
testa e congedarsi dalla piccola celebrazione.
Rimasto
solo
con i due Mangiamorte, Tom mise in chiaro subito alcune cose.
“Per
prima
cosa, ritengo superfluo informarvi che qualunque cosa venga fatta a mia
moglie
e a mio figlio sarà punibile con la
morte…” cominciò, con voce carezzevole
e
gelida. “Inoltre desidero che teniate ancora il segreto, non
voglio che capiti
qualcosa al bambino o ad Estele; sappiate che vi riterrò
direttamente responsabili
se la voce dovesse trapelare!” minacciò, il tono
sempre più gelido.
I
due
annuirono e si lanciarono un’occhiata preoccupata.
“Mio
signore, teme forse un attacco da parte di qualcuno?”
domandò cautamente Orion,
con tono piatto, anche se era molto preoccupato del fatto che qualcuno
avrebbe
potuto anche solo pensare
di fare del
male a quel giovane o alla sua famiglia, temendo per ciò che
avrebbe potuto
fare ai colpevoli di tale crimine come punizione.
Tom
lo
guardò per un secondo con gli occhi lampeggianti di rosso,
prima di sospirare
leggermente.
“Non
sono io
a crederlo, ma Estele; e se lei ne è così
convinta, sono certo che ci sia un
fondamento di verità in questa sua sensazione.”
Rispose.
I
due
annuirono di nuovo, mentre si mettevano a riflettere seriamente su
ciò che il
loro Lord aveva detto.
Questo
voleva dire però, che qualcuno tra loro era così
estremista da avere coraggio,
o pazzia, sufficiente da uccidere la moglie del Lord e fare in modo che
lui non
trovasse il colpevole per portarlo ad essere come volevano.
Pur
sapendo
che era qualcosa di quasi impossibile, sia Orion che Abraxas si
rendevano conto
che, senza la giovane Estele, il loro signore Lord Voldemort sarebbe
stato
incredibilmente più crudele.
Tuttavia,
loro erano increduli che si potesse pensare di ferire una fiera
purosangue,
quando quella che volevano fare loro era dargli più potere e
prestigio,
eliminando i figli di babbani che contaminavano il loro puro sangue
magico.
“Mio
signore, indagheremo personalmente su questo e se dovessimo scoprirne
la
veridicità la avvertiremo immediatamente!”
assicurò Malfoy, mentre Orion
aggiungeva. “Si, e non permetteremo a nessuno di ferire la
vostra compagna o
vostro figlio!”
Tom
annuì,
mandandoli via con un cenno della mano, mentre fissava il fuoco acceso
nel
camino, sorseggiando distrattamente il bicchiere di Whiskey
Incendiario.
Rifletteva
su ciò che gli aveva detto la sua Principessa.
Era
davvero
spaventata da ciò che potevano fare i suoi seguaci.
A
malapena
si fidava dei suoi più fedeli accoliti. Ma, per quanto fosse
restio a credere
che davvero qualcuno avrebbe potuto far del male a coloro cui voleva
più bene,
si rendeva conto che non poteva fare nulla se non attendere che
qualcosa
accadesse. Nonostante questo avrebbe fatto tutto ciò che era
in suo potere per
salvaguardare la loro salute.
°°°
Qualche
giorno più tardi, Estele ricevette, dalla giovane Lady
Malfoy, un invito per una
colazione con altre future Lady Purosangue.
Estele
accettò, per non destare sospetti e non sembrare scortese
nei confronti della
donna, che stava cercando di essere gentile e di darle una mano ad
integrarsi
all’interno del gruppo.
Il
salottino
in cui venne fatta accomodare era incredibilmente elegante, molto
spazioso,
pieno di comode poltrone e sofà dall’aria
invitante e pieno di tavolini da the
in mezzo ad ogni gruppo di divanetti e poltrone. Tutto era in sfumature
di
bianco e celeste confetto, con qualche rara spruzzata di giallo chiaro
e verde
salvia; sembrava di trovarsi in una casa per le bambole ad altezza
naturale.
Indossò,
per
l’occasione, un vestito largo semplice, con sotto delle
normalissime ballerine
e lasciò i lunghi capelli biondi sciolti sulle spalle.
Essendo
ancora al secondo mese, la gravidanza non era ancora visibile, ma per
evitare
di dare nell’occhio con le nausee, che la prendevano nei
momenti più impensati,
si era fatta procurare da Tom delle pozioni che le prevenissero.
Venne
accolta con tutti gli onori che le erano dovuti per il suo nuovo rango,
almeno
da parte di Margaret Malfoy, Walburga Balck e Druella Rosier, uniche
altre
presenti al the, quasi non la salutarono.
Rivolse
loro
comunque un cenno del capo prima di sedersi, seguita dalla padrona di
casa.
Cercando
di
intavolare una conversazione Lady Margaret le chiese.
“Come
va con
il nostro Lord? Sappiamo che state organizzando i preparativi per il
vostro
matrimonio.”
La
ragazza
interpellata sorrise, prendendo la tazza di the che l’altra
le offriva.
“Oh!
Va
tutto bene! Abbiamo quasi completato i preparativi! Presto contiamo di
spedire
gli inviti” rispose con un sorrisetto malizioso nel vedere
l’ormai signora
Black che la guardava dritto negli occhi lanciando dai suoi fiamme di
rabbia e
gelosia.
“Possiamo
sapere cosa state preparando?” domandò incuriosita
Druella.
“Beh,
abbiamo affittato un’antica villa appartenente ad un vecchio
amico di famiglia,
dove abbiamo intenzione di celebrare il tutto. Ci sarà un
ballo anche. Verranno
ovviamente invitati tutti i Cavalieri. E per il resto dovrete venire
per
sapere!” concluse, non volendo rischiare di dire qualcosa
riguardo al bambino.
–
Questa
piccola stronzetta crede davvero di potermi trattare così? -
pensava Walburga,
con le guance che stavano prendendo imbarazzanti tonalità di
rosso fuoco.
Margaret,
per evitare che la situazione degenerasse, spostò la
discussione su altro.
“Avete
sentito di Eileen Prince? Pare sia stata diseredata!”
interloquì, Druella annuì
con indignazione.
“Si,
è
scappata di casa per stare con un babbano! È una cosa
incredibile!” disse;
Walburga scosse i ricci indomabili e storse la bocca in una smorfia di
disgusto, mentre Estele scosse la testa.
“Più
che
giudicarla negativamente in base al matrimonio, io mi preoccuperei del
fatto
che potrebbe condannare all'estinzione la sua stirpe magica,
mischiandola con
del sangue babbano!” mormorò, ragionando intanto
su come avrebbe potuto
tornarle utile quell'informazione.
Forse
avrebbe potuto parlare con lei e cercare di scoprire se poteva usarla
in
qualche maniera, magari facendola rientrare nel Mondo Magico.
Comunque
non
diede modo a nessuna delle presenti di capire cosa stava pensando.
Non
che se
ne sarebbero accorte, visto lo sdegno e il disgusto che stavano
manifestando
per lei, suo marito e tutti i babbani in generale; soprattutto per
quanto
riguardava Walburga Black.
Il
suo odio
per tutto ciò che era babbano era leggendario!
°°°
Dopo
quasi
un'ora trascorsa a parlare di futilità e pettegolezzi,
Estele sospirò
pesantemente, sentendo la nausea montare, accentuata dal profumo
dolciastro del
the che aleggiava nella stanza dove si trovavano.
Attirò
lo
sguardo calcolatore e sospettoso di Walburga, che inarcò il
sopracciglio quando
parlò.
Aveva
infatti deciso di andare via, prima che qualcuna di loro scoprisse
qualcosa.
“Scusatemi!
Ma credo che per me sia arrivata l'ora di andare via!”
mormorò, con voce
stanca.
“Oh,
così
presto?” domandò rammaricata Lady Malfoy.
“Si,
mi
dispiace. Ma sono molto stanca, per via di tutti i preparativi del
matrimonio e
del trasloco nel Manor della mia famiglia.” disse, con un
sorriso appena
accennato, scusandosi un ultima volta con lo sguardo.
Lady
Margaret si alzò dalla poltrona su cui era seduta e la
abbracciò delicatamente,
con una strana espressione in viso, cui Estele non fece caso.
-Se
pensa
davvero che le lasceremo rovinare tutto ciò per cui abbiamo
lottato, sbaglia di
grosso!- pensò qualcuno nelle vicinanze, venendo captato
dalla giovane, ma lei
preferì ignorarlo, con la convinzione che fosse ancora
riferito alla
discussione precedente.
Si
smaterializzò nel palazzo dove viveva con Tom, trovandolo
seduto davanti al
fuoco sulla sua solita poltrona. Lui ebbe appena il tempo di accorgersi
che era
rientrata, che la vide correre verso uno dei bagni su quel piano,
tenendosi una
mano premuta contro la bocca.
La
seguì in
bagno, portando con sé un paio di pozioni che
l’avrebbero fatta stare meglio e
le avrebbero calmato lo stomaco.
“È
tutto
apposto?” domandò con accenno di preoccupazione
nella voce.
“Si,
tutto
bene, solo un po’ di nausea.” Rispose con un
piccolo sorriso.
Lui
annuì,
abbracciandola delicatamente.
Rimase
in
quella posizione per alcuni istanti, inalando il suo profumo, quasi
volesse
memorizzarlo per sempre. Estele ricambiò
l’abbraccio, stringendolo e
carezzandogli i capelli con una mano.
Poi
dopo un
po’ chiese.
“Ehi, Tom? Amore? Tutto bene?” lo riscosse
dolcemente, allontanandolo
leggermente da sé per sfiorargli il viso e guardarlo negli
occhi.
Lui
mise a
fuoco il suo viso e le regalò un piccolo sorriso per
rassicurarla e annuì.
“Stavo
solo
pensando… tu sei sicura di stare bene?” le
rigirò la domanda.
“Si
è tutto
passato, per ora.” Gli sorrise di rimando.
“Bene,
ti
faccio preparare qualcosa da mangiare” disse, posando un
braccio attorno alla
sua vita e guidandola delicatamente verso la sala da pranzo.
Risero
e
scherzarono per un po’, poi Estele si preparò per
andare al lavoro, ignorando
le lamentele del suo fidanzato, che non voleva che andasse e si
affaticasse
lavorando.
Lei
lo
salutò con un bacio, interrompendo per un secondo le sue
proteste e si
smaterializzò davanti al negozio di Madama McClan.
Lavorò
a
diversi modelli, di vestiti, giacche, camicie e pantaloni,
sistemò bottoni e
rifiniture; il tutto, senza che si stancasse troppo.
Staccò
verso
sera e si incamminò verso il Ghirigoro, per ritirare un
libro che aveva
ordinato e non si accorse immediatamente di essere seguita. Se ne rese
conto
sentendo all’improvviso pensieri come:
-Eccola
là!-
-Prendiamola!
Avanti!-
-Cosa
aspettiamo? Adesso!-
Si
spaventò
ma si sforzò di rimanere calma e di non mostrare che li
aveva scoperti.
Cercando di non farsi notare, estrasse la bacchetta per potersi
difendere o
smaterializzare prima che accadesse qualunque cosa.
Entrò
al
Ghirigoro e, dopo aver pagato, chiese al commesso se poteva usare la
porta di
servizio. Si era accorta che uno dei Mangiamorte l’aveva
seguita e sentita e,
stando molto attento a non dare nell’occhio
comunicò agli altri di aspettare
sul retro.
Estele,
sperando di averli depistati sufficientemente, uscì di corsa
dalla porta
principale.
Purtroppo,
si accorse troppo tardi che due di loro erano rimasti lì di
guardia, pronti a
fermarla nel caso avesse cercato di fuggire.
Uno
dei due
la afferrò per le braccia, mentre l’altro le
stringeva una mano intorno alla
gola, bloccandole il respiro e la voce.
Si
guardarono un attimo attorno, prima di dirigersi verso un vicolo
deserto e
riparato a sufficienza per non essere scoperti.
Dopo
pochi
istanti arrivarono anche gli altri.
Estele
li
guardò estrarre le bacchette e sgranò gli occhi
per la paura che potessero far
del male al piccolo.
Era
ancora
tenuta ferma, ma prima che loro potessero decidere di cominciare,
cercò di
divincolarsi, di allontanarsi da loro.
Uno
degli
assalitori, che non conosceva, o che forse non ricordava, rise
malignamente,
avvicinandosi e posando con aria falsamente casuale la bacchetta sul
suo
addome, facendola tremare di terrore.
“Allora
è
vero che sei in dolce attesa, puttanella! Ma siamo sicuri che sia del
nostro
Lord, o forse qualche sudicio Mezzosangue ha potuto allungare le mani
su di te,
mia regina?” domandò crudelmente, sfiorandole il
petto con la bacchetta e le
spalle con la mano libera, sperando in una qualche reazione.
Tutto
ciò
che ottenne fu uno sputo in pieno viso. Le diede di rimando un ceffone
che le
spaccò il labbro e le fece assaggiare il sapore del sangue,
mentre i suoi occhi
si stringevano, insieme alle mani che la tenevano ferma, colmi di furia
a
malapena trattenuta.
La
giovane
chiuse gli occhi verdi, concentrandosi sul suo amato, grazie al legame
che
avevano con il marchio nero, per chiedergli aiuto.
Non
sapeva
se lui sarebbe arrivato in tempo, ma sperava che ce la facesse; con il
cuore
che batteva all’impazzata, attese il suo arrivo e quello dei
colpi dei suoi
aguzzini.
Vide
un
lampo di luce rossa passarle davanti le palpebre serrate e trattenne il
fiato
prima di sentire gli effetti della maledizione.
Invece,
dopo
diversi secondi, non accadde nulla, anzi, la presa sulle sue braccia si
allentò
e svanì.
Aprì
gli
occhi per capire cosa fosse accaduto e trovò Tom davanti a
lei, con la
bacchetta in mano, gli occhi infuocati e il viso contorto in una
maschera di
furia gelida, mentre la esaminava attentamente.
Lei
gli si
gettò tra le braccia, ricevendo quella protezione di cui
tanto sentiva il
bisogno.
La
strinse a
sé con un braccio mentre con l’altro impugnava la
bacchetta e minacciava.
“Se
qualcuno
di voi prova di nuovo anche solo a pensare di fare del male alla mia
futura
moglie e vostra regina oscura, pregherete per una morte veloce e
indolore!”
disse con tono gelido e a dir poco furioso. Poi li
smaterializzò entrambi al
Manor.
°°°
Una
volta
arrivati in un luogo sicuro, Estele si aggrappò stretta a
lui, piangendo
disperatamente, tremante, non solo per i singhiozzi.
Tom
abbandonò la presa sulla bacchetta e la strinse forte,
mormorandole
all’orecchio rassicurazioni che, in ogni altro momento,
avrebbe considerato
scempiaggini Grifondoro, mentre in quell’istante gli
sembravano la cosa più
sensata da dire. In
più, dopo qualche
minuto i singhiozzi e il tremore diminuirono, quindi a qualcosa
dovevano essere
servite.
Rimase
appoggiata a lui anche dopo che le lacrime avevano smesso di cadere,
alla
ricerca della conferma che lui era lì con lei e non
l’avrebbe lasciata.
Una
volta
sicura che non avrebbe ricominciato a piangere si allontanò
dal suo abbraccio,
pur restandogli accanto.
“Forse
dovremmo
parlare…” mormorò cupamente, non molto
sicura di volerlo fare davvero.
Lui
si
concentrò totalmente su di lei, tremando di rabbia e con la
voglia di alzarsi e
andare a cercare uno ad uno quegli uomini per fargli capire cosa
significava
farlo arrabbiare.
Estele
sentendo e vedendo nella sua mente terribili cose, gli si
rilanciò addosso,
pregandolo di non lasciarla sola.
“Tom,
ti
prego! Non voglio rimanere da sola! Non lasciarmi! Per favore,
Tom!” mormorò
con voce spezzata dall’orrore per i pensieri che sentiva e
dalla paura di
rimanere davvero da sola, mentre ancora sentiva quella sensazione di
terrore
addosso.
Lui
si
riscosse da quei pensieri e tornò ad abbracciarla, ma si
ripromise di dare a
quegli stolti la lezione che meritavano, in seguito.
“Sta
tranquilla, non vado da nessuna parte! Ma forse hai ragione, dovremo
parlarne…
e da domani tu non vai più in giro da sola!”
esclamò.
A
quelle
parole lei alzò di scatto la testa, pronta a protestare
anche se era appena
stata aggredita, ma ogni lamentela le si bloccò in gola
quando vide i suoi
occhi, così rossi che sembravano grondare sangue.
“Non
permetterò che accada di nuovo una cosa del
genere!” assicurò lui, in tono
basso.
“D’accordo!
Andrò in giro con la scorta, solo… voglio che
Abraxas Malfoy ne faccia parte!”
accettò.
Tom
assentì,
prima di alzarsi e scrivere velocemente una lettera che fece consegnare
da un
elfo domestico direttamente nelle mani del nuovo lord Malfoy.
Poi,
porgendo una mano ad Estele, si recarono nella loro camera, in modo da
riposare
un po’ dopo quella lunga giornata.
“Domattina
dovremmo anche chiamare un medimago, voglio assicurarmi che tu stia
bene!”
sussurrò una volta che entrambi si erano sdraiati al sicuro
sotto le coperte,
sfiorandole con una carezza leggera il taglio sul labbro inferiore.
“Sto
bene!”
mormorò in risposta, “Grazie a te!”
aggiunse in un sussurro appena accennato,
ormai travolta dalla stanchezza.
°°°
Il
giorno
successivo, Estele poté uscire, accompagnata da Abraxas
Malfoy, solo quando il
Medimago che l’aveva visitata la sera della festa
confermò che stava bene, a
parte il livido intorno alla bocca e il labbro spaccato, che vennero
guariti
con un piccolo incantesimo.
Il
suo
custode prese molto sul serio il compito affidatogli, tanto che quando
lei gli
chiese di potersi recare per degli acquisti a Nocturne Alley, lui
rifiutò
categoricamente, considerando che poteva essere molto pericoloso e lui
non
aveva assolutamente intenzione di deludere Tom, per nessun motivo al
mondo.
Lei
rise,
scuotendo la testa, mormorando una protesta.
“Bene
allora
torniamo a casa e tu, per favore, torna qui e prendimi quello che mi
serve.”
Gli disse con un piccolo sorriso.
Abraxas
accettò e smaterializzò entrambi nel giardino di
Demon Manor, dove accompagnò
la sua regina per assicurarsi che fosse al sicuro, poi fece come
richiesto e
ritornò in una mezz’ora con tutti i pacchi e
pacchettini.
Rimase
con
lei ancora qualche tempo prima di dover tornare a casa da sua moglie.
°°°
Nei
giorni
seguenti le cose andarono molto meglio e Tom si occupò di
coloro che avevano attaccato
la sua Estele, assicurandosi che il messaggio venisse recepito da tutti
i suoi
seguaci.
Nonostante
questo, circa quattro mesi dopo la giovane Regina trovò una
busta nera,
lasciata sul portico del giardino.
La
esaminò
accuratamente con diversi incantesimi prima di avvicinarsi e toccarla.
Una
volta certa che non era nulla di più che una lettera, si
fece coraggio e la
prese.
La
aprì
delicatamente, con le mani che tremavano, mentre dispiegava il foglio
di
pergamena.
Estele
Demon, hai contaminato il cuore del nostro
Lord! Non possiamo accettare che tu, sudicia traditrice, porti in
grembo il suo
erede! Non ne sei degna! Non sei degna della sua protezione e della sua
benevolenza, quando è evidente che lo stai portando lontano
dai suoi propositi!
Ti
viene consigliato di fare molto attenzione, da
ora in poi, o potresti fare una brutta fine.
Non
c’era
alcuna firma, ma lei aveva la sensazione che dietro quella lettera ci
fosse uno
di quelli che l’aveva attaccata. E aveva la netta impressione
che quella
lettera sarebbe stata solo l’inizio.
Non
sapeva come
fare per evitare che accadesse qualcosa di terribile.
Aveva
ancora
più paura di quando si era reso conto di essere seguita e
doveva assolutamente
parlarne a Tom!
Tornò
in
casa e attese pazientemente, cercando di distrarsi in tutti i modi
possibili
per non pensare a ciò che poteva accadere e a quanta paura
le metteva ogni
singolo scenario.
Sfiorò
dolcemente il pancione, che cominciava a diventare sempre
più grande.
“State
tranquille, miei piccoli tesori, io e vostro padre non permetteremmo
che vi
accada nulla!” sussurrò sedendosi su una poltrona
a dondolo, ripensando a
quando il medimago le aveva detto che aspettavo due gemelle, due
femminucce e
alla faccia di Tom, che si era illuminata per via del sorriso spontaneo
nato al
sentire la notizia.
Erano
stati
entrambi così felici quel giorno e ora… Estele
tremò e sobbalzò violentemente,
impugnando la bacchetta contro chiunque fosse entrato.
Tirò
un
sospiro di sollievo nel vedere il sopracciglio alzato di Tom, che la
guardava
stupito e sospettoso.
“È
tutto a
posto?” domandò, infatti, avvicinandosi con
cautela.
“Si…
è
arrivata una lettera per me…” rispose, indicando
la lettera che le aveva
causato tante ansie e preoccupazioni.
Il
giovane
la prese e la incenerì dopo averla letta.
“A
quanto
pare non bastano i provvedimenti che ho preso…”
sputò piena di rabbia e odio.
“Dovresti
parlarne a tua nonna ed è meglio nasconderti in un luogo
sicuro. Qui potresti
essere raggiunta ed è troppo pericoloso!” disse
lui.
Attese
che
lei annuisse e poi iniziò a pensare ad un piano per trovare
un luogo sicuro.
Estele
intanto
scrisse a sua nonna che la sarebbe andata a trovare molto presto,
tralasciando
il vero motivo della visita, poi cominciò a preparare
qualche bagaglio, in modo
da tenersi pronta per ogni evenienza.
°°°
Tom
ne parlò
con Abraxas e Orion, per chiedere, o meglio ordinare, al primo di
dargli pieno
accesso alla tenuta di campagna per poterci portare Estele e tenerla
sicuro.
Il
biondo
accettò senza troppi problemi, ma dovette porre una
condizione al suo Lord.
“Mio
signore, sarebbe per me un onore ospitare la nostra regina, tuttavia
devo
chiedervi di poter avvertire mia moglie della questione, in questo modo
potrebbe tenere compagnia alla vostra signora.” Propose
Abraxas.
Tom
annuì,
dando il suo consenso ad avvertire la giovane Lady Malfoy.
Poi
incaricò
entrambi della protezione di Estele.
“Se
non ci
sono io, voglio che sia sempre uno di voi due con lei! Non mi interessa
in che
modo farete, ma non deve mai restare da sola!”
ordinò.
I
due
accettarono l’incarico con un inchino e un “Si,
signore!” semplice e convinto.
Desideravano
entrambi che la giovane consorte del loro signore sopravvivesse e
continuasse a
dargli gioia. Si rendevano conto di essere state incredibilmente
fortunati ad
aver incontrato quella ragazza che era stata in grado di entrare nel
cuore di
Tom, senza che questi la cacciasse in malo modo.
Comunque
Abraxas organizzò le cose per permettere alla sua signora di
trasferirsi nella
tenuta estiva dei Malfoy e ne parlò con sua moglie,
chiedendole di tenerle
compagnia per il tempo in cui sarebbe stata lì,
poiché solo la loro famiglia e
il loro lord sarebbero potuti entrare e uscire liberamente.
Non
si
accorse del sorriso malefico che le aveva solcato le labbra per un paio
di
secondi, distratto dal vederla abbracciare il loro bambino, Lucius
Abraxas Malfoy,
di ormai 5 anni.
°°°
Estele
arrivò da sua nonna con una passaporta, comparendo
nuovamente nel salottino che
l’aveva accolta la prima volta.
Si
risistemò
i vestiti e i capelli un po’ scompigliati nel viaggio, poi
prese il piccolo
bagaglio che aveva portato e andò a cercare la nonna.
“Nonna?
Nonna Elisabeth?” la chiamò, senza ricevere
risposta, per diverse volte.
Poi
cominciò
a fermarsi e salutare i quadri che incontrava e a parlare con loro,
chiedendo
loro gentilmente dove si trovava l’anziana veggente.
Quasi
nessuno le seppe rispondere e uno di loro, il ritratto di una giovane
appartenente alla sua famiglia le suggerì di controllare la
sala dei ritratti
di famiglia, dove di solito Elisabeth si recava per ricevere consiglio.
Di
diresse
in quella stanza chiamando la sua elfa personale, Miky,
perché le portasse il
bagaglio in una delle camere.
Entrò
nella
sala senza bussare e trovò sua nonna intenta a discutere con
i soliti quadri.
“Lei
è in
pericolo! Non avrei dovuto darvi retta!” stava dicendo.
“Oh
andiamo!
Tu credi che a questo punto, lui permetterebbe che le sia fatto del
male?”
domandò l’uomo, con l’intenzione di
farla ragionare.
“Nonna!
Ciao!” la chiamò Estele, impedendole di rispondere
quello che aveva sentito nei
suoi pensieri, poi aggiunse, prima che la donna potesse ribattere
qualcosa.
“Tom non mi farebbe mai del male, lo sai, vero?”
Per
enfatizzare ciò che aveva detto posò le mani sui
fianchi, focalizzando
l’attenzione dell’anziana sul ventre gravido, ormai
perfettamente visibile.
Nella
mente
della donna vide perfettamente delle immagini disastrose passare, tutte
riguardanti lei e le sue bimbe. Ogni scenario era peggio del precedente
e la
terrorizzarono.
“No!
Tu non
puoi…”mormorò quella disperata e
preoccupata per lei e con i suoi pregiudizi su
Tom, che sembrava aver accantonato, che tornavano più accesi
che mai.
-Lo
sapevo
che non dovevo permettere che tornasse da lui!- pensò con
rabbia.
Estele
spalancò gli occhi, non riuscendo a capire il problema, dato
che le aveva dato
il suo benestare per stare con Tom; il sentire tutta quella
negatività, quell’odio
che emanavano i pensieri di quella donna la misero all’erta e
le fecero perdere
il controllo.
“Non
osare
mai più pensare una cosa del genere! Mi hai
capito?” domandò, non aspettando
veramente una risposta.
“Invece
lo
penso eccome! Se non ti avessi permesso di tornare da
quell’essere tu…”
cominciò a dire, con voce tremante per la rabbia e la paura,
interrotta da uno
dei ritratti.
“Ne
abbiamo
discusso più che a sufficienza, Elisabeth! Se le avessi
impedito di tornare,
lui sarebbe diventato un mostro crudele e senza cuore, avrebbe ucciso
la sua
famiglia senza pensarci due volte e poi…” la
rimproverò, rigirando il
“Ma…” che
la donna provò ad inserire nel suo discorso
“… e poi, sarebbe venuto qui e
l’avrebbe portata via oppure uccisa! Credi davvero che
sarebbe stato meglio? Tu
stessa avevi detto che quei tipi di futuro erano svaniti, le hai fatto
i
complimenti per aver scongiurato quel destino. Erano solo parole
vuote?”
chiese, cercando di farla ragionare.
Lei
rimase sconvolta
da quelle parole. Non sapeva cosa ribattere; era vero che aveva dato il
suo
benestare alla loro unione, ma l’aveva fatto
perché le sue visioni erano
cambiate e ora, invece, stavano tornando simili a quelle che aveva
avuto in
precedenza. Non voleva perdere la sua nipotina per colpa di quel mostro!
Rimase
in
silenzio, a mala pena consapevole che Estele stava ascoltando i suoi
pensieri,
per capire che cosa le era preso.
La
sua mente
era di nuovo concentrata sulle visioni che aveva avuto sulla morte di
sua
nipote e le sue bambine. La giovane strinse forte gli occhi, lasciando
cadere
le lacrime che li avevano riempiti, abbracciandosi per mantenersi in
piedi, per
darsi forza e sopportare quello che doveva sentire e vedere.
“Continui
a
dire di non volermi perdere, ma sappi che io non intendo lasciarmi
comandare a
bacchetta da te! Non ti ho permesso di farlo prima e non ti
permetterò di farlo
ora, che sono felice, sto bene con lui; sto per avere la mia famiglia!
Tu non
potrai impedirmi di stare con lui, di vivere la mia vita!”
rispose.
“Io
sono la
tua famiglia! Lui è pericoloso! Tu continui a non vederlo
per come è realmente,
non lo conosci! Non capisci che lui è un mostro!”
ribatté la donna, piangendo
anche lei, con il viso rosso per la rabbia.
“Ti
sbagli,
lui non è come dici! Cambieremo insieme il mondo! Lo
renderemo perfetto, per i
maghi, per noi e per i nostri figli.” Disse Estele,
raddrizzando le spalle,
pronta ad affrontare l’ira della nonna. Sapeva,
contrariamente a ciò che
credeva lei, che Tom possedeva uno spiccato lato oscuro, ma stando con
lui si
era accorta anche che c’era molto altro in lui; aveva un
cuore, un’anima capace
di amare ed essere buona.
Avrebbe
voluto che lei lo capisse, ma si rendeva conto che poteva essere
difficile,
soprattutto dato che, a parte quando si trovava a casa con lei, teneva
un
comportamento freddo, distaccato e, a volte, minaccioso e crudele e
molte delle
azioni dei suoi seguaci erano pericolose per altri e malvage agli occhi
di
tutti.
Provò
a
spigarglielo, ma ogni volta che prendeva la parola si ritrovava davanti
ad un
muro impenetrabile. Per questo motivo, dopo quasi mezz’ora di
tentativi,
sospirò profondamente, stanca e abbattuta e arrabbiata.
Chiuse la discussione.
“Va
bene,
nonna! Comprendo che non possiamo raggiungere un accordo su questo
argomento,
sappi solo che io non abbandonerò Tom, né ti
permetterò di interferire nella nostra
vita. Farò qualunque cosa di modo che tu non possa fare
qualcosa contro di me o
contro di lui!” disse, con tomo fermo, senza vacillare.
Si
girò per
andar via, mentre uno dei quadri rimproverava la donna.
“Brava!
Ora
si che l’hai persa!”
Sentiva
di
avere le lacrime agli occhi, le faceva male doversene andare da quella
che per
molto tempo era stata la sua casa.
Chiamò
Miky
e si fece porta tutte le sue cose, non solo quelle che aveva portato
per
restare qualche giorno, ma tutte le sue cose.
Uscì
dalla
casa, per potersi smaterializzare in un albergo o qualcosa del genere e
poter
contattare Tom.
Sentì
sua
nonna chiamarla, gridarle di tornare a casa, di aspettare, di
ascoltarla.
Lei
la
ignorò completamente, svanendo da lì e
ritrovandosi nell’atrio di un hotel
magico dove la accolsero con grande gentilezza e la accompagnarono
quasi
immediatamente nella sua stanza, dove era disponibile un camino spento
e
collegato a qualsiasi luogo.
Chiamò
Tom,
per poterlo avvertire di ciò che era accaduto con sua nonna
e dirgli che
sarebbe tornata a casa il giorno seguente.
“No,
ti
vengo a prendere io, tu stai lì nascosta e al
sicuro!” rispose.
“Ma
no, ho
una passaporta, torno domani mattina da sola, senza alcun
problema.” Cercò di
ribattere lei, non volendo che la vedesse ancora sconvolta dalla
discussione.
“No!
Ti ho
detto che vengo li da te, così poi ti accompagno dai Malfoy,
c’è la possibilità
di spostarsi lì già da domani. Lady Malfoy ti
terrà compagnia e sarai al
sicuro!” le disse, senza ammettere repliche.
Accettò,
sorridendo appena, senza sapere se si doveva arrabbiare ancora o se era
meglio
lasciarsi invadere dall’affetto e dall’amore che
avvertiva, come un’eco,
provenire da lui.
Chiuse
la chiamata
e si addormentò mentre aspettava il suo amore.
Lui
arrivò
dopo poche ore, dovendo firmare alcuni documenti per potersi recare in
un’altra
nazione tramite passaporta per via delle procedure di sicurezza nate
durante la
guerra contro Grindelwald.
La
guardò
dormire per qualche minuto, notando le scie delle lacrime che le
cadevano nel
sonno. Strinse le labbra in una linea stretta, volendo poter fare
qualcosa per
fermare tutto il dolore che provava. Di poter punire quella donna, che
già una
volta li aveva separati e adesso la stava facendo soffrire. Fece
diversi
respiri profondi, nel tentativo di calmarsi e di far tornare i suoi
occhi del
loro normale nero, per evitare di spaventare Estele con le braci
ardenti che li
sentiva essere in quell’istante.
Le
sedette
accanto, dandole un bacio sulla guancia, sussurrando dolcemente il suo
nome per
svegliarla.
“Estele…
principessa mia…. Svegliati! Estele!”
mormorò al suo orecchio destro,
solleticandolo con il suo respiro caldo.
Lei
si
mosse, appena infastidita, prima di aprire gli occhi e sorridergli, con
la
gioia traboccante da ogni poro.
Lo
abbracciò
di slancio, felice di averlo lì con lei e sentì,
da qualche fitta alla pancia,
le bimbe che si muovevano, scalciando.
Standole
così accanto, le avvertì anche Tom e si
sentì scaldare il cuore al pensiero che
quel movimento era dalle sue piccole principesse.
Sorrise
appena, senza accorgersene e portando gli occhi stupiti ed emozionati
su di
lei. Le diede un bacio lento, desiderando di poter continuare ma ben
cosciente
di dover andare prima che la passaporta partisse senza di loro.
“Dobbiamo
prepararci e in fretta!” mormorò controvoglia,
tenendo un braccio attorno a
lei.
Estele
lo
baciò di nuovo, sorridendo.
“Allora
dovresti lasciarmi alzare, non credi?” domandò con
voce maliziosa.
Il
giovane
grugnì, offeso e arrabbiato e si tirò su in un
lampo. Le fece cenno di prendere
le sue cose e le disse di essere pronta in dieci minuti tenendole il
broncio.
Lei
raccolse
la valigia che aveva portato con sé e l’altra che
aveva fatto preparare con le
cose che erano rimaste da sua nonna e le rimpicciolì, prima
di afferrare il
libro che era incantato come passaporta.
Partirono
e
sentì lo strappo familiare all’ombelico e lo
avvertì più doloroso del solito,
come se anche le sue bambine lo avessero sentito.
Arrivati
a
destinazione si buttò tra le braccia di Tom, in cerca di un
po’ di calore e
rassicurazione e sollievo e stabilità.
Lui,
dimenticando completamente la loro piccola scaramuccia, la strinse
forte a sé,
domandandole preoccupato cosa avesse e come stesse.
“Tesoro?
Estele!
Cosa hai? Tutto bene?” si allarmò.
“Sto
bene…. Solo
che la pancia… credo che anche le bimbe abbiano sentito lo
spostamento della
passaporta… o forse sono io che…”
provò a spiegare lei, non capendo perché si
fosse sentita così male, l’aveva già
usata e non era accaduto nulla e questo la
spaventava.
Si
tenne
ancora il ventre, proteggendolo dolcemente per calmare se stessa e il
lieve eco
di dolore che ancora percepiva.
Tom
la prese
in braccio e la portò nella stanza che le era stata offerta
dai coniugi Malfoy.
La
posò sul
letto, rimanendo accanto a lei cercando di darle tutto il suo appoggio
per
aiutarla a stare meglio, le diede un po’ di acqua da bere per
riprendersi un
minimo.
“Tom,
è
passato… sta tranquillo! Sto bene, ora… stiamo
bene!” gli disse dopo qualche
minuto, carezzandogli il viso, tentando di calmarlo.
Lui
la
osservò attentamente, controllando come stava veramente, per
capire se mentiva
o se diceva la verità; poi rifletté che non
avrebbe messo a repentaglio la vita
delle loro bimbe non ancora nate, perciò rimase in attesa
per qualche minuto
ancora, per assicurarsi che non stesse di nuovo male, prima di
lasciarla
riposare.
Si
fece l’appunto
mentale di chiamare il medimago il giorno dopo per farla visitare.
Dopo
di che
andò da Abraxas Malfoy per sapere se lui o Orion Black
avevano scoperto
qualcosa riguardo a coloro che avevano aggredito Estele e sul mittente
della
lettera, anche se era più probabile che fossero
più d’uno, come aveva ordinato
loro di fare.
Purtroppo,
nessuno dei due aveva trovato informazioni significative. Avevano
interrogato i
due Mangiamorte sopravvissuti alla furia del Lord, ma non avevano
scoperto
nulla, era come se la loro memoria fosse stata modificata, ma in
maniera
estremamente sottile, quasi impossibile da notare.
Avevano
ipotizzato
una pozione o un potente incantesimo di memoria, tuttavia non erano
arrivati a
scoprire chi l’avesse utilizzato su quei due.
In
questo
modo non potevano scoprire chi erano gli altri, oltre coloro che erano
stati
direttamente coinvolti nell’attacco alla loro regina.
Il
loro Lord
non ne fu affatto contento. L’unica cosa che si poteva fare
era tenere al
sicuro Estele e le bambine e non farlo sapere a nessuno.
Nessuno
di
loro si era accorto, tuttavia, che uno dei più pericolosi
informatori della fazione
più estremista dei Mangiamorte abitava proprio in quella
casa scelta per
proteggere la Regina Oscura.
Lady
Malfoy
finì di scrivere quella che a chiunque sarebbe sembrata una
frivola lettera
riguardante un the da organizzare e le prossime feste a cui andare. Il
suo
destinatario invece vi trovò delle importantissime
informazioni, che gli
avrebbero permesso di portare a termine il piano.
°°°
Estele,
nel
sonno, si ritrovò nei pensieri di qualcuno, qualcuno che
stava pensando a lei
in maniera estremamente intensa e non era Tom.
Si
destò
lentamente, cercando di capire di chi si trattasse. Si
concentrò maggiormente
su quella persona e si rivide in diversi momenti della sua vita
scolastica, ma
soprattutto in eventi successivi alla fine della scuola.
L’ultima immagine la
fece svegliare del tutto, lasciandola terrorizzata.
Respirando
affannosamente,
si guardò intorno nella stanza e si trovò davanti
la persona che continuava a
pensare a lei e a come toglierla di mezzo in modi orribili.
“È
tutto a
posto, Mylady?” domandò la donna, con finta
dolcezza.
Lei
annuì,
dando ad un incubo la colpa del suo spavento. Intanto, cercando di non
farsi
avvertire, entrò nella sua mente e oltrepassò
delicatamente le barriere attorno
ad essa per scoprire cosa aveva fatto esattamente.
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 - La fine ***
Capitolo
6
Avrebbe
voluto parlare con Tom, ma lui si sarebbe fatto prendere
dall’ira, di nuovo, e
non avrebbe risolto nulla; per questo la sera successiva a quella
terribile
scoperta si recò dal padrone di casa e lo mise alla prova.
Bussò
alla
porta dello studio, dove la condusse un’elfa domestica e
cercò di parlare con
lui.
Quando
insinuò un suo personale coinvolgimento negli attacchi
contro di lei, Abraxas
Malfoy reagì con una grande indignazione e le
ribadì ciò che le aveva detto
alla festa del suo fidanzamento.
“Io
ti ho
già detto che lo considero un amico, oltre che un leader,
anche se lui non la
penserà mai così; lo accetto e non lo tradirei
mai in questo modo. So quanto
tiene a te e sono convinto che cercare di farti del male sia
un’azione stupida
e sconsiderata che non ci porterebbe nulla di buono!” le
disse.
Estele
sorrise, riconoscente a quel mago di essere così fedele al
suo Tom.
“Bene,
sono felice che tu la pensi così! Ho bisogno del tuo aiuto e
ritengo sia
il caso che tu sappia che tua moglie fa parte del gruppo di estremisti
che mi
hanno attaccato e che è stata lei a raccontare loro che sono
incinta!” gli
rivelò, facendo una pausa in attesa della sua reazione.
“Cosa?
No!
Mia moglie non farebbe mai una cosa del genere! Non ci
posso…” iniziò alzando
la voce, fermandosi di botto, quando si prese conto che, in
realtà, la donna
aveva manifestato atteggiamenti di insofferenza verso la giovane che
aveva di
fronte.
Era
così
dispiaciuto per lei e incredibilmente adirato con sua moglie per quello
che
aveva fatto.
Si
inginocchiò davanti alla sua Regina Oscura e le
giurò.
“Mia
Regina,
io ti giuro, sulla mia vita e sulla mia magia, che farò
tutto ciò che è in mio
potere per obbedire ai tuoi ordini e per assicurare la tua sicurezza e
quella
dei tuoi figli! Da questo momento in avanti sarò il tuo
più umile e fedele
servitore!”
Lei
lo
guardò con riconoscenza e tenerezza per un attimo.
“Ti
ringrazio per la tua fedeltà, Abraxas! Sono contenta che tu
non sia dalla parte
di tua moglie e mi dispiace doverti informare che presto il nostro Lord
verrà
messo al corrente del suo tradimento.”
Lo informò, causandogli
un’espressione addolorata. Non provava amore nei
suoi confronti, ma era pur sempre la madre di suo figlio; la tristezza
tuttavia
scomparve in pochi istanti dal suo viso, che recuperò la sua
solita maschera
fredda e distaccata.
“Che
ne sarà
di me e di mio figlio?” domandò, sapendo bene che
sua moglie si era ormai
condannata a morte da sola.
Estele
fece
un sorriso tirato.
“Tu
ci sei sempre stato fedele e sento che sei sconvolto per il tradimento
di
tua moglie, perciò a te e a tuo figlio non verrà
fatto alcun male. Per quanto
riguarda Margaret non posso promettere nulla.” Disse, prima
di sospirare pesantemente
e posare con dolcezza una mano sul pancione con espressione determinata
e
triste insieme.
Prendendo
un
respiro profondo, alzò gli occhi su di lui e fece in tono
grave.
“Ora
devo chiederti un grosso favore, so che i Mangiamorte più
estremisti mi
vogliono togliere di mezzo, ma non intendo rischiare la vita delle mie
bambine.
Per questo, dato che loro non si arrenderanno finché io non
sarò morta, devo
fare ciò che è necessario…”
gli disse, con la voce che si abbassava sempre di
più mentre parlava. Il Lord Malfoy rimase in attesa di
sentire cosa voleva fare
la sua Regina, preoccupato per la luce sofferente che brillava nei suoi
occhi.
“È necessario che io mi consegni a loro! In questo
modo non daranno la caccia
alle mie bambine!” affermò lei con tono colmo di
determinazione.
“Cosa?
Ma
non puoi farlo! Non puoi farli vincere così! Faremo in modo
che non riescano a
farvi del male! Me ne occuperò personalmente, se necessario.
Io…” esplose una
volta assimilate le sue parole.
Voleva
cercare di capire cosa esattamente la sua Regina stava dicendo e farle
cambiare
idea, pur essendo consapevole che, alla fine, avrebbe dovuto aiutarla a
finire
in una trappola mortale.
“Lo
so che
ti può sembrare una pazzia questa, ma è
l’unico modo per salvare la vita delle
mie bambine. Ho parlato con un medimago questa mattina e mi rimangono
ancora
poche settimane, perciò, con il tuo aiuto, posso fare in
modo che loro non
sappiano quando partorirò e le mie piccole saranno al
sicuro, lontano da me e…
lontano da Tom.” Gli spiegò, poggiandogli
dolcemente una mano sul pugno che
Malfoy aveva serrato durante il suo sfogo precedente.
Lui
abbassò
lo sguardo, non riuscendo a sostenere il confronto con quelle giade
piene di coraggio,
forza e dolore.
“Ma
il Lord
non dovrebbe avere il diritto di sapere che le sue figlie sono vive e
stanno
bene?” chiese, quasi con ingenuità, quasi sperando
che quello avrebbe potuto
farle cambiare idea.
Estele
scosse la testa.
“Non
posso
permettere che lo sappia, in quel caso potrebbe cercare un contatto con
loro,
mentre loro saranno completamente al sicuro solo se saranno lontane da
noi!”
esclamò con gli occhi lucidi di lacrime e una mano posata
con amore sul ventre.
Lui
alla
fine decise di accettare, anche se a malincuore. Più la
guardava e più sentiva
il cuore sprofondare, non lo toccava neanche più il pensiero
della moglie e del
terribile destino che la attendeva per le sue azioni.
Lei
annuì
grata e si congedò, dirigendosi nella sua stanza per poter
scrivere una lettera
importante per il suo piano per proteggere le sue piccole in tutta
tranquillità.
Dopo
di che,
chiamò uno dei suoi elfi domestici per farla recapitare solo
nelle mani di
Eileen Prince, o forse era meglio dire Eileen Piton.
°°°
Quando
la
giovane donna dalla pelle bianchissima, il viso allungato e i lunghi
capelli
lisci e neri lesse il piccolo scritto rimase per un momento basita,
prima di
prendere una decisione e dare appuntamento a quella sconosciuta.
°°°
Qualche
giorno
dopo, Estele si preparò per uscire e si assicurò
che nessuno lo sapesse, tranne
Abraxas Malfoy che le aveva accordato il permesso di smaterializzarsi
da dentro
la villa.
Disse
a
tutti che si sentiva molto stanca e aveva intenzione di dormire per un
po’,
adducendo anche un leggero mal di testa, che le permettesse di tenere
ogni
possibile visitatore lontano.
Era
stata
fortunata anche perché Tom era stato chiamato da alcuni suoi
seguaci che avevano
scoperto qualche informazione sugli attentatori ed era corso via,
dicendo che
non sarebbe tornato prima di sera.
Si
smaterializzò nella vietta dietro la casa della strega e
bussò leggermente alla
porta.
Le
andò ad
aprire una donna dai lunghi capelli neri, lisci ma poco curati, la
pelle
bianchissima e due occhi scuri un po’ spenti e cerchiati da
profonde occhiaie e
folte sopracciglia.
“Eileen
Prince?” domandò Estele, consapevole che in quella
casa c’era solo una donna,
ma volendo esserne assolutamente sicura. La donna annuì,
prima di correggerla.
“Piton
ora, sono sposata…” mormorò prima di
guardarla bene e aggiungere con
tono più sicuro e acido. “Ma lei questo lo sapeva
già.”
Alla
fine si
spostò dalla porta e la fece entrare.
Si
accomodarono intorno al tavolo della cucina spoglia e completamente
babbana,
come quasi tutto ciò che era riuscita a vedere della casa.
Non c’era nulla che
testimoniasse l’identità magica della donna che
aveva di fronte, come se non
fosse lei ad abitarla.
“Vorrei
parlarle di una cosa che mi sta molto a cuore.”
Iniziò subito Estele “E vorrei
farle una proposta!”
La
signora
Piton guardò quella donna Purosangue, perché
purosangue era la strega che aveva
davanti, con occhi sospettosi e sorpresi al tempo stesso; nonostante la
lettera
che aveva mandato, non si aspettava di ricevere davvero una sua visita
e
soprattutto, dopo tutti gli insulti e le malignità che aveva
dovuto sopportare
per via del suo matrimonio, non si aspettava che una strega purosangue
fosse
così amichevole nei suoi confronti e anzi la trattasse come
una persona degna
di essere chiamata tale. Ma si riprese in fretta dallo shock e
domandò quale fosse
questa proposta.
“Cosa
vorresti propormi?”
La
bionda
sorrise, prima di rispondere.
“Posso
rimetterti in contatto con il mondo magico, se lo vuoi; altrimenti,
temo che
avremo un po’ da discutere, ma sono sicura arriveremo ad un
accordo. Ho bisogno
del tuo aiuto per una questione di vitale importanza per me…
ah! Ahi!” fece,
massaggiando piano il pancione, cercando di respirare profondamente.
Eileen
si
alzò per andarle accanto e provò ad aiutarla
sussurrandole di stare tranquilla
e respirare profondamente.
I
suoi
pensieri dicevano la stessa cosa, intramezzati da qualche domanda.
-Per
cosa
esattamente vorrà il mio aiuto una strega purosangue come la donna che ho
davanti?-
O
-Se
le do
l’aiuto che le serve poi potrò ricevere notizie
del mondo magico…. Potrei
riavere in parte quella vita…-
Estele
si
riprese dalla fitta.
“Le
bambine
tendono ad agitarsi se mi sentono nervosa o
preoccupata…” spiegò con un piccolo
sorriso, prima di tornare seria e aggiungere. “Ho bisogno del
tuo aiuto. Sto
rischiando molto a causa dei Mangiamorte e ho bisogno di una persona di
cui
fidarmi che protegga e vegli su una delle mie bambine. In modo che sia
al
sicuro e lontana da me e suo padre.” Le disse.
Eileen
la
guardò con stupore sempre maggiore.
Non
riusciva
a credere che avesse pensato di lasciare a lei una bambina, figlia di
una
Purosangue e in pericolo di vita.
Capiva
il
desiderio di proteggere sua figlia, ma come poteva lei aiutarla?
“Mio
marito non permetterebbe mai ad una bambina magica di vivere qui!
Già con
Severus...” mormorò con voce piena di rammarico,
sia per non poter aiutare quella
futura madre, sia per la vita dura che avrebbe avuto il suo piccolo,
per colpa
del padre e sua, che sembrava impossibilitata a difendersi e a
difendere il suo
bambino dalla crudeltà dell’uomo che amava.
“No,
tranquilla! Sapevo già che non avresti potuto tenerla con
te. Intendo lasciarla
ad una famiglia babbana e fare in modo che credano sia figlia loro, per
poterla
proteggere al meglio. Quello che voglio da te è solo che tu
la tenga d’occhio
e, quando sarà il momento le racconti del mondo magico e la
prepari per quando
lei e tuo figlio saranno pronti per andare a Hogwarts.”
Eileen le sorrise
leggermente, annuendo.
“Ok,
questo
posso farlo! Sta tranquilla, la tua bambina sarà al sicuro
qui!” le assicurò,
posandole le mani sulle sue sorridendo rassicurante.
Estele
sorrise di rimando, prima di sospirare profondamente.
Le
piangeva
il cuore al pensiero che stava per abbandonare le sue bambine, ma
sapeva di non
poter fare altrimenti.
Salutò
Eileen e la ringraziò per il suo aiuto, poi si
allontanò dalla sua casa,
passando di fronte ad un’adorabile casetta bianca dove una
famiglia giocava;
erano una coppia giovane con una bambina e la donna era in attesa del
secondo
figlio, ma, ascoltando i suoi pensieri per qualche attimo,
scoprì che c’erano
molte complicazioni, forse rischiava addirittura di non vederlo
nascere.
“Petunia!
Tesoro, non correre troppo veloce!”
Forse
aveva
trovato la famiglia giusta a cui affidare una delle sue piccole.
°°°
Qualche
giorno dopo si alzò sentendo le bambine che si muovevano
molto, riempiendola di
calcetti e colpi da ogni parte. Con indosso solo una camicia da notte e
una
vestaglia di seta, scese a fare colazione.
Tom
era già
in piedi e sorseggiava distrattamente del the, mentre sembrava che la
sua mente
fosse completamente persa nel vuoto.
“Tutto
bene,
amore mio?” domandò Estele, avvicinandosi
lentamente e carezzandogli i capelli
scuri come la notte.
Tom
si
appoggiò alla sua mano e sospirò.
“Stavo
cercando maggiori informazioni su quei tipi che ti hanno attaccato;
Lady Malfoy
ha parlato e ha fatto qualche nome… ma in realtà
non sa chi ci sia dietro a
tutto questo, sa solo di coloro di cui mi sono già
occupato!” Mormorò, stanco e
amareggiato, ma era anche turbato da qualcosa; qualcosa che
apparentemente non
voleva dirle.
Temette
per
un attimo che potesse aver capito cosa aveva intenzione di fare, ma se
anche
l’avesse capito non avrebbe potuto fermarla in alcun modo;
era necessario per
proteggere le loro bambine.
Sospirò
leggermente.
“Amore
mio,
cerca di non stancarti troppo, chiunque siano li troverai e
andrà tutto bene!”
gli mormorò abbracciandolo.
Lui
inspirò
profondamente il suo odore e le disse, con la voce attutita dal fatto
che stava
nascondendo la faccia nel suo petto.
“Se
dovessi
perdere te o le bambine la mia anima sarebbe lacerata, distrutta. Non
penso che
riuscirei a vivere senza di te.” Estele sentì il
cuore stringersi, perché
sapeva che presto, fin troppo presto, avrebbe dovuto lasciarlo per
sempre e
portargli via le sue bambine.
Non
gli
disse nulla, si limitò a stringerlo più forte,
mentre dentro piangeva
disperata.
°°°
Tom
nei
giorni precedenti al parto si comportò in maniera strana. In
alcuni momenti
sorrideva felice per l’imminente arrivo delle sue piccole
principesse e in
altri spariva, infuriato o frustrato dalla mancanza di risposte
concrete nella
ricerca di coloro che volevano uccidere la sua sposa e anima.
Avrebbe
fatto di tutto per proteggere la sua Estele che rischiava
così tanto a restare
con lui, pensava spesso, guardandola mentre era distratta.
A
Estele
invece capitava a volte di incantarsi a pensare a come avrebbe potuto
essere la
loro vita insieme, come una famiglia, con le loro bambine, a dover
combattere
solo con i pannolini, i pianti e le notti insonni.
In
quei
momenti le venivano in mente alcune delle visioni di sua nonna.
Una
in
particolare l’aveva colpita, perché rappresentava
esattamente ciò che avrebbe
voluto per sé e per Tom, ignorando il terribile finale.
“Amore!
Tom! Vieni ad aiutarmi! Lily si è
svegliata e ora non posso lasciare Juliet! Tom!” lo
chiamò Estele, cullando la
bambina che aveva in braccio che piangeva con tutto il fiato che aveva.
“Non
riesci proprio a gestirle senza di me, eh?”
domandò lui sorridendo mentre entrava dalla porta, per poi
andare a prendere in
braccio la piccola Lily, che si calmò visibilmente tra le
braccia di suo padre.
Estele
ridacchiò, scuotendo la testa.
“Non
riesco a gestire bene lei, visto che è
completamente pazza di suo padre!” ribatté, mentre
la bambina osservava il viso
del suo papà con i grandi occhioni verde giada, uguali a
quelli della mamma,
ancora un po’ lucidi di lacrime.
Lui
le sorrise dolcemente e lei ricambiò con un
sorriso sdentato.
Intanto
anche Juliet cominciò a calmarsi e strinse
nella manina la stoffa del vestito della sua mamma.
Si
accomodarono sul tappeto magicamente imbottito
al centro della stanza delle bambine e giocarono un po’ con
loro, prima che Tom
fosse costretto a tornare ai suoi doveri.
Fortunatamente,
per le bambine era il momento del
riposino, perciò le misero a dormire e si allontanarono
silenziosamente dalle
culle.
“Sono
così belle! Mi dispiace dovermi allontanare
da loro. Vorrei poter restare tutto il tempo ad osservarle!”
mormorò Tom,
rimanendo per qualche istante sulla porta.
Estele
lo abbracciò, guardando con amore i loro
piccoli tesori che dormivano beati.
“Già,
sarebbe stupendo! Ma ora è meglio andare,
abbiamo molte cose di cui occuparci oggi, ricordi?” disse
lei, tirandolo
leggermente per farlo spostare .
Annuendo,
Tom lanciò un ultimo sguardo alle sue
piccole principesse e uscì, chiudendo la porta.
Doveva
incontrare alcuni suoi seguaci, che avevano
detto di avere delle informazioni sugli estremisti che avevano
attaccato la sua
sposa.
“Ora
devo andare, ma sarò a casa entro un paio
d’ore!” promise, dandole un bacio, prima di
smaterializzarsi.
Estele
sospirò, sperando che andasse tutto bene e
che trovasse quelle persone, così da poter vivere la loro
vita più tranquilli.
Si
accomodò nel salone, avvisando Miky di
chiamarla subito se le bambine si fossero svegliate.
Cominciò a leggere per far
passare il tempo e rimase sorpresa nel sentire il campanello suonare.
Uno
degli elfi domestici andò ad accogliere il
visitatore inaspettato.
Estele
si alzò in piedi per salutare l’uomo appena
entrato.
“Salve,
signore, non mi aspettavo visite
quest’oggi.” Lo salutò, osservandolo
attentamente.
“Mia
signora, vi porgo le mie più umili scuse per
essermi presentato senza essere atteso, ma dovevo assolutamente
incontrarvi
oggi. Prima che il Lord facesse ritorno!” la
salutò, inchinandosi e estraendo
la bacchetta.
Estele
spalancò gli occhi e cercò di impugnare la
sua, venendo disarmata e immobilizzata dall’uomo.
“Adesso
è il momento di cambiare le cose, mia Regina.
Voi siete d’intralcio. Non è più
possibile andare avanti così… il nostro Lord
deve cominciare a fare ciò che va fatto e finché
voi sarete qui… beh… siete
d’intralcio. Addio, mia Regina!” le disse, con tono
carezzevole e un sorriso
malefico.
Estele
provò a parlare, a fargli cambiare idea, ma
le fu impossibile.
L’ultima
cosa che vide fu il lampo verde della
maledizione che uccide e ebbe il tempo di pensare che non sarebbe stata
in
grado di salvare le sue bambine, né di restare con Tom.
Si
riscosse
dai suoi pensieri, notando di essere fissata dal suo amore, che le
sorrise
appena, prima di andarsene.
°°°
Il
giorno
del parto arrivò e, ad esclusione del medimago e Abraxas
Malfoy, nessuno venne
a conoscenza della cosa.
Nessuno
sapeva che lei stava partorendo e, rimasta sola con il medimago, Estele
gli
chiese un favore; era necessario che la facesse sembrare ancora
incinta, visto
che non voleva che qualcuno venisse a sapere che le sue bimbe erano
già nate.
Doveva proteggerle perfettamente finché il suo piano non
fosse giunto a
compimento.
Il
parto
durò molte ore e, anche con l’aiuto delle pozioni,
la lasciò distrutta. Tenne
vicino le sue piccole per un po’, le osservò con
il cuore gonfio di gioia nel
vederle così belle e pianse.
Il
giorno
dopo avrebbe dovuto attuare il suo piano.
Il
medimago
le lasciò delle pozioni rinvigorenti da prendere e la
lasciò da sola con
Abraxas.
“Mia
signora, sono bellissime. Siete certa di voler andare fino in
fondo?” le
chiese.
“Si,
Abraxas, devo andare
fino in fondo. Anche se mi fa sempre più male il pensiero di
doverle
abbandonare.” Rispo
se
con un
filo di voce e gli occhi pieni di lacrime. “Domani
avrò bisogno che tu mi
aiuti. Porterò al sicuro le mie piccole e
poi…” aggiunse, senza staccare gli
occhi dalle bambine appena nate che aveva tra le braccia.
“Si,
mia
signora.” Disse lui semplicemente, prima di inchinarsi e
andarsene.
“Ora
è
meglio che io mi metta a dormire.” Mormorò la
donna. “Miky!” chiamò.
L’elfa
domestica apparve in uno schiocco accanto a lei.
“La
signora
ha chiamato Miky.” Disse con un piccolo inchino.
“Metti
le
piccole nelle culle, e prenditi cura di loro per la notte. Assicurati
che
nessuno si accorga di loro!” le ordinò Estele,
prima di chiudere gli occhi e
addormentarsi stremata.
L’elfa
domestica eseguì gli ordini alla lettera, assicurandosi che
nessuno si
accorgesse delle piccole.
°°°
Il
mattino
seguente Estele si svegliò ancora spossata, ma
cercò di non darlo a vedere. Tom
era sdraiato accanto a lei, ancora addormentato.
Ne
approfittò per recarsi in bagno e prepararsi per la giornata
che la aspettava.
Accarezzò
con nostalgia il pancione che il medimago aveva mantenuto con la magia
e una
lacrima le solcò il viso.
La
scacciò
via e prese un respiro profondo, guardandosi allo specchio e cercando
coraggio
nel suo riflesso.
Non
volendo che
Tom si insospettisse non vedendola nella stanza al suo risveglio, dopo
essersi
lavata e vestita si preparò per fare colazione.
Tom
si
svegliò proprio mentre lei stava per sedersi a tavola,
imbandita appositamente
dagli elfi domestici nel salottino, degli appartamenti offerti loro dai
coniugi
Malfoy.
“Buongiorno
Tom!” lo salutò Estele, servendosi una tazza di
the.
“Buongiorno
Principessa! Come mai già sveglia? Il medimago ti ha
ordinato molto riposo…”
disse lui, dandole un bacio prima di accomodarsi sulla sedia accanto
alla sua e
sfregarsi gli occhi stanchi.
“Non
riuscivo a dormire… pensavo di fare una passeggiata nel
giardino per rilassarmi
un po’…” rispose, cercando di non
tradirsi con la voce o con qualche
manifestazione eccessiva di nervosismo o qualunque altra cosa che
avrebbe
potuto rendere Tom troppo sospettoso o preoccupato per lei da impedirle
di
proseguire nel suo piano.
Doveva
mantenere
la facciata ancora per poche ore. Ancora poche ore, poi tutto sarebbe
finito.
Non
nel modo
in cui avrebbe voluto, dopo aver sconfitto il suo destino, dopo aver
vinto
quella battaglia contro le visioni della nonna e aver conquistato il
cuore di
Tom, ma non c’era altro modo.
“Oggi
non ho
molto da fare, ti dispiace se vengo con te a passeggiare in giardino,
più
tardi?” le disse, guardandola con la coda
dell’occhio.
Estele
sorrise radiosa.
Quello
sarebbe stato probabilmente il loro ultimo giorno insieme…
“Ma
certo
che no! Ti aspetto nel giardino, allora!” rispose lei,
alzandosi e dandogli un
bacio sulla guancia, mentre si dirigeva nella stanza dove le sue
piccole
dormivano e chiamava Miky perché avvisasse Eileen Piton e
rintracciasse per lei
una persona.
“Come
la
padrona desidera!” mormorò l’elfa prima
di svanire.
Estele
approfittò di quei pochi istanti con le sue bambine, mentre
lottava per
trattenere le lacrime.
Prese
Lily,
la più piccola, dagli occhi verdi come i suoi, in braccio e
se la strinse al
petto, facendo attenzione a non farla svegliare.
“Non
sai
quanto vorrei tenerti con me! Quanto vorrei che le cose potessero
andare
diversamente. Potremmo vivere tutti insieme: tu, io, la tua sorellina e
tuo
padre. Saremmo una famiglia…” mormorò,
cullandola. “Ma non preoccuparti, farò
in modo che abbiate comunque una famiglia che vi amerà alla
follia come avremmo
fatto noi!” promise poi.
Dopo
qualche
altro minuto, la adagiò amorevolmente nella sua culla e le
diede un bacio sulla
testolina su cui cominciavano a crescere morbidi capelli rossi.
Si
avvicinò
all’altra culla e prese Juliet, l’altra sua
bambina, che cominciava ad agitarsi
nel sonno.
La
cullò
dolcemente, carezzandole i capelli neri come quelli del padre e
canticchiando
una ninna nanna per farla tranquillizzare.
Poté
rimanere con loro un’altra mezz’ora, dopo di che fu
costretta ad allontanarsi.
Miky
comparve al suo fianco proprio pochi istanti prima che la chiamasse.
“Padrona,
Miky ha eseguito i compiti che le avevate affidato. Madama Piton la
informa che
è pronta per aiutarla e la persona che mi avete mandato a
cercare è a Londra
attualmente, alloggia in un hotel babbano. Ha detto a Miky di
consegnarvi
questo messaggio.” Disse l’elfa, inchinandosi e
tirando fuori dal vestitino che
indossava una lettera.
“Ciao
Demon, o forse ora dovrei dire Riddle?, sono
sorpresa che tu mi abbia contattato. La tua elfa dice che hai bisogno
di
parlarmi. Ti informo che resterò in questo hotel ancora una
settimana, poi
tornerò a casa da mio marito, perciò
approfittane, se non vuoi dovermi cercare
in Italia.
J.S.”
Estele
sorrise nel constatare che non sembrava cambiata per niente dai tempi
della
scuola. Sperava che la sua vecchia amica le avrebbe accordato quel
favore
enorme che aveva intenzione di chiederle.
Bruciò
la
missiva e lasciò le sue bambine nelle mani di Miky,
ricordandole che doveva
fare in modo che nessuno si accorgesse di loro.
°°°
Si
recò in
giardino, addentrandosi il più possibile e fermandosi
davanti ad un piccolo
laghetto circondato da fiori selvatici.
Si
accomodò
su una panchina in marmo, all’ombra di uno dei grandi alberi
che circondavano
quella piccola radura, e rimase ad osservare lo spettacolo di luci e
colori
creato dal sole che colpiva le acque del laghetto, che rifletteva tutti
i
colori dei fiori cresciuti tutt’attorno.
Tom
la trovò
così, in beata contemplazione di quel piccolo angolo di
paradiso, e le sedette
accanto.
Lei
lo
guardò con gli occhi pieni d’amore e gli
posò la testa sulla spalla, mentre lui
le faceva passare il braccio attorno alle spalle.
Per
diversi
minuti non si mossero né parlarono, cullandosi nella
sensazione di stare
insieme, lasciando fuori le preoccupazioni per un po’.
Gli
unici
suoni erano il canto degli uccelli, magici e non, che giravano per la
tenuta e
lo sporadico rumore fatto dai pesci del laghetto che saltavano fuori
dall’acqua.
“Vorrei
che
questo momento non finisse mai…”
mormorò a bassissima voce Estele, rompendo il
silenzio in cui erano caduti.
Tom
ridacchiò appena.
Qualche
anno
prima le avrebbe dato una risposta sarcastica o pungente per aver detto
quelle
parole così sdolcinate, ma ora, anche se solo con lei,
sentiva di potersi
permettere di credere a quel sentimento che più di tutti
aveva sempre denigrato
e odiato.
“Ti
amo,
principessa!” le disse poco dopo.
Estele
alzò
di scatto la testa per poterlo guardare in viso, ma Tom teneva gli
occhi
puntati sul laghetto.
La
donna
lasciò perdere dopo qualche istante, scuotendo la testa con
un sorriso sul
viso, riappoggiandosi alla sua spalla.
°°°
Quando
il
sole raggiunse il punto più alto, decisero di rientrare
nella villa per il
pranzo e far riposare un po’ Estele, che, nonostante le
pozioni del medimago,
era ancora molto provata dal parto.
“Coraggio,
torniamo alla villa.” Disse Tom, alzandosi dalla panchina e
porgendole una mano
per fare altrettanto.
Estele
la
afferrò, per poi arpionarsi al suo braccio mentre
ritornavano, passeggiando
lentamente, verso l’edificio.
“Sai,
nonostante tutto potrebbe mancarmi tutto questo…”
mormorò lei distrattamente,
persa nei suoi pensieri.
“Ti
potrebbe
mancare la sensazione di essere spiata, braccata e in pericolo di
vita?” domandò
Tom caustico, insicuro su come prendere le sue parole.
Per
tutta
risposta lei rise.
Una
risata
vera, contagiosa.
Una
risata
che non le sentiva fare da parecchio.
Rimase
per
qualche secondo abbagliato da lei, poi ricordò che stava
ridendo della sua
domanda e mise su una faccia offesa, come faceva quando erano a scuola.
Notandolo,
lei in un primo momento cercò di tornare seria, vedendo quel
cipiglio scuro, ma
dopo poco ricominciò a ridere e lui alla fine si arrese,
lasciandosi scappare
un piccolo sorriso.
Lei
se ne
accorse e lo costrinse a fermarsi per baciarlo.
Amava
quando
faceva cadere la maschera.
°°°
Pranzarono
insieme, loro due soli, chiacchierando del più e del meno,
tenendo ancora il
resto del mondo fuori.
Sembravano
essere tornati indietro nel tempo, a quando ancora non si dovevano
preoccupare
degli attacchi o della vita delle loro piccole.
Il
loro
piccolo idillio venne spezzato quando un elfo domestico
avvisò Tom che uno dei
suoi seguaci aveva un rapporto da fare su alcuni raid, aggiungendo che
forse
aveva scoperto qualcosa sugli attentatori.
Estele
sospirò.
“Avanti,
vai! Il lavoro ti chiama!” disse con un piccolo sorriso.
“Torno
il
prima possibile.” Promise Tom, dandole un piccolo bacio sulla
fronte, prima di avviarsi
verso il camino e recarsi a casa loro, dove teneva le riunioni con i
suoi
seguaci.
La
donna ne
approfittò per poter andare dalle loro bambine e chiese a
Miky di avvisare
Eileen Piton che stava per arrivare e poi tornare immediatamente, per
stare con
Juliet.
Prese
Lily
in braccio e, appena l’elfa fece ritorno, si
smaterializzò dal palazzo per
andare dalla strega.
Riapparve
nel vicolo dietro la casa dei Piton e strinse la piccola Lily a
sé, assicurandosi
che fosse tutta intera.
La
bimba
aprì i suoi occhioni verdi per osservare il nuovo ambiente
con curiosità.
Estele
le
sorrise rassicurante e si incamminò verso
l’ingresso.
“Eileen?
Eileen? Sono Estele!” chiamò, entrando dalla porta
principale.
La
raggiunse
il pianto di un bambino e lo seguì fino ad arrivare in una
stanza con una culla,
un piccolo armadio e qualche gioco.
La
donna
stava cullando un bambino, mormorandogli paroline dolci e canticchiando
una
melodia.
La
bionda si
allontanò con discrezione per lasciare soli madre e figlio.
Uscì di casa senza
fare rumore e esaminò le case circostanti.
Individuò
subito la casa della famiglia che aveva scelto per la sua piccola. I
coniugi
erano molto tristi, la donna aveva avuto un aborto spontaneo poche
settimane
prima.
Per
la prima
volta in vita sua, Estele usò i suoi poteri nel loro pieno
potenziale.
Osservandoli
dal loro giardino, assicurandosi di non essere vista, entrò
nelle loro menti e
ne modificò il contenuto, impiantò nella loro
memoria dei falsi ricordi per poi
lanciare un incantesimo che avrebbe reso quei ricordi reali anche per
amici,
parenti, conoscenti, dottori e tutti coloro che avrebbero incontrato.
Entrò
nella
casa e si diresse verso la camera del bambino, cambiò alcune
cose, soprattutto
alcuni giocattoli e i vestitini e rese il tutto compatibile con una
bambina.
Dopo di che posò la sua piccola Lily nella culla e la
salutò con un bacio.
Tornò
nella
cucina dove i due babbani si trovavano e con un altro incantesimo
creò tutta la
documentazione della sua bambina per ufficializzare il fatto che fosse
figlia
loro.
Dopo
aver
preso un respiro profondo lasciò la casa, spezzando il
controllo mentale sui
coniugi Evans.
Avrebbe
dovuto avvisare Eileen, ma non ne aveva la forza in quel momento, con
le
lacrime che già cominciavano a scendere copiose.
°°°
Si
smaterializzò nella Villa Malfoy appena in tempo per
incontrare il padrone di
casa, che capì al volo cosa aveva fatto solo guardandola.
Gli
gettò le
braccia al collo, stringendosi a lui, mentre la realtà di
ciò che aveva fatto
la colpiva con tutta la sua forza.
Lui,
non
sapendo cosa dire, si limitò a stringerla e carezzarle la
schiena per
rassicurarla.
Continuò
a
piangere per diverso tempo, finché una fitta
all’addome le spezzò il poco fiato
che i singhiozzi le avevano lasciato.
Una
spiacevole sensazione di bagnato le aveva raggiunto le gambe e,
allontanandosi
di poco da Abraxas, sollevò la gonna lunga del vestito che
portava per vedere
una chiazza di sangue che si allargava sotto di lei.
“Ma…
ma
cosa… ah! Che succede?” domandò
sconvolta con un filo di voce, piegandosi in
avanti per cercare di arginare il dolore che sentiva.
“Sta
tranquilla, non ti agitare…!” le disse Abraxas,
prendendola in braccio. “Ora ti
porto in camera e chiamo il medimago e Tom.” Aggiunse.
Chiamò
un
elfo perché contattasse il dottore e il suo Lord e arrivati
in camera cercò di
aiutare Estele come poteva.
“Aspetta!
Aspetta! Tu sai… ah… cosa mi sta
succe… ah… dendo?” gli
domandò guardandolo
storto mentre altre fitte all’addome la facevano gemere dal
dolore.
Lui
abbassò
un secondo lo sguardo, poi controllò la porta.
“Il
medimago
mi aveva avvisato che poteva accadere… una delle pozioni che
ti ha dato simula
l’effetto di un aborto… o almeno quello che
crederanno tale…” le spiegò.
Estele
avrebbe voluto chiedergli di spiegarsi meglio, ma Tom entrò
in quel momento,
seguito dal medimago, che buttò fuori i due uomini.
“Signorina,
ora cerchi di fare respiri profondi, devo assicurarmi che non rimangano
residui
della pozione che le ho dato.” Le disse, iniziando a lanciare
degli incantesimi
diagnostici per poi passare ad altri che dovevano servire per far
sparire i
residui della pozione.
Dopo
mezz’ora anche il sangue smise di scorrere e il medimago la
aiutò, insieme ad
un elfo domestico, a darsi una ripulita e a cambiarsi.
Poi
diede il
permesso a Tom di entrare, con la condizione di non farla agitare e
lasciarla
riposare.
“Tesoro
mio!
Principessa! Stai bene?” le domandò con tono quasi
sconvolto, stringendola tra
le braccia.
Estele,
sentendo quella stretta così rassicurante, si
lasciò andare ad un pianto
disperato, Tom non l’avrebbe trovato strano. Per quanto ne
sapeva lui, le
conseguenze dell’attacco di qualche mese prima si erano
manifestate e le
bambine non erano nate.
Anche
lui
sentiva il cuore sprofondare a quel pensiero, se ne fosse stato capace
avrebbe
pianto come la sua principessa, ma tutto quello che riusciva a fare era
tenerla
tra le braccia e pensare a centinaia di modi in cui avrebbe potuto
uccidere e
torturare quelli che avevano fatto questo, facendo attenzione a non
farsi
sentire da lei.
Rimasero
così, stretti insieme, per diverse ore, durante le quali
Estele si calmò e gli
chiese di poter restare da sola.
“Principessa…
sei sicura di…” iniziò Tom incerto, non
molto convinto che lasciarla sola fosse
saggio, ma lei lo interruppe.
“Si,
Tom!
Voglio restare da sola!” fece con tono duro, sorprendendolo.
“Per favore…”
aggiunse dopo poco, addolcendo la voce e lanciandogli
un’occhiata implorante.
L’uomo
cedette, capendo il desiderio di solitudine della sua amata, pur
continuando ad
essere preoccupato.
“D’accordo!
Ti lascio sola, però voglio che Abraxas rimanga nei nostri
appartamenti. Così
se dovessi avere bisogno di qualcosa, lui sarà
qui.” Pretese Tom, lanciandole un’occhiata
che bloccò le sue proteste sul nascere.
“Va
bene!
Abraxas mi farà da baby-sitter.”
Accettò Estele con la voce strozzata dal
magone che aveva in gola.
In
realtà,
se Abraxas fosse rimasto con lei, ne avrebbe potuto approfittare per
uscire e
andare a parlare con Jennifer.
Si
raggomitolò sul letto, stringendosi nella coperta.
Tom
la osservò ancora per
qualche istante con preoccupazione.
Non
voleva
lasciarla sola.
Voleva
restare con lei.
Poterla
osservare, stringere, assicurarsi che stava bene.
Non
voleva
lasciarla sola, ma lo fece lo stesso.
°°°
Estele
attese qualche minuto prima di chiamare Abraxas per potergli parlare.
“Mia
signora.” Le disse entrando.
“Abraxas,
ho
bisogno di una cosa, ma prima…”
mormorò, facendogli cenno di avvicinarsi.
“È
ancora di là, vero?” domandò retorica,
ricevendo solo un cenno d’assenso in
risposta.
Lei
sospirò.
Immaginava che non si sarebbe allontanato subito, ma lei aveva bisogno
di
incontrare Jennifer, anche se il cuore continuava a restare pesante e
ferito da
quello che stava facendo.
Non
avrebbe
voluto far soffrire Tom a quel modo, ma non poteva rischiare la vita
delle
figlie che avevano avuto.
All’improvviso
una mano fredda e pallida prese la sua e la fece sobbalzare.
Alzò di scatto gli
occhi verso l’uomo biondo che aveva davanti.
“Mio
signore
siete sicura?” chiese con un filo di voce.
Questa
volta
fu Estele ad assentire semplicemente.
“Ho
bisogno
di incontrare una persona, oggi. Il prima possibile e Tom non deve
saperlo.”
Disse, mantenendo la voce bassa.
Lord
Malfoy
annuì, rassegnato ad aiutarla fino all’amara
conclusione del suo piano.
“Il
lord si
preoccuperà se doveste uscire da sola. Verrò con
voi.” Le fece notare.
“Lo
so, ma resterai in disparte. Anche se mi fa soffrire e fa soffrire Tom,
è
una cosa che devo fare per proteggere le nostre figlie.”
Disse decisa, per poi
alzarsi e cambiarsi con dei vestiti adatti ad incontrare la sua vecchia
compagna di scuola.
“Sarà
meglio
che avvisi il Lord.” Disse Abraxas dirigendosi verso la porta
venendo fermato
dalla sua Regina.
“No!
Ci
penserà Miky quando saremo già usciti. Se gli
parli ora vorrà sapere dove
andiamo, per quanto stiamo via e discuterà su tutto,
facendoci perdere tempo
prezioso.” Cercò di farlo ragionare.
Anche
se lui
continuava ad essere incerto.
“Senti,
faremo prestissimo e Tom non oserà entrare qui almeno per
un’altra ora. Non se
ne accorgerà!” gli promise.
Il
Mangiamorte annuì rassegnato e attese qualche altro minuto
che la sua Regina
fosse pronta per poter andare.
°°°
Estele
gli
comunicò la destinazione e il padrone di casa
smaterializzò entrambi nel
vicoletto dietro il Paiolo Magico. Da lì proseguirono a
piedi fino all’hotel
babbano dove Jennifer Smitherson, ora Lady Silvano, alloggiava.
Si
fecero
accompagnare da un cameriere fino alla sua stanza, dove avrebbero
potuto
parlare senza essere disturbati.
Il
cameriere
bussò alla porta della camera 304 e attese una risposta
dall’interno, prima di
dire.
“Signora,
ci
sono due persone che desiderano vederla!”
A
quelle
parole la porta si aprì, rivelando una donna alta e
slanciata con lunghi
capelli scuri acconciati in boccoli e tenuti ordinati con delle
forcine, con
indosso un elegante vestito nero fumo.
Spalancò
gli
occhi in un primo momento, poi sorrise.
“Demon!
Che piacere
rivederti finalmente!” esordì la donna, allargando
il sorriso. “Grazie, Jonathan,
li aspettavo.” Aggiunse parlando al cameriere, che si
dileguò subito dopo.
Estele
e
Abraxas entrarono nella stanza, e guardandosi attorno, Malfoy storse
naso e
bocca in una smorfia disgustata.
“Allora,
cos’è questa cosa importate di cui devi parlarmi?
Non dirmi che ti sei messa
nei guai, Demon!” cominciò Jennifer, servendo a se
stessa e ai suoi ospiti un
bicchiere di vino.
“Non
sono io
che mi metto nei guai!” esclamò Estele piccata,
scordando per un secondo le sue
preoccupazioni e i suoi dolori, ricevendo due occhiate scettiche
identiche.
Decidendo di ignorare la cosa, continuò.
“Ciò di cui volevo parlarti è un
grosso favore. E vorrei potertelo chiedere in maniera più
delicata… Miky!”
disse, catturando tutta la sua attenzione.
L’elfa
apparve pochi istanti dopo con una Juliet disperata in braccio, che
riempì la
camera di vagiti, pianti e grida.
Jennifer
guardò la bambina con gli occhi sgranati, poi
osservò Estele che la prendeva in
braccio e riusciva a calmarla in pochissimo tempo.
Appena
la
bambina si addormentò in braccio alla sua compagna di
scuola, Jennifer ne
approfittò per tempestarla di domande.
“È
tua
figlia? Non mi avevi detto di avere una figlia! Perché
l’elfa l’ha portata qui?
Lei centra qualcosa con il favore che mi devi chiedere? Il padre
è Tom Riddle?”
Estele
sorrise appena.
“È
meglio
sederci, così ti posso raccontare tutta la
storia.” Le propose.
Le
due donne
si accomodarono su un divanetto, una accanto all’altra, e la
bionda le parlò
dell’attacco nei suoi confronti e della lettera e di come
avesse scoperto,
tramite sua nonna, che, continuando a vivere con Tom, le loro figlie
sarebbero
state uccise.
“Allora
lascialo!” esclamò Jennifer infervorata.
“Non
posso…
e comunque non cambierebbe nulla, oramai. Tom non riuscirebbe a stare
lontano
dalle sue bambine o da me, se lo sapesse. Per questo ho bisogno del tuo
aiuto.”
Ribatté Estele.
La
bruna
sembrò realizzare solo in quel momento un particolare che le
era sfuggito
prima.
“Aspetta
un
secondo… hai detto figlie? Dov’è la
seconda?” domandò.
“L’ho
già
affidata ad un’altra famiglia che
l’amerà come fosse sua. E volevo chiederti di
fare lo stesso con Juliet. Se resta con noi rischia di essere uccisa,
perciò
vorrei che la crescessi tu, come fosse tua.” Rispose.
Jennifer
a
quelle parole sgranò gli occhi all’inverosimile.
“Tu…
tu
vuoi… vuoi affidarmi tua figlia?” chiese esitante
per essere sicura di aver
capito bene.
L’altra
annuì semplicemente.
“È
l’unico
modo che ho per tenerle al sicuro. Così vivrà
lontano da noi e nessuno scoprirà
mai che è figlia mia e di Tom. Nemmeno lei.”
Spiegò Estele.
“Ma…”
provò
ad obiettare Jennifer, bloccandosi nel vedere gli occhi verdi pieni di
lacrime
della donna che aveva davanti. “D’accordo,
terrò io tua figlia, io e mio marito
la cresceremo come fosse nostra. Ma sappi che un giorno io le
dirò la verità.”
Aggiunse, abbracciando lei e la bambina.
Estele
in
cambio le dedicò un grande sorriso riconoscente, anche se
triste, per poi
passarle la bambina, che venne presa in braccio con un po’ di
timore.
“Vorrei
che
accettassi un piccolo dono, anche. Miky!” disse la bionda.
L’elfa
riapparve immediatamente.
“La
padrona
ha chiamato Miky?” mormorò con un piccolo inchino.
Estele
si
tolse la cintura che portava in vita e la offrì
all’elfa domestica, la quale la
guardò con gli occhi sgranati e pieni di lacrime.
“Jennifer,
vorrei che Miky diventasse la tua elfa domestica. Ti potrà
aiutare in molte
cose, ma soprattutto si è occupata di Juliet da quando
è nata.” Disse.
L’altra
donna guardò l’elfa e le sorrise dolcemente.
Con
l’aiuto
di Abraxas Malfoy legarono Miky a Jennifer, dopo di che le vennero
consegnati
tutti i documenti relativi alla bambina e quelli per
l’adozione.
Una
volta
sistemata la parte burocratica, Abraxas intervenne nella conversazione.
“Mia
Signora, dobbiamo proprio andare ora, o rischiamo di fare
tardi!”
“Si
certo. Andiamo
subito!” rispose Estele, salutando la donna e la sua bambina.
“Arrivederci,
Smitherson! Ciao, angelo mio!” mormorò,
abbracciandole entrambe e posando un
bacio sulla testolina mora della piccola.
“Arrivederci
Demon!” la salutò.
Poi
lasciarono
la neo mamma a fare conoscenza con la sua bambina.
°°°
Tornati
nella
camera da letto di Estele, Abraxas andò a verificare che il
Lord non si fosse
accorto di nulla e lo trovò seduto a leggere un libro
nell’angolo del salottino
più distante dalla porta della camera.
Questi
alzò la
testa quando sentì la porta aprirsi.
“Come
sta?”
gli domandò, utilizzando un tono che il biondo non gli aveva
mai sentito usare.
“Meglio.
Ora
sta riposando, ma ripete che desidera restare ancora un po’
da sola.” Rispose Malfoy
con un inchino.
Tom
annuì,
poi si allontanò dalla stanza.
°°°
Intanto
Estele
stava preparando la parte finale del suo piano. Sapeva che Jennifer
avrebbe
tenuto il segreto sulle origini di Juliet fino a che la guerra fosse
andata
avanti, ma una volta finita, le avrebbe detto tutta la
verità.
Era
il
momento di spiegare la situazione anche alla piccola Lily, anche se non
avrebbe
potuto farlo di persona.
Le
scrisse una
lunga lettera, parlando di tutta la sua storia con Tom, fin dal
principio, fin
da quel primo momento all’orfanatrofio.
Poi
prese il
suo diario e vi raccolse tutti i suoi ricordi con Tom, quelli belli e
quelli
brutti, i suoi ultimi giorni di vita, la sua decisione di abbandonare
le sue
figlie e perché. Quel libricino avrebbe spiegato un sacco di
cose, un giorno.
Allegò
una
lettera per Abraxas, che avrebbe avuto il compito di mandarlo a Lily.
Sistemò
il
tutto in una scatola in legno incantato, che avrebbe potuto aprire solo
sua figlia,
o sangue del suo sangue, e la consegnò ad un elfo domestico,
cui disse di
lasciarlo nello studio del padrone.
Infine
prese
un respiro profondo e si smaterializzò.
°°°
Grazie
ad
Abraxas, i suoi nemici avevano saputo che quella sera si sarebbe
recata, dopo
diversi anni, al cimitero, nella cripta della sua famiglia, per rendere
un
saluto ai suoi genitori.
Per
questo
non si sorprese troppo, quando sentì la bacchetta volarle
via di mano e una
cruciatus colpirla appena posò i piedi a terra.
Il
dolore la
fece gridare a squarciagola mentre le ginocchia le cedevano.
Pochi
istanti
dopo il dolore svanì, permettendole di riprendere fiato.
“Non
pensare
che sia già finita, mia Regina!” disse in tono di
scherno uno degli uomini più
fedeli del suo Tom, Evan Rosier, lanciandole un’altra
cruciatus, unita alle
risate dei suoi compari.
La
strattonarono per le braccia per farla alzare in piedi e la
trascinarono su una
delle tombe, legandole mani e piedi.
Continuarono
a torturarla per un po’, alternando incantesimi, lame e
percosse.
La
sua mente
si perse nel dolore di quelle torture, alienandosi da tutto il resto,
finché
persino quello svanì, lasciandole solo l’oblio.
La
sua voce era
oramai ridotta ad un lieve sussurro, devastata dalle lunghe grida cui
era stata
costretta.
Rosier
fece
fermare le torture per un istante, per poterle mormorare
all’orecchio.
“Avresti
dovuto pensarci prima, ragazzina. Stavi quasi per rovinare
tutto!” disse.
Poi
si
allontanò, lasciandola in balia di mostri assetati di sangue.
“Principessa!”
La
voce di Tom
le giunse distante, lontana, la cullò nell’oblio
che la avvolgeva, rendendola
insensibile a tutto.
-Ti
amo…-
pensò.
Poi
l’oscurità
l’avvolse completamente.
°°°
Tom
era
stato avvisato da Malfoy che Estele era riuscita ad uscire dalla villa
e
probabilmente era in pericolo.
Evan
Rosier
confermò poco dopo le sue ipotesi, avvisando il Lord che il
gruppo estremista
stava attaccando la Regina al cimitero dei Demon.
Lord
Voldemort
si smaterializzò immediatamente lì, uccidendo
tutti quelli che vedeva, aiutato
da Malfoy e Rosier che gli si avvicinò correndo tra i corpi.
“Presto,
signore! Gli altri sono dentro la cripta!” gridò,
indicandola.
Lord
Voldemort
gridò quando la vide.
“Principessa!”
Le
si
avvicinò, pregando per la prima volta in vita sua
perché lei sopravvivesse.
-Ti
amo…-
riuscì ad avvertire un pensiero provenire da lei, ma non era
come altre volte…
era distante… quasi provenisse da un’altra
dimensione.
“Estele!
Guardami!
Ti prego! Guardami!” le disse, urlando, prendendole il viso
tra le mani, mentre
con un incantesimo scioglieva le corde che la legavano.
I
suoi occhi
erano aperti, ma non vedevano.
La
prese tra
le braccia, bagnandosi i vestiti del suo sangue, provando a scuoterla,
a farla
tornare da lui.
I
suoi
splendidi occhi verdi, di solito brillanti, luminosi, pieni di vita,
ora erano
spenti, vuoti… morti.
Mormorò
ancora
una volta il suo nome, pregando perché lo sentisse,
perché tornasse da lui.
Poi,
d’un
tratto, il dolore che aveva accumulato esplose e la sua magia esplose
con esso.
Gridò con tutto il fiato che aveva in corpo, maledicendo
tutto il creato.
Voleva
solo
distruggere tutto e la sua magia fece proprio questo: distrusse tutto
ciò che
entrava nel suo raggio d’azione.
La
strinse
tra le braccia, lasciando che un’unica lacrima cadesse dai
suoi occhi, ora
rossi come bracieri ardenti.
Abraxas
Malfoy
e Evan Rosier si erano tenuti in disparte mentre il loro Lord
sterminava coloro
che avevano osato sfidarlo e assistettero all’opera di
distruzione messa in
atto dalla sua magia, senza nemmeno bisogno della bacchetta.
Dell’antica
cripta dei Demon erano rimaste solo delle rovine.
Nemmeno
i
corpi di coloro che erano caduti erano stati risparmiati, si erano
disintegrati
appena entravano in contatto con l’energia che Lord Voldemort
non faceva
assolutamente nulla per trattenere.
°°°
Il
Lord si
rinchiuse per tre giorni nella casa dove aveva vissuto con la sua
Regina,
vegliandola giorno e notte, mentre il suo cuore si frantumava in mille
pezzi.
Una
volta
fuori, venne meno alla promessa che aveva fatto alla sua amata.
Iniziò
a
creare degli Horcrux.
Spezzò
la
sua anima quante più volte possibile, anestetizzandola ad
ogni sentimento.
Tornò
ad
Hogwarts per chiedere nuovamente di poter insegnare Difesa contro le
arti oscure,
ma il neo-preside Albus Silente gli rifiutò il posto.
Nascose
quindi
uno dei suoi Horcrux a scuola e anche un altro oggetto, che avrebbe
maledetto
la cattedra di Difesa.
Eliminò
tutto
ciò che gli ricordava la sua principessa, perché
anche solo ricordarla era
doloroso.
Tolse
di
mezzo ciò che rimaneva della sua famiglia, perché
senza di lei non aveva più
senso parlare con quelle persone.
Il
suo mondo
era crollato.
Aveva
conosciuto
l’amore, aveva creduto alla bugia
“l’amore è la forza più
grande di tutte”, ma
quella “forza” gli aveva solo portato via ogni cosa.
La
donna che
amava.
Le
loro
bambine che non avevano avuto la possibilità di venire al
mondo.
Adesso,
l’unica
cosa che gli serviva era il potere. Era quella l’unica forza
che contava
veramente. E avrebbe fatto qualsiasi cosa per ottenerlo.
Niente
e
nessuno avrebbe potuto fermarlo.
Mai.
Perché
Tom
Riddle aveva cessato di esistere.
Lui
ora era solo
Lord Voldemort.
NOTE
DELL'AUTRICE: Allora.... questa storia è ormai giunta al
termine... il prossimo capitolo, che spero di far arrivare il prima
possibile (esami permettendo) sarà l'ultimo..... spero che
vi sia piaciuto leggerla, tanto quanto a me è piaciuto
scriverla, anche se è stato difficile. Volevo ringraziare
tutti coloro che hanno recensito; messo la storia tra le
preferite/ricordate/seguite; e tutti coloro che leggono solamente.
Grazie di cuore!
Un
bacione a tutti
Cry
|
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 - Epilogo ***
NOTE
DELL'AUTRICE: Salve a tutti!!! Ecco l'ultimo capitolo di questa piccola
storia... spero vi piaccia... volevo ringraziare tutti coloro che
l'hanno letta, recensita, messa tra preferite/ seguite/ ricordate....
davvero grazie di cuore!!!
Un bacione
Cry
Capitolo
7 – Epilogo
Anno
2007
Harry
Potter era stato da poco
promosso a Capo dell’ufficio Auror e aveva trascorso quella
giornata festeggiando
la bella notizia con la sua famiglia.
Proprio
mentre stava giocando con
suo figlio, James Sirius, insegnandogli ad andare su una scopa
giocattolo, un
gufo reale dalle piume nero cupo mai visto prima cominciò a
picchiettare alla
finestra dello spazioso salotto di casa Potter.
Confuso
e preoccupato, l’Auror
prese la bacchetta, che teneva sempre a portata di mano e
andò ad aprire la
finestra, lasciando entrare il volatile.
Il
piccolo Jamie scese dalla sua
scopa per potersi allungare a prendere le piume dell’uccello,
che si era posato
sul trespolo che Harry aveva tenuto in ricordo della sua coraggiosa
civetta
delle nevi, Edwige.
Tolse
la lettera dal becco del
gufo, ricevendo un verso strano, quasi lo volesse rimproverare per la
sua
cautela, o forse per averci messo tanto. Poi girò la testa
di 360° e Harry notò
che aveva qualcos’altro attaccato al collo con un nastrino di
seta verde
serpeverde.
Lo
sciolse per poter prendere il
resto del pacchetto e il gufo spiccò il volo per tornare da
chiunque fosse il
suo padrone.
Legato
al nastrino c’era un
piccolo sacchetto che conteneva a sua volta un cofanetto minuscolo, che
non
riuscì però ad aprire.
Scosse
la testa e, concentrandosi
sulla lettera, le lanciò contro qualche incantesimo di
controllo per evitare
che fosse maledetta o contenesse qualche pericolo per lui o per il
piccolo
curioso che cercava di arrampicarsi sulla sua gamba per poter vedere
cosa
faceva.
Quando
fu sicuro che non ci fosse
alcun pericolo, si abbassò per prendere James in braccio e
si sedette sul
divano per leggere comodamente.
Potter,
so
che ti sorprenderà leggere questa lettera, almeno quanto
sorprende me lo scriverla.
Il
ritratto di mio nonno ha parlato per la prima volta da molto
tempo e mi ha ordinato di inviare quel cofanetto all’erede di
Lily Evans. Io
non ho idea di cosa ci sia dentro, non sono stato in grado di aprirlo,
né so quale
possa essere il motivo per cui era conservato nello studio del
patriarca
Malfoy, ma a quanto pare ti appartiene.
L’ho
rimpicciolito per poterlo spedire meglio.
Cordialmente,
Draco
Lucius Malfoy
Harry
dovette leggere diverse
volte quella piccola lettera prima di comprenderne appieno il
significato.
Guardò più volte, con preoccupazione crescente,
la piccola scatolina, timoroso
di scoprirne il contenuto.
Poi
una voce dentro di lui gli
disse, -Avanti Harry! Hai sconfitto Voldemort, cosa sarà mai
una stupida
scatola?-
Annuì
a se stesso, prendendo un
bel respiro per farsi coraggio.
“Papi?
Che suttede? Pecché sei tritte?”
domandò a quel punto James, osservando il padre con i suoi
occhioni castano
nocciola, tenendo le sopracciglia corrugate in un’espressione
confusa.
Gli
sorrise leggermente.
“Non
sono triste, piccolo mio! È
solo che questa lettera mi ha molto sorpreso.” Gli
spiegò facendolo sedere sul
divano, per potersi alzare e riportare il cofanetto alle sue dimensioni
reali.
Intanto il bambino non gli aveva tolto gli occhi di dosso, aspettando
per
qualche altra spiegazione.
“Vedi,
io e la persona che mi ha
mandato la lettera non eravamo molto amici a scuola… mi ha
stupito ricevere da
lui questa scatola…” aggiunse, tornando a sedere.
Gli
occhi di suo figlio che si
illuminavano della meraviglia tipica dei bambini mentre lui apriva la
scatola
per svelarne il contenuto.
Non
sapeva esattamente cosa si
aspettava, ma dopo che Draco Malfoy gli aveva detto di non essere
riuscito ad
aprirla, era rimasto un po’ sospettoso.
Il
bambino batté le manine appena
il cofanetto si aprì, senza alcun problema, rivelando
diversi oggetti al suo
interno.
Uno
in particolare gli fece fare
un suono simile ad uno squittio e richiudere immediatamente la scatola,
prima
che il piccolo decidesse di prendere qualcosa.
Lo
scatto spaventò James, che
guardò il padre con gli occhioni spalancati e lucidi.
Harry
lasciò da parte la scatola
per prendere suo figlio in braccio e distrarlo da quel regalo.
“Vieni,
James, andiamo a vedere
cosa stanno facendo la mamma e il tuo fratellino!” disse,
spostando con un
incantesimo il cofanetto nella stanza che divideva con Ginny.
“Ma…
e la ccatola? Non ti va di
ccoprire cosa c’è dento?” gli
domandò il bambino, cercando di divincolarsi
dalla presa del papà per tornare alla scatola.
Harry
sorrise e scosse la testa.
“Papà!
Mettimi giù! Voglio vedere
cosa c’è nella ccatola!” disse,
dimenandosi ancora di più.
“Allora
vuoi che ti metta giù?”
chiese, spostandosi per far fare a James un casquè, per poi
tirarlo su.
Lo
fece un altro paio di volte,
scatenando le risate del bambino.
Poi
recuperò la scopa giocattolo.
“Ora
è meglio andare, sai quanto
sarà contenta la mamma nel vedere che le andiamo
incontro?” domandò Harry,
riuscendo a convincere il bambino a lasciar perdere la scatola, almeno
per un
po’.
Usciti
dalla porta di casa, Harry
smaterializzò entrambi alla Tana, dove Ginny si trovava per
stare un po’ con i
genitori.
“Harry!
James!” li chiamò Ginevra
Weasley-Potter, vedendo il marito materializzarsi nel prato della Tana,
correndo loro incontro.
“Ciao
mamma!” salutò con grande
entusiasmo il piccolo Potter, sbracciandosi per essere preso dalla
mamma.
“Tesoro
mio! Che bella sorpresa
mi avete fatto!” disse, sorridendo, prendendo in braccio il
figlio maggiore,
mentre lanciava sguardi indagatori al Salvatore del Mondo Magico,
preoccupata,
cercando di capire se fosse successo qualcosa.
Harry
la abbracciò, dandole un
bacio sulla guancia.
“Sta
tranquilla non è successo
nulla, volevamo solo venirti incontro, vero Jamie?” fece, con
un sorrisone.
Il
bambino annuì, contento.
Molly
e Arthur Weasley uscirono
dalla casa per salutare il genero e il nipote, insieme a Charlie
Weasley con in
braccio il piccolo Albus Severus Potter.
Il
bimbo venne lasciato a terra e
corse verso i nonni, lo zio e il fratellino.
“Nonna!
Nonno! Zio Charlie!”
gridò, buttandosi tra le braccia aperte della nonna.
“Ciao
piccolo Jamie! Ti va un po’
di succo di zucca e un biscotto? Li ho appena sfornati!”
disse Molly,
accompagnando il bambino dentro.
“Mamma!
Non fargli mangiare i
biscotti, poi a cena non mangia nulla!” si
raccomandò Ginny, implorando il
padre di controllare la situazione.
Arthur
Weasley si strinse nelle
spalle, ormai arresosi davanti al comportamento della moglie e
salutò Harry con
una pacca sulla spalla.
Charlie,
avvicinatosi alla
coppia, porse il piccolo Potter mezzo addormentato tra le braccia di
suo padre,
salutandolo.
“È
bello vederti, Harry! La
piccola peste chiedeva di te!” disse, dandogli anche lui una
pacca sulla
spalla.
Harry
cullò un po’ il suo
secondogenito, Albus Severus, sotto gli occhi inquisitori della moglie.
Appena
il bambino chiuse gli
occhi, poggiando la testa sulla sua spalla, spostò i suoi
occhi verde giada a
ricambiare l’occhiata.
“Ginny,
davvero! Non è successo
niente di grave. Mi è solo arrivata una
lettera…” disse, volendo
tranquillizzarla.
Lei
inarcò un sopracciglio rosso
in risposta, avendo capito che c’era altro che non le stava
dicendo.
Harry
sbuffò leggermente, alzando
gli occhi al cielo.
“La
lettera era da parte di
Malfoy e mi ha mandando anche una scatola con dentro degli oggetti che
non ho
voluto esaminare con James vicino… c’era un
diario… era identico a…”
spiegò.
Gli
occhi castani, che si erano
riempiti di incredulità nel momento in cui aveva sentito chi
gli aveva scritto,
si spalancarono con una punta di paura nel capire a cosa si riferiva.
“Tu
non pensi significhi che…”
provò a dire, bloccandosi senza riuscire a concludere la
frase.
“No!
Voldemort è morto! Di questo
sono pienamente convinto! Ma lui potrebbe in qualche modo avere una
parte in
questa cosa… insomma
la scatola era
tenuta a Malfoy Manor, nello studio privato del patriarca, qualcosa
significherà.” La rassicurò, pur
esponendole i suoi sospetti.
“Pensi
ad una qualche maledizione
contro di te?” gli chiese, appena più tranquilla.
“No,
io e Malfoy non siamo amici,
ma non credo cercherebbe di farmi del male adesso…
però, sentivo che non era il
caso di esaminare il contenuto di quella scatola davanti a
James.” Disse.
Ginny
a quelle parole si
tranquillizzò, decidendo di accantonare le ipotesi per
qualche ora.
“Dai
entriamo, visto che anche tu
e James siete qui, non credo che la mamma ci farà andar via
prima di cena.” Fece,
abbracciando la vita del marito con un braccio mentre entravano.
Trascorsero
una piacevole serata
alla Tana, ridendo e scherzando con i suoceri e il cognato, giocando un
po’ con
i bambini.
°°°
Tornati
a casa, i coniugi Potter
misero i loro figli a dormire nei loro letti, prima di ritirarsi nella
loro
stanza.
La
scatola faceva bella mostra di
sé sul comodino di Harry, che prese un bel respiro e
cominciò lanciare tutti
gli incantesimi che conosceva per esaminare il contenitore e il
contenuto.
Sospirò
in parte più tranquillo
quando non fu rivelato alcun incantesimo, tranne quello che impediva a
chiunque
non fosse consanguineo della persona che aveva sigillato il cofanetto
di
aprirlo.
Questa
cosa comunque non lo fece
sentire meglio, perché voleva dire che in qualche modo lui
era legato a questa
persona e la lettera di Malfoy diceva “all’erede di
Lily Evans”.
Ginny
gli si avvicinò in
silenzio, posandogli una mano su una spalla.
“Ora
dovrei scoprire cosa
contiene…” mormorò.
“Non
sei costretto a farlo ora,
se non vuoi.” Gli disse lei, stringendolo in un abbraccio.
“Lo
so. Ma potrebbe riguardare
mia madre e voglio sapere che collegamenti può mai aver
avuto con Malfoy Manor,
ma soprattutto con Abraxas Malfoy.” Ribatté con
convinzione, prendendo la
scatola e sedendosi sul letto.
La
aprì e osservò il contenuto.
C’erano
diversi bigliettini di
pergamena, una lettera sigillata indirizzata a Lily Evans, due diari
dalla
copertina di pelle, esattamente identici a quelli di Riddle, un piccolo
specchio intarsiato, quelle che sembravano foto magiche piegate a
metà.
Harry
prese la lettera per sua
madre e Ginny tirò fuori lo specchio per esaminarlo.
Dopo
qualche istante, la giovane
si accorse che Harry stava solo osservando la busta della lettera con
occhi
malinconici.
“Harry?”
lo riscosse.
Lui
scosse la testa.
“Avrebbe
dovuto riceverla lei… ma
non le è mai stata inviata…”
mormorò, sfiorando con il pollice il nome di sua
madre.
“Avanti
leggila! Sono certa che
vorrebbe sapessi cosa c’è scritto!” gli
fece coraggio.
“Già…”
rispose lui, aprendo
finalmente la busta.
Quando
prese la pergamena
all’interno le mani quasi gli tremavano per
l’emozione.
Mia
adorata Lily,
ti
scrivo per dirti la verità su chi sei e su chi sono
veramente i
tuoi genitori.
So
per certo che sarai molto sorpresa di ricevere questa lettera,
soprattutto di leggere ciò che sto per dirti, dato che
è improbabile che tu
senta parlare di me…
Io
sono Estele Demon, sono una strega Purosangue e, cosa più
importante, sono tua madre…
Harry
smise di leggere, non
avendo la forza di credere a quelle parole.
Sua
madre era una Nata Babbana.
Non era di certo figlia di una qualche purosangue!
“Queste
sono solo bugie! Deve
essere uno scherzo di pessimo gusto!” esclamò
infervorato, lanciando la
pergamena sul letto.
Ma
Ginny lo calmò e, recuperata
la lettera, gli chiese di continuare a leggere.
…Questa
rivelazione deve essere scioccante per te, me ne rendo
conto. E non sai quanto mi abbia spezzato il cuore doverti allontanare
da me,
da tuo padre e da tua sorella gemella. Perché si, piccola
mia, tu hai anche una
gemella. Non so se avrai già avuto la possibilità
di conoscerla o se la cercherai
dopo aver letto questa lettera.
Il
suo nome è Juliet Silvano.
Potresti
incontrarla addirittura a Hogwarts! Ci sono così tante
cose che vorrei poterti dire. Anche solo dirti ancora che ti voglio
bene, anche
se ho dovuto allontanarti da me.
Vorrei
tanto poterti dire tutto questo di persona, essere con te
quando riceverai la tua lettera per Hogwarts, accompagnarti a prendere
l’Espresso, vederti partire, conoscere persone nuove,
innamorarti.
Crescere.
Ma
queste sono cose che posso solo sognare nel poco tempo che mi
è
ancora concesso.
Posso
solo scriverti ancora che ti voglio tanto bene e che mi si
spezza il cuore al pensiero che non ci conosceremo mai.
Che
non mi chiamerai mai mamma.
È
probabile che ciò che sto per dirti ti stupirà
enormemente, forse
ti lascerà inorridita, ma vorrei pregarti di leggere fino
alla fine. Forse, in
questo modo, ti sarà più facile capire.
Io
e tuo padre ci siamo incontrati per la prima volta poco prima
dell’inizio del mio primo anno di scuola,
nell’orfanatrofio dove lui aveva
vissuto tutta la vita.
Non
è stato semplice interagire con lui, era un tipo molto
chiuso,
molto riservato e schivo verso il mondo, ma già allora
sentivo che ci legava
qualcosa di molto profondo.
Sono
stata smistata nella sua casa, Serpeverde; questo ci ha
permesso di stringere ancora di più i rapporti, anche se lui
non si è mai
aperto con me, non quell’anno almeno…
Il
suo nome era Tom…
Harry
rimase immobile ad
osservare quelle parole, senza avere il coraggio di leggere il resto,
spaventato che potesse essere quello che lui credeva. Le sue mani
tremavano
anche più di prima.
Ginny
gli andò in aiuto,
cominciando a leggere lei stessa il proseguimento della lettera.
…Tom
Orvoloson Riddle.
Mentre
scrivo questa lettera, io prego che questo nome non venga associato
agli orrori che so in agguato nel suo futuro, ma in realtà
so, purtroppo, di
non avere modo di evitarli.
Sappi
solo che, qualunque cosa lui abbia fatto, ha amato te e tua
sorella sin dal momento in cui ha saputo che ero incinta ed
è stato ancora più
felice di scoprire che stava per diventare padre di due bambine.
Il
nostro amore è stato mal visto da molti, sia tra i suoi
seguaci, che al di fuori. Persino Albus Silente, che più di
tutti avrebbe
dovuto capire, mi avvisò di stare lontana da Tom…
“E
aveva ragione! Maledizione!
Aveva ragione! Era malvagio! Non sapeva amare!”
gridò Harry, non riuscendo a
sopportare oltre quelle parole che dicevano cose per lui completamente
assurde.
Inverosimili.
Sua
madre non era figlia di
Voldemort.
Lui
non era imparentato con
l’uomo che aveva ucciso i suoi genitori.
Con
l’uomo che aveva dovuto
uccidere.
Non
poteva essere vero.
Non
era vero.
Quello
doveva essere solo uno
scherzo, di pessimo gusto, ma solo un brutto scherzo.
Ginny
lasciò perdere la lettera,
per andare ad abbracciare suo marito, che si abbandonò in
ginocchio ai suoi piedi,
nascondendo il viso nel suo grembo, mormorando.
“Perché?
Se questa è davvero la
verità perché li ha uccisi? Perché ha
cercato di uccidere me? Perché?”
“Oh
Harry! Non lo so… davvero non
lo so…” gli rispose lei, stringendolo a
sé, mentre incrociava i suoi occhi
verdi pieni di lacrime.
Rimasero
così per un po’, poi
Harry si rialzò e riprese a leggere, volendo ormai arrivare
in fondo a tutta la
faccenda.
...È
possibile che anche tu creda che lui era solo un essere
malvagio e senza cuore, ma ti assicuro che non è
così.
Era
solo una parte di lui, quella che preferiva mostrare al mondo,
cosicché niente potesse ferirlo ed io, probabilmente, lo sto
per ferire nel
modo più completo e brutale che ci sia.
Nel
momento in cui scrivo questa lettera, sto ancora elaborando il
dolore per averti lasciata ad una famiglia di babbani, che mi auguro ti
abbiamo
voluto bene e ti abbiano amata come avrei fatto io, come avrebbe fatto
Tom. Mi
sto preparando per un gesto estremo, che spero garantirà la
salvezza tua e di
Juliet.
Lord
Voldemort, Tom Orvoloson Riddle, Signore Oscuro, in qualunque
modo lo si voglia chiamare, mi ama. E per amor mio, non sta cercando di
sterminare tutti quanti, babbani e maghi, senza motivazione, ma sta
cercando di
agire in maniera più umana, risparmiando le vittime
innocenti che alcuni dei
suoi Mangiamorte adorano torturare.
Questo
ad alcuni di loro non sta bene, pensano che non stia
facendo tutto il necessario per epurare la popolazione magica, sono
convinti
che sia arrivato il momento di usare meno pietà, meno
misericordia nei
confronti di quelli che considerano “indegni”. Per
questo mi vogliono togliere
di mezzo e lo stesso avrebbero fatto con te e tua sorella, bambina mia.
Sto
solo cercando di proteggervi.
Ma
è probabile che il mio gesto non sia sufficiente.
Io
sto per morire. Forse Tom subirà il mio stesso destino, un
giorno, e per questo per te sarà sicuro sapere la
verità.
Sappi
che qualunque cosa sia accaduta, io ti amerò per sempre e,
anche se ti potrà sembrare impossibile, anche Tom ti
porterà per sempre nel suo
cuore.
Maggiori
informazioni su di noi, sulla nostra storia, si trovano
nei diari che trovi nel cofanetto, ti spiegheranno meglio
ciò che è stato,
forse così potrai capire chi erano davvero i tuoi genitori.
Spero che un giorno
potrai perdonarmi per averti abbandonata.
Il
mio tempo su questa terra è scaduto, ma il tuo è
appena
cominciato.
Con
tanto amore,
tua
madre, Estele Demon
Harry
rimase immobile, con lo
sguardo fisso sulla pergamena, senza più essere in grado di
leggerne il
contenuto. Era tutto assurdo.
Sua
madre… Lily Evans… era figlia
di Voldemort…
Lui
stesso… colui che lo aveva
sconfitto più volte e alla fine ucciso… era suo
nipote… Harry Potter era nipote
di Lord Voldemort…
Anche
solo pensarlo sembrava
impossibile…
Ginny
lo osservò in silenzio,
dandogli il tempo di elaborare la notizia, insicura lei stessa su come
doveva
reagire.
Harry
si rialzò e prese la
giacca.
“Dove
vai?” gli domandò
allarmata.
“A
cercare delle risposte.”
Rispose con tono determinato, uscendo dalla stanza.
Ginny
gli andò dietro.
“Dove?
I diari possono…”
cominciò.
“Non
so se posso fidarmi di ciò
che dicono, Gin… voglio parlare con Silente, lui mi
dirà la verità.” La
interruppe, guardandola intensamente.
La
giovane donna si rilassò
appena, sentendo che sarebbe stato ad Hogwarts e non in qualche altro
luogo
chissà dove.
Annuì,
senza dire nulla,
baciandolo prima che andasse via.
Prima
di smaterializzarsi, lui le
sorrise.
°°°
Si
smaterializzò ad Hogsmeade,
non volendo allarmare troppo gli abitanti del castello e approfittando
della
strada per calmarsi e riorganizzare i pensieri.
Una
volta davanti ai cancelli,
mandò un patronus alla preside McGrannitt, che lo
andò ad accogliere.
“Signor
Potter! Si può sapere
cosa sta succedendo? Come mai è piombato qui così
all’improvviso?” domandò, con
una punta di preoccupazione.
“Ho
fatto delle scoperte,
professoressa McGrannitt, e ho bisogno di avere dei chiarimenti, che
solo il
professor Silente può darmi…” rispose,
stupendola.
“Che
tipo di scoperte?” chiese,
ancora preoccupata.
“Se
intanto vogliamo accomodarci
nel suo ufficio, sarò ben lieto di informarla.”
Disse con un piccolo sorriso.
Harry
approfittò dei minuti che occorsero
per arrivare nell’ufficio della preside per riordinare le
idee il più
possibile, poi, poco prima di entrare nell’ufficio chiese
quasi sovrappensiero.
“Professoressa,
lei conosceva una
certa Estele Demon? Era una serpeverde.”
La
donna si girò verso di lui
sorpreso dalle sue parole, poi annuì.
“Oh?
Si, l’ho conosciuta, più o
meno. Abbiamo frequentato Hogwarts negli stessi anni, ma non abbiamo
mai
parlato, che io ricordi. Molti la ammiravano. A quanto pare ha tenuto
più volte
testa a Tom Riddle, a scuola. So che è morta molto tempo fa,
ma non ho mai
saputo cosa le sia successo esattamente.” Disse, entrando e
prendendo due tazze
di tè e bollitore con sopra un incantesimo sempre-pieno e
riscaldante per
mantenere l’acqua sempre calda.
Versò
ad entrambi del tè e chiese
di rimando ad Harry.
“Come
mai me lo chiedi, Potter? E
come conosci il nome di Estele Demon?” lui per tutta risposta
chiese a Dobby di
portargli la scatola e tutti i fogli che conteneva, per rispondere alla
donna
mostrando la lettera che l’aveva tanto sconvolto e che diceva
delle cose
veramente assurde e inconcepibili, ma che, nel mondo magico, avrebbero
potuto
avere una logica. E questo lo spaventava.
Minerva
McGrannit intanto aveva
letto la lettera che Estele Demon aveva scritto a sua figlia, Lily
Evans, e in
cui le spiegava chi erano davvero i suoi genitori.
Tom
Riddle alias Lord Voldemort,
che aveva ucciso la donna perché mezzosangue, schierata
contro di lui nella
guerra; a quanto pareva aveva ucciso la sua stessa figlia e aveva
tentato per
anni di uccidere suo nipote, il quale, alla fine, lo aveva ucciso.
Guardò
il giovane uomo che aveva
davanti, era normale che volesse delle spiegazioni dopo rivelazioni del
genere.
Chissà
cosa avrebbe detto il suo
mentore, che era stato testimone degli sviluppi di quella coppia,
almeno per il
periodo della scuola.
Harry
si perse ad osservare il
ritratto di Silente, sperando che gli desse le risposte che cercava,
ma, come
era da quando era stato messo lì, dopo la morte del vecchio
preside, questo
dormiva, incurante di ciò che gli accadeva attorno.
Il
suo primo istinto da
Grifondoro fu quello di spaccare tutto l’ufficio, come aveva
fatto durante il
quinto anno, ma ora non apparteneva più all’uomo,
perciò non se la sentiva di
fare una cosa del genere.
Continuava
a chiedersi perché
Silente non avesse fatto nulla per impedire che sua madre venisse
uccisa dal
suo stesso padre, anche se nessuno avesse saputo nulla… era
possibile che nel
mondo magico non ci fossero stati segnali del fatto che lei non era una
nata
babbana come pensavano tutti?
La
lettera di Hogwarts avrebbe
dovuto dare qualche risposta, rivelare le reali origini di sua madre,
oppure…
nulla.
Nessuno
ne aveva saputo niente o
comunque nessuno aveva fatto nulla per cambiare le cose.
“Professor
Silente? Signore?
Vorrei poter parlare con lei!” disse, guardando fisso il
volto del ritratto
davanti a lui. Anche Minerva voltò un po’ il busto
e la testa per poter
osservare la reazione del dipinto, che ovviamente fu nulla.
“Professor
Silente! La prego! Ho
bisogno che lei mi dia delle risposte sulla storia di Estele Demon e
Tom
Riddle!” ripeté Potter, alzando leggermente il
tono di voce.
Il
professore continuò a far
finta di nulla, restando a dormire senza mostrare di avere sentito
qualcosa di
ciò che era stato detto.
Harry
strinse i pugni per la
frustrazione di essere così bellamente ignorato e si
alzò, avvicinandosi al
ritratto.
“Adesso
lei mi deve delle
risposte! Ho ucciso l’uomo che aveva ucciso i miei genitori!
Ho vinto la guerra!
E ora vengo a sapere che lui era mio nonno! Era il padre di mia madre!
E l’ha
uccisa! Mi deve delle risposte!” disse, quasi gridando.
Tuttavia,
l’anziano mago nel ritratto
rimase ancora immobile, addormentato.
Il
Grifondoro sospirò
pesantemente, tornando a sedersi sulla poltrona, tenendosi la testa tra
le
mani.
Minerva
gli andò vicino.
“Io
purtroppo non posso darti le
risposte che cerchi, ma…” cercò di
consolarlo Minerva, non riuscendoci, poiché
lui preferì alzarsi di nuovo e salutarla.
“Mi
dispiace di averle fatto
perdere tempo… speravo di ottenere delle
risposte… ma forse devo solo cercare
da qualche altra parte… la ringrazio per avermi ricevuto a
quest’ora così tarda.”
Disse, prendendole la mano che aveva proteso per consolarlo, con un
sorriso
mesto.
“Avrei
voluto poter fare di più,
Harry.” Rispose la donna, aggiungendo l’altra mano
a coprire quelle del giovane
uomo.
Non
capiva perché Albus
continuasse a rifiutarsi di parlare.
Harry
scosse la testa, sorridendo
più sinceramente alla sua vecchia Capocasa.
“Non
importa, davvero! Troverò le
risposte che cerco, anche se non sarà Silente a darmele, ma
ora dovrei proprio
andare…” fece, mostrando una smorfia preoccupata.
“Quando me ne sono andato ero
piuttosto agitato, Ginny sarà preoccupata che mi vada a
cacciare in qualche
guaio!” ridacchiò, guardando un’ultima
volta verso il preside, sperando che
magari cambiasse idea prima che lui uscisse definitivamente
dall’ufficio.
Camminò
per i corridoi del
castello deserto, ricordandosi i giorni che vi aveva trascorso come
studente,
dove, nonostante l’ombra di Voldemort, i problemi erano
riuscire a superare gli
esami, come comportarsi con le ragazze, quale scherzo fare ai
Serpeverde.
Poi
ricordò quando vi aveva
combattuto per salvare la sua vita e quella dei suoi amici.
Aveva
lottato fino alla morte con
suo… era difficile anche solo pensarlo.
Lord
Voldemort non gli era mai
sembrato un tipo che potesse provare amore.
Forse
solo quello che aveva
conosciuto nella Camera dei Segreti al suo secondo anno, ma lui non era
ancora
il Lord Voldemort che aveva ucciso i suoi genitori e centinaia di altre
persone, non era ancora il Lord Voldemort crudele e sanguinario che era
diventato più avanti.
Lui
avrebbe
potuto innamorarsi di una ragazza? E desiderare di avere con lei una
famiglia?
Forse neanche Silente avrebbe saputo rispondere.
Harry
lasciò Hogwarts,
smaterializzandosi nel cimitero di Godrics Hollow, dove erano
seppelliti i suoi
genitori, Sirius Black, Remus Lupin e Ninfadora Tonks, sperando di
trovare
conforto o magari una qualche risposta.
Non
si aspettava di ricevere
davvero un qualche segnale, che però arrivò sotto
forma di una luce bianca
dalla forma vagamente umana, per ciò che riusciva a vedere.
La
seguì, con la convinzione che
non poteva essere una coincidenza che una luce simile comparisse dopo
che avevo
ricevuto quella lettera, soprattutto sulla tomba dei suoi genitori.
La
luce lo condusse in una radura
deserta, per poi avvolgerlo e smaterializzarlo in un altro luogo che
all’inizio
non riconobbe.
Almeno
finché non vide la statua
dello scheletro con le ali e la falce. Era nel cimitero dove Voldemort
era
risorto.
La
luce che lo aveva portato lì
svanì, permettendogli di vedere la figura semitrasparente di
una donna vestita
in maniera elegante che piangeva sul punto esatto dove Lui
era rinato.
Le
si avvicinò con cautela,
timoroso che potesse rivelarsi una trappola di qualche tipo, con la
bacchetta
pronta a colpire se necessario.
Le
arrivò a poche passi di
distanza, ma lei non sembrò accorgersi del fatto che ci
fosse qualcuno.
“Mi
scusi? Signora?” richiamò la
sua attenzione.
Lei
si tirò su dalla sua
posizione accucciata e lo guardò, stupita.
“Tu
puoi vedermi?” domandò con
voce fievole e rotta dal pianto.
“Io…
si, certo!” rispose Harry,
tentennante.
La
osservò bene e rimase stupito
di quanto sembrava esserci di sua madre in quella donna, come se
fossero
imparentate o…
“Voi
siete Estele Demon?” chiese,
continuando a guardarla.
Lei
sorrise appena, annuendo.
“Era
molto tempo che non sentivo
pronunciare quel nome…” Mormorò,
“Ma… se tu mi vedi…sei figlio di Lily?
O di
Juliet?” gli domandò, cambiando tono, passando dal
malinconico all’euforico in
un secondo.
Harry
sgranò gli occhi, sorpreso
dal repentino cambiamento, e balbettò nel rispondere.
“Di…
di Lily.”
Il
fantasma si illuminò di gioia,
sollevandosi da terra e avvicinandosi a lui così tanto che
poteva avvertire il
freddo che proveniva da lei.
“Dimmi!
Come sta la mia bambina?
Tu hai i nostri stessi occhi lo sai? Hai altri fratelli o sorelle? E
come sta
Juliet? Si sono incontrate? Hanno perdonato la loro mamma e il loro
papà? Come
ha preso la mia lettera?” lo interrogò,
sommergendolo di parole.
Harry
stava per rispondere, ma la
luce che lo aveva guidato lì tornò a splendere,
anche se più fiocamente
rispetto a prima.
L’osservò
attentamente,
chiedendosi cosa fosse o cosa la provocasse, poi vide di nuovo la
figura di un
essere umano racchiusa al suo interno e decise di ignorare sua
“nonna” per
capire meglio.
Si
avvicinò alla luce,
lasciandosi avvolgere nuovamente da essa e all’improvviso gli
sembrò di essere
portato in un altro luogo.
Era
una specie di giardino
fiorito, accanto ad un piccolo laghetto.
Seduta
su una panchina di pietra,
con indosso un bell’abito verde smeraldo stava una donna dai
lunghi capelli
biondi e grandi occhi verdi, identici ai suoi.
Lei
gli sorrise, appena lo vide.
“Ciao
Harry! Sono felice di
poterti parlare, finalmente!” lo salutò con voce
dolce.
Harry
la guardò sorpreso.
“Siete…
Estele Demon? Ma… stavo
parlando con voi poco fa… eravate un fantasma!”
disse, indicando il punto alle
sue spalle in cui si trovava il fantasma della donna che aveva davanti,
senza vedere
più nulla.
Estele
rise.
“Si,
quella è una parte di me. È
rimasta bloccata qui e non sa nulla di ciò che è
accaduto…” rispose, perdendo
il sorriso.
Harry
rimase fermo, scrutandola
un po’ insospettito.
Voldemort
dopotutto aveva creato
sei Horcrux per non
morire… in quanto
sua amante, lei poteva aver fatto lo stesso… sostenne il suo
sguardo accusatore
per qualche istante, poi sospirò.
“Non
hai osservato i ricordi del
diario, vero? Comunque no… non ho creato un
Horcrux… credo di aver creato un
“prototipo”, o qualcosa del genere, della
protezione che Lily ha lasciato su di
te e una parte di me è rimasta sopita, legata ad una persona
che, con la mia
morte, ha smesso di esistere.” Mormorò, evitando
di incontrare lo sguardo di
suo nipote. “Non avrei mai voluto che le cose andassero in
questo modo…”
Lui
sospirò.
“Non
credo che avresti potuto
fare qualcosa per impedirlo.” Ribatté con un tono
brusco.
Poi
sulla superficie delle acque
del lago cominciarono a crearsi delle immagini, ritraenti diversi
momenti in
successione che riguardavano una ragazza bionda dagli occhi verdi con
la divisa
Serpeverde e un ragazzo moro con profondi occhi neri, anche lui
Serpeverde.
Harry riconobbe in quel giovane il Tom Riddle che aveva visto nel
ricordo del
diario, durante il suo secondo anno, eppure aveva qualcosa di diverso.
Sembrava
emanare un’aura differente quando si trovava in compagnia
della giovane,
probabilmente Estele.
Osservò
un po’ quelle immagini,
sentendo il cuore stringersi per l’emozione.
“Cosa...
Cosa significa? Cosa
sono?” domandò.
“Sono
i nostri ricordi. Quelli
felici… quelli di quando eravamo insieme… di
quando le cose andavano bene…”
rispose lei con nostalgia.
Rimasero
per qualche istante in
silenzio, perdendosi in quei ricordi, dal sapore dolce amaro per Estele.
“Posso
farti una domanda?” fece
Harry ad un certo punto, dopo aver guardato per un po’ le
immagini.
Estele
annuì.
“Perché
non hai fatto in modo che
mia madre ricevesse quella lettera? Avresti potuto… che ne
so… farci un
incantesimo che gliela facesse arrivare al compimento della maggiore
età o
qualcosa di simile…” disse, con tono accusatore.
Lei
si lasciò scappare una risata
amara.
“Avrei
voluto… ma poteva essere
rischioso… un incantesimo del genere avrebbe lasciato una
firma molto forte
dietro di sé… avrei dovuto eseguire un rituale di
sangue per assicurarmi che la
potesse leggere solo lei, ma Tom o qualcun altro avrebbe potuto
rintracciarlo…
avrei messo a rischio la sua vita… la cosa che non mi
aspettavo era che Abraxas
non avrebbe avuto alcuna fiducia in suo figlio per questo compito.
Anche se,
considerando a chi era sposato… non aveva proprio tutti i
torti.”
Harry
sbuffò.
“Perché
allora Malfoy me l’ha
mandata solo ora?”
“Forse
perché la cassaforte del
patriarca Malfoy lo ha accettato solo ora, o perché Abraxas
gli ha spiegato
come accedere allo scomparto segreto dove teneva la mia
scatola…” suppose
Estele.
“Pensi
che se lui avesse saputo,
nonostante la
profezia, si sarebbe comportato diversamente? O avrebbe solo scelto la
famiglia
di Neville?” domandò poi, cambiando argomento.
“Il
Tom che ho conosciuto e amato
avrebbe prima cercato tutte le risposte, perciò, forse,
avrebbe anche potuto
ignorare la famiglia del tuo amico, ritenendo più probabile
che suo nipote
avrebbe avuto le caratteristiche per essere suo eguale…
anche se avrebbe anche
dovuto conoscere la profezia per intero. Avrebbe potuto provare a
contattare tua
madre, ma visto il suo temperamento, prima di accettare di parlarci ci
avrebbe
messo chissà quanto…”
mormorò, prima di sospirare pesantemente.
“Sai
lui non era malvagio. Aveva
solo bisogno di qualcuno da amare e da cui essere amato.
Finché siamo stati
insieme, siamo stati felici, lui non era crudele o spietato come
è diventato
dopo la mia morte e forse scoprire che le sue bambine erano vive gli
avrebbe
fatto bene, avrebbe potuto salvarlo dal diventare un
mostro…. Ma io non potevo
credere, allora, che sarebbe cambiato così
tanto…. Ero accecata dall’amore che
provavo per lui, riuscivo a vedere così chiaramente la sua
parte buona, da
arrivare quasi a dimenticare tutto il resto…. Ma
sbagliavo…. Si è fatto
prendere dall’odio che lo aveva sempre accompagnato, fin
dall’infanzia, e lo ha
sfogato sul mondo…. Mi dispiace!”
mormorò, con gli occhi che lentamente si
riempivano di lacrime.
Harry
strinse i pugni, diviso tra
il desiderio di sfogarsi su di lei per la morte dei suoi genitori e per
la vita
che lo aveva costretto a vivere e quello di abbracciarla per farla
smettere di
piangere, perché, in fondo, anche se avesse agito
diversamente, sarebbe davvero
cambiato qualcosa?
Non
ne era veramente convinto.
Eppure
quell’anima continuava a
soffrire.
“Estele?”
la chiamò,
avvicinandosi.
Lei
alzò gli occhi colmi di gocce
salate e lo guardò, dicendo con un filo di voce.
“Lo
so che mi odierai per questo
e ne hai tutto il diritto. Io….”
“Non
ti odio!” la interruppe,
sorprendendola. “Non avresti potuto prevedere le sue mosse,
magari non avrebbe
attaccato i miei genitori o forse l’avrebbe fatto lo stesso,
perché ormai la
sua anima era spezzata in tanti pezzi da renderlo qualcosa di
mostruoso…. Io
non ti odio!” disse, abbracciandola. “Ora dovresti
trovare la tua pace.”
Aggiunse, non volendo che lei continuasse a soffrire bloccata a quel
modo.
Lei
fece un piccolo sorriso,
ricambiando l’abbraccio, prima di baciargli la guancia e
fargli una carezza
leggera.
“Non
posso farlo, nipotino mio.
Sono bloccata qui finché Tom non ritornerà da
me….” Rispose, lasciandolo di
stucco.
“Ma
lui… lui potrebbe non tornare
più! La sua anima io l’ho vista in una specie di
limbo, quando ha eliminato
l’horcrux che era dentro di me…. Era qualcosa di
orribile…” mormorò lui,
sconcertato e triste per quella visione e per il fatto che lei non se ne sarebbe
potuta andare.
“Non
preoccuparti per me, tesoro.
Sono felice di sapere che tu hai una bella vita, con i tuoi figli e la
tua
famiglia acquisita. Mi rende sopportabile restare bloccata in questo
limbo, in
attesa del suo ritorno.” Fece, con un sorriso vero e felice,
abbracciandolo di
nuovo. “Ora
devi andare, tua moglie si
preoccuperà altrimenti.” Disse, sciogliendo
l’abbraccio e facendogli cenno di
andare.
“Si
è vero…” concordò,
avviandosi
verso una specie di porta luminosa comparsa proprio alle sue spalle.
Estele
era tornata a guardare il
lago a rimirare le immagini che si riflettevano su di esso.
“Estele?
Per quello che vale….
Penso di poter perdonare Tom Riddle per ciò che è
stato…” disse con un piccolo
sorriso, poi se ne andò, senza aspettare la sua risposta.
Attraversò
la luce e si ritrovò
nuovamente nel cimitero di Godric’s Hollow.
Ritornò
a casa, dove Ginny lo
aspettava in ansia, preoccupata che si cacciasse nei guai.
Entrato
in casa, la trovò in
salotto, che sorseggiava preoccupata una tazza di the.
Quando
lo vide, posò la tazza e
gli corse incontro, abbracciandolo stretto.
“Oh
Harry! Avevo paura che fosse
successo qualcosa!” esclamò, stringendolo e
baciandolo.
Lui
ricambiò il bacio e la
strinse di rimando.
“Tranquilla,
amore mio. Va tutto
bene, ho avuto le risposte che cercavo….” Le disse
appena si distanziarono un
poco.
Ginny
ridacchiò, poi disse.
“Sei
più tranquillo di quanto mi
sarei mai aspettata…”
Anche
Harry rise.
“Si….
È così… ho avuto la
possibilità di venire a patti con tutta questa
storia… ma ora sarà meglio
andare a dormire, ne abbiamo bisogno entrambi.” Rispose,
spingendola
delicatamente verso la loro camera da letto.
Guardò
per un istante fuori dalla
finestra e vide due giovani con la divisa di Serpeverde, gli stessi
visti
dentro il lago, che si tenevano abbracciati e guardavano verso di lui.
Tom
Riddle chinò il capo nella
sua direzione, mentre Estele gli sorrise raggiante.
Harry
ricambiò il cenno con un
piccolo sorriso, poi li vide girarsi e sparire.
Sorrise,
forse Estele non sarebbe
rimasta bloccata in quel limbo, dopotutto.
Posò
un bacio sul collo di sua
moglie, che lo guardò interrogativa per un secondo.
“Pensavo
a quanto sono fortunato
ad averti qui con me…. Ti amo, Signora Potter.”
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