Le ore degli innamorati

di hikachu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Giorno 1: Prime Volte ***
Capitolo 2: *** Giorno 1: Prime Volte (II) ***
Capitolo 3: *** Giorno 1: Prime Volte (III) ***
Capitolo 4: *** Giorno 2: Viaggiare ***
Capitolo 5: *** Giorno 2: Viaggiare (II) ***
Capitolo 6: *** Giorno 3: Sogni ***



Capitolo 1
*** Giorno 1: Prime Volte ***


Giorno 1: Prime Volte
Prompt: Victor, Sorprese


Infine, quando anche l’ultima valigia dell’esclusivo set di Vuitton si è chiusa con un poco esclusivo clic, le dita di Yuuri scivolano sull’interruttore e la stanza piomba nella semioscurità.

A luce spenta, riprende l’aura di abbandono che l’aveva caratterizzata nei suoi giorni da ripostiglio.

I mobili acquistati da Victor resteranno, così come alcune delle suppellettili, in virtù di vacanze, pause, scappatelle future, ma il materasso nudo e l’assenza di quel vago disordine che si crea e permane intorno alle persone, nei loro spazi vissuti, hanno il sentore del vuoto, di qualcosa che è finito, abbandonato a prendere polvere.

Davanti allo spettacolo desolato della stanza ormai spoglia, la nozione che domani a quest’ora Victor non sarà qui si fa spietatamente tangibile; punge come la lama di un coltello.

Il cuore di Yuuri si stringe, ma per un momento solo, perché per ora Victor è ancora qui, e quello che li aspetta tra poche settimane è un’avventura ancora più grande. Ancora insieme. Se vorrà, se proprio non potrà farne a meno, potrà lasciarsi andare ai suoi piagnistei da innamorato avido e rincitrullito nei buchi tra le videochiamate che verranno ed i preparativi per il suo viaggio, preferibilmente dove nessuno potrà vederlo. Non si tratterà poi di molto tempo, ché fortunatamente pianificare per mettere le radici in un altro continente ne richiede già un bel po’ per sé.

“Yuuri?”

La testa di Victor fa capolino dalla camera di Yuuri con le sopracciglia arricciate in un’adorabile espressione confusa.

“Eccomi, eccomi.”

Stanotte divideranno il letto di Yuuri: una delle trovate poco pratiche di Victor giustificate da una logica altrettanto discutibile (qualcosa come: è il tuo letto, nella tua stanza, quindi odora di te, sì, più delle lenzuola del mio letto, dove abbiamo dormito e consumato il nostro amore negli ultimi quattro giorni), a cui Yuuri, però, non si è sentito di ribattere questa volta. Le vere intenzioni di Victor ammontano probabilmente all’assicurarsi che, nel corso della notte, tra i loro corpi non vi sia mai più di un palmo di distanza, per imprimere nel suo la memoria di quello di Yuuri meglio che può. Yuuri, amante avido, rincitrullito ma non particolarmente romantico, non è recettivo a palliativi del genere, tuttavia finché gli sarà permesso divorerà senza remore tutto quello che Victor gli offre, senza lasciarne neppure una briciola. Ben vengano allora l’amore ed il sonno su di loro, avvinghiati l’uno all’altro in un lettino troppo stretto per due. A crampi e dolori derivati da posizioni poco consone ci penserà domani.

Yuuri chiude la porta dietro di sé con un sospiro. Seduto sul lettino troppo stretto per due, Victor gli sorride di un sorriso aperto. Finalmente, pare dire.

“C’è una cosa di cui volevo parlarti.”

Parole che fanno sempre tremare gli innamorati.

C’è una busta tra le mani di Victor.

“Pensavo. La stagione non è conclusa ma il Grand Prix sì: ho portato a termine quello che ti avevo promesso all’inizio. Be’, quasi,” rettifica con quel tono serafico che riserva per le uscite più spietate (non bacerò la medaglia se non è d’oro, non ci sposeremo prima che tu ne abbia vinta una, forse cinque). Yuuri deglutisce. “Sarebbe ora di discutere il mio compenso, non credi?”

Ah, il compenso. Certo, il compenso. L’evoluzione del loro rapporto ha fatto dimenticare a Yuuri che si era trattato, almeno in partenza, almeno in teoria, di un rapporto di lavoro. Riesce così strano, pensarci ora, che gli gira un po’ la testa.

A quanto può ammontare l’onorario di un coach che ti allena a domicilio? E quello di un coach che vanta il curriculum di Victor Nikiforov? Il pattinaggio è, in circostanze normali, una carriera che porta più spese che introiti: non tutti i pattinatori sono sex symbol con un carisma capace di sfondare le barriere di uno sport di nicchia per portarli dritti dritti sulle pagine patinate di Vanity Fair. Victor Nikiforov è più che un’eccezione, dopotutto. È una leggenda vivente. Magari, però, le leggende viventi offrono sconti generosi ai loro promessi sposi.

Yuuri riceve la busta tra le mani tremanti. È più pesante di quel che aveva immaginato. Victor lo scruta con il sorriso che ha acquisito una sfumatura enigmatica, o forse è solo l’ansia di Yuuri che gli fa vedere cose. Inutile esitare, si dice stringendo i denti, fare congetture non cambierà la cifra. 

La carta si straccia con un rumore innocuo e familiare, tuttavia, per la prima volta nel sentirlo, Yuuri rabbrividisce come se avesse appena passato le unghie su una lavagna.

Inclina la busta con un groppo in gola e, oh, è una magia: coriandoli e fogliettini di carta colorati gli piovono in mano! Nel mezzo del palmo sudaticcio, il segreto di quel peso misterioso: una, due, tre chiavi attaccate ad un ben più ingombrante barboncino di peluche. Yuuri le solleva contro la luce della lampada al neon e si lascia accecare dal brillio freddo del metallo. L’immagine si sfuoca, si fa sempre più liquida, fino a che gli occhi di Yuuri sono completamente inondati dalla luce e dalle lacrime.

Victor si alza. Gli sfila gli occhiali. Gli passa le mani tra i capelli con un sorriso così luminoso che pure per gli occhi miopi ed annebbiati di Yuuri è nitido come il sole nel cielo sereno.

“Mi sono detto, se non mi sbrigo a fare la prima mossa, il mio Yuuri potrebbe farsi venire qualche strana idea, come quella di trovarsi un appartamento per conto suo. Ma ecco che a quel punto sorgeva un nuovo problema: come evitare che il mio adorato, cocciuto Yuuri s’impunti a rifiutare?”

Victor si china per baciare via le lacrime e Yuuri chiude gli occhi per assaporare meglio il fremito che gli increspa la pelle, ogni volta come la prima.

“Non rifiuterai, vero?”

Come potrei, ribatterebbe Yuuri se non fosse certo che, ad aprire la bocca, ne uscirebbe fuori un’imbarazzante stringa di singhiozzi.

Scuote la testa contro il petto di Victor, e Victor ride piano; nella voce quella sfumatura soddisfatta che assume quando riesce a suscitare in Yuuri la reazione che voleva, ma non senza un pizzico generoso di tenerezza.

“Non avrai davvero creduto che avessi intenzione di pretendere un compenso dall’uomo che voglio sposare?”

Quel pugno di parole è un colpo di grazia: è la conferma dolce, troppo dolce, di una realtà che supera la fantasia. Una sorpresa, dopo l’ennesima e prima di tante altre ancora, in questa gara a chi rende più felice l’altro.

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Capitolo 2
*** Giorno 1: Prime Volte (II) ***


Giorno 1: Prime Volte (II)
Prompt: Yuuri, Confessioni


Il momento della verità coglie Yuuri di sorpresa in un pomeriggio tranquillo, un anno più tardi di quel che aveva inizialmente temuto. Lo coglie come un coltello alla schiena, quando ormai si era convinto, ingenuo, che non sarebbe mai arrivato.

Lo sorprende in ginocchio davanti all’altare ai defunti che ospita la foto di Vicchan ed un piatto fresco di gyoza fumanti, sotto forma di un’insolita inflessione delicata nella voce di Victor.

Victor che si inginocchia accanto a lui e ripete con compostezza i gesti che ha visto esercitare da Yuuri e la sua famiglia così spesso da averne perso il conto. Sono gesti estranei, pur se conditi da quell’universalità che attraversa tutti i culti del mondo, passando per quelle paure e quei dolori che caratterizzano l’essenza stessa dell’essere umani. Sono gesti estranei--stranieri, e, pur con tutta la grazia che anni di allenamenti duri hanno inculcato nel suo corpo, la postura di Victor tradisce una certa impacciatezza.

“Era davvero un cucciolo adorabile,” dice piano, gli occhi puntati sulla foto. “Avrei voluto conoscerlo.”

Dapprima, Yuuri annuisce in silenzio, sopraffatto dalla gratitudine verso Victor che ha deciso di condividere con lui anche quel momento. Poi aggiunge: “Sono certo che ti avrebbe voluto bene,” e ne è certo davvero, perché ha visto il modo in cui Victor riversa affetto senza riserve su Maccachin. Victor, che non è bravo con le parole e manca di tatto, ma possiede il cuore sincero di un bambino.

“Sapere che la pensi così mi onora. Come si chiamava?”

Ecco. Eccola la coltellata-momento-della-verità. Qualcosa dice a Yuuri che da qui non si scappa; non più. I giochi sono fatti--lo sono da tanto, tanto tempo, in realtà.

“Vicchan,” sputa dopo un secondo di troppo, i pugni stretti così forte da fargli male.

In un’altra vita, avrebbe potuto sperare, fare affidamento sulle barriere culturali perché Victor non riconducesse il nomignolo al nome d’origine. Purtroppo, in questa vita, la madre di Yuuri non si rivolge mai a Victor se non come Vicchan.

C’è l’imbarazzo dell’ammissione - l’ennesima, più o meno esplicita - di un’adorazione da fan, no, da otaku; da ragazzino con una cotta impossibile. Più di ogni altra cosa, però, c’è la paura che Victor possa offendersi o provare disgusto per quel ragazzino cicciottello con la cotta impossibile che aveva scelto di adottare un cane simile al suo, di dare a quel cane il suo nome, pur di sentirsi un po’ più vicino all’idolo che poteva vedere solo attraverso lo schermo di una TV, o nella superficie patinata di un poster.

Yuuri si volta con il cuore in gola. Si figura una gamma di scenari infinita, per un tempo così breve, uno più disastroso dell’altro. Nessuno dei quali si avvicina neppure lontanamente all’immagine di Victor con le dita premute contro la bocca, il naso e le guance rosse, gli occhi che brillano sotto un velo sottile di lacrime.

“Victor…?”

“Sono così felice,” mormora con la voce ovattata dalla coppa delle mani, chiuse a conchiglia sulla bocca. “Sapere che hai dato il mio nome ad una creatura così importante per te. Sapere di essere amato così tanto... Prometto che ti proteggerò come Vicchan ha fatto prima di me.”

Victor, che non è bravo con le parole e manca di tatto, ma possiede il cuore sincero di un bambino.

Yuuri gli salta con le braccia al collo, facendo cadere entrambi sul pavimento di legno, il cuore che gli batte all’impazzata di un amore così sconfinato che non avrebbe mai potuto immaginarlo, in quegli anni passati a fissare i poster sul soffitto.

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Capitolo 3
*** Giorno 1: Prime Volte (III) ***


Giorno 1: Prime Volte (III)
Prompt: AU - uno sport o un lavoro diverso


Forse questo è proprio ciò che si definisce giocare col fuoco: il volere, il troppo volere; la fame insaziabile che si trasfigura in arroganza e ti riporta inevitabilmente coi piedi a terra e poi più giù: sotto la terra; alla rovina.

C’è una parte di Yuuri che continua a recitargli tutti i rischi, tutte le possibili conseguenze e le cose che potrebbe perdere se qualcuno lo scoprisse in piedi quando le luci dei dormitori sono state spente ore fa, in uno studio che dovrebbe essere chiuso (le chiavi a lui naturalmente precluse, se ne deduce rubate), ad esercitarsi quando non dovrebbe e in modi in cui non dovrebbe, perché Yuuri Katsuki non è Vaslav Nijinsky né Victor Nikiforov, ed un ballerino come tutti gli altri che va contro la tradizione non sarà mai un genio, un artista o anche un semplice eccentrico, ma solo un idiota ed un indisciplinato.

Yuuri sa che dovrebbe accontentarsi, lasciar perdere i sogni in cui si è perso sin dall’infanzia, perché poter studiare presso la prestigiosa compagnia russa che ha visto Victor Nikiforov divenire una leggenda della danza classica è già più di quanto uno come lui meriti. Eppure, l’altra parte di Yuuri, quella che detesta perdere e di fatto l’ha portato a Mosca a soli sedici anni, non vuole saperne di mollare.

I piedi stretti nelle scarpette da punta che di giorno sono nascoste sul fondo di un cassetto, sotto cumuli di biancheria, Yuuri si lascia andare alla musica che gli riempie la mente quando chiude gli occhi.

Sorride come uno sciocco ma adesso non gli importa, quando rivede Victor, il Victor di sei, sette anni fa, né ragazzo né ragazza, con i capelli lunghi ed i fianchi stretti, il costume sfavillante e la gonna a metà, le scarpe da punta e le movenze da ballerina, l’energia e l’ardore sfacciato di un principe. Il Victor che ha dato a Yuuri qualcosa a cui aspirare, un’idea - più o meno precisa - di cosa diventare un giorno. Il Victor che Yuuri vorrebbe, oh se lo vorrebbe, lo afferrasse per i fianchi in una presa audace, su chissà quale palco rinomato. Il Victor che Yuuri di tanto in tanto riesce ad intravedere in accademia e che non sa neppure della sua esistenza.

Il Victor che pare rifulgere, incorniciato dall’oscurità del corridoio dietro di lui, sotto l’arcata della porta aperta, che batte le mani con un’espressione stupita in volto.

Victor, che ha tagliato i capelli e ha smesso di ballare sulle punte quando le sue spalle si sono fatte più larghe, la sua mascella più decisa, e la bellezza androgina che l’aveva reso famoso è sfumata in un fascino inequivocabilmente virile. Cosa penserà mai di Yuuri col suo viso tondo e banale, senza neppure una briciola di carisma che possa rendere la sua goffa imitazione - la sua trasgressione - lontanamente accettabile?

“Fantastico,” pensa apparentemente Victor Nikiforov.

Ci deve essere un equivoco.

“Certo, ci sono numerose imprecisioni: sbavature che un ballerino di questa compagnia non può assolutamente permettersi,” aggiunge senza pietà mentre si avvicina. “Ma la tua espressione, le tue movenze--Il tuo corpo si muove con una tale intensità che pare creare musica! Guarda, ho ancora i brividi.”

A quanto sembra, non si tratta né di un equivoco né di un sogno: la pelle di Victor è calda e morbida sotto i polpastrelli di Yuuri, increspata per davvero dai brividi, la peluria leggera eretta come quella di un gatto agguerrito.

Yuuri avvampa, perché è stato lui a provocare questa reazione e perché sono così vicini che può sentire il profumo di Victor--lo stesso Victor che aveva sempre e solo osservato da lontano.

Si sente svenire quando le dita di Victor gli sollevano il mento, come se volesse baciarlo, e lui gli chiede, qual è il tuo nome.

“Bene, Yuuri,” gli dice allora, e gli occhi azzurri come il mare brillano come un cielo stellato. “Spero tu non abbia già scelto una compagna per il pas de deux del saggio: ho in mente qualcosa che lascerà tutti a bocca aperta!”

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Capitolo 4
*** Giorno 2: Viaggiare ***


Giorno 2: Viaggiare
Prompt: Yuuri, Rapporto a distanza/Riunione


L’ingombrante mazzo di rose richiede il supporto di entrambe le braccia e depriva Victor di buona parte della sua visuale: perfetto, decreta compiaciuto.

La fiorista lo scruta con una certa preoccupazione che Victor sente tutta nel tono in cui chiede, è sicuro di non volersi avvalere del nostro servizio di consegna a domicilio?

“Oh, non si preoccupi: abito qui vicino!”

Non sarà una bugia--la fiorista lo sa; Victor Nikiforov è un cliente affezionato, soprattutto da quando è tornato a San Pietroburgo portandosi dietro il suo pupillo giapponese--ma non significa comunque tanto quando ci sono due incroci da attraversare e l’asfalto ghiacciato ad attenderlo. Be’, lei c’ha provato: se dovesse succedere qualcosa all’eroe nazionale non l’avrà sulla coscienza. Spera.

Si scambiano un arrivederci, buona giornata, poi Victor lascia il negozio seguito a ruota dal fedele Maccachin.

“Forza, più veloce bello!” gli intima, anche se in realtà si è già scontrato con tre passanti e ne ha presi a gomitate accidentali anche di più, tra la visuale ridotta, il passo celere e le strade scivolose che gli impediscono di frenare in tempo.

Ma per Yuuri, il suo adorato Yuuri, questo ed altro.

Non poterlo andare a prendere all’aeroporto in mattinata, dopo ben quattro giorni di separazione, è stato già una tortura bella e buona: naturalmente, Victor si era offerto di cancellare l’intervista che si sarebbe accavallata con l’arrivo di Yuuri, ma, purtroppo, il senso del dovere di Yuuri si estende ad aree che quello di Victor non sfiora neppure e, purtroppo, Victor diventa insolitamente malleabile dinnanzi ai desideri di Yuuri.

Forse c’è un nesso tra questo ed il fatto che Victor ha evitato di fare al suo timido, introverso, stanchissimo fidanzato qualsiasi accenno al tavolo che stasera li attende presso un ristorante a tre stelle Michelin, o al completo nuovo che proprio non ha potuto fare a meno di ordinare per lui, o alle fragole e champagne che, in frigo, aspettano solo di allietare il bagno rilassante che, certo, faranno insieme e che, con un pizzico di fortuna, si evolverà in una piacevole attività d’altro genere.

Mantenere questo tipo di segreti è difficile per Victor, anche se per poco tempo, anche se adora fare sorprese, però, quando la porta di casa si apre e l’espressione spossata di Yuuri si trasforma prima in stupore e poi in un misto di adorabile imbarazzo e pura gioia davanti al mazzo di rose che Victor gli offre con un bentornato!, Victor pensa che per questo momento, per il sorriso della persona che ama, sarebbe capace di sopportare qualsiasi cosa.

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Capitolo 5
*** Giorno 2: Viaggiare (II) ***


Giorno 2: Viaggiare (II)
Prompt: Victor, Gara


È un gioco, è una sfida, è la necessità che nasce dalla fame reciproca quando gare ed eventi pongono miglia, ore, giorni tra di loro, tra l’ultimo bacio ed il prossimo.

È un messaggio, mi manchi, o giù di lì, accompagnato da una foto più o meno sfuocata: il dettaglio delle labbra semiaperte, lucide, un collo teso, pelle nuda in un’anonima stanza d’albergo, o coperta dai lustrini del costume, deliziosamente arrossata dall’adrenalina dopo un’esibizione o dalla tensione che viene prima. A turni, comincia dall’uno o dall’altro. Seguono altri messaggi, altre foto, ugualmente scadenti, ché le mani tremano, sudano, e la fame rende frettolosi, ma che rivelano sempre di più, ché la fame aumenta e l’amore non è un fuoco che si estingue.

È un gioco, è un crescendo che avanza, vorace, bruciando ogni cosa sul suo cammino senza pietà, verso un climax che pare non giungere mai, fino a quando uno dei due resta scottato e cede e allora anche l’altro si lascia andare.

Si sorridono, da uno schermo all’altro, disfatti, stanchi, innamorati, un po’ malinconici, si dicono: ti amo l’un l’altro, e poi riprendono a contare le ore e i giorni che ancora li separano, anticipando il momento in cui potranno ripetere questa gara senza né vinti né vincitori, questa volta pelle contro pelle.

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Capitolo 6
*** Giorno 3: Sogni ***


Giorno 3: Sogni
Prompt: Victor, Speranze/Rimpianti


Talvolta, quand’è particolarmente esasperato, Yakov avverte Victor che se non s’impegnerà ad usare quella sua graziosa testolina un po’ più spesso, un giorno, tra le nuvole, ci volerà per davvero, e Victor, in fondo, non pensa che Yakov abbia poi così torto, ma ci sono cose - sottigliezze dell’umano - che persino lui sa cogliere. Per esempio, ad una settimana dal suo arrivo, gli è chiaro che Yuuri Katsuki non abbia alcuna intenzione di menzionare quel che è traspirato al galà del Grand Prix, figurarsi quindi dare un nome al feeling che tra un ballo e l’altro si era acceso tra loro.

Laddove non fossero bastati stereotipi e luoghi comuni ad informarlo sulla scarsa inclinazione dei nipponici a discutere degli affari di cuore (o dei sensi), di certo la ritrosia, i balbettii ed i rossori di Yuuri gli hanno reso ben chiaro che, senza il coraggio liquido dell’alcol, non sarà mai espansivo o diretto come quella notte. Inoltre, anche senza il retaggio culturale di Yuuri o la sua - adorabile quanto frustrante - timidezza, non è raro che, dopo aver alzato un po’ troppo il gomito, qualcuno decida di far finta di nulla per tenere a bada l’imbarazzo.

Tutto ciò che Victor può fare, allora, è dare spazio a Yuuri, e tempo, affinché possa trovare un modo nuovo di aprirsi a lui.

E non è questa attesa a pesargli sul cuore, mentre osserva Yuuri sonnecchiare sul tatami dopo pranzo, ma i sospiri, i sorrisi e quelle parole farfugliate che potrebbero essere un nome o, chissà, frasi d’amore che Yuuri da sveglio non pronuncerebbe mai--o che forse riserva ad una persona che non è Victor. È una spiegazione, una realizzazione così semplice e così tardiva che Victor può sentire di nuovo la voce sconsolata di Yakov: benedetto ragazzo, quando imparerai a tenere a mente che, checché ne dica la stampa, il mondo non gira intorno a Victor Nikiforov?

È un misto di istinti da prima donna e da disperato cotto a puntino, che gli guidano la mano sulla spalla di Yuuri.

Yuuri apre gli occhi con un sobbalzo e assume il colorito di un pomodoro maturo perché ancora non si è abituato alla sensazione del respiro di Victor Nikiforov che gli accarezza le labbra. Non crede ci si abituerà mai.

Victor forza un sorriso spensierato da un milione di watt.

“Perdonami,” dice. “È solo che sembravi… agitato, nel sonno.”

Yuuri, se possibile, si fa ancora più rosso. Per nulla un buon segno, decide Victor, senza però permettere al sorriso di vacillare.

“Tutto bene? Un incubo?”

“No, no.”

“Ah, allora forse stavi sognando la persona che ti piace? Non ne abbiamo più parlato, ma se hai una ragazza o un ragazzo mi piacerebbe conoscer--”

“N, niente del genere!” si affretta a ribattere Yuuri con un’espressione corrucciata sul volto in fiamme, e Victor non si stupirebbe se, a questo punto, gli prendessero a fumare le orecchie. “Non mi sono mai fidanzato in tutta la mia vita!”

“Oh, che spreco. Yuuri è così carino ora che da adolescente deve essere stato assolutamente adorabile!” dice Victor con un tono afflitto che, pensa, meriterebbe un Oscar. “Ad ogni modo, visto che sei già sveglio, che ne dici di andare all’Ice Castle? Ti aspetto all’ingresso!”

Crisi rientrata e speranze riaccese, Victor raggiunge il genkan a passo svelto e salta giù dal gradino con i pugni tesi in aria, ridendo come un matto.

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