Il bisbetico domato

di BillieJeanBJ
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Dovrei iniziare presentandomi? Come mi chiamo, quanti anni ho, dove vivo, cosa leggo, i miei hobby, qual è il mio problema.. Una specie di N.A. insomma; narratori anonimi!
Oppure potrei raccontarvi direttamente la mia storia. D’altronde le presentazioni possono essere superflue. Voglio dire.. molto spesso i fatti possono delinearci molto meglio delle parole. Prendete ad esempio una tipa che lavora in un call center. Come la descrivereste? Cordiale? Insistente? Rompipalle? Coraggiosa? Disponibile? Cortese?
La maggior parte di loro, e mi riferisco alle operatrici di sesso femminile, si chiama Francesca.
Ciao sono Francesca, la chiamo per..
No, grazie non sono interessata.
Oh, va bene. Grazie a lei per la disponibilità. Passi una buona giornata!

E voi non lo sapete o non potete immaginarvelo, ma appena riattaccano ci inviano un amabile, sentito, caloroso vaffa! Un contrasto davvero concorde con l’affabilità postaci pocanzi.
Quindi, io la definirei pazza isterica perennemente mestruata! Perché lo so? Perché conosco questo mondo ma se ve lo steste chiedendo.. no, non lavoro in un call center.
Sono socia della direttrice di un’agenzia pubblicitaria e, credetemi, anche in questo settore il clima non è per nulla paradisiaco.
Una volta il proprietario di un ristorante cinese ci ha chiesto di promuovere il suo locale creando un logo che lui riteneva ‘infallibile e ottimo per catturare l’attenzione dei clienti’. E l’attenzione l’avrebbe attirata eccome, ma unicamente quella perché d’infallibile aveva solo il doppio senso. Avete presente il pesce nasello? Ecco, adesso aggiungeteci un riccio in ambedue i lati, precisamente accanto agli occhi. Che figura ne viene fuori?
Un ristorante del ca.., come direbbe il mio amico Jesus!
Ovviamente, per la reputazione del nostro marchio, siamo stati costretti a respingere il compito. Non c’è stato verso di far cambiare idea al non-cliente o convincerlo che la sua non era esattamente una buona pubblicità.
Inutile dirvi che il nostro consiglio è stato preso come un’offesa con l’aggiunta di un diretto ‘andate al diavolo, incapaci!’.
E questo non è che solo un piccolo episodio. Ce ne sono stati tanti altri e altrettanti ce ne saranno. E’ il rischio del mestiere, suppongo.
-Il capo vuole vederti.-
Mery, collega e coinquilina, irrompe nel mio piccolo ma accogliente ufficio infestandolo di Coco Chanel n° 5. Una fragranza ottima.. se spruzzata in piccole dosi, misure quantitative che la rossa dagli occhi verdi chiaramente non conosce.
-Con una certa urgenza.-
Aggiunge nel vedermi ancora comodamente seduta.
-Ok, ok. Vado!-
Lascio perdere il progetto su cui sto –stavo- lavorando e mi alzo lisciandomi la gonna nera a tubino che, in tutta sincerità, odio indossare. Come anche le decolté dal tacco dodici se dobbiamo proprio essere precisi! E pure la camicetta di seta rigorosamente bianca. E non che l’acconciatura, un ridicolo chignon, sia salvabile.
-Sai, ogni volta che fai questa espressione –e cioè sempre- mi domando cosa diavolo ci fai qui.-
Non è la prima volta che Mery mi rivolge un’osservazione del genere e nonostante il suo tono sia  perpetuamente calmo e riflessivo, non posso fare a meno d’innervosirmi.
-L’espressione di una che lavora molto e che è, giustamente, stanca?!-
-No, di una che odia ciò che fa.-
Infilo gli occhiali da riposo tirandoli sul naso con l’indice prima di spostare, senza troppa forza, la mia amica dall’uscio.
-Sai cosa odio? Preparare la cena. Quindi stasera tocca a te!-
-Prima o poi esploderai, Betty Boop!-
-Niente fritto, mi raccomando!-
Ignoro e chiudo la questione salutandola con le dita prima di svoltare l’angolo e uscire dalla sua visuale.
Ragazze, non è vero che odio il mio lavoro! Sono creativa, ho fiuto per gli affari e le idee non mancano, e queste sono caratteristiche fondamentali per la mia professione. L’unica cosa che detesto, sono alcune regole, ecco tutto!
Si entra alle 8.00 e si esce alle 18.00, non un minuto in meno, non uno in più.
La pausa pranzo deve durare esattamente trenta minuti.
Scarpa con tacco, chignon, make-up adeguato e tailleur rigorosamente scuro, non importa se a gonna o a pantalone.
E non importa neanche che tu sia la socia del capo. Non hai agevolazioni perché hai da poco raggiunto la maggiore età e non puoi permetterti il lusso di stare sugli allori. Non è così che s’impara il mestiere.
E il fatto che ti ritrovi co-proprietaria di questa società lasciata in eredità dalla tua defunta madre, beh.. è un privilegio che non puoi e non devi assolutamente disprezzare, anche se il tuo obiettivo nella vita era decisamente un altro. Quindi, perché dovrei odiare il mio lavoro? Sono una ragazza fortunata dopotutto, no?!
E la buona sorte continua a prendersi gioco di me sorridendomi attraverso le labbra lucidate di rosa scuro che mi accolgono quando, dopo aver bussato, entro nell’ufficio del capo.
Espressione fintamente cordiale che nasconde una ramanzina dovuta ai miei cinque, o forse sei, minuti di ritardo. Sfuriata che avrei dovuto subire se in ufficio fossimo state sole.
-Ascensore fuori uso.-
Irritazione che aumenta a dismisura dopo la mia battuta perché noi non abbiamo un ascensore. Se solo potesse, Maggie Greene mi taglierebbe la lingua in questo precisissimo momento e conosco abbastanza bene mia sorella da sapere quanta collera le scorre nelle vene, e il sospiro da toro in posizione d’attacco ne è la conferma.
-Lei è Beth, la collaboratrice di cui ti ho parlato pocanzi.-
Da socia co-proprietaria a collaboratrice. Un salto di qualità, devo dire. Anche se, in tutta sincerità, poco m’importa di quale grado sia il mio ruolo qui.
Questo però mi ricorda che non siamo sole e quando mi volto il mio viso va inevitabilmente a fuoco per una ragione molto chiara e comprensibile. Chi ho davanti non è il solito cliente serioso e formale che ti guarda con un’espressione di massima serietà e pretenzioso impegno, nossignore!  I due occhi azzurri che continuano a fissarmi appartengono ad un uomo il cui aspetto non passa di certo inosservato e che mette, appunto, in soggezione.
Fisico asciutto coperto da camicetta nera arrotolata sui gomiti che lascia scoperte le vene sporgenti, e jeans altrettanto scuro, capelli ricci sul castano chiaro, se ne sta seduto con una caviglia appoggiata al ginocchio che stringe con una mano dalle lunghe dita callose, mentre l’altra è ferma sul mento coperto da una barbetta corta e ordinata. Tuttavia, riesco a vedere benissimo il sorrisetto stampato sulle labbra carnose; è chiaramente divertito dal modo in cui lo guardo. No, credo che fissare sia il verbo più adeguato. Eppure mi rivolge uno sguardo saldo e gentile. Un’espressione da ‘mi hai mangiato con gli occhi piccola, lo so, ma –tranquilla- fingerò di non essermene accorto’.
Adesso capite perché mi sento in imbarazzo?
Fortunatamente mia sorella imita un colpo di tosse e mi aiuta a distogliere l’attenzione dall’uomo che avrà ad occhio e croce trent’anni.
Sentendomi impacciata come mai prima d’oggi, mi posiziono al suo fianco e invece di guardare il belloccio, che suppongo sia un cliente, mantengo lo sguardo sullo schermo del pc.
-Dunque, riassumendo, il signor Dixon ha bisogno di un’insegna per la sua officina meccanica.-
Veramente no.”
-E’ così.-
Alzo di scatto lo sguardo perché, a meno che lo stress non mi stia giocando brutti scherzi, come ad esempio sentire le voci, a rispondere sono stati due uomini. Uno è il belloccio, ma l’altro??
Passo in rassegna ogni angolo dell’ufficio trattenendomi davvero per un pelo dal controllare anche sotto la scrivania, ma giuro che -a parte noi tre- non c’è nessun altro!
E quando lascio cadere gli occhi sul nuovo cliente, il suo sorriso diventa visibilmente divertito mentre con un cenno del capo mi indica un cellulare piazzato sulla scrivania.
Ah.
Dunque è in corso una chiamata.
E se ho sentito una seconda voce maschile è perché l’aggeggio è in modalità vivavoce.
Bene.
Anzi, perfetto.
Adesso mi sento una scema.
E probabilmente anche mia sorella.
-Temo di non aver capito. Il signor Dixon ha o non ha bisogno di un’insegna?-
“No.”
-Sì.-
La conferma arriva ancora una volta un tantino confusionale poiché la coppia ha parlato di nuovo in un sincrono perfetto ma discordante. Seppur la risposta più udibile pronunciata con tono deciso sia stata la seconda –e cioè quella del belloccio-, la smentita della prima, articolata invece in un mormorio seccato e quasi imbronciato, è stata altrettanto chiara a me quanto a Maggie.
-Si o no?-
Ed è l’uomo dai capelli ricci a ribattere frettolosamente ribadendo il sì.
-Se allora siamo sicuri-
La celata domanda resta sospesa per qualche secondo, giusto il tempo di dar loro la possibilità di schiarirsi un’ultima volta le idee.
-la nostra collaboratrice, Beth, si occuperà di tutto.-
Grande! Non vedo l’ora, sul serio!
Anche perché adesso, proprio adesso, c’è una procedura da seguire; dopo la supervisione e il consenso del grande capo, tocca alla sottoscritta occuparsi di tutto il resto. E questo comporta chiudermi nel mio ufficio insieme ad uno sconosciuto che, solo a guardarlo, mi trasmette una goffaggine assurda.
-Perfetto!-
Eh, come no!
-Grazie per la disponibilità, Maggie.-
Maggie? Il tizio l’ha davvero chiamata Maggie e non Miss Greene?!
Questa avrei dovuto registrarla!
-Grazie a voi per aver scelto la Greene company. Beth ti accompagnerà nel suo ufficio.-
E dopo che mia sorella e il belloccio si stringono la mano, mi affretto a raggiungere la porta rivolgendogli un sussurrato invito a seguirmi. Solo che il termine ‘seguire’ ne implica il pieno significato perché lui deve camminare dietro di me e improvvisamente sento di avere l’andamento di un dinosauro.
Perlomeno il mio ufficio non è molto distante, e quando passo dalla scrivania di Mery ignoro l’espressione alla Homer Simpson modalità sbavo che ha non appena focalizza la figura del tipo alle mie spalle.
-Prego.-
Lieta di poter prendere una boccata di ossigeno, apro la porta accostandomi ad essa affinché il nuovo cliente possa entrare. E’ un sollievo non averlo più dietro! (Ehi, niente doppi sensi!)
Mi faccio coraggio e lo seguo chiudendomi la porta alle spalle.
-Quindi.. un’officina?-
Prima parliamo di affari, prima finiamo, prima posso andare a far pipì.
-Esatto. E’ del mio amico, Daryl.-
Il belloccio agita il telefonino e capisco che la chiamata è ancora in linea.
-E avete dunque bisogno di pubblicità? O di un nuovo logo? O-
Né l’una, né nient’altro.”
Sto iniziando a capire che quando, Daryl giusto?!, apre la bocca lo fa solo per contraddire o confondere le cose. L’accordo è ormai stato fatto, non può rifiutare. Anche se devo ammettere che ne sarei davvero sollevata.
-Daryl, andiamo! Un consulto professionale può esserti molto utile!-
Sul serio, Rick? Un consulto professionale per un’officina?”
E adesso ho anche scoperto il nome del belloccio che mi ha appena rivolto uno dei suoi cioccolatosi sorrisi scusandosi per il comportamento del suo misterioso amico.
-L’officina aprirà il lunedì prossimo ed io avevo pensato ad una bella inaugurazione, così da poter spargere la voce.-
-Certo. Normalmente è così che funziona.-
Forse non l’ho fatto di proposito, ma la mia risposta sembra una vera e propria battuta sarcastica verso Daryl, tanto che dal cellulare sento provenire un ringhio.. animale. Non fosse stato per la risatina rilassante di Rick, me la sarei comunque svignata a gambe levate, giuro! Anche perché nella mia testa ha iniziato a lampeggiare la frase ‘ex detenuto’ a mo’ di allarme. Insomma, perché non si è presentato di persona questo Daryl? Avrà, appunto problemi di selfcontrol, gli stessi che lo hanno spedito tra le sbarre. Mi ci gioco la mia finta borsetta Paciotti!
-Ma avrai capito che lui non è molto.. esigente.-
Vorrei replicare alla stessa maniera di prima, e cioè che sempre normalmente i clienti che si rivolgono a noi lo sono eccome, ma evito accuratamente di dar voce alla risposta.
L’unica frase che esce dalle mie labbra è, credo, la più plausibile.
-Quindi?-
Quindi niente. Non ho bisogno di fiori e piantine per attirare gente. Chi conosce le mie competenze, sa dove trovarmi.”
E’ la frase più lunga che Daryl ha pronunciato in mia presenza e devo riconoscere che il suo pensiero non fa una piega.
-Questo è vero, ma sarebbe conveniente per lei se altre persone sapessero delle sue doti.-
-E quello che sto cercando di fargli capire.-
Daryl grugnisce una specie di dissenso, credo, mentre Rick appoggia alla grande la mia teoria.
Non posso trattare solo con il belloccio? Non può chiudere la chiamata? Sarebbe tutto molto più semplice! Ma so che non è possibile perché, a quanto ho capito, Daryl è una testa dura e l’ultima decisione è solo sua.
Rick vorrebbe una cosa fatta per bene, l’altro no.
Rick vorrebbe ricorrere al nostro aiuto, l’altro no.
Devo risolvere la questione il prima possibile se non voglio che la vescica mi scoppi.
-Qual è il nome dell’officina?-
Rick mi punta con un’espressione inconfondibile: smarrimento totale!
Persino il telefono sembra morto.
Inevitabilmente le mie sopracciglia si sollevano mentre gli occhialini mi scivolano dal naso.
-Perché ha un nome quest’officina, vero?-
E’ sempre il fischiettio degli uccellini questo che sento?!
Ok, la questione è seria, e la soluzione è soltanto una.
-Credo che dovremmo partire da zero.-


Note d’autrice
Ciao a tutte!!!
Eccovi la nuova storia che avevo iniziato a scrivere già qualche settimana fa ma che non ho avuto tempo e modo di continuare!
Questo primo capitolo è una specie d’introduzione, giusto per anticiparvi lo ‘stile’ dei capitoli successivi e presentarvi i personaggi. Spero vi sia piaciuto!:)
Sarei felice di sapere se la storia potrebbe interessarvi!:)
Grazie a chi ha letto e a chi, eventualmente, recensirà.

Ps. Ho preso il titolo dal noto film con Adriano Celentano, il bisbetico domato, appunto. E’ un film che onestamente adoro! *-*

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Ok, di cose assurde ne sono accadute da quando lavoro in questa società ma sapere dell’inaugurazione di un’impresa.. anonima.. le supera tutte!
‘Ehi, si è fuso il motore della mia auto, conosci un meccanico qui nelle vicinanze?’
‘Sì.’
‘E come si chiama?’
‘Boh, non lo so.’
‘Ah, ok. Grazie.’

Non troviate sia una cosa stupida, insensata e.. assurda?
Per questo quando entro nell’ufficio di mia sorella ho ancora stampato in volto un’espressione incredula.
-Problemi?-
E, ovviamente, il sospetto di Maggie è più che giustificato.
-Sì.-
Appoggio i palmi sulla scrivania e la fisso come se stessi per informarla di un imminente cataclisma. E più o meno è così.
I suoi occhi verdi mi scrutano attendendo impazienti e curiosi la sciagurata notizia. Devo ammetterlo, Maggie Greene è una donna che non si fa prendere dal panico ma quando ascolterà cosa ho da dirle..
-L’officina.-
Una sola - semplice - parola.
Il tono che ho utilizzato è stato estremamente serioso e grave, non è necessario aggiungere altro.
Lei ricambia l’intensa occhiata solo che il suo sguardo resta impassibile. Non che mi aspetti chissà quale reazione, ma che addirittura non mostri neanche un minimo di preoccupazione..
-E allora?-
La sua fronte si corruga mentre le labbra si stringono infastidite da una notizia che, ovviamente, non ritiene importante.
-Non ha un nome!-
Ecco, adesso le sue mani dalle unghie laccate di rosso dovrebbero affondare tra i capelli corti e castani, il mento dovrebbe sollevarsi al cielo e lei dovrebbe urlare disperata un ‘Dio Onnipotente, ma cosa ti ho fatto di male?’
Dovrebbe, appunto.
E invece continua a rimanersene.. indifferente e seccata.
-E allora?-
Proprio non capisce.
-E allora non dovremmo accettare! Tra una settimana c’è l’inaugurazione di un’officina senza nome, il proprietario non si è presentato e, da una chiamata telefonica, abbiamo capito che non ha le idee molto chiare a riguardo, e come se non bastasse questo Daryl mi ha appena spedito a quel paese!-
Sì, proprio così!
Dopo aver informato Rick che saremmo dovuti ripartire da zero, lo stronzo di Dixon mi ha consigliato la strada per il vaffa.
Lì per lì non mi sono arrabbiata, come potevo quando quegli occhioni azzurri del belloccio mi guardavano con una desolazione quasi da spingere me a chiedere scusa? Ma non appena sono rimasta sola.. beh, ho ricambiato quel vaffanculo, anche se in ufficio non c’era ormai più nessuno. Insomma, chi è questo Daryl Dixon? Chi gli ha dato l’autorizzazione di essere così maleducato con me?
-Cosa stai cercando di dirmi esattamente, Beth?-
-Che forse questo è tutto uno scherzo! Che non esiste nessuna officina e che c’è gente che ama farci perdere tempo.-
E pazienza!
Vedo mia sorella sospirare e lasciarsi cadere contro lo schienale della poltrona mentre si passa la lingua sulle labbra.
-Rick Grimes è una persona seria e questo affare non è uno scherzo.-
-Lo conosci?-
-Sì, Beth, lo conosco. E’ un uomo di legge.-
Oh.
Queste rivelazioni proprio non me le aspettavo.
Rick è un agente o qualcosa del genere e mia sorella lo conosce. Ecco perché si sono dati del tu.
Inoltre il sospetto che questo Dixon sia un ex detenuto diventa sempre più una certezza! Rick Grimes sarà l’agente che lo tiene in custodia.
Io ho fiuto per certe cose! Il mio sesto senso è infallibile!
-Intenderai, dunque, che non può permettersi certi giochetti e che questo incarico dev’essere portato a termine con la stessa professionalità di sempre.-
La vedo dura, ma annuisco riconoscendo di aver avuto un dubbio errato.
Ma solo per quanto riguarda Rick Grimes.

Il quartiere è quasi deserto e per la decima volta controllo il foglietto, che il belloccio Rick mi ha lasciato questa mattina, per assicurarmi che l’indirizzo sia questo. Lo è.
Mi ha scritto anche il suo numero di cellulare (già salvato tra i numeri in rubrica del mio) ma se non lo chiamo, è perché non voglio apparire una stupida incompetente.
Infondo non dovrei stupirmi se l’officina si trova in una zona dimenticata da Dio, voglio dire.. ‘conoscendo’ a chi appartiene è tutto nella norma.
Solo che adesso non so davvero cosa fare. Attorno a  me vedo solo una saracinesca abbassata, qualche auto vissuta (non fossero così malandate, le definirei d’epoca) e un bar. Ed è proprio lì che mi tocca andare se non voglio che questo finisca per essere un viaggio a vuoto.
Vi confesso che una parte di me vorrebbe ritornarsene a casa, al sicuro.. magari a gustarmi un bel Kit-kat, ma se devo scegliere tra scambiare quattro chiacchiere con un uomo scorbutico-bisbetico-ex detenuto, e subirmi la sfuriata di mia sorella.. beh, preferisco di gran lunga rischiare con il primo.
Non appena apro la porta vetrata una musichetta country mi da il benvenuto in quel che è un locale davvero molto accogliete, impressione che dall’esterno non penseresti nemmeno a causa dell’insegna ‘Nick&Joe’ quasi interamente distrutta.
La sala, dalle pareti di legno, non è molto grande ma è dotata di tutto l’essenziale; quattro tavoli -due dei quali sono occupati da un gruppo di tre uomini sulla cinquantina che sta giocando a carte, e un altro che chiacchiera e beve birra da boccali enormi- con panchine poste frontalmente l’una dall’altra, l’angolo bar con cinque sgabelli anch’essi di legno, e c’è persino uno spazietto dove poter giocare a biliardo e a freccette.
Inutilmente osservo rapida ogni presente cercando di localizzare il misterioso ex detenuto Daryl Dixon.
Si, lo so. Vi starete chiedendo come potrei mai avvistarlo se non l’ho neanche visto in foto segnaletica, ma vi confesso che la mia immaginazione (guidata sempre dal mio infallibile sesto senso, ricordate?!) ha creato un Dixon tutto suo: altezza nella media, capelli scuri dal taglio e dalla consistenza alla Pippo Baudo e uno stile da zoticone: jeans sporchi, consumati e strappati e t-shirt bianca a maniche corte che lascia scoperto l’ombelico di una pancia rotonda e dura come quei palloncini che vendono nelle fiere.
Nessuno pare essersi accorto della mia presenza e ringrazio il Creatore per questo perché i clienti sono tutti.. uomini.  E ringrazio infinitamente anche me stessa per aver deciso di sostituire il tailleur a gonna e le scarpe con tacco con una giacchetta sportiva nera, un semplice jeans e le mie amate converse nere e bianche.
Ho il dubbio che qui il sesso femminile non sia ben gradito ma non posso tirarmi indietro. Qualsiasi disavventura sarà meglio della ramanzina di mia sorella, credetemi.
Cercando sempre di essere invisibile, mi dirigo verso il bancone attenta a non spostare gli sgabelli per non emettere alcun suono che possa attirare attenzioni indesiderate. Purtroppo non posso chiamare il barista, che mi da le spalle, con un sussurro o picchiettandogli due dita. Le alternative -in tal caso- sono dunque solo due: o aspetto che si giri, rischiando che qualcuno mi noti, o lo chiamo sperando che la musica da sottofondo sovrasti la mia voce.
Decido di tentare la fortuna.
-Mi scusi?-
Niente. Non si volta.
-Ahm, mi scusi!-
Aumento di tono e guardo immediatamente alle mie spalle per accertarmi che nessuno mi stia lanciando occhiate guardinghe, e quando scopro che è così tiro un sospiro di sollievo. Nessuno si accorgerà di me, ne sono sicura.
-Mi scusi!!!-
Provo ancora e inevitabilmente il barista si volta perché.. beh, perché ho proprio urlato di gola! Come fanno i nipoti con i loro adorabili nonnini duri d’orecchio.
Deglutire un boccone d’aria pesante mi è automatico per un presentimento che mi aggroviglia fastidiosamente stomaco e pancia. Credo di aver appena avuto un crampo da colite spastica.
Lentamente mi volto e la colite da spastica cambia ad ulcerosa perché scopro che adesso gli occhi di tutti.. sono.. puntati.. su.. di.. me.
Chi aveva osato presuppore che tutto sarebbe filato liscio?!
Sento il viso scaldarsi come se lo avessi messo tra le fiamme del caminetto e se non me la squaglio è solo perché percepisco le mie gambe dannatamente fragili.
-Ehi, tu!-
Oh, no! E’ il barista che sta chiamandomi. E so che dovrei voltarmi e affrontarlo ma il tono con il quale si è rivolto non è proprio.. amichevole, ecco! Per non parlare del suo aspetto; spalle large e possenti coperte da un gilet ‘abbellito’ da un enorme teschio messicano e capelli legati in un codino. Scommetto che sul petto, invece, ha tatuato la testa del diavolo o qualche stramberia del genere.
-Sei sorda per caso?-
Ah, io?? Alla fine!!
Mi giro trattenendomi dal fargli notare che se mi trovo in questa situazione è solo per colpa sua e del suo pessimo udito -o cerume, non saprei-, e cerco di reggere il suo sguardo. Mai abbassare le palpebre davanti al tuo avversario, giusto?!
Solo che i suoi occhi.. cavolo, i suoi occhi sono così collerici da rendere il nero delle sue iridi.. demoniaco. Tanto per rimanere in tema.
Lui guarda me.
Io guardo lui.
Ho persino smesso di respirare aspettandomi.. non so, una sfuriata? Un’aggressione? Dio, sono così giovane! Non sono pronta a morire, ho ancora tantissime cose da fare, da progettare, da realizzare. Ho mille obiettivi da raggiungere e vorrei tanto
-Macciao, bambolina! Come ti chiami?-
Scatto inevitabilmente all’indietro e se non casco col sedere per terra è solo perché sono riuscita ad afferrare il bordo del bancone.
Ma in che razza di posto sono finita??
O sono stata drogata, magari da mia sorella, o il barista ha un gemello; chi mi sta rivolgendo un sorriso amabile, con le mani strette palmo contro palmo sotto il mento, in un’espressione visibilmente estasiata non può essere la stessa persona che solo pochi secondi prima mi aveva chiamato con una cattiveria tale da farmi tremare le ginocchia.
Conoscete lo zio Marrabbio della serie Kiss me Licia? Avete presente come reagisce quando nel suo ristorante entra Mirko? E  quando entrano Andrea e Giuliano? Il suo cambio d’umore è repentino e abissale: da rabbioso a inebriato. Bene, per intenderci, il barista è esattamente così.
-Non capita tutti i giorni di vedere nel mio locale un viso dolce e delicato come il tuo, sai?!-
Onestamente credo che non capiti tutti i giorni di vedere una donna qui dentro per ovvie ragioni, ma evito di dirlo.
-Ahm, grazie.-
Sono ancora sotto shock ma l’educazione che da sempre mi ha contraddistinto ha la meglio e rivolgo al barista schizofrenico un sorriso riconoscente.
-Allora, come ti chiami?-
-Beth.-
-Piacere, Beth. Io sono Nick.-
Mi tende una mano e nello stringergliela la mia sparisce dentro la sua. Devo riconoscere però che è calda e morbida, un contatto piacevole.
-Posso servirti qualcosa? Offro io.-
-No, la ringrazio. Ma vorrei chiederle un’informazione.-
Non appena riceverò risposta, qualunque essa sarà, volerò via da questo posto. Almeno nessuno oserà dire che non ci abbia provato.
-Ti ascolto, bambola.-
Ossignore. Bambola!
-Può dirmi dove posso trovare un certo Daryl Dixon?-
-Perché?-
E la risposta che aspettavo non proviene da Nick ma da uno sconosciuto che sbuca dalle mie spalle e si accomoda sullo sgabello a destra.  Il cuore ha ripreso a battermi forte per il secondo spavento preso in meno di dieci minuti l’uno dall’altro. Se fossi stata in un ambiente neutro -e cioè in un luogo in cui ci sarebbe stata un’altrettanta numerosa presenza femminile- avrei ricordato all’intruso quali sono le buone maniere.
E, sempre se avessi avuto un appoggio, gli avrei anche rammentato che forse non sono affari suoi.
Non replico subito e quando mi giro per scoprire il volto dell’impiccione mi ritrovo ad osservare un profilo pulito e spiccato. Naso diritto ma con un adorabile rigonfiamento all’altezza delle narici, arco di cupido leggermente arrotondato da far sembrare il labbro superiore più carnoso rispetto a quello inferiore, e mento diritto coperto da qualche pelo di una barbetta corta e incolta. Ad incorniciare il tutto una massa di capelli dalle ciocche scure, sfilzate e disordinate anche sulla fronte marcata.  Ha un fisico allenato e.. sì, molto piacevole da ammirare; gambe toniche fasciate da un paio di jeans vissuti e braccia muscolose al punto giusto. Grazie alla camicia nera smanicata riesco ad ipotizzare che anche i pettorali sono sodi e perfetti.
Ma è nel momento in cui si volta verso di me che posso affermare con assoluta certezza che il dettaglio più singolare sono i suoi occhi. Le palpebre affilate e dal taglio esotico circondano due iridi dall’azzurro quasi trasparente.
Non c’è che dire, è un bellissimo uomo. Peccato che il suo insistente guardarmi confermi la tesi che della bellezza non te ne fai nulla se a dominare è la maleducazione.
E’ categorico che le mie guance avvampino una seconda volta perché sta invadendo la mia privacy con la sola forza di un’occhiata.
-Bambolina, vuoi un bicchiere d’acqua?-
Ma grazie Nick! Davvero, grazie molte! Grazie per aver rimarcato sul mio disagio. Grazie per aver fatto intendere che il mio rossore sia dovuto allo sguardo del tipo seduto al mio fianco! E grazie per non avermi ancora risposto!
-No, voglio solo sapere se qualcuno conosce ‘sto maledetto di Daryl Dixon!-
Credo che l’imbarazzo mi abbia dato la giusta dose di coraggio perché sono riuscita a controbattere e con fermezza ed esasperazione.
-Quindi questo Dixon sarebbe un maledetto?-
Di nuovo è il tizio alla mia destra a parlare, anche se lo fa quasi balbettando a causa della sigaretta che stringe tra le labbra. L’osservo sollevare il bacino per recuperare l’accendino dalla tasca ed è matematico; gli occhi mi cadono sul cavallo dei jeans laddove vi è una vistosa protuberanza. Cambio immediatamente visuale ma sbaglio ancora una volta obiettivo perché quando alzo le ciglia sul suo volto lo trovo a fissarmi con un ghigno assorto, espressione da ‘ti ho beccato a fissarmi proprio lì! Ah-Ah!’ O forse sono io ad immaginarmelo perché i lineamenti del suo viso sono seri e inespressivi. E questo mi fa arrabbiare ancora di più. E’ tutta colpa di Daryl Dixon se sono costretta a collezionare una figura di merda dopo l’altra!
-Maledetto, incoerente e maleducato se proprio desidera saperlo. Mi ci gioco ciò che vuole che è un ex detenuto, non ha le idee chiare e la civiltà non sa neanche cosa sia.-
Ecco, l’ho detto!
E non m’importa se questi due andranno a riferirglielo perché dalla smorfia del ragazzo e dall’ansito sorpreso del barista è chiaro che sanno di chi sto parlando.
-Lo conosci bene, bambolina!-
In realtà non ho ben capito cos’abbia detto Nick poiché ha parlato in un sogghigno mormorato. E non ho neanche la possibilità di chiedergli di ripetersi perché si è spostato per servire alcuni clienti. Maschi, ovviamente.
Che sia un locale per soli gay? Uhm, probabile.
-Tu chi sei?-
La domanda postami con tono piatto arriva sempre dallo sconosciuto alla mia destra. Vorrei non rispondergli, non ho tempo per fare nuove amicizie, ma -come vi ho già detto- l’educazione prevale.
-Mi chiamo Beth e lavoro per la-
-Beth?-
Non capisco perché l'uomo abbia ripetuto il mio nome riducendo le palpebre a fessura, ma annuisco.
-E lasciami indovinare. Lavori per la Greene company.-
Esatto! Glielo confermo solo mentalmente perché sono troppo stupita che un tizio come questo sappia dell’esistenza della nostra società.
-La conosce?-
L’uomo mi rivolge un sorriso stretto prima fare un altro tiro e soffiarmi il fumo sul viso.
Lo zoticone che è in lui non è mai troppo lontano.
-Quel maledetto, e non ricordo cos’altro, di Daryl mi ha parlato di voi pubblicitari.-
Incoerente, maleducato ed ex detenuto, ma evito di ripeterlo perché -come avevo supposto prima- i due si conoscono e adesso che gran parte della mia ira si è dissolta capisco di aver commesso un enorme errore.
E se Dixon decidesse di ritirare l’accordo? Maggie mi ha raccomandato massima professionalità e.. beh, di professionale sto usando ben poco.
-Senta.. posso chiederle di..  di tenere per sé questa conversazione?-
Non ho il coraggio di guardarlo in faccia e le mie dita che torturano la cinghia della borsa sono d’un tratto la cosa più interessante da osservare.
I secondi trascorrono lenti e pesanti, e le uniche cose che sento sono la musichetta da sottofondo e i sospiri fumosi dello sconosciuto.
-Mi stai chiedendo di non riferire a Daryl il modo in cui l’hai descritto?-
Ha capito tutto.
Percependo il suo sguardo addosso, continuo a tenere il mento basso e annuisco a malapena. Per fortuna ho lasciato i capelli slegati e parte di essi nascondono il rossore della guancia.
-D’accordo.-
Il sollievo che m’invade è balsamo per il fastidioso nodo che avevo allo stomaco, e quando mi volto verso colui che è appena diventato il mio angelo gli sorrido grata.
-Davvero?-
-Hm-hm.-
Cavolo, non me lo sarei mai aspettato! Mantenere questo vile segreto è un gesto nobile dopotutto!
-La ringrazio moltissimo!-
Lo sconosciuto chiude la questione con un gesto del capo e si alza dallo sgabello. Adesso che mi fronteggia, il suo corpo -che sovrasta il mio facendomi apparire davvero piccola- diventa ancora più imponente.
-Posso.. posso chiederle un ultimo favore?-
So di non dover tirare troppo la corda ma c’è sempre una questione da risolvere.
Ignoro l’occhiata -giustamente- seccata che mi rifila e cerco di mostrargli il mio sorriso più tenero.
-Sa dove posso trovarlo?-
-Non disturbarti. Ha lasciato detto che domani mattina sarà lui a venire da voi.-
Oh.
Bene. Anzi, no, direi che è grandioso!
E senza darmi il tempo di ringraziarlo nuovamente, lo sconosciuto mi gira le spalle e se ne va.
Tutto sommato non è andata male, no?!

Quando torno a casa sono sfinita.
Non ho voglia neanche di svestirmi. Non fossero tanto scomodi, dormirei con i jeans.
-Sei viva! Sia ringraziato il cielo!-
-Ah-Ah! Non è divertente.-
Il fatto che io abbia confessato a Mery il mio sospetto sulla pedina penale di Dixon è stato un fatale errore. Ho condannato la mia esistenza a plateali battute come questa.
Lascio cadere la borsa sul divano e, come una vittima attratta dal suo ipnotizzatore, mi fiondo in cucina guidata dal profumo di burro, zucchero e uova.
-Dolce?-
Ipotizzo con voce sognante e con l’acquolina in bocca. Forse sarebbe il caso di informarvi che io amo i dolci.
-Pan di spagna con crema di nocciole.-
Conferma Mery alle mie spalle. Mi trattengo dallo gettarle le braccia al collo solo perché sono troppo impegnata a sniffare il paradisiaco odore che proviene dal forno.
-Ti adoro.-
-Sai.. non sapendo se fossi tornata a casa sana e salva, ho pensato di allievare un po’ le tue pene.-
E come una nuvola di fumo, il magico momento.. puff, evapora!
-Sei una cretina!-
Che vi avevo detto?!
-Allora? Com’è il nostro ex detenuto?-
Mi allontano dal forno prima che la follia mi porti a ficcarci dentro colei che, di regola, dovrebbe sostenermi e compatirmi anche!, e mi lascio cadere sulla poltroncina accanto al caminetto.
Dovete sapere che la cucina è la stanza più spaziosa, stupenda e confortevole di tutta la casa. Non per niente, quando non siamo fuori, trascorriamo qui la maggior parte del nostro tempo.
-Non l’ho visto. Non c’era.-
-Oh, mi dispiace. Quella stronza di Maggie ti farà il culo domani.-
-Mery!-
-Che c’è?-
Finge innocenza ignorando il mio richiamo e si accomoda nell’altra poltroncina incrociando le gambe chilometriche nella posizione yoga. A differenza mia, lei è alta con ogni curva al punto giusto. Direi che madre natura è stata molto generosa con lei, e molto tirchia con me.
-E’ mia sorella.-
-E quindi? Sempre stronza rimane.-
E’ comprensibile che la detesti a giudicare dal modo in cui la tratta e sono più che sicura che il loro sia un odio reciproco, anche se Maggie Greene snobba chiunque là dentro. Persino il suo stesso sangue!
Lei non è mai stata così.. stronza, men che meno con me. Era dolce e premurosa e non c’era giorno in cui non sorrideva. E’ stata la morte di nostra madre a cambiarla. Del resto, ognuno affronta il dolore a modo proprio, no?!
-Comunque, il mio sedere è al sicuro. Domani Dixon ci onorerà della sua presenza.-
Gli occhioni verdi di Mery sono attraversati da un luccichio eccitato; come me, è curiosa di scoprire il volto di questo misterioso cliente.
-Allora sarà meglio conservare il dolce. Non sia mai che l’ex detenuto cerchi di strangolarti in ufficio!-
Stringo le labbra sospirando nervosamente dalle narici allargate e le lancio contro la prima cosa che mi capita, e cioè il mio scoiattolo di peluche.

Questa mattina sono allegra e positiva. Sarà una giornata soddisfacente, me la sento!
Non mi lamento nemmeno quando indosso la gonna a tubino nera e la camicetta azzurrina. Pensate, mi piace persino lo chignon!
Lancio al mio riflesso un ultimo sorriso radioso neanche fossi in uno spot per dentifricio, e afferro le chiavi della mia auto. Una fantastica Mini Cooper rossa. Il bello di avere 18 anni, eh?!
L’edificio non dista molta da casa, ma sono già le 7 e 30 e non vorrei ritardare proprio oggi!
Mery è già uscita per cui chiudo la porta a chiave e scendo i cinque scalini che mi portano nel parcheggio riservato ai condomini del quartiere.  
Appena entro in auto sento il profumo di caramelle gommose, leccornia che occupa il secondo posto nella classifica peccatucci di gola.
 Abbasso gli occhiali da sole sul naso e giro la chiave pronta a raggiungere la Greene Company.
Il sole, seppur stanco per la stagione estiva appena passata, illumina delicatamente le strade ancora vuote della mia zona creando un panorama senza eguali. Sembra quasi di stare all’interno di un quadro paesaggistico; una zona rurale quella in cui vivo, con case bianche dai portici arricchiti di mille fiori. I giardini sono ovunque e i marciapiedi sono stati costruiti in pietra. Insomma, un’esplosione di colori capace di tingere anche le giornate più nere. Ma questa.. questa decisamente non lo è.
Sospiro serena, abbasso il finestrino per sentire il vento settembrino soffiarmi sul viso e sempre con quel sorriso radioso da pubblicità, guido verso la città.

8:05
-Eddai, muoviti!-
Continuando a premere il palmo schiacciato sul clacson sporgo il capo fuori dal finestrino; una coda di macchine infinita. Poteva mai iniziare bene la giornata? No, certo che no!
Alzo il viso verso il cielo, e senza rivolgermi a qualcuno in particolare, ringhio tra i denti:
-Ce l’hai con me? No, dico.. ce l’hai con me?-
-Siii.. ce l’ho con teee, Beeeetyyyy!-
Una voce bassa e decadente dal tono volutamente spettrale proviene dalla mia destra, precisamente all’interno dell’abitacolo. Nel rientrare vado a sbattere la testa contro il tettuccio e subito un pulsante dolore invade la zona lesa.
Magnifico! Un bernoccolo è ciò di cui ho bisogno!
Quando i miei occhi incrociano quelli verdi di Mery introdottasi di soppiatto nella mia auto, le lancio un’occhiataccia. Contrarietà che dura non più di tre secondi perché scoppio a ridere, e lei con me.
-Dio, proprio stamattina che ho un sacco di lavoro da recuperare.-
Si lamenta legando la sua chioma in una coda perfetta. Essendo la mia assistente i nostri turni sono gli stessi e la cosa un po’ mi solleva; non sarò la sola a subirmi la ramanzina del boss.
-Non dirlo a me! Ricordi?! Ho l’appuntamento con l’ex detenuto.-
-E come dimenticarlo?! Non aspetto altro da due giorni!-
E stavolta è lei a mostrare un sorriso da réclame perché entrambe sappiamo che eventuali risate saranno solo ed esclusivamente a mie spese.

Quando arriviamo sono le 8:20 e la porta dell’ufficio di Maggie è già chiusa.
-Si è svegliata con la luna storta.-
Ci informa Shane passando alla mia amica una pila di fogli.
-Cazzo!-
-Merda!-
Faccio eco all’imprecazione di Mery tacchettando nel mio studio. Neanche provo a sperare che non si sia accorta del mio ritardo perché è scientificamente impossibile. A Maggie Greene non sfugge nulla.
Faccio in tempo solo a sfilare la giacca prima che la mia amica sbuchi da oltre la porta con un’espressione desolata e comprensiva. Si sta mordendo il labbro e solitamente lo fa quando qualcosa la preoccupa davvero parecchio.
-Devo augurarti buona fortuna?-
-Ha utilizzato la parola ‘diavolo’?-
Azzardo in un sussurro appena udibile mentre i denti di Mery addentano il labbro con più vigore.
-‘Dove diavolo è finita?’-
Mi cita la frase e stavolta tocca alla mia bocca subire la tortura di morsi agitati. Questo significa che è proprio incazzata.
-Okay.-
La conversazione si è ormai ridotta in fievoli mormorii, tipo la quiete prima della tempesta.
-So che è dura, ma io non tarderei ancora.-
Ha ragione.
Annuisco, prendo un lungo sospiro e racimolo tutto il coraggio di cui dispongo.
Lo so, starete pensando che sia una reazione esagerata la mia, ma credetemi, non lo è.
-Okay.-
Ripeto oltrepassando la mia amica che m’incoraggia con una carezza sul braccio.
Andrà tutto bene, al massimo dovrò sopportare dieci-quindici minuti di urla e rimproveri.
Busso una sola volta alla porta del mattatoio e la apro.
Timorosamente innalzo gli occhi dal pavimento e sono subito accolta da quelli furiosi di mia sorella che m’invita ad entrare. Me ne tornerei volentieri nel mio studio, se non direttamente a casa, ma non farei che peggiorare la situazione.
-Maggie, mi dispiace! So che avrei dovuto essere in ufficio alle otto ma c’era traffico e sono-
-Ah, bene! Anche in ritardo!-
Un momento! Cosa??
Mi state dicendo che Maggie non sapeva nulla?? Eppure è visibilmente imbestialita.
Anche in ritardo, ha detto. Anche..
Quindi se non è stata la mia entrata posticipata ad averla fatta innervosire..
-Shane? Fallo entrare.-
Ordina premendo il pulsante di chiamata rapida sul suo telefono ultramoderno  e un brutto, pessimo, inquietante presentimento mi attanaglia l’intestino.
Quando, dopo meno di un minuto, la porta dell’ufficio si apre e da questa vedo entrare lui.. il mio cuore si ferma per poi riprendere a battere con ferocia, spinto da contrastanti emozioni: sorpresa, paura, delusione ma soprattutto rabbia.
Che diavolo ci fa qui lo sconosciuto dagli occhi azzurri?



Note d’autrice
Ciao a tutte!!!!
Non so da voi, ma da me fa un freddo pazzesco! Mi si è gelato persino il fuoco nel caminetto! xD
Ma due cose positive questo grado sotto 0 a me l’ha portato: il tempo e l’ispirazione! Ho scritto il capitolo in soli due giorni (beh, per me è un record personale! Ahaha!)
Ritornando a noi, spero vi sia piaciuto!
La spiegazione fisica di Daryl potrebbe sembrare la classica descrizione dell’uomo perfetto e irreale, ma l’ho scritta guardando sul serio il profilo di Norman. E dire che amo il suo profilo è davvero riduttivo! (Non che frontalmente non mi faccia impazzire, eh!)
Comunque sia, se avete qualche consiglio da darmi, o se c’è qualcosa che non vi convince, non esitate a farmelo sapere!
Vi prego di perdonarmi per eventuali errori, e ringrazio chi ha già inserito la storia tra le preferite/seguite e chi decide di farmi sapere cosa ne pensa!
Un fortissimo abbraccio e alla prossima!

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Calma. Devo stare calma.
Non è detto che il tizio si trovi qui per spiattellare una certa conversazione che dovrebbe rimanere segreta.
Me l’ha promesso!
Certo, non so quanto possa valere la parola di uno sconosciuto dall’aria decisamente molto poco affidabile, ma ho sempre avuto fiducia nel prossimo, ho sempre pensato che le persone buone esistono, che comprensione, compassione e solidarietà sono virtù che prevalgono nell’animo umano.
Non posso ricredermi proprio adesso. Anche perché rischierei una crisi isterica!
Forse Dixon ha avuto un imprevisto e ha mandato il suo amico. Sì, dev’essere così.
-Prego, accomodati.-
Mia sorella lo invita ad entrare ed io mi auto-invito ad uscire.
Peccato, però, che non possa farlo davvero.
Nonostante questo brutto presentimento non esca dal mio corpo, sono ancora abbastanza lucida da notare l’abbigliamento dell’uomo: anfibi neri, jeans e felpa sportiva dello stesso colore, e in mano invece stringe un giubbetto di pelle, anch’esso rigorosamente nero. E’ un’esplosione di colori, insomma!
 I capelli sono sempre disordinati e tra i lineamenti visivi non c’è traccia di tenerezza.
Si ferma al mio fianco e proprio non ce la faccio, glielo devo dire.
Lancio una rapida occhiata a Maggie per accertarmi che stia ancora pigiando sulla tastiera del pc, e stringo i denti parlando in un mormorio indignato.
-Credevo avessimo un accordo!-
Ma la risposta che ricevo si limita a ridursi in un semplice movimento degli occhi, rapido e quasi impercepibile ma ben intenzionato a trasmettermi un chiaro messaggio: adesso sono cazzoli tuoi.
L’irritazione mi sale alle stelle, ma in egual misura l’ansia; quest’uomo è spietato! Non avrà alcuna misericordia per una poveretta che sta per rischiare di bruciarsi pericolosamente con il fuoco dell’inferno.
-Dunque..-
E la prima fiamma -infatti- traballa collerica nelle iridi di Maggie pronta ad incenerirmi.
-Beth, credo tu sappia perfettamente per quale ragione siamo qui.-
Veramente sto ancora aggrovigliandomi il cervello per capire quale sia, ma decido di annuire. Tanto è chiaro che -per un motivo o per un altro- sono con la cacca fino al collo, no?!
-Almeno lo riconosci. Allora, spiegaci.-
Ecco appunto.
La sue dita indicano se stessa e lo sconosciuto immobile al mio fianco prima di intrecciarsi insieme con quelle dell’altra mano in una posa inequivocabile: sta attendendo una delucidazione -altamente credibile- che giustifichi qualsiasi gravosa azione compiuta.
Adesso mi è chiaro che lo stronzo alla mia destra mi ha tradito.
Non ho scappatoie, devo confessare. Ma lo farò con dignità. E che cavolo!
-Ebbene sì, lo confesso! Ho definito Daryl Dixon maledetto, incoerente, maleducato, incivile ed ex detenuto, e non ritiro una sola-
-Tu cosa??-
Il sussurro di mia sorella m’interrompe di botto neanche  l’avesse urlata l’incredula domanda perché quando Maggie Greene usa questo tono.. beh, è finita.
I suoi occhi, adesso esterrefatti, si alternano da me a Giuda. Mi ritrovo a fare lo stesso e ad accogliermi stavolta non trovo indifferenza e freddezza, ma un ghigno segretamente divertito.
Però un’altra sensazione, oltre al forte desiderio di prendere a calci nelle parti passe chi adesso sta ridendo di me, m’invade gelandomi le ossa: non è.. hm.. non è questo il motivo?
-Ahm.. io..-
Dio, perché mi sembra di essere sotto esame? Verifica davvero disastrosa poiché, a quanto pare, sto sbagliando tutte le risposte.
Mia sorella si passa le mani tra i capelli visibilmente esasperata e rivolge all’uomo uno sguardo desolato.
Io invece vorrei mordermi la lingua a sangue. Per citare un famoso detto, mi sto scavando la fossa da sola.
-Non so cosa dire-
Fiata mentre le sue sottili e curate sopracciglia si sollevano all’insù per mostrare a Giuda, anche attraverso l’espressione facciale, quanto sia avvilita.
Per la miseria, non che abbia detto chissà cosa, eh!
Inoltre le innocue offese non riguardano nemmeno il tizio alla mia destra! Trovo questa reazione un tantino esagerata, permettetemelo.
-Non c’è problema.-
No, certo. Per lui non c’è assolutamente nessun dannatissimo problema perché quando questa.. come dovrei definirla? Riunione? Trappola? Setta? Comunque sia, quando tutto questo sarà finito, lui se ne tornerà in quel bar per soli gay ed io.. beh, io dovrò subire le peggiori torture psicologiche.
Quindi.. già! Qual è il problema?!
Maggie prende un lunghissimo sospiro neanche stesse per andare in apnea e m’inchioda con uno sguardo da: dopo facciamo i conti, quelli veri.
-Beth.. come molti sanno, come tu stessa sai, la Greene Company è una società affidabile, competente e soprattutto seria. Converrai, dunque, che sarebbe il caso di ritirare la tua proposta.-
Eh? Che proposta?
-Che proposta?-
Io sarò anche sballata stamattina, però mia sorella si è fatta una canna. Poco ma sicuro, ragazze.
-Andiamo, Beth! Non mi sembra il caso di mettersi a fare la pignola! Quale termine vuoi che usi? Gioco? Scommessa? Azzardo? Sfida?-
Mia sorella si è fatta una canna. Punto.
Tuttavia.. la conosco abbastanza bene da sapere che non parla mai a vanvera. Se ha detto ciò, un motivo ci sarà.
E quanto ci scommettete (anzi no, basta scommesse). Riformulo la frase: E volete vedere che questo motivo si trova proprio al mio fianco?
Percepisco il suo sguardo addosso per cui quando ricambio incontro subito un paio di occhi affilati e inespressivi. Come sempre, non riesco a capire cosa stia pensando. E’ un uomo criptico e.. boh, apatico?! Ma è la sua bocca a guidare le mie cieche ipotesi in una direzione certa: sta sorridendo. Non un sorriso ampio o.. normale (e per normale intendo un sorriso visibile!) niente di tutto questo. Un sorriso appena appena appena accennato ma che indica quanto tutta questa situazione lo stia divertendo.
Stringo le mani a pugno così forte da conficcare le unghie nei palmi e, dopo essermi accertata con un’occhiataccia che lo stronzo abbia recepito il messaggio -e cioè che lo sto odiando a morte- mi rivolgo a Maggie.
-Io non ho fatto nessuna scommessa con quest’individuo!-
So che è maleducazione indicare le persone, ma me ne frego. Gli punto l’indice contro e inaspettatamente le sue dita lo impugnano per abbassarmi la mano.
Oltraggiata da una confidenza che nessuno gli ha permesso, lo guardo a bocca aperta.
Come osa?
La mia collera, però, non lo sfiora nemmeno.. anzi, continuando a stringe il mio dito, avanza di un passo sovrastandomi e costringendomi a sollevare il mento. Onestamente mi sento un tantino intimorita e sperare nell’aiuto di mia sorella, è vano; non alzerà il sederino da quella sedia neanche se il tizio estraesse un pugnale. Sono abbastanza grande e devo cavarmela da sola.
Le iridi di ghiaccio del mio aggressore si alternano sulle mie sottomettendomi con uno sguardo duro e impassibile. Il mio respiro, invece, -agitato e pesante- si fonde con il suo alterato dalla nicotina-regolare e tranquillo- in una condivisione che dovrebbe essere intima. Sbatto piano le ciglia e deglutisco.
-Mi ci gioco ciò che vuole che è un ex detenuto.-
Conosco questa frase, l’ho detta io! Ma.. che c’entra, scusatemi?!
-Hai perso ragazzina. Non lo sono.-
Il suo è poco più di un mormorio ma il mio cervello ha registrato perfettamente ogni singola lettera.
E di colpo, il cuore si ferma.
Non lo sono.
Ciò vuol dire che..
No, non è possibile. Non lo accetto!
Giuda non può.. Dio, non riesco neanche a dirlo! Lui non è..
-Beth, credo sia arrivato il momento di porgere le tue scuse a Daryl.-
Ed io credo che sto per svenire. Sì perché oltre a sentire un ronzio nei timpani,  le gambe stanno per sgretolarsi.
In diciotto anni di vita non ho mai fatto una figura di merda che abbia raggiunto livelli così alti di vergogna.
Per farvi capire esattamente cosa sto provando, vi chiedo: vi è mai capitato, a scuola o nei bagni pubblici, che qualcuno abbia aperto la porta (lasciata distrattamente senza serratura) beccandovi in quella posizione, proprio mentre la pipì scorre come un fiume in piena? Oppure d’infilare le dita dentro il naso sicuri che nessuno vi guardi per poi scoprire che non è per niente così? Ricordate il forte imbarazzo? Ricordate il desiderio di voler sparire o, in alternativa, mettere una maschera sul viso e rendervi irriconoscibile per il resto della vostra vita?
Ecco, nulla di paragonabile a ciò che sento io adesso.
Deglutisco sperando d’ingoiare questo fastidiosissimo nodo che m’impedisce di parlare e inizio a ritirare la mano che.. Daryl Dixon.. sta ancora bloccando. Spinto forse dalla compassione (vi lascio immaginare in che condizioni sia il mio viso, ma se volete un input vi consiglio di prendere come esempio la rappresentazione del quadro di Munch, L’urlo) mi libera restituendomi il mio spazietto personale e rivolge la sua impenetrabilità a mia sorella.
-Sai cosa voglio. E non sono le sue scuse.-
E senza aggiungere altro, s’infila il giubbotto e se ne va.
 
Questo dev’essere uno scherzo.
Caspita, la mia vita lo è! Perché altrimenti non mi troverei di nuovo qui.
Mi sembra di avere un déjà-vu ma questa volta so esattamente cosa troverò nella tana del bian coniglio.
Spingo la porta e la solita musichetta country mi accoglie nel locale di Nick. Ovviamente non vi è traccia del sesso femminile. Solo gli stessi 6/7 uomini.
Sono meno impacciata di ieri per cui mentre raggiungo il bancone me ne infischio di mantenere il profilo basso. Che si accorgano pure della mia presenza, non m’importa.
Non appena mi trovano, gli occhi scuri di Nick s’illuminano e, per quanto sia arrabbiata, non riesco a non ricambiare un sorriso gentile.
-Bambolina, è un piacere averti di nuovo qui.-
Non posso dire altrettanto ma in compenso le mie labbra si allargano di qualche centimetro in più.
-Dov’è Daryl?-
Via, diritta al punto.
-E’ molto ricercato ultimamente.-
Già, e spero lo sia anche dalla legge.
-E’ lì.-
Il ditone di Nick m’indica un punto alle mie spalle e quando mi giro lo intercetto subito. I capelli sono il suo marchio di riconoscimento.
Sta giocando a freccette, l’arciere!
-Ti ringrazio.-
-Ehi, bambolina?-
Fermo i piedi che stavano portandomi decisi da Dixon, e volto solo la testa.
-Non provocarlo. Oggi è un po’ nervoso.-
Ah! Lui è nervoso? Lui!
Assottiglio gli occhi e faccio dietrofront camminando molto lentamente stavolta.
-Ho diciotto anni e sono costretta a fare un lavoro che detesto. Il datore è mia sorella, una donna perennemente mestruata, e credimi, ti ho detto tutto! In questo preciso momento dovrei essere a casa a guardare l’ultima puntata del mio telefilm preferito e invece mi ritrovo qui perché sono stata costretta. Se non porto a termine questo progetto, e cioè rendere presentabile entro una settimana l’officina di uno stronzo bugiardo, mia sorella mi abbasserà uno stipendio già misero. E questo sai cosa vuol dire? Che non potrò lasciare la città così presto! E quello nervoso sarebbe lui?? La causa della mia imminente rovina??-
So di aver alzato gradualmente la voce spinta dall’impeto e che il viso è diventato rosso fuoco ma non ho potuto evitare nessuna delle due reazioni. Siccome ho ormai raggiunto il bancone, afferro un bicchiere pieno di non so cosa e ne ingurgito un generoso sorso. Il liquido brucia in gola ma non è abbastanza forte da farmi tossire, anzi devo dire che lascia una piacevole sensazione.
Nick continua a fissarmi sbigottito, ma ha la decenza di non aprire bocca. Credo abbia afferrato il concetto.
Per abitudine, mi ricompongo ringraziandolo per un drink che non era mio, e riprendo a marciare verso l’obiettivo.
Dixon mi da le spalle. Riesco solo a notare quattro dardi ficcati precisamente nel centro.
Thò, ma che bravo!
-La tua è una richiesta immorale, stupida e fuori luogo.-
Il fatto che non si giri e che continui invece a giocare con queste dannate freccette aumenta l’ebollizione del mio sangue. Se le vene dovessero scoppiarmi, non mi stupirei.
-Allora sparisci.-
Dio mio! Quanto vorrei infilargli un dardo proprio lì!
-Non posso.-
-Ah no?!-
Il suo mormorio è soddisfatto e vittorioso. Sa che non posso mandare all’aria questo affare, la dittatura di mia sorella è chiara a chiunque entri in contatto con lei anche solo per cinque minuti, ma.. seriamente, è inaccettabile che io mi abbassi a tali livelli.
-Non possiamo trovare un comune accordo?-
Lancia un altro dardo e si gira così velocemente da venirmi addosso. Per fortuna ho i riflessi pronti e riesco ad indietreggiare di un paio di passi.
-Vuoi che sia la tua agenzia ad occuparsi della mia officina?-
Annuisco perché sì, è ciò che voglio.
-Il bagno è da quella parte.-
E con un cenno del capo, me lo indica.
Arrivati a questo punto, penso sia doveroso mettervi al corrente della proposta in questione, ragazze.
L’egregio signor Dixon mi ha suggerito la toilette non perché premuroso alle mie esigenze ma per.. cioè io.. beh, sì.. Insomma, devo regalargli il mio reggiseno! E tutto per questa maledetta frase: mi ci gioco ciò che vuole.
Dai, è un modo dire! Quante volte l’avete detto anche voi?!
Però questo tizio mi ha preso in parola! In realtà sono convinta che il suo sia solo un modo per farmela pagare e ha intelligentemente utilizzato la garanzia di una scommessa.
Ok, è ora di passare al piano B.
-Mi dispiace. Non pensavo tutto ciò che ho detto. Ero arrabbiata perché ho avuto una giornata nera e-
-E non m’interessa. Se vuoi salvarti il culo, sai cosa fare.-
Io lo ammazzo. Giuro che lo ammazzo.
Mi volta le spalle e ritorna a dedicarsi al suo stupido passatempo.
Chiudo gli occhi, porto le dita nelle tempie massaggiandole con gesti lenti e circolari e cerco di non esplodere.
Questo è un pervertito, senza alcun dubbio. Ma non posso mandare all’aria l’affare, ne va del mio futuro.
Vi stareste forse chiedendo perché non abbia infilato nella borsa un reggiseno, anche rubato, per poi fargli credere che fosse mio.
Semplice, perché -secondo le regole stabilite dal maniaco- dovrebbe essere proprio lui a sganciarmelo!
Assurdo, no?! Come se io fossi disposta a farmi toccare da uno sconosciuto qualunque o svelare la mia taglia!
E va bene. Piano C.
-Proponimi qualsiasi altra cosa.-
Sto rischiando grosso, lo so, ma è necessario.
-Che cambia?-
-Cambia che sono presente!-
E poi a negoziare me la cavo abbastanza bene. Il problema è riuscirci con un tipo così.
Per lo meno ho ottenuto la sua attenzione, anche se ciò comporta una delle sue occhiate inespressive ma.. intense. Quando mi guarda non distoglie mai lo sguardo.
-Ti avverto, ragazzina, non avrai nessun’altra occasione dopo.-
Bene, mi ha appena detto che sta per decretare il mio ‘prendere o lasciare’ definitivo ma finalmente la mia seconda di seno può tirare un sospiro di sollievo; il nostro segreto è al sicuro.
-Ti ascolto.-
Devo giocarmela con astuzia.
-Dovrai essere la mia groupie.-
La sua che??
-Stai scherzando?-
Sta scherzando, vero?!
-Ti sembro uno che se la sta facendo sotto dalle risate?-
Per niente. Anzi, non ho mai intravisto un sorriso sincero sulle sue labbra. Solo un ghigno maligno a mio discapito questa mattina in ufficio, ma non è il momento di pensare alla sua costante allegria.
-Andiamo, non puoi chiedermi una cosa del genere!-
Le sue labbra si stringono e la sua espressione diventa pensierosa. Forse lo sto aiutando a ragionare.
Alzate le braccia al cielo e insieme con me invocate il dio della misericordia. L’unione fa la forza.
-Peccato, l’ho appena chiesta.-
E l’aura positiva evapora.
-Io non posso accettare un incarico così.. scandaloso!-
Cavolo, a confronto farmi sganciare il reggiseno sarebbe stato meno immorale.
-Ed io non posso accettare che sia la tua società ad occuparsi della mia officina.-
E’ un bambino! Questo pervertito è in realtà un moccioso viziato!
-Salutami quella pazza di tua sorella.-
Mi oltrepassa con una spallata ma io non ho le forze per corrergli dietro.
Sono rovinata.

Stasera la casa è vuota.
Mery è andata a trovare i suoi per cui posso disperarmi quanto e come desidero.
Non so quale sia il vostro metodo, ma il mio è affogare il cucchiaino nella Nutella. Per fortuna ne ho trovato un vasetto. Era ancora da aprire, probabilmente la mia coinquilina l’aveva comprato per fare qualche dolce. Uhm.. sarà meglio annotare di acquistarne un altro se voglio evitare anche la sua ira.
Infilo in bocca il cucchiaino carico di cioccolata, e mi alzo dalla poltrona.
Se non ricordo male, ho lasciato la borsa in salotto. E' lì dentro che ho la mia agenda. In realtà è una specie di diario, segno qualsiasi cosa; dagli appuntamenti, alle stramberie che accadono durante il giorno, alla lista della spesa.
Rovisto all’interno della sacca e lo tiro fuori. Un foglietto scivola dalle pagine atterrando sul tappetto come se fosse una piuma. Smetto di succhiare il cucchiaino, ormai splendido splendente, e mi chino per recuperare il pezzo di carta. Quando lo giro e leggo ciò che c’è scritto, è la posata a cadere dalla bocca ora aperta.
Perché non ci ho pensato prima?
Scatto in piedi e corro in cucina dove, sul tavolo, il cellulare è in carica. Scorro rapidamente i contatti in rubrica e senza neanche guardare l’ora, premo il tasto di chiamata.
Risponde al quinto squillo. Forse stava già dormendo, o stava cenando.. boh, ormai non ha più importanza.
‘Grimes.’
Diretto, impassibile, sicuro.
Quasi quasi riattacco!
-Ahm.. salve sono Beth Greene.-
Qualche secondo di imbarazzante silenzio..
‘Ah! Ciao, cara.’
Cara?? Siamo nel 2017 per la miseria! Va beh..
Il suo tono si alleggerisce e riesce persino a farmi credere sul serio che è felice di sentirmi. Che magnifica illusione.
-Mi scusi se la disturbo.-
‘Nessun disturbo. Dimmi, qualche problema?’
Però! Che intuito!
-A dire il vero, sì.-
‘Lo immaginavo. Suppongo che il nostro comune amico c’entri qualcosa.’
Comune amico proprio non direi, però ha fatto di nuovo centro. Ma sono tutti così perspicaci gli sceriffi?
-Suppone bene.-
‘Ha rifiutato il vostro aiuto?’
-
No, ha accettato ma.. ad una condizione.-
Stavolta il silenzio dall’altra parte si prolunga di qualche secondo in più dandomi il tempo d’immaginare il belloccio a riflettere quale tipo di condizione possa aver proposto il suo amico.
‘Dove sei adesso?’
Aggrotto la fronte stranita da questa domanda, ma rispondergli con sincerità mi viene automatico.
-A casa.-
 ‘Posso offrirti un caffè? Credo sia più opportuno parlare a quattr’occhi.’

Sorvolo la conversazione avuta con lo sceriffo; troppo lunga, credetemi. Vi annoiereste.

….
……
Ok, ok! Lo ammetto! M’imbarazza parlarvene!
Perché? Perché per tutta la durata non ho fatto altro che guardarlo con occhi sognanti. Rick Grimes è l’uomo più attraente che abbia mai visto. Ha due sorrisi che lo rendono semplicemente.. irresistibile: uno timido e uno sensuale, una combinazione perfetta. Ma è quando li usa entrambi che la libidine raggiunge livelli da record.
A differenza di qualcuno che ghigna solo per il personale piacere di provocarti, Rick non lo fa apposta. Lo so perché nei suoi bellissimi occhi non ho mai beccato neanche una misera traccia di malizia.
Ma ormoni a parte, mi ha svelato un paio di cosette davvero molto interessanti sul signor Dixon. Non ha potuto parlarmene per telefono perché il pervertito era a casa sua quando ho chiamato.
Sarà che la divisa ha sempre avuto un certo effetto su di me, sarà la sua bontà e genuinità (o sarà perché sono ingenua!) ma mi fido dello sceriffo. Quindi se adesso mi trovo a cavalcare una moto, è per questa ragione.
Sì, avete capito bene. Una moto. Una Chopper Triumph Bonneville, per l’esattezza.
Ovviamente non sono io a guidarla, non saprei neanche dove mettere le mani, mi limito solo a starmene seduta sul sellino posteriore attenta a non toccare Mr Cipolla. Un soprannome strano, sembrerebbe, e invece no! Gli calza a pennello perché l’odore delle sue ascelle ti fa piangere! E la posizione in cui la due ruote lo costringe a tenere le braccia, beh.. è un ulteriore tortura.
Ma come vi ho già detto, se affronto tutto questo è per la fiducia che ripongo in Rick Grimes.
Ho persino indossato un leggins nero di pelle sotto una maglietta bianca sulla quale sono stampati il dito medio alzato e la seguente frase: don’t forget to Rock’n’Roll.
Mery, che è al corrente del mio piano, mi ha suggerito un paio di stivaletti con tacco ma non ho voluto osare così tanto. Ho preferito le mie amate e comode Converse. Conciata in questa maniera e con i capelli alzati in una coda spettinata, sembro un po’ la Sandy di Grease, solo in versione drogata.
Quando il pervertito mi ha proposto di essere la sua groupie, ho creduto di dover interpretare appieno il significato del termine; soddisfare le sue follie sessuali o strusciarmi contro la sua moto come una micetta in calore.
E lui me l’ha lasciato supporre.
Quel sant’uomo di Rick, però, mi ha spiegato che non è così. Sarei dovuta semplicemente stare seduta sul suo mezzo per tutta la durata del motoraduno. Come un abbellimento, insomma.
Ed è quello che sto facendo adesso. Sto abbellendo la moto di Mr Cipolla con la mia presenza!
Ha delle strane usanze questo ‘popolo’, non è vero?!
Sono seduta sul sellino duro come il marmo da più di mezz’ora e il sedere inizia a perdere sensibilità, ma non importa. Devo farcela. Devo far capire a un certo Dixon che anch’io so giocare pesante.
Peccato che ancora non si veda in giro. La piazza è grande, piena di gente, moto e tendoni, ma vi assicuro che ho un’ottima vista, mi sarei accorta di lui.
-Vado a prendere da bere. Vuoi qualcosa, principè?-
Questi motociclisti hanno anche un lessico poetico molto toccante, devo dire!
-No, grazie Bob.-
Mr Cipolla scavalca la moto ed io mi appresto ad imitarlo.
-Puoi rimanere seduta.-
Sì, e rischiare di cadere su questo suolo ghiaioso col tuo gioiellino a schiacciarmi ben benino.
-Preferisco sgranchirmi le gambe.-
Lui scrolla le spalle e con la sua camminata da modello (ovviamente è una battuta perché i modelli non infilano la mano dentro il pantalone per grattarsi le chiappe mentre sfilano!) sparisce oltre la folla.
Sospiro e incrocio le braccia al petto calciando con la punta della scarpa qualche sassolino.
Sto iniziando ad annoiarmi sul serio e a quanto pare sono l’unica; le altre groupie, per lo più donne sulla cinquantina truccate peggio di una Dark Queen, se la ridono alla grande. Beh, questo è il loro mondo, è ovvio che si sentano a proprio agio.
Nonostante il forte chiacchiericcio, riesco a sentire il rombo di una moto alle mie spalle. Nulla di strano dacché mi trovo in un motoraduno, ma ciò che ha distolto la mia attenzione dalle Dark Queen, cioè.. dalle signore, è stato il suono; accelerato, prepotente e autoritario. Come se fosse appena arrivato il re.
Il tizio, che cavalca una bellissima due ruote nera sportiva e imponente, avanza di qualche metro accostando nell’unico parcheggio rimasto libero. In quanto ultimo avrebbe dovuto essere uno spazio pessimo, e invece no, credo sia uno dei migliori. In questo modo la moto non è né troppo all’angolo, e quindi nascosta, né al centro della piazza, e quindi esposta con il rischio che qualcuno possa arrecarle qualche danno.
E’ chiaro che, in quanto suo, quel posto è riservato solo ed esclusivamente a lui. Ho il sospetto che sia un motociclista molto stimato dalla sua razza.
Non avendo nient’altro da fare, continuo incuriosita ad osservarlo. Mi godo la sua scavalcata da agile atleta e grazie all’abbigliamento, e cioè una t-shirt scura aderente e un paio di jeans, posso apprezzare anche la figura di un corpo asciutto e allenato. Wow!
China il capo coperto dal casco per.. non so, controllare qualcosa, mentre le sue mani -seminascoste da un paio di guanti senza dita- maneggiano con i cinturini. Ogni sua movenza trasmette sicurezza e.. pura mascolinità.
Eppure..
Aguzzo la vista e automaticamente mi sporgo anche col busto; c’è qualcosa di familiare in quest’uomo. Non ho idea di cosa esattamente, ma ho come la sensazione di averlo già visto.
Percepisco una lieve morsa allo stomaco ma quando il motociclista sfila il casco, la morsa da lieve diventa calcante.
Ossignore! L’individuo su cui ho appena fatto dei generosi apprezzamenti è.. Daryl Dixon.
Aggancia il casco alla moto, solleva i Ray-Ban sulla testa, alza il mento e.. mi vede.
Riesco a distinguere la sorpresa nel suo volto così come, ne sono convinta, lui può vedere lo smarrimento nel mio.
E mentre la gente ci passa davanti, noi continuiamo a rimanere impalati a fissarci come due statue con la differenza che il mio corpo non è di cera ma di lava incandescente.





Note d’autrice
Ed è così che vi lascio, con l’espressione di Daryl Dixon.
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto e che vi abbia provocato qualche risatina!
Come sempre, ringrazio tutte voi che leggete, recensite e inserite la storia tra seguite/preferite.
E un enorme grazie a chi soprattutto la apprezza! :)
Un forte abbraccio e alla prossima!

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Non ci posso credere!
Mi ha ignorata!
Ha abbassato il mento, mi ha voltato le spalle e si è diretto verso gli stand.
Si potrebbe presupporre che non mi abbia riconosciuta o persino vista, ma non è così. Ve lo posso assicurare.
Lui mi ha deliberatamente ignorata!
Non sto insinuando che mi aspettassi un saluto a braccia aperte o che venisse addirittura a premurarsi della mia salute, ma avrebbe perlomeno potuto accennare il buon pomeriggio anche con un semplicissimo cenno del capo. E invece.. indifferenza totale! Questa è mancanza di rispetto.
Pfff, e me ne stupisco?! E’ di Dixon che si tratta. Un uomo senza scrupoli, senza cuore e senza sensibilità. Ma con un lato B niente male. Decido d’ignorare bellamente l’antipaticissima voce dell’ovvietà, e penso al piano.
In teoria dovrei sfoggiare tutta la mia arte seduttiva per attirare il maggior numero di persone cosicché possano ammirare il gioiellino di Mr Cipolla, in pratica me ne sto immobile con la schiena quasi ricurva a mangiucchiarmi le unghie.
Detesto avere i riflettori puntati, e non sono di certo quel tipo di ragazza che indossa indumenti super scollati persino d’inverno rischiando di beccarsi una broncopolmonite solo per stare al centro dell’attenzione. Al contrario, cerco sempre di non dare nell’occhio.
Quando lo sceriffo Grimes mi ha suggerito di utilizzare ogni tanto un sorriso irresistibile o un’espressione provocante, non ho saputo-voluto-potuto confessargli che in realtà non ne sono capace. Semplicemente mi sono limitata a ridacchiare come un’oca giuliva. E adesso, stando ferma e zitta come una bambola impolverata, mi rendo conto che il piano è fallito. Anzi, non avrei mai potuto metterlo in atto data la mia indole.
Quindi.. cosa faccio adesso?
Abbandono tutto, me ne ritorno a casa e mi preparo psicologicamente alla dura giornata che mi aspetterà domani, o tento un’ultima volta di convincere -o magari impietosire-  un uomo che è inaspettatamente diventato la mia personale rovina?
Chiamatemi pure illusa, ma io un ultimo sforzo vorrei azzardarlo.
Purtroppo non so come devo muovermi e non ho la più pallida idea se una spallata data accidentalmente possa causare una di quelle risse che di solito vedo nei film d’azione. Non c’è nemmeno un viso amico che possa farmi sentire un po’ a mio agio, per cui decido di immergermi nella folla con molta cautela, come se invece di persone ci fossero bombe pronte ad esplodere.
Mi guardo intorno alla ricerca di Bob, è lui il primo che devo trovare per avvertirlo di aver lasciato la sua piccola senza sorveglianza, ma non lo scovo da nessuna parte. Eppure non dovrebbe essere difficile, indossa una giacchetta rossa che lo fa spiccare a mo’ di lampeggiante.
Forse è nel camioncino paninoteca da cui una nuvoletta di fumo al sapor di salsiccia arrostita s’introduce nelle narici risvegliando la mia fame con un tremolante (e sonoro se non ci fosse stata la musica) brontolio. Mi lacrimano persino gli occhi per quanto sia invitante questo profumo!
Quanto mi piacerebbe ordinare un panino caldo e gustarmelo in santa pace in un angolino nascosto dove nessuno può vedermi né disturbarmi.
-Non è immorale per te fare la groupie?-
La mia ghiotta fantasia è bruscamente strappata via, portando con sé quel meraviglioso panino salsiccia e patatine, da una voce alle mie spalle che ormai conosco perfettamente.
Mi volto e faccio in tempo a vedere la figura posteriore di Daryl Dixon dirigersi vero l’uscita della piazza.
Il destino, o sarebbe più opportuno dire sfortuna, mi pone dinanzi ad una seconda scelta: continuare la ricerca di Bob, o seguire Dixon?
La mia inclinazione per le responsabilità mi suggerisce la prima alternativa, ma la speranza a poter risolvere questo casino mi spinge verso la seconda.
E così, pregando che nessuno rubi o distrugga la moto di Mr Cipolla, rincorro Dixon.
Non ho idea di dove stia andando e quando svolto l’angolo, mi ritrovo in un campo sportivo vuoto.
Sale i primi gradini della tribuna e si accomoda poggiando sulle ginocchia un sacchettino di carta.
Lo stomaco, prima del cervello, focalizza l’oggetto che ne estrae:  un panino!
Quindi, ora, oltre a tenere a bada l’istinto omicida verso quest’uomo, devo anche fare i conti con la morsa della fame!
Bene. Benissimo.
Non so se il casinista della mia pace quotidiana si sia accorto di non essere solo ma decido comunque di annunciargli la mia entrata con un colpetto di tosse.
Ovviamente non mi rifila nemmeno una sbirciatina.
Okay. Calma e selfcontrol.
Ce la posso fare.
Salgo i gradini e mi siedo al suo stesso livello attenta, però, a non stargli troppo vicino.
Lo osservo dare un generoso morso al suo spuntino e mentre lui mastica, io già ingoio.
Caspita se ho fame!
-Perché sei qui?-
Seppur pronunciata con tono ingolfato a causa del boccone, la domanda mi fa sussultare principalmente per due ragioni: 1. Daryl non mi ha ancora guardata e quindi lo credevo concentrato a gustarsi il suo panino, come stavo facendo io in effetti, e 2. da quel che mi è parso di capire, è un tipo taciturno -molto più di me- ed ogni volta che apre bocca.. beh, è una sorpresa.
-Ahm, non mi hai dato modo di controbattere prima e allora ho-
-Perché sei qui.-
Non è più una domanda ma un ordine a rispondere sul vero motivo della mia presenza.
Avrei preferito continuasse a guardare altrove perché adesso che mi ha puntato i suoi occhi privi di qualsiasi espressione, mi sento meno determinata.
Mi passo la lingua sulle labbra e, forse da codarda, abbasso i miei sulle mani intrecciate.
-Volevo provare a convincerti un’ultima volta.-
Basta stronzate. Molto spesso quella della verità è la via migliore.
Stringo gli angoli della bocca e sollevo il mento. Lui ancora mi sta fissando e devo deglutire un paio di volte prima di correggermi, seppur in un sussurro appena udibile.
-In realtà lo voglio ancora.-
Non so come riesco a non distogliere di nuovo lo sguardo dal suo. Credo sia perché mi è impossibile. E’ come se le sue iridi dall’azzurro quasi trasparenti avessero bloccato le mie.
Nella mente mi balena l’immagine di un feroce animale che fissa la sua preda prima di attaccarla e questo mi fa sentire ancora più impotente.
Daryl inclina la testa di lato e continua ad osservarmi. Il suo sguardo freddo e cupo mi riempie la testa di sensazioni terrificanti, ma non devo e posso lasciarmi fregare dall’istinto. Finora mi ha creato solo problemi!
-Fammi capire. Io dovrei pagare per un servizio di cui non ho bisogno?-
Mi mordo forte la lingua per non aggredirlo verbalmente, per non ricordargli che sono stati loro a rivolgersi a noi e che ormai abbiamo un accordo e in quanto persone -si presuppone- mature questo affare deve concludersi com’è giusto che sia.
Io lo soddisfo, lui paga. Semplice.
Oddio, detto così sembrerebbe mi riferisca ad altro, ma voi avete capito.
-Purtroppo la trattativa è stata fatta.-
Cerco di scusarmi sollevando le spalle; non è colpa mia!
-Ma io non ho firmato nessun contratto.-
Merda. Ha ragione.
Sono presa in contropiede perché.. ha ragione!
Ok. Cerchiamo di giocarci la carta della moralità. Anche se la vedo dura..
-Legalmente puoi ritirarti quando vuoi, è vero, ma.. hai dato la tua parola.-
-No, non ho fatto nemmeno questo.-
Ma come no?! Se mi ha anche ricattato! O il reggiseno o non se ne fa niente!
E lui comprende bene il mio pensiero perché mi anticipa guardandomi con uno di quei ghigni che mi fa salire il sangue al cervello!
-E comunque tu non hai rispettato i patti.-
Sbuffo lasciando cadere la schiena contro il gradino più alto alle mie spalle e incrocio le braccia al petto indispettita perché, mi rode un botto ammetterlo, ha ragione. Di nuovo.
A mia discolpa c’è, però, da dire che le sue proposte erano entrambe stupide.
-E’ inaccettabile che io regali ad uno sconosciuto il mio intimo!-
Sorvolando il dettaglio che avrebbe dovuto essere lui con le sue stesse mani a prenderselo!
Spero che capisca. Insomma, sarebbe come chiedergli di.. che so.. di donarmi il suo casco. Non penso proprio accetterebbe.
-Non l’ho mai voluto. Cosa me ne faccio del reggiseno di una ragazzina?-
Volto lentamente il capo come se fossi posseduta e lo guardo. Anzi, lo fulmino!
Cosa sta insinuando?
E cosa vuol dire che non l’ha mai voluto?
E come si permette di chiamarmi ragazzina?
Al diavolo la compassione, parlare civilmente con quest’uomo è impossibile!
-Era tutto uno scherzo! Ma quanti anni hai? Quindici?-
-E tu che spari offese gratuite quanti anni hai? Dodici?-
Dodici? Dodici?!
Apro la bocca per difendermi precisando che se mi sono comportata così è stata solo una conseguenza dovuta alle sue azioni (vorrei inoltre ricordare che è stato lui a mandarmi a quel paese) ma le sue labbra imitano le mie, solo che invece di usarle per articolare parole, le chiude attorno al panino in un generoso morso.
Non posso evitarlo, lo stomaco emette un forte brontolio.
Aggrotto la fronte aspettandomi una delle sue pessime battuta ma.. niente! Non ricevo da Dixon la presa in giro ch’ero sicura d’incassare.
Forse non ha sentito. Forse la musica, seppur attutita, ha coperto il lamento del mio stomaco vuoto.
 O forse inizio a fargli pena.
Guardo il panino cercando di capire cosa ci sia dentro e quando intravedo della salsa rossa, che suppongo sia ketchup, mi lecco le labbra come un gatto alla vista del topo.
Adoro il ketchup!
-Ne vuoi?-
Eh?
In un battito rapido di ciglia alzo gli occhi sul viso di Dixon per accertarmi che stia scherzando ma non vi trovo nessuna traccia di umorismo. Si è chiaramente accorto del modo in cui i miei occhi stanno divorando il suo spuntino.
Ma non può fare sul serio. Ok, è vero, non lo conosco, però non sembra uno di quei tipi dal cuore d’oro, ecco.
-Qual è il trabocchetto?-
Indago assottigliando gli occhi.
Non mi freghi, bello.
I suoi invece roteano in un’espressione seccata prima di dare un altro enorme morso. Di questo passo ne bastano solo altri due per farlo sparire per sempre.
-Okay.-
Lo dico senza rendermene conto ma, credetemi, ho davvero troppa fame!
Avrei potuto comprarlo io stessa un maledetto panino ma ho lasciato la borsa in macchina e per arrivarci avrei bisogno di un passaggio.
Daryl smette di masticare per qualche secondo e stavolta è lui a verificare con uno sguardo attento che non stia scherzando.
Inizio a sentirmi in imbarazzo, eh!
Ma è quando mi porge il panino che le mie guance vanno a fuoco.
Forse sarebbe il caso di ricredermi sul suo conto. In fondo.. ha un animo generoso.
-Posso dividerlo?-
E’ la mia voce questa? Adesso sì che sembro una bambina!
-No. Devi dare solo un morso.-
Ricredermi un corno! Daryl Dixon è un villano!
Ed io che stavo già per ringraziarlo per il nobile gesto.
Gli lancio un’occhiata e lo becco; quel famoso ghigno che crede di poter tenere nascosto.
E’ convinto che mi schifi, che non potrei mai mordere dalla stessa parte in cui l’ha fatto lui. Beh, si sbaglia!
Sollevo le mani e le metto sopra le sue per avvicinarle alla mia bocca. Forse è solo una mia impressione, ma lo vedo irrigidirsi.
La sua pelle è ruvida e calda, un piacevole contatto per le mie dita gelate.
Il segno dei morsi sono davvero grandi per cui devo cercare di addentare all’angolo se non voglio ritrovarmi con la salsa sulle guance. Inclino la testa, avvicino le nostre mani e lo infilo in bocca.
Sento sulle labbra l’umido della crosta del pane sul quale, solo qualche secondo prima, era poggiata la bocca di Daryl. Mi rendo conto che si tratta della sua saliva ma cerco di concentrarmi sugli altri gusti: ketchup, porchetta e qualche spezia che non ho mai assaggiato.
Mastico lentamente assaporando al meglio ogni ingrediente. E’ semplicemente favoloso.
E quando ingoio emetto persino un gemito di puro piacere.
Ebbene sì, sono una buongustaia e amo godermi ogni singola forchettata.
Non resisto e do un altro morso gustandolo con la stessa lentezza di prima. Tutto questo continuando ad avvolgere le mani di Daryl che..
Sollevo le palpebre, che non mi ero resa conto di aver abbassato, e sono subito bloccata dalle sue iridi.
Non saprei dirvi a cosa sta pensando, ma posso assicurarvi che il suo sguardo è simile, se non uguale, al mio. Solo che.. io stavo mangiandomi con gli occhi il panino, lui.. beh, lui non lo so!
Gli mollo le mani e infilo le mie sotto le ascelle. Le sento straordinariamente calde.
In realtà è tutto il mio corpo ad essere ardente ma credo sia dovuto all’imbarazzo.
Sì, dev’essere così.

Bob non si è accorto della mia assenza e per fortuna la moto non ha subito alcun danno.
Ho ripreso il mio ruolo di groupie, anche se non ne ho nessunissima voglia.
Se siete curiose di sapere cos’ha deciso Dixon, se accettare o no il mio aiuto, mi dispiace ma non posso soddisfarvi. Perché? Perché ancora non lo so!
Credo che l’aver condiviso il panino con me l’abbia infastidito parecchio. Dopo averlo terminato, con soli altri due bocconi, si è alzato e senza darmi alcuna considerazione -né visiva né orale- è ritornato al motoraduno.
Ovviamente non gli sono corsa dietro.
Sa perfettamente come stanno le cose, la scelta adesso è solo sua. Beh, in realtà lo è sempre stata.
Basta supplicarlo. Posso anche tornarmene a casa, ormai non ha senso che continui a rimanere impalata qui.
-Mi scusi?-
La mia vicina di posto, una donna dai capelli rosso fuoco, si volta rivolgendomi subito un sorriso radioso. Con la mano regge un bicchiere di plastica mezzo vuoto. Credo sia leggermente alticcia.
-Ciao tesoro! Cosa posso fare per te?-
Con le dita libere mi accarezza il braccio in un gesto quasi materno.
-Le sarei grata se potesse riferire a Bob che sono dovuta andare via.-
Le sue sopracciglia tatuate si abbassano in un’espressione confusa.
-Bob?-
-Ehm.. Mr Cipolla.-
E inaspettatamente scoppia a ridere. Una risata rauca che mi porta a credere sia una fumatrice incallita.
-Erano anni che nessuno lo chiamava più Bob.-
Non so cosa rispondere per cui me ne sto zitta.
-Sei la sua groupie?-
-Sì ma non-
-Oh, ma che spreco!-
Quasi mi da uno schiaffetto sul braccio mentre il suo viso s’imbroncia come quello di un bambino.
-Una bella ragazza come te non dovrebbe sprecarsi per uno come Mr Cipolla.-
Già, sarebbe stato meglio sprecarmi per uno stronzo come Dixon, giusto?!
-Mi spiace che tu già vada via, ma gli riferirò il tuo messaggio.-
-La ringrazio.-
-Di nulla, tesoro.-
Mi sorride ancora ed io la saluto ricambiando la cordialità.
Bene, adesso c’è solo un piccolissimo problema: come cavolo raggiungo l’auto che ho lasciato nel parcheggio del locale di Nick?
Sospiro e mi rassegno all’evidenza: mi aspetta un lungo ed estenuante cammino.

-Ne vuoi un altro?-
Annuisco perché non ho fiato neanche per parlare e non appena Nick mi porge il terzo bicchiere d’acqua, lo ingurgito così avidamente da bagnarmi il collo con i rivoli che colano dalla bocca.
-Non posso credere che quel primitivo ti abbia fatto tornare a piedi!-
Vi ho detto che adoro Nick?
Prende sempre le mie difese. Credo mi veda come una specie di mascotte.
 Gli sorrido con tenerezza e quasi mi vien voglia di stringerlo in un abbraccio da orso per l’espressione imbronciata e irritata sul suo viso.
-Bob non sapeva che stavo andando via.-
-E chi ha parlato di Bob?-
Oh.
Quindi se non è a lui che si riferisce, rimane un solo primitivo in circolazione..
-Sì, bambolina. Sto parlando di quel testone di Daryl.-
Il fatto che Nick abbia capito a chi stavo pensando dimostra che non sono l’unica ad avere quest’idea sul conto di Dixon.
-Beh, neanche lui ne era al corrente.-
Diamo a Cesare quel che è di Cesare, giusto?!
-Oh no, lui lo sapeva eccome.-
Aggrotto la fronte e gli chiedo espressivamente di spiegarsi. La sicurezza nei suoi occhioni scuri mi stranisce.
-Ti ha seguita, bambolina. Era dietro di te.-
Fermi tutti.
Questo è matematicamente impossibile. Insomma, mi sarei accorta se qualcuno mi avesse seguita. Ed inoltre.. Daryl qui non ha messo piede! Come fa Nick a sapere ch’era dietro di me?
-Io non credo. Voglio dire.. hai visto entrare solo me, no?!-
No.
 Nega col capo rivolgendomi un’espressione così dolce da farmi venire la pelle d’oca! Sta chiaramente pensando a quanto sia ingenua!
-All’ultimo bivio ha svoltato per la strada secondaria, quella che porta al retro del locale.-
Sono rimasta letteralmente senza parole. Io.. io non ci posso credere.
-E’ entrato ed è uscito prima che tu arrivassi, bambolina.-

Questa mattina ho le sembianze di uno zombie.
Non avete idea di quanto mi sia costato indossare queste maledette decoltè! Il lungo cammino di ieri mi ha praticamente distrutto le gambe; le ho a pezzi.
Anche il sonno è stato travagliato. Non ho potuto fare a meno di pensare alla rivelazione di Nick. Ho cercato di analizzare le varie ipotesi sul perché Dixon abbia abbandonato la manifestazione per seguirmi, e due soltanto sembrano essere le più plausibili: o voleva prendersi gioco di me godendo del mio dolore fisico mentre lui se ne stava comodamente seduto sulla moto senza offrirmi un passaggio, ma in tal caso sarebbe dovuto uscire allo scoperto, no?!, oppure.. oppure voleva forse accertarsi che arrivassi da Nick sana e salva.
Sì, lo so, sarebbe un gesto altamente altruistico da parte sua ma.. probabilmente non voleva avere la mia morte sulla coscienza.
Ah, non lo so!
E non dovrei neanche soffermarmi su questo rompicapo perché ho un problema ben più grave da affrontare: Maggie.
Come cavolo dovrò dirle che l’accordo è saltato?
Per non parlare della mia prolungata e forzata permanenza qui, non solo nella società, ma nell’intero paese.
Credo debba iniziare a rassegnarmi a questa vita. A quanto pare, non  ho altre scelte.
Sospiro amareggiata e appoggio i gomiti sulla scrivania per chiudere le mani a coppa sul viso.
Non mi va di piangere. So che potrebbe essere liberatorio e che forse dopo mi sentirei meglio, ma non mi va.
- Non voglio piantine, fiori e coccarde di nessun genere.-
Per poco non cado dalla sedia a causa del forte sobbalzo.
Non ho idea da quanto sia qui, ma quando alzo lo sguardo seguo sbalordita l’irruenta entrata di Daryl Dixon che si piazza davanti chinandosi e appoggiando i pugni sulla scrivania.
Come succede ogni volta, i miei occhi sono calamitati dai suoi, solo che stavolta rischio di annegarci sul serio in questo azzurro perché mi sta guardando in modo oserei dire.. viscerale.
-Non voglio volantini, confetti o caramelle. L’insegna non dev’essere troppo vistosa e soprattutto non voglio gente tra i piedi. E’ un’officina non la fottuta caffetteria di Barbie. E se qualcosa non mi andrà a genio, non si farà. Punto.-
Forse dovrei prendere appunti, ma non riesco nemmeno a realizzare cosa stia davvero accadendo.
Daryl smette di elencarmi le sue clausole ma continua a fissarmi. Ed io, a mia volta, fisso lui.
Le nostre iridi si rincorrono frenetiche e so che dovrei chiedergli di confermare la mia supposizione per essere davvero sicura che abbia accettato, ma proprio non ce la faccio a parlare.
Riesco a malapena a respirare! E ogni volta che lo faccio, inalo un odore di nicotina e terra.
Dopo interminabili secondi, o minuti.. non saprei, inaspettato così com’è entrato, Daryl Dixon si raddrizza e se ne va.
Osservo stupita la porta e solo adesso, superato lo shock iniziale, concretizzo cos’è appena accaduto.
Mi occuperò della sua officina! E ciò vuol dire che il mio stipendio non sarà dimezzato e di conseguenza non dovrò rimandare il mio trasferimento!
-Sì!-
Tiro indietro il gomito sbattendolo contro il bracciolo della sedia ma sono troppo felice per occuparmi del dormicolante dolore.
Non ho assolutamente idea di cosa abbia spinto Dixon a cambiare idea e, anche se mi ha vietato tutte le normali procedure che un evento come l’inaugurazione richiede, ma non sarà un ostacolo per me.
Recupero il cellulare dalla borsa e compongo il numero dell’unica persona che può aiutarmi.
Risponde quasi subito.
“Il culo di chi devo prendere a calci?”
Ridacchio perché la coincidenza è davvero ironica.
-Buongiorno anche a te!-
“Bando alle ciance, bellezza. Qual è il problema?”
-Hey, non posso telefonare un amico per sapere come sta? Dev’esserci forza un qualche problema?-
Sì.”
Alzo gli occhi al cielo ma non controbatto. In questo caso, ha ragione!
Dopotutto, è il mio salvatore, una specie di angelo custode. Ogni volta che qualcuno cerca di prendersi gioco di me, lui si appresta a far capire allo stronzo di turno quale enorme errore abbia fatto imponendogli un’ordinanza restrittiva tutta sua.
-Ok. Devo occuparmi dell’inaugurazione di un’officina.-
Passa qualche secondo di silenzio, attimi in cui -ci metto la mano sul fuoco- il mio amico sta chiedendosi in che modo potrebbe essermi d’aiuto.
“E quindi?”
-Il proprietario è un tipo molto particolare. Detesta qualsiasi cosa e non so come potrei accontentarlo.-
Lo dico stringendo gli angoli della bocca in una smorfia infastidita.
“E quindi?”
-E’ gay.-
Mi basta informarlo di questo per convincerlo. E, infatti, riesco persino a percepire il suo sorriso dall’altra parte del telefono.
“Stasera sono da te.”



Note d’autrice
Eccomi qui con il quarto capitolo!!! :D
Probabilmente nella vostra testa frullano un paio di domande, tipo: Beth pensa che Daryl sia omosessuale?
E chi sarà mai questo misterioso amico che ha accettato di aiutarla?
 
Nel prossimo capitolo, la vostra curiosità sarà soddisfatta, ve lo prometto!
Detto questo, spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto.
Se il conteggio delle visualizzazioni non inganna, siete davvero in tante/i a leggere la mia storia e vi ringrazio moltissimo!!! *-*
(Vi confesso, però, che mi farebbe davvero piacere sapere cosa ne pensate o se avete qualche consiglio da darmi).
Ringrazio inoltre chi ha aggiunto la storia tra preferite/seguite e chi la recensisce (perdonatemi se non sempre rispondo, ma faccio in tempo solo ad aggiornare prima di spegnere il pc svolazzare via! xD Sappiate, però, che le leggo e che mi rende molto felice ciò che scrivete!)
Ok, non mi dilungo oltre!
Grazie ancora.
Un forte abbraccio!

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Sto ancora singhiozzando per la morte del dottor Shephered quando il campanello di casa inizia a trillare ininterrottamente. C’è solo una persona che suona così.
Tiro su col naso pulendolo con il dorso della mano, e striscio i piedi verso la porta. Non appena la apro mi fiondo tra le braccia del mio amico e, proprio non ce la faccio, scoppio a piangere di nuovo.
-Cosa diavolo è successo?-
Comprensibile si preoccupi per il mio stato.
Lui è alto la bellezza di un metro e ottantotto e quando mi solleva da terra, gli aggancio le gambe alla vita.
-E’ morto!-
Lo sento irrigidirsi e il nostro abbraccio diventa più forte.
-Chi?-
Nel frattempo è entrato chiudendo la porta con un calcio.
-Derek!-
Quasi glielo urlo disperata. Era il mio personaggio preferito in Grey’s Anatomy e la Rhimes me l’ha fatto crepare! Maledetta!
-Chi cazzo è questo Derek, Beth?-
Stacco il busto dal suo per voltarlo in un mezzo giro e gli indico la tv, messa in pausa proprio sul volto inespressivo, sanguinante e garzato del Dr Shephered.
Sento il mio amico borbottare un ‘ma vaccagare’ prima di mollarmi a peso morto sul divano.
-Ehi, potevo rompermi l’osso del collo!-
Essere lanciata da quasi due metri di altezza, voglio dire!
Mi affretto a rialzarmi abbassando la maglietta che a causa dell’impatto si era arrotolata fin sopra l’ombelico, e soffio un ultimo bacio a Derek.
Rimarrai sempre nel mio cuore, te lo giuro!
Chiaramente Jesus si è diretto in cucina. Si è già sfilato giacca e cappellino, e si è spaparanzato sulla poltroncina di Mery. Stasera ha legato i suoi lunghi e lisci capelli castani in una coda bassa. Di solito li acconcia così quando è davvero stanco. Eppure.. è qui da me.
Credo di amarlo, ovviamente nel senso amichevole del termine. Purtroppo è gay. E dico purtroppo perché Jesus Rovia è uno dei ragazzi più belli che abbia mai visto: occhioni blu, un po’ più chiari dei miei, labbra super carnose circondate da una barbetta sempre perfetta e curata, e un fisico da atleta. Beh, è un giocatore di football.
-Perché è spento?-
Con l’indice mi indica il caminetto.
-Perché non fa molto freddo.-
-Prova a mettere il naso fuori .-
Lancio un’occhiata alla finestra e vedo lunghi e spogli rami ondeggiare e picchiettare contro il vetro spinti da un forte e, a quanto pare, gelido vento.
-No, grazie.-
Mi asciugo gli occhi dalle ultime gocce di amare lacrime fangirl, e apro il fornellino per tirare fuori il cornetto che avevo riscaldato solo dieci minuti prima dell’arrivo di Jesus.
-Cioccolato bianco?-
Si assicura prima di prendere il dono che sto offrendogli.
-Ovvio!-
Mi rivolge un sorriso radioso strappandomi il dolce dalle mani e inizia a ingurgitarlo. Ma agli uomini bastano davvero solo tre boccate? Io ancora devo sedermi e lui ha già finito.
-Allora.. il tizio. Com’è?-
-E’ un tipo.-
Smette di masticare e il suo sopracciglio si alza scoccandomi una di quelle occhiate che raramente ho il dispiacere di ricevere da parte sua.
-Non ho affrontato il gelo artico solo per sentirmi dire è un tipo.-
Sbuffo seccata e mi rannicchio ancor di più contro la mia poltroncina. Cosa vuole che gli dica?
-Non è alto quanto te, ma in compenso è più robusto. Capelli di media lunghezza, scuri, sfilzati e lisci come piume, occhi esotici di un azzurro cristallino quasi trasparente, orecchie leggermente a sventola e qualche pelo di barba.-
Mi stringo nelle spalle; è un tipo, niente di che!
-Sì, grazie per la dettagliata descrizione fisica, Betty. Ma credo sia più opportuno illustrarmi quella caratteriale, non sei d'accordo?!-
Sento il sangue fluire rapidamente sulle guance in un formicolante rossore.
Quel ‘dettagliata’ mi fa sentire una sciocca.
-Ahm.. credevo fossi curioso di sapere.. Ok, lasciamo perdere.-
Tronco l’imbarazzante malinteso con un gesto secco della mano e gli spiego il carattere altalenante ed enigmatico di Daryl Dixon.
-Un bisbetico, dunque.-
-Sì, esatto! Un bisbetico.-
-Uhm..-
Le lunghe e sottili dita di Jesus iniziano a grattargli il mento. Sul suo viso un’espressione assorta.
-Ho bisogno di vederlo di persona, campanellino.-
-Cosa state confabulando voi due? Un altro poveretto adescato con il tuo finto viso d’angelo?-
L’ingresso di Mery ci coglie di sorpresa; né io né Jesus l’abbiamo sentita rincasare, ma la risposta del mio amico non si fa attendere.
-Non ancora, Jessica Rabbit. Ci sto appunto lavorando.-
Entrambi si rivolgono un sorriso da schiaffi mentre la Rabbit, cioè Mery, adagia una busta della spesa sul tavolo. Ad occhi estrani sembrerebbe che si odino, ma sono più che certa che non è così. Nessuno dei due lo ammetterebbe mai, ma si vogliono segretamente bene. Non capisco perché debbano fingere quest’antipatia reciproca.
-Sei seduto sulla mia poltrona.-
Gli fa notare la rossa continuando a mantenere un sorriso stretto e tirato.
-Oh, ma davvero? Diamine!-
La desolazione di Jesus è un’evidente presa in giro tant’è vero che continua a rimanere dov’è.
-Ti consiglio quindi di alzare il tuo bel culo.-
-Quindi ammetti che ho un apprezzabile lato B. Ma.. mi dispiace, splendore, non sono etero.-
-Non mi dire! Il tuo egocentrismo non mi avrebbe mai portato a crederlo.-
-OkOk! Basta così!-
Li interrompo per eludere l’aggiunta di battute più pesanti e mi alzo piazzandomi tra i due.
-Puoi prendere la mia.-
-Voglio la mia.-
Mery incrocia le braccia al petto, indispettita come una mocciosetta.. una mocciosetta molto sexy devo dire, e persiste a fulminare Jesus che, dal canto suo, se ne sta comodamente seduto.
C’è solo un modo per distrarre i bambini da un’imminente lite verbale.
-Dixon ha accettato che sia io a occuparmi della sua officina.-
E, come previsto, gli occhi di Mery s’illuminano scacciando quel tetro guizzo iroso.
-Lo sapevo che saresti riuscita a convincerlo, Betty!-
Evito di ammettere che in realtà non ho assolutamente idea di come abbia fatto ma le rivolgo comunque un sorrisetto vittorioso. In fondo.. sì, ce lo fatta!
-Ma cosa c’entra lui?-
Con un dito indica Jesus e la sua euforia diventa sospetto.
-Non vorrà portarsi a letto il tuo cliente, Beth! Manderà a puttane l’affare!-
-Quanta grazia femminile.-
-Troppo poca per il tuo animo, non è vero?!-
-Esattamente. E comunque, se l’affare in questione è come Beth me lo ha descritto, non penso proprio lo manderò a quattro sgualdrinelle!-
-Oh, non ne dubito. E’ ciò che sto cercando di far capire a Betty Boop, infatti.-
Io non ce la posso fare.
 
Il mattino dopo alle 10.00 in punto siamo davanti la saracinesca abbassata dell’officina.
Prima di portarli con me, ho fatto giurare ai due di non crearmi problemi di nessun genere. Già devo sudare per trattare con Dixon, non ho dunque bisogno di ulteriori rotture.
Disgraziatamente non ho potuto evitare la loro presenza. Mery è curiosa di vedere il volto del cliente misterioso, Jesus deve ‘studiarlo’ da vicino e di persona.
-E’ in ritardo.-
Si lamenta la prima alla mia sinistra.
-Non lo sai? Gli uomini veri devono farsi attendere.-
Controbatte il secondo alla mia destra.
-Veramente questo diritto spetta noi donne.-
-Tu dici?!-
-Un’altra parola e vi cucio la bocca!-
Saggiamente entrambi tacciono.
Il mutismo dura ancora per altri quindici minuti prima che il forte fracasso della saracinesca ci preannunci l’arrivo del puntualissimo signor Dixon.
Gradualmente e a passo con il sollevamento della lamiera, scopriamo la sua figura.
Scarponcini vissuti, jeans sbiaditi e sbrindellati al ginocchio e alla coscia, protuberanza perennemente vistosa, bottone, un’appena visibile V inguinale circondata dall’elastico nero dei boxer, ciuffetti di peli che terminano nella zona proibita e iniziano dall’ombelico semicoperto da una t-shirt bianca, petto possente, braccia tese e gonfie sollevate a reggere la saracinesca e infine, il viso.
Poiché gli sono di fronte, i miei occhi sono i primi ad accogliere i suoi ma quando intercetta altre due persone, i suoi lineamenti diventato sospetti.
Ha un’espressione assonnata, segno che si è svegliato da poco.
-Buongiorno, Daryl.-
-Loro chi sono?-
Come iniziare al meglio la giornata? Ma con allegria e cortesia, ovviamente!
A confermare la mia impressione è la sua voce raschiante e arrochita dal sonno.
-Lei è Mery, lui è Jesus.-
-E io sono Giuseppe.-
Thò, che spiccato senso dell’umorismo il nostro arciere!
La bocca di Daryl si contorce nel facsimile letale dell’abbozzo di un sorriso mentre scruta rapidamente da capo a piedi i miei amici.
-Conosci le condizioni, ragazzina.-
Borbotta scoccandomi un’occhiataccia accertandosi d’inviarmi un chiaro messaggio: o si fa come dico io, o puoi anche smammare.
Ci volta il sederino ed entra nella sua tana.
Mery e Jesus, invece, mi lanciano uno sguardo.. scettico ed io non posso fare altro che stringermi nelle spalle. Non è colpa mia!
-Sprizza abbastanza megapotenza elettrica etero da illuminare l’intera popolazione femminile.-
-Puoi dirlo forte. Io mi sento una centrale.-
Non riesco a comprendere la conversazione mormorata dei miei amici, sono troppo concentrata ad osservare la camminata pigra e quasi molleggiante di Daryl. Nel suo rozzo linguaggio muto, credo ci abbia appena invitati a seguirlo.
Ciò che dovrebbe essere un’officina è in realtà un semplice, ma abbastanza spazioso, garage quasi vuoto. Parcheggiata vi è solo la sua splendida moto nera. Nient’altro.
-Però.. niente male questo posto.-
Chiaramente Jesus non sa che le lusinghe con Dixon non funzionano e, infatti, il meccanico non lo degna neanche di uno sguardo, si concentra solo su questa poveretta.
-Allora? Come vedi non manca niente. Cos’altro potresti fare?-
Non manca niente perché non c’è niente.
-Potrei fare tantissime cose. Sempre rispettando i tuoi divieti, chiaro!-
Mi affretto ad aggiungere superandolo di qualche passo. I modi in cui potrei sbizzarrire le mie idee sarebbero infiniti. Peccato, però, non poterlo fare liberamente.
-Qui, ad esempio.-
Indico un angolo accanto alla saracinesca.
-Potremmo parcheggiarci una macchina d’epoca. O una moto se preferisci.-
-Bell’idea!-
Concorda la mia amica che, stranamente, se ne sta zitta e buona. Probabilmente sta analizzando Dixon. A casa riceverò ogni dettagliato parere.
-Raccomando una bellissima Packard-Torpedo del 1927.-
Sinceramente non ho assolutamente idea a quale modello di auto si riferisca Jesus e quando anche Mery apre la bocca, credo per concordare a giudicare dal luccichio estasiato nelle sue iridi verde smeraldo, qualcosa nell’espressione di Daryl le dà di che pensare perché la richiude.
Proposta bocciata, a quanto pare.
E questo, ragazze mie, non è che l’inizio.

Dopo quindici minuti, abbiamo raggiunto il primo accordo. Il colore della pittura: bianco.
Tutte le rimanenti e brillanti idee, bocciate sul nascere.
Mery e Jesus sono andati via da poco ma quest’ultimo ha giocato la carta della pietà espressiva per combinargli un appuntamento con Daryl. Fosse facile!
Per non parlare del fatto che, non sapendo praticamente nulla sul suo conto, dovrò azzardare alla cieca.
-Io.. non ti ho ancora ringraziato.-
Non so perché all’improvviso parlare mi risulta un tantino difficile, ancor peggio quando Daryl solleva gli occhi dalla sua moto. Ha un modo di guardare la gente come se la vedesse davvero, e in quest’istante ne riversa l’intensità su di me.
-Per cosa?-
-Per aver accettato.-
-E ringrazi così tutti i clienti?-
E per così so benissimo cosa intende; sorrisetto timido, voce a malapena udibile e visibile imbarazzo. Oh, e guance arrossate, ma questo è sottinteso.
Pian piano sto iniziando a comprendere il linguaggio fisico di Dixon e quando, ad esempio, l’angolo della sua bocca si solleva in un ghigno, è per una personale soddisfazione. Credo che goda nel vedermi a disagio, meglio ancora se l’artefice è lui.
-No, perché gli altri clienti sono persone normali!-
Mi aspetto una delle sue occhiatacce o uno sguardo incavolato o un borbottio incomprensibile e invece, con mia enorme sorpresa.. ridacchia!
E sto parlandovi di una risata vera, eh! Non un verso o una presa in giro, no no! Una-vera-risatina!
-Dovresti mollare, ragazzina.-
Ma l’effetto sorpresa dura poco perché il suo consiglio mi ha disorientata. Aggrotto la fronte e decido di avvicinarmi di qualche passo.
-Mi chiamo Beth. Mollare cosa?-
-Il tuo lavoro.-
Fermi tutti. Qui entriamo sul personale.
-Perché dovrei farlo, scusa?-
So di aver utilizzato un tono di voce inacidito, ma quando si tocca questo argomento l’irritazione scatta automatica.
-Perché lo detesti.-
E nei polmoni non riesce più a entrarmi nemmeno una singola particella d’aria.
E’ uno sconosciuto, dunque non mi conosce. Non può avere la certezza di ciò che ha detto. Non può guardarmi come se avesse capito qual è il nocciolo della mia esistenza.
-Ti ricordo che ho accettato di diventare una groupie pur di non perdere il mio posto.-
-Soldi.-
Fa spallucce, e dopo aver dato una pacca al sellino della sua due ruote, s’incammina verso l’unica porta presente.
Crede di potermi lasciare con questa spregevole spiegazione?
Beh, non sa quanto si sbaglia!
Arriccio le labbra, stringo le mani a pugno e lo seguo.
-Tu non sai niente! Ciò che hai detto è stato deplorevole, meschino e vile!-
-D’accordo. Commenti come questo sono l’esatta ragione per cui le donne hanno perso il rispetto per gli uomini. Mi vergogno di me stesso.-
Si prende anche il lusso di fare il sarcastico?
Dio, che nervi!
La cosa peggiore è che continua a camminare come se io non ci fossi, come se l’offesa fosse legittima!
-Dove stai andando?-
-A pisciare.-
Mi blocco perché ho appena capito che oltre quella porta vi è, appunto, il bagno. Si chiude all’interno e per un attimo mi domando se sia corretto rimanere a fissare l’imposta.
Al diavolo, lui di educato non ha nulla!
-Dovresti chiedermi scusa!-
Gli urlo senza, chiaramente, ricevere alcun segnale da parte sua. La mia voce rimbomba ma onestamente me ne infischio. Che Nick senta pure che razza di amico, o cliente, si ritrova!
-Tu non mi conosci altrimenti sapresti che i soldi non sono la mia priorità.-
Bugia! Senza denaro non posso trasferirmi.
-E il mio lavoro mi piace. In caso contrario, non sarei qui.-
Altra bugia! Ormai quest’affare è diventato una sfida soggettiva.
Sbuffo soffiando via dal viso una ciocca scappata dallo chignon e appoggio fianchi e palmi contro il muro, accanto alla porta.
-Non dovresti sparare offese gratuite.-
-La smetti di gridare?-
Sobbalzo colta alla sprovvista dalla sua uscita e mi raddrizzo squadrandolo da capo a piedi.
Ha cambiato indumenti. Adesso indossa un pantalone blu scuro, una camicia nera priva di maniche e un gilet dello stesso colore. Ma è quando si volta per andare verso l’uscita che noto delle ali cucite sulla pelle dell’ultimo capo.
-E’ ora di chiusura, ragazzina.-
Impugna le manopole della sua moto e la trascina fuori.
Posso confermare con assoluta certezza, che chi sto fissando in questo preciso istante è un centauro al 100%.
-Beth. Un altro motoraduno?-
Ipotizzo affrettandomi a uscire. L’ultima cosa che voglio è essere rinchiusa in queste quattro e fredde mura.
-Hai preso gusto a fare la groupie?-
Ovviamente lui non soddisfa la mia curiosità.
-Oh no, è una noia mortale per quanto mi riguarda.-
-Questo perché hai scelto il motociclista sbagliato.-
-Certo! Immagino avrei dovuto prediligere te!-
Non mi risponde verbalmente ma lo fa alla sua solita maniera: solleva un angolo delle labbra sottili mentre lo sguardo indolente mi lambisce con la stessa intimità della mano di un amante.
Ok. Forse.. forse posso comprendere l’insistenza di Jesus nel combinargli un appuntamento. E a tal proposito..
-Ahm.. io.. devo.. devo chiederti una cosa.-
Allarga il cavalletto per piazzare la moto e torna indietro ad abbassare la saracinesca.
Bene. Questo è il momento.
-Ti andrebbe di uscire con il mio amico?-
Glielo chiedo così velocemente da battere la rumorosa e rapida calata della serranda.
Daryl rimane immobile per alcuni secondi ma quando si volta i suoi occhi sono così affilati da nascondere l’azzurro delle sue iridi. Un’occhiata minacciosa e pericolosa come un’arma e, visto che non c’è nessun altro nei dintorni, è chiaro che quella nel mirino sono io.
-Forse non ho capito bene.-
Avanza lentamente senza mollarmi. Non sbatte neanche le ciglia!
Per istinto di sopravvivenza, indietreggio.
-Non voglio impicciarmi degli affari tuoi, ma se non sei un omosessuale dichiarato, lo capisco. Dirò a Jesus che sei già impegnato o che al momento non hai voglia di fare nuove conoscenze.-
-Omosessuale dichiarato?-
Lo ripete come se stentasse a credere di aver udito tale frase.
Merda, si sarà mica offeso?
Oh beh, poco importa! Almeno adesso siamo pari.
-Si dice così, no? Quando si fa coming out. Ma.. ma se vuoi che le tue preferenze rimangano nascoste, ti assicuro che manterrò il segreto.-
Mi scannerizza per altri secondi ed io inizio a chiedermi se forse non sia il caso di scappare.
-Lo preferirei, ragazzina.-
Stavolta non ci penso nemmeno a precisargli il mio nome perché mi ha risposto in modo strano, con l’accenno di un sorriso altrettanto sinistro.
Borbotta qualcosa e raggiunge la sua moto. La monta con l’agilità che avevo già visto e, prima di svegliarla con un soffuso rombo, infila il casco.
-Ah, un’ultima cosa. Nel pomeriggio ti voglio qui. Ho un’idea per l’inaugurazione.-
La voce è attutita ma comprendo perfettamente ogni singola parola che compone l’ordine. Peccato, però, non avere possibilità di replica perché sgomma via salutandomi con una nuvola di fumo.
Un’idea! Sono davvero curiosa di sentirla.

Un’idea del cavolo!
Sto sudando peggio di un uomo, mi sento ridicola e puzzo!
Non riesco neanche a muovermi, maledizione! E menomale che questo bisbetico pretendeva solo il minimo indispensabile!
-Stai bene così.-
E’ il primo complimento che ricevo dal signor Dixon ma è chiaramente una presa in giro.
-Davvero gentile!-
Gli rifilo un’occhiataccia che però non ha l’effetto desiderato, e cioè mostrargli un odio profondo e viscerale, perché mi volta le spalle per recuperare un mazzo di volantini.
Cerco d’innalzarmi sulle punte per curiosare i dépliant, ma questo stupido e ingombrante costume da scoiattolo non me lo consente.
Sbuffo esasperata e allungo una zampa.
-Posso vederne uno?-
Chiedo inacerbita, anche se sono ancora stupita che Daryl sia riuscito a trovare questo ridicolo indumento e far stampare centinaia di manifestini in una sola mattinata. E’ evidente che le sue conoscenze sono abbastanza vaste e importanti. Che faccia parte di un qualche clan mafioso? Uhm, non mi sorprenderebbe.
-Puoi vederli tutti. Sei tu che devi spargerli.-
Arriccio le labbra come se fossi davvero un roditore pronto ad attaccare e ne agguato bruscamente uno innalzandolo, considerato che mi è impossibile abbassare il mento; ho il capo coperto da un cappuccio pesante e puzzolente a forma di testa di scoiattolo.
Rimango basita nel leggere il nome dell’officina ma non posso fare a meno di sorridere soddisfatta.
Stampata vi è la sagoma di un uomo che spinge una moto verso un tragitto infinito, a sinistra l’ora e la data di apertura della nuova officina e in basso il nome improntato a caratteri semplici ma dalle sfumature nere e bianche: RIDE with Daryl Dixon.
-Dunque il titolo che ti ho suggerito è stato di tuo gradimento.-
Daryl scrolla le spalle per minimizzare l’apprezzamento e s’incammina verso la mia auto.
-Coraggio, Scotty, andiamo in città a raccogliere noccioline umane.-
Mostro i denti e squittisco.

Basta non ce la faccio più!
I capelli sono appiccicati al viso e sento gocce di sudore scorrermi lungo la spina dorsale. Non dovrebbe fare così caldo a ottobre inoltrato, eppure stare all’interno di questo maledetto costume è come stare a due passi dal sole.
Due ore! Ho trascorso due ore a distribuire volantini mentre quello stronzo di Dixon se la spassava come meglio poteva: si abbuffava di hot-dog, si rilassava fumandosi una bella sigaretta di tanto in tanto, e –ovviamente- mi osservava divertito. Ero il suo spettacolo personale!
Dopo un’ora circa, ne avevo davvero abbastanza! Così, ho iniziato a dare cinque volantini a persona per sbarazzarmene prima. Fortunatamente Daryl non si è accorto di nulla così siamo ritornati qui, nella sua futura officina.
Non vi dico che impresa salire e scendere dalla mia Mini Cooper! Ovviamente non potendo guidare, ho dovuto cedere le chiavi a Daryl, anche se devo ammettere che la sua guida è stata pulita ed esperta.
Cercando di non inciampare nella coda, zampetto verso il bagno dove ho lasciato i miei vestiti.
Giuro che non appena avrò tolto questo stupido costume, lo brucio!
Sollevo le mani sulla testa e piego i gomiti all’indietro per raggiungere la cerniera situata all’altezza del collo. Tentativo vano. Ogni movimento è ostacolato dalla pesantezza del tessuto.
Rossa in viso e accaldata ovunque, non mi resta che accettare l’unica soluzione.
Ruoto su me stessa facendo cascare non so cosa con la coda e sbircio da oltre la soglia.
Trovo Dixon occupato a sistemare i barattoli di pittura che ha comprato mentre io mi rendevo ridicola a simulare la parte del roditore simpatico e amante dei motori.
-Ahm.. Daryl?-
Si volta e gli rivolgo un sorriso talmente finto che potrei vincere un qualche premio di riconoscimento per la peggior interpretazione recitativa dell’anno.
-Ho un problema.-
Lui continua a fissarmi domandandomi espressivamente quale sia e ad avvisarmi di non dargli troppa noia.
-Potresti abbassarmi la cerniera?-
Devo ammetterlo; mi è costato rivolgermi a lui, ma vi assicuro che se fosse stato etero non glielo avrei mai chiesto. Piuttosto avrei fatto lo sforzo di zampettare fino al locale di Nick.
Pare che la sua fonte verbale, già scarsa per natura, si sia prosciugata del tutto perché invece di rispondermi continua a puntarmi. Ripeto; non che sia un tipo loquace, ma potrebbe quantomeno sparare una delle sue solite battute invece di rimanere lì impalato.
-Farò questo sforzo, ragazzina.-
Ah ok, si è ripreso.
I suoi passi sicuri lo portano da me ed io mi affretto a rientrare nel bagno rivolgendogli la schiena così da non perdere troppo tempo.
Ha un andamento silenzioso ma percepisco la sua presenza perché, non so come,  il suo corpo riesce a trasmettere al mio un calore che non fa che aumentare la sudorazione già causata dalla temperatura .
-Su il cappuccio.-
Me lo ordina in maniera così autoritaria che obbedirgli mi è automatico, e dopo aver sollevato la testa dello scoiattolo, sento l’inconfondibile suono della cerniera.
Non dovrei sentirmi così tanto imbarazzata, dati i suoi gusti sessuali credo rimarrà schifato da ciò che presto andrà a scoprire, eppure sento il bisogno di parlare.
-Il mio nome comunque è Beth.-
-Hm-hm.-
-Quindi potresti smetterla di chiamarmi ragazzina.-
-Perché dovrei? Lo sei.-
Piego un fianco per poi ristabilirlo con forza così da ferire lo stronzo con un colpo di coda.
-Appunto.-
-Non sono una ragazzina! Ho diciotto anni!-
-Vedo.-
Se avessi avuto le antenne invece di due orecchie di peluche, queste si sarebbero drizzate per un segnale d’avviso.
Ho la netta sensazione che il suo ‘vedo’ è inteso nel vero significato del termine, e all’improvviso mi sento come se fossi interamente nuda.
E come se non bastasse, il suo alito sulla mia pelle umida mi provoca dei fastidiosi brividi. Insomma, etero o no, è pur sempre un uomo. E non uno dall’aria docile, innocente e gentile.
-Perché ci metti tanto ad abbassare la cerniera?-
-Si è inceppata nel pelo.-
Ma gli basta un ultimo strattone per aprirla del tutto.
-Sbrigati a cambiarti. Dobbiamo iniziare ad imbiancare.-
Cosa??
-Esistono delle persone addette per questo lavoro, lo sai?-
-Ah-Ah.-
-E ti ricordo che io sono un copywriter.-
Mi affretto a sfilare via questa dannata gabbia di pelo e mi sciacquo come meglio posso.
Quando ritorno a indossare abiti normali, e cioè leggins e maglioncino lungo, mi sento finalmente libera.
Ma non posso rallegrarmi troppo perché di là c’è un enorme problema ad attendermi.
Trovo Dixon chinato sui talloni e a gambe spalancate ad aprire i barattoli di pittura. Disposti lì vicini, due rulli e quattro pennelli di varie dimensioni. Non so quando o dove, ma anche lui si è cambiato riapparendo con lo stesso abbigliamento di questa mattina.
Dio mio, fa sul serio!
-Daryl.. io non ne sono capace. Non credo sia una buona idea farti aiutare da me.-
E sinceramente non vorrei rovinare gli indumenti che indosso.
-Conosco degli ottimi imbia-
-Vieni qua.-
Ecco, quando usa un tono così autoritario non ce la faccio a controbattere, per cui lo raggiungo in silenzio.
Ha impugnato uno degli attrezzi e lo ha immerso nella pittura densa e bianca come il cioccolato fuso.
-Il segreto sta nel saper muovere il polso.-
E mi mostra quel è il movimento dando una serie di rollate sul muro. Intinge ancora una volta e ripete l’operazione sullo stesso punto così che questo diventa una striscia bianca e immacolata.
-Prova.-
Mi passa l’arma ed io la guardo come se davvero potesse infliggermi una ferita mortale.
Daryl sbuffa e si sporge verso di me per afferrarmi il polso e spingermi verso di lui.
-No! Non lo so fare! E non lo voglio fare! Non è questo il mio lavoro, Daryl! Daryl!-
Ma lui rimane sordo alle mie proteste e irremovibile alle mie ribellioni fisiche perché con un braccio mi avvolge l’addome e con l’altra mano mi passa il rollo cosicché le sue dita possano stringere il mio dorso e guidare il movimento.
Bloccata e forzata, comincio sul serio a imbiancare. Beh, tutto sommato non è così difficile!
Il rollo scorre che è una meraviglia! E’ una sensazione quasi rilassante. Ma questo solo perché è Daryl a guidarmi. E a tal proposito.. mi rendo conto che sono stretta in una specie di abbraccio.
Nonostante il pesante e intenso odore della pittura, riesco benissimo a distinguere quello dell’uomo alle mie spalle. E’ un olezzo tutto suo, non posso paragonarlo a nessuna fragranza in particolare.
La sua mano è enorme e racchiude la mia come un involucro di carne caldo e duro. Da questa vicinanza posso intravedere un piccolissimo tatuaggio a forma di stella tra il pollice e l’indice.
-Così. Su e giù.-
Poiché differenti in altezza, incasso il movimento del suo mento sulla tempia avvertendo la ruvidezza della barba pizzicarmi la pelle. La sua voce è roca e graffiante e mi entra nel timpano con la stessa lentezza del caramello liquefatto. Devo.. devo riconoscerglielo; ha un bel timbro. Dolce ma deciso, con una giusta dose d’innocente sensualità. Mi ricorda molto le note del basso elettrico.
Ok, non mi sembra proprio né il caso né l’occasione di analizzare questi dettagli, anche perché, detto tra noi, inizio a sentire di nuovo caldo.
Cerco, dunque, di concentrarmi sulla pittura ma è uno forzo vano; avverto qualcosa premere contro il mio fondoschiena e, seppur non esperta in materia, ne so abbastanza da sapere che si tratta del suo.. beh, sì, del suo amichetto.
Merda. Questo non dovrebbe succedere.
Porto la mano libera sul suo avambraccio sodo e nudo per sganciarmelo e scivolo rapidamente via da lui.
Gli occhi mi cadono esattamente dove non dovrebbero e difatti i jeans che indossa non sono stati concepiti per adattarsi a ciò che sono costretti ad alloggiare in questo momento.
Riporto immediatamente l’attenzione sul suo viso e il disagio non sparisce perché lo becco a fissarmi.
Non ho idea di cosa stia precisamente accadendo in questi secondi, ma né io né Daryl proviamo la necessità di parlare.
-Ti sta gocciolando della vernice sulle scarpe, bambolina.-
L’arrivo di Nick è inaspettato e improvviso e impiego alcuni secondi pieni per recepire il messaggio con cui ha fatto la sua entrata in scena. Abbasso il mento e le vedo: chiazze bianche sulla punta dello stivaletto nero.
-No, no, no! E adesso?-
-Sei ancora in tempo a pulirla.-
Giusto!
Passo a Nick l’attrezzo e senza più guardare Daryl, corro via.

Durante il tragitto verso casa, gli schizzi sullo stivaletto si sono induriti e adesso, cercando di scrostarli con un panno umido, sto ingigantendo il disastro perché le macchie si sono allargate.
-Niente?-
-No, ho peggiorato la situazione!-
Segue qualche secondo di silenzio, attimi in cui Mery valuta la gravità del problema.
-Dai, domani la porteremo dal calzolaio. Lui avrà certamente i prodotti giusti.-
-A quanto pare è l’unica soluzione.-
Allineo la scarpa accanto all’altra e seguo la mia amica in cucina. Aveva previsto sarebbe stata una giornata pessima per me, per questa ragione ad attendermi c’è la mia leccornia preferita: muffin al cioccolato.
Ne prendo uno dalla teglia e mi rannicchio sulla poltroncina. Finalmente i muscoli iniziano a rilassarsi grazie al calore del fuoco, al clima sereno e al buon odore di casa.
-Dunque il nostro cliente voleva che tu imparassi a imbiancare.-
Ecco, atmosfera rovinata.
Potrei ignorare il discorso, fingere di avere mal d testa o malanni simili (il ché non sarebbe neanche una bugia a giudicare dall’immediato spasmo che mi colpisce lo stomaco), ma mi sento in debito con lei e mai come adesso il muffin sembra pesare 1kg.
-Hm-hm.-
Rimango con la bocca aperta, a pochi millimetri dal dolce, perché mi rendo conto di aver risposto alla maniera di Dixon: con un verso.
-E tu sei scappata.-
Il fatto che non sia una domanda, bensì una certezza, mi fa innervosire.
-Non sono scappata! Hai visto anche tu lo stivaletto, no?!-
-Mi hai detto che l’officina è dotata di un bagno. La vernice era fresca, avresti potuto limitare il danno.-
Mastico lentamente, mooolto lentamente, per cercare una risposta che possa coprire la mia stupidità.
Devo essere onesta? Non ci ho pensato!
-Era occupato.-
-E da chi?-
Da Scotty!
Chiaramente ho evitato di raccontarle della mia breve ma drammatica esperienza recitativa. Non avrei più potuto vivere in questa casa, altrimenti.
-Da Nick, il proprietario del locale adiacente.-
Sento la mia amica sospirare prima di vederla alzarsi.
Si ferma accanto alla mia poltrona e mi scompiglia i capelli in un gesto affettuoso.
-Povera la mia piccola e ingenua Betty Boop.-
Si china per darmi un bacio sulla guancia ma prima di raddrizzarsi, accosta le labbra al mio orecchio.
-Ti consiglio di fare una telefonata al tuo amico Pantene.-
Già, l’appuntamento con Jesus!
-Dixon non ha accettato.-
-Oh, lo credo bene!-
Aggrotto le sopracciglia e alzo il mento su Mery che, a sua volta, mi osserva con un ghigno.
E capisco.
Daryl Dixon non è gay.






Note d’autrice
Eccoci al quinto capitolo! :D
Suonino le trombe, la nostra Beth ha aperto gli occhi sui veri gusti sessuali di Dixon!
E a tal proposito.. sarà un caso che il nostro arciere le abbia fatto passare una bruttissima giornata?
(Vi anticipo che nel prossimo capitolo la piccola Greene renderà pan per focaccia!)

Per chi non lo sapesse, per il nome dell’officina ‘Ride with Daryl Dixon’ ho preso spunto dal nuovo show di Norman, Ride with Norman Reedus, appunto.

Non mi resta che ringraziare tutti voi che leggete, recensite e lasciate un messaggio. Grazie tante! Sono contenta che la storia vi piaccia!:)

Alla prossima!

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Per una ragazza che non ha mai azzardato tanto in vita sua, quest’ennesima prova dimostra che, fin dei conti, Beth Greene ha carattere da vendere.
La saracinesca dell’officina è alzata e quando entro trovo il facsimile di un omosessuale all’opera. Ha già imbiancato mezza parete frontale.
-Sei in ritardo.-
Non ho assolutamente idea di come possa essere così sicuro che sia io poiché mi da le spalle, ma immagino che saluti in questa maniera un po’ tutti, quindi -equivoco o no- per lui non ci sarebbe alcun tipo di problema.
-Buongiorno anche a te, Daryl.-
Metto sul bancone due bicchieri di cappuccino ormai freddo e tolgo il cappotto.
Confesso di essere un pochino agitata ma per nessuna ragione al mondo devo mostrare segni d’insicurezza o mando tutto a monte.
-E ci tengo a precisare che non sono tenuta ad aiutarti. Io svolgo il mio lavoro, tu sborsi. Ma..-
Mi avvicino accostando al suo fianco e per un attimo mi lascio distrarre dalla contrazione dei muscoli definiti del braccio nudo. Gli indumenti non sono diversi dai soliti che gli ho visto addosso; camicetta nera tagliata sulle maniche e jeans vissuto. L’unico cambiamento è la scarpa; calza delle All star basse, bianche e nere.
Devo ammetterlo, ragazze, ha un fisico da paura.
-Ma per gli amici sono disposta a sacrificarmi.-
-E da quando siamo amici?-
Mi ci vuole tutta la considerevole forza di volontà di cui sono dotata per non scappare via perché quando si volta, i suoi occhi scivolano subito su di me come glassa fredda su una torta alle spezie bollenti.
Un’attenta, scrupolosa e lentissima occhiata.
Ma è quando lo sguardo riposa sullo scollo che mi rendo conto di quanto sia stata stupida a confondere i gusti sessuali di quest’uomo. 
-Sei qui per imbiancare non per un servizio fotografico.-
Beh, detto così può far credere chissà quale stramberia abbia addosso! Ho semplicemente rovistato tra gli abiti estivi miei e di Mery pescando quelli che ho ritenuto più adeguati al piano; una camicetta rossa con scollo a V annodata all’ombelico e un jeans attillato. Essendo ottobre inoltrato, rischio di andare in ipotermia, ma non c’è problema!
-So che le curve femminili ti nauseano, però fai uno sforzo amico mio! Erano gli unici stracci disponibili.-
Recitare questa frase mi è costato più di quanto avessi immaginato per tre ragioni:
1. Io non ho curve femminili. Non ho seno, non ho fianchi, non ho glutei. Sono una sogliola.
2. Nel pronunciare la parola ‘amico’ ho voluto rafforzarne il concetto stringendo appena il braccio di Dixon. E’ di acciaio, non di carne.
3. Ho dovuto girargli le spalle e chinarmi a recuperare un pennello perché il mio viso è diventato rosso fuoco, non che così il sangue possa stemperarsi dalle guance perché adesso lui ha piena visuale del lato B.
Lo sento borbottare una sequenza indecifrabile di parole, o insulti per quel che posso saperne, ed io devo fare ancora una volta uno sforzo storico per non mollare tutto.
-Allora.. cosa devo fare?-
Lo dico voltandomi, con un sorriso raggiante per mostrare un entusiasmo che non provo affatto e che non è, ovviamente, ricambiato.
-Uno: non puoi imbiancare con un pennello. Due: non puoi imbiancare con questi pezzi di stoffa addosso. Tre: ritornatene a casa.-
E no! Ho fatto un lavoro mentale assurdo per ciò che andrò a fare e ho la pelle d’oca per il freddo, non sarà di certo il suo tono autoritario a farmi sventolare bandiera bianca.
-Cos’hanno i miei abiti che non vanno?-
Come prima, mi squadra di nuovo solo che stavolta sulle sue labbra compare quell’ormai famoso accenno di un sorrisetto direi sfottente e malizioso.
-Niente.-
Certo, un innocuo niente che nasconde chissà cosa!
Onestamente? Non pensavo che a un tipo come lui bastasse qualche centimetro di pelle nuda per andare in tilt. Ok ok, detto da una che lo credeva omosessuale non so quanto possa valere.
-E allora qual è il problema? Dai, ormai sono qui.-
Intingo il pennello nella pittura bianca e lo sbatto praticamente contro il muro deturpandolo con schizzi volati un po’ ovunque.
Non è necessario voltarmi per vedere lo sguardo truce di Dixon. Lo sento.
-D’accordo. Niente pennello.-
Lascio cadere l’oggetto sui fogli di giornale aperti sul pavimento e mi guardo intorno alla ricerca del rollo. Non lo trovo da nessuna parte.
Ce n’è uno soltanto.
Serro le palpebre recitando mentalmente una rapida preghiera e, poiché il braccio di Daryl è già alzato, mi c’infilo sotto. Lo avverto immobilizzarsi alle mie spalle preso alla sprovvista e questo è un punto a mio favore perché mi da il coraggio di compiere il passo seguente: mettere la mia mano sulla sua, straordinariamente calda, e stabilire l’andirivieni altalenante, come abbiamo fatto il giorno prima.
I contraccolpi di quest’ardua iniziativa, però, si riversano tutti nel centro esatto del mio stomaco sotto forma di brucianti spasmi, contrazioni che diventano delle vere e proprie fitte quando l’uomo che ho dietro mi fiata nell’orecchio.
-Cosa cazzo stai facendo?-
Una domanda posta con voce bassa e apparentemente calma ma con retro significato che di amichevole non ha assolutamente niente, come il suo scurrile lessico dimostra.
Deglutisco saliva chiodata e cerco (e spero) di rispondere con ovvia impassibilità.
-Ti sto aiutando!-
-A fare cosa, esattamente?-
Sento la sua barbetta solleticarmi la mandibola e mi maledico di non aver lasciato i capelli sciolti, avrebbero potuto fungere da scudo.
-A.. a dipingere. Cioè, ad imbiancare.-
-Hm-hm.-
Un verso di gola il suo, roco e scettico. Che abbia capito il mio gioco? No, non credo altrimenti –invece di cedermi il rollo così da impugnare la mia mano- mi avrebbe spintonato chissà dove.
E così, in un anomalo silenzio iniziamo a tinteggiare.
La situazione ha del surreale e non capisco se ho più voglia di ridere o scappare.
La temperatura sta gradualmente aumentando -o molto probabilmente è la mia corporea- e di pari passo la vicinanza di Dixon; se prima la mia schiena non sfiorava neanche il suo petto, adesso gli è totalmente appiccicata. Ma non sono solo i busti a presentarsi perché anche il mio sedere affronta la conoscenza di una parte, pericolosamente sveglia, del suo corpo che dovrebbe essere irraggiungibile, intoccabile e inesistente per la sottoscritta.
Mio padre lo dice sempre; ho un talento innato e inquietante per i guai!
Con una mossa che stavolta coglie me di sorpresa, Daryl avvolge stretto il braccio libero attorno al mio addome e mi obbliga a chinarmi in una posizione imbarazzantissima! E prima di capire cosa voglia fare, le labbra modellano la medesima domanda postami da lui qualche minuto prima. Anche la voce è la stessa; sospirata e roca, ma dietro il mio tono si cela l’ansia.
-Ehm.. cosa stai facendo?-
-Vuoi aiutarmi, no?!-
Guida la mia mano all’interno del barattolo di pittura e intinge il rollo.
Più e più volte.
Senza alcuna fretta.
 Come se la postura alla quale sono costretta, con lui dietro, fosse la più normale, comoda e innocua del mondo!
-Ahm.. Daryl?-
-Hm?-
Quanta loquacità!
-Hai.. Devo.. Ho fame!-
-Anche io.-
Eppure non mi molla, anzi se non si tratta solo di un’impressione, aumenta la pressione.
-B-beh.. allora proporrei una pausa. Che ne dici?-
Artigliandogli l’avambraccio con la mano libera, provo a svincolarmi. La presa è irremovibile e so che non ha senso nemmeno provare a lottare; sarà lui a decidere se lasciarmi o no. Inutile girarci intorno.
-Mi lasci?-
-Come ti pare.-
E graziandomi, mi molla. Solo che senza il suo sostegno cado in ginocchio immergendo mano e avambraccio nella tintura.
-Daryl!-
Mi viene istintivo prendermela con lui perché.. beh, perché in effetti è colpa sua! L’ha fatto di proposito, ne sono più che sicura.
-Non ci provare, ragazzina. Mi hai detto tu di sganciarti.-
No, ma.. sono una bombetta per caso? Beh, a giudicare dalla mia ira.. sì, lo sono. E non impiegherò molto a esplodere.
-Tu e la tua dannata officina mi state letteralmente rovinando!  Prima gli stivaletti e adesso rischio di perdere anche un braccio!-
-Dovranno amputarlo.-
Con quel maledetto rollo, che non so come è di nuovo in suo possesso, indica il mio arto imbiancato accompagnando il gesto con un sollevamento sopraccigliare.
-Mi stai prendendo per il culo?-
-Solo fino a qualche secondo fa.-
Se dovesse uscirmi del fumo dalle orecchie, non preoccupatevi. La collera deve pur trovare una valvola di sfogo. Ma è continuando a fissare i suoi occhi di un azzurro liquido che l’ira si espande anche verbalmente.
-Tu lo hai capito!-
Dio!
-Sei.. sei il bastardo più stronzo e più-
Le accuse mi muoiono in gola perché adesso mi ritrovo di nuovo a fronteggiarlo. Si è chinato sui talloni, senza più nessuna traccia del ghigno divertito tra i lineamenti duri del suo viso.
-E più cosa? Più gay?-
Anche se non merito di sentirmi in colpa, non posso evitare alle mie guance di prendere il colore della vergogna.
-Non ti chiederò scusa per aver creduto fossi omosessuale. Frequenti il locale di Nick.-
-E quindi?-
-E’ quindi è un locale per gay! E’ comprensibile che-
-Un locale per gay?-
-Smettila di interrompermi sempre! E comunque sì, un locale per gay! Ho notato l’assenza di sesso femminile là dentro!-
Gli occhi di Daryl serpeggiano da una mia iride all’altra in un mutismo che intimidisce più delle parole. Del resto, a cosa serve dar voce alla rabbia quando lo sguardo enfatizza meglio di quanto pericolosamente a rischio sia la mia vita?!
-Sai cosa avrei voglia di fare, adesso?-
Deglutisco e nego con un rapido spasmo della testa perché sono certa che ciò che mi dirà non mi piacerà per niente.
-Sbatterti sul bancone del bar. Nessuno baderebbe a noi, sarebbe uno spettacolo disgustoso per quelle checche, non credi?!-
Non so di preciso quando ho smesso di respirare, ma sento che sto per perdere i sensi.
Il cuore mi batte in gola mentre l’intestino mi si è aggrovigliato dolorosamente.
Per quanto timore stia provando in questo istante, la mia mente ha riprodotto in maniera figurata la scena da lui accennata; io stesa sul bancone con Daryl tra le gambe.
-Però ho uno sbirro per amico e so che preferirebbe evitare di rinchiudermi per aver approfittato dell’innocenza di una ragazzina.-
-Ho diciotto anni.-
Non so dove abbia trovato il coraggio per sussurrare la precisazione, né perché. E il fatto che adesso Daryl mi stia osservando come se anche lui volesse capire per quale dannata ragione ho dovuto specificare ancora una volta la mia maggiore età, non fa che accentuare la confusione che ho in testa.
-Questo non fa di te una donna.-
Se non fossi sotto shock, gli mollerei un ceffone. Ma uno di quelli così potenti da imprimerne la sagoma del palmo.
I suoi occhi privi di qualsiasi sensibilità scrutano ogni angolo del mio viso soffermandosi infine sulla bocca schiusa.
-Va’ in bagno e pulisciti.-
In un lento battito di ciglia, m’inchioda di nuovo.
-Poi tornatene a casa.-
E così dicendo, si solleva gettando bruscamente il rollo vicino al barattolo prima di sparire.

Nessuno può dirmi cosa devo fare.
E sempre nessuno può trattarmi come se fossi davvero una bambina.
E se questo nessuno ha l’aspetto di un primitivo rude e insensibile, beh.. chi se ne frega!
-Ti ha davvero fatto arrabbiare questa volta, eh?-
-Non ne hai idea.-
Sibilo a Nick la risposta tra i denti senza staccare lo sguardo funesto dalla schiena alata di uno stronzo che, pensate un po’, gioca a freccette!
-Non devi prendertela, bambolina. Lui è fatto così.-
-Così come? Così iena?-
-Più o meno.-
Anche il suo fidato barista non può negare l’evidenza. Daryl Dixon è un farabutto. Punto.
-Il tuo drink. Bevi un goccio magari ti aiuta ad alleggerire la tensione.-
Poggia il bicchiere sul bancone e mollo la presa su Dixon solo per evitare di rovesciarmi addosso il liquido.
-Ma è coca-cola!-
Mi lamento dopo il primo assaggio.
-Rum e coca.-
-No. E’ coca e basta!-
I lineamenti di Nick prendono una piega mortificata ma è chiaramente deciso a non portarmi ciò che ho ordinato; cioè un vero e proprio alcolico.
-Anche tu credi che sia una ragazzina, non è vero?-
Questa storia inizia a seccarmi sul serio.
-Ho-
-Diciotto anni!-
E a precisarlo con troppa enfasi non sono stata né io né Nick. Ma qualcuno che si sta per accomodare alla mia destra, appena uno sgabello più in là.
-La smetti di-
-Interromperti sempre?-
Si volta e mi dedica un sorrisetto da mazzate prima di rivolgersi a Nick e alzare il mento in un gesto secco. Credo che nel suo vocabolario muto abbia appena fatto un’ordinazione. E infatti, qualche istante dopo è servito e riverito.
-Ti avevo detto di tornare a casa.-
-Non sei mio padre.-
-Per tua fortuna.-
Questa poi!
-E anche per la tua! “Padre ucciso dalla figlia durante il sonno”.-
-Vorresti uccidermi, ragazzina?-
Ciò che più mi fa imbestialire non è tanto il maledetto appellativo, quanto il suo sarcasmo. Crede non ne sia capace!
-A mani nude.-
Specifico rifilandogli un sorriso finto quanto la simpatia che provo nei suoi confronti.
Di tutta risposta, Dixon mi provoca con lo sguardo ed io accetto la sfida. Non mollo la presa neanche quando si alza solo per riaccomodarsi sullo sgabello che ci divideva.
Stavolta il suo odore è un mix di fumo e pelle, mentre il suo alito sa di whisky. Respiro che mi lambisce le labbra umide.
-Fallo.-
China di poco il capo di lato mettendo in mostra il collo, come se fossi una vampira assetata di sangue. Oh, e assetata lo sono eccome, ma nel senso mortale del termine.
Sappiamo benissimo entrambi che non riuscirei nemmeno a fargli il solletico e questo, secondo la sua scorrettezza, gli da il vantaggio di mettere in discussione il mio coraggio.
-Perché non lo fai prima tu.-
-Ucciderti?-
Sento i primi campanellini d’allarme, gli stessi che stanno avvertendomi di non oltrepassare un limite pericolosissimo, ma c’è qualcosa nello sguardo di Daryl che mi spinge ad ignorarli.
Mi sfida, mi stuzzica, mi provoca. In qualche modo riesce a tirare fuori un animo impavido che non sapevo neanche di avere.
-No, mettere in atto la tua idea.-
Ha capito perfettamente a quale pensata mi riferisco.
Si sporge come non dovrebbe e come non vorrei perché adesso mi è davvero ad un palmo dal naso, tanto da inalare solo e soltanto il suo arrogante respiro.
-Come vuoi.-
E prima che il cervello ne analizza la minaccia, mi ritrovo le sue mani strette sui fianchi con il compito di sollevarmi e sbattermi, letteralmente, sul bancone.
Sento il suono di vetri che si frantumano, seguito da un imbarazzante coro esultante da parte dei clienti che solo fino a qualche minuto prima stavano giocando a carte, e percepisco il borbottio di Nick alle mie spalle, ma non ho il tempo di urlargli aiuto perché il bacino di Daryl s’intrufola tra le mie gambe, ora aperte. Proprio come avevo immaginato in officina.
Costretta a chinarmi a causa delle braccia bloccate dietro la schiena, devo sostenere il peso del petto di Daryl schiacciato contro il mio. L’unico fattore positivo è che le nostre intimità non hanno la possibilità di sfiorarsi grazie al dislivello del bancone.
Il cuore mi batte in gola e non provo nemmeno a deglutire bocconi di puro terrore.
Siccome ho già la bocca aperta, vorrei dirgli che non oserebbe mai abusare di una.. ragazzina, ma ho appena appreso che provocare lui è come gettare benzina su un fuoco già indomabile; più azzardi, più è rischioso.
Ciuffi scuri e ribelli mi sfiorano il viso intanto che la punta del naso di Daryl accosta alla pelle del collo per inalare con prepotenza dalla clavicola alla mascella.
Il mio corpo è in modalità vibrazione e non c’entra nulla la camicetta estiva.
-Vuoi che la tua innocente anima rimanga ancora tra le grazie del Creatore?-
Mi punta con i suoi occhi privi di qualsiasi sensibilità mostrandomi un ghigno saccente. Sa quale effetto ha su di me e ne è soddisfatto.
-Non provocarmi. Non innervosirmi. Non sfidarmi.-
Si accerta che abbia recepito il messaggio continuando a trapassarmi per un altro interminabile istante prima di liberarmi e indietreggiare. Chiudo immediatamente le gambe ma non riesco a saltare giù. Preferisco aspettare che questo stronzo vada via.
Lancia un’occhiata oltre la mia spalle e se ho ben capito anche il suo linguaggio espressivo, ha appena suggerito a Nick di farsi gli affaracci suoi, e per questo gliene sono grata perché non ho tempo per le spiegazioni. Devo solo correre in un posto, dall’unica persona che ha cercato di aiutarmi sin dal principio.

-Posso parlarti da amico, Beth?-
-Certo.-
-Vedi.. lui non è un maniaco. Diciamo che si avvicina più ad essere un animale selvaggio. Non bisogna stuzzicarlo.-
-Non l’ho fatto!-
-Non da quanto mi hai raccontato.-
Detesto il dolce rimproverar di Rick Grimes, mi fa sentire davvero una bambina che cerca a tutti i costi di negare l’ovvio. Nei suoi occhi non c’è alcuna traccia di cattiveria o sarcasmo, solo semplice comprensione.
Sono sicura che con questo animo apparentemente timido riesce ad accumulare un numero davvero notevole di conquiste. Oltretutto è anche un bellissimo uomo.
-E va bene. Credevo fosse omosessuale, ma è stato il suo atteggiamento a lasciarmelo presumere!-
-Però adesso sei qui per denunciare una molestia sessuale.-
Capto perfettamente l’antifona tra le rughe espressive dello sceriffo, e devo ammettere che in effetti sembrerebbe un controsenso.
Mi passo una mano sul viso portando alcune ciocche dietro l’orecchio. Sono esausta! Non ho mai trascorso una giornata così sconvolgente, neanche con Maggie.
-Ascolta, Beth.-
Rick allunga una mano sulla scrivania del suo ufficio e la posa sulla mia. E’ calda, gentile e rassicurante.
-Pensaci, ok? Va’ a casa, mangia qualcosa e riposa per qualche ora.-
-No.-
Sono stanca che gli altri mi ordinino cosa devo o non devo fare. Anche se a dirmelo, e non a impormelo, è Rick Grimes, l’uomo più gentile che abbia mai conosciuto.
La sua espressione cambia radicalmente rivolgendomi una serietà che non gli avevo mai visto.
-Ne sei sicura? Vuoi davvero sporgere denuncia contro Daryl?-
So quanto possa essere difficile per lui, in fondo i due -non so come- sono amici, ma nel lavoro bisogna essere professionali.
-Dove devo firmare?-

****

Sei un animale. E presto lo sarai in gabbia se non risovi la questione: Beth Greene.

Aspirando l’ultimo tiro, fisso ancora lo schermo del cellulare assottigliando le palpebre per leggere meglio il nome finale. Per il suo bene, sarebbe stato conveniente se mi fossi sbagliato ma non è così.
Infilo il telefonino in tasca e riappoggio il culo sul sellino della moto, solo che invece di proseguire diritto, faccio inversione. Il quartiere in cui vive non è molto distante.
Se sapesse che l’ho seguita più volte, dal giorno del motoraduno, aggraverebbe la denuncia con il reato di stalking. Perché è chiaro che la ragazzina ha fatto una visitina allo sceriffo per una sola ragione: querelarmi. Eppure mi era parso di essere stato abbastanza chiaro questo pomeriggio; non avrebbe dovuto farmi incazzare. Evidentemente quella peste travestita da docile ragazza ama il pericolo.
Certo, inutile nascondere che anch’io sono un emerito coglione. Avrei potuto rifiutare l’offerta e mandare al diavolo le sorelle Greene, il favore che devo allo sbirro e questa fottuta inaugurazione ma qualcosa, in quella ragazzina, mi ha spinto ad accettare. Credo sia stata la sua determinazione abbinata con l’innocenza dei suoi grandi occhi blu, a mandarmi fuori strada.
O forse il suo volermi sfidare.
Devo riconoscerglielo, ha coraggio da vendere. Peccato, però, che non riesca a capire quand’è il caso di non oltrepassare il limite.
Fisicamente, invece, non ho nulla da criticarle. O meglio, non posso da quando due giorni prima mi ha chiesto di abbassare la cerniera di quel fottuto costume da scoiattolo risvegliando una parte del mio corpo che non avrebbe dovuto.
Non sono mai andato fuori controllo per una schiena nuda ma, come ho già detto, l’innocenza dei suoi gesti mixata alla sensualità naturale del suo corpo, ha fatto scattare un interruttore ch’era meglio non toccare.
Lo stesso che se premuto fa luce su un altro, alcuni lo definirebbero difetto, lato del mio carattere: ho scelto lei, la voglio, me la prendo. Punto.
C’è solo uno stramaledettissimo dettaglio: è una ragazzina. Può anche aver raggiunto la maggiore età, come si ostina sempre a specificare, ma ogni frase, azione o sguardo rimarca la sua giovanissima esistenza.
Cristo, anche il suo abbigliamento non ha nulla di adulto.
Non che io, trentacinquenne, possa ritenermi un uomo maturo. Al contrario, scappo sempre dalle responsabilità o per meglio dire, evito di originarle. A differenza dei guai. E quest’ultimo, al quale ho deciso di concedere la possibilità di stravolgermi la quotidianità, ha le sembianze di un microbo biondo dagli occhi come due enormi lecca-lecca blu e una boccuccia diabolica travestita d’angelo.
Quell’essere è un controsenso umano.
Quando giungo a destinazione decido di parcheggiare la moto lontano dal suo appartamento, giusto per evitare di far cadere la porta a suon di calci se mai dovesse decidere di sbarrarcisi dentro.
Il portone principale dell’edificio non è chiuso per cui mi basta solo leggere il cognome Greene, affiancato ad un Maxwell, per scoprire quale piano devo raggiungere.
Spero per lei che l’ascensore sia rotto, in modo tale da godersi altri minuti di pace e tranquillità, ma.. peccato, non è così!
Arrivo al terzo in meno di un minuto e le ante della cabina si aprono proprio dinanzi alla porta numero 5.
Con una mano guantata copro lo spioncino, con l’altra schiaccio il campanello in un suono snervante e prolungato.
Dopo qualche secondo la porta si apre e mi ritrovo il corpicino della bionda avvinghiato al mio in quello che dovrebbe essere un abbraccio. Come le volte precedenti, il contatto m’infastidisce perché devo trattenermi dal prenderla e sbatterla sul serio contro il muro del corridoio. E’ una reazione che, porca puttana, non posso controllare. Credo sia un gene di famiglia; gli uomini Dixon hanno sempre preso e ottenuto ciò che desiderano, senza se e senza ma.
-Ho avuto una giornata di merda e non hai id-
La ragazzina interrompe qualsiasi lamentela stesse dicendo e s’irrigidisce.
Ha capito che non sono l’ospite che aspettava.
Inizia a muovere la testolina dorata e a rallentatore solleva il mento scoprendo il suo incubo peggiore.
Tutto accade nell’arco di mezzo minuto.
Si sgancia da me e scatta all’indietro così da rientrare e chiudere rapidamente la porta.
O almeno, provare a sbattermela in faccia.
Malauguratamente per lei, sono più veloce e più forte. Mi basta solo spingere per costringerla ad arrendersi.
-Non ti ho invitato ad entrare!-
Lo dice mentre ormai ho superato l’uscio chiudendo la porta con un calcio.
-Maleducata.-
Il cipiglio che le compare è assolutamente delizioso.
Indossa una semplice canottiera nera e un pantaloncino che le lascia nude due gambe sottili dalla pelle lattea. Ai piedi, invece, indossa dei calzini di Topolino.
E’ snella come l’avevo immaginata, seno compreso, che è senza dubbio femminile ma non memorabile.
Intercettando il mio sguardo da lupo affamato, incrocia le braccia al petto in un abbraccio auto-protettivo.
Mi fa quasi tenerezza.
-Che ci fai qui?-
-Sforzati, sono sicuro che puoi arrivarci da sola.-
Riprendo ad avanzare e lei ad indietreggiare. Ha paura, glielo leggo in quegli occhioni ma sta tentando con tutte le sue capacità di non darlo a vedere. Ecco un’altra caratteristica che sta alimentando una pericolosa ossessione nei suoi confronti. E il passo da ossessione a possessione è davvero minimo.
-Non ritirerò la denuncia se è questo che vuoi.-
-Ah, no?-
Si inumidisce le labbra e muove convulsivamente la testa in un no che di determinato non ha niente.
-No. E chiederò anche un’ordinanza restrittiva!-
E solo per farle capire che non prendo neanche in considerazione le sue inoffensive minacce, con una sola falcata le sono addosso afferrandole un polso per impedirle di scappare. L’ultima cosa che voglio è giocare ad acchiapparello.
Sento il suo respiro accelerato sulle mie labbra. Le schiudo e lo risucchio; sa di latte e fragola.
-Ti metto così tanta paura, ragazzina?-
Ho capito quali carte lanciare con lei, e stimolare la sua audacia è l’asso vincente.
-Tu non mi fai paura, Dixon!-
-Stai tremando.-
-Dal nervosismo.-
-E ingoi spesso.-
-Perché ho sete.-
Quanto mi piacerebbe trovare un uso migliore per quella sua linguetta biforcuta.
-Anche io. Non mi offri da bere?-
-No.-
Non posso fare a meno di sorridere perché la sua testardaggine la rende simile a me, eppure è così lontana dall’essermi affine..
-Allora lo farò io. Domani mattina passo a prenderti. Indossa qualcosa di pesante.-
Le impedisco di rifiutare lanciandole un’occhiata d’avvertimento e la scruto ancora per qualche secondo, il tempo di farle capire che farebbe bene a non contraddire.
Non appena la mollo, porta la mano sul petto massaggiandola con le dita dell’altra. Non le ho fatto male ma credo che il guanto di pelle le abbia lasciato un piacevole calore, godimento che lei vorrebbe non gradire.
-Alle dieci sarò giù.-
Le volto le spalle lanciando una rapida occhiata al suo appartamento. E’ ordinato e profuma di pulito, a differenza del mio.
-Tu sei pazzo!-
Si riappropria dell’uso della parola proprio quando apro la porta. La distanza le dà la giusta dose di coraggio per affrontarmi con maggiore determinazione.
-Chi parla non è da meno.-
-Io non lo sono! E non verrò con te. Né domani né mai!-
Infilo gli occhiali e prima di sparire dalla sua visuale, la guardo un’ultima volta.
-Vuoi giocarti le mutandine stavolta?-
E con il viso in fiamme, mi risponde con un’alzata incazzosa del dito medio.
Non potevo ricevere saluto migliore.




Note d’autrice
E finalmente ce l’ho fatta ad aggiornare!!!
Ad alcune avevo già detto che questo sarebbe stato IL capitolo. Che le danze abbiano, dunque, inizio.
Ho inserito il POV di Daryl, spero vi sia piaciuto! :)
Come sempre, ringrazio chi segue la mia storia e chi la recensisce (vi leggo sempre, anche se a volte non rispondo! xD Perdonatemi!)
Un bacio e alla prossima!


 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


3.00
Possibile sia ancora così presto? Dev’essere stato il caffè che ho bevuto ieri sera.
Riprovo a dormire.

4.07
Adesso che ci penso.. ieri sera non ho bevuto caffè.

5.38
Quest’improvvisa insonnia inizia a innervosirmi sul serio.
E’ già la terza volta che mi sveglio. Ho provato ogni posizione, ma niente.
Anzi, non proprio tutte..

7.15
-Accidenti se fai schifo, Betty Boop.-
Lancio un’occhiataccia a questa gentilissima rossa che dovrebbe essere la mia migliore amica, e continuo a dirigermi verso il tavolo della cucina con passo trascinato e arrancato.
In parte posso capire il suo commento. Sopra il pigiama di Paperino ho messo la classica ‘vestaglia della nonna’, di lana rossa e pesante con gli orli ricamati e qualche accenno di pizzo. Non chiedetemi perché è in mio possesso. E’ una storia lunga, forse un giorno ve la racconterò.
Ho la mano destra premuta sul reno e cerco di arrivare alla sedia senza rischiare di perdere qualche arto strada facendo perché mi sento davvero a pezzi! Credo di aver scelto la posizione sbagliata per dormire.
Volete sapere qual è? La ‘culo a ponte’.
Nei film non sembrava tanto dannosa, giuro! E invece.. maledetti registi! Adesso mi ritrovo con torcicollo e mal di schiena.
-Vuoi una scopa?-
Se Mery non la pianta di prendermi in giro, le taglierò i capelli mentre dorme.
Finalmente arrivo a destinazione e con molta cautela, mi accomodo. Provo a mettermi diritta ma non ce la faccio e con un prolungato disperato lamento, appoggio la guancia sul tavolo.
-Dormito male?-
-Molto male.-
Anzi, per essere precise, non ho dormito per niente!
-E come mai?-
Avverto il tocco delicato della sua mano carezzarmi la spalla prima di sentirla armeggiare con l’attrezzatura da cucina.
-Non lo so.-
Mi rendo conto di non averlo detto in modo del tutto convincente ma, a quanto pare, Mery non si è accorta della cadenza dubbiosa nella voce, in caso contrario mi avrebbe già prosciugata di domande inquisitorie.
-Comunque sia, ti consiglio di non venire in azienda, oggi.-
Porta in tavola la colazione -la teiera, due tazze, un pacco di biscotti e una bottiglietta di latte- e occupa il lato opposto.
Sollevo pigramente gli occhi sul suo viso e rifletto se prendere seriamente in considerazione il suo consiglio.
Senza trucco non dimostra i suoi ventisette anni, ma molti di più. Tuttavia, anche acqua e sapone è una bellissima ragazza.
-Mi spaccio per malata?-
Infila una mano tra le gambe incrociate mentre con l’altra aggiunge due cucchiaini di zucchero nel suo thè iniziando a girare lentamente in un ritmo piacevole e rilassante.
-Non c’è bisogno che fingi, splendore.-
-La smetti di offendere?-
-Ti senti offesa? Va’ a darti un’occhiata e poi magari decidiamo se è il caso di porgerti le mie scuse.-
Sbuffo e mi dedico alla mia colazione. O meglio, ci provo! Ho lo stomaco chiuso e non riesco davvero neanche ad assaggiare un Pan di Stella.
Che palle!
-Prima di andare ti lascio una pomata che fa miracoli sui dolori muscolari. Ma ti consiglio comunque di rimanere a casa. Sul serio, Beth, hai l’aspetto e la vitalità di uno zombie.-
Questa mattina la mia autostima si sente davvero molto elogiata! Che magnifica sensazione..
-Dirò a tua sorella che hai preso una qualche influenza virale.-
Mery si alza ponendo la sua tazza all’interno della lavastoviglie e si china per darmi un bacio sulla guancia prima di andare a prepararsi.

Sono le 9.30 e ho capito di quale virus si tratta.
Il batterio più dannoso, nocivo e pericoloso. Il batterio Dixon.
“Alle dieci sarò giù.”

Ovvero tra meno di mezz’ora.
Ritrovarmelo in casa, la sera precedente, è stato un incubo a occhi aperti! Intimidiva esortazioni da ogni poro. Beh, ovvio, è questo il suo metodo! Cosa ce ne facciamo di una bella conversazione quando possiamo ricorrere alle minacce visive?!
Questo appartamento, con lui dentro, non mi era mai sembrato così ristretto e inoffensivo eppure non sono riuscita ad assumere l’atteggiamento che avrei dovuto, e cioè da padrona di casa e sbatterlo fuori a calci ripetendogli che no, non avrei ritirato la denuncia. Non che sarebbe stato matematicamente possibile; il mio peso e la mia forza non possono neanche equivalere ai suoi di un solo leggerissimo grado.
Mi sono domanda più volte come faccia a conoscere il mio indirizzo ma spesso dimentico che è amico di uno sceriffo che, a quanto pare, ha dimenticato l’utilizzo della clausola: segreto professionale.
Comunque sia, adesso me ne sto immobile in salotto a fissare il portone aspettandomi, non so, che questo cada per scoprire un Daryl Dixon armato di balestra e che mi intima di seguirlo se non voglio trovarmi stesa con una freccia in fronte. Giuro che ce le vedo in questa versione! Sarà che l’ho beccato più di una volta a giocare a freccette..
Potrei sul serio fingermi malata (i dolori muscolari, grazie alla pomata miracolosa di Mery, sono spariti e il mio corpo si è rimodellato), ma onestamente non so quanto possa importare a Dixon della mia salute fisica.
Oppure potrei scappare dalla scala antincendio. Prendere l’uscita principale ormai è fuori discussione; sono le 9.50.
Devo ammettere, però, che inizio a sentire l’adrenalina scorrermi nelle vene e ho persino la pelle d’oca!
Da quant’è che non mi sentivo così.. elettrica?
La risposta è semplice. Dalla morte di mia madre.
Come già vi ho detto, ci sono modi e modi per affrontare il dolore. Maggie ha deciso di cucirsi addosso un vestito di stronzaggine che non le sta per niente bene, io invece ho seppellito ogni sentimento deprimente e ho continuato ad affrontare la vita.. vivendola. Ma adesso, con questo potente formicolio allo stomaco, capisco che ho solo simulato una gioia che non è mai stata reale perché sto solo sopravvivendo, il ché è diverso.
E’ la suoneria del cellulare a salvarmi da pensieri che ho sempre tenuto lontani, e senza neanche controllare chi sia, accetto la chiamata.
‘Scendi.’
Fine della non-conversazione.

****

Getto il mozzicone e, mentre infilo il cellulare nella tasca del gilet, raggiungo il retro dell’edificio appoggiando i fianchi contro il muro, proprio sotto la scala antincendio, e aspetto.
Non ci vuole molto prima di sentire il suono di passi leggeri colpire le scale di ferro.
Mi viene da sorridere perché è davvero convinta che così facendo, riuscirà a svignarsela.
Sollevo il mento ed ecco la sua sagoma comparire gradualmente sino a focalizzarsi. Mi da le spalle, quindi non si accorge della mia presenza quando le sue Converse sfiorano il suolo. La osservo sbirciare oltre il muro per poi ritirarsi rapidamente, forse per paura di essere beccata.
Ripete l’operazione per altre due volte.
-Il lupo cattivo aggredisce da dietro, ragazzina.-
Non sobbalza allarmata come mi sarei aspettato, ma s’irrigidisce. Questo, però, non le impedisce di voltarsi e quando i suoi occhi trovano i miei, giuro sull’incolumità delle mie palle di vedere un guizzo eccitato annegarle nel blu delle iridi.
-Te l’ho detto, non verrò con te, Daryl.-
-Hm-hm.-
-No, è così. Non sottovalutarmi. Tu potrai anche superarmi in forza fisica, ma non in quella vocale.-
Cosa diavolo vuol dire?
La ragazzina ha ben interpretato la mia espressione perché sulle labbra sottili vedo comparirle un sorriso già vittorioso e prima di poter dire o fare qualsiasi cosa, le stesse si aprono per liberare.. un cazzo di urlo!
Cristo santo, adesso ho capito il senso della frase!
-AIUTO!-
Mi stacco dal muro intenzionato a tapparle la bocca ma nel frattempo che avanzo di un passo, lei ne indietreggia di due gridando un’altra frase.
-UN MANIACO STA PER ABUS-
Ma basta un solo scatto da parte mia per trasformare quell’infinità di lettere in una sola vocale; quella della paura, dell’adrenalina e -porca puttana- dell’eccitazione. Sapevo di non essermi sbagliato prima.
La ragazzina inizia a correre ed io sono costretto a fare altrettanto. Ovviamente l’inseguimento dura meno di mezzo minuto.
La blocco avvolgendole un braccio attorno all’addome e mi affretto a premere un palmo sulla sua bocca mentre la sollevo da terra. Tuttavia, continua ad emettere versi di protesta affondando le unghiette sulla pelle del mio avambraccio.
Come sempre, ha legato i lunghi capelli in una coda disordinata e quando avvicino il mento al suo orecchio, ne approfitto per inalare quel dolce odore di fragola e innocenza.
-Se non la smetti di scalciare, ti lego. Non mettermi alla prova, ragazzina, sai che ne sono capace.-
Eccome se lo sa perché i suoi piedini smettono di prendere a calci l’aria. L’unico metodo di ribellione che le rimane, è il respiro: furioso e accelerato.
-Basta poco per andare d’accordo, devi solo evitare di commettere tre cazzate: urlare, scappare, contraddirmi. Credi di riuscirci?-
Sono più che sicuro che vorrebbe alzarmi il dito medio ma, da brava bambina, annuisce.
Allento la presa e quando la libero del tutto, si affretta a distanziarmi in un mezzo giro. Nei suoi occhioni è l’incazzatura a prevalere e questo non fa che aumentare la mia.. simpatia?.. verso il microbo biondo.
-E’ così che vorresti convincermi a ritirare la denuncia?-
-Io non devo convincerti, ragazzina.-
-Beth. Mi chiamo Beth.-
Scrollo le spalle e le rivolgo un’espressione indulgente; non è colpa sua. Stavolta il vaffanculo gesticolato arriva secco e liberatorio, e siccome la piccola Greene ci tiene a rimarcare la propria testardaggine, alza anche il mento e marcia verso la moto, come a volermi informare che, sia chiaro, viene con me non perché costretta ma per libero arbitrio.
La seguo godendomi l’oscillare del suo culo; è piccolo ma rotondo. Stamattina ha messo un pantalone stretto nero e un giubbetto rosso. Per la seconda volta, da quando sono qui, mi viene da sorridere.
-Ci tengo a precisare che se vengo con te è solo perc-
-Perché così hai deciso.-
La sento emettere un grazioso ringhietto irritato mentre si ferma accanto alla Triumph e incrocia le braccia al petto. Mi rivolge quella che lei crede possa essere un’occhiata torva e sbuffa.
-Guarda che dico sul serio.-
-Lo so.-
E non posso fare a meno di ghignare di nuovo. Ha seguito il consiglio che le ho dato la sera prima; indossare qualcosa di pesante, dunque, le credo quando dice che questa di venire con me è una sua scelta. Supongo che abbia voluto giocare un po’, solo per dimostrarmi che non ho alcun ascendente su di lei.
-Perché ridi?-
Non le rispondo. Ripesco i guanti di pelle senza dita dalla tasca posteriore dei jeans e l’indosso sotto lo sguardo attendo della biondina. Sgancio il casco e glielo passo. Stranamente, lo prende senza storie.
-E tu?-
-A me non serve.-
Infilo i Ray-Ban e monto la mia piccola. Sollevo il cavalletto e la tengo ferma tra le gambe.
-Certo perché tu sei indistruttibile!-
-In un certo senso. Sali.-

****

-Sei capace di pronunciare una parola senza che questa risulti arrogante, odiosa e maschilista?-
Fingo un amorevole sorriso sbattendo le ciglia in rapida successione.
Lui inspira pesantemente dal naso, le narici allargate addirittura!, ma ci riprova.
Snervante, eh?!
-Puoi salire.-
-Oh, andiamo! Puoi fare di meglio.-
Sto tirando un po’ troppo la corda e infatti.. Dixon sporge il viso talmente vicino al mio che i nasi si toccano e i respiri si mescolano.
-Sali.-
E trasforma un semplice verbo in una minaccia letale; del resto lui lo è per natura.
-Allora aiutami.-
Il mio intento è imitare il suo tono ma, maledizione, mi esce solo un mormorio quasi comprensibile.
Indietreggia e si china di lato curvando la moto. Purtroppo devo pur sempre aggrapparmi a qualcosa per salire, e questo qualcosa è la sua spalla. Infilo il casco che, ovviamente, mi sta un po’ largo e -sperando di non cadere- mi arrampico al suo braccio.
Quando raddrizza la due ruote e la mette in moto, l’intestino inizia velocemente a contorcersi.
-Hai paura?-
Ecco, appunto..
La sua voce mi arriva attutita ma comprendo perfettamente la nota derisoria.
Stronzo.
-Ma scherzi?!-
Mento aggiungendo un pizzico d'indignazione. 
-Allora metti le mani attorno alla mia vita e reggiti forte.-
Ovviamente il suo dispotismo è sempre dietro l’angolo.
Roteo gli occhi e, dopo aver alzato la cerniera del giubbotto fino al mento, poggio le mani ai lati del sellino posteriore.
-Andiamo Valentino Rossi.-
-Come vuoi.-
Dixon ingrana la marcia e sfreccia fuori dal parcheggio. La velocità mi spinge dolorosamente all'indietro e se non fosse stata per la mia salda presa e la prontezza a bilanciarmi in avanti, avrei fatto una caduta mortale.
Che gran pezzo di idiota!
-L'hai fatto apposta!-
Lo accuso non appena si ferma all’imbocco della strada principale, accogliendo con sollievo la rabbia che, ormai, è riservata a lui soltanto.
-È la potenza della moto. Io ti avevo avvertita.-
Questo è vero, la Triumph può diventare una saetta, ma può benissimo essere controllata.
-Bisogna saperla guidare.-
Lo informo tra i denti urlando più del dovuto a causa del casco.
-Cosa che ho intenzione di fare se solo tu ti aggrappassi a me.-
Ed ecco che anche lui controbatte con la stessa ira.
Sbuffo rumorosamente, giusto per far capire a qualcuno il mio disaccordo, ma lo accontento. Gli circondo i fianchi, infilando per sbaglio le mani sotto il gilet. Dovrei ritirarle così da non invadere il suo spazio personale ma, sinceramente, me ne frego! Lui di privacy ne ha violante sin troppe.
Lascio, quindi, strusciare le dita contro il suo addome duro e le incrocio pregando mentalmente di non vomitare o qualcosa del genere.

Il locale in cui mi ha portato Daryl è peggiore di quello di Nick. Nel senso che questo è un altro luogo in cui il sesso maschile abbonda, anche se -con mio sollievo- non sono l’unica ragazza. Ne ho già intraviste quattro cinque.
-Non parlare e stammi sempre attaccata al culo.-
Sto per mandarlo al diavolo ma lui sembra ormai conoscermi perché mi guarda rifilandomi un’occhiataccia che non ammette, appunto, repliche.
Stringo le labbra e incrocio le braccia affiancandolo senza più degnarlo di uno sguardo. Se ho deciso di stare zitta è solo perché mi trovo in una sede del tutto nuova.
La prima cosa che noto è che i clienti di questo posto sembrano clonati; tutti indossano giacchette di pelle borchiate, pantaloni strappati e anfibi. Mi ricordano un po’ lo stile di Daryl, solo che questi sono molto ma molto più appariscenti.
-Maledizione!-
Lo sento imprecare ma non faccio in tempo a chiedergli quale sia il problema perché qualcuno intralcia il nostro passaggio.
-Cazzo, sei proprio tu!-
Raddirizzo il capo trovandomi dinanzi il sorriso esageratamente contento di un uomo che sembra non avere occhi che per Daryl. Lo guarda come se fosse davvero entusiasta di vederlo, ma il mio sesto senso (anche se ultimamente è più che difettoso) mi porta ad ipotizzare che la sua è solo una presa in giro.
Lo sconosciuto ha i capelli scuri gellati all’indietro, ma la barbetta è sfumata di grigio, non può avere meno di quarant’anni. Indossa una giacca di pelle nera chiusa fin sopra il collo -laddove vi ha avvolto un foulard rosso-, un jeans scuro e -ovviamente- gli anfibi.
Ho come l’impressione di trovarmi in un covo di motociclisti.
-La memoria ancora regge.-
La battuta di Daryl non fa ridere, inoltre è stata detta senza umorismo, ma lo sconosciuto sembra averla apprezzata tantissimo perché scoppia in una fragorosa risata, tanto da farlo chinare all’indietro.
Punta Daryl con un dito e, ritornando in posizione retta, lo fronteggia in una vicinanza confidenziale. Accosta le labbra al suo orecchio e, seppur mormorata, riesco a udire la frase.
-Questa è stata davvero cattiva.-
Si ritira ma nel farlo i suoi occhi cadono su di me e la sua espressione cambia radicalmente; spalanca occhi e bocca in una smorfia sorpresa, e stavolta il suo indice indica me.
-Wow!-
Esclama in un battito di ciglia. Inizio a sentirmi a disagio e mi domando per quale dannato motivo Dixon mi abbia portata proprio qui.
Il tizio guarda Daryl e alterna l’indice da me a lui alludendo una cosa soltanto: noi due stiamo insieme.
Vorrei rispondergli che si sbaglia alla grande ma seguo l’ordine a tacere perché l’uomo mi trasmette un’ansia assurda.
-Tu.. tu e questa caramellina..-
Nega col capo come se stentasse a crederci ma non toglie quel ghigno dalla faccia.
-Cazzo, Daryl! Nemmeno io l’ho scelta così piccola.-
Anche lui con questa storia??
Mi dispiace ma non ce la faccio.
-Ho diciotto anni.-
Sento Daryl sospirare furiosamente e vedo gli occhi scuri dello sconosciuto scattare verso di me.
-Porca vacca, tu parli!-
Eh?
Ma che razza di domanda è??
Certo che parlo! Eppure.. il suo stupore, vero o finto che sia, non è da sottovalutare; non appena abbiamo messo piede nel locale, Daryl mi ha imposto di tacere e questo psicopatico non si aspettava di sentir la mia voce. E’ chiaro che le due cose sono connesse.
Qualcosa non mi torna.
-E dimmi, qual è il tuo nome?-
-Dixon.-
E nel momento in cui Daryl mi presenta con il suo cognome, mi appoggia una mano sulla spalla spalmandomi contro il suo fianco.
Io sono finita in una mandria di pazzi!
-Okay, okay. Ho afferrato il concetto.-
Lo psicopatico assottiglia le labbra emettendo un lieve fischio e ci guarda con quel sorrisetto snervante che vorrei tanto prendere a mazzate. M’ispira violenza, e converrete con me che non è una buona cosa.
-Beh, anch’io vorrei presentarvi una persona.-
Di nuovo, curva la schiena come se la sua spina dorsale fosse di gomma, e con un gesto della mano invita qualcuno a raggiungerlo. Chi sbuca da dietro l’angolo è una donna tutta curve. Lunghi capelli corvini ondulati, occhi verdi dal taglio esotico -simili a quelli di Daryl-  e labbra super carnose macchiate di un rosso sangue. Indossa un abitino di pelle marrone, corto fin sopra le ginocchia, stivali al polpaccio dal tacco a spillo e al collo, invece, una collana che sembra fatta con del filo spinato.
Lo psicopatico le avvolge il braccio attorno ai fianchi rotondi e la bacia come se nella sala ci fossero solo loro due.
-Ragazzi, lei è la mia sporcacciona, Lucille.-
Accidenti che elogiabile presentazione!
La donna ci sorride pazzamente soddisfatta dall’appellativo datole dal suo amante.
-Che ne dite di bere qualcosa insieme?-
Ma anche no!
-Abbiamo fretta.-
Per fortuna anche Daryl sembra pensarla alla stessa maniera perché rifiuta l’invito.
-Ah, solo un goccio.-
-Abbiamo fretta.-
E per evitare di ripeterlo una terza volta, mi spinge verso l’uscita.
Lancio una veloce e ultima occhiata e mi rendo conto che gli occhi di tutti sono puntati su noi, o meglio, su Daryl e lo sconosciuto. Avevo percepito della tensione tra loro, ma adesso il sospetto è diventato certezza. E’ chiaro che tra i due non scorre buon sangue.
-Chi era quello?-
Chiedo una volta fuori.
Daryl resta sordo alla mia curiosità, continua solo a trascinarmi nel parcheggio, dove ha lasciato la moto.
-Ti ho fatto una domanda.-
-Ho sentito.-
Bene. Mi ha appena fatto capire che non ha alcuna intenzione di rispondermi.
-Mettilo.-
Mi passa il casco e anche se vorrei capirci qualcosa, e quindi insistere con l’interrogatorio, non dico nulla. Preferisco non aggravare in Dixon una rabbia già innescata.
-Andrai veloce?-
La domanda mi esce prima che possa bloccarla ma ho davvero paura. Di solito quando si è nervosi, si cerca di sfogare la propria ira nella maniera che più ci far star meglio, e quella di Daryl è -appunto- guidare.
-Cosa?-
Deglutisco perché l’occhiata che mi ha rivolto è seccata e collerica in egual misura.
-Ti ho chiesto se andrai veloce.-
Abbasso lo sguardo percependo comunque addosso i suoi occhi azzurri e gelidi.
Il silenzio mi fa sentire peggio e vorrei solo ritornarmene a casa, sulla mia poltrona vicino al caminetto.
-Hai fame?-
Veramente no. E non era neanche la risposta che mi aspettavo di ricevere, ma annuisco senza neppure capirne il perché.
-Aspetta qui.-
E imponendomi un altro comando, rientra nel locale.

****

-Già ti manco, eh?-
Quanto vorrei prendere a pugni questa faccia di cazzo che si ritrova, ma Rick mi ha ripetuto più volte che il miglior metodo per fargli rodere il culo, è ignorarlo. Fosse facile, cristo santo!
-Un panino e una lattina di coca-cola.-
Ordino al barista mentre Negan mi affianca poggiando fianco e gomito sul bancone.
Non ho bisogno di girarmi per confermare che mi sta studiando.
-Sono davvero sorpreso, Daryl. Non hai neanche lasciato che il fiore sbocciasse. Quanto è inesperta?-
-Molto più della tua puttana.-
Accompagna la risata dandomi due pacche sulla spalla.
-Mi sei sempre piaciuto, Daryl. Però.. una cosa te la devo dire. Avresti potuto scegliere una donna vera.-
Si avvicina e, come prima, mi parla in modo intimo.. come se fossimo amici di vecchia data.
-Sai cosa intendo, no?-
Sibila un verso viscido tra i denti, gli stessi che vorrei fargli cadere con un cazzotto, e si ritira.
-Ma.. sei troppo schivo con la figa. A differenza di tuo fratello. Lui si ch’era un vero puttaniere.-
Se quel coglione del barista non arriva entro dieci secondi con l’ordinazione, darò a queste persone una reale ragione per continuare a guardarci.
 -E’ un peccato che abbia perso la corsa.-
-Sei stato tu a mandarlo fuori strada, brutto figlio di puttana.-
-Ahia, Daryl, così mi ferisci.-
-Non hai nemmeno idea in che modo vorrei ferirti.-
-Uuuh! Cazzo! Adesso sì che me la sto facendo sotto.-
Finalmente il ragazzo porta il sacchetto e senza aspettare di sapere quant’è il costo, gli lascio sul bancone una banconota.
-Il resto, signore.-
Me ne fotto del resto.
-Ehi, Daryl. Non è stata colpa mia!-
Fanculo.
-E se ce l’hai con me per la moto di Merle, tieni a mente l’unica regola: ciò che appartiene all’avversario, se perdente, diventa mio.-
Già. E spero presto di impadronirmi della tua testa di cazzo.
Quando torno al parcheggio, trovo la ragazzina proprio dove le ho imposto di stare.
Che coglione sono stato a portarla qui.
Credevo di trovarci il coreano -il ragazzo è un genio a manipolare la mente delle persone, e giocando d’astuzia avrebbe convinto la bionda a ritirare la denuncia-, non il collezionista di vite umane.
Chiederle se avesse fame è stata la prima cosa che il cervello mi ha suggerito. Un consiglio del cazzo, perché adesso sono più alterato di prima.
-Tieni.-
Le porgo il sacchetto e, in un remissivo silenzio, lo prende.
-Grazie.-
-Hm.-
-Daryl?-
Abbasso lo sguardo su di lei e la trovo a mordersi il labbro inferiore.
-Ahm.. Come faccio a salire in moto?-
Solleva entrambe le braccia mostrandomi che in una mano regge il casco, nell’altra il sacchetto.
Quasi mi viene da ridere e l’incazzatura si lenisce grazie a qualcosa che non so classificare, né spiegare o riconoscere.
E’ davvero una bambina. Ed io un fottuto depravato.

****

Il perché Daryl mi abbia trascinata in quel locale, ancora non l’ho capito.
Gli ho chiesto chi fosse lo psicopatico e perché mi avesse presentata a lui con il suo cognome, ma non ha risposto a nessuna delle due domande. Mi ha solo portata nel suo habitat lasciandomi mangiare un panino che non ho ancora toccato. Della coca-cola, invece, non ho potuto farne a meno. Avevo davvero troppa sete.
Adesso, seduta contro il muro, osservo lui e Nick trasportare le ultime cassette degli attrezzi.
Ormai tutto è pronto per l’inaugurazione di lunedì.
Il garage si è trasformato in una vera e propria officina. Devo dire che, nonostante non ci sia nulla di particolare, è abbastanza esortante.
-Ehi, bambolina, posso portarti qualcosa?-
Un dizionario Dixoniano.
-No, grazie Nick.-
Ricambia il sorriso e prima di andare via si china per scompigliarmi i capelli in una carezza amichevole.
-Sono io che devo ringraziarti.-
Mormora lanciando un’occhiata, oserei dire malinconica, alla spalla di Daryl.
-Perché? Non ho fatto niente! A parte creare guai!-
-Appunto.-
Ritorna su di me rivolgendomi un’espressione che non posso capire. Ma oggi hanno deciso tutti di essere così misteriosi?
-Non lo mollare, eh!-
Con un dito indica Dixon e si alza.
Sbaglio o anche Nick mi ha appena rivolta una minaccia?
E che diavolo vuol dire che non lo devo mollare? Ormai non ha più bisogno del mio aiuto.
Faccio leva su una mano e mi alzo da terra raggiungendo colui che non è mai stato un vero cliente.
-Allora, sei pronto per l’apertura?-
-Già. Peccato che non possa lavorarci.-
Che?? Dopo tutto questo casino?
-E perché?-
Quando si volta i suoi occhi, seminascosti dalla frangetta, mi fissano prosciugandomi ogni fonte verbale.
-Perché una stronzetta mi ha denunciato per molestie sessuali.-
Dovrei offendermi per il modo in cui mi ha chiamato, ma non ne ho motivo. Lo ha detto quasi con.. dolcezza, e arrossire mi è inevitabile perché in effetti sì, sono stata una stronza. Ho agito senza riflettere. Le sue provocazioni erano solo repliche alle mie.
Mordendomi la pellicina interna della guancia, abbasso gli occhi sulla lattina e sospiro.
-Domani ritorno da Rick.-
-Per?-
E no! Adesso vuole sentirmelo dire? Col cavolo!
-Lo sai.-
-Potrei sbagliarmi. Se ieri non ho capito male, vuoi aggiungere un’ordinanza restrittiva.-
Uffa! Che palle!
-Cosa vuoi sentirti dire, Daryl?-
Alzo il mento cercando di non perdere, a causa della sua bocca modellata in un sorriso sghembo, la determinazione ritrovata nell’irritazione.
-Niente che tu non voglia farmi sapere.-
Eh?
-Mi stai mandando il tilt il cervello.-
-Siamo pari.-
Lui guarda me. Io guardo lui.
E il mio intestino si aggroviglia.
Una muta conversazione sta trattando argomenti che non vogliamo nemmeno prendere in considerazione.
-Bene. Allora me ne vado.-
Non so perché, gli passo la lattina ma lui la prende portandosela alle labbra senza alcun problema.
Porca paletta, se mi soffermo a pensare che sta assaggiando la mia saliva non impiegherò molto tempo prima di andare letteralmente a fuoco.
Basta. Devo andare davvero via di qui.
-OkayCiao.-
Gli giro le spalle e mi dirigo verso l’uscita.
-Ragazzina?-
Non mi fermo. Sa qual è il mio nome.
-Sei a piedi.-
E porca la miseriaccia, ha ragione!
Potrei chiamare un taxi ma non ho la borsa. Potrei chiamare Jesus, ma è a lavoro. Idem Mery.
Potrei chiedere un passaggio a Nick, ma il locale è pieno.
Solo lui. Mi rimane solo lui.
Dunque, sono costretta a fermarmi.
-Mi stai offrendo un passaggio?-
Gli chiedo voltandomi col busto.
Lui solleva solo le spalle e credo abbia appena confermato.
Che, sotto sotto, sia un ragazzo timido?
D’altronde, non lo conosco e chi meglio di me dovrebbe sapere che le apparenze ingannano?
-Te ne sarei grata.-
E con un cenno del capo, suppongo mi abbia imitato un: non c’è di che. Ragazzina.




Note d’autrice
Ciao a tutte!!!
Spero che anche questo capitolo (che vorrei dedicare alla mia Claudia!) vi sia piaciuto.

Ovviamente non potevo non inserire Negan (vi anticipo che avrà un ruolo bello tosto anche qui!) e dar vita a Lucille! :D

Se avete consigli o c’è qualcosa che non vi convince, vi prego di farmelo sapere senza alcun problema!

Come sempre, ringrazio chi segue la storia e chi la aggiunge tra le preferite! :)

E grazie anche le mie recensirtici fisse (Serena, Anna, Chupa, Claudia, Dory, Mary, cignodicostiera, Eye, coccinella85) Perdonatemi se non rispondo! x.x

Alla prossima.
Un abbraccio.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Occorre un paio d’ore per arrivare alla fattoria, ma guidare per me è piacevole e rilassante, per cui non mi lamento. Meglio ancora se le giornate sono così soleggiate.
A lavoro Mery mi ha data per malata, e siccome mia sorella non oserebbe mai farmi visita, ne approfitto per sbrigare faccende che ho sempre rimandato a causa del poco tempo a disposizione.
La prima tappa è mio padre.
Per telefono ci sentiamo ogni giorno, ma ci vediamo davvero poco. Per colpa di un incidente domestico -se così si può chiamare il morso di una delle bestie che stava vaccinando- ha perso una gamba, e muoversi per lui è diventato davvero scomodo nonché stancante.
L’ultima volta che sono stata qui risale a tre mesi fa, e ogni volta che ci ritorno la nostalgia mi attanaglia lo stomaco riportandomi indietro nel tempo, a quando noi quattro -Maggie, mamma, papà ed io- eravamo una famiglia felice.
Sul portico, ad esempio, erano sistemate due sedie a dondolo; una per il capofamiglia, l’altra per la sua signora. Adesso, invece, ce n’è solo una.
M’impongo di non commuovermi e parcheggio l’auto. L’ultima cosa di cui mio padre ha bisogno è vedere la sofferenza di sua figlia per la morte della madre. Prima di scendere mi assicuro con una sbirciata allo specchietto retrovisore che gli occhi non siano lucidi, e mi stampo sulle labbra un sorriso sereno.
Non l’ho avvisato della mia visita, voglio che sia una sorpresa, e quando suono il campanello spero di trovarlo in casa.
Accosto l’orecchio alla tavola e mi tranquillizzo nell’udire il suono di passi zoppicanti divenire sempre più chiaro.
Mi raddrizzo proprio quando lui apre e mi godo la sua espressione sorpresa.
-Betty!-
-Ciao papà!-
Gli circondo le spalle e lo abbraccio inalando il profumo di casa.
-Non ti aspettavo.-
-Lo so.-
Mi accarezza la schiena con la mano libera prima di darmi due pacche affettuose e indietreggiare.
-Vieni, entra.-
Ci rechiamo direttamente in salotto, è sempre stata questa la stanza delle chiacchiere, e mi accomodo sul divano, mentre lui si siede sulla sua poltrona.
-Niente lavoro, oggi?-
-Mi sono presa delle ferie.-
Meglio non dire che ho mentito sulla mia salute fisica.
-E dimmi, come stanno le mie bambine?-
Maggie è la solita stronza, io credo di essere sulla buona strada per la rintronaggine.
-Papà ci siamo sentiti ieri pomeriggio!-
-Cosa c’entra? Parlare a tu per tu è diverso. Posso vedere se menti o se sei sincera quando mi dici di star bene.-
E’ sempre stato un uomo scaltro mio padre.
-Sto bene.-
I suoi bonari occhi blu, gemelli dei miei, mi scrutano intensamente per poi annuire soddisfatto.
-Lo vedo!-
Sul serio? Ed io che credevo notasse i primi sintomi di una pazzia immane.
-Vorrei poter verificare di persona se anche tua sorella è felice.-
Mi sporgo verso il buon vecchio Hershel e gli stringo una mano rugosa. Sono ormai quattro anni che Maggie non mette piede in questa casa, e due dall’ultima volta che ha avuto un dialogo faccia a faccia con papà, ovvero da quando gli è stato amputato l’arto sinistro.
La zona rurale in cui vive è abitata per lo più da anziani della sua età e raramente il nipote o il figlio di qualcuno è disponibile per uno strappo in città. Andata e ritorno.
Per la figlia, invece, non ci sarebbe alcun problema spostarsi, ma -anche se non l’ha mai detto e mai lo farà- entrare in questa casa sarebbe come entrare nel girone più pericoloso di una depressione senza fine; troppi ricordi, troppe gioie quanti altrettanti dolori. Lo so io, lo sa papà.
-Posso assicurarti che se la cava abbastanza bene! Non sbaglia un colpo! Pensa che è la donna d’affari più famosa di tutta Atlanta!-
Sul suo viso rugato compare un sorriso soddisfatto, ma gli occhi lo contrastano con un luccichio malinconico.
-Sono felice di sapere che riuscite a cavarvela. Pranzi con me?-
E come dirgli di no?

Il pranzo è andato piuttosto bene. E’ piacevole trascorrere il tempo con mio padre, e lui ne aveva davvero bisogno. Peccato, però, che la costante nostalgia dei suoi occhi ha aumentato la mia con l’aggiunta di quel dolore che -per quanto si possa fingere- rimarrà indelebile nel cuore di entrambi.
Maggie gli manca un casino. Mi ha pregato espressivamente di parlarle, convincerla ad andare a trovare il suo vecchio, l’uomo che le ha insegnato la differenza tra bene e male, che l’ha portata con sé nei campi, che ha finto ignoranza laddove eccelleva solo per vedere un sorriso compiaciuto e vittorioso sul viso paffuto e pulito della sua bambina.
Gli ho fatto intendere di poter stare tranquillo, ma non ho avuto il coraggio di confessargli che le sue adorate figlie non sono più le stesse che osservava giocare nel fienile tra un abbraccio e una risata. Se solo sapesse quale freddo rapporto tiene unite le sorelle Greene, ne morirebbe. E ha già abbastanza pena nell’anima per sopportare un ulteriore supplizio.
Inoltre non credo..
Il discorso mentale è interrotto da due terrificanti fattori che si susseguono in rapida successione, azzerando qualsiasi altro rompicapo:
1. Lo scoppiettio brontolato del motore.
2. Una nuvola quasi trasparente di fumo che, lenta e minacciosa come un cobra in attacco, inizia ad avvolgere l’auto.
-No!-
Grazie ai riflessi pronti, mi affretto a girare il volante verso destra e faccio giusto in tempo ad accostare al lato della carreggiata prima che il grigio chiaro della nuvoletta diventi di un nero intenso e l’auto si fermi.
Afferro la borsetta lasciata sul sedile del passeggero e scendo.
-No!-
Stavolta la lamentela non è fiatata ma piagnucolata e ringhiata oltre i limiti di una pazienza che, per questa Mini Cooper, non posseggo più. Non è la prima volta che mi si fonde il motore, porca miseriaccia!
Volete un consiglio, ragazze? Mai acquistare un mezzo di seconda mano e, soprattutto, mai online!
Mi allontano per evitare di rimanere intossicata dal fumo e mi guardo intorno.
Cosa vedo? Il nulla.
Solo chilometri infiniti di campi di grano, qualche uccello solitario e un piccolo casolare abbandonato.
E come se non bastasse, sono esattamente a metà strada.
Ok, non devo scoraggiarmi. E non voglio neanche pensare che non ci sia linea!
Mormorando ininterrottamente la parola ‘tacca’ in una preghiera disperata, prendo il cellulare e, prima d’illuminare lo schermo, anche un profondo respiro.
Dai, non posso essere così sfigata!
Premo il tasto di sblocco e sbircio da un occhio solo.
Lentamente.
Ansiosamente.
Ridicolmente.
-Sì!-
 Il petto mi si riempie di gioia pura quando intravedo due tacche.
Ok. Adesso non mi resta che decidere chi chiamare.
Mery? Mia sorella non le concederebbe mai il permesso di staccare alle due del pomeriggio, salvo morte improvvisa di un familiare. E questo esclude dalla lista i rimanenti colleghi.
Jesus? E’ in trasferta con la squadra.
Nick? Non ho il suo numero.
Rick? Potrei.. ma se fosse in una qualche missione pericolosissima? E poi.. ho una confidenza tale da chiedergli di venire a prendermi? Beh, se la mettiamo su una questione prettamente formale, potrebbe trattarsi di soccorso e il suo compito è, appunto, aiutare le persone in difficoltà. Ed io, ora, mi trovo in enorme difficoltà. Quindi sì, ho deciso. Chiamerò lo sceriffo.

Sono passati quindici minuti dalla telefonata.
Rick è stato gentilissimo e mi ha assicurato di raggiungermi nel minor tempo possibile.
Sti cazzi! (Permettetemelo!)
Menomale che non ho ferite gravi altrimenti sarei già morta dissanguata.
Seduta sul ciglio della strada, con i gomiti poggiati sulle ginocchia e il mento racchiuso nei palmi, ricambio l’occhiata minacciosa del cielo. Se solo osa annuvolarsi prima che abbia la possibilità di lasciare questo posto, giuro che..
Giuro cosa? Quale intimidazione potrei mai rivolgere alla natura?
Sbuffo e medito se mettermi a giocare al cellulare per smorzare l’attesa, ma ho paura che la batteria si scarichi. Decido di fare solo un selfie, giusto per immortalare una giornata di cacca!
Sollevo lo smartphone all’altezza del viso e lo allontano così da inquadrare il grigiore del cielo e il campo arato alle mie spalle in uno sfondo solitario e apocalittico. Dev’essere una foto seria, per cui non c’è bisogno neanche che mi sforzi, la mia espressione demoralizzata è tutto un dire.
Avvio lo scatto automatico e dopo tre secondi il ‘click’ mi comunica che la mia felicissima espressione è stata immortalata.
Faccio in tempo a dare una sbirciata prima di sentire il rumore inconfondibile di un mezzo in lontananza.
Mi alzo, salendo sulla pila di mattoni nel caso fossi costretta a sbracciarmi per attirare l’attenzione di chiunque stia per passare di qua, e fisso lo sguardo all’orizzonte.
Il puntino scuro inizia a prendere gradualmente forma, così come il suono del motore di.. una.. moto.
Ancora prima di poter avere anche solo l’attimo d’ipotizzare se Rick ne possegga una, riconosco la Triumph nera e la postura del proprietario.
Ok, il fatto che abbia identificato Daryl in lontananza, m’inquieta e non poco.
Accosta dinanzi a me e i suoi occhi, vedo solo questi poiché indossa il casco, si posano subito sulla sottoscritta.
Non so perché mi fissi. Forse si aspetta che gli dica qualcosa, ma la verità è che non è la persona che mi aspettavo di vedere.
Dire che mi sento anatomizzata non rende l’idea; l’azzurro intenso delle sue iridi scivola lentamente sul mio corpo come glassa che di celestiale ha solo l’omofonia.
Quando ritorna sul mio viso, è chiaro che vi nota il rossore perché la piega delle sue palpebre si assottiglia leggermente a causa, ci metto la mano sul fuoco (o sulle mie guance dacché i gradi sarebbero equivalenti) che sta ghignando!
Stronzo!
Alza il piede da terra e avanza fermandosi, stavolta, vicino l’auto in panne.
Prima di raggiungerlo, abbasso lo sguardo sul mio corpo per ricordare cos’ho indossato stamattina; il pantaloncino di jeans tagliato alle cosce, sotto i collant neri di cotone, le mie amate converse e il giubbetto di pelle. Quindi per fortuna no, non sono nuda come la sua occhiata mi ha portato a credere.
-Come cazzo hai fatto a fondere il motore, ragazzina?-
Uomo di eleganza, uomo di sostanza! Aggiungeteci anche il simbolo del pollice all’insù, così.. tanto per!
Raggiungo l’auto e trovo Daryl chinato sul cofano a maneggiare i vari organi.
-Andavi veloce?-
Mi lancia un’occhiata inquisitoria così profonda da farmi sentire quasi in colpa.
Di cosa poi?!
-Certo che no! Ci tengo alla mia vita.-
Emette uno dei suoi versetti dubbiosi e riposta l’attenzione sul lavoro che sta svolgendo.
Non potendo fare nient’altro, e non volendo disturbare, non mi resta che guardarlo all’opera.
Non so spiegarmi la ragione per la quale non ho chiamato lui invece di Rick, è il più idoneo per questo tipo di emergenze.
L’idea che mi sono fatta di Dixon, in realtà, una risposta me la suggerisce: non sarebbe venuto. Eppure.. eccolo qui. Forse lo sceriffo lo avrà minacciato o qualcosa del genere.
-Il pistone è andato.-
Il che??
-Quindi?-
-Quindi chi ci ha messo le mani prima di me, ti ha preso per il culo.-
Si raddrizza e si strofina i palmi sul jeans, macchiandolo. Non è colpa mia, l’occhio mi cade sulla patta dove vi è l’ormai famosa protuberanza. Non so per quale stramaledetta ragione mi è venuto in mente uno di quei film demenziali in cui il protagonista, più cretino dell’intera pellicola, infila una banana dentro i pantaloni per rendere il pacco più carico. Non sto insinuando che Daryl lo abbia fatto, cioè.. in realtà non lo so, anche se non mi sembra il tipo, ma.. ecco, la consistenza è più o meno quella.
-Ragazzina?-
-Eh?-
Innalzo immediatamente gli occhi e trovo un Dixon.. incazzato? Deve avermi beccata a invadere la sua privacy. Posso, per esempio, diventare un tutt’uno con l’asfalto?
-Dobbiamo farla rimuovere.-
Ho già avuto occasione di sentire questo tono, ma adesso la sfumatura arrochita della sua voce, in mezzo al nulla e in un silenzio quasi anomalo, acquisisce una nota.. primitiva. E il modo in cui continua a fissarmi m’impedisce di compiere l’azione di cui necessito per vivere, ovvero respirare.
-Okay.-
Non riesco a dire altro.
-Quindi devi lasciarla qui.-
-Okay.-
-E’ solo l’auto a essere andata in panne?-
Eh?
E da quando ha iniziato ad avvicinarsi?
E perché non mi allontano come invece dovrei?
-Che ci fai da queste parti?-
Una domanda apparentemente normale, se non fosse per il tono caramellato che si riversa direttamente nel mio basso ventre.
-Sono venuta a trovare mio padre. La fattoria è a un’ora da qui.-
Gli rispondo con sincerità, aggiungendo un’informazione che avrei potuto benissimo evitare, ma i miei neuroni stavolta non sono stati abbastanza veloci da comporre una battuta adeguata, tipo che questi non sono affari suoi.
-Da sola?-
-Perché, qual è il problema?-
-Questo.-
E con un braccio indica l’auto deceduta alle sue spalle.
-Se io non avessi alzato il culo per venire, cosa avresti fatto?-
Sta cercando di sfidare la mia pazienza? Perché, seppur non proprio lucida, non ci metto nulla ad irritarmi. E’ così facile con lui..
-Avevo chiamato Rick. Perché non è venuto lui?-
-Era in centrale. Rispondi.-
Mi passo la lingua sulle labbra secche e sollevo il mento perché Dixon adesso mi è praticamente ad un palmo dal naso. Capisco che questo di tabacco e sandalo è un olezzo che gli permane indelebilmente. E’ il suo odore. Punto.
-Probabilmente l’autostop. Però sei qui.-
La certezza finale ha un’intonazione sorpresa e incredula, me ne rendo conto. E anche Daryl perché borbotta qualcosa d’incomprensibile prima di stringere la mascella e sollevare un dito, l’indice per l’esattezza.
-Sei la ragazzina più incosciente che abbia mai conosciuto.-
Cosa??
-E tu il bisbetico più stronzo!-
-Lo stronzo che, però, ti sta salvando il bel culetto!-
E’ scientificamente impossibile per me non arrossire. Battuta o no, ha espresso un apprezzamento per il mio lato B.
-Non te l’ho chiesto io!-
-No, infatti. E perché?-
-Perché cosa?-
Io non ci sto capendo niente, ve lo giuro.
-Perché non hai chiamato me?-
Ma che adesso fa anche l’offeso?? Questo è pazzo.
-Tu sei pazzo!-
-Me lo hai già detto.-
-Beh, te lo ripeto!-
Rimaniamo a fissarci in cagnesco per non so quanti secondi prima di sentire sulla guancia qualcosa di umido scivolarmi come una lacrima. A seguire un’altra e un’altra ancora, sino a che il tipico suono della pioggia riempie il silenzio tombale del luogo annunciando l’inizio del temporale.
Mentre io lo abbasso, Daryl solleva il naso verso il cielo così che le gocce piovane gli picchino il viso e scivolino sul collo scurito dall’accenno di peli rasati. Sembra godere di questa sensazione, ed io -a mia volta- traggo beneficio nell’osservarlo. Mi ha sempre dato l’impressione di essere un uomo retrograde, ma adesso ha proprio l’aspetto di un.. tenero selvaggio.
Quando ritorna a guardarmi, mi rivolge una serietà che non gli ho mai visto; è come se stesse condividendo con me uno dei suoi tanti segreti.
-Ti piace la pioggia.-
Non glielo chiedo. Semplicemente gli confermo di aver capito. Lui non mi risponde, ma molla il contatto visivo abbassandolo sulla mia mano stretta attorno alla cinghia della borsa che ho messo a tracolla.
-Dammi le chiavi dell’auto.-
-Sono già dentro.-
-Allora va’ in quel casolare e aspettami lì.-
Che??
-Daryl..-
M’inchioda con lo sguardo seminascosto dalle lunghe ciocche bagnate e capisco che ciò che sta per dirmi non mi darà modo di replicare.
-Ragazzina, sta per caderci addosso una burrasca. Non possiamo prendere la moto, a meno che tu non voglia morire sull’asfalto. E non possiamo rimanere né sulla strada né dentro la vettura.-
-Perché? In auto ci sono anche i riscaldamenti!-
So di aver piagnucolato come una viziata, ma l’idea di chiudermi in una catapecchia probabilmente anche instabile non mi affascina granché!
-La visibilità sarà ridotta a causa dell’acquazzone. Potrebbero non vedere la tua Ferrari!-
Uffa, ha ragione!
 Però, là dentro -da sola- non ci vado. Questo è fuori discussione.
-Tu vieni?-
-Sarò dietro di te.-
Annuisco e tanto per essere certa che Daryl non mi pianti, azzardo una mossa che -non fosse per situazioni  da panico come questa- non avrei mai fatto: quando si volta, afferro il gilet che ha lasciato sul sellino della moto e, con l’intestino aggrovigliato e l’adrenalina alle stelle, inizio a correre verso il casolare.

Il silenzio è tombale e sinistro, e l’unico suono è quello della pioggia che sbatte contro le finestre, dalle quali la luce del primo pomeriggio -seppur scarsa a causa dei nuvoloni- mi permette di analizzare l’interno.
Al contrario di ciò che mi aspettavo, la stanza in cui mi trovo non è per niente malridotta.
Muri scalfiti da qualche crepa, due poltrone di pelle, un tavolinetto e una dispensa. Il tutto, però, coperto da un leggero strato di polvere. Non è un casolare abbandonato, ma è chiaro che il proprietario non deve metterci piede da molto e non sembra neanche tenerci più di tanto siccome mi è bastata una sola spallata per aprire la porta già mezza scassinata.
Avanzo di qualche passo puntando alla credenza ma sobbalzo di un mezzo giro quando dalla vetrata della stessa intravedo la sagoma di un uomo.
Un Daryl Dixon tutto bagnato e grondante d’acqua, fermo sull’uscio, mi sta fissando con uno sguardo che se potesse prendere forma sarebbe un fucile. Carico.
Il cuore mi galoppa in gola ma oltre alla paura sento scorrere un’eccitante dose di pura adrenalina.
Ultimamente ne abbonda parecchio nelle vene. E ultimamente è il periodo che comprende l’entrata di Daryl nella mia vita.
-Ciao.-
Non so perché, ma salutarlo mi esce spontaneo. Probabilmente neanche mi ha sentito perché il sussurro è stato sovrastato dal suono della pioggia che sta diventando sempre più fitta.
-Hai qualcosa che mi appartiene, ragazzina.-
Ingoio a vuoto e stringo più forte il gilet al petto mentre inizio ad indietreggiare.
-E non è solo quello.-
Con un rapido spasmo del capo indica il suo indumento. Chiude la porta alle sue spalle e avanza lentamente.
Cavolo, dovrei essere terrorizzata -solo terrorizzata- invece mi sento persino euforica.
-Non ho preso nient’altro.-
-No, infatti. Perché sarò io a prendermi qualcosa di te. La tua vita, per esempio.-
Oh porca merda!
Euforica un corno! Adesso si che potrei farmela addosso!
-Sei arrabbiato?-
E so che dovrei darmela a gambe invece di provocarlo ulteriormente con una stupida domanda la cui risposta è esplicitamente ovvia, ma la lingua si è scollegata dal cervello. Forse sono i primi sintomi di un panico a scoppio ritardato. Boh!
-Credo che incazzato renda meglio l’idea.-
Ah..
-Non.. non l’ho rubato. L’ho solo preso come garanzia.-
-Il fatto che tu l’abbia anche solo toccato mi fa girare i coglioni.-
Addirittura! Manco fosse d’oro!
-E’ in buone mani.-
-Ah-Ah.-
Impreco mentalmente quando la schiena va a sbattere contro la credenza perché non ho nessun’altra possibilità di manovra. La struttura è piccola e non ho avuto, inoltre, nemmeno il tempo di orientarmi.
E di questo lui ne è consapevole. Sono i suoi passi pigri e sicuri a confermarlo. Non ha fretta di acciuffarmi perché sa di avermi in trappola da quando ha varcato la soglia.
-Conta fino a cinque, ragazzina.-
-Perché?-
-Perché sono i secondi che ti restano da vivere.-
Oh, andiamo! Non mi farebbe mai davvero del male. Vero?!
Eppure, quando scatta verso di me non ne sono poi così sicura. Urlo e cerco di slanciarmi verso sinistra ma Daryl mi afferra dai fianchi sbattendomi contro il suo corpo bagnato.
-Quali sono le cazzate che devi evitare per andare d’accordo?-
Non si preoccupa di alzare la voce per renderla minacciosa. Ha praticamente premuto le labbra contro il mio orecchio causandomi dei maledettissimi brividi. Lui non lo sa, ma questa è una zona erogena del mio corpo.
Il respiro mi è diventato pesante per due fattori: uno è automatico (purtroppo non posso regolare gli ansiti), l’altro è inevitabile (perché sono davvero incavolata per questo).
Ricordo perfettamente le stupide regole che mi ha recitato il pomeriggio scorso: non urlare, non scappare e non contraddire. Ed io, pensate un po’, le ho violate tutte.
Amen.
-Ti ricordo che non ho ancora fatto visita a Rick.-
Con una mano cerco di liberarmi almeno di una stratta ma la presa è di acciaio. Sembra che le sue dita siano incollate ai miei fianchi.
Lo sento ridacchiare e la vibrazione dalla sua gola si annida, per la seconda volta, direttamente al basso ventre.
-Cos’è? Un ricatto?-
-Una specie. Ora lasciami.-
Provo ancora a svincolarmi ma è solo uno spreco di energie.
-Certo, ma non qui.-
Che??
Mi avvolge un braccio alla vita e mi alza da terra dirigendosi verso la porta. Non.. non azzarderà buttarmi fuori?
-Daryl! Non ci provare nemmeno!-
-Hm-mh!-
Dio, quanto lo odio!
-Guarda che puoi dire addio alla libertà! Non ritirerò la denuncia. Anzi, aggiungici l’aggravante di sequestro di persona e tentato omicidio!-
-Tentato?!-
Ho già detto che lo odio?
-Vaffanculo!-
E con questo, mi lancia fuori -sotto una violenta pioggia che subito mi trafigge la pelle come aghi ghiacciati- sfilandomi dalle dita il suo amato gilet per indossarlo.
Al contrario di quel che credevo, non mi sbatte la porta in faccia, ma apre le braccia sostenendosi da entrambe le travi e mi osserva.
Purtroppo non riesco a capire quale espressione passi sul suo viso perché non posso avere una visuale pulita. Immagino ci goda a vedermi infreddolita e tremante.
Nessuno aveva mai osato farmi questo. Ma.. nessuno era stato capace di amplificare così pericolosamente le mie emozioni.
Nessuno eccetto il signor Dixon.
Sbattendo le palpebre in rapida successione per alleggerire la pesantezza delle ciglia, dimezzo di un passo. Lui non si muove.
Due. Tre. Quattro.
Rimane immobile anche quando gli sono sotto il naso. Non mi tocca, non mi spinge, non mi parla.
Semplicemente mi osserva dall’alto del suo metro e ottanta circa.
Grazie alla piccola tettoia, sono al riparo dall’acqua e finalmente posso osservare nitidamente il suo viso. Ma è come se lo vedessi per la prima volta. E’ come se chi ho davanti fosse un altro uomo perché anche lui ricambia la stessa occhiata.
Un paio di iridi, possono incasinare l’esistenza?
Abbasso le mie sul suo mento nascosto dai peli di una barbetta disordinata, e quasi a rallentatore mi sollevo sulle punte.
Dovrei buttargli un cazzotto sulla bocca per avermi buttata fuori, e non poggiarci sopra la mia.
Sì, perché è esattamente questo che sto facendo: gli sto toccando le labbra in uno sfioro timido e impacciato.
Probabilmente non ho il completo controllo delle mie facoltà mentali, non lo so, ma.. vi è mai capitato di desiderare qualcosa.. così, all’improvviso? Qualcosa che: ma scherzi? Neanche morta! E invece.. scatta un click che non sai neanche tu a cosa sia dovuto.
Forse è questione di chimica. Scientificamente dimostrata ma umanamente impossibile da capire.
Il fiato di Daryl mi lambisce uno zigomo con la stessa intensità di una carezza carnale; seppur egli ancora immobile, le reazioni del suo corpo mi rivelano che il contatto non gli è del tutto indifferente e questo mi da il coraggio di compiere la mossa successiva; poggiargli le mani sui fianchi, dove termina l’orlo della maglietta e inizia quello dei jeans.
Schiudo la bocca incastrando nel mezzo il suo labbro superiore e premo leggermente. E’ secco ma con l’umido della mia saliva e della pioggia non impiego molto ad ammorbidirlo.
Adesso, per l’inclinazione del mio viso, i nostri respiri s’insinuano l’uno nelle narici dell’altro in una condivisione intima.
Caspiterina, sto baciando Daryl Dixon nel bel mezzo del nulla mentre il mondo ci sta piovendo attorno!
Non mi sono nemmeno resa conto di aver chiuso gli occhi, né intendo aprirli, per cui la sua mano sul mio fondoschiena è un tocco inaspettato. La percepisco insicura ma l’attimo dopo mi spinge contro di sé mentre le sue labbra si risvegliano insegnando alle mie i passi per un vero e proprio bacio.
Il bacio più folle mai scambiato, dolce un istante e rude quello successivo.
Non che abbia molti termini di paragone, ma nessuno è mai riuscito a farmi provare caldo e freddo allo stesso tempo. Credo che baciare un uomo significhi proprio questo.
La lingua di Daryl si presenta alla mia in una carezza così decisa che mi spinge a piegare il capo all’indietro ma lui me lo tiene fermo infilando l’altra mano tra i capelli alla base della nuca.
Con le ginocchia tremolanti per un sovraccarico sessuale, impugno la sua maglietta emettendo un gemito che mi muore in gola. Sembra però che Daryl lo abbia risucchiato perché adesso è lui ad esternarlo con più impeto prima d’interrompe l’armonia delle nostre bocche.  
E adesso?

****


Le palpebre della ragazzina sono sigillate in una chiusura imbarazzata, reazione ben visibile anche sulle guance colorite.
Cazzo, ora come ora definirla ragazzina non so quanto possa essere credibile. Non per il suo timido e inaspettato assalto, ma per ciò che sto.. sentendo per lei. E, cioè, cosa? Una fottuta attrazione.
Già prima, quando l’ho vista con addosso il pantaloncino corto e la giacca di pelle, ho pensato fosse nata per montare la mia moto. Solo la mia moto. Ma è quando mi ha fottuto il gilet che ho capito di essere con la merda fino al collo: ragazzina più Triumph più gilet uguale connubio maledettamente perfetto.
Adesso, però, non so perché continua a rimanersene immobile con l’innocente visino raggrinzito in un’espressione drammatica.
-Hai la faccia di chi soffre di stitichezza.-
Ed ecco che solleva le ciglia puntandomi addosso i suoi occhioni blu. Non so se è più incazzata o imbarazzata.
-Sei un idiota!-
Con gli stessi pugnetti che stringono la mia maglia, mi dà uno spintone. O meglio, le lascio la soddisfazione di un colpo andato a buon fine indietreggiando di qualche passo fino a trascinarla con me all’interno della baracca. Mi scivola via dalle braccia e seguo con lo sguardo la sua marcia verso una delle due poltrone.
-Io non appoggerei il mio culo là sopra.-
La sento sospirare per poi vederla voltarsi nella mia direzione mentre incrocia le braccia.
-E perché?-
Sembra faccia fatica a guardarmi. A differenza di qualche minuto prima, non mantiene gli occhi fissi per più di cinque secondi.
-Ti sei pentita?-
Sento le budella contorcersi mentre attendo la risposta e questo è semplicemente ridicolo.
Cristo, anche la mia domanda lo è!
-Di cosa?-
-Lascia perdere.-
Sbatto la porta e mi siedo a terra, appoggiando la schiena sulla tavola. Recupero accendino e pacchetto di sigarette, e me ne infilo in bocca una.
Che razza di coglione sentimentale rischio di diventare?
Se ci fosse stato Merle mi avrebbe stritolato le palle.
 -No.-
Risucchio avidamente, ignorando lo spasmo che mi colpisce il torace, e getto fuori il fumo sollevando le ciglia sulla ragazzina che trovo accucciata contro la colonna di fronte.
-Sei uno stronzo, ma non mi sono pentita.-
La sua vocina si è ridotta ad un mormorio a malapena udibile mentre si abbraccia le gambe al petto.
Cazzo, è così minuscola e inoffensiva che proteggerla viene quasi istintivo, come se fosse una leggere naturale.
-Non devi andare più da sola a trovare tuo padre.-
La sua insicurezza sparisce sostituita dall’incredulità.
-Cavolo, neanche lui mi fa questo genere di paternale!-
Perché quasi certamente non è a conoscenza delle corse clandestine che consumano l’asfalto di questa zona.
E’ uno dei percorsi migliori; isolato e lontano dai centri urbani. Lo so io, lo sa quel figlio di puttana di Negan.
-E devi andare dallo sceriffo.-
Di sicuro lui riuscirà a trovare le parole giuste per convincerla. E’ sempre stato bravo con i discorsi, e se è stato in grado di tirare fuori dal giro un cazzone come me, beh.. con la biondina, non dico che sarà una passeggiata, ma non dovrà far cadere dal cielo tutti i santi.
-Ma la smetti?-
-Di?-
-Di impartire ordini!-
E privarmi del cipiglio che le compare quand’è davvero incazzata? No, che non la smetto.
-Non appena smetterà di piovere, ti accompagnerò io stesso.-
Mette su un broncio che la fa apparire ancora più piccola ma in compenso alza il medio.
-Contaci!-

****

Mezz’ora dopo, siamo alla centrale.
Anzi, sarebbe meglio dire che io sono nell’ufficio di Rick, Daryl è fuori a controllare che la sua piccola non abbia preso il raffreddore! Salire in moto con lui -e quindi abbracciarlo-, dopo quanto accaduto, non è stato imbarazzante come credevo, bensì naturale e intimamente giusto.
-Perfetto. Tutto risolto.-
Ricambio il sorriso gentile di Rick e cerco di non far cadere l’occhio sulla gocciolina di glassa che ha sul carnoso labbro inferiore. Devo ammettere, però, che non mi fa sbavare come invece sarebbe accaduto giorni fa. Questo perché, solo qualche ora prima, ho avuto il piacere (e il coraggio) di assaggiare delle labbra decisamente più sottili ma irreparabilmente irresistibili. E sapete cosa vuol dire questo, ragazze mie?
Che sono rovinata.
Provare attrazione per uno come Daryl Dixon, vuol dire attraversare i binari appena cinque secondi prima del passaggio del treno. Travolgente in tutti i significati che questo termine include.
-Beth?-
Per fortuna Rick mi distrae momentaneamente da pensieri che avranno modo e tempo d’incasinarmi la testa non appena sarò da sola.
-Devi promettermi una cosa.-
Mi guarda in modo così intenso e dolce che mi è impossibile non annuire.
-La prossima volta che vorrai andare a trovare tuo padre, dovrai farti accompagnare.-
Anche lui con questa storia?
-Non è stata la prima volta guidare da sola fino a lì! Si è trattata solo di una maledetta iella che il motore dell’auto si sia fuso nel bel mezzo del cammin di nostra vita!-
Cavolo, recitare la Divina commedia è meno noioso che ripetere sempre la stessa cosa!
Ho persino un mal di testa terribile. Quasi non ce la faccio a tenerla alzata.
-Non si tratta di questo. A differenza di quel che vede Daryl, so che sei una donna adulta e che sa badare a se stessa, ma quella è una zona pericolosa.-
Ma dice sul serio?
Ho percorso tantissime volte quella strada e non è mai successo nulla di grave. Beh, fino ad oggi.
E comunque non mi è sfuggito il suo ‘a differenza di quel che vede Daryl’. Dunque.. i due hanno parlato di me!
Bene. Benissimo.
Peggio di due comari!
-Me lo hai promesso, Beth.-
Veramente non gli ho promesso un bel niente, ma ha sollevato le sopracciglia puntandomi i suoi occhi così dolci e speranzosi che non posso far altro se non accontentarlo.
E in tutta onestà, non ho neanche la voglia e la forza di discutere.
-Okay?-
-Okay.-

-Hai ritirato la denuncia?-
-No.-
Gli rivolgo un sorriso fintamente affabile e lui risponde con un’occhiataccia. Ha capito che lo sto prendendo in giro.
Siamo nel parcheggio del mio condominio, ed è arrivato il momento più difficile di tutta la giornata: come cacchio lo saluto? Voglio dire.. faccio finta che chi lo ha baciato al casolare altro non era che una povera ragazza posseduta da Eros, o devo comportarmi da personcina matura quale sono e affrontare l’argomento?
-Daryl.. volevo ringraziarti.-
Porto una ciocca, asciutta e crespa, dietro l’orecchio e al tocco sento che è esageratamente caldo. Anzi, a dire il vero è tutto il corpo ad essere in fiamme.
-Ragazzina?-
-No, fammi finire.-
Caspita, riesco a malapena a respirare e a tenere gli occhi aperti, adesso.
-Ti ho baciato perché-
-Sei rossa.-
-Beh, non un è discorso semplice per una ragazza, sai?-
Mi sento improvvisamente leggera, come se stessi fluttuando nell’aria. Wow, che sensazione magnifica!
-Credo di desiderare un altro-
-Cazzo!-
Stavo per dire bacio, ma la sua imprecazione è l’ultima parola che sento prima di essere risucchiata dal buio.






Ps. Eccomi con un nuovo capitolo! :D
Interamente Bethyl!
(Grazie Serena. Questo è per te, so che apprezzerai. Alcune parti più di altre!)

Come sempre, ringrazio chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite e chi spende due minuti per farmi sapere cosa ne pensa.

Un abbraccio e alla prossima!

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Trovare le chiavi di casa non è stato difficile. Entrarci sì, porca merda!
-L’hai uccisa! Adesso chiamo la polizia!-
-Ma fa un po’ come cazzo ti pare.-

E così è stato! Questo nanerottolo brizzolato basso mezzo metro e una noce ha davvero chiamato le forze dell’ordine.
-Te lo ripeto per l’ultima volta, Hercules. La ragazzina mi è svenuta tra le braccia.-
-Sentito, Paul? E’ solo svenuta.-
Per fortuna è stato lo sceriffo Grimes ad occuparsi personalmente del ‘caso’. Sa che non avrei sopportato ulteriori rotture di palle e che probabilmente tra le sbarre ci sarei finito sul serio, ma per oltraggio a pubblico ufficiale.
-E se l’avesse avvelenata? Elizabeth non ha mai fatto entrare un uomo da quando vive qui!-
La destra mi si è già chiusa a pugno, ma se non stendo.. Paul (anche il nome mi da’ sui nervi) è solo perché quest’informazione mi trattiene dal farlo. Non chiedetemi perché, non saprei rispondervi.
-Oh, andiamo. La ragazza respira. Guarda tu stesso.-
Rick gli stringe una spalla girandolo verso la biondina che, tra una spinta sul culo e un calcio nei polpacci da parte del nanerottolo, sono riuscito a stendere sul divano. A parte il colorito cadaverico, direi che sì, è in ottima forma. Il petto le si alza e abbassa. Respira, no?!
-Potrebbe averl-
-Ho visto un uomo giù in portineria.-
-Un uomo?-
-Eh già.-
E senza più dire nulla, e scampando al cazzotto che stavo per dargli sul serio se non fosse stata per la cazzata sparata prontamente dallo sceriffo, il nano malefico si toglie dalle palle.
Grimes si affretta a chiudere la porta e quando mi guarda la sua espressione mi comunica una cosa soltanto.
-Cristo, un’altra volta? Sei sordo anche tu, per caso?-
Basta, la mia pazienza sta per superare il limite.
E dove cazzo ho messo le sigarette?
-Non hai raccontato granché, Daryl. Potresti, per esempio, dirmi perché ti trovi qui.-
Eccole, erano nella tasca interna del gilet. Ne sfilo una direttamente con la bocca ma prima di trovarlo, è lo sceriffo che mi allunga l’accendino mettendo la fiamma direttamente sulla punta. Tiro due rapide boccate e finalmente il tabacco mi filtra in gola.
-Ti ascolto.-
Che sorriso da schiaffi; incoraggiante e inflessibile.
-Mi hai detto tu di soccorrerla.-
-Soccorrerla, appunto. Non portarla a casa priva di sensi.-
-Non so che diavolo le sia successo! E’ svenuta mentre stava per dirmi che voleva-
Mi blocco perché non penso proprio di voler svelare allo sceriffo quanto accaduto in quel casolare, e ne approfitto per fare un altro lungo tiro.
-Che voleva..?-
Ma lui non molla. E’ un osso duro, lo sbirro.
-Voleva sapere quando potrà riavere la sua auto.-
Gli giro le spalle per evitare di sputtanarmi da solo, Grimes ormai è capace di capirmi anche solo guardandomi, e pianto gli occhi sulla ragazzina che ancora giace immobile.
-Non dovremmo chiamare un medico?-
Borbotto aguzzando la vista per accertarmi che il petto si muova ancora.
Merda, è così.. pallida!
Lo sceriffo mi oltrepassa per raggiungere la biondina e sedersi sui talloni così da livellarla. Le preme una mano sulla fronte e china il capo nella mia direzione.
-Ha la febbre. Anche Carl perde i sensi quando è troppo alta.-
Hm. Dunque?
-Mi serve un termometro.-
Ve l’ho detto che riesce a criptarmi le espressioni facciali, no?!
-Mi prendi in giro? Sarebbe come cercare l’ago in un pagliaio.-
-Questo detto eccelle in casa tua, Daryl. Prova a dare un’occhiata in bagno.-
Certo, perché lui è il principe dell’ordine e  la sua abitazione una reggia perfettamente pulita e catalogata!
Stringo la cicca tra le labbra, così da evitare di ricordargli che non ho assolutamente idea di dove maledizione sia il bagno, e comincio aprendo una porta a caso. La prima stanza che becco, è la cameretta.
A giudicare dall’arredamento fanciullesco e dall’odore di fragola, dev’essere della ragazzina. Pupazzi ovunque, pacchetti di caramelle e barrette di cioccolato su ogni angolo, e tendine bianche sulle quali vi è stampata l’immagine della Pantera Rosa.
L’occhio mi cade anche sul letto sul quale uno scoiattolo di peluche, Alvin mi suggerisce la A marcata sulla maglietta, è appoggiato contro il cuscino. In testa ha un cappello nero di normali dimensioni; sopra la visiera è cucito un teschio, ai lati invece, delle ali. E’ simile a quello che ho perso io.
Molto simile.
Anzi, direi identico.
Quasi certamente, l’ha rubato lo scorso pomeriggio quand’è venuta in officina a controllare se tutto fosse pronto. Non so come, è riuscita a soffiarmelo da sotto il naso.
Inizio a credere che d’innocente, nonostante la sua fissa per i personaggi dei cartoon, abbia ben poco. I lineamenti angelici del suo viso le sono stati tratteggiati da Satana in persona per nascondere la peggiore delle sue creature: ladra, rompipalle, maliziosa e.. maledettamente attraente.
-L’hai trovato?-
La voce dello sceriffo cancella un ritratto da bollino rosso che la fantasia ha inconsapevolmente iniziato a dipingere, ed esco dalla stanza. Avrò modo, più avanti, di fargliela pagare per questo piccolo furto.
Apro una seconda porta e finalmente trovo il cesso.
Adesso, il problema è rovistare tra i mille cassetti. Cazzo, un termometro non è facilmente individuabile!
Schiudo un tiretto a caso ma ci trovo dei pacchettini sottili e quadrati rivestiti con della carta finissima. Alcuni sono blu, altri rosa, altri ancora bianchi con i fiorellini. Su di un paio, invece, c’è stampata la scritta: Ancora più flessibili. Con ali. Accanto, una scatoletta aperta contiene dei.. cilindri bianchi dotati di cordoncino. Cosa diavolo siano, non ne ho assolutamente idea. Abbasso la linguetta della confezione e leggo Tampax. Boh, mai sentiti.
-Allora? Lo hai trovato?-
Grimes mi raggiunge fermandosi sull’uscio, con le mani strette sui fianchi e lo sguardo dubbioso che passa dal contenuto del cassetto a me.
-Non credo proprio che il termometro sia lì, Daryl.-
Ha parlato il tuttologo!
-Allora perché non lo cerchi tu?-
-Sì, credo sia meglio.-
-Cosa vorresti dire?-
-Niente. Vai da Beth e assicurati che non ruzzoli dal divano.-
Lascio perdere qualsiasi insinuazione, e me ne ritorno in salotto.
La ragazzina è ancora immobile. Possibile che non abbia ancora recuperato i sensi?
Lentamente mi avvicino chinandomi per controllare la movenza del suo petto ma, sarà perché nascosto dal plaid di Paperino, sarà perché mi sto rincoglionendo, non noto nessuno spostamento.
Come Rick, molleggio sui talloni e le afferro un polso premendo due dita sul dorso sottile e ghiacciato. E’ da qui che si controllano le pulsazioni, giusto? Peccato, però, che non senta una mazza!
Ho come l’impressione che il suo desiderio espresso poco prima di collassare, alla fine si esaudirà comunque.
‘Fanculo.

****

La mia testa è diventata un palloncino carico di sabbia!
Per non parlare dei continui cambiamenti corporei. Ho caldo, ho freddo. Ho la nausea, ho fame. Ho sonno, ma voglio aprire gli occhi.
Io non ci capisco più niente!
Riesco solo a percepire qualcosa di morbido, umido e.. puzzoso di nicotina sulle labbra mentre una pinza mi tappa il naso impedendomi di respirare.
Ma che..
-..stai facendo, Daryl?-
Nell’esatto momento in cui riconosco la voce sospettosa di Rick, schiudo così rapidamente le palpebre da sentire addirittura un lieve dolore ai bulbi.
La prima e unica cosa che intercetto nell’immediato, è il profilo di Daryl seminascosto dalla sua mano sopra il mio viso. Sono le sue dita che ancora m’impediscono di respirare.
Più spesso ha espresso il desiderio di volermi uccidere, ma non credevo arrivasse a farlo sul serio!
-Si è svegliata!-
E grazie all’informazione di Rick, mi ritrovo mirata da quegli esotici occhi azzurri che mi eccitano e impauriscono in egual modo.
Finalmente l’assassino molla la stretta che ha sulle narici e riesco a capire perché la sua faccia è praticamente sulla mia, distinguendo quella morbidezza che ancora permane sulla bocca.
Ragà, questo mi sta baciando!
In un attimo di lucidità (più o meno) muovo la lingua così che la punta possa iniziare ad invadere la sua bocca ma lui si ritira quasi subito lasciandomi le labbra umide e fredde.
Che palle!
-Ha funzionato.-
Borbotta chissà che, ma sono troppo rintronata per capire.
-Cosa?-
E di nuovo, Rick articola la domanda inespressa, solo che Daryl fornisce direttamente la risposta invece di ripetersi.
-La respirazione bocca a bocca. La ragazzina non fiatava più.-
-Forse perché mi hai tappato il naso!-
Riesco finalmente a parlare, o forse sarebbe meglio dire gracchiare, e cerco anche di sollevare la schiena, accompagnata dall’occhiataccia di Dixon che decido bellamente d’ignorare. Si aspettava forse un grazie per il gesto, per lui eroico, ma che stava spedendomi all’altro mondo?
Ok. Adesso credo sia arrivato il momento di capirci seriamente qualcosa.
Mi strofino gli occhi con i pugni e mi guardo intorno.
Ehi, ma questo è il soggiorno di casa mia!
-Sei svenuta, Beth.-
Rick deve aver compreso la mia perplessità perché si avvicina rivolgendomi un sorriso rassicurante.
-Non ricordo di essere svenuta.-
-Può succedere. Adesso, però, dovresti misurare la febbre.-
E mentre mi passa il termometro, Daryl guarda l’oggettino quasi schifato per poi girare il capo verso Rick che solleva le spalle.
-Secondo cassetto.-
Non perdo neanche tempo a decifrare il loro scambio di battute. Ciò di cui voglio assicurarmi, è di non aver preso la febbre!
Sfilo il giubbino gettandolo per terra e apro i primi bottoncini della maglietta rossa per infilare il termometro sotto l’ascella. Il tutto, me ne rendo conto solo ora, sotto lo sguardo di due uomini che mi guardano come se, invece della temperatura, stessi controllando se sono incinta.
Il termometro è automatico, per cui devo aspettare il bip prima di poterlo togliere. Nell’attesa decido di spezzare quest’imbarazzante silenzio con domande del tutto lecite.
-Come avete fatto ad entrare?-
Guardo prima lo sceriffo, poi Daryl, alternando più volte lo sguardo prima di fermarlo sull’uomo ancora chinato al mio fianco.
-E perché Rick è qui?-
L’ultima cosa che ricordo è che Dixon mi ha accompagnata a casa dopo aver fatto una sosta in centrale per ritirare la famosa denuncia.
-E perché-
-Una domanda per volta, ragazzina.-
Daryl si solleva e i miei occhi lo seguono. E’ proprio bello, ragazze! I capelli sono perennemente spettinati ma l’espressione stanca e assopita lo rende ancora più irresistibile. E’ come se avesse appena fatto sesso, e mi chiedo come sia prima, durante e dopo averlo.. si beh, averlo fatto con me.
-Ho trovato le chiavi dentro la tua borsetta. E lo sceriffo è qui perché il nanerottolo lo ha chiamato.-
Il nanerottolo??
-Paul.-
Puntualizza Rick azzeccando ancora una volta il mio quesito interiore. In azione, Grimes dev’essere davvero impeccabile.
-E perché Paul ti avrebbe chiamato?-
-E perché? E perché? E perché? Cristo, sei proprio una bambina!-
E dopo avermi scimmiottato, un Daryl incazzoso marcia verso la cucina.
Tipo che vorrei tanto sbatterlo fuori a calci!
-Lo aveva scambiato per un maniaco.-
Il sussurro di Rick mi distrae da un piano che, altrimenti -dolente o no- avrei portato a termine.
E così Paul ha scambiato Daryl per un maniaco? Ecco perché è così alterato!
Stringo le labbra percependo il viso scaldarsi per uno sforzo che risulterà vano, lo so. Sto cercando di trattenere una risata ma, per l’appunto, è difficile. L’immagine del nanerottolo che cerca di prendere a calci Daryl (perché Paul è sul serio un tipo manesco) è troppo per riuscire a contenermi e infatti scoppio a ridere contagiando Rick, che però cerca subito di bloccare e nascondere l’ilarità con un colpo di tosse perché Dixon, dalla cucina, ha iniziato ad imprecare chiudendo con forza, a giudicare dalla rumorosa protesta delle bottiglie, il frigorifero.
-Basta, Beth. O rischi grosso.-
Cavolo, Rick ha ragione. Ho già visto Daryl davvero incazzato e non vorrei rivivere il momento. Anche perché se sono in queste condizioni, stesa sul divano senza ricordare come ci sia finita, è per colpa della sua ira.
Il termometro emette il segnale e subito lo sfilo controllando il display.
-No! Lo sapevo!-
-Febbre?-
-Sì, maledizione!-
Lo passo allo sceriffo prima che lo scaraventi per terra e faccia raccogliere con la lingua il mercurio a qualcuno, e incrocio le braccia al petto, indispettita.
Al diavolo se sembro davvero una bambina!
Trentanove quasi di febbre. Ma si può?!
Con un battito di ciglia sposto gli occhi di lato per fulminare l’entrata del cretino.
-Non ci provare, ragazzina!-
E mi punta anche un dito contro!
-E’ colpa tua!-
-Ti avevo detto di chiuderti in quella baracca.-
-L’ho fatto! Ma un deficiente mi ha sbattuta fuori, sotto il diluvio.-
Si sporge dal divano per venirmi addosso e sono costretta ad indietreggiare il capo affinché la sua fronte non sbatti contro la mia in una capocciata. Il suo alito sa di tabacco e coca-cola.
-Forse non ho capito. Come mi hai chiamato?-
Il suo avverbio è un avvertimento a ritirare l’appellativo con il quale l’ho definito concedendomi una seconda e ultima possibilità, ma col cavolo che lo faccio!
Quale persona sana di mente metterebbe in pericolo la vita di una giovane ragazza?
Un Daryl Dixon, appunto!
Restiamo immobili lasciando solo che le iridi si rincorrano colleriche. Vorrei respirare pesantemente per tramandargli gran parte dei germi e contagiarlo cosicché anche lui si ammali, ma quando mi è così vicino, quando m’inchioda con questi occhi che di umano hanno ben poco, il fiato me lo toglie.
-Siete più immaturi di Carl.-
E’ Rick ad intervenire pronunciando il nome di qualcuno che non conosco.
Senza mollarmi, Daryl si raddrizza e, solo dopo avermi sparato un altro colpo visivo, si gira verso Grimes.
-Io devo ritornare in centrale. Occupati di lei.-
-Che cosa?-
E’ la prima volta che Dixon ed io sembriamo pensarla in egual modo perché pronunciamo la medesima domanda nello stesso istante.
Rick alterna lo sguardo da me a Daryl e scuote piano la testa prima di fermarsi sull’amico. Solleva entrambe le sopracciglia e gli rivolge un’occhiata incontestabile.
-Cristo, non sono un infermiere!-
Daryl borbotta altre imprecazioni e ritorna in cucina. Cosa vada a farci là dentro, non ne ho idea. Forse ad affogare le pene nell’anidride carbonica.
A quanto pare, però, lo sceriffo ha un importante ascendente su di lui: riesce a convincerlo. E, onestamente, non credevo possibile esistesse un uomo capace di acquietare un testone come Dixon.
-Cerca di non provocarlo, Beth.-
E, forse sono ancora svenuta e sto sognando, ma Rick si china per stamparmi un bacio sulla fronte prima di dirigersi verso l’uscita con quella sua camminata decisa e sexy da morire.
L’istante dopo il tonfo del portone, la casa cade in un silenzio anomalo.
E io devo fare pipì.
E vorrei anche togliermi questi indumenti ancora mezzi umidi.
Daryl è sempre rintanato in cucina e se non fosse per la potente aura che la sua presenza emana, penserei che se la fosse svignata dalla finestra.
Scosto il plaid e, lentamente, mi alzo. Percepisco le gambe così deboli da credere che possano sgretolarsi da un momento all’altro. Ho anche un leggero capogiro.
Strisciando i piedi scalzi, mi dirigo piano verso la cucina aggrappandomi ad ogni superfice che becco durante il tragitto. Più mi avvicino alla stanza, più forte diventa il flebile scoppiettio del fuoco, e quando entro, trovo Daryl seduto sulla mia poltrona con i legnetti tra le mani.
Attaccandomi allo stipite, me ne sto immobile a fissarlo. La sensazione d’intimità e normalità che provo nel vederlo qui, in casa mia e sulla mia poltrona ad occuparsi del camino, mi fa quasi paura.
-Se svieni di nuovo, ti lascio dove sei.-
Paura che, però, è sostituita dalla rassegnazione. E’ proprio uno stronzo.
-Che gentile.-
Beh, dai, in effetti -a modo suo, ovvio- lo è. E’ rimasto qui, no?! Sarebbe potuto andar via cinque minuti dopo l’uscita di Rick, invece.. è rimasto qui.
Forse si sente in colpa. Boh!
La luce delle fiamme gioca sul suo viso rendendolo ancora più tetro e spigoloso, ma non meno irresistibile.
Sembra un guerriero mitologico.
-Vuoi qualcosa?-
Anche se vedo benissimo la bottiglietta di coca mezza vuota sul tavolo, l’educazione -come ormai sapete- ha la meglio, e prima di dedicarmi alle mie necessità, mi preoccupo di vestire i panni della premurosa padrona di casa.
Daryl distoglie gli occhi dal fuoco e li punta su di me. Le fiamme del caminetto sembrano essersi spostate sul mio stomaco perché, oltre ad essersi accartocciato, si è letteralmente incendiato.
E’ ridicolo ripetervi ogni volta quanto Daryl sia bello, lo so, ma -credetemi- ha una bellezza divina alla quale non potresti mai abituarti.
Deglutisco a vuoto e prima che i piedi mi portino da lui (ormai credo abbiate chiara la situazione: ho una cotta per Daryl Dixon, neanche avessi tredici anni e lui fosse Leonardo Di Caprio), nega con il capo, facendomi bloccare.
-Non voglio niente.-
Rimango delusa, anche troppo, ma le sue labbra si piegano in un ghigno.
Ha capito.
Ha capito che il suo fissarmi io l’ho voluto prendere come risposta alla mia domanda.
Ha capito che sarei stata ben lieta di offrirgli ‘ciò che voleva’.
Ha capito che ci sono rimasta di merda adesso che ‘non vuole niente’.
E ha, quindi, capito che ormai sono andata. Per lui.
E’ categorico che l’imbarazzo si presenti attraverso il rossore delle guance, anche se stavolta le ho già colorite a causa della febbre.
Ok, forse è meglio se vado a fare pipì.

-Non puoi fartelo tu?-
-Sono debole.-
Daryl borbotta un probabile ‘che rottura di palle’ ma continua a svolgere un difficilissimo compito: preparare una tazza di thè!
Sono accucciata sulla mia poltroncina, dove poco prima era seduto lui, avvolta dal plaid -così da nascondere il pigiama di Minnie-, e ad osservare il motociclista togliere il pentolino dal fuoco, versare l’acqua bollente dentro la tazza e adagiarci una bustina.
-Non deve galleggiare altrimenti il contenuto del filtro non si diluisce bene.-
Sbuffa pesantemente affinché capisca che sono una gran seccatura e allunga l’indice pronto ad annegarlo nell’acqua fumeggiante.
Il desiderio di vendetta è quasi impossibile da ignorare, ma la tenerezza che adesso provo nei confronti di questo rude e rozzo uomo che non sa preparare nemmeno una tazza di thè, mi spinge ad avvertirlo.
-Se non vuoi ustionarti, ti conviene prendere un cucchiaino. Primo cassetto.-
-Sta’ zitta, ragazzina.-
E pensare di aver scelto la via della compassione!
Infila la punta del dito e invece di sentirlo imprecare o vedere il suo viso contorcersi in una smorfia di dolore, lo bagna senza alcun problema. Eppure l’acqua è bollente! Lo vedo dal vapore.
Porta l’indice in bocca e, porca pupazza, lo succhia!
-Fa schifo!-
Si volta, probabilmente per mostrarmi il suo disgusto, ma sinceramente i miei neuroni sono ancora fermi all’immagine di Daryl che si succhia il dito per poter ridere, innervosirmi, controbattere o qualunque altra reazione.
-Tieni.-
Mi passa la tazza e m’impongo di riprendermi. Basta fare la figura della tredicenne innamorata del proprio idolo, e che diamine!
Non che io lo sia di Daryl, sia chiaro!
-Grazie.-
Prendo la mia tisana attenta a non toccargli le dita per evitare di prendere la scossa, come spesso accade nei romanzi o nelle FF che ogni tanto leggo, e vedo che l’acqua è ancora limpida. C’è solo una chiazza marroncina.
-Te l’ho detto che il filtro va affondato! Guarda, non si è sciolto!-
-Fattelo tu, allora.-
Che nervi!
-Cavolo, ti costa tanto prendermi un cucchiaino?-
-Sì.-
Affila gli occhi come se volesse tagliarmi la lingua ma sono io a mordermela. E’ chiaro che vuole litigare e i nostri litigi sembrano più dei preliminari, decido quindi di soffocare tutte le repliche brillanti che mi vengono in mente.
Attenta a non rovesciarmi addosso il liquido bollente, mi alzo lasciando che il plaid mi scivoli dalle spalle.
Che veda pure il mio pigiama rosso di Minnie! Chi se ne frega!
Gli passo da sotto il naso calpestando la sua scarpa e, raggiunto il lavabo, getto l’acqua calda.
Mossa infantile, lo so. Ma in questa stanza, adesso, il livello di maturità è molto, molto, scarso.
Ricordo che Dixon ha lasciato il pentolino sul tavolo, per cui mi volto ma lo stronzo in persona mi blocca il passaggio.
-Mi fai passare?-
Chiedo inacidita incrociando le braccia e mantenendo lo sguardo fisso sul suo petto. Non si è tolto il gilet, forse ha paura che glielo rubi di nuovo.
-Guarda che non ho mai avuto intenzione di soffiartelo.-
E ci tengo a precisarlo!
Quando sollevo gli occhi sul suo viso, lo trovo con un’espressione cinica.
-Che c’è? Cosa dovrei farmene di un gilet alato?-
Non è neanche della mia misura, oltretutto.
-Non lo so. La stessa cosa che potresti fare con un cappellino con un teschio.-
Lo stomaco mi si stringe in una morsa spastica e il viso, nonostante l’alta temperatura, mi s’impallidisce.
Non può riferirsi ad un.. a quel.. al suo..
Ma lui pare leggermi nel pensiero perché mi guarda come se mi stesse sfidando a negare l’evidente.
Io non ho rubato il suo cappello! Cioè, non credevo fosse suo quando l’ho visto in officina.
So che questo non mi da’ comunque il diritto di prendere senza permesso qualcosa che non mi appartiene ma.. è così bello!
…!
E va bene! Sapevo ch’era di Daryl e volevo portarmi a casa qualcosa di suo!
E’ infantile? E’ ridicolo? E’ banale?
Mi dispiace, non posso farci nulla. Sono fatta così!
Inizio ad indietreggiare andando a sbattere subito contro il lavabo. La cucina non mi è mai sembrata così microscopica, eppure è la stanza più spaziosa di tutta la casa!
-Te lo avrei-
-Restituito?-
Lui e il suo dannato vizio di completare le mie frasi!
-Sì!-
-Sì..-
Mi fa eco solo per farmi sapere che non sono affatto credibile.
-Dico sul serio!-
-Certo. E scommetto che l’hai preso come garanzia.-
Continua a starsene fermo, con il sedere appoggiato addosso al tavolo, le braccia incrociate e l’espressione di chi ha già la vittoria in pugno. Non riesco a scappargli quando sono super vitale, figuriamoci adesso! Lo so io, lo sa lui.
-Si?-
Sfumo la risposta in un’incertezza perché ciò che sto dicendo ha dell’assurdo, me ne rendo conto.
-Che palle! Lo rivuoi?-
Annuisce lentamente senza togliersi quel ghigno che prenderei volentieri a padellate e decido che, in fin dei conti, restituirglielo è la cosa migliore.
Mi schiodo dal ripiano e lo oltrepasso. O meglio, ci provo.
Con uno scatto laterale, Daryl si piazza davanti facendomi quasi sbattere contro il suo petto.
E adesso qual è il problema?
Non faccio in tempo a chiederglielo perché mi afferra dai fianchi per sollevarmi e mettermi sul tavolo. Per prontezza di riflessi ho portato le mani sulle sue braccia e adesso che si è posizionato in mezzo alle gambe aperte, glieli stringo con vigore.
So di avere la bocca schiusa a causa dello shock, ma da essa non esce neanche un sospiro. Come vi ho già detto, lui il respiro me lo toglie.
Non ho idea di cosa voglia fare. Pensereste che sia una stupida perché il suo intento di baciarmi è palese a tutti, ma -credetemi- non è così. Mi fissa come se volesse entrarmi in testa, conoscere quali pensieri vi alloggiano e agire di conseguenza.
-Sei piccola.-
Lo mormora come se lo stesse ricordando a se stesso, ma continua ad alternare gli occhi da una mia iride all’altra.
-Ho diciotto anni.-
Ma ovviamente non tardo a precisare che sono ormai maggiorenne e che, qualunque cosa possa nascere tra me e lui, non sarebbe né illegale né immorale.
E poi, a dirla tutta, non c’è tutta questa differenza d’età! Diciassette anni cosa volete che siano?! Alcune tra le grandi storie d’amore di cui ho letto, sentito e raccontato vedono come protagonisti la disparità anagrafica.
-Sei vergine.-
Che??
Cazzo (passatemi il termine), poteva anche evitare di dirlo!
E da cosa l’ha capito? Per quanto il suo viso dimostri il contrario, non ha proprio l’aria da donnaiolo, dunque non avrebbe dovuto scoprire un segreto così intimo! Che Mery abbia ragione? Ho davvero l’odore di una vergine?
Abbasso il mento, stringendo le guance in un’azione che compio quando sono davvero ma davvero imbarazzata, e porto le mani in grembo per torturarmi le dita.
Quando possiamo ritornare il Daryl e la Beth che se ne dicono di tutti i colori?
-E sei pulita.-
Tipo che questo angelico elenco -enunciato, sì con un sussurro, ma quasi con rabbia- inizia a farmi sentire.. sbagliata.
-Perché.. perché mi dici queste cose?-
Il silenzio che segue mi porta a sollevare le ciglia per incontrare gli occhi di Daryl che non hanno mai mollato il mio viso. L’espressione è sempre la stessa: indecisa e intesa. Un po’ intimidisce, un po’ preoccupa, un po’ mette a disagio.
-Perché devo trovare una ragione valida per non toccati, ragazzina.-
Me lo ringhia in faccia e, a differenza di ciò che ha appena detto, rafforza la presa sui fianchi.
Credo che l’intestino mi si sia aggrovigliato ben benino mentre il cuore pompa così forte da essere certa che anche Daryl possa sentirne il battito.
-Queste non sono ragioni valide.-
Normalmente, in situazioni tese come queste, bisognerebbe almeno tentare di placare gli animi, non incoraggiarli, ma io gli ho praticamente detto che può fare di me ciò vuole.
-Tu non mi conosci.-
-Allora permettimi di farlo.-
Lui, però, resta sordo alla mia richiesta e continua ad esporre la sua teoria del contro.
-Non sai niente di me.-
-Perché non mi dai modo di scoprirti.-
Ma ha trovato un’ottima avversaria perché non ho intenzione di mollare, anche se ignora il mio disaccordo e continua imperterrito.
-Altrimenti le ragioni sarebbero valide oltremodo.-
Sospira in una risatina amara e questo per me è un primo pezzo di puzzle che raffigura la sua vita; se io sono interamente innocente, lui è l’esatto opposto. E’ chiaro che non è, per citare appunto uno dei suoi punti, pulito. Ma il trascorso di una persona, per quanto grave o sbagliato sia stato, resta tale. Ciò che conta è chi si ha dinanzi oggi.
-Non ho paura, Daryl.-
Ed è vero. Di lui non riesco ad averne.
-Tu non capisci.-
-No, sei tu che non vuoi farmi capire. E’ diverso!-
Adesso ho riacquistato quella determinazione che mi permettere di agire, portando le mani a stringergli il viso. Lui cerca di liberarsene subito muovendo il capo ma non desisto.
-Cosa c’è che non va?-
E’ ormai chiaro che entrambi desideriamo frequentarci, o qualcosa del genere. Ma se io sono disposta a rischiare consapevole di questo lato misterioso e tetro di Daryl che non conosco, lui preferisce evitare.
-Sono l’uomo nero dei tuoi cartoon preferiti, principessina!-
Me lo dice con disprezzo, impugnando i polsi per abbassarmi le braccia. Anche l’azzurro dei suoi occhi è diventato più freddo, tanto da farmi rabbrividire.
Si sfrega il viso con una mano e nega col capo prima di allontanarsi e uscire dalla cucina.
Rimango a fissare il punto dove solo pochi secondi prima avevo la visuale del suo petto e sentendo crescere una delusione nel mio, scendo frettolosamente dal tavolo.
Trovo Daryl pronto ad andarsene, con una sigaretta spenta in bocca.
-Sai? Non ho ben capito il senso della conversazione.-
Non è vero. Ho compreso eccome il suo intento a volermi girare alla larga, solo che.. non lo accetto.
-Meglio. Domani ti spedisco l’assegno.-
Balbetta a causa della cicca, infilandosi i Ray-Ban prima e i guanti di pelle dopo.
Io, invece, è come se avessi ricevuto un pugno in pieno petto.
-Quindi non ci vedremo più? Ho fatto il mio lavoro e tanti saluti, giusto?!-
-Allora il discorso l’hai capito!-
Che gran pezzo di stronzo!
A causa delle lenti scure degli occhiali, non so dirvi con certezza se mentre finisce di modellare i guanti guarda me, ma dall’inclinazione del viso, suppongo sia così. Per cui, non tardo oltre e lo saluto nel modo che merita, e che probabilmente gradisce poiché se lo va cercando: con l’alzata del dito medio.

****

-Ho fatto una stronzata.-
Lo sceriffo alza gli occhi dalla pila di fogli che gli arrivano quasi fin sotto il mento, e mi fissa cercando di lacerare l’impassibilità dei miei occhi e capire se sia il caso di preoccuparsi sul serio.
-Sei rientrato nel giro?-
L’idea di ritornare a partecipare alle corse clandestine è una dipendenza alla quale sto provando a resistere da ormai un anno, ma la nuova assuefazione è ancora più dannosa. E’ una droga che, purtroppo, ho già provato e che, porca puttana, mi è piaciuta da impazzire.
Nego col capo e adesso la curiosità di Grimes ha raggiunto i livelli massimi: quale colossale stronzata ha mai potuto fare questo coglione di Dixon?
-La ragazzina.-
I suoi occhi s’illuminano, come se avessi confermato una delle ipotesi che già aveva calcolato.
-Me la devi tenere fuori dalle palle, Rick.-
Raramente pronuncio il suo nome e quelle poche volte in cui accade è perché la cosa è grave.
-L’unico modo è sbattere dentro uno di voi due, Daryl. Non posso vietarle di venire in officina, ad esempio. E se vi incontraste al bar?-
-Ho della marjuana in tasca. Ingabbiami.-
Gli porgo i polsi ma lo sceriffo se la ride. Cazzo c’è di così divertente?
Sa che l’ossessione e la possessione mi spingono a diventare uno dei figli di puttana più pericolosi in circolazione. Lo sa!
-Prima la piccola Beth ti denuncia per molestie sessuali, e adesso tu mi chiedi di tenerti lontano da lei. Cosa c’è che non va in voi?-
-Mi prendi per il culo?-
-Per niente. Ci sta già pensando il karma.-
Gli lancio un’occhiata truce perché, karma un cazzo, lo sceriffo mi sta davvero prendendo in giro.
-Daryl, ascolta..-
-No, tu ascolta.-
Poggio un pugno sulla scrivania, e gli punto l’altro indice contro.
-Non voglio guai con la legge.-
-Non crearli, allora.-
-Se qualcuno si ritrova con il setto nasale rotto, non venire a rompermi i coglioni.-
-Mi stai, dunque, dicendo che se qualche.. amico.. di Beth dovesse denunciarti, io dovrei.. non compiere il mio lavoro?-
-Vedila come ti pare.-
Io l’ho avvertito. Ho avvertito tutti.
L’unico che non ho messo in guardia è solo il sottoscritto.






Note d’autrice
Ciao a tutte!!!!
Non ho molto da dire su questo capitolo, credo parla da sé! (Almeno spero!)
Spero vi sia piaciuto!
Se avete, però, qualche consiglio o c’è qualcosa che non gradite, come dico sempre, fatemelo sapere senza problemi!

Ringrazio tutte voi che leggete ( e tal proposito, mi farebbe davvero piacere conoscere -anche per messaggio privato- il parere delle ‘lettrici silenziose’. Solo per capire se la storia vi prende davvero o se il conteggio delle visualizzazioni è sballato! xD) e che mi seguite! :)

Un forte abbraccio e alla prossima!

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Oggi è lunedì.
In teoria dovrei essere nel mio ufficio a giocare a Tetris, subire le sfuriate di mia sorella, scambiare  quattro chiacchiere con i colleghi sorseggiando dell’ottimo caffè. In pratica mi trovo dentro il locale di Nick incappucciata e con la sciarpa fino al naso.
Sembrerebbe stia per commettere una rapina o qualcosa del genere (ho anche indossato la tuta rigorosamente nera) ma la verità è che non voglio correre il rischio di prendere una ricaduta. Quei tre giorni d’influenza sono stati una tortura. Ho dovuto subire l’assaggio del brodino di Mery; acqua bollita con un retro-gusto di sedano e carote.
So di essere difficilmente riconoscibile, ma, ahimè, me ne farò una ragione.
-Ciao Betty.-
Merda!
Ok, la verità è che voglio essere non identificabile. Sapevo che sarebbe stato opportuno indossare anche gli occhiali da sole. Peccato, però, sia una giornata nuvolosa.
-Ciao Charlie.-
L’uomo mi rivolge un sorriso radioso sollevando il pollicione all’insù. Lo imito strizzandogli l’occhio. Questo è il nostro saluto.
Ormai in questo locale siamo diventati tutti grandi amici!
Non lo credevo possibile, ma mi sento a casa qui. Molto più che a lavoro.
Coloro che reputavo rozzi maschiacci, sono invece delle persone fantastiche. Credo di essere diventata la loro mascotte, essendo sempre la sola, unica presenza femminile.
-Ehi, Eva Kant, hai intenzione di rimanere nascosta dietro l’attaccapanni ancora per molto?-
L’elemento da Nick citato è posto dinanzi la vetrina, dalla quale ho una perfetta visuale della… beh, sì.. dell’officina, insomma!
Oggi è il gran giorno e siccome ho lavorato duro affinché quel garage prendesse le giuste sembianze, ho il diritto di verificare di persona se tutto fila liscio, no?!
-Io non mi sto nascondendo!-
Lo dico con tono stizzito, seppur leggermente ovattato a causa del tessuto della sciarpa, e volto il capo verso il bancone dietro il quale Nick mi rifila un’ovvia occhiata scettica.
-Dal tuo stile, non si direbbe.-
-E’ solo una tuta!-
-Nera.-
-E allora? Non hai mai visto una ragazza indossare una tuta nera?-
-Certo che sì. Ma non ho mai visto una ragazza indossare una tuta nera, col cappuccio in testa, e la sciarpa rossa a coprirle il volto.-
Inarca un sopracciglio e incrocia le sue enormi braccia al petto.
-Se non ti conoscessi, penserei volessi compiere una rapina a mano armata, bambolina.-
Ecco, appunto.
-Cos’ha fatto stavolta?-
Non occorre che Nick specifichi chi. A lui basta osservare i comportamenti di entrambi, miei e dello stronzo, per capire.
-Mi ha rifiutata.-
-Cosa?-
-Ma pensa tu!-
-Bah!-
-E’ un idiota!-
Il coro dell’Antoniano.
Credevo che solo Nick potesse sentirmi, e invece ora tutti i presenti sanno di quanto sfigata sia in amore.
-E’ tutto ok, ragazzi!-
Rivolgo loro un sorriso, anche se non possono vederlo, e gesticolo con la mano per rimarcare un chiaro concetto: non ne vale la pena.
-Te lo ha detto lui stesso?-
Ripunto Nick, ancora immobile con le braccia conserte, e riavvolgo il nastro ritornando ad un momento in particolare di quel maledetto giovedì..
“Sei piccola.”
“Ho diciotto anni.”
“Sei vergine. E sei pulita.”

“Perché.. perché mi dici queste cose?”
“Perché devo trovare una ragione valida per non toccati, ragazzina.”
“Queste non sono ragioni valide.”

“Tu non mi conosci.”
“Allora permettimi di farlo.”
“Non sai niente di me.”
“Perché non mi dai modo di scoprirti.”
“Altrimenti le ragioni sarebbero valide oltremodo.”
“Non ho paura, Daryl.”
“Tu non capisci.”
“No, sei tu che non vuoi farmi capire. E’ diverso! Cosa c’è che non va?”
“Sono l’uomo nero dei tuoi cartoon preferiti, principessina!”

Da lì ho subito capito che Daryl nasconde un passato difficile e forse anche pericoloso, ma ancora oggi posso ribadire non aver paura di lui. Non ho idea di chi fosse o cosa facesse prima, però so chi è il Daryl di adesso. E non sono così ingenua da perdere la testa per qualcuno davvero dannoso.
Perché, mie care amiche, oltre al fattore chimica di cui vi ho parlato la volta scorsa, ne è nato uno ancora più profondo, che va -appunto- al di là della forte attrazione fisica: le emozioni.
Con lui.. cavolo, quando sono con lui mi sento viva! E non percepivo questa sensazione dalla morte di mia madre.
E’ come se sinora abbia imprigionato quest’animo avventuriero, allegro e vitale. E l’unico ad essere stato capace di aprire le cancellate con la chiave di una personalità forte, decisa e selvaggia, è stato solo Daryl.
Sbatto le palpebre risvegliandomi da questo momento di trance e vedo in graduale rapidità di nuovo la figura di Nick.
Ci fissiamo ancora per qualche abbondante secondo prima che il mio capo si muova in segno di smentita.
Dixon non mi ha detto espressamente di non volermi.
-E allora cosa ci fai qui?-
Eh?
Corrugo la fronte non comprendendo la retorica.
-Dai, bambolina, credevo ormai lo avessi capito! E’ nel linguaggio del suo corpo sul quale devi fare affidamento.-
E con queste parole, tutto intorno si blocca sino a scomparire. Ci sono solo il mezzo sorriso saccente di Nick, e i miei occhi spalancati.
In quel casolare, Daryl mi ha baciato. Ok, per la precisione sono stata io a fare la prima mossa, ma lui ha ricambiato. Eccome se lo ha fatto!
E poi… il modo in cui mi guarda... così intensamente da far tremare le ginocchia, bloccare il respiro e alterare il battito cardiaco.
Nick annuisce confermando il mio pensiero.
Mai affidarsi allo scarso linguaggio verbale di Daryl Dixon.

****

-Contieni il tuo entusiasmo, eh?!.-
Lancio un’occhiataccia allo sceriffo che si è fermato al mio fianco, accompagnando la battuta con un sorrisetto da culo. Se mi trattengo dall’alzargli il dito medio è solo perché ha di nuovo girato la testa verso la marea di persone che hanno affollato la mia officina.
E menomale che avrebbe dovuto essere una fottuta inaugurazione semplice e veloce!
C’è gente ovunque. Sconosciuti che ridono e brindano come se fosse una ridicola festicciola di compleanno.
Mi domando distrattamente quanti di loro conoscano il festeggiato o se sono qui solo per ingozzarsi di stuzzichini che io non ho di certo ordinato!
Ho una mezza idea, invece, su chi possa essere l’artefice di questo banchetto.
Che l’abbia fatto per ripicca o per provocarmi non lo so, ma se dovessi ritrovarmela davanti, in questo istante, giuro che le farei ingoiare uno di quei cosi rotondi con della crema verde sopra.
-Non mi aspettavo venissero anche Negan e Dwight.-
Seguo lo sguardo di Grimes e li becco anch’io.
Peccato, però, non poter fare altro perché una mano si appoggia sulla mia spalla in una stretta che ha lo scopo di fermare una marcia altrimenti già spedita verso quelle teste di cazzo.
-Non oggi e, soprattutto, non qui, Daryl.-
Mi si rivolge non più nelle vesti di amico ma di sceriffo, vietandomi quindi di cacciare fuori a calci nel culo i due uomini.
Negan è il solito fighetto; giacca di pelle, fazzoletto rosso al collo, cintura borchiata ai fianchi e jeans scuri. Sulla sua faccia, quel sorriso che gli garantisce il titolo di playboy. Cambia più donne che mutante.
Dwight, invece, è il solito sfigato leccaculo. Capelli biondi di media lunghezza che mi ricordano le setole di una scopa e  guancia sinistra deturpata da una violenta bruciatura.
Abbiamo gareggiato in parecchie corse e, devo riconoscerlo, è abbastanza bravo ma non quanto il sottoscritto. Per questa ragione, mi riserva un rancore che troppo spesso lo ha portato a compiere azioni che non avrebbe dovuto neanche pensare. Come cercare di rubarmi moto e gilet, ad esempio.
Dvvero una pessima mossa tentare di fregarsi i due oggetti ai quali tengo di più.
-Cerca, piuttosto, di capire chi è quella.-
Ancor prima che Rick me la indichi, i miei occhi hanno già intercettato la figura di una femmina minuta e magra, avvolta da un leggins nero di pelle e da una giacchetta dello stesso tessuto ma rossa. Ai piedi un paio di stivaletti dal tacco alto e sottile. I capelli sono sciolti e le ricadono sulle spalle in morbide onde dorate.
Come diavolo si è conciata?
Neanche mi avesse sentito, la ragazzina si gira mostrandomi un viso che non sembra il suo.
Si è pitturata la faccia!
Il nero che le tratteggia le palpebre, appena sopra all’attaccatura delle ciglia -curvate rigidamente all’insù- le evidenzia il blu di due occhioni curiosi che danzano ovunque. Le sottili labbra, distese in quell’abituale sorriso gentile, sono state invece macchiate di rosso.
-Accidenti, è Beth.-
Già. Accidenti.
Ma è quando posa lo sguardo si di me che questo pacato accidenti diventa un febbrile porca puttana.
Mi sta fissando come se stesse sfidandomi a non so cosa!
Il suo continuo osservarmi mi provoca un contorcimento delle budella e, seppur le persone continuano a passarci davanti, né io né lei interrompiamo questo contatto visivo.
Si passa la lingua sulle labbra, che stanno stirandosi in un sorrisetto ambiguo, e con passo sicuro e deciso, marcia nella nostra direzione.
Nell’immediato, l’odore di olio di motore e pizzette è sostituito da quello più delicato di fragola e vaniglia, il profumo della ragazzina che sta rivolgendo una smorfia schifosamente ammaliata a Rick, come se fosse veramente felice di vederlo. Gli appoggia una mano sulla spalla per baciarlo sulla guancia e lasciandogli, così, il marchio delle sue labbra.
Fisso quel timbro sulla pelle ruvida dello sceriffo e qualcosa di legittimo mi scatta dentro, tanto da spingermi ad agire con impulsività.
-Che cazzo fai?-
Le afferro il polso ancora alzato su Grimes e la strattono obbligandola ad allontanarsi da lui e guardarmi.
-Prego?-
Sia lei che Rick mi lanciano un’occhiata dubbiosa, e posso capire perché.  Sembrerebbe che il mio gesto sia stato provocato dallo scambio di smancerie tra i due, domanda a seguire compresa.
-Qui. Che ci fai qui.-
-Mi prendo il merito di ciò che in parte è mio, Mr Dixon.-
Spiccata e arrogante.
Che fine ha fatto quell’insicura ragazzina rompipalle dalle guance rosse?
Sfila il polso dalla mia mano e si porta i capelli dietro l’orecchio mostrando un orecchino a teschio.
Dal cappellino che mi ha fottuto e dalle t-shirt che spesso mi ha visto addosso, è evidente che abbia compreso la mia passione per i teschi.
Cazzo, mi viene quasi da ridacchiare!
E lei lo sa.
Riesce a cogliere l’angolo della mia bocca appena sollevato in un ghigno, che non so se essere più incazzato o compiaciuto, rivolgendomene uno soddisfatto.
-Congratulazioni.-
Sottotitoli: incassa, Dixon.
-Rick.-
Ci saluta e ritorna verso l’uscita lasciandomi imbambolato come un coglione.
Seguirla con lo sguardo mi è inevitabile, così come abbassarlo sul culo piccolo e ancheggiante, ma raggiungerla fisicamente è matematicamente certo poiché Negan l’ha fermata e adesso le sta rivolgendo un sorriso che nasconde un solo obiettivo: scoparsela.
-Davvero? A me piacciono le moto!-
-Si?! Potrei farti fare un giro sulla mia. Cosa ne pensi?-
-Penso sia-
-Un’idea del cazzo.-
Sento gli occhi della ragazzina addosso mentre mi piazzo al suo fianco, probabilmente irritata dal mio fastidiosissimo vizio di completare le sue frasi, ma è sullo stronzo che concentro la totale attenzione.
Corruga la fronte e mi guarda come se fosse confuso. Trascorre solo mezzo secondo prima di riacquistare il suo perenne ghigno bastardo e, insieme al battito di ciglia, il sorriso si espande.
-Daryl! E’ un piacere vederti.-
-Il godimento non è reciproco.-
-Oh, mi ferisci.-
-Con così poco.-
Entrambi stiamo fremendo dalla voglia di prenderci a cazzotti ma ci limitiamo solo a scontrarci con un’occhiata carica d’odio perché alle mie spalle la sola presenza dello sceriffo è già un chiaro avvertimento.
-Non volevo importunare il tuo meraviglioso zuccherino.-
Dedica una smorfia affettuosa alla ragazzina e prima ch’io possa trascinarla via, questa muove la lingua in una precisazione che ha appena messo tutti nella merda. Lei stessa compresa.
-Non lo sono. Lui è solo un mio ex cliente.-
Ed ecco che lo scintillio eccitato sfiora le iridi nere di Negan mentre si lecca le labbra con la punta della lingua in una minacciosa pregustazione.
-Dunque… la ragazza è libera.-
-Non lo è.-
-Sì che lo sono.-
La fulmino con lo sguardo intimandole di chiudere questa cazzo di bocca. Lei non lo sa, ma ha appena stuzzicato un pericoloso predatore.
-Hmm!-
Negan porta una mano sotto il mento, abbassandolo in un’espressione pensierosa.
-Mi pare di capire che esiste dunque un solo modo.-
Nello stomaco mi ribolle una rabbia che a stento sto riuscendo a controllare perché sì, esiste un solo modo per toglierle definitivamente dalle palle questo stronzo.
-A meno che…-
Si raddrizza solo per incurvare appena la schiena all’indietro e indicare la ragazzina con un dito.
-Lei non decida di sua spontanea volontà di-
-Dove e quando.-
Lo interrompo e il sorriso lento che gli tratteggia le labbra conferma che aspettava questo momento da parecchio.
-La mia piccola è già pronta. E la tua?-
Mi ha provocato presentandosi nella mia officina.
Ha ucciso mio fratello.
Mi ha stuzzicato verbalmente dal giorno della sua morte.
E adesso ha messo gli occhi sulla ragazzina.
Credo sia arrivato il momento di sistemare le cose.
-Aspettami fuori.-
Stringe le labbra e solleva le sopracciglia in una smorfia sorpresa  prima di scoppiare in una risatina sfottente.
Crede di avere la vittoria in pugno.
Dedica un occhiolino alla biondina e, fischiettando, esce dall’officina.
E non sa quanto si sbaglia!
Mi volto e trovo lo sceriffo proprio dove l’ho lasciato; sapeva che fermarmi anche stavolta dal raggiungere Negan, non sarebbe servito a niente.
Ci fissiamo per un lungo istante, attimi in cui gli trasmetto un solo messaggio: gli avevo chiesto di tenermi lontana la ragazzina, altrimenti ci sarebbero state delle conseguenze.
E questa, è la prima di tante.

****

-Vieni con me.-
Passandomi di fianco, Rick mi ordina di seguirlo. Con o senza imposizione, lo avrei fatto comunque.
Dopo aver recuperato il gilet, Daryl è uscito frettolosamente per raggiungere la sua moto e accodare in una sgommata la coppia di uomini, anch’essi in sella alle rispettive due ruote.
Emanava collera da ogni poro. L’ho visto irritato in molte occasioni, ma mai così furioso.
Forse è stato sciocco da parte mia contraddirlo davanti a quello psicopatico, ma credevo che provocarlo bonariamente lo avrebbe spinto ad ammettere che probabilmente anche lui prova qualcosa nei miei confronti. Che si tratti solo di attrazione o di affetto. Decidere se starmi alla larga o no, insomma. Altrimenti io rischio di uscire pazza!
Rick mi indica una Mercedes grigia e mi affretto a salire dalla parte del passeggero ignorando il dolore che inizia a torturarmi i piedi a causa di questi maledetti tacchi.
-Che succede?-
Gli domando non appena si accomoda anche lui. Ma non mi risponde. Si limita a lanciarmi una rapida occhiata indifferente, mettere in moto e sfrecciare via.
Allaccio subito la cintura, non perché in compagnia di un uomo di legge, ma per la sua guida da pilota di Ferrari, e cioè spietata e pericolosa.
Cavolo, non avessi la mente così occupata da pensieri relativi a Daryl, inizierei a recitare tutte le preghiere che mio padre mi ha insegnato!
Non ho idea di dove stiamo andando, ma mi rendo conto che -chilometro dopo chilometro- le strade diventano sempre più isolate e campagnole.
Lo stomaco, seppur vuoto, è in subbuglio e prima che vomiti sul serio, Rick inchioda all’improvviso da calamitarmi bruscamente il busto in avanti.
Visto quant’è importante indossare la cintura?! Se non lo avessi fatto, sarei volata via dal finestrino alla velocità di un razzo.
-Maledizione!-
Sbatte con violenza le mani sul volante e, con la mascella indurita, mantiene lo sguardo sulla strada.
Mi giro anch’io, scostandomi i capelli da viso, e capisco perché.
Ci troviamo davanti ad un bivio.

-Cavolo, corse clandestine.-
Rick ed io siamo scesi dall’auto potendo godere del venticello freddo sulla pelle accaldata del viso. Il senso di nausea è finalmente sparito.
Lui ha appoggiato il sedere contro la fiancata, incrociando le caviglie e stringendo le braccia al petto, io sono seduta sul ciglio della strada.
Dopo essersi calmato, lo sceriffo mi ha rivelato chi è Negan, lo psicopatico dal foulard rosso, e perché Daryl l’abbia tanto con lui.
A quanto mi ha raccontato, Dixon faceva parte di un gruppo di motociclisti, i TWD (nome alquanto azzeccato, direi, poiché chi decide di parteciparvi, rischia di diventare solo un morto che cammina) i quali gareggiano ancora oggi con la fazione nemica, i Saviors di cui Negan ne è il boss. Ed è proprio quest’ultimo ad aver barato durante una gara, mandando volutamente fuori strada, Merle, il fratello deceduto di Daryl.
Secondo la loro e unica regola, chi vince ha il diritto d’impossessarsi di ciò che appartiene o desidera l’avversario, proclamandolo come suo senza possibilità di patteggiamento.
In quel caso, Negan ha vinto la moto di Merle.
E adesso mi è finalmente chiaro il perché, la prima volta che l’ho incontrato, Daryl mi abbia presentata con il suo cognome.
Il perché l’abbia fatto, e cioè reclamarmi come sua, resta -per ora- un punto di domanda.
Ma ancor più irresoluta è la ragione di questa competizione, e cioè io.
Sospiro e alterno uno sguardo perso verso l’incrocio; Rick è sicuro abbiano preso la strada principale percorsa prima, ma da qui non ha assolutamente idea se si siano diretti a est o a ovest.
E’ anche certo, però, che ripercorreranno la stessa via.
-Daryl… Daryl sta bene?-
Lo domando senza chiedere un parere. Esigo una risposta concreta e so che Rick è in grado di darmela.
Mi rifiuto di prendere in considerazione la terribile possibilità che possa fare la stessa fine del maggiore dei Dixon.
-E’ un professionista. Puoi stare tranquilla, Beth.-
Il tono di Rick è rassicurante, così come il sorriso che mi rivolge. Cerco di ricambiare ma le mie labbra non ce la fanno a distendersi; tremano e gli angoli tendono a piegarsi all’ingiù.
Cazzarola, non devo piangere.
Ingoio con l’intento di sciogliere questo fastidiosissimo nodo in gola e mi schiarisco silenziosamente la voce.
-E sarà lui a vincere.-
Stavolta non articolo nessun quesito.
Sarà così e basta.
Per quanto la loro mente malata li porti ad agire come se io fossi un oggetto di cui appropriarsi, l’idea di ‘appartenere’ a Negan mi ripugna. Rick mi ha spiegato che per uno come lui, non bastano le denunce.  Semplicemente prende ciò che vuole, e lo fa in maniera così astuta da non dare alcuna scusante alla legge per sbatterlo dentro.
Inizio a sentire l’ansia crescermi dentro, ma il cuore si blocca non appena avverto il rombo di una moto in lontananza.
Sia io che Rick ci raddrizziamo, entrambi tesi.
Il cuore ha ripreso a battere con più forza e quando un puntino scuro diventa una chiara figura, temo possa rompermi la gabbia toracica.
Daryl frena davanti all’auto, dove Rick ed io ci siamo piazzati e, senza spegnere la moto, appoggia un piede a terra per sostenerla.
Le punte della frangetta sudata gli sfiorano le ciglia e le labbra sono dischiuse.
Fissa lo sceriffo per un istante che mi sembra interminabile e poi abbassa la mira su di me.
Se il loro sguardo mi è parso interminabile, questo è eterno.
Nelle sue iridi l’azzurro di un mare in tempesta mi travolge e mi annega con la stessa intensità di una potente onda, privandomi di ogni particella d’ossigeno.
-Sali.-
Me lo dice con tono roco, viscerale e indiscutibile.
Continuo ad osservarlo mentre il calore che ho percepito al petto si espande rapidamente ovunque, e finalmente la bocca riesce a distendersi in un sorriso aperto e radioso.
Ha vinto.


Nda:
Ciao a tutte!!!
Eccomi con un nuovo capitolo! :D
(Claudia, l’inevitabile avverrà nel prossimo, tranquilla!)
Spero vi sia piaciuto.

Nella precedente AU 'I was made for lovin' you', che per varie ragioni ho eliminato, avevo nominato il locale The walking dead. Ho deciso, quindi, di riportarlo anche in questa sfruttando il titolo della serie! :D

Per una quindicina di giorni non ci sarà, per cui non so quando potrò aggiornare.

Come sempre, ringrazio tutte voi che seguite e leggete la mia storia e, ovviamente, voi che mi permettete di conoscere il vostro parere!

Un abbraccio.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


L’uno di fronte all’altra, nel corridoio di casa mia, ad un metro circa di distanza, continuiamo a fissarci senza parlare.
Del resto, le parole non servono quando sono gli occhi a svelare ciò che le bocche non sono in grado di articolare.
Le sue iridi, ad esempio, non sembrano più contenere gocce d’oceano ma è come se le pupille si fossero interamente dilatate sfumando l’azzurro di un blu luminoso.
Non ho mai compreso appieno le sue espressioni facciali, ma adesso riesco benissimo a cogliere desiderio, soddisfazione e conquista. Forse perché sono le stesse emozioni che travolgono anche me.
-Ti avevo detto di non venire.-
E’ lui a rompere il silenzio che dura da ormai mezz’ora, ovvero da quando sono salita sulla moto e abbiamo lasciato Rick all’incrocio.
Per un attimo di spudorata follia, credo si tratti di un’allusione sessuale perché il modo in cui ha pronunciato la frase, con tono basso e graffiante, mi ha provocato un violento spasmo nel basso ventre.
Continuando a rimanere con la schiena e i palmi appoggiati al muro, deglutisco e mi passo la lingua sulle labbra secche, senza mai mollare questo prezioso contatto visivo. Non ci tocchiamo, né sfioriamo, ma sento su ogni centimetro della mia pelle il calore di una carezza rovente. La sua.
-Non potevo. Dovevo prendermi ciò che è mio.-
E anche la mia risposta sembra un riferimento a  qualcosa, o qualcuno, di palese. E la maniera in cui continuo a fissarlo, è fine ad accentuarne il retro-significato.
Daryl inclina di poco la testa di lato, assottiglia gli occhi già sfilati per natura e fa un passo avanti.
A ritmo, il mio cuore pompa più forte.
-Cioè?-
E no! Non sarò io la prima a cedere!
Mi pare di aver fatto enormi passi avanti con lui. Anzi, mi sono proprio dichiarata! Non lo farò di nuovo se è questo ciò che crede o vuole.
-Il merito della buona riuscita di un lavoro ben svolto.-
-Mh-mh.-
Un altro passo avanti di Daryl, un altro violento battito del mio cuore.
Cerco di deglutire un’altra volta, ma ora l’ingoio è duro da mandar giù.
Gli occhi, invece, iniziano indipendenti la loro pigra ascesa perché più Daryl si avvicina, più mi sovrasta.
-Mi hai fatto davvero incazzare, ragazzina.-
Schiudo le labbra per liberare un respiro affannoso ma smetto del tutto di prendere ossigeno quando Daryl si ferma a pochi centimetri da me e solleva le braccia per piazzare i gomiti contro la parete, ai lati del mio viso.
La sua frangetta ribelle, a causa dell’inclinazione del capo, gli penzola lasciandomi così uno spiraglio da cui posso osservare apertamente i suoi occhi: seri, lussuriosi e… arrabbiati. Molto arrabbiati.
-Hai idea in che guaio hai rischiato di cacciarti?-
Pone la domanda non con lo scopo di ricevere davvero una risposta, ma per farmi capire la gravità del pericolo che ho corso. E dopo il racconto di Rick, mi rendo conto di quanto stupida sia stata a mettere a repentaglio non solo la mia vita, ma anche e soprattutto quella di Daryl.
-Mi dispiace.-
Le fiato soltanto le mie scuse perché le corde vocali si sono aggrovigliate attorno al cuore che non si è rilassato neanche un secondo, anzi al contrario, batte ancora più forte, tanto da farmi male sul serio.
-Non ancora, ragazzina.-
E prima che possa chiedergli cosa intendesse, la sua bocca si ferma appena a qualche centimetro dalla mia.
Non la tocca, neanche la sfiora, ma posso assicurarvi che sento le mie labbra fremere.
Fisso quelle linee sottili avvolte dalla barbetta appena accennata e il desiderio di sentirne davvero il contatto si accende a velocità inaspettata. Mi basta solo sporgere il mento per baciarlo, ed è ciò che ho intenzione di fare ma lui lo capisce perché muove la testa spostando il mio obiettivo.
Sollevo gli occhi sui suoi e in essi becco un guizzo sarcastico ma sempre collerico.
Lo so che solo pochi secondi prima mi ero ripromessa di non fare più la prima mossa ma, credetemi, la mia bocca è calamitata dalla sua! E’ una reazione che non posso spiegarvi, dovete provarla per capirla.
I primi a fondersi sono i nostri respiri in una condivisione così intima che sento l’intestino aggrovigliarsi piacevolmente. Sono solo questi ad unirsi, però, perché appena prima di poter assaggiare le sue labbra, Daryl si sposta il necessario per impedirmi di fare ciò che desidero ma senza allontanarsi troppo.
Non mi sento rifiutata, non avrebbe un’erezione se così fosse, ma non riesco a capire il motivo di questa negazione. Che voglia tenere il muso per tutto il giorno?
Spero proprio di no perché, per la prima volta, sono pronta a concedermi ad un ragazzo senza alcun dubbio o esitazione.
E’ Daryl che voglio.
So che con lui non ho la certezza di una relazione eterna o responsabile, e onestamente neanche la pretendo, ma so che è lui l’uomo con il quale desidero compiere uno dei traguardi più importanti della mia vita. Non avrò pentimenti o rimorsi in futuro perché oggi, Daryl Dixon, mi ha permesso di rinascere. Di ritornare a vivere.
Stacco le mani dal muro e le innalzo sul suo viso. Ancora una volta, mi nega il contatto pelle contro pelle.
Questa privazione mi sta facendo impazzire!
Mi guarda come se stesse per mordermi da un momento all’altro, causandomi pensieri e immagini poco caste, ma continua a imprigionarmi col suo corpo, facendomi solo percepire la sua presenza mentre il mio ormai è fuori controllo.
E’ evidente che è proprio questo il suo intento! Sa quanto sia attratta da lui, sa l’effetto che ha su di me, quanto desideri toccarlo ed essere toccata. Il ricordo del nostro primo bacio non è mai sbiadito. Il cuore lo ha preso in custodia e la memoria lo controlla ogni santo giorno, ad ogni ora.
Non mi ero accorta di aver abbassato gli occhi sulla sua bocca e quando, in un battito di ciglia, li riporto sui suoi capisco dal modo in cui mi sta osservando che ha indovinato la trama dei miei pensieri.
E a quanto vedo, gli piace.
Senza rendermene conto, stacco il bacino dal muro così da finire addosso a lui e mi reggo stringendogli il gilet. Ormai non mi preoccupo neanche più di controllare le reazioni fisiche, per cui gli respiro sulle labbra e tento di baciarlo di nuovo.
Ho intuito il suo piano: farmi perdere la testa così come ho fatto io con lui.
-Mi dispiace, Daryl. Non sapevo chi fosse Negan e-
Non riesco a terminare la frase perché le sue mani mi hanno afferrato il viso costringendomi a mantenere il mio sguardo su di lui. Come se fosse stato facile distoglierlo!
-Come sai il suo nome?-
Perché mi sembra di aver svelato qualcosa che avrei fatto meglio a tenere per me?
-Me lo ha detto-
-Lo sceriffo!-
Esorta con un ghigno infastidito, interrompendomi di nuovo.
-La smetti di completare le mie frasi?-
Ci guardiamo in cagnesco rimanendo immobili. Lui con le mani chiuse a coppa sul mio viso, io con le mie ad impugnargli il gilet.
E’ solo questione di un attimo prima che accada l’inevitabile.
Con un impetuoso scatto, Daryl mi fa sbattere la schiena contro la parete e nel momento in cui mi sfugge un sospiro inaspettato e doloroso, la sua bocca s’impossessa della mia in un bacio aperto, violento e troppo a lungo rimandato. La sua lingua trova libero accesso assaggiando la mia con impazienti stoccate ma mi stringe così forte che quasi non riesco a muovere la mandibola per ricambiare.
Lui sembra aver capito perché fa scivolare le mani direzionandole subito sulle mie cosce e poi sul sedere che afferra con possessività sollevandomi da terra. Gli aggancio subito la vita aprendomi a lui e accogliendo nella mia intimità la sua durezza.
Non vi nascondo che un po’ tremo all’idea di riceverlo! Voglio dire, se attraverso la stoffa dei jeans sembra essere così… esagerato, non oso immaginare quando arriverà il momento!
Spengo questi stupidi pensieri e mi concentro sulle sue labbra. Come ben ricordo, sono morbide ed esperte e si modellano alle mie con una perfezione incredibile.
Mollo la presa che ho ancora sul suo indumento per circondargli il collo e affondare le dita tra i suoi capelli e tirarli.
Emette un verso basso e di gola la cui vibrazione si scatena nel mio basso ventre.
Se penso che solo pochi giorni prima quest’uomo, che adesso mi desidera con un’intensità pari alla mia, mi aveva rifiutato, mi sale un risolino sciocco e infantile.
Quando Daryl interrompe il bacio per permettere ad entrambi di riprendere fiato, mi guarda attentamente alternando lo sguardo da un’iride all’altra mentre il suo respiro veloce e ansimante fa ondulare alcune ciocche scivolate sul mio viso.
So cosa sta facendo. Vuole assicurarsi che in essi non vi sia alcuna traccia d’indecisione.
-Sono… sono pronta, Daryl.-
Anche se le guance s’infiammano rapidamente per un imbarazzo senza precedenti, ho preferito rassicurarlo a voce perché ho imparato che con lui bisogna essere chiari e precisi.
-Non si torna più indietro, ragazzina.-
Mai nessun avvertimento fu più piacevole!
-Posso sopravvivere!-
Gli rivolgo un sorriso sincero, ma le labbra non hanno la possibilità di distendersi perché quelle di Daryl sono di nuovo sulle mie in un bacio, stavolta, dolce e lento.
Scopro che si è mosso solo quando la mia schiena si adagia su qualcosa di morbido. Ero talmente presa dalla passione, da non essermi resa conto che Daryl si è spostato nella mia camera.
Il bacio si è frammentato, nel senso che adesso la sua bocca sta scendendo con dolci carezze dal mento, al collo, al solco dei seni. La morbidezza delle sue labbra con lo sfregare della barba, è qualcosa d’indescrivibile.
Il mio respiro è diventato vergognosamente sonoro e il bacino ha iniziato a muoversi senza che sia io a comandarlo. Lo scontro delle nostre intimità è qualcosa di, oserei dire, sacro. Lo so che, secondo l’insegnamento cattolico, fare sesso prima del matrimonio è peccato (e se solo mio padre lo venisse a sapere, credo che potrebbe morirne. Sul serio), ma sto permettendo ad un uomo di entrare non solo nel mio corpo, ma anche nell’anima. Mi fido, l’ho scelto e lascio che sia lui il primo.
Quante donne abbia avuto non lo so e non m’interessa, ma con me è anche la sua prima volta.
-Quante donne?-
Merda!
OkOk, non è vero che non m’interessa, ma credo che saperlo sia legittimo, no?!
Interrompe la sua dolce tortura e solleva solo gli occhi, osservandomi con un sopracciglio inarcato.
Cazzarola, intravederlo sul mio petto, con le labbra rosse e umide, è davvero… eccitante.
-Hm?-
Ecco, e adesso che gli dico?!
Sfilo le mani dai suoi capelli e con le dita della destra, mi gratto la fronte.
-Niente. Continua.-
Continua? Continua?
Devo aver perso il senso del pudore.
Ma lui non molla, ovviamente.
Facendo leva sulle braccia, le quali si gonfiano per la pressione dei muscoli, mi solleva incombendo su di me e schiacciandomi contro il materasso.
-Che cosa hai detto?-
Le guance già scarlatte per l’eccitazione e per la vergogna, s’infiammano ancora di più.
Stringo le labbra e distolgo lo sguardo.
Mi rendo conto che, a volte, sono proprio stupida!
Percepisco il suo guardo investigatore e, al diavolo il sesso, vorrei solo scappare via.
-Ragazzina. Parla.-
Che palle! Non può lasciar perdere e basta?
Mi afferra il mento e mi costringe a guardarlo.
No, non può lasciar perdere!
-Volevo… ecco, è solo una curiosità, ma volevo soltanto sapere quante… beh, si, quante fidanzate hai avuto.-
Forse riesco a salvarmi in calcio d’angolo. Il termine fidanzate mi ha salvato in extremis. So che non è un tipo da relazioni per cui la risposta che riceverò, se mai deciderà di darmela, chiuderà utopicamente una problematica paranoia.
-Hai detto donne.-
Va beh, lasciamo stare!
Sbuffo e resisto alla tentazione d’incrociare le braccia al petto come una bambina indispettita.
-Se hai capito, perché me lo hai fatto ripetere?-
-Perché è divertente.-
-E’ divertente mettermi in imbarazzo?-
Lui annuisce lentamente e ha anche la faccia tosta di sorridere!
Però… porca pupazza, quant’è dolce e sexy quando lo fa!
Allungo una mano accarezzandogli la guancia ruvida con i polpastrelli e seguo il movimento con gli occhi; mi sento troppo a disagio per guardare i suoi.
-Tre.-
-Cosa?-
Stavolta sono io a chiedergli di ripetersi, trovando il coraggio di mirarlo.
Ho sentito bene? Ha detto tre?
Ha borbottato, per cui è probabile che io abbia capito male.
Ma lui non risponde. Non si ripete!
E adesso io non saprò mai se ha avuto solo tre donne o tre fidanzate.
Onestamente credevo sarebbero state molte, ma molte, di più. Voglio dire, Daryl Dixon –per quanto stronzo, scorbutico, antipatico, taciturno, piantagrane possa essere- è un bel pezzo di manzo.
E’ inutile ripetervi la sua descrizione fisica, posso solo ribadire che il suo aspetto va oltre la semplice bellezza.
-Ragazzina, sei sicura di volerlo fare? Perché io non ce la faccio più.-
L’intestino mi si aggroviglia e il cuore batte a ritmo con un’altra specifica parte del mio corpo che di colpo sento… ahm, più calda e umida.
Lo sguardo di Daryl è la versione visibile con la quale ha pronunciato la frase: con urgenza, foga e sensualità.
Rispondere mi è di nuovo impossibile, quindi annuisco ricambiando uno sguardo carnale il quale è appena diventato il preliminare più eccitante che avessi mai potuto sperimentare.
-Se ti faccio male, devi dirmelo.-
Acconsento ancora una volta col capo, ma l’occhiata seriosa di Daryl non mi lascia scampo.
-Okay. Te lo dirò.-
E con una dolcezza impensabile, l’uomo dagli occhi di ghiaccio mi aiuta a scrivere una nuova pagina della mia vita.

Mi sveglio sentendomi interamente indolenzita. Non ho idea di che ora sia né quanto ho dormito.
Un forte acquazzone si scontra prepotente sulle finestre, dalle quali la luce dei lampi illumina a tratti la mia stanza.
Mi volto dall’altro lato e lo vedo; Daryl Dixon, con i capelli a coprirgli metà volto, che dorme sereno e spensierato come non lo avevo mai visto. Un sorriso mi esce spontaneo mentre la mano è già intenzionata a passare leggermente tra le sue soffici ciocche perennemente scompigliate. Mi chino e gli stampo un bacio altrettanto lieve sulla fronte. Odora di sandalo, sudore e sesso. Un profumo prettamente virile, così come lo è un’altra specifica parte del suo corpo, posso garantirvelo!
Cazzarola, ragazze! Ho fatto sesso!
Mi raddrizzo prima che possa svegliarsi e beccarmi in un momento maledettamente e noiosamente dolce, e cercando di essere il meno rumorosa possibile, scendo dal letto. Sono ancora nuda per cui afferro la prima cosa che sfioro con i piedi; dall’odore si tratta della maglietta di Daryl.
Sgattaiolo verso la porta ma prima di uscire e richiuderla, gli lancio un’ultima occhiata. Da quando lo conosco, ogni mattina mi sveglio con una pericolosa e piacevole ansietà: vedrò Daryl oggi? Trascorreremo del tempo insieme? Lo farò incazzare? E lui avrà intenzione di farmi passare un’altra imbarazzante giornata?
Credo ormai sia chiaro che lui sta diventando, giorno dopo giorno, sempre qualcosa di più. In sua compagnia, seppur rischio di dovermi travestire da scoiattolo o rovinare le scarpe nuove con della pittura, sto magnificamente. Ed io… amo stare con lui. E’ questa la verità.
E’ incredibile quanto sia forte la sensazione di conoscere quest’uomo pur frequentandolo da così pochissimo tempo.
Mi sto affezionando troppo raggiungendo quel punto di non ritorno? Probabile.
Mi farò male da sola, so anche questo, ma ho bisogno di sbatterci la testa.
Chiudo lentamente la porta e nel voltarmi la testa la sbatto eccome!
Riesco a trattenere un urlo sia di dolore sia di sorpresa e quando alzo lo sguardo, trovo il mio amico ad incombere su di me per sbirciare dentro la stanza.
-Dorme?-
-Jesus!-
I suoi occhioni azzurri abbandonano lo spiraglio per abbassarsi su di me e squadrarmi da capo a piedi con un sorrisetto che la dice lunga. Si ferma un po’ troppo all’altezza del collo e il sorriso si allarga spudoratamente. E’ il mio migliore amico, ok, ma inizio a sentirmi in imbarazzo, eh!
-Scopa bene?-
-E allora!-
Divento rossa quanto un peperone, perché per quanto scopi magnificamente, queste non sono domande da fare, e dandogli una spallata –che ovviamente non causa nessun effetto-, mi dirigo in cucina. Anzi, no. Forse è meglio andare in bagno e indossare un paio di mutandine. La maglietta di Daryl è extralarge su di me, ma voglio assicurarmi di coprire bene parti che –adesso posso dirlo- solo Dixon può vedere e toccare.
Evito di guardare lo specchio perché la ragazza che riflette sembra un’altra persona: ancora con le guance colorite, labbra gonfie, capelli spettinati all’inverosimile e trucco sbavato.
Dopo aver indossato un paio di slip puliti, prendo una salviettina e mi pulisco il viso, per poi dedicarmi ai capelli.
Ahimè, non resisto e mi specchio.
Caspita, sembro davvero un’altra ragazza! Non tanto per il sesso, voglio dire… non che un rapporto sessuale possa trasformarti, ma per gli occhi lucidi, per l’espressione appagata e per queste macchiette che ho sul collo.
Mi sporgo per studiarle meglio e avvampo quando capisco cosa sono.
-Succhiotti!-
Ecco perché Jesus mi fissava proprio qui! Ma porca miseria! Domani devo andare a lavoro e se Maggie li vede…
Sbuffo irritata e mi sciolgo di nuovo i capelli sistemandoli davanti cosicché possano nascondere questi marchi.
Dixon e la sua malata idea di possessione!
Quando raggiungo la cucina quasi mi vien voglia di fare dietrofront; Jesus e Mery, con un ghigno da schiaffi, seduti al tavolino, uno difronte all’altra, si voltano nella mia direzione e mi guardano oltremodo soddisfatti.
-Perché ho come l’impressione che il posto nel mezzo l’abbiate lasciato a me?-
-Perché sei una ragazza intelligente, Betty Boop.-
E con una mano dalle unghie laccate di blu elettrico, la rossa me la indica.
Sapevo che prima o poi avrei dovuto affrontarli, solo speravo non così presto.
Sospiro e, seguita dalla loro occhiata, mi accomodo sulla sedia nel mezzo.
Il silenzio che segue è solo scenografico; sia Mery che Jesus non vede l’ora di riempirmi di domande, soltanto che vogliono aumentare il disagio che provo.
Tanto vale, quindi, iniziare io stessa.
-Come… come sapevate che Daryl era-
-La moto!-
Non mi lasciano neanche terminare la domanda. Mi rispondono insieme, in una sintonia che non hanno mai avuto, entrambi ansiosi di sentire il racconto dettagliato.
Hanno dedotto che Daryl fosse qui dalla moto che ha piazzato in bella vista nel parcheggio riservato ai condomini.
Ottima mossa, Dixon!
Beh, non che io sia stata più lucida. Ero presa da altro…
Ricala il silenzio e lancio una rapida occhiata alle due pettegole che non smettono di osservarmi.
Mi schiarisco la voce e proseguo ponendo la domanda successiva, quella che mi sta tormentando l’anima.
-E da quanto siete… siete qui?-
Lo chiedo cercando di mostrarmi impassibile e disinteressata alla risposta.
Ovviamente non è così. Le molle del mio letto sono un po’ difettose e basta un minimo movimento brusco per farle cigolare, e di movimenti bruschi… beh, ce ne sono stati parecchi.
-Giusto il tempo di sitirti urlare un ‘siiii… continua! Ancora! Mi piace!’-
Alzo di scatto il mento su Jesus e gli rifilo un’occhiataccia.
-Sei un bugiardo!-
-Anche tu!-
E’ Mery ad accodarsi al ragazzo che ha sempre chiamato Pantene. Cos’è? Adesso sono diventati migliori amici?
-Non ho mai urlato queste frasi!-
-Ok, non l’hai fatto. Però è vero, ti piaciuto fare sesso.-
-Ma cosa c’entra?-
-Allora non ti è piaciuto.-
Maddai! Jesus sembra quasi deluso!
-Non l’ho mai detto!-
-Quindi ho ragione io, Betty Boop. Sei una bugiardella!-
-Quindi ti è piaciuto o non ti è piaciuto?-
Basta! Mi sta scoppiando la testa, e probabilmente il loro intento è proprio questo!
Mi alzo e vado a prendermi un succo dal frigo per poi appoggiarmi contro il ripiano della cucina.
-Domande sensate, per favore.-
Li avverto ingurgitando un abbondante sorso.
-Quanto ce l’ha lun-
-E soprattutto non troppo intime e personali!-
Aggiungo interrompendo la spudoratezza di Jesus che, con un sospiro rassegnato, richiude la bocca.
-Com’è successo?-
E’ il turno di Mery per l’interrogatorio. Almeno lei spero sia meno invadente!
-Abbiamo capito di essere attratti l’uno dall’altra.-
Semplice, no?!
-E’ stato gentile?-
L’adoro quando si comporta da mamma protettiva!
-Sì, lo è stato.-
Mi studia ancora per qualche istante ma la mia espressione serena la convince a credermi.
-Chi ha fatto il primo passo?-
Merda. A questa domanda non so replicare.
Forse io, presentandomi all’inaugurazione. O forse lui, imponendomi di salire in moto.
-Entrambi.-
Credo che come risposta possa andar bene.
-Ti sei pentita?-
Mery ed io ci guardiamo in un’occhiata, stavolta, più intensa e significativa.
Nego lentamente con la testa mentre le labbra si delineano in un sorriso sincero. Piega che anche quelle della mia amica imitano.
-Assolutamente no.-
Sussurro consapevole di avere un luccichio negli occhi.
-Che palle! Non sono queste le cose che voglio sapere.-
-E quali, allora?-
M’irrigidisco e il sorriso svanisce all’istante perché a contestare Jesus non sono stata né io né Mery, ma un uomo magnificamente a petto nudo, con indosso solo i jeans che sembrano risucchiargli quella favolosa V inguinale, i capelli ancor più spettinati e l’aria assopita di chi ha appena fatto dell’ottimo sesso.
Lancia solo una veloce occhiata disinteressata a Jesus prima d’inchiodare me con uno sguardo profondo e viscerale.
Mi sa che ho bisogno di aggiungere del ghiaccio al succo!
Senza mostrare alcun imbarazzo per l’argomento di cui si sta spettegolando, e che lo riguarda in prima persona, entra in cucina avanzando verso la sottoscritta.
E’ a piedi nudi e distrattamente mi domando se porta solo e soltanto i pantaloni, i quali esibiscono una vistosa protuberanza proprio lì!
I miei due amici si sono ammutoliti di colpo, me compresa, e quando Daryl mi raggiunge e mi ruba il succo dalle mani per terminarlo, rimango letteralmente senza fiato. Perché? Perché i suoi occhi liquidi mi stanno trasmettendo un chiaro e inequivocabile messaggio: inizia il secondo round, ragazzina.

****

-Questo cos’è?-
-Il pistone.-
-E questo?-
-Un altro pistone.-
-E questo?-
Le rivolgo uno sguardo incazzato e lei, di tutta risposta, alza le mani in segno di resa cercando però di trattenere un sorrisetto.
-Ok ok, la smetto. Non ti arrabbiare.-
Risucchia le labbra, incrocia le braccia dietro la schiena e si guarda intorno per osservare, come se fosse la prima volta, un posto che invece conosce quasi meglio di me.
E’ da circa un anno che la ragazzina si ferma in officina dopo il lavoro, così da –cito testuali parole- poter tornare a casa insieme.
E la casa in questione è la mia. E si trova proprio sopra il garage.
Credo le piaccia trascorrere il tempo con me, ma ha capito che le smancerie mi nauseano per cui evita di confessarlo trovando delle assurde alternative come questa.
Infilo di nuovo la testa nel motore dell’auto in riparazione e penso a quanto sia cambiata la mia vita da quando il microbo biondo ne è entrato a far parte, devastandola.
La prima novità? La convivenza.
Neanche lo sceriffo lo credeva possibile e quanto mi ha rotto le palle per questo… Adesso, per fortuna, ha smesso di essere una scheggia nel culo con la sua ironia.
Vivere con la ragazzina è come stare sulle montagne russe; ci sono giorni in cui mi piace dividere il mio spazio e giorni in cui vorrei sbatterla fuori!
E’ una piccola rompicoglioni ma devo ammettere che, per certi versi, è più matura di me.
Metà bambina, metà donna.
Un equilibrio che mi fa aggrovigliare il cervello.
Ma sono soltanto io ad esser diventato pazzo perché Nick e i ragazzi del bar, la venerano. La trattano come una creatura di specie rara e, quindi, da proteggere e custodire con amore. E anche con lo sceriffo il discorso non cambia. Da quando c’è lei, è quasi sempre tra i piedi.
Non che la cosa mi scocci, comunque. E’ divertente stare insieme quando i due non decidono di allearsi per farmeli girare.
Forse l’unica che può comprendermi è quell’altra squilibrata di sua sorella, Maggie.
Avevano un rapporto di merda quando ho conosciuto la ragazzina, ma adesso le cose sono un po’ diverse. Si comportano come due persone normali; la maggiore delle Greene ha smesso di comportarsi da stronza maniacale, e la piccola di crearle casini.
-Daryl?-
-Hm?-
Invece di parlare, sento le manine del pensiero che non si schioda mai dalla mia testa circondarmi i fianchi per aprirsi e fermarsi sull’addome.
E’ piccolina, per cui quasi mi sale in spalla per accostare la bocca al mio orecchio.
-Scommetti che indovino cos’è questo aggeggio che stai maneggiando?-
E’ impossibile che sappia cosa sia una testata ma il suo proposito è, infatti, perdere. Sta a me, poi, decidere se assecondarla o meno.
Tutto iniziò grazie o causa di una scommessa aperta non intenzionalmente, ma che io decisi di prendere alla lettera: mi ci gioco ciò che vuole che è un ex detenuto, e da quando la nostra è diventata una cosa duratura, non ha smesso di provocarmi.
-Sentiamo.-
-E se indovino, vuol dire che pure tu un pochetto mi ami, anche se non me lo dirai mai.-
Mi stampa un bacio sulla mandibola facendo salire la mano sul pettorale sinistro.
-Questo è…  il basamento!-
La sento trattenere il fiato perché non ha mai scommesso niente di così serio.
Inclino la testa nella sua direzione e, ricambiando il suo sguardo, le rivolgo un sorriso sghembo.
-Dunque… ho indovinato?-
Fiata visibilmente ansiosa e speranzosa.
I sottotitoli alla domanda compongono una frase ben diversa, per cui non posso darle una risposta che non corrisponde alla verità, seppur per gioco.
-Sì.-


Nda
Ed eccoci arrivati all’ultimo capitolo.
Stavolta sarò breve nella nota, promesso! xD

Ringrazio tutti voi che avete letto la mia storia, ma un ringraziamento davvero davvero speciale a chi ha condiviso come me il loro entusiasmo raddoppiando, così, il mio.
E’ per voi se ho avuto la voglia di continuare a pubblicare qui ogni capitolo.

Piccola parentesi. Per esperienze passate, vi chiedo solo di tenere per voi una recensione negativa (se mai avete intenzione di lasciarmene una, ovvio). Non perché non le accetti, anzi tutt’altro, ma perché avreste potuto scriverla qualche capitolo fa, aiutandomi e consigliandomi a correggere e/o modificare passaggi che non vi sono piaciuti.

Ok. Ho davvero finito!
Spero che questo finale vi sia piaciuto.
Grazie ancora.
Un forte abbraccio a tutti!!!


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