True Colours

di _BlueLady_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dieci passi ***
Capitolo 2: *** Cloe ***
Capitolo 3: *** La fragilità del diamante ***
Capitolo 4: *** Quando ormai è troppo tardi ***
Capitolo 5: *** Il regalo Perfetto ***
Capitolo 6: *** Ritrovare sè Stessi ***
Capitolo 7: *** Per un Amore non Corrisposto ***
Capitolo 8: *** Per una Certezza in più ***
Capitolo 9: *** Per una Manciata di Orgoglio ***



Capitolo 1
*** Dieci passi ***


Salve, popolo di Twin Princess!
Non mi conoscete probabilmente, sono una scrittrice nuova di zecca, ma forse non per tutte... difatti ho già postato alcune fan fiction nel forum dedicato alla coppia ReinxShade, di cui so di per certo che fanno parte alcune autrici presenti anche qui (sono io ragazze, ieia_babyblue, la vostra Vale! *__*)
Ebbene si, sono una Blue Moon, e sono venuta qui per rendere onore alla coppia! muahahahah!
Qui ho deciso che pubblicherò la mia collezione di One-shot dedicate al Blue Moon, ma non solo al Blue Moon.
Dunque, non mi protraggo oltre perchè penso di avervi annoiate già abbastanza, vi auguro solamente una buona lettura, se avrete voglia di recensire le mie storie non potrà fare altro che farmi piacere (criticate, criticate che fa sempre bene! xD)
Vi lascio alla lettura <3


 

Dieci passi 
 

Dieci passi.

Sarebbero bastati dieci semplici passi per raggiungere la riva del mare e poter sfiorare con la punta del piede le onde che si infrangevano sulla sabbia.
Una distanza insignificante per chiunque, ma non per lei.
 
“ Avanti, Rein, non è difficile, basta mettere un piede davanti all’altro, così ” diceva la madre, tendendole le braccia con fare incoraggiante.
 
Un piede davanti all’altro, già.
Sembrava tutto tremendamente semplice, eppure…
 
La piccola bambina dai capelli turchini osservava la donna sgranando i suoi occhioni azzurri con fare interrogativo e spaurito, mentre protendeva una manina verso di lei, e con l’altra si teneva saldamente aggrappata al divano.
“ Coraggio ”  la chiamava  la madre, sorridendole “ vieni da me ” 
 
“Vieni da me ” sembrava chiamarla il mare.
Da quanto non provava più la piacevole sensazione di sentirsi accarezzata dall’acqua, sentendo la sua pelle rabbrividire a quel freddo contatto…
La ragazza afferrò saldamente i braccioli della carrozzina sulla quale era seduta, alzandosi faticosamente in piedi, la fronte imperlata di sudore.
Ogni più piccolo gesto, anche il più semplice sembrava un’impresa impossibile da compiere.
Ma, nonostante la fatica, non si sarebbe data per vinta, non così facilmente.
La sua pelle era troppo desiderosa di assaporare il gelido bacio con l’acqua salata, i suoi occhi troppo avidi di confondersi con l’azzurro dei suoi fondali.
Se ne stava in piedi, ansimando faticosamente e osservando la sottile linea dell’orizzonte che divideva il cielo dal mare, l’aria dall’acqua. Sgranò i suoi occhioni azzurri con fare deciso e spaurito al tempo stesso.
 “Coraggio, Rein ” la chiamavano nuovamente le onde “ vieni da noi ”
 
Al suono di quelle magiche parole, la bimba lasciava il divano al quale era aggrappata e si dirigeva verso la madre, barcollando.
 
Quelle parole avevano quasi un effetto ipnotico su di lei.
Improvvisamente, la ragazza lasciò i braccioli della carrozzina alla quale era aggrappata, dirigendosi barcollante verso quell’enorme distesa d’acqua che esercitava su di lei così tanto fascino.
 
“ Uno, due, tre…” contava la madre.
 
- Uno, due, tre…- contava la ragazza sottovoce, muovendosi.
 
“ quattro, cinque… otto…dieci!”
 
- quattro, cinque….-
 
Ed ecco che la piccola perdeva l’equilibrio, venendo afferrata prontamente dalla madre.
“ Dieci!” diceva quella “ Dieci passi, Rein, brava! E tutto da sola!” e le schioccava un bacio sulla guancia. 
 
La ragazza si accasciò a terra, stremata e ansimante.
La fatica era stata troppa, le sue gambe non avevano retto.
Osservò con delusione le onde di fronte a lei:- Cinque - sussurrò amareggiata - Cinque passi e le avrei raggiunte da sola…-
 

¤¤¤¤¤¤
 

Seduta sulla carrozzina, osservava la sorella ridere mentre giocava a palla con il suo ragazzo, scuotendo i suoi buffi codini al vento:- Uno, due, tre…- contava, mentre la palla passava dalle sue mani a quelle del ragazzo biondo.
- Dieci - sussurrò lei, mentre la risata dei due si espandeva nell’aria.
- Dieci cosa?- le chiese il ragazzo dagli occhi blu alla sua sinistra. Lei si voltò prontamente nella sua direzione:- Dieci passi per raggiungere la riva del mare - disse, sorridendogli languidamente.
Lui la guardò mentre si voltava nuovamente ad osservare i due che giocavano – Sai cosa mi manca più di tutto da quando non posso più camminare, Shade?- disse, mentre i suoi occhi cercavano l’orizzonte – Poter nuotare tra le onde, lasciare che mi cullino e mi trascinino via -
Lo sguardo del ragazzo si spostò da lei all’orizzonte, dove candide nuvole sfioravano la superficie dell’acqua. Sorrise.
Poi si alzò dalla sdraio sulla quale era seduto.
- Shade, che stai facendo?!- esclamò lei, ritrovandosi improvvisamente sollevata dalla carrozzina, tra le braccia di lui.
- Visto che le tue gambe non ti ci possono portare…- diceva lui, portandola in braccio fino alla riva del mare - ti ci porteranno le mie -
 
Uno, due…cinque… Dieci passi.
 
Le onde erano così vicine da poterle quasi sfiorare con un dito.
Lui le prese una mano, guidandola verso la schiuma bianca che si era formata ai loro piedi.
- Le senti le onde, Rein?- le chiese.
- S-si - balbettò dalle sue braccia.
- Ti piacerebbe lasciarti carezzare da loro?- domandò, mentre si addentrava in acqua.
- NO!- urlò lei, puntando le mani sul suo petto nel tentativo di fermarlo.
Troppo tardi.
 
Altri cinque…otto…dieci passi.
 
Si ritrovò con l’acqua che le arrivava al petto.
- Shade riportami indietro, per favore…- lo pregò.
- Neanche per sogno!- esclamò lui – Hai detto che volevi nuotare, giusto?-
Lei lo guardò negli occhi, mentre sentiva la paura pervaderle il corpo.
Troppo tempo era passato dall’ultima volta, troppo. Ormai neanche si ricordava come si facesse.
E, nelle sue condizioni, come poteva pretendere di riuscirci?
Attorcigliò le braccia attorno al collo del ragazzo, stringendosi a lui:- Non lasciarmi - lo pregò, terrorizzata.
- Non lo farò- rispose lui.
- Shade…-
- Ti ho detto che non lo farò- ripeté lui.
- Promesso?- chiese lei, timorosa.
- Promesso-
E mentre diceva ciò, scioglieva le braccia da sotto le gambe di lei, portandole dietro la testa.
- Cosa è stato?- chiese lei, sbiancando quando vide le sue gambe galleggiare dietro di sé.
Lui ridacchiò – Shade!- sbraitò lei in un tono misto a rabbia e terrore – Avevi promesso!-
- Ssshh - la zittì lui, sciogliendo le mani di lei dal collo – Shade…- disse lei, terrorizzata – Tranquilla - rispose lui - ti fidi di me?- le chiese.
- Come?-
- Ti fidi di me?- ripeté lui, incontrando i suoi occhi. Intrecciò le sue mani a quelle di lei:- Chiudi gli occhi - le disse - chiudi gli occhi e lascia che io ti guidi - e le abbassò le palpebre, sfiorandole con le dita.
 
L’acqua gelida le sfiorava il corpo, l’odore di sale le penetrava fin nei polmoni.
Ondeggiava, cullata dalle onde, qualche spruzzo che le bagnava la faccia.
Quanto le era mancata quella sensazione, quanto tempo aveva aspettato prima di poter avvertire di nuovo il contatto della sua pelle con l’acqua, sentirsi parte di essa…
Le onde la spingevano in su e in giù, guidando il suo corpo E le sue gambe.
 
“ La cosa che mi manca più di tutte? Lasciare che le onde mi cullino e mi portino via ”
 
- Rein, apri gli occhi: guarda -
Fece come lui le aveva detto.
Sentì il panico pervaderle il corpo non appena realizzò.
- Shade!- urlò al ragazzo che le aveva lasciato le mani ed era leggermente distante da lei.
 
Come ci sono arrivata fin qui?
 
Shade, vienimi a prendere! Ho paura!-
 
Hai fatto tutto da sola, Rein.
 
- Per quale motivo? Sei arrivata fin lì da sola e adesso non sai più tornare indietro?-
 
Impossibile…
 
- Ma è impossibile!-
- Impossibile, dici? Eppure io ti ho vista con i miei occhi!-
- Mi prendi in giro?-
- Per niente -
 
Non posso credere di aver nuotato, non può essere…
“ Eppure è così: hai mosso le gambe dieci volte, lasciandoti cullare dalle onde ”
 
- Dieci?-
- Dieci passi, l’hai detto tu- disse lui, portandola fuori dall’acqua - Ora devi arrivare da sola fino alla carrozzina -
- No, non posso farlo-
- Per quale motivo?-
- Non ce la faccio -
- Non ce la fai?! Sciocchezze!-
- Shade!- urlò lei, protendendo il braccio verso di lui che si stava dirigendo da solo verso la carrozzina, l’altra mano aggrappata allo scoglio lì vicino.
- Puoi farcela, Rein! Sono solo dieci passi!- le urlava lui da lontano – E’ facile quasi quanto nuotare -
 
Facile quasi quanto nuotare.
“ Sei arrivata fin lì da sola, e adesso non sai più tornare indietro?”
“ Avanti, Rein, non è difficile, basta mettere un piede davanti all’altro ”
Dieci
“Dieci cosa?”
Dieci passi per raggiungere la riva del mare.
“Puoi farcela, Rein.”
 
- Posso farcela - sussurrò tra sé e sé – E’ facile quasi quanto nuotare -
E mollò la presa dallo scoglio.
 
“ Coraggio, vieni da me”
 
- Avanti, Rein! Vieni da me!-
Mosse un piede in avanti:- Uno…- sussurrò, barcollando.
 
“ Uno, due, tre…”
 
- quattro….- contava lui, incitandola sempre di più.
- quattro…- ripeté lei, ansimando per la fatica.
Un altro piede avanti.
- cinque - dissero in coro lei e lui.
Ormai sentiva le forze venirle meno, le gambe le tremavano….
- Non fermarti, Rein! Ci sei quasi!-
- Non ce la faccio…- disse in un sussurro, soffocando le parole in enormi sospiri.
 
“ Non ce la fai!? Sciocchezze!”
“ Sono solo dieci passi: uno, due, tre, quattro, cinque…”
“ Cinque... ancora cinque passi, e le avrei raggiunte…”
 
Fissò determinata la carrozzina di fronte a lei:- Ancora cinque passi - si disse, e mise avanti un altro piede - sei…-
 
“ Sette...”
 
- otto…- mormorava, ormai allo stremo delle forze.
 
“ Nove…”
 
Due braccia la afferrarono appena in tempo, evitandole una brutta caduta.
Lei tremava e ansimava, la fronte imperlata di sudore e le guance rosse per l’enorme sforzo appena compiuto….
- Dieci - le sussurrò all’orecchio il ragazzo mentre la stringeva a sé.
 
“ Dieci passi, Rein, brava! E tutto da sola!”
 
- Ce l’hai fatta, Rein, hai visto?-
- Ce l’ho fatta…- sussurrò lei, guardandolo negli occhi – Ce l’ho fatta!- urlò, abbracciandolo, le lacrime agli occhi dalla felicità.
- Io ne ero sicuro - disse lui, sorridendole.
- Shade…- sussurrò lei tra le lacrime.
 
La madre diede un piccolo buffetto sul nasino alla bimba che rideva contenta.
“ Imparerai presto a camminare, Rein ” le disse.
 
Il ragazzo diede un tenero bacio sulla fronte della ragazza che piangeva dalla gioia, stringendola forte a sé: - Tornerai presto a camminare, Rein. Te lo prometto - sussurrò.

 

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Capitolo 2
*** Cloe ***


Altra one-shot rispolverata dal mio archivio, scritta un pò di tempo fa e già postata altrove.
Premetto che non sarà una lettura felice, questa volta l'ho puntata un pò sul genere drammatico.
Spero la gradiate comunque =)
Colgo l'occasione per ringraziare tutte coloro che hanno recensito il capitolo precedente, spero che anche questo sia di vostro gradimento come il primo.
Buona lettura <3

 

 Cloe
 

Shade si infilò sotto le coperte del grande lettone matrimoniale nel quale la sua Rein lo attendeva con insolita tranquillità.
La ragazza stava seduta sul letto, la schiena appoggiata all’enorme cuscino e le mani che accarezzavano dolcemente il proprio ventre.
Gli occhi rispecchiavano una perfetta pace interiore, come se finalmente fosse riuscita a raggiungere il perfetto equilibrio che da tempo cercava.

Lui la osservò mentre gli sorrideva con una serenità che non gli aveva mai visto prima in volto. Si avvicinò a lei e la accolse dolcemente tra le sue braccia.
Rein si lasciò cullare in quel tenero e caldo abbraccio, chiudendo gli occhi e godendosi quel magico momento. Era tutto così perfetto!
Shade le diede un dolce bacio sul collo, lei si voltò e lo guardò intensamente negli occhi: quegli occhi così blu che l’avevano fatta innamorare sin dal primo momento.
Il ragazzo sorrise della timidezza di lei, che gli accarezzava delicatamente il viso, disegnandone i contorni.
Lui le scostò qualche ciuffo dal volto, poi le baciò teneramente la fronte. Le mani di Shade scesero lentamente sul ventre della ragazza, incontrando quelle di lei.
Le loro dita si intrecciarono, entrando perfettamente in simbiosi le une con le altre.
Il ragazzo prese ad accarezzargli il grosso pancione, appoggiandosi alla spalla di Rein e chiudendo gli occhi, come se desiderasse comunicare con la creatura che la ragazza portava in grembo.
- Ma ci pensi, Shade - diceva lei emozionata - Avremo un bambino!-
Sorrisero.
- Si, tesoro mio - le rispose lui ancora più in estasi - avremo un bambino -
Sorrise nuovamente, pensando all’incredulità delle parola che aveva appena finito di pronunciare.
Mai avrebbe pensato di ricevere una gioia tanto grande, mai avrebbe creduto che tutto quello che fino ad allora aveva semplicemente sognato si stava finalmente per realizzare. Ancora pochi giorni, e la sua Rein avrebbe dato alla luce il frutto del loro amore. Com’era orgoglioso di lei!
- Shade? – lo chiamò Rein distogliendolo dai suoi pensieri.
- Dimmi - Le rispose dolcemente lui.
- Credi che sarà un maschio o una femmina?-
- Mmh – fece pensoso - Non saprei. Perché me lo chiedi? Non avevi detto che non lo volevi sapere fino al giorno della nascita?-
- Si - rispose lei osservando il pancione che lui stava ancora accarezzando - però stavo pensando ad eventuali nomi da dargli…-
- E sentiamo: che nomi avresti scelto?-
Lei sorrise timidamente:- Beh, se fosse un maschio vorrei chiamarlo Louis, mentre se fosse una femmina mi piacerebbe darle il nome Cloe - annunciò, imbarazzata.
Shade ridacchiò divertito - Perché ridi?- disse lei, scrutandolo con i suoi occhi azzurri.
- Oh, niente - rispose, ma non appena incontrò il suo sguardo sospettoso - Cloe!- ripeté ridacchiando nuovamente.
- Bene: sentiamo che nomi gli daresti tu allora!- lo sfidò lei.
Shade stette qualche secondo in silenzio:- Dunque - disse infine, dopo una lunga riflessione - se fosse un maschio lo chiamerei William, mentre se fosse una femmina, le darei il nome Laila - disse convinto.
- Laila?- ripeté lei.
- Laila - ripeté lui.
Rein scoppiò in una risata cristallina - Ecco, immaginavo una reazione del genere…- disse lui rassegnato - Cos’è che ti fa tanto ridere?-
Lei smise di ridere e lo osservò intenerita: - Stavo pensando al nome William -
- E…?-
- E non mi piace per niente!-
- Se è per questo anche Cloe non è che sia poi tutta questa meraviglia di nome!- ribatté offeso lui.
- D’accordo- disse lei - Se la metti in questo modo, faremo così: se sarà maschio gli daremo il nome che ho scelto io, Louis, mentre se sarà femmina gli daremo il nome che hai scelto tu, Laila. Ti va bene?-
Shade le sorrise - Non potrei essere più d’accordo- e la baciò dolcemente sulle labbra.
 

 

¤¤¤¤¤¤
 

 

Un urlo di dolore squarciò il silenzio della notte, rompendo la religiosa tranquillità dell’ospedale.
Shade passeggiava preoccupato davanti alla porta della sala parto. Ormai era da ore che l’avevano portata lì dentro e non sapeva ancora nulla.
Niente.
Si sedette, continuando a ripetersi che era normale, che tutto stava procedendo bene. Lentamente, ma bene.
Le infermiere entravano e uscivano dalla sala senza degnarlo di uno sguardo, senza curarsi della sua preoccupazione, resa visibile dai suoi occhi.
Non avrebbe resistito ancora per molto: se Rein avesse urlato anche solo un’altra volta, sarebbe corso dentro da lei, che i medici avessero voluto oppure no.
Voleva starle accanto, farle forza. Voleva farle capire che non era sola.
Un altro urlo squarciò l’aria, Shade si alzò con impeto dalla sedia, ma riuscì a trattenersi, stringendo con forza i pugni.
Si rimise a sedere. Doveva lasciare a Rein tutta la concentrazione possibile.
Dieci minuti di silenzio. L’attesa era snervante.
La porta della sala parto si spalancò, il dottore apparve. Shade si rialzò dalla sedia e si diresse verso di lui.
- Dottore, allora?-
Lui scosse la testa, amareggiato - Il bambino tarda ad uscire e lei sta perdendo molto sangue -
Shade deglutì a fatica – Ma ce la farà, vero?- disse con un filo di ansia nella voce.
- Temiamo che possa esserci un’emorragia interna - continuò quello, in tono ambiguo.
- Dottore, mi dica che mia moglie sta bene e che ce la farà anche il bambino- disse risoluto Shade.
Il dottore si limitò a sospirare - Non posso assicurarle niente - e non aggiunse altro.
Quelle parole gli lasciarono un angosciante presentimento addosso.
Un’infermiera li raggiunse. Sussurrò qualcosa all’orecchio del medico.
- Può entrare ora- disse quello in tono freddo.
Non aspettava altro.
Shade si precipitò nella stanza. Non badò all’odore tremendo che c’era, lui voleva solo raggiungere la sua Rein e stringerla forte a sé.
La vide, le corse incontro, inciampando in alcuni teli che erano stati buttati malamente in terra.
Lei respirava a fatica, aveva il volto stravolto dall’enorme sforzo, eppure conservava sempre la sua candida bellezza.
- Shade…- disse con un filo di voce.
- Rein!- rispose lui, avvicinandosi ai bordi del letto.
- Shade, tesoro, è una femmina, è una femmina!- diceva lei tra un respiro e l’altro.
Shade la guardava sorridere - E’ meraviglioso, amore mio. Non sai quanto io sia fiero di te - diceva commosso.
I suoi respiri si facevano sempre più deboli – Shade, mi fa tanto male…- diceva, facendo scivolare debolmente una mano sul ventre.
- Non ti preoccupare, adesso ci penseranno i dottori - le rispondeva, fingendo un tono rassicurante e cercando di nascondere la paura che gli si leggeva in volto.
Mai pensare al peggio, mai.
- Dov’è lei? Voglio vederla - Disse lei in un sussurro, gemendo.
Un’infermiera accolse la sua richiesta, posandole sul petto la creaturina strillante. La piccola cessò di piangere non appena la sua bocca incontrò il seno della madre.
Rein sorrideva, accarezzando la piccola testolina della figlia. Shade le osservava, commosso. Gli occhi gli si riempirono di lacrime.
Da sempre aveva sperato di poter vivere una gioia simile, e finalmente il suo desiderio più grande era diventato realtà.
Perché allora quel terribile presentimento non cessava di tormentarlo?
Era come se presagisse che tutto quello che stava vivendo gli sarebbe presto scivolato via dalle mani, troppo presto. Perché la felicità è sfuggevole e inafferrabile.
Scosse la testa, scacciando via i cattivi pensieri.
Mai pensare al peggio, mai.
- Non è bellissima?- disse Rein con un filo di voce.
- Si, amore mio - le rispose in un lieve sorriso - è bellissima…- e le accarezzò la piccola fronte.
- Shade - disse Rein interrompendolo - prenditi cura di lei…- la sua voce si affievoliva sempre di più.
- Lo farò, Rein, amore. Lo faremo insieme - Diceva lui, trattenendo le lacrime.
Sentiva che qualcosa stava per accadere, che presto qualcosa si sarebbe spezzato.
Eppure non voleva, non doveva pensare al peggio.
Lei sollevò a fatica un braccio, e posò una mano sul volto di lui, accarezzandolo. Lui accolse la sua fragile mano tra le proprie e gliela baciò.
- Ti amo, Shade - disse in un sussurro.
- Anche io, Rein. Da morire -
Nello stesso momento in cui la bocca della bambina si aprì in un lungo sbadiglio, la mano di Rein scivolò impetuosamente sul letto, affiancando il suo corpo, inerme.
I suoi occhi e quelli della figlia si chiusero contemporaneamente. Pareva che entrambe dormissero in un sonno profondo.
L’orribile presagio tornò ad attraversargli la mente, come un lampo a ciel sereno.
Rein… Lei…
Non doveva essere, non poteva essere…
- Rein - sussurrò alla donna apparentemente addormentata - Rein…- Ripeté, in preda al panico - Rein!- disse, disperato.
La fanciulla aveva in volto un ampio sorriso, che esprimeva la felicità di una giovane ragazza di soli ventidue anni nell’immaginare un prosperoso futuro insieme al marito e alla figlia, come una famiglia.
Un futuro di cui, purtroppo, non avrebbe mai potuto farne parte.
Il ragazzo scoppiò in un lamento soffocato, mentre una morsa gli attanagliava il cuore, togliendogli il respiro.
Accasciò la testa al lato del letto, stringendo forte la mano ancora calda della moglie, sperando, pregando di essersi sbagliato…
Lei non reagiva a quel tocco disperato, ancora intrappolata nel suo profondo sonno…
No, non si era sbagliato, purtroppo.
Alzò lentamente la testa, realizzando con orrore il triste destino a cui era andato incontro.
Si voltò a guardare i panni sui quali era inciampato poco prima: erano completamente imbrattati di sangue, così come i piedi del letto sul quale giaceva Rein.
Con infinita tenerezza e abbozzando un amaro sorriso, scostò qualche ciuffo sudato dalla fronte della ragazza, poi gliela baciò, in petto una tempesta di emozioni mista a rabbia e disperazione.
Le lasciò la mano, constatando con rammarico che lei non aveva opposto alcuna resistenza a quel gesto.
Infine, accolse tra le sue braccia la piccola creaturina che ora riposava tranquilla.
La piccola sospirò, lui sorrise amareggiato - Mi resti solo tu, ora - Disse in un sussurro.
 

 

¤¤¤¤¤¤
 

 

Era passato un anno dalla nascita della bambina. Shade l’aveva cresciuta con l’aiuto di sua madre, e da poco la piccola aveva imparato a gattonare, girovagando per la casa desiderosa di scoprire le meraviglie che il mondo teneva in serbo per lei.
Amava particolarmente nascondersi nei luoghi più bui della casa, in attesa che il padre la trovasse per scoppiare in una sonora risata cristallina ogni volta che lui la prendeva in braccio facendole il solletico.
- Eccoti, ti ho trovata, piccola peste!- disse Shade afferrandola mentre quella rideva a più non posso.
I capelli lisci e morbidi, di un intenso viola scuro adornati da un simpatico cerchietto con un piccolo fiocco a lato balzarono in aria divertiti mentre veniva tirata su di peso.
- Paaaa!- diceva lei tra una risata e l’altra, rivolta al padre, quasi come per rimproverarlo.
- Pa oggi ha una sorpresa per te - disse Shade, dandole un buffetto sul nasino.
La portò in cucina, dove una piccola torta calda e fumante con una candelina sopra era posta sull’enorme tavolo in mogano.
- Uuuh!- fece la bimba, battendo le manine, entusiasta di quella novità che le si presentava davanti agli occhi.
- Ti piace, vero?- disse lui, mettendola seduta sul seggiolone.
- Maaaa!!- disse lei, protendendo le grasse bracciotte in direzione della torta.
- No - fece Shade - questa non è Ma. Questa è una torta! Prova a dire: Tor-ta!- disse, scandendo le sillabe.
- Maaaaaaaa!!- ripeté la bimba, sempre più impaziente ed eccitata.
Shade sospirò divertito: la golosità della bimba non aveva limite.
E, ancora una volta, aveva usato quel buffo appellativo.
“Ma”: quella era stata la prima parola che aveva imparato a dire.
La prima volta che Shade aveva udito la figlia pronunciare quella sillaba era stato per puro caso, quando la piccola aveva preso in mano la foto che il padre teneva sul comodino, quella che raffigurava una splendida donna dagli occhi azzurri e i capelli turchini tra le braccia dello stesso Shade.
“ Ma!” aveva detto convinta la piccola, puntando il ditino sulla figura femminile, come se sapesse chi fosse veramente quella donna.
Il ragazzo aveva sorriso teneramente alla figlia, mascherando l’amara sorpresa per ciò che aveva appena udito.
Ricordava benissimo l’acuta e fulminea stretta al cuore che aveva avvertito, quel giorno: impercettibile, ma dolorosa.
Ora la piccola chiamava qualsiasi cosa che non conosceva con quell’appellativo.
Shade tagliò una piccola fetta di torta, e la porse alla bimba:- Ecco, tieni- disse dolcemente.
- Ma!- ripeté lei, guardando prima la torta, poi il padre.
Shade vide due enormi occhi azzurri che lo fissavano perplessi. Sorrise alla figlia, dandole una piccola carezza sulla fronte.
Amava il suo sguardo: era identico a quello della madre.
Tagliò la torta in piccoli pezzettini, poi la porse alla figlia, dandole un tenero bacio sulla morbida guancia.
- Tanti auguri di buon compleanno, Cloe - Disse mentre guardava il cielo fuori dalla finestra, dove candide nuvole giocavano a rincorrersi.

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Capitolo 3
*** La fragilità del diamante ***


Song-fic scritta di getto, ascoltando una canzone che, sono sicura, nessuna di voi conoscerà (o, comunque, pochissime di voi la conosceranno...)
La canzone alla quale è ispirata si intitola "Diamonds are forever" degli Arctik Monkeys (mai sentiti nominare?? xDD)
Dato il titolo, ho subito pensato a una bella fic collegata ai diamanti...
E mi sono chiesta: quale personaggio migliore a rappresentarla, se non Bright? ^_^ Ebbene, eccola qui: un'intera fic dedicata a lui, tanto per cambiare un pò i personaggi.
Buona lettura a tutte <3

 


 La fragilità del diamante

 

Un lume nell’oscurità della notte.
Una scintilla alimentata da un raggio di luna.
Occhi che si accendono nel buio, vittime di quell’unica fonte di luce proveniente dall’oggetto più caro e prezioso che avesse al mondo.
Un diamante.
 

Diamonds are forever,
They are all I need to please me,
They can stimulate and tease me,
They won't leave in the night,
I've no fear that they might desert me.

 

 

 

Si, un diamante, il suo diamante.
L’unico oggetto che fosse rimasto realmente in suo possesso.
L’unica cosa che era stato in grado di non farsi sfuggire dalle mani, a differenza di tutto il resto…
Non avrebbe avuto alcun timore anche se questo gli fosse accidentalmente scivolato dalla sua presa ferrea: il diamante è il minerale più duro che esista, e non c’è pericolo che si possa distruggere.
Per questo si dice che i diamanti siano per sempre.

 
 

Diamonds are forever,
Hold one up and then caress it,
Touch it, stroke it and undress it,
I can see every part,
Nothing hides in the dark to hurt me.

 

Quel diamante era tutto ciò che potesse desiderare, non necessitava di nient’altro.
Di fronte ai tradimenti subiti in passato si era sempre mostrato un compagno fedele, pronto a sostenerlo in ogni avversità.
Con la sua impenetrabile corazza ghiacciata lo aveva protetto, facendogli da scudo.
La sua incorruttibilità gli aveva insegnato a reprimere ogni emozione.
La sua lucentezza era motivo di gioia. Pareva creasse un’indistruttibile pellicola in grado di soffocare ogni sua frustrazione all’interno di essa.
Più volte le tenebre avevano tentato di sfondare quella barriera indistruttibile pressando dall’esterno, e più volte essa si era dimostrata in grado di assorbire questi violenti urti, inglobandoli al suo interno per poi rigurgitarli in un secondo momento più opportuno.
Perfino quando Fine aveva rifiutato il suo amore non aveva ceduto.
Quando aveva dichiarato il suo interesse per Shade, stabilendo tra loro niente di più che una sincera amicizia, il diamante era con lui, pronto a difenderlo dalla disillusione di un amore non corrisposto.
Anzi, aveva brillato sprigionando tutta la sua lucentezza, come se volesse stabilire che, da quel momento in poi, avrebbe preso lui il posto di Fine.
E Bright lo aveva accolto a braccia aperte nel suo cuore, senza opporre resistenza.
Il diamante era come una donna per lui, la sua donna.
Poteva toccarlo, percorrendo con la punta delle dita le sue forme sinuose.
Poteva amarlo, lasciandosi sedurre dal suo fascino incantatore.
Poteva spogliarlo, scoprendone le sue parti più nascoste.
Poteva baciarlo, assaporando le sue labbra gelide e spigolose.
Il diamante era come una donna per lui, forse era anche meglio di una donna.
Lo amava, sapendo di essere amato da esso.
Perché i sentimenti di una donna sono sempre deboli e fugaci, ma quelli di un diamante rimangono sempre costanti nel tempo, senza affievolirsi mai.
Aveva in lui piena fiducia, conscio che non lo avrebbe mai ferito tradendolo.
Perché una donna può tradire, ma un diamante non può farlo.
Di fianco a lui si sentiva inviolabile.
Cosa se ne faceva dell’amore di una donna, quando poteva avere molto di più da esso?
 

I don't need love,
For what good will love do me?

Diamonds never lie to me,
For when lo
ve's gone,
They'll lustre on.

 

 


 

E il diamante aveva brillato di contentezza quando lo aveva fatto suo per sempre.


 

Diamonds are forever,
Sparkling round my little finger.
Unlike men, the diamonds linger;
Men are mere mortals who
Are not worth going to your grave for.

 

Di quel suo diamante amava soprattutto la costanza, e il fatto che non cambiasse mai, sebbene il tempo passasse.
Il tempo cambia i fatti, le persone e i sentimenti, ma un diamante rimane sempre lo stesso.
Per questo si dice che i diamanti siano per sempre.


 

I don't need love,
For what good will love do me?
Diamonds never lie to me,
For when love's gone,
They'll lustre on.

 
E il diamante continuò a brillare di contentezza finché non giunse il giorno della svolta.
Rivide Fine, quasi per caso, aggirarsi solitaria per il giardino del suo palazzo.
Si domandò per quale motivo fosse venuta lì: Shade non veniva mai a fargli visita e Altezza si era trasferita ormai da tempo nel regno di Auler, lasciandogli finalmente la sua sospirata intimità con il suo diamante.
Fine gli raccontò di come il tempo avesse cambiato i fatti, le persone e i sentimenti.
Shade si era sposato con Rein, il loro era stato detto amore eterno.
Quello trascorso con Fine era stato solo un attimo fugace di pura follia.
Anche lei ne era consapevole, perché lei era una donna, e i sentimenti delle donne fanno in fretta a cambiare, soggiogati dall’azione del tempo.
Era stato proprio il tempo ad aprirle gli occhi, e ad insegnarle l’errore commesso nella sua prima scelta.
Credeva che colei contro cui dovesse competere fosse la sorella, non si era resa conto che in realtà lo scontro era tra lei e il diamante.
Si, il diamante, quel diamante che ora era diventato l’amante di Bright.
Il giovane sussultò non appena apprese le sue parole.
Fine lo aveva posto davanti a una scelta, meglio, a una richiesta.
Porre lei al posto del diamante nel suo cuore.
E per la prima volta, dopo tanto tempo, il giovane tornò a sentirsi vulnerabile di fronte alla disillusione di un amore non corrisposto.
Il diamante continuava a brillare, pregandolo di fare la scelta giusta.

 
 

Diamonds are forever, forever, forever.

 

Il diamante…



 

Diamonds are forever, forever, forever.

 

L’amore…

 

 

Forever…

 

La sua scelta.

 
 

and ever.

 

Non era mai successo che, lasciando scivolare a terra un diamante, esso si rompesse in tanti piccoli frammenti senza alcun tipo di valore…

 
 

Da quel giorno, il diamante non brillò più.

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Capitolo 4
*** Quando ormai è troppo tardi ***


Hola ammòòre mie! (si oggi sono affettuosa..)
Dopo ventitrèmila anni, ecco che aggiorno questa raccolta di one-shot con questa one-shot "in due tempi", ovvero composta da due capitoli.
.... Aparte che se è composta da due capitoli non è una one-shot, ma fa lo stesso xD
diciamo che i due capitoli sono visti da due punti di vista differenti, perciò si possono anche considerare come due storie a parte.
Vedete voi.
Tanto sono entrambe deprimenti xD
Ma bando alle ciance, ora vi lascio alla storia.
Non deprimetevi troppo, che poi mi sento in colpa D:
<3

 

Quando ormai è troppo tardi

 


Una fitta lacerante ti penetra il petto non appena vedi le mani di lui congiungersi con quelle di tua sorella.
Lo vedi sorridere mentre la conduce al centro della sala per danzare un ballo riservato solo a loro.
Lo vedi socchiudere gli occhi nell’ammirare compiaciuto l’esile figura di fronte a sé.
Lo vedi rabbrividire di gioia mentre si crogiola nei suoi pensieri proibiti.
Vedi le sue labbra incresparsi, pronunciando tenere parole d’amore.

 
Parole che non sono riservate a te.

 
Soffochi un sospiro che ti fa morire dentro, mentre cerchi di prosciugare lacrime amare che tentano di sgorgarti dagli occhi.

Quelle limpide pozze cristalline che un tempo erano lo specchio della felicità. 
 

Fa rabbia pensare che, un tempo, la notte ti apparteneva.
Fa rabbia pensare di essersi destate dal sonno troppo presto, permettendo al giorno di soffocare gli ultimi raggi di luna.
Fa rabbia pensare che quel timido raggio di luna che pareva gelare qualsiasi cosa sfiorasse, ora riscalda col suo tepore un cuore che non sia il tuo.
 

Quella Luna era in realtà il tuo Sole
 Ma dei suoi raggi non hai saputo goderne.

 

Ed il tuo cuore è destinato a inaridirsi sempre più, sotto il flagello di quegli sguardi roventi.
Se solo avessi aperto prima gli occhi, se solo avessi imparato per tempo a leggere le parole che quei muri cobalto tentavano di celare sotto una finta coperta di ghiaccio, forse adesso non ti sentiresti così.
Hai preferito tentare di afferrare l’inafferrabile, piuttosto che aggrapparti ad un appiglio sicuro.
Ed ora che stai precipitando nel vuoto, anche quell’ultimo appiglio è diventato troppo lontano perché tu lo possa afferrare di nuovo.
Ti senti morire dentro, quando comprendi che sotto di te non c’è nessuno pronto a salvarti.


 Perché ormai è troppo tardi

 

 I sorrisi che lui e tua sorella si scambiano di tanto in tanto sono come dardi avvelenati.
 Ti lasciano l’amaro in bocca.
 Quella complicità che paiono avere l’uno con l’altra è come una gabbia impenetrabile che li isola dal resto del mondo.
 Il loro rifugio d’amore.
 Quel bacio carico di passione che fa danzare le loro lingue insieme è come un pugnale scagliato contro il loro nemico comune.
 Quel nemico sei tu.

 

  
E ti piangi addosso, consapevole che ormai è troppo tardi perfino per i rimpianti.

 

 …Cos’ha lei in più di te?
 Non siete forse gemelle?
 Non possedete forse gli stessi occhi, lo stesso viso, le stesse labbra?
 Non siete forse l’una la copia dell’altra?


Hai dimenticato che nessuna copia è mai identica a sé stessa?
 C’è sempre un particolare che sfugge...

 

 Osservare lei è come osservare il tuo riflesso.
 La bella copia di una lettera riscritta troppe volte.
 L’originale viene messa da parte, diventata ormai illeggibile.
 Tutti sanno che, alla fine, è la bella copia ad essere letta.


 

 Semplicemente, lei non è te.


 E ti viene da pensare che forse non lo hai mai meritato.
 Sapere che lui ti ha amato pare più una punizione che una soddisfazione.


 La tua unica, piccola certezza.
 

Una rabbia pungente ti sale in corpo non appena vedi le loro mani sfiorarsi.
 La gelosia ti ha resa a tal punto una così pessima persona, che sei incapace di rallegrarti per la felicità che lui è riuscito a trovare e che tu non hai saputo donargli.
 ….O, più semplicemente, che non hai voluto donargli…

   
Non ti hanno mai detto che “chi ama lascia amare”?

 E rimani prigioniera del tuo egoismo anche adesso che sembri aver trovato una soluzione che non noccia a nessuno.

   Avresti preferito risolvere la cosa in una maniera meno drastica,
 ma ormai è troppo tardi perché tu possa cambiare nuovamente idea.


 

 In silenzio ti dirigi nelle tue stanze, lanciando un ultimo sguardo d’addio al tuo principe proibito.

 

Sarà l’ultima volta che lo vedrai sotto quegli occhi, Rein

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Capitolo 5
*** Il regalo Perfetto ***


 
  ...Beh, vi avevo promesso il continuo del capitolo precedente ma, riflettendoci su parecchio, ho pensato fosse meglio lasciare a voi lettori la possiibilità di immaginarvi il finale, lieto fine o finale drammatico che sia (io optavo per il drammatico, vi avviso.... xDD)

Indi per cui, anche la one-shot precedente rimarrà una one-shot, senza capitoli aggiuntivi.
Spero di non avervi deluso con questa mia decisione, ma temevo che, rivelando il "mio" finale, si sarebbe rotta quella magia che invece ho tentato di creare.
Passiamo a questa one-shot, invece...
Scritta per il contest "My chocolate of St. Valentine's Day" indetto dal forum RxS, non ha ottenuto il posto da vincitrice, ma si è comunque posizionata in quarta posizione ^___^
Quindi, con la speranza che possa piacervi, la posto anche qui =)
Diamo una svolta a tutta questa drammaticità che ho portato in questa raccolta di one-shots con una storia che (spero) possa risollevare il vostro morale ^__^
Senza portarvi via altro tempo, vi lascio alla lettura.
UN GRAZIE A CHI LEGGE!


Il Regalo Perfetto
 

 
 

- Fine - disse un giorno Rein alla sorella - sono in crisi. Non so davvero che regalo fare per San Valentino quest’anno -
La rossa si tirò su dal letto con fare annoiato, emettendo un sonoro sbadiglio – Io qualche idea ce l’ho, ma ancora nulla di concreto- rispose tranquilla.
La turchina la osservò, sgranando gli enormi occhi azzurri –Non avresti qualche idea da consigliarmi? Una qualsiasi…- la supplicò.
Fine ci pensò su – Mmh - disse infine - perché non provi con qualcosa di originale? In questo modo non potrai far altro che stupirlo! - esclamò sorridendo fiduciosamente alla sorella.
- Certo, era mia intenzione fargli qualcosa di originale - rispose pensierosa, camminando nervosamente avanti e indietro per la stanza - il problema è che cosa…-
Fine la osservava con pacatezza, mentre le dita della mano destra giocavano con una ciocca dei suoi capelli rossi - Gli anni scorsi eri tu che davi consigli a me…- osservò.
- Gli anni scorsi ero anche convinta di riuscire a dare il mio regalo a Shade! - esclamò Rein voltandosi di scatto verso di lei - Ma evidentemente la fortuna non è dalla mia parte…-
Fine ridacchiò – Dai, non farne un dramma!- disse, raggiungendo carponi il margine del letto – Si è trattato solo di un periodo sfortunato, tutto qui-
- Un periodo sfortunato durato tre anni consecutivi?!- domandò la turchina lanciandole un’occhiata scettica.
Fine alzò le spalle disinvolta – Si è trattato solo di semplici coincidenze. Evidentemente non eri al posto giusto al momento giusto -
- E neanche con la persona giusta, oserei aggiungere! Chissà perché ogni volta che tento di fare un regalo di San Valentino a Shade il destinatario non risulta mai essere lui! - brontolò Rein appoggiandosi al davanzale della finestra della camera.
- In ogni caso, i tuoi erano sempre regali fantastici - mormorò la rossa sottovoce - E non si può certo dire che tu non abbia mai festeggiato San Valentino da tre anni a questa parte!- e tornò a ridacchiare tra sé e sé - Ricordi quella volta con Solo?-
- Eccome se la ricordo! - esclamò Rein.
Quello era stato il primo tentativo di Rein di dichiararsi a Shade.
Lo ricordava come se fosse ieri: al ballo in occasione della festa di San Valentino, che si teneva ogni anno in un regno diverso, aveva deciso di regalare al bel principe della Luna un raffinato fazzoletto di seta ricamato interamente a mano con una bella “S” al centro di un blu scuro brillante.
Ricordava quanto tempo aveva impiegato per farlo e quanto impegno e dedizione vi aveva applicato. Il lavoro era proceduto bene fino a un certo punto, quando all’improvviso Rein si era ritrovata maldestramente impiastricciata nelle cuciture, e aveva scoperto di aver cucito tra loro le estremità del fazzoletto.
- Dopo un attimo di disperazione, ricordo che avevo tentato di riparare il danno nel miglior modo possibile - sussurrò Rein in un sospiro.
- Tuttavia - la anticipò la sorella
– Tuttavia…- riprese la turchina…
…Tuttavia, il risultato era stato alquanto deludente: il fazzoletto somigliava più a un puntaspilli che ad altro, senza contare il fatto che si era straordinariamente ridotto di dimensioni.
Fortunatamente, la “S” era ancora ben visibile.
In fondo era il pensiero ciò che contava, no?
- Il giorno della festa ricordo che ero appartata in un angolo della sala a rimuginare se fosse il caso di consegnarglielo o meno…- continuò pensierosa.
- Quando arrivò Solo…- la interrupe nuovamente Fine, riuscendo a stento a trattenere le risate. Rein si voltò verso la sorella lanciandole un’occhiata di disappunto.
- Ti piace proprio rigirare il coltello nella piaga, eh?- le disse acida. La rossa continuò a ridacchiare tra sé e sé.
Rein stava rigirando la sua preziosa creazione tra le mani, quella sera al ballo, pensando a come consegnarla a Shade e balbettando tra sé e sé parole incomprensibili; poi si interrompeva poco convinta, infine, dopo una breve pausa, ricominciava daccapo.
La turchina era troppo impegnata a trovare le parole adatte con cui dichiararsi a Shade per poter notare l’arrivo del piccolo principe Solo.
“ Principessa Rein! ” aveva tentato di dirle, tirandole un lembo del vestito.
“ Insomma, basta!” aveva urlato Rein in quello stesso istante, stressata perché le parole sembravano proprio non voler collaborare quella sera “ Se la mettiamo così…” aveva esclamato poi con fare deciso, voltandosi di scatto “ Principe, io… sono venuta qui per darti questo!” aveva detto tutto d’un fiato, chinando in basso la testa e tendendo le mani verso uno Shade immaginario, convinta che non ci fosse nessuno nei paraggi.
Invece, qualcuno c’era…
Non appena aveva alzato lo sguardo, si era vista il volto sorridente di Solo scrutarla con un’espressione alquanto stupita: “Per me?” aveva esclamato tutto contento, afferrando il pacchettino di Rein.
“No, Solo, aspetta! C’è stato un errore tremendo! Hai frainteso…” aveva tentato di fermarlo, prima che potesse aprire il pacchetto.
Troppo tardi.
Il principino aveva già dilaniato la carta rossa che avvolgeva il prezioso dono, e aveva ormai tirato fuori dal pacchetto il… ehm… fazzoletto, se così lo si poteva chiamare, destinato in realtà a Shade.
“ Wow! ” aveva detto lui dopo un’attenta occhiata allo strano oggetto “ Che bel regalo! Sei stata proprio brava a ricamarlo, Rein! C’è pure la mia iniziale! Grazie davvero!” e le aveva rivolto un’occhiata raggiante “ E’ proprio bello questo cuscino! ”
- Ti rendi conto!?- esclamò Rein indignata, non appena ebbe finito di raccontare - Ha dato del cuscino al mio fazzoletto!-
Fine scoppiò in una fragorosa risata, incapace di trattenersi oltre:- Beh - disse, dopo essersi asciugata le lacrime che le colavano dagli occhi per il troppo ridere - devi ammettere che, date le dimensioni microscopiche di quel fazzoletto, il povero Solo non aveva tutti i torti a considerarlo un cuscino fatto apposta per lui…-
- Bah, nessuno è in grado di capire la mia arte. Shade l’avrebbe di sicuro apprezzata - sospirò la turchina, ritornando pensierosa.
- Dai, guardala dal lato positivo - la consolò la sorella - se non altro, hai reso felice il principe Solo -
- Come ho reso felice Tio e Narlo - esordì la turchina, sarcastica.
Fine scoppiò in un’altra sonora risata:- Mi ricordo!- esclamò rotolandosi sul letto dalle risate – Tio si è mangiato il pasticcino che conteneva la spilla destinata a Shade, mentre Narlo ti ha tranquillamente sottratto dalle mani la piccola composizione di creta che avevi fatto tu stessa e che raffigurava te e Shade mano nella mano, versione bamboline vudù, scambiandola per un giocattolo nuovo di zecca!-
- L’ingordigia di Tio è stata la mia rovina - sbuffò Rein a braccia conserte, sedendosi accanto alla sorella – E tengo a precisare che quelle di Narlo non erano affatto bamboline vudù!- esclamò poi accigliata, lanciando uno sguardo offeso alla rossa.
- Hai ragione, in realtà assomigliavano di più a dei cactus - rispose quella, senza badare alla reazione della gemella.
Dopo aver sbollito la rabbia anche per quell’ultimo insulto, la turchina prese a rattristarsi - Non riuscirò mai a trovare il regalo perfetto per Shade - sospirò.
Fine la osservò dispiaciuta e desiderosa di risollevarle un po’ il morale – Suvvia, qualcosa da regalargli lo troverai, sei sempre così ricca di inventiva! - le disse - E poi, mal che vada puoi sempre ripiegare su qualcosa di classico come del cioccolato…-
- Ma il cioccolato è una cosa scontata e banale!- si lamentò Rein.
- Non è vero!- esclamò Fine indignata, come se Rein avesse appena pronunciato un’eresia – Il cioccolato è sempre bene accetto. Io per esempio impazzirei se Bright mi regalasse un cioccolatino per San Valentino -
- Fine, tu impazzisci per qualsiasi cosa di commestibile…-
La rossa non badò alle parole della turchina, ma prese a ragionare sul da farsi.
La sua espressione pensierosa perplesse alquanto Rein.
Quando le vide illuminarsi il volto, poi, cominciò a preoccuparsi seriamente.
Chissà quale strana idea aveva concepito la sua mente contorta in quel momento…
La rossa si rivolse a lei con un sorriso, convinta di aver trovato la soluzione giusta – Che ne dici di regalargli un cioccolato speciale?- chiese poi con volto raggiante.
- Speciale?- domandò Rein sempre più perplessa.
Fine annuì – Un cioccolato che non sia il classico cioccolato che si regala a San Valentino; un cioccolato che racchiuda in sé un momento speciale che avete condiviso insieme, così non potrai di certo dire che non gli hai fatto qualcosa di originale - fece una pausa per sorriderle di nuovo - Come dire: “Classico, ma mai scontato”!-
La turchina ascoltò attentamente le parole della sorella, particolarmente interessata alla proposta – Mmh - borbottò - sai che come idea non è male? Potrei cominciare a lavorarci su…- disse infine.
Fine fu lieta di esserle stata d’aiuto.
- Ma come faccio ad inserire nel cioccolato qualcosa che lo riconduca ad un momento particolare che abbiamo condiviso insieme?-
La rossa alzò le spalle, sorridendole fiduciosa – La troverai. Quando meno te lo aspetti la troverai -

 
¤¤¤¤¤¤
 

 

Un giardino, una serra.
Due ragazzi che passeggiano tra il verde rigoglioso degli arbusti e le piante in fiore.
- Shade, posso farti una domanda?-
- Dimmi-
- Tu adori molto dedicarti allo studio delle piante, vero?-
- Si -
- E quale pianta preferisci in particolare tra tutte quelle che coltivi nella tua serra?-
Un sorriso.
- Perché me lo chiedi?-
Un’alzata di spalle.
- Non so, curiosità suppongo…-
Uno sguardo pensoso. 
- Direi la menta.-
- La menta…-
Un secondo di silenzio.
- Lo sai che la menta simboleggia l’amore perfetto che riesce a rimanere saldo di fronte ad ogni avversità?-
Uno sguardo perplesso.
- Cosa intendi dire?-
Un improvviso imbarazzo.
- Nulla, dicevo tanto per dire…-
 
Si svegliò, quella mattina, con la mente pervasa da quel piacevole ricordo che tardava ad abbandonarla. Ancora mezza assopita con gli occhi leggermente socchiusi, si crogiolò in quei piacevoli pensieri che sfumavano pian piano, lasciandole una calda sensazione in petto.
Era strano: di solito non le capitava quasi mai di ricordare momenti particolari della sua vita nel sonno, o, almeno, non momenti così.
Il suo era spesso un sonno senza sogni.
In ogni caso, non le era dispiaciuto affatto che la sua mente avesse rivangato quel lontano ricordo. Era come se avesse risvegliato in lei una sensazione di serenità che non provava ormai da molto tempo.
Sorrise, ripercorrendo con attenzione ogni singolo particolare di quel giorno trascorso insieme.
- La menta…-  sussurrò, socchiudendo gli occhi.
Un lampo di genio le attraversò la mente in un attimo. 
- La menta!- esclamò, balzando improvvisamente a sedere sul letto.
La menta, si certo! Come aveva fatto a non pensarci prima?
Sgusciò eccitata fuori dalle coperte diretta nelle cucine del palazzo, facendo attenzione a non svegliare Fine che emise un leggero grugnito non appena le passò di fianco.
Ancora non le sembrava vero.
Aveva trovato il regalo perfetto.
Sapeva cosa regalare a Shade.
 

 

¤¤¤¤¤¤
 

 

Quando arrivò la sera del ballo, il suo cuore cominciò a battere all’impazzata.
Pareva volesse quasi uscirle dal petto.
Troppi pensieri le affollavano la mente in quel momento.
Non appena giunse nel Regno della Luna, accompagnata dalla sorella Fine che si stava già dirigendo con volto raggiante verso l’ingresso dell’enorme palazzo, le venne un improvviso tuffo al cuore.
Il caso aveva voluto che quell’anno la festa di San Valentino si celebrasse proprio lì…
- Rein, vieni oppure no?- la chiamò la sorella, sbucando dall’enorme portone.
La turchina si riscosse dai suoi pensieri: preso un profondo respiro, stringendo il pacchetto tra le mani, si diresse a passo lento all’interno del palazzo.
Quella volta sarebbe stata la volta buona, ne era sicura.
 
Appena entrate furono accolte dalle altre principesse con grande enfasi.
Tutte presero subito a scambiarsi a vicenda le loro opinioni riguardo i regali che avevano preparato. Rein non volle dire a nessuno cosa contenesse il suo pacchetto, troppo agitata per poter rispondere a qualsiasi domanda le venisse posta.
Quando vide i principi avvicinarsi al loro gruppo, Shade in prima fila, il cuore riprese a batterle velocemente.
Nascose abilmente il pacchetto tra le pieghe del vestito, abbassando lo sguardo.
I principi salutarono con un caloroso sorriso le principesse, Shade le sembrò piuttosto imparziale. Non sembrava né felice, né dispiaciuto di rivederla.
Assolutamente indifferente, anche se più volte aveva notato il suo sguardo posarsi velocemente su di lei, per poi ritrarsi non appena lei alzava gli occhi.
A metà serata, decise che era arrivato il momento di agire.
Aveva pensato un metodo alquanto discreto e sicuro, quella volta non ci sarebbero stati errori.
Senza dire nulla a nessuno, avendo cura di non essere vista, scivolò cautamente nel corridoio interno al palazzo che conduceva alle camere da letto dei sovrani.
Individuata la stanza di Shade, dopo essersi data un’ultima occhiata intorno, fece scivolare lentamente la mano sulla maniglia della porta, abbassandola.
Appena entrata, un odore acre e pungente le pervase le narici.
Avrebbe riconosciuto quel profumo ad occhi chiusi: menta.
Direttasi verso la scrivania di Shade, mentre sfilava il piccolo dono che aveva in serbo per lui dalla tasca della sottogonna, lo appoggiò delicatamente accanto a una decina di libri impilati l’uno sull’altro. Lo osservò, vi appoggiò accanto un piccolo biglietto, e uscì dalla stanza silenziosamente così come era entrata.
Quando ritornò alla festa, fu lieta di constatare che nessuno si era accorto della sua momentanea assenza. Un enorme sorriso le apparve sul volto mentre si rendeva conto che ce l’aveva fatta.
Quella volta ci era riuscita.
Nel tornare, soddisfatta, tra il gruppo di amici, si scontrò maldestramente con qualcuno.
Non appena alzò gli occhi per vedere chi fosse quel qualcuno, arrossì involontariamente.
Era Shade.
- Scusami, principessa, non ti avevo proprio vista - disse quello cordialmente.
Rein si perse completamente nel suo sguardo profondo.
Per evitare di tradire i suoi sentimenti prima del dovuto, si limitò a distogliere gli occhi dal suo volto – Scusami tu, Shade, non so proprio dove ho la testa oggi - disse.
- Colpa della troppa emozione, suppongo - rispose lui in tono pacato.
- C-come?- domandò Rein, sgranando gli occhi.
Shade non si scompose minimamente – Pare che oggi ci sia gran fermento tra gli inviati. Sarà a causa dell’ atmosfera mielosa che si respira nell’aria, oggi - disse.
Rein deglutì: atmosfera mielosa. Il tono con cui l’aveva detto pareva quasi sprezzante.
Il principe si congedò quasi subito da lei, assumendo un atteggiamento piuttosto freddo e distaccato. Pareva quasi che volesse allontanarsi al più presto, come se avesse commesso un danno che voleva tenerle nascosto.
Prima di andare, però, si voltò rivolgendole un ultimo sguardo – Rein?- domandò, incerto.
Sentirgli pronunciare il suo nome la fece sussultare involontariamente.
- S-si?-
Shade scosse la testa, rivolgendole un lieve sorriso – No, nulla - e se ne andò.
 
La serata terminò piuttosto in fretta, ma tornata a casa Rein si sentiva lo stesso stanca e spossata.
Un’inquieta agitazione le palpitava in petto nel ripensare a ciò che aveva lasciato in camera di Shade: aveva fatto bene a farlo? E se non gli fosse piaciuto?
Dal tono sprezzante con cui aveva parlato della festa poco fa, pareva proprio che odiasse quel tipo di festeggiamenti.
Rein sospirò, sfilandosi lentamente il vestito che aveva indosso. Lo stirò un poco, lo ripose nell’armadio. Stava per chiudere le ante quando un “toc” improvviso attirò la sua attenzione.
Proveniva dall’armadio.
Rein si voltò, scrutando con attenzione i vestiti al suo interno: pareva tutto in ordine.
Per ultimo prese ad esaminare quello che aveva appena indossato, e si accorse di un piccolo oggetto argentato che brillava ai piedi dell’abito.
“ Che strano, non ricordavo di aver dimenticato qualche cosa nella tasca del vestito…” pensò.
Raccolse il piccolo oggetto, lo esaminò attentamente, sussultò quando capì di cosa si trattava.
Un cioccolatino.
Volse di nuovo lo sguardo dove lo aveva trovato, alquanto perplessa: scovò anche un piccolo biglietto che prima non aveva notato.
Lo prese in mano, titubante.
Lo aprì, allibì quando lesse ciò che c’era scritto sopra.
Contro le avversità che l’amore ci riserverà”.
Sorrise.
Ancora incredula, privò pian piano il cioccolatino della carta argentata che lo avvolgeva, e lo mise in bocca, assaporandone il gusto.
Sapeva di menta.
 

 

¤¤¤¤¤¤
 

 

Shade dopo la festa tornò nella sua stanza con un lieve sorriso che gli velava il volto.
Si stupì di quanta temperanza era riuscito a disporre quella sera.
Era andato tutto secondo i suoi piani: Rein non si era accorta di nulla come aveva sperato che facesse.
Quella ragazza era talmente assorta nei suoi pensieri a volte, che nemmeno si accorgeva di ciò che le accadeva intorno. Shade sapeva che poteva sfruttare questa sua piccola debolezza, e approfittarne per metterle nella tasca del vestito il cioccolatino alla menta che aveva preparato apposta per lei.
Sperava solo che la frase scritta nel biglietto la aiutasse a ricordare.
Chissà se aveva già scoperto della sua esistenza oppure no…
Con la testa affollata da mille pensieri, si tolse il pesante mantello che portava indosso, appoggiandolo sullo schienale della sedia della scrivania.
Stava per dirigersi svogliatamente verso il suo letto, troppo impaziente per poter prendere sonno, quando un curioso oggetto lucente lo distolse dai suoi pensieri.
Si avvicinò incuriosito, esaminandolo attentamente dall’alto.
Pareva un regalo di San Valentino, e c’era anche annesso un biglietto.
Prese in mano il piccolo foglietto e lo aprì: diceva semplicemente “In occasione di un ricordo lontano”.
Un unico pensiero gli attraversò subito la mente: Rein.
Ridacchiando tra sé e sé e osservando il piccolo regalo appoggiato sulla scrivania, lo prese in mano. Lo scartò, poi lo assaggiò.
Aveva il sapore di un ricordo lontano.
Menta…
Sorrise.

  

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Capitolo 6
*** Ritrovare sè Stessi ***


...Buh!
Lo so, lo so, ultimamente sforno aggiornamenti su aggiornamenti e non ne potrete più ma sono un pozzo di idee, e di alcune devo proprio liberarmene altrimenti il mio cervello assai piccolo rischia di esplodere.
Questa one-shot ha come protagonista Fine, la gemella dai capelli rossi.
L'ispirazione mi è venuta d'improvviso, un vero e proprio lampo di genio, e a mio parere Fine era perfetta per questa parte.
Beh, auguro a tutti una buona lettura, sperando che lo sia ^___^
Come al solito ringrazio tutti coloro che leggono e/o recensiscono =)

 

Ritrovare sé stessi
 

Fine sospirò affacciata alla finestra della sua camera.
Osservava il giardino di fuori, dal quale provenivano allegri schiamazzi e sonore risate.
La sorella giocava a rincorrersi allegramente con Shade.
Già, Shade… il suo Shade…
Fin dalla prima volta che lo aveva visto, sapeva che sarebbe sempre stato il suo unico, vero amore.
Peccato, però, che per lui non fosse mai stato lo stesso…
Lo vedeva con che indifferenza la trattava, a differenza della sorella alla quale rivolgeva tutta la premura possibile.
Lo capiva quando si animava di gelosia, udendo Rein lodare ripetutamente Bright.
Lo notava quando rivolgeva occhiate nascoste alla gemella, e un lieve sorriso gli illuminava il viso nel costatare la vivacità e l’allegria di quest’ultima.
Quegli occhi cobalto che l’avevano trafitta fin dalla prima volta in cui ci si era persa dentro non erano mai stati riservati per lei.
Sospirò di nuovo sconsolata, appoggiando nostalgicamente il volto sul palmo della mano.
Cos’aveva Rein in più di lei?
Erano gemelle, dopotutto, no? Erano praticamente identiche.
E allora perché Shade riservava attenzioni solo per Rein?
Come aveva fatto la turchina a far breccia nel suo cuore senza neanche volerlo?
Gli schiamazzi dal giardino si fecero più acuti, le risate più frequenti e vivaci.
Fine notò con un velo di gelosia Shade che afferrava la sorella per la vita, facendola volteggiare in aria.
Nel notare il sorriso sincero e spontaneo che il ragazzo aveva dipinto in volto, si sentì male.
Una fitta lacerante al cuore la trafisse, la gelosia si impadronì di lei.
 
 

Invisibile…
 
 

Era completamente invisibile ai suoi occhi.
Si allontanò dalla finestra con il cuore ancora gonfio di amarezza.
Notò la specchiera di fronte a sé, e il suo volto riflesso all’interno.
Si avvicinò piano, sfiorandosi delicatamente il volto con la punta delle dita.
Accanto allo specchio, una foto della gemella le sorrideva allegramente.
Fine la sfiorò, facendo scivolare lentamente la mano verso il basso.
 
 

Identiche…
 
 

Erano due gocce d’acqua.
Gli stessi occhi, lo stesso naso, lo stesso sorriso…
Eppure Rein aveva quel tocco in più che la rendeva affascinante agli occhi del principe della Luna… tremendamente affascinante…
Qual’era quel tocco in più?
Qual’era quel particolare che rendeva la sorella così capace di piacergli?
Perché quella marcia in più non era stata riservata a lei, invece?
Stanca della sua stessa immagine, voltò le spalle allo specchio, adirata con sé stessa.
Lei non era niente
Lei non era niente mentre invece Rein era tutto.
Non riusciva a capacitarsene.
Forse, se fosse assomigliata ancora di più a lei, magari Shade l’avrebbe finalmente notata, avrebbe rivisto in lei il riflesso della gemella e se ne sarebbe finalmente innamorato.
In questo modo, entrambi avrebbero ottenuto ciò che volevano: l’uno la sua principessa, l’altra il suo principe, e senza scomodare più di tanto Rein.
Scosse la testa, amareggiata, tentando di scacciare via da sé quel pensiero insensato.
Essere amata come un semplice riflesso di una persona che in realtà non si è non era soddisfacente, anzi, non lo era per niente.
Perché questo sarebbe stata: un semplice riflesso della sorella.
Un riflesso che ne avrebbe conservato tutte le fattezze fisionomiche, ma nulla di più.
Perché osservare la sorella era come guardarsi allo specchio: ne percepiva la somiglianza, ma riconosceva che quella che stava osservando non era realmente lei.
Rein era vivace, affascinante, imprevedibile, scontrosa, irascibile, esuberante…
Rein era bella, elegante, aggraziata, spontanea…
Rein aveva dei meravigliosi capelli lunghi e lisci che ne evidenziavano ancora di più la  femminilità.
Acconciandoli ogni volta come pareva a lei, riusciva sempre a conservare quel lato affascinante di sé che piaceva tanto ai ragazzi, a Shade in particolare.
Lei cos’era, invece?
Lei era golosa, infantile, scoordinata, sportiva…
Lei era goffa e impacciata…
Lei aveva dei banalissimi capelli corti e crespi, che legava per comodità in due buffi codini che certo non la aiutavano a mostrare il lato più femminile di sé, anzi, tutt’altro…
Lei era considerata da tutti un maschiaccio… e che effetto poteva avere un maschiaccio sui ragazzi, se non quello di avvicinarli a sé solamente per amicizia?
Sospirò di nuovo, osservando nuovamente la sua immagine allo specchio.
Forse, se avesse acconciato i capelli in una maniera diversa, magari sarebbe piaciuta di più a Shade…
Cambiare sé stessi per piacere di più: poteva anche funzionare, dopotutto.
Afferrò con decisione i due elastici che le raccoglievano i capelli.
Chiuse gli occhi, e tirò con tutte le sue forze per scioglierli dai nodi che li trattenevano.
Una cascata di capelli folti e crespi le ricadde sulle spalle, ribelli, vivaci come lei.
Prese una spazzola, e cominciò a pettinarseli con quanta più energia avesse in corpo, tentando inutilmente di renderli lisci e setosi come quelli della sorella.
Il tentativo fu vano e inutile.
I capelli continuavano ad arricciarsi, puntando in centinaia di direzioni diverse.
Osservò con invidia la fotografia della sorella.
Non sarebbe mai stata bella quanto lei.
Animata da una nuova determinazione, afferrò la sua massa di capelli rossi, stringendoli nel pugno della mano e pettinandoli con foga all’indietro.
Afferrando uno dei due elastici che aveva poggiato sul mobile a fianco, poi, li legò saldamente in una coda alta, elegante e fluente.
Pareva proprio la fotocopia di Rein, conciata in quel modo.
Senza proferire parola, si diresse fuori dalla camera, camminando per i lunghi corridoi del palazzo, diretta in giardino.
 
Nella troppa fretta di giungere a destinazione, non si accorse di starsi dirigendo completamente addosso a un’altra persona che le era comparsa davanti, e ci andò a sbattere contro.
Come alzò gli occhi, massaggiandosi delicatamente la testa, riconobbe nell’ostacolo che le si era parato davanti il volto di sua madre.
- Santo cielo, Fine, guarda sempre davanti a te quando cammini!- esclamò quella, rivolgendole uno sguardo preoccupato – Ti sei fatta male, tesoro?- domandò poi, porgendole una mano per aiutarla ad alzarsi.
Fine la afferrò con decisione, piegandosi sulle ginocchia per darsi una spinta a risalire.
- Scusami, mamma, ero sovrappensiero - si giustificò, rigirandosi i pollici.
La madre le rivolse uno sguardo tenero e comprensivo – Lascia stare, l’importante è che tu non ti sia fatta nulla, ma…- si bloccò a un tratto a metà frase, osservandola con fare perplesso e incuriosito - Fine, come ti sei conciata i capelli?- domandò poi, carezzandole teneramente la nuca – Sei del tutto simile a Rein pettinata così, stento quasi a riconoscerti!-
Fine abbassò lo sguardo imbarazzata, le gote le si imporporarono un poco.
- Per quale motivo hai deciso di pettinarti così, tesoro?- le domandò ancora la madre, alzandole il volto per guardarla negli occhi.
- Ecco, avevo voglia di cambiare aspetto. Avevo voglia di ritrovare me stessa- mormorò quella volgendo nuovamente lo sguardo in basso.
- Ritrovare te stessa?- ripeté Elsa alquanto perplessa.
Fine annuì piano con la testa.
- E come pensi di ritrovare te stessa somigliando in tutto e per tutto a tua sorella?- le domandò la madre, passandole affettuosamente le dita nei capelli.
Fine non rispose, lasciando che fossero le sue gote rosse a parlare per lei.
La madre le sorrise teneramente.
- Vieni con me – le disse, prendendola per mano.
 
 

¤¤¤¤¤¤
 
 

- Mamma, che fai?!- esclamò Fine non appena sentì la madre scioglierle i capelli e scuoterglieli leggermente al vento.
- Sshh…- sussurrò quella, afferrando una spazzola e posandogliela delicatamente sulla nuca.
Elsa prese a pettinarle dolcemente i capelli, socchiudendo leggermente gli occhi mentre canticchiava sottovoce.
- Vedi, Fine - Le disse a un tratto in un sussurro -ognuno ha qualcosa di bello da mostrare agli altri, e deve saperlo valorizzare -
La rossa la ascoltava senza pronunciare una parola.
Si limitava ad avvertire sulla nuca il tocco delicato della madre che continuava a pettinarla.
Elsa continuava imperterrita nella sua operazione - Noi siamo un po’ come dei quadri - diceva - Ognuno ha qualcosa di speciale che lo differenzia da un altro…-
Sorrisero entrambe, mentre le gote di Fine si imporporavano un poco.
Poi Elsa continuò - E i capelli sono come una sorta di cornice: devi mantenerli sempre curati, perché - le fece l’occhiolino - più la cornice è bella, più il quadro, che è già bello in sé, diventa meraviglioso -
Dopo averle finito di acconciare i capelli, le mise una piccola spilla rossa a reggere il ciuffo che le copriva la fronte, mentre le accarezzava dolcemente il viso roseo e paffuto.
Poi prese uno specchio dal cassettone di fronte al letto, e glielo pose davanti agli occhi sorridendole.
- Eccoti, Fine - disse in tono soave - questa sei tu -
Non appena Fine si ritrovò ad osservarsi allo specchio, allibì piuttosto sconcertata.
La ragazza che aveva di fronte era bellissima, i capelli mossi e rossi che le ricadevano sulle spalle in una cascata di boccoli mossi e sinuosi, una spilla a reggerle la frangia che prima celava sotto di sé un viso bello e luminoso.
Fine si portò scioccata le mani al viso, toccandoselo incredula.
Sussultò quando vide che la ragazza allo specchio faceva lo stesso.
- Questa… questa sono io?- domandò poi, volgendo uno sguardo scioccato alla madre che le sorrise fiduciosa.
- Non riconosci i tuoi meravigliosi occhi cremisi riflessi nello specchio?- le domandò in tono pacato.
Fine si voltò di nuovo a guardare la ragazza allo specchio.
L’ombra di un sorriso le velò le labbra.
- Ti piaci?-
Si voltò verso la madre, colma di gratitudine.
Il sorriso che le rivolse fu il più bello che avesse mai illuminato il suo viso.
- Grazie…- le sussurrò commossa, mentre la abbracciava.
- Di nulla, tesoro mio - mormorò quella in risposta - Ora vai a mostrare la nuova Fine ai tuoi amici - le disse, poi, facendole l’occhiolino.
Fine si precipitò verso la porta della stanza, ansiosa di correre in giardino a mostrarsi alla sorella e a Shade.
Prima di uscire dalla stanza, però, volse un ultimo sguardo imbarazzato alla madre.
- …Mamma?- mormorò timidamente, volgendole uno sguardo imbarazzato.
- Si?-
- … Sono bella?- le chiese, arrossendo un poco.
Le madre le sorrise.
- Oh, molto di più - le rispose, avvicinandosi e prendendole un boccolo tra le dita delle mani. Fine sgranò gli occhi senza capire.
- Sei tu! E non c’è nessuno come te, al mondo!- esclamò la madre, dandole un tenero bacio sulla fronte.
Lo sguardo della rossa si illuminò di gioia, mentre arrossiva nuovamente di contentezza.

 
¤¤¤¤¤¤
 
 

Quando fu fuori in giardino, non trovò più Rein e Shade dove li aveva lasciati.
Al posto delle loro risate e dei loro schiamazzi c’era solo l’allegro canticchiare degli uccellini accompagnati dal frastuono delle cicale.
Fine si osservò intorno, domandandosi dove fossero.
Si inoltrò nel giardino, assaporando il dolce profumo dei fiori che ancora non si erano lasciati abbattere dalla calura estiva.
Procedette avanti, finché non si ritrovò una figura di fronte che oscurava la vista del sole.
Dovette mettersi una mano di fronte agli occhi per riconoscerlo: capelli biondi e ribelli, portamento fiero ed elegante, sorriso smagliante da classico principe azzurro…
- Bright!- esclamò, attirando improvvisamente la sua attenzione.
- Oh, ciao principessa Fine!- la salutò lui con un sorriso affettuoso.
- Cosa ci fa tu qui?- gli domandò, avvicinandosi.
I suoi occhi ambrati si scontrarono con quelli cremisi di lei.
- Ero venuto per consegnare di persona una cosa a Shade…- le rispose lui con pacatezza.
- Capisco - mormorò lei, osservandosi intorno - A proposito di Shade, sai dov’è?-
Il biondo alzò le spalle con disinvoltura – Dovrebbe essere qui in giro assieme a Rein. Sai, credo che si sia finalmente deciso a confessarle i propri sentimenti per lei, me lo aveva accennato qualche giorno fa -
- Ah…-
Fu come ricevere una pugnalata al cuore.
Avvertì una fitta lancinante a livello del petto, la delusione le si dipinse in volto.
Era arrivata troppo tardi, ormai…
Le lacrime cominciarono a pungerle fastidiosamente gli occhi.
A che serviva cambiare per il ragazzo che amava, se poi per lui nemmeno esisteva?
- Cosa volevi dirgli di tanto importante? Se lo incontro magari glielo riferisco -
Alzò il volto verso Bright, ricacciando a forza le lacrime negli occhi.
- N-Niente- balbettò, abbozzando un sorriso impacciato - N-non era nulla di importante, figurati -
- Sicura che sia tutto a posto?- le domandò invece lui, notando il suo improvviso cambiamento di umore.
All’udire quella domanda, Fine trasalì improvvisamente.
Possibile che dovesse sempre essere un libro aperto per tutti?
Si voltò verso Bright, sorridendogli il più spontaneamente possibile – Si, si, tranquillo - gli rispose, agitando le mani di fronte a sé - sono solamente un po’ accaldata, c’è un sole oggi! - tentò di giustificarsi, cominciando a voltarsi per poi ritornarsene dentro al palazzo.
Nemmeno Bright si era accorto del suo cambiamento, figuriamoci se avrebbe potuto notarlo Shade.
Era proprio vero, dunque: lei non contava niente per nessuno…
Il biondo la osservò andarsene via perplesso.
- …Fine?- la chiamò, costringendola a voltarsi di nuovo.
Lei si bloccò a metà strada, irrigidendosi un poco mentre tornava a fissarlo.
- S-si?-
- Lo sai che stai davvero bene con i capelli acconciati in quel modo?- esclamò lui rivolgendole un sorriso radioso.
Lei avvampò di punto in bianco.
- Te… te ne sei accorto?- domandò, rigirandosi una ciocca tra le dita, rossa in viso.
Lui ridacchiò divertito.
- Ovvio, che me ne sono accorto!- le rispose con estrema naturalezza – E’ impossibile non notarti, Fine, e mi piaci sempre e comunque!- concluse, sorridendole di nuovo fiduciosamente.
Fine lo ascoltò incredula, incapace di pronunciare una parola.
Quando riuscì a trovare il coraggio di rispondergli, fu troppo tardi.
Il principe dovette lasciarla sotto le pressioni di Altezza, giunta lì proprio in quel momento, che gli implicava di fare subito ritorno a casa.
- Ora devo andare, ma spero di ricontrarti presto. Mi piace stare in tua compagnia!- la salutò, agitando piano la mano in segno di saluto.
La lasciò lì all’entrata del palazzo, lo sguardo perso nel vuoto a rimuginare su ciò che le aveva appena detto.

 
 

Mi piace stare in tua compagnia!”
 

 
 

Improvvisamente, senza neanche volerlo, avvampò.
Solo dopo qualche minuto realizzò che Bright si era accorto di lei già da molto tempo, mentre era stata lei quella così tanto cieca da non notarlo prima.

 
 

Mi piaci, Fine, è impossibile non notarti!”
 
 

Il cuore prese a trepidarle in petto, mentre sentiva pervadersi da una nuova e piacevole sensazione di calore.
Osservò la mongolfiera del Regno dei Gioielli librarsi in alto nel cielo.
Il viso le si illuminò, la bocca si dischiuse un poco.
Sorrise.  

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Capitolo 7
*** Per un Amore non Corrisposto ***


Mmmh....boh, che dire...
Questa song-fic mi è venuta in mente così dal nulla, e ammetto che non ha molto senso D:
Non credo che capirete molto della trama, ma fare un tentativo non nuoce, per cui la posto, con la speranza che non sia così orripilante com'è.
La canzone a cui è ispirata è "Luna" di Riccardo Cocciante, presa dal musical Notre Dame de Paris.
...Cosa c'entra Notre Dame con Twin Princess?
Provate un pò a pensare al titolo della canzone e ad immaginare chi possa esserne il protagonista...
Le parole della canzone sono, a mio parere, meravigliose.
Beh, con la speranza di non aver fatto un colossale buco nell'acqua, buona lettura.

 

Per un amore non corrisposto

 
È mezzanotte.
Il pianeta è avvolto da una coltre di buio spessa e inscalfibile, i regni sono in rovina.
I sudditi piangono la loro sorte, i sovrani paiono burattini inermi posti sui loro troni per semplice bellezza.
La Luna vaga solitaria in cielo, e tu non puoi fare a meno di pensare al crudele destino a cui lei sta andando incontro.
Lei…
Rein è diretta all’interno del palazzo del suo regno per sconfiggere il più grande nemico che abbia mai dovuto fronteggiare.
Ha fiducia in sé stessa, eppure quell’orribile presagio non cessa di abbandonare gli antri più profondi del suo cuore.
Ogni arto del tuo corpo freme d’impazienza: l’incontro con la tua principessa è vicino, ed improvvisamente ti ritrovi a pensare con estremo piacere quanto sarebbe bello poterla avere al tuo fianco, stringerla in un abbraccio letale che non le permetta mai più di allontanarsi da te.
Il tuo ghigno beffardo si crogiola in pensieri proibiti.
Ti ritrovi a rivolgere preghiere silenziose alla Luna, unica testimone della sorte che capiterà a te e alla tua principessa, Bright al tuo fianco che blocca la sua paura in un sospiro carico d’ansia.
 

 

Luna
Luminosa e sola
Vola
Sopra i tetti vola
Guarda
Come d'amore si muore

 

 

Dall’altra parte del corridoio, una fanciulla sospira.
Si osserva intorno, riconoscendo nel luogo che è diventato la dimora del tiranno la sua vecchia casa.
È spaventata la piccola principessina, eppure sa che oramai non può più tirarsi indietro.
La sorte dell’intero pianeta dipende da lei.
Deglutendo a fatica i suoi ultimi timori, afferra con decisione la maniglia del  grande portone in mogano, i pensieri diretti alla sorella per la quale sta facendo tutto questo.
“Comunque vada, ti sono vicina con il cuore e con la mente.”
Ed improvvisamente si sente forte come non lo è mai stata prima.
Le porte del palazzo si spalancano di fronte ai suoi occhi, un timido raggio di Luna guida il suo sguardo al centro della sala, proprio nel punto in cui è situato un trono dorato, e sopra vi è il nemico.

Lui, con quello sguardo glaciale che ha cancellato ogni traccia di calore dal suo cuore di pietra.
Non riconosci più i suoi occhi, e quello sguardo che un tempo aveva fatto innamorare tua sorella perdutamente di lui.

Il nemico socchiude gli occhi sicuro di sé, accogliendola con un ghigno beffardo stampato in volto.
- Ti stavo aspettando.-
Sentire la sua voce riporta alla mente tanti, troppi ricordi.
 
Viene da domandarsi se quello che stai vivendo è un sogno o è la cruda realtà.
Non potresti mai scontrarti con lui, non ne hai il coraggio.
Ma la tua gemella si, lo avrebbe fatto.
E questo lui lo sa.
 
- Rein, è un piacere riceverti nel mio palazzo, speravo tanto in una tua visita -
 
Al suono di quelle parole sussulti involontariamente.
 
- Shade, spiegami perché stai facendo tutto questo- ti domanda la turchina con tono malleabile, ancora speranzosa di poter giungere a un accordo che non implichi per forza uno scontro diretto.
Tu le sorridi maligno, avvicinandoti lentamente e strascicando a terra il lungo mantello nero che ti porti appresso.
Le poni due dita sotto al mento, alzandole il viso e scontrando i tuoi occhi bui con i cristallini di lei.
Faccio questo per la salvezza di Wonder - rispondi.
Le tue labbra si ritrovano a pochi centimetri di distanza dalle sue, fremi nel tentativo di controllare il tuo pulsante desiderio di farle tue, suggellandole con un bacio.
Rein può quasi avvertire il tuo caldo respiro inondarle le narici.
Improvvisamente ti accorgi di come la gemella blu freme di paura nel comprendere l’intimo contatto che desideri avere con lei.
- Apri gli occhi, Shade, quello che stai facendo alla gente di Wonder non è bene: è male.-
Le parole le escono dalla bocca senza controllo, e ti costringono ad affondare il tuo sguardo in quello di lei.
Quegli occhi che appartengono ad un cielo che da troppo tempo hai cessato di ammirare, chiudendoti negli antri bui del tuo cuore macchiato di colpa.
 
Sei sconcertata quando realizzi che gli occhi con cui ti guarda non sono affatto quelli con i quali guardava Fine.
 
- Non ti rendi conto di ciò che dici, Rein. Io sto purificando Wonder per Milky, per Altezza, per i principi e le principesse degli altri regni… per te - mormori, cercando di esprimerle quei sentimenti per lei che da troppo tempo ti ardono in petto.
 
Quanto male avrebbero fatto a Fine quelle parole.
 
- Fammi vedere dov’è Bright - risponde la turchina liberandosi dalla presa con uno scatto deciso e impulsivo.
Nemmeno ti ha ascoltato.
Le tue parole l’hanno sfiorata, scivolando via come gocce di poggia.
Quel nome torna a rimbombarti nella testa, come il marchio di un antico maleficio che riporta a galla dolori nascosti.
Le sue parole paiono trafiggerti come le lame affilate di un coltello.
Quel damerino tenta sempre di frapporsi tra te e la tua ambita preda.
- Bright?- domandi, accennando una lieve risata.
Hai finito per non tollerarlo più, Bright. Hai finito per odiarlo, Bright.
- Bright sta bene. O quasi…- le rispondi, abbassando velocemente l’angolo del mantello che celava sotto di sé il corpo freddo e martoriato del principe del Gioiello.
Hai finito per ucciderlo, Bright.
- Bright!- strilla lei tra le lacrime, accasciandosi al corpo inerme del ragazzo - Che cosa gli hai fatto?- ti domanda poi, volgendo uno sguardo spaventato verso di te velato dalle lacrime.
Non rispondi, lasciando che siano i fatti a parlare da soli.
La turchina singhiozza, sorreggendo il peso del corpo del biondo ancora percorso da qualche lieve impulso vitale.
Anche ora che hai eliminato l’ultimo ostacolo che pareva separarti da lei la senti lontana da te come lo è sempre stata…
Lei lo amava quell’inutile fantoccio… e tu glielo hai portato via come un ladro.
Vedi il dolore farsi spazio sul suo volto, le lacrime scendere copiose dai suoi occhi vitrei.
Hai voluto tenere per te il gioiello più prezioso di tutta la collezione, e guarda il risultato che hai ottenuto…
Soffre, Rein, soffre come non ha mai sofferto prima d’ora.
E assieme a lei, soffri anche tu.
Ma tu non volevi arrivare a questo, volevi solo che ricambiasse il tuo amore.
Perché l’amore non corrisposto fa male, e tu lo sai bene…
- Perché lo hai fatto?- ti domanda con tono grave che non esclude una nota d’odio nei tuoi confronti – Che bisogno c’era di ucciderlo? Non ti è bastata la morte di Fine a farti ricredere sui peccati che hai commesso?-
Avanzi verso di lei nel tentativo di colmare quel vuoto che vi separa.
È forte, Rein. E' il nemico che hai sempre temuto di fronteggiare.
Non cessi di puntare le tue iridi nelle sue, nella speranza di vederla vacillare di fronte al tuo sguardo magnetico.
Ma lei non fa nulla.
Non avanza, non indietreggia.
Non distoglie lo sguardo dal tuo.
- Non tenti di fuggirmi? Non temi una sorte simile a quella del tuo adorato principe?-
Le sputi in faccia quell’ultima frase con tutto il disprezzo che riesci a trovare in tè stesso.
Lei scuote piano la testa.
- Io non ho paura di te, Shade. Mi hai già ucciso due volte, morire una terza non sarà più doloroso delle precedenti.-
Le sue parole bruciano più di cento dardi avvelenati.
- Non mi credi capace di sentimenti pietosi verso di te, vero?- domandi, quasi sfidandola.
- No - risponde lei cupa.
Una fitta lancinante al petto fa vacillare la tua fermezza per un istante.
- Lo sapevo - mormori in un ringhio sommesso abbassando il volto a terra.
Lei è come tutti gli altri, incapaci di comprendere l’aspra lotta che si sta consumando dentro te stesso.
- Ti sbagli - continua lei, costringendoti a guardarla con una nota di incredulità in volto – Io ho fiducia in te- sussurra piano, accennando un sorriso velato dalle lacrime.
 
Ed improvvisamente, il vuoto tra di voi si colma all’istante. 
 
Un momento di lucidità attraversa la tua mente in un lampo, il Cristallo Nero perde per un istante il controllo che aveva su di te.
Ti rendi conto di come la tua mente sia stata ottenebrata al punto da non riuscire più a farti distinguere ciò che è bene per te da ciò che è bene per lei.
Osservandola piangere tutte le sue lacrime, improvvisamente ti accorgi di quanto hai sbagliato ad agire così.
Abbassi lo sguardo a terra, la mano posata sul cuore che stringe con forza i lembi del mantello come per tentare di rimarginare una ferita che sanguina copiosa.
Avverti le tenebre farsi sempre più vicine nel tentativo di riappannare la tua malleabile mente.
- No…- mormori scuotendo piano la testa.
Solo ora ti rendi conto di quello che hai fatto…
La vista ti si annebbia, cominci a perdere lucidità.
Stai per tornare ad essere un fedele servo del Male, lo sai…
- No…- ripeti indietreggiando.
L’ultima cosa che volevi era far soffrire colei che hai amato più della tua stessa vita.
Colei per la quale sei diventato ciò che sei ora.
Colei che è il centro attorno il quale gravita il tuo universo.
Le tenebre pressano contro di te, tenti disperatamente di liberarti ma catene invisibili ti tengono strettamente legato al Buio…
- No!- esclami terrorizzato, avvertendo un dolore lancinante alla testa.
Stringi le tempie in una morsa ferrea, mentre dai voce a quell’urlo che perfora silenzioso i tuoi timpani.
È un urlo di disperazione, che consuma tutte le tue energie.
Ti accasci affranto a terra, mentre la debole luce della Luna filtra dalla finestra illuminando il tuo volto combattuto tra ostinazione e dolore.
La Luna, così fioca e pallida, la cui luce pare farsi sempre più flebile nel momento in cui un denso nuvolone carico di pioggia la nasconde dietro la sua ombra…
 

 

Fai
Luce solitaria
Finché

Chiaro appare il giorno
Ma adesso
Se sei la luna
di questa terra
Ascolta il grido
Di un uomo
che si è  perso
Perché
Tutto l'universo
Non vale
Il suo amore immenso
Per lei
Che mai l'amerà
Luna

 
 

 

- Shade…-
Rein ti osserva senza sapere cosa fare.
Comprende il tuo dolore, anche se non può immaginare quanto male faccia in realtà.
Muove un passo verso di te, ma tu la allontani prontamente.
Temi di ferirla, stavolta per davvero.
È una battaglia che devi affrontare da solo.
Forse la luce della Luna può rinsanarti dai tuoi peccati, e a lei volgi gli occhi disperato.
Ma la Luna è lontana, e l’unica cosa che può fare è far luce sulla tua pazzia.
Fuori si scatena un temporale, scrosciano le gocce di pioggia su vetri del castello, e violenti scrosciano i pensieri nella tua mente.
La Luna non è più visibile ai tuoi occhi.

 
Luna
Come sei lontana
Così

Silenziosa e vana
Ma qui
Ruggisce il cuore
della bestia umana
Non vedi che
Quell’uomo è pazzo
Non senti
I tormenti e il pianto
il canto
Che violento va
Lassù
Dove in cielo
ci sei tu
Luna



 

Resistere agli impulsi pare quasi impossibile.
Sai che da un momento all’altro potresti uccidere colei per la quale daresti la vita.
Non vuoi, ma è il Cristallo che ti ordina di farlo.
 
“Io ho fiducia in te ”
 
Improvvisamente comprendi cosa devi fare.
È l’unica scappatoia, l’unica via d’uscita.
La sua salvezza dipende da quel tuo unico gesto.
Con mano tremante afferri il pugnale che tieni nascosto sotto il mantello, le tempie che ancora ti bruciano e gridano vendetta.
Senti Rein sussultare alle tue spalle.
- Cos’hai intenzione di fare?- ti domanda terrorizzata.
Senza risponderle, lo fai.
Un’ondata di calore ti pervade l’addome.
Guardi in basso: il sangue scorre copioso colando a terra in una pozza densa e scura.
 
Ti senti finalmente in pace con te stesso.
 
- Shade!- strilla la turchina tra le lacrime, accasciandosi a fianco del tuo corpo.
Ti volti verso di lei sorridendo.
Lei sussulta.
Quello dipinto sul tuo volto non è una smorfia, e non è nemmeno un ghigno.
È un sorriso sincero come non lo facevi da molto tempo.
 
Improvvisamente comprende che sei tornato.
 
Le sue lacrime ti bagnano le guance.
La vita ti sta pian piano abbandonando, ma per te è come rinascere.
Rein ti scosta qualche ciuffo sudato dalla fronte, stringendoti forte la mano insanguinata e sciogliendo le tue dita dal pugnale che tieni ancora stretto.
Si strappa un lembo del vestito, tentando di rimarginare la ferita che ti sei fatto con le tue stesse mani.
- C’era bisogno di arrivare a tanto per liberarti dalla maledizione del cristallo?- singhiozza, buttando a terra il lembo insanguinato e coprendo la ferita con un altro tampone.
Sorridi: non ti ha mai rivolto così tanta premura come adesso.
Dovevi per forza ucciderti per poter sperare in un gesto di affetto sincero da parte sua?
- Era necessario per il bene di tutti…- mormori con il poco fiato che ti resta in gola.
Le ti osserva contrariata, pulendo il sangue che ti esce dalla bocca.
- Credevi di poter sistemare tutto uccidendoti?- ti domanda.
Sorridi.
- Credevo solamente di poter pareggiare i conti.-
Un colpo di tosse è il campanello d’allarme che la porta ad avvicinare ancora di più il tuo petto al suo.
- Non permetterò anche a te di lasciarmi! - mormora tra i singhiozzi.
Disperatamente si aggrappa ai lembi della tua camicia, sentendo il tuo respiro farsi sempre più debole, come per trattenere la vita che pian piano sta scivolando via dalle tue membra.
È tutto inutile, ormai.
 

 

Sei
Sopra un mondo perso
Che lancia
Le sue voci in cielo

 

 

Senti che ormai è arrivata la tua ora.
- Rein?- la chiami debolmente, la tua voce è quasi un soffio di vento.
- Si?-
- Mi odi?- domandi, i tremiti del tuo corpo che si fanno sempre più violenti.
Il suo sorriso è velato dalle lacrime.
- Come potrei odiarti?- risponde.
Le sue parole ti levano un grande peso dal cuore, alleviando tutte le tue colpe.
Lo conosce anche lei il motivo per cui sei arrivato a tanto.
Le dedichi un ultimo sorriso, mentre con le ultime forze che ti restano raccogli una lacrima che sgorga dai suoi occhi.
- E’ già qualcosa…- mormori sollevato, mentre gli occhi ti si chiudono lentamente.
 
Finalmente sei libero.
Il tuo ultimo sospiro si leva alto nel cielo, assieme ai lamenti di Rein. 
Ti duole abbandonarla, ma sai che in fondo è meglio così.
I tuoi occhi vitrei volgono in alto, il tuo sguardo si ricongiunge con la Luna che ora brilla vigorosa in cielo assieme alle altre stelle.
La tempesta è finita anche per lei.
 

 

Luna
Mezza luna o piena
Serena
Passi e te ne vai
Guarda
Con che pena si muore
D'amore 

Quaggiù
 
 

 

- Perché non ho potuto amarti?- mormora Rein al tuo volto, come se tu potessi ancora risponderle -Sarebbe stato tutto più semplice, allora…-
Non è giusto che si faccia carico di colpe che non le appartengono.
Un soffio di vento spazza via le sue ultime lacrime: il tuo ultimo saluto per donare anche a lei la libertà che disperatamente hai cercato anche tu.
La Luna brilla ancora in cielo, incurante di ciò che si è consumato sotto il suo sguardo vigile e attento.
È tempo anche per lei di cambiare aria. 

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Capitolo 8
*** Per una Certezza in più ***


Per una certezza in più

 
New York, America
 
Gentile signorina Rein Yuka, residente a Tokyo,
la informiamo che la sua domanda per entrare a far parte della nostra scuola come studentessa straniera è stata accettata.
Nei prossimi nove mesi entrerà a far parte del nostro prestigiosissimo istituto con la speranza che il periodo che trascorrerà da noi sia di suo gradimento.
Annessi alla lettera troverà i biglietti del volo diretto all’aeroporto di New York.
Aspettando di incontrarla presto
 
Junior High School
 
 
- Kyaah!- fu la prima cosa che riuscì a dire Rein alla sorella non appena ebbe letto la lettera.
Fine si sentì soffocare da un abbraccio alquanto stritolante.
- Rein!- brontolò, tentando disperatamente di liberarsi dalla presa ferrea della sorella – Così mi soffochi!- esclamò mentre il suo viso assumeva una colorazione cianotica.
- Scusami, Fine - rispose l’altra con un enorme sorriso stampato in volto, mollando la presa – E’ che ancora non mi sembra vero - e rilesse la lettera un paio di volte con volto raggiante.
- Andrò in America!- esclamò saltando sul letto e sventolando in aria la busta stropicciata.
Fine la osservò sorridendo, entusiasta della buona sorte che era capitata alla sorella.
- Bisognerà festeggiare!- esclamò poi, alzandosi dal letto sul quale era seduta.
- Festeggiare?- domandò Rein lasciandosi cadere sul materasso.
La rossa annuì.
- Dopotutto, starai via per nove mesi, una festa di Arrivederci è d’obbligo!- e le fece l’occhiolino.
- Di solito quelle che si organizzano sono le feste di Bentornato - disse la turchina con fare alquanto scettico.
- Andiamo, Rein!- sbuffò la gemella alzando gli occhi al cielo – Una festa ci vuole! Ci pensi che non rivedrai più nessuno dei nostri amici per nove lunghissimi mesi?-
La turchina ci pensò su.
- Hai ragione - disse infine, rassegnandosi - un’occasione per salutare gli amici ci vuole -
- E qual è il modo migliore, se non organizzando un mega-party?- completò la frase Fine con enfasi.
Rein rise.
- Adesso non esagerare. Lo sai come la penso riguardo le feste d’Addio…-
- Di Arrivederci - la corresse la sorella.
Rein alzò le spalle senza darci troppa importanza.
- In ogni caso, niente cose in grande stile: non voglio feste a sorpresa, con troppi invitati o quant’altro. Desidero solo una serata intima con pochi amici.- disse convinta, guardando la sorella negli occhi
- Quello che desideri sarà fatto!- esclamò Fine con un ampio sorriso che le si disegnava in volto. Afferrò in mano la cornetta del telefono per diffondere al più presto la notizia - Quand’è che parti?- domandò poi, voltandosi verso di lei.
- Il 28 agosto - sentenziò Rein osservando la data sui biglietti dell’aereo che erano stati annessi con la lettera.
Le due si guardarono negli occhi sconcertate, la nostalgia si impadronì improvvisamente di loro.
- Tra una settimana -
 

¤¤¤¤¤¤
 

 

- Tra una settimana?!- esclamò Shade, convinto che l’amico lo stesse prendendo in giro.
Bright annuì sicuro.
- Così mi è stato detto da Fine. Hanno avvisato anche loro all’ultimo momento -
- Mi stai dicendo che Rein parte per l’America tra una settimana e se ne sta via nove fottutissimi mesi?!- esclamò ancora il moro, incapace di credere alla verità di quelle parole.
Il biondo asserì nuovamente con il capo.
- Non può farlo!- esclamò Shade allarmato, alterandosi un poco – Non può stare via così tanto a lungo e venircelo a dire solamente una settimana prima di partire! Come credeva che reagissimo noi? Nove mesi è un tempo dannatamente lungo!-
Bright osservò con una nota di malizia l’amico che si agitava fin troppo per la partenza di una semplice amica.
Ridacchiò tra sé e sé mentre vedeva il volto di Shade alterarsi sempre di più dalla rabbia.
Il moro si voltò verso di lui, infastidito da tutta quella noncuranza che il biondo pareva avere per la notizia improvvisa.
- Lo trovi molto divertente?- domandò acido, lanciandogli uno sguardo di fuoco.
Bright sorrise – Trovo divertente il fatto che tu te la stia prendendo tanto. Non è mica la tua ragazza, in fondo - azzardò.
Shade sussultò, mentre il suo cuore mancava di un battito.
- E’ comunque una cara amica a cui tengo molto come lo è Fine - rispose, riacquistando il suo fare scontroso tipico del suo atteggiamento.
- Una cara amica che vorresti diventasse qualcosa di più… non ho forse ragione?- ridacchiò di nuovo Bright, avendoci ormai preso gusto nello stuzzicare l’amico.
Il moro si imbronciò, infastidito da tutte quelle frecciatine che gli venivano rivolte.
- E se fosse stata Fine a partire?- replicò in risposta, volgendo al biondo un’occhiata provocatoria.
Bright cessò improvvisamente di ridere, irrigidendosi mentre il suo volto avvampava un poco.
- Avresti avuto anche tu la mia stessa reazione, se non peggio - continuò Shade, sicuro di avere fatto centro -…Non ho forse ragione?- concluse, aggiungendo un tono di malizia alle ultime parole.
Bright si zittì lanciando un’occhiata complice all’amico.
- Certo che nove mesi sono tanti - mormorò poi, osservando un aeroplano che sorvolava il cielo limpido e azzurro.
- Già…- sussurrò Shade in risposta, mentre la scia lasciata dall’aereo si dissolveva pian piano.
Ci fu un attimo di silenzio in cui i due si raccolsero in loro stessi in una muta riflessione.
- Non hai paura che, stando via per così tanto tempo, il rapporto che abbiamo con Rein tenderà a sfaldarsi un poco?- domandò Bright a Shade con tono titubante.
Il ragazzo annuì, muovendo piano la testa.
- La lontananza non aiuta certo a mantenere saldi i rapporti…-
“ E ad evitare che nuovi rapporti ancora più saldi dei precedenti possano formarsi” avrebbe voluto aggiungere, immaginando già Rein tra le braccia di un aitante ragazzo americano biondo e palestrato, con la passione sfrenata per lo sport ed il football.
Un ringhio di gelosia sommesso gli uscì involontariamente dalle labbra.
- Non devi preoccuparti - esordì l’amico, sorridendogli per incoraggiarlo - L’amicizia che c’è tra te e Rein è forte, non basterà l’Oceano Pacifico a dividervi!-
Shade sospirò amareggiato.
Amicizia…
Era proprio quella parola a spaventarlo.
Lui non aveva mai detto a Rein come stavano realmente le cose, non aveva mai specificato che il suo rapporto con lei andava oltre l’amicizia.
Quello che provava nei suoi confronti era unico. C’era di più che un semplice affetto fraterno in gioco, e tra una settimana esatta Rein se ne sarebbe andata, lasciandolo da solo, abbandonato ai suoi dubbi e alle sue incertezze.
Non sarebbe mai riuscito a confessarle la verità: non poteva di certo farlo nel momento in cui lei stava partendo, con che umore si sarebbe presentata in America, poi?
E, d’altra parte, avrebbe anche potuto aspettare che quel periodo interminabile avesse fine per poi dichiararsi, ma chi gli garantiva che i suoi sentimenti per lei sarebbero rimasti immutati anche in futuro?
Nove mesi erano tanti… tremendamente tanti…
Alzò le spalle, abbozzando un amaro sorriso.
Il suo amore per Rein sarebbe rimasto per sempre sepolto sotto un cumulo di carezze nascoste e parole non dette.
Solamente il tempo avrebbe trovato una risposta ai suoi dubbi.
Sorrise amareggiato, osservando le nuvole rincorrersi in cielo.
- Chissà - mormorò, rispondendo più a sé stesso che a Bright - in fondo sono solo nove mesi…-
 

 

¤¤¤¤¤¤
 

 

Sono nove fottutissimi mesi, accidenti!- esclamò adirato, mentre Rein faceva il suo ingresso in sala accompagnata da Fine.
Non appena la vide, non poté fare a meno di notare quanto fosse bella nel suo vestitino in blu che le disegnava sinuosamente i contorni della sua esile figura.
La turchina fece una faccia sorpresa e commossa nel vedere quanta gente era venuta quella sera per salutarla: la partenza era prevista per il giorno a seguire, e Fine aveva voluto organizzare una festa in grande stile solo per lei, ignorando completamente le sue richieste nel voler fare un raduno intimo con pochi invitati.
- Avevo detto niente cose in grande stile!- la rimproverò Rein, sciogliendosi in un sorriso commosso.
La festa proseguì allegramente, e Rein veniva continuamente interrogata sul suo imminente viaggio a New York.
Shade non ebbe il tempo di parlarle nemmeno un minuto.
Ogni volta che tentava di avvicinarla, qualcun altro si appropriava della ragazza per porle qualche domanda sulle sue aspettative per la bella esperienza che avrebbe vissuto.
Tutti quei discorsi lo stomacavano.
Era quasi in procinto di afferrarle il polso e trascinarla via con sé, nella speranza di convincerla a rimanere a Tokyo con lui, ma nel profondo era perfettamente consapevole di non poterle chiedere un sacrificio così grande.
L’America era una grossa opportunità per Rein, e lei doveva coglierla al volo.
Al diavolo la sua cotta per lei e i nove mesi infernali che avrebbe passato struggendosi della sua mancanza: chi era lui per impedirle di partire?
Che comportamento egoistico sarebbe stato il suo, se solo avesse osato opporsi?
Rein necessitava di vivere quell’esperienza guadagnata con tanto impegno e fatica, si meritava di spiccare il volo verso quei desideri per i quali aveva dato tutta sé stessa affinché si realizzassero.
Dopo un’intera serata passata a rincorrerla, finalmente riuscì a trovare un momento di tregua per avvicinarsi.
Con il cuore che trepidava in petto, appoggiò con delicatezza la mano sulla spalla della turchina, costringendola a voltarsi.
Il viso le si illuminò non appena lo vide.
- Shade!- esclamò allegra - Finalmente ti vedo! Volevi dirmi qualcosa?-
Lui boccheggiò appena, dimentico di ciò che si era prefissato di dirle: la mente dapprima colma di pensieri e parole, vuota come un bicchiere a cui è appena stata prosciugata anche l’ultima goccia d’acqua.
Scosse piano la testa, distogliendo lo sguardo imbarazzato.
- Quando la festa è finita cercami: ti accompagno a casa – fu l’unica cosa che riuscì a dirle prima di lasciarla di nuovo alle sue allegre conversazioni.
C’erano parole che nemmeno nel silenzio della loro intimità sarebbe stato in grado di pronunciare con tanta facilità.
 
- Siamo arrivati.- esordì, spegnendo il motore della macchina parcheggiata esattamente sotto casa di Rein.
- Grazie del passaggio, Shade, non sai che fatica sarebbe stata quella di farmi tutta la strada a piedi - mormorò lei, volgendogli un sorriso colmo di gratitudine.
Lui ricambiò un po’ impacciato, ammirando estasiato le sue iridi cristalline illuminarsi di contentezza.
Anche dopo una serata devastante come quella, Rein rimaneva sempre bellissima.
Il silenzio aleggiò per un istante nell’abitacolo dell’automobile, i due volsero gli occhi all’esterno imbarazzati per alleviare la tensione.
- Allora…- cominciò Shade, voltandosi di nuovo verso Rein, la quale sgranò gli occhi incuriosita - Dunque, domani è il gran giorno…- e abbozzò un sorriso che la turchina ricambiò.
- Già - rispose - domani lascerò definitivamente Tokyo -
Ancora silenzio.
Si poteva quasi respirare un certo clima di malinconia.
- Non sei spaventata all’idea di trovarti da sola in un paese straniero, senza nessuno che conosca la tua lingua?- domandò ancora lui, tentando di rompere l’imbarazzo generale.
Lei scosse piano la testa – E’ proprio per questo che intraprendo questo viaggio. Imparare una nuova lingua sarà divertente, oltre che utile -
Shade annuì piano con la testa.
- Una grossa opportunità, già…-
Ancora silenzio.
- C’è una cosa, però, che ancora non capisco – riprese lui, dopo un momento di imbarazzo generale – Perché tanta voglia di lasciare Tokyo? Cos’è che ti manca qui, tanto da spingerti a cercarlo altrove?- le chiese.
Le labbra di Rein si inarcarono in un sorriso velato di malinconia.
- Ti sei mai sentito estraneo al posto in cui vivi? Hai mai provato la sensazione di ritrovarti in un ambiente a cui senti di non appartenere?-
Quella riflessione lo lasciò alquanto spiazzato.
- Non fraintendermi: io amo Tokyo, è da sempre stata la mia città, il mio rifugio, una certezza. Tuttavia, sento che devo spingermi oltre i confini, sperimentare, scoprire, osservare, per poter comprendere se questo è realmente il mio posto nel mondo. Pensaci un attimo, Shade: il destino ha voluto farci nascere qui, permettendoci di considerare Tokyo come una proprietà che ci appartiene di diritto. Con che diritto, tuttavia, osiamo definirla la nostra città? Non avremmo pensato lo stesso se fossimo nati a Parigi, a Roma, o in qualsiasi altro posto? Chi ci assicura che questa sia realmente casa nostra?-
Shade continuava ad ascoltarla, assimilando con cura ogni sua riflessione. C’erano tanto coraggio e tanta forza di volontà ad animare il corpo di quella ragazzina così fragile e minuta.
- Per questo motivo sento che questo viaggio è per me quasi come una necessità: ho bisogno di capire se vivere a Tokyo è realmente ciò che voglio. Ho bisogno di una certezza in più. E l’unico modo per farlo è sperimentare una vita completamente nuova, lontano dalle influenze del mondo che già conosco.-
- Non temi di provare nostalgia, quando ti ritroverai là completamente abbandonata a te stessa?- trovò il coraggio di dirle, in una pausa dal suo discorso.
Rein sorrise nuovamente.
- Questo è ciò a cui miro: se proverò nostalgia di Tokyo, allora non avrò più dubbi su quali siano i miei veri desideri -
La guardò negli occhi per un istante, sentendo fremere un dubbio atroce dentro di sé. Aveva paura di udire la risposta che avrebbe seguito la sua domanda.
- E se non dovessi sentirne la mancanza?-
Ci fu un attimo di silenzio in cui Rein raccolse tutte le sue concentrazioni in sé stessa.
- In quel caso, mi sembra piuttosto ovvia la strada che deciderò di intraprendere.-
Shade ingoiò a fatica l’angoscia che era seguita a quella domanda.
- A volte non è così spiacevole vivere nel beneficio del dubbio, sai?- le disse.
Lei gli sorrise imbarazzata - Mi conosci – gli rispose – sono una persona che necessita di continue certezze.- 
- L’unica certezza che posso darti è il fatto che sarà terribilmente difficile riuscire a sopportare la tua mancanza, Rein. Più di quanto pensi. –
Quelle parole gli uscirono dalle labbra senza che nemmeno se ne accorgesse.
Eppure doveva averle per forza pronunciate, dato che le guance della turchina si erano arrossate, e gli occhi avevano cominciato a brillarle di timidezza.
- Promettimi che, qualunque cosa deciderai di fare, tornerai comunque a Tokyo a farci visita. Dopotutto, quella di stasera è stata una festa di Arrivederci - le disse ancora, sorridendo malizioso.
Poté quasi avvertire il cuore di Rein mancare di un battito.
- Te lo prometto - gli sussurrò in risposta, la voce che le si incrinava un poco.
Sorrise con gli occhi leggermente umidi, forse per ricacciarvi dentro qualche lacrima.
La osservò posare una mano sulla maniglia della portiera dell’auto, intenta ad uscire.
Lo scatto che la serratura forzata fece risuonare nell’abitacolo dell’auto non appena Rein l’aprì gli provocò un inspiegabile senso di angoscia in petto, un vuoto che necessitava di essere colmato. 
 – No!- esclamò in un gesto impulsivo, posandole tempestivamente una mano sul polso.
Lei si voltò sconcertata, guardandolo negli occhi.
- Shade, che fai?- gli domandò confusa.
- Devi darmi la certezza che tornerai. Non puoi lasciarmi in questa logorante attesa troppo a lungo - le rispose serio e sincero.
Lei sospirò, incapace di trattenere una lacrima che le pungeva fastidiosamente gli occhi.
- Non sei stato tu a dirmi che a volte non è poi così spiacevole vivere nel beneficio del dubbio?- gli disse soltanto, mentre il labbro inferiore piegato all’insù le tremava un poco.
Shade ridacchiò divertito, mentre in cuor suo si rincuorò nel vederla lottare contro tutta sé stessa per evitare di non tradirsi e sciogliersi così in quell’emozione che, forse, era la stessa che provava anche lui.
Arrivederci, allora - le sussurrò infine col cuore già gonfio di nostalgia, accentuando volutamente quelle due parole, quasi nascondessero un’affettuosa minaccia che alla turchina non passò inosservata.
Shade la lasciò finalmente uscire dall’auto, osservandola intraprendere il vialetto di casa con passo più incerto di quello che aveva sostenuto fino a quel momento.

 
¤¤¤¤¤¤
 

 

Era autunno inoltrato, le foglie degli alberi si erano ormai ingiallite e cadevano a terra esauste, simulando una lenta danza di benvenuto all’imminente inverno.
Shade passeggiava per le strade desolate della città, solo come lo era stato dal momento della sua partenza, diretto a casa di amici per una straordinaria festa in giardino in grande stile.
Stringeva con forza il cellulare in una mano in attesa di una chiamata che tardava ad arrivare.
Sentirsi con Rein quasi tutti i giorni per telefono gli dava l’illusione che non fosse mai partita.
Tuttavia, udire la sua voce non equivaleva certo ad averla accanto.
Giunse all’indirizzo indicato, la musica che si percepiva fin dalla strada.
Appena entrato lo accolsero Bright ed Auler assieme alle ragazze del loro gruppo: Sophie, Altezza e tutte le altre meno una.
Fine mancava all’appello, ritardataria come sempre.
L’inizio della serata passò piuttosto allegramente, tra una chiacchiera e l’altra.
L’allegria che si respirava in quel luogo aveva contagiato anche lui.
Eppure quel senso di vuoto che gli attanagliava lo stomaco non cessava di abbandonarlo…
La partenza di Rein gli bruciava ancora parecchio, era come se la turchina, partendo, avesse portato via con sé anche una parte di lui, la più importante forse.
Guardò di nuovo il cellulare, notando con rammarico che non aveva ricevuto ancora alcuna chiamata da parte sua.
Strano, eppure a quell’ora Rein lo chiamava sempre perché era un orario abbordabile per entrambi…
Scosse la testa, tentando di cacciare via la turchina dai suoi pensieri.
Rein era partita spiccando il volo verso nuovi orizzonti, doveva farsene una ragione.
Non sarebbe ritornata che tra sette mesi.
Pensarla in ogni momento non avrebbe servito a riportarla indietro: doveva togliersela dalla testa una volta per tutte.
Il cellulare vibrò, e sul display apparve a lettere chiare e tonde il nome della turchina, quasi a volergli fare un dispetto.
Schiacciò il tasto verde per avviare la chiamata, il cuore in gola come ogni volta che avvertiva la sua voce cristallina dall’altro capo della cornetta.
- Pronto?-
Dall’altro capo del telefono, una voce piuttosto allegra rispose.
- Avevi paura che non ti chiamassi stasera, vero?-
Rein scoppiò in una risata colma di tenerezza che gli strappò un sorriso.
- Da che elementi puoi trarre questa intuizione azzardata?- le domandò scherzando.
- Pari più agitato del solito…- gli rispose lei, facendogli sorgere un altro sorriso sulle labbra -  Cosa fai di bello stasera? Mi pare di sentire della musica dalle tue parti - continuò.
- Oh - esclamò lui alzandosi dal divano sul quale era seduto e dirigendosi in un luogo più appartato sotto la veranda - Tio ha organizzato una festa e Bright ha insistito tanto ad andarci che sono stato costretto ad accettare - le rispose - Vedessi che casino, spunta gente da tutti gli angoli della casa!-
Rise.
- Una festa? Quindi significa che ci sono anche Fine, Altezza e tutte le altre?- domandò Rein entusiasta.
- Ecco…- balbettò lui indeciso - Altezza e le altre ci sono, per quanto riguarda tua sorella, non si sa che fine abbia fatto. Non è mai stata così in ritardo come stasera - le rispose con un velo di perplessità nella voce.
Dall’altro capo del telefono, Rein ridacchiò.
- Almeno vi state divertendo?- domandò.
Un sorriso malinconico gli velò il volto, un pesante macigno carico di nostalgia gli parve gli si fosse appoggiato sul petto.
- Qui ci divertiamo, si, peccato che la casa paia tremendamente vuota - azzardò.
Rein ridacchiò di nuovo al telefono - Ma se mi hai appena detto che è stracolmo di persone!- esclamò.
Stavolta lui non si unì alle sue risate.
- La mancanza di qualcuno si sente…- mormorò cupo, rabbuiandosi.
Ci fu silenzio per un momento che parve interminabile.
- Ah…- sospirò infine Rein, per nulla toccata dalle parole che lui aveva appena pronunciato - Fine è sempre in ritardo, ma vedrai che arriverà -
Una rabbia improvvisa ed inspiegabile gli arse improvvisamente in petto.
Strinse con forza i pugni, rischiando poi di lanciare il cellulare a terra violentemente.
- Accidenti a te, Rein!- esclamò furibondo - Devo dirtelo in inglese perché tu capisca?! Mi manchi, dannazione!-
Dall’altro capo della cornetta, silenzio.
Temette di essere stato decisamente troppo impulsivo.
- …Rein?- balbettò timoroso, nella speranza che lei non avesse riattaccato.
- Voltati - la sentì sussurrare.
Fece come gli aveva detto, allibendo all’istante.
Ebbe paura di stare sognando.
Di fronte a lui, tra la folla di ragazzi che chiacchieravano animatamente tra loro, comparve Rein vestita dello splendido abitino blu che le evidenziava così perfettamente i fianchi e che aveva indossato anche alla sua festa d’Addio.
Non nascose lo sbalordimento di ritrovarsela finalmente di fronte, come aveva sperato tante volte fino ad allora.
Per quanto credesse ancora di stare sognando, convinto che l’immagine di Rein di fronte a sé fosse soltanto frutto della sua immaginazione, rivederla per lui fu come riuscire a spiccare il volo per la prima volta.
La vide sorridere timidamente mentre avanzava verso di lui, mettendosi qualche ciocca di capelli dietro un orecchio.
- R-Rein…?- mormorò, incredulo.
Voleva correre da lei, dirle quanto gli fosse mancata, abbracciarla per poi non lasciarla più.
Ma non si mosse, non pronunciò nemmeno una parola.
L’emozione era tanta, troppa.
La vide ridacchiare sommessamente mentre giungeva davanti a lui.
- Beh, che c’è? Hai detto tanto che ti mancavo, e ora che sono qui davanti a te nemmeno mi saluti?- lo prese in giro lei.
Gli prese delicatamente le mani, intrecciandole alle sue.
Sorrisero entrambi.
- Sei tornata - fu la sola cosa che Shade riuscì a pronunciare.
Lei annuì, puntando i suoi occhi cristallini in quelli bui di lui.
- Ci ho messo il mio tempo, ma alla fine ce l’ho fatta a capire qual è il posto che mi spetta - gli disse, stringendosi forte a lui e lasciandosi inebriare dal suo dolce profumo.
Lui ricambiò l’abbraccio, affondando il viso nei morbidi capelli di lei, assaporando una gioia che da troppo tempo aveva atteso di provare.
Poi un’improvvisa sensazione che tutto quello che Rein stesse facendo fosse tremendamente sbagliato gli attraversò la mente in un lampo.
Si sciolse tempestivamente dall’abbraccio, afferrandola per le spalle e costringendola a guardarlo negli occhi.
- Rein, che ne sarà dell’America, del tuo sogno, della tua grande opportunità? Vuoi veramente gettare tutto all’aria così?-
Era sinceramente preoccupato.
Rein gli sorrise, compiaciuta di tutta quella premura che lui ogni volta riservava per lei.
Appoggiò le mani sul suo petto, stringendogli i lembi della camicia.
-  L’unica opportunità di cui voglio godere in questo momento - disse - è quella di passare il mio tempo con te -
Il cuore di Shade fece una violenta capriola nel petto.
- Vuoi dire che tu…- cominciò a balbettare – Ho finalmente trovato il mio posto del mondo, si. E non è Tokyo, contrariamente a quello che pensavo.- completò la frase lei, increspando le labbra in un sorriso.
A quelle parole, Shade sentì il proprio cuore aprirsi, e la mente farsi leggera, quasi fosse in grado di spiccare il volo da un momento all’altro.
Poi scontrò nuovamente lo sguardo con quello di Rein, facendo avvicinare le labbra alle sue.
La  baciò, finalmente.
Il cuore si contorse in una nuova capriola non appena sfiorò la bocca con quella di Rein, ed era certo che anche per lei fosse stato lo stesso.
Entrambi sentirono di poter spiccare il volo da un momento all’altro.
Fu il bacio più bello che avessero mai dato in vita loro.
Passarono il resto della serata insieme, in compagnia dei loro amici che festeggiarono Rein nel migliore dei modi.
Fine aveva finalmente fatto la sua comparsa alla festa, giustificando il suo incredibile ritardo con il fatto che era dovuta passare a prendere la sorella in aeroporto per poi condurla lì.
Rein, a quanto sembrava, era tornata per restare.
Immaginate la sorpresa di Shade quando seppe addirittura che la festa organizzata da Tio non era altro che una festa di Bentornato per Rein, e che, tra l’altro, tutti glielo avevano tenuto abilmente nascosto fino ad allora.
- Quindi mi ha costretto a dirti tutte quelle cose al telefono solo per puro e semplice divertimento?- le domandò, fingendosi offeso.
- L’ho fatto esclusivamente per avere una certezza in più. Mi pareva di avertelo già detto - esclamò lei divertita, mentre lui si scioglieva in un’allegra risata.
- Beh, sappi che c’è ancora una cosa che non ti ho detto – annunciò, con una nota di mistero nella voce.
Lei sgranò gli occhi, desiderosa di sapere cosa aveva ancora da dirle.
Shade sorrise, avvicinandosi al suo viso – Preparati, perché domani io e te ce ne andremo in America - le sussurrò all’orecchio, illuminandole gli occhi.
Rein gli gettò le braccia al collo, incapace di nascondere la gioia che provava in quel momento.
- Grazie - gli mormorò in risposta, baciandolo nuovamente sotto una miriade di stelle che avevano fatto la loro comparsa in cielo.


Angolo Autrice:

...
Si, lo so, è da parecchio tempo che non aggiorno questa raccolta, e me ne dispiace, perchè ultimamente l'ispirazione scarseggia e ho tante altre storie lasciate incomplete che attendono di trovare una conclusione.
In questi giorni, però, rileggendo questa raccolta, ecco che improvvisamente spunta un'idea. Una one-shot è decisamente meno impegnativa da scrivere che una long (beh, dipende dai punti di vista), dunque sono riuscita almeno a creare questa cosa qui sopra.
Ho notato che c'era troppa depressione nei capitoli precedenti (fatta eccezione per alcuni, in altre ho veramente toccato il fondo della depressione, ma che diavolo mi era preso? xD), dunque per la gioia delle mie lettrici ho voluto creare una semplice storiella senza pretese e a lieto fine.
Non so da dove mi sia venuta l'idea della partenza di Rein per l'America, so solo che mi sono messa al computer e ho scritto.
Non sono convinta fino in fondo del risultato ottenuto, ma spero comunque lo gradiate.
Una storiella sdolcinata ogni tanto può anche starci, no? E in questa Rein comprende che il suo posto nel mondo, la sua certezza, non è altri che Shade. Se è tornata a Tokyo, infatti, è solo e unicamente per lui. Tant'è che, al termine della fiction, Shade comprende i desideri di Rein, e diecide di risolvere la situazione in una maniera piuttosto semplice: andare in America con lei.
Ci tenevo a spiegare questo passaggio, data la quantità di roba inutile che è presente all'interno della fic xD
Bene, con la speranza di avervi allietato almeno un poco, vi saluto.
Spero di tornar presto ad essere produttiva come una volta D:
Un bacio a tutte

_BlueLady_

 

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Capitolo 9
*** Per una Manciata di Orgoglio ***


Per una Manciata di Orgoglio
 
Nel salone del Palazzo del Sole, le luci scintillavano come stelle nel cielo.
La musica risuonava forte nell’aria, riempiendo ogni centimetro di spazio delle sue note, cozzando contro le pareti, sgusciando rapida tra le fessure delle finestre.
C’era aria di festa, c’era aria di allegria. L’espressione serena e distesa dei volti degli invitati, le labbra tirate in sottili sorrisi e gli occhi accesi di divertimento, denotava un’atmosfera rilassata, giocosa, leggera e spensierata. Il classico atteggiamento di chi, soltanto per una sera, decide di distaccarsi dal peso della vita quotidiana, e godersi solo per un istante la leggerezza del divertimento, senza pensieri, senza oppressioni.
Eppure c’era chi, nonostante lo sfarzo e la musica ridondante di allegria tutt’intorno, sentiva il cuore e l’anima appesantiti dalla crudeltà di un destino che non poteva essere cambiato.
Rein, Bright, Fine e Shade si ergevano in piedi fieri ed orgogliosi, accanto alla figura di Toulouse in mezzo a loro in procinto di annunciare ai presenti la lieta notizia.
Un coro di esclamazioni eccitate ed uno scroscio di applausi riempì la sala coprendo la melodia della musica, non appena le labbra del Re del Sole si dischiusero per disegnare nell’aria la parola “matrimonio”.
Era così, difatti: presto nel Regno Solare si sarebbero tenute le celebrazioni di due importanti eventi, e Fine e Rein ne sarebbero state le protagoniste.
Elsa, poco distante dal marito, osservò con orgoglio e commozione le due figlie, divenute ormai grandi, accanto alle figure dei rispettivi mariti. Percepì il cuore gonfiarsi di eccitazione e nostalgia, al pensiero di quanto poco tempo le restava da condividere con loro, prima di lasciarle proseguire da sole nel camino della vita.
Non appena Toulouse fece il nome del Regno dei Gioielli, Rein avvertì la stretta di Bright farsi più decisa e salda sulla sua vita. Il biondo le rivolse un sorriso al quale lei non poté fare a meno che ricambiare, impacciata.
Dall’altra parte, Fine si strinse forte al braccio di Shade non appena il padre sfiorò la mano del giovane, posandola in quella della figlia. Shade osservò il volto della rossa accanto a lui sorridergli eccitata, e lui semplicemente ricambiò con un cenno del capo, come a confermarle che ciò che stavano vivendo in quel momento era la realtà. Non si trattava di un sogno. Non sarebbe bastato darsi un pizzicotto ed aprire gli occhi per fuggire da tutta quell’atmosfera delirante. Non più.
Le due coppie sfilarono nel corridoio creato dalla folla che si apriva dinnanzi a loro, afferrando confuse mani che si allungavano per stringere le loro e congratularsi, volti radiosi e solari sciogliersi in lacrime di commozione, esclamazioni di gioia, abbracci, cenni di approvazione, baci, cori di ammirazione.
Rein accoglieva ogni sguardo con un sorriso tirato in volto, ma dentro di sé si sentiva morire. Tornare indietro era ormai impossibile.
Shade prendeva in silenzio ogni parola di congratulazione, ma in cuor suo si sentiva in gabbia. Non poteva più scappare.
Entrambi osservarono la figura del proprio consorte di fianco a sé sciogliersi in sorrisi sinceri e parole incrinate di commozione, e pensarono a quanto tutto quello fosse terribilmente sbagliato ed ingiusto. Come ci erano arrivati, a ridursi così?
Le serata proseguì tra feste, balli, brindisi in onore dei novelli sposi e cori di acclamazione.
Rein si sforzò di sorridere così tanto, che presto la muscolatura del viso le si paralizzò in quell’espressione meccanica, dolendole le guance.
Shade incamerò dentro di sé talmente tanti rimpianti, che temette quasi il cuore potesse esplodergli in petto se soltanto avesse udito un altro “Sono tanto felice per voi” pronunciato a fior di labbra con indiscrezione.
Entrambi, con il passare delle ore, avvertirono quell’atmosfera farsi sempre più opprimente.
La musica tuonava feroce nell’aria, rendendo quasi impossibile respirare.
Le luci accecavano gli occhi, facendoli lacrimare.
L’odore del cibo penetrava nelle narici, chiudendo lo stomaco in un nodo di angoscia e risentimento.
Era opportuno allontanarsi da lì, prima che il delirio di quella serata li portasse a tradire le loro emozioni.
La prima a cedere fu Rein che, in preda ad una sensazione opprimente che le albergava nel petto, annunciò a Bright che si sarebbe allontanata un attimo in cerca di una boccata d’aria.
Il biondo la lasciò andare, prendendosi anche la sua fetta di responsabilità nell’accogliere la pioggia di congratulazioni che continuava a fioccare come neve dal cielo.
Non appena si ritrovò fuori dal palazzo, all’aria aperta, Rein non poté fare a meno di sciogliersi in un sospiro di sollievo, finalmente libera dall’apnea, dai falsi sorrisi e dai cori tuonanti che le perforavano i timpani.
Sospirò, il cuore pesante e gli occhi che le pungevano, domandandosi come aveva fatto a spingersi fino a quel punto.
Un tempo ciò che stava vivendo in quel momento l’avrebbe resa pazza di gioia. Nemmeno lei ricordava quante volte l’aveva sognato.
Eppure, guardandosi ora, si rese conto che il suo desiderio altro non era che un futile capriccio da bambina. Da quando aveva smesso di amare Bright?
Più se lo domandava, più non sapeva darsi una risposta. Forse, in cuor suo, nemmeno l’aveva mai amato. E allora perché aveva accettato di condividere la sua vita assieme a lui, spingendosi addirittura a sposarlo?
Osservò la luna brillare imponente in cielo, quasi a suggerirle la risposta che cercava ma che continuava imperterrita ad ignorare, mentre lacrime capricciose cominciarono ad uscirle dagli occhi. Inspiegabilmente, provò una profonda nostalgia.
Un curioso fruscio di passi alle sue spalle, discreto e silenzioso ma non abbastanza perché lei non lo notasse, attirò la sua attenzione prima che altri pensieri potessero affollarle la mente, e di fretta si asciugò le lacrime dal volto. Nessuno doveva sapere quanta infelicità albergasse in lei.
Quando si voltò, si sorprese nel ritrovarsi un paio di occhi bui come la notte a scrutarla spaventati da lontano, quasi temessero di infrangerla se solo avessero osato posarsi su di lei.
- Oh, perdonami, Rein, non pensavo fossi anche tu qui – si scusò Shade a pochi passi di distanza, bloccandosi di colpo non appena la riconobbe – Non era mia intenzione disturbarti –
- Shade – lo salutò lei, re indossando il suo finto sorriso – Tranquillo, non mi disturbi affatto. Ero sovrappensiero – si giustificò, sperando con tutta se stessa che lui non notasse gli occhi ancora lucidi dal pianto, ed il respiro mozzato in gola.
Istintivamente, lui le si affiancò senza dire una parola, mettendosi ad osservare insieme a lei il pallore lunare sovrastante.
Entrambi si irrigidirono, quasi considerassero quell’incontro casuale uno spiacevole errore del destino. Nell’aria percepivano l’odore di un pericolo, il sentore di uno sbaglio. Sapevano entrambi di non doversi trovare lì in quell’istante, loro due, soli.
- La folla è talmente pressante stasera, che quasi riesce difficile respirare. Avevo bisogno di tirare una boccata d’aria – si giustificò Shade, rompendo il silenzioso imbarazzo che li teneva distanti.
Rein annuì alle sue parole, senza mai posare lo sguardo su di lui. Sapeva che se solo l’avesse fatto, le sarebbe riuscito impossibile fingere ancora.
- E così, ti sposi con Bright – continuò il moro, cercando disperatamente un contatto con lei, apparentemente disinteressato e scostante – Non posso che farti le mie più sincere congratulazioni –
- Lo stesso si può dire di te e Fine – tagliò corto lei, tentando disperatamente di troncare quella conversazione il prima possibile. Doveva tornare da Bright, prima che fosse troppo tardi.
- Sei felice? – l’udì a un tratto domandarle, bloccandola sui suoi passi e costringendola a retrocedere verso di lui.
Lo osservò negli occhi giusto un istante, vedendo l’anima bruciargli di curiosità in attesa di una sua risposta. Quei baratri profondi parevano volerle leggere dentro, captando ogni più piccola scintilla di emozione.
Arricciò un angolo della bocca, guardinga. Davvero gli interessava?
Le era parso di percepire un tono leggermente saccente nella voce di Shade, una domanda indifferente soltanto all’apparenza, ma incrinata di consapevolezza, schietta e diretta, come se a ciò che le stesse domandando era evidente non potesse che susseguirsi una sua risposta negativa.
Lei non era felice, era più che evidente. Non lo era per niente
- E tu? Hai finalmente trovato ciò che cercavi, no? – gli rispose soltanto, acida e sulla difensiva, quasi accusandolo, tentando di sfuggire da una situazione che odorava di trasgressione.
Shade ridacchiò sommessamente, una risata che sapeva di consapevolezza e rassegnazione riconoscendo nei toni di quella risposta tutta l’esuberanza, tutta la sfacciataggine, tutta la grinta che avevano da sempre caratterizzato la turchina.
- Non cambi mai, Rein – mormorò soltanto, inchiodando le pupille nelle sue. Non avrebbe mai desiderato che cambiasse. Era ciò che più amava di lei.
Rein questa volta non sfuggì, sostenendo lo sguardo fieramente, audace, temeraria.
- Anche tu, Shade – disse soltanto.
Il silenzio tornò ad impossessarsi della conversazione, spietato e prepotente come un muro di pietra a frapporsi tra loro.
Fu Shade a decidere di abbatterlo, ancora una volta.
- Ho sempre ammirato questo tuo lato del carattere, così esplosivo e senza freni. Non ti lasci mai sopraffare da nessuno. Non da me, almeno. Da questo punto di vista, io e te non siamo mai andati tanto d’accordo. Sarà opportuno cominciare da adesso, visto e considerato che le nostre strade inevitabilmente tenderanno ad incrociarsi, cognata
Rein notò come Shade aveva volutamente accentuato l’ultima parola nel tentativo di provocarla come facevano da bambini. Allora si sarebbe messa a sbraitare, offendendolo senza ritegno ed aspettando con ansia la sua risposta, in attesa di dare via a quel gioco fatto di ravvicinamenti e lontananze che apparteneva soltanto a loro.
Sorrise, sciogliendosi nella nostalgia di quei ricordi distanti. Com’era tutto più semplice, allora lontano dal peso delle responsabilità. Com’erano ingenui ed immaturi, troppo orgogliosi per ammettere a se stessi una verità che rimbombava forte nel petto, spingendo all’altezza delle costole.
Perché si erano rifiutati di darle ascolto, all’epoca?
- Risparmiati le frecciatine, Shade. Non è più come quando avevamo tredici anni – gli rispose atona, riportando anche lui coi piedi per terra.
Il moro sorrise, lasciando che il sapore della nostalgia gli riempisse la bocca di rimpianti.
- Ti ricordi come eravamo, allora? – le domandò.
Rein sorrise, avvicinandosi pian piano a lui, perdendo i suoi occhi nell’immensità della notte.
- Era tutto così semplice…- mormorò.
- Eppure siamo riusciti a rovinare tutto lo stesso – asserì lui con amarezza, osservandola negli occhi con consapevolezza. Rein ancora una volta sostenne lo sguardo, mentre la voglia di piangere e non trattenere più le lacrime le premeva forte sulla gola. Non poteva permettersi di cedere proprio in quel momento. Le sarebbe riuscito impossibile contenersi successivamente.
Shade non avrebbe mai dovuto sapere, anche se in fondo in fondo era consapevole che fosse già a conoscenza di tutto quanto. Non era mai riuscita a nascondere niente ai suoi occhi di tenebra.
Lui, però, non era della sua stessa idea. Era deciso a liberarsi dal peso che gli opprimeva il petto, prima che quello lo fagocitasse completamente. Da troppi anni aveva rimandato quel momento. Era giunta l’ora di prendersi le proprie responsabilità.
- Ricordi la sera del ballo dopo la sconfitta del Cristallo Nero? – le domandò.
Rein deglutì un boccone di saliva amaro come il fiele: - Come potrei dimenticarla? – asserì, ancorando le pupille a quelle di lui.
Shade rise: - Tu e Fine come al solito eravate in grandissimo ritardo, e come se non bastasse avete dato spettacolo con un’entrata “trionfale”, degna delle famose Principesse Gemelle – scosse la testa addolcito, mentre Rein restava ad ascoltarlo in silenzio - Dopo mesi passati in vostra compagnia avrei dovuto aspettarmelo da due come voi, eppure come al solito siete riuscite a spiazzarmi lo stesso – soffocò le risa al pensiero di quel ricordo che gli solleticava la mente – Non appena vi ho viste rovinare a terra, impacciate dal vestito, ho pensato che, per quanto coraggio aveste dimostrato nel combattere un nemico tanto grande, nel profondo sareste rimaste le solite pasticcione di sempre –
Rein si accodò a lui nella risata, contagiata dalla dolcezza di quel ricordo lontano: - Non appena Fine mi trascinò con la faccia per terra davanti a tutta la folla di invitati, Re e Regine comprese, avrei voluto sprofondare dalla vergogna. Nel profondo, già sapevo che sarebbe andata a finire così. È più forte di noi –
Il cuore di entrambi parve un attimo alleggerirsi, quasi fossero improvvisamente tornati bambini.
- Per togliervi da quello spiacevole impiccio, Bright ed io abbiamo deciso di venire in vostro aiuto – continuò lui, ripercorrendo istante per istante quel momento
– Vi siete avvicinati…- lo precedette Rein.
- Abbiamo allungato la mano nella vostra direzione, e…-
- E quando ho alzato lo sguardo per aggrapparmi al mio salvatore, mi sono sentita morire dentro nel ritrovarmi Bright di fronte, al posto tuo – concluse Rein asciutta, fissandolo negli occhi con una sincerità raggelante.
Shade improvvisamente si ammutolì, mentre il sorriso sul volto si spense di botto.
Rein l’osservò con occhi lucidi, mentre in petto le si apriva una ferita non ancora rimarginata. Non era stata in grado di tenergli nascosto quel piccolo segreto. Si era lasciata andare, troppo coinvolta dal passato che era tornato a scorrerle davanti agli occhi come uno stormo di uccelli impazziti.
- Perché hai deciso di allontanarti così all’improvviso? – domandò in un sussurro, la voce incrinata dal pianto.
Shade sospirò, un groppo in gola pesante come un macigno ad opprimergli il respiro, rassegnato, colpevole.
- Che differenza avrebbe fatto? Per te sono sempre stato invisibile – asserì cupo, in bocca l’amarezza dello sconforto ad avvelenargli la lingua.
Rein scosse la testa, respingendo a fatica in gola il desiderio di avvicinarsi a lui più di quanto le fosse consentito – Non è come pensi. Non ho mai ignorato quello che hai fatto per me – rispose.
Shade alzò le spalle, stizzito.
- Quante volte mi hai respinto, Rein? Quante volte mi hai scavalcato, calpestato, escluso, e quante volte io sono tornato a prostrarmi ai tuoi piedi come un cane affezionato, nonostante tu ti ostinassi a non vedermi?- proferì con rabbia, sputandole in faccia parole avvelenate che il suo orgoglio ferito lo costringeva a pronunciare.
Avrebbe accorciato la distanza tra loro in quello stesso istante, se il presentimento di venire scoperti da Bright o da Fine non aspettasse ansioso un suo passo falso, osservandolo dall’alto come un avvoltoio, per concretizzare la sua paura.
- Proprio per questo non ho compreso il tuo improvviso distacco. Io ci tenevo a te, Shade. Non venirmi a dire che non l’ho mai dato a vedere, perché sai benissimo di mentire. Non mettermi addosso intenzioni che non ho mai avuto nei tuoi confronti – replicò Rein secca, gli occhi accesi di determinazione, decisa a non farsi sopraffare.
Shade vide le gote di lei accendersi in quell’impeto di rabbia, e desiderò baciargliele con tutto se stesso. Ciò fu sufficiente ad alimentare ancora di più quella ferocia inspiegabile che si era impossessata delle sue membra.
- Questo comunque non cambia i fatti. Perché ti stupisci tanto del mio improvviso cambio di rotta? Credevi davvero che sarei rimasto ad aspettarti in un angolo, sperando inutilmente che tu ti accorgessi di me? Non vali fino a questo punto –
Nell’udire quelle parole, violente come uno schiaffo in pieno viso, Rein boccheggiò un istante, nel tentativo di trovare una risposta altrettanto tagliente, ma alla fine desistette. Gli voltò le spalle, rinunciando al resto che aveva da dirgli, decisa a rientrare alla festa, il cuore a pezzi e gli occhi gonfi di rammarico e delusione.
Shade l’osservò voltarsi in procinto di andarsene, mordendosi un labbro come a maledirsi delle parole che gli erano uscite dalle labbra con una violenza senza pari, incontrollabili, orgogliose, affilate.
Tergiversò un istante soltanto se lasciar morire il discorso in quel punto, o trattenerla ancora nella speranza di rimediare al suo errore.
Alla fine, si risolse con la soluzione più istintiva.
Afferrò Rein per un polso, impedendole ogni via di fuga, e la costrinse nuovamente a guardarlo negli occhi.
- Alla fine hai scelto Bright, no? Non era ciò che avevi sempre voluto? Cosa ti importa di me? - le soffiò aspro con un’espressione dura in volto, e subito Rein contraccambiò alla sua provocazione con una risposta altrettanto tagliente e meschina – Ho scelto Bright, semplicemente perché non avevo altra scelta –
Subito la presa sul polso si allentò, e stavolta fu Shade a sentirsi colpire in pieno volto dallo schiaffo di quella confessione a bruciapelo.
Rein singhiozzò, ferita e provata da quella conversazione che non avrebbe mai dovuto verificarsi.
- Ma non capisci, Shade? – mormorò affranta – Non potevo colpire Fine alle spalle in un modo tanto subdolo. Che razza di sorella sarei stata? Scegliendo Bright al posto tuo, ho scelto la felicità di Fine alla mia. Anche a costo di risultare ai tuoi occhi spietata ed insensibile. Che altro potevo fare?-
Shade mollò del tutto la presa sul polso di Rein, accasciando sconfitto la mano lungo il corpo.
Improvvisamente, la tempesta tra loro si acquietò. Fu allora che si decise a confessarle tutto quanto. Tutto ciò che non le aveva detto in anni ed anni di silenzi e rimpianti soffocati.
Ormai non aveva più nulla da perdere.
- Per tutto il tempo in cui ti sono stato vicino, non ho potuto fare a meno di notare come ti mostrassi distante ed insensibile alle mie attenzioni. Cominciavo a perdere le speranze. Non riuscivo più a sopportare i tuoi cori di ammirazione nei confronti di Bright, i tuoi sospiri sognanti nel pensare a lui. Temevo di uscirne pazzo. Così mi sono convinto che la cosa giusta da fare fosse lasciarti libera di amare chi volevi, mentre io mi sarei accontentato del resto – asserì atono, sedendole accanto su una panchina nascosta da un cespuglio di rose.
- Non avevo scelta se non quella di innamorarmi di Bright – gli rispose lei, trattenendo a stento le lacrime che le pungevano gli occhi – Fine ti voleva troppo bene, perché io avessi il coraggio di intromettermi tra lei e te. Non ho mai dimenticato tutto quello che hai fatto per me in tutto questo tempo. È grazie a quello se ho cominciato ad accorgermi di te, piano piano, un passo alla volta. Ma quando ho realizzato di provare per te molto più di una semplice amicizia, era ormai troppo tardi per tornare indietro –
Shade sorrise, rimpiangendo di non aver fatto allora ciò che sentiva fosse giusto fare.
- Quando ti ho vista ballare assieme a Bright, emozionata e felice del tuo piccolo sogno che diveniva realtà, ho capito che continuando ad amarti avrei distrutto entrambi. Così mi sono imposto di dimenticarti, e mi sono avvicinato a Fine per chiederle di ballare al posto tuo –
Rein soffocò a fatica un singhiozzo che voleva uscirle dalle labbra con una violenza incontrollabile.
- Avrei voluto incrociare il tuo sguardo soltanto per un istante, nella speranza che tu capissi quanto mi sentissi persa in quel momento. Ma l’idea di ferire Fine, e vederti chiedere la sua mano convinto per ballare assieme a lei, mi ha privato di qualsiasi certezza. Cominciai a pensare che ti fossi dimenticato di me. Ed alla fine, mi dissi, era anche giusto così. Io non ti meritavo affatto –
- Non ho avuto il coraggio di guardarti negli occhi, perché sapevo che se l’avessi fatto non sarei più stato in grado di andare avanti. Non immagini quanto mi sia costato rinunciare a te definitivamente – proferì lui in un sussurro, affondando nelle sue iridi cristalline che parevano pregarlo di non lasciarla andare più.
Rein sorrise, un sorriso amaro, che sapeva di rimpianti.
- La prima volta che Bright mi chiese di ballare, gli pestai i piedi dalla troppa emozione. Allora ero così felice di volteggiare tra le sue braccia, anche se in realtà era stato solo merito di Fine se mi era stato concesso quel piccolo privilegio, poiché aveva gentilmente declinato l’invito perché potessi danzare io con Bright, al posto suo. Allora ero la persona più felice del pianeta – sospirò – Ma poi sei arrivato tu. Ed io non mi sono mai vergognata tanto di desiderare le tue attenzioni al posto di Fine in vita mia. Non era giusto che le portassi via una cosa così importante per lei, dopo ciò che aveva fatto per me –
Silenzio. Shade allungò una mano nella sua direzione nel desiderio di toccarla ed avvicinarla a sé, ma poi desistette.
- Non sono mai stata una brava ballerina. Le poche volte che ho avuto l’occasione di danzare con qualcuno, gli ho sempre pestato i piedi. Anche con te – si sorrisero – All’ultimo ballo, Bright mi disse sorpreso che mi trovava migliorata nella danza, ed io non ho potuto fare a meno di pensare di come il merito nell’insegnarmi fosse stato tuo. Non l’ho mai dimenticato –
Si guardarono negli occhi, ripercorrendo assieme l’emozione del danzare stretti l’uno nelle braccia dell’altra, nel fugace istante di una melodia.
- Proprio come avevi fatto allora, anche in quel momento mi sarei aspettata che tu mi afferrassi per un polso, trascinandomi in mezzo alla pista senza darmi occasione di obiettare. Eppure non l’hai fatto. E alla fine, mi sono detta, è stato meglio così. Per il bene di Fine. Per il tuo bene –
- Mai mi sono pentito come in quel momento di non aver agito d’istinto. Ma la tua felicità contava più di tutto il resto. Più della mia – proferì lui, desiderando con tutto se stesso di stringerla a sé, e trattenendosi a forza dal farlo veramente.
- Siamo due sciocchi – osservò Rein con rammarico, realizzando che ormai fosse troppo tardi perfino per i rimpianti.
Shade annuì, perdendosi assieme a lei nel silenzio della notte, ad osservare la luna, le stelle.
- E con Fine sei felice? – gli domandò ad un tratto Rein, dopo un breve istante di silenzio.
Alzò le spalle, sciogliendosi in un sospiro di rassegnazione.
- Grazie a Fine ho trovato serenità, stabilità, certezze, tranquillità, amore… ma non ho trovato te – confessò, guardandola negli occhi.
Per un istante gli parve di leggerle negli occhi lo stesso desiderio di baciarlo che divorava lui. Poi Rein distolse lo sguardo imbarazzata, incapace di sopportare il peso di quella confessione fuori luogo.
Shade scavò negli angoli più nascosti della sua mente in cerca di qualcosa da dire per risollevare quella conversazione che aveva rischiato di colare a picco già troppe volte.
- E tu? Bright era come te lo immaginavi?- riuscì a domandarle solo, e dentro di sé si maledisse di aver parlato non appena aveva aperto bocca. Ancora una volta, troppo tardi.
Rein scrollò le spalle, stampandosi in faccia un finto sorriso.
- Bright è dolce, premuroso, attento, innamorato, perfetto… troppo perfetto – sibilò in un sussurro, ed ancora una volta si ritrovarono gli occhi intrecciati gli uni negli altri, ed il desiderio di sfiorarsi con la punta delle labbra a divorare loro la bocca dello stomaco.
Passarono un intero minuto a scrutarsi nel buio, senza dire una parola. I pensieri vagavano verso futuri lontani, nei quali entrambi desiderarono poter sperimentare le mille sfaccettature di ciò che sarebbero potuti essere se solo non avessero rinnegato i loro sentimenti tempo addietro.
- Hai mai pensato a ciò che saremmo potuti essere?- diede voce Shade a quel pensiero per entrambi.
- Più volte – asserì Rein malinconica, sorridendo sommessamente – Ma mi sono innamorata di te quando ormai era troppo tardi –
- Io non ho mai smesso – proferì lui guardandola negli occhi, con una sincerità tale da toglierle le parole di bocca per un altro minuto intero.
Di nuovo, entrambi desiderarono assaporare l’uno le labbra dell’altra anche solo per una volta. Bastava così poco, in fondo.
- E adesso?- domandò ancora Shade, facendosi più vicino al suo volto.
- Adesso tu sposerai Fine, e io Bright. E vivremo per sempre felici e contenti come abbiamo sempre desiderato – rispose lei, respingendolo delicatamente indietro per rifuggire al suo bacio.
Quella risposta non gli piacque per niente. Davvero non c’erano altre alternative?
- E se fuggissimo?- le propose ancora, cercando disperatamente altre possibilità che gli impedissero di perderla ancora.
Rein scosse la testa risoluta.
- Non possiamo – rispose.
- Perché no?- chiese lui, soffiandole all’orecchio senza distogliere gli occhi dai suoi – Sarebbe così facile baciarti adesso, ed abbandonare tutto il resto –
- Il fatto che sia facile non significa che sia la cosa giusta da fare – mormorò lei di rimando, quasi sul punto di cedere.
- Ma saremmo felici – continuò ancora lui, percependo ormai l’impronta delle labbra della turchina sulle proprie.
- Ma non lo sarebbero Bright e Fine – disse ancora lei, e dette quelle ultime parole, si impose di sfuggire ancora al suo bacio, allontanandosi da lui con delicatezza quasi a domandargli scusa, ormai conscia che si era fatto tardi, e che era davvero ora di rientrare. Bright e Fine erano stati soli troppo a lungo.
Shade l’osservò dargli le spalle ancora una volta, con il sapore della delusione a bruciargli la punta della lingua.
- Perché ti preoccupi tanto per loro? – le domandò, trattenendola ancora.
Rein si voltò verso di lui, quasi sorridendo della sua insistenza.
- Siamo responsabili della loro felicità, Shade – disse solo.
- Loro al nostro posto non so se avrebbero fatto lo stesso – proferì lui asciutto, portando alla luce quella verità nascosta.
Rein, ancora una volta, gli sorrise consapevole dei propri errori.
- Loro al nostro posto non avrebbero rinunciato all’amore per una manciata di orgoglio – asserì nuovamente, e subito abbassò lo sguardo sconfitta, pentita, conscia che, arrivati a quel punto, non si poteva più tornare indietro. Nonostante il peso delle confessioni di quella notte. Nonostante Shade continuasse ad amarla dopo tutto quel tempo, e lei non desiderasse altri che lui.
Dovevano lasciarsi andare, e pagare il peso dei loro errori passati. Era quello ciò che avevano seminato, e che avrebbero dovuto raccogliere negli anni a venire.
Shade la osservò ammirato pronunciare quell’ultima verità, senza avere più la forza di opporsi. Vederla accettare a testa alta gli errori che aveva compiuto in passato, gliela fece amare più di prima.
Era sempre stata coraggiosa, Rein. Anche nell’innamorarsi. E lui non poteva fare altro che limitarsi ad amarla da lontano, immaginando ciò che sarebbero potuti essere se soltanto avessero avuto il coraggio di abbattere il muro tra loro molto tempo addietro. Ora entrambi ne avrebbero pagato le conseguenze.
Bright li sorprese così, a guardarsi in silenzio negli occhi mentre implodevano dentro.
- Scusate l’interruzione, ma Fine ti sta cercando, Shade. Si domandava che fine avessi fatto – asserì cortese, scrutandoli con una punta di sospetto nelle iridi cremisi – Rein, vogliamo rientrare? – domandò poi alla turchina, che subito si riscosse dai suoi pensieri, e si preparò a seguirlo pronunciando un debole – Certo, Bright, scusami. Ci siamo attardati a chiacchierare –
Shade osservò la turchina seguire i passi del biondo, con il cuore bruciante di gelosia, sentendosi piccolo ed impotente di fronte alla crudeltà del destino che si erano scelti.
Si alzò anche lui dalla panchina, affiancando Rein in silenzio mentre si preparava a tornare anche lui tra le braccia della sua consorte, ormai assente da troppo tempo.
Non sprecò parole per dirle che l’amava, e che l’avrebbe amata per il resto dei suoi giorni. Già lo sapeva.
Si limitò a sfiorarle la mano, un’impercettibile carezza che nascondeva in sé la forza di un uragano, e che celava in sé tutto l’amore che tratteneva a forza in gola, poiché temeva che se davvero si fosse permesso di farlo uscire, poi non sarebbe più stato in grado di trattenerlo.
Rein rispose a quel tocco, semplicemente regalandogli l’ennesimo sorriso terso di lacrime. Aveva recepito il suo messaggio, e contraccambiava ogni parola.
- Rein, vieni? – domandò Bright poco distante, con occhio incalzante ed un’espressione attenta in volto, quasi avesse odorato l’attrazione clandestina tra i due.
Rein annuì titubante, e Shade la trattenne ancora un istante, prima di lasciarla andare definitivamente tra le braccia del suo principe e futuro marito, che l’attendeva trepidante a centro pista con l’intenzione di chiederle un ballo, come ai vecchi tempi.
- Detesto quando hai ragione – le soffiò solo all’orecchio, ma Rein seppe che ciò che voleva dirle con quell’ultima frase era: Non ti amerà mai come avrei potuto amarti io.

Angolo Autrice:

Beh, che dire, in quest'ultima settimana essendo anche riuscita a prendermi due giorni per me (merito delle ferie), sono un pozzo di idee.
Dico davvero, mi stupisco!
Da quanto tempo non aggiornavo questa raccolta? Stavo addirittura pensando di darla ormai per completa, quando ecco che mi sopraggiunge in mente una nuova idea, ed eccomi qui a postare.
è un capitolo malinconico, lo so, e sotto certi aspetti crudele. Crudele nei confronti di Rein e Shade, ma anche nei confronti di Bright e Fine, poichè stanno per sposarsi con due persone che non ricambiano affatto il loro amore. Quanto sono malefica?
Odiatemi, insulatemi, ma a mio parere non potevo concludere la one-shot felicemente, con uno Shade ed una Rein che si baciavano, fregandosene di tutto e di tutti per vivere insieme felici e contenti. Quando si ama e si è amati, si hanno delle responsabilità. Ed in questo caso particolare, Rein e Shade, come dice la turchina stessa, non solo sono responsabili della loro felicità, a cui hanno rinunciato per orgoglio, appunto, ma anche di quella di Bright e Fine, che non sono colpevoli di nulla se non di amarli al punto da sposarli.
Diciamo che qui la nostra coppietta del cuore si è fatta un bell'esame di coscienza, analizzando gli errori passati, e decidendo che non potevano cavarsela con un egoistico sentimento d'amore, fregandosene del resto. Anche se la tentazione c'era. Continueranno ad amarsi da lontano, senza mai tradire il proprio compagno.
E' giusto? E' sbagliato? Io dico entrambe le cose. Ognuno è responsabile della propria felicità, ed in questo caso loro hanno fatto l'errore di rifiutare l'amore che provavano l'uno per l'altra, finché non sono più stati in grado di trattenerlo, e quando ormai non c'era più modo di rimediare. 
Deprimente, lo so. Ma devo dire che tutto sommato sono soddisfatta di cosa ne è uscito, e spero che spinga chi leggerà questa one-shot a riflettere.
Detto questo, concludo nella speranza di tornare più spesso a riaggiornare questa raccolta, sebbene abbia ancora in ballo tante altre storie da concludere.
E vi dirò di più: questa one-shot mi ha ispirata per un altro progetto che spero di portare a termine a breve, e che spero farà felice tutte voi lettrici BlueMoon. Ma non sto ad anticiparvi nulla, altrimenti rovino la sorpresa.
Spero di risentirvi presto, qui e là.
Un grazie a chi leggerà e a chi commenterà la fiction!
Baci sparsi

_BlueLady_

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