Untitled

di musa07
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Untitled ***
Capitolo 2: *** Il meme l'abbiamo inventato noi ***



Capitolo 1
*** Untitled ***


 



Come rendere produttive le ore buche a scuola
quando ti tocca per forza star in sala insegnanti

 
Alle mie Bimbe on Ice.
E non servono altre parole <3 

 
 
 
 
UNTITLED
 
 
 
Otabek era arrivato di corsa.
Yuri non aveva neanche fatto a tempo a chiuder la conversazione telefonica, che Beka era già balzato in sella alla moto.
Ed era arrivato da lui. In un lampo.
 
- Yura! -
E Yuri si era voltato di colpo al suono di quella voce calda e avvolgente ormai così ben conosciuta. Ormai così facente parte della sua vita.
Aveva squadrato la figura dell’altro da capo a piedi, sentendosi in colpa per averlo svegliato così presto; in definitiva erano solo le sei e un quarto della mattina.
Dai capelli spettinati di Otabek e dalla faccia ancora assonnata era più che evidente che l’aveva buttato giù dal letto, per non parlare del fatto che indossasse quella maglietta grigio scuro della nazionale kazaka - che miseria schifa! lo fasciava alla perfezione lasciando ben poco spazio all’immaginazione - che gli aveva visto indossare per andare a letto quelle volte in cui si era fermato a dormire da lui, altro segno evidente che l’altro si era precipitato immediatamente in suo soccorso.
- Beka, non scende! –
 Minù, la Birmana di Yuri, aveva ben pensato di darsi alla pazza gioia e dar sfogo al suo istinto di felino cacciatore iniziando a correre dietro agli scoiattoli che schizzavano allegramente da un ramo all’altro degli alberi, nel momento in cui Yuri l’aveva portata a sgranchirsi le zampette nel piccolo parco di fronte al condominio dove abitava. Ed ora non c’era verso di farla scendere.
- Ho provato anche ad arrampicarmi sull’albero fin dove riuscivo, ma lei è salita ancora … -
- Yura! – lo interruppe preoccupato l’altro, ammonendolo e portando l’attenzione su di lui dopo che si era messo al di sotto dell’albero incriminato, naso all’aria.
Ed eccolo lì, la temibile Tigre di Russia, tutto preoccupato per l’incolumità della sua gattina.
Dio, che tenerezza assurda fece ad Otabek.
Stretto nella felpa della sua Nazionale, i capelli biondi raccolti in una sorta di chignon fatto totalmente a caso dal quale ricadevano elegantemente delle ciocche ribelli che gli incorniciavano il viso in un modo a dir poco meraviglioso. Eccolo là, Yuri Plisetsky che aveva quel gran cuore che si affannava tanto a tenere nascosto agli altri.
- Si crede una tigre quando invece è solo un piccolo gattino a cui piace tirare fuori le unghie e soffiare. – lo stuzzicò Otabek, lanciandogli una piccola occhiata e beccandosene una tralice da parte sua, che aveva colto il riferimento.
- Ah-ha molto spiritoso! – lo beccò, infatti, pizzicandogli il fianco per poi far ritornare entrambi lo sguardo all’aria.
Minù li fissava sonnacchiosa, appollaiata su un ramo, mentre faceva oscillare la coda, per nulla turbata, tanto da farla sembrare in tutto e per tutto allo Stregatto di Alice nel Paese delle Meraviglie.
- Beka, che facciamo? –
E quanto era piaciuto ad Otabek quel plurale, quel noi sottinteso nelle sue parole.
Ci pensò su un attimo, valutando la situazione battendosi ritmicamente l’indice sul mento, assorto. Poi, l’illuminazione.
- Ok Yura, montami su. –
- E-eh? –
 
Yuri aveva capito solo montare e le sinapsi erano andate in fumo. Ma come poteva pensare ad una cosa del genere in quel momento?
“Cioè, non che non ci abbia pensato, e tanto anche!, in altri momenti e … oh mio Dio, no! Yuri cazzocazzocazzo. Non davanti a lui! Non puoi pensare a quello con lui davanti a lui in questo momento!” si maledì internamente.
Otabek era il suo miglior amico. O almeno era ciò che Otabek credeva, perché se fosse stato per lui altro che BFF! Pensava di aver travalicato da un pezzo, in cuor suo, il confine tra il voler bene ad una persona come amico al veder quel sentimento evolversi in qualcosa di più. Fermo restando che l’altro mai e poi mai avrebbe dovuto venir a scoprir quella cosa, perché Yuri aveva il semplice terrore di perdere quell’unica persona con la quale si poteva permettere di essere se stesso, con tutti i suoi difetti, le sue manie, le sue paure ma anche con tutte quelle piccole cose che lo facevano gioire, tanto che Otabek – con la perspicacia e l’attenzione che gli erano proprie – aveva ormai imparato ogni minima sfumatura dei rari sorrisi di Yuri.
E Yuri gli voleva più che bene e ovvio era anche che non poteva restar indifferente ed insensibile ad Otabek anche da un punto di vista fisico, grazie anche agli ormoni impazziti da sano sedicenne e visto che ci vedeva dieci decimi per occhio e cazzocazzo se Otabek non era un bel vedere! Soprattutto quando saliva sulla moto e lui piegava la testa di lato, pendendo di lato anche con il corpo, per potersi godere tutto il movimento, e il corpo dell’altro, in quel movimento, da ogni angolazione*
La tragedia per Yuri in quel momento fu che, oltre alla sinapsi, anche il volto andò in fiamme e a nulla valse, per lui, risollevare il volto verso le fronde dell’albero.
 
Dovette ricacciare indietro a forza il piccolo sorriso, Otabek, per non risultare scortese o insensibile nei suoi confronti. Gli era stato palese a cosa i neuroni di Yuri avessero fatto collegamento a quelle parole. Yuri era un libro così aperto per lui. E neppure sapeva dirsi da quanto tempo fosse successo.
- Salimi sulle spalle. – spiegò, cambiando termine, parlando con quel suo tono basso e ipnotico mentre gli scompigliava i capelli dorati con un piccolo buffetto, come a volergli dire che si sarebbe sistemato tutto nel migliore dei modi.
Erano gli unici gesti, contatti, che uno sempre estremamente controllato come Otabek si concedeva di poter fare. Perché non lo voleva turbare ma aveva anche uno spasmodico bisogno di creare un contatto fisico con lui.
Chissà cosa avrebbe potuto pensare il suo Yura – sì, ormai pensava a lui come al suo Yura – se solo avesse saputo quali erano i suoi pensieri e la gioia infinita che provava quando – in sella sempre della suddetta moto incriminata - lo vedeva scendere le scale del condominio nel quale risiedeva mentre lui lo stava aspettando. Era qualcosa di a dir poco idilliaco.
Se la ricordava, Otabek, la prima volta che - di fronte a quella scena ormai così usuale – il cuore aveva iniziato a pompare a mille, la salivazione si era azzerata e lui aveva pensato, molto sensatamente, cazzo!, perché c’era indubbiamente qualcosa che non tornava.
Era da una settimana che non si vedevano e lui non aveva fatto altro che pensare notte e giorno a Yuri, iniziando a rivolgersi mentalmente a lui come al suo Yura, cominciando a portarsi dietro quel cellulare che fino a poco tempo prima si dimenticava a casa, scarico o spento per giorni e giorni, e quando lo sentiva vibrare nella tasca interna della giacca di pelle, ogni volta un colpo al cuore.
E quando li apriva quei messaggi – sì, perché Yuri quando iniziava a scrivere o a inviargli foto, era a ciclo continuo – e vedeva sullo schermo i vari selfie che Yura gli mandava conditi di vari commenti, si doveva trattenere dal carezzare lo schermo, come se stesse posando una carezza su quella pelle nivea.
Sì, indubbiamente qualcosa non tornava. O meglio: era tutto chiarissimo nella mente sempre lucida e attenta di Otabek. Si era semplicemente – e pericolosamente – innamorato di quello che ormai da mesi era diventato il suo miglior amico.
“ Cazzo Otabek!” si era facepalmato simbolicamente mentre Yuri l’aveva infine raggiunto sul marciapiede, attendendo che come al solito gli passasse il casco che aveva in mano, facendogli vedere tutto orgoglioso e con quel sorriso che Dio mio, i cori angelici erano partiti nella sua testa! la nuova felpa leopardata che si era preso.
- Beka? Stai bene? – l’aveva dovuto richiamare all’ordine Yuri, piegando appena la testa di lato mentre lo fissava preoccupato.
- S-sì … - aveva biasciato lui, porgendogli il casco e mettendo in moto solo quando si era assicurato che Yuri fosse saldamente in sella. Peccato che ormai, per Yuri, ancorarsi saldamente in sella volesse anche dire circondargli il corpo con le braccia, facendo scivolare le mani dapprima sui fianchi fino ad allacciarle sul suo addome e, addio mondo!, quel contatto non gli era mai parso allo stesso tempo così dolce ed eccitante insieme. Senza contare che Yuri aveva ben pensato di poggiargli una guancia sulla schiena e accarezzargli per un istante il ventre con un piccolo movimento circolare dei polpastrelli e, oh eccome se li aveva sentiti anche sopra gli strati di tessuto! La pressione sanguigna era schizzata ovunque, in particolar modo verso le parti basse.
“Signore perdonami, perché ho molto peccato!” chissà perché si era trovato a citare un testo biblico dentro di sé, non riuscendo a controllare quell’istinto innato.
Non poteva tradire la fiducia di Yuri così. La fiducia che Yuri aveva in lui e nella loro amicizia. Quello sguardo candido e rilassato – che mai, mai!, gli si vedeva mentre era sul ghiaccio sia che si stesse esibendo, sia che si stesse allenando – che aveva mentre si trovavano nei vari Mc’Donalds o Burger King (Yuri aveva una predilezione per i cibi decisamente malsani) e si sporgeva sopra il tavolo verso di lui per rubargli a tradimento un morso del suo hamburger o di come lo invitava ad aprir la bocca per fargli assaggiare una patatina ricolma di qualche nuova salsa dalla dubbia provenienza e aspettava da lui il responso, tutto felice e contento come un ragazzo di sedici avrebbe dovuto essere, se solo non avesse avuto tutti gli occhi del mondo puntati addosso e una carica e un orgoglio per superare ogni volta i suoi limiti che a volte pesavano come un macigno.
 
Proprio per questo Yuri era estremamente grato ad Otabek. Perché lo faceva sentire normale, quando era con lui poteva condurre una vita normalissima. Otabek gli donava quella quotidianità, quella tranquillità che lo facevano sentire protetto. Al sicuro. Otabek gli donava calore. Era come se Beka gli ritagliasse una parentesi dalla frenesia alla quale si era andato ad infilare da sé medesimo.
Semplicemente, non avrebbe più potuto immaginarsi la sua vita senza Otabek. Sarebbe come stato chiedere alle stelle di smettere di brillare.
Otabek non era come la luce accecante – e a volte fastidiosa - del sole, Otabek era come la luna. Quella luna che risplende con la sua luce discreta ma comunque forte, ferma e sicura, rassicurante e riposante che rischiara e indica il cammino anche nelle notti più nere.
Com’era stato poc’anzi, quando l’aveva chiamato angosciato per il fatto che Minù non stava scendendo dall’albero e Otabek era arrivato subito. Moderno cavaliere sul suo fido destriero metallico. E lui aveva rivisto la luce. La certezza che tutto sarebbe andato a posto. Che quando c’era Otabek tutto si sistemava come per magia.
 
 
- Sali sulle mie spalle. – gli propose quindi Otabek e lui lo fissò per un attimo interdetto.
- Yura, arrampicarsi sull’albero non è stata un’idea geniale, molto probabilmente perché Minù non è abituata a vederti far una cosa del genere. O forse perché è indisponente come un altro felino di mia conoscenza e lo sta bellamente facendo apposta. Quindi l’alternativa è che tu salga sulle mie spalle e vedere se così riesci a fartela saltare in braccio. –
Detto questo, Otabek si piegò sulle ginocchia e miseriaschifa se anche i pantaloni della tuta non gli fasciavano ogni singolo muscolo delle gambe.
- Se cado, posso aggrapparmi ai tuoi capelli? - gli chiese divertito Yuri mentre si metteva a cavalcioni sulle sue spalle.
- Provaci e sei un uomo morto! – fu la replica di Otabek mentre si issava su e poté udire indistintamente lo sghignazzare dell’amico. Altra cosa che Otabek sentì indistintamente – oltre alla maledetta tonicità delle cosce di Yuri strette su di lui – fu che questi pensò bene di scostargli dalla fronte le ciocche di capelli che solitamente venivano pettinate all’indietro. Fu un tocco di una delicatezza estrema che lo lasciò senza fiato.
- Yura … - bisbigliò appena, quasi perdendo l’equilibrio.
- Ohy Beka, vorrei restare intero. – rise Yuri mentre lui si trovò costretto a tossicchiare per riprendere la concentrazione, avvicinandosi cautamente al tronco dell’albero.
- Eh! Come vorrei romperti io invece … - sussurrò.
“Cazzoooooo!” urlo interno alla Munch. Non poteva averlo detto veramente.
- Come? – per sua fortuna Yuri era tutto intento a richiamar Minù e non aveva sentito.
- Niente, niente. –
Così come la sua fortuna era che riusciva sempre a mantener la faccia impassibile, a parte quando rivolgeva certi sguardi a Yuri. Quegli sguardi che lui non se ne rendeva conto, ma facevano trasparire tutto il sentimento che aveva per lui e che rapivano l’attenzione in eterno movimento di Yuri, che restava rapito a guardarlo, chiedendosi come Otabek fosse in grado di plasmarlo uno sguardo del genere. Socchiudendo solo leggermente gli occhi e incurvando di poco verso l’alto la curvatura di quelle labbra che parevano disegnate, ecco che il volto di Otabek trasmetteva mille e più cose.
 
- Minù? Dai amore vieni qui … -
“Ok, posso morire in questo istante. Ha veramente chiamato la gatta amore? Mio Dio, questa dolcezza è in grado di sciogliermi!” pensò Otabek nel momento in cui spostò lo sguardo sopra di sé e quello che aveva previsto, accadde. Minù, senza esitazione alcuna, saltò tra le braccia di Yuri miagolando tutta felice. E, di nuovo, il dolce sorriso che rischiarò il volto sollevato del biondo fu in grado di mozzargli il fiato in gola.
- Fatto Beka! – pensò bene di regalare quel sorriso anche a lui, chiudendo gli occhi, mentre posava un bacio sulla testolina della gattina, tutto felice.
“Così non vale però, Yura!” pensò Otabek mentre iniziava a piegarsi sulle ginocchia per permettere la discesa dell’altro, anche se sarebbe rimasto così per sempre.
E Minù, che ben aveva visto oltre a quei due imbranati, pensò bene di andare loro in soccorso. Elegantemente sgusciò via dalle braccia di Yuri, il quale per timore che si mettesse a saltare nuovamente sui rami, si sbilanciò e, sbilanciandosi, fece fare altrettanto a Otabek.
Cercò, il kazako, di mantenere l’equilibrio il più possibile ma Minù, infingarda, pensò bene di complicargli le cose, iniziando a gironzolare tra le sue caviglie. E la caduta fu inevitabile. L’unica cosa che Otabek poté fare, fu riparare il colpo sull’erba a Yuri, cadendo lui a terra dopo averlo preso al volo tra le sue braccia. Come nella migliore tradizione di film Disney.
E Otabek si trovò sotto Yuri, che andò in fiamme. Come lui del resto!
- S-scusa … -
- N-n-no scusa t-tu … -
E più Yuri tentava di rialzarsi, poggiandogli le mani sul petto, più continuavano ad ingarbugliarsi, senza il coraggio di guardarsi in faccia, mentre le gambe proseguivano ad intrecciarsi tra loro.
Alla fine, sconfitto, Yuri riuscì solo ad issarsi sulle braccia portando lo sguardo sul volto di Otabek.
 
I capelli biondi di Yuri gli sfioravano il volto, solleticandogli la punta del naso e l’altro tentò di scostare tale ciuffo ribelle soffiandoci sopra ma con scarso successo e Otabek vide le proprie dita allungarsi verso quella ciocca, saggiarne la morbidezza – come aveva sempre desiderato fare – per poi portargliela dietro l’orecchio non senza donargli, a quel passaggio, una piccola carezza sulla guancia.
- Beka … -
Non sapeva neanche lui perché aveva sentito la necessità di chiamarlo, forse per evitare di uscirsene con qualcuna delle sue geniali frasi che ultimamente pareva facessero più fatica del solito a passare per la testa prima di uscire per la bocca. Magari qualcosa del tipo baciami … No perché davvero era capacissimo di farlo e mandar tutto a puttane. Ma cazzo! Quello sguardo di Otabek in quel momento era quello sguardo. Quello sguardo che gli faceva di colpo percepir tutta la realtà intorno come qualcosa di ovattato.
Il quale Otabek non frenò la corsa delle sue dita, ma iniziò a farle scivolare tra le ciocche dorate dell’altro, carezzandole lievi, rapito, rubando con avidità ogni minimo particolare di quel volto perfetto. Di quei lineamenti così fini e perfetti. Avrebbe voluto percorrere con la punta delle dita tanta perfezione. La curva del mento, per poi risalire verso quelle labbra così morbide e poi su, sul profilo del naso dritto a regolare, conscio del fatto che aveva praticamente smesso di respirare.
Cosa che aveva fatto anche Yuri, mentre lo fissava interrogativo per poi abbandonare la testa sul suo petto con un piccolo sospiro mesto, dove l’altro lo accolse e lo strinse delicatamente tra le sue braccia.
Stretto in quella presa salda ma incredibilmente dolce, Yuri capì che non poteva continuare a nascondere, o peggio: tentar di reprimere i suoi sentimenti. Non era giusto. Per nessuno dei due. Nemmeno in rispetto della loro amicizia e il bene che li legava.
Rischiava di perderlo, forse, o che magari avrebbe iniziato a guardarlo con disgusto, ma non poteva continuare a tenerlo all’oscuro di ciò che aveva iniziato a provare per lui.
E ciò che sarebbe stato, solo il tempo l’avrebbe potuto dire.
 
- Beka, senti … devo dirti una cosa. –
- Anch’io Yura, anch’io … -
 
 
FINE (forse …)
 
 
 
 
 
 
E niente, per par condicio, mi sembrava più che doveroso.
Gli Otayuri mi trasmettono una dolcezza e fluff sconfinato *occhi a cuore*
La 3some … sì, giusto! BUUUHAHHHUUAHHHHMMMM
 


*Come dire, questa frase mi ricorda qualcosa … ^///^
 

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Capitolo 2
*** Il meme l'abbiamo inventato noi ***


 

Ok, è stato a little parto, lo ammetto.
Ho scritto quattro inizi diversi,
poi ho capito che il problema era
che cercavo di scrivere dal pov di Beka.
Nope, non s’ha da fare per me lol perché io vado in adorazione contemplativa dell'OtaBear ergo, necessitavo di spostare il focus
 
E non poteva non esserci un continuo
visto che sono stata minacciat …ehm:
caldamente invitata a produrlo.
 
 

 
Il meme l’abbiamo inventato noi
 
 
 
Di una cosa Otabek era certo. Che il sorriso di Yuri andava protetto.
 
Per questo non gli aveva mai confessato i suoi sentimenti, men che meno lasciati trapelare.
Perché? Molto semplicemente perché era semplicemente terrorizzato che Yuri avrebbe potuto sentirsi in qualche modo tradito da lui. Oh, andiamo: inutile raccontarsela, erano due ragazzi e Yuri aveva da poco compiuto sedici anni, di certo non doveva essere il massimo per lui sentirsi dire da quello che ormai considerava il suo migliore amico, il primo estraneo con il quale si fosse aperto, fidandosi ciecamente di lui  Sai, Yura penso di essermi innamorato di te. Sì, ok: togliamo pure il penso.
Di sicuro un trauma! Robe che, conoscendo l’elemento, gli avrebbe come minimo tirato una testata e poi ciao mondo.
Per sua fortuna lui era bravo a non far mai trapelare ciò che gli si agitava dentro, anche se con il suo Yura era veramente difficile. Difficile trattenere certi mezzi sorrisi che era così raro vedere in lui …
Come se fosse stato possibile non notare la cura che Otabek aveva in qualsiasi cosa riguardasse Yuri, quel suo erigersi come un moderno eroe dei nostri tempi a sua protezione silenziosa. Bisognava proprio essere ciechi! E solo il diretto interessato infatti – perso nella piacevole euforia e confusione di quei nuovi sentimenti mai sperimentati prima, con l’annessa paura di un sentimento che seppur nella sua bellezza cresceva a dismisura senza possibilità di replica – non si era minimante accorto di nulla.
 
 
Ma sulla sua moto con Yuri seduto dietro di lui, con le sue braccia che gli circondavano la vita, la guancia ancora una volta appoggiata alla sua schiena, mentre era perfettamente consapevole che avrebbe potuto continuare a stare in sella del suo fido destriero semplicemente per sempre, ancora una volta – come poco prima, mentre si trovavano riversi sul terreno del parco dietro casa di Yuri  - aveva capito che non poteva più tacere.
Quante volte Yuri era salito in sella a quella moto? Tante! Infinite. E infinite avrebbero dovuto continuare ad essere, ma questa volta era stato diverso. Questa volta Yuri aveva preso il casco dalle sue mani estremamene silenzioso, con gli occhi di quel verde incredibile e indescrivibile – che avevano iniziato ad accompagnar i suoi sogni da tempo ormai – forse timidamente abbassati. Era salito senza dire una parola ma caspita se Otabek non aveva sentito il suo cuore pulsare e battere a mille, rimbombandogli addosso nel momento in cui il petto del biondo si era appoggiato alla sua schiena. E non solo perché era vestito con una semplice maglietta e basta. No, molto semplicemente era dovuto al fatto che era in sincrono con il suo.
 
 
Nonostante quella mattina avesse dato l’illusione che sarebbe stata una giornata fresca e ventilata, alla fine – con l’avanzare delle ore e del sole – ecco che il caldo afoso aveva iniziato via via a prendere il sopravvento. Faceva caldo. Indubbiamente molto caldo ma in sella al destriero di metallo di Otabek, complice anche la brezza che arrivava direttamente dal Mar Baltico che si stagliava imperturbabile e calmo alla loro destra mentre loro due stavano sfrecciando sulla strada, il vento aveva donato loro un senso di refrigerio mentre accarezzava e scompigliava giocosamente i capelli biondi di Yuri.
Yuri che, per l’ennesima volta, aveva sospirato lieve, con il volto poggiato sulla schiena di Otabek, le braccia allacciate sui suoi fianchi, una mano intrecciata alla sua mentre ne accarezzava il guanto di pelle nera, dopo che Otabek –  dopo aver disinserito la quarta, aveva di poco rallentato per lasciare che il suo prezioso passeggero si godesse il paesaggio, osservando come le lunghe lingue della sera si allungavano sempre più sul bagnasciuga ormai deserto – gli aveva preso la mano con un tocco a dir poco da brivido.
C’era forse un altro posto dove Yuri avrebbe voluto essere in quel momento?
Assolutamente no!
 
E come il vento aveva allora accarezzato i capelli dorati di Yuri, così poco prima avevano fatto lo stesso le dita di Otabek, quando finalmente quest’ultimo si era permesso di dar sfogo a quel desiderio di poterlo fare che alleggiava nel suo cuore e nel suo animo da tanto, troppo!, tempo.
Si trovavano proprio in sella di quella moto, nella piccola altura a strapiombo che regalava una vista mozzafiato della baia sotto di loro, con il sole che aveva iniziato la sua lenta discesa sul mare limpido e cristallino, colorandolo di arancione, con Beka al suo fianco, seduto di fronte a lui, un piede a terra a sorreggere l’equilibrio della Guzzi, una mano poggiata sulla sua, ancora ben ancorata al suo fianco, mentre ne carezzava il dorso con il pollice, l'altra a farsi scorrere tra le dita quei fili dorati.
Non avevano proferito parola alcuna da quando si erano mossi, da quando Otabek - che aveva indubbiamente uno spirito di iniziativa e schiettezza senza eguali ma indubbiamente anche un tempismo del cazzo, perché l’aveva preceduto proprio mentre lui, raccolto il fiato e anche i capelli biondi con una mano, stava per aprir bocca – gli aveva sparato quelle semplici quattro parole.
 
Yura, tu mi piaci …
 
E lui era rimasto lì, a bocca aperta, like a coglione. Un’espressione indubbiamente intelligente in volto, incapace di dir altro se non biascicare qualcosa del tipo Anche tu, Beka.
Cazzo se gli aveva fregato l’effetto sorpresa che lui era certo di sfruttare, per poi magari darsi alla fuga verso casa – recuperata Minù al volo – e lasciarlo lì impiantato al parco e non rispondere ai suoi messaggi e alle sue chiamate, hum … tipo mai più? Emigrare in qualche paese sudafricano e ciaone proprio.
Ok, lui era la Tigre di Russia, ma non aveva mai fatto una dichiarazione a nessuno, andiamo. Ovvio che sarebbe morto di vergogna!
E Otabek cosa aveva ben pensato di fare? Fregargli la scena. Robe che, per ripicca, gli sarebbe anche potuto venire di dirgli Tu mi stai sul cazzo invece.
Ma figurarsi se sarebbe stato in grado di formulare qualcosa di simile. Già ci aveva messo all’incirca un secolo a mettere insieme il senso di quelle quattro parole – e sì che, più o meno, parlavano la stessa lingua – molto semplicemente perché Beka gliele aveva spiattelate in muso con la sua solita faccia imperturbabile, se non fosse stato per un lieve, piccolo, quanto a dir poco adorabile rossore che era stato visibilissimo agli occhi di Yuri anche sotto la sua pelle di quell’invidiabile color olivastro, molto semplicemente perché i loro volti – ancora in quella posizione scomoda dell’esser riversi sul terreno dopo che erano caduti – era pressoché attaccati.
Si era sentito, quindi, proferire quella sua risposta e vedere le labbra di Beka piegarsi in quel piccolo mezzo sorriso che sì, indubbiamente gli aveva tolto il sonno, era stato il colpo di grazia che l’aveva mandato completamente in tilt.
 
E poi, ecco, il loro solito rifugio in sella alla moto, in quel piccolo micromondo creato su misura per loro, dopo la solita giornata estenuante di allenamenti dove non si erano più potuti confrontare in merito a quanto avvenuto quella mattina e lui non aveva potuto far altro che rubare con gli occhi la figura di schiena dell’altro, mentre eseguiva uno di quei salti che, oh Signore: lo spostavano da una parte all’altra del ghiaccio apparentemente senza nessuno sforzo con quella sua potenza che comunque era sempre in grado di trasmettere un senso di sicurezza in Yuri, perché era una potenza che aveva controllo. Come quando Beka portava la moto. Quei cilindri avevano una potenza inaudita, capaci di mangiarsi la strada, ma in mano ad Otabek erano sempre controllati, anche quando sfrecciavano per le strade di campagna deserte.
Come avevano fatto alla fine del pomeriggio, cavalcando verso il Mar Baltico. Non era indubbiamente il massimo la città di Komarovo e la sua Laskovy pliazh, ma la vista sul Mar Baltico e sul vicino golfo di Finlandia era indubbiamente mozzafiato, così come l’essersi tolti dalla calura infernale che i palazzoni del centro città di San Pietroburgo contribuivano a creare. A mano a mano che si erano addentrati nella campagna russa, le fronde degli alberi avevano donato loro quel senso di refrigerio che li aveva permesso di respirare nuovamente.
Non avevano più detto nulla in merito a ciò che si erano confessati la mattina. Di certo non sarebbe stato Yuri a riprendere in mano l’argomento. E questo Otabek lo sapeva molto bene. Per questo, durante il tragitto, si era semplicemente goduto il corpo di Yuri ancorato al suo, le ginocchia che gli sfioravano le gambe, il petto del biondo appoggiato alla sua schiena, quelle braccia che lo circondavano e che gli trasmettevano tutta la fiducia che Yuri riponeva in lui mentre lo guidava via, lontano da tutto e da tutti …
D’altra parte se Otabek era uno silenzioso, lo stesso non si poteva dire di Yuri, ma con Beka il silenzio non gli pesava mai.
 
E alla fine era successo.
Come se fosse la cosa più naturale del mondo. Perché era la cosa più naturale del mondo …
In sella alla moto, ovviamente, unica testimone silenziosa, con Yuri fatto scivolare silenziosamente lungo il sellino dopo che il kazako l’aveva sorpreso a spiarlo di sottecchi per l’ennesima volta.
Si era lasciato docilmente condurre a cavalcioni di Otabek, posizionandosi con la sua solita grazia felina; le guance in fiamme, la salivazione completamente azzerata, il cuore che -  Yuri era certo - gli sarebbe esploso in petto da un momento all’altro.
I loro volti si erano avvicinati, le loro labbra si erano avvicinate, mosse da sole, senza bisogno che nessuno dei due dicesse loro cosa fare, come se non aspettassero altro da tempo immemore. I loro respiri si erano mescolati, le punte dei loro nasi si erano sfiorate impacciate prima di unirsi. Nessuno dei due si era sorpreso nel sentire quanto morbide e invitanti risultassero le labbra dell’altro, il loro calore, mentre ancora si sperimentavano, permettendosi a vicenda di conoscersi e abituarsi a quel nuovo contatto.
Inutile dire che inizialmente Yuri si era lasciato guidare da Otabek, semplicemente non riuscendo a staccarsi dalle sue labbra cercando, al contempo, di prendere il comando. Solito gattino dispettoso, che aveva fatto sorridere internamente Otabek, mentre gli prendeva il volto tra le mani per non permettergli per nessun motivo di staccarsi da lui, carezzandogli le guance con dolci movimenti circolari dei polpastrelli delle dita. E mai rientro a San Pietroburgo avrebbe potuto essere più drammatico se lui - con una spavalderia che nascondeva in sé un imbarazzo assurdo - non gli avesse chiesto di fermarsi a dormire a casa sua, vista l’ora tarda.
- N-non ho cattive i-intenzioni. – aveva precisato cercando di darsi un contegno, mentre si cacciava le mani in tasca della giacca della felpa facendo una tenerezza assurda ad Otabek.
 
Ed ora lì, a distanza di qualche ora, disteso supino mentre il sonno proprio non si decideva a venire, Yuri stava ripercorrendo con la mente ogni singolo istante, ogni singolo frammento, di quel loro baciarsi sempre più urgente ma mai affrettato. E un nuovo sospiro gli uscì dalla bocca. Doveva essere stato un sospiro più rumoroso degli altri, perché sentì Beka mugugnare nel sonno per poi svegliarsi.
- Che c’è Yura, non riesci a dormire? – chiese questi mentre si metteva supino a sua volta. I capelli arruffati, lo sguardo assonnato.
E, no no: gli occhi non avevano mica vagato sul petto nudo dell’altro – doveva veramente decidersi a farsi mettere l’aria condizionata in quel forno di casa – soffermandosi su ogni singola cesellatura degli addominali, per non parlare degli obliqui che si gettavano nell’elastico dei pantaloncini.
- N-no, … A-adesso mi addormento. – biascicò sentendo le guance andargli irrimediabilmente a fuoco cercando di correre ai ripari mettendosi di fianco e dandogli le spalle mentre lo sentì emettere una piccola risatina gutturale che Yuri aveva semplicemente imparato ad adorare, nonché a fargli venire i brividi.
Così come udì perfettamente il frusciare delle lenzuola, il suo avvicinarsi e lui non poté che attendere in trepidante attesa. Ed infine sentire il corpo dell’altro aderire e combaciare perfettamente al suo, le sue braccia forti avvolgerlo in una stretta sicura ma gentile, proprio com’era Otabek. Si rigirò in quell’abbraccio, in quell’alcova felice, infossando il volto sull’incavo del collo dell’altro, mentre gli carezzava la schiena in punta di dita, con il solo frusciare dei loro respiri a far da colonna sonora, raggomitolandosi in quell’abbraccio confortante.
- Beka, sono felice … -
E non sembrarono per niente delle parole vuote ed inflazionate, perché Otabek sentì sulla pelle del proprio petto come le labbra di Yuri si curvarono in un piccolo sorriso beato.
Ecco perché Otabek era certo di una cosa.
 
Che il sorriso di Yuri andava protetto.
 

 
 
 
Fine
 
 
 

 

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