Specchio di un cuore in pezzi

di Soraya Ghilen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


La musica riempiva l’aria di un pomeriggio di fine estate, mentre l’auto sfrecciava sull’asfalto a una velocità notevole e il vento scompigliava i capelli già disordinati. Derek alzò ancora un po’ il volume, e lasciò che i deboli raggi del sole morente gli baciassero il viso e gli occhi, protetti da degli scuri occhiali. La canzone era ritmata ma dolce, non il suo genere, ma si addiceva a un pomeriggio californiano, come quello che stava vivendo lui.
Casa sua gli era mancata e, adesso, mentre percorreva a tutta velocità i pochi chilometri che lo separavano da Beacon Hills sentiva che aveva sbagliato ad attendere così tanto a tornare. Cinque anni sono molti. Cinque anni cambiano totalmente i luoghi e le persone. Non avrebbe ritrovato la città che aveva lasciato, questo lo sapeva, perché non avrebbe trovato le stesse persone, lo stesso branco. Sapeva bene che era successo di tutto, nell’arco di tempo in cui era stato lontano, in cui li aveva abbandonati a se stessi, i suoi amici, ma aveva dovuto andare via. Non poteva continuare a restare in quella città ,che era stata una prigione piena di brutti ricordi per troppo tempo, senza iniziare a odiarla sul serio. Non poteva odiare Beacon Hills, non poteva odiare casa sua. Per questo era andato via e basta, senza voltarsi indietro e, probabilmente, non tutti avevano capito le sue motivazione. In realtà solo uno non aveva capito le sue motivazioni. Stiles. Un nome una garanzia di guai, incomprensioni, litigi e tante tante urla. Stiles aveva sofferto per la sua partenza, anche se non si era mai fatto sentire,e Derek sapeva che il ragazzo attribuiva solo a se stesso e alle sue azioni la sua improvvisa partenza. Non aveva avuto cuore di dire a Stiles che, in parte, aveva ragione, se questi erano ,effettivamente, i suoi dubbi e la storia della possessione da parte dello spirito volpe psicopatico non c’entrava assolutamente nulla.
Non si era accorto che, preso dai suoi pensieri, non solo aveva superato la scritta di benvenuto all’ingresso della cittadina ma aveva anche iniziato a percorrere la strada verso il suo loft. Era, in ogni caso, il primo posto in cui sarebbe andato. Non sapeva in che stato lo avrebbe trovato, dopo cinque anni lasciato balia di Peter e delle sue discutibili abitudini.
Lo stupì molto notare, mentre guidava a una velocità decisamente minore rispetto a quella tenuta fino a qualche chilometro prima, di come la città sembrasse pressapoco sempre la stessa. Gli stessi negozi, le stesse insegne, adolescenti che facevano la fila al botteghino del cinema, come ogni venerdì sera, e qualche ristorante che stava iniziando ad aprire al pubblico, come sempre alle 18:30. Gli piacque illudersi, per un solo momento, che Beacon Hills avesse deciso di attendere il suo ritorno, prima di mettere in atto cambiamenti significativi, come il far apparire un negozio a tema punk o un pub apertamente per soli ragazzi dai 18 anni in giù, ma fu solo un attimo.
Giunse al suo amato appartamento notando, come prima cosa, che non c’era nessuna macchina nel parcheggio. Si chiese dove fosse finito suo zio. Concluse che quell’uomo era davvero troppo bizzarro per poterne comprendere il comportamento fino in fondo. Scese dalla macchina, afferrò il borsone con un suoi decisamente pochi effetti personali, e si avviò verso l’ingresso dell’abitazione, senza preoccuparsi minimamente di chiudere la vettura. Nessuno l’avrebbe mai rubata, dato che era nel suo parcheggio e che ,essendo la sua Camaro l’unica di tutta Beacon Hills ,nessuno avrebbe, in ogni caso, rischiato di incorrere nelle ire di un tipo scorbutico finito dentro perché sospettato di omicidio.
Il loft puzzava di chiuso e polvere, segno che nessuno ci metteva piede da tempo. C’era polvere ovunque, ma non quella che si deposita in cinque anni. Probabilmente nessuno era più andato in quel posto per pulire, dormire o fare qualsiasi altra cosa da qualche mese, un anno al massimo. Forse Peter si era stufato di vivere lì da solo, lontano dal caos della cittadina e aveva deciso di tornare a vivere nel suo appartamento in centro. Tuttavia c’era una traccia, una venatura che attraversava l’odore di polvere e che non era quella di suo zio. Derek aveva la sensazione di conoscere bene quell’odore. Aveva qualcosa di familiare ma era totalmente diverso da qualsiasi altro mai annusato fino a quel momento. Non sapeva ben spiegare quella sensazione. Sapeva solo che qualcuno, per la durata di quei cinque anni, era andato costantemente al suo loft per tenerlo pulito e in ordine, nella evidente speranza che lui tornasse, ma, poi, aveva deciso che era tutto inutile. Aveva smesso di sprecare tempo ed energie. Derek si disse che avrebbe fatto lo stesso.
Decise che, forse, era il caso di mettersi a dare una sommaria ripulita, rifare il letto, scoprire i mobili, riattaccare il gas e prepararsi la cena, data la sua non proprio trascurabile fame.
Aveva appena iniziato ad occuparsi delle lenzuola quando sentì il motore di un’auto che aveva senza ombra di dubbio visto giorni migliori spegnersi proprio nel suo parcheggio. Acuì maggiormente il suo udito già sovra sviluppato per cercare di capire chi avesse deciso di fare una gita a quell’ora a casa sua. L’unica cosa che riuscì a percepire fu un “non è possibile” appena sussurrato, venato da palese incredulità. Non si sporse a guardare quale fosse l’auto perché non voleva scoprire chi fosse il proprietario, anche se non era difficile ricondurre il rumore di un motore risalente al dopoguerra alla scassatissima Jeep di Stiles.
Una portiera che sbatte, priva di qualsiasi tipo di accortezza, passi concitati e veloci, odore di agitazione e ansia. Accadde tutto troppo in fretta, anche per uno come Derek. Quasi non si rese conto, infatti, che il suo inatteso ospite non solo era giunto alla sua porta ma che l’aveva anche spalancata alle sue spalle. Improvvisamente l’aria del loft fu riempita dallo stesso odore che il licantropo aveva percepito fare da base a quello della polvere e del chiuso.
“Sei tornato” disse una voce che Derek conosceva fin troppo bene. Si girò piano, quasi con la paura che una una sua mossa azzardata avrebbe spinto l’altro a fuggire come una gazzella spaurita. E lo vide, dopo cinque anni posò di nuovo i suoi occhi su di lui. Fissò lo sguardo in quello del ragazzo che gli stava in pedi, di fronte, con un’aria confusa sul delicato fiso macchiato da qualche neo.
Sorridendo, ironico, non poté fare a meno di notare che non era cambiato in nulla, tranne che nell’odore. Davanti a lui c’era il solito disordinato, agitato Stiles Stilinski. 

 

 

Note dell’autrice: Salve a tutti!! Bene, questa è la mia prima fanfiction non solo a tema Sterek ma anche su teen wolf e spero che vi piaccia. Mi scuso se gli aggiornamenti non saranno pubblicati con costanza e se passerà molto tempo tra un capitolo e l’altro ma potrebbe capitare una cosa del genere. Bene, detto questo, se vi fa piacere ditemi cosa pensate di questo piccolo assaggio: se vi piace, se vi ha incuriositi e cose così. Spero di rivedervi al prossimo capitolo.
A presto, Soraya!

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Stiles Stilinski aveva poche certezze, nella sua giovane vita: 

Beacon Hills era un posto in cui la cosa davvero bizzarra era vivere la normalità per più di tre giorni di fila;

Theo Reaken era un gran bastardo e meritava di restare nell’inferno in cui sua sorella l’aveva trascinato;

Scott aveva una sfiga assurda con le ragazze;

il Noghitsune gli aveva tolto quel minimo di sanità mentale che era sopravvissuto alla morte di sua madre:

suo padre;
Derek Hale non sarebbe mai tornato a Beacon Hills. 

Non c’era da stupirsi se, dunque, quel venerdì pomeriggio il licantropo fosse l’ultimo essere sovrannaturale che si aspettava di trovare sul suo cammino. Derek. Non lo vedeva da cinque anni. Non incrociava il suo sguardo verde bosco da tanto, troppo tempo e mai, mai avrebbe creduto che rifarlo gli avrebbe fatto così male, come una coltellata. Cosa avevano visto quegli occhi mentre era lontano? Chi aveva avuto il privilegio di essergli accanto durante le lunghe notti di luna piena? Quali pericoli aveva affrontato? Quale branco, adesso, era diventato il suo? O, forse, il suo branco erano ancora lui, Scott e Isaac, benché lontano?
“Sei tornato” disse, nuovamente, non muovendosi dall’uscio della porta scorrevole. Non sapeva cos’altro dire. Derek era lì, era davvero lì, e non diceva assolutamente nulla. Se ne stava fermo, a osservare il suo volto come se lo vedesse per la prima volta in quel momento.
“Si” rispose il lupo, con voce debole “sono tornato”
“Perchè?” chiese l’umano, a bruciapelo, sperando di coglierlo così di sorpresa da costringere l’altro a dire la verità.
“Mi mancava questo posto” disse il moro, con semplicità. Stiles non seppe dire se stesse mentendo o meno. Voleva credergli, questa era l’unica cosa certa, il che faceva di lui un povero umano disperato, pronto a credere a tutto.
“E, dunque, hai pensato di onorarci con la tua presenza” disse, allora, incrociando le braccia al petto, regalando all’uomo davanti a lui uno sguardo carico di accusa. Lo stupore completamente scomparso dai suoi occhi nocciola “Dopo cinque anni hai deciso di venire a controllare se siamo ancora tutti vivi. Ben fatto, Derek, mi complimento per l’operato” si interruppe per inumidirsi le labbra “Scommetto che, quando ripartirai, ti sentirai con la coscienza pulita per i prossimi cinque anni, se non di più” era un fiume in piena e Derek se lo aspettava “Quindi te lo richiedo: perché sei tornato?”
“Te l’ho detto” disse il lupo, ritornando ad occuparsi del suo letto “mi mancava questo posto” disse, cercando di non badare a quanto fosse fastidioso il mutamento dell’odore dell’umano. Era sbagliato, su di lui. Ricordava che, ovunque il ragazzo andasse, lo seguiva un aroma di autunno, miele e legno, con una nota acidula di arancia, tipica dell’adolescenza. Non si stupiva di non avvertire più quell’ultima; quello che aveva di fronte non era un liceale, un teenager, ma un uomo, fatto e finito. Non aveva nemmeno più il tic alla gamba. Se ne stava fermo e composto sulla porta di casa, senza muovere un muscolo, perfettamente padrone di se “Cosa ti è capitato, Stiles?” non poté evitarsi di chiedere spiegazioni anche se era sicuro non sarebbero mai giunte.
“Intendi dopo che uno spirito malvagio mi ha posseduto e tu te la sei data a gambe levate? Dopo che la ragazza del mio migliore amico è morta a causa mia?” silenzio, forse per riprendere controllo “Sono successe troppe cose per poterle riassumere, Derek, quindi fai la vera domanda e leviamoci ogni pensiero. Non sei uno che bada ai convenevoli, tu”
“Cos’ha il tuo odore?” se era la domanda secca che voleva l’avrebbe avuta.
“Non è un argomento da venerdì pomeriggio, credimi”
“Sei tu che hai voluto che facessi una domanda precisa” precisò, allora, Derek.
“Forse avrei fatto meglio a parlare del tempo o dei programmi per il Natale” cercò di ironizzare l’umano.
“Forse” acconsentì il lupo.
“Ho ucciso un uomo” disse, dopo un lungo, assordante silenzio il più giovane, che non si era mosso dalla porta d’ingresso “e, benché fosse legittima difesa, la cosa non mi è affatto dispiaciuta” spiegò il figlio dello sceriffo “Meritava di fare la fine che ha fatto, ha minacciato mio padre e ha provato a uccidermi” continuò “il che giustifica la legittima difesa” parve riflettere tra se. Derek sapeva che quanto appena raccontato dal ragazzo, in parte, era riconducibile al suo cambiamento, ma non poteva essere stato solo quello. Per quanto desiderata, la morte di un solo essere umano non incide sull’anima e sul fisico di nessuno fino a quel punto.
“E cos’altro hai fatto, mentre ero via?”
“A parte l’omicidio, dici?” chiese il giovane, facendo finta di valutare una corretta risposta “direi nulla di che. Mi sono concentrato sulla scuola, sullo sport e sai che sono stato anche con Lydia, per circa un anno e mezzo” disse, con tono di sufficienza, come se l’essere stato con la ragazza dei suoi sogni non avesse alcuna importanza “La normale vita di un killer” concluse, cercando di suonare ironico, con scarsi risultati.
“Stiles” disse Derek, con tono ammonitore.
“Cosa?”
“Tu sei stressante, logorroico, tendente ad atti suicidi o, almeno, masochisti e hai dei tic talmente violenti da stizzire chiunque hai attorno o, almeno, li avevi”  ironizzò il lupo mannaro, invitandolo con una mano a fare un passo avanti per incrociare, poi, le braccia all’altezza del petto, sgualcendo leggermente il tessuto nero della maglia a mezze maniche “sei tante cose, ma non sei un assassino” il ragazzo sorrise, amareggiato, posando le proprie mani sui fianchi magri, fasciati dal tessuto leggero della felpa primaverile che indossava “e, hai ragione, io sono stato lontano un considerevole lasso di tempo, ma ci sono cose che non cambiano e tu, Stiles, sei una di queste”
“Tu non sai di cosa parli” sospirò l’umano, passandosi due dita sugli occhi, in un evidente segno di nervosismo “Io lo volevo morto” continuò “desideravo la sua morte più di ogni altra cosa”
“Io ho provato lo stesso per Peter molte volte eppure se ne va ancora in giro” riuscì a strappare all’altro una debole risata che, però, morì subito “C’è differenza tra il volere la morte di qualcuno e commettere un omicidio, non credi?” il ragazzo parve colpito da quelle parole e, poi, gli spiegò anche il perché “ Mio padre ha detto la stessa, identica cosa”
“Tu non sei un assassino, Stiles, e il tuo odore è cambiato perché ti sei convinto del contrario, probabilmente”
“Non è questo il motivo” rispose Stiles, grave, posando sul divano la borsa che si era portato dietro. Derek non poté fare a meno di sbirciarne il contenuto: prodotti per fare le pulizie. Era lui che, per cinque anni, era andato a pulire casa sua. Stiles. Alzò i suoi occhi verso il volto pallido del ragazzo. Dentro solo un mare di perplessità “Non potevo lasciare questo posto a se stesso, non era giusto” spiegò, con fare evasivo.
“Dimmi il motivo” Derek fiutò qualcosa di nuovo nell’aria del loft. Nervosismo. Preludio di una fuga. Stiles era sempre stato bravo a tirarsi fuori da situazioni scomode e lo avrebbe fatto anche quella volta.
“Non oggi” rispose, infatti “Ti ho detto gia troppo per un solo giorno di presenza dopo cinque anni passati altrove” si rimboccò le maniche viola della felpa, per poi sferrargli un giocoso pugno sulla spalla destra e Derek non poté evitarsi di sbuffare una leggera risata “Ci vediamo presto Sourwolf”
“Immagino di si , ragazzino” gli rispose, mentre lo guardava camminare verso la porta sulla quale aveva sostato per quasi venti minuti. Poi notò che aveva lasciato il borsone nero sul divano “Dimentichi i tuoi detersivi, ragazzino” gli disse.
“Tienili tu” gli rispose, senza fermarsi, quasi arrivato alle scale “Credo serviranno più a te, in questi giorni” e se ne andò, così come era arrivato, come non aveva mai fatto. Se ne era andato, pensò Derek, lasciandosi dietro un’aura di mistero che non gli era mai appartenuta, se non una sola volta. Derek si augurò di aver collegato male le poche cose che era riuscito a carpire al ragazzo. Se lo augurò con tutto il cuore. 

 

 

Note dell’autrice: eccoci qui con un nuovo capitolo, pubblicato troppo presto per essere decente, ma ho deciso di sfruttare l’ispirazione, finché c’è. Bene, allora, Stiles è parecchio cambiato in cinque anni e la cosa lascia Derek perplesso e, forse, anche un pochino preoccupato, ma cercherà di non dare peso alla cosa, ve lo preannuncio. Spero di non aver stravolto troppo i personaggi, se così fosse chiedo umilmente perdono.
Aspetto i vostri pareri, come sempre. Ringrazio tutti quelli che hanno letto il capitolo precedente che hanno messo la storia tra le seguite e le preferite e, in anticipo, anche quelli che leggeranno il seguente, prodotto di troppo stress e stanchezza.
Vi aspetto il prossimo capitolo.
Spero che questo vi piaccia.

A presto.
Soraya!

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Non aveva nessuna voglia di alzarsi dal letto, quella mattina, Stiles. Continuava a pensare a Derek, a quello che si erano detti, a quante cose dovevano ancora raccontarsi. Ripensò al suo odore, che non lo abbandonava mai. Nessuno, ormai, gli faceva più notare che era totalmente diverso da quello che aveva sempre avuto. Tutti si erano abituati al cambiamento, ma, per Derek, era una cosa nuova. Doveva farci il naso, letteralmente.
Si passò una mano tra i capelli, sbuffando. Gli occhi verdi del licantropo, quelli che il tempo e la lontananza avevano sbiadito, erano tornati, prepotenti, al centro dei suoi pensieri.
Quando aveva visto la sua auto nel parcheggio, la sera precedente, gli era sembrato un sogno. Non poteva essere davvero lui, si disse. Derek era corso via da Beacon Hills come avesse avuto il diavolo alle calcagna e da ciò Stiles aveva dedotto che non sarebbe più tornato. Si era sbagliato.
Per cinque anni, due volte all’anno, era andato al loft per dare una pulita, tenerlo in ordine, proprio per occasioni come quella. Stupidamente voleva che la prima cosa che il licantropo avrebbe percepito, rimesso piede in città, era che nessuno lo aveva dimenticato, che il suo branco gli voleva ancora bene, che lui gliene voleva. Ma poi il suo odore, lentamente, aveva iniziato a cambiare e Stiles, in un primo momento, era stato più preoccupato dal fatto che Derek non avrebbe riconosciuto subito chi era stato lì, prima del suo arrivo. Non avrebbe capito che Stiles si era preso cura di quello che era suo e che aveva abbandonato talmente di fretta da lasciare tazze sporche di caffè nell’acquaio della cucina, il letto sfatto, il plaid buttato alla rinfusa sul divano.
Voleva dirgli tutta la verità. Forse, se gliel’avesse detta, lui avrebbe capito davvero e non avrebbe solo finto come avevano fatto tutti i suoi amici o non sarebbe stato talmente spaventato da lasciarlo solo, come aveva fatto Lydia. Forse. Troppe poche cose certe e Stiles era uno troppo legato alla realtà da lasciarsi andare al caso.
Scostò il lenzuolo azzurro che lo aveva coperto per tutta la notte e si diresse verso il bagno. Aveva un aspetto orribile. Quasi non aveva chiuso occhio e non a causa di Derek, ma lui ci aveva messo il così detto ‘carico da cento’. I suoi occhi erano incorniciati da profondi segni violacei e la pelle, già pallida per natura, era più bianca e insana del solito. Prima di andare in centrale da suo padre doveva passare da Deaton e anche con una certa urgenza, si disse.
Non perse molto tempo in bagno. Fece una doccia veloce, si lavò i denti per scacciare il pesante alito regalato dalla notte e non dedicò tempo né ad aggiustarsi i capelli né a radersi. Ancora non ne aveva bisogno. Si vestì in fretta, con gli stessi abiti del giorno prima, e corse giù per le scale, afferrando telefono e chiavi della Jeep dal vuota tasche. Notò con la coda dell’occhio che suo padre gli aveva lasciato un biglietto, con ogni probabilità un post-it, sul tavolo della cucina. Non si disturbò a prenderlo. Avrebbero parlato più tardi, in ufficio. Aveva troppa fretta per fare una qualsiasi deviazione.
La giornata era fresca ma soleggiata e la felpa gli sarebbe servita poco e niente.
Salì in macchina e mise in moto, non senza qualche difficoltà. La strada da percorrere non era molta e nemmeno troppo trafficata. Ci mise poco a giungere a destinazione. Non più di una decina di minuti, forse anche meno.
La clinica era aperta e si presentava a Stiles nel suo solito aspetto bianco e asettico, non molto invitante ma nemmeno eccessivamente brutta. Era carina, insomma.
Deaton lo stava aspettando, come ogni sabato mattina, pronto, ago alla mano. Sapeva che non poteva continuare in quel modo. Non gli importava. Era la sola realtà che conosceva e non voleva rinunciare a nulla di quello che aveva, nemmeno alle mancanze che quella sua scelta comportava.
“Ciao Stiles” lo salutò il medico, mostrando i suoi perfetti denti bianchi. Voleva essere rassicurante, ma non doveva. Erano cinque anni che procedevano in quel modo: Stiles arrivava alla clinica, Deaton si perdeva in inutili tentativi di dirgli che andava tutto bene che presto le cose si sarebbero risolte, l’umano faceva finta di crederci, riceveva l’iniezione e andava via.
“Obi-one” rispose lui, muovendo pochi passi all’interno dello studio, portandosi davanti al tavolo di metallo che si trovava al centro della stanza.
“Dormito male? Hai una pessima cera” disse il dottore, non dando peso al nomignolo che gli aveva regalato anni addietro.
“Tu si che sai trattare le persone, complimenti” rispose, sarcastico “Sarà per questo che curi i gatti e non i loro padroni?” fece finta di starci pensando “Si, direi che è per questo”
“Cos’hai, Stiles?”
“Vuoi dire oltre al motivo per cui ci vediamo tutte le settimane?”
“Si”
“Assolutamente nulla” disse, con fare evasivo. Che Derek fosse tornato non erano affari suoi. Se il licantropo avesse voluto far sapere a tutti che aveva rimesso piede in città sarebbe stato lui stesso a farsi vedere in giro.
“Non servono sensi amplificati dal sovrannaturale per capire che stai mentendo, lo sai?” Stiles sbuffò, stizzito, per poi sfilarsi velocemente la felpa viola che indossava, lasciando scoperte le braccia grazie alla maglia a maniche corte.
“Ci leviamo questo pensiero oppure oggi abbiamo anche una seduta di psicoterapia e nessuno mi ha informato?” il dottore, facendo finta di non aver sentito la battuta caustica del ragazzo, si limitò a prendere la piccola siringa già piena di liquido verdastro e con pochi e metodici movimenti si limitò a fargli una parzialmente indolore iniezione “Gentile come sempre” disse Stiles, indossando nuovamente la maglia “A sabato, salvo complicazioni?”
“Conosci la risposta, Stiles”
“Già, immagino di si”
“Stiles, sai che c’è un modo per porre fine a questa sofferenza inutile” disse Deaton, osservando le spalle magre del ragazzo.
“Così come tu sai che non voglio prendere in considerazione l’ipotesi” rispose, girando appena il viso verso il veterinario “E poi Derek è chissà dove a fare il lupo musone pronto ad azzannare il primo malcapitato che osa contraddirlo alla carotide, quindi nulla da fare”
“Non ti sembra di star dicendo un po’ troppe bugie oggi, Stiles?”
“Ancora una volta ti dico che non so a cosa tu ti stia riferendo” rispose sulla difensiva. Non capiva come facesse quell’uomo a sapere sempre tutto e la cosa lo infastidiva e inquietava “Ora, se vuoi scusarmi, devo proprio andare”
“Stiles, solo un’ultima cosa” disse, mentre il ragazzo si fermava nuovamente sull’uscio della porta “Di a Derek cosa sta succedendo” trasalì a quelle parole “Non è Lydia, non fuggirà da te”
“Lo farei, credimi” rispose l’umano “Ma Derek non tornerà mai più nella mia vita e anche se lo facesse ha perso ogni diritto quando ci ha voltato le spalle per andarsene chissà dove con quella cacciatrice da strapazzo” e, con un colpo secco del polso, lasciò la clinica veterinaria sbattendo la porta e facendo tremare il sottile vetro. Il cartello che vi era poggiato sopra mostrava la scritta “Chiuso”. 

 

Note dell’autrice: Salve! Allora, credo che qualcosa si inizi a intuire e vorrei sapere un po’ cosa ne pensate. Vi ringrazio ancora una volta per il tempo che dedicate alla lettura della mia storia e mi auguro che vi stia piacendo.
Spero di aggiornare al più presto.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Derek Hale non sapeva cosa fare. Lo infastidiva profondamente questa prospettiva. Lui era uno che sapeva sempre cosa fare, anche nelle situazioni più critiche ma con Stiles era sempre tutto una gigantesca incognita. Non sapeva mai come muoversi, con lui. C’erano momenti in cui non lo capiva, non ne era capace. Stiles era l’unico ambito della sua vita in cui aveva fallito.
Prima di scappare da Beacon Hills c’era stato un momento, prima dell’arrivo del Nogitsune, in cui era scattato qualcosa, in lui, in Stiles, e questo li aveva portati a compiere un gesto avventato, di cui si erano pentiti nel momento stesso.
Derek aveva baciato Stiles. Non aveva potuto farne a meno.
La notte dell’eclissi lunare, durante la quale avevano tolto la vita a Jennifer e ridato la vista a Deucalion, in cui Scott era diventato un vero Alpha, tutto era già accaduto.
Stiles, per quanto aveva potuto origliare dalla conversazione di Scott e Lydia, soffriva di attacchi di panico dalla morte di sua madre. Con il tempo, la crescita, era riuscito a tenere questo fenomeno sotto controllo ma adesso, con il rapimento del padre, si era ripresentato, prepotente. Non poteva lasciare che affrontasse tutta quella situazione da solo. Si era detto che non era, il suo, un istinto di protezione verso il ragazzo in quanto tale, ma come membro del branco. Si giustificò con se stesso e finì per credersi.
La notte prima dell’eclissi lunare Derek decise di far stare Stiles nel loft. Gli era sembrata una buona idea, contro il parere di più o meno tutti. Peter sosteneva che era impossibile per lui gestire una luna piena incombente e un ragazzino iperattivo vittima della sua vita. Non lo ascoltò. Lo sbatté fuori dall’appartamento con un magistrale calcio sul suo colloso posteriore facendolo atterrare da qualche parte fuori dalla sua proprietà.
Stiles non gli era mai sembrato particolarmente robusto ma in quel momento, rannicchiato sul divano con le gambe al petto e la testa posata sulle ginocchia, era simile a una piccola scultura di vetro che, da un momento all’altro, minacciava di rompersi in tanti piccoli frammenti.
Lo prese tra le braccia-non pesava molto, notò- e lo porto verso il proprio letto. Voleva che Stiles si sentisse sicuro e protetto, quella notte, che potesse dormire un minimo. In lui non c’era nessun secondo fine. Derek non ricordava neanche come si era ritrovato sul corpo febbricitante di Stiles attaccato al suo, le loro labbra incollate. Le mani del lupo erano nei capelli del ragazzino e le dita affusolate di Stiles artigliavano il viso del licantropo, impedendogli di staccarsi anche solo di pochi millimetri.
Si baciarono per un tempo indefinito. Derek non sapeva quanto fosse passato: forse solo pochi minuti o, magari, ore. Il ragazzino non dava segno di dover recuperare fiato e questo lasciò Derek stranito. Lui aveva un corpo assai più resistente di quello di un normale essere umano e iniziava a sentire la necessità di respirare in modo regolare. Stiles si aggrappava a lui con disperazione, le nocche sbiancate tanto che stringeva forte la presa sul collo della sua camicia verde bosco. Derek sapeva che tutto quello era sbagliato: stava approfittando di quel ragazzino, della sua debolezza. Stiles non l’avrebbe mai baciato, se fosse stato lucido. Continuava a ripeterselo ma non era sufficiente. Non voleva ascoltare la sua parte razionale. Era tutto troppo bello, intenso, struggente. Non voleva finisse, ma così non fu. Si riscosse non appena sentì il corpo del ragazzo tremare in modo convulso, come un vetro che sta per andare in frantumi perché sottoposto a troppa pressione.
“Stiles” sussurrò, riuscendo a imporsi su di lui, complice la necessità di respirare che il ragazzino non aveva più potuto ignorare “Cosa stiamo…”
“Non dire la cosa più ovvia dell’universo” disse il ragazzo, con un moto di stizza “Non adesso”
“E cosa vuoi che faccia?” chiese. Le mani ancora intrecciate ai suoi capelli.
“Qualunque cose mi impedisca di pensare” non gli era mai sembrato così fragile, quel piccolo umano, così forte in apparenza.
“No, Stiles” disse, affermando con delicata decisione la mano che puntava sempre più giù, verso zone che nessun ragazzo aveva mai conosciuto prima.
“Perchè?” lo sguardo che gli rivolse era irritato, deluso. Arrabbiato “Ti importa adesso, di me?” chiese “Quando non dovrebbe fregartene nulla ti fai venire gli scrupoli?”
“Che stai blaterando?” soffiò, con apparente calma, sul volto pallido e lentigginoso di fronte a se.
“Sei uno stronzo, ecco cosa blatero” il licantropo lo spinse via, come scottato da quella pelle candida.
“Avevo ragione, come vedi” disse, alzandosi da divano su cui si erano inginocchiati “Sarebbe stato solo un errore” si passò una mano sul collo, nel punto esatto in cui era poggiata quella del ragazzo fino a qualche istante prima “Un enorme, gigantesco, errore”
“Tu non capisci proprio un cazzo, vero?” chiese, furente, l’adolescente. Allo sguardo perplesso dell’altro continuò la sua alterata spiegazione “Ti vanti tanto di riuscire a capire quando uno ti mente, di sapere cosa provano le persone eppure hai fatto fiasco ben due volte nel giro di poco”
“Puoi evitare di parlare per enigmi?”
“Parlo della Blake” disse “quella pazza psicopatica, la seconda per inciso, che ti scopi” prese una pausa, respirando forte dal naso, come a calmarsi “e di me”
“Di te?” Derek era più perplesso che mai.
“Ti muoio dietro da anni, da quando ci siamo conosciuti per essere precisi, e tu non mi hai mai visto, mai” tirò su col naso, osservandosi le mani in modo ossessivo “e credo sia giusto. Non sono nulla di che, confrontato a lei. Per quanto pazza, è sexy e credo che a letto sia molto più brava anche della mia fantasia più sconcia e disinibita, quindi…”
“Quindi sei tu quello che non ha capito una mazza in tre anni” disse il moro, fissandolo da oltre il letto “Ci vado a letto con lei, hai ragione, ma non c’è nulla tra noi oltre questo, non per me almeno”
“Cosa stai cercando di dire, Derek?” una sottile speranza in un mare di ansia e aspettative disilluse. Il lupo non se la sentì di deluderlo.
“Che non mi sei per nulla indifferente” cercò di dire nel modo più delicato possibile “Oserei dire che penso a te più di quanto sia anche solo lontanamente lecito e non riesco a pentirmene” un leggero sorriso illuminò il viso del ragazzino “Ma questo non cambia che questa notte non segnerà una svolta nel nostro rapporto” e , alla domanda muta espressa dagli occhi del castano, disse “Sei sconvolto, non sei in te. Io ti starò vicino ma non accadrà nient’altro tra noi, stasera” fu categorico e irremovibile.
“Puoi almeno abbracciarmi?” chiese, timido, il ragazzo, torturandosi le mani. Derek non poté che sciogliersi a quella vista.
“Si, certo che posso” si distesero sopra le coperte con i vestiti addosso, accoccolati in un rassicurante abbraccio, impossibile da sciogliere per chiunque. La mano destra di Derek accarezzava con lenti tocchi appena accennati la schiena del ragazzo attraverso il tessuto della maglia. Stiles teneva la testa posata sul suo petto, mentre un sottile ruscelletto di lacrime sfociava dai suoi occhi chiusi e sfociava sulla camicia di Derek, che non disse nulla in proposito. Si limitò a stringerlo per tutta la notte, con il profumo del ragazzo a stordirgli i sensi.
Erano passati cinque anni eppure il lupo ricordava perfettamente quella notte. Ricordava il battito del cuore di Stiles, iperattivo anche nel sonno, e i suoi sospiri rilassati. Più d’ogni altra cosa ricordava il suo odore che, adesso, non sentiva più. Che lo aveva abbandonato, così come aveva fatto lui con il giovane nonostante avesse promesso l’esatto opposto. Eppure c’era qualcosa che non gli tornava. L’odore di qualcuno non cambia così radicalmente a meno che non accada qualcosa che sconvolga il soggetto in modo così profondo da segnarlo per tutta la vita. Derek sapeva che il Noghitsune aveva lasciato la sua impronta nel ragazzo ma non era sufficiente. Stiles odorava di un qualcosa che non sapeva neppure descrivere. Era come se in lui convivessero due nature che non potevano accettarsi, che cercavano in continuazione di sopraffarsi, e, a fare da sfondo al tutto, c’era un leggero aroma che si poteva facilmente ricondurre al siero di un druido. Non sapeva dire, però, quale fosse l’elemento principale del siero. C’erano troppe entità che convivevano in un solo essere vivente. Tre elementi che non potevano fare altro che generare un odore impregnato da contrasto, conflitto perpetuo. Eppure era un odore che già aveva sentito, Derek, se solo escludeva il siero. Un brivido gli percosse la spina dorsale e si diede subito dello stupido per aver anche solo pensato all’odore di Void. 

 

Angolo dell’autrice: bene, eccoci a noi. Innanzi tutto chiedo venia per il ritardo nella pubblicazione. Spero che il capitolo vi piaccia e credo che si inizia intuire qualcosa circa l’ore i Stiles. Fatemi sapere cosa ne pensate!
A presto!!
Soraya

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


“Ti ha detto perché?”
“No, Scott, non lo ha fatto” rispose il ragazzo, reggendo il telefono tra l’orecchio e la spalla “Insomma, sai come è fatto Derek, no?” continuò “Appena scoprirà che il branco è sparpagliato in giro per il Paese, correrà da te per controllare come procede la tua vita e tenerti sotto controllo”
“E lo sa?” la voce del suo migliore amico si incrinò appena nel rivolgergli quella domanda, tanto semplice e banale.
“No” parola sbrigativa, forse fin troppo. Non la costellò con spiegazioni inutili o altro, non ne aveva bisogno. Non serviva a nessuno.
“Stiles…”
“Non dirlo, ok? Non lo dire e basta” disse, con risolutezza “Sono riuscito a gestire la cosa fino a questo momento, non ho nessun bisogno di Derek nella mia vita”
“Fratello, davvero, io vorrei darti ragione ma sappiamo entrambi che non è vero”
“Scott, prova a dire una sola sillaba a quel lupo codardo e costipato sentimentalmente e giuro che vengo lì e ti imbottisco di strozzalupo!”
“Va bene, non c’è bisogno di passare alle minacce” un minuto di silenzio seguì quella frase, appena sussurrata “Ma secondo me dovresti dirglielo…non ha senso continuare a soffrire in questo modo, Stiles” un moto di stizza infiammò l’animo del ragazzo, facendolo sbuffare pesantemente contro l’apparecchio.
“Scott, ora devo sfinire di preparare la cena per mio padre, devo attaccare o finirò per tritare anche le mie dita insieme con le verdure per la zuppa”
“Promettimi che ci penserai su” disse il ragazzo dall’altro capo del telefono.
“Si,Scotty, ora torna a studiare” rispose.
“Ho ancora bisogno di te, Stiles”
“Anche io, Scott” disse, sinceramente, il giovane.
“A presto” si dissero a vicenda, per poi chiudere la telefonata. Stiles non stava cucinando, non ne aveva alcuna intenzione, ad essere onesti. Se ne stava disteso a pancia in su sul suo letto, immobile, a fissare il soffitto e a pensare alla sua vita, andata completamente a rotoli. Derek era la chiave di tutto, ma non voleva assolutamente che sapesse di tutta quella storia. Sapeva che si stava comportando come un bambino ma non poteva farne a meno. Non voleva essere compatito per nulla al mondo e non voleva nemmeno dipendere da qualcuno. Mentalmente si disse che non sarebbe cambiato molto, dato che dipendeva dal siero del veterinario. Derek non era un’opzione, non lo sarebbe mai stato. Basta parlarne, si disse.
‘Ti devo parlare’ ecco, per l’appunto. Derek e la sua tendenza all’ermetismo. Il tempismo di una nevicata ad Agosto. Ignorò il messaggio, ributtando il telefono sul fondo del letto.
‘Non ignorarmi’ ancora insisteva! Credeva che Derek, più di chiunque altro, avrebbe capito quando smettere di insistere.
“Stiles, se non rispondi entro un minuto, entrerò dalla finestra. Sono sotto casa tua’ peccato che il ragazzo non avesse letto il messaggio, troppo impegnato a godersi la leggera brezza pomeridiana che entrava dalla finestra. Non sentì il lupo entrare, così come non avvertì subito il suo sguardo posarsi sui segni che gli decoravano il torace e il collo, partendo dal punto in cui Deaton gli aveva fatto l’iniezione due giorni prima. Derek fece scorrere lo sguardo sui piccoli rami che abbracciavano la pelle pallida del giovane, comprendo quasi del tutto i nei con il loro colore violaceo. Si chiese cosa le avesse provocate. Non aveva mai visto nulla del genere.
“Cosa diavolo hai addosso?” vide il corpo del giovane tendersi e poi saltare dal materasso in posizione eretta.
“Che cosa ci fai qui?!” urlò, coprendosi alla meno peggio con il lenzuolo chiaro del suo letto “Chi ti ha dato il permesso di entrare? La casa non dovrebbe respingerti o cose del genere?”
“Quelli sono i vampiri, babbeo” rispose il lupo, irritato, incrociando le braccia al petto “e non mi hai risposto”
“Va bene, meriti la verità” disse Stiles, con aria seria, grattandosi le nuca con fare imbarazzato “Io mi faccio di sostanze che ti fanno stare da dio, per carità, però hanno qualche piccolo effetto collaterale” si indicò il corpo marchiato “Ma non mi lamento, mi danno un’aria da bello e dannato”
“Cosa stai blaterando?” gli ringhiò contro Derek, mettendo in mostra i canini “Dimmi cosa sono quei dannati segni!”
“Non sono affari tuoi” rispose, dandogli le spalle “quindi vattene”
“Ascoltami bene, ragazzino, o mi dici quello che hai con le buone oppure…”
“Cosa?” rispose, indispettito, l’umano “Cosa puoi farmi tu che non mi abbiamo già fatto tutte le creature sovrannaturali che sono attirati in questo posto?”prese una pausa “Fa un favore a entrambi e vattene, pare sia la sola cosa che ti riesce bene” quello che Stiles non si aspettava minimamente era che Derek lo avrebbe letteralmente inchiodato al letto, piegandogli il braccio in una posizione dolorosa dietro le spalle con il viso schiacciato sul materasso.
“Te lo chiederò solo un’altra volta, Stiles, quindi ascoltami bene” disse, con malcelata irritazione “Cosa sono quei segni che hai sul corpo?”
“Sono davvero l’effetto collaterale di una sostanza che assumo” rispose il giovane umano a fatica.
“Spiegati meglio!”
“Se mi lasciassi lo farei” e il peso di Derek, come per magia, smise di opprimere il corpo fragile di Stiles, permettendogli di alzarsi a sedere “Da dove vuoi che inizi?”
“Da principio, magari” rispose il lupo, incrociando le braccia al petto e sedendosi a sua volta.
“Allora, dunque” disse, schiarendosi la voce “Dopo che il Noghitsune è stato sconfitto ero convinto che le cose sarebbero andate meglio, tutti lo eravamo” prese un respiro profondo “Ma non è stato così”
“Cos’è successo?” chiese Derek, incoraggiandolo ad andare avanti.
“Gli incubi sono tornati, dopo poco” continuò “E ben presto capii che non se ne sarebbero mai andati” la voce gli venne meno per un secondo ma questo bastò a Derek per porre una domanda, pura e semplice.
“Stiles” iniziò, con voce incerta anche lui “Void è…tornato?” non sapeva nemmeno se fosse possibile una cosa del genere,
“Si, Derek, è tornato” ammise il ragazzo “e non andrà mai via. Per quanti rimedi noi cerchiamo di trovare, siamo collegati troppo profondamente perché lui mi lasci davvero”
“Io non capisco” ammise il lupo mannaro “Lo abbiamo rinchiuso nella scatola di legno del nemeton, è impossibile che riesca a uscire”
“Quello è un limite fisico” spiegò con pazienza “ma non puoi mettere limiti a una mente del genere” continuò “Questi segni sono il risultato di cinque anni di iniezioni di lichene di lupo nel mio corpo, unica cosa che riesce a tenere la volpe sedata”
“Perchè non me lo hai detto? Io sarei tornato, avremmo trovato una soluzione…” disse Derek, incerto. Quella conversazione lo stava destabilizzando.
“Non c’è soluzione, Derek, non c’è e basta e tu devi accettarlo” disse, alzandosi dal letto, dirigendosi verso la scrivania “come tutti noi” il licantropo non ebbe la forza di rispondere così l’umano ne approfittò per continuare “Ora che hai ottenuto la tua verità, per favore, va via” e uscì dalla stanza, dirigendosi al piano inferiore. A Derek non rimase altra scelta che accontentarlo. 

 

Angolo dell’autrice: Vaaaa beneeeee…..non mi abbandonate proprio ora! Spero di non aver deluso nessuno con questa scottate rivelazione! Bene, Derek sa una parte della verità ma come gestirà la situazione? Stiles si è sentito tradito, quindi ha alzato un muro e di lui non ne vuole sapere, per il momento. Vedremo la cosa come si evolverà.
Bene, spero di ricevere i vostri pareri.
A presto!
Soraya

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Derek Hale era il classico bravo ragazzo che la vita aveva provveduto a rovinare. Non che non fosse più una brava persona, questo è ovvio, ma aveva imparato che più le persone ti stanno vicino e più possono farti del male. Derek Hale non era un cattivo ragazzo, la vita era stata cattiva con lui e questo si vedeva. Lo si poteva notare nel modo in cui guardava gli altri, nei suoi profondi silenzi. Lo si poteva notare nella sua profonda sfiducia nei confronti di ogni singolo essere vivente.
Ma Derek Hale non era sempre stato così. C’era stato un tempo nella sua vita in cui aveva conosciuto l’amore e aveva sperato di poterlo portare dentro di se per sempre. C’era stato un periodo in cui aveva dato al mondo solo quello che di buono aveva da offrire ma, poi, tutto era stato sepolto sotto macerie e dolore. Aveva creduto che più nulla di positivo sarebbe successo, che tutte le persone che avrebbe incontrato avrebbero provato a usarlo o a fargli del male e aveva nascosto così bene se stesso dietro alle protezioni innalzate da queste aspettative da non consentire più a nessuno di avvicinarsi a lui. Poi, d’un tratto, Stiles si era piazzato nel bel mezzo della sua vita, senza chiedere nessun tipo di permesso e lui non aveva potuto dire nulla, non era riuscito a scacciarlo, a fargli abbastanza paura da farlo correre lontano da lui e dai suoi fantasmi. Quel ragazzino che aveva conosciuto tanto dolore dalla morte di sua madre e che si era caricato del peso di cose troppo grandi per il suo piccolo corpo ,fragile e delicato, lo aveva stregato. Lo attraeva, Stiles, in un modo che Derek faticava, spesso, a comprendere fino in fondo e che, talvolta, lo spaventava.
Derek Hale non era mai stato bravo a comprendere i propri sentimenti, men che meno quelli degli altri, ma su una cosa era sempre stato imbattibile: saperli vivere. Perché se era vero che gli ci volevano anni per comprendere cosa davvero provasse, una volta colto il senso dei suoi sentimenti nulla lo avrebbe mai fermato dal rendere felice la persona che amava o dal tenerla al sicuro. Con Stiles ci aveva provato. Aveva sentito questo disperato bisogno di proteggerlo da tutto, persino da se stesso, e l’unica cosa logica che gli era venuta in mente era stata andarsene. Si stava rendendo conto che era stata la più grande follia della sua vita.
“Quindi cosa intendi fare? Molli tutto e torni indietro?” gli chiese sua sorella, guardandolo negli occhi attraverso lo schermo del pc.
“No, Cora, certo che no” rispose “Sento che c’è qualcosa che non mi ha detto” si prese una breve pausa, passandosi distrattamente la mano destra sulla barba “e credo sia qualcosa di molto importante”
“Derek, sai come la penso”
“Si, anche tu credi che io abbia perso ogni diritto di intromettermi nella vita di Stiles nel momento in cui, cinque anni fa, ho deciso di andarmene” disse “Ma questo non toglie che io senta comunque qualcosa di strano nell’aria”
“Se lui non vuole il tuo aiuto non puoi darglielo per forza, lo sai, vero?”
“Tu non capisci”
“Capisco, invece” rispose lei, strizzata “Ma capisco il punto di vista di Stiles” i toni si stavano alzando, e parecchio, e Derek sapeva che avrebbe finito per chiudere quella conversazione ringhiando e imprecando “Capisco che non voglia saperne nulla di uno che ha ben pensato di abbandonarlo per  poi tornare dall’oggi al domani e cercare di ficcare il naso in cose che, ormai, non lo riguardano più”  Derek sbuffò sonoramente, guardandola in cagnesco “ Fratellino è inutile che mi guardi in quel modo, credimi”
“Inizi seriamente a darmi sui nervi, Cora, quasi più di nostro zio” la ragazza si portò teatralmente una mano alla bocca, con fare offeso e tristemente sorpreso.
“Come puoi dire una cosa del genere?!” quasi urlò, tanto che Derek dovette abbassare l’audio del pc “Come puoi paragonarmi a quel pazzo di Peter?”
“Che, a proposito, mi chiedo che fine abbia fatto”
“Sei lì da una settimana e ancora non si è fatto vivo?”
“Confesso che la cosa non mi dispiace fino in fondo” disse il lupo “Ovunque ci sia Peter si verificano strani eventi” continuò “Preferisco non averlo attorno”
“Smetti di pensare a Stiles, Derek”
“Non lo stavo facendo” la ragazza lo guardò inarcando le sopracciglia in una piega innaturale “Va bene, forse lo stavo facendo, ma non riesco a scacciare questa sensazione di essere allo scuro di un dettaglio molto importante”
“Der ti stai incastrando in un ragionamento che non puoi condurre in modo logico. A parte il tuo istino non hai dei reali dati”
“L’istinto, per quelli come noi, è tutto”
“Fratellone, lascia perdere!” gli consigliò la ragazza “Te lo dirà lui, stanne certo”
“Speriamo” sospirò Derek, strofinando nervosamente i palmi delle mani tra loro.
“Ti voglio bene, Der” disse Cora, toccando il viso di pixel che, evidentemente, appariva sul suo schermo “Ci sentiamo domani?” il ragazzo annuì.
“Ciao, Cora” e, con un sorriso, chiuse la conversazione. 

 

Stiles Stilinski aveva mentito per tutta la sua vita e non se ne era mai davvero pentito. Non che le bugie che diceva fossero gravi, motivo per cui non se ne preoccupava affatto. Ma Stiles Stilinski aveva mentito a Derek Hale perché se lo meritava. Meritava di non far parte della sua vita, di essere messo da parte, di sapere che era diventato perfettamente inutile.
Stiles Stiliski aveva capito di essere uno sciocco. Per puro desiderio di vendetta -se così la si poteva chiamare- aveva deciso di troncare i rapporti con l’unico essere vivente capace di liberarlo dalla prigione psicologica in cui era rinchiuso da cinque anni a quella parte.
Stiles Stilinski si era pentito di aver mentito nel momento stesso in cui aveva detto al lupo che non c’era nulla che si potesse fare. Era stato stupido, e questo non era da lui. Aveva sempre saputo che Derek sarebbe tornato, prima o poi, ma non aveva mai valutato cosa fosse giusto fare quando l’avrebbe avuto a un palmo di naso da se.
Amava Derek?
No, era decisamente troppo affermare una cosa del genere.
Aveva mai provato qualcosa nei suoi confronti?
Si, era innegabile. Lo aveva fatto dalla prima volta che lo aveva visto nella riserva, da quando gli aveva detto, nella volante di suo padre, che non lo temeva. Stiles provava da sempre qualcosa per Derek e, per un breve periodo, si era illuso che il lupo potesse ricambiarlo, nel suo sentimentalmente stitico e asociale modo. Ma, ecco il punto, si era illuso e nulla più.
Derek era stato un bel sogno, un modo facile per distrarsi quando era solo un adolescente. Non era qualcuno che poteva garantire una relazione stabile. Non sapeva nemmeno lui cosa volesse dalla propria vita.
“Figliolo, tutto bene?” lo Sceriffo lo strappò ai suoi pensieri, riportandolo alla coscienza del suo corpo disteso a pancia sotto sul letto a una piazza e mezza.
“Si, papà, e tu?” chiese a sua volta il ragazzo, annoiato.
“Ho saputo” disse solo, senza rispondere alla precedente domanda “e immagino come tu debba sentirti”
“Davvero, papà? Lo immagini?” sussurrò, nervoso “Ne dubito”
“E so anche che sei molto arrabbiato, ma continuare a tenerlo fuori non risolverà nulla” continuò l’uomo, restando sempre sull’uscio della porta “e tu non farai che continuare a stare male”
“Posso farcela da solo”
“Stiles, quel siero non funzionerà per sempre e questo lo sai” sospirò, rassegnato, lo Sceriffo, davanti al  palese disinteresse del figlio “Hai la soluzione a portata di mano, non lasciare che scappi nuovamente dall’altra parte del Paese”
“Ci penserò, papà, te lo prometto” rispose, allora, continuando a starsene steso sul letto, senza dar cenno di volersi spostare.
“Come vuoi” disse l’uomo “ho il turno di notte, non aspettarmi alzato” e, detto questo, lasciò prima la camera del figlio e poi l’abitazione.
Stiles sapeva che il genitore aveva ragione, ma non sapeva come muoversi. Non ce la faceva a chiedere l’aiuto di Derek e, soprattutto, il suo orgoglio ancora non gli aveva dato carta bianca. Sarebbe stato tutto più semplice se solo avesse avuto la forza di dire “Derek, ho bisogno di te”, ma non l’aveva. La paura di trovare nuovamente solo era troppa e troppo forte.
“Cosa diavolo sei tornato a fare, Sourwolf?” disse, alla stanza vuota e a se stesso. Si alzò dal letto e iniziò a vagare per la stanza, riflettendo e chiedendosi cosa fosse meglio fare, senza pensare ai suoi risentimenti. Passò molto tempo a grattarsi la nuca, incerto sul da farsi. Poi capì. Vide, finalmente, quale fosse la vera priorità. 

Non esitò più un istante. Prese il cellulare dal comodino e compose rapidamente un numero poco usato ma conosciuto a memoria. Tre squilli. Stava per attaccare quando una voce sorpresa si palesò all’altro capo dell’apparecchio.
“Ti devo parlare” fece una pausa, Stiles, carica di tensione “e questa volta niente bugie” 

Angolo dell’autrice: Scusate l’immenso ritardo!! Sono stata molto assente in questo periodo. Volevo ringraziare tutte le persone che seguono la storia e che l’hanno recensita, sono sempre felice di sapere cosa ne pensate.
Per quanto riguarda il capitolo, non mi soddisfa fino in fondo ma spero di riuscire meglio nel prossimo.
Spero vi piaccia.
Aspetto i vostri pareri.
A presto

Soraya

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Stiles aveva ben chiaro il sottile confine tra dover mentire per sopravvivenza e scegliere di farlo per convenienza, e questo lo aveva imparato anche grazie a Theo Reaken e al suo coltello ficcato tra le scapole. Misero risvolto positivo dell’aver trovato la chimera sulla propria strada.
“Non credo di aver capito bene” esalò il licantropo, dopo aver ascoltato tutto quello che il ragazzo aveva da dirgli “Tu avresti potuto risolvere questo problema, evitarti cinque anni di torture psicologiche e iniezioni di veleno sovrannaturale e non lo hai fatto?”
“Derek, so che sei confuso ma…”
“Confuso non è la parola che userei al momento,no”
“D’accordo, tu sei…”il ragazzo prese una pausa “sorpreso?” l’altro negò ancora.
“Arrabbiato, Stiles” disse “Sono arrabbiato perché non credevo che tu fossi una persona stupida e incosciente”
“Io non sapevo cosa fare” confessò l’umano, guardandosi la punta dei piedi. Se ne stava da più di un’ora in piedi ,vicino alla sua finestra, a piedi scalzi, con Derek che lo guardava con una luce che non aveva mai visto prima, nei suoi occhi verdi “Avevo paura, Der”
“Di cosa?” sussurrò il lupo “Di cosa avevi paura, Stiles?” mentre palava, il licantropo avanzava lentamente verso il ragazzo “Che mi rifiutassi? Che ti lasciassi in balia di te stesso e di quel mostro?” arrivò ad accarezzargli una guancia piano, con la punta delle dita “Stiles, non lo avrei ma fatto”
“Ed è esattamente di questo che avevo paura” spiegò il giovane, restando immobile sotto il tocco delle sue dita “Era ciò che non potevo permettere” sfiorò a sua volta il moro, scostandogli una ciocca di capelli viso “Der” disse piano “non hai idea di quanto tu mi sia mancato, di quanto abbia pensato al nostro bacio” gli sfiorò le labbra con le proprie in un contatto a malapena accennato “e di quanto mi facesse male, subito dopo, ricordare perché non ce ne fosse stato un secondo”
“Non cercare di cambiare discorso, ragazzino” si allontanò, di scatto, l’uomo “Voglio che mi rispieghi tutto per filo e per segno” disse, risedendosi sul letto, posando il peso del suo corpo sulle braccia, affondate sul materasso dietro di lui.
Stiles prese un respiro profondo, passandosi le mani sugli occhi. Prese fiato “Dunque” iniziò, per la terza volta “quando gli incubi sono ricominciati, per le prima settimane, non ci ho dato peso. Ho pensato che fossero davvero solo degli strascichi di quello che era successo, della morte di Allison al tentato omicidio del coach per finire alla bomba piazzata nell’ufficio dello sceriffo” sospirò, incrociando le braccia al petto “Ma non era niente di tutto questo” concluse. Gli occhi del nato lupo non si staccarono per un solo istante da lui, mentre Stiles sviava i propri dal lato opposto della stanza. Non riusciva a guardarlo negli occhi, non mentre raccontava quanto l’uomo fosse importante per la sua vita “Era il legame mentale con la volpe” Derek annuì, facendogli intendere che stava seguendo ogni parola con attenzione “Un legame che nulla, secondo Deaton, poteva spezzare. Nessun limite fisico per una mente del genere, per un potere simile, sarebbe mai stato abbastanza”
“Ma, poi, il veterinario ha trovato una soluzione”
“Poteva tagliarla fuori, farla dormire, come già aveva fatto quando avevo assalito Scott, ma nulla di più” si fermò nuovamente, grattandosi la nuca “era come vivere in un incubo”
“Poi è arrivato mio zio”
“Peter” annuì Stiles “lui aveva una soluzione” si interruppe nuovamente “aveva studiato il bestiario e trovato una soluzione, una vera soluzione”
“Ma tu non potevi accettarla”
“Non era praticabile” disse “Servivano delle trasfusioni regolari del sangue di un nato lupo e quello di Peter, dato che era stato riportato in vita dalla magia, non aveva alcun effetto e…”
“E lo sai perché avete tentato” il ragazzo annuì.
“Cora, invece….”
“Ha rifiutato” continuò, e il castano poté giurare di aver visto lampeggiare la rabbia negli occhi verdi del moro.
“Esatto” si schiarì la gola “Restavi solo tu” si fermò “ma tu non eri qui” si toccò, distratto, il naso “io avevo bisogno di te e tu eri scappato il cielo solo sa dove con Braeden” fissò, finalmente, lo sguardo in quello del lupo “Così mi sono detto che potevo farcela anche da solo, che non avevo nessun bisogno di te e che potevi andartene al diavolo, dato che avevi preferito quella cacciatrice di taglie a me”
“Stiles, io…” ma il ragazzo alzò una mano, facendogli segno di tacere.
“E ha funzionato, Derek, il palliativo ha funzionato”
“Ma ti sta uccidendo” scattò in piedi l’uomo “ti sta corrodendo, Stiles, e io lo sento, lo sento nel tuo odore. Tu non puoi permettere una cosa del genere”
“Wow” sussurrò il giovane “Quante parole,Sourwulf, e tutte assieme” provò a sdrammatizzare, con un sorriso sbilenco.
“Non ci provare, Stiles, non ci provare nemmeno” disse, puntandogli un dito contro “Non provare a scherzare su questa situazione, sul tuo rischio di morire, su tutto…” Stiles gli si avvicinò di slancio, annullando le distanze fra loro con una velocità che lasciò Derek spiazzato, e posò le labbra su quelle del licantropo con semplicità, dolcezza. Una lacrima di sollievo sfuggì al giovane Stilinski. Gli era mancato, anche se l’aveva avuto solo una volta e per poco più di un attimo, e ora lo aveva lì, nella sua camera, tra le sue braccia,e tutto gli sembrava perfetto. Lo aveva atteso per cinque anni e, finalmente, il momento era arrivato, Derek era arrivato.
“Mi sei mancato, Der” trovò la forza di confessare. Aveva promesso che non avrebbe più detto bugie e questo faceva parte delle verità da sussurrare sulla pelle del suo uomo. Perché è questo che Derek era: suo “Dio, tu non sai quanto la tua assenza fosse assordante”
“Anche tu mi sei mancato, Stiles, e non avrei mai voluto andare via da te ma dovevo, lo capisci?” parve quasi disperato, mentre accarezzava il volto del giovane quasi con venerazione “Dovevo imparare a controllare il mio lupo, imparare a conoscere me stesso, diventare migliore” vide comprensione nelle iridi del giovane che aveva davanti, così continuò “Per te, solo per te” e Stiles avrebbe tanto voluto sapersi dominare, ma non poté, non dopo quella confessione. Tutto parve trovare un posto. Semplicemente prese Derek per mano e lo fece accomodare sul letto, per poi sedersi sulle sue gambe e riprendere a baciarlo ma, stavolta, con più intensità. Le mani del moro corsero a sfiorare la schiena costellata di nei del più piccolo da sotto la maglia bordeaux che indossava, provocandogli leggeri brividi. In poco tempo, le maglie di entrambi trovarono posto sul pavimento in moquette, lasciando entrambi liberi di esplorarsi a vicenda, di toccarsi, di prendere dall’altro ciò che più gli serviva per ricevere e dare piacere. Morsi su lembi delicati di pelle, marchi infuocati, unghie corte che grattavano una pelle fin troppo sensibile. Erano tante sensazioni, davvero troppe per entrambi, ma sapevano che non c’era nulla di più giusto di ciò che stavano vivendo. Ed era tutto avventato e senza senso e incredibilmente da loro. Stiles non aveva perdonato Derek. Non sapeva se lo avrebbe mai fatto, ma lo amava, e ora che il corpo del maggiore premeva sulla sua pelle, tra le sue gambe, sapeva che nulla sarebbe mai stato più forte di quell’amore, così come Derek si sentiva in balia della corrente di ciò che provava e quella stessa corrente sembrava muoverlo, dettargli il ritmo dell’andirivieni che lo portava a sprofondare sempre più dentro Stiles e a sperare che nulla potesse mai più dividerli. Avrebbe prolungato tutto quello per sempre e quando entrambi vennero, completandosi, seppero che avevano tanto da dirsi e che non avevano raggiunto una meta vera e proprio nel loro rapporto. Ancora troppo c’era da dirsi, da perdonarsi.
“Domani andremo da Deaton e tu accetterai di farti curare” disse Derek, dopo esserselo stretto al petto.
“C’è ancora una cosa che non sai” sussurrò Stiles sulla sua pelle, timoroso.
“Cosa? Stiles basta omettere informazioni. Non cambierò idea a prescindere da ciò che dirai”
“Bene” disse l’umano, mettendosi seduto a cavalcioni del lupo “Quando lo scambio avverrà si aprirà una porta anche nella tua mente”
“In che senso?” chiese, non capendo, il licantropo.
“Le nostre menti entreranno in contatto” sospirò “Conoscerai Void…lo avrai nella tua testa, come l’ho io nella mia”

 

 

Angolo dell’autrice: Saaaaalveeeee….c’è ancora qualcuno? Perdonatemi davvero, sono in immenso ritardo, ma non ho avuto un attimo di tempo. Spero che l’estate sia stata bella per tutti voi e che vi siate rilassati.
Aspetto, come sempre, i vostri pareri con molta ansia.
Un grande abbraccio
Sol!

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Derek non aveva mai creduto nel destino o nel Karma ma doveva ricredersi. Visti gli eventi che gli avevano devastato l’esistenza, partendo dalla morte della sua prima ragazza per giungere alla possessione permanente del suo Compagno passando per lo sterminio della sua famiglia, si era convinto che, in qualche vita precedente, doveva essere stato un grandissimo stronzo.
Mentre se ne stava steso nel letto di Stiles, osservando il volto del ragazzo illuminato da un sottilissimo raggio di luna, si chiese che colpa ne avesse lui. Stiles era sempre stato imprevedibile, pieno di risorse, sempre con un piano B che gli permettesse di vivere la vita al meglio delle sue possibilità ma, ora, la faccenda era del tutto diversa. Si ritrovò a pensare alla prima volta che lo aveva visto: giacca improbabile, maglia con bersaglio ancora più improbabile, trasandato fino al ridicolo. Una specie di pulcino che si stava andando a ficcare in guai troppo grossi per lui.
Si era detto che lui e il suo amico dalla mascella storta non sarebbero durati più di un mese, che il sovrannaturale se li sarebbe mangiati in un sol boccone, prima o poi. Si era sbagliato di grosso.
Stiles lo aveva sorpreso. Compensava una scarsa abilità fisica con una intelligenza fuori dal comune, che gli permetteva di essere sempre un passo avanti agli altri, ma che poteva diventare la peggiore delle maledizioni. Una mente intelligente, troppo spesso, in preda alla paura può compiere gesti estremi. Stiles non faceva eccezione. Si sarebbe fatto uccidere piuttosto che rischiare di mettere in pericolo Derek o chiunque altro a cui teneva.
“Non mi importa quello che vuoi, Stiles” si ritrovò a dire il mannaro, d’un tratto, all’ennesima opposizione dell’umano “Hai perso il diritto di decidere cosa sia meglio per te quando hai avuto la brillante idea di lasciarti morire pur di non chiedermi aiuto” erano nello studio di Deaton, era tutto pronto. Tutto, tranne Stiles.
“Tu non sai in cosa ti stai andando a ficcare” disse, ancora, l’umano “Non capisci quanto sia pericoloso”
“Sei tu che non capisci”
“Il siero ha funzionato per cinque anni, Der” disse, stanco “e continuerà a fare effetto”
“Stiles” si intromise, allora, il veterinario “io ti avevo detto fin dall’inizio che non era una cura, per così dire, definitiva. Non può esserlo, e sai anche il perché” prese una pausa, spostando i suoi occhi su Derek “Lo sapete entrambi”
“Tu prenderai il mio sangue, fine della storia” disse, autoritario, il lupo.
“Non puoi costringermi!” sbottò l’umano “Nessuno di voi due può”
“Vuoi scommettere, ragazzino?” 

“Direi che è il caso di finirla qui” si intromise il veterinario “Derek” disse, poi, rivolto al lupo “Non credo sia il caso di forzare così la situazione” il nato lupo lo incenerì con lo sguardo “Il consenso di entrambe le parti è necessario per un’operazione tanto complicata. Se Stiles si ostina a non voler collaborare io non posso fare nulla”
“Hai sentito?” disse, allora, al più giovane “Piantala di fare storie e sii accondiscendente, per una buona volta!” come risposta ricevette una sonora linguaccia.
“No, mai!” il lupo imprecò sotto voce per poi lasciare la clinica, sbattendo la porta alle sue spalle.
“Stai commettendo un errore, Stiles, e lo sai bene quasi quanto me”
“Non ne voglio parlare adesso” rispose, tenendo lo sguardo fisso nel vuoto “Ora voglio solo tornare a casa” continuò “e dimenticare tutta questa storia”
“Prova a rifletterci, Stiles” disse il veterinario “ non insisterei se non fosse una cosa così importante”
“Lo so” si limitò a dire il ragazzo, prima di scendere dal tavolo metallico e avviarsi verso l’uscita sul retro della clinica. Si chiuse la porta alle spalle, prendendo un respiro profondo e appoggiandosi con le spalle contro la porta fredda. Non ne poteva più di quella storia. Si passò una mano sugli occhi. Se ripensava a Derek gli veniva da piangere. Non poteva davvero credere di non aver lasciato che lo aiutasse, ma aveva paura per il lupo. Avrebbe sopportato il malumore di Derek, il suo essere scontroso, il suo non rivolgergli la parola per settimane. Squillò il telefono. Era Scott
“Amico, ma dove sei?
“Da Deaton, sono appena uscito dalla clinica” rispose, guardandosi attorno nella speranza di vedere Derek “perchè?”
“Perché Derek è appena piombato a casa mia” spiegò “e non è nella sua forma solita”
“Cosa vuoi dire?” chiese “E poi è venuto da te a piedi? Sono in piedi davanti alla sua auto”
“In un certo senso si, è venuto a piedi”
“Mi spieghi che succede?” chiese, confuso oltre ogni misura “Non capisco”
“Diciamo che è più semplice se vieni qui e vedi di persona” disse l’altro, sempre più enigmatico “Davvero, Stiles, cerca di venire qui il più in fretta possibile”
“Ma sta bene?” ora era preoccupato, sul serio.
“Si, non è per lui che mi preoccupo ma per me” poi sentì rumore di ceramica che andava in pezzi e una specie di guaito “Accidenti, Derek!” esclamò Scott “Stiles, sono serio, vieni qui prima che mi distrugga casa e che mia madre distrugga entrambi”
“Scott, che sta succedendo di sopra?!” sentì la voce alterata di Melissa che si andava avvicinando man mano e poi un urlo.
“Devo andare” disse, prima di riattaccargli il telefono in faccia. 

 

Angolo dell’autrice: Salve! Scusate il ritardo. Mi dispiace, il capitolo è decisamente breve ma spero vi piaccia lo stesso. Aspetto di sapere cosa ne pensate.
A presto,
Soraya! 

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Stiles aveva assistito a davvero tante cose in vita sua e di tante altre era stato protagonista, ma adesso si stava esagerando! Quando era arrivato a casa di Scott non era riuscito subito a intervenire e la colpa era soprattutto dell’enorme lupo nero che stava facendo a pezzi il divano del suo migliore amico.
“Scott! Come è arrivato qui questo lupo e perché ci sta facendo a pezzi casa?” Melissa era sull’orlo di un crisi di nervi e gli occhi pieni di lacrime erano solo la punta dell’iceberg.
“Mamma…”
“Melissa, ci penso io” si decise a intervenire, dopo l’ennesimo urlo della donna. Si avvicinò con cautela all’enorme animale scuro che era passato a graffiare la porta del frigorifero “Derek?” provò piano, con estrema cautela. Non doveva lasciare che il lieve velo di terrore che avvertiva prendesse il sopravvento o il lupo se ne sarebbe accorto “Derek, guarda me e lascia in pace gli elettrodomestici di Melissa” Derek non dava cenno di volerlo guardare ma almeno si accucciò, dandogli le spalle. “Derek, ti prego, possiamo provare a parlare?” il lupo, in tutta risposta, sbuffò ma non si mosse di un millimetro dalla posizione che aveva assunto “Derek?” e il ringhio profondo e minaccioso fece arretrare lui e avanzare Scott. Gli occhi rossi del suo migliore amico convinsero Stiles che doveva trovare un modo per penetrare le difese del nato lupo e anche in fretta. “Derek, ascoltami, se torni normale prometto di parlare con te della mia cura e di non fare inutile ostruzionismo” e quelle parole parvero ottenere l’effetto sperato perché il mannaro si girò e fisso le iridi chiare in quelle più scure dell’umano. Si avvicinò, cauto e ancora insicuro, e gli leccò piano una guancia. Lo stava perdonando. Poi si avvicinò a Melissa, che lo guardava con gli occhi fuori dalle orbite,e leccò la guancia anche a lei in segno di scuse. La donna era sempre più sconvolta ma parve apprezzare il gesto. Il tutto andò, però, a rotoli quando Derek decise di riprendere le sue sembianze umane nel bel mezzo del salotto di casa McCall e Stiles e Scott poterono segnare ufficialmente l’ora del decesso della sanità mentale di Melissa.
“Oh mio Dio, Derek Hale!” urlò la donna, portandosi le mani a coprirsi gli occhi “Nudo!”
“Derek!” esclamò Scott, tirandogli contro la sua felpa “Per favore, un minimo di decenza!” e Stiles rise, guardando la scena più buffa a cui assisteva da cinque anni a quella parte. Rise e la sua risata attirò l’attenzione molto più del licantropo nudo nel bel mezzo di un salotto distrutto.
“Dio, mi è mancata questa anormalità” disse, tra una risata e l’altra.
“Beh, Stiles, sono contenta” rispose l’infermiera, alzandosi e scrollandosi brandelli di divano dalla divisa azzurra “ma il mio salotto lo è molto meno di te! Tu!” esclamò, puntando il dito contro Derek “E tu!” fu il turno di Scott “Io ora vado a lavoro. Se quando torno la mia casa è ancora in questo stato vi farò rimpiangere Gerard Argent, parola mia!” e uscì, sbattendosi la porta alle spalle.
“Perfetto. Voi me la date una mano, vero?” chiese l’Alfa agli altri due “Ragazzi?”.
“Io ti aiuterei, fratello, davvero ma sai devo chiarire questa situazione con Derek” disse l’umano, guardando la devastazione attorno a se “Ti aspetto in macchina. Rivestiti se non vuoi salutare mio padre finendo in gatta buia per atti osceni”.
“Oh, ma andiamo!” esclamò Scott. Si vedeva già in punizione fino alla fine dei suoi giorni.

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Derek Hale non era uno a cui piaceva molto parlare. Derek era più uno che prendeva i problemi che la vita gli metteva davanti per la gola, in senso strettamente letterale, quindi non era abituato a sentirsi impotente e inutile. Stiles lo aveva messo in difficoltà e questo lo irritava.
“Dunque?” disse, dopo aver chiuso la portiera della Jeep dietro di se.
“Ascolta, io so che è difficile ma non sono messo così male da mettere in pericolo anche te” rispose l’umano, mettendo in moto la vettura.
“Stiles, non sei messo semplicemente male: tu stai morendo” e Derek cercava di stare calmo ma diventava difficile soprattutto perché era sempre più convinto di avere a che fare con un muro di gomma.
“E non voglio che capiti la stessa cosa un’altra persona”
“E chi altri sarebbe morto a causa di questa storia?”
“I nomi Allison e Aiden ti dicono qualcosa?”
“Senti Stiles sono passati cinque anni e arriva un punto in cui bisogna andare avanti e capire che è vero che le persone muoiono ma la vita continua!”il silenzio che calò fece intuire a Derek che aveva sbagliato a uscirsene in quel modo ma ormai il danno era fatto.
“E’ molto comodo e semplice parlare così quando tu non ti porti sulla coscienza la morte di nessuno a te caro”
“Tipo la famiglia che Kate Argenti ha provveduto a sottrarmi dopo che io l’avevo portata a casa mia?”
“Per l’ennesima volta, Sourwolf: tu non hai responsabilità per quello che ha fatto quella pazza psicopatica!” sbotto Stiles, esasperato.
“Mentre ,invece, tu hai piena responsabilità di quello che ha fatto uno spirito maligno che si è impossessato del tuo corpo!”
“No, tu non capisci”
“Io sono l’unico che capisce, Stiles” preso dalla discussione non si era accorto che l’umano lo aveva riportato fuori alla clinica veterinaria. Spense l’auto e poggiò la testa sul volante. Era davvero esausto e questo il mannaro lo poteva percepire.
“Derek io so che le cose sembrano tragiche ma…”
“Stiles, se io adesso chiamassi Lydia e le chiedessi se ha qualche sensazione su di te cosa pensi che mi risponderebbe?”
“Mentre siete in chiamata puoi anche dirle di andarsene all’inferno da parte mia? O è chiedere troppo?”
“Stiles, ma che…”
“No, Derek, lei mi ha scaricato quindi non ne voglio sapere più nulla né di lei né delle sue predizioni di morte! In più non accetto lezioni di sentimenti da uno che se l’è data a gambe pur di non affrontare i propri!”
“Sì, sono fuggito come Bambi dall’incendio e se tu fossi stato furbo la metà di quanto credi avresti fatto la stessa cosa!” sbottò “Che ci facciamo qui?”
“Derek io ho paura, ho una paura folle perché ho vent’anni e sto morendo e perché non posso chiederti di distruggerti la mente”
“Sai che non mi sarei proposto se non fossi stato più che sicuro di quello che sto facendo”
“Non sai cosa stai accettando di sopportare per il resto dei tuoi giorni”
“Sarebbe ben peggiore l’alternativa, credimi”
“Perché non vuoi portarti un’altra persona sulla coscienza?”
“Perché non posso pensare di vivere in un mondo in cui tu non esisti, Stiles” e Derek non seppe dire di preciso cosa fosse successo ma d’un tratto si ritrovò le labbra del ragazzo sulle proprie e fu come tornare a respirare dopo un’apnea infinita. Non poteva immaginare nulla di più bello e giusto di quello: lui e Stiles, il suo ragazzino logorroico e iperattivo, stretti nell’abitacolo di quella orrenda macchina sgangherata con le labbra incollate. Il suo posto nel mondo nonché l’unico futuro che il lupo aveva sempre agognato ma che rischiava di non poter avere mai. Niente al mondo lo avrebbe portato via da Stiles.
“Va bene, Lupone” disse il ragazzo, dopo che si furono staccati e se ne stavano fronte contro fronte “Ma se vediamo che questo ti mette in pericolo in qualsiasi modo la smettiamo subito!” Derek annuì. Poteva bastargli come concessione, per il momento.

 

Angolo dell’autrice: va bene, non credo ci sia ancora qualcuno ma nel caso ci fossero dei superstiti mi scuso per il mio IMMENSO ritardo che non proverò a giustificare perché davvero imperdonabile!
Aspetto le vostre opinioni e vi prometto che aggiornerò in un tempo molto più ragionevole. 

A presto,
Sol!

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