Colla forza d'abisso

di palanmelen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 3 ***


Dovrebbero vietarmi di scrivere ff più lunghe di un capitolo.
Iniziando questa storia, io mi suicido.
Come ogni opera ispirata (= campata in aria) che si rispetti, mi si è rivelata nella sua unitarietà solo alla fine. Cioè, dopo aver sbandierato ai quattro venti una storia di tre capitoli, ne scriverò quattro, il cui titolo indica la scansione temporale, mentre la collocazione segue l'ordine in cui li ho immaginati.
I primi due capitoli sono scritti al computer, il terzo è completo su carta, al quarto sto lavorando. E' ragionevole pensare che riuscirò a completarla entro fine luglio.
Per entrare in sintonia con le atmosfere di questa storia, consiglio di tenere a mente ciò che l'ha ispirata, cioè (in ordine cronologico / per capitolo):
1. Recitativo di Lascia ch’io pianga (Rinaldo , Haendel). A memoria (non fatemi cercare la parte -_-" che si è dispersa in qualche borsa): “Armida dispietata, colla forza d’abisso, rapimmi al caro ciel di miei contenti. E qui, con duolo eterno viva mi tieni in tormentoso inferno. Signor, ah, per pietà, lasciami piangere.” da cui ho tratto il titolo e il "la" di tutto.
2. L’aria di cui sopra, ovviamente. Che ha enormemente partecipato alla creazione di uno dei protagonisti di questa storia.
3. Tra voi belle (Manon Lescaut, Puccini), Valzer di Musetta (La Boheme, Puccini), Il bacio (Arditi), Selva opaca (Guglielmo Tell, Rossini), che hanno modellato il secondo protagonista della storia
4. Ogne pena cchiù spiatata (Lo frate ’nnamorato, Pergolesi). Che è semplicemente bellissima (come le altre, del resto) e ogni cinque minuti mi distraggo a cantarla, ma che si adatta comunque allo stato d'animo di una povera scrittrice che si trova implicata in un progetto del genere (in un momento in cui neanche ha tempo di fare la pipì).

Avvertimenti: Personaggi vittimistici come il primo protagonista mi stanno francamente antipatici. Spero che ciò non trapeli. Alcuni accadimenti hanno radice autobiografica (non ho potuto evitarlo. Probabilmente questa storia nasce più dal bisogno di raccontare questi che per influenza di Heandel. Oddio. Questo significa che il vittimista di cui sopra è la mia parte inconscia?!), ma spero che ciò non mi abbia tolto la giusta lucidità e criticità.

Avvertimenti 2: Questa storia ha meritato una valanga di commenti negativi (cioè, tra i pochi commenti che ho ricevuto, la maggior parte erano tirate d'orecchie) su NA, dove ho iniziato a pubblicarla. Allora, chi mi conosce da un po' di tempo sa che io ho assoluto bisogno di una beta, non avendo, alla mia veneranda età, ancora risolto i miei problemi di dislessia. Ma chi mi conosce sa anche che io faccio del mio meglio per tenere a bada l'ortografia. Però ci sono delle cose su cui non transigo e su cui non voglio essere rimproverata. Primo, "colla", "collo", "col" valgono più della mia stessa vita. Non cederò su questo punto. Secondo, lo stile è volutamente frammentario e la struttura stessa della storia lo è (anche se la struttura è nata così, me volente o meno). NON riscriverò la storia perché lo stile è brutto. Non sono una novellina e penso, mi rompo la testa, su quello che scrivo.

 


Colla forza d’abisso

 

Draco si aggrappò alla sbarra del letto, contorcendosi, sfigurandosi come in preda ad un dolore assoluto.
Sibilò tra i denti, le labbra rivoltate all’infuori, il viso rosso, sudato, stravolto.
Tese tutto il corpo in un momento, il fiato gli sfuggì dalla gola con un colpo, quasi un grido contratto. Poi iniziò ad ansimare pesantemente, le mani gli tremavano tanto che la sbarra ormai era solo un appoggio.
Harry si alzò in ginocchio, respirando profondamente, la bocca sconcia e soddisfatta e sporca di sperma.
Draco impiegò qualche minuto a tornare in sé. Lasciò cadere le braccia sul cuscino e lentamente si portò le mani alla fronte. Deglutì, cercò di riprendere fiato. Piegò le ginocchia e chiuse le gambe tremanti.

Harry sedeva colle gambe distese ai piedi del letto. Aveva le mani rilassate in grembo, non si toccava.
Draco, tranne quando facevano l’amore, preferiva non essere sfiorato, dopo l’orgasmo.
Harry si leccò senza pensarci le labbra. Quando lo faceva venire da dentro, invece, Draco lo lasciava continuare, lo lasciava rimanere quanto voleva.
Draco si mise seduto sul bordo del letto e quando si sentì abbastanza saldo sulle gambe, si alzò.
Andò in bagno e lasciò le porte aperte. Harry vedeva uno scorcio del suo corpo nudo e bianco fermo davanti al lavandino, mentre lui si rinfrescava il viso e il collo.

Draco si appoggiò al lavandino, leggermente chino in avanti, colla testa abbassata e rimase fermo così per quello che ad Harry sembrò un tempo eterno.
Si alzò dal letto e raggiunse la porta del bagno. Si appoggiò allo stipite.

Draco stringeva gli occhi per un principio di mal di testa.
Sentiva sempre le tempie pulsargli, quando si alzava così di fretta dopo essere venuto.
Harry avrebbe preferito rimanere sdraiato con lui, ma non pretendeva che lo facesse, come non pretendeva mai che lui lo facesse venire, in quei momenti.
Draco era sollevato da questo, perché sentiva l’insofferenza e l’angoscia sempre pronte a scoppiare, quando lui e Harry facevano qualcosa di diverso dallo scopare o dal dormire.
Che Harry lo toccasse per qualcosa che non fosse sesso, lo infastidiva. Lo sopportava solo lo stretto necessario perché lui non si offendesse.
Sentì lo scricchiolio del legno, quando lui si appoggiò allo stipite della porta. Prese fiato, pronto a qualsiasi premura lui avrebbe tirato fuori ora.

-Ehi… tutto bene?- mormorò

Draco strinse i bordi del lavandino. Quell’idiota.
-Lo sai… che non voglio che tu me lo chieda.-
La voce di Harry sembrò risentita. –E se per una volta mi rispondessi?-
Draco sentì le unghie graffiare la ceramica. Strinse la lingua tra i denti. Che voleva gli rispondesse? ‘È da quando ho sedici anni che mi rovini la vita?’
Deglutì la rabbia, respirò a fondo e cercò di rilassarsi.
Doveva stare attento, attento. Harry sapeva essere insistente, e quella settimana avevano già litigato una volta.
Harry si era passato le mani sul viso “Draco, perché non mi parli?” esasperato stanco – Draco aveva sentito la paura in gola aveva digrignato i denti – se Harry non avesse deciso di lasciar cadere il discorso forse forse…
Le sue spalle tremarono, sentì il respiro bloccarsi in gola. Fu solo un momento. Sperò che Harry non gli chiedesse nulla.

Harry si staccò dallo stipite sospirando. –Vieni fuori.- gli disse.
Draco si raddrizzò ed andò da lui. Sapeva di sbattere troppe volte le palpebre, di muoversi un po’ troppo rigidamente.
Le labbra di Harry fecero una piccola smorfia insoddisfatta. Poi scosse la testa, lo prese per le braccia e lo strinse a sé.
Draco cercò di continuare a respirare normalmente, mentre lui gli infilava le dita tra i capelli, gli annusava il collo.
Poi Harry iniziò a baciarlo, movendo le labbra e i denti sulla sua pelle in quel modo che gli sembrava stare cercando il punto giusto dove strappargli un brano di carne.
Draco rabbrividì, sentì i peli drizzarsi. Sospirò, tranquillo di nuovo. Harry gli sosteneva la guancia colla mano, era una carezza dolcissima che però non gli dispiaceva più. Harry gli baciò l’angolo della bocca.
Draco socchiuse gli occhi. –Torniamo a letto…-

Draco salì a carponi sul letto. Si sistemò comodo colla testa sul cuscino, la schiena inarcata e le gambe divaricate abbastanza da faci stare quelle di Harry.
Lui si sedette sul bordo del letto. Gli accarezzò la schiena e le natiche con cerchi energici, manipolando la carne rilassata fino ad arrossare la pelle. Draco chiuse gli occhi e aspettò pazientemente, mentre lui gli allargava le natiche e fissava mordendosi le labbra i suoi muscoli contrarsi lievemente per l’aria fredda.
Non gli importava che Harry fosse brusco o gentile, quando facevano sesso. Voleva solo che lo facesse godere, godere fino fargli dimenticare di esistere, e il corpo di Harry sapeva benissimo come strappare ogni filo logico nei suoi pensieri.
Sospirò un fiato tremulo quando lui appoggiò le labbra e gli fece sentire la lingua.
Harry aveva capito subito che l’unica cosa che riuscisse a dargli sollievo era il sesso, anni fa, anche se continuava a insistere… insistere, insistere… Draco gnaulò, perdendo coerenza mentre i suoi muscoli cedevano all’insistenza della sua lingua e delle sue dita.
Harry riusciva a dargli piacere come se fosse nato per quello, Draco aveva cercato di opporsi, all’inizio, ma subito aveva perso, era diventato pasta, era diventato nulla, un nulla pieno di piacere e Harry lo continuava a riempire.
Quando Harry non si ostinava a voler parlare, qualsiasi cosa significasse per lui, Draco sentiva di ritrovarsi nell’anfratto sicuro che aveva perso prima di poterne fare a meno. Quando Harry lo possedeva, il mondo perdeva finalmente quella maschera troppo colorata che lo trasformava in qualcosa che avrebbe dovuto (potuto?) essere bello e smetteva di essere così invadente, dappertutto, smetteva di essere, e Draco, allora, trovava il posto a cui appartenere.
Anche se
(Harry gli strattonò i fianchi, Draco si spinse verso di lui, sentì il suo glande morbido e scivoloso scorrere sue e giù sopra i suoi nervi sovreccitati, sopra i suoi muscoli ormai impazienti)
Si sentiva imprigionato, soffocato
(strinse i denti, -Dai, dai…- lo pregò, incrociò le braccia sotto la fronte e cercò di intercettare i suoi movimenti, di infilarselo dentro mentre lui continuava a muoverlo cosi e a)
Quando Harry non c’era, o era arrabbiato e non voleva fare sesso, o gli proponeva di uscire, o gli diceva che forse un lavoro l’avrebbe distratto, o…, o…
(ridere. Poi Harry gli strinse forte i fianchi, lo immobilizzò. Si sistemò meglio tra i suoi polpacci, iniziò a spingere. Scivolò via ancora una volta)
Si sentiva soffocato da tutto e Harry sembrava una buona via di fuga, ma anche lui era una catena, perché lui avrebbe solo voluto andarsene via, via, via dal mondo, ma Harry erano ormai anni che lo teneva legato a--
(Harry si alzò un poco. Spinse di nuovo la sua punta contro i muscoli. Draco si aprì quanto poteva e questa volta lui iniziò ad entrare)
Legato a quel letto,
(Draco si rilassò man mano lo sentiva entrare, la sua voce vibrava roca e bassa nella sua bocca aperta.)
Legato a quello che più simile all’annullamento lui gli potesse dare.

Dopo un orgasmo come quello, Harry poteva fargli tutto quello che voleva. Baciarlo senza motivo, abbracciarlo, coccolarlo… Draco rimaneva intorpidito, formicolante, e ogni nuovo tocco era un piccolo brivido in più.
Harry ne approfittava sempre. Ora gli accarezzava i capelli, steso al suo fianco, ammirando con dolcezza il suo viso rosso e rilassato.
Draco giaceva a pancia in giù sul letto, le braccia lungo i fianchi, verso l’alto, la testa voltata verso il lato di Harry. Non prestava attenzione a nulla, nemmeno al respiro che gli rimbombava nel petto.
Harry si azzardò, perché era tanto tempo che non glielo chiedeva. –Sei… felice?-
Draco sembrò non sentirlo. Poi sospirò e voltò la testa contro il materasso. Harry sentì la delusione rendergli la bocca amara. Almeno gli rispondesse di no. Draco stava sempre zitto.
-Perché hai il bisogno di saperlo?- mormorò, e Harry fece fatica a capirlo.
Continuò ad accarezzargli le prime vertebre. –Vorrei che tu fossi felice, con me.-
Draco fece un verso ironico. –Lo sai che non è nelle mie corde.-
Harry gli accarezzava la colonna vertebrale, ogni osso, ogni avvallamento. –Potrei fare qualcosa, se mi…-
-Lo sai, lo sai, Harry. No. Dipendesse da te... No.-
-Se mi dicessi cosa ti serve per star bene…- insistette.
Draco sbuffò, scosse la testa. –Ti odio quando ti ostini.-
Harry gli strinse la coscia. -Ti odio quando ti comporti da stupido. Vuoi che ti scopi e basta, che non mi impicci di come stai?-
-Sì.-
Harry gli diede uno schiaffo sul sedere. Draco sussultò. Appoggiò gli avambracci sotto il petto e si sollevò.
-Beh, se non posso farti felice, ti farò godere.- Harry lo disse quasi con cattiveria. Infilò la mano tra le sue natiche premendo invadente le dita in mezzo alla sua carne umida.
Draco si tese fino alle dita dei piedi.

Harry era capace di farlo godere almeno quanto era stato capace di farlo soffrire. Harry gli aveva offerto una via di fuga che in realtà era un carcere. Harry era l’unico motivo per cui era ancora al mondo.
Ogni tanto Draco pensava che la prigionia potesse essere ancora più dolce della libertà stessa.

Chinò la testa. –Scopami, Harry. Scopami e basta.- mormorò.
Lui lo fece girare, gli si sdraiò sopra. Draco chiuse gli occhi e intrecciò i polpacci ai suoi. Cercò di sfuggire col viso ai suoi baci, perché sentiva improvvisamente di essere rotto, di essere vicino alle lacrime. Ma Harry gli fermò il volto colle mani e lo baciò. Draco gemette nella sua bocca prepotente un gemito tremante come un singhiozzo.

Se Harry non lo avesse fatto sentire in colpa… già tutto era così difficile: pensare di pesargli, di dargli dispiacere, di aver bisogno di lui come un bambino, desiderare di finirla. Draco si sentiva così in colpa pensando a quanto dolore gli avrebbe dato dicendoglielo.
Allora “farsi scopare e basta” diventava la panacea, diventava la dimenticanza.
Il sesso, che era il rimedio al suo dolore, lo era anche per quello che avrebbe fatto ad Harry.
Harry poteva illudersi che il loro rapporto fosse come lo desiderava, mentre Draco lo stringeva e si eccitava e si apriva per lui. Anche se in realtà non lo voleva fare, Harry lasciava che il piacere di Draco, che era vero, lo illudesse.
Però Harry avrebbe voluto che lui piangesse.
Ogni tanto Draco voleva piangere.
Poi, chissà Harry cosa avrebbe fatto.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Dal capitolo precedente, nota n. 3. Tra voi belle: quando Harry sorride / cammina / respira; Valzer di Musetta: quando Harry guarda Draco; Il Bacio: quando Harry parla con Draco. Non so, forse le parole non combaciano, ma la musica, la linea vocale sono perfette, per le scene.




Le giornate di fine estate erano tiepide e ventilate. La bionda luce del primo pomeriggio settembrino vibrava tra le foglie vecchie nelle chiome dei faggi della Foresta Proibita.
Harry, Ron, Hermione, stesi nell'erba quasi secca, riposavano cogli occhi socchiusi. Entrambi i ragazzi avevano allentato la cravatta, Ron e Hermione si tenevano per mano.
La "Sessione Autunnale Speciale" degli esami lasciava loro alcuni minuti di pausa prima della prova orale.
Harry avrebbe voluto riposare la mente, ma ogni volta che tentava di creare buio grigio dietro gli occhi, immagini sconnesse di ricordi e fini preoccupazioni iniziavano ad attorcigliarsi e sciogliersi come voli di mosche.

Malfoy aveva cortissimi capelli sulla nuca piegava la testa sul suo compito (Utilizzo delle creature magiche nella pratiche oscure, loro riabilitazione: esempi.) due banchi avanti uno a destra

Harry aveva finito abbastanza in fretta. Guardandolo, aveva ricordato che lui non avrebbe avuto voto di pratica di DADA, una distinzione voluta dal ministero per chi era stato dalla "parte sbagliata". Più Harry ci pensava, più la trovava una stronzata.

Malfoy aveva cortissimi capelli sulla nuca appena più lunghi sulla testa onde chiare onde scure luce giocava colla lunghezza
Orecchi bella forma sembravano un po' a sventola così scoperti pelle trasparente in controluce
Pelle quasi chiara come la camicia bianca collo cervicale poi la stoffa

Ron e Hermione parlottavano sottovoce.
Harry sussultò nel petto, svegliandosi dalla sonnolenza dei ricordi.
-Dobbiamo andare?- borbottò.
-No, dormi ancora, se ti va.-
-Non stavo dormendo.-
-Come vuoi.-

 


Malfoy non lo aveva guardato neanche per sbaglio. Teneva lo sguardo basso, aveva il viso serio. Quando guardava chi gli stava parlando, i suoi occhi non sembravano attenti. Rispondeva dopo aver riflettuto qualche secondo. Non cambiava mai tono. Sembrava un libro. Una macchinetta.
Mentre si avviava verso la propria commissione, sentì Draco rivolgersi alla professoressa, trasfigurazione, che lo stava esaminando. -Devo fare un esempio pratico?-
-No,no. Va bene così.-
La tunica da mago che si era rimesso dopo lo scritto (Harry scommetteva che lì sotto la camicia si stava inzuppando di sudore), nera con allacciature d'argento, gli dava un aspetto ancora più funereo, per quanto fosse elegante (o proprio per quello?).
Harry salutò con un mezzo sorriso i professori davanti a sé. Una signora si sventolò emozionata con un programma.

 


Quando Ron gli aveva detto di smetterla di fissare Malfoy, Harry aveva scrollato le spalle.
Hermione aveva sospirato e gli aveva chiesto se avesse intenzione di andare da lui. Era più un'affermazione, che una domanda.
Che domanda. Harry (passo cadenzato, passo felice, passo sollevato) lo aveva raggiunto. Aveva invaso l'angolo di prato vuoto che la gente aveva ritagliato attorno a lui.
La bella tunica era aggrovigliata per terra intorno ai suoi fianchi come una crisalide aperta. Draco guardava verso la Foresta con occhi ciechi. Li volse verso di lui come un animale spaventato, quando lo sentì vicino. Harry gli sorrise.
-Ciao. Posso?- indicò lo spazio accanto a lui. Draco sbatté le palpebre. Si riscosse, annuì.
Harry si accomodò con un sospiro soddisfatto. Incrociò le gambe e si sporse verso di lui. -Allora? Come è andata?-
Draco alzò le spalle, tornando ad osservare gli alberi. -Come doveva andare.-
-Sembrava... che quella donna fosse terrorizzata dall'idea che tu prendessi in mano la bacchetta.-
Draco abbozzò un sorriso non sentito, una smorfia da limone. -Vedremo come mi daranno il voto per la componente pratica. Se la sufficienza politica, o ne approfitteranno per tirarmi un po' giù la media.-
-Ma dai.- Harry tirò l'erba tra le dita. -Non sono mica così stronzi.-
Draco alzò di nuovo le spalle. -Non si sa mai.-
Rimasero in silenzio. Harry era un po' infastidito dal fatto che lui non lo guardasse. Si spostò sulla traiettoria del suo sguardo. Draco sussultò stupito.
Harry incrociò le braccia sul ginocchio piegato. -Sei riuscito a studiare?-
-Abbastanza.-
Harry annuì. -Un po' ti ho ascoltato. Sembravi molto preparato.-
Draco non si curò del complimento. Ora che Harry era di fronte a lui, Draco si guardava le scarpe.
Harry si avvicinò ancora un po'. -Come sta tuo padre?- sussurrò.
Draco socchiuse gli occhi, le palpebre fremettero. Sospirò lentamente. Lasciò le labbra accostate, immobili.
-Ehi...- Harry gli sfiorò il braccio. -Posso invitarti a bere qualcosa?-
Draco lo guardò di sottecchi. Esitò. -Puoi provare.- mormorò.
Harry sorrise. -Ti va una burrobirra? O qualcosa di più forte. Offro io.-
Draco alzò finalmente la testa. Il suo viso era qualcosa di più che triste. -Qualcosa di forte, sì.-

 


Hogsmaede era affollata di ex studenti come loro. Harry aveva scartato immediatamente l'idea di entrare in un locale. Persino il Testa di Porco. E soprattutto il Testa di Porco. Non con Draco.
Ma per fortuna non era così difficile per due ragazzi maggiorenni acquistare delle bottiglie di alcolici.
Draco ne teneva due sotto la veste: l'aveva ancora addosso, aperta davanti, solo appoggiata sulle spalle. Le maniche vuote sbatacchiavano contro i suoi fianchi.
Altre due le teneva Harry in mano, allo scoperto, con tutta la disinvoltura possibile. Invidiabile.
Si allontanavano dal centro, nessuno seguiva l'altro, ma la direzione era un po' scontata.
La Stamberga era ancora in piedi, circondata da un giardino selvaggio.
Sopravviveva un pezzo di steccato, più vicino al lago che al villaggio. Si sedettero lì vicino, nascosti dall'erba alta, sotto l'ombra ondulata di un noce e quella sfilacciata di un abete.
Harry pensò che una sigaretta artigianale da fumarsi sdraiati lì sarebbe stata molto scenografica.
Draco era corrucciato, assente. Non aveva parlato. Ma Harry aveva speso apposta quasi venti galeoni in liquori.
Draco scrollò le spalle e la tunica cadde a terra. Spuntarono le bottiglie ai lati delle sue gambe incrociate.
Harry allungò la bacchetta e stappò quella che lui teneva nella destra. -Alla fine degli esami.-
-Già...- mormorò lui. Poi si attaccò la bottiglia alle labbra.

La laringe di Draco scivolava su e giù sotto la sua pelle tesa e pallida.

Harry distolse lo sguardo appena in tempo, quando già si mordeva il labbro. Fece finta di niente ed aprì la propria bottiglia.
Sentì Draco prendere fiato, soffocare la tosse.
Harry sollevò la bottiglia e gli dedicò il primo sorso di liquore.
Draco chiuse quasi gli occhi. Harry si trascinò più vicino a lui. Troppo vicino a lui. Fa niente fa niente... Draco spalle basse testa china - Draco viso triste porcellana incrinata
Gli sfiorò il gomito colle nocche. La testa di Draco dondolò un cenno. Prese fiato, faticosamente. -Sta male.- sussurrò, più piano del vento. Harry era abbastanza vicino per sentirlo. Gli sfiorò la spalla.
-Sai, la... l'o...-
-L'operazione.- lo aiutò.
-Sì, sì, quella... è. È andata bene. Ma, sai... ma non possono.- Draco si interruppe. Inspirò colla bocca aperta. La gola contratta sibilò. -Usare incantesimi ora. Sai, sai...-
palpebre azzurre ciglia dorate vibrano sembrano riflessi sulle guance
-Le... metastasi, non possono usare incantesimi di rigenerazione se non sono sicuri e... non le hanno trovate, ma non possono, sai...-
Draco tremò. Prese fiato a fondo, velocemente, questa volta, l'aria rimase intrappolata nei suoi polmoni, finché deglutì e strinse gli occhi. Colla bocca chiusa, l'aria gli uscì con un verso sottile e roco. Deglutì di nuovo. -P. papà non dice... le medicine, per il dolore, sai, il fegato, non può prenderle spesso e... papà non dice niente ma il dolore una volta ero lì l'ho visto si piegava e non riusciva e la faccia sulla faccia... mamma si era messa a piangere, dopo, quando è riuscita a fargli dare il calmante...-
Non riuscì a continuare, come stremato. Strinse i denti, scoperti come se sentisse lui il dolore.
Harry gli sfiorò il collo, la nuca. Lui non si mosse, chiuso nella propria mente.
Harry accarezzò con delicatezza i suoi capelli cortissimi e pungenti. Aspettò che il ritmo dei suoi respiri rallentasse, e la carezza diventava più pesante e più ampia. Draco sospirò, più calmo.
-Non va tutto male.- gli disse dolce. -Almeno non è in prigione, e non ci andrà. Avrà l'invalidità, quando uscirà dall'ospedale, cioè saranno arresti domiciliari. Tua madre ha il permesso di accudirlo e sconterà la pena con lui. Saranno insieme e a casa.-
Draco incassò la testa tra le spalle. La mano di Harry scivolò più su, e nei suoi capelli soffici ora le punte delle dita si nascondevano.
-Non sarebbe andata così, se tu non... avessi detto quelle cose.-
-Cose? Tipo?-
-Tipo l' "aiuto fondamentale per la vittoria" e tutte quelle stronzate.-
Harry sorrise. -Io ho parlato di "azioni fondamentali" per la nostra vittoria.-
-Beh, era ovvio che avrebbero travisato. Soprattutto se spieghi solo quello che ha fatto mia madre. Mio padre non ti ha aiutato a distruggere il primo horcrux. Io non ti ho aiutato a prendere la Bacchetta di Sambuco.-
-Che male c'è se lo sappiamo solo noi? Non ho comunque mentito.-
Draco fece una smorfia che avrebbe dovuto assomigliare ad un sorriso. Scosse la testa.
Harry ritrasse la mano. L'appoggiò sulla sua scapola.
Troppo?
Harry lo chiese al calore serpeggiante nelle sue budella.
Troppo sì ma troppo
è bello
Non male se mi piace consolare lui triste -
Troppo troppo triste
Pericoloso

-Non è cambiato nulla.- sussurrò. -Non può cambiare. Continua tutto ad andare a puttane. Non c'è più nulla da fare.-
La mano di Harry si arrischiò a raggiungere le costole, come un abbraccio. -Smettila. La gente dimenticherà. Tu sei libero. Sei vivo. Puoi fare quello che vuoi.-
Draco iniziò a ridere, silenziosamente. Rideva talmente forte che si piegò sulle proprie gambe. Si mise in ginocchio, ridendo, si tirò in piedi barcollante. -Certo, sono libero.- le parole sussultavano nelle risa. -Guardami.- aprì le braccia. La camicia bianca infilata nei pantaloni si tese. Fece un specie di giravolta, incespicò nella veste ai suoi piedi. La oltrepassò, ridendo e traballando. Si appoggiò alla staccionata. Smise di ridere.
La scavalcò.
Harry si alzò in piedi di scatto.
I rami dell'abete erano bassi. Draco ne afferrò uno molto spesso e con un salto si issò su di esso, graffiandosi le mani e sporcandosi la camicia.
Harry scavalcò la staccionata e si avvicinò all'albero, sempre più perplesso, preoccupato.
Draco stava in piedi sopra il ramo. La luce del tramonto gli infiammò il volto. Si coprì gli occhi con una mano, coll'altra si poggiava al tronco.
-Ti odio.-
Harry sussultò. Fece un passo indietro.
Le gambe di Draco tremavano. -Non c'è nulla che vada bene. Hai rovinato tutto.-
Harry deglutì. Sperò di avere la voce ferma. -Draco, scendi.-
Lui scosse la testa e ricominciò a ridere sommessamente. Metà del suo viso era coperto dalla mano. -Avrei solo voluto che tutto andasse avanti uguale. Invece hai mandato mio padre in prigione. Invece hai iniziato la guerra. Tutto rovinato. Tutto rovinato.-
Harry vide le sue ginocchia quasi piegate e i suoi polpacci fremere sotto il suo peso instabile. Strinse la bacchetta. -Draco, scendi subito.-
Lui cercava di smettere di ridacchiare, cercava di prendere fiato. Si accucciò sul ramo (Harry sentì il cuore sbattergli contro le costole). -Non puoi fare tornare tutto come prima. Io non li potrò più vedere, dopo. E... e ora...- la sua risata si interruppe con un singhiozzo sorpreso, mentre i calcagni scivolavano giù e lui si sedeva pesantemente sul legno scricchiolante. Si aggrappò con entrambe le mani. Harry vide i suoi occhi arrossati e lucidi per aver fissato il sole spalancarsi e gli sembrarono fissare qualcosa di indicibile, terribile.
La sua voce si era ridotta ad un sibilo roco. -Non riesco a stare con loro. Lì in quel cazzo di ospedale. Con quella cazzo di puzza. Con mio padre che si piega dal dolore perché ha un cazzo di taglio sulla pancia e non lo possono guarire. Non si può fare più niente. Non posso fare più niente.-
Harry mise via la bacchetta e si mise sotto di lui. I suoi piedi gli sfioravano il petto. Allungò le braccia. -Vieni giù.-
Draco abbassò gli occhi su di lui, vuoti e stanchi. Si diede una spinta colle mani e scivolò giù dal ramo. Harry chiuse le braccia e lo accolse tra esse prima che toccasse terra. Lasciò che appoggiasse i piedi, ma continuò ad abbracciarlo. Draco tremava come febbricitante. Poggiò la testa contro la sua. -Mi odio tanto...- bisbigliò.
Harry sospirò, fece scorrere le dita nei suoi capelli (solletico sui palmi). -Non lo fare. Non ne hai alcun motivo.-
Il respiro di Draco nel suo orecchio era tremulo come se stesse piangendo. Harry lo scostò per guardarlo in faccia. I suoi occhi erano chiusi, ma asciutti. Gli prese il viso tra le mani
Labbra Non posso Vorrei Se lui piangesse lo farei lui
Non piangerà
Non può farlo Ha detto

Draco sbatté le palpebre e improvvisamente si rese conto di quanto lui era vicino, di quanto intenso fosse il suo sguardo, di quanto ferme fossero le sue mani. Arrossì. Anche se Harry era più basso di lui, si sentiva guardato dall'alto. Si allontanò. Sembrò che lui non volesse lasciarlo.
Poi, Harry abbassò le mani.
Draco si sentì goffo, si sentì stupido. Si sentì amareggiato per avergli detto tutto. -Scusami.- balbettò.
Harry scosse la testa. Lo fissò con quello sguardo che lo faceva sentire piccolo. -Cosa hai intenzione di fare, ora?-
Draco abbassò la testa. -Andrò a casa. Non ho programmi particolari per l'autunno.-
Harry rimase zitto e Draco si chiese se lui avesse sentito la piccola bugia nelle sue parole. Perché c'era un'idea che Draco da qualche tempo accarezzava, dolce, rassicurante, semplicissima. Un'idea che gli dava sollievo solo a pensarla.
-Draco...-
Ed ebbe un brivido di paura, perché se Harry avesse solo immaginato cos'era, avrebbe cercato in tutti i modi di fermarlo. E non era ancora abbastanza convinto, abbastanza forte per resistergli.
-Draco, prenditi cura di te, ok?-
Lo guardò. Il suo viso era serio e preoccupato. Annuì, già sapendo di non poterlo convincere.
Harry gli afferrò la camicia improvvisamente. Fece un sorriso coll'angolo della bocca. -Prenditi bene cura di te. Altrimenti lo farò io. Intesi?-
Draco sentì il calore della sua mano sullo stomaco, e la fermezza con lui tirava la stoffa. Sentì il calore salirgli al volto e per un momento tutto, anche la sua paura, anche la sua tristezza, si assottigliò fino a sembrare trasparente, trascurabile.
Draco deglutì e si tirò indietro. Harry lo lasciò. Si sistemò la camicia stropicciata e annuì di nuovo, impacciato. -Sì. Scusa. Ho solo bevuto troppo.-
Ancora, Harry non sembrò troppo soddisfatto. Però scosse la testa e gli sorrise. -Non bere, se sei da solo, ok?-
-Sì.- borbottò. Decise di scappare, perché il suo sguardo sembrava metterlo a nudo, scoprire ogni sua bugia. -Devo andare.- Richiamò a se la tunica con un gesto sbrigativo. Guardò ancora Harry e di nuovo si sentì in imbarazzo.
-Ci rivediamo.- gli disse.
Draco sentì qualcosa di strano alle sua parole. Forse perché sembravano certe. Sembravano una promessa.
-Ci... rivediamo.- lo salutò. Poi si smaterializzò.

Harry rimase fermo a lungo. Sapeva che Draco aveva qualcosa che non andava e non si fidava delle sue parole. Lo avrebbe tenuto d'occhio. Sentiva nel basso ventre il bisogno e la certezza di poterlo fare.
Harry decise che quella sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe permesso a Draco di andarsene.
Si leccò l'interno delle labbra, dove sentiva il presagio di un sapore di bocca.
Harry sapeva che dopo averlo assaggiato, avrebbe trovato il modo per tenere Draco con sé. E lontano da qualsiasi cosa gli potesse far del male.

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Capitolo 3
*** Capitolo 4 ***


Muoveva gli occhi sotto le palpebre chiuse.
Harry era il calore contro la schiena, era la carezza possessiva e pensosa sul fianco, era il respiro dietro l’orecchio.
Draco era stanco nel cuore di una stanchezza incosciente, infantile, pura, che Harry gli lasciava, che assomigliava al sonno di un bambino nel grembo.
La mano di Harry sul petto, sulla pancia, la pesantezza delle coperte, lo facevano sentire in acqua.
-Draco… ti ricordi dove dobbiamo andare domani, vero?-
Pesanti, le palpebre si rifiutarono di aprirsi. –Do. Domani?.
-Domani pomeriggio, io e te…-
-Mh?-
-Dai tuoi.-
Draco sussultò. –Ma… ma non era una cosa in forse?-
-Era una cosa in forse settimana scorsa.-
Draco deglutì, strinse le braccia al petto. –Ah… e… non si può rimandare?-
-Draco…- Il tono con cui Harry lo sgridava (lo faceva sentire in colpa) era serrato come la sua mano sull’anca.
Sospirò. –Sì, ecco… non sono preparato. Non… non mi ricordavo che era per domani.-
-Te lo sei voluto dimenticare, come al solito. Sai benissimo che non posso rimandare. Ho impiegato due settimane e parecchi favori per ottenere l’attivazione della passaporta. E sai benissimo anche che tu non sei mai pronto.-
Draco girò la testa nel cuscino. Ormai era svaporata la tranquillità necessaria al dormire. Sentiva un sapore ferrigno sotto la lingua. La pesantezza di una corda sul collo. Un freddo di metallo nel cuore, che faceva bruciare l’atmosfera insopportabilmente attorno a lui.
Harry gli cinse la vita e si strinse contro di lui. –Partiremo alle due e torneremo alle sei e mezza. Pensi di poterle sopportare, cinque ore e mezza?-
Draco annuì.
Il calore non era più piacevole, l’abbraccio non lo cullava più.
Draco avrebbe voluto sgusciare via dal letto.
Avrebbe voluto rifugiarsi in un luogo freddo almeno quanto era lui dentro, da solo.
Harry non lo avrebbe lasciato andare.

 

-Mi cambio.-
Harry rise (flash di denti bianchi sotto le labbra rosse). –No!-
(Grigio perché le palpebre rimanevano troppo tempo chiuse nel loro sbattere. Mani che tremavano) –Ma dai… mi cambio.-
-No!-
-Non sto bene.-
Harry lo guardò da sopra gli occhiali (lo sguardo di quando lo voleva nudo sul letto. O. Di quando riteneva che lui avesse fatto qualcosa di stupido) –Smettila. Sei bellissimo.-
Draco strinse e rilasciò i pugni. –Harry, sono pallido, sono biondo. Non posso vestirmi tutto di bianco.-
-Certo, vestiti di scuro, così ti squagli appena arriviamo. Dai, sbrigati, manca cinque alle due.- Alzò gli occhi al cielo, mentre lui (le mani agitate sulla giacca, sui pantaloni, nei capelli) si guardava intorno cercando chissà cosa, camminava avanti e indietro per il salotto. –Come se non avessimo impiegato tre ore a vestirti.- borbottò. –Razza di perditempo.-
-Mi cambio solo la maglia.-
-Sta fermo! Hai preso i fiori?-
-Sì, sì, sono qui, sulla poltrona…-
Harry gli afferrò con uno strattone le braccia. –Fermo.- Draco annuì, deglutì. –Smettila di sbatacchiare le palpebre.- Draco chiuse gli occhi. Harry fece un verso d’assenso. –Respira.- Draco si riempì fino in fondo i polmoni, trattenne il fiato, espirò. –Bravo. Prendi i fiori.- Draco li raccolse tra le braccia. Harry gli mise in mano la passaporta. -E ora andiamo.-

 


Il rumore della risacca sugli scogli sembrava irreale. Il vento tiepido mascherava il calore del sole. La luce era bianca ed accecante. Chiuse gli occhi. Tanto c’era la mano di Harry sulla sua schiena a guidarlo.
Tonc. –Tonc. –Tonc.
Draco sapeva riprodurre la cadenza di quel suono a memoria.
Tonc. –Tonc., faceva il bastone di suo padre.
-Signor Potter. È riuscito a riportarlo qui, finalmente.-
Quel tono vibrante la sua voce l’aveva acquistato col tempo.
Draco socchiuse gli occhi e vide Harry e suo padre stringersi la mano.
Lucius era invecchiato. I suoi capelli erano candidi e brillanti. Le punte delle ciocche si arricciavano sulle sue spalle. Rughe attorno alle labbra, agli occhi. Strana aria da saggio.
Suo padre indossava un completo color sabbia, in onore del loro incontro, e sembrava un attore degli anni d’oro, con tanto di Panamà col nastro nero. Non c’era più il bastone d’ebano col pomello d’argento. Ora Lucius di sosteneva con una stampella di titanio.
Draco si accorse che Harry gli aveva tolto i fiori dalle braccia.
Sapeva cosa ci si aspettava da lui.
Si avvicinò a quell’uomo così anziano cercando di aggiogare le proprie labbra ad un sorriso. Lo abbracciò, lui gli poggiò una mano (mano nodosa, mano tremante) tra le scapole.
Draco respirò un odore di mare, d’acqua di colonia. Di vecchiaia.
Quell’uomo sapeva di vecchio, di malattia.
Draco strinse le sue spalle non più forti, col naso nel suo collo e gli occhi chiusi. Nel fondo del suo odore riconosceva quello di suo padre. Così in fondo. Troppo in fondo. C’era troppo odore di vecchio a nasconderlo.


Eppure, quando arrivarono al porticato, Draco rimase incantato nel vedere sua madre.
Era una donna anziana, sì, e i suoi capelli non erano più color del grano, e i suoi occhi erano troppo chiari, troppo lucidi quando ricevette i suoi fiori.
Draco rimase incantato ad ammirare quanto l’amore e la commozione la trasfigurassero in una bambina.
Si sentì un cane, un vero bastardo, peggio di come lo faceva sentire Harry, perché realizzò che al mondo c’era qualcuno che lo amava forse più di lui.
Come, con che coraggio, che vigliaccheria avrebbe potuto fare del male ad una bambina così fragile?


Erano due anni che non si vedevano e non si parlavano. In due anni, neanche avevano potuto scriversi.
Loro, per quanto privilegiati, erano criminali di guerra. L’isolamento dalla comunità era la loro pena.
La lontananza da loro figlio, quasi una punizione divina.
Per Draco era stato quasi un sollievo. Non vedere la sofferenza di suo padre, la premura ansiosa di sua madre. Ed era più facile fare finta che non esistessero, che a parte Harry non ci fosse più niente a legarlo.
Harry e Lucius parlavano di politica. Suo padre era affamato di notizie, perché l’ozio era difficile da sopportare per un uomo che come lui era stato impegnato tutta la vita.
La cronaca di Harry su chi tra i suoi vecchi amici e nemici salisse e scendesse nei giochi di potere era sincera e completa.
Lucius raccontava vecchi aneddoti e Harry ghignava, chiedeva conferme con un “Sì?” un po’ maligno.
Draco non si interessava di quelle cose.
Sua madre, seduta davanti a lui dietro il vassoio di dolcetti (Lucius aveva avuto il permesso di mangiarne solo due), gli carezzava la mano allungata attraverso il tavolo.
Draco aveva paura che arrivasse la domanda (la domanda “alla Harry”), perché a lei non poteva mentire.
Però lei non chiedeva niente, lo accarezzava e basta, come se volesse consolarlo, con i suoi occhi troppo chiari e troppo dolci, troppo buoni.
Draco si sentì in colpa come un bambino. Molto, molto peggio che con Harry. Sua madre gli faceva pizzicare il naso e gli occhi.


Per quanto rimanere con loro lo mettesse a disagio, quando arrivò l’ora del tè, Draco sentì che era troppo presto.
Fu preso da una strana ansia infelice nello scoprire che già erano le cinque.
Da una mezzora Lucius li aveva coinvolti in una discussione su quello che volevano fare (il tono lo riportava alle estati della scuola, a quella del terzo anno, “cosa vuoi fare da grande?”, e Harry era solo una scocciatura in una vita quasi felice, e Voldemort era un nome che non si pronunciava, e i purosangue e la guerra erano storia).
Suo padre lo guardava, perché voleva sapere che intenzioni avesse lui.
Allora Draco si voltava verso Harry, che gli stringeva rassicurante un ginocchio sotto il tavolo. Rispondeva usando un “noi” che chissà se esisteva davvero, visto che era lui a fare sempre tutto. Eredità Potter, o Black, o Malfoy. Processi, riabilitazioni, permessi speciali.
Il loro contratto di convivenza.
La cessione del palazzo a loro in quanto coppia de facto.
Draco si sentiva così a disagio che avrebbe preferito chiedere “Come va, papà? Il cuore, il rene?”, tirare in ballo argomenti di cui tutti preferivano non parlare, lui per primo. Perché se pensava spesso all’andarsene, l’idea che suo padre potesse morire e troppo presto lo angosciava.
Il profumo dei gigli che avevano regalato a Narcissa, grandi, bianchi, inondava il porticato, insaporendo persino il tè. Draco immaginò che il vento lo avrebbe sparso per tutta l’isola.


Narcissa lo strinse contro il suo corpo non più morbido.
Draco rispose un po’ meccanicamente. Una parte di lui già si era allontanata. Un po’ per volta, per non soffrire tutto assieme.
Sua madre era forte, sorrideva. Suo padre aveva gli occhi lucidi.
Draco sentì le budella stringersi. Sperò che non succedesse ancora.
Quando lui aveva pianto, sottomesso dal dolore della ferita, dalle accuse e dalle cause, da tutti i mille problemi che gli stavano cadendo addosso nel momento in cui stava fisicamente più male… Draco sapeva quante cose suo padre aveva sopportato, cose che avrebbero dovuto colpire lui e sua madre. Lucius li aveva sempre protetti, ma quel giorno, per meno di un minuto, per meno di tre lacrime, era crollato.
Era crollato il mondo di Draco.
L’uomo che era davanti a lui e Harry era vecchio, malato e vedeva partire l’unico suo figlio per un tempo indeterminato, ma lungo.
Però quell’uomo sorrise mentre stringeva le loro mani.
Quando Lucius e Harry si guardarono, Draco capì che suo padre non aveva alcun rancore nei suoi confronti, ma anzi era grato per la cura che si prendeva del suo bambino, ora che non poteva farlo di persona.
Draco non era pronto a smettere di incolpare Harry (la colpa di essere stato dalla parte giusta – la colpa di avergli salvato troppo spesso la vita) e forse non lo sarebbe mai stato.
Le mani di suo padre gli dissero di essere forte, di andare avanti.
Come se lui non fosse il figlio vigliacco che era, che rifiutava l’unica cosa che i suoi genitori volevano (che fosse felice).
Draco non voleva lasciargli le mani, che anche se non stringevano collo stesso vigore di dieci anni prima, erano ancora le salde mani di un padre. Si costrinse a farlo.
Si costrinse ad afferrare la passaporta.
Suo padre abbracciava sua madre e si appoggiava alla stampella. Per loro tutto andava nel migliore dei modi, perché Harry era con lui.
Tornare a casa fu come il risveglio da un incubo.


Sbattere le palpebre davanti alla familiarità del salotto i cui contorni sembrano sbagliati, come se la realtà fosse il sogno. Però cogli incubi tutto torna giusto presto. Ora Draco dovette chiudere gli occhi perché nulla era più al suo posto.
Draco sentiva le gambe molli e la testa pesante.
Il corpo solido di Harry, la sua spalla, il suo braccio. Erano lì.
Lui che gli aveva stravolto l’esistenza e ogni possibile normalità. Pretendeva di dargli l’una e l’altra.
Perché avrebbe dovuto essere facile accettarlo, come aveva fatto suo padre?
Tutti volevano che lui cedesse, perché erano sicuri che Harry avrebbe saputo rimettere insieme i suoi pezzi. Volevano che lui toccasse la disperazione in fondo al suo cuore, perché erano sicuri che Harry lo avrebbe risollevato subito.
Lui voleva solo fuggirla. Nessuno glielo permetteva.
Harry glielo aveva impedito l’unica volta che avrebbe davvero potuto farla finita. Harry (che ogni tanto sembrava rimproverargli di voler star male, che forse lo pensava) era libertà e catena che ormai non aveva più forza (la voglia) di spezzare.
Draco sentì che non riusciva più a reggere, come se ormai tutto fosse venuto a galla, come se ormai il suo malessere lo impantanasse, come se i suoi mostri ormai l’avessero raggiunto.
Harry, il corpo solido (su cui abbandonarsi), la spalla (su cui poggiare la fronte), il braccio (da cui farsi stringere). Erano lì.
E se ormai era tardi per scappare, lui che non voleva stare male, forse era il momento di provare se suo padre avesse ragione. Se Harry fosse forte abbastanza. Se Harry lo amasse abbastanza.
Draco dovette aprire la bocca per respirare.
-Harry.- lo chiamò colla gola chiusa. –Harry. Non sto bene.-
Lui annuì e gli premette la testa sulla spalla.
Davvero tutto poteva andare bene? Draco in quel momento non riusciva a capirlo. Si lasciò andare e basta e ogni respiro rumoroso a bocca aperta, ogni goccia che gli sfuggiva dagli occhi serrati era un peso in meno sull’anima. Era una corda in più che si scioglieva.
Non aveva mai voluto cercare la libertà tra le braccia di Harry, lì dove avrebbe sofferto e l’avrebbe trovata.
Lasciò finalmente che il dolore infrangesse le catene.

 

Domo:

Ringrazio Vera Lynn per la recensione e per le belle parole con cui ha descritto la storia.

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Capitolo 4
*** Capitolo 2 ***


"Tu i giorni miei salvasti e l'amore mio possente in me destasti."
(Guglielmo Tell, G. Rossini, Victor-Joseph-Étienne de Jouy e Hippolyte Bis, traduzione di Luigi Balocchi)


Riemergere.
Fu il tuono: scoppiando lo riportò a galla dal sonno nero.
Draco si mise seduto tra lenzuola che non erano acqua, in un letto che non era di fiume.
Respirò aria dalle labbra socchiuse, stupefatte, e la sua gola ancora vibrava per il grido del suo risveglio. Un verso tenue come di bambino spaventato.
Nell'intervallo tra i battiti delle sue ciglia, una luce azzurra illuminò la stanza attraverso le intercapedini delle ante. Un lampo.
Draco sentì dei passi affrettati (calzini che scivolavano). Respiri pesanti, nasali, alle sue spalle.
Draco rabbrividì, s'immobilizzò. Si accese la luce. Serrò gli occhi.
-Ah.-
Lui si avvicinò (Draco immaginò i suoi piedi in calzini bianchi e spessi e l'orlo dei pantaloni umido non gli è uscito bene l'incantesimo per asciugarsi dopo essersi occupato di me).
Perché se era lì, lui lo era venuto a prendere. Draco sentì la gola stringersi, qualcosa pizzicare dietro gli occhi.
Lui sorrideva mentre diceva "Ti tengo d'occhio" Il suo sguardo mentre chiedeva come stavo era così intenso da essere opprimente (La ruga in mezzo alla fronte di quando aveva detto "Vado, ma ci sentiamo domani")
Lui non mentiva. Lui lo era venuto a prendere.
Draco strinse i pugni.
Dietro di lui si affossò il materasso. Sentì una mano nei capelli irrigiditi dalla pioggia. Il calore di un corpo dietro la schiena.
Senza che potesse controllarla, la sua gola ricominciò a vibrare un suono che nel suo naso divenne penetrante come un guaito. Ogni volta che espirava.
La mano sul collo (ora che i capelli erano lunghi gli rimasero per un momento impigliati nelle dita) si spostò sulla spalla, si spostò sul petto.
Una maglia estranea. Draco se ne accorse da come si tirava il collo per la carezza.
Il suo petto contro le spalle. L'altro suo braccio sulle gambe, accanto alle proprie mani giunte. La sua testa sulla spalla, i suoi occhiali contro la tempia. Il suo sospiro.
La sua bocca così vicina alla guancia.
Draco tentò di scuotere la testa, ma i muscoli erano contratti. La voce tremolò dietro le labbra.
Harry prese un lungo respiro e Draco quasi riuscì a indovinare la pesantezza di quel che voleva dirgli.
-Avevo capito che volevi che me ne andassi. Che ti stavo dando fastidio.-
Le sue braccia lo strinsero di più.
-Ma ora sarò costretto a non lasciarti ma più solo, a non fidarmi più. Dovessi urlarmi contro, picchiarmi.-
Draco deglutì. Il verso si interruppe fino al respiro successivo.
Chiuse gli occhi (sotto le palpebre li sentiva muoversi come stessero rovesciandosi).
Tremò quando il suo fiato lo accarezzò sotto il mento.
-Non ti lascerò qui da solo. Non ti lascerò andare a casa. Non ti lascerò uscire senza d me.-
Harry ebbe un fremito improvviso. Il cuore di Draco sussultò talmente spaventato che lui si zittì. Harry posò le labbra sul suo collo.
-Dio, Dio, Draco. Hai idea di quel che mi hai fatto passare? Hai idea di come sono stato? Hai idea del cazzo di terrore che...-
Le sue braccia tremarono di paura, di rabbia. Draco, imprigionato tra esse, sentì la compassione nascergli dal suo tono nello stomaco, pesante come una pietra e bollente.
Aveva pensato ad Harry, là sotto la pioggia?
Aveva pensato che a lui sarebbe dispiaciuto, poi avrebbe dimenticato (e qualcosa - qualcosa di bianco come la speranza, pallido come un fantasma - aveva affondato le unghie nel suo petto e aveva gridato "No!").
Allora aveva scosso la testa (capelli fradici incollati al viso), aveva continuato a camminare - i parapetto - il rumore del fiume - ribollio gradevole sotto la pioggia.
Aveva pensato ai suoi genitori. Loro che erano una macchia nera sul suo cuore. Loro che non c'erano.
Era orfano (sedersi sul parapetto).
Harry si voltava - lui l'aveva mandato via - Harry si voltava e non tornava più indietro (vento e acqua sul viso).
Perché avrebbe dovuto tornare? Perché avrebbe dovuto dispiacersi? Lui non gli dava mai retta. Ogni volta che lo sfiorava, lui scappava. Probabilmente Harry era stufo di lui.
(Il vuoto sotto ai piedi. Dalle dita ai capelli, come una scossa)
Harry si sedette dietro di lui e lo strinse tra le gambe.
Draco si sentì così stanco, così malato, così...
Come nel fiume, stordito dallo scontro coll'acqua, sostenuto dalla corrente.
Era il petto di Harry. Le braccia di Harry. Il respiro di Harry.
Sospirò e lasciò che a testa cadesse sulla sua spalla.
L'alito tiepido sul collo, sotto il mento, sulla guancia, e la punta fredda del suo naso, come se lo stesse annusando.
La carezza della sua mano sul petto, lenta, morbida.
Calore, calore sulla spalla e le sue labbra. Il pizzicore, lì, dove lo baciava.
Harry gli era sempre sembrato sul punto di... (toccarmi stringermi baciarmi), per quanto cercasse di sottrarsi alle sue mani e per questo
Draco gli afferrò con forza, rabbia e odio il polso.
per questo aveva tentennato, per questo aveva fatto passare tutti quei mesi prima di decidere di farlo, perché
Harry lo strinse di più, gli graffiò la pelle coi denti, anche lui arrabbiato, anche lui titubante, spaventato.
perché non poteva negare che le sue premure lo distraessero (anche se ti odio è colpa tua è iniziato per colpa tua), che quasi gli togliessero ogni peso dalla mente (non dal cuore, era un inganno), soprattutto se per troppo tempo la loro pelle rimaneva a contatto.
Come se giocasse con lui, come se tenerlo in bilico fosse divertente. Senza motivo. Non c'era un perché se non lo voleva lasciare solo, non c'era un perché se lo voleva vivo.
Era per vederlo dibattere nella trappola di una vita che non desiderava.
Ora lui lo ghermiva e la sua mano era troppo in basso sulla sua pancia, chiusa sulla maglietta.
-Perché non mi vuoi credere, Draco?- gli mormorò ferito. -Perché, anche se sai quello che sei per me, fai finta di dimenticarlo? Io non ti ho detto di venire da me? Non ti ho detto che sono qui per te, per qualunque cosa tu abbia bisogno, che farei qualsiasi cosa posso? Non ti ho detto di smetterla, di tirarti fuori, di vivere un po', Sant'Iddio; non ti ho detto che mi fa male il cuore a vederti così? Mi fa male il cuore. Mi hai quasi fatto morire.-
Draco singhiozzò. Il suono rimase sospeso in aria, come un sigillo alle parole di Harry.
Draco si accorse con orrore del groppo in gola che gli affaticava il respiro. Chiuse gli occhi e lo mandò giù, lentamente lo ficcò dov'era prima, in fondo all'anima. Fosse risalita una cosa sola, sarebbe venuto a galla tutto. E tutto non poteva sopportarlo.
Hai sbagliato hai sbagliato hai sbagliato quante volte ogni giorno gli rimbombava nella coscienza, quante colpe gli annerivano le mani ho solo cercato di lavarle sotto la pioggia Io
Perché se ti faccio male mi vuoi qui?
Perché se posso far smettere tutto questo dolore non me lo lasci fare?

Draco sapeva cosa volesse dire soffrire, avere mal di cuore, ed era la soluzione più semplice quella che aveva scelto per farlo finire.
Draco quasi non riusciva più a respirare nell'abbraccio un po' stretto di Harry, perché lui voleva cancellare il dolore, non provocarlo, e Harry gli diceva che aveva sbagliato ancora, che aveva un'altra colpa, che doveva soffrire anche quella.
-Per favore... per... favore...- balbettò ripiegandosi su se stesso e Harry, che sentiva il suo affanno, sciolse l'abbraccio e si alzò.
Draco aveva fatto finta di non accorgersi di Harry, o di non capirlo (anche se ormai lo conosceva così bene da prevedere quasi tutte le sue azioni, da immaginare quello che faceva quando non poteva vederlo), ne era consapevole, ma voleva solo proteggersi. Perché l'illusione di dimenticanza, il miraggio di serenità che s'illuminava nei suoi palmi e nel suo sorriso n on sarebbero mai potuti essere altro che un palliativo, un momentaneo sollievo al male.
Ma il male andava annullato. Annullato col mondo che lo provocava. O con chi ne soffriva.
Draco strinse le mani in grembo, fredde, rigide, sudate. Si morse il labbro.
Portava sempre lì. Ogni logica. Tranne quella di Potter.
Ora che era in piedi sarebbe uscito, dicendogli di riposare, e gli avrebbe preparato il tè. Harry non era veramente capace di imporgli qualcosa, anche se sembrava sempre sul punto di farlo, perché Harry desiderava con tutto il cuore che fosse lui a sceglierlo. Quindi, quando sarebbe tornato a casa...
Draco sentì le sue mani sul viso. Alzò la testa e lo vide chino in avanti, porgendo il volto ai suoi occhi.
Sentì una sincope nel proprio battito.
Chiuse gli occhi per riflesso quando lui gli venne incontro, poi
(questo Harry non l'aveva mai fatto e mai mai mai l'avrebbe fatto.)
Harry forse era stanco di aspettarlo, o era arrabbiato davvero o non voleva più lasciare scuse per i suoi dubbi.
Harry lo baciava e Draco non ricordava di aver mai sentito tanto amore in un bacio, tranne forse in quelli che riceveva sulla fronte prima di addormentarsi, da bambino.
Di nuovo rischiò che risalisse (la sensazione di avere il cuore impantanato di petrolio e che questo si espandesse nelle vene col sangue). Non poté fare niente per fermarlo, ma quando sentì qualcosa di tenero e bagnato (lingua) all'interno del labbro, tutto si bloccò.
Socchiuse le palpebre. Harry lo baciava cogli occhi chiusi e la fronte corrugata, lo baciava come se stesse assaggiando la sua bocca.
Harry si staccò un momento (vide il bianco dei suoi occhi baluginare dietro le ciglia fitte), prese un piccolo respiro rumoroso, poi una sua mano strinse la nuca di Draco e di nuovo lo baciò.
Draco non poté fare altro che rimanere immobile, respirando pianissimo, vuoto di pensieri, finché Harry non smise.
Il respiro di Harry sulle labbra mentre si allontanava lo fece fremere.
Quasi non riusciva a rendersi conto che fosse finito.
Gli occhi di Harry erano troppo scuri perché potesse leggerci quello che voleva fare. Si trovò spiazzato nel conoscere una determinazione che Harry gli aveva tenuto nascosta
-Non voglio che ti scordi mai più che io ti amo.- affermò. La sua voce era caldamente roca.
Draco sentì girargli la testa. Chiuse gli occhi.
Harry si tolse gli occhiali, li lasciò in fondo al letto. Salì davanti a lui e gli prese le braccia per abbracciarsi. Si sdraiò sopra il suo corpo freddo.
Draco sentì la sua pelle bollente.

Lentamente le sue mani incontrarono ogni muro e lo abbatterono. È un illusione No È un errore No Mi farà soffrire No Non ne sono capace No.
Quando Draco si sentì nudo e aprì gli occhi e vide i suoi capelli aggrovigliati stagliarsi sul proprio stomaco, non provò niente. Era leggero, era su, oltre il sentimento.
Era il formicolio della pelle, era la scossa potente che Harry gli stava provocando.
Era l'odore che li circondava, era il punto di contatto tra la coscia e il petto, era la scia bagnata di una ciocca di capelli sulla guancia.
Cinse le spalle di Harry che lo sovrastava e non erano più su un letto, non più in una stanza, non più al mondo.
Dopo che Harry lo ebbe portato in cima, quando aprì gli occhi velati dal sudore e lo sentì muoversi dentro di sé e vide il suo viso contratto e bello, quando lui ringhiò e spinse la fronte contro la sua spalla, durava ancora.
Durava ancora un nulla vellutato, una coperta sopra le spine che gli bucavano il cuore di cui ora Draco sapeva solo che batteva come se fosse felice.
Ed era un suono che non sentiva da così tanto tempo che rimase immobile e zitto ad ascoltarlo.
Immobile sotto gli ultimi baci di Harry, immobile sotto le sue dita preoccupate.
Col viso disteso dopo tanto tempo. Il dolore quietato, dopo troppo tempo.
Sarebbe tornato, presto o tardi.
Anche lì, sotto la protezione del suo corpo.
E non avrebbe avuto altra via di fuga che quella.
Draco sospirò. Infilò le mani nei suoi capelli, mentre lui gli baciava il collo e la clavicola.
Se Harry lo amava e non voleva lasciarlo andare, glielo doveva.

 

O.O
Cioè. E'. FINITA! Non ci credo. Ho terminato una storia.
Non ci credo.
E ora (risata malefica)... Sanzo, preparati, ti farò cedere! Bwahahahahahah!
Sì, scusate. Allora. Doumo a...?
Vera Lynn : Grazie, grazie! (Beh... meglio poche recensioni che recensioni cattive, secondo me. In realtà mi diverto a rispondere alle critiche, ma è uno spreco di tempo: quando la gente ti dice che non gli piace il tuo stile e tu le rispondi che non hai nessunissima intenzione di cambiarlo, è ovvio che il dialogo si interrompe lì.)
Lady cat : Grazie! Beh, almeno ha un lieto fine, giusto?
Lain: Ok, ormai tutti hanno scoperto che ti mando bustarelle per farmi fare i complimenti, puoi anche smettere. (Scherzo! Continua, continua!)

Occielo, è stata una faticaccia. Però è FINITAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA. Ma vi rendete conto? E' un mezzo miracolo! Una cosa così speciale che ci dedicherò un post (Blog bello nuovo, frrr, devo decidermi a sfruttarlo)! No, seriamente. una riflessione seria sulle mie impressioni, sulle critiche e sui commenti positivi è d'obbligo. Questa storia è un passaggio, da qui cambia il mio modo di scrivere (e si vedrà - incrocio le dita, ma non dico quando- già nel prossimo capitolo di Dbdd. Che, povera, è un miscuglio disordinato di stili. Anche se è un pezzo del sul "fascino". La prenderò e riguarderò con calma).
EDIT:http://palanmelen.wordpress.com/2009/07/17/mm-metodo-mele-per-lanalisi-delle-fanfiction-o-dei-commenti/
Almeno capirete qualcosa di questa storiaccia!

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