Avalon

di Ms Mary Santiago
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

 

 

 

Sonya rigirò la busta tra le mani, esaminando il sigillo impresso sulla pergamena consegnata dal gufo poco prima.
Conosceva quel barbagianni da anni, non avrebbe potuto confonderlo con nessun altro, e come se ciò non bastasse il sigillo non mentiva.
Quella rosa nera, all’apparenza innocente, era legata a doppio filo con la sua adolescenza.
Srotolò la pergamena, scorrendo con le iridi grigie le parole vergate con calligrafia sottile e precisa.

 

“Potremmo giungere ad un accomodamento, se solo tu non fossi tanto testarda. Per darti prova della mia buona volontà, non ucciderò la spia che hai infiltrato tra i miei uomini. È stato un tentativo patetico, Sonya, ma non te ne faccio una colpa.
Fatti trovare domani al crepuscolo nel nostro punto preferito.
Verrò da solo e disarmato.
Consideralo un gesto d’affetto nei tuoi confronti, sorella.”

 

 

La gettò nel camino, osservando mentre le fiamme crepitanti la divoravano rapidamente.
Tipico di Nathaniel.
Lui era sempre un passo avanti a tutti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!
In questa interattiva le regole saranno poche e molto semplici:

- massimo 2 OC a testa, purchè di sesso, Ex Casa e provenienza differenti;

- saranno ammessi studenti trasferiti da: Hogwarts, Beauxbatons, Ilvermorny e Durmstrang (solo ragazzi in quest’ultimo caso);

- gli OC dovranno avere o sedici o diciassette anni (quindi saranno o al VI o al VII anno);

- non saranno accettati Mary Sue, Gary Stu, Animagus, Licantropi, Ibridi e personaggi imparentati con i Canon;

- come arco temporale ci troviamo trent’anni dopo gli eventi dei “Doni della morte” e come localizzazione siamo in Irlanda;

- opererò una selezione. Non so ancora bene quanti OC sceglierò, dipenderà in massima parte da quanto mi conquisteranno quelli che riceverò;

- le schede andranno inviate solo ed esclusivamente tramite messaggio privato entro e non oltre il 22 gennaio, ma tenete presente che prima arrivano e prima avrete il primo capitolo. Il messaggio dovrà avere come oggetto “Nome OC – Avalon” e la scheda da utilizzare sarà obbligatoriamente quella che troverete qui sotto.

 

 

 

Scheda

Nome:
Secondo nome:
Soprannome:
Cognome:
Età:
Scuola di provenienza:
Ex Casa:
Orientamento sessuale:
Aspetto fisico:
Prestavolto (obbligatorio):
Carattere (dettagliato):
Breve descrizione della famiglia e del rapporto che ha con loro:
Specializzazione scelta (Legilimens, Occlumante, Alchimista o Esperto d’occulto):
Quidditch (se sì in che ruolo gioca)?
Materia preferita (sono le stesse di Hogwarts):
Materia odiata:
Amicizie (con chi andrebbe d’accordo. Potete fare sia nomi che indicare il tipo di persona):
Inimicizie (con chi non andrebbe d’accordo. Potete fare sia nomi che indicare il tipo di persona):
Amore (di chi potrebbe innamorarsi. Potete fare sia nomi che indicare il tipo di persona):
Bene o male (schieramento che sceglierebbe durante una battaglia):
Frase che lo rispecchia:
Altro:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Miei OC

 

 

 

Alistair “Al” Ryle (PV Sam Claflin) – VII anno, Ex studente di Durmstrang. Capitano e Cacciatore. Eterosessuale. Specializzando in Legilimanzia.

“Obviously you have mistaken me for somebody who gives a shit.”

Alistair é tendenzialmente egocentrico e sarcastico. Sembra che nulla possa mai scalfirlo e che nessun commento lo ferisca minimamente. Si mantiene volutamente distaccato, aprendosi solo con pochi eletti che considera davvero suoi amici.

 

Alaska “Sky” Rowle (PV Jessica Lowndes) – VI anno, Ex Wampus. Cacciatrice. Eterosessuale. Esperta in occulto e voodoo.

“You are either on my side, by my side or in my fucking way … Chose wisely.”

Alaska é quello che potrebbe essere definito un punzer. È testarda e orgogliosa, quando si mette in testa qualcosa tira dritto e non permette a niente e nessuno di ostacolarla. Talvolta è sarcastica e beffarda, schiettamente sincera e senza peli sulla lingua.

 

James “Jem” Leighton Myers (PV Douglas Booth) – VII anno, Ex studente di Beauxbatons. Eteroflessibile. Esperto in Occlumanzia.

“Everyone sees what you appear to be, few experience what you really are.”

Feste e donne sono probabilmente le due cose che più gli piacciono. Ha questo modo di fare da dandy che lo porta quasi a sembrare uno sconsiderato che non si preoccupa di nulla se non della vita mondana. In realtà Jem è un acuto osservatore e riesce ad inquadrare bene le persone che lo circondano.

 

Abigail “Abby” Jones (PV Phoebe Tonkin) – VI anno, Ex Serpeverde. Battitrice. Bisessuale. Esperta in Alchimia.

“If someone hates you for no reason, give that jerk a reason!”

Abby è sfrontata e irriverente, istintiva e ostinata, spesso agisce prima di pensare. Ha un carattere che “prende fuoco” facilmente, soprattutto se qualcuno tocca le persone a cui tiene. Non è raro vederla coinvolta in qualche rissa.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

 

 

 

 

 

- Hai la minima idea del perché la Wilson ci voglia parlare? –
Alistair scosse la testa, continuando a percorrere lo stretto corridoio che conduceva allo studio della direttrice dell’accademia.
- Neppure mezza? – insistè Benjamin, inarcando un sopracciglio.
Non era raro che la direttrice li convocasse, ma di solito questo succedeva perché si erano cacciati nei guai.
Eppure in quei giorni non avevano quasi violato le regole.
Sì, insomma, c’era stata quella festicciola organizzata da James il giovedì precedente e magari una o due incursioni nel dormitorio femminile … forse avevano preso parte a un folle raid nelle cucine, dietro a un Jackson in piena fame chimica.
Ma, insomma, per i loro standard erano stati a dir poco tranquilli.
- No, Ben, ma non dubito che la Wilson sarà lieta di fornirci una lista delle nostre malefatte … ovviamente se le chiedi il tutto con abbastanza gentilezza – replicò, sarcastico.
Decise di lasciar cadere il discorso.
Al tendeva a diventare scontroso quando ci si metteva tra lui e il letto.
Raggiunsero lo studio della direttrice trovandolo già stranamente affollato.
Katherine Shafiq e Jackson Van der bilt erano appoggiati alla parete. La testa della ragazza era appoggiata alla spalla dell’amico; le lunghe onde castane erano scarmigliate e il volto non aveva la minima traccia di trucco, segno che anche lei doveva essere stata strappata dal mondo dei sogni.
Puntò le iridi nocciola su di loro, soffocando uno sbadiglio.
- Giuro che se mi hanno tirata fuori dal letto per qualcosa che avete combinato vi stacco le palle. –
La sola immagine bastò a far storcere il naso a Benjamin mentre il suo cervello elaborava una sensazione di dolore proporzionale alla minaccia.
Mai come in quel momento sperava sinceramente di non essere finito nei guai.
- Ritira gli artigli, Shafiq -, ribattè Alistair, - Ne sappiamo tanto quanto te sul motivo della convocazione. Piuttosto, chi altri c’è? –
Jackson si stiracchiò pigramente, accennando con il capo alla porta dello studio poco distante.
- Dentro c’è più o meno mezzo corpo docenti e mentre venivamo giù ho sentito Christopher Baizen parlare con Abigail e la Rowle. Di qualsiasi cosa si tratti deve essere una cosa grossa – considerò.
Il tono della voce contrastava con l’espressione dipinta sul suo viso.
Jackson non era preoccupato, o almeno non lo dava a vedere, quanto piuttosto infastidito e visibilmente annoiato.
Nessuna sorpresa visto che era solo il potere del nome dei Ryle e dei Van der bilt che impediva a lui e ad Alistair di essere sbattuti fuori dall’accademia. 
Il rumore di passi lungo le scale attirò la loro attenzione.
Le ragazze ridevano, evidentemente indaffarate nel prendere in giro Christopher per chissà cosa.
- Sembri un pulcino spettinato – decretò Alaska, passando le mani tra le ciocche lisce dell’amico e facendo del suo meglio per risistemarle.
- Quella è la sua espressione normale. Quando diventerà un bimbo grande imparerà a sembrare anche un vero duro – rincarò al dose Abby, facendo aumentare il volume delle risate.
James, che scendeva a passi pesanti poco dopo di loro, emise un gemito contrariato. – Abbassate i decibel, da queste parti c’è gente che sta ancora cercando di connettere il cervello. –
Alaska si voltò verso di lui, inarcando un sopracciglio perfettamente curato.
- Perché, Jem, sei ancora convinto di essere in grado di connettere il cervello? Wow, e io che pensavo che il tuo ultimo neurone si fosse suicidato per la solitudine. –
- Sempre se é mai esistito – convenne Abby.
Sorpassandole, il ragazzo rivolse loro un’occhiataccia.
- Sappiate che voi due non mi piacete più, sia chiaro. –
Abby sgranò gli occhi, portandosi una mano alla bocca, e finse un’espressione inorridita. – No, come faremo mai a sopravvivere dopo una cosa del genere? –
Jem sembrò sul punto di replicare, ma venne interrotto dalla porta dello studio che veniva aperta.
Sonya Wilson, inappuntabile malgrado fossero le due passate, lasciò vagare le iridi color ghiaccio soffermandosi su ognuno di loro.
- Bene, se volete raggiungere il resto dei vostri compagni invece di chiacchierare come delle vecchie comari ve ne sarei grata - si spostò di lato, mostrando Camille, Jamie e Dragomir seduti sul divano nell’angolo.
Avevano l’espressione di un condannato a morte in attesa di salire sulla forca.
Christopher ne dedusse che nemmeno loro avevano la minima idea di cosa stesse succedendo.
Si accomodarono, volgendo gli sguardi sulla direttrice che aveva preso a camminare avanti e indietro come un animale in gabbia.
- Immagino che tutti voi vi starete chiedendo il motivo della vostra convocazione a quest’ora. C’è chi potrebbe pensare di essere nei guai, e non sarebbe certo la prima volta -, si soffermò su Alistair, Benjamin e Jackson, - Chi è sicuro di non aver fatto nulla di male -, questa volta a subire il suo sguardo furono Dragomir e Christopher, - E chi si trova a metà strada tra le due situazioni come le nostre gentili signorine. Ebbene, non vi ho convocati qui per assegnarvi una punizione, ma per una convocazione ufficiale. Fate parte del gruppo più ristretto, qui all’Avalon, e siete consapevoli del fatto che ogni parte della vostra istruzione è volta a prepararvi a ciò che c’è al di fuori di queste mura. Ebbene, questa sera ho ricevuto una lettera che, secondo la mia esperienza, è destinata a preannunciare una serie di episodi di violenza più o meno estrema. –
Alistair assottigliò lo sguardo, improvvisamente vigile e attento.
- Riguarda Nathaniel, non è vero? –
Con un sospiro, la donna annuì. – Sì, si tratta di Nathaniel. Ha richiesto un incontro con me per trovare un accomodamento, ma sono certa che nessuna delle sue proposte sia accettabile. –
- Darà di matto quando non otterrà quello che vorrà – pronosticò Jax.
Entrambi, vista l’influenza che le famiglie rivestivano all’interno del programma di sicurezza e relazioni internazionali del mondo magico, avevano ben presente gli attacchi di follia dell’uomo e le decisioni che inevitabilmente prendeva causavano una scia di dolore e violenza che investiva chiunque si trovasse nei paraggi.
Katherine incrociò risolutamente le braccia al petto. – Che dia pure di matto, non ho paura di lui. –
- Dovresti averne, Katherine. I tuoi genitori e quelli di molti altri hanno pagato a caro prezzo l’averlo sottovalutato. Nathaniel è infido come un serpente e non mi sorprenderebbe affatto se avesse già preparato un piano alternativo. –
- Mosse e contromosse – sussurrò Alaska, tanto piano che per un attimo non fu chiaro neppure a se stessa se stesse parlando da sola o si fosse rivolta ai presenti.
- Vi ho riuniti tutti qui per chiedervi di essere più accorti che mai e di non combinare guai fino al mio incontro con Nathaniel … pensate di riuscire a farcela? –
Annuirono all’unisono.
C’era troppo in gioco in quel momento per permettersi stupidi colpi di testa, lo sapevano fin troppo bene.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

Katherine percorse lo spazio che separava il letto a baldacchino dalla porta del bagno per la decima volta prima che Jax si decidesse a prendere la parola.
- Mi stai facendo venire il mal di mare, Kat. –
- Bene. Se dovesse venirti voglia di vomitare fallo in bagno, sono stufa di ripulire i tuoi disastri da post sbronza. –
Continuò a marciare a passo di carica, tormentandosi nervosamente l’orlo della camicia da notte.
Il solo nominare Nathaniel le faceva perdere il controllo.
Erano passati cinque anni dalla morte dei suoi genitori, ma continuava a non capacitarsi di come fosse potuto accadere.
Gli Shafiq erano maghi notevoli, entrambi diplomatisi con il massimo dei voti all’Avalon e con una brillante carriera alle spalle, eppure era bastato quell’uomo per spazzarli via.
Ricordava il funerale come se fosse stato appena una manciata di minuti prima.

Le bare di mogano che venivano calate nelle fosse tra il silenzio generale.
Suo fratello Milo che la stringeva a sé.
Lei che affondava il viso contro il suo petto, distogliendo lo sguardo dai becchini che cominciavano a ricoprire le bare di terra fresca.

Sfregò con vigore l’avambraccio sinistro, continuando finchè non trovò una leggera resistenza.
- Kat, basta così, ti fai male. –
La voce di Jax, dolce e tranquillizzante, la riportò alla realtà.
La manica della camicia da notte era rialzata, la pelle dello stesso colore dell’alabastro era striata di evidenti segni rossi.
Si era graffiata a sangue.
Jax la fece sedere sul bordo del letto.
- Aspetta qui, kitty kat. Dobbiamo disinfettare quei graffi. –
 Annuì, continuando a fissare i graffi impressi sulla sua pelle.
Era proprio così che si sentiva.
Lacerata e stremata, incredibilmente sofferente.
- Credevo di averla superata -, sospirò, - pensavo che fosse finita. –
- Non potrai mai superare del tutto la cosa, non ci si riprende completamente da un lutto come il tuo -, strinse con rabbia il cotone, - Dannazione, eri solo una bambina. –
Solo una bambina che aveva visto ucciderle i genitori sotto gli occhi.

Ricordava ancora quegli occhi grigi, così simili per certi versi a quelli di Sonya ma più vuoti, mentre la fissavano e la bocca dalle labbra sottili si stirava in un piccolo sorriso.
Le aveva accarezzato la testa prima di andarsene.

- Lo voglio morto, Jax. Questo fa di me un mostro tanto quanto lui? –
Il ragazzo scosse la testa, fissandola dritta negli occhi.
- No, ti rende solo umana. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

- Sembrava che Katherine avesse visto un fantasma quando Sonya ha nominato Nathaniel – considerò Camille, sistemando metodicamente le sue cose per le lezioni del giorno seguente, - Credi che stia bene? –
Jamie si strinse nelle spalle, acciambellata sotto le coperte del letto a baldacchino.
- Non lo so, Cam. C’è Jax con lei, credo che nessuno meglio di lui possa aiutarla a mantenere la lucidità. –
Annuì, adagiando la borsa nell’angolo.
- Non riesco a credere che Nathaniel abbia davvero chiesto un incontro a Sonya; da quanto ne so non si parlano da anni, pensa sul serio di riuscire a convincerla? –
- So che erano molto legati durante gli anni della scuola … Sai, un tipo di legame veramente morboso, almeno da parte sua. Probabilmente è convinto che Sonya sia disposta ad accontentarlo pur di evitare altre morti. –
Camille sbuffò, allontanando una ciocca dal volto.
- E dicono che sia un tipo estremamente intelligente … a me sembra solo un invasato della peggior specie. Sonya non lo accontenterà mai. –
- Non ne sarei così sicura … -
- Cosa intendi, JJ? –
- Intendo dire che Sonya potrebbe anche decidere di scegliere il male minore. Immagino che tutto dipenda da cosa chiede e da cosa è disposto ad offrire Nathaniel – replicò, lasciandosi ricadere all’indietro, - Ma le mie sono solo supposizioni. Tutta questa situazione mi fa letteralmente uscire di testa. –
Annuì.
Effettivamente le scelte erano poche e andavano ponderate con estrema attenzione; un errore di valutazione avrebbe potuto costare innumerevoli morti e Morgana solo sapeva quante già ce n’erano state.

 

 

 

 

*

 

 

 

- Che stai facendo? –
Alistair alzò lo sguardo dal rotolo di pergamena che aveva afferrato non appena aveva messo piede nella loro stanza.
- Sto scrivendo. –
Benjamin emise uno sbuffo ironico.
- Grazie per l’informazione, mi ero sempre chiesto a cosa servissero piuma e pergamena. –
- Bene, adesso lo sai – ribattè, sulla stessa lunghezza d’onda.
- Hai le tue cose, Al? È per questo che sei così acido stasera? –
Alistair si voltò verso di lui, facendo una smorfia. – Fottiti, Ben. –
- Finalmente, signori e signore, abbiamo una risposta degna di te. Comincio a rivedere il mio migliore amico, sai, temevo ti fossi trasformato in una specie di checca isterica. –
Sbuffando, Al fece roteare le iridi verdemare.
- Se ti dico a chi scrivo la pianti di darmi il tormento? –
Fece un sorriso furbo.
- Forse. –
- Sto scrivendo a mio fratello. Voglio chiedergli se sa qualcosa di tutta questa storia. –
Sgranò gli occhi, incredulo.
Alistair non scriveva mai a suo fratello … dannazione, non lo nominava neanche.
Da quel poco che gli aveva raccontato della sua situazione famigliare sembrava che non se la passasse affatto bene; non era voluto scendere troppo nei dettagli e lui non aveva insistito, sapendo che prima o poi gli avrebbe confidato tutto ciò che c’era dietro all’antichissima, nobilissima e disastratissima famiglia Ryle.
- Stai scrivendo a Seb? –
- Esatto, proprio a Sebastian Ryle, che guarda caso è mio fratello da molto più tempo di quanto mi faccia piacere ricordare. –
Rieccolo che si nascondeva dietro a quel muro di sarcasmo.
Dio, Alistair pensava di essere enigmatico quando faceva così, ma lui aveva imparato a leggere alla perfezione il suo comportamento.
Seb era un tasto dolente almeno quanto suo padre.
Era tre anni più grande di loro e avevano frequentato la stessa scuola per ben quattro anni.
Si erano ignorati il più possibile.
Quei Ryle dovevano proprio essere incasinati.
- Tu non parli con Seb … mai. Perché sei così sicuro che lui sappia qualcosa? –
Perché sì, se si spingeva a scrivergli voleva dire che aveva una certezza abbastanza ragionevole del fatto che suo fratello sapesse già tutto.
- Presentimento. Vado a spedire la lettera, non stare troppo lì a scervellarti sul perché la penso così, Ben. Potrei anche avere torto. –
Fece per ribattere, ma si ritrovò a osservare una porta che veniva chiusa velocemente.

 

 

 

 

*

 

 

 

Alaska stava cercando un volume nella sezione proibita quando udì un rumore.
Era un fruscio lieve, quasi impercettibile, ma che fu sufficiente a spingerla a voltarsi. Dopo la rivelazione di Sonya la circospezione era d’obbligo.
La figura era snella e atletica, decisamente familiare.
- Sei inquietante quando compari alle spalle della gente in quel modo, Atanasin. –
- Non pensavo ci volesse così poco per spaventarti, Rowle. –
Il sorriso sulle labbra del ragazzo risaltò persino nel buio della biblioteca, in un luccichio di denti candidi.
- Cercavi qualcosa d’interessante? –
- Vecchi articoli di giornale … nulla di speciale – mentì, sorridendo nel modo più disinvolto possibile.
- Non mi sembri molto convinta di quello che stai dicendo – insinuò.
Deglutì nervosamente.
Non sapeva con esattezza da quando Dragomir aveva cominciato a intimorirla, ma in quel preciso istante era certa di voler essere da qualsiasi altra parte piuttosto che lì.
Probabilmente la sua era solo suggestione, ma la biblioteca cominciava a sembrarle un posto maledettamente tetro.
- Come ti dicevo, non era nulla d’importante. Credo sia meglio se me ne torno a dormire, altrimenti domani finirò con il collassare durante storia della magia. Buonanotte, Dragomir. –
- Sogni d’oro, Alaska. –
Uscì dalla biblioteca a passo di carica, finendo con il travolgere qualcuno nel bel mezzo del corridoio.
Venne afferrata da una presa decisa e gentile prima che finisse con il battere il sedere sul freddo pavimento in mattonato.
Gli occhi azzurri di Christopher luccicarono allegri quando si posarono sul suo volto.
- Perché stavi correndo come se avessi visto il diavolo in persona? –
- Come se stessi scappando dal diavolo, intendi. C’era Dragomir in biblioteca … -
L’espressione allegra svanì immediatamente.
La osservò dalla testa ai piedi, alla ricerca di chissà quale segno d’aggressione.
- Ti ha fatto qualcosa? Perché giuro che se ti ha anche solo sfiorata io … -
- Frena i cavalli, mio bel principe azzurro -, alzò le mani sorridendo divertita, - Nessuno mi mette un solo dito addosso senza il mio consenso. Dragomir non ha fatto nulla di male a parte essere maledettamente inquietante, ma quello non è nulla di nuovo. –
Annuì, apparentemente rassicurato.
- D’accordo, ma ti riaccompagno fino al dormitorio. –
Con un sopracciglio inarcato, lo osservò dal basso verso l’alto.
- La stai prendendo davvero sul serio questa storia del migliore amico protettivo, eh? –
- Assolutamente. Girare nei corridoi di notte in questo periodo non è una scelta saggia e io sarei un pessimo migliore amico se non ti facessi da scorta personale. –
- E allora così sia. –
Lo prese sottobraccio, incamminandosi verso la rampa di scale che conduceva al piano dei dormitori.
Quando arrivarono davanti all’ingresso del dormitorio femminile una sagoma scese in picchiata verso la gigantesca vetrata variopinta, deviando prima di schiantarcisi contro e puntando in direzione dei boschi.
Si scambiarono uno sguardo d’intesa che valeva più di qualsiasi parola.
Avevano visto entrambi la stessa cosa.
Uno sparviero a caccia.
L’animale di Nathaniel non si allontanava mai troppo dal suo padrone; la sua presenza poteva significare solo una cosa.
Lui era già lì.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Eccoci qui con il primo capitolo. Spero che vi sia piaciuto e che i creatori degli OC che non sono stati scelti non se la siano presa a male, ma avevo davvero tanti personaggi tra cui scegliere e questi erano quelli più adatti ai fini della storia. Spero, inoltre, di aver reso bene gli OC selezionati. Fatemi sapere che ne pensate.
Al prossimo capitolo.
Stay tuned.
XO XO,
Mary Sibley

 

 

 

 

 

 

 

Katherine Shafiq  (PV Astrid Berges Frisbey) – VI anno, Ex studentessa di Beauxbatons. Specializzata in occlumanzia.

“You will feel everything you’ve been did to me.”

 

Jackson “Jax” Van der bilt (PV Andrea Denver) – VII anno, Ex Tuonoalato. Specializzato in occulto.

“I’m not the prince, friend. I’m the king, show me some respect.”

 

Christopher Ian Baizen (PV Chace Crawford)  – VII anno, Ex Tassorosso. Specializzato in Legilimanzia.

“Balla come se nessuno stesse guardando,
ama come se nessuno ti avesse mai ferito,
canta come se nessuno stesse ascoltando,
vivi come se il paradiso fosse sulla terra.”

 

Camille Stone – VII anno, Ex Tuonoalato. Specializzata in Alchimia.

“La scelta è solo tua, non si vive per accontentare gli altri.”

 

Benjamin Stephen King  (PV Richard Deiss) – VII anno, Ex Grifondoro. Specializzato in Occlumanzia.

“Quando falliamo, il nostro orgoglio ci sostiene, e quando abbiamo successo, ci tradisce.”

Jamie Sarah Dawson (PV Jaimie Alexander) – VII anno, Ex studentessa di Beauxbatons. Specializzata in occulto.

“Be your own anchor.”

 

Dragomir Atanasin (PV Gleb Savchenko) – VII anno, Ex studente di Durmstrang. Specializzato in occulto.

"The secret of being tiresome is to tell everything."

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

 

 

 

Jackson aveva appena messo piede nell’atrio dell’accademia quando il sorriso gli morì sulle labbra.
- Oh, merda. –
- Bonjour finesse! A cosa dobbiamo tanta classe di prima mattina, Van der bilt? – commentò JJ, deviando all’ultimo momento per non finire con lo scontrarsi contro la schiena ampia del ragazzo.
- Mio padre e … -
- Tua sorella? – suggerì.
Jax alzò gli occhi al cielo.
- Credimi, non hai idea di quanto mi piacerebbe che fosse davvero mia sorella. No, quella lì é la mia matrigna. –
JJ scrutò la ragazza accanto al signor Van der bilt.
Era una bruna bellezza dalle gambe chilometriche e un fisico che sarebbe stato più adatto ai paginoni di un qualche giornale per soli uomini piuttosto che strizzato nel costoso tailleur grigio perla che indossava al momento. Malgrado il trucco accentuato non dimostrava neanche trent’anni e, era pronta a scommetterlo, ne aveva persino di meno.
Jax dovette cogliere il suo sguardo perché emise una risata secca.
- Già, ha ventisei anni, se te lo stai chiedendo. –
Beh, porca di quella miseria.
Non aveva idea dell’età del signor Van der bilt, ma era abbastanza sicura che avesse raggiunto ampiamente i quarant’anni.
Improvvisamente tutto cominciava ad assumere una nuova piega. Cyrus Van der bilt era un uomo illustre, con una posizione affermata e un cospicuo conto alla Gringott che sarebbe potuto bastare per mantenere se stesso e i suoi due figli, con tanto di ex moglie a carico, fino al resto dei loro giorni.
Evidentemente quella ragazza aveva appena fatto il “colpaccio” e si divertiva a recitare la parte della giovane moglie trofeo da ostentare in pubblico.
Non disse nulla di tutto ciò che le passava per la testa, però, limitandosi a mormorare: - Beh, è davvero molto giovane. –
- Ha cinque anni più di Rebekah. Se proprio voleva qualcosa da crescere e accudire avrebbe potuto dirmelo, gli avrei regalato un cucciolo –, replicò aspramente, - Scusami, ma il mio dovere di buon figlio mi impone di andarli a salutare. Se ti chiedono di me digli che sono impegnato in una simpatica riunione famigliare. –
Annuì, osservandolo cancellare dal volto l’espressione di chi avrebbe volentieri preferito essere in qualsiasi altro posto mentre si avvicinava alla coppia.
C’era una cosa da riconoscere a Jackson Van der bilt: sapeva recitare la parte del perfetto rampollo Purosangue snob e viziato.
L’andatura svogliata e assonnata di poco prima aveva lasciato lo spazio a una fluida e sicura  di sé, mentre gli occhi scuri guardavano fisso davanti a sé come se non degnasse neanche di considerazione tutto ciò che gli stava intorno.
Era decisamente diverso dal ragazzo in post hangover che si vedeva spesso per i corridoi, intento a flirtare e scherzare con chiunque.
Mentre stringeva la mano al padre e si chinava a depositare un lieve baciamano su quella della matrigna, una ragazza fece il suo ingresso.
Aveva i capelli castano ramati lasciati liberi di ondeggiarle lungo le spalle e gli occhi verdi luccicavano allegri mentre avanzava dritta verso di lui.
- Jax! –
Fu allora che JJ vide Jackson sorridere davvero.
Non era un’espressione forzata né quella di circostanza che rivolgeva ai suoi conoscenti, ma un sorriso vero.
- Beks! –
Li vide abbracciarsi con trasporto e decise che era il momento di levare le tende; se non altro Jackson non sarebbe rimasto da solo in balia di quella stramba coppia di genitori.

 

 

 

 

*

 

- Ehy, quello era il mio pancake! – sbottò James, lanciando un’occhiataccia in direzione di un’Abby dalla bocca piena.
- Hai detto bene -, convenne, - Era il tuo pancake e adesso é la mia colazione. –
- Era l’ultimo pancake rimasto. La colazione è quasi finita, perciò non ne verranno preparati più. E tu … tu … tu hai mangiato l’ultimo pancake rimasto! –
La ragazza annuì, sorridendo malandrina, - Lo so. È per questo che te l’ho rubato. –
Sgranò le iridi nocciola, sfoggiando il migliore dei suoi sguardi da cucciolo preso a calci.
- Era il mio pancake! Si è mangiata il mio pancake! –
- Davvero, Jem? Se non me l’avessi ripetuto per l’ennesima volta non l’avrei mai capito – sbuffò Alistair, allungandosi ad afferrare la caffettiera gigante al centro del tavolo.
Ne versò una dose generosa, assaporandolo lentamente.
Nero, amaro e bollente, l’unico modo in cui si potesse gustare del buon caffè a suo parere.
Abby gli sventolò davanti il recipiente dello zucchero.  – Non vuoi mettercene un po’? Deve essere amarissimo in quel modo. –
- Tieni le tue diavolerie zuccherine lontane dal mio caffè, donna, o te ne pentirai – borbottò, tenendo stretta tra le mani la tazza quasi volesse proteggerla da un attacco a base di zucchero ad opera di quella pazza schizzata di Abigail Jones.
- Chiamami un’altra volta donna, Ryle, e giuro che darò un calcio così forte ai tuoi gioielli di famiglia da farti diventare una delicata femminuccia. –
Alistair incrociò lo sguardo della professoressa di Incantesimi, la signora Lonsdale, che stava in piedi dietro ad Abby e sembrava sconvolta da quello che aveva appena sentito.
- Signorina Jones! Le sembra forse il tipo di linguaggio che si addice a una signorina quale lei è? Non tolleriamo il turpiloquio, dovrebbe saperlo, mi segua nel mio ufficio prego. –
Vide Jem annuire sorridente, sillabando qualcosa che ricordava vagamente “la vendetta dei pancake”, e venire fulminato da un’occhiataccia di Abigail, che sillabò in risposta “sai dove te lo metto il pancake?”
Mentre la ragazza seguiva la Lonsdale, Alistair si ritrovò a scuotere la testa.
Pazzi.
Era circondato da un branco di fottuti pazzi che si urlavano contro per uno stupido pancake.
Fece per prendere la sua tazza e finire il caffè, rendendosi conto solo in quel momento che l’orario della colazione doveva essere appena terminato perché cibo e bevande stavano evanescendo rapidamente.
Ed ecco che cominciava una triste e sconsolata mattinata all’insegna della mancanza di caffeina. Tanto valeva che Nathaniel lo uccidesse all’istante.

 

 

 

 

*

 

 

 

- Ti sembra normale che, con tutto quello che succede, a noi tocchi stare a lezione? Cosa dovrebbe servirci tutto questo contro Nathaniel, forse a tirargli addosso provette e ampolle? –
- Potremmo cucinarlo in un calderone – sussurrò in risposta Alaska, imitando la voce bassa e lenta del professor Thorn, - Fare attentamente a pezzetti l’ingrediente, aggiungerlo in piccole dosi … poi mescolare tre volte in senso orario e due in senso antiorario … portare a bollitura ed ecco qui: essenza di sociopatico. –
Christopher scoppiò a ridere, piegandosi sul tavolo da lavoro e battendo il pugno sul ripiano in legno, attirando l’attenzione generale.
Il professor Thorn posò gli occhietti acquosi su di loro, visibilmente contrariato.
- Signor Baizen, le spiacerebbe enunciare al resto della classe le proprietà della pozione che stiamo preparando quest’oggi? Immagino che lei sappia bene quale pozione stiamo preparando, no? –
Si schiarì la gola, passandosi una mano sul collo, e sorrise.
- Certo che no, professore. Ehm … volevo dire, certo che sì. Stiamo preparando la … -
- La? –
Alaska gli pizzicò un fianco, facendogli emettere un gemito.
- Stiamo preparando il Distillato della morte vivente – gli sussurrò.
- Volevo dire il. Sì, decisamente IL. È il distillato della morte vivente, no? –
Thorn assottigliò ancora di più lo sguardo. – Lo sta forse chiedendo a me, signor Baizen? –
- No, assolutamente, io non le chiedo proprio nulla – affermò con fin troppo vigore, facendo scoppiare a ridere il resto dell’aula.
Alaska si passò una mano sul viso, sforzandosi di rimanere seria.
- E a cosa serve questa pozione? –
- Serve a … mandare chi la beve in un sonno profondo simile alla morte. I suoi ingredienti sono l’infuso di artemisia e l’asfodelo e il metodo di preparazione consiste nel … – replicò, recependo il suggerimento di Alaska.
- Basta così -, lo interruppe Thorn, - Risposta completa e quasi citata passo per passo dalla mia spiegazione. Complimenti, svolge come sempre un lavoro impressionante, signorina Rowle. –
Alaska distolse lo sguardo, colpevole, e finse di cercare qualcosa sul piano di lavoro.
- Graz … -, Christopher si zittì, - Come, prego? –
- Signor Baizen, lei è un asino nella mia materia, ma la sua compagna di banco le ha impedito di fare una delle sue solite figure meschine. Tuttavia, purtroppo per lei, non sono stupido. Voglio quaranta centimetri di pergamena sul Distillato della morte vivente, sulla sua composizione, realizzazione e regolamentazione … e li voglio per domani. Potete andare, per oggi la lezione è finita. –
Mentre uscivano dall’aula, Christopher continuò a bofonchiare contro Thorn e l’accanimento che quell’uomo mostrava nei suoi confronti.
- Oggi ho anche gli allenamenti di Quidditch. Non farò mai in tempo a scrivere quaranta centimetri di pergamena su quella stupida pozione -, rivolse uno sguardo supplichevole ad Alaska, - Mi dai una mano tu, Sky? –
Ravviando una ciocca di capelli, annuì.
- Ci lavoreremo dopo cena, cerca di non prolungare gli allenamenti fino a troppo tardi. –
Le stampò un bacio sulla guancia, – Giuro che ti adoro. –
Alaska sentì le guance andarle a fuoco mentre continuava a camminare a testa bassa e borbottava un: - Figurati. –

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

- Lo sai che quando hai quel luccichio nello sguardo mi preoccupi? –
Le rivolse il migliore dei suoi sorrisi innocenti, sforzandosi di estenderlo fino alle iridi nocciola screziate di pagliuzze verdi.
- Non ho nessun luccichio, Cam. –
Allontanò un riccio scuro, guardandola di sottecchi. – E ti aspetti davvero che ci creda? Ieri eri completamente fuori di te e ho come la sensazione che finirai con il fare qualcosa di davvero, ma davvero stupido. –
- Non capisco a cosa ti stai riferendo – mentì.
- Kat … -
- Non farò nulla di irresponsabile, dopotutto sarò impegnata la maggior parte del tempo con gli allenamenti di Quidditch e con il turno di ronda … non avrò certo il tempo di mettermi a ideare piani per raggiungere Nathaniel e conficcargli un coltello dritto in un occhio. –
Camille storse il naso, disgustata.
- Non starai davvero pensando di fare una cosa del genere?! –
Si strinse nelle spalle, - Non ho ancora ideato con precisione il modo in cui mi piacerebbe ucciderlo, ma ho una fervida immaginazione … lasciami il tempo di lavorarci un altro po’ e potrei cambiare idea e optare per lo scuoiamento. –
- L’ho già detto che mi spaventi quando fai così, vero? –
- Bene, significa che non mi farai mai arrabbiare – ironizzò Katherine, spintonandola scherzosamente e stemperando un po’ della tensione che si era venuta a creare.
Quando raggiunsero la bacheca con gli abbinamenti delle ronde di quella settimana vi trovarono Christopher e Benjamin intenti a discutere con l’insegnante di volo. Dal tono acceso che utilizzavano fu chiaro che gli allenamenti per quel giorno erano stati sospesi.
- Non si può sospendere il Quidditch! –
- Già, sono giorni che non ci alleniamo, tra un po’ cominceremo a dimenticare come si sta in sella a una scopa. Se ci schianteremo a terra sarà lei la responsabile – convenne Ben.
La Douglas alzò gli occhi al cielo, sbuffando spazientita, - Per l’ultima volta, ragazzi: non l’ho deciso io. Sono direttive della Wilson e, vista la situazione, non posso biasimarla se non vi vuole fuori dall’accademia quando manca poco al tramonto. –
Ormai rassegnati, lasciarono cadere il discorso.
Benjamin si voltò verso di loro, rivolgendo un sorriso smagliante in direzione di Katherine, - Ehy, Shafiq, questa sera siamo di ronda insieme. Sei contenta? –
Camille ridacchiò mentre l’amica si esibiva in una smorfia sarcastica.
- Come no, contenta quasi quanto quella volta in cui Milo mi ha lanciato contro un Forunculus. –
- Guarda che puoi ammetterlo che ti fa piacere passare la serata con me, non m’imbarazzo mica. –
- Continua a sognare, King – rimbeccò, battendogli la mano sulla spalla e oltrepassandolo, - Vado a fare un giro nel parco … tornerò prima che cominci il turno di ronda – aggiunse, visto che Camille stava per ribattere contrariata.

 

 

 

 

*

 

 

 

- La pianti di darmi il tormento, Jones? –
Abby inarcò un sopracciglio, continuando a tenere le iridi verde pallido puntate su di lui.
- Credevo che ti piacesse essere al centro dell’attenzione, Jem. –
- Non quando vengo guardato come se fossi in punto di ricevere un pugno in piena faccia … in quei casi preferisco essere ignorato. –
Abigail fece scoppiare la bolla di gomme bollebollenti che aveva appena creato, in un deciso “pa”. – Non credo sia possibile. Ho preso una punizione per colpa tua, il minimo che tu possa fare è sorbirti tutte le occhiatacce che vorrò lanciarti. –
Alzò lo sguardo dal tema di Trasfigurazione, puntandole un dito minacciosamente contro.
- Era il mio pancake e tu lo hai mangiato. La Lowndes ha fatto bene a darti una punizione. –
- Dubito seriamente che la punizione fosse per aver mangiato il tuo pancake, sai? -, stirò le labbra in un sorrisetto sghembo, - E puntami un’altra volta il dito contro e te lo stacco a morsi. –
James borbottò qualcosa sul suo essere sempre pronta a ricorrere alla violenza e alle minacce, ma decisamente saggiamente di abbassare il dito e tornare a concentrarsi sul tema.
- Quanto ti ha dato, comunque? – aggiunse poi, quasi distrattamente.
- Tre sere di punizione, dalle sette alle nove nel suo studio, a cominciare da oggi. –
 Abby guardò l’orologio a pendolo nell’angolo della sala ricreativa che segnava le sei e quarantacinque. Avrebbe fatto meglio a darsi una mossa se non voleva correre il rischio di arrivare in ritardo e conquistare un bonus di raddoppiamento punizione con l’arpia.
- Notte sicura, Jem – mormorò, saltando giù dal tavolo sul quale era seduta, utilizzando quello che negli anni era diventato un vero e proprio augurio di buon auspicio da utilizzare quando Nathaniel si trovava nei dintorni.
Non credeva molto alla buona sorte, ma in fin dei conti dirlo non costava nulla … no?
- Notte sicura anche a te, Abby. –

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

Lo trovò ad attenderla al centro della radura, lo sguardo perso verso l’alto mentre osservava la sfumatura rossastra di cui si stava rapidamente tingendo il cielo. L’accostamento con il sangue che il suo cervello elaborò la fece rabbrividire.
- È sempre stato il momento della giornata che preferivamo. Ti ricordi di quando scappavamo fuori da scuola per venire qui a vederlo? –
La voce di Nathaniel era bassa e vibrante, dolorosamente familiare, e in quel momento appariva trasognata come se la sua mente fosse lontana anni luce.
A quando loro due erano semplici studenti, lì all’Avalon, e tutto andava ancora bene. A prima che Nathaniel cominciasse a pretendere più di quanto un uomo avrebbe mai voluto desiderare.
- Non sono qui per rivangare vecchie memorie. Non sono più una ragazzina, Nathaniel. –
Gli occhi grigi dell’uomo si puntarono su di lei, osservandola dalla testa ai piedi.
- Lo vedo, sei una splendida donna ormai, ma temo che per me rimarrai sempre la solita Ninni. –
Testardo e ostinato, abituato a ottenere quello che voleva a qualsiasi costo, in quello non era affatto cambiato.
Notò una sagoma accanto all’albero più vicino.
- Avevi detto che saresti venuto da solo, hai forse mentito? –
- Io non mento mai … non a te, Sonya, e dovresti saperlo. –
L’accusa nelle sue parole era palpante.
Non era lui quello che aveva tradito il loro rapporto, allontanandosi senza voltarsi indietro, anni fa.  
Si avvicinò alla sagoma, tirandola su di peso, e la trascinò verso di lei.
I ricci color ruggine, che incorniciavano un volto delicato dalle iridi grigie, erano incrostati di sangue all’altezza della tempia. L’espressione della ragazza era un misto di paura e disprezzo.
Ruby.
- Avevi detto che non le avresti fatto del male – sbottò, avvicinandosi alla sua ex allieva e valutando la gravità della ferita.
- Avevo detto che non l’avrei uccisa -, la corresse, - Magari è un po’ ammaccata, ma è viva e vegeta. Tu e lei potrete andarvene non appena avrai ascoltato la mia offerta. –
Nathaniel appariva sorprendentemente ragionevole in quel frangente, constatò sorpresa, molto diverso dall’uomo privo di controllo che era apparso anni prima davanti al Comitato per rivendicare il possesso della scuola.
- E se non accetto l’offerta? –
- Ve ne andrete senza alcuna ripercussione, ma tu ed io sappiamo che le cose si metteranno davvero male. –
Ecco le minacce.
Come aveva potuto spingersi a chiedersi se fosse davvero cambiato?
Nathaniel sarebbe rimasto sempre il solito.
- Ti ascolto. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Eccoci con il nuovo capitolo. Spero che vi sia piaciuto e che vogliate farmi sapere che ne pensate. Ho pensato di aggiungere alcuni personaggi secondari alla trama estrapolandoli da alcune schede in cui erano stati inseriti. Nel caso in cui voleste aggiungere un fratello/sorella maggiore del vostro OC comunicatemelo e provvederò a inviarvi delle schede apposite.
Vi lascio, infine, i prestavolto delle comparse e di Sonya e Nathaniel.
Al prossimo capitolo.
Stay tuned.
XO XO,
Mary Sibley

 

 

 

Sebastian “Seb” Ryle (PV Dean Geyer) – 20 anni, Ex studente di Durmstrang e successivamente dell’Avalon. Specializzato in Alchimia. Lavora come Indicibile.

 

 

 

Ruby Cassel (PV Laura Haddock) – 18 anni, Ex Corvonero e successivamente Ex studentessa dell’Avalon. Specializzata in Occlumanzia.

 

 

 

Miles “Milo” Shafiq (PV Francisco Lachowski) – 21 anni, Ex studente di Beauxbatons e successivamente dell’Avalon. Specializzato in Occulto. Lavora nella task force degli Auror competenti alla protezione del ministro della magia.

 

 

 

Rebekah “Beks” Van der bilt (PV Mini Anden) – 21 anni, Ex Wampus e successivamente Ex studentessa dell’Avalon. Specializzata in Legilimanzia. Lavora come membro della sezione interrogatori del Wizengamot.

 

 

 

Nathaniel Wilson (PV Michael Fassbender) – 40 anni, Ex Corvonero ed ex studente all’Avalon.

 

 

 

Sonya Wilson (PV Charlize Theron) – 38 anni, Ex Grifondoro ed ex studentessa all’Avalon.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

 

 

 

 

 

 

- Ehm, Shafiq, non mi sembra che il parco faccia parte del perimetro scolastico della ronda. –
Katherine agitò una mano a mezz’aria, come avrebbe fatto se fosse stata impegnata ad allontanare un insetto fastidioso che le ronzava attorno.
- E sono assolutamente certo che non dobbiamo avvicinarci al bosco, specialmente non questa sera – aggiunse, mentre il tono scherzoso cominciava a farsi più serio e composto.
- Ce la fai a chiudere il becco, King? Capisco che il suono della tua voce sia la cosa che più adori al mondo, ma a me fa venire il mal di testa -, sbottò, - Non riesco a capire da che parte sono andati. Immagino che sia fuori dal tracciato, ma dove? –
Continuò a borbottare tra sé come se fosse completamente sola, ignorandolo mentre arrancava dietro di lei.
Qualsiasi cosa avesse in testa quella ragazza di sicuro li avrebbe fatti finire in un sacco di guai.
Una voce maschile ruppe il silenzio notturno.
La replica di Sonya li raggiunse.
Katherine a quanto pareva aveva appena raggiunto il suo obiettivo: trovare il punto d’incontro di Sonya e Nathaniel.
La vide allungare la mano verso la tasca interna del mantello, alla ricerca della bacchetta.
Le afferrò il braccio, impedendole di portare a termine il movimento, e la strattonò verso di lui.
Si ritrovò stretta tra il petto muscoloso del compagno di scuola e la corteccia ruvida del pino secolare alle sue spalle.
Le iridi castano scuro del ragazzo la fissavano dritta negli occhi senza la minima traccia d’incertezza.
- Che diavolo fai, King? – sibilò, cercando di sottrarsi alla sua presa.
- Ti impedisco di fare una cazzata enorme, Shafiq. Ecco cosa sto facendo. Adesso ce ne torniamo al castello e te ne vai dritta a letto. –
Lo sguardo negli occhi della ragazza parlava chiaro: non se ne sarebbe andata via di sua spontanea iniziativa.
La prese in spalla di peso, tenendola stretta per i fianchi, e s’incamminò a passo risoluto lungo il vialetto.
- Mettimi giù, scimmione esaltato dall’ego sproporzionato! Dico sul serio, King, se non mi metti subito giù, giuro che … -
Benjamin non seppe mai come sarebbe terminata la sua minaccia, perché la depositò a terra non appena ebbero varcato il portone d’ingresso dell’Avalon.
- Puoi smetterla di agitarti tanto, principessa. –
- Borioso imbecille – bofonchiò, allontanando le ciocche che le erano ricadute davanti agli occhi.
L’espressione sul volto di King però in quel momento le sembrava mortalmente seria, quasi stesse pensando a qualcosa di veramente allarmante.
- Non avevi davvero intenzione di affrontare, Nathaniel, vero? –
Sbuffò.
Certo che aveva intenzione di affrontarlo.
Voleva quell’uomo morto.
- No, volevo invitarlo a prendere un the con me – ironizzò, più acidamente di quanto fosse stato nelle sue intenzioni.
- Shafiq, cosa pensi di risolvere uccidendolo? –
Salvare l’intera Avalon prima che cadesse nelle mani di un pazzo scatenato, tanto per cominciare, e vendicare finalmente i suoi genitori così magari avrebbero smesso di ritornarle in mente mentre erano al centro del salotto coperti di sangue e freddi come il ghiaccio.
Non disse nulla di tutto ciò.
Detestava l’idea di ammettere di sentirsi in trappola.
- Penso che ucciderlo mi concilierebbe il sonno – si limitò a replicare, voltandogli le spalle e allontanandosi a passo risoluto.

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

- Dicono che abbiano riportato al castello Ruby la strana. –
Alistair alzò gli occhi dal nodo della cravatta con il quale stava combattendo da dieci minuti, rivolgendogli un’occhiata tagliente.
- Chi lo dice? –
Ben si strinse nelle spalle.
- Voci di corridoio. Pare che Sonya l’abbia strappata dalle grinfie di Nathaniel. Cosa sia successo resta un mistero. –
- Non intendevo quello. Dicevo: chi la chiama Ruby la strana? – chiarì, irrigidendo visibilmente le spalle.
Era un pessimo segnale e Benjamin lo sapeva bene. Di solito Al non dava mai a vedere le sue emozioni, preferendo il sarcasmo e l’indolenza all’empatia, ma quando qualcosa lo toccava nel profondo cambiava immediatamente postura e assumeva una certa rigidità in tutto quello che faceva.
- Un po’ tutti a scuola … ma non io – aggiunse in fretta, comprendendo di essere su un sentiero pericoloso.
Quello che non riusciva a capire era perché accidenti ad Alistair importasse chi diceva cosa di Ruby.
Da che si ricordava quei due non erano mai stati amici. Anzi, Ruby aveva il dito medio quasi costantemente alzato al termine di ogni conversazione che c’era stata tra loro ed era abbastanza sicuro di aver sentito Al definirla più volte una “banshee mestruata”.
- Perché improvvisamente è importante come la chiamano? Sempre se posso chiederlo ovviamente … -
La cravatta parve aver deciso di collaborare, perché Alistair aveva finalmente finito di prepararsi per le lezioni.
- Lascia perdere, Ben. È meglio che vada a lezione se voglio sperare di capirci qualcosa di Storia della magia. –
Sì, certo, come se Al si fosse mai preoccupato di seguire quella materia.
Solitamente la trascorrevano a sonnecchiare o a scarabocchiare distrattamente su qualche rotolo di pergamena.
- Al … - provò a richiamarlo, ma l’amico aveva già afferrato la sua borsa di pelle di drago ed era schizzato fuori dalla porta.
Quella delle porte chiuse in faccia stava diventando un’abitudine.
- Grazie per la bella chiacchierata, Al – sbuffò.
Alistair non era mai stato così schivo né aveva mai adottato un comportamento così ai limiti della bipolarità quando era in sua compagnia.
C’era qualcosa che non gli quadrava.

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

Ruby riaprì gli occhi e quando la luce proveniente dalla finestra le colpì gli occhi dovette richiuderli di nuovo.
Si sentiva davvero uno schifo.
Quando si fu abituata alla luce solare li riaprì nuovamente e provò a mettersi seduta. Sentiva la pelle tirarle fastidiosamente ed era abbastanza certa che l’intera superficie della sua schiena fosse ricoperta di lividi.
Gli uomini di Nathaniel non c’erano affatto andati leggeri durante l’interrogatorio.
Provò a mettere giù una gamba del letto.
Aveva voglia di muovere qualche passo.
Dopo essere stata legata per delle ore interminabili l’idea di rimanere ferma per altro tempo le dava letteralmente la nausea.
- Se fossi in te io non lo farei. –
Fu solo in quel momento che si rese conto della presenza di un’altra persona all’interno dell’infermeria.
Dragomir era seduto in un angolo poco distante dal suo letto e teneva sulle ginocchia un grosso tomo d’occulto; posò gli occhi su di lei mentre inseriva un dito per tenere il segno.
- Atanasin, a cosa devo il piacere? –
- È consuetudine andare a trovare le persone che finiscono in infermeria. Soprattutto quando sembra che se la siano vista piuttosto brutta. –
Sì, come se si fosse mai fatto il problema di andare a trovare chicchessia quando stava male.
C’era sempre un motivo se Dragomir faceva quello che faceva e lei voleva sapere quale fosse.
Si mise seduta più dritta, soffocando un gemito quando una fitta di dolore l’assalì all’altezza delle costole.
- Non ti sei mai preoccupato di essere cortese; dimmi cosa vuoi e facciamola finita. –
Dragomir inclinò leggermente la testa, osservandola come se avesse finalmente fatto qualcosa di vagamente interessante.
- D’accordo, andiamo dritti al punto. Voglio sapere che ti è successo. –
- Perché vuoi saperlo? –
- Perché non dovrei volerlo sapere? – rilanciò.
Gli rivolse un sorriso sfrontato, ravviando un riccio ramato.
- Forse perché non sono tuoi fottuti affaracci? –
Dragomir abbozzò un sorrisetto.
- Pensaci su, Ruby … lo sai che all’interno della scuola non hai una reputazione propriamente apprezzata; tra strani dobbiamo darci una mano. –
Sussultò, non riuscendo a trattenersi, e si maledisse la frazione di secondo successiva.
Un’altra volta con quella storia.
Ruby “la strana” Cassel.
La ragazzina cresciuta da quello svitato di Abraham Cassel.
Quella che portava sempre le magliette a maniche lunghe, non importava quanto caldo facesse, e che aveva lunghe e inquietanti cicatrici disseminate in varie aree del corpo.
L’adolescente intrattabile che si chiudeva sempre in se stessa e usava “fottuto” come suo personale intercalare, che truccava gli occhi perennemente di nero e a quindici anni aveva cominciato a farsi fare magi tatuaggi e a frequentare le peggiori bettole del mondo magico.
Non aveva amiche, Ruby “la strana”, perché chi mai avrebbe voluto avere a che fare con lei?
- Esci da qui, Atanasin, prima che mi alzi da questo fottuto letto e ti prenda a calci io stessa. –
Dragomir alzò le mani in segno di resa e, con un ultimo sorriso ambiguo, fece quanto gli aveva ordinato.

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

- Giuro che non le sopporto quando fanno così – sospirò Alaska, lanciando un’occhiataccia in direzione del tavolo di ragazze del sesto anno che stavano spettegolando allegramente di Ruby Cassel e delle circostanze in cui era stata riportata al castello.
- Lasciale perdere, sono solo delle stupide oche – replicò Christopher senza preoccuparsi di alzare la voce.
Le ragazze smisero di parlare, lanciando occhiate stranite nella loro direzione, e si spostarono di qualche tavolo.
Dopodichè ripresero a chiacchierare come se nulla fosse.
- Credete che Ruby sia finita nelle mani di Nathaniel? – interloquì Camille, tormentando distrattamente la fetta di roastbeef che aveva nel piatto.
L’appetito le era passato nel sentire certi discorsi.
- Penso di sì. Dicono che l’abbia riportata Sonya e nessuno sa che fine abbia fatto dopo il diploma; è semplicemente sparita. –
- Non che nessuno si sia mai preso la briga di andarla a cercare – ammise Alaska.
Christopher le scompigliò i capelli.
- Non pensare di darti la colpa di qualcosa, Sky. Tu hai provato ad offrirle la tua amicizia l’anno scorso, ma lei non ha voluto saperne. Non è colpa tua se è rimasta da sola. –
Annuì.
Sapeva che aveva ragione, ma l’idea di non essere riuscita a darle una mano non le piaceva.
Ruby ne aveva passate tante, malgrado non avesse mai voluto confessarsi con nessuno, e tutti avevano bisogno di una persona con cui parlare.
E poi era una ragazza tosta, in gamba, e sapeva essere divertente a modo suo.
- Non è mai stata il tipo che si circondava di persone e non credo che il tempo l’abbia cambiata. Probabilmente nessuno sa di lei perché si è completamente isolata – considerò Camille.
- Ho deciso che andrò comunque a parlarle non appena si sarà ripresa un po’. –
Christopher si accigliò leggermente, ma non disse nulla.
Neppure lui aveva mai avuto contatti particolari con Ruby, ma aveva la netta sensazione che la ragazza avrebbe finito con il ferire Alaska con il suo modo di fare ed era una cosa che lo infastidiva tremendamente.
- D’accordo, Sky, ma promettimi che non ci farai troppo affidamento. –
Annuì, rivolgendogli un piccolo sorriso.
- Lo prometto. Zero aspettative su Ruby Cassel. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

Sentì bussare alla porta dell’infermeria proprio mentre si stava riaddormentando.
Sonya era stata con lei fino a mezz’ora prima e le aveva chiesto di raccontarle tutto ciò che era accaduto in quei mesi in cui aveva spiato Nathaniel per conto suo.
Non che ci fosse molto di cui parlare.
Nathaniel doveva essersi accorto praticamente subito del suo ruolo di infiltrata, perché non le aveva mai permesso di capire molto dei membri e della struttura dell’organizzazione della Mano nera.
- Sì? –
Alistair Ryle fece capolino dalla porta di mogano.
- Santo Dio, è un’infermeria o sono finita dritta nel fottuto inferno? –
Ryle inarcò appena le labbra in un accenno di sorriso, ma una scintilla divertita gli illuminava le iridi verdemare.
- Devo dire che il tuo vocabolario è ampio come sempre, Cassel. –
Gli rivolse un sorriso tutto denti, che sembrò più uno snudare di zanne che altro.
- Non immagini nemmeno quanti termini potrei utilizzare per etichettarti, Ryle. Fidati, ti stupiresti. –
- Non ne ho dubbi. –
Sospirò, lasciandosi ricadere sul materasso.
A quanto pareva Alistair non aveva afferrato il messaggio, o molto più probabilmente l’aveva fatto e aveva deciso di ignorarla e fare come sempre di testa sua.
- Nathaniel ti ha conciato per le feste – considerò, sedendosi sulla sedia accanto al letto e osservandola con attenzione.
Spostò il lenzuolo di riflesso, nascondendo la porzione di pelle del fianco che il camice dell’infermeria lasciava scoperta.
- Non so di cosa stai parlando. L’ultimo neurone che avevi ha deciso di suicidarsi e hai cominciato a delirare? –
Qualcosa nello sguardo del ragazzo le fece capire chiaramente che la recita non attaccava. Quello che restava da capire era come facesse lui a sapere che aveva passato gli ultimi mesi a stretto contatto con Nathaniel e la sua cerchia di psicopatici vestiti di nero.
- Non insultare la mia intelligenza, Ruby. Mi riferisco al motivo per cui in questi mesi sei sparita. Non ti si trovava da nessuna parte. –
Sorvolò sul significato di quelle parole.
Perché, andiamo, perché mai il popolarissimo Alistair Ryle avrebbe dovuto prendersi la briga di cercare notizie sulla strana Ruby Cassel?
- Avevo da fare. –
- Già -, assentì con un sorriso accondiscendente, - Tutti noi abbiamo le nostre cose da fare, dico bene? –
- Fanculo, Ryle, non osare giocare con me. Non sono una delle tue bamboline che venera la terra sulla quale cammini. Mostrami un po’ di fottuto rispetto. –
Alistair serrò la mascella con decisione, avvicinandosi ancora di più al letto dell’infermeria. Si chinò su di lei, fissandola dritta negli occhi.
- Puoi continuare a giocare a fare la dura e tenerti tutto per te come sempre, Ruby, oppure deciderti a parlare e imparare a fare affidamento sugli altri. Siamo tutti sulla stessa barca. La scelta spetta solo a te. –
Fare affidamento su di lui?
Piuttosto la morte.
- Chiudi la fottuta porta quando te ne vai. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Eccoci qui con il nuovo capitolo. Spero che vi sia piaciuto e mi stavo chiedendo se aveste già le idee chiare su chi vi piace e chi invece proprio non sopportate e se c’è qualche coppia che shippate di già. Per il momento la questione Nathaniel e le sue richieste sono ancora avvolte nel mistero, ma andando avanti di capitolo in capitolo vi prometto che si chiarirà tutto quanto. Inoltre aggiungo che ho deciso di riaprire le iscrizioni per quanto riguarda i personaggi cattivi visto che al momento ne ho uno solo.
La scheda da compilare sarà quella che trovate nel prologo e andrà inviata entro il 2 febbraio.
Al prossimo capitolo.
Stay tuned.
XO XO,
Mary Sibley

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

 

 

 

 

Rigirò la lettera tra le dita.

 

Non preoccuparti di affari che non ti riguardano.
Lascia che ce ne occupiamo noi.
- Bas

 

 

Tipico di Sebastian pensare di essere l’unico in grado di affrontare i problemi e trovare una soluzione.
L’accartocciò, gettandola in un angolo.
Benjamin alzò lo sguardo dalla rivista di Quidditch che stava sfogliando, inarcando un sopracciglio.
- Fammi indovinare, Bas si è comportato come suo solito? –
- Intendi come un pezzo di merda? –
Jackson rise. – Perché, ci sono altri modi per etichettarlo di cui non sono a conoscenza? –
- Sì, è sempre il solito Bas -, confermò Alistair, - Non che mi aspettassi di vederlo comportarsi in modo diverso. È la copia di nostro padre, ma con qualche milione in meno. –
- Benvenuto nel club, amico -, constatò Jax mentre si stiracchiava, - Le famiglie sono un vero schifo da queste parti. –
- Immagino di essere l’unico a non potersi lamentare. –
- Esatto, Ben. –
- Già –, confermò il moro, - Ma, a proposito di discussioni, si può sapere cosa hai fatto per far arrabbiare tanto Kat? –
Si strinse nelle spalle, leggermente sulla difensiva, - Le ho semplicemente impedito di fare una cazzata epocale. Insomma, lei prova a far fuori Nathaniel e quello sotto processo sono io? –
I due amici tornarono improvvisamente seri.
- Che cosa?!? –
- Mi avete sentito. Durante il turno di ronda Katherine ha avuto la brillante idea di seguire Sonya e Nathaniel; se non fosse stato per me probabilmente si sarebbe fatta ammazzare. –
Katherine Shafiq e i suoi folli colpi di testa.
Quella ragazza certe volte si comportava come se fosse una bomba ad orologeria prossima alla detonazione.
- Le parlerò. Qualsiasi cosa si sia messa in testa di fare, questo non è il modo né il momento di farlo – sentenziò Jackson, recuperando la bacchetta dal comodino e dirigendosi verso la porta.
- Jax … -, lo richiamò Al, - Accertati che capisca. Siamo dalla sua parte, ma un colpo di testa come quello può farci finire ammazzati. –
Annuì, richiudendosi la porta alle spalle.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

- Hai visto Alaska? –
James buttò giù l’ultimo sorso di whiskey incendiario, scuotendo la testa.
- No, Baizen, non ho la minima idea di che fine abbia fatto la tua ragazza. –
Christopher gli sedette accanto, accettando il bicchiere che il compagno gli porse. Gli fece cenno di fermarsi non appena ebbe versato due dita di whiskey.
- Femminuccia - lo punzecchiò.
Con una smorfia, replicò alla prima affermazione.
- Alaska non è la mia ragazza. –
Jem inarcò un sopracciglio. – Ah, no? Buffo, perché da come vivete in simbiosi proprio non sembrava. –
- Siamo solo migliori amici – insistè, rigirando il bicchiere e osservando le sfumature ambrate del liquore che risaltavano sotto la calda luce delle candele.
- Quindi non ti darebbe fastidio se uscisse con qualcuno? –
C’era una nota di malizioso divertimento nella voce di James, ma si ritrovò comunque a scuotere la testa in segno di diniego.
- Naturalmente no, è libera di uscire con chiunque voglia. –
- Interessante, perciò credi che accetterà un invito per sabato? –
Christopher storse la testa, fissandolo con l’aria di chi non aveva capito bene ciò che aveva appena sentito.
- L’invito di chi? –
Sbuffò, utilizzando il tono di chi stava cercando di spiegare qualcosa di estremamente semplice a una persona molto lenta di comprendoni, – Il mio invito, Baizen. Ti chiedevo se pensi che accetterebbe un mio invito a uscire. –
Vagamente consapevole di come i muscoli della mascella si stessero irrigidendo eludendo il suo controllo, Christopher serrò le mani sul bicchiere.
Sentiva il cristallo contro la pelle e si chiese distrattamente quanta pressione potesse sopportare prima di andare in frantumi.
- Hai intenzione di chiederle di uscire? E perché? –
- Cristo santo, perché mai un ragazzo dovrebbe chiedere a una ragazza di uscire? Non riesco proprio a immaginarlo -, ironizzò, - Magari perché lei è carina? –
- La trovi carina – ripetè.
Non riusciva a capacitarsi di ciò che stava sentendo.
Sapeva che il senso di quelle parole era chiaro, ma per qualche strano motivo il suo cervello si rifiutava di concepirle e attribuire loro il giusto significato.
- E lei non ti piace, eh? Baizen, sei davvero molto poco credibile, lasciatelo dire -, rise, - E rilassati, non ho davvero intenzione di chiederle di uscire. Non rubo le ragazze degli amici. –
Abbozzò un sorrisetto di circostanza, non sapendo se stava cercando di convincere James o se stesso, - Guarda che a me Alaska non piace, sono serio. –
- Sì, certo. Finisci quel whiskey e smettila di dire assurdità. –

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

Ruby era sempre la solita.
Scontrosa, scostante e decisamente poco propensa allo scambiare quattro chiacchiere con chicchessia.
- Parlare un po’ con me non ti ucciderebbe, sai? –
- Tu dici? Non ne sarei così sicura, Rowle. –
Alzò gli occhi al cielo.
Così non andavano da nessuna parte.
Sapeva qualcosa dei problemi che Ruby aveva dovuto affrontare nel corso dell’infanzia e dell’adolescenza, ma l’idea che non fosse disposta ad accettare l’aiuto di nessuno la rattristava.
Tutti avevano bisogno di una persona cui appoggiarsi quando non si era abbastanza forti da affrontare e risolvere i problemi con le proprie forze.
- È stato Nathaniel a ridurti così, vero? –
Emise una risata secca, tagliente, - Tutti fissati con questo stramaledettissimo Nathaniel. Sono solo inciampata, tutto qui. –
- Sì, certo. È stato il sasso vicino all’ingresso dell’istituto a ferirti, giusto? –
- Esatto. Sei proprio intelligente quando ti ci metti d’impegno, Rowle – replicò, mantenendo quel tono spudoratamente sarcastico che le faceva venire voglia di uscire dall’infermeria e mandare all’aria ogni suo buon proposito.
Prese un respiro profondo, cercando di mantenere la calma.
Ruby utilizzava quella tattica nel tentativo di scoraggiare chi la circondava e allontanarli.
Non avrebbe funzionato, non questa volta, non con lei.
- È stata Sonya ad assegnarti il compito di avvicinare Nathaniel? Se è così puoi dirmelo, manterrò il segreto. –
Le iridi grigio chiaro della ragazza si sgranarono leggermente.
Fu una frazione di secondo e poi tornò a guardarla con aria di sufficienza, ma ad Alaska bastò quello per sapere che aveva fatto centro.
- Rowle, continui a blaterare di cose che per me non hanno il minimo senso logico. –
- Cassel -, la rimbeccò imitando il suo tono, - Non penserai seriamente di riuscire a convincermi che non ne sai nulla, vero? –
Ruby scosse la chioma rossa, abbozzando un sorriso lieve ed enigmatico.
Era come una sfinge: maestosa, bella e praticamente impossibile da decifrare.
- So molte cose che tu non sai, Alaska, e quasi tutte potrebbero farti fare una brutta fine. Fossi in te, la smetterei di giocare alla piccola Auror e lascerei fare il lavoro ai grandi – disse, voltandosi dall’altro lato e affondando la testa nel cuscino.
Il messaggio era chiaro, la conversazione era conclusa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

Jackson l’aveva cercata per tutta l’accademia, ma senza successo.
Sembrava che Katherine fosse scomparsa nel nulla.
Incrociò JJ mentre scendeva la rampa di scale che conduceva al dormitorio femminile.
- Jax, sembri un’anima in pena. –
- Già. Sto cercando Kat, l’hai vista? –
Si accigliò, scuotendo la chioma corvina, - Non di recente. Perché, é successo qualcosa? –
Bella domanda.
L’amica nutriva un odio viscerale per Nathaniel, questo lo sapevano tutti, ma da lì a pensare che avrebbe mai potuto agire d’istinto e provare ad eliminarlo per conto suo … beh, nessuno avrebbe mai pensato a tanto.
Conosceva Katherine da una vita ed era sempre stata una persona testarda, ma allo stesso tempo ragionevole.
Eppure la sera precedente aveva agito da sconsiderata e solo l’intervento di Ben aveva fatto sì che non le accadesse nulla.
- Non lo so -, ammise, - Da quando Sonya ci ha parlato di Nathaniel sembra che per lei non esista altro che la vendetta. –
JJ lo osservò seria. - Immagino che sia normale. Ne ha passate tante, anche io lo odierei. –
- Non è solo questo. Ho paura che faccia qualcosa di stupido. –
Gli posò una mano sull’avambraccio, sorridendogli rassicurante.
- Le vuoi bene, è la tua migliore amica, è naturale che tu sia preoccupato. Katherine è forte, la maggior parte delle ragazze qui dentro vorrebbe essere anche solo un po’ simile a lei, e sono sicura che sa perfettamente quello che fa. Non é una sconsiderata. –
Già, era quello che aveva creduto lui fino alla chiacchierata con Benjamin.
Eppure adesso cominciava a dubitarne.
Aveva visto come l’odio e la vendetta accecassero anche gli animi più pacati e controllati.
Tuttavia si ritrovò ad annuire.
Non aveva senso preoccupare tutti gli altri solo perché lui aveva quella maledetta sensazione di pericolo che gli aderiva addosso come una seconda pelle.
- Credo che tu abbia ragione. –

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

Gli Schiantesimi colpirono il bersaglio ripetutamente, uno dopo l’altro, centrando sempre lo stesso punto.
Il cartongesso in corrispondenza del cuore si stava spappolando e piccoli pezzi di materiale si staccavano e volteggiavano nell’aria prima di cadere a terra.
- Quel bersaglio deve averti fatto arrabbiare davvero molto. –
Si voltò nella direzione da cui proveniva la voce.
Dragomir era appoggiato allo stipite della porta ed era intento a osservarla con attenzione.
- Mi sto solo esercitando. –
- Lo vedo, ma mirare a un bersaglio fisso è facile. Perché non provi con uno mobile? –
Socchiuse gli occhi, osservandolo attentamente.
Loro due non avevano mai avuto molto a che fare.
Lei era ricca, popolare e con una fitta rete di persone disposte a starle vicino.
Dragomir era orfano, considerato inquietante dai più e tenuto a distanza.
Eppure in quel momento si stava offrendo di darle una mano.
- Se non hai di meglio da fare, accomodati pure. –
Le passò accanto continuando a sorridere e si sistemò di fronte a lei.
- Uno … -
- Due … -
- E tre. –
Fecero scattare in avanti le bacchette nello stesso momento.
Lo Stupeficium di Katherine venne rimbalzato all’indietro, scontrandosi con il Protego di Dragomir e s’infranse contro la parete alle spalle della ragazza, formando una piccola crepa.
- Disciplina la mente. Se ti lasci andare alla rabbia non controllerai bene né intensità né imprevedibilità dell’incantesimo – la istruì.
- Lo so come si lancia uno Schiantesimo, Atanasin – ringhiò tra i denti.
- Buffo, perché non sembrava. Quello che è arrivato contro di me era solo un eccesso di magia mal direzionata e poco efficace. È stato un gioco da ragazzi respingerlo. –
Non c’era ilarità nel suo sguardo, ma solo ferma risolutezza.
Stava davvero cercando di aiutarla e non si faceva beffe di lei.
Prese un respiro profondo, sforzando di rilassare la muscolatura contratta e disciplinare le sue emozioni.
Era Dragomir, non Nathaniel, quello che aveva di fronte a lei.
Era uno dei loro, non era una minaccia.
- Vogliamo riprovare? –
Annuì.
Posizionarono le bacchette e questa volta lo Schiantesimo bucò le difese di Dragomir, spingendolo contro la parete.
Il ragazzo si rialzò barcollando leggermente, un sorriso compiaciuto dipinto sulle labbra.
- Molto meglio, Shafiq. Decisamente molto meglio. –
Lo ricompensò con un sorriso.
- Sai, Atanasin, non sei affatto male come credono tutti. –

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Abigail sbuffò, osservando l’amica china su quegli incartamenti vecchi ormai di anni.
- Mi spieghi esattamente cosa stai cercando? –
- Qualcosa che mi aiuti a capire meglio cosa ha messo in moto tutto questo – bofonchiò Camille, continuando a scorrere il capitolo.
- Uhm, domanda difficile … -, ironizzò, - Magari c’entra qualcosa il fatto che Nathaniel sia un dannato psicopatico? –
- Non credo che sia psicopatico, è fin troppo lucido per esserlo, al massimo un sociopatico. –
Emise un gemito, coprendosi il volto con la mano. – Non ci credo, stai davvero cercando di psicanalizzare Nathaniel? –
- Non guardarmi come se fossi io quella matta -, sbuffò, - Quello che sto cercando di fare è perfettamente sensato. Se capisco cosa ha reso Nathaniel quello che è probabilmente riuscirò a capire anche quale può essere la strategia migliore per affrontarlo. –
- Per come la vedo io, la strategia migliore è mandarlo dritto dritto sotto un metro di terra con tanto di bella lapide posizionata sopra. –
Camille rise, scuotendo la testa.
Abigail e la sua propensione ad affrontare tutto di petto erano sempre divertenti.
- Concentrati e dammi una mano, due teste sono meglio di una. –
Avvicinandolesi, Abby s’inserì nella ricerca.
Era arrivata a metà pagina quando Camille emise un verso strano, a metà tra un’esultanza e uno squittio soddisfatto.
- Hai trovato qualcosa? –
Annuì. – Credo di aver appena capito come ha fatto Nathaniel ad avvicinarsi tanto all’accademia senza che ce ne accorgessimo -, le indicò la frase che l’aveva colpita, - Questa è l’unica spiegazione possibile. –
- Sei un genio, Cam –, Abigail balzò in piedi afferrando il libro, - Andiamo immediatamente a parlarne con Sonya. –

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Sarebbe potuta rimanere a osservarlo per ore e non si sarebbe mai stancata.
Nathaniel aveva un’aura di carisma e pericolo che l’aveva affascinata dal primo momento in cui si erano incontrati.
Ascoltarlo parlare dei suoi piani, di quel nuovo ordine che avrebbe riportato il mondo magico alla sua giusta natura, l’avevano convinta una volta per tutta della bontà della loro causa.
-  Non capisco perché tu abbia voluto incontrare Sonya -, esordì con il suo marcato accento portoghese a impreziosire le sue parole, - Se sapevi già che non avrebbe mai accettato la tua proposta. –
Nathaniel posò le iridi grigio chiaro su di lei, abbozzando un lieve sorriso.
- La mia sorellastra è ostinata tanto quanto te, mia cara, ma pensavo che l’età le avesse conferito la saggezza di cui aveva bisogno per capire i vantaggi di ciò che intendo conseguire. –
- Evidentemente non é così, padre. Mia zia non é mai stata in grado di afferrare ciò che era veramente meglio per il mondo magico o si sarebbe schierata al tuo fianco molto tempo fa – considerò Gabriel, le iridi grigie che luccicavano sotto le ciocche corvine che incorniciavano il volto dai tratti decisi.
Nathaniel annuì, – Non resta che sperare che la nostra spia faccia il suo dovere. –
Aveva l’espressione stanca, quasi provata, constatò Lilian.
Un’ondata di odio viscerale nei confronti di Sonya l’avvolse.
Detestava il potere che quella donna aveva nell’influenzare i sentimenti di Nathaniel persino dopo tutti quegli anni di lontananza.
- Dobbiamo muoverci, le barriere che ho predisposto per nasconderci non dureranno ancora molto e non passerà molto tempo prima che qualcuno dell’Avalon ci trovi –, sentenziò Nathaniel riscuotendosi da quello strano stato di torpore, - Lian, mia cara, dopo di te – concluse, accennando al portale magico appena evocato.
La ragazza saltò dentro, seguita da Gabriel.
Prima di fare altrettanto, Nathaniel volse nuovamente lo sguardo verso l’accademia.
Era solo un arrivederci, non un addio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice: 

Chiedo scusa per il ritardo con l’aggiornamento, ma in questo periodo ho dovuto sostenere tre esami e il mio computer ha deciso di suicidarsi per cui ho dovuto attendere di averne uno con cui sostituirlo.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e sia valso l’attesa.
Qui sotto vi lascio i PV dei due OC inseriti come bad guys.
Diciamo che nella parte finale è stata messa un bel po’ di carne al fuoco e sono curiosa di scoprire se qualcuno di voi ha già il quadro chiaro sull’identità della spia o meno.
Al prossimo aggiornamento.
Stay tuned.
XO XO,
Mary Sibley

 

 

 

Lilian Margarida Campos (PV Penelope Cruz) – 27 anni, ex studentessa di Castelobruxo. Specializzata in Occulto.

 "Ognuno di noi riunisce in sé il cielo e l'inferno."

 

 

Gabriel Cassel (PV Gaspard Ulliel) – 19 anni, ex Serpeverde. Specializzato in Alchimia.

"Se danzi con il diavolo, il diavolo non cambia, é lui che cambia te."

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

 

 

 

 

 

- Sembra che Atanasin abbia una nuova amica. –
Benjamin inarcò un sopracciglio, addentando l’ultimo boccone di bagel al formaggio, - E questo dovrebbe interessarci … perché? –
James si strinse nelle spalle, trattenendo un sorrisetto divertito, - Prima guarda di chi si tratta, King, poi forse potrai tornare a fare il duro con me. –
Seguì lo sguardo del compagno, corrugando la fronte davanti alla scena a cui stava assistendo.
Katherine e Dragomir erano seduti uno di fronte all’altro, chiacchierando amabilmente, apparentemente incuranti delle occhiate di tre quarti della sala mensa.
- Sembra che persino lui le stia più simpatico di te. –
- Non ce la fai proprio a chiudere il becco, vero? – sibilò tra i denti.
- Assolutamente no -, sorrise candidamente, - Darti il tormento è semplicemente troppo divertente. –
- Ti avverto, James … -
- Sì? –
- Non ti piacerà come andrà a finire se non chiudi immediatamente quella bocca – concluse, stringendo i pugni.
Rimasero a fissarsi per una decina di secondi, in religioso silenzio, finchè James non cedette e alzò le mani in segno di resa.
L’arrivo di Jackson parve riportare un barlume di tranquillità tra la coppia.
Si fece cadere accanto a Ben e lasciò vagare lo sguardo da uno all’altro, cercando di capire cosa diamine stesse accadendo, - Perché sembrate sul punto di sbranarvi a vicenda? –
- Perché stavo facendo presente a Ben che non ha la minima possibilità con Katherine dal momento che lei gli preferisce persino Dragomir – ammise candidamente James.
Jackson alzò gli occhi al cielo, facendoli roteare.
Quei due erano sempre i soliti: non potevano essere lasciati da soli che subito trovavano un pretesto per litigare.
- Abbiamo cose più importanti a cui pensare piuttosto che scervellarci su chi accompagnerà Kat al ballo. Camille ha capito come ha fatto Nathaniel a superare le difese ai confini dell’accademia e Sonya ci vuole nel suo studio tra mezz’ora. –
- Il ballo? Credi che potrebbero andarci insieme? –
Jax fece scioccare le dita a un soffio dal viso dell’amico.
- Concentrati, Ben. La priorità é Nathaniel e la riunione. –
Con un’ultima occhiata verso il tavolo vide che i due ragazzi si erano alzati e Dragomir teneva elegantemente aperta la porta facendo cenno a Katherine di precederlo.
- Certo -, sospirò, - la riunione. Andiamo, tanto mi è passata la fame. –

 

 

 

 


 

 

 

*

 

 

 

 

 

- Ripetimi un’altra volta cosa ti fa pensare che la tua presenza sia gradita – sbuffò Ruby, continuando a camminare lungo il corridoio che portava allo studio di Sonya.
- La mia presenza è sempre gradita, Cassel, dovresti saperlo ormai. –
- Sì, certo. Allora riformulo la domanda: cosa ti fa pensare che a me vada di stare in tua compagnia? –
Alistair si strinse nelle spalle, continuando a sorriderle con quell’espressione sghemba che aveva fatto sciogliere il cuore a più di una ragazza all’Avalon.
Era un gran bel numero, peccato solo che con lei non attaccasse.
- Risparmiatelo per una bella ragazzina impressionabile, con me quella scenetta non attacca. –
- Naturalmente no. –
- Ti ho già detto che mi irriti tremendamente, Ryle? –
Arricciò le labbra in un’espressione fintamente pensierosa, - Sì, mi sembra di avertelo sentito dire qualcosa come dieci o forse quindici mila volte. –
- Eppure o sei tremendamente lento di comprendonio oppure l’idea di darmi il tormento ti diverte veramente tanto. –
- Magari sono solo curioso – replicò, fissandola dritta nelle iridi grigio chiaro, - C’è qualcosa di te che non riesco a capire e non sopporto quando le cose sfuggono alla mia comprensione. –
Era una sua impressione oppure lo sguardo da dura di Ruby era vacillato per una frazione di secondo?
Comunque fosse andata adesso la ragazza era tornata a guardarlo risolutamente negli occhi, senza battere ciglio.
- Non tutti nascondono dei segreti, sai? –
- Non tutti, ma la maggioranza sì. –
- Sei paranoico, Ryle. –
Lo sguardo di Alistair si assottigliò, - E tu sei sulla difensiva. –
Bussando leggermente alla porta dello studio di Sonya, Ruby inarcò un sopracciglio, - Paranoico, come dicevo. –
Alistair le permise di precederlo e si prese una manciata di secondi per continuare a osservarla.
Ruby non era facile da decifrare, proprio per questo nel corso degli anni si era guadagnata il soprannome della “strana”, eppure c’erano momenti nei quali la sentiva incredibilmente simile a lui.
E, se era anche solo la metà simile a lui, allora c’era qualcosa che la tormentava.
E lui avrebbe scoperto di cosa si trattava.

 

 

 





 

*

 

 

 

 

 

 

- Ripetetemi un’altra volta come avete fatto a scoprire del passaggio – ordinò Sonya, le iridi chiare che fissavano le due ragazze con un’espressione vagamente colpita.
- In realtà è stata Camille a capire tutto quanto, io l’ho solo aiutata nella lettura dei documenti -, si schermì Abby, - è lei la mente brillante. –
L’amica arrossì leggermente sotto lo sguardo fisso di tutti i presenti.
Non amava particolarmente stare sotto i riflettori, specialmente quando si trattava di qualcosa che avrebbe fatto velocemente il giro dell’intera accademia e, molto probabilmente, sarebbe arrivata dritta ai piani alti dell’amministrazione dell’Accademia.
- Ho solo cercato di applicare i profili di psicologia Babbana a Nathaniel e leggendo i vecchi documenti mi sono resa conto che c’era solo un posto a cui fosse legato più di ogni altro. –
- Il vecchio capanno di caccia -, confermò Sonya, - Ho mandato una squadra a controllarlo e hanno confermato che era stato aperto un portale lì vicino. Era sotto il nostro naso e ce lo siamo fatti sfuggire – concluse amaramente.
- Sigillandolo con un vincolo non sarà più in grado di utilizzarlo – affermò Ruby, attirando l’attenzione su di sé, - Piantatela di guardarmi come se avessi detto chissà cosa, lo sanno tutti che un vincolo è la mossa migliore in questi casi. –
- È vero -, assentì Cam, - ma sopravvaluti di parecchio certi nostri compagni se pensi che ne siano tutti a conoscenza – concluse, cercando di stemperare il silenzio pesante che si era venuto a creare con un po’ di sana ironia.
JJ parve capire al volo le sue intenzioni perché fece sventolare in aria una mano dalle dita sottili, sorridendo ironica, - D’accordo, mi dichiaro colpevole d’ignoranza in materia. –
Il resto del gruppo ridacchiò.
La maggior parte di loro non si fidava di Ruby, considerò Cam, eppure a lei la ragazza non sembrava affatto pericolosa.
Era solitaria, tendenzialmente incline a perdere la pazienza e con un pessimo carattere?
Assolutamente sì.
Ma una seguace di Nathaniel, una traditrice e una potenziale assassina?
No, non le sembrava proprio il tipo.
Era anche vero che di solito le persone che venivano utilizzate come spie dovevano essere dei formidabili attori per non bruciare la loro copertura, ma nonostante ciò continuava a credere che Ruby Cassel non fosse altro che il capro espiatorio per quella fastidiosa situazione.
- Cosa facciamo finchè Nathaniel non si deciderà di nuovo a sgusciare fuori dal buco in cui si nasconde? – intervenne Katherine, picchiettando le lunghe unghie smaltate di nero su una coscia.
Smaniava dalla voglia di entrare in azione, era palpabile.
- Nulla. Avete tutti bisogno di un po’ di tregua per allentare la tensione. Domani sera ci sarà il ballo di Halloween e molti ospiti di riguardo si uniranno a noi per l’evento. Quello che dovete fare è semplice: fino a domani sera non pensate ad altro che a rilassarvi. Dal primo novembre cominceremo a dargli la caccia – concluse la preside, con una scintilla feroce nello sguardo.

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

- Dobbiamo starcene con le mani in mano fino a che quello stupido ballo non avrà termine, ve ne rendete conto? – sbuffò Katherine, lasciandosi cadere pesantemente su uno dei divanetti della sala comune.
- Di solito questi eventi mondani non mi fanno impazzire -, ammise Dragomir, - ma potrebbe essere un’occasione per prendere tempo e studiare il terreno. –
- Sono d’accordo, e giuro che non riesco a credere alle parole che mi stanno uscendo di bocca, con lui – intervenne Jackson, gesticolando a mezz’aria come a sottolineare l’assurdità della cosa, - Da quanto ne sappiamo noi una parte del comitato amministrativo appoggia, o si limita anche solo a simpatizzare, Nathaniel. Sarebbe interessante capire chi sta dalla nostra parte e chi no. –
Katherine sbuffò, portando una ciocca dietro all’orecchio e incrociò risolutamente le braccia sotto al seno.
La sua magipsicologa avrebbe detto che si stava chiudendo nelle sue radicate convinzioni, escludendo tutti gli altri, ma per quanto la riguardava la dottoressa Jorbes poteva tranquillamente andare a farsi fottere.
- Continuo a vederlo come un inutile spreco di tempo. –
- Ci aiuterà ad arrivare maggiormente preparati al grande scontro finale, dobbiamo solo concentrarci su ciò che ancora ci sfugge – considerò Christopher.
- E fino a quel momento potremmo concentrarci su qualcosa di più frivolo, tipo vestiti e accompagnatori – concluse Alaska, strappando un sorriso divertito all’amica.
Apprezzava quel tentativo di stemperare la tensione e non di meno era vero.
Se proprio avevano le mani legate fino a quello stupido ballo allora avrebbero fatto meglio a goderselo fino in fondo.
Dubitava seriamente che avrebbero avuto molte altre occasioni per comportarsi come dei normali adolescenti di lì a diversi mesi.
- E allora che ballo sia! –

 

 

 

 



*

 

 

 

 

- Hai già una vaga idea di chi vorresti come accompagnatore? – domandò JJ, osservando Alaska che esaminava attentamente tutti gli abiti presenti nel suo armadio.
La ragazza soppesò un elegante vestito di seta blu, contrapponendolo a uno color ghiaccio con una serie di intarsi elaborati nella parte del corpetto.
- Più o meno … -
- E sarebbe? –
Le mostrò i due abiti, sorvolando sulla domanda, - Blu o bianco? –
JJ indicò all’istante quello cobalto, - Decisamente quello, il bianco è sempre stato il colore di Kat. –
Già, tutti all’Avalon erano abituati a vedere Katherine Shafiq indossare abiti eleganti dal colore candido che su di lei creavano un connubio di sensualità e candore.
- E blu sia. –
- Non hai ancora detto chi è quello che hai in mente – osservò Abby, sollevando lo sguardo dalla rivista di manici di scopa che stava sfogliando.
Giocherellò distrattamente con una ciocca corvina, arrotolandola meccanicamente attorno a un dito per poi lasciarla andare, - Christopher – sussurrò, talmente piano che per un attimo le amiche credettero di esserselo solo immaginate.
- Christopher Baizen? Credevo che voi due foste amici – esclamò Abigail.
- E infatti lo siamo. –
- Quindi è un ballo in amicizia oppure speri in qualcosa di più? –
 - È un ballo e basta, non serve fasciarsi la testa con tutte queste domande, inoltre non credo che lui mi inviterà. –
JJ e Abby si scambiarono un’occhiata d’intesa.
L’invito di Christopher sembrava a entrambe decisamente probabile.
Non restava altro da capire se il ragazzo l’avrebbe interpretato come un gesto d’amicizia o qualcosa di più.
- Voi invece chi avevate in mente? –
JJ si strinse nelle spalle, scuotendo la chioma scura, - Sinceramente non ne ho idea, immagino che mi limiterò a decidere direttamente sul posto con chi ballare o meno. –
- Io andrò con James, ne abbiamo parlato poco fa. –
Abby emise un verso incredulo davanti agli sguardi maliziosi delle amiche, alzando le mani come in segno di resa, - Frenate la fantasia. Ci andiamo insieme perché visto che le occasioni mondane non piacciono a nessuno dei due potremmo trovare un posto tranquillo per scolarci qualche bicchiere e giocare a magipoker. –
Tipico di quei due: mai nulla di neanche lontanamente romantico all’orizzonte.
Alle volte Alaska si domandava se ad Abby non importasse davvero o se facesse semplicemente finta di essere troppo dura per quelle cose sdolcinate in modo da poter essere accettata dai ragazzi come se fosse davvero una di loro.
Non glielo aveva mai chiesto e dubitava seriamente che Abigail le avrebbe mai confessato una cosa del genere di sua spontanea volontà.
Ma, del resto, se era contenta lei allora loro non avevano il diritto di metterci bocca.

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

Benjamin la vide uscire dall’aula d’Incantesimi da sola.
Gli sembrava quasi un miracolo visto che sembrava che lei e Atanasin avessero cominciato a girare per la scuola solo in reciproca compagnia.
Cosa lei ci trovasse in quel tipo restava un mistero.
Oltre all’antipatia reciproca, Dragomir era oggettivamente un tipo particolare e a tratti inquietante.
Insomma, non gli sembrava il tipo che poteva piacere a Katherine.
Eppure quella ragazza continuava a stupirlo; ogni volta che si convinceva di essere riuscito a capirla, lei faceva qualcosa che ribaltava del tutto l’idea che si era fatto.
Era una sfida continua e la cosa gli piaceva.
- Ehy, Shafiq. –
La vide alzare gli occhi al cielo mentre si voltava verso di lui.
- King. –
- Fai sembrare il mio cognome quasi una maledizione – ironizzò.
- In effetti è quello che sei. Benjamin King, la mia maledizione personale da quando ho messo piede qui dentro – convenne, a metà tra il serio e l’ironico.
- Wow, se fossi anche solo un po’ emotivo potrei dire di essere ferito dal tuo commento. –
- E sarebbe indubbiamente una tragedia. –
Le rivolse un sorriso divertito. – Come sei crudele, vuoi davvero spezzarmi il cuore? –
Katherine rise beffarda. - Oh, sono abbastanza convinta che non sia il cuore a spingerti a darmi il tormento, ma qualcosa che si trova decisamente più in basso. –
Beh, non gliele mandava certo a dire.
L’aveva messo decisamente ko.
- Comunque, ero passato per domandarti se … Se ti andava di farmi da dama per il ballo – concluse, lasciando che un pizzico della sua indecisione trapelasse sul finale della proposta.
La vide socchiudere gli occhi, osservandolo intensamente, - Cos’è uno scherzo o sei semplicemente ubriaco? –
- Non è uno scherzo e sono decisamente sobrio -, assicurò, - Mi farebbe davvero piacere andare al ballo con te … sul serio. –
Katherine mordicchiò il labbro inferiore, in un gesto che catturò la sua attenzione e gli fece correre un brivido lungo la schiena.
Dannazione se era sexy.
- King, io … Io ho già accettato l’invito di un’altra persona – ammise.
Sembrava sinceramente in difficoltà nel rifiutare la sua proposta, constatò, ma questo non gli impedì di sentire una sorta di macigno alla bocca dello stomaco.
A quanto sembrava era arrivato troppo tardi.
E, tanto perché lui era uno di quei masochisti fatti e finiti, non poteva certo lasciar perdere così la questione.
No, sarebbe stato fin troppo facile.
In realtà una parte di se aveva già la consapevolezza di chi fosse il suo cavaliere, ma aveva lo stesso bisogno di sentirlo dire da lei.
- E chi é il fortunato? –
- Ci vado con Dragomir; me lo ha chiesto dopo la riunione e non ho trovato un motivo per dirgli di no. –
- Fantastico … Sì, proprio fantastico. Beh, immagino che sia meglio che vada. –
Le voltò le spalle, dandosi mentalmente dell’imbecille per un centinaio di volte.
Perché accidenti aveva aspettato tutto quel tempo per raccogliere il coraggio d’invitarla?
- King … -
- Sì? –
Katherine gli sorrise lievemente, in modo quasi timido, - Se vuoi posso comunque concederti un ballo. –
La fissò dritta nelle iridi nocciola. – Sì, lo voglio. –

 

 

 

 


 

*

 

 

 

 

 

 

 
Alistair stava tornando al dormitorio quando lo vide.
Non vedeva Sebastian da parecchi mesi ormai, ma la sagoma di suo fratello maggiore era inconfondibile.
Se ne stava appoggiato all’ingresso del dormitorio con quell’aria di nonchalance che era un po’ il marchio di fabbrica dei Ryle.
Indossava un completo di sartoria fatto su misura, che lo faceva sembrare un qualche modello di una rivista di magimoda.
Le iridi verde pallido sondavano il corridoio alla ricerca di qualcuno, probabilmente proprio di lui.
Inarcò un sopracciglio quando lo vide.
- Ti stavo aspettando – esordì, accostandogli mentre lui continuava a camminare risolutamente verso una zona meno confusionaria e di passaggio rispetto al corridoio del terzo piano, - Ho bisogno di parlarti. –
- Beh, sono qui e mi stai parlando quindi direi che sto accontentando entrambe le tue richieste, no? –
Sebastian aggrottò la fronte.
- Non mi stai rendendo le cose facili, Alistair. –
- Bene, perché non era mia intenzione farlo. –
Sbuffò. – Vedi, è proprio questo tuo atteggiamento che … -
Si fermò di scatto, fronteggiandolo, un’espressione di pura collera che cominciava a trapelare nel suo sguardo.
- Il mio atteggiamento, Sebastian? Davvero? –
- Se cambiassi modo di comportarti nostro padre ti terrebbe in maggior considerazione -, continuò imperterrito, - E le cose sarebbero più facili per tutti. –
- Per voi due, intendi dire … non certo per me –, lo corresse, - Comunque non voglio tornare sull’argomento. Hai detto che dovevi parlarmi, no? Di’ quello che hai da dire e poi liberami della tua presenza. –
- Voglio solo che tu sappia che la questione con Nathaniel è molto più complessa di quello che realmente sembra; la nostra famiglia non ha ancora deciso come affrontare la cosa, perciò ti viene chiesto di evitare i tuoi soliti colpi di testa. –
Sbuffò.
Certo, tipico di suo padre, Nathaniel poteva rivelarsi una risorsa importante per le famiglie che lo avessero appoggiato e ovviamente lui era determinato a valutare attentamente i pro e i contro di una simile decisione prima di fare la sua scelta.
Nessuno avrebbe mai potuto accusarlo di essere un uomo devoto a una qualsivoglia causa, poco ma sicuro.
E altrettanto ovviamente Sebastian lo assecondava come sempre.
- In passato mi è stato ribadito più volte di essere un disonore per la famiglia. Se mi attenessi alle vostre direttive che pecora nera sarei? – ribattè, oltrepassandolo e chiudendosi dietro la porta d’accesso ai dormitori.
Ah, che belle quelle improvvise riunioni di famiglia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice: 

Scusate il ritardo, ma spero di essermi fatta perdonare con questo capitolo (in fin dei conti sono ben 9 pagine Word xD). Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vorrei domandarvi se avete qualche preferenza particolare per le coppie oppure se volete lasciarmi completamente carta bianca; per il momento gli unici che andranno sicuramente al ballo insieme, ai fini della trama, sono Katherine e Dragomir ed Abby e James… tutti gli altri aspettano ancora il loro accompagnatore quindi sotto con le proposte xD.
Detto ciò vi comunico che il capitolo nuovo uscirà probabilmente venerdì sera o sabato mattina e sarà incentrato sul ballo e su … no, no, non vi faccio spoiler.
Al prossimo aggiornamento.
Stay tuned.
XO XO,
Mary Sibley

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

 

 

 

 

 

- Sembra che si stiano tutti affannando alla ricerca di un accompagnatore per il ballo – considerò Jackson, accigliandosi leggermente davanti allo spettacolo di decine di studenti e studentesse che passavano da un tavolo all’altro, - Neanche ne andasse della loro vita. –
- Non tutti sono Jackson Van der bilt, il ragazzo ai cui piedi si getta ogni esponente di sesso femminile – bofonchiò Ben.
Le iridi blu scuro si posarono sull’amico, in un’espressione che era un connubio di sorpresa e ironia.
- Cosa c’è, Benjamin, hai le tue cose? –
- Spiritoso. Odio i balli, è semplice. –
Alistair si inserì nella conversazione, trattenendo un sorrisetto divertito, - Lascialo perdere, il nostro dongiovanni ha il cuore spezzato. Katherine va al ballo con Atanasin. –
- Come scusa? –
- Ah, non lo sapevi neanche tu? –
- Assolutamente no. È impazzita? –
- Secondo il mio modesto parere, sì -, bofonchiò Ben, - Altrimenti non avrebbe mai accettato l’invito di quello. –
- Di chi si parla? –
Camille si lasciò cadere davanti a loro, incuriosita, mentre JJ faceva altrettanto e si serviva una generosa porzione di porridge.
- Kat e Dragomir … la nuova rivelazione del ballo –, constatò annoiato Al, - e dell’ipotesi che Ben finisca per Schiantare qualcuno entro la fine della serata. –
Con le iridi scure cariche di comprensione, Cam posò una mano sull’avambraccio del ragazzo, - Mi spiace, ho saputo del tuo invito. –
Benjamin alzò gli occhi al cielo, - Grandioso, adesso lo sanno proprio tutti?! –, e si alzò dal tavolo come una furia.
Lasciò la sala sotto gli occhi dei più, che si astennero dal commentare in qualsiasi modo.
Provocare Benjamin King quando era palesemente innervosito non era una scelta saggia.
- Che ho detto di male? –
- Nulla, Cam -, la rassicurò Alistair, - Immagino che gli roderà per un po’. Non capita spesso che prenda un palo … non per Atanasin, per di più. –
Annuì appena, ancora non del tutto rassicurata.
Insomma, i pettegolezzi non facevano per lei e, ora che si era avvicinata a loro anche solo un pizzico, si ritrovava a subirne le conseguenze.
- Faccio un’altra gaffe se chiedo a voi due se avete già un’accompagnatrice? –
I ragazzi si scambiarono un’occhiata e scossero la testa.
- Liberi che più liberi non si può. Personalmente non capisco perché la gente si affanni così tanto alla ricerca di un partner per il ballo; la maggior parte tornerà a ignorarsi la mattina dopo – considerò Jackson.
JJ annuì con vigore. – Confermo e sottoscrivo. Insomma, sembra che andare al ballo senza un accompagnatore sia qualcosa di umiliante, ma personalmente credo che sia molto peggio andarci con una persona che nemmeno ti piace solo perché te lo ha chiesto. –
- Santo Merlino, siete così contorti voi due -, esclamò Al, - che sareste la coppia perfetta per il ballo. –
I due ragazzi si scambiarono un’occhiata pensierosa, per poi sorridersi a vicenda.
- JJ, mi giuri che passeremo ogni singolo momento prendendo in giro quelli che prendono questa storia del ballo sul serio? –
- Assolutamente sì. E tu, Jax, mi giuri che non ci saranno stucchevoli gesti di cavalleria vecchio stile? –
- Dannazione, ovvio che sì. –
JJ fece una piccola riverenza ironica.
- Allora, Jackson van der bilt, verrò con piacere al ballo con te. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

- Guarda che prendendo a testate il muro non diventi più intelligente. –
Ben si voltò verso la ragazza che era appoggiata al corrimano e lo stava osservando con un sorriso beffardo dipinto sulle labbra.
- Non è giornata, Cassel. –
- Davvero? Ma non mi dire, credevo che quello fosse un nuovo modo di esternare gioia -, ironizzò avvicinandoglisi e sedendosi sul gradone al suo fianco, - Andiamo, King, che problemi hai? Oltre a quelli sotto gli occhi di tutti, ovviamente. –
Le rivolse un sorriso tutto denti.
- Non dirmi che sei l’unica a non sapere della storia dell’invito a Katherine. –
Inarcò un sopracciglio. – Sono quella strana, ricordi? Non sono certo la prima persona che viene informata quando c’è un gossip dietro l’angolo. –
- Beh, ho invitato Kat al ballo ma lei ci va già con Atanasin. –
Il sopracciglio si inarcò ancora di più, finendo con lo sparire sotto un riccio color sangue.
- Esatto, quella è la faccia che ho fatto io quando me lo ha detto. –
- Quindi ti piangi addosso per uno stupido ballo? Wow, come sei profondo. –
- Non mi sto piangendo addosso. –
- No, certo -, convenne, - Stai solo facendo delle scenate da prima donna perché qualcuno ha rifiutato di darti ciò che ti aspettavi. Avresti potuto invitarla prima e, forse, al ballo ci saresti andato tu invece che Dragomir. –
Benjamin abbassò lo sguardo, meditabondo.
Era esattamente la stessa cosa a cui aveva pensato lui, ma sentirselo ripetere da qualcun altro lo faceva sentire ancora più stupido.
- Lo so, sono un idiota. –
- Mai stata più d’accordo su qualcosa. Ora, se hai ancora bisogno di una dama, sappi che potrei fare lo sforzo di venirci con te. –
Sgranò gli occhi, completamente colto alla sprovvista.
Quell’invito giungeva dall’unica persona a cui non avrebbe mai pensato.
E poi c’era la questione Alistair.
Insomma, il suo migliore amico non gli aveva mai parlato di Ruby in quel senso, ma non era nemmeno una ragazza che gli stava totalmente indifferente.
Avrebbe potuto vedere quel gesto come una sorta di tradimento nei suoi confronti?
- Perché ci verresti con me? Hai appena detto che mi consideri un idiota. –
- Punto primo perché una ragazza che va al ballo da sola attira decine di ragazzi molesti e non voglio passare la serata a prenderli a calci uno a uno e, punto secondo, perché voglio fare una buona azione così magari bilancio un po’ il mio karma – concluse.
Alistair non se la sarebbe presa con lui, stabilì, in fin dei conti non l’aveva invitata né aveva fatto riferimento al fatto di essere intenzionato a farlo; in aggiunta a ciò, il loro era un ballo assolutamente privo di qualsiasi risvolto romantico.
Insomma, non aveva mica intenzione di mettersi in mezzo.
- D’accordo, Cassel, andremo al ballo insieme. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

Alaska si tormentò nervosamente le mani, osservando Christopher che continuava a fare colazione come se nulla fosse.
Abby l’aveva abbandonata lì, dicendole di darsi una mossa e fargli capire di essere interessata, ma lei non aveva la minima idea di come fare.
Insomma, se Christopher le avesse detto di no con che coraggio l’avrebbe guardato nuovamente in faccia?
- C’è qualcosa che non va, Sky? –
Scosse la testa, lasciando ondeggiare i capelli da un lato all’altro, con fin troppo vigore per risultare credibile.
- Ne sei sicura? –
Certo che non ci era cascato.
Erano amici da anni, la conosceva fin troppo bene ormai per non fiutare che c’era qualcosa di strano.
- Civienialballoconme? – disse tutto d’un fiato, diventando rossa come un pomodoro.
- Che? Sky, non ho capito una parola. –
Deglutì nervosamente, tenendo lo sguardo fisso sul piatto di porcellana, - Ho detto: ci vieni al ballo con me? –
Le iridi azzurre di Christopher si sgranarono leggermente, colto di sorpresa.
Tutto si sarebbe aspettato fuorchè un suo invito.
La osservò, rossa per l’imbarazzo e intenta a tormentare l’orlo della tovaglia, e sorrise.
Era così incredibilmente tenera.
- Certo che ci vengo al ballo con te. Non te l’ho chiesto prima perché pensavo che andassi già con qualcun altro – ammise, ritrovandosi a sua volta ad abbassare lo sguardo.
Dannazione, adesso quello in imbarazzo era lui.
Perché diavolo aveva preso in considerazione il consiglio di James sul farsi avanti in modo più deciso?
Alaska tornò a guardarlo in faccia, visibilmente rasserenata, - Dici sul serio? –
Annuì.
La vide sorridere, allegra e soddisfatta, e di riflesso sorrise anche lui.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

Camille si stava infilando il suo abito, di un bel rosso intenso che metteva in risalto la sua carnagione, ma sapeva perfettamente che Abby stava continuando a fissarla.
- Che c’è? –
- Con Ryle, sul serio? –
Alzò gli occhi al cielo, sbuffando.
Era la centesima volta che si sentiva ripetere quella domanda.
Insomma, era mai possibile che a tutta l’Accademia importasse che loro due andavano al ballo insieme?
- Non è un appuntamento o qualcosa del genere -, chiarì, - Ci andiamo insieme perché approfitteremo del momento e della presenza di molti pezzi grossi potenzialmente ubriachi per estorcere qualche informazione in più su Nathaniel e tutta questa storia. –
- Tu pensi davvero che Alistair Ryle vada a un ballo in coppia senza programmare un “dopo serata”? -, Abby ammiccò maliziosamente, - Perché se lo pensi sei davvero più ingenua e innocente di quanto pensassi. –
- Io penso -, disse fulminandola con un’occhiataccia, - Che Alistair si stia davvero impegnando molto per risolvere questa situazione e che si comporterà da perfetto gentiluomo per tutta la serata. –
Abby roteò gli occhi.
- D’accordo, ma quando ci proverà non dire che io non ti avevo avvisata. –
Poi tornò a dedicarsi al suo abito, sistemandolo affinchè il corpetto aderisse meglio alla vita sottile.
- Perché per te deve sempre finire tutto con qualcuno che ci prova? –
- Perché i ragazzi sono fatti così, non riescono a tenersi i pantaloni addosso -, spiegò stringendosi nelle spalle, - Specialmente se sono ubriachi. –
In condizioni normali Camille avrebbe lasciato correre, ma in quel momento la frecciatina le era stata servita su un vassoio d’argento.
- Quindi anche James ci proverà con te. –
- Jem sa che gli stacco le palle se solo prova a pensare di portarmi a letto. –
- Lo sa anche Alistair. –
Abby parve sul punto di replicare con qualcosa di sarcastico, ma all’ultimo minuto decise di trattenersi.
Meglio così.
Era grande e vaccinata, poteva andare a uno stupidissimo ballo senza strane conseguenze.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

Quando mise piede fuori dal dormitorio femminile trovò Dragomir ad attenderla.
Indossava un completo che lo faceva sembrare più grande e maturo del solito.
Le sorrise, lasciando vagare lo sguardo dall’alto in basso, mentre gli si avvicinava.
S’inchinò a farle un lieve baciamano, prendendola sottobraccio e scortandola lungo le scale.
- Stai benissimo. –
Gli sorrise, - Ti ringrazio, anche tu. –
- Ho saputo di King – continuò, mentre si dirigevano verso la sala da ballo, - Immagino che sia stata una situazione imbarazzante. –
Annuì appena, sistemandosi meglio una delle onde sfuggite dall’acconciatura, - Abbastanza. Ho cercato di rimediare proponendogli un ballo durante la serata. –
- Se fossi uno di quei ragazzi insicuri sarei geloso. –
- Ma non lo sei … -
- Non lo sono. –
- Quindi non ho appena creato un problema, giusto? –
Le accarezzò una guancia, prolungando il contatto un po’ più di quanto non fosse strettamente necessario, - Non hai creato nessun problema, maluk. –
- Maluk? –
- È un vezzeggiativo bulgaro, niente di che. –
- Capisco … forse però è il caso di entrare, ci stanno guardando tutti – disse, accennando con il capo al gruppetto di studenti che stavano attendendo loro per fare l’ingresso nella sala.
Sembravano persino più perplessi di prima, ora che li vedevano in atteggiamenti così amichevoli.
- Già, hai ragione. –
Le tenne aperta la porta, seguendola a ruota, e poi la prese nuovamente sotto braccio e la scortò direttamente in pista.
Il primo ballo della serata era un lento melodioso e armonico, più un ballo da coppie che altro, e Katherine si ritrovò stretta tra le braccia del bulgaro ancora prima di realizzare cosa stesse accadendo.
Dragomir era un ottimo ballerino, quindi fu semplice trovare il giusto ritmo, ma non riusciva a scacciare la sensazione d’imbarazzo che l’assaliva.
Era strano, non si era mai sentita così quando si allenavano insieme.
Eppure continuava a non essere a suo agio.
Quando la musica s’interruppe, vide Benjamin battere leggermente sulla spalla di Dragomir.
- Ti spiace se ti rubo la dama per un ballo? –
Non disse una parola, limitandosi ad annullare la presa su di lei con un sorriso e ad abbandonare la pista.
- Non mi sembrava che ti stessi divertendo molto – constatò, cingendole la vita e attirandola a sé.
- Ero un po’ a disagio – ammise, posandogli la mano destra sulla spalla e inspirando il profumo leggermente muschiato che irradiava.
Benjamin era un ballerino meno preciso di Dragomir, ma l’idea di stare nella sua stretta non la metteva in soggezione com’era avvenuto prima.
- E con me? –
- Con te cosa? –
- Sei a disagio con me? –
La fissava dritta negli occhi con intensità e l’espressione sul suo viso era stranamente seria.
Non capitava spesso di vederlo così, se si escludevano le partite di Quidditch.
- No -, confessò, - non mi sento a disagio. –
- Bene. –
C’era un’ombra di sollievo misto a compiacimento nel suo sguardo o la sua immaginazione le giocava strani scherzi?
Lo vide avvicinarsi leggermente al suo volto, continuando a fissarla come se al mondo esistesse solo lei, e si chinò leggermente.
I loro nasi si sfioravano quasi quando la musica s’interruppe.
Rimasero così finchè, con la voce leggermente roca, Benjamin prese la parola: - Sembra che il ballo che mi è stato concesso sia terminato. –
Trasognata, si ritrovò ad annuire.
- Già, così sembra. –
Avrebbe voluto continuare a danzare con lui per tutta la serata, ma il suo orgoglio era troppo forte per permetterle di ammetterlo e, in aggiunta a ciò, erano venuti al ballo con altre persone … non potevano limitarsi a scaricarli lì, non sarebbe stato carino.
- King … - lo richiamò, vedendolo allontanarsi.
- Sì? –
- È stato bello. –
Le sorrise radioso, - È stato più che bello, Shafiq. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

Sonya aveva ascoltato pazientemente ogni considerazione operata dai membri del consiglio dell’Accademia e non vedeva l’ora che quella serata avesse termine.
A sentire certi individui sembrava quasi che lasciare il comando a Nathaniel senza nemmeno opporglisi fosse la scelta migliore per tutti loro.
Ne era assolutamente disgustata.
Stava giusto cercando una scusa per sfuggire dalla conversazione quando un urlo proveniente dal parco risuonò distintamente fin dentro la sala.
Il servizio di sicurezza accorse, mentre gli studenti si avvicinavano incuriositi.
Si fece largo con decisione, portandosi una mano alla bocca quando lo vide.
Mclouis, uno studente del sesto anno, era riverso al suolo con la gola squarciata.
Accanto al cadavere, sul muro candido, erano state vergate delle parole con il suo stesso sangue:

“Uno di voi è già morto, non occorre che ne seguano altri.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice: 

Come promesso, eccoci qui con il nuovo capitolo. Ne approfitto per comunicarvi che ho indetto un’interattiva come prequel di Avalon, se volete passare a darle un’occhiata mi farebbe piacere (si chiama Avalon – L’inizio).
Per ora è tutto.
Al prossimo capitolo.
Stay tuned.
XO XO,

Mary Santiago

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

 

 

 

 

 

- Credevo che avessero sigillato il passaggio del capanno, quindi come diavolo é potuto accadere? … No, non voglio sentire scuse, non me ne faccio nulla delle vostre dannate giustificazioni! Un ragazzo é morto! Morto! –
La voce di Sonya risuonava chiaramente fuori dallo studio, malgrado le porte fossero state accuratamente chiuse.
Il corpo di Connor McLouis era stato portato in infermeria, dove sarebbe rimasto finchè i suoi genitori non fossero arrivati all’Accademia per portarlo via e celebrare le esequie.
- Vi direi di non origliare, ma non credo che in questo caso si possa parlare di spiare le conversazioni altrui; insomma, non è che Sonya si stia preoccupando granchè della riservatezza. –
Volsero lo sguardo verso l’uomo che avanzava nel corridoio.
Assomigliava molto a Jackson, se non fosse stato per le iridi verdi, e aveva persino lo stesso modo di camminare e la medesima intonazione.
Alphard Van der bilt, lo zio di Jax, era l’unico dei “pezzi grossi” a non indossare un completo elegante; vestiva in modo casual, interamente di nero, e sembrava decisamente più giovane dei suoi quarant’anni.
Era il capo degli interrogatori della divisione Auror dedicata alle intercettazioni, al monitoraggio di elementi pericolosi e agli interrogatori.
“Il capo delle spie” come lo chiamavano spregiativamente al ministero, ma mai a voce abbastanza alta da farsi sentire.
Alphard Van der bilt era un vero e proprio mastino, se si metteva in testa di rovinarti la vita allora si poteva stare sicuri che avrebbe trovato anche la più piccola azione illegale che avevi commesso e te l’avrebbe fatta scontare con il massimo della pena possibile.
Posò lo sguardo su Jackson, lasciando trapelare per un attimo il sollievo di trovarlo sano e salvo.
- Chi é il ragazzo ucciso? –
- Connor McLouis, uno studente del sesto anno – replicò Jax.
- E voi state bene … Jax, Kat, Alistair, Ben? –
Conosceva quei ragazzi da una vita e aveva frequentato l’Avalon con i loro genitori, molti dei quali erano stati ed erano tutt’ora i suoi migliori amici.
Sarebbe stato crudele da ammettere, ma era contento che il morto non fosse nessuno di loro.
- Noi stiamo bene. Un po’ scossi, ma bene –, assicurò Alistair, - Mio padre, Marcus e William sono già nello studio – aggiunse poi, accennando alla porta in mogano.
- Oh, lo so. Il mio compito non è quello di assistere a questi piccoli summit in cui non si decide mai nulla; io indago e interrogo e, al contrario di quei quattro che continuano a considerarvi come dei mocciosi, so bene che siete in grado di affrontare tutto questo. –
Camille posò lo sguardo su di lui, sgranando gli occhi.
Stava dicendo quello che credeva lei?
Forse, una volta per tutte, qualcuno li avrebbe trattati come adulti?
Jackson sembrava pensarla come lei, perché guardava lo zio con stupore.
- Stai forse dicendo che vuoi coinvolgerci nelle indagini? –
Assentì brevemente.
- Qualcosa del genere. Per il momento io e Rebekah ci occuperemo di interrogarvi -singolarmente. Francamente non credo che qualcuno di voi sia coinvolto, ma potreste aver notato qualcosa che a noi è sfuggito. –
- Dicci cosa dobbiamo fare e lo faremo. –
- Per il momento state calmi -, si soffermò in particolare su Katherine, - E non fate gesti avventati. Sarò io a chiamarvi quando ne avrò bisogno e … -
Non seppero mai cosa voleva aggiungere, perché lo studio di Sonya venne aperto e la preside uscì dalla stanza con foga.
Aveva un’espressione furiosa, carica di rabbia e odio, che non le avevano mai visto prima.
- Alphard! –
- Sonya -, salutò, - Sembri pronta alla guerra. –
- Lo sono ed è una guerra che intendo vincere, costi quel che costi. –
Baron Ryle comparve alle sue spalle, posandole una mano sul braccio, come invitandola a fare silenzio, - Sonya, ci sono i ragazzi. –
- La maggior parte di loro è maggiorenne, Baron -, gli fece notare Alphard, - Per la legge sono adulti. –
- Sono ancora dei ragazzini. –
- Lo eravamo anche noi vent’anni fa, ma questo non ci ha certo fermato. –
- E guarda come è finita; abbiamo perso amici, mogli e mariti … persone che amavamo. Non sono d’accordo nel coinvolgerli. –
- Nemmeno io – convenne William Van der bilt.
- Il mio fratellone che non è d’accordo con me, che sorpresa. –
- Alphard, non è il momento. –
- Non è mai il momento, Will. Tirerai mai fuori le palle? –
Jackson tossicchiò, ricordando loro che stavano facendo una sceneggiata davanti a tutti. –
La zia Eleanor sarebbe stata d’accordo con noi … lei ci avrebbe coinvolti e anche Jasper; anche lui ci avrebbe permesso di fare la nostra scelta. –
William guardò il figlio con espressione a metà tra il ferito e il sorpreso.
Jackson non prendeva mai decisioni completamente opposte in pubblico: in privato si scannavano, ma in pubblico si trincerava dietro a una maschera gelida.
Eppure si stava esponendo.
Katherine annuì, facendosi avanti, - Mio padre mi avrebbe detto di combattere per ciò in cui credo, di mettermi in gioco, di resistere … di essere coraggiosa. Eppure davanti a me vedo uomini grandi e grossi che hanno paura. Se vi lasciate paralizzare dalla paura, se non reagite e vi nascondete, Nathaniel ha già vinto. –
Alphard sorrise, orgoglioso.
- Io vedo giovani uomini e donne valorosi, non ragazzi, non bambini da proteggere. –
- Lo vedo anche io –, convenne Sonya, - Perciò da adesso siete tutti coinvolti, se lo desiderate. Dovrete allenarvi seriamente, lavorando ogni sera con scrupolo. Comincerete questa sera: alle 22 nell’aula magna. –
Scambiarono un’occhiata tra loro: non c’era bisogno di parole.
Erano tutti d’accordo.

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

- Reagiranno. –
Lilian inarcò un sopracciglio, sorpresa, - Come fai a dirlo? –
- Conosco bene Sonya; l’ho colpita tanto forte da spingerla a prendere una decisione. –
- Ne sembri contento … non dovrebbe essere il contrario? Credevo che quello che abbiamo fatto servisse a spingerli ad accettare di lasciarti il comando. –
Scosse la testa, accarezzandole distrattamente una guancia.
- L’impetuosità della gioventù ti distoglie dall’obiettivo principale, mia cara. Io non voglio conquistare il comando, voglio distruggere l’ordine dell’Avalon e portarvi il mio. Per farlo non ho bisogno del loro assenso, ma della loro resa incondizionata. –
Lilian parve perplessa, ma non espose oltre le sue considerazioni.
Nathaniel era sempre un passo avanti rispetto a tutti loro.
Ammirava la sua furbizia e la sua capacità di essere al contempo lucido e machiavellico.
Lo vide voltare lo sguardo verso la figura che arrancava sulla salita, andando loro incontro.
Lo sparviero di Nathaniel volteggiava qualche metro sopra la testa corvina di Gabriel.
Si mosse velocemente in cerchi concentrici, poi scese in picchiata.
Doveva aver adocchiato la sua nuova preda.
Riemerse tenendo un passero stretto tra gli artigli.
Un po’ come Nathaniel aveva serrato le sue mani sull’Accademia.
- La nostra piccola spia ha mandato una lettera: sembra che la zietta abbia deciso di reclutare gli studenti -, sorrise divertito, - come se servisse a qualcosa. –
Esattamente come aveva previsto.
Mosse e contromosse.
Alzò lo sguardo verso lo sparviero che stava ingoiando l’ultimo boccone di passero.
- Skyron! –
L’animale planò giù, appollaiandosi sulla sua spalla.
Soppesò il pezzo degli scacchi che teneva stretto tra le mani.
Inserì la regina bianca nella busta, insieme a un foglietto con poche semplici parole vergate con la sua elegante calligrafia: “A te la mossa”.
Legò accuratamente la missiva alla zampa che Skyron gli porgeva, in attesa.
Lo sparviero spiccò il volo, seguendo le correnti d’aria con la feroce grazia che lo contraddistingueva.
Sarebbe arrivato all’Avalon nel giro di un’ora.
E allora la partita sarebbe finalmente cominciata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice: 

Salve!
So perfettamente che il capitolo è scandalosamente corto, ma è un po’ di transizione e mi serviva per chiedervi un paio di cosette:

- come ha reagito il vostro OC alla morte di uno studente?
- cosa ne pensa degli allenamenti a cui dovranno sottoporsi?
- è disposto a uccidere?
- in campo fisico (quindi non magico) ha qualche talento particolare (per es. arti marziali, maneggiare armi, etc.)?
- con che tipo di arma potrebbe decidere di allenarsi?
- utilizzerebbe mai una maledizione senza perdono?

 
Vi chiedo di mandarmi le risposte tramite messaggio privato con oggetto “Risposte Avalon – “Nome OC”.
Prima mi arriveranno le risposte e prima avrete il nuovo capitolo ;)
Alla prossima.
Stay tuned.
XO XO,
Mary Sibley

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8

 

 

 

 

 

- Ehy. –
Jamie sentì chiaramente il corpo muscoloso che scivolava accanto a lei, appoggiando la schiena alla parete di marmo, ma non alzò lo sguardo verso di lui.
- Non ti ho vista fuori dallo studio di Sonya. Stai … insomma, stai bene? –
- Sto bene. –
Assottigliò lo sguardo, scrutandola serio.
- Non mi sembra affatto che tu stia bene. –
- Ah, sì? E come ti sembro? –
Pronta a sbranarlo fu la prima cosa che gli venne in mente, ma decise di tenere il commento per sé.
JJ era una ragazza forte e doveva detestare l’idea di apparire toccata da un avvenimento come quello.
Conosceva quel tipo di reazione, era la stessa che aveva Katherine.
Era pronto a scommettere che la morte dei suoi genitori le echeggiasse nella testa.
Probabilmente non sarebbe riuscita a dormire decentemente per giorni.
- Scioccata, sconvolta … pronta a chiuderti a riccio in te stessa. Un comportamento che non ti fa bene, JJ – sussurrò.
- Non venirmi a dire cosa mi passa per la testa, Van der bilt, perché non ne hai la minima idea. –
No, era vero.
Lui non aveva perso i genitori.
Gli unici morti in quei folli scontri erano stati i suoi zii e, per quanto fosse loro legato, sapeva di non essere in grado di capire un dolore profondo e assoluto come quello.
- Hai ragione, ma so che ti farebbe bene reagire. Questa sera abbiamo il primo incontro per addestrarci. –
Questo sì che attirò la sua attenzione.
Lo guardò finalmente dritto negli occhi.
- Sonya ha deciso di coinvolgerci? –
- Sì. –
- Bene, finalmente ci danno modo di reagire. –
Fece per alzarsi, ma sentì la mano di Jackson trattenerla gentilmente per il polso.
- JJ, se hai bisogno di parlare … -
- Parlarne forse funzionerà per Katherine, ma non per me, Jax. –
Si sottrasse dalla presa e riprese ad allontanarsi lungo il corridoio.

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

Alaska sciolse l’abbraccio in cui lei e Christopher erano rimasti avvinti fino a quel momento.
Le sembrava di avere il cadavere di Connor ancora davanti agli occhi.
- Non ci avevo mai nemmeno parlato. Insomma, era un mio compagno di scuola eppure non lo avevo mai degnato della minima considerazione -, mormorò, - Sono davvero così egoista e superficiale da concentrarmi solo su quello che mi riguarda? –
Christopher scosse la testa, accarezzandole una guancia.
- Non dirlo neanche per scherzo. Il fatto che conoscessi Connor di vista non significa che gli avessi dedicato chissà quanto tempo più di te. Sì, ci ho chiacchierato qualche volta, ma è finita lì. Non possiamo esserci per tutti quanti. –
- Connor se ne stava spesso per i fatti suoi -, confermò James, - nessuno di noi l’ha mai frequentato granchè. –
Abby giocherellò con il bracciale che portava al polso, fissando risolutamente il pavimento. – Non voleva essere coinvolto nei nostri casini, come biasimarlo? Eppure alla fine c’è rimasto comunque e ha pagato più di chiunque altro. –
Sentiva gli occhi bruciarle e si maledisse mentalmente.
Insomma, quello morto era Connor, non lei o uno dei suoi amici.
Piangerlo era un lusso che doveva spettare solo a chi gli era legato; ai suoi genitori, agli amici, alla sua ragazza che aveva urlato in modo tanto straziante da farle credere che il cielo notturno sarebbe andato in frantumi davanti all’immensità del suo dolore.
- A Connor -, sentenziò alzando in aria la bottiglia di Whiskey che ancora stringeva, - E al momento in cui verrà finalmente vendicato. –
Buttò giù un sorso profondo, passando la bottiglia a James.
L’amico ne prese a sua volta un sorso e lo passò agli altri due.
- A Connor – confermò Christopher, continuando a tenere stretta Alaska.
- E alla vendetta. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

- Lo zio di Jackson gliene ha cantate davvero quattro – considerò Ruby.
Teneva le gambe accavallate e il corto tubino che indossava metteva in risalto la pelle candida.
Appariva perfettamente rilassata, come se quello che fosse successo poche ore prima non l’avesse minimamente colpita.
- Sembra che non te ne importi nulla. –
- Non conoscevo Connor, quindi sarei ipocrita nel dire che la sua morte mi ha toccata. Insomma, la maggior parte dei presenti non è davvero addolorata per lui; no, semplicemente ha paura che possa essere il prossimo della lista. –
Alistair inarcò un sopracciglio.
Era un modo di vedere le persone incredibilmente cinico, come se i sentimenti umani si scatenassero solo nel momento in cui qualcosa ti toccava da vicino.
- Quindi tu non hai paura? –
- Certo che ho paura, non sono mica stupida -, sbottò, - ma non mi piango addosso perché non servirà a nulla. Non sarà né il lutto né le lacrime a impensierire né tantomeno fermare Nathaniel … figuriamoci quegli altri sadici. –
Avrebbe voluto prendere a testate il muro per la sua stupidità.
Aveva appena ammesso di conoscere le persone che accompagnavano Nathaniel nella sua folle guerra personale.
Pregò silenziosamente che ad Alistair fosse sfuggito, ma ovviamente non era così.
Merlino doveva avercela davvero con lei.
- Gli altri sadici? Sembra che tu sappia bene di chi stai parlando. –
- Dicevo per dire. Per stare con lui non devono essere a posto con la testa – minimizzò.
- Ti sembro forse stupido, Cassel? –
Storse le labbra in un sorriso beffardo. – Cos’è una domanda retorica? –
L’occhiata che le rivolse fu un messaggio chiaro.
Non si sarebbe lasciato distrarre da quei giochetti.
Sospirò, portando indietro le onde color sangue.
- D’accordo, magari quando sono arrivata all’Avalon in quello stato era perché avevo incontrato sulla mia strada Nathaniel e i suoi -, cedette, - e magari dopo aver passato qualche giorno nelle loro mani mi sono fatta un’idea di chi siano le sue “ombre”. –
- E? –
- E una é Lilian Campos -, non aveva dubbi che riconoscesse immediatamente il nome perché erano pochi gli studenti di Castelobruxo che giungevano all’Avalon, - mentre l’altro è Gabriel. –
- Gabriel Cassel, tuo fratello? –
Emise uno sbuffo beffardo. – Già, di solito quando mi riferisco a lui è così che lo chiamo, senza tutte quelle precisazioni. E, prima che il tuo cervello cominci a far ruotare gli ingranaggi a mille, sappi che io non sono coinvolta con loro in alcun modo – concluse.
Su quello non transigeva.
Suo fratello poteva essere un pazzo e lei poteva essere considerata “la strana”, ma non aveva sangue innocente sulle sue mani.
- Non ci ho pensato nemmeno per un secondo – asserì.
- No? –
Adesso era sinceramente sorpresa.
- No. Se dovessimo essere giudicati per i nostri fratelli allora di sicuro non sarei il primo a poter scagliare una pietra. –
Già, Sebastian era un vero imbecille.
- Quindi mi credi e non mi denuncerai ad Alphard o a Sonya? –
- Ti credo. –

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

- Ragazzi, io torno alle mie ricerche. Ho un dubbio che voglio chiarirmi prima dell’incontro di questa sera – decretò Camille, salutandoli con un cenno del capo e lasciandoli soli.
Non era certa che fosse un bene lasciare Katherine in balia sia di Benjamin che di Dragomir, ma dubitava che i due ragazzi si sarebbero messi a fare una gara a chi aveva più testosterone in un momento come quello.
- Benjamin potrebbe darti una mano. I suoi genitori erano compagni di scuola di Nathaniel, magari gli hanno raccontato qualcosa che potrebbe tornarti utile nella ricerca – la buttò lì Dragomir, rivolgendo un sorriso del tutto innocente all’indirizzo del compagno di scuola che aveva assunto un’espressione truce, - Io accompagno Katherine al dormitorio. Non è sicuro girare per il castello da soli in questo momento. –
E tanti saluti all’ipotesi di non intavolare una discussione in un momento come quello.
- Veramente non voglio affatto riposarmi, preferisco essere io ad accompagnare Camille. Ho bisogno di rendermi utile in qualche modo. –
- Ne sei sicura, Kat? –
Annuì. – Mai stata più sicura di qualcosa. –
- Se escludiamo l’idea di fare la pelle a Nathaniel – concluse ironico Benjamin.
Gli sorrise, annuendo graziosamente, come se stessero parlando di qualcosa di fin troppo normale. – Esattamente. Passate un buon pomeriggio insieme, ragazzi. Ci vediamo questa sera. –
Picchiettò le unghie lunghe sul petto muscoloso di Ben, seguendo Camille fuori dal salone.
- Credi che sia una scelta lasciarli da soli? –
- Non finiranno con l’ammazzarsi a vicenda, se è quello che pensi. –
Arricciò il labbro. – Ho i miei dubbi. –
- Rilassati, Cam. Sono abbastanza maturi per capire quando non è il momento di fare scenate. –
Sgranò gli occhi, sorpresa. – Credevo che non avrei mai visto il giorno in cui avresti detto che Benjamin King è maturo. –
- Diciamo che lo sto rivalutando -, ammise, - e tutto sommato non è poi così male. –
- E? –
- E cosa? –
- Stai per confessarmi che comincia a piacerti? –
Le rivolse un sorriso furbo. – Perché, ho mai detto il contrario? –
La oltrepassò, lasciandola senza parole, e si diresse verso lo scaffale più vicino per cominciare la loro piccola ricerca storica.

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 


 

- Katherine ha già un migliore amico, sai? –
Dragomir gli rivolse un’occhiata perplessa. – Dovrei capire di cosa stai parlando? –
- Intendo dire che tutta questa sceneggiata -, gesticolò con le mani, - sul fare l’amico protettivo è abbastanza patetica. Lei ha già Jax per questo. –
Il bulgaro si guardò attorno.
- Non mi sembra che Jackson fosse qui. E poi, King, non ha alcun desiderio di rimpiazzarlo –, tacque per un momento, - non mi interessa essere il suo amichetto del cuore. Non dirmi che temi la concorrenza. –
L’implicazione era evidente e il sorriso che gli stirava le labbra gli faceva venire ancora di più voglia di prenderlo a pugni fino a cancellargli quell’espressione dal volto.
- Per nulla, Atanasin, proprio per nulla. –
- Meglio così. Ci vediamo questa sera, King. –
Gli voltò le spalle e si allontanò.
Già, quella serata d’allenamento si prospettava decisamente interessante.
Aveva una gran voglia di prendere a pugni qualcosa … o qualcuno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice: 

Eccoci con il nuovo capitolo.
È stata sganciata una bella bomba di parentela come potete notare; chissà se Alistair si fida davvero di Ruby o se la sua era solo una tattica?
Spero che vi sia piaciuto e vi annuncio che dal prossimo vedremo finalmente l’addestramento.
Piccola curiosità in tema ship: siete team Benjerine o Katamir?
Al prossimo capitolo.
Stay tuned.
XO XO,
Mary

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9

 

 

 

 

 

 

Sonya era già all’interno della stanza adibita a palestra per l’occasione quando il gruppo di studenti vi mise piede.
Indossava una tuta scura e portava i capelli biondi raccolti in una sbarazzina coda di cavallo.
Era un cambiamento notevole se si considerava il fatto che solitamente indossava abiti -formali e su misura.
Accanto a lei c’erano tre figure che sistemavano silenziosamente l’attrezzatura per l’allenamento.
Miro Shafiq, il fratello maggiore di Katherine, stava sistemando la zona fitness e cardio mentre Rebekah radunava all’angolo dei vari tatami le protezioni per il corpo a corpo.
Alphard, invece, era accanto a Sonya e giocherellava distrattamente con un blocchetto di pergamene formato tascabile, uno di quelli che utilizzavano spesso reporter e Auror.
La direttrice si schiarì la gola, riportando l’attenzione su di sé.
- Sono lieta di vedervi tutti qui, mi fa capire che avete compreso a pieno l’importanza di quello che sta accadendo e del vostro ruolo. Come primo giorno inizieremo con un po’ d’attività fisica e qualche breve combattimento in modo da poter testare a pieno le vostre abilità. –
- Nel frattempo io mi occuperò di farvi un po’ di domande sulla sera del ballo. È solo una formalità, per cui non preoccupatevi – aggiunse Alphard.
Improvvisamente la presenza di quel blocchetto acquistava un significato.
Jackson aggrottò la fronte, perplesso.
- Credete che qualcuno di noi possa essere coinvolto? –
- Tutto è possibile. Se non siete coinvolti potreste pur sempre aver notato qualcosa che potrebbe aiutarci a capire chi ha messo in atto gli ordini di Nathaniel. –
- Vi divideremo in gruppi ogni giorno, cercando di essere il più equilibrati possibile. Troverete la lista degli abbinamenti di quest’oggi appesa all’angolo non appena avrete finito il riscaldamento – aggiunse Sonya, sistemandosi in un angolo insieme ad Alphard.
Chiacchieravano fittamente, ma da dove erano non riuscivano a capire cosa stessero dicendo.
Miro prese il posto della direttrice, gli occhi scuri che si soffermavano brevemente su ognuno di loro, - Cominciamo con venti giri di corsa, fatemi vedere come state a fiato. –
- Uno schifo –, borbottò Jackson dando di gomito ad Alistair che annuì con un sospiro, - Se l’avessi saputo avrei evitato di fumare prima di venire qui. –
- Meno chiacchiere e più azione. Cominciate! –

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

- Tuo fratello è un vero e proprio schiavista, sappilo – sbuffò Alaska, cercando di stare al passo della compagna di scuola.
Non aveva mai amato l’esercizio fisico in generale, preferendo di gran lunga attività più rilassanti, ma la corsa era in assoluto la cosa che più detestava.
- Io continuo a credere che sia una sorta di tortura legalizzata; insomma, se fossimo stati creati per correre avremmo avuto una struttura molto più aerodinamica – convenne Camille, tenendosi un fianco con la mano mentre rallentava l’andatura.
- A me correre piace – replicò Katherine per tutta risposta, concentrandosi sull’impatto che i piedi avevano mentre completava una falcata dopo l’altra.
- Questo perché non sei umana, è semplice. –
- Chiacchiera di meno e corri di più, Sky. –
Aumentò l’andatura, affiancandosi a Ruby e Abby che macinavano metri dopo metri.
Le doppiò, rivolgendo loro uno sguardo di sfida al quale risposero seguendola a ruota.
- Fantastico, adesso si mettono anche a gareggiare. Vogliono umiliarci del tutto. –
Camille le indicò un punto alle loro spalle.
- Guarda quei due, sembra che stiano persino peggio di noi. –
In effetti Christopher e James erano già madidi di sudore e visibilmente affannati seppure solo all’ottavo giro.
Rallentarono, accostandosi ai ragazzi.
- Sembrate scattanti come due ottantenni. –
- Simpatica, Sky, veramente simpatica. E ti informo che sono incredibilmente attraente per essere un vecchietto – constatò James, inarcando un sopracciglio.
- Immagino di sì, se consideri che a una certa età i problemi di vista dovuti alla cataratta aumentano sensibilmente. –
- Baizen, richiama la tua ragazza. –
Sia lui che Alaska avvamparono, mentre Camille sorrideva con l’aria di chi la sapeva lunga.
- Guarda che noi non stiamo mica … -
- Mica insieme, no di certo. –
- Ah, giusto. Chissà perché mi era venuta in mente un’idea così stramba. –
Lui e Camille ridacchiarono, lasciando la coppia in palese imbarazzo a borbottare chissà cosa.

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

- Sii ragionevole, Miro. Capisco che ce l’hai con me per quella storia di Emily, ma questo è vero e proprio accanimento. –
Miro gli rivolse un’occhiata perplessa.
- Emily? –
Alistair annuì. – Emily Jordan, tre anni fa. Insomma, non è un periodo troppo lungo per accanirsi così tanto? –
- Ah, Emily Jordan. Pensa, non me la ricordavo neanche. –
Emise uno sbuffo incredulo. – Sì, certo, e allora a cosa devo questo trattamento? Insomma, trenta flessioni e venti piegamenti dopo più di mezz’ora di corsa? Non può essere un allenamento comune. –
- No, infatti -, convenne, - ma se vuoi posso farti fare il mio solito allenamento: dieci chilometri, cinquanta flessioni e sessanta piegamenti. Poi ovviamente si passa al tapis roulant e ai pesi. –
Alzò gli occhi al cielo, sbuffando.
- Come non detto, mi tengo questo, grazie tante. –
Quando il ragazzo si fu allontanato, si rivolse a Jax e Ben.
- Io continuo a sostenere che ce l’ha con me per via di Emily. –
- O magari non ti tollera e basta – concluse Benjamin, intento ad allungare i muscoli di polpacci e glutei prima di cominciare le sue serie.
- Il che sarebbe davvero imperdonabile. Sei una persona così amabile, veramente squisita, e nient’affatto egocentrica. –
- Già, un vero ragazzo d’oro. –
- Così disponibile. –
- Affettuoso. –
- Per bene. –
- Dolce. –
- Ragazzi? –
- Sì? – replicarono in coro.
- Andate a farvi fottere … sul serio. –
Jackson replicò con un sogghigno. – Quello di sicuro, ma più tardi. –
Benjamin invece era intento a osservare Katherine piegarsi nell’eseguire gli squat.
Doveva dire che cominciava sinceramente ad apprezzare i pregi dei pantaloni da fitness: le aderivano come una seconda pelle e non lasciavano proprio nulla all’immaginazione.
- Magari – mormorò, trasognato.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

Abby fece capolino da dietro JJ, cercando di scorgere la lista degli abbinamenti al di sopra della spalla della ragazza.

 

 

 

Ruby

Camille

Abigail

Christopher

Katherine

JJ

Alaska

James

Alistair

Benjamin

Jackson

Dragomir

 

 

 

- Ehy, Christopher, sembrerebbe che siamo capitati in coppia! –
- Fantastico. Combatti come corri? –
Gli rivolse un sorrisetto furbo, lasciando luccicare gli occhi verde grigi.
- Non ti resta che provare per scoprirlo. –
Sospirò, alzando gli occhi al cielo.
Di tante compagnie possibili gli era toccata propria una delle ragazze più competitive di tutta l’Accademia.
La seguì sul tatami e la fronteggiò.
Abby era rapida e flessuosa esattamente come quando correva, ma dopo i primi colpi messi a segno notò che tendeva a muoversi sempre allo stesso modo.
Era ripetitiva, colpiva nella stessa traiettoria ed utilizzava sempre le stesse mosse.
Era diventato facile prevederla e anticiparla.
La mise ko tre volte prima che Miro interrompesse il combattimento e indirizzasse Abby verso l’area cardio.
- Non ti facevo così in gamba, Baizen –, constatò Miro, - Sei una vera rivelazione. –
Il che detto da lui, che era una specie di macchina da guerra nascosta nel corpo di un ventenne, era un gran complimento.
- È la prima volta che combatto -, ammise, - ma seguire i suoi movimenti era semplice. –
- Perché combatte in modo rigido e schematico. È il modo migliore per finire a terra o, nel mondo reale, lasciarci le penne. –
Già e mai come in quei giorni dovevano avere a che fare con il “mondo reale”.
- Con chi riprendo ad allenarmi? –
- Per il momento riposati e guarda gli altri, prova a farti un’idea su di loro come hai fatto con Abby. Avrai tempo per affrontarli nei prossimi giorni. –
Annuì, accomodandosi in un angolo e appoggiando la schiena al muro.
Notò subito che JJ colpiva con foga e impeto, mentre Katherine adottava un tipo di combattimento basato sull’imprevedibilità e l’originalità.
Vide un paio di mosse che ebbe l’impressione la compagna si fosse inventata sul momento.
Era originale, imprevedibile, sarebbe stata un’avversaria difficile da battere.
Benjamin invece metteva il corpo e la stazza più che la tecnica, ma si vedeva che si tratteneva probabilmente a causa dell’avere uno dei suoi migliori amici come compagno di scontro.
Alistair era sinuoso e repentino, schivava e colpiva a ripetizione, controllando bene la respirazione.
Era in parità, con un ko ciascuno, quando interruppero il combattimento e Al si diresse verso Ruby, che tendeva una mano per aiutare Camille a rialzarsi in piedi.
Ne avrebbero viste delle belle con quei due.

 

 

 

 

 

 

*

 

 

- Sei brava nel corpo a corpo. –
Ravviò una ciocca color sangue, rivolgendo un sorriso soddisfatto al ragazzo che si era fermato ad osservare lo scambio di colpi tra lei e Camille.
Erano anni che si allenava con impegno per essere sempre al meglio.
Una ragazzina doveva imparare a lottare con le unghie e i denti se voleva farsi strada da sola in un mondo duro e ostile.
- Dimmi qualcosa che non so. –
- Ma come siamo sicure di noi -, la sbeffeggiò Alistair, - Chissà se riesci a battere anche qualcuno che sa come muoversi su un tatami. –
- Vuoi proprio che ti sbatta a terra? –
- O magari sarò io a sbatterti. –
Rimase momentaneamente interdetta, colta alla sprovvista da quella battuta maliziosa.
O magari era semplicemente lei che ci vedeva della malizia, conoscendo la persona con cui aveva a che fare.
Magari Ryle si stava solo divertendo a metterla in imbarazzo.
- Ne riparleremo quando il tuo culo sarà sul tatami – sentenziò, mettendosi in posizione.
Attese pazientemente che il ragazzo si sfilasse le scarpe da ginnastica e si sistemasse di fronte a lei.
Si scambiarono un saluto formale e si misero in posizione.
- Cercherò di non farti troppo male. –
- Muoviti, Ryle, sarà un piacere prenderti a calci. –
Scattò in avanti, muovendosi rapido e aggraziato, con movimenti sinuosi e repentini come quelli di un serpente all’attacco.
Schivò il primo fendente con facilità, ma il secondo impattò contro il suo zigomo, facendola barcollare all’indietro.
Sfiorò appena la pelle contusa con la punta delle dita e storse il naso, colta da una lieve fitta di dolore.
Alistair parve come paralizzarsi e si sporse verso di lei, allungando una mano, l’espressione preoccupata sul bel volto e gli occhi verdi sgranati.
- Non pensavo di aver colpito così forte. Ti ho fatto male? Non vole … -
Non gli lasciò finire la frase e colpì a sua volta con una presa efficace che lo proiettò a mezz’aria e lo fece finire a terra.
- Mai distrarsi, Ryle -, sorrise soddisfatta, - Dimmi, è comodo il tatami? –

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

- Dovresti aprirti, lo vedo che non stai bene. –
JJ schivò un diretto di Katherine, portandosi fuori traiettoria.
- Non dirmi cosa dovrei fare, io non l’ho mai fatto con te – rimbeccò, accennando distrattamente agli avambracci coperti dalle lunghe maniche scure.
Katherine trasalì appena, sfiorando inconsapevolmente l’orlo della manica sinistra.
Ogni volta che aveva uno dei suoi attacchi le lunghe unghie laceravano la pelle alabastrina degli avambracci, affondando fino a far comparire sottili striature rosse.
Chiunque avesse assistito ad almeno uno dei suoi attacchi lo sapeva, ma nessuno ne faceva mai parola.
- Io non mi nascondo dietro al dolore come se nessuno potesse capirmi. –
- Tu non sei me, Shafiq, quindi non pretendere che mi comporti come faresti tu. –
- Sei così testarda –, sbuffò colpendola con un calcio laterale, - Chiedere aiuto non è una debolezza. –
Ricambiò il colpo con una ginocchiata.
- Magari non ho voglia di chiedere aiuto a nessuno. –
Katherine strinse gli occhi, trattenendo un gemito quando avvertì l’articolazione affondare all’altezza della bocca dello stomaco.
Adesso sì che era arrabbiata.
Fece per scagliarsi in avanti, ma trovò un petto largo e muscoloso davanti a lei.
Alzò lo sguardo a incontrare due iridi profonde che la guardavano con una lieve traccia d’apprensione.
- Questo è un allenamento, non un gioco al massacro, ritirate gli artigli gattine. –
- Ci stavamo allenando, Benjamin –, borbottò JJ, - non serve che tu accorra come una specie di principe azzurro – concluse, voltando loro le spalle e dirigendosi verso gli spogliatoi.
Benjamin inarcò un sopracciglio, - Si può sapere che accidenti le è preso? –
- Stavamo parlando e non credo le sia piaciuto quello che avevo da dirle. –
- Parlando? A me sembrava che più che altro vi steste pestando. –
Allontanò una ciocca dal volto con un gesto seccato.
- E quindi hai pensato di intervenire? Cos’è, pensavi che avessi bisogno di aiuto? Nel caso ti fosse sfuggito, King, so combattere da sola le mie battaglie. –
Lo oltrepassò, assestandogli una spallata, sparendo a sua volta verso lo spogliatoio femminile.
Alzò gli occhi al cielo, incredulo.
Donne, chi le capiva era bravo.

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

- Giuro che se mi ha sfregiato il viso lo ammazzo – ringhiò Jackson, cercando di allontanare la sacca di ghiaccio dal naso.
Rebekah però opponeva una resistenza determinata.
- Devi tenere la sacca premuta se vuoi evitare che si gonfi come una mongolfiera. –
- Oltretutto se fossi in te non farei minacce a vuoto; è grosso come un troll e direi che ti ha gonfiato per bene – constatò Alistair, sforzandosi palesemente di non scoppiare a ridere.
- Disse quello che si è fatto prendere a calci da una ragazza. –
Accusò la frecciatina, storcendo il naso.
- Non c’è affatto bisogno che me lo ricordi. –
- Direi che con il ghiaccio può bastare, mi stai congelando la faccia – aggiunse, rivolgendosi alla sorella.
Rebekah allontanò la sacca controvoglia, osservando il volto del fratello.
Il diretto di Dragomir si era infranto sul suo naso con precisione, ma sebbene gonfio il naso non era livido.
- Non c’è frattura -, annunciò, - quindi dovrebbe sgonfiarsi tra un paio di giorni. –
- Rendiamo grazie a Merlino –, sentenziò Benjamin giunto sul momento, - Non avrei sopportato giorni e giorni di lamentele sulla sua bellezza deturpata. –
La rispostaccia di Jackson venne interrotta dalla voce di Sonya che li richiamava all’ordine.
Raggiunsero il centro della sala, sistemandosi in semicerchio.
- Abbiamo avuto modo di constatare il vostro livello di base e, se alcuni sono abbastanza avanti nella preparazione, gli altri dovranno recuperare un po’ di forma fisica. Avrete tempo di migliorare nel corso dei prossimi incontri. Il prossimo allenamento sarà tra due giorni, stesso posto stessa ora. Potete andare – concluse.

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

- Ho visto un po’ di tensione nel tuo allenamento con Jamie. –
Si voltò verso Dragomir, che aveva allungato il passo per affiancarla nella strada verso il dormitorio.
- Già, non è stato un momento particolarmente edificante. –
- Ti va di raccontarmi cosa è successo? – chiese, passandole un braccio intorno alle spalle con nonchalance.
Ci mise un paio di secondi a rilassarsi sotto la morsa di quel contatto.
Dopo averlo visto combattere Dragomir le appariva ancora più grosso e letale di quanto non fosse.
Eppure era gentile con lei, pronto all’ascolto.
- Ho semplicemente fatto notare a JJ che chiudersi nel dolore non porta a nulla. 
- Immagino che prendere a calci e pugni durante una discussione aiuti a rafforzare il concetto -, rise, - ma non credo che questa volta sia servito a molto. –
Rimase interdetta.
Non credeva di aver mai sentito ridere Dragomir.
Di solito se ne stava sulle sue, le poche volte che sorrideva lo faceva in modo sghembo e velatamente ironico.
Eppure quella volta aveva riso di gusto, lo si capiva dalla genuinità con cui gli era sgorgata quella risata.
- Perché mi fissi come se fossi un cane a tre teste? –
- Credo di non averti mai sentito ridere prima d’ora, non in modo sincero perlomeno. –
- Non c’era mai stato molto per cui ridere; non so se l’hai notato, ma non piaccio molto da queste parti – la rimbeccò, stringendosi nelle spalle.
- A me piaci. –
Le rivolse un sorriso sghembo, fissandola dritta nelle iridi nocciola, - Anche a me piaci. –
Fu un attimo e Katherine sentì le labbra sottili del ragazzo posarsi sulle sue.
Rimase interdetta, realizzando a malapena che tutto sommato Dragomir baciava bene, per poi ritrovarsi a fissarlo nuovamente negli occhi.
C’era un’espressione strana nel suo sguardo, qualcosa che non vi aveva mai visto.
- Perché? –
Si diede mentalmente dell’idiota.
Poteva uscirle una domanda più stupida tra le centinaia che avrebbe potuto fare?
Dragomir si strinse nelle spalle. – Te l’ho detto, mi piaci. –
Poi, repentinamente come l’aveva baciata, le augurò la buonanotte e si diresse verso il dormitorio maschile.
Rimasta sola, non le rimase che varcare l’ingresso di quello femminile.
Era ancora frastornata quando si fece scivolare sotto le coperte dell’ampio letto a baldacchino.
Merlino, quella giornata era stata davvero strana.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Eccoci qui con il nuovo capitolo, perdonate l’attesa ma è stato un periodo di fuoco. A breve aggiornerò anche tutte le mie altre storie. Abbiamo una piccola scena Katamir che potrebbe voler dire tutto o nulla, ma che vi assicuro assumerà tutto un significato nei prossimi capitoli … Oltretutto nel prossimo capitolo ci sarà un avvenimento decisamente inaspettato che sconvolgerà un bel po’ i nostri ragazzi. Ebbene sì, sono in modalità criptica, ma vi tocca sorbirmi così per evitare spoiler fastidiosi.
Spero di riuscire ad aggiornare entro la fine della settimana.
Al prossimo capitolo.
Stay tuned.
XO XO,
Mary

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10

 

 

 

 

Riaprì gli occhi e si stiracchiò, gemendo silenziosamente.
L’allenamento della sera precedente l’aveva a dir poco distrutta e il suo corpo protestava sonoramente all’idea di affrontare un’intera giornata di lezioni.
- Ditemi che non sono l’unica a essere a pezzi. –
- Non riesco a muovere neppure un muscolo, quindi direi che siamo in due – mormorò Camille.
JJ ed Abby erano già in piedi, fresche come rose, intente ad indossare la divisa dell’Avalon.
- Secondo me non sono umane – sussurrò Alaska, mettendosi a sedere controvoglia e scoccando un’occhiata alla sveglia sul comò, - Per le mutande di Merlino, è tardissimo. –
- Non potevate avvisarci? –
- Avremmo potuto -, convenne Abby, - ma così ci saremmo perse l’occasione di vedervi scapicollare per non fare tardi a lezione. –
- Molto divertente, voi sì che siete delle vere amiche. –
Mimò un bacio a mezz’aria. – Non c’è di che, dolcezza. –
Trascinò il corpo stanco fin sotto la doccia, ascoltando Camille che imprecava cercando di recuperare tutti i libri sparsi in giro per la stanza.
Doveva ammettere che nessuna delle quattro era particolarmente ordinata, ma in quel periodo la loro stanza era simile a un campo di battaglia dopo l’esplosione di una bomba.
Certo, dopo tutto quello che era successo in quei giorni nessuno avrebbe potuto biasimarle: la loro testa era da tutt’altra parte.
Sentì Camille bussare contro la porta del bagno.
- Sky, stai consumando un’altra volta tutta l’acqua calda? –
Richiuse il rubinetto, colta in flagrante.
- Assolutamente no, stavo mettendo la crema – mentì.
Ricordava con precisione come aveva reagito Camille quando la settimana prima l’aveva costretta a una doccia fredda.
Beh, non era stata affatto una bella scena.
La dolce Cam era diventata una vera e propria iena e per qualche breve istante Alaska aveva temuto davvero di essere Schiantata.
Le lasciò il bagno, vestendosi alla velocità della luce, e afferrò al volo la borsa in pelle di drago.
Jamie inarcò un sopracciglio, divertita.
- Cerchi di scappare? –
- Ovvio. Non può Schiantarmi in piena mensa, ha una reputazione da brava ragazza da difendere. –
Richiuse la porta della loro stanza proprio mentre l’urlo di Camille superava la barriera del suono.
- SKY! –
Corse giù per la rampa di scale, finendo con il travolgere in pieno un povero malcapitato sbucato dal dormitorio maschile.
Non caddero solo grazie alla prontezza di riflessi del ragazzo, che mantenne l’equilibrio e le strinse le braccia intorno alla vita.
- Dove corri, terremoto? –
Volse lo sguardo verso Jackson, sorridendo malandrina, - Fuggo da Camille e dalla sua rabbia da doccia fredda. –
- Ah -, sorrise a sua volta, - Sì, conosco quella situazione. Anche se di solito io scappo da Alistair. –
La voce di Christopher precedette la sua comparsa.
- Chi sta scappando da chi? –
Alaska lo vide sgranare gli occhi, soffermandosi sulle mani di Jax poggiate sulla sua vita.
Appariva decisamente sorpreso e, all’apparenza, sconcertato.
- Che sta succedendo? –
- Alaska mi è saltata addosso – scherzò Jackson.
Pessima scelta.
Decisamente pessima.
Le iridi azzurre di Christopher si assottigliarono.
- Ah, sì? Bene, se volete scusarmi vado a mensa. –
Li oltrepassò fissando ostentatamente dritto davanti a sé.
- Christopher … -
Niente, non diede segno di averla sentita.
- Magari è la volta buona che si decide a prendere in mano la situazione – sentenziò Jackson, ravviandosi i capelli.
- In che senso? –
- Nel senso di ammettere che gli piaci, Sky. Insomma, è sotto gli occhi di tutti, dovrebbe davvero darsi una mossa … sei troppo carina per essere lasciata in sospeso – concluse, rivolgendole un cenno del capo e dirigendosi a sua volta verso la sala mensa.
Rimase sola a metabolizzare la cosa.
Piaceva a Christopher.
L’avevano capito tutti tranne lei.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

- Alphard ti ha interrogato ieri? –
James annuì, giocherellando distrattamente con il cibo nel piatto.
- Cosa ti ha chiesto? –
- Solite cose: dov’ero in quel momento, cosa stavo facendo e se avevo visto qualcosa di sospetto. –
- E tu? –
- Io cosa, Kat? –
- Hai visto qualcosa di strano? –
Scosse la testa.
- Niente di diverso dal normale, ma per la maggior parte del tempo sono stato a giocare a Magipoker con Abby; eravamo lontani dall’uscita esterna. –
Annuì, pensierosa.
Era da un po’ di tempo che ci pensava e cominciava a credere che la sua supposizione fosse corretta.
Per prendersi il rischio di agire in quel momento, Nathaniel doveva essere sicuro di portare a termine l’obiettivo … doveva avere una spia tra di loro.
Ma chi?
Escluse all’istante Jamie e Jackson, la prima aveva perso i suoi genitori e il secondo non l’avrebbe mai tradita in quel modo.
Abby e James erano insieme, non avrebbero potuto avvisare Nathaniel sul momento migliore per agire.
Benjamin stava ballando con lei in quel momento ed Al e Camille erano impegnati a intrattenere gli ospiti nella speranza di scoprire qualcosa.
Gli unici che erano rimasti soli e avrebbero potuto agire erano Ruby e Dragomir.
Indugiò prima su una e poi sull’altro.
Chi dei due faceva il doppio gioco?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

- Non ti ruberò molto tempo, Alistair. –
Annuì, osservando Alphard Van der bilt comodamente seduto sulla poltrona dello studio che gli era stato assegnato.
- Nessun problema, Trasfigurazione non è una delle mie materie preferite. –
- L’interrogatorio è solo una formalità, ma pur sempre necessaria. Hai visto qualcosa di strano al ballo? –
Scosse la testa.
Il ballo era stato niente più che un ballo come tutti quelli degli anni precedenti: musica, gossip, qualcuno un po’ ubriaco o su di giri.
- Nessun potenziale omicida. –
- Dritto al punto, mi piace -, approvò, - E che mi dici dei tuoi compagni di scuola? C’è qualcuno di cui non ti fidi? –
Beh, c’era Ruby che non voleva parlare di quello che era successo nei giorni di prigionia in mano a Nathaniel … e per giunta aveva un fratello tra le fila di quello psicopatico.
E poi Dragomir, che se ne stava sempre sulle sue ed era dannatamente inquietante.
E infine Sebastian, suo fratello, che sembrava non volersi esporre troppo palesemente contro Nathaniel.
Tre sospettati, ma nessuna prova inoppugnabile.
- No, perlomeno nessuno che accuserei senza prove. –
Alphard lo soppesò per un istante, poi annuì.
- Bene, è tutto. Se ti viene in mente qualcos’altro sai dove trovarmi. –

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

- Ruby Cassel è richiesta dalla direttrice Wilson – annunciò uno studente del terzo anno, facendo capolino nell’aula di voodoo, - è urgente. –
Si alzò in piedi, sentendo gli sguardi su di sé.
Fantastico, proprio quello di cui aveva bisogno, altra attenzione su di sé.
- Cassel, vai pure, ma ricordati di portare quei trenta centimetri di pergamena per la prossima volta. –
Annuì, infilando alla rinfusa le sue cose nella borsa.
Se Sonya la chiamava nel bel mezzo della lezione significava che era successo qualcosa d’importante.
Percorse il corridoio a passo svelto, mentre la curiosità la divorava lentamente.
Bussò piano, ricevendo all’istante il permesso di entrare.
All’interno dello studio Sonya e Alphard erano seduti vicini, intenti a osservare un elegante rotolo di pergamena come se volessero incenerirlo con lo sguardo.
- Mi hai fatta chiamare, Sonya? –
- Nathaniel ci ha inviato una missiva pochi minuti fa -, esordì la donna, - chiedendo un abboccamento. –
- E io cosa c’entro? –
- Richiede anche la tua presenza; dice che senza di te non se ne fa nulla. Il motivo è evidente, ma la decisione sul partecipare o meno spetta solo ed unicamente a te -, replicò Alphard, - Ovviamente saresti protetta e lui non potrebbe avvicinarsi a te. Saresti perfettamente al sicuro, è importante che tu ne sia consapevole, Ruby. –
- Ed è altrettanto importante che tu decida nella massima libertà – aggiunse Sonya, lanciando un’occhiata significativa all’uomo accanto a lei.
Alphard scrollò le spalle, abbozzando un lieve sorriso.
Tra i due era quello che sembrava più propenso al coinvolgerla, ma del resto tutti sapevano quanto fosse impulsivo.
- Posso farlo. –
- Ne sei sicura? –
- Nessun problema, Sonya. Sarà come una grande riunione di famiglia, non vedo l’ora – ribattè, con un sarcasmo tanto pesante che quasi ci si poteva camminare sopra.
- L’abboccamento è previsto per questa sera alle nove, nei pressi dell’ingresso principale dell’Accademia. Sarai circondata da Auror e per nessuna ragione al mondo dovrai avvicinarti a lui … o a tuo fratello. –
Sgranò leggermente le iridi grigio pallido.
Nathaniel poteva essere molte cose, ma dubitava seriamente che le avrebbe mai fatto del male.
Quanto a Gabriel … beh, si sarebbe fatta staccare la testa a morsi piuttosto che essere costretta a farsi toccare nuovamente da lui.
- Dopo il nostro ultimo incontro non ho problemi a promettere che non mi avvicinerò mai più volontariamente a mio fratello. –
- Non basta. Dovrai anche promettere di non agire di testa tua, non possiamo permetterci azioni avventate. –
Buffo, detto da “mr faccio quello che mi passa per la testa senza il minimo preavviso”.
Sonya sembrava aver pensato alla stessa cosa perché un sorrisetto divertito le aveva stirato le labbra rosa scuro.
- Lo giuro. Ora, visto che mi si prospetta una simpatica serata tra psicopatici, posso avere una giustificazione per saltare le ultime ore di lezione? –
Sbattè le ciglia lunghe, stendendo il palmo verso di loro con evidente pretesa.
La direttrice la compilò con la sua calligrafia precisa e le tese il foglietto svolazzante che avrebbe dovuto consegnare il giorno seguente al docente di Pozioni.
Lo intascò, rivolse loro un cenno del capo, ed uscì dallo studio.
Proprio quando sembrava che le cose andassero leggermente meglio all’improvviso si ritrovava catapultata in un casino ancora più grande.
Merlino, quanto odiava la sua vita.

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

Finalmente era riuscita a trovarlo.
Sembrava che non avesse fatto altro che evitarla dall’inizio della giornata.
- Christopher … -
Continuava a far finta di non sentirla.
Merlino, quanto odiava quel comportamento.
Gli si mise davanti, incrociando le braccia al petto e fissandolo risolutamente, - Christopher Ian Baizen! Tu adesso ti decidi a darmi retta e smetti di far finta che io non esista. –
Sbuffò, fissandola corrucciato. – Cosa vuoi, Alaska? –
Alaska.
Non la chiamava così dalla prima settimana del loro primo anno.
- Quello che hai visto questa mattina non era altro che io che travolgevo Jackson per scappare da Camille e dagli effetti della sua doccia fredda. Non c’è nulla tra noi, non mi piace Jackson né io piaccio a lui, hai frainteso tutto. –
Lo vide inarcare un sopracciglio, sorpreso.
- Quindi quando ha detto che gli eri saltata addosso stava semplicemente scherzando? –
Annuì.
- Non vi ho interrotti mentre … -
Scosse la testa con vigore.
- Merlino, no, che schifo! –
Sorrise, rinfrancato dalla reazione della ragazza.
- Quindi ho fatto una figura da idiota. –
- Già, da idiota geloso -, convenne, - Anche perché a me piaci tu. –
Ecco fatto, finalmente l’aveva detto.
Lo vide interrompersi a metà della frase, incredulo.
- Cosa? –
Sospirò, alzandosi in punta di piedi, e gli stampò un lieve bacio a fior di labbra.
- Così è più chiaro? –
Vide l’azzurro nei suoi occhi tingersi di una strana sfumatura più profonda, mentre si chinava su di lei e le cingeva la vita, attirandola a sé.
- Chiarissimo – le sussurrò a fior di labbra, per poi baciarla.
Chiuse gli occhi, lasciandosi andare in balia delle sensazioni che quel contatto le provocava.
Lei e Christopher.
Era tutto così tremendamente giusto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

Ben si fece scivolare sulla sedia accanto agli amici, intenti a studiare in biblioteca.
- Ho visto che si sta radunando parecchia gente all’interno dell’Accademia. Avete idea di cosa stia succedendo? –
Alzando lo sguardo dal tema di Storia della magia, Jackson scosse la testa.
Erano decisamente poco collaborativi quel pomeriggio.
Possibile che la cosa non li incuriosisse affatto?
- Al? –
- Sto studiando. –
- Questo lo vedo -, roteò gli occhi, - ma puoi fermarti per una manciata di secondi e partecipare attivamente alla conversazione? –
Doveva aver alzato fin troppo la voce perché la bibliotecaria stava puntando dritta verso di loro.
- Signor King, questa è una biblioteca! –
- Sì, la presenza di tutti quei libri e il cartello all’ingresso della sala me lo avevano fatto intuire – ribattè, sorridendo sfrontato.
La signora Price storse il naso borbottando qualcosa che suonava come “tale e quale a suo padre”.
- Tenga la voce più bassa – concluse, tornando alla sua postazione ma continuando a guardarlo male.
- Ragazzi …? –
Jackson sbuffò sonoramente, folgorandolo con un’occhiataccia.
- Se ti presto attenzione per qualche secondo, Ben, poi mi lascerai finire questo stramaledettissimo compito? –
- Dipende. –
Alistair chiuse il libro di scatto.
 – Dannazione, studiare con voi è praticamente impossibile. Di cosa stavi blaterando con tanto entusiasmo, Ben? –
- Stavo dicendo che si stanno radunando un sacco di Auror all’interno dell’Accademia ed è quantomeno strano. Sembra che stia per succedere qualcosa di grosso. –
Alistair socchiuse le iridi verdi, meditabondo.
Poi spinse la sedia all’indietro e si alzò di scatto come se avesse appena realizzato qualcosa d’incredibilmente importante.
- Alistair, che succede? –
- Ci vediamo più tardi in dormitorio – sentenziò.
Benjamin e Jackson si scambiarono un’occhiata perplessa.
Che accidenti stava succedendo?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

Era seduta sui gradini della torre est, la più alta dell’edificio, quando sentì un rumore di passi che risalivano la scala a chiocciola con velocità.
Riprese ad attorcigliare la catenella che teneva attorno al collo, osservando l’opale grigio incastonato nel ciondolo.
Lo possedeva da quando era nata, il primo e ultimo regalo di suo padre.
Era bellissimo e strano, viste le migliaia di sfumature di differente colore che assumeva quando era esposto direttamente alla luce.
Le ricordava tremendamente se stessa.
- Ero sicuro che ti avrei trovata qui. –
Si girò verso di lui, sorridendo beffarda.
- Ryle, cosa c’è, stai per confessarmi di essere segretamente innamorato di me e di seguirmi come uno stalker in giro per l’Accademia? –
- Per favore, Cassel, non sopravvalutarti così tanto -, la rimbeccò sedendole accanto, - Ti stavo solo cercando perché penso che tu sappia cosa sta succedendo qualche piano più sotto. –
- Tu pensi? Wow, dovrei allertare la stampa e dare questa notizia strabiliante. –
Sorprendentemente non provenne nessuna replica sarcastica dal ragazzo, anzi una risata divertita le giunse alle orecchie.
- Il fatto che tu riesca a pensare fa ridere anche te? –
- No -, la contraddì, - quello che mi fa ridere è che reagisci sempre in questo modo quando vieni messa di fronte a un discorso che non vuoi affrontare. Cerchi di farmi perdere la calma nella speranza di farmi dimenticare del perché sono qui, ma ti avviso che la cosa con me non funziona. Sono cresciuto con un padre bipolare e un fratello che è un vero stronzo, ho un certo autocontrollo. –
Il pensiero che Alistair Ryle fosse la persona che più di ogni altra era in grado di capirla la sconcertava tremendamente.
- Sono riuscito a zittirti? Wow, deve essere una sorta di record. –
- D’accordo, magari so davvero cosa sta succedendo, ma non credo che sia saggio dirtelo – ammise.
- Perché? –
- Perché se te lo dicessi poi vorresti venire anche tu e non sarebbe una scelta … salutare. –
Fece per alzarsi, ma la mano di Alistair le si chiuse sul polso e l’attirò nuovamente giù. Questa volta erano più vicini e il ragazzo la bloccava contro la parete con buona parte del corpo.
Si sorprese a notare che la sfumatura delle sue iridi non era di un semplice verde, ma si impreziosiva di piccole pagliuzze color oro e ambra.
Era incredibile come una persona con quel caratteraccio potesse avere occhi tanto belli.
- Dimmi di cosa si tratta. –
- D’accordo – cedette. – Nathaniel ha richiesto un abboccamento per questa sera e Sonya ha accettato … l’unica condizione posta era che fossi presente anche io. –
- Voglio esserci anche io. –
Lo sapeva.
Poteva quasi prevedere quello che avrebbe fatto o detto Alistair.
Avrebbe voluto fargli notare che era quasi impossibile che Sonya accettasse e che non era sicuro per lui, che avrebbe fatto meglio a non immischiarsi e a lasciare che fossero loro a risolvere tutto quanto.
Eppure quando aprì bocca non uscì nulla di tutto quello.
- Perché? –
- Perché non credo sia giusto che tu sia l’unica a rischiare così tanto. Ci sarò anche io; Sonya dovrà darmi retta, sono pur sempre un Ryle. –
Già, lì all’Avalon essere un Ryle, un Wilson o un Van der bilt era quasi l’equivalente di essere di stirpe reale.
L’Accademia si era retta per decenni sulle solide basi economiche e politiche di quelle tre famiglie.
E per giunta era maggiorenne.
Sonya avrebbe protestato, battuto per un po’ i piedi, e provato a farlo desistere ma alla fine avrebbe dovuto acconsentire.
- L’abboccamento è alle nove all’ingresso principale – lo informò.
- Ci sarò – assicurò, fissandola dritta negli occhi.
Una sensazione calda zampillò nel suo petto, qualcosa di molto simile all’affetto.
Per un folle istante si chiese cosa sarebbe successo se si fosse sporta in avanti e lo avesse abbracciato.
Avrebbe ricambiato la stretta o si sarebbe ritratto con una frecciatina pungente?
Decise di non scoprirlo.
- Perfetto, allora a stasera. –
- A stasera. –
Sentì la presa sul suo polso allentarsi e lo vide allontanarsi da lei.
Era libera di andare e fu proprio quello che fece.
In quel momento stare vicina ad Alistair la confondeva e mai come quella sera avrebbe avuto bisogno di tutto il suo autocontrollo per mantenere la lucidità necessaria ad affrontare Nathaniel e Gabriel.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

Erano le nove in punto quando si avvicinarono ai cancelli dell’Avalon.
Lilian e Gabriel camminavano subito dietro di lui, una a sinistra e l’altro a destra, mentre una decina dei loro uomini rimaneva nelle retrovie.
Scorse una ventina di Auror sistemati nell’ampio parco della scuola e chissà quanti nascosti nell’ombra.
Sonya era di fronte al cancello con Ruby sistemata al suo fianco.
Poco dietro di loro stavano Alphard e il giovane figlio di Baron.
- Finalmente incontro nuovamente le due donne più importanti della mia vita -, esordì sorridendo, - perché la mia sorellina e la mia incantevole figlia non si avvicinano un po’ di più? –
Il mormorio che si levò dalle fila dei suoi avversari rese palese quello che sospettava da tempo: Sonya non aveva mai rivelato a nessuno il legame che c’era tra lui e Ruby.
I suoi figli avevano preso il cognome materno, ma restavano pur sempre sangue del suo sangue e quelle iridi grigie rendevano palese la loro parentela.
Sentì il sorriso allargarsi ancora di più.
Chi attacca per primo attacca due volte.
- Piuttosto che avvicinarmi a te mi farei staccare la testa a morsi – lo rimbeccò Ruby.
- Attenta a ciò che desideri, sorellina, potrebbe sempre avverarsi – osservò la voce bassa e vibrante di Gabriel.
Alzò una mano a intimare il silenzio.
Era stato chiaro: quella trattativa l’avrebbe portata avanti lui e solo lui.
- Arriva dritto al punto Nathaniel, non siamo qui per i tuoi giochetti. –
- Amico mio, è qui che ti sbagli. Voi siete qui perché è esattamente qui che vi voglio. –
Sonya sospirò, folgorandolo con i suoi profondi occhi.
Gli sembrava più bella ogni volta che la incontrava.
Era un vero peccato che le cose fossero andate in quel modo.
Proprio un peccato.
- Come immagino molti di voi sanno, la successione dell’Avalon ha una caratteristica molto singolare: non si trasmette per diritto di primogenitura, ma per sesso. La prima figlia femmina ne eredita la proprietà, esattamente come è successo nel caso di Sonya. –
Assentirono.
- Ed è altrettanto risaputo che Sonya non ha figli, pertanto la successione dell’Avalon passa nelle mani del mio ramo di sangue. Per la precisione, la titolarità della scuola spetterà a Ruby e, da quanto sento dalla mia ingrata figlia, lei non ha alcuna intenzione di venirmi incontro. –
Ruby incrociò le braccia al petto, fissandolo dritto in faccia con aria di sfida.
Era spaventata, ma non distoglieva il contatto visivo.
Sapeva come condurre il gioco, non c’era che dire.
- Esattamente. –
- Dunque si ritorna alla mia richiesta d’abboccamento. Desidero che Sonya e Ruby firmino un documento in cui delegano la proprietà dell’Avalon al ramo maschile della famiglia. –
- In altre parole a te e, un domani, a tuo figlio. –
- Sì, il concetto è proprio questo. –
Sonya si fece avanti.
- Se pensi seriamente che lascerò la scuola nelle tue mani allora sei ancora più fuori di testa di quanto credessi. –
- Sapevo che l’avresti detto -, constatò con voce grave, - per questo avevo un piano B. Cerca i tuoi studenti, sorellina, e scoprirai che manca qualcuno all’appello. Vi lascio un po’ di tempo per ponderare la questione … diciamo tre giorni, dopodichè suppongo che l’Avalon avrà bisogno di operare una riallocazione dei dormitori – concluse, stirando le labbra in un ghigno compiaciuto.
Vide gli Auror ricevere un cenno da parte di Alphard e scattare verso l’Accademia.
Il ghigno si allargò ancora di più.
Era semplicemente troppo tardi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice: 

Questo capitolo è decisamente chilometrale, ma si è scritto praticamente da solo e quando sono arrivata alla fine mi sono resa conto di aver prodotto ben 11 pagine e ½ e sono rimasta con una faccia molto alla WTF O.O
Alcune di voi mi hanno chiesto chi erano i personaggi inseriti nel precedente capitolo e ho deciso di rispondervi qui così lo chiarisco direttamente a tutti: Miro e Rebekah sono rispettivamente il fratello di Katherine e la sorella di Jackson e sono stati introdotti in uno dei capitoli iniziali (dove trovate anche i loro PV), sono personaggi secondari e di  tanto in tanto compariranno nei vari capitoli (così come Sebastian, il fratello di Alistair) e se desiderate inserire dei personaggi secondari imparentati con i vostri OC ditemelo pure e vi farò sapere cosa ho bisogno di sapere in particolare.
Infine: l’altra domanda gettonata era che tipo di dolore dovesse affrontare Jamie. Anche lei, così come Katherine, ha perso i genitori per mano di Nathaniel e pertanto porta dentro di sé un dolore e un rancore molto simile a quello di Kat, cambia solo il modo in cui affrontano la situazione.
Spero di aver chiarito i vostri dubbi e che il capitolo vi sia piaciuto :)
Vi lascio con un dubbio: chi sarà la persona rapita da Nathaniel?
Al prossimo capitolo.
Stay tuned.
XO XO,
Mary

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11

 

 

 

 

- Avete scoperto chi manca? –
Alphard annuì, il bel volto atteggiato in un’espressione preoccupata. Gli occhi verdi brillavano come tizzoni ardenti di rabbia.
Aveva lo sguardo di chi avrebbe messo a ferro e fuoco l’intero mondo pur di ritrovarla sana e salva.
Sonya seppe di chi si trattava ancora prima che pronunciasse il suo nome.
- Katherine … hanno preso Katherine. –
Una parte di sé l’aveva immaginato fin dall’inizio.
Conosceva bene Nathaniel e sapeva che avrebbe portato via la persona che avrebbe creato il maggior danno possibile al loro morale, qualcuno capace di piegare le loro resistenze.
La figlia di Eleanor, la sua migliore amica.
La nipote di Alphard, che le era affezionato tanto quanto lo era stato con sua madre.
Gli si avvicinò, posandogli con delicatezza una mano sull’avambraccio.
Lei e Alphard erano sempre stati molto legati, non l’aveva mai trattata solo come l’amica del cuore della sua sorellina, e adesso voleva stargli vicino più che poteva.
- La salveremo, Alphard. –
- Non sono riuscito a salvare Lennie e adesso sua figlia è stata rapita … sono completamente inutile. –
- Non sei inutile, sei l’unico del consiglio che si sia schierato al mio fianco senza alcun indugio, l’unico che sta cercando di risolvere la situazione. Mi sei di grande aiuto, Alphard – asserì, fissandolo dritto negli occhi.
Fu allora che sentì le labbra di Alphard premere sulle sue.
Era passato del tempo dall’ultima volta che aveva baciato un uomo, troppo presa dalla questione di Nathaniel per concentrarsi sulla sua vita sentimentale, ma sapeva riconoscere un bravo baciatore quando se lo trovava davanti.
E Alphard baciava decisamente bene.
Prima che avesse tempo di approfondire quel contatto, Alphard si ritrasse e mise una distanza maggiore tra di loro.
- Sonya, io … -, parve alla ricerca delle parole più giuste, - sono stato decisamente inopportuno. Non so come mi sia venuto in mente di fare una cosa del genere e ti prego di scusarmi. Vado a fare il mio lavoro. –
Uscì dal suo studio prima ancora che avesse modo di pronunciare una sola parola.
Sonya rimase lì, in piedi nello stesso posto in cui si trovava quando Alphard l’aveva baciata, completamente stordita.

 

 

 

 

*

 

 

 

 

Quando avevano raggiunto Jackson e gli avevano raccontato cosa era successo Alistair e Ruby si erano ritrovati davanti a uno spettacolo che nessuno dei due avrebbe mai voluto vedere.

Jax aveva lanciato ogni singolo oggetto fragile presente nella stanza, frantumandolo con rabbia contro porte e pareti, inveendo contro Nathaniel e i suoi uomini.
- Giuro che se le torce anche un solo capello io lo uccido con le mie mani. –
- Non la toccherà -, asserì Ruby, - ha scelto di rapire proprio lei perché sapeva che avrebbe fatto perdere la calma al maggior numero di persone. Sonya la ammira, tu e Alphard la adorate, King ne è palesemente cotto e … dannazione, persino io la reputo una delle poche persone veramente in gamba di quest’Accademia. –
- Quindi sa già che la sua morte potrebbe metterci in ginocchio definitivamente, fantastico … ti hanno mai detto che fai schifo a consolare le persone, Cassel? –
Ruby parve sul punto di ribattere con qualcosa di particolarmente tagliente, ma dopo aver preso un bel respiro profondo si limitò a rivolgere un’occhiata d’intesa ad Alistair.
- Vi lascio un po’ da soli, ti aspetto qui fuori. –
Si richiuse la porta alle spalle, lasciando loro quanta più privacy possibile.
Rimasti soli, Jax rivolse lo sguardo verso il migliore amico.
- Perché tu e lei eravate presenti all’abboccamento e il resto di noi non ne sapeva assolutamente nulla? –
- Io l’ho saputo da Ruby e Sonya non ha potuto opporsi alla mia richiesta di presenziare. –
- E non mi hai detto un cazzo, Alistair. Tu sapevi che Nathaniel era alle porte dell’Accademia e non mi hai detto nulla! –
- Jax … -
Non fece in tempo a finire la frase perché la porta della stanza venne aperta e Benjamin ci si catapultò all’interno.
Le iridi brillavano in un misto di rabbia e dolore.
Ruby veniva dietro di lui, allarmata. – Non sono riuscita a impedirgli di entrare. –
Alistair scosse la testa.
Dopotutto la loro reazione era comprensibile e in un certo senso se lo meritava. Aveva a disposizione un’informazione che non aveva riferito e Katherine era scomparsa nel nulla e in quel momento stava subendo chissà cosa da quei pazzi.
Era colpa sua.
Se ne avesse parlato con i suoi amici forse a quest’ora Kat sarebbe stata ancora tra loro.
Benjamin teneva le mani strette a pugno lungo i fianchi mentre lo guardava, pronto a scattare.
- Tu lo sapevi? Sapevi che Nathaniel era qui, è per questo che te ne sei andato dalla biblioteca come una furia? –
Prese un respiro profondo. – Lo sospettavo, ho avuto la conferma poco dopo. –
Il pugno di Benjamin si infranse contro il suo zigomo, facendogli scattare la testa di lato.
Il calore si irradiò rapidamente nella zona colpita prima ancora che il cervello recepisse l’ondata di dolore che investiva i nervi.
- Se le succede qualcosa non te lo perdonerò mai, Alistair. –
- Se succedesse qualcosa a Kat sarei il primo a non perdonarselo – mormorò, vagamente consapevole della mano di Ruby che s’intrecciava alla sua e lo trascinava via con sé.
Non riuscì a incrociare nuovamente lo sguardo dei due ragazzi e forse fu un bene.
Non credeva che sarebbe riuscito a sopportare l’odio nei loro occhi.

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

Ruby lo trascinò nella sua stanza, spingendolo a sedere sul letto a baldacchino mentre rovistava alla ricerca del kit di primo soccorso.
Le nocche di Benjamin avevano escoriato la pelle all’altezza dello zigomo sinistro e l’ematoma stava rapidamente prendendo forma.
- Sei un imbecille, Ryle. Cosa accidenti credevi di fare facendoti prendere a pugni da King? –
Si strinse nelle spalle.
Non lo sapeva neanche lui.
Sapeva solo che aveva tenuto segreto un avvenimento importante ai suoi migliori amici e qualcun altro ne aveva pagato il prezzo.
- Continuo a non capire come abbia fatto –, bofonchiò Ruby mentre osservava meglio l’ematoma, - Insomma è palese che abbia una spia, ma di chi accidenti si tratta? Non può essere un Auror perché erano tutti presenti all’incontro. –
Al emise un gemito quando l’antisettico bruciò a contatto con la ferita.
- Non lamentarti, Ryle, così impari a lasciarti prendere a pugni come un fottuto sacco da boxe. –
- Capisco la reazione di Ben. Mi sarei comportato allo stesso modo se al posto di Kat avesse rapito … -
Lasciò in sospeso la frase sotto lo sguardo incuriosito della ragazza.
- Se avesse rapito chi? –
- Una persona a cui tenevo tanto quanto Ben tiene a Kat – concluse, cercando di darsi un tono.
- Una persona in via del tutto ipotetica ovviamente. –
- Ovviamente. –
- Bene, ma suppongo non lo scopriremo mai perciò lascia che finisca di medicarti – bofonchiò, finendo di disinfettarlo per poi applicare una generosa dose di pomata e della garza pulita.
- Sei brava nel medicare. –
- Se non avessi un padre psicopatico probabilmente mi concentrerei sui miei studi e diventerei una Medimaga; mi piace l’idea di poter aiutare qualcuno. –
Colto alla sprovvista, sgranò leggermente gli occhi.
- Avrei detto qualcosa di più avventuriero tipo la Spezzaincantesimi o roba del genere. –
- Per te invece un bel e noioso lavoro d’ufficio, giusto Ryle? – ironizzò.
- Mi piacerebbe lavorare alla cooperazione magica internazionale. –
 D’ufficio dunque ma nient’affatto noioso.
Non sapeva perché ma l’aveva immaginato dietro a qualche lucida scrivania a curare interessi economici e politici a livello mondiale … un po’ come faceva suo padre.
Eppure Alistair era diverso rispetto al resto della sua famiglia, un po’ come lei … entrambi volevano seguire la propria strada.
- Bene … la ferita è a posto. Credo che sia arrivato il momento di radunare tutti e fare la grande rivelazione. –
Al scattò in piedi, afferrandole il polso e obbligandola a voltarsi verso di lui affinchè potesse fissarla dritta negli occhi.
Era la seconda volta in meno di ventiquattr’ore che succedeva e per l’ennesima volta la bocca dello stomaco venne assalita da una sensazione di calore mentre si specchiava nei suoi occhi.
- Ne sei assolutamente sicura? –
Annuì. – È giusto che tutti loro lo sappiano. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

- Qualcuno di voi ha visto Atanasin? –
Christopher scosse la testa alla domanda della preside mentre un brivido freddo gli correva lungo la schiena.
Quello che era successo a Kat presupponeva la presenza di una spia in linea diretta con Nathaniel e il fatto che il bulgaro non si trovasse non faceva presagire proprio nulla di buono.
 – Non lo vediamo da ore. –
Alphard e Sonya si scambiarono un’occhiata d’intesa.
- Tutti gli Auror presenti all’Accademia sono mobilitati alla ricerca di Dragomir Atanasin, la motivazione è la collaborazione con Nathaniel Wilson e il rapimento di Katherine Shafiq. Siete autorizzati a fermarlo con qualsiasi mezzo, ma voglio che lo riportiate indietro vivo – concluse Alphard, prima che gli uomini della squadra entrassero in azione.
- Voi non potrete lasciare l’Accademia per nessun motivo, neppure per mettere piede in cortile, e se lo vedete dovrete avvisarci all’istante -, ordinò Sonya, - nessuna azione di testa propria né atti di inutile coraggio, siamo intesi? –
Annuirono tutti in silenzio.
Una mano svettò alta, attirando l’attenzione della donna.
- Sì, Ruby? –
- Credo che sia giusto che tutti voi lo sappiate -, esordì guardandosi attorno, - … Sono la figlia di Nathaniel. –

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

Katherine provò a smuovere le pesanti catene che le tenevano imprigionati i polsi e che erano ancorate al muro in fredda muratura del sotterraneo.
Dovevano trovarsi in una grande villa, un qualche antico maniero Purosangue di qualche famiglia dall’immenso patrimonio, ma al momento del suo arrivo era svenuta e non aveva avuto alcun modo di cogliere punti di riferimento.
Non che potessero servirle a molto incatenata com’era in quel momento.
Scoccò uno sguardo di puro odio al ragazzo seduto nell’angolo che giocherellava distrattamente con un lungo coltello a serramanico.
Era lo stesso che le aveva puntato alla gola, costringendola a gettare via la bacchetta, quando l’aveva sorpresa arrivandole alle spalle.
- Giuro che quando mi libererò ti ficcherò quel dannato coltello dritto dentro un occhio. –
Dragomir lo fece scattare con un agile movimento del pollice.
- Sarebbe divertente vedertici provare, gattina, ma dubito che ci riusciresti. Sono molto più allenato e preparato di quanto non siate voi e ho decisamente meno problemi nell’usare qualsiasi mezzo a mia disposizione per giungere al risultato voluto. –
- Viscido e falso come una serpe in seno. –
Si portò una mano al petto muscoloso, in corrispondenza del cuore, abbozzando un’espressione contrita.
- Ehy, vacci piano, così ferisci i miei sentimenti. –
- Peccato solo che non sia una ferita mortale. –
- Sul serio, Kat, sei ingiusta. Tecnicamente non sono un vero bugiardo … non mentivo quando ho detto che mi piaci. Peccato solo che tu sia così determinata nel contrastare Nathaniel … se passassi dalla nostra parte non ci sarebbero problemi. –
- Piuttosto la morte. –
- Non farti sentire quando dici certe cose … tra queste mura c’è chi è molto meno gentile di me e ti assicuro che tu non vuoi affatto attirare l’attenzione di Gabriel – borbottò, aggrottando la fronte nel pronunciare il nome del ragazzo come se persino lui non lo stimasse affatto.
- Puoi farmi un favore, Atanasin? –
- Per te, tutto quello che vuoi. –
- Chiudi la tua maledetta boccaccia e lasciami marcire qui dentro in santa pace – sbottò.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice: 

Sono decisamente in ritardo con l’aggiornamento, ma tra impegni vari e altre storie ho perso un po’ di tempo. Comunque eccoci qui con un capitolo un po’ di passaggio che porta a una nuova domanda. Perché sì, ultimamente sono la donna delle domande:

- Come reagisce il vostro OC al rapimento di Katherine?

- Come reagisce il vostro OC alla rivelazione della parentela di Ruby?

L’aggiornamento arriverà non appena avrò le vostre risposte.
Al prossimo capitolo.
Stay tuned.
XO XO,
Mary

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12

 

 

 

 

 

- Tu sei … sua figlia? – ripetè Benjamin, incredulo.
Ravviò un riccio color rame, sbuffando.
- Già, immagino sia un modo di chiamare la cosa. Un altro potrebbe essere: erede, rampolla, discendente, frutto dei suoi lombi ocome la vuoi mettere … ma il succo non cambia: Nathaniel è mio padre. –
Con le iridi grigio perla sondò gli sguardi dei suoi compagni di scuola.
Erano sorpresi, ma non c’era ombra di giudizio o sospetto nei loro occhi.
- Non immaginavi che avremmo reagito così – constatò Camille.
- No -, ammise, - non me l’aspettavo. –
- Sei una di noi da anni e non sei scappata come Dragomir -, osservò Alaska, - perciò per me non hai nulla da nascondere. –
- Né di cui vergognarti -, aggiunse Christopher, - non siamo noi a scegliere i nostri genitori, ma sta a noi saper differenziarci da loro. Lo stai affrontando insieme a noi, credo che nulla più di questo faccia capire che tu non sei come lui, Ruby. –
- Io … vi ringrazio. –

- Sei parte della squadra, non c’è bisogno di ringraziare … oltretutto non sei poi così male per essere figlia sua – scherzò Benjamin.
Gli occhi del ragazzo però non erano puntati su di lei, constatò, ma sul ragazzo al suo fianco.
Alistair le era rimasto vicino dal primo all’ultimo secondo di quella breve e imbarazzante confessione, sembrava quasi che fosse il suo personale angelo custode.
- Tu lo sapevi, immagino. –
Annuì. – Sì, sono stato il primo a cui l’ha detto. Ve lo avrei riferito se avessi pensato anche solo per un secondo che potesse essere lei la spia, ma … -
- Ma sapevi che non poteva esserlo – concluse Ben per lui.
- Esatto. –
- Bene, suppongo che in questo caso tu abbia fatto la scelta giusta. –
Rimasero a fissarsi in silenzio per una manciata di secondi.
- Ben … -
- Al … -
Quei due testoni erano troppo orgogliosi per scusarsi a vicenda in pubblico, perciò Ruby scioccò le dita attirando l’attenzione generale.
- Signori e signore, lo spettacolo è finito, andatevene ognuno per la propria strada. –
Silenziosamente, uno dopo l’altro lasciarono la stanza.
Alistair si voltò verso di lei, in un silenzioso sorriso carico d’apprezzamento a cui rispose a sua volta.
- Sarò da Sonya ad aspettare che arrivino i membri del comitato d’amministrazione. Immagino che tocchi a me rappresentare la quota di mio padre. –
- Ti raggiungo il prima possibile. –
- Non mi serve la balia, Ryle. –
Sorrise. – Una balia forse no, ma una guardia del corpo torna sempre utile. –
Fu tentata di rispondergli con una frecciatina, ma si trattenne.
Apprezzava il suo interessamento.
Per la prima volta si sentiva davvero parte di qualcosa.
- Pensa a risolvere i tuoi affari … ti aspetto fuori dallo studio. –
- Ci sarò. –
Con un rapido cenno del capo all’indirizzo di Ben, li lasciò finalmente soli nella speranza che quei due testoni orgogliosi chiarissero.

 

 

 

 

*

 

 

 

- E così Ruby è nientemeno che la figlia di uno psicopatico, ci credo che la chiamavamo “la strana” -, constatò Abby giocherellando nervosamente con il braccialetto che portava al polso, - deve aver avuto un’infanzia di merda. –
- Già -, convenne Alaska, - e mi sorprende che Alistair fosse l’unico di noi a esserne a conoscenza. Insomma, quei due si sono sempre fatti la guerra a vicenda da che io ricordi. –
James inarcò un sopracciglio, con l’aria di chi constatava la più evidente delle situazioni. – Beh, immagino che fosse solo tanta frustrazione sessuale repressa. –
Scossero la testa, ridacchiando.
- Sei sempre il solito -, commentò sorridendo suo malgrado Christopher, - per te si riconduce tutto al sesso. –
- In questo caso certo che sì. Scommetto quello che vi pare che quei due finiranno insieme. E poi io me ne intendo, Baizen. –
- Ah, sì? Non mi sembra che tu sia questo grande esperto in quanto a relazioni. –
- Non sottovalutarmi mai, ragazzo. Io sapevo che tu e miss Rowle vi sareste messi insieme ancora prima che raccoglieste il coraggio di sbaciucchiarvi in piena sala ricreazione. –
Alaska avvampò, nascondendo il viso tra le mani, mentre Christopher cercava di nascondere l’imbarazzo ostentando una certa baldanzosa sicurezza.
Abby scosse la testa.
- Sei sempre un asso nel mettere le persone in imbarazzo. –
- Sempre. –
Camille interruppe la conversazione affacciandosi da dietro la robusta porta in quercia.
- I membri del consiglio d’amministrazione sono arrivati. Sono tutti nello studio di Sonya, immagino che tra poco giungeranno a una decisione ufficiale. –
Christopher si raddrizzò, improvvisamente vigile. - Qualcuno l’ha già detto a Jax? –
Annuì. – Ho mandato JJ a cercarlo, dovrebbero essere lì tra poco. –
Saltò su, tendendo una mano verso Alaska che intrecciò le dita alle sue, - Allora immagino che ci siamo, non resta che scoprire come hanno in mente di agire. –

 

 

 

 

*

 

 

 

- Sapevo che ti avrei trovato qui. –
Alzò lo sguardo, riconoscendo la voce di Jamie.
- Non sono dell’umore adatto per stare in mezzo alle persone. Specialmente in mezzo ad alcune in particolare. –
- La troveranno e allora le cose tra te e Alistair torneranno normali. Non ricordo di avervi mai visti litigare, non può essere una cosa definitiva. –
Si passò una mano tra le ciocche corvine, scompigliandole con un sospiro rassegnato.
La verità era che non sapeva neanche lui come sarebbero andate a finire le cose.
Avevano avuto la spia sotto gli occhi per mesi interi … persino anni … e non erano riusciti a capire chi fosse.
Si sentiva così maledettamente stupido.
Katherine era sua cugina, avevano passato l’intera esistenza praticamente in simbiosi, eppure lui non era riuscito a proteggerla.
- Non so se le cose potranno mai tornare normali. –
- Alphard è un vero mastino, se vuole trovare qualcuno non c’è niente e nessuno in grado di fermarlo e credo che nessuno l’abbia mai visto più motivato di oggi. –
Già.
Suo zio sembrava pronto a muovere guerra all’intero mondo più di ritrovarla.
Aveva mobilitato decine di Auror, discusso a più riprese con il Ministro che lo aveva invitato a muoversi con prudenza, e infine supportato Sonya nella decisione di convocare l’intero consiglio d’amministrazione della scuola.
Se era la guerra che voleva, Nathaniel l’avrebbe ottenuta.
- Lo spero. –
Jamie fece scivolare la mano nella sua, stringendola piano ed esortandolo ad alzarsi in piedi.
- Forza, basta piangersi addosso, è il momento di andare a prendere a calci il culo di quel bastardo psicopatico. –
Sorrise davanti alla luce battagliera nel suo sguardo.
Jamie poteva capirlo più di ogni altro lì dentro.
Aveva colto al volo il disperato bisogno di qualcuno che gli dicesse che nulla era perduto, che tutto si sarebbe risolto e che sarebbero stati in grado di annientare Nathaniel.
- Non ti facevo così brava a consolare le persone. –
- Bene, perché non lo sono affatto. Non hai bisogno di essere consolato, Jax, ma solo di essere spinto ad agire. Quindi adesso muovi il culo e partecipa all’azione! –

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

- Quindi tu e Ruby, eh? –
Si accigliò. – Non capisco a cosa ti riferisci. –
- Sì, certo -, sbuffò divertito, - è così evidente che mi domando come abbia fatto a non arrivarci prima. –
- Sproloqui spesso, Ben, ma ti giuro che adesso mi preoccupi sul serio. Si può sapere di cosa accidenti stai parlando? –
Benjamin lo fissò dritto negli occhi, quasi volesse costringerlo a confessare chissà quale misteriosa verità.
- Lei ti piace. –
Ruby era diversa da come pensava, forte e determinata, incurante di ciò che pensavano gli altri e decisa a dimostrare ciò che valeva.
Era stata una curiosa scoperta, una persona capace di tenergli testa e spronarlo a mostrare il meglio di sé.
Non ne sapeva molto di relazioni sentimentali stabili, ma supponeva che quella fosse una buona base su cui pensare d’instaurarne una.
- Sì, credo che Ruby mi piaccia. –
- Wow, fartelo ammettere è stato più semplice del previsto. –
- Credo di averlo realizzato solo ora -, ammise, - prima non mi ero mai soffermato a pensarci più di tanto. Insomma, abbiamo ben altre cose per la testa in questo periodo. –
Già, tipo un pazzo deciso a prendere il possesso della scuola e a far fare Merlino solo sapeva che fine a tutti coloro che erano decisi a ostacolarlo.
- Sì, Nathaniel tende a monopolizzare l’attenzione ultimamente. Non credo però che sia una buona scusa per lasciar passare il tempo senza chiarire le cose. –
Adesso era abbastanza sicuro che Ben non stesse parlando di lui e Ruby perché gli occhi dell’amico erano persi nel nulla e la fronte si faceva sempre più corrucciata.
- Se avessi saputo che Katherine sarebbe stata rapita ti avrei riferito immediatamente ogni cosa. –
- Lo so. Non sei mai stato un egoista, hai sempre fatto tutto il possibile per proteggere i tuoi amici da qualsiasi minaccia si presentasse -, tacque improvvisamente imbarazzato, - mi dispiace per quel pugno. –
Alistair gli rivolse un sorriso sghembo.
- Suppongo che me lo meritassi. –
- Quindi tra noi è tutto chiarito? –
Annuì.
- Tutto come prima. –
- Bene e Al … -
- Sì? –
- Non perdere tempo, ma fa attenzione. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

Il Consiglio d’amministrazione si era ringiovanito di molto durante gli ultimi vent’anni; il membro più anziano aveva da poco passato i cinquant’anni al contrario di anni prima in cui l’età media si aggirava intorno ai sessant’anni.
Indossavano tutti, uomini e donne indistintamente, abiti eleganti dal taglio d’alta sartoria rigorosamente scuri.
- La minaccia non può più essere presa sotto gamba -, stabilì con voce grave William van der bilt, - è il momento di agire in un modo o nell’altro. –
- Una studentessa rapita è qualcosa d’inaccettabile, minerà di molto la reputazione dell’Accademia nell’ambito del panorama internazionale. Che figura ci facciamo se non riusciamo neppure a garantire l’incolumità dei nostri studenti? – rincarò la dose Hector Johnson, il membro più anziano.
- Mi preoccuperei più della ragazza che della reputazione della scuola, Hector -, gli fece notare gelidamente Sonya, - visto che Nathaniel ha ampiamente dimostrato di essere imprevedibile e altrettanto hanno fatto i suoi seguaci. –
- Certo, certo, è ovvio che la salute della ragazza sia importante – bofonchiò l’uomo.
Ruby decise all’istante che non lo tollerava e, dal modo in cui lo guardavano Alphard e Sonya, non doveva essere l’unica a nutrire quel sentimento.
- Come suggerite di agire? L’esperto in questo campo sei tu, Alphard – intervenne Baron Ryle, osservando con intensità l’amico ed ex compagno di dormitorio ai tempi della scuola.
- Ho mobilitato la mia intera squadra nella ricerca di Dragomir e Nathaniel. Quando li troveranno, perché li troveranno, dovremmo essere pronti a entrare in azione senza la minima esitazione. È importante che tutti siano d’accordo nel procedere all’azione e nel far fuori Nathaniel dall’organizzazione e dal comitato. –
Annuirono silenziosamente, mentre gli sguardi collettivi si posavano su di Ruby.
Si sforzò di non tradire il minimo accenno d’ansia.
Prendere il posto di suo padre era una grande responsabilità e non serviva essere Legilimens eccezionali per capire cosa stesse passando per la testa della maggior parte dei presenti: una ragazza di diciotto anni appena compiuti poteva assumersi un incarico di tale responsabilità e prestigio?
- Io sono pronta a fare tutto ciò che va fatto per tagliare fuori mio padre e assicurarlo alla giustizia. Deve pagare per tutto quello che ha fatto – asserì decisa.
La mano di Alphard e quella di Sonya svettarono all’unisono in alto per appoggiare il suo voto.
Con la coda dell’occhio vide che anche quella dei genitori di Benjamin, del padre di Alaska e di quello di James alzarsi a sua volta.
Venne il turno della madre di Christopher e di quella di Abby.
Altri due voti favorevoli.
William van der bilt parve esitare solo per una frazione di secondo prima di dare il suo assenso.
Mancavano solo Johnson e il padre di Alistair.
- Baron? –
- Dannazione, sì. –
- Johnson? –
- No. –
Il silenzio calò tra i presenti.
La voce di Sonya si fece sottile e gelida, prossima alla furia più assoluta.
- Perdonami Hector, ma credo di non aver compreso bene la tua risposta. –
- Hai compreso alla perfezione, Sonya. Il mio voto è un no. Non credo che la giovane possa prendere il posto di suo padre in modo consono ed efficiente, è troppo giovane per ricoprire ruoli con così alte responsabilità. Forse tra dieci o quindici anni …. –
- Tra dieci o quindici anni non ci saranno ruoli da ricoprire, vecchio rincitrullito! –
- Sonya … -
- No, non dirmi di stare calma e di essere ragionevole –, lo anticipò, - perché davanti a un comportamento del genere le cause possibili sono solo due: o soffri di demenza senile oppure Nathaniel ti fa comodo … E francamente, Hector, ti trovo in perfetta salute quindi delle due l’una. –
- Ho affari con Nathaniel da dieci anni ormai e le mie finanze ne sono state ampiamente risanate. C’è in ballo un grande acquisto di proprietà; una ragazzina potrà garantire le entrare finanziarie di cui necessito per il mio mantenimento negli ultimi anni che mi restano? –
Ed ecco che finalmente si scoprivano le carte.
Puro e semplice opportunismo.
- Non credo che Ruby sia in grado di garantirti quanto chiedi -, confermò candidamente Baron, - anzi lo escluderei con decisa fermezza proprio in virtù della sua scarsa conoscenza dell’economia e del mercato. Per inciso, mio buon Hector, di che cifra stiamo parlando? –
- Due milioni e mezzo di galeoni. –
- Un prezzo ragionevole. Dimmi, Ruby mia cara, disponi di una somma simile? –
Non riusciva proprio a capire dove volesse andare a parare, ma decise di reggergli il gioco.
- No, ovviamente. –
- Eppure la famiglia Ryle può coprire tranquillamente la spesa dell’acquisto di queste proprietà. Immagino non faccia molta differenza per te, Hector, da chi provengono i soldi. –
Il sorriso sul volto di Baron si allargò ancora di più mentre Johnson tentennava preso alla sprovvista.
- Nessuna differenza. –
- Dunque accetti la mia offerta? In tal caso firmerò le carte all’istante in cambio del tuo voto ad acconsentire alla richiesta d’incarcerazione ed estromissione di Nathaniel. –
Annuì.
- Accetto. –
Ruby storse il naso, disgustata da quell’anziano uomo.
Eppure lentamente emerse dentro di sé la consapevolezza che avevano ottenuto la delibera.
Non restava che agire.
- Ho fatto la mia magia -, sentenziò Baron compiaciuto, - lascio l’azione a te, Alphard. –
- Non te ne pentirai, Baron. –
- Lo so. –
Sentì le iridi verde smeraldo del signor Ryle fissarla insistentemente.
Resse bene il suo sguardo e lo vide sorridere compiaciuto.
Doveva ben sapere di essersi appena assicurato, con il suo intervento, un posto di tutto rispetto all’interno della gerarchia d’amministrazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice: 

Malgrado non abbia ricevuto tutte le info richieste ho deciso di pubblicare comunque. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e, visto che ho una certa idea in cantiere una volta ultimata questa fic, volevo chiedervi se per voi andava bene che inserissi i futuri figli di alcune delle coppie che si formeranno nel corso della storia. Per inciso, mi servirebbe in particolare l’okay delle autrici di Benjamin e Christopher visto che ho già contattato privatamente la creatrice di Alphard e Katherine e mi ha dato l’okay. Se avete idee particolari sui prestavolto/caratteri etc contattatemi pure e vedremo come aggiustare le cose. Tenete presente che la nuova ff arriverebbe tra circa due/tre settimane perché mancano ancora 5 capitoli alla fine di Avalon e mi serve un po’ di tempo per buttare giù una cosetta fatta per bene.
Alla prossima.
Stay tuned.
XO XO,
Mary

 

 

 

 

 

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13

 

 

 

 

 

 

Christopher alzò lo sguardo dalla partita a Sparaschiocco che aveva in corso con James, attirato dal rumore dei passi che echeggiavano lungo il corridoio in marmo della sala ricreativa.
Jackson e Jamie entrarono poco dopo, uno dagli occhi leggermente infossati e l’altra con un cipiglio teso.
Nessuno dei due aveva una bella cera, constatò, e dubitava che le cose sarebbero cambiate fino a che il consiglio non avesse preso una decisione.
Quell’attesa snervante li stava uccidendo.
James ruppe il silenzio imbarazzato, stampandosi sul volto il suo solito sorriso irriverente.
- Da quanto non dormi, Jax? Hai una faccia più spaventosa di quella di Abby il lunedì mattina. –
La diretta interessata lanciò un cuscino contro l’amico colpendolo in pieno volto.
- Al momento dormire è il mio ultimo pensiero. –
- Dovrebbe essere il tuo primo -, lo rimbeccò Alaska, - perché non aiuterai Kat in alcun modo se continui ad andare in giro come uno zombie. –
JJ sospirò, ravviandosi i capelli.
- Ho provato a farglielo capire, ma continua a pensare di essere Highlander. –
Christopher e Jackson inarcarono il sopracciglio nello stesso istante, perplessi.
- Chi? –
- Highlander è un … ah, lasciate perdere, non è importante. Quello che conta è che Jax deve riposarsi, è completamente inutile se non si regge in piedi. –
- Non … -
Alaska lo folgorò con un’occhiataccia.
- Non ci importa cosa vuoi o meno, Van der bilt. Devi dormire o giuro su Merlino e Morgana che ti infilerò una delle mie pozioni soporifere dritta in gola. –
- E se dice che lo farà puoi stare certo che sarà così – convenne Christopher.
Non lo diceva tanto per dire; la sua ragazza, seppur minuta e tendenzialmente dolce e amichevole, tendeva a diventare determinata in modo inquietante quando si trattava di portare avanti qualcosa in cui credeva.
Alzò le mani in segno di resa. – D’accordo, d’accordo, dormirò. –
Si lasciò ricadere sulla poltrona rimasta libera, acciambellandosi.
Chiuse gli occhi quasi all’istante perché, a dispetto di quanto si ostinava a sostenere, sentiva davvero il bisogno di farsi una dormita.
Entrò nel mondo dei sogni cullato dal vociare dei suoi amici in sottofondo.

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

Allungò il passo, cercando di starle dietro mentre sfrecciava risoluta verso la zona mensa.
Sonya le aveva categoricamente vietato di farsi vedere nuovamente da lei o Alphard prima di aver messo qualcosa sotto ai denti.
Poi avrebbe avuto inizio la caccia.
- Cosa ha fatto mio padre? – ripetè, incredulo.
Non avrebbe mai pensato che si sarebbe esposto in quel modo contro Nathaniel, che per anni era stato il suo migliore amico, e invece lo aveva sorpreso.
- Mi ha dato il suo appoggio e ha comprato il voto di quel vecchio viscido. Senza di lui non avremmo mai avuto il via libera a intervenire. –
La cosa era sempre più sorprendente ogni volta che lo sentiva.
- Deve avere un guadagno. –
Ruby si voltò verso di lui, accigliandosi.
- È così difficile per te credere che tuo padre abbia semplicemente voluto fare la cosa giusta? –
Emise un’aspra risata.
- Baron Ryle che fa la cosa giusta lasciandosi guidare solo dal suo buon cuore? È impossibile. Deve aver realizzato che ha più possibilità di ottenere qualcosa dall’aiutarci piuttosto che dallo schierarsi al fianco di Nathaniel e della sua Mano nera. –
- Immagino che lo scopriremo presto. Non credo che Alphard ci metterà molto a trovarlo. –
Concordava pienamente con lei.
Nessuno riusciva a trovare qualcuno con tanta rapidità come la squadra d’elité degli Auror, specialmente se erano fortemente spinti a dare il meglio.
E non c’era alcun dubbio sul fatto che Alphard fosse stato molto convincente nell’esporre la priorità di quella missione a tutti i suoi uomini.
- Quindi farai meglio a mangiare qualcosa. Non puoi combattere a stomaco vuoto. –
Anzi, per la verità sperava che Ruby insistesse per fare di testa sua e venisse esclusa dall’azione.
L’idea di vederla rischiare la sua pelle non gli andava affatto giù.
- Va bene, mangerò qualcosa e poi sarò pronta per stare in prima linea. –
- Non necessariamente in prima, andrebbe bene anche in seconda o in terza … - bofonchiò.
La vide sgranare gli occhi, sorpresa.
- Non vuoi che combatta … perché? –
- Abbiamo decine di Auror super addestrati -, si strinse nelle spalle, - non serve che tu ti esponga troppo. È inutilmente pericoloso. –
- Stai cercando di dirmi che non vuoi che corra rischi? –
- Sto cercando di dirti che se ti succedesse qualcosa io … -
Si morse la lingua.
Che accidenti stava per dirle?
Eppure Ruby non sembrava sul punto di prenderlo in giro, ma lo fissava in attesa che continuasse la frase.
- Tu? –
- Io ne sarei dispiaciuto. –
- Ne saresti dispiaciuto -, ripetè con tono improvvisamente gelido, - Fantastico, che grande rivelazione. Non scioglierti troppo, mi raccomando, Ryle. –
Bene.
Era riuscito a farla arrabbiare anche mentre cercava di dire qualcosa di dolce.
Riuscire a spiegarsi con lei era qualcosa di incredibilmente difficile … e dire che non era mai stato il tipo di persona che aveva difficoltà nell’esporre le sue idee.
Al diavolo, tanto valeva chiarire definitivamente come la pensava, non avrebbe certo potuto fare più danni.
- Non sarei solo dispiaciuto. Ne sarei devastato, d’accordo? –
- Come sei melodrammatico, Ryle … -
La interruppe chinandosi su di lei, posando le labbra sulle sue.
Chiuse gli occhi in attesa della sua reazione, certo che uno schiaffo l’avrebbe colpito in pieno.
Eppure Ruby era lì, ferma, e non accennava a interrompere il contatto tra di loro.
Fu la sua mancanza di rabbia e indignazione a spingerlo ad approfondire quel contatto.
Sentì le labbra stirarsi in un sorriso compiaciuto quando avvertì che la ragazza stava ricambiando il bacio e aveva affondato le dita affusolate tra le corte ciocche scompigliate.

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Camille sbuffò, continuando a esaminare gli incartamenti.
Gli Auror di Alphard avevano pattugliato l’intera zona attorno alla dimora ufficiale di Nathaniel per tutte le ultime otto ore eppure non avevano trovato nulla.
Era stato allora che Sonya si era rivolta a lei, chiedendole se avesse voglia di provare a dare loro una mano.
Un punto di vista nuovo e privo di pregiudizi avrebbe potuto essere d’aiuto, le aveva detto, e lei si era resa immediatamente disponibile.
L’idea di potersi rendere utile la faceva sentire meglio.
Eppure erano due ore abbondanti che rileggeva quei documenti senza riuscire a cavarne un ragno dal buco.
Il cognome Wilson compariva di tanto in tanto, ma legato solo a proprietà del tutto legali e ben registrate, nulla in cui Nathaniel si sarebbe mai arrischiato a nascondere un ostaggio.
- Come procede? –
Trasalì ritrovandosi davanti Alaska con una tazza di fumante caffè stretta tra le mani.
- Male. Non riesco a trovare un posto in cui potrebbe averla nascosta. –
- Dovresti provare a riposarti, stressarti non porta a nulla e rischia di farti sfuggire di vista anche quello che è palese. –
Aveva ragione.
Con le indagini funzionava lo stesso principio dello studio: il cervello non andava sovraccaricato d’informazioni perché dava inevitabilmente inizio a un processo di esclusione dei dati più vecchi in favore di quelli recenti.
Rischiava di perdersi davvero qualche pezzo per strada e non poteva permetterselo.
Accettò la tazza e sorseggiò la bollente bevanda.
Una scarica di caffeina era proprio quello di cui aveva bisogno.
- Questo cos’è? –
Seguì lo sguardo dell’amica finendo con il posarlo su un vecchio articolo di giornale.
Era datato agosto di vent’anni prima e riportava l’immagine di un Nathaniel più giovane che teneva per mano una ragazza dai capelli castano rossicci che assomigliava incredibilmente a una versione più grande di Ruby.
Sorridevano all’indirizzo del fotografo e la mano di lei si muoveva mettendo in mostra un gigantesco anello di diamanti e rubini.
Il titolo riportava: “Nathaniel Wilson prossimo alle nozze con Amalya Carson.”
- L’annuncio di fidanzamento di Nathaniel! –
C’era qualcosa che non le tornava.
Ruby e suo fratello facevano di cognome Cassel … non Wilson né Carson.
Aveva pensato che avessero preso il cognome materno, ma evidentemente non era così.
Che entrambi fossero stati adottati?
- So a cosa stai pensando -, saltò su Alaska, - e c’è una sola persona che può rispondere a questa domanda. Vado a chiamarla. –

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

- Ti assomiglia davvero tantissimo – considerò Alastair osservando la donna ritratta.
L’unica differenza erano gli occhi: quelli di Amalya Carsen erano castani mentre Ruby aveva la stessa sfumatura grigio perla di quelli paterni.
Camille annuì.
- Esattamente quello che ho pensato io, quindi immagino che né tu né tuo fratello siate stati adottati. –
Ruby si riscosse dai suoi pensieri e smise di osservare la foto.
Sembravano così giovani, così felici e innamorati.
Eppure tutto era finito con il naufragare.
- Purtroppo no, siamo entrambi suoi figli biologici. Perché, cos’è che non ti torna? –
- Il cognome … non è né quello di Nathaniel né quello di Amalya. Da dove è uscito fuori Cassel? –
Si strinse nelle spalle, abbozzando un sorrisetto divertito.
- Non dirmi che tra tutte queste schede non c’è un certificato di nascita di Nathaniel. –
Scosse la testa.
Era vero, non ci aveva pensato e probabilmente era stato un errore stupido.
Aveva preferito concentrarsi sugli ultimi vent’anni piuttosto che ripercorrere l’intera storia della sua vita.
- Non ci ho nemmeno pensato a chiederne uno. –
- E sono certa che era proprio quello in cui sperava -, mormorò, - ma purtroppo per lui conosco molto bene questa storia. Cassel è il cognome dei genitori naturali di Nathaniel, quelli con cui ha vissuto per i suoi primi dieci anni di vita, e suppongo che usandolo riuscirai a trovare qualche vecchia proprietà sparsa nelle campagne. –
- Mi metto subito al lavoro. –
Restrinse il campo di ricerca e continuò a scartabellare finchè non lo trovò: Cassel Armand.
Aveva intestata una vecchia proprietà nelle campagne inglesi.
Incrociò le ricerche con i dati che gli Auror possedevano su Armand Cassel.
Ne venne fuori che era morto quindici anni prima e che la proprietà era passata a suo nipote: Gabriel Cassel.
- Alphard, Sonya! Ce l’ho, li ho trovati! –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice: 

Salve!
So che il capitolo è corto, ma era una sorta di capitolo di passaggio tra questo e il quattordicesimo perciò ho preferito non allungare troppo “il brodo” rischiando di inserire cose superflue.
Dunque, dopo la Chriska (?) finalmente anche la Ralistair (?) è diventata Canon. Lo so che i nomi di queste due ship sono tremendi, ma al momento non me ne vengono in mente altri … se avete dei nomi più carini in mente fatemelo sapere ;) 
Ah, infine ho una piccola domanda per voi:

- il vostro OC parteciperà alla missione di recupero di Katherine?

Detto ciò vi lascio e ci sentiamo al prossimo capitolo.
Stay tuned.
XO XO,
Mary

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14


 

 

 

 

 

Aprì gli occhi leggermente intontita, risvegliata dal rumore sempre più insistente che proveniva da dietro la porta.
Riconobbe la voce di Dragomir che discuteva animatamente con un altro ragazzo.
Quest’ultimo aveva una voce fredda, quasi impersonale, che poco a poco cominciava a condirsi di asprezza e irritazione.
Non riusciva a seguire chiaramente il filo del loro discorso, ma di qualsiasi cosa si trattasse era certa che non fossero buone notizie … perlomeno non per lei.
- Ti dico che non è necessario. –
- E io ti ricordo che non sei tu a prendere le decisioni. Sei poco più che un soldato per la nostra causa, non dimenticartelo. –
- Non potrei certo dimenticarlo con te che me lo ricordi ogni cinque minuti, ti pare? –
Il rumore di qualcuno che veniva spintonato all’indietro e un borbottio sempre più irritato venne interrotto da un’altra voce.
Una terza persona, considerò, questa volta sicuramente una donna.
Forse Lilian Campos, l’unico volto femminile a cui erano riusciti a dare un nome tra la cerchia della Mano Nera.
- Piantatela di comportarvi come due ragazzini. Nathaniel ha già deciso il destino della ragazza, parlarne oltre non ha senso. –
- Ma … -
- Non ricominciare, Atanasin. Adesso spostati, devo portare dentro queste cose. –
Ebbe appena il tempo di mettersi a sedere prima che la porta della stanza venisse aperta.
Lilian Campos fece capolino con una pila di abiti puliti tra le braccia e dietro di lei venne un’altra ragazza, forse una domestica, che trasportava il pranzo.
Lo stomaco brontolò suo malgrado.
Non aveva mangiato nulla nei due giorni in cui era stata tenuta prigioniera, rifiutandosi di accettare qualsiasi cosa dai suoi carcerieri, ma il suo corpo cominciava a ribellarsi.
Vide la domestica rivolgerle uno sguardo desolato, come se fosse sinceramente dispiaciuta di quello che stava passando.
Si chiese distrattamente come fosse finita a lavorare per Nathaniel … eppure non doveva avere che una manciata d’anni più di lei.
- Finalmente ci incontriamo, Katherine -, Lilian le rivolse un sorriso sgradevole, - e vorrei poter dire di essere colpita dalla tua ostinazione nel non mangiare nulla, ma mentirei. Ti stai comportando da stupida. –
- Disse la sociopatica. –
La vide irrigidire la mandibola, serrandola con tanta forza che si domandò se non fosse sul punto di portare la mano alla bacchetta e infliggerle la Cruciatus.
Dragomir tossicchiò in modo ostentato, quasi sapesse cosa stava passando per la testa della compagna.
- Lian, ricorda gli ordini. –
- Ti ho portato abiti e cibo. Josephine ti aiuterà a darti una ripulita e a prepararti. Nathaniel desidera che tu ti unisca a lui e ai suoi ospiti nel pomeriggio. –
- Puoi dire a Nathaniel che … -
Tacque al quasi impercettibile cenno di diniego di Josephine.
La ragazza sembrava conoscerli quanto bastava per metterla sull’avviso nel momento in cui erano prossimi a perdere del tutto il controllo.
Diventare una martire non sarebbe servito a nulla.
Doveva rimanere lucida.
Gli occhi castano scuro della donna la fissavano con insistenza, aspettando che terminasse la frase.
- Sì? –
- Che mi unirò a lui e ai suoi ospiti. –
Quelle parole sembravano fiele nella sua bocca, ma l’importante era continuare a prendere tempo.
Prima o poi l’avrebbero trovata.
- Molto bene, ne sarà deliziato. Josephine, rendila presentabile. –
La porta venne richiusa con un boato e il tintinnio del catenaccio che veniva sigillato nuovamente accompagnò il rumore dei passi che si allontanavano lungo il corridoio.
Rimaste sole, Josephine le si avvicinò, lasciandosi cadere sul pavimento accanto a lei.
- Mi dispiace davvero. Io … non so esattamente cosa sia più giusto dire in momenti come questo, ma sono sincera quando dico che mi dispiace. Non ti conosco, ma sono sicura che non hai fatto nulla che possa farti meritare ciò che stai passando. –
- Perché sei qui? Perché lavori per Nathaniel? –
La ragazza prese un sospiro profondo, allontanando una ciocca biondo dorata dal volto.
- È complicato. –
- Prova a spiegarmelo – insistè.
Non sembrava male; possibile che fosse costretta?
- I miei genitori lavoravano per Nathaniel da anni quando sono nata io. Mia madre … lei non è sopravvissuta al parto e mio padre non ha retto al colpo. Avevo tre anni quando si è suicidato. Ho passato la mia infanzia in questa casa, accudita dal personale che lavorava nella villa, e Nathaniel si è personalmente preoccupato che io avessi la possibilità di studiare a Beauxbatons come avevano fatto i miei genitori. –
Era un quadro alquanto singolare e andava contro a ogni riflessione che aveva mai fatto su quell’uomo.
Eppure sapeva che non era sempre stato un omicida a sangue freddo.
C’era stato un tempo, durante la sua adolescenza, in cui era stato una persona solare e gentile, pronta ad aiutare i suoi amici.
Gli stessi che poi aveva finito con l’uccidere.
- Nathaniel è stato buono con te, quindi perché sembri perennemente scontenta? –
Era vero.
Josephine era di una bellezza devastante, ma le sue labbra rosa intenso erano perennemente piatte senza il minimo accenno di sorriso.
- Solo perché Nathaniel è sempre stato buono con me non significa che sia una brava persona … i buoni non uccidono chi non la pensa come loro. –
Ottima considerazione.
Quella ragazza cominciava a piacerle.
- E poi Gabriel mi mette i brividi -, ammise, - ha sempre quel modo di guardarmi, come farebbe uno squalo che si stesse domandando se la preda che ha di fronte è davvero succulenta come sembra. –
- Già, immagino che conviverci tutti i giorni non sia una bella esperienza. –
Annuì appena, le iridi azzurre sgranate per lo spavento.
- Non dovrei dire certe cose … se mi sentisse. –
- Credo abbia di meglio da fare piuttosto che origliare le nostre conversazioni … puoi dirmi chi sono questi ospiti? –
- Non conosco i nomi, indossano sempre un cappuccio sul volto, ma credo si tratti di membri elitari del mondo magico … ho sentito qualche accento, molti provengono dall’estero. –
- E la localizzazione di questo posto? –
Se, per qualche miracolo, fosse riuscita a mettersi in contatto con l’Avalon avrebbe avuto bisogno di fornirgli quante più informazioni possibili.
- Questa domanda è piuttosto semplice. È la vecchia villa dei Cassel, quella in cui Nathaniel ha passato i primi anni della sua vita … è nelle campagne inglesi, a qualche chilometro da Londra. –
Londra.
Dannazione, avevano viaggiato parecchio la sera del suo rapimento.
- Dovresti davvero mangiare qualcosa e cominciare a prepararti per questo pomeriggio -, osservò Josephine, - ti assicuro che non vuoi vedere Gabriel arrabbiato. –
Quello era poco ma sicuro.
Si lasciò aiutare a ripulirsi, indossò l’abito che era stato scelto per l’occasione e lasciò che Josephine le acconciasse i capelli in un morbido chignon e la truccasse leggermente.
Dopodichè mangiò con voracità le uova strapazzate e il bacon croccante, vuotando l’intera caraffa di succo di zucca.
- Stai benissimo -, asserì la bionda con convinzione, - ma manca un’ultima cosa. –
La fece voltare, agganciandole una collanina d’oro bianco con un piccolo smeraldo incastonato.
Aveva l’aria di essere molto costosa.
- Dragomir ha insistito perché te la facessi indossare – disse a mo’ di scusa.
All’improvviso il gioiello non le appariva più così bello e sfolgorante.
Si strinse nelle spalle, reprimendo il desiderio di strapparla e gettarla via.
- Se proprio devo. –
- Io credo che … credo che arriveranno presto a salvarti – le sussurrò poi, mentre giungeva loro il lieve bussare esterno.
Poco dopo la porta venne aperta e Dragomir fece capolino.
- È pronta? –
- Sì. –
- Allora andiamo -, ordinò porgendole il braccio, - Nathaniel ci aspetta. –
Ignorò palesemente il braccio muscoloso, uscendo dalla stanza come se lui neanche esistesse, e continuò a camminare dritta davanti a sé finchè non si rese conto che non conosceva quel posto e avrebbe dovuto percorrere strade a caso fino a raggiungere il salone.
Il che avrebbe potuto comportare l’incontrare qualche personaggio poco gradito e decisamente letale.
- Immagino che tu debba farmi strada, non so dove andare. –
Con un sorrisetto divertito, il bulgaro l’oltrepassò e puntò verso la lunga rampa di scale che conduceva al piano superiore.
- Ti sta veramente bene quella collana -, disse d’un tratto, - s’intona alla perfezione proprio come avevo immaginato. –
- Sono contenta che ti piaccia -, lo rimbeccò aspramente, - perché io combatto contro l’impulso di buttarla via. La detesto. –
Esultò dentro di sé quando vide il sorrisetto di Dragomir appassire lentamente fino a venire sostituito da un’espressione corrucciata e vagamente ferita.
- Volevo fare un gesto carino. –
- Allora avresti potuto aiutarmi a tornare all’Avalon … quello sarebbe stato il gesto più carino dell’intero universo. –
Proruppe nella sua solita bassa e roca risata, rischiando di farla trasalire.
Non riusciva a credere che un tempo l’avesse considerata sensuale e accattivante.
- Lo sai che non posso, Kat … e non voglio neppure. –
- Non puoi certo biasimare una ragazza per averci provato. –
- No, non posso -, convenne, - ma da adesso in poi cerca di fare la brava. –
Se non avesse creato problemi e li avesse assecondati sarebbe riuscita addirittura a scoprire l’identità di qualcuno dei misteriosi adepti di Nathaniel.
Prese un respiro profondo e oltrepassò la soglia del salone.
Fu allora che lo vide.
E d’improvviso tornò a essere la bambina terrorizzata che assisteva alla morte dei genitori senza poter fare nulla.
E lo odiò.
Odiò Nathaniel per la capacità che aveva di terrorizzarla.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

La villa era quella.
Avevano assistito a un andirivieni generale di persone in quell’ultima ora e ormai non c’erano più dubbi: lì dentro c’era Nathaniel e, di sicuro, anche Katherine.
- Lo so a cosa stai pensando -, gli sussurrò Alistair, - e non farlo. Non puoi permetterti di perdere il controllo. C’è troppo in gioco, Ben. –
Facile a dirsi.
Il problema era che dopo due giorni passati a rimuginare sul suo rapimento non riusciva più a togliersi dalla mente quanto potesse essere spaventata e cosa le fosse stato fatto.
Ricordava con precisione il ritorno all’Avalon di Ruby.
Era stata ridotta male e c’erano voluti due giorni prima che fosse in grado di lasciare l’infermeria.
Il pensiero che Katherine potesse essere ridotta allo stesso modo, o addirittura peggio, lo stava uccidendo.
- Recupererò il controllo solo quando lei sarà qui con me. Fino a quel momento non ho spazio per la calma – lo rimbeccò, continuando a fissare la villa.
Sperava per Dragomir che non fosse nei paraggi perché se l’avesse incontrato sul suo cammino allora niente e nessuno l’avrebbe potuto salvare dalla sua furia.
Alphard si avvicinò loro, seguito a ruota da Sonya e un paio di Auror.
- Sembra che non ci siano ulteriori ospiti in arrivo. I miei uomini hanno circondato la villa e bloccato ogni via di fuga. Ci muoviamo. –
Sospirò profondamente.
Era pronto.

“Kat, sto arrivando” pensò intensamente, quasi sperasse che la ragazza percepisse i suoi pensieri.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Eccoci qui con l’aggiornamento. Anche questo è un capitolo piuttosto discorsivo come avrete notato e ho pensato di concentrarmi su due OC che negli ultimi capitoli non abbiamo incontrato.
Qui sotto vi lascio anche il pv di Josephine Selwyn, la ragazza incontrata in questo capitolo, e vi anticipo che la rivedrete anche nel prossimo e in quelli successivi.
Detto ciò non mi resta che salutarvi e augurarvi un buon fine settimana.
Al prossimo capitolo.
Stay tuned.
XO XO,
Mary

 

 

 

 

 

Josephine Selwyn (PV Blake Lively) – 19 anni, ex studentessa di Beauxbatons.

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15

 

 

 

 

 

 

L’ingresso della villa era modesto, ben più di quanto apparisse all’esterno a dire il vero, e l’arredamento appariva impersonale e asettico come se chi ci abitava non si curasse minimamente di renderlo accogliente … come se non sentisse quel posto come casa.
- Sai dove dobbiamo andare? –
Ruby scosse la testa.
- L’ultima volta che ho messo piede qui dentro avevo pochi mesi … mia madre ci ha portati via poco dopo. –
“Saggia scelta” avrebbe voluto commentare, ma aveva la netta sensazione che Alistair non avrebbe preso bene quell’affermazione.
Da quando lui e Ruby si erano messi ufficialmente insieme era diventato persino più protettivo nei suoi confronti di quanto non fosse stato quando fingevano di non sopportarsi.
- Suggerisco di dividerci e perlustrare tutta la proprietà. –
Alphard tossicchiò. – Tu, signorina, obbedisci agli ordini e non suggerisci niente … e altrettanto faranno i tuoi compagni. Siete qui solo perché direttamente coinvolti, ma le decisioni le prendiamo io e Sonya -, si soffermò in particolare su Benjamin, - Sono stato chiaro? –
- Cristallino – bofonchiò.
Questo perlomeno fintanto che i suoi ordini lo aiutavano a ritrovare Katherine.
Sentì su di sé lo sguardo di Alistair.
Qualunque cosa avesse detto o fatto non sarebbe mai riuscito a convincerlo, ne era fin troppo consapevole.
- Benjamin, Alistair e Ruby vanno da quella parte -, Alphard indicò un punto verso destra in cui li attendevano già un paio di Auror, - Camille, JJ e Jax sulla sinistra con Bronson e Lewis. Mentre Alaska e Christopher vengono con me e Sonya. Qualsiasi cosa succeda, niente colpi di testa. –

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

- Abby e Jem dovrebbero essere riusciti a perimetrare tutta la proprietà esterna insieme ai vostri genitori – considerò Camille, mentre avanzavano cercando di fare più silenzio possibile.
Jax annuì bruscamente, svoltando l’angolo più vicino con fare circospetto.
Non riusciva a togliersi dalla testa la sensazione che fosse tutto fin troppo semplice. C’era troppo silenzio, troppi pochi uomini in giro per la villa.
Persino i confini della proprietà erano scarsamente controllati.
Qualcosa non andava.
- Sei pensieroso -, osservò Jamie, - perché? –
- Mi sembra tutto troppo facile. Dovremmo essere nella tana del grande e grosso cattivone, perché nessuno si è ancora accorto di noi? –
Si accigliò.
- Credi che si tratti di una trappola? –
Era praticamente certo che fosse una trappola e non riusciva a togliersi dalla testa l’idea che Alphard li avesse volutamente spediti nell’angolo più tranquillo della villa.
Li faceva partecipare all’azione, ma non li voleva in prima linea.
- Credo che o Nathaniel ha il peggior sistema di sorveglianza dell’intero mondo magico oppure siamo esattamente dove voleva che fossimo. –
- Che saggia considerazione. –
La voce alle loro spalle li fece trasalire.
Seduto su quella che aveva tutta l’aria di essere una poltrona particolarmente antica e costosa, gli scintillanti occhi grigi di Gabriel li fissavano attraverso le scomposte ciocche corvine.
- Tu devi essere quello intelligente del terzetto -, continuò poi beffardo, - non che ci voglia molto a esserlo, non siete propriamente i tipi più svegli in circolazione, no? –
Si alzò con un agile colpo di reni, fronteggiandoli mentre il sinistro sorriso dipinto sulle sue labbra continuava a essere prepotentemente presente sul suo viso.
- Avrei dovuto rimanere in disparte a monitorare la situazione, ma mi annoio veramente tanto … a voi non dispiace se movimento un po’ le cose, vero? –
Fu allora che videro cosa stringeva tra le dita alabastrine.
La corta bacchetta in legno di noce era puntata minacciosamente contro di loro.
- Personalmente non ho preferenze sulla mia prima vittima, ma visto che sono un galantuomo lascerò che siano le signore a scegliere – ammiccò verso di loro.
Camille soffocò un gemito mentre JJ al suo fianco ribolliva di rabbia.
- Ci penserò io a te. –
Fece per farsi avanti, ma Jackson la trattenne.
- Voi andate avanti, mi occupo io di lui. –
- Jax … -
Scosse risolutamente il capo. – Andate, adesso! –
Obbedirono, riprendendo a percorrere la scalinata.
Si voltarono quando erano in cima, notando che i due ragazzi avevano cominciato a girarsi attorno come avrebbero fatto due predatori in procinto di attaccarsi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

- Speravo davvero di essere io a incontrarvi. –
La sagoma imponente di Dragomir li fronteggiava con disinvolta noncuranza.
Di riflesso si frappose tra lui e Ruby, attirando lo sguardo sorpreso e divertito del bulgaro.
- Ah, sembra che mi sia perso qualche nuovo pettegolezzo romantico all’interno dell’Accademia. Che coppia carina -, sogghignò, - i miei più sinceri auguri. –
- Ti avremmo volentieri aggiornato, ma sai, eravamo troppo impegnati a progettare il tuo funerale – lo rimbeccò Ruby, fissandolo truce.
- Divertente, capisco perché tuo fratello non vede l’ora di vederti di nuovo. –
Ruby s’irrigidì.
Il ricordo di Gabriel e della sua breve permanenza come infiltrata tra le fila di Nathaniel era vivido nella sua mente; si era ripromessa che mai, anche a costo della vita, sarebbe mai finita di nuovo sotto le sue grinfie.
Suo fratello sapeva essere incredibilmente fantasioso quando si trattava di escogitare modi per far soffrire le persone.
- Non fare minacce che non sei in grado di portare avanti, Atanasin. –
- Allora è un bene che io non abbia ancora cominciato a minacciarvi. –
Alistair portò la mano sull’elsa della bacchetta, ma il secco cenno di diniego di Benjamin attirò la sua attenzione.
- Lui è mio. –
Negli occhi dell’amico c’era una furia bruciante che mai aveva visto prima.
Annuì, rispettando la sua scelta.
Quella era la battaglia di tutti loro, ma lo scontro con Dragomir spettava a Ben.

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

Il rumore dello scontro al di fuori della sala raggiunse chiaramente le orecchie di Katherine.
Incrociò lo sguardo di Nathaniel, che le sorrise compiaciuto.
- Sembrerebbe che i nostri tanto attesi ospiti siano finalmente arrivati. –
Posò una mano affusolata da pianista sulla sua spalla, attirandola più vicina a sé, e dovette reprimere un brivido di disgusto misto a paura mentre lo assecondava.
- Mia cara, confido nella tua collaborazione durante questa piccola trattativa -, esordì bonariamente, - ed eviteremo inutili spargimenti di sangue. Mi seccherebbe alquanto imbrattare questi tappeti, una volta macchiati i persiani non tornano più com’erano prima. –
Tappeti.
Si stava preoccupando dei dannati tappeti persiani.
Quell’uomo era completamente fuori di testa.
Non rispose, fissando in silenzio i battenti in quercia finchè questi non vennero spalancati.
Alphard, con una vistosa tumefazione alla tempia sinistra, era tenuto fermo da due uomini e un bestione pelato teneva stretta Sonya. Alaska e Christopher, poco distanti, erano stati disarmati e costretti in un angolo da un paio dei bestioni di Nathaniel.
- Portate i ragazzi nel seminterrato insieme al resto dei loro compagni; poi assicuratevi che Gabriel non uccida il nipote del caro Alphard … quel ragazzo è faticoso da gestire, tende sempre a fare di testa sua – sospirò al loro indirizzo, quasi volesse scusarsi del fatto che suo figlio fosse appena un po’ troppo sociopatico.
- Se gli succede qualcosa … - ringhiò Alphard, venendo zittito da un cenno del capo.
- Non sei nella posizione di fare minacce di morte, mio vecchio amico, ma apprezzo ugualmente lo sforzo. Ora, veniamo agli affari -, rivolse un sorriso a Sonya, - vogliamo riparlare della tua rinuncia a qualsiasi pretesa sull’Accademia. –
- E se non avessi cambiato idea? –
- Allora suppongo che Alphard vedrebbe davvero morire uno dei suoi nipoti. Le donne appartenenti al ramo dei Van der bilt non sono mai state molto fortunate in questa lunga trattativa. –
Katherine sentì la rabbia divampare dentro di lei.
Sua madre.
Quel mostro osava nominarla.
- Non parlare di lei -, gli rivolse uno sguardo carico d’odio, - non devi mai nominarla, non ne sei degno! –
Non sapeva nemmeno lei che reazione si sarebbe aspettata, ma decisamente non quella che ebbe.
Nathaniel scoppiò a ridere, una risata profonda e gioiosa, come se non avesse mai sentito nulla di più divertente in tutta la sua vita.
- È una vera guerriera, questo l’ha decisamente ripreso da Lennie. Allora, Sonya, vuoi davvero macchiarti del sangue di un altro adolescente innocente? –
Sonya distolse lo sguardo, abbassando il capo in segno di resa.
- Se la lasci andare firmerò tutto quello che vuoi. –
La sorpresa divampò per un attimo sul volto di Nathaniel, per poi essere sostituita da un misto di gioia e stupore: - Non era poi così difficile, hai visto? Portateli tutti alle segrete e nessuno osi far loro del male; Sonya e Ruby firmeranno i documenti del passaggio non appena saranno pronti e poi potranno tutti fare ritorno a casa … nessun danno collaterale. –
Pronunciò le ultime tre parole talmente sottovoce che non si capì se fossero dirette a tutti o solo a se stesso.

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

Le segrete erano fredde e umide proprio come fino a un’ora prima, l’unica differenza era che adesso non era più da sola ma c’era la sua intera squadra di soccorso.
Jackson sembrava aver retto bene allo scontro con Gabriel e aveva riportato solo una ferita che partiva dalla tempia e arrivava fino a metà guancia, solcandogli il sopracciglio.
Josephine era stata incaricata di curarlo e di occuparsi dei feriti nello scontro con gli uomini di Nathaniel.
- Brucerà un po’, ma fermerà il flusso sanguigno -, mormorò mentre disinfettava la ferita con tocchi gentili, - Temo che la cicatrice rimarrà, la ferita è abbastanza profonda. –
Jax annuì, tenendo lo sguardo stoicamente fisso verso il muro in mattonato.
Alphard era seduto accanto a Sonya, che aveva appoggiato la testa sulla sua spalla e si tormentava nervosamente le dita.
Poco distanti da loro Alistair e Ruby avevano assunto la stessa posa.
Il resto delle ragazze e Christopher, invece, erano ancora privi di sensi a causa degli Schiantesimi che li avevano messi fuori gioco.
Infine Benjamin, sdraiato a terra e con il capo adagiato sul suo grembo, cominciava a dare segni di ripresa.
Dragomir l’aveva scaricato nelle segrete pochi minuti dopo il loro arrivo. Il bulgaro aveva sfoggiato un labbro rotto e dei vistosi ematomi sul viso, che contornavano un’espressione suo malgrado colpita.
Comunque fossero andate le cose era poco ma sicuro che Benjamin fosse riuscito a impressionarlo.
Gli accarezzò il volto, stando attenta a mantenere un tocco lieve, e affondò le dita tra le ciocche castano scuro.
- Kat? Sei davvero tu? –
Annuì, continuando ad accarezzarlo.
Non sapeva il perché, ma da quando l’aveva rincontrato non riusciva a farne a meno.
- Sono io. –
- Avrei dovuto salvarti e invece sono finito anche io qui, sono davvero … -
Si chinò su di lui, tacitando il suo sproloquio con un lieve bacio a fior di labbra.
- Parli troppo, King, non te l’avevo già detto? –
Gli occhi castani scintillarono maliziosi.
- Se continuo a sproloquiare posso avere un altro bacio? –
- Si è decisamente ripreso – annunciò al resto del gruppo, suscitando risate collettive.
Josephine tossicchiò leggermente, attirando l’attenzione su di sé.
- Io … io credo di potervi far uscire di qui. –
Sonya si mise a sedere dritta, puntando le iridi grigio azzurre su di lei.
- Ne sei sicura? –
La ragazza prese un sospiro profondo, per poi annuire.
- A una condizione: voglio venire con voi. –
Alphard e Sonya si scambiarono un’occhiata d’intesa.
- Andata. –
- Allora lasciate fare a me -, prese un respiro profondo, - Gabriel, ho finito con le medicazioni, sono pronta a uscire. –
La sagoma del ragazzo fece capolino, sondando lo spazio all’interno della cella.
- Ti faccio uscire e informo che sono pronte a firmare –, asserì soffermando lo sguardo sulla sorella, - anche se è un peccato che tutto finisca in modo così rapido e indolore. –
Fece tintinnare le chiavi, aprendo la serratura e facendo cenno a Josephine di avvicinarsi.
- Datti una mossa, non ho tutta la giornata. –
Il movimento di Josephine fu così rapido e inaspettato che colse di sorpresa Gabriel e lo disarmò.
L’attacco successivo lo spedì contro il muro e gli fece perdere i sensi.
- Sono stata abbastanza rapida? – domandò al corpo inerte.
Alphard e Benjamin trascinarono il corpo all’interno, richiudendo la porta dietro di lui.
La seguirono verso l’uscita di servizio, sgattaiolando fuori.
Potevano aver perso la battaglia, ma non la guerra.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice: 

Eccoci qui con il penultimo capitolo, spero vi sia piaciuto. In settimana arriverà l’ultimo capitolo e poi un breve epilogo.
Stay tuned.
XO XO,
Mary

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Capitolo 17
*** Epilogo ***


Epilogo

 

 

 

 

 

Tornare a dormire nel proprio letto era una sensazione piacevole, ma allo stesso tempo strana.
Continuava a rigirarsi da una parte all’altra, incapace di prendere sonno.
Nathaniel era ancora lì fuori, infuriato per come i suoi piani erano finiti con il trasformarsi in un nulla di fatto.
Allontanò una ciocca ribelle, sbuffando.
Prendere sonno non sembrava essere un’opzione contemplata al momento.
Si era appena messa a sedere sul letto quando sentì bussare contro la finestra.
Scostò i pesanti drappeggi, trovando Benjamin appollaiato sul davanzale.
Aprì la finestra, scostandosi di lato in modo da permettergli di saltare dentro.
- Esistono le porte, lo sai? –
Passò le dita tra le ciocche scompigliate, sorridendole malandrino.
- Il coprifuoco è scattato da un pezzo, qualcuno potrebbe pesare che abbia intenzioni poco onorevoli che mi spingono ad intrufolarmi qui dentro nel cuore della notte. –
Gli sorrise di rimando.
- E le hai? –
- Scommetto che ti piacerebbe eccome, ma in realtà ero passato solo per vedere come stavi. –
- Non benissimo -, ammise, - continuo a pensare che lui è ancora lì fuori e che non si fermerà finchè non avrà ottenuto quello che vuole. –
Benjamin le cinse la vita con le braccia muscolose, attirandola gentilmente a sé.
- Non gli permetterò mai più di farti del male, né a lui né a nessun altro … d’accordo? –
Annuì, rilassandosi nella stretta.
Stare in quella posizione era naturale come respirare, le sembrava così tremendamente giusto.
- Proviamo a farci una dormita? –
- Non riesco a dormire. –
- Da sola no di certo, ma ci sono io qui. –
Katherine annuì, lasciandosi guidare verso il baldacchino.
Lasciò che Ben si sdraiasse per primo e poi si rannicchiò tra le sue braccia, adagiando il capo sul petto muscoloso.
Chiuse gli occhi, sentendo le dita del ragazzo affondare nelle ciocche in lente e rilassanti carezze.
Era quasi scivolata tra le braccia di Morfeo quando un sentore acre le assalì le narici.
Lei e Benjamin si alzarono di scatto, affacciandosi lungo il corridoio del dormitorio femminile.
Annusò l’aria.
C’era una puzza di bruciato che si faceva via via sempre più forte.
Fuoco.
L’accademia stava andando a fuoco.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

Alaska cercò di stare al passo di Christopher e Abby, districandosi velocemente tra i corridoi invasi dal fumo.
Non poteva credere che tutto quello stesse succedendo davvero a loro.
- Non riesco a vedere dove diavolo sto mettendo i piedi -, gridò, - e non trovo James e le ragazze da nessuna parte! –
- Dobbiamo uscire di qui e alla svelta – le urlò di rimando Abby, cercando di sovrastare le urla terrorizzate dei loro compagni che correvano verso l’uscita come una mandria impazzita.
- Siamo quasi arrivati all’uscita, ancora pochi metri – le esortò Christopher, continuando a cercare di dipanare il fumo denso a colpi di bacchetta.
Tuttavia l’effetto era pressoché minimo.
Non era fuoco normale.
Dovevano aver usato l’Ardemonio per ridurre l’edificio a quella massa informe di fumo e fiamme.
Inciampò sull’ultimo gradino, perdendo l’equilibrio e finendo con il rotolare a terra.
Una fitta di dolore provenne dalla gamba destra, poco sotto il ginocchio.
Doveva essersi rotta qualcosa.
- Sky, andiamo, puoi farcela. –
Scosse la testa, indicando con un cenno del capo l’arto.
- Non vado da nessuna parte con quella gamba, devo essermi rotta qualcosa – gemette.
- Abby, vai avanti e porta il resto dei ragazzi fuori –, ordinò Christopher accennando agli studenti impauriti dei primi anni che li avevano seguiti fino a lì con cieca fiducia, - porto Sky fuori di qui in braccio. –
L’afferrò, tirandola su come se non pesasse nulla, e la strinse a sé.
- Coraggio, terremoto, usciremo sani e salvi di qui. Te lo giuro. –

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

Jackson si fece largo tra i corridoi, alla ricerca di qualcuno ancora in attesa di abbandonare il dormitorio.
Josephine veniva dietro di lui, l’espressione risoluta sul bel volto.
- Non ti avevo detto di andare con Christopher e le altre? –
- L’avevi detto -, convenne, - ma non di ho dato ascolto. –
Sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
- Razza di testarda. –
- Meno chiacchiere e più rapidità, van der bilt – lo rimbeccò, oltrepassandolo e spalancando la porta più vicina.
Tossicchiò, tirandosi indietro a causa del fumo e del calore che l’avevano investita in pieno.
Sentì gli occhi lacrimarle copiosamente.
- C’è qualcuno lì dentro? – gridò, attendendo per una risposta.
Il silenzio fu l’unica risposta che ricevettero.
- Passiamo al pianterreno, qui su non c’è più nessuno. –
Fece per muoversi verso le scale, ma venne tirata all’indietro da Jackson, finendo con lo scontrarsi contro il suo petto.
Fece per protestare, ma la mano del ragazzo le tappò la bocca.
- Silenzio -, le intimò, - non siamo da soli. –
Delle sagome scure comparvero nel corridoio, camminavano a passo sicuro come se il fumo fosse loro alleato e non certo un problema.
Avevano le bacchette sguainate e i cappucci celavano i loro volti.
Dovevano essere stati loro ad aver appiccato l’incendio.
Quando si avvicinarono intravide il volto al di sotto del cappuccio.
Dragomir.
Teneva stretto tra le dita un lungo pugnale grondante sangue.
Qualcuno era stato ucciso, la consapevolezza lo colpì con inaudita ferocia.
Ma chi … chi dei loro era stato l’ennesima vittima di quella follia?

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

Gli ultimi a uscire dall’accademia ormai semi carbonizzata erano stati Jackson, Josephine e Jamie.
Di Camille e James non c’era traccia.
- Non può esserci nessuno ancora vivo lì dentro. –
Fu Alphard a dire ciò che tutti avevano ben chiaro nel profondo di se stessi, ma nessuno aveva avuto il coraggio di dire ad alta voce.
Alistair lasciò vagare lo sguardo verso JJ e Abby.
Entrambe le ragazze erano sbiancate e fissavano la struttura che continuava ad ardere incessantemente mentre la squadra di Auror si affaccendava nel tentativo di spegnere le fiamme, che avevano ormai superato i tre metri d’altezza.
Afferrò la mano di Ruby, al suo fianco, intrecciando le dita alle sue.
Poteva essere tremendamente egoista, ma in quel momento l’unica cosa che gli importava era che lei fosse al sicuro.
Aveva temuto seriamente per lei durante l’attacco all’accademia, ipotizzando che l’incendio fosse tutto un diversivo per arrivare a lei.
Eppure così non era stato.
Nathaniel sembrava semplicemente aver deciso che se lui non avrebbe potuto avere l’Accademia allora nessuno l’avrebbe avuta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Un mese dopo …

 

 

 

 

 

 

Era passato un mese da quel terribile giorno, ma la mancanza di Jem continuava a farsi sentire prepotentemente.
Era stato il suo primo e migliore amico, il ragazzo con cui era cresciuta e che la conosceva meglio di chiunque altro.
Era come un fratello.
E adesso non c’era più.
Sentì il ciottolato scricchiolare sotto il peso di qualcuno che vi camminava sopra.
Abby si voltò verso la direzione da cui aveva sentito provenire i passi.
Jamie avanzava, tenendo stretto tra le braccia un vaso colmo di fiori di campo.
- Erano i preferiti di Camille – spiegò, adagiandoli sulla bara di marmo.
Anche lei indossava un sobrio abito rosa antico, il vestito che era stato scelto in virtù di damigelle d’onore per il matrimonio di Sonya e Alphard.
Sembrava che almeno qualcuno potesse continuare a essere felice, ed era quasi ironico come tutto il caos che aveva sconvolto il loro ultimo anno di scuola avesse finito con il fare nascere ben quattro coppie.
- Sono sicura che li avrebbe adorati, sono stupendi – assicurò, osservandola mentre li risistemava con cura.
- La cerimonia è stata molto bella … -
- Sì, è stato un bel matrimonio. Credo che a James sarebbe piaciuto, adorava far festa. –
JJ la fissò dritta negli occhi.
- Prima o poi riusciremo a superarla, lo sai vero? –
Sì, lo sapeva.
Prima o poi.
- Ma non oggi. –
Le voltò le spalle, allontanandosi lungo il medesimo ciottolato.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

Sei mesi dopo …

 

 

 

 

 

Ripiegò il giornale, guardando Ruby alla ricerca di una sua reazione.
La notizia dell’arresto di Nathaniel e Lilian era capeggiato su tutte le testate del mondo magico.
L’ondata mediatica era stata imponente oltre ogni dire e la sorte dell’Avalon sembrava ormai essere stata accantonata come un pettegolezzo non più all’ordine del giorno.
- Non hanno ancora trovato né Dragomir né mio fratello. –
Girava voce che Gabriel fosse ormai oltre oceano e avevano ragione di sospettare fortemente che il loro ex compagno di classe si fosse rifugiato, invece, da qualche parte nell’estremo Est dell’Europa.
- Li troveranno. –
- Non so cosa fare con l’Avalon -, ammise, - Sonya vuole che sia io a decidere le sorti dell’Accademia, ma non credo che riuscirei a mettere piede lì dentro. Non più dopo tutto quello che abbiamo passato … dopo che dei nostri amici sono morti per causa di mio padre. –
Alistair le afferrò gentilmente il braccio, attirandola a sé e costringendola a sedersi sulle sue gambe.
- Ne abbiamo già parlato, nulla di quello che è accaduto è colpa tua. –
- Lo so, ma a volte è dura ricordarlo. –
- A volte un nuovo inizio è tutto ciò che ci occorre. Per quanto riguarda l’Avalon possiamo spostarla altrove, cambiarle anche nome se vuoi, fare in modo che sia qualcosa che non abbia nulla a che fare con il passato. –
Ruby gli scoccò un bacio a fior di labbra, sorridendo ironica.
- Quando sei diventato così saggio e filosofico, Ryle? –
- Lo sono sempre stato, eri solo troppo abbagliata dalla mia bellezza per accorgertene. –
Si districò dalla sua presa, ridendo.
- Arrogante, non credi che … - tacque, presa in contropiede dalla scena che si stava profilando davanti a lei.
Lo vide inginocchiarsi davanti a lei, estraendo una scatola dalla tasca dei pantaloni.
- Che … che stai facendo? –
- Ruby Cassel Wilson, vuoi farmi l’immenso onore di avere un nuovo inizio con me? Vuoi diventare mia moglie? –
- Farai meglio a non scherzare, Ryle, perché se non sei assolutamente serio giuro che ti castro. –
Alistair scoppiò a ridere.
- Devo prenderlo come un “sì, lo voglio”? –
- Sì, dannazione, certo che lo voglio. –

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

Vent’anni dopo …

 

 

 

 

 

 

- Non riesco ancora a credere che tua madre sia la preside del Covenant. –
Reyna inarcò un sopracciglio, ascoltando il vociare di quella ragazzina del quarto anno che stava cercando in tutti i modi di attirare l’attenzione di Nicholas.
Suo fratello sorrideva, lievemente in imbarazzo, ma annuì con vigore.
- Già, sono state lei e la mia prozia a fondare il Covenant. Volevano qualcosa di diverso e a qualche anno di distanza dal suo diploma lo hanno trovato. –
- Credi che potresti …
Ecco dove voleva andare a parare.
Non sopportava proprio quelle gallinelle arriviste che cercavano di accattivarsi le simpatie del suo fratellino solo per avere qualche agevolazione.
Lei era la maggiore, doveva proteggerlo.
Sia lui che Kestrel.
Tossicchiò, voltandosi a guardare la ragazzina con un’occhiataccia che ebbe il potere di farla scappare via a gambe levate.
Una risata alle sue spalle la spinse a voltarsi.
- Tu sì che sei cattiva, riesci a far scappare via persino le ragazzine. –
Sorrise all’indirizzo di Brody.
Erano migliori amici fin dalla nascita, avevano quel tipo di legame che era certa sarebbe durata per tutta la vita.
Lo abbracciò di slancio, per poi rifilargli una gomitata nelle costole.
- Ehy, mi hai fatto male. –
- Bene, perché avrei dovuto farti anche peggio. È da quando sei partito per la Francia che non ti sei fatto sentire, avevi detto che mi avresti scritto ogni settimana! –
La abbagliò con quel suo sorriso da impenitente canaglia che aveva il potere di far tremare le ginocchia alle ragazze del loro anno.
- Io e i ragazzi siamo stati molto impegnati. –
- Certo, immagino … rimorchiare ragazze francesi deve essere estenuante – concordò, con un cipiglio fintamente serio che fece ridere entrambi.
- Mi sei mancata, lo sai? –
- Certo che ti sono mancata, come poteva essere altrimenti? –
- Andiamo a cercare il resto del gruppo, spiritosona – le punzecchiò il fianco, dirottandola verso il treno che li avrebbe condotti al Covenant.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Cynric buttò fuori una lunga boccata di Artiglio di drago, per poi passare quell’artigianale e improvvisata sigaretta a Killian.
Starlett e Isabelle smisero di leggere la rivista che avevano comprato prima di salire sul treno e li folgorarono con un’occhiataccia.
- Vi sembra il caso di fumarvi anche gli ultimi neuroni che vi sono rimasti? –
- Come se potessero permetterselo … - aggiunse Isabelle, ridacchiando.
- Star, Belle, non cominciate con la solita storia –, sbuffò Killian, - da quando siete diventate Prefetti avete smesso di essere divertenti. –
Le due ragazze si scambiarono un’occhiata che non prometteva nulla di buono.
- Ah, sì? –
- Bene, lo vedremo. –
Cynric scoppiò a ridere, prendendo l’ultima boccata prima di gettare la sigaretta dal finestrino.
- Sei nei guai, amico mio, lasciatelo dire. –
Starlett si alzò in piedi, rassettando la divisa sulla quale, appuntata poco sopra il disegno dell’Arpia all’altezza del cuore, faceva bella mostra di sé la spilla da Prefetto ricevuta l’estate precedente.
Isabelle la imitò, attirando gli sguardi incuriositi degli amici.
- Dove state andando? –
- A cercare Reyna e Brody, mi domando dove si siano cacciati –, replicò, - ci vediamo all’arrivo al Covenant. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice: 

Salve!
È stata un’attesa vergognosa, me ne rendo perfettamente conto, ma a mia discolpa posso solo dire che ho unito l’ultimo capitolo all’epilogo e l’ho reso decisamente più lungo di come doveva essere l’originale.
Come avete notato l’ultimo spezzone riguarda i figli dei protagonisti di Avalon e a breve verrà pubblicato il sequel “Avalon – The Covenant” che sarà anch’esso un’interattiva.
Qui sotto vi lascio l’elenco della progenie dei nostri protagonisti con tanto di prestavolto e divisione in Case (perché, ebbene sì, la struttura del Covenant rimarcherà molto quella di Hogwarts e Ilvermorny).
A presto con il seguito.
Stay tuned.
XO XO,
Mary

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Alistair Ryle & Ruby Cassel Wilson in Ryle

 

 

 

 

 

 

Reyna Ryle (PV Marina Laswick) – 17 anni, Draghi. Capitano e Cacciatrice.

Nicholas Ryle (PV Hunter Parrish) – 14 anni, Arpie.

Kestrel Ryle (PV Daria Sidorchuk) – 13 anni, Unicorni.

 

 

 

 

 

 

Christopher Ian Baizen & Alaska Rowle

 

 

 

 

 

Brody Baizen (PV Brant Daugherty) – 17 anni, Arpie. Capitano e Battitore.

 

Starlett Baizen – 16 anni, Arpie. Prefetto.

 

 

 

 

 

 

 

Benjamin King & Katherine Shafiq

 

 

 

 

 

Cynric William King (PV Brody Carsen) – 17 anni, Basilischi. Capitano e Cacciatore.

 

Isabelle Sophia King (PV Sofia Black D’Elia) – 16 anni, Draghi. Prefetto e Battitrice.

 

 

 

 

 

 

 

Jackson Van der bilt & Josephine Selwyn

 

 

 

 

 

Killian Van der bilt (PV Danilo Borgato) – 17 anni, Basilischi. Cacciatore.

 

Rose Van der bilt (PV Bella Thorne) – 11 anni, Unicorni.

 

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