Heart of Courage

di ThorinOakenshield
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Iniziare col piede sbagliato ***
Capitolo 2: *** Che cosa mi prende? ***
Capitolo 3: *** Scontri ***
Capitolo 4: *** A bad news ***
Capitolo 5: *** Deporre le armi ***
Capitolo 6: *** Confessione ***
Capitolo 7: *** Salvataggio ***
Capitolo 8: *** Aprirsi ***
Capitolo 9: *** Parecchi anni dopo... ***



Capitolo 1
*** Iniziare col piede sbagliato ***




Iniziare col piede sbagliato

 
“Merida…” la chiamò dolcemente la regina Elinor. Quella mattina sarebbero giunti come ospiti i nani di Erebor, e sua figlia stava ancora dormendo. Un tempo l’avrebbe gettata giù dal letto e costretta a correre a prepararsi, perché non era decoroso per una principessa fare tardi agli incontri. Ma quei tempi erano passati, dopo la trasformazione in orso, sia lei che Merida erano cambiate.
La principessa dai lunghi riccioli rossi si rigirò nel letto, brontolando. “Dai mamma, ancora cinque minuti…”
Elinor sospirò. “Tra poco i nani di Erebor saranno qui, devi prepararti…”
A quelle parole, la giovane aprì gli occhi di scatto. Veloce come le frecce che scoccava dal suo arco, balzò giù dal letto e si affrettò a prendere il suo solito vestito azzurro, quello che indossava sempre per le occasioni importanti. “Per tutti gli orsetti! È vero! Me n’ero completamente dimenticata!”
La regina incrociò le braccia sul petto e scosse il capo, mentre un sorrisino divertito delineava le sue labbra: dopo quelle particolari vicende, sua figlia era diventata più saggia e matura, ma certe cose non erano cambiate, sarebbe per sempre rimasta il suo uragano impetuoso e scalcagnato. Ma non c’era nessun problema, perché l’amava esattamente così com’era.
Dopo essersi messa il lungo vestito azzurro, Merida si controllò velocemente allo specchio. Fatto ciò, schizzò fuori dalla porta, dicendo: “Spero che sia rimasto ancora qualcosa da mangiare. Conoscendo papà e i miei fratelli, non mi sorprenderei se dovesse essere sparito tutto!”
 
Merida sarebbe corsa ad abbuffarsi sul cibo, se qualcos’altro non avesse catturato la sua attenzione nel momento esatto in cui aveva raggiunto la grande sala: due persone all’ingresso. Una aveva i capelli castani e stava indossando un lungo abito giallo, mentre l’altra era mora, sensuale nei suoi abiti azzurri, i suoi preferiti, quelli a cui proprio non riusciva a dire di no.
Sul volto di Merida si fece largo un brillante sorriso, il quale le andava dall’una all’altra delle orecchie, un sorriso colmo di gioia e di stupore. “Belle! Jasmine!” esclamò felicissima, attirando la loro attenzione.
Le due ragazze si voltarono, dopodiché videro la principessa correre allegra verso di loro. Non appena le raggiunse, le strinse in un forte abbraccio, per poco non caddero tutte e tre a terra.
Jasmine e Belle ricambiarono l’abbraccio, ridendo divertite: sempre così impetuosa, la loro migliore amica, non sarebbe cambiata mai. E questo era un bene.
“Che gran bella sorpresa! Non mi aspettavo che sareste venute!”
“Le ho invitate io stesso” disse re Fergus facendo ingresso nella sala, mentre stava mangiando un cosciotto di pollo. “Pensavo che ti avrebbe fatto piacere rivederle.”
“Mi ha fatto molto piacere” rispose Merida, senza mollarle nemmeno per un secondo. L’erano mancate enormemente, erano le uniche amiche che aveva.
“Comunque ti abbiamo portato dei regali” le disse Belle con un dolce sorriso, non appena l’abbraccio fu sciolto.
La principessa dai lunghi riccioli rossi parve sorpresa. Si indicò, quasi commossa. “Dei regali? Per me?” Il sorriso non aveva ancora abbandonato le sue labbra.
“Certo” le rispose Jasmine. “Li abbiamo messi l…” Non riuscì a finire la frase: Merida si era subito catapultata ad aprire i due pacchi, curiosa come non mai.
Belle rivolse uno sguardo divertito a Jasmine, mentre quest’ultima alzò gli occhi al soffitto, soffiando fuori una risatina.
La principessa mora le aveva regalato delle spezie, delle spezie che Merida adorava, e Jasmine questo lo sapeva benissimo. Infatti l’amica la ringraziò mille volte.
Belle, invece, le aveva donato un libro. Ma non era un libro qualsiasi, infatti quella era una storia che aveva scritto lei personalmente, una storia che parlava proprio di Merida. Quest’ultima si commosse non poco per quel regalo, soprattutto perché Belle aveva speso tutto quel tempo per lei, e ne era uscito fuori un lavoro a dir poco grazioso, con dei disegni accurati che si abbinavano perfettamente con la calligrafia impeccabile della ragazza.
“A che ora dovrebbero arrivare i nani di Erebor?” chiese Jasmine.
“Dovrebbero essere qui tra un po’.”
“Molto bene.” Belle sorrise. “Anche perché ho sentito che il loro re è un nano a dir poco affascinante… non è che qualcuno, qui, potrebbe finalmente trovare l’amore?”
Merida alzò gli occhi al soffitto: odiava quando si toccava quell’argomento. Era tanto strano se voleva rimanere single per tutta la vita? Così non avrebbe avuto nessuno tra i piedi, nessuno che le avrebbe detto cosa fare, come comportarsi e cosa dire. Voleva restare libera. Infatti le chiese seccata: “Quante volte devo dire che non mi interessa assolutamente niente di trovare l’amore?!”
“Non riesco proprio a capirti” ribatté Belle. “Avere qualcuno da amare, qualcuno che rimarrà per sempre al tuo fianco qualsiasi cosa accada, qualcuno che ti completa e con il quale dare alla luce una creatura, è la cosa più bella del mondo.”
“Anch’io la pensavo come te, come ben sai” le disse invece Jasmine. “Ma poi ho conosciuto Aladdin ed è stata forse la cosa più bella che mi sia mai capitata.”
Merida sbadigliò, chiaramente stufa di quella discussione e affatto commossa. “Io avrei fame, che ne direste di andare a mangiare qualcosa?”
 
***
 
La sala, piano piano, si era riempita. Infatti non erano stati invitati solo i nani di Erebor, bensì anche gli altri clan, quelli che tempo addietro avevano seguito Fergus nella caccia all’orso Elinor.
Volava cibo da tutte le parti e non mancavano oscenità varie.
Jasmine non ci fece molto caso e non si impressionò, mentre Belle si sentiva leggermente fuori luogo.
Merida, ovviamente, non era da meno e si comportava rozzamente proprio come suo padre e gli altri uomini lì presenti.
Elinor non disse nulla: si era arresa ormai da tempo, con suo marito e sua figlia. Così erano fatti, e così doveva tenerseli. C’era ben poco da fare.
C’era talmente tanta confusione, che nessuno nella sala si era accorto dell’arrivo dei nani di Erebor, nemmeno la regina.
Così quei poveretti rimasero fermi all’ingresso, in attesa che qualcuno si accorgesse di loro.
In quel preciso momento, Merida, ridendo euforica, stava per lanciare un osso di pollo sulla testa di suo padre, ma questo fu svelto e si spostò, così esso finì addosso ad un’altra persona. Niente meno che il re della Montagna Solitaria, il rinomato e rispettato Thorin Scudodiquercia.
Solo allora la gente si accorse della sua presenza, e la principessa ammutolì, sperando che nel pavimento si aprisse una voragine e la risucchiasse al suo interno. Aveva fatto proprio una gran bella figura e, una lavata di capo da parte di sua madre, non gliel’avrebbe tolta nessuno.
La regina Elinor si passò le mani sul viso: sua figlia aveva lanciato un osso di pollo sul re di Erebor. Sarebbe potuta andare peggio di così?
 
L’Antro di Lucri:
 
LUCRI IS BACK PEOPLE!!! B-)
Vi sono mancata? Avete passato delle buone feste? In ogni caso, vi auguro un Buon Natale in ritardo XD.
Allora… che devo dire? Questa storia l’avevo in mente da un po’ di tempo e vorrei dedicarla a Innamoratahobbit96 e SLVF, perché gliel’avevo promessa da un po’.
Vi avverto che non ne verrà fuori una long vera e propria, avrà pochissimi capitoli. Potrebbe finire addirittura col prossimo AHAHAH.
Comunque, se siete arrivati fino a qui, io vi ringrazio e… alla prossima :D!
 
Lucri
 
P.s. Che scema! Mi stavo dimenticando di spendere un due parole sul titolo! Allora, prima di tutto il titolo sarebbe il nome di una musica dei Two Steps from Hell. In secondo luogo, perché ho scelto questo titolo? Beh, togliendo il fatto che adoro quel duo musicale, sia Merida che Thorin – i protagonisti di questa storia – hanno un cuore intrepido, quindi penso che Heart of Courage li rappresenti al meglio.

 

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Capitolo 2
*** Che cosa mi prende? ***


Che cosa mi prende?

Nella sala grande era calato il silenzio più totale. Tutti avevano smesso di fare quello che stavano facendo, impegnati a guardare interdetti il Re sotto la Montagna, il quale sembrava che stesse compiendo uno sforzo madornale per non spellare vivo qualcuno.
Il silenzio durò ben poco, infatti fu immediatamente interrotto da due giovani nani, uno moro e l’altro biondo, che scoppiarono a ridere senza il minimo contegno.
Merida era rimasta ferma a fissare Thorin Scudodiquercia, paralizzata dalla vergogna e dalla mortificazione. Si riprese solo quando Elinor la raggiunse e le fece un cenno con la testa, indicando il Re dei Nani.
Solo allora la principessa uscì dal suo stato di trance. Quindi corse verso il nano, dicendo: “Mi dispiace veramente tanto, scusatemi! Non volevo… vi ho fatto male?” Fece per toccargli il capo.
Thorin si spostò bruscamente. “Ho ucciso orchi grossi come querce e affrontato draghi sputafuoco, un osso di pollo non può solo che farmi il solletico” rispose con aria altezzosa e irritata.
Merida non si sorprese più di tanto, poteva immaginarsi benissimo che il nano non avrebbe reagito nel migliore dei modi. Del resto, l’avevano sempre detto tutti che aveva un caratteraccio. Peccato però, perché è proprio un bel tipo… Sgranò gli occhi. Merida, che vai pensando?! Da quando in qua ti interessano i maschi? E poi non dovresti ammirarlo, dovresti biasimarlo… hai sentito come ti ha risposto?! È soltanto un maleducato e pieno di sé.
“Mio signore, vi pongo le mie scuse più sincere” gli disse invece la regina Elinor, chinando il capo, composta e regale come sempre. “Sono sicura che mia figlia non aveva intenzione di fare ciò che ha fatto.”
Finalmente quel pallone gonfiato accennò un sorriso. Un mezzo sorriso, e Merida si sorprese a pensare che fosse ancora più bello con i lineamenti rilassati. “Non preoccupatevi, milady.”
Subito dopo si aggiunse anche re Fergus: “Vi pongo anch’io le mie scuse, sire Thorin. Mia figlia non voleva, quell’osso di pollo era indirizzato a me. Stavamo solo giocando, come abbiamo sempre fatto.”
“Accetto le vostre scuse, re Fergus” disse Thorin, chinando appena il capo. “Probabilmente non è successo nulla di grave o di stravagante, forse voi le femmine le educate in un altro modo…” E qui i suoi occhi si posarono su Merida. La stava guardando in un modo tutt’altro che dolce o amichevole. “Non ero preparato, perché da noi le fanciulle sono tutte quiete e disciplinate.”
Il modo austero con cui la stava guardando non le piaceva per niente. E che intendeva dire con quelle parole? Le stava dando della selvaggia? O, peggio ancora, stava insinuando che i suoi genitori non erano riusciti a educarla? Se la stava forse prendendo con loro?
Il sangue le montò alla testa, non riusciva più a ragionare. Gli avrebbe detto di tutto, fregandosene altamente della sfuriata che sicuramente le avrebbe fatto sorbire sua madre.
Fergus doveva aver capito che Merida stava per perdere le staffe, infatti le tastò il braccio, come a volerla fermare. Subito dopo guardò Thorin. “Sì, diciamo che la nostra Merida l’abbiamo tirata su in modo diverso rispetto alle altre principesse. E devo dire che un po’ è colpa mia…” Alzò le spalle. “Che posso farci? Amo mia figlia e mi piace giocare con lei. Anche se è grande, per me rimarrà per sempre la mia piccolina.” Le stuzzicò le guance, ma lei non gli sorrise come si sarebbe aspettato, stava ancora tenendo incollato il suo sguardo di fuoco su Thorin.
Il nano, dal canto suo, non sembrava meno propenso a mettersi a litigare.
Elinor guardò suo marito con sguardo supplichevole, come se gli stesse chiedendo di fare qualcosa.
Fergus allora batté le mani. “Cos’è questo mortorio?! È così che accogliamo i nostri ospiti?” gridò con energia. “Avanti, animo! Diamo mostra ai nani di Erebor della vivacità di noi scozzesi!”
E così la festa ricominciò.
 
Gli altri clan stavano continuando a bere, mangiare, scontrarsi, ridere sguaiatamente e a fare battute sconce. I nani si erano subito ambientati, perché le loro feste non erano tanto diverse dalle loro, anzi.
L’unico nano che non stava prendendo parte all’allegria generale, era Thorin. Se ne stava in disparte a parlare con la regina Elinor, in compagnia di un nano dalla lunga barba bianca, un nano dall’aspetto simpatico, tutto il contrario del Re sotto la Montagna.
Merida, invece, si trovava con Jasmine e Belle. Stava ancora guardando Thorin Scudodiquercia, mentre questi trattava con gentilezza sua madre e le faceva i complimenti, sostenendo che i suoi anni li portava bene, e che le voci che correvano su di lei erano vere, voci riguardo alla sua sorprendente bellezza.
La regina Elinor ridacchiava e ribatteva tutto, chiaramente lusingata e in imbarazzo.
Merida non poté fare a meno di chiedersi cosa le stesse succedendo: perché era invidiosa di sua madre? Perché voleva che quel nano maleducato e pieno di sé riservasse tutte quelle attenzioni pure a lei?
La principessa dai capelli rossi tornò presente alla realtà solo quando Jasmine le passò una mano davanti agli occhi.
Finalmente, Merida la smise di fissare Thorin.
“Hai finito di mangiartelo con gli occhi?” le chiese Belle, rivolgendole un sorrisino malizioso.
La ragazza sgranò gli occhi, come se fosse stata sorpresa che l’amica avesse potuto anche solo pensare che le piacesse quel nano. “Non provo interesse per lui!” sbottò. “Stavo solo pensando a quando deciderà di allontanarsi da mia madre. Non voglio che quel maleducato, pieno di sé, presuntuoso si avvicini alla mia famiglia!”
“Già, un maleducato pieno di sé e presuntuoso…” Jasmine assunse la stessa espressione di Belle. “Però è carino, eh?”
Merida si ritrovò con un piede nella fossa, la sua amica aveva proprio centrato il punto: quel pallone gonfiato era bello. Maledettamente bello. Non poteva negarlo.
Aveva sentito storie su di lui, storie che esaltavano il suo coraggio e il suo valore, e la ragazza l’ammirava per questo.
Poi poteva ben immaginare che fosse avvenente, perché aveva sentito più di una volta le donne cinguettare entusiaste del suo arrivo, quando era andata un po’ in giro. Inoltre, gli arazzi l’avevano sempre rappresentato come un bel nano, anche se non gli rendevano giustizia, perché, non appena se l’era ritrovato davanti, Merida era rimasta senza fiato.
In ogni caso, la principessa non disse nulla di tutto ciò, e si limitò a cambiare argomento: “Che ne direste di mischiarci alla folla?”
 
In mezzo alla folla, Merida aveva notato un nano in particolare, un nano che, insieme ad un altro biondo, aveva riso dopo che l’osso di pollo aveva colpito Thorin Scudodiquercia.
Più che il nano, sarebbe corretto dire che aveva notato il suo arco. Era bellissimo, di fattura nanica, forse era addirittura meglio del suo.
Il nano in questione era girato di schiena, impegnato a scherzare con uno dei giovani di un clan. Merida gli toccò la spalla, per attirare la sua attenzione.
Quando questi si voltò, rivelò un volto giovane e simpatico. Non diede neanche il tempo alla principessa di parlare, che le strinse la mano con energia, proprio come Thorin gli aveva insegnato di non fare, specie quando aveva a che fare con una donna. “Molto piacere! Il mio nome è Kili. Scusa se prima non mi sono presentato, principessa, ma meglio tardi che mai.”
Merida lasciò che il nano le tartassasse il braccio, sorridendo divertita. “Non c’è problema.” Quando, finalmente, Kili le lasciò le mano, la principessa diede un’occhiata al suo arco. “Mi piace il tuo arco.”
Il nano, sul momento, parve non capire di quale arco la principessa stesse parlando, infatti la guardò con aria smarrita. Quando voltò il capo e vide l’arma che spuntava dalla sua schiena, disse: “Ah, quell’arco… Sai, mi è sempre piaciuta quest’arma. Da piccolo ne volevo uno, ma mio zio Thorin diceva sempre: ‘L’arco è un’arma da elfo, un’arma da codardi, noi nani utilizziamo le asce e ci gettiamo sul nemico senza esitare.’” Durante la citazione, aveva imitato il tono profondo e possente dello zio, quello che faceva sempre per prenderlo in giro. “Poi, stranamente, sono riuscito a convincerlo a prendermene uno per il mio compleanno, quand’ero piccolo.”
Merida non aveva ascoltato una sola parola di quello che Kili le aveva detto. Aveva perso la concentrazione nel momento esatto in cui il nano aveva detto mio zio Thorin.
Kili doveva aver capito a cosa stesse pensando, perché le disse: “Non preoccuparti, non sono antipatico come mio zio.”
La principessa ridacchiò: questo lo aveva notato.
“Tu sai usare l’arco?”
“Certo” rispose la principessa, con orgoglio.
“Fantastico!” esclamò Kili. “Ti andrebbe di fare un due tiri?” Non le diede nemmeno il tempo di rispondere: l’afferrò per un polso e la trascinò fuori dalla sala. Somigliava tanto a un cagnolino scodinzolante che tirava il padrone per il guinzaglio, non vedendo l’ora di esplorare ogni singolo angolo di un determinato posto.
Mentre veniva trascinata via, Merida notò degli occhi di ghiaccio che la stavano fissando. Gli occhi di Thorin.
Magari è invidioso… pensò la principessa, sorridendo. E anche se fosse? Che te ne importa? Si chiese subito dopo, tornando in sé.
Perché avrebbe tanto voluto che quel nano le rivolgesse gli stessi complimenti che aveva rivolto a sua madre? Perché voleva che fosse invidioso nel vederla in compagnia di un altro maschio?
Che cosa mi prende?
 
L’Antro di Lucri:
 
Che cosa ti prende? Beh, diciamo pure che ti stai prendendo una gran bella sbandata, mia cara.
Lo so che non hai mai provato interesse per nessuno, che non vuoi fidanzarti, che vuoi scoccare frecce mentre galoppi su Angus verso il tramonto, con la tua chioma al vento, eccetera eccetera. Ma, diciamocelo, Thorin è un FIGO e fa un certo effetto. Persino una suora, se lo vedesse, perderebbe la testa e… voto di castità?? Quale voto?
Va bene, direi che ho sclerato abbastanza, ora la pianto che non vi facciate strane idee su di me XD.
Allora, vorrei mettere in chiaro due cose: Thorin non ci stava ASSOLUTAMENTE provando con la madre di Merida XD. Semplicemente è galante con le donne e stava rispettando il protocollo, ecco.
In secondo luogo, Merida non prova interesse per Kili, così come lui non prova interesse per lei. Tra loro due può solo sbocciare una bellissima amicizia, al massimo possono essere come fratelli.
Detto questo, vi saluto e vi ringrazio tantissimo per aver recensito o anche solo letto =).
Un bacione
 
Lucri
 
P.s. Vorrei dedicare questo capitolo a Fujiko91, che mi ha fatto questa bellissima immagine per il compleanno <3 – che è stato il 29 Dicembre, comunque.

 
 
 

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Capitolo 3
*** Scontri ***


Scontri

La freccia si allontanò dall’arco, sibilando.
Il braccio di Merida era teso, la sua fronte ancora aggrottata.
Kili osservò la punta centrare perfettamente il bersaglio, e sulla sua bocca andò a formarsi una piccola o, in segno di stupore.
La ragazza, poco dopo, rilassò i muscoli, e sul suo volto si delineò un sorrisetto soddisfatto.
Il nano iniziò ad applaudire entusiasta, fischiando ed acclamando la ragazza.
La principessa fece un lieve inchino.
Kili sarebbe andato avanti a complimentarsi e ad entusiasmarsi, se una voce famigliare non avesse raggiungo le sue orecchie. Una voce profonda, possente e severa, una voce che conosceva fin troppo bene, la voce di qualcuno che lo stava cercando e che non sembrava affatto contento.
L’espressione del giovane nano mutò: da euforica, divenne preoccupata, come se si fosse trovato su una nave e una tempesta letale fosse stata imminente.
Merida invece alzò gli occhi al cielo: anche lei aveva riconosciuto quella voce, e già sapeva che quella persona avrebbe avuto qualcosa da ridire.
Thorin li raggiunse all’aperto e prima guardò Kili, per poi posare il suo sguardo severo su Merida. Quando vide l’arco in mano alla ragazza, i suoi occhi si ridussero a due fessure. “Non dovresti mettere in mano un’arma a una donna.”
Il giovane nano balbettò qualcosa di incomprensibile, chiaramente in soggezione a causa della presenza di suo zio.
Per fortuna, la ragazza accorse in suo aiuto, più aggressiva che mai: “Veramente lui non mi ha messo nessunissima arma in mano! Questo arco è mio!”
Thorin dapprima la guardò sorpreso, per poi diventare leggermente divertito. Le sue labbra si incresparono in un sorrisetto sghembo e canzonatorio, mentre le sue braccia si incrociarono sul petto. “Se non riesci nemmeno a colpire il tuo bersaglio con un osso di pollo, temo che i tuoi genitori non siano stati molto saggi nel regalarti un arco.”
La principessa corrugò la fronte. Non solo aveva messo in discussione le sue capacità di arciera, ma aveva di nuovo tirato in ballo i suoi genitori. Questo era decisamente troppo.
Ringhiando, Merida scoccò rapida un’altra freccia, facendola finire precisamente nel pallino rosso, tagliando a metà quella che aveva scoccato prima.
Kili sgranò gli occhi, sempre più colpito, e la stessa cosa fece Thorin, senza però abbandonare la postura altezzosa e distaccata che aveva assunto quando si era rivolto alla fanciulla.
Merida si voltò per incontrare il volto di Thorin Scudodiquercia. Come aveva sperato, il nano era rimasto senza parole. Non poté fare a meno di sorridere soddisfatta. “E così, una donna non dovrebbe tenere in mano un’arma?” gli chiese vittoriosa.
Il nano ritrovò subito la sua compostezza. “Si è trattato solo di fortuna.”
“Voi sapreste fare di meglio?” gli chiese la principessa, con un’aria di sfida.
Kili fece cenno di no con la testa, e cercò di dire alla sua nuova amica di non continuare, di non sfidare suo zio e, specialmente, di non farlo arrabbiare.
Thorin rise forte. “Signorinella, lo sai con chi stai parlando?” le rispose con aria altera.
“Certo che lo so” disse Merida. “Con il prode e valoroso Thorin Scudodiquercia, colui che è riuscito a difendersi da un orco grande e grosso servendosi solo di un ramo di un albero” aggiunse con enfasi, chiaramente per prenderlo in giro, e di questo il nano se n’era accorto, infatti l’aveva incenerita con lo sguardo. “Se siete così invincibile come tutti dicono, sono sicura che non dovreste avere problemi nel dare filo da torcere a una ragazzina come me.” Detto questo, tenne il suo sguardo impertinente e di sfida incollato al nano, in attesa della sua risposta. Mise le braccia conserte, sicura di sé.
Kili indietreggiò, temendo una sfuriata da parte dello zio.
Thorin non se lo fece ripetere due volte: afferrò l’arco che Merida stava tenendo in mano, dopodiché si preparò per dare mostra delle sue abilità di arciere.
Il Re sotto la Montagna corrugò la fronte, osservando concentrato il bersaglio, mentre Merida si era fatta da parte e osservava altezzosa la scena.
Thorin era pronto per scoccare la freccia, quando qualcuno lo raggiunse urlando: “Ah, eravate qui! Perché siete spartiti senza di me?”
Scudodiquercia si era distratto e aveva mandato la freccia da tutta un’altra parte, con grande soddisfazione della principessa dai lunghi capelli rossi.
Kili si diede una per la testa, mentre Fili guardò uno ad uno con aria perplessa: “Che mi sono perso?”
 
                                        ***
 
“Mi ha deriso!”
“Suvvia Thorin, non fare il bambino…”
“Ha deriso me, Balin! Come ha osato?!”
Il vecchio nano sospirò: a volte, nonostante l’età, Thorin era infantile proprio come un nanetto nel pieno della sua infanzia.
“Se Fili” cominciò il Re sotto la Montagna indirizzando un’occhiataccia al nipote maggiore “non avesse fatto irruzione in cortile in quel modo, io non mi sarei distratto, e sarei riuscito a centrare il bersaglio” concluse con rabbia.
Balin si concesse l’ennesimo sospiro, mentre Thorin era fermo a fissare Merida ridere e scherzare con le sue due migliori amiche. Se il suo sguardo avesse avuto il potere di uccidere, la ragazza sarebbe stata spacciata.
 
                                         ***
 
“Certo che sei terribile, Merida” disse Jasmine ridendo insieme a Belle, dopo che la principessa ebbe finito di raccontare quanto era successo fuori dal castello.
“Dovevate vedere la sua faccia!” continuò la ragazza dai capelli rossi, piangendo dal ridere. “È colpa di mio nipote che mi ha distratto, se no sarei riuscito a colpire il puntino rosso!” Si era alzata in tutta la sua statura e aveva gonfiato il petto, e parlato con voce profonda e maschile, per imitare Thorin Scudodiquercia, tra le risate delle sue amiche. “Tutte scuse!” Si piegò in due dal ridere, in un modo decisamente poco femminile.
Belle e Jasmine continuavano a ridacchiare, pensando che la loro amica fosse stato un vero e proprio demonietto.
Quando l’attimo di ilarità fu passato, Merida si mise dritta e si asciugò le lacrime. “E questo non è ancora abbastanza” disse tornando seria, guardando Thorin con occhi rabbiosi. “Voglio che si penta amaramente di aver osato nominare i miei genitori, e di aver dubitato delle mie abilità di arciera.”
Jasmine e Belle smisero di ridere e si scambiarono uno sguardo allarmato.
“Merida, non penso che sia il caso…” Cercò di farla ragionare la ragazza dai capelli marroni, ma l’amica non l’ascoltò e si allontanò.
Merida si era avvicinata ai suoi tre fratellini, che in quel momento erano impegnati a corrersi dietro come pazzi. Si misero subito in riga non appena la sorella maggiore si fermò dinanzi a loro.
La ragazza si chinò per guardare negli occhi i tre bambini. “Ho un lavoretto per voi, vi prometto che vi ripagherò profumatamente.”
Intuendo che avrebbero ricevuto un sacco di dolci per un bel po’ di tempo, i tre demonietti si fecero tutto orecchi, pronti a eseguire qualsiasi ordine della sorella maggiore.
Merida si fece ancora più vicina a loro e parlò a voce bassa: “Voglio che facciate uno scherzo al Re di Erebor.”

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Capitolo 4
*** A bad news ***


A bad news

Quando la festa fu terminata, i servitori iniziarono a mettere a posto la sala, mentre gli altri clan si dileguarono.
Con gran gioia di Merida, Jasmine e Belle la informarono che sarebbero rimaste da lei per una settimana.
Le due ragazze erano già andate a dormire, quando la principessa dai capelli di fuoco si trovava appena in corridoio, diretta verso la sua stanza.
Il freddo passaggio di pietra era illuminato dalle torce appese alle pareti, le quali davano un po’ di luce e calore a quell’ambiente algido e spartano.
Mentre si avviava verso il tanto agognato letto, Merida pensava a quanto si era divertita quella sera, a quanto era felice di aver rivisto le sue due migliori amiche, e di quanto le aveva fatto piacere incontrare altri due buoni amici come Fili e Kili. Se solo non ci fosse stato quel bellimbusto a rovinarle la festa, quella serata sarebbe stata perfetta.
Il caso volle che il suddetto bellimbusto passasse di lì proprio in quel preciso momento.
Merida sospirò e alzò gli occhi al soffitto. Alla fine decise di ignorarlo e di proseguire dritta per la sua strada, non aveva voglia di mettersi a discutere di nuovo.
Thorin le passò accanto senza dire nulla, senza nemmeno salutarla, ma alla ragazza non importò, anzi, le fece piacere: non voleva nemmeno che le rivolgesse la parola.
“Sarebbe educazione salutare, quando si incontra un re” le disse il nano con tono severo e altezzoso, non appena l’ebbe superata.
La ragazza si fermò e trattenne una parola decisamente poco decorosa che stava per uscirle dalla bocca. A quanto pare, quel tipo non sapeva proprio vivere senza attaccare briga ogni volta che ne aveva l’occasione.
Merida si voltò verso di lui, cercando di sembrare elegante e fine come sua madre. “Se è per questo, sarebbe pure educazione salutare quando si incontra una principessa” gli disse con un sorriso talmente falso da fargli montare il sangue alla testa. “Non eravate voi a essere il re perfetto e galante che stava tutto il tempo riempendo mia madre di complimenti?”
Ancora una volta, Thorin Scudodiquercia la guardò con uno sguardo talmente iracondo e assassino che, per un momento, il coraggio della principessa vacillò.
Il nano si fece vicino a lei con passo pesante, senza cambiare espressione.
Merida tenne gli occhi incollati su di lui, cercando di sembrare sicura di sé e coraggiosa, anche se un po’ temeva quello che avrebbe potuto farle. Del resto era molto più robusto e grosso di lei, avrebbe potuto farle del male senza nessun problema.
Per fortuna, il nano non aveva alcuna intenzione di torcerle alcun capello. Si limitò a fermarsi dinanzi a lei e a guardarla in malo modo. “Vi conviene non provocarmi e cercare di andare d’accordo con me, dal momento che io e la mia gente rimarremo qui ancora sei giorni.”
Merida sgranò gli occhi e per poco non le caddero le braccia. Quasi quasi speravo che mi picchiasse, piuttosto che riferirmi questa brutta notizia.

***

Quella mattina iniziò in un modo tutt’altro che tranquillo.
Alle prime luci dell’alba, dalla stanza che era stata assegnata al Re sotto la Montagna, provennero parole rabbiose: “CHI MI HA MESSO DEL PESCE NEGLI STIVALI?”
Merida si rigirò nel suo comodo letto, sorridendo soddisfatta. Ben fatto, ragazzi.

L’Antro di Lucri:

Raga, scusatemi per quest’immenso ritardo!! ç_ç Il mio computer era a riparare.
E vi chiedo scusa pure per la brevità di questo capitolo, ma purtroppo ho pochissima ispirazione in questo periodo, e non credo che sarò molto veloce con gli aggiornamenti, per via dell’università.
Ma non temete, non ho intenzione di abbandonare questa fanfiction, prima o poi la finirò, sono solita portare a termine ciò che inizio ;).
Un bacione e – spero – a presto!

Lucri


 

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Capitolo 5
*** Deporre le armi ***


Deporre le armi

“Zio, ti abbiamo detto che noi non c’entriamo niente!”
“Fili, sappi che, continuando a mentire, state solo peggiorando la vostra situazione.”
“Ma zio! Te lo giuro, questa volta non siamo stati noi!”
“Non ti credo, Kili. Ogni volta che mi succedono cose del genere, guarda caso, c’entrate sempre voi due! Quand’è che vi deciderete un po’ a crescere?”
Merida si trovava nella sala dei banchetti e, mentre aspettava che la colazione venisse servita, ascoltava la sgridata che Thorin stava facendo sorbire ai suoi nipoti.
La ragazza si sentiva in colpa: erano stati i suoi fratellini a mettere del pesce negli stivali del nano, e l’avevano fatto solo perché lei aveva detto loro di fargli uno scherzo.
Thorin era fermamente convinto che fossero stati i suoi nipoti a fargli quella burla, mentre loro, poveretti, non c’entravano proprio niente.
La principessa era quasi tentata di dirgli la verità, ma lui già la odiava, dopo questa avrebbe potuto seriamente farle del male! Però non era giusto che Fili e Kili si beccassero tutta la colpa…
La ragazza si distrasse da questi pensieri quando vide i suoi fratelli fare irruzione nella sala. Avevano un’aria pienamente soddisfatta, fieri di essere riusciti un’altra volta a scamparla, dopo averne combinata un’altra delle loro.
“Ragazzi, siete stati grandi!” disse loro Merida, dopo averli raggiunti. Si era sforzata di parlare il più piano possibile, per non farsi sentire da Thorin Scudodiquercia. “Certo, potevate fare di meglio, ma mi accontento.”
Nella sala giunsero anche la regina Elinor, re Fergus e le due amiche di Merida. I genitori della ragazza andarono ad accomodarsi a tavola insieme a Thorin, Fili, Kili e i tre demonietti, mentre Jasmine e Belle andarono incontro alla loro amica.
“Dormito bene?” chiese loro Merida con un sorriso raggiante stampato in faccia.
“Sì,” rispose Jasmine, “togliendo il fatto che mi sono svegliata prestissimo perché Re Thorin si era messo a urlare di tutto ai suoi nipoti,” aggiunse a voce bassa.
“Già, si è ritrovato del pesce negli stivali.” La principessa dai capelli rossi si mise le mani davanti alla bocca, per evitare di prorompere in una fragorosa risata, facendo inorridire sua madre
e dando a Thorin un motivo in più per ritenerla una selvaggia che i genitori non sono riusciti a educare.
Dopo aver sgranato gli occhi, Belle assunse un’espressione indagatrice. “Non so perché, ma ho come l’impressione che Fili e Kili non c’entrino niente con questa storia… vero mia cara?”
Merida si grattò la nuca. “Beh… ecco...”
“Ragazze, insomma! La colazione è servita, stiamo aspettando solo voi tre!” Dopo queste parole rabbiose del padre, Merida e le sue due amiche decisero finalmente di andare a sedersi con gli altri.


“Mi dispiace non essere stato lì quando il drago ha attaccato” disse re Fergus parlando con la bocca piena, come sempre, senza badare alle occhiate di rimprovero della moglie. “Se io e il mio clan ci fossimo trovati a Erebor, potete star certo, sire Thorin, che vi avremmo aiutati a far fuori quell’orribile bestia.”
“Di questo ne sono certo, re Fergus” disse il nano con la sua voce profonda e virile, la quale aveva il potere di far attorcigliare lo stomaco di qualsiasi fanciulla che l’ascoltava. “Ma voi vi trovavate lontani da Erebor, erano altri quelli che sarebbero dovuti intervenire.” Il suo sguardo si indurì e la sua mente si perse in ricordi lontani, in torti che mai avrebbe dimenticato, finché sarebbe stato in vita avrebbe portato rancore, l’avrebbe portato con sé nella tomba.
“Re Thranduil si è comportato proprio in un modo vergognoso, sire Thorin, il mio clan ha perduto la stima per lui già da tempo.”
“E non è il solo.” L’espressione e il tono di Thorin non cambiarono, rimasero duri e cupi proprio come quando aveva tirato fuori l’argomento, e Merida non poté fare a meno che essere d’accordo con lui: conosceva quella storia, era al corrente di come si erano comportati gli elfi, e pensava che il nano avesse avuto tutte le ragioni del mondo per prendersela. Anche lei si sarebbe arrabbiata se la sua gente, la sua famiglia, fossero state in pericolo, e le fosse stato negato aiuto da persone che avrebbero potuto tranquillamente correre in loro soccorso.
“Per questo abbiamo deciso di invitarvi nel nostro regno” continuò Fergus. “Per ringraziarvi per tutte le volte in cui ci avete aiutati in battaglia, e per farci perdonare di non essere stati lì a soccorrervi quando il drago ha attaccato Erebor.”
“Non dovete farvi perdonare nulla, davvero.”
“Quando avevate deciso di andare a riconquistare la Montagna Solitaria, potevate chiamarci, vi avremmo accompagnati senza esitare.”
“Di questo ne sono certo, re Fergus” disse Thorin con un sorriso, facendo diventare paonazza Merida. “Ma era una faccenda del mio popolo, non potevo rischiare la vita anche della vostra gente per una causa che non era la vostra, sarebbe stato scorretto da parte mia.”
“Beh” iniziò Fergus, pulendosi la bocca con il braccio. “Da oggi in poi, le cause del vostro popolo saranno anche le nostre.” Alzò in alto il boccale. “All’amicizia tra la nostra gente! Che possa durare fino alla fine dei tempi.”
Thorin Scudodiquercia alzò in alto anche il suo boccale. “Alla nostra amicizia! Da oggi in poi, anche le cause del clan Dun Broch saranno le nostre!”


Durante la colazione, quando fu sceso un po’ di silenzio, qualcuno decise di interrompere la quiete…
A Thorin arrivò un pisello dritto dritto sulla guancia destra. Il nano alzò lo sguardo dal suo piatto e indirizzò un’occhiataccia al nipote più giovane, il quale si trovava seduto alla sua destra. “Kili, per favore, comportati da persona adulta!”
Il nano sgranò gli occhi. “Zio… ma che hai adesso? Io non ho fatto niente!”
Merida guardò i suoi fratellini: erano stati loro a lanciare un pisello al Re dei Nani. La ragazza dovette compiere uno sforzo indescrivibile per non scoppiare a ridere.
I tre demonietti non si arresero, quindi ne lanciarono un altro, questa volta sulla guancia sinistra del nano.
Thorin guardò suo nipote Fili, seduto alla sua sinistra. “Ti ci metti anche tu?” Stava cominciando ad alzare la voce, mentre Elinor, Fergus e le amiche di Merida stavano iniziando a sentirsi un po’ a disagio, lo stesso disagio che si prova quando ci si trova in compagnia di certe persone che iniziano a discutere fra di loro, e tu non c’entri assolutamente niente e non hai la più pallida idea di cosa dire.
“Zio, guarda che non ho fatto assolutamente niente...”
Merida si mise le mani davanti alla bocca e ridacchiò. Tornò seria solo quando sua madre la guardò con aria interrogativa e accusatoria allo stesso tempo.


Quando la colazione terminò, Merida non ebbe il tempo di andare fuori dal castello, che si ritrovò Belle e Jasmine davanti. Entrambe avevano le braccia incrociate sul petto e la stavano guardando con aria severa.
“Dobbiamo parlare” le disse Belle.
La principessa sbuffò. “Così sembrate mia madre...”
“Fili e Kili non c’entrano niente con il pesce negli stivali e i piselli volanti… vero?” le chiese Jasmine con l’aria di chi la sa lunga.
Merida non ebbe il tempo di rispondere, che Belle aggiunse: “Qualcosa mi dice che ci sia tu sotto tutta questa storia.”
“In realtà sono stati i miei tre fratelli.”
“E chissà chi è stato a dire loro di fare queste cose!” disse Jasmine.
La rossa rimase un attimo in silenzio, pensando se fosse stato il caso di confessare tutto. D’altronde, Belle e Jasmine erano le sue migliori amiche, poteva fidarsi. “E va bene” si arrese abbassando le spalle. “Sono stata io a dire ai miei fratelli di fare uno scherzo a Thorin Scudodiquercia.”
“Merida...”
“Ma hanno fatto tutto loro!” La principessa mise le mani avanti. “Il pesce e i piselli sono state delle loro trovate!”
“Merida,” iniziò Belle, “posso capire che Thorin Scudodiquercia non sia l’essere più simpatico del mondo, ma comportarti così non ti porterà da nessuna parte, servirà soltanto a fare arrabbiare tua madre e a metterti contro quel nano.”
“E fidati, non credo proprio che sia consigliabile mettersi contro un nano del genere...” aggiunse Jasmine.
“Tuo padre ha giurato fedeltà ai nani di Erebor, e loro l’hanno giurata al tuo clan, avere un regno in più come alleato può fare la differenza...” riprese Belle. “Thorin Scudodiquercia, per quanto mi riguarda, sarebbe capace di stroncare l’alleanza e l’amicizia solo per i tuoi scherzi.”
Le frasi sagge dell’amica avevano lasciato Merida senza parole. Belle aveva ragione, la principessa dai capelli di fuoco non aveva nessuna argomentazione per controbattere.
Improvvisamente, la ragazza si sentì terribilmente stupida e infantile, proprio come lo era stata quando aveva dato quella pozione a sua madre. Sono davvero così sciocca e orgogliosa da giocarmi un valido alleato per il mio popolo solo per fargliela pagare a un nano?
“Merida, vorrei parlare un attimo con te.”
Ci si mette pure mia madre! A quanto pare, oggi si sono messi tutti d’accordo per farmi notare quanto sia stupida…
Belle e Jasmine le lasciarono sole.
“Merida...” disse Elinor dopo un sospiro. “Devo pregarti di piantarla con questi giochetti infantili, sei grande ormai! Credevo che fossi maturata, ma a quanto pare mi sbagliav...”
“Non serve che tu me lo dica, mamma” la interruppe la figlia con tono pacato, sorprendendo non poco la madre. “Ho già deciso di darci un taglio: chiederò scusa a Re Thorin, e pure a Fili e Kili per essere rimasta in silenzio e averli fatti apparire come i veri colpevoli.”
La regina Elinor rimase senza parole, non si aspettava che sua figlia avrebbe detto una cosa del genere, ma non poté che esserne lieta.
Così, Merida ordinò ai suoi fratelli di smetterla di accanirsi su Thorin, di non andare più avanti con questi scherzi.
E per quanto riguarda lei, decise che avrebbe portato fede alle sue parole: avrebbe chiesto scusa, e confessato tutto.

L’Antro di Lucri:

Ragassuoliiiiiiii <3.
Scusate per il ritardo!! Il prossimo capitolo dovrebbe arrivare un po’ più puntuale, perché ho già un’idea.
Comunque sì: Merida ha deciso di deporre le armi, e scusarsi con il nostro bel nano… ma lo sappiamo tutti com’è fatto Thorin: credete che perdonerà Merida così facilmente quando scoprirà che c’era lei sotto tutte queste marachelle? AHAHAHAHAHAHAHAHAH.
No.
Quindi ne vedremo ancora delle belle :P!
Al prossimo capitolo pischelli! <3
Con affetto

Lucri

 

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Capitolo 6
*** Confessione ***


Merida si era addormentata piuttosto tardi. Aveva faticato a prendere sonno perché non aveva fatto altro che pensare alle parole più adatte per confessare tutto, senza diventare vittima dell’ira irrefrenabile di Thorin Scudodiquercia e senza perdere due buoni amici come Fili e Kili.
La ragazza aveva promesso a sua mamma che avrebbe chiesto scusa ai tre nani e aveva intenzione di mantenere questa promessa, anche perché non le sembrava giusto che Fili e Kili venissero sgridati dallo zio per colpa sua.
Il problema era: come dire tutto a Thorin senza finire ammazzate? In più c’era pure la paura di perdere due nuovi amici come Fili e Kili.
Alla fine Merida si era preparata un discorso nella sua testa e, quello stesso giorno, decise di esporlo al Re di Erebor.
Dopo aver fatto colazione, la principessa si avvicinò ai tre nani.
Fili e Kili si trovavano davanti allo zio, il quale li stava parlando.
Merida si fermò e sospirò, dopodiché continuò la sua camminata. “Vostra Maestà” disse quando si trovò vicina a loro.
Thorin la guardò malissimo, mentre Fili e Kili si voltarono a guardarla amichevolmente.
Probabilmente il loro sguardo cambierà e diventerà più simile a quello dello zio, dopo che avrò detto tutto.
“Che cosa volete?” le chiese Thorin Scudodiquercia.
“Solo chiedere scusa a tutti e tre” rispose Merida tormentandosi le maniche del vestito.
A quelle parole, i due nani fratelli sgranarono gli occhi: perché avrebbe dovuto chiedere scusa anche a loro? Che aveva fatto?
La ragazza tenne gli occhi incollati alle sue mani. “Vi chiedo scusa, sire Thorin, per gli scherzi che vi ho fatto.”
“Parlate a voce più alta, signorinella, non sento!” sbottò il Re sotto la Montagna, gentile come sempre.
“Vi chiedo scusa per gli scherzi che vi ho fatto, sire Thorin!” ripeté la principessa dai capelli rossi, con un tono di voce decisamente più alto di prima.
Thorin, Fili e Kili sgranarono gli occhi: ma allora c’era lei sotto tutte quelle burle?
Questa volta Merida guardò Scudodiquercia negli occhi. “I miei fratelli vi hanno messo del pesce negli stivali, ma solo perché sono stata io a dire loro di farvi uno scherzo, se no non l’avrebbero mai fatto. Ed è stato sempre per colpa mia se vi hanno lanciato i piselli a colazione.”
I tre nani non parlarono ancora, dovevano appena assimilare queste parole.
Merida approfittò del loro silenzio per aggiungere: “E volevo chiedere scusa pure a Fili e Kili, per non avere confessato e averli fatti apparire come i veri colpevoli.”
Thorin stava ancora fissando la ragazza, stupito: nessuno aveva mai osato tanto, specialmente una donna.
Fili e Kili sorpresero non poco la principessa, scoppiando a ridere.
Merida e Thorin li guardarono con un punto interrogativo, entrambi si aspettavano che si sarebbero arrabbiati, com’era giusto che fosse, non di certo che si mettessero a ridere in quel modo sguaiato.
“Mettere del pesce negli stivali dello zio!” rise Kili reggendosi al fratello maggiore, il quale non sembrava messo meglio di lui, visto che si stava uccidendo dal ridere. “I tuoi fratellini devono essere dei geni indiscussi!”
“E i piselli!” aggiunse Fili con fatica, continuando a ridere come un pazzo. “Lanciarli a Thorin facendogli credere che fossimo stati noi! I tuoi fratelli sono dei geni del male!”
Merida era a bocca aperta. E lei che temeva che l’avrebbero scuoiata viva!
Thorin Scudodiquercia si riprese subito dallo smarrimento, quindi diede una per la testa ai suoi nipoti. “Basta, finitela!” li ordinò con tono perentorio.
Nonostante l’attacco di ilarità non fosse ancora finito, Fili e Kili si sforzarono, seppur con fatica, di smettere di ridere, perché le parole dello zio erano legge, sempre e comunque.
“Se i miei selvaggi nipoti sono divertiti, potete star certa, cara signorina, che io non lo sono!” disse Thorin.
La principessa non si sorprese affatto. Del resto, non poteva certo aspettarsi che anche il Re sotto la Montagna si mettesse a ridere a crepapelle. Se ciò fosse successo, i casi sarebbero stati due: o stava sognando, o il mondo si era capovolto.
“Anzi, sono furioso!” aggiunse il nano. “Se non foste stata di sangue reale e, specialmente, se non foste stata una donna, vi avrei già messo le mani addosso! Una tale mancanza di rispetto è inaccettabile! Dovrò assolutamente parlarne con i vostri genitori!”
“Loro lo sanno già” disse Merida. “O perlomeno, mia madre lo sa, ma suppongo che ormai l’abbia già detto a mio padre.”
“Non mi interessa!” sbottò Thorin Scudodiquercia, facendole prendere un colpo. “Voglio parlare personalmente con loro, e consigliarli di mettere in punizione i tre principini. Anche Fili e Kili erano terribili da bambini, ma mai si sarebbero sognati di fare una cosa del genere a un re!” Dopo aver pronunciato queste parole, diede una per la testa ai suoi due nipoti, i quali avevano ripreso a ridere, per intimarli di andare avanti. Questi lo seguirono, mentre egli continuava a borbottare tra sé e sé.
Fantastico! Pensò Merida guardandoli allontanarsi. Adesso i miei fratelli finiranno pure in punizione per colpa mia!

L’Antro di Lucri:

Ok, fustigatemi pure per il ritardo, anche perché nelle note precedenti avevo detto che ci avrei messo poco tempo ad aggiornare. Ma dovete sapere che, tra università e teatro, la mia voglia di mettermi a scrivere era sotto alle scarpe. Scusatemi! T.T
Volevo avvertirvi che probabilmente i prossimi capitoli arriveranno più puntuali, perché ho già delle idee. In più volevo dirvi che la storia sta volgendo al termine. Mancano più o meno due o tre capitoli alla fine.
Grazie per l’attenzione! :D

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Capitolo 7
*** Salvataggio ***


Salvataggio

Quella mattina Merida non si era svegliata con la sua solita energia e voglia di vivere. La notte aveva fatto un sogno tutt’altro che sereno, aveva sognato che sua madre non le rivolgeva più la parola, delusa dal suo comportamento infantile ed immaturo. Ma quella era stata la parte migliore, dal momento che dopo aveva fatto un vero e proprio incubo: la guerra era giunta e il suo clan si trovava in serie difficoltà, suo padre stava per morire. In lontananza si trovavano i nani di Erebor, Merida li stava implorando di intervenire, di aiutarli, ma il loro re, Thorin Scudodiquercia, se n’era andato, del tutto indifferente all’inferno che si stava scatenando nel regno. Ma non era stato solo il pericolo a rendere la principessa inquieta, bensì anche l’odio e il rancore che aveva letto negli occhi del nano. Durante il sogno quello sguardo aveva ferito Merida oltre ogni misura, avrebbe voluto altro da Thorin, avrebbe voluto che l’amasse, che avesse avuto a cuore la sua incolumità, non di certo che la disprezzasse e che la volesse morta.
Dunque non c’è da stupirsi se la principessa dai lunghi capelli di fuoco si fosse svegliata con un’espressione da funerale, quella mattina.
Dopo essersi messa il suo vestito preferito, il solito e comodo abito blu, Merida uscì dalla camera da letto e si avviò verso il pianterreno. Quando lo raggiunse il suo umore non migliorò: vide Thorin che parlava con i suoi genitori, e poteva ben immaginare cosa li stesse dicendo.
Elinor e Fergus si erano accorti dell’arrivo della figlia, infatti le diedero una rapida occhiata.
Merida voltò il capo. Si vergognava per come si era comportata, non riusciva a guardare i suoi genitori negli occhi.
“Con questo vorrei consigliarvi di prendere dei provvedimenti, solo così la principessa e i tre principi impareranno, ed episodi del genere non si verificheranno più” sentì Thorin dire ai suoi genitori. Era così colma di vergogna, che non fece nemmeno caso a quanto la voce del nano fosse stupenda, sensuale e profonda.
Elinor e Fergus sospirarono. “Vi chiediamo nuovamente scusa, prometto che una punizione la troveremo” disse quest’ultimo.
Thorin Scudodiquercia annuì serio, dopodiché se ne andò con aria severa, tenendo le mani intrecciate dietro alla schiena. Quando passò accanto a Merida le rivolse uno sguardo di fuoco, lo stesso sguardo che le aveva rivolto nell’incubo, e la principessa per poco non si sentì male.
Non appena il nano se ne fu andato, il re e la regina raggiunsero loro figlia. Non sembravano arrabbiati, però la principessa era ugualmente molto abbattuta, perché si vedeva che erano delusi e dispiaciuti.
“Figlia cara, ma cosa ti è saltato in mente?” le chiese re Fergus.
Merida non ebbe il tempo di rispondere, che sua madre prese la parola: “Nonostante il tuo comportamento innegabilmente indecoroso, trovo che tu sia abbastanza grande per una punizione, e mi pare che tu ti sia resa conto di aver sbagliato e che ti sia pentita.”
“Sì, madre.”
“Per quanto riguarda i tuoi gemelli, verranno puniti. Una bella punizione, a quei tre, non gliela toglie nessuno!”
Il padre sembrò essere d’accordo.
Il fatto che non sarebbe stata punita, non rese Merida più felice, perché intanto i suoi fratelli una punizione l’avrebbero avuta e la colpa sarebbe stata soltanto sua.
La principessa decise che sarebbe andata a tirare con l’arco nel bosco, forse così si sarebbe tirata un po’ su il morale.

Merida aveva deciso di non portare Angus con sé, l’avrebbe lasciato in pace, a riposare nella sua stalla. Sentiva la necessità di camminare con le sue gambe, di andare lentamente, di prendersi più tempo possibile per distrarsi.
Così si trovava sola nel bosco, armata di arco e frecce, impegnata a colpire i vari bersagli che aveva sistemato sugli alberi.
Il tempo passava, passava e passava, e la principessa era sempre più assorta nella sua attività, non si stava nemmeno rendendo conto che si era allontanata più del solito. Continuò a scoccare frecce, facendole finire contro i tronchi degli alberi, dove ormai non c’erano più tabelloni, perché quella parte della natura selvaggia non l’aveva mai esplorata, non era mai andata in quel luogo a lasciare tracce del suo passaggio.
Quando una freccia mancò il bersaglio e finì in mezzo ai cespugli, Merida imprecò. Si avvicinò alla folta vegetazione con l’intento di andare a recuperarla. Spostò foglie, rami, tastò il terreno, ma della freccia non c’era traccia. Imprecò nuovamente, finché non sentì un rumore poco distante da lei, sembrava quasi un individuo che russava.
Nel momento in cui la principessa alzò lo sguardo, scoprì con un certo dispiacere che non si trattava di un essere umano dormiente.
Dinanzi a lei c’era un cinghiale grande e grosso che la stava fissando con i suoi occhi porcini. Aveva un’aria tutt’altro che amichevole, sembrava minaccioso, sospettoso, aveva l’aria di un animale furioso, furioso perché il suo territorio era stato violato.
La principessa nutriva un forte affetto e rispetto per gli animali, non ne avrebbe mai attaccato uno, se non fosse stato per legittima difesa. In quel caso era chiaro che non si sarebbe potuta aspettare alcuna benevolenza da quel bestione, così decise che avrebbe tirato fuori le unghie.
Il cinghiale partì all’attacco.
Merida era troppo vicina a lui, non ebbe neanche il tempo di rialzarsi e sistemare un’altra freccia che l’animale le fu addosso.
La principessa cadde con la schiena a terra e avvertì un forte dolore al ventre, lì dove il cinghiale l’aveva colpita.
Il bestione aveva messo le sue zampe anteriori sopra di lei.
Con tutta la forza che possedeva, Merida spinse via il cinghiale, liberandosene. Cercò di scoccare una freccia, ma non ci riuscì, poiché l’animale non le stava dando tregua.
Gridò.

Dopo aver avuto quella conversazione con i genitori della ragazza, aveva avvertito la necessità di fare un giro nel bosco. Era molto nervoso, doveva fare così quando la rabbia bolliva in lui, se no avrebbe probabilmente ucciso qualcuno. Era l’unico modo che conosceva per calmarsi. O meglio, l’unico che funzionava.
Tutto si sarebbe aspettato, fuorché sentire qualcuno gridare. Una ragazza.
Thorin non ci pensò due volte: sfoderò la spada che portava sempre con sé, e si diresse verso il punto dal quale era provenuto l’urlo.

Quando giunse a destinazione, il nano vide uno spettacolo che non gli piacque per niente: la principessa Merida a terra, svenuta, ferita, con un cinghiale massiccio che le girava intorno, chiaramente intenzionato a colpirla ancora.
Thorin Scudodiquercia assunse un’aria minacciosa, strinse l’elsa della spada e attaccò l’animale.
Dopo una breve lotta, il nano riuscì ad uccidere il cinghiale.
Thorin non aspettò nemmeno di riprendere fiato: prese la principessa tra le sue braccia e si diresse il più velocemente possibile al castello. Merida aveva bisogno di aiuto, e subito.

L’Antro di Lucri:

Lo so, lo so, lo so.
L’ultima volta vi avevo promesso che ci avrei messo poco ad aggiornare, e così non è stato.
Mi dispiace veramente tanto, ma tra lo spettacolo e l’università non ho avuto né voglia né tempo per mettermi a scrivere. Poi, come se non bastasse, ho passato un breve periodo di “depressione” in cui non avevo voglia di fare praticamente niente, non riuscivo manco a scrivere.
Non farò più promesse, non vi prometterò più che aggiornerò presto, perché non sono certa che sarà così. Però una cosa ve la prometto: finirò questa storia, perché non mi piace lasciare le fanfiction incomplete e, chi mi conosce, questo lo sa.
In ogni caso mancano due capitoli alla fine.
Grazie per aver letto fino a qui :D.
Spero a presto

Lucri

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Capitolo 8
*** Aprirsi ***


Aprirsi

Era da due minuti che Thorin stava portando Merida in braccio, quando questa finalmente diede segni di ripresa.
La fanciulla aprì gli occhi debolmente, riportata alla realtà da un odore di tabacco misto a sudore e muschio. Si sentiva traballare, come se si fosse trovata su una barca. Chiuse gli occhi, avvertendo un’insopportabile sensazione di nausea.
“Principessa, state bene?”
Questa voce… pensò Merida riaprendo gli occhi. Non è per caso… ? Quando trovò la forza per alzare appena il capo, riconobbe il viso duro e affascinante di Thorin Scudodiquercia, in quel momento chiaramente preoccupato e in pensiero. Se non fosse stata così terribilmente spossata e dolorante, la ragazza si sarebbe emozionata non poco nel ritrovarsi tra le braccia del Re sotto la Montagna, così vicina al suo volto.
“Mi riconoscete? Sono Thorin Scudodiquercia, il Re di Erebor, colui che vostro padre ha ospitato per un paio di giorni.” Per un attimo il nano temette che la giovane avesse perso la memoria.
“Sì...” sussurrò Merida, massaggiandosi il setto nasale. “Certo che vi ho riconosciuto… ma cos’è successo?”
“Siete stata attaccata da un cinghiale, quando vi ho raggiunta vi ho trovata svenuta, probabilmente dovete aver sbattuto la testa o vi siete spaventata a tal punto da aver perso le forze.”
La principessa si prese un attimo per scavare nella sua mente. Piano piano, con calma, rammentò ogni cosa: il bisogno impellente che aveva sentito di andare a tirare con l’arco nel bosco, la freccia scomparsa, l’arrivo del cinghiale e la sua breve e vergognosa lotta, una lotta che sarebbe potuta finire in tragedia, se Thorin non fosse venuto a salvarla.
“Ora rilassatevi, siete ancora troppo debole per camminare, ci penso io a riportarvi a casa.”
La giovane chiuse un’altra volta gli occhi, poi rilassò il capo sul petto del nano, troppo stanca per ringraziarlo.

Quando giunse finalmente al castello della ragazza, Thorin trovò Jasmine e Belle in giardino, impegnate a giocare a palla. Le due principesse la smisero all’istante non appena videro la loro amica tra le braccia del nano, non aveva affatto una bella cera.
Thorin si diresse verso la porta, ignorando le due fanciulle.
“Cos’è successo?” gli chiese Belle, allarmata.
“Merida, stai bene?” Jasmine si accostò all’amica.
La principessa dai capelli rossi annuì fievolmente, facendo scappare un sospiro di sollievo alle sue due amiche.
“Merida!” Per fortuna, in quel preciso momento, uscì anche Elinor, in compagnia del marito Fergus.
“Cos’è successo alla mia piccolina?!” tuonò quest’ultimo, spaventato come non mai.
“Sta bene” li rassicurò il nano, sorpassandoli. “Era svenuta, si è ripresa poco fa. Conducetemi in camera sua, deve riposare.”
Il re e la regina non se lo fecero ripetere due volte. Così fecero strada a Thorin, seguite da Jasmine e Belle.

                                                                                                                 ***

Merida dormì serenamente e profondamente nel suo comodo letto, per la bellezza di tre ore. La prima cosa che fece quando si svegliò, oltre a riprendersi ancora un attimino, fu quella di sciacquarsi la faccia. Dopodiché aveva indossato il suo solito abito ed era scesa al piano di sotto, a tranquillizzare i suoi genitori e le sue amiche, facendo vedere loro che stava bene, che era fuori da ogni sorta di pericolo.
Ora si trovava seduta in giardino, intenta a leggere il libro che le aveva regalato Belle, il libro che narrava la sua storia, con tanto di disegni precisi e ben curati che accompagnavano il lettore nella lettura.
Quando giunse alla parte finale, al punto in cui sua madre stava per venir uccisa dal suo stesso marito, Merida fece fatica a trattenere una lacrima, ripensando alla paura che aveva provato in quel frangente. C’era mancato davvero poco, avrebbe potuto perdere sua madre, la persona più importante al mondo per ognuno di noi.
“Non vorrei sembrare ficcanaso, ma mi pare di aver scorto una lacrima scorrere lungo il vostro giovane viso.”
Udendo quella voce profonda e sensuale, per poco la principessa non fece un salto sul posto. Si affrettò ad asciugarsi il volto, dopodiché tirò su col naso. “Non siete affatto ficcanaso, non preoccupatevi” gli disse gentilmente, sorridendo, in un modo tutt’altro che falso o ironico.
Thorin ricambiò il sorriso, un sorriso sincero e privo di scherno o di stizza. Si accomodò accanto a lei, contro all’albero, facendole battere forte il cuore e diventare le gote rosse. “E, se non sono indiscreto, posso saperne il motivo?”
“Il motivo per il quale stavo piangendo?”
“Esattamente.”
La fanciulla tenne lo sguardo incollato a terra, tirò un’altra volta su con il naso, poi si lasciò scappare un sospiro. Quelle erano ferite ancora aperte nel cuore di Merida, spesso la notte faceva incubi a riguardo, sognava che le cose fossero andate diversamente, sognava di essere arrivata troppo tardi, sognava di trovare sua madre morta, trafitta da mille lame, mentre intorno a lei il suo clan esultava e danzava vittorioso.
Dunque non era facile parlarne, per la principessa. Ma forse, buttare fuori tutto quello che aveva dentro, le avrebbe fatto bene, inoltre le sembrava un buon modo per avvicinarsi a quel nano affascinante e coraggioso, un buon modo per mettere finalmente fine a tutto quel rancore e disprezzo. Quindi la ragazza gli raccontò tutto. “Questo è un libro che ha scritto la mia amica Belle, un libro che ha scritto per me, un libro che racconta un periodo della mia vita ben preciso” disse guardando la storia che aveva tra le mani. “Per colpa del mio egoismo, della mia ingenuità e della mia impulsività, avevo trasformato mia madre in un orso. Oltre ad aver rischiato di rimanere sotto quelle sembianze per tutta la vita, ha pure rischiato di venir uccisa da mio padre, perché non sapeva che si trattava di sua moglie, credeva che fosse una minaccia, credeva che avesse ucciso la regina. Per fortuna ero arrivata giusto in tempo ed ero riuscita a salvarla. Poi le cose si erano sistemate, però è sempre doloroso ripensare a quei momenti.” Finito il racconto, trattenne altre lacrime.
Thorin Scudodiquercia aveva ascoltato tutto in silenzio, e rimase in silenzio anche quando la principessa ebbe finito di raccontargli tutto. Stava pensando alle parole giuste da dirle, non era mai stato bravo a consolare gli altri, aveva paura di risultare banale, inutile o addirittura offensivo. Alla fine gli parve di aver trovato cosa dirle, così, finalmente, si decise a parlare: “Posso capire che sia difficile dimenticare un brutto passato e andare avanti, parlo per esperienza, anch’io, dopo che Erebor fu presa dal drago e, dopo la morte di alcune persone a me molto care, feci fatica a non pensarci, feci fatica a non sognare tutto ciò la notte.
Però, una volta riuscito a diventare Re sotto la Montagna, almeno una ferita si rimarginò. Certo, mio fratello, mio nonno, mia madre e mio padre non sono tornati in vita, ma io sono vivo, nonostante il dolore e la mancanza, devo continuare a vivere, a godermi ogni giorno della mia vita, soprattutto dopo tutto questo dolore.
Vostra madre, per fortuna, non è morta, e dovreste essere fiera di voi stessa: grazie al vostro coraggio e alle vostre abilità, siete riuscita a salvarla e ad evitare una tragedia. Ora non dovreste fare altro che godervi la compagnia della vostra famiglia finché sarete in vita.”
Merida, senza guardare il nano negli occhi, aveva ascoltato con attenzione le frasi che le aveva rivolto. Gli fu grata per l’interessamento e lo sforzo che aveva fatto per cercare di tirarla su, ed era pure rimasta piacevolmente sorpresa: non si aspettava che fosse così saggio.
Alla fine la ragazza si concesse l’ennesimo sospiro della giornata, dopodiché guardò in faccia il suo interlocutore. “Vi ringrazio per le vostre parole, le trovo molto sagge, prometto che ne farò tesoro e, soprattutto, proverò ad andare avanti, esattamente come mi avete detto voi.”
Thorin le sorrise. “Non c’è di che, davvero.”
“E, prima che mi dimentichi, grazie… per avermi salvato la vita.”
Il nano si esibì in un altro dolce e bellissimo sorriso, un sorriso che, per poco, non fece uscire il cuore dal petto di Merida. “Dovevo”

L’Antro di Lucri:

Bene dai, ce l’ho fatta xD.
Vi avverto subito che l’epilogo, molto probabilmente, sarà piuttosto corto. Spero di riuscire a scriverlo il prima possibile, perché so già come farlo.
In ogni caso, non disperate: arriverà, come ho già detto, sono solita portare a termine quello che inizio.
Alla prossima! :D

Lucri

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Capitolo 9
*** Parecchi anni dopo... ***


Parecchi anni dopo…

Sembrava di essere tornati indietro nel tempo: stessa radura, stessa tenda, stesso tavolo di legno, stesso cibo, stessi oggetti, non era cambiato niente, pure la disposizione delle varie cose era identica a quei tempi lontani.
Le uniche cose che erano cambiate, erano le persone.
Una Merida ancora giovane ma non più fanciulla, ormai maturata in donna, si stava aggirando furtivamente per la radura, guardandosi intorno con circospezione.
Una bambina dai lunghi capelli rossi e ricci si trovava nascosta sotto al tavolo.
“Ma dove si sarà nascosta?” chiese a gran voce Merida, scherzosamente, stando al gioco della piccola.
La bambina ridacchiò silenziosamente, con una mano davanti alla bocca.
“Ma eccola qua!” La madre la colse di sorpresa, comparendole alle spalle.
Sua figlia rise forte, dopodiché si lasciò prendere fra le braccia di Merida.
“Ma chi è la bambina più coraggiosa di tutte?” La madre prese a farle il solletico sul pancino, facendola ridere e agitarsi, per poi depositarle un dolce bacio sul naso.
La donna e sua figlia non erano sole: infatti, in quella radura, si trovavano anche due sue amiche di vecchia data, Belle e Jasmine, in compagnia dei loro mariti e dei loro figli. Adam e Aladdin andavano molto d’accordo con il marito di Merida, Thorin, mentre i loro figli erano grandi amici della figlia di questi ultimi, Brigid.
La suddetta Brigid saltò letteralmente giù dalle braccia di sua madre, non appena i suoi piccoli e giovani amici la chiamarono.
Merida la guardò intenerita, mentre Belle e Jasmine si accostarono a lei. “Sono veramente bellissimi” disse quest’ultima.
“Ancora non riesco a crederci che sia successo per davvero” aggiunse Belle, emozionata.
Merida avrebbe replicato, se suo marito non l’avesse colta alla sprovvista, abbracciandola da dietro.
Sul momento la donna prese un colpo, infatti si voltò verso il nano e gli diede una per il braccio, scherzosamente. “Mi hai spaventata, idiota!” rise.
Thorin si unì alla sua risata, facendola sospirare: ormai erano sposati da un bel po’, ma il sorriso mozzafiato del nano era ancora in grado di farle un certo effetto, esattamente come la prima volta in cui aveva avuto l’onore di ammirarlo.
“Ho un regalo per nostra figlia” disse Thorin, tornando serio, nascondendo qualcosa dietro.
“Brigid! Papà ha qualcosa per te.”
Bastarono quelle parole per far fermare la piccola bambina, che fino a pochi minuti fa stava correndo euforica insieme ai suoi amici.
Thorin si avvicinò a lei con il sorriso stampato in faccia, continuando a nascondere il dono per sua figlia.
“Un regalo?” esclamò felicissima Brigid, correndo verso suo padre.
Il nano si abbassò alla sua altezza, dopodiché rivelò ciò che stava celando alla sua vista.
Gli occhi, per poco, non le brillarono.
Merida dovette trattenere una lacrima, commossa: le sembrava per davvero di essere tornata indietro nel tempo, quando era una bambina innocente e spensierata, si trovava nel bosco con i suoi genitori, e suo padre le aveva regalato il suo primo arco. Subito tornò prepotente il ricordo dei suoi cari, periti qualche anno prima. Le mancavano, terribilmente. Ma, perlomeno, avevano avuto il modo di assistere alle sue nozze, e di fare la conoscenza della loro nipotina.
“Un arco!” Brigid prese tra le sue piccole mani quell’arma in legno ben elaborata, sulla quale erano state incise delle rune, una dedica che Thorin aveva accuratamente scritto per sua figlia.
Il nano si mise subito a disposizione per insegnare alla piccola ad utilizzare il suo nuovo regalo.
Merida ricacciò indietro le lacrime, sorrise e disse: “Ti insegno io, tesoro, tuo padre non è mai stato un granché nel tiro con l’arco.” Detto questo, raggiunse suo marito e sua figlia, sotto lo sguardo divertito di Belle e Jasmine.
Thorin la fulminò con gli occhi. “Ma se sono più bravo di te!”
La donna rise forte. “Ma per favore!”
“Mamma, papà, basta litigare! Come si usa questo coso?” La piccola, impacciata, cercò di sistemare una freccia, pronta per scoccarla verso il bersaglio che il nano aveva sistemato su un albero.
A quel punto, marito e moglie si misero a disposizione per insegnare, insieme, a loro figlia a scoccare le frecce.
Si stavano divertendo da matti, si erano pure aggiunti Belle, Jasmine, Adam, Aladdin insieme ai loro figli.
Magicamente, il triste ricordo dei suoi genitori, era sparito dalla mente di Merida. In quel momento, c’era solo spazio per Thorin e Brigid, coloro che le davano la forza per andare avanti, coloro che erano le persone più importanti della sua vita, coloro senza i quali non avrebbe potuto vivere.
La donna sorrise.

L’Antro di Lucri:

L’epilogo è venuto fuori più lungo di quanto pensassi xD. Vabbè, meglio così.
Devo dire che sono abbastanza soddisfatta di com’è uscito fuori… a voi è piaciuto?
Comunque, prima di salutarvi, ci terrei a ringraziare tutti: chi ha solo letto, chi ha recensito, chi ha aggiunto la storia alle preferite, chi alle seguite e chi alle ricordate.
Grazie di cuore! <3
Spero che ci sentiremo anche con le prossime storie =).
Un bacione!

Lucri

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