Desperate Times Call for Desperate Measures - A mali estremi, estremi rimedi di Sleepyheadven_ita (/viewuser.php?uid=1023484)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo Terzo ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quarto ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quinto ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sesto ***
Capitolo 7: *** Capitolo Settimo ***
Capitolo 8: *** Capitolo Ottavo ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nono ***
Capitolo 10: *** Capitolo Decimo ***
Capitolo 11: *** Capitolo Undicesimo ***
Capitolo 12: *** Capitolo Dodicesimo ***
Capitolo 13: *** Capitolo Tredicesimo ***
Capitolo 1 *** Capitolo Primo ***
Note
della traduttrice:
Buonasera a tutti,
Chiunque abbia un minimo di
dimestichezza con l’inglese sa quanto la nostra costruzione sintattica
e l’uso della punteggiatura siano diversi dai loro, per cui non vi
aspettate una traduzione assolutamente letterale, perché com’è facile
intuirlo sarebbe stata un disastro in italiano. Nella traduzione ho
cercato e sempre mi sforzerò di essere quanto più fedele possibile alle
idee dell’autrice, anche per l’appunto cercando di renderle
nell’italiano più consono.
Inoltre Sleepyheadven, essendo
statunitense, invece di “Hanji” ha sempre usato la versione americana
del suo nome, “Hange”, che io però ho cambiato in questa versione
perché per me suonava strano scrivere così.
Per domande, osservazioni,
suggerimenti o quant’altro, non esitate a contattarmi anche
privatamente.
Se questa storia dovesse piacervi,
sappiate che il sito Archive Of Our Own dove questa storia è pubblicata
ha un sistema di Kudos, sarebbe a dire tipo i like di Facebook. Si
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per cui se qualcuno di voi avesse voglia di fare un gesto carino nei
confronti dell’autrice, basta seguire i link diretti ai capitoli che
metterò ogni volta che farò un aggiornamento e premere sul cuoricino in
basso a destra alla fine del capitolo.
Senza indugio quindi vi lascio a “Desperate Times Call for Desperate Measures”
(traduzione: A mali estremi, estremi rimedi) di Sleepyheadven, pubblicata sul sito Archive Of Our
Own il 30 agosto 2016 e terminata l’11 dicembre 2016
Buona lettura,
Fool
Dal momento in cui
il suo telefono aveva cominciato a squillare alle cinque del mattino,
Hanji aveva capito che sarebbe stata una giornata interessante.
Aveva socchiuso assonnatamente gli
occhi, il mondo attorno a lei era apparso in forme sfuocate e nei
colori del beige e del giallo, che sapeva essere il suo copriletto e le
tende alle finestre.
Hanji aveva avuto immediatamente il
sospetto di chi fosse a chiamarla così presto, specialmente
considerando che chiunque la conoscesse anche solo superficialmente
sapeva della sua tendenza a tirare tardi la sera. Sua madre raramente
le mostrava un briciolo di empatia.
A tentoni aveva cercato il piatto
marchingegno che sapeva essere sul suo vecchio e malandato comodino,
chiedendosi cosa volesse da lei stavolta quella severa donna,
considerando che le loro conversazioni telefoniche erano rare. Il
trillo era continuato prepotentemente fino a che non aveva afferrato il
freddo oggetto metallico fra le mani. Aveva fatto scorrere
assonnatamente il dito sullo schermo per accettare la chiamata.
“Buongiorno mamma” l’aveva salutata
con calore, la sua voce ancora impastata dal sonno. Aveva aggrottato le
sopracciglia quando aveva buttato un occhio all’orologio, facendo
velocemente un calcolo di quante ore aveva dormito. Due e mezza -
nemmeno troppo male considerato tutto, aveva affrontato giornate
peggiori.
“Buon pomeriggio, vuoi dire”
l’aveva corretta sua madre, con un tono sorprendentemente tranquillo.
Ah, quindi erano buone notizie quelle che le stava per dare, aveva
pensato Hanji tirando un sospiro di sollievo. Nessun favore a qualche
parente gravemente malato, come accadeva di solito.
“Giusto” le aveva risposto,
sporgendosi nuovamente verso il comodino per prendere i suoi occhiali
di forma ovale.
“Come vanno le cose laggiù?” aveva
chiesto per fare conversazione, facendoli scorrere con noncuranza lungo
il suo naso. Le forme e i colori avevano ripreso un contorno,
mostrandole la sua stanza in disordine.
Sua madre aveva lasciato uscire una
risatina allegra alle sue parole, Hanji aveva alzato le sopracciglia in
un’espressione sorpresa a quel suono così inusuale, non aveva sentito
sua madre ridere così da quando i suoi si erano trasferiti a Parigi
otto anni prima.
Oh no, forse erano cattive notizie
- tipo che suo padre era stato trovato morto quella mattina al
risveglio. Non andavano per niente d’accordo negli ultimi tempi…
“Ho delle buone notizie cara!”
aveva detto sempre ridendo sua madre, contenta come non mai. Hanji a
questo punto si era preparata per quello che stava arrivando. “Io e tuo
padre divorziamo!” aveva rivelato felicemente dopo quella pausa ad
effetto.
Hanji si era data un momento per
riflettere su quello che le aveva appena detto, quasi si aspettasse di
sentire che era impazzita e che l’aveva assassinato. Beh, di certo era
un fatto inaspettato, non avrebbe mai immaginato sua madre, così
testarda e orgogliosa, accettare di intraprendere un divorzio e far
finire così trentacinque anni di matrimonio.
“Questa è… una grande notizia,
mamma” aveva detto tutto d’un fiato, incerta su come avrebbe dovuto
reagire. Almeno non si sarebbe più trovata in mezzo ai loro litigi,
giusto?
“Certo che lo è! Sono così
sollevata di essere libera dal tuo insopportabile padre, cara, non ne
hai idea.”
Hanji poteva intendere chiaramente
dal suono della sua voce quanto fosse largo il sorriso che sua madre
doveva avere spalmato in faccia.
“Ma c’è anche dell’altro” aveva
aggiunto l’altra, pochi istanti dopo.
“… non è che torni a vivere qui,
vero?”
Hanji aveva sentito il terrore
piantarsi nel suo stomaco al solo vago pensiero che sua madre potesse
reclamare la casa che le avevano lasciato.
“Oddio, no.” Sua madre aveva messo
le mai avanti alle sue parole. Beh, la sua pretenziosa vita da
cittadina francese doveva essere troppo bella per considerare
addirittura l’idea di trasferirsi di nuovo nel vecchio e noioso stato
di Washington. Che peccato, aveva pensato Hanji seccatamente ironica.
“Mi sto per sposare!”
Hanji non aveva fatto in tempo a
fermare la caduta della sua mascella a quest’annuncio. Non aveva appena
detto che era contenta di star divorziando?
“Oh… questo, ehm, mi fa piacere di
sentirlo. Quant’è che non ci vediamo io e te?” aveva chiesto con
genuina curiosità.
“Un anno e mezzo!”
Ah, questo spiega alcune cose,
aveva pensato Hanji divertita.
“Il motivo per cui ti chiamo è che
ti voglio su un aereo nel giro di una settimana. La cerimonia non avrà
luogo che fra qualche settimana, ma voglio le tue opinioni su certe
cose, tipo la disposizione dei fiori e i porta tovaglioli. Inoltre
abbiamo la prova degli abiti e cose simili. Oh! E farai bene a portare
qui un ragazzo, non come l’altra volta, oppure vedrai.”
Aveva quindi cominciato a divagare,
in maniera non dissimile a come avrebbe potuto fare lei stessa.
Hanji aveva solo potuto annuire, il
suo cervello ancora in privazione di sonno non le stava permettendo di
fare altro che rimanere in quello stato di intontimento. Nel giro di
cinque minuti aveva scoperto che i suoi stavano divorziando e che sua madre
si voleva risposare. E inoltre, che lei era richiesta a Parigi alla
fine di quella settimana.
“Beh, mia cara, è stato bello
parlare con te, ti darò più informazioni nei prossimi giorni. Sono
richiesta altrove.” Quindi se n’era uscita con una risatina degna di
un’adolescente in preda ad una cotta.
Hanji aveva arricciato il naso con
disgusto, non volendo sapere il significato nascosto delle parole che
aveva appena pronunciato.
“Okay, mamma. È stato bello
parlarti, ciao.”
Aveva sentito uno smorzato ciao in
risposta prima di attaccare il telefono. Se l’era fatto cadere in
grembo, confusa mentre cercava di mettere insieme i pezzi di tutto
quello che era successo nel tempo di una chiamata di una decina di
minuti.
Sua madre era inusualmente allegra.
I suoi genitori si erano lasciati. Sua madre aveva avuto una relazione
per un anno e mezzo e si risposava alla fine del mese. Un modo davvero
interessante di cominciare la giornata, aveva pensato con una risatina
secca.
Aveva lasciato scivolare le gambe
lungo un lato del letto, non preoccupandosi di rifarlo mentre si alzava
e si dirigeva verso il bagno dall’altra parte del corridoio. Sapeva che
non sarebbe riuscita a mantenere la sua sanità mentale se fosse volata
dall’altra parte del mondo verso la schiacciante presenza di sua madre
in compagnia solo di se stessa.
Questo significava che avrebbe
dovuto cercare dei candidati per interpretare la parte del suo ragazzo,
in modo che sua madre smettesse di minacciarla. Uno in particolare le
era venuto in mente, ma aveva cacciato via il pensiero. Avrebbe
richiesto un sacco di tentativi di corruzione e convincimento.
Ma un piano già si stava formando
nella sua testa, le rotelline in quel momento già giravano. O forse, no.
-
Entrando sul posto di lavoro, la
priorità di Hanji quella mattina era stata quella di andare alla
scrivania di Levi. Aveva fatto un grosso sorriso quando aveva visto
quel brontolone appoggiato allo schienale della sua sedia, con un tè
d’asporto in una mano mentre scrollava qualcosa al suo computer.
“Buongiorno Levi!” lo aveva
salutato allegra, sporgendosi verso di lui.
Lui le aveva rivolto una breve
occhiata prima che il suo sguardo annoiato tornasse sul monitor. “Hai
bisogno di qualcosa, merdina con gli occhiali*?” le aveva detto.
Hanji si era schiarita la gola
cercando di attirare la sua attenzione. “Ho un favore da chiederti
perché sei uno dei miei più vecchi amici e so che posso fidarmi di te
per qualsiasi cosa.” Aveva detto, cercando di rabbonirlo con parole
dolci. Non sembrava che stesse funzionando.
“Se hai bisogno che venga a pulirti
la casa di nuovo,” e qui aveva fatto una pausa leggendo qualcosa che
era scritto sul suo monitor, “la risposta è sì perché ad un certo punto
morirai soffocata da tutta quella polvere che ti si anniderà nei
polmoni.”
Hanji aveva sbuffato per questa
risposta così drammatica. “No, non è questo. Ma se mai ne avessi
bisogno però, adesso so che cosa mi risponderesti.”
Lo sguardo di Levi era velocemente
andato sul suo, Hanji aveva riconosciuto un piccolo bagliore di
curiosità nei suoi occhi.
“Ho bisogno che tu faccia finta di
essere il mio ragazzo per qualche settimana” gli aveva rivelato
chiaramente, con un sorriso imbarazzato.
Lui l’aveva guardata a sua volta senza esprimere niente nella sua
espressione, incerto su se fosse seria o meno. Hanji era strana, per
cui ci poteva anche stare che la sua idea di fare scherzi potesse
essere questa.
“Che genere di favore sarebbe?” le aveva chiesto alzando un
sopracciglio.
“Uno grosso” aveva risposto lei incerta, scrollando le spalle. “Te la
faccio breve, i miei stanno divorziando, mia mamma si risposa il mese
prossimo e io ho bisogno di presentarmi lì con un ragazzo, altrimenti
mia madre non mi lascerà andare via. È davvero convinta che morirò da
sola” aveva detto tutto d’un
fiato, un tremito d’insofferenza le era balenato sui tratti.
Levi era rimasto in silenzio,
quindi aveva risposto esitante. “Perché mai dovrei persino considerare
di farlo?”
Hanji gli aveva sorriso. “Un
viaggio gratis a Parigi e la gioia che proveresti nel far finta di
avere una relazione con me.”
Levi si era imbronciato prima di
rimettere per l’ennesima volta il suo sguardo sul monitor. “Passo.”
Aveva detto seccamente.
“Okay, okay, va bene. Un viaggio
gratis per Parigi, mi laverò i capelli e pulirò la casa tutti i giorni,
e ti offrirò del tè ogni volta che vuoi.” Aveva replicato l’altra
alzando la posta, facendogli un sorriso dolce e guardandolo speranzosa.
Levi aveva sospirato ammettendo la
sconfitta, ruotando sulla sua sedia girevole abbastanza da poterla
guardare direttamente in faccia. “Ci penserò” le aveva detto
riluttante, già spaventandosi alle sue parole.
Dentro di lui aveva pensato che
fosse un’idea terribile, ma quando mai gli sarebbe ricapitata
l’opportunità di andare a Parigi? E persino con tutto spesato? Poteva
sopportare di far finta di essere il ragazzo di Hanji per un po’, ne
era certo.
Eppure, ripensandoci…
Prima che potesse dire qualcosa,
Hanji l’aveva abbracciato con affetto, circondandolo completamente con
le sue braccia. Era rimasto gelato al suo gesto, voleva quasi
scansarla, ma non ne aveva la forza d’animo.
“Grazie Levi di voler almeno
prendere in considerazione la cosa” gli aveva detto con sincerità. “Non
hai idea di quanto significhi per me” aveva aggiunto per poi liberarlo
dal suo abbraccio.
“…sì, sì.”
Se l’era scrollata di dosso
facilmente, internamente tuttavia era ancora infastidito per i suoi
gesti.
“Ci vediamo per pranzo al solito
posto, ti darò i dettagli, lo prometto.”
Hanji aveva riso e poi iniziato a
camminare verso la sua area di lavoro. Lui l’aveva guardata
allontanarsi, il suo sguardo era tornato distrattamente sul suo
monitor. Che Dio mi aiuti…
Qualche ora dopo Hanji era entrata
nel loro solito ristorante, sorridendo e salutando la persona che stava
all’ingresso. Aveva individuato il suo buon amico nel posto più remoto
della sala, protetto da ogni sorta di interazione umana, come sempre.
Si era seduta sulla sua solita sedia, sorridendogli quasi a scusarsi.
“Scusa il ritardo, Erwin voleva
parlarmi di alcune cose. Lo sai che di solito va per le lunghe.” Aveva
alzato gli occhi al cielo e si era sporta verso il tavolo sui gomiti,
facendogli un grosso sorriso.
“Ha avuto la scopa in culo per
tutta la scorsa settimana” aveva stilettato malignamente Levi,
dirigendo il suo solito sguardo annoiato sulla scarmigliata donna.
Hanji aveva fatto il suo ordine
alla cameriera prima di rivolgersi nuovamente a lui. “Quindi, sembra
che partirò per Parigi fra qualche settimana. O per lo meno questo mi
hanno detto stamattina alle cinque, ma chi lo sa, potrebbe essere
persino stata un’allucinazione.” Si era prodotta in un sogghigno privo
di ironia.
“La tua famiglia non potrebbe mai
diventare meno divertente per me” aveva ammesso seccamente lui,
guardandola mentre gli rivolgeva uno sguardo divertito.
Non poteva negare che il suo
aspetto fosse un disastro, non c’era dubbio che avesse dormito meno di
tre ore quella notte, glielo dicevano le sue borse sotto gli occhi.
Eppure, non poteva evitare di pensare che ci fosse un qualcosa di
affascinante in lei. Soprattutto i suoi occhi, che erano sempre molto
espressivi, al di là del suo stato di stanchezza.
“Beh, li troverai ancora più
divertenti di persona, te l’assicuro” aveva ribattuto tamburellando con
le dita sulla tavola
Levi si era rabbuiato pensando,
facendo una breve pausa. “Non capisco perché così all’improvviso ti
interessa che cosa pensa tua madre a proposito delle tue personali
scelte di vita.” Aveva dato voce ai suoi pensieri, guardandola
attentamente mentre i suoi occhi marroni si riempivano di un pizzico di
fastidio.
Hanji aveva sospirato mentre si
passava una mano tra i capelli, rendendo la sua coda ancor più
scomposta di quanto già non lo fosse. “Non lo capisco nemmeno io. Ma
preferisco non avere a che fare con l’innumerevole schiera di tizi
francesi che probabilmente ha in serbo per me in caso dovessi
presentarmi da single.” Aveva sospirato pesantemente prima di
continuare. “Ho solo… ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a far fronte
a tutto questo, che faccia in modo che non sbotti rabbiosamente contro
nessuno. E tu sei stato questo qualcuno più di una volta in passato.”
Levi aveva annuito comprensivo,
sentendo che l’ago della bilancia della sua decisione pendeva
decisamente più verso un lato che l’altro.
“Quindi vuoi che faccia finta di
essere il tuo ragazzo. Per quanto tempo?”
“Qualche settimana.” Gli aveva
rivolto uno sguardo imbarazzato. “Non è che saremo costretti a stare
insieme sempre, però. Voglio dire, per metterla semplicemente, mia
madre è ricca da far schifo. Pagherà lei per qualsiasi cosa vorremo
fare, e non ho dubbi che ti vizierà senza limiti solo perché sei il
primo “ragazzo” che ho in anni.”
“Quindi questo significa che a
Parigi posso avere cibo e tè a piacimento?” aveva chiesto, non
mostrando tuttavia un grande interesse alla cosa.
Hanji aveva annuito piano. “Sì.
Quindi, sei dei nostri?” aveva chiesto con una crescente speranza nella
voce.
Levi aveva fatto un respiro
profondo prima di annuire. “Un viaggio gratis per Parigi con fondo
illimitato per i pasti pare una ragione sufficientemente buona per
accettare, suppongo.”
Hanji si era prodotta in un
gridolino ad alto volume, dirottando l’attenzione sul loro tavolo in
disparte. “Sei il migliore Levi.”
“Fai silenzio quattrocchi, la gente
ci sta osservando.” Aveva detto esasperato, guardandosi intorno con uno
sguardo quasi minaccioso.
“Va bene, se qualcuno chiede è
perché ho appena realizzato che ho il miglior amico del mondo che è
disposto a farmi il più grosso favore della mia vita.”
Levi era rimasto in silenzio a
quest’uscita, il suo cipiglio era rimasto intatto.
Sarebbero state delle lunghe
settimane, quello era certo.
*Questa è una perifrasi che mi sono
inventata per tradurre l’espressione “Shitty-glasses”, modo in cui in
diverse fan fiction straniere Levi si rivolge ad Hanji. La traduzione
letterale, “occhiali di merda” mi sembrava un pochino eccessiva nei
toni, per cui ho cercato di renderla così e l’autrice, quando le ho
spiegato, ha approvato l’idea.
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Capitolo 2 *** Capitolo Secondo ***
“Quindi, quante
possibilità abbiamo di schiantarci e morire?” aveva chiesto Levi senza
per niente scomporsi, i suoi occhi chiari sembravano spenti e annoiati
mentre rimanevano incollati al finestrino dell’aereo.
Era in momenti come questi che
Hanji capiva com’è che tanta gente lo trovasse spaventoso e
intimidatorio. “Non molte” aveva risposto prontamente, con un sorriso
divertito sulle labbra.
Aveva lasciato il suo sguardo
vagare su di lui per la prima volta quella mattina, presa com’era da
una specie di frenesia tale che non era riuscita a farlo fino a che non
si erano imbarcati. La sua postura sembrava rilassata mentre se ne
stava appoggiato alla sua poltrona, i capelli neri gli ricadevano
ordinati sulla fronte, in contrasto con la sua pelle chiara. Portava
una camicia bianca che vestiva un po’ larga, dei jeans neri attillati,
chiaramente doveva essersi messo le prime cose che gli erano capitate a
tiro data l’alzataccia a cui Hanji l’aveva obbligato.
Si poteva dire che fosse bello,
Hanji lo trovava carino con le sue guance tonde e il suo naso che lei
aveva soprannominato “boop”, dato che le faceva venire voglia di
spingerlo con un dito come fosse un pulsante*.
Carino non era esattamente la
parola che veniva in mente alle persone quando pensavano a Levi, ma per
lei lo era, e molto.
“Mi stai fissando, scherzo della
natura” le aveva detto Levi con calma, sempre guardando fuori dal
finestrino.
Hanji aveva distolto lo sguardo da
lui per metterlo sulle nuvole che scorrevano al di là dell’oblò. “Non
c’è niente di male se guardo il presunto amore della mia vita” aveva
risposto prontamente, ironica. La sua voce non aveva tradito nessun
imbarazzo nell’essere stata sorpresa a fissarlo.
Levi si era voltato a guardarla,
lei aveva fatto altrettanto. “Pensi davvero che tua madre si berrà ‘sta
stronzata?” le aveva chiesto, non ancora completamente certo che questa
fosse una buona idea. L’ultima cosa che voleva era che Hanji dovesse
affrontare sua madre nell’eventualità che la donna scoprisse che si era
portata dietro un finto fidanzato. In quel caso sarebbe stato molto
peggio che essersi presentata da sola.
Hanji aveva annuito con sicurezza,
guardandolo in modo rassicurante. “Non preoccuparti nanetto, mia madre
non si accorgerà di niente, te l’assicuro.”
Levi l’aveva guardata di traverso a
quel nomignolo, ma aveva lasciato correre. “Questo significa che ogni
volta che staremo insieme davanti ad altre persone dovremo comportarci
come due fottuti idioti?”
“Se comportarci come fottuti idioti
significa fare i piccioncini, allora sì” gli aveva risposto, facendo
una piccola pausa prima di continuare. “Fissiamo qualche regola, che ne
dici?”
Levi aveva annuito dichiarandosi
d’accordo, quindi s’era fatto serio. “Non mi metterò a fare rumori per
far credere a tua madre che stiamo facendo sesso.”
Hanji aveva arricciato il naso in
un’espressione di disgusto, accompagnata da un lamento che ne esprimeva
altrettanto.
“Oddio, no. E comunque non ne
avremo bisogno, ci ha preso una stanza in un hotel a poche strade da
lei.”
“Lasciami indovinare. Un letto”
aveva commentato impassibile Levi.
L’aria mortificata di Hanji era
stata una risposta sufficiente. Levi aveva sospirato, appoggiando la
testa al vetro del finestrino.
“Ricordami ancora perché lo sto
facendo?”
“Perché mi vuoi tanto bene?” aveva
tentato Hanji, con un dolce sorriso che le distendeva le labbra.
“Certo, dev’essere proprio questo.”
Le aveva rivolto uno sguardo
infastidito mentre Hanji gli rifilava un giocoso schiaffetto sulla
testa. Quello sguardo l’aveva fatta ridere, aveva continuato a
sorridergli dopo.
Levi non aveva potuto impedirsi di
fermarsi un istante a osservare come lo sguardo di Hanji si fosse
illuminato. Si era obbligato a guardare altrove, dirottando per
l’ennesima volta il suo sguardo al finestrino.
“Dimmi che ne pensi: se ogni volta
che vorrò darti un bacio ti chiedessi il permesso di farlo stringendoti
prima la mano? Basterà che me la stringi a tua volta in risposta, e io
capirò che va bene se lo faccio. Non voglio metterti a disagio o
coglierti di sorpresa.” Hanji aveva inclinato la testa aspettando la
risposta di Levi.
“Va bene, farò anch’io così.”
L’altra aveva annuito in risposta.
Si erano immersi in un confortevole
silenzio dopo. Levi si era messo a guardare attentamente il cielo
fuori, la sua espressione sembrava tranquilla, ma Hanji sapeva che non
era a suo agio all’idea di rimanere più di undici ore bloccato
sull’aereo.
Hanji aveva cercato di concentrarsi
sul libro che si era portata, ma le parole che leggeva non le
suscitavano alcun interesse, dopo appena venti minuti avevano
cominciato a sovrapporsi l’una all’altra in un confuso guazzabuglio.
Era molto più stanca mentalmente di quello che credeva, la notte
precedente l’aveva passata totalmente in bianco, in preda all’ansia di
cosa la aspettasse il giorno dopo.
Non vedeva in carne ed ossa sua
madre da due anni, preferendo stare lontana da quella donna che la
criticava così tanto: frecciatine e maligni commenti sul fatto che non
vestisse mai in modo femminile, o sul fatto che non si truccava mai,
avevano avuto l’effetto di far allontanare Hanji da lei.
Non era più l’insicura adolescente
di una volta, ovviamente. Era diventata più forte e aveva imparato a
ridere di qualsiasi tipo di commento che la gente le buttasse addosso,
conosceva il suo valore e onestamente non le poteva importare di meno
di come appariva.
Aveva cercato di tenere gli occhi
aperti, nonostante le sue palpebre si stessero facendo sempre più
pesanti a mano a mano che i secondi scorrevano. Aveva emesso un lamento
assonnato, si era rannicchiata meglio sulla sua poltrona per mettersi
più comoda, smettendo di lottare contro il sonno che minacciava di
sopraffarla.
Levi aveva guardato sorpreso alla
sua destra quando aveva sentito un peso piombare sulla sua spalla,
vedendo che Hanji dormiva profondamente contro di lui. Che stronza,
aveva pensato appena infastidito. Aveva riaggiustato la sua posizione
di seduta, il cielo fuori non aveva avuto più grande interesse mentre
il suo sguardo si posava su di lei.
Sembrava tranquilla, la sua mente
non correva a cento chilometri all’ora come succedeva sempre quando era
sveglia. Il suo petto si alzava e si abbassava al ritmo del suo
respiro, gli occhiali le si erano spostati in una posizione precaria.
Gentilmente Levi glieli aveva tolti dal viso, per non rischiare che li
rompesse per la sua scarsa premura. Ci mancava solo che dovesse anche
farle da guida, oltre tutto.
Non riusciva a capire com’è che
fosse così indulgente nei confronti di quella donna così eccentrica. La
faceva franca quando gli metteva le mani addosso, quando lo prendeva in
giro, quando gli affibbiava nomignoli ogni volta che le andava. Era
certo che chiunque altro si fosse permesso di farlo ne avrebbe ricavato
un violento pugno nello stomaco, ma con lei era stato diverso sin
dall’inizio. Accidenti, era salito su un aereo per un altro paese
perché non fosse sola se avesse avuto bisogno di qualcuno che la
confortasse.
Aveva realizzato che era troppo
coinvolto.
L’idea di tenerle disinvoltamente
la mano e degli abbracci in cui avrebbero dovuto indulgere una volta
scesi dall’aereo lo rendeva inquieto.
Non era abituato a dimostrazioni
pubbliche di affetto - per dirla tutta non era abituato alle
dimostrazioni d’affetto in generale. La sua relazione più duratura era
durata un mese e mezzo, ed era stato ai tempi del liceo. Non aveva
dubbi che sarebbe stata una sensazione strana e sconosciuta, una a cui
doveva abituarsi in fretta se voleva convincere gli altri che era
davvero in una relazione con la brunetta.
Aveva afferrato il libro che
giaceva precario nelle mani di Hanji, girando la copertina in sua
direzione per osservarla, stando ben attento a non perdere il segno che
Hanji ci aveva lasciato prima di cadere addormentata. L’aveva aperto e
cominciato a leggere solo perché non avrebbe avuto niente di meglio da
fare.
Hanji si era svegliata qualche ora
più tardi, durante questo lasso di tempo Levi aveva letto meno della
metà del libro. La donna non aveva nascosto che la cosa la divertiva.
Gli aveva detto che avrebbe dovuto portarsi qualcosa per passare il
tempo invece di essere il solito vecchio testone.
Nel tempo che ci avevano impiegato
a finire quel lungo libro, (circa tre ore prima infatti Hanji aveva
proposto di reggerlo lei per poterlo leggere entrambi) l’aereo era
atterrato in tutta sicurezza al suolo.
Pochi minuti dopo erano sbarcati.
Hanji aveva trascinato Levi per una manica per tutto il tempo che
avevano impiegato a recuperare i bagagli.
L’uomo aveva studiato con
attenzione l’ambiente che lo circondava, con gli occhi ridotti a
fessure aveva preso coscienza delle centinaia di persone impegnate
nella loro stessa occupazione. Si era accigliato per il disgusto
vedendo la gente che starnutiva e si puliva il naso in modo non
igienico con le mani.
“Levi, eccola lì” gli aveva
sussurrato Hanji furtivamente. “È tardi, quindi sarà esausta. Fai come
faccio io, va bene?”
Mentre avanzavano, la non più
giovanissima donna era entrata nel campo visivo di entrambi. Hanji
l’aveva salutata con la mano attirando immediatamente la sua
attenzione. Aveva avanzato verso di lei, Hanji l’aveva incontrata a
metà strada e si erano abbracciate strette.
Ammetteva che fosse bello
abbracciarla dopo qualche anno di lontananza, nonostante i frequenti
disaccordi.
“Hai l’aspetto e l’odore di
qualcuno che ha appena passato dodici ore su un aereo” le aveva detto
sua madre in un orecchio.
Ah, eccola, aveva pensato
seccamente Hanji.
“È bello rivedere anche te mamma”
le aveva risposto sorridendole, sciogliendosi da quell’abbraccio. Non
appena l’aveva fatto lo sguardo di sua madre era andato immediatamente
all’uomo che le stava accanto e che aveva assistito a tutto lo scambio.
“Oh, mamma! Ho il piacere di
presentarti Levi, il mio ragazzo.”
Hanji aveva afferrato la mano di
Levi, avvicinandoselo. Per un attimo lui aveva pensato di divincolarsi
da quella stretta, ma poi gli era venuto in mente che si supponeva che
stesse al gioco.
Poteva osservare una certa
somiglianza tra lei e sua madre, soprattutto il taglio e il colore dei
loro occhi, la sfumatura di colore della loro pelle, anche. Tutto il
resto Hanji doveva averlo preso da suo padre.
“Salve, piacere di conoscerla
finalmente.” Aveva cercato di parlarle con educazione, mentre
avvicinava la mano che aveva libera per stringere quella della donna.
Levi non aveva mai visto nessuno illuminarsi tanto quanto lei alle
parole di Hanji.
L’altra aveva preso la sua mano, ma
non per il motivo per cui gliel’aveva porta, ma per attirarlo con
entusiasmo a sé e stringerlo in un soffocante abbraccio. Levi si era
irrigidito e aveva portato lo sguardo ad Hanji, quasi a cercare aiuto.
Lei in risposta gli aveva rifilato un sorrisetto strafottente mentre li
guardava.
“Pensavo che questo giorno non
sarebbe mai arrivato!” aveva esclamato in un tono forzatamente
drammatico la madre. Levi aveva visto Hanji roteare gli occhi a quelle
parole.
La donna si era allontanata, lo
aveva osservato ancora tenendogli le mani sulle spalle. Levi aveva
resistito alla tentazione di ribellarsi a lei con forza, sapendo che
questo non gli avrebbe certo fatto avere una buona prima impressione.
Inoltre c’era il particolare che dopo avrebbe dovuto affrontare l’ira
di Hanji, e lei era assolutamente terrificante quando si arrabbiava.
“Oh Hanji, è proprio bello! Ma che
ci trovi in una come lei, eh?” gli aveva detto in tono scherzoso, per
poi girarsi verso sua figlia per sorriderle giocosamente.
Stranamente Levi aveva sentito un
pizzico di fastidio alle parole della donna, che fossero state un
semplice scherzo o meno.
Hanji era scoppiata in una risata
assolutamente finta, sentendosi già stanca della compagnia di sua
madre. “Non ne sono sicura nemmeno io, avrò avuto un colpo di fortuna”
aveva detto continuando a sorridere, ma Levi poteva vedere chiaramente
che fosse una facciata.
“È perché sei una donna gentile e
attraente, che inoltre si da il caso essere anche la persona più
intelligente che conosco” aveva detto Levi senza doversi sforzare
troppo, sentendo il bisogno di mettersi dalla sua parte. Che razza di
finto ragazzo sarebbe stato se non l’avesse fatto?
Aveva saputo di aver fatto la cosa
giusta non appena aveva visto passare brevemente sul viso di Hanji
un’espressione di gratitudine.
“Ah, bello e affascinante! Te ne
sei proprio trovata uno buono, mia cara” aveva detto sua madre posando
una pacca sulla schiena di Levi. “E adesso avviamoci, questa signora di
una certa età ha avuto una lunga giornata.”
Hanji aveva afferrato la mano di
Levi nella sua, rivolgendogli un vero sorriso. “Grazie” aveva scandito
con la bocca mentre sua madre cominciava ad avviarsi.
Levi aveva guardato da un'altra
parte, con nonchalance, ascoltando vagamente la madre di Hanji
cianciare un po’ di tutto quello che le veniva in mente, notando che
anche in quello le due erano simili.
“E quindi, come vi siete conosciuti
voi due? Voglio i dettagli, Han” aveva chiesto con un tono melodioso.
Hanji si era voltata a guardare
Levi, in risposta lui le aveva semplicemente fatto una piccola
scrollata di spalle. Si era schiarita la voce, sollevata di trovarsi
fuori dall’aeroporto nella fresca brezza che c’era fuori.
“Beh, io e Levi siamo colleghi, ci
conosciamo da un bel po’. Semplicemente, immagino che le cose siano un
po’ venute da sole” aveva detto usando qualche piccola bugia,
gesticolando mentre lo faceva. “Credo fosse destino, vero piccolo?”
aveva detto rivolgendosi verso di lui, stringendogli appena la mano e
facendogli un sorrisetto di sfida.
“Assolutamente” aveva replicato
Levi senza colpo ferire, alzandosi sulle punte dei piedi per posarle un
piccolo bacio su una guancia prima che lei potesse fare qualsiasi altra
cosa. Hanji l’aveva guardato con gli occhi spalancati mentre
camminavano verso l’auto di sua madre, di certo non si aspettava niente
di simile da lui, che non si era nemmeno disturbato a rivolgerle uno
sguardo.
Gli avrebbe chiesto di rendere
conto di quello che era appena successo, aveva pensato determinata.
Questa situazione stava diventando una qualche specie di competizione?
Certamente no. Avrebbe lei stessa fatto in modo che lo diventasse?
Accidenti, sì.
Una volta che erano saliti
sull’auto la conversazione si era fatta ancora più strana dato che
c’era un’altra persona nel posto del passeggero della macchina di sua
madre, presumibilmente l’uomo che sarebbe diventato il suo patrigno.
Quell’idea non le piaceva affatto.
“Allora, Han, questo è il mio
fidanzato, Nick.”
“Piacere di conoscerti, tua madre
parla di te in continuazione” le aveva detto con uno strano tono che né
lei né Levi erano riusciti a decifrare. Hanji gli aveva rivolto uno
sguardo d’intesa.
“Vorrei poter dire lo stesso, Nick”
aveva commentato guardando per un attimo sua madre che a quest’uscita
aveva fatto un’espressione esasperata. Si era accomodata sul sedile,
notando come la sua gamba e quella di Levi si toccassero casualmente.
Il silenzio era caduto pesante
nell’abitacolo, Nick si era schiarito la gola quasi a tentare di
migliorare la situazione. Levi l’aveva guardata con un sopracciglio
alzato, apparentemente non impressionato dal suo atteggiamento.
“Allora, quale sarà il motivo
portante per il grande giorno?” aveva chiesto cercando di spostare la
conversazione su un altro tema, sentendosi un pochino in colpa per la
sua uscita non proprio felice.
Elizabeth si era subito risollevata
a quella domanda, le sue dita avevano cominciato a tamburellare
allegramente sul volante.
“Pendo per un rustico chic
sinceramente, ma non sono del tutto convinta! È solo che è tutto così
diverso di questi tempi” aveva detto accoratamente, guardando dritta
davanti a lei.
“Cara, dovresti essere tu a
pianificare un matrimonio, non io” si era lasciata commentare senza
nessun riguardo, stando ben attenta a rivolgerle un’occhiata dallo
specchietto retrovisore. L’uomo seduto accanto a lei aveva ridacchiato
di cuore, lei si era accodata dando luogo ad una serie di risatine. Sia
Levi che Hanji non ci avevano trovato niente di spiritoso in quello che
la donna aveva detto, erano rimasti impassibili per tutta la durata di
quelle risate.
“Sì, sì…” aveva commentato Hanji
tentando di passare oltre, non sprecandosi a spiegarle che conduceva
una vita felice e di successo senza sentire alcun bisogno di un
matrimonio. Conosceva sua madre abbastanza bene da sapere che sarebbe
stato fiato sprecato.
“Quanto manca per arrivare
all’hotel?” aveva domandato sentendo che la stanchezza la stava
invadendo.
Riacquistando un po’ di sicurezza,
Nick si era incaricato di risponderle. “Ci vorrà ancora qualche minuto,
almeno.”
Hanji si era riappoggiata sul
sedile, girandosi a guardare il suo impassibile amico, osservandolo con
sguardo curioso. Aveva un che di infantile mentre osservava il
paesaggio che scorreva al di là del finestrino. Altri non avrebbero
potuto dirlo, ma lei riusciva chiaramente a vedere l’ammirazione nei
suoi occhi.
“Bello, vero?” gli aveva chiesto a
bassa voce, in modo che gli altri due davanti non li sentissero, anche
se erano sufficientemente distratti dalla loro conversazione.
In risposta Levi aveva emesso una
specie di basso brontolio, che l’altra aveva interpretato come un sì.
Il suo sguardo si era spostato dal finestrino incontrando quello di
Hanji, si erano formate delle prominenti occhiaie sotto i suoi occhi.
“Stai uno schifo” le aveva detto
schietto, parlando a bassa voce come aveva fatto lei.
Hanji aveva riso divertita a
quell’insulto. “Non sei proprio uno schianto nemmeno tu, piccoletto”
aveva ribattuto con un sorrisetto strafottente.
“Ecco la vostra fermata, bambini!”
Hanji si era morsa la lingua
cercando di non puntualizzare che aveva ventinove anni.
“La stanza è riservata a tuo nome,
tesoro. Buonanotte ad entrambi, vi chiamo domattina così facciamo
colazione insieme” aveva urlato verso di loro mentre scendevano
dall’auto e recuperavano le loro valige dal portabagagli.
Hanji l’aveva salutata con la mano
mentre si allontanava velocemente, lasciandoli davanti a quel
bellissimo hotel.
“Quell’uomo… mi fa accapponare la
pelle più di quello che credevo possibile” aveva ammesso Hanji con un
piccolo movimento delle sue spalle, mentre trascinava la valigia verso
l’entrata.
“Tua madre ti tratta come una
merda, quattrocchi” aveva osservato Levi senza scomporsi. Aveva
sollevato la sua grossa borsa all’altezza delle sue spalle, cominciando
a camminare al ritmo dell’altra abbastanza da poterle camminare a
fianco.
Mentre entravano nella hall
dell’hotel, Hanji l’aveva guadato brevemente incamminandosi verso la
corta fila davanti alla reception. “Da che mi ricordo, è sempre stata
così con me. Non mi interessa più ormai cosa pensa di me, so chi sono e
sono contenta così.”
Levi era rimasto in silenzio mentre
Hanji recuperava le chiavi, lo era rimasto anche mentre andavano al
piano di sopra. La donna aveva aperto la porta sentendosi le gambe
molli, troppo pesanti perché potesse muoversi ancora molto. Lo sguardo
le era caduto sulla dimensione del letto, un queen size**. Come aveva
sospettato.
“Dato che sei un gentiluomo non
protesterai e dormirai per terra, giusto?” aveva detto sollevando un
sopracciglio, nella sua voce un’evidente vena di sarcasmo. Si era
pigramente buttata sul soffice materasso, che era sprofondato appena
sotto il suo peso.
Levi aveva appoggiato il suo
bagaglio a terra, si era guardato intorno attentamente per vedere se la
stanza soddisfaceva i suoi elevati standard. Aveva passato una delle
sue dita sottili sulla superficie di un cassettone, andando poi a
controllarlo con attenzione, facendo poi un mugolio di approvazione.
“Se sei a disagio all’idea di
dormire sullo stesso letto con me, allora ci puoi stare tu sul
pavimento.”
Hanji aveva riso appena, assonnata,
aveva dato un paio di colpetti con la mano accanto a lei, ad invitarlo.
“Vieni qua, piccolo” aveva
farfugliato mentre le si chiudevano gli occhi. Si era sfilata le scarpe
con i piedi, non si era nemmeno tolta la maglia e i pantaloni che
portava. “Ti avverto però, a me piacciono le coccole.”
Levi aveva emesso un suono simile
ad un “tch” in risposta, poi aveva recuperato alcuni oggetti dal suo
bagaglio prima di chiudersi nel bagno. Era ritornato dopo una veloce
doccia, con i capelli ancora un po’ umidi, per trovare che Hanji si era
presa gran parte dello spazio sul letto.
Si era sdraiato quanto più lontano
potesse da lei, non appena aveva appoggiato la testa sul morbido
cuscino si era sentito meglio. Viaggiare era pesante, e dover
comportarsi come un’altra persona era una rottura di palle, aveva
pensato esausto. Ne aveva avuto giusto un assaggio, e pensare che
avrebbe dovuto farlo per settimane.
Le palpebre gli diventavano più
pesanti ogni secondo che passava, per una volta non sentiva l’esigenza
di combattere quella sensazione. L’ultima cosa che ricordava era
l’odore dello shampoo di Hanji e il rumore del suo lieve russare.
-
Levi era stato svegliato da uno
schiaffo secco in faccia. Si era sentito salire l’arrabbiatura mentre
sbarrava gli occhi, nel suo campo visivo era immediatamente comparsa la
perpetuatrice del crimine che ancora dormiva beata. Un rivoletto di
bava le usciva dalla bocca mentre ronfava tranquillamente, comodamente
appoggiata sul fianco adesso, rivolta verso di lui.
La distanza tra loro in qualche
modo durante la notte era diminuita rispetto a quella che si ricordava
da prima di addormentarsi, il viso di Hanji stava a pochi centimetri
dal suo. Levi si era accigliato, ancora innervosito per come era stato
svegliato mentre la scuoteva per svegliarla.
Hanji aveva cominciato a
svegliarsi, era trasalita, poi aveva sbarrato gli occhi, Levi non
avrebbe saputo dire cosa cercasse con lo sguardo.
“Ohi, sei proprio una bestiaccia”
le aveva detto a bassa voce, dandole una schicchera sulla fronte per
infastidirla ancora di più.
“E tu sei uno stronzo per avermi
svegliata” aveva mugugnato in risposta afferrandogli i capelli e
spingendolo non delicatamente contro il cuscino. Levi aveva borbottato
rumorosamente, scansando la sua mano.
“Sei tu che mi hai preso a
schiaffi” aveva detto, il suono delle sue parole attutito dal cuscino.
Hanji aveva mollato la presa,
guardandolo nella sua vista da miope mentre si sedeva e si riavviava i
capelli rimettendoseli in ordine come erano solitamente.
“Scusa” aveva ribattuto Hanji, non
proprio convinta, facendosi scappare una risatina divertita. “Abbiamo
una bella giornata piena che ci aspetta, eh tesoruccio dolce?”
Levi era sembrato disgustato per il
nuovo modo in cui l’aveva chiamato.
“Quand’è che dobbiamo vedere quella
strega maledetta di tua madre?” aveva chiesto, la sua voce profonda era
ancora piena di sonno.
Hanji si era velocemente tolta
dalla testa il pensiero che trovava il suono della sua voce appena
sveglio tremendamente affascinante.
Aveva scrollato le spalle,
facendogli segno di passarle il suo telefono e gli occhiali che erano
sul comodino dalla sua parte del letto. Una volta che glieli aveva
passati si era rimessa velocemente gli occhiali e acceso lo schermo del
telefono
Tre messaggi di sua madre la
attendevano, tutti e tre le dicevano di incontrarsi tra un’ora. Tutti
erano stati ricevuti un’ora prima.
“Bene, voglio dire, si suppone che
dovremmo incontrarla proprio in questo momento” gli aveva detto
guardandolo con aria imbarazzata.
Levi era sembrato esasperato alle
sue parole.
“E allora diamoci una mossa,
quattrocchi” aveva detto cominciando a scendere dal letto.
Avevano davvero una giornata piena
davanti a loro.
*”Boop” è un modo di dire
statunitense, si dice quando si da un colpetto con il dito ad una
persona sul naso, per accompagnamento.
Il testo originale di Sleepyheadven
dice: […]she found his rounded
cheeks and 'boop' nose as she often put it cute[…], tradotto
leteralmente: Lei trovava carini le sue guance tonde e il suo naso da
‘boop’, come lo chiamava spesso.
Io ho optato per una traduzione
molto libera, ma più esaustiva.
In quanto alle guance tonde non so
che dire, si vede che l’autrice ha nella sua testa un’immagine così di
Levi, io qui mi limito a tradurre!
**Dal testo si capisce che Hanji
trova che il letto sia piccolo. Ma in verità la dimensione “queen” è
giusto poco più piccola del nostro matrimoniale, avendo una larghezza
di circa 150 cm contro i nostri 160. In compenso un king size ha
un’ampiezza di circa 2 metri, per cui forse per loro un queen size è
davvero piccolo.
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Capitolo 3 *** Capitolo Terzo ***
In caso qualcuno li vedesse,
avevano camminato mano nella mano coprendo la distanza che li separava
dal caffè che la madre di Hanji aveva segnalato dando loro indicazioni
via messaggio di testo.
“È così bello qui” aveva detto
Hanji senza fiato, guardandosi attentamente intorno con sguardo
meravigliato.
“E anche un sacco rumoroso” aveva
aggiunto Levi senza entusiasmo, rivolgendole uno sguardo interrogativo
vedendola fermarsi in mezzo al marciapiede. La donna aveva
frettolosamente tirato fuori il telefono, tenendolo davanti alla sua
faccia.
“Facciamoci un selfie! Sorridi,
brontolone!” aveva detto con un bel sorriso pieno, Levi aveva guardato
l’obiettivo con sgomento mentre l’altra scattava la foto. Davvero un
momento da conservare per sempre, aveva pensato seccamente.
“Cosa posso scrivere per
didascalia?” si era chiesta ad alta voce ricominciando a camminare, lo
sguardo incollato al display del telefono, evitando gli altri passanti
facilmente nonostante non avesse mai alzato lo sguardo.
“Contemplando le mie scelte di
vita” aveva suggerito Levi monocorde, cominciando a camminare al passo
con Hanji, che l’aveva guardato divertita scuotendo appena la testa.
“Sembra che siamo arrivati!” aveva
annunciato, guardando l’insegna con interesse. “Pronto, amore mio?”
aveva detto a cuor leggero, aprendo la porta e cedendogli il passo.
Levi aveva visto Elizabeth seduta
in mezzo ad altri tavoli, che li aspettava. Hanji lo aveva sorpassato,
andando a salutare sua madre con un caldo sorrido e un gesto della mano
mentre andava a sedersi davanti a lei. Levi le aveva fatto giusto un
cenno con la testa, andando a sedersi accanto alla sua finta ragazza.
“Buongiorno mamma” aveva detto
allegramente Hanji.
Levi stava notando che non si
forzava mai impressionarla o di farle credere di essere quello che non
era. Sembrava a suo agio nell’essere se stessa, almeno quasi sempre.
Semplicemente non poteva sopportare di affrontarla da sola, ed ecco il
perché della sua presenza lì, oltre che quello di evitare che sua madre
le organizzasse appuntamenti.
“Buongiorno tesoro, e buongiorno
anche a te, Levi. Mi sono presa la libertà di ordinare per voi, spero
che non vi dispiaccia. Per te Han qualcosa di leggero perché mi sembri
appena un po’ appesantita. E ovviamente un uomo non può cominciare la
giornata senza una vera e propria colazione, giusto?” aveva detto con
un’espressione allegra.
Hanji sembrava non aver fatto
nemmeno caso alle sue parole, Levi aveva annuito mentre la guardava da
vicino. Le parole taglienti della donna l’avevano decisamente
innervosito, Hanji semmai era alta e magra come un giunco.
“Sembra perfetto” aveva commentato
lei però, rivolgendogli un breve sguardo rassicurante.
“Come avete dormito ragazzi?
L’hotel è bellissimo, vero?” aveva detto entusiasta. “Nick e io ci
andavamo sempre.”
Hanji aveva represso dentro di lei
un’espressione di disgusto a quelle parole noncuranti, non voleva
proprio sapere certi dettagli della vita amorosa di sua madre.
“Sì, piuttosto bello. E incontra
gli standard di pulizia di Levi, il che è già un miracolo di per sé”
l’aveva preso appena un po’ in giro, ridendo appena dello sguardo
irreprensibile che lui le aveva rivolto in risposta.
“Mi fa piacere! Che cosa avete in
programma per la giornata?” aveva chiesto sua madre tanto per fare
conversazione, bevendo un sorso del suo bicchiere d’acqua.
Hanji aveva guardato Levi, ma lui
aveva semplicemente alzato le spalle.
“Non ne siamo sicuri” le aveva
detto incerta quindi, cercando di cambiare discorso. “Cos’hai in
programma tu?” le aveva domandato curiosa.
“La mia amica Carla, che si è
recentemente trasferita qui, sta venendo per aiutarmi con un po’ di
cose. Niente di troppo interessante, però” aveva detto gesticolando
come a volersi lasciare l’argomento alle spalle. “Sai che domani ti
porto a fare la prova dell’abito, giusto?”
Prima di riuscire a mascherarlo,
Hanji aveva fatto un’espressione di terrore. “Lo so adesso” aveva detto
mentre una cameriera poggiava i piatti con la loro colazione davanti a
loro. Sua madre aveva detto un semplice merci prima di continuare a
rivolgersi di nuovo a sua figlia e al suo ragazzo.
“Quindi, Levi, ho notato che sei
terribilmente silenzioso. Perché non mi parli un po’ di te?” aveva
chiesto Elizabeth gentilmente.
Hanji si era messa in bocca una
bella forchettata di cibo, reprimendo lo scoppio di risa che le era
venuto spontaneo.
“Beh, che cosa vuole sapere?” aveva
chiesto Levi tranquillamente, appoggiandosi opportunamente il
tovagliolo sulle ginocchia.
“Beh, dove sei cresciuto? Sei mai
stato sposato prima, hai figli magari? Quali sono le tue feste
preferite?” gli aveva gettato addosso domanda su domanda, con un
piccolo sorriso ad incurvarle le labbra.
Dentro di sé Levi aveva pensato che
fossero delle domande una più inutile dell’altra, sforzandosi di
reprimere il senso di fastidio che gli procurava il dover condividere
con una persona quasi del tutto estranea dei dettagli della sua vita
privata.
“Sono cresciuto a New York, mi sono
trasferito a Seattle quando sono stato abbastanza cresciuto per farlo.
Mai sposato, e ovviamente niente figli” aveva detto, riuscendo
facilmente a mascherare il suo disappunto.
Quando aveva fatto per parlare di
nuovo Hanji l’aveva interrotto.
“Il suo periodo di festa preferito
sono le pulizie di primavera*” aveva detto scherzando, ridendo da sola
per la sua battuta. Inoltre gli aveva rubato velocemente una
forchettata di cibo in un momento in cui sua madre non guardava.
“Ah! Ero così preoccupata che
potessi essere recentemente divorziato e che potessi essere in una
battaglia legale per l’affidamento di figli. Voglio dire, è raro per
qualcuna dell’età di Hanji trovare un uomo che non sia già stato
sposato” aveva sentenziato.
“Non poi così raro, mi sembra”
aveva ribattuto la figlia di getto, guardando Levi con esasperazione.
“Beh, sono semplicemente contenta
che mia…”
Un forte squillo del telefono
l’aveva interrotta. Li aveva guardati come a scusarsi mentre rispondeva.
“Pronto?” aveva detto. “Oh, no, sei
sicura di non avere nessun altro?” Aveva sospirato delusa, la sua
espressione felice era cangiata improvvisamente in tristezza.
“Che succede mamma?” aveva chiesto
Hanji, un po’ preoccupata per il repentino cambio di atteggiamento.
Elizabeth le aveva fatto segno con
un dito di aspettare un attimo, poi si era tolta il telefono
dall’orecchio tenendolo a pochi centimetri dal viso.
“Carla non può venire oggi, la sua
baby sitter ha cancellato all’ultimo momento.”
Hanji aveva riflettuto per un
momento, e Levi aveva capito esattamente in che riflessione si fosse
persa, sicuro che non avrebbe fatto nemmeno in tempo a protestare prima
che agisse di conseguenza.
“Beh, il bambino lo possiamo tenere
d’occhio noi per qualche ora” aveva suggerito con calma. Levi le aveva
rifilato un’occhiata glaciale, che lei aveva deciso di ignorare.
Sua madre si era immediatamente
risollevata, un sorriso si era aperto sul suo volto. “Carla, mia figlia
si è offerta di badare al bambino per qualche ora! Ti starebbe bene?”
La donna all’altro capo della linea
doveva aver risposto affermativamente, a giudicare dal sorriso felice
di sua madre.
Levi invece aveva continuato a
guardare gelido Hanji per tutta la durata di quel pasto. Per fortuna
sua madre non ci aveva fatto caso, o sarebbe stata una conversazione
scomoda da sostenere.
-
Un’ora dopo erano arrivati a casa
del bambino.
Sua madre, una donna di mezza età
con capelli scuri e occhi gentili, si era affrettata ad uscire di casa,
salutando i due con fare grato.
“Salve. Sono Carla Jaeger, voi
dovete essere Hanji e Levi. Grazie mille per aver accettato di stare
con mio figlio” aveva detto presentandosi.
Hanji aveva annuito, sorridendole
con uno dei suoi sorrisi gentili. “Piacere di conoscerti! Sono contenta
di farlo se questo significa che terrai mia madre occupata e felice!”
aveva detto scherzosa. “Quindi, quanti anni ha e come si chiama?”
“Eren. Ha cinque anni, ma gli piace
comportarsi come se ne avesse molti di più. Vi avverto, è piuttosto
capriccioso, quando non sono con lui tende a fare le bizze. Starò via
solo un’ora o due, lo prometto.”
La donna aveva sussultato quando la
madre di Hanji aveva suonato il clacson, impaziente. Le aveva rivolto
un sorriso come a scusarsi prima di avviarsi verso le scale di casa.
“Chiamatemi se vi serve qualcosa”
aveva detto prima di salire sulla piccola auto.
Gli altri due erano rimasti a
guadare scettici mentre si allontanavano.
“Non ci posso credere che mi hai
trascinato a fare la guardia a un cazzo di marmocchio, quattrocchi”
aveva detto guardandola di traverso e incrociando le braccia al petto.
Hanji aveva sospirato appena, in
faccia aveva un’espressione sdegnosa.
“C’era da scegliere tra questo o
sopportare l’isterico pianto di mia madre per tutto il giorno” aveva
spiegato. “E comunque, sono certa che possiamo prenderci cura di un
bambino per qualche ora, Levi” aveva aggiunto, cercando di convincere
non solo il suo infastidito amico, ma anche se stessa.
“Sei appena in grado di badare a te
stessa” aveva commentato lui, facendo per mettere una mano sulla
maniglia della porta. L’aveva aperta senza pensare, per trovarsi
davanti un bambino con grandi e penetranti occhi verdi dietro di essa,
le sue mani ciondolavano sui suoi fianchi mentre fissava i due adulti.
Levi gli aveva rivolto uno sguardo
indifferente.
“Non è educato ascoltare le
conversazioni degli altri” gli aveva detto come fosse un fatto ovvio.
Hanji era entrata in casa,
guardandosi intorno prima di inginocchiarsi davanti a Eren e
rivolgergli un sorriso rassicurante.
“Ignoralo, ti prometto che è
innocuo” aveva detto al bambino che aveva dato un’altra occhiata
all’uomo prima di tornare su di lei. “Io mi chiamo Hanji, e lui è Levi.
Staremo con te per un paio d’ore” gli aveva spiegato tranquilla,
rimettendosi quindi in piedi.
“Ho fame” le aveva detto calmo, i
suoi dubbi erano già spariti dal suo sguardo.
Hanji aveva esitato, guardando il
suo amico come a chiedere aiuto. Cosa piace mangiare ai bambini? Si era
chiesta. Le sue capacità come cuoca si fermavano alle uova strapazzate
o alla pasta, e questo era quanto. Per lo più sopravviveva grazie al
cibo d’asporto.
“…fammi vedere dov’è la tua cucina,
allora!” aveva detto cercando di sembrare sicura di quello che faceva.
Levi aveva sorriso appena, non
facendosi ingannare dalla sua messa in scena. Era curioso di sapere che
si sarebbe inventata mentre entrambi seguivano quell’entusiasta
ragazzino in quella cucina modesta.
“Che cosa pensi di preparargli
Hanji?” le aveva chiesto sedendosi su uno sgabello con i gomiti
appoggiati all’isola.
Hanji aveva rovistato senza idee
nel frigo prima di tirare fuori un vasetto di marmellata e afferrare
delle fette di pane dietro di lei.
Internamente Levi aveva un po’ riso
alla sua scelta, sapendo che era piuttosto difficile sbagliare con un
semplice panino alla marmellata, ma sapeva pure che considerata la sua
incapacità culinaria, Hanji avrebbe potuto trovare un metodo per fare
male persino quello.
“Ti va bene questo, Eren?” aveva
chiesto al bambino, aspettando la sua approvazione. Una volta che aveva
annuito entusiasta, Hanji aveva messo nel tostapane le fette,
voltandosi a guardare i due ragazzi nel frattempo.
“Sei la figlia di Elizabeth? Mamma
ha detto così” le aveva chiesto Eren inclinando appena la testa. Hanji
aveva pensato che sua madre doveva avere davvero dei seri problemi a
dirgli di no, quando la guardava così con quegli occhioni.
“Sì” aveva confermato annuendo.
“Come conosci la mia mamma?” gli aveva chiesto, sorpresa che sua madre
socializzasse anche in minima parte con dei bambini, o con persone che
avevano bambini piccoli per dirla tutta.
Aveva sempre fatto presente ad
Hanji quanto i bambini fossero un peso e un fastidio, specialmente da
piccoli. Le persone dovrebbero uscire a vivere la loro vita invece che
stare a casa a prendersi cura di un neonato, era così che di solito
liquidava la questione. Hanji non aveva mai smesso di sentirsi a
disagio a quei discorsi, non era colpa sua che fosse venuta al mondo,
ma era sempre stata certa che il suo arrivo fosse stato una sorpresa
inaspettata.
“Viene spesso qui” le aveva
risposto Eren, con un sorriso furbetto. “Però è un po’ strana” aveva
detto dopo averci pensato un pochino.
Hanji aveva riso a
quell’affermazione, non poteva che essere d’accordo.
“Senti, signore…” Eren si era
rivolto a Levi, il quale si era girato verso di lui controvoglia, non
molto interessato a far parte di quella conversazione. “Tu e Hanji
siete sposati?” aveva chiesto innocentemente, l’altra si era irrigidita
mentre spalmava la marmellata sul pane.
Levi era stato in silenzio per un
momento, incerto su cosa dire. Sapeva che se avesse detto che non c’era
niente tra loro molto probabilmente il bambino l’avrebbe detto alla
mamma, che a sua volta l’avrebbe detto a quella di Hanji.
“No, non lo siamo” aveva detto
qualche secondo dopo. “Però lei è la mia ragazza” aveva aggiunto subito
dopo, osservando il bambino mentre mugolava pensieroso.
Hanji aveva appoggiato il piatto
col panino davanti a lui, poi si era seduta dall’altra parte
dell’isola. “Quindi siete innamorati?” aveva chiesto sereno.
“Sì, siamo innamorati.”
Hanji si era sentita un po’ in
colpa nel mentire a un innocente ragazzino, ma aveva continuato
comunque. Stava realizzando cupamente che stava trascinando tutti nelle
sue macchinazioni. Levi, Eren, Carla, Nick, sua madre (ma di questo non
le importava molto dato che era lei la ragione per cui era costretta a
farlo).
“Allora perché litigavate fuori?”
Levi e Hanji erano rimasti di
sasso, sorpresi che fosse riuscito a capire così tanto della loro
conversazione.
“Le coppie tra loro litigano in
continuazione” aveva risposto Levi, cercando di cavarne le gambe.
“Solo perché abbiamo un piccolo
disaccordo non vuol dire che non ci amiamo più” aveva aggiunto Hanji.
Eren aveva aggrottato le ciglia
alle sue parole. “Sì, ma voi non sembrate una coppia. Non vi tenete per
mano, non vi sedete vicini” aveva osservato, intuitivo.
Levi si era alzato dal suo posto,
infastidito si era messo seduto vicino ad Hanji per provargli che
quello che dicevano fosse vero.
“Adesso sei contento?” gli aveva
detto alzando un sopracciglio e andando ad afferrare la mano di Hanji,
appoggiandosi le loro mani l’una nell’altra sul grembo.
“Dovresti baciarla adesso! È così
che i miei genitori fanno pace” aveva suggerito Eren allegro,
masticando un pezzetto del suo panino.
Lo stomaco di Hanji si era chiuso
appena all’idea di baciare l’altro per la prima volta. Lo aveva
guardato negli occhi per vedere se ci fosse anche solo un’idea di
disagio o disgusto, ma non aveva visto niente di tutto questo. Solo un
po’ di irritazione, ma presumeva che fosse per via del fatto che Eren
li stava forzando in quella situazione.
Gli aveva stretto la mano,
aspettando la sua risposta. Levi pochi secondi dopo gliel’aveva stretta
a sua volta. Si era sporta verso di lui velocemente, per togliersi il
pensiero, certa che dopo la prima volta le altre sarebbero state più
semplici.
Aveva percepito il suo respiro
infrangersi sulle sue guance arrossate prima si sentire le sue labbra
premere dolcemente contro quelle di Levi, aveva chiuso gli occhi quasi
del tutto. Le sue guance erano diventate sempre più calde mentre
sentiva salire il desiderio di ripetere quel gesto, una volta che si
erano scostati l’uno dall’altra. Si era sforzata di allontanarsi, non
volendo cedere a quella situazione.
Levi aveva nascoso qualsiasi
emozione dovesse aver provato così velocemente che Hanji non aveva
fatto in tempo a decifrarla, mettendosi sul viso un’espressione neutra
prima di girarsi verso Eren.
“Visto, adesso siamo
riappacificati.”
La sensazione delle sue labbra era
rimasta ostinatamente su quelle di Hanji. Aveva deglutito, si era
rimessa dritta sulla sua seduta nel tentativo di ricomporsi.
“Siete carini insieme voi due”
aveva commentato Eren contento.
“Grazie” aveva risposto Hanji,
facendogli un piccolo sorriso e guardandolo mentre continuava a
mangiare.
Erano rimasti seduti in silenzio
dopo, nessuno si era disturbato a dire niente a meno che non fosse Eren
a fare delle domande. Sino a quel momento quel piccoletto si era
dimostrato un ostacolo persino maggiore della madre di Hanji.
Presto si erano spostati nel
soggiorno, Eren aveva insistito per vedere il miglior film di sempre,
che era quello dei Minions. Hanji si era appoggiata contro Levi in
preda alla noia, mentre lui inveiva a bassa voce contro quegli affarini
gialli e le loro vocette irritanti.
“Ma come fa a guardare ‘sta roba?”
aveva chiesto Hanji a bassa voce, con la testa appoggiata comodamente
contro la spalla di Levi. Dovevano mantenere bene le apparenze davanti
a Eren, o sapevano che avrebbe cominciato a tempestarli di domande.
“Forse è per questo che è sempre
così arrabbiato” aveva mormorato l’altro in risposta, tamburellandosi
distrattamente le dita su una coscia. Hanji aveva riso brevemente,
scuotendo leggermente la testa in sua direzione.
“È un male che sono in Francia ma
l’unica cosa che voglio fare è andare a dormire?” aveva chiesto Hanji
facendo un piccolo sbadiglio.
“È perché siamo costretti in casa
di estranei a guardare ‘sta merda di film” le aveva risposto Levi
scavallando le gambe e girandosi per prestarle attenzione.
“Devo andare a comprare un vestito
domani!” aveva piagnucolato Hanji, sprofondando ancora di più la faccia
contro la sua spalla. “Non ci voglio andare.”
Levi le aveva dato una schicchera
con l’indice sulla fronte, la risposta dell’altra era stata di
piagnucolare ancora più forte. Eren era troppo concentrato sul film
d’animazione per notare quello scambio così infantile.
“Mi manderà sull’orlo della pazzia,
e tu non sarai nemmeno lì a sostenermi” aveva detto Hanji sospirando,
chiudendo gli occhi e pensando all’incubo che sarebbe stato per lei al
negozio di abiti.
“Non fare la poppante, quattrocchi.
Se ti infastidisce così tanto dillo.”
Levi aveva roteato gli occhi, le
aveva dato una tiratina alla coda, sovrappensiero. Non era sicuro di
quand’era che avevano cominciato a essere così casualmente fisici tra
loro, se doveva essere onesto. Si toccavano costantemente, quando non
erano le loro mani a stringersi erano gesti scherzosi, oppure era Hanji
ad accoccolarsi contro di lui come stava facendo in quel momento.
Entrare in quella parte era
sembrato persino troppo ordinario, quasi una seconda natura per
entrambi, addirittura quel piccolo bacio che si erano scambiati prima
non era sembrato inopportuno o strano in nessun modo.
“Non sei stato cresciuto da lei,
non hai idea di come sia davvero. Hai avuto solo un piccolo assaggio.”
“E spero fortemente che così
rimanga” aveva replicato Levi.
La loro conversazione sottovoce era
terminata al rumore di passi che arrivava alle loro spalle, entrambi si
erano voltati di scatto.
Carla ed Elizabeth erano entrate
dalla porta, tutte un sorrisetto e una risatina dietro l’altra.
“Ma guardali, che carini” aveva
commentato Elizabeth scherzosamente.
Facendo attenzione Levi aveva
liberato la sua mano dalla coda di Hanji mentre lei si alzava per
andare a salutare sua madre.
“Vedo che vi ha costretti a vedere
il film dei Minions, eh? Mi dispiace” Carla si era scusata con una
piccola risata.
Hanji le aveva dato ad intendere
con un piccolo gesto della mano che non ce n’era bisogno. “È stato così
bravo, praticamente non si e mai sentito, è stato buono per tutto il
tempo che abbiamo passato insieme” aveva parzialmente mentito senza
troppo sforzo, rimanendo in piedi. Aveva pensato per un veloce attimo
che le mancava il calore della vicinanza del corpo di Levi.
Carla era sembrata sorpresa a
quelle parole, la sua espressione l’aveva tradita. “Wow, dovete avere
il tocco magico voi due. Io riesco a stento a farlo stare seduto per
dieci minuti, figurarsi per due ore.”
Eren finalmente aveva realizzato
che sua madre era a casa, così era saltato sul divano e poi dritto tra
le braccia aperte della donna.
Levi era rimasto in piedi accanto
ad Hanji mentre si congedavano da Eren e sua mamma.
“Mi dispiace di avervi rovinato la
giornata, probabilmente avevate entrambi dei piani per una bella
giornata di romantici giri turistici” si era scusata non molto
sinceramente Elizabeth quando erano stati a qualche passo dalla casa.
Hanji sapeva benissimo che in
verità non le dispiaceva nemmeno un po’, ma non è che loro due avessero
avuto davvero dei piani. Sua madre veniva sempre al primo posto nella
sua vita, le opinioni e i bisogni degli altri erano sempre messi in
secondo piano in confronto ai suoi.
“Non fa niente, abbiamo comunque
altre due settimane per fare quello che vogliamo.”
“E in ogni caso sembra che pioverà
presto” aveva osservato Levi mentre scrutava il cielo nuvoloso.
“Beh, adesso vi accompagnerò
ovunque vogliate andare” si era offerta educatamente scuotendo le
chiavi che teneva in mano mentre apriva la porta della sua auto.
“Nei pressi del nostro hotel, qual
è un buon ristorante?” aveva chiesto Hanji mentre si sedeva sul sedile
posteriore, Levi l’aveva seguita.
“Conosco il posto adatto!” aveva
risposto l’altra cominciando a guidare, pestando l’acceleratore con
decisione. Hanji aveva sussultato a questo gesto spericolato, aveva
preso la curva così stretta che si era ritrovata praticamente in
braccio a Levi.
Si meritava decisamente il miglior
pasto potesse ordinare, anche sapendo cosa la aspettava il giorno dopo.
E anche una bevuta o due, magari persino tre…
*Hanji nella versione originale qui
diceva spring cleaning,
ovviamente un gioco di parole sulla festa primaverile che fanno negli
Stati Uniti, la spring break.
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Capitolo 4 *** Capitolo Quarto ***
Buongiorno, una breve premessa a
questo capitolo.
Fino a questo momento non era mai
successo, ma essendo questa fan fiction ambientata in Francia, era solo
questione di tempo perché qualcuno cominciasse a parlare in francesce.
Sleepyheadven ha deciso di non
mettere la traduzione delle parti in francese che ha via via inserito
nella storia, fortunatamente sono solo delle brevi frasi sporadiche sia
nel capitolo che segue, sia in quelli futuri.
Fosse stata una storia mia avrei
riportato la traduzione delle parti non in italiano, e se sapessi il
francese francamente vi starei traducendo anche quelle parti nonostante
la scelta dell’autrice originale, ma purtroppo è una lingua di cui so
articolare solo qualche frasettina imparata giusto per la
sopravvivenza! L’unica cosa
che potrei offrirvi quindi è una traduzione da google translator, per
cui evito.
Buona lettura e alla prossima
settimana,
FoolThatIam
“Levi, cazzo, aspetta!” aveva
guaito Hanji, strascicando le parole sotto l’effetto di tutto l’alcool
che aveva buttato giù fino a un’ora prima.
Stavano camminando in strada, verso
la loro stanza in hotel, Hanji perdeva l’equilibrio o inciampava un
minuto sì e un minuto no, mentre Levi invece sentiva a stento l’effetto
di tutti i bicchieri che si era bevuto, sebbene l’altra sperava che
arrivassero anche a lui.
Si era appoggiata a un palo della
luce nero, sentendosi come in preda alle vertigini, disorientata, le
pareva che il cemento sotto di lei si spostasse senza soluzione di
causa.
“Sto per vomitare.”
E l’aveva fatto, rimanendo senza
fiato, le mani a stringersi lo stomaco.
Levi aveva lasciato uscire un
sospiro, tornando indietro con calma mentre la vedeva svuotare il
contenuto del suo stomaco, inclusa la cena. Hanji aveva tirato su col
naso, pulendosi la bocca sul dorso della mano.
Disgustoso, aveva pensato l’altro
con lo sguardo un po’ torvo.
“Ti senti meglio adesso?” le aveva
chiesto monocorde, Hanji gli aveva risposto con una non convinta alzata
di spalle.
“Non posso camminare Levi, mi gira
tutto!” aveva esclamato a voce alta.
“Zitta quattrocchi, è tardi, la
gente dorme” l’aveva sgridata, raggiungendola e prendendola per un
braccio.
“Vuoi farmi fuori? Riesco a
percepire le tue vibrazioni infastidite” aveva osservato l’altra ad
alta voce, trascinando i piedi mentre Levi la guidava lungo la strada
ancora una volta, certo che erano ormai a poca distanza.
“Onestamente ci sto facendo un
pensierino” aveva risposto asciutto, guardandola mentre inciampava nei
suoi stessi piedi per l’ennesima volta.
Hanji era rabbrividita appena
sentendo l’aria fresca della sera sulla sua pelle esposta.
“Mi dispiace, ti sto rendendo la
vita così difficile” aveva detto aggrottando le ciglia a quel pensiero,
guardandolo. Lo aveva osservato attentamente per capire cosa ci fosse
dietro la sua maschera, ma si sentiva troppo disorientata per poterci
riuscire.
“Non mi stai rendendo la vita
difficile” aveva sospirato Levi. La sbronza di Hanji stava volgendo al
sentimentale, sperava che non gli scoppiasse a piangere in mezzo alla
strada.
“E invece sì” aveva ribattuto lei
aprendo i rubinetti.
Ecco che ci siamo, aveva pensato
Levi terrificato.
“Mi dispiace tanto” aveva aggiunto
Hanji in un lamento, stringendogli le braccia al colo e seppellendo la
faccia contro la sua spalla.
Ma porca miseria.
A questo punto Levi poteva vedere
il profilo dell’edificio dove stavano andando, e questo gli aveva
sollevato il morale. Aveva spostato un braccio della donna dall’altra
parte del suo collo, in modo che gli stesse appoggiata su una sua
spalla, praticamente trascinandola come fosse un peso morto a quel
punto.
“La finisci di piangere?” aveva
chiesto senza mostrare alcuna emozione.
Hanji aveva tirato su col naso
qualche altra volta, sembrava star tornando in sé.
“Voglio andare a dormire”, aveva
piagnucolato lievemente.
Levi non aveva perso tempo a
parlarle nello stato in cui era, l’aveva portata all’ascensore
dell’hotel, dove si era staccata di dosso a lui per abbandonarsi contro
le pareti di quel marchingegno, godendosi il freddo del contatto col
metallo. L’altro si era ficcato la mano in tasca prendendo il suo
telefono, aveva acceso la fotocamera e le aveva scattato una foto,
immaginando che gli sarebbe stata utile in caso avesse avuto bisogno di
ricattarla in futuro.
Aveva recuperato la carta magnetica
e aperto la porta della loro stanza, aveva trascinato dentro Hanji,
guidandola verso il bagno.
“Vai a lavarti i denti” le aveva
ordinato perentorio, spingendola verso quel piccolo spazio. Nel
frattempo si era cambiato i vestiti mettendosi un paio di pantaloni
comodi e una maglietta nera che vestiva un po’ larga. Era andato di
nuovo in bagno, vedendo Hanji lavarsi i denti con gesti disordinati.
L’aveva guardata circospetto, afferrando il suo spazzolino e il
dentifricio per poi mettersi a fare la stessa cosa.
“Sei un buon amico Levi” gli aveva
detto con la bocca piena, il dentifricio le colava giù dal mento.
L’altro aveva scosso la testa.
“Sputa, fottuta imbecille” le aveva detto, guardandola mentre lo
faceva.Si era lavata anche la faccia, per poi rimettersi dritta e
fargli un sorriso a trentadue denti.
“Tutta pulita, sei fiero di me?”
gli aveva chiesto. Levi aveva fatto cenno di sì con la testa, come se
stesse parlando con un bambino.
“Vai a cambiarti” le aveva detto
indicando la porta, dandole una leggera spintarella verso la direzione
giusta. Lei aveva riso di gusto, la ragione del perché lo stesse
facendo gli era sconosciuta.
Qualche minuto dopo era uscito dal
bagno, giusto in tempo per vedere che Hanji era spalmata per terra,
faccia sul tappeto, con la bocca aperta dalla quale usciva un po’ di
bava e il suono di un lieve russare.
Levi aveva fatto uscire un sospiro
infastidito a quella vista, poi si era inginocchiato per prenderla in
braccio. Aveva notato che fosse più pesante di quanto immaginava mentre
camminava verso il letto per buttarcela sopra.
Hanji aveva reagito a quel modo un
po’ rozzo di maneggiarla agitandosi, ma poi si era accomodata sui
cuscini con aria felice.
Levi le aveva sfilato gli stivali
uno a uno prima di stendersi anche lui, tutta quella giornata lo aveva
sfiancato. Era finito a fare il baby sitter prima per Eren e poi anche
per Hanj, e quest’ultima si era rivelata ben più difficile di un
bambino vero e proprio.
Sapeva che stava passando un
momento generalmente difficile, quindi non poteva far altro che
lasciargliela passare in cavalleria. Il giorno dopo avrebbe dovuto
sopportare le continue frecciatine di sua madre per tutto il tempo,
dato che sarebbero andate a comprare dei vestiti. Non si sarebbe
stupito se alla fine di quella giornata Hanji avrebbe voluto ubriacarsi
di nuovo prima di ritornare all’hotel.
Gli era uscito un piccolo
sbadiglio, aveva chiuso brevemente gli occhi prima di riaprirli di
nuovo. Si era girato su un fianco, fronteggiando quella donna così
eccentrica. Il suo sguardo si era addolcito quando aveva visto
l’espressione pacifica che aveva sul viso.
Era quasi sconvolgente quanto fosse
diversa mentre dormiva. Se ne stava ferma come una statua per tutta la
notte, l’unica cosa che tradiva che fosse ancora viva era il fatto che
respirava regolarmente.
Levi aveva sentito i suoi occhi
chiudersi di nuovo, non sarebbe riuscito a rimanere sveglio ancora a
lungo. Per la seconda notte di seguito era caduto tranquillamente in un
sonno senza sogni.
-
“Questo non mi piace. Ti fa
sembrare troppo alta” aveva commentato sua madre pensierosamente,
facendole segno di fare un giro su se stessa in modo da poter vedere il
vestito anche da altre angolazioni.
Hanji aveva resistito all’impulso
di rivolgerle un’occhiata esasperata. Era il decimo vestito che si
provava nell’arco di mezz’ora, ognuno dei quali aveva un problema
diverso: troppo stretto, troppo largo, la faceva sembrare troppo magra,
troppo bassa, troppo alta.
Sua madre le aveva messo un altro
vestito tra le braccia, di un bel colore rosa dorato. Aveva pregato
silenziosamente dentro di lei che finalmente quello incontrasse l’alto
standard della donna mentre incespicava verso lo spogliatoio, per poi
togliersi quello che indossava con poca grazia, scrollandoselo di dosso.
Aveva osservato il vestito,
ammettendo che fosse bello, ma non riusciva a vedersi indossarlo. Era
una sensazione alienante quella di provare vestiti così femminili,
sapeva di non avere le curve giuste per riempire un capo del genere.
Questo fatto per lei non comportava un problema, ma mettersi vestiti
del genere la faceva comunque sentire a disagio.
Non era proprio il suo forte
quello, e sin da ragazzina aveva sempre preferito jeans sdruciti e
magliette di gruppi musicali, per la disperazione di sua madre.
Il vestito era abbastanza lungo da
sfiorare il pavimento del negozio, con tanto di scollatura a cuore, un
corpetto pieghettato e un’increspatura a cascata sulla gonna di
chiffon. Mentre se lo infilava le era piaciuta la sensazione della seta
che le scivolava sulla pelle nuda. Aveva lisciato con una mano il
tessuto, guardandosi allo specchio, sentendosi stranita mentre lo
faceva.
Le sembrava decisamente il più
bello tra quelli che aveva provato, sperava che sua madre fosse dello
stesso avviso.
Hanji aveva afferrato il telefono,
percependo un sorriso furbetto piegarle le labbra mentre avviava la
fotocamera. Si era messa in posa con gli occhi storti e la lingua che
penzolava mentre scattava. Aveva mandato un messaggio a Levi con la
foto.
[Hanji] Sono carina?
L’altro ci aveva messo qualche
secondo per risponderle. Aveva sentito il suono distante del rimprovero
di sua madre che le intimava di sbrigarsi, ma l’aveva ignorata.
[Levi] Sembri una che ha avuto una
giornata di merda.
[Hanji] C’hai preso. :P
Aveva buttato il telefono su una
poltroncina che stava nell’angolo della stanza, per poi aprire la porta
e salutare sua madre con un sorriso.
“Che ne pensi?” le aveva chiesto
facendo un giro su se stessa prima che l’altra le chiedesse di farlo.
Sua madre aveva mugolato
riflettendo, raggiungendola abbastanza da poterle mettere le mani
intorno al corpetto, per capire se vestiva bene.
“Beh, non è che tu abbia
esattamente il fisico per un abito del genere, ma il vestito è
bellissimo per conto suo, quindi ce lo facciamo andare bene” aveva
commentato sorridendo, lisciando il tessuto con le mani.
Hanji era riuscita a trattenere un
sospiro di sollievo che le stava per uscire dalla gola. “Quindi ti
piace?” aveva chiesto per conferma.
“Assolutamente, cara. Forse
dovresti iniziare una dieta detox a base di succhi, però” aveva
bisbigliato pensierosa l’altra, facendole un occhiolino mentre lo
diceva.
Hanji aveva fatto un’espressione di
disgusto a quell’idea spiacevole.
“Sì, certo…” era stato il suo
maldestro commento. “Posso togliermelo adesso?”
Sua madre aveva annuito, facendole
segno che poteva andare mentre chiamava per il commesso.
Nello stesso tempo in cui Hanji si
rimetteva i suoi jeans neri aderenti e la sua camicetta gialla, sua
madre aveva acquistato l’abito. Era stato posto per non sciuparlo in
una robusta custodia per abiti di plastica nera, Hanji l’aveva preso da
sua madre.
“Dove andiamo adesso?” aveva
chiesto curiosa, uscendo dal negozio e voltandosi per guardare sua
madre.
“Ho delle riviste di matrimoni in
macchina” aveva risposto l’altra aprendo la portiera dell’auto e
sedendosi con grazia, Hanji l’aveva seguita. “Andiamo in un caffè
tranquillo che conosco, così possiamo parlare un po’ di alcune cose di
cui vorrei la tua opinione” aveva detto avviando il motore.
“Allora, com’è che hai trovato
Nick, voglio dire, come vi siete conosciuti?” aveva domandato Hanji,
avendo finalmente l’occasione di fare quella domanda che aveva in mente
da un po’. Fino a poco tempo prima, nonostante tutti i problemi che
c’erano tra loro, aveva creduto che il matrimonio dei suoi fosse per lo
più felice.
“E’ un buon amico di tuo padre, o
dovrei dire era.”
Hanji si era accigliata, non poteva
credere che sua madre avesse tradito suo padre con un suo buon amico.
Certo, quella donna era un tipino, ma non pensava potesse esserlo tanto
da arrivare questo.
“Era solito venire a cena da noi
occasionalmente. Una sera tuo padre ha tardato, e il resto è storia.”
“E lui come sta? Papà, dico.”
Aveva quasi esitato a chiedere, ma
voleva saperlo. Non era certa che fosse poi così distrutto se doveva
essere sincera con se stessa, era sempre stato il tipo da mettere al
primo posto il lavoro su tutto, inclusa la famiglia e gli amici.
Sua madre aveva fatto un cenno di
malcelato scherno, parcheggiando con gesti secchi. “Bene.”
Hanji aveva annotato nella sua
mente di mettersi in contatto con lui in un altro momento, magari
chiedergli di vedersi per una cena tra qualche giorno, quando non
sarebbe stato troppo occupato, il che non era cosa facile.
Sua madre aveva raccolto tutte le
riviste e cataloghi che stavano sul sedile posteriore tra le braccia,
Hanji era scesa dalla piccola auto e aveva cominciato a camminare verso
quel locale così carino.
“Ordino qualcosa intanto, va bene?
Caffè?”
Sua madre aveva detto di sì, quindi
era entrata.
Era stata salutata con un sorriso
da un adolescente dietro il bancone, era stata colpita dal biondo
cenere dei suoi capelli e dall’aria vagamente annoiata.
"Bonjour, qu'est-ce que je peux
vous obtenir?"
Se n’era rimasto dritto in piedi
mentre si avvicinava, la sua espressione si era fatta più allegra.
"Deux cafés s'il vous plaît" gli
aveva chiesto educatamente Hanji, sentendosi appena impacciata mentre
con facilità parlava in quella lingua. Le capitava di rado di dover
parlare in francese, lo faceva solo quando non poteva farne a meno,
come in quel momento.
Il ragazzo aveva cominciato a
prepararle quello che aveva ordinato con gesti automatici, quasi senza
prestare attenzione. Non che ce ne volesse chissà quanta, gli aveva
solo chiesto del semplice caffè. Era quasi certa che fosse l’ordine più
semplice che aveva avuto quel giorno.
"Avoir une dure journée?" le aveva
chiesto comprensivo, guardandola pigramente. Si era appoggiato con
cautela al bancone porgendole due tazze di caffè bollente. Hanji aveva
recuperato il suo portafogli estraendone il denaro per pagarlo.
Aveva riso appena mentre l’altro
prendeva i soldi. "Est-il évident?" aveva chiesto alzando un
sopracciglio, sentendo suonare il campanello della porta, segno che sua
madre l’aveva raggiunta.
Il ragazzo aveva annuito appena,
guardando verso la porta per vedere chi fosse entrato. Hanji l’aveva
ringraziato, camminando verso un tavolo vicino alla finestra e mettendo
una delle tazze davanti a sua madre, che aveva lasciato cadere sei
riviste differenti sul tavolo, sorridendole con un entusiasmo quasi
maniacale.
Hanji aveva rivolto al ragazzo al
bancone uno sguardo che sembrava gridare aiuto, lui le aveva sorriso,
divertito della situazione.
“Allora, dato che la mia damigella
d’onore non è qui al momento, ho bisogno di capire quali siano secondo
te i portatovaglioli più carini.”
Sua madre aveva cominciato a
scorrere il catalogo, per farle vedere le dozzine di opzioni possibili
scorrendo tra le pagine.
Hanji era rimasta confusa per la
noncuranza delle parole di sua madre. “Aspetta, la damigella d’onore?
Pensavo che fossi io…”
“No tesoro, Carla è la mia
damigella d’onore” aveva ribattuto l’altra sbrigativamente, non
allontanando lo sguardo dalla rivista.
Hanji non aveva potuto che sentirsi
un po’ ferita da quell’annuncio, lei non andava bene per ricoprire quel
ruolo?
“Oh” aveva detto, sforzandosi di
sorridere. “Questo mi piace” aveva commentato puntando il dito verso un
cerchietto argentato con complicati ghirigori intarsiati tutti intorno.
Sua madre aveva fatto un cenno che
Hanji aveva letto come disgusto. “Mh, non mi piace molto. Quest’altro
invece è adorabile!” aveva commentato con un grosso sorriso,
mostrandole quale le piacesse.
Con un sospiro appena accennato,
Hanji aveva appoggiato le spalle contro lo schienale della sua seduta,
in un gesto di resa. Non c’era modo di farla contenta, era molto meglio
rimanere in silenzio, era certa che l’altra non se ne sarebbe nemmeno
accorta.
Aveva buttato giù un sorso di caffè
bollente, lasciandosi distrarre dalla sensazione di calore che le
faceva bruciare la gola.
Qualcosa di alcolico sarebbe stato
meraviglioso in quel momento.
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Capitolo 5 *** Capitolo Quinto ***
Levi si era messo le mani in tasca mentre camminava verso l’ascensore.
Non era sicuro di dove volesse andare senza la compagnia della sua
brunetta amica, non che ci fossero poi molte opzioni per lui. Avrebbe
potuto andare a mangiare qualcosa dato che non aveva ancora buttato giù
niente, ma non aveva molta fame.
Aveva distrattamente premuto il tasto di chiamata dell’ascensore, aveva
tirato fuori il telefono dalla tasca davanti dei pantaloni, mettendo su
un’aria annoiata mentre scrollava attraverso qualche messaggio a cui
non aveva badato.
Alcuni erano di Erwin, che chiedeva come procedesse, c’era la foto che
gli aveva mandato Hanji prima, uno era della sua compagnia telefonica
che lo avvertiva che gli avrebbero scalato il costo del suo piano
tariffario nei prossimi giorni.
Quando l’ascensore era arrivato ci era entrato a passi lenti, con gli
occhi ancora sullo schermo del telefono, distogliendoli solo brevemente
per premere il bottone che lo avrebbe fatto arrivare alla lobby
dell’hotel.
[Hanji] Uccidimi adesso.
Levi aveva sospirato, era come se quella donna avesse poteri psichici e
sapesse esattamente cosa stesse facendo. Aveva digitato velocemente
qualche parola, per poi uscire fuori dove l’aria era fresca.
[Levi] Lo farò, ma dammi una ragione per farlo prima.
[Hanji] Non smette di parlare di MATRIMONI.
[Hanji] Non me potrebbe fregare di meno, Levi. Non me ne frega niente
di che tipo di fottutissime POSATE DEVONO STARE SUL DANNATO TAVOLO.
[Levi] Wow, starsene lì seduti per ore ad ascoltare qualcuno
straparlare di cose di cui non ti frega un cazzo… dev’essere difficile.
[Hanji] Stai cercando di dirmi qualcosa?
[Levi] Sì.
Levi aveva appena scosso la testa, nascondendo senza problemi la sua
espressione divertita pensando al fatto che anche Hanji faceva così.
Si era domandato se girare a destra e farsi strada verso il ristorante
dove erano stati il giorno prima o se continuare dritto, per andare in
esplorazione, quindi aveva deciso di camminare un po’, senza una meta
precisa, quando un altro messaggio di Hanji era apparso sullo schermo.
Levi l’aveva guardato senza particolare entusiasmo.
[Hanji] Ho bisogno di bere adesso.
[Hanji] Tipo tre volte tanto quello che ho bevuto ieri sera.
[Levi] Porco cane, no.
Non ce l’avrebbe fatta a reggere un’altra notte con Hanji ubriaca, era
già abbastanza impegnativa da sobria. Aveva alzato un sopracciglio
mentre rifletteva, pensando a cosa avrebbero potuto fare quella sera
per distrarla da sua madre. Aveva guardato il cielo, era azzurro e
senza una nuvola visibile, proprio la giornata adatta per attività
all’aperto.
[Hanji] Tanto perché tu lo sappia, mi dispiace per ieri sera.
[Levi] Va tutto bene quattrocchi.
Aveva esitato nello scrivere un altro messaggio, non voleva che
pensasse che chiederle di uscire fosse una sorta di atto romantico.
[Levi] Magari potremmo fare qualcosa di diverso invece di ubriacarci
come le merde.*
[Hanji] Per me va bene. Vuoi fare un giretto turistico dopo che ho
finito? :)
[Levi] Certo.
Non era sicuro di cosa fosse quel sentimento che provava in quel
momento. Eccitazione? Nervosismo? Era improbabile, aveva scartato
queste ipotesi velocemente. Non si ricordava nemmeno l’ultima volta che
aveva provato quei due stati d’animo, e in ogni caso era ridicolo.
Aveva sospirato, riprendendo a camminare. Sarebbe stata una serata
interessante.
-
Hanji l’aveva raggiunto quando cominciava a imbrunire, gli aveva detto
che potevano incontrarsi in un posto non troppo lontano dalla torre
Eiffel. Gli era andata incontro dopo essere uscita dalla piccola auto
di sua madre, con un sorriso forzato sulle labbra.
“Ci sta guardando!” aveva bisbigliato attraverso i denti, sempre con
quel sorriso finto, facendo un cenno con la testa verso la macchina,
che non si era mossa da dove sua madre aveva parcheggiato.
Levi l’aveva accolta con un abbraccio, prendendole le mani e
stringendogliele mentre si sporgeva verso l’alto. Hanji gliele aveva
strette rapidamente di rimando, per dargli l’ok. Gli aveva appoggiato
le mani sulla nuca mentre le loro labbra si incontravano, e Levi le
aveva cinto il fianco con una delle sue.
Era durato un po’ più a lungo dell’altro che si erano scambiati, Hanji
ci aveva fatto caso mentre si discostava con gentilezza. Levi aveva
buttato uno sguardo all’auto di sua madre che in quel momento era
ripartita, prima di rimetterlo sull’altra.
Hanji gli aveva rivolto un sorriso quasi a scusarsi, prendendo a
camminare e facendogli segno di seguirla, ed era stato in quel momento
che si era reso conto che ancora si tenevano per mano, nonostante il
fatto che sua madre se ne fosse andata. Si era sciolto dalla presa,
osservando l’espressione della sua amica che non sembrava essere
cambiata a quel suo gesto.
“Cammina, brontolo” gli aveva suggerito con il solito entusiasmo che
aveva sempre nel suo tono di voce.
“Oi, non mi mettere fretta” le aveva detto brontolando, ma comunque
seguendola nonostante le proteste. “Com’è andata con tua madre oggi?”
le aveva chiesto diretto, guardandola alzando appena la testa e
scorgendo una breve espressione esasperata.
“Ero tipo la sua Barbie oggi, hai presente? Nel senso che non avevo
diritto ad avere nessuna opinione su quello che mi faceva indossare”
gli aveva detto polemica, accigliandosi mentre lo faceva. “Ho quasi
ventinove anni, Levi” aveva aggiunto con una risata che tuttavia non
aveva niente di divertito in essa.
Non era certo su come potesse tirare su il morale a quella donna
esausta mentalmente. “Ci devi passare solo un’altra settimana e mezzo
ancora” aveva provato a dirle per tranquillizzarla, fallendo.
Tuttavia Hanji gli aveva sorriso comunque. “È come… nei mesi in cui non
la vedo mi manca. E poi, quando sono qui, mi ricordo com’è davvero
averla accanto. Mi tratta come un accidenti di zerbino” aveva ammesso
esasperata.
“Ma lasciamo perdere. Siamo qui per divertirci, giusto?” gli aveva
detto dandogli una spintarella col gomito, sforzandosi di mettere un
sorriso sulle labbra.
Levi aveva commentato con un lieve borbottio mentre le faceva segno di
guardare davanti a lei. Hanji aveva seguito la direzione del suo
sguardo e si era illuminata come un albero di natale quando i suoi
brillanti occhi castani si erano posati nella direzione giusta.
“Giuro, non mi stuferò mai di questa vista” aveva commentato quindi,
entusiasta.
Levi si era goduto la visione della torre illuminata, prima di girarsi
lentamente verso la donna che gli stava accanto. Il suo sguardo, di
solito sempre così freddo, si era ammorbidito notando quello sorpreso
di lei. Aveva lasciato i suoi occhi chiari soffermarsi su di lei per
qualche secondo, distogliendoli in tempo per non destare la sua
curiosità per un gesto simile.
Ma che diavolo gli prendeva? Si era chiesto nella sua testa,
deridendosi.
All’improvviso Hanji aveva tirato fuori il suo telefono, un grosso
sorriso le si era allargato sui lineamenti quando si era girata verso
di lui.
“È il momento della foto, Levi!” aveva annunciato, puntandosi il
cellulare in faccia e attirandolo contro di lei, cingendolo con un
braccio intorno alle spalle.
Levi aveva messo su un’espressione cupa guardando l’obiettivo, mentre
lei invece aveva fatto un grosso sorriso e il segno della pace con le
dita mentre scattava.
“Guarda come siamo carini” aveva commentato ridendo, mostrandogli la
foto.
Levi era rimasto in silenzio mentre dava un’occhiata allo schermo.
Hanji si era ripresa il telefono, con l’intento di postare la foto su
tutti i suoi account social presumeva. Si era ficcato le mani in tasca
mentre ricominciavano a camminare, una lieve brezza li aveva sfiorati,
scompigliando appena le sue ciocche nere.
“Sembri una deficiente” aveva borbottato, cogliendo l’immagine della
brezza che le aveva fatto andare i capelli davanti al viso, coprendole
gli occhiali. Aveva resistito giusto un poco prima di allungare una
mano e toglierglieli da davanti, per scoprire lo sguardo meravigliato
di Hanji.
“Grazie.”
Gli aveva sorriso, i suoi occhi sorpresi erano già tornati normali.
“Zitta” le aveva intimato, girandosi a guardare dall’altro lato,
incredulo di non essere riuscito a trattenersi da quell’impulso di
aggiustarle i capelli.
“Beh, che ne dici di un’avventura, eh?” aveva chiesto Hanji. Lo aveva
afferrato per la manica del suo cappotto, trascinandolo entusiasta
verso quell’attrazione. Levi non aveva protestato, incredibilmente.
Dopo essersi arrampicati per dozzine e dozzine di scalini, si erano
trovati affacciati alla ringhiera della struttura, godendosi un raro
momento di silenzio tra loro due mentre ammiravano lo spettacolo della
città illuminata. Dietro di loro altre persone andavano e venivano, il
rumore di innumerevoli conversazioni si mischiava insieme.
“Lo sai, oggi mi ha detto che non sono la sua damigella d’onore” aveva
detto Hanji, con un tono pensieroso. “Mi sa che non posso nemmeno
lamentarmi troppo, lo sappiamo entrambe che non sono proprio il tipo”
aveva detto scrollando le spalle. “Inoltre, vuol dire che avrò meno
cose da fare.”
“Ci perde lei, non tu” aveva ribattuto Levi senza esitare. “Non vale la
pena di starci di merda per un’idiota senza cervello. Sei più
intelligente di così.”
Hanji aveva sentito uno scoppio di risa salirle nel petto a un certo
punto, a poco a poco le erano uscite dalle labbra. La gente l’aveva
guardata un po’ di traverso, ma lei non li aveva minimamente
considerati.
“Hai chiamato mia madre un’idiota senza cervello?” gli aveva chiesto
tra le risa.
L’espressione vacua di Levi non era mutata di un millimetro.
“E mi dovrei scusare per questo?” aveva chiesto, le sue labbra si erano
incurvate in un lieve sorrisetto sarcastico.
Hanji aveva fatto segno di no con la testa, sempre divertita. “Anzi,
grazie. Dio mio, non voglio nemmeno immaginarmi come sarebbe stato
questo viaggio senza di te.”
“Avresti chiamato in continuazione Erwin e me, avrei avuto appena il
tempo di cacare” aveva risposto velocemente. “Oppure ti saresti fatta
prendere dall’incazzatura e distrutto qualche tavolo e qualche sedia
per calmarti.”
Hanji aveva mugolato prima di annuire per dichiararsi d’accordo.
“Entrambi gli scenari sono assolutamente plausibili” aveva ammesso
ridendo ancora un po’.
A quelle parole, erano di nuovo caduti in un pacifico silenzio.
*Il testo originale sarebbe
stato "Maybe we can do something else besides your dumb ass getting
plastered", ovvero "Magari potremmo fare qualcos'altro invece di
far ubriacare il tuo culo scemo", che per noi non ha molto senso. Inoltre c'era da rendere a pieno il significato della parola "plastered", che loro usano per definire uno stato di ubriachezza estremo.
La traduzione da me utilizzata quindi è un po' libera ma spero che renda il senso, e inoltre, ora che
ci penso, anche un po' troppo dialettale forse. Lo dite anche in altre
parti d'Italia "ubriacarsi come le merde" o è una cosa del nord Toscana
e basta? In ogni caso mi pareva ci stesse benissimo in bocca di Levi
un'espressione simile!
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Capitolo 6 *** Capitolo Sesto ***
“Giorno libero!” aveva urlato
Hanji, alzando le braccia in aria in maniera teatrale non appena si era
svegliata.
Levi l’aveva colpita con poco garbo
con un cuscino, intontito, aprendo gli occhi al suo urlare. L’altra
aveva borbottato appena quando aveva impattato su di lei, scrollandosi
di dosso velocemente quello e le mani di lui.
“Levi, non capisci che vuol dire
questo?” aveva detto con le spalle che le tremavano per l’eccitazione.
“E tu non capisci che vuol dire il
concetto di spazio personale?” aveva ribattuto Levi burbero,
cominciando a sedersi sul letto appoggiando la schiena alla testiera. I
capelli gli andavano in ogni direzione, esattamente come quelli di lei.
Hanji aveva riso divertita alle sue
parole. “Condividiamo il letto, caro. Lo spazio personale non esiste
più” aveva detto saltando giù dal letto, inciampando nei suoi piedi
mentre afferrava gli occhiali e se li rimetteva. Levi aveva fatto
ciondolare le gambe giù dal suo lato, seguendola a malincuore.
“Non capisci che vuol dire il
concetto di spazio personale?” l’aveva preso in giro facendogli il
verso Hanji, vendendolo entrare nel bagno. Aveva messo il dentifricio
sullo spazzolino, Levi aveva notato che i suoi occhi ridevano ancora
mentre li guardava riflessi nello specchio.
Le aveva dato un colpetto con il
gomito, facendola spostare quel tanto che bastava perché anche lui
potesse prendere il suo spazzolino.
“Ti prendi tutto lo spazio” aveva
borbottato, cominciando a spazzolarsi i denti.
Hanji gli aveva restituito la
spinta con slancio, per infastidirlo, sputacchiando tra le risate per
via di un rivolo di schiuma che gli era sceso sul mento. Levi l’aveva
guardata torvo, rimanendo in silenzio, l’altra si era messa a ridere
tanto che aveva strizzato gli occhi e aveva cominciato a tenersi la
pancia.
Ad un certo punto il dentifricio
aveva cominciato a gocciolarle dal mento, Levi aveva roteato gli occhi
nel vederla. Si era ripresa un minuto dopo, respirando profondamente
mentre tentava di ricomporsi.
“Sei una fottuta idiota” gli aveva
detto a bassa voce, si era già ripulito il mento a quel punto.
Hanji aveva sbuffato, sentendo nel
suo petto le vibrazioni di una risata mentre notava il suo aspetto.
“In una scala da uno a dieci,
quanto sono attraente in questo momento?” aveva chiesto ammiccando
verso di lui.
Levi l’aveva guardata inespressivo,
notando i capelli che le cadevano dalla coda, le borse e la schiuma del
dentifricio che le cadeva dal mento. I suoi occhi però erano illuminati
di felicità, grandi e brillanti mentre aspettava che le desse una
risposta. Era ovvio che in quel momento fosse un disastro, ma il suo
sorriso giocoso che le distendeva le labbra e il suo sguardo divertito
la rendevano in qualche modo affascinante. Non che l’avrebbe ammesso,
comunque.
“Meno cento” l’aveva insultata
senza nessuna inflessione particolare nella voce, concentrandosi nella
sua immagine riflessa nello specchio mentre si aggiustava i capelli.
L’aveva sentita scoppiare a ridere, e un piccolo sorriso gli era salito
sulle labbra. L’aveva velocemente nascosto.
-
Hanji aveva proposto di visitare un
piccolo caffè dove era stata il giorno precedente con sua madre,
sostenendo che fosse un posto abbastanza tranquillo dover poter fare
conversazione.
“Lo sai cos’è strano?” aveva
chiesto mentre scendevano dal taxi che avevano preso.
“Cosa?” aveva ribattuto Levi
sembrando disinteressato, guardandola per un attimo prima di
concentrarsi su quella parte della città che sembrava così tranquilla.
Gli aveva camminato vicino qualche passante solitario sul marciapiede,
ma non c’era tanto rumore o traffico come si era abituato ad avere
intorno nei giorni passati, era un cambiamento piacevole.
“Beh, com’è stato facile per noi
entrare nel ruolo dei fidanzatini nonostante le nostre differenze”
aveva detto Hanji con una scrollata di spalle, camminandogli accanto
mentre raggiungevano la porta del piccolo caffè. Levi aveva aperto la
porta silenziosamente, permettendole di entrare prima di lui. Aveva
alzato un sopracciglio alla sua osservazione ma non aveva commentato,
sinceramente pensava anche lui che fosse strano.
Il ragazzo che lavorava il giorno
precedente era lì anche adesso, aveva notato Hanji entrando, con la
stessa espressione svagata del giorno prima e tamburellando con le dita
sul bancone di legno.
"C'est un plaisir de vous revoir."
La sua attenzione si era riaccesa quando l’aveva vista, si era rimesso
in piedi. "Qu'est ce que je peux vous servir?" le aveva chiesto.
Levi l’aveva guardata rivolgendole
uno sguardo scettico.
“Un café pour moi et un thé noir
pour lui s'il vous plaît." Aveva ordinato svelta, girandosi verso
l’altro per chiedere conferma. “Ti va bene un tè nero, giusto? Oppure
dimmi cosa vuoi e te lo ordino.” Aveva inclinato un po’ la testa mentre
aspettava la sua risposta.
“Il tè va bene” l’aveva rassicurata.
"Je vais le ramener sur" si era
offerto il ragazzo con garbo, facendo loro cenno di sedersi a uno dei
tavoli tondi.
“Non sapevo che parlassi francese”
le aveva detto Levi mentre afferrava una sedia e si sedeva, guardando
la brunetta.
Hanji aveva messo il mento sul
palmo della sua mano, ascoltando il rumore della macchina del caffè
mentre il barista preparava le loro bevande.
“Sì, l’ho imparato da bambina” gli
aveva detto con un sorriso soddisfatto. Per la prima volta dopo quattro
giorni si sentiva tranquilla, non dovendo sopportare la presenza
opprimente di sua madre.
“Anch’io” le aveva rivelato Levi
tranquillo, Hanji si era illuminata alle sue parole.
“Beh, s’impara qualcosa di nuovo
ogni giorno, vero?” gli aveva detto allegra.
Il ragazzo si era avvicinato al
loro tavolo con grazia, reggendo con le mani due tazze di liquido
bollente.
"Ici vous allez, profitez" aveva
detto loro con un sorriso amichevole prima di andarsene di nuovo, ma
non prima di aver captato le loro chiacchiere a bassa voce su quanto
fosse bello che in quel momento non dovessero star fingendo di avere
una relazione.
Il ragazzo era tornato dietro il
bancone, trovando lì anche il suo biondo buon amico. La testa rivolta
all’ingiù, i suoi occhi blu concentrati sulle parole stampate del libro
che stava leggendo quel giorno. Il bar non era stato molto affollato in
quei giorni, così avevano avuto del tempo da perdere ogni tanto. Gli
aveva rifilato un colpetto col gomito per attirare la sua attenzione.
“Hey.”
Armin era trasalito appena per
quell’improvvisa interruzione, lo aveva guardato per un attimo. “Non
dovresti essere al bancone Jean?” aveva chiesto un po’ confuso,
guardando l’entrata del locale e notando l’assenza di qualcuno che
stesse a quella postazione.
Jean aveva dismesso le sue
preoccupazioni senza sforzarsi troppo. “Non sta venendo nessuno” gli
aveva detto tranquillo, appoggiando la schiena contro il bancone e
fissando lo sguardo in un punto imprecisato.
Armin aveva giusto scosso un po’ la
testa, non essendo in vena di discutere con il suo amico con capelli
color cenere.
“Cosa c’è di così interessante?”
gli aveva chiesto incuriosito, dirigendo lo sguardo dove era rivolto
anche quello dell’altro.
“La vedi quella coppia laggiù?”
aveva chiesto Jean a bassa voce, puntando verso la brunetta e il
ragazzo coi capelli neri che sembravano essere in mezzo ad una
conversazione.
Armin aveva annuito, sebbene non
capendo.
“Sì?” aveva chiesto spostando lo
sguardo da quei due per metterlo di nuovo interrogativo su Jean.
“Vedi qualcosa di strano in loro?
Tipo, sembra che stiano insieme?”
Armin era anche più che confuso a
questo punto, Jean doveva proprio annoiarsi a morte per prestate così
tanta attenzione ai clienti. A ogni modo aveva osservato quei due,
nonostante le sue incertezze. Aveva guardato il modo in cui la ragazza
con il viso ovale e gli occhiali stava ridendo a qualcosa che aveva
detto l’altro, il quale la guardava quasi ammirandola, sebbene lo
facesse in modo da non farsi scoprire.
“Sì, può essere Jean. Però non
capisco dove vuoi arrivare.”
“Non stanno insieme, ma senti
questa, fanno finta di sì” aveva rivelato l’altro con un sorrisetto
ironico in faccia. “Sembrano sposati da anni” aveva osservato ancora
divertito, sorridendo.
“E di nuovo, sarebbero affari tuoi
perché…”
Jean aveva sospirato, esasperato,
dando una pacchetta al biondino, il quale, in risposta, gli aveva dato
una botta con il libro che aveva in mano contro un fianco.
“Niente, è solo interessante,
Armin, non succede mai niente ultimamente, mi puoi biasimare se cerco
qualcosa che mi diverta?”
Armin aveva sospirato appena,
quindi aveva posato il libro. “Va bene, quindi c’è una coppia che finge
una relazione. Perché sono così interessanti?”
“Perché ovviamente si piacciono”
aveva replicato Jean facendo un cenno verso di loro.
“Forse sono solo molto bravi a
fingere” era stata la risposta di Armin, anche se non poteva negare che
sembravano presi l’uno dall’altra. Non che avesse interagito né con
l’uno né con l’altra, quindi non c’era molto altro su cui potesse
basare le sue opinioni.
“Quanto vuoi scommettere che entro
la fine della settimana staranno insieme per davvero?” aveva sfidato il
suo amico con un sorrisetto, dandogli una leggera gomitata in un fianco.
Armin aveva esitato, non gli
sembrava giusto farsi gli affari degli altri, specialmente di due
sconosciuti. “E come lo sapresti se ci hai preso? Per quello che
sappiamo potrebbero anche non tornare mai più qui” aveva osservato
intelligentemente.
“Ho un presentimento” aveva
affermato sicuro di sé Jean. “Allora ci stai o no?”
Armin aveva sospirato,
dichiarandosi sconfitto. Aveva pensato che valeva la pena assecondarlo
se questo significava farlo tornare al lavoro. “Certo.”
“È una scommessa allora!”
-
“Dovremmo andare a comprarti un
abito, sai” aveva suggerito Hanji quando erano passati davanti a dei
negozi di vestiti. “Ovviamente andrà bene solo il più nero degli
smoking, sia mai che tu non rientri nello stile del matrimonio” aveva
sorriso, quindi aveva tirato Levi per un braccio fermandosi di fronte
ad una boutique di abiti per uomo.
“Vedi, è un segno” aveva detto
puntando lo sguardo appena in basso per guardarlo. “Che ne dici,
piccoletto?”
Levi aveva osservato senza
particolare emozione l’insegna, quindi i costosi abiti in vetrina,
quasi come se li stesse passando al vaglio.
“Non penso di avere una grande
scelta” aveva commentato accettando il suggerimento. Hanji aveva
sorriso soddisfatta, poi gli aveva preso la mano e l’aveva trascinato
nel negozio eccitata.
“Salve” aveva salutato allegra
l’uomo che stava al bancone, continuando a tenere per una manica Levi,
il quale si guardava intorno con aria apparentemente annoiata. “Il mio
amico ha bisogno di uno smoking” aveva annunciato in maniera un po’
eccentrica a quello sconosciuto.
Quell’uomo ben vestito era andato
loro incontro con fare gentile e professionale. “Bene, qual è
l’occasione speciale?” aveva chiesto con un forte accento francese.
“Il matrimonio di mia madre, è una
donna molto particolare, quindi sto riponendo una grande fiducia in
lei” gli aveva rivelato Hanji sorridendogli allegra, finalmente
lasciando la mano dell’altro.
L’uomo più anziano si era diretto a
quello più basso, osservandolo. “Posso prenderle le misure?”
Hanji aveva parlato prima che Levi
potesse farlo, sapendo cosa dire.
“Sì, sì, certo, va benissimo per le
misure” aveva detto mettendo una mano sulla schiena del suo amico,
facendolo avvicinare.
Levi aveva lanciato uno sguardo
assassino sia ad Hanji che all’altro uomo mentre lo conduceva ad una
stanza sul retro, metro alla mano.
“Torniamo subito, mi assicurerò che
sia il più affascinante possibile” aveva promesso l’uomo convinto,
Hanji giurava di aver sentito Levi ringhiare.
“Non ho dubbi” aveva replicato lei
con un sorrisetto maligno, appoggiandosi a una parete mentre i due
uomini sparivano
Mi ucciderà nel sonno stanotte,
aveva pensato Hanji senza preoccuparsi troppo, ma ne sarà valsa la pena.
Dieci minuti dopo i due erano
riemersi dalla stanza sul retro, il negoziante con l’aria di essere
molto soddisfatto del lavoro che aveva fatto. Lo sguardo di Hanji era
scivolato lungo tutta la figura di Levi, osservando quel vestito che
sembrava essere fatto apposta per lui. Aveva lasciato un piccolo
sorriso salirle alle labbra, sapendo che se fosse stata eccessiva con i
complimenti non avrebbe fatto che innervosirlo ancora di più.
“Stai benissimo Levi!” aveva detto
gentilmente per fargli un complimento, avvicinandosi a lui. “Molto
sofisticato” aveva riso appena.
Levi aveva sospirato appena,
guardandosi allo specchio.
“Beh, ovviamente non è una
decisione che spetta a me. Che ne pensi?” gli aveva chiesto.
Si era raddrizzato la giacca, prima
di lisciarla un po’. “È carino” aveva commentato semplicemente, incerto
su cosa dire.
“Detto da lui non è poco” aveva
detto Hanji contenta, diretta al negoziante. “Lo prendiamo!” aveva
affermato senza nemmeno un secondo di esitazione.
“Hey, ‘sto coso probabilmente è
molto costoso” aveva protestato Levi immediatamente, senza preoccuparsi
minimamente che il negoziante fosse lì accanto a lui.
Hanji gli aveva fatto cenno di non
preoccuparsi. “È il minimo che posso fare. Accidenti, hai attraversato
il mondo per farmi un favore” aveva affermato.
“Sì, ma non ci ho rimesso un soldo”
le aveva ricordato Levi.
“Shhh” gli aveva detto Hanji,
determinata a comprargli quell’abito. “E adesso vai a cambiarti così
posso pagarlo” aveva detto facendogli cenno di andare, quasi
spingendolo verso il piccolo camerino nel retro.
“Il suo amico sembra…
intimidatorio” aveva osservato il negoziante per fare conversazione,
avvicinandosi alla cassa per farle il conto.
“Può sembrarlo quando non lo si
conosce molto bene” aveva replicato ridendo divertita, “Ma è una
persona gentile, nonostante i suoi problemi di atteggiamento.”
“Beh, sembrate affezionati l’uno
all’altra voi due” aveva commentato con un piccolo sorriso sulle
labbra, senza rifletterci troppo. Aveva preparato una robusta busta di
plastica per metterci dentro il vestito una volta che Levi fosse
tornato.
Hanji aveva capito cosa volesse
tacitamente dirle l’uomo, e aveva deciso di non commentare, i suoi
sforzi sarebbero stati vani. E comunque poteva capire com’è che certe
persone potessero percepire qualcosa di familiare nel modo in cui lei e
Levi si comportavano l’uno con l’altra, stava cominciando a notarlo lei
stessa a essere onesti, ma era giunta alla strana conclusione che non
le dispiaceva.
Le piaceva sempre di più stargli
vicina, si sentiva sempre più a suo agio nell’averlo accanto nello
stesso letto, le piaceva come facevano gli stupidi la mattina appena
svegli, quei finti litigi che finivano spesso in giocose risse. La
routine che avevano iniziato in quei giorni era un qualcosa che poteva
vedersi a fare nei tempi a venire, e questo l’aveva scossa nel profondo.
Era trasalita, sbalzata via dai
suoi pensieri quando Levi aveva appoggiato ordinatamente lo smoking sul
bancone.
“Perché hai la faccia di una che se
l’è fatta nei pantaloni?” le aveva chiesto con un sopracciglio appena
alzato.
“Ti piacerebbe avere ‘sta faccia,
Levi. Lo sai, con i costanti problemi di stipsi di cui soffri…” aveva
ribattuto lei, senza sforzarsi troppo, scegliendo di non curarsi
dell’aria sconcertata dell’uomo dall’altra parte del bancone.
Il negoziante le aveva detto la
cifra che gli doveva mentre gli porgeva la carta di credito.
“Stavi davvero bene, lo sai?” aveva
detto a Levi, facendogli i complimenti di nuovo.
“Non abbastanza da giustificare una
spesa del genere” aveva replicato lui monotono, osservando il
negoziante che porgeva indietro la carta ad Hanji con gli occhi ridotti
ad una fessura.
“Oh, smettila. Sii contento del
fatto che sarai molto probabilmente quello vestito meglio” aveva
ribattuto sperando di mettere a tacere le sue preoccupazioni. “E
ovviamente, io sarà la più carina. Non c’è da stupirci che sembriamo
una coppia convincente dato che siamo così ugualmente attraenti” aveva
scherzato con tranquillità, facendogli segno di prendere la busta.
“Sei una scema” aveva ribattuto
Levi senza mostrare alcuna emozione.
Hanji gli aveva sorriso,
consapevole di esserlo. “Non hai negato che lo potremmo essere.”
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Capitolo 7 *** Capitolo Settimo ***
Hanji si era sdraiata lungo tutto
lo spazio del letto, teneva gli arti ben distesi sopra le lenzuola
mentre teneva il cellulare in una mano. Le sue dita sottili battevano
rapidamente i tasti sullo schermo pieno di impronte, mentre teneva il
dispositivo sollevato sopra la sua testa.
Il rumore della doccia arrivava
distante alle sue orecchie, ricordandole che non era da sola nella
stanza di quell’hotel. Levi si era avventurato in bagno una decina di
minuti prima, lasciandola in un silenzio contemplativo.
Aveva realizzato che fosse arrivata
l’ora che si mettesse in contatto con il suo recentemente divorziato
padre, era nel paese da quattro giorni adesso e doveva ancora
informarlo di questo fatto, quindi qualche minuto prima gli aveva
scritto un messaggio per chiedergli di chiamarla.
Non aveva ancora risposto, quindi
si stava tenendo occupata scrollando le timeline dei suoi social.
Sentiva che le mancavano i suoi amici più cari rimasti a casa mentre lo
faceva, aveva riso appena vedendo una selfie di Mike, Nanaba ed Erwin
evidentemente sbronzi in un bar.
Si era voltata di scatto verso la
porta del bagno quando aveva sentito il cigolio della maniglia, segno
che si stava per aprire, ma prima che potesse avere il tempo di vedere
Levi uscirne era stata distratta dal suo cellulare che aveva squillato
rumoroso tra le sue mani.
Aveva risposto immediatamente,
decidendo di ignorare l’altro occupante di quella stanza per il momento.
“Ciao papà” aveva salutato allegra,
eccitata di sentire la sua voce dopo tanto tempo.
“Ciao bellissima” l’aveva salutata
a sua volta suo padre, con un tono tranquillo paragonato a quello
eccentrico di lei. “Come va?” le aveva chiesto per chiacchierare, dopo
una breve pausa.
“Bene, va tutto bene! Veramente ho
una cosa da dirti.”
Hanji aveva fatto un grosso
sorriso, senza riuscire a contenere la sua felicità all’idea di vederlo
di nuovo. Sapeva che non avrebbe reagito benissimo sapendo che era in
città per il matrimonio, ma sapeva anche che avrebbe saputo rabbonirlo,
al momento giusto.
“Non sei mica incinta, vero?” le
aveva chiesto suo padre, incerto.
Hanji non aveva potuto che ridere
alla sua domanda, persino l’idea le sembrava ridicola.
“No, no, niente del genere” aveva
detto ancora ridendo, passandosi le dita tra i capelli. Come raramente
succedeva li aveva lasciati sciolti in quel momento, le arrivavano alle
spalle.
“Veramente sono in città adesso”
gli aveva rivelato calma, mentre volgeva lo sguardo verso destra dove i
suoi occhi si erano imbattuti in Levi a torso nudo.
Aveva percepito i suoi stessi occhi
spalancarsi e le sue guance farsi calde mentre si godeva l’attraente
visione, lasciando il suo sguardo indugiare su di lui mentre cercava
qualcosa nella sua valigia, con i capelli bagnati appiccicati alla
fronte. Le erano venuti in mente dei pensieri poco appropriati mentre
Levi si infilava una maglietta blu che donava alle sue forme.
Improvvisamente si era ricordata che era ancora al telefono con suo
padre e aveva provato repulsione per quei pensieri.
“Scusa papà, mi devi ripetere
quello che hai detto” gli aveva chiesto schiarendosi la gola. Di
malavoglia aveva tolto lo sguardo da quella vista, ma non prima di
notare Levi guardarla perplesso.
“Ho detto che sei qui per loro,
giusto?” aveva chiesto mascherando bene il risentimento, anche se Hanji
poteva percepirlo comunque.
Aveva sospirato appena, annuendo
anche se lui non poteva vederla. “Sì…”
“Ah” era stata la sua breve
risposta. “Che ne pensi se ti porto a cena fuori così chiacchieriamo un
po’? Ti va?”
Hanji aveva sentito un sorriso
allargarsi sul suo viso. “Sì, certo! A che ore? Oh, spero non ti
dispiaccia l’idea di qualcun altro che si aggiunge a noi.”
“Finché non si tratta di tua madre e del
maledetto bastardo che sta per sposare non c’è problema” aveva detto
tra il serio e il faceto. “Chi è, se posso chiedere?”
“Si chiama Levi. È, ehm, il mio
ragazzo in effetti” aveva detto insicura, ma nascondendolo abbastanza
bene. Si era chiesta se fosse così necessario mentirgli sulla loro
relazione dato che era una persona completamente diversa da sua madre,
inoltre era improbabile addirittura che si parlassero ancora, quindi
non c’era il minimo rischio che le spifferasse cosa stava succedendo.
Non vuoi che nessuno all’oscuro
della faccenda sappia che non stai davvero con Levi, le aveva detto il
suo subconscio. Aveva deglutito e aggrottato le sopracciglia pensandoci
mentre suo padre replicava in tono sorpreso.
“Scherzi?” aveva riso contento.
“Beh, allora sono ansioso di conoscerlo stasera.”
Hanji aveva riso appena, il
pensiero di prima la infastidiva ancora. “Sì, anch’io. È meraviglioso,
lo prometto”, aveva sorriso a se stessa dicendolo. Il suo sguardo si
era rivolto alla porta del bagno, dove Levi si era chiuso di nuovo.
“Devo andare a prepararmi per
stasera, ma ti mando un messaggio per definire i dettagli, va bene?”
“Certo. Ti voglio bene, ci vediamo
dopo” le aveva detto con tale calore che Hanji si era bloccata per un
attimo.
“Ti voglio bene anch’io papà, ciao”
aveva risposto tranquilla, sentendo il clic che indicava che aveva
riattaccato.
Era sprofondata con la testa sul
materasso, chiudendo gli occhi mentre la confusione si impossessava di
lei.
Possibile che provasse per Levi
qualcosa di più di quello che immaginava sin dall’inizio? Ammetteva di
trovarlo attraente, e non c’era niente di male in questo ovviamente,
era un sentimento innocuo. Però mentire a suo padre a proposito dello
status della loro relazione, quando non ce n’era alcun bisogno, era un
po’ eccessivo.
Era forse perché aveva provato un
senso di sicurezza in se stessa nel mostrare alla sua famiglia che era
capace di avere una relazione seria? Eppure non aveva mai avuto
problemi con quello che la sua famiglia pensava di lei - o con quello
che pensava chiunque altro per quel che valeva - sin da quando era una
bambina.
Forse semplicemente le piaceva
atteggiarsi come se lei e il piccoletto fossero una coppia. Aveva
strizzato gli occhi in un gesto di frustrazione, prima di riaprirli e
fare un bel respiro per calmare se stessa e i suoi pensieri.
“Hey Levi?” lo aveva chiamato ad
alta voce, con lo sguardo ancora rivolto al soffitto.
“Hm?” le aveva risposto l’altro,
facendo capolino dalla porta del bagno.
Si era rilassata al suono della sua
voce, anche se non riusciva a capire il perché. (Si sarebbe ritrovata a
fissarlo di nuovo più tardi, di sicuro, quindi doveva cercare di
razionalizzare la faccenda)
“Ho fatto programmi per andare a
cena con mio papà stasera, vieni anche tu” lo aveva informato
semplicemente, trovando finalmente il coraggio di guardarlo. Per
fortuna era completamente vestito adesso, i suoi capelli erano ancora
un po’ bagnati.
“Ottimo” aveva risposto Levi prima
di sparire di nuovo.
Hanji aveva arricciato il naso ai
suoi gesti, mentalmente auto rimproverandosi del fatto di farsi strane
idee su un tipo come lui.
Era uno stronzo, maleducato e
insensibile come pochi. Ma era anche gentile in un bizzarro modo tutto
suo, aveva uno strano senso dell’umorismo, simile a quello che aveva
lei stessa. Sapeva come darle conforto e come alleviare la sua ansia
quando questa raggiungeva un picco. E non guastava che fosse anche una
bella vista.
Era una delle persone più vicine a
lei, di cui si fidava e su cui sapeva di poter contare, e che fosse un
sentimento platonico o meno ci teneva a lui.
Ridendo era arrivata alla
conclusione di essere fritta.
-
“Ha detto che sarebbe stato qui
mezz’ora fa” aveva commentato Hanji, alquanto incupita. “Si vede che il
lavoro l’ha trattenuto per l’ennesima volta” aveva aggiunto quindi con
una risata amara, una sorta di sentimento nostalgico permeava la
situazione.
Levi le aveva rivolto una breve
occhiata, aveva incrociato le braccia al petto. “Non c’è da stupirsi
che sei un tale disastro” le aveva detto sarcastico, sperando di
risollevarle il morale. Aveva funzionato, sembrava, la sua espressione
cupa si era alleggerita appena.
“Sei proprio uno stronzo” aveva
risposto Hanji, ridendo un po’. “Me lo dovevo immaginare che sarebbe
andata così, però, non sarebbe la prima volta e sono sicura non sarà
nemmeno l’ultima” aveva sospirato sul finire, riavviandosi i capelli in
un chiaro gesto di nervosismo.
Levi le aveva tolto la mano dalla
testa, infastidito del fatto che si fosse spettinata.
“Che te ne viene dal sembrare
sempre così arruffata?” le aveva chiesto guardandola con gli occhi
ridotti a una fessura, parlando con un tono piatto.
Hanji aveva sorriso con aria
giocosa verso di lui. “Beh, l’aspettativa che si ha sulla mia apparenza
quando mi presento da qualche parte è significativamente bassa dato che
le persone ci sono abituate. Inoltre, è soddisfacente vedere qualcuno
genuinamente sorpreso quando mi do effettivamente da fare per
migliorare il mio aspetto.”
Levi aveva alzato una delle sue
sottili sopracciglia guardandola. “Non penso di averti mai visto
sforzarti per migliorare il tuo aspetto da quando ti conosco” le aveva
detto riflettendo, la sua mente impegnata a cercare una situazione in
cui Hanji non fosse apparsa come… beh, Hanji.
L’altra aveva puntato un dito
contro di lui, un sorriso furbetto si stendeva sulle sue labbra. “Ah!
Ma lo sarai quando mi impegnerò, giusto?”
Levi l’aveva guardata inespressivo
per qualche secondo. “Sarà come vedere un asino che vola” aveva
commentato.
Una vettura nera e lucida aveva
accostato davanti all’entrata dell’hotel, aveva i finestrini oscurati.
Levi non riusciva a vedere la persona che stava alla guida, anche se ci
aveva provato, aguzzando la vista.
“In orario perfetto” aveva detto
Hanji camminando verso l’auto, il sarcasmo era evidente.
Aveva aperto la portiera quando
aveva sentito che si sbloccava, salendo a bordo seguita da Levi.
“Sei in ritardo” aveva detto a suo
padre come un dato di fatto, sporgendosi sul sedile e dandogli un bacio
sulla guancia.
“È bello vedere anche te, mia
adorabile figlia” le aveva detto ridendo appena, poi aveva guardato con
lo specchietto retrovisore verso i sedili posteriori. “E piacere di
conoscere anche te, Levi. Devi essere un tipo piuttosto speciale per
aver convinto Hanji ad impegnarsi in una relazione seria, eh?” aveva
detto interessato.
Levi non sembrava impressionato
dalle sue parole. “Per niente. Semmai è il contrario” gli aveva
risposto senza espressione, ma non senza cercare almeno un po’ di
esprimere qualcosa nella sua voce. Era impacciato e per niente abituato
ad aver a che fare coi genitori dei suoi amici, nessun dubbio in
proposito. In ogni caso poteva provare a impegnarsi.
“Per essere onesti è uno sforzo di
entrambi” aveva detto allegra Hanji, sentendosi sollevata del fatto che
suo padre non guidasse come un pazzo, a differenza di sua madre. Erano
proprio a due poli opposti in ogni cosa, era uno shock che fossero
riusciti a far durare così tanto il loro matrimonio.
In meno di mezz’ora erano arrivati
a un ristorante dall’aspetto lussuoso, Hanji era rimasta a bocca aperta
per la sbalorditiva visione, mentre gli occhi di Levi mostravano che
fosse incerto addirittura su se volesse entrarci. Era chiaro che non si
sentiva di appartenere a un posto simile.
Hanji gli aveva sorriso per
rassicurarlo, immaginando precisamente cosa gli fosse passato per la
testa.
“Caspita, ti sei giocato proprio
tutte le carte, eh papà?” aveva commentato, uscendo dall’auto, lo
sguardo ancora sulla vista.
“Solo il meglio per te, Hanji. Non
è che vieni tutti i giorni a trovarmi, giusto?” aveva risposto
mettendosi le chiavi in tasca, cominciando ad avanzare facendo cenno
agli altri due di seguirlo.
“Tuo padre è un fottuto milionario.”
Hanji aveva fatto spallucce,
incerta su come rispondere. “Sì…? No, forse. Non ne sono certa.”
“Da quello che sembra non mi pare
che muoia di fame, quattrocchi” le aveva detto Levi con uno sguardo
seccato, guardando in alto verso di lei. Suo padre era già entrato nel
lussuoso edificio, mentre loro avevano camminato più lentamente, fianco
a fianco.
Poco dopo erano entrati, il padre
di Hanji li aveva aspettati pazientemente prima di sedersi. Una donna
bionda con i capelli raccolti li aveva guidati al loro tavolo, che era
a vista della torre Eiffel accesa, lo sguardo di Hanji si era
illuminato al panorama.
“Wow, che bello.”
“Vero che lo è? Sono quattro anni
che vengo qui e non smette mai di essere una bella vista” aveva
commentato l’uomo sorridendo, poi si era rivolto a Levi.
“Non mi sono ancora presentato,
giusto? Christopher Zoë” gli aveva detto porgendogli una mano, che Levi
aveva afferrato con decisione per stringerla.
“Levi Ackerman” aveva risposto
tranquillo, studiando l’aspetto di quell’uomo. Aveva la pelle chiara a
differenza di Hanji, gli occhi di una sfumatura color nocciola coperti
da un paio di occhiali spessi, appoggiati su un naso aquilino simile a
quello della figlia.
“Quindi, Levi, che cosa fai per
vivere?” gli aveva chiesto incuriosito, anche se sembrava ci fosse nel
suo tono un che di inquisitorio.
“Veramente lavora insieme a me, è
così che ci siamo conosciuti” aveva detto svelta Hanji. “Ci conosciamo
da tanto tempo” aveva aggiunto con un sorriso dolce sulle labbra
diretto al suo amico, che Levi, aveva notato, sembrava essere
assolutamente genuino.
“Quindi hai conosciuto la mia ex
moglie? A proposito tesoro, come si sta comportando con te?” aveva
chiesto spostando l’attenzione su sua figlia, rabbuiandosi un po’
all’idea.
Hanji aveva avuto la sensazione che
suo padre avesse voluto portare forzatamente la conversazione lì, come
a voler segnare un punto a suo favore comparando l’affetto che i suoi
le dimostravano.
“Lei… beh, mi sta trattando
normalmente” aveva riso appena lei, tamburellando distrattamente sul
tavolo con le dita. “Non penso che Levi si sia ancora abituato alla sua
personalità…”
“Non è male se impari a escludere
la frequenza della sua voce da tutto il resto dei suoni” aveva ammesso
Levi senza preoccupazione alcuna. La sua disarmante sincerità non era
una parte di sé che intendeva nascondere, in caso contrario si sarebbe
comportato come qualcuno di completamente differente.
Il padre di Hanji aveva riso a
quella risposta, evidentemente divertito. “Oh, credimi, non hai visto
ancora niente. Devi essere contento che per quanto riguarda Hanji, la
mela è caduta parecchio lontano dall’albero. Sono certo che se mai vi
sposerete non ti farebbe mai dormire sotto il portico per essere
arrivato tardi a cena.”
“Matrimonio? Per favore, papà,
usciamo insieme solo da pochi mesi” aveva detto Hanji ridendo
nervosamente. “E comunque la mamma ti permise di rientrare in casa
verso le tre di mattina” aveva aggiunto scherzando.
“E quindi? La gente di questi tempi
si sposa dopo poche settimane di conoscenza. E poi non sei più una
ragazzina, io vorrei avere qualche nipotino prima di morire” l’aveva
presa in giro, per giocare un po’.
Hanji aveva provato a spingere
molto lontano dalla sua mente l’immagine di un neonato con i capelli
neri e gli occhi chiari. “Quanto sei teatrale!” aveva risposto a suo
padre roteando gli occhi, sforzandosi di fare un sorrisetto.
Levi si era mosso sulla sedia come
per mettersi comodo, l’aria si era fatta imbarazzante intorno a lui.
“Posso già immaginarmi un nanetto
di due, tre anni che corre in giro all’impazzata, come facevi tu a
quell’età. Speriamo che non erediti la nostra terribile miopia e che
non sbatta sui muri come facevi tu da bambina” aveva aggiunto suo padre
scherzando.
Levi aveva riso appena a
quell’immagine di Hanji da bambina che correva.
“Molto divertente” aveva detto
Hanji sorridendo, cercando di non scoppiare a ridere. “Cambiando
discorso, come stai tu?” gli aveva chiesto con un po’ di
preoccupazione, poco dopo.
“Bene” aveva replicato suo padre
semplicemente, per niente turbato dalla domanda, almeno sembrava, ma
Hanji poteva vedere oltre la sua maschera. Sembrava ferito, anche se
cercava di farle credere che tutto andasse bene, come faceva sempre.
Gli aveva rivolto un mugolio
pensieroso prima di fargli un sorriso confortante. “Ti è concesso di
essere triste, lo sai? Sono certa che nessuno ti biasimerebbe se lo
fossi per la fine di un matrimonio durato più di trent’anni” gli aveva
ribadito con calma.
Era ovvio che suo padre non fosse
dell’umore di discutere dei suoi sentimenti, quindi aveva velocemente
cambiato argomento. “Lo so, tesoro. Ma non parliamo di questo adesso.”
Si era schiarito la voce prima di
parlare di nuovo.
“Allora, Levi, è la prima volta che
vieni in Francia?” aveva chiesto guardandolo.
Levi aveva annuito. “Sì, lo è.”
Hanji gli aveva sorriso pienamente.
“Penso che sia contento anche solo per il fatto di essere uscito dallo
stato di Washington per un po’” l’aveva preso bonariamente in giro.
Levi era rimasto indifferente
all’apparenza, non aveva fatto rimostranze alle sue parole.
“Però è divertente guardarlo
osservare le cose con la faccia da tonto.”
“Io non faccio la faccia da tonto”
aveva replicato brevemente, secco.
“Sì che la fai.”
“Sei solo una stupida ciecata” le
aveva detto annoiato.
“E tu sei un maniaco della pulizia
con la faccia da tonto” l’aveva canzonato Hanji con un sorriso luminoso
in faccia.
Suo padre si era limitato a
guardarli interagire in silenzio, osservandoli.
-
Il resto della serata era andato
liscio, erano rimasti in un gradevole silenzio per quasi tutto il
tragitto di ritorno in macchina, fatta eccezione per pochi commenti.
Almeno finché suo padre, mentre uscivano dall’auto, aveva chiesto ad
Hanji di trattenersi.
Levi si era già incamminato verso
l’hotel, disinteressato alla conversazione. Aveva capito che quello che
doveva dirle non era niente che lo riguardasse, quindi aveva dato loro
spazio.
“Puoi far fessa tua madre con il
minimo sforzo, ma io ti conosco troppo bene per caderci” le aveva detto
suo padre sorridendole, mentre Hanji era rimasta di stucco alle sue
parole. “È un tipo per bene però, un po’ sgarbato in superfice magari,
ma posso capire com’è che siate amici.”
“Io… ehm, guarda…” aveva cominciato
a dire lei senza sapere dove andava a parare. “Noi non siamo…”
“Non mi devi spiegare niente, lo so
quanto tua madre possa essere irritante quando si tratta della tua vita
privata. Sappi solo che sei hai bisogno di aiuto per qualsiasi cosa,
basta che mi chiami.”
Detto questo aveva tirato su il
finestrino ed era ripartito lentamente con l’auto, lasciando Hanji
incredula e senza parole.
Avrebbe dovuto immaginare che non
sarebbe riuscita a ingannarlo. Aveva sospirato profondamente,
cominciando a camminare verso Levi.
Che avevano fatto di diverso quella
volta?
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Capitolo 8 *** Capitolo Ottavo ***
“Non ci posso credere che l’ha capito! Nessuno finora ci ha scoperti!
Che abbiamo fatto di diverso stavolta?” aveva detto Hanji, pensando a
voce alta mentre si lasciava cadere teatralmente sul letto della loro
stanza di hotel.
Prima che Levi potesse rispondere, Hanji lo aveva interrotto. “Forse
dovremmo sbaciucchiarci più spesso? Dobbiamo inventare qualche ridicola
storiella romantica?” aveva detto quasi tra sé e sé, a bassa voce, con
uno sguardo contemplativo fisso sul soffitto.
“Che vuoi dire?” aveva chiesto l’altro confuso.
“Dobbiamo recitarla meglio questa farsa, Levi!” era stata la risposta
determinata di Hanji.
“E come dovremmo fare?” aveva domandato l’altro, annoiato.
“Se lo sapessi te lo direi” era stata la risposta di Hanji, data in un
soffio, con un tono sconfitto. Si era messa su un fianco, ritrovandosi
a guardare gli occhi chiari di Levi che stava accanto a lei. Si era
lasciata osservarlo, le piaceva come la luce fioca cadeva sui suoi
lineamenti dal taglio così deciso.
Aveva sentito le sue guance diventare sempre più calde quando Levi
aveva inclinato la testa e incontrato il suo sguardo. La stanza era
silenziosa, fatta eccezione per il suono dei loro respiri, ampliato dal
silenzio che li circondava.
“Levi?” lo aveva chiamato mormorando, insicura.
L’altro aveva deglutito e distolto lo sguardo da lei. “Hm?”
Hanji si era girata, appoggiandosi con lo stomaco sulla superficie del
letto e reggendosi sui gomiti. Non riusciva a capire da dove venisse
questo bisogno improvviso che sentiva di schiacciare le labbra su
quelle di lui, ma stava diventando un desiderio troppo prepotente per
ignorarlo. Non era sicura di cosa volesse dirgli, sebbene fosse stata
lei a cominciare quella conversazione.
“Tutta questa situazione è stupida” aveva mormorato Levi, piegando la
testa in modo che era stata a pochi centimetri dal viso di lei.
“Tu sei stupido” aveva risposto prontamente Hanji, sorridendo appena
mentre si rendeva conto che si stava lentamente avvicinando a lui,
quasi contro la sua stessa volontà.
Levi non sembrava infastidito da quello che stava facendo, dato che
aveva sollevato la testa, venendole incontro.
Le loro labbra erano entrate in contatto goffamente, il naso di Hanji
si era scontrato con quello di Levi, ma non si erano lasciati fermare
da questo inizio incerto. Le era uscito un gemito direttamente dalla
gola quando Levi aveva intrecciato bruscamente le dita nei suoi
capelli, facendola avvicinare ancora di più a lui.
Anche le mani di Hanji si erano posate sui capelli di Levi dopo che si
era mossa in modo da sdraiarsi su di lui. Avevano aperto la bocca, le
loro lingue si erano incontrate, toccandosi l’un l’altra, la stanza si
era riempita del suono dei loro baci e dei brevi respiri che
intercorrevano tra un bacio e l’altro.
Nello staccarsi da lui, Hanji si era seduta rimanendogli addosso
cavalcioni. Aveva sospirato appena, aveva le guance rosse e le labbra
appena gonfie, i capelli ancora più scomposti del solito. Levi aveva
notato che le donava quel tipo di agitazione.
Con il palmo delle mani Hanji si era appoggiata contro il suo petto,
dopo averlo accarezzato appena facendole scorrere verso l’alto. Levi
aveva sentito il desiderio prepotente di provare ancora il gusto delle
sue labbra mentre le cingeva con forza i fianchi con le mani.
Hanji aveva riso appena percependo la sua impazienza, poi si era
chinata su di lui afferrando il collo della sua camicia, fondendo
insieme ancora una volta le loro labbra.
Era stato facile invertire la loro posizione, sentendo il suo peso
contro di lei, a Levi era sfuggito un basso gemito quando Hanji aveva
sollevato appena il bacino facendolo scontrare con il suo, quella
reazione l’aveva fatta ridere appena.
“Ma che stiamo facendo?” aveva chiesto divertita, con un piccolo
sorriso sulle labbra mentre guardava l’uomo che stava sopra di lei.
“Ci comportiamo da imbecilli” aveva bofonchiato Levi, mentre cominciava
a esplorare con le labbra il suo collo, quasi a testare la sua
reazione.
“Forse rimpiangeremo di averlo fatto in men che non si dica” aveva
replicato l’altra, preoccupata, sentendo il bisogno di razionalizzare
quello che stava succedendo.
Levi aveva sollevato gli occhi su di lei, svuotando il suo sguardo di
qualsiasi tipo di emozione Hanji potesse leggerci. “Molto probabilmente
hai ragione” le aveva detto sospirando, rotolando via da lei
improvvisamente. Hanji aveva resistito all’impulso di afferrarlo per
fare in modo che tornasse su di lei, immediatamente le era mancato il
calore e la sensazione che le aveva dato averlo addosso.
“Questa finta relazione ci sta dando alla testa?” si era chiesta ad
alta voce, imbronciandosi.
“Forse.”
“Provi qualcosa di diverso per me?” gli aveva chiesto piano, incerta su
se voleva davvero avere una risposta a quella domanda.
“Forse, non lo so” era stata la semplice replica dell’altro.
A quelle parole, Hanji aveva acceso la televisione con il telecomando.
“Vuoi guardare un film francese con me?” gli aveva chiesto con
un’espressione allegra sul viso, mettendosi poi in una posizione comoda
sul letto.
Si era accomodato anche lui sui cuscini mentre una donna in televisione
piangeva per l’uccisione del marito. “Non mi pare di avere molta
scelta” aveva replicato con calma, mentre aveva sentito la testa di
Hanji posarsi sulla sua spalla, con i capelli scomposti che gli
solleticavano una guancia.
Si era concentrato su di lei, escludendo dalla sua mente i suoni, non
badando minimamente al film che davano in televisione, ma solo ad Hanji
che ridacchiava ogni volta che vedeva qualcosa che le sembrava
divertente.
Non era certo di cosa si aspettava succedesse tra loro, che fossero
rimasti semplicemente amici o che ci fosse la possibilità di avere
qualcosa di più era certo che gli sarebbe andato bene comunque. Averla
nella sua vita era abbastanza, aveva ammesso a se stesso.
-
Quella notte, quando Levi si era arreso al sonno, Hanji era rimasta
sveglia, incapace di rilassarsi. I suoi pensieri correvano nella sua
testa senza fine, mantenendola vigile mentre la causa di
quell’agitazione dormiva tranquillo accanto a lei. Aveva sospirato
piano, cercando una posizione più comoda su un fianco, stando bene
attenta a fare piano dato che non voleva disturbarlo.
L’aveva osservato con uno sguardo dolce, sembrava di anni più giovane
senza l’onnipresente broncio che aveva di solito in faccia. I capelli
neri gli ricadevano sulla fronte, ed era stato difficile per lei
trattenersi dalla grande voglia di spostarglieli dal viso per poi
passargli le dita lungo le ciocche scure.
Aveva realizzato quanto questo suo piano aveva complicato le cose.
Certo, aveva tenuto a bada la terribile personalità sua madre, ma a che
costo? Dell’amicizia con Levi per cui si era tanto impegnata? Se
davvero i sentimenti che provava per il suo imperturbabile amico erano
qualcosa di più che platonici, e non era di fatto quella farsa a
confonderla, questo cosa avrebbe comportato per loro due? Avrebbero
potuto iniziare una felice e salutare relazione? E se le cose non
avessero funzionato e non fossero nemmeno riusciti a riportare il loro
rapporto alla normalità, a com’erano abituati?
O forse ci sarebbero riusciti, non ne era sicura. Quello che sarebbe
stato era imprevedibile, in generale. Era possibile che le loro
personalità avrebbero generato tra loro un eccessivo attrito in una
relazione sentimentale, differentemente da come invece caratterizzava
la loro ironica amicizia.
“Hanji, mettiti a dormire.”
Levi l’aveva fatta trasalire, distraendola dai suoi ragionamenti. Nella
sua voce si sentiva la sua stanchezza: di solito parlava in modo
brusco, quasi tagliente, in quel momento invece strascicava
inusualmente le parole.
“Ti ho svegliato?” gli aveva chiesto preoccupata, a bassa voce.
Levi aveva aperto un occhio, la sua iride tinta di solito di un grigio
azzurro sembrava quasi del tutto nera nella semi oscurità della stanza
illuminata soltanto dalla luce della luna che entrava dalla finestra.
“Posso praticamente sentirti pensare” le aveva detto piano sospirando
appena, chiudendo nuovamente i suoi occhi assonnati.
Era stato solo in quel momento che Hanji s’era resa conto di quanto
quei pensieri l’avessero messa in tensione. Evidentemente Levi l’aveva
percepito, aveva pensato appena in imbarazzo.
“Scusa” gli aveva detto non proprio convinta, poi con un improvviso
moto di sicurezza in se stessa gli aveva fatto una carezza, portandogli
via i capelli dalla fronte, gentilmente. “Non posso farne a meno” aveva
aggiunto dopo un secondo di silenzio.
Era rimasta sorpresa del fatto che le stesse permettendo di toccarlo in
quel modo, senza che la sua reazione fosse di insultarla o di scacciare
via la sua mano, era insolito per lui.
“Lo so” era stata la semplice, stanca risposta di Levi.
Hanji aveva mugolato appena replicando, poi si era fatta più spavalda
con quella carezza sui suoi capelli non più in ordine, passandoci in
mezzo le dita per tutta la loro lunghezza. Le aveva dato una strana
sensazione di calma farlo, e probabilmente era quello che doveva
provare anche lui, dato che il suo respiro si era regolarizzato di
nuovo.
Si era fermata per un attimo per la sorpresa di sentirlo intrecciare le
gambe alle sue con un rapido gesto, mentre nel frattempo appoggiava la
guancia sulla sua spalla, finendo poco dopo a metterla direttamente sul
suo petto. Hanji aveva respirato a fondo, godendosi il profumo del suo
shampoo.
“Perché hai smesso?” aveva mormorato Levi assonnato, tenendo gli occhi
chiusi.
Hanji aveva sorriso, ridendo appena guardandolo. Sembrava proprio che
Levi fosse un tipo bisognoso di attenzioni quando era molto assonnato,
o mezzo addormentato.
Aveva registrato quell’informazione nella sua mente.
“Scusa brontolo” si era scusata di nuovo, mettendogli un braccio
intorno alle spalle e portandolo più vicino a lei.
Aveva portato le mani sulla sua testa, ricominciando ad accarezzarlo,
sentendo che il sonno si impossessava di lei e le palpebre che si
facevano pesanti contro il suo volere. Però voleva godersi questo
momento a fondo, per quello che era, si trovava in verità ad apprezzare
questi attimi di pace sempre di più.
Il suo cuore si era stretto nel ricordare che non sarebbe durata. Una
volta che sarebbero stati sull’aereo di ritorno per Seattle quella
farsa sarebbe terminata una volta per tutte e le cose sarebbero tornate
come prima.
Si era trovata a riflettere su se voleva che andasse così, e no, non lo
voleva per niente. I suoi sentimenti per Levi stavano crescendo
differenti da quello che erano stati prima, ormai si era fatta una
ragione di questo fatto, e sembrava che anche lui si sentisse
diversamente nei suoi confronti, dato come le stava adagiato addosso in
quel momento.
“Sei così carino” aveva bisbigliato nella notte, strofinando appena il
naso nei suoi capelli.
Tutto sommato si era decisa a cercare di avere una relazione
sentimentale con uno dei suoi migliori amici, non importava quanto
pauroso sembrasse. Se significava poterlo stringere nel modo in cui lo
stava facendo in quel momento ogni volta che voleva, nel frattempo
mantenendo il fondamento di amicizia su cui era basata quella
relazione, improvvisamente non poteva nemmeno capire perché avesse
avuto tutti quei dubbi in primo luogo.
-
Levi si era svegliato malinconico dopo aver avuto la notte di sonno
migliore che potesse ricordare. Aveva sbattuto le palpebre qualche
volta prima di realizzare quale fosse la situazione in cui si trovava.
Le braccia di Hanji gli circondavano le spalle, le sue gambe erano
intrecciate a quelle più lunghe di lei. Doveva essersi addormentato con
la testa sulla sua spalla, aveva dedotto non senza un po’ d’imbarazzo
per le sue azioni. Avrebbero dovuto prendere le cose con calma, ed ecco
che invece le stramazzava addosso senza considerazione.
Tuttavia non sembrava che ad Hanji dispiacesse troppo, aveva pensato
mentre la guardava con affetto. La sua bocca era lievemente aperta, ne
usciva un lieve russare, era leggermente accigliata, l’espressione di
qualcuno che stava sognando, forse.
Lui e Hanji erano invitati a casa di sua madre per quel giorno per una
festa che stava per dare, dire che temesse quell’evento era quasi poco.
Elizabeth era estremamente seccante e assolutamente ignara di esserlo,
cosa che infastidiva Levi immensamente.
Dopo aver sospirato e lasciato il suo sguardo posarsi per l’ultima
volta sulla brunetta, si era alzato ed era andato a fare una doccia.
Buonasera a tutti,
vi lascio un piccolo messaggio in
coda per dirvi che per le prossime tre settimane vi abbandono per un
po’ di ferie. Veramente non volevo pubblicare affatto ad agosto, ma
dato che l’ultimo aggiornamento di luglio ci aveva tenuto un po’ col
fiato sospeso per quanto riguarda la trama, mi sono detta che era un
po’ crudele lasciarvi così!
Credo che questo fosse in assoluto
il capitolo più corto tradotto finora, ma conto che abbiate trovato il
contenuto abbastanza interessante dal non curarvi affatto della
lunghezza!
Vi ringrazio ancora tutti per
l’interesse, l’incoraggiamento e la dedizione con cui seguite la
traduzione.
Passate buone vacanze, chi ci va,
il 30 agosto ricominciamo coi nostri mercoledì!
Con affetto,
FoolThatIam
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Capitolo 9 *** Capitolo Nono ***
Buonasera a tutti,
spero mi scuserete per il ritardo,
settembre mi ha colta alla sprovvista!
Spero sia stato un bell’agosto per
tutti, buona lettura!
FoolThatIam
“Esattamente che stiamo andando a fare a casa di tua madre?” aveva
chiesto Levi alzando un sopracciglio interrogativamente, nel mentre che
aspettavano il loro mezzo di trasporto davanti all’entrata del loro
hotel.
Hanji aveva distolto lo sguardo dal suo cellulare, facendo incontrare
distrattamente il suo sguardo con quello annoiato di Levi.
“Sta solo dando un ricevimento. Credo sia una sorta di festa di
fidanzamento in ritardo, non è che l’abbia proprio specificato” aveva
spiegato con disinvoltura, digitando qualche parola sul suo telefono.
Levi aveva sospirato, incrociando le braccia al petto mentre un vento
gelido l’aveva investito, il suo cappotto non era abbastanza per
proteggerlo dal gelo della città di fine ottobre.
“Con chi stai parlando?” le aveva chiesto disinteressatamente, cercando
di avviare una conversazione con la moretta.
Hanji l’aveva guardato con la coda dell’occhio. “Nanaba. Perché, sei
geloso?” l’aveva preso appena in giro, l’ironia era evidente nel suo
tono.
Levi aveva lasciato uscire una specie di tch, improvvisamente non aveva più
voglia di chiacchierare. Hanji aveva riso della sua reazione,
spostandosi in avanti per mettersi di fianco a lui, che l’aveva
guardata circospetto mentre lo faceva.
“Lo sai, sei super appiccicoso quando dormi” gli aveva rivelato
sorridendogli.
Levi l’aveva squadrata infastidito. “Almeno non sono fottutamente
violento come te.”
“Non c’è bisogno che ti metti sulla difensiva, nanetto. Lo trovo
adorabile” aveva commentato allegra, guardandolo dall’alto con uno
sguardo amorevole sotto il quale la reazione di Levi era stata quella
di guardare da un’altra parte.
“È strano? Dimmelo se è strano” aveva chiesto Hanji.
L’espressione di Levi era rimasta impassibile mentre recepiva le sue
parole.
“No” le aveva detto scrociando le braccia, sentendo l’esigenza di
avvicinarla a lui. Aveva afferrato la manica della sua giacca
spingendola verso il basso, abbastanza da sentire il suo respiro su una
delle sue guance pallide.
“Questo è strano?” aveva chiesto quindi a bassa voce, lentamente.
La risposta di Hanji era stata quella di abbassarsi con lentezza
muovendo il suo viso a poca distanza da quello di Levi, dandogli il
tempo di protestare o di scacciarla via prima che le labbra della
ragazza si posassero sulle sue per pochi secondi. Si era allontanata
subito, ma con il viso era rimasta molto vicina al suo.
“Questo era strano?” gli aveva chiesto senza fiato, cercando i suoi
occhi grigi.
Levi aveva semplicemente fatto cenno di no con la testa. Sporgendosi
verso l’alto aveva sfiorato le labbra di Hanji ancora una volta prima
di allontanarsi definitivamente da lei, quando la loro auto aveva
accostato accanto al marciapiede.
“Dopo di te, bello” aveva detto Hanji aprendo la porta.
Levi aveva roteato gli occhi verso l’alto ed era entrato nell’auto,
l’altra l’aveva seguito poco dopo.
“Il suo appartamento non dovrebbe essere molto lontano da qui, da
quello che mi ha detto. Dovrebbe esserci anche la famiglia di Nick, a
quanto pare. Mi domandavo se avesse dei figli” aveva detto Hanji come
se stesse pensando a voce alta, teneva le mani ordinatamente in grembo
mentre guardava fuori dal finestrino.
Levi non si era disturbato a risponderle, piuttosto aveva preso una
delle sue mai fredde stringendola, come a rassicurarla. L’espressione
contemplativa di Hanji non era cambiata di un millimetro, a un certo
punto aveva aggrottato le sopracciglia in un’espressione che sembrava
suggerire che un pensiero fastidioso le avesse attraversato la mente.
“Potrei avere un fratellastro.”
“Non puoi esserne certa” aveva osservato Levi senza scomporsi.
Hanji aveva mugolato come se fosse d’accordo con lui, almeno sembrava.
“Hai ragione, ma Nick non è mica un giovanotto. Guardiamo in faccia la
realtà, non mi sembrerebbe strano se anche lui venisse da un divorzio.”
Levi l’aveva guardata. “E dove cazzo le trovi due persone disposte a
sposarsi un tipo così schifosamente raccapricciante?”*
Hanji era scoppiata a ridere in risposta, il sorriso le era rimasto
sulle labbra.
“Magari è un tipo fascinoso, no? Ovviamente l’aspetto non è tutto”
aveva osservato intelligentemente.
“Ma non mi dire. Però non sembra nemmeno avere una gran personalità.
Persino la sua risata del cazzo mi fa venire voglia di girargli alla
larga” aveva osservato Levi. La sua espressione si era fatta cupa nel
ricordare il suo fastidio per come quel tizio aveva preso in giro Hanji
ridendo insieme a sua madre per tutte le simpatiche frecciatine
lanciate a suo danno.
“Che schifo essere te allora, sarà lì in tutta la sua gloria, risata
satanica inclusa.” Hanji aveva sorriso. “Sono sicura che vorrà sapere
tutto dell’inespressivo ragazzo della sua futura figlioccia.”
Levi aveva fatto un’espressione disgustata all’idea di interagire con
quell’uomo. “Preferisco l’inferno.”
Hanji aveva riso un po’. “Beh, la scelta è tra lui e mia madre. Indica
la tua preferenza, piccolo.”
“Tu” aveva risposto Levi controvoglia, guardandola mentre un lieve,
genuino sorriso le si formava sulle labbra. “Se proprio devo essere
incastrato con qualcuno tutto il giorno, preferisco che sia tu. Ma se
mi fosse lasciata libertà di scelta, preferirei starmene alla larga da
tutti” le aveva detto monocorde.
Hanji era sembrata divertita da quel tentativo di fare un discorso
romantico.
“Sono onorata e lusingata.”
“Vorrei ben vedere.”
Aveva sporto la testa verso Levi e aveva lasciato uscire un sospiro,
chiudendo brevemente gli occhi per poi riaprirli di nuovo.
“Com’è che siamo arrivati a questo punto, Levi? Voglio dire, a
sbaciucchiarci e abbracciarci disinvolti. Cioè, mi hai praticamente
dormito addosso stanotte.”
Quando si era accorta che Levi non aveva intenzione di dire nulla,
aveva continuato.
“Do per scontato che ormai sappiamo entrambi che proviamo qualcosa
l’uno per l’altra. Ma questo dove ci porta? Stiamo insieme? Vorresti
che stessimo insieme?” gli aveva chiesto, muovendo la testa per poterlo
guardare dritto in faccia.
“Siamo in una situazione complicata, merdina con gli occhiali**.” Levi
si era rabbuiato pensandoci, incerto su come esprimere i suoi
sentimenti senza sembrare un assoluto idiota. “Pensi che sia una buona
idea buttarci in una relazione adesso mentre siamo in questa
situazione?”
“Beh, voglio dire, di certo ci toglierebbe dall’impiccio di dover
mentire a tutti.”
Prima che potessero approfondire quella conversazione, l’auto su cui
viaggiavano aveva rallentato fino a fermarsi davanti ad una bellissima
casa di pietra con grandi finestre.
“Ah, sembra che siamo arrivati” aveva annunciato Hanji fingendo
entusiasmo.
“Meraviglioso” aveva replicato levi, rabbuiandosi. “Leviamoci il
pensiero, quattrocchi” aveva detto con un tono di voce vagamente
spaventoso mentre usciva dall’auto.
Hanji aveva alzato esitante la mano per suonare al campanello di casa -
quella in cui una volta sua madre viveva con suo padre. Non che fosse
nervosa, era solo spaventata dal tipo di serata che sapeva di dover
passare con sua mamma. Si era girata a guardare il suo piccolo
compagno, la sua espressione era annoiata e i suoi occhi semichiusi
guardavano dritti davanti a lui.
“Sei pronto, piccoletto?”
Levi aveva seccamente sbuffato, scuotendo la testa. “Non è che ho
scelta” aveva detto prima che la porta si aprisse, rivelando dall’altra
parte Elizabeth con indosso un brillante vestito grigio con la gonna al
ginocchio e i capelli perfettamente acconciati in una pettinatura alta.
Aveva rivolto loro un grosso sorriso, illuminata di contentezza.
“Finalmente siete qui! Stavo cominciando a pensare che vi foste persi o
chissà cosa” aveva esclamato a voce alta. Levi aveva nascosto con cura
la sua espressione burbera mentre li prendeva entrambi per la manica e
li trascinava dentro casa.
Hanji aveva riso, fingendo nonchalance. “No, il nostro passaggio è
arrivato un po’ in ritardo. Scusa se abbiamo fatto aspettare qualcuno.”
“Non è ancora arrivato nessuno, solo il figlio di Nick è qui. Mi
farebbe piacere fartelo conoscere!”
Li aveva guidati entrambi verso la cucina, dove Nick era seduto davanti
ai fornelli e un ragazzo coi capelli biondi era appoggiato al bancone,
preparando qualcosa.
“Armin, ti vorrei presentare mia figlia, Hanji” aveva detto indicando
verso il ragazzo, il quale si era pulito energicamente le mani al
grembiule blu che portava. Aveva guardato verso di lei, rimanendo un
po’ sorpreso.
“Han, ti presento il tuo futuro fratellastro Armin” aveva introdotto
entusiasta la donna, sorridendo in una maniera che a Levi aveva
ricordato un po’ il modo in cui lo faceva Hanji.
Gli aveva porto la mano, con un sorriso sulle labbra. Non era sorpresa
che Nick potesse avere dei figli, di fatto se l’aspettava.
“Hey, piacere di conoscerti” gli aveva detto allegra mentre l’altro le
stringeva la mano.
Era la ragazza che era al caffè qualche giorno prima, Armin si era
stupito nella sua testa della coincidenza. Aspetta, questo significava
che il suo ragazzo di cui Elizabeth aveva tanto parlato non era
effettivamente… oh cielo.
“Ciao, piacere di conoscere anche te” le aveva detto con un marcato
accento e un sorriso gentile sulle labbra.
“E questo è Levi, il ragazzo di Hanji” aveva detto ancora Elizabeth,
indicando verso l’uomo più basso.
Il suo sguardo penetrante aveva incontrato gli occhi blu del biondino
alto e dinoccolato, notando che sembrava decisamente sorpreso.
“C…ciao, piacere di conoscere anche te” aveva incespicato Armin sotto
lo sguardo intimidatorio dell’altro.
Levi aveva giusto replicato con un borbottio, non sprecandosi nemmeno a
stringergli la mano prima di voltarsi verso Elizabeth. “Ti serve
aiuto?” le aveva chiesto monocorde, nel tentativo di non dover
interagire né con lei, né con Nick o con quel suo figlio dall’aspetto
così deboluccio.
“Oh, sì, certo! Se potessi tagliare a pezzetti quella verdura che ho
lasciato lì accanto al tagliere” aveva risposto indicando un angolo,
girandosi poi a guardare sua figlia mentre Levi cominciava lavandosi le
mani.
“Sul serio, Hanji, sapevi che tutti i miei amici sarebbero stati qui e
non ti sei nemmeno posta il dubbio su se fosse consono vestirti in modo
più appropriato?” l’aveva redarguita con le labbra ridotte a due linee.
Hanji aveva guardato i suoi pantaloni neri eleganti e la sua camicia
bianca che le stava un po’ larga, non riuscendo a capire quale fosse
il problema con la sua scelta nel vestiario.
“C’è un particolare codice d’abbigliamento che avrei dovuto seguire per
una festa in casa di cui non sapevo molto, o cosa?” aveva replicato
aggrottando le sopracciglia.
“Avresti dovuto indossare un vestito, Zoe” aveva sospirato sua madre.
Hanji aveva fatto un’espressione stizzita all’atteggiamento esagerato
di sua madre.
“Mamma, ho ventinove anni. Penso di avere il diritto di vestirmi come
mi sento più a mio agio” aveva affermato sedendosi dalla parte opposta
del tavolo rispetto a dove era seduto Nick. “E comunque, non ho un
vestito da mettermi. Mi sono portata dietro solo quello che mi sembrava
necessario.”
“E non ti sembrava necessario portarti un vestito?” aveva commentato
Elizabeth aggrottando le sopracciglia.
“Non proprio. A mio parere, per lo meno.”
Levi se n’era rimasto in silenzio mentre la conversazione andava
avanti, rimuovendo con cura la buccia dalle carote che erano state
messe lì per lui. Il tono di voce della madre di Hanji era irritante,
ma non era sicuro che lo fosse perché effettivamente suonava così o se
fosse l’antipatia che quella donna gli suscitava a cambiarle suono
dentro la sua testa.
“Ciao Nick” aveva salutato allegra Hanji, scegliendo di ignorare sua
madre iniziando una conversazione con qualcun altro. L’uomo non aveva
nemmeno alzato gli occhi dal suo telefono, le aveva fatto giusto un
piccolo silenzioso cenno. L’altra aveva cominciato a fissarlo, gusto
per farlo sentire un po’ in imbarazzo, ma non aveva funzionato,
sembrava proprio che volesse volutamente ignorare la sua presenza.
“Allora, Armin, quanti anni hai?” aveva chiesto Hanji incuriosita dopo
qualche minuto di silenzio.
“Diciassette. Sto quasi per compierne diciotto, però” aveva risposto il
ragazzo a voce bassa, continuando a girare il cibo nella pentola,
distrattamente.
“Oh, che cosa eccitante!” aveva risposto Hanji, sorridendo dolcemente.
Armin aveva annuito educatamente. “Più che eccitante direi stressante,
per essere sincero” aveva ammesso ridendo appena.
“Oh, ti capisco” aveva replicato Hanji con un tono comprensivo. “Però è
un momento eccitante per i cambiamenti. Nuovi ambienti e situazioni,
imparare a essere più indipendenti. Vorrei averli di nuovo io
diciassette anni” aveva detto, appoggiando il mento sul palmo della
mano.
Levi aveva sollevato lo sguardo, girandosi a guardare la sua finta
ragazza con un sopracciglio alzato. “Scommetto che eri una dannata nerd
che portava occhiali a fondo di bottiglia e citava Star Wars ogni volta
che qualcuno provava a fare un discorso con te.”
“C’hai preso completamente, Levi” aveva risposto la mamma di Hanji
prima che l’altra potesse farlo. “Inoltre non si pettinava mai i
capelli e ha portato un enorme apparecchio ai denti per tutta la durata
delle scuole superiori.”
“E questo non mi ha impedito di essere invitata al ballo di fine anno”
aveva replicato Hanji vantandosi malignamente.
Levi aveva riso, e prima che il loro battibecco potesse ricominciare
uno scampanellio stridente era risuonato per l’intera casa. Elizabeth
aveva battuto le mani concitata.
“Arrivano altri ospiti!” aveva canticchiato mentre andava ad aprire la
porta.
Hanji aveva guardato Levi con uno sguardo esasperato mentre la donna
usciva dalla cucina piena di gente.
Sarebbe stata una lunga giornata.
*Questa è una traduzione
estremamente libera. La frase originale sarebbe "Who the fuck would
wanna marry a creepy ass dude like him twice?", letteralmente “Chi
cazzo vorrebbe sposare due volte quel tizio inquietante?” (in cui
“ass”, che letteralmente vorrebbe dire culo, è solo un rafforzativo per
rendere più volgare la frase), ma il contesto suggeriva che l'autrice intendesse dire
che a Levi sembrava strano che Nick avesse trovato due donne disposte a
sposarlo, non che una lo volesse sposare due volte! Tra l’altro non mi
pare che anche in inglese renda l’idea, ma forse è semplicemente
un’espressione che io non capisco… se qualcuno ha qualche idea in
proposito sentitevi liberi di erudirmi!
**Come nel primo capitolo, come
concordato con Sleepyheadven, è il modo in cui traduco l’espressione
“Shitty Glasses”
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Capitolo 10 *** Capitolo Decimo ***
Vi risparmio la storia della mia vita in questi quattro anni. Diciamo
che ci sono state gioie e tragedie, e tra queste tragedie alcune che lo
sono state davvero tanto, e altre che lo erano fino ad un certo punto.
Tra queste ultime, un computer maldestramente affogato dalla mia mamma
intenta a sistemare un grosso vaso di fiori sul tavolo dove lo avevo
incautamente lasciato durante una mia visita a casa dei miei, con
inserita la pen drive dove avevo lasciato tutti i miei appunti di
questo lavoro, incluso l'appunto con le credenziali log in
dell'account. Tra tutto quello che ho dovuto recuperare per lavoro,
questo passatempo, cercate di capirmi era l'ultima cosa. E poi la vita
è andata avanti, e mi sono un po’ dimenticata.
Benedetti salvataggi con Time Machine, comunque, dove recentemente ho
ritrovato delle bozze di questo lavoro e mi sono detta, tanto stavo in
zona rossa senza poter lavorare, perché no? In fondo è anche giusto e
corretto per le persone che mi seguivano, sperando che qualcuno giri
ancora da queste parti.
E allora sotto con questi ultimi quattro capitoli!
Vi saluto per ora, porgendovi le mie più umili scuse,
FoolThatIam
(nome non scelto a caso)
“Quindi Elizabeth questa è tua figlia?” aveva domandato tranquillamente
una donna che Hanji non aveva mai visto, i suoi capelli erano
acconciati in un’elegante coda di cavallo.
“Salve, sono Hanji, piacere di conoscerla” aveva sorriso amichevolmente
porgendole la mano per stringerla. L’altra aveva esitato brevemente
prima che le sue labbra si piegassero in un sorriso e le afferrasse la
mano con decisione.
“È così bello poter dare un volto a un nome, Elizabeth non ci ha mai
mostrato tue foto. Oh, comunque io sono Lynne, lavoro con tua madre” si
era introdotta con gentilezza, con un marcato accento francese. “Ti
stai godendo la tua permanenza qui?” aveva domandato per fare
conversazione.
Hanji aveva annuito entusiasta. “Assolutamente! Tutto è così bello, ci
sono stata più di una volta ma lo giuro, non mi stanca mai” aveva detto
tutto d’un fiato, gesticolando per accompagnare le sue parole.
Levi non si era sprecato ad ascoltare il resto della conversazione, di
fatto si era estraniato da tutte le voci squillanti che erano occupate
a mischiarsi nella folla. Si era seduto in cucina, occupandosi di
qualsiasi lavoro potesse dargli una scusa per non interagire con
nessuno. Aveva preparato, cucinato, servito e pulito fino a che non
c’era stato altro da fare.
Nel frattempo Hanji aveva vagato da una stanza all’altra dando da
chiacchierare senza problemi agli altri. Levi non era certo di cosa
fosse peggio, se il suo atteggiamento antisociale o quello dell’altra
che sociale lo era fin troppo. Non era affatto un’esagerazione dire che
fossero completamente a due poli opposti.
“Va tutto bene piccoletto? Hai lo sguardo da omicida” l’aveva preso in
giro, facendo cadere pesantemente una mano sulla sua spalla. Non
sembrava volesse smettere o che fosse stanca del suo modo eccentrico di
comportarsi.
Le aveva rivolto una rapida occhiata prima di rimettere i suoi occhi
chiari sul suo bicchiere pieno di vino rosso. “C’è un sacco di gente
oltre me che puoi infastidire in questo momento. Vai da loro” le aveva
detto senza entusiasmo, prendendo un piccolo sorso tranquillamente.
“Per caso qualcuno è geloso?” aveva scherzato Hanji con un sorrisetto
furbo in faccia. “Non temere, mio amore, non ho occhi che per te” gli
aveva detto per poi fargli un occhiolino, anche se invece che uno le si
erano chiusi entrambi.
Levi aveva nascosto bene che quella cosa l’avesse divertito, pur
sapendo che Hanji probabilmente l’aveva capito lo stesso. “Sei una
scema” le aveva detto roteando gli occhi. Il suo atteggiamento era
diventato più gentile quando Hanji era andata a dargli un innocente
bacio sulla testa, accarezzando affezionatamente con le dita le sue
ciocche nere. I suoi occhi celesti avevano vagato per la stanza,
cercando di vedere se ci fosse sua madre, o magari Nick nei paraggi.
“Non ci guarda nessuno” gli aveva detto Hanji semplicemente,
allontanandosi da lui. “Mi sembrava solo che avessi bisogno di qualche
attenzione”.
Levi aveva riso ironico alle sue parole, rivolgendo il suo sguardo
altrove rispetto a quello divertito di Hanji. “Non ho bisogno di
attenzioni, quello che vorrei è di stare alla larga da tutta questa
gente con grossi bastoni su per il culo” aveva mormorato monocorde.
“Non sono tutti poi così male” aveva cercato di convincerlo. “Molti sì,
ma non tutti”.
La loro conversazione si era interrotta quando Armin era entrato con
aria smarrita nella stanza.
“Che è successo?” gli aveva chiesto Hanji inclinando appena la testa
osservandolo.
L’altro si era lasciato andare contro lo stipite della porta, scuotendo
la testa.
“Tua madre mi ha appena abbracciato così forte da togliermi il respiro”
aveva detto in un soffio, prima di accorgersi dell’altro uomo che era
nella stanza. Aveva esitato, decisamente gli sembrava così ingiusto che
sapesse quello che sapeva, ma non era certo sul se dovesse vuotare il
sacco o meno sulla faccenda. Aveva messo entrambe le opzioni a
confronto per tutta l’ora che era appena passata, ma non era ancora
riuscito a decidersi.
Per un verso dire tutto avrebbe solo fatto sentire lui a posto con la
coscienza mettendo gli altri due in imbarazzo, ma mantenere un segreto
del genere lo avrebbe stressato troppo alla lunga, e non voleva
apparire strano con la sua nuova sorellastra che conosceva solo da meno
di una settimana.
“Tutto bene?” aveva chiesto Hanji preoccupata, con le sopracciglia
aggrottate.
Armin aveva sentito che le sue guance si stavano arrossando, si era
perso nei suoi pensieri e probabilmente sembrava un pazzo.
“Tutto bene, scusa, stavo solo riflettendo” aveva risposto per
scacciare la sua preoccupazione, andando verso il frigo per prendersi
da bere.
Levi aveva osservato il giovane ragazzo, chiedendosi che problema
avesse.
“Ah, e a che pensavi? Doveva essere qualcosa di serio per farti
sembrare così turbato” aveva insistito Hanji guardandolo dall’alto
mentre si sedeva dall’altra parte del tavolo, il biondino aveva voltato
lo sguardo da quello inquisitorio dell’altra.
“No-non era niente”.
“Oh, Quattrocchi, lascia in pace il ragazzino. Ha l’aria di uno che sta
per farsela addosso” aveva detto seccamente Levi, mentre con noncuranza
si appoggiava allo schienale della sedia, accavallando le gambe.
Armin aveva notato che nonostante la piccola statura e la faccia da
bambino, l’uomo che gli sedeva di fronte era la persona più
intimidatoria che avesse mai incontrato.
“Posso dire una cosa a entrambi?” aveva chiesto loro.
“Certamente.”
“No.”
Hanji aveva zittito Levi con un gesto del polso, facendo invece cenno
ad Armin di parlare.
“Ignoralo, è solo infastidito perché la mia attenzione non è
concentrata completamente su di lui” aveva detto guadagnandosi
un’occhiata furibonda dall’uomo che le sedeva accanto.
“Beh, voi due avete fatto visita al caffè dove lavoro qualche giorno
fa” aveva detto quasi esitando, guardando con attenzione le loro
espressioni. “Il mio amico, Jean..”
“Ah, il ragazzo che lavora al bancone?” l’aveva interrotto Hanji
allegra.
Armin aveva annuito, per nulla infastidito dell’interruzione. “Sì, è
lui. Comunque, ha sentito per caso una vostra conversazione qualche
giorno fa, sul fingere una relazione. È venuto a raccontarmelo dopo,
divertito dalla situazione. Ed è stato in quel momento che vi ho visti
entrambi seduti al tavolo, la coppia che faceva finta di essere…”
“Chiudi la bocca” aveva ordinato Levi calmo, ma le sue parole secche
avevano fatto indietreggiare Armin, nonostante il tono. “O almeno non
dirlo a voce alta.”
Hanji si era drammaticamente portata la mano sul viso. “Di tutte le
persone che potevano scoprirci, proprio il figlio di Nick.”
“Se ti azzardi a dirlo a qualcuno…” aveva fatto per minacciarlo Levi.
“No!” aveva detto il ragazzo alzando le mani. “Non lo farò, ve lo
prometto. Avevo solo bisogno di dirlo a voi perché mi sembrava
sbagliato saperlo e non dire niente.”
“Grazie per averlo fatto, credo” aveva mormorato Hanji. Si era
domandata tra sé e sé sul dirgli o meno che quella relazione non era
più basata completamente su una bugia come prima, ma si era decisa per
non farlo. A malapena lei stessa e Levi avevano idea di cosa stesse
succedendo, non c’era alcuna ragione per coinvolgere qualcun altro.
“Finché non dici niente, va tutto bene.”
“Posso chiedervi cos’è che vi ha convinto a farlo?” aveva domandato
Armin crucciato al pensiero.
Hanji si era seduta, aveva preso il bicchiere di vino di Levi e l’aveva
svuotato in un sorso solo. L’altro a malapena aveva preso coscienza del
fatto, non si era degnato di fare alcun commento.
“Mia madre è un bel soggetto, se ancora non l’avessi notato. È convinta
che morirò sola, quindi ogni volta che la vengo a trovare mi organizza
alcuni appuntamenti al buio. Non volevo avere ulteriori problemi mentre
ho a che fare con questo matrimonio e mio padre, tutto il dramma e il
resto, quindi ho portato Levi con me. È il mio più caro amico e mi
tranquillizza quando ne ho bisogno, questa è la ragione.”
“Mi dispiace” aveva detto Armin, chiedendo scusa.
“Non arrovellare la tua bella testolina su questa faccenda, quello che
è fatto è fatto” gli aveva risposto sorridendogli. “E adesso andiamo a
socializzare un po’, che ne dite? Anche tu, Brontolo” aveva aggiunto
alzandosi in piedi, anche se era stata la sola a farlo.
“Anche no.”
“Anche sì” aveva controbattuto veloce, trascinando Levi fuori dalla
stanza per la mano.
-
Levi aveva lasciato che Hanji se lo trascinasse dietro per tutta la
durata della festa. Aveva stretto la mano a innumerevoli sconosciuti
che avevano invaso la casa della madre di Hanji, tutto quello che
desiderava in quel momento era di lavarsi le mani e di buttarsi in un
barile di disinfettante.
“Quindi entrambi vivete a Seattle, giusto? Com’è vivere da quelle
parti?” aveva chiesto un uomo calvo, per fare conversazione. Levi aveva
resistito all’impulso di roteare gli occhi e aveva mormorato a denti
stretti ‘fottutamente umido e pieno di gente’, ma si era guardato bene
dal fare i suoi commenti secchi a voce alta sapendo che molto
probabilmente Hanji avrebbe reagito dandogli un pestone su un piede, se
l’avesse fatto.
“È piacevole. Non ho mai vissuto altro che lì quindi non ho altri
termini di paragone, ma sono certa che per qualcuno che non l’avesse
mai visitata sarebbe anche meglio di come la descrivo” aveva detto
sorridendo. “Abbiamo tanta pioggia e lo Space Needles, quindi è
un’esperienza abbastanza unica” aveva concluso sempre ridendo appena.
“È anche piena di senza tetto” aveva aggiunto sua madre che era apparsa
all’improvviso, facendo una risatina di scherno (o per lo meno così era
suonata nella testa di Levi). “Proprio non mi manca, affatto” aveva
concluso appoggiando delicatamente una mano sia sulla spalla di Hanji
che di Levi, mettendosi in mezzo a loro due.
“Hai bisogno di aiuto per qualcosa, Elizabeth?” le aveva chiesto Levi,
con un tono calmo, ma anche annoiato. Segretamente sperava che avesse
combinato un disastro in cucina da quando se n’era andato, aveva
bisogno di una scusa per allontanarsi il più possibile da tutti.
“Oh, no, non posso proprio chiederti altro aiuto. Hai fatto più del
necessario” aveva risposto però la donna scuotendo la testa e le mani,
contraria all’idea.
Levi aveva mentalmente sospirato, non poteva certo pregarla. Aveva
semplicemente annuito una volta, voltando le spalle all’uomo con cui
lui e Hanji stavano parlando. Durante il tempo in cui era stato
distratto l’altra era riuscita a trascinare il suo interlocutore in una
conversazione sulle tarantole. Il tizio stava sbiancando sempre di più
ed era assolutamente a disagio, Levi aveva lasciato che le sue labbra
s’increspassero in un lieve sorrisetto sardonico, divertito dalla sua
reazione.
Era riuscito senza problemi a escludere il suono della voce di Hanji,
guardando nel nulla davanti a lui. Del resto era abituato ormai a fare
in modo che il tono della sua voce scomparisse tra i rumori di fondo.
Il tizio sfortunato che adesso si trovava nel bel mezzo di una
conversazione sull’apparato digestivo delle lucertole, invece, non ne
era capace. Povero bastardo.
“Hey Levi” l’aveva richiamato Hanji, i suoi occhi celesti avevano
ritrovato i suoi.
“Hm?” le aveva chiesto con un verso, non scomodandosi a usare parole.
Aveva un sorrisetto malizioso dipinto sulle labbra, i suoi occhi
castani luccicavano dietro gli occhiali. “Ho bisogno di te per una
cosa, puoi aiutarmi?” aveva chiesto quanto più innocentemente potesse.
Levi aveva alzato un sopracciglio interrogativo, ma aveva comunque
annuito nonostante l’incertezza della situazione.
Hanji aveva cominciato a camminare lungo la scalinata, facendo cenno a
Levi di seguirla guardandolo oltre la sua spalla. Lui s’era guardato le
spalle velocemente prima di seguirla sulle scale di buon passo. Si era
domandato tra sé e sé di cosa mai poteva aver bisogno lassù. I suoi
occhi chiari si erano fermati su una foto che stava alla parete, di
Hanji con le codine e un sorriso sdentato.
“Ero adorabile, vero?” aveva detto aspettandolo in cima alle scale, con
le mani appoggiate sulla vita.
“Una specie” aveva bofonchiato lui raggiungendola.
Gli aveva preso una mano rivolgendogli uno sguardo sornione, portandolo
verso la fine del corridoio. Levi sembrava sul punto di incominciare a
protestare, ma si era tranquillizzato quando l’aveva vista aprire una
porta e ce l’aveva spinto dentro con forza. Sul punto di sgridarla si
era fermato di colpo guardandosi intorno, aveva quasi del tutto serrato
le palpebre rendendosi conto che erano dentro un armadio di cappotti.
“Che cazzo, Quattrocchi?” si era voltato a guardarla a braccia conserte
aspettando una spiegazione.
“Oh, andiamo Nanetto, mica mi vorrai dire che ti stavi divertendo di
sotto, no?” aveva detto esasperata, sbuffando lievemente irritata. Si
era avvicinata a lui, lo sguardo furbetto le stava facendo brillare gli
occhi di nuovo. Levi era rimasto fermo, guardandola attentamente.
Hanji si era avvicinata, abbassandosi verso di lui, gli aveva fatto
inclinare la testa verso di lei con un tocco sul suo mento, il suo
sguardo infastidito aveva incontrato quello di lei.
“Stiamo per pomiciare nel maledetto armadio di tua madre?” aveva
mormorato, mentre spostava lo sguardo dagli occhi di Hanji alle sue
labbra, che erano pericolosamente vicino alle sue.
Hanji aveva fatto semplicemente spallucce. “Ti crea problemi?”
“No” era stata la sua semplice risposta.
Gli aveva sorriso, e Levi aveva colto la palla al balzo per afferrarla
per il colletto spingerla contro di lui e per unire le loro labbra.
Hanji aveva riso contro la sua bocca, ma non l’aveva per niente fatto
desistere dall’approfondire quel bacio. Hanji era avanzata fino a che
le spalle di Levi non avevano incontrato il muro con un leggero tonfo,
le sue mani si erano posate sul suo collo, le dita erano andate a
sfiorargli la porzione di nuca dove i capelli erano cortissimi prima di
intrecciare le dita ai suoi capelli scuri.
Levi aveva appoggiato le mani ai suoi fianchi, aveva sollevato i lembi
della stoffa della camicia che portava passando sensualmente le sue
dita fredde sulla pelle nuda. Hanji aveva lasciato uscire un lieve
gemito contro la sua bocca, premendo febbrilmente il corpo contro
quello di Levi, che aveva approfondito il bacio, sentendosi come se la
sua pelle andasse a fuoco mentre esplorava con trasporto la bocca di
Hanji. Si erano staccati l’uno dall’altra col fiatone, cercando di
respirare mentre Hanji scoppiava a ridere.
Gli aveva preso le guance tra le mani, obbligandolo a guardare su verso
di lei.
“Sei sorprendentemente bravo a farlo.”
“Non ho capito se dovrei offendermi o essere lusingato” aveva replicato
monotono, con un sorrisetto sulle labbra.
“Probabilmente tutt’e due, a essere onesta” aveva ammesso Hanji,
dandogli un piccolo bacio sulle labbra.
La porta si era aperta all’improvviso, i due si erano come gelati sul
posto mentre la luce irrompeva in quello spazio scuro, illuminando i
loro volti stupefatti. Un ragazzo coi capelli biondi era entrato nella
cabina armadio, prima di fermarsi bruscamente notando la loro presenza.
Aveva balbettato agitandosi mentre i suoi occhi chiari si posavano su
di loro.
“Ehm… oh… s…scusate!” aveva esclamato maldestramente, chiudendo la
porta di scatto nuovamente.
Levi e Hanji erano rimasti in silenzio mentre sentivano il rumore della
corsa con cui si era allontanato lungo il corridoio, fino a che non
avevano più potuto sentirlo. Levi aveva guardato verso la porta, per
niente impressionato mentre Hanji invece scoppiava a ridere, lasciando
la presa sull’altro mentre si piegava su se stessa.
“La s…sua faccia!” era riuscita a commentare in mezzo alle risa.
Levi aveva semplicemente sospirato, appoggiandosi con le spalle al muro.
-
La festa era finita senza che succedesse niente di eclatante. Gli
invitati avevano cominciato a prendere commiato, Levi e Hanji erano
stati tra gli ultimi a dare l’arrivederci mentre si dirigevano alla
porta. Nick, Armin ed Elizabeth li avevano seguiti.
“Grazie per aver aiutato così tanto Levi” aveva detto Elizabeth
mielosa. “Sei una perla” gli aveva detto complimentandosi, con un gran
sorriso.
“Figurati” aveva replicato con tono annoiato, aveva solo fretta di
allontanarsi da quella donna e dai suoi finti elogi. Doveva ammettere
che aveva fatto tutte le faccende che gli aveva rifilato volentieri, ma
si era comunque approfittata di lui.
“Sei un tipo così femminile” aveva sostenuto Nick, andando a dargli una
sonora pacca sulle spalle.
Levi l’aveva investito con uno sguardo feroce, cercando di resistere
all’immensa voglia di strangolarlo davanti a suo figlio e alla sua
fidanzata. “Probabilmente sei più bravo a pulire di Hanji ed Elizabeth
messe insieme. È impressionante.”
Hanji aveva finto una risatina, mettendo un braccio intorno alle spalle
di Levi e spingendolo contro di lei per allontanarlo da quell’uomo.
“Penso che la nostra auto sia qui. È stato bello incontrarti di nuovo
Nick, e molto bello conoscerti Armin! Hai organizzato proprio una bella
festa mamma.”
Aveva salutato con la mano e sorriso mentre trascinava Levi giù per le
scale, il quale semplicemente era rimasto a guardare davanti a lui, non
volendo voltarsi indietro.
“Cazzo, lo odio” aveva ringhiato Levi mentre saliva sull’auto,
mettendosi la cintura di sicurezza.
Hanji l’aveva seguito, rivolgendogli un sorriso divertito mentre lo
faceva.
“Grazie per non averglielo detto in faccia.”
Aveva riso rumorosamente, immaginando la scena che ne sarebbe seguita
se fosse successo. “Hai dimostrato un sacco di autocontrollo, e lo
apprezzo. So che dev’essere stato difficile non pestargli i piedi per
dimostrare la tua ‘mascolinità’ o qualcosa del genere” gli aveva detto
lodandolo dolcemente, con gli occhi che le brillavano dietro le lenti
degli occhiali.
Levi aveva alzato gli occhi al cielo, il suo sguardo aveva catturato il
paesaggio fuori dal finestrino.
“Perché non chiudi il becco?” le aveva chiesto senza indugio,
guardandola male quando era andata a strizzargli un fianco per gioco in
risposta.
“Ci credi che Armin ci ha beccati quasi mentre limonavamo duro, dopo
che gli avevamo raccontato tutta la faccenda? Quel povero ragazzino
sarà così confuso.” Aveva detto cambiando argomento, ridendo un po’ di
naso al pensiero. Il biondino sembrava di indole abbastanza dolce, non
aveva niente della stranezza del padre, tuttavia ne possedeva un
po’. Per lei era dolce, quindi simpatizzava con lui per il fatto
che doveva avere a che fare con sua madre tutto il tempo.
“Gli sta bene, dato che spia conversazioni di estranei” aveva detto la
sua Levi alla brunetta seduta accanto a lui, andando a raddrizzarle gli
occhiali che le stavano storti sul suo naso.
“Non era stato lui a spiarci, Levi, era stato il suo amico. E comunque,
quante erano le probabilità che un’estranea fosse la figlia della donna
con cui suo padre è fidanzato insieme al suo amico ma non più solo
amico che si da il caso stia anche fingendo di essere il suo ragazzo?
Per niente probabile, te lo devo dire” aveva buttato fuori
sconclusionatamente.
Levi avevo solo alzato un sopracciglio in risposta.
-
[Armin] Jean.
[Armin] Non t’immagineresti mai cosa è successo oggi.
Il biondo adolescente aveva scritto mezzo addormentato alcuni messaggi
al suo amico. Riusciva a malapena a tenere i suoi occhi blu aperti, ma
sentiva la necessità di dare informazioni al suo amico dai capelli
biondo cenere. Gli aveva promesso di fargli sapere come andava la
giornata, non poteva non farlo.
[Jean] Cosa?
[Jean] Tuo padre se l’è fatta nei pantaloni? ;P
Armin aveva lasciato che un sorrisino arricciasse le sue labbra,
dondolando appena la testa in diniego alla risposta.
[Armin] No Jean…
[Armin] Ricordi la coppia che abbiamo visto al Caffè qualche giorno fa?
La brunetta con gli occhiali e il tizio che faceva paura?
[Jean] Come no, i finti sposati, giusto?
[Armin] Sì, certo. Comunque… la ragazza in verità è la figlia di
Elizabeth, quella che dovevo conoscere oggi, sai? Anche il tipo era con
lei.
[Jean] MA CAZZO DICI??? Fra’.
[Jean] Gliel’hai detto che lo sai? Per piacere non dirmi che gliel’hai
detto, Armin…
[Armin] Ho dovuto.
[Jean] Che cazzo, Armin.
[Armin] Mi devi dispiacere? Perché dovevo tenerlo segreto poi?
[Jean] Adesso ci siamo giocati la possibilità di prenderli in giro. :(
[Jean] Ma va bene lo stesso, merdina che non sei altro. :P Ti dice bene
che sei carino, lo sai.
Armin si era appena agitato a quelle parole, non gli andava giù come
quel ragazzo appena più grande di lui riuscisse ad innervosirlo con i
suoi nomignoli scherzosi e quel fare come se ci stesse provando. Non
avrebbe dovuto arrossire, ma non poteva farci niente se era così. Non
poteva farci niente anche di non sapere cosa rispondere a quel
messaggio. I suoi pollici erano rimasti in aria sopra la tastiera,
esitanti, in una specie di balletto.
[Armin] Sono carino, eh? :3
[Jean] Molto.
Aveva deglutito nervosamente, prima di digitare il messaggio.
[Armin] Molto bene, penso che sei carino anche te.
[Jean] Ma davvero? ;) Allora potremmo essere carini insieme.
Armin non era sicuro di cosa quelle parole sottendessero, quindi le
aveva volute intendere come il solito modo che aveva Jean di
punzecchiarlo. In ogni caso, di nuovo, non era stato sicuro di come
avrebbe potuto rispondergli, quindi si era semplicemente messo a
fissare lo schermo per un po’.
[Armin] Haha. :P
[Jean] Non hai più niente da dire, Arlert?
[Armin] Zitto. :P Mi metti a disagio.
[Jean] Mi dispiace.
[Armin] Non ti dispiace per niente.
[Jean] Sì, hai ragione, non mi dispiace.
[Jean] Perché sei adorabile quando le guance ti diventano fucsia… non
mi sento per niente in colpa.
[Jean] Ma per quanto vorrei continuare questa conversazione, mia mamma
mi sta dando il tormento perché devo pulire la cucina, quindi devo
andare. :\
[Jean] Ci vediamo domani a lavoro. Buonanotte. :)
[Armin] Notte, Jean.
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Capitolo 11 *** Capitolo Undicesimo ***
Alcuni giorni erano passati. Hanji aveva continuato a farsi esaurire da
sua madre e dal suo particolare gusto per le decorazioni, e altre cose
del genere. Aveva appena avuto il tempo di sostenere una conversazione
vera e propria con Levi senza che sua madre avesse bisogno della sua
presenza, o la chiamasse in preda all'isteria perché un oggetto
qualsiasi non era dell'esatta sfumatura di grigio che voleva lei. Hanji
era sempre più esausta alla fine di ogni giorno.
Lei e Levi non avevano avuto la privacy necessaria per discutere con la
dovuta attenzione la loro relazione. Il momento di massima interazione
che avevano avuto era stato durante le notti, quando si addormentavano
di sasso e si accoccolavano l'uno all'altra. O quando Levi la baciava
tanto intensamente da travolgerla*, prima che uscisse la mattina.
“Hey, vado via, di nuovo” gli aveva detto uscendo dal bagno, vedendo
Levi muoversi tra le lenzuola, segno che si stava svegliando. “Ti ho
lasciato un po' di soldi sul cassettone in caso ne avessi bisogno, va
bene? Starò via solo qualche ora oggi, mamma ha un appuntamento con
Nick oggi, o qualcosa del genere.”
“Oi, vieni qui.”
Aveva la voce roca, ancora impastata dal sonno di chi non si era ancora
svegliato.
Hanji aveva sorriso di quel tono, non era abituata a vederlo in uno
stato di vulnerabilità. Era un bel cambiamento, ed era certa che ne
avrebbe avuto nostalgia una volta che sarebbero rientrati a casa.
“C'è qualche problema?” aveva chiesto facendo un passo avanti verso il
letto e mettendosi esattamente davanti a lui. Levi l'aveva raggiunta
con una mano, gliel’aveva posata sulla nuca, facendola abbassare verso
di lui premendo le loro labbra le une contro quelle dell’altro. Hanji
aveva sorriso nel mezzo di quel bacio, aveva fatto scivolare le dita
tra i suoi capelli prima di staccarsi.
“Per quanto mi piacerebbe continuare, lei è di sotto e anche molto
stressata. Ho proprio una mamma impaziente.” Aveva riso appena,
appoggiando la fronte a quella di Levi prima di appoggiare di nuovo le
labbra alle sue, velocemente, prima di allontanarsi dal materasso. Lo
aveva salutato con un bizzarro gesto della mano mentre andava fuori
dalla stanza, notando che Levi aveva fatto un'espressione infastidita.
Era proprio appiccicoso da assonnato, aveva pensato divertita.
Era uscita dalla stanza di hotel saltellando. Persino riflettendo sulla
giornata non facile che stava per avere con sua madre, il buon umore
non le passava, anche considerato come si erano lasciati.
“Ciao mamma”, l'aveva salutata mentre entrava in auto e occupava il
sedile del passeggero.
“Buongiorno, figliola mia! Ho più di una faccenda che avrei bisogno
sbrigassi per me oggi” le aveva detto allegra, uscendo dal parcheggio e
girando il volante per immettersi in strada. Era sfrecciata tra le auto
senza troppa attenzione, Hanji aveva resistito alla tentazione di
infilare le unghie nel bracciolo accanto a lei.
“Quali faccende?” aveva chiesto con un tono curioso, volgendo lo
sguardo dal finestrino a sua madre.
“Un po' di piccole cose, niente di stravagante” aveva detto togliendo
ad Hanji ogni preoccupazione.
Come era stato ovvio, dopo quattro ore a depennare la lista di cose da
fare di sua madre, quelle non erano per niente piccole cose. Si sentiva
svuotata ed esausta, ma soddisfatta di aver finito con quella lista,
significava che poteva smettere di pensarci. Tutto quello che era
rimasto da fare era decorare il luogo della cerimonia, che era compito
delle amiche di Elizabeth (Hanji non avrebbe saputo con cosa nemmeno se
con quelle decorazioni ce l'avessero colpita in faccia) e poi ci
sarebbe stato il matrimonio vero e proprio.
Questo significava che la sua lista era vuota, e quindi che avrebbe
avuto più tempo da passare con il nanetto rimasto in albergo. Si era
dispiaciuta per lui, per il fatto che lo aveva trascinato all'altro
capo del mondo per poi lasciato solo per un sacco di tempo. Lui le
aveva detto che andava bene, che stava esplorando sempre di più la
città ogni giorno che passava, ma questo non aveva fermato il suo senso
di colpa.
“Ci vediamo dopo domani. Fai quello che vuoi domani, ma non mangiare
niente più di quello che dovresti. Le tue guance non sono mai state
così piene da che mi ricordi. Vacci piano con gli spuntini, cara”
l'aveva ammonita senza nemmeno degnarla di uno sguardo sua madre, con
le labbra imbronciate.
Hanji aveva annuito mentre parlava, non facendo molto caso alle sue
parole, ci era abituata da un pezzo. “Certo, lo farò.” Anche no. “Ci
sentiamo più tardi. Mandami un messaggio se ti serve qualcosa!” le
aveva detto mentre scendeva dall'auto, facendole un rassicurante
sorriso girandosi verso di lei mentre attraversava la strada,
dirigendosi verso la sua stanza d'hotel.
Non vedeva l'ora di tornare nella sua stanza e semplicemente
chiacchierare con l'uomo coi capelli corvini senza interruzioni o
distrazioni. Era entrata nell'ascensore e aveva premuto il tasto “7”.
Aveva aspettato pazientemente che il macchinario scorresse verso il suo
piano, tamburellando con il piede per tutto il tempo. Quando aveva
fatto un “ding” le porte si erano aperte e lei le aveva attraversate
correndo in maniera come un'invasata verso il corridoio, cominciando a
bussare ripetutamente alla porta di legno, dato che aveva scordato la
chiave magnetica.
L'uomo le aveva aperto la porta con calma, un'espressione infastidita
sul suo viso. “Sei così chiassosa” aveva detto stancamente, atono,
facendola entrare.
Lei gli aveva fatto un gran sorriso in risposta. “Ti sono mancata, non
provare nemmeno a fare finta di no” lo aveva preso in giro mentre
chiudeva la porta dietro di lei. Lo aveva guardato mentre scuoteva la
testa alle sue buffonate. “Buone notizie, comunque, sono libera tutto
il giorno domani, e ho intenzione di passarlo tutto a sbaciucchiarti
fino a consumarti la faccia.”
“Sembra un buon modo per passare una giornata.” le aveva detto privo
d'accento.
“Lo sarà di sicuro.” gli aveva promesso con un sorrisetto furbo,
tenendogli il mento tra le dita guidandogli il viso verso il suo e
strusciano il naso contro quello di lui. Si era accigliato, ma l'aveva
lasciata fare come voleva, le sue palpebre si stavano facendo pesanti
mentre le fissava le iridi color seppia.
Erano rimasti entrambi in silenzio, mentre indugiavano nella presenza
l'uno dell'altra.
“Non ne dubito” aveva mormorato piano Levi, facendo aderire le sue
labbra a quelle di Hanji. Differentemente dai loro baci precedenti era
stato un bacio morbido, e avevano entrambi deciso che era piacevole
esattamente quanto gli altri.
~
Il giorno successivo era arrivato velocemente.
Levi e Hanji stavano seduti sul pavimento ai piedi del letto, lei
sdraiata supina con le gambe a dare calcetti in aria, lui con le gambe
accavallate, composto. Entrambi avevano in mano un mazzo di carte, non
avendo nient'altro da fare dato che fuori pioveva a dirotto. Hanji
aveva fatto una corsa al negozio dell'hotel per comprarle, tanto per
fare qualcosa nel frattempo.
“Lo sai Quattrocchi, non riesco a capire com'è che tu sia potuta
diventare... te stessa, essendo stata cresciuta dai tuoi genitori.”
aveva osservato Levi con noncuranza, i suoi occhi chiari a guardarla
prima che tornassero a leggere i numeri sulle carte.
Hanji aveva ridacchiato divertita al suo tentativo di far luce
sull'oscurità del carattere dei suoi genitori. Sua madre era una
prevaricatrice, eccentrica, rumorosa donna che sapeva come ottenere ciò
che voleva tramite la manipolazione. Suo padre era un uomo quieto,
intelligente, che preferiva seppellirsi nel lavoro piuttosto che farsi
vedere alla festa di compleanno per i dieci anni di sua figlia.
“Avresti dovuto conoscermi quando andavo al liceo.” Aveva sorriso,
mettendo giù le carte. “Ero una palletta di rabbia secca, sfigata che
tutti consideravano strana, o una di cui aver paura tanto da farsela
sotto” gli aveva risposto con una risatina noncurante.
“E cosa sarebbe cambiato da allora? Sei sempre strana, non lo
voglio negare, ma la parte rabbiosa è sparita, per la maggior parte.”
Dicendolo aveva messo giù le carte con aria trionfante.
Hanji aveva bofonchiato qualcosa e gli aveva passato una banconota da
cinque dollari.
“Una volta che mi sono allontanata dai miei e sistemata all'università
mi sono resa conto che vivere la vita con rabbia e insicurezza non era
uno stile di vita salutare. Mi sono trovata delle persone con cui mi
sentivo a mio agio e piano piano mi sono sentita bene anche con il mio
corpo e con la mia personalità. Mi sono adattata in un ambiente che
fosse lontano da loro, e preferisco che sia così da lì in poi” aveva
detto mentre tentava di mischiare il mazzo di carte.
“Non mi fraintendere, insomma, voglio bene a entrambi. Ma penso che sia
meglio, non solo per me ma anche per loro, che ci vediamo giusto per le
feste o che ci sentiamo per telefono una volta ogni tanto, capisci?”
Aveva continuato, mentre l'altro annuiva in risposta, comprensivo.
“Più di quello che credi, merdina occhialuta” aveva risposto.
“Hey, lo so che può sembrare improvviso – o magari no considerando i
nostri trascorsi recenti, ma a me piacerebbe sapere come possiamo
considerare la nostra relazione al momento” aveva detto, mirando con
precisione all'elefante nella stanza. “È solo che... l'ultima cosa che
vorrei per noi è che saliamo sull'aereo verso casa e che non ne
facciamo più parola di quello che è successo. Lo sai, tipo come alla
festa di Natale quand...” era stata interrotta dall'uomo prima di
finire la frase.
“Chiudi quella bocca, stronza**”. Le aveva detto secco, guadagnandosi
uno sguardo stranito dalla brunetta. “Va bene, parliamone allora.”
Hanji si era ripresa a quelle parole. “Immagino che tu abbia dei
sentimenti per me a questo punto. Voglio dire, come potresti non averli
dopo stamattina” aveva sorriso timidamente, gli occhiali riflettevano
la luce fioca della stanza.
Levi aveva alzato gli occhi al cielo alle sue parole. “Immagini
correttamente, Quattrocchi.” aveva ammesso seccamente.
Hanji aveva fatto dei versetti affettuosi, guadagnandosi uno sguardo
omicida in risposta. “È così tenero, Levi, pensavo che non avrei mai
visto il giorno in cui tu avresti ammesso di provare qualcosa per
qualcuno, tanto meno per me tra tutti. Mi piaci anche tu, ovviamente”
gli aveva confermato appoggiandogli una mano su una coscia, il suo
sorriso si allargava anche ai suoi occhi espressivi.
Levi si era un po’ sciolto di fronte alla sua espressione felice,
sentendosi appena a disagio per dove la conversazione stava andando.
Sapeva che Hanji lo conosceva abbastanza bene da sapere che non era la
persona più ciarliera del mondo. Era efficiente al lavoro, a sgridare
gli altri quando facevano cose sbagliate, ma non era capace di
esprimersi dolcemente come si dovrebbe quando si vuole una relazione di
lunga durata.
“Levi, lo so che stai pensando. E non mi aspetto che tu cambi la tua
personalità di centottanta gradi modificandola completamente per stare
insieme a me, di fatto è quello che voglio meno. Mi piaci esattamente
come sei, stronzo e tutto il resto” lo aveva rassicurato un po',
ridendo del cipiglio che gli si era dipinto sulla sua faccia.
“Affascinante, davvero” le aveva risposto.
“Proprio, sì!” lo aveva preso in giro, prima di tornare seria. “Non
voglio che questo modo un po' scemo che abbiamo di fare tra noi finisca
quando torniamo a Washington. Voglio continuare a baciarti, ad
abbracciarti, e tutte le altre cose che si fanno quando si sta insieme.
Ma non voglio che smettiamo di litigare, di discutere, di insultarci a
vicenda nel frattempo.”
“Bene” aveva risposto Levi semplicemente. L'aveva afferrata per la
maglia e trascinata più vicina. Lei aveva fatto dei versetti
soddisfatta, accoccolandosi contro il suo fianco, la testa appoggiata
sotto il suo mento. Le carte erano rimaste sparse sul pavimento vicino
ai loro piedi, quasi del tutto dimenticate mentre si godevano il rumore
costante della pioggia che batteva sulla finestra dell'hotel.
Hanji non riusciva a ricordare un altro momento in cui si fosse sentita
così contenta e a suo agio nella vita, segretamente sperava di potersi
godere la sensazione più a lungo possibile. “Aspetta che lo diciamo a
Erwin che usciamo insieme. Come pensi che reagirà?”
Aveva espresso questo dubbio ad alta voce, spostando la testa per
guardare l'uomo dai capelli neri.
“O sarà un po' stranito, o contento in maniera inquietante” aveva
osservato Levi senza troppo entusiasmo.
“Scommetto che partiranno subito le scommesse su quanto duriamo, lo
sai?”
“Quei fottuti bastardi. Se lo fanno, metà del bottino è mostro” aveva
aggrottato le sopracciglia per il fastidio.
“Dubito che saranno d'accordo” aveva osservato Hanji.
“Li convinco io ad accettare” aveva risposto lui, con un tono che non
accettava negoziazioni.
*Sleepyheadven ha usato l'espressione “kiss the daylights out of her”,
letteralmente, baciare la luce del giorno fuori da lei. In altri
contesti questa espressione verbo seguito da “daylights out of ” e
soggetto, è generalmente un rafforzativo: con il verbo beat per esempio
vuol dire che sei stato selvaggiamente picchiato, con il verbo scare
invece che ti hanno spaventato a morte. Con il verbo kiss è la prima
volta che lo vedo, quindi a senso ho pensato si potesse tradurre così.
**La causticità di Levi direi che nel fandom a volte è resa anche un
po' eccessiva. Che non gli escano i fiori dalla bocca siamo tutti
d'accordo, ma ho trovato questa risposta davvero pesante, sia quando
l'ho letta, sia durante la traduzione. Si può scavare nei vari
significati delle parole, ma Sleepyheadven qui aveva scritto proprio
"Shut up, asshole."E io così lo traduco, seppure mi fa storcere non
poco il naso.
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Capitolo 12 *** Capitolo Dodicesimo ***
Buonasera a tutti
Su stessa ammissione dell'autrice originale Sleepyheadven, che l'ha
scritto nero su bianco nelle note finali, questo capitolo non è stato
proprio scritto benissimo. Detto tra me e voi, secondo me non l'ha
rieletto neanche tanto bene. Lo dico senza voler essere sgarbata, ci
tengo a farlo presente perché ammetto che quello che andate a leggere è
il capitolo che ho tradotto più liberamente fino ad adesso, in quanto
tante cose scritte da lei risultavano strane persino in inglese. Il
senso generale si capiva, ma nella traduzione bisognerebbe scrivere
quanto più similmente lo ha fatto l’autore, e qui mi è stato spesso
impossibile.
Alcune cose particolari le ho spiegate in qualche nota, ma non volevo
annoiarvi troppo perché andare a leggere le annotazioni in fondo al
capitolo è comunque fastidioso e spezza il ritmo della lettura.
Spero vi soddisfi la mia interpretazione, in caso andate a leggere
quello che Sleepyheadven ha scritto in prima persona e giudicate da voi.
Con questo ci rimane solo l’ultima parte di questa piacevole
storiellina, che spero che vi stia divertendo.
A presto,
FoolThatIam
“Siediti più dritta, amore mio” l’aveva consigliata con discrezione la
mamma, piegandosi appena verso il tavolo mentre lo diceva.
Hanji aveva fatto come le era stato detto, raddrizzandosi
opportunamente senza un lamento. Sua madre era particolarmente
irritabile quel giorno, cosa comprensibile dato che era il giorno prima
del suo matrimonio e quello della sua cena di prova*.
“Bella cravatta**, Levi. Molto sofisticata” si era complimentata
annuendo in segno d’approvazione.
Hanji aveva spostato lo sguardo da sua madre all’uomo che sedeva alla
sua destra. Un piccolo sorriso le era salito alle labbra, mentre notava
il modo in cui si atteggiava. Sembrava essere molto più a suo agio di
lei in quello scenario, l’aveva persino aiutata a scegliere vestito e
scarpe per l’occasione.
“Grazie” le aveva risposto Levi compunto, con uno sguardo vacuo e
annoiato.
“Hanji, tua zia dovrebbe arrivare tra poco, sai” le aveva rivelato sua
madre con una smorfia, lasciando Hanji confusa. Era una buona o una
cattiva notizia? Sua zia e sua madre avevano un rapporto teso, era
stato così da che potesse ricordarsi. Ma dopotutto, sapeva che sua
madre avrebbe voluto la sua unica sorella al suo matrimonio. Giusto?
“Oh, davvero? Non vedo l’ora di vederla, non mi pare ci siamo più visti
dal Natale prima che voi trasferiste! Quanti anni ha Sasha adesso? Più
o meno diciassette o diciotto, giusto?” aveva esclamato eccitata
all'idea di rivedere la sua cuginetta che non vedeva da tanto. Non
erano state molto in confidenza quando erano piccole, dato che Hanji
aveva dieci anni più dell’altra, ma crescendo si era instaurato un
rapporto in cui lei era diventata una specie di sorella maggiore.
"Qualcosa del genere" aveva mormorato sua madre mostrando disinteresse,
facendo roteare il vino rosso nel bicchiere. "È arrivata ieri, e mi ha
scritto per messaggio che sarebbe stata qui in mezz'ora”
"Benone!" Aveva detto Hanji sorridendo. "Però non sembri molto contenta
di vederla…" Aveva cercato di indagare incuriosita.
"Al momento lei e tua madre non vanno d'accordo." aveva detto Nick non
curante, bevendo un sorso del suo drink poco dopo.
Levi aveva guardato Hanji, incuriosito da quale potesse essere la sua
reazione, che sorprendentemente aveva trovato indifferente.
"Oh, cosa è successo stavolta?" Aveva aggrottato le sopracciglia
facendo questa domanda alla madre.
“Mia madre e sua sorella non vanno d'accordo per la maggior parte del
tempo. Non c'è niente di nuovo.” Aveva detto all'uomo con i capelli
corvini sottovoce mentre sua madre sbuffava agitata.
"Non era molto d'accordo sul fatto che mi risposo così velocemente. Per
prima cosa, non sono affari suoi.”
Hanji aveva ridacchiato tra sè e sè. Sicuramente questa situazione
avrebbe garantito una serata movimentata.
In quello stesso momento, due facce nuove si erano fatte riconoscere
mentre entravano nel ristorante che sua madre aveva affittato per la
serata. Hanji si era subito alzata in piedi, praticamente saltellando
felicemente andando a salutare sua zia e sua cugina.
"Zia Mel, è così bello vederti!" Hanji l'aveva avvolta in un abbraccio,
chiudendole decisa le braccia intorno.
"Oh cielo, ma guardati!" aveva detto la donna ridendo, i suoi
caldi occhi marroni che la guardavano incredula. "Posso ancora
immaginarti come quando avevi sei anni e le codine, Han!"
“Considerando che sono ancora praticamente uguale ad allora, non ne
dubito!" aveva detto ridendo, dandole un'ultima strizzata prima di
passare a sua cugina che stava guardando lo scambio con un grosso
sorriso in faccia. "Accidenti ma guardati Sasha, non sei più una
bambina, eh?" aveva osservato Hanji andando ad abbracciarla con lo
stesso entusiasmo.
"Non proprio," aveva ammesso Sasha con un sorriso divertito.
"Bene, sedetevi e mangiate!" aveva detto Hanji facendo cenno alle sedie
libere accanto a lei, davanti ad Armin e al suo amico, lo stesso che
aveva spiato lei e Levi mentre parlavano, qualche giorno prima quella
settimana. Levi infatti l'aveva guardato male tutta la sera.
"Sì, sto morendo di fame." aveva detto Sasha, felice dell'invito,
mentre Hanji sedeva di nuovo vicino al suo ragazzo.
"Elizabeth…" aveva salutato sua zia in maniera fredda.
"Melanie, felice che tu ce l'abbia fatta venire." aveva risposto a sua
madre in maniera altrettanto fretta.
Armin si era schiarito la gola, nel tentativo di dissipare l'aria tesa
che si era posata su di loro nel giro di pochi minuti. "Ciao, sono
Armin, e questo è il mio amico Jean." aveva presentato se stesso e
l'amico che gli stava seduto accanto alla nuova teenager che si era
seduta di fronte a lui.
Sasha gli aveva sorriso con la bocca piena, china sul suo piatto. "Sono
Sasha, piacere di conoscere entrambi!" aveva inghiottito girando lo
sguardo su di loro. "Senti, ma lo finisci quello?" Aveva detto
indicando il cibo nel piatto di Armin.
"Oh, mi sa di no …" facendole cenno di servirsi, nascondendo appena una
certa sorpresa.
"Zia Mel, ti presento il mio ragazzo Levi.” aveva detto Hanji indicando
l'uomo seduto accanto a lei. Per la prima volta da che era in Francia
l'aveva detto senza effettivamente mentire a qualcuno. Però
tecnicamente stava mentendo a proposito della bugia, fatto che in quel
momento le creava una confusione in testa con cui non aveva voglia di
avere a che fare. "Levi, questa è mia zia Melanie! È la ragione per la
quale sono così appassionata di tutto ciò che riguarda le piante."
"Piacere di conoscerti, Levi! Hanji adorava fare giardinaggio con me.
Non che mi fosse di molto aiuto dato che per qualche ragione mi
sradicava le petunie, ma la adoravo comunque" aveva scherzato sua zia,
mentre sua madre le guardava infastidita.
"Felice di conoscerti anch'io, al posto tuo l'avrei presa a calci nel
culo" aveva detto Levi in tono asciutto.
Gli occhi di Hanji erano schizzati su sua madre, che sembrava sorpresa
dal fatto che dalla bocca di Levi fossero uscite delle parolacce,
mentre Melanie aveva fatto un piccolo sorriso.
"Credimi, ne sono stata tentata" aveva messo tranquillamente."Quindi da
quanto tempo è che uscite insieme?"
Un giorno e mezzo, aveva pensato Levi tra sé e sè.
"Sei mesi, ma ci conosciamo da molto più tempo." aveva risposto
Hanji senza neanche pensarci.
Fin qui, tutto bene.
Per i successivi dieci minuti le cose tutto considerato erano andate
bene. Sua madre e il suo fidanzato si erano messi a conversare fitto
fitto con una coppia che non le era stata presentata. Armin e Jean
stavano chiacchierando a voce bassa, occasionalmente coinvolgendo Sasha
a proposito di come fosse vivere in America, ma la ragazza era troppo
presa dal mangiare per essere veramente interessata ai loro discorsi.
Levi continuava a guardare Hanji occasionalmente, sorseggiando il suo
drink e guardando la situazione disastrosa mentre si dipanava davanti a
lui, ben nascondendo che sotto sotto lo divertiva. Ogni tanto stringeva
la mano di Hanji, per rassicurarla.
"Mia sorella qui è sposata da vent'anni, giusto Melanie? Hanno
considerato di divorziare, nessuno è perfetto!" Elizabeth aveva tentato
di rallegrare l'amica che le sedeva vicina al tavolo con cui stava
conversando. Sembrava imbronciata, Hanji presumeva per problemi di
cuore.
Sasha era rimasta a bocca aperta a sentirla, si era voltata verso sua
madre ad occhi spalancati. "Tu e papà avete considerato il divorzio?”
aveva ripetuto incredula, mettendo giù la forchetta e girandosi per
guardarla meglio.
Melanie si era fermata, agitata dall'improvviso cambio della
conversazione. "Noi… No, non più, non ci stiamo più pensando da tempo."
"Perché non mi hai mai detto che le cose andavano così male?" Sasha si
era adombrata, cercando di non alzare la voce. Non riusciva ricordarsi
di un singolo momento in cui i suoi genitori avessero avuto discussioni
così brutte da averli portati a discutere se volessero rimanere
insieme. Era stata così cieca?
"Perché non volevamo trascinarti dentro questa situazione... guarda che
hai combinato, strega…" Aveva concluso soffiando come un gatto verso
sua sorella, sbattendo le mani sul tavolo. Armin era sussultato,
spaventato dal rumore che quel gesto aveva causato.
"Io non ho cominciato niente, Mel. Ho semplicemente rivelato dei fatto
che stavi nascondendo a tua figlia, che razza di modo è di fare il
genitore?” aveva detto visibilmente provocatoria, tornando poi a
girarsi verso l'amica con cui stava parlando prima.
"Tu rinfacci a me di essere un cattivo genitore? Questo deve essere un
cazzo di scherzo, Elizabeth." l'altra donna aveva apertamente riso. Gli
sguardi di Hanji e Levi palleggiavano da una donna all'altra, intanto
che lo scambio di vedute andava avanti.
La zia si era messa a riflettere con cura sul dire un meno quello che
sapeva. “Perché non dici ad Hanji di tutte le volte che hai fatto
entrare uomini estranei in casa mentre Chris era via per lavoro? Cosa
dici a proposito del fatto che nei primi tempi della tua relazione con
Nick tu vedevi un altro? Che te ne pare come esempio di essere un
cattivo genitore?” Era scoppiata ad alta voce.
Nick subito si era defilato dalla conversazione che stava tenendo con
alcuni suoi amici, guardando Elizabeth con aria scioccata e incredula.
“Mi hai tradito?” Aveva chiesto calmo, mettendo mettendo giù il suo
bicchiere di whiskey.
Elizabeth aveva esitato, non avendo avuto il tempo di organizzare
propriamente i suoi pensieri.
“Sì, l’ha fatto.” Aveva detto Melanie prima che lei potesse formulare
un pensiero coerente in sua difesa. “È per questo che sono così
contraria a questo stupido matrimonio.”
“Basta!” Era intervenuta Hanji con uno sguardo severo rivolto a a
entrambe.”Potreste tutti calmarvi un attimo? Questo non è il momento nè
il luogo di mettersi a discutere di cose simili.”
“Non devi preoccuparti di questo, me ne sto andando. Armin, fatti
accompagnare da Jean.” Aveva detto arrabbiato Nick, andandosene via in
un soffio. Alcuni dei suoi amici lo avevano subito seguito e il tavolo
era caduto subito in un gelido silenzio mentre tutti guardavano verso
la porta dov'era sparito.
Armin aveva esitato rimanendo in piedi, Jean l'aveva imitato. “Vado a
parlarci, non preoccuparti.” Aveva detto cercando di rassicurare
Elizabeth con un piccolo sorriso che tuttavia era sembrato più che
forzato.
“Non penso che sia una buona idea, Armin. È ubriaco fradicio in questo
momento, non ascolterà né te, né nessun altro.”
Jean si era rabbuiato al pensiero, ma uno sguardo scioccato e sorpreso
gli si era dipinto subito in faccia quando aveva visto Elizabeth
alzarsi dalla sua sedia e afferrare un cupcake mezzo mangiato. Potevano
tutti immaginarsi cosa sarebbe successo mentre la donna tirava in
faccia sua sorella il dolce.
Hanji era rimasta bocca aperta alle azioni di sua madre, gli occhi
spalancati come quelli di un gufo mentre guardava la glassa del
dolcetto gocciolare dalla faccia di sua zia, che cercava di aprire gli
occhi impastati senza riuscirci. Sasha si è era incupita vedendo che
sua madre era stata assalita, furtivamente aveva preso un cucchiaio di
gelato. Aveva chiuso un occhio e preso la mira sul suo target:
Elizabeth.
Aveva caricato il colpo e lasciato andare, tirando il freddo dessert
verso la zia. Sfortunatamente Elizabeth si era mossa all'ultimo
momento, e la ragazzina brunetta non aveva potuto che guardare
atterrita mentre mancava il bersaglio del tutto, e al suo posto colpiva
in pieno il ragazzo di sua cugina, quello con la faccia poco
raccomandabile.
Armin e Jean avevano strizzato gli occhi, resistendo all'impulso di
nascondersi dietro di lui. Elizabeth non sembrava colpita, ancora
disperata se ne stava imbronciata a proposito della fuga del fidanzato.
Hanji immediatamente si era messa in moto, afferrando tre tovaglioli
insieme per ripulire alla bell’e meglio il suo ragazzo. Ma aveva
fallito, infatti aveva fatto anche peggio.
Levi aveva scostato la sua mano emettendo una specie di basso ringhio,
il gelato alla vaniglia gli gocciolava dalla faccia. Aveva preso uno
dei fazzoletti dalle sue mani e si era pulito la faccia con un fare
minaccioso mentre i suoi occhi semi chiusi puntavano pericolosamente i
commensali davanti a lui.
“Ascoltatemi, branco di fottuti idioti.”
Hanji aveva trattenuto lo scroscio di risa che stava per scapparle
dalla gola. Levi aveva continuato. “Tu, merdina e te biondino, andate
fuori e cercate di recuperare quel raccapricciante bastardo. Tu,
Elizabeth, vedi ti fare pace col tuo cazzo di cervello, sarà il caso
che te ne vieni fuori con qualcosa di davvero intelligente se vuoi
cavare le gambe da questa situazione. Per quanto riguarda me e Hanji
torniamo all'hotel così posso togliermi di dosso questi vestiti sporchi
e ghiacciati. Se scemo e più scemo non riescono a recuperare Nick, ci
rincontriamo qui e lo cerchiamo tutti insieme” aveva ordinato con un
fare talmente perentorio che tutti l'avevano ascoltato con attenzione.
“Uhm… sissignore” aveva detto Armin schiarendosi la gola, seguendo le
sue indicazioni e afferrando Jean per una manica, correndo fuori dal
ristorante poco illuminato senza guardarsi indietro.
“Mamma, vedrai che va tutto apposto, te lo prometto. Levi e io
passeremo la notte con te per tenerti compagnia se Nick non torna, ma
lo farà, non preoccuparti!” Aveva detto tutto d’un fiato Hanji, mentre
Levi non sembrava affatto contento all'idea, era stato d'accordo però.
“È stato bello rivederti zia Mel, anche te Sash! Mi dispiace che la
serata sia finita com’è finita” si era scusata con uno sguardo appena
imbarazzato prima che Levi la trascinasse via del ristorante,
visibilmente agitato.
“La tua famiglia mi diverte molto di più quando non sono con loro,”
aveva detto Levi seccamente, mentre Hanji rispondeva sospirando
rumorosamente.
“E tra l'altro eri così bello, peccato.” Hanji si era imbronciata,
andando a toglierli i capelli avviso, che si erano fatti appiccicosi e
incrostati. “La mia è una famiglia di pazzi. Quando avevo dieci anni
mia nonna ha tirato un prosciutto cotto in braccio a mio nonno perché
non era d'accordo con lei a proposito di qualcosa che aveva detto di
suo fratello, o qualcosa del genere.”
“Sono abituato la pazzia, Quattrocchi, sono tuo amico da quattro anni”
Levi aveva detto alzando un sopracciglio.
“Sì, ma non ti ho mai tirato volutamente del gelato addosso, in mia
difesa” aveva ribattuto Hanji.
“No, però mi hai versato addosso il caffè bollente.”
“È peggio?”
“Sì, fottuta idiota”
-
“Armin, dove va Nick quando è di cattivo umore?” Aveva chiesto Hanji
nella speranza di ritrovare il fidanzato di sua madre. Si erano tutti
messi a girare per le strade dopo che Nick si era rifiutato di
rispondere al telefono. Erano circa le nove mezza di sera, l'oscurità
era caduta sulle belle vie della città. Il ragazzino biondo era
sembrato in rofonda riflessione per alcuni secondi.
“Di solito va da Elizabeth quando è arrabbiato, quindi non sono
sicuro.” aveva risposto con sincerità, con un'alzata di spalle. “Quando
ero più piccolo era solito fare il giro dei bar con i suoi amici,
quindi credo che sia questa la cosa più probabile.”
“E quindi dovremmo andare a cercarlo in tutti i peggiori bar di Parigi?
Non c'è qualcos'altro che puoi dirci?” Aveva detto Levi impaziente,
incrociando le braccia al petto.
“Che posto era quello di cui tuo padre parlava sempre? Dawk’s, giusto?”
Aveva detto Jean, guardando verso il suo amico, il biondino un po’ più
basso di lui, per conferma. Armin aveva fatto per parlare, ma era stato
subito interrotto.
“Benone!” Aveva detto Hanji prima che il biondo potesse replicare,
congiungendo le mani in un applauso per una volta. “Andiamo allora,
facci strada, Armin.” Gli aveva fatto un gesto per invitarlo ad
accompagnarli.
“Aspetta, cosa gli diciamo quando l'abbiamo trovato? Non penso proprio
che verrà volentieri con noi, ad essere onesti” aveva commentato Sasha,
con aria perplessa, spostando il suo peso da un piede all'altro. “E a
proposito, sono molto dispiaciuta di averti ricoperto di gelato, Levi.
Non era te che volevo colpire.” Si era scusata la brunetta, intimidita,
lasciando uscire una risatina nervosa mentre lo diceva.
“Considererò di perdonarti una volta che avrei pagato il conto la
lavanderia, pischella.” Aveva detto senza un tono particolare Levi, il
suo sguardo stoico intimidiva la ragazzina. Hanji gli aveva dato una
leggera gomitata nello stomaco, facendo in modo che quello sguardo si
spostasse su di lei.
“Non sono sicuro di che strada prendere da qui. Jean, hai il GPS nel
telefono? Il mio è morto.” Armin aveva guardato Jean che riluttante
aveva tirato fuori il suo telefono cellulare dalla tasca dietro dei
pantaloni.
“Va bene, ma le spese extra di connessione le paghi te, Arlert.” Aveva
detto tra il serio e il faceto, digitando il nome del bar che dovevano
raggiungere per farsi strada verso di esso. Il gruppetto era rimasto in
silenzio mentre aspettava che Jean desse loro le indicazioni, Hanji si
dondolava sui talloni, pronta lo scatto.
“È da questa parte” aveva indicato Jean verso la strada che avevano
davanti, continuando a guardare lo schermo del telefono.”In effetti non
è poi così lontano come credevo. Sembra che tuo papà non sia così matto
come sembra.” Jean aveva sorriso ironico, guardando velocemente verso
il suo amico in tempo per notare la sua espressione appena un po'
offesa.
“Scusa.” Si era scusato dopo un secondo. “Tu non sembri nient'affatto
come lui, te lo prometto.”
Armin aveva resistito all'impulso di roteare gli occhi alle parole del
suo amico coi capelli biondo cenere, scacciando il fatto che trovava
interessante parte delle cose che aveva detto.
“Dovremmo sbrigarci se vogliamo avere la possibilità di comunicare con
lui prima che si ubriachi troppo e non si ricordi nemmeno come si
chiama.” aveva suggerito con calma.
Tutti si erano dichiarati d'accordo, avevano cominciato a muoversi con
Jean davanti al loro che li guidava.”Che succederà se si rifiuta di
andare avanti con il matrimonio domani?” Aveva chiesto Sasha dopo
qualche minuto di silenzio.
“Beh, mia mamma probabilmente si appiccicherà a me, tornerà a Seattle,
trasformerà la mia vita in un inferno, mi cambierà tutti gli arredi di
casa e… Oh Dio, Levi, non possiamo lasciare che questo matrimonio sia
annullato, Gesù Cristo.” Gli occhi di Hanji si erano fatti grandi, in
evidente orrore.
“Lo trasciniamo fuori con la forza quel bastardo se dobbiamo” aveva
risposto semplicemente Levi.
“Non che lo vuoi rapire, vero?” Sasha aveva fatto un'espressione tesa,
spaventata per la risposta che poteva ottenere.
“Ma ovviamente no!” Era intervenuta Hanji prontamente. “Beh, almeno,
sulle prime non lo faremo” aveva corretto la sua precedente ammissione,
cercando di ignorare l'espressione preoccupata che si dipingeva sulla
faccia di Armin.
“Rapimento o no, sono abbastanza convinto che ci ritroveremo di nuovo
su una specie di scena del crimine quando rientriamo.” Aveva detto Jean
parlando piano.”Elizabeth e Melanie sembravano pronte a saltarsi alla
giugulare nel momento in cui fossimo andati via.”
“Fanno sempre così” aveva detto Sasha incupendosi all'idea. “Hey Hanji,
ti ricordi quando si tirarono i capelli vicenda il giorno del
Ringraziamento perché mia mamma si era scordata di cucinare il tacchino
perché era convinta che ci pensasse tua madre?” Sasha aveva fatto un
risolino divertito nel ricordarlo.
“Sinceramente cerco di non ricordarlo. Comunque ammetto che trovo inl
modo che hanno di accapigliarsi affascinante. Non hanno nessuna pietà,
e certamente, non mostrano nemmeno senso di colpa quando si rendono
conto che una è riuscita a far male all'altra.” Aveva detto Hanji con
un tono quasi intimorito, cosa che aveva causato uno sguardo
preoccupato di Jean. “È come il cerchio della vita, capisci?”
“…certo”, aveva risposto Armin esitante.
“Pare che ci siamo quasi, compagni” aveva annunciato Jean, staccando
gli occhi dalla mappa sul telefono.”Giusto pochi minuti.”
A queste ultime parole i loro sforzi si erano concentrati nel
raggiungere il piccolo pub che Nick spesso visitava quando aveva avuto
una brutta giornata. Avevano evitato con decisione gli idioti ubriachi
che se ne stavano in strada, la cui presenza rendeva ovvio il fatto che
lì ci fosse un posto dove distribuivano alcool. E proprio come aveva
assicurato loro Jean, poco dopo siamo trovati davanti un piccolo
edificio rivestito di legno con un’insegna al neon con scritto ‘Dawk’s
a caratteri spessi. L'espressione di Hanji era quella della
determinazione mentre guardava l'entrata del bar. Lo sguardo freddo di
Levi si era posato sulla brunetta accanto a lui, le aveva preso la mano
fredda e gliel'aveva stretta per rassicurarla. Lei gli aveva sorriso
con gratitudine in risposta, i dubbi e le preoccupazioni che
affollavano la mente si erano giusto un po’ dissolti a quel gesto.
“Questo matrimonio domani si farà se dipende da me.” Aveva promesso con
sicurezza. “Andiamo, bel ragazzo” aveva detto quasi vezzeggiandolo a
Levi, trascinandolo verso la porta, gli altri li avevano seguiti poco
distanti.
Sasha era riuscita a trovare Nick in mezzo alla folla, se ne stava
seduto al bancone del bar con aria triste, in mano aveva un bicchiere
piano di un liquido color miele. Levi aveva alzato gli occhi al cielo,
coprendo la distanza che lo separava da lui per andare a sbrigare
questa faccenda. Più velocemente la risolvevano, prima si sarebbero
sposati. Prima si sposavano, prima Hanji sarebbe potuta tornare a casa.
“Ohi, Nick.” L'aveva richiamato Levi, catturando la sua attenzione.
L'uomo in questione si era girato nel sentire il suo nome, facendo
versi di fastidio nel vedere chi fosse.
“Cosa vuoi?” Aveva borbottato innervosito, prendendo un piccolo sorso
del suo drink
“Cosa vogliamo?” Gli aveva fatto eco Hanji incredula, andando a
mettersi accanto al suo ragazzo. “Vogliamo che torni e che risolvi le
cose con mamma. Nick, guarda, capisco perfettamente perché sei
arrabbiato adesso, ma domani ti sposi, e per far funzionare un
matrimonio hai bisogno di mettere l'orgoglio da parte e discutere le
cose con lei fino a che non si sono risolte. Io non ho mai visto mamma
così felice da che mi ricordi. Torna a casa, dai, sono sicura che ti
spiegherà tutto come si deve.” Hanji aveva sospirato finendo di parlare.
“Avrei dovuto saperlo che non mi sarebbe stata fedele. Tradiva suo
marito con me, per l’amor di Dio” aveva detto Nick arrabbiato, il suo
pugno si stringeva intorno al bicchiere con forza.
“Ascolta, questa cosa possiamo farla con le buone o con le cattive,
cosa preferisci Nick?” Aveva chiesto Levi con un tono annoiato, il suo
sguardo freddo e impenetrabile puntato direttamente verso l'uomo
davanti a lui. Sasha, Armin e Jean siamo scambiati uno sguardo
perplesso dietro di lui.
“Io preferirei che ti facessi gli affari tuoi, nanetto” aveva risposto
Nick irritato, lo sguardo gli si era rabbuiato.
“E con le cattive sia.” Levi aveva sbuffato esasperato, aveva preso
l'uomo bruscamente per il colletto. “Tu farai pace con Elizabeth e ti
sposerai, o ti gonfio di botte. Hanji mi aiuterà, e credimi, è
sorprendentemente brava a menare cazzotti.***”
“Levami le mani di dosso.” L'uomo s'era ribellato, sibilando in una
rabbia crescente.
“No, finché non ti decidi a parlare.” Aveva risposto Hanji prima che
potesse farlo Levi.
“Papà, fallo, dai. Lo so che sei innamorato di Elizabeth, quindi magari
parlarle risolverebbe la situazione. Se dopo ancora non sarai
soddisfatto di come sono andate le cose, puoi andartene e non guardarti
mai più indietro.” Era intervenuto Armin, esponendo la sua opinione al
padre attraverso la piccola folla che si era radunata intorno a loro.
“No!” Aveva gridato cocciutamente Nick.
“Tu vieni con noi,” gli aveva detto Levi spingendolo bruscamente fuori
dal bar con la forza. Gli altri quattro lo avevano seguito velocemente,
per non perderlo nella folla che occupava il posto.
-
Erano arrivati a casa di Elizabeth con un taxi. I ragazzini erano
andati in cucina a cercare qualcosa da mangiare, mentre Hanji e Levi
stavano appoggiati alla testiera del letto di una delle stanze degli
ospiti che c'era in casa di sua madre.
”Pensi che faranno pace?” Aveva chiesto Levi con la testa appoggiata in
grembo ad Hanji.
“Mh, difficile a dirsi, onestamente. Ma io scommetterei sul fatto che
domani si sposeranno.” Aveva detto piano Hanji, facendo scorrere le
dita tra i suoi capelli, guardandolo. Gli occhiali le erano caduti un
po' sul naso, ma non si era curata di rimetterli a posto.
“Sono due persone di merda, quindi non mi stupirebbe se andasse così.”
Aveva detto Levi roteando gli occhi al cielo, Hanji aveva scosso la
testa divertita le sue parole.
“Mamma ce la sta mettendo tutta.” Aveva tentato di difenderla, con
scarso successo.
“Facendo cosa? Svelando segreti, tirando dolci in faccia alla gente e
su tutto questo, facendo cornuti tre uomini alla volta?” Aveva elencato
Levi con calma, la bocca ferma in una linea dritta.”È una persona di
merda” aveva affermato disgustato.
“Per essere onesti, tu hai trascinato con la forza un vecchio ubriaco,
quindi non definirei anche te esattamente una brava persona.” Gli aveva
detto scherzosa Hanji.
“Non ho mai detto di essere una brava persona. E comunque tu stamattina
hai fatto puzzare il bagno, e questo dovrebbe essere considerato un
crimine a prescindere” aveva detto dandole un colpetto con il dito
indice sulla fronte, con un'espressione irritata dipinta sui suoi
lineamenti.
“Hey! Ti avevo avvertito prima che entrassi” gli aveva risposto subito,
mentre lui scuoteva la testa guardandola.
“Sei disgustosa” aveva risposto, e lei aveva riso forte alle sue
parole. La stanza si era fatta silenziosa mentre entrambi pensavano
cosa dire dopo.
“Ti meriti di essere trattata meglio di come ti tratta lei” le aveva
detto Levi in un momento di riflessione.
Hanji aveva sorriso calorosamente, gesto che le aveva illuminato gli
occhi, aveva aperto bocca per replicare, era stata interrotta da un
suono piuttosto inquietante, che somigliava stranamente un “oh mio
Dio.”
“Lo stanno facendo!” Aveva esclamato Hanji a voce alta, disgustata.
“Cosa?” Aveva replicato Levi sedendosi, disgustato anche lui.
“Mi hai sentito! Questi sono gemiti, oddio.” Era riuscita a contenere
delle roboanti risate. “Vanno avanti da dieci minuti” gli aveva detto
riuscendo a malapena a respirare, tenendosi lo stomaco.
“Non è divertente, cazzo, me ne vado prima riescano a finire.” Le aveva
detto con fermezza, cominciando ad alzarsi.
“Dai a Nick un po' di fiducia, Levi. Hanno cominciato solo da pochi
minuti.” Aveva detto Hanji ridendo divertita di naso alla sua battuta,
gli occhi stretti per la risata.
“Sei la persona più stupida che conosca.”
“Ma mi ami lo stesso.”
“Sfortunatamente.”
“Aspetta… cosa?” Hanji aveva smesso di ridere, istantaneamente era
tornata seria e l'aveva guardato con occhi grandi. Levi era rimasto
gelato su posto, incredulo di di averle apena detto quella cosa in
faccia, dato che si frequentavano da poco più di ventiquattr'ore.
“Niente, adesso sei diventata anche dura d’orecchi?” Aveva ringhiato
Levi sulla difensiva, i suoi occhi chiari privi di emozione mentre la
maschera di apatia che spesso si metteva sul viso si intensificava.
Lei aveva sorriso furbetta, spostandosi camminando sulle ginocchia
verso i piedi del letto, dove poi era rimasta seduta su queste.
“Hai appena ammesso che mi ami, Levi.” Aveva detto in tono sornione.
Lui l'aveva guardata come se avesse dei pugnali negli occhi, con un
fare immaturo non voleva cedere alle sue prese in giro.
“No, non l'ho fatto, maledetta…”
“Va bene, caro.” Lo aveva rassicurato Hanji con un piccolo sorriso,
poggiando una mano sulle sue spalle. Lui si era rassicurato appena, ma
era comunque sull'orlo.
“Non non c'è ragione di imbarazzarsi, anche io sono inamorata di te.”
Gli aveva confessato dolcemente.”Penso di esserlo da un pezzo, in
verità. C'è voluto che ci comportassimo come una coppia per
realizzarlo, che è una cosa stranissima per essere sinceri e…”
“Hanji” l'aveva interrotta mentre straparlava, lei lo aveva guardato
dubbiosa in risposta.
“Eh?”
“Chiudi la bocca.”
E con quelle parole l'aveva attirata se per un dolce bacio intrecciando
le mani nella sua coda di cavallo scomposta, Hanji aveva lasciato che
un sorriso fiorisse sulle sue labbra nel mezzo di quel bacio. Ed era
andata così almeno fino a che il gemito di un altro uomo simile a un
grido li aveva fatti staccare l'una dall'altra.
“Ewww” aveva esclamato Hanji rabbrividendo visibilmente.
“Maledetti” aveva mormorato scontento Levi.
*Dinner rehearsal, tradotto letteralmente. È un’usanza americana per
cui la sera prima del matrimonio gli ospiti principali dello stesso si
riuniscono a cena e aprono ufficialmente i festeggiamenti.
**Cravat, sinonimo poco usato per dire cravatta, che di solito chiamano
“Tie”. Nel fandom americano usano questo corrispondente per intendere
la cravatta simil ottocentesca che Levi porta anche nel manga, che
onestamente non so se abbia un nome proprio in italiano e internet non
mi aiuta, per cui lascio “cravatta”, tanto avete capito di che sto
parlando.
***L’espressione “sucker punch” che Sleepyheadven usa descrivendo la
capacità di fare a botte di Hanji secondo Levi, tecnicamente significa
dare un cazzotto a tradimento, quando l’avversario meno se lo aspetta,
quindi non ha neanche un’eccezione particolarmente positiva. Nel
contesto si capiva che Levi volesse intendere che Hanji era
sorprendentemente brava a menar cazzotti, per cui l’ho tradotto così,
anche se non sarebbe proprio esatto.
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Capitolo 13 *** Capitolo Tredicesimo ***
Eccoci all’ultimo capitolo!
Se avessi dovuto lasciare una recensione scritta a questa storia, avrei
detto che complessivamente l’autrice si era inventata una trama
frizzante, godibile, tenera nel suo genere. Ma avrei dovuto anche
aggiungere che come storia presenta a mio parere anche molti difetti: a
tratti i personaggi sono eccessivamente stereotipati, la stesura non è
precisa e presenta lacune logiche in certi passaggi. Sebbene sia di
ambientazione AU, quindi in un contesto che poteva mantenersi molto
libero,forse lo ha fatto anche troppo.
Considerando che Sleepyheadven doveva avere forse nemmeno vent’anni
compiuti quando l’ha scritta è un buon lavoro, e se avesse continuato a
scrivere probabilmente a quest’ora chissà come sarebbe diventata brava.
Dal suo account su Ao3 mi pare che non l’abbia fatto, peccato, ma le
auguro ogni bene per qualsiasi cosa abbia fatto nella sua vita,
purtroppo l’ho completamente persa di vista da quel periodo lì.
Vi chiederete dunque, ma se questa storia ti è piaciuta relativamente,
perché hai sentito l’esigenza di farne una traduzione?
Semplice: perché qualcuno in questa sezione, in questo sito, ha deciso
deliberatamente quattro anni fa di tradurla sommariamente e spacciarla
per sua, e questo mi ha personalmente indignata tanto, principalmente
per due ragioni
La prima, quella ovvia: da una che scrive a sua volta, so che richiede
impegno e fatica farlo, perché quando scrivi una storia devi fare
necessariamente uno sforzo logico per renderla interessante,
significativa, coerente con le tue idee e per il lettore da leggere, e
chi di voi scrive sa che persino per una semplice fan fiction non è
nient’affatto facile tutto questo. Prendersi questo lavoro
intellettuale già fatto e spacciarlo per proprio, beh, non va bene, ma
proprio per niente.
La seconda cosa che mi ha indignata è che questa persona pensava di
farla franca, forse perché credeva di essere l’unica a leggere da siti
internazionali o addirittura ad avere le competenze linguistiche per
farlo… ci voleva fregare, diciamo le cose come stanno.
Quello che è fatto è fatto, e dopo qualche anno non pensiamoci più. Vi
lascio a questo breve capitoletto finale sperando che, mentre
correggevo quello che considero un torto, di avervi anche fatto
divertire, sebbene ci sia voluto così tanto per vederla finita.
Andate da Sleepyheadven
e riempitela di kudos e di recensioni se potete, anche se è passato un
po’ di tempo sono certa che apprezzerà!
Un saluto affettuoso dalla lenta e rompiscatole traduttrice,
FoolThatIam
“Come sto?”
Hanji aveva fatto un balzo fuori dal bagno con un sorriso luminoso,
facendo goffamente una giravolta per fargli vedere il vestito.
Lo sguardo annoiato di Levi si era addolcito quando si era posato su di
lei, ammirando quanto fosse carina in quel momento. La luce del sole
che arrivava dalla finestra alla loro destra faceva risaltare
delicatamente la sua abbronzatura, e Levi si era rifiutato di ammettere
che il cervello gli fosse andato in pappa a quella vista.
“Bellissima” era stato capace di dire, quasi strozzandosi.
Hanji si era rallegrata al complimento, tirando fuori una risata
rumorosa che aveva colorato le guance pallide di Levi.
“Oddio, non ci posso credere che mi hai appena detto una cosa simile.”
Levi aveva rotolato gli occhi al cielo a quelle parole, avvicinandosi a
lei e afferrando il suo mento spingendola a guardare in basso.
“Ti manca qualcosa, cretina.” Aveva notato, buttandolo lì come un dato
di fatto, guardando i suoi occhi marroni guardarsi intorno in
confusione.
“Cosa?” Aveva chiesto Hanji inclinando la testa.
“I tuoi occhiali di merda”
Si era sorpresa di sentire quelle parole, ma aveva subito fatto
un'espressione disinvolta, almeno esteriormente. “Ah, mi è stato
specificatamente detto di non metterli stasera” aveva detto guardando
in alto, sembrando più che infastidita mentre le parole uscivano dalla
bocca.
“E seguirai queste indicazioni?” Aveva chiesto Levi alzando un
sopracciglio.
Hanji aveva lasciato che un sorriso le ingentilisse le labbra.”No.”
Aveva risposto scuotendo la testa, abbassandosi appena e dandogli un
bacio veloce sulle labbra. “Penso di essere stata abbastanza insultata
e fatta oggetto di prepotenza. È il mio turno di ribellarmi, sai?”
Levi avevano annuito, nascondendo la sua soddisfazione con cura mentre
si staccava da quell'abbraccio. Si era guardato nell'alto specchio che
stava nell'angolo della stanza, aggiustandosi la cravatta.
”È pronta?”* Aveva chiesto senza espressione, giusto per chiudere
quella conversazione.
“Penso di sì” aveva risposto Hanji non troppo convinta, camminando
verso l'armadio per prendere i suoi occhiali dalla montatura nera. Gli
aveva messi frettolosamente sul naso, le macchie di colore confuse
avevano riacquistato un contorno.
“Che dici, ci avventuriamo di sotto mio caro?” Gli aveva detto
offrendogli il braccio, che lui aveva preso dopo un momento di
contemplazione.
~
La cerimonia matrimoniale era stata lunga e stancante. O perlomeno lo
era stata dal punto di vista di Levi. Si era seduto controvoglia vicino
a Jean, il ragazzino chiacchierone del coffe shop, e all'umorale zia di
Hanji. I suoi occhi chiari avevano visto Eren dondolare le gambe avanti
indietro impaziente, ogni tanto gli usciva un lamento a voce alta,
prima che suo padre lo sgridasse per farlo stare zitto. Sua madre,
Carla, sedeva in silenzio vicino a Elizabeth, un caldo sorriso le
illuminava il volto mentre la cerimonia andava avanti. Più importante
di tutti era la donna con cui si era ritrovato incredibilmente in una
relazione, che stava dritta e graziosa accanto a lei.
Il vestito le si era sgualcito ad un certo punto, la pettinatura
intrecciata che Elizabeth le aveva fatto fare stava cominciando a
disfarsi. Gli occhiali spessi che sua madre le aveva intimato di non
mettersi se ne stavano orgogliosamente sulla sua faccia, ingrandendo i
suoi occhi color cioccolato.
Con abilità raffinata dall’esperienza, era riuscito a eliminare nella
sua testa il suono della voce di Nick ed Elizabeth. Quelle che
sembravano delle promesse infinite continuavano, straparlavano ancora e
ancora di quanto si adorassero l’un l'altra.
Hanji lo aveva salutato con la mano, non troppo discretamente, l'uomo
con i capelli corvini gli aveva restituito uno sguardo senza
particolare espressione, scuotendo la testa a quel gesto.
Era raggiante mentre se ne stava lì in piedi. Aveva un sorriso luminoso
mentre guardava la coppia con un misto di genuina felicità per la madre
e di sollievo per non dover avere a che fare con lei, nel caso tutto
fosse andato a rotoli.
Adesso, dopo la cerimonia, sarebbero potuti entrambi volare a casa il
giorno dopo. Levi non aveva una grande esperienza in proposito di
relazioni amorose, quindi si chiedeva se la sua lingua tagliente lo
avrebbe messo nel guai ad un certo punto. Sarebbe stato capace di
gestire il disordinato modo di vivere che Hanji aveva fatto suo?
L'aveva guardata, e il modo in cui esasperatamente gli faceva
l'occhietto gli aveva dato una risposta; assolutamente sì.
“E adesso vi pronuncio marito e moglie, puoi baciare la sposa.” Aveva
detto l'officiante alzando la voce per farsi sentire, e Levi aveva
osservato annoiato mentre la coppia si abbracciava e si concedeva un
breve bacio. L'eccentrica risatina di Elizabeth aveva risuonato nella
chiesa non appena si erano staccati, insieme ad incitazioni gioiose
applausi. Levi aveva guardato alla sua destra dove Melanie sedeva e
guardava la scena con un'espressione stoica, mentre Sasha sorrideva e
applaudiva.
Il ragazzino con i capelli biondo cenere seduto accanto a lui stava
applaudendo riluttante, gli occhi fissi su un particolare ragazzino con
i capelli biondi, prima di chinarsi lentamente verso l'uomo capelli
corvini.
“Quanto pensi che dureranno?” Aveva riso, la sua voce usciva con un
forte accento francese. Levi aveva ruotato gli occhi al cielo, non
voleva essere disturbato da queste facezie.
~
“Non ci posso credere che non ti sei portato qualcosa per tenerti
occupato durante il volo. Di nuovo.” Hanji aveva scosso la testa, e
Levi aveva spostato gli occhi dal finestrino per metterli sulla
scomposta brunetta che gli sedeva accanto.
“Non mi sembra che ci sia niente nemmeno tra le tue mani, faccia di
merda.” Aveva osservato Levi come a dire una cosa ovvia.
“Beh, speravo che ti fossi portato un libro o un film perché mi sono
dimenticata pure io.” Aveva ammesso con una risatina, la luce che
arrivava da fuori si rifletteva sulle sue lenti.
“Mi sa che sono bloccato a socializzare con te per le prossime undici
ore. Meraviglioso.” Aveva detto stancamente e senza un’espressione
particolare Levi.
Hanji aveva colto l'ironia nel suo tono e aveva riso alle sue parole,
andando a scompigliarli i capelli neri.
“Tu mi ami, nanetto! Ammettilo, non vorresti niente di diverso.” Aveva
detto con sicurezza, mentre lui la guardava accigliato tentando di
sistemarsi capelli.
“Ma che cazzo sei, fuori?” Le aveva sibilato, entrambi avevano notato
lo sguardo che la madre seduta davanti a loro si era voltata per
rivolgerli. Hanji le aveva sorriso come per scusarsi, Levi invece
l’aveva guardata malissimo.
“Occhio alle parole, caro” lo aveva ammonito scherzosamente Hanji. “E
per rispondere alla tua domanda di prima, no, sono ancora dentro
l'aereo.”**
“Sei una scema” aveva ribattuto Levi prontamente.
“Inoltre, essere fuori di sé dalla contentezza conta qualcosa?” aveva
aggiunto Hanji, ignorando del tutto le parole di quel brontolone del
suo ragazzo.
“No,” le aveva risposto Levi asciutto. “Ohi, almeno hai mangiato
qualcosa prima di lasciare l’hotel?” le aveva chiesto, ricordandosi di
come era scappata sotto la doccia mentre lui ordinava la colazione in
camera.
“Ho mangiato un sacchetto di patatine. Perché, sei preoccupato per me
amore mio?” lo aveva preso in giro, dandogli un colpetto con il gomito.
“Certo che lo sono, scema” le aveva risposto con un tono addolcito.
Hanji gli aveva rivolto un caldo sorriso, gli aveva afferrato il mento
e posato un bacio sulle labbra. “Apprezzo che ti preoccupi per me, ma
sto bene. Credimi, sono stata senza consumare un pasto decente anche
per molto più tempo.”
“Questo dovrebbe farmi stare più tranquillo?” aveva chiesto alzando un
sopracciglio.
“Certo che dovrebbe!”
All’improvviso, una voce calma era uscita dall’interfono istruendo
tutti i passeggeri di allacciarsi la cintura e di spegnere i
dispositivi elettronici che avevano portato con loro. Entrambi avevano
seguito le indicazioni e Hanji si era accomodata nel suo sedile
aderendo allo schienale, aspettando il decollo.
Levi aveva messo una mano tra le sue, si era voltata verso di lui
vedendo i suoi occhi chiari diretti al finestrino, il mento appoggiato
al palmo della sua mano. Guardarlo le suscitava un sentimento di
tenerezza, gli aveva stretto la mano.
Una cosa era certa, sarebbe stata per sempre grata a sua madre per i
suoi modi invadenti, perché se non fosse stato per lei era sicura che
quel momento sarebbe stato diverso da come effettivamente era. Forse
sarebbe stata seduta accanto ad un bambino in lacrime, o un vecchietto
puzzolente, e per questo era grata.
Avrebbe mai confessato a sua madre i suoi che l'aveva ingannata?
Probabilmente no. La loro altalenante relazione era migliorata nel
corso delle due settimane appena passate? No, non lo era - semmai, era
persino peggiorata. Ma per una volta non aveva rimpianto di essere
andata a trovarla, ed era qualcosa che poteva finalmente ammettere.
“Lo sai, sei un figo a modo tuo” gli aveva detto all’improvviso, il suo
tono era addolcito da una risata.
Levi l’aveva guardata di rimando, un sorrisetto gli increspava le
labbra. “Tu sembri a posto.”
No, aveva pensato Hanji, nessun rimpianto alcuno.
*Immagino si riferissero alla sposa, ma Sleepyheadven non lo specifica,
quindi non lo faccio nemmeno io.
**Qui c’era una battuta che tradotta in italiano preciso non avrebbe
avuto senso: "Are you fucking high?”, letteralmente: “Sei fottutamente
in alto?”, ma intendendo la parola high nel significato di strada,
quindi “Ma che ti sei drogata?” La risposta di Hanji era stata qualche
battuta dopo “[]no, seeing as we haven't taken off yet”, ovvero “no,
dato che non siamo ancora decollati”. In inglese ha un senso, in
italiano ho cercato di rendere la battuta come meglio potevo.
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