Mi rialzo

di PettyVeggySayan
(/viewuser.php?uid=798572)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01: Menzogna ***
Capitolo 2: *** 02: Flashback ***
Capitolo 3: *** 03: La nuova squadra ***



Capitolo 1
*** 01: Menzogna ***


Capitolo 01: Menzogna.

Erano circa due ore che il piccolo Vegeta stava chiuso in quella stanza senza la possibilità di uscire, poiché Zarbon -un servo fedele di Freezer- aveva sigillato la porta, e le due finestrelle erano troppo alte, chiuse, e coperte da tende nere; e ormai aveva perso la cognizione del tempo.
C'era uno spiraglio di luce che entrava nella stanza grazie ad uno strappo nella tenda, altrimenti sarebbe rimasto completamente al buio. E ne aveva paura. Eccome...
Rimpiangeva, in cuor suo il piccolo principe, di non aver ascoltato i saggi ma austeri consigli del padre.
Freezer l'aveva salvato dall'esplosione di Vegeta-Sei, il suo pianeta, per la sua notevole forza fisica, eppure lui non si era mai allenato sul serio. Si esercitava solo quando era obbligato, ma le cose che faceva erano straordinarie e tutti lo osservavano strabiliati, consapevoli che il loro principe aveva già superato il padre. E lui era l'unico ad ignorare questa cosa. Perché voleva, o forse perché davvero non lo sapeva.
Si stava annoiando, solo, su quella panchina gelida. Fece così apparire un piccolo Ki sulla punta dell'indice, e iniziò una conversazione, per passare il tempo.*
Si attorcigliò la codina allo stivale bianco, facendo ondeggiare le gambe; ma sentì dei passi e si bloccò. Il sangue gli si congelò nelle vene, senti un nodo alla gola. Paura.
Era paura.
Quella maledetta emozione proibita.
Quella stessa emozione che l'ammirato padre non provava mai, e Vegeta desiderava più di ogni altra cosa essere come lui: forte, saggio, imbattibile. Così lo vedeva. Nonostante sapeva che era appena morto, lo sentiva dentro.
Uno scatto e la porta si aprì.
“Vieni fuori,” disse Zarbon, “principino.” aggiunse con sarcarmo.
Serrò i pugni, aggrottò lo sguardo che fino a poco prima era un misto fra l'annoiato, il preoccupato e il rilassato. Perché fin dal primo giorno di vita era stato messo sotto pressione e due ore da solo erano come aria fresca. Si alzò, e serissimo, accolse con un'apparente menefreghismo la notizia:- Vegeta-Sei è esploso a causa di una collisione con un altro pianeta.
Già sapeva tutto però, perché lo sentiva, lo sentiva nel suo cuore.
“Stupidi”, pensò. “Sono solo un bambino, ma che Vegeta-Sei l'ha fatto esplodere il verme lo so. So tutto.” Fece finta di credere alla menzogna, poi gli fu mostrata la sua camera e passò il resto della giornata così, solo con i suoi pensieri.
“A causa tua non verserò una lacrima, giuro.”




*Cosa non tanto intelligente, conversare con un Ki, ma tutto sommato aveva solo 7 anni. Perdonatelo XD.

Nota autrice: sono tornata dopo lunghi mesi che non scrivevo e ho già gli altri capitoli, appena li miglioro li pubblico, probabilmente oggi. Questa è una serie di flashfic e oneshots che riprendono i momenti più devastanti della vita di Vegeta, sia da piccolo che da grande; i momenti che lo hanno segnato facendolo diventare quello che tutti conosciamo, all'inizio dello Z.
Questo capitolo è un po' cortino, lo so, ma il prossimo sarà più lungo.
Spero vi piaccia, se trovate errori ditemelo nelle recensioni :)

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 02: Flashback ***


                                                         MI RIALZO

 

Capitolo 02: Flashback

 

Il puzzo di cadavere era nauseante e le immagini che i suoi occhi vedevano erano altrettanto assurde.

Ma era tutto finito, finalmente.

“Radish, le navicelle sono verso est, giusto?” disse al compagno di guerra, un altro sayan scampato senza un apparente motivo alla distruzione.

“Sì.” rispose, e il piccolo si avviò, tenendosi con una mano il braccio ferito e sanguinante, che un essere viola gli aveva trapassato con la spada durante una delle ultime lotte corpo a corpo.

La realtà sul ragazzo più grande era un'altra. Lui era stato spedito un'ora prima della distruzione di Vegeta-Sei su un pianeta per conquistarlo ma non ci era riuscito e, ferito e in fin di vita, era andato su un piccolo pianeta sotto la dominazione di Freezer per farsi curare.

I medici lo informarono delle cose successe al pianeta Vegeta, che non esisteva più, e che la sua vita era incerta da quel momento, poiché il Capo poteva volerlo morto come gli altri Saiyan.

E quando voleva una cosa la otteneva. Indipendentemente dalla grandezza della richiesta.

Stranamente decise di lasciarlo vivere e, con lui, Nappa, spedito sullo stesso pianeta insieme a lui ma arrivato su quello di Freezer due giorni dopo l'amico.

 

Il bambino aspettò Radish, poi entrò nella navicella e insieme si avviarono alla base.

Il suo rientro non fu come pensò...

Decisero che sarebbe stato proprio lui a dare la notizia positiva ai “Padroni”, così entrò nella Sala Suprema -mentre Radish si rilassava- dove Freezer passava le sue giornate a dare ordini, allenarsi e bere quel sangue che tanto sembrava vino.

“Signore, la missione è giunta al termine. Siamo riusciti a sottomettere Rulmeen.*” disse sicuro di sé. Era fiero del lavoro compiuto.

“In sette giorni, idiota.”

“Non mi sembra una cosa grave, Signore.” disse. Non gli piaceva chiamarlo Signore, ma preferiva vivere... così si sottometteva, si inchinava. Si comportava bene, anche se era molto, molto difficile.

Si sentì afferrare da dietro le braccia, sentì un colpo alla schiena e il braccio malamente ferito iniziò di nuovo a bruciare e perdere sangue.

Fu strattonato tanto violentemente che cadde sulle ginocchia, però non fu un segno di onore verso i suoi superiori, non si sarebbe mai inginocchiato di sua volontà. Mai.

Guardò Freezer dritto negli occhi, e il suo sguardo trasmetteva un odio infinito, e una punta di paura.

“Vieni, seguimi.” ordinò l'uomo dai capelli verdi e la pelle turchina, liberando Vegeta dalla stretta presa; che gli causò altri lividi.

Il bambino si sentiva oppresso e spaventato, aveva paura che le gambe non obbedissero ai suoi comandi, ma era tutta paura. Perché già stava camminando dietro Zarbon.

Si trovò davanti una porta, deglutì e trattenne il respiro sperando che l'uomo non se ne accorgesse.

Il suo cuore batteva a mille, sentiva la testa pulsare ma non si fece indietro. Sia per paura sia per l'onore, quell'onore che ogni Saiyan deve avere.

Così gli era stato insegnato, e così aveva imparato.

Il suo orgoglio da Saiyan nessuno l'avrebbe mai spezzato e in quel momento era l'unica certezza che aveva.

Quando entrò si sentì morire.

La stanza era bianchissima, con diversi aggeggi e strumenti di tortura, e le pareti erano circolari e alte.

Zarbon gli fasciò la ferita con non curanza, poi gli prese i polsi e li legò. Dopodiché lo appese, tramite la corda che gli aveva unito le piccole braccia muscolose, ad un pezzo di ferro rialzato, e lo lasciò lì, appeso e stanco.

Forse erano passate 4 ore, Vegeta non lo sapeva.

Il torturatore era ancora lì a guardarlo con un ghigno soddisfatto e le braccia conserte, gli aveva fatto del male, e ne andava fiero.

Lo slegò, e cadde a terra con le braccia gonfie e indolenzite.

Lo attaccò all'improvviso e il bambino non riuscì a schivare quasi nessun colpo.

Un pugno, poi un altro, poi un calcio.

“Perché...?” chiese all'improvviso; e non ricevette risposta.

Si sentiva piccolo, indifeso e vulnerabile, e non poteva fare nulla, ma nonostante ciò non si arrese.

Zarbon continuò per quasi altre due ore a maltrattare quel corpo che oramai non aveva neanche più vestiti addosso, completamente stracciati e ridotti a brandelli.

Poi il principe si arrese, svenne, e fu portato in infermeria.

Quando si sveglio era stremato, aveva sete e fame, non sapeva se era notte o giorno e nessuno gli era accanto.

Solo.

Solo e ferito.

E spaventato.

 

Ad un tratto la porta si aprì e una ragazza giovane gli portò un pasto abbastanza abbondante, e una lettera.

 

Caro principino,

come ti è sembrato l'allenamento?

Duro, faticoso, doloroso?

Devi migliorare la tecnica e la velocità, altrimenti ti ritroverai in questa stanza centinaia o migliaia di volte. Non che mi dispiaccia, lo dico per te.

Stai tranquillo, ci farai l'abitudine. Fai in fretta a rimetterti, e non avere paura. I Saiyan non ne hanno, giusto?

Che pena mi fai...

-Lord Freezer, tuo Padrone.”

 

Quelle parole lo ferirono, mentre leggeva immaginava l'insopportabile voce stridula di Freezer, col suo continuo sarcasmo pungente, con il suo modo di fare che tanto odiava.

Si chiedeva perché gli aveva inviato una lettera, addirittura.

La cosa peggiore fu “Tuo Padrone”. Non smetteva mai di dirglielo. Mai.

 

Provò a mettersi a sedere ma appena ci riuscì la testa girò talmente forte che dovette rimettersi sdraiato.

Così mise le mani dietro la nuca e chiuse gli occhi per riposare, ma la sua mente gli regalò immagini di ricordi poco carini che avrebbe voluto soltanto dimenticare.

Vegeta era già stanco...

 

* * * * *

 

“Vegeta, devi impegnarti. Rialzati subito!” gli urlò suo padre all'orecchio sinistro.

Il bambino però si sentiva morire, era steso a terra e non riusciva più a muovere un muscolo.

La sua posizione era talmente innaturale che sicuramente aveva più di un osso rotto, ma al Re sembrava non importare più di tanto.

Girò piano il collo, fino a quando riuscì, e con uno sguardo terrorizzato chiese al padre perdono.

“Di cosa?” disse il sovrano. “Di essere così debole? Così nullità? Non capisco come fai ad essere mio figlio. Eppure lo sei, sei qui. E anche se non vali molto devo allenarti. È il mio compito. Quindi, cerca di migliorare.”

Vegeta era mortificato, suo padre era così severo con lui che non riusciva a sopportarlo, però gli voleva bene e ogni giorno sperava sempre di più di diventare come lui.

Il bambino ignorava che la sua forza era superiore a quella del padre, ma quest'ultimo lo sapeva. E lo spronava a migliorare, ma usava un modo troppo aggressivo che spingeva Vegeta ad odiare tutto, e a vedere tutto come un obbligo per non essere una maledetta delusione.

Re Vegeta prese suo figlio per il collo della maglietta, ma quando lo alzò vide il collo piegarsi e si accorse di aver esagerato.

“Perdonatemi...” disse il piccolo prima di addormentarsi fra le braccia muscolose -e poco affettuose- dell'uomo.

Con una sensazione di rimorso, fece medicare suo figlio che riuscì ad alzarsi dopo pochi giorni.

Ma dopo quelle parole, nulla fu più come prima.

 

Il principino vagava, ancora bendato, nel corridoio del Palazzo Reale. Era furibondo, straziato, ma reprimeva tutto. Sapeva che i pochi bei momenti passati col padre non sarebbero tornati, perché l'aveva chiamato nullità. Perché l'aveva ferito, fisicamente ed emotivamente, come nessuno aveva mai fatto.

E lui perdonava, forse, ma non dimenticava.

 

Ed era consapevole che mai avrebbe dimenticato questo, ultimo, doloroso allenamento col padre.

 

E in quanto al padre, gli voleva bene sì... ma conosceva il piano di Freezer, e desiderava salvare almeno suo figlio. Coi suoi allenamenti voleva mostrare a tutti la sua strabiliante forza.

E il suo piano funzionò.

 

* * * * *

 

Vegeta strappò la lettera, e si addormentò... cullato dai suoi incubi.

 

*Rulmeen è una parola inventata da me, credo. Ho fatto una piccola ricerca e non ho trovato niente in merito.
Nota autrice: Sono tornata dopo pochissimo e finalmente dal Pc, così posso dare un aspetto migliore, spero, alla storia.
Se notate errori mi farebbe piacere saperlo nelle recensioni. Non ho molto da dire, ho varie storie pronte per essere pubblicate e in questi giorni sarò molto attiva sul sito.
Ringrazio chi ha recensito e ha messo la storia fra le seguite, trovandola interessante, e ringrazio in anticipo chi lo farà.
Probabilmente aggiornerò domani, o dopodomani, ma non faccio promesse.
Spero vi piaccia, vado a migliorare l'aspetto pure del primo capitolo.
A presto genteee
Nyan.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 03: La nuova squadra ***


Mi rialzo

 

 

 

Capitolo III - La nuova squadra

 

Beta-Reading (cliccare per info) a cura di Overlook (cliccare per pagina autore)

 

 

 

Trascorse un solo istante. D'improvviso, un lampo accecante illuminò la lugubre distesa che si estendeva dinanzi agli occhi del principe dei Saiyan, ancora bambino, il quale si trovava ormai disteso da parecchio tempo sull'impiantito in pesante metallo vetrato.

Ancora un altro assordante boato, poi... più nulla.

Il nero. Il più tetro dei colori, così colmo di vacuità, trasmetteva a Vegeta una raggelante sensazione, entro le pareti di quella base spaziale ove non era ammessa alcuna emozione. Dove ogni sentimento era represso, al solo scopo di dar vita a spietate macchine da guerra, in grado di uccidere senza provare il minimo rimorso.

Il giovane Saiyan si era chiesto spesso, se anche lui sarebbe diventato così, esattamente come già da tempo appariva: freddo, impietoso e crudele.

Da che ne aveva memoria, gli avevano sempre insegnato che dar retta alle emozioni rappresentava un grossolano errore, degno dei più infimi dei loro esponenti; a dirla tutta, un po’ lo credeva anche Vegeta, proprio lui che anelava alla perfezione.

D'un tratto, udì bussare alla porta e velocemente si sollevò. A braccia conserte, riavvoltosi la coda di scimmia intorno alla vita, biascicò annoiatamente un accenno di permesso: “Avanti, entra”.

Si fece avanti, spinta la pesante anta, una bambina. Non doveva aver avuto più di una decina d'anni. La sua pelle era di un color violaceo intenso e gli occhi rilucevano d’un azzurro cristallino, mentre tradivano malinconia e dolcezza. Il corpicino smunto e deperito acuiva l'impressione pietosa.

Vegeta represse dentro di sé un discreto moto di stupore.

“Lord Freezer mi ha mandato personalmente a chiamarti, Vegeta. Ti attende entro dieci minuti”, gli disse lei a voce tremula.

“Che...?”, fece Vegeta impensierito; si era appena guadagnato un mese di pace, ben trenta giorni durante i quali avrebbe potuto allenarsi, fare ciò che più gli andava a genio, libero dall'onere di stragiste missioni sui più disparati pianeti. Soprattutto, per una volta, non avrebbe dovuto dar conto a nessuno a proposito ciò che avrebbe scelto di fare.

Da tre anni era stato accolto da Freezer a bordo della sua base e lì, suo malgrado, aveva ben presto imparato le regole; non aveva più provato a ribellarsi, dopo le ultime conseguenze subite, tempo prima. Non faceva altro che alimentare e reprimere la propria ira, con il solo proposito di farla esplodere al momento più opportuno: quello in cui sarebbe stato in grado di ridurre in cenere il suo padrone, Lord Freezer. Tale genere di pensieri, alle volte, gli insinuava il logorante dubbio di essere già caduto, in quella follia da cui cercava di fuggire ogni giorno, in ogni momento. Sollevò, scocciato, gli occhi al cielo e strinse forte i pugni. Le unghie gli trafiggevano l'interno dei palmi, era l'unica maniera di non dare a vedere alcun moto dell'animo all'esterno di sè.

Martellante come la stonata melodia di un arrugginito carillon, soltanto un quesito invadeva la mente del guerriero.Che cosa voleva, Lord Freezer, da lui, proprio dopo avergli accordato quel periodo di riposo?

Serratosi la porta alle spalle e congedata sdegnosamente la ragazzina, Vegeta si avviò lentamente sino alla Grande Sala. Questa si presentava come una enorme stanza, dalle pareti circolari, in posizione centrale rispetto al resto della base spaziale. Era da lì che Freezer aveva modo di osservare ogni minima mossa della propria armata. Al tiranno piaceva trascorrere gran parte del proprio tempo lì dentro, ubriacandosi del proprio stesso, prevaricante potere. Aveva fatto convocare Vegeta allo scopo di affidargli uno squadrone d'assalto, infischiandosene bellamente del riposo concessogli.

Il Saiyan era in effetti l’unico essere di sua conoscenza a non essersi mai piegato completamente al suo volere. Freezer era ben conscio che qualcuno dei propri sudditi, di tanto in tanto, si permetteva, in gran segreto, di prenderlo in giro o almeno provava a farlo. Tuttavia, nel pieno del proprio distruttivo potere, talvolta stava al gioco in attesa del momento propizio, altre volte non attendeva più di un istante per far fuori l'insolente. Quel bambino, quel dannato bambino, però, non lo prendeva affatto in giro, pensava lui. Rideva di gusto, con quella sua bocca sanguigna ed affilata, schernendo l'orgoglio di quel ragazzino ormai principe del nulla. Gli dava solo sui nervi. Era soltanto un moccioso, tuttavia il livello di combattimento superava già molti dei suoi migliori sudditi; era soprattutto questo, a spaventare tanto Lord Freezer, che pure non avrebbe mai ammesso nemmeno a sé stesso tale timore. “Si tratta di una paura infondata...” - ripeteva tra sé e sé quando i dubbi lo assalivano come fantasmi senza catene alle spalle - “... La mia forza è ineguagliabile e se quel principino da strapazzo non impara a stare al suo posto, lo ridurrò in pezzi con le mie stesse mani”.

 

Il silenzio che ottundeva l'atmosfera all'interno della Grande Sala venne d'un tratto interrotto, così come l'incedere dei pensieri di Lord Freezer. Il chiassoso cigolio della porta metallica, sospinta da Vegeta, giunto al cospetto del proprio padrone, aveva un che di terribilmente inquietante. Il giovane Saiyan comparì dinanzi al tiranno, per un istante avvolto da un'ombra che lo fece assomigliare allo spettro di un'entità sovrannaturale. La cadenza dei suoi passi verso il centro della stanza tradiva in ogni caso una buona dose di fierezza, malgrado le circostanze. Vegeta, quando Freezer si sarebbe deciso a parlare, non avrebbe arpionato le proprie profonde iridi a quelle del suo interlocutore, come solitamente con chiunque faceva; con Lord Freezer era diverso...

“Salve Vegeta, che gioia vederti... Mi rincresce disturbarti, ma, come dire... La tua pausa è revocata. Sarai immediatamente messo a capo di una squadra di guerrieri e svolgerete quel che esigo. Bada, Saiyan... Questo è un ordine”. La lunga coda grigiastra e vagamente umida andò ad insinuarsi tra le caviglie di Vegeta, solleticandone appena la superficie. Il piccolo guerriero represse un moto di vero e proprio schifo.

“U- Una... squadra?”, gli rispose solo, rivelando una sospettosa inarcatura delle scure sopracciglia. Sino a quel momento era stato capace di dimostrare di sapersela cavare egregiamente, ma di certo non si sarebbe aspettato tanto presto un ordine del genere. Capì immediatamente di dover lasciare i compagni di sempre tra cui Radish e Nappa, per diventare comandante di un altro battaglione. Non poteva nascondere a sé stesso una certa soddisfazione, per l'affidamento di quell'incarico, ma al di fuori dei propri pensieri, nulla più che un sospiro sarebbe mai trapelato.

“Tra tre giorni incontrerai i tuoi nuovi sottoposti. Adesso va', va' via di qui”. Porgendogli la schiena e non un solo altro accenno d'emozione, Vegeta obbedì e l'oscurità, prima dell'apertura del portellone, tornò ad inghiottirne le fattezze.

 

 

 

-Fine-

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3669362