Il Principe

di IwonLyme
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Silenzio del Drago - Parte I ***
Capitolo 2: *** Il Silenzio del Drago - Parte II ***
Capitolo 3: *** Il Silenzio del Drago - Parte III ***
Capitolo 4: *** Il Silenzio del Drago - Parte IV ***
Capitolo 5: *** Il Silenzio del Drago - Parte V ***
Capitolo 6: *** Il Silenzio del Drago - Parte VI ***
Capitolo 7: *** Il Silenzio del Drago - Parte VII ***
Capitolo 8: *** Il Silenzio del Drago - Parte VIII ***
Capitolo 9: *** Il Silenzio del Drago - Parte IX ***
Capitolo 10: *** Il Silenzio del Drago - Parte X ***
Capitolo 11: *** Il Silenzio del Drago - Parte XI ***
Capitolo 12: *** L'Urlo del Drago - Parte I ***
Capitolo 13: *** L'Urlo del Drago - Parte II ***
Capitolo 14: *** L'Urlo del Drago - Parte III ***
Capitolo 15: *** L'Urlo del Drago - Parte IV ***
Capitolo 16: *** L'Urlo del Drago - Parte V ***
Capitolo 17: *** L'Urlo del Drago - Parte VI ***
Capitolo 18: *** L'Urlo del Drago - Parte VII ***
Capitolo 19: *** La Voce del Re - Parte I ***
Capitolo 20: *** La Voce del Re - Parte II ***
Capitolo 21: *** La Voce del Re - Parte III ***
Capitolo 22: *** La Voce del Re - Parte IV ***
Capitolo 23: *** La Voce del Re - Parte V ***
Capitolo 24: *** La Voce del Re - Parte VI ***
Capitolo 25: *** La Voce del Re - Parte VII ***
Capitolo 26: *** La Voce del Re - Parte VIII ***
Capitolo 27: *** La Voce del Re - Parte IX ***
Capitolo 28: *** La Voce del Re - Parte X ***
Capitolo 29: *** La Voce del Re - Parte XI ***
Capitolo 30: *** La Voce del Re - Parte XII ***
Capitolo 31: *** La Voce del Re - Parte XIII ***
Capitolo 32: *** La Voce del Re - Parte XIV ***
Capitolo 33: *** La Voce del Re - Parte XV ***
Capitolo 34: *** La Voce del Re - Parte XVI ***
Capitolo 35: *** L'Epitaffio del Re - Epilogo ***



Capitolo 1
*** Il Silenzio del Drago - Parte I ***


Grazie per esservi interessati alla mia storia. Vi auguro buona lettura! Alla fine ho lasciato alcune informazioni sul seguito. 

Il Silenzio del Drago - Parte I

Credevo che mio nonno mi impedisse di fare le cose che più mi piacevano. “Non uscire dal villaggio!”, “Non andartene per il bosco da solo!”, “Non uscire di casa senza permesso!”, “Non parlare con persone che non sono del villaggio!”, insomma, tutto si racchiudeva nella frase, almeno a mio parere, “Non osare divertirti!”. Io volevo fare tutto ciò che lui mi diceva di non fare. Credo che ad un certo punto non importasse più nemmeno cosa lui mi proibisse, che in me nasceva lo spirito di ribellarmi. Fu così che una volta finii per lanciarmi da un piccolo strapiombo rompendomi una gamba e ferendomi in diversi modi. Avrei dovuto capire allora che ciò che lui desiderava per me era solo che restassi al sicuro.
Di per sé disubbidire divenne la mia più grande specialità e la mia prima preoccupazione ogni mattina appena sveglio. Essendo ancora minorenne, cioè non avendo raggiunto i ventun anni di età, non potevo uscire dal villaggio da solo, così ero relegato tra quelle case che di entusiasmante avevano solo il ben più che probabile pericolo di cadere a pezzi. Il mio villaggio era in montagna, dunque faceva molto freddo, quando uscivi al mattino un gelido vento di tristezza e solitudine ti sbatteva contro la porta togliendoti tutto il calore che avevi nel corpo. Non avevo mai incontrato nessuno all'infuori degli abitanti tristi e soli di quel luogo e pensai, realisticamente, che a quell'altezza nessuno sarebbe venuto a cercarci.
La mia casa si trovava verso est rispetto al centro del paese, era piccola e si affacciava sul bosco scuro che scendeva giù, fino ai piedi della montagna. Vedere un così sconfinato paesaggio ogni giorno mi faceva sentire piccolo e fin troppo trascurabile. Odiavo essere ritenuto una nullità, non essere considerato. Lo odiavo perché così era come mi trattava mio nonno.
Mio nonno era un uomo carismatico, vecchio, sì, ma conservava un'aura di forza e determinazione che, attraverso quei suoi occhi scuri, traspariva con vigore, lasciandoti credere potesse fare qualsiasi cosa. Era quello che avrei definito “un uomo tutto di un pezzo”, ma dire che mi amasse o che fossimo in buoni rapporti è dire una completa falsità. Io lo odiavo. Mi rimproverava, mi metteva sempre alle strette facendomi notare solo i miei difetti, che conoscevo, per carità, ma sembravo avere solo quelli. Per lui ero una trascurabile e senza dubbio dimenticabile disgrazia. Era giovane per essere un nonno, però non aveva mai giocato con me, non aveva mai sopportato la mia vista per troppo a lungo. Gli unici ricordi buoni che ho di lui è quando da piccolo mi raccontava quelle noiosissime storie sui nostri avi, le nostre tradizioni e le nostre leggi. Le raccontava con lo stupore nello sguardo, fierezza stretta nel pugno e una sorta di rammarico perso tra le labbra. A cinque anni sapevo ormai perfettamente a menadito la storia di Ian il Temibile e il Perfetto Uccisore. Insomma un bambino non proprio normale.
Capii perché mio nonno mi odiava in quel modo, lo capii quando gli chiesi di mio padre. Mio padre era un tabù, tabù per il villaggio, tabù per mio nonno, tabù per me che non ne sapevo nulla. Nessuno parlava di mio padre. Mio padre era certamente la prima ed unica ragione per cui mio nonno mi odiava. Non conoscevo nulla di lui, non il nome, né perché non fosse più al villaggio, né cosa l'avesse portato alla scelta di abbandonarmi alle cure del padre di mia madre lasciandomi solo immerso nell'odio più insensato ed allo stesso tempo più reale. I genitori dei pochi bambini che c'erano nel villaggio non volevano che io giocassi con i loro figli, ero solo ed emarginato. Chiesi a mio nonno se in me ci fosse qualcosa di sbagliato, lui mi guardò dall'alto della sua robustezza con due occhi freddi e non rispose una sola parola, ma bastò quello sguardo per farmi capire che ero io ad essere sbagliato e non qualcosa in me.
Avevo un solo amico all'epoca, il suo nome era Elmer, ed era il figlio del capo del villaggio, motivo per cui molti smisero di emarginarmi. Elmer era solare, forte, un ragazzo che sapeva incutere timore soltanto guardandoti. Era il tipo di figlio, o nipote, che tutti avrebbero desiderato. Perfetto, circondato sempre da un'aura di importanza con quei suoi occhi azzurri profondi e quel suo fisico statuario. Era più grande di me di due anni ed era già diventato maggiorenne. Io l'avrei seguito quell'anno. Il momento in cui lo diventò fu stressante ed allo stesso tempo molto triste. Credevo che, inserito all'interno di quella società di adulti che vedeva in me una compagnia sbagliata, se non addirittura un'esistenza completamente odiosa, fosse portato a non voler più essere mio amico, a non volermi al suo fianco poiché rovinavo quella splendida immagine che lui riusciva a dare di sé. Inutile dire che Elmer non mi abbandonò. Ero ancora un buon amico per lui, sebbene sembrasse guardarmi con occhi diversi.
Quando si diventa maggiorenni si viene introdotti nella società degli adulti. Ti viene insegnata la lingua degli avi, le usanze, le leggende ed i più profondi segreti della nostra società. Elmer li aveva ovviamente imparati e sembrava aver appreso qualcosa, credevo riguardo mio padre, che l'avesse fatto riflettere su di me e quasi mi compatisse. Era difficile sapere di far pena a qualcuno per qualcosa che nemmeno avevo il diritto di chiedere.
Il padre di Elmer, il capo del nostro villaggio, era l'uomo più alto e prestante che io avessi mai visto. Io non ero molto alto, nemmeno piccolo, ma di certo non ero un energumeno gigantesco con una faccia truce e poco divertente. Mi chiesi più di una volta come fosse possibile che Elmer, alto, snello e bellissimo, fosse nato da quel colosso. In ogni caso suo padre non mi trattò mai come una completa nullità, anzi, sembrava avermi quasi in simpatia, sebbene credo che digrignare i denti non possa definirsi un vero e proprio sorriso. Non ci impedì mai di trovarci, anzi, vedendomi a casa sua sembrava più sollevato, tranquillo forse che non fossi fuori a fare danni. Si comportava più lui da mio parente di quanto non facesse il nonno.
Grazie alle leggende che mi erano state raccontate capivo bene la necessità di vivere nascosti, di escluderci dal mondo in un modo così totale, sarebbe stato pericoloso, addirittura fatale, se la nostra ubicazione fosse stata scoperta, tuttavia vivere in gabbia, imprigionato tra quelle case, era qualcosa che non riuscivo a sopportare. Il sentimento scavalcava la razionalità nel mio animo di ragazzo. A volte sapere di sbagliare non è sufficiente. Io volevo essere libero e tutte quelle costrizioni mi impedivano di vivere. Fossi stato amato e ben visto come Elmer lo era, ne sono sicuro, non avrei mai provato la necessità di andarmene, di vedere aldilà del bosco per scoprire se ci fosse qualcuno che sarebbe stato in grado di amarmi per ciò che ero. Lì, in quel villaggio, non servivo a nessuno.
Credo sia comprensibile volessi fuggire, andarmene, ma alla fine un rimasuglio di coscienza mi impediva di farlo, o forse era paura. C'era qualcosa che però mi avrebbe dato la libertà “legalmente” e, forse, grazie a quello sarei finalmente riuscito a farmi accettare: diventare maggiorenne. Essere ammesso alla conoscenza del popolo, andare a caccia, imparare la nostra lingua, forse in quel modo anche io sarei stato parte del villaggio. Né il nonno, né nessun altro poteva impedirmi di compiere ventun anni e finalmente il giorno si avvicinava. In me cresceva l'eccitazione. Essere ciò che ero nato per diventare, finalmente libero.
Una leggenda del mio popolo racconta che il primo di tutti noi, il nostro avo più antico, nacque senza forma, senza nemmeno un vero e proprio nome, divenne poi ciò a cui era destinato. Così il fiume del fato ci conduce a ciò che siamo destinati ad essere e lui era destinato a far nascere la nostra gente, ad essere il primo di tutti noi. Lento, diceva sempre mio nonno, il flusso delle acque ti indicherà la via, a volte sembrerà ignota, burrascosa perfino, ma alla fine, quando tutto sarà calmo, capirai cosa da sempre il fato aveva in mente per te. Nasciamo per un motivo ben preciso ed io credevo di sapere bene per cosa ero nato.
Credevo di essere nato per essere libero.
 
La primavera lasciò il passo all'estate. Sebbene la neve si fosse abbassata, il freddo pungeva le ossa, le tormentava. Raggomitolato sotto le coperte del mio letto tentavo di dormire ancora, ma ormai ero ben sveglio. Avrei dovuto alzarmi, camminare per una casa vuota, fissare il bosco e sentirmi piccolo ancora una volta. Avrei dovuto cedere alla monotonia della mia vita ancora per un giorno, capire e sopportare.
A volte, immerso tra quelle coperte, mi chiedevo cosa mio padre avesse mai potuto fare di così sbagliato per farsi odiare, e di riflesso far odiare me, in un modo così palese e profondo. La mia mente vagava dopo quel pensiero e cadeva ancora nel silenzio, augurandosi forse di non ripetersi una domanda così difficile e che non avrebbe trovato risposta. Non avrei voluto sapere cose orribili su mio padre, solo non volevo che mi riguardassero così da vicino. Ero forse io mio padre? Non lo ero, eppure mi sembrava di sbagliare tutto ogni giorno. Era come se la mia esistenza ripetesse lo sbaglio di mio padre all'infinito, ogni giorno che avevo di vita quello sbaglio si ripeteva, ed ero io a ripeterlo, inconsciamente, poiché non potevo decidere di non esistere o di essere diverso da ciò che alla fine ero.
Caduto in quel baratro di pessimismo prendevo così la decisione di alzarmi. Togliersi le coperte di dosso, solo quel gesto, era una prova di volontà e mi ci volevano almeno due tentativi prima di farmi coraggio e sfilarmi davvero dal caldo giaciglio ed infilarmi velocemente nei vestiti pesanti per recuperare il calore corporeo perduto. Vestito e pettinato andavo a fare colazione. Se ero fortunato il nonno mi aveva lasciato del pane, se invece non lo ero ci sarebbe stata solo un po' d'acqua da scaldare su un fuoco che andava acceso con pazienza. Quel giorno non fui fortunato. Andai così a prendere della neve fuori, nel piccolo giardino che c'era davanti alla mia casa, e vidi le impronte del nonno che a metà vialetto svanivano. Sospirai. Il giorno in cui anche io avrei potuto farlo era ormai vicino. Mi sentii subito più felice e rincuorato. Me ne tornai dentro con il mio pentolino pieno di neve. Afferrai quindi alcuni ciocchi di legno e li misi nella stufa. La accesi e ci piazzai sopra il pentolino. Mi sedetti per la lunga attesa.
I miei pensieri dondolavano così dal mio crudele destino, al mio imminente cambio di vita per poi tornare al pessimismo della mia condizione che non ero sicuro sarebbe cambiata. Essere, mi dicevo, uno come te comporta odio perfino quando non è più necessario. Non sapevo cosa significasse essere “uno come me”, ma credevo fermamente che ce ne dovessero essere altri. Non potevo essere l'unico appestato che il suo villaggio scansava. Immaginavo il mio villaggio mentre si incontrava con un altro villaggio della nostra razza, tutti avevano un doppione, due Elmer affascinanti, due nonni burberi, due capi del villaggio giganteschi ed io ed il mio clone, le pecore nere. Quel pensiero mi faceva deprimere ed allo stesso tempo la trovavo la situazione più buffa che sarebbe mai potuta capitarmi. Trovarmi lì con il mio doppio a parlare delle nostre sventure e dirci: “Una volta ho immaginato che il mio villaggio si trovasse con un altro villaggio ed io avessi così l'opportunità di conoscere uno tale e quale a me, pazzesco no?”.
Di solito il pentolino che sobbalzava sopra la stufa mi risvegliava dai miei assurdi viaggi mentali. Mi alzavo, lo versavo in una tazza ed appoggiavo quest'ultima sul tavolo deserto, per poi lasciarmi di nuovo cadere sulla sedia. Così fissavo i piccoli riflessi luminosi che la luce candida della montagna procurava al piccolo specchio d'acqua nella mia tazza. Fino a poco prima era stata neve, ora era lì, dentro la mia tazza. Lei, solo trasportata dal vento, aveva fatto più strada di me ed aveva certamente visto più cose. Io la bevevo, ma non ne venivo dissetato, la mia era sete di tutt'altro tipo.
Il silenzio cadeva nei miei pensieri e, mentre sorseggiavo l'acqua, il vento batteva contro le finestre chiuse, rumoreggiava come un fiume in piena e imperversava tra gli alberi del bosco. Un'altra giornata noiosa e senza molto senso. Un'altra giornata passata a fare il conto alla rovescia. La mia preoccupazione di trovare un modo per non rispettare le raccomandazioni del nonno si era mutata nell'ossessione di diventare maggiorenne, nulla sembrava più importante. Credevo che fosse una cosa che mi era dovuta. Nessuno è obbligato a volerti bene, a trattarti come meriti, ma loro mi dovevano quel diritto, anche io sarei diventato parte della società degli adulti anche senza il loro benestare. Pensavo che nulla me l'avrebbe impedito. Era impossibile che il mio villaggio non seguisse le tradizioni, impossibile, e nemmeno nel mio caso ci sarebbe stata un'eccezione.
Mi alzai dal tavolo e mi preparai ad uscire di casa. Fuori il vento ondeggiava, la neve cadeva fine e si fermava a terra, dormiente. Il piccolo giardino era percorso tutt'intorno da una staccionata robusta, oltrepassarla aveva sempre significato trasgredire le regole. In quel momento il cancelletto lasciato semiaperto da mio nonno mi sembrava, più verosimilmente, una via d'uscita, un nuovo mondo pronto ad accettarmi. La neve ricopriva quasi interamente tutta l'erba, che avevo visto ben poche volte nella mia vita. Sul lato destro, vicino alla staccionata, c'era un grande albero, molto alto, in quel momento, come in quasi ogni periodo dell'anno, era coperto anche lui di bianco. Aveva delle foglioline sottili, pungenti come aghi, ed io non lo ricordo mai verde, nemmeno quando la neve non c'era, era sempre bianco nei miei ricordi, come se quello fosse di fatto il suo colore.
Se di mio padre non si poteva parlare, di mia madre conoscevo molte cose. Immaginavo perché il nonno odiasse mio padre, pensavo che ne avesse ogni ragione se per causa sua la mamma era come la ricordavo. Tuttavia mi era incomprensibile come anche io potessi essere nel torto ai suoi occhi. Mio nonno amava mia madre, era la sua figlia prediletta, l'unica figlia che avesse. Quando mia madre era ancora in vita il nonno era diverso, attanagliato dal dolore, ma più gentile. La mamma morì quando compii sei anni. Il nonno da quel momento mutò nell'uomo burbero che mi crebbe. Credo che lui pensasse di non aver più nulla al mondo, io non ero importante.
Quell'albero così vecchio e rugoso, ma così brillante e di un colore così assurdo per un albero, mi ricordava mia madre. Lei, che, dopo avermi dato alla luce, non era stata più molto lucida, ora lo so, lo chiamava “il Principe”. Da giovane, così mi disse, su quell'albero aveva incontrato un principe, alto e bellissimo, con gli occhi come il cielo, pieni di nuvole. Mi disse che insieme a lui era uscita dal villaggio, aveva scalato le stelle e corso sull'arcobaleno, insieme a lui aveva quasi toccato il sole. Io, a quel punto della storia, le chiedevo che fine avesse fatto quel principe. Lei mi rispondeva sempre che probabilmente era ancora lì sull'albero ed aspettava che lei salisse di nuovo. Allora io domandavo ancora perché lei non ci andasse. Lei placida mi guardava e sospirando concludeva che ormai non poteva più toccare le nuvole. Nei miei pensieri quell'albero rimase il Principe che mia madre ricordava con tanto affetto e nostalgia, ma non provai mai il desiderio di scoprire se la sua storia fosse vera o meno, forse proprio perché alla fine sapevo già la risposta.
Mio nonno dunque aveva perso una figlia, ed ora certo si comprende di più il suo astio ed il suo brutto carattere, però, pur comprendendo io stesso che lui avesse di fatto qualche ragione, io non volevo sottomettermi a quel fato così ingiusto, volevo poter vivere la mia vita a modo mio e libero finalmente toccare anche io le più bianche nuvole.
 
La sera giunse inaspettata, come se l'attenderla una giornata non l'avesse resa scontata, anzi, così impensabile era stata la sua venuta da renderla speciale. Il nonno e gli altri adulti stavano arrivando. Io avevo preparato la cena. Il giorno dopo sarebbe stato il mio compleanno, il mio ventunesimo compleanno. Aspettai il nonno vicino al tavolo volendo chiedergli alcune cose. Se non avessi voluto parlare con lui me ne sarei tornato nella mia camera e non mi sarei mai accorto del suo ritardo. Di solito rientrava appena faceva scuro, mangiava e se ne andava a letto. Invece quella sera tardò. Quella sera non entrò dalla porta di casa insieme al buio.
Non vedendolo arrivare, cominciai a pensare. Il sospetto ed uno strano presentimento mi morsero immediatamente lo stomaco. Il nonno che tardava il giorno prima del mio compleanno, del compleanno che mi avrebbe reso maggiorenne. Prima l'ottimismo mi disse che probabilmente era andato a prendermi qualcosa, qualche regalo anticipato che mi avrebbe facilitato il giorno dopo. Questo pensiero riuscì a tranquillizzarmi per qualche istante. Tuttavia poi il pessimismo parlò con voce chiara sussurrando alla mia mente il sospetto che in realtà qualcosa stesse cambiando, che, odiato com'ero dal nonno, non potesse essere andato a prendermi un regalo, bensì, essendo un anziano, a cambiare quelle tradizioni così ferree che mi avrebbero assicurato un posto nel villaggio.
L'agitazione mi colse veloce, come se già tutto fosse avvenuto. Senza pensare, senza prendere nulla per coprirmi, uscii al gelo della sera a cercarlo. La nostra casa era leggermente divisa dal resto del villaggio, così c'era un piccolo sentiero che mi avrebbe portato alle altre case. Lo percorsi correndo e mi sembrò di farlo in pochissimo tempo. Andai nell'unico luogo in cui avrei potuto ricevere informazioni: a casa di Elmer. Se Elmer era tornato sicuramente mi avrebbe detto dove invece era rimasto il nonno. Corsi veloce in quella direzione, verso nord-ovest. Attraversai la piccola piazzola, e poi eccola là, piccola ed abbarbicata su alcune rocce, coperta di neve, con le luci accese. Elmer e suo padre erano tornati. Probabilmente la madre stava servendo la cena. Sfregai le mani tra loro, colto da un brivido. La mia camicia svolazzava al vento gelido ed i miei stivali erano coperti di neve. Ormai ero arrivato. Mi avvicinai camminando più che correndo e mi fermai sulla soglia, sotto la piccola tettoia che copriva l'ingresso.
Avrei bussato. Sicuramente l'avrei fatto. – Lui non può diventare maggiorenne. Saremmo dei pazzi ad introdurlo alle nostre leggi ed alle nostre usanze! Queste non sono le sue! – La voce di mio nonno risuonò cupa e dura attraverso il legno della porta fermando le mie dita.
– Lo capisco, Murray, ma alla fine lui è uno di noi. – Disse calmo il padre di Elmer chiamando mio nonno per nome.
– Fandonie! Fandonie, Oswin, lui non sarà mai come noi! – Ribatté ancora il nonno. Il mio cuore batteva forte e mi sentivo scivolare nella disperazione come se infine immaginassi, sapessi anzi che le mie preghiere mai si sarebbero esaudite. Il mio destino era diverso da ciò che avevo desiderato.
– Potrebbe stupirti quanto noi siamo simili in realtà, mio figlio è suo amico, mio figlio sa che in Nivek non c'è nulla di diverso. – Gli rispose. Sentii il nonno grugnire in disappunto.
– Chiediamolo a lui, allora! Chiediamo a lui se Nivek può diventare maggiorenne. – Oswin sospirò.
– Elmer, allora? – Disse con un tono duro al figlio assecondando mio nonno. Ci fu un attimo di silenzio, poi Oswin aggiunse: – Un giorno sarai tu il capo di questo villaggio e tu dovrai prendere queste decisioni, voglio la tua sincera opinione, da questo dipenderà il destino di Nivek. – Il fiato era fermo nella mia gola e non osavo nemmeno mugugnare. Elmer era il mio giudice. Improvvisamente mi sentii felice, allegro perché lui era mio amico, mi avrebbe aiutato. Pensai che il nonno sarebbe rimasto deluso. Ormai era fatta. Sarei diventato maggiorenne. Le mie paure svanirono ed il mio spirito spiccò un balzo in alto. Mi sembrò di impazzire di gioia … ma un presentimento mi colse il ventre quando lui non rispose in fretta.
– Credo che non debba diventare maggiorenne, padre, lui è diverso da noi. Senza alcun dubbio non è …
– Visto! Come dicevo! – Esultò Murray.
Il respiro trattenuto mi uscì veloce dalle labbra, come se fosse l'ultimo. Elmer mi aveva tradito. Elmer mi aveva emarginato ed escluso in un modo tanto crudele da superare tutti gli altri. Non sarei mai stato parte di quel villaggio. Nessuno mi voleva lì. Nessuno aveva bisogno di me.
Le sue parole mi echeggiarono nelle orecchie, rimbombarono fino a scavarmi nell'animo, erano incise nella mia mente, ormai non potevano più essere cancellate. Ero condannato, lì, in quel limbo per sempre, non sarei mai stato nessuno. Non avrei mai vissuto come desideravo.
– Bene, allora credo che il nostro discorso sia concluso. – Mi risvegliò la voce del nonno.
– Murray … sei sicuro che vuoi impedirgli di essere uno di noi? Vuoi ancora escluderlo da tutto? Lui non è un …
– Oswin, ti ho ceduto il mio posto, non la mia autorità, sarai anche il capo del villaggio, ma finché non morirò sono io a dettare legge qui. – La porta scattò. Per l'agitazione non mi ero mosso. Le mie ossa erano come gelate lì, davanti a quel legno che ora si apriva davanti a me. Gli occhi del nonno mi penetrarono come pugnali. Credo che la scena, vista da fuori, fu molto penosa. Io ero in piedi, dietro la porta, con le braccia strette sul corpo per il freddo, mentre mio nonno stava uscendo dalla casa di Oswin con ancora uno sguardo percorso dall'adrenalina della battaglia vinta. Fu in quel momento che capii che io e lui eravamo diversi, non ci saremmo mai compresi.
Mio nonno mi guardò fisso negli occhi ed io feci lo stesso, ci fissammo, ma in due modi profondamente dissimili. In lui non c'era rimorso, dispiacere che avessi sentito, lui mi guardava e sembrava sussurrarmi “Così stanno le cose.”. Io, invece, gli rivolgevo due occhi delusi, arresi e per la prima volta disperati. Perché non mi voleva? Perché ero così inaccettabile?
Sentii una sedia scricchiolare. La figura di Oswin cominciò ad apparire dietro mio nonno. Mi risvegliai, non era tutto fermo, tutto si muoveva intorno a me, mentre la mia mente era bloccata, gelata dal freddo della neve. Non so cosa feci, ma mi ritrovai a correre, correvo per il villaggio e non mi sentivo nemmeno io. Le mie gambe si muovevano senza che io le comandassi. Il fiume del mio destino si muoveva veloce sotto i miei piedi.
– Nivek! Nivek! – La voce di Oswin risuonava come un tamburo attraverso l'aria fredda. – Non uscire dal villaggio, Nivek! – Ancora una volta volevano imprigionarmi. Non volevano né accettarmi né lasciarmi andare, era proprio questo che odiavo, pretendevano che io rimanessi lì, tra quelle sbarre, senza ribellarmi, senza voler fuggire via.
– NIVEK!
In lontananza vidi la mia casa. Ero andato lì, che alla fine desiderassi essere prigioniero di quelle persone? Tra quelle mura avevo vissuto, avevo visto mia madre morire, avevo sperato e pianto. Tra quelle mura avevo vissuto la mia vita, tutta la mia vita da solo. Forse era giunto il momento di arrendermi.
Poi no, i miei piedi corsero oltre la mia casa e finalmente, come mille volte avevo sperato, come mille volte avevo sognato, mi trovai davanti al bosco scuro che ogni mattina, anche quella mattina, avevo guardato con invidia, con stupore di bambino. Lì non c'erano alberi con principi, lì c'era un futuro, la libertà che io avrei guadagnato con le mie mani. Sapere di sbagliare a volte non basta a fermarti. Buttarsi tra quegli alberi significava tradire il villaggio, significava trovarsi in pericolo.
Tutte le notti avevo sentito la bizzarra musica degli alberi, il frusciare straniero del vento sperando un giorno di riconoscere quelle voci come mie, come amiche e note, sperando di vedere abbastanza da sapere molte cose, sperando di vivere a pieno tutto ciò che avevo. Tutte le notti mi ero addormentato con una speranza nel cuore, stretto in mano il desiderio di un fato sconfinato e bellissimo. Tutte le notti avevo sperato in una vita libera.
Il bosco era lì. Il bosco finalmente mi chiamava.
– Nivek! Non uscire! No! Nivek! – Oswin stava arrivando, mi avrebbe legato ancora, imprigionato. Odiato. Come uno schiaffo gli occhi del nonno mi si pararono di fronte. Come un pugno le parole di Elmer mi colpirono lo stomaco. Non avevo nessuno lì. Nessuno aveva bisogno di me.
Il primo passo oltre il villaggio, fuori, fu difficile, ma una volta cominciato non riuscii più a smettere. Correvo a perdifiato, correvo lontano, via per sempre da quella vita, via da quelle preoccupazioni, via da tutto ciò che non avrei mai desiderato. Lasciato il villaggio non mi importò più nemmeno di guardare gli alberi, di osservare la notte, di chiedermi se fosse un bel posto, l'unica cosa che importava era allontanarmi sempre di più, così che pensai fosse completamente inutile essere scappato se l'unica cosa che riuscivo a fare era di fatto scappare sempre di più. Mi fermai colto, credo, anche da rimorso. Ripresi fiato dopo la lunga corsa. Ero fermo in mezzo al bosco, fuori dal villaggio, fuggito, ma ancora vicino per tornare. Ero fuggito. Non volevo tornare, ma non volevo nemmeno scappare più in là. Cosa avrei fatto? Vestito di poco, senza nulla più se non i miei pensieri, cosa avrei fatto? Sarei morto nel freddo dell'inverno. Morirai, mi dissi. Tornare indietro sarebbe stato peggio di morire però.
– Nivek! Dove sei? È pericoloso! – Oswin mi aveva seguito fuori dal villaggio. Sentirlo vicino mi mise in agitazione. Ricominciai a correre giù per il bosco, verso i piedi della montagna. Come mai mi seguiva? Era così attaccato a me? Non riuscii a pensare al perché il padre di Elmer mi seguisse con tanta insistenza, volevo rimanere solo ed era quello che cercavo. Volevo credere di poter decidere di me stesso.
Correndo non mi accorsi di quanta strada stessi percorrendo. Ormai ero scosso dai brividi, infreddolito dal vento e dalla neve. Non c'era nemmeno molta luce. La luna non bastava a mostrarmi il cammino. Ero andato addosso ad alcuni alberi e mi ero ferito le mani. Forse dovevo fermarmi, tornare, vivere tranquillo. Ma no, non dovevo. Era tutto ciò che avevo sempre desiderato: uscire dal villaggio, vivere libero. Il mio destino mi aveva condotto lì, era lì che dovevo proseguire.
Inciampai in un masso e caddi a terra rovinando sulle ginocchia. Gemetti. La neve bassa mi coprì ed il gelo mi fece tirare dritto in piedi. Le gambe tremavano per la fatica e il dolore mi annebbiava la mente. Oswin era finalmente tornato indietro, pensai. Poi un fruscio alle mie spalle mi fece sussultare. Mi aveva raggiunto? Ero in trappola. Di nuovo in trappola.
– Perché devo accompagnarti a pisciare proprio non lo capisco! – Grattò una voce estranea.
– Qui è pieno di animali, potrebbero attaccarmi, e poi è troppo buio … – Mugugnò un altro uomo.
Mi voltai. Alla debole luce di una torcia due uomini si stavano dirigendo nella mia direzione. Il cuore cominciò a battermi forte nel petto. Loro non erano persone del villaggio, loro erano estranei. Non dovevo farmi vedere da loro. Non dovevo lasciare mi scoprissero. Gli stivali erano immersi nella neve ed i piedi bagnati erano pezzi di ghiaccio. Fermarmi aveva fatto sì che la stanchezza si riversasse sulle spalle e sulle gambe. Feci per muovermi e nascondermi dietro un albero, abbastanza al buio per non farmi vedere, ma il ginocchio mi lanciò una fitta e gemetti. – Hai sentito? – Chiese il secondo uomo, quello più basso.
– Cosa? – Gracchiò quello più alto sbadigliando.
– Un gemito. – Mormorò più piano l'altro.
Tutti e due si fecero zitti, pronti ad ascoltare. Rimanere lì mi avrebbe fatto scoprire, ma muovermi mi avrebbe tradito.
– Nivek! – La voce acuta di Oswin si fece largo tra il silenzio. Era ancora sulle mie tracce, così lontano dal villaggio solo per me. Presi un respiro.
– Hai sentito? Cos'ha detto? Una voce! – Esultò quello basso.
– Taci, non capisco! – Lo ammonì il compagno. Non potevo permettere che lo prendessero, che lo catturassero per una mia colpa. Ero io ad essermi allontanato.
I due uomini erano troppo vicini per non accorgersi di me se avessi parlato e così prendermi, ma Oswin scendeva veloce per il bosco e avrebbero preso lui al mio posto se non l'avessi avvertito. Sapevo, ancora prima di pensarci, la scelta che avrei preso alla fine. – Oswin! Scappa! Scappa! Vattene! Estranei! – Urlai con quanto fiato avessi in gola riversando in esso il dolore delle ginocchia e la disperazione che mi ero portato dietro per tutta la corsa.
La torcia dei due si giro subito verso di me, illuminandomi fermo tra la neve. Mi avevano visto. Sentii un fruscio e vidi Oswin scappare via dal bosco. – Eccolo! Prendilo! Prendilo! – Cominciò ad urlare l'uomo più basso. Quell'altro mi balzò addosso e mi sbatté nella neve, mi tirò le braccia dietro la schiena. Il gelo mi aveva preso la faccia. Ero troppo stanco per combattere. L'uomo mi tirò dritto e mi spinse avanti dopo avermi legato con la cintura che teneva i suoi pantaloni pesanti. – Non posso crederci! Finalmente! Erano giorni che speravamo di prenderne uno! È giovane, vero? Quanto? Bello, vero? Molto bello?
– Taci, così fai troppa confusione, farai allontanare gli altri, se ci sono ancora. – Lo ammonì l'uomo che mi tirava.
– Sì, scusa, sì, certo. – Mormorò l'altro senza togliermi gli occhi di dosso.
La torcia, lasciata in mano all'uomo più piccolo, illuminava fiocamente il bosco che tanto avevo sperato di vedere. Non ero nemmeno libero da un paio d'ore che ero già nelle mani di qualcun altro. Avevo paura, non mi vergogno ad ammetterlo. Non sapevo cosa avessero intenzione di farmi, né cosa volessero da me, ma, grazie alle leggende di mio nonno, potevo immaginare il mio destino. Ripensare a mio nonno in quella situazione mi procurò dolore. Lì, legato, niente sembrava più così grave se l'unico suo desiderio era che non mi succedesse quello che alla fine mi stava succedendo. Ero stato un pazzo a fuggire. Ero stato un pazzo a desiderare più di quello che il fato mi aveva concesso. Mi maledissi. Avrei continuato a farlo se non fossimo arrivati all'accampamento dei due uomini.
– Ne abbiamo trovato uno! – Annunciò l'uomo alto dietro di me. Nessuno rispose. – Ehi! Alzatevi! Ne abbiamo trovato uno! – Come se fossero sempre stati svegli, si sollevarono quattro uomini e si avvicinarono agli altri due.
– Ne avete preso uno! Com'è? Com'è?
– Non l'abbiamo ancora guardato bene. – Disse l'uomo più basso.
– Yorick! Yorick! Vieni a vedere! – Chiamò uno tra il gruppo.
– Sì, sì … fatemi passare. – Rispose una voce bassa e seccata dietro gli altri. Si fecero da parte e mi trovai davanti un uomo con una grossa cicatrice su uno dei due occhi, gli percorreva tutta la testa e si spingeva anche sul petto. – Avvicina la torcia, deficiente. – Freddò l'uomo più basso. Quello frettoloso la avvicinò al mio viso. – Mm … – Sussurrò l'uomo afferrandomi il volto tra due dita e rigirandolo da parte a parte. – … hai freddo, vero? – Disse. Afferrò uno dei suoi compagni per il braccio. – Prendi una coperta! – Quello corse subito a prendergliene una. Me la appoggio sulle spalle e me la strinse sul petto senza però dire a quello alto di slegarmi. Senza troppe cerimonie, poi, mi afferrò i capelli che, legati in una treccia, erano rimasti sulla mia schiena. Li tirò avanti. – Che bizzarro scherzo del fato … – Aggiunse tra sé e sé. – Mi afferro di nuovo il viso e mi guardò negli occhi.
– Parli, ragazzo? – Mi chiese. Tutti si sporsero come a voler udire qualcosa di mai udito prima. – Forza! Parla! – Mi esortò l'uomo. Le mie mani fredde e legate mi trattenevano dal parlare con chiunque ed il suo aspetto mi faceva desistere dal farlo soprattutto con lui. Sospirò.
– È giovane, molto giovane. – Concluse. – Forse troppo per essere apprezzato, ma non ne ho mai visto uno così, potrebbe essere buono solo per far corazze, altrimenti potrebbe essere il più grosso affare della nostra vita da Cacciatori.
– Dunque cosa ne facciamo, Yorick? – Chiese l'uomo basso impaziente.
– Domani. Parliamone domani. Ora continuiamo a dormire. Con tutto il casino che avete fatto di certo non ce ne saranno altri lì fuori. – Rispose sbadigliando e grattandosi la testa dalla parte senza la ferita. L'uomo basso seguì gli altri, mentre quello alto mi tirò, prese delle corde e mi legò ad un albero con ancora la coperta sulle spalle.
– Resta qui e prega i tuoi dei che tu non sia buono solo per far corazze. – Mi disse mentre mi legava stretto al tronco. Poi si rimise in piedi e si riunì agli altri. Si rimisero tutti a dormire.
Tentai di muovere le mani, ma erano legate troppo strette. Sollevai il capo e alzai gli occhi al cielo. Forse era il mio destino restare imprigionato, intrappolato dagli altri. La neve non cadeva più, il cielo era buio e la luna brillava con così tanta forza da farti venire la voglia di toccarla. Le stelle luccicavano debolmente, il vento soffiava e sembrava danzare di disperazione. Non potendomi muovere per impegnare i pensieri, ero costretto a ragionare. Non sarei dovuto fuggire dal villaggio. Ogni mattina mi sarei svegliato sapendo il mio destino, conoscendo verso dove i miei piedi ed il fiume della mia vita mi avrebbero condotto. Forse avrei dovuto alla fine arrendermi a quella vita tranquilla. Ogni mattina mi sarei svegliato al sicuro, sicuro di avere una vita. L'ignoto si dipingeva davanti a me quella notte e non era più così eccitante come mi era sembrato. Avevo guardato il Caso dalla stanza sicura che era la mia vita programmata, dicendomi che doveva essere bellissimo vivere in quella libertà assoluta, che il Caso era molto meglio. Però, una volta dentro, l'ansia di non sapere era talmente pressante da non permettermi nemmeno di trovare il bello che tanto avevo visto.
Sospirai e lasciai che il mio corpo si ammorbidisse legato a quell'albero. Se fosse stato l'abete candido fuori dalla mia casa, di certo il Principe mi avrebbe salvato. Sarebbe sceso da lì e mi avrebbe portato via, a scalare le stelle e correre sull'arcobaleno. Su quell'albero tuttavia non viveva nessun principe. Ero solo, solo in mezzo a quel bosco. Ero sempre stato solo, ma immerso tra la mia gente. Sebbene nessuno mi amasse e fossi, di fatto, lasciato da parte, non ero mai stato solo come in quel momento. Niente sembrava famigliare ai miei occhi. Non la neve, che conoscevo bene. Non gli alberi, che avevo guardato così a lungo. Nemmeno il cielo, che sapevo essere sempre lo stesso in ogni parte del mondo. Un attimo può cambiare il mondo.
Guardai le figure degli uomini stese a terra, addormentati intorno al fuoco. Dove mi avrebbero condotto era un mistero. Cosa fossero era un'incognita ai miei occhi di giovane. Ero sempre stato sicuro che nel mondo il mio posto fosse ben segnato, ben scavato, quella notte cominciai a pensare che nemmeno il fato sapesse cosa farsene di me. Forse era arrivata la mia fine. Ancora prima di cominciare.
Il vento soffiò forte per un istante e mi sembrò di udire le urla della mia gente, spaventata e sconvolta da quello che era avvenuto. Mi sembrò di sentirli ruggire di dolore e disperazione. Sollevai il viso al cielo ancora una volta e, perdendo lo sguardo nel blu profondo, mi accorsi di come la luna brillasse maestosamente e di come le stelle le danzassero attorno senza emettere alcun suono. La calma del mondo mi rendeva tranquillo, sebbene i miei pensieri fossero tormentati. Cercai di farmi coraggio e riguardando i tronchi di quegli alberi scuri cominciai a pensare che lì fuori non era così male. Dovevo accettare quello che il fato mi avrebbe donato.
Fiducioso cominciai a sperare ancora. Non si può certo dire fossi uno arrendevole. Cominciai a sperare con la paura ancora salda nel cuore. Se ci fosse stato un posto, lontano o vicino, sperduto, piccolo o grande, minuscolo, un qualsiasi luogo in quell'intero mondo in cui non mi sarei mai più sentito solo, allora l'avrei cercato, avrei fatto di tutto per arrivarci, per avere tutto ciò che la mia vita poteva offrirmi.
Non c'erano Principi pronti a salvarmi. C'ero io e davanti a me il mondo, l'ignoto più assoluto e la paura più cieca di esso.

La storia de 'Il Principe' è gia conclusa e ho deciso di pubblicare i capitoli a scadenza casuale (spero di riuscire a tenere il ritmo di due capitoli a settimana). Il racconto è diviso in tre parti principali che io poi ho suddiviso in capitoli. Il Silenzio del Drago è la prima parte della storia.
Scrivo storie da un po' di tempo ma non ho mai avuto il coraggio di pubblicarle limitandomi a farle leggere agli amici più intimi. Spero quindi che il primo capitolo vi sia piaciuto e sarei davvero felice se seguiste anche gli altri. 
Grazie per il tempo che avete speso e spero nelle vostre opinioni in merito.
Iwon Lyme

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Capitolo 2
*** Il Silenzio del Drago - Parte II ***


Ecco il secondo capitolo! Buona lettura!

Il Silenzio del Drago - Parte II

Se avessi cercato il modo di fuggire, ne sono certo, non l'avrei mai trovato. Ero completamente inconsapevole di come fosse fatto il bosco o i luoghi fuori di esso, praticamente ero un bambino per la prima volta nel mondo. Non è difficile pensare che non sarei mai andato molto lontano. Tornare al villaggio non era possibile, avrei rivelato la posizione della mia gente e li avrei messi in pericolo. Non avrei mai voluto procurare loro altre sciagure e forse, in fondo, preferivo rimanere attanagliato dalla paura con quelle persone, piuttosto che tornare a vivere dal nonno o da Elmer. Forse l'ignoto era davvero la mia unica possibilità, poteva essere peggiore, vero, ma sapevo bene cosa era il mio passato, da non volere uguale il mio futuro.
Dormii poco quella notte legato al tronco. Il sole dell'alba sorse e cominciò a farsi largo tra le foglie degli alberi. Non minacciava neve il cielo e questo lo rendeva azzurro e caldo. La coperta avviluppata intorno al mio corpo mi riscaldava abbastanza, come non aveva fatto durante la notte. Le mie mani erano addormentate e i miei piedi stanchi. Fu in quel momento, con una luce abbastanza forte, che vidi le mie ginocchia ferite ed i miei vestiti sporchi. Avrei fatto fatica a camminare, sempre che quegli uomini non mi avessero ucciso subito.
Il sole sfiorò il capo di uno di loro che lento cominciò a svegliarsi. Si sollevò dal giaciglio. Era il ragazzo basso della sera prima. I suoi occhi, come se si fossero ricordati di una cosa piacevole che doveva avvenire, si voltarono verso di me. Mi guardò stupito. Il sole mi illuminava bene ed il suo sguardo luccicante mi mise in imbarazzo. Mi guardava come qualcosa di prezioso, esotico, così strano e bellissimo da rendermi nervoso. Nessuno mi aveva mai osservato in un modo tanto ingenuo e pieno di desiderio. Non potevo capire il genere di “meraviglia” che facevo nascere in quegli uomini o perché loro mi avessero catturato, lo immaginavo, ma era difficile comprendere da preda il pensiero del bracconiere.
– Smettila di fissarlo, non ti porterà niente di buono invaghirti di quelle creature. – Lo ammonì l'uomo che rispondeva al nome di Yorick.
– Va bene, ma … – Obiettò sommessamente l'altro. – … non ne ho mai visto uno così, Yorick. – Concluse.
– Sì, ho sentito dire che quelli delle montagne sono i più belli, non è vero? – Domandò un altro uomo che si era svegliato. Aveva dei capelli scuri, tagliati corti da un lato e lasciati lunghi dall'altro. Il viso era rugoso, come se fosse sempre piegato in un ghigno.
– Sì … può essere … – Mormorò Yorick. Mi guardò di sfuggita e sembrò non notare alcuna sostanziale differenza tra me e l'albero a cui ero legato.
– Allora cosa facciamo? – Chiese la voce roca dell'uomo alto che mi aveva legato. La sera prima non l'avevo visto bene, era giovane, anche se la sua voce sembrava quella di un vecchio. Gli occhi erano simili a quelli di un ragazzo che c'era nel mio villaggio, uno con cui non avevo mai nemmeno parlato, lo guardavo ogni tanto dalla piazza mentre tagliava la legna, infatti da lì si vedeva la sua casa. Il suo sguardo era sempre assorto, concentrato su quello che stava facendo, ma con la bocca piegata in una smorfia, come se fosse facile, ma difficile allo stesso tempo. Gli occhi di quell'uomo mi ricordarono quelli del ragazzo della legna, persi nella semplicità del difficile.
– Raggiungiamo gli altri. Quelli del suo branco saranno sicuramente scappati, non abbiamo nessuna possibilità di prenderli se sono in gruppo, siamo stati fortunati però a trovare lui, non ci contavo per niente. – Rispose Yorick. – Andiamo dagli altri e lo portiamo da un mio amico, sicuramente lui ne sa più di me su questo ragazzino.
– Chi è questo tuo amico? – Domandò curioso l'uomo basso.
– Un Domatore. – Concluse Yorick senza troppe cerimonie. – Uno che ormai non pratica più. – Borbottò come per non farsi sentire.
– Davvero?! – Saltò su ancora l'altro. – Non ne ho mai visto uno! Mai in tutta la mia vita! Sarà fantastico! Non vedo l'ora di chiedergli come era …
– Calma i tuoi spiriti, ragazzino, ci vorrà un po' per arrivarci. – Yorick si alzò. Si avvicinò a me e mi guardò fisso negli occhi. – Spero vivamente di non fare tutta questa strada per niente. – Disse con un tono che mi fece comprendere bene che se quel suo “amico” non avesse avuto buona opinione di me, di certo, non avrei fatto una bella fine, anzi, mi avrebbe ucciso lui con le sue mani e con anche una certa soddisfazione nel cuore.
Speravo dunque di fare una buona impressione, non sapendo in realtà cosa questo comportasse. In ogni caso gli uomini si prepararono, si alzarono e raccolsero tutto quello che avevano. Si caricarono gli zaini sulle spalle. Yorick, prima di partire, si avvicino a me e mi fece mettere in piedi. Prese delle bende e mi strinse forte il ginocchio che sanguinava di più dicendo che di certo nessuno voleva che una “merce” di così dubbio guadagno potesse rovinarsi. Il ragazzo alto con gli occhi seri afferrò la corda che aveva usato per legarmi all'albero e la sostituì con la sua cintura che ancora stringeva le mie mani. L'altro capo lo legò alla sua vita così da rendermi impossibile scappare, non che con le braccia dietro la schiena fosse semplice liberarmi dalle corde.
Cominciammo a camminare verso l'esterno del bosco. Ormai eravamo ai piedi della montagna, dunque non ci volle molto prima di riuscire a vedere la fine degli alberi. Mi sentii stupido. Quei Cacciatori si erano accampati nel bosco, non molto in profondità, anzi per niente, ed io gli ero finito tra le braccia senza farli faticare nemmeno un po'. Il fato doveva proprio odiarmi.
Gli uomini parlavano tra loro, non prestavano molta attenzione a me, forse era così che si trattava una preda. In effetti, pensai, tu non ti sei mai curato di nessuna lepre, cervo o altro animale che hai mangiato, dunque perché loro dovrebbero curarsi di te? Certamente il discorso era alquanto logico, anche se il pensiero che loro volessero mangiarmi non mi rendeva così felice. Poi pensai che da come parlavano di me volevano più verosimilmente vendermi al miglior offerente. Mi tranquillizzai un po' di più ricordandomi che ogni loro decisione sul mio conto era rimandata fino a quando l'amico di Yorick non mi avesse esaminato.
Accompagnato da quella numerosa scorta oltrepassammo il bosco scuro e ci trovammo in una valle. Ognuno cominciò a guardarsi intorno con interesse, così anche io cercai qualcosa che potesse essere cercato. Mi dissi che dovevano esserci altri uomini lì ad aspettarli ed in effetti ce n'erano. Un piccolo gruppo di tre persone era seduto intorno ad un fuoco, sembrava attendere stancamente qualcosa o, in questo caso, qualcuno. Yorick, che conduceva il gruppo, con un fischio ci fece cenno di seguirlo in quella direzione. Il ragazzo alto quindi mi tirò da quella parte. Ci avvicinammo ai compagni che loro avevano lasciato lì. Quelli, con mio grande stupore, non erano soli, ma avevano con loro altre tre prede, insomma, altri tre della mia specie, anche se non ne avevo mai visti di così piccoli.
– Ne avete preso uno?! – Saltò su un Cacciatore alzandosi dal luogo in cui era stato seduto a parlare con il capo. Mi cercò quindi con lo sguardo, frettoloso di trovarmi. Mi guardò. – Yorick! Che animale! Che animale! Non posso credere ai miei occhi Yorick … bellissimo! Davvero bellissimo! – Esultò subito.
– Yorick vuole portarlo da un Domatore per saperne di più, io credo che non ci sia alcun bisogno. – Commentò il ragazzo basso come se avesse molta esperienza.
– Ha parlato? Parla? Eh? – Domandò ancora l'altro senza dare alcuna importanza alle parole del compagno. Yorick gli rivolse uno sguardo di sufficienza e scosse la testa.
– Non parlerebbero mai con noi quelli normali, figuriamoci quelli delle montagne. – Non avevo nulla contro il parlare con loro, ma dopo quella sua affermazione mi sarei guardato dal farlo. Se nessuno della mia specie parlava con loro, allora di certo non sarei stato io il primo a farlo. I miei occhi si allontanarono da quegli uomini e guardarono le altre prede con un certo interesse, erano probabilmente tutti più grandi di me, “adulti”, così li avrei chiamati al villaggio, ma così piccoli e spaventati di adulti non ne avevo mai visti. – Forza, leghiamolo agli altri, andremo a vendere quelli e poi dal Domatore, inutile portarsi dietro questi pesi morti. – Li sentii mugugnare di terrore. Da come si comportavano non sembravamo nemmeno della stessa specie.
Il ragazzo alto si slegò la corda dalla vita e la legò a quella di uno di quegli uomini. Il capo ultimo era legato ad uno strano animale, che somigliava ad un cervo senza corna con addosso qualche carico che dovevano essere provviste. I miei occhi non avevano mai visto quell'animale in vita loro, dunque non potevo sapere che quello era un cavallo e che noi eravamo stati legati a lui così da non scappare. Con il senno di poi so che i cavalli non sono bestie così feroci o spaventose, ma all'epoca fu sufficiente quel cavallo per impressionarmi in molti sensi. Avevo scoperto qualcosa di nuovo e la cosa mi eccitò non poco, quel viaggio poteva benissimo rivelarsi un grande divertimento ai miei occhi.
Compresi, camminando dietro quei tre uomini della mia specie, che restavamo tranquilli e legati per motivi completamente diversi. Loro tremavano di paura, temevano i Cacciatori e quello che loro avrebbero potuto fargli, anzi, sembravano quasi sapere bene il destino che avrebbero affrontato ed in effetti era così. Io, invece, seguivo e restavo legato perché non avevo altro posto in cui andare. Non sapevo nulla dei Cacciatori, nemmeno quale fosse il loro interesse nei miei confronti, nemmeno cosa avessero intenzione di farmi. La mia disillusione sarebbe durata poco, questo posso assicurarlo, ma al momento mi sembrava tutto molto entusiasmante e nuovo, l'unica cosa che mi dava veramente fastidio era essere legato e trattato come un animale. Sono sicuro che se loro mi avessero slegato e trattato bene non sarei fuggito per niente al mondo.
Mi concentrai sui Cacciatori per scoprire come mai fossero così spaventosi. Io ero alto più degli altri tranne che di Yorick ed il ragazzo che mi aveva legato era alto quanto me, quindi non mi facevano alcuna paura né per robustezza, né per altezza, cosa che invece Oswin o Elmer erano in grado di fare. Portavano delle armi bizzarre. Anche al mio villaggio si usavano coltelli, ma non così grandi e lavorati. Ma quella di gran lunga più bizzarra era una specie di ramo ricurvo con corda ed insieme dei bastoni con punta, mi chiedevo a cosa servissero perché a mio parere erano spaventosi quanto un topolino. I Cacciatori inoltre parlavano sempre, scherzavano e ridevano, l'unico che sembrava non trarre nessun giovamento dalla cosa era Yorick. Quell'uomo era perso in qualche pensiero, lo si notava dal modo in cui corrugava la bocca o guardava sospettoso dietro di sé, come se qualcuno potesse ascoltare quello su cui andava ragionando. I nostri occhi si incontrarono alcune volte, ma lui fece sempre finta di nulla.
Camminammo per tutto il giorno e vidi moltissime cose. Mi dissi che avevo fatto bene a fuggire dal villaggio se in un solo giorno avevo potuto ammirare così tante novità. L'erba senza neve, un fiume, così lo chiamarono, che saltellava sulle rocce lucide e bianche, con acqua scintillante e fresca come il ghiaccio, pura, tanto da poterla bere non calda. Uccelli che mai avevo visto al villaggio, piccoli, grandi, dai versi gioiosi o cupi, alcuni anche colorati. Tuttavia l'aspetto di gran lunga migliore fu vedere case, moltissime case ed altrettanti uomini, pieno era il mondo di persone. Dovrà pur esserci qualcuno, mi dissi, che ti apprezzerà, vedrai, la libertà è lì per essere presa.
Ci fermammo di sera in un prato. Gli uomini accesero un fuoco e ci legarono ad uno dei pochi alberi. Allontanarono il cavallo così da farlo bere e mangiare. Non sapevo se avrebbero sfamato anche noi. Era un giorno intero di cammino che non mangiavo, avevo bevuto al fiume, vero, ma non che l'acqua mi avesse saziato molto. Se volevano affamarci non era un buon modo per farci camminare. Yorick, circondato dai compagni, affondò i denti in quello che sembrava carne secca, i suoi ragionamenti dovevano essersi calmati. I suoi occhi si sollevarono e mi guardarono fisso, mentre masticava. Sembrò come incuriosito dal mio sguardo che certamente era interessato sia a lui che al cibo che mangiava. Dopo qualche istante di quello scambio, si alzò e lasciò gli altri Cacciatori per raggiungermi.
– Oggi niente cibo per voi, mi spiace, non c'è nulla da cacciare qui. – Disse con la voce stanca ma, lo avvertii, veramente rammaricata. Yorick non voleva farci soffrire. – Dicono che quelli delle montagne potrebbero vivere interi mesi senza cibarsi, credi sia vero? – Mi domandò e mi guardò in attesa di una risposta. Ridacchiò. – Sì, certo … non che tu mi risponderesti. – In silenzio diresse ancora il suo sguardo nel mio e nessuno dei due lo abbassò per parecchio tempo. Poi Yorick sospirò. – Quel genere di sguardo non ti sarà d'aiuto … – Disse alzandosi e tornando ancora dai suoi compagni. Non appena lui si era avvicinato gli altri della mia razza si erano allontanati talmente da farmi quasi vergognare di loro. Yorick non era una cattiva persona, di certo non avrebbe ucciso nessuno di noi, eravamo prede, merce, non vettovaglie.
 
Viaggiando con quegli uomini, Cacciatori della mia specie, e dunque completamente diversi da me, da tutto ciò che avevo conosciuto, da tutto ciò che ero, potendoli osservare, si può dire da lontano, compresi che nel profondo dell'animo, nei vizi e nei piaceri, nelle abitudini e nell'approccio intimo, istintuale, con gli altri, eravamo molto simili. Si può dire anche che cominciai a concentrarmi così poco sul mio futuro, sul fatto che fossi lontano da casa, distante dal noto e completamente alla mercé di quei Cacciatori, ed iniziai a guardare il mondo non più con gli occhi egocentrici di un bambino, ma con quelli interessati ed aperti di un giovane uomo. Pensai che molti dei sedicenti adulti che avevo incontrato in realtà erano solo bambini troppo grandi, mai stati in grado di osservare realmente cosa il mondo avesse bisogno da loro, ma anzi concentrati su cosa loro avessero bisogno dal mondo, proprio come un bambino cerca sempre le attenzioni della madre. Io cominciai a cambiare da quel momento, a vedere le debolezze del mondo, come le avevo viste nascere e crescere in mia madre, ed infine a pensare di poter trovare parte in quel bisogno, in quella stessa debolezza che il mondo, segretamente ed a me soltanto, aveva deciso di mostrare. Arrivai alla conclusione che proprio questo significa diventare adulti ed è qualcosa che l'età non può portare, solo l'occasione di comprenderlo, se afferrata, può farti diventare un po' più saggio ed un po' più grande.
Insieme a quei Cacciatori cominciai a diventare un adulto, cominciai, l'arrivo era ancora molto lontano, ma vedere in loro qualcosa di me, vedere che infine non c'era una sostanziale differenza, qualcosa che ci portasse lontani in un modo così forte da rendere impossibile un dialogo, mi fece pensare che forse ero fuggito per quel motivo, per portare pace, per far comprendere loro che non eravamo nemmeno merci. L'ideale puro di una giovane mente cominciò a nascere nel mio animo come se l'avessi annaffiato tutti i giorni, inconsapevolmente, e credo che in poco tempo diventò grande tanto quanto Principe, mia madre ne sarebbe stata fiera. Non che questa mia nuova “missione” surclassasse il dovere interiore di trovare la libertà, ma, come dicevo, a volte per crescere bisogna cominciare a vedere cosa il mondo necessita, e non cosa si vorrebbe per se stessi. Credo che questo sia il modo più sintetico di spiegare come la mia mente e le mie scelte cominciarono a cambiare durante quel viaggio.
Gli altri catturati della mia specie in verità sembravano molto distanti da me, forse anche più di quanto non fossero i Cacciatori. Si rannicchiavano tra loro, si guardavano intorno con occhi spaventati e pieni di orrore, sembravano anche provare una certa attrazione per il fango e la terra, tanto che, appena potevano, vi si rotolavano dentro. Forse anche i Cacciatori stessi notarono questa nostra differenza e cominciarono a provare un certo rispetto reverenziale nei miei confronti. Non che mi trattassero meglio degli altri, ma la sera rivolgevano a me qualche sguardo interrogativo, pieno di ammirazione, come se mai nella loro vita avessero visto qualcosa come me, cosa che mi sembrò di capire fin dai primi giorni. Mi sentii lusingato ed allo stesso tempo fiero di quel loro timore velato, non sapevo bene però a cosa avrebbe portato.
Il Cacciatore che attirava la mia attenzione, invece che riceverla da lui, era Yorick. Il timore che provavo verso di lui, dopo quei giorni di viaggio, si mutò in curiosità. Volevo sapere della sua ferita, di perché lui cacciasse i miei simili, di come fosse diventato il capo di quegli uomini così diversi tra loro e così strambi. Io ero intenzionato a rivolgere ogni mia attenzione verso di lui ed ad attirarne altrettanta. Decisi dunque di fare qualcosa che nessuno dei miei simili aveva mai fatto, qualcosa che credevo mi avrebbe reso ancora più speciale, ma allo stesso tempo mi avrebbe portato più vicino al mio desiderio di comprendere quei Cacciatori e di permettere loro di comprendere me: parlare.
Yorick si avvicinò a me una sera, come faceva sempre quando c'era del cibo da darmi, lui si occupava di me. Gli altri della mia specie erano legati lontani, ad un albero, vicino a del fango, io, che non amavo sporcarmi, e Yorick l'aveva capito, ero legato qualche albero più in giù, con una coperta su cui sdraiarmi. Dicevo che lui si avvicinò a me portandomi della carne cotta sul fuoco, l'aveva messa in un piatto, altra cosa che stupì tutti fu che io mangiassi esattamente come loro e non a terra o in altro modo. Mi porse la cena ed io la presi. – Non è molto ma spero ti sia sufficiente, dobbiamo dare di più agli altri tre, loro sono più affamati. – Lo guardai senza prestare molta attenzione al cibo, volevo che lui smettesse di ignorare l'attenzione che voleva prestarmi.
– Ti ringrazio, Cacciatore. – Sussurrai affinché solo lui sentisse. I miei occhi, puntati nei suoi, furono capaci di vedere lo stupore crearsi piano piano nelle sue pupille, prima piccolo, poi invaderle ed un tremito percorrergli la mano.
– Stai parlando con me, montanaro? – Mi chiese. Aveva preso l'abitudine di chiamarmi in quel modo, tutti lo facevano.
– Non dovrei, Cacciatore? Ti sei mostrato gentile con me, forse non è usanza nel vostro popolo ringraziare? – Risposi pacatamente. Yorick sospirò. Si passò una mano sul viso e si chinò fino a che i nostri sguardi si trovarono alla stessa altezza.
– Non è bene che tu mi rivolga la parola, montanaro, sei giovane, non sai probabilmente, ma … – Sospirò ancora come se stesse per rivelarmi un segreto così profondo da essere proibito anche solo pensare di rivelarlo. – Io non sono tuo amico, montanaro, io so che tu non sei uno come gli altri, io ti sto portando in un posto ben peggiore di quello in cui condurrò gli altri della tua specie, non fidarti di me e non parlarmi più, potresti peggiorare le cose, così come sono vanno già male. – Lo fissai, pensando stesse mentendo, ma non trovai bugia.
– Non so cosa tu voglia farmi, Cacciatore, ma, anche se le tue parole fossero vere, io non avrò paura. – Lui mi guardò per qualche istante, in silenzio.
– Non è di paura che io parlo, montanaro, nel posto in cui ti sto portando non potrai nemmeno provare quella, lì tutto ciò che sei svanirà. – Si alzò e si guardò intorno per vedere se qualcuno ci stesse osservando. – Io farò del mio meglio per proteggerti, ma non posso evitare l'inevitabile. – Si voltò ancora per guardarmi. – Sei troppo bello per essere dato al primo che ti chiede. – Strinsi tra le mani il piatto che mi aveva portato. – Sul mio onore, montanaro, e sui miei cuori, ti giuro che farò in modo di proteggerti come mi è consentito. – Compresi che quelle sue parole erano sincere, vero era l'uomo che mi parlava e vere erano le sue promesse.
– Cacciatore, io mi ricorderò delle tue parole e saprò ricompensarle. – Yorick sorrise amareggiato. Chinò leggermente il capo prima di tornare dai suoi uomini.
Non avevo paura di dove lui mi avrebbe condotto e di cosa mi avrebbe fatto, ero stato cresciuto per non avere mai paura, per essere valoroso e forte, ma, come Yorick mi disse quella sera, non si trattava di avere paura o meno. Io non potevo sapere cosa avesse rischiato parlandomi, o soltanto guardandomi con quegli occhi pieni di desiderio, un desiderio puro, mai visto e che lui non provava da molto tempo. Soltanto provarlo lo faceva soffrire, pentire, un dolore così acuto da scavargli nel petto un foro così profondo da essere incolmabile. Tuttavia io non sapevo quanto sconsiderato ed ingenuo ero stato. Non si trattava di permettere a loro di comprenderci, quanto, con più probabilità, di sapere veramente con chi io avessi a che fare e se, infine, conoscevo abbastanza la mia specie e me stesso.
Yorick mi aveva imbarazzato dicendomi che ero “troppo bello per essere dato al primo che ti chiede”, ma le mie orecchie di bambino erano solo state in grado di imbarazzarsi per quelle parole, incapaci di capire realmente cosa comportassero e cosa significasse per me essere “dato” o essere “chiesto”. Non capivo certamente quello che il mio futuro avrebbe custodito, cosa avrei trovato girando l'angolo del domani, ma ben presto avrei cominciato a comprendere. Infine sarebbero bastati solo pochi giorni per farmi scoprire che niente era nobile, puro o interessante come credevo, niente si sarebbe risolto con due chiacchiere e niente mi avrebbe più sottratto da quel nero destino calcato ormai sulla mia strada.

La storia de 'Il Principe' è gia conclusa e ho deciso di pubblicare i capitoli a scadenza casuale (spero di riuscire a tenere il ritmo di due capitoli a settimana). Il racconto è diviso in tre parti principali che io poi ho suddiviso in capitoli. Il Silenzio del Drago è la prima parte della storia.
In questo capitolo la storia è ancora al principio e serve soprattutto per introdurre il luogo e la mentalità dei personaggi. Nivek si troverà immerso in un contesto molto più spaventoso ed arriverà anche l'azione!
Grazie per il tempo che avete speso leggendo anche questo secondo capitolo e sarei davvero felice di ricevere opinioni in merito!
Iwon Lyme

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Capitolo 3
*** Il Silenzio del Drago - Parte III ***


Per voi il terzo capitolo. Spero vi siano piaciuti i precedenti e che questo non vi deluderà.

Il Silenzio del Drago - Parte III

Camminammo per altri giorni. Le mie mani erano legate alle corde e ciondolavo dietro il gruppo sempre più irrequieto di uomini. I miei occhi vagavano come spiriti e guardavo tutto ciò che poteva essere visto. Il cielo, così azzurro, così mutevole e perfetto non sembrava lo stesso, sembrava il cielo di un altro mondo. L'erba oscillava vicino ai miei piedi solleticata dal fresco vento che veniva dalle montagne che avevamo lasciato. Il manto verde era diventato così famigliare che a stento ricordavo il gracidare della neve calpestata ed il suo colore così simile alle nuvole. I campi si dipanavano per tutto l'orizzonte come la corteccia di un grosso albero coperta di muschio. Le mie orecchie erano attratte da tutti i rumori. C'era il cinguettio di un uccellino appollaiato su un albero, il suo leggero batter d'ali quando abbandonava il ramo al rumore dei passi e delle chiacchiere del mio gruppo. C'era il suono del vento che sfregava tra le foglie, come un sussurro incomprensibile, un lieve mormorar di mondo che non avevo mai sentito così acuto. Credo che ogni qual volta il futuro si trova ad essere ignoto ed il cammino incerto, il presente diventa rumoroso e brillante, così da renderti impossibile non accorgerti di vivere e procedere, procedere verso quel qualcosa di incerto che piano piano diventa noto. Al contrario quando il futuro è troppo certo, il presente diventa solo un'attesa di cosa ancora non si ha e non ci si presta molta attenzione.
Gli occhi di Yorick si dividevano da quelli dei suoi uomini e si rivolgevano a me, presi da malinconia, preoccupati, come pensierosi, cercava la mia figura come una madre cerca il cucciolo nella folla per paura di perderlo. Mi sentivo protetto da quello sguardo e, credetemi, non mi era mai capitato di sentirmi così importante, così, in qualche modo, amato. Al tempo non potevo comprendere ed ora me ne dispiaccio in qualche modo, lui vedeva in me molto di più di quello che avrebbe dovuto vedere. Gli occhi infatuati di Yorick mi seguivano e dipingevano quel mondo di un caldo colore, non so dire perché, ma proprio sentirmi al sicuro in quel modo mi rese capace di godermi il viaggio in attesa della meta. E la meta arrivò troppo presto …
Fu in una mattina più fredda delle altre che giungemmo ad un villaggio molto grande, o come i Cacciatori lo definirono, una “città”. Mai nella mia vita avevo visto tante case e tanti uomini tutti vicini, insieme, ed il baccano era infernale, come anche il vento che si aggirava tra le alte dimore e gli sguardi seccati di chi non sopporta viaggiatori. Noi, a differenza di quegli individui, eravamo vestiti con abiti cenciosi, mentre loro indossavano vesti colorate, di colori che mai avevo visto nella mia vita e ciò mi rese febbrilmente eccitato. Il verde, il bianco e l'azzurro, con qualche tocco di marrone, erano gli unici colori a me noti, immaginate il mio stupore davanti al rosso cupo, come sangue di animale, ma molto più brillante oppure il giallo che era una sfumatura che mai nella mia vita mi sarei aspettato di vedere addosso ad una persona. I visi di quegli uomini erano diversi da quelli dei Cacciatori, non avevano barbe o baffi, solo dei lunghi capelli curati, lucidi e raccolti in acconciature, quelli contornavano rughe e occhi pallidi, annoiati dalla loro stessa esistenza, in attesa di qualcosa che tardava ad arrivare, come se infine non sapessero di esser vivi. Le donne si coloravano il viso, atteggiandosi ad uccelli maestosi che svolazzano da un ramo all'altro cinguettando musiche melodiose ma senza alcun senso alle orecchie di qualcuno che non fosse suo simile. I bambini invece erano vestiti tutti allo stesso modo, come se non fossero diversi uno dall'altro e questo mi rese irrequieto, come se ci fosse qualcosa di sbagliato in quel gesto così semplice, forse io non sopportavo l'idea di essere identico ad un altro ed ancora, a quel tempo, mi rispecchiavo più in un bambino che in un adulto.
Prima di addentrarci più all'interno Yorick venne a coprirmi il capo con un grosso straccio nascondendo i miei capelli ed, in parte, il mio viso, non voleva certo che io attirassi l'attenzione prima di aver contattato quel suo “amico”, così almeno disse ai suoi compagni. La cosa mi infastidì non poco, non volevo certo diventare un fenomeno da circo, ma ero rimasto nascosto per tutta la vita e farlo anche allora non mi rendeva per niente felice. Restare alle direttive di Yorick era, in egual modo, paragonabile a stare alle direttive di mio nonno o di chiunque all'interno del villaggio. La voce di Oswin che urlava il mio nome e mi supplicava di tornare riaffiorò come se l'avessi sentita pochi giorni prima e come una strana nostalgia, che mai avrei creduto di provare per quelle case, mi strinse e non mi lasciò più fiato. Serrai i polsi legati con una corda. Mai al mio villaggio mi avevano legato in quel modo, eppure mi sentivo più libero con un collare appeso alla gola che immerso in quegli ordini sussurrati con voce famigliare e, incondizionatamente, amata, che tanto sembravano buoni, ma che volevano solo chiudermi dentro una scatola. Yorick mi ricordò quel comportamento così ben conosciuto e così tristemente odiato, mi riportò alla mente la voce di Oswin, l'emblema di quella costrizione amorevole, sincera quasi, ma inconsapevolmente, così voglio ancora credere, crudele ed orrenda. Il pensiero del villaggio, di Oswin, Murray ed Elmer abbandonò la mia mente e tornai a guardare quel posto così diverso da quello da cui provenivo.
Venni attirato dunque dal movimento brusco compiuto dall'uomo della mia specie, uno sulla trentina, legato davanti a me. Voltò il capo di scatto, lo girò come se fosse l'ultimo atto di un corpo in pena, e guardò con gli occhi pieni di orrore quello che così crudelmente aveva attirato la sua attenzione. Mi girai anch'io, tenendo per un momento in più gli occhi su quella sua espressione, poi vidi, vidi il posto in cui Yorick ci aveva portati. Una piazza di terra sterrata, bianca, come se venisse dalla luna, ma con un odore rigettato direttamente dalle oscurità più profonde della terra. In centro, un palchetto di legno montato per far salire le “merci”, sotto di esso quelli che le avrebbero “chieste” ed in piedi, proprio davanti, quello che le avrebbe “date”. Fui tanto scosso che come un conato di vomito si arrampicò su per lo stomaco. La mia specie, persone della mia specie, uomini e donne, anche bambini, tutti della mia razza, erano lì, sul palco o sotto di esso, aspettando così il loro turno per essere chiesti e dati. Mai avrei pensato potesse succedere una cosa tanto truce, mai avrei pensato. Chi erano quegli uomini, che si definivano “Cacciatori”, per rapire e vendere me e la mia razza? Cosa volevano da noi? Certo eravamo forti, ma oltre a quello cosa?
Non riuscii a capire immediatamente, mi ci volle un attimo per ritornare alla realtà. Yorick aveva sganciato me dagli altri ed ero legato ancora alla vita del ragazzo alto, in compagnia di quello basso, mentre il capo stava portando gli altri ad un uomo grasso, con dei lunghi capelli neri, che gli scivolavano fino al grosso sedere e che, quando Yorick gli parlò, osservò con sufficienza i tre uomini e diede al Cacciatore una decina di monete tintinnanti di un colore giallo profondo, come la sua veste. Gli occhi del grassone si spostarono poi sugli altri Cacciatori e, dunque, su di me. Arricciò il naso come se stesse pensando a qualcosa di disgustoso ed allo stesso tempo interessante. – E quello là? – Domandò con voce assonnata, quasi una cantilena, ma acuta e stridula. Yorick mi guardò con sufficienza, poi rivolse lo sguardo all'uomo ed infine tornò su di me. – Ah, quello là, niente di importante, è un piccolo criminale che abbiamo catturato, andremo a ritirare la taglia più tardi. – Rispose furbamente senza tradire la sua bugia con qualche espressione.
L'uomo mi guardava con quei suoi occhi pallidi ed, anche dopo la risposta di Yorick, non sembrava intenzionato a lasciarmi perdere. Strinsi le mani bloccate dalla corda preso da timore come non lo ero mai stato. Poi il grassone sollevò lento le sopracciglia, guardò le monete che aveva consegnato al Cacciatore ancora vicino a lui e poi rivolse lo sguardo ai tre uomini che aveva appena comprato. – Tre di fango, non molto costosi, eh, Yorick? Questo mese ti sei girato i pollici? Be', vedrò di accontentarmi. – Si voltò e con una delle sue mani grassocce afferrò il primo della fila e li tirò verso il palco di legno senza aggiungere nessun'altra parola.
Le mie mani si rilassarono e Yorick tornò verso di noi. Distribuì le monete equamente a tutti i Cacciatori e poi fece cenno a quello alto di consegnargli la mia corda. – Dobbiamo uscire dalla città in fretta, io vado con lui, così Beau non si insospettirà. – Gli altri annuirono. Il ragazzo basso invece rimase perplesso. – Ma, Yorick, perché non l'hai venduto a Beau? Anche lui ti avrebbe pagato bene per uno così. – Chiese. Quello alto gli tirò una gomitata come se non fosse permesso fare quel genere di domande al capo. Yorick sospirò. – Ci sono alcuni che è molto meglio non vendere, non tutti sono buoni solo per essere macellati. – Così gli rispose. A quelle parole un brivido mi corse su per la schiena, un brivido profondo, come se il mio stesso cuore avesse cacciato un urlo. La mia mente cominciò a vacillare di nuovo. Lo sguardo tornò istintivo su quei bambini, sugli altri della mia specie lì in fila, consapevoli del loro destino come io non lo ero stato fino a quel momento. Paura cieca aveva avvolto quei tre uomini della mia razza per tutto il viaggio, io non sapevo perché, mi ero vergognato di loro, invece sapevano, sapevano cose che io ignoravo. Cosa volevano fare loro cominciai ad immaginarlo ed intanto i miei piedi si muovevano verso l'esterno della città, accompagnato solo da Yorick, così un oscuro proposito nacque nella mia mente, come se fosse sempre stato lì, nascosto dietro un angolo.
Attesi con l'incredulità e l'orrore misti nel mio cuore, attesi fino a quando non fummo completamente soli, fuori dalla città, in mezzo all'erba verde che cominciava a provocarmi una nausea impossibile da sopportare. La paura aveva lasciato spazio all'ira ed all'impotenza. Proprio quando si è impotenti si fanno le peggiori pazzie. Quando mi sentii al sicuro, afferrai saldamente la corda legata ai miei polsi, presi un respiro profondo. Guardai la nuca di Yorick che camminava avanti a me. Quanti dei miei simili aveva venduto? Quanti aveva condotto alla morte come se fossero stati solo dei pezzi di carne senza coscienza o sentimenti? Cosa voleva farne di me? Come avevo potuto credere alle sue parole? L'onta di essermi sentito apprezzato da un uomo così, da un venditore della mia razza, da colui che aveva portato alla morte così tanti dei miei, mi schiaffeggiò il viso e tutto divenne subito nero.
Strattonai la corda ed atterrai Yorick. Non fece nemmeno in tempo a rendersene conto che io ero sopra di lui e lo tenevo fermo con una mano attorno al suo collo ed un ginocchio premuto sulla sua spalla. Con la mano libera mi scoprii il viso e lo fissai dritto negli occhi. – Cosa faranno a tutti quegli uomini? Cosa?! Tu mi hai mentito, Cacciatore! – Ringhiai mostrandogli i denti. Esigevo da lui qualche risposta, mi aveva fatto credere che era buono, quando invece era il più crudele di tutti. Non pensai che sapere la verità mi avrebbe reso ancora più spaventato e Yorick mi avrebbe detto proprio la verità, non era tipo da assicurarsi qualcosa, soldi o merci che fossero, dicendo il falso.
Scemata in lui la sorpresa iniziale, capendo le mie parole e le mie domande, ridacchiò con voce strozzata. – Io non ti ho mai mentito, montanaro, sei tu che mai mi hai chiesto dove ti stessi portando. Non incolpare me per la tua ignoranza. – Questo mi fece infuriare tanto da ruggirgli in viso, ma lui non ne fu minimamente intimorito. Mi posò una mano sul petto e mi guardò negli occhi. Assunse improvvisamente un'espressione fiera, intimidatoria. – Risparmia il fiato, montanaro, so che non hai altra scelta se non seguirmi. Quelli di montagna sono tradizionalisti, no? Che cosa farebbero a qualcuno che ha lasciato il villaggio e ha perfino parlato con un Cacciatore come me? Inoltre non saresti mai fuggito se non avessi avuto problemi con il tuo villaggio, in fondo nemmeno io ho mai visto un montanaro come te, mai nella mia intera vita, non mi stupirei se quei conservatori ti avessero emarginato fin dalla tua nascita. Se invece tu decidessi di fuggire, qui ed ora, non otterresti altro se non venir catturato da un Cacciatore molto più crudele ed ignorante che ti venderà a quel grassone di Beau e verrai ucciso, scuoiato e la tua pelle verrà usata per le migliori corazze, i tuoi denti come amuleti contro il male, i tuoi occhi per la medicina e nemmeno il tuo sangue verrà sprecato, qualche stregone pronto a fare carte false per averlo ci sarà, non avere dubbi. Quindi, preferisci fuggire e morire, tornare al tuo villaggio e morire oppure venire con me e vivere? Bada bene, montanaro, la situazione in cui sei è la peggiore in cui uno come te si possa trovare.
Yorick mi versò addosso quella verità come una doccia bollente e trattenni il fiato per non urlare di rabbia. Sapere era una maledizione perché ormai sapevo di essere in trappola. Non potevo salvare quegli uomini, donne e bambini, non potevo nemmeno salvare me stesso dalle mani di quel Cacciatore. Nessuna scelta era possibile, poiché fare una scelta obbligata di per sé non è scegliere. O restavo con lui avendo fiducia nella sua promessa di vita, o affrontavo morte certa con onore. Pensandoci ora avrei potuto scegliere di morire allora, un'alternativa l'avevo, ma seguirla avrebbe significato non realizzare mai quel mio sogno, così lontano e minuscolo ormai, che con paura ancora desideravo ardentemente.
Allentai la mano sul collo di Yorick e lui si sollevò. Mi sedetti affianco a lui mentre si massaggiava la spalla che gli avevo premuto. – Montanaro … so che non è facile accettare le costrizioni per quelli della vostra specie, ma non credo che ci sia nessun altro modo per permetterti di avere una vita in questo mondo. – Mi voltai a guardarlo. – Fidati delle mie parole. – Guardai l'erba verde ondeggiare. Sospirai tristemente.
– Non deludere ancora la mia fiducia, Cacciatore, non perdonerò una terza volta un bugiardo, stanne certo. – Yorick mi guardò, la sua cicatrice balzò ai miei occhi e credo che quella fu la prima volta che vidi veramente il suo viso, sfigurato da quel taglio profondo, immerso in pensieri che probabilmente non avrebbe mai rivelato a nessuno, gentile, ma allo stesso tempo cupo, severo. Yorick mi ricordava il viso di mio nonno, ma molto più addolorato. Quel Cacciatore portava il volto di un uomo buono ed onesto, ma che la vita, ripagandolo con crudeltà, ha mutato in quello di un fantasma senza più nulla davanti a sé e con gli occhi immersi nel passato.
Il Cacciatore mi posò una mano sulla spalla, fu la prima volta che toccò il mio corpo e non le mie corde. – La fiducia, montanaro, è qualcosa che non puoi dare a tutti gli uomini. Io sono vecchio e troppo stanco per potermi prendere cura di te come avrei fatto se mi avessi incontrato qualche decennio fa, ora il fumo di voi, stupende creature, mi interessa ben poco, ma conosco una persona a cui il tuo viso ed i tuoi occhi saranno tanto graditi da permetterti di vivere, vivere, io credo e voglio assolutamente credere, anche in modo felice. – Prese un respiro profondo e tremolante. – Se così non fosse, che il Cielo mi perdoni …
 
Nel villaggio in cui sono nato e vissuto si raccontavano molte leggende, non c'era solo quella di Ian il Temibile, che di gran lunga, quando ero piccolo, era la mia preferita, si sa che i bambini sono portati per la violenza, ce ne erano molte e tutte diverse. Una delle leggende più amate e raccontate nei momenti di festa era quella di Murray il Valoroso, da cui mio nonno aveva preso il nome. Murray, quello della storia, era un uomo così valoroso e così amato dalla sua gente che il Dio Cielo in persona aveva chiesto lui di raggiungerlo così da potergli parlare e congratularsi per le sue fortune. Murray però era talmente pieno di sé che non andò a parlare con il Dio Cielo, ma, anzi, credeva che il Dio facesse apposta a stare così in alto e che volesse prenderlo in giro per la sua piccolezza e non congratularsi per le sue doti. Siccome, così pensò, il Dio Cielo è molto più potente e forte di me, è questo che vuole mostrarmi: tutto ciò che io posso fare non mi porterà mai ad essere grande quanto un Dio. Murray non andò all'incontro ed il Dio si intristì molto per questo suo comportamento e pianse, pianse per molti giorni. L'uomo, d'altro canto, pensò che quella fosse l'ira del Dio per ciò che aveva fatto e che avrebbe distrutto tutto se così avesse continuato. Murray allora prese la decisione di salire verso il Dio Cielo e parlare con lui. Trovandolo in lacrime e non adirato si pentì del suo affronto e si scusò con il Dio. Murray il Valoroso capì che essere dei non significa essere forti o invincibili, ma saper riconoscere le doti negli altri ed apprezzarle senza vedere in esse una minaccia. Accettare chi è più forte o più bravo di te senza superbia o falsità è ciò che rende un uomo grande quanto un dio.
Non so dire come mai durante quel viaggio la storia di Murray mi tornò alla mente, forse, capitandomi tutte quelle brutte cose, speravo che dietro non ci fosse un dio adirato, ma uno in lacrime. Camminando verso la dimora dell'amico di Yorick mi sentivo come Murray che salendo verso il cielo aveva timore di trovare un dio in collera con lui. Speravo infine di essere fortunato quanto lui. Superato il grande villaggio ed abbandonando là moltissimi della mia specie, lasciandoli ad affrontare una morte certa, cominciavamo a dirigerci verso il mio vero futuro. Ero inconsapevole di quello che mi sarebbe successo, temevo per la prima volta il mio futuro più del mio presente. La morte mi aveva sfiorato con le sue dita di ghiaccio, mi aveva accarezzato il viso, ma Yorick mi aveva salvato. Mi stava salvando? Potevo davvero fidarmi? Non ero abituato a guardare con sospetto gli altri, di solito era il contrario, ma in quel viaggio molte cose in me cambiarono e questa fu una delle tante. Capii che cercare di comprendere qualcosa che sarebbe rimasto ignoto ai miei occhi, almeno fino al momento in cui non sarebbe avvenuta, era inutile e senza molto senso. Potevo, infine, solo attendere.
Al grande villaggio alcuni Cacciatori si fermarono, così a procedere verso la mia meta erano rimasti solo Yorick, l'uomo alto, quello basso ed infine l'uomo con il ghigno perenne. Forse non molti credevano alle parole di Yorick, oppure, cosa molto più probabile, compiere un viaggio non era esattamente semplice, superata la città davanti a noi si dipanava un luogo abitato, molto più di quanto non fosse fino a quel punto, pieno quindi di pericoli e la gente, lo compresi facilmente, preferiva starsene ancorata ad una vecchia casa, piuttosto che andarsene in giro a farsi ammazzare dai briganti. Viaggiare per boschi e luoghi sperduti in cerca di quelli della mia specie era, posso dirlo con certezza, molto meno pericoloso che viaggiare in luoghi abitati da umani.
Procedevamo dunque in cinque lungo la strada che cominciava a non essere più in mezzo ai prati, ma battuta e sabbiosa. Faceva sempre più caldo e per me, abituato al freddo, era difficoltoso continuare a camminare per molto tempo sotto tutto quel sole. Yorick e gli altri sembravano abituati, a passo spedito mangiavano metri e metri di terreno ed io, legato per i polsi, camminavo sulle loro orme. Mi trovavo ormai a due giorni di cammino dalla città, immerso tra villaggi, percorrendo una strada sterrata, in quel tragitto ebbi un malore, il caldo mi colpì come se fosse una vera arma e la testa mi girò furiosamente, una luce mi abbagliò la vista e barcollai. Non riuscii ad impedire di cadere a terra, le mie mani, tutte addormentate per le corde, non mi consentirono di reggermi. Caddi nella terra amara e bollente. Tutti si fermarono subito, sentii i loro passi che si avvicinavano a me. Aprii gli occhi e vidi il viso di Yorick, lo chiamai, credo, perché lui mi fece cenno di stare in silenzio. Osservai ancora i volti dei Cacciatori e poi mi lasciai cullare verso il buio.
Mi ripresi qualche ora più tardi. Svegliandomi mi trovai in un letto singolo, immerso in delle coperte soffici e bianche. La luce entrava a malapena dalla finestra, capii che ormai era notte. Tirai un lungo respiro e pensai al bosco scuro, che procedeva fino ai piedi della montagna. Pensai che alzandomi l'avrei trovato lì, a farmi sentire piccolo, così com'era sempre stato. Il nonno doveva essere a letto, mancava poco prima di alzarmi e fare colazione. – Montanaro … sei sveglio? – Sussultai. Mi guardai intorno e vidi il volto del ragazzo alto che con la sua voce roca aveva appena parlato. – Incredibile, dico io … qui a badare ad un animale, manco fossi l'ultimo della tua razza … roba da pazzi … – Borbottò tra l'irato e l'assonnato. Mi sollevai e mi tenni la testa, ancora mi girava. In mano mi trovai un fazzoletto bagnato e il ragazzo tese le sue lunghe dita per prenderlo, glielo passai e lo immerse in una bacinella piena di acqua. – Cosa passa per la testa di Yorick … – Sospirò, tirò uno sbadiglio e si alzò per sgranchirsi un po' le gambe. Lo guardai soprappensiero fino a quando non si sedette. I suoi occhi si rivolsero a me ed erano gli stessi del ragazzo della legna, credevi di poterlo vedere pensare, ma alla fine una placidità lo rendeva come etereo. La sua figura, assorta nell'osservarmi, era definita dalla luce della luna che fluttuante entrava dalla finestra aperta per il caldo. – Prima hai detto il nome di Yorick, ti ho sentito, quindi tu parli con lui, dico bene? – Domandò con estrema serietà, come se da quella risposta dipendesse il corso degli eventi, ma allo stesso tempo qualcosa mi diceva che non gliene importava granché. – Non parlerai con me, giusto? – Continuò visto che io restavo in silenzio. – Lo immaginavo … – Concluse sollevandosi di nuovo. Mi guardò con una certa amarezza e poi si diresse verso la porta della piccola stanza oscura in cui ero sdraiato. – Yorick è appena andato a dormire nell'altra stanza, gli dirò che sei sveglio. – Detto ciò uscì.
La porta si aprì e lasciò entrare uno spiraglio di luce quando il ragazzo alto ci passò attraverso, non la richiuse, ma sentii la sua voce dire a Yorick che ero sveglio e chiedergli come mai non stava dormendo. Non ci fu nessuna risposta dal tono calmo e severo del Cacciatore, vidi solo la sua figura dipingersi nella luce, oscurare quell'unico spiraglio ed entrare nella mia stanza, richiudendosi la porta alle spalle. – Ti senti meglio, montanaro? – Non risposi neanche a lui, credo in realtà che i sospetti e tutti i miei dubbi quella notte mi si riversarono addosso. Pensai per la prima volta che il villaggio era stato, fino a quel momento, l'unico posto sicuro che io avessi mai avuto, sebbene là non fossi stato amato o apprezzato. Nulla poteva riportare gli eventi a prima della mia fuga e non avevo mai voluto che accadesse, ma pensando a Principe, al corpo di mia madre sepolto sotto la neve, alla mia casa ed al bosco che da sempre era mio custode, cominciai a capire che in quel villaggio non avevo lasciato solo le cose che odiavo e che mi disprezzavano, ma avevo anche abbandonato le poche persone e luoghi che in qualche modo mi avevano voluto bene e che io, con tutto me stesso, avevo amato. Una tristezza mi avvolse l'animo pensando a tutto ciò che avevo perso per una singola idea sciocca che avevo avuto, qualcosa fatto in un momento, in un attimo tutto era cambiato per sempre ed avevo paura di non trovare più nulla sul mio cammino.
Yorick si sedette accanto a me, guardò le mie mani, ancora legate da una corda, e sospirò profondamente. Credo che lui non potesse immaginare cosa passasse per la mia mente e che si sentì più responsabile di quanto doveva per l'umore cupo che avevo. Lo stesso uomo che mi aveva fatto paura, come se fossi un bambino, era seduto vicino ad un letto, non mi guardava il viso, ma ascoltava in attesa di un rumore, un solo suono che gli avesse dato una scusa per guardarmi. Mi ricordò il giorno in cui Elmer cadde da un albero. Oswin si era precipitato a soccorrerlo, eravamo ancora bambini, quindi i suoi capelli chiari ondeggiarono fino a quando non si chinarono sul corpo del figlio a terra. Io ero distante dal punto in cui era caduto il mio amico ed attendevo con il fiato sospeso. Ricordo che Elmer era svenuto e suo padre non emise un gemito, non fece un movimento, rimase lì, immobile, in attesa. Mentre la madre singhiozzava e restava in piedi, Oswin non diceva nulla, aspettava un suono, un movimento, qualsiasi cosa che gli indicasse che il figlio fosse ancora vivo. Quella scena mi rende ancora oggi irrequieto, se ci ripenso. Credo che fu il viso più in pena che vidi mai in tutta la mia vita e Yorick, quella notte, ne portava uno molto simile.
Il silenzio diventava sempre più denso, perso com'ero, non avrei parlato per primo. Tuttavia Yorick non fu paziente quanto Oswin. – Una notte stavo vagando per un bosco … Immagini un bosco di notte? Certo che lo immagini, lì sei stato catturato … Ebbene una notte stavo camminando per un bosco, era buio e faceva freddo come se lo stesso cielo ci avesse avvolti, stringesse me e quel bosco in una sorta di incanto. Non vedevo molto avanti a me e nemmeno dietro, non so dire nemmeno con esattezza che cosa mi spinse ad addentrarmi così in fondo. Fu in una notte come quella, quando qualsiasi cosa sembrava andare per il verso sbagliato, quando il mondo, come un'onda del mare, mi travolgeva e mi sbatteva a riva, mi tormentava, fu in un momento tanto buio che il mio destino prese una forma tanto riconoscibile da essere solida, da poter essere toccata con la punta delle mie dita. In un bosco, come se l'intero mondo fosse cieco e sordo, io udii e sentii per la prima volta, fui come l'unico ad esserne in grado, fu come una magia tale da essere compresa da uno soltanto e quell'uno ero io. Così la vita ti mostra il tuo destino, montanaro, quando meno te lo aspetti, nel buio della notte, una luce ti attende lontana, brilla ed aspetta che tu la rincorra e che, una volta raggiunta, la prenda.
 
Scoprii che Yorick usò il suo intero guadagno per pagare le stanze della locanda in cui eravamo stati costretti a fermarci a causa del mio malore, inoltre mi comprò dei vestiti leggeri ed offrì a tutti noi un pasto sostanzioso. La sua generosità, devo ammetterlo, mi stupì e mi lasciò ancora più confuso di quanto già non fossi. Nessun Cacciatore spenderebbe così tanto per una preda o per una merce, dunque cominciai a pensare che lui non mi vedesse affatto in quel modo, per lui ero diverso, lui in me vedeva qualcosa che nessuno di quegli uomini vedeva. Mi chiesi se lui fosse o sarebbe stato il solo a vedere in me qualcosa di speciale. In qualche modo a me sconosciuto ero riuscito a stregare quell'uomo. In ogni caso non sapevo ancora che genere di particolarità lui vedesse in me.
Proseguimmo il cammino verso la casa dell'amico di Yorick. Il gruppo, bisogna ammetterlo, era strano ed inspiegabilmente molto affiatato. Jolyon, il ragazzo alto con la voce profonda, era molto bravo a seguire le tracce ed a comprenderle, cosa che in quel momento può sembrare completamente inutile, in realtà fu facile per noi accamparci in luoghi poco popolati, oppure evitare banditi, o ancora bestie di ogni genere. Quando scrutava i piedi di un uomo o lo zoccolo di un cavallo i suoi occhi assumevano quella sua strana sfumatura, tanto che cominciava a darmi i nervi quel suo sguardo placido e confuso. Tranter, l'uomo con il ghigno perenne e la faccia rugosa, se ne stava in silenzio la maggior parte del tempo, affilava le sue lame, le fissava con gli occhi vacui e sospirava, questo suo comportamento mi indusse a pensare fosse inutile, in realtà era capace di fare a pezzi animali, uomini e alberi con una velocità ed una ferocia alquanto impressionante. Inutile dire che con la sua presenza gli assalti furono facilmente sventati. Infine Larkin, il ragazzo basso e petulante, sebbene sembrasse insieme a quel gruppo per una strana coincidenza di sfortunati eventi, era bravo a contrattare, scrivere, leggere e tener di conto, un po' una sorta di contabile. Non centravano molto uno con l'altro e, capii, che proprio questo era il loro punto di forza, ognuno agiva nel proprio campo a modo proprio, senza pestarsi i piedi e Yorick, il capo, era bravo a correggere senza sembrare invasivo, infatti il Cacciatore sapeva fare ognuna di queste cose. Non solo sembrava molto acculturato, ma con la spada e con la lingua era abile in egual modo, dunque sapeva combattere e contrattare prezzi favorevoli. Tutti veneravano Yorick come fosse un incredibile prodigio della natura e, sinceramente, credevo non avessero torto, non ci voleva un ragazzo vissuto nel mondo per capire che essere bravi in tutto era qualcosa di raro ed estremamente elitario.
Dopo circa un'altra settimana di cammino il paesaggio cambiò. Lasciammo le grandi pianure verdeggianti abitate da molti uomini e ci ritrovammo in un paesaggio né troppo arido né troppo umido, brullo, ma stranamente colorato. Ovviamente lì non crescevano tutti gli ortaggi che con facilità venivano su nella terra rigogliosa che avevamo appena lasciato, dunque i villaggi erano molti meno, più poveri, lo si poteva vedere da come si vestivano e dalle case umili, ma sicuramente il nostro viaggio fu meno difficoltoso. Sebbene i banditi non fossero più interessati al carico dei Cacciatori, gli abitanti dei villaggi o i contadini che incrociavamo sul cammino guardavano noi tutti con una certa diffidenza, ma soprattutto mi osservavano con un certo disgusto. Credo che sapessero esattamente cosa io fossi e proprio per questo non ero molto “amato”. Cosa poteva aver portato alcuni della mia specie, a dire il vero dovevano essere parecchi visto che erano così conosciuti, alla decisione di addentrarsi in quelle terre era per me un mistero assoluto. Avevo imparato che ce n'erano alcuni a cui il fango piaceva, ma niente poteva indurmi a credere che uno qualsiasi della mia razza preferisse quella terra brulla al prato verde lì accanto. Tuttavia quegli uomini sembravano conoscere molto bene che faccia avesse la mia specie, così avrei cercato di trovare una risposta a quel, secondo me, palese controsenso.
La paura del mio futuro, l'incertezza che, è evidente, lo colorava erano state superate da un sentimento che con fatica so spiegare. Non posso dire che fossi tranquillo, ma fu come se il mio stesso animo avesse cercato rifugio da quei pensieri così difficili, così orrendi, e fosse finito in un oscuro baratro di apatia. Aspettavo, e tutto scorreva intorno a me. Mi importava di tutto, di Yorick, degli altri del gruppo, dei paesani, ma quando si arrivava a me l'apatia mi avvolgeva, non mi interessava sapere subito cosa mi sarebbe successo e non volevo certo pensare a tutte le opzioni che ancora non avevo immaginato. Vedevo tutto ed il mondo girava intorno a me, ma al mio interno ogni cosa era immobile, niente importava davvero alla fine. Non ero infelice, badate bene, solo credo che sia normale che quando c'è qualcosa a cui proprio non si riesce a pensare, il proprio cuore e la propria mente si dirigano lontano, si dividano dal corpo per non continuare a soffrire. Avevo paura di morire, ma era una paura che mi prendeva solo la notte, quando alla mia mente non restava altro da pensare, come quando da bambini ci si chiede cosa avverrà di noi una volta morti e la mente vaga nel buio, chiamando a sé il terrore. Sebbene non ci pensiamo costantemente sappiamo che la morte è la nostra fine, ciò a cui, tutti, siamo destinati. Solo la notte, quando tutto è muto, lo spirito sussurra anche le paure mai pronunciate, quelle che giacciono in fondo all'animo di tutti e che solo nel buio trovano voce.
Yorick dopo la nostra ultima vera conversazione, non mi aveva rivolto molte attenzioni, io credevo fosse per impedirsi di parlare con me, cosa che sembrava molto negativa. Posso dire con certezza che i suoi occhi si diressero a me con meno frequenza e molto più lentamente di quanto non facesse prima. Non sembrava preoccupato, forse alla fine anche lui si era arreso al destino che io stesso avevo scelto per me. Mentre il viaggio proseguiva la sua ansia sembrava scomparsa e questo fu di enorme conforto.
Se dovessi dire quale fu il momento peggiore che ricordo in quel viaggio non esiterei molto sulla risposta. Una sera, passato ormai qualche giorno all'interno del paesaggio poco ospitale, ci fermammo in un campo non coltivato, accesero un fuoco e si misero intorno mentre Tranter cacciava. Tornò indietro con due grossi uccelli e Yorick cominciò a cucinarli. Tutti eravamo stanchi ed affamati, io in particolare non mangiavo da tre giorni e forse quella sera sarebbe avanzato qualcosa anche per me. Attendevamo con impazienza il momento in cui il Cacciatore avrebbe stuzzicato la carne per vedere se fosse ben cotta, torcendo nel mentre il labbro in una smorfia di disgusto, per poi annunciare, dopo averci pensato qualche istante, che potevamo mangiarla a nostro rischio e pericolo. Quella sera invece cominciò a canticchiare. Nessuno sembrava averlo notato, eppure tutti erano lì, con le orecchie tese, pronti ad ascoltare la prossima nota che il nostro novello cantore avrebbe deciso di intonare. Strette tra le labbra gli uscivano suoni malinconici e cupi, come se stesse cantando di dolore. Nel silenzio dei dintorni la musica di Yorick si diffuse nelle nostre orecchie come un urlo, rimbombava nella notte e sembrava che anche le stelle seguissero il canto. Ricordo che mai nella mia vita ho ascoltato qualcosa di più triste. Dopo qualche minuto smise di cantare, tacque all'improvviso e la sua voce mi mancò, come se mi fosse stata tolta l'aria in un istante. Il fuoco tremolò il suo lamento illuminando fiocamente i nostri visi. Tutti eravamo in silenzio in attesa di un altro rumore. – Domani pomeriggio arriveremo alla sua casa. – Annunciò la voce roca di Yorick facendosi largo nello stupore di ognuno di noi. Nessuno, fidatevi, comprese subito cosa lui disse, eravamo ancora rivolti col pensiero alla musica di poco prima cercando di capire il suo significato piuttosto che ascoltare il presente. Ma Yorick parlò e la sua voce, o per meglio dire non essa quanto più ciò che disse, si insinuò nelle nostre orecchie e noi sapevamo sebbene non avessimo per niente sentito. Nessuno disse nulla, tutti si guardarono vedendo negli occhi dell'altro la stessa inquietudine. Le mie mani tremarono strette nella corda. I miei occhi in preghiera si rivolsero al Cielo.
Fu così, nel silenzio, che Yorick ricominciò a cantare.

Grazie mille per aver letto anche il terzo capitolo. Come ho già spiegato in precedenza la storia de 'Il Principe' è conclusa e la pubblicherò in capitoli a scadenza settimanale (anche meno).
Finalmente le cose si stanno muovendo in questa avventura. Nel prossimo capitolo Nivek conoscerà l'amico di Yorick incontrando finalmente il primo Domatore della sua vita! Come sarà quell'amico? Idee?
Vi ringrazio per il tempo speso.
Iwon Lyme

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Capitolo 4
*** Il Silenzio del Drago - Parte IV ***


Ecco arrivata il quarto capitolo della prima parte! Chi è l'amico di Yorick? Finalmente i Domatori alla luce del sole!
 
Il Silenzio del Drago - Parte IV
 
Non dormii la notte prima dell'arrivo annunciato a casa dell'amico di Yorick. L'ansia che mi colse una volta compreso che stavo per arrivarci fu feroce. Non avevo mai temuto così tanto nessun momento. Ero stanco e camminavo lentamente verso quella casa. Cosa avrebbe detto di me vedendomi in quelle condizioni? Come mi avrebbe giudicato? Perché non avevo dormito se sapevo bene che lui avrebbe guardato il mio aspetto fisico? L'agitazione non mi aveva permesso di chiudere occhio ed il giorno dopo era aumentata proprio per quel motivo. Non volevo assolutamente che Yorick ricevesse una risposta negativa, se così fosse avvenuto chissà quale sarebbe stata la mia fine. Non credevo più che lui mi avrebbe ucciso con le sue mani, ma questo certo non valeva per i suoi compagni. Pregavo che tutto finisse bene, che, alla fine, il dio mi avrebbe accolto con un sorriso.
L'orizzonte era opacizzato da delle nuvole basse e lunghe, il terreno fangoso e verdognolo si gettava su quel bianco sporco. Mi dissi che nemmeno per tutto l'oro del mondo avrei vissuto in un luogo del genere. Notai che i villaggi erano tutti scomparsi, il nulla più assoluto riempiva i campi. L'amico di Yorick non doveva essere distante, ma nel raggio di molti chilometri non c'erano case o gruppi di abitazione di nessun genere. Il vento soffiava lento ma costante e sentivo uno strano odore di bruciato. Il terreno era bagnato, come se avesse appena piovuto e un'umidità pesante ci soffocava il respiro. Non faceva molto caldo, ma mancava l'aria ad ogni passo. Yorick guardava verso una direzione precisa, vedeva, così pensai, qualcosa che se non si conosce non si può notare. Non aveva mai cambiato strada d'improvviso, pensato che forse l'aveva perduta, così alla fine pensai dovesse conoscere veramente bene il luogo dove il suo amico viveva e, quasi sicuramente, non era un errore essersi addentrati in quel paesaggio inospitale. Il sole non si vedeva e questo aumentò la mia ansia, non sapendo bene che ore fossero, potevo arrivare alla mia destinazione in qualsiasi momento. Ogni qualvolta qualcuno voltava lo sguardo per osservare qualcosa il mio cuore cominciava a battere furioso e le mie mani avevano un tremito di paura. Volevo arrivare in fretta, tuttavia non volevo proprio andarci.
Fu dopo molto cammino che Yorick voltò il capo di scatto, improvvisamente, alla sua sinistra, scrutò il luogo e credetti stesse cercando di cogliere anche il più piccolo sasso che lo abitava. I miei occhi seguirono i suoi e vidi una piccola casa. Non c'era stato nulla di umano per chilometri e poi, lì, una casa. Il mio cuore saltò un battito e la mia bocca divenne secca. Il Cacciatore ci fece cenno di seguirlo lì vicino. – Non parlate se non siete interrogati, lasciate che sia io a discutere, non sarà amichevole. – Così si raccomandò con noi mentre ci avvicinavamo. La dimora, da piccola quanto l'unghia di un dito, cominciò ad ingrandirsi, non era enorme, ma della misura adatta per alcune persone, non di certo per tutti quelli che eravamo. Era circondata da un orto malandato, forse fin troppo morente per dare davvero dei frutti. Composta da sassi dai colori caldi era sormontata da un tetto in paglia, dalla cui cima usciva a soffi del fumo bianco che si perdeva nel cielo. Quella casa era esattamente come il luogo in cui si trovava: poco accattivante e per niente ospitale. L'amico di Yorick doveva essere un tipo strambo per vivere in un luogo del genere. L'orto era bizzarramente rinchiuso dentro una staccionata malfatta, dico bizzarramente perché nessuna anima sull'intero mondo avrebbe voluto rubare qualcosa da quel giardino e di certo non avrebbe fatto tanta strada per farlo.
Ognuno dei miei compagni guardava la casa e poi Yorick aspettandosi forse una qualche spiegazione, con tutte le ragioni, credevo io, ma il Cacciatore procedeva a passo lento e sicuro verso la staccionata e lo sguardo dritto fino alla porta vecchia appesa all'entrata. Arrivato davanti all'insieme di legni conficcati nel terreno si fermò, dai suoi occhi capii che non doveva essere saggio proseguire senza essere invitati. Si passò una mano sulla bocca e poi mi rivolse il suo sguardo, sembrava mi dicesse di non aver paura. Si girò ancora verso la casa. – Sono Yorick, vengo a farti visita. Esci così posso presentarti i miei compagni. – Disse con voce calma ma autoritaria. Ci fu un attimo di silenzio che bastò per far credere a tutti che la casa fosse in realtà disabitata.
– Perché sei qui? Vattene! Lasciami in pace! – Urlò una voce acuta e quasi impaurita all'interno della casa. Fui subito colto di sorpresa da quella voce, credevo che Yorick avesse amici solo identici a lui, spaventosi, con lunghe cicatrici e ghigni truci, invece quella voce non sembrava per niente rispecchiare una così cruda descrizione. Anche gli altri ne restarono confusi.
– Esci! Ho un favore da chiederti! Me lo devi! – Continuò con un tono che sicuramente non si usa con un amico, quanto più con i propri sottoposti. Il Cacciatore si ergeva diritto oltre quella staccionata, con una fierezza che non avevo mai visto, qualcosa cominciò a sussurrarmi che Yorick non era una persona comune. La porta scattò timida e cigolante si aprì. L'interno della casa era buio e non riuscimmo a vedere la persona che c'era al suo interno.
– Te lo devo … – Mormorò con incertezza. – … ma non sono qui per farmi comandare da te, Yorick, mi hai rotto con questo so tutto, voglio tutto, non cambieresti nemmeno se ti tagliassero la testa! – Finì con un tono completamente diverso dal primo che ci lasciò di sasso. Una voce squillante e severa ed uno stivale nero uscito dalla porta precedettero l'arrivo di una cascata di capelli corvini, un lungo abito scuro e due occhi azzurri brillanti e crudeli incastonati in un viso di donna. – Cosa cavolo sei venuto a fare a casa mia?! Vuoi un favore? Dovevi chiederlo quando … – Smise di urlargli addosso non appena si accorse che non era solo.
– Ti chiedo scusa. – Proseguì il Cacciatore con tono gentile. – So che non sarei mai dovuto venire qui, ma, Wren, ho bisogno del tuo aiuto. – La donna piantò le mani sui fianchi e sollevò il viso con una certa fierezza.
– Il grande Yorick che viene a chiedere a me un favore? La cosa mi puzza e non mi piace. – Concluse.
– Posso parlare con te in privato? – Le chiese il Cacciatore senza badare molto alle sue parole.
La donna sospirò. – Ma dopo questo, qualunque cosa tu voglia da me, il mio debito con te è saldato, chiaro, Yorick? – Lui sorrise.
– Certo, sicuramente. – Le disse pacato. Rivolse a me lo sguardo e mi fece cenno di avvicinarmi.
– Hai detto in privato. – Lo freddò subito la donna.
– So cosa ho detto, ma ciò di cui voglio parlare è lui. – Fu in quel momento che Wren mi guardò per la prima volta. Le sue mani scivolarono via dai fianchi, vidi il suo spirito smarrirsi nei suoi occhi, le labbra divennero mute e senza espressione. Poi fece una smorfia addolorata e ci indicò ad entrambi di seguirla dentro. Yorick si voltò verso gli altri. – Pazientate qualche istante, vi dirò tutto dopo. – Li rassicurò e così detto afferrò le mie corde ed entrammo nella staccionata. La donna aveva lasciato la porta aperta. Entrammo nella casa che si rivelò abbastanza accogliente. Un tavolo riempiva la stanza, intorno quattro sedie tutte di legno, una piccola cucina era accostata sulla sinistra e sulla destra il focolare ed una porta che doveva condurre ad una camera da letto. Le tende erano tirate e c'era buio, se non fosse stato per il fuoco acceso non sarei riuscito a vedere nulla. La donna era in piedi davanti al camino, picchiettava la punta dello stivale con nervosismo. La sua reazione non mi piacque per niente. Yorick chiuse la porta alle nostre spalle e con ferocia l'altra si voltò e cominciò ad aprire tutte le tende. La luce entrava ed illuminava i colori marroni dell'arredamento.
– Pazzo … Tu devi essere diventato pazzo! Pazzo! Pazzo, Yorick! – Gli si parò davanti furiosa e con le mani ancora stette sui fianchi. – Mai nella mia intera vita avrei potuto credere che tu … tu facessi una cosa tanto stupida! – Sospirò di rabbia e gli diede uno schiaffo sulla spalla. – E lui chi è? Lui chi cavolo sarebbe, eh? Il tuo nuovo animaletto da compagnia?
– Non insultarmi, Wren. – Tuonò Yorick azzittendola. Il silenzio cadde tra i due, poi la donna sospirò.
– Se sei qui per chiedermi di cavarti il cuore dal petto sappi che non sono in grado …
– Non insultarmi. – Ringhiò ancora a denti stretti il Cacciatore. – Per lui sono qui, non per me. – Disse secco. Fu in quel momento che gli occhi della donna, irosi e combattivi, divennero dolci.
– Per lui … ? – Ripeté sussurrando. Si voltò e di fretta, come se le fosse scattata una molla sotto i piedi, si avvicinò a me. Mi afferrò il viso con una mano e lo strinse tra le dita. – Questa pelle chiara … questi capelli … oh … oh … oh Yorick, questi occhi! Yorick i suoi occhi! Mai visti! – L'entusiasmo scoppiò nel cuore di lei ed i suoi occhi ridevano rumorosi, le sue labbra tese mostravano i suoi denti anneriti. Ridacchiò. – Dove l'hai preso, eh? Dove? In mare? È dal mare che viene?
– No, dalle montagne. – Le rispose l'altro cupo. Il clima si gelò e Wren mi lasciò immediatamente.
– Montagne … ? – Chiese titubante. Sospirò. – No, no … non è possibile. – Obiettò con un cenno di risa.
– Ti dico che è così. – Le rispose duro il Cacciatore.
– Quanti anni ha? – Domandò lei con lo stesso tono gelido.
– Ventuno. – Gli rispose Yorick.
– Beh, almeno questa pazzia non l'hai fatta … sia lode a …
– Appena compiuti. – Aggiunse. Non so cosa disse di sbagliato il Cacciatore, ma Wren, senza nemmeno ascoltare una sola altra parola gli si avvicinò e gli tirò un rumoroso schiaffo. Credo che mai fui tanto gelato ed intimorito da una donna. Mi sbagliavo: gli amici di Yorick erano spaventosi proprio quanto lui.
– La cicatrice deve averti leso qualche nervo, amico mio, molti anche. – Lo rimproverò con un filo di voce lei. – Cosa pretendi che faccia? Cosa possiamo fare noi due per questo ragazzo? Un Indomabile, Yorick, ci vuole molto più che due come noi … Un cuore che noi non abbiamo, ecco cosa mi chiedi. – L'uomo teneva lo sguardo basso, le spalle cadenti e le mani tese lungo il corpo. Fu come se perdesse ogni speranza, fosse privato della vita, di tutto, in un solo momento mangiato dalla delusione.
– Tu, ne sono sicuro, hai ancora qualche amico tra i Domatori, vero, Wren? Chiedi a uno di loro di prendersi cura di lui … Saranno felici di avere una tale …
– Cosa? Un grattacapo del genere non lo vorrebbe nessuno. – La donna sospirò furiosa. – Sai almeno la razza?
– No, non lo so, e di certo nemmeno lui la conosce. – L'altra annuì.
– Ti dovrò anche un favore, Yorick, ma non so cosa fare per lui, Indomabile e di chissà quale razza, chi lo vorrebbe … è impossibile …
– Devi contattare i tuoi amici, so che ne hai … so che puoi. – Ribatté l'uomo.
– E dovrei rischiare tutto per te? Per lui? No! No mio caro! Ah! Sei venuto nel posto sbagliato. – Yorick sospirò a metà tra l'infuriato e il combattivo. Di certo non sarebbe stato facile convincere quella donna ad aiutarci. Ciò che avevo temuto stava avvenendo: non ero abbastanza. Abbassai lo sguardo e le mie mani tremarono, le voci dei due che litigavano si fecero lontane.
Mi sembrava di vederli, mi sembrava di averli ancora davanti, pronti, ugualmente giudici, immobili gli occhi di mio nonno che mi fissavano dalla soglia della casa di Elmer. Duri, insormontabili, rivelatori di una verità che conoscevo fin da quando ero bambino: non ero abbastanza. Fuggire non aveva cambiato le cose, fuggire mi aveva dato una conferma, quella conferma che solo altri potevano darmi. Guardando le mani del Cacciatore che si muovevano mentre inveiva contro la donna la mia mente era lontana, davanti a quella porta, ancora difronte ad un'entrata senza possibilità di entrare, ancora solo, con gli altri dall'altra parte. Le mie mani si strinsero e, come se non fossi mai andato via da casa, avvertii la neve sotto i piedi e gli occhi di mia madre che mi seguivano mentre giocavo. Le sue dita erano sempre state così morbide sul mio viso, come fiocchi di neve che scendono adagio, se ne vanno, come i pensieri, i ragionamenti che sfuggivano dai suoi occhi azzurri come il cielo e diversi dai miei. Erano così simili a quelli di mio nonno, tanto che avevo creduto tutta la vita di trovarmeli addosso con la stessa sfumatura, lo stesso amore di mia madre, ma non era mai avvenuto, io non ero abbastanza. Quel giorno davanti ad una porta capii che non mi avrebbe mai guardato come desideravo, non mi avrebbe mai, mai accettato. In un secondo le mani di mia madre, le sue labbra sorridenti di riflesso, lontane come se fossero rivolte all'uomo che l'aveva amata, alla vita che l'aveva abbandonata, al Principe che l'aveva rubata, i suoi occhi di bambina persi nella neve, la sua gioia buia, nera come la follia, e poi il cielo, il cielo alto che insieme amavamo. In un secondo tutto scomparve ed il viso duro di mio nonno mi colpì ancora il viso, mi accecò, mi sfregiò per sempre.
La voce di Yorick echeggiava dura nelle mie orecchie e poi quella della donna che gli rispondeva, non ero abbastanza, non lo sarei stato, discutere non era necessario, morto, morto sarei finalmente stato in pace. Un intenso odore di sangue mi punse il naso mi fece riguardare il mondo, abbandonare i sogni, lasciare gli incubi.
– Lo compro io. – Concluse una voce simile alla melodia di Yorick, a quella cantilena triste, tanto dolce e tanto strana da non permettermi di fare finta di non averla sentita. Wren finì la sua frase in un mugugno e una sedia del tavolo si spostò, un uomo si sedette reggendosi il fianco. L'odore di sangue veniva da lui.
– Nowell … devi restare a letto … – Si precipitò allora la donna ricordandosene solo in quell'istante. Il mio sguardo era fermo, immobile su quei vestiti scuri, quella pelle chiara, pallida come un morto, simile alla neve, alle dita strette sul fianco come ghiacci, i lunghi capelli neri come la notte buia, come il bosco che mi aveva sempre guardato dalla finestra che scendevano irregolari sul corpo dell'uomo come sul fianco di una montagna, e poi il viso coperto di poca barba, cresciuta per l'impossibilità di raderla e non per volontà, nascondeva labbra fredde e sottili, piegate in una smorfia.
– Cosa hai detto? – Gli richiese brusco il Cacciatore. Fu in quel momento che i suoi occhi si mossero. Da dietro il nero della notte una stella scura sfrecciò fino a puntarsi sul viso dell'interlocutore, una sola stella, l'altra era coperta da una benda, legata sul capo, ma nascosta dai capelli.
– Ho detto che lo comprerò io. – Ripeté con una voce che sarebbe stata ferma se non fosse stato per la ferita che cominciava a perdere molto sangue.
– È una pazzia, non puoi … sai che non puoi … perché sprecare i tuoi soldi per qualcosa di così inutile, Nowell, ragiona. – Intervenne la donna in un sussurro come se noi non potessimo sentirla in ogni caso.
– Hai ragione, Wren, ma lo comprerò comunque. – Si alzò ed i suoi occhi si trovarono su di me per la prima volta. Sembrò rimanere stupito, come se da lontano non mi avesse visto molto bene, come se si accorgesse solo in quell'istante di qualcosa. Ed anche io lo vidi in piedi, rigido, con gli occhi buoni e gentili, il viso giovane, il corpo di un vecchio, fragile ed allo stesso tempo la figura più forte che io avessi mai visto.
– Perché lo vuoi? Insomma lui …
– Pensavo che tu saresti stata la prima a capirlo. – Disse lui sorridendo calmo, inspiegabilmente felice, come se in me avesse ritrovato un amico. – Liberalo, Cacciatore. – Si rivolse duro a Yorick. L'altro, senza dire una sola parola, senza ribattere o anche solo smettere di guardare quell'uomo, si avvicinò e mi slegò dalle corde. Riavuta la libertà delle mie mani la prima cosa che avrei voluto fare era toccare quell'uomo. Avvicinarmi e toccarlo in viso, niente di sconveniente, solo avere con lui un contatto reale, qualcosa che mi facesse comprendere che lui era ciò che era. Non potevo capire cosa mi spingesse ad avere tale “impulso”, era come se vedessi su un tavolo la mia gamba destra e l'unico desiderio che avevo era toccarla. Niente mi avrebbe distolto da quel preciso proposito, a dire il vero solo la titubanza e l'imbarazzo.
La porta da cui era uscito l'uomo si aprì ancora. – Non ho finito, vieni di là o vuoi ancora sanguinare sul mio pavimento? – Domandò brusco un altro uomo. I miei occhi finirono sul legno e con timore notai alcune gocce di sangue cadute come pioggia a terra.
– Sì, hai ragione … – Mormorò con voce spezzata Nowell. L'uomo allora fece per avvicinarsi ma lui lo fermò. – No … lui mi accompagnerà. – Disse rivolgendo a me la mano. Non mi guardò ma io, senza avere possibilità di prendere decisione diversa da quella, mi avvicinai e lo aiutai fino ad oltrepassare la soglia da cui era arrivato. Tra le mie mani quell'uomo più alto di me divenne piccolo, sottile come una foglia, sentivo il suo braccio tremare e vedevo le rughe del suo viso contorcersi, piegarsi come rami al pesare del dolore. Nulla mai mi sembrò così delicato e così meritevole della mia attenzione. Sapevo, lo avvertivo con certezza, che niente sarebbe mai più stato come prima. Qualcosa era cambiato, qualcosa nel mio cuore, nella mia mente, in ogni singola parte del mio corpo era mutato per sempre, non ero più il ragazzo della montagna, non ero più il bambino piegato sotto le coperte dalle urla della madre, non ero più il nipote indesiderato, l'amico tradito, ero tutta un'altra cosa, ero l'incomprensibile ed il comprensibile al tempo stesso, ero finalmente ciò che avevo sempre desiderato essere: me stesso.
Oltre la porta si aprì un piccolo corridoio con due sole altre porte, una di esse era di legno scuro, come molti mobili nella casa, mentre l'altra sembrava dipinta, molto rovinata, ma con ancora un alone azzurro, sbiadito quasi completamente. L'uomo ci condusse in quella direzione, io lo seguivo reggendo Nowell ed avendo cura che lui non cadesse, il sangue cadeva ticchettando a terra, era terribile quel rumore, con orrore lo ascoltavo, come se fossero gli ultimi rintocchi dell'orologio della mia vita. Dentro la stanza trovai un letto su cui l'uomo mi disse di stenderlo. Potevo vedere che era già stato preparato, probabilmente aveva già cominciato a medicarlo. Nowell si sdraiò a fatica, ma una volta poggiata la schiena lasciò andare un profondo respiro e vidi il suo viso distendersi e diventare bellissimo, in pace, come se il mondo fosse immobile, tutto si fermasse ed il respiro lento uscisse dalla sua bocca, fluttuasse nel vento, guidato lontano nel più alto cielo.
– Ehi, mettiti laggiù. – Mi intimò l'altro abbastanza seccato, mi indicò bruscamente un angolo della stanza ed io mi ci rintanai. Non era amichevole, avevo potuto capirlo solo dal tono con cui si rivolgeva a me, comprendevo bene che ero d'intralcio, ma la gentilezza sarebbe stata più gradita.
La ferita di Nowell era molto profonda, lunga gli tagliava la parte bassa del fianco, perdeva sangue, ma l'uomo non si faceva intimorire, la puliva, la lavava e la cuciva come se fosse carne da cuocere, il paziente invece rimaneva in silenzio, con le labbra strette, in attesa della fine della tortura. Mi sentii inutile per tutto il tempo, completamente incapace di fare qualsiasi cosa quell'uomo avesse mai potuto chiedermi, così la mia mente cominciò a pensare ad altro, ragionai su cosa avesse potuto spingere qualcuno a comprare un'altra persona su due piedi, senza sapere, in realtà, che cosa farsene. Poi l'uomo che si alzava e si puliva le mani dal sangue mi risvegliò dal mio divagare. Si voltò e si avvicinò.
Fu in quel momento che i miei occhi lo videro, videro che io e lui eravamo della stessa specie. Jethro, questo era il suo nome, era alto, molto, ed i suoi occhi erano di un rosso profondo, così come i suoi capelli se non fossero stati striati di bianco, cosa che stonava completamente con il suo viso molto giovane. Non avrei saputo dire di che età fosse, alcune parti mi portavano a pensare ad una cosa, altre ad un'altra. Era severo, con la fronte piegata mi fissava interrogativo, forse anche lui, come Wren e Yorick prima di lei, si chiedeva da dove cavolo potevo venire. – Non farlo alzare, deve restare a letto, chiaro? – Annuii onde ad evitare che parlare avesse potuto valermi l'intera faccenda. Approvò la mia risposta con un grugnito ed uscì senza dire nient'altro chiudendo la porta rumorosamente. I suoi occhi indagatori mi rimasero addosso, come una cattiva sensazione.
Le mie mani si torturavano a vicenda poiché la mia mente non sapeva cosa scegliere: avvicinarmi e stare accanto a quell'uomo oppure tenermi alla larga da lui. Non avevo mai fatto troppa fatica a prendere una decisione, tutto era sempre venuto da sé, cosa che non si può dire mi abbia portato molta fortuna, ma quella fu la prima volta che volli veramente fare una scelta calibrata, ponderata con attenzione, non volevo rischiare di essere un inutile o, come aveva detto Wren con molto disprezzo, un Indomabile. Volevo avvicinarmi e guardarlo con attenzione, ma restare lontano sembrava la scelta più giusta da prendere, il mio animò continuò a contorcersi così fino a quando la risposta non mi fu data. – Vieni qui vicino. – Sussurrò la voce di Nowell spezzata, un po' roca. Sebbene fosse quella di un uomo ferito era molto più in forze di quello che ci si potesse aspettare, forse, così pensai, non mi disse immediatamente di avvicinarmi poiché non voleva che sentissi la sua voce, già così malinconica, ancora più tormentata da dolore.
Mi avvicinai come lui mi aveva chiesto e mi sedetti su una sedia, anch'essa dipinta malamente d'azzurro, vicino al letto, portandola proprio accanto al suo corpo disteso. Quando mi accomodai Nowell respirò ancora profondamente e sembrò rilassarsi così tanto che lì, sdraiato con gli occhi chiusi, pensai si addormentasse. – Hai uno strano odore. – Mormoro come se fosse la frase più importante da dire. Sapeva sussurrare, parlare, raccontare con una voce così cupa, triste ed allo stesso tempo tranquilla, amabile e dolce che il mio cuore si sentiva a casa, al sicuro non appena quella sua voce parlava, mi chiamava, mi diceva anche solo una singola frase. Niente era così melodioso, così piacevole come ascoltare quella voce, avrei potuto farlo in eterno, tanto che, ne sono certo, non mi sarei nemmeno accorto di morire. – Sono sicuro che non ne ho mai sentito uno così buono … 


 Nivek ha conosciuto Nowell ferito ed in difficoltà. Lui l'ha comprato, ma perché ha agito così di getto caricandosi di qualcosa che sembra più un onere che un privilegio? Cosa l'ha ferito? Chi è Nowell? 
Le domande che Nivek si pone sono ancora lontane dalla loro risposta, ma un affetto incondizionato per quel ragazzo ferito già si fa largo in lui, che sia solo opera dei poteri di quell'uomo? Che sia solo un'illusione? Eppure tutto sembra predisposto già da tempo ... 
Grazie per aver letto anche questo capitolo! Grazie per il tempo speso e sarò felice di ogni opinione!
Iwon Lyme

 

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Capitolo 5
*** Il Silenzio del Drago - Parte V ***


Eccoci qui davanti ad un altro capitolo. Nivek si trova finalmente a contatto con i Domatori e con Nowell, il quale sembra conservare ancora molti misteri. Ma cosa può fare un Domatore? Chi è Nowell in realtà?
Il Silenzio del Drago - Parte V

I miei occhi intorpiditi si aprirono al luminoso mattino, svegliati forse dalla stanchezza di dormire, incapaci di proseguire oltre. Tutto mi sembrò vago, quasi perso nella luce che entrava dall'unica finestra alle mie spalle, i pochi mobili erano mal distinti, solo abbozzati, immersi in quell'oro che sfiorava il muro colorandolo di bianco. Richiusi gli occhi come a voler tornare nel buio che così amorevolmente mi aveva ospitato, ma il mattino mi chiamò e tornai a guardarmi intorno con lentezza. Il pavimento duro su cui avevo dormito era finalmente diventato caldo e con rammarico, già lo sapevo, l'avrei abbandonato. Il mio spirito era ovattato da una tranquillità che non avevo mai avuto, qualcosa di così naturale da non farci caso quando la si possiede, ma da essere indispensabile una volta persa. Il silenzio mi circondava e poi un respiro regolare come il ronzio di un'ape irruppe nei miei pensieri, stravolse il mio mondo, mi svegliò definitivamente.
Mi voltai verso il letto e l'uomo stava seduto sul bordo, con le gambe poggiate a terra. Aveva un braccio avvolto intorno alla vita e la mano stretta sulla ferita ancora fresca. Stare seduto non doveva giovare alla sua salute. Dal suo viso pallido il suo occhio nero mi osservava con una certa insistenza, penetrante ed intenso, senza alcuna fine, triste ed allo stesso tempo senza nessuna espressione. Uno sguardo così, mi dissi, doveva sicuramente essere il malaugurato frutto di un raccolto scadente, di una vita disperata, di un animo tormentato e solo, qualcosa che io credevo di capire molto bene. Sottoposto alla sua vista mi sentivo il più miserabile essere, la più infima creatura che potesse camminare e respirare la sua stessa terra e la sua stessa aria. La bocca tesa in una smorfia di ragionamento, persa forse nei pensieri più lontani oppure in quelli più vicini, che io, a mio malgrado, immaginai. “Che cosa mi è venuto in mente? Comprare un tale scempio, un così orrendo e indesiderato aborto … Avrei potuto spendere meglio i miei soldi, ma forse sono ancora in tempo, forse quel Cacciatore lo rivorrà indietro ...”. Il mio cuore batteva, la paura mi aveva afferrato il respiro, trascinato a terra i polmoni e rinchiuso nello stretto spazio di una bolla. Mi avrebbe abbandonato, lo capivo, lo vedevo nei suoi occhi quel desiderio silenzioso, quella volontà così vera e terribile che presto mi avrebbe detto. Sarei tornato solo. Il felice momento era finito in fretta, presto avevo abbandonato il lieto orizzonte di una vita amata, una vita che sarebbe stata come la volevo. La mia mano tremante si pesò sul pavimento, sollevò il mio corpo e guardai l'uomo ferito al fianco. Un così bell'uomo cosa poteva volere da me?
La porta si aprì cigolando, si spalancò e l'uomo che l'aveva curato entrò. – Torna sdraiato, non voglio ricucirti. – Lo incalzò subito poggiando disordinatamente delle bende sulla sedia che avevo usato. – Sbrigati. – Continuò senza rivolgerci lo sguardo, ma poi, grazie al silenzio surreale che lo circondava, si azzittì e ci osservò con attenzione. Le sue mani nervosamente cominciarono a muoversi, ma io non potevo guardarlo, io ero perso nell'unico occhio dell'uomo ferito, immerso in un mare nero profondo, nuotavo e sentivo il vento sul viso, i miei piedi dolcemente persi dentro le onde, il sole che mi colpiva sulla schiena ed il freddo gelo che mi avvolgeva una volta immerso completamente. Infinito cielo e mare, buio come la notte, ma altrettanto caldo.
Nowell si schiarì la voce ad allontanò da me il viso. – Sì, scusa, Jethro. – Sussurrò rimettendosi sdraiato. Niente però importava a Jethro di lui o della sua ferita, la sua attenzione era rivolta a me, la mascella serrata in un moto d'ira, incomprensibile pensare al motivo, il viso chiuso nella paura, nel timore di qualcosa che io così grandemente ignoravo, qualcosa che avrei scoperto in fretta, nuotando, a mio malgrado forse, in quel nero oceano.
– Desideri aiutarmi? – Chiese dunque la triste voce. Il mio simile rinvenne e si avvicinò spostandomi con una gamba. Mi alzai capendo da solo che ero d'intralcio e mi infilai nell'angolo che mi era stato riservato. Nowell si sfilò la camicia scura e Jethro cominciò a medicarlo. Il silenzio allora tornò ad avvolgerci ed i miei pensieri si avvicinarono di nuovo al futuro. – Ho un favore da chiederti … – Sussurrò ad un certo punto Nowell. L'uomo fermò le mani ed ascoltò con timore le parole dell'altro. – … non ho pagato il Cacciatore, darò a te il suo compenso, faglielo avere. – Concluse. Come se comprendesse a fondo i miei pensieri rispose fermamente ai miei timori, mi rassicurò, mi spiegò che non aveva alcuna intenzione di fare a meno di me. Per la prima volta sapevo che quello era il posto giusto in cui stare.
– Non puoi chiedermelo. – Rispose crudele Jethro in un solo ringhio. – Non posso fare ciò che tu mi chiedi. – Concluse con i denti stretti come se lo stesse pugnalando. Senza lasciare che lui rispondesse continuò a medicarlo.
– Allora chiederò a Wren, chiamamela per favore appena esci. – Disse in ogni caso Nowell rivolgendomi una rapida occhiata.
La sua ferita sembrava già andare molto meglio, non dico che fosse guarita, cosa impossibile, ma era come molto più sana di quello che sarebbe dovuta essere. Avevo incontrato quell'uomo quando era ferito, debole e forse, se si può descrivere in questo modo un uomo come lui, fragile, non avevo mai visto la sua sana, forte, vigorosa parte che era stata tormentata da quel taglio. Sebbene già in quello stato la sua presenza mi creasse soggezione, cominciai ad incuriosirmi su come quel suo innato carattere si sarebbe rinvigorito una volta completamente riacquistata la sua salute.
Jethro lasciò la camera lanciandomi un solo altro fugace sguardo, stracolmo, così mi parve, di timore e forse anche di una certa pena. Io, contro ogni suo sentimento, mi sentivo al settimo cielo, felice dei miei guadagni e non ancora consapevole delle perdite. Non ci fu tempo nemmeno di pensare che Wren entrò nella stanza, probabilmente era fuori ad attendere che Jethro uscisse. Il suo vestito nero ed i suoi stivali fecero il loro ingresso con un piglio feroce incupendo la camera, i suoi lunghi capelli neri le sfioravano il viso rendendolo più magro ed anziano di quanto non fosse in realtà. – Ti senti meglio? – Chiese con voce dolce a Nowell spostando la sedia vicino a lui e prendendovi posto.
– Mi sento meglio. – Rispose l'altro tirandosi dritto e sedendosi con le gambe lunghe sul letto.
– Nowell … – Cominciò lei velocemente dicendo finalmente quello che voleva dirgli probabilmente dal giorno prima. – … non lui … è troppo … troppo assurdo che tu voglia comprarlo, ti sarà solo d'intralcio, uno così, cosa mai può portarti? Indomabile, Nowell, sai questo cosa vuol dire? Vuol dire che tu non potrai mai … mai avere ragione di lui e poi è inconsapevole, non puoi pensare che uno che nemmeno sa le sue vere sembianze ti sia d'aiuto … lui …
– Basta. – La fermò brusco l'uomo. I suoi occhi, mentre lei parlava, erano vagati fino a guardarmi, io, a mio malgrado, non era riuscito a nascondere la sofferenza che le parole di Wren mi procuravano. – Lui sarà all'altezza. – Concluse tornando con il viso verso la donna.
– Ma non c'è dubbio, ma tu … tu lo sarai? – Sospirò frustrata. – Non è lui che mi preoccupa, di lui non mi importa, Nowell, ma sei sicuro che riuscirai a servirti di lui nel giusto modo con il tuo cuore? Sei sicuro che potrai …
– Non devo necessariamente servirmi di lui, giusto Wren? – La incalzò ancora lui. – Credo che tu sia la prima ad acconsentire a questa mia credenza.
– Sì, certo, ma è diverso … Jethro è …
– … esattamente come lui. – Concluse Nowell al posto della donna. – Non capisco cosa tu tema. – Il suo sguardo penetrante si fermò duro sul viso di Wren, lei si sfregò nervosamente le mani e poi sospirò quasi arresa.
– Ho paura che tu, per inseguire un sogno, finisca per morire. – Lui si sporse allora verso di lei.
– Quale sogno, Wren? Credi che io sia rimasto quel ragazzino? Credi che io non sia cambiato? – Prese un respiro. – Sono molto diverso da ciò che ero allora, a mio malgrado ho compreso che sognare è per gli stolti.
– Allora cosa cerchi in lui?! Non riuscirai a domarlo e se ci riuscirai, oh che il cielo ce ne scampi, lui farà la fine che fecero tutti gli altri prima di lui! Ti devo forse ricordare cosa successe? – Tuonò lei facendomi sussultare. L'uomo si ammutolì, tutto d'un tratto restò in silenzio, si spense come se fosse già arrivata la notte. – Santo cielo, Nowell, ricordo cosa avvenne, lo so bene, perché tu te ne dimentichi? Eri lontano da quel cammino e lo sei anche ora.
– Basta. – Disse ancora lui, questa volta con un tono molto più iracondo. – Non lascerò che lui venga venduto ad un macellaio e non permetterò che quel Cacciatore lo tratti come se fosse un semplice pezzo di carne, non cambierò idea, che lui mi sia d'aiuto oppure no, io ho intenzione di tenerlo con me.
– Perché?!
– Perché lui è come me. – Fu con queste parole che la donna si lasciò cadere sulla sedia. I miei occhi guardavano quell'uomo senza voler rivolgere altrove la loro attenzione. “È come me”, nessuno avrebbe mai osato dire una cosa del genere nel mio villaggio, nessuno sull'intero mondo. “È come me” quale dolce suono potevano avere quelle parole. “È come me” mai nella mia vita. “È come me”. Ero come lui, non sapevo perché, ma lo ero, lui lo diceva ed io non potevo fare a meno di crederci. Era tutto ciò che desideravo. – Così come io sono ciò che sono senza esserlo, lui è ciò che è senza esserlo, non credi che sia stato il fato a portarlo qui? A condurlo da me? – Il destino. Il fato a cui ero destinato dunque non era quello che avrei pensato, era diverso, eppure mi sembrava esattamente la stessa cosa.
– È una pazzia … – Sussurrò Wren con un filo di voce, vicina al pianto. – Tu non puoi rischiare, se si venisse a sapere che hai comprato uno di loro, hai idea di cosa potrebbe succederti?
– No, non ne ho, ma preferisco vivere un giorno sapendo che lui è al sicuro, piuttosto che vivere in eterno essendo consapevole di averlo abbandonato. – Sorrise lievemente, fu il primo sorriso che fece, semplice eppure così delicato, così incredibilmente tenero e sincero. Abbassai il viso, costretto in quell'angolo quando volevo ascoltare quelle parole da vicino, quel sussurro per me, quella voce così triste che diceva parole d'affetto, le uniche che avessi mai sentito. Nessuno mi aveva mai detto che non mi avrebbe abbandonato. Se dovessi dire cosa sia il destino allora penso che perfino oggi non lo saprei, eppure incontrare tra miliardi di persone quella singola creatura che, senza volere nulla in cambio, ti vuole con sé, vede in te se stesso, quell'unico estraneo che conserva per te parole d'affetto che nemmeno un parente aveva mai avuto: questo credo che sia il bizzarro momento in cui la coincidenza fortuita diventa inspiegabilmente fato.
– Sei irremovibile, dunque. – Concluse la donna in un sospirò. – Va bene. – Le sue mani tremarono. Nowell si avvicinò e le posò una mano sulla spalla.
– Stai tranquilla, sai che non sono uno sprovveduto. – Lei annuì quasi con le lacrime agli occhi. – Potresti prendere la mia giacca? – Lei si alzò tirando su con il naso ed andò ad aprire un armadio accostato nell'angolo opposto a me. Gli occhi di Nowell, mente lei prendeva l'abito, si fermarono su di me, mi guardarono, vi sembrerà strano, con una certa durezza, non dico crudeli, ma sembrava che non pensasse per nulla le parole che aveva appena rivolto alla donna. Come un brivido mi percorse la schiena e mi feci più piccolo nel mio angolino.
Wren portò allora la giacca all'uomo che la prese. – Cosa cerchi? – Gli domandò. Senza risponderle lui tirò fuori dalla giacca alcune monete d'oro, esattamente dodici monete, e le consegnò alla donna.
– Dovrebbero bastare per il tuo amico Cacciatore, se ne vuole altre allora non si trattenga dal dirlo, così potrai finalmente sbarazzarti di loro. – Lei fissò quella piccola fortuna con un certo stupore.
– Sei sicuro di pagarlo così tanto? Yorick si accontenterà sicuramente di molto meno.
– Questo è ciò che penso sia giusto. – Lei annuì.
– Va bene, allora vado a darglieli. – Chiuse la mano su quelle e le infilò in una tasca del vestito. Allora Wren rivolse a me lo sguardo. – Ti lascio solo con lui, va bene? – Nowell le sorrise calmo.
– Sì va bene, molto bene. – Lei annuì titubante, ma poi, come sentendosi di troppo, si avviò verso l'uscita, prima di richiudere la porta si rivolse ancora all'uomo.
– Spero che tu non debba poi pentirtene. – Disse. Senza attendere alcuna risposta richiuse la camera e sentimmo i suoi passi percorrere decisi il corridoio ed entrare in cucina. Rendendomi conto di essere solo con Nowell, sveglio, non sofferente per la ferita come era stato il giorno prima, mi prese uno strano imbarazzo, ero a disagio, non sapevo né cosa fare né cosa dire, ma, giunsi a questa conclusione, me lo avrebbe detto certamente lui.
Prese un respiro profondo e si stese sul letto abbandonando la posizione seduta. Si massaggiava il fianco con una certa sofferenza. – Prendimi dell'acqua. – Disse risvegliandomi dai pensieri. Mi guardai intorno e non ne vidi. Non sapevo se mi fosse permesso o meno lasciare la stanza, certo è che lui volesse dell'acqua. Rimasi immobile senza sapere veramente cosa fare, soppesavo i pro ed i contro di una scelta o di un'altra senza arrivare ad una vera conclusione. – Guarda nell'armadio. – Aggiunse. Allora velocemente mi avvicinai al mobile. Aprii l'antina ed in basso, sulla sinistra c'erano alcune bottiglie di vetro con dell'acqua dentro. Avrei fatto tutto velocemente se non avessi visto i vestiti completamente sporchi di sangue. Dovevano essere quelli che portava Nowell quando si era ferito. Cercando di distogliere lo sguardo e di non badare all'odore ferroso che li circondava, mi chinai ed afferrai una bottiglia, richiusi in fretta l'armadio e mi avvicinai all'uomo aprendola. Non c'era un bicchiere in cui versargliela. Mi chinai vicino a lui attendendo una sua mossa. Aprì il suo unico occhio e si sollevò pesandosi sull'avambraccio. Afferrò la bottiglia dalle mie mani e ne bevve un bel sorso in fretta. Stava sudando molto. Mi rimise in mano l'acqua e si sdraiò di nuovo con un gemito. Mi sarei alzato a rimettere apposto la bottiglia se lui non mi avesse afferrato un braccio prendendomi completamente di sorpresa. Ancora i nostri sguardi si incrociarono e lui sembrava cercare qualcosa in me, qualcosa che non sapevo di avere. – Ricorda le mie parole, ragazzo, perché le dirò una sola volta. Non avere paura di me, non temere né il mio sguardo né le mie intenzioni, anche se ti dovessero sembrare malvagie, tu sei l'unico su questo mondo che ha questo privilegio, chiaro? – Annuii di corsa con più premura che lui mi lasciasse piuttosto che comprendere bene ciò che mi disse. Sospirò e la sua presa si fece più debole. Sembrava stanco e la ferita doveva fargli parecchio male.
Dei passi veloci e pesanti percorsero il corridoio e la porta della camera si aprì sbattendo. – Se è nelle intenzioni di un ragazzino prendermi in giro in questo modo allora non sono chi credevo di essere! – Tuonò la voce di Yorick entrato a passo di carica con un viso non arrabbiato, quello stadio doveva averlo superato almeno qualche anno prima. – Dodici monete d'oro per un Indomabile che non conosce la sua razza?! Ragazzo tu credi di prendermi in giro? O sai qualcosa di cui io non sono a conoscenza oppure questa è una truffa bella e buona. – Mi alzai lasciando a terra l'acqua. Il Cacciatore, che certamente aveva tutte le intenzioni di scagliarsi contro Nowell, vedendomi frapporre tra loro due, si scandalizzò quasi e la cosa lo fece ancora di più infuriare. – Io credo che mai nella mia intera vita sono stato così tanto insultato e …
– Basta. – Ruggì letteralmente l'uomo alle mie spalle. Mi voltai stupito per guardare il suo viso e se quello di Yorick, come facilmente si può credere, era spaventoso, quello di Nowell era molto più che terribile. Mi afferrò il polso e si sollevò poggiandosi poi sulla mia spalla. – Se il pagamento non è sufficiente allora provvederò ad aumentare la cifra, ma se vi sembra esagerato allora rallegratevene e lasciatemi in pace. – Disse dunque tornando alla sua solita voce pacata. Non era tuttavia nell'indole del Cacciatore abbandonare l'idea che si era fatto ammettendo quindi di essersi sbagliato.
– Perché mai dovreste pagare una cifra così elevata per qualcosa che non potete nemmeno utilizzare a pieno? Perché mai un Domatore che non vede altro che guadagno, potenza e denaro dovrebbe pagare una tale cifra per avere un così infruttuoso individuo? – Nowell ridacchiò alle sue parole.
– Credo, signore, che voi abbiate conosciuto Domatori molto poco degni di stima, eppure, essendo amico di Wren, dovreste sapere che non tutti i Domatori vedono solo guadagno, potenza e denaro.
– Nessuno vorrebbe un così bizzarro animale se non avesse secondi fini nel possederlo. – Lo incalzò Yorick che mi guardò con un certo rammarico.
– Non dico di non avere secondi fini nel possederlo, Cacciatore, dico solo che non vedo in lui nessun fine che sia guadagno, potenza o denaro. – A questo punto il Cacciatore non riuscì a trovare più nulla da dire, tuttavia, piuttosto che scusarsi ed ammettere la sconfitta, si tirò dritto e prese un'espressione tra il crucciato e l'indeciso. La mano di Nowell invece si strinse sulla mia spalla e tremò con forza. Voltai il viso verso di lui che mi guardò e, forse avvertendo la mia apprensione, tornò seduto sul letto distendendo le gambe. Riprese fiato stringendo saldamente un lembo della camicia.
Fu proprio il ricordarsi della ferita che quell'uomo aveva che fece scattare a Yorick un altro pretesto per pungolarlo. – Come mai avete quella ferita? – Sapevo bene che Nowell era tormentato da un taglio, ma non mi era mai venuto in mente o non mi ero mai preoccupato del perché lui fosse in quelle condizioni, così quando il Cacciatore glielo chiese ne divenni subito interessato.
– Perché mai dovrei dirvelo? – Lo rimbeccò l'altro.
– Dunque non potete dirmelo. – Continuò allora Yorick.
– Di certo è impossibile che io non possa, ma più verosimilmente non voglio. – Rispose con alcuni lamenti.
– Il fatto che non vogliate è di per sé indice che sia un motivo scomodo ed impossibile da rivelare. – Non capivo come mai si pungolassero con così tanta cura.
– Non è impossibile da rivelare semplicemente non sono solito raccontare le mie disavventure ad un uomo che conosco da nemmeno due minuti, nei quali non ha fatto altro che insultarmi. – Certo io non avevo dubbi su chi stesse vincendo quella guerra.
– Mi rincresce aver parlato in fretta, non era mia intenzione mancarvi di rispetto, semplicemente voglio che voi trattiate bene questo ragazzo, non merita altri dolori. – Lo sguardo di Nowell fulmineo si diresse verso il viso del Cacciatore, lo scrutò e lo squadrò con insistenza, tanto che credo che l'altro non poté fare a meno di notare quell'autopsia.
– Un Cacciatore che si interessa in questo modo ad una merce, davvero bizzarro, io credo … – Sussurrò con tono severo.
– Faccio questo lavoro da abbastanza tempo per comprendere queste creature con una certa accuratezza e lui non è uno qualunque. – L'uomo annuì.
– Dove avete detto di averlo catturato? – Domandò.
– In montagna, ma i suoi occhi …
– … sono verdi come quelli di coloro che vengono dal mare, sì, me ne sono accorto. – Nowell sospirò. – In montagna certo è così bizzarro trovare qualcuno con quegli occhi ed ancor più assurdo è credere che una donna del branco sia rimasta incinta di uno proveniente dal mare e che poi gli altri abbiano cresciuto il bambino nato dalla loro unione. Ancor più assurdo sarebbe pensare che una donna del mare si sia avventurata fino in montagna per trovare un compagno. – Mi osservò cercando forse nella mia carnagione il segreto dei miei occhi. – Un bel mistero, non credete?
– Senza dubbio lo è. – Concluse Yorick con una sorta di trasporto nella voce. – Non credo nemmeno che lui ne sappia qualcosa a dire il vero, è troppo giovane.
– Quanti anni ha?
– Ventuno, appena compiuti. – Rispose in fretta il Cacciatore.
– Neanche così giovane allora. – Prese un respiro profondo e si distese di più.
– Pensi che possa sapere qualcosa? – Gli domandò allora Yorick. Gli occhi di Nowell si diressero allora su di me, mi guardò con una certa indifferenza e poi sospirò.
– Non penso. – Concluse tornando con gli occhi sull'altro. – Sono felice Cacciatore che tu sia così interessato a lui, ma, se non ti dispiace, vorrei restare tranquillo. – Disse allora.
– Certamente. – Rispose con una voce stranamente gentile il Cacciatore. – Il ragazzo può venire con me se desiderate la calma.
– No, resterà qui. – Lo fermò veloce. Titubante e restio ad abbandonarmi in quella stanza Yorick si avvicinò alla soglia, tentennò come se cercasse qualcosa da dire per farmi andare con lui, ma poi, forse non trovando nulla, uscì.
Fu così che io e Nowell restammo di nuovo soli, sempre che né a Jethro né a Wren fosse venuto in mente di entrare di nuovo. Io mi avvicinai alla sedia e, con la mente completamente in subbuglio, mi sedetti. Il ferito respirava lento, teneva gli occhi chiusi e le mani intrecciate sopra il petto, sembrava come convincersi di stare perfettamente. – Hai parlato con quell'uomo, non è così? – Sussultai. Il suo unico occhio era fermo su di me. Ridacchiò. – Sei un libro aperto … – Smise in fretta perché il fianco doveva dolergli molto quando lo faceva. Le sue sopracciglia si inarcarono e dubbiose scrutavano il soffitto. Mi avvicinai un po' di più.
– Cosa vi tormenta tanto? – Le prime parole che gli rivolsi furono stupide, forse perfino superflue, tuttavia furono in grado di cambiare il suo unico occhio così profondamente, da freddo, quasi incredulo del mio comportamento, si sciolse e divenne triste, vivo per la prima volta, lo sguardo di una persona vera. Senza rispondere voltò il viso e mi guardò stupito, incredulo, come se fosse qualcosa che mai nella sua vita gli era capitato.
Senza attendere molto si mise seduto e le nostre gambe si trovarono una difronte all'altra, la sua mano era stretta intorno al fianco sinistro e ricominciò a respirare a fatica. – Hai una voce molto strana, ragazzo. – Disse in un sussurro roco.
– Anche voi. – Risposi pensando alla melodia di Yorick che si diffondeva nella notte buia. Ridacchiò piano.
– Io … – Mormorò. Sorrise appena ma vidi nel suo sguardo svanire l'amarezza, quello spettro che l'aveva accompagnato. – Devi essere proprio cresciuto lontano da tutto se mi parli così apertamente. – Disse non concludendo la frase che aveva cominciato. – Non dovresti.
– Lo so. – Risposi abbassando gli occhi.
– Allora perché mi stai parlando? – Domandò lui sinceramente interessato alla mia risposta.
– Perché voi … – Lo guardai e le parole mi sfuggirono via dalla lingua, se ne andarono lontane, non le ricordai, ogni cosa scomparve e rimase solo lui, io e lui. Niente mi sarebbe importato, niente mi sarebbe mai più stato utile se non la sua presenza. Come se il cuore non fosse più nemmeno mio, come se il dolore che provavo svanisse in fretta, veloce lasciasse il posto al buio orribile dell'ignoto, ma ero felice, ero felice di dirigermi veloce là, là dove nulla è più come dovrebbe essere. Mi resi conto d'un tratto che svanivo, mi resi conto che lui non era solo un bell'uomo, qualcuno che provava una strana ed assurda sorta di “affetto” incondizionato, lui era un pericolo, quel suo occhio avido di me, quel suo ghigno pronto ad ingoiarmi. Il buio, il buio in fondo ai suoi occhi mi colpiva forte il viso. Cosa mi succedeva? Mi svegliavo e mi addormentavo, mi svegliavo e mi riaddormentavo tra le braccia di un demone, senza accorgermene.
Mi sollevai di scatto, feci cadere la sedia, il cuore batteva a mille, la gola secca, gli occhi non sapevano dove guardare, il buio diventava sempre più denso, l'oscurità mi circondava veloce come se fosse ghiaccio. Il ghigno di quell'uomo mi sorrideva, mi guardava. Non volevo più sentirmi addosso i suoi occhi, non volevo più vederlo, non volevo più quel buio. Non lo volevo più sebbene lui fosse stato l'unica persona a desiderarmi.
Eppure il mio cuore lo bramava ancora, eppure lo desideravo, in un modo folle e cieco. Eppure il mio cuore si sarebbe fatto cavare dal mio petto, si sarebbe donato a lui senza problemi, l'avrebbe seguito in cima al mondo. Eppure ancora lo desideravo.
Eppure ancora lo odiavo.
 
La mia voce che urlava, potevo sentirne l'eco in lontananza. Non credevo di poter urlare in un modo tanto orrendo. Non credevo di poter provare una paura così grande da farmi emettere un suono tanto terribile. La mia voce che urlava, ma non c'era niente che l'avrebbe fatta urlare. È incredibile come fossi spaventato. La mia voce urlava ancora. Forse ero impazzito. Perché urlavo? Perché così?
– Calmati! Calmati ragazzo! – Una voce scura, roca e dolce mi chiamava. – Calmati! – Sì, dovevo calmarmi. La mia voce che urlava doveva aver spaventato tutti. – Bravo … calma …
La luce del sole, la calda luce del sole mi sfiorava il viso, mi accarezzava. Calda calda luce, così amata e così poco considerata. Sollevai una mano come per ringraziarla, come per darle dimostrazione del mio affetto ed inconsciamente le mie labbra si tesero in un sorriso. Respirai a fondo. – È diventato pazzo? Si può sapere che cosa gli è successo? Wren, devi darmi delle spiegazioni … devi assolutamente dirmi cosa è successo … come è potuto succedere … – La voce di Yorick era preoccupata, forse mi era capitato qualcosa eppure io non ricordavo più nulla, la mia mente vacillava come su un fiume pieno d'acqua, dondolava e dondolava. – Wren!
– Non lo so … – Rispose tremolante la voce della donna.
– So che menti. – La ammonì il Cacciatore.
– Non lo so! – Urlò lei.
– Basta! – Li azzittì la voce calma che mi aveva chiamato. Mi voltai. Gli occhi di Jethro mi fissavano, erano preoccupati, in ansia mente mi squadrava. – Ti senti bene? – Mi domandò, ma la sua voce fluttuò nell'aria e si disperse nella luce, la sentivo come un'eco lontana. – Ragazzo … torna in te. – Le sue labbra si muovevano eppure da esse il suono usciva molto dopo.
– È normale, Jethro, lo sai, no? – Eccola, quel gracchiare scuro, di un uccello triste e malandato, ancora mi tormentava le orecchie. La mia mano tremò furiosa e chiusi velocemente gli occhi ed in un attimo tornai ad essere vivo, padrone di me, le loro voci, tutto del mondo mi assalì feroce.
– Come può essere normale? Una cosa così? – Mormorò Yorick. Non volevo restare, volevo andare via, non volevo sentire parlare nessuno di loro, non volevo, non volevo e non volevo. Cosa mi era successo? Cosa volevano farmi? La mano ancora tremò stretta alla mia camicia. Mi sollevai e mi raggomitolai su me stesso, stringevo la mia nuca vicino alle mie ginocchia ed il respiro violento mi tormentava il petto come un martello, un orologio impossibile da fermare.
– Lasciate la cucina, uscite … Tu torna in camera da letto. – Ordinò Jethro.
– Fate come vi dice. – Lo supportò Wren.
Sentii i passi andarsene sempre più lontano da me, così mi lasciò l'odore di sangue e la voce preoccupata di Yorick, restammo solo io e l'uomo della mia stessa specie. Si avvicinò. Mi sfiorò la schiena e la sua mano fu tanto calda che mi sembrò di rimanerne ustionato. – Cerca di calmarti, ragazzo … – Presi un respiro profondo costringendomi quasi a guardarlo. Volevo capire come mai il mio corpo tremava, la mia voce era ferma in gola, le mie mani non si muovevano e rimanevano chiuse a pugno come a voler trattenere la mia stessa anima. I nostri occhi si guardarono e lui sospirò tristemente. – Lo so … capisco tutto ciò che provi. Non devi … – La sua frase finì strozzata nella sua gola. Non riuscì ad aggiungere nulla, rimase in silenzio e la cosa mi distrusse.
Respirò a fondo e poi riprese dicendo altre cose. – Concentrati sulla mia voce, vedrai che ti calmerai in fretta. – Mi avvicinò a sé e la mia fronte si appoggiò nell'incavo della sua spalla. La sua mano andava su e giù sulla mia schiena come se fossi un bambino che ha paura del temporale. Può sembrare una cosa stupida, ma, con il senno di poi, quello fu il mio primo vero abbraccio, Jethro si stava occupando di me come nessuno prima di lui aveva fatto. Non eravamo nemmeno conoscenti eppure mi stringeva con un calore tale da sembrare un mio caro parente. In realtà non mi avvolse con le braccia, ma solo sentire la sua mano sulla mia schiena e la sua voce che ogni tanto diceva qualcosa riuscì a rendermi felice. Il respiro cominciò a diminuire, le mani si allentarono e le trovai doloranti come se fossero state costrette in una posa per molto tempo, smisi anche di tremare. – Va molto meglio, vero? – Sì, stavo meglio, molto meglio, ma ciò che volevo sapere era come mai ero stato così peggio. Avevo un'idea, era come se la risposta mi fosse stata detta molti anni prima e che, sebbene io cercassi di ricordare, rimanesse nascosta in un angolo della mia mente: la conoscevo ma volevo sapere se fosse quella corretta. – Non preoccupati … – Sussurrò e sentii la sua gola vibrare. Chiusi gli occhi e lasciai che il mio corpo diventasse molle. Sorrise. – Mi sembra che tu stia molto meglio. – Le sue dita si avvicinarono alla mia testa e mi sfiorarono i capelli, le sentii tra le ciocche, era come la carezza di un padre. Un padre, certo, come se sapessi cosa volesse dire.
Mi sollevai. Non potevo indugiare in quella calma, non potevo credere che fosse reale. Lo guardai severo. – Cosa mi è successo? Cosa mi succede? – Gli chiesi cercando di avere il tono meno disperato possibile. Strinse le labbra e guardò altrove, si portò una mano alla bocca e rimase immobile. Aspirò forte con il naso e tornò su di me.
– È difficile da spiegare, soprattutto se tu non sai nulla … nulla su tutto questo mondo. – Sospirò. – Non devi parlarmi, ragazzo, non se il tuo padrone non te ne dà il permesso … non devi, chiaro? Non ci è concesso, non se … – Abbassò gli occhi e sfregò con nervosismo la mano sul pantalone. – Non posso dirti che non ti succederà ancora, non …
La porta si aprì bruscamente. – NON CAPISCO COME TU POSSA NON AVERMELO DETTO! – La voce di Yorick era furiosa, rosso in viso, aveva perfino strappato un bottone alla sua camicia. Corse veloce verso la porta del corridoio senza nemmeno voltarsi verso di noi. Mi alzai veloce. Barcollai.
– Non devi … – Mormorò la voce di Jethro afferrandomi per un polso. – … lascialo stare. – Mi liberai e seguii il Cacciatore. Sapevo dov'era diretto, sapevo con chi voleva parlare: Nowell. Vacillante mi trovai appoggiato allo stipite della porta dipinta d'azzurro. Yorick gesticolava e la sua voce era dirompente.
– Come ho potuto essere così cieco! Sapevo che in te c'era qualcosa di losco! Qualcosa che non andava! – L'uomo lo guardava con una certa indifferenza, in piedi si stava togliendo la benda dal fianco. – Niente poteva essere così come ho accettato che fosse! Tu mi hai ingannato e non ti lascerò quel ragazzo … non permetterò che tu gli faccia del male … – Concluse puntando ferocemente un dito nella mia direzione.
– Un Cacciatore, che cosa mai può fare? Certo, potrai pur aver avuto uno di loro al tuo servizio una volta, ma ormai non puoi più domare, non è così? Perso per sempre, dannato, diviso in eterno, già Mezzo Morto. – Gli occhi di Yorick divennero ancora più furiosi.
– Qualunque cosa io sono non ha importanza, non ti lascerò uccidere questo ragazzo … – Nowell lasciò scivolare la benda fino a terra che si arrotolò come un serpente. Yorick fissava la sua ferita, io senza vedere già sapevo, sapevo, lo sentivo in fondo al mio ventre che il taglio era completamente rimarginato, senza guardare lo vedevo, riflesso negli occhi inorriditi del Cacciatore. – Una disgrazia … – Mormorò portandosi una mano alla bocca. Nowell ridacchiò mostrando i suoi denti appuntiti.
– È gentile dire così da parte tua. – Rispose sfiorandosi la pelle appena rimarginata. Si voltò allora, improvvisamente, così velocemente che non potei evitarlo, verso di me. Il suo unico occhio mi scavava come una pala nell'umido della mia anima, nei sentimenti freschi ed in quelli adagiati sul fondo da molto tempo. – Tu lo vuoi tanto quanto lo voglio io, non è così, Cacciatore?
– Credi quello che vuoi, ma viene via con me. – Fece per dirigersi verso l'uscita.
– Credi di essere immune alla sua unicità, ma se hai sentito la sua voce allora sei già perso. È troppo per uno come te. – L'ira percorse ancora Yorick.
– E PER TE?! – Tuonò. – Cosa dovrebbe valere per te che non puoi nemmeno domarlo? Anzi che se ci riuscissi sarebbe così annientato da non avere nemmeno la forza di muoversi! Essere ciò che sei non ti consente di possederlo.
– Allora portalo via, trova qualcun altro disposto a comprarlo, qualcun altro disposto a tenerlo con sé, qualcun altro disposto a non ucciderlo appena sa cosa è.
– Lo troverò! La morte piuttosto che consegnarlo ad un Solitario! – Le labbra di Nowell si strinsero. Afferrò la camicia e se la rimise. Le parole di Yorick avevano colpito nel segno, l'aveva messo a tacere per la prima volta. Il Cacciatore proseguì nella mia direzione e mi afferrò un braccio pronto a portarmi via, ma i miei occhi erano fermi sulla figura di quell'uomo, curvo come un filo d'erba tormentato dal vento. Mi ricordò così prepotentemente i campi che aspettavo ogni inverno e che, nascosti sotto la neve, morivano lentamente. Mi ricordava quel verde così unico, speciale e la stanza sembrò colorarsi. Non sapevo perché Yorick si fosse tanto infuriato e nemmeno cosa significasse “Solitario”, però sapevo che era stata colpa sua quello che mi era successo, sapevo che stargli vicino era pericolo. Tuttavia sapevo anche che era mio dovere. Dovevo stargli accanto, lui era stato quell'estraneo che per me aveva avuto parole d'affetto, lui era stato il primo ad accettarmi e, così come il Cacciatore lo reputava un'orribile essere, io ero stato trattato allo stesso modo, non potevo lasciarlo solo. Non potevo abbandonare chi non mi aveva abbandonato.
– Io resto con lui, Yorick. – Dissi fermo, immobile con ancora la sua mano appesa al mio braccio.
– Non puoi decidere, io non ti lascio a lui!
– Non desidero che tu mi lasci, sono io che rimango. – Risposi fermo. Yorick mi afferrò e mi guardò dritto negli occhi.
– Perché? È lui che ti fa star male, non capisci? Perché dovresti restare?
– Non pretendo che tu capisca, Cacciatore. Non pretendo nemmeno io di capire. Lui è come me: questo è tutto ciò che so. – Le mani del Cacciatore tremarono strette a me.
– Sei sicuro? – Disse la voce di Nowell. Mi voltai ed i suoi occhi erano fermi su di me, immobili pensavano a qualcosa di lontano, erano tornati opachi e tristi.
– Non ho capito molto, ma ciò che ho dedotto è che voi non potete domare e che io non posso essere domato, non so cosa significhi, tuttavia potrebbe essere qualcosa che voglio scoprire. – Sorrise guardandosi le punte dei piedi. – Sono certo di restare, so che non volete farmi del male, nessuno può dire ciò che voi avete detto a Wren mentendo. – Annuì.
– Sono felice che tu l'abbia compreso. – Sussurrò riavvicinandosi al letto. Si sdraiò sospirando di stanchezza. La mano di Yorick era ancora stretta al mio polso. Mi voltai a guardarlo.
– Non puoi chiedermi di abbandonarti qui. – Mormorò con i denti stretti.
– Sono io che voglio restare, non ti chiedo di abbandonarmi. – Le sue dita lasciarono il mio polso. Entrai nella stanza barcollando ancora un po', come se avessi le vertigini. La sedia che usavo era rotta, probabilmente a causa della mia caduta, tuttavia il pavimento era ancora intatto. Mi sdraiai accanto al letto. Mi distesi e guardai il soffitto pensando fosse il cielo. Forse nessuno avrebbe fatto ciò che io decisi di fare, forse uno più intelligente sarebbe fuggito, avrebbe seguito Yorick lontano da lì, per non tornare, per non pensare nemmeno più al bizzarro ragazzo ferito che quasi lo portava alla pazzia, ma io ero diverso. Se lui era emarginato quanto me da coloro che dovevano essere una “famiglia” allora io sarei diventato quegli affetti, sarei diventato per lui quell'estraneo tra mille, quel destino cercato troppe volte. Forse era la stupida convinzione di un ragazzo. Forse era l'amore per le cause perse. Forse era il sentirmi così dannatamente vicino a qualcuno, partecipe dei suoi dolori, comprensivo, tanto che credevo di poter alleviare i miei, di sopperire la mancanza con un affetto nuovo, con un legame che avrei custodito gelosamente. Forse era la stupida convinzione di un ragazzo. Forse ero un pazzo. Forse, lo pensai per la prima volta, per amare non serve una ragione. 

L'affetto tra Nowell e Nivek diventa sempre più forte, quasi inspiegabilmente. Perché Nivek si trova sempre più coinvolto da Nowell? Il potere del Domatore lo condiziona fino a questo punto? O meglio, è solo il potere del Domatore a spingerlo tra le braccia di Nowell? 
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto. Grazie mille per continuare a seguire il racconto e ad interessarvene. Aspetto consigli e opinioni!
Iwon Lyme

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Capitolo 6
*** Il Silenzio del Drago - Parte VI ***


Nello scorso capitolo Nivek ha conosciuto più a fondo Nowell e si è trovato a confronto con la loro diversità ed, in qualche modo, anche con la sua pericolosità. Tutto ciò lo tratterrà dal rimanere al suo fianco? 
 
Il Silenzio del Drago - Parte VI
 
C'è un momento della notte in cui mi sveglio. Non succede sempre, ma spesso mi ritrovo a rigirarmi nel letto mentre il resto del mondo dorme sonni più che tranquilli. È facile pensare ci sia qualcosa a mordermi la coscienza, ma posso giurare che, fin da quando ero molto piccolo, questo avveniva senza uno schema preciso e senza nessuna ragione. Ci sono certe azioni che il nostro corpo compie senza esserne veramente padrone e non a tutto c'è una spiegazione. All'inizio non ci credevo, pensavo di avere tutto sotto lo stretto controllo della mia mente, le mie rigide regole, i miei severi principi, credevo davvero di essere una persona controllata, non incapace di avere colpi di testa, sia chiaro, credo che questo, soprattutto dopo ciò che ho raccontato, non si possa dire di me, quello di cui parlo è una sorta di consapevolezza che io credevo di avere, non pensavo di poter essere incapace di decidere di me. Riduttivo è dire che questo mio pensiero fu stroncato da Nowell. Trovare le giuste parole per spiegare come la mia vita cambiò da quel momento, soprattutto a qualcuno che non è della mia specie o nella mia situazione, è complicato, troppo lontano dal credere comune di “me stesso” e del“l'altro”, troppo lontano dal credere comune che tutti hanno di “libertà”, quindi cercherò di procedere lentamente.
Se dovessi usare le parole di un mio, ora, amico, direi che è complicato provare sentimenti, è difficile pensare di dover provare qualcosa ed invece ritrovarsi con tutt'altre emozioni tra le mani. Il contrasto tra ciò che dice il cuore e ciò che dice la mente è quello che più distrugge e divide una persona, credo che gli umani capiscano con difficoltà questo tipo di dolore. L'aspetto più degradante è non poter scegliere quale dei due seguire, proprio come quando ci si ritrova svegli, in piena notte, senza nulla a cui pensare, un silenzio impenetrabile intorno, ed il sussurro del domani che si avvicina. Proprio quel genere di smarrimento e di consapevolezza insieme è ciò che rende incomprensibile il racconto che sto per raccontare. Piano e lento come il vento della notte spero che le mie parole risveglino il vostro sonno senza alcuna ragione, vi facciano rigirare nel letto senza molti pensieri, e calme avvicinino a voi un domani un po' diverso.
Essere diversi non è speciale, semplice o divertente, essere diversi è il peggio che possa capitare ad un individuo, rinchiuso nella non libertà di essere normale, di non poter vivere come si vorrebbe. L'invidia è un sentimento che conosco bene, invidia del mondo tranquillo che mi è sempre stato negato. Nowell era come me, quel suo occhio buio, quella sua calda voce testimoniavano la vita che non aveva potuto vivere, esattamente come me, quella vita che sembrava fatta per noi, ma che ci era stata portata via.
Non so spiegare con esattezza cosa cambiò dentro di me, cosa mi portò lontano, mi condusse su un nuovo cammino. Forse fu il destino … eppure sembrava qualcosa di più. È difficile far capire ad un essere umano come potei sopportare le molte difficoltà ed ingiustizie che da quella scelta conseguirono, come potei vivere sapendo che la mia vita ormai non era più tra le mie mani, come potei vivere senza essere più padrone di me stesso. Non credo che gli umani saranno mai in grado di capire, eppure il sonno è dolce la notte quando ti addormenti, ma quando nel mezzo della notte ti svegli maledici i sogni che hai avuto. Gli umani desiderano sognare in eterno e non svegliarsi mai, desiderano dormire una notte intera senza trovarsi con gli occhi aperti senza motivo, desiderano tutto, ma non concepiscono il nulla. Gli umani sono strani ai miei occhi poiché credono che io abbia nulla, eppure, alla fine, posseggo più di tutti loro. Credono che essere liberi li renda automaticamente felici, credono che sia il maggior valore, il più grande bene. Non credo che gli umani saranno in grado di capire, poiché non sanno che a volte si è più ricchi possedendo nulla piuttosto che avendo il mondo, poiché non sanno che la felicità è qualcosa che non si può ottenere ottenendo qualcos'altro, poiché non sanno che la libertà è tutta un'altra cosa.
 
Ero seduto nel prato fuori dalla casa di Wren. Il vento soffiava lento e faceva ondeggiare l'erba di un verde opaco. Il cielo denso era coperto da nuvole basse. Gli altri Cacciatori, dopo essere stati pagati, erano tornati indietro, senza Yorick che era rimasto lì, alla fine non aveva intenzione di abbandonarmi. Nowell si era ripreso perfettamente, ma da quel giorno non avevamo più parlato di cosa sarebbe venuto poi. Entrambi sapevamo di doverci affrontare, ma sembravamo in attesa, come se ci stessimo preparando, mettendo in ordine le nostre private faccende così da essere pronti a vivere qualcosa di completamente nuovo. Io non avevo idea di cosa significasse esattamente restare, eppure avvertivo chiaramente che tutto sarebbe cambiato. Sospirai. La staccionata delimitava il piccolo giardino in rovina, oltre non c'era niente se non una lunga distesa di campi brulli e scuri. Non era certo un paesaggio allegro. Le mie montagne erano di gran lunga più meravigliose.
– Hai un viso lungo, ragazzo. – Disse Jethro sedendosi affianco a me. I suoi occhi rossi mi mettevano paura, non ne avevo mai visti così, erano tanto strani da essere quasi incredibili. Sorrise. – Non hai mai visto uno come me, eh? Immagino di no … – Si grattò il viso. – Sai, vengo dal sud, molto più a sud di qui, il mio branco viveva vicino ad un vulcano, sai cos'è? No, eh … È una montagna con al centro un lungo buco che va fino in centro la terra, insomma per farla breve a volte esce del fuoco liquido da lì. – Pensai, non è strano crederlo, che lui mi stesse raccontando una serie infinita di bugie. Tuttavia il suo viso era serio ed i suoi occhi guardavano intensamente l'orizzonte immaginando o forse vedendo quel luogo che così a cuore aperto mi raccontava. – Venni catturato lì vicino, mi portarono via dalla mia famiglia e lontano dalla mia casa. Non avrei mai voluto abbandonarli, ma a volte ciò che ci succede è impensabile. – Sospirò. Capivo quello che diceva, anche lui aveva nostalgia del luogo che l'aveva cresciuto. – Però a volte si riesce a continuare, a vivere diversamente ed a capire che anche l'impensabile può essere piacevole.
Si alzò. – Non ti piacerà all'inizio, ma poi ci si abituano tutti. – Disse rivolgendo gli occhi al cielo.
– Ma a cosa? – Gli chiesi sperando lui potesse rispondermi. Mi aveva detto di non parlargli ma non avevo saputo resistere, volevo sapere cosa mi sarebbe successo. Il suo sorriso divenne amorevole, dolce e triste tutto insieme.
– Sei un giovane ragazzo, con difficoltà potrai capire, ma cercherò di spiegarmi meglio che posso. – Prese un respiro. – Tu guardi il cielo e vedi l'infinito, guardi il fuoco e vedi la forza, guardi la terra e vedi la durezza, guardi l'acqua e vedi l'agilità del vento ad ogni onda, guardi il mondo e credi di sapere bene cosa stai guardando, ogni cosa ha un senso ed un significato ben preciso per te, ma a volte ciò che ti sembra nato per qualcosa, ciò che credi rappresenti un'idea in particolare alla fine è tutto il contrario. Tu pensi che un giorno, un giorno non lontano, uscirai al vento e volerai fino al cielo, pronto per toccarlo, viverlo, essere finalmente libero, tu vedi te stesso e sai per cosa sei nato, così credi, ma, ragazzo, ormai niente è più così, ormai tutto è cambiato. – Mi rispose calmo. Prese un lungo sorso d'aria come se gli fosse toccata molta fatica dirmi quella verità. – A volte la felicità la si trova dove non si andrebbe mai a cercarla. – Mi guardò fisso con i suoi occhi profondi come l'abisso del mondo, senza fine, oscuri e sinceri, occhi di un uomo, un uomo che con fatica sarei diventato. Niente era come credevo fosse e lui lo sapeva, io ero un bambino immerso in quel mondo, un neonato che ha appena preso il suo primo respiro.
Abbassò il viso e sospirò di nuovo. Risollevò dunque lo sguardo ed osservò il cielo con un'amarezza profonda, fece una smorfia di dolore che tentò di nascondere portando il volto verso la porta d'entrata. Vedeva qualcuno oltre ed i suoi occhi si fecero più spensierati. Si strinse una mano al petto. – Non pensare che sia semplice provare sentimenti, ragazzo, capirai presto che l'animo è molto più complesso di quel che ci si aspetta. – Detto questo mi sorrise ed, infilandosi le mani in tasca, si diresse verso la porta. Non mi aveva spiegato nulla eppure le sue parole erano chiare, ciò che voleva dirmi l'avevo capito: abbi fiducia. Abbi fiducia e forse tutto si sistemerà. Credetti di non essere mai più in grado di dire nulla. Credetti di svanire portato via dal vento, leggero salire verso il cielo che lui mi aveva detto non essere quello che credevo.
Ancora con l'eco delle sue parole nelle orecchie mi sdraiai nell'erba, il sole quel giorno sembrava molto più forte. Se fossi stato diverso, pensai, chissà dove mi sarei trovato. Non avrei mai visto, forse, quel cielo e quell'erba, mai avrei incontrato Yorick, Wren o Nowell, forse sarei rimasto solo, oppure avrei avuto una famiglia tutta mia, onorato dalla mia gente, rispettato dal mio stesso sangue. Tuttavia, trasportato dal vento, ero giunto fino a lì, lontano dalla tomba di mia madre, dalla mia casa, dal mio amato bosco e dall'albero che alto svettava fuori dalla mia casa, quel Principe silenzioso che custodiva il mio cammino, che così profondamente aveva mutato la vita di mia madre. Avevo sperato, non lo nego, di fuggire anche io con lui sulle nuvole, alto nel cielo, ma per me non era stato possibile, per me un altro fato era stato scelto. Forse mio nonno era ancora arrabbiato con me, forse mi avevano cercato, forse, almeno un po', gli mancavo. Mai avrei pensato che essere distante dalle montagne mi avrebbe reso infelice, avevo nostalgia di loro, più di quanto volessi ammettere infine.
– Eccoti. – Disse la voce di Nowell mentre si sedeva accanto a me tenendosi il fianco. – Guardi ancora il cielo? – Chiese sollevando il suo unico occhio così in alto che il nero si scontò con l'azzurro. Annuii. I suoi capelli, sotto la luce del sole, iniziavano a prendere una stana sfumatura, l'avevo notato ormai da giorni, erano come meno neri, più caldi, sbiadivano e la cosa, vi assicuro, non era molto normale. Allungò una mano e me la posò sul capo. – Wren ha detto che è pronto da mangiare, entriamo? – Sussurrò con la voce calda.
– Per quanto resteremo? Cosa faremo? – Domandai. Lui mi rivolse lo sguardo e mi sorrise.
– Presto comincerò a spiegarti, comincerò ad addestrarti, ma per ora vivi questi ultimi giorni libero, guarda le nuvole e respira profondamente, dopo solo il Cielo sa quale buio attende entrambi noi. – Si raccomandò così con la sua voce triste ed un caldo ed amorevole sorriso sulle labbra. Nowell era diverso da qualsiasi persona avessi mai incontrato nella mia vita, non comprendevo a fondo i suoi pensieri, non riuscivo ad immaginare nulla di più enigmatico del suo sorriso, semplicemente improbabile che fosse felice mi guardava tendendo le labbra e dicendo parole piene di sconforto e cattive nuove, come se il Cielo avesse mandato il vento a sussurrargliele, come se nemmeno lui ci credesse davvero, come se, sapendo perfettamente l'oscurità che il nostro futuro portava, non avesse la minima paura.
È difficile provare sentimenti e Nowell lo sapeva molto bene.
 
– Dovresti interrogarlo, sapere più cose su di lui, farti dire della sua famiglia. – Disse Wren con una nota disperata nella voce, erano ormai interi minuti che tentava di convincere Nowell seduto sul letto nella camera dalla porta azzurra. Io ero seduto fuori, attendevo di poter entrare e le mie orecchie ascoltavano senza la mia volontà.
– Non mi interessa sapere chi sia la sua famiglia e nemmeno di quale razza lui faccia parte, riuscirò ad avere ragione di lui, basta preoccuparti. – Le rispose l'altro per l'ennesima volta.
– Ma devi. Se non fosse compatibile? Cosa faresti se i vostri animi fossero completamente diversi? – L'uomo sospirò.
– Wren … il mio animo è incompatibile con chiunque ed anche il suo, non mi serve verificarlo, io sono un Solitario e lui è un Indomabile, cosa c'è di più diverso? – Sbuffò. – Sono pronto a subire qualsiasi conseguenza.
– Sì, ma il ragazzo lo è? Decidere per lui che non sa nulla! – Saltò su Yorick rimasto fino a quel momento in silenzio. – Dovresti prima spiegarglielo.
– Chi accetterebbe mai una volta compreso cosa fa un Domatore ad uno della loro specie? – Non comprendevo le loro parole, ma mi facevano sempre più paura, però non potevo fare altro. Jethro uscì dalla stanza con la porta di legno scuro, mi guardò e, sentendo le voci dei Domatori, mi fece cenno di alzarmi e di andare con lui. Non me lo feci ripetere due volte, mi sollevai abbandonando la porta azzurra e lo seguii in cucina.
– Sono così sbadati, farti sentire i loro discorsi certo non ti aiuta a stare meglio, dovrebbero controllarsi. – Borbottò armeggiando con delle pentole. Le sue spalle erano dritte vicino al mobile pieno di stoviglie, le sue mani ruvide e grandi si muovevano con sicurezza, Jethro assomigliava molto a mio nonno, tuttavia lui non mi odiava.
– Sai, nel mio villaggio nessuno degli altri voleva parlarmi o starmi vicino, i loro genitori glielo proibivano, mio nonno era d'accordo, diceva che dovevo restare in casa e morire di freddo se ci riuscivo. – Quelle parole mi uscirono dalle labbra senza che io potessi controllarle. Ridacchiai tristemente. – Invece tu, Jethro, mi parli con così tanta naturalezza, mi rende felice. – Si fermò dandomi ancora le spalle con una pentola ferma sul banco. Poi si voltò a guardarmi e sorrise amaramente.
– Succedeva perché sei diverso. – Concluse con un tono di voce molto calmo, ma che mi fece rendere conto per la prima volta del lungo e profondo abisso che c'era tra me e i normali, qualcosa di cui non mi ero mai accorto, qualcosa che credevo fosse molto meno spaventoso.
– Sì, penso sia per questo. – Mormorai portandomi una mano alla bocca e chiudendo gli occhi.
– Dei tuoi genitori cosa sai? – Mi chiese poggiando le pentole e sedendosi al tavolo nel posto davanti a me.
– Mia madre era una donna bellissima, quando ero piccolo lei era l'unica che mi parlava, stavamo sempre insieme, chiusi in casa, lontano dal villaggio e guardavamo il bosco. Mia madre aveva una voce dolce e calda, ma era molto malata. – Mi fermai poiché il fiato mi mancò. Presi un respiro profondo. – Morì quando compii sei anni. – Conclusi nel modo più deciso che riuscii a trovare. – Di mio padre invece non so nulla, nemmeno il nome, non si poteva parlare di lui al villaggio e chiederlo a mio nonno era come condannarmi a morte. – Ridacchiai. – Mio nonno è un tipo molto severo. – Sussurrai flebile tanto che la mia voce si perse nella cucina. – Credo che sia un brav'uomo in fondo. – Mi schiarii la voce e tirai indietro i capelli. – Non so molto altro sulla mia famiglia. – Guardai Jethro che mi fissava nascondendo le labbra dietro le mani incrociate davanti al viso.
– E tua madre era come te? Aveva anche lei gli occhi verdi? – Scossi il capo titubante, cosa stesse pensando rimaneva per me un mistero.
– No, li aveva azzurri. – Risposi. – Ma Jethro, cosa intendevano con “compatibili”, non riesco a capire, e perché nessuno della nostra specie accetterebbe se sapesse cosa ci fanno? – Lui si risvegliò come da un sogno, si alzò veloce dal tavolo e continuò a trafficare per preparare la cena.
– Non posso risponderti. – Concluse con una voce scura che mi fece comprendere di non fargli più alcuna domanda.
La porta del corridoio si aprì e Yorick entrò nella cucina. I nostri sguardi si incrociarono e lui sembrava molto dispiaciuto di questo. Abbassò il viso ed uscì dalla casa al sole che diventava lentamente rosso. Poi anche Nowell entrò e lui, invece, si fermò a guardarmi, mi sorrise e si sedette nel posto affianco al mio. Sembrava molto ingentilito, ma avvertivo come a pelle che in realtà era molto scocciato dalle attenzioni che riceveva dagli altri due Domatori. Wren poi raggiunse Jethro ai fornelli. Nel periodo che ero rimasto lì compresi che i due erano quel che si può definire una “coppia sposata”, entrambi dormivano nella stanza dalla porta scura, insieme e nello stesso letto, la cosa non destava assolutamente stupore né in Nowell né in Yorick e così cominciai a pensare che i Domatori potessero benissimo innamorarsi con quelli della mia specie e viceversa, compreso il companatico. Nella camera azzurra invece eravamo stati relegati io e Nowell, ci andò anche bene visto che Yorick dormiva sul pavimento vicino al fuoco. I giorni trascorrevano tranquilli e nelle due settimane che ormai erano trascorse nulla sembrava essersi veramente mosso, ma, negli ultimi due giorni, tutto si era fatto più concitato. Wren e Yorick discutevano spesso con Nowell, lasciando me e Jethro da parte, il quale non sembrava felice dei loro discorsi e se ne stava il più alla larga possibile. Io ero all'oscuro di tutto, come sempre.
– Questa notte andiamo fuori a fare due passi. – Sussurrò Nowell guardando nel suo piatto la minestra che i due consorti ci avevano preparato. Da quanto lo disse piano compresi che non doveva essere una cosa “legale” secondo tutti gli altri al tavolo. Feci un sottomesso segno di assenso affinché nessuno capisse e continuai a mangiare aspettando il momento in cui mi avrebbe detto ciò che aveva intenzione di rivelarmi.
Dopo cena, quando tutti ormai erano stesi nei loro letti o giacigli improvvisati, io e Nowell lasciammo la camera azzurra e, facendo molto piano per non svegliare Yorick, riuscimmo ad uscire. Il fuoco, acceso dentro la casa e che si sarebbe spento con il passare delle ore delle notte, faceva una calda luce che si diffondeva fino al giardino malandato. La staccionata si vedeva a malapena ed il cielo era pieno di stelle luminose. Il freddo mordeva i calcagni, ma Nowell aveva sottobraccio una lunga coperta nella quale ci avvolgemmo entrambi sedendoci fuori dalla porta. – Santo cielo che pace. – Sussurrò piano piano l'uomo grattandosi la guancia sotto la benda, fu per la prima volta che vidi quattro cicatrici parallele che lo sfregiavano proprio in quel punto, la loro piccola ombra si aggettava sulla pelle lunare di Nowell rendendole molto più vistose.
Prese un respiro profondo. – Ragazzo, è pericoloso ciò che ho intenzione di farti, ma cosa ne sarà di te se non ci provo? Uno della tua specie senza un Domatore, perso in questo mondo, è come gettare un pezzo di carne ad un branco di lupi, tutti ti vorranno divorare. – Abbassò il viso. – Ma ho paura che sarà il mio animo a farlo. – Si voltò verso di me e mi accarezzò i capelli, prese una ciocca tra le dita e me la mise dietro l'orecchio.
– Se nel mio pazzo tentativo di farti crescere, germogliare e ramificare, diventare forte, vigoroso consentendoti di appoggiarti sul mio animo io finissi invece per divorarti, per distruggere tutto ciò che potresti essere, che il Cielo mi assista, non riuscirei mai a perdonarmi. – Sospirò. – La tua vita è così potenzialmente magnifica che, orrendo quanto sono, voglio per forza farci parte. – Il mio cuore batteva forte, la testa vorticò veloce e fu come quella volta, fu come venir attaccato da tutto, da ogni cosa il mondo era, ed il ghigno di Nowell lì a guardarmi. Era pericoloso, ma no. Nella convinzione della sua bontà tutto tornò calmo. Per quanto lui potesse essere terribile era la mia scelta. Il mio cuore batteva ed io sapevo che ormai non era più mio.
– Io non ho paura, ma voi non dovete esitare ancora. – Dissi fermo guardandolo negli occhi. Cosa mi spingesse in quella direzione rimane per me un mistero, ma era la giusta via.
– Ciò che farò è spregevole, ma perdonami se puoi. – Concluse abbassando lo sguardo e smettendo di toccarmi. Il suo viso poi tornò a guardare il cielo stellato. – Domani comincerò ad addestrati. – Disse secco, giudice e incredibilmente funereo, come se mi stesse finalmente condannando a morte.
 
Il sole entrò furioso la mattina del giorno dopo, il giorno che, tanto atteso, finalmente arrivava. Mi sollevai di scatto ricordando improvvisamente la promessa di Nowell fattami sotto le stelle. Guardai il suo letto e lui non c'era, si era già alzato e mi aveva lasciato dormire. Pensai avesse cambiato idea e stupidamente me ne preoccupai, cominciai a disperarmi quasi, ero un ragazzo, certamente questo basta a scusarmi. Mi alzai in fretta, mi infilai i vestiti e corsi fuori dalla porta azzurra abbandonando la rassicurante camera. Che stupido ero, il sorriso mi avvolgeva il viso e non vedevo l'ora di incontrare Nowell, ero impaziente. Che stupido ero.
Uscito dal corridoio mi trovai in cucina, Jethro era appoggiato mesto al bancone, guardava a terra e non mi rivolse mai lo sguardo, non disse una sola parola, fu Wren a parlarmi. – Nowell è fuori, ti aspetta. – Disse. Mi voltai a guardare Yorick, ma lui non c'era, il suo letto improvvisato era sfatto, le sue scarpe non erano lì.
– Yorick … ? – Domandai in un sussurro. Avrei desiderato guardare i suoi occhi prima di avventurarmi fuori, verso il mio ignoto futuro.
– Non voleva restare. – Rispose la donna abbassando il viso sulla propria colazione. Solo da quella frase avrei dovuto capire, Yorick non mi avrebbe mai permesso di farmi del male, Yorick non l'avrebbe mai voluto.
– Allora esco … – Mormorai e la mia impazienza era scomparsa, inghiottita in un sol boccone dalle loro facce tristi e dallo sguardo che non mi aveva mai abbandonato invisibile e mancante.
Aprii la porta d'uscita e fuori nel giardino trovai Nowell che si sistemava le maniche della giacca. Sentì i miei passi e si voltò. – Ah, sei qui … – Disse sorridendo così apertamente, tanto dolcemente da riaccendere il mio animo. – Pronto? – Domandò allegramente, mi si strinse il cuore e non ebbi più dubbi. Velocemente e senza pensare, stupidamente, inconsapevole di cosa andavo perdendo, così risposi: – Sono pronto.
Mi misi davanti a lui. Eravamo a qualche metro di distanza. – Non distogliere lo sguardo dai miei occhi, non agitarti e lascia che il tuo animo resti calmo. – La sua voce cambiò immediatamente, divenne quasi ipnotica, non potevo non ascoltarla ed il mondo immediatamente si fece lontano, distante era tutto ciò che conoscevo, tranne la sua voce aliena e deforme. – No, ti stai agitando, torna calmo. – Mi corresse subito. Lo sentivo, difficile spiegare, dentro di me, come un serpente che dal mio orecchio, strisciato dentro il mio corpo, percorreva avanti ed indietro le mie vene, vermi nel mio ventre, su fino al mio cuore, ero come morto, mangiato dalla natura e divorato, ma restavo calmo poiché la voce del serpente me lo sussurrava sibilante. – Ora ti mostrerò il tuo nuovo mondo. – Sussurrò in un modo quasi insopportabile. Sentii la voce di Jethro gemere forte, come un ululato, ma no, nemmeno questo, un lungo grido disperato, un verso tanto straziante da essere quasi insopportabile da ascoltare. Avevo già sentito quel grido e come se fosse stato ieri ricordai, ricordai il viso di mia madre pallido, senza vita, morta per sempre, lì senza più sogni, nuvole o principi, sola nelle braccia della fredda amica morte che tutti abbracciano. E poi mio nonno gridare, gridare in un modo così straziante da farmi piangere di paura, di terrore puro, l'addio del caduto, il saluto estremo, l'onore dedicato solo a chi muore e per sempre. Jethro cantava, cantava per me che me ne andavo. Cantava per me che svanivo e le braccia di Nowell mi stringevano.
Tuttavia il mio viso si voltò verso la porta, distolsi lo sguardo, le mani tremarono e credetti di cadere all'indietro molte e molte volte. – No! Torna a guardarmi! Voltati! – Mi richiamò la voce del serpente ed io non potei negarmi, tornai, consapevole, non più gioioso, sicuro e pronto verso la mia morte, verso quell'atto che mi avrebbe reso meritevole, meritevole del mio urlo d'onore. La mano di Nowell corse alla benda nera che nascondeva il suo secondo occhio. – Non avere paura. – Sussurrò con voce umana. Slegò i lacci immersi nei suoi capelli e la lasciò cadere a terra. – Tu sei come me. – Il suo occhio era chiuso, ma la pelle intorno ad esso era strana, come più ruvida, quasi squamosa. – Solo chi vede il mondo come lo vediamo noi può capire. – Lento sollevò la palpebra ed il mio cuore batteva senza sosta nel petto. Il suo occhio mi guardò e non servivano altre parole per capire, lui era come me. Lì, circondata da un sopracciglio severo, un'iride giallo come il sole brillava, pieno di riflessi, al centro la pupilla lo divideva a metà, lunga come la mia, nera come di così buie non ne avevo mai viste. Non mi importava della voce di Jethro che si faceva ancora largo nelle mie orecchie così prepotentemente, né del viso di mia madre, quella pupilla era una porta socchiusa, la strada che avevo cercato da moltissimo tempo era dritta avanti a me, un nuovo mondo mi aspettava aldilà, un mondo in cui non sarei più stato diverso o odiato, un mondo dove lui mi avrebbe insegnato a vivere. Non dovevo avere altre spiegazioni, non mi servivano, sapevo che di lui potevo fidarmi. Sapevo che lui era lì per me esattamente come io ero lì per lui.
Solo chi poteva vedere il mondo come noi avrebbe capito, solo chi come noi si trovava ad essere lontano dal proprio sogno, lontano dal desiderio più grande che conservava nel cuore. Solo chi come noi sapeva cosa voleva dire vedersi negata la speranza, negato l'orgoglio, poteva comprendere la scelta che quel giorno entrambi compimmo. Non fu semplice e nemmeno avventato, ci eravamo studiati, ci eravamo capiti, niente era casuale, tutto era destino. Nel mio animo, in un angolo lontano, sapevo che quel momento era stato dettato dal fato, quell'uomo mi avrebbe detto cos'ero, mi avrebbe insegnato ad essere ciò che volevo essere ed insieme avremmo realizzato un sogno lungo una vita. Se per ottenere ciò che volevo dovevo stare ai suoi ordini senza molto sforzo avrei sopportato. Se la voce triste, melodiosa e sincera di quell'uomo mi avrebbe accompagnato per tutto il cammino, senza alcuna difficoltà avrei percorso la strada. Lui avrebbe mantenuto infine la sua promessa perché era ciò che aveva giurato a se stesso. Lui non mi avrebbe mai abbandonato.
– Dimmi, qual è il tuo nome? – La voce del serpente mi tentava e finalmente era strisciato fino al mio cuore, così pronto ad accoglierlo, così felice. Solo chi vede il mondo come noi, mio amato e dolce padrone, solo chi lo vede come noi. Avrei dato a lui tutto, tutto ciò che possedevo e tutto ciò che avrei mai potuto possedere. Finalmente sapevo ed ero ciò a cui ero destinato. Finalmente.
– Ni- …
– NO! – Come lo squarcio di una tela perfetta, uno strappo profondo, indelebile e inafferrabile, un dolore acuto che percorreva il mio corpo avanti ed indietro, il silenzio improvviso mi tappò le orecchie. Lo sguardo dritto ancora sul mio padrone, non sentivo più nulla, vuoto e caduta. Il Cacciatore si era avventato sul mio padrone, gridava contro di lui, lo afferrava, lo afferrava. Lui non doveva toccarlo mai.
Un ruggito forte e crudele lasciò il mio petto, si levò nel cielo ed io afferrai Yorick, lo spinsi a terra e le mie mani premevano sulla sue spalle. La schiena mi prudeva, bruciava come il fuoco e mi sarei strappato la pelle di dosso se fosse bastato, il sangue saliva dritto al cervello e non riuscivo a fermarmi. Non volevo fare del male al Cacciatore, ma lui non doveva toccare il mio padrone, dovevo, dovevo impedirglielo con le buone o con le cattive. La mia schiena, che dolore. Ruggì ancora e le mie orecchie sentirono la mia voce terribile. – BASTA! BASTA! – La voce del mio padrone chi chiamava? Chi voleva? Non mi chiamava, non diceva il mio nome, dovevo continuare.
– JETHRO, FERMALO! – La voce di una donna urlava. In un attimo due braccia mi strinsero, mi tirarono lontano da Yorick, due gambe si attorcigliarono alla mia vita, mi impedivano di muovermi. Se il mio padrone me l'avesse ordinato le avrei facilmente rotte, ma lui non parlava, lui restava in silenzio. Non diceva il mio nome. Ringhiai. Le gambe si strinsero.
– Nowell, chiamalo! Chiamalo! – Urlò una voce famigliare, uno della mia specie. – Chiamalo dannazione! – Un amico pensai. Le mie unghie smisero di graffiargli il braccio, le mie gambe non lo colpirono più, mi afflosciai tra le sue braccia e nascosi il viso nell'incavo della sua spalla sentendo il calore che lui mi trasmetteva. I suoi polmoni respiravano a fondo, affaticati. Odorava di sangue. – Ora è finita … Calmati … – Qualcuno si sedette accanto a noi. – Se io non avessi avuto un legame con lui saremmo tutti morti … – Sussurrò Jethro. – Santo cielo, Yorick, cosa ti è venuto in mente?! Sai! Sai che mai devi interrompere un Domatore! Dannazione!
– Come se fosse colpa mia! Questo mostro! Questo mostro … WREN! Tu lo sapevi?! – Mi voltai di scatto, furioso e ringhiai ancora contro il Cacciatore. Non doveva chiamare mostro il mio padrone. Lo vidi sussultare terrorizzato. – Ha perso completamente la ragione … – Sussurrò. Si voltò verso il mio padrone. – Fa' qualcosa!
– Sarebbe stato mio se tu non ti fossi intromesso di nuovo. Non so il suo nome, cosa pretendi che faccia? – I miei occhi, incontrando quelli di Nowell, non furono più in grado di muoversi, lo fissavo così intensamente che anche lui se ne accorse, ricambiò il mio sguardo. Entrambi eravamo immobili.
– Lui ti risponde … incredibile … Torniamo dentro. Veloci. – Concluse Jethro alzandosi da dietro le mie spalle. Sentii tutti allontanarsi dal giardino e la porta si chiuse. Solo io ed il mio padrone restammo fuori, in silenzio, senza perdere il contatto visivo.
– Ascoltami. – Sussurrò così dolcemente che quasi il mio cuore saltò un battito. – Dimmi il tuo nome e sarai mio per sempre. – La voce del serpente, eccola di nuovo, mi tentava. Sorrisi pensando che tutto sarebbe finalmente finito. La schiena pulso ed un brivido mi percorse tutta la colonna vertebrale. Chiusi gli occhi e mi inchinai profondamente a terra, giù fino a che il mio viso non sfiorò i fili d'erba umidi per la rugiada.
– Il mio nome è Nivek, padrone. – La mia voce, sicura e fredda come mai era stata, rispose a Nowell. Sentii i suoi piedi frusciare mentre si avvicinava a me. Mi poggiò una mano sulla spalla.
– Nivek, da ora in avanti tu sei e sarai sempre il mio Drago. – Se il mondo avesse potuto fermarsi per una frase, quella sarebbe stata la frase. Se il mondo avesse potuto fermarsi per una promessa, quella sarebbe stata la promessa. Se il mondo avesse potuto fermarsi in un momento, quello sarebbe stato il momento.
Solo chi poteva vedere il mondo come noi avrebbe capito. Solo chi mai nella vita è stato amato, ma chiamato mostro, insultato, tradito e beffeggiato poteva capire le nostre scelte, il nostro futuro, il nostro destino comune che in un momento si mostrava al cielo luminoso. Solo chi non aveva avuto una famiglia ma era morto ancor prima di nascere, era vissuto solo, lontano dalla vita desiderata poteva capire le nostre scelte, il nostro futuro, il nostro destino comune che con una promessa veniva sigillato per sempre. Solo chi aveva sognato e mai sperato, aveva camminato e mai veramente vissuto, aveva guardato il cielo e mai volato poteva capire le nostre scelte, il nostro futuro, il nostro destino comune che con una sola frase fermava il mondo per sempre e piano lo faceva ripartire al contrario per riavere tutto indietro. 

Una grande svolta è avvenuta nella vita di Nivek. Ora non è più un Drago Libero, ma è ormai stato domato da Nowell. Come influirà questo sul suo futuro? Riuscirà a realizzare i suoi sogni anche se ormai è in catene?
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi ringrazio per il tempo speso a leggerlo! 
Iwon Lyme

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Capitolo 7
*** Il Silenzio del Drago - Parte VII ***


Nivek è stato domato da Nowell, ma ora cosa decideranno di fare? Dove li spingerà questo legame?
 
Il Silenzio del Drago - Parte VII
 
L'odore del mio padrone era piacevole come l'odore dei pini del bosco vicino alla mia casa in montagna. Avrei potuto annusarlo in eterno ed era impossibile che io non sapessi dove lui fosse, mi bastava seguire il suo profumo per trovarlo e non sbagliavo mai, non esisteva il fallimento quando si trattava del mio padrone. Il mio padrone rideva spesso, non portava più la benda legata all'occhio, e rideva più spesso. Adoravo la risata del mio padrone. Il suo viso felice era tutto ciò che desideravo, tutto ciò che avrei mai voluto vedere. Il mio padrone e il Cacciatore non andavano d'accordo, ma il mio padrone non mi spiegava il perché, anzi, parlava poco con me e lo sentivo distante sebbene restassimo vicini la maggior parte del tempo. Non potevo abbandonarlo, mi sembrava di tradirlo e di perderlo per sempre e non potevo. Il mio padrone sembrava seccato, ma per me era molto difficile.
– Non preoccuparti, farà così per una settimana o due, poi tornerà in sé. Sono passati solo due giorni, in fondo. – Disse Wren noncurante una sera a cena. Jethro non mi guardava nemmeno, lui però mi piaceva molto. – All'inizio il contatto dev'essere forte, poi si staccherà. – Chissà di cosa parlavano.
– Non è che ho fallito? – Domandò il padrone destando la mia preoccupazione.
– Ricordo cosa succedeva ai Draghi con cui fallivi, lui non si è ancora ucciso, quindi credo che vada tutto bene. – Questa frase mi diede fastidio, ma il padrone mi disse di calmarmi e lo feci subito. Non volevo che il padrone si arrabbiasse.
– Andiamo a dormire, sono molto stanca. – Wren si voltò verso Jethro. – Tesoro, andiamo … – Mormorò e lui si alzò immediatamente. Sembrava furioso e rassegnato al tempo stesso. Lui mi piaceva molto.
– Sì, Nivek, andiamo anche noi. – Mi disse il padrone e subito lo seguii in camera da letto. Non appena il padrone si addormentò anche io lasciai che la notte mi cullasse al sonno.
 
Mi svegliai con la schiena tutta indolenzita, era come se qualcuno ci fosse camminato sopra per tutta la notte. Ogni mio osso doleva, ma la schiena e le spalle erano certamente le più bloccate. Mi sollevai a fatica dal pavimento su cui dormivo. Guardai il letto accanto al mio e Nowell non c'era, era già in piedi. Mi sembrava di aver dormito per molti giorni. In giro c'era un orrendo odore di pino, come se qualcuno avesse tagliato Principe e l'avesse portato dentro la casa di Wren. Mi venne un conato di vomito e fu difficile trattenermi. Non avevo mai sentito un odore così orrendo. Mi alzai barcollando. Aprii la porta azzurra e uscii nel corridoio. – Non si è svegliato con me questa mattina. – Sentii dire all'uomo con l'occhio giallo. – Forse sta migliorando.
– Sarebbe presto, solo tre giorni? – Chiese Wren.
– È un Indomabile, no? – La voce dell'uomo cominciò a sghignazzare in modo così terrificante che se mio nonno avesse ringhiato sarebbe stato molto più piacevole da ascoltare. Appoggiai una mano vicino allo stipite e mi sgranchii le ossa. Mi sentivo un vecchio. Aprii la porta che conduceva in cucina e sbadigliai. Gli occhi di Nowell si rivolsero a me veloci. – Ah, sei sveglio. – Disse sorridendo felice. – Vuoi ancora sederti sulle mie gambe? – Sollevai un sopracciglio. Forse era impazzito.
– Credo che tu abbia la febbre. – Il modo in cui rideva non doveva essere normale in fondo. Zoppicante mi sedetti su una sedia del tavolo e tirai un lungo sospiro. Le loro facce mi fissavano con occhi che dicevano “L'hai fatto, amico mio, ma faremo finta di non averlo mai visto.”. Mi sporsi e stavo per chiedere loro qualcosa.
– Ti fa male la schiena, Nivek? – Chiese Nowell mentre metteva della marmellata su del pane secco. I miei occhi veloci si puntarono su di lui e non potevo fare altro se non rispondere.
– Sì, nella parte alta, sembra che qualcuno ci abbia ballato sopra. – Sorrise e mi passò il pane.
– Mangia, dopo andiamo a fare un po' di ginnastica. – Annuii titubante. Mangiai la colazione che Nowell aveva preparato per me osservato da tutti e, a dire il vero, un po' a disagio. L'unico che restava in disparte era Yorick, sembrava come disgustato dalla presenza dell'uomo con l'occhio giallo. – Seguimi … – Disse sfiorandomi la spalla una volta che ebbi finito di bere. Mi alzai ringraziando Wren per il cibo e lo seguii fuori. Le spalle di Nowell erano forti, la sua postura elegante fluttuava sull'erba bagnata come uno spirito della pioggia. I suoi capelli erano cambiati ancora, sembravano sempre più rossi. Si fermò dopo essere uscito dalla staccionata malandata. – Hai idea di cosa sia successo? Lo ricordi? – Mi domandò sorridendomi. Sembrava stranamente gioioso.
– Sì, lo ricordo, ora sono il tuo Drago. – La mia voce rispose automaticamente. Annuì.
– Bene, sono felice che tu lo sappia così bene. – Disse. – Sai questo cosa vuol dire? – Scossi il capo. – Significa che tu ed io ora siamo legati, la tua vita, il tuo corpo, perfino i tuoi pensieri ed i tuoi sentimenti mi appartengono. Sei mio. – Prese un respiro. – Se io ti ordinassi di morire tu allora saresti costretto ad obbedirmi, così se io ti ordinassi di fare qualsiasi altra cosa: questo significa essere domati. – Le mie mani tremarono. – Ora io ti chiedo di fidarti di me al pieno delle tue possibilità, sempre e comunque. Ho potuto osservare diversi tipi di Domatori al lavoro con i loro Draghi, sebbene io personalmente non ne abbia mai avuto uno, e ho compreso che il modo di agire di Wren e, a suo tempo, anche di Yorick è quello che più mi s'addice. Per ordinarti qualcosa devo necessariamente usare il tuo nome, ma ciò avverrà raramente. Desidero che tu risponda ai miei comandi perché lo credi giusto e non perché uso forza su di te, chiaro?
Sembrava, credetemi, stesse parlando di assurdità, io ero lì in piedi e non credevo a nulla, non ero suo e non avrei rispettato qualsiasi suo ordine. Lui si sbagliava. Quei sentimenti che mi avevano spinto tra le sue braccia erano, non dico scomparsi, ma si erano affievoliti, c'erano eppure sembravano molto meno efficaci. – Ascoltami. – Lo guardai negli occhi. – Se non credi alle mie parole ti dimostrerò che ho ragione. – Che avesse letto il dubbio nei miei occhi? Si avvicinò con fare quasi minaccioso. – Nivek salta. – Le mie gambe saltarono. – Nivek abbassati. – Mi abbassai sulle ginocchia senza alcun suono. Si chinò fino a quando i nostri visi non furono vicini. – Ora mi credi? – Annuii. – Felice di sentirlo. – Si sollevò. – Adesso seguimi, camminiamo un po', continuerò a spiegarmi. – Mi suggerì iniziando ad allontanarsi da casa di Wren. Senza più dover rimanere abbassato mi sollevai e lo seguii.
– Quando un Drago viene domato trascorrono alcuni giorni in cui quest'ultimo deve necessariamente restare a contatto con il padrone, ne ha un bisogno fisiologico, questo è quello che è successo a te in questi tre giorni. Wren mi ha spiegato che solitamente il tempo dovrebbe essere più lungo, credo però che questa tua velocità sia dovuta al fatto che tu sia un Indomabile.
– Se sono Indomabile, allora come mai mi hai domato? – Lui sorrise sinceramente felice della mia domanda.
– Perché io sono un Solitario. – Intrecciò le dita delle mani e prese un respiro profondo pronto a raccontare le sue più riuscite strategie. – Se fossi stato un Domatore comune allora non sarei mai riuscito a domarti, ma i Solitari sono quei Domatori che hanno uno spirito, o un cuore, che dir si voglia, molto forte, tanto che attrae troppo quello del Drago che si uccide per la disperazione di non poter vivere a stretto contatto con esso. Ora, se un Indomabile è indomabile per un comune Domatore, ed un comune Drago è indomabile per un Solitario, così ho pensato, allora un Indomabile dovrebbe essere domabile per un Solitario, giusto? In realtà non sapevo se avrei avuto successo, ma è andata bene.
– Dunque hai accettato il rischio di uccidermi e hai tentato? Ed io dovrei fidarmi ciecamente dopo questa tua confessione? – Ridacchiò.
– Se la metti così sembra orribile. Non avevo scelta, se io non ti avessi domato saresti morto comunque, un Drago che non si trasforma nella sua forma originaria, Indomabile, giovane e bello, senza un Domatore che lo protegge è qualcosa che qualsiasi Cacciatore venderebbe ad un prezzo altissimo ad un macello di altissimo ordine.
– Macello? – Mi guardò tristemente ed annuì.
– Sì, un macello. – Sospirò. – O saresti morto per colpa mia o per mano di un macellaio ed il tuo corpo sarebbe stato usato per qualsiasi cosa. Ho preferito rischiare, spero tu possa comprendere perché.
– Sì, ora capisco. – Mi circondò con un braccio le spalle e ridacchiò ancora. – Cosa significa “Indomabile”? – Domandai guardandolo.
– Indomabile è un Drago che non si è mai trasformato, che non è ancora stato introdotto ai segreti della sua razza dal suo branco.
– Un minorenne. – Annuì.
– Sì, quando si superano i ventuno anni, almeno è così nella maggior parte dei branchi, i giovani Draghi iniziano a fare pratica, a trasformarsi, a volare, tu questo non l'hai imparato. – Spiegò.
– Tu me lo insegnerai? – Gli chiesi speranzoso. Fece un'espressione dubbiosa.
– Senza dubbio, giovane Drago, mi impegnerò affinché questo avvenga, ma mai nessun Domatore ha dovuto addestrare un Drago ad essere un Drago, dunque sarà la prima volta e forse ci vorrà molto tempo.
– Potremmo chiedere a Jethro. – Proposi io. – Lui è un Drago e sa volare.
– Certo che lo sa. – Affermò. – Tuttavia non credo che lui vorrà aiutarmi e Wren non glielo ordinerà per noi, loro sono qualcosa di diverso, qualcosa di completamente altro da ciò che siamo noi.
– Intendi dire che Wren è il Domatore di Jethro? Perché Jethro non dovrebbe volermi aiutare? E poi in cosa sarebbero diversi?
– Frena, frena, stai facendo molte domande. – Nowell ridacchiò. Mi arruffò i capelli e si sedette vicino ad una roccia. Mi misi vicino a lui. – Sì, Wren è il Domatore di Jethro, all'inizio loro erano esattamente come noi, Wren diceva il nome di Jethro e lui obbediva, ma poi qualcosa è cambiato tra loro.
– Si sono innamorati?
– Sì, si sono innamorati. L'amore tra un Domatore ed il proprio Drago è qualcosa di estremamente vietato nella nostra società, qualcosa di orribile, e così Wren e Jethro sono stati costretti a fuggire, a nascondersi qui. Inoltre, quando dico che loro sono totalmente altro da noi, parlo del fatto che Wren è un Doppio, un Doppio è un Domatore che sceglie di consacrarsi ad un unico Drago, di non avere più l'abilità di domare e dunque di avere al proprio servizio un solo Drago, il Drago Consacrato. Wren ha fatto questo “patto” con Jethro.
– Ma ad esempio Yorick è un Domatore ma non ha nessun Drago, è anche lui un Solitario?
– No, Yorick è anche lui un Doppio. – Alzai un sopracciglio.
– Ma il suo Drago non dovrebbe essere con lui? Quindi anche lui ha un Drago!
– No, Yorick è un Doppio, ma il suo Drago è morto, questo significa che lui oramai è un senza poteri, non può domare e non ha più nemmeno il suo Drago Consacrato, è quello che con disprezzo chiamano “Mezzo Morto”. – Sussultai.
– Tu l'hai chiamato così. – Gli feci notare.
– Sì ed è stato spregevole poiché un Domatore non si consacra ad un Drago se non lo ama con tutto se stesso. – Abbassai lo sguardo. Presi un respiro profondo.
– E perché Jethro non ci vuole aiutare? – Fu Nowell a sospirare davanti a questa domanda.
– Perché per lui è difficile acconsentire al fatto che un altro suo simile non possa più vivere libero, vivere come un Drago, ma debba essere condizionato e legato da un Domatore, in fondo Jethro odia tutti i Domatori.
– E Wren? – Domandai.
– È, in un certo senso e prendi le mie parole con le pinze, costretto ad amarla. – Eppure sapevo che non doveva essere così. – Non dico che una parte di lui non la ami veramente, ma sostengo anche che un angolo profondo della sua anima, quel Drago assopito da molti anni, in fondo, la odi con tutto se stesso. – Le mani di Nowell si strinsero alle mie. – Jethro è un Drago molto particolare, uno della Terra dei Vulcani, determinato, con un carattere molto irrequieto, per lui fu difficile cedere al dominio di un Domatore e la sua bellezza, realisticamente, lo condusse ad essere desiderato da molti, in molteplici modi, ma nessuno riuscì ad estorcergli il nome, solo Wren, solo lei era destinata a lui. Puoi comprendere da solo che non fu per lui esperienza positiva. Ciò che l'ha portato ad essere com'è è un cammino molto più doloroso di quanto lui sarà mai in grado di ammettere. Né io né Wren vorremmo renderlo partecipe dello stesso “crimine” a cui lui è stato sottoposto molte volte, per questo non ci aiuterà. – Annuii.
– Dunque è questo il motivo per cui era così arrabbiato con Yorick quando ci ha interrotti? – Domandai. Nowell fece sì con il capo. Sospirò.
– Comprendi che, per me che non ho mai avuto un Drago e nemmeno so come un anziano istruisce un giovane nel branco, è difficile riuscire ad aiutarti a prendere le tue sembianze, potrebbero volerci mesi, anni o potremmo non riuscirci mai. – Lo capivo e sinceramente non è che io fossi di maggiore aiuto.
– Dunque tu mi hai domato solo per proteggermi o avevi anche dei motivi tutti tuoi? – Questa domanda non fece molto piacere a Nowell, sembrò un po' preso sul personale ed allo stesso tempo abbastanza titubante sul rispondere.
– Non è corretto dire che io non abbia secondi fini, in effetti, ma non posso nemmeno affermare che ti abbia domato solo ed unicamente per essi. – Mi guardò. – Confesso che ho bisogno di un Drago. – Sospirò. – Certamente averti al mio fianco mi consentirà una certa “protezione”.
– Perché dovresti averne bisogno?
– Non godo tra gli altri Domatori né si rispetto né di buona fama, sono fuggito da Wren poiché il giorno in cui non sarei più stato invisibile è arrivato. – Iniziai a pensare.
– Devo quindi dedurre che sono stati altri Domatori a ferirti al fianco, giusto? – Annuì. – E questo è avvenuto poiché sei un Solitario? Stesso motivo per cui Yorick ti chiama “mostro”, giusto?
– No, non esattamente. Essere Solitario è di per sé un'onta molto grande, perfino insopportabile per la famiglia di un Domatore, ma io sono qualcosa di gran lunga peggiore. – Prese un profondo respiro. – Il mio occhio è la testimonianza di un peccato molto grave tra tutti i Domatori ed io sono lo sciagurato frutto di esso. Io sono il figlio di un Domatore e di un Drago. Sono per metà un Drago. – Come una lampadina mi si accese.
– Dunque è per questo che la tua ferita si è rimarginata, non c'entra nulla che tu sia un Solitario, è corretto? – Annuì. – Per questo Yorick ti ha definito “una disgrazia” e forse non era sicuro che tu fossi un Mezzo Drago fino al momento in cui ha visto il tuo occhio e così ci ha interrotti … – La mia eccitazione di comprendere svanì un po'. – Ma perché ci ha interrotti? Insomma, se non voleva che io fossi domato poteva farlo fin da subito, perché farlo dopo aver scoperto che tu sei un Mezzo Drago? – Ridacchiò.
– Non ti sfugge niente, devo ammetterlo. – Mi sorrise. – Perché un Mezzo Drago non è un Domatore e nemmeno un Drago, dunque comprendi che per me essere il tuo Domatore è qualcosa di innaturale poiché io ho dentro di me due nature contrastanti e nemiche e non posso scindere una e l'altra cosa. Per Yorick sarebbe stato molto più onorevole se io avessi semplicemente vissuto come un normale uomo. – Sorrideva come se mi stesse raccontando qualcosa di piacevole. Compresi per la prima volta che io non ero messo tanto male quanto lui.
– Perché Wren allora non la pensa allo stesso modo? – Scoppiò a ridere.
– Sei davvero acuto! – Mi guardò orgoglioso. – Di questo non devi far parola ad anima viva, nemmeno io potrei parlartene. – Cominciò facendo diventare la sua voce seria e triste. – Wren e Jethro avevano un figlio. La stanza dove noi dormiamo, quella con la porta azzurra, era la sua. Wren è rimasta incinta, fu in quel periodo che io e loro ci incontrammo. Mia madre era morta da qualche anno e Wren aveva cercato un Mezzo Drago ovunque, voleva sapere cosa sarebbe successo a suo figlio, fu così che mi trovò. Mi fece molte domande e poi mi disse dove abitava. Quando sono venuto a trovarla mesi dopo il figlio era già morto. Lei mi disse non era sopravvissuto. – Non capivo.
– Perché? – Nowell strinse le labbra addolorato.
– Vedi, un figlio di un Drago e di un Domatore può nascere in modo differente a seconda del modo in cui esso è concepito. Non so nemmeno io bene perché e di certo non avrei mai potuto immaginare, ma se il figlio viene concepito da due Doppi, così mi sembra di aver compreso, e dunque con la volontà del Drago, il figlio prenderà maggiormente le fattezze di un Drago, intendo dire che tra i due caratteri prevarrà quello del Drago e che dunque il bambino sarà in grado di vivere come uno di loro; mentre se il Drago non è consenziente, il bambino nascerà molto più simile ad un Domatore, cosa anche logica se ci si riflette. Tuttavia Wren mi disse che i figli nati da Doppi, come aveva potuto apprendere da molte coppie, essendo Draghi non riescono a sopravvivere alla loro parte da Domatore e muoiono durante i primi giorni di vita. Invece i figli con la maggior parte Domatore riescono a sottomettere la loro parte di Drago riuscendo quindi a sopravvivere più facilmente. Ne deduciamo che avere figli per un Domatore ed un Drago è una pratica a dir poco maledetta poiché se c'è amore sono destinati a non averne e se esso non c'è sarà più facile che ne abbiano. – La cosa mi terrorizzava non poco. Il fatto che lui parlasse di questo con così tanta naturalezza mi metteva i brividi, lui, in fondo lo sapeva bene, era un bambino nato dall'odio. – Il figlio di Wren è morto dopo alcuni giorni di vita e loro non hanno tentato di averne altri sapendo ormai per certo che è quasi impossibile. Tuttavia questo l'ha condotta ad avere nei miei confronti una certa simpatia. Puoi ben immaginare che in giro non ci sono molti Mezzi Draghi poiché è realistico pensare che i Domatori che odiano e sottomettono con violenza i propri Draghi sono gli stessi che credono che accoppiarsi con loro sia qualcosa di completamente orribile, disdicevole e schifoso. – Prese un bel respiro e mi sorrise ancora.
– È una storia orribile, Nowell, davvero terrificante. – Annuì consapevole ed amareggiato.
– Tutta la pratica di un Domatore è orribile se la si guarda con occhio critico, non credi? – Mi avvicinai a lui finché le nostre spalle non si incontrarono.
– Sono convinto che non tutti i Domatori la pratichino in modo orribile. – Mi avvicinò a sé e mi diede un bacio sulla fronte.
– Vedrai molte cose orribili da oggi in poi, molte compiute su quelli della tua specie, promettimi che non tenterai di impedirlo, promettimi che resterai al sicuro. – Lo guardai negli occhi, con quelli lui aveva visto gli orrori che mi raccontava.
– Te lo prometto. – Sorrise dolcemente.
– Bene. – Si alzò. – Credo di averti spiegato a sufficienza, mano a mano che andremo avanti continuerò a spiegarti ciò che non comprendi, quindi chiedimi tutto ciò che vuoi, ma ti chiedo di farlo in privato e non davanti a tutti, inoltre quando siamo davanti ad altre persone che non siano Wren, Yorick o Jethro, e soprattutto quando saranno altri Domatori, ti prego di comportarti sommessamente, non darmi del tu e non chiamarmi per nome, potrebbe costarci la vita. – Era come non poter chiamare padre un padre. Detto questo ci avviamo indietro. Avrei voluto stare da solo con lui ancora, ma non desideravo disturbarlo ulteriormente. Fargli una richiesta mi era sembrato improvvisamente qualcosa di così indelicato che non riuscii a fargliela. – Chiederò a Jethro di guardare la tua schiena, ti fa molto male?
– È un fastidio più che un vero e proprio dolore. – Risposi.
– Capisco, ma lasciagliela guardare lo stesso. – Annuii. Entrammo in casa e trovammo i tre in silenzio, come se attendessero qualcosa che doveva piovere dal cielo da un momento all'altro. – Wren, Nivek ha un fastidio alla schiena, posso chiedere a Jethro di guardarlo? – Domandò Nowell.
– Non c'è bisogno che lo chiedi a lei prima. – Borbottò il Drago. Lasciò lo straccio con cui asciugava i piatti e mi fece cenno di seguirlo attraverso la porta del corridoio. Stare con lui dopo tutto quello che scoprii mi faceva uno strano effetto. Nowell d'altro canto non mi accompagnò e così mi trovai ancora di più in imbarazzo. Entrammo nella camera dalla porta azzurra che improvvisamente aveva preso uno strano sapore triste, uno sconsolato colore opaco, perso nel tempo, mai realizzato e mi sembrava di vederli i visi di Wren e Jethro mentre felici dipingevano la porta di azzurro, consapevoli dei rischi, eppure ancora gioiosi della notizia, fiduciosi che a loro non sarebbe toccata la stessa sorte, un amore coronato, un futuro roseo ormai disegnato. E mi sembrava di vederli mentre sfregavano la schiena al loro bambino, nato da troppo poco per poter già essere morto, sfregavano ma non respirava, non stringeva il dito ed un colore azzurrino, odiato ed amato al tempo stesso, iniziava a colorargli il viso. E mi sembrava di vederli i loro visi mentre, passati ormai gli anni, guardavano ancora quella porta e quella stanza, chiudevano un sogno infranto troppo presto, si arrendevano per sempre al destino e vivevano soli nel buio della notte. E mi sembra di vederli, ancora innamorati, insieme, senza il coraggio di ridipingere una porta perché quello era un sogno troppo bello da dimenticare.
– Sdraiati. – Interruppe i miei pensieri la voce spezzata di Jethro. Trattenendo il nodo alla gola mi sdraiai affondando la faccia nel cuscino di Nowell che profumava ancora di pino. – Dove ti fa male? – Chiese mentre mi sollevava la maglia e le sue mani sfioravano la mia pelle.
– Sulle scapole e poi le spalle, ma è un fastidio, come un bruciore misto a prurito. – Dissi cercando di non sembrare triste.
La sua mano, senza errore, toccò proprio il punto che mi annoiava, corse su e giù, da una parte e dall'altra. – Da quanto ti danno fastidio?
– È cominciato dal giorno in cui Nowell mi ha domato. – Le sue mani tremarono e si sollevò.
– Resta sdraiato, vado a chiamare il tuo padrone. – Disse uscendo dalla porta. Tornò in un lampo con Nowell alle calcagna. Entrambi si misero ad osservare la mia schiena con fare non poco dubbioso. – Mai nella mia vita ho visto un Drago a cui è successa una cosa del genere.
– Non capisco cosa, in realtà, intendi dire che gli stia succedendo, Jethro. – Gli rispose incredibilmente calmo l'uomo dall'occhio giallo.
– Non vedi? – Sfiorò e premette il punto che mi bruciava facendomi quasi cacciare un urlo. – Questi sono tagli.
– Sì, magari si è graffiato. – Cercò di spiegare Nowell.
– No, non si è graffiato, la pelle viene verso l'esterno, è qualcosa da dentro che tenta di uscire, ora capisci cosa intendo? – Il Domatore allora si chinò su di me e sfiorò con aria assorta la mia schiena.
– Intendi dire che potrebbero essere dei tagli per le ali? – Sussultai e come una gioia mi percorse il cuore che cominciò a battere furioso. Nowell lo notò senza fatica. – Calma i tuoi spiriti, giovane Drago. – Mi disse ridacchiando.
– Sì, non vedo altra spiegazione. – Rispose allora Jethro. – Tuttavia nessun Drago ha tagli per ali, noi ci trasformiamo, deve senza dubbio essere discendente di una qualche specie estinta o non lo so, davvero, Nowell, ma potrebbero peggiorare, sanguinare perfino, non è realistico che delle ali di Drago escano da una schiena in forma umana senza versare una sola goccia di sangue, non credi? – L'uomo annuì convinto delle parole del Drago e mi abbassò la maglia.
– Capisco certo, ma un Drago dovrebbe riuscire a guarirsi in fretta gusto?
– Sì, giusto. – Rispose.
– Allora non credo che ci sarà alcun problema. – Concluse.
– Ma, Nowell, rispondimi sinceramente, cos'hai intenzione di fare, devi ripartire? – Il Domatore lo guardò.
– Sì, devo, altrimenti potrei mettervi in pericolo ed io non voglio assolutamente che tu e Wren paghiate per avermi aiutato. Mi sono già trattenuto fin troppo. – Mi sollevai.
– Dove andremo? – Chiesi.
– Non ho molte idee, ma c'è un posto dove potremmo andare per provare a volare. – Mi disse sorridente. Sollevai lo sguardo verso Jethro. Non volevo abbandonarli tutti, volentieri avrei seguito Nowell in capo al mondo, ma abbandonare tutti loro, abbandonare tutte quelle persone che mi avevano accettato così profondamente mi rendeva davvero triste. Erano i primi ad avermi amato e anche per Nowell, lo sapevo, era così.
– Wren non ti permetterà di partire da solo dopo quello che ti è successo. – Disse Jethro. – Era disperata, credeva le saresti morto tra le braccia, lo pensava davvero, non avrebbe mai potuto sopportarlo … non di nuovo. – La voce roca del Drago risvegliò il Domatore dai suoi pensieri ed il sorriso gli scivolò via dalle labbra. – Vorrà venire con te.
– Devi impedirglielo, Jethro.
– Non sono io il Domatore tra i due, lo sai. – Concluse dirigendosi verso la porta. – Per te sarà facile non considerare Wren niente di più che una buona vecchia amica, ma lei … – Sfiorò con le sue dita calde la tempera azzurra sbiadita. – … per lei sei molto di più. – Si guardarono. – Nostro figlio sarà anche morto, ma lui ci ha condotto a te. – Uscì dalla stanza richiudendo con cura la porta. Gli occhi lucidi di Nowell mi sfiorarono il cuore, sorrisi senza nemmeno accorgermi. Lui non sapeva di essere così amato e scoprirlo doveva averlo reso immensamente felice. Ero un po' invidioso di lui poiché aveva, sebbene non da sempre, ciò che io non avevo mai avuto e non avevo: una famiglia. È assurdo come questa parola sia adattabile a molte situazioni, per alcuni troppe, per altri ad alcune sbagliate, ma per un figlio che mai è stato amato, che è orfano d'affetto, privo di infanzia, per un figlio così non è mai usata abbastanza. Nowell ed io eravamo simili ed entrambi sapevamo che essere amati non è qualcosa che va dato per scontato, ma è un dono, un dono che va custodito, che va apprezzato, che va, senza alcun dubbio, ricambiato e rispettato. Gli occhi lucidi di Nowell si strinsero tra le sue mani ed il suo cuore che batteva furioso. E mi sembrava di vederli mentre soli Wren e Jethro trovavano nel viso di un uomo il fantasma di un figlio, quel sogno così impossibile e così desiderato, quell'amore che credevano di aver perso, quella vita che credevano li fosse stata rubata, quel destino a cui credevano di appartenere. E mi sembrava di vederli di nuovo felici.
 
Come Jethro aveva predetto Wren si oppose categoricamente alla partenza solitaria di me e Nowell, tuttavia non fu l'unica, anche Yorick non sembrava dell'idea di lasciarmi partire con quel “mostro” senza scortarci da molto vicino. La casa, dunque, sarebbe, senza alcun dubbio ormai, rimasta disabitata. Io ero felice che loro venissero, Nowell invece non molto, potevo capirlo dal suo sguardo crucciato e dai suoi sbuffi, insomma era molto seccato e la cosa non poteva evitare di divertirmi. – Ehi, soffio di fumo, perché non mi aiuti a stendere questo bucato? – Wren aveva preso l'abitudine di chiamarmi in quel bizzarro modo, mi metteva una tale tenerezza che credevo di impazzire dalla gioia. Era un soprannome ben poco virile o minaccioso, più da bambino, ma nessuno nella mia infanzia mi aveva mai chiamato così e dunque non mi dava alcun fastidio. La seguii fuori, in giardino, dove avevamo teso dei fili per appendere le coperte e le camicie che avremmo portato in viaggio. Wren stava preparando ogni cosa in modo molto meticoloso, sembrava molto esperta in materia, dovevano aver viaggiato molto prima di fermarsi. Nelle mie riflessioni successive arrivai alla conclusione che tuttavia non dovevano aver camminato molto visto che Jethro sapeva volare. Chiesi anche a Nowell perché non ci portasse lui velocemente a destinazione e mi venne così spiegato che su un Drago ci può salire solo il Domatore, è irrispettoso che altri lo facciano. Nei panni di Jethro non avrei avuto nessun problema a far salire qualcun altro sulla mia schiena, o forse era solo la pigrizia che parlava.
– Soffio di fumo, ti secca chiamarmi Jethro? – Disse Wren tendendo le mani nel tentativo di far passare una coperta pesante dall'altra parte del filo, la donna in effetti non era molto alta. La aiutai e poi entrai in casa per chiamare il Drago. Lui uscii abbandonando quello che stava facendo. Nowell e Yorick erano seduti al tavolo in religioso silenzio, contemplavano con sguardo mistico una carta disegnata. Pensai fosse solo un ammasso di linee e simboli gettati a caso su un foglio. Mi avvicinai.
– Che cosa fate? – Chiesi interrompendo la pace.
– Decidiamo da che parte andare. – Rispose Nowell rigirandosi le parole in bocca come fossero un boccone amaro da ingoiare.
– E dove andiamo? – Domandai senza paura di sembrare petulante.
– A sud. – Disse secco lui.
– Secondo me è meglio se prima andiamo ad ovest e poi a sud. – Intervenne allora il Cacciatore.
– Ma così allungheremo inutilmente la strada, come puoi non capire un concetto così semplice?
– Hai due Doppi al seguito, tu sei un Mezzo Drago ed un Solitario per giunta, il tuo Drago un Indomabile e vuoi passare a sud attraverso tutte queste città? O sei pazzo o cerchi la morte.
– Sì, ma se facciamo il giro avremmo più probabilità di trovare Cacciatori, o Domatori, quindi il rischio sarebbe uguale, ma in minor tempo riusciremo ad arrivare a destinazione meno rischi correremo.
– È stupido ciò che dici, bisogna calcolare il luogo ed il numero degli abitanti, il numero! – Scandì con cura Yorick.
– Sei tu che sei ottuso! Devi pensare alla tipologia degli abitanti, alla tipologia! – Comprendevo da me che tutto ciò che ero riuscito a fare con la mia lingua lunga era attizzare di più il fuoco, non proprio ciò che avrei desiderato. Quei due non si sopportavano proprio. Mi dileguai senza troppi rimpianti e tornai fuori alla calma di Wren che stendeva i panni bagnati.
– Dov'è andato Jethro? – Le chiesi poco memore della confusione da me prodotta con le mie domande.
– L'ho mandato a prendere dell'acqua. – Disse tirando sul filo una camicia bianca. – Tornerà tra qualche istante, non preoccupati. – La guardai e lei ricambiò. Mi sorrise. – Sai, soffio di fumo, hai proprio un bel viso ed anche una bella voce. – Tornò a stendere dopo essere riuscita a mettermi in imbarazzo. Canticchiò per qualche istante poi sussultò ricordandosi di qualcosa. – Nowell e Yorick cosa fanno? – Mi chiese apprensiva.
– Litigano se andare da sud o prima da ovest. – Risposi sollevandomi dall'erba. Wren annuì più tranquilla. Mi avvicinai a lei e cominciai ad aiutarla sul serio. In realtà volevo parlarle, c'erano alcune cose che mi ronzavano per la testa e Nowell non avrebbe saputo azzittirle. – Signora, posso farle una domanda? – Annuì. – Cosa è successo al Drago di Yorick? – Domandai.
Le caddero di mano dei pantaloni. Ridacchiando si affrettò a raccoglierli. Poi, capendo che non avrei fatto finta di non averglielo mai chiesto, sospirò. – Non parlare mai a Yorick di questa storia, non chiedergli mai nulla sul suo Drago, promettimelo. – La guardai fissa nei suoi occhi severi, era un ordine dato da un Domatore ad un Drago, non era qualcosa di facoltativo, dovevo prometterglielo. Feci sì con la testa assicurandole la mia parola. – Non si può parlare di cosa successe, è troppo terribile. – Mi mise una mano sulla spalla e sorrise forzatamente. – Se ci fosse una punizione per i malvagi, soffio di fumo, quell'uomo dovrebbe riceverne almeno mille prima di ripagare il suo debito con Yorick. Ciò che è più terribile non è perdere tutto ciò che ami, ma sapere che qualcuno l'ha rovinato per sempre e solo poi te l'ha portato via. – Strinse le labbra furiosa. – Ricordati la tua promessa. – Mormorò tornando a stendere i panni e poi non aggiunse altro. Sebbene Wren mi avesse detto chiaramente che non era un argomento di cui si poteva parlare, io diventai ancora più curioso in merito, mi interessava sapere che genere di Drago fosse così compatibile con Yorick da spingerlo a consacrarsi a lui. Non pensavo che quell'uomo dal viso sfregiato fosse in grado di provare un amore così grande.
Jethro tornò con due anfore piene di acqua. Vicino a casa di Wren scorreva un piccolo fiumiciattolo, era abbastanza pulito e l'acqua era potabile. Tutto il territorio circostante la casa era umido e freddo, il cielo era sempre coperto ed il sole colpiva poco il viso. Forse quel posto aveva ingrigito i volti dei due amanti, sembravano vecchi, più di quanto credevo fossero, ma da quando si parlava di partire, cambiare casa, erano diventati più gioiosi, rinati quasi. Allontanarsi forse dal fantasma di una vita felice scivolato in un'orrenda costrizione li aveva resi più energici, memori forse del loro passato ardore. Nessuno aveva ben capito da chi stessimo andando, Nowell si era limitato a dire che era un suo amico, uno con molti Draghi e che sicuramente doveva conoscere il modo per farmi imparare a volare. Avevo timore di incontrare un altro Domatore, poiché sapevo ormai per certo che non tutti erano buoni. Però, riflettendoci più attentamente, mi sentivo di nuovo al sicuro, Nowell non avrebbe permesso che qualcosa mi facesse del male e così anche Yorick.
– Entro a vedere di mettere pace tra i due litiganti … finite voi. – Disse la donna lasciando a me e Jethro il cesto e prendendo un grosso respiro. Guardò il cielo e poi tornò dentro. Noi due restammo da soli, ciò non mi rendeva felice. Lui, senza prestarmi molta attenzione, prese a fare il lavoro lasciato incompiuto da Wren ed io decisi, più per solidarietà che per voglia, di aiutarlo.
– Come ti senti? La tua schiena va meglio? – Chiese senza lasciarmi in dovere di cominciare una conversazione.
– Sto bene, i tagli sono completamente spariti. – Non rispose immediatamente così il silenzio ebbe modo di avvolgerci e si sentiva solo il frusciare dei vestiti al vento.
– Non credo che sia stato un male di passaggio, ragazzo, penso che tu sia diverso da qualsiasi Drago io abbia mai incontrato. – Sorrisi quasi compiaciuto. – Ma io non ne sarei molto felice. – Mi freddò lui. Lo guardai stupito. – Ciò che è come non dovrebbe essere è sempre un male. – Abbassò lo sguardo. Sospirò. – Guarda me e Wren, Yorick o Nowell, siamo tutti nati sbagliati, tutti diversi, abbiamo fatto cose che non avremmo dovuto fare ed ora siamo qui con niente di più che un pugno di erba o sassi, o perfino nulla. – Stese una camicia sul filo e la stoffa si lamentò del freddo. – Pensi che Nowell sia solo un bravo ragazzo che ha avuto un avverso destino? Pensi che lui sia affezionato a te? Capisco ciò che provi, lo provavo anche io. Tuttavia, per cosa noi possiamo credere che i Domatori siano, rimangono, e questo non cambierà mai, i nostri padroni. Perfino io, io che amo e sono amato, se Wren mi ordinasse di fare qualsivoglia cosa contro i miei desideri non potrei fare altro se non obbedirle. – Le sue mani umide per i vestiti bagnati si strinsero illuminate dal sole. – Nowell è molto più che un bravo ragazzo, so cosa il suo animo è in grado di fare, cosa i Draghi compiono per lui, per avere soltanto un suo sguardo, credi di comprendere cosa ti sto dicendo?
– Jethro, non capisco. – Si avvicinò veloce e mi afferrò un polso. Portò la mia mano vicino al suo petto e mi guardò fisso negli occhi.
– Ho cantato per te, giovane Drago, ti ho reso onore, ma la strada verso la tua morte è molto lunga, un profondo limbo ti separa dalla via. Il tuo padrone è tutto ciò che dovresti temere a questo mondo, il collare si stringerà, le corde ti lacereranno i polsi e tutto ciò per cui credevi di essere nato svanirà. Ormai non sei più nulla, tutto ciò che diventerai sarà Nowell a sceglierlo. – Jethro aveva un corpo freddo, quasi mortale, sebbene le sue mani fossero così calde. Il suo petto era sordo, cupo, e, credendo di sbagliarmi, non sentivo alcun rumore. – Il desiderio crescerà anche in te, come tutti i Draghi che ti hanno preceduto, anche tu arriverai a volerlo, anche tu … – Le parole gli si fermarono tra le labbra e con gli occhi persi non riuscì a proseguire. Il suo sguardo triste poi si rivolse al cielo. – Buffo, non credi? Credevamo di essere nati liberi, invece … – Disse quasi divertito dalle sue stesse parole.
– Jethro, sei freddo … – Mormorai ed i suoi occhi tornarono a me.
– A cosa serve il calore se mai più sarai solo? – Mi abbracciò lasciando la mia mano a stretto contatto con lui e capii che non sbagliavo, capii che il petto di Jethro non aveva suono. Un brivido mi percorse la schiena, la mia mano tremò e non volli sentire, credere, non volli aver mai visto il viso di Jethro. – Nowell non te ne avrà parlato immagino, eh? Non ti ha detto cosa implica essere Consacrato ad un Domatore, non ti avrà detto come i suoi Draghi si sono uccisi nel disperato tentativo di donargli la loro anima, il loro stesso io più profondo. Non ti avrà detto che loro … – E le parole gli si fermarono in gola, dure, un macigno impossibile da ingoiare di nuovo. Mi lasciò andare e mi guardò negli occhi. I suoi lunghi capelli striati di bianco mi commossero. – Non … non dire che te ne ho parlato … – Mormorò più spaventato di quanto credetti lui sarebbe mai potuto essere. – Non … non potevo farlo … – Concluse quasi senza voce. Le sue mani tremanti lasciarono le mie spalle e si rimise a stendere con la mente rivolta verso un orrendo futuro se qualcuno l'avesse scoperto. Io, dal canto mio, non ne avrei fatta parola con nessuno, così tanta paura avevo che quei racconti, quelle incerte suggestioni, diventassero l'orrenda parte di una terrificante verità.
– Non lo dirò a nessuno. – Dissi e continuai ad aiutarlo. Lui sospirò pieno di rimorso.
– Avrei dato la mia vita per salvarti da questo destino, giovane Drago, ma nemmeno quello sarebbe bastato. – Concluse con voce sicura, quasi svanito era quell'uomo timoroso che poco prima mi aveva supplicato. È difficile dover scegliere tra il proprio cuore e la propria mente, quale dei due far parlare e quale dei due tenere in silenzio.
– Sono felice, Jethro, che lo vivrò accanto a te. – Risposi cercando di sembrare il più calmo possibile. – Sento che non avrò paura se tu sarai lì ad aspettarmi. – Lui sorrise amaramente. – Jethro, tu eri amato al tuo villaggio, giusto? – Sussultò ed annuii veloce. – Nessun Drago si è mai comportato con me in modo leale, fin da quando sono nato. Tu sei il primo che è sincero. – Ridacchiò.
– È semplice: nessun Drago sarebbe leale con un Domato, con uno come noi, con qualcuno così debole da permettere ad un Domatore di tenere in scacco la sua vita, perché non dovrei esserlo con te? – Sospirò. – Ero molto amato tra la mia gente, ma questo non mi ha dato la forza che sarebbe stata necessaria. – Sorrisi.
– Non parlavo di forza, dico che quando si è amati è difficile non esserlo più, ma quando, come me, non si è mai stati amati, non costa molta fatica continuare a non esserlo. – Stesi una coperta. – Nowell, per quanto lui possa essere stato crudele o impietoso, comprende perfettamente cosa si prova ed essere ai margini della società che dovrebbe accettarti. – Jethro sorrise sollevando il cesto vuoto.
– Credo di capire le tue parole, giovane Drago, e vorrei che il mondo fosse così semplice. – Forse aveva ragione, le mie potevano essere le idee di un ragazzino che mai aveva avuto attenzioni. La mia poteva essere una stupida pretesa di importanza nel cuore di qualcuno che in realtà mi calcolava ben poco. Poteva avere ragione, ma, così pensai, dopo tutti quegli anni mi sarebbe bastata perfino la speranza. Mi era sufficiente credere di essere amato da qualcuno, sebbene per poco, proprio come era avvenuto con Elmer, del quale mi bastava quella falsa amicizia che era riuscito a propinarmi fino all'ultimo. Mi era sufficiente. Ero felice così poiché nella mia vita con difficoltà avrei trovato di meglio. 

Lasciare la casa di Wren sembra una scelta obbligata per riuscire a volare. Nivek ora sa di più sul mondo dei Domatori e si è dunque ritrovato in qualcosa di complesso e, spesso, terribile senza rendersene conto. Cosa vorrà Nowell davvero da lui?
Grazie per seguire la storia!
Iwon Lyme

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Capitolo 8
*** Il Silenzio del Drago - Parte VIII ***


Ecco l'ottavo capitolo della prima parte. I nostri personaggi sono in viaggio, per dove e per incontrare chi sarà presto scoperto.
 
Il Silenzio del Drago - Parte VIII

Eravamo in viaggio ormai da una settimana. Alla fine, dopo l'intervento di Wren, Nowell pensò fosse meglio cedere piuttosto che inimicarsi ancora di più il Cacciatore, così avevamo deciso di andare ad ovest e solo poi dirigerci a sud. Erano di buona compagnia, tutti loro, ma inspiegabilmente si venne a creare una sorta di rottura. Nowell preferiva stare in disparte, forse troppo oppresso dalle molte voci che lo circondavano. Non riuscendo ad inserirsi restava in silenzio con lo sguardo assorto nelle nuvole del cielo, oppure, stuzzicato da Wren, mostrava un viso seccato, oppure ancora parlava con me per un breve lasso di tempo, io che invece, aiutato forse dalla giovane età, mi divertivo in mezzo ad una compagnia così vivace.
Wren e Yorick erano i due principali fautori di chiacchiere, ridevano e scherzavano insieme, così avevo scoperto che i due erano amici fin dall'infanzia. Lei era più giovane di lui di tre anni ed erano cresciuti insieme. Non parlavano del loro villaggio o della loro gente, ma ridevano ripensando a certe esperienze che tutti fanno da bambini e la cosa non poteva far altro se non intenerirmi. “Quella volta che Yorick cadde nel fiume …” così cominciò Wren una volta. “Il giorno in cui Wren si ferì al ginocchio …” ribatteva poi Yorick. I racconti erano molto spassosi, ma sembravano come ritagli di una vita che entrambi avevano smesso di vivere da molto tempo, come una storia che era stata loro raccontata. Mi chiedevo cosa avesse potuto portare due bambini con un'infanzia così comune ad avere un destino così distante. I momenti in cui entrambi raccontavano erano i migliori, ma poi una sera Wren cominciò “Quella volta che Yorick andò nel bosco …” ed il Cacciatore la fermò. Con lo sguardo intristito si allontanò dal gruppo pronto ad ascoltare. Così smisero di raccontare ed il tempo cominciò a scorrere più lentamente. Senza le loro storie a tenerci compagnia le sere diventarono solo un parlare vacuo e poco interessante.
La risata di Wren era contagiosa, quasi impossibile da non sentire, i suoi occhi si stringevano come fessure, le sue guance diventavano rosee e tonde e le labbra si allungavano tanto da mostrare tutti i denti. Rideva così divertita che non potevi credere fosse mai stata infelice. Portato forse dall'ultima conversazione con Jethro a notare i suoi comportamenti dolci nei confronti di Nowell, la seguivo spesso con lo sguardo e capii che il Drago aveva proprio ragione. Lei rideva così felice quando era in compagnia del Solitario, così tanto che coinvolgeva tutti. Perfino il giorno in cui eravamo partiti dalla casa cinta dalla staccionata malandata, perfino quel giorno non era riuscita ad essere triste.
Ricordo che mi trovavo nel giardino quando finalmente avevamo raccolto ogni cosa per partire. Wren aveva indossato dei pantaloni che aveva poi infilato nei suoi stivali neri lucidi, portava una mano alla bocca per coprirsi mentre rideva con Yorick riguardo a qualcosa di così fragile che non ne ho alcuna memoria. Io, non notando Jethro, sotto richiesta di Nowell, lo andai a chiamare. Solcai ancora la soglia della casa e, vedendola spoglia, così scura con tutte le finestre chiuse e sbarrate mi si strinse il cuore, era come scappare di nuovo. Sospirando mi diressi verso il corridoio delle camere. Passata la porta notai subito il Drago. Era in piedi, davanti alla porta azzurra scolorita e teneva il palmo ben steso su di essa, la guardava con uno sguardo che credo sarà per me impossibile dimenticare. Avvertivo la mancanza, la tristezza ed il rimorso, ma più di tutti la gioia, quella gioia che ancora sfiorava le labbra di Jethro mentre ripensava alla prima volta che aveva stretto tra le mani suo figlio, che l'aveva baciato, che aveva pensato finalmente di avere un luogo, un posto tutto suo, un amore che fosse diverso da quello che provava per Wren, che fosse reale, vero, e impossibile da definire altro. Nella semioscurità il Drago ferito sfiorava la lama che l'aveva pugnalato molte volte, agonizzante ricordava i bei momenti in cui l'aveva impugnata credendo potesse conquistare il mondo intero. Non potevo dire una sola parola, avrei voluto lui vivesse in quel sogno per sempre anche se avesse significato morire. E poi le risate di Wren entrarono dirompenti nella casa, percorsero la cucina e giunsero alle orecchie del corridoio. Jethro sollevò lo sguardo e mi vide. Seppi che il sogno era di nuovo finito. La mano lenta scivolò dito dopo dito via dal legno morbido e giovane, tirò indietro i capelli striati di bianco e poi si strinse sullo zaino. – Partiamo? – Domandò. Annuii. Abbassando lo sguardo venne verso di me. Passò la soglia e lo vidi uscire nel mattino incontrando la voce della sua amata. I miei occhi corsero ancora alla porta azzurra, era lì, ferma, ancora aperta …
– A cosa pensi? – Mi chiese Nowell che camminava vicino a me passati ormai giorni da quel ricordo.
– A nulla. – Risposi mentendo. La benda era tornata a coprirgli l'occhio che ci accomunava e che mi era così caro.
– Va bene … – Sussurrò. Eravamo gli ultimi, Wren e Yorick erano i primi, Jethro restava in mezzo, spostato verso la sinistra. – Ti piace Yorick? – Domandò il Solitario ad un tratto. Lo guardai.
– Yorick si è occupato di me, non mi ha venduto ad un macello seppur questo gli convenisse, credo che si meriti il mio rispetto e la mia simpatia. – Annuì.
– Sì, non dico il contrario, ma lui non mi convince … qualcosa lo condiziona … – Ero confuso.
– Cosa lo condiziona?
– Non so, davvero, ma penso che lui per te sia esageratamente protettivo soprattutto dopo che io … – Non concluse la frase, così non disse nuovamente la parola “domato” che sembrava ritenere molto irrispettosa. – Non mi piace. – Concluse.
– Io apprezzo il suo modo di fare. – Ribattei io e lui sicuramente mi avrebbe risposto se Wren non fosse corsa in direzione di Jethro ed insieme non si fossero nascosti tra gli alberi restando in silenzio. Il posto in cui ci trovavamo, passata la palude pianeggiante, era un insieme di boschi, tutti pieni di foglie autunnali e dal terreno frusciante, uno spettacolo molto più bello ed altrettanto utile per nascondersi. Yorick si avvicinò a noi.
– Domatori. – Sussurrò piano tanto che credetti di essermelo immaginato.
– Cosa facciamo? – Domandò Nowell cancellando i miei dubbi.
– Gli parliamo mentre Wren e Jethro li raggirano, se vedono due Doppi potrebbero ucciderli. – Concluse. Certo, mentre per il Cacciatore non ci sarebbe stato nessun problema una volta rivelata la sua professione e per me e Nowell nemmeno visto che eravamo una comune coppia di Domatore e Drago, per gli altri nostri due compagni non era lo stesso, loro erano in pericolo di vita.
– Devi stare calmo, non dire una parola, non far sembrare loro che siamo in confidenza. – Mi sussurrò il Solitario mentre ci dirigevamo nella direzione degli altri Domatori. Se avessero visto il nostro gruppo raggirarli saremmo finiti tutti nei guai, ma se invece noi li avessimo distratti forse non avrebbero notato Jethro in compagnia di Wren. Ero molto teso, era la prima volta che vedevo un altro Domatore con altri Draghi al suo servizio. Oltrepassammo gli alberi da cui la donna era fuggita e ci trovammo davanti due Domatori con cinque Draghi tutti in forma umana, uno di quelli, lo riconoscevo dalla corporatura esile, era della stessa razza di quelli che aveva venduto Yorick.
– Buongiorno. – Li salutò allegro il Cacciatore. Entrambi si voltarono e vedendolo non lo salutarono. Poi si rivolsero a Nowell e, accorgendosi che era in compagnia di un Drago, divennero subito più disponibili.
– Buongiorno. – Rispose quello più anziano. – In viaggio?
– Sì, andiamo a sud. – Gli rispose ancora Yorick.
– Fate riposare l'animale? – Chiese sgarbato il giovane.
– No, in realtà il mio Drago si è rotto un'ala dall'ultimo volo, andiamo a piedi da un medico di mia fiducia. – Rispose il Solitario.
– Sì, è una seccatura quando capita … – Borbottò il vecchio. – Ho dovuto sopprimerne parecchi per una sciagura del genere. Ma perché non siete su un altro Drago? – Yorick scoppiò fulmineamente in una forte risata.
– Non vale la pena far affaticare un altro Drago per portare questo dal medico, e poi vengono impiegati in altro, dovrei perdere il guadagno di due invece che perdere quello di uno solo? – Spiegò Nowell. Ero stupito da come riuscissero ad inventare frottole così convincenti.
Il giovane Domatore mi stava fissando da qualche minuto, così anche due dei Draghi, avevo la netta sensazione che qualcosa sarebbe andato storto. – E che Drago è? – Sbottò lui ad un punto. L'anziano, che doveva non aver prestato molta attenzione a me, si interessò improvvisamente.
– In effetti, signori, è molto bello questo esemplare.
– Sì, certo che lo è, sennò perché portarlo da un medico? Più comodo sarebbe stato ucciderlo. – Rispose il Cacciatore e tutti e due ne furono persuasi.
– Di che razza è? – Domandò il giovane ancora più sprezzante.
– Un meticcio. – Rispose semplicemente il Solitario. – Inoltre gradirei smettesse di fissarlo in quel modo, mi dà molto fastidio. – Lo freddò.
– Sì, sì, è scortese, figliolo. – Lo rimproverò anche il vecchio che, dunque, era suo padre. Il Domatore allora smise di osservarmi e, per ripicca, schiaffeggiò violentemente i Draghi che mi guardavano. – Ma un meticcio di che razze? – Aggiunse ancora l'anziano.
– Oh, signore, non vorrete fare troppe domande, il Domatore è molto geloso, questo Drago glielo invidiano tutti e ha paura che possano rubarglielo, non vorrete di certo dare cattiva impressione. – Gli rispose Yorick veloce prima che lo facesse Nowell.
– No, no, non era certo mia intenzione, è vero, mi scusi, faccia finta che non abbia detto nulla. – Disse allora l'uomo sorridendo al mio padrone.
– Sono felice che abbiate capito, scusate la mia apprensione. – Gli rispose allora lui.
– Beh, per noi è giunto il momento di rimetterci in marcia, vi salutiamo. – Tagliò corto il Cacciatore.
– Certo, certo, andate pure. – Si scambiarono tutti un inchino, che io fui costretto a fare molto più profondo, poi ripartimmo di nuovo attraverso gli alberi. Sentivo con chiarezza gli occhi del giovane Domatore seguirmi tra i tronchi, viscidi e pieni di uno scuro e orrendo desiderio. Non dissi una parola per molti e molti passi fino a quando non fui assolutamente sicuro che loro non mi sentissero.
– Dite che ce l'hanno fatta? – Domandai poi a voce così bassa che credevo non mi avessero sentito.
– Sì, vedrai … – Sussurrò Nowell in risposta. Si voltò e mi sorrise. Sembrava essere andato tutto bene, eravamo riusciti a sviare quei due Domatori dai nostri amici, ma senza dubbio non sarebbe stato semplice continuare il viaggio, ci sarebbero sicuramente stati altri indesiderati incontri.
Dopo quasi un'ora di cammino Wren e Jethro si riunirono a noi e tutto tornò come prima, Wren rideva con Yorick e Jethro se ne stava in disparte, sulla sinistra, mentre io e Nowell chiudevamo il gruppo. Tuttavia in me qualcosa era cambiato, l'inquietudine che mi avevano lasciato addosso gli occhi di quel Domatore avidi del mio essere era ormai stampata a fuoco nella mia mente, avevo paura di poterli incontrare ad ogni angolo, ma soprattutto che tutti i miei futuri incontri sarebbero stati così funesti. – Pensi a quel Domatore? – Mi chiese il Solitario riuscendo ancora una volta a comprendere i miei pensieri. Annuii senza riuscire a mentirgli. – Non dovresti, è molto indelicato nei miei confronti, non credi?
– Non sto certo pensando che lo vorrei come Domatore, tutt'altro … – Risposi sospirando.
– Allora non vedo perché tu debba pensarci, lui non avrà mai nulla da te. – Mi voltai verso di lui. – Questo può fare il potere che ho su di te, giovane Drago. – Concluse posandomi una mano sulla spalla. – Se tu puoi proteggermi dai Draghi, io sono in grado di proteggerti dagli altri Domatori. È sciocco temere chi non ti può causare del male. – Sorrisi forzatamente per dar impressione che avessi capito pur sapendo che il mio Domatore era molto acuto quando si parlava dei miei sentimenti. – Persuaditi, è come dico. – Mi diede una pacca sulla spalla e poi la voce di Wren lo chiamò. Abbandonò il mio fianco avanzando verso la donna, mentre Yorick si spostò indietro. La cosa sembrò tanto casuale da farmi credere l'avessero programmata.
L'uomo, abituato a viaggiare, portava con disinvoltura lo zaino che per i primi giorni mi era sembrato pesante, guardando avanti a sé teneva le mani nelle tasche dei pantaloni rattoppati ed i suoi lunghi capelli biondi, spenti dall'età, gli scivolavano sulle spalle arruffati e disordinati. Il suo viso gentile era scavato dalla cicatrice, come un orrendo monito, qualcosa che diceva senza parlare della quasi morte sfiorata, del dolore provocato dalla separazione più profonda. Pensai, senza farne mistero, che quella ferita non fosse solo simbolo di una battaglia vinta, ma più verosimilmente di qualcosa perso per sempre. Come la bellezza scivola via ora dopo ora dalle dita del giovane, così Yorick credevo avesse perso la sua anima gemella e con essa ogni altra cosa. Fantasticavo su come fosse morto il suo Drago, su quanto lui avesse potuto soffrire, piangere e voler morire. Lo vedevo mentre si sfregiava il viso per il dolore, mentre urlava a squarcia gola l'amore portato via per sempre, il dolce viso dell'amico più caro scomparso nel reale mondo che cade. Mezzo Morto. Quelle due parole sfioravano i miei pensieri e nel vedere la sua espressione sempre crucciata, le sue spalle curve al soffiare del vento non potevo non pensare alla vita che aveva vissuto, a quando cavalcava le nuvole, a quando rideva con il viso sfiorato dall'aria alta del cielo, a quando niente tirava il suo viso in quella posa truce. Anche Yorick era stato giovane e bello come me e come Nowell, anche lui aveva avuto il suo Drago, si era innamorato, l'aveva custodito come si può fare con le cose più preziose, eppure era lì, camminava al mio fianco con la sommessa promessa di non abbandonarmi, di non lasciarmi, forse, pensai, con la paura di tornare solo. Mi chiesi se somigliassi al suo Drago e se quello fosse il motivo del suo interessamento, però non ebbi mai il coraggio di chiederglielo, sapevo era proibito. Sapevo che la bellezza abbandona i giovani lentamente ma perdere l'amore, vedendo Yorick lo si comprendeva bene, sfregia il cuore così irrimediabilmente che si diventa orrendi e tristi senza nemmeno giungere al tramonto.
– Non devi fidarti di quell'uomo, giovane Drago. – Disse secco il Cacciatore ridestandomi e sconvolgendo i miei pensieri. La sua voce cupa e roca mi ricordò quella che aveva usato per dirmi la mia triste sorte quella lontana, ormai, notte. – Ha qualcosa in mente … – Sussurrò osservando le spalle di Nowell come se lì potesse leggere il futuro.
– Lui dice lo stesso di te. – Lo informai senza farmi sfuggire una risata. Lui ne sembrò stupito.
– E cosa avrei in mente secondo lui? – Chiese irritato.
– Dice quello che diresti tu se io ti chiedessi cosa credi abbia lui in mente. – Risposi convinto che non fallivo. – Dice che non lo sa. – Storse la bocca visibilmente seccato dalla mia perspicacia.
– Sì, eh … – Affondò di più le mani nelle tasche. – Dunque ci sospettiamo a vicenda di qualcosa che sfugge ad entrambi, sembra una barzelletta.
– Credo che voi dovreste solo provare ad andare d'accordo. – Il Cacciatore grugnì.
– Lui è un Mezzo Drago. – Ricordò a se stesso con un moto d'ira.
– Sì, in effetti lo è. – Aggiunsi io molto seccato dalla sua infantilità. – Potremmo dire che è il figlio di un Domatore e di un Drago, essendo amico di Wren e Jethro questo dovresti poterlo accettare, non credi? – Grugnì di nuovo.
– Sì … – Borbottò ancora poco convinto. Prese un profondo respiro. – Ma sia chiaro, giovane Drago, niente, e dico niente, potrà mai convincermi che lui è qualcosa di giusto e corretto. – Si passò una mano tra i capelli. – Solo un pazzo finirebbe per innamorarsi di un Drago e questo è di per sé scandaloso, ma che un uomo violenti per diletto uno dei propri animali, consentimi il termine perché è questo quello che userebbe chiunque possa essere il padre di quell'uomo, questo credo che sia il crimine più disgustoso che possa esistere. Umiliare in modo così profondo qualcosa che hai già sotto il tuo più completo controllo è spregevole … l'assurdo di tutto questo è che loro alla fine sono perfino contente … – Tenevo lo sguardo basso poiché non riuscivo a guardarlo in viso.
– Hai ragione, Yorick, è spregevole, ma che colpa ha Nowell dei crimini e delle oscenità compiute da suo padre? – Sapevo bene cosa volesse dire “pagare per i debiti dei propri genitori” e mi deludeva che il Cacciatore addossasse sul Solitario quella colpa a lui così estranea. – Cosa lo rende sbagliato se non la scelta compiuta da un altro? Allora perché discriminarlo per questo? – Yorick mi guardava senza riuscire a trovare una risposta ragionevole e che allo stesso tempo difendesse la sua opinione, così alla fine sospirò di nuovo ed annuì arrendendosi.
– Quel ragazzo non ha fatto nulla di male, giovane Drago, sono d'accordo con te, ma crescere in una realtà così corrotta, credimi, non può lasciare completamente illesi. – Mi rivolse uno sguardo triste stringendo le labbra tra loro. – Tu guardati da lui e promettimi che farai attenzione. – Serrò le mani dentro le tasche. – Anche se ormai qualunque cosa lui ti ordini tu non puoi più negarti. – Yorick aveva ragione, aveva centrato il punto: io non avevo più alcuna scelta.
Tuttavia avevo in Nowell una fiducia, si può dire, quasi cieca. Non lo conoscevo così a fondo da poter dire cosa avesse in mente, quali fossero i suoi piani, da chi volesse protezione o qualsiasi altra domanda troppo personale, poiché in fondo lui non si fidava ancora così tanto di me, però mi ero affidato a lui e ne ero ancora convinto. Lui, per una strana coincidenza di sentimenti e situazioni, era diventato importante per me, unico e non solamente il mio tirannico Domatore. Credevo, all'epoca così come ora, che possedere qualcosa di caro ti dà la forza e la facoltà di fidarti del tuo istinto, di continuare a procedere per una strada, sebbene ignota ed accidentata, con la stessa convinzione che da solo avresti avuto solo se avessi posseduto la mappa precisa di essa.
Yorick forse non voleva ricordare i tempi in cui cavalcava le nuvole in groppa al suo Drago, in cui si affidava completamente a quel suo “animale” ed era felice, sicuro del proprio destino senza in realtà conoscere molto più di quel che conoscevo io allora. Yorick forse aveva paura del futuro poiché prima di allora gli aveva sempre custodito solo cattive sorprese. Eppure perdere qualcuno di insostituibile era un dolore che conosceva perfettamente, ed io, sebbene lui non mi incitasse in quella direzione, sapevo che era molto più importante proteggere quel qualcuno piuttosto che vivere nell'assoluta sicurezza. Yorick forse anche questo non voleva ricordare.
 
Dopo altri nove giorni di viaggio il bosco lasciò il posto all'erba giallognola dell'autunno e al freddo che diventava sempre più pungente. Non si erano più verificati, per nostra fortuna, altri incontri indesiderati. Le domande a Nowell sul suo amico divennero sempre più stringenti e questo mi fece facilmente comprendere che ormai non doveva mancare molto al nostro arrivo. Ero da un lato felice di poter finalmente sapere se per me c'era qualche speranza di volare, ma dall'altro lato non volevo avere una vera e propria risposta. In fondo l'incertezza è sempre meglio che la certezza del terribile.
Dormivamo vicino ad un fuoco improvvisato, coperti da alcuni alberi. Il sole stava per albeggiare e la semioscurità ci circondava ancora tutti, io però ero già sveglio, i cattivi pensieri mi avevano destato dal mio tranquillo sonno. Sarei rimasto disteso a terra se non avessi notato qualcosa muoversi tra degli alberi esattamente sulla mia destra. Pronto mi sollevai e, temendo il peggio, mi avvicinai a Nowell. Lo svegliai. – Cosa c'è? – Chiese lui poco felice. Senza dire una sola parola indicai la zona in cui ancora si muovevano dei rami. Veloce si sollevò restando abbassato e svegliò gli altri facendo a tutti segno di stare zitti. Jethro e Wren erano pronti a fuggire e noi tutti a proteggerli. Il Solitario allora si alzò e, con me alle costole e Yorick dietro, ci avvicinammo all'albero che ondeggiava. Con il poco aiuto della luce ci guardammo intorno. – Non c'è nessuno, forse è stato il vento … – Sussurrò il Cacciatore sfiorando il tronco dell'albero incriminato.
– Sì, forse …
– Chi siete? Cosa ci fate in questi territori? – Chiese una voce chiara, energica ed autoritaria. Yorick veloce si preparò ad affrontare il nemico mentre Nowell, con le sopracciglia corrugate sulla fronte, fissava nell'oscurità alla ricerca di un volto. – Chi siete? – Domandò ancora la voce. Come un segno di chiarimento invase subito il viso del Solitario che sorrise.
– Shiloh, sono Nowell, sono con dei miei cari amici, non devi temere. – Disse quasi ridendo.
– Nowell? – Ripeté la voce confusa. – Il Mezzo Drago? – Dalla nostra sinistra si fece avanti un uomo, o, per meglio dire, un Drago. Non era giovane, ma anziano, con dei lunghi capelli scuri, con molti capelli bianchi, debolmente arricciati sul fondo, occhi luminosi, verdi e scavati, viso vigoroso e corpo prestante. Le sue mani erano rugose e sottili, strette tra loro per il freddo del mattino.
– Sì, sono Nowell. – Rispose il Domatore.
– Oh, qual buon vento! Qual buon vento! – Lo accolse sinceramente felice con il suo tono squillante.
– Cosa fai qui, lontano dalla tua casa e da solo, Shiloh? – Gli domandò Nowell.
– Wardell mi ha mandato a prendere alcune cose nelle regioni di montagna e così mi sono fermato qui per riposare. – Spiegò il Drago abbastanza seccato di dover fare il fattorino.
– Spero non ti abbia mandato a prendere nulla di pesante e faticoso. – Lo stuzzicò il Solitario ridacchiando.
– No, una lettera. – Rispose prendendolo seriamente Shiloh. – Ma, non è da solo, chi porta con lei e, se posso chiedere, dove è diretto? – Domandò.
– Porto amici con me, Domatori affidabili, non preoccuparti, pensavo di fare visita a Wardell, devo chiedergli alcuni favori. – Gli spiegò senza problemi l'altro.
– Sarà felice di vederla sicuramente. – Lo rassicurò. – Ma, se posso essere indiscreto, sento odori di Draghi, i Domatori che porta con sé sono dunque accompagnati? – Chiese ancora. Io lo guardavo da dietro le spalle di Nowell e probabilmente lui non mi aveva visto per nulla.
– Sì, non sbagli, ci sono dei Draghi. – Rispose. – Entrambi domati. – Concluse senza specificare altro. Il sole sorgeva sempre di più e ben presto la luce avrebbe cominciato a rendere tutto più palese. Shiloh, infatti, notò la mia figura e mi rivolse con interesse lo sguardo.
– E quel Drago da dove viene? – Mormorò sovrappensiero.
– Ehi! Nowell! Tutto okay? – Domandò la voce di Wren lontana.
– Sì! Potete pure avvicinarvi! – Disse. Il vecchio Drago intanto continuava a squadrarmi, sentivo che non avrebbe facilmente distolto la sua attenzione né da me né dalle sue domande a riguardo. Wren e Jethro ci raggiunsero e non appena videro Shiloh fecero dei visi confusi.
– Chi è? – Chiese la donna.
– È Shiloh uno dei Draghi di Wardell, il mio amico. – Illustrò il Solitario. L'altra annuì. Jethro invece non disse nulla e sembrava anzi molto seccato dalla presenza di un altro Drago.
– Chi è quel Drago? Da dove viene? – Interrogò ancora Shiloh il mio padrone. Nowell rivolse a lui le sue attenzioni e sospirò.
– Viene dalle montagne, quelle a nord.
– Ha gli occhi verdi.
– Sì, lo so, ma non sa spiegare perché. – Certo lo sguardo di Shiloh mi mise a disagio, sembrava deluso e molto molto impietosito.
– Devi portare tutti da Wardell?
– Sì, sono partiti con me apposta per seguirmi nel viaggio.
– Va bene, vi accompagnerò anche io. – Non so cosa spinse quel Drago a volerci aiutare, ma avevo come la strana sensazione di c'entrare qualcosa. Così, senza indugiare oltre in chiacchiere, ricominciammo a camminare.
La nostra formazione era sempre la stessa, Yorick davanti con Wren, Jethro in mezzo sulla sinistra ed io e Nowell dietro. Shiloh si era messo esattamente all'opposto di Jethro e, notai che, fin da quando si erano conosciuti, non si erano rivolti nemmeno uno sguardo. Era più Shiloh a non voler guardare Jethro piuttosto che il contrario. Sembrava infatti che al vecchio Drago non importasse nulla di quello dagli occhi rossi, d'altro canto invece i suoi occhi correvano spesso a me che, al fianco del mio Domatore, cercavo di non farci caso. – Devi stare calmo, non è un cattivo Drago, Wardell è un brav'uomo, dunque, senza alcun dubbio, anche i suoi Draghi lo sono. – Sussurrò Nowell vedendomi a disagio.
– Lo capisco, ma non sempre la natura di un uomo è determinata da quella del suo padrone. – Risposi cercando di muovere il meno possibile le labbra.
– Hai ragione, ma questo non vale per un Drago ed il suo Domatore. – Mi sorrise freddamente e di certo non voleva sentire nessuna mia replica a quella sua frase, era come se stesse aggiungendo “... ed è così poiché conosco bene il mondo in cui viviamo, tu no.”. Abbassai lo sguardo trovandomi ancora più a disagio. Senza che potessi prepararmi alla cosa mi trovai accanto Shiloh che con noncuranza guardava avanti a sé aspettando, forse, che Nowell gli rivolgesse qualche parole, cosa che, il Solitario, non sembrava voler fare. Le mie mani erano diventate di fuoco, calde per l'agitazione e la mia mente non riusciva a pensare ad altro se non al modo in cui avrei potuto liberarmi da quell'avvoltoio.
– Dunque hai gli occhi verdi? – Mi chiese ad un certo punto il vecchio Drago. – Anche io li ho. – Mi fece notare. – Mia madre era un Drago del mare, stupendi i Draghi di mare, non credi? – Non avevo alcuna intenzione di rispondere.
– Ti ho già detto Shiloh che lui non sa nulla, inoltre non ha il mio permesso per parlare con te. – Tagliò corto il Domatore.
– Immaginavo che lei era un tipo geloso, certo dopo tutti quelli che si è visto scappare … – Borbottò irrispettosamente in risposta il Drago.
– Wardell dovrebbe avere più a cuore cosa dice il suo Drago. – Lo istigò il mio padrone.
– Sì, immagino di sì, ma con ogni probabilità mi tratta in modo migliore rispetto a lei che lo porta in giro con Doppi e Mezzi Morti. – La mano di Nowell si serrò furiosa.
– Non ti permetto, Drago, di insultare i miei amici. – Ringhiò furioso mostrandogli i denti. Certo, quando voleva, assomigliava molto più ad un Drago che ad un Domatore.
– Che possiate perdonare le mie parole, signore. – Sussurrò Shiloh senza sembrare per nulla toccato dalle minacce di Nowell, ma più per quieto vivere. Tornò allora a guardare avanti a sé senza né lasciare il mio fianco, né dire altro. Io mi avvicinai di più al Solitario che sospirò furioso. Non doveva essere molto felice del mio comportamento da codardo, tuttavia quell'uomo riusciva a mettermi in una soggezione tale che non potevo, o non volevo, stargli troppo vicino.
Il sole sorse feroce sulle terre dal terreno color del tramonto ed il vento soffiava placido. Shiloh amava il vento, quando una folata gli scompigliava i capelli chiudeva gli occhi ed assaporava il fresco sul suo viso come se fosse un sorso d'acqua. Doveva essere molto bravo a volare. Era felice, lo sentivo anche senza vedere il suo sorriso, quando l'aria si alzava poiché gli sembrava di poter planare e vedere l'orizzonte sempre più ignoto farsi vicino. Lui era molto più simile ad un Drago di quanto non fosse Jethro. È crudele da dire, lo so, ma conservava una sorta di fierezza che il Drago dagli occhi rossi aveva smarrito, forse proprio per questo Shiloh non si curava molto della sua presenza, i Doppi non erano ben voluti nemmeno tra i Draghi, alcuni credevano fosse un disonore, molto più onorabile era essere Drago sottomesso, piuttosto che un Drago Consacrato.
– Wardell sta bene? – Domandò Nowell ad un certo punto.
– Sì, bene. – Rispose il vecchio Drago.
– Intendo se rinsavito dai suoi propositi oppure no. – Shiloh si voltò con uno sguardo truce e sdegnato.
– Ovviamente no, signore. – Rispose con rabbia.
– Capisco. – Concluse il Solitario. Mi guardò. – Vai avanti con Yorick, Nivek. – Mormorò dolcemente ed io non potevo fare altro se non obbedire alle sue parole. Percorsi la strada che mi divideva dal Cacciatore senza nemmeno accorgermene, a passo sicuro, e mi fermai accanto a lui.
– Cosa fai qui? – Domandò lui interrompendo il suo discorso con Wren.
– Sì, soffio di fumo, come mai qui? – Mi chiese lei.
– Nowell me l'ha ordinato. – Risposi piano. La donna annuì, mentre Yorick corrugò la fronte e veloce si voltò indietro per guardare il viso di Nowell e capire, forse, perché mi avesse mandato lì. Si voltò senza aver cancellato la sua confusione e sospirò.
– Resta qui. – Disse con voce calda e roca. Si tirò indietro i capelli e continuammo a camminare. Non potevo sentire né cosa si dicessero Nowell e Shiloh, né riuscivo a comprendere per quale motivo dovevo restare avanti mentre loro parlavano. Ciò che più mi rese sospettoso era che il Solitario non me l'aveva chiesto, ma bensì ordinato. Sebbene volessi credere che io e lui eravamo sullo stesso piano restavamo padrone e servo, Domatore e Drago.
 
Era ormai passato un giorno, avevamo dormito in compagnia di Shiloh ed io, siccome Nowell non aveva mutato il suo animo, avevo dovuto rimanere vicino a Yorick, ciò non mi dispiaceva, ma l'obbligo mi seccava. Ricominciammo a camminare ed ormai, così disse il vecchio Drago, non mancava molto. Percorremmo ancora per due, tre ore e poi cominciammo a vedere in lontananza un gruppo folto di tende, tutte colorate, ed in cielo si vedevano alcuni Draghi volare alti. Il mio cuore cominciò a battere forte. Anche io forse in quel luogo sarei finalmente riuscito a volare. Sorridendo mi voltai verso Nowell che ricambiò il mio entusiasmo sommessamente, accennando un viso felice che però mi fece scoppiare il cuore di gioia. Il cielo era così alto in quel luogo, quasi irraggiungibile, eppure con Nowell forse sarei riuscito a toccarlo. I miei passi si fecero più veloci ed impazienti, tanto che Yorick dovette farmelo notare, altrimenti mi sarei messo a correre. Wren e Jethro si fecero vicini uno all'altro ed il Solitario, finalmente, prese il suo posto vicino a me. Shiloh, come se i suoi piedi calpestassero l'aria, era molti metri avanti a noi.
Nowell mi prese un braccio. – Stai calmo, ti dirò io cosa fare. – Mi sussurrò. Nemmeno le sue parole di comando potevano far tacere il boato che si era scatenato nel mio animo. Ero troppo eccitato all'idea di incontrare tutti quei Draghi e soprattutto di poter finalmente imparare a volare, diventare un vero Drago.
Arrivammo in mezzo alle tende così velocemente che non mi accorsi di percorrere gli ultimi metri, lì c'erano molti uguali a me, di moltissime specie, tutti parlavano tra loro, un chiacchiericcio vivace ci circondava, ma, per me, assolutamente incomprensibile. Quando noi passammo tra essi guidati da Shiloh i sussurri si fecero più intensi, guardavano Jethro con una sorta di disprezzo ed anche lui, a suo malgrado, non poté fare a meno di accorgersene, invece verso di me sembravano eccitati, quasi febbrilmente felici della mia presenza. Uno di loro si allungò per toccarmi una mano ed una volta afferratomi solo spinto da un altro mi lasciò andare. Mi tirai più vicino al mio Domatore che, così mi parve, era tanto sorpreso quanto me. Passammo molte tende e poi giungemmo a quella in mezzo, la più grande. Shiloh entrò senza darci alcuna indicazione e tutti restammo fermi fuori. Nowell sembrava l'unico che sapeva come sarebbe andata la cosa.
– COSA! DAVVERO? QUI FUORI?! – Urlò una voce gioiosa e vitale. Dei rumori assordanti di oggetti che cadevano, stoffe strappate, cadute accidentali, precedettero l'uscita dalla tenda di un uomo spettinato e sporco, forse per la caduta, vestito con una lunga tunica rossa e verde con molti fili dorati ricamati al suo interno. – Oh! Nowell! – Esultò saltandogli al collo. – Quanto tempo hai fatto passare! – Rideva di felicità e stringeva incredulo il corpo del mio padrone che invece era molto imbarazzato. – Sono così felice di vederti … – Disse riprendendosi dall'entusiasmo ad un tono di voce socialmente accettabile. Prese un bel respiro e riuscì a calmarsi. Era poco più basso del Solitario, con un corpo vigoroso ed un viso gentile, i capelli corti e biondi gli erano arruffati sopra la testa come un cespuglio e la pelle chiara era intervallata da macchie di terra, lo guardo scuro e vivace guardava l'amico appena arrivato.
– Sono felice di vederti anche io. – Disse Nowell accennando un sorriso divertito. Allora Wardell si guardò intorno e vide per prima Wren e poi Yorick e Jethro.
– Hai amici con te! Qual bizzarro evento! – Si avvicinò alla donna e le baciò la mano facendo un vistoso inchino. – Signora, la melodia che da lei proviene è qualcosa di toccante. – Le disse e lei arrossì vistosamente.
– Perfino la sua voce è così simpatica. – Aggiunse lei. Ebbi come l'impressione che sarebbero andati molto d'accordo.
– Molto lieto di conoscere anche voi due. – Disse ai due uomini senza nemmeno stringergli la mano e rimanendo a distanza con un sorriso distaccato, poi i suoi occhi tornarono su Nowell e fu in quel momento che mi notò. – Quale stupendo e incredibilmente irreale animale hai al tuo seguito, Nowell? – Mi si avvicinò velocemente e mi volle subito toccare il viso ed i capelli. – Biondo così e occhi tanto verdi! È bellissimo! – Poi il suo entusiasmo si spense. – Perché hai portato da me un così strano esemplare? – Domandò senza voler smettere di toccarmi.
– Lui, Wardell, è il mio Drago. – Gli disse sorridendo. L'uomo ritrasse velocemente la mano e ridacchiò imbarazzato.
– Sì, sì, scusa allora per … Il tuo Drago? – Chiese accorgendosi solo in quel momento del controsenso.
– Sì, il mio Drago.
– Un Solitario … il Drago di un Solitario. – Rise gioioso. – Ah! Quale, quale animale! Un Solitario! – Tornò accanto all'amico e lo prese sottobraccio. – Entra, entra, dobbiamo parlare a fondo. – Lo invitò senza complimenti. Wardell entrò e Nowell, prima di seguirlo, si voltò verso di me.
– Vieni. – Disse ed io, felice di poter tornare al suo fianco, lo seguii.
– Devi raccontarmi ogni cosa! Ogni cosa! – Nella tenda non entrava molta luce, così vedevo distintamente poche cose. Shiloh stava sistemando la confusione e con lui c'era un altro Drago, uno molto alto, più di me, con dei lunghissimi capelli rossi scuri che, intrecciati, gli sfioravano le gambe. I suoi occhi erano leggermente più grandi di quelli degli altri Draghi ed aveva uno sguardo malinconico, poetico, quasi surreale, mi trovai, devo ammetterlo, in completa venerazione. Shiloh e lui parlavano fitti in una lingua strana, e sembravano capirsi perfettamente. Quando entrai io e l'altro Drago ci guardammo per caso, ed entrambi restammo immobili senza poter distogliere lo sguardo, in lui c'era qualcosa di assurdamente attraente e magnetico, il più bel Drago che avessi mai visto, ed i suoi occhi gialli scuri mi guardavano maestosi e fieri.
– Ishmael, vieni, puoi avvicinarti se vuoi al nostro nuovo amico. – Disse l'amico di Nowell. Lui, senza fare alcuna espressione lasciò a terra quello che aveva in mano e, sotto lo sguardo vigile di Shiloh, si avvicinò a me. Chinò il capo leggermente e rimase in attesa. Io non capivo cosa lui volesse da me. – Ehi, Nowell, il tuo Drago è un po' scorbutico, non credi? Di solito è Ishmael quello che riceve i saluti e non li muove per primo. – Disse Wardell ed il Solitario ridacchiò.
– Mi spiace, davvero, ma lui non sa come fare. – Rispose calmo mentre io ero ancora assediato dallo sguardo critico dell'altro Drago.
– Cosa intendi dire? – Gli domandò confuso il Domatore.
– L'ho portato qui perché ho bisogno del tuo aiuto, Wardell, io non ho mai addestrato un Drago e non ne ho mai avuto uno, così …
– Sì, certo, ma allora anche la donna Doppia avrebbe potuto aiutarti. – Lo interruppe.
– Fammi finire. – Lo azzittì Nowell. – Certamente non puoi credere che io sia riuscito a domare un Drago comune, uno che anche tu avresti potuto domare, sarebbe impossibile e noi ben lo sappiamo. – Continuò. – Lui, dunque, è diverso da qualsiasi Drago chiunque Domatore abbia mai domato, lui è, o per meglio dire era, un Indomabile. – Ishmael arricciò il naso. – Così tu puoi ben capire che lui non sa cosa significhi volare, parlare o comportarsi come un Drago.
– Mi stai dicendo che tu sei venuto da me a chiedermi di farlo diventare tale?
– Sì, è ciò che ti chiedo. – L'uomo sospirò. Si passò una mano tra i capelli e si sedette sulla sedia che si trovava dietro una scrivania.
– E, di grazia, come potrei? Ti rendi conto che è impossibile che io faccia le veci di un “capotribù”?
– Ma magari uno dei tuoi Draghi potrebbe. – Gli suggerì il Solitario.
– E perché dovrebbero? Per aiutare un Solitario? Non se ne parla … nessuno …
– Lo farò io, mio signore. – Flautò la voce di Ishmael. Wardell si tirò su stupito.
– Non lo farai! Non ti permetterò di insegnargli nulla di ciò che ti ho insegnato per aiutare un Domatore. – Scattò subito Shiloh.
– Capisci anche tu, padre, che è assurdo, tu le hai insegnate a me così che io potessi servire il nostro padrone in modo migliore, ora perché io non dovrei farlo per questo Drago.
– Perché lui è il Drago di un Mezzo Drago!
– E anche di un Solitario. – Ribatté veloce Ishmael. – Me ne occuperò io, mio signore. – Ripeté con voce sicura.
– Grazie mille, Ishmael, ti sono molto grato. – Disse il mio padrone.
– Come vuoi, fa' di lui un Drago, ma non lasciare che questo ti prenda troppo tempo. – Concluse Wardell tornando seduto.
– Sì, mio signore. – Mormorò Ishmael chinando molto il capo. – Non si preoccupi. – Shiloh ci guardava ribollente di rabbia, non era certamente molto felice dell'idea del figlio.
– Allora, Nivek, hai il mio permesso di parlare e di trascorrere del tempo con Ishmael, mi raccomando. – Chinai il capo anche io, incondizionatamente. Il Drago dagli occhi gialli mi toccò il braccio.
– Seguimi ora. – Sussurrò portandomi poi verso l'uscita. Rivolsi uno sguardo ancora a Nowell che però, concentrato com'era nello scherzare con Wardell, non si curò molto di me. Uscii dietro a Ishmael e, sebbene Yorick sembrasse preoccupato dalla cosa e Wren e Jethro non comprendessero bene cosa dovessero fare, non rivolsi loro la parola e proseguì dietro al mio accompagnatore. Ci avventurammo attraverso le tende, seguiti dagli sguardi degli altri Draghi, fino ad uscire dal gruppo e trovarci in campo aperto.
Ishmael mi squadrava in modo molto indecifrabile, non capivo cosa stesse osservando così attentamente. – Che genere di Drago è uno con i capelli biondi e gli occhi verdi, vuoi dirmelo? – Domandò corrugando la fronte. Non ero sicuro di dovergli dare una qualche risposta, pensai lo stesse chiedendo retoricamente, ma poi sembrò seccato dal mio silenzio. – Dunque?
– Non so, davvero. – Dissi incerto. Il suo sguardo divenne stupito, quasi attonito e credetti di aver detto qualcosa di sbagliato. Si passò una mano sulla bocca e sospirò chiudendo gli occhi.
– Mio padre certo non ti ha mai sentito parlare, immagino, altrimenti non avrebbe nulla in contrario … – Mormorò. Io strinsi le mani nervoso ed imbarazzato. – Da dove vieni?
– Dalle montagne, a nord. – Risposi per l'ennesima volta.
– Ma i tuoi …
– Sì, lo so, i miei occhi sono quelli di un Drago del mare, anche se questo non so cosa significhi e posso dire con certezza che il mio villaggio non era tanto socievole da avere ospiti così diversi.
– Tua madre? Tuo padre? – Ero stanco di doverlo raccontare.
– Mia madre era un Drago delle Montagne, occhi azzurri e bionda. Non ho mai conosciuto mio padre e non so nulla su di lui. – Tagliai corto sapendo perfettamente cosa voleva sapere. Annuì.
– Vedremo in cosa ti trasformerai, giovane Drago, quello forse ci dirà di più su di te. – Concluse abbastanza tranquillo.
– Quindi voi credete che io possa farcela a diventare un Drago? – Lui sembrò stupito dalla mia domanda.
– Sì, credo che tu possa, realisticamente nessun Drago insegnerebbe mai ad un Drago Domato ciò che deve imparare, ma noi siamo … come si può dire … una comunità un po' particolare. – Spiegò sorridendo per la prima volta. – Wardell ci protegge dai Domatori e noi siamo felici di servirlo, qui i Draghi sono quanto più liberi. – Sospirò. – Anche mio padre fa parte di questo branco, così come ne faceva parte mia madre, e si può dire, senza errare, che io sia nato in cattività. – Guardò le tende alle mie spalle con una sorta di trasporto. – Nasci libero, ma il tuo destino è chiaro fin da quando sei bambino, servirai il padrone come i tuoi genitori fanno e vivrai insieme al branco per sempre. – Ridacchiò. – Non fraintendermi, giovane Drago, non c'è nulla di meglio se non vivere in questo modo per quelli della nostra specie. – Non ne ero così persuaso. – I genitori ti crescono e ti insegnano ad essere un Drago fino a quando non sarai maggiorenne, quel giorno diventerai un altro Drago del padrone, è così che vanno le cose qui. – Mi sorrise dolcemente.
– Ma se non vuoi? – Domandai, ora lo comprendo, stupidamente.
– Anche tu non volevi finire qui, essere domato ed il resto, ma ci sei finito, non sarebbe diverso, in teoria, per noi. Ma ti assicuro che chi cresce nel branco capisce quanto il padrone ci ami tutti e nessuno, una volta adulto, vorrebbe mai un destino diverso. – Abbassai lo sguardo ed annuii senza voler mostrare quanto questo mi rendesse poco felice. – Per questo per noi è facile poter accettare di addestrarti, capisci?
– Sì, capisco. – Risposi. Si avvicinò a me e mi mise una mano sulla spalla.
– Dalla lingua degli antenati, alle nostre usanze di Draghi, fino al volo ti insegnerò qualsivoglia cosa così che anche tu possa essere ciò per cui sei nato. – Non credo che stessimo pensando la stessa cosa.
– Ehi! Ishmael! – Lo chiamò la voce di Wardell. Lui sollevò lo sguardo e lo cercò. Mi voltai. I due Domatori si avvicinavano a noi. Wardell si era vestito ed aveva indosso degli abiti che sembravano molto costosi. – Allora? Avete fatto amicizia? – Chiese. Nowell era dietro di lui, sorridente e felice. Si avvicinò a me stranamente troppo cordiale.
– Sì, parlavamo. – Rispose il Drago calmo e posato.
– Bene. – Commentò ridacchiando il nostro ospite. – E la sua voce? Nowell si vanta dicendo che è bellissima. – Domandò spostando lo sguardo su di me.
– Lo è, mio signore.
– Più della tua?
– Mi dispiace ammetterlo, ma più della mia. – Concluse Ishmael che, a mio parere, sapeva emettere i suoni più belli che avessi mai ascoltato.
– Nivek, puoi parlare senza problemi, fai sentire a Wardell la tua voce. – Un brivido mi percorse la schiena ascoltando ancora la voce del serpente che mi ordinava. L'altro Drago mi guardava con le sopracciglia curve e severo, Wardell sembrava in attesa di un miracolo. Nowell ancora una volta mi costringeva.
– Sono molto lieto di conoscervi, signore, chi è amico del mio padrone è meritevole della mia più assoluta stima. – Dissi senza riuscire ulteriormente ad oppormi. Il Domatore parve da subito estasiato, il sorrisino che dipingeva spesso le sue labbra era scomparso e la sua bocca era aperta dallo stupore.
– Hai ragione, Nowell, è qualcosa di mai udito prima … meraviglioso … – Sussurrò riprendendosi dallo shock. – Non vedo l'ora di vederlo Drago, davvero, l'impazienza mi ucciderà. – Disse tornado ridacchiante.
– Anche io. – Concluse il Solitario. – Ora però credo che dovremmo riprenderci un po' dal viaggio, abbiamo fatto molta strada, entrambi siamo stanchi. – Mi circondò le spalle con un braccio volendo far intendere la sua posizione e Wardell non lo fermò.
– Andate, andate! I vostri compagni sono già in una tenda, ho messo i due Doppi insieme, invece l'altro l'ho messo nella vostra tenda, spero possa andare così, non ho moltissime tende vuote da offrirvi. – Il Domatore non sembrò molto contento, ma fece buon viso a cattivo gioco.
– Sì, tutto perfetto, non preoccuparti. – Rassicurò l'amico. Detto questo tutti ci scambiammo un inchino ed io e Nowell iniziammo a tornare verso le tende. Quando ormai ci trovammo vicini alle tende le risate di Wardell mi fecero voltare di nuovo indietro. Ishmael era diventato un grosso Drago rossiccio dagli occhi gialli e, come non credevo fosse possibile, giocava con il Domatore che ridendo lo accarezzava. Qualcosa mi colpì poiché sentii chiaramente la strana atmosfera che li circondava. Ishmael avrebbe fatto tutto per il suo padrone eppure vendendoli lì a giocare mi sembrò di non distinguere alcun padrone o servo, ma qualcosa di molto diverso. Le risa dell'uomo erano acute e sincere, nessuno aveva mai riso così con me, né per simpatia, né per parentela, quella musica era sconosciuta ma allo stesso tempo nota, poiché mi era sempre mancata. Mi voltai verso Nowell con l'amaro in bocca ed una tristezza che mi riempiva il cuore.
– Cosa guardi? – Domandò curioso voltandosi indietro ad osservare quella direzione che avevo abbandonato.
– Guardavo due innamorati. – Sussurrai e la mano del Domatore si strinse sulla mia spalla. Deglutì e voltò il viso per non vedere.
– Ti sbagli … sono solo molto uniti. – Proprio quella frase che, tremolante, uscì dalle labbra del mio padrone mi fece capire che non sbagliavo, avevo visto bene, più bene di quanto avessi dovuto. Sapevo di aver guardato, con quei miei occhi strani e sconosciuti, un altro sogno, un altro sogno che mai sarebbe diventato realtà, che mai avrebbe consolato i suoi sognatori. Avevo visto un sogno che poteva volare in alto, ma che il vento spingeva sempre a terra.
Entrammo senza dirci altro nella tenda abitata da Yorick, che, appena ci vide, si alzò furioso e cominciò ad inveire contro il Solitario. – Lo stai trattando come una bestia da circo! Ti sembra il modo?! Dovresti aver rispetto di lui! – Lo accusò puntandogli contro il dito. Nowell, lo sentivo, non sarebbe stato gentile con lui.
– È il mio Drago, lo tratto come credo e come voglio … – Mi sedetti a terra. – … non voglio che qualcuno che ha ucciso il proprio mi dia consigli. – Lo freddò con voce scura il Solitario. Le labbra del Cacciatore si strinsero e la sua voce divenne flebile, come un rumore lontano.
– Non sai di cosa stai parlando, ragazzo, farai bene a controllare ciò che dici … – Mormorò in risposta.
– Allora lo stesso vale per te, lui è il mio Drago e questa tua pretesa di …
– Basta! – Intervenni sicuro nella conversazione. Entrambi mi guardarono. – Dovete smetterla, io sono il Drago di Nowell e farò ciò che lui mi dice, non voglio altre inutili discussioni. Inoltre, non credo che un Domatore che non riesce nemmeno ad addestrare il suo Drago debba inveire contro qualcuno che l'ha perso sicuramente non per sua volontà. – Conclusi assicurandomi che il Solitario avesse sentito bene le mie parole e lo fece, si infuriò ma non mi punì e non si scagliò contro di me, uscì sollevando sopra di sé il lembo che chiudeva la tenda. Presi un profondo respiro.
– Grazie, Nivek. – Sussurrò Yorick sedendosi.
– Non devi ringraziarmi, è ciò che penso. – Mi alzai.
– Dove vai? – Chiese.
– A vedere dove è andato. – Non potevo fargli credere che mi importasse più Yorick o che, dopo tutto quello che aveva fatto per me, non gli ero grato in nessun modo. Non era colpa sua se non sapeva come aiutarmi ed io, di certo, non ero molto più utile. Uscii dalla tenda. Il sole era forte ed il vento vivace. Lo trovai, senza troppa fatica, in compagnia di Wren fuori dalla sua tenda. Mi avvicinai. Lei, vedendomi arrivare, gli mise una mano sulla spalla e si alzò, tornò dentro da Jethro sorridendomi piano.
– Sei qui per aggiungere qualcos'altro? – Era arrabbiato, come certamente potevo prevedere. Mi sedetti vicino a lui, dove fino a poco prima c'era stata Wren. – Trattarmi in quel modo davanti ad un altro Domatore, dovrei essere felice? Fossi stato un altro sai cosa avresti passato per quelle parole? Fossi stato un altro …
– Ma non sei un altro. – Conclusi. Sospirai. – Non avrei dovuto, so che non è colpa tua … ma Wren mi ha fatto promettere che non avrei mai parlato del Drago di Yorick davanti a lui, così non potevo permettere che tu lo facessi in quel modo …
– Le hai chiesto del suo Drago? Cosa può mai interessarti?!
– Non ti scaldare, volevo semplicemente sapere com'era. – Risposi intrecciando le dita delle mani. – Yorick è stato il primo a rischiare tutto pur di tenermi al sicuro, sono grato a lui per essersi preso così tanta cura di me ed ero curioso, volevo sapere se l'aveva fatto semplicemente per me, per me e basta o se in me rivedeva qualcun altro. – Mi afferrò un braccio.
– E perché sarebbe così importante?
– Perché se così fosse allora io ai suoi occhi non sono importante, ma è solo il suo ricordo ad esserlo. – Non potevo sapere se Nowell avrebbe capito o meno, ma speravo che, condividendo un passato simile, potesse comprendere.
Sospirò e si stese a terra. Intrecciò le dita sopra il ventre e guardò il cielo. – Un affetto a metà forse è tutto ciò in cui possiamo sperare, giovane Drago. – Mi posò una mano sulla schiena. Era fredda e così distante, come sempre gelida e sola era la mano del mio Domatore. – Noi ora siamo ciò che di più vicino c'è ad una famiglia, non tradirmi e non preferire altri, non sfidarmi di nuovo, non insultarmi, giovane Drago, altrimenti dovrò rispondere. – Mi voltai e lo guardai negli occhi.
– Che famiglia è una in cui uno ordina e l'altro esegue? – Chiesi con un filo di voce, le mie labbra tremavano per la tristezza e lo sconforto, io volevo una vera famiglia, un vero affetto, volevo tutto ciò che non avevo avuto ed in quel luogo avevo compreso che per Nowell io ero un Drago, il suo domato, il suo servo, lui per primo mai avrebbe stretto una più profonda alleanza con me, lui era il figlio dell'odio, era il figlio indesiderato, lui non poteva amare qualcuno come me poiché un Drago l'aveva messo al mondo e gli aveva dato quell'orrenda parte indesiderata che era costretto a portarsi dietro. Un Mezzo Drago che possiede un Drago è come un perseguitato che possiede quella parte fisica di sé che lo rende perseguitato, come potrebbe mai finire per amarla? Come potrebbe mai finire per volerla a dispetto dell'utile? Come potrebbe mai finire per rispettarla a pieno?
– Cosa vuoi da me, giovane Drago, più di quello che già ti ho dato? – Voltai il viso lontano dal suo. Ancora una volta non potevo avere ciò che il mio cuore desiderava. In Nowell avevo visto il futuro, l'affetto, quella compagnia che mai avevo avuto, eppure era il mio Domatore, come poteva essere le due cose insieme? Quale delle due era più importante? Cosa in lui prevaleva? E se quelle due parti in antitesi, se mai fosse stato possibile, fossero state identiche, cosa sarebbe cambiato nella mia vita? – Nivek … – Sussurrò sollevandosi ed appoggiando la fronte sulla mia spalla. – … non posso prometterti ciò che nemmeno io ho da donarti. Ma ti ho assicurato che mai ti avrei abbandonato, che piuttosto sarei morto per te, ora, cos'altro vuoi? Che affetto pretendi da uno come me? – Mi sfiorò il capo e si alzò. – Non avere paura di proseguire ora. – Mi tese una mano. – Il nostro sogno è vicino e quando voleremo insieme niente sarà più importante, te lo assicuro … giovane Drago …

Cosa succederà a Nivek? Riuscirà a volare sotto la guida di Ishmael? Se dovesse riuscirci quanto si farà più pressante il giogo di Nowell?
Grazie per seguire la storia! Sarò felice di ogni opinione in merito.
Iwon Lyme

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Capitolo 9
*** Il Silenzio del Drago - Parte IX ***


Grazie davvero a tutti quelli che stanno seguendo questa storia e che desiderano sapere come continuerà! Ecco il nono capitolo della prima parte!

Il Silenzio del Drago - Parte IX

Mi svegliai il giorno dopo. Mi ero addormentato vicino a Nowell e non sul pavimento. Il suo viso era rivolto a me e dormiva profondamente. I capelli gli scivolavano sulle spalle e, ormai da qualche tempo, erano diventati completamente rossi, un rosso così magico e profondo da schiarire perfino il buio. Mi sollevai. Il suo respiro calmo si diffondeva per la stanza come la nota dell'universo perfetto, dolce fluttuava piano e si posava nelle mie orecchie. Le sue mani fredde erano stese intorno a lui, stanche per il muoversi ed il corpo calmo rilassato riposava la stanchezza del mondo. Allungai una mano e sfiorai la benda che copriva il suo occhio così simile a me. Gliela sfilai e lui non si lamentò nemmeno. La pelle rugosa intorno ad esso era di un colore rossiccio, scuro, alcune squame gli uscivano dalla pelle e luccicavano come pietre coperte dall'acqua. Il suo viso, così bello e in pace, rifletteva anche le sue sofferenze, sfigurato com'era da quelle cicatrici sulla guancia. Le sfiorai. Esattamente parallele, a distanza di un dito ciascuna … – Mi fai il solletico. – Sussurrò guardandomi. Mi sorrise. – Vai, Ishmael ti aspetta. – Gli sorrisi anche io e mi alzai. Lo guardai un’ultima volta. – Sbrigati … – Mi riprese ancora prima che io uscissi alla luce del sole appena sorto, molto meno luminoso del volto del mio Domatore.
Ishmael era in cielo e volava tra le nuvole. La sua forma era molto sinuosa, allungata e curva come quella di una fiamma, le sue grandi ali erano quattro e si muovevano come stoffa nel blu del cielo creando un contrasto immensamente poetico, sembrava nuotare con i vestiti addosso. La sua lunga coda serpeggiava e si arricciava. Roteava e si lasciava planare tranquillo con in groppa Wardell che si faceva cullare dal bollore dell'aria. Il frusciare del suo corpo era come quello del vento che si insinua tra gli alberi e violentemente li muove. Senza riuscire a distogliere lo sguardo mi portai verso lo spiazzo in cui ci eravamo dati appuntamento. Ishmael poi planò e leggiadro atterrò davanti a me, sebbene fosse grande non fece alcun rumore. Il suo manto luccicava al sole e sembrava bagnato. Il Domatore scese dalla groppa e le squame del Drago, come petali di fiore, caddero dal suo corpo uno ad uno e lento rivelò le sue fattezze umane. Le ali divennero braccia, la coda svanì, il muso rivelò il volto armonico e perfetto. Tornato umano sembrò svanire il Drago che allegramente giocava con il suo padrone, che lo rincorreva e lo faceva tanto ridere, sembrò svanire quell'amore, quel dolce suono amichevole che così mi aveva incantato. Wardell gli sorrise e sfiorò i suoi capelli sciolti che si lasciavano ancora trasportare dal vento come l'unico ricordo di quel così maestoso animale. Lento e controvoglia ritrasse la mano e senza dire nulla, con un viso triste e rammaricato tornò verso le tende portandosi le dita alla bocca come se fossero impregnate di un profumo divino, indimenticabile, l'odore di qualcosa di proibito.
Ishmael lo guardò fino a quando non si perse tra gli altri Draghi e le altre tende, solo poi si avvicinò a me. Si legò i capelli e prese un respiro senza riuscire a farmi alcun sorriso. – Sei abbastanza riposato? Oggi sarà una giornata faticosa, ma, se ti impegnerai, per questa sera potresti riuscire a usare la tua voce di Drago. – Mi disse come se fosse una notizia eccezionale e di cui dovevo essere felice. Non che in realtà mi sembrasse granché, ma era sempre meglio che niente, così mi dipinsi un bel sorriso e lui ne sembrò soddisfatto.
– Il tuo popolo ti ha detto qualcosa riguardo alle abilità di un Drago o altro?
– No, finché non si diventava maggiorenni è impossibile, nessuno può insegnarti nulla. – Risposi.
– Dunque io sono il primo Drago che hai visto trasformato?
– No, ho visto anche mio nonno. – Dissi.
– Lui e basta? – Annuii. – Ci sarà molto lavoro da fare … – Sospirò. – Innanzitutto devi comprendere una cosa che mai più dovrai scordare: il tuo vero corpo non è questo, bensì quello da Drago. Tu sei un Drago, non un umano, non un altro essere … un Drago. Devi dunque sapere che c'era un'epoca in cui i Draghi vivevano da Draghi fin da quando erano bambini, non potevano trasformarsi, erano Draghi e Draghi restavano. Tuttavia, dopo che i Domatori cominciarono a catturare molti di noi, il nostro numero diventò sempre minore poiché un Domatore non permetteva ai suoi Draghi di avere figli e di proseguire la specie. Inoltre chi veniva catturato era trattato crudelmente e questo spaventava tutti noi. Fu il Re dei Draghi, che oggi non esiste più, a pensare ad una via d'uscita. Credeva fermamente che se noi avessimo avuto un aspetto simile a quello dei Domatori o loro, reputandoci loro pari, non ci avrebbero più trattato con crudeltà, o non riconoscendo differenze tra noi, saremmo riusciti a passare inosservati. Così un gruppo formato dai quattro Re delle Specie e dal Re del Cielo fece in modo di inventare una magia che ci consentisse di sopravvivere e dunque di trasformarci in umani. I Domatori non smisero di cacciarci, tuttavia, la difficoltà che ebbero nei primi anni a riconoscerci fece in modo che la pratica di avere aspetti umani si diffondesse a tal punto tanto che i bambini nascevano sotto questa forma. Dunque, senza saperlo, chiunque di noi usa la magia, ciò che va insegnato è come liberarsene ed usarla poi consciamente.
– Come è possibile che i bambini usino la magia senza saperlo? – Domandai.
– Vedi, gli Antichi Re che inventarono la magia sacrificarono loro stessi per far si che tutti i Draghi fossero come “maledetti”, una maledizione buona però e questo mi sembra ovvio. – Si avvicinò. – Ogni Drago è una fonte di magia, senza esserne conscio, ma siamo creature magiche ed è il nostro corpo la magia stessa. Nel momento in cui quegli uomini diedero il loro sangue per proteggerci la magia in loro si sprigionò completamente e la “maledizione” cadde su di noi. Erano grandi Draghi tutti e cinque e grande di conseguenza era la loro magia, tanto che perdura fino ad oggi. – Spiegò. – All'inizio forse la nostra completa trasformazione in due corpi poteva essere evitata se ogni Drago avrebbe combattuto contro la magia restando del proprio aspetto la maggior parte del tempo, ma essa oggi è talmente parte di noi che viene applicata dai nostri corpi in modo inconscio. Noi dunque dobbiamo fare in modo che essa diventi conscia, ritrovare nel nostro animo il Drago assopito, il vero corpo, ciò che siamo. In questo modo riusciremo a battere la magia. – Sorrise.
– E c'è un percorso preciso? – Chiesi.
– Non qualcosa di preciso, ma ci sono delle indicazioni base che si dovrebbero seguire, dei modi utili per riuscirci. – Concluse. – Il primo passo è parlare come un Drago. Riscoperta la voce potrò insegnarti la nostra lingua.
– E cosa devo fare?
– Come sei impaziente, giovane Drago, tutto a suo tempo. – Si sedette a terra ed incrociò le gambe. Io feci lo stesso sapendo che probabilmente non serviva tutto il corpo per parlare. – Ti farò sentire la mia voce così che tu abbia un'idea di come deve suonare. Cerca di imitarmi. – Fissandomi dritto negli occhi emise degli strani suoni, a metà tra ruggiti e una voce quasi umana, come il rumore di un sasso che cade in un secchio di metallo. – Prova tu ora. – Disse. Certo non mi aveva dato molte indicazioni.
– Ora provo. – Mi concentrai, non lo nego, molto affondo, ma, come facilmente si può credere, fallii miseramente cercando di emettere qualcosa di simile, in breve starnazzai con la mia voce umana dei gracidii sconnessi e senza molto senso.
– No, direi di no. – Mi interruppe lui ridendo a crepapelle. Non era quello che si potrebbe definire un “maestro incoraggiante” e di certo le sue risate mi misero tanto in imbarazzo che con difficoltà ci avrei riprovato presto. Sollevò poi lo guardo e lo rivolse alle mie spalle smettendo di ridere, come se avesse visto qualcosa che non si aspettava di vedere. Mi voltai per capire cosa stesse osservando e Jethro si avvicinava. Senza dire una parola si sedette accanto a noi. Mi guardò con i suoi occhi rossi scuri ed ebbi un tuffo al cuore. – Molto piacere di conoscervi, il mio nome è Ishmael. – Si presentò il Drago dagli occhi gialli senza attendere che fosse l'intruso a parlare.
– Salute a voi, lieto di incontrarvi e di parlarvi, il mio nome è Jethro. – Rispose con la sua voce profonda il mio amico. – Vorrei chiedere di assistere. Umilmente mi dispiaccio di dover arrecare a voi disturbo per questo ragazzo visto che io non posso addestrarlo completamente, tuttavia chiedo di aiutare fin dove posso. – Aggiunse con sguardo basso.
– Sono lieto di accettare il vostro aiuto, ma, se non sono scortese, in che modo vi è impedito addestrarlo? – Jethro lo guardò severo e Ishmael sembrò come infatuato. Senza dubbio il Drago della Terra dei Vulcani aveva un aspetto affascinante quanto spaventoso.
– Quando io ed il mio Domatore siamo stati costretti a fuggire poiché Doppi, una mia ala è stata ferita. Eravamo in pericolo di vita entrambi, quando Yorick ed il suo Drago ci hanno portati in salvo. La mia padrona è sempre stata in debito con lui, ed anche io lo sono, se lui non mi avesse asportato l'ala per intero sarei morto per l'infezione. – Le mani di Jethro si strinsero. – Senza di lui sarei morto ed anche Wren. Ma non posso addestrare questo ragazzo poiché per me è impossibile volare ancora. – Lo guardavo senza parole, non avrei mai immaginato una storia così. Nemmeno Nowell doveva conoscere la verità. Il debito che Yorick doveva riscuotere, quello che Wren doveva ripagare, il debito di una vita.
– Sarò lieto di avere un consulente tanto illustre. – Disse Ishmael inchinandosi profondamente, Jethro lo seguì, ma, essendo più anziano, si abbassò meno. Entrambi poi si rivolsero a me. Ero felice che Jethro mi avrebbe accompagnato, ora ero molto più tranquillo.
– Se posso darti un consiglio ti direi di non pensare al suono, alla voce o a qualsiasi altra cosa per cui tu ti debba impegnare, pensa a qualcosa che vuoi dire, pensaci profondamente e poi dillo nel modo che ti sembra più naturale, non importa se non ha senso, dillo e basta. – Mi spiegò il Drago dagli occhi rossi e Ishmael sembrava rapito dalle sue parole tanto quanto me. Ero determinato a fare come lui mi suggeriva.
Presi un respiro profondo e chiusi gli occhi. Le mani erano strette sopra le mie gambe e la mia mente pensò a qualcosa da dire, qualcosa che avrei voluto dire ma che solo pochi avrebbero dovuto sentire, qualcosa che andava solo sussurrato, consciamente mio il pensiero più nascosto. Presi un altro respiro e poi, senza aver paura di dire la cosa sbagliata, di dirlo con le vere parole o di non dire nulla, lasciai che la mia voce danzasse con il vento che l'aria conducesse il vibrare della mia gola e il movimento della mia lingua. La natura insegnava ed io imparavo. In un attimo qualcosa si creò, dalle mie labbra usciva il suono che desideravo uscisse e nel vento si perdeva la mia voce come il canto del Cielo. Senza accorgermi dissi ciò che dovevo dire nel modo migliore in cui potevo farlo.
– Sì, bravo. – Concluse Jethro guardandomi con un dolce sorriso una volta che ebbi riaperto gli occhi. Ishmael era immobile e stupito, restava fermo a bocca aperta come se avesse sentito il mondo parlare attraverso la mia voce e, per la prima volta, l'aveva compreso. – Ora cerca di capire, ascolta con attenzione e cerca di comprendere chiaramente le mie parole. Non affannarti, concentrati solo sulla mia voce e poi rispondimi. – Disse calmo. Poi, prendendo fiato, cominciò a parlare. La voce di Jethro era così diversa da quella di Ishmael, era come il rumore di un fuoco scoppiettante, una fiammella calda che fluttuava e ondeggiava nel vento più calmo e placida bruciava il legno, si alzava e si abbassava al mutare dell'aria. Calda ed incredibilmente avvolgente, un manto d'erba fresco ed un fuoco che sale. – Segui la mia voce, giovane Drago, il vento si alzerà insieme alla tua quando mi risponderai. – Disse.
E dunque io, naturalmente risposi: – Sento la tua voce, amico mio, e con gioia la seguo. – Detta l'ultima parola, come lui aveva predetto, una forte folata di vento mi invase i vestiti, dovetti chiudere gli occhi per l'aria che si scatenò addosso a noi, come una frusta ci colpì e dovetti coprirmi il capo fino a quando la voce di Ishmael non parlò in modo diverso da come aveva fatto prima.
– Calma, vento … – Disse ed ora il suo tono era simile ad una foglia accartocciata che si stendeva e si piegava persa nel cielo e nella caduta. Appena glielo ordinò l'aria svanì ed io riuscì a guardare entrambi i miei maestri.
– Sei stato molto bravo, giovane Drago. – Si complimentò con me Jethro che sorrideva felice.
– Una voce così perfetta, mai sentita, nemmeno tra gli abitanti delle montagne, nemmeno tra tutti quelli che ho incontrato, sembrava neve … anzi la neve non ha un così bel rumore! – Ishmael era sovreccitato, non riusciva a credere alle proprie orecchie, eppure alle mie non avevo parlato in modo diverso o così straordinario.
– Invece voi come parlate, Ishmael? – Lo interruppe Jethro. Il suo entusiasmo si spense e tornò calmo.
– Oh, io vedete … – Cominciò. – … sono figlio di due meticci, mio padre dal mare e dalla terra, mia madre dal fuoco e dall'aria solo per un ottavo, tuttavia posso parlare tutte e quattro le lingue, anche se quella del vento mi viene poco bene. – Spiegò.
– Capisco. – Concluse l'altro.
– Ma voi, Jethro, siete un Drago del Fuoco, eppure non ho mai sentito una voce così chiara e limpida. – Lui sorrise.
– Sì, mia madre e mio padre erano entrambi puri di sangue da molte generazioni, dunque anche io lo sono. – Ridacchiarono tra loro. – Direi che dovremmo darci del tu, sarebbe fastidioso continuare con il voi.
– Sì, sono d'accordo. – Si inchinarono ancora uno verso l'altro e poi cominciarono a parlarsi in modo più colloquiale.
– Ma ciò che ora mi interessa è sapere da che famiglia vieni tu, giovane Drago, hai una voce tanto bella che credo sia impossibile pensare possa nascere da sola. Anche tu sei puro sangue? – Mi domandò Ishmael. Stavo per rispondere che non avevo idea di cosa significasse, quando Nowell mi chiamò. Mi alzai vedendolo mentre si avvicinava. Anche gli altri due Draghi si misero in piedi.
– Nivek … – I suoi occhi andarono in direzione di Jethro e quando lo fecero il suo viso mutò e non sembrava più tanto felice. – Cos'è una conferenza? Se non dovevamo fare tutta questa strada per farlo addestrare, Jethro, sarei stato felice tu me l'avessi detto prima. – Lo freddò il Solitario. – Yorick te l'ha chiesto, vero? È lui che ti vuole qui, giusto?
– Nowell … – Lo chiamai nel tentativo di calmarlo. – Vuole solo aiutare …
– Poteva aiutare prima di farci fare tutta questa strada, non credi? – Mi rispose duro.
– Ehi, cosa succede? – Domandò Yorick che era uscito all'alba e stava tornando dal campo aperto.
– Sei tu che l'hai messo qui a controllare, vero, Mezzo Morto?! – Lo accusò subito Nowell.
– Come, scusa? – Chiese il Cacciatore completamente preso alla sprovvista. – Non so di cosa tu stia parlando.
– Certo … ovvio … – Disse con sarcasmo il Solitario. Sospirò seccato. – Prova ad intrometterti di nuovo, Cacciatore, che giuro ordinerò al mio Drago di non parlarti mai più o di considerarti o anche solo di far finta che tu esista. – Lo minacciò.
– Stai sbagliando, io non ho fatto nulla e se tu lo credi allora ben presto troverai qualcos'altro che ti permetterà di dare quell'ordine. – Lo affrontò allora Yorick preso sul personale. – Sei ossessionato. – Nowell scoppiò in una risata di scherno.
– Non sono ossessionato, è da quando ho posato i miei occhi su di lui che tu mi metti i bastoni tra le ruote!
– Sbagli di nuovo, ragazzo, non è mia intenzione causare problemi a Nivek e lui ha deciso di stare con te, per questo e solo per questo non ho più alcun interesse a dividervi. – Concluse deciso il Cacciatore.
– Nowell. – Mi rivolsi allora io a lui, questa volta più sicuro. – Jethro non è stato mandato qui da Yorick, stai prendendo un abbaglio, mi sta aiutando ad imparare, e lo è molto. – Spiegai nel tentativo di farlo rinsavire.
– Allora perché non è stato “molto d'aiuto” prima di farci partire?! – Mi afferrò un braccio. – Te lo ripeto, se ancora difenderai questo Mezzo Morto, io non potrò fare a meno di …
Non riusciva a capire, perché per lui era così difficile? Io non volevo tradirlo. Io non volevo abbandonarlo. Io non volevo andarmene. – Basta. – Dissi feroce con la mia voce di Drago. Un forte vento si scagliò su Nowell e me, lui si coprì il viso con le orecchie assordate dal suono dell'aria che vorticava. Presi un respiro profondo cercando di calmarmi e tutto tornò normale. Lo sguardo del mio Domatore allora si rivolse a me. – Scusa, non volevo … – Sussurrai.
– E questo … che cosa … – Continuò sconnessamente Nowell.
– Se posso, signore. – Intervenne allora Ishmael pronto ad illustrare ogni cosa. Io dal canto mio ero ancora scosso. – Il primo passo per riuscire a prendere possesso del proprio vero corpo è la voce, contro ogni mia più rosea aspettativa il giovane Drago riesce già a dire qualche parola nella sua lingua con la sua voce, e posso con sicurezza affermare che è un Drago delle Montagne, la sua voce, come avrà senza subbio notato, scatena il vento, e, con mio grande stupore, riesce anche a metterlo a tacere, prima ho dovuto farlo io. Dunque, essendo un Drago d'Aria, sarà sicuramente …
– E gli occhi verdi? – Chiese il Solitario avendo ormai riacquistato la calma e mostrando dunque, ancora una volta, che ero io a non capire una parola di quello che Ishmael diceva.
– Non credo, signore, che, parlando così perfettamente la lingua dell'aria, il Drago sia anche in grado di parlare una seconda lingua. – Rispose. La mano di Nowell lasciò il mio braccio.
– Capisco. – Concluse guardandomi pensieroso e, così mi parve, un po' deluso.
– Se posso, Nowell … – Intervenne allora Jethro. – … parlare bene quanto lui una lingua è di per sé più raro e più auspicabile che parlarne male molte. Non ho nemmeno io una voce così chiara e limpida, io che, come ben sai, sono un puro sangue di molte dinastie. Il ragazzo è qualcosa di unico, la sua voce riesce, sebbene ancora molto incerta e per nulla sotto il suo controllo, a scatenare una tale potenza che credo nessun altro ne sia in grado. – Il Domatore allora annuì.
– Allora vi lascio continuare, parleremo questa sera. – Fece per voltarsi ed andarsene, ma io mi avvicinai a lui.
– Nowell. – Si voltò un po' indispettito. – C'è qualcosa che …
– Secondo me … – Intervenne Yorick interrompendomi. – … dovresti assistere all'addestramento. – Consigliò. – Il mio Drago era dell'aria e amano quando ci si prende cura di loro. – Senza aggiungere alto proseguì in direzione delle tende canticchiando. Il Solitario gli rivolse un ghigno disgustato che mi fece quasi ridere. Si voltò e guardò noi tutti.
– Se il Cacciatore lo dice, allora sarà meglio dargli ascolto. – Concluse. Ero sicuro lo faceva più per ripicca che per un vero interessamento.
– Bene, dunque torniamo a lavoro. – Ishmael sembrava l'unico veramente indifferente a tutta la discussione. Tornammo seduti con Nowell al mio fianco. Ero molto più in soggezione con la sua presenza, avevo paura di deluderlo. – Proviamo a proseguire con il metodo di Jethro e vedere se riesci a prendere sembianze. – Disse allora il Drago dagli occhi gialli. Allungò una mano davanti a se e rigirandola su se stessa essa cominciò a diventare squamosa per poi tornare normale.
Fu poi Jethro ad intervenire. – Se vuoi una dritta non pensare alla mano che cambia, ma, come prima, immagina di dover fare qualcosa di molto naturale, la mano che diventa ruvida e senza tensione. – Pronto allungai davanti a me la mano. Mi concentrai a fondo, ma, rigirandola su se stessa, non avvenne nulla. – Non preoccuparti, per il primo giorno è già molto avanzato. Provaci ancora. – Mi incoraggio. Ci provai ancora, ed ancora, ed ancora, tanto che dopo un'ora buona non ero riuscito a fare nulla, la mia mano, di fatto, non aveva nemmeno cacciato fuori una singola squama. Inoltre, mentre i due Draghi sembravano comprensivi e continuavano a farmi coraggio, Nowell, me lo sentivo, si sarebbe alzato e mi avrebbe abbandonato lì da un momento all'altro se non fosse avvenuto qualcosa di estremamente entusiasmante. Sospirai furioso.
– Non funziona. Così non funziona!
– Ci pensi troppo. – Mi rassicurò ancora il Drago dagli occhi rossi. Mi afferrai la mano e la strinsi in preda all'ira di non farcela e poi ebbi un'idea. Tesi la mano davanti a me e, siccome doveva diventare ruvida, cominciai ad accarezzare il dorso.
– Dovresti fare come ti dicono … – Borbottò il Domatore sbadigliando.
– No, lascialo fare. – Lo azzittì allora Jethro. Il dorso era liscio e sabbioso, come una stoffa lavorata finemente. Cominciai a pensare al ruvido, quello delle cortecce degli alberi, quello dei sassi, ruvido e duro, ruvido come la terra. Ruvido. E, contro ogni mia aspettativa, divenni ruvido. Aprii gli occhi e la mia mano era completamente coperta di squame di uno strano colore azzurro, ma anche verde, scintillavano al sole e sembravano pezzi di cielo attaccati al mio corpo. Un sorriso mi si aprì sul viso come se fossi riuscito ad ottenere il più alto dei traguardi. – Molto bravo, giovane Drago! – Mi voltai verso Nowell che immobile e, finalmente, estasiato fissava la scena.
– Fantastico … – Mormorò senza avere il coraggio di toccarmi la mano. Ridacchiai e, non appena tolsi le dita dal dorso, tornai normale spegnendo l'entusiasmo di tutti.
– Sei stato bravissimo. – Intervenne allora Ishmael riportando la mia attenzione non sul fallimento finale ma sulla riuscita iniziale. – In pochi giorni, vedrai, imparerai a trasformarti completamente, e nel giro di alcune settimane, se continui così, sarai anche in grado di volare. – Si alzò. – Ora io devo andare, Wardell deve recarsi in città ed ha bisogno di me, ci vedremo questa sera, continua ad esercitarti. – Mi alzai anche io seguito dagli altri.
– Grazie mille, Ishmael. – Mi inchinai e lui ridacchiò.
– Sì … apprezzo la tua gratitudine. – Si inchinò anche lui prima a me e dunque a Jethro. Poggiandomi una mano sulla spalla, si diresse poi verso le tende.
– Dunque per oggi abbiamo finito? – Chiese Nowell.
– Se ne hai voglia, giovane Drago, possiamo continuare con la parola. – Mi propose il Drago dagli occhi rossi ed io, che ero molto sovreccitato dall'aver visto per la prima volta il colore delle mie squame, non potevo negarmi. Così restammo seduti lì fuori e lui cominciò ad insegnarmi le parole, il modo che un Drago usa per salutare, per presentarsi, come tratta un altro Drago. Come se per la prima volta facessi parte di quel popolo, cominciai a sentirmi fiero e finalmente cosciente dell'importanza del mio ruolo, di quale bellezza e nobiltà aveva la mia specie. Guardando il viso di Jethro non potevo non leggere tra le pieghe della sua pelle quell'antico onore ed orgoglio che lui aveva conservato più gelosamente che poteva, custodito nel suo cuore, il sapore di libertà ancora gli bagnava la lingua e non potevo non vederla luccicare dal fondo dei suoi occhi. Chissà quanti voli solitari aveva compiuto con le sue grandi ali. Chissà quanto vento aveva sfiorato con quelle sue mani calde. Chissà quanti sogni, quanta fierezza doveva avere un Drago nato e vissuto in una famiglia prestigiosa, purosangue, onorata e quasi venerata. Chissà come doveva esser stato terribile perdere ogni cosa velocemente, trovarsi con la faccia nel fango ad essere schiavo, animale e strumento di qualcuno, dover sopportare quell'affronto. Per me, che mai nella mia vita mi ero sentito importante, non era stato così difficile, ma per un uomo come Jethro, con la sua nobiltà, forza e gentilezza, vedersi tolto il mondo e riconsegnate catene doveva essere stato terribile, orrendamente spaventoso. Chissà quanto aveva volato con quelle sue ali, eppure lì, con il viso chino e la voce di un angelo cantava note di fiamma, lodava il Cielo che non poteva più toccare, soffiava fuoco che sembrava danzare felice. Chissà quanto vento aveva sfiorato con quelle sue mani calde, eppure lì fermo, con le dita strette, non avrebbe mai più sognato come così meravigliosamente aveva fatto da giovane.
Il sole da alto nel cielo tornò in basso verso la terra scurendosi. La voce del mio maestro vibrava per tutta l'aria, come il fluttuare di una foglia diffondeva la nota calda che si spandeva come burro nel Cielo. Ispirato seguii il suo canto e il vento intorno a noi cominciò a soffiare lento, ci avvolgeva come una coperta e si sollevava, si alzava in alto e volava portando le nostre voci fino al sole che abbandonava il giorno. Non so dire perché ma i pensieri svuotarono la mia testa, la abbandonarono tutti, e rimasi solo con la voce di Jethro che mi sussurrava nell'orecchio calde parole. Non avrei mai pensato che saper parlare fosse una dote tanto unica e così eccezionalmente piacevole da poter perfino cambiare il proprio umore. Il nostro canto, perdendosi nell'ultima sillaba, sfumò piano, lentamente lasciò andare lontano il vento e l'aria e poi si spense, si acquietò come se una manciata di terra ci fosse caduta sopra. Il mio maestro sorrise ed anche io ero felice di quel che avevo imparato. Ci guardammo senza riuscire a ricominciare a parlare con le nostre voci da umani, poi lui mi posò una mano sulla spalla e si aiutò ad alzarsi. Mi misi in piedi e vidi i suoi occhi rivolti in alto, forse dove il nostro discorso era giunto. – Sono davvero onorato di aver parlato con te, giovane Drago, era da molto che non lo facevo e sono molto felice. – Disse con un tono di voce calmo, ma, conoscendo ormai bene la sua voce potevo sentirlo con chiarezza, commosso.
– Anche io ne sono onorato … – Sussurrai senza essere sicuro di cosa dovessi dire.
– Meglio che torniamo indietro, Nowell ormai sarà stanco di aspettare. – Annuii. Con fatica mi sarei ricondotto fino alle tende. In quel campo ogni preoccupazione era svanita per lasciare il posto alla felicità, alla gioia di essere finalmente qualcuno, parte integrante di qualcosa. Nowell, d'altro canto, essendo un Domatore, non poteva capire, si era annoiato a sentirci parlare ed era tornato indietro prima che il sole giungesse in cima al cielo. Per me tutto era bellissimo, ai miei occhi quello non era il mezzo per qualcosa di grande, ma era, da solo, qualcosa di enorme che credevo di non ricevere mai. Jethro mi stava facendo un regalo ed io ero così fortunato da poterlo ricevere.
– Ishmael e Wardell sono tornati secondo te? – Chiesi mentre ancora camminavamo verso le nostre tende una vicina all'altra.
– Sì, penso di sì … – Rispose come ricordandosene solo in quel momento.
– Ma allora perché non è venuto a continuare l'addestramento?
– Non credo che Wardell possa lasciargli tutto questo tempo libero … – Disse il Drago ancora incerto. Nemmeno lui, arrivai a questa conclusione, aveva idea di cosa succedesse tra Ishmael ed il suo Domatore, però era certo che anche lui notava qualcosa di strano.
Fuori dalle nostre tende i Domatori di entrambi ci aspettavano. Wren, quando vide Jethro, si alzò e lo andò ad abbracciare per poi portarlo nella loro tenda. Nowell mi aspettò seduto. Aveva tra le mani una ciotola con del brodo caldo e su un tovagliolo steso a terra era appoggiato del pane. Sorrisi riconoscente quando, sedendomi al suo fianco, mi porse la mia cena. – Immagino che abbiate fatto molta pratica. – Disse sdraiandosi lì fuori vicino al fuoco acceso.
– Sì, è stata davvero una giornata fantastica. – Confermai ancora febbricitante.
– Sono felice. – Sussurrò con voce assonnata. – Tutti i Draghi venivano a guardati, te ne sei accorto?
– Come?
– Tutti i Draghi venivano a vedere di chi fosse la voce, tutti si muovevano isterici per scoprirlo, ho perfino sentito Shiloh dire che una voce così non l'aveva mai ascoltata e che ringraziava di essere vissuto tanto. Credo che tu non possa essere un semplice Drago delle Montagne, forse qualcuno della tua famiglia … insomma … – Lo guardai.
– Non so cosa tu voglia scoprire sulla mia famiglia, Nowell, tutto ciò che so te l'ho detto e sinceramente non credo ci sia molto più da sapere, non voglio sapere altro. – Sospirò e si sollevò.
– Non capisci? Non sei come Jethro o come Shiloh, nemmeno come Ishmael, che tra i Draghi di tutto il mondo è temuto e rispettato poiché lui parla le quattro le lingue, non sei nemmeno come lui, nessuno sa cosa tu sia. Comprendi anche tu che senza sapere con certezza le tue qualità è come se noi stessimo addestrando un lupo credendo che sia un cane? Potresti …
– Se fossi stato così diverso e, così come mi sembra che tu credi, migliore o più forte di tutti gli altri Draghi, non credi che se fossi stato qualcosa di cui andare fieri mio nonno non mi avrebbe emarginato, non mi avrebbe proibito di diventare un Drago?
– È proprio questo che intendo, non sappiamo nulla. Potresti essere il più forte di tutti i Draghi, il più temibile, oppure …
– … oppure no. – Tagliai corto io. Lui sospirò irato.
– Se vuoi essere cieco allora sei libero di esserlo, ma io non permetterò che qualcosa di te vada sprecato. – Mi guardò e sorrise leggermente. – Pensi davvero che se fossi un Drago dalle povere capacità qualcuno avrebbe voluto ascoltare la tua voce? La voce di un Drago è ciò che lo distingue, ciò che esprime quale è il suo grado sociale. Jethro è un purosangue e lui stesso dice di non aver mai sentito una voce come la tua. Perfino uno stupido capirebbe che non è una cosa insulsa o da tutti. – Lo stomaco mi si era chiuso tutto insieme, accartocciato come un foglio di carta e non riuscii più a mandar giù un solo boccone. Io non volevo essere un esemplare raro o, peggio ancora, diverso, io volevo semplicemente essere parte di quella specie, vivere, muovermi e comportarmi come chiunque di loro. Quando finalmente mi era sembrato di aver trovato un luogo, ancora una volta ne venivo lanciato fuori e non potevo mangiare sapendo che ancora la gente mi avrebbe guardato e di me avrebbe parlato.
Poggiai la ciotola a terra e mi mordicchiai un labbro pensando all'orrenda sorte. – Non per forza dev'essere una cosa negativa … – Disse Nowell poggiandomi una mano sulla spalla. Lui sapeva bene che non era vero. – Potrebbe essere …
– Non te lo permetterò! – La voce di Shiloh con un ruggito squarciò l'aria e fermò le parole del Solitario. – Dovrai passare sul mio cadavere prima di potermi fare questo affronto! Mai! Mai! Mai sarò così tanto umiliato! Non te lo permetterò! Piuttosto ti ucciderò con queste mie stesse mani! – Il suono veniva chiaramente da dietro il gruppo di tende alle nostre spalle. Entrambi, essendo quella voce troppo spaventosa, restammo in un silenzio di tomba.
– Padre … – Mormorò Ishmael lentamente e così sommessamente che facevo fatica a sentirlo bene. – … potrebbe non essermi data scelta.
– Allora piuttosto che lasciarti obbedire ti ucciderò! Mai! Mai avverrà! – Lo incalzò il vecchio Drago.
– Siete irragionevole, entrambi non potremmo far altro che obbedire. – Rispose quello dagli occhi gialli con una malinconia ed una tristezza che credevo mi si spezzasse il cuore soltanto a sentire quel singolo rumore di nuovo. Sentii che Shiloh afferrava l'uomo.
– Piuttosto che dargli anche questo … Piuttosto che consentire una cosa del genere … – Prese un respiro tremolante. – Se lui decidesse di farlo tutti noi saremo in pericolo, tutti noi ci troveremo alla mercé del mondo e tu, figlio mio, non saresti più nemmeno un Drago. – Nowell si sollevò di scatto, si mise dritto distraendo completamente la mia attenzione. Mi voltai.
– Non dovremmo ascoltare. Basta. – Disse secco irritato e contrariato. – Andiamo a dormire. – Tagliò corto infilandosi nella nostra tenda. Cercai ancora di sentire la voce di Ishmael che rispondeva al padre, ma le mie orecchie non furono più in grado di raggiungerli, così mi alzai e seguii il mio Domatore. Forse aveva ragione, non avremmo dovuto ascoltare. Però, seppur sapevo che non erano affari miei, la voce di Ishmael era così triste che non sarei riuscito a pensare ad altro nemmeno volendo. Capivo da solo che qualcosa di brutto stava succedendo, con mio grande rammarico però non potevo far altro che attendere il fatto. Non sarei stato di alcun aiuto a Ishmael, ma, ed ora me ne accorgo più che mai ripensandoci, avrei tanto voluto esserlo.

Ishmael e Wardell sono davvero ciò che Nivek ha pensato? E se sì perché Nowell non lo accetta? 
Il mondo nuovo in cui Nivek si è appena trovato si è mostrato lui ora più profondamente e sempre più scopre che in esso amare è molto difficile.
Grazie ancora a tutti, ormai la parte volge al termine e mancano solo pochi capitoli alla sua fine! Spero che seguirete la storia anche nel suo futuro.
Iwon Lyme

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Capitolo 10
*** Il Silenzio del Drago - Parte X ***


Eccoci pronti per un nuovo capitolo! Il volo del giovane Drago ormai è sempre più vicino.
 
Il Silenzio del Drago - Parte X

Mi svegliai presto il mattino dopo e, senza indugiare molto accanto al mio Domatore, uscii per prendere una boccata d'aria fresca. Certo non immaginavo che fuori dalla mia tenda avrei trovato una folla. In realtà non era molta gente, ma il poco spazio era talmente pieno che mi sembrarono migliaia. Così la prima cosa che feci quel mattino fu sbadigliare rumorosamente davanti ad un gruppo numeroso di Draghi, non proprio uno spettacolo piacevole. Voi penserete chissà per chi si erano riunite tutte quelle persone ed, ebbene, perfino io credevo che l'origine fosse altra e ben lungi da me, cosa che, infine, non fu. Loro si erano raccolti lì proprio per vedermi, vedere me, parlare con me e tutti, sconnessamente e senza alcun senso, cominciarono a parlarmi con le loro voci di Drago tanto che la terra, visto che molti di loro avevano una voce di quella specie, cominciò a tremare. Tutti si svegliarono, ovviamente. Per quanto parlavano forte ed uno sopra l'altro non riuscivo a capire quello che tentavano di dirmi ma sciamavano come un gruppo di api impazzito. Il primo a precipitarsi fuori dalla propria tenda fu Nowell seguito immediatamente da Yorick. Entrambi erano senza parole. Jethro poi fece capolino da quella opposta alla nostra. Infine, da dietro la folla, arrivarono Ishmael e Shiloh. Ishmael era impossibile non vederlo, era il più alto di tutti e spiccava con la sua eleganza tra molti. Per ultimo nemmeno Wardell tardò ad arrivare e lui sembrava molto infuriato e, senza dubbio, stupito e scosso. Ordinò singolarmente ad ogni Drago di andarsene, uno alla volta, chiamandoli per nome con ira, questi si dispersero controvoglia continuando a borbottare. Dunque ci trovammo solo noi in quello spiazzo che era sembrato così piccolo ed allo stesso tempo grande. Ci guardavamo e nessuno, credetemi soprattutto io, sapeva cosa pensare.
– Cosa diavolo significa, Wardell? – Chiese Yorick alle mie spalle facendosi avanti. – Cosa blateravano?
Il Domatore provò a spiegare: – Non ne ho idea, non hanno mai fatto così con nessuno, io …
– Di fatto è un'antica leggenda. – Lo interruppe però Shiloh che, invece, sembrava saperla lunga. – Le loro voci acclamavano il Re. – Tutti si azzittirono e nessuno credeva di aver capito bene quello che il vecchio Drago andava dicendo. – Hanno sentito la tua voce, giovane Drago, immaginano che nessuno se non un Drago della famiglia reale possa avere una tale voce. – La cosa mi sembrava assurda. – Ma la famiglia reale è estinta fin da quando i Draghi divennero uomini per la prima volta ed eravamo vere e magnifiche creature, fin da quando la nostra magia era qualcosa di tanto potente che nessun Domatore sarebbe riuscito a sottometterci facilmente. – Prese un respiro profondo e fece un passo avanti. – Loro salutavano il Re con l'antico saluto di noi Draghi per il nostro sovrano … – Si portò un pugno al petto e chinò il capo. – … Signore del Cielo, Re del Vento, accetta la fedeltà di un umile servitore. – Sia Jethro sia Ishmael seguirono il vecchio Drago dicendo, ognuno con la propria voce, le stesse parole.
– Intendi dire, Shiloh, che dunque il Drago di Nowell è di sangue reale? – Intervenne allora Wardell in modo deciso non consentendogli di non rispondere.
– Che il mio Domatore mi perdoni, ma non so rispondere a questa domanda, il mio padrone governa il mio animo, questo è innegabile, ma nemmeno in esso, che è vecchio e saggio, vie è la risposta se questo ragazzo sia di sangue reale o meno, poiché poco conosciamo della specie dei purosangue che vivono sulle montagne ed ancora meno conosco sulla famiglia reale di un tempo così lontano. Potrebbe essere, per quanto ne sappiamo, un purosangue o un Re. Ma i reali si sono estinti molto tempo fa e questo è certamente da considerare. – Rispose piano e preciso.
– E se non fossi né una né l'altra cosa? – Intervenni io allora. Shiloh mi guardò con rispetto e reverenza.
– Troppe sono le coincidenze e una sola la prova, la voce del giovane Drago è così melodiosa e così unica che per forza deve possedere un'origine alta e prestigiosa. – Mi disse quasi come se gli fosse impossibile non rispondere anche a me.
– E per quanto riguarda le coincidenze? – Chiese Nowell facendosi avanti.
– Coincidenze? Coloro che facevano parte della famiglia reale erano abili nell'arte del vento, da qui il nome “Signore del Cielo” e “Re del Vento”. – Tagliò corto.
– Hai detto che erano troppe, vecchio Drago, non tenterai di nascondere qualcosa. – Inveì brusco il Cacciatore.
– Gli occhi … – Mormorò Jethro e tutti ci voltammo allora verso di lui. Se ne accorse e divenne titubante, ma sicuro finì ciò che aveva cominciato: – Una leggenda tra la mia gente, vecchia di molti anni, diceva che coloro che facevano parte della famiglia reale erano molto legati alle montagne e lì gli piaceva vivere ed avere figli, erano in realtà poco avvezzi alla guerra ed ancor meno al girovagare. Tuttavia si dice che, come tra i Domatori a volte nasceva il Domatore Perfetto, colui che i Draghi chiamano il Perfetto Uccisore, così solo nella famiglia reale dei Draghi a volte nasceva un erede, un unico erede maschio che, nato in momenti di discordia e grande avversità, era chiamato il Lungo Sguardo, poiché i suoi occhi non erano azzurri come il cielo che i suoi predecessori amavano tanto guardare, ma bensì, essendo lui di animo intraprendente e forte, dello stesso colore dell'orizzonte che lui, così tanto, voleva seguire, verdi, come il mare che dalle montagne è difficile scorgere. Il Lungo Sguardo era ritenuto un buon presagio esattamente come per i Domatori lo era il Perfetto Uccisore, diciamo che, nella logica, essi sono l'esatto opposto. – La mano di Nowell tremava furiosa stretta tra sé. Nessuno sembrava felice delle parole del Drago dagli occhi rossi, nemmeno lui che le aveva pronunciate ed ora mi guardava afflitto e rammaricato.
– Cosa significa “Lungo Sguardo”? Ha qualche potere? Qualcosa di diverso da un Drago? – Lo tempestò di domande il Solitario.
– No, in realtà … – Rispose Jethro in un sussurro. – … ma come ha detto Shiloh bisogna ricordare che la famiglia reale è estinta, scomparsa da generazioni e generazioni, anzi, probabilmente nemmeno le leggende sono più accurate.
– Non dire sciocchezze, Drago, non credere che siamo stupidi. – Lo interruppe feroce Wardell. – I Draghi hanno la memoria migliore dell'intero mondo, se le loro leggende cominciassero ad essere false allora nessuna cosa raccontata sarebbe credibile. – Lo freddò. – Ma è anche vero che se i Draghi sostengono che la famiglia reale è ormai estinta, e Shiloh l'ha fatto sotto mio ordine, allora deve per forza essere vero.
– Vero per loro. – Lo corresse Nowell. – Ma per quanto ne sappiamo sulle montagne potrebbe esserci … insomma … – Sospirò e si passò una mano tra i capelli ormai esasperato. Si voltò a guardarmi con occhi pieni di frustrazione. – Tu ed Ishmael dovete continuare l'addestramento, andate e basta. – Concluse tornando nella tenda. Io guardai Ishmael che fece un cenno con il capo. Entrambi, seguiti da Jethro, lasciammo gli altri Domatori ed il vecchio Drago a rimuginare su quegli assurdi sospetti. I miei passi erano seguiti con interesse da tutti gli altri Draghi nell'accampamento, ma Wardell irato li costrinse a non guardarmi.
Ci portammo verso il campo aperto ed il Drago dagli occhi rossi si coprì il viso con una mano arricciandosi su se stesso non appena fu lontano da altri sguardi oltre ai nostri. – Non avrei dovuto parlare! Non avrei assolutamente dovuto, ma ormai l'avevo fatto … – Sospirò furioso. Tirò un calcio ad una zolla di terra e si passò una mano tra i capelli cercando di calmarsi.
– Non mi sembra tu abbia detto nulla di così grave, hai raccontato una leggenda e basta, non farne una tragedia. – Lo rassicurai io sedendomi.
Ishmael aveva uno sguardo grave. – Ti sbagli, giovane Drago. – Così mi disse prendendo posto avanti a me. – Ha paragonato te all'opposto di un Perfetto Uccisore, questo, di fatto, potrebbe essere molto pericoloso nella situazione in cui tu sei.
– E perché? Non sono una minaccia per nessun Perfetto Uccisore, non ne ho mai nemmeno incontrato uno!
Jethro ringhiò furioso. – E ti sbagli di nuovo! – Urlò lui sedendosi e stringendo le mani. – Un tempo i Perfetti Uccisori erano ciò che di più spaventoso poteva esserci su questo mondo per un Drago. Essendo noi più potenti ed in forma originaria, i Domatori comuni riuscivano, quando il loro animo era abbastanza forte, a domarne un paio, al massimo tre di noi, ma per un Perfetto Uccisore non c'erano limiti, lui poteva avere quanti Draghi desiderava, molti e molti più che molti, interi eserciti che non avrebbero fatto altro che procurare altri Draghi. Poi però abbiamo perso la nostra magia, siamo diventati umani, deboli, e così, sebbene le nostre sembianze rendessero più facile il nasconderci, i Domatori comuni divennero capaci di domare molti di noi, esattamente come i Perfetti Uccisori prima, ed essi, che di per sé erano una rarità, cominciarono ad essere inutili, poiché nessun Drago ormai era così potente da rendere possibile che essi riuscissero a domarlo, questo ti dice qualcosa? Quelli che prima erano definiti Perfetti ed erano amati e venerati come dei e re, sono diventati i più orrendi ed inutili figli, così essi presero il nome di Solitari, poiché più nessun Drago potevano possedere. – Le mie mani erano gelide, il respiro si era fermato netto in gola. Era stata come una dichiarazione di guerra, una promessa di battaglia, se Nowell avesse creduto a quelle stupide congetture il nostro rapporto, che sembrava finalmente saldo, si sarebbe incrinato nuovamente. Io non ero un re, non ero un principe e nemmeno un Lungo Sguardo, perché dovevo così dannatamente sembrarlo?
– Lui non può credere che sia vero … – Mormorai e la voglia di tornare indietro per vedere di cosa stessero discutendo i Domatori mi prese selvaggia e ci volle molta volontà per metterla a tacere.
– Prego solo che Nowell sia abbastanza saggio da capire con chiarezza che tu non sei per lui una minaccia, sei il suo Drago Domato, niente può permetterti di fargli del male, solo un suo ordine.
 
Restammo nel campo finché il sole ce lo consentì e, siccome io non ero per nulla in vena di fare sfoggio della mia voce, cominciammo a concentrarci di più sul corpo e sulle fattezze di Drago. Alla fine di quella giornata riuscivo a cambiare la mia mano senza toccarla e a tenere il cambiamento fin quando ne avevo voglia, secondo Ishmael feci molto meno di quel che da me si aspettava. Io ero soddisfatto, da quanto la mia mente era completamente rivolta altrove non riuscivo a pensare ad altro se non a vedere il mio Domatore al più presto e capire così quale sarebbe stato il mio destino. Non appena fui libero di andare corsi indietro veloce, mi affrettai fino alla mia tenda e vi entrai senza chiedere alcun permesso. Nowell era seduto accanto alle stoffe in cui dormivamo, con lui c'era Wardell, il suo vecchio amico. Gli occhi del Solitario si rivolsero a me e l'altro Domatore si alzò calmo ed uscì dalla stanza senza degnarmi nemmeno di uno sguardo. – Non crederai davvero che io possa essere uno della famiglia reale, vero? È impossibile io … – Mi affrettai a dire non appena la tenda fu solo nostra, ma il suo silenzio fece scemare la mia voce e mi trovai in silenzio.
– Sinceramente non so nemmeno io cosa pensare. – Disse severo. – Potresti essere chiunque per quanto ti conosco, perfino un Re. – Si alzò. – Ma io con i Re non amo avere a che fare. – Lo sguardo gelido che mi rivolse non appena ebbe detto quelle parole mi fece indietreggiare. – Per il momento le mie priorità non sono cambiate, desidero che tu riesca a volare e che diventi un Drago esattamente come tutti gli altri, ciò che succederà poi nella mia mente è chiaro. Tu mi servi, Lungo Sguardo o no. Tu sei il mio Drago, io ti ho domato e niente potrà mai sottrarti a questo controllo. – Ridacchiò. – Secondo Wardell dovrei ucciderti, dice che è troppo pericoloso dare da mangiare ad un Drago che non si sa bene cosa sia, sostiene che voi avete ancora molti lati oscuri alla conoscenza di noi Domatori e che è meglio che essi restino tali. – Si passò una mano sul viso sfiorandosi le squame vicino al suo occhio. – Be', sarebbe ridicolo per me, uno di quei lati oscuri, non voler scoprire nulla sugli altri, non credi? – Stringevo forte le mani ed il mio sguardo restava basso sentendo quelle parole uscire in un tono così estraneo dalla bocca di Nowell. Sommessamente annuii accorgendomi che il silenzio stava durando troppo. – Allora impegnati nell'addestramento. – Concluse grave.
Alzai gli occhi verso di lui e guardai i suoi lunghi capelli rossi che gli scivolavano sul viso come una stoffa pregiata, gli delineavano lo sguardo sicuro e così, pensai tra me, smarrito. Forse anche lui non avrebbe mai voluto che io fossi tanto speciale e sconosciuto. Forse anche lui avrebbe preferito che fossi qualcos'altro. – Non credo di essere un Re o un Principe, è tanto possibile quanto è possibile che tu lo sia. – Lui sussultò e poi ridacchiò.
– Immagino di sì. – Sussurrò picchiettando la mano vicino a sé. – Qualunque cosa tu sia mi va bene, tuttavia non posso negare che avrei preferito un comune Drago. – Mi sedetti accanto a lui.
– Anche io non posso negarlo. – Mormorai e la sua mano si poggiò sul mio capo, fredda e così calda allo stesso tempo da non riuscire a sentirmi troppo scoraggiato.
Detta da Nowell quella frase non era poi così crudele, perfino lui, per se stesso, più e più volte aveva sperato di essere altro, così non mi sembrava tanto sbagliato l'avesse sperato anche per me, così come anche io stesso ero solito fare.
 
Dopo quella sera nella tenda, sia io che il mio padrone avevamo finalmente compreso e chiarito quali fossero le mire ed i desideri che ognuno di noi aveva. Non tralascio che in realtà lui sembrava tenermi nascoste molte cose, ma, finché mi permetteva di continuare le mie lezioni con Ishmael e Jethro e non nutriva nella mia fedeltà alcun dubbio, io rimanevo tranquillo. Non volevo certo pensare troppo a quello che sarebbe venuto poi, tanto da non godermi il presente che così a lungo avevo atteso nel mio passato come mio futuro. Sarebbe stato sciocco da parte mia dare poco peso a ciò che i miei maestri andavano insegnandomi per pensare a cose delle quali non avrei saputo nulla fino al momento in cui esse stesse non si sarebbero manifestate. I giorni così trascorsero nella più assoluta calma.
Al mattino mi svegliavo presto, abbandonavo la mia tenda in compagnia dei due Draghi per proseguire le mie lezioni. Finalmente tutto sembrò procedere velocemente ed, a dire di Ishmael, anche più di quel che si aspettasse da me. In meno di una settimana ogni parte del mio corpo si riempiva di squame color cielo ed esse non se ne andavano fino a quando io non decidevo che potessero farlo. La mia voce, passato lo scoglio iniziale, era tornata più forte e sicura di prima, avevo imparato con esattezza come parlare la lingua dei Draghi e la capivo ormai senza alcun problema. Ishmael aveva un dono straordinario, era in grado di dominare con cura qualsiasi elemento e così fu lui ad aiutarmi con l'aria, sebbene dopo poco tempo io diventai più bravo, d'altronde lui aveva così poco sangue dei Draghi di montagna nelle vene.
Senza esitazioni anche il vento cominciava ad obbedire ai miei comandi. Sebbene, quando riuscii a sollevare in aria Jethro, fossero ormai passate tre settimane, nessuno sembrava importunato da quel lungo periodo di attesa, anzi, Wardell mi guardava con sospetto, credendo forse che io ero qualcosa di davvero strano. Nowell veniva di rado ai miei allenamenti, ma ormai il giorno in cui mi sarei trasformato in un Drago dalla testa ai piedi si avvicinava e lui, volente o nolente, non poteva perdersi il mio volo. Fu Ishmael a spiegarmi che un Drago Domato non può prendere complete sembianze di Drago senza l'ordine del suo Domatore, questo di fatto era il più forte controllo che essi esercitano su di noi, limitando ancor di più la nostra magia fino a renderla praticamente nulla se non in loro possesso. Inoltre aggiunse che un Drago completa la propria crescita solo dopo il suo primo volo, fino a quel momento egli conserva corpo e animo di bambino, io personalmente non sapevo cosa questo volesse dire. Jethro concluse dicendo che non sai veramente chi sei fino al momento in cui voli per la prima volta. Credendo loro sulla parola, quando essi mi comunicarono che finalmente era giunto il giorno, potete ben immaginare l'agitazione che mi portai nel cuore percorrendo il tragitto verso la mia tenda pronto per dirlo a Nowell. Il giorno seguente avremmo volato, io e lui insieme ad Ishmael e Wardell, Wren e Jethro, il mio più caro insegnante, ci avrebbero osservati da lontano, Yorick in loro compagnia.
Il sole sorse, per mia fortuna, molto più velocemente di quanto mi aspettassi ed alzandomi trovai il Solitario già in piedi. Mi sollevai e lui si era infilato la sua giacca da viaggio, mettendo ben in ordine la camicia. Si voltò verso di me con uno sguardo di solennità misto a fierezza, qualcosa che avevo visto solo negli occhi di un'altra persona, in quelli di Jethro mentre andava raccontandomi dei suoi gloriosi antenati. Mi alzai e mi portai al suo fianco. – Wardell mi ha detto che potresti cambiare, che finalmente capiremo come sei … – Annuì.
– Lo hanno detto anche a me. – Confermai ed insieme ci portammo fuori dalla tenda alla chiara luce del sole. Jethro era fermo all'esterno, anche lui vestito con abiti molto preziosi e veloce si portò vicino a me.
Chinò il capo in segno di riverenza ed io ricambiai. – Mio giovane allievo, sei il primo Drago che porto fino in Cielo, che il Dio possa assisterti e che tu riesca a toccare le nuvole e sfiorare le stelle. Il sole ti sorride oggi poiché è grande festa per il tuo spirito. Ho cantato per te una volta, giovane Drago, ma oggi urlerò di gioia quando ti alzerai in volo. – Mi disse queste parole che restano ferme nella mia memoria ed indelebile fu il tono con cui me le disse. Erano parole solo per me e lui, parole di Draghi, di animali in cattività, erano parole di prigionieri che finalmente vedono un poco di libertà. Erano senza dubbio parole di gioia.
Mi inchinai profondamente e fui commosso dalla sua presenza. Lui era il mio maestro, ma non poteva accompagnarmi in Cielo così come voleva la tradizione. Avrei onorato i suoi insegnamenti ed il suo sapere. Era un purosangue, un nobile uomo. – Grazie in eterno, mio maestro. – Mormorai con la voce strozzata dall'ansia e dalla gioia. Mi sollevai in tempo per vedere il suo sorriso e con fierezza si mise al mio fianco. Procedetti così con Nowell e Jethro come accompagnatori tra le tende dell'accampamento di Wardell che ci aspettava in campo aperto. Al mio passaggio urla di gioia e di giubilo si levarono tra i Draghi, qualcuno ancora mi chiamava “Re”, ma le mie orecchie non sentivano, ero troppo felice.
Il passaggio fu veloce, ma riuscì a riempirmi il cuore di coraggio, le mie mani fremevano di paura ed impazienza. Arrivati nel campo Ishmael mi si avvicinò lasciando il fianco di Wardell. – Per te sarà diverso, il tuo Domatore di comanderà di trasformarti e tu diventerai Drago, poi insieme volerete. – Mi posò una mano sulla spalla. – Onorerai i tuoi antenati, ne sono sicuro. – Annuii.
Fu allora Wardell ad avvicinarsi. – Dunque, non pensavo che avrei mai spiegato a te queste cose, mio vecchio amico, ma eccoci giunti. Non è né difficile né poetico, devi dargli un semplice ordine e lui si trasformerà, quando questo avverrà allora Ishmael gli spiegherà come si vola. – Disse velocemente il Domatore. – Di solito un Drago è abbastanza bravo da non far cadere il proprio cavaliere, ma se hai paura, visto che è il suo primo volo, ho preso delle corde.
– No, va benissimo così. – Rispose seccato Nowell.
– Bene, allora cominciamo. – Si voltò verso il suo Drago che mi guardò un'ultima volta. – Ishmael, diventa Drago e porta il tuo padrone in Cielo. – Come se Wardell avesse innescato una magia il Drago dagli occhi gialli cominciò a crescere, diventava grande, le ali spuntavano dalla sua schiena e vibranti sferzavano l'aria, ruggente la sua coda pestava a terra e in pochi istanti il Drago rosso scuro che avevo visto volare era manifesto davanti a me. Il muso grande ed il collo lungo ed agile si abbassarono per far salire il suo padrone. Wardell aggrappandosi ad un suo orecchio si caricò in groppa.
Il Solitario si rivolse a me severo e si fece vicino. – Bene, dunque il momento è giunto, posso aver fiducia in te, giovane Drago? – Mi sussurrò. Abbassai il capo in segno di assenso e lui si tirò dritto pronto a darmi l'ordine. – Nivek, diventa Drago e porta il tuo padrone in Cielo. – Dolce fu la voce che usò e tanto dolce fu il ritmo con cui il mio corpo cominciò a mutare. Non fu doloroso, nemmeno spaventoso, non ci fu sangue o altro, diventavo grande, sentivo i miei arti tirare e qualcosa grattava sulla mia schiena. Le ali furono le prime ad uscire, prima una che mi sbilanciò da un lato, poi un'altra che mi schiacciò a terra, caddi sulle quattro ormai zampe e la coda cominciò a frustare l'aria feroce. Due possenti corna elaborate mi spuntarono sulla fronte, grandi e ricurve. Il mio manto luccicava come aria solida e i miei artigli scuri si piantavano saldi nel terreno. Barcollai un po', ma poi trovai l'equilibro giusto. Fermo mi tirai dritto e, con grande stupore, credo di tutti, scoprii di essere più grande di Ishmael. Le mie ali erano enormi e perfino rannicchiate erano molto ingombranti. Nowell divenne piccolo. Ishmael ridacchiava della mia goffaggine, ma io credevo che anche lui si era comportato così la sua prima volta e l'avrei sicuramente chiesto a Shiloh appena ne avessi avuta l'occasione.
Mi chinai avanti ed appiattii il muso bene a terra in modo tale che Nowell riuscisse ad afferrarmi un corno e salire così in groppa. Il mio grande occhio lo fissava con insistenza e perfino lui ci mise un attimo a comprendere cosa dovesse fare. Ero impaziente, non vedevo l'ora di volare. Mi voltai allora con delicatezza verso il Drago dagli occhi gialli. Wardell mi guardava stupito e si scambiava qualche sguardo con il mio Domatore ora sistemato sulla mia groppa. Io attendevo solo le indicazioni del mio maestro. – Inizia a sbattere le ali, prendi qualche passo di rincorsa e riuscirai a spiccare il volo. – Mi spiegò striminzito come suo solito. Sbuffai poiché non avevo capito nulla, ma poi cominciai a sbattere le ali. – Sì, energico, più forte. – Ed anche lui cominciò a fare lo stesso. La scena, devo dirlo, aveva del comico. Poi lui prese alcuni passi di rincorsa e spiccò il volo su alto nel cielo. Io non ero convinto così caricai più saldamente Nowell sulla mia groppa, il quale, probabilmente intuendo la mia preoccupazione, si tenne stretto. Iniziai a sbattere con forza, sempre più aria le mie ali riuscivano a spostare e poi, presa la rincorsa … sì, cadetti rovinosamente al suolo.
Ishmael atterrò ridendo. Fu allora Jethro che si avvicinò. – Smettila di ridere, Ishmael, anche tu sarai caduto nella tua lunga vita! – Lo azzittì il Drago dagli occhi rossi. – Devi sentirti sollevare, non puoi saltare, capisci? – Mi tirai dritto girando il capo per vedere come stava Nowell. Lui mi diede una pacca di incoraggiamento ed io mi sentii subito più felice, quasi trottando tornai indietro accanto ad Ishmael.
– Forza, vedrai che ora ce la farai. – Tastai il terreno sotto i miei piedi e mi preparai a ripetere l'esperimento. Cominciai a sbattere le ali sempre più forte e più energicamente poi iniziai a correre per il campo, dovetti fare più di due passi prima di sentire i miei piedi che cominciavano ad alzarsi da terra. Infine, dandomi una forte spinta, mi trovai in aria, le ali dovevano continuare a sbattere e così non smisi, continuavo a prendere quota, sempre più quota e da terra cominciarono ad alzarsi le grida ed anche la voce di Jethro mi seguì su nel cielo. Poi l'urlo di Nowell mi accompagnò fino a quando non ci trovammo persi nell'azzurro più intenso e, smettendo si sbattere le ali, cominciammo a planare lenti sulle nuvole. Soffice l'aria frusciava tra le mie ali ed il sole colpiva la mia groppa.
Ishmael si mise al mio fianco e lo sentii ridacchiare di gioia. – Bene, giovane Drago! Molto bene! – Risi anche io, rompendo finalmente la tensione, ma poi cominciai ad avere paura: senza i consigli di Jethro ero spacciato. – Per girare non piegare le ali, piega il corpo, loro seguiranno, il corpo e la coda, proviamo a sinistra. – Insieme ci piegammo sulla sinistra e con successo riuscii a girare. – Ora sulla destra. – E riuscii anche da quel lato. Cominciammo a zigzagare nel vento, prima a destra, poi a sinistra, destra, sinistra, tanto che credetti che a Nowell sarebbe venuto il mal di mare. – Molto bene, giovane Drago, ora più difficile, scendi e risali. Per scendere punta il muso in basso e la coda in alto, tieni le ali indietro e a punta, così scendi, poi arrivato giù voltati in su veloce e sbatti le ali, tieni la coda in movimento ed il corpo che segue, così ti troverai su. – Mi fece vedere l'esercizio ed il mio Domatore si appese con forza alla mia groppa. Veloce caddi in picchiata e poi, come lui mi disse, cominciai la risalita. Il vento in quel secondo tratto sferzava feroce e Nowell faticò a reggersi. Ci trovammo ancora in alto. – Molto bene, giovane Drago! – Sorrisi contento.
– Allora, Nowell, hai già la nausea? – Disse ridendo Wardell. – Avresti dovuto prendere la corda! – Il Solitario non rispose, era concentrato tanto quanto me nel prossimo esercizio.
– Adesso, facciamo un cerchio, si usa molto questo volo quando si è in tanti, io sarò sopra di te e tu sotto, dovremo girare, chiaro? – Si mise sopra di me. – Ti darò indicazioni in senso antiorario, quindi verso la destra, io mi muoverò verso sinistra. Devi combinare sia il cambio direzione sia il sali. – Insieme cominciammo a girare in cielo. – Con più calma, giovane Drago, lascia che l'aria ti trasporti, non troppo veloce, ti stancherai in fretta, altrimenti. – In effetti ero già molto provato, era molto più faticoso di quel che pensassi. Finito anche questo esercizio ci portammo ancora vicini.
– Bene, Wardell, mi sembra che abbiamo fatto strane evoluzioni a sufficienza, vorrei proseguire da solo se non ti spiace. – Disse Nowell. Il Domatore gli fece cenno che aveva capito.
– Come vuoi, allora noi torniamo a terra. – Accarezzò la groppa di Ishmael. – Forza, Ishmael, torniamo giù.
– Stai attento all'atterraggio, come giù ma alla fine devi battere forte per fermati ed attutire. – Si raccomandò fin quando poté e poi cominciò a planare verso il basso.
– Forza, giovane Drago, voliamo un po' insieme. – Mi sussurrò all'orecchio il Solitario e finalmente fummo soli in cielo. Improvvisamente mi trovai senza idee, non potevamo certo allontanarci troppo, altrimenti avremmo perso il campo, fortunatamente il cielo era abbastanza terso e riuscivamo a vedere a sufficienza in basso, inoltre era come se non riuscissi a scegliere cosa fare senza lui lì a darmi qualche idea. – Andiamo in alto, planiamo dove ci sono le nuvole. – Disse piano ed io cominciai a salire, il mio corpo aveva come trovato in quelle parole l'unica mia ragione di essere, salivo in alto fino a quando le nuvole non cominciarono a coprirci tutte intorno e poi iniziai a planare lento. Sentivo Nowell ridere e non potevo fare a meno di essere felice anche io, improvvisamente volare era diventata la cosa meno importante, con più rilievo consideravo i sentimenti del mio Domatore e non sarei mai più stato felice senza di lui, cominciai così a comprendere, inevitabilmente credo. Ero ormai completamente in suo possesso, non so cosa fu che mi mantenne lontano e distaccato, forse il fatto che non fossi ancora un Drago completo, ma prese le mie sembianze fu per me come svanire, ero ormai una parte, un pezzo di Nowell staccato da lui, non ero più Nivek il Drago, ero il Drago Domato di Nowell, nessuna descrizione ormai sembrava descrivermi più di quella. Divenni ciò che un Drago Domato è: completamente dipendente dal proprio Domatore, inevitabilmente succube e senza più alcuna libertà né di sentimenti né di parola, non avrei mai potuto dire nulla contro Nowell, mai più mi era concesso disobbedirgli. Nemmeno più importante era volare. Il mio sogno di sempre, ciò che fin da quando ero bambino avevo desiderato non era più importante che un sorriso di quell'uomo, sapevo con precisione di essere felice, eppure nel mio profondo realizzai quella costrizione e non potevo far altro che essere un po' triste. Il sogno di un bambino forse è bello solo quando è un bambino a farlo, ma io, volando in quel cielo che Jethro mi aveva detto non essere tale, compresi che aveva ragione. Per me il cielo non era più cielo, io non ero più io ed il mio destino ormai era completamente altro, completamente nuovo sarebbe stato il mio futuro. Il sogno di un bambino forse è bello solo quando è un bambino a farlo, io, volando finalmente tra le nuvole, divenni grande e smisi di sognare, smisi di credere in quel sogno che da bambino amavo così grandemente.
Planammo insieme fino a toccare terra e Nowell ridiscese dalla mia groppa estasiato e felice come mai l'avevo visto fino a quel momento. Tetro era lo sguardo di Jethro ed anche Ishmael sembrava aver perso la sua gioia iniziale. Era come se fossi partito acclamato da trombe e fossi tornato morto. Il forte soldato che finisce catturato ed imprigionato per sempre. Sapevano entrambi che ora conoscevo la desolazione del volo di un Drago Domato. – Fantastico! Fantastico, mio amato Drago! – Mi lodò il Solitario accarezzandomi il muso. Io ero felice eppure non lo ero, è difficile, come anticipai nelle pagine precedenti, provare sentimenti. Credi di provare una cosa eppure ti ritrovi con tutt'altri sentimenti tra le mani. – Puoi tornare umano, Nivek … – Mi sussurrò ed io cominciai a mutare. Come fiocchi di neve le squame cadevano dal mio viso, il mio corpo tornava quella stretta scatola umana che fino a quel giorno mi aveva ospitato, niente ali, niente corna, niente coda o zampe. Lente, come la neve si dissolsero toccando l'erba le mie squame e sembrò che il cielo piangesse mentre esse cadevano silenziose e nel suolo morivamo per sempre.
Mi accorsi immediatamente che tutti mi guardavano. Perfino io mi sentivo diverso, più alto, più cresciuto. In un attimo mi trovai con un corpo di uomo. Le mie mani erano più grandi, i miei capelli più lunghi, biondi quasi quanto quelli di mia madre. Gli occhi miei e di Jethro si incrociarono e lui era tanto stupito da non riuscire a nasconderlo. Yorick dietro di lui stringeva le labbra silenzioso come memore di un passato glorioso. Wren singhiozzava quasi per la gioia, ma lei non comprendeva il dolore che stava dipingendo il viso di Ishmael mentre mi vedeva nella mia nuova e definitiva forma. Fu poi Nowell a guardarmi. Rimase in silenzio molti minuti, mi fissava non sapendo cosa dire, poi dritto si avvicinò a me e mi accorsi di essere ora alto esattamente come lui, potevamo guardarci fissi negli occhi. – Credo che alla fine, giovane Drago, tu non possa non essere qualcosa di estremamente straordinario. – Mormorò sfiorandomi i lunghi capelli biondi ed un sorriso mezzo compiaciuto mezzo indeciso gli sfiorò il viso ed i suoi occhi caddero e divennero dolci. – Un Drago tanto bello che nemmeno il sole potrebbe rivaleggiare … – Sembrava quasi sul punto di commuoversi, come se dopo tanto soffrire alla fine fosse stato ripagato.
– Nowell … – Sussurrò Wardell avvicinandosi e posando una mano sulla spalla del Solitario. – … che il Cielo assista il tuo cammino, amico mio, il sole ti accompagna ed il vento ti spinge lontano, le voci correranno veloci quando altri vedranno questo Drago ed il suo accompagnatore. Prego che al sicuro tu resti per molto tempo. – Il Domatore sorrise di gratitudine all'amico.
– Credo, Wardell, di voler smettere di restare al sicuro. – Confessò e cupo si fece lo sguardo dell'altro.
– Allora, permettimi di seguirti con tutte le mie forze fin dove il vento ci terrà uniti. – Promise severo.
– Contavo sul tuo aiuto fin dal principio. – Nowell posò una mano sulla spalla a Wardell ed avvicinarono le loro fronti in segno di amicizia. Si divisero ed il Solitario mi portò avanti affianco a sé.
– Questo dunque è il mio Drago, Nivek, figlio delle montagne e del vento, che la fortuna possa assisterci ed il Cielo vegliare sul nostro volo. – Wren, Yorick e Wardell emisero un grido di gioia ed applaudirono le mani felici, i Draghi restavano in silenzio, ma poi uno cominciò ad urlare, “Re” diceva, così mi chiamava con la sua voce rotta e perfino Jethro sembrò sussurrarlo, tuttavia il mio cuore non era più in grado di sentire, tuttavia ero muto ormai davanti ad ogni mio possibile futuro.

Il nostro Nivek ha finalmente imparato a volare ed adesso è, a tutti gli effetti, un Drago adulto, ma, soprattutto, un "Drago utile". A cosa mirerà Nowell ora che possiede Nivek al massimo della sua potenzialità? Qual è il suo scopo?
Vi aspetto al prossimo capitolo e sarò felice per qualsiasi consiglio! Grazie Mille!
(Non per rendere l'attesa ancora maggiore ma il prossimo sarà l'ultimo de "Il Silenzio del Drago", vedrete presto la seconda parte del racconto!)
Iwon Lyme

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Capitolo 11
*** Il Silenzio del Drago - Parte XI ***


Grazie mille per essere giunti fino a questo punto! Eccovi l'ultimo capitolo della prima parte. Alla fine scoprirete il titolo della seconda che sarà pubblicata più o meno nelle stesse tempistiche di questa e con lo stesso metodo.
Grazie mille a quelli che seguono la storia e si stanno appassionando ai personaggi. Hanno ancora tanta strada da fare!

 
Il Silenzio del Drago - Parte XI
 
Ero disteso nel campo con l'erba che ondeggiante mi sfiorava il viso. Dopo il mio primo volo Nowell mi aveva lasciato solo volendo parlare con Wardell di qualcosa che non doveva interessarmi. Stanco e soddisfatto mi ero abbandonato al vento e, sdraiato, fissavo il cielo che non aveva più così tanto fascino. Cominciai a canticchiare quell'unica melodia che mi sembrava di conoscere, come un ricordo lontano le labbra di Yorick mentre la sussurravano parlarono attraverso di me e lento il mio canto cominciò a disperdersi nel vento. Il Cacciatore, forse richiamato involontariamente, si sedette stancamente al mio fianco. Tirò un lungo sospiro e poi si stese anch'egli nell'erba. – A cosa pensi, Drago? – Chiese. La parola “giovane” non precedeva più la mia razza ed ormai ero diventato adulto, inconsapevolmente quasi.
– Pensavo alla tua musica, Yorick. – Risposi calmo e perfino la mia voce era più bassa e roca, come un uccello della notte.
– Sì, è molto bella, il mio Drago la cantava. – Confessò sorridendo felice ripensandoci.
– Dicesti che anche lui era un Drago dell'Aria. – Annuì.
– Sì, lo era. – Rispose secco senza volersi dilungare troppo. – Ma non come te. – Aggiunse poi ad un certo punto.
– Ti manca? – Domandai pensando all'eventualità di perdere Nowell e di quanto lui mi sarebbe mancato.
– Sì, mi manca. – Ridacchiò. – Ogni giorno è la prima cosa a cui penso quando mi sveglio e l'ultima prima di addormentarmi ed il mio odio cresce sempre di più verso colui che ci separò per sempre. – Serrò stretto un pugno.
– Credo che Nowell voglia partire. – Sussurrai cambiando discorso. – Presto, ho idea.
– Per dove? – Mi domandò veloce.
– Non so, il mio padrone non me ne parla. – Risposi con ancora gli occhi al cielo. – Ma penso che Wren sa troppo poco di lui e dunque anche tu. – Ci guardammo. – Penso che io non gli servo solo per volare, ho avvertito con chiarezza il pericolo e Ishmael sembra temere il dolore che verrà. Non potrei parlartene, Cacciatore, ma, non avendo avuto nessun ordine e non sapendo Nowell che io so qualcosa, ho estremo bisogno che tu metta in guardia Wren, voglio che Jethro e lei restino al sicuro. – Si precipitò ad afferrarmi una spalla.
– Intendi dire che potrebbe coinvolgerli? – Abbassai lo sguardo.
– Quando lo vidi dopo che aveva discusso con Wardell quel giorno che i Draghi si riunirono fuori dalla mia tenda, cominciai ad avere i miei sospetti. Più di una volta arrivammo al punto in cui lui poteva rivelarmi ciò che aveva in mente o il motivo per cui mi avesse preso con sé, ebbene non l'ha mai fatto, ma mi ha sempre fatto intendere che ci fosse un motivo e che ben era saldo nel suo animo. – Mi sollevai ed i nostri occhi si trovarono vicini. – Rise quando gli dissi che lui poteva essere re tanto quanto lo potevo essere io. Lui Perfetto Uccisore dovrebbe essere re, ora comprendi? Lui dovrebbe essere re, invece non lo è. – Sospirai. – Forse sono solo delle mie congetture, false idee che mi sono fatto, ma se così non fosse non voglio che qualcuno di voi venga coinvolto. – Mi si strinse la gola. – Io non potrò proteggervi. – Mormorai. Mi trovai addosso lo sguardo di Yorick, stupito ed incredulo. Annuì pensieroso.
– Non credevo che tu, Drago, ti fossi affezionato tanto a noi da volerci proteggere. – Disse quasi accennando un sorriso. – Immagino che debbo giurartelo, vero?
– Sì, te lo chiedo, Cacciatore.
– Ebbene, prometto che cercherò di portare Wren e Jethro lontani dal pericolo, però non posso obbligarli, lei potrebbe volerlo aiutare. – Strinsi un pugno vicino all'erba.
– Sì, ma con un Drago che non sa volare, come? – Lui sussultò, non pensava io sapessi quella storia.
– Hai ragione, ma Jethro non è un Drago comune ed un Drago non è inutile sebbene non sa più volare. Gli resta la voce e lui ha una voce molto potente. – Lo sconforto mi prese poiché sapevo che Wren, se avesse potuto, avrebbe scelto di non abbandonare Nowell. Ma non sapevo ancora cosa avesse in mente e cosa lo spingesse in quella direzione. – Hai fatto congetture, non dico che tu non abbia delle basi e tu certamente conosci meglio l'animo di Nowell rispetto a tutti noi, tuttavia per ora esse restano tali. Gli eventi muteranno e quando avremo una risposta saprò scegliere la giusta parte e, se il mio destino me lo consente, mantenere la promessa che ti ho fatto, anzi, entrambe le promesse. – Sorrisi.
– Preferirei, Cacciatore, che tu mantenessi solo la seconda. Spesso per proteggere qualcuno è necessaria la propria vita e mai tu dovrai donarla per me. – Mi posò una mano sulla spalla.
– Questa sarebbe dunque la mia terza promessa? – Ridemmo insieme e tornammo sdraiati a guardare il Cielo, ma ormai l'inquietudine aveva preso i nostri cuori e li stringeva e li tormentava. Non sapevamo più niente ed il futuro che io avevo tentato di descrivergli era certo il peggiore che potesse capitarci. Tuttavia mi sembrava degno di considerazione. Wardell aveva promesso la propria fedeltà, e fedeltà la si promette raramente ad un amico quando si sa che egli resterà al sicuro e fuori da ogni pericolo.
Dopo un paio di ore decisi che era bene che io tornassi indietro. Lento percorsi la strada che mi avrebbe riportato alla tenda con al mio fianco Yorick. Molti sguardi di Drago si posavano su di me essendo ormai stati liberati dal loro padrone per via dell'evento di quella mattina. Giunto fino alla tenda trovai fuori Jethro che faceva cerchi nella sabbia. Se lui era lì fuori allora Wren doveva essere certamente insieme a Nowell e Wardell, che infine fossi arrivato troppo tardi? Mi sedetti vicino al Drago dagli occhi rossi e lui sollevò lo sguardo su di me. – Dov'è Wren? – Gli chiesi apprensivo.
– In udienza da Nowell e Wardell. – Quelle sue parole mi fecero rabbrividire. Avevo paura che tutto ormai si stesse ormai muovendo.
– Nivek! – Urlò la voce del Solitario dall'interno della tenda e, senza tardare, entrai con agitazione nel cuore. Dentro c'erano i tre Domatori in compagnia di Shiloh e Ishmael. Abbassai leggermente il capo e Nowell mi fece cenno di avvicinarmi e di prendere posto dietro di lui. Mi sistemai lì dove mi disse, in piedi, in silenzio. – Cosa facevi? – Chiese a bassa voce senza interrompere Wardell che parlava fitto con la donna e senza voltarsi nella mia direzione.
– Parlavo con Yorick. – Risposi calmo cercando anche di capire cosa si stessero dicendo gli altri due. – Eravamo ancora nel campo. – Aggiunsi.
– Capisco … – Sussurrò volgendo il suo sguardo verso l'amico.
– Nowell, di cosa discutete? – Chiesi con la preoccupazione di sapere. Fu come se avessi fatto una domanda oltraggiosa, furiosi i suoi occhi si voltarono fulminei e sentii il mio corpo divenire rigido e duro, il sangue mi si era gelato nelle vene.
– Non deve interessarti. – Ruggì quasi. Senza aggiungere altro si rivolse di nuovo agli altri due Domatori e le mie orecchie sembravano rifiutarsi di sentire cosa si dicessero, l'avrebbe reso infelice e non volevo. Guardai allora Ishmael ed il suoi occhi erano puntati a terra, in silenzio era ormai gelato lì al suo posto, l'unica cosa che mi sembrava ovvia era che non era per nulla soddisfatto, anzi, si può dire quasi triste. Accorgendosi forse del fatto che lo stessi fissando si rivolse allora verso di me e tirò le labbra preoccupato. Senza fare alcun rumore mi si avvicinò ed io mi tirai più indietro, allontanandomi da Nowell. Ci trovammo vicini ma non osammo guardarci.
– Che il Cielo ci assista, amico mio … – Mormorò lui stringendo una mano e con la voce che tremolava.
– Cosa succede? – Chiesi quasi non emettendo suono.
– Il sole brucia in fretta sulla fronte degli audaci e li ustiona la pelle, troppo spesso guardano il sole e si dimenticano di poter cadere. Ciechi camminano nella luce e credono di vivere sempre nell'ombra. – I miei occhi si voltarono fulminei su di lui che con sguardo malinconico disegnava le spalle del suo padrone muovendo lento le pupille. Il fiato mi uscì dalle labbra.
Wren allora si alzò. – Ho sempre saputo tutto di te, Nowell, anche questo, ma credo che tu ti sia montato la testa, stai cambiando. – Mormorò tristemente e una speranza che decidesse di sottrarsi, di andare via, tornare al sicuro, cominciò ad invadere il mio animo. – Tutto ciò che ordini però resta legge per me, e non per il sangue che ti scorre nelle vene, ma per l'affetto che invade il mio cuore. – Chinò il capo.
– Grazie, sono felice di avere te e Jethro con me.
– Credo tu abbia frainteso, Nowell. – Ricominciò lei. – Io non posso fare a meno di volerti seguire, ma senza l'approvazione di Jethro io non vado da nessuna parte. Cosa lui dirà deciderà le mie azioni.
– Un Domatore che si fa guidare dal Drago? È assurdo non credi? – Intervenne allora Wardell con un torno molto sprezzante.
– Non lo credo e nemmeno lei dovrebbe sapendo cosa ha intenzione di fare. – L'uomo sussultò e Ishmael tirò un mugugno. Mi voltai a guardarlo e vidi il dolore percorrere il suo viso. Wardell non disse nulla ma ribolliva di rabbia.
– Va bene, aspetterò la tua risposta. – Concluse Nowell alzandosi. Si voltò verso di me. – Yorick credi potrebbe aiutarci? – Mi domandò.
– Se non so in cosa come … – Cominciai a rispondere.
– Non coinvolgerlo in questo, te ne prego, Nowell, lui non se lo merita. – Intervenne prontamente Wren al mio posto.
– Allora lascerò che se ne torni al suo lavoro, nessuno parli con lui di nulla, nemmeno tu, intesi, Nivek? – Era un ordine.
– Sì, mio signore. – Risposi fermo.
– Lo stesso vale per te, Ishmael. – Il Drago dagli occhi gialli chinò il capo alle parole di Wardell. Entrambi eravamo prigionieri.
Insieme io ed il mio padrone uscimmo dalla tenda. Yorick mi seguiva con lo sguardo in attesa di qualunque segnale, ma io, anche volendo, non avrei potuto rispondergli. Jethro fu preso da parte da Wren ed insieme andarono nella loro tenda sicuramente per parlare di quello che avrebbero dovuto fare, pregavo che lui avrebbe risposto di no. Ishmael sembrava irrequieto e andò subito verso Shiloh, insieme si diressero lontano dagli altri Draghi mentre Wardell rimase nella sua tenda. Io e Nowell intanto tornavamo nella nostra. Appena entrati veloce volevo chiedergli chiarimenti, ma non potevo, mi aveva detto chiaramente che non doveva interessarmi e, sebbene non me l'avesse ordinato, non volevo arrecargli dispiacere. Ero dunque cambiato così profondamente? Tanto ormai da non avere più alcuna volontà? Era così che si sentiva un Drago Domato? Capivo più a pieno cosa avrei dovuto evitare, tutte le raccomandazioni, le parole che non ero riuscito a comprendere, ero accecato, le dolci parole di Nowell mi avevano cavato gli occhi e non ero riuscito a vedere che stavo vendendo me stesso per avere in cambio un uomo che non mi avrebbe mai abbandonato. A mio malgrado. Mai nel bene e nel male. Mai più sarei stato ancora solo. L'unico modo per essere di nuovo libero era che Nowell morisse ed io avrei fatto di tutto per evitarlo.
È dannatamente difficile provare sentimenti.
– Sento la tua rabbia fino a qui. – Disse slacciandosi i bottoni della giacca e guardandomi con occhi pungenti.
– Perché dovrei essere arrabbiato? – Domandai con tono piatto.
– Me lo sto chiedendo. – Rispose mentre i suoi lunghi capelli rossi ondeggiavano lenti.
– Vostra madre era il Drago, giusto? – Sussultò quando sentì la mia voce dire quelle parole. Si voltò veloce. – Ed immagino che non poteva essere una normale donna della mia specie. I capelli rossi e gli occhi gialli, come Ishmael. – Sorrise indispettito.
– Dunque cosa c'entra questo? Sapeva parlare tutte e quattro le lingue, come Ishmael, ti cambia qualcosa?
– Dev'essere una delusione per voi avere un Drago che ne parla una sola, o sbaglio? Ma a che cosa servirebbe un Drago che ne parla molte se voi aveste in mente di rimanere tranquillo, mi chiedo? A cosa servirebbe un Drago come vostra madre se tutto ciò che avete in mente è la pace? Che cosa sarebbe servito a Wardell un Drago così? – Presi un respiro profondo. Le mie mani tremavano. – Certo perfino vostro padre deve essersene servito.
– Ti ho detto di non interessartene, tu devi solo seguirmi, il resto è una mia decisione. – Mi freddò.
– Sicuramente io vi seguirò ovunque, ma le parole di Wren mi sfiorano ancora la testa, chiare e fin troppo comprensibili. Cosa significa che “ti stai montando la testa”? E, sono sincero, mio signore, ho paura di come voi stiate cambiando. – Sorrise freddo e cupo.
– Sei arrivato lontano sebbene credevo che non fossi nemmeno partito. – Si passò una mano sulla bocca.
– Stiamo partendo, non è così? E per dove che il Cielo ci aiuti a comprenderlo.
– So bene cosa voglio fare, tu devi solo seguirmi. – Abbassai il capo. – Non lasciare che i dubbi crescano dentro di te e che fra noi si frappongano gli altri a cui vuoi bene. Sei il mio Drago ed io devo essere la tua unica preoccupazione. Non sono diverso da ciò che ero e forse mi sto montando la testa, ma le mie intenzioni non sono crudeli, ho bisogno della tua fiducia. – Strinsi forte i pugni ed affrontai il suo sguardo.
– La mia fiducia non è nemmeno da essere domandata. – Risposi fermo. – Tuttavia non posso essere cieco, so che ciò che hai in mente è ben più terribile di quel che potrei mai aver pensato, ora ne ho ogni conferma.
– Cosa te lo fa credere? – Chiese stancamente sedendosi a terra.
– Nei tuoi occhi vedo riflesso il mondo che desideri e nessuno desidererebbe qualcosa di tanto grande se non credesse di poterlo dominare almeno in parte.
 
Jethro e Wren decisero di venire con noi. A Yorick non fu permesso seguirci.
– Il Mezzo Morto ci sarebbe solo d'intralcio, non ha nessuna utilità, almeno Jethro può ancora parlare, ma il Mezzo Morto … ah! Deve andarsene. Nessuno ha più bisogno di lui. – Wardell parlava così crudelmente ed il disprezzo usciva dalle sue labbra come veleno. Nowell non mancò ad acconsentire. Yorick d'altro canto non gli era mai piaciuto. Mandarono Wren a dirglielo. Ringraziai che lui non avesse sentito le parole del Domatore, ma quelle dolci e calde di Wren che sembrava sollevata nel saperlo lontano da quello che sarebbe successo. Sinceramente mi parve che nascondesse qualcosa, che volesse mandarlo via più di qualsiasi altra cosa al mondo.
Nowell dopo la mia richiesta mi accordò il permesso di salutarlo. Prima che lui partisse da solo per tornare a nord dove avrebbe cercato ancora i suoi compagni Cacciatori, preparò l'occorrente e Ishmael gli diede molto cibo. Se avessi potuto scegliere non l'avrei mai abbandonato. Gli occhi del Cacciatore mi sembravano tristi e sconsolati mentre ragionava e pensava al dovermi dire addio. Mi feci vicino a lui senza dire nulla, lasciai che la mia presenza lo circondasse lentamente. Le sue spalle erano curve mentre tentava di mettere tutto nel suo zaino, la lunga cicatrice vibrava sul suo pallido volto illuminato dalla luce del sole mattutino. La tristezza con cui mi aveva confessato le sue disavventure, il trasporto nella sua voce quando cantava quella così bella musica, la durezza con cui mi aveva più volte messo in guardia dalla sorte che stavo per affrontare e il sordo orecchio che gli avevo sempre rivolto. Che stolto ero stato. Lui non avrebbe potuto fare altro per me. Sarei morto senza di lui, gli dovevo la vita. Era un caro e comprensivo amico che se ne andava, il mio primo vero amico. – Resterai in silenzio ancora per molto? – Nowell non aveva tolto l'ordine di non parlargli, non avrei potuto, ma lo volevo così ardentemente. Si voltò verso di me ed io gli sorrisi, sollevai l'indice della mano sinistra e lo misi fermo davanti alle mie labbra. – Ti ha mandato a dirmi addio senza poterlo di fatto dire? – Ridacchiò tristemente. – Che bastardo … – Si curvo ancora sopra lo zaino ed il cuore mi si accartocciò nel petto.
Mi alzai. Mi avvicinai a lui e gli posai una mano sulla spalla. Si voltò e gli sorrisi. Le sue labbra divennero strette e deglutì prima di parlarmi. – Giovane Drago, tutto ciò che mi hai detto si è avverato, io non posso mantenere fede alla seconda promessa che ti ho fatto e, sebbene io non abbia mai giurato a vuoto sui miei due cuori, nemmeno alla prima. Però la terza riuscirò a fare in modo che si avveri. – Avrei voluto dirgli che era quella più importante per me. – Non sacrificherò la mia vita per te, sebbene credevo che sarebbe stata l'unica che poteva essere infranta. – Abbassai il capo come per ringraziarlo e lui sorrise dolcemente. Mi avvicinò a sé e mi strinse. – Mi hai riportato alla mente i giorni in cui amavo ed ero amato, in cui bastava solo un suo sorriso per rendermi felice. Non credevo di poter mai amare uno della vostra specie, eppure quando mi innamorai nulla fece più alcuna differenza. Assomigli molto a mia moglie, giovane Drago, assomigli molto alla donna che amai e che mi fu portata via. – Si divise da me e con gli occhi lucidi e pieni di lacrime immobili mi sfiorò il viso. – Mi rincresce essere causa di questo destino. – Abbassò lo sguardo e lasciò ogni contatto. – Non mi ero sbagliato, giovane Drago, eri troppo bello per essere dato al primo che ti avrebbe chiesto. – La gola mi si strinse. Se avessi potuto decidere avrei detto lui molte cose ed infine avrei lottato per non farlo andare via.
Prima di allora non avevo veramente compreso cosa Yorick avesse fatto per me, non avevo capito cosa aveva rivissuto, sopportato e patito. Non avevo capito che mi aveva risparmiato dolore e pianto. Si era innamorato di una donna di un'altra specie, il suo “animale”, l'aveva amata alla pari, l'aveva sposata, l'aveva resa parte di sé, il suo cuore aveva battuto nel petto di Yorick unendoli inestricabilmente. Aveva combattuto contro tutte le leggi, tutte le regole ed i più sani principi, la più decorosa moralità, l'aveva amata, e se n'era accorto all'improvviso. Poi le era stata portata via, sottratta crudelmente, uccisa, ed il suo cuore muto giaceva ancora nel suo petto. Un silenzio così assordante doveva esserci la notte nelle orecchie di Yorick. Rinnegato, aveva perso poteri, prestigio, perfino la propria vera natura, il vero io, la sua identità, ogni cosa gli era stata portata via, ma a lui importava solo di aver per sempre perso la donna amata, il sole che splendeva nel buio, il cuore che batteva insieme al suo nello stesso petto. Se ne era andato dal mondo dei Domatori, dove lui era e sarebbe sempre stato un disgustoso pervertito, traditore della pura razza e Mezzo Morto. Per me era tornato in quel mondo. Per me aveva sentito le voci dei suoi simili, giudici chiamarlo con disprezzo, ammonirlo, puntargli il dito contro e l'unica cosa a cui egli poteva pensare era la sua grave perdita, la sua mancanza eterna e non certo a sentirsi inadeguato o perseguitato come avrebbero preferito gli altri. Per me aveva affrontato di nuovo il mondo ed il viso che in esso mancava da troppo tempo per rendergli ancora possibile essere davvero felice.
L'avrei ringraziato se avessi avuto voce, l'avrei rassicurato, gli avrei detto che con piacere avrei voluto rivederlo, eppure il silenzio, sebbene obbligato, sembrò il giusto addio. Sembrò così denso da esprimere a pieno tutti i miei sentimenti che non trovavano parole, non trovavano forma nel mondo esterno, erano solo miei e, ne sono convinto, anche suoi. La schiena curva di Yorick mentre si allontanava mi tormentò per molte notti e dove lui fosse rimase un pensiero fisso, il suo viso sfregiato era impresso chiaramente nella mia mente e quell'uomo mi mancava.

Grazie mille per aver letto questo ultimo capitolo della prima parte "Il Silenzio del Drago". Ora, visto che ci troviamo in un momento di fine ed inizio, vorrei dire alcune cose che ancora non ho avuto occasione di scrivere.
Sono davvero felice delle opinioni che ricevo e spero che ce ne saranno sempre di più. Ho scritto Il Principe perché desideravo dare un punto di vista differente e (come ormai saprete) mostrare ciò che succede ad un Drago quando si trova in una situazione critica come questa, un vero e proprio Drago (che vola ed il resto per intenderci). Inoltre era mia intenzione descrivere il processo di crescita che ciascuno di noi compie soprattutto quando ci si avvicina alla soglia della "maggioretà", la soglia attraverso cui sembra cambierà ogni cosa ma che alla fine ci farà scoprire che per aggiudicarci un posto nel "mondo degli adulti" dobbiamo faticare, comprenderne le regole e riuscire a giocare in esse al massimo delle nostre potenzialità.
Il Principe è un libro che è stato compagno di una crescita interiore, di un momento di passaggio nella mia vita e non è il primo racconto che scrivo. Ho deciso di pubblicare questo, tra gli altri, perché è una storia piuttosto lineare, con colpi di scena ma senza colpi di testa per quanto riguarda la narrazione (cosa che purtroppo mi caratterizza abbastanza). Amo scrivere e spero che la mia passione sia emersa dalle righe di questo racconto anche solo un pochino e che i miei pergonaggi vi abbiamo alleggerito la giornata o scacciato qualche cattivo pensiero.
Nella forte speranza che il seguito del racconto (che seguirà i tempi di questo senza grandi slittamenti) vi sia gradita e che possiate seguire nella nuova parte, dal titolo "L'Urlo del Drago", che comincerà tra qualche giorno, vi saluto.
Iwon Lyme

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Capitolo 12
*** L'Urlo del Drago - Parte I ***


Eccoci giunti alla seconda parte! Finalmente le intenzioni di Nowell vengono rivelate! Cosa scoprirà Nivek?
 
L'Urlo del Drago - Parte I

Volavo lento portato dal soffiare del vento, planavamo e volavamo uno sopra l'altro, uno accanto all'altro. Volavo lento nel cielo di un azzurro incantevole, blu più del mare, sebbene non l'avessi mai visto. Volavo immaginando il freddo domani che sembrava avvolgerci tutti, via, sempre più lontano dalle mie calde montagne, sempre più lontano da casa. Più a sud, molto più a sud. Ma con gli occhi che guardavano a nord, seguivano le spalle inermi di un amico e pregavano per la sua salvezza. Volavo e sentivo il vento sfiorare la mia pelle di Drago, vibrare tra le mie squame. Ci stavamo sollevando ancora ed il sole diventava sempre più feroce, caldo ora colpiva i miei occhi. Caldo incendiava la mia fronte. Stavamo salendo ancora, ma io non volevo più salire, non volevo più proseguire. Planavamo. E poi di nuovo su, in alto. Basta. Il sole era troppo forte. Il sole era accecante. Ormai non vedevo nemmeno più la via …
Mi svegliai madido di sudore come ormai mi capitava da molti giorni. Mi passai una mano umida sulla fronte bagnata e mi sollevai cercando qualcosa per pulirmi. Ci eravamo accampati in un campo verde, il suo odore si avvicinava molto all’inverno inoltrato. Volavamo tutto il giorno e ci fermavamo la notte. Dove fossimo diretti non lo sapevo, seguivo solo i desideri del mio padrone e non mi facevo alcuna domanda. La notte gli incubi mi perseguitavano. Il volto di Yorick era impresso nella mia mente, così come il suo addio, così come la morte che sembrava attendere tutti noi. Ishmael e Wardell dormivano vicini, avevo notato che, sebbene il Domatore fosse freddo il più delle volte, insieme al Drago dagli occhi gialli riusciva a sciogliersi e a diventare più mansueto. Sembravano avere un forte legame, uniti forse da qualcosa che iniziavo a non comprendere più. Con noi c'era anche Shiloh che portava sulla sua groppa Wren e Jethro. Non era sembrato molto contento della cosa all'inizio, ma poi Wardell gliel'aveva ordinato e così non emetteva più un suono. Jethro ci saliva con molto rammarico e credo lo turbasse veramente umiliare in quel modo un altro Drago e soprattutto se stesso.
Presi una pezza che usavamo per asciugarci quando c'era l'occasione per un bagno veloce e mi diressi verso il piccolo torrente vicino al quale ci eravamo accampati. Immersi lì la stoffa e poi me la poggiai sulla nuca. Respirai a fondo cercando di scacciare i cattivi pensieri. Non era facile vivere in quel modo, almeno non per me che ero sempre stato abituato a vivere da solo, a fare quello che dicevano gli altri e, finalmente, dopo anni di prigionia, avevo deciso di vivere a modo mio. Non potevo, sebbene avessi voluto ed, alla fine, sembravo non volerlo. – Dovresti dormire finché puoi. – Mormorò la voce roca di Nowell mentre si chinava vicino a me e si lavava il viso con l'acqua che scorreva sotto di noi gorgogliando felice. – Non stai bene? – Domandò quando mi ebbe guardato in viso.
– No, ho solo avuto un incubo. – Annuì senza dire nulla, ma si avvicinò a mi posò il dorso della mano vicino ad una tempia. Corrugò la fronte cercando di capire se avessi la febbre.
– Non sembri troppo caldo, ma sei sudato. – Sorrisi abbassando il viso e allontanandomi dalla sua mano.
– Sì, ho avuto un incubo. – Afferrai la pezza sulla mia nuca e la immersi di nuovo nell'acqua. Al suo interno quel singolo pezzo di stoffa sembrava avere più vita di me. La usai per tamponarmi il viso e la rimisi intorno al collo mentre Nowell restava immobile al mio fianco con gli occhi alti verso il cielo.
– Che cosa succedeva nel tuo incubo? – Mi domandò quando mi vide fermo. Non ero sicuro che la risposta gli sarebbe piaciuta.
– Volavo troppo in alto. – Risposi alzandomi e dirigendo lo sguardo verso i nostri compagni che ancora dormivano.
– Credi che noi stiamo facendo questo? Stiamo volando troppo in alto? – Guardai le sue spalle e i suoi capelli rossi ondeggiare silenziosi nel vento.
– Credo che non sapere dove le mie ali stanno conducendo tutti noi non mi faccia dormire tranquillo, mi provochi anzi degli incubi abbastanza terribili. – Si alzò e mi guardò giudice. Mi sembrò di tornare il piccolo Drago più basso di lui e con un'ammirazione folle nei suoi confronti. Quel Drago che ciecamente non era fuggito davanti al buio in fondo ai suoi occhi.
– Andiamo in un villaggio, a sud, non molto lontano dal mare, lì ci sono persone che potrebbero aiutarci e che, con ogni probabilità, seguiranno la nostra causa. – Mi disse severo. Annuii.
– E quale sarebbe la nostra causa? – Domandai allora direttamente.
– Penso che questo sia bene che tu ancora non lo sappia. – Concluse allontanandosi da me e riunendosi ai nostri compagni ancora addormentati. Sapeva essere dannatamente chiaro quando doveva.
Non tornai insieme a lui, rimasi seduto vicino al torrente. Non sarei riuscito a dormire e non mi sarebbe piaciuto aspettare il momento di partire vicino a Nowell. Sembrava essere lui stesso un mio nemico. Anzi, credo che lui pensasse che io potessi esserlo. Sebbene non sembrasse aver paura di nulla ero convinto che i suoi timori erano molti e profondi, uno di questi, fin dal giorno in cui i Draghi del branco di Wardell mi chiamarono “Re”, fu che io lo tradissi. Pensava che io potessi tradirlo e di gran lunga odiava questa idea. Non dico che sapendo ciò che lui aveva in mente avrei continuato a stare al suo fianco, ma che di fatto non potevo abbandonarlo nemmeno volendolo con tutto il mio cuore. Pensandoci ora arrivo alla conclusione che la cosa che temesse di più era che io cominciassi ad odiarlo, che non capendolo lo additassi come un pazzo, come qualcuno di orrendo ed orribile. Ero l'unico Drago sopravvissuto al suo animo forte, l'unico Drago che fosse davvero suo, forse, sebbene non volesse, si era affezionato a me più del previsto, forse il mio odio gli avrebbe procurato più dolore del mio tradimento. Ciò non toglie che non avesse alcuna fiducia nei miei sentimenti e nelle mie promesse. Non posso biasimarlo. Pensandoci ora non so quanto cordialmente mi sarei comportando sapendo tutto in anticipo.
 
Quando il sole sorse convinto su tutti noi e fummo ben svegli, io, Ishmael e Shiloh prendemmo le nostre sembianze di Drago e ospitando i nostri passeggeri sulla groppa, ricominciammo il volo. Notai, senza troppo stupirmene, che sembravamo percorrere un lungo zigzag in cielo, come se stessimo di fatto allungando la strada, ma con più probabilità cercavamo di evitare altri Domatori. Nowell sulla mia groppa guardava le nuvole con una certa soddisfazione ed un profondo trasporto. Mi indicava la via, ormai non aveva più nemmeno bisogno di ordinarmelo che io mi muovevo esattamente in base al peso del suo corpo, o al suo sguardo che voltava piano. Comprendevo bene i suoi segnali come fossero miei pensieri. Quando un Drago Domato prende le sue vere sembianze il legame con il proprio Domatore si infittisce, diventa più forte e ci è impossibile avere un nostro proprio pensiero, ogni loro azione diventa un vero e proprio ordine. Per questo un Drago Domato non può volare senza il proprio Domatore a meno che non gli sia espressamente ordinato.
Quella sera non aspettammo il tramonto prima di planare verso terra, cominciammo già a perdere quota verso il primo pomeriggio, compresi che dopo quei giorni di viaggio dovevamo essere finalmente arrivati a destinazione. Volare ci consentiva di essere molto veloci e, senza alcun dubbio, in quindici giorni percorremmo la strada che avremmo affrontato in almeno un mese di cammino. Planando verso terra i miei occhi guardavano frenetici in ogni direzione cercando di capire dove fossimo giunti. Nowell allora si chinò su di me, si stese finché il suo ventre non fu completamente adagiato sulla mia pelle. – Nivek … tutto ciò che accadrà lo vivremo insieme, sei la persona che più mi è cara, sei le mie ali e la mia forza, sii ciò di cui ho bisogno: un amico, un fedele ed onesto alleato. Che il Cielo guidi il nostro cammino, se avremo fortuna il mondo brillerà più intensamente. – Il cuore cominciò a battermi forte mentre l'aria mi sferzava il viso e le parole di Nowell, sussurratemi all'orecchio, mi vibrarono nella gola e mi scesero giù fin nel ventre. Le mie zampe possenti toccarono terra ed il vento sembrò scuotere forte il terreno. L'aria vorticava feroce e le ali si chiusero strette vicino al mio corpo. Chinai il muso e Nowell scese dalla mia groppa, mi accarezzò con dolcezza mentre gli altri erano ancora in cielo. Le mie squame così caddero e tornai in corpo di uomo. La mano del mio padrone era stretta alla mia e per la prima volta mi aveva parlato con sincero timore. – Seguirò i vostri passi calcando le mie orme di Drago nelle vostre, come fa un bambino con quelle del padre impresse nella neve, non farò rumore, non dirò nulla, ma se il Cielo dovesse esserci avverso allora balzerò avanti a voi e vi proteggerò a costo della mia stessa vita. – Dissi feroce e lui mi sorrise amorevole. Lasciò andare piano la mia mano mentre Wardell ed i suoi due Draghi atterravano alle nostre spalle. Infine il patto era sigillato per sempre. Avevo promesso. Avevo giurato. Non avrei mai disubbidito. Lo volevo.
– Perché ci siamo fermati, Nowell? Il villaggio dovrebbe essere più avanti. – Chiese Wardell avvicinandosi con il fiatone. Seguirci in quella picchiata doveva avergli costato il rischio di venire balzato via almeno un paio di volte.
– Non intendo atterrare con i Draghi proprio davanti a loro, diciamo che apprezzerei l'elemento sorpresa. – Spiegò aprendo lo zaino e recuperando da esso la sua benda nera che aveva abbandonato fin dal giorno in cui eravamo arrivati nel branco del suo vecchio amico.
– Capisco. – Concluse semplicemente il Domatore. Wren e Jethro si avvicinarono.
– Dunque dobbiamo continuare a piedi? – Domandò la donna.
– Sì, in effetti. – Rispose il Solitario. – Per questa sera tardi saremo arrivati. – Spiegò sollevandosi e infilandosi lo zaino sulle spalle.
– Lo porto io, se vuoi. – Dissi offrendo il mio aiuto.
– No, faremo a turno, sei stanco per il volo, giusto? – In effetti tutti e tre lo eravamo, soprattutto Shiloh sembrava molto provato, in fondo lui era anziano e con due passeggeri. Sembra una cosa molto strana, ma né Wardell né Nowell avrebbero acconsentito ad ospitare nessuno sulla groppa mia o di Ishmael, nemmeno se fosse stato in fin di vita, eravamo, se così si può dire, i “preferiti”. Il Drago dagli occhi gialli andò ad aiutare il padre e, dopo aver fatto qualche minuto di pausa, riprendemmo il cammino. Dovevano ormai essere le tre del pomeriggio quando il sole cominciò a battere sulle nostre schiene. Wardell sembrava seccato dal dover arrivare fino al villaggio in cui ci stavamo recando a piedi. In realtà egli sembrava molto pratico della zona e, così come avevo compreso, doveva esservi nato e cresciuto. A Nowell disse più ad est rispetto al punto in cui eravamo. Il mio padrone arricciò il naso, sembrava poco in amicizia con “l'est”.
Sebbene il Solitario avesse guidato la marcia per tutto il viaggio, verso la fine sembravamo seguire più il suo amico che lui. Il sole cominciò a calare dietro l'orizzonte piano e verde illuminando pallidamente un gruppo di case che sembrava farsi sempre più vicino. Da lontano non parevano solide, anzi, sparpagliate ed irregolari, senza alcun preciso senso. Fu quando ormai mancava un'ora al nostro arrivo che Nowell si avvicinò per infilarmi il suo mantello da viaggio, mi sollevò il cappuccio sopra i capelli. – Non toglierlo, non parlare, non farti riconoscere, nessuno deve vederti chiaramente, nessuno deve sapere come sei fatto. – Sussurrò mentre legava i suoi capelli. – Se dovessero scoprire qualcuno dei due e soprattutto se dovessero sapere che tu sei mio allora ci sarebbe un pandemonio, prima devo parlare con il capo. Hai capito? – Mi guardò severo.
– Ho capito, non intendo disobbedire. – Risposi poiché lui non me l'aveva ordinato. I miei occhi allora tornarono al villaggio e mi accorsi, a malapena, visto che il buio aveva ormai avvolto tutta la via, che lì ci avrebbe condotti, che dietro di esso sembravano esserci molte tende come un villaggio che è cresciuto improvvisamente, si è fatto grande tutto d'un tratto e non sapevano dove mettere i nuovi abitanti. Non c'erano mura o palizzate, ma la cosa non mi stupì molto per come erano ridotte le abitazioni e la via sterrata e piena di sassi, si poteva facilmente comprendere che non era più un luogo molto frequentato ormai da anni.
Dopo un'ora eravamo alle porte. Intorno a noi un denso buio ci avvolgeva. I nostri passi scricchiolavano nella notte e nemmeno la luce della luna rendeva chiaro il nostro cammino. L'ombra di un'enorme casa si stagliò come un colosso alla nostra destra e per poco Jethro non ci sbatté contro. Ci avvicinammo gli uni agli altri avvertendo ognuno con chiarezza la strana atmosfera lugubre e silenziosa che in un villaggio non dovrebbe vigere nemmeno a notte fonda. Nowell mi afferrò un polso e mi tirò accanto a sé. Wardell teneva Ishmael vicino. Il silenzio era tanto strano e surreale da farci fermare. Non vedevamo molto oltre noi stessi e i nostri compagni. La casa sulla destra era stranamente diventata minacciosa. Mi chiesi se fossimo arrivati nel posto giusto.
– Chi giunge dalla Pianura Larga a notte fonda e senza luce? – Chiese una voce bassa e vibrante proveniente dall'oscurità.
Wardell si fece avanti. – Viaggiatori in cerca di un riparo, ma ancor di più in cerca di un caldo sorso di buon senso. – Il silenzio ingoiò le sue parole e per molto tempo non ne risputò di altre.
– Domatori dunque? Quanti Draghi e quanti padroni? – Domandò.
– Quattro Draghi e tre padroni. – Rispose controvoglia il nostro compagno.
– E venite per del buon senso? Un così basso numero a cosa può servirci? Sareste come mosche che attaccano una carcassa, qualcuna in più o in meno non fa molta differenza. – Obiettò allora la voce volendoci chiaramente mandare via.
– Certo questo sarebbe vero se noi fossimo mosche, mio caro amico. – Aggiunse allora il Domatore.
– Senza alcun dubbio l'audacia non vi manca. – Commentò ridacchiando l'altro ancora nascosto. Improvvisamente una luce ondeggiò nel buio e ci illuminò malamente. Un uomo alto poco più di Wardell ma molto più prestante uscì allo scoperto. – E sareste Avvoltoi forse? – Domandò sfiorandosi i baffi che gli cingevano la bocca.
– Beh, a te giudicare, Ormond, fratello mio. – La luce immediatamente si posò sul viso di Wardell e l'uomo ridacchiò.
– Che il Cielo stesse per portarmi qualcosa erano giorni che lo sospettavo, ma mai avrei creduto un così grande regalo! Mio fratello venuto qui da me a portarmi altri due Avvoltoi? Questo sarebbe certo un evento. – Si avvicinò con la lanterna che ondeggiava e lo abbraccio con forza. – Accendete le luci, amici! Mio fratello è qui! – Improvvisamente mille luci si accesero tutt'intorno a noi, nelle case e fuori, Domatori e Draghi le reggevano e ci osservavano incuriositi. – Sei invecchiato, hai molte rughe sul tuo viso. – Commentò Ormond.
– Sì, anche tu, e quei baffi non ti donano. – Gli rispose seccato Wardell.
– E i tuoi amici chi sono? Quali sono i loro nomi? – Il Domatore allora divenne improvvisamente solenne.
– Ormond, ti porto amici bizzarri e solo occhi bene attenti potrebbero capire il loro valore, ma so che con te non corro rischi. – Si voltò verso Wren. – Lei è Wren, una Domatrice che conosco da poco, ma è fidata e intelligente, con lei il suo Drago, raro e dalla voce magnifica, un puro delle Terre dei Vulcani. – Si voltò allora verso me ed il Solitario. – Lui invece è un mio carissimo amico, il più caro che mi sia rimasto, Nowell è il suo nome e la sua storia è molto complicata, necessita di molto tempo e del sole alto nel cielo per essere compresa. – Tornò con lo sguardo sul fratello. – Non porto nemici alle porte del tuo villaggio, ma grandi alleati, tuttavia credo che tutti noi dovremmo aspettare domani prima di conoscerci meglio.
– Dovrete essere tutti stanchi, sia voi che i vostri Draghi, vi daremo un posto in cui dormire. – Rispose comprensivo Ormond. – E gli altri tre Draghi?
– Uno è del mio amico, mentre gli altri due sono miei. – Si voltò verso il Drago dagli occhi gialli ed il padre. – Lui è Shiloh, mio Drago da molto tempo, di certo lo ricorderai, è il Drago che mi lasciò nostro padre e che prima fu suo. L'altro è Ishmael, figlio di Shiloh, il mio Drago più amato. – Ormond tentennò guardando la figura del Drago arricciata su quella del vecchio.
– Certo mai avrei creduto che tu possedessi uno dalle molte lingue, fratello, avrei chiesto il tuo aiuto prima. – Gli mise una mano sulla spalla. – Mi porti un Drago puro della Terra dei Vulcani ed un multilingua, in più altri due Domatori, non solo il tuo arrivo è la più bella di tutte le notizie, ma anche la più rassicurante.
– Sono contento di vederti ancora vivo ed in forze, Ormond, dopo la tua ultima lettera credevo vi trovaste in serie difficoltà. – Lui annuì.
– È così, in effetti, ma ne parleremo domani con calma. Il nero della notte ascolta troppo attentamente le nostre parole e mi spaventa cosa possiamo dire senza guardarci veramente negli occhi. Domani parleremo e mi presenterai meglio i tuoi amici. – Un uomo si avvicinò al capo e lui gli disse di portarci in una casa. Wardell e i suoi Draghi invece si allontanarono con Ormond e le parole dei due continuarono fitte fino a quando non furono troppo lontane per essere sentite.
 
Di certo Nowell non era uno sprovveduto. Quel villaggio pieno di Domatori e Draghi doveva certamente nascondere qualcosa. Il nostro arrivo lì non era né casuale né mosso da disperazione. Nemmeno la salda amicizia di Nowell con Wardell mi sembrò più tanto inspiegabile o strana. Mi svegliai al mattino steso sul pavimento accanto al letto che avevano dato al mio padrone. Mi alzai dolorante e mi stiracchiai con piacere. Il sole filtrava dalla finestra socchiusa e illuminava malamente la stanza, però mi consentì di notare che il Solitario era già uscito. Stavo per precipitarmi fuori dalla porta quando ricordai le sue raccomandazioni. Afferrai veloce qualcosa per coprirmi il capo e uscii dalla stanza. Fuori dalla porta c'era la sala da pranzo con accanto la cucina della casa che ci ospitava, lì c'era Wren che chiacchierava con una donna, parlavano tranquille e per la prima volta mi sembrò di rendermi davvero conto dell'animo femminile e materno di Wren. Era sempre stata tra uomini, ma non era particolare la sua condizione, altre donne erano Domatrici e lei doveva aver avuto delle amiche un tempo. Vederla discutere con la padrona di casa mi rese consapevole della sua normalità.
Passai attraverso il salotto, dritto verso l'uscita chinandomi profondamente per salutare entrambe. – Lui è il Drago del ragazzo senza un occhio, giusto? – Wren annuì. – Come mai si copre il capo? – Chiese l'altra titubante, ma a quello nessuno rispose. Mi trovai fuori all'aria aperta e avevo bisogno di trovare immediatamente Nowell. Senza di lui in mezzo a tutta quella gente mi sentivo perso. Non lo vidi, ma intorno ad una casa, in fondo al viale c'erano molti Draghi e Domatori riuniti, così pensai fosse bene avvicinarmi. Capii che doveva essere la casa di Ormond e che lui era il capo di quel villaggio e di chissà cos'altro, infatti fuori c'era Ishmael che veniva osservato ed ammirato dalla folla, non dovevano aver visto nessuno come lui. Mi notò in fondo al gruppo di persone ed aprendosi un varco mi prese per un braccio e mi tirò dentro la casa.
– Hanno già cominciato a parlare, Nowell non voleva svegliarti e ti ha fatto dormire, ma adesso sembrava proprio volerti vicino. Sbrigati, non tira una bella aria lì dentro. – Disse in un sussurro così debole e concitato da rendermi difficile capire subito cosa mi stesse dicendo. Mi infilò veloce dentro ad una stanza e mi seguì. Richiuse la porta che scattò rimbombando per tutta la piccola camera. Gli occhi dei tre Domatori seduti al tavolo si voltarono verso di noi ed, in silenzio, prendemmo posto dietro ai nostri padroni. Nowell mi rivolse un sorriso veloce e poi tornò concentrato con il viso rivolto su Ormond. Potevo vederlo ora con più chiarezza, in effetti lui e Wardell si somigliavano, sebbene fosse molto meno bello del fratello, tuttavia avevano occhi e capelli molto simili. Ormond aveva il viso severo e invaso dai cespugliosi baffi sopra il suo labbro superiore che continuavano fino al mento dandogli un'aria molto più vecchia e saggia, eppure, lo si notava dallo sguardo vivace, lui era il più giovane tra i due. Dietro l'uomo c'era un Drago grande e robusto, il completo opposto di Ishmael, che invece era agile e snello. I suoi occhi color nocciola si rivolsero a me e mi squadrarono con superiorità per un po' di tempo. Dato il suo aspetto doveva facilmente essere un Drago di Terra, infatti i suoi capelli erano scuri ed i suoi occhi altrettanto, inoltre la sua arroganza faceva trasparire, con ogni probabilità, il suo alto lignaggio.
– Mi stavi dicendo, Wardell, che il tuo caro amico è colui che ti ha spinto a venire da me, giusto? – Il Domatore annuì.
– Sì, è così. Aspettavo il momento in cui egli sarebbe stato pronto per venire e, a mio malgrado, credevo non sarebbe mai arrivato, non pensavo che sarebbe potuto succedere, ed invece eccoci giunti qui con un aiuto che nemmeno puoi immaginare. – Continuò. – Nowell non è, così come puoi credere, un semplice Domatore, egli è tre cose insieme, e tre cose tanto strane e contrastanti tra loro che credo potresti fraintendere se te le dicessi tutte velocemente. – Wardell allora si voltò verso l'amico e gli fece cenno di togliersi la benda. Nowell la sfilò lentamente ma non aprì il proprio occhio. Ormond fu stupito nel vedere che intorno ad esso non c'erano cicatrici o altro, ma solo delle strane escrescenze che ancora non sapeva identificare. – Egli è, per prima cosa, un Mezzo Drago. – L'occhio giallo del mio padrone allora si rivolse con severità al capo del villaggio che con un sussulto si scostò dalla sedia e si alzò bruscamente.
– Che diavoleria è mai questa! Hai portato un Mezzo Drago nel mio villaggio?! Devi essere impazzito! – Obiettò feroce.
– Torna seduto e non urlare. – Lo ammonì il fratello facendo trasparire con chiarezza il fatto che fosse il maggiore. – Non ho finito, ricordi? – Ormond allora tornò sulla propria sedia.
– Un Mezzo Drago che possiede un Drago … tutto questo è assurdo, Wardell, i tuoi amici sono molto più che strani. – Borbottò iracondo ma fiducioso.
– Non c'è dubbio che io sia strano, ma la prego di voler sentire ciò che suo fratello ha da dire fino alla fine e forse le sarà più chiara la mia presenza qui. – Disse allora autorevole Nowell.
– Sì, infatti … – Lo supportò l'amico. – Se fosse finita qui la mia storia certo potrei comprendere la tua reazione, ma io non ho finito. Nowell non è solo un Mezzo Drago e, credo, che se tu lo guardassi con attenzione te ne accorgeresti, noi Domatori d'altronde non fatichiamo a riconoscere quelli del suo rango. – Prese un respiro profondo ma io potevo vedere le parole che lui avrebbe detto già dipingersi negli occhi increduli di Ormond, non avrebbe preso bene un tale colpo. – Egli è anche un Solitario. – Se prima l'uomo reagì urlando, dopo quelle parole cadde in un silenzio profondo e denso in cui si chiuse in se stesso con gli occhi ancora a metà tra l'inorridito e lo stupito.
Poi si decise a mormorare: – Certo potrei ingannarmi, perché se così non fosse come un Solitario può possedere un Drago?
Wardell fece per rispondere ma Nowell, come se avesse riacquistato la propria autorità, gli fece cenno che avrebbe parlato lui. – Il mio Drago di fatto non è un comune Drago. Quando lo incontrai egli era Indomabile, così ho rischiato io stesso di domarlo a costo della vita credo di entrambi visto che l'uomo che me lo vendette, se gli fosse successo qualcosa, non avrebbe avuto alcuna remore nell'uccidermi. Però ogni cosa è andata bene, poiché egli era impossibile da essere domato ed a me non era possibile domare chi poteva essere domato. – Si rivolse verso di me. – Egli è un Drago molto bello, ma troppo strano da poter essere mostrato a tutti. – Mi indicò di togliermi ciò che avevo sul capo ed io ubbidì. – Sebbene venga dalle montagne i suoi occhi sono dello stesso color del mare. – Quando i miei capelli ed il mio volto furono illuminati dalla luce che entrava dalla finestra alle spalle di Ormond, tutti nella stanza si fecero muti, il Domatore mi guardava con venerazione ed il suo Drago, dopo lo stupore iniziale, chinò veloce il capo e trattenne ogni rumore che voleva fare.
– Cosa ti succede, Rastus? – Chiese Ormond rinvenendo dai suoi pensieri e vedendo il suo Drago inchinato davanti ad un altro Drago. Quello si sollevò.
– Mi perdoni, mio signore, ma … – Sembrava titubante nel rispondere. La sua voce era profonda e cupa come quella di un burrone in cui cade un sasso. – … una leggenda … niente di cui …
– L'abbiamo sentita. – Lo interruppe Wardell seccato. – Essa dice che chi ha gli occhi color del mare ed il potere d'incantare l'aria ma non l'acqua sia simile a ciò che è il Solitario per noi, il suo perfetto opposto a dire il vero, discendente dalla famiglia dei Draghi puri dell'aria, la famiglia che un tempo era Re di tutti i Draghi.
– Ma si sono estinti, giusto? Ero sicuro che i Draghi non avessero un re. – Intervenne il fratello minore.
– Sì, infatti, Shiloh così ha giurato. – Gli rispose il Domatore. – Ma resta un mistero, questo Drago non è comune a nessun Drago io abbia mai visto, l'ho sentito parlare e l'ho visto volare, nessuno vola veloce come lui e nessuno canta in un modo tanto soave. Credo che non sia stato solo il suo essere Indomabile a favorire Nowell a domarlo, ma la sua stessa natura.
– Capisco … – Concluse Ormond ancora pensieroso. Rastus restava in silenzio e sembrava triste. – … tuttavia, se non mi inganno, fratello, tu hai detto che egli è tre cose, dunque quale è la terza? – Il silenzio avvolse ancora ognuno di noi ed il mio cuore cominciò a battere forte avvertendo la solennità del momento. Wardell infatti guardava Nowell e non avrebbe osato rispondere lui a quella domanda.
– La terza cosa non è qualcosa che sono, ma piuttosto qualcosa che riguarda l'uomo che mi mise al mondo. Mia madre era una multilingua, aveva in sé un quarto di sangue di ciascuna razza, si dice che nessun multilingua fu mai bello quanto lei. Da lei ereditai i capelli rossi ed il mio unico occhio giallo. Ma non voglio parlare della donna che mi concepii, quanto più dell'occhio nero che porto e del mio animo da Domatore e con più precisione su cosa sono venuto a chiedervi. – Prese un respiro profondo. – L'uomo che mi rese un Domatore e che crudelmente costrinse il proprio Drago a partorire un figlio dell'odio, un Mezzo Drago, non è altri che l'uomo che voi odiate, che io stesso odio e che mi sta cercando. Non è altri che colui contro il quale vi siete qui riuniti, colui che permette la sottomissione crudele dei Draghi, che la incoraggia, che la crede giusta e legittima … – Il suo tono riecheggiava come una minaccia trattenuta nel buio del dolore inciso sulla pelle viva. – Sa che io sono un Solitario, sa che il mio potere è più spaventoso di quanto avesse mai voluto e sa che mai abbandonerò l'intento di trovarlo e ucciderlo, sa che mai permetterò che questo mondo continui a soffrire sotto il suo lacerante pugno. Ha cercato di uccidermi e lo credeva lavoro facile visto che non potevo avere un Drago al mio fianco, ma ora le cose sono cambiate, ora ho il potere di combatterlo, ora ho il potere di fargli sapere cosa significa essere sottomessi ed essere odiati. Mio padre è l'uomo che voi volete vedere morto, il suo sangue e quello dei suoi antenati scorre nelle mie vene, il suo stesso rango e la sua stessa potenza lo fanno. Io sono il suo unico figlio, il suo erede diretto e indesideratamente contrario ad ogni sua aspettativa. Io sono il figlio del Re Orrendo che voi volete combattere. Io sono il Principe di tutti i Domatori.
Potevo immaginare quanto Ormond fosse turbato da quella verità, anche io lo ero altrettanto. Dunque alla fine era quello il motivo, alla fine quello era il nostro destino. Il denso silenzio e dubbio fu finalmente rotto, Nowell mi aveva rivelato la verità e credo che la sua voce la dicesse in modo più chiaro e sicuro poiché sapeva che anche per me era la prima volta che la sentivo. I suoi occhi abbandonarono il volto del capo del villaggio e si voltarono verso di me. Immobile lo osservai e vidi ciò che non avevo visto spesso nei suoi occhi: una supplica. Sapeva che senza di me, senza la mia più cieca fedeltà non gli sarebbe stato permesso fare ciò che voleva fare, sapeva di non essere così crudele da impormi ogni cosa, da ordinarmi di seguirlo, sapeva che io dovevo accettare. Per la prima volta Nowell si trovò a dipendere da me, a dipendere da qualcuno come mai nella sua vita aveva fatto.
Chiusi gli occhi e respirai profondamente. Già conoscevo la mia risposta e dove era il mio cuore. Lo guardai e stringendo le labbra chinai leggermente il capo. Dicevo sì a quell'uomo che mi aveva rivolto parole d'affetto, a quell'uomo che non ne aveva mai sentite, a quell'uomo che mi aveva voluto senza farsi troppe domande. Dicevo sì perché sapevo che lui aveva bisogno di me, perché per la prima volta sarei stato utile e desiderato. Dicevo sì così che lui potesse adempire al suo destino che era diventato anche il mio. Dicevo sì ancora una volta troppo cieco per comprendere veramente cosa stessi accettando.
– Infine siete qui per diventare il nuovo Re, giusto? Volete prendere il posto di vostro padre? Governare? – Nowell si voltò sicuro verso Ormond, niente più lo preoccupava.
– Non è il mio obbiettivo. – Rispose con voce possente, la voce di un Drago.
– Allora quale è?
– Voglio che mio padre venga mandato via da quel trono che non merita, voglio che la terra dei Domatori abbia un capo giusto, che non sia più permesso ciò che accade ai Draghi, che non avvenga mai più ciò che avvenne a mia madre … – La sua voce tremò. – … so qual è l'agire di un mostro abbastanza da non voler più permettere che egli agisca. So che questo è il mio compito. Sono nato dall'odio e farò in modo che finisca. – Mi avvicinai sicuro e posai una mano sulla spalla di Nowell.
– Finché avrò voce e fiato, finché il Cielo avvolgerà questo mondo ho giurato, finché la vita scorrerà nelle mie membra ho giurato. Convincerò ogni Drago Libero, ogni singolo popolo a combattere al fianco dei Domatori e del Mezzo Drago contro l'oppressione e la crudeltà, convincerò perfino chi non può essere convinto. Al suono della mia voce i popoli si riuniranno e l'aria soffierà con forza. Io sono al tuo fianco, mio signore, finché il mondo avrà vita io non vi abbandonerò. – Dissi fermo e sicuro ed i due Draghi nella stanza ruggirono all'unisono dopo la mia parola. Wardell e Ormond capirono, compresero che andava ormai oltre la loro decisione. Ciò che doveva avvenire era cominciato ed il mio signore ed io avevamo parlato.
– Se ciò che prometti dovesse avvenire, chi diventerà Re dopo di lui? – Chiese Ormond già alzatosi in piedi, pronto e fermo, aveva deciso ma i dubbi lo avvolgevano ancora.
– Non mi importa chi governerà, chiamerete a governare chi desidererete come Re. Questa decisione non mi appartiene, non è mio compito. Io devo pareggiare i conti, devo mantenere fede ad una promessa fatta molti anni fa e che per troppo tempo è stata dimenticata. – Nowell si alzò e Wardell si inchinò profondamente seguito da Ishmael.
– Io sono con voi, Principe. – Disse calmo e felice.
– Anche io. – Borbottò Ormond chinando il capo e Rastus lo seguì.
– Allora credo che il Cielo ci sorriderà. – Il Solitario prese un profondo respiro. – Speriamo che ci protegga tutti.
– Se permettete, mio signore, ci ha mandato la sua voce, credo che Egli ci ami anche troppo. – Commentò severo il capo del villaggio. Lui e Nowell si strinsero la mano e poi tutti e tre i Domatori tornarono seduti.
– Non sarà semplice fare ciò che dite, e ancor meno facile sarà avere una potenza tale da riuscire ad arrivare fino al Re Orrendo. Ha ovviamente molti Domatori al suo fianco, sebbene un gran numero siano contro di lui non siamo abbastanza. – Ormond aprì un cassetto della scrivania intorno a cui erano seduti e ne tirò fuori una mappa del paese. – Qui ad est vi è la capitale dove il Re si trova, intorno, così ho sentito, ci sono i suoi Draghi. Voci dicono siano più di mille, io ci credo ben poco. Potrebbero essere più di mille contando anche quelli dei primi ufficiali del suo esercito, ma dubito che lui solo ne abbia tanti.
– Non è la quantità che dobbiamo temere, ma la qualità. – Intervenne Nowell. – Dopo che mia madre mi diede alla luce essa smise di essere la sua preferita, vidi solo una volta il Drago che prese il suo posto ed è temibile, i suoi occhi sono neri ed i suoi capelli più bui della notte, credo, con ogni timore, che egli venga dal Buco di Eran, Draghi Neri vivono da quelle parti e si dice che abbiano voci inudibili, ma che sappiano uccidere con ferocia. – Questo non tirò su di morale nessuno degli interlocutori. – Tuttavia anche noi abbiamo degni rivali, Ishmael è un multilingua molto dotato, il migliore che cammina questa terra e perfino il Drago della Terra dei Vulcani che abbiamo portato con noi è un bravo combattente.
– Sì, Nowell, ma Jethro non può più volare, sarebbe d'intralcio. – Commentò Wardell rendendo Rastus irrequieto.
– Non lo credo, amico mio, penso invece che con la sua voce egli possa più di quanto tutti noi crediamo.
– Rastus non sarà da meno, non vola veloce, ma nessuno fa tremare la terra come lui, la sua voce è possente. – Il Drago gonfiò il petto orgoglioso alle parole del suo Domatore. – Lui vi sarà d'aiuto.
– I suoi occhi sono sinceri, sembra un ottimo compagno. – Si complimentò con un dolce sorriso Nowell, questo sciolse il cuore duro e ruvido del Drago di Terra che sembrò contento e fiero di quelle parole. – Quanti Domatori conti al tuo seguito? – Chiese severamente il Solitario a Ormond.
– Circa duecento Domatori e quattrocento Draghi, non tutti in questo villaggio, qui ve ne sono la metà, altri sono sparsi in giro. – Rispose. – Però i miei dati sono inattendibili, sono molti anni che non ci troviamo tutti riuniti. Potremmo essere aumentati …
– … o diminuiti. – Completò severo Wardell. Sospirò irritato. – Siamo in pochi, Nowell, forse troppo pochi. Nessuno di loro ha tanti Draghi come me e questa cosa è certamente ragionevole se pensi che ognuno di noi è contro il modo in cui il Re Orrendo ed i suoi li trattano, tuttavia questo ci rende deboli, forse soccomberemo ancora prima di poter diventare una minaccia.
– Credo che avere pochi Draghi e fidati non ci renda deboli, ma forti, una volta che i Domatori nemici verranno uccisi i loro Draghi saranno liberati e se saremo fortunati si uniranno a noi. Invece un Drago dei nostri, seppur libero non cederà al nemico, continuerà a combattere poiché ama il proprio Domatore e da lui è ricambiato. – Prese un respiro. – Ma senza alcun dubbio siamo in svantaggio. – Si portò una mano davanti alla bocca pensando al da farsi. Poi si voltò verso di me. – Nivek, hai detto che potresti convincere i Draghi Liberi a seguirmi, credi di poterlo fare davvero? – Mi feci avanti.
– Non credo sia qualcosa di impossibile, penso che molti potrebbero seguirvi. – Risposi.
– Ma chi lo farebbe?! I Draghi ed i Domatori non sono amici, uno ubbidisce e l'altro comanda: è così che funzioniamo. Credi davvero che andando a chiedere aiuto ai Draghi Liberi qualcuno potrebbe volerci aiutare? Aiutare chi li ha sottomessi? – Certo Ormond non aveva tutti i torti.
– Certo non sembra un'ipotesi realistica, lo devo ammettere. Forse conosco poco di questo mondo e di come funzionano le cose tra i Domatori e i Draghi, tuttavia credo che se vogliamo vincere non possiamo schierare armi che il nemico conosce, così mi chiedo, qualcosa di impossibile non può essere infine la cosa più impensabile? Un'alleanza tra Domatori e Draghi, alla pari, senza più rivalità o sottomessi, qualcosa che può essere chiamato amicizia, non è forse la cosa più impossibile a cui ognuno di voi riuscirebbe a pensare? Forse è vero, un Drago non può permettersi di non ubbidire ad un comando del proprio Domatore, ma forse non per questo egli lo odia, ma non per questo il Domatore si approfitta di lui. Ognuno di noi Draghi vive con il proprio Domatore ed è per lui sostegno e forza, ognuno di noi credo ami a modo proprio il proprio Domatore sebbene egli ordini e noi ubbidiamo. Dunque se la decisione è tra Domatori amati e gentili contro Domatori crudeli e senza pietà facilmente so chi i Draghi sceglierebbero. E poiché la nostra causa, così come mi sembra di capire, è a questo che porterà, alla vittoria degli uni o degli altri, allora con chiarezza mi sembra di comprendere che non sia difficile attuare anche l'impossibile. – Nowell ridacchiò e sorrise pieno di gioia dopo le mie parole.
– Dunque che così sia, mio amato compagno, andremo a convincere i Draghi, insieme, io e te. – Disse afferrandomi il braccio e stringendolo affettuosamente.
– Cosa intendi dire? – Lo interruppe Wardell per nulla entusiasmato dalla cosa.
– Be' ma è chiaro amico mio. – Ribatté il Solitario. – Dobbiamo riunire le forze, andremo a parlare con i Draghi, a convincerli che con noi sconfiggeranno il Re che così crudelmente incoraggia ed ordina la loro oppressione. Una volta convinti essi saranno la nostra forza. – Si alzò. – Ho amici fidati qui e so che posso contare su di voi per riunire e radunare quanti più Domatori possibili, ma so che non c'è nessun altro che può fare ciò che Nivek propone se non Nivek stesso. Questa sarà la via che percorreremo insieme. – Prese un profondo respiro. – Così chiaro è ormai il nostro destino che mi sembra già avvenuto.
– Sei sovreccitato amico mio, non ragioni freddamente. – Nowell gli posò le mani sulle spalle dell'amico e lo guardò negli occhi.
– Ti sbagli, è chiaro, non credi? Sono un Mezzo Drago, metà Drago e metà Domatore, poi porto con me il Drago più vicino all'idea che tutti loro hanno di un Re, è perfetto, potrebbero seguirci, potrebbero scegliere di aiutarci.
Ormond sospirò e si rivolse a Rastus. – Cosa ne pensi tu, mio compagno? – Gli chiese stancamente come sovrastato da tutte quelle ipotesi assurde che gli erano state rovesciate addosso quella mattina.
– Penso, mio signore, che potrebbero farcela. – Rispose calmo. – Io accetterei. – Concluse sorridendomi fiero e spavaldo. – Un Drago così non basterebbe una vita per incontrarlo, e, se il Solitario non me ne vorrà, egli ha dentro di sé solo metà Drago, ma essa ha tanto valore quanto ne hanno pochi dei miei simili. Nemmeno un Domatore così basterebbe una vita per incontrarlo. – Nowell fu sinceramente toccato dalle parole di Rastus che, sebbene sembrasse freddo e cupo, aveva un cuore caldo ed un animo amabile, il cuore di un buon Drago.
– Rastus non ha mai sbagliato quando si trattava di comprendere la verità celata nell'animo di qualcuno, i suoi occhi scavano a fondo e rivelano ciò che è nascosto, se egli dice che ce la farete, fidatevi, non vedo come voi potreste fallire. – Ormond si alzò solenne. – Che così sia dunque, Principe, volate sulle ali del pezzo di Cielo che avete condotto fino a qui e provate a compiere l'impossibile, se ci riuscirete forse avremo una possibilità di sconfiggere per sempre ciò che avvelena questo mondo. – I suoi occhi si abbassarono come presi da un improvviso rammarico. – Però vorrei rivolgere a voi un avvertimento che mio padre mi fece quando ero giovane. Anch'egli combatté al fianco di un principe che voleva liberare questo mondo ed io ho sognato da sempre di poterlo imitare. Tuttavia sul letto di morte lui mi disse queste parole che mai dalla mia mente potranno essere cancellate: “Un principe una volta volava al mio fianco ed i suoi sogni erano grandi e bellissimi, voleva la pace e la gioia di Draghi e Domatori, valoroso era il suo cuore e così quello del suo Drago. Terribile e orrenda fu la sorte che subì, nemmeno morire mille volte sarebbe di dolore pari al suo calvario. A volte sognare troppo alto fa cadere rovinosamente. Sono fortunato a morire una volta sola con i miei figli al fianco.”. Quel principe, il suo valore, ogni suo gesto fu cancellato dall'uomo che ora vi apprestate a tradire, state attento e fate in modo che non avvenga lo stesso anche a voi. – La voce tremolante di Ormond fece tornare tutti per un attimo alla realtà, ai fatti che sarebbero seguiti, al pericolo verso cui ci dirigevamo. Ogni cosa correva in fretta e noi ne eravamo sommersi.
– Le tue parole sono temibili, ma senza poter sognare che cosa resta a ognuno di noi? Se il rischio di cadere ferma coloro che vogliono volare allora essi non lo desiderano abbastanza. Se il rischio della morte spaventa coloro che vogliono vivere allora essi non lo desiderano abbastanza. – Mi posò una mano sulla schiena e sentii il calore che sprigionava il suo corpo. – Il pericolo è grande e potente, ma mai come ora nella mia vita ho sentito il dovere di accantonare ogni timore per qualcosa di più grande.
Ormond sorrise felice e fiero. – Che il Cielo ci aiuti, la libertà e la pace attendono tutti noi! – Urlò di gioia e così Wardell, sebbene più realisticamente attaccato alla possibilità di fallire, ripeté alzandosi e mettendosi al fianco di Ishmael. Tre Draghi e tre Domatori fecero un patto destinato ad essere solido ed infallibile. La morte non spaventava nessuno di loro. La vita gli era tanto cara da correre ogni rischio. 

Nowell è deciso a spodestare suo padre, il Re Orrendo. Cosa vorrà dire? Perché odia così tanto l'uomo che lo ha messo al mondo? Qual è la storia di Nowell?
Ma soprattutto, come farà Nivek a convincere i Draghi Liberi?
Spero che l'inizio della seconda parte vi sia piaciuto, presto caricherò il secondo capitolo dove finalmente Nowell si aprirà al suo Drago confessandogli la verità sulle proprie origini. Che il suo modo di fare sia giustificato?
Grazie mille a tutti.
Iwon Lyme

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Capitolo 13
*** L'Urlo del Drago - Parte II ***


Nivek ha deciso di seguire Nowell tuttavia ancora non è chiaro perché l'uomo abbia preso la decisione di volgersi contro il padre. Qual è il passato di Nowell? Perché ancora non ne ha fatto parola con il suo Drago?

L'Urlo del Drago - Parte II

Nowell era seduto nella stanza in cui avevamo dormito la notte prima, sopra il letto guardava con attenzione la mappa che aveva chiesto in prestito al capo. Wardell ed il fratello avevano spiegato agli altri cosa stava succedendo, non era stata cosa facile, inoltre a Rastus era venuta l'idea di riunire un membro per ogni tribù di Drago così da poterci dire dove trovarle, sarebbe stato molto utile perché altrimenti avremmo dovuto perlustrare ogni zona del regno, tuttavia ci sarebbe voluto del tempo prima di poter partire. Restavo in silenzio in piedi davanti alla finestra osservando le mille stelle che scintillavano nel cielo e chiedendomi se anche a noi sarebbe capitato ciò che era successo all'altro principe. Sapere di essere i primi a fare un'impresa è più semplice, ma quando questa è già stata fallita da altri la paura è più forte. – Sento i tuoi pensieri gorgogliare fino a qui, Nivek, cosa ti tormenta? – Chiese Nowell distogliendo lo sguardo dalla carta e rivolgendolo a me. Lo guardai e mi portai vicino a lui, mi sedetti al suo fianco distendendo le gambe sul letto.
– Non so nulla di ciò che fa il nostro nemico, credi che potresti parlarmene? – Sospirò tristemente e arrotolò la mappa legandola con un filo lucido rosso. La posò sul comodino scavalcando il mio corpo e poi assunse un'espressione seria.
– Posso parlartene, ma non sarà piacevole per nessuno dei due. – Disse con già un tono diverso da quello che possedeva di solito. – Mia madre, come sai, mi ha partorito e cresciuto da sola, e le sono grata per non avermi mai guardato con odio. Non so dire se lei lo fece perché mio padre gliel'aveva ordinato o se perché in fondo lei mi amava a modo suo, credo che questo rimarrà per sempre un mistero, ma so che lei odiava mio padre e, vedendo ciò che ho visto, posso dire che faceva bene. – Strinse le mani tra loro e si addentrò nel difficile discorso che gli avevo chiesto di affrontare per me. – Mio padre veniva a farci visita ogni tanto, almeno questo avvenne fino a quando non compii cinque anni, egli era crudele, soprattutto con mia madre. Non c'era dignità nelle sue azioni, lei era il suo “animale”, così la chiamava più volte. La sua voce mi tormentava per settimane. “Animale, preparami da mangiare!”, “Animale, canta per me!”, “Animale, canta! Canta!”, lo urlava fino a farmi impazzire. Mia madre non poteva fare altro, mia madre non riusciva a non ubbidire, e, che il Cielo mi aiuti, quanto piangeva una volta che se n'era andato, piangeva così forte che non riuscivo a dormire, ed i suoi occhi erano così bui che nemmeno la luce li avrebbe illuminati. – Prese un respiro a singhiozzi e trattenne una lacrima. – Mio padre veniva e se ne andava, sconvolgeva la nostra vita tranquilla e quando non venne più quanto ero felice, ma mia madre, mia madre non lo era, lei era il suo Drago Domato, lei era costretta a desiderarlo, lei lo odiava … eppure lo amava. Poi un giorno venne di nuovo. Avevo sedici anni e lui venne da me, ma non per vedere mia madre, per prendere me. – Si fermò e sollevò lo sguardo sui miei occhi che increduli e sofferenti lo osservavano. – Voleva che io diventassi come lui, che dopo tutto quello che aveva fatto a mia madre io lo seguissi, puoi capire? Puoi capire il dolore che mi causò doverlo seguire, mia madre d'accordo, felice e sorridente che mi salutava, mi vedeva andare via con l'uomo che le aveva ordinato di gioire, le lacrime le scendevano dagli occhi ma lei era felice. – Deglutì fermando a metà la voce ed una lacrima gli scese dal viso senza poter più essere fermata.
– Mi portò con sé e mi mise davanti un Drago appena poté. Cielo abbi pietà di me per quello che sono, quello che successe fu il peggior crimine, il peggior dolore. Tentai di domare quel Drago e mio padre era felice poiché sembrava che io fossi riuscito facilmente, “Sei il degno figlio di tuo padre!” così disse, mi sono odiato e avrei voluto morire, ma poi il Drago mutò, si avvicinò e si chinò ai miei piedi, mi chiese con insistenza di prendergli il cuore, di farlo mio, ed io non sapevo cosa fare, non sapevo cosa dire. Davanti a me, senza emettere un solo suono di dolore, si infilò una mano nel petto e si cavò il cuore pulsante ed immobile nel suo palmo smise di battere. Morì davanti a me. – Strinse le labbra fermo, piccolo ed innocuo mi sembrò tornare bambino. – Per mesi continuai a sognare mia madre mentre si cavava il cuore dal petto e moriva. Mio padre però non si stanco di vederlo succedere e me lo fece ripetere molte volte. I Draghi da uccidere, quelli che erano deboli, quelli che erano da “macellare”, venivano mandati da me, dal figlio del Re, il Perfetto Uccisore. – Nascose il viso tra le mani e il suo respiro divenne affannato, disperato. – Ma io non volevo, non volevo e non avevo scelta, così terribile era … – Strozzò le ultime lettere. Cercò di calmarsi e poi si rimise dritto, il viso perso nella stanza in penombra.
– Decisi di fuggire. Scappai una notte e corsi indietro, senza mai fermarmi, tornai da mia madre che sapevo ancora nascosta nella nostra casa. Più mi avvicinavo e più vedevo me e lei che insieme giocavamo nel prato, ridevamo, lei amava accarezzarmi i capelli e toccarmi il naso, diceva che sua madre lo faceva a lei quando era bambina, lei mi sorrideva così dolcemente, lei mi amava sebbene avesse dovuto odiarmi. Entrai in casa e la trovai buia e fredda. Sembrava non esserci nessuno dentro. Poi un fiammifero gratto ed una luce si accese. Come un incubo mi si presentò davanti. Il viso di mio padre, dietro di sé il Drago che l'aveva condotto fino a lì, sapeva dove sarei andato, sapeva cosa avrei tentato di fare. Ma ben più terribile era ciò che mi attendeva. “Animale, cavagli quell'occhio di Drago che lo rende così debole!” tuonò la voce di mio padre nell'ombra. Mia madre mi si avventò contro, i suoi occhi erano neri, piangeva, ma non poteva non ubbidire. Le sue unghie affondarono nel mio viso e mi sfregiarono, le cicatrici le ho ancora ben visibili. Riuscii a liberarmi. Indietreggiai con il sangue che mi inondava la maglia. Sollevai gli occhi su mio padre e lui rise. “Animale, fermo.” aggiunse calmo. Si alzò e si avvicinò fino a che i nostri sguardi non furono vicini. “Un Mezzo Drago ed un Solitario, chi mai vorrebbe avere un figlio come te?” disse e così, senza aggiungere nient'altro uscì dalla porta. Mia madre lo supplicò di tornare, di portarla via, ma poi, quando lui fu lontano, lei si rivolse a me come riacquistando il senno. Si avvicinò e mi ripulì il viso dal sangue. Mi chiese scusa ed io la strinsi a me forte. Lei mi mise le mani nei capelli e mi sorrise dolcemente come faceva di solito. Fredda e tranquilla sussurrò queste parole al mio orecchio: “Non ho molto tempo, figliolo, giura e promettimi che resterai al sicuro, non permetterai più a tuo padre di usarti e nemmeno di avere ragione di te. Promettimi che porrai fine a tutto questo odio.”. Glielo promisi. Glielo giurai e poi gli chiesi perché avesse detto di non avere molto tempo. Lei si divise da me e mi guardò negli occhi. – Immobile Nowell stringeva la proprie mani senza riuscire a finire. Immaginavo cosa sarebbe successo, ma nemmeno nei miei incubi più orrendi avrei creduto che potesse essere reale. – “Non guardare” sussurrò dandomi un bacio sulla fonte, “non voglio che tu mi ricordi così.”. Mi chiuse gli occhi passandomi una mano sul viso e poi si uccise. Mio padre gliel'aveva ordinato, le aveva detto di uccidersi così come si erano uccisi tutti gli altri. Aveva fatto avverare i miei incubi, mi aveva punito per il mio tradimento. Dal terrore e dalla pena lasciai casa di mia madre, poi però vi feci ritorno, la seppellii nel giardino in cui giocavamo e rimasi per molto tempo in quella casa. Poi cominciai a viaggiare, volevo sapere che nel mondo c'erano diversi tipi di Domatori e diversi tipi di vita e amore. Li ho trovati. E ho trovato anche la mia strada, la mia promessa va mantenuta. Non permetterò che avvenga mai più ciò che è successo a me o a mia madre. Mio padre deve pagare e non è vendetta ciò che cerco, nessuna vendetta può essere sufficiente poiché lui non potrà mai provare il dolore di perdere la persona più amata al mondo, egli non ama.
Non riuscivo a dire una sola parola, fermo avrei ascoltato tutto ciò che lui aveva ancora da dire.
– Quanto dolore deve aver patito mia madre: nata da Draghi Domati per diventare a sua volta una di essi, scelta dal più terribile Domatore esistente, costretta ad avere da lui un figlio, morire per gli errori di esso, che vita miserabile ha vissuto. – Si voltò e mi guardò negli occhi. – Immagino che non ti aspettavi una storia così, scusa … non l'avevo mai raccontata fino alla fine, devo esserti sembrato disperato. – Sorrise forzatamente.
– Non posso paragonare nulla di ciò che ho vissuto a quello che tu hai subito. – Sussurrai senza riuscir veramente a dire qualcosa di sensato. – Ma so cosa si prova a vedere la propria madre agire contro di sé, contro tutto ciò che è. – Presi un profondo respiro. – Anche per me mia madre era l'unica persona che mi avesse mai amato. Lei mi voleva bene indiscriminatamente, ma non stava bene. Era l'unica figlia di mio nonno, lui l'amava molto, lo ricordo mentre disperato, seduto al tavolo della cucina dove facevamo colazione, ascoltava le grida di mia madre che riempivano la casa sia di notte che di giorno. Non so cosa la rendesse così, ma lei non era lucida, c'erano momenti in cui sembrava essere in sé, altri in cui urlava, si faceva del male e ruggiva nella lingua dei Draghi qualcosa che per me rimarrà sempre ignoto. La sentivo piangere, disperarsi. Morì un giorno all'improvviso. Entrai nella sua stanza e lei mi sorrise, fece per alzarsi ma cadde a terra, si accasciò senza nemmeno urlare, morì così, inspiegabilmente. Il nonno non fu più lo stesso. – Mi voltai a guardarlo. – Nemmeno io ho mai raccontato a nessuno di mia madre. – Mi sorrise sinceramente felice e mi posò una mano sul capo.
– Sono felice di averti conosciuto, Nivek. – Sussurrò scavalcandomi ed alzandosi dal letto.
– Dunque, ciò che quell'uomo vuole fare è sottomettere e sfruttare ogni Drago che esiste e respira, giusto?
– Sì, è questo ciò che desidera. – Annuii severo.
– Tu sai qualcosa di quel principe di cui parlava Ormond? – Chiesi. Nowell si voltò e, pensandoci qualche istante, tornò vicino a me per rispondere.
– In effetti qualcosa ho sentito. Tutto avvenne quando io stavo ancora con mia madre, forse più o meno quando avevo dieci anni, dodici al massimo. Quel che so è che il Re aveva un fratello minore, quel fratello dunque era il Principe in questione. Si dice che lui non fosse favorevole alla politica del fratello, che non volesse ciò che egli professava come giusto, non aveva molti Draghi, non li trattava con crudeltà, anzi era con loro quanto più dolce ed amabile. Supportato da alcuni nobili ed altri dell'esercito fu portato a voler tentare un colpo di stato, il Re però lo scoprì prima, non punì i traditori, ma solo il fratello, non so in che modo e sinceramente non voglio saperlo. Spero che lui riposi in pace. – Guardò fuori dalla finestra. – Qualunque cosa mi succeda, Nivek, prometto che ti proteggerò, non permetterò che tu soffra.
– Lo stesso vale per me, Nowell, sarò al tuo fianco fino alla fine. – Sorrise. Tornò verso il letto.
– Vai più verso il muro. – Si sdraiò accanto a me e mi tirò fino a che il mio capo non si trovò accanto al suo sul cuscino. – Entrambi dobbiamo riposare. Il sole sorge in fretta quando i tempi lo richiedono. – Mi strinse una mano. – Voleremo insieme anche domani, questo mi consola e mi rende felice.
 
Nowell era andato a parlare con Ormond di alcune cose riguardanti la mappa ed il loro agire in sua assenza, diceva che era meglio sapere cosa avrebbero fatto e dove si sarebbero diretti per trovare altri Domatori piuttosto che esserne all'oscuro. Non potevano usare sempre i Draghi, dunque grandi distanze le avrebbero dovute coprire a piedi. I cieli erano pieni di Domatori fedeli al Re e dunque era meglio non sembrare sospetti. Volare in molti era un pericolo. Io ed il mio padrone, invece, non avremmo faticato ad evitare l'indesiderabile, non solo io volavo molto più veloce degli altri Draghi, ma comandavo l'aria ed, infine, il mio colore era così simile a quello del cielo che da lontano era impossibile vedermi se non per sguardi molto acuti. Dunque, dovendo i nostri compagni procedere molto a piedi più che in volo ci avrebbero messo parecchio tempo prima di riuscire a riunirsi tutti. Ormond e Wardell preparavano così gruppi di Domatori che si sarebbero recati nei villaggi in cui sapevano esserci degli alleati, contavano di riunirne molti. Il villaggio da lì a pochi giorni si sarebbe svuotato se non per alcune donne che sarebbero rimaste, con i loro Draghi, per badare ai bambini.
Mentre Nowell era andato dunque a vedere come si stesse programmando la cosa, io ero rimasto nella casa della famiglia che ci ospitava e con Jethro e Wren stavamo aiutando la padrona di casa con il pranzo. Mi sentivo osservato visto che la signora Norton mi fissava con una certa insistenza, era, infatti, per lei la prima volta che mi vedeva e ne rimase molto stupita. – Dunque lui è il Drago del ragazzo con l'occhio giallo, giusto? – Wren sorrise annuendo. – Ed è un Drago … ? – Ormond e Wardell avevano certo spiegato chi fosse Nowell e quale sarebbe stato il suo ruolo, ma non si erano certo dilungati molto su chi fossi io e soprattutto cosa potessero vedere in me quelli della mia specie.
– È d'aria. – Tagliò corto l'altra donna. – Ma è particolare ed unico nel suo genere. Inoltre non credo che dovrei parlargliene senza il consenso del suo Domatore. – Concluse liberandomi dal sospetto.
– Capisco, sì, in effetti ha ragione … – Si scusò la donna ridacchiando nervosa e continuando a tagliare la verdura. Un silenzio abbastanza imbarazzante si venne a creare, ma poi Wren, stupendomi per la sua sensibilità ed abilità, cominciò a discutere su come sapeva cucinare un cibo o un altro.
Fu in quel momento, in cui le due donne sembravano essere entrate nel vivo della conversazione che Jethro si chinò verso di me. – Ho sentito che volete partire per parlare con i Draghi Liberi, scommetto che è un'idea tua. – Sussurrò al mio orecchio per non farsi sentire. Annuii. – Certo, come volevasi dimostrare … – Sospirò. – Credi davvero di riuscire a fare in modo che ti seguano? – Voltai lo sguardo e lo fissai intensamente. Annuii di nuovo.
Fece per aggiungere qualcosa ma Wren lo interruppe. – Perché non andate a prendere dell'acqua al pozzo, voi due, tanto siete talmente lenti che con difficoltà sareste più utili qui. – Disse sorridendoci. Certo era acuta di sguardo, io non potevo rispondere a Jethro, altrimenti la donna avrebbe cominciato a chiedere della mia voce, perfino il Drago dagli occhi rossi era titubante ad urlare troppo con la sua dote. Ci alzammo chinando i capi ed uscimmo alquanto velocemente.
Jethro ridacchiò una volta fuori e mi guardò sorridendo. – Dovrò ringraziarla dopo … – Disse con voce calma e serena.
– Sì, senza dubbio. – Risposi sempre tendendo la voce bassa.
– Dunque, come pensi di fare? – Mi domandò ancora.
– In realtà spero nella fortuna, Jethro, non ho molte altre possibilità, credo che, come tutti vedendomi fraintendano la mia origine e credano di me ben più di quello che in realtà sono, così faranno gli altri e, con ogni fortuna, potrebbero anche ritrovare in me qualcosa che va sopra le tribù, qualcosa sotto cui tutti un tempo si sarebbero riuniti e così riunirsi di nuovo. La fortuna credo che sarà la mia miglior alleata, se essa stessa vorrà. – Rimase in silenzio alcuni istanti dopo la mia risposta, poi si tirò indietro i capelli con una mano e sospirò.
– Credo che non siano gli altri a sopravvalutarti, mio allievo, ma tu a fare il contrario. Comunque, in ogni caso, presumo che molte tribù potrebbero seguirti proprio per quello che vedono in te, come tu sostieni, ma che alcune, che hanno perso la memoria dei tempi antichi, potrebbero non farlo. I Draghi delle terre paludose, a sud-ovest delle grandi montagne da cui provieni, sono poco longevi ed altrettanto singolari, con loro non avrai molte opportunità di farti ascoltare, o forse, proprio perché sei ciò che in realtà non credi possibile essere, ti seguiranno comunque anche senza aver memoria di ciò che tu potresti essere per aspetto. – Mi posò una mano sulla spalla e mi sorrise. Sembrava come consapevole di qualcosa che io nemmeno immaginavo. – Verrei con te se avessi ancora ali su cui volare, ma il Cielo mi ha punito per la mia stupidità e sono obbligato a farti andare solo, la mia voce ti sarebbe stata utile con le tribù della mia terra e, a dire il vero, avrei tanto voluto ritornarci. – Ridacchiò. – Verrei con te se mi fosse possibile. – Concluse tristemente guardando il cielo che così crudelmente l'aveva punito.
– Posso farti una domanda, Jethro? – Annuì sovrappensiero. – È forse stato un Domatore fedele all'uomo che è il padre di Nowell a procurarti quella ferita? – Sussultò e rivolse il suo sguardo verso di me. Sorrise forzatamente e abbassò il capo.
– Sì, ma non posso parlarti di chi fu e nemmeno di perché lo fece, ho giurato che non l'avrei mai rivelato a nessuno. – Sospirò. – Questo è un ordine di Wren. – Concluse stringendo le mani tra loro. Era la prima volta che vedevo Jethro così impedito da un ordine che gli era stato dato e pensai che anche lui alla fine era esattamente come tutti noi, eppure completamente diverso. Mi dimenticavo troppo spesso che lui era un Drago Consacrato, qualcosa di completamente diverso rispetto a me, perfino gli ordini di Wren, così credevo, dovevano essere più duri. Troppo spesso sembrava uscirmi dalla mente tanto che il silenzio che proveniva da lui mi stupiva ogni volta.
– È per proteggere voi stessi quindi lo comprendo. – Mormorai non riuscendo a guardarlo.
– Se fosse per quello, Nivek, allora non avrei motivo per nasconderlo a te. – Disse lui con tono cupo e severo. Sussultai nel comprendere quelle parole e nel sentire il mio nome pronunciato dalla voce calda del mio maestro, era la prima volta che lo faceva. Se non era per proteggere loro, perché lo teneva nascosto?
Mi voltai per fargli un'altra domanda, ma lui si schiarì la voce dipingendosi il suo solito sorriso sulle labbra ed io compresi che era meglio evitare quel discorso su cui lui e Wren sembravano avere idee completamente contrastanti. – Forse per questa missione sarebbe meglio un multilingua come Ishmael, invece che uno come me. – Dissi tornando al discorso precedente ed abbandonando quello fastidioso.
– Non credo che ci sia voce che possa essere ascoltata da ogni Drago più della tua. – Rispose rassicurandomi.
– Ma nemmeno la vostra, buon Drago, rimane inascoltata. – Tubò la voce ruvida ed impervia di Rastus alle nostre spalle. Mi voltai e lui chinò il capo ad entrambi. – Vi ho visti da lontano e pensavo di poter scambiare due parole con il Drago dagli occhi verdi, sempre che io non sia di disturbo. – Sebbene il suo corpo facesse pensare ad un uomo ruvido e poco garbato, il suo tono ed il suo sguardo erano ciò che di più gentile si possa immaginare.
– No, certo che no. – Rispose Jethro ridacchiando. – Erano anni che non ricevevo così tanti complimenti sulla mia voce, ma essa è ormai vecchia e ha perso molto del suo fascino. – Continuò. – Molto piacere di conoscervi, il mio nome è Jethro. – Si presentò il Drago dagli occhi rossi abbandonando la sua aria intimidatoria.
– Salute a voi, lieto di incontrarvi e di parlarvi, il mio nome è Rastus. – Si inchinarono uno all'altro.
Mi feci avanti. – Dunque di cosa volevi parlarmi, Rastus? – Domandai e lui si rivolse a me con rispetto.
– Il mio padrone mi ha detto che il suo gli ha raccontato che lei è stato addestrato dopo essere stato domato, quindi, visto che la sua infanzia la trascorse sulle montagne in cui le tribù sono molto isolate, ho immaginato che lei non sapesse di fatto come funzionano la maggior parte delle tribù di Draghi Liberi. – Annuii. – Dunque pensavo di spiegarglielo se lei ne fosse interessato.
– Sarebbe fantastico. Ti ringrazio Rastus. – Dissi. Guardai Jethro che sorrise e mi posò una mano sulla spalla.
– Torno da Wren, non ho altro da dirti per ora, prima che tu parta però consentimi di darti ancora qualche avvertimento. Ciò che tu e Nowell avete intenzione di fare è qualcosa di pericoloso e di assurdo, avrai bisogno di tutto l'aiuto che riesci ad accumulare. – Chinai il capo.
– Grazie mille, Jethro, sai sempre cosa dire e come aiutarmi. – Ridacchiò infilando le mani in tasca.
– Credo invece di esserti fin troppo inutile, Nivek, che il Cielo vegli su tutti noi. – Sollevò ancora lo sguardo verso le nuvole irraggiungibili e poi si allontanò lasciando soli me e Rastus. Lo seguii con lo sguardo fino a quando non entrò in casa e poi mi voltai verso l'altro Drago.
– Sono pronto per ascoltarti. – Dissi e lui allora si avvicinò a me.
– Camminiamo verso l'esterno del villaggio, mi piace camminare mentre parlo. – Senza aspettare la mia risposta cominciò a dirigersi verso la stradina sterrata e poco curata che avevamo usato per giungere fino a lì. Io gli fui affianco veloce prima che potesse andare troppo lontano. Sembrava aver fretta di allontanarsi.
– Qualcosa non va, Rastus? – Chiesi a bassa voce. Se stavamo uscendo dal villaggio forse ciò che pensava di dirmi non era esattamente perfetto per essere udito da molte orecchie.
– Deve stare tranquillo, gli altri Draghi sentendo la sua voce potrebbero giungere alla mia stessa conclusione, potrebbe essere difficile per lei partire dopo. – Lo guardai e lui mi rispondeva piano senza nemmeno voltarsi a guardarmi.
– E perché? – Domandai ancora senza comprendere.
– Crede davvero che se avessero una possibilità di veder rinascere la stirpe reale che credevano estinta non esiterebbero a lasciarla partire per la più assurda di tutte le missioni? Non sono i Draghi Liberi che noi temiamo, ma quelli domati. – Tagliò corto facendomi capire che dovevo rimanere in silenzio fino a quando non fossimo stati fuori. Ci distanziammo dal villaggio per molti passi e poi si fermò all'improvviso. Me lo trovai davanti con lo sguardo torvo e pensieroso. Certo incuteva timore.
– Deduco che tu non mi hai portato qui per spiegarmi come funzionano le tribù di Draghi Liberi, non è vero? – Lui non aveva intenzione di rispondere, continuava a guardarmi concentrato e sembrava leggere qualcosa che mi sfuggiva.
– Se fossimo in tempo di pace e giustizia non esiterei a disperarmi per la sua condizione, ma forse in un tempo così anormale e orrendo perfino la situazione in cui lei si trova potrebbe essere favorevole. – Tubò con la sua voce profonda e scura di Drago. – Ma mi chiedo come senza riuscire a comprenderlo.
– Se hai dispiacere per la mia condizione, Rastus, allora credo che la tua disperazione sia infondata. – Risposi calmo. – Io sono felice della mia sorte tanto quanto si può essere felici di qualcosa che è arrivato senza chiedere.
– Non mi preoccupo della sua condizione per lei, ma per noi. Un Re sottomesso ad un altro Re non è più, infine, un Re, non crede?
– Non credo di capire a che “Re” tu ti riferisca. – Rimase allora in silenzio con lo sguardo ancora fisso nei miei occhi.
– Se lei ancora non lo sa allora non ci resta altro che attendere. – Sospirò.
– Tu credi che io sia un Re, Rastus? – Domandai con le mani che tremavano per la sua risposta che già, alla fine, mi era chiara.
– Io non lo credo. – Rispose secco ed il mio spirito si alleggerì all'improvviso. Dunque mi ero sbagliato, lui non era cieco come tutti gli altri che mi avevano chiamato “Re”. – Io lo so. – Concluse fermo sorridendo tenue e chinando leggermente il capo. – Ma se lei ancora non l'ha compreso, allora non mi resta altro che attendere quel momento. – Un rumore lo fece voltare verso il villaggio, ma a me non interessava minimamente cosa fosse.
– Perché mi hai portato qui? Per dirmi che la mia condizione è un problema per tutti tranne che per me? Che non so infine chi sono? – Domandai severo con la mia voce umana. Si voltò ancora verso di me, stupito sembrava dalla mia domanda.
– No, no di certo. – Sorrise. – Per potervi comprendere meglio e per udire la vostra voce di Drago che sapevo avreste usato se fossimo stati soli. Per poter confermare che nulla su questo mondo si è mai avvicinato tanto all'idea che ogni Drago ha della propria stirpe reale ormai estinta tanto quanto lei. Ora posso dire che chiunque sentirà la sua voce di Drago non potrà fare a meno di pensare lo stesso. – Prese un respiro e poi strinse le mani una con l'altra diventando perplesso all'improvviso. – La sua idea è buona, ma molto difficile da compiere ed anche di questo voglio parlarle.
– Allora parlamene. – Lo esortai.
– Ha idea di quante tribù di Draghi Liberi esistano? – Non lo sapevo. – Alcune non superano nemmeno i venti esemplari, ma hanno un capo tribù e vivono in un luogo isolato. È impossibile per lei conoscere dove si trovano tutte le singole tribù di Draghi dell'intero regno e, anche se dovesse conoscerle, ci metterebbe anni per riuscire a parlare con tutte.
– Dunque cosa mi consigli di fare?
– Parlare con le tribù più grandi, convincerle e chiedere aiuto. – Non comprendevo bene cosa significasse. – Se lei riuscisse a convincere le tribù con più Draghi esse convincerebbero a loro volta quelle più piccole, comprende? Draghi Liberi che convincono altri Draghi Liberi è questo che lei deve tentare.
– Intendi dire che prima devo convincere i capi delle tribù più importanti e poi dire loro di convincere anche quelle più piccole?
– Sì, poiché è ovvio che essi conoscano meglio dove usano stare le tribù più piccole della loro stessa specie e poi vi risparmierebbero il dover andare da ogni tribù. – Rastus aveva certamente avuto un'ottima idea, mi sembrava un modo facile ed abbastanza veloce per riuscire a raggiungere più Draghi possibili.
– Dunque io devo solo preoccuparmi di conoscere dove si trovano le tribù più importanti, giusto?
– Sì, dovrebbe essercene circa una per ogni specie, una per ogni lingua, ma i Draghi di montagna sono quasi tutti o estinti o troppo chiusi per poterci aiutare, come credo lei sappia bene, ed i Draghi di Terra si sono divisi in molte famiglie. Dunque ho selezionato per lei quelle più grandi interrogando tutti i Draghi che ci sono al villaggio e chiedendo loro quale fosse la tribù più influente dalle loro parti. Ce ne sono due per i Draghi di Fuoco, una di esse credo che sia la tribù del Drago Jethro, tre per i Draghi di Terra, una di esse è la mia, ed infine una sola per i Draghi di Acqua. In tutto sono cinque tribù che lei deve visitare. – Concluse.
– E la tribù del Buco di Eran? – Sussultò a sentir pronunciare quel nome.
– Essi sono Draghi di Terra che da anni nascono e vivono in una profonda fossa del terreno, l'oscurità scorre nelle loro vene ora ed i loro occhi ed i loro animi sono ciechi ad ogni comune sentimento. Essi sono sordi e non venerano il Cielo che è troppo luminoso, non vedo come potrebbero mai essere rapiti dalla sua voce. – Abbassai lo sguardo pensieroso. – Essi inoltre sono quasi tutti dalla parte del nemico, lui li soggiogò poiché li avvertiva simili a sé.
– Va bene, ho compreso, vai avanti. – Dissi tuttavia turbato per la loro condizione.
– Deve stare attento ai Draghi dell'acqua, sono volubili, difficili da raggiungere e poco inclini ad ascoltare per troppo a lungo. Le loro ali preferiscono nuotare piuttosto che volare, convincerli del contrario sarà difficile. – Sospirò. – I Draghi di Terra invece sono molti e diversi sebbene derivino tutti dalla stessa specie, ci sono quelli del fango, che vivono nelle paludi, quelli delle foreste e quelli di caverna, la mia tribù è quella degli ultimi, vada prima da loro , le apriranno la via e sapranno darle consigli saggi. Invece le Tribù del Fuoco sono cocciute, forti ed amano mostrare la loro superiorità, faccia comprendere loro che è il più forte e sarà il loro capo per il resto della sua vita. – Mi guardò. – Credo che lei sappia poco degli altri Draghi e forse questo è un bene, forse il non avere pregiudizi sarà la sua forza, ma se la vedono succube del suo padrone, se vi vedono come ciò che siete, un Domatore ed il suo domato, allora credo che potrebbero nascere dei problemi.
– Quali problemi?
– Potrebbero non voler prendere ordini da qualcuno che a sua volta li prende. Potrebbero non rispecchiarsi in un Drago sottomesso. – Annuii.
– Con questo intendevi che la mia condizione è un problema per voi?
– Non solo per questo. – Si voltò ancora verso il villaggio. – Credo che Ormond mi stia chiamando, forse sa che sono in sua compagnia.
– Grazie per i tuoi consigli. – Sorrise.
– È mio dovere darli a lei. – Insieme, fianco a fianco, ritornammo indietro.
Rientrammo tra le case del villaggio, il sole batteva sui tetti e tutti erano indaffarati. Ormond aspettava Rastus vicino alla prima casa. Il Drago si avvicinò ed io notai lo sguardo severo e crucciato del Domatore. Qualcosa non doveva essere andato bene nell'ultima discussione con Nowell. Che il Solitario avesse detto qualcosa di indelicato? Tuttavia non appena l'uomo vide me ed il Drago dagli occhi scuri insieme si rallegrò improvvisamente. – State facendo amicizia? – Chiese a Rastus che sorrise chinando il capo. – Bene … – Sussurrò rivolgendo il suo sguardo verso di me. – Bel Drago, il tuo padrone è ritornato verso la casa che vi ospita, forse è lì che ti cerca. – Disse sorridendomi. – Affrettati. – Chinai il capo. Senza farmelo ripetere lasciai Rastus e Ormond soli.
Mi diressi verso la casa dove avevo dormito quella notte ed intanto mi guardavo intorno. Era dal giorno prima che non avevo notizie né di Ishmael né di Shiloh, forse avevano molti più amici lì di quanto mi aspettassi. I Draghi che, affaccendati, sostavano nelle strade aiutando i proprio Domatori, al mio passaggio si voltavano e mi guardavano rapiti per poi veloci chinare le loro teste e brontolare con la loro voce di Drago. Alcuni osavano perfino portarsi il pugno al petto così come aveva fatto il vecchio Drago ormai molto tempo fa. Non ero lusingato dai loro modi e nemmeno coinvolto. Però cominciò a sorgermi il sospetto che infine fossi io a comprendere male e non loro a vedere in me qualcosa di sbagliato. Non mi sentivo né un Re né un Lungo Sguardo, ma forse lo ero e se così era allora come sarebbe cambiato il mio modo di vivere e pensare? Forse avevo paura di essere legato ancora una volta da qualcosa che alla fine non volevo essere.
Sollevai lo sguardo cercando di scacciare i pensieri più bui e vidi Ishmael dirigersi furiosamente verso il campo aperto. Dal viso che aveva, ne ero convinto, se avesse potuto volare senza Wardell avrebbe spiccato il volo lasciandoci tutti lì. Mi fermai per aspettarlo visto che veniva nella mia direzione, non sembrava vedermi tanto era assorto nei suoi pensieri. – Qualcosa non va, Ishmael? – Chiesi non appena fu abbastanza vicino da sentire la mia voce. I suoi piedi si fermarono ed il suo sguardo si sollevò verso di me: la rabbia era svanita, ingoiata dalla sua pelle chiara, ed al suo posto si era creata una nebbia di tristezza ed indecisione. – Ishmael … – Sussurrai senza parole, non l'avevo mai visto così spaventato ed insicuro.
– Ishmael! – La voce di Wardell ruppe il silenzio e mi voltai per vedere da dove venisse. – Ishmael! – Il Drago dagli occhi gialli si voltò cupo verso il padrone e lo guardò mentre si avvicinava correndo. – Perdonami, Ishmael, ma … – Smise di parlare quando mi vide. – Ah, tu … – Borbottò. Si tirò dritto e mi fissò severo. – Nowell ti sta aspettando. – Disse secco. Voleva che me ne andassi e potevo comprenderlo dai suoi occhi acuti e pungenti.
– Sì, ora lo raggiungo. – Sussurrai dirigendo lo sguardo in direzione della casa. Mi voltai ancora verso Ishmael e poi su Wardell, sembravano doversi dire qualcosa d'importante che con me lì non poteva essere detto. – Vi lascio soli. – Mormorai infilandomi le mani nelle tasche dei pantaloni. Mi incamminai con lo sguardo del Drago dagli occhi gialli su di me.
– Nivek! – Urlò e mi voltai ancora nella sua direzione. I suoi occhi erano fissi su di me mentre il suo Domatore lo guardava senza comprendere. Il suo sguardo mi disse più di ciò che voleva, così io credo.
– Fortunato è chi trova la propria via senza fatica, ma ancor più fortunato è chi la trova nella difficoltà. – Mormorai con un sorriso felice sulle labbra. Alla fine forse era proprio vero ciò che avevo pensato la prima volta guardandoli.
Mentre i miei piedi si muovevano veloci verso la casa che ci ospitava, i miei pensieri tornavano alle parole che Wardell ed Ishmael si sarebbero scambiati. Forse finalmente ci sarebbe stato qualcosa di bello di cui gioire. Non ci misi molto a trovarmi fuori dalla casa. Nowell mi aspettava in piedi fuori dalla porta e scrutava intorno a sé aspettando il mio ritorno. Quando mi vide i suoi occhi mi si rivolsero tristi e turbati. Un peso sembrava premergli sullo stomaco, come qualcosa che infine non doveva avvenire. Rividi nel suo viso il riflesso dello stesso sguardo di Ormond. Si avvicinò silenzioso. – Devo parlarti … – Mormorò afferrandomi un braccio e tirandomi verso il dietro della casa. Cominciai a temere ciò che volesse dirmi.
– Qualcosa non va, Nowell? – Chiesi non appena lui ebbe finito di trascinarmi e cominciò a fare avanti ed indietro in un piccolo pezzo di terreno.
– Certo che c'è qualcosa che non va. – Disse lui con un filo di voce.
– Sulla partenza?
– Non essere ridicolo … – Si fermò all'improvviso e si passò una mano sulla bocca. Chiuse gli occhi e sembrò frenarsi dal dire cattiverie. Poi tornò a guardarmi e si calmò. Prese un profondo respiro. – Wardell vuole consacrarsi ad Ishmael. – Disse secco come se fosse la peggior notizia del mondo. – Sono anni che ne parla, ma adesso sembra determinato a farlo. Anzi, lo farà. Ho cercato di dissuaderlo in ogni modo, ma non ascolta ragioni, è sordo. – Deglutì terrorizzato dall'idea. – Che il Cielo lo faccia rinsavire …
– Non è una bella notizia? – Chiesi completamente estraneo alla cosa. Nowell ridacchiò nervoso.
– Una bella notizia? Non c'è peggior notizia che lui potesse darci. – Sospirò.
– Perché? – Domandai. Probabilmente ero l'unico a non saperne nulla. Si coprì il viso con le mani.
– Lui perderà tutti i suoi Draghi, tutti tranne Ishmael. Alcuni di essi sono nati e cresciuti in cattività, altri sono ciechi, altri non possono più volare, Wardell doma tutti i Draghi che hanno bisogno di aiuto, solo pochi dei suoi Draghi gli sono utili, non sembra ma ha un gran cuore. Immagini che cosa ne sarà di loro senza la protezione di Wardell? Senza la sua guida? Molti ai macelli, altrettanti nelle mani di crudeli Domatori. Per loro sarà la fine. – Mi guardò. – Ma poi che ne sarà di lui? Non è semplice vivere senza poteri, senza essere considerato “utile”. Lo conosco bene … ne morirebbe.
– Credo che lui abbia pensato a tutte queste cose …
– Non abbastanza! – Saltò su il Solitario. – Non posso permettere che lui si rovini così! Essere Consacrato è la peggior sventura che possa capitare! Incatenato ad un unico Drago! Chiedilo a Yorick come ci si sente senza! – Perché tirava in ballo Yorick?
– Smettila. – Dissi secco ed il suo sguardo critico si rivolse su di me. – Yorick amava il suo Drago, così come Wren, così come Wardell, forse tu non sei in grado di comprenderlo e mi dispiace.
– Lo comprendo invece. – Ribatté tristemente. – Proprio perché lo comprendo non voglio che lui lo faccia. Credi che sia facile? Credi che sia semplice essere Consacrati? Per quanto lui lo ami non può renderlo libero, non può restituirgli ciò che gli tolse molto tempo fa. Consacrarsi rende tutto così indelebile da essere quasi doloroso. Egoista è il Domatore che doma, ed ancor più egoista quello che consacra scusandosi con l'amore. Si odierà, così come fa Wren e così come fa Yorick. – Si sollevò. – Ormai non c'è più ritorno, lui lo rimpiange, sai? Rimpiange che Ishmael non sia libero. – Annuii e lui mi posò una mano sulla spalla.
– Hai ragione, è terribile in ogni caso, ma, Nowell, tutto cambierebbe se anche il Drago fosse d'accordo, non credi? Un Drago che vuole essere Consacrato non è forse un Drago che ama?
– Sì, lo è, indubbiamente, ma, sebbene noi possiamo pensarla in questo modo, sia Wren, sia Yorick, sia Wardell continueranno a chiedersi se sono realmente amati o se tutto è frutto di un loro inconscio ordine. Essere Consacrati distrugge lo spirito ed il cuore. – Abbassò lo sguardo. – Non voglio che capiti a Wardell che è gentile e buono.
– Se lui lo vuole credo che tutto questo l'abbia considerato. – Annuì. Si avvicinò e posò la fonte nell'incavo della mia spalla. Rimase in silenzio con gli occhi chiusi e con una mano posata sulla mia schiena. Sollevai le dita e gli sfiorai i capelli tenendolo vicino a me. – In fondo credo che sia l'unico modo che a un Domatore resta per dimostrare il proprio amore. – Era triste tutto considerato, forse fin troppo triste da poter sopportare, eppure era così che andavano le cose. Chi amava non poteva amare e chi odiava poteva odiare così facilmente. Mi dissi che è sempre più facile fare del male piuttosto che del bene. Mi dissi che forse Nowell aveva ragione, forse non doveva succedere ciò che Wardell voleva che succedesse. Forse era meglio che Ishmael restasse ciò che era. Tuttavia ricordando lo sguardo che il Drago dagli occhi gialli mi rivolse non ho dubbi, lui lo voleva esattamente quanto Wardell, ma credeva di non meritarselo. Credeva che diventare il Drago Consacrato del suo Domatore sarebbe stato uno sbaglio, per gli altri Draghi e per il suo stesso padrone.
Mi ricordai la discussione che lui ebbe con Shiloh tra le tende, forse era proprio di quello che stavano parlando, forse era così che andavano le cose in quel mondo di molti Draghi ed un solo Domatore. Forse era così che Ishmael doveva restare. Eppure ripensando al suo sguardo ed al modo con cui pronunciò il mio nome quel giorno non ho dubbi, Ishmael non aspettava altro. La voce calda di Wardell che chiedeva di perdonarlo, il sapore di tristezza che li circondava, amanti condannati al dolore, anime gemelle divise dal fato e da tutto ciò che si definisce “moralmente giusto”. Giusto per chi? Forse niente era giusto.
Perfino oggi, ora che molti anni sono sfuggiti via dalle mie dita ed il dolore antico ha lasciato le mie membra, perfino oggi ripensando a quello sguardo non so pensare ad altro, non so perdonarmi per essere stato cieco e sordo. Non ho dubbi, Ishmael amava Wardell e lo desiderava, voleva restare con lui per sempre, consacrarsi a quell'uomo che l'aveva domato, che gli accarezzava così dolcemente le squame, con cui volava in alto verso le nuvole più belle, correva sull'arcobaleno e contava le stelle. Non c'era altro amore. Non c'era altro dolore. Lo amava e che il Cielo perdoni tutti noi per essere stati così ciechi. Che Wardell ci perdoni poiché non era lui a doversi scusare ma tutti noi a non capire. Ishmael lo amava e perfino oggi ripensandoci non ho proprio dubbi.
 
Wardell quella sera venne nella casa in cui eravamo ospiti, entrò nella stanza mia e di Nowell e guardò il proprio amico con uno sguardo che mai dimenticherò finché avrò vita. Il mio padrone si alzò dal letto. – Perdonami, Nivek, torno subito. – Sussurrò con un filo di voce seguendo fuori l'altro. Io però non riuscii a stare fermo, mi alzai veloce e corsi fuori dalla casa non appena si furono allontanati. Sapevo che se Wardell aveva quello sguardo allora Ishmael doveva averne uno molto simile. Cosa era mai successo?
Mi diressi verso l'abitazione di Ormond. Silenziosa una voce cantava nel buio della notte, sussurrava una melodia sconnessa ed ogni tanto si fermava. Avrei riconosciuto tra mille quella voce, apparteneva a colui che cercavo. La seguii mentre il silenzio ovattava il cielo e sentivo quei suoni così chiaramente da venirne quasi assordato. – Le luci della notte brillano nel cielo, il sapore del mattino ormai non è più sincero, meglio dormire nella notte, che aspettare il sole, meglio morire nella notte, che aspettare il sole … meglio morire piano, che svegliarsi lontano … – La figura di Ishmael si dipinse davanti ai miei occhi, era immobile seduto su un muretto di pietre che divideva due case. Il suo sguardo era perso tra le stelle e dai suoi occhi scendevano lacrime pesanti e severe. Mi avvicinai senza far rumore, ma la sua voce non riprese a cantare. Gli posai una mano sulla schiena e mi sedetti vicino a lui.
– Cosa mai è successo? – Mormorai con un filo di voce rotto dalla tristezza. Lui si asciugò malamente il viso e sembrò rimpicciolire nella mia mano. Mai Ishmael, Drago così bello e gentile, mi era sembrato indifeso ed insignificante.
– Mi capisci, vero Nivek? Comprendi … – E la sua voce si fermò ancora. Sembrava tenere quelle parole lontane, come uno spettro che mai avrebbe osato invocare di nuovo.
– Qualunque cosa la comprenderò, amico mio. – Sussurrai avvicinandomi di più a lui.
Dalle sue labbra uscirono alcune note sconnesse e poi la sua mano si strinse intorno al mio polso. – Come ho potuto farlo … ? Come ho potuto … – Il suo respiro divenne irregolare e veloce. Sembrò accorgersi solo in quel momento del madornale errore. – Gli ho detto di no … – Sollevò lo sguardo fino a che i nostri occhi non si incontrarono. – Gli ho detto di no …
Quella notte compresi che non basta amare ed essere amati, non basta volere qualcosa con tutto il cuore per riuscire a prenderla una volta ottenuta. C'è ben altro. Non basta comprendersi a fondo per riuscire a coronare i proprio desideri. Per Wardell ed Ishmael non era bastato. Non era stato in grado di agire egoisticamente, seguire solo il proprio, riservare il proprio padrone, il suo amore solo per sé, aveva compreso che egli aveva un ruolo più grande. Aveva compreso che Wardell non sarebbe mai potuto essere solo suo. Il Domatore non avrebbe mai fatto nulla contro la volontà di Ishmael, compresi anche questo.
Non basta amare ed essere amati per vivere felici. Non c'è sempre un lieto fine sebbene siano entrambi a volerlo. C'è ben altro. Ishmael aveva detto di no, ma tra le mie braccia piangeva. Ishmael aveva detto di no, ma il suo cuore era stato schiacciato sotto quelle parole. Ishmael aveva detto no e se ne pentiva.
Non dissi mai ciò che Ishmael confessò a me soltanto, non dissi mai che lui avrebbe voluto vivere al fianco di Wardell per il resto della sua vita, non dissi mai che quel no nascondeva un sì così grande da non poter essere pronunciato. Non dissi mai la forza con cui mi strinse il braccio e pianse. Non dissi mai quanto il suo amore fosse profondo. Tuttavia credo che Wardell lo comprese senza aver bisogno delle mie parole.
Compresi che così succede quando ami qualcuno ma il tuo amore va sprecato. 

La verità su Nowell è ormai chiara. Il Re Orrendo si è reso responsabile di molti crimini, ma il più grave è sicuramente quello contro suo figlio. Riuscire a liberare il regno dal suo giogo sembra l'unica cosa da fare.
I Draghi ed i Domatori però non sono liberi nemmeno di esprimere a pieno i propri sentimenti e questo, sicuramente, è frutto di anni ed anni di credenze sbagliate e pregiudizi. Riusciranno a cambiare anche questo? 
Grazie mille per aver letto la storia
Iwon Lyme

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Capitolo 14
*** L'Urlo del Drago - Parte III ***


I due protagonisti si sono chiariti ed ora la loro missione è chiara: sconfiggere il Re Orrendo. Dovranno dire addio ai loro compagni e partire per chiedere l'aiuto dei Draghi Liberi. Ma la guerra è davvero alle porte?
 
L'Urlo del Drago - Parte III

Svegliandomi ancora assonnato steso sul pavimento della camera condivisa con Nowell i ricordi della sera prima mi travolsero come se, per essere in grado di addormentarmi, avessi dovuto chiuderli in un angolo della mia mente così da non venirne più tormentato. Riflettendo e sondandoli come se fossero appena avvenuti il mio animo si accorse che, infine, eravamo davvero in guerra. Fu la prima volta che ci pensai e mi ritrovai ad esserne spaventato, non lo nego. Domatore contro domato, padrone contro servo, eravamo in guerra, sempre. Difficile dire in che modo si possa intendere questa infinita “battaglia” che vidi così presente, così reale, difficile è dire in che modo essa avvenga. La avvertivo, tuttavia, nel profondo del mio animo, come se ciò che è diviso infine non potrà mai essere unito. Era guerra, non solo tra padroni e Draghi, non solo tra noi piccoli e singoli figuri che camminavamo sulla terra dura, ma anche tra popoli, anche fuori era guerra e guerra sarebbe stata. Capii e vidi chiaramente verso cosa ci dirigevamo: guerra. Sangue, morte e dolore si sarebbero diffusi in ogni luogo, il cielo sarebbe stato macchiato di rosso e la terra avrebbe pianto i caduti. La guerra era alle porte e nessuna felicità può esserci prima. Cominciai a pensare che loro erano destinati a non trovare pace in quel mondo di guerra, poiché essa esisteva, essa c'era e batteva il tempo per giungere più in fretta. Forse, quando il mondo avrebbe infine trovato la pace, perfino quell'amore così impossibile nella difficoltà sarebbe potuto fiorire nella vittoria. E vittoria doveva avvenire, altrimenti l'oblio avrebbe atteso ognuno di noi.
Mi sollevai sospirando e scacciando via ogni antico pensiero. Nowell non era tornato nel suo letto. Lo guardai tristemente immaginando la discussione tra lui e Wardell, i loro argomenti e lo sgomento dell'uomo ferito. Mi alzai in piedi e la porta della camera si aprì in quell'istante. Come richiamato dai miei pensieri il Solitario entrò. Il suo viso pallido faceva risaltare le profonde occhiaie che contornavano i suoi occhi dissimili. – Ti senti bene? – Chiesi con un filo di voce. Annuì passandosi una mano sul viso e sedendosi sul letto con un sospiro. – Wardell come sta? – Sussurrai più convinto prendendo posto al suo fianco.
– Non bene. – Rispose piano con la voce roca ed assetata. Mi alzai e gli portai un bicchiere con dell'acqua, lo bevve volentieri. Tornò poi a guardarmi in viso. – Hai parlato con Ishmael immagino … – Disse con il suo solito tono.
– Sì, ieri sera sono andato da lui quando tu sei uscito. – Confessai.
– Lo so, ti ho visto uscire. – Sorrise piano e mi posò una mano sulla spalla. – Dunque sai che l'ha rifiutato. – Annuii. – Non l'ha presa bene, ma si riprenderà presto. – Concluse sospirando di nuovo.
– Ishmael avrebbe voluto dirgli di sì. – Mormorai piano tanto che credetti lui non mi sentii, oppure, più verosimilmente, fece finta di non sentirmi.
– Ha fatto una scelta saggia. – Continuò dopo qualche attimo di silenzio. – Non avrei mai pensato che Ishmael lo rifiutasse, ma è la miglior cosa, i Draghi di Wardell sono al sicuro e perfino lui lo è. Sebbene non amo vederlo in queste condizioni so che è il miglior modo per lui di affrontare i giorni che verranno, è pericoloso avere un solo Drago quando c'è una guerra alle porte. Ishmael ha fatto una scelta saggia, sia per se stesso che per Wardell.
– Cosa intendi dire “per se stesso”? – Chiesi perplesso.
– Non lo sai? – Sussurrò lui guardandomi stupito. – Se un Drago si consacra ad un Domatore, quando il Drago muore il Domatore, sebbene senza poteri, sopravvive, ma quando è il Domatore a morire il Drago muore con esso. Se invece io dovessi morire tu rimarresti in vita e libero. Ora comprendi che anche per Ishmael è bene restare un Drago Domato? – Senza dubbio qualsiasi Drago avrebbe fatto quella scelta sapendo di dover andare in guerra, ma un'amante senza l'amato non muore in ogni caso? Dunque che motivo poteva mai avere Ishmael per voler sopravvivere a Wardell?
– Vuoi dormire? – Domandai a Nowell non esponendogli i miei dubbi sulla sua teoria.
– Sì, penso che dormirò qualche ora prima di incontrarmi di nuovo con Ormond. – Disse ed io mi alzai dal letto per permettergli di stendersi. – Rastus ha parlato con te ieri, giusto? – Mi voltai a guardarlo e lui mi osservava con occhi pungenti. – Ormond me l'ha riferito. – Aggiunse.
– Mi ha parlato.
– Di cosa? – Mi interrogò lui ancora. Sospirai.
– Del viaggio che intraprenderemo e di cosa devo fare per convincere i Draghi Liberi a seguirmi. – Si stese.
– Immagino che la mia presenza ti sarà d'intralcio. Insomma io sono il simbolo della tua sottomissione non devo essere un segno positivo per gli altri Draghi. – Rimasi in silenzio qualche istante e poi mi voltai ancora per rispondere.
– Sì, è così, ma non faccio affidamento sulla mia forza per convincerli. – Dissi portandomi verso la porta.
– Ehi, non hai finito, cos'altro ti ha detto? – Mi fermai con la mano stretta sulla maniglia.
– È stato un discorso tra un Drago ed un altro Drago in cui lui mi ha rivelato conoscenze note ai soli Draghi, non credo, con tutto il rispetto, di potertele dire. – Risposi. Sussultò e si passò una mano tra i capelli.
– Tutto sommato penso proprio che tu abbia ragione … anche io non ti ho detto tutto riguardo ai Domatori. – Disse chiudendo gli occhi ed espirando tutta l'aria che aveva nei polmoni. Mi allontanai dalla porta avvicinandomi ancora a lui.
– Dovresti almeno riposare sotto le coperte … – Sussurrai chiudendo la finestra che faceva entrare troppa luce. – Credo che i primi da cui voglio andare siano quelli della tribù di Jethro, sempre che tu …
La porta si aprì con un tonfo interrompendo le mie parole. Nowell si sollevò brusco ed io mi voltai. Wardell era sulla soglia. I vestiti erano disordinati ed i capelli arruffati, anche lui, come il mio padrone, aveva profonde occhiaie, tuttavia il suo sguardo non era assonnato, ma vigile e tremendamente terrorizzato. Il rumore veloce e sconnesso del suo respiro mi fece agitare. – Cosa è successo? – Domandò il Solitario vedendo che lui non parlava.
– Domatori feriti … Sono arrivati un gruppo di Domatori feriti. – Disse con la voce tremante.
– Da dove? Erano nostri messaggeri? – Lo interrogò ancora Nowell alzandosi in piedi e ritrovando in un attimo il vigore. – Portami da loro. – Ordinò severo all'amico che veloce lo condusse fuori mentre fitto lo informava.
– Sono quei due che abbiamo mandato ad est, li hanno attaccati, il Cielo solo sa per quale motivo, forse si sono fatti scoprire, forse ora lui lo sa, forse … – Concitati arrivammo tutti e tre nella piccola piazzetta sterrata giusto prima del campo aperto, nella sabbia erano atterrati due Domatori ed insieme a loro due Draghi gravemente feriti. Il sangue sgorgava dai corpi dei miei simili a fiotti ed uno di loro chiaramente annaspava. La terra era diventata bruna e tutti gli restavano intorno mentre alcuni li curavano. Uno dei Domatori sembrò riprendere conoscenza e, con orrore, osservò il Drago ormai in fin di vita, affondo il viso nelle sua pelle e cominciò a gridare di dolore. Credo che nemmeno l'urlo di Jethro fu tanto straziante alle mie orecchie, urlava come se gli stessero strappando il cuore e piangeva come non avevo mai visto piangere nessun uomo.
Nowell mi si avvicinò preoccupato dall'effetto che stava avendo su di me quella vista. – Dovresti tornare in casa se desideri non vedere, torna dentro, ti dirò poi. – Sussurrò al mio orecchio, ma io, sebbene i loro visi mi procurassero molto sgomento, non volevo andarmene, mi sarei sentito un traditore.
Ormond raggiunse il gruppo e chiamò il Domatore per nome. Lo sollevò dal corpo del Drago che emetteva solo qualche rantolo. Stava per morire, potevo avvertire la vita che sfuggiva via dalle sue membra tormentate dal dolore. Il suo corpo lentamente perse le squame e tornò uomo. Una lunga ferita gli riempiva il ventre, sembrava un'ustione, un grosso ed orrendo morbo. I suoi occhi chiari, di un verde leggero si sollevarono e si fermarono sulla figura del suo Domatore. Credetti morisse così, ma poi si voltò verso di me. I nostri sguardi si incrociarono e seppi ciò che dovevo fare, seppi quale era il mio posto. Mi liberai da Nowell e mi avvicinai veloce al corpo del Drago. La sua mano si sollevò e, sporca di sangue, mi toccò il viso. – Le tenebre avvolgono l'est … – Mormorò con voce chiara, come pioggia, come gorgogliare d'acqua soave che si perdeva nell'ombra di quel mattino così funesto. – Signore del Cielo, Re del Vento, accetta la fedeltà di un umile servitore. – Sussurrò tendendo le labbra.
– Piangerò per te, valoroso compagno, canterò il tuo nome se tu vorrai dirmelo. – Risposi piano stringendo il suo polso che lentamente si spegneva.
– Ezra è il mio nome ed il mare è la mia casa. – Annuii.
– Là tornerai con ali che non hanno bisogno di essere spiegate. – Non appena dissi quelle parole vidi dai suoi occhi scivolare via una lacrima e poi il suo viso si spense e la sua mano, immobile, giaceva nella mia. Il sangue ancora macchiava la terra ed il mio viso.
– Forza, Drago, alzati. – Mi intimò Ormond avvicinandosi. – Lascia che il suo Domatore lo saluti. – Posai con dolcezza la sua mano sul suo ventre e mi alzai lasciando che il suo padrone lo abbracciasse. Mi voltai per tornare verso Nowell, ma poi non ne fui in grado.
I miei piedi tornarono sui loro passi, di nuovo in direzione del Drago morto e con voce chiara cominciai a cantare. Stringendo le mani al petto la mia voce si sollevava in Cielo, l'aria si muoveva lenta ed il sole fu coperto da nuvole dense. Il vento sferzava il suolo con più violenza mentre la tristezza ed il pianto prendevano le mie parole e le portavano in alto. Era come un incubo che mai avrei creduto di poter sognare così presto. Già un morto era stato fatto ancor prima che il sole fosse sorto sulla guerra, ancor prima di qualsiasi nostra reale mossa. Avevo promesso a quel Drago un canto, un canto che riparava ben poco, che rendeva ben poco onore alle sue membra così splendide. Avevo promesso a quell'uomo qualcosa di così vano, così facile da dimenticare, eppure speravo che durasse in eterno nelle memorie di quei Draghi e di quei Domatori che avevano assistito alla morte del primo martire, speravo che la mia voce si imprimesse chiara nella loro mentre così da renderli valorosi e forti.
Nessun Drago si unì al mio canto, ma tutti erano in silenzio e molti piansero all'udire la mia voce. Il Domatore piangeva e urlava di dolore mentre la mia voce cantava il nome del primo caduto.
 
– È stato un canto straziante. – Disse Jethro dandomi un bicchiere d'acqua. Senza forze mi ero seduto sulle scale all'entrata della casa della signora Norton. Nowell e gli altri Domatori erano riuniti. – Non credo che dimenticherò facilmente un canto così. – Sussurrò sedendosi al mio fianco.
– Mi ha giurato la sua fedeltà, Jethro, la sua fedeltà … – Mormorai bevendo un sorso d'acqua.
– Questo perché ti turba? – Chiese calmo.
– L'ultima cosa che ha fatto quell'uomo è stato giurare la sua fedeltà e dire il suo nome ad un impostore, ad un Drago che non è ciò che lui credeva essere! Ha giurato a me … Io che non sono né il Signore del Cielo né il Re del Vento! Come può non turbarmi … ? L'ultimo atto di un uomo che è morto per degli ideali giusti è stato giurare a qualcosa che sembra ciò che non sarà mai! Dopo una vita di rettitudine ha finito la sua vita con un atto così … – La voce mi morì e mi coprii il viso con le mani. La gola si era chiusa e da essa non passava nemmeno più un respiro.
– Ciò che hai detto potrebbe essere vero. – Mormorò posandomi una mano sulla spalla. – Ma anche io ti avrei giurato la mia fedeltà per avere un canto come quello. – Mi tolse dalle mani tremanti il bicchiere in pericolo. – Il cielo si è oscurato mentre cantavi, sembrava stesse per piovere. Nessun Domatore lo noterebbe facilmente, ma per un Drago è diverso, un Drago sa quando il cielo cambia perché è comandato, ed il cielo è diventato nero per il tuo dolore. Se, come sostieni, tu non sei il Signore del Cielo, allora per quale motivo lui dovrebbe essere ai tuoi ordini? Forse sei tu che non credi di essere qualcosa che in realtà sei. – Mi posò una mano sul capo. – Forse quell'uomo non si è sbagliato a riporre in te la sua fedeltà.
– Se ciò che dici fosse vero la mia vita allora sarebbe di gran lunga diversa da quello che è ora. – Ridacchiò tristemente alle mie parole.
– Perché dici questo? Solo il Cielo sa quale è il nostro destino e dove ci portano le azioni che compiamo, nessuno di noi comprende a pieno la propria vita prima che essa sia giunta alla fine. – Si alzò ed il vento solleticò che le sue vesti. – Forse hai ancora risposte da trovare prima di poter dire con così tanta certezza di non essere qualcosa. – I suoi occhi si rivolsero verso la casa di Ormond. – Immagino che la tua partenza sarà anticipata, non credi? Infine ci separeremo ancora prima di poterci dire addio. – Mormorò. Mi alzai.
– Non sarà un addio, ci rivedremo schierati sul campo di battaglia. – Si voltò con un sorriso.
– Non hai paura della guerra, giovane Drago? – Sussurrò con una voce così famigliare da farmi tremare il cuore.
– Ho paura della guerra, ma ho ancora più paura di ciò che può avvenire a tutti noi se essa non comincerà e non sarà vinta. – Annuì.
– È saggia la tua risposta, molto di più di quanto tu possa immaginare. Ho vissuto nel regno di quell'uomo che vogliamo combattere. Il Cielo ci aiuterà, il suo messaggero è qui con noi. – Scese gli ultimi scalini che lo separavano dalla strada e andò verso la casa del capo del villaggio da cui uscì Wren. Anche Nowell sarebbe uscito da lì per annunciarmi la nostra imminente partenza, se il nemico aveva capito le nostre intenzioni nemmeno le più profonde gole o i più immensi laghi sarebbero stati sufficienti per nasconderci. Le mie ali avrebbero dovuto volare veloci ed incontrare le tribù di Draghi Liberi, più in fretta avrei volato con più probabilità avremmo vinto. L'incubo che avevo iniziato a sognare sarebbe durato ancora molto, o così, almeno, mi parve di capire.
 
Nowell era irrequieto. Nessuno dei due voleva lasciare il villaggio così presto e quando tutto era ancora così ignoto. Non sapevamo se sarebbero riusciti ad organizzarsi o se infine avremmo avuto qualche speranza di vincere una guerra ancora agli albori. Muovevamo guerra poiché non ci era rimasta alcuna scelta. Nowell continuava a scambiare parole fitto fitto con Wardell e con Ormond, loro annuivano rassicurandolo. In fondo forse era lui quello più turbato tra i due. Sapeva che il suo ruolo era importante, lui diceva che quello era il suo destino ed io gli credevo. Insieme, accompagnati da un lungo corteo, ci portammo fino alla piazzetta pronti a partire. Rastus mi aveva dato una mappa con indicati i posti in cui dovevamo andare, l'avrei data a Nowell prima di partire, senza la sua volontà, una volta diventato Drago, non potevo fare molto. Mi posizionai al centro aspettandolo, ma lui tardava.
Il mio sguardo allora vagò su Jethro che era venuto a salutarmi. Chinai il capo e lui fece lo stesso. Gli ero grato più di quanto ogni parola sarebbe mai stata in grado di pronunciare. Mi sarebbe mancata la sua voce, tanto quanto quella di Yorick. Era il mio maestro e l'uomo che mi aveva permesso di essere un Drago. Poi i miei occhi cercarono anche Ishmael e lo trovai tra la folla, ancora lontano da Wardell, in compagnia di suo padre. I suoi occhi erano tristi e sembravano aver perso la loro luminosità. Ci guardammo intensamente e lui sembrò dirmi qualcosa che però non riuscii a capire. Chinai il capo per salutarlo e avrei voluto raccomandarmi affinché riuscisse a calmare il suo cuore. Jethro forse glielo avrebbe detto meglio di me che non è facile provare sentimenti. Forse entrambi avevano bisogno di contare uno sull'altro come due amici nelle avversità. Ishmael era stato un vero amico, un Drago così magnifico che pensavo non avrebbe mai potuto apprezzarmi. Infine la figura di Rastus mi fece voltare, il suo viso era scuro e fiducioso, sembrava augurarmi buona fortuna. Senza di lui sarei stato perso.
Nowell cominciò ad avvicinarsi, ma ancora non sembrava convinto. Sulle spalle aveva una sella, dovendo volare molto sarebbe stato faticoso farlo senza. Lo guardai negli occhi e lui mi sorrise. Mi avvicinai e gli diedi la mappa. – Voglio andare da quelli del fuoco, quelli ai piedi del primo vulcano, a sud-est. – Spiegai e lui annuì.
– Molto bene, andremo lì. – Si infilò la mappa in tasca e poi si allontanò qualche passo così da darmi l'ordine. – Nivek, diventa Drago e porta il tuo padrone in Cielo. – Disse sicuro e fermo. La mia pelle veloce cominciò a mutare ed io crebbi fino a quando la mia coda non sferzò l'aria e le ali si aprirono luminose. Il Solitario allora si avvicinò e mi chinai affinché posizionasse la sella. I visi di tutti erano increduli, mi guardavano ancora più stupiti di quanto non avessero fatto per tutto il mio soggiorno. Vidi Wardell e Wren avvicinarsi.
– Mi raccomando, Nowell, sii prudente. – Disse la donna stringendo le mani al petto.
– Non andate molto a nord, lì, così ho sentito dai Domatori arrivati stamattina, si concentrano molte forze del nemico, forse desiderano qualcosa in quella zona. Mi raccomando, ricorda per le lettere inviale nel villaggio che ti ho indicato, un Drago farà avanti ed indietro da lì per vedere se arriva qualcosa. – Aggiunse allora Wardell. Si strinsero la mano. – Amico mio, possa il Cielo proteggere il tuo volo e celare i tuoi propositi. – Si abbracciarono forte come dei fratelli.
– Amico mio, possa la fortuna sorridere al tuo cammino ed il Cielo riunirci ancora. – Gli rispose Nowell. Si divisero e il Solitario mi salii in groppa. Wardell mi guardò negli occhi.
– Proteggilo, è ciò che divide tutti noi dall'oblio. – Mi ammonì. L'avrei fatto anche senza la sua raccomandazione.
Il momento era giunto, partivamo e ci allontanavamo dai nostri amici, li lasciavamo soli al pericolo e tentavamo una pazza missione. Pregavo che tutto andasse bene. – Forza, Nivek, alzati in volo, il momento dell'addio è finito. – Non appena disse quelle parole le mie ali cominciarono a sbattere con forza e mi sollevai in aria per recarmi su fino in cielo, in alto tra le nuvole più chiare. Quando fummo abbastanza distanti da terra cominciai a planare, non volevo vedere quel villaggio nemmeno da lontano. Nowell respirava piano sulla mia schiena e non diceva una parola, anche lui sembrava triste. Mi accarezzò la pelle sospirando. – Non devi piangere, Nivek, torneremo prima che tu te ne accorga … – Sussurrò, ma le lacrime scendevano dai miei occhi e non riuscivo a smettere. Appoggiò la sua fronte sulla mia pelle. – Sono felice di essere qui con te, mio caro compagno, da solo non sarei mai stato in grado di partire. – Sorrise ed anche io mi sentii più rincuorato.
Da soli avremmo dovuto affrontare quella missione, in gruppo sarebbe stato pericoloso e stupido, ma da soli avevamo speranza. Non avrei mai pensato che un giorno mi sarei trovato a volare con un uomo sulle spalle, eppure lo facevo e sembrava la cosa più naturale al mondo, tanto che, pensai, senza non avrebbe avuto senso farlo. Il Cielo sorrideva ed il giorno era ancora luminoso, la notte sarebbe giunta in fretta e così il mio manto si sarebbe scurito diventando invisibile. 


Nowell e Nivek sono partiti. Si dirigeranno verso le Terre dei Vulcani dove dovranno parlare con i parenti di Jethro. Troveranno assenso o dissenso? Troveranno davvero l'aiuto che cercano per sconfiggere il male?
Ma, soprattutto, come sono i Draghi Liberi?
Nella prossima parte ci sarà l'arrivo dei Draghi in libertà! Presto pubblicherò il seguito!
Iwon Lyme

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Capitolo 15
*** L'Urlo del Drago - Parte IV ***


Finalmente arrivano i Draghi Liberi! Cosa diranno di Nivek? Come farà a convincerli a scendere in campo contro il Re Orrendo? Ci riuscirà?
 
L'Urlo del Drago - Parte IV

Volammo per cinque giorni a sud-est fino a giungere in una terra dove c'era una fiorente vegetazione, verde e luminosi erano i prati, alto e senza fine il cielo. Volavamo spesso anche di notte, riposandoci poco, in realtà ero io l'unico che non dormiva, visto che Nowell ormai era benissimo in grado di appisolarsi senza cadere di sella, cosa che mi preoccupavo non facesse. Mangiavamo le provviste portate con noi dal villaggio, ma presto anch'esse sarebbero finite. Tuttavia non era il momento di tali preoccupazioni ed il viaggio sembrava procedere piuttosto tranquillamente. Avevo scelto la Terra dei Vulcani poiché, fin da quando Jethro me ne aveva parlato, avevo desiderato andarci per vedere se le sue storie fossero vere o meno. Montagne con fuoco? Chi ci avrebbe creduto senza vederle?
Dopo cinque giorni ed alcune ore notturne di volo, eravamo giunti infine al punto che avremmo dovuto raggiungere. Il terreno sembrava collinoso, impervio, ma nessuna traccia di montagne. Poi in lontananza sia io che Nowell cominciammo ad avvistare un nero fumo che oscurava il cielo, sembrava come un grosso fuoco che bruciava e saliva su fino ad invadere le nuvole e sporcarle. Volai con più decisione in quella direzione, lì o c'era un falò molto grande, o una montagna infuocata. Entrambe le ipotesi mi sembravano impossibili, tuttavia avvicinandoci sempre di più cominciai a distinguere un grosso monte, non una vera montagna a dire il vero, che fumava dalla cima. Mi voltai verso Nowell che fissava estasiato la scena. Anche lui non doveva aver mai visto una cosa del genere. Cominciai a planare verso il basso per vedere se riuscissi a trovare qualche traccia di Drago e, con mio grande stupore, più ci facevamo vicini, più cominciammo a notare che immersi nel fumo ed intorno alla montagna sembravano volare grandi Draghi rossi, con almeno due paia di ali, dalle lunghe code sinuose, simili eppure dissimili ad Ishmael.
Il Solitario allora si chinò su di me. – Siamo arrivati … – Sussurrò. – Ma ora credo che non sia stata una buona idea. – Certo ora per lui la situazione era ribaltata, era un Domatore circondato da crudeli Draghi che non poteva domare, non proprio un bell'affare. – Proseguiamo, ma fin dove dovremmo arrivare in volo? – Sapevo che dovevo fare un'entrata ad effetto, Rastus era stato chiaro, mostrare la mia forza era il modo più veloce per raggiungere la loro fedeltà e così avrei fatto.
Volai fino ad arrivare abbastanza vicino alla montagna, se non fossi stato dello stesso colore del cielo, ne sono sicuro, tutti i Draghi si sarebbero accorti di me. A quel punto cominciai a planare verso terra. L'aria era più soffocante e pesante rispetto agli altri luoghi in cui ero stato e mi annebbiava lo sguardo. Atterrai malamente poiché gli occhi erano accecati dalle lacrime. Nowell si mantenne in sella a malapena e non si tirò indietro dal lamentarsi. – Ti sei fatto male? – Chiese poi. Scossi il capo agitando le orecchie. – Bene, ne sono felice. – Sussurrò. Mi chinai affinché scendesse dalla mia groppa così che potessimo parlare. Mi ordinò di ritrasformarmi e tornai nel mio corpo umano. – Hai tutti i capelli in disordine, sai? – Disse ridacchiando. Erano fin troppo lunghi per i miei gusti. Li raccolsi in una coda e poi mi sfregai gli occhi che ancora mi bruciavano.
– Credo che dovremmo entrare senza cercare di rimanere inosservati. Rastus mi ha chiaramente detto che amano sentirsi superiori. – Gli spiegai. Annuì. – Quindi credo che dovremmo sembrare superiori.
– Non sei molto convincente con gli occhi che ti piangono, sai? – Disse trascurando il mio piano.
– Sì, be', lo credo … – Mormorai. Si avvicinò e versò dell'acqua dallo zaino su un pezzo di stoffa.
– Usa questa, lavati il viso, deve esserti andata della cenere negli occhi. – Li ripulii con il panno e mi sentii subito meglio. – Dunque, credi ancora che sia un buon piano? E se semplicemente ci andassimo a parlare pacificamente? – Anche io non ero sicuro sul da farsi, avevo scelto quella tribù poiché pensavo di avere qualche speranza in più conoscendo Jethro e potendo definirmi suo allievo, dunque forse Nowell aveva avuto l'idea migliore dicendo di avventurarci pacificamente.
– Va bene, facciamo così … – Conclusi poco convinto. Ignorare le parole di Rastus forse non era una buona idea, eppure lui stesso aveva sostenuto che essere “immune da pregiudizio” avrebbe potuto favorirmi.
– Sei agitato? – Chiese il mio padrone facendosi vicino e sollevando la sella sulla schiena. – Sì … insomma … è la prima volta che devi parlare come un Re, dunque credo che non sia esattamente …
– Non ho intenzione di parlare loro come un Re, ma come un ragionevole Drago che sa cosa accadrebbe senza il loro aiuto, siamo noi ad aver bisogno di loro, questo credo che non dobbiamo e non possiamo dimenticarcelo, sarebbe il peggiore affronto. – Senza più dire nulla cominciammo ad avventurarci fino ai piedi della montagna. La ricca vegetazione era un piacere per gli occhi, ma un vero tormento per i piedi. Cominciai a ricredermi, mi dissi che forse sarebbe stata una buona idea piombare in volo tra quella gente … No, forse no.
Passarono molti minuti prima di riuscire a sentire delle voci, voci umane di bambini che ridevano felici. Era un suono così dimenticato ed abbandonato, un suono di pace tanto che mi riempii il cuore di tranquillità. Mi voltai verso Nowell indicandogli di stare dietro di me e, prendendo un profondo respiro, mi avventurai avanti. Dopo ancora qualche passo ci trovammo infine in una radura dove c'erano tende scure tese un po' ovunque e disordinatamente, donne e bambini vestiti con abiti leggeri si trovavano lì intorno. Gli uomini probabilmente erano alti nel cielo. Il cuore mi batteva dall'agitazione, non avevo mai dovuto parlare con un nuovo popolo e farmi accettare, a ben pensarci nemmeno nel mio ero mai stato popolare, la cosa non fece altro che innervosirmi ancora. Poi Nowell sbucò alle mie spalle e una donna si voltò verso di noi. I nostri sguardi si incrociarono a lungo senza che lei osasse muoversi o dire un solo suono, ma poi, non appena stavo per farmi coraggio, cominciò ad urlare con la sua voce di Drago. – AIUTO! INTRUSI! ESTRANEI! – Tutti cominciarono a correre, sollevarono i bambini e si spostarono ai lati della radura, allontanandosi dal centro. Le donne si lamentavano, ma non si allontanavano troppo. Poi compresi il perché. Dal cielo furiosi e senza pietà iniziarono a piombare grossi Draghi rossi infuriati e pieni d'ira per chi aveva interrotto la loro pace. Decine e decine di Draghi cadevano in picchiata e si fermavano nella radura, appena toccavano terra diventavano uomini così da lasciare spazio anche agli altri di atterrare. Le donne corsero dietro di loro tenendo stretti i bambini ed il primo Drago atterrato, quello più grande e più temibile, si fece avanti con uno sguardo truce e combattivo. Mi avrebbe ucciso in fretta senza darmi nemmeno la possibilità di spiegare, tuttavia io ero più forte di lui, la mia voce più potente e non avevo paura del fuoco che senz'aria sarebbe morto in fretta.
L'uomo si fece ancora avanti annusando l'aria. – Un Drago delle Montagne cosa ci fa in queste terre? – Chiese furioso. Poi i suoi occhi videro la sella che portava Nowell e con un ringhio fece cenno agli altri di indietreggiare. – Un Domatore! Indietro! – Certo la loro paura era comprensibile, ma Nowell non avrebbe potuto domare nessuno di loro, nemmeno volendo. Mi feci avanti e mi misi davanti il mio padrone. – Cosa volete da noi? – Ringhiò ancora crudele.
– Desidero parlare con voi. – Dissi ed il suo sguardo si addolcì improvvisamente, sembrò come comprendere qualcosa che prima gli era oscuro. Subito però tornò feroce.
– Che stregoneria è questa?! Perché un Drago Domato parla prima del suo padrone? – Stavo per rispondere, ma poi avvenne qualcosa che nemmeno io riesco a spiegare. Un bambino, probabilmente sfuggito dalle mani della madre, corse verso di me e non si fermò fino a quando le sue mani non ebbero toccato le mie ginocchia. Tutti parvero terrorizzati, ma lui rideva. Mi chinai allora su di lui e gli accarezzai il capo. Lui mi guardò curioso.
– Torna dalla tua mamma … – Sussurrai. Mi strinse un dito della mano e poi corse indietro tornando tra il gruppo di Draghi. Il silenzio era denso, nessuno sembrava voler parlare per primo. Quell'interruzione aveva reso tutti più incerti sul tono e sulle parole da usare. In ogni caso, raccolto il mio coraggio ed il mio intento, mi avvicinai e l'uomo, che a questo punto doveva essere il capo, si mosse nella mia direzione dritto e nobile.
I nostri occhi si fissarono a lungo e lui sembrò non comprendere a pieno ciò che stava vedendo, poi io chinai il capo. – Molto piacere di conoscervi, il mio nome è Nivek. – Dissi sicuro e fermo.
Titubante il Drago non voleva rispondere, ma la buona educazione è qualcosa che Jethro aveva sempre gradito, dunque doveva essere lo stesso per la sua tribù. – Salute a voi, lieto di incontrarvi e di parlarvi, il mio nome è Jaxon. – Rivelò tra lo stupore di tutti. Certo, ora che il Domatore conosceva il suo nome poteva domarlo, era di questo che egli aveva paura.
– Non temete, il mio padrone non vuole fare del male a nessuno di voi, egli è innocuo. – Lo informai calmo.
– Innocuo? Eppure avverto con chiarezza che tu non sei il suo Drago Consacrato. – Mi istigò. Non era uno sprovveduto.
– È così, ma egli è un Solitario, dunque completamente innocuo per ogni Drago. – Lo stupore di tutti sfociò in mormorii sconnessi e concitati, ma un ruggito del Drago li riportò alla calma.
– Se è vero ciò che dici come puoi essere tu il suo Drago? – Domandò.
– Questa è di per sé una storia lunga e difficile da raccontare, se avremo tempo tra tutte le parole che vi devo dire, vi rivelerò anche questa. – Risposi. – Ora vi chiedo di prestare fiducia alle mie parole poiché credo che sia palese che non dico bugia. – Lui annuì.
– La tua voce è bizzarra … ed anche il tuo aspetto. – Concluse voltandosi verso la tribù. – Egli non è pericoloso, tornate ai vostri lavori. – Tra borbottii e sussurri tutti cominciarono a tornare al loro impiego, chi era atterrato riprese il volo e chi era a terra tornò alle faccende da cui era stato distratto. – Mi hai spinto a fidarmi di te, ora voglio garanzie, strano Drago. – Feci cenno a Nowell di avvicinarsi e lui si mise al mio fianco.
Chinò il capo davanti al Drago della Terra dei Vulcani. – Perdonateci per la nostra visita inaspettata, il mio nome è Nowell e sono il Domatore di Nivek, spero possiate guardare a me con clemenza. – Disse con la sua voce calda e Jaxon sembrò stupito.
– Siete la più bizzarra coppia di uomini che sia giunta qui. Mai credevo che avrei udito una voce così limpida uscire dalla gola di un Drago e mai una così dolce da quella di un Domatore. – Confessò. – Hai detto di essere venuto per dirmi molte cose, infine di cosa si tratta?
– Le orecchie sono molte, vorrei parlare in privato. – Chiesi. Mi voltai verso Nowell. – Il mio padrone attenderà qualche istante. – Dissi chinando il capo verso di lui.
– Bene! Così sia! – Mi afferrò feroce per un braccio e mi tirò fino a tornare dentro la vegetazione, ci allontanammo di molti metri e temetti volesse farmi del male, ma, percorso un po' di spazio, mi lasciò andare. – Ora parla! – Ordinò.
Lo guardai intimorito cercando però di non mostrare la mia paura. Era minaccioso. Lunghi capelli rossi gli scendevano disordinati fino alle spalle e gli occhi dello stesso colore erano pungenti e penetranti. Sul viso aveva alcune cicatrici, simbolo, credevo senza sbagliarmi, di battaglie contro intrusi. – Abbiamo volato quasi una settimana per giungere qui, l'abbiamo fatto per chiedere il vostro aiuto. – Sussultò.
– Aiuto? Che genere di aiuto? – Mi interruppe frettoloso di sapere.
– Vogliamo, con ogni intenzione, fare guerra ai Domatori che ora comandano, usano, sfruttano e sottomettono quelli della nostra specie. Il mio Domatore ha riunito sotto la sua voce molti Domatori buoni ed altrettanti Draghi, però non siamo sufficienti, abbiamo bisogno dell'aiuto dei Draghi Liberi per riuscire a vincere, per riuscire finalmente a sconfiggere il tiranno. Il vostro aiuto sarebbe prezioso, potenti e forti come siete. – Lui sembrò passarsi le mie parole tra i denti e poi scoppiò in una fragorosa risata, dura ed inflessibile.
– Nessun Drago Libero vi aiuterà! Andare in un luogo pieno di Domatori che possono domare? Un pazzo lo farebbe! Un pazzo! – Abbassai il capo in silenzio. – Come vi è mai potuto venire in mente di chiedere una cosa del genere a dei Draghi Liberi?
– Mi chiedo come possiate voi invece non considerare nemmeno la cosa. Anni, anzi secoli abbiamo passato a combattere contro i Domatori, vita o morte: questa è la scelta, ora vi chiedo perché la scelta non potrebbe essere un'altra? – Dovevo riuscire a farlo ragionare. – Potrebbe essere giunto il momento di dover trovare una pace, un accordo, ho conosciuto i Domatori che sono agli ordini di Nowell, buoni e gentili sono, amano i Draghi come se fossero loro simili, niente potrebbe distruggerli di più della loro morte. Ho sentito l'urlo disperato di uno di essi con queste mie orecchie, mai nella mia vita ho udito qualcosa di così straziante. Forse non potete capire, ma avere un Domatore non è la cosa peggiore che possa capitare, essere domato dai fedeli del Re è di gran lunga peggio.
– Credi che non lo sappia? Ho perso molti dei miei uomini! Tanti sono stati presi dai Cacciatori di quegli infidi mostri! – Mi afferrò per la maglia. – Ed ora tu mi dici di fidarmi di altri mostri che dicono di essere migliori di questi?! Sei un pazzo!
– Forse hai ragione, ma ancor più pazzo di me è il Re che governa ora sul trono, ci domerà tutti se sarà necessario, non ha riguardo. – Mi lasciò andare grugnendo.
– Mettere in pericolo i Draghi Liberi di questa tribù per aiutare i Domatori … è assurdo. – Abbassai lo sguardo. Sospirai.
– Sono sicuro che sapete che è la scelta migliore, sebbene sia pericolosa. – Dovevo tirar fuori il mio asso nella manica. – Forse però ho giudicato male la gente della Terra dei Vulcani, in fondo non potevo basarmi su un solo Drago per giudicarne molti. – Sussurrai noncurante aspettando che lui abboccasse.
Si voltò avendo udito chiaramente le mie parole. – Conosci un Drago della Terra dei Vulcani? – Domandò interessato. Annuii.
– Sì, egli è il mio maestro. – Sembrò calmarsi improvvisamente. Sospirò e si fece vicino.
– Egli com'è? – Chiese calmo.
– Un uomo eccezionale, il Drago più straordinario che io abbia mai incontrato. La sua voce sembra fiamma ed i suoi occhi sono gentili. Questa è la prima tribù che visito, sono venuto qui poiché egli era uno di voi una volta. – I suoi occhi si sollevarono stracolmi di speranza e mi sentii diventare stranamente importante. Sembrava che quella singola affermazione l'avesse cambiato.
– Devo essere chiaro con te, strano Drago, il mio odio verso i Cacciatori è più duro rispetto a tutti quelli della mia specie, essi hanno catturato e portato via un Drago da questa tribù, egli era il futuro capo, forte e possente era la sua voce come quella di nessuno. Egli fu catturato per proteggermi, era il mio primo volo e mi sono spinto troppo lontano. Lui mi seguì. Presero lui e non me. Egli era mio fratello, il mio debito mai verrà saldato. – Certo comprendevo con più chiarezza la sua difficoltà ad allearsi ai Domatori.
– Anche l'uomo che io conosco è importante per me, al pari di un padre forse. Potrebbe essere però che l'uomo che tu credi morto in realtà sia ancora in vita. – Lui scosse la testa.
– Troppo bello egli era per essere stato domato da qualcuno di povero, forse è stato venduto ad un nobile. – Disse passandosi una mano tra i capelli. – Mio fratello ed io siamo puri da molte generazioni. – Sussultai. La mia espressione mi tradii e lui si avvicinò veloce. – Cosa ti è venuto in mente? – Domandò veloce.
Ero titubante. Certo sarebbe stata una strana coincidenza, ma forse nemmeno così tanto. – Come si chiamava vostro fratello? – Sussurrai guardandolo negli occhi. Lui si fece immobile.
– Sono anni che non pronuncio il suo nome. – Confessò ed i suoi occhi divennero tristi. – Il nome di mio fratello era Jethro. – Non avrei mai pensato che una cosa del genere potesse accadere, eppure avrei dovuto immaginarlo, in fondo non era molto vasta la tribù ed essendo Jethro così puro doveva per forza essere ricordato, ma addirittura suo fratello, capo della sua tribù. Forse lui doveva avermi compreso fin dal principio.
– Egli è il mio maestro, Jethro è il nome del Drago che mi ha reso tale, la sua voce la porto nel cuore e se potessi ve la farei ascoltare, ma non credo di avere dubbi, lui stesso mi raccontò di essere puro sia da parte di madre che di padre, ma mai avrei immaginato che egli avesse un fratello. – Jaxon sembrò non capire immediatamente le mie parole, ma poi si portò una mano alla bocca e rimase in silenzio con gli occhi spalancati per molti minuti.
Infine rivolse ancora a me il suo sguardo. – Dunque tu mi dici che lui è fedele alla tua causa? Che egli è stato domato? Da chi? Il suo Domatore com'è? – Voleva certo sapere il più possibile sul fratello che credeva morto.
– Sì, lui è fedele alla causa mia e di Nowell, mi ha dato molti consigli … – Sussurrai e la voglia di rivederlo si fece pressante nel mio cuore. Cercai di scacciarla. – Ed egli è stato domato molti anni fa da una donna di nome Wren, è molto buona e gentile, inoltre è molto amica del mio Domatore. Però … – E la mia voce si fermò.
– Però cosa? – Saltò su lui feroce.
– Non so se questo possa essere per te una buona o una cattiva notizia … – Lo guardai negli occhi. – Lui è un Drago Consacrato da molti anni. – Ancora una volta mi rivolse uno sguardo smarrito ed incapace di dire qualcosa di sensato. – Posso dire, senza sbagliare, che ciò che c'è tra Jethro e Wren è qualcosa che non esiste tra molti, il loro amore è …
– Amore? – Ruggì tristemente. – Amore tu chiami quello?! – Potevo capire che lui non comprendeva.
– Chiamo amore ciò che deve essere chiamato con quel nome, se tu li avessi visti diresti lo stesso. – Certo sarebbe stato troppo dirgli che avevano anche tentato di avere un figlio e ancor più di troppo sarebbe stato dirgli che suo fratello non poteva più volare.
– Non posso credere che sia così cambiato … – Sussurrò con gli occhi lucidi e per la prima volta il suo volto divenne vulnerabile.
– La nostra causa è cara a tutti i Draghi con un po' di buonsenso. Un buon padrone è ciò che ognuno di noi dovrebbe avere, un buon padrone è peggio che essere liberi, ma se dovessero avere la meglio i Domatori del Re presto non ci sarebbe più alcuna libertà. Jethro attende il mio ritorno e sarei felice di portare suo fratello con me, il suo viso è fiero e nobile è ancora il suo animo non disonora la tua famiglia, ma la onora più di quanto chiunque possa immaginare. – Si avvicinò e mi guardò negli occhi critico.
– Dovrei mandare a morte i miei Draghi per rivedere un fratello che ha scelto di non essere più tale? – Lo afferrai saldo per la maglia poiché l'ira improvvisamente si impadronì di me.
– Egli è un Drago migliore di chiunque dei tuoi! Se non mi seguirai morirete comunque o peggiore sarà il vostro destino! Se vinceremo sarà la pace! Come puoi non capire?! – La mia voce ruggì senza controllo e l'aria sferzò le piante intorno a noi. Jaxon si raggelò e le sue mani tremarono di paura vedendo la mia rabbia. – Jethro è il mio maestro … non permetterti di insultarlo ancora. Inoltre tu stesso gli devi la libertà che ora vanti di avere.
– Che Drago mai può possedere una voce così … – Sussurrò ancora stretto tra le mie mani. Lo lasciai e lui barcollando si rimise dritto. – Chi sei tu, ragazzo?
– E dire che tuo fratello ha risposto in fretta. – Senza dire altro mi diressi verso la radura. Arrivato trovai tutto il posto pieno di Draghi, nessuno volava, tutti erano fermi a terra. Mi osservavano pronti a seguire con interesse ogni mia mossa. Poi un uomo si divise dal gruppo, era anziano ma la forza fuoriusciva ancora dalle sue membra come se la irradiasse, mi ricordò mio nonno.
– Se non fosse davanti a me non crederei a ciò che sto vedendo. – Disse con voce possente. – La memoria della nostra gente parla forte e chiaro nella mia mente. Dopo secoli di silenzio il nostro Re è tornato. Il Cielo ha finalmente mandato una voce. – Sicuro e senza sembrare vecchio si sollevò. – Signore del Cielo, Re del Vento, accetta la fedeltà di un umile servitore. – Ruggì e tutti gli altri lo seguirono. Jaxon uscì dalla vegetazione alle mie spalle e mi osservò severo.
– Difficile è che mio padre sbagli. – Sussurrò abbassando il capo. – Non posso negare di aver sospettato, mio signore. – Nowell allora si fece vicino mentre anche il capo della tribù si univa agli altri e tutti si inginocchiavano a me.
– Direi che è andata inaspettatamente bene, non credi? – Mi voltai e lo guardai. Nemmeno io ne sembravo davvero persuaso.
 
La sera era calata sulla montagna che emette fumo e tutti sembravano tranquilli come se io non fossi nemmeno arrivato. I bambini avevano assediato Nowell per tutto il pomeriggio, i suoi capelli rossi venivano tirati e le sue spalle scalate come rocce. Lui immobile si lasciava fare di tutto. Non avrei mai creduto che potesse essere in grado di giocare con dei bambini in modo così spensierato. La sua risata era chiara quando, dopo aver urlato per spaventarli, essi ritornavano a tormentarlo. Perfino io non attiravo tanta attenzione, anzi, la mia presenza sembrava intimorire tutti. Quando il sole calò, per tutta la radura vennero accesi fuochi. La voce calda dei nostri ospiti bastava a far accendere una vibrante fiammella che scaldava tutti quanti. Insieme le madri ed i padri cullarono i loro bambini fino al sonno liberando finalmente il mio Domatore che stanco venne a sdraiarsi accanto a me. In silenzio fissavo i fuochi intorno a noi e pensavo a quanto quel luogo fosse stupendo.
– Se posso permettermi, mio padre vorrebbe parlarvi. – Disse la voce di Jaxon alle mie spalle. Mi voltai ed annuii. Dunque mi alzai. – Ad entrambi … se il Domatore non è troppo stanco. – Guardai Nowell che si sollevò silenzioso e mi seguì fin dentro la tenda del padre di Jaxon.
Mi sedetti davanti all'uomo che, con un pallido sorriso, attendeva il mio arrivo. – Molto lieto di conoscervi, il mio nome è Nivek. – Mi presentai chinando profondamente il capo visto che era anziano e molto più importante di me.
– Salute a voi, lieto di incontrarvi e di parlarvi, il mio nome è Faron. – Rispose lui chinando il capo, cosa che non avrebbe dovuto fare visto che ero molto giovane. – Ho parlato con mio figlio Jaxon ed egli dice che sei allievo del mio figlio perduto, Jethro … è vero? – Chiese con una nota gioiosa nella voce.
– È così, egli è l'uomo che mi ha reso un Drago. Sono il suo unico allievo. – Lui annuì.
– Quale immensa gioia è per me, che ormai sono alla fine dei miei anni, sapere che il figlio che credevo morto, il mio primo figlio, è vivo e sta bene. Non solo porti notizie interessanti, ma anche le più gradite. – Sembrò quasi sfuggirgli una lacrima e rividi nei suoi occhi quelli di Jethro tanto che una morsa mi strinse il cuore. Mi mancavano i suoi consigli come se mi mancasse il respiro. – Tu vuoi molto bene a mio figlio, sono nel giusto, non è così? Jaxon mi ha detto che lo reputi pari a tuo padre. – Sollevai lo sguardo.
– Non pari, signore, poiché io un padre non l'ho mai avuto, ma esattamente come tale. – Risposi. Annuì felice.
– Speravo che anche lui provasse la gioia di avere un figlio. – Aggiunse a cuore aperto. Mi sentii in imbarazzo.
– Non so, a dire il vero, se la cosa è reciproca. – Dissi. Faron scoppiò a ridere.
– Oh, mio caro ragazzo, certo che lo è! Nessun Drago della Terra dei Vulcani addestrerebbe altri se non il proprio figlio! Come a mio tempo io addestrai Jethro e poi Jaxon, così lui poteva soltanto addestrare un Drago che fosse, nel cuore o nel sangue, suo figlio. – Le parole di quell'uomo mi commossero.
– Allora si può dire che siamo figli adottati dalla stessa famiglia. – Aggiunse Nowell ridacchiando.
– Che cosa intende dire? – Lo freddò Jaxon cupo.
– Ah … – Intervenni io per salvare la situazione. – … la Domatrice di Jethro è affezionata a Nowell tanto quanto un figlio, così almeno sostiene Jethro stesso. – Entrambi sembrarono straniti dalla cosa, ma, fortunatamente, senza farci caso, proseguirono.
– Mi ha anche detto che è un Drago Consacrato, è così? – Chiese ancora Faron. Annuii. – E che tu hai parlato di amore … – Sussurrò come se fosse proibito.
– E ho parlato, signore, poiché è ciò che ho visto. – Rimase in silenzio pensandoci con attenzione e poi sospirò.
– Se però come dici lei è una brava donna, così almeno mi è parso di capire, allora credo che non ci siano problemi. Inoltre mi fido del giudizio di mio figlio, lui non si sarebbe Consacrato o innamorato di una donna qualunque. – Concluse. Mi sembrò che mi venisse tolto un peso dalle spalle.
– Se mi permettete … – Disse allora Nowell ed io pregai non stesse per dire cose che non sarebbero andate a genio ai due. – … perfino tra Domatori è difficile trovare un legame tanto unico come quello che c'è tra Jethro e Wren, essi sono indivisibili. – Il padre ridacchiò e, con occhi gioiosi, si sporse per accarezzare il capo a Nowell.
– I tuoi capelli sono molto belli. – Ora capivo: i Draghi della Terra dei Vulcani avevano un'attrazione folle per i capelli rossi, bambini o anziani non importava. Qualunque cosa Nowell avesse detto sarebbe stata scusata dai suoi capelli.
– E la sua voce è bizzarra, non credi, padre? – Disse allora Jaxon allarmandomi.
– Sì, simile a quella di un Drago. – Borbottò Faron. – Hai detto che è un Solitario, giusto?
– Sì, lo è. – Risposi.
– E che sotto il suo comando si sono riuniti Domatori per combattere il Re Orrendo, è così? – Annuii. – Perché dunque si sono riuniti sotto di te, Domatore? – Credevo che se Nowell avesse risposto che tutto era per via dei capelli rossi nessuno avrebbe fatto domande, ma il Solitario non intendeva ingannarli e quindi la sincerità sarebbe stata l'unica via.
– I capelli rossi che tanto vi piacciono li ho ereditati da mia madre. – Disse calmo. – Lei era una donna molto buona, bella e forte, ma era, prima di ogni altra cosa, un Drago. – Avvertii chiaro lo spettro di quell'abominio invadere gli occhi di Jaxon e Faron che subito divennero neri di rabbia e tristezza. – Lei era il Drago preferito del Re che voi chiamate, con ogni ragione, Orrendo. – Il silenzio era tanto denso da rendere l'aria quasi irrespirabile, ma saggi erano i Draghi dei vulcani e l'avrebbero fatto finire di parlare. – Dunque io sono Solitario, Mezzo Drago e Principe, rappresento, così credo, ciò che di più strano possa esistere su questo mondo. Tuttavia chiaro è il proposito che ho in mente ed è distruggere tutto ciò che quell'uomo, con il suo odio e la sua crudeltà, è riuscito a creare. Non è vendetta ciò che voglio, ma pace. Mia madre non potrà mai essere vendicata, ma posso fare in modo che nessun altro Drago soffra come lei. – La voce di Faron flautò nel silenzio che seguì la voce di Nowell. Egli si tolse la benda e mostrò che non mentiva. Mostrò loro l'occhio del Mezzo Drago. Faron sembrava gemere di dolore. Era fermo con il capo chino e la voce che emetteva note singole.
– Quale orribile destino … – Sussurrò poi. – … che dolce animo tu hai, Domatore, Solitario, Mezzo Drago o re. Tante cose sei, ma ne sembri una sola. La tua voce guida come quella del tuo Drago, un Lungo Sguardo e un Perfetto Uccisore sono alleati e compagni, credo che nulla possa rappresentare questa unione che voi ci chiedete più di voi stessi. Io so dov'è il mio posto e non abbandonerei mai mio figlio, sebbene lontano.
– Anche io so dove schierarmi. – Confermò Jaxon. – Che il Cielo sia testimone della mia risposta.
Chinai profondamente il capo. – È un grande onore sentire queste parole e un'immensa gioia potervi ringraziare.
– Devo dirti una cosa, però. – Intervenne Faron. – Ciò che volete fare richiederà più di una tribù di Draghi, intendi forse visitare tutte le tribù? – Domandò.
– Volevo, se entrambi siete d'accordo, chiedere a voi di informare le tribù minori, così che sentendo la vostra voce possano unirsi a me ed io risparmiare tempo. – Fu stupito dalla mia richiesta, ma poi il suo sguardo si addolcì.
– Senza dubbio, sarò felice di essere il tuo messaggero. – Concluse chinando il capo. – Dunque presumo che abbiate intenzione di partire in fretta, giusto?
– Sì, è nelle mie intenzioni. – Risposi.
– Come mai, se mi è consentito chiedere, tanta fretta? – Sia lo sguardo mio che di Nowell si fece buio e fu lui a voler parlare.
– Uno dei nostri è morto sei giorni fa e tre sono stati gravemente feriti, non so se questo sia dovuto ad un caso o se il Re sa già che tramiamo qualcosa, in ogni caso dobbiamo essere veloci e silenziosi. I miei compagni Domatori si stanno occupando di riunire quanti più fedeli alla causa tra le nostre schiere, noi invece siamo partiti perché Nivek vola veloce e …
– … e ha la Voce del Cielo, sì, me ne sono accorto come credo se ne accorgerà qualsiasi altro Drago Libero. Tu, Domatore, hai domato un Drago estremamente prezioso ed altrettanto nobile, credo che per metà sia stata fortuna e per l'altra metà, non posso fare a meno di crederlo, destino. – Faron sorrise dolcemente. – Ora, se posso chiedere, quel vostro compagno che è morto era un Drago?
– Sì, purtroppo sì. – Il vecchio Drago ridacchiò e lasciò sia me che Nowell di sasso.
– Oh, scusate, davvero … Non intendevo ridere della morte di un mio simile, perdonatemi, davvero … Solo che un Domatore chiami “uno dei nostri” un Drago è una cosa molto strana. – Si alzò e tutti ci alzammo insieme a lui. – Avete la mia fedeltà, entrambi voi. – Si avvicinò e mi prese una mano. – Spero che tu voglia informare mio figlio che sono felice di sentirlo vivo. Aspetto con ansia il giorno in cui lo rivedrò in piedi sulle sue due gambe. – Si avvicinò ancora e mi abbracciò. – Un caro ragazzo sei, Nivek, e mi hai reso un padre felice. – Sorrisi senza riuscire ad esprimere in altro modo la felicità che mi avvolse. Quell'uomo era così simile a Jethro che non potevo fare altro se non affezionarmi a lui in qualche modo. Mi lasciò andare lentamente e mi guardò negli occhi.
– Posso dire, signore, che suo figlio ha preso molto da lei. – Dissi. Lui ridacchiò.
– Spero non troppo. – Confessò. Si voltò verso Jaxon e gli fece cenno di farsi avanti. – Intendete continuare ora verso quale tribù? – La sua domanda mi prese alla sprovvista e non seppi cosa rispondere. – Presumo che vorrete visitare anche la tribù dell'altro vulcano, esatto? Se fosse così allora permettete che chieda a mio figlio di accompagnarvi. Jaxon vi guiderà in quella direzione e cercherà di far riflettere quel testone di mio fratello. – Ridacchiò. – Inoltre credo di insegnarti una cosa dicendoti che i puri sangue sono pochi, fidati quando ti dico che sono tutti imparentati, dunque non stupirti troppo, eh? – Mi diede una pacca sulla spalla. – Mio padre e suo fratello divisero la tribù perché altrimenti sarebbe stata troppo grande ed era pericoloso muoversi in molti. Io e mio fratello eravamo molto uniti, ma poi mio zio morì senza eredi e così Gareth dovette prendere il suo posto. Gareth è mio fratello maggiore e governa la tribù che un tempo fu del fratello maggiore di mio padre, vivono sotto il secondo vulcano. È un gran testone, ma forse, vedendo Jaxon, vi farà parlare. – Sospirò. – Ed una volta che avrai parlato anche a lui non resteranno dubbi. – Ridacchiò di nuovo.
– Grazie, è davvero troppo gentile. – Dissi chinando il capo.
– Ma ora basta chiacchierare, si è fatto tardi, andate a dormire e domani resterete qui, dovete riprendere le forze. Poi partirete. Jaxon vi farà vedere la vostra tenda. – Lo ringraziammo ancora ed uscimmo accompagnati dal fratello di Jethro. Ci guidò così in una tenda che avevano preparato per noi.
– Grazie molte, Jaxon, per tutto. – Lui annuì.
– Sì, grazie a te, Nivek, per la tua voce e tutto il resto. – Borbottò allontanandosi. Lo sentii sbadigliare ed il sorriso mi venne spontaneo. Era diverso da Jethro per quanto riguardava il carattere, ma in quanto a cuore erano molto simili. Mi dissi che dovevano volersi molto bene se uno era stato pronto a perdere tutto quell'amore e quella famiglia per l'altro.
Entrai nella tenda e mi sdraiai al fianco di Nowell che era già steso a terra. Si avvicinò e mi sfiorò la mano. – Non preoccuparti, si rivedranno. – Sussurrò.
– Non avrei mai pensato di vedere il padre ed il fratello di Jethro, non avrei mai pensato di sentirmi così immeritevole di conoscerlo. Avrebbe potuto essere amato dalla sua gente, dalla sua famiglia … invece … – Sussurrai.
– Altri lo amano, giusto? E tu, mi sembra di capire, sei uno di questi. Non preoccuparti, amico mio, Jethro è felice, ne sono sicuro. – Mi voltai per guardarlo negli occhi.
– È assurdo, non credi? Draghi Liberi e Draghi Domati non possono nemmeno incontrarsi e vivere in pace gli uni con gli altri, i genitori divisi dai figli, i fratelli dai fratelli, tutto questo è così sbagliato. – Si voltò su un fianco e sospirò.
– È colpa di noi Domatori, ma finalmente alcuni di noi hanno capito, tutti intendiamo riparare a questo torto ed abbiamo bisogno della fiducia dei Draghi per farlo, sebbene non ce la meritiamo minimamente.
– Lo so, e poi finalmente ci sarà la pace. – Strinsi il polso di Nowell. – Poi finalmente tutti saranno liberi di essere ciò che desiderano.
– Sì, questo è ciò che sogno ogni notte … – Sussurrò piano e voltandomi lo trovai già addormentato. 

Nivek ha conosciuto la famiglia di Jethro ed ha conosciuto la prima tribù. Tutto è solo al principio e la missione sembra più difficile di quello che credevano.
Lui, in fondo, non è un Re, ma solo qualcuno che ci somiglia, no? 
Cosa succederà a Nivek ed alle sue convinzioni, alla sua consapevolezza di sé? Spero vogliate scoprirlo insieme a me!
Grazie mille per seguire la storia!
Iwon Lyme

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Capitolo 16
*** L'Urlo del Drago - Parte V ***


Nivek si trova ancora tra i Draghi Liberi delle Terre dei Vulcani e presto partirà per affrontare la seconda tribù di questo popolo. Cos'ha ancora da scoprire il giovane Drago?
 
L'Urlo del Drago - Parte V

Sentii la mano di Nowell sfiorarmi il capo, gelida com'era mi svegliò senza troppa fatica. Aprendo lentamente gli occhi trovai il suo viso chino su di me. – Ormai è ora di pranzo, sai? Abbiamo dormito … – Disse ridacchiando e stropicciandosi gli occhi. Si alzò ed i suoi lunghi capelli gli ondeggiarono sulla schiena. Senza preoccupazioni e stanchi ci eravamo concessi più riposo di quel che avremmo dovuto. – Hai fame? – Chiese. Mi sollevai.
– Al momento ho ancora sonno. – Sussurrai con la voce roca e la gola secca. Ridacchiò e prese dell'acqua dallo zaino. Me la porse.
– Forse avrei dovuto lasciarti dormire, hai volato molto, scusami … non ci ho pensato. – Bevvi volentieri.
– Non preoccuparti, hai fatto bene, non voglio restare qui dentro troppo a lungo per poi non aver dedicato abbastanza tempo a questa tribù che ci vuole aiutare. – Annuì rimettendo nello zaino la borraccia.
– Sono d'accordo. – Concluse alle mie parole. – Sono felice che ci credano e che in me non vedano una minaccia, avevo paura mi odiassero. – Confessò. Mi alzai in piedi e sistemai i vestiti con cui avevo dormito.
– Credo che, sebbene con loro tutto sia andato nel migliore dei modi, così non sarà con tutti. Molto del merito lo dobbiamo a Jethro, senza di lui tra i nostri non credo che li avremmo convinti tanto in fretta a seguirci. – Sorrise.
– Sì, hai ragione, siamo stati fortunati. – Entrambi sembravamo rincuorati. Avevamo volato molto per giungere fin lì e, presi dalla nostra missione, avevamo pensato ben poco a cosa sarebbe successo. Ci eravamo concentrati più su cosa avremmo fatto una volta che essa fosse stata fallita o riuscita senza veramente occuparci di farla andare avanti. Credo che, dopo quella notte di riposo e calma, comprendemmo che sarebbe passato molto tempo prima di riuscire ad intuirne la fine. Ci credevamo un po' di più, questo penso, ma ne avevamo più consapevolezza, cioè arrivammo alla conclusione che il tempo che avremmo trascorso lontano dai veri preparativi di guerra, distanti dai nostri amici, sarebbe stato sicuramente di più di quel che ci eravamo predisposti. Non eravamo scoraggiati, ma realisti.
Uscimmo al sole della Terra dei Vulcani che penetrava tiepido tra le piante e la vegetazione. Le donne erano ancora nella radura, mentre gli uomini lontani da essa. Guardando con più attenzione notammo che Jaxon ed altri, compreso Faron, erano invece rimasti tra le tende. Pensammo immediatamente volessero parlare con noi, ma in realtà sembravano discutere tra loro di problemi unicamente riguardanti la tribù. Uno di questi, con ogni probabilità, doveva essere il loro futuro coinvolgimento nella guerra dei Domatori. Nessun Drago Libero, così credo io, sarebbe stato felice di dover combattere in quel contesto, ma ormai non era rimasta loro molta scelta, che avessero combattuto o meno la loro sorte era in un certo senso già segnata. I Domatori, e pensarlo mi fa salire un brivido su per la schiena, avevano vinto la guerra contro i Draghi molto tempo fa, non c'era unità tra noi, eravamo sparpagliati nel regno e tentavamo di sfuggire agli occhi ed alle bocche di questi, ma, sebbene ci provassimo con ogni nostra forza, prima o poi tutti i Draghi sarebbero stati domati. Combattere al fianco dei Domatori, quando essi avevano bisogno di noi più di qualsiasi altra cosa, forse ci avrebbe garantito un vantaggio e cioè la gratitudine, essa ci avrebbe forse resi degni di rispetto e stima ed infine essere domati non sarebbe poi più stato tanto diverso dall'essere liberi.
Lo sguardo di Jaxon si voltò nella nostra direzione e veloce tornò a parlare in modo concitato al resto dei Draghi rimasti lì. Forse non volevano farci ascoltare i loro dubbi. Avevano giurato però e sapevo che nessuno di loro si sarebbe rimangiato la parola. Il capotribù allora si avvicinò a noi seguito da un ragazzo giovane, ma con già occhi da adulto. – Vi siete svegliati. – Disse sorridendo. – Avete dormito bene?
– Sì, grazie. – Risposi osservando con interesse l'altro Drago. – Vedo che sembra attrarre la tua attenzione … – Disse Jaxon sorridendo orgoglioso. – Lui è mio figlio.
Allora il ragazzo si fece avanti. – Molto piacere di conoscervi, il mio nome è Thane. – Si presentò piano chinando il capo. Era alto, sembrava molto forte, era un puro, la sua voce lo urlava chiaramente.
– Salute a voi, lieto di incontrarvi e di parlarvi, il mio nome è Nivek. – Risposi. – Quanti anni hai, se posso chiederlo … – Domandai sinceramente incuriosito. Lui chinò di nuovo il capo.
– Ne ho diciotto. – Rispose.
– Dunque non sei ancora stato addestrato. – Mormorai intenerito. Jaxon ridacchiò alla mia osservazione.
– No, no, lui sa volare, mio signore, qui, nella Terra dei Vulcani, la maggior età è a sedici anni, per il resto dei Draghi è a ventuno, ma noi, a differenza delle altre specie, abbiamo una vita più breve. – Mi spiegò. Annuii. – D'altronde è logico se ci pensa, non crede? Una fiamma, seppur grande e forte, prima o poi è destinata a spegnersi. – Era una triste ma valorosa prospettiva. Sebbene la loro vita fosse più breve comprendevo che nessuno di loro era infelice, vivere a pieno e vivere a lungo sono due cose molto diverse.
– Eppure tuo padre mi sembra così in forze. – Osservai. Lui mi sorrise di nuovo.
– Certamente, poiché una fiamma non smette di essere tale fino a quando non viene spenta. A differenza degli altri Draghi noi non invecchiamo nella forza, il nostro aspetto lo fa, ma il vigore è immutato. – Sorrisi.
– Allora credo che sarete di molto aiuto, tutti voi. – Jaxon chinò il capo ed anche il figlio lo seguì.
– Mi fa un grande onore dicendo questo. – Disse calorosamente con una voce che, ne sono convinto, solo i puri della Terra dei Vulcani posseggono. Sebbene siano un popolo selvaggio e senza freni la loro voce conserva una dolcezza tale che sembra soave perfino quando ti stanno insultando. Abile è il loro modo di parlare poiché alle orecchie degli esseri viventi la loro voce è cara ed affettuosa.
– Dico ciò che penso. – Mi voltai verso Nowell che era in piedi al mio fianco in silenzio. Forse quel mondo di Draghi era confuso ai suoi occhi, esattamente come quello dei Domatori ai miei.
– Mio signore, vorrei invitarla, se a lei non dispiace, a volare con noi questo pomeriggio, la porteremo a vedere la Montagna di Fuoco, dovrebbe venire. – Disse allora Jaxon attirando ancora su di sé la mia attenzione. Io non ero felice di ascoltarlo.
– Preferirei di no, perdonatemi ma presto dovrò ripartire e non desidero stancarmi, vedrò la Montagna di Fuoco una volta preso il cielo domani. – Risposi chinando il capo e lui, seppur offeso, non insisté oltre.
– Capisco … – Sussurrò calmo. – Tra poco ci sarà il pranzo, mangerete con tutta la tribù, tutti sono felici di poterle rendere omaggio. – Annuii.
– Grazie mille. – Conclusi. Detto ciò, insieme al figlio, tornò verso gli altri uomini della tribù. Forse era proprio di quell'invito che discutevano poco prima che uscissi dalla tenda.
– Perché hai rifiutato? – Chiese Nowell piano facendosi più vicino.
– Perché il modo in cui io volo è completamente diverso dal loro. Loro non hanno un Domatore sulla schiena, non devono curarsi di nulla. Certo tu potresti ordinarmi di volare da solo in loro compagnia, ma, Nowell … – Mi voltai a guardarlo negli occhi. – … non ha senso volare senza di te. Io volo grazie a te, solo perché tu mi hai salvato io sono ancora qui e posso volare. Con te sulle spalle, dunque, è l'unico modo in cui voglio farlo. – Sorrise.
– Questo mi rende felice e triste allo stesso tempo, sarebbe potuta essere una bella esperienza per te, volare libero insieme a Draghi Liberi … forse non ti capiterà ancora. – Aggiunse.
– Capisco ciò che dici, ma che senso ha per me essere qualcosa che non sono? Non voglio far credere loro che infine preferirei essere libero. Volare, come dici tu, “da Drago Libero” sicuramente mi piacerà, come mi piace volare in qualsiasi circostanza, ma questo farà loro credere che per me, o per qualsiasi Drago, essere domato è qualcosa che va contro la natura stessa di Drago. Potrebbe non cambiare nulla nelle loro intenzioni, ma rinsalderebbe un astio che già è presente e noi dobbiamo non solo mirare ad una pace a breve termine, ma anche a lungo termine, altrimenti altri si troveranno in questa situazione e potrebbero non vincere, così come anche noi. – Ridacchiò posandomi una mano sulla spalla.
– Sono felice di sentire che hai preso così tanto a cuore la causa, mio compagno, ma voglio ricordarti una cosa: è solo un volo. – Con quelle sue parole riuscì a tranquillizzarmi. Forse aveva ragione mi fissavo su dei dettagli che nessuno avrebbe notato o percepito, facevo di una pozzanghera un oceano, ma credo, oggi come allora, che l'odio non nasca da grandi torti o da enormi problemi, ma venga costruito con piccoli mattoni, piccoli particolari che si sommano uno con l'altro ed alla fine ci si ritrova davanti un muro insormontabile senza nemmeno accorgersi di come esso sia nato. Non si odia dal giorno alla notte, ma piano piano, lentamente. I problemi diventano tanti, tutti diversi, uno sull'altro, giovani ed antichi e così, alla fine, diventa difficile ricordarne anche uno solo. L'odio è solo un muro di nebbia fitto, offusca la vista tanto che è difficile guardare oltre, fa paura poiché è ignoto e pochi osano oltrepassarlo, quelli che rimangono dall'altro lato, invece, ci restano talmente tanto da non ricordare nemmeno più cosa ci sia oltre. L'odio è inconsistente, ma le persone sono in grado di renderlo duro ed insormontabile.
 
La sera giunse veloce: il giorno del risposo passa in fretta per l'affaticato. Il pranzo e la cena in compagnia della tribù furono molto piacevoli, mi sentivo a mio agio circondato da Draghi più di quanto fossi in grado di ricordare. Forse il tempo passato lontano dalla mia gente mi aveva reso capace di comprenderli con più chiarezza e di notare in loro i pregi e non più solo i difetti. Oppure, forse più realisticamente, i Draghi delle Terre dei Vulcani erano molto più accoglienti di quelli delle montagne.
Nowell, a suo malgrado, fu costretto a subire ancora le angherie dei bambini, erano tristi che lui se ne andasse e questo li portò ad essere molto più aggressivi, uno lo morse persino ad una mano nel tentativo di lasciargli un ricordo permanente di sé. Molti Draghi si presentarono a me quella sera e vollero parlarmi; di pochi, a mio malgrado, ricordo il nome ancora oggi. Ognuno di loro era pronto a seguirmi e felicemente abbracciavano la mia causa come fosse la loro, infine si dicevano lieti di essere vissuti abbastanza da vedere il Re tornare. Avevo smesso di farmi domande e soprattutto di non accettare quella veste che tutti erano così propensi a farmi indossare. Se anche ogni loro impressione si fosse infine rivelata falsa non importava, il mio scopo non era farmi dei fedeli, ma vincere il Re Orrendo, compiere il destino che Nowell credeva di avere, un destino che per una volta parlava poco di chi lo possedeva e tanto del mondo.
Il Solitario tornò così, quanto più velocemente gli fu permesso, nella nostra tenda, tuttavia io desideravo ancora restare alla luce dei falò e sotto il Cielo pieno di stelle. In questo modo mi trovai fuori in compagnia di Faron. Insieme ed in silenzio lasciavamo che il fuoco più vicino scaldasse le nostre membra e, con occhi sognanti, guardavamo la luna che sorrideva. – Mio figlio come ti sembra? Vecchio? – Chiese con un tono melodioso e lieve.
– Ha qualche capello bianco. – Risposi. Lui ridacchiò.
– Ormai avrà l'età che avevo io quando lui è stato catturato. – Mormorò sdraiandosi. Sospirò.
– Non so quanti anni abbia, non gliel'ho mai chiesto. – Aggiunsi. Annuì.
– Devo chiederti una cosa … – Cominciò severamente. – … quando dici che lui ama la Domatrice che porta il nome di Wren, intendi in modo romantico, giusto? Nel senso che lui si è innamorato di quella donna così come avrebbe fatto di un Drago, ho capito bene? – Non ero convinto di dover dare una risposta a quella domanda, forse avrei fatto meglio a rimanere in silenzio.
– Credo che valgano diverse definizioni per diverse coppie di Draghi e Domatori. Ci sono coloro che provano affetto, pietà, dovere, rispetto, e poi ci sono coloro che provano amore, ma l'amore è diverso in molti modi. C'è chi ama come amerebbe un amico, un fedele compagno ed infine c'è anche chi ama come amerebbe un suo simile, c'è chi ama l'altro in quanto individuo e la definizione di “Domatore” o di “Drago” non ha più alcun senso. Non per forza l'amore tra un Domatore ed un Drago porta a del romanticismo, ma a volte succede. – Dissi.
– E tu cosa ne pensi a riguardo? – Mi voltai per guardare la sua espressione e comprendere cosa desiderasse sentirsi rispondere, ma in essa non trovai nessun aiuto.
– Penso che ognuno dev'essere libero di amare chiunque desideri. Non penso che faccia differenza. Certamente è più difficile quando si è Draghi e Domatori poiché altri potrebbero credere sia frutto di un ordine, di un obbligo, ma nel momento in cui un Domatore arriva a consacrarsi ad un Drago credo che l'amore sia talmente tanto evidente da non poter essere negato. Se anche un Domatore ed un Drago arrivassero ad amarsi come individui, come amanti, io credo che non ci sia nulla di sbagliato. – Sospirò e si sollevò.
– Un Domatore perde sempre troppo poco, anche quando è Consacrato … – Mormorò tristemente.
– Non credo sia vero. – Ribattei. – Ho conosciuto e parlato con un Domatore Consacrato il cui Drago è morto, loro tra i loro simili sono chiamati “Mezzi Morti” e, per quanto mi si stringe il cuore a dirlo, è così che è il loro animo. Non sono più ciò che sono sempre stati, ma soprattutto hanno perso ciò che per loro significava ogni cosa, è come se ti togliessero il respiro ma tu continui a vivere. – Sorrise amaramente.
– In un certo senso è come se ti cavassero il cuore dal petto, giusto … ? – Borbottò malamente. Mi voltai pensando di aver compreso male ciò che disse, ma lui non aveva intenzione di ripetere. – Non hai ancora risposto alla mia domanda. – Disse invece tenendo lo sguardo basso.
– Credo che lei sappia già la risposta, Faron, ed io non credo di dovergliela dare. – Conclusi. Ridacchiò tristemente.
– Bada bene, non dico che io sia infelice della sua condizione e nemmeno che condanno i rapporti tra Draghi e Domatori, è solo che è difficile accettare che tuo figlio viva quel genere di amore, poiché non smetterò mai di chiedermi se esso sia davvero amore oppure no. – Sollevò lo guardo su di me. – Ho paura di guardare negli occhi mio figlio e non vederlo, ho paura che lui abbia perso se stesso irrimediabilmente. – Abbassai il capo comprendendo quel dolore che solo un padre poteva nutrire.
– Molti, così mi è stato raccontato, tentarono di domare Jethro, ma nessuno sembrava riuscirci, nessuno era in grado di sottometterlo, poi arrivò Wren, lei fu la sola a farcela. Jethro poteva non farsi domare nemmeno da lei, ma scelse di donarle il suo nome, non credo che l'avrebbe fatto senza qualche valido motivo. – Sospirai. – Forse già sapeva, fin dal primo momento che la vide, che infine il suo destino era legato a lei. – Mi alzai. – Inoltre conosco abbastanza Wren da dire che non gli avrebbe mai ordinato di amarla, l'amore credo che sia l'unica cosa difficile da ordinare. – Lui sorrise più tranquillo.
– Sì, penso anche io che non l'avrebbe mai fatto senza motivo, era fin troppo testardo quando voleva. – Ridacchiò ripensando ad un bambino che aveva visto crescere, diventare uomo, ma che poi gli era stato rubato.
– Inoltre nessun Domatore che ama tanto un Drago da volersi consacrare ad esso potrebbe mai farlo senza il suo consenso. – Aggiunsi. Si voltò veloce.
– Intendi dire che mio figlio era d'accordo? – Sorrisi.
– Con ogni probabilità. – Mi voltai verso la tenda in cui c'era Nowell.
– Tu ti consacreresti mai a lui, Nivek? – Mi domandò con voce paterna.
Lo guardai mentre, con serietà, cominciavo a pensarci. – Non lo so, forse non sarò mai chiamato a fare questa scelta.
Il fumo che si alzava dai falò era denso, cupo copriva quella pace che cullava tutti noi in quella notte buia. Il sole dormiva, il giorno ormai era trascorso. Lento speravo che il mattino giungesse e che mi consentisse di restare ancora avvolto in quella nebbia. Il fumo si alzava denso, celava lo sguardo nemico e assopiva quello degli amici. La notte buia restava in silenzio.
 
Il sole si alza lento sul cammino dei viaggiatori, ma sul nostro giunse indesiderato e precoce. Dormii poco, sembravo essermi riposato a sufficienza la notte precedente. L'inquietudine si era impossessata di me, come un oscuro presagio all'orizzonte, come se mi fosse stato rivelato un destino ancora da compiere. Portavo in guerra quelle persone che così amabilmente mi avevano reso partecipe della loro vita, mi avevano accolto come un Re, un atteso sovrano che avrei cercato, così pensavo, di essere. Non importava più nemmeno se lo fossi oppure no, loro mi credevano tale, per ripagarli avrei cercato almeno di sembrarlo.
Ci preparammo presto per partire, così come concordato alla cena della sera prima, sia a me che a Nowell dispiaceva lasciare quel luogo, ma ancora così lontana era la meta che non potevamo certo fermarci a riprendere fiato. Non sapevamo nulla dei nostri amici, non sapevamo cosa il Re Orrendo stesse compiendo contro di noi, l'ignoto che circondava tutto ciò che era estraneo alla nostra missione non facilitava certo il sonno o il riposo. Il Solitario si caricò in spalla la sella ed insieme uscimmo dalla tenda che ci avevano dato. Jaxon era già pronto, il figlio era al suo fianco e lo stava salutando. Il mio padrone si avvicinò loro, doveva chiedere un altro favore. – Vorrei inviare una lettera al nord, sarebbe disposto uno di voi a consegnarla? È un uomo fidato, in un villaggio di uomini fidati, non dovete aver timore che vi succeda qualcosa di male lì. È pericoloso, questo è innegabile, capirò se mi direte di no. Non ve lo chiederei se non fosse una questione importante. – Concluse chinando il capo. I Draghi restavano ammutoliti davanti ad un Domatore che chiedeva “per favore”.
– Lo farò io, Solitario, porterò la tua lettera dove desideri. – Disse Thane.
– È pericoloso, sicuro di volerlo fare? – Intervenni io. Lui mi guardò e chinò il capo.
– Volerò in alto più di quanto un Drago del Re Orrendo possa guardare, volerò veloce più di quanto un Drago del Re Orrendo possa immaginare, sarò di ritorno entro pochi giorni. – Rispose il nipote di Jethro. Jaxon ridacchiò e gli posò le mani sulle spalle. Avvicinò la propria fronte a quella del figlio e lo guardò negli occhi.
– Ci rivedremo a casa, figliolo, so che sarai prudente. – Gli disse con voce calda e fiera.
– Stai attento anche tu, padre. – Si raccomandò Thane prima di avvicinarsi a Nowell per sapere dove dovesse andare con più precisione.
Il sistema per inviarsi le lettere studiato da Ormond e Wardell non era certo dei più veloci, ma sicuramente era tra i più sicuri. Entrambi avevano identificato un villaggio al nord che era fedele ai loro ideali, cosa non facile visto che il nord era molto sotto l'influenza del Re Orrendo, ma, come succede in molti casi, nascondi ciò che vuoi celare in bellavista, con difficoltà chi lo cerca lo troverà. Scelto il villaggio incaricarono un uomo di custodire le loro lettere ed uno dei due fratelli andò a sud e l'altro rimase più al centro con il suo branco di Draghi. Regolarmente entrambi inviavano uno dei loro Draghi al nord, al villaggio, sia per vedere se ci fossero lettere sia per rispondere o inviarne una. Con il senno di poi compresi che fu proprio alla fine di uno di quei viaggi che incontrammo Shiloh. Nel nostro caso era molto più difficile mantenere il contatto con loro visto che non potevamo deviare dal nostro viaggio tanto da andare al nord a consegnare lettere, così la nostra speranza era stata di trovare qualche Drago Libero valoroso che ci avesse fatto anche questo piacere. In ogni caso non potevamo ricevere alcuna risposta, ma era sufficientemente importante che loro avessero qualche nostra notizia. La strada per giungere al villaggio non era troppo pericolosa, tanti boschi c'erano sul cammino e con difficoltà, se era bravo a volare quanto diceva, avrebbe avuto qualche problema.
Andai verso Faron per salutarlo e ringraziarlo ancora una volta. La decisione di andare alla tribù di Jethro era forse la migliore che avessi preso in tutta la mia vita, ero grato a tutti loro e felice di averli conosciuti. Chinai il capo al vecchio capotribù e lui mi sorrise dolcemente, mi augurò buon viaggio e mi raccomandò di non dare troppo peso alle parole di suo fratello. Ricordo che pensai che se fosse stato gentile anche solo la metà di quanto lo era lui sarei stato grato al Cielo. Nowell consegnò la lettera nelle mani di Thane che avrebbe lasciato la tribù poco dopo noi. Fu così che ci preparammo per partire. Il Solitario mi si avvicinò e Jaxon mutò in un grande Drago rosso scuro con due paia d'ali sottili e aguzze, le squame spesse, la pelle dura come roccia e l'alito caldo come fuoco. – Nowell, diventa Drago e porta il tuo padrone in Cielo. – I miei occhi non riuscirono a rivolgersi verso quelli della tribù. Mi chiedevo che cosa avrebbero visto. Mi chiedevo che cosa avrebbero pensato del loro Re che si faceva domare. Non avevo il coraggio di vedere i loro visi pensando di trovare delusione e disgusto. Sapevo che una volta prese le mie sembianze niente mi sarebbe più importato. Era doloroso vergognarsi di essere qualcosa, ma ancora più doloroso era vergognarsi di essere qualcosa che avevo imparato ad amare.
Le mie grandi ali si spalancarono ed oscurarono la luce del sole sulla radura. Abbassandomi Nowell mi mise addosso la sella e, reggendosi, si issò fino a sedervici sopra. Mi accarezzò la pelle e sollevò lo sguardo verso il Cielo. – Grazie a tutti voi per averci ascoltati, con impazienza aspetteremo di rivedervi. – Disse chinando profondamente il capo ed anche io lo feci. Senza aggiungere altro, solo per sua volontà, le mie ali cominciarono a sbattere e leggero mi sollevai seguito da Jaxon. Insieme salimmo di molti metri senza guardare in basso, poi cominciammo a planare calmi e placidi. I miei occhi si rivolgevano verso di lui, al mio fianco, e verso Nowell, tranquillamente seduto sulla mia schiena.
Jaxon sembrava in attesa di qualcosa, forse si aspettava da me qualche parola, ma io ero concentrato sulla via che c'era da percorrere. Il Solitario si chinò in avanti. – Nivek, avevamo promesso di vedere la Montagna di Fuoco, ricordi? Sorvoliamola per qualche minuto. – Detto ciò le mie ali si piegarono e virai verso la montagna salendo ancora di qualche metro. Jaxon ci seguiva felice, compresi che era importante per lui farci vedere la sua amata montagna.
Lento il vento scivolava tra le mie squame mentre mi sollevavo ancora più in alto. Il fumo della montagna stava per avvolgerci. Con un forte colpo d'ali Jaxon si portò avanti a noi e la raggiunse prima. Nowell era irrequieto, forse temeva la mia reazione, o forse temeva quella della nostra giuda. Quando il nostro sguardo fu abbastanza sopra quel fumo riuscimmo a vedere per intero la Montagna di Fuoco. L'aria intorno ad essa era molto calda e la terra da cui era composta scura come se venisse dai più oscuri luoghi della terra. Un fiume rosso bollente stagnava in cima, sembrava fluire lento e composto, come un costante afflusso di fuoco che non smetteva mai. Il Drago dagli occhi rossi si fece vicino e mi volò attorno. – Bellissima, non credete, mio signore? – Non che non fossi stupito o meravigliato, ma i sentimenti a stento traspaiono dalla pelle di un Drago Domato ed io, trasformato in ciò che ero destinato ad essere da Drago Libero, con difficoltà riuscivo a vincere la forza del cuore di Nowell ed essere me stesso. Quella montagna dunque non mi emozionava tanto quanto avrebbe dovuto e, soprattutto, tanto quanto Jaxon avrebbe voluto.
– È molto bella, Jaxon, uno spettacolo magnifico. – Sussurrò il mio padrone ed improvvisamente anche io ne fui affascinato, quella Montagna di Fuoco mi parve all'improvviso più meravigliosa.
Uno stupendo spettacolo tra gente altrettanto stupenda. – Dissi piano e la nostra guida parve velocemente rincuorata, tuttavia capivo da solo che quel mio iniziale tentennamento, quella mia lieve insensibilità gli sarebbe ronzata in testa ancora per molto tempo. Prima o poi avrebbe fatto domande a cui una risposta falsa era difficile dare, io ero, sebbene potesse non sembrarlo e fossi più libero di altri, un servo, io ero di proprietà di Nowell e questo non sarebbe cambiato mai.
– Continuiamo il viaggio, la strada sembra lunga e ancor più veloce sarà il nostro compito se non ci dedichiamo a deviazioni. – Così concluse il Domatore e le mie ali si voltarono svelte via dalla montagna, a malincuore Jaxon cominciò a seguirci.


Come si comporterà il fratello di Faron? Sarà accondiscendente quanto lui?
A cosa porterà tutto questo viaggio?
Spero che vogliate scoprirlo con me! Grazie mille!
Iwon Lyme

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Capitolo 17
*** L'Urlo del Drago - Parte VI ***


Eccoci giunti alla sesta parte de "L'Urlo del Drago". Nivek arriverà alla seconda tribù del fuoco e dovrà incontrare lo zio di Jethro. Come reagirà l'uomo alla sua presenza ed alle sue richieste? 
L'Urlo del Drago - Parte VI
 
Il vento sferzava come una frusta governata dal Cielo e si schiantava sulle nostre ali facendoci perdere furiosamente quota. Nowell si era avvolto in una coperta e teneva il capo ben chino vicino alla mia pelle che fremeva di dolore per il tormentato volo. Ondeggiavamo con fatica tra le nubi dense e grigie e lampi arancioni brillavano e dividevano il cielo. Poca luce ci permetteva di distinguere la via intorno a noi. Jaxon sicuro volava davanti a me, aiutato da dal suo secondo paio di ali riusciva a mantenersi stabile nel vento. Un'altra raffica mi tirò verso terra e tentai di sollevarmi veloce così da non perderlo di vista. Lo vidi planare verso terra. Forse si era accorto delle mie difficoltà e desiderava fermarsi.
Nowell si chinò in avanti. – Accetta se desidera fermarsi, sei stanco … devi riposare. – Sussurrò calmo al mio orecchio e scendendo cominciai a sentirmi ristorato nella speranza di fermarmi. Jaxon era a terra e guardava in alto attendendomi. Atterrai vicino a lui.
Qualcosa non va? – Domandai avvolgendomi la coda tremante intorno alle zampe e chiudendo le ali per farle riposare. Fu come muovere una mano lasciata nella stessa posizione per troppo a lungo. La stanchezza mi si riversò addosso.
Mio signore, siamo ormai vicini alla meta, pensavo che come nel nostro villaggio non ha desiderato entrare in volo così non voleva in questo. – Sentii Nowell issarsi dritto sulla mia schiena pronto per osservare Jaxon.
Comprendo, grazie della tua premura. – Dissi. Mi voltai allora per guardare il Solitario e lui, senza il bisogno che tra noi ci fossero parole, scese dalla mia schiena e mi slacciò la sella.
– Torna umano … Nivek. – La mia pelle di Drago e le mie ali svanirono. Il Domatore fu subito pronto ad afferrarmi. I miei piedi tremavano per la fatica, Jaxon, invece, era frastornato, ma ancora ben saldo sulla caviglie.
– Da questa parte, Domatore. – Disse calmo a Nowell e cominciò ad addentrarsi verso la foresta. Il mio padrone si mise meglio la sella in spalla e, aiutando me con una mano, cominciò a camminargli dietro.
– Sarai molto stanco questa volta, sicuro non sia meglio dire a Jaxon di fermarci così da farti riprendere le forze? Senza avere l'aspetto di un Re pensi che ti crederanno? – Mi voltai a guardare il viso preoccupato del mio compagno.
– Spero che lo facciano, Nowell, altrimenti siamo finiti. Non ho mai avuto l'aspetto di un Re. – Sorrise lievemente e, senza più dire altro, continuammo in silenzio per la via.
Il vento era ancora impetuoso ed i lampi brillavano sempre con più forza nel cielo come spettri. Il fumo nero del vulcano avvolgeva la luce della sera e celava anche i più oscuri presagi. Forse la nostra lettera era già giunta nelle mani dell'uomo del nord, forse Jethro aveva già letto mie notizie e così Ishmael. Forse erano tutti rincuorati dal nostro parziale e minimo successo. La Tribù del Fuoco ci aveva riservato così calde sorprese che nemmeno nei miei sogni più sinceri avrei sperato.
– Jaxon, il luogo è ancora lontano? – Chiese Nowell dopo mezz'ora di cammino. Il Drago rosso indietreggiò e si affiancò a noi.
– Non molto, Domatore, spera però di arrivare il più tardi possibile. – Nemmeno lui sembrava molto felice.
– Temi forse i tuoi stessi parenti? – Domandò prontamente il mio padrone. Lui scosse il capo.
– No, non travisate le mie parole, mio zio può essere duro però e per lui vedere il volo del Re potrebbe essere una prova obbligatoria, che il Cielo ce ne scampi di dover vedere voi che ordinate al vostro Drago di volare. – Strinsi la mano appesa alla spalla di Nowell.
– Non ho volo di Drago spontaneo da donare, ma spero che la mia voce sia sufficiente. – Il viso del Domatore si avvicinò al mio.
– Lo sarà, ne sono certo, non vacillare, mantieni il controllo e tutto andrà come deve. Proponiamo pace eterna, ricordalo. – Rispose calmo.
– Sì, ma prima invitate alla guerra … – Aggiunse Jaxon. Aveva ragione, entrambi noi lo sapevamo, tuttavia non avrei potuto dimostrare più di quello che dovevo.
Proseguimmo ancora verso il fondo della foresta, ci addentrammo sempre più in profondità. Il fumo nero circondava denso gli alberi però il vento cominciava a calmarsi. Le mie gambe riacquistavano lentamente forza e vigore, riprendevo autonomia e Nowell venne alleviato di un peso. Jaxon cominciò a guardarsi intorno e poi si fermò. – Qualcuno ci segue, mio signore, siamo stati visti, sanno di noi. Dobbiamo essere molto vicini. – Concluse piano. Si sistemò le vesti e gonfiò il petto. Con più consapevolezza proseguimmo gli ultimi metri.
– Fermi. – Tuonò una voce alla nostra sinistra prima che potessimo raggiungere le luci che cominciavano a diffondersi oltre gli alberi. – Fermi o combatteremo. – Ripeté chiaro. Le foglie e l'erba frusciarono al suo passaggio e, da dietro un gruppo di arbusti, sbucò un uomo molto alto, il viso stupendo, bello oltre ogni comune dire, i lunghi capelli più rossi del tramonto e del sole, gli occhi luminosi rubini infiammati e vibranti di calore. La pelle pallida brillò alla fioca luce della luna. Compresi, solo vedendolo ed udendo la sua voce, che egli era ben più puro e forte di quanto Jaxon non sarebbe mai stato, quella tribù non era uguale a quella da cui me ne ero appena andato. – Chi siete e cosa volete dalla nostra gente? Osate solo mentire e morirete. – Fu chiaro stendendo la mano avanti a sé e drizzandosi in tutta la sua fierezza.
Questa è dunque la benevolenza che dovete a coloro che sono della vostra tribù sorella? Cugino, raffredda il tuo spirito e gioisci della mia visita, porto con me doni e notizie. – Disse pacato Jaxon con la sua voce di Drago che, così simile a quella di Jethro, mi scaldò il cuore, mi fece abbassare il viso e come un fuoco mi avvolse intensa.
Mio cugino? Non ricordo quanto tempo fa fu la tua ultima visita, cosa ti spinge qui? E chi porti con te? Quali doni e quali notizie? – Rispose l'uomo. Una tempesta di pietre bollenti sarebbe stata meno terribile rispetto alla sua voce. Tono sicuro, duro e assassino.
Parlerò con lo zio di questo e per quanto riguarda chi porto con me devi fidarti della mia parola. – Il gelo sembrò calare insieme al silenzio dopo la risposta della nostra guida. Fu eterno il tempo che quello spaventoso uomo impiegò per decidere.
Non metterò a rischio il mio popolo neanche per la tua parola, cugino, mio padre non incontrerà estranei e nemmeno te se sarà necessario. – Rispose crudo digrignando i denti e sfidando a viso aperto Jaxon che, sebbene non sembrasse impaurito, non rispose alla sua grinta.
Intendo parlare con …
Se è con me che vuoi parlare, Jaxon figlio di Faron, dovrai portare più rispetto alla mia figura ed alla mia nobiltà. – Cupa, cupa come il più profondo tepore, trovato scavando nella terra, severa ma allo stesso tempo impossibile da non ascoltare ed amare era la voce chi ci rivolse l'attenzione, era la voce che ci parlò dalle spalle dell'uomo tempesta. Come una torre di terra e fuoco il Drago che la portava si mostrò a noi. I suoi capelli erano bianchi, schiariti dall'età, il suo corpo più anziano, ma non meno regale, non meno nobile, non meno intimidatorio e puro, gli occhi del fuoco, gli occhi del vulcano portava incastonati negli occhi, gli stessi occhi che aveva donato a suo figlio, lui era il Re delle Tribù del Fuoco.
Io rispetto voi, zio … vengo da lontano per parlarvi. – Sussurro calmo Jaxon chinando il capo profondamente.
Se così è allora parla, figlio di Faron. – Disse ancora esortando il nipote.
Porto come me la più inaspettata delle visite, insieme gradita e sgradita, signore, porto con me chi credevamo fosse morto ed invece è vivo, tra noi, nato per noi e cerca il nostro aiuto. – Questa frase fu in grado di destare l'attenzione dell'uomo che, dall'ombra in cui si trovava, si portò più verso la nostra guida lasciandosi illuminare dalla luce che proveniva oltre gli alberi. Il figlio indietreggiò ancora combattivo. – Se mi consentirete di spiegare brevemente capirete l'importanza di questa mia visita.
Parla e sii breve, Jaxon, tempo da perdere con le tue chiacchiere non ne ho e non posso immaginare come una notizia possa essere gradita e sgradita allo stesso tempo. – Tuonò allora l'uomo.
Jaxon così si voltò verso di me ed io, ancora stanco per il volo turbolento, mi feci avanti. Cercai di non sembrare vacillante o incerto, dovevo, e ne capivo con chiarezza l'importanza, sembrare al suo livello, al livello di un Re. – Porto con me questo Drago, se vedrete con occhi memori capirete chi avete davanti.
– Molto piacere di conoscervi, il mio nome è Nivek. – Dissi fermo con la mia voce da umano.
– Un Drago … – Sussurrò cominciando a parlare nella lingua umana. Senza rispondermi si avvicinò brusco e mi afferrò il viso. Tra i Draghi era grande mancanza di rispetto non rispondere al saluto e questo mi fece chiaramente capire chi dei due voleva comandare.
– Se permettete, signore, al mio nome gradirei fosse data una risposta. – Aggiunsi severo allontanandomi da lui. L'uomo ridacchiò.
– Quale Drago merita un nome quando è un altro a parlare per lui. – Disse sfrontato.
– Parlo per me stesso e desidero essere ascoltato come merito.
– Meriti? Arroghi questo diritto a te stesso? – Domandò stringendo le mani sui fianchi. Faron e lui erano molto diversi, vedevano il mondo in due modi molto distanti tra loro.
– Se desiderate essere cieco, signore, allora lascerò che viviate nell'oscurità, ma se desiderate vedere allora potrei essere in grado di mostrarvi il sole e la luce del cammino più luminoso. Se è la pace che desiderate avere per ognuno dei vostri figli sarò lieto di mostrarvi la via. – Dissi calmo con voce scura e sincera.
– Prometti molto e parli altrettanto bene, ma chi tu sia è per me un mistero ben poco interessante. – Si voltò verso il figlio. – Non avremo ospiti questa sera, tornano in cielo e speriamo non cadano in fretta … – Con scherno mi voltò le spalle. Allora il figlio sollevò gli occhi su di me e poi dietro, verso Nowell. Lo vide ed un brivido mi percorse la schiena. Sapeva e avrebbe detto in fretta.
Padre … – Sussurrò con la voce strozzata chinandosi veloce pronto ad attaccare. – Portano con sé un Domatore! – Veloce balzò in avanti ed altrettanto in fretta fui pronto a fermarlo. Mi misi in mezzo tra lui e Nowell, ci scontrammo e con forza riuscii a tenergli ferme le mani. Mi graffiò il viso ed, essendo debole, caddi a terra intontito da un calcio sferratomi al ventre.
Cos'è questa storia?! Sei qui con l'inganno?! – Urlava intanto il padre. Mi alzai pronto a proteggere di nuovo Nowell dal secondo attacco del figlio, ma questa volta avrei messo fine alle sue parole.
Egli pronto allungò le mani ed una spira di fuoco uscì da esse, immobile si fermò ad un metro da me, l'aria vibrava, fischiava il vento che ci aveva tormentati tra gli alberi ed il fuoco si spegneva in assenza di aria. La spira scomparve ed il silenziò calò così come l'oscurità. Gli uomini rimasti nascosti mentre parlavamo con i capi erano usciti allo scoperto ed erano altrettanto pronti ad attaccarci, tuttavia avevano visto quanto inutile era stato il loro fuoco e così sarebbe stato il loro corpo. Combattere contro l'aria, contro di me, era qualcosa che a stento avrebbero fatto con piacere.
– Un Drago d'Aria è dunque ciò che hai portato da me, Jaxon? Un Drago d'Aria ed un Domatore … – Si avvicinò sicuro che non avrebbe corso pericolo poiché non sapevamo il suo nome. – Nivek è il tuo nome … ed egli è il tuo padrone, non è così? Quale pace porti? Quale pace potresti mai portare conducendo alle porte della mia casa il nemico?! – La sua furia vibrava e sapevo che il suo fuoco era potente, ma il mio vento lo era di più.
– Egli non è un nemico, egli è l'uomo che vuole combattere il nostro nemico, il nostro vero ed unico nemico … il Re Orrendo morirà per mano dell'uomo che è il mio padrone. – Glaciale si avvicinò ancora.
– E vieni a chiedere il mio aiuto? – Sussurrò furioso e stupito al tempo stesso, divertito dalla mia stupidità.
– Aiuto? – Sussurrai ridacchiando. – Chiedo fedeltà, chiedo pace e … finalmente tranquillità. – Fermo immobile lo guardai negli occhi ed egli, per la prima volta, vide ciò che molti videro prima di lui nel verde intenso e nel biondo chiaro dei miei tratti, vide ciò che pensava di non vedere mai e cominciò a sperare, cominciò a capire e a ragionare. – Molto piacere di conoscervi, il mio nome è Nivek. Spero che d'ora in avanti sappiate riconoscere la mia presenza. – Dissi utilizzando per la prima volta la mia voce di Drago che vibrante si diffuse intorno a noi calmando tutti e placando la loro ira. – Ho scelto la mia via al fianco di un Domatore, spero che voi scegliate la vostra al mio. – Sospirò e chinò lo sguardo. Il figlio si avvicinò per vedere il mio viso.
L'uomo allora tornò a guardarmi con intensità e solennità. – Salute a voi, lieto di incontrarvi e di parlarvi, il mio nome è Gareth. – Rispose alle mie parole.
– Il mio Domatore non vi farà alcun male, egli è gentile e buono, amico di noi Draghi, chiedete a Jaxon che ci ha ospitati nella sua tribù per molti giorni, egli potrà raccontarvi. – Dissi per rispondere alle loro fondate paure.
– La parola del Lungo Sguardo mi basta, l'accoglienza non è delle migliori qui nella Terra dei Vulcani. – Strinsi le mani tra loro e sorrisi rilassato.
– Sono certo che è più che adeguata. – Fece cenno agli altri uomini di dirigersi verso il villaggio e disse a suo figlio di condurre Jaxon in una tenda. Fu allora, quando restammo soli noi due e Nowell che si avvicinò pronto a fare le sue domande.
– Se intendete uccidere il Re Orrendo è una guerra che cercate, giusto? Cosa c'entra dunque la pace in tutto questo? – Capivo le sue titubanze e le avrei risolte con gratitudine e speranza. Un'altra tribù aveva scelto di ascoltarmi, un'altra tribù forse si sarebbe unita alla mia causa, alla causa di tutti noi Draghi e Domatori.
 
Il suono del cielo al mattino era tra i più dolci. Perfino quando mi svegliavo nella casa sulle mie montagne faticavo ad alzarmi dal letto per sentirlo un po' più a lungo. In quel luogo, sebbene molto lontano da casa, il rumore era lo stesso e lo sarebbe stato ovunque. Sotto lo stesso Cielo vivevano tutti i Draghi e tutti i Domatori, mi stupiva e mi rendeva felice pensarci. Eravamo così distanti, così diversi, così in lotta l'uno con l'altro, eppure il Cielo era lo stesso, il Cielo era sempre di quell'azzurro, sempre così perfetto da non destare meraviglia negli occhi di chi non lo guardava.
Mi sollevai da terra. – C'è silenzio … troppo silenzio, non credi? – Domandò calmo Nowell che ascoltava con riverenza l'assenza di rumore che proveniva da fuori la nostra tenda.
– Mi chiedo cosa stiano pensando quei Draghi … – Mormorai mettendomi in piedi e rinfilandomi i vestiti tolti durante la notte.
– Non si fidano di noi, sono diversi dalla tribù di Jethro, loro non ci seguiranno. – Perfino il mio padrone sembrava nutrire poche speranze in quella gente così poco affabile ed impaurita dal mondo. Gareth era un grande capo sotto cui rifugiarsi.
Uscii dalla tenda ed il villaggio, che la sera prima avevo solo visto a malapena data l'ora, era completamente deserto. Il Solitario mi fu dietro in un attimo e, notando la stessa cosa, le sue paure si fecero più profonde. Sospirai credendo se ne fossero andati durante la notte e che forse non sarebbero tornati, ma poi, da una tenda vicina, uscì Gareth. I suoi occhi rossi osservarono con durezza il villaggio e poi noi due. Si avvicinò drizzando il capo e gonfiando il petto.
– Avete dormito bene? – Chiese.
– Sì, grazie per l'ospitalità. – Risposi. Annuì cupo.
– Desidero che lasciate il villaggio prima che sia sera. Mi sono consultato con gli anziani ed i guerrieri, nessuno vuole ascoltare un Drago Domato qui, quindi potete proseguire il viaggio. – Chinai il capo facendogli capire che avevo compreso le sue parole e le rispettavo.
– Se non desiderate ascoltare me, che sono un Drago Domato, potrete sempre ascoltare vostro nipote oppure il mio Domatore, egli parlerà come un Drago se i vostri occhi sapranno vederlo. – Dissi e Nowell si fece avanti.
– Non intendo ascoltare una sola parola da un Domatore e mio nipote ormai è stato stregato dalla tua voce, Drago, lontano è il tempo in cui la tua famiglia regnava su tutti i Draghi, ora è il momento di fuggire e sperare che il vento e la fame spazzino via gli ignobili Domatori da queste terre. – Mi guardò con occhi pieni di vibrante rabbia. – Nessun Domatore potrebbe mai parlare con la voce di un Drago. – Fu allora il Solitario a mettersi in mezzo alla discussione.
– Siete cieco e credete di vedere bene. – Lo ammonì. – Se invece provaste a comprendere sono sicuro che iniziereste a vedere la verità. Nessuna fame e nessun vento potrebbe mai distruggere …
– Taci ora. La tua voce mi disgusta e mi sporca la mente. – Ruggì Gareth. – Ho detto ciò che dovevo dire, voi avete fatto altrettanto. Partite e non tornate. – Senza aggiungere altro si voltò e tornò nella sua tenda.
– Come immaginavo … – Mormorò il mio Domatore rientrando nella propria. La spiegazione del villaggio deserto mi fu facile: non desideravano che la mia voce ammaliasse chi inconsapevolmente l'avrebbe seguita. Jaxon era vittima di un sortilegio d'amore che il Lungo Sguardo aveva impartito su di lui, avevo sporcato la sua mente come usa fare un Domatore.
Veloce mi voltai verso la tenda di Gareth. Vi entrai senza dire una parola e lo trovai in piedi mentre indossava una lunga veste. – Quale stupido permetterebbe al suo villaggio, alla sua gente di morire sperando che il mondo faccia il suo corso? Quale stupido lascerebbe il mondo scorrere senza voler vincere il dolore che lo affligge?
– Superi i limiti, giovane Drago, qualunque cosa tu sia non mi interessa così come qualunque cosa tu porti alla mia attenzione. Il Cielo soffia più forte di quanto le tue ali riescano a sbattere, provvederà e lo farà quando il tempo sarà opportuno.
Io sono la Voce del Cielo che viene a chiedervi aiuto! Cosa non capite delle mie parole e della mia voce?! – Il silenzio cadde tra noi ed i nostri sguardi erano uno nell'altro. Qualcuno si mosse da dietro l'uomo ed il figlio si fece avanti dal fondo della tenda.
– Ho il tempo che mio padre dice di non avere, ascolterò ciò che hai da dire, strano Drago, e deciderò se seguirti o no, mai dal Cielo è piovuto un uomo così pazzo da sfidare mio padre e solo per questo penso che tu meriti la mia attenzione. – Disse l'uomo che la sera prima aveva tentato di uccidere Nowell.
– Se lo ascolterai …
– Credi, padre, che sia così debole da seguire solo l'eco di una voce? – Domandò veloce senza lasciar finire l'uomo. – Condurrò la mia mente fino al suo ragionamento, egli poi non usa spesso la sua voce di Drago ed è quella che più spaventa tutti noi.
– Fai come vuoi … non fermerò la tua curiosità, ma resta lontano dalla sua volontà, figlio mio. – L'uomo si avvicinò e mi fece cenno di uscire dalla tenda di Gareth. Con lui dietro mi trovai ancora nel villaggio deserto. Nowell era fuori dalla nostra tenda e guardava nella mia direzione con preoccupazione.
– Cosa ti spinge ad ascoltarmi? – Chiesi e lui continuò a camminare al mio fianco verso il Domatore.
– Non ti serve saperlo, tu volevi solo qualcuno che ti ascoltasse, non è così? – Annuii. Aveva ragione, non doveva importarmi, dovevo convincerlo. – Molto piacere di conoscervi, il mio nome è Shane. – Si presentò ancora lontano da chi poteva nuocerlo.
Lo guardai. Forse lui era la nostra unica possibilità. – Salute a voi, lieto di incontrarvi e di parlarvi, il mio nome è Nivek. – Il Solitario si avvicinò. – Desidera ascoltarci. – Gli dissi e lui sembrò rincuorato e più fiducioso. Ci portammo dentro la nostra tenda. Il Drago si sedette a terra e parve compiaciuto di trovarsi in quella posizione di superiorità.
Nowell mi vide titubante nel cominciare, in verità non ero così sicuro che lui desiderasse realmente capire per quale ragione fossimo lì. – Il mio nome è Nowell. – Disse allora il Solitario. – So che per voi Draghi i nomi sono molto importanti.
– Lieto di conoscervi, Domatore, ma non vi dirò il mio. – Rispose Shane.
– Certo hai compreso che noi siamo qui per invitarvi ad unirvi nella nostra battaglia, giusto?
– Sì, Jaxon l'ha detto, ha detto anche che i Ribelli dei Domatori saranno con noi, che hanno deciso di porre fine alla tirannia del Re Orrendo, ma quando gli abbiamo chiesto il perché egli non ha più detto una parola concludendo che avremmo dovuto chiederlo a lei, signor Domatore. – Disse. Nowell annuì.
– Comprendo il suo silenzio e lo ringrazierò per la gentilezza. I Domatori Ribelli sono alle mie direttive, essi obbediscono a me in quanto mi riconoscono il legittimo erede al trono, erede che può salirvi solo alla morte del Re Orrendo. – Lui non sembrò toccato dalla spiegazione del Solitario. – Inoltre dovete sapere che per voi non sono un pericolo poiché non posso domare Draghi comuni, sono quello che chiamavate Perfetto Uccisore e che ora chiamano Solitario, non sono pericoloso per voi, Nivek è stato un caso assai eccezionale. – L'attenzione di Shane ora cominciava a scaldarsi, si sporse e fremeva dalla voglia di chiedere.
– Dunque siete un Perfetto Uccisore ed un Lungo Sguardo … la coppia in assoluto più strana che potessi mai vedere nella mia intera vita. – Ridacchiò. – Come è possibile, però, che lei sia il legittimo erede?
– Questa è una storia molto complicata … – L'uomo si alzò.
– Vi porterò mio padre, egli vorrà sentire quando gli avrò detto. – Come se fosse un bambino eccitato prima di una fiaba uscì dalla tenda. Entrambi noi ci guardammo ed alzandoci lo seguimmo fuori.
– Come?! Un Solitario nel mio villaggio?! – Tuonò Gareth che ci raggiunse all'esterno con gli occhi rossi fiammeggianti. – Che storia è mai questa … – Mormorò una volta che ebbe guardato con attenzione il mio padrone. – Se il Cielo avesse in mente un tale futuro … – Si passò una mano sul viso come arreso alla sua stessa curiosità di sapere. Improvvisamente cominciai a pensare che volesse solo fare il prezioso.
– … e padre, egli dice di essere il legittimo erede al trono dei Domatori. – Aggiunse poi Shane continuando un discorso che non avevamo sentito cominciare.
– Un tempo i Perfetti Uccisori diventavano re poiché i più potenti, ma ora, ora perché dovrebbe mai? Che cosa nascondi a noi, Domatore? – Chiese il padre avvicinandosi. Ciò che il figlio non aveva capito era ciò che Gareth aveva appreso: nessun Domatore avrebbe accettato un Solitario come re in quando Solitario non era più ciò che fu nei tempi antichi, dunque doveva per forza esserci un altro motivo e sicuramente c'era.
– Il Re Orrendo è mio padre. – Disse chiaro con voce aperta e sincera Nowell azzittendo l'uomo che furibondo aspettava una risposta. Non trovò parole il capo della tribù per molti minuti, ma poi sembrò tornare in sé.
– E cosa ti spinge contro il tuo stesso padre? Fossi al suo fianco, essendo l'unico figlio di cui io conosca l'esistenza, diventeresti Re. È forse la tua voglia di potere così grande da non poter nemmeno aspettare una naturale morte di tuo padre? – Domandò con voce bassa.
– Vado contro mio padre per via di mia madre … – Rispose opaco il Solitario. – … e per proteggere tutti gli altri Draghi. – Allungò una mano al viso e si sfilò la benda. L'occhio giallo brillante, luminoso e veritiero si rivelò agli occhi di Gareth e non lasciò dubbi sul suo cuore, vide ciò che non desiderava vedere e cominciò ad accorgersi della nota diversa nella voce di un Domatore. Si fecero entrambi silenziosi e fu così che il mio padrone poté continuare a parlare. – So come egli tratta tutti voi, come insegna che voi dobbiate essere trattati. Io sono diverso da ciò che egli desiderava, mia madre è morta uccisa per suo ordine, non permetterò ancora questa carneficina. Non avevo potere, senza alcun Drago era impossibile per me compiere il mio destino, ma Nivek è venuto da me, lui mi ha permesso di sperare ancora, di credere nel futuro che la terra, sotto questo nostro comune Cielo, merita. Non più guerre o morte, pace e pace duratura. – La voce calda del Domatore che era riuscita a sciogliermi il cuore parlò con dolcezza e amore, parlò per essere ascoltata e nessuno di loro sentì menzogna, e nessuno di loro sentì torto. Nowell persuadeva e noi eravamo solo capaci di ascoltare.
– Un Mezzo Drago, un Solitario ed un Principe … ecco quale è il padrone di un Lungo Sguardo. – Sussurrò Gareth una volta ritornato in sé. – Chiedi il nostro aiuto, Domatore?
– Lo chiedo. – Rispose.
– Il mio l'avrai. – Disse con convinzione sostenendo lo sguardo eterogeneo del suo interlocutore. – Prometto che parlerò alla tribù, racconterò loro chi è venuto a farci visita e cercherò di convincere quanti più posso. Non pensavo di dirlo mai un giorno, ma credevo impossibile la venuta di una pace, ma credevo impossibile anche che potesse esistere un uomo ed un Drago come entrambi voi. Forse il Cielo ha deciso che è giunta la fine della nostra sofferenza ed io non volevo sentire.
– Gareth, ringrazio le tue parole, sono felice. – Dissi facendomi avanti. – Voleremo insieme, volerò fino alla morte se sarà necessario, volerò fino a veder nascere un mondo diverso da questo.
– Le tue parole, bel Drago, sono nuove e mai udite, nessun Drago ha mai volato così lontano o visto così in profondità nelle tenebre della guerra. Ciò che dicono sui tuoi occhi spero sia vero. Spero che essi vedano il futuro nascosto nel buio. – Aggiunse il capo tribù.
Shane si fece avanti. – Avrete anche il mio aiuto, entrambi voi Principi, Re, spero, di un mondo bello come descrivete.
La stella della rivolta brillava alta nel cielo, l'avremmo seguita fino a giungere alla guerra, una volta superato il buio cielo ci avrebbe atteso la pace.
 
Ci fermammo nella tribù per due giorni. Riuscimmo a prendere un po' di provviste e ci riposammo a dovere. Jaxon e Shane erano inaspettatamente molto uniti e pensai dovesse essere proprio quella complicità la prima motivazione della sua fiducia nei miei confronti.
Mi sarei fermato tra quella gente per molto tempo, ma il viaggio era ancora lungo e dovevamo proseguire veloci, fendere l'aria, cavalcare le nuvole e giungere in un'altra tribù. Dovevamo convincere ancora molti animi e questo mi spaventava. Ero inquieto poiché pensavo a come stavo conducendo quelle persone verso un futuro rimasto loro distante per molto tempo. Non andavano in guerra da anni ed erano creature prevalentemente pacifiche, dunque la mia voce non rispettava la loro natura, li volgeva e li mutava, li portava con sé in pericolo e pregavo di non doverne vedere molti stesi sul campo di battaglia. Speravo infine che la guerra non portasse troppe vittime, tuttavia non poteva essere così semplice.
Mentre Nowell si preparava per partire i miei pensieri erano rivolti a coloro che stavamo per lasciare. Ci avevano promesso aiuto e silenziosi noi lo accettavamo, sapevamo il male della scelta e non osavamo dirlo. Pace promettevamo ma prima vi era la guerra. Il mio padrone sollevò lo zaino e la sella da terra e mi osservò. – Vedo la paura ingrandirsi nei tuoi occhi. Temi per il viaggio?
– Per loro. – Risposi.
– Peggiore sarebbe un fato in cui il male è destinato a prevalere sempre e comunque. Hanno subito per moltissimo tempo, per tutti loro è arrivato il momento di reagire. Capiranno se soffriranno, comprenderanno che ogni pace richiede un sacrificio. – Uscì dalla tenda ed io lo seguì. Jaxon si avvicinò e mi salutò con rispetto. Subito dietro di lui Shane si inchinò. Guardai Nowell e lui sorrise.
Gareth si avvicinò. – Mio signore, la via su cui ci conduce è buia e silenziosa, ma tutti vediamo la luce che vi è alla fine e pensavo che non avrei mai vissuto abbastanza per vederla. I Draghi ritorneranno ad essere ciò per cui sono nati, voleranno in Cielo liberi e la paura non li spingerà più a terra. Le nostre ali voleranno veloci quando il momento giungerà e su di esse la vittoria schiaccerà il Re Orrendo. – Disse solenne. Si portò una mano al petto e chinò il capo.
– Le tue parole sono sagge, voleremo in alto e faremo comprendere al Re Orrendo che non abbiamo timore di lui, gli faremo comprendere che non può più farci del male. Vinceremo e pace avremo. – Risposi mettendogli una mano sulla spalla. Infine Nowell aveva ragione. La mia voce li conduceva su un difficile cammino ma non senza la loro volontà. Avrebbero seguito altri se la pace fosse stata così possibile. Non c'era certezza, eppure la probabilità bastava, eppure non vi era altro modo se non quello. Avevano cominciato a sperare. Avevano ricominciato a vedere.
– Nivek, diventa Drago e porta il tuo padrone in Cielo. – Disse fermo il Solitario ed io presi le mie sembianze di Drago. Ci preparavamo a partire dalle Terre del Fuoco. Osservai tutte le persone che avevo incontrato e chinai il capo. Con un balzo mi alzai in cielo mentre una raffica di vento si sollevava da terra ed insieme un urlo di incoraggiamento mi seguì. Con forza sbattei le ali ed arrivai in alto. Planai sulle nuvole più bianche e l'animo del mio padrone sembrò colto da un sussultò di felicità. – Saremo uniti ancora una volta. – Mormorò ed il mio petto ebbe un sussultò. Silenzioso il mio corpo girò verso la nostra nuova meta. Il mare attendeva la Voce del Cielo.

Nivek e Nowell dunque si dirigono verso il mare dove dovranno discutere con la tribù che lì è stanziata. Come saranno i Draghi Liberi lì?
Cosa succederà nell'ultima parte de "L'Urlo del Drago"?
Iwon Lyme

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Capitolo 18
*** L'Urlo del Drago - Parte VII ***


Eccoci giunti anche alla fine de "L'Urlo del Drago"! Quale sarà il titolo della prossima parte? Lo rivelerò alla fine del capitolo! 
Grazie davvero a tutti quelli che continuano a seguire la storia! Sono felice di conoscere le vostre opinioni in merito!

 
L'Urlo del Drago - Parte VII

L'aria ed il vento erano calmi da molti giorni e silenzioso era il cielo in cui io ed il mio padrone volavamo. Rastus aveva indicato sulla mappa il luogo dove si trovava la Tribù dell'Acqua, ma sorvolavamo quel luogo da molte ore e non sembrava noi di vedere altro che un'immensa distesa di azzurro. Certo non credevamo di trovare quella tribù sulla terra ferma, ma in pieno mare era quasi irrealistico. Come avrei potuto parlare con loro se non riuscivo nemmeno a raggiungerli? Nowell cominciava a spazientirsi e potevo ben comprendere il perché visto che avevamo sprecato un'intera giornata a girare in tondo su un punto in una mappa. Ormai il sole stava tramontando e lo sconforto ci colse. Silenziosi allora tornammo verso la riva e ci abbassammo poco prima del mare che ululava. Il mio padrone mi scese dalla schiena ed affondò i piedi nella sabbia chiara. – Nivek, torna umano. – Disse ed io mi lasciai cadere esausto nei soffici granelli.
Lui si sedette accanto a me e continuò a guardare con una certa insistenza il punto sulla mappa come se potesse spostarlo con il pensiero. – Forse dovremmo andare prima da quelli di Terra, non credi? Loro potrebbero dirci di più. – Propose un po' scoraggiato.
– Penso che sarebbe un errore ora che siamo già qui, perderemmo molti giorni inutilmente. – Risposi chiudendo gli occhi mentre il sonno sopraggiungeva alla mia mente senza che io potessi fermarlo.
– Forse hai ragione, ma come facciamo a trovarli? Abbiamo provato a guardare quel punto per ore, ma niente, nemmeno un pesce ho intravisto sotto le acque del mare, dove pensi che si nascondano? – Ribatté. – Spero non negli abissi perché il dono di respirare sott'acqua non è ancora nelle mie corde. – Risi.
– Non so molto. – Risposi una volta ritornato serio. – Rastus mi disse solo che loro amano molto di più nuotare che volare e che avrei dovuto convincerli del contrario. Immagino che forse li troveremmo proprio in acqua. – Dissi.
– E come proponi di parlarci? – Chiese mentre la mia attenzione ormai era completamente rivolta alla stanchezza.
– Non so, non ho alcuna idea, penso che dovremmo passare qui ancora qualche giorno, se non dovesse succedere nulla allora ce ne andremo. – Risposi.
– Senza dubbio potevamo parlare con più precisione con qualcuno di questa specie. Però purtroppo siamo dovuti partire in fretta, che il Cielo ci aiuti a trovare una soluzione. – Sembrava fin troppo scoraggiato. Silenzioso poi mi sfiorò la fronte. – Sei molto stanco, eh? – Sussurrò ed io mi avvicinai con il viso al suo corpo per sentirne il calore. In mezzo a tutta quella solitudine solo noi eravamo insieme. Non avrei infine immaginato che il mondo fosse tanto grande da potermici perdere così facilmente. Lui ed il suo calore mi davano sicurezza, sicuro ero di non essere solo e fin dal principio questo mi aveva incantato.
Lasciò che mi addormentassi senza disturbarmi ulteriormente con le sue perplessità, in ogni caso non avrei avuto una risposta migliore delle sue. Anche io dubitavo di poterli trovare così facilmente. Pensai che avessimo sbagliato a sceglierli e che forse avremmo davvero dovuto tentare con quelli di Terra, ma infine ormai eravamo in quel luogo e non ci restava altro che sperare di rintracciarli.
Avevo volato molto ed il tramonto rendeva il mio corpo stanco e pieno di sonno. La brezza che odorava di sale ed acqua con facilità mi cullò e così fece anche la presenza del mio padrone.
 
Delle gocce d'acqua mi cadevano sul viso. Erano molto fastidiose e pensai che avesse cominciato a piovere visto che ci eravamo addormentati all'aperto. Tuttavia, quando la sonnolenza abbandonò le mia mente, mi accorsi che mi cadevano solo sul viso e, spaventato, aprì gli occhi. Il buio circondava me ed il mio padrone distesi nella sabbia. Un respiro distinto era sopra di me e dell'acqua mi aveva bagnato le guance. Mi sollevai. – Chi sei? – Domandai sentendo di non essere solo. – Mostrati. – Dissi pensando potesse non essere qualcuno di amichevole.
– Dovrei essere io a chiederlo a voi. È tutto il giorno che infastidite la nostra casa ed adesso vi trovo addormentati su questa spiaggia. Chi siete? – Domandò una voce di donna ed io toccai Nowell che si svegliò senza fare troppo rumore.
– Ci dispiace di avervi disturbati, vi cercavamo, desideriamo parlare con voi. – Risposi.
– E cosa mai dovrebbe dirci un Drago dall'aspetto strano? – Mi rimbeccò lei.
– Abbiamo bisogno del vostro aiuto. – Continuai e lei si avvicinò. Vidi i suoi piedi scalzi immersi nella sabbia illuminarsi alla luce della luna argentata e limpida.
– Per cosa volete il nostro aiuto? – Mi alzai.
– È una questione delicata ed avrei veramente bisogno di parlare con il capo della tua tribù. – Le domandai cercando di essere il più gentile possibile. Non vi era nessun altro con lei e se mai me la fossi inimicata tanto da farla andare via saremmo stati al punto di partenza. Forse non l'avevano mandata lì a vedere, forse lei era venuta di sua spontanea volontà.
– Il capo della tribù? – Ripeté. – Non credo che lui desideri parlare con voi. – Concluse ed allora Nowell si sollevò in piedi. – Chi siete? Non vi vedo così bene.
– È davvero importante, non potresti portarci da lui? – Domandò. Lei rise.
– In verità non è un lui. – Rivelò. – Mia madre è il capo della tribù e non parla con chi non le interessa davvero. – Sentenziò. – Sarebbe noioso per lei di certo parlare con tipi come voi.
– Perché sei qui se siamo così noiosi? – Chiesi.
– Volevo vedere che aspetto aveva il Drago che ha volato sopra l'acqua senza quasi essere visto. Se non avessi degli occhi molto acuti non credo che ti avrei notato. Il tuo amico poi? È un Drago anche lui? – Il Solitario si fece avanti.
– Non desideriamo giocare, siamo qui per una questione di estrema importanza, portaci alla tua tribù. – Intervenne brusco e lei si azzittì. Mi sembrò offesa.
– Se è una questione di estrema importanza a noi non interessa di certo. Non ci piacciono le cose troppo complicate e nemmeno le persone che si comportano con impeto. – Obiettò. Poi improvvisamente come un rigolo d'acqua si insinuò tra la sabbia e venne verso di noi. – La tua voce poi non è quella di un Drago. Senza dubbio tu sei un Domatore. Ed i Domatori ci piacciono ancora meno degli impetuosi. – Feci appena in tempo a fermare l'onda d'acqua che ci avrebbe travolti e a rimandargliela indietro che lei era già svanita.
Presi un profondo respiro. Se non avessi avuto i riflessi pronti saremmo tutti stati affogati dalla ragazzina. – Non avrei dovuto parlare, è scappata. – Mormorò Nowell convinto di aver rovinato tutto.
– No di certo, hai fatto molto bene. – Mi sedetti ancora nella sabbia. – Adesso non ci resta che aspettare.
– Cosa?
– Che vengano per la troppa curiosità di sapere quale sia questa questione di estrema importanza. – Sorrisi tra me e me. – Di certo nessuno tra quelli dell'acqua potrebbe mai resistere alla tentazione. Inoltre visto che non è riuscita a farci del male sarà ancora più incuriosita. Attendiamo. Arriveranno prima di quanto credi. – Anche il mio padrone si tranquillizzò ed aspettammo in silenzio senza addormentarci di nuovo sebbene il buio ci avvolgeva ancora.
Passarono alcune ore e poi giunse l'alba. Il sole si sollevò e cominciò a brillare sulla spiaggia e sull'acqua chiara del mare. Le onde riflettevano la luce come un immenso telo di stoffa. Il brusio del mare mi metteva felicità ed allo stesso tempo tristezza. La brezza si sollevò ed insieme ad essa, dalle acque profonde del mare, emersero tre donne. Le osservammo in silenzio mentre si avvicinavano. Sembravano gocce d'acqua e si muovevano lentamente come se vi fossero ancora immerse. I lunghi capelli argentati parevano spuma di mare ed i profondi occhi verdi brillavano come pietre preziose. L'acqua gocciava dai loro vestiti azzurri come il mare mentre i piedi scalzi si immergevano nella sabbia. Fu come una visione. Non credetti che fossero vere fino a quando una di loro si portò più avanti rispetto alle altre. – Buongiorno, viaggiatori, siamo qui per scortarvi dal capo della nostra tribù così come nostra sorella ci ha riferito. – Disse e la sua voce era bellissima, chiara e cristallina come ghiaccio.
– Accettiamo volentieri la vostra proposta, ma vorremmo sapere dove dovete condurci. – Risposi.
– Non temere, non vi porteremo in acqua, vi è una piccola isola poco lontano dalla riva, lì andremo. Potrai seguirci volando se ti senti più a tuo agio, oppure potresti accettare di lasciarti condurre da una di noi.
– Saremo entrambi felici di lasciarci condurre da voi visto che abbiamo sorvolato molto le acque poco lontane dalla riva senza trovare assolutamente nulla.
– Questo è certo poiché la nostra isola è coperta da una cupola di acqua che la nostra Regina produce affinché non venga trovata da coloro che costringono i Draghi a compiere azioni contro la proprio volontà … qualcuno come il vostro compagno. – Rispose.
– Egli non è crudele con me. – Ribattei senza riuscire a convincerla. In loro compagnia ci avvicinammo all'acqua e quando si immersero presero le loro sembianze di Draghi sottili e lunghi. Mi immersi in acqua ed io e Nowell ci aggrappammo ad una zampa di quelle tre figure. Saettando cominciammo ad allontanarci dalla sabbia ed ad addentrarci nel mare più profondo. Non posso negare che, così poco avvezzo all'elemento, non fossi infine un po' timoroso. Era un'immensa distesa di acqua in cui facilmente sarei affogato.
La corsa finì quando davanti ai nostri occhi si definì un enorme muro d'acqua, la cupola di cui la donna aveva parlato. Veloci, senza pensarci troppo, la oltrepassammo e ne fummo travolti. Oltre poi si aprì al nostro sguardo la vista di un piccolo isolotto su cui vi erano fermi molti Draghi di bellissime fattezze. Le donne ci portarono a riva ed, una volta che i nostri piedi ebbero toccato la sabbia, esse ripresero le loro sembianze sinuose. Mi tirai indietro i capelli fradici e mi sollevai dall'acqua fredda. Anche Nowell emerse dal mare e, spinti dalla stessa paura, ci portammo verso la riva. Ci osservammo e fummo felici di vederci entrambi interi e salvi.
– Eccoli qui! – Esclamò la voce che ci aveva dato il benvenuto durante la notte. Era una ragazzina più o meno di quindici anni, su per giù, e ci guardava con una certa nota di rimprovero. – Eccoli! Loro mi hanno bagnata ieri notte! – Si lamentò senza però dire che era stata lei la prima a scagliarci contro dell'acqua. – Tu! Sei stato tu! – Mi accusò con crudeltà. – Tu comandi l'acqua! – Affermò e dietro di lei giunse una donna alta e slanciata, stupendamente bella, dai lunghi capelli argentati e dagli occhi verdi profondi.
– Smettila, Sybil, egli non è uno di noi. – Le disse avvicinandosi ad entrambi noi. – Perdonate mia figlia, sarò troppo vecchia quando imparerà a farsi i fatti suoi. – Continuò mentre la ragazzina protestava per le sue parole.
– Molto piacere di conoscervi, il mio nome è Nivek. – Dissi chinando un po' il capo e lei, sentendo la mia voce, ne fu subito felice.
– Salute a voi, lieto di incontrarvi e di parlarvi, il mio nome è Janet. – Rispose portandosi da un lato la lunga chioma. – Benvenuto nella mia terra, bel Drago, e di certo non vedo sbagliato quando interpreto che tu governi l'aria, giusto?
– Non vede sbagliato. – Confermai.
– E cosa dunque porta un uomo delle montagne qui da noi? E non un uomo qualunque, ma un Re? – Domandò. Non era certo una stupida e nel racconto della figlia aveva sicuramente cercato ciò che le potesse dire qualcosa su di noi tralasciando i fatti più futili.
– Desideriamo chiedere il vostro aiuto.
– Questo mia figlia me l'ha spiegato ma mi ha anche detto che non avreste parlato con lei in nessun caso, desideravate vedermi ed, ora che mi avete davanti, cosa dovete dirmi? Così oscuri sono i fatti di cui dovete parlarmi tanto da non poterli dire a nessun altro? – Chiese arricciando la fronte.
– Non oscuri, signora, ma deplorevoli alle orecchie di chi non sa ascoltare con mente aperta e con chiarezza nello sguardo. – Risposi.
– Sicuramente, su questo non vi è dubbio alcuno che entrambi voi siate persone le quali è meglio osservare con molti occhi e molti pensieri, ma per cosa vi necessita il nostro aiuto? – Domandò ancora.
– Per una guerra. – Le rivelai senza per nulla girarci attorno.
– Una guerra? Di quale tu stia parlando mi è ignoto. Non vi sono guerre a mia conoscenza.
– Per una guerra che sta per cominciare. Una guerra che vi permetterà di disfarvi della vostra cupola d'acqua per sempre, che vi permetterà di nuotare nelle acque meno profonde senza paura e volare se ancora ricordate come si fa. – Le spiegai ed allora comprese che il discorso in cui ci avventuravamo era così come le avevo descritto. Esortò quelli del suo popolo ad allontanarsi e costrinse la figlia. Restammo soli in riva al mare quieto.
– Porti qui uno di loro, Re dell'Aria, e pretendi che io ascolti con calma e pace le tue parole? Poi parli di guerra e chiedi il mio aiuto? L'astuzia non è una tua dote di certo. – Disse sospirando ma con bontà fu pronta a sentirmi parlare.
– Janet, Signora delle Acque, di certo lei vede, per natura, riflessi in noi le increspature del nostro animo. E sa ancora prima che io proferisca parola che il mio padrone è un uomo gentile e buono, altrimenti qui non ci avrebbe condotti. – Cominciai. – Ma egli deve raccontarvi una lunga storia. La udirete dalla sua voce che ben sa cosa dire riguardo a questi argomenti. – Ed allora Nowell parlò con voce sicura alla donna bellissima ed ella ascoltò ogni parola senza mai interromperlo. Perfino quando si tolse la benda in lei non ci fu quasi meraviglia. Sembrava aver visto riflessi in acqua molti avvenimenti, tanti che quelli a cui assisteva non la stupivano granché.
Una volta che egli ebbe finito entrambi la osservammo ansiosi di sentirla parlare e lei non mutava il suo viso e non ci lasciava intendere alcun sentimento. – Giovani uomini che giungete nelle mie terre e sembrate amare il mondo con ardore, forse più di chiunque altro prima di voi, io vi dico che la mia gente non è per le guerre e nemmeno per le dispute. Ma negli altri Draghi sicuramente troverete appoggio e amore come qui, mi dispiace, non sarete in grado di fare. Apprezzo la vostra bontà d'animo, ma il mare è calmo e tali sono i nostri animi e tale è la vita che desideriamo condurre. – Disse e le speranze cominciarono ad affievolirsi. Il suo rifiuto sembrò netto e duro e senza possibilità di ripensamento.
– Eppure perfino il mare si agita forte in tempesta. Ed è il vento che sospinge le sue onde. È forse la Voce del Cielo che è mancata alle vostre orecchie? – Intervenne Nowell e lei lo osservò curiosa.
– Di certo mancò a noi tale voce. Il suono del Lungo Sguardo e degli altri Re era più caro al nostro popolo di quanto non fosse agli altri e mai avremmo potuto muoverci lontani dalla sua volontà, tuttavia, sebbene il Drago che porti con te sia bello e sembri di tale stirpe, molto lontano è il tempo in cui quei fatti che ti ho raccontato avvenivano. – La guardai negli occhi mentre lei osservava me come se infine fossi ciò che avevo sempre creduto: una brutta copia di qualcosa che a stento potevo immaginare.
– Comprendo le vostre ragioni e le accetto. Ma non è di quiete che parliamo o di tempeste, la guerra giungerà nelle vostre case che voi vi opporrete o meno. – Dissi grave e lei sospirò.
– Di certo lo farà. – Concluse e si voltò verso l'interno dell'isola. – Sarà felice il giorno in cui la paura abbandonerà la nostra casa. – Sussurrò ed io abbassai lo sguardo sconfortato ormai dal netto rifiuto. – Eppure, bel Drago, parlami con la tua voce, voglio udirla sebbene essa non possa essere simile a quella dei tuoi antichi padri. – La guardai stupito che me lo chiedesse e che le potesse interessare. Però, senza farmelo chiedere nuovamente, intonai un canto così come Jethro mi aveva insegnato.
Mentre la mia voce si alzava verso il Cielo rimbalzava sulla cupola di acqua e ricadeva con un suono luminoso e chiaro sopra le teste di quelle creature che ascoltavano silenziose. Pensavo al volto del mio maestro, lontano da me e diviso dalla sua famiglia tanto che il mio canto cominciò a divenire più triste. Poi immaginai il dolore della guerra, la fatica di riuscire a giungervi veramente preparati e pronti, la paura del fallimento, della sconfitta e della pena che sarebbe giunta qualora il Re Orrendo ci avrebbe presi vivi. L'amore cieco per il mio padrone squillò in alto e rimbalzò con forza, riecheggiò sebbene non gli dessi più voce. Poi la gioia della vittoria cantò il mio animo ed essa si aprì al cuore di quei Draghi come vera possibilità e reale futuro. Infine tacqui ed il silenzio molto ci mise a giungere.
Sollevai lo sguardo verso l'alto e la cupola si muoveva, oscillava pericolosamente e poi, brusca, cominciò a cadere goccia per goccia bagnandoci come pioggia. Il mio vento l'aveva fin troppo tormentata.
La donna mi osservava con occhi luminosi e sinceri, in lei nacque qualcosa di totalmente nuovo, totalmente diverso, qualcosa che stupì lo sguardo mio e del mio padrone. Tutta la tribù si era avvicinata e silenziosa mi osservava piena di meraviglia. – Se il Cielo avesse voce … – Sussurrò Janet. – Se il Cielo avesse ancora voce! Se il Cielo potesse parlare! Tale! Tale sarebbe la voce … – Esclamò mentre nel suo sguardo si apriva la pienezza di quel sentimento. – Re! Lungo Sguardo! Dolce è il suono che la tua voce produce e parla con le note del Cielo rimaste inascoltate per molti anni e molti secoli, rimaste inascoltate alle orecchie delle tue sorelle e dei tuoi fratelli di acqua. Felice è questo giorno poiché da noi sei tornato. E … – Il suo entusiasmo si affievolì, venne mangiato da un oscuro presentimento, venne inghiottito con forza e si fermò davanti a noi. Il suo volto divenne di pietra così come prima si era mosso euforico. – Ed è guerra che porti e guerra che ci chiedi. – Mi osservò con gravità ed io sostenni i suoi occhi sebbene quelli fossero profondi e spaventosi come gli abissi.
– Guerra porto e niente altro. La mia voce ha parlato, tale è il nostro destino per le ragioni che ti abbiamo spiegato. – Risposi e saldo osservai coloro che si erano riuniti dietro di lei. I loro visi mi riempirono di terrore ed arrivai a temere il loro sguardo così pieno di speranza. – Più felice sarei stato di portare pace, eppure è questo ciò che ci attende dopo il difficile momento della guerra, una pace desideriamo e con i nostri nemici più crudeli, i nostri nemici più profondi: i Domatori. Essi non sono tutti come il Re Orrendo, amano, vivono, muoiono e parlano esattamente come noi, così come noi lo facciamo con i nostri simili e tanto grande e tanto forte sarà la pace che avremo con loro una volta che la guerra finirà.
– Prometti molto. – Disse severa Janet. – E per quanto la mia mente voglia allontanarsi dalle tue parole, il mio cuore, ora che ha sentito la tua voce, non ne è più capace. – Si avvicinò e con voce chiara e stupenda cantò e l'acqua del mare si sollevò, si alzò, impetuosa e forte, dura e severa, impenetrabile. L'acqua ci coprì le teste, si innalzò sopra l'intera isola e si chiuse per sempre. – Ma chiaro è il mio dovere. Chiaro è il pericolo. Non ti seguiremo, bel Drago, siamo rimasti in pochi e non desideriamo diventare prede dei Domatori. – Concluse e non vi era altro da dire.
– Comprendo. – Mormorai. – Sono sicuro che la gioia della vittoria giungerà nelle vostre acque e che quando vinceremo ci rincontreremo come fratelli. – Mi inchinai profondamente davanti a loro.
– Ti chiedo, bel Drago, di lasciare la mia isola, non desidero che la tua voce possa stregare coloro che non sono troppo forti per resisterle. – Annuii e mi voltai verso Nowell.
– Dunque questa è la vostra scelta? – Chiese lui e Janet gli rispose di sì senza dilungarsi in altre spiegazioni. – Partiremo allora. – Disse infine il mio Domatore e si voltò verso di me pronto a darmi l'ordine.
– Aspetta, Drago che sussurra al vento! – Esclamò una voce giovane, la voce di Sybil. Mi voltai. Lei si avvicinò e mi porse una bianca conchiglia. – Essa parla con la voce del mare se tu la porti all'orecchio e ascolti con attenzione. Il nostro popolo è piccolo tanto quanto coloro che vivono sulle montagne, non essere in collera con noi, Drago dalla Voce del Cielo. – Mi pregò ed io sorrisi dolcemente.
– Non potrei essere in collera con nessuno di voi. Comprendo lo sforzo che chiedo, io stesso lo affronterò quando il tempo giungerà. Il silenzio fa paura anche a me come a chiunque tra i Draghi, ma il suono della pace che verrà è così dolce che non posso esitare oltre. – Le spiegai.
– E tale pace io avrò se voi vincerete. – Affermò lei che era ancora troppo giovane per combattere.
– E tale pace io sarò lieto di aver portato alle vostre case una volta che tu sarai grande. – Lei mi prese forte una mano e mi guardò con dolcezza.
– Diverrò tua sposa un giorno ed insieme vivremo nella pace. – Confessò con serietà ed io non seppi cosa risponderle. Sorrisi e mi divisi da lei. Allora Sybil tornò dalla madre che la osservava con una certa curiosità.
– Nivek, diventa Drago e porta il tuo padrone in Cielo. – Disse sicuro Nowell ed io presi le mie sembianze. La conchiglia cadde dalle mie mani e lui la raccolse riponendola con cura nel nostro zaino. Mi salì sulla schiena. – Addio a tutti voi.
– Addio, strano Domatore, Re di queste terre e Mezzo Drago. – Lo salutò Janet.
Il cuore è più saggio della mente, a volte. Io l'ho imparato bene. – Dissi e poi spiccammo il volo. Attraversammo il muro d'acqua e raggiungemmo il cielo più azzurro. Planammo con l'aria che ci asciugava la pelle bagnata e poi tornammo sulla spiaggia dove avevamo lasciato il resto dei bagagli, compresa la sella.
Me la mise addosso e senza volermi dire nulla riprendemmo il volo. Ci allontanammo dal luogo dove, per la prima volta, eravamo stati rifiutati.
 
Eravamo accampati lontano ma non troppo dalle regioni dell'acqua. In quel giorno i venti erano stati a nostro sfavore e con fatica avevamo percorso poca strada. Ero molto stanco. Fin da quando Janet ci rifiutò io e Nowell non avevamo parlato affatto. Era deluso e potevo vederlo nel suo viso senza ascoltarlo. Mi sentivo la causa di quella delusione e sapevo che in fondo era un po' colpa mia.
Il fuoco che avevamo acceso brillava lento e socievole scoppiettava tanto che credetti di poterlo ascoltare tutta la notte ricordando la voce di Jethro. – Ricordi cosa disse? – Intervenne poi la voce del Solitario nei miei pensieri.
– Janet? A cosa pensi? – Domandai.
– A quando ha detto che somigliavi ad un reale ma che infine vi eri molto lontano. – Annuii.
– Sì, l'ha detto, io, d'altronde, l'ho sempre pensato. – Gli spiegai.
– Eppure una volta sentita la tua voce i dubbi in lei sembravano scomparsi.
– Questo ti preoccupa? Che io possa infine non essere ciò che tutti credono oppure che io lo sia? A me preoccupa che loro non ci aiuteranno in nessun modo. – Conclusi.
– Preoccupa anche me, ma la tua natura, Nivek, essa può essere più importante di quanto pensiamo. Forse tu sei ciò che ella diceva di no, oppure …
– Non sono altro che un Drago dell'Aria, perfino io accetto questa verità. – Sospirai.
– A me andrebbe più che bene. – Disse sincero e mi posò una mano sulla spalla. – Ma nel mio cuore tu non sei tale … ed a volte il cuore è più saggio della mente. – Sorrisi pensando che usava le mie parole contro di me eppure lui non le aveva capite. – In ogni caso qualcosa hai guadagnato, no? – Lo guardai.
– E cosa?
– Una futura moglie giovane e bella! – Esclamò scoppiando a ridere eppure io non vedevo nulla di divertente nella convinzione di Sybil.
– Diciamo che il domani potrebbe portarmi anche questa sorpresa. – Risposi e poi, sospirando di nuovo, mi sdraiai a terra. – Speriamo che i Draghi delle Caverne, la tribù di Rastus, sia più pronta ad aiutarci.
– Sarà così, mio compagno … Sarà così …
 
Avevamo ripreso il volo. Il vento non tormentava più le mie ali e silenzioso era il Cielo. Non vi erano uccelli o fauna di altro tipo e le nuvole nere correvano come cavalli in corsa. Ero irrequieto come se il Cielo mi sussurrasse il pericolo che sarebbe giunto. Le ore del mattino trascorsero e volammo per molto spazio attraverso le nuvole. Ormai erano alcuni giorni che ci eravamo allontanati dal mare e dietro di noi avevamo lasciato molte pianure e molte foreste. Davanti cominciavano a dipingersi le montagne: la mia amata casa.
Nowell sonnecchiava silenzioso sulla mia schiena ed io non sentivo alcun peso sulle mie spalle. Volavo e mi sembrava di farlo da solo. Planai e l'aria solleticò il viso del mio padrone che si svegliò e mi accarezzò le squame con un sorriso felice. Lo punzecchiai con la coda e lui rise. – Guarda dove stiamo andando invece di tormentarmi! – Mi ammonì ed io feci come mi aveva detto.
Poi il sole cominciò a calare e lente le nuvole nere avevano avvolto tutta la volta del cielo. La lieve ansia che mi aveva percorso per tutto il giorno cominciò a divenire più forte e poi, all'orizzonte, si formò un'oscura figura, una nube cominciò ad addensarsi con più violenza ed allora decisi di raggirarla. Stavo voltandogli proprio attorno quando qualcosa ci cadde addosso.
Venni colpito forte e poi artigli profondi mi entrarono nelle ossa del petto e cominciai a vorticare in cielo, a cadere. – Nivek! Nivek! Ci attaccano!
Con un forte colpo d'aria mi liberai del Drago che avevo addosso e cercai di stabilizzarmi per non far cadere Nowell che già era precario. Un ruggito acuto mi perforò le orecchie ed un altro essere nero ed orrendo ci fu addosso. Non comprendevo la lingua che utilizzavano quei Draghi e le mie parole non sarebbero servite a salvarci. Urlai con forza ed un violento vento allontanò anche l'altro. Qualcuno di quelli rantolò e mi sembrò un'oscura risata e nel profondo del nero vidi due occhi bui e crudeli. Veloce un enorme Drago cominciò ad uscire dalla nube, ci volò attorno e poi ci piombò addosso. Mi afferrò ancora con le zampe e sentii i suoi artigli nella schiena.
Ruggii e li spazzai via. Eppure, poco prima che li vidi allontanarsi, un forte dolore mi colpì il cuore e caddi riuscendo a stento a ritornare in quota. Poi presi forza e mi allontanai da quel luogo. Volai senza meta e spaventato. Volai lontano da quell'orrendo incubo, lontano dalle nuvole nere ed il cielo brillò al mio passaggio. La luce penetrò e le nubi si allontanarono. Perdevo molto sangue, quasi mi sentivo morire piano, ma non potevo smettere di volare. Avevo la smania di sentirmi sicuro ancora una volta in un luogo dove lo ero sempre stato.
 
Volai per quattro giorni senza fermarmi mai e poi, quando la paura lasciò spazio alla stanchezza, mi lasciai cadere in un bosco ed atterrai in una radura. Il profumo acuto dei pini mi entrava nelle narici e ne venni ristorato. Il forte dolore al cuore non mi abbandonava e non riuscivo a sentire Nowell. Con la coda lo cercai sulla mia schiena e, quando l'ebbi trovato, lo riposi con cura a terra per guardarlo. Ed i miei occhi lo videro. Era ferito gravemente, un pezzo di metallo, come un lungo artiglio gli oltrepassava il petto e se solo non fosse stato un Mezzo Drago sarebbe morto immediatamente.
I suoi occhi si sollevarono su di me e mi guardò con gravità. – Nivek … umano … – Riuscì a sussurrare ed io ripresi le mie sembianze. Mi avvicinai veloce e lo sfiorai con le dita.
– Nowell! Nowell! Non puoi! Guardami, Nowell! Guardami! – Lui sollevò una mano e mi sfiorò il viso.
– Lo sa. Sa cosa ho tentato … – Mi prese una ciocca di capelli e gemette di dolore. – Vivi libero e lontano, mio amato Drago, lui ti cercherà, sei mio ed allora lui ti vuole, ti vuole … Poiché sei stato mio lui ti vuole … – Gli afferrai il braccio.
– No! Non dire così! Non morirai … Tu mi proteggerai da lui. – Sorrise.
– Finché ho potuto … sei stato mio, Nivek, e con te ho volato, ho vissuto come la mia parte di Drago mi chiedeva e non ti sarò mai grato abbastanza. – Vidi che non riusciva a dire altro e dalle sue labbra uscì un fiotto di sangue.
– No! Nowell! Nowell! – Gemetti e le mie mani toccarono il freddo ferro che gli percorreva il corpo.
– Nivek … – Mormorò e la sua mente vagò lontana mentre la vita abbandonava il suo corpo. In silenzio cominciai a piangere di dolore. Sentivo la ferita nel suo petto come se fosse nel mio e soffrivo mentre moriva, mentre si allontanava dalle mie mani.
E lo sentii andare via. – NOWELL! – Gridai e ruggii. Urlai con forza ed il dolore fu accecante, fu forte come mai nella mia vita provai. Urlai. E le mie urla si diffusero per tutto il Cielo si sollevarono fin in alto alle nuvole e morirono di solitudine.
Poi un oscuro proposito mi prese. Mi calmai. Divenni silenzioso e mi misi seduto. Con forza afferrai il ferro che lo trafiggeva e lo estrassi dal suo corpo. Lo guardai mentre un fiotto di sangue gli usciva dalla ferita e vidi il suo cuore che tremava. E allora puntai la lama verso me stesso. La affondai con forza nel petto e feci ciò che dovevo fare. Morire era qualcosa che avrei dovuto sopportare. 

Abbiamo superato abbondantemente la metà del racconto.
Cosa succederà a Nivek nella terza ed ultima parte? Cosa ha deciso di compiere Nivek? 
Sembra da pochissimo che ho cominciato a pubblicare il racconto ed invece stiamo incominciando ad addentrarci verso la fine! I nostri protagonisti sono cresciuti ed hanno compiuto decisioni per loro stessi e per il proprio popolo. Cosa ne sarà della ribellione? Cosa succederà nel futuro? Riusciranno a vincere?
Perché Nivek ha rivolto la lama contro di sé?
L'ultima parte che comincierò a pubblicare tra qualche giorno è intitolata "La Voce del Re". Spero davvero che fin'ora il racconto vi sia piaciuto e che vogliate addentrarvi con me nel seguito! Non vedo l'ora di scoprire cosa ne pensiate del resto!
Iwon Lyme

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Capitolo 19
*** La Voce del Re - Parte I ***


Siamo giunti alla terza parte de "Il Principe". Cosa è successo al nostro protagonista? Nivek riuscirà a portare a termine la missione che si era prefissato insieme a Nivek?
Benvenuti nella parte finale della storia che ci accompagnerà da qui in poi!

La Voce del Re - Parte I
 
La mia leggenda preferita, quando ero bambino, era la storia di Ian il Terribile e del Perfetto Uccisore. Ian era un Drago forte e crudele come nessuno dei suoi pari poteva sperare, tanto che anche un Perfetto Uccisore aveva paura di lui. E la lotta tra i due era continua ed eterna. Nulla avrebbe fermato il loro scontro se non la morte di uno dei due.
E poi qualcosa avvenne. Nel momento in cui il Perfetto Uccisore moriva Ian ebbe pietà di lui e lo guardò con occhi nuovi, occhi che per guardarlo non aveva mai usato. Si aprì il petto e donò al Perfetto Uccisore il proprio cuore. La forza del suo battito salvò l'avversario che da sempre aveva tentato di uccidere ed Ian comprese: perfino coloro che sono nostri nemici diverranno nostri amici se sapremo aiutarli nel momento del bisogno.
 
La luce entrava dalla finestra e tormentava il mio sonno. Raggomitolato sotto le coperte tentavo di dormire ancora, eppure il freddo aveva già cominciato ad insinuarsi tra le lenzuola. Sospirai ed aprii gli occhi. Il legno rincuorante del soffitto della mia casa mi diede il benvenuto. La trama delle travi pesanti e sicure mi fece sospirare di malinconia. Come un senso di lontananza, di distanza mi invase il cuore e la delusione di essere ancora sdraiato a letto mi fece sussultare. Il bosco attendeva il mio risveglio e come un muro si poneva saldo davanti a ciò che desideravo e che ancora non era scomparso dal mio animo. Avrei certamente dovuto alzarmi e preparare la colazione. Speravo che il nonno mi avesse lasciato qualche fetta di pane. Pensandoci però sarei volentieri rimasto sotto le coperte.
Mi voltai ed al mio fianco dormiva il viso chiaro di Nowell attraversato dalla sua benda scura. Come un caldo tepore i ricordi tornarono alla mia mente e mi sembrò così strano essere nel luogo in cui infine, veramente, ero. Casa mia sembrava così piccola con Nowell al mio fianco ed il mondo nel mio cuore. Ripensai ai momenti trascorsi tra quelle mura e sempre più compresi quanta strada avessero fatto le mie ali e quanta il mio animo che, sebbene fosse ancora indifeso davanti alla vastità del mondo, aveva conosciuto luoghi e persone rimaste ignote a molti, perfino a coloro che un tempo reputavo con molta più esperienza di me. Il viso dormiente del mio padrone mi tranquillizzò e mi fece realizzare che eravamo salvi. Dopo il grande terrore ogni cosa era tornata al suo posto e lui era ancora vivo, lo sentivo, saldo al mio fianco, possessore ancora della sua forza e della sua volontà. Guardai la porta a fatica e mi domandai se dall'altro lato ci fosse qualcuno ad attendermi, mi chiesi chi mai avesse potuto spingersi fino al riportarmi nella mia casa in compagnia del mio Domatore.
La curiosità insinuò in me la volontà di scoprirlo e così mi alzai. Forte mi prese la voglia di rimettermi subito a dormire, mi percorreva più feroce del solito. Tornare accanto al mio padrone mi sembrò la scelta più sensata eppure con coraggio mi misi in piedi. Camminai fino alla porta e la aprii. Il profumo di casa mi parve così sconosciuto da essermi quasi del tutto estraneo. Murray sarebbe stato fuori ad attendermi? Come ero finito lì? Ma il silenzio della neve fuori dalla finestra era ristoratore e niente mi avrebbe reso più felice.
Uscii lasciandomi alle spalle il mio Domatore, che, con più riluttanza del solito, abbandonavo, e mi trovai in cucina. Mio nonno era seduto al tavolo mentre beveva qualcosa di caldo. Era pallido in viso e turbato come non l'avevo mai visto. Il sospetto che infine gli fossi caro mi percorse la mente e sorrisi pensando ad un affetto che da lui non avevo mai ricevuto ed all'eventualità che nel mio lungo periodo di lontananza si fosse preoccupato per me. Mi feci avanti ed un dolore al petto mi rallentò più di quanto avrei voluto. I suoi occhi mi videro e si sollevarono sul mio viso, mi osservarono con meraviglia mentre io prendevo posto in una sedia accanto alla sua. Lui posò la tazza ed entrambi non sapevamo cosa dire.
– Come sono giunto qui? – Chiese poi la mia voce senza che la potessi controllare.
– Non lo so … Ti abbiamo trovato in una radura nel bosco, le tue urla ci hanno risvegliati dal sonno. E quando siamo giunti da te eri privo di coscienza e … – Smise. Lo guardai mentre parlava di me turbato.
– L'ho salvato? Lui sta bene? – Domandai volendo sapere molto di più sulla salute di Nowell.
– Meglio di quanto dovrebbe. – Rispose. Mi osservò in silenzio e poi sospirò. – Chi è quell'uomo? Il tuo padrone?
– Sì, egli è tale. – Risposi.
– E come ha potuto domarti quando eri troppo giovane affinché lo facesse? – Chiese e capii che lui sapeva come andavano le cose tra Domatori e Draghi.
– Egli è un Solitario, così ha potuto domarmi. – Lui sussultò e mi guardò con una certa curiosità. Di certo da lui non avrei ottenuto approvazione, qualsiasi cosa avessi in mente di fare.
– Ed hai imparato a volare, immagino. – Annuii. – Sei diverso da come eri da ragazzo.
– Mi sono alzato di qualche centimetro.
– Non mi riferivo all'altezza. – Continuò sollevandosi dalla sedia. – Sei un bel Drago, Nivek. – Un brivido mi percorse la schiena dopo che lui lo disse. Fu il primo complimento che mi fece. Il mio cuore sembrò spingersi verso di lui in un moto di gioia che mai era riuscito a far nascere in me. Lo guardai ed i miei occhi videro sentimenti che mai pensai di vedere. – Più bello di quanto dovresti essere. – Aggiunse smorzando il mio entusiasmo e facendo ritornare in basso il mio animo. – Ed hai imparato a parlare?
– Sì, un Drago, il mio maestro, lui me l'ha insegnato. – Dissi.
– Un Drago con poco senno se insegna ad un Domato doti che non dovrebbe avere.
– Egli è nobile e forte, un puro delle Regioni del Fuoco e sa cos'è l'amore, e mi ama. – Risposi. Non ammettevo che lui lo insultasse.
– Ama ciò che vede, ma non ciò che sei … Nessuno potrebbe amare quello. – Concluse e sentii dei passi farsi strada per il vialetto innevato. Qualcuno poi bussò alla porta.
Murray aprì ad Oswin carico di provviste. Io prontamente mi alzai e lo aiutai. Solo quando fui accanto al capo del villaggio compresi realmente quanto il Cielo mi avesse cambiato. Ero alto quanto lui e magro e bello. Mi guardò e ne rimase sorpreso. – Nivek … che il Cielo abbia pietà dei miei occhi, sei come una visione.
– Non esagerare, Oswin, e poggia quelle casse. – Lo rimbeccò mio nonno e sorridendo portai le scatole sul tavolo della cucina.
– Sei già in piedi? E lontano da lui! Il tuo cuore è forte davvero! – Si congratulò mentre Murray lo osservava come se dicesse tutte cose sgradite.
– Il mio cuore … – Ed in un attimo ricordai ciò che avevo fatto per salvare Nowell e che infine lui si era salvato davvero. Ne fui felice e sinceramente stupito. Sebbene poi il vuoto nel mio petto mi fece soffrire con forza.
– Quell'uomo è crudele quanto il suo aspetto? – Domandò allora il capo del villaggio.
– No, Nowell è buono e gentile. – Risposi tornando in me.
– Eppure doma i Draghi. – Intervenne acido Murray.
– No, io sono l'unico Drago al suo servizio. – Dissi e lo osservai mentre il suo sorrisino si trasformava in un ghigno.
– Elmer sarà felicissimo di vederti, Nivek, da quando te ne sei andato ti ha cercato senza pace. – Così ricordai il tradimento di Elmer e come il mio cuore giovane di ragazzo si sentiva in quel luogo, come i loro sguardi mi tormentavano e le loro voci mi erano sempre sembrate crudeli ed incattivite. Ricordai in un attimo l'infelicità che avevo provato e temetti di sentirne ancora poiché da molto tempo ne ero libero. Volli andarmene immediatamente, ma la razionalità ebbe il sopravvento sul sentimento.
– Ringrazio che non mi abbia trovato affatto. – Mormorai e forse loro fecero finta di non sentirmi.
Ci fu qualche istante di silenzio in cui nessuno di noi sapeva veramente cosa dire. Ci osservammo e negli occhi di quei Draghi, ormai miei pari, non vidi ciò che mi sarei aspettato, ciò che avevo desiderato per molto tempo, ciò che avevo sperato di ottenere compiuti i ventuno anni: non mi sentivano come parte del loro popolo e, che il Cielo mi ascolti, non provavano nulla di diverso da ciò che da sempre avevano sentito per me. Infine però mi accorsi che non pretendevo più nulla da loro e che ciò che avevo desiderato l'avevo ottenuto, ma da persone completamente diverse. Gli occhi di mio nonno non tormentavano la mia mente dal giorno in cui avevo incontrato Nowell e lui mi aveva amato incondizionatamente. Ero suo. Ero come lui. Sorrisi tra me e me pensando a cosa avevo lasciato ed a cosa avevo guadagnato.
Sollevando lo sguardo i miei occhi proseguirono oltre la figura di Murray e si rivolsero fuori dalla mia casa. Là, silenzioso come sempre, vi era Principe. Non mi curai di nient'altro quando lo vidi. Mi diressi veloce verso la porta ed uscii di casa. A piedi nudi percorsi la neve sottile e poco profonda e mi fermai in mezzo al nostro giardino per guardare il bellissimo albero. Bianco come sempre era stato nei miei ricordi. E pensai a mia madre pazza di dolore che urlava la notte. E pensai a quanto felice era il suo viso ogni qualvolta osservava quei bellissimi aghi e quella alta figura. Anche io, mamma, anche io, pensai. Ora ho un Principe anche io che mi ha preso e portato a solcare stelle e nuvole, a correre sopra l'arcobaleno. Anche io ho trovato un Principe mamma, come per te è disceso da quell'albero io l'ho trovato recandomi lontano. Chissà cosa mi avrebbe detto mia madre se mi avesse visto in compagnia di Nowell, ci pensai e non riuscii ancora a trovare una risposta. Eppure non potevo affatto pensare che lei avrebbe disapprovato qualche mia scelta e qualunque persona potesse amarmi davvero. E Nowell mi amava al pari di nessuno.
– Nivek. – Mi chiamò una voce ed abbassai lo sguardo sul vialetto per vedere il viso famigliare e così pulito di quello che un tempo era stato il mio migliore amico. – Non sembri più nemmeno tu … – La sua bellezza ai miei occhi sembrava affievolita. Il suo fisico slanciato e forte non erano al pari di quello che io stesso possedevo ed ancora una volta mi fu chiaro come il Cielo mi avesse cambiato. Profondamente ed inevitabilmente ero diventato tutta un'altra persona, una persona che non aveva più bisogno di Elmer per essere accettato. – Quando ho saputo che ti avevano preso il mio cuore si è stretto in una morsa e ti ho cercato a lungo, ora sei qui, sei più bello di quanto chiunque avrebbe potuto immaginare. – Disse avvicinandosi ed io lo guardai mentre i suoi piedi affondavano nella neve. – Hai freddo? Sei scalzo. – Mi fece notare.
– Sto bene. – Risposi ed i miei occhi tornarono a Principe che silenzioso ci osservava.
– Per quello che ho detto, io devo …
– Elmer! – Lo chiamò Oswin prima che potesse aggiungere altro. – Elmer! Hai visto? Nivek è diventato un Drago! – Lui si mise dritto ed osservò il padre.
– Sì, ho visto. – Rispose e Murray uscì subito dietro il capo del villaggio.
– Sai chi vi ha attaccati? – Domandò crudo mio nonno. Probabilmente si erano messi d'accordo al fine di farmi dire tutto ciò che sapevo. Ringraziavo in silenzio che Nowell avesse tenuto addosso la benda e che loro non gliela avessero tolta.
– Lo so. – Dissi non guardando nessuno di loro.
– E chi fu?
– Questi sono affari che riguardano il mio padrone e non posso parlarne con voi. – Risposi.
– Egli non te l'ha ordinato, vero? Tu non vuoi dircelo, o sbaglio? – Mi corresse mio nonno veloce.
– Pensa ciò che ritieni giusto. – Conclusi e mi voltai pronto per rientrare in casa ed andare a rivedere il viso del mio padrone, ma davanti alla soglia Murray mi sbarrò la strada.
– Non hai condotto da noi colui che ti ha attaccato, vero? L'hai allontanato da te? Perché se così non fosse sappi che non esiterò a darvi a lui, chiunque egli sia. – Mi minacciò.
– Egli non ci segue ed inoltre crede che il mio padrone sia morto, a lui non interessa la mia vita, solo quella del mio signore. – Lo affrontai.
– Sei diventato un cane, ti sei venduto al primo che ti ha chiesto. In fretta hai consegnato lui il tuo nome e da stupido ti sei fatto domare. Peggio ancora provi affetto per quell'uomo tanto da esserti cavato il cuore dal petto! Che vergogna per un qualunque Drago … ! Quale vergogna! – E la furia salì nel mio petto come un mare forte e scatenato da venti di tempesta.
– Non pretendo … ! – Urlai. – Non pretendo che un uomo come te capisca! No di certo! Chiedo troppo al tuo cuore di pietra ed ai tuoi occhi di ghiaccio! – Fermo mi parai difronte a lui. – E ora fammi passare. – Gli ordinai e vidi Murray rimpicciolire e poi, con mia meraviglia, farsi da parte, senza dire altro.
Entrai in casa ed andai verso la mia stanza. Mi ritrovai così di nuovo insieme a Nowell e la mia rabbia si affievolì veloce. Un forte senso di occlusione mi aveva percorso il corpo, ma non appena il viso del mio padrone mi fu sotto gli occhi placai qualsiasi orrendo sentimento. Mi sedetti accanto a lui e lo osservai pensando a quando si sarebbe svegliato. Dormiva profondamente ed aveva perso molto sangue. Mi auguravo di avergli salvato la vita e che lui sarebbe stato così come lo ricordavo. Con la testa poggiata sulle mani cercai di addormentarmi di nuovo accanto al Solitario, stanco forse per le nuove emozioni che sembravano improvvisamente così distanti.
Lentamente però il suo occhio si aprì mentre io pensavo a lui e si guardò attorno un po' perplesso. Sembrò chiedersi dove fosse e se infine quel semplice letto fosse l'aldilà. Poi si voltò verso di me d'istinto ed io lo osservai senza dirgli nulla sebbene un sorriso cominciò a spuntarmi sulle labbra. Mi guardava e restava in silenzio. Si portò poi una mano al petto e richiuse gli occhi. – Nowell … – Mormorai allora. – Nowell, sei cosciente? – Domandai.
– Lo sono e mi stupisco di ciò. – Rispose con voce chiara e ferma. – Una profonda ferita lacera il mio petto eppure non sono morto, ma entrambi siamo vivi in questa casa. Chi è il nostro benefattore? Chi ci ha salvati? – Pensai che forse fosse meglio non parlargli pienamente di ciò che era avvenuto, e che anzi sarebbe stato meglio dirgli ogni cosa con calma.
– Siamo nella mia casa. Quando ci hanno feriti allontanandomi le mie ali mi hanno condotto qui. Ci hanno trovati quelli del mio villaggio ed ora siamo nella casa di mio nonno. – Dissi.
– Egli dunque ti ha accolto? Con me al seguito?
– Non so come sia andata, anche io ho ripreso conoscenza solo poco tempo fa. – Spiegai e lui annuì.
Era pronto a chiedermi altro, ma bussarono alla porta interrompendo qualsiasi possibilità per me di continuare e poi, con calma, Elmer entrò nella stanza. – Nivek … – Cominciò mentre io l'osservavo, ma poi si fermò una volta che ebbe visto Nowell sveglio. – Parlavate … – E sembrò volersene andare velocemente. Il Solitario allora si sollevò e, seduto con la schiena poggiata al cuscino, guardo il figlio di Oswin silenzioso, come se lo stesse squadrando.
– Non preoccuparti. – Disse poi. – Dì pure ciò che devi senza timore per le tue parole, anche se esse saranno crudeli e rivolte a me. – Lo esortò guardando oltre la finestra verso il nero del bosco come se infine avesse visto tutto ciò che aveva bisogno di vedere.
– Nivek … – Continuò allora Elmer. – … per quanto riguarda ciò che dissi il giorno in cui andasti via da qui, voglio essere chiaro che non ebbe nulla a che vedere con l'affetto che provo per te. – Prese un profondo respiro. – Non desideravo ferirti in alcun modo, nemmeno impedirti di vivere come uno di noi, ma piuttosto avevo paura di cosa sarebbe successo una volta che tu … che tu saresti diventato ciò che ora sei. – Si fermò e mi osservò in cerca di una mia risposta.
Ed essa non tardò. – Che il tuo affetto per me non facesse parte di quelle parole lo capii nel momento stesso in cui le ebbi sentite. Eppure pensai che non tu Elmer, tutti ma non tu saresti stato causa di quell'esclusione. Sapevi quanto desiderassi ciò che infine con le tue parole mi hai precluso per sempre. – Lo guardai mentre il suo capo si abbassava e la sua mano si stringeva sulla maniglia della porta. – Tuttavia non potrei essertene più grato, ora sono ciò che sono e vivo come desidero al fianco di persone che quando parlano mettono il loro affetto per me nella voce e nelle intenzioni. Se non fosse stato per te e per le tue parole così poco amorevoli mai le avrei incontrate. – Conclusi e seppi di non scagionarlo dalla sua colpa che, sebbene possa sembrare fossi duro con lui, era forte e pesante nel mio animo.
– Comprendo ciò che dici e piango per l'affetto che dal tuo cuore ho cavato con questa mia voce. – Lo guardai e lui non distolse gli occhi da me.
– L'affetto che provo per te, Elmer, non ha nulla a che fare con le parole che ho ora pronunciate. – Risposi.
– Dunque nel tuo cuore vi è ancora amore per me?
– Vi è. – Intervenne allora prontamente Nowell ed io mi voltai verso di lui. Lo osservai. – Vi è, non è così? – Domandò mentre i suoi occhi si allargavano e guardavano ancora il vetro opaco. Fu in un secondo che si rivolse a me e mi osservò con crudeltà severa. – Lo sento forte nel mio petto, Nivek, vi è amore per quest'uomo, eppure mai ho sentito così chiaramente. – Portò una mano vicino alla ferita e si fece cupo, oscuro, nero. E poi comprese. – Chi ha salvato la mia vita? – Chiese sapendo la risposta.
Non era d'alcuna utilità mentire. – Fui io. – Risposi e sentii forte la rabbia che cresceva nel suo animo.
– E come? – Domandò e quasi urlò.
– Senti con chiarezza come. E non vi era altro modo … – Feroci i suoi occhi si puntarono su di me. In un attimo fu in piedi e pronto a colpirmi con forza. Sapevo ancora prima di vederlo che non sarebbe arrivato fino in fondo.
– Esci di qui. – Disse senza smettere di serrare i denti. – Sei stato un pazzo! Un folle! Ed ora né io né te possiamo sperare! Mai più sarà libero il nostro animo ed io non desideravo vivere così! Non desideravo vivere portandomi nel petto il cuore di un Drago! – E senza rispondere mi alzai dalla sedia e uscii dalla stanza chiudendo la porta alle mie spalle. Elmer mi guardava stupito e silenzioso. Dentro la camera sentivo i ringhi di rabbia del mio padrone e la sua voce era così simile a quella di un Drago che a stento riconoscevo il suo tono di Domatore.
– L'hai salvato … come può non comprenderlo? – Mormorò Elmer mentre le urla sovrastavano la sua voce.
– Non l'ho salvato. L'ho maledetto. – Dissi fermo e chiaro nei miei occhi apparve il volto di Yorick che pensava alla sua amata, la attendeva nelle ore della notte e sentiva il cuore di lei, muto e senza forze, che gli ghiacciava il petto. Pensai a Nowell con un simile destino e compresi che ciò che gli avevo donato era una vita molto diversa da quella che chiunque avrebbe desiderato. Non avevo chiesto il suo parere ed io stesso avevo usato violenza, così come solo i Domatori crudeli facevano con i Draghi.
 
Sorseggiavo dell'acqua calda mentre attendevo che a Nowell passasse l'ira. E siccome non dava segni di ritrovare la calma, decisi di andare a visitare la tomba di mia madre che era solo a qualche passo dalla casa. Uscii avvolgendomi in una pelliccia che trovai lasciata nella stanza e percorsi il vialetto rabbuiato dalla notte. Girai attorno alla casetta e proseguii lì dietro solo per qualche metro per trovarvi la fredda lapide libera dalla neve. Mio nonno doveva averla pulita di recente, forse quel giorno stesso.
Guardai la roccia frastagliata e buia che pesava sulla terra candida. Pensai al giorno in cui mia madre vi fu sepolta ed alla voce di Murray che veloce mi riportò a quella di Jethro. Mi domandai cosa avrebbe detto lui sulle mie sconsiderate azioni. Ora ero un suo pari, un Drago debole che aveva donato il proprio cuore ad un Domatore lasciandolo libero di governarlo fino alla morte. Mai più libertà e mai più solitudine per il resto della vita. Era così difficile provare sentimenti nel mondo bizzarro in cui vivevo.
Mia madre mi riempiva il viso di gioia e calore tanto che non potevo che pensare a lei nei momenti di profonda pena. Avevo lasciato la mia casa e quel prato dove giaceva la sua lapide e che un tempo fu giardino di giochi e di risate che io e lei ci scambiavamo in segreto. I tempi paurosi, quelli dove lei era lontana con la sua mente, facilmente venivano dimenticati e non potevo che immaginarla di nuovo al mio fianco, libera com'era sempre stata da qualsivoglia pregiudizio o cattiveria. Mi avrebbe amato. Mi avrebbe toccato il petto ed avrebbe sentito il profondo silenzio che vi dimorava per infine meravigliarsi anche di quello.
– Nivek! – Brillante la voce saggia di Nowell mi fece voltare ed era uscito dalla casa correndo per venire da me. – Mi … Mi domandavo dove fossi. – Mormorò ed io compresi quel senso di spaesamento che lui provava. Forse era impossibile al mio cuore restare lontano per troppo a lungo dal corpo a cui era appartenuto fino a quel momento e stare vicini era una soluzione quasi accettabile. Si fermò accanto a me ed io feci in modo che la pelliccia ci coprisse entrambi.
Lui non mi lasciò il tempo, mi strinse e nascose il viso nella mia spalla. Gli posai una mano sul capo e lo sentii tremare tra le mie braccia. – Ti ringrazio, mio adorato Drago … – Sussurrò. – Mi hai salvato la vita e mi hai donato una vita insieme. Avresti potuto essere libero ed invece non l'hai scelto. Profondo è il tuo amore per me e speravo … speravo di non arrivare mai a tanto. – Il pelo ci avvolse ed il caldo si diffuse. Il mio cuore batteva piano nel suo petto ed all'unisono, come strumenti accordati perfettamente, batteva il suo. Fu chiaro infine che quello era da sempre stato il mio destino. Quello era il petto in cui il mio cuore doveva risiedere in pace, fino a quando non si fosse per sempre spento.
– Ho maledetto entrambi noi. – Dissi. – Non vivremo mai divisi e mai infelici, ma tu, se in questa guerra dovesse succedermi qualcosa, sarai solo per sempre. – Mi guardò negli occhi e vidi che pensava la stessa cosa.
– Che il Cielo ti protegga da qualsiasi morte, senza di te morirei di dolore e di pena. – Sorrisi.
– Mi consola sapere che senza di te non vivrei. – Rise e poi si divise da me per osservare il prato in cui era giunto guidato dalla voglia di vedermi.
– Cos'è questa pietra?
– La tomba di mia madre. – Risposi.
– Ella era bella?
– Più bella di quanto sarò mai. – Mi voltai alle nostre spalle e vidi il viso di Murray che ci osservava. – Era molto buona con me. – Continuai avvicinandomi a Nowell. – Mio nonno è dietro di noi, ci osserva, non ho detto lui nulla ed è forse meglio che niente sappia, né di te né di chi ci ha attaccati. Non desidero che si impicci delle cose che mi riguardano. – Sussurrai veloce al Solitario e lui comprese. Subito dopo sentii Murray che procedeva verso di noi.
– Dunque siete entrambi svegli. – Constatò con pochissimo sollievo.
– Sì, desideravo ringraziarla immensamente per l'ospitalità che ci ha mostrato in questi giorni, è stato gentile con entrambi noi ed avrà la mia gratitudine. – Disse Nowell troncando sul nascere qualsiasi cosa crudele avesse potuto dirgli mio nonno tanto che quello si trovò spiazzato da tanta gentilezza.
– Vedo che almeno è un uomo degno di questo nome. – Aggiunse poi quando sembrò venirgli in mente qualche efficace affondo. – Sarò chiaro e non dirò che potete restare qui a lungo quando non ne ho alcun desiderio, così esorto entrambi a lasciare la mia casa prima che troppi soli sorgano. Inoltre non desidero che voi disturbiate il riposo di mia figlia.
– Si dà il caso che ella è anche mia madre. – Lo rimbeccai.
– Di questo stai pur certo non me ne dimentico. – Incalzò lui. – Dunque tornate in casa, entrambi voi, oppure andatevene già se vi sentite in forze.
– Mi dispiace doverle arrecare ancora fastidi, ma non ho abbastanza forze per volare o camminare, dunque la prego di lasciarci qui ancora qualche tempo e saprò ricordare la sua ospitalità. – Disse il Solitario.
– Ma ora andatevene da qui. – Concluse secco e non mi opposi oltre, tornammo sul davanti della casa ed Oswin con Elmer ci videro insieme. Dovevano essere tornati dal volo che compivano durante il giorno.
– Entrambi in piedi! – Esultò il capo del villaggio. – Che cuori forti avete! – Ed insieme rientrammo nella casa dove ero cresciuto.
– È simile, sai? – Disse Nowell.
– Cosa?
– La casa in cui sono cresciuto con mia madre è simile a questa tanto che quando mi sono svegliato mi è sembrato di esserci di nuovo dentro addormentato. Solo il gelo e la neve mi hanno fatto capire che sbagliavo. – Raccontò mentre gli altri due Draghi preparavano la cena e Murray non era ancora rientrato.
– E sua madre era una brava donna? – Domandò Oswin.
– Lo era di certo. – Sorrise il Solitario mentre ci pensava.
– Siete davvero un Domatore? Non siete né spaventoso né crudele … – Chiese ancora il Drago.
– Non tutti i Domatori sono spaventosi o crudeli, fortunatamente aggiungerei. – Mi sporsi verso Nowell e lo guardai in viso. Mi sembrò ancora molto pallido, forse troppo per essere in piedi tanto in fretta, eppure nel suo petto aveva più di un cuore di Drago, si sarebbe rimesso prima di quanto immaginassi.
Elmer ci servì da mangiare ed il Solitario lo ringraziò. – Sebbene non sembriate spaventoso ora che parlate, crudeltà avete mostrato al Drago che vi ha salvato la vita. – Lo incalzò il mio vecchio “amico”.
– Non crudeltà, forse dispiacere. Egli ha fatto più di quel che doveva per me. – Rispose mentre assaggiava la carne che infine potevamo gustare.
– Avete un bizzarro modo di dispiacervi. – Continuò ancora Elmer sedendosi a sua volta per cenare.
Oswin guardò fuori dalla porta e sembrò pensare dove fosse finito mio nonno. Non desiderava che facesse tardi alla cena, ma Murray non era mai in ritardo ed in meno di qualche minuto si unì a noi e cenammo fino a che non fummo costretti ad accendere numerose candele per vedere i nostri visi. Elmer ed Oswin poi abbandonarono la casa lasciandoci con un sorriso tiepido ed un po' più rincuorati sulla natura dello stretto legame che mi legava a Nowell. Restammo soli con mio nonno ed avrei volentieri fatto ritorno nella mia stanza se il Solitario non avesse avuto qualcosa di cui discutere con lui.
– Ho delle domande, se posso. – Cominciò mentre Murray era già pronto ad abbandonare il tavolo.
– Quali domande può avere un Domatore? Quali a cui la risposta di un Drago possa valere a sufficienza?
– Molte, sicuramente, ma ciò che voglio domandare riguarda suo nipote e non è di un Drago che mi serve la risposta, ma di un parente. – Disse e si accinse a domandare. – Molti simili l'hanno visto ed hanno udito chiara la voce che egli produce, e tutti, nessuno escluso, hanno proclamato che mai nella loro intera vita hanno conosciuto un tale Drago delle Montagne e che egli, per via dei suoi occhi verdi, ricorda coloro che comandavano prima di scomparire. Cosa vi è di vero in tali affermazioni?
– Egli non è simile a tali uomini. – Rispose secco mio nonno non lasciando spiragli per fraintendimenti.
– Ma lei non discende forse direttamente dalla famiglia reale? – Domandò il Domatore senza più girarci attorno. – E Nivek non è forse suo nipote? Non è forse lui che ha ereditato il suo sangue?
– Ciò che io sono è completamente diverso da ciò che lui è. Posso io forse portare il sangue di antenati illustri ma, che il Cielo mi fulmini, lui non ha ereditato una singola goccia di quello da me. – Rispose mio nonno sempre più iracondo.
– Dunque lei è discendente della stirpe dei puri dell'aria, in linea diretta. Lei è un reale? – Murray si trovò alle strette e sollevando il viso non sembrò più esserci alcuna motivazione per non dire.
– Tale è la mia discendenza. – Affermò ed io ne fui esterrefatto. – Io ero capo di questo villaggio così come lo sono di tutte le tribù che governano l'aria, così come il mio trisnonno fu l'ultimo Re dei Draghi. Ora ho passato il comando ad Oswin, pronipote del fratello del mio bisnonno, poiché io non ho alcuna discendenza.
– Eppure Nivek è figlio di sua figlia, o solo attraverso gli uomini passa il suo sangue?
– Se mia figlia fosse viva lei prenderebbe il mio posto, ma ella è morta. Oswin e lei dovevano divenire marito e moglie e signori delle tribù, ma funesto è stato il destino di mia figlia. – Gli rispose.
– Dunque perché Nivek non ha ereditato tale sangue? Forse perché egli non è figlio di Oswin? O perché è nato diverso, con gli occhi verdi? – Mio nonno lo guardava con durezza e mi stupii di come Nowell riuscisse a sostenere tale sguardo.
– Per nessuna di queste ragioni, Domatore, e cosa dovrebbe mai interessarti? Non risponderò ad altro, anzi, ti intimo di non domandare oltre e di allontanare la tua mente da questo percorso. Non amo chi mi fa nominare il nome di mia figlia senza motivo e sicuramente questo non porterà ad una nostra pacifica convivenza. – Detto ciò si alzò dal tavolo e prima che chiunque potesse chiedergli qualcos'altro si ritirò nella sua stanza.
Io e Nowell ci guardammo e con uno strano senso di incompiutezza decidemmo di andare a dormire. 

Ebbene sì, Nowell è vivo (anche se credo che pochi ci avranno creduto alla sua "morte"). Nivek è tornato nel proprio villaggio guidato dalle proprie ali, ma troverà sentimenti eguali ad attenderlo? Sarà ancora il ragazzino emarginato e solo che era prima di diventare Drago, prima di salire in cielo, di toccare le stelle e correre sull'arcobaleno? Verrà ancora trattato da inferiore quando la sua voce ha parlato come quella di un Re?
Spero vogliate scoprirlo insieme a me! 
Grazie mille per seguire la storia
Iwon Lyme

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Capitolo 20
*** La Voce del Re - Parte II ***


Ecco pubblicato il secondo capitolo dell'ultima parte!
Cosa succederà ai nostri protagonisti? Riusciranno a scoprire la verità che si cela tra le montagne?

 
La Voce del Re - Parte II

Il Solitario aveva scalfito la superficie che avvolgeva la verità e non sapeva cosa ne sarebbe uscito fuori. Nessuno di noi poteva davvero immaginare cosa avremmo scoperto e quanti fatti Murray nascondeva ai nostri occhi. In ogni caso non mancava molto tempo a quando l'avremmo imparato a nostre spese, a quando avremmo pensato di essere giunti ad una vera e propria svolta.
Mi alzai ed era mattino ed il sole brillava alto nel cielo. Nowell si sentiva piuttosto stanco e con fatica riuscii a portarlo fino alla sedia del tavolo così da potergli servire dell'acqua calda. Gliela preparai e la porsi lui sperando si riprendesse in fretta da quel momentaneo calo di forze. Mio nonno si era allontanato da casa per sfuggire alle nostre domande e, sinceramente, poco mi importava. La neve brillava alla luce del sole mentre le ombre entravano molleggiando dalla finestra.
Bussarono alla porta, risvegliandomi dai miei sogni mattutini, ed aprendo mi trovai davanti Elmer. – Nivek, posso parlare con te? – Chiese ed io mi rivolsi al Solitario. – Domatore, posso prendere con me il tuo Drago? – Domandò lui allora. Nowell scosse una mano in aria facendo segno che potevo andare se lo desideravo ed io, sebbene dubbioso che fosse la scelta più giusta, lo seguii in giardino e ci sedemmo, così come facevamo da bambini, all'ombra di Principe.
– Desideri parlarmi? – Lui annuì.
– Desideravo chiederti cosa ti fosse successo in questo lungo periodo in cui non ci siamo visti. – Lo guardai e sorrisi pensando che infine il mio padrone aveva ragione, nel mio cuore l'affetto per quell'unico amico non era mutato eppure era completamente diverso: non desideravo più la compagnia di Elmer per la sua popolarità o la sua gentilezza, ma semplicemente perché vedevo in lui una persona che poteva davvero comprendermi e, forse, volermi bene.
– Molte cose sono successe e la maggior parte le puoi intuire da solo. – Risposi più per tenerlo sulle spine.
– Hai imparato a volare e a parlare. Hai volato con il tuo padrone. Sei stato domato. Ma cosa ti è successo di davvero importante? Chi hai conosciuto e chi hai incontrato? – La sua curiosità era quella di un bambino che poco aveva visto il mondo e ciò che circondava l'alta montagna su cui era cresciuto.
– Ho conosciuto i Draghi di Fuoco: stupendi sono e bellissimi, hanno due paia di grandi ali e la loro voce sembra fiamma, scintilla e calore vivo, puro, senza filtro alcuno. Il mio maestro è un Drago di quelle terre ed è saggio, luminoso e dolce, senza di lui non avrei mai compiuto il volo. Un Drago dalle molte lingue, invece, fu colui che mi portò in Cielo e con il quale volai per la prima volta.
– Dalle molte lingue? E perché non fu il tuo maestro?
– Il mio maestro non può più volare ormai da molti anni, ma tale storia non posso rivelartela poiché non è mia. Dalle molte lingue, invece, significa che il Drago che mi condusse in Cielo sapeva parlare tutte le lingue dei Draghi ed usare ogni potere a proprio piacimento, sebbene nessuno al pieno delle sue potenzialità. – Spiegai e mi sentii un Drago di mondo. – Poi incontrai i Draghi di Acqua: la loro Regina è una donna bellissima, parla con voce divina, ed ho perfino ricevuto una proposta di matrimonio dalla figlia, sebbene la sua giovane età non mi consenta di prendere veramente in considerazione la cosa. – Rise. – E poi conobbi un Drago di Terra, molto forte ed allo stesso tempo buono, viene dalle caverne e la sua voce sembra un profondo antro caldo ed accogliente.
– Quanti Draghi hai incontrato! Ma di Domatori? Di quelli ne hai visti?
– Molti anche di quelli, la maggior parte dei Draghi più cari a me hanno a loro volta un Domatore. Il mio maestro è Consacrato ad una donna, una Domatrice e loro sono inseparabili, il loro amore è puro e sincero e da loro ho imparato che perfino quando non sembra possa nascere nulla se non da obbligo un sentimento profondo come il mare può sorgere e perdurare. Poi un altro Domatore, molto amico del mio padrone, doma ed aiuta i Draghi che sono stati tormentati da coloro che ci trattano come animali, Draghi ciechi, sordi, senza zampe o ali. Eppure, sebbene questo sembri già lodevole, egli ha al suo servizio anche Draghi perfettamente in salute ed uno di loro è colui che parla molte lingue. Anche il loro amore è sincero e profondo eppure non possono essere uno dell'altro poiché se mai si consacrassero il Domatore perderebbe tutti gli altri Draghi rimettendoli in pericolo.
– Ma tra tutti un Domatore mi è più caro di altri. Egli ebbe al suo fianco un Drago che amava follemente e lo strinse a sé e si consacrarono l'un l'altro per il resto della vita, tuttavia poi ella morì ed egli restò solo, odiato dai suoi simili, chiamato Mezzo Morto poiché nel suo petto pesava un cuore muto ed uno che ancora, sciaguratamente, batteva. Egli mi catturò dentro questo bosco e mi condusse da una sua cara amica, la Domatrice del mio maestro, e lì conobbi il mio padrone. Se non fosse stato per lui sarei morto.
– Questi Domatori, così come tu li racconti, sono assai simili a noi e così poco mi sembra di vedere delle favole che ci raccontano su di loro. Infine ci sbagliamo e tutti sono tanto buoni e pieni di gentilezza?
– Non ci sbagliamo, Elmer, non sempre almeno. Ci sono Domatori crudeli e li ho visti mentre ci vendevano e compravano per il loro tornaconto. Molti dei nostri sono morti per mano loro. Tanta crudeltà avviene per colpa di uno solo: il Re che i Draghi chiamano Orrendo.
– Tale Re comanda sulle terre dei Domatori? – Domandò.
– Sì, ma non sui cuori di tutti loro. Non su quello del mio padrone ad esempio. – Risposi e sospirai. – Duro è il cappio che stringe il nostro collo, e silenziosa sarà la nostra morte se quello ci troverà.
– Cosa dici, perché mai dovrebbe interessarsi a voi?
– L'abbiamo sfidato. Non apertamente, non ancora, ma abbiamo complottato contro di lui … lo abbiamo svegliato dalla sua tranquillità, se mai essa può dirsi tale.
– Ma cosa potete voi contro un Re? – Chiese.
– Il mio padrone è il figlio del Re Orrendo ed egli può spodestarlo. – Rivelai e chiaro un ramo si ruppe dietro di me. Mi voltai e nell'ombra vidi il volto di Murray. Tremai quando guardai i suoi occhi perché mai furono tanto orribili e mai tanto assetati di sangue. Compresi che Nowell era in pericolo.
Veloce mio nonno si scaraventò sulla soglia di casa e strappò la porta dal luogo in cui si trovava. Mi alzai ma il dolore al petto mi impediva di essere lesto quanto lui. Sentii forte il ruggito di Murray e la rabbia che stava per volgere verso il mio padrone. Mi precipitai in casa. E mi avventai sull'uomo che teneva per il collo Nowell ed ormai lo soffocava. Io non bastavo però per tenerlo fermo ed Elmer mi aiutò e così, e solo in quel modo, riuscii a separarli. Tirai Murray a terra e lo bloccai con una gamba mentre lui si contorceva, ringhiava e malediceva il nome di Nowell. Il Solitario si sollevò scosso e guardò la scena con altrettanta meraviglia. Mostruoso era il viso arrabbiato dell'uomo che a sento in due tenevamo fermo.
– Smettila! – Gli urlai. – Egli è buono, non è come suo padre!
– La progenie di quel mostro! Deve morire per mia mano! Deve morire! Morire! – Ringhiava lui contro di noi.
Poi Oswin entrò dalla porta e solo lui, lui soltanto fu in grado di farlo calmare. Murray allora si mise seduto e Nowell restò a distanza poiché, ne ero sicuro, se l'avesse visto abbastanza vicino, ancora avrebbe tentato.
– Cosa ti scuote l'animo in quel modo, Murray? – Domandò Oswin e mio nonno lo guardò con odio.
– Quel Domatore! Lui è figlio del Re Orrendo! – Sentenziò come se fosse una condanna a morte. Ed il capo del villaggio si fece buio e muto tutto d'un tratto. Violenta non fu la sua reazione, ma non meno crudele.
– Andatevene via di qui, entrambi voi. Lasciate questa casa e non tornate più qui. – Ci ordinò e la sua voce era incrinata dal dolore. Allora capii che dovevo sapere cosa celavano entrambi.
– Perché? Cosa vi spinge a questo comportamento? Egli è gentile d'animo e non vi ha arrecato alcun danno! Suo padre non c'entra nulla con lui! – Murray allora sollevò il viso su di me e fu pronto a sputare la verità.
– Nessuno dei figli che quell'uomo può aver avuto potrebbe mai essere buono o gentile! Egli è un cane! Egli … – Si fermò. Ancora taceva ed io non ressi ad altro silenzio.
Fermo mi puntai avanti a lui e lo interrogai iracondo. – Cosa?! Cosa?! Dillo! Dillo Murray!
– Egli ha condotto qui mia figlia dopo anni che era lontana da me! L'ha condotta qui ed in grembo portava … portava un abominio … – E si fece piccolo mentre la sua voce moriva. – Quanto male le aveva fatto … quanto male … e lei non era più la stessa. Piangeva la notte ed invocava il nome di quell'uomo! Lo chiamava! Disperata e lo desiderava! L'ha lasciata qui … e con il suo nero Drago se ne è andato … – Così rivelò infine. E mio nonno pianse per la figlia che aveva perduto come mai aveva fatto nei lunghi anni in cui l'avevo visto mentre l'accudiva. Il peso di quelle parole premette sul mio cuore annientandolo.
Ed io guardai Nowell e lui silenzioso pensava. – Io sono figlio del Re Orrendo? – Chiesi e mio nonno gemette di dolore dandomi un'oscura conferma. Mi sedetti ed il mio spirito si fece orrendamente nero. Mia madre pazza per colpa di quell'uomo. Anche io ero un figlio dell'odio! Oh, no! Non potevo! Cielo abbandonami dal dolore! Privami del fiato! Uccidimi! Mia madre mi amava eppure con la forza ero nato da lei. Con la forza anche io ero nato.
– Ma Nivek è un Drago. – Disse allora Nowell e tutti lo osservarono.
– Per metà. – Lo corresse Oswin con la tristezza nella gola. E chiaro mi fu perché Elmer non mi desiderasse come compagno di volo.
– Non è questo che intendo. – Continuò il Solitario. – Egli è prevalentemente un Drago. – Ed allora anche in me si aprì tale verità. Silenzioso Nowell si tolse la benda mostrando ad ognuno di loro il suo occhio che lo univa a tutti noi. – Io sono un Mezzo Drago, a mia volta, e mio padre prese mia madre con la forza e la costrinse ad avermi. Sono nato Mezzo Drago, Solitario e Principe. Ma soprattutto sono nato dall'odio e per questo porto le sembianze di colui che di più mi ha desiderato: mio padre, un Domatore. Ma non Nivek, egli è un Drago e ciò significa che egli è sì un Mezzo Drago, ma nato dall'amore.
– Intendi forse dire che mia figlia amava quel mostro?! – Ringhiò feroce Murray.
– Nemmeno questo intendo.
– Allora cosa? – Gli domandò Oswin.
– Intendo dire che forse egli non è figlio del Re Orrendo, ma che lui stesso lo credeva. Coloro che nascono dai Draghi e dai Domatori assumono le sembianze di chi più li desidera, è chiaro dunque che un figlio nato dall'odio sia un Domatore ed uno nato dall'amore un Drago. Quando la madre di Nivek restò incinta, mio padre certamente sapeva che aspetto avesse un figlio nato dall'odio, dalla forza, infatti già io ero nato da anni. Così, verosimilmente, pensò di lasciare la donna, che credeva incinta di un Domatore, qui, perché lui potesse domare tutti voi. Eppure così non fu poiché Nivek nacque Drago e dunque non figlio del Re Orrendo, dal quale nessuno vorrebbe avere un bambino se non sotto suoi ordini. Dunque mi domando da chi vostra figlia poteva voler avere un figlio? – Murray si trovò senza parole ed osservò a lungo il Mezzo Drago chiedendosi chi mai fosse quell'uomo che sua figlia aveva amato.
– Posso azzardare un'ipotesi. – Continuò allora Nowell che sembrava aver compreso sempre più cose mentre parlava. – Quando Nivek nacque, poco prima, ci fu una Ribellione. Il fratello del Re Orrendo tentò di prendere il possesso del trono al fine di concludere la tirannia che spingeva molti alla tristezza. Ma egli venne scoperto e lui ed il suo Drago puniti. Non è forse possibile che ella infine fosse quel Drago e che Nivek sia figlio di quel Principe? – Sospirò. – Forse fantastico, ma vostra figlia possedeva ancora il proprio cuore? – Domandò allora.
– Ella non l'aveva. – Mormorò Murray.
– Dunque non è impazzita per il dolore, quanto più per la lontananza dal proprio cuore. Ella infine poteva davvero amare un uomo nobile quanto quel Principe, non crede? Amarlo tanto da donarle il cuore.
– E la mamma lo diceva sempre. – Sussurrai. – Un Principe era sceso dal nostro pino per portarla nel Cielo. – Mio nonno pianse e lo vidi disperato e solo immerso tra le parole sincere che gli rivolgeva Nowell. Egli sapeva più di chiunque altro come agiva il padre e conosceva a fondo l'animo del Re Orrendo. Era un Mezzo Drago e quelli per lui non avevano segreti.
– Tutto ciò sarebbe una enorme coincidenza. – Decretò e di certo fui d'accordo.
 
Nowell raccontò di sé ogni cosa che riuscì tralasciando solo la morte della madre. Mio nonno lo ascoltò ed il suo sguardo diveniva più dolce ogni qualvolta il discorso procedeva più in profondità. Un giorno passò mentre eravamo immersi in quel nuovo mondo che si era aperto davanti a noi all'improvviso. E vidi un lato che di Murray era rimasto nascosto, quello di padre, di uomo pieno d'amore, lo stesso uomo con cui mia madre aveva sempre parlato.
Non lo biasimai per l'odio che mi portò senza ragione, potevo comprendere il dolore che doveva aver provato vedendo sua figlia morire piano piano. Io ero un Mezzo Drago ed aveva sempre pensato che, se io da lei non fossi nato, ella sarebbe stata ancora viva, forse non libera, ma viva. Ed io stesso lo pensai. Immaginai il dolore che mia madre poteva aver provato e l'odio verso il Re Orrendo crebbe. Sebbene lui non fosse mio padre egli credeva di esserlo e, perché questo avvenisse, qualcosa infine doveva farglielo credere. Quali orrende ore aveva passato la mia mamma in quei momenti bui e tutto forse solo per la libertà che noi stessi cercavamo di procurare ai Draghi. Lenta la speranza abbandonò il mio cuore eppure il fato si era rivelato a me ben più profondo e saldo di quanto avessi mai creduto.
Mio nonno era scosso e così Oswin il quale doveva aver amato con sincerità mia madre tanto da piangerla in silenzio nel proprio cuore. Le era sempre stato accanto e di me si era preso cura, mi aveva rivolto affetto più di chiunque altro sebbene la mia errata origine pesasse anche sul suo animo. In me era sempre stato capace di vedere mia madre e non il Re Orrendo. Ma infine di quel sovrano in me non vi era nulla e ciò mi sollevò enormemente.
Elmer se ne andò con il padre quando la notte cominciò a calare e restammo soli con Murray. – Hai liberato il mio cuore, Domatore, e mai avrei potuto immaginare gli sbagli che compivo.
– Certo era impossibile per lei immaginare una storia tanto diversa da quella che chiara era stata proposta alla sua mente. Eppure mi domando, ma vostra figlia non sapeva? Ella non conosceva nulla sui Mezzi Draghi?
– Non credo, ma anche se avesse saputo la sua mente non era tanto ferma da potermene parlare e non mi disse mai veramente ciò che le capitò. Parlava sempre del Principe e di come insieme volavano alti. Solo quando gridava sembrava tornare in sé, ma in quei momenti non vi era alcun dialogo possibile. – Spiegò e Nowell intrecciò le dita riflettendo ancora.
– Sicuramente era impossibile per lei. – Concluse infine. – Tanto grande dev'essere il dolore che provò e mi stupisco sempre ogni volta che sento a quanta crudeltà può giungere l'uomo che mi mise al mondo.
– Lo vidi quando abbandonò mia figlia. Nei tuoi occhi non vi è nulla di lui e lo vedo così chiaramente. La madre che ti mise al mondo e che ti amò di certo ha benedetto la tua nascita. – Lo rincuorò mio nonno che intanto si asciugava le guance divenuto vecchio all'improvviso.
Mi alzai dalla sedia su cui ero stato seduto mentre avevano parlato della vita del mio padrone e del Re Orrendo, guardai fuori dalla finestra e Principe svettò davanti al mio sguardo e l'animo si fece stretto. – Nivek … – Mormorò Murray ed io mi voltai. – … ho visto in te sempre ciò che volevo e non ciò che dovevo. La rabbia scorreva nel mio sangue perché sebbene fossi nato da una violenza in te c'era molto della mia amata figlia e non potevo accettarlo. Stupidamente ora comprendo che sbagliavo e sbagliavo profondamente. – Si scusò abbassando il capo ed io non fui capace di portargli rancore. Amavo mio nonno sebbene da lui non avessi ricevuto molto affetto. Inoltre non potevo biasimare un padre che nel frutto della violenza della figlia vedeva qualcosa di disdicevole ed orrendo.
– Come se tu avessi parlato per la prima volta ora odo la tua voce ed in me non c'è rabbia o rancore, ma solo gioia di aver finalmente conosciuto mio nonno. – Risposi e lui si portò una mano al viso mentre la tristezza ancora lo stringeva forte.
– Sono molto stanco. – Disse Nowell ed io allora mi avvicinai lui. – Se non le dispiace, Murray, noi vorremmo dormire.
– No di certo, e tanto ho nel mio animo che non potrei parlare oltre. – Confessò e così io ed il Domatore ci ritirammo nella nostra stanza. Mi sedetti sospirando sopra il letto e raccolsi i miei capelli da un lato.
– È tutto così pazzesco. – Sussurrai mentre i miei occhi guardavano le assi del pavimento come a riscoprirne una nuova natura. Nowell si sedette accanto a me.
– Pazzesco davvero, anche tu sei un Mezzo Drago. – Disse. – Nemmeno uno comune, rara è la nascita dei figli nati dall'amore, per questo nessuno poteva immaginare che tu fossi uno di loro.
– Siamo così profondamente simili … – Mormorai e lui si appoggiò a me.
– E diversi anche. – Aggiunse. – Drago e Domatore, Mezzi Draghi nati da fonti totalmente diverse, Lungo Sguardo e Perfetto Uccisore, infine, se le mie idee sono esatte, perfino cugini. – Sorrisi.
– Eppure non sono un Lungo Sguardo, Murray è stato chiaro su questo.
– Ma egli non ti ha visto né volare né ti ha sentito parlare e molti si sono ingannati prima di questo, perfino la Regina dell'Acqua che così bene vede il fondo degli animi. Forse quando sentirà la tua voce anche lui si convincerà del contrario.
– O forse no. – Nowell mi posò una mano sul capo e sospirò.
– Mancherebbe solo quello. – Mugugnò deluso che potesse avvenire e spezzare così la nostra perfetta simmetria.
– Non avrei mai pensato di essere un Mezzo Drago. Ora comprendo per quale motivo mi hanno sempre evitato e mai amato davvero. – Sospirai.
– Abbiamo molte cose da raccontare da questo viaggio non credi?
– Molte davvero, Jethro e Wren ne rimarrebbero esterrefatti.
– Senza alcun dubbio, Wren morirebbe se sapesse che siamo stati attaccati! – Risi.
– Senza dubbio. – Ci sdraiammo a letto uno vicino all'altro e lui mi strinse la mano.
– Che lunga giornata … – Mormorò ancora.
– Davvero lunga.
– Le cene di famiglia potrebbero essere un vero problema per noi, non credi? – Risi mentre il sonno giungeva sulle mie spalle e non vi fu giorno più triste e felice insieme. Ci addormentammo profondamente mentre ogni tanto uno di noi ridacchiava immaginandosi la lunga tavolata imbandita. La luna brillava attraverso la finestra e dolce era il sapore di aver scoperto ancora qualcosa su chi ero e sul perché mia madre fosse morta e come fosse vissuta. Finalmente sapevo il vero e tanto amaro e dolce insieme era che non potevo non credere che fosse esatto. Il mio destino era stato chiaro fin dal giorno in cui ero nato. Guidati dal fato e dal Cielo io e Nowell ci eravamo incontrati.
Ero talmente stanco che dormii senza mai svegliarmi e mi sembrò di non riposare per nulla. Calmo era il mio cuore nel petto del Solitario e pregavo che non smettesse mai di stare insieme a lui. Pregavo che insieme ci saremmo spenti quando la pace avrebbe avvolto le terre dei Draghi e dei Domatori. 

Che le origini di Nivek siano finalmente state svelate? Che egli sia veramente il figlio di quel Principe Perduto che tentò l'impresa ora affrontata da Nowell?
La scoperta di chi si è parte da dove si nasce e Nivek ancora è incerto sulle proprie origini, ma davanti a lui si sta aprendo un futuro che non avrebbe mai immaginato, un'appartenenza ad una famiglia diversa dove il padre, da sempre sconosciuto, è un uomo degno della sua stima. Forse ogni idea di Nowell potrebbe davvero rivelarsi esatta.
Spero siate curiosi di scoprire come andrà avanti questa ricerca e che seguirete anche il seguito!
Iwon Lyme

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Capitolo 21
*** La Voce del Re - Parte III ***


Grazie a tutti per essere giunti fino a qui. 
Questo capitolo riserverà non poche sorprese spero siate pronti per accoglierle! Voglio davvero sapere che effetto farà!

 
La Voce del Re - Parte III

Due giorni passarono mentre il silenzio avvolgeva la nuova verità che era stata tirata fuori e silenziosi i nostri animi procedevano in quella scoperta così chiara e felice. Murray cambiò profondamente e sembrò amarmi. Non chiese altro a noi sebbene vedevo chiaramente che desiderava sapere quali erano i nostri piani. Aveva sentito le parole che avevo detto ad Elmer ed esse gli ronzavano in testa come api. Decise però di lasciar passare del tempo e di chiederci solo poi i progetti futuri.
L'alba sorse sul terzo giorno e fummo svegliati con violenza da Elmer che con piglio aprì la porta della nostra stanza facendosi sussultar fuori dai nostri sonni. – Cacciatori! Cacciatori si spingono dentro il bosco! Ho paura che vi cerchino. – Disse ed io mi alzai. Nowell rifletté e poi si vestii anche lui con i suoi abiti da viaggio che aveva riposti accanto al letto. Decidemmo di andare a vedere chi fossero e tentare di capire che intenzioni avessero.
Cominciammo a spingerci dentro il bosco dopo che Oswin si fu raccomandato noi. Scendevamo tra gli alberi cercando di fare poco rumore ed i sassi rotolavano verso il basso. Arrancavamo giù per il pendio e tentavamo di non ruzzolare in basso, ma allo stesso tempo di non permettere a quegli uomini di addentrarsi troppo nei nostri territori. Non desideravamo che ci scoprissero e tanto grande era il pericolo che correvamo che eravamo pronti perfino ad uccidere. Elmer poi ci portò verso la radura in cui eravamo caduti e lì cominciammo a sentire le prime voci.
– Smettila di lamentarti! – Disse un uomo alto.
– Ma è tutta la notte che camminiamo e non abbiamo trovato nulla! – Continuò uno più basso.
– E non troveremo molto se continuiamo a cercare senza sapere cosa potremmo trovare. – Aggiunse uno che portava una grossa ascia ed aveva un ghigno sul viso.
– Tacete! Tacete! Potevate rimanere al villaggio! – Ringhiò una voce che non avrei mai scambiato con quella di nessun altro. Nel mio cuore si aprì un boato di gioia: di certo quelli non erano nemici.
– Hai detto che hai visto qualcosa cadere, ma cosa?
– Un Drago, no? – Sospirò. – In questa radura … – Senza paura, spinto dalla felicità incontrollata per l'amico ritrovato, uscii da dietro gli alberi e loro si rivolsero a me feroci.
– Puntate le armi contro un vecchio amico? – Chiesi mentre anche Nowell ed Elmer uscivano allo scoperto. Non appena Yorick vide il Solitario ebbe la conferma che io ero chi credeva fossi e con gioia immensa si avvicinò a noi.
– Nivek! Sei più bello del sole che sorge al mattino! Quale gioia immensa rivederti sano e salvo! – Esclamò e non mi abbracciò per paura di destare noia in Nowell.
– Cosa ti porta qui, Yorick? – Domandai.
– Un Drago cadde in questa radura qualche giorno fa, desideravo aiutarlo se potevo. – Confessò veloce e non gli importava più molto ora che ci eravamo ritrovati.
– Io ero quel Drago. – Dissi. – E come vedi sono in forze e sto bene.
– Lo vedo di certo. – Rise ancora felice. Jolyon, Tranter e Larkin intanto si avvicinavano dubbiosi.
– Credo che loro non mi ricordino, forse sono davvero troppo cambiato.
– Di certo lo sei. – Mi confermò.
Elmer allora si intromise nella nostra rimpatriata. – Non desideriamo attirare ulteriori attenzioni, venite nel villaggio, lì sarà sicuro parlare. Inoltre nessuno di loro è pericoloso per noi e da molti anni non c'è alcuna compagnia su in cima. – Li invitò e tutti loro furono felici di seguire noi tre fin in alto al villaggio. Lo stupore che destarono nella gente che viveva lassù fu enorme. I tre Cacciatori furono sequestrati dai bambini che li portarono a giocare. Nei loro occhi, invece, erano riflessi i soldi che avrebbero potuto fare vendendo tutte quelle creature, eppure in loro non vi era alcuna cattiveria.
Yorick invece restava al mio fianco ed osservava turbato le case silenziose. – Stai bene? – Gli domandai.
– Sì, pensavo. – Rispose.
Nowell si avvicinò a noi sorridendoci. – La corsa per trovarvi mi ha stancato. Desidero stendermi. Tuo nonno sarà in ansia di sapere. – Disse.
– Sì, ora potremmo raggiungerlo. – Continuai pronto a tornare a casa.
Così proseguimmo verso ovest in compagnia del mio vecchio amico ritrovato. Gli chiesi cosa gli fosse successo e lui turbato, così almeno mi parve, cominciò a raccontarmi. Calda e forte era la sua voce e sembrò essermi mancata per molto tempo. Ero immensamente felice di averlo incontrato di nuovo e non potevo fare altro che ascoltare le sue parole e cercare di non perdermi tra le insenature del suo dolce respiro oppure tra la profondità delle note che riusciva ad emettere. Quando la casa mia e di Murray cominciò a vedersi in lontananza Yorick smise di camminare e di parlare. Si fermò ed io e Nowell lo osservammo curiosi.
– Ti senti bene? – Gli chiesi ancora.
– Qui è dove sei nato e vissuto? – Mi domandò.
– Sì … Qualcosa non va? – Si portò una mano al viso e sfiorò la lunga cicatrice che lo percorreva. Poi, come pensando a non tradire se stesso, proseguimmo il cammino. Appena i nostri passi varcarono il recinto mio nonno uscì dalla casa.
– Tutto bene? – Chiese e vederlo così in ansia per me mi fece capire che finalmente ero entrato nel suo cuore.
– Sì, erano amici. Li abbiamo condotti al villaggio e sembra che siano già simpatici a tutti. – Risposi.
– E, Nivek, chi è quell'uomo? – Domandò allora.
– Il Cacciatore che si è preso cura di me, nonno, Yorick è il suo nome.
– Yorick … – Ripeté Murray e come qualcosa di sepolto si risvegliò nella sua mente. – Yorick è il tuo nome, Cacciatore? – Disse.
– Sì, è il mio nome. – Rispose l'altro.
– E diresti che esso è un nome comune? – Chiese insistendo.
– Non direi, no. – Fece allora Yorick.
– E dimmi, Cacciatore, quanti cuori dimorano il tuo petto? – E quella domanda mi gelò il sangue nelle vene. Fu così che mi voltai verso il Cacciatore e lo guardai mentre il suo viso diveniva bianco pallido ed i suoi occhi, con un moto istintivo e veloce, si rivolsero all'alto albero che c'era proprio accanto a noi. Fu allora che capii perché Wren non desiderava affatto coinvolgerlo. Fu allora che compresi molte cose e lo stupore crebbe in me nuovamente dopo pochi giorni che era scomparso.
Yorick guardò Murray. – Due cuori dimorano nel mio petto ma uno è silenzioso. – Rispose e non vi furono quasi più dubbi.
– Ed ella era una donna bella, alta, dal viso dolce, dagli occhi di cielo e dalla voce di nuvola? Ed ella forse era sincera, gentile ed amabile? Ed ella forse si chiamava Naisse, la Bella? – Yorick boccheggiò ed alzò gli occhi al Cielo azzurro terso e sembrò pregare.
– Ella era. – Sussurrò. Ed i miei occhi luminosi si fecero e guardai il viso del Cacciatore come fosse nuovo ed appena incontrato. La sua cicatrice profonda i suoi occhi immensi e le sue labbra sottili e sicure. Mai avrei potuto immaginare un tale unico avvenimento e mai avrei potuto credere che fosse vero se non dopo tante conferme.
– Tale era il nome di mia madre. – Dissi e gli occhi del Cacciatore si rivolsero a me fermi e molli. – Ed ella morì in questo luogo. – Aggiunsi ed allora lui, pronto, scosse la testa.
– Non della stessa donna noi parliamo. Naisse morì tra le mani di un uomo orrendo, che con ferocia me la portò via. – Ed io gli dissi di no.
– Naisse visse qui per sei anni. Impazzì di dolore mentre il suo cuore le veniva portato lontano. Ma come potevi tu saperlo? Questo era il piano che il Re Orrendo fece per vendicarsi di Yorick, suo fratello, non è così? Ed egli credette di aver avuto un figlio da Naisse, invece io nacqui e per natura non posso che essere atto d'amore. – Dissi. – Naisse mi amò con forza e coraggio finché poté e parlava del Principe che era sceso da quell'albero e l'aveva portata in Cielo, ma mai avrei pensato che ella mi parlava di mio padre … di te. – Yorick strinse le labbra ed abbassò lo sguardo.
– Ed ella chiamò il tuo nome ogni notte, per questo quando l'ho udito ho cominciato a sospettare. – Intervenne mio nonno.
– È impossibile. Avrei sentito che lei era viva! Che il suo cuore infine ancora batteva! L'avrei sentito! – Si ribellò il Cacciatore.
– Non l'avresti fatto. – Intervenne Nowell che aveva perso le parole per qualche tempo. – Naisse era lontana da te e lontana dal cuore per farlo battere eppure fu forte tanto da sopravvivere sei lunghi anni. Saresti dovuto venirle abbastanza vicino ma troppo buio era il dolore che perfino i luoghi in cui l'avevi conosciuta erano impossibili per te da vedere. – Spiegò. – Mio padre sa essere crudele quando è vendetta ciò che desidera. Io lo so. Ordinò a mia madre di cavarsi il cuore dal petto per fare in modo che non me lo dimenticassi mai.
Yorick allora rimase fermo in mezzo al giardino, ma poi, condotto da me, entrò in casa. Prendemmo posto ancora intorno al tavolo che così tante novità aveva udito in quei pochi giorni. Avrei voluto abbracciare il Cacciatore e stringerlo a me, ma comprendevo le sue perplessità e le sue paure tanto che non mi lasciai prendere dall'entusiasmo, tanto che non potei fare molto. Prima doveva abbandonare i dubbi e riscoprire la verità così come noi avevamo fatto.
– Tua madre, Nowell, chi ella era? E forse il Re Orrendo è tuo padre? – Domandò Yorick.
– Il Re Orrendo è mio padre. Mia madre era il Drago dagli occhi gialli che lui aveva con sé, se sei suo fratello di certo la conoscevi.
– La conoscevo e lei e Naisse erano molto amiche. Si volevano bene quando ancora con mio fratello si poteva parlare. Poi lei scomparve ed al suo posto il Drago Nero che ora ancora possiede giunse dal Buco di Eran. – Rispose.
– In quel periodo lei rimase incinta di me e lui l'abbandonò. – Raccontò il Solitario.
– E lui ti ha cresciuto? Non sapevo che avesse un figlio. – Chiese il Cacciatore.
– Di certo non mi crebbe lui, ma mia madre. Inoltre è impossibile che tu sappia di me, mi portò alla corte quando avevo sedici anni. – Annuì.
– Comprendo. – Si passò una mano sul viso. – Non gli somigli per nulla, non avrei mai potuto immaginarlo. – Sospirò. – E lui ordinò a tua madre di uccidersi?
– È doloroso per me parlarne, ma è così che andò. Il mio potere costringeva i Draghi a farmi dono dei loro cuori e così mio padre si divertì a farmi compiere molti omicidi per mia mano, minacciandomi o minacciando mia madre lontana. Infine fuggii. Ma quando giunsi di nuovo a casa là mi attendeva e là ordinò a mia madre di uccidersi così come morivano coloro che io avevo ucciso sotto suo ordine. – Alzò gli occhi al Cielo e prese un profondo respiro. – Ho molto sofferto per le mie azioni ed ho giurato che mai le avrei compiute ancora, che mai sarei diventato come lui.
– Chiari mi sono i tuoi sentimenti così come non lo sono mai stati, Nowell, e penso che fino a questo momento non ci siamo mai capiti veramente. Di te temevo la crudeltà, ma ora vedo che non ne avevo ragione. Però, se ciò che desideri è vivere lontano dall'esempio di mio fratello, perché mai hai domato un Drago? – Domandò e colse esattamente il punto. – A cosa ti serve? Se non avessi uno scopo non ti saresti dato tanto da fare per farlo tuo, o mi sbaglio?
– Non sbagli, Yorick, e ciò che desidero è chiaro nella mia mente come lo era nella tua. Ho promesso a mia madre che avrei messo fine all'odio da cui io stesso sono nato. Ho promesso ed intendo fare tutto ciò che è in mio potere per compiere tale prova.
– Intendi ribellarti a lui?
– L'ho già fatto. – Il Cacciatore sospirò e chinò il capo. Mugugnò di dolore e non volle credere a tanta stupidità.
– E lui lo sa?
– Lo sa. – Rispose gravemente Nowell ed anche mio nonno sussultò.
– Quanti uomini hai al tuo seguito e quanti Draghi? – Domandò.
– Non lo so con precisione. Wardell ed il fratello si occupano di radunare quanti più Domatori e Draghi possibili. Io e Nivek, invece, viaggiavamo da soli.
– E per quale scopo?
– Chiedere l'aiuto dei Draghi Liberi. – Risposi.
– Essi non accetterebbero mai! – Obiettò mio nonno.
– Ma alcuni hanno già accettato. – Lo contraddisse il mio padrone.
– E per quale motivo? – Chiese Murray stupito da tale rivelazione.
– La voce di Nivek parla con forza ai cuori dei Draghi e nessuno ha mai negato ciò che chiaro hanno udito. – Mio nonno allora mi guardò e si bagnò le labbra con la lingua mentre si ripassava in mente le parole del Domatore.
– Quale voce? – Sussurrò. – Ormai posso credere a ciò che mai avrei creduto e forse, ragazzo mio, sei veramente ciò che non credevo potessi essere. – Si alzò dalla sedia su cui era seduto ed io vidi una luce estranea brillare dai suoi occhi. – Parla! Parla per il Cielo! Desidero sentire! – Allora io sospirai e strinsi le mani tra loro.
– Nowell esagera … tale voce è solo …
– Parla! Rivolgiti a me da mio pari e presentati così come si usa tra i Draghi. – Ed allora veloce mi alzai. Gli avrei fatto sentire come la mia voce non era ciò che credeva. Anche lui stava diventando pazzo! Anche lui!
Chinai il capo. – Molto piacere di conoscervi, il mio nome è Nivek. – Dissi fermo e sentii il fiato uscire dalla mia gola come fosse vento forte e maestoso. Sentii muoversi l'aria della stanza ed il mio viso era rivolto al pavimento mentre le finestre sbattevano e dall'uscio ancora divelto entrava una forte raffica.
Infine aveva sentito la mia voce e tale era, niente di più, niente di meno. Ora tutti sapevano che infine ero solo un Mezzo Drago, ero solo metà di quello che sembravo e metà di quello che infine ero. Niente mi avrebbe portato ad essere intero. Non ero ciò che sembravo. Non ero abbastanza.
Poi vidi Murray chinarsi profondamente, si abbassò più in basso di me e mi mancò il fiato. – Salute a voi, lieto di incontrarvi e di parlarvi, il mio nome è Murray. – Sollevai il capo e lo guardai senza parole. Si portò una mano al petto e lo batté con forza. – Signore del Cielo, Re del Vento, accetta la fedeltà di un umile servitore. – Mi trovai senza parole da pronunciare e appesi la mano alla sedia.
Tale non può essere il mio destino … – Mormorai e lui mi guardò in viso. Si avvicinò con gli occhi che brillavano di speranza.
Tale è! Tale sarà! Lungo Sguardo, Re, figlio del mio sangue! Il Re che doveva tornare infine è giunto ed io non l'ho visto … Non l'ho riconosciuto. – Gli presi il braccio e mi sorressi grazie a lui. Guardai Nowell che aveva compreso. Lui aveva sempre saputo. Tutti avevano sempre saputo. Io non avevo creduto a ciò che infine di me si diceva. – Il Lungo Sguardo è simbolo di cambiamento e non credo a ciò che vedo … Non credo a ciò che sei, ragazzo mio. Il giorno è arrivato.
– Immagino che egli sia il Re. – Disse Yorick.
– Non un Re qualunque, ma un Lungo Sguardo, un Principe di un nuovo mondo. – Mi sedetti silenzioso ed anche Murray si ricompose. – I Draghi d'Aria verranno. Noi saremo con voi. – Annunciò.
– Non sarete mai abbastanza. – Obiettò il Cacciatore.
– Conto sotto il mio comando almeno altre dieci tribù nascoste sui monti dietro di noi e le nostre voci parleranno di colui che è giunto. Il Lungo Sguardo, colui che deve tornare Re è arrivato. – Rispose mio nonno.
– Grande è l'aiuto che ci dai. Anche le Tribù del Fuoco sono con noi. – Intervenne Nowell.
Dopo tali affermazioni anche Yorick cominciò a credere che ci fosse una possibilità. – E le altre? – Chiese.
– Quelle di Acqua ci hanno risposto di no. Stavamo andando da quelle di Terra quando … – Cominciò a rispondere il Solitario, ma poi si fermò.
– Quando? – Domandò brusco l'altro.
– Quando il Re Orrendo ci ha attaccati. – Completai io non volendo più tenerlo nascosto.
– Il Re Orrendo?! E siete sopravvissuti?! – Esclamò il Cacciatore alzandosi in piedi esterrefatto.
– Siete stati fortunati. – Decretò mio nonno. – Non ci sarà una seconda volta.
– No di certo. – Confermai io.
– E come siete sfuggiti lui? – Chiese Yorick irritato che nessuno spiegasse cosa fosse successo.
– Provvederò affinché ti venga insegnato come usare il tuo potere. – Disse Murray. – Vedo che già è forte senza che esso ti sia stato insegnato, tuttavia aumenterà di potenza quando sarò io stesso a dirti come utilizzarlo …
– Come siete sfuggiti?! – Domandò ancora e mio nonno fece silenzio.
Nowell si alzò solenne. – Non siamo sfuggiti lui, Yorick. – Sollevò la maglia e gli mostrò la profonda cicatrice. – Il Drago che ha mandato ha pensato di avermi ucciso.
– Eppure tu non sei morto e non ho mai visto un Drago di Eran sbagliare sulla morte.
– Sarei morto, se Nivek non mi avesse salvato. – Concluse tornando seduto ed allora io guardai Yorick.
– Cosa hai fatto? – Mormorò.
– Gli ho donato il mio cuore e con esso lui è rimasto in vita. – Si avvicinò al tavolo e mi fissò senza parole.
– Vuoi dire che ti sei cavato il cuore dal petto e sei riuscito a metterlo nel suo senza morire nel passaggio? Dolorosa è la perdita del cuore ed un Drago non può compierla da solo. Mi vuoi far credere che infine non è stato il Solitario che, per la smania di vivere, te lo cavò dal petto? – Sorrisi e guardai la mano di Nowell serrata per la rabbia di tale affermazione.
– Mi sono tagliato il petto con la lama ed ho strappato il mio cuore per poi porlo nel luogo dove ora esso è. Fu molto doloroso, ma, come vedi, non sono morto. – Mi rivolsi a mio nonno che ascoltava e sembrava comprendere.
– Solo un Lungo Sguardo potrebbe tanto, come Ian il Terribile … – Disse. – Ti piaceva molto quella storia, non è vero?
– L'adoravo. – Sorrisi felice che lui lo ricordasse. Yorick si mise seduto e si portò una mano al viso. – Allora mi insegnerai ad utilizzare meglio il mio potere?
– Lo farò senza dubbio. – Rispose il nonno.
– Te ne sono immensamente grato, Murray. – Lo ringraziò il Solitario.
– Dunque cosa desiderate fare ora? – Chiese il Cacciatore con la voce stanca.
– Andare a parlare con le Regioni della Terra e poi ricongiungerci ai nostri compagni, così come avevamo previsto. – Rispose il mio padrone.
– Se permettete avrei un'idea migliore. Potrei mandare dei messaggeri a parlare con quelle regioni. Vedendoci sapranno che il momento è giunto e si riuniranno certamente. – Propose l'anziano Drago.
– Si potrebbe fare? – Saltai su io.
– Ovviamente, anche noi sappiamo volare.
– Allora accetteremo anche questa tua gentilezza. – Concluse Nowell. – Infine torneremo dai nostri compagni così da organizzare la guerra. – Decretò mentre la mia mente cominciava a sentire l'ansia del momento. Eravamo proprio arrivati alla resa dei conti. Avevo pensato che esso non sarebbe giunto mai e sulle mie spalle ora gravava il peso del mio rango. Non avevo mentito a nessun Drago, nessuno a parte me stesso. Ero dunque ciò che ero. Ero come Nowell. Insieme avremmo affrontato il buio della notte che sarebbe giunta quando i Draghi del Re Orrendo avrebbero oscurato il cielo.
Il Solitario si alzò e sospirò di soddisfazione. – Murray, posso discutere con lei di alcune faccende? – Lui acconsentì ed insieme, come se fossero amici da secoli, uscirono dalla porta di casa. Io sapevo, però, che l'avevano fatto per lasciarmi solo con Yorick ed anche lui lo intuì tanto che si alzò in piedi e fu pronto ad uscire dalla soglia.
– Pretendi che sia io a farti domande? Oppure preferisci parlare tu di ciò che credi più opportuno? – Lo affrontai e lui si fermò.
– Non desidero parlare. – Rispose.
– Nemmeno a me che sono tuo figlio? – Si voltò e mi guardò silenzioso. Come poteva vedermi come tale? Ero infine io davvero suo figlio? Lo ero. Eppure non lo ero per niente.
– Naisse … – Sussurrò. – … ti crebbe? – Annuii. Era molti anni che non pronunciava il nome di lei.
– Morì quando avevo sei anni. – Risposi. – Mi crebbe fino a quando poté. Era gentile quando il dolore non la tormentava e dolce era la sua voce quando mi parlava. Fu l'unica ad amarmi prima di Nowell … o prima di te. – Confessai e lui abbassò lo sguardo.
– Ma io non amavo un figlio, ma un Drago. Era la passione per un Drago, la voglia di non vederlo soffrire che mi spingeva ad occuparmi di te. – Disse.
– Eppure, a me basterebbe. – Sospirai. – Fa' come desideri, Yorick. Molto tempo ho vissuto senza un padre o una famiglia, altrettanto posso viverne. Colui dal quale non voglio essere diviso possiede tutto ciò che avevo e da lui so che mai sarò separato se non nel momento della mia o della sua morte. – Guardai il suo viso così contorto dal dubbio, dalla sofferenza e dall'inadeguatezza. – Il mio cuore batte senza sosta ed accetta chiunque mi dimostri affetto. Fa' come desideri, non voglio che tu mi offra qualcosa che non senti come vero o reale. Non desidero che tu mi veda come un figlio, come un Re, come un Drago. Non desidero che tu ti accorga di me. Ma se deciderai di farlo, allora sarò felice di saperlo. – Si voltò e fece per uscire. – Solo una cosa desidero davvero sapere … – Ed ancora lo fermai.
– Cosa desideri sapere?
– Quando mia madre cantava per te simile era la sua voce alla mia? – Sussurrai mentre forte la gola si stringeva davanti ad un padre che mi voltava le spalle.
– Meravigliosa era la sua voce … ma non bella quanto la tua. – Rispose e senza aggiungere altro uscì dalla casa senza porta. Mi alzai e mi avvicinai alla finestra. Lo vidi dirigersi verso Principe e sfiorarlo con le dita. Sapevo, senza nemmeno guardarlo in viso, che stava piangendo per mia madre. Ed io ero triste per lui. Ero triste perché in me non vi era nulla che lui poteva percepire come proprio.
Naisse mi diede alla luce e tra le sue mani giacqui appena nato. Forse lei in me, nel mio volto, nelle mie labbra, nel mio viso, aveva visto qualcosa che le ricordava l'aspetto di Yorick. Forse mi aveva amato proprio perché lo vide quel barlume di lui. Ma in me di Naisse non vi era molto e Yorick non poteva amarmi. Nemmeno la mia voce era come quella di mia madre. Nemmeno le note che potevo produrre sarebbero state tali.
Sentii la mano di Nowell posarsi sulla mia spalla e le sue dita si strinsero mentre la tristezza bagnava le mie guance. Murray parlava con Yorick. Ed il silenzio dentro la mia casa non era mai stato così pesante. – Il dolore acceca anche coloro che vedono chiaramente, mio amato Drago, ma il sole giunge sempre nelle vite di coloro che camminano nella notte e lì sono stati mandati.


...
Okay, è successo.
Lo so, non preoccupatevi, riuscirete a metabolizzare la cosa ed a farvene una ragione. Sarà tutto molto più chiaro in avanti.
La botta è forte ma superabile, fidatevi!
Cosa succederà nel prossimo capitolo? Cosa si diranno Nivek e suo padre dopo questa rivelazione? Cosa faranno?
Spero siate curiosi!
Iwon Lyme

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Capitolo 22
*** La Voce del Re - Parte IV ***


Ora che l'identità del padre di Nivek è svelata cosa deciderà di fare? Si creerà tra loro un rapporto padre-figlio degno di questo nome?
Sarà accettato dall'uomo più importante di tutta la sua vita?

 
La Voce del Re - Parte IV
 
Mi svegliai ed era mattino presto. Nowell aveva chiesto a Murray di inviare una lettera al nord, poco lontano, in realtà, da dove ci trovavamo. Voleva mettersi in contatto con Wren, Wardell ed Ormond. Non era nella stanza, forse stava illustrando il tragitto a chiunque sarebbe stato mandato a consegnare la carta. Mi alzai poiché sapevo che quel giorno mio nonno avrebbe cominciato ad addestrarmi.
Yorick dormì nella vecchia stanza di mia madre e gli altri Cacciatori, invece, furono ospitati da Oswin. I due non si erano ancora incontrati ed, avendo amato la stessa donna, temevo cosa avrebbero potuto dirsi. Tuttavia quelli non erano i più numerosi dei miei pensieri. La maggior parte si rivolgevano a Murray ed al suo spietato programma per farmi diventare il futuro Re del mondo: quel che si dice dalle stalle alle stelle. Non che fossi infelice di essere diventato improvvisamente il nipote che avrebbe sempre desiderato, no di certo, però stavamo senza dubbio esagerando.
Mi portai fino in cucina e lì trovai mio nonno già pronto con la colazione. Mi esortò a mangiare in fretta e mi fece presente che ero in ritardo. Trangugiai qualche pezzo di pane e bevvi un po' d'acqua fredda e poi, senza riuscire a mettere altro in bocca, fui trascinato fuori. Mi scaraventò addosso una pelliccia e delle corde. – Visto che non puoi volare dovremo camminare. – Decretò e partimmo.
Raggiungemmo il villaggio ed Elmer lì ci attendeva. Si unì a noi, ma potevo leggergli in faccia che lo faceva più per ridere di me che per qualunque altro motivo. Il suo ghigno odioso mi rendeva furioso. Raggiungemmo un alto picco che scalammo solo con un'esile corda e confesso che temetti seriamente per la nostra vita. In cima un grosso spiazzo, praticamente circondato da vuoto, si apriva e lì era dove si addestravano i maggiorenni.
– Bene, Nivek, qualcuno ti ha insegnato qualcosa sui poteri dell'aria? – Mi chiese mio nonno.
– Uno dei miei maestri era un Drago d'Aria per un ottavo. Mi ha insegnato qualcosa, ma per lo più mi sono lasciato guidare dall'istinto. – Confessai e mi accorsi che le altezze, soprattutto quando non ero sotto forma di Drago e quindi con due grandi ali al mio servizio, mi facevano piuttosto paura.
– Senza dubbio gli effetti saranno stati più che ottimi anche solamente con quello, ma per uccidere un Drago del Buco di Eran ti servirà molto più che istinto. – Mi fece cenno di avvicinarmi a lui. – Elmer ha gentilmente accettato di essere tuo avversario. – Mi informò. – La sua voce è forte, d'altronde anche lui discende dalla stirpe dei puri dell'aria, chiunque altro non sarebbe stato abbastanza. – Spiegò non rincuorandomi affatto. – Se lui diverrà troppo debole, allora mi impegnerò io stesso a fronteggiarti.
– Capisco. – Mi auguravo che il momento non venisse mai, anche se avrei potuto ripagarlo degli anni passati.
– Nessun rancore, amico mio. – Disse calmo Elmer convinto che mi avrebbe praticamente ucciso al primo scontro.
– Desidero che entrambi voi scateniate un forte vento. Starò volentieri a guardare. – Così diede inizio al nostro duello all'ultimo sangue.
Elmer non si fece pregare, ma veloce mi diresse contro una grossa massa d'aria che però non riuscì a colpirmi perché la deviai e lo vidi felice che infine non fosse così semplice farmi cadere. Ci vollero molti colpi prima che vi riuscì e prima che io arrivassi al massimo delle mie capacità conosciute. Murray fu certamente soddisfatto del mio istinto sebbene il suo fallimento mi avesse fatto finire a penzoloni per il dirupo. Mi aiutarono a risalire e poi ricominciai a respirare.
– Senza dubbio sei molto bravo, se i tuoi poteri fossero quelli di un comune Drago d'Aria, ma tu fai parte della famiglia reale e quindi molto di più si spingeranno le tue doti visto anche che sei un Lungo Sguardo. Ma per non aver mai affrontato un vero addestramento mi ritengo soddisfatto. – Così concluso iniziò ad insegnarmi movimenti d'aria che fossero diversi dalla semplice bufera, ma diventassero raffiche, mulinelli o l'assenza stessa del vento. E veloce imparai la maggior parte di ciò che mi spiegò.
Il primo giorno di allenamento si concluse e scendemmo dal dirupo con Elmer soddisfatto delle sue numerose vittorie. Mio nonno però non sembrava per nulla preoccupato: era il mio primo giorno ed ero già di molto migliorato. Tornammo verso casa dove Nowell era seduto e parlava tranquillo con Oswin che attendeva tutti noi con la cena pronta. – Figliolo! – Esclamò abbracciando Elmer che disgustato sgusciò via.
– Allora, come è andata? – Mi domandò il Solitario.
– Sono tutto dolorante … morirò senza nemmeno vedere la faccia dei Draghi del Buco di Eran. – Obiettai lasciandomi cadere su una sedia.
– Murray, gradirei che non sfinissi il mio Drago prima che il tempo sia venuto! – Lo rimbeccò Nowell senza essere minimamente serio e mio nonno rise mentre si serviva la cena.
– In pochi giorni sarà pronto e potrà sfidare chiunque gli si ponga davanti.
– La lettera, l'hai inviata? – Domandai.
– Sì, è partita. – Sorrisi pensando al mio veloce ricongiungimento con Jethro. Sollevai lo sguardo sulla tavola e tutti chiacchieravamo e ridevamo. All'appello mancava solo Yorick. Cercai tuttavia di non pensarci.
Pranzammo ed Elmer raccontò di come debolmente l'avevo attaccato e di come lui, colmo di forza, mi avesse steso con severa crudeltà. Senza dubbio ero tanto indietro, però non così come lui raccontava! Ma tutti ridevano, allora lo lasciai parlare. Oswin ed il figlio poi si allontanarono dalla casa dicendo che l'indomani avrebbero dovuto tornarsene nella loro dimora perché altrimenti la madre di Elmer si sarebbe infuriata con entrambi loro.
Dopo che li vidi andare via raccolsi ciò che era avanzato e versai un bicchiere d'acqua. Mentre Nowell scherzava con mio nonno mi diressi nella stanza di mia madre. Bussai ma non ebbi risposta, allora vi entrai senza. Yorick era seduto alla fine del letto e guardava malinconico fuori dalla finestra. Da lì si vedeva la tomba di mia madre. – Ho portato qualcosa da mangiare. – Dissi e glielo poggiai sul tavolino che vi era all'interno. – Buon appetito. – Mormorai facendo per uscire.
– Nivek … – Mi chiamò e mi voltai. – … grazie, ma non ho fame. – Non lo ascoltai ed uscii senza portare via la cena. Percorso da un bizzarro senso di ira andai nella mia stanza e lì mi addormentai fino al giorno dopo.
 
Trascorse una settimana molto intensa. Mio nonno inviò i suoi messaggeri, così come aveva promesso, nelle Regioni di Terra ed essi partirono. Altri Draghi lasciarono il villaggio per dirigersi dalle altre tribù di aria e tra essi c'era anche il ragazzo che avevo sempre visto tagliare la legna. Essi erano incaricati di portare con loro la mia parola. Avevo infatti parlato davanti a tutti i Draghi della tribù e più nessuno di loro nutriva dubbi su di me. Anche Oswin quando sentì la mia voce si commosse e sincero gridò per me e si inchinò con la mano stretta al petto. Ero finalmente stato accettato.
Una lettera poi tornò indietro insieme al messaggero che aveva inviato Nowell. Rispondeva alla nostra che avevamo inviato dal Regno di Fuoco e fummo felici che essa fosse arrivata. Diceva che i Domatori che si erano uniti contro il Re Orrendo erano in molti e che superavano i cinquemila. Tutti avevano in media due Draghi a testa, ma c'era chi ne aveva molti e chi ne aveva uno solo. In ogni caso Ormond si diceva felice di tanto assenso e che continuavano ad aggiungersi teste alla nostra causa. Nowell fu rincuorato dalla notizia e la sua felicità raggiunse il Cielo.
Il mio addestramento era continuato e nel giro di tre giorni avevo sconfitto Elmer tanto da costringere Murray a prenderne il posto. Era il quarto giorno che lo affrontavo ed avevo imparato moltissime nuove tecniche, tanto da non capacitarmi nemmeno io dei miei reali poteri. Nowell, turbato dalla continua lontananza dei nostri corpi, volle assistere all'allenamento e così, accompagnato da Elmer, poté venire. Per assistere doveva necessariamente avere qualcuno che lo proteggeva da colpi che sarebbero potuti arrivagli addosso. Murray era pronto ed io altrettanto. Entro breve avremmo cominciato ed io desideravo vincerlo con tutto me stesso.
La prima raffica fu lui a rivolgermela e fu violenta. Con forza mi colpì il corpo ed io riuscii a respingerla a fatica. Gliene restituì un'altra ed anche lui si trovò in difficoltà. Eravamo alla pari. Fece per sollevarmi, ma riuscii ad interrompere perfino quell'attacco. Allora gli rivolsi contro una grande massa di vento che lui fece vorticare su se stessa e me la rispedì indietro facendomi indietreggiare di molti metri.
– Devi metterci impegno, ragazzo mio! Non tenti di battermi ma di sconfiggere i miei poteri! – Mi urlò e lo sentii divertito. Mi rimboccai le maniche e lui mi rispedì contro una lunga spira di aria calda che, se non fossi riuscito a raffreddare, mi avrebbe cotto vivo. Allora avanzai e lasciai che il mio sguardo non si concentrasse sull'aria che lui muoveva ma su mio nonno. A lui dovevo arrivare e non ai suoi incantesimi. Avevo imparato a parare la maggior parte di essi, ora era solo questione di tempismo. Giungere a lui era il mio obiettivo.
Contrastai un'altra spira e poi un forte mulinello. Una raffica però tentò di colpirmi a tradimento da dietro, ma anche quella riuscii ad evitare. Mi avvicinavo a lui che però non mi temeva. Continuava a sferrarmi molti attacchi ed io prontamente mi ribellavo e riuscivo a rivolgerglieli contro. Eppure non facevo altro che difendermi, non attaccavo, eravamo ancora alla pari.
Una forte raffica mi rivolse contro ed io, invece che difendermi, attaccai con un simile attacco ed i nostri poteri si scontrarono con un boato immenso che si diffuse per l'intero cielo squittendo. Lui mi resisteva ed io resistevo lui, eppure non un centimetro si muovevano i suoi piedi. Tentai di spingere oltre il muro d'aria, ma non facevo indietreggiare il suo. Poi, mentre le mie mani gli scaraventavano addosso il vento, il cielo cominciò a diventare nero e furiosi i venti sopra la nostra testa iniziarono a vorticare. Il vento colpiva forte il suolo intorno a noi ed ai nostri colpi. Murray non veniva distratto, concentrato mi contrastava ancora. Ed allora raccolsi ogni forza che avevo e ruggì con rabbia. La sua raffica si disperse e tempestivo cadde il mio attacco. Un grande fulmine colpì il terreno ed una forte scarica d'aria travolse Murray spingendolo oltre il ciglio del precipizio. E poi un tuono spalancò il cielo assordando i presenti.
Presi un profondo respiro e le nuvole ed i venti divennero improvvisamente calmi. Mi avvicinai veloce al ciglio e mio nonno si era appeso per un soffio ad un ramo secco che penzolava. Mi sporsi e lui afferrò la mia mano. Lo sollevai. – Avresti potuto volare. – Gli dissi.
– Non volevo darti tanta soddisfazione. – Rispose ed io risi.
– Ah! Ce l'hai fatta, Nivek! Che forza! Che forza! – Esultò Elmer saltandomi addosso. – E come hai fatto?! Erano fulmini quelli che ho visto! Fulmini!
– Sì, davvero un ottimo lavoro. – Disse Murray sistemandosi i vestiti. – Promosso e prima di quanto avessi sperato. – Confessò e lo vidi pieno di orgoglio. Non avrei mai creduto che un giorno simile sarebbe infine giunto.
– Ma non parlate affatto per attaccare? – Domandò Nowell guardandoci confuso.
– No di certo, Domatore! Usiamo le parole solo quando è molto crudele l'attacco che vogliamo scagliare! Questo è un allenamento. – Spiegò mio nonno.
– Dunque sostieni che quando Nivek parlerà sarà più forte di così? – Chiese.
– Molto più forte di così, Solitario … Questo è il Drago che tu sei riuscito a domare.
– Che forza! Che forza! – Continuò ad esultare Elmer mentre sorridevo felice di tanto successo.
Scendemmo dal luogo in cui ci allenavamo e ritornammo al villaggio. Lì venni acclamato e tutti già sapevano che avevo vinto contro Murray. Pensai che avevo fatto una bella dimostrazione di forza. Difficile fu liberarmi dalle persone che si congratulavano con me e sgattaiolare verso casa, ma con l'aiuto di Elmer avvenne piuttosto in fretta. Giunsi così al recinto e Yorick era davanti alla porta che finalmente Murray aveva rimesso apposto. Osservava ancora il cielo, ma non disse nulla, silenzioso tornò dentro casa ed il suo silenzio mi ferì nuovamente.
Sospirai mentre Nowell mi poggiava una mano sulla spalla e mi sorrideva dolcemente. Infine tutto ciò di cui avevo bisogno era già mio.
– Nivek! Nowell! – Ci chiamò con foga Elmer ed entrambi ci voltammo. Lui indicava in alto nel cielo. – Draghi! Draghi e Domatori! – Urlò ed alzando gli occhi lo stupore e la meraviglia mi colsero. Vidi la sottile forma di Ishmael che sinuoso scivolava tra le nuvole ed il mio cuore gioì insieme a quello di Nowell e tanto forte fu la nostra felicità che cominciammo a scuotere le mani verso di loro e quasi saltavamo.
Dietro Ishmael volava Shiloh e sulla sua groppa mi parve di sentire Wren che parlava. – C'è Wren con loro … – Mormorai. – … e Jethro! – L'impazienza divenne incontenibile.
I due Draghi planarono verso di noi e si fermarono nel giardino di casa mia. Vidi il mio maestro lasciarsi cadere a terra e veloce corsi da lui e lo abbracciai forte. – Jethro! Jethro! – Lui rideva felice e mi stringeva a sé forte. Wren invece accolse Nowell tra le sue braccia e pianse di gioia nel vederlo sano e salvo.
– Ho atteso molto questo momento. – Mi disse Jethro e mi volle guardare per intero. – Sei esattamente come ti ho lasciato. – Constatò con un sospiro di sollievo.
Wardell allora si avvicinò e con lui Ishmael che felice venne da me. – Ho visto il cielo ed i fulmini e sapevo che eri tu! Sei diventato forte come il Cielo! – Disse il Drago dagli occhi gialli.
– Amico mio, felice è il tuo arrivo ed attesa la tua voce! – Gli sorrisi. – Il sollievo è grande nel vedervi salvi.
Wardell e Nowell si abbracciavano e l'uomo dai capelli corti rideva con l'amico ritrovato come io facevo con il suo Drago. Un senso di soddisfazione ed appagamento riempì i cuori mio e del Solitario. Finalmente eravamo riuniti alla nostra famiglia. Solo allora mi ricordai del nonno e degli altri. Feci loro cenno di avvicinarsi e presentai Jethro a Murray.
Molto piacere di conoscervi, il mio nome è Jethro. – Si presentò il mio maestro inchinandosi.
Salute a voi, lieto di incontrarvi e di parlarvi, il mio nome è Murray. – Rispose mio nonno ed il suo cuore era felice di conoscere un uomo illustre come colui al quale si presentava. – So che lei è stato ad insegnare a parlare a mio nipote, ora so che era in buone mani.
– Mi lusinga, davvero, mani ottime erano certamente le vostre.
– Sì, ma essere erano cieche e non vedevano ciò che lei invece ha visto in lui. – Si strinsero la mano e tale fu l'inizio della loro amicizia.
Molto piacere di conoscervi, il mio nome è Ishmael. – Intervenne il ragazzo che era vicino a me e mio nonno lo osservò con enorme meraviglia.
Salute a voi, lieto di incontrarvi e di parlarvi, il mio nome è Murray. – Così continuarono le presentazioni anche con Shiloh, con Oswin e con Elmer. Quando tutti i Draghi si furono scambiati gli onori riuscii perfino a presentare loro i Domatori che con stupore salutarono mio nonno e gli altri Draghi d'Aria.
– Ed essi ci seguiranno tutti come hai scritto, Nowell? – Domandò esterrefatto Wardell.
– Noi non seguiremo voi, Domatore, ma il nostro Re. – Lo corresse Murray facendogli strada verso l'interno della casa.
– Ora è tutto chiaro. – Affermò il Domatore ridendo ed entrando. – Che bello rivedervi sani e salvi, avevamo molta paura per voi! Molta davvero! Ma eccoli qui, i nostri Re.
– Non correre, Wardell, nessuno di noi è ancora Re. – Disse Nowell.
– Veramente Nivek lo è dalla nascita, non ha certo qualcuno che lo ostacola. – Gli fece presente Elmer e lui si trovò l'unico in una situazione scomoda.
Ishmael e Shiloh vennero fatti sedere poiché avevano compiuto un lungo volo ed erano stanchi, gli altri, invece, restarono in piedi e si creò un grande brusio. Tutti parlavano con tutti e felice era stata la venuta di quei Domatori. Non c'era differenza tra uomo, Drago Libero, Drago Consacrato, Drago Domato, tutti eravamo vicini gli uni agli altri e ci dimenticammo ogni ruolo tranne quello di amico. Nowell mi sorrise mentre Wardell gli parlava e seppi che pensavamo la stessa cosa. Quello infine era un assaggio del futuro che stavamo costruendo.
– Ma non avete trovato alcuna difficoltà? – Domandò incredulo il Domatore e queste parole ruppero il brusio e crearono un denso silenzio. Allora il Solitario mi osservò ed entrambi non desiderammo nascondere oltre il motivo di tutti quegli eventi.
– Il Re Orrendo ha inviato dei Draghi per attaccarci. – Confessò. E coloro che non sapevano sussultarono.
– Ti ha attaccato?! – Ripeté Wren preoccupata terribilmente.
– Sì, e gravemente è riuscito a ferirmi. – Continuò mentre si portava vicino a me. Quel racconto era difficile da compiere divisi. – La sua spada infilzò in profondità nel mio petto e molto sangue uscì dal mio corpo, tanto che la morte giungeva su di me veloce. – Ascoltavano terribilmente rapiti. – Ma non sono morto sebbene esso doveva essere il mio destino. – Mi posò una mano sulla spalla e mi guardò con dolcezza. – Nivek mi ha salvato.
– Bravo Nivek! – Esalò Wardell in tensione.
– Sì, davvero! Bravo! – Si congratulò anche Wren.
– Come? – Giunse infine Jethro che probabilmente capì che non ero esattamente come mi aveva lasciato.
– La ferita al mio petto era profonda ed il mio cuore leso mortalmente. Se non fossi stato un Mezzo Drago sarei certamente morto all'istante, eppure nemmeno quello mi stava salvando da tale destino. Nivek si è trovato costretto a darmi il suo cuore o vedermi morire. Ovvio è cosa egli abbia scelto. – Confessò e nessuno sembrò felice.
– Che scelta può aver compiuto? – Chiese allora il mio maestro. – “Si è trovato costretto”, hai detto, l'hai forse obbligato?
– No. – Risposi duro io. – Nowell era incosciente quando successe e con le mie stesse mani mi sono privato del cuore e l'ho donato lui affinché vivesse.
– È impossibile.
– Non per un Lungo Sguardo. – Intervenne mio nonno. – Spesso dimenticate, signori, che Nivek non è un Drago comune ed inoltre egli non è nemmeno un Drago completo. Forse la sua metà da Domatore gli ha consentito di compiere tale passaggio.
– Metà da Domatore? Cosa dice? – Domandò confuso Wardell.
– Calmatevi. Racconteremo. Molte cose abbiamo scoperto e molte cose sono cambiate ora che sappiamo. Sedetevi ed io e Nivek parleremo. – Allora tutti veloci presero posto mentre Oswin e Elmer salutarono e si allontanarono così da non creare altra confusione. Quando la calma calò sulla cucina il Solitario prese un profondo respiro. – Nivek non è un Drago puro. Egli è figlio di un Drago e di un Domatore e, come Wren e Jethro sanno, egli è chiaramente frutto di amore poiché ha le sembianze di un Drago. Rara, se non unica è la sua nascita. Nessuno conosce un Mezzo Drago sopravvissuto alla sua parte da Domatore, ma forse facile è spiegare il perché Nivek lo sia: egli prima di essere Domatore è un Lungo Sguardo e questo l'ha tenuto al sicuro dal soccombere alla sua parte da Domatore e così trovare la morte nei primi giorni di vita. Se Nivek non fosse stato tale sarebbe certamente morto. Ma egli è un Lungo Sguardo e un potente Drago. Ora non vorrei essere io a raccontare di più sulla sua nascita poiché non spetta a me parlare …
– Forse Murray desidera continuare. – Tuonò la voce di Yorick uscito dalla sua stanza. Tutti ne rimasero sorpresi e prima degli altri Wren che si alzò senza parole. Jethro però la fece tornare seduta così lei si calmò.
– Racconterei se non fosse doloroso per me quanto lo è per te. – Gli rispose mio nonno e la Domatrice spalancò la bocca incredula.
– Allora sarò io a parlarne. – Li interruppi. – A meno che tu, Yorick, desideri infine parlare per te stesso. – Lo incalzai.
– È della tua nascita che si discute. – Sussurrò in risposta come se non lo riguardasse.
– Mia madre è figlia di Murray, Drago dell'Aria e figlia della famiglia reale, mia madre si chiamava Naisse la Bella. – Ed in Wren ed in Jethro i dubbi divennero certezze.
– Yorick … Nivek è tuo figlio … – Mormorò Wren. – Quale gioiosa notizia! Quale stupendo annuncio! Naisse allora … – Mi guardò. – Cosa è successo a Naisse? Come è possibile che tu sia nato? Lei morì per mano del Re Orrendo …
– No, non andò così. – La corressi. – Compio congetture poiché nulla so di certo. Ma mia madre ed il suo Domatore vennero divisi e lei, per la sua immensa bellezza e forza, attirò le attenzioni del Re Orrendo e, così come volle avere un figlio dalla madre di Nowell, decise di avere un figlio da mia madre. E credette di esserci riuscito. Convinto di ciò la portò qui e l'abbandonò al villaggio in cui era nata. Non so come lo seppe, forse la torturò per saperlo. Mio nonno la trovò e lei mi diede alla luce. – Presi un profondo respiro. – Morì sei anni dopo ma ella non era sana di mente, il dolore l'aveva resa pazza. – Dissi impiegando molta forza di volontà. – Murray, credendo fossi frutto di violenza verso la figlia, non mi accettò e difficile fu la vita qui con loro. Io non sapevo di essere un Mezzo Drago, ma per questo venivo escluso ed allontanato. Infine fuggii e poi il resto lo conoscete. Tuttavia, essendo io per la maggior parte un Drago, è chiaro che non posso essere figlio dell'odio e così è altrettanto chiaro che mia madre era già incinta prima che il Re Orrendo le usò violenza. Quindi io sono il figlio di mia madre e del suo Domatore. Così è come sono nato.
– Naisse morì perché era lontana dal suo cuore, non è così? E divenne pazza per questo. – Disse Jethro.
– Non so se fu per le azioni del Re Orrendo o per il suo cuore lontano, ma ella morì sicuramente per quest'ultima ragione. – Rispose Nowell non volendomi far dire altro sulla faccenda.
– Povera Naisse, ma infine ha lasciato qualcosa a tutti noi, non pensi, Yorick? Un figlio hai avuto da lei ed il destino l'ha portato sul tuo cammino. – Disse Wren come commossa e rincuorata insieme. Tuttavia il Cacciatore non disse una parola.
Abbassai lo sguardo e strinsi le labbra per cercare di calmare il mio animo, ma era difficile sopportare quella situazione.
– Hai lasciato che Nivek parlasse al posto tuo, che egli raccontasse fatti che l'hanno portato ad essere odiato dalla sua gente, ed ora non hai una buona parola per lui? – Domandò Jethro e mi rivolsi al suo viso.
– Non so cosa desideri da me, non ho nulla da dire su questi fatti. Fatti che sono avvenuti lontani da me. – Gli rispose il Cacciatore. Il Drago si infuriò.
– E credi forse di poter far finta di niente?! Naisse è morta lasciando a voi due un figlio! Un figlio nato dal vostro amore! L'amore che ti ha portato a prenderle il cuore, ad unirti a lei! Un amore così che si allontana da qualsiasi logica di razza e stirpe! Esso ti ha condotto a lei e ha fatto nascere Nivek! Come puoi essere tanto stupido da non comprendere?!
– Non parlarmi in questo modo, Drago! So quale era l'amore che mi univa a Naisse ed esso è morto con lei! Non osare rivolgerti a me con questo tono! – Urlò Yorick.
Jethro ruggì con rabbia e gli tirò un pugno. – Un Drago! Con quanto disprezzo lo dici! Forse è questo il problema?! Infine simile è la tua mente a quella di tuo fratello?! – Wren si alzò e afferrò il braccio del marito che era ancora pronto a colpire il Cacciatore.
– Mi devi la vita, non dimenticarlo, Drago. – Lo ammonì Yorick.
– A Naisse dovevo la vita, lei è morta. Tu sei ancora vivo. – Jethro si liberò dalla presa e furioso uscì da casa sbattendo la porta.
Il silenzio calò su tutti noi e ci trovammo incapaci di proseguire oltre a parlare. Sapevo che Jethro non poteva sopportare l'atteggiamento del Cacciatore, aveva perso un figlio ed avrebbe perso la propria vita per passare anche solo un'ora con lui, eppure per il Domatore era diverso. Era diverso l'affetto che poteva nutrire per un Drago, sebbene fosse figlio della sua amata compagna. Guardai il viso di mio padre e lo vidi cupo, nero, mentre ancora si rifiutava di alzarsi dal pavimento. Un rivolo di sangue gli scendeva dal labbro e lì, così indifeso e nudo, mi fece tenerezza e pena insieme, pensai che avesse un lato del tutto diverso da quell'armatura dura e fredda che indossava, pensai che di quello mia madre poteva certamente essersi innamorata.
Presi un respiro profondo e mi avvicinai a Yorick mentre gli occhi di tutti si rivolgevano a me interessati su cosa avrei detto o fatto. Non parlai. Mi chinai e gli porsi la mia mano affinché si rimettesse in piedi. Mi guardò ed i suoi occhi si fermarono sul mio viso con intensità ed un dolore luccicò profondo nel suo sguardo e mi strinse il petto. Afferrò la mia mano e la portò vicino al viso, la serrò tra le sue e chiuse gli occhi. Sembrò pregare in silenzio. In quel momento capii che in me aveva finalmente visto mia madre.
Mi inginocchiai accanto a lui e lasciai che le mie braccia lo circondassero. Le lacrime gli rigavano le guance e piangeva. Wren alle nostre spalle sospirò. – Dannatamente difficile è provare sentimenti … – Mormorò e la sentii mentre usciva di casa ed andava da Jethro.
– Calmati, Yorick. – Lo esortai. – Difficile è averla persa e lo comprendo molto bene. Lei ha sofferto, non lo nego, ma anche tu hai pagato il prezzo della tua vita. Basta colpe. – Gli strinsi forte le mani. – Basta pensare alle colpe che furono commesse. Sincero e candido era l'amore che c'era tra voi ed esso si è compiuto in me, ha permesso che io nascessi e sono grato ad entrambi voi. – Mi guardò e gli sorrisi. – L'amore non può essere una colpa. – Mi abbracciò ma non disse niente. Strinse le sue mani intorno al mio collo e restò immobile mentre cercava di sopprimere il pianto ed avvertii per la prima volta un sentimento del tutto nuovo in lui, qualcosa che l'aveva risvegliato dal torpore. Non era improvvisamente cambiato, diventato un altro uomo, rinnegato la sua freddezza, era lo stesso, ma ora sembrava accettare quell'orrenda verità che gli si era palesata. Sapere di aver lasciato morire Naisse scatenava in lui un dolore più forte della gioia che poteva dargli la nascita di un figlio: fino a questo punto può spingersi l'amore di un Domatore e, sebbene molto simile a quello di un amante, a volte è solo paragonabile a quello che si ha per se stessi.
Dunque non mi disse che mi amava, che infine mi accettava come figlio, che ero importante per lui, non mi disse nulla. Restò in silenzio il burbero Cacciatore mentre abbracciava il figlio ritrovato e mai immaginato. Non servivano parole o altro. Non c'era voce abbastanza forte o tono sufficientemente adatto. Non serviva nessun tipo di scusa. Infine aveva deciso di aprirmi il suo cuore sebbene fosse gelato ed, il più delle volte, muto.
 
Andammo fuori io e mio padre alla luce del sole così da fare in modo che lui si calmasse. Le emozioni l'avevano scosso e, sebbene non cercai di non darlo a vedere, avevano turbato anche me. Ci sedemmo ai piedi di Principe e la neve ci bagnò. Il gelo riuscì velocemente a raffreddare la sua mente che si trovò così immersa ancora una volta nel mondo che lo circondava. Sollevò lo sguardo e pensò, lo capii da come serrava le labbra, a Naisse la Bella.
Non volevo dire nulla che potesse rovinare quel momento insieme e, a meno che lui non avesse parlato per primo, non avrei emesso suono, ma l'attesa non fu molta. – Il giorno in cui fui ferito all'occhio venni catturato e fu l'ultimo giorno che vidi tua madre. – Disse sfiorandosi la cicatrice. – Il Drago di mio fratello mi colpì con forza disarcionandomi. Lei venne presa ed allora le ordinai di tornare umana affinché potesse liberarsi, ma non ci riuscimmo, nessuno dei due. Fummo portati da lui, dal Re Orrendo. Ero sfregiato e la ferita mi correva giù fin in mezzo al petto, così dannatamente vicino ai nostri cuori tanto che entrambi ne sentivamo gli effetti. Poi mio fratello cominciò a colpirmi e mi costrinse a terra mentre rideva di me che non ero riuscito a rubargli il trono. Non mi importava cosa mi faceva, desideravo solo che Naisse fosse risparmiata dal dolore, anche se sapevo bene che in realtà, attraverso il mio corpo, per via dei nostri cuori, ne sentiva. Tuttavia era la mia carne quella verso cui lui si rivolgeva e del resto non mi importava.
Prese un respiro profondo. – Ma la vide e lei era tanto bella che non poteva non attirare la sua attenzione. L'aveva sempre bramata, fin dalla prima volta che la notò con me. Crudelmente la prese mentre io ero ormai in fin di vita e la trascinò via da me, lontano, e poi il suo cuore si fermò nel mio petto e piansi di un dolore immenso. Non c'era più nulla che mi spingeva a vivere, ma lui non era soddisfatto. Cinque anni restai nelle sue mani ed il dolore fu sempre più forte e sempre più feroce ogni volta che arrivava. – Sospirò. – Eravamo fratelli, ma lui non ebbe pietà. Ero cresciuto con lui, con lui avevo volato, amato, pianto e riso. Avevamo passato molte difficoltà, ma la sua crudeltà era troppo profonda per essere sradicata ed io non ne avevo le forze. Quando ebbe finito di divertirsi mi lasciò andare e per altri cinque anni vagai senza meta schivato dai miei simili ed odiato da coloro che dovevano odiarmi.
– Cominciai poi ad occuparmi dei Draghi ed il resto della mia vita fu poco affascinante. Non ebbi più occasione di incontrare mio fratello e ne fui grato. Solo quando il coraggio aumentò in me decisi di fare ritorno nelle terre in cui avevo conosciuto Naisse. Restavo in questi boschi perché essi mi ricordavano lei. – Sollevò ancora gli occhi su Principe.
– Fu come lei ti raccontò, sai? – Sorrise. – Il nostro primo incontro. Mi arrampicai su questo albero. Prima non vi era recinto sebbene la vostra casa già ci fosse. Salii poiché esso era alto ed il mio desiderio del Cielo profondo. Avevo già Draghi al mio servizio eppure non ne ero felice. Mio fratello invece adorava tale potere ed io e lui cominciavamo ciò che poi ci condusse alla lotta. Camminavo per questi boschi quando vidi questo pino e decisi che se fossi salito in cima allora mi sarei sentito felice ed appagato. Mi fermai a metà per qualche ora e poi, proprio mentre avevo deciso di continuare a salire, un ramo si spezzò e caddi a terra nella neve profonda. Lì vicino c'era Naisse e ci innamorammo perdutamente. – Sospirò. – Venne via con me e la mia voglia del Cielo venne saziata per sempre. – Mi guardò e silenzioso sembrò rivedere il viso di mia madre che lo osservava curioso chiedendosi cosa ci facesse un uomo su di un albero. – Erano queste parole che volevi sentire dalla mia voce? – Domandò tirandosi indietro i lunghi capelli biondi che gli cadevano sul viso.
– Sì, ma non erano parole che volevo udire, ma solo il suono di esse che usciva dalle tue labbra. – Risposi alzandomi dalla neve.
– Ora lo vedo, sai? – Mi voltai.
– Cosa?
– Ora che ti guardo con attenzione vedo chiaramente il suo profilo, la sua bella statura ed i suoi occhi che brillano come i tuoi. – Confessò. – Ma qualcos'altro mi ha condotto a te. – Lo guardavo aspettando quella risposta. – Le tue mani che così simili sono alle mie, come la bocca ed il naso. Essi mi fanno comprendere che non c'è solo Naisse in te, ma anche qualcosa di mio. – Sorrisi e alzai lo sguardo verso l'entrata della casa e lì vidi Jethro che ci osservava e calmo era il suo viso.
– Ti ha tirato un bel pugno. – Dissi divertito nel ricordare la scena.
– Lo ringrazierò più tardi. – Risi mentre Yorick si alzava e si stiracchiava come un vecchio gatto. – Inoltre sarà meglio rientrare. Se il Re Orrendo sa di te egli ora ti desidera, ma ancora peggiore di ciò c'è che vorrà distruggere chiunque si è spinto contro di lui. So come pensa e vi aiuterò a compiere ciò che io ho fallito.
– Pensavo mi avresti esortato a non provarci, a lasciar perdere. Pensavo avresti detto che eravamo già tutti morti. – Mi guardò.
– Vorrai scherzare, se un Lungo Sguardo che ha riunito i Draghi Liberi e che scatena fulmini dal cielo non riesce a batterlo, be', allora penso proprio che non ci sarà verso di sconfiggerlo. – Ridacchiai. – Inoltre sarebbe folle non provarci, non credi?
– Folle di certo. – Risposi e sentii l'approvazione di un padre provenire da lui e forte fu la convinzione che potessi infine riuscire nell'impresa.
Per primo rientrai in cucina e mi misi al fianco di Nowell. Lo guardai e lui, sapendo già che ogni cosa si era risolta per il meglio, mi accolse al suo fianco. Yorick allora entrò dietro di me e guardò tutti con un certo imbarazzo ma con molta più determinazione. Solenne cominciò a parlare a tutti i presenti. – Una volta mi trovavo nella stessa situazione in cui ora vi trovavate voi. Ero un Principe ed avevo dei seguaci, un Drago forte al mio fianco e tanti sogni nel cuore, il primo tra tutti una pace che potesse essere forte e duratura tra Draghi e Domatori. Tentai senza riuscirvi di sconfiggere il Re Orrendo, colui il quale è mio fratello. Persi molto in quella battaglia, ma so molto bene quale genere di strategie egli usa e cosa lui volgerà contro di voi. Sono pronto e saldo nel proposito di aiutarvi quanto più posso. Ho vissuto nel luogo che vi accingete ad assediare. Morirò piuttosto che veder fallire ancora questa missione.
Così disse la voce di Yorick e calda essa si diffuse nei cuori dei Domatori e dei Draghi. La forza e l'ardore li percorse ed io seppi come aveva guidato così tanti uomini sotto di sé. Saldo si fissò il principio di quella lotta e la fine si avvicinò di un passo. Avevamo un altro vantaggio ed anche questo sarebbe servito per riuscire a sconfiggere colui che per troppo tempo aveva costretto il nostro mondo sotto il giogo della sua malvagità.
Così parlò la voce del Principe Perduto ed egli era mio padre, l'uomo che Naisse la Bella aveva amato e che nel buio del male aveva brillato troppo forte per non essere da esso tormentato.

Nivek e Yorick sono finalmente uniti. Cosa pensate di loro? Credete abbiano un bel legame o è ancora troppo distaccato per dei famigliari? 
Nivek ora è diviso tra due grandi affetti in cui vede la figura di un padre: cosa farà nei confronti di Jethro? Lo sentirà ancora tanto vicino a lui come in precedenza?
Spero che vi sia piaciuto questo capitolo!
Iwon Lyme

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Capitolo 23
*** La Voce del Re - Parte V ***


Eccoci giunti al nuovo capitolo! Moltissime cose sono cambiate, ma cosa succederà adesso? La guerra deve ancora cominciare, ma ci sono molte cose che  sembrano necessitare risposte e chiarimenti.
Riusciranno i nostri personaggi ad ottenere quello che desiderano?

 
La Voce del Re - Parte V

Sedevo nel giardino di casa avvolto in una calda pelliccia e sonnecchiavo mentre il sole sorgeva. Avevano parlato tutta notte i Domatori e le discussioni si erano protratte fino a quell'ora ed ancora non davano segno di smettere. L'aria era divenuta pesante nella cucina di casa mia e così ero uscito per prendere un po' di fresco. Il gelo mi solleticava il viso e ne venivo rinfrancato. In lontananza sentivo le voci di Nowell e Wardell che facevano piani e discutevano con mio padre. Il sonno tentava di cogliermi con insistenza eppure non desideravo cedere.
La porta si aprì e da essa uscì un tepore che quasi mi vinse. Poi Ishmael si sedette accanto a me e così rinvigorii del tutto. – Quante cose hai scoperto, eh? – Mi disse sospirando.
– Sì, molte e tutte così bizzarre. – Gli sorrisi e lui ricambiò. – Tu e Wardell siete di nuovo uniti, mi rende felice, Ishmael. – Arrossì.
– Quasi più di prima a dire il vero. – Confessò. – Ho parlato con lui a cuore aperto e gli ho detto che quando la pace giungerà risponderò nuovamente alla sua domanda. – Gli afferrai il braccio e lui mi guardò commosso.
– Quel momento sarà il migliore per te. – Il suo sorriso divenne radioso e rise sottile.
– Non attendo altro. – Prese un profondo respiro ed osservò il cielo che tornava chiaro e splendente. – Com'è non avere più il cuore, Nivek? E davvero non è stato Nowell a costringerti?
– No di certo, lui anzi si infuriò quando lo seppe. Non avrebbe desiderato questo destino per noi, ma esso è giunto, così come tutti gli altri eventi della nostra vita. – Sospirai. – Pensavo che senza cuore ci si sentisse vuoti, eppure esso mi parla dal petto di Nowell e porta con sé le sensazioni del mio padrone. È un miscuglio magnifico ciò che provo tanto che ogni sentimento mi sembra essere nuovo e tutto è vissuto con il doppio dell'intensità. Dovevo fare ciò che ho fatto, ma è stata una scelta fortunata.
– Perché dovevi? Se lui fosse morto tu saresti tornato libero. Avresti potuto volare solo per la prima volta nella tua vita.
– Volare senza Nowell non significherebbe nulla. Senza di lui non avrei mai potuto volare. Inoltre non scambierei con nulla il nostro legame. – Strinsi le mani. – Egli moriva e non potevo fare altro se non donargli il mio cuore e, se non fossi riuscito a salvarlo, almeno morire con lui.
– Non ne eri sicuro?
– No di certo, mi sono basato su una leggenda che mi piaceva da piccolo non di certo un trattato medico! – Risi. – Eppure ha funzionato piuttosto bene. – Anche Ishmael scoppiò a ridere e fui così lieto di essere ancora con lui che il mio cuore sussultò nel petto del mio padrone.
– Mi hanno detto che il tuo proposito ha funzionato e che i Draghi Liberi ti seguono, è fantastico, non credi?
– Lo è di certo. Ma non tutti hanno deciso di seguirmi. Per ora i Draghi di Fuoco e dell'Aria si uniranno a noi, ma quelli dell'Acqua non verranno e quelli della Terra in questi giorni ascolteranno la voce dei miei messaggeri. Spero infine che ci siano anche loro. – Osservai le nuvole tinte di rosa ed il mio animo si scosse dall'agitazione. – Sono Re, lo sai? Il Re che doveva fare ritorno, così dicono in molti e tanti mi seguiranno e moriranno per me. Non so se posso davvero sostenere questa eventualità.
– Non per te muoiono, Nivek, ma per la pace che porterai. Il Re ha fatto ritorno ed il Lungo Sguardo li condurrà alla pace. Abbi fiducia e nessuno morirà invano. La prova più difficile però sarai tu a doverla superare. I Draghi del Buco di Eran sono crudeli e senza pietà, non parlano come noi ed i loro poteri sono temibili.
– Ne ho avuto un assaggio.
– Lo comprendo, ma se sei ancora vivo per raccontarlo esso non fu altro che un semplice assaggio. – Mi guardò con gravità. – Io sarò al tuo fianco e ti aiuterò, ma li temo e non lo nego. Combatterò e sarò all'altezza di essere tuo amico, in alto nel Cielo porterò la mia forza lasciando a terra le paure e con il mio padrone uccideremo quanti più nemici ci sarà possibile. A te toccherà il compito di puntare al Re Orrendo ed egli è il nostro unico obiettivo. Morto lui nessun altro proseguirà la battaglia.
– Sarò all'altezza di tale compito oppure morirò provando ad esserlo. – Dissi e promisi a lui come a me stesso.
La porta si aprì ancora e Nowell sbucò fuori. – Sembra che non si giunga ad una decisione, quando saremo uniti con Ormond ed i Domatori decideremo cosa fare. – Sussurrò ed io annuii.
– Va bene. – Risposi. Lui guardò il Drago seduto accanto a me.
– Ishmael, grazie per la tua pazienza. – E silenzioso rientrò facendomi sorridere per la sua gentilezza.
– Anche lui sa … – Mormorò il mio amico in imbarazzo.
– Be', mi dispiace, ma ha il mio cuore e molto ormai intuisce senza che io dica. – Con piglio Ishmael si alzò.
– Allora non parleremo mai più di argomenti spinosi! – Decretò ed io sapevo fin troppo bene che al primo cambiamento sarebbe venuto a parlarmi. Si allontanò ed andò a fare due passi intorno alla casa lasciandomi solo e nuovamente soggetto del sonno.
Ancora i miei occhi si fecero pesanti e cominciai ad avvolgermi di più nella pelliccia. Il freddo ormai non poteva più niente e non c'era quasi verso di stare sveglio. A penzoloni la testa cadeva sul petto e gli occhi si chiudevano alla luce brillante del sole del mattino. Poi però la porta si spalancò ed allora mi tirai diritto in piedi. Wardell uscì con al seguito Shiloh e si fermò a metà giardino. Si rivolse a me. – Ishmael?
– Fa il giro della casa. – Risposi e lui annuì. Dopo aver preso due profonde boccate d'aria andò alla sua ricerca.
Jethro uscì con Wren ed entrambi erano stanchi e provati, eppure sentir parlare Yorick li aveva ringiovaniti e aveva fatto ricordare loro dei tempi in cui volavano alti nel Cielo. – Ciao, soffio di fumo, immagino che tu sia molto stanco, mi ha detto Nowell che hai affrontato duri allenamenti. – Disse lei sbadigliando rumorosamente.
– Sì, piuttosto stanco, ma voi sembrate nella mia stessa situazione. – Ridacchiò senza smettere di sbadigliare.
Murray, Yorick e Nowell uscirono e tutti ripresero aria nei polmoni e freddo sul viso. – Se lo desiderate potete dormire sul pavimento o dove trovate posto, in realtà non ho molto da offrirvi. – Li invitò mio nonno che era il meno stanco di tutti sebbene fosse sicuramente il più anziano. Forse solo Shiloh poteva tenergli testa, anche lui sembrava altrettanto fresco e riposato.
– Accettiamo con riconoscenza! – Esclamò Wardell sbucando dall'angolo sulla mia destra e trascinando dietro di sé Ishmael.
– Allora sarà meglio aprire le finestre. – Continuò Murray e rientrò per far cambiare aria alla casa.
– Ma una folata di vento controllata non sarebbe un modo più facile e più veloce? – Borbottò Wardell sbadigliando al pari solo di Wren.
– Anche io sono distrutto. – Mormorò Nowell avvicinandosi e poggiandosi addosso a me che ormai dormivo in piedi. Già dovevo sopportarlo tutta la notte perché Murray non aveva un letto in più da darci e lui si muoveva sempre! Pure quando aveva un intero stuolo di persone veniva a cercarmi per disturbarmi nel sonno? – Sento il tuo disappunto fin nelle budella. – Biascicò mentre chiudeva gli occhi ed ebbi paura si addormentasse profondamente addosso a me.
– Direi che sarà meglio riposare tutti quanti. – Concluse Yorick guardando dentro per vedere se Murray avesse dato il via libera. Mio nonno uscì e ci esortò ad entrare ed a metterci comodi, così, veloce, portai Nowell nella nostra stanza e lo sdraiai a letto. Probabilmente lui aveva fatto meno di tutti eppure era crollato come se avesse volato per spazi interminabili. Sospirai.
– Yorick … – Sentii dire a mio nonno fuori dalla porta chiusa della mia stanza vicino alla quale vi era quella di mia madre.
– Desideri dirmi qualcosa? – Domandò il Cacciatore.
– Non ho mai, nella mia intera vita, pensato che un Domatore potesse essere una brava persona, ma ora che vedo tutti questi uomini ho idee molto diverse e mi sono trovato a chiedermi se forse questo non sia il destino che dovrebbe spettare ad ogni Drago. – Confessò Murray. – Ma non so darmi una risposta e forse, come non per tutti vi è la stessa via per giungere ad un luogo, così forse non per tutti è questo tipo di vita. Per mia figlia, per lei fu tale la strada. E devo dire che sono contento che tu l'abbia percorsa con lei. – Fuori si fece silenzioso ed io sorrisi colmo di gioia e di commozione dentro di me. Infine ciò che mai avrei immaginato stava avvenendo ed i cuori più irriducibili mutavano e vedevano il bene, l'amore e la gioia che c'era nel vivere con il proprio Domatore.
– Le tue parole mi toccano profondamente il cuore, Murray, mai avrei sperato di udirle nella mia intera vita. Sono felice che lei avesse una famiglia tanto meravigliosa ed ancora una volta le devo molto poiché mi sembra che anche questo mi abbia donato. – Nowell mi guardò e seppi che faceva finta di dormire.
– Non sei più stanco? – Chiese.
– Il sonno mi è passato all'improvviso. – Risposi sospirando di felicità.
– Allora andresti a prendermi un bicchiere d'acqua, sto morendo di sete, ho parlato tutto il tempo. – Alzai un sopracciglio. – Ho davvero molta sete.
– Ordinamelo se proprio ne senti la necessità. – Obiettai e mi stesi a letto e lui sospirò.
– E se morissi di sete allora moriresti anche tu … – Mormorò fingendo di avere la voce roca.
– Sento che correrò il rischio. – Così, senza più resistere, mi addormentai.
 
Il mattino giunse in fretta anche quel giorno. In cima alle montagne che avevano visto lo scorrere dei miei primi anni di vita il tempo non era mai trascorso così veloce. Tutto mi era sempre sembrato statico e fin troppo stabile. Mai avevo pensato a come quel cielo azzurro ed immenso poteva mutare le vite degli uomini.
Il sole sembra distante, la luna quasi assente immersa nel proprio candore e nella propria immortalità. Eterna, come i secoli e le ere che si sarebbero susseguiti avanti al piccolo lasso di tempo nel quale io avrei vissuto, così eterna era la luna e le sue amate stelle tanto che non potevo pensare ad altro che tale distanza, tale immensa strada impercorribile che mi conduceva a volermi sempre spingere più in alto. Il Cielo, come noi Domatori e Draghi lo intendiamo, ha sempre condizionato enormemente le vite della mia gente, entrambe le metà. Non ci sarebbe stata cattiveria o giogo se i Domatori non avessero desiderato toccare, colmare la distanza eterna di anni che li divideva dalla luna e dal cielo che così crudelmente chiamavano gli animi al di loro raggiungimento. Non ci sarebbe stata violenza senza ardore, passione per ciò che oltre va rispetto alla dura terra ed alla fredda acqua. Pensare che per voler volare in alto, in questo loro desiderio oscuro hanno infine realizzato ciò che li avrebbe condotti ancor più lontani da esso. Morte. Morte ed odio che la causa essi avevano donato al mondo. Avevano ridotto la loro vita ancor più brevemente di quanto sarebbe stata ed ancora più lontana dall'eternità della luna. Per un momento avevano pensato che con la carneficina, il contrario di una vita eterna, avrebbero ottenuto l'immortalità.
Avevo compreso che ciò che un ragazzo aveva lasciato che sognassi, ciò che credevo fosse il mio destino in realtà non lo era. Avevo realizzato che mai avrei potuto colmare la distanza che mi divideva dal sogno assoluto, dal Cielo più immenso, brillante e grandioso. Non sarei mai potuto essere eterno e ciò, credetemi, mi aveva spaventato molto. Pensavo, sapete, che i Domatori, quali sapevano la loro estrema caducità e debolezza, compivano un enorme errore nel credere che nella guerra, nella distruzione, nel restringimento dei sogni di coloro che li avevano simili ai loro, in questi atti terribilmente comuni essi avrebbero realizzato le loro ambizioni ottenendo infine l'opposto rispetto a ciò che si prefiggevano. La paura di essere dimenticati è la più terribile. La paura di essere dimenticati è così terribile che spinge ai peggiori degli atti e la delusione di non essere eterni costringe in fondo al buio più oscuro.
Comprendevo il Re Orrendo. Sfiorato dai venti profumati di pino e solleticato ancora da quel desiderio abbandonato, comprendevo il Re Orrendo e sapevo che tutti noi, perfino Nowell, Yorick e Wardell, potevamo essere esattamente come lui. Mi spaventò pensare che non ci fosse altra via d'uscita alla condizione in cui eravamo se non quella scelta da colui che combattevamo. Nell'oppressione aveva trovato la propria importanza. Comprendevo come ciò ai suoi occhi potesse somigliare a venerazione, rispetto, gloria e perfino immortalità. Comprendevo che spesso si ricorda con più assiduità chi ci fa del male piuttosto che chi ci compie del bene e che nei cuori di coloro che abitavano il mio mondo la figura del Re Orrendo sarebbe stata ben più persistente delle nostre che forse sarebbero riuscite nell'impresa di spodestarlo. Ciò però non mi rattristava, piuttosto mi faceva riflettere sulla vera natura del mio e dell'animo altrui. Pensai che se gli uomini fossero stati più avvezzi ad avere memoria delle buone cose allora quelle negative sarebbero diminuite sensibilmente poiché molti cercano soprattutto nel ricordo di se stessi di colmare la distanza tra la caducità e l'eternità, cosa che comunque resta incolmabile.
Non so dire con precisione perché in un momento in cui mi accingevo a compiere sì azioni per il bene e a spingermi infine contro il più grande male questi pensieri giunsero alla mia mente. Riflettendo che stavo per intraprendere io stesso una guerra in cui amici e nemici sarebbero morti per mia mano o mano altrui non potei fare altro che rattristarmi: il male, e ciò fu duro da accettare, può essere combattuto solo con altro male. Perfino il fine, che era alto e stupendo, non giustificava le mie future azioni.
Il mio cuore si indurì in cima a quelle montagne. Divenne di pietra e pesò nel petto di un altro. Avevo preparato il mio corpo a ciò che ero pronto a fare e con esso anche il mio spirito. Il male che avrei compiuto certamente sarebbe stato crudele e terribile, certamente sarebbe stato orrendamente temibile, per questo non vi erano scuse, la costrizione ad un mezzo che non potevo accettare come mio era infine la condizione primaria affinché il male che affliggeva altri e che avrebbe afflitto molti si estinguesse, e per questo non cercavo giustificazioni. Avevo accettato di impugnare il dolore come arma e di volgerla verso colui che l'aveva usata fin troppo. In un mondo perfetto, se esso mai potesse esistere, il Re Orrendo non sarebbe mai cresciuto ed i Domatori e i Draghi sarebbero stati uniti solo dall'amore e dall'affetto, ma non era ciò che era infine destinato. Ero nato, e lo capii sulle stesse montagne che da ragazzo avevano ispirato in me un'ambizione lontana e distante dal mio fato, ero nato esattamente per quel momento, per quella singola minuscola speranza che avrei potuto dare al mondo, la speranza di poter essere più vicino alla perfezione, più vicino al Cielo che tanto amavamo.
La determinazione prese il posto della scontentezza per i miei futuri atti. Abbandonai il pentimento, per quello ci sarebbe stato molto tempo, impugnai la rabbia, la furia e la certezza di poter compiere con le mie mani qualcosa di orribile … la speranza soprattutto che questo portasse ad una vittoria.
Ero Nivek, puro delle regioni dell'aria, Re di tutti i Draghi, Signore del Vento e Re del Cielo, Lungo Sguardo, Mezzo Drago e Drago Consacrato. Ero Nivek … ed ero pronto ad esserlo.
 
L'aria vorticava forte in alto e da est proveniva una grossa nube nera. Il cielo ne veniva invaso ed essa avvolgeva l'azzurro luminoso per soffocare lo sguardo. Era ancora molto lontana rispetto al luogo in cui noi ci trovavamo, eppure era troppo vicina, tanto da essere vista e temuta. Chiunque alzando gli occhi e non vedendo il sole sorgere avrebbe saputo che qualcosa si stava apparecchiando, qualcosa stava per compiersi ed io e Nowell ne eravamo le cause. La punizione del Re Orrendo si sarebbe abbattuta sui seguaci del figlio che aveva tentato di spodestarlo, essi ormai egli credeva fossero privi di condottiero. Sperava che vedendo la sua ira molti si sarebbero allontanati dal proposito soprattutto avendo perduto una guida, ma così non sarebbe mai stato.
Wardell era ripartito per congiungersi al fratello Ormond e per stringere coloro che si erano riuniti in una morsa di fiducia. Avrebbe annunciato il vero portando con sé anche la mia parola. Mio nonno aveva cominciato a preparare ogni cosa per la partenza e soprattutto per la battaglia. Molte Tribù dell'Aria avevano già risposto all'appello ed alcuni erano giunti sulla nostra montagna per vedermi. Dalle Regioni della Terra non giungevano ancora notizie. Nel mio cuore però giaceva la convinzione che nel momento del bisogno i Draghi Liberi si sarebbero riuniti sotto le mie ali.
Yorick aveva avuto un mutamento repentino ed ogni giorno più profondamente comprendevo in che modo aveva affascinato coloro che l'avevano seguito. Sebbene Nowell fosse colui che ai miei occhi si avvicinava maggiormente all'idea di regalità, Yorick la incarnava quasi perfettamente. Vi era uno spiccato portamento in lui, portamento che era rimasto nascosto sotto gli abiti di Cacciatore, il suo volto era duro e clemente quando occorreva l'uno o l'altro e, sebbene fosse attraversato da rughe e cicatrici, sembrava quello di un giovane, con la medesima forza e la medesima convinzione. Nowell certamente possedeva un fascino molto simile, affievolito forse dai dolori che aveva vissuto soprattutto da bambino e dalle colpe che oscuravano il suo animo e la sua sicurezza. Yorick era sempre stato nel giusto ed il suo dolore lo rendeva ancora più nobile, ancora più coerente. Mi stupii di come un uomo potesse sembrare immensamente solido, tutto d'un pezzo, di come emanasse saggezza e dolcezza senza però scadere nella più completa impotenza. Yorick era senza alcun dubbio figlio di un re. Sapevo che con il suo aiuto e la sua guida ogni cosa si sarebbe ristabilita nel modo più corretto.
Murray era stupito non solo dalla normalità dei Domatori, ma in modo più acceso dalla forza di essi e soprattutto dalla bontà di Nowell e Yorick verso i Draghi. Il mio padrone, come già aveva dimostrato nelle Regioni del Fuoco, era molto popolare tra i bambini. Forse attirati dal suo aspetto bizzarro e dai suoi capelli di un colore così particolare, si divertivano a tormentarlo al punto che se io fossi stato al suo posto non avrei saputo resistere. Yorick invece era più occupato a dare ordini ed a preparare provviste e dirigere i vari gruppi che giungevano da fuori. In lui certo mio nonno vide con chiarezza l'ombra della propria figlia e la gentilezza che lei aveva lui insegnato. Il cuore muto di mia madre giaceva ancora nel petto di mio padre ed, ogni qualvolta ci pensavo, sentivo forte nel mio animo la convinzione che infine l'amore non si era mai spezzato. Sorridevo a Yorick e lui, solo guardandomi, poteva comprendere dove si stavano rivolgendo i miei pensieri ed, alzando gli occhi su Principe, vedeva ancora la neve soffice ed il viso chiaro e luminoso di Naisse la Bella che gli sorrideva.
Wren si occupava con cura delle faccende che interessavano anche le donne Drago e lei era in assoluto quella guardata con più stupore. Lei era una Domatrice ma non una comune, bensì Consacrata, innamorata del proprio Drago e soprattutto una delle più importanti figure della rivolta presente e, in modo più pratico, anche di quella passata. Il suo Drago poi incuteva molto timore in quelli di Aria che per molto tempo erano rimasti distanti dal mondo e dai loro simili. Murray non aveva compreso subito l'animo gentile di Wren, sebbene gli stesse molto simpatico Jethro e desiderasse diventare un suo amico, tuttavia, con il trascorrere dei giorni, vide ciò che tutti potevano vedere nei due amanti: la loro intimità velata dal tempo trascorso insieme, l'amore solido e la gentilezza verso coloro che li circondavano, imparata dalla poca dolcezza ricevuta per la loro condizione. Divennero amati molto più di altri poiché la nobiltà delle loro azioni, infine, fu compresa.
Mi ritiravo spesso in cima al picco su cui mi ero allenato, soprattutto quando molta gente giungeva alla montagna o quando si richiedeva più la mia attenzione che il mio aiuto. Non ero ancora abituato ad essere ricercato come un Re. La calma ed il silenzio di quel luogo riempivano il mio cuore di speranza e felicità, lì avevo ritrovato mio nonno, lì avevo compreso la mia stessa natura e la mia forza. Presto sarebbe giunto il giorno in cui essa sarebbe stata necessaria.
Sospirando Jethro si sedette accanto a me. – Sei sempre più pensieroso, vedo la preoccupazione nel tuo sguardo quando ti rivolgi ai tuoi sudditi.
– Che strano modo per definirli … sudditi.
– Loro si rattristerebbero sentendotelo dire. – Mi riprese. – Per loro essere tuoi sudditi è un grande privilegio, il più grande che potrebbe capitar loro. – Restai in silenzio poiché sapevo che pensavano questo. Rispettavo enormemente la loro fiducia e fedeltà tanto che spesso ne venivo schiacciato. – Cosa ti preoccupa? – Domandò con voce calda e dolce.
– Non è preoccupazione. Impazienza. Sono dannatamente impaziente di sapere come andrà a finire e … vorrei evitare la guerra e giungere direttamente alla vittoria. – Sorrise.
– Sarebbe certamente più facile per tutti noi, mio Re, ma questo non è il nostro destino e nemmeno quello del Re Orrendo. Egli si prepara ed anche noi facciamo lo stesso. – Mi posò una mano sulla spalla e fu rincuorante sentirlo così vicino ai miei sentimenti come sempre era stato. – Mi hanno detto che ti sei addestrato con tuo nonno …
– Ti dispiace? – Domandai e lui scoppiò a ridere.
– No di certo! Sono io che ho rubato lui il posto, non il contrario! Anche se sono felice davvero di averlo fatto. – Nei suoi occhi vedevo per me qualcosa che andava oltre il sangue ed il rispetto, qualcosa che mi aveva sempre rivolto ed io ne venivo avvolto, custodito, ero felice come il primo giorno in cui lui mi aveva dimostrato amore e dolcezza. – Sei diventato più forte immagino.
– Sì, sicuramente … hai visto anche tu mentre arrivavi, no? Volgermi contro il Re Orrendo non mi spaventa, piuttosto, pensando a voi, spero di essere in grado di proteggervi.
– Non devi pensare a questo, è sciocco distrarre la tua attenzione dal grande nemico, egli è furbo, abile e comanda molti Draghi da molto prima della tua nascita, devi concentrarti su di lui. Chiunque di noi dovesse morire sarà felice di farlo sapendo che lui è sconfitto.
– Ma io voglio che nessuno di voi muoia.
– Questo è un desiderio davvero ambizioso, mio Re. – Sorrise. – Se dovessimo morire speriamo di farlo per una vittoria. – Abbassai lo sguardo e mi strinsi in me stesso. Sapevo che aveva ragione eppure avrei voluto essere molto più forte di quel che ero così da non permettere loro di soffrire o di abbandonarmi. Era egoistico il mio pensiero, ma loro erano la famiglia, gli amici che tanto a lungo avevo desiderato, cercato e che infine mi ero costruito, avevo trovato. Alcuni mi amavano indipendentemente da chi o cosa fossi e Jethro era il primo di costoro. Altri mi amavano avendo conosciuto il sangue che scorreva nelle mie vene, il destino che avevo davanti o la spettacolarità della mia nascita. Uno mi amava profondamente ed inscindibile era il nostro animo.
– Sai mi fa strano sentirmi chiamare “mio Re” da te, non lo apprezzo proprio. – Borbottai intrecciando le dita e guardandolo di sottecchi. Rise ed il suo viso fu luminoso e la sua voce ardente e calda come fuoco d'inverno.
– Forse non dovrei chiamarti così? Sono lieto di essere sotto il tuo comando.
– Ma per me non sei un semplice suddito, Jethro. – Restò in silenzio e mi guardò a metà tra il rattristato ed il felice.
– E tu per me non sei un semplice Re, figliolo. – Le sue parole corsero dentro e fuori di me più volte e come una scossa di gioia mi invase il petto tanto che pensai che se il mio cuore fosse stato lì per essere colpito da quella freccia allora sarei morto di felicità. Tutto non perché mi avesse chiamato Re, ma figlio per la prima volta.
Pensate forse che dimenticavo che mio padre era Yorick, il Domatore e non Jethro, il Drago gentile? No, non lo dimenticavo. Ma l'affetto che nutrivo per lui era al pari di quello che dovevo nutrire per mio padre e sapevo che il rapporto che avrei avuto con Yorick non sarebbe mai stato simile a quello con Jethro. Non che esso non sarebbe stato pieno di amore in egual misura, ma in modo totalmente diverso. Il Cacciatore non avrebbe mai letto il mio animo così come un Drago poteva fare e non avrebbe mai compreso veramente i miei sentimenti per Nowell, la mia devozione, la mia silenziosa accettazione di essere da lui comandato. Non avrebbe mai compreso il peso di perdere il proprio cuore e di avere un padrone: queste erano cose che solo un Drago poteva capire, che solo Jethro poteva condividere con me. L'amore tra me e Nowell era completamente diverso da quello che il mio maestro nutriva per Wren, ma la fonte e le conseguenze erano assai simili. Yorick non avrebbe mai potuto comprendere cosa un Drago perde volando solo per il proprio Domatore e cosa guadagna ricevendo una vita di obbedienza. Yorick non avrebbe mai capito la dipendenza e nemmeno avrebbe provato un amore di Drago per me che, sebbene fossi per metà un Domatore, ero tale, ero Drago e così il mio cuore ragionava. Mio padre era Yorick, il Domatore, e per sua natura gli era difficile comprendere il mondo dei Draghi. Perfino il più buono di tutti i Domatori non l'avrebbe mai compreso. Mio padre era Yorick ed egli era il padre del mio corpo, della mia mente, ma Jethro era il padre del mio animo di Drago, dei miei sentimenti, lui li aveva creati in me ed a lui erano rivolti come tale. Diverso era l'amore che nutrivo per entrambi: uguale in misura, differente in modo ed in espressione.
– Jethro … – Mormorai.
– Non dovrei chiamarti così … lo so. Perdonami, Nivek, sarai molto confuso ed il mio egoismo mi porta su strade che dovrebbero essere proibite anche solo al mio pensiero. – Sussurrò chinando il capo e facendo scivolare via la sua mano da me.
– Jethro, per me tu sarai sempre come un padre, tale il mio cuore parla chiaramente e tale sempre parlerà. Non temo di ferire Yorick e non dovresti temerlo nemmeno tu. – Mi guardò dritto negli occhi e la tristezza divenne forte in essi.
– E come potrei non temerlo? Egli salvò la mia vita, quella di Wren e tua madre … tua madre mi portò via dalla battaglia. – Prese un respiro profondo. – Ero ferito, gravemente ferito. Non riuscivo ad alzarmi in volo ed anche Wren soffriva per me. Vennero Yorick e tua madre, ormai tutto era perduto. Mi presero e mi condussero via sulla groppa di Naisse. Insieme con lei avevo vissuto ogni passo … l'innamoramento, la fedeltà, il giogo del Domatore durante il volo, la consacrazione. Insieme a lei avevo vissuto la mia vita di Drago Domato ed ella mi stava salvando. Atterrammo dopo due ore di volo e Wren mi ordinò di trasformarmi in Drago. La mia prima ala sinistra era spezzata alla radice. Yorick riuscì a tagliarmela mentre Wren mi intimava di stare fermo e con insistenza chiamava il mio nome. Poi la nebbia giunse da est. Il nero invase il cielo e Naisse esortò Yorick affinché gli andassero incontro così che io e Wren avessimo avuto una possibilità. Si sacrificarono per noi e fu colpa mia ciò che passò tua madre. Mai riuscirò a perdonarmi la sua morte. – Deglutì. – Non posso intromettermi ancora … non posso arrogarmi un diritto che non ho su di te. Yorick è tuo padre e lo merita.
– Egli è mio padre! Non nego la sua importanza e nemmeno un affetto che nasce spontaneo dentro di me per lui. Tuttavia, per quanto tu possa essere debitore a Yorick ed a Naisse, io non ho nulla a che fare con tale debito ed il mio cuore parla con sincerità quando in te vede la figura di un padre. Mi hai protetto fin dove hai potuto e con il massimo delle tue capacità, mi hai condotto sul giusto cammino per diventare un Drago e mi hai amato indipendentemente da tutto ciò che potevo essere. – Gli posai una mano sulla spalla. – Non potrei mai sperare anche io di prendere il posto del figlio che tu e Wren avete perduto e nemmeno, Jethro, desidero tale ruolo, così come tu non potrai mai essere mio padre per sangue. Ma se in questo oceano di Draghi io ho scoperto nel tuo sguardo, per la prima volta, l'amore di un padre e la sua devozione, l'orgoglio e la bontà, non posso, ora che uno con il mio stesso sangue si presenta, rinnegare ciò che fu e ciò che sempre sarà. Un padre Drago desideravo da bambino ed esso è giunto a me senza ragione o legame e forte si è imposto come tale nel mio animo. – Si sollevò e mi abbracciò con forza immergendo le mani tra i miei capelli e per la prima volta avvertì il vero fuoco che un Drago delle Terre dei Vulcani possiede. Lo strinsi anch'io e così saldo si ricamò tale sentimento nella trama dei nostri animi e nulla più l'avrebbe distrutto.
Yorick era mio padre. Jethro era il padre che mi era stato mandato.
– Non avrei potuto sperare nemmeno nei più dorati dei miei sogni che un giorno avrei azzittito il dolore che perforava il mio petto di padre e che esso avrebbe accolto un figlio tanto nobile e tanto saggio. Non dimenticherò mai il figlio che ho perduto, ma il Cielo mi ha benedetto con il tuo amore e la gioia è identica. – Mi diede un bacio sulla fronte. – Non temo di ferire Yorick sebbene so che egli potrebbe non comprendere.
– Egli non è un Drago. – Risposi. – Ma crederà ciò che il mio cuore dice ed a lui non rivolgerò mai odio o sfiducia.
– Sarà ciò che il Cielo vuole.
– Così come sempre è. – Sorrise. Qualunque Drago che si fosse trovato in una situazione simile alla nostra, sebbene stentavo a credere potesse capitare nuovamente, non avrebbe mai e poi mai contrariato un Domatore. Di per sé andare contro la volontà di Yorick era ritenuto un'orrenda colpa tra i Draghi Domati. Entrambi noi eravamo Consacrati ed i nostri cuori appartenevano, così come le nostre vite ed i nostri corpi, ai nostri Domatori. È buffo pensare che infine, nella condizione più costrittiva in cui potevamo trovarci, possedessimo ancora la forza di compiere atti che seguissero i nostri sentimenti. Non desidero essere drastico, ma se i nostri Domatori avessero deciso diversamente allora io e Jethro saremmo diventati completamente estranei da un momento all'altro. Ciò che potrebbe sembrare comune, una scelta ovvia, per noi non lo era affatto. Prima della nostra volontà, e questo è sempre da tener presente, veniva quella del nostro Domatore e che ciò nella nostra vita non avvenisse era semplicemente una enorme concessione che ci era stata fatta.
Scegliere infine di esprimere, sebbene solo nel privato, l'affetto sicuramente particolare e profondo che provavamo l'uno verso l'altro era una scelta coraggiosa, ma che non poteva non essere compiuta. Sarebbe stato impossibile, se non obbligati, smettere di provare quel forte sentimento ed ero immensamente grato a Jethro per il suo coraggio. Il suo viso era disteso e sereno, in pace sembrava il suo cuore e tale era il mio ora che infine, così come eravamo stati condotti l'uno nelle braccia dell'altro, avevamo compreso ed accettato la condizione ed il ruolo che il Cielo aveva preparato per noi. Così esso aveva deciso e così noi ci comportavamo.
Ci sdraiammo su quella grande roccia e cominciammo ad osservare il cielo brillante e luminoso. – Pensavo la notte in cui hai rivelato di essere un Mezzo Drago ed i miei ricordi sono giunti al momento subito dopo che Nowell ti domò. – Confessò ad un certo punto come se si fosse ricordato il motivo per cui si era arrampicato in cima al picco.
– E perché ci pensavi? – Domandai.
– Ricordi che ti doleva la schiena e che su essa si erano formati profondi tagli? Io dissi che non sapevo cosa pensare e nella mia mente attribuii tutto al fatto che tu fossi un Indomabile. Ma non vi è Drago che rivela le proprie ali in forma umana, tuttavia potrebbe …
– … un Mezzo Drago. – Completai. – Certo avrebbe un senso.
– Penso che quando Nowell tentò di domarti le tue parti entrarono in forte conflitto: la tua metà di Domatore reagiva e si opponeva con forza, mentre quella di Drago era calma e tentava di azzittire l'altra. Forse proprio questa battaglia interiore spinsero le tue ali a voler emergere dal corpo di Domatore, di umano. Penso che quelle ferite fossero il simbolo della vittoria del Lungo Sguardo. Se tu non fossi stato tale, d'altronde, non credo proprio che saresti sopravvissuto, no?
– Sì, così infatti è.
– Così come non saresti sopravvissuto alla privazione del cuore. – Annuii. – Fu un gesto folle, sai?
– Lo so ora, in quel momento mi sembrò piuttosto sensato.
– Nowell come l'ha presa? – Chiese. Conosceva bene l'animo mio e del Domatore tanto che sapeva con precisione quali domande rivolgermi per scoprire la verità.
– Non fu felice. – Dissi. – Mi diede dello stupido e si arrabbiò molto, ma la distanza dei nostri cuori faceva soffrire entrambi, così il litigio non durò granché …
– Soffrire entrambi? – Ripeté stupito.
– Sì, entrambi.
– Solitamente un Domatore non soffre per la lontananza del corpo del Drago, altrimenti è chiaro che tuo padre avrebbe compreso che Naisse era viva, no? Il dolore che provano i Domatori è avvertibile solo quando quello che provano i Draghi è eccezionalmente forte, come ad esempio la mia ala spezzata, e soprattutto il dolore non deve derivare dalla lontananza dei corpi. Mi domando come sia possibile che Nowell soffrisse per la vostra distanza …
– Fu solo una mia congettura, forse voleva semplicemente scusarsi … – Confessai.
– Non vi sono congetture quando i cuori sono uniti. Conosci i suoi sentimenti prima che lui li provi no? – Annuii.
– Sì, come lui conosce profondamente i miei. – Lui restò pensieroso.
– Mi domando se infine donare il cuore sia identico al venirne privato. – Mormorò.
– Cosa intendi dire? Quali sono i tuoi dubbi? – Gli domandai cominciando ad avvicinarmi ai suoi pensieri.
– Immaginavo che forse succedono cose diverse ad un Domatore che riceve in dono il cuore di un Drago rispetto a quando lo prende, ed allo stesso modo cose diverse succedono al Drago. Ma forse è solo una mia impressione … Forse Nowell, essendo per metà Drago, è semplicemente più sensibile.
– Se così fosse vero, allora viceversa io dovrei aver posseduto più controllo di me stesso se la parte di noi a cui abbiamo deciso di non dare ascolto influenza l'altra, no? In fondo un Drago comune non può nulla su un Solitario, così come un Domatore comune non può nulla su un Lungo Sguardo, se fosse altrimenti io sarei morto. – Dissi.
– Ma se diverso fosse il vostro legame mi chiedo cosa è mutato. – Sospirò. – Potrebbe essere ben più pericoloso. Dovresti indagare su questo. – Sussultò. – Da quando lui ha il tuo cuore avete più volato?
– No, non è mai successo … – Risposi timoroso della sua reazione, ma lui non ne sembrò eccessivamente allarmato.
– Quando un Drago è Consacrato egli è fortemente assoggettato nel momento del volo, mentre quando è in forma umana il sentimento si affievolisce ed egli risponde solo agli ordini detti con il nome. Un Drago Consacrato a differenza di uno Domato non ha nessuna libertà in volo, sebbene anche quella del Domato sia minima, e soprattutto i comandi sono molto più facili da scambiare. È come se in quella precisa condizione i corpi dei due divengano una cosa sola ed una sola è la volontà. – Spiegò.
– Dici dunque che, se mai potesse esserci qualcosa di diverso, allora sarebbe chiaro una volta che io e lui compiamo il primo volo da Consacrati, o sbaglio?
– No, è proprio quello che intendo. – Sospirò. – Pensavo di averle viste tutte, sai? Con te ho dovuto ricredermi fin troppe volte. – Ridacchiai.
– Mi dispiace distruggere così le tue certezze. – Mi sfiorò il capo e sorrise dolcemente.
– È davvero impressionante quanto ogni cosa fin dall'inizio abbia spinto tutti noi a questo punto, non credi? La Ribellione di Yorick, la crudeltà del Re Orrendo, la nascita di Nowell … ogni cosa sembra aver condotto a questo. – Guardò le nuvole. – Hai mai pensato che se il Re Orrendo non avesse voluto spingersi oltre la crudeltà che già aveva prodotto egli non ci avrebbe contro?
– In effetti se non avesse presunto di aver messo incinta mia madre, non l'avesse lasciata qui e se non avesse tormentato Nowell conducendolo a cercare un modo per porre fine al suo odio, egli probabilmente governerebbe incontrastato. Ma il Re Orrendo non si sarebbe accontentato di un male a metà. Egli ha costruito la propria condanna e la propria caduta. – Annuì.
– È vero. – Concluse intrecciando le dita sul ventre e pensando a come l'animo di un uomo che aveva conosciuto era divenuto tanto oscuro da annebbiare la sua morale e qualsiasi ombra di bontà che poteva risiedere nel suo cuore. Molte persone che erano state, anche in minima parte, buone e generose, infine avevano dimostrato sconsideratamente la loro crudeltà e ciò rattristava Jethro che profondamente intuiva nel suo animo la tragicità di questo mutamento. Egli era troppo nobile perché ciò gli accadesse e dunque non comprendeva nemmeno come potesse capitare ad altri.
Lo immaginai, ragazzo solo e con un radioso futuro avanti a sé, mentre si gettava tra le braccia dei Cacciatori, proteggeva la sua famiglia e, mentre lo incatenavano, comprendeva che mai più avrebbe rivisto i luoghi in cui era nato, mai più avrebbe rivisto la sua gente ed assaporato quell'amore profondo che lo univa ad essi. Pensai che anche in questo eravamo simili, entrambi avevamo protetto qualcuno e ci trovavamo ora in una situazione assai simile. Una profonda tristezza mi colse nel pensarlo ancora afflitto dalla lontananza e dalla nostalgia. Non potei più tacere. – Jethro … – Sussurrai. – … ho conosciuto tuo padre. – Lui si voltò veloce con lo sguardo stupito e pieno di una certa immensa malinconia che mi fece stringere il petto.
– È ancora vivo? – Chiese piano.
– Sì, è vivo. Anche tuo fratello è vivo e ha avuto un figlio. – Lo informai e mentre parlavo temevo davvero di arrecargli dolore, ma restare in silenzio l'avrebbe ferito di più una volta che, in ogni caso, si sarebbero rincontrati.
– Jaxon … – Sussurrò sorridendo e pensando al viso del fratello. Penso che in quel momento realizzò di aver veramente avuto successo nell'impresa di proteggerlo.
– Erano felici di sapere che tu fossi ancora vivo. – Aggiunsi poi. Mi guardò.
– Cos'hai detto loro? Hai raccontato di me? – Annuii. – Cosa? – Mi domandò ancora.
– Solo che sei un Drago Consacrato e che ami la donna che ti ha domato. – Strinse le labbra e, sollevando gli occhi al cielo, si fece silenzioso. Ripensai al viso di Faron ed alla sua felicità una volta che ebbe scoperto che il suo adorato primogenito si era salvato. Ricordai molti momenti trascorsi tra la gente del mio maestro la quale, contro ogni mia aspettativa, era diventata cara al mio cuore tanto quanto la mia stessa tribù. Jethro restava in silenzio e sembrava diventare sempre più cupo, tanto che i miei pensieri tornarono dai ricordi e si rivolsero a lui. – Ho sbagliato? Ho parlato troppo? – Gli chiesi.
– Anche se avessi detto ogni cosa non avresti parlato troppo. – Mi rincuorò. – Sei stato gentile con me, Nivek, e so che non avresti mai detto più del necessario senza sapere la mia opinione. Ciò che hai scelto è stato certamente ottimo, ma mi spaventa sapere come ha reagito mio padre … – Spiegò sospirando subito dopo.
– Voleva vederti, riabbracciarti e conoscere Wren. Comprese che come aveva fiducia in te da Drago Libero così ne avrebbe sempre avuta anche da Consacrato. – Lo rassicurai e lui sembrò sicuro sulla verità delle mie parole. Strinse le mani al ventre e guardò il cielo con sollievo.
– Darò lui molto dolore quando scoprirà che non posso più volare. – Disse sorridendo come se già immaginasse il pianto di un padre che non rivedeva da molti anni.
– La tua voce parla ancora con forza, egli riconoscerà il figlio che amava profondamente e non si curerà di quante ali egli ora possegga. Meglio un figlio che non può più volare che nessuno, no? – Annuì e mi guardò.
– Penso di comprendere ora molto bene i sentimenti di un padre e non dubito che egli torni a provare affetto per me così come faceva un tempo, ma è inevitabile che vedendomi nella mia difficile condizione non ne venga rattristato. – Mi sfiorò il viso. – Anche io se ti vedessi relegato a terra quando così bello eri in volo, piangerei per te. – Mi avvicinai a lui e posai il capo sulla sua spalla mentre mi circondava con un braccio e mi dava un bacio sulla fronte. – Non vedo l'ora di rivedere tutti loro sebbene sia così profondamente cambiato che temo non mi riconosceranno. – Sorrisi e chiusi gli occhi mentre intorno a noi l'aria si alzava e scaldava le nostre membra. Essa ormai ubbidiva ai miei sentimenti ed io avrei voluto stringere forte Jethro e dirgli che Faron l'avrebbe immediatamente riconosciuto ed accettato. D'altronde entrambi erano profondamente cambiati.

Cosa ne pensate del rapporto tra Jethro e Nivek? Cosa della riflessione che Nivek compie sul Re Orrendo? 
La vicenda si infittisce, spero davvero che vogliate continuare a seguire la storia!

Iwon Lyme

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Capitolo 24
*** La Voce del Re - Parte VI ***


Ecco a voi il nuovo capitolo! Cosa succederà ai nostri protagonisti? Come stanno procedendo i preparativi per la guerra? Cosa risponderanno le altre tribù?
 
La Voce del Drago - Parte VI
 
Io e Jethro iniziammo a tornare verso il villaggio poiché ormai il mattino volgeva in pomeriggio e, giunti in mezzo alla gente riunitasi sotto il mio comando, vidi subito Yorick che parlava con Murray ed insieme cercavano di farsi capire da un uomo molto grosso e ben piazzato. Lunghi capelli scuri gli avvolgevano il capo ed occhi profondi come caverne gli scavavano il viso. Mi fermai mentre uomini e donne si avvicinavano a me inchinandosi e salutandomi come Re. La mia attenzione, sebbene fosse concentrata anche su quelli, era catturata dal nuovo arrivato che, di certo, non era un Drago d'Aria. Quando potei liberarmi mi affrettai verso di loro. Mio nonno si voltò appena in tempo per vedere me e Jethro e così, prendendo le distanze dal Drago, si avvicinò. – Nivek, ma dov'eri?! È tutta mattina che Elmer ti cerca … Un messaggero delle Regioni della Terra è venuto qui per parlarti, per vederti. Ha detto che si sono riuniti in consiglio e che hanno deciso di inviare lui per discutere con te e solo poi decideranno.
– Capisco. – Dissi. – Parlerò con lui, ma non desidero farlo davanti a tutti, lasciateci soli, egli apprezzerà di certo un po' di intimità. – Spiegai ricordando come Rastus aveva cercato di parlarmi a distanza da orecchi indiscreti. Mi avvicinai e mio padre mi guardò e così fece anche il nuovo ospite.
– Sono sicuro che … – Cominciò Yorick.
– Signore delle Terre dell'Aria, voi dunque siete colui di cui tanto si parla? – Domandò il Drago noncurante delle parole del Domatore.
– Sono io. – Risposi. – Desidero ascoltare le tue domande e lo farò lontano dalle orecchie di tutti, desidero che la mia attenzione non venga distratta. – Dissi e Yorick comprese di doversi allontanare da noi e così fece ricongiungendosi a Jethro ed a Murray che mi lasciarono solo con il Drago di Terra. – Proseguiamo in questa direzione, prego, lasciamo le case. – Lo invitai allontanandomi dal villaggio ed addentrandomi nel bosco che le circondava.
– Scortese è pretendere che io parli con voi non presentandovi e non chiedendo da me altrettanto. – Mi riprese lui mentre camminavamo. Sorrisi e chinai il capo in segno di assenso.
– Avevo fretta di trovarmi in un posto tranquillo dove avrei potuto volgermi con interesse alle tue richieste. – Mi fermai quando mi sembrò di essere abbastanza lontano e lo guardai dritto negli occhi e lo vidi mentre, intimorito, si ritraeva da me.
– Davvero voi siete incredibilmente particolare, Signore delle Terre dell'Aria, mi stupisce il vostro aspetto e perfino l'atmosfera che vi circonda. Non nascondo di cominciare a sentirmi a disagio. – Sorrisi con dolcezza e lui si calmò.
– Mi domando come mi avresti parlato se non fossi partito dalla tua dimora credendo infine di dover discutere con un Re. – Lui si mise dritto.
– Che voi siate un Re non è certo. – Obiettò con sicurezza e chiari rivelò i dubbi della sua gente. – Ancora evitate di presentarvi ed inoltre mi parlate come se già fossi vostro suddito, questo non mi rende felice.
– Perdonami, sono certo stato senza tatto, ma non avevo idea di come avrei dovuto presentarmi. Non sapevo se fosse stato meglio dirti il mio nome, il mio rango o la mia natura e ciò mi rende ancora perplesso. In quanto al modo in cui ti parlo sarei felice se anche tu mi trattassi da pari. – Certamente lo confusi con le mie parole, il mio obiettivo era creare in lui un senso di aspettativa o più precisamente di attesa, tanto che una volta vista la verità non avrebbe avuto dubbi.
– Mi accontento del vostro nome e preferisco il rispetto piuttosto che la parità. – Rispose coraggiosamente.
Risi sottile sollevando gli occhi al cielo, verso l'azzurro alto e stupendo, brillante e magnifico. Lasciai che le parole entrassero in me. Scendendo per le fronde degli alberi e sfiorando il tronco scuro tornai con lo sguardo su di lui. Chinai il capo e l'aria mi entrò profonda nei polmoni fino a rinfrescarli. – Molto piacere di conoscervi, il mio nome è Nivek. – Dissi con la mia voce di Drago e lui divenne dritto come un tronco, immobile osservava il mio viso e seppe che infine fin dal principio avevo parlato lui nel mondo in cui avrei dovuto e nella maniera più consona. Seppe che aveva costretto un Re a presentarsi per primo e che ciò, soprattutto tra i Draghi, poteva essere ritenuto molto irrispettoso. – Dunque, Principe delle Regioni di Terra, non ricambi il mio saluto? – Domandai facendolo rinvenire dai suoi pensieri e, senza riflettere oltre, si inchino profondamente e boccheggiò.
– Salute a voi, lieto di incontrarvi e di parlarvi, il mio nome è Ripradus. – Deglutì. – Signore del Cielo … Re del Vento …
– Non temere, Principe, non hai arrecato offesa. – Lo fermai e lui si sollevò fino a che i nostri visi non si incrociarono di nuovo.
– Non ho mai creduto alle leggende che provengono da lontano e non credevo per niente alla vostra esistenza, ma ora che avete parlato i dubbi sono scomparsi dal mio cuore tutto d'un tratto, non so nemmeno come hanno fatto a volare via così velocemente ed ora mi ritrovo senza. – Disse con velocità per lo stupore.
– La memoria della vostra gente è meno profonda di quella delle altre ed in molti, immagino, non sanno nemmeno che un tempo vi fu un Re che univa sotto di sé tutti i Draghi e che egli è colui che attendono di nuovo. Difficile dev'essere per voi credermi senza vedermi, eppure, Principe delle Regioni di Terra, ti esorto a dire ciò che i tuoi occhi hanno visto e le tue orecchie hanno sentito. Io sono il Re che attendete, io condurrò noi contro il Re Orrendo e forte e fragoroso sarà il mio canto una volta che il Cielo si sarà liberato delle tenebre. – Gli posai una mano sulla spalla.
– Mio signore … – Sussurrò.
– Desidero parlare con te ancora, ma immagino che l'attesa di questo nostro incontro non ti abbia permesso di riposare dal lungo viaggio. Ti darò un luogo in cui calmare la tua agitazione, la tua sorpresa e la stanchezza, questa sera parleremo insieme ancora una volta. – Chinò il capo. – Puoi pure chiamarmi Nivek, non desidero che il mio titolo venga ripetuto più del necessario. – Risi e lui sussultò guardandomi con sorpresa e timore. Lasciai andare la sua spalla e mi diressi verso il gruppo di case del villaggio stupendomi io stesso di quanto velocemente l'avessi convinto.
– Signore. – Disse la sua voce ferma facendomi voltare. – Ora mi è noto il vostro nome ed il vostro rango, ma in quanto alla vostra natura ancora non so nulla. – Mi fece notare e nei suoi occhi vedevo qualcosa che fino a quel momento non mi aveva mostrato: sicurezza e profonda, impenetrabile convinzione. Che infine lui stesso mi avesse fatto parlare così come desiderava? Che fossi stato io a danzare nelle sue mani e non il contrario?
– Desideri conoscere la mia natura? – Domandai privo ormai di una sicurezza così ferma come ero stato fino a quel momento.
– Desidero conoscere ogni cosa di voi. – Si fece avanti. – Mi hanno mandato qui per questo. – Un fruscio alle mie spalle mi fece voltare velocemente e per un secondo riuscii ad evitare un ramo che stava per colpirmi. Gli alberi ondularono intorno a me e seppi che egli così mi aveva trovato solo e, credeva, impotente. Un rumore di schianto precedette un albero che si gettava a terra e tentava di colpirmi, poi una voragine tentò di afferrarmi i piedi e la terra sembrava essere diventata molle come la neve. Sprofondavo sempre di più e scendevo nelle radici degli alberi che mi avvolgevano i polpacci e mi tiravano ancora più a fondo. Un ramo con furia si sollevò e fu pronto a colpirmi poi, alzando una mano, lo fermai a mezz'aria, sopra la mia testa. Così si fermavano gli altri rami ed il bosco divenne calmo. La terra ancora mi stringeva le gambe e del Drago che mi stava attaccando non vedevo traccia, si era come dileguato eppure doveva essere lì vicino per compiere quelle prodezze.
Rivolsi la mia forza verso il basso e veloce la terra si sollevò sotto di me e si sparse ovunque liberandomi dalla presa. Mi sollevai sul terreno ancora sdrucciolevole e compiendo altri due passi mi trovai a mezz'aria. Forte feci in modo che l'aria vorticasse e senza problemi attirai il Drago nel mio vortice schiacciandolo a terra e guardandolo ormai privo di qualsiasi via d'uscita. – Chi ti manda? Forse tu non sei il messaggero delle Regioni della Terra? – Domandai tuonando di rabbia e lui sollevò il capo.
– Questo è ciò che sono! – Rispose a voce alta per contrastare il rombo dell'aria. – Chi altro dovrei essere? – Mi riportai a terra ed il vento svanì.
– Spie del Re Orrendo potrebbero insinuarsi nella mia terra. Il mio Domatore è quasi morto per mano sua e se tu ora mi stai mentendo farò in modo di volgerti contro una forte sofferenza! – Lo ammonì e lui mi guardò dritto in viso temendo la mia ira.
– Ed infine ecco la vostra natura. – Disse piano e mi azzittii. La calma penetrò il mio animo facendomi quasi vergognare di essermi tanto spaventato per uno sbruffone che giocava a fare il duro. Così il suo obiettivo era stato quello fin dal principio: fare in modo che io dicessi ogni cosa ed ora lui sapeva che ero un Re ed un Drago Domato. – Il Re dei Draghi ha un Domatore … ridicolo, non credi tu stesso? Ed è libertà ciò che prometti? Ed è salvezza? Dove? Tra le braccia di un Domatore? Schiavi per essere liberi? Chi è? L'uomo che osava parlarmi con tanta sconsideratezza? Lo sfregiato che non sarebbe mai stato in grado di farmi cavar fuori nemmeno il nome della mia terra? Tali dunque sono gli amici del mio Re? – Rise. – Un Domatore fregiato ed un Drago vecchio e rimbambito? – Con rabbia lo afferrai e ruggii tanto forte da farlo tremare. Sapevo che le sue erano solo parole. Lo lasciai andare e lui cadde a terra senza poter dire altro, la voce gli era stata rubata.
– Ciò che puoi aver sperato di conoscere, puoi aver sperato di comprendere non è né il mio rango né la mia natura e soprattutto non i miei amici o i miei famigliari. – Lo guardai con severità. – Ora torneremo al villaggio e questa sera ti farò conoscere il mio Domatore e coloro che con così tanto disprezzo credi inferiori a te. Imparerai cosa significa la forza e come ciò che possiedi vi sia distante. – Si alzò e ubbidendo fece per tornare al villaggio. – Immagino che tu provenga dalle Regioni delle Caverne, non è così? – Domandai e lui si voltò.
– È così. – Sussurrò.
– Tuo fratello Rastus è più saggio di te: lui non ha avuto dubbi e non ha cercato espedienti per capire aspetti di me che ai più restano nascosti. – Mi guardò con stupore.
– Come fate a sapere che lui è mio fratello?
– Conosco il tuo nome, il tuo rango ed ascoltando la tua voce ho compreso anche la tua natura, Principe delle Terre delle Caverne, il tuo animo non ha segreti per i miei occhi ed il suono di esso è simile a quello di Rastus tanto da non potervi essere che fratello. – Stringendo tra loro le labbra si allontanò senza dirmi più nulla.
Ripradus aveva compreso che difficilmente sarebbe riuscito a comprendere veramente il suo Re e che, sebbene credesse di avermi in pugno, ero stato io a vedere profondamente il suo animo mentre il mio gli restava oscuro per la maggior parte. Bisogna rivelare un poco se si vuole che il proprio interlocutore riveli di più. Io ero un Drago Domato eppure, se ci penso, ero molto e molto di più, ma questo Ripradus non lo sapeva ed era molto meglio così.
 
Ero molto stanco e non avevo nemmeno superato la metà di quella giornata. Silenzioso, solo mi dirigevo verso la mia casa dove speravo di trovare qualcosa di caldo da mangiare e da bere. Il freddo mi era penetrato nelle ossa e mi stava avvolgendo sempre più crudelmente. Era come se tutto il calore che avevo ricevuto da Jethro mi fosse stato portato via dalla diffidenza di Ripradus. I capelli mi vorticavano sul viso e, mentre da sempre avevo creduto fossero troppo lunghi, in quel momento mi sembrarono giustamente caldi. Pensai fossero cresciuti per quel preciso istante. Sollevai lo sguardo sulla porta di casa e Nowell mi attendeva con sottobraccio una coperta. Mi strinsi nelle spalle e fui colto da commozione e piacere. Affrettai il passo e poi, giusto davanti a lui, mi trovai sulle spalle quel manto caldo e tra le braccia le sue che mi stringevano.
Posai il capo sulla sua spalla e mi sentii finalmente completo ed al sicuro. – Sei stato lontano parecchio, oggi. – Disse sfiorandomi i capelli che, confronto alle sue dita, erano gelati. – Il tuo cuore è stato in subbuglio tutta mattina.
– Ci sono state molte emozioni. – Spiegai stancamente non volendo ricordare i miei tormenti ora che erano cessati tra le braccia del mio Domatore.
Rise intuendo la mia svogliatezza. – Entriamo, stanno tutti mangiando ed aspettavamo solo te. Yorick sembra impaziente di sapere cosa vi siete detti. D'altronde anche io me lo chiedo visto che mi hai dato segnali assai strambi. Il tuo ruggito si è sentito.
Mi divisi da lui e lo guardai negli occhi. – Mi sono arrabbiato.
– Questo l'avevo certamente intuito senza che tu me lo dicessi, ciò che mi chiedo è per quale motivo.
– Nowell, è arrivato? – Domandò chiara la voce di Wren da dentro la casa.
– Sì, ora arriviamo! – Mi prese per il braccio e mi tirò dentro la cucina. Appena entrai Yorick, Murray e Jethro smisero di mangiare e mi guardarono aspettandosi forse che fossi furioso e che entrassi sbattendo i piedi. Presi posto con pochissima voglia di discutere di affari che potevo benissimo tenermi per me.
– Dunque, cosa ti ha detto quell'uomo per farti infuriare? – Chiese mio padre perentorio senza lasciarmi via di scampo.
– Desiderava farmi dire più di quel che volessi. – Risposi semplicemente.
– Ma di certo tu non sei tipo da ruggire a quel modo solo per questo, o sbaglio? – Mi incalzò ancora Yorick.
– Pensava di sapere di me più di quel che saprà mai. – Aggiunsi guardando Wren che prendeva il mio piatto e mi serviva il pranzo.
– Deciditi a parlare! – Saltò su mio nonno.
– Murray, credo che Nivek sia più che in grado di tener testa ad un Drago delle Regioni di Terra, la vostra apprensione è esagerata. – Intervenne allora Nowell tornando a mangiare.
– Non ci preoccupiamo di questo, sappiamo entrambi che lui può benissimo cavarsela, ma ci interessa sapere se essi verranno o no in battaglia. – Wren mi rimise il piatto davanti ed io osservai mio padre.
– Se è questo che vi rende irrequieti potrete chiederglielo di persona questa sera. Ho chiesto lui di parlarmi ancora.
– Ah! – Intervenne brusco Murray. – Chiederglielo?! Lui dovrebbe chiederlo a te!
– Queste sono sottigliezze. Quell'uomo certo è venuto qui per testarmi e non per parlamentare. D'altronde non è così incredibile considerando che le Regioni di Terra hanno così poca memoria dei signori che governarono nei tempi antichi.
– Dici che la loro ignoranza potrebbe essere un ostacolo? – Domandò Yorick severo e credendo certamente di aver centrato il punto.
– Non c'è ostacolo che la verità non possa oltrepassare, nemmeno l'ignoranza. – Conclusi iniziando a mangiare e non volendo aggiungere altro. Così anche loro due ricominciarono ed, una volta che Wren ebbe ripreso posto, anche Jethro continuò.
Quando avemmo finito mi alzai dal tavolo e, prima che chiunque potesse chiedermi qualcosa, mi ritirai nella mia stanza. Li sentii discutere sul mio silenzio e Nowell che cercava di tirarmi fuori dai loro pensieri. Poi, dopo aver calmato le acque ed aver rassicurato tutti, il mio Domatore entrò in camera e si sdraiò accanto a me. Sospirò. – Ma cosa stai facendo chiuso in casa, si può sapere? – Gli domandai poco felice che lui si dissociasse da me per così a lungo.
– Sto scrivendo. – Disse.
– Cosa?
– Una lettera ad Ormond e Wardell dicendogli che sono arrivati i Draghi d'Aria e che abbiamo contattato quelli di Terra, sinceramente però vorrei dire loro anche come sono andate le trattative con questi ultimi. – Rispose guardandomi con severità pretendendo così una mia spiegazione.
– Verranno.
– Perché sei così sicuro?
– Perché verranno.
– Cosa li spingerà?
– La voce del loro Re. – Dissi secco. – Essi riconosceranno le sue note, la mia forza ed il mio aspetto. Questo basterà. Tutti verranno.
– Ora sei così sicuro di essere Re? Prima lo negavi.
– Prima mi sembra essere molto tempo fa. – Sospirai. – Sono il loro Re ed è come se lo fossi sempre stato, come se fossi nato per esserlo, come se non ci fosse altro ruolo che sento più mio a parte essere tuo. – Mi sollevai.
– C'è qualcosa che ti turba in questi giorni e lo sento nel mio petto pesante. Cosa pensa la tua mente e cosa teme il tuo cuore? – Domandò posandomi una mano sulla schiena.
– La morte. – Mormorai e mi sentii libero di parlargliene.
– Non è stupido temere la propria morte, Nivek.
– Ma non la mia io temo. – Mi voltai per guardarlo in viso. – Quando eri steso a terra, mentre il sangue usciva a fiotti dal tuo petto, mentre non potevo fare altro se non urlare di dolore e pregare per la tua salvezza non sai … non sai quanta paura ho avuto. Temevo di vederti morire senza poter far nulla per salvarti. Temevo la morte come mai nella mia vita e le chiedevo di non portarti via da me. Ora so che se tu morissi anche io morirei e ne sono sollevato, felice. Ma gli altri? Se morisse Yorick, Jethro o Wren? Se morisse Murray, Wardell o Ishmael? Cosa faremmo se noi dovessimo sopravvivere e loro morire? – Nowell si sollevò e mi posò entrambe le mani sulle spalle.
– Dovresti calmarti, Nivek. Comprendo i tuoi timori e li condivido, ma non è in nostro potere salvare tutti loro da una probabile morte. Non è in nostro potere. – La sua fronte si avvicinò alla mia. – Ma è nostro dovere andare contro il Re Orrendo e tale è la nostra missione.
– A volte mi sembra di essere l'unico ad avere paura. – Sospirò e si alzò in piedi.
– Ognuno di noi ne ha. Wren teme che Jethro possa venire ucciso, Wardell teme di perdere il fratello e Ishmael, Yorick teme di perdere la sua nuova vita ed io … io temo immensamente la tua morte poiché, a differenza di te, non ho la felicità di poter schivare la sofferenza. Io dovrei restare e lasciarti andare. Pensi che non abbiamo paura? Tu ne hai e ti lasci prendere da essa poiché ritieni che la loro salvezza dipende direttamente da te, ma non è così. Non siamo onnipotenti, Nivek, e coloro che moriranno li ricorderemo per sempre. – Mi guardò. – La morte è un'orribile faccenda: la paura la rende grande, il dolore la fortifica, il ricordo è l'unica cosa che riesce ad annientarla.
– Io temo ancora la loro morte.
– Questo non cambierà certo oggi, ma una volta che tutto sarà pronto dovrai abbandonare i tuoi timori e fidarti di loro, tutti si impegneranno per non morire e per proteggere coloro con cui condividono il mondo. – Sorrise. – Essere Drago e Domatore questo significa.
 
Venne la sera e dalla cima della montagna cominciò a spirare un forte vento freddo. Coloro che come me erano vissuti in cima alle montagne ne vennero rinfrancati e sollevati, ma gli altri cominciarono a soffrirne. Jethro, che invece era abituato al caldo, lo percepiva più di tutti tanto che si coprì con due coperte calde prima di uscire. Cominciammo a dirigerci verso il centro del villaggio dove Oswin ed Elmer avevano preparato una cena da consumare davanti al fuoco. Lì avrei discusso ancora con Ripradus. Murray, sebbene fosse stato convinto da Nowell a darmi fiducia, era impaziente di sentire la risposta del Drago, cosa che io credevo non ci sarebbe mai stata. Non era lì per stringere un accordo ma per verificarne le basi.
Il fuoco scoppiettava e molta gente era già seduta attendendo il mio arrivo. Quando il mio aspetto cominciò a delinearsi in lontananza molti Draghi cominciarono a chinare il capo ed a ruggire il loro benvenuto. Mi spinsi tra la folla che potendo mi sfiorava i vestiti o i piedi. Presi posto al centro vicino al fuoco e lì vi trovai Elmer ed il padre, a cui prontamente si avvicinarono Murray e Yorick, in compagnia del nostro ospite. Io presi posto alla sinistra di Ripradus pronto ad intrattenere la nostra più significativa conversazione. – Certamente si comporta come un Re. – Mi beccò subito lui.
– Dovrei comportarmi diversamente? – Gli domandai trovandolo senza risposta. Se già vacillava così non sarebbe stato interessante scontrarsi con lui.
– La modestia non è forse la miglior virtù che possa possedere un Re? – Ribatté poi. Risi.
– E non è forse immodesto il tuo modo di rivolgerti a me? Un Principe dovrebbe dare consigli solo quando è certo di poterli rispettare lui stesso. – I suoi occhi da me cominciarono a vagare verso coloro che mi avevano accompagnato.
– Vedo che ci sono tutti: lo sfregiato, il vecchio … e perfino altri. – Disse.
– Desideri vedere il mio Domatore, immagino … – Lo pungolai sapendo bene a cosa lui mirava.
– Mi domando a chi un Re, che pretende di essere anche il mio, deve la sua più completa obbedienza. – Mi voltai alla mia sinistra dove c'era Nowell che parlava a Wren.
– Egli è l'uomo. – Dissi ed il mio padrone si voltò verso di me. Poi, comprendendo di cosa stessi parlando senza che glielo dicessi, si rivolse all'ospite e chinò il capo.
– Molto lieto, Drago delle Regioni di Terra, il mio nome è Nowell e sono il Domatore di Nivek. – Lo salutò con rispetto e certamente Ripradus non si lasciò sfuggire il suo occhio particolare, giallo e ricoperto di squame che ormai Nowell non copriva più.
– E cosa sarebbe? – Domandò senza ricambiare il saluto.
– Molte cose. – Rispose Nowell. – Ma dovrai perdonarmi, parlavo con un altro. – Così detto, non volendo intromettersi, si voltò verso Wren e continuò a parlare con lei.
– Ha un occhio di Drago. – Mi fece notare Ripradus.
– Egli lo è … per metà. – Risposi.
– Un Mezzo Drago dunque è il Domatore di un Re? È un abominio non un Domatore, non sarebbe mai dovuto nascere … un Drago non si unisce ad un Domatore. – Sputò lui con disgusto.
– Anche io sono un Mezzo Drago. – E per poco non si ingoiò la lingua. – Ed il Domatore di nome Yorick, colui che tu ami chiamare “sfregiato”, è mio padre. – Lo informai indicandoglielo così che non avesse più alcun dubbio su quanto poteva avermi offeso. – E desidero essere preciso nel dirti che mio padre è il fratello del Re Orrendo, colui che tentò di sconfiggerlo e che molti credono morto. Mentre il mio Domatore è il figlio.
– Il figlio di chi?
– Del Re Orrendo. Egli è il suo erede, colui che siederà sul trono dopo che lui morirà. – Il viso di Ripradus fu estremamente confuso ed impagabilmente divertente. – Ora desidero che tu mi osservi con attenzione. – E lui volse veloce lo sguardo su di me. – Vedi il colore dei miei occhi ed hai sentito la mia voce con chiarezza, dovrebbe esserti chiaro che io non sono un comune Drago dell'Aria, o no?
– I vostri occhi sono verdi … e la vostra voce è …
– Io sono un Lungo Sguardo. Tale è il Re che avete atteso e tale il Re che è giunto. Il mio padrone, colui che possiede di me ogni cosa, è un Solitario, un Perfetto Uccisore. Tali sono i sovrani che combattono per la libertà di questo mondo e semplice è l'aiuto che chiedo voi. – Dissi e la mia voce era calma e sicura come non lo era mai stata. – Osservami, Principe delle Regioni di Terra, e ricorda con chiarezza il mio aspetto perché verrai chiamato a riferirlo. Osservami e ricorda con chiarezza il colore dei miei occhi e la forza della mia voce. Osservami perché tale è il viso del Re che attendevano i Draghi, tale il Re che li libererà.
– Come posso credere a questa verità? Come posso credervi? – Intrecciai le dita vicino al ventre e lo guardai con severità.
– Chiediti cosa succederà se non lo farai. Chiediti se così tu sprecassi l'unica vera occasione di diventare liberi. – Mi chinai vicino a lui. – Chiediti se io posso non essere il tuo Re. – I suoi occhi si alzarono su di me e lo vidi rabbrividire. – Tale è la mia voce. Tale la verità. Tale il mio nome, il mio rango e la mia natura. – Mi allontanai. – Domani partirai verso le Regioni di Terra e con te porterai il mio messaggio. Chiedo il vostro aiuto non per me stesso ma per il nostro comune futuro. Chiedo il vostro aiuto perché il Cielo mi ha condotto qui e mi ha dato questo aspetto. Non è in me che dovete credere ma nella speranza di uccidere il Re Orrendo e di gioire finalmente di pace ed eterna libertà.
– Partirò e porterò nel mio cuore ogni cosa. – Rispose chinando il capo e non trovando altro modo per mettermi alla prova. Infine già credeva in ciò che avrebbe dovuto verificare. – Davvero avete conosciuto mio fratello?
– L'ho conosciuto.
– Egli sta bene? – Lo osservai ed annuii.
– È felice. È amato. – Risposi.
– È un Drago Domato? – Mi chiese e lessi quasi il dispiacere nelle sue parole.
– Egli è un Drago Domato. – Dissi. – Eppure, Ripradus, non credi che lui sia molto più di questo?


Nivek è sicuramente mutato molto sulle montagne ed ha acquisito la consapevolezza di essere realmente il legittimo Re dei Draghi. Questo sicuramente lo aiuterà a comportarsi come un sovrano più di quanto non facesse prima, guadagnandosi forse il favore anche di coloro che non gliel'avrebbero mai dato.
Cosa pensate del suo incontro con Ripradus? Credete che si siano scambiati parole importanti?
Qualunque opinione sulla storia mi rende felice!
Iwon Lyme

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Capitolo 25
*** La Voce del Re - Parte VII ***


Il gruppo è finalmente pronto per lasciare le montagne, cosa troveranno sul loro cammino? Cosa sarà successo al legame tra Nivek e Nowell?
 
La Voce del Re - Parte VII

Il Drago delle Regioni della Terra non attese il giorno seguente per partire, ma prese il volo quella sera stessa. Probabilmente pensò che il messaggio che doveva portare era troppo importante e non poteva tardare oltre. Così, dopo averlo visto allontanarsi, mio nonno si avvicinò a me e, posandomi una mano sulla spalla dichiarò di essere fiero della mia abilità e della riuscita del nostro obiettivo. Pensai che fino a quel momento non avesse ancora pienamente creduto nelle mie capacità di Re, non avesse creduto fossi già pronto ad affrontare i fatti che così saldi si presentavano sul mio cammino. Pensai che infine avesse compreso che ero davvero in grado di affrontare il mio destino. Le mie abilità si mostravano lui in un modo totalmente nuovo ed in quel momento mi sentii investito pienamente del mio ruolo: non mi avrebbe più guardato con timore credendo non potessi affrontare una situazione complessa, non avrebbe più tentato di parlare al mio posto, io ero il Re e tale era la mia carica ed il mio obbligo.
Cominciammo a tornare verso casa ed il vento freddo che aveva avvolto la cima cominciò a portare con sé il sapore della neve. Pensammo cominciasse a nevicare e non dovemmo attendere molto perché radi fiocchi iniziassero a sfiorarci i visi accaldati dal falò che avevamo lasciato. Jethro e gli altri erano rimasti con Elmer ed Oswin, solo io e Nowell ci stavamo dirigendo lontani dal gruppo, distanti dalla confusione dei nostri seguaci e liberi dai loro sguardi impressionati ed ansiosi. Il silenzio che c'era tra noi era profondo ed in esso i nostri cuori ritrovarono la calma, ritrovarono il desiderio di tornare persone comuni, ritrovarono la convinzione e la gentilezza. Anche il mio padrone mi aveva osservato credendo di vedere la mia insicurezza rinnovata, il ruolo che ancora mi stava troppo stretto, invece aveva trovato davanti a sé ciò che sperava e ciò di cui aveva bisogno. Avevo accettato il mio destino e credo che questo lo stupì più di ogni altra cosa. Infine sapevo di essere un Re, sapevo di dovermi spingere oltre a ciò che io desideravo.
Guardando l'alto albero delinearsi davanti al mio sguardo il cuore sussultò nel petto di Nowell e silenziosi ci fermammo un po' distanti per guardarlo. Lì aveva avuto inizio ogni cosa. Se Yorick non si fosse arrampicato su quei rami, se non fosse caduto, se non avesse visto il volto di mia madre io e Nowell non avremmo mai potuto incontrarci, mai nessuno si sarebbe opposto al Re Orrendo. Era buffo: il male ordisce la proprie trame palesemente, spinge tutte le sue forze per riuscire a prevalere, il bene, l'amore diventa enorme da un piccolo spiraglio, illumina il mondo dal buco di una serratura ed apre una porta di immensa luce. Sarebbe stato assurdo se da un piccolo atto d'amore come quello il male e l'odio più grande sarebbero caduti tutto d'un colpo. Basta poco amore per fronteggiare immense quantità di odio.
Osservai il Domatore che sembrava oppresso da qualche pensiero. Sembrava intento a guardare oltre ciò che io vedevo e, non sentendo i miei sentimenti inondarlo, lasciò scaturire i propri liberamente. Sentii il peso della colpa che gli premeva il cuore ed, avvicinandomi a lui, lasciai che le nostre spalle si toccassero mentre entrambi tenevamo le mani in tasca per non farle freddare troppo. – Jethro oggi mi ha detto qualcosa di bizzarro. – Dissi cercando di distrarlo da pensieri che non avrei potuto risanare.
– Cosa ti ha detto? – Chiese con voce calda e sembrò allontanarsi a metà dai suoi tormenti.
– Mi ha detto che potrebbe essere diverso per un Drago ed un Domatore la situazione di donare il cuore e non di venirne privati. – Risposi osservando da vicino la sua reazione e lui non ne sembrò turbato o allarmato.
– In che modo potrebbe? – Domandò semplicemente guardandomi e facendomi sentire ancora il ragazzino che prudentemente l'aveva portato ferito nella stanza azzurra a casa di Wren.
– Ha detto che non ne ha idea, ma potremmo scoprirlo quando compiremo il primo volo da Consacrati. – Annuì e guadò ancora Principe.
– Pensavo di partire tra qualche giorno. Desidero raggiungere Wardell e Ormond. Desidero che anche la mia voce divenga forte come la tua. – Sospirò. – Da qui non posso rassicurare i miei uomini e, come i Draghi hanno bisogno di sicurezze, allo stesso modo ne necessitano i Domatori. Sono sicuro che desiderano vedermi e comprendere per chi combattono. – Riprese il cammino ed io lo seguii.
– È giusto ciò che dici, Nowell, insieme stringeremo i loro animi. – Risposi.
– Sarebbe meglio che esponenti delle tribù dei Draghi si riuniscano dove ora sono i nostri. Credi di poter fare in modo che vengano? – Mi domandò.
– Credo di poter mandare loro un altro messaggio e che essi, guidati da quello, giungano nel campo dove si sono riuniti i Domatori. I Draghi Liberi si riuniranno solo pochi attimi prima della battaglia e credo che questo sia sicuramente più saggio.
– Certo. Tanti Draghi in un posto solo desterebbero certamente l'attenzione del Re Orrendo e di tutti coloro che sono al suo servizio, inoltre questa è l'unica sorpresa che abbiamo, è meglio che egli la ignori fino al momento necessario. – Disse concordando con me.
– Allora farò in modo che vengano degli ambasciatori. – Conclusi e ci trovammo davanti alla porta di casa.
– Pensi che io sia adatto? – Domandò voltandosi improvvisamente e rivolgendomi uno sguardo che mai avevo visto impresso nel volto di Nowell.
– Qualcosa ti turba e molto più di ciò che turba me, di cosa si tratta? Per cosa mi chiedi di essere adatto? – Chiesi piano ponendogli una mano sulla spalla. I suoi occhi si sollevarono e li vidi vagare fino a che la debole luce del villaggio non si riflesse in essi.
– Per me è difficile vivere in mezzo ai Draghi. – Confessò. – I loro volti, le loro parole, il loro interesse per me è pesante nel mio cuore e tento di non pensarci, tento di non guardare indietro, ma nei loro occhi riflessi vedo quelli di coloro che ho ucciso. Vedo la morte gratuita che ho donato e non posso dimenticare di essere stato io stesso un costrittore, un seguace del Re Orrendo … un omicida. – Prese un profondo respiro. – Credi che io sia adatto a prendere il posto di mio padre? Ho paura che potrei diventare come lui una volta in cima. – Compresi in un istante quanto questo buio pesasse sull'animo del mio padrone. Compresi che per lui non era stato facile affrontare il viaggio in cui io l'avevo immerso. Giorno dopo giorno viaggiando tra i Draghi Liberi lui aveva rivissuto i suoi crimini, le sue colpe ed esse erano diventate sempre più pesanti, sempre più violente nel suo cuore. Così concentrato sui miei sentimenti non avevo sentito i suoi ed ora che me li manifestava prepotentemente essi schiacciavano il mio animo e non potei fare altro che sentirmi in colpa per averlo spinto in quel dolore. Aveva pazientato nel mio villaggio, era rimasto in silenzio per consentirmi di comprendere pienamente chi ero tanto che infine era stato lui a smarrirsi.
– Sarai in grado …
– Non desidero che loro mi scelgano. – Disse secco. – Quando la guerra finirà sai che non mi imporrò come Re, questo è sempre stato chiaro nella mia mente, ma se essi dovessero scegliermi io non so se accetterò ed è ragionevole credere che mi chiameranno. – Abbassò il capo. – Pesante è il cuore dentro di me e profondo il mio dolore … quale Re potrei essere? Un Re complice del male infine non sarebbe un male lui stesso? Io sono nato dal male, dall'odio … quale amore potrei mai portare?
Gli sfiorai il viso e posai la mia fronte contro la sua e lui chiuse gli occhi immerso profondamente nella sua sofferenza. – Se dovessero chiamarti, mio compagno, sarai pronto. Se dovessero volerti come Re, mio padrone, sarai pronto. Ed il bene che porterai sarà superiore a quello di qualsiasi male. E l'amore che avrai per coloro che ti hanno scelto sarà più grande dell'odio che ti ha creato. – Una lacrima solcò il suo viso e tale era la sua tristezza, tale la sua pena. Non avevo compreso molte cose ed in quel momento divenni consapevole che dovevamo partire. Il mio padrone doveva ritrovare la propria fiducia, doveva ritrovare la calma nel proprio animo e la ponderatezza delle sue azioni. Il suo cuore, che era sempre rimasto chiuso e celato perfino a me, ora era aperto e piangeva di dolore. Io avevo forzato il suo petto, ero stato io ad imporgli quel ruolo così distante dalla sua riservatezza e dalla sua natura solitaria. Sapevo che avrei seguito il mio padrone in qualunque luogo, l'avrei seguito in qualunque impresa, in qualunque sofferenza ed infine insieme saremmo riusciti a vivere in tranquillità.
Quel suo profondo dolore mi spinse a pensare che il meno pronto tra i due non ero io, per me era facile accettare un ruolo che si prospettava sì difficile, ma che avevo compreso essere saldo, inciso nei miei lineamenti e nella mia voce, Nowell invece avrebbe dovuto avere la forza di diventare un Re, di dimostrarsi tale e non sembrava averne, non sembrava desiderare ancora quel destino, non credeva di esserne degno. Il momento in cui il mondo sarebbe cambiato forse non era così vicino, forse non sarebbe nemmeno mai arrivato.
 
Trascorsi un giorno intero a preparare i messaggeri da inviare alle varie tribù ed essi partirono portando con loro il luogo in cui ci saremmo riuniti prima della battaglia. Poi cominciammo a preparare ciò che ci occorreva per il viaggio. Il pomeriggio avremmo raccolto la maggior parte delle provviste. Murray ed Elmer, così decidemmo, sarebbero venuti con noi, mentre Oswin sarebbe rimasto a coordinare ogni tribù affinché al momento della guerra sarebbero stati pronti. Prima di lasciare la mia casa desiderai parlare con lui a cui dovevo chiedere qualcosa che ancora premeva sul mio animo. – Sire, hai chiesto di vedermi? – Domandò il padre di Elmer dopo avermi raggiunto vicino a Principe, così come gli avevo chiesto.
– Sì, volevo farti una domanda. – Confessai guardandolo.
– Quale?
– Perché quando tutti preferivano tenermi lontano dai Draghi, lasciare che io, Mezzo Drago, rimanessi per sempre a metà, perché tu tra tutti ti opponevi a questo? Non mio nonno, non il mio migliore amico, ma tu … perché? – Chiesi e nei suoi occhi vidi come quella domanda coinvolgeva sentimenti profondi e che per molto tempo erano rimasti nascosti ai più.
Si avvicinò e guardò anche lui la corteccia dell'albero alto e stupendo come vedendoci immagini simili a quelle che io immaginavo. – Non avevo mai compreso per quale motivo tua madre fosse fuggita con un Domatore, non avevo mai compreso cosa l'avesse spinta ad abbandonare il villaggio senza nemmeno pensare alle conseguenze del suo atto. Non sapevo quale fosse la forza di un Domatore e nemmeno quella di colui che portò via tua madre. – Sospirò. – In quanto alla tua domanda, mio Re, semplice è la risposta: io e tua madre dovevamo sposarci e, sebbene esso non poté eguagliare quello del Domatore, un amore profondo mi univa a lei. Io amavo Naisse la Bella e sarei stato felice di sposarla e di vivere con lei per la mia intera vita, ma questo non era il mio destino. Mia moglie Saifa è colei che mi era stata destinata e non potrei essere più felice ora, tuttavia quando tua madre tornò al villaggio ed era preda della follia non potei che ritrovare risvegliato nel mio cuore quell'antico sentimento che si era tramutato più in quello di un fratello, di un caro amico, che di un amante. Vedendo te, poi, non potevo fare altro che pensare a lei e non desideravo che, dopo aver perso tua madre e non avendo un padre, fossi emarginato anche dalla tua tribù. Desideravo davvero che tu trovassi la felicità in questo villaggio e che il tuo passato smettesse di tormentarti. Forse l'amore che nutrii per Naisse la Bella mi spinse ad amare anche suo figlio: qualunque cosa che da lei proveniva non poteva far nascere odio nel mio cuore.
Mi guardò e sorrise imbarazzato di aver raccontato così apertamente sentimenti giovanili che si erano affievoliti nel suo cuore una volta divenuto adulto. – Ringrazio il Cielo per la vita che ho vissuto, priva di dolori eccessivi e di difficoltà troppo alte da superare, piena di gioie grandi e di affetto contraccambiato. – Sospirò. – Però, sai, pensando a Naisse ero sempre stato inquieto. La persona che più mi era stata vicina da bambino nelle mani di un crudele Domatore, torturata e seviziata, folle di dolore e desiderosa di ritornare nell'inferno da cui era uscita. La sua sorte mi aveva sempre causato un forte dolore ed un enorme senso di responsabilità: mi dicevo che se fossi stato più attento a lei forse non le sarebbe successo nulla. Tuttavia dopo aver scoperto la verità e dopo aver incontrato colui che l'amò più di me e che da lei fu contraccambiato, non posso più pensare a lei come sfortunata, so che nella sua breve esistenza ella conobbe la gioia e l'amore e di questo sono soddisfatto. Ora il mio animo può pensare a lei felicemente e ricordare quei bei momenti che il dolore aveva fatto dimenticare. – Mi sorrise e con un inchino si congedò poiché parlare oltre di lei lo coinvolgeva profondamente. Così mi separai da Oswin pronto a rivederlo solo nel momento cruciale e così ci preparammo definitivamente a partire.
Il volo da Drago Consacrato si avvicinava velocemente e non potevo esserne più agitato. Salutai la tomba di mia madre chiesi lei di custodire mio padre ed i miei amici, chiesi lei di restarmi accanto e di infondermi forza contro il male che lei stessa aveva affrontato prima di me. Da pari a pari parlavo alla sua tomba poiché ella era stata il Drago Consacrato di un uomo degno tanto quanto colui a cui io obbedivo. I miei pensieri abbandonarono definitivamente il mio passato su quelle montagne e divennero pronti a rivolgersi al futuro. Sapevo chi ero e non c'era nulla di più importante.
 
Il giorno deciso per la partenza non fu esattamente il migliore. All'orizzonte l'ombra sembrava ormai invadere il Cielo e sapevamo che l'ira del Re Orrendo non sarebbe tardata. Insieme a questo senso di imminenza c'era anche l'inconsapevolezza di ciò che sarebbe accaduto nel momento in cui Nowell mi avrebbe chiesto di portarlo in Cielo. I bagagli erano pronti ed ammassati fuori dalla porta di casa: la sella era andata perduta il giorno in cui eravamo precipitati nella radura e con essa anche la maggior parte dei nostri averi, più di tutto mi dispiacque veramente molto aver perduto la bella conchiglia bianca proveniente dal mare e che Sybil aveva donato a me insieme alle sue piccole scuse. Nelle borse che la mia gente ci aveva preparato, oltre ad esserci doni e numerose provviste, vi erano anche dei vestiti e delle giacche pesanti qualora cominciasse il freddo che da molti giorni minacciava il proprio arrivo. Wren e Jethro inoltre avevano rimesso insieme le cose che avevano portato con sé quando erano giunti con Wardell ed in più ad esse trovarono anche qualche bracciale decorato che le donne del villaggio regalarono a Wren.
Yorick era pronto a partire ed in quei giorni aveva cercato di convincere i suoi amici Cacciatori ad andarsene dal villaggio, e quelli, comprendendo ormai che il compagno non era simile a loro così come avevano sospettato fin dal principio, decisero di lasciarlo libero e di tornare a valle. La tribù li salutò ed i bambini sembravano loro molto affezionati tanto da correre dietro i loro passi fino al confine del bosco che non potevano ancora sorpassare. Così dicemmo addio a Tranter, Jolyon e Larkin convinti che il nostro prossimo incontro sarebbe stato in un mondo molto diverso da quello che ci accompagnava.
Strano fu il modo in cui decisero di viaggiare. Murray disse che con piacere avrebbe volato insieme a Yorick poiché la figlia prima di lui l'aveva fatto e così, con l'immenso stupore di mio padre, divennero compagni di volo. Wren e Jethro, invece, sarebbero saliti in groppa ad Elmer. Nowell non ebbe nulla in contrario dato che l'unica cosa che gli importava era che nessuno viaggiasse con me, questo almeno non era cambiato.
Ci dirigemmo verso la radura in cui ero atterrato e lì i due Draghi si trasformarono. I passeggeri salirono a bordo ed io feci loro cenno di precederci poiché era necessario che io e Nowell restassimo da soli. Non sapevo se le congetture di Jethro fossero reali o meno, tuttavia difficilmente aveva sbagliato quando aveva parlato e così la fiducia in ciò che mi disse potesse essere possibile era cresciuta giorno dopo giorno ed infine si era sedimentata nel mio cuore. Era bene che il primo volo da Consacrati fosse quanto più solitario possibile in modo che qualunque cosa ci fosse stata di differente l'avremmo intuita con facilità.
Il mio padrone sembrava non credere ai miei dubbi e desiderava più intensamente giungere a destinazione piuttosto che prestare attenzione al viaggio. Pronto a partire si mise avanti a me e mi guardò sicuro. Io gli risposi con occhi incerti e ben poco tranquilli. – Nivek, diventa Drago e porta il tuo padrone in Cielo. – Disse con voce calda ed io fui pronto a vedere il mio corpo mutare, crescere, divenire grande e magnifico. La sensazione che avevo provato la prima volta che questo successe attraversò il mio corpo nuovamente e sollevai lo sguardo verso il Cielo poiché esso si sarebbe avvicinato, mi avrebbe quasi toccato. Diventavo Drago? Lo sentivo. Pronto mi sarei trasformato, avrei volato … tuttavia nulla di ciò avvenne.
Spaventato abbassai lo sguardo sul Domatore che incredulo mi guardava. Qualcosa infine era davvero mutato. – Nivek … – Mormorò.
– Cosa succede, Nowell?
– Non rispondi al mio ordine. – Disse. Prese la situazione in mano e si fermò davanti a me. – Nivek, vieni verso di me. – Le mie gambe si mossero, implacabili come sempre, si spinsero verso di lui e mi fermai il più vicino possibile. Restavo immobile davanti a lui e non comprendevo per nulla cosa stava succedendo. Avevo risposto. Che fosse stato un errore? – Riproverò. – Disse e osservandomi dritto negli occhi ripeté l'ordine di trasformarmi in Drago e questa seconda volta non ebbe più successo della prima. Vi fu una terza, una quarta. Poi mi ordinò di saltare e senza problemi saltai sotto suo comando, ma non mi trasformavo in Drago seguendo la volontà. L'agitazione cominciò a crescere nel mio petto e così nel suo. Che donandogli il mio cuore mi fossi liberato in parte dal giogo del Domatore?
– Questo avviene quando il cuore viene donato … ? – E ripensando alla leggenda non ricordai che Ian, il quale viveva nei tempi antichi ed era sempre un Drago, fosse soggetto ad un qualche controllo dal Perfetto Uccisore, così mi accorsi che quella poteva essere una reale spiegazione: il Drago non obbediva più al Domatore, non quando era trasformato o quando doveva farlo.
– Non rispondi al mio ordine. – Ripeté Nowell ed il suo cuore non sapeva se esserne felice o turbato. – Come farai a diventare Drago? Come faremo a volare? – Chiese e tali domande erano anche quelle che rigiravano nella mia mente. Non mi ero mai trasformato senza un suo preciso ordine e questo poteva certamente complicare ogni cosa se io non ne fossi stato in grado. Gli altri erano partiti e non avremmo potuto nemmeno chiedere aiuto. – Dovresti provare. Prova a diventare Drago. – Mi esortò lui pronto a vedere sia una grande riuscita che un completo fallimento.
Temetti fortemente di non riuscirci, ma come il sole non può far altro che sorgere da est e tramontare da ovest, come l'acqua scorrerà sempre verso il basso, così era profondamente incisa la mia natura di Drago in me. Avevo scelto di essere un Drago nel momento esatto in cui avevo donato il mio nome a Nowell ed esso era il nostro destino, esso era il mio fato. Non potevo non riuscire a trasformarmi poiché la mia forma era la mia natura, il mio rango, la mia identità più profonda che il Cielo aveva donato a me e che io avrei dovuto portare con saggezza e rispetto. Così con un poco della mia volontà il mio busto crebbe e le mie ali fuoriuscirono grandi e forti così come erano sempre state. Veloce la coda cominciò a frustare l'aria ed immenso mi trovai davanti al mio padrone. – Nivek … – Sussurrò. Chiara sentii la libertà quando divenni Drago, la libertà di essere me stesso in cielo. Ero libero dal giogo del Domatore poiché era stato il Drago a donare il proprio cuore. Il mio corpo da umano era debole ed assoggettato ancora a colui che mi comandava, ma la mia natura profonda si era liberata da esso ed ero pronto a compiere decisioni.
Tuttavia non potevo volare senza Nowell sulla mia groppa: il mio cuore era con lui, lontano da esso il dolore e la morte sarebbero sopraggiunti in fretta. Lontano da esso non sarei riuscito a rimanere Drago. Il mio volo, sebbene fosse deciso da me, era sempre in due, sempre unito a colui che aveva scelto per me.
Il mio padrone si avvicinò e mi accarezzò il muso ed un sorriso felice spuntò sul suo viso e così la gioia nacque anche nel mio cuore. Nowell allora salì sulla mia groppa e silenziosi ci alzammo in volo. Non riuscimmo ad esprimere molto in quel momento, fummo sopraffatti dal cambiamento e con difficoltà riuscirei a descrivere pienamente come fu quel volo. Veloce e con forti colpi d'ali mi alzai fino all'azzurro del cielo ed insieme vorticammo in aria festeggiando per la novità ricevuta. Gioimmo ed i nostri cuori si unirono insieme in un tumulto di contentezza. In fondo mai mi ero sentito in quel modo una volta in cielo. Sempre la volontà del Domatore è lì che sovrasta quella del Drago, per me avveniva un'altra cosa, per me era tutto il contrario. Ero io e solo io a volare, a spingere le mie ali, a vorticare, a toccare le nuvole, Nowell era il mio passeggero, il custode del mio cuore, colui che avevo scelto di salvare.
Poi, come se il sogno venisse interrotto di colpo, la nube nera ci avvolse ancora gli sguardi e profonda arrivò l'amarezza e la delusione. Ogni cosa sembrava essere mutata ed in fretta avremmo dovuto adattarci alla novità se volevamo vincere contro il Re Orrendo. Quella singola novità poteva decretare la nostra più completa vittoria o sconfitta: comprendemmo chiaramente che dovevamo essere in grado di gestire, così come la schiavitù, anche la rinnovata libertà.
 
Rincontrammo Jethro e gli altri solo quando il sole aveva cominciato a calare verso ovest nella direzione in cui stavamo volando. Eravamo ancora perplessi e dubbiosi su ciò che avremmo potuto dire loro e soprattutto su ciò che comportava veramente la “nuova condizione” del nostro animo. Nowell non sembrava preoccupato e questo aiutava a far crescere in me la fiducia che non sarebbe diventato un limite bensì una nuova fonte di forza. D'altronde sebbene la mia volontà fosse senza limitazioni quando ero Drago, il mio cuore giaceva nel petto del mio padrone e questo faceva sì che io non mi allontanassi troppo dai suoi desideri o mi spingessi contro i suoi sentimenti.
Continuammo zigzagando nel cielo senza scambiarci molti cenni. Murray ed Elmer erano silenziosi mentre il sole calava dietro la terra bruna e verde. Il vento solleticava dolcemente le mie ali ricoperte di squame luccicanti e sentivo il sapore del cielo che mi faceva vibrare il petto e mi sollevava sempre più in alto. Ad un certo punto dimenticai perfino che stessi volando. Talmente ero immerso in quella stupenda atmosfera, talmente erano vuoti i miei pensieri e lontani i miei sentimenti che infine ogni cosa, perfino la vita ed il mondo, sembravano troppo lontani, troppo piccoli per attirare la mia attenzione. Solo il volo ed il Cielo erano grandi, degni del mio interesse, degni di nota e verità. Sapevo, fin da quando ero nato, che il sapore del vento condizionava la mia vita più di quanto avessi desiderato, ma in quel momento non c'era altro di cui veramente potevo curarmi. Non più la guerra, non più il mio cuore, non più la mia volontà … ero in pace e volavo senza sentire altro che la brezza dolce e soave, luminosa e stupenda.
Non so dire perché quel momento è rimasto così chiaro nella mia mente tanto da non dover nemmeno immaginare di ricordarlo, saldo resta nei miei ricordi come pochi degli attimi che trascorsi in cielo. Ancora più nitido fu quel volo rispetto al primo che compii. Può sembrare assurdo e lo comprendo, ma è difficile poter trovare l'importanza che in quello vi fu per coloro che non conoscono le bellezze del Cielo, per coloro che non hanno mai sfiorato le nuvole o cavalcato l'arcobaleno.
Quando si vola mille sono i sentimenti che affollano il cuore: la paura, l'eccitazione, lo stupore, il timore, la gioia più assoluta. La completa assenza di essi è dunque il più straordinario degli eventi ed a me capitò quel giorno. Quel giorno in cui ci spingevamo verso la grande nube, in cui avevo compreso cosa era infine mutato per sempre nel mio rapporto con Nowell, in cui la preoccupazione avrebbe dovuto coinvolgere a pieno il mio animo. Dopo aver così spiegato dovrebbe essere ormai chiaro il motivo per cui quel volo fu il più strano ed allo stesso tempo il più puro che io avessi mai compiuto. Ero padrone delle mie ali, signore della mia volontà, di nuovo e profondamente me stesso: di ciò non mi importava. Volavo ed ogni pensiero aveva abbandonato la mia mente. Anche il mio padrone era avvolto da quella calma e così trascorremmo quelle ore, così il Cielo ci donò l'ultimo vero riposto, così cominciava la guerra tra coloro che desideravano la pace, l'accordo e coloro che desideravano la carneficina e la sottomissione.
Sarebbe stupido cominciare ora a raccontare le ansie che mi colsero da quel momento in avanti, le paure che già in cima alla montagna cominciarono a presentarsi, tali dovevano allontanarsi dal mio animo ed io non desidero discutere di esse. Da quando avevo compreso di essere Re, da quando avevo smesso di ingannarmi così ostinatamente, avevo deciso di mostrare un'immagine di me che sarebbe stata consona all'aspettativa che tutti nutrivano. Per un Drago è molto importante il modo in cui ci si mostra e molto spesso i sentimenti devono restare distanti dalla persona che si vuole essere. Fino a quel momento ero sempre stato solo Nivek, un Drago che fingeva di essere Re. Questo era cambiato. Non avevo mai finto, né di essere Re, né di essere Nivek. Ora, la guerra così voleva, dovevo essere forte, fingere di esserlo, se fosse stato necessario.
Non sarebbe giusto tediare con le paure profonde che avevo nascosto anche a coloro che mi erano vicini in quel momento, ma se esse traspariranno mi scuso in anticipo poiché è difficile raccontare fatti spiacevoli senza rimanerne nuovamente coinvolti. E i fatti che dovrò narrare saranno spiacevoli e perfino ora, che non ne parlo direttamente, mi si stringe il petto pensando a ciò che verrà, ricordando anche lievemente ogni orrenda azione, subita e arrecata. Non vi è semplicità in guerra e non vi è troppo spazio per lunghi ragionamenti. Ora che la guerra è finita da molti anni mi accorgo di come essa abbia profondamente mutato me stesso ed il mondo che mi circonda.
Non vi è semplicità in guerra e non vi è troppo spazio per lunghi ragionamenti, eppure i cambiamenti che porta, spesso necessari e dolorosi, vivono nei cuori di coloro che li hanno voluti, costruiti, vivono nell'ideale di loro che raramente si avvera a pieno. Vorrei dire che il mondo utopico e fantastico è realtà. Vorrei dirvi già che la vittoria fu estremamente semplice. Vorrei dirvi che tutto andò così come speravamo quel giorno che volammo verso est incontro all'ombra più nera. Eppure non vi è semplicità in guerra. Eppure non esiste ideale che possa sopravvivere nel reale. Non vi è spazio per lunghi ragionamenti e nemmeno per brevi argomenti, raffazzonate conclusioni, facili vincite. La guerra ed il tempo che ad essa segue è sempre più complicato del previsto e spesso completamente diverso dall'idea che ad essa ha spinto.
Triste è rivelare il vero, il passato nero … ma nulla vi è di più necessario affinché esso resti dietro di noi.


L'arrivo dai compagni e da Ormond è vicino. Quanti Domatori saranno riusciri a raccogliere? Quanti Draghi? Riusciranno a vincere la guerra?
Spero vogliate scoprirlo con me!
Iwon Lyme

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Capitolo 26
*** La Voce del Re - Parte VIII ***


Questo capitolo è un capitolo di passaggio dove vengono narrati gli avvenimenti poco prima dell'arrivo di Nivek e Nowell all'accampamento dei Ribelli. Ho deciso di rompere gli indugi e di pubblicare il prossimo capitolo domani! Spero che questo vi piaccia e vi risulti comunque interessante!
 
La Voce del Re - Parte VIII
 
Planammo piano in una pianura pronti a far riposare le nostre ali indolenzite dalle raffiche di vento e dal sole cocente. Il cielo cominciava a mostrare le stelle e la luna chiara. Toccata terra i miei simili ripresero le loro sembianze. Io fui l'ultimo a posare le zampe sull'erba tiepida ed a lasciare che Nowell abbandonasse la mia schiena. Mi sfiorò il muso ed io ne venni rinfrancato. Ero molto stanco e desideravo addormentarmi accanto a colui che possedeva il mio cuore. Lasciai che le squame cadessero dal mio corpo e lento ripresi le sembianze di colui che ai suoi ordini obbediva. Mi abbracciò con forza ed io assaporai quel calore che mi faceva sentire chiaramente un battito lontano ed una musica perfettamente a tempo. Guardai il suo viso quando si divise da me e, lasciandomi andare, cominciò ad aiutare Yorick a sistemare il fuoco ed il resto.
– Nivek … – Mi chiamò mio nonno con la voce rotta dalla stanchezza. Abbandonando controvoglia le spalle del mio Domatore mi avvicinai a lui. Mi sedetti nell'erba vicino a dove si era sdraiato. Lo guardai in viso e vidi i suoi occhi lucidi e commossi. – Nivek … – Mormorò e sollevò una mano per sfiorarmi la guancia. – … sei un Drago stupendo, e non posso immaginare figura più bella e perfetta. – Disse mentre la malinconia gli rigava le guance.
Gli sorrisi dolcemente e strinsi il suo braccio cercando di confortarlo dalla colpa che sentiva nel petto. Era stato duro con me, cieco, ma non doveva tormentarsi oltre, doveva riuscire a perdonare se stesso. – Grazie, nonno, le tue parole mi rendono felice. – Gli risposi e lui ne venne ancor più scosso.
Elmer sospirando si sdraiò a terra di colpo schiantandosi accanto a me e con mio stupore cominciò a dormire immediatamente. Di certo con lui non si poteva mantenere un livello di serietà necessario al fine di condurre una commuovente conversazione: velocemente Murray ritrovò la calma. Sospirai mentre guardavo i nostri passeggeri affaccendati nell'accensione del fuoco e nella preparazione di una cena soddisfacente per tutti, cena che il mio amico di vecchia data non avrebbe gustato se fosse rimasto così profondamente appisolato, almeno pensavo visto che non conoscevo le doti olfattive di Elmer che rimanevano vigili perfino nel più profondo sonno.
Quando le stelle divennero luminose mangiammo e silenziosamente cominciammo a cercare un posto per la notte. Mi dirigevo volentieri accanto a Nowell quando Jethro riuscì a fermarmi. Mi chiamò mentre Wren ed il mio Domatore parlavano e si mise accanto a me. – Nivek … cosa …
– Non ho compreso a pieno. – Risposi velocemente sapendo perfettamente cosa volesse chiedermi.
– Qualcosa però è diverso? – Domandò comunque ed io annuii gravemente. – Non dovrei impicciarmi, perdonami, solo pensavo a una possibilità che tu fossi … insomma … più libero di quanto potrò mai essere. – Lo guardai in viso e, sebbene mi intenerisse la sua preoccupazione per me, questa volta era meglio che comprendessi da solo ciò che mi stava accadendo. Per lui la mia volontà ritrovata avrebbe assunto tutto un altro significato, per me era ciò che era: un'altra stranezza da comprendere.
 – Non preoccuparti, Jethro, quando saprò con esattezza sarai il primo a cui lo dirò. – Conclusi alzandomi ed andando a mettermi vicino a Nowell. Lui mi guardò incuriosito. Quella notte il mio cuore mi mancava più di quanto potessi dire. La nostra stretta vicinanza nel volo si era spezzata a terra ed ora ne sentivo fortemente il vuoto e la voglia di ricucirla. Senza dirmi nulla continuò a parlare con Wren. Nel profondo del suo cuore il mio padrone sapeva perfettamente cosa mi spingeva a cercarlo e lui, certamente meno sensibile di me alla distanza, provava forse un flebile sollievo da ciò che mi forniva immensa calma e salvezza. Non potevo proprio farne a meno. Quella notte desiderai che il mio cuore tornasse indietro, anche se questo avesse significato la mia completa schiavitù.
Yorick si sedette sospirando accanto all'amica e lei gli sorrise mentre con lo sguardo cercava Jethro che intanto aveva cominciato a parlare con Murray. Mio padre sollevò lo sguardo dall'acqua chiara che reggeva tra le mani ed incrociò i miei occhi. Li fuggì veloce. – È stato gentile Murray a volerti come compagno, non pensi? – Gli chiese Wren dandogli l'occasione di distrarsi dalla mia presenza.
– Sì, non avrei potuto chiedere di più. – Rispose semplicemente.
– Non avevano mai portato persone, sono stati molto abili. – Constatò Wren che era ben soddisfatta del suo viaggio.
– Volare per loro è certo più facile che per altri, l'aria è il loro elemento, in essa sono forti e veloci. – Dissi essendo l'unico che tra di loro poteva davvero capire il perché di tanta abilità.
– In effetti. – Commentò la donna sorridendo.
– Qualcosa non va? – Mi sussurrò Nowell osservandomi con una certa preoccupazione.
– No … sono solo molto stanco. – Conclusi cercando di non turbarlo oltre. Non mi sentivo felice né contento di essere in compagnia di tutti loro, era come se qualcosa di ben peggiore stava annerendo la mia anima così come il Cielo veniva turbato dalle nubi del nemico.
– Sarà meglio andare a dormire. – Disse il Solitario alzandosi. – Credo che tutti i Draghi siano abbastanza stanchi da dormire profondamente in pochi istanti. – Guardò Elmer e sorrise. – Qualcuno lo sta già facendo. – Mi sollevai anche io da terra ed insieme andammo verso le coperte che avevano preparato. Mi sdraiai voltandomi su un fianco e Nowell si mise dietro di me e fece in modo che le nostre schiene fossero vicine.
– Cosa ti turba ancora? – Mi domandò ed io non risposi restai fermo pronto ad accogliere il sonno. Forse erano talmente tante le cose che mi turbavano da non far comprendere lui quale era la più importante in quel momento. Nemmeno io, a dire il vero, lo sapevo con precisione.
Chiusi gli occhi e la stanchezza mi colse completamente. Il fresco della notte invadeva il mio corpo e mi lasciava libero di accettare il riposo. Sapevo che il sole sarebbe sorto presto il giorno dopo, ma tale momento doveva essere profondamente inciso nella mia pelle tanto che al mattino non avrei sentito la mancanza delle stelle. Il mio padrone sapeva che qualcosa aveva ferito il mio cuore e, una volta preso sonno, lo compresi: Yorick non poteva ancora guardarmi negli occhi.
 
Mi svegliai il mattino dopo e guardai il viso di Nowell che ancora dormiva. Il mio animo era rinfrancato. La notte aveva calmato la mia tristezza e, sebbene il cielo diventasse sempre più nero, ero pulito e sereno. Non avevo paura e pensai che, come spesso avviene quando è la stanchezza a governare le menti degli uomini, i miei sentimenti si fossero ingranditi all'ombra di quel turbamento ed avessero ancor più provocato sconvolgimento. Il mio cuore, libero da quel buio, si rivelò essere limpido e fermo come uno specchio d'acqua che, calmo, lascia sedimentare la terra smossa inavvertitamente.
Sollevai lo sguardo al sole che accecava i miei occhi e lo osservai quieto in un cielo che sempre più diventava irriconoscibile e ciò non riuscì a rendermi turbato quel mattino. Presi un profondo respiro e mi alzai indolenzito dal mio giaciglio di terra ed erba. Guardai gli altri e tra tutti era sveglio solo Yorick. Pensai che qualcosa mi avesse destato apposta per poter parlare con lui. Forse quel mattino avrei visto i suoi occhi sinceri dritti nei miei e la cicatrice che mio zio gli aveva inflitto con crudeltà. Mi diressi verso di lui e le mie ossa si liberarono dal peso del sonno. L'erba fredda mi solleticava i piedi nudi. Il vento mi percorse le vesti e lo sentii frusciare lontano, andare verso le foglie degli alberi di casa mia. Mio padre si voltò e sollevò lo sguardo fino a vedere chi fosse quello che si era destato e che aveva interrotto i suoi pensieri. Presi posto accanto a lui e mi tirai indietro i capelli che spettinati mi cadevano sul viso. – Hai dormito bene? – Domandò stuzzicando il fuoco che scoppiettava felice. – Sono ancora tutti addormentati … avresti dovuto riposare ancora un po', ora che puoi.
– Sono riposato. – Risposi. – Ho già volato per molti giorni di fila e non mi stanco facilmente. – Continuai ma le parole uscivano veloci dalle mie labbra come se volessi liberarmi in fretta dei convenevoli per parlare davvero con Yorick.
– Desideri dirmi qualcosa immagino. – Disse voltandosi verso di me e sorridendo.
– No, non desidero necessariamente parlare. È passato molto tempo da quando siamo rimasti da soli. – Sospirai. – Desidererei che tra noi non ci fosse difficoltà. – Rise e ne venni così stupito che un brivido mi percorse la schiena e mi rilassai improvvisamente.
– Direi che è difficile che questo avvenga … – Mi guardò negli occhi. – Tu sei un adulto, un Re, ed hai tutto ciò di cui puoi avere bisogno. Nowell può sostituire qualsiasi mancanza che il tuo cuore può avere e, anche se non sono un Drago, lo so perfettamente … Naisse per me era questo. Tu non hai bisogno di Yorick lo Sfregiato, Lungo Sguardo, ma desideri fortemente la mia compagnia e questo è certamente buffo.
– Ma tu sei il padre di questo adulto, di questo Lungo Sguardo, di questo Re … sebbene tu non sia un Drago. – Ribattei e lui non seppe cosa rispondermi. Il suo sguardo divenne dolce e mi posò una mano sulla spalla.
– Sono grato per queste tue parole ed il mio cuore ti ama come tale, questo sentimento è continuato a crescere dal giorno in cui mi rividi in te. In ogni caso non credo che potrò mai essere affettuoso o dolce, non è da me e … e il passato lo rende quasi impossibile. – Confessò. – Mi perdonerai se non mi spreco in abbracci o in manifestazioni plateali del mio affetto per te, Nivek?
– Non è ciò che desidero da Yorick lo Sfregiato e nemmeno ciò che desidero da mio padre, ma sembra che tu ti trovi a disagio quando mi guardi, come se ancora ti sentissi estraneo a me. – Dissi liberandomi finalmente dal mio peso.
– Hai idea di quanto tu sia diverso da me? Di quanto tu sia maestoso e di quanta emozione incuti in chi ti osserva? Forse non te ne accorgi, forse nemmeno lo sai … Ci vuole coraggio per sostenere il tuo sguardo, Nivek, ed io, che mi sento così indegno di essere tuo padre, non ne sono più capace di altri. – Risi e lui ne venne rilassato così come era successo a me.
– È buffo pensare che tu incuti un fascino molto simile in coloro che ascoltano la tua voce e vedono la tua figura. – Dissi e lui sorrise liberato in egual modo dal peso che lo opprimeva.
– Forse entrambi non sappiamo come ci mostriamo al mondo. Forse entrambi siamo diversi da come i più ci vedono.
– Sei un nobile padre, non avrei potuto desiderare altri. Stimo profondamente le tue azioni ed il tuo coraggio. – Si voltò e mi guardò dritto negli occhi.
– Da colui che è più impavido e coraggioso di me è un gran complimento. – Sentimmo la voce di Wren che si svegliava ed anche altri cominciarono a muoversi dal sonno. Avrebbero interrotto la nostra chiacchierata e non volevo. Yorick colto dalla stessa delusione veloce si avvicinò e posò la sua fronte sulla mia mentre la sua mano si fermava solida sulla mia nuca. Chiuse gli occhi ed assaporò quel momento. Quel singolo contatto fu talmente intenso da non poter spiegare a parole la gioia immensa del mio cuore e la felicità profonda del mio animo. Le sue dita erano calde, bollenti. Il suo viso disteso era percorso da una pace che riluceva brillante dalla sua pelle chiara. Fu la prima dimostrazione d'affetto che fece nei miei confronti e forte a ripensarci mi batte ancora il cuore.
Si divise da me Yorick lo Sfregiato, mio padre. Mi guardò negli occhi e sorrise ancora. – Sei davvero un grande uomo, Nivek, sono fiero di te. – Mormorò. Così si alzò ed andò dall'amica che ormai stava per mettersi in piedi. Guardai con nostalgia le sue mani mente si allontanavano ed avrei voluto che mi abbracciasse ancora.
Un rumore mi fece voltare e Nowell si sedette accanto a me. – Ora sei più tranquillo? – Domandò avendo intuito ogni cosa senza che glielo dicessi. – Dovresti rassicurarti. un Domatore compie quel gesto solo con i propri figli, per noi vuol dire molto più che un semplice abbraccio o un bacio, è qualcosa di profondamente sacro ed indivisibile. Mi ha commosso vederlo. – Disse ed io compresi perché mi ero sentito così coinvolto e perché per Yorick era stato così importante quel momento.
Strinsi le mani tra di loro mentre ancora venivo percorso dall'emozione ricordando quel contatto: infine mi aveva davvero accettato come figlio. Sorrisi senza accorgermene e quel giorno avrei potuto volare tra le nuvole più alte senza sentire nemmeno un po' di fatica.
 
Stavamo sopra le nuvole e mi sembrò di volare più in alto di quanto avessimo mai fatto. Il vento soffiava placido tra le mie squame e lo sentivo proseguire fino alla folta chioma rossa del mio padrone. Era tranquillo sulla mia groppa, così come lo sarebbe stato se avesse avuto il pieno controllo. I nostri desideri erano così simili che non importava chi comandava.
Immerso in quell'immensa distesa di colore, mentre il mio corpo ondeggiava nel vento, mi sentii felice e realizzai nuovamente il miracolo di cui ero stato spettatore. Realizzai che Nowell era sceso su quella terra per esse il mio Domatore, entrambi eravamo in quel cielo per un preciso scopo e non avevo dubbi, non avevo dubbi che io fossi nel luogo in cui dovevo essere. Perfino vedendo la sagoma di mio nonno, quella di Elmer e ricordando coloro che mi avevano cresciuto con sospetto ed odio non potevo far altro che essere lieto di ciò che infine mi aveva portato in quel luogo. Perfino il dolore di mio padre era stato un mezzo per il grande scopo che il mio cuore avvertiva. Non era giusto, ma egoisticamente pensavo di meritarmelo.
Il sole batteva sulla mia pelle ed il freddo dell'aria lo contrastava con crudeltà dividendo il mio corpo caldo dal resto del mondo e lasciandomi isolato dalla realtà: dimenticavo ciò che sarebbe venuto, dimenticavo che io stesso ero solo un mezzo per uno scopo ancora più grande di quello che credevo infine realizzato. Buffo è pensare a come spesso si creda di essere giunti alla conclusione di qualcosa ed invece ci si dimentica di avere ancora moltissime altre cose da fare, moltissimi altri avvenimenti e cambiamenti e forse nemmeno essi saranno la fine, nemmeno essi saranno in grado di fermare il tempo e di evitare il loro decadimento in mezzi per altri scopi ancora più grandi, futuri e magnifici. Tanto che se ci si riflette attentamente passa quasi la voglia di prodigarsi.
Quel giorno però io volavo e non vi erano pensieri così chiusi nel mio animo, ero semplicemente contento della condizione raggiunta e la percepivo perfetta così come in quel momento doveva essere percepita. Non credo, e se permettete mostrerò in questa affermazione un po' di presunzione giustificata forse da una certa autorità, che non vi siano coincidenze nella vita e che nemmeno vi sia un destino preciso: sono sicuro che ogni azione sia certamente utile al proprio scopo e che noi spesso non lo comprendiamo o non riusciamo ad immaginarlo, tuttavia esso non è preciso, ma piuttosto viene scritto mano a mano che i mezzi si accumulano. Ogni avvenimento è pronto a diventare qualcosa di ancora più grande e spesso quello più insulso stravolge il mondo.
Perfino noi, che credevamo di essere reietti, rifiuti e soli, stavamo per scatenare uniti la forza dei nostri cuori.
Il silenzio avvolse il mio animo gioioso tutto d'un tratto e scrutando le nuvole sotto la mia pancia le vidi nere e vorticose, buie ed in cielo un lungo cono puntava verso terra proprio sotto di noi. Un brivido mi percorse la schiena e capii che doveva essere successo qualcosa … qualcosa per mano di colui che voleva ucciderci. Silenzioso placai il mio veloce volo e sempre più rallentai fino a fermarmi proprio sopra quell'oscuro occhio vuoto che si era creato sotto di noi. Sentii Nowell stendersi sulla mia schiena e spingere il capo oltre di me così da vedere con precisione cosa ci fosse ai nostri piedi e si fece muto di timore e preoccupazione. Serpeggiando mio nonno giunse accanto a me e, con fretta, mi intimò di proseguire il cammino, di allontanarmi da quel luogo e di non ritardare oltre poiché poteva esserci ancora pericolo. Le mie zampe però si strinsero e si riaprirono mentre riflettevo se compiere il gesto che il mio petto tremante suggeriva. Poi rivolsi le ali e mi tuffai in picchiata. Scendevo veloce tra i molti luoghi silenziosi e le nubi pesanti mi avvolsero. Cadevo nel vortice del Re Orrendo e, quando mi liberai di esso, una desolazione silenziosa si aprì davanti ai miei occhi. Volando basso percorsi il luogo dove nude pareti fissate nel terreno si ergevano immobili e di uomini e di Draghi non vi era traccia o suono.
La disperazione che provai fu assoluta. Il mio animo fu consapevole per la prima volta di cosa compiva: eccola la devastazione del mio nemico. Eccola. E fu come svegliarsi da un sogno. Fu davvero come vivere brutalmente di nuovo in un mondo che mi era negato. L'avevo immaginato quel giorno, la vita, il mondo che avevamo creato e mi accorsi poi che infine non era ancora. Non era ancora. Eccola la distruzione del mio nemico lì a dividermi dal sogno, dal mondo.
Mi posai a terra e Nowell, prima che potessi dirgli di no, scese dalla mia groppa. Lo vidi correre per un tratto per poi fermarsi nell'erba scura e secca. Davanti a lui un'alta torre vuota ed un cancello che non proteggeva più nessuno. Si disperò. Poi qualcosa balenò nei suoi occhi ed indietreggiò afferrandomi veloce una gamba. – Alzati in volo, mio adorato fratello, il pericolo potrebbe colpirci. Il pericolo potrebbe essere già sopra di noi. – E fulmineo mi alzai in volo mentre lui riprendeva posto sopra di me, ma come disse eravamo già in una trappola.
Un brusco rumore mi fece voltare, ma, prima ancora di vederlo, sapevo che dietro di noi un Drago ci seguiva. Non avrebbe potuto reggere il confronto con la mia velocità e così non mi curai di lui fino a quando, percorso il lungo cono nero che era calato in cielo, non mi trovai tra il chiarore del sole ed i miei compagni non furono avanti a me. Allora mi voltai e attesi il nostro inseguitore che si rivelò essere accompagnato da altri tre Draghi. Crudelmente ruggii ed il vento si rivolse loro contro fermandoli ed uno precipitò con un'ala spezzata. La mia guardia si affiancò a me ed insieme ad Elmer e mio nonno respingemmo coloro che ci attaccavano senza alcuna fatica. Di certo non si aspettavano di trovare me o il mio padrone che il Re Orrendo credeva morti. Forse era una trappola per altri, ma ancora non comprendevo poiché credevo di non conoscere quel luogo ed in effetti, sebbene ne avessi sentito parlare, non lo conoscevo.
Sorbendomi la predica di Murray tutti ci rimettemmo in viaggio e superammo di molto spazio quel luogo dov'eravamo stati attirati. Speravo che nessuno di coloro che ci era venuto addosso fosse sopravvissuto e che infine notizie di noi non arrivassero al nemico molto prima del tempo. Quando poi ci abbassammo e ci fermammo in un luogo più nascosto rispetto al giorno prima, fu allora che Nowell ci disse che quello era il villaggio dove lui inviava lettere e dove Wardell ed Ormond si corrispondevano. Quello era il villaggio del nord fedele ai Ribelli ed era stato distrutto e sorvegliato proprio per sorprendere futuri messaggeri. Sperava che nessuno dei nostri fosse stato attaccato o ucciso. Temeva soprattutto per Wardell che a volte ci si recava di persona con Ishmael. Tuttavia riuscì a rinfrancarsi senza che fosse necessario consolarlo poiché lui sapeva meglio di altri che molte vite sarebbero state richieste da quel nostro sforzo e che tutti coloro che amava potevano morire. Sebbene sperasse non così presto.
Seppi di aver rischiato molto quel giorno e mi ripromisi infine di spingermi solo verso il luogo dove c'erano i nostri compagni e di non lasciarmi condizionare da ciò che avrei visto sulla via. Terribili erano gli atti del Re Orrendo e troppo spesso me ne ero dimenticato. Troppo spesso non me ne ero ricordato.
Faticai ad addormentarmi e Nowell fece lo stesso. Vicini guardavamo il buio che ci sovrastava minaccioso senza scorgere stelle. Nella mia mente le immaginavo. Le vedevo senza che esse brillassero e mi rilassavo nel saperle davvero lì oltre quel buio. Mi dissi che esse non sarebbero scomparse per quanto il Re Orrendo si prodigasse e oscurasse il cielo. Ci sono cose su cui anche la persona più potente del mondo non ha alcun potere e ciò rende chi è piccolo capace di sperare, di credere che, sebbene impotente su molto, qualcosa infine può condizionare. Non fa paura un nemico che sembra simile.
– A cosa pensi, mio amato Drago? – Domandò Nowell.
– Alle stelle. – Risposi.
– Davvero un bel pensiero in una notte così buia. – Mi guardo in viso e sorrise. – Pensare a cose tanto chiare mi renderebbe felice … la mia mente è solo rivolta alla morte e credo che essa sia nel nostro destino.
– Essa è. – Dissi. – Come è nel destino di tutti. – Continuai e lui pensò che non avessi capito cosa tentasse di dirmi.
– La incontreremo sulla via verso il Re Orrendo. – Concluse inflessibile.
– Lì forse ora ci attende, mio amato padrone e compagno, ma chi può dire se ci verrà incontro o se invece si dirigerà verso il nostro avversario. Forse essa ci attende ben più in là, oltre il mondo che insieme abbiamo desiderato, oltre il destino di entrambi quando infine le stelle saranno ancora luminose.
– Il mio cuore non crede che sarà così come dici. Teme la buia ora e la vede vicina.
– Anche se così sarà che potere abbiamo noi per evitarlo? – Domandai e lui sospirò.
– Spero solo che non sarà tutto vano, anche a costo della vita.
– Anche sulla via del Re Orrendo la morte è in sosta ed egli, come noi, non ha nessun potere per evitarla. Se essa dovesse scegliere di averlo lui dovrà obbedire così come noi. Non temo un uomo che si può uccidere e non temo che la morte ci scelga entrambi. Sarebbe una buona amica se insieme ci portasse con lei. – Mi strinse la mano e poso la sua fronte sulla mia spalla chiudendo gli occhi.
– Le stelle sono luminose questa sera. – Disse.
– Mai le vidi così chiare. – Risposi.
– Spero che così esse saranno il giorno in cui la morte mi prenderà.
– Lo spero davvero visto che quello sarà il giorno in cui io lascerò questo mondo. 

Finalmente ormai sembra arrivato il momento che il Re del Cielo ed il suo seguito giungano dai Ribelli. Come saranno accolti?
Grazie per seguire questa storia che ormai giunge al termine!
Iwon Lyme

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Capitolo 27
*** La Voce del Re - Parte IX ***


Eccoci giunti alla nona parte. Nivek e Nowell stanno per fare ritorno tra i Ribelli, cosa troveranno? Come verranno accolti?

La Voce del Re - Parte IX
 
Percorremmo il cielo ed esso sembrò celare la nostra presenza poiché veloci procedevamo e nessuno ci vide. Molti soli sorsero e tramontarono prima che riuscimmo a giungere al luogo dove ci attendevano ed una volta lì i nostri cuori sembrarono sollevarsi colmi di felicità. In lontananza cominciarono a scorgersi numerose case ed intorno ad esse tende erano state poste e fuochi erano accesi per diradare l'oscurità della notte. Sbattei forte le ali ed anche Nowell ebbe un sussulto. La nostra gente apparì avanti a noi e così fummo finalmente in pace. I dubbi svanirono. Loro erano lì e lì erano i nostri cuori.
I polmoni mi si riempirono d'aria fredda e luminosa. Ruggii con forza ed intorno a noi vibrò il Cielo. Silenziosa la grande nube si aprì sopra di noi. Si allargò e il blu luminoso si rivelò a coloro che stavano sotto di noi: il Re del Cielo era giunto e dovevano saperlo. Voci alte si sollevarono da terra e risposero al mio urlo e così arrivai nel luogo che mi aveva atteso. Così arrivarono Nowell il Solitario e Nivek Lungo Sguardo tra la gente che si ribellava al Re Orrendo.
Le zampe toccarono terra e la velocità fu rallentata dalla corsa. Nowell scese dalla mia schiena e veloce ripresi il mio corpo e così fummo davanti alle tende più esterne illuminate dall'opaca luce dei falò. La gente giungeva e si raccoglieva dove il grande Drago ed il suo Domatore erano scesi. Vi erano uomini e donne e bambini, Draghi o Domatori che fossero.
Anche i nostri compagni scesero dal Cielo e vicino a noi si fermarono. La mano di Nowell era stretta nella mia e ci eravamo trovati uniti in quel modo senza pensarci mentre i nostri petti si gonfiavano di gioia e si liberavano, si aprivano al vero, alla volontà di coloro che avevamo raccolto sotto di noi. Un luminoso raggio balenò e la luna si rivelò oltre l'ombra e quello fu l'unico posto in cui il Re Orrendo non giunse poiché vi era il Signore del Vento a respingerlo e tale era il suo potere.
Poi, quando il numero di persone cominciò a stupirci, cominciammo ad avvicinarci ed i Draghi ruggirono e gli uomini esultarono. Chiamavano i nostri nomi e per noi avrebbero affrontato la tenebra. Non osarono toccarci e non osarono avvicinarsi troppo. Elmer e Murray erano dietro di me ed anche loro destarono stupore e meraviglia. Jethro veniva salutato e molti si inchinarono anche a lui. Così i Domatori omaggiavano il mio padrone e Wren e Yorick. Ci facemmo strada tra le tende ed i volti sembravano aumentare ad ogni passo. Erano talmente tanti e tutti vicini che con difficoltà avrei distinto uno del mio popolo da un Domatore. Così doveva essere nell'accampamento di coloro che amavano la libertà e che la volevano sia per coloro che potevano essere liberi sia per coloro che non lo sarebbero mai più stati. E le voci ed i canti si univano alla meraviglia. In quel clima arrivammo alla città nelle cui strade e finestre vi erano altri ed altri ancora. Lanterne brillavano flebili e la luna rischiarava le teste tanto che difficilmente ci saremmo ingannati sul numero.
Poi in lontananza il profilo si delineò chiaro ed una figura si pose noi davanti. In mano reggeva una luce e lì ci fermammo. – Chi giunge dal Cielo a notte fonda e senza luce? – Domandò e ci sentimmo immediatamente a casa.
– Viaggiatori in cerca di un riparo, ma ancor più in cerca di un caldo sorso di buon senso. – Rispose Nowell con il riso alle labbra. – E questa notte abbiamo anche la luce.
– Dire la luna vostra luce mi fa intendere che l'audacia non vi manca. – Disse e vi fu in attimo di silenzio che si diffuse per tutto l'accampamento. – Che il Cielo stesse per portarmi qualcosa lo sapevo … ma mai avrei creduto che fosse un Re con il suo seguito. – E detto questo si inchinò profondamente. – Benvenuti tutti, miei illustri ospiti. Questa è la terra degli Avvoltoi e qui dimora il buon senso che cercate.
– Non avevo dubbi. – Concluse il mio padrone e lasciando le mie dita abbracciò Ormond che ricambiò ridendo e con la voce rotta dal pianto. Avrei desiderato vedere più chiaramente un omone come lui piangere di gioia.
– Orsù! Andate! Domani udirete le parole di coloro che sono giunti dal Cielo e che ci hanno liberato dal buio! Lasciate che riposino e che vadano a dormire! Sono giunti! Sono giunti ma ora devono riposare! – Disse sbatacchiando la lanterna ed agitando le mani al cielo e lo urlò tanto che fui sicuro lo sentissero fino ai margini delle tende. Gli uomini e le donne allora si allontanarono e lentamente ricominciammo a vedere la strada che calpestavamo e fummo sferzati da aria fresca. – Quanto attendere e quanta pena per voi, miei signori, ma ora venite, alla mia casa vi attende cibo e luce se lo desiderate. Wardell lì vi sta aspettando e credo che questa notte saranno questi due fratelli a non lasciarvi dormire.
Così ci condusse felice per la via che portava ad una casa modesta ma leggermente più grande delle altre così da poterci ospitare tutti sebbene non comodamente. All'interno un grosso tavolo di legno era coperto di cera e candele accese e carte e mappe ed altre cose che ben poco sapevo a cosa servissero. Lì era dove probabilmente decidevano ed organizzavano il più delle operazioni. Con dolcezza i Domatori concessero a noi Draghi stanchi di sederci sulle poche sedie che vi erano, ma io non lo feci poiché salutai Rastus con molta gioia e poi abbracciai Ishmael contento di vederlo sano e salvo accanto a Wardell. La gioia percorreva il mio animo e non sarei riuscito a stare sopra una sedia nemmeno se mi ci avessero legato. Le ore scorrevano veloci e così il momento di dividerci sarebbe prima o poi giunto, ma quella notte era per gli amici e per coloro che non vedevo da molto, tanto che stringendo a me Ishmael mi sentii tranquillo ed ancor più felice. Nowell parlava fitto con Wardell ed ogni tanto rideva e così il mio cuore insieme al suo veniva inondato di quello strano tepore che si prova a stare in compagnia di persone gradite.
Più candele vennero accese e presentammo Yorick, Elmer e Murray a Rastus ed Ormond. – Lui è Yorick, Ormond, fratello del Re Orrendo, colui che tentò la nostra impresa ed ora desidera prestarci una mano. – Disse Nowell e lo sguardo del capo dei Ribelli divenne subito solenne.
Si avvicinò a Yorick e chinò il capo mentre il suo corpo si serrava nel rispetto. – Mio signore, sono Ormond figlio di Ghetrand ed egli fu vostro fedele. Eravate molto caro a mio padre e fino alla morte si rammaricò per il vostro destino e la vostra caduta. Egli insegnò a me ed a mio fratello a rispettare i Draghi ed è per lui che noi serviamo questa causa e che, fin da quando abbiamo raggiunto la maggior età, ci prodighiamo contro la crudeltà del Re Orrendo.
– Ricordo tuo padre Ghetrand. Egli era un uomo gentile ed ora che mi hai rivelato la tua parentela con lui posso rivederlo con chiarezza in entrambi voi. Sono felice che lui sia vissuto senza ripercussioni. – Disse mio padre ed era molto addolcito dalle parole di Ormond.
– Una cosa, se mi permettete, desidero dire per lui visto che egli non può farlo con la sua voce. – Continuò il Domatore.
– Fa' pure e non sentirti in condizione di parlarmi con troppo riguardo. – Gli concesse il Principe Perduto.
– Egli mi disse che, sebbene ciò che grandemente avevate immaginato non è del tutto avvenuto, era convinto che senza di voi nessuno si sarebbe mai opposto a colui che manda l'ombra dall'est. Disse che il sacrificio di un uomo non può dirsi fallito se in memoria di esso molti lottano e sperano e si sacrificano a loro volta. Disse che questo infine era il piccolo compito che spettava a coloro che non avevano patito la vostra stessa pena. – Concluse e vidi lo sguardo di mio padre brillare di lacrime e di commozione. Pensava a Naisse e la sentiva accanto a sé come se infine non ne fosse stato privato.
– Le tue parole mi rendono più felice di quel che potresti pensare e ti ringrazio per avermele rivolte con tanto rispetto. – Disse posandogli una mano sulla spalla. – Ma il mio momento è passato, tale si è spento e non si può tornare ai giorni che furono. Mio figlio e mio nipote porteranno avanti i miei disegni e li hanno fatti tanto loro che sono più belli di quanto avessi potuto sperare. – Sorrise. – Infine il sacrificio di colei che amavo è valso, come tu dici, a molto più di quel che mi sembrava.
– Mio fratello Ormond è sempre stato un vostro alto ammiratore ed anche io ascoltavo con piacere mio padre che parlava di voi, ma mi perdonerete se sono meno sentimentale di lui. – Intervenne brusco Wardell. – Nowell ha detto che desideri aiutarci, in che modo? – Gli domandò ed il fratello lo ritenne sgarbato tanto da tirargli una pacca sulla testa e far scattare nel Domatore una acuta protesta.
– Desidero, se mi sarà possibile, dire ciò che so su castello, guardie, abitudini ed ogni altra cosa che, avendo vissuto con mio fratello fin dall'infanzia, credo ancora di sapere su di lui.
– Eppure all'epoca non era “orrendo”. – Aggiunse l'altro appena fu lontano dal braccio di Ormond.
– Non lo era, ma raramente una persona che si vota al male perde le irrilevanti abitudini che possedeva quando questo non le interessava.
– Ma esse sono “irrilevanti”.
– Sono rilevanti proprio perché egli le crede l'opposto. Dovete conoscere l'irrilevante per penetrare nelle difese di colui che guarda solo alle cose che stanno ben aldilà del suo potere e che crede troppo importanti per lasciarsele sfuggire. – Il suo viso fu illuminato dalla luce violenta di una candela e forte apparve il buio che oscurava la sua pelle con un lungo corso. – Se sarà un'aquila con le ali spiegate a pararsi difronte alla sua dimora egli sarà pronto a vederla, la vorrà per sé e preparerà la gabbia. Ma se sarà una mosca ad affrontarlo essa passerà sotto il suo sguardo e non vorrà vedere altro che la riguarda ed essa potrebbe perfino infettarlo senza che egli se ne accorga. – Spiegò e chiaro fu dove volesse arrivare.
– È un diversivo che vuoi offrire lui? – Gli domandò Wardell come se d'un tratto cominciasse a vedere chiaro il valore delle parole dell'uomo che suo padre aveva seguito.
– Non esattamente. – Rispose. – Voglio offrirgli un'esca e tale a parer mio sarà il nostro vantaggio.
– Perché? – Domandai e lui mi osservò facendomi vedere un'ombra di turbamento ed un lampo di ciò che pensava.
– Egli desidera essere il più forte e non baderà alle azioni di uno che crede innocuo, questa sua debolezza ci concederà il vantaggio di allontanare, se saremo bravi a sufficienza, alcuni Draghi dalla città.
– E come?
– Con un diversivo.
– Io lo dicevo! – Esclamò Wardell.
– Se qualcuno istillasse nel Re Orrendo il dubbio che un attacco si tenterà e che i Ribelli sono riuniti in un luogo preciso, allora manderà le proprie forze lontane e colpiremo quando questo avverrà.
– Intendi dire che dovremmo fare in modo che lui creda che qualcuno sia raccolto qui mentre siamo invece stanziati già fuori dalle sue mura e che, una volta lontano parte dell'esercito, dovremo attaccarlo? Ma egli, anche se dovesse venire a sapere di un'aquila che vola lontano dal suo castello da colui che crede una mosca, non è detto che allontanerà gli uomini, non è detto che si fidi a tal punto della mosca che farà da esca. – Intervenne Ormond.
– Invece egli si fiderà. – Corresse Yorick. – Poiché quella mosca un tempo fu un'aquila e non apertamente dichiarerà ciò che sa, ma sarà tanto abile da far sorgere in lui il sospetto così grandemente da renderlo certo.
Tu vuoi andare? – Saltai su ormai avendo compreso ciò che desiderava.
– Io devo andare. – Disse. – Egli vedendomi saprà che qualcosa accade ed io so come parlare a mio fratello, so come fargli credere che il figlio che credeva morto in realtà attenta alla sua vita e che prepara le sue armi in un luogo ben preciso. – Spiegò.
– Ma anche se dovessi riuscirci, come potremmo spostare tutti questi uomini senza farci vedere da nessuna delle spie di mio padre? – Chiese Nowell.
– Dimentichi che ti crede morto. – Rispose. – Egli non diffonde l'ombra per attaccare o spiare, piuttosto per intimorire. Un villaggio di Ribelli è stato distrutto come monito e, se il capo di essi fosse morto, questi, egli crede, essendo mosche senza aquila, si disperderebbero così da rendere inutile perfino un attacco. Forse egli ha spie, questo non lo nego, ma raramente un uomo accecato dal pericolo di perdere il proprio potere dà retta alla ragione e mio fratello non è famoso per riflettere, preferisce colpire e farlo crudelmente. In quanto allo spostamento non sarà un problema. A giudicare dalla strada compiuta posso dire che ci troviamo sotto la Montagna Pendente e che intorno ad essa c'è la Grande Foresta che si estende fino ad un giorno di cammino dalla capitale e dunque poche ore di volo. Passando attraverso essa pochi alla volta saremo in grado di non dare nell'occhio poiché dubito che, anche se mio fratello avesse mandato spie, esse si siano spinte qui, dove c'è la Montagna Pendente, un luogo scarsamente popolato da Draghi e Domatori. L'ovest egli perlustra probabilmente da palmo a palmo e tu, Nowell, dovresti saperlo visto che è lì che egli ti ha trovato.
– Penso che tu abbia ragione. – Concluse il mio padrone.
– Ma come potresti trarlo in inganno? – Protestai ancora io che mai sarei stato favorevole all'idea di mio padre alla mercé di colui che aveva così crudelmente trattato mia madre. – Se egli ti vedesse tornare, capirebbe che tenti qualcosa.
– Ovviamente, figliolo, ma egli crederà di avermi scovato. – Disse e seppi che infine non aveva intenzione di passare incolume quella battaglia.
– Desideri farti catturare da lui? Ti tratterà con crudeltà e lo sai.
– Lo so, ma se egli tiene tutto l'esercito nella capitale voi non avrete speranza e preferisco di gran lunga questa idea che vedervi intrappolati tutti nella rete di vendetta di mio fratello. – Abbassai il capo e, sebbene non volessi affatto concedere il mio benestare a quell'idea, sapevo che aveva ragione. – Non posso fare molto. Non ho un Drago e poco può la forza di un Mezzo Morto contro quella del Re Orrendo, ma la mia voce stregherà mio fratello ed egli farà ciò che io gli dirò credendo che sia tutta una sua idea.
– Sei fiducioso nelle tue capacità. – Commentò Wardell.
– Non di esse mi fido così grandemente quanto più della stoltezza di coloro che fanno loro primaria occupazione spezzare i deboli e mantenere il potere e la maggior dote di essi da sempre è la fretta. – Allora tutti ragionarono su ciò che aveva detto il Principe Perduto e molti furono persuasi dalle sue parole e dalla sua idea.
– Parli bene come al solito, amico mio. – Disse Wren spezzando il silenzio. – E come in passato non nutro dubbi che andrai fino in fondo a ciò che ora dici di voler fare. Ma chi ti dice che tuo fratello vedendoti non ti uccida o che non voglia affatto prestare ascolto alle tue parole? Perché egli dovrebbe ascoltare colui che ha sconfitto già una volta ed in modo così totale che da lui mai più potrà ricevere danno? – Lo interpellò e compresi come lei fosse in grado di mettere in dubbio le sue certezze e spingerlo al ragionamento ed alla ponderazione. Lei sembrava la mia unica alleata.
– Eppure dovresti anche sapere che mio fratello adora compiacersi dei propri successi e nella sua mente distorta la distruzione di un fratello è la sua più grande vittoria. – Si sedette ed intrecciò le dita. Mi sembrò molto stanco sia di ricordare i comportamenti malsani di suo fratello sia di parlare troppo a lungo del piano sconsiderato che aveva in mente. – Sono sicuro che non si tirerà indietro e mi vorrà parlare e se non vorrà farò in modo che ne abbia voglia.
– Intendi?
– Mi esporrò ed egli verrà da me. – Concluse.
– Non temi di morire? Non temi che egli ti uccida prima che tu possa parlare ed instillare in lui il dubbio?
– Mi torturerebbe e duramente, ma non mi ucciderebbe.
– Perché non lo farebbe? – Chiese Murray.
– Perché Yorick è il simbolo, l'avvertimento: ecco cosa succede a chi sfida il Re Orrendo credendo di vincere, ecco cosa succede ai superbi Ribelli. Gliel'ha scritto sulla faccia in modo che tutti leggessero. – Rispose Nowell poiché egli ben sapeva cosa volesse dire essendo lui stesso simbolo del potere e della costrizione di cui i Draghi dovevano aver paura. Anche a lui l'aveva scritto sul volto donandogli solo metà sguardo di Drago. Yorick alzò gli occhi su di lui e sembravano capirsi profondamente. – Comprendo il tuo desiderio di prendere parte a questa guerra e rispetto profondamente la tua decisione. Non mi sembra, in effetti, che abbiamo molte altre possibilità se non questa via poiché siamo in molti, ma il nemico è molto più di molto. Liberarci di parte del problema sarebbe ideale e so che non falliresti. Ma mi preoccupa doverti mandare da lui, temo che, una volta scoperto l'inganno, egli ti uccida. – Disse esprimendo non solo la sua paura ma anche la mia.
– Se dovesse finalmente sarei in pace. Naisse mi attende e ho smesso di temere la morte ormai da molto tempo.
– So anche questo, ma i vivi temono la tua morte ed a ragione poiché, se tutto andasse come desideriamo, allora ti riveleresti prezioso nell'ora della ricostruzione. – Aggiunse il Solitario.
– Desidero vedere quell'ora, ma, come anche tu hai convenuto, questa è l'unica strada.
– E per questo dobbiamo mettere a tacere le nostre paure. – Concluse Nowell sospirando. Così anche io mi trovai ormai privo di argomenti che potessero farlo desistere. In fondo nemmeno io vedevo altre vie, sebbene il mio desiderio di saperlo al sicuro fosse forte esso non doveva raggiungere la speranza di sconfiggere il Re Orrendo nel mio cuore e Yorick non mi avrebbe perdonato se l'avesse fatto.
Sebbene un abbozzo del piano fosse chiaro, molte cose dovevano essere decise e la discussione dovette spostarsi su temi che richiedevano un immediato interessamento. I Draghi Liberi preoccupavano i Domatori, essi non avevano molta fede che si sarebbero presentati nel momento del bisogno. D'altronde avevamo inviato loro messaggeri affinché giungessero nel luogo dove eravamo riuniti, ma ancora nessuno si era mostrato e questo non aveva fatto altro che approfondire quel timore che velava il cuore di Ormond sopra ogni altro. Egli aveva a cuore gli uomini che si erano riuniti intorno a lui più di tutti poiché li aveva ricercati e convinti e non desiderava che corressero troppo pericolo. Senza i Draghi Liberi, infatti, la nostra vittoria sarebbe stata molto dubbia. Comprendevo bene Ormond e desideravo rassicurarlo. Io stesso avevo raccolto i Draghi, così come lui i Domatori, ed ero sicuro che sarebbero giunti.
Parlammo a lungo e molte candele dovettero essere sostituite affinché non restassimo al buio. Il discorso si spostò poi sulle provviste per il viaggio nella Grande Foresta, la difficoltà che lì avremmo trovato e quanto tempo dovevamo attendere prima di iniziare a partire e lasciare quel luogo. Avremmo voluto agire prontamente, ma non sarebbe stato sicuro poiché eravamo ancora molto impreparati. Sembrava, infine, che non giungessimo a molto se non ad idee pericolose e che richiedevano più lucidità per essere ben ponderate.
Poi Ormond si intromise. – Se eccezionalmente dovessimo riuscire a vincere, chi prenderà il posto del Re Orrendo? – Disse facendo azzittire chiunque parlasse di altro.
– Non credo sia il momento di discutere di questo. – Lo stroncò velocemente Nowell.
– Perché lo chiedi? – Lo interrogò Wren che sembrava interessata ai dubbi dell'uomo.
– Perché tre pretendenti potrebbero allungar pretese e quale vincerà sugli altri?
– Quali sarebbero? – Intervenne Murray.
– Suo nipote, il Re dei Draghi, Nowell, il figlio del Re Orrendo e suo fratello. – Spiegò.
– Io penso che non vi saranno problemi una volta giunto il momento. – Concluse Yorick e la sua voce era molto provata sebbene fosse sempre piena della sua forza.
– Lo credo anch'io e non mi sembra che questi “pretendenti” abbiano voglia di discuterne ora. – Concluse Wardell ed Ormond cedette così alle parole del fratello maggiore e restò in silenzio. Eppure mi resi conto che aveva sollevato un buon argomento e che, prima della fine, tutti noi avremmo dovuto decidere chi sarebbe diventato Re o, per meglio dire, se ce ne sarebbe stato un altro. – Sarebbe meglio per tutti se ora decidessimo di dormire. Elmer dorme ormai da parecchio tempo e tutti mi sembrate stanchi. Perfino il Re del Cielo ha gli occhi affaticati dal sonno. Seguiteci dunque che vi mostreremo le vostre stanze. – Continuò l'uomo dai capelli biondi alzandosi e sbadigliando. Probabilmente non mancavano che poche ore all'alba e la stanchezza in esse si sentiva più feroce. Nessuno si oppose all'idea del riposo e così Rastus condusse Murray ed Elmer in una stanza, Yorick fu guidato da Ormond in un'altra, Wren e Jethro seguirono Ishmael, mentre Wardell fece strada a me ed al mio padrone. Salimmo delle scale e lui aprì la porta che custodiva un piccolo giaciglio in cui io ed il Solitario avremmo dormito volentieri. In essa vi era una piccola finestra dalla quale si vedeva la luce fioca della luna. Una sedia ed un tavolo erano gli unici arredi della stanza, ma non sarebbero serviti a molto poiché logori e traballanti.
– Grazie, Wardell. – Disse Nowell ed i due amici si guardarono per alcuni istanti.
– Non intendo salvarti oltre dalle tue responsabilità. – Lo rimproverò il Domatore.
– Esse non sono per forza mie. – Rispose il Solitario aspettandosi che lui l'avrebbe rimbeccato.
– Non prendermi per il culo, Nowell, con questa storia che può essere deciso, che si può cambiare. Io e te … e non credere che io sia un povero stupido … noi due sappiamo benissimo che prima o poi, se vinceremo ovvio, il tuo sedere si poserà su quel trono e che tu dovrai cedere alle tue responsabilità. – Sussurrò piano ma iroso Wardell e non l'avevo mai visto tanto furioso.
– Altri potrebbero …
– Sì! Potrebbero! Ma poi tu verrai. – Lo fermò. Sembrava un discorso che avevano affrontato spesso e che, malgrado quello che desiderasse il Domatore di Ishmael, non era mai giunto ad una conclusione definitiva.
– Io non lo desidero. – Disse Nowell e nella sua voce si avvertiva una sfumatura di sofferenza.
– Molte volte ognuno di noi compie cose che non desidera. – Sospirò. – Se così ti ripugna allora dovresti essere chiaro. Ormond crede che avrà un Re dopo questo scontro … tutti lo credono. Non puoi fare finta di niente.
– È per distruggere un Re che noi combattiamo, se essi desiderano un Re dovrebbero tenersi quello che già hanno. – Sbottò il Solitario e questo fece infuriare molto Wardell che, reprimendo la voglia di colpirlo, distolse da lui lo sguardo. Fu così che i nostri occhi si incrociarono ed in lui nacque un sentimento diverso, come di delusione e di speranza insieme.
– Il padrone di un Re presto ragionerà e presto capirà. – Concluse guardandolo. – Non lo vedi ed ancora sei cieco. Io vedo chiaramente e so. Riposa, amico mio, al mattino parleremo e la mia voce non ti sembrerà sgradita come ora.
– Mai essa mi è parsa sgradita. Amo Wardell, colui che mi accolse quando ero solo un povero ragazzo e che fu mio amico senza giudicarmi mai. – L'altro annuii e mi sembrò quasi arreso al destino che il Solitario aveva scelto. – Saprò rendere onore alle persone che compieranno questa impresa e non le lascerò insoddisfatte. Tuo fratello Ormond avrà di che gioire.
– Io so che egli gioirà. – Rispose e si guardarono con fratellanza e calma. – Il mattino giunge veloce questa sera. Credo che anche io andrò a dormire. – Disse e lasciò andare la porta che aveva tenuta stretta fino a quel momento.
– Wardell. – Lo richiamò Nowell. – Abbi fiducia in me. – Lo esortò.
– Ne ho sempre avuta. – Rispose un'invisibile voce e poi il rumore della porta che si chiudeva lasciò spazio al silenzio della camera.
Il Solitario si volse verso di me e sospirò stanco di tutte quelle parole che, messe in fila una dietro l'altra, avevano un peso notevole nelle vite di molti. Ogni cosa decisa era vita o morte e non vi era via di mezzo. Andavamo verso la rovina o verso la vittoria, ma in quel momento erano così mischiate che era impossibile comprendere quale delle due fosse avanti a noi. Si sdraiò sul letto e, facendosi da parte, lasciò spazio anche a me. Allora presi posto accanto a lui ed il sonno mi volò veloce sugli occhi, ma ancora resistetti. – Il padrone di un Re … – Sussurrò Nowell e mi sfiorò il capo mentre i miei occhi si chiudevano.
– Wardell vede chiaramente ed ha ragione più di quel che credi. – Dissi.
– Lo so e per questo temo ciò che mi dice.
 
Il mattino, così come era prevedibile, giunse in fretta e si addentrò di soppiatto dalle tende bianche appese alla finestra. Mi svegliai, ma, siccome Nowell ancora dormiva profondamente, restai accanto a lui ed il mio sguardo si rivolse alla tenue ombra che la stoffa produceva sul soffitto. La calma può avvolgere anche coloro che stanno per compiere azioni pericolose ed essa venne da me quel mattino. L'aria muoveva lento il bordo opaco e lo faceva oscillare. Nel mio soffitto vi era un buco quadrato ed era come guardare attraverso ad un bicchiere pieno d'acqua. Era offuscato ciò che vedevo e speravo di scorgervi oscillare una figura riconoscibile e famigliare. Eppure sapevo che nulla avrebbe mai potuto mostrarmi quella finestra di luce sul mio soffitto. Sospirai pensando che forse la mia mente iniziava a vagare troppo lontana. Mi alzai e posai i piedi a terra sfiorandomi i lunghi capelli che mi caddero sul viso. Non sopportavo quel calore e quella pesantezza. Però non avevo il coraggio di tagliargli poiché ciò che il Cielo aveva donato apparteneva ad altri e non a me stesso.
Sentii il corpo di Nowell svegliarsi dall'intorpidimento del sonno e, voltandomi, lo vidi mentre apriva gli occhi e guardava la mia schiena curva e le mie spalle rivolte a lui. Era pensieroso, come se si fosse svegliato da un sogno complicato che ancora tormentava la sua mente. Il suo occhio di Drago, contornato dalle rosse squame, brillava insolitamente, tremava luminoso come il sole in pieno inverno. Lì era la nostra vicinanza ed allo stesso tempo l'enorme distanza. Respirò a fondo ed i nostri cuori ebbero un sussulto, quasi un gemito e poi si sollevò dal cuscino. I suoi lunghi capelli rossi gli caddero sulla schiena e, come faceva di solito, li raccolse subito in una coda che, corposa gli copriva le spalle, per poi arricciarsi verso le punte. Mi oltrepassò e si trovò in piedi prima di me. Si cambiò d'abito cercando una nuova camicia negli zaini che avevamo portato con noi e poi uscì lasciandomi solo nella stanza.
In quel momento anche io mi misi in moto e, cercato a mia volta un cambio, uscii per trovare dell'acqua fresca con cui lavarmi il viso e fu in cucina che ritrovai il mio padrone mentre tra le sue mani acqua cristallina gorgogliava e gli scivolava sulla pelle appena desta. Mi guardò mentre le gocce gli bagnavano la camicia pulita. – Ti serve? – Domandò ed annuii. Così anche io mi rinfrescai e mi trovai finalmente libero dall'intorpidimento. – Dovresti sistemarti i capelli. – Disse mentre mi osservava intensamente.
– Lo desidero davvero. – Risposi ed allora mi rivolsi ancora a lui. – Anche la tua barba cresce incontrastata. – Gli feci notare.
– Lo so. – Borbottò. – Chiederò a Wardell di occuparsene. – Mi disse sedendosi al tavolo dove avevamo discusso la sera prima.
– Sembra che solo noi siamo svegli. – Dissi prendendo posto accanto a lui.
– Credo che durerà poco la nostra pace. – Continuò e vidi il sonno che ancora tentava i suoi occhi.
– Chi avrebbe mai pensato di trovarci con tutto questo … – Sussurrai. – Ero un dimenticato, un indegno ed ora mi chiamano Re e si inchinano con rispetto. – Sorrisi pensando alla comicità della cosa.
– E Re sarai fino alla fine della tua vita, mio amato compagno. – Disse lui che sembrava turbato dalla mia posizione. – Tu non puoi sfuggirne.
– Io non desidero fuggire.
– Io lo desidero. – Rispose. Gli avrei detto qualcosa ed avrei certamente cercato di farlo ragionare, se Ormond non fosse entrato nella stanza.
– Già svegli così presto? Il Signore del Vento mi perdonerà se lo dico, ma perfino ai Draghi migliori serve riposo. – Disse l'omone ridacchiando ed aprendo gli armadietti per preparare qualcosa da mangiare.
– Me ne serve invero e non meno di altri. – Risposi. – Ma potrò riposarmi a sufficienza in futuro.
Nowell si alzò dal tavolo ed uscì silenzioso, mi sembrò tornare il Solitario che avevo conosciuto a casa di Wren. Buio era, pieno di sospetti, malfidente e celava ogni angolo di sé perfino al migliore degli amici, perfino a ciò che era suo e non poteva essere altrimenti. Mi sembrò che nel suo cuore stesse conservando quel lato di sé e che, una volta giunto il momento, esso sarebbe tornato, come un'ombra che giunge da est e l'avrebbe sottratto a coloro che amava poiché Nowell credeva di recare profondo danno a chiunque si avvicinasse troppo. L'immagine di sua madre, infine, tormentava i suoi occhi ed i suoi sogni più di quanto non potesse dire. Ma tra noi non servivano parole.
Guardai il viso felice di Ormond e mi dissi che se lui alla fine della guerra avesse acclamato un Re quello non sarebbe stato Nowell che così paurosamente ritraeva la mano dal fantasma del potere che l'aveva condotto a turpi azioni ed orribili sofferenze. Non desiderava un trono e non l'avrebbe accettato. Mi rattristai per coloro che speravano, ma sapevo che non avrei obbligato il mio padrone a percorrere una strada diversa da quella che il suo cuore gli indicava e che, sebbene il mio mi spingesse altrove, alla fine avrei ubbidito a lui soltanto. Sperai che il Solitario che si era allontanato da me sentisse la mia approvazione. Ma egli non tornò fino a che tutti non furono svegli e non iniziarono a chiedere di lui.
– Nowell? Dorme ancora? – Domandò Wren mentre sistemava a Jethro la camicia.
– È sveglio. – Dissi.
– E dov'è?
– Voleva fare due passi. – Continuai e Wardell mi guardò di sbieco mostrandomi la sua piena comprensione poiché io, come lui precedentemente, lo stavo coprendo.
– Dovrebbe tornare, o non troverà nulla di colazione. – Soggiunse Elmer che aveva molta fame.
– Arriverà … – Mormorai ed i miei occhi si sollevarono verso la porta che chiusa divideva il mio corpo dal mio cuore.
– Nivek. – Mormorò la voce di Ishmael ed io mi voltai verso di lui che si era chinato vicino al mio orecchio. – Desideravo parlarti, ti andrebbe di accompagnarmi?
– Verrò in qualsiasi luogo tu desideri. – Gli risposi sorridendo e lui ne fu imbarazzato.
– La luce del volto del mio Re oggi è luminosa e molti gioiranno nel poterla vedere. – Continuò con voce d'amico e mi posò una mano sulla spalla per poi ricongiungersi al suo Domatore.
Quando ormai tutti avevano la pancia piena il mio padrone tornò e prese posto insieme agli altri per mangiare, ma tutti avvertivano l'ombra che copriva il suo animo ed io, standone vicino, sembravo brillare più intensamente. I loro occhi si rivolgevano a me in cerca di spiegazione, tuttavia non potevo fare altro che sorridere cercando di mascherare la cosa. In realtà avvertivo chiaramente che quei sentimenti non erano dubbi sulla missione o sul futuro per il mondo che immaginavamo, quanto più antichi demoni che ritornavano a bussare alla porta e nessuno avrebbe potuto scacciarli. Così come erano giunti se ne sarebbero andati, restituendoci il Domatore che conoscevamo.
Mi alzai, quando ancora Nowell stava mangiando la colazione, ed insieme ad Ishmael ci allontanammo dalla sala. L'aria vibrava e le case erano silenziose. Il mattino era ancora giovane e volentieri mi ero diretto all'aperto. Guardai il mio amico e mi parve stanco, il suo viso era percorso da una vena differente. Gli occhi gialli che mi ricordavano il mio padrone si erano scuriti ed erano diventati profondi come fossi, avrei potuto vagare cercando di capire senza riuscire davvero a comprendere. Le spalle erano curve ed il suo viso pallido e sciupato. Perfino quando sorrideva traspariva malinconia e sofferenza. Pensai che quello doveva essere il volto di colui che ama e non potrebbe. Mi avvicinai e, senza aspettare che potesse rivolgermi le parole che desiderava, lo abbracciai e nel mio petto era piccolo ed indifeso così come non l'avevo mai sentito. Era dimagrito e mi preoccupai davvero per lui. – Sire … – Sussurrò posandomi una mano sulla scapola destra. Lo sentii sorridere. Forse si chiedeva cosa mi avesse spinto a quel gesto. Forse egli non si vedeva e credeva che agli occhi di coloro che lo conoscevano bene sembrasse esattamente come al solito.
– Sono felice di vederti Ishmael, davvero felice … Cosa ti turba? Il tuo cuore sembrava aver trovato pace. – Domandai dividendomi da lui ed osservandolo negli occhi.
– C'era chi dubitava … – Mormorò ed io non compresi. – Amico mio, vedendoti ora mi sembra trascorso moltissimo tempo: il tuo viso è mutato, così il tuo corpo e la tua bellezza supera di gran lunga quella di qualsiasi altro Drago. Tanto tempo sembra passato ed io mi sento stanco e logoro. – Sorrise pallidamente. – Il mio cuore era in pace, ma la guerra lo ha ridestato e temo … temo che per me non vi sarà alcuna gioia.
– Temi la guerra? Temi di andarci?
– Temo per Wardell. – Concluse ed il buio si posò sul suo sguardo eclissando il sole. Senza che potessi ribattere cominciammo a camminare per i viottoli ed il silenzio iniziò a pesare nel mio animo mentre mi trovai a ponderare ogni parola che avrei potuto rivolgergli.
– Ishmael, Wardell non è uno sciocco e tiene in egual modo al vostro futuro, saprà proteggerlo. – Dissero le mie labbra e furono parole così semplici che mi uscirono senza che potessi controllarle. Mi guardò. Annuì e strinse tra sé le mani.
– Lo farà. – Rispose ma non riuscii a sollevarlo poiché simili erano le paure che mi avevano assillato e dalle quali a stento noi schiavi potevamo liberarci.
– Desideravi parlarmi di questo? – Domandai non avendo capito a pieno.
– Oh, no di certo … – E mi guardò mentre riacquistava un po' di colore. – … non assillerei mai il mio Re con simili preoccupazioni. – Continuò e ridacchiò.
– Prima di essere il tuo Re, se così potrò mai definirmi, sono tuo amico, Nivek, il ragazzo che conducesti in Cielo.
– Quel ragazzo sembra scomparso … Non riesco a vederlo dietro i tuoi occhi verdi ed il tuo viso che sembra quasi una stella, la tua voce me lo ricorda … ma essa è molto più potente, completamente diversa. – Io ero cresciuto, diventato un altro, mentre lui era sempre rimasto quello che era: Ishmael, il Drago di un Domatore.
– Il cuore … quello non è cambiato. – Dissi. Si fermò.
– Quello se ne è del tutto andato. – Perché mi avesse rivolto quella frase così severa non comprendevo, ma, sebbene lo guardassi interrogativo, lui non si spiegò e continuò a camminare. – Desideravo parlarti di una cosa che Wardell mi ha chiesto di riferirti. – Cominciò. – Ieri sera venuto nella nostra stanza era turbato ed una volta che gliene ho domandato il motivo lui mi ha chiesto di venire da te questa mattina e dirti ciò che ora ti riferirò.
– Ha a che fare con il trono di questo paese? – Domandai intuendo forse di cosa potesse trattarsi.
– Forse ne avrà. – Rispose. – Quando Nowell giunse da noi non era molto più giovane di quanto lo fossi tu. – Disse ed io fui stupito dal fatto che avesse il permesso di parlarmi di quell'incontro. La sua voce, come se scavasse nel mio animo, era simile a quella di Wardell, tanto che sembrava esserci lui accanto a me e lui mi avrebbe parlato del suo amico giunto in un giorno di neve.
– Venne dalla pianura e lo trovammo che era in fin di vita. Immobile giaceva nel freddo della neve ed avevamo paura per la sua vita. Lo sollevammo e lo conducemmo nel nostro accampamento. Quella fu l'unica volta che portai due passeggeri. Lo mettemmo davanti al fuoco e poi, dalla sua benda, luccicarono le squame. Non avevamo paura di lui, ma se non fosse stato così indifeso l'avremmo cacciato appena rimesso. Ma Wardell l'amò dal primo momento e lo curò come se fosse suo fratello. Non dormiva per vegliarlo e dopo tre interi giorni Nowell si svegliò. Era debole ma dalle mani del mio padrone mangiò e poi cadde ancora nel sonno. Mio padre diceva che non ce l'avrebbe fatta, ma l'animo dei Draghi era vigile dentro il corpo del Solitario e lo mantenne in salute e non morì.
– Ci vollero due settimane prima che riuscisse a mettersi in piedi, ma da noi divenne sereno e Wardell lo trattava con amore sebbene questo mettesse a disagio Nowell che, giovane ragazzo qual era, non sembrava comprendere quella gentilezza ed anzi quasi gli provocava dolore. Poi raccontò al mio signore cosa gli era successo e chiese lui di perdonarlo poiché molto male aveva fatto ai Draghi e se ne pentiva profondamente. Forse, vedendo al servizio del mio Domatore tanti sfortunati, i suoi crimini pesarono nel suo animo così tanto da non consentirgli di tacere e la loro amicizia nacque e crebbe dalla più profonda desolazione. Wardell lo perdonò e gli disse che nella sua vita avrebbe trovato il modo per ripagare coloro che aveva ucciso e che era certo della sua buonafede. Dopo tre mesi Nowell decise di partire poiché temeva che il padre lo stesse cercando e che noi fossimo in pericolo con lui. Tornò nella casa di sua madre e lì, incurante di cosa avrebbe scelto l'uomo che l'aveva messo al mondo, diede degna sepoltura alla donna e vi abitò fin quando non decise che era giunto il momento di viaggiare. Molte volte lo andammo a trovare ed il suo cuore sembrava essersi calmato, sebbene come un alito di morte lo controllasse. Al padre non importava nulla del figlio. Non lo vedeva come una minaccia e mai egli sarebbe diventato tale.
– Poi Nowell si mise in viaggio e vagò e parlò con molti di coloro che erano contro il Re Orrendo senza mai raccontare la propria storia, ma il ragazzo senza un occhio, mentre si faceva uomo, guadagnava il favore di molti e Wardell ne era felice. Il mio padrone non era mai stato favorevole ad una lotta vera e propria, come invece è il fratello, piuttosto credeva in uno scontro indiretto dove i Domatori sarebbero cambiati piano piano negli anni. Tuttavia, dopo aver conosciuto Nowell, cambiò idea e credette davvero di poter mutare le cose. Giurò di seguirlo e così fece e fa.
– Io e Wardell siamo nati lo stesso anno, entrambi in inverno. Il Domatore di mio padre ebbe il suo primo figlio nello stesso periodo in cui lui l'ebbe e, come sempre ha sostenuto, era il destino ad averci uniti poiché, quando io sarei stato maggiorenne, anche il mio signore avrebbe potuto ricercare un Drago ed io fui il primo che Wardell domò. Prese mio padre sotto custodia dopo che Ghetrand morì. Sono sempre stato insieme a lui da quando ne ho memoria e mai ho visto il mio signore così coinvolto e così interessato a qualcosa tanto quanto lo è quando si tratta di Nowell. Desiderava che ti raccontassi questa storia poiché voleva che comprendessi che il tuo padrone non si è trovato casualmente contro il Re Orrendo, ma che piuttosto questo sarebbe stato il suo desiderio se prima di te egli avrebbe avuto un Drago. La sua natura gli ha impedito di agire, non la sua volontà. – Mi osservò. – Ha aggiunto poi una cosa che nemmeno a me aveva rivelato e mi ha detto che questo è l'unico segreto che mi ha tenuto. Mio padre, che era stato mandato da noi da Ghetrand, dopo che Nowell si rimise disse a Wardell che, così come il potere del Domatore annienta il bambino Mezzo Drago alla nascita e lo conduce alla morte, così il potere del Drago doveva rafforzare il mezzo Domatore, altrimenti Nowell sarebbe morto.
– Avevo intuito ciò che mi dici. – Intervenni allora. – Quando fui costretto a donargli il mio cuore egli resistette a lungo con una profonda e mortale ferita, mi dissi che doveva essere la sua metà di Drago.
– Non è così semplice come credi, mio Re. – Sentenziò ed io lo osservai interrogativo. – I Draghi sono molto potenti quando liberi ed essi hanno abilità che i Domatori mai potranno avere. Mio padre Shiloh è stato il Drago del padre di Wardell ed ora il suo, ma prima fu di suo nonno. Sebbene abbia avuto me solo una volta che ebbe incontrato mia madre, mio padre aveva già più di ottant'anni all'epoca.
– Cosa stai cercando di dirmi?
– Nowell ha superato la trentina d'anni da molto, eppure, guardalo con attenzione, nessuno darebbe lui più di venticinque anni. – Mi fermai e lo guardai sgranando gli occhi.
– Credi che la sua metà di Drago lo mantenga in forze?
– Il mio padrone crede di sì. – Rispose e riflettei. Non avevo mai pensato a tale eventualità.
– E potrebbe perfino avergli allungato la vita … – Mormorai. Così ricordai ciò che aveva detto Wardell a Nowell: “Ma poi tu verrai.”. Era così. Alla fine ci sarebbe sempre stato un posto per lui sul trono, lui che non sentiva lo scorrere degli anni.
– Così crede ancora il mio Domatore. – Mi disse e pensai con attenzione a ciò che mi aveva rivelato.
– Se Nowell non morirà per mano di suo padre o di altri, egli potrebbe avere una lunga vita … ed un lungo regno. – Conclusi. Sospirai. – Ringrazia Wardell. Dì lui che terrò a mente ciò che mi ha voluto raccontare e che, se ne avrò occasione, parlerò volentieri con lui di ciò che lo preoccupa. – Ishmael annuì e rivolse lo sguardo alle nostre spalle.
– Ormai la gente comincerà a svegliarsi. Desidereranno le tue parole, mio Re, e non nego di volerle sentire a mia volta. – Sorrisi mentre stringevo tra loro le mani.
– Sia tu che Wardell avete un'errata percezione di me … – Rivelai. Mi si rivolse allarmato.
– Cosa intendi?
– Pensate che io possa essere ciò che non sono. Sono un Re di sangue e d'aspetto, ma, Ishmael, il mio cuore, come tu hai detto, è lontano da me ed il mio padrone lo governa. Non posso agire contro il volere di Nowell e nemmeno desidero farlo. Ciò che deciderà non dipende da me, o meglio, io posso solo parlare a lui come fa un amico, come potrebbe fare un fratello ed un compagno, ma non posso cambiargli idea perché lo desidero. Credete che le mie parole saranno così distanti da quelle di lui? Credete che i miei desideri lo sono? No … la mia natura forse, ma non la mia volontà. Parlerò al mio popolo poiché esso è mio e non c'entra Nowell, ma non lo obbligherò a governare e non lo farò se me lo ordinerà. – Presi un respiro profondo. – Anche se so che non mi ordinerebbe mai di andare contro i miei desideri.
– Non capisco, Nivek, davvero non comprendo ciò che tenti di dirmi. Sarai o no la nostra guida in futuro? Desideri che Nowell salga al trono o no?
– Entrambe le cose e non so dire quale delle due prevarrà al momento. – Sollevai lo sguardo al cielo e sorrisi pensando a quanto fosse alto e magnifico. – Ieri ero un ragazzo, oggi mi si chiede di essere un Re e di convincere colui che amo di più ad esserlo anche se questo potrebbe fargli male. Se ti chiedessi lo stesso verso Wardell, cosa mi risponderesti?
– Che non è in mio potere nemmeno se lo volessi, ma che alla fine non credo di desiderarlo. – Annuii.
– Esattamente. – Risi per scacciare il nervosismo e la pesantezza. – Io appartengo a lui prima che al mio popolo, ma nel mio cuore grande è il posto che esso ricopre e se sarò libero di scegliere verrò da voi. Verrò da voi come ora sono qui per sostenervi e per tentare fin dove la vita me lo permette.
– Mi rendono triste le tue parole e non so il perché.
– Rendono triste anche me … ma la gioia è stranamente più forte. – Gli posai una mano sulla spalla. – Non temere. Ho fiducia in Nowell e quando il momento giungerà capirà da solo cosa deve fare e non tradirà coloro che non l'hanno tradito. Sarò la vostra guida e lui al mio fianco: questa battaglia siamo stati noi a volerla.
– Non solo voi, mio Re, ma tutti coloro che vi credono. – Risi ancora e questa volta fu per la speranza.
– Così è, mio caro amico, e non resteranno delusi.
 
La folla circondava la casa di Ormond e vi erano Draghi e Domatori uniti gli uni agli altri. Avremmo dovuto rivolgere ad entrambi parole sagge, incoraggiamenti e perfino speranze. Ma io ed il mio padrone sembravamo distanti. Seduti nella stanza con il tavolo coperto di cera sospiravamo e lui pensava cupo nell'attesa. – Ishmael … – Sussurrò poi ed io lo guardai. – So cosa ti ha detto.
– Ovviamente lo sai. – Gli feci notare dato che nemmeno per un momento avevo dimenticato il fatto che lui avesse il mio cuore e che ascoltava i miei pensieri.
– Ciò che ti ha detto … io … – Sospirò ed abbassò il capo.
– Tu lo sapevi già, poiché Wardell te lo disse e tu chiedesti lui di conservare questo segreto. In nessun altro caso lui l'avrebbe celato ad Ishmael. Ma egli ha voluto rivelarmelo perché pensava che questo poteva farmi desiderare ciò che non potrei mai volere. – Mi alzai dal luogo dov'ero seduto. – Ciò che avverrà quando la guerra finirà lasciamolo nel futuro, non abbiamo ancora vinto e non ti servono questi pensieri.
– Ma io devo …
– Non devi! – Dissi secco e si trovò interdetto dal mio tono, ma non avrei permesso lui di confondersi. – Cosa desideri di più al mondo, mio padrone? – Domandai mentre gli posavo le mani sulle sue e lo osservavo negli occhi.
– Annientare l'odio che mio padre crea. Non permettere che altri soffrano.
– Ciò devi perseguire. Ciò dev'essere quello a cui deve tendere la tua mente. Non importa nulla oltre questo poiché non vi può essere nulla di più importante all'opporsi al male.
– Mio compagno … – Mormorò.
– Cosa seguirà è sicuramente meno rilevante. Non permettere mai più al tuo passato di offuscare il tuo sguardo e non lasciare che la paura del potere ti faccia fallire. Non possiamo fallire per queste futilità. – Mi alzai e lo tirai su diritto. – Non sarai il loro Re, ma questo non ti impedisce di essere il loro liberatore e ti ameranno per questo e tu sarai felice di esserlo stato.
– Hai ragione e non so come ho potuto deviare in questo modo. La paura mi ha assalito e non ho saputo resistere. – Confessò ed il buio lo avvolse feroce per poi andarsene via lasciandolo libero.
– Basta paura. – I nostri occhi restarono a lungo gli uni negli altri e la fiducia crebbe ogni attimo fino a che le nostre volontà non diventarono una e fu come volare restando con i piedi a terra. Ora era pronto. Ora era colui che aveva parlato, colui che aveva ideato quel nuovo mondo insieme a me.
– Non temerò il potere e nemmeno la morte. Non temerò di cadere o di fallire. Sconfiggerò mio padre e sarà gioia e libertà per tutti. – Con queste parole cominciò a brillare e non smise fino a che tutto non fu compiuto.
Uniti prendemmo la strada che ci portava in piazza dove avremmo parlato in mezzo alla folla. Non vi era agitazione in noi poiché compievamo semplicemente ciò che ci eravamo prefissati, ciò che dovevamo e non vi può essere dubbio dove certa è la strada da percorrere. E lì Nowell parlò ed i Domatori urlavano per lui e lo acclamavano. Non si curava di come lo chiamassero poiché nella sua mente era salda la sua identità. – Miei fedeli! Miei compagni! Saremo forti e saremo giusti. Egli non ci attende! Egli non crede che noi possiamo ribellarci. Troppo profonde sono le ferite che ci ha inferto. Troppo profondo il dolore. Abbiamo perso molto. Abbiamo perso tutto. Non possiamo essere ciò che desideriamo poiché egli non ce lo permette. Ed i nostri cuori battono per esserlo! Il mio cuore urla! Lo desidera. Ma egli non se lo aspetta. – Mi guardò. – E vinceremo perché desideriamo più noi il bene di quanto lui potrà mai desiderare il potere e la sottomissione. Sarà sempre più forte uno solo che lotta per il bene piuttosto che mille che lottano per il male. E noi siamo mille e più di mille! E lui è uno solo! E solo cadrà! E solo … solo come ha voluto essere … perirà. Perché il male muore sempre miserabilmente come ha vissuto.
– Sarà gioia! – Urlò uno.
– Sarà gloria! – Riprese Nowell. – Sarà libertà e amore! Sarà come doveva sempre essere!
– Sarà gioia! Sarà gioia! – Dissero altri. E poi sollevarono le mani e lo ripeterono fino a che il Solitario non mi fece spazio per parlare ed allora i Domatori tacquero ed i Draghi soli ascoltarono le mie parole.
Miei fratelli! – Ruggii e spezzai il silenzio con violenza. – Nero è il Cielo e nero il cuore di colui che dobbiamo affrontare. Quanta pena altri nostri fratelli vivono. Venduti. Macellati. Uccisi. Mai amati muoiono, bambini silenziosi che passano per il mondo. Ed è la crudeltà non solo del Re Orrendo ma di altri che li perseguitano. – E lamenti si levarono in maggior numero dalle donne. – La nostra rovina è dietro l'angolo. Svoltatolo saremo perduti. Non sembra esserci speranza. Eppure speranza vi è! Speranza è qui e parla, se il Cielo desidera, parla con la mia voce! Parla! E che urli! Che urli! Che il Re Orrendo la senta! Dalla mia voce e dalle mie mani riceveranno la morte coloro che tingono il Cielo!
Miei fratelli! Volerò! Volerò incontro alla morte se sarà necessario! E non per la distruzione di ciò che non può essere distrutto, ma per la salvezza, per la pace, per l'amore che non può nascere, per quello che non può compiersi! Per quell'amore! Per quell'amore che i nostri figli non possono esprimere e noi non possiamo cantare! Urlerò! Che il Cielo me ne dia la forza! Perché morto il Re Orrendo coloro che come lui perseguitano noi ed i nostri Domatori ricorderanno che mai l'amore è stato dimenticato! Che mai l'amore resterà invendicato! Mai noi ci lasceremo sopraffare! Mai volteremo le spalle ma le ali alzeremo a battaglia e voleremo! Voleremo miei fratelli! Voleremo insieme!
Voleremo Sire! Voleremo! – Urlarono mille voci e diverse cantarono. Si inchinarono e portandosi le mani alla fronte flautarono ancora.
Voleremo! Il Cielo sarà davanti a noi e non vi è ombra nel futuro! – E l'aria si sollevò vorticosa e danzò a suono della mia voce e cantai ed urlai ed i cuori dei Domatori batterono sentendo i loro Draghi così forti e potenti. Anche loro si unirono all'urlo e Nowell mi strinse forte il braccio mentre la mia voce si alzava ed i nostri cuori vibravano e piangevano di felicità. Basta paura. L'azione era giunta.

I Ribelli sono pronti a combattere, ma sarà lo stesso per i Draghi Liberi? Decideranno di unirsi davvero a coloro che reputano nemici contro un male più grande?
Spero vogliate scoprirlo con me!
Iwon Lyme

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Capitolo 28
*** La Voce del Re - Parte X ***


Siamo arrivati al decimo capitolo della terza parte! Ora che Nivek e Nowell sono giunti dai Ribelli, i Draghi Liberi faranno lo stesso?
 
La Voce del Re - Parte X
 
Passarono due giorni e non avvenne altro se non l'incessante accumulo di provviste e l'arrivo di altri Domatori ed altri Draghi. Shiloh, che fino a quel momento era rimasto nel luogo dove la tribù di Wardell viveva, arrivò e mi parlò con riverenza dandomi il benvenuto e giurandomi ancora la propria fedeltà e meraviglia. Parlava molto con mio nonno poiché, così pensai, dovevano più o meno avere la stessa età e simile era il loro modo di pensare sebbene fossero vissuti in ambienti totalmente diversi.
Il mattino procedeva tranquillo quel giorno come gli altri e sembrava proprio che la calma fosse giunta ancor prima che fosse guadagnata. Un assaggio, così mi dissi, di ciò che verrà. E proprio mentre ammiravo dalla finestra il lavorio incessante di entrambe le mie metà ed il mio sguardo osservava colui che possedeva il mio cuore parlare insieme ad Ormond, Wardell giunse alle mie spalle e si mise accanto a me. – Osservi il cielo, Re dei Draghi? – Domandò ed era la prima volta che parlavamo direttamente.
– No, guardavo il mio padrone. – Risposi rivolgendo però gli occhi a lui e mi accorsi che qualcosa sembrava velare il suo viso, un turbamento.
– Ishmael mi ha riferito ciò che gli hai detto. – Disse e compresi che infine aveva accettato il mio invito. – E mi ha anche spiegato perché tu non spingerai Nowell a diventare Re, sebbene io non comprenda se il non potere sia contro o meno la tua volontà. I Draghi sono pieni di misteri per la mente di un uomo e per la mia ancora di più. – Sapevo che si riferiva soprattutto al rifiuto di Ishmael più che al mio. Esso, d'altronde, non l'aveva ancora compreso poiché amore vi era tra loro, ma uno dei due negava il suo compimento.
– Dunque perché ora parli con me? – Domandai sorridendogli dolcemente.
I suoi occhi insicuri si alzarono sul mio volto e mi guardarono con profonda preoccupazione e mi sembrò di leggerne il motivo prima che me lo spiegasse. – Temo che non vedrò mai ciò che ho desiderato per tutta la vita. – Disse e sentii il mio cuore aprirsi e forse non fu il mio ma quello di colui che ci ascoltava.
– Ognuno di noi credo lo tema. – Risposi.
– Ma io non temo di morire, non temo la guerra … temo solo che egli non comprenda la speranza … egli non mi comprenda …
– Di chi parli, Domatore? Del tuo amico o di colui che ami? – Chiesi e lui in imbarazzo mi guardò.
– Dimenticavo. – Sussurrò. – Dimenticavo che tu non sei Nowell e che … – Strinse le mani tra loro.
– Dimenticavi che Ishmael è mio amico e che io conosco i suoi sentimenti più dei tuoi? Se temi che sia Nowell a non comprenderti egli lo fa e si rammarica, credimi, di non poter essere come tu desideri. Io posso solo suggerirti di lasciare tempo a colui che ne ha bisogno, egli si rivelerà. – Sollevai gli occhi al cielo. – Se invece pensi che sia Ishmael a non comprenderti ti dico che ti sbagli enormemente. Piuttosto siete voi Domatori che difficilmente comprendete il cuore di un Drago.
– Mi sono messo in ridicolo davanti a te, Re dei Draghi, e mi sento molto stupido. – Confessò ed io risi forse facendolo sentire ancora più a disagio.
– Non posso avere altra opinione di te se non una che mi riempa di rispetto e di stima. – Sorrisi. – Hai ospitato, aiutato molti di coloro che definisci miei sudditi e ti sono debitore. Il tuo Drago mi ha condotto in Cielo e ti sono ancora debitore. Hai accolto me ed il mio padrone quando nessuno l'avrebbe fatto e di questo ti sono ancora debitore. Se temi che rivolgendoti a me per qualche motivo tu possa rovinare la tua immagine allora davvero i Draghi ti sono oscuri. Io sono profondamente grato a te, Wardell, perché, se non ci fossi stato, io ora non vivrei insieme a colui che possiede il mio cuore.
– Non avrei mai creduto che Nowell accettasse di possedere il cuore di un Drago, ne odiava l'idea e tentò di dissuadermi in ogni modo. Ma ora … egli sembra esserne felice. – Sospirò. – So che non posso abbandonare coloro che ho salvato in passato e che il mio desiderio deve aspettare, ma è difficile pensare ad altro.
– Lo comprendo. – Lo confortai. – E comprendo anche il mio padrone che non avrebbe mai voluto negarti una gioia, quanto più una condizione che, nel mondo in cui siamo, sarebbe vista come stupida ed indegna. Wren e Jethro, Yorick, tutti sono andati contro quello che il Re Orrendo diceva ed ora non sono che pallidi riflessi di ciò che furono sebbene forte sia ancora la loro voce ed i loro cuori battano con violenza verso colui che li maledisse. Nowell temeva un futuro simile per te.
– Lo immagino. – Rispose. – Ma come lui è libero di decidere del proprio futuro sebbene io non lo desideri simile per lui, io sono ugualmente libero. Eppure lui non desidera diventare Re, ma io ed Ishmael non siamo uniti. Presto orecchio volentieri a ciò che lui mi dice, la cosa però non sembra reciproca.
– Mi dispiace che tu veda il suo rifiuto come una mancata prova della sua amicizia verso di te.
– No, so che non è così … eppure a volte mi sembra che non mi presti affatto ascolto. – Rise per spezzare la serietà di quelle parole ed io lessi che invece temeva quella eventualità. Pensava, forse, che non era abbastanza per Nowell.
– Abbi fiducia in te stesso, Wardell, egli già ti presta ascolto e il non poter fare ciò che desideri lo rende inquieto. Tuttavia, questo non è il momento dei dubbi, non è il momento. Non abbiamo vinto e siamo lontani dal farlo. – Lui allora annuì e ne era convinto.
– Forse dovresti salire tu al trono, Re dei Draghi, la tua voce parla chiaramente e sembra che sia una vera e propria magia. Ishmael sa di chi fidarsi e ne sono lieto. – Si tirò dritto e mi guardò. – I Draghi Liberi giungeranno?
– Lo faranno.
– Sentendoti parlare non ho molti dubbi. – Guardò il cielo e sospirò. – Temo sopra ogni altra cosa restare da solo. – Mi guardò. – La tua tranquillità proprio qui risiede, non è vero? Per quanto tu possa soffrire mai verrai separato da colui che hai scelto per te. Per me e per Nowell è diverso … Per me è facile temere più la vita che la morte.
– Qualunque cosa succederà Nowell non ti abbandonerà.
– Gli sarò eternamente grato per questo. – Si voltò ed infilando le mani in tasca si guardò le punte dei piedi. – Amo profondamente Ishmael, se dovesse sopravvivermi diglielo, te ne prego.
– Non sarà necessario … – Annuì senza pronunciare altro ed uscì dalla stanza e lo sentii scendere le scale. La tristezza aveva avvolto il mio cuore ed una profonda malinconia infettava i miei pensieri. La loro condizione mi rendeva davvero inquieto e non potevo che pensare al peggio. Eppure dovevo scacciare qualsivoglia dubbio. Aveva ragione. Io ero al sicuro dal pericolo di vivere, di sopravvivere a colui che amavo, lui invece ne era tormentato così come Nowell. Volli stringere a me il mio padrone e confortarlo, ma ancora di più pensai a Yorick che probabilmente aveva temuto le stesse cose ed i suoi incubi si erano realizzati. Mi dissi però che non poteva essere l'unica fine. Mi dissi che vi erano altre possibilità ed altre speranze.
Pranzammo e finalmente sembrava che ogni problema fosse risolto e soprattutto Nowell non si era lasciato troppo toccare dalle parole di Wardell. Questo credevo soprattutto perché avesse capito infine l'importanza di rimanere saldo nel proprio obiettivo che già di per sé era difficoltoso. Le donne del villaggio avevano preparato per noi un più che sontuoso pasto e Wren le aveva aiutate volentieri. Quel giorno riuscii a parlare con Jethro per la prima volta dopo il nostro arrivo e, sebbene sapevo desiderasse chiedermi riguardo a ciò che era avvenuto in volo, si trattenne e mi domandò molte altre cose. Infine non fu una chiacchierata dagli argomenti spinosi, quanto più un dolce scambio di parole che certamente riuscì a rendermi di buon umore.
Dopo pranzo uscimmo insieme dalla casa e, avventurandoci tra i vicoli, lui mi osservava felice e, senza troppo ingannarmi, compresi molti dei suoi pensieri. – Ho amato le tue parole. – Disse ed io sorrisi proprio perché era lui ad elogiarmi. – Sono felice che, una volta sconfitto il Re Orrendo, non dovrò più temere per la vita di Wren o la mia. Vivere da soli e lontani dagli altri fu una scelta codarda, ma non potevo molto senza essere in grado di trasformarmi.
– Sono sicuro che avresti messo in fuga chiunque avrebbe tentato di farvi del male.
– Forse … ma non ne avevo fiducia ed ho lasciato che la solitudine entrasse nella mia casa. – Mi guardò e sorrise. – Però Nowell è arrivato e poi tu.
– Sono sicuro che tutto cambierà.
– Lo spero davvero. – Mi pose una mano sul capo e mi guardò con trasporto ed amore. – Spero solo che non ti sia richiesta la vita, figliolo.
– Ciò che dovrà succedere …
– Il Cielo! Il Cielo! – Urlò un bambino ed entrambi noi ci voltammo. Il nostro sguardo si alzò in cielo e da lì giunse la nostra speranza. – Draghi! Draghi giungono dal Cielo! – E tutti si precipitarono tra le strade ed i nostri cuori vibrarono. Erano rossi i Draghi che venivano ed avevano due paia d'ali: erano i parenti di Jethro. Mi voltai a guardarlo e sul suo viso vidi gioia insieme a sofferenza e nostalgia. Quella fu la prima volta che mostrò così palesemente la sua tristezza. Temeva che nessuno lo amasse.
Senza obbligarlo a seguirmi mi spostai verso la piazza dove sapevo sarebbero scesi e lì posò i piedi Jaxon. Dietro di lui vennero Shane e Thane. Poi Faron ed il fratello Gareth giunsero e tra tutti fu grande meraviglia e sorpresa. La famiglia reale della Terra dei Vulcani era giunta tutta nel nostro accampamento e nessuno sembrò più dubitare dei Draghi Liberi. Sorridendo li accolsi. – Benvenuti, miei amici, siamo gioiosi che voi siate tra noi ed enorme si apre il mio cuore.
– Sire! – Si avvicinò Jaxon e si inchinò. – Notizie ci sono giunte sul grande pericolo che avete affrontato e vedervi ora così in salute ci rende tranquilli.
– Siamo tutti sollevati in effetti. – Disse Gareth accigliato per la folla. – Desiderano osservarci tanto a lungo oppure ci offriranno in fretta qualcosa da bere? – Chiese e velocemente qualche Drago Domato della loro razza giunse a portare dell'acqua.
– Benvenuto, Signore delle Terre dei Vulcani, sono felice che tu sia qui insieme alla tua famiglia. – Lo salutai trattenendo a stento le risate.
– Adorato ragazzo! È una benedizione vederti così ben in salute ed adesso mi sembra che il tuo animo sia limpido come un ruscello. Non vi è ombra o dubbio. – Disse Faron avvicinandosi a me e chinando il capo lo accolsi.
– Non vi è più. – Risposi ed anche Shane e Thane si fecero avanti.
– Se posso chiedere … – Mormorò poi Faron. – … potresti condurmi da colui che cerco? O egli non si trova qui?
– Parlavo con lui fino a poco fa. – Risposi in modo che solo lui potesse udirmi. – Non so dove sia, la folla deve averlo trattenuto. Farò in modo che ci sia tranquillità. – Tuttavia non feci nemmeno in tempo a dirlo che Ormond, Rastus, Wardell e Yorick giunsero a vedere se fossero realmente arrivati i Draghi Liberi e fu così che presentai tutti loro tralasciando il fatto che un Domatore fosse mio padre, cosa che aveva bisogno di riservatezza per essere confessata.
Poi, con pazienza, mi rivolsi a coloro che si erano raccolti e dissi loro di continuare pure i propri lavori e, senza molte proteste, eseguirono i miei ordini e si allontanarono. Finalmente riuscimmo a dirigerci verso la casa che abitavamo. L'agitazione cresceva nel mio animo a causa dell'incontro che sarebbe avvenuto e temevo che non fosse come Jethro sperasse. Tuttavia, vedendo il viso trepidante di Faron, non riuscii a fare a meno di credere che loro non avrebbero mai giudicato colui che amavano. Jaxon aveva già gli occhi lucidi ed il figlio gli teneva una mano sulla spalla a conforto così come io facevo con il padre del mio maestro. Giungemmo nella via e lì il mio padrone rese omaggio a loro e mi disse che la casa era libera e che avrebbero avuto tutta la calma che erano riusciti a dar loro.
Fui io ad aprire la porta e, vedendo il viso di Jethro oltre di essa pieno di aspettative e speranza, mi mancò il respiro e così erano entrambi Wren ed il mio maestro. Faron entrò veloce dopo di me e le lacrime gli scesero dagli occhi prima che potesse pronunciare qualcosa. – Figliolo … – Sussurrò poi e lo abbracciò e lo strinse a sé. – … il tuo viso avrei potuto riconoscerlo tra mille. Figlio mio adorato. Molto mi sono disperato credendoti morto ed invece eccoti! L'ultima gioia della mia vita è rivederti. Morirò senza rimpianti. – Gli baciò la fronte ed anche Jethro era in lacrime e stringeva le mani di suo padre nelle proprie. Poi, non appena Faron riuscì a staccarsi da lui, Jaxon si fece avanti e guardò Jethro in silenzio mentre i singulti gli percorrevano il viso.
– Per me … – Mormorò. – Per me ti sei lasciato prendere! – Ed andò a stringergli le spalle e si guardarono negli occhi. – Stupido … dovevi lasciarmi andare. Sempre l'ho pensato! Dovevi lasciarmi andare …
– Oh, fratello mio … – Mormorò allora Jethro. – Ma guardati … ! Non ho potuto vedere il tuo viso dopo il tuo primo volo ed il Cielo ti ha mutato così profondamente. Sei come il mio cuore aveva sperato, fratello mio, e la mia gioia è incontenibile! – Lo abbracciò mentre ancora Jaxon tremava. – Non avrei mai potuto lasciarti andare e vivere in pace. Proteggerti è stata la mia più grande benedizione.
– Jethro … – Mormorò l'uomo. – Mio amato fratello … – E dopo che restarono vicini riuscirono a riprendere controllo di se stessi e si osservarono a lungo senza più piangere e fu come se si vedessero per la prima volta. – Ti trovo un po' invecchiato.
– Forse … – Disse il mio maestro sorridendo così felice come raramente l'avevo visto.
Jaxon allora si rivolse a Thane e lui e Jethro si osservarono. – Lui è mio figlio, Thane, tuo nipote. – E con gioia si strinsero la mano.
– Perdona se non ti ho potuto salutare prima, giovane ragazzo, ma vedo che sei già adulto e forte è la tua voce immagino. – Poi sollevò lo sguardo dietro di lui e vide Shane e Gareth. – Zio! Cugino! Anche voi giunti dalle Terre dei Vulcani? Mi verrebbe da chiedere a chi avete lasciato i preparativi …
Gareth rise e gli diede una pacca sulla spalla. – Io resterò poco, partirò e organizzerò e Shane, che lo voglia o meno, verrà con me.
– Capisco … Dunque siete giunti per vedere quanti si sono riuniti?
– No, siamo venuti per salutarti, nipote, e lieta è la notizia della tua buona salute e felicità. – Disse ed ancora Jethro si commosse.
Poi, ritornando in sé, si voltò verso Wren. – Quasi dimenticavo … – Disse e la donna rise mentre posava la sua mano sul suo braccio e lui andava verso il padre. – Padre, lei è Wren, mia moglie. – La presentò e Faron le baciò il capo e la guardò negli occhi.
– Lieto è questo giorno … non solo un figlio, ma anche una figlia ho ritrovato. – E lei pianse commossa dalla gentilezza che le veniva mostrata e quella fu la prima volta che il loro legame fu tanto ben riconosciuto ed amato.
– Ho molte cose da raccontarvi, parleremo e se me lo consentirete desidero chiedervene altrettante. Non avrei mai creduto di rivedervi ed ora che siete qui non posso che pensare alla grande Montagna di Fuoco ed ai prati ed ai boschi che ho lasciato molto tempo fa. – Disse e la sua eccitazione coinvolse tutti che sembravano preda di una felicità immensa.
– Ascolteremo ed ogni cosa ti sarà permessa, figliolo, il mio cuore non potrebbe negarti nulla. – E Jaxon si fece vicino al padre.
– Non ricordo volta che tu mi abbia detto simili parole. – Gli fece notare.
– Ovviamente … perché non te le ho mai dette. – E Jethro rise e sollevò lo sguardo su di me. Allora mi ripresi dalla gioia e dalla commozione e chinai il capo verso il mio maestro.
– Sono lieto che tutti voi vi siate rincontrati e sarà di certo una lunga giornata. – Dissi e feci per dirigermi verso la porta.
– Nivek. – Mi chiamò Jethro e meravigliato mi voltai verso di lui. – Desidero che tu resti con me se altri impegni non ti opprimono. Tuo è il merito se ora siamo insieme e nel mio cuore tu sei come un figlio e dunque parte della mia stessa famiglia. Resta, te ne prego, poiché altro non potrei desiderare che avere tutti voi vicini e se la guerra dovesse prendermi non morirei infelice.
Mi trovai senza parole e restai fermo dov'ero mentre i Draghi di Fuoco mi rivolgevano i loro guardi. Strinsi le mani ed il mio cuore sussultò. – Se è il tuo desiderio … – Mormorai. E lui mi ringraziò.
– Sarà meglio non impegnare la casa. – Disse poi Jaxon. – E di certo io preferisco parlare all'aria aperta. Dirigiamoci oltre le tende. Lì nessuno ci disturberà ed accenderemo un fuoco insieme così come usavamo in passato. – Propose e tutti sembrarono felici dell'idea. Così, come una lunga carovana, iniziammo a dirigerci verso la pianura oltre le tende e Jethro si mise al mio fianco.
– Te ne sono grato, figliolo, e non credevo potessero accettare fino a questo punto ciò che ora sono, sebbene molti dolori devo ancora infliggere loro. – Sussurrò ed io mi trovai ingiustamente lodato di qualcosa che non credevo fosse merito mio.
– Hai una famiglia eccezionale. – Dissi e lo guardai negli occhi.
– Ti senti forse fuori luogo? – Non risposi ma lui intuì che così mi sentivo. – Non avevo nessuno se non Wren quando mi sono occupato di te e l'amore che ti rivolgo non è minore rispetto a quello che nutro per loro. Non credere che nel mio cuore tu valga meno. – Mi sorrise. – Non vi è luogo migliore in cui potresti stare … – Così mi diede un bacio sulla fronte e fu come rivedere mio nonno che baciava mia madre, Faron che baciava Jethro e forte fu l'emozione tanto che strinsi un angolo della sua camicia e lui mi osservò. – Il Re dei Draghi non dovrebbe mostrarsi troppo sentimentale.
– Suo padre non dovrebbe metterlo tanto in imbarazzo. – Risposi.
Rise e come un calore forte mi avvolse e quello era il potere del mio maestro, colui che mi aveva insegnato ad essere un Drago come se fossi suo figlio. Colui che, a dispetto di ciò che ero, mi aveva amato ed aveva creduto in me. Ero diventato forte per merito suo e per merito suo sapevo cos'era l'amore, sapevo che esso non era rispettato, ma maltrattato, sapevo che esso non è facile da confessare o da provare … sapevo che è difficile provare sentimenti e che soprattutto molte volte non è permesso nemmeno esprimerli.
Coloro che dovevano amarlo erano lì per lui e l'avevano amato, l'avevano accettato e luminoso era il suo sorriso. Infine quel giorno per lui diventò più facile essere innamorato di colei che della libertà l'aveva privato e che gli aveva donato un mondo luminoso e pieno di amore, pieno di sentimenti difficili da provare e da raccontare.
 
Cantarono molto e le loro voci diffondevano un grande calore. Il fuoco brillava tra loro e la felicità riempì il mio cuore. Wren silenziosa ascoltava ed a stento tratteneva le lacrime e la commozione. Era tanto felice per Jethro ed il suo amore per lui traspariva dal suo sguardo come se fosse luce. – Mio signore, desidera cantare con noi? – Domandò Faron ed allora anche io mi unii sebbene fossi l'unica voce a stonare. Tentai di seguire i loro desideri e fu così che l'aria sospinse la fiamma in alto e vorticosa danzò per le nostre voci ed il cielo si aprì sempre di più mentre l'ombra si diradava. Poi la melodia si calmò e tornò verso terra e così finì il canto di gioia dei Draghi di Fuoco ed il mio maestro era ancora tra loro.
Poi Jaxon cominciò a raccontare della sua vita e disse molte cose riguardo alla moglie e al figlio, il quale, poco contento che di sé fosse detto tanto, arrossiva e rimproverava il padre. Gareth disse poi a Jethro del nostro incontro e subito dopo Faron spiegò che appena aveva appreso che lui era stato domato si era sentito molo triste, ma che le mie parole poi erano riuscito a tranquillizzarlo e che ora si sentiva davvero felice per la condizione in cui era. Seguì Shane, che, interrompendo tutti, si intromise. – Domani, cugino, voleremo ancora insieme. – E Jethro si fece cupo davanti alle sue parole. Sorrise mentre Wren gli posava una mano sulla spalla e seppi che avrebbe raccontato ciò che io avevo taciuto.
– Lo desidero davvero, Shane, ma non posso. – Disse e tutti si rivolsero ai due pieni di timore. – Molto tempo fa io e mia moglie seguimmo un uomo, quest'uomo era il fratello del Re Orrendo e desiderava, così come il figlio, distruggere il suo potere. Eravamo molto amici e suoi fedeli. Ci scontrammo in battaglia con il crudele Re e lì volai pieno di speranza e di coraggio, però eravamo in pochi e fummo sopraffatti. Venni colpito gravemente, il Drago Nero del Re mi si avventò addosso e mi morse con forza ad un'ala che si spezzò ed io caddi dal cielo. Il Principe venne a salvarci ed insieme a Naisse, il suo Drago, ci portò in salvo e fu costretto a privarmi dell'ala che altrimenti mi avrebbe ucciso. Poi entrambi ripresero il volo ed attirarono la furia del Re Orrendo su di loro e lei morì lasciando il Principe Mezzo Morto. – Si portò una mano alla schiena e sospirò. – Non posso volare e da molti anni ormai. Ma di gran lunga il nostro destino non è stato così orribile, poiché quello di Naisse fu peggiore ed il Principe Perduto ha sofferto forse più di lei. – Mi guardò. – Colui a cui devo la vita è Yorick il Domatore.
– Colui che ci hai presentato, Nivek? – Domandò Faron ed io annuii. – Lo ringrazierò di persona. Siamo ancora più motivati ora che so la tua storia, figliolo, se hai seguito colui che così tanto ha patito io volentieri seguirò il nipote di costui ed il suo Drago.
– Il figlio … – Disse il mio maestro ed io presi un profondo respiro.
– Il figlio? – Ripeté Gareth.
– Sì, il figlio. – Confermai.
– Ma Nowell non era figlio del Re Orrendo e dunque nipote? – Domandò Jaxon.
– Non è Nowell il figlio di Yorick e Naisse, ma sono io. – Dissi. – Mia madre venne catturata dal Re Orrendo e da lui torturata fino al punto che credette che lei aveva concepito da lui un figlio, così come alla madre di Nowell era successo, e, credendo che il figlio sarebbe stato simile al precedente, la riportò dalla sua tribù dove credeva avrebbe domato i Draghi dell'Aria. Però lei non era incinta di lui, ma di Yorick mio padre, il Domatore a cui lei si era Consacrata e diede alla luce un figlio Mezzo Drago. Ed il destino di coloro che vengono concepiti da amore è di morire sotto il giogo della metà da Domatore, ma a me non successe. Io, essendo Lungo Sguardo, non potevo soccombere alla mia metà da Domatore e così sopravvissi e non sapevo di essere Drago solo per metà fino a quando mio nonno non me lo confessò. Mia madre, siccome il cuore di lei era lontano, impazzì e poi morì. Mio padre vagò credendola morta e dimenticò chi era fino a quando non mi rincontrò e mi catturò. Fu lui a condurmi da Wren e lì conobbi Nowell. Dalle mani di mio padre io sono entrato in questo mondo, sebbene lui ne era completamente inconsapevole.
– È una storia davvero buia, mio Re. – Disse Faron. – Dunque Nowell è Solitario, mezzo Domatore e figlio del Re Orrendo, mentre tu sei Lungo Sguardo, Mezzo Drago e figlio del Principe Perduto, Yorick, l'uomo a cui mio figlio deve la vita?
– È così. – Confermai e loro in silenzio ragionarono su ciò che gli avevo confessato. – Mi dispiace se questo vi reca problemi o dubbi, ma ben pochi conoscono la verità e così, in fondo, deve essere, poiché molti potrebbero giudicare male la mia condizione.
– Sono sicuro che non sarebbe così. – Rispose Jaxon. – Comunque comprendo la necessità di segretezza e questo non deve turbarti, mio Re, nessuno di noi ha intenzione di parlare.
– E ciò non reca nessun dubbio. – Aggiunse Gareth. – Infatti tanto più crea stupore poiché molto succedeva per i Draghi Liberi senza che essi se ne rendessero conto. Il Cielo ha preparato questo momento da molto e mi stupisco di non essermene immediatamente accorto.
– Sono felice delle vostre parole più di quanto possa dire. – Mi guardarono sorpresi quasi della mia commozione e Jethro mi posò una mano sulla spalla sorridendo gentile. Entrambi noi temevamo che loro, ascoltando l'identità di entrambi, si fossero allontanati, ma quella sera riscoprimmo la forza di una famiglia e la benevolenza che essa mostra qualunque cosa accada.
Cominciammo a rientrare quando ormai la luna era alta nel cielo ed il fuoco solamente ci faceva luce. Wren era silenziosa e sembrava desiderare davvero dormire in modo da potersi risvegliare il giorno dopo ed accorgersi pienamente di ciò che era avvenuto. Jaxon e Thane parlavano con Jethro che immediatamente si era mostrato uno zio dolce ed accondiscendente. Fu Faron a lasciare il fianco di Gareth, suo fratello, per avvicinarsi a me che, solo, procedevo nella semioscurità della notte. – I tuoi pensieri sono crudeli, mio Re. – Disse ed essi rimpicciolirono nei miei occhi. – Temi che ci accada qualcosa di male, vero? – E silenzioso annuii. – Desideravo parlarti e vedere se ancora la convinzione di non essere Re ti assillava, ma vedo che hai ricevuto conferme da coloro che potevano dartele e sono felice che questo dubbio sia passato. Tuttavia vedo grande in te la paura di perdere coloro che ami, coloro che non sono il tuo Domatore. – Sorrise. – Il tuo cuore giace con lui ora, non è vero?
– È vero. Trovandolo in pericolo di vita non ho potuto fare altrimenti. Non c'è stato obbligo, io stesso ho compiuto l'atto. – Risposi.
– Ovviamente, così come dovrebbe essere per un Lungo Sguardo. – Aggiunse. – Non provo rammarico per il tuo gesto, vi ho visti insieme e so che il vostro destino era questo. Però vorrei che tu avessi più fiducia anche nelle capacità di coloro che ti sono fedeli.
– Non temo perché vi reputo deboli, ma …
– … perché di gran lunga reputi più forte il nemico. – Annuì. – Mi accorgo che poco sai sulle bestie che provengono dal Buco di Eran ed in effetti dovresti conoscerle meglio. Non imparare ciò che si può sul proprio nemico porta di certo a temerlo più del necessario. Ho combattuto contro quelle bestie quando ancora erano liberi ed il Re Orrendo non le aveva sottomesse. Sono Draghi comuni se si conosce il loro potere, ma siccome esso è oscuro diventa più forte.
– Se te lo chiedessi, me ne parleresti?
– Racconterei al mio Re tutto ciò di cui ha bisogno se me lo chiedesse, ma sono sicuro che altri più esperti di me potranno istruirla sui Draghi del Buco di Eran. Li ho conosciuti liberi, ora sono domati.
– Penso tu abbia ragione. – Dissi. – In ogni caso sono sicuro che tutti voi possiate uscirne indenni. – Aggiunsi.
– Ma mio figlio … per lui temi?
– Più che per altri e gli farei del male se lo venisse a sapere. – E mi vergognai di provare quel timore poiché era portato dalla pietà verso Jethro e la sua impossibilità a volare.
– La voce di mio figlio è forte, forte perfino per coloro che vivono nelle Terre dei Vulcani. La lascia sopita e sussurra invece che parlare. Solo una volta l'ho sentita a pieno e per poco tempo e quel giorno lava uscì dal vulcano e gli alberi presero fuoco. – Sospirò. – La sua potenza è certamente maggiore a quella di tutti noi e, se posso dire Sire, egli si affidava troppo alle proprie ali e meno alla sua voce, in questa guerra non succederà e quando parlerà capirai chi è l'uomo che ti insegnò ad essere Drago.
– Attenderò Faron, ed ora con più fiducia di prima.
Così, mentre ancora guardavo la schiena del mio maestro domandandomi il suo futuro, giungemmo tra le dimore spente dei Ribelli e lì ci dirigemmo verso la casa dove alloggiavamo. Una luce tenue fuoriusciva dalla finestra al piano terra e si sentivano due voci discutere. Mi domandai se fosse il mio Domatore. Poi, proprio mentre stavamo per bussare, Yorick aprì la porta e ci trovò davanti a sé. I suoi occhi veloci corsero sui visi dei Draghi per poi fermarsi sul mio ed una strana espressione faceva, come chi ha appena concluso un discorso che non avrebbe voluto compiere. – Yorick … – Sussurrò Wren facendolo rinvenire dai suoi pensieri.
– Buonasera a tutti. – Disse.
Faron allora si avvicinò e chinò il capo davanti a mio padre. – La ringrazio enormemente, Domatore, mio figlio mi ha raccontato la sua gentilezza e non posso fare altro che donarle delle parole troppo povere e che non esprimono quanto io le sia grato veramente. – Allora l'altro si trovò spiazzato e vagò con lo sguardo fino a Jethro.
– Non deve ringraziarmi. – Aggiunse piano. – Ed ora, se volete scusarmi, ho bisogno di fare due passi. – E così, sconvolto come sembrava, si fece largo tra noi ed evitò di guardarmi, poi imboccò il vicolo e sparì. Tutti noi avevamo percepito la stranezza, ma questa non poté essere ulteriormente sottolineata poiché Nowell apparve alla soglia ancora aperta.
– Oh, siete voi. – Disse sorridendo amabilmente. – Ormond ha preparato per voi dei letti disseminati per la casa. Entrate, vi mostro. – Disse e condusse alcuni in soffitta, altri nella nostra stanza ed altri ancora nel corridoio fuori da essa e così, tutti accomodati su di un letto, cominciarono a prendere sonno. Il volo era stato faticoso e la serata davvero lunga, nessuno di loro avrebbe faticato ad entrare nel mondo dei sogni.
Allora io e Nowell restammo soli. – Noi ora dove dormiamo? – Domandai trovandomi inaspettatamente a disagio, come se improvvisamente fossi stato tagliato fuori da qualcosa.
– Al piano di sotto, dove c'è il tavolo, lì accanto Ormond ha fatto mettere un letto. – Spiegò visibilmente stanco, ancora non comprendevo per quale motivo.
– Parlavi con mio padre? – Chiesi e fu come se il mio animo rigettasse quella domanda, oppure era il mio cuore … oppure quello di Nowell.
– Sì, discutevamo … – Mormorò e non aggiunse altro ed il suo cuore era silenzioso sull'argomento. Veloce scese le scale e mi sfuggì via dalle dita.
Nella semioscurità, però, compresi. Ricordai che solo Wardell aveva potuto rivelarmi quella stranezza nel mio padrone e che io, sebbene i nostri cuori fossero uniti, non la avvertii. Non potevo sentire cosa si erano detti lui e mio padre e questo perché il Solitario non lasciava che avvenisse. Capii che il mio padrone poteva nascondermi ciò che voleva e che, sebbene fossi il suo Drago Consacrato, ancora altri segreti desiderava tenermi. Mi sembrò di non conoscerlo affatto. Mi sembrò che infine fosse rimasto proprio lo stesso uomo che avevo conosciuto a casa di Wren e che, solo per una mia stupida presunzione, avevo creduto fosse cambiato.
Poi però compresi altro. Capii che tutto ciò che avevo appena sentito era già a conoscenza di Nowell e che, sebbene uniti da un affetto che non poteva essere altro che veritiero, io restavo il servo e lui il mio Domatore.

I primi Draghi Liberi sono arrivati! Come sarà il loro aiuto? Le altre tribù arriveranno?
Cosa pensate del rapporto di Nivek e Nowell che sembra ancora incrinarsi o complicarsi alla vigilia della guerra? Riusciranno a giungere ad un equilibrio?
Grazie mille per aver letto il capitolo!
Iwon Lyme

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Capitolo 29
*** La Voce del Re - Parte XI ***


Ora che i primi Draghi Liberi sono arrivati, cosa succederà? Nivek è stato in grado di convincere anche gli altri? 
 
La Voce del Re - Parte XI

Quando mi svegliai il giorno dopo, sebbene il mio desiderio di scoprire cosa avesse in mente Nowell era forte, altri sentimenti contagiavano il mio cuore ed esso, così come è prevedibile, venne disciolto dal timore per il futuro. Infatti, sebbene fossi a conoscenza che qualcosa si stava predisponendo alle mie spalle, ben sapevo che nulla sarebbe potuto avvenire se prima non avessimo vinto la grande battaglia che così a viso aperto si schierava avanti a noi.
I preparativi si velocizzarono. L'arrivo del primo gruppo di Draghi Liberi aveva sollevato l'animo dei Ribelli ed essi procedevano più velocemente di quanto non facessero prima. Fu così che io e gli altri Draghi, lasciando i Domatori a discutere delle faccende più importanti, decidemmo di aiutare coloro che preparavano le armi ed i carri che sarebbero serviti per il trasporto del cibo. Shiloh si oppose, non desiderava mi sporcassi le mani, tuttavia non avrei ascoltato ragioni, prima partivamo prima avremmo scoperto il nostro destino.
Il sole era caldo e violento mentre mettevamo insieme le assi ed i chiodi. Jethro sembrava abituato ai lavori pesanti e quasi non ne sentiva alcuna costrizione, lo stesso non si può dire per Elmer che invece sembrava lamentarsi più che lavorare. Io, d'altro canto, non avevo troppe occasioni per stancarmi veramente. I Draghi che seguivano i Ribelli cercavano di aiutarmi il più possibile ed io non facevo mai un lavoro completamente solo. Mi sentivo al contempo lusingato e seccato. La sera però rientravo nella casa di Ormond stanco e con il passare dei giorni la loro apprensione diminuì sempre di più.
La notte raramente parlavo con il mio padrone e sempre più mi sembrò di sentire il suo animo allontanarsi dal mio. Ero come un bambino messo all'angolo ed il freddo cominciò ad assalirmi dalla punta dei piedi fino al viso e, sebbene lui sapesse tutto questo, ignorò ogni mia sofferenza.
Una settimana passò senza che io fossi veramente necessario all'impresa ed ancora la calma e lo sconforto sembrarono calare su coloro che ci seguivano. Questo avvenne soprattutto dopo che Shane e suo padre si allontanarono per preparare le Terre dei Vulcani. La fiducia verso coloro che erano liberi da legami diminuì ancora e le mie parole non riuscirono a mantenere saldi i cuori.
Un'altra settimana trascorse ed il sole ormai batteva con forza ed il tempo giungeva veloce così come non aveva mai fatto. I giorni sembravano ore e le ore singoli minuti, era come una corsa contro il tempo e la sera si dormivano sonni veloci ed inquieti. L'attesa sarebbe diventata snervante se un'altra buona notizia non sarebbe giunta.
Il mattino sorse sul sedicesimo giorno di attesa e subito furono ripresi i lavori ed anche io, insieme a Jethro ed a suo fratello, cominciai ad occuparmi del carico di un carro finito. Cominciammo a riempirlo di armi pesanti e le trasportavamo dalle fucine fino ad esso per poi sistemarle con ordine. Dovendo viaggiare per terra e non per aria il trasporto sarebbe stato più difficoltoso. Vivace sentii la gialla risata di Jethro e mi voltai a guardarlo. – Hai visto? – Disse mentre ancora rideva del fratello con in testa un elmo da Domatore. Sorrisi contagiato da quella felicità. – Davvero ridicolo … – Disse mentre rideva ed io, ripensando al nostro lavoro, sollevai con più forza gli scudi sulla schiena. Lo sentii mentre si avvicinava con le armi che sbatacchiavano tra loro.
– Nivek … – Sussurrò e lo guardai. – … lo sconforto coglie anche il Re? – Domandò e sorrisi mentre del sudore mi colava dalla fronte.
– No, pensavo solo al lavoro che ancora manca. – Il suo viso si tranquillizzò e silenziosi entrambi procedemmo avanti verso il carro dove avremmo potuto posare le armi.
Sollevai il viso verso il cielo quando le mie spalle furono libere dal peso ed il mio spirito si alleggerì come se lo fosse, un pezzo di nube che volava e veniva sospinto dal vento. I raggi brillavano e colpivano forti gli occhi. Sollevai una mano per coprirli e qualcosa baluginò nel cielo come una stella che si sveglia solo di mattina. Ed allora restai fermo ad osservarla tanto che coloro che erano con me si fermarono a loro volta.
La luce brillò ancora intensamente e guardai come i miei occhi mi consentivano e vidi che era un grande uccello scuro. Mi domandai se venisse dalla foresta o se, solo, vagava per il mondo. Poi mi sembrò di udire il suo acuto verso ed allora alcuni Draghi si voltarono verso il cielo. Tutti cominciarono a vederlo e solo pochi sembravano comprendere cosa fosse.
Fu così che l'animale voltò su se stesso e planando verso terra scomparve dalla nostra vista e si posò oltre il mio sguardo. Sarei tornato a lavoro se a quel bizzarro fatto non ne fosse seguito uno ancora più bizzarro. Come un manto la terra cominciò a vibrare e, prima debolmente poi sempre più forte, il campo sembrò oscillare e da lontano, da oltre l'orizzonte, emersero imponenti massi che correvano giù per il prato. E con frastuono e maestosità giunsero i Draghi di Terra, coloro che non avevo potuto convincere con mie parole.
Gli occhi vigili di Jethro si volsero verso di me. Sembrava chiedermi cosa desiderassi fare, tuttavia non c'era tempo per pensare a qualcosa, loro giungevano ed io dovevo dargli il benvenuto. Gli feci cenno di andare e lasciare libera la piazza, cosa che, senza discutere, fecero sia Jethro che suo fratello. Poi voltandomi alle mie spalle vidi i Draghi accorsi e tra loro mio nonno, Faron, Ormond con Rastus, Wardell ed Ishmael e poi, accanto a loro, Nowell. Osservandoli mi preparai a parlare per la prima volta con coloro ai quali non avevo che inviato un debole messaggero. Pensai però che se erano giunti infine credevano a ciò che la mia voce aveva detto loro da lontano.
Scivolavano così quattro grossi Draghi giù per il pendio oltre le tende e solo i miei occhi potevano vederli con tanta precisione. Il primo che attirò la mia attenzione era imponente, più grande di tutti gli altri, la sua pelle sembrava corteccia ruvida e scura, le ali foglie verdi e luminose piene di rugiada scintillante. Il suo sguardo era severo e dolce tanto che ci misi un po' a distogliere da lui lo sguardo. Il secondo era sottile, piatto come un sasso ovale e di un colore simile alla sabbia, aveva una lunga lingua e squame grosse. I due uguali, invece, erano grossi come massi, dalla pelle di roccia e dagli occhi castani luminosi, come pietre preziose incastonate nelle profondità del terreno. Le lunghe zampe erano forti e muscolose, le loro ali non sembravano poter sostenere tutto quel peso, però, così appresi poi, i Draghi di Terra raramente si alzano in volo e corrono veloci per ogni luogo. Il grosso uccello sorvolava la testa del più grande di essi. Lento planò e si avvicinò alla spalla del suo padrone che, dopo avergli soffiato sulle piume, lo fece volare via ed i miei occhi videro il grande corvo sparire nell'azzurro del cielo. Probabilmente, pensai, tornava dai Draghi a dare notizie. Così giunsero ai margini dove presero forma umana ma lì li persi di vista poiché si mischiavano agli altri Domatori e Draghi, ciò fino a quando, facendosi strada tra coloro che erano accorsi per vederli, non giunsero nella piazza dove mi trovavo.
In quel luogo li ammirai per la prima volta con le loro sembianze meno spaventose ed uno era Ripradus. Egli stava vicino ad un uomo più anziano che, così pensai, doveva essere suo padre, e dunque loro erano i due Draghi dall'aspetto simile. Dietro di loro c'era un uomo alto e flessuoso dai lunghi capelli scuri e dalle mani gentili il quale portava vestiti del colore delle foglie e dolce era il suo viso. Poi vi era l'ultimo, basso e dai capelli castano chiari con un sorriso dipinto sul viso e le labbra scure e sottili. I suoi occhi marroni erano acidi, quasi dorati, come veleno.
Si avvicinarono a me che, avendo interrotto il mio lavoro, mi trovavo vestito di poche cose e con il viso e le mani sporche di terra. Tuttavia non avevo dubbi che mi avrebbero riconosciuto come tale, i miei occhi parlavano prima di me e poi la mia voce sarebbe giunta. Strinsi le mani tra loro e attesi che fossero vicini. – Egli dunque è l'uomo di cui mi hai parlato, figliolo? – Tuonò la voce di colui che stava accanto a Ripradus. – Egli dovrebbe essere un Re? Il suo aspetto non sembra dirlo. – Obiettò subito stroncando il mio buonumore, per poi avvicinarsi e porsi davanti a me in aria di sfida. Compresi che non avrei avuto vita facile.
– Non credo che l'aspetto sia fondamentale per giudicare una persona, Signore delle Regioni di Terra, ma sono certo che il mio viso ed ogni cosa fisica di me siano sufficientemente adatti al ruolo che ricopro. – Risposi sorridendogli.
– L'audacia non ti manca. – Commentò lui sprezzante e sentii un fermento levarsi tra coloro che assistevano al nostro incontro.
– Di certo lei non desidera far presentare per primo un Re così come suo figlio invece ha fatto, o sbaglio? – Aggiunsi e fermo attesi la sua risposta.
– Mio figlio ha agito così come si conviene ad un Drago nobile quanto noi. – Disse ed allora cominciai ad indispettirmi. Se erano giunti da me dovevano aver accettato ciò che io chiedevo, allora perché rivolgersi a me in quel modo? Cercavano forse di farmi infuriare?
– Allora rimarrò senza il suo nome. – Conclusi e guardai mio nonno. Lui veloce si avvicinò e così gli chiesi di portare loro dell'acqua. Perplesso obbedì. Allora giunsero alcuni Draghi di Terra che servizievoli porsero da bere ai viaggiatori.
– Non è mia abitudine accettare acqua dai Domatori e nemmeno dai Mezzi Draghi. – Disse sprezzante l'uomo. Ed io allora sollevai il capo poiché la rabbia cominciava a fluire nelle mie vene densa come miele.
– Ed allora cosa siete venuti a cercare in questo luogo? Se non acqua, riposo o amicizia, cosa? – Domandai. – Non è mia abitudine essere gentile con coloro che non lo sono e non è mia abitudine ascoltare per troppo a lungo i capricci di un uomo più adulto di me. Se non desiderate bere la mia acqua o presentarvi, qui può finire la nostra conversazione e la vostra sosta. – Tuonai e lui si ritrasse.
– Non è mia abitudine essere scortese. – Flautò allora una voce ed io mi voltai verso l'uomo alto e buono. – E non è mai avvenuto che mio zio prendesse il mio posto. – Disse e dunque si avvicinò a me. Prese l'acqua da chi gliela porgeva e bevve fino alla fine. Le sue dita erano serrate sul bicchiere con leggerezza e forza allo stesso tempo. Lì piantato mi sembrò insormontabile e non posso negare che ne fui affascinato. Restituì il bicchiere a chi gliel'aveva dato e lo ringraziò. Poi tornò a volgersi a me. – Io, Signore del Cielo, sono il Re delle Regioni di Terra ed il mio nome è Nearel, sono lieto di incontrarvi e di parlarvi. – Mormorò e fu come se le foglie frusciassero ed il mio viso ne rimase estasiato.
– Perdonatemi, non potevo immaginare. – Dissi. – Sono lieto di sentire la vostra voce e di parlare con voi, il mio nome è Nivek e vi do il benvenuto. – Aggiunsi.
– La vostra acqua è buona così come la vostra voce. Sono convinto che potrei discutere a lungo con voi senza annoiarmi. – Si voltò allora verso coloro che aveva condotto con lui.
Il ragazzo dai capelli chiari si avvicinò ed il ghigno gli era dipinto sul viso. – Io sono Sorek, Signore delle Sabbie e sono lieto di conoscervi.
Lieto di parlarvi, il mio nome è Nivek.
Allora si voltarono verso l'unico di loro del quale non conoscevo il nome e lui, seppur riluttante, si avvicinò. – Io sono Redus, Signore delle Caverne, lieto.
A mia volta felice di fare la vostra conoscenza, mi chiamo Nivek e nutro grandi speranze verso colui che è il padre di un mio caro amico. – Lui sembrò indispettito dalle mie parole, ma chiaramente potevo vedere il desiderio di rincontrare Rastus. – E Ripradus, lieto di rivederti.
– Anche io, Signore.
– Ora che vi è stato portato il rispetto che vi dobbiamo, avrei il desiderio di ascoltare ciò che avete da dire. Il viaggio è stato lungo e ancora con molti dubbi siamo giunti qui, sebbene, quando vi ho visto, molti si sono dissolti e, ora che vi ho sentito parlare, molti altri sono completamente scomparsi. Se il Re del Cielo è giunto da noi, per quale motivo egli si trova tra Domatori e non tra Draghi? E per quale motivo egli desidera la nostra alleanza con loro? – Domandò Nearel e vidi immediatamente come il suo sguardo scavava nel mio e cercava di rispondere alle sue domande senza attendere la mia voce. Allora io mi voltai verso coloro che erano giunti per vedere e tra loro vi erano i miei amici. Invitai Rastus ad avvicinarsi con Ormond e lui, fermo ma dubbioso, si fece avanti verso il padre ed il fratello che lo accolsero con piacere sebbene guardassero ancora con rabbia il suo padrone. Chiesi allora a mio nonno di occuparsi di coloro che erano giunti da lontano ed insieme al Re delle Regioni di Terra mi allontanai da loro.
Lo condussi verso la casa che condividevo con gli altri e lì entrammo. Camminare con lui alle mie spalle fu tremendamente spaventoso, mi sentivo seguito da uno spirito oscuro e luminoso allo stesso tempo, come un'inquietante presenza che riusciva a terrorizzarmi profondamente e non mi permetteva quasi di respirare. La grazia e la calma di quell'uomo erano impenetrabili ed il suo viso sottile, bellissimo e gentile doveva diventare davvero spaventoso quando infuriato. Con rispetto lo feci accomodare su una sedia che non parve nemmeno degna di sorreggerlo, ma lui, quasi noncurante della cosa, vi prese posto ed attese che cominciassi a parlare.
– I vostri dubbi sono forse legati alla crudeltà dei Domatori? Credete forse che un giorno possano volgersi ancora al male o piuttosto dubitate di coloro che ora si schierano contro il Re Orrendo? – Domandai per comprendere bene a cosa dovessi rispondere.
– Entrambe le cose mi spaventano. – Confessò ed avvertii la tristezza che invadeva la sua voce.
– Nessuna delle due dovrebbe. Essi desiderano il bene dei loro Draghi e di coloro che sono liberi più di ogni altra cosa, poiché l'amore che vi è tra un Drago ed il proprio Domatore è quello più profondo, essi comprendono la nostra importanza e desiderano la nostra salvezza poiché è anche la loro. Coloro che sono qui non potrebbero mai volgersi al male e non lo desiderano. E per quanto riguarda il futuro … se un altro Re Orrendo dovesse esistere, allora il Cielo risponderà ancora e così gli animi dei Domatori che serbano sempre bontà. – Risposi.
– È buffo. – Disse. – Credi forse che se una persona compiendo male per tutta la sua vita essa, quando improvvisamente decide di compiere del bene, non tornerebbe mai al male al quale è abituata o non volgerebbe anche quella decisione in qualcosa di crudele? – Mi chiese.
– Credo che potrebbe avvenire facilmente. – Risposi.
– E perché dovrebbe essere diverso per un popolo? Molto male hanno fatto i Domatori ai Draghi fin dai tempi antichi e noi siamo sempre fuggiti da loro. Non hanno mai compreso l'amore e non di certo ne hanno mai provato verso i Draghi. Ora per quale motivo dovremmo fidarci di loro? Su quali promesse? Su quale parola sincera? Su quale parola che una volta giunti all'obiettivo non si volga ancora in crudele e spietata? – Senza sapere cosa dire presi posto avanti a lui e guardai il legno del tavolo. Mi passai una mano sul viso e poi lo osservai.
– La mia potrebbe essere una parola. Quella del mio Domatore, colui che tanto patì per mano del Re Orrendo. Quella del mio maestro e della sua Domatrice che si amano e non sono compresi da molti. Quella di mio padre che si vide privato del suo Drago. Quella di mia madre che era innamorata del suo Domatore che gli donò il cuore ed il Re Orrendo l'uccise con crudeltà dopo averla torturata a lungo. – Sospirai. – Molti Draghi qui potrebbero parlare e dare la loro parola a favore dei Domatori poiché un popolo non è formato da una sola persona e molte sono le volontà ed altrettante le decisioni. Un popolo non riflette mai tutti coloro che vi fanno parte. Molti Domatori sono stati crudeli con i Draghi, ma altrettanti li hanno amati, ci hanno vissuto e sono morti per loro. Altrettanti vivono oggi per proteggerli e salvano coloro che possono. – Ed allora come un'oscura luce brillò in fondo al suo sguardo.
– Diverso è il modo di pensare di un Drago Libero da uno Domato, solo la loro esistenza è per noi un pericolo costante, un orrendo peso che mai lascerà il nostro fianco. Non c'è libertà nell'essere domati ed essi credono che questo sia amore?
– Io lo credo. – Risposi. – Ma come avete detto voi stesso è diverso il modo di pensare di un Drago Libero da uno Domato, eppure, Signore, io vivo e volo alla luce del sole, canto con coloro che amo e parlo con la mia voce come desidero e con chi desidero, molti Draghi Liberi invece vivono nascosti e non osano guardare il cielo, temono i Domatori e da loro scappano e fuggono non potendo nemmeno restare con la loro famiglia, chi tra noi vive come schiavo? Chi è davvero il prigioniero dei Domatori?
– Vi siamo costretti.
– Ed io invece ho donato il mio cuore liberamente al mio Domatore. – Dissi. – Io lo amo per mia volontà e così amo tutti coloro che sono qui con me.
– Sebbene penso che oggi i Domatori desiderino veramente che i soprusi verso i Draghi finiscano, non credo che, una volta passato sufficiente tempo, essi non ritornino a cacciarci ed a uccidere. – Confessò ed io lo guardai con dolore poiché le sue parole erano dure.
– Ma potrebbero non tornare più indietro.
– Hai forse visto cosa fanno a coloro che catturano? – Domandò ed io raggelai pensando al luogo dove Yorick mi aveva condotto. – Sai cosa fanno della pelle dei Draghi, dei loro denti, del loro sangue? Essi non ci vedono come uomini, come loro pari, ma ingredienti, animali. Non cambierà. Parliamo, ci muoviamo come loro, ma siamo inferiori e non cambierà. Io so cosa fanno ai figli ed alle mogli. Io so cosa fanno a coloro che ritengono inutili. – Si chinò verso di me e sollevò le maniche del suo vestito verde fino ai polsi che vidi pieni di cicatrici e tagli. L'avevano legato crudelmente. – Molti anni fa avevo una moglie ed un figlio, era ancora molto piccolo, camminava a malapena. Quando un gruppo di Domatori ci prese desiderarono farmi loro, ma la mia volontà resisteva forte e non riuscivano a sottomettermi. Il mio nome serviva loro ed io non glielo davo. Così mi separarono da mia moglie e da mio figlio ed attesero che, per il desiderio di rivederli, dicessi come mi chiamavo. Io non cedetti convinto che i miei sarebbero venuti a cercarmi. Loro divennero sempre più impazienti e mi torturarono, cercarono di cavarmelo dalla gola, ma io non parlavo. Così presero mia moglie e mio figlio. Le fecero del male e fui sul punto di cedere quando lei mi esortò a restare in silenzio. Allora la uccisero. Poi presero anche la vita di mio figlio.
– Uccisi quei Domatori quando i miei riuscirono a trovarmi, li massacrai e ricordo che provai molto piacere. Tuttavia, ciò che mi portarono via non tornò mai indietro e mia moglie e mio figlio non ebbero una tomba poiché i loro corpi non riuscii a ritrovarli. – Si coprì ancora i polsi ed io avevo le lacrime agli occhi. Il suo volto era duro ed impenetrabile sebbene ancora brillasse una scintilla di quell'odio e di quella disperazione. – Non perdonerò mai i Domatori e chiunque di loro per me è senza bontà. – Strinse le dita tra loro e mi guardò negli occhi. – Potete forse promettere che nessun figlio di Drago morirà ancora per mano di un Domatore?
– Non posso prometterlo, ciò che mi chiedete va oltre il mio potere. – Si alzò. – Dunque siete venuto per farmi vacillare? Per farmi dubitare dei Domatori? Per dirmi che non ci aiuterete?
– Non per questo, mio signore. – Rispose. – Aiuteremo e saremo alleati e compagni quando il momento arriverà, ma desideravo sapere se ciò che credete di donarci è un'utopia impossibile o un mondo reale. – Mi alzai.
– E dunque, quale delle due propongo? – Chiesi lui.
– Un mondo troppo pieno di amore per essere reale e troppo pieno di dubbi per non esserlo. – Sospirò. – Non riuscirete a indurre in me la cieca fiducia in un Domatore e nemmeno nella loro bontà, ma la parola di vostra madre basterà per il momento. Ella deve aver patito molto per mano del Re Orrendo, e penso che mia moglie sarebbe della sua stessa opinione se fosse viva. Non vi può essere solo cattiveria in un popolo e su questo vi credo senza alcun problema, tutto ciò che è ancora da vedere è se essa risiede tra coloro di cui vi siete circondato oppure no. – Mi osservò silenzioso e mi sentii come nudo. – Mi domandavo com'è vivere senza il proprio cuore, mi chiedevo se è doloroso.
– Il mio cuore è in colui che amo ed egli è al mio fianco dunque non vi è dolore. – Sorrise e fu la prima volta che lo fece.
– Immaginavo che questa fosse la risposta. – Si voltò verso l'uscita. – Allora il Domatore che è vostro padre deve certamente soffrire molto pensando a colei che perse e della quale possiede ancora il cuore.
– È così, ma credo che tu possa davvero comprendere. – Mi guardò con gli occhi gentili che avevo già visto in lui.
– Lo comprendo. – E detto ciò uscì dalla casa che condividevo con gli altri senza aggiungere nulla.
Il Re delle Regioni di Terra era infine un Drago molto bizzarro. Il suo viso era gentile, la sua rabbia potente ed annientatrice. Il suo dolore profondo più delle radici degli alberi e grazie ad esso era ancorato al terreno dal quale avrebbe sferrato un potente attacco a coloro che nei Draghi non vedevano altro che inferiorità e, posto su di esso, avrebbe cantato il suo cordoglio per coloro che aveva perso ancora una volta.
 
Ero ancora immerso nei miei pensieri poiché alla fine Nearel era veramente riuscito ad insinuare in me dubbi e sfiducia, quando Rastus venne da me. Entrò e mi osservò con occhi particolari, pieni di dolcezza e felicità eppure preoccupati. – Desiderano vederti, mio Re. – Disse piano quasi comprendendo che stava interrompendo i miei ragionamenti. Lo guardai e mi alzai dal tavolo a cui ero ancora seduto.
– Sì, arrivo … – Mormorai.
– Mio cugino … ti ha parlato crudelmente? – Domandò osservandomi apprensivo.
– No, non ha usato crudeltà, ma la verità che mi ha rivelato ne portava molta. – Risposi dirigendomi verso l'uscita.
– Amava molto sua moglie. – Aggiunse. – Ed altrettanto provava per suo figlio. Il suo dolore è ancora forte, ma sono certo che ha molta fiducia in te. – Sospirò. – Da quando loro sono morti non desiderò mai cercare altra vendetta, si occupò del suo popolo e diventò un grande capo. Tutti noi, sebbene siamo di razze distinte, facciamo riferimento a lui. Protegge chi può ed è clemente e buono sebbene il suo aspetto suggerisca severità. Ha aiutato molti della nostra specie. – Si avvicinò. – Inoltre molti dicono che non vi è nessuno forte come lui. – Insieme imboccammo la strada che conduceva alla piazza.
– Non ci ho parlato molto, ma già lo rispetto. – Continuai.
– E lui rispetta te, altrimenti non sarebbe mai giunto in queste terre. Non metterebbe mai in pericolo il suo popolo se non vedesse una possibilità reale.
– Allora perché ha indotto in me tanti dubbi sulla natura dei Domatori?
– Penso desiderasse provare il tuo animo e vedere fin dove la tua fiducia si spingeva. Inoltre non è tipo da lasciarsi abbindolare da favole e forse voleva sapere se un ragazzo della tua età fosse infine spinto solo da esse. – Sorrise. – Credo proprio che le risposte che gli hai dato siano state all'altezza di un Re. Non nutrivo dubbi, ma spesso ho creduto che Nearel non avrebbe accettato.
– Tuo padre sembra indispettito da me. – Dissi allora cambiando argomento.
– Mio padre e mio fratello sono solo duri come la pietra, non desiderano ammettere la loro inferiorità ed il più delle volte nemmeno il loro rispetto. – Mi rispose divertito.
– Tu sei diverso da loro. – Mi guardò con occhi pieni di tenerezza.
– Io sono un Drago Domato. – Strinse le mani tra loro. – Sono abituato all'inferiorità ed alla mancanza di rispetto e non me ne lamento poiché Ormond è un uomo giusto e lo amo molto. – Rispose.
Da lontano cominciarono a delinearsi i visi dei miei amici e dei Draghi di Terra che amabilmente chiacchieravano e mi sembrò che ogni cosa andasse per il meglio. Faron e Murray parlavano con Nearel e ne sembravano entrambi ammaliati, di certo i poteri di quel Drago si mostravano anche quando non parlava. Era misterioso e buio come un fitto bosco, ma luminoso e dolce come il sole che passa attraverso le foglie gialle dell'autunno e tinge il mondo d'oro. I Domatori, compreso il mio padrone, parlavano insieme agli altri due che incuriositi si mostravano a loro e non credevano di poter parlare con così tanta scioltezza con coloro che avevano sempre creduto nemici. E mi sembrò che il mondo immaginato fosse ancora lì. Guardai Rastus che dolcemente mi posò una mano sulla spalla. Mi sorrise. – Devo dire che il sogno che ci hai fatto fare è davvero troppo bello per svegliarsi. – Disse e chinando il capo si divise da me ed andò dai suoi famigliari.
Infine presto ci saremmo dovuti svegliare da quel sogno poiché il tempo era sempre più vicino ed il nostro nemico ugualmente.
Mi feci avanti tra loro e guardai mio padre ed il mio Domatore. Guardai Jethro e Wren, Wardell ed Ishmael, Ormond e Rastus, e non potei fare a meno di chiedermi se quello non fosse amore. Presentai loro a Nearel e lui, sebbene non sembrasse apprezzare la presenza dei Domatori, con piacere accolse alla sua voce sia il mio maestro che il Drago dagli occhi gialli, il quale, anche se non desiderava ammetterlo, lo affascinava.
Fu così che i Draghi di Terra si unirono al gruppo dei Ribelli e così il loro Re accettò la mia presenza e quella di coloro che credeva di dover odiare accorgendosi, senza alcun dubbio, che in coloro di cui mi ero circondato vi era più amore che crudeltà.
 
L'inquietudine si sciolse nuovamente tra coloro che vivevano tra i Ribelli e la sera si aprì in festeggiamenti e caldi fuochi. Sebbene il tempo fosse contro di noi e la paura poteva assalire presto gli animi di coloro che ci seguivano, eravamo felici di aver dato il benvenuto ad una nuova tribù e perfino Nearel ne sembrò lusingato e quasi si sciolse in sorrisi per i figli dei Domatori che si avvicinavano a lui pieni di meraviglia.
Nowell, tra tutti, sembrava quello meno sereno e con dubbio avvertivo cosa lo tormentava. Non sapevo più dire se ciò che vedevo era verità o menzogna ed i nostri animi si dividevano sempre più per colpa di quel mio continuo dubbio. Lui lo avvertiva, ma non mi consolava. Eravamo vicini e distanti allo stesso tempo.
Mentre rientravo e salutavo coloro che erano giunti quel giorno e che si sarebbero diretti verso le dimore che Ormond aveva preparato per loro, Yorick si avvicinò a me. Vederlo mentre si metteva al mio fianco mi fece sussultare il cuore e, anche se Nowell era lontano, aveva avvertito la mia agitazione e certamente ne era a sua volta turbato, ma io credo per motivi diversi. Pensai volesse dirmi qualcosa riguardo a ciò di cui aveva parlato con il mio padrone e così, pieno di aspettativa, cercai di liquidarmi velocemente dagli altri e mi avvicinai a lui a mia volta. – Padre … – Sussurrai e lui mi guardò con un miscuglio di sentimenti.
– Nivek, posso scambiare con te alcune parole? – Domandò ed io frettolosamente annuii.
– Qualcosa ti turba? – Chiesi più per cortesia che per un reale interesse. Sapevo bene cosa speravo lui mi rispondesse, ma, non appena i suoi occhi abbandonarono i miei, seppi che non voleva rivelarmi cose a me sconosciute, ma voleva rinsaldare ciò che già sapevo.
– Non posso parlarti di ciò che io e Nowell ci siamo detti e non nego che sia un fatto di enorme importanza e che, contro ogni mia aspettativa, ancora una volta mi sono trovato a trattare. – Disse. – Volevo rassicurarti.
– Su cosa?
– Sulla bontà del tuo Domatore e sull'amore che egli nutre per te. – Sospirai.
– So che egli mi ama. – Dissi e lo guardai. Insieme cominciammo a tornare verso il luogo dove dormivamo.
– Siete distanti. – Aggiunse e capii cosa desiderava sapere da me.
– Lo siamo? Egli mi nasconde parte del suo cuore, cela a me ciò che non vuole farmi vedere ed io dovrei sempre accettare? Il mio cuore è aperto a lui mentre il suo può chiudersi quando egli desidera.
– Egli è il tuo Domatore. – Rispose. – Sebbene tu lo veda come pari e nei sentimenti lo siete, egli rimane sempre il tuo padrone, per quanto tu possa pensarlo buono e generoso.
– Dici cose tristi.
– Dico la verità. – Concluse il Cacciatore. Sospirò. – Non credere che sia facile essere un Domatore, non credere che sia difficile solo essere schiavi. È quasi arrogante dirlo da parte mia, ma perfino il padrone che non vuole comandare prova dolore per la propria condizione e questa è la nostra natura. Desideriamo che i Draghi siano nostri pari eppure non possiamo renderli tali, unendoli a noi li sottomettiamo e questo è il nostro più grande dolore. – Mi guardò in viso e sorrise. – Non potervi chiamare per nome è una tortura grande per noi che vi amiamo. – Sospirò. – Ora che tua madre è morta posso pronunciare il suo nome quanto voglio, eppure esso mi pare così estraneo tanto che non mi sembra nemmeno il suo. È buffo che in esso risieda la condanna di entrambi, non credi?
– Non credo sia facile essere un Domatore e forse più spesso di quanto vorrei dimentico la mia posizione, tuttavia anche essere un Drago è difficile. – Lo guardai negli occhi e lui tese le labbra. – Spesso i nostri sentimenti ci conducono su strade che dovrebbero essere proibite e finiamo per amare coloro che ci soggiogano restando sempre con il dubbio di doverli odiare. Restiamo sempre con il dubbio che essi ci vedano solo come schiavi. – Strinsi le mani tra loro e sospirai a mia volta. – Come dice Jethro è davvero difficile provare sentimenti. – Borbottai.
– Ami quel Drago, non è così? – Domandò allora Yorick ed un caldo sorriso era sul suo viso. Ed allora io fui a metà tra l'imbarazzato ed il sereno.
– Egli è colui che mi ha portato in Cielo. – Risposi. – Per me è come un padre. – Confessai e nel suo viso non vidi alcun turbamento.
– Ti ha protetto fin dove ha potuto e con tutte le sue forze, ti ha amato come fossi figlio suo fin dal primo momento e non ho dubbi che egli sia stato per te indispensabile nel tuo breve ma intenso percorso. Gli sono grato per aver visto in te ciò che a me è rimasto così a lungo celato. – Ci fermammo davanti alla porta d'ingresso. – Credo che alla fine Jethro abbia saldato con me e con Naisse qualsiasi debito, è stato un buon amico e lei sarebbe sicuramente felice nel sapere quanto affetto provi per lui. – Il mio cuore ebbe un fremito e mi sciolsi in un sorriso pieno di amore. Sapevo che le sue parole erano vere e che mia madre sussurrava all'orecchio di Yorick dal mondo dei morti.
– Un tempo credevo che loro due fossero innamorati, sai? Ero geloso della loro amicizia e non desideravo che Naisse stesse con lui. Poi compresi che Jethro amava Wren con tutte le sue forze e, sebbene con lui non sia mai riuscito a scusarmi davvero, per me fu essenziale vedere quanto può spingersi lontano l'amore di un Drago e riconoscerlo in colei che io amavo a mia volta. Fu grazie a loro se io e Naisse ci consacrammo e non fu una scelta facile, mio fratello e mio padre avevano insegnato a me la crudeltà tanto che la bontà sembrava quasi assurda. Ma non avrei mai potuto nuocere a tua madre e l'amore alla fine vinse su di me più di quanto non facesse l'odio e la mia educazione. – Rise ed il suo cuore mi sembrò traboccante d'amore. – Non ho mai compiuto scelta più insensata ed indispensabile. – Sospirò e guardò le stelle.
– Comprendo Nowell poiché anche io un tempo trattai con crudeltà i Draghi e lasciai che il mio animo ne venisse infettato. Mio padre mi scherniva e mi umiliava poiché provavo dolore nel sottomettere con la forza un Drago. Fu quando conobbi Wren e suo padre che il mio mondo mutò. Loro avevano idee diverse e trovarono in me un forte legame. Lei poi salvò Jethro dalla tortura e lui si lasciò domare. In quel momento capii cosa significava fare del bene e farlo ad un Drago e mi odiai per ciò che io compii. Senza pace mi allontanai dal castello e mi trovai, senza desiderarlo, nei boschi di quelle montagne. Amavo e volevo il Cielo, ma non lo desideravo con crudeltà e piansi e pregai affinché lì fossi condotto anche se ero pieno di cattive azioni. Me ne pentivo, tutto scivolava via da me come fosse pioggia che scorreva e poi incontrai tua madre. Il Cielo la mandò da me. E da lì in poi desiderai solo amore. – Sorrise. – Comprendo Nowell poiché anche io mi odiai per aver ceduto al male. Non vi è cura, figliolo, solo il tempo può condurlo sulla strada che gli spetta. Solo il tempo può risanare questa sua ferita. – Mi posò una mano sulla spalla. – Devi attendere che egli apra il suo cuore a te così come tu sei costretto. L'amore che nutre per te è forte e senza confini, se ne accorgerà e capirà che esso è più saldo di qualsiasi odio e di qualsiasi colpa.
Entrò in casa ed io, soffermandomi ancora con gli occhi sul cielo, lasciai che le sue parole mi ronzassero in testa e la tranquillità poi discese su di me. In silenzio entrai nella sala dal grande tavolo e guardai Nowell steso sul nostro letto che dormiva profondamente. Mi avvicinai e, sedendomi su di esso, mi sfilai le scarpe e lasciai che la stanchezza scivolasse via dalle mie spalle. Mi sdraiai accanto a lui e posai il capo sulla sua spalla. Quel suo amore era tutto ciò che desideravo.
Immerso tra la luce delle stelle e della luna un brivido mi corse su per il corpo e mi accorsi che tutto ciò che volevo era che lui dicesse il mio nome con forza e mi tenesse per sempre con sé. Non importava chi il padrone e chi lo schiavo. Desideravo solo sentire il mio nome anche se questo avrebbe significato eterna sottomissione.

Cosa ne pensate del rapporto tra Nivek e Nowell ancora rinnovato? Credete che Nivek sia un pazzo a desiderare la sottomissione al suo padrone o credete che sia una prova di amicizia, di affetto? Credete che riuscirà a trovare la felicità stando con Nowell?
Spero continuiate a seguire la storia!
Iwon Lyme

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Capitolo 30
*** La Voce del Re - Parte XII ***


Ora che sono giunti sia i Draghi Liberi di Fuoco che quelli di Terra cosa avverrà al gruppo di Ribelli? La guerra è vicina? Ma, soprattutto, che strategia useranno per scendere in guerra?
 
La Voce del Re - Parte XII

Solo i Draghi d'Acqua mancavano all'appello, ma io, a differenza di quelli delle altre tribù, non ero fiducioso che loro sarebbero giunti. Credevo piuttosto che non sarebbero venuti. Espressi così i miei dubbi a Nowell e lo scoprii della stessa opinione. Insieme avevamo ricevuto il rifiuto della loro Regina. Il Solitario decise però di aspettare ancora un po' di tempo prima di lasciare tutto ed avventurarci nella foresta.
Così il giorno iniziò ancora ed ancora e coloro che erano venuti dalle Regioni di Terra cominciarono ad ambientarsi tra la gente che avrebbero altrimenti reputato pazza e nemica. Fu mentre questo avveniva che Rastus riuscì a far accettare a suo padre la figura di Ormond. Pensai che Jethro in fondo era stato fortunato poiché Wren era sicuramente più carina ed amabile di quanto non fosse il colossale fratello di Wardell, qualsiasi famiglia avrebbe accettato lei piuttosto che lui. In ogni caso Ripradus e Redus si erano ammorbiditi ed avevano infine ceduto alla gioia di aver ritrovato il loro famigliare a lungo perduto. Sorek, sebbene non sembrasse granché simpatico, riuscì a farsi amici molti tra i Draghi di Terra domati e soprattutto sembrava intendersi con Jaxon ed il figlio Thane, non comprendo tutt’oggi però su quali argomenti ed in che modo.
Fu così che una sera io e Nearel ci trovammo ancora a parlare e desiderai potergli chiedere in fretta se si fosse rassicurato, tuttavia lasciai poi che le parole uscissero da entrambi noi senza domande e non volli forzarlo a dirmi qualcosa che vedevo già trasparire dall'espressione sul suo viso. Sedevamo insieme su un freddo piccolo muro che circondava la piazza e che, interrotto poco lontano da noi, non era mai stato finito e dunque non se ne comprendeva molto l'utilizzo. Lo osservai mentre la luce della luna gli sfiorava il viso e mi tremò il cuore poiché la bellezza traspariva dal suo aspetto come fosse profumo. – Ho sentito da Faron e da Murray che desiderate percorrere la via per la foresta così da giungere davanti alle porte del castello, è vero?
– Sì, è così. – Risposi.
– Allora di certo vi servirà il mio aiuto. Io sono il Signore degli Alberi ed ogni foresta ascolta la mia voce. – Mi guardò. – Potrei creare per voi una via sicura e diritta. – Propose ed io annuii. Poco però, a dire il vero, mi interessava quella faccenda poiché io non possedevo alcun potere per decidere qualcosa che riguardasse come muoversi durante la battaglia.
– Dovresti parlarne con Nowell e Wardell. – Dissi lui.
– Io ne parlo con il mio Re. – Rispose e sembrò indurirsi davanti al mio suggerimento. Mi mostrai così più debole di quanto volessi davanti agli occhi di quel regale Drago.
– Perdonami. – Continuai. – Trovo che tu abbia avuto un'ottima idea, sono sicuro che sarà di enorme importanza.
– Immaginavo fosse così. – Si intromise improvvisamente lui.
– Cosa?
– Un Re Domato … – Mi guardò e vidi rabbia brillare nei suoi occhi.
– Temevi che fosse meno Re? – Sospirò.
– Non questo, temevo che non lo diventasse mai veramente. – Intrecciai le dita ed abbassai il capo.
– Non capisco, spiegati meglio. – Gli chiesi.
– Per quanto voi siate buono e gentile, per quanto voi siate forte e proviate molto amore per i vostri sudditi, non potrete decidere un giorno di diventare nostro Re, ma dovrà esservi concesso. – Lo guardai in viso. – Pensate che il vostro Domatore ve lo permetterà? – Non lo credevo e tristezza colse il mio cuore poiché sapevo che Nearel aveva ragione. – Voi siete un sovrano che di gran lunga ha superato le aspettative che avevo. Il vostro aspetto, il vostro modo di agire, la vostra bontà sono senza dubbio doti che desideravo vedere in voi e dal racconto di mio cugino ho compreso che sapete anche essere severo quando i tempi lo richiedono ed anche di questo mi compiaccio, tuttavia tutte queste vostre abilità non potranno essere messe al servizio dei Draghi a meno che il vostro Domatore non ve lo conceda e ciò, più di ogni altra cosa, mi rattrista e mi fa infuriare. Molti anni abbiamo atteso un Re perfetto ed ora per i capricci di un Domatore …
– Sembri così sicuro che egli non mi permetterà di adempiere al mio dovere. – Dissi e la mia voce era stretta in un nodo.
– Ne siete sicuro anche voi, non è così? – Rispose lui ed io abbassai ancora il capo.
– Non per egoismo … ne sono sicuro, ma sono fiducioso. – Sospirai. – Un giorno arriverà in cui potrò essere il vostro Re e non ci sarà nulla che mi potrà rendere più lieto e felice.
– Spero che le vostre parole siano vere. – I suoi vestiti frusciarono ad un'improvvisa folata di vento ed io sorrisi immediatamente come se finalmente mi fossi accorto di aver trovato un altro buon amico.
– Non temere, so nel profondo del mio cuore che esse lo sono. – Lo rassicurai.
– Ho sentito che credete che i Draghi di Acqua non arriveranno.
– Senti molte cose, Nearel, mio nonno deve avere molta stima di te se così tante te ne racconta. – Lui rise. – In ogni caso è così, parlai con la loro Regina di persona, ma ella mi rifiutò il suo aiuto. Per quanto fossi simile al Re che ancora non ero, lei non pensò che lo sarei mai diventato o che nel mio divenirlo ci fosse la nostra salvezza. – Spiegai.
– Eppure i Draghi dell'Acqua nei tempi antichi erano coloro che avrebbero seguito il Re fino alla morte. Si sentivano tanto vicini al sovrano da morire per lui senza ripensamenti. – Lo osservai.
– Credevo che i Draghi di Terra non possedessero molta memoria dei tempi antichi.
– Non tutti. – Disse. – I Draghi delle Caverne e di Sabbia sono certamente meno colti riguardo a questi argomenti, ma i Draghi delle Foreste, che difficilmente si spostano e si mischiano con altri, conservano ancora molte storie ed una vita più lunga rispetto alle altre due razze. – Spiegò. – Per noi il dominio delle creature viventi è più facile e lo preferiamo a quello della terra in sé tanto che esso è per noi quasi inutile. Per gli altri la roccia e la sabbia sono gli elementi più apprezzati e così hanno quasi del tutto dimenticato il dominio di ciò che vive e respira. – Annuii.
– Ripradus però usò gli alberi contro di me.
– Poiché lui è figlio non solo di Redus, ma anche di Varya, la sorella di mio padre, anche lei una delle Regioni di Foglia. Ma non mi avete ancora risposto. Cosa dice la Regina riguardo all'antico legame?
– Ella lo ricorda, ma come ti dicevo, sebbene in me avesse visto le caratteristiche di un Re, non credeva lo sarei mai diventato. – Sospirai. – Disse chiaramente che era più sicuro continuare a vivere sull'isola che proteggeva piuttosto che spiccare il volo ancora una volta. – Mi guardò pensieroso e poi alzò gli occhi verso le stelle del cielo. Era pieno di luce e mi sentivo come vicino a Principe che immobile vegliava sulla mia casa silenziosa.
– Sire, credo dobbiate avere fiducia nelle mie parole.
– Ne ho.
– Allora ascoltatemi: quando il tempo volgerà verso il fallimento e quando sembrerà concludersi la battaglia di coloro che si scontrano contro il male, dal Cielo arriverà un aiuto, qualcuno spingerà la sorte oltre di noi e la battaglia sarà vinta. – Disse. – Credetemi se vi dico che spesso i miei occhi vedono più in là di quel che dovrebbero e questo è per la mia vicinanza al cielo ed alla terra insieme.
– Ti credo. – Lo rassicurai. – E mi dai una grande notizia.
– Si alzò dal muro su cui eravamo entrambi seduti. – Ora desidero dormire, mio Re, la partenza è quanto mai vicina e molto sarà il lavoro che dovrò compiere. – Chinò il capo.
– Posso chiederti fiducia anche nelle mie parole?
– Ne avete. – Rispose.
– Un giorno, quando il sole brillerà forte sul mondo ed il Cielo manderà uccelli che cantano in ogni dove, quando la tristezza e la colpa lasceranno spazio all'amore ed alla gioia, allora io diventerò Re e sarò vostro finché la lunga vita di Drago me lo permetterà, sarò vostro e libero e felice ed il mondo gioirà il lungo regno di pace. – Mi alzai a mia volta. – Dico questo poiché sono molto vicino al Cielo ed i miei occhi guardano lontano per natura, ma forse è solo un sogno che di notte ho compiuto.
– Non vi è sogno che un Lungo Sguardo non possa perseguire e far, infine, avverare. – Mi posò una mano sulla spalla. – Questa è la vostra natura ed io ho fiducia nelle vostre parole.
Insieme lasciammo la piazza e camminammo fianco a fianco fino al punto in cui lui avrebbe dovuto dirigersi da un'altra parte. – Mio Re, desidero dirvi un'altra cosa. – Aggiunse poco prima di allontanarsi.
– Cosa?
– Non credevo, ed in cuor mio me ne sono molto stupito, che i figli dei Domatori fossero così simili ai figli dei Draghi.
– Perché non lo credevi?
– Perché pensavo che il mondo fosse diverso per le nostre due razze ed invece esso è uguale che a guardarlo siano gli occhi di un bambino dell'una o dell'altra specie e vi è sofferenza e dolore anche per coloro che credevo ne procurassero e basta. – Sorrisi.
– È così, amico mio. – Dissi piano. Ed il silenzio della notte ci avvolse ancora una volta.
– Buonanotte, sire. – Mormorò piano mentre muoveva i primi passi.
– Buonanotte.
 
Redus insieme a Sorek lasciò l'accampamento dopo aver salutato a lungo il figlio. In mano loro era l'organizzazione dei Draghi Liberi di Terra e avrebbero dovuto fare in fretta.
Due giorni passarono dalla mia ultima chiacchierata con Nearel e Nowell inviò ai capi dei Draghi una convocazione poiché desiderava chiarire il giorno della partenza e cosa sarebbe avvenuto da quel momento in avanti. Il tempo scarseggiava sempre di più e la calma lasciava spazio all'impazienza. Io a stento riuscivo a non pensare al difficile compito che mio padre si era assegnato. Quella sera infine avrei capito fino a che punto si sarebbe spinta la nostra audacia ed il nostro amore gli uni per gli altri.
Il tramonto arrivò prima che potessi desiderarlo e, seduto al grande tavolo in compagnia dei Domatori e di coloro che mi avevano accompagnato fin dal principio, attendevamo l'arrivo dei nostri ospiti. Lì era Wren, e dietro di lei Jethro restava in piedi, suo padre Faron aveva preso posto accanto alla donna ed alle sue spalle aveva il figlio ed il nipote. Rastus vegliava sul suo padrone e così faceva Ishmael. Vi erano altre due sedie libere dedicate a Murray e Nearel. Io, che avevo accanto Nowell e poi Yorick, ero l'unico Drago Domato ad avere un posto intorno a quel tavolo. A noi non era concesso sedersi insieme ai nostri padroni durante un importante incontro, tuttavia per me non valevano le stesse regole.
Giunsero poi, dal buio della notte che sopraggiungeva, lo splendente Nearel ed il severo Ripradus in compagnia di Elmer e mio nonno e così il silenziò calò tra coloro che erano nella sala e l'incontro si accinse a cominciare. Nowell avrebbe parlato con il supporto di mio padre e dei due fratelli Domatori. Era infine la prima riunione di Domatori e Draghi, Liberi o Domati che fossero, ed essa era destinata a permanere nelle memorie di entrambe le genti e di tutte le razze del Mondo come il più grande simbolo di alleanza e amicizia.
Fu il Solitario il primo ad elevarsi attirando su di sé l'attenzione di entrambe le specie di cui faceva parte ed un fremito mi colse il ventre poiché avrebbe cominciato a parlare delle cose che sarebbero avvenute di lì a poco. – Amici, fratelli e compagni, sono lieto di vedere che l'Aria, la Terra ed il Fuoco sono dalla nostra parte e non mi trattengo dal mostrare la mia meraviglia e la mia gioia. Comprendo che ciò che ci ha diviso ed allontanato oggi è il motivo per cui ci riuniamo e la crudeltà dei Domatori non dovrà più essere concessa sebbene essa sembri far parte della nostra natura ed il più delle volte completamente … inevitabile. – Disse ed il rammarico trasparì chiaro dalla sua voce tradendo così la colpa che ancora sentiva. – Tuttavia desidero che il nostro comune obiettivo non sia la sua totale distruzione, ma piuttosto la sua messa al bando, poiché è impossibile annientare completamente qualcosa, ma è possibile rendere quest'ultima odiosa e ripugnante per coloro che potrebbero mettersi in sua cerca. – Si voltò verso i volti di coloro che sentiva più simili a sé e sorrise a Wardell che sembrava ascoltarlo con trasporto. – Amici e fratelli e compagni vedo oggi qui a questo tavolo e mi compiaccio nel sapervi fedeli e felici del nostro sogno e di ciò che realizzeremo. – Si rivolse a Yorick al suo fianco ed egli si alzò al suo cenno.
– Condivido le parole di mio nipote e vi do il benvenuto. Se non vi sono altre perplessità direi che sarà meglio iniziare ad illustrare ciò che abbiamo deciso. – Iniziò. – Sarà sicuramente più comprensibile per voi una volta che il nostro piano vi sarà chiaro. – E detto ciò stese sul tavolo una mappa dettagliata della regione in cui ci trovavamo e che aveva disegnato di suo pugno secondo sua memoria. Insieme vi era quella del castello che era quanto più precisa sebbene vi fossero punti in cui vi erano due versioni sovrapposte, probabilmente perché i ricordi di Nowell e Yorick erano discordanti. – Desideriamo, come ormai sarà noto a tutti, non sfidare le forze del Re Orrendo in campo aperto, ma piuttosto attendere fino a quando non ci troveremo abbastanza vicini a lui da sferrargli un attacco diretto. Tuttavia questo sarà molto difficile se contro avremo l'intera armata del nostro nemico. – Si rivolse allora a Wren ed a coloro che lo ascoltavano con più attenzione e poi, come ripresa fiducia nelle proprie parole, proseguì. – Desideriamo attirare qui parte dell'esercito e fare in modo che esso si divida. Una volta compiuto questo attaccheremo.
– E come proponete di fare? – Intervenne Nearel.
– Io stesso convincerò mio fratello che in questo luogo vi è una minaccia per lui e che Nowell, non morto come crede, lo attaccherà presto. Ed egli mi crederà poiché nulla, se non la sua morte, potrebbe portarmi vicino al suo castello. – Disse ed il mio cuore divenne pesante.
– Dunque come dovremmo fare? – Domandò Jaxon.
– Il nostro pensiero è questo. – Proseguì Nowell. – Una piccola parte di noi, e cioè io insieme a Yorick accompagnati da Wardell lasceremo questo luogo tra due giorni e ci avventureremo nella foresta. La percorreremo fino ad arrivare vicino alle mura del castello e lì Yorick proseguirà da solo. Il resto di voi si metterà in marcia non più tardi di tre settimane da qui e ci raggiungerete. Pensiamo che in quel tempo l'esercito si allontanerà dal castello e poi saremo liberi di attaccare.
– Ma se il Re Orrendo, non fidandosi pienamente delle parole del fratello, inviasse delle spie? – Chiese mio nonno.
– Mi assicurerò che si fidi a sufficienza e che non lo faccia. – Rispose perentorio Yorick. – Sono sicuro che nulla lo tratterrà dal mandare direttamente l'esercito, egli non teme un attacco e di certo la pazienza e la ponderazione non sono doti che gli appartengono.
– Ed i Draghi Liberi a che punto dovrebbero giungere? – Domandò Wren.
– Pensiamo che sia bene che essi vengano in volo quando la battaglia è già cominciata per i Domatori. Questo farà in modo che il Re Orrendo, fiducioso della propria vittoria e desiderando annientare coloro che lo ostacolano, sveli i propri assi nella manica prima della comparsa dei Draghi Liberi così che essi siano il nostro vantaggio ed egli non ne abbia altri da metterci contro.
– E dove dovremmo riunirci? – Chiese Faron.
– Quanto più vicino al castello senza che egli vi veda. – Concluse Yorick.
– Il piano sembra un suicidio. – Intervenne Ripradus dando voce ai suoi pensieri.
– È audace, non lo nego. – Aggiunse subito Nearel volendo mascherare le parole del parente. – Tuttavia penso che la sicurezza e la spavalderia del nostro nemico ci siano a favore tanto che contro chiunque altro questo piano sarebbe un fallimento, ma contro colui che andiamo ad attaccare potrebbe quasi certamente dimostrarsi vincente.
– Penso la stessa cosa. – Disse Wardell ed i due si guardarono per la prima volta.
– Ciò che mi preoccupa però è che il mio Re ed altri si avventurino soli per la foresta. Senza guida perdervi sarà cosa facile. – Continuò il bel Drago di Foglia.
– Non siamo soli, Re delle Foglie e degli Alberi, il mio Drago parla la vostra lingua con sapienza e sarà in grado di condurci velocemente a destinazione. – Gli rispose il Domatore indicando Ishmael.
Allora gli occhi di Nearel si rivolsero al Drago dallo sguardo del sole e lo osservò con durezza e cura chiedendosi se sarebbe stato davvero all'altezza del compito che gli era stato assegnato. Poi sembrò rincuorarsi. – Il mio animo si placa sapendo il mio Re al sicuro. – Decretò. – Per quanto riguarda coloro che sostano in questo luogo avranno la mia voce come guida e la foresta si aprirà davanti a noi.
– Molti potrebbero farci strada, lei è molto gentile ad offrirci il suo aiuto … – Disse Nowell.
– Il mio Re mi ha concesso questo onore e dovreste ringraziarlo invece che reputarmi superfluo. – Lo fermò. – Sarò più utile di quanto credete.
– Non era questo il mio dubbio, ma … non importa. – Concluse il Solitario osservandomi con titubanza.
– Questo dunque è il nostro piano. – Ricominciò mio padre. – Spero che esso si dimostri quanto più attuabile, facile ed efficace. Sarà difficile mantenerci uniti fino alla fine visto che molti sono i compiti e coloro che li devono adempiere, ma il comune progetto ci terrà saldi e sicuri in ciò che dobbiamo fare. La volontà si imporrà salda nei nostri cuori fino alla fine della battaglia. Il Re Orrendo cadrà oppure noi non vedremo il domani e la cosa mi fa molta meno paura del passato. – Concluse le sue parole Nearel si alzò e lasciò la casa, fecero così anche Faron e Murray insieme agli altri Draghi Liberi. Restammo soli noi Domatori e Draghi ed il silenzio calò come un manto di nebbia.
Stancamente Nowell riprese posto sulla propria sedia ed io, invece, mi alzai. – Dunque hai dato lui il permesso di guidare tutti noi? – Domandò il Solitario quando la sua attenzione ricadde su di me. Lo guardai.
– Egli è più abile di chiunque altro nel compito che non volevi affidargli. – Risposi sebbene in realtà non mi fossi mai espresso così a suo favore.
– Avresti dovuto chiedermelo.
– Dei Draghi Liberi dispongo come desidero. Essi sono miei sudditi e seguono me, il rispetto che loro ti devono è solo merito mio. – Sbottai acido e stanco.
– La loro venuta ha fatto crescere in te l'arroganza. – Mi freddò.
– In te è nata la diffidenza, invece, e si è rinnovato il timore che nutri nei miei confronti.
– Credi questo?! – Saltò su lui.
– Lo vedo. – Risposi e la mia voce mi sembrò come un'eco lontana ed indistinta.
– Ti credi già arrivato. Solo perché un paio di Draghi rispondono ai tuoi ordini non devi pensarti già Re, mio adorato compagno. – Continuò sprezzante.
– Nowell … – Mormorò Wren.
– Ti sbagli. – Risposi secco. – A differenza di ciò che puoi credere o pensare o vedere, io sono Re. Non vi è altri che può prendere il trono che è mio. Non vi è altri che parla con la mia voce o ha il mio aspetto. Per quanto io possa non desiderarlo questo è il mio ruolo e con felicità scopro l'amore dei Draghi ed il loro rispetto. Non imputridire qualcosa di puro come la loro fedeltà.
– Sei tu che ti gonfi dei loro sentimenti ed ormai ti senti superiore a tutti noi. – Ringhiò. – Non sei Re nemmeno la metà di quanto ti credi e loro non fanno altro che seguire qualcuno che non sarà mai come credono. Li illudi solo per il tuo ego!
Con rabbia ruggii e lui si azzittì in un attimo. Si ritrovò seduto sulla sua sedia ed immobile mi fissava dopo aver udito la mia voce ed aver visto i vetri vibrare controvoglia. – Di chi parli, padrone? – Mormorai con la gola che mi doleva dopo essersi rotta annodata com'era dal pianto. E coloro che erano vicini a noi ci osservavano con preoccupazione. Wardell e Wren sembravano preoccupati per il loro compagno, mentre Jethro ed Ishmael non potevano nemmeno guardare come veniva sottomesso il loro Re.
– La tua impudenza mi ha stancato, Nivek. – Disse ed io allora mi feci muto mentre la rabbia e la tristezza vibravano dietro il mio sguardo.
– Stai esagerando, ragazzino. – Rombò la voce di mio padre alle sue spalle. – Non concederti ciò che il tuo animo non dovrebbe possedere. – Mi voltai senza più poter guardare gli occhi disuguali che amavo profondamente e senza poter più aggiungere alcuna parola.
– Nowell, dovresti calmarti. Tutti noi siamo agitati per ciò che sta avvenendo, ma Nivek non ha fatto altro che comportarsi come doveva. Mai ha alzato il capo sopra di te e mai ti ha portato poco rispetto. Avrebbe potuto. Egli è il Re dei Draghi e nessuno può metterlo in dubbio, dovresti imparare a convivere con questa sua natura. Il suo amore per te è grande, non lasciare che i tuoi dubbi lo oscurino. – Disse Wren e le sue parole sembrarono fare breccia nel viso del Solitario più di quelle di Yorick.
Nowell allora si alzò tirando un sospiro tremolante e mi si avvicinò. Mi abbracciò e posò la fronte sulla mia spalla. Senza più provar rabbia in me gli posai una mano sul capo ed osservai coloro che ci guardavano con timore e trasporto. Eravamo i loro capi e dovevamo essere saldi e forti più di quanto avremmo potuto. – Lasciateci soli, ve ne prego. – Mormorai e loro, come risvegliandosi da un sonno, si diressero al piano di sopra in silenzio guardandosi gli uni con gli altri e riscoprendosi uniti davanti alla difficoltà.
Quando vidi la schiena di Wren abbandonare per ultima la sala sospirai rumorosamente e la tristezza prese il mio viso. – Dovevi parlarmi con tanta rabbia davanti a coloro che dovrebbero vedere amore tra noi, mio amato compagno? Dovevi lasciare che le tue colpe ti corrodessero fino a questo punto prima di lasciarti consolare da me, mio fratello? Dovevi lasciarti confondere dalle tue paure fino a questo punto prima di lasciarmi vedere il tuo cuore, mia anima, mio amore? Un difficile compito mi ha dato il Cielo dovendomi occupare di te che tanto testardo sei da pensare che non ti serva il mio aiuto per essere felice quando da solo così misero diventi. – Posai la mia guancia sul suo capo e lo strinsi a me mentre lui, senza opporsi, si lasciava coccolare.
– Mi oscuri il tuo cuore, non lasci che io veda ciò che potrebbe ferirmi o, credi, allontanarmi da te, ma io so senza vederlo o senza sentirlo cosa ti preoccupa. Temi che io scelga i Draghi invece che il mio Domatore e temi che tu dovrai scegliere se ordinarmi di abbandonarli o ordinare a te stesso di essere ciò che non vuoi, nessuna delle due cose desideri e senti pesante la scelta tra le due. Le mie parole però non sono valse a niente. Non mi hai ascoltato quando ti ho detto che la nostra preoccupazione deve essere la battaglia e non mi hai creduto quando ti ho promesso la mia fedeltà. – Sospirai. – Sei un testardo uomo, mio padrone, e preferisci fantasticare sul peggio piuttosto che chiedermi una risposta. Tanto hai paura che i tuoi timori si avverino che non hai il coraggio nemmeno di vederli sfumare. – Guardai i suoi capelli rossi che gli scivolavano sulle spalle e mi addolcii e l'amore per lui tornò forte com'era sempre stato. – Sei un testardo uomo, mio compagno, e dovresti sentire che non ti abbandonerò e che non desidero essere Re più di quanto desideri stare con te. Vinciamo questa battaglia ed il Cielo ci rivelerà il nostro futuro così come ha fatto fino a questo momento. – Mormorai mentre mi scendevano lacrime dal viso poiché sentivo lui che piangeva su di me.
– Io non desidero privarti dell'amore dei Draghi e so che, se tu dovessi scegliere di non essere loro Re, lo farai solo per causa mia e non lo desidero. – Disse con la voce rotta dalla tristezza.
– Questo non dovrebbe importarti. Se io deciderò di non essere il loro Re sarà perché l'amore che tu mi dai è più importante del loro. Non donerei il mio cuore per i Draghi sebbene li ami molto. Tu sei più importante. E sarò felice di volare libero nel cielo con te sapendo loro liberi a terra ed il Re Orrendo morto. Sarò più felice di quanto credi ed il tuo cuore sentirà quella felicità e non avrà dubbi. – Lo presi per le spalle e lo misi dritto guardandolo in viso. Aveva gli occhi rossi e le guance umide. Sorrisi mentre cercavo di farmi guardare. – Basta ora. – Dissi secco. – Ho sopportato molto più che la tua arroganza per essere qui e nulla di te mi ha fatto allontanare. Basta paure e basta dubbi. Sei pieno di difetti, mio compagno, e pieno di paranoie, ma non per questo il mio amore potrà diminuire. Io ti ho scelto. Solo chi vede il mondo come noi può capire, ricordi? Solo tu, quando nessuno avrebbe voluto vedermi come sé, solo tu mi hai visto come te stesso. Solo tu mi hai amato guardandomi di sfuggita, accettandomi senza condizioni ed io ho fatto lo stesso. Ho donato a te il mio nome poiché non vi è nessuno come noi. Solo chi vede il mondo come noi può comprendere e solo noi lo vediamo come tale. – Gli posai una mano sul mio petto e lui sorrise.
– Potresti farmi qualche complimento invece che sottolineare solo le parti negative … – Disse.
– Potresti cominciare a vederle da solo invece che aspettare che io te le dica. – Mi guardò negli occhi. – Molte ce ne sono ma esse restano per me soltanto. – Si avvicinò e mi diede un bacio sulla fronte.
– Perdonami ancora. – Disse.
– Non accetterò un'altra volta la tua sfiducia verso di me. Io sono tuo. Tu hai il mio cuore. Io l'ho donato a te … Non dimenticarlo mai. – Mi abbracciò.
– Mai più lo dimenticherò. – Pianse ancora. – Mai più dimenticherò che noi abbiamo guardato le stelle insieme e che vicini abbiamo deciso questa via. Mai più dimenticherò come noi guardavamo il mondo e come tu sei uguale a me.
– Benissimo. Adesso andiamo a sconfiggere qualche orrendo re, va bene?
– Come vuoi … mio amato cuore. – Borbottò e rise mentre ancora lacrime gli scendevano dagli occhi e sentimenti si imprimevano nel suo cuore e distruggevano ciò che di buio vi si celava.
 
Il sole entrò dalla finestra e mi solleticò il viso. Mi svegliai con la luce che mi accecava lo sguardo e la figura del mio padrone seduta al ciglio del letto la ostacolava in parte. Le sue spalle si delinearono piano piano e così fecero il suo viso, i suoi capelli vibranti e rossi, la sua mano tesa su di me e le sue dita che si pesavano sul mio braccio. Lo vidi sollevare gli occhi e guardare oltre di sé mentre faceva fuggire via le dita. Si alzò ed il peso sul letto se ne andò. La sua figura oscurò la finestra e sentii dei passi muoversi intorno a me.
– Ancora dorme? – Domandò sottile la voce di Wren.
– No, penso che si stia svegliando. – Mormorò Nowell in risposta.
– Allora farai meglio ad andare a preparare le cose per il viaggio, lunga la via e stretto il percorso, non soffermarti al suo fianco, proteggilo con forza e coraggio. – Gli disse e la vidi posargli una mano sulla spalla. – Sii forte per te e per lui, devi proteggere i vostri cuori. – Lui chinò il capo.
– Sì, adesso vado, desideravo solo vederlo dormire. Ho molto errato con lui e ne ha sofferto. – Le disse.
– Lo so che ti preoccupa fargli del male, ma, figliolo, molte cose è meglio che restino di un Domatore così come molte cose è meglio che restino di un Drago soltanto. – Vidi gli occhi di lei vagare verso di me. – Sono fiera di te. Sei stato bravo con lui ed è normale non sapere come fare a volte. – Gli sorrise. – Ora va', gli servirò io la colazione quando sarà sveglio.
– Wren … – Mormorò lui. – … so qual è il mio compito e sempre l'ho perseguito, ma spero che un giorno mi perdonerai se da oggi in avanti lascerò che Nivek mi sostenga quando ne ho bisogno e non gli nasconderò le mie debolezze così come lui non mi ha mai celato le sue.
– Non vi è nulla da perdonare, ma sai che questo non è il dovere di un Domatore. Noi dobbiamo essere fermi per loro che vedono il mondo crollare poiché noi li desideriamo e li domiamo. – Rispose lei. – Noi dobbiamo sempre essere forti.
– Vuoi forse dirmi che Jethro non ha consolato il tuo pianto quando vostro figlio è morto? – Disse roca la voce di Nowell e fermo silenzioso e senza respiro restai per ascoltare la risposta di lei.
– Proprio per questo lui ora soffre più di quanto lo faccia io. Il mio dolore e la mia debolezza gli hanno fatto più male che la perdita di un figlio. Se fossi rimasta salda lui ora avrebbe superato la perdita. – Guardò il Solitario. – Tuttavia ancora guarda le proprie mani la sera ed il mio ventre e pensa al figlio che non ha visto crescere ed a quanto avrebbe potuto amarlo.
– Non per la tua debolezza ancora lo fa, ma per l'amore che egli aveva per quel bambino e per te. – Ribatté ancora il mio padrone.
– Amare il proprio Drago non è cosa facile. – Disse subito lei. – Non puoi essere pari, ma nemmeno puoi non esserlo. Non credo che lo capirai mai, tu e Nivek siete fratelli, non amanti. – Lui abbassò il capo e si rivolse verso la porta.
– Vado a preparare le cose per il viaggio. – Mormorò. – Tuttavia, sai, alla fine credo che per loro vederci deboli sia più giusto che farci vedere sempre invincibili. Penso che ne siano rincuorati. Penso che sanno bene che noi non siamo altro che uomini e che soffriamo e piangiamo così come loro fanno. L'amore scalfisce anche la più dura corazza ed i più falsi sentimenti … – Sospirò. – … scalfisce anche la più salda convinzione. – Aprì la porta ed uscì senza aggiungere altro. Vidi la sua ombra passare davanti alla finestra e chiusi gli occhi.
Era proprio come diceva Yorick: non è facile essere un Domatore. Compresi che come c'erano sentimenti di Drago che i Domatori non potevano comprendere, così avveniva anche per i Draghi. Le paure dei nostri padroni forse avrebbero potuto preoccuparci, ma non le avremmo mai comprese veramente, non saremmo mai stati in grado di percepirle allo stesso modo. E Wren non si mostrava debole e così facevano coloro che domavano per preservare il loro amato schiavo. E Wardell non aveva mai sofferto davanti ad Ishmael e forse nemmeno mio padre aveva pianto quando mia madre gli era stata portata via. Triste è il cuore di coloro che devono sopprimere la sofferenza e pieno di dolore resta per tutta la loro vita. Wren portava ancora il dolore della perdita, così come tutti coloro che ancora si costringevano al silenzio. Suo padre doveva averlo insegnato lei: loro dovevano proteggere i Draghi e non essere protetti da loro, questo per la prima volta e per la loro salvezza.
– Drago … – Disse lei ed io aprii gli occhi. – … la fiducia che ti è stata rivolta è più di quella che dovrebbe spettare ad un Drago. – Sollevai il capo e la guardai negli occhi. – Non è nostro compito vivere con voi, ma vivere per voi e per voi morire. – Strinsi le dita e serrai al mano al petto.
– Ma con noi vivete per tutto il tempo che ci divide dalla morte ed è ciò che desideriamo. Noi non vogliamo protezione, ma amore e devozione, gioia e sentimento, vogliamo rimanere con voi … questo per noi è ciò che si avvicina a libertà. – Lei era illuminata dalla luce del sole che filtrava dalla finestra e la vidi mentre si avvicinava a me e mi si fermava davanti.
– Allora ricorda le tue parole, esse ti metteranno alla prova ed alla fine dovrai davvero decidere se questa è la libertà che desideravi o se volare in alto al Cielo da solo sarebbe stato preferibile. – Il suo sguardo era duro ed imperscrutabile, non avrei mai compreso cosa si celava nel fondo del suo animo ed immaginai, forse erroneamente, che rabbia mi rivolgesse poiché ero destinato a far soffrire colui che amava e rimproverava come un figlio. Pensai, non lo nego, che Wren era diversa da quello che avevo pensato e che Jethro, il mio amato maestro, doveva averla conosciuta quando il dovere in lei era molto più saldo e molto più severo, doveva aver conosciuto una Domatrice inflessibile e molto severa con la propria morale e quella altrui tanto da esserle impossibile accettare un cuore a metà o delle blande intenzioni. L'amore però l'aveva mutata ed esso aveva prevalso sul buonsenso e sulla sua missione. Pensai dovesse essere stato difficile per il mio padre Drago scorgere la dolcezza in fondo alla maschera dura che Wren mi mostrò in quel momento. Essa era spezzata e piena di crepe, eppure potevo immaginare come fosse un tempo quando ancora il cuore di un Drago non l'aveva scalfita irrimediabilmente. Pensai infine che non doveva essere stato facile per Jethro innamorarsi di lei.
– Lo deciderò quando verrà il momento. – Risposi. – Saprò cosa risponderti quando me lo chiederai ancora. – Lei annuì.
– Allora te lo chiederò di nuovo. – Si voltò verso il tavolo. – La colazione è lì, mangia e mettiti in forze, domani partirete.
– Grazie. – Mi alzai e presi posto vicino al tavolo mentre lei si metteva le scarpe per uscire. – Wren … – La chiamai. – … ti riporterò Nowell intero e senza danno. A costo della mia vita non morirà su quel campo.
– Questo è il tuo compito, Re dei Draghi … – Mi guardò. – … ma forse sarà la tua rovina. – Uscì chiudendosi alle spalle la porta. Il sole vibrò ancora attraverso la tenda ed io sospirai. Era un mondo difficile quello in cui mi trovavo, troppo complicato per comprenderlo fino in fondo ed ogni giorno esso si sfogliava davanti a me diventando sempre meno chiaro.
 
La sera dell'ultimo giorno che avremmo passato nel villaggio ci fu una grande festa. I Principi dei Domatori ed il Re dei Draghi ricevettero gli onori e soprattutto ci fu un grande coro per colui che credevano perduto e che avrebbe affrontato lo sguardo del Re Orrendo solo … una seconda volta. Dolci erano le voci dei Draghi e non vi era paura, gloria, aspettativa, semplicemente la vita scorreva e ci rallegravamo vi fosse ancora speranza.
Durante la giornata successiva anche i Draghi Liberi avrebbero lasciato il villaggio dirigendosi dalle tribù alle quali avrebbero spiegato il da farsi. Gli unici a restare sarebbero stati Faron e Nearel, i quali avevano entrambi incarichi imposti dai loro cuori. Mio nonno ed Elmer sarebbero tornati sulle montagne.
Un grande falò fu acceso dai Draghi di Fuoco in mezzo alla piazza e Jethro guidava le loro voci. Le donne Drago danzavano e tra loro ve ne erano alcune provenienti dalle Regioni d'Acqua. Sospirai ripensando alla loro assenza. I Draghi di Terra battevano forte il suolo e come tamburi risvegliavano i sassi, grande era la musica ed il fremito che producevano ed il loro Re li ascoltava con piacere sorridendo e cantando abilmente. I pochi Draghi d'Aria lasciavano danzare le fiamme di quelli di Fuoco e davano ad esse forme mirabili tanto che il loro fluttuare era magico e grande era la storia che raccontavano quelle figure. Così la voce dei Draghi venne risvegliata quella notte e molti, sebbene non partecipassero in prima persona, supportavano il canto e ne intonavano di propri. Stupendo era alle mie orecchie ogni suono e sentivo il loro affetto e ne ero grato. Eravamo acclamati e ciò non poteva essere altro che un dono.
Nowell teneva una mano posata sul mio ginocchio ed ascoltava con trasporto mentre i suoi occhi brillavano e luccicavano di lacrime. I Domatori battevano le mani a ritmo con i loro Draghi ed era la più grande unione e gioia che potesse essere vista.
Fu quando la serata ormai volgeva al termine che i cori vennero placati ed io mi alzai. Invitai Ishmael ed i grandi Draghi che mi erano amici a congiungersi con me e Jethro per il Fuoco, Nearel per la Terra con Elmer per il Vento furono lieti di seguirmi e piano cominciarono ad intonare l'antico Canto del Cielo che veniva rivolto al Dio nel Giorno di Gioia quando il sole sorge su una nuova era. Ed il loro canto, sebbene fosse un lieve brusio, non venne sovrastato da voci o esclamazioni. Li guardai con amore e chinai il capo per ringraziarli di tale affetto. E poi presi un profondo respiro.
Esplose la voce del Re e cantai. Le mie parole, sorrette dalle loro, sembrarono allontanarsi dalla terra e spingersi fino alle stelle che calde vibravano nel cielo ed il fuoco, non più sorretto dai silenziosi Draghi suoi fedeli, si affievolì e si spense oppresso dalla magnificenza del coro e dall'amore di coloro che lo componevano.
Si sollevarono le voci dei miei compagni e divenne alto il Canto del Cielo ed il buio avvolse i presenti sebbene dalle labbra di Jethro venisse scintilla ed i nostri volti fossero debolmente illuminati. Così si alzò ancora il fervore dei cantori ed il trasporto giunse al Cielo, volammo restando con i piedi in terra e la mia voce fece vorticare forte l'aria intorno a noi, il cielo si aprì ancora e l'ombra si allontanò sempre più. Furioso era il mio suono e la mia voce faceva un acuto rumore. Stupenda era la melodia dei miei compagni e le mie orecchie non riuscivano a cogliere pienamente quanto fosse armonioso il nostro canto.
Jethro allora cominciò ad intonare una bassa nota e dalla sua voce il fuoco divampò e si accese furioso così come solo molti uomini erano riusciti a farlo oscillare. Nearel lo seguì e sfregando un piede la terra vibrò e come la corda del mondo rumoreggiò e batté come tamburo. Elmer sollevò lo sguardo e muovendo agile una mano il fuoco danzò e si formò un grande Drago che prese il volo intorno ai presenti. Ishmael allora fece per abbassare la propria voce e sostenere solo le altre che così grandemente sembravano cantare ai suoi occhi a differenza della sua. Mi voltai verso di lui ed i nostri occhi furono uniti. Presi un profondo respiro e battei a terra un piede allora lui si avvicinò pronto a seguirmi. E la sua voce divenne un miscuglio delle altre e sembrò che cantasse per molte persone ed il suo coro era stupendo. Il cielo allora scoppiettò e come dal vuoto un rombo lo spaccò ed un fulmine si delineò veloce rombando e tuonando nel canto. E lui cantò del mare e dell'acqua ed io la condussi in cielo e pioggia si riversò su coloro che ascoltavano la melodia ed allora gioia si aprì e le voci esultarono e le nostre si persero tra quelle della folla.
 
– Sire … – Mormorò la voce di Ishmael una volta che fummo zuppi d'acqua ed essa non diminuiva.
– Cosa? – Chiesi guardandolo.
– Grazie per avermi reso onore. – Sorrisi.
– Grazie per averlo reso a te stesso, amico mio, nessun Drago canta l'unione di noi come tu puoi fare. – Mi posò una mano sul braccio.
– Nessuno canta di vittoria come voi. – E l'acqua rigava i nostri visi e la gioia riempiva i nostri cuori mentre i Draghi ed i Domatori urlavano di meraviglia.
Nowell venne da me e così Wardell si riunì ad Ishmael. – Mio Drago … – Sussurrò il mio padrone. – Lo stupore non diminuisce mai. – Sollevai gli occhi al cielo e la luna brillava immensa.
– La nuova era è cominciata mio signore, il mondo lo vuole, il Cielo lo predispone. – E gioia ancora si alzò e mai nel mio cuore vi fu più certezza.
 
La pioggia smise di battere e molti di coloro che erano venuti alla festa si ritirarono. Infine nella piazza restarono solo un centinaio di persone. Fu così, quando la tranquillità prese il posto della festa, che mio nonno si avvicinò e mi salutò. Il suo viso era tranquillo e le sue parole furono piene di gioia. Sarebbero partiti dopo di noi ed avremmo lasciato l'accampamento troppo presto per essere salutati anche da loro. Lo abbracciai e lasciai che lui salutasse anche Yorick del quale, ormai, era immensamente fiero. Disse poi lui parole chiare che ancora ricordo. Gli disse di non cedere all'odio e che, anche se quell'uomo che avrebbe rivisto aveva ucciso colei che entrambi amavano, non doveva dimenticare il proprio compito e ciò che esso valeva. Disse che sua figlia non meritava vendetta se questa avrebbe significato la sottomissione e l'infelicità di tutti i Draghi. E nobile fu il suo parlare poiché mise gli altri davanti ai propri desideri e così avrebbe dovuto fare anche il Cacciatore.
Fu dopo aver scambiato poche parole con Jaxon e gli altri che io, Nowell e coloro che dovevano partire decidemmo di andare a dormire e così ci incamminammo verso la casa di Ormond. Guardai Wardell ed Ishmael che si tenevano per mano e sorrisi pensando al loro futuro felice. Yorick sembrava pensieroso ed il peso del proprio compito già premeva sulle sue spalle. Entrarono per primi e si diressero subito nelle loro stanze. Anche io mi sarei volentieri infilato a letto se Nowell non si fosse fermato fuori dalla soglia attirando il mio sguardo.
– Qualcosa non va? – Domandai e lui si voltò verso di me.
– Sono stato crudele con te, non è così, mio Drago?
– È perdonato. Ogni cosa è perdonata.
– Non di ciò che ho fatto parlo, ma di ciò che ti sto facendo fare. – Sospirò. – Il tuo unico genitore condurrai tra le mani di colui che ha ucciso l'altro e dovrai salutarlo e lasciarlo andare. Mi dispiace. Avrei dovuto trovare un altro modo e non cedere al piano di Yorick.
– Per quanto io abbia fiducia nelle tue strategie, Nowell, credo che Yorick sia ben più consapevole di ciò che è necessario. Sono certo che non vi è altra via e, sebbene sarà doloroso, è indispensabile. Inoltre questa non è una tua colpa. – Sorrisi. – Ora andiamo a dormire. Il giorno della battaglia si avvicina e con esso anche le nostre speranze.
Si sdraiò accanto a me e posò il capo vicino alla mia spalla. – Temo per Yorick.
– Vuoi molto bene a mio padre, non è vero? E pensare che prima lo odiavi.
– È più simile a me di quel che avrei pensato e credo che questa fosse la ragione per cui lo odiavo.
– Mi era parso di capire che fosse perché lui era amato da me.
– Anche io sono amato da te … dunque anche questo ci rende simili. – Rispose.
– Ciò che non hai mai compreso è che il mio amore per te era maggiore. – Dissi. La sua mano si posò sulla mia.
– Veglieremo uno sull'altro, mio Drago, e non ho paura di morire. – Mi voltai verso di lui ed i nostri occhi si trovarono vicini.
– Se tu dovessi morire … moriremo insieme.
– Fratello … che gioia sarà varcare con te le nuvole del Cielo.
 
Mi svegliai e Nowell non era già più nella stanza. Jethro mi aveva posato una mano sulla spalla e mi stava chiamando. – Nivek … – Mi sollevai.
– Jethro … – Mormorai con la voce roca. Mi sorrise.
– È ora di andare. – Disse e vidi che aveva gli occhi lucidi. Probabilmente era stato lui a chiedere di avere qualche secondo con me.
Sorrisi. – Sì, ora mi preparo. – Risposi. Mi avvicinai e lo abbracciai. Sentii le sue mani tra i miei capelli e chiusi gli occhi.
– La prossima volta che ci vedremo sarà sul campo di battaglia. – Mormorò.
– Mi mancherai. – Sussurrai.
– Anche tu mi mancherai. – Lo guardai in viso ed i suoi occhi rossi brillavano come fuoco. – So che sei in buone mani e non ho paura. Il momento è giunto ed anche non volendo esso doveva venire.
– Sono certo che potrò abbracciarti ancora. – Lo confortai. Mi accarezzò il viso.
– Sei molto bello, figliolo. – Mi diede un bacio sulla fronte e le sue labbra tremarono.
– Padre … – Sussultò. – … vi amo immensamente. – Rise non trattenendo più le lacrime e mi lasciò.
– Alzati. Non è buona educazione far piangere così un vecchio. – Disse mentre si asciugava le guance e si sistemava la camicia.
Mi alzai e mi vestii ed intanto lui mi osservava ancora commosso. – Sarò prudente e non farò mosse avventate. – Gli promisi. Annuì e mi infilò lo zaino sulle spalle. – Però se dovesse essere necessario darò la mia vita … per Nowell o la causa. – Sussurrai e lui annuì ancora.
– Sì, lo so. Se dovesse essere necessario anche io lo farò. – Mi posò entrambe le mani sulle spalle e mi guardò negli occhi. – Su ora, molto lungo è il cammino e non siete ancora partiti. Sarà meglio che vi sbrighiate.
– Spero di cantare ancora con te. – Dissi.
– Che sia qui o in Cielo, figliolo, canteremo ancora insieme e saremo liberi. – Risi.
– Liberi sembra qualcosa di fin troppo ambizioso, papà. – Aprì la porta e fuori vidi Nowell che parlava con Wren e lei che gli sistemava la giacca. – Ma anche solo insieme andrebbe bene. – Mormorai.
– Anche solo stando insieme sembrerebbe di essere liberi. – Aggiunse. Chinai il capo davanti a lui che ricevette quel mio rispetto con orgoglio e si piegò ancora in un sorriso.
– Arrivederci … – Dissi. – … padre. – Aggiunsi sottovoce.
– Arrivederci, Nivek. – E così, prendendo posto al fianco del Solitario, lasciammo la casa di Ormond e cominciammo a dirigerci verso la fine delle tende.
Partimmo quel giorno ed il sole era alto ed il terreno era umido come lo sguardo mio e di mio padre. Nowell mi posò una mano sulla spalla mentre lasciavamo quella casa che avevamo abitato per poco, ma che così gelosamente aveva custodito i nostri cuori insieme a quelli di coloro che amavamo. Anche lui era pieno di tristezza e speranza ed il suo cuore batteva insieme al mio tanto da non farmi così paura proseguire il cammino. Infine noi eravamo ancora insieme e solo esserlo ci rendeva immensamente felici e … liberi.

Nivek e Nowell sono partiti prima degli altri. Il nostro protagonista sarà costretto a salutare Yorick affinché lui vada ad ingannare il Re Orrendo, cosa ne pensate della strategia? Secondo voi sarà efficace?
Spero che siate interessati a sapere cosa succederà nel resto della storia! Non manca molto alla fine!
Iwon Lyme

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Capitolo 31
*** La Voce del Re - Parte XIII ***


Buonasera a tutti. Mi scuso per la prolungata assenza, ma, causa impegni personali, non è stato per niente facile trovare tempo da dedicare alla pubblicazione dei nuovi capitoli. Spero che l'attesa sia valsa a qualcosa e cercherò di essere più costante visto che non manca molto alla fine!
 
La Voce del Re - Parte XIII

Entrammo nella Grande Foresta verso mezzogiorno e da quel momento in poi avremmo dovuto affidarci alla voce di Ishmael che con sapienza cominciò a cantare e gli alberi dolcemente si muovevano e si separavano indicandoci il cammino. Ci spingemmo allora sempre più verso l'interno e solo dopo due ore sia ciò che si trovava avanti a noi, sia ciò che si trovava dietro ci sembrò sconosciuto. Da solo mai sarei riuscito a trovare la via. I tronchi erano fitti e per lo più identici. Il sole oltrepassava poco dalle fitte fronde e nulla sembrava muoversi o parlare in modo diverso da altro, dunque non vi erano reali segni distintivi che potessero condurci in qualche modo a trovare il davanti ed il dietro. Tuttavia Ishmael cantava e sembrava conoscere con precisione il luogo in cui si stava dirigendo. Fu così che nessuno tentò di intromettersi nelle sue decisioni, nemmeno Wardell che a volte sembrava desiderare seguire tutt'altra strada.
Nowell procedeva al fianco di mio padre e gli parlava sottovoce ed a volte la risata di uno dei due si apriva e spezzava il silenzio del luogo. Io procedevo dietro di loro osservando le chiome nere degli alberi e gli animali che fuggivano al nostro passaggio producendo un frusciante respiro. Notai certamente che il posto era misterioso, avvolto dal surreale ed esso incombeva come una cappa di calore e tossico. Non odiavo tuttavia la sensazione che mi trasmetteva, piuttosto ne ero affascinato e la voce di Ishmael, che ogni tanto si alzava, contribuiva a rendere ancor più magico il luogo tanto che l'eco di essa mi sembrava essere ripetuto da più toni.
Passò così il primo giorno e ci addormentammo in un posto che sembrava meno inquietante di altri. Non dormimmo a lungo, a dire il vero, il timore ed il troppo buio ci preoccupavano e nessuno di noi aveva una voce sufficientemente forte e calda da rincuorare gli altri. Mi mancò Jethro e la luce che riusciva a portare ovunque andasse. Il profumo della sua voce era caldo e soffice come un cuscino, candido, puro, come il desiderio di un bambino affidato al soffio del vento. Tanto amavo quel suono e grazie ad esso trovai il sonno prima degli altri. Lo sognai quella notte e mi svegliai pieno di dubbi e timori.
Nei miei sogni vidi Jethro che mi si avvicinava ed era bianco intorno a noi ed io sorridevo e lo chiamavo. Poi il nero cominciò ad invadere il candido e piano piano oscurò prima le sue gambe, poi le sue braccia ed infine il suo viso si perse nel buio. La sua voce mi chiamava e mi diceva quanto mi amava, ma io non vedevo il suo viso, non riuscivo a capire dove mi trovassi e cosa stesse succedendo intorno a me. Lo chiamavo disperato, ma lui non sembrava allarmato e non premeva per mettersi in contatto con me. Poi il nero ed il suono scomparvero ed io vidi sangue e mi svegliai con l'urlo sognato sulle labbra.
Imparai così che la foresta conduce ed insinua nella mente strane emozioni e che è meglio restare saldi e non dormire per troppo a lungo.
Il secondo giorno procedemmo ancora per molto spazio sebbene per un tratto ci perdemmo e poi ritrovammo la strada. Infine riuscimmo a trovare un luogo più sicuro della sera prima per riposare e lì accendemmo un debole fuoco grazie alla voce di Ishmael e lo vidi tristemente mezzo di tale suono avendo forse in mente quello che portava Jethro. Allora i nostri animi si fecero più calmi e la notte cadde languida.
Mentre mangiavamo parte delle provviste che avevamo portato in silenzio, Nowell sollevò lo sguardo su mio padre che sembrava più pensieroso rispetto a noi altri. – Zio, posso farti una domanda? Anzi … per meglio dire sarebbe una richiesta. – Disse e lui allora lo guardò.
– Dimmi. – Gli concesse curioso di cosa stesse per chiedergli.
– Parleresti noi dei Draghi che provengono dal Buco di Eran? Io stesso ne so poco sebbene ne abbia visto uno anche in forma umana. Non riesco a comprendere cosa essi comandino ed in che modo si possano dimostrare letali. – Domandò ed allora tutti noi fummo interessati alla cosa.
– Avevo intenzione di parlarvene e visto che me lo chiedi sarò contento di rispondere. – Disse e posò ciò che stava mangiando per poter parlare liberamente. – I Draghi del Buco di Eran sono diversi da qualsiasi Drago ed il loro potere è qualcosa che con difficoltà e poca precisione riuscirei a descrivere a pieno. Ciò che si sa sul loro conto è brevemente questo.
– Essi erano Draghi di Terra un tempo e viaggiavano sulle pianure insieme ai loro simili, questo quando i Draghi di quell'elemento non si erano ancora divisi. Essi però avevano un amore smodato per le caverne, diverso, tuttavia, da quello di altri loro simili, più oscuro e pieno di crudeltà. Desideravano non la terra e non le gemme, ma il buio che lì vi dimorava e vagavano sempre alla ricerca di un luogo più oscuro e sinistro. Giunsero così ad un profondo crepaccio che si dice conduca fin nel cuore della terra e lì, vedendo il buio che ivi dimorava, dichiararono che quella era la loro terra e che lì avrebbero istituito il loro dominio. Questo non è strano poiché in quel momento altri Draghi di Terra dichiararono lo stesso per grandi distese di sabbia, profonde foreste o montagne spigolose e dunque non parve sospetto al Re della loro razza che anche questi desiderassero un luogo da chiamare proprio e così benedisse la loro sosta e permanenza. Tuttavia i Draghi del Buco di Eran si sotterrarono in fretta in quella ferita e lì vissero, procrearono e fecero crescere i loro figli tanto che la luce divenne per loro insopportabile e priva di qualsiasi bellezza. Si divisero e divennero infedeli a colui che gli altri Draghi a quell'epoca chiamavano ancora Re dei Draghi. Nessuno badò a loro poiché non erano molti e soprattutto poiché raramente si avventuravano nella terra sotto il Cielo.
– Qui finisce ciò che sappiamo sui Draghi di Terra andati ad abitare nel Buco di Eran e nulla si seppe di loro fino a quando non tornarono in superficie dopo molti anni ed il loro aspetto era mutato così come il loro potere. Per non venire colpiti dalla luce diffondevano un fitto fumo che soffocava ed impestava coloro che non ne erano abituati e molti Draghi morirono soffocati o si ammalarono per loro opera e le regioni vicine al Buco di Eran divennero impraticabili e proibite. Come divennero capaci di diffondere l'oscurità e di utilizzarla nessuno lo sa, ma posso dire con certezza che essi non sono stati catturati da mio fratello, quanto più si sono offerti al suo servizio ed egli li ha domati. Inoltre desidererei aggiungere che la loro forza non risiede solo nel potere che utilizzano, ma anche nella loro purezza e longevità poiché, essendosi mischiati molto poco con altre razze e dunque provenendo direttamente dal sangue degli antichi, sono Draghi puri e molto longevi a quanto ho sentito. D'altronde il buio è sempre stato difficile da scacciare …
– Ed utilizzano semplicemente una coltre di nubi in combattimento? – Domandò allora Wardell che non ne vedeva la letalità.
– Vorrei fosse solo questo … Mio fratello li ha dotati di forti armature e ferro portano come artigli. L'oscurità poi acceca lo sguardo e, se colpito crudelmente, priva della vista colui che ne resta a contatto a lungo. Per non parlare del soffocamento o delle altre crudeltà che essi possono scatenare. Non dimentichiamo che essi erano Draghi di Terra e dunque quel potere ancora li possiede in parte. – Concluse e questo turbò il Domatore che, intrecciando le dita, restò in silenzio. – In ogni caso non desidero spaventarvi oltre misura. Sebbene sia un potere capace di incutere molto terrore essi non sono imbattibili e soprattutto non sono così invincibili come potete credere ora. Una volta compreso il loro potere sarà facile per voi trovare un punto di debolezza. Tuttavia dovrete sempre tenere a mente che essi non usano solo i loro poteri, ma anche le armi dei Domatori che mio fratello ha dato loro.
– Sarà una battaglia senza frontiere e molti moriranno. – Disse Nowell.
– Sicuramente, ma abbiate fiducia e vedrete che nulla sarà perduto irrimediabilmente. – Prese di nuovo in mano il proprio cibo e ricominciò a mangiare. Tutti noi, invece, non fummo in grado di deglutire più nemmeno la nostra saliva.
 
Il giorno dopo riprendemmo il cammino molto presto e tutti notammo che in Ishmael vi era un cambiamento. Sembrava molto stanco e con difficoltà proseguiva per molto tempo e cantava debolmente tanto che la foresta ci parve più oscura e densa di pericoli. Decidemmo allora di fermarci per pranzare così da dargli modo di tranquillizzarsi e Wardell fu pronto nell'andargli accanto. Insieme si allontanarono dal gruppo e si sedettero sotto un grosso albero. Se non fosse stato per i vestiti colorati di Wardell che emergevano dal verde nessuno li avrebbe più visti.
Sospirai mentre mio padre stuzzicava il fuoco e Nowell mangiava qualcosa. – Non preoccuparti, ci ha guidato per lungo tratto ed instancabilmente, starà bene dopo aver riposato un po' tra le braccia del suo Domatore. – Mi disse il Solitario vedendomi turbato.
– Dev'essere davvero stanco. Forse avrebbe dovuto seguirci anche Shiloh. – Dissi sedendomi accanto a lui.
– Wardell non l'ha voluto. – Mi rispose. Guardai gli occhi eterogenei del mio padrone e gliene chiesi il motivo. – Credo che Wardell desiderasse stare con Ishmael soltanto. – Sorrise guardandosi le punte delle dita. – Penso si immaginasse una sorta di ultimo viaggio prima della battaglia.
– Teme così tanto questo scontro da credere che sarà l'ultimo?
– Non ne sono sicuro poiché con me parla raramente dei suoi sentimenti per Ishmael, soprattutto dopo che mi hai donato il cuore, ma se lo conosco abbastanza bene credo che egli tema molto ciò che ancora deve venire … e forse è pessimista di natura, ma penso che creda ci sarà qualche perdita e qualche pianto. – Disse ed io mi avvicinai lui. – Non preoccuparti per loro, mio Drago, sono sicuro che andrà tutto bene. Guardali. – Mi esortò e sollevò lo sguardo fino alla piega degli abiti del suo amico ed alla mano di Ishmael che vi era posata sopra. – Un amore che va oltre qualsiasi logica od omologazione. – Mormorò e strinse le mani. – Qualcosa che so non proverò mai. – Gli posai una mano sulla spalla.
– Perché dici questo?
– Wardell sa amare. Non si direbbe dal suo aspetto o dal suo modo di fare, ma sa amare come nessun altro che io ho avuto occasione di conoscere. Ishmael è fortunato, non vi è uomo che possa amarlo di più, non vi è Drago, uomo o donna che sia. Io non sono capace di amare qualcuno come fa Wardell e ne sono consapevole, so anche che per questo tu probabilmente hai sofferto e soffrirai. – Confessò Nowell. Sorrisi.
– L'amore tra Ishmael è Wardell penso che sia leggermente diverso da quello che desidero per noi. – Lui rise.
– Non intendevo …
– So che non intendevi questo ma forse è proprio per questo che confondi le due cose. L'amore di Wardell è diverso poiché diverso è il loro ruolo l'uno per l'altro. Io sono felice dell'amore e del ruolo che ho nel tuo cuore. – Sorrise e mi posò una mano sulla spalla.
– Amore tra Draghi e Domatori … credo che ne ho visto tanto da non averne bisogno per un bel po'. – Borbottò mio padre che era seduto vicino a noi.
– Perdonaci, Yorick. – Mormorò veloce Nowell.
– Lascia perdere, Mezzo Drago, piuttosto vedi di dire al tuo amico che non possiamo starcene qui tutto il giorno e che il suo Drago dovrebbe riposare. – Il Solitario ridacchiò ma nessuno di noi osò alzarsi ed andare a dire qualcosa ai due che, nascosti dalle foglie e dall'erba, sembravano essere in un mondo distante molte lune e molte stelle.
Wardell guardava Ishmael con occhi fuori dal mondo, fuori dal Cielo, fuori da qualsiasi sentimento comune e lo seguiva vigile come un silenzioso custode. Non avevo mai notato come delicatamente lo facesse. Sapevo che Ishmael lo amava e mi ero sempre concentrato su come il suo viso diventasse luminoso e felice o come il suo sorriso fosse sempre più chiaro quando c'era il Domatore tanto che non avevo mai notato lo sguardo di Wardell. Un guardiano silenzioso viaggiava alle spalle del bel Drago dagli occhi gialli, un guardiano dagli abiti sgargianti e dagli occhi dolci e pieni di miele che protegge a costo della vita ciò che di più prezioso possiede. Una gemma rara, un diadema perduto, una spada affilata non sono nulla agli occhi del custode, nulla potrebbe avere più valore che l'incanto della vita, l'amore, la gioia di poterlo osservare da distanza e vederlo vicino. Sorrideva debolmente eppure nel cuore di Wardell, mentre noi procedevamo sempre più all'interno della foresta, doveva esserci un brusio ed una gioia immensa. Sembrava uno stagno d'acqua calma ma che al suo interno nuotavano mille pesci ed i suoi occhi riflettevano i loro colori e tutti avevano la sfumatura del bel Drago dal manto scarlatto.
Wardell custodiva Ishmael come qualcosa di prezioso, lo amava e ciò andava ben aldilà di un amore comune. Io preso dai miei sentimenti non avevo notato i suoi. Non avevo mai notato la silenziosa pazienza, la dolce protezione e la nera paura che sempre oscuravano il cuore del Domatore. Se qualcosa avesse mai potuto prendergli ciò che di più bello aveva a nulla sarebbe valso il resto del mondo.
 
Passarono tre giorni ed ormai eravamo alla fine della foresta. Ishmael ne sentiva il termine e disse che il giorno seguente avremmo potuto ammirare le alte mura del castello illuminate dalla luce della luna. L'agitazione crebbe tra noi e mio padre si fece sempre più silenzioso e cominciò a chiudersi in se stesso. Non trovò tuttavia nessuno che lo biasimasse, in fondo il compito che davanti a lui si srotolava era difficile e pieno di insidie tanto che nessuno l'avrebbe attirato su di sé con tanta calma. Si allontanò dal fuoco per ragionare al buio dei propri pensieri ed anche Wardell ed Ishmael presero le distanze da me ed il mio padrone. Fu così che, mentre il silenzio calava tra noi, lui si alzò e si sedette accanto a me.
– Guardi il fuoco intensamente, mio Drago, se continui così non saprai più guardare nel buio. – Disse sorridendo.
– Mi dispiace, mi sono incantato. Il suo calore mi ricorda Jethro e non posso fare a meno di pensare a lui. – Risposi guardandolo di sfuggita.
– Perché pensi a lui?
– Ho detto lui che avremmo cantato ancora insieme. – Mormorai. – Ma nemmeno io so se avverrà e la possibilità che non succederà mi fa pensare a lui poiché potrei avergli fatto una promessa che non riuscirò a mantenere. – Lui rise.
– Mio Drago, mi sembra che tu ti preoccupi di qualcosa di molto piccolo confronto a ciò che può avvenire. Ben peggiore è il futuro che potrebbe trovarsi davanti a noi e tu pensi al canto? – Si avvicinò e mi diede un bacio sulla fronte. – Sono certo che avrò ancora il piacere di sentirvi.
– Che sia qui o in Cielo … – Mormorai ricordando le parole di mio padre.
– Esattamente. – Confermò lui e poi si voltò ed estrasse dalla sua borsa un pezzo di stoffa in cui era avvolto qualcosa. – Le ho portate per te, mio compagno, pensavo potessero renderti felice ed alleggerire la tua testa da pensieri pesanti. Pensavo di mostrartele quando saremmo stati soli, ma penso che oggi tu ne abbia bisogno. – Mi porse così il fagotto ed io lo aprii. All'interno vi erano un paio di argentee forbici. – Wren me le ha gentilmente procurate.
– Per cosa? – Mormorai.
– Ricordi? Ti lamenti spesso di quanto siano lunghi i tuoi capelli, pensavo ti facesse piacere aggiustarli. – Sorrisi pensando che avesse ricordato qualcosa di così futile in un momento tanto importante.
– Il tuo pensiero è stato gentile, mio signore, ma non credo di essere in grado di tagliarli ed alla fine non so se voglio privarmi di qualcosa che non mi appartiene. Questi capelli me li ha donati il Cielo quando insieme vi siamo saliti ed essi sono vostri e per merito vostro. Tutto ciò che sono lo è. – Si alzò prendendo le forbici e si mise dietro di me.
– Allora sarò io a liberarti di ciò che mi appartiene. – Sorrisi e senza obbiettare lasciai che lui mi tagliasse i capelli e che li gettasse nel fuoco. – Mio amato Drago, sono felice della tua fedeltà e del tuo amore e sono stato stupido a non comprenderli a volte. Non sapevo quanto il nostro primo volo ti fosse ancora caro ed il tuo aspetto in realtà non mi appartiene. – Rise. – Non è solo merito mio se tu sei andato in Cielo, anzi, io ho fatto ben poco, le ali erano le tue così come le zampe ed il resto.
– Mio nonno non mi avrebbe mai portato in Cielo. – Confessai. – Non desiderava istruirmi come Drago, non desiderava che io diventassi uno di loro e mi odiava e mi credeva qualcosa di orrendo. Avevo passato la mia vita intera in attesa di diventare maggiorenne, in attesa di essere all'altezza dello sguardo di mio nonno e poi, quando il momento giunse, mi fu precluso il diritto di diventare Drago. Mio nonno premette affinché fosse decisa la mia esclusione. Ed io non potevo più accettare di vivere relegato in quella casa, odiato, non potevo più. Fuggii. Scappai dal mio villaggio convinto che fuori ci fosse qualcosa di migliore per me. Avevo paura, ma temevo di più restare ciò che ero. Fui catturato subito e se non fosse stato per te, mio signore, chissà oggi dove sarei, forse in fondo ad un fosso o tra gli artigli di qualcuno fedele al Re Orrendo. Nessuno avrebbe mai addestrato lo strano Nivek e nessuno l'avrebbe mai portato in Cielo se tu non mi avessi amato e scelto. – Le sue dita scivolarono ed afferrando un'altra ciocca la gettò nel fuoco.
– Sono certo che prima o poi ciò che sei sarebbe emerso. – Disse. – Tuttavia sono felice di aver avuto l'opportunità di incontrarti, fratello mio, sono felice di averti visto nella casa di Wren e di aver pensato “Questo Drago è perfetto per me, questo Drago è come me”. – Sorrisi.
– Pensasti questo la prima volta che mi vidi? – Domandai curioso.
– Sì e non solo. Pensai anche a quanto sembrassi giovane e poi quando capii che eri Indomabile mi sono detto “Io non so domare, lui è Indomabile, perfino un cieco capirebbe che c'è del destino in tutto questo”. – Risi.
– E ci hai visto bene! Ci hai visto davvero bene! – Anche lui cominciò a ridere e fu costretto a smettere di tagliare per non sbagliare. – Non credo avresti potuto fare previsione più precisa.
– Chi avrebbe mai potuto pensarlo a quel tempo. Sembravamo mondi completamente distanti … – Sospirò e ricominciò ad acconciarmi. – In ogni caso credo che dovresti darti un po' del merito di ciò che è avvenuto. D'altronde se tu non avessi avuto il coraggio di fuggire, noi oggi non saremmo qui. – Mi voltai a guardarlo e lui mi sorrise tiepidamente. – Non voglio che tu creda che questo sia solo il mio sogno e la mia battaglia.
– Non l'ho mai creduto, Nowell. Anche io sogno un mondo esattamente come il tuo. – Lui annuì.
– E l'avremo prima o … poi. – Mi voltai ancora verso il fuoco e sorridevo sotto i baffi pensando ancora a ciò che gli era passato per la testa. Chi avrebbe mai potuto credere che tra mille e mille Domatori l'inconsapevole Re dei Draghi sarebbe capitato a casa di colei che ospitava il Principe di tutti loro? Era buffo pensare che l'unico che ci fosse arrivato era poi quello che con più difficoltà accettava il ruolo di entrambi e che con qualche riserva avrebbe infine ammesso la programmazione del tutto.
Pensai che mai più mi sarebbe potuto capitare un incontro ed un compagno come quello.
Quella notte andai a letto felice e dormii senza più intrappolarmi nei miei capelli e questo non avveniva da ormai moltissimo tempo tanto che non sapevo ancora volare.
 
Il giorno seguente riprendemmo il cammino e percorremmo un lungo tratto senza mai fermarci. Ishmael dovette cantare più spesso e con più forza del solito poiché sembrava che la fine della foresta si nascondesse più accuratamente. Solo quando il sole cominciò a calare e la luce divenne rossa scura riuscimmo a vedere il breve tratto di campo che ci divideva dalle mura ed allora, senza il coraggio di pronunciare parola, rientrammo un po' nella foresta e ci fermammo.
Yorick si sdraiò e, mentre noi accendevamo il fuoco, si addormentò. Sapevo non avrebbe aspettato il mattino per dirigersi tra le braccia di suo fratello ed in lui vi erano sentimenti contrastanti. Pensava certamente alla vendetta ed alla tristezza, ma vi era anche una sorta di speranza. Penso che mentre si addormentò ricordò il fratello con cui aveva giocato, con cui aveva pianto, con cui aveva perfino riso e che era scomparso sotto la maschera di un re. Pensai dovesse essere stato terribile per lui vedere quel viso così amico scivolare tra le tenebre e che avesse pianto molto anche per ciò che aveva fatto a Naisse, non per gli atti in sé, cosa comunque terribile e che lo sconvolse, ma perché a compierlo fu colui che infine, almeno in parte, aveva amato profondamente. Sebbene quello fosse un uomo orribile era comunque suo fratello e con difficoltà separava il ragazzo dall'uomo.
Pensai che per lui sarebbe stato impossibile ucciderlo.
Così altalenanti invece non erano i sentimenti del mio padrone: Nowell vedeva nel Re un aguzzino e così aveva sempre visto, non avrebbe avuto remore o scrupoli a compiere l'atto, non avrebbe avuto pietà. Eppure comprendevo con più facilità i sentimenti di mio padre piuttosto che quelli del mio padrone. Forse per me comprendere un odio così cieco non era facile poiché un tempo mi fu rivolto ed io l'avevo disprezzato.
In ogni caso era indispensabile la morte di quel sovrano poiché se lui fosse ancora stato presente nel nuovo mondo, sebbene in catene o prigioniero, avrebbe comunque condotto a sé menti e fedeli.
Yorick allora dormì e si destò solo quando la notte era buia e profonda e noi attendevamo il suo sguardo e le sue parole. Tuttavia in silenzio si alzò e tolse dallo zaino molte cose che non gli servivano tenendo solo il necessario affinché fosse creduto in viaggio e da solo. Mangiò e guardò il fuoco oscillare mentre i suoi pensieri si rivolgevano ad oscuri ragionamenti. Poi si mise ritto in piedi e ci guardò. Si sistemò la giacca e si rimise lo zaino. – Grazie per la vostra compagnia, amici miei, il momento è giunto, dobbiamo dividerci ed io devo proseguire per la mia strada. – Allora Wardell si sollevò per primo ed abbracciò Yorick che, forse stupito dal gesto dell'uomo, rispose con un sorriso e lo ringraziò. Ishmael, in piedi dietro il suo Domatore, riverì mio padre con un profondo inchino e gli rese onore con la sua voce di Drago. – Grazie … – Mormorò Yorick anche a lui. Fu così che i suoi occhi si rivolsero a me e Nowell.
– Desidero accompagnarti fino alla fine della foresta. – Disse il Solitario ed avrei detto che intendevo farlo anch'io se la voce non mi fosse stata completamente tolta.
– Va bene, lascerò che voi mi accompagniate. – Rispose il Cacciatore e la tristezza trasparì per la prima volta dalla sua voce.
Fu così che ci allontanammo da Ishmael e Wardell e proseguimmo soli in direzione della fine della foresta. – Vi preoccupate troppo per me, dovete restare tranquilli, qualunque cosa mi accadrà la missione è comunque più importante. – Sussurrò e la sua voce era inspiegabilmente calda e piena di affetto. – Sono sicuro che non fallirete. – Aggiunse mentre i suoi occhi guardavano gli alberi fitti e la luce della luna che vi penetrava.
– Se non falliremo sarà soprattutto merito tuo. – Disse Nowell.
– Non scherzare, io comincerò questa battaglia, ma sarà vostro compito distruggere colui per il quale essa è stata cominciata. – Sospirò pensando al nostro scontro con lui.
– Senza di te nessuno ci avrebbe seguito. – Mormorò il Solitario e davanti a noi cominciò a vedersi la fine.
– Sono certo che in qualche modo il Cielo avrebbe provveduto. – Concluse il Cacciatore e poi si fermò. – Qui ci salutiamo, miei adorati figlioli, qui Yorick vi dice addio. – Ed allora Nowell si avvicinò e lo abbracciò. – Mi raccomando non fare pazzie. – Gli disse il vecchio Domatore. – E ricorda ciò che mi hai promesso, Sguardo di Drago.
– Lo ricordo, zio, non potrei dimenticarlo. – Si guardarono negli occhi e si sorrisero l'un l'altro. Allora Yorick si divise da lui e si avvicinò a me.
– Desidero proseguire con te fino alla fine del bosco, voglio vedere il Cielo insieme … ancora una volta. – Mormorai e trattenevo a stento le lacrime. Lui allora guardò il mio padrone che chinò il capo in segno di assenso.
– Allora seguimi, figlio mio. – Disse il Domatore Mezzo Morto e mi mise una mano intorno alle spalle. Insieme allora proseguimmo ed io non riuscivo a dire nulla poiché la tristezza mi stringeva il cuore. – Tua madre una volta mi disse qualcosa che mi ero giurato di non ripetere mai finché avrei avuto vita. – Cominciò quando pochi alberi ormai ci dividevano dal punto in cui non avrei potuto più continuare. – Mi disse che se mai avessi avuto un figlio con una Domatrice allora avrei dovuto insegnare lui l'amore per i Draghi ed avrei dovuto portarlo con me in cima al pino sotto il quale ci eravamo conosciuti così che lui comprendesse cosa significa amare il Cielo. – Mi sorrise. – Lei credeva che la mia vita sarebbe continuata indipendentemente dalla sua e che, anche senza di lei, avrei vissuto e gioito ancora. Credeva che avrei potuto dimenticare. – Mi diede un bacio sulla guancia e le nostre fronti furono ancora una sull'altra. I suoi occhi mi guardavano penetranti e pieni di determinazione tanto da prosciugarmi il pianto. – Lei sapeva che io avrei avuto un figlio, sapeva che avrei dovuto insegnare a lui molte cose … mai avrebbe immaginato però che molte le avrebbe apprese da solo e che altrettante lei stessa gliene avrebbe insegnate. – Sorrise ed un brivido mi percorse la schiena. – Io qui ti lascio, mia gioia e mio amore, qui proseguo da solo per l'ultima volta. L'amore per il Cielo lo conosci e così quello per i Draghi. Sono felice più di quanto potrei dire di avere un figlio che Naisse vide e che mise al mondo. Tu sei figlio della donna che più ho amato ed amo, tu sei mio figlio, e non vi è gioia più grande che saperti vivo e così bello ed amato. Non vi è gioia più grande che poterti stringere a me ancora una volta. – Ed allora una lacrima mi solcò il viso e gli strinsi i polsi con forza.
– Ora è arrivato il momento di salutarci. Devo proseguire. Il cammino avanti a me è chiaro. – Mi abbracciò ed io lo strinsi forte. – Dimmi qualcosa, ancora non vorrai salutarmi solo con il silenzio …
– Ti amo, padre, e mai avrei creduto di doverti lasciare andare. – Mormorai e lui mi baciò una tempia. – Mai avrei voluto vederti andare via ancora.
– Così va meglio. – Rise. – Ricorderò la tua voce. Ricorderò questo suono finché avrò vita poiché esso mi ha parlato e non dimentico che fui il primo Domatore ad udirlo. Non dimentico che tu mi rivolgesti calde parole e che esse ancora mi premono nel cuore. – Si divise da me. – Abbi fiducia, sii forte e resta in vita. – Lo guardai con la bocca che mi tremava e le mani che lo cercavano immobili. – Devo andare. – Mormorò. Il suo viso percorso dalla profonda cicatrice si tese ancora una volta in un sorriso e poi oltrepassò gli alberi e si allontanò da me dandomi le spalle.
Le lacrime scesero così dai miei occhi ed io non riuscii più a trattenerle. Non potevo sopportare quella separazione. Non potevo restare calmo quando lo vedevo proseguire solo verso il suo vecchio carnefice.
Improvvisamente una silenziosa folata di vento si spinse dalle mie spalle, mi avvolse come un manto, mi diede un bacio sulla guancia e mi abbandonò, oltrepassò la foresta ed il bosco e scompigliò le vesti di mio padre, sembrò fermarsi accanto a lui che nel buio della notte proseguiva ed un riso di donna mi solleticò l'orecchio divenendo lontano e dolce. E mi sembrò di vedere chiaramente qualcuno al fianco del Cacciatore.
Le mie lacrime si fermarono, il mio animo si tranquillizzò e nel mio cuore tornò la calma. Mi sentii meno triste e mentre la notte lo ingoiava riguadagnai la fiducia. Ripensai al suo compito ed al suo pericolo ma meno mi turbava ed avevo sempre meno paura. Stringendo le dita sorrisi e pensai a quanto lo amavo ed a come sarei stato felice di rivederlo ancora una volta.
Infine, senza che mi fosse spiegato, avevo compreso che ancora una volta Naisse avrebbe camminato al fianco del Principe Perduto indicandogli la via.
 
Volsi i miei passi indietro e proseguii fino a giungere da Nowell che con sguardo stupito mi guardava. – Cosa c'è? – Gli chiesi e lui si risvegliò come da un profondo sonno.
– Non lo so, ma qualcosa mi ha toccato qualche minuto fa.
– Ti ha toccato? – Domandai.
– Sì, come una carezza. Ho sentito una voce … – Mormorò. – Sembrava quella di una donna. – Era sconvolto ed anche io lo divenivo sempre di più.
– E cosa ti ha detto? – Chiesi sapendo già che ciò che avrei sentito avrebbe come confermato quello che io stesso avevo semplicemente intuito.
– Una sola parola ho capito chiaramente. – Rispose. – Ed era … “Principe”. – Allora sorrisi e non riuscii a non ridere di gioia ed a non sollevare gli occhi al Cielo benedicendo la luna e la foresta.
Solo sentendo quella parola avevo capito. Non avevo solo immaginato. Infine era proprio come lei diceva. Anche io avevo incontrato il mio Principe ed anche io con lui ero andato fino in Cielo.
Così parlò Naisse la Bella per l'ultima volta alle orecchie di coloro che amava accingendosi a dure prove e con lei cantarono beate la luna e tutte le stelle.

Yorick ha lasciato indietro suo figlio per adempiere al proprio destino. Naisse veglia sui Ribelli ed ormai la battaglia è vicina. Cosa ne pensate? Yorick riuscità a cavarsela? Vinceranno senza perdere nulla?
Aspetto con ansia opinioni e pareri!
Iwon Lyme

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Capitolo 32
*** La Voce del Re - Parte XIV ***


La battaglia sta per cominciare. Queste le ultime ore prima dello scontro. Andrà a buon fine il piano di Yorick?
 
La Voce del Re - Parte XIV
 
Tornammo verso Wardell ed Ishmael e restammo in silenzio in attesa di qualche suono, ma non ci fu rumore che ci facesse comprendere se Yorick fosse già stato preso oppure no. L'ansia era palpabile e più di una volta ci scambiammo sguardi che chiaramente sembravano chiedersi se non ci sarebbe stata un'altra strada, se infine non avevamo sbagliato a lasciare che il Cacciatore compisse quella pazzia. Così non dormimmo nemmeno nelle poche ore che mancavano all'alba. Quando il sole sorse i nostri animi pieni di timore divennero più leggeri e cominciammo a distogliere i pensieri da ciò che ormai sarebbe avvenuto per rivolgerli invece verso ciò che ancora doveva avvenire.
Wardell si alzò dal luogo in cui era seduto e prese un profondo respiro. – Nowell, certo hai pensato bene … Va bene accompagnare Yorick fino a qui ed altrettanto tutto il viaggio, ma ora, che facciamo? Insomma, se ti conosco bene come credo, sono sicuro che hai in mente qualcosa per noi. – Disse ed allora mi voltai verso il Solitario credendo che infine il Domatore avesse ragione.
– Wardell, devi sempre dare troppa aria alla bocca, non è così? – Borbottò Nowell.
– Quindi, cosa pensavi di farci fare? – Gli domandò ancora insistente. – Mi sono insospettito quando hai chiesto a me ed Ishmael di accompagnarvi invece che a Wren e Jethro che erano molto amici di Yorick e tuoi. Se mi hai voluto qui è perché ti serviva il mio Drago, non è così? Ed immagino non solo per superare la foresta … – Il mio padrone sospirò.
– Ebbene … – Disse arreso al fatto. – … desideravo parlarvene, ma poi ho deciso di aspettare che Yorick non fosse qui. Credevo, in verità, che lui mi avrebbe sconsigliato ciò che ho in mente, ma penso sia quanto più necessario. – Sospirò.
– E cosa hai in mente?
– Desidero fare in modo che le sue parole diventino tanto credibili che mio padre non esiterà ad allontanare parte dell'esercito. – Concluse.
– Ma già che sia mio padre a pronunciarle aumenta la loro verità alle orecchie del Re Orrendo. – Dissi.
– Sì, ma voglio che lui ne esca vivo. – Rispose. – Se ha il sentore che potrebbe essere una menzogna lo torturerà e non voglio che questo avvenga. Non deve avere dubbi. – Sospirai.
– Allora cosa proponi? – Domandai.
– L'ombra deve diradarsi da ovest, devi spazzarla via, mio Drago. – Disse.
– Sì, ma Ishmael a cosa dovrebbe servirti? – Intervenne ancora Wardell.
– Acqua deve cadere sulla città, fulmini ed acqua che provengono dal Cielo per due giorni interi e poi l'ombra deve scomparire. Così crederà. E se non dovesse bastare faremo tremare la terra e lanceremo fuoco dal cielo. – Io ed Ishmael ci guardammo ed eravamo molto stanchi e poco pronti a tutto il lavoro che Nowell ci proponeva. Tuttavia entrambi comprendevamo che poteva davvero essere necessario creare un po' di scompiglio. Ciò che poteva facilmente essere spiegato il Re Orrendo l'avrebbe interpretato come una sfida che gli proveniva dallo stesso Cielo.
– Lasciamo che Yorick abbia la possibilità di penetrare nelle mura del castello, diamogli due giorni e poi scateneremo il Cielo. – Dissi.
– Grazie, mio Drago, so che può essere pericoloso.
Allora il Domatore sospirò e si sedette di nuovo davanti all'amico. – Nowell, sei fuori di senno, ma penso che potrebbe perfino funzionare. Se ci scoprono però sarà la fine.
– Allora faremo in modo di non essere scoperti. – Sorrise, ma nessuno di noi si sentì più tranquillo o rallegrato dalla sua calma. Sapevamo che poteva rivelarsi un completo disastro.
A volte bisogna rischiare se si vuole ottenere qualcosa di buono e noi avremmo rischiato il tutto per tutto con le nostre azioni. Se l'esercito non si sarebbe diviso la nostra vittoria era in dubbio e se ciò si univa alla nostra cattura la battaglia sarebbe diventata un suicidio. Tuttavia ciò non ci frenava dal metterci in gioco, poiché, anche se esigua, vi era la possibilità che mio padre ne rimanesse illeso pur avendo successo nella sua missione.
 
Mentre i due giorni che avevamo deciso di concedere a mio padre trascorrevano, perlustrammo i dintorni della foresta e trovammo un albero che, crollando, aveva formato sotto di sé uno spazio coperto abbastanza grande per ospitarci e lì portammo le nostre cose e quelle che Yorick ci aveva lasciato. Infine, sistemati al suo interno, la calma cominciò ad avvolgerci e riuscimmo a dormire sentendoci al sicuro. Quando ci svegliammo ogni cosa sembrò migliore e perfino il tempo che scorreva sempre più velocemente ci faceva meno paura.
Decidemmo che agire era una cosa necessaria e ci addormentammo consapevoli che il giorno dopo avremmo rischiato di venire presi. Immaginavo che nessuno si sarebbe trattenuto a lungo nei sogni, ma non sapevo che sarei stato il primo a svegliarmi.
Il sole a malapena passava attraverso le foglie verdi luminose e poco mi ricordava la bellezza di Nearel che era lo Spirito delle Foreste e loro traevano forza da lui come dall'acqua e dalla terra. Il luogo mi sembrò più tetro di quanto non avesse fatto la sera prima ed allora rivolsi lo sguardo ai miei compagni. Wardell stringeva a sé Ishmael e dormiva con il capo poggiato di fianco al suo. Aveva un sorriso dolce ed il suo Drago sembrava in pace, come se la luna e le stelle non potessero cullarlo o sconvolgerlo, come se emozioni non fossero richieste a chi viaggia accanto a colui che ama. Nowell dormiva al mio fianco e mi volgeva le spalle. Il suo viso era teso, forse più spaventato di quanto riuscisse a dire, tuttavia la sua figura mi trasmise una forte sicurezza e non riuscii a provare altro che tranquillità a pensare che lui avrebbe volato sopra di me e mi avrebbe condotto salvo fino alla vittoria. Mi fidavo di lui, più di quanto volessi dire e, quando ancora lo realizzai, sul viso del mio padrone apparve un sorriso beato e compresi che aveva sentito la mia gratitudine.
Mi alzai e mi spostai da sotto il tronco per vedere meglio come la luce rifrangeva dall'alto e la trovai più luminosa di quanto avessi visto prima ed ancora ne fui rincuorato. Poi, mentre mi perdevo tra le sfumature di verde ed i miei occhi ne gioivano felici, Ishmael si mise al mio fianco e mi guardò. – Sire, oggi comincia il nostro compito. – Disse ed io annuii.
– È così, amico mio. – Mormorai. – Oggi comincia la guerra e non finirà fino a quando una delle due parti non morirà. – Mi sorrise e guardò anche lui il cielo.
– Sono convinto che voi vivrete. – Mi mise una mano sulla schiena ed io sorrisi sentendo il suo calore e la sua dolcezza che, fin da quando ero stato solo un Indomabile, avevo sempre avvertito con gioia. Noi eravamo stati identici, eravamo stati Draghi Domati al servizio di due Domatori che di noi avrebbero deciso il destino. Io ero cambiato, mi ero Consacrato, mentre lui, che di certo più di me lo meritava, non poteva per la presenza del Re Orrendo. L'avevo lasciato solo nella sua condizione e non potevo non credere che se ne sentisse oppresso più di quanto non facesse prima di me. Vedermi, vedere Nowell vivere ciò che a lui e Wardell era precluso credo lo fece sentire isolato ed immeritevole di amore. Tuttavia qualsiasi mia parola non sarebbe valsa a rincuorarlo. Pensai che quando la guerra sarebbe volta al termine anche lui avrebbe avuto ciò che più desiderava e ne sarebbe stato felice ed ogni dubbio sarebbe svanito per sempre. Il suo cuore apparteneva a Wardell e tenerlo dentro il suo petto lo tormentava poiché quello non era più il luogo dove doveva stare.
– Ci converrà prepararci. – Dissi posandogli una mano sulla spalla.
– Vi seguirò ovunque. – Mormorò. Serrai le dita ed abbassai lo sguardo.
– Resta al sicuro, amico mio, molte cose sono davanti a te e meritano di essere vissute. – Lui sorrise ed anche io lo feci.
– Starò al sicuro, sire, le gioie che devono venire sono maggiori di quelle che ho ora, anche se a stento lo credo visto che molto sono felice e non mi sembra di poterlo essere di più. – Disse e senza aggiungere altro ci voltammo per accogliere i nostri Domatori che si alzavano ed insieme a loro andammo nel luogo deciso affinché al Cielo salisse l'acqua di Ishmael e la mia aria la facesse piovere.
Fu così che sul castello ed ad est di quello iniziò a crollare una fitta pioggia e l'acqua usciva da ogni dove ed inondava le case ed i prati. Fu così che il primo atto del Cielo fu deciso e la guerra cominciò. E, finalmente, il Re Orrendo avrebbe creduto che vi era qualcuno pronto a fronteggiarlo e da noi sarebbe venuto credendo di vincere facilmente.
 
Dopo la pioggia vennero i fulmini ed un forte vento si scagliò sul castello e per due giorni acqua scese come fiumi dal cielo. Poi all'alba del terzo giorno le nuvole sparirono, il sole penetrò chiaro, forte e luminoso sulle mura grigie e l'ombra era scomparsa. Per quanto essa spingesse dall'est non riuscì più ad impossessarsi della foresta o del castello. Fu così che il nostro messaggio fu inviato e data la violenza della perturbazione nessuno fu in grado di venire a cercarci o anche solo di pensare che qualcuno si celasse dietro il clima a parte il Cielo stesso.
Ci allontanammo allora dal luogo in cui io ed Ishmael avevamo sostato per due giorni dando sfogo ai nostri poteri e, una volta sotto l'albero caduto, dormimmo profondamente senza nemmeno pensare a cosa sarebbe avvenuto poi.
Non so dire quante ore passarono, ma furono Nowell e Wardell a svegliarci ed il loro volto era eccitato e febbrilmente felice. – Alzati, mio Drago! Vieni a vedere! – Esultò ed io allora mi sollevai e, senza indossare scarpe, lo seguii nella foresta e sbucammo verso la sua fine. Un forte vento si sollevava per il campo che circondava le mura ed il cielo era diventato scuro, ma non per la presenza dell'ombra, quanto più per quella di molti Draghi che, alzandosi in volo dai bordi della cintura di pietra, si dirigevano lontani ad ovest del castello ed allora un boato si aprì nel mio cuore.
Mi voltai e vidi Ishmael che si avvicinava ancora intontito dalla stanchezza e gli indicai il cielo. Allora anche lui vide i Draghi e noi quattro gioimmo per la loro partenza. Wardell abbracciò il suo Drago e lo ringraziò mentre Nowell mi posò una mano sulla spalla ed i suoi occhi luccicarono di gioia guardando il piano che Yorick aveva pensato dimostrarsi possibile. E la vittoria parve a tutti noi molto più vicina e ci sembrò quasi che nulla potesse davvero farci del male. Ci sentimmo invincibili e fu incredibilmente importante in un momento come quello.
L'esercito del Re Orrendo lasciò così il castello ed il nostro sguardo si rivolse allora dietro di noi. L'attesa di coloro che sarebbero giunti dalle profondità del bosco cominciò ad invadere i nostri cuori, tuttavia non sapevamo che essa sarebbe stata ben più corta di quello che credevamo poiché essi erano già in cammino e la foresta si spiegava davanti a loro inchinandosi e riverendoli poiché Nearel cantava con forza e la sua voce ci sarebbe giunta maestosa e lieta come il canto di guerra di coloro che combattono il male, come la voce del severo destino che davanti a noi si trovava.
 
Passarono tre giorni e l'attesa crebbe sempre più mentre l'assenza ci veniva sussurrata dalla foresta. Cominciammo a temere che i nostri fossero partiti troppo tardi e che avessero incontrato l'esercito inviato per loro. Nulla sembrava muoversi dietro di noi e Nowell aveva preso l'abitudine di sedersi su una roccia accanto all'albero caduto e da lì ascoltare i rumori della foresta e guardare nei suoi più oscuri meandri e quelle notti tornava da me privo di forze e deluso. Pensai di distoglierlo dai cattivi pensieri e di rincuorarlo in qualche modo, ma, sebbene non credevo che i nostri fossero stati sconfitti da quei pochi uomini, temevo che fossero stati rallentati o decimati. Io stesso avevo paura per il loro destino e non riuscivo a dire a Nowell di non averne. Wardell aveva invece un viso molto severo e riuscivo a leggere in esso la chiusura che provoca un timore ben più grande di quello che assillava il mio padrone: tra coloro che sarebbero giunti dalla foresta vi era Ormond ed il cuore del Domatore gemeva per una sorte negativa che sarebbe potuta capitare a lui.
Io ed Ishmael dovevamo così dimostrarci ben più certi di quanto eravamo ed i nostri cuori si rafforzarono in quei giorni poiché furono i sostegni di coloro che amavamo e con i quali avremmo volato fino in Cielo forse per l'ultima volta. Un senso di sacralità pervase così quei momenti poiché erano quelli che ci dividevano da un evento speciale, forse irripetibile e che sarebbe rimasto nei nostri cuori fino a quando il fiato non avesse abbandonato il corpo e la mente. Divenimmo ogni giorno più fermi nei nostri propositi e riconoscevamo uno nell'altro quello stesso sentimento tanto da rafforzare amicizia, affetto e determinazione. Mi accorsi che lui era per me una delle persone più importanti e così anche Wardell, Domatore amico dei Draghi.
All'alba del terzo giorno ci preparammo all'attesa. Il sole del mattino ci svegliò e ci accolse nel mondo. Andai a prendere dell'acqua e Ishmael raccolse frutti mentre Wardell cacciava. Mangiammo insieme e poi presi del cibo e lo portai dal mio padrone che, seduto sulla sua pietra, sembrava un antico saggio, un uomo che aveva vissuto molti anni e che portava nelle sue mani piegate sotto il mento, nei suoi lunghi capelli rossi legati, nel suo viso chiaro e sincero la stanchezza di una vita lunga e difficile. Pensai che Nowell era proprio così: molte cose aveva vissuto senza di me e tante emozioni aveva provato e probabilmente non l'avrei mai conosciuto davvero, non l'avrei mai compreso fino in fondo, ma lo amavo, lui era il mio Domatore e non vi era nulla che mi faceva gioire di più. Quell'uomo era il mio compagno, con lui avrei solcato il mare della vita ed avrei lasciato impronte sulla sabbia del mondo fino a quando l'ultimo fiato non ci fosse stato tolto, fino a quando ancora una volta insieme avremmo volato ed il Cielo a sé ci avrebbe chiamato.
– Mio signore … – Mormorai. – … non avete fame? – Mi guardò e sorrise.
– Perché mi parli in questo modo, mio Drago?
– Perché all'ombra di questa foresta mi siete sembrato un Re. – Sussultò e mi guardò stupito negli occhi. – Mai mi permetterò di dirti di fare qualcosa a te sgradito … è solo un pensiero che ha sfiorato la mia mente mentre giungevo da te.
– Lo so. – Mi posò una mano sulla spalla ed io allora mi sedetti nell'erba accanto a lui e gli passai il piatto con il cibo. – Il giorno verrà, l'ho promesso … – Sussurrò e mi sorrise. Sospirò e sollevò il viso verso gli alberi che popolavano quell'oscuro luogo ed i suoi occhi vibrarono di impazienza, le squame sul suo viso sembrarono luccicare di luce ignota e misteriosa. Il suo occhio di Drago guardò lontano e vide.
Un suono sordo tubò dal fondo della foresta e non credetti di sentirlo davvero, ma mi alzai veloce dall'erba. Suoni di tamburi sembravano provenire dagli alberi come se mani invisibili li suonassero con le bacchette del vento ed i miei occhi si spalancarono e rimasero fermi nell'attesa. Suoni oscuri da ovest giungevano e gli alberi frusciavano, sibilavano, scricchiolavano, rombavano, oscillavano. Suoni sordi e bassi, suoni di guerra, suoni di gioia, suoni di vittoria e la foresta vibrava, la foresta cantava e le chiome intorno a noi si mossero, si piegarono ed ondeggiarono mentre mille foglie cadevano e la terra tremava. Poi venne, un acuto suono, una voce che parlava dal buio, una voce che guidava nell'oscurità. E dagli alberi si sollevò un grosso uccello nero che vorticando si avvicinò a me ed al mio padrone.
Sorridendo Nowell si alzò e tese il braccio al cielo. Il grosso corvo vedendolo si avvicinò e ci si posò sopra lasciandosi accarezzare le piume dal Solitario e con gioia gracchiò acuto e dalla foresta una risposta echeggiò ed i rumori si fecero più forti, più duri, la terra vibrò con più forza e gli alberi si spostarono con più velocità e dal verde emerse la figura di Nearel che come un flauto usava la sua voce e cantava note bellissime e dietro di lui gli alberi si allontanarono e l'esercito si rivelò agli occhi di coloro che l'avrebbero condotto. Mille persone e mille Draghi finalmente schierati, un solo importante compito, un solo importante sentimento ad unirli tutti.
Afferrai il braccio di Nowell ed il corvo si alzò in volo andando a posarsi sulla spalla del suo padrone che, stanco, smise di cantare e guardandomi negli occhi si inchinò profondamente. – Sire, coloro che dovevano giungere dalla foresta sono giunti, ora è il Cielo che deve cantare. – Mi salutò. Sorrisi. Mi inchinai a mia volta.
– I nostri ringraziamenti e la nostra stima a Nearel che canta con voce possente e che conduce coloro che devono essere guidati nell'oscurità. – Mi avvicinai e gli posai una mano sulla spalla. – Molto ti sono grato e tutti loro sono qui per merito tuo e così sarà la vittoria se ci sarà, da oggi verrai chiamato Voce nel Buio e che tutti ricordino la tua forza e la tua abilità e che tutti ricordino come sono stati guidati da te nel difficile passaggio.
– Accetto con gioia le vostre parole sire. – Mormorò e ci guardammo negli occhi pieni di stima reciproca.
– Anche i Domatori devono esserti grati, Signore delle Foreste, ed il mio Drago con ragione ha parlato … come sempre fa, d'altronde. – Disse Nowell avvicinandosi a sua volta. – Grazie a te il giorno è giunto e domani sarà guerra. – Si rivolse poi a coloro che erano dietro di lui. – Riposate miei fratelli e domani voleremo insieme! E se dovesse essere l'ultima volta che almeno il Cielo ci consenta di portare con noi quanto più male riusciamo! Sarà gioia! Sarà gioia … ancora una volta.
 
Il sole premeva forte sui nostri visi. I lati della foresta erano gremiti di uomini insieme ai loro Draghi ed il silenzio li avvolgeva poco prima dell'attimo. Il respiro di noi al fianco di coloro che amavamo era regolare e sicuro.
Avevo abbracciato Jethro la sera prima e lui mi aveva dato un bacio sulla fronte. Potevo sentirne ancora il calore e bruciava come fosse fuoco, bruciava come fosse l'ultimo bacio che mio padre mi avrebbe dato.
Le nostre mani erano ferme e sicure, i nostri Domatori attendevano il momento di stare ancora in cielo e le mura del castello erano dure ed impenetrabili.
Wardell aveva salutato Ormond ed ora era al suo fianco, fratello vicino al fratello e Drago vicino al Drago, così avrebbero volato verso la guerra e così avrebbero ancora una volta lasciato vivere quel sogno che loro padre aveva fatto e che a loro aveva insegnato.
Ancora l'ansia premeva sui nostri animi e pieni di sentimenti erano gli occhi di Jaxon che guardavano la luce del sole, accanto aveva il padre ed il fratello a lungo perduto, lui l'avrebbe portato, lui che per volare l'aveva perso per sempre. Ancora una volta uniti verso la causa della loro separazione, verso l'odio che divide i liberi dai domati, verso tutto ciò che non doveva essere accettato ancora una volta.
Negli occhi di Nearel vi erano le ombre di chi aveva amato ed ancora amava.
Nel cuore del mio Domatore vi era gioia ed impazienza insieme. Accanto a lui stava ferma una donna Drago e posava la mano sulla guancia di lui e le sue dita perfettamente calzavano quelle sottili cicatrici che erano incise su di essa. Gli occhi di lei erano gialli come il sole ed i capelli di fuoco le avvolgevano le spalle. Al suo fianco ella avrebbe combattuto un'ultima volta per poter amare un bambino che nessuno avrebbe amato, per poterlo lasciar amare chi desiderava, per liberarlo dai suoi demoni, per ricordare ancora una volta, come fosse avvenuto pochi attimi prima, il momento in cui l'aveva preso tra le sue braccia e l'odio che aveva provato per ciò che dentro di lei cresceva si volse in amore così come non avrebbe mai creduto. Lui portava i sui occhi ed i suoi capelli ed infine non poteva essere del Re Orrendo più di quanto non fosse suo. Nowell, il bambino che doveva essere odiato ma che lei aveva cullato con amore. Il bambino destinato a sconfiggere ogni odio.
Presi un profondo respiro. Volsi gli occhi al Cielo e vidi ancora l'azzurro delle mie montagne, il verde alto di Principe e l'amore che da esso era disceso e risalito. Al fianco di coloro che amavamo avremmo volato ancora.
– Mio Drago, trasformati e portami in Cielo di nuovo. – Mormorò Nowell ed insieme a lui mille sussurri si levarono tra i Domatori che chiedevano a coloro che amavano un'ultima prova. Ed i Draghi divennero Draghi ed il cielo si fece più vicino poiché grandi ali avevamo e lì i nostri padroni dovevano andare.
– Alzati in volo, Nivek, per me, ancora una volta.
Tra le mie ali l'aria ed il vento. Tra le mie ali ciò che Nowell aveva permesso ci fosse. E la guerra non fu mai più vicina. E la guerra non fu mai più reale.
Coloro che amano contro coloro che odiano … ancora una volta.

Finalmente lo scontro finale è cominciato! Il prossimo capitolo rivelerà finalmente le sorti della battaglia! 
Mi sembra davvero impossibile essere ormai arrivati alla fine di questa avventura! Spero davvero vi piaccia sempre di più!
Iwon Lyme

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Capitolo 33
*** La Voce del Re - Parte XV ***


Finalmente la battaglia tanto attesa è arrivata! Saranno in grado i nostri di sconfiggere il Re Orrendo? Avranno la meglio? Cosa resterà alla fine?
 
La Voce del Re - Parte XV

Il sogno del Drago (I)
 
Il primo obiettivo era riuscire ad indebolire le forze che erano dentro il castello e soprattutto far scoprire al Re Orrendo ogni sua carta. Dovevamo subire quanti più attacchi tanto da costringerlo ad uscire allo scoperto. Infatti sicuramente egli non si sarebbe mostrato per una qualunque battaglia e così non avrebbero fatto i Draghi del Buco di Eran a meno che il nemico non sarebbe stato tanto temibile da meritarlo. Noi dovevamo meritarci la sua considerazione ed anche il suo timore. A questo miravamo. Una volta uscito allo scoperto avremmo infine chiamato a noi i Draghi Liberi e con loro avremmo combattuto il tutto per tutto.
La prima ora della battaglia si prospettò dura e da ambo gli schieramenti, alte furono le perdite poiché la forza ed il valore permeavano da entrambe le parti. Tuttavia noi spingevamo con più forza e fu più facile farli indietreggiare. Io e Nowell venivamo presi di mira, ma senza molto successo. Nessuno poteva molto contro me ed il mio padrone. Inoltre loro si sarebbero stancati in fretta poiché avevo volto il vento in nostro favore e le loro ali si piegavano in senso contrario ed alto era lo sforzo per stare fermi così che molti Draghi restavano a terra e divenivano facile preda di Nearel, Ormond o chiunque camminasse basso.
Ishmael volava alto e maestoso e cantava note d'acqua o di terra a seconda di chi si trovasse davanti. Le mura vibravano sotto la sua voce e dopo mezzora vi creò una grande crepa che allarmò i nemici. Dietro di lui poi vi era Jethro che, seduto sulla groppa del fratello, cantava con voce immensa e non vi era nessuno che ascoltandolo non si chiudesse le orecchie per paura di prendere fuoco. Per i nemici era orrendo e temibile, per gli amici un dolce balsamo che riportava fiducia e gioia.
Così con impeto premevamo sulle difese di colui che dovevamo sconfiggere e, dopo aver fatto crollare i primi, lui mandò il grosso dell'esercito tenendone, così pensavamo a giudicare da ciò che potevamo vedere dall'alto, una parte per propria scorta personale. Ed allora la battaglia entrò nel vivo e per un momento fummo ancora in vantaggio per poi invece entrare in stallo. I nostri numeri erano inferiori ai loro, tuttavia molti dei nostri Draghi erano forti e maestosi e quindi riuscivamo a fronteggiarli con decisione. Inoltre molti dei loro erano senza Domatore e questo comportava una difficoltà di comunicazione che annullava quasi il loro numero.
In ogni caso non sembravamo né emergere né venire sopraffatti e ciò parve a Nowell allarmante visto che ancora non erano arrivati i nostri nemici più temibili. Fu così che mi chiese un grande sforzo ed io allora cominciai a cantare con la voce che il Cielo mi aveva donato e molti dei Draghi nemici, restandone stupiti, si distrassero dalla battaglia consentendoci di spingere con più forza verso le mura. Ed il mio vento non solo sferzava contro i crudeli, ma cominciò a battere sulla pietra ed una cinta di mura crollò in parte come fosse neve accumulata su un davanzale. Spazzai via le pietre e la mia voce divenne sempre più possente tanto da coinvolgere case e campi. La terra si sollevava e Nearel insieme agli altri Draghi di quell'elemento la scagliavano contro i Draghi che si paravano loro difronte ed il vantaggio fu riguadagnato.
Fu così che mi affiancai a Jaxon e Wren si sporse verso di noi. – Nowell! – Lo chiamò e lui sollevò lo sguardo su di lei. – Il Cielo è con noi, figliolo! – Urlò e lui alzò il braccio con il pugno chiuso.
– Il Cielo è con noi! – Rispose e poi, accarezzandomi le squame mi chiese di sollevarmi più in alto ed io lo feci. Accanto a noi si schierarono altri Draghi d'Aria e con loro proseguimmo dritti fino alla cinta di mura e lì, dove Ishmael combatteva, una grossa onda di vento scagliammo e le mura gemettero e caddero.
– Amico mio! – Urlò Wardell ridendo. – Oggi il Cielo ci ama! Oggi il buio se ne va! – Nowell sorrise e lo sentii felice.
– Come dici tu, amico mio! – Gli rispose ed io ed Ishmael ci scambiammo uno sguardo mentre insieme al mio padrone proseguivo dritto all'interno del castello e lì trovammo altri Draghi, certamente più temibili di quelli che ci erano stati scagliati contro fino a quel momento. Draghi con più voci, Draghi provenienti da antiche famiglie e non riuscii a non pensare che tra coloro che combattevamo ed uccidevamo ve ne erano alcuni che avevano famiglia, amici, conoscenti tra le file dei Liberi.
Avevamo deciso di colpire i Domatori e non i Draghi, tuttavia non sempre era possibile e molti di coloro che erano stati costretti morirono. Altri, una volta liberati dal giogo, si volsero contro coloro che li avevano intrappolati. E mai si vide tanta confusione e perfezione insieme: su uno stesso campo combattevano Domatori e Draghi Domati, Domatori e Draghi Consacrati, Draghi Liberi e Draghi appena liberati. Dietro le ali del Cielo ed il Mezzo Drago si schierarono molte genti e tra loro vi era amicizia e coraggio. Mai nessuno avrebbe pensato a tanto, nemmeno chi, come Wardell, Wren e Yorick, aveva creduto per lungo tempo ad una libertà possibile per entrambe le genti unite.
Anche coloro che sembravano più temibili dei primi tentarono di venirci contro senza ottenere più effetto degli altri. Dietro di noi si erano accodati anche Nearel e Jaxon con il padre e non vi era molto che potessero fare contro quei Draghi che così grandi e maestosi erano. Le grandi ali verdi del Signore delle Foreste battevano e facevano germogliare l'erba in alberi, la terra vibrava ed il vento era troppo sfavorevole perché si sollevassero, così infine sembrò che il vantaggio venisse colmato di nuovo e che ci dividemmo in abilità e forza da loro per un bel tratto. Ancora riuscimmo ad opprimerli, ma poi, così come credevamo, venne il buio.
Dal grande bastione avanti a noi cominciò ad uscire un nero fumo che intossicò i dintorni e fermò la nostra avanzata. Nowell resse con più forza le mie squame e si avvicinò tanto che sentii i suoni persistenti dei nostri cuori e paura mi prese come avvenne a lui. Poi dall'alto di una delle torri tre Draghi si sollevarono in volo ed erano neri ed il vento non li fermava e, spargendo buio dalle fauci, discesero sulla terra, ci superarono senza scontrarsi con noi e li vedemmo dirigersi verso le mura dove ancora Ishmael ed altri combattevano. Allora il Solitario si volse verso gli altri. – Tornate indietro, aiutate gli altri … – Ma non fece in tempo a finire che altri sette seguirono i primi ed allora coloro che erano con noi si affrettarono e tornarono dai nostri compagni lasciando me solo con Nowell.
– Il momento è giunto, mio Drago, chiama a raccolta i tuoi sudditi, che vengano e mostrino a mio padre di cosa sono capaci i Draghi. – Ed allora minaccioso mi sollevai in quota e da lì vidi altri cinque Draghi rimasti nel castello e tra loro vi era un Domatore. Sapevo che egli ci guardava, ma paura era scomparsa. Presi un profondo respiro e le mie ali sbatterono producendo un grande suono e poi ruggii con forza.
Gli attimi di attesa furono interminabili, ma poi ecco da sud giungere Draghi color del fuoco e grande era il loro numero così come il loro impeto. Secondi furono i Draghi delle Montagne che da ovest volarono con forza e si avventarono sulle mura in aiuto di coloro che lì erano. E poi la terra batté e da essa emersero i Draghi di quell'elemento che spazzando via alberi e campi si fecero strada tra coloro che erano rimasti a terra. La fiducia crebbe allora in noi ed in coloro che ci seguivano ed un grande urlo si levò tra i nostri e la vera guerra ebbe inizio. Ci sentimmo al sicuro e forti.
Ma da est la terra tremò nuovamente ed una voragine si aprì. Io e Nowell la riuscimmo a vederla con precisione visto che eravamo alti nel cielo e da lì fuoriuscì una tenebra densa e nera che invase tutta la cittadella ed i campi intorno fermandosi a terra e non riuscendo ad elevarsi fino al cielo per via della mia presenza. Poi da quel luogo giunsero i Draghi del Buco di Eran ed erano decine e decine e le loro fauci erano di ferro così come le loro squame e grandi artigli avevano alle mani e spuntoni e spade e si avventarono sui Draghi Liberi che giungevano. Così fummo sorpresi dal Re Orrendo.
Tuttavia non vi fu tempo per lo stupore poiché contro di noi volavano tre Draghi Neri ed io ed il mio padrone ci preparammo a fronteggiarli. Vestiti di ferro com'erano certo non mi facevano dimenticare l'avvertimento di Yorick che intimava di stare attenti soprattutto alle loro armi da Domatore, tuttavia il loro potere, che fortunatamente contro di me non era così forte, ci impediva di vederli chiaramente. Con forza ruggì la voce del nostro nemico ordinando loro di ucciderci e così venne il momento di comprendere se fossi o meno all'altezza delle mie molte promesse.
Il primo mi si avventò addosso aggrappandosi con forza al mio braccio sinistro e tirandomi in basso mentre il secondo si avvicinava pronto ad infilzarmi un'ala, ma girandomi e respingendolo con il vento ecco che riuscii a liberarmi anche del primo mentre il terzo non poté avvicinarsi a sufficienza. – Nivek … resta concentrato. – Mormorò Nowell sulla mia schiena. – Non farti prendere dalla paura ed usa tutto ciò che hai, non è più il momento della segretezza. – Detto questo allora ripresi fiducia e mi misi pronto a riceverli mentre dal mio braccio scendevano righi di sangue.
Il primo ancora mi venne contro, ma con un ruggito un forte vento si scagliò contro di lui e lo colpii ad un'ala spezzandogliela. Il secondo si avvicinò abbastanza da colpirmi, ma fui più veloce e con una zampata lo respinsi mentre con un urlo un fulmine cadeva sul terzo e si scaricò poi a terra con un grande rombo.
Lasciai andare il Drago che tenevo tra gli artigli e lui volando malamente tornò a terra verso il suo padrone. Non lasciai alcun tempo e con forza mi spinsi in picchiata ed afferrando la pietra della torre mi fermai su di essa e da lì osservai i Draghi sotto di noi e con loro il Re Orrendo, colui che li aveva mandati. La sfida fu chiara e lui si sollevò sul Drago Nero più grosso di tutti. – Nowell! – Urlò ed il mio padrone sussultò sentendo la voce del padre chiamarlo. Si mostrò lui stringendo le mani e con la rabbia che gli vibrava nel cuore. – Figliolo … – Disse con riso di scherno. – … già una volta qualcuno è venuto qui con le stesse pretese che tu porti nel cuore e con un Drago molto simile al tuo, mi chiedo quali idee mio fratello ti ha messo in testa e perché così crudelmente ti schieri contro tuo padre. – Sorrise e vidi disgustosamente il suo ghigno. – Io ti risparmiai, ricordi? Fui misericordioso con te … sebbene tu mi tradisti.
– Abbassati, Nivek, voglio vederlo in viso. – Mormorò il mio padrone ed allora io discesi dalla torre e mi fermai nella corte del castello dove lui ed i suoi Draghi erano fermi. Quello ferito si leccava il taglio mentre gli altri due si ergevano fieri e pronti ad uccidermi. – Spero che tu non abbia fatto del male a mio zio, vero, padre? – Chiese il Solitario e l'altro rise.
Male?! Che crudele parola! L'ho accolto come si usa tra fratelli! – Rispose ma nei suoi occhi vidi la crudeltà e temetti per Yorick lo Sfregiato.
– Se tratti i fratelli come i figli ho poca fiducia che egli sia ancora vivo.
– Tu sei ancora vivo, Nowell. – Gli fece notare.
– Sicuramente, padre, ma non per merito vostro … – Si portò una mano al viso. – … di mia madre, forse. – Sorrise. – Per quanto voi disprezziate i Draghi e li credete inferiori, con una di loro vi siete unito e mi avete generato. Il mio occhio lo testimonia padre. – Lui allora montò su tutte le furie ed il suo Drago sbuffò nebbia nera.
– Che stupido sono stato a credere che in te potesse esserci qualcosa di interessante. Pensavo non saresti mai stato buono a nulla, invece guardati: hai un Drago al tuo servizio, Domatori a te fedeli e Draghi Liberi che seguono il tuo volere …
– Non il mio. – Lo interruppe il mio padrone.
– Come? – Domandò non avendo compreso.
– Seguono il volere del loro Re. – Precisò il Solitario ed allora gli occhi del Re Orrendo calarono fino ai miei ed io li fronteggiai con rabbia.
– Il Re dei Draghi è morto molto tempo fa, i nostri antenati lo hanno ucciso. – Disse severo e con una nota di disgusto nell'angolo della bocca.
– Egli era destinato a rinascere ed è nato. I suoi occhi color del mare ed i suoi poteri dovrebbero esserti abbastanza come prova, non è così? Io sono il padrone del Re dei Draghi ed egli è il mio compagno, era destinato a me. – Il Re rise.
– Che sciocchezza. – Disse. – Egli non può nulla contro i miei Draghi, ma non nego che quando avrò preso la tua vita, figliolo, questo Drago non mi interessi tanto da tenermelo. – Ed allora mi elevai sulle zampe e con impeto ruggii e l'aria intorno a noi tremò crudele. – Il suo temperamento certo non sarà difficile da domare una volta che sarai morto.
– Non l'avrai mai. – Mormorò allora Nowell.
– Come dici?! – Saltò su il Re odiando essere contraddetto ancora.
– Egli è mio. Il suo cuore è nel mio petto e batte con il mio. Non può essere di nessun altro se non mio. – Il nemico allora scoppiò in una forte risata ed il mio sangue gelò mentre la rabbia mi ribolliva nel cuore.
– Come, Yorick non te l'ha detto? – Disse mentre ancora rideva. – Non ti ha detto che questo non mi ha mai fermato dal possedere un Drago? – Ed io furioso agitai la coda, mi sollevai sulle zampe posteriori ed urlai mentre fulmini cadevano dal cielo. Quella era la risata che mia madre aveva sentito. Quella la minaccia che mio padre aveva patito.
La mano di Nowell che ferma stava sulla mia pelle mi riportarono alla calma e con ancora i denti scoperti mi abbassai. Il Re Orrendo era pietrificato ed il riso finalmente l'aveva abbandonato. – Padre, sappiamo bene che questo non ti frena, ed il mio Drago lo sa meglio di altri. D'altronde dovresti riconoscere il temperamento di tuo fratello in lui, non è vero?
– Come dici?
– Come, non riesci a vederlo? Egli è tuo nipote, figlio di Yorick tuo fratello e del suo Drago, Naisse la Bella, che alla fine, per quanto tu l'abbia desiderato, non hai mai posseduto. – Ed un urlo di rabbia si levò dall'uomo che veniva ridicolizzato come un qualunque Domatore che poi ci scagliò contro il Drago ferito che con una zampa atterrai e piegai sotto di me. – Non l'hai mai avuta! Mai l'hai sottomessa a te! Ella amava Yorick e mai ha smesso ed ha dato alla luce il figlio che con lui ha concepito! Lui è il Re dei Draghi colui del quale tuo figlio ha il cuore! E siamo qui per ucciderti.
– Vediamo fin dove si spinge la vostra stoltezza! Vediamo! Sono certo che non resterò deluso dal finale! – E così io e Nowell ci alzammo in volo lasciando a terra il corpo del Drago che mi aveva attaccato. Contro di noi avremmo avuto il Re Orrendo ed i due capi dei Draghi Neri.
Le mie ali sferzavano con forza l'aria e davanti a noi si alzarono in volo anche i due Draghi insieme al Re Orrendo. Nowell allora si chinò e strinse la mano sulle mie squame. – Mio adorato Drago, la nostra prova è giunta, ho fede in te e so che non moriremo. – Sentii i suoi capelli oscillare sulla mia schiena e sorrisi felice nel mio cuore. – Non piegare il tuo cuore alla crudeltà o alla rabbia: ricorda che siamo qui per amore e questo devi usare contro di lui. – Chiusi gli occhi ed assaporai il placido vento che mi solleticava le ali e mi vibrava in fondo al cuore. Assaporai il profumo del Cielo, il silenzio e la felicità che mi avvolgevano lì in cima. Caldo sentii il battere dei nostri cuori e divenni saldo, calmo nel principio che davanti a me si poneva. Ero nato per quel momento. Ero nato per schierarmi contro l'odio.
Andiamo, mio compagno. – Mormorai e le mie ali si spalancarono ampie fermandomi in mezzo al cielo e, per quanto i due Draghi fossero grandi, io ero di gran lunga più grande di loro e le mie ali due volte più grandi. Ero pronto. Un Re avrebbero dovuto uccidere, esattamente come noi, ed io non volevo perdere. Io avevo molte cose da proteggere, molto amore che doveva ancora essere vissuto.
Il viso di Jethro, Ishmael, Wren, Wardell, Ormond … Yorick … ed altri … altro amore …
Molto amore doveva ancora essere vissuto e l'avrei protetto con tutte le mie forze.
– La tua stupidità, Mezzo Drago, ti costerà più cara di quel che credi. – Disse cupa la voce del Re Orrendo. – Le mie mani uccideranno il tuo Drago e lascerò che tu veda come muore. – Serrò le dita sulla sella del suo Drago e si preparò per venirci contro. – Uccideteli. – Ordinò ed il secondo Drago aprì le fauci malvagie e da esse uscì un fumo tossico ed accecante. Ma a me non serviva la vista e così al mio padrone e, chiudendo gli occhi, lasciammo che il fumo ci invadesse.
– Guidami, fratello. – Disse Nowell ed io sapevo di doverlo guidare verso la vita ancora una volta.
Attorno a me l'aria veniva percorsa da coloro che avrebbero tentato di attaccarmi a momenti, ma non sapevano fino a che punto il mio potere poteva spingersi, non sapevano che io non ero come loro, io ero il Re dei Draghi e tale era la mia natura. Piano lasciai che la mia voce rombasse dal fondo del mio animo ed il cielo cominciò a diventare denso di nubi. Il vento solleticava con più violenza le mie squame ed i capelli di Nowell venivano trascinati dall'aria che cominciava ad avvolgerci. Poi il primo Drago ci piombò addosso ed era quello senza Re, ci si avventò sulla schiena e tentò di disarcionare il mio Domatore. Allora mi voltai verso di lui ed una forte raffica di vento lo respinse poco prima che un fulmine cadesse seguito da altri e l'ombra era intervallata da lampi di luce attraverso i quali vidi che, davanti a noi, sostava l'Orrendo.
I fulmini percorrevano il cielo con crudeltà e la scossa si diffondeva per le nubi. Il ruggito del Drago di Eran mi si scatenò contro ed allora, per la prima volta, udì la sua voce. – Tu, re che porti la luce nel buio! Morirai! La notte è più densa del giorno! La notte racchiude il sole! – E mi si scatenò contro. Allora io pronto lo afferrai ed infilzai i miei artigli in profondità e non vi era ferro che potesse proteggerlo, né carne, né squame. Il suo sangue mi colò sul braccio e lui non restò fermo, affondò le sue unghie nella mia carne, ma, essendo armate, andarono molto più a fondo. Cominciammo così a volteggiare in aria mentre il Re Orrendo tentava di colpire Nowell con lance che aveva attaccate alla schiena del suo Drago. Le mie ali erano più forti delle sue e senza fatica, avendolo così attaccato a me, riuscii a portarlo dove volevo. Si trovò dunque a testa in giù ed allora cominciò ad allungare il collo per provare a mordermi e, con una lama che gli spuntava dal mento, mi ferì il petto facendomi quasi mollare la presa. Però non ci riuscì.
Fermo lo portai in alto mentre ancora i fulmini illuminavano le nubi ed esse si addensavano con forza. L'avrei facilmente colpito se il secondo Drago non si fosse scagliato addosso a me con crudeltà graffiandomi un'ala ed allora persi quota e, per il dolore, lasciai andare il Drago Nero che, liberatosi dalla mia carne come io dalla sua, si allontanò e scomparvero nel buio allontanandosi e lasciandomi ferito.
– Nivek! – Urlò Nowell e guardò con timore il sangue che mi cadeva dall'ala.
Sto bene … – Ringhiai ed un caldo tepore mi si diffuse dalle labbra.
– Non avere paura per me, combatti con tutta la forza che hai, io so che ce la farai. – Si mise saldo sulla mia schiena ed allora, serrando le dita, mi preparai ancora all'attacco dei nemici.
Il fiato sembrava bollente sulle mie labbra e mi sentivo intontito dal dolore. Non avevo mai combattuto prima di allora e mi parve di non riuscire a vincere. Mi parve di venire sconfitto senza esserlo ed il timore che avvenisse mi prese il cuore mentre nell'oscurità non vedevo più i miei nemici. La mia luce era forse davvero troppo debole per tutto quel buio. I miei fulmini non sarebbero bastati.
Il fiato caldo mi invadeva la bocca ed allora la serrai avendo un'improvvisa illuminazione. Ero pronto a fronteggiarli ancora. Ora sapevo come sconfiggerli.
I fulmini smisero di cadere, il buio era denso e non vedevo nulla, solo l'aria si muoveva accanto a me. Forse era una pazzia. Forse sbagliavo a credere ciò che credevo, eppure, se così non fosse stato allora il vantaggio sarebbe diventato immenso. Se avevo ragione la vittoria sarebbe stata mia. Uno sbattere di ali proveniva dalla mia destra e sapevo che lì vi era il primo dei due. Il secondo invece era alle mie spalle. Colui che era senza Domatore era come un cieco. Come me. Ma io avevo l'aria e la leggevo come loro non potevano fare.
Una folata di vento. Uno scatto. Qualcosa si faceva strada. Eccolo. Veloce mi voltai ed afferrai il Drago solo per il collo. Ringhiai forte ed una luce immensa si sprigionò dalle mie labbra ed uscì. Lo colpii. E poi cadde. Allora mi voltai dietro di me pronto a prendere il secondo dei due. Ed egli venne.
Gli sferrai un forte colpo con la coda alla testa e poi, con un forte battito d'ali, mi alzai in volo, sempre più in alto e superai l'ombra. Egli doveva uscirne per colpirmi ed allora avrebbe incontrato i miei fulmini. Nowell si reggeva con forza, tuttavia egli non giungeva. Poi sollevai lo sguardo verso le mura ed i miei occhi ne vennero accecati. Ombra ovunque in quel luogo e grida si alzavano. Fuoco. E Draghi venivano uccisi. Draghi Liberi. Il mio cuore venne meno. Stavamo perdendo. I Draghi del Buco di Eran avevano la meglio. Avremmo perso.
Artigli mi penetrarono nel costato e mi tirarono a terra. Cadevo e non riuscivo a battere le ali per via della ferita. Jethro era vivo? Wardell? Ishmael? Yorick? La disperazione mi colse ed atterrai strisciando nella terra per molti metri. – Nivek! Nivek! – Urlava Nowell ed allora mi sollevai. Non potevo fermarmi. Tutti loro erano pronti a morire. Dovevo combattere.
Non appena cercai di volgermi ancora al cielo da ambo i lati si avvicinarono due Draghi Neri che, cogliendomi di sorpresa, mi si avventarono addosso e mi schiacciarono a terra. Ruggii. Mi dimenai. Tentai con l'aria ed i fulmini, ma loro non mi lasciarono andare. Una grossa catena mi venne lanciata sul collo e poi fu inchiodata a terra strozzandomi. Le unghie di uno poi si infilarono tra le mie ali ed io mi dimenai. Temevo le spezzasse, le rompesse e non potevo permetterlo. Divenni crudele, tentai di liberarmi, ma la catena mi costringeva a terra ed il collo era stretto in una morsa crudele.
Il Re Orrendo poi si abbassò dal cielo e planò fino a posarsi davanti a noi. Scese dal suo Drago il quale prese forma umana rivelandosi un uomo alto e maligno dagli occhi neri e dai capelli scuri. – Portami mio figlio, Dornel. – Gli ordinò ed allora quello si arrampicò su di me che intanto mi agitavo ed afferrò Nowell dalla mia schiena e lo portò davanti al padre. – Lasciate stare le ali del Drago, capisco che vi interessino, ma non è il momento di spezzargliele. – Intimò agli altri due che, rispettosi, si allontanarono.
Il Re si avvicinò al Solitario e si guardarono negli occhi. Nowell aveva al fianco una spada e così il padre e temevo si dessero battaglia, poiché sapevo che lui non avrebbe giocato pulito con ben tre Draghi dei suoi alle spalle, ma questo non era ciò che pensava il Re. – Ordina al tuo Drago di diventare umano. – Intimò a Nowell. – Ordinaglielo o farò in modo che Dornel gli strappi un'ala.
– Non posso. – Rispose secco il mio padrone.
– Sei testardo figliolo … – Disse mentre rideva pensando che per poco lui si sarebbe opposto ancora.
– Non posso. – Ribadì. – Io non ho alcun potere su di lui quando è in questa forma poiché il cuore mi fu donato, io non glielo rubai. – Spiegò. – Ricordi padre quella volta che mandasti i tuoi ad attaccarmi? Ricordi che mi ferirono? Lui mi salvò. È merito suo se sono vivo. Mi donò il suo cuore ed io vissi. Solo un Lungo Sguardo può farlo. – L'Orrendo rise.
– Allora farò in modo che lo desideri. – Fece cenno ad uno dei due Draghi che con violenza piombò su Nowell e lo schiacciò a terra. Dalle sue zampe restavano fuori solo la testa e le braccia e lui urlava dal dolore. – Drago, non ho intenzione di ucciderlo, questo tu lo comprendi, non è così? – Disse rivolgendosi a me. – Tuttavia non ce l'ho bisogno intero. – Estrasse la spada e si avvicinò al mio padrone. – Gli taglierò prima le dita … una ad una … e poi la mano, l'avambraccio, il braccio … l'altro braccio … così fino a quando non ti trasformerai in uomo. Sei pronto a vedere soffrire così colui che tanto ami? – Ed il suo ghigno era spaventoso.
– Siamo pronti a morire! Un braccio o una gamba non servono da morti! – Urlò Nowell.
– Così la pensi, figliolo … ma il tuo Drago? – Ed io così non la pensavo. Non avrei potuto vedere il mio padrone soffrire e nella scelta tra me e lui, avrei scelto lui. Lui poteva vivere anche senza di me, sapevo che era abbastanza forte. Sapevo che ce l'avrebbe fatta.
Con il cuore che mi vibrava nel petto, lacrime che mi riempivano lo sguardo, lentamente ripresi forma umana. Le mie mani, il mio piccolo corpo che era ferito gravemente. La catena si allentò e fui libero. Per poco. Dornel mi si avventò addosso e mi fece inginocchiare mentre alla gola mi puntava un coltello. Allora anche gli altri due Draghi presero forma umana e sollevarono Nowell prostrandolo davanti al Re Orrendo che, noncurante, si avvicinò a me.
– Quale scherzo del destino … – Mormorò mentre mi guardava con desiderio. – Occhi verdi come il mare, capelli biondi color del sole e tanta regalità, tanta bellezza e nobiltà. – Sghignazzò. – Scommetto che la tua voce è bella come sei tu. – Per lui ero solo una bestia rara, un animale da trofeo. Così come lo era stata mia madre.
– Non è lui quello a cui devi prestare attenzione. – Lo ammonì Nowell.
– Figliolo, ma se è lui il Re qui … – Mi afferrò il viso con violenza ed io non mi scomposi. – La persistenza dev'essere una dote di tua madre. – Si chinò vicino al mio viso. – Quanto si amavano Yorick e Naisse, tutti lo dicevano, tutti li ammiravano, ma lei alla fine si è piegata … alla fine non le è importato molto di tutto quell'amore … e nemmeno a te importerà. Implorerai di diventare mio quando avrò finito.
– Io non sarò mai tuo. – Ringhiai.
– La tua sicurezza diminuirà quando sentirai Nowell urlare e proverai sul tuo corpo lo stesso dolore.
Allora mi lasciò e Dornel mi tenne fermo. Si avvicinò ancora al figlio che, mentre veniva tenuto fermo dai due Draghi lo guardava con rabbia. – Vedi a cosa ha portato la tua ostinazione, figliolo? Ora sei qui, supplice davanti a me. Ho molte domande che mi frullano per la testa ora. Ad esempio … cosa succede se si estrae il cuore di un Drago dal petto del Domatore e lo si mette nel proprio? Esso continua a vivere? È come domarlo? Sarà interessante provarlo, non credi? – La sua risata echeggiò.
– Hai perso. Hai visto l'ombra, no? L'hai vista, vero? I tuoi sono finiti. Nessuno può salvarvi e quando il mio esercito tra due giorni sarà di ritorno non ci sarà più alcuno scampo. Avete perso. Siete venuti qui a morire. – Una brezza si sollevò e mi percorse il viso.
– Ti sbagli padre, se anche noi oggi falliremo, altri verranno, altri il Cielo invierà, altri riusciranno dove oggi ho fallito! Altri! L'odio non viene permesso! Non vince mai! – Rispose con furia il Solitario. Il Re lo afferrò per la gola. I miei occhi si volsero al cielo mentre uno strano senso mi pervadeva.
– Cosa ho fatto per avere un figlio come te? Cosa ho fatto?! Un tale depravato?! – E gli sferrò un colpo al viso piegandolo dal dolore ed avvertii il pulsare sulla mia guancia, ma ancora non ero perduto.
Poi una brezza si levò e la mia mente vagò verso le nuvole. Il Re Orrendo gridava, ma io non sentivo quasi le sue parole. Il coltello di Dornel premeva sulla mia gola, ma quasi non tagliava più. Improvvisamente il mio cuore divenne leggero ed i miei occhi si sollevarono calmi al cielo ed in quel momento ricordai le parole di una voce che parlava nel buio e che conduceva il vero ed il possibile al proprio compimento.
Un forte ruggito, improvviso, fragoroso, mi riportò al reale, squarciò il Cielo ed io allora, guardando verso est vidi qualcosa di inaspettato. Nearel aveva avuto ragione e la fiducia nella sue parole si era dimostrata ben riposta. Eccoli, gli unici assenti all'appello. La Regina del Mare veniva in soccorso del Re del Cielo.
– Ancora una volta ti sbagli. – Dissi fermo ormai consapevole che avremmo vinto. Il Re si volse verso di me. – Mia madre non si è mai arresa a te. Mia madre non ha mai smesso di amare Yorick. Non sei riuscito a distruggere il loro amore come non riuscirai a distruggere i Draghi Liberi o i Domatori poiché loro sono liberi di provare amore. Da ovest giunge l'acqua ed il mare oggi è in tempesta se coloro che nuotano volano in Cielo.
– Dai aria alla bocca, Drago, moriranno come tutti prima di loro. – Il coltello di Dornel premette di più sulla mia gola ed io presi un profondo respiro.
– Hanno sentito la mia voce e sono giunti … ed ora giungerà il Cielo. – Dall'alto cadde una goccia che colpii il viso del Re e poi altre mille cominciarono a cadere ed il Cielo cominciò a piovere di tormenta. Fulmini saettavano ed il vento spingeva l'acqua sull'ombra facendola posare a terra e distruggendola. Forte premeva l'acqua e così la cittadella cominciò a venirne inondata ed i nostri piedi divennero grondanti ed i nostri vestiti fradici.
– Che tortura! – Urlò l'Orrendo ed afferrò Nowell per i capelli con stizza e lo tirò verso di sé. – Lo uccido e basta! – Lui doveva avere fiducia in me ancora una volta. I nostri occhi si incontrarono e ferma fu l'intesa. Il tutto per tutto doveva essere giocato un'ultima volta.
Pronto afferrò il braccio del padre ed io quello di Dornel mentre un fulmine cadeva e colpiva gli altri due Draghi. Bloccai il Nero e lo costrinsi a terra mentre il secondo Drago veniva ucciso da Nowell con la spada sottratta al padre e così restammo in quattro. – Dornel diventa Drago! – Urlò il Re e lui crebbe sotto ordine del padrone, restando però incastrato con il piede nella catena che avevano messo al mio collo, allora io andai ad aiutare il Solitario mentre quello si dimenava e ringhiava. Il Re Orrendo colpii Nowell al fianco con un pugnale che aveva tenuto nascosto nella giacca e, liberandosi, fece per fuggire, ma io lo fermai e lo costrinsi a terra. – Come osi!
Lo bloccavo ma Dornel non ci avrebbe messo molto a liberarsi. – Nowell! Fallo! Uccidilo!
– Spostati! – Urlò mentre l'altro ormai era senza catena.
– Fallo! – E lui mi ascoltò. Freddo sentii il ferro della spada passarmi da parte a parte mentre tenevo fermo il Re Orrendo ed infine la punta entrò nel suo cuore colpendolo mortalmente. Urlai e Nowell sentii il mio stesso dolore, ma ormai Dornel era libero ed il Re non aveva ancora spirato. Stava per colpirci entrambi e lo avremmo accettato. Morire sapendo di portare con noi l'odio sarebbe stata una grande ricompensa, ma poi, con le ultime forze che mi restavano, mi volsi verso il Solitario e lui allora, insieme a me ringhiò con voce di Drago ed essa riecheggiò per l'intero campo di battaglia mentre dal Cielo un fulmine cadeva violento uccidendo il nostro ultimo nemico.
E poi il Re, mentre Nowell si avvicinava a me sorridendo, morì e l'odio se ne andò.

La vittoria è finalmente nelle mani dei Ribelli. Ma a quale prezzo? Chi è sopravvissuto? Chi ha lasciato il mondo? 
Cosa succederà? Nowell salirà al trono al posto di suo padre?
Siete pronti per la conclusione? 
Iwon Lyme

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Capitolo 34
*** La Voce del Re - Parte XVI ***


Eccoci giunti all'ultimo capitolo! Cosa succederà dopo la battaglia? Chi prenderà il posto del Re Orrendo?
Chi è perito e chi invece ha passato incolume la battaglia?

 
La Voce del Re - Parte XVI
 
Il Sogno del Drago (II)
 
Il mio padrone si sollevò e con decisione estrasse la spada prima dal corpo del padre e poi dal mio che perse immediatamente molto sangue. Mi voltai sul fianco e tossicchiai. – Mio Drago … quale pazzia … – Mormorò non riuscendo però a non ridere di gioia.
– Usa qualcosa per stringere la ferita … starò bene. – Sussurrai e lui levò la cintura dai pantaloni e ponendo sopra il grosso taglio la giacca del Re la strinse con forza facendomi non poco male. – Vacci piano, maciste … – Obiettai e lui rise.
– Cosa vuoi che sia … ti ho appena trapassato con una spada. – Posò la fronte sulla mia spalla e sospirò. – Dobbiamo andare, portare con noi il cadavere del Re, solo così coloro che sono fedeli a lui smetteranno di combattere. – Disse.
– Sarà fatto. – Risposi, ma non sapevo come, ero molto debole e non sarei riuscito a trasformarmi in Drago.
Il Solitario si alzò ed andò a prendere sulle spalle il cadavere del padre. Io mi sollevai malamente e mi avvicinai pronto ad obiettare. – Forza, conducimi, Drago del Cielo. – Sorrisi capendo che era un peso del quale non voleva essere privato. Così, reggendomi il petto, cominciai a percorrere la strada verso le mura mentre ancora pioveva forte.
La soddisfazione pervadeva i nostri cuori e ci sentivamo bene, incredibilmente bene. Sorrisi al mio padrone e lui chinò il capo verso di me. – Grazie, mio amato compagno. – Disse ed io risi spezzando tutto il dolore e la paura che avevano albergato il mio cuore. Il Re Orrendo era morto.
– È morto. – Mormorai.
– È così. – Rispose e quasi nemmeno lui ci credeva. – Finalmente il mio debito è saldato e questo mondo può rinascere di nuovo.
– Finalmente i Domatori troveranno la giusta via da percorrere. – Mi fermai e non aggiunsi altro, davanti a noi cominciava a delinearsi una figura famigliare ed entrambi riuscimmo a vedere con chiarezza Jaxon insieme a Wren e Jethro mentre combattevano con due Draghi oscuri ormai sopraffatti. I nostri cuori allora gioirono immensamente vedendoli vivi ed in forze. – Jethro! – Urlai e lui si voltò rivelando una parte di viso completamente sporca di sangue. Mi affrettai quanto più potevo lasciando indietro Nowell.
– Nivek! Figlio mio! – Esclamò con la gola colma di pianto e mi abbracciò non appena fummo vicini. – Sei vivo … questo vuol dire che … – Il Solitario lasciò cadere il suo pesante carico ed i tre esultarono con i visi rivolti al Cielo. – Che tu sia lodato, ragazzo, in eterno, fino a quando il sole non smetterà di splendere.
– Jaxon. – Disse Nowell. – Occupati che tutti lo vedano, te ne prego, la battaglia volgerà al termine così. – Lui obbedì e, prendendo il corpo sulle spalle spiccò il volo.
– Noi dunque proseguiamo verso le mura? – Chiese Wren.
– In realtà volevo andare a vedere se una vecchia aquila può ancora spiccare qualche volo. – Intervenne Nowell con aria divertita.
– Yorick … – Mormorai. Ed insieme a loro ci affrettammo a tornare indietro verso il castello.
– Ma com'è che sei ferito al petto, Nivek? – Domandò Jethro.
– Diciamo che è stata una cosa necessaria. – Borbottò Nowell.
– Ah … – Continuò il Drago di Fuoco. – … non pensavo che te l'avrei mai detto, figliolo, ma grazie al Cielo tu non hai un cuore che batte lì. – E mentre ridevamo sulla cosa oltrepassammo tutte le case. Arrivati a metà strada l'acqua cominciò a smettere di cadere e capimmo che tutti sapevano che colui che aveva oscurato il Cielo per molto tempo era finalmente morto.
 
Arrivati nel castello seguimmo tutti le parole di Nowell e lui ci condusse, dopo aver sbagliato strada un paio di volte, in fondo alle segrete. Febbrilmente cominciammo a guardare nelle celle e chiamavamo mio padre. Molti rispondevano ma tra loro non vi era la sua voce. Poi, dal fondo del corridoio, venne un sibilo ed io corsi in quella direzione. Lo trovai più vivo di quanto mi aspettassi.
– Padre! – Esclamai e, con l'aiuto di Nowell, divelsi la cella ed entrai. – Padre!
– Chi urla così? – Borbottò mentre si tirava più nell'angolo.
– Abbiamo vinto, Yorick. Il Re Orrendo è morto. – E da coloro che erano rinchiusi arrivò un grande urlo di gioia ed allora gli occhi di mio padre si sollevarono su noi due.
– È morto?
– Sì, zio, è morto. – Confermò il Solitario.
– Che il Cielo sia lodato per avervi mandati. – Esclamò. E subito ci strinse mentre commosso piangeva.
– Ora è tutto finito. – Mormorai.
– Ti sbagli, mio adorato figlio, questo è solo il principio. – Mi diede un bacio sulla fronte e la avvicinò alla sua. Allora io lo aiutai ad alzarsi e vedendo le mie ferite si allarmò. – Hai subito più di quel che speravo, figliolo. – Disse.
– Anche tu, padre, deve averti torturato molto. – Lui sorrise poggiandosi su di me.
– Tutto è valso al bene. – Uscimmo dalla cella e lì trovammo Wren e Jethro. Mio padre sorrise all'amica ed insieme, mentre lacrime scendevano dagli occhi di entrambi, si strinsero.
– Finalmente ciò che abbiamo sognato si avvera, amico mio. – Disse lei.
– È così. Ora nessuno ci maledirà ancora. – Poi volse lo sguardo a Jethro e gli sorrise. – Naisse è stata vendicata ed ogni vostro debito saldato. Nulla potrei chiedere di più a degli amici che non l'amore per mio figlio e la loro dolcezza. – Il Drago chinò il capo. – Grazie di essere stato ciò che io non credo sarò mai per mio figlio. Naisse l'avrebbe desiderato. – E sorrisi pensando a come sarebbe andata la mia vita se mia madre non fosse morta. Forse Jethro sarebbe comunque stato il mio padre Drago che mi avrebbe insegnato a parlare e cantare come uno della mia specie. Forse non era andata così diversamente da come avrebbe potuto.
– Yorick la mia stima verso di te è ogni giorno rinnovata. – Disse il Drago di Fuoco e chinò il capo. – Naisse l'hai meritata, lei è stata fortunata ad amarti. – E mio padre pianse dalla gioia nel saperla finalmente in pace insieme alla madre di Nowell. E amiche come furono in vita avrebbero riposato in pace.
– Sarà meglio andare dai nostri compagni, loro attendono il Re, non è vero? – Disse il Solitario e ci voltammo verso di lui.
– Certamente, sbrighiamoci. – Tagliò corto Yorick. – Una promessa è pur sempre una promessa. – Concluse e con noi al suo seguito cominciammo a ritornare verso le mura dove infine sarebbero stati raccolti i vivi … ed i morti.
Le spalle di mio padre erano forti e possenti. Sebbene fossero solcate da frustate e sporche di sangue camminava dritto e più veloce di noi. I suoi piedi avevano un piglio del tutto nuovo, un modo di procedere che non lasciava dubbi, la vittoria era calata nel suo animo ed una strana determinazione lo pervadeva. Non comprendevo ed, in fondo, così era stato fatto avvenire.
 
Le mura erano del tutto crollate. La devastazione aveva invaso il luogo e la foresta. Molti giravano feriti, mutilati, cercando qualche famigliare. Nowell camminava al fianco di Yorick e procedeva silenzioso cercando di riconoscere qualcuno di famigliare. I nostri occhi però non vedevano nessuno e ciò un po' ci rincuorò sebbene sapevamo che quelle persone erano morte per seguire noi.
Poi, da lontano, venne Ormond, che, vedendoci giungere, si affrettò verso di noi. Non aveva più un orecchio e sembravano perfino essergli state tolte due dita, ma, con lo stesso tono di accoglienza ci salutò. – Miei signori. – Mormorò.
– Ormond, come stai? – Gli chiese Nowell posandogli una mano sulla spalla.
– Abbastanza bene, mio signore.
– Chi è caduto? – Domandò.
– Molti, un terzo penso. – Sospirò. – Tra i Draghi Shiloh ci ha abbandonati ed anche il padre di Rastus, è morto per salvare me. – Volse gli occhi in quelli del Solitario. – E poi, mio signore … Wardell …
– Wardell? – Esclamò Nowell terrorizzato ed anche il mio cuore venne accartocciato e steso più volte.
– Venite con me … – Disse l'uomo con volto di morte senza riuscire a spiegarsi e silenzioso ci condusse con lui. Alle sue spalle io ed il mio padrone camminavamo gelati come statue e non riuscivamo a pensare a nulla. Non poteva essere successo qualcosa di terribile. Non poteva essere successo. Continuavamo a negare nei nostri cuori qualsiasi avvenimento ed il respiro ci veniva tolto ad ogni passo. Tremavano uniti ma distanti per la sorte di coloro che amavamo.
Lasciammo il luogo dove c'erano il maggior numero di feriti e giungemmo oltre le mura rotte nel luogo dove l'avevamo salutato l'ultima volta. Mi sembrò di vederlo il Domatore felice che ci salutava, con il pugno alzato e la spavalderia nel cuore. Poi Nowell si volse verso Ormond ed io ancora restai muto e pietrificato davanti al viso che faceva il Domatore. Il Solitario attendeva qualche sua parola e poi, tremolante, parlò. – Non ha lasciato che nessuno lo toccasse … – Mormorò abbassando lo sguardo e non riuscendo a dire molto altro. Ed allora prima il mio padrone e poi io ci avvicinammo al luogo buio dov'eravamo stati condotti.
Un pianto proveniva silenzioso dal piccolo pezzo di terra oltre un tratto di mura rimasto in piedi. A terra un uomo minuscolo era raggomitolato su se stesso e singhiozzava rumoroso. Le mani erano gelate in una morsa ferrea mentre stringeva a sé il corpo di un altro. Quando vidi i lunghi capelli rossi stentai a credere, come una mano di ghiaccio mi afferrò il cuore, lo strinse, lo stritolò, lo lasciò andare libero e mi privò dell'anima, mi distrusse e rimasi fermo in piedi non potendomi muovere per paura di cadere a terra. Infine crollavo. E non volli quasi avvicinarmi.
Nowell, solo, spinto da un senso di dovere, di dolcezza, di sofferenza proseguì. – Wardell … – Mormorò con la voce rotta dal pianto e le punta delle dita che gli tremavano.
– Nowell! Nowell! – Esclamò sollevando una mano ed agitandola per aria mentre i suoi occhi fissavano nel vuoto. – Nowell!
– Sono qui … amico mio. – E così afferrò la mano dell'uomo, la strinse e se la portò al petto.
Ormond, venendo dalle mie spalle, mi si fermò affianco e le gocce di sangue gli rigavano il viso così come lacrime che aveva pianto e dimenticato. – La nebbia è arrivata da est, ha invaso le mura, ci ha circondati. Tutti avevano paura. Wardell era saldo e proseguiva senza paura. Un Drago Nero gli è andato contro ed insieme ad Ishmael l'ha fronteggiato. La nebbia li ha avvolti, come ingoiati … e poi li ho trovati così. Ishmael era ferito, come una grossa lama gli era entrata fino al cuore. Wardell … lui … avendo visto la tenebra … non vede più nulla. È cieco … – Mi guardò mentre lacrime mi scendevano dagli occhi ed anche lui non riusciva a trattenere più il pianto. – Almeno questo il Cielo gliel'ha risparmiato. Almeno non ha dovuto vederlo morto …
– Re dei Draghi … – Sussurrò. – … se c'era qualcosa di giusto quello era l'amore che c'era tra Ishmael e Wardell. Ricorda le mie parole: il Cielo con loro è stato crudele più che con chiunque altro.
– Nowell … – Mormorò la voce di Wardell ed io sollevai gli occhi su di lui. – … è Ishmael quello tra le mie braccia, vero? È lui? Non respira … Nowell … cosa ho fatto … cosa ho fatto … Non dovevo … Non dovevo …
Sollevai gli occhi al Cielo ed il mio cuore venne tirato a terra spinto dalla tristezza. Ricordai il dolce viso del mio migliore amico, il suo sorriso, il suo pianto quando non aveva potuto dire sì all'amore della sua vita e tutto quello a cui aveva rinunciato per una causa cara al suo cuore, ma che infine si era presa ogni cosa.
Ci sarebbe stato molto da gioire per lui dopo la vittoria. L'amore che finalmente si compiva, il suo cuore finalmente al posto giusto, ogni cosa così come doveva andare, ma infine … lui era lì, steso su quel campo di battaglia, steso a terra morto e con il cuore diviso a metà, una lama fredda nel mezzo. Avrei dato la mia vita per veder brillare un solo istante, ancora solo un istante il suo amore compiuto, la loro felicità finalmente intera. Avrei dato il mio cuore per vederlo vivo ancora.
– Wardell, calmati ora …
Presi un profondo respiro e mi feci coraggio. Mi avvicinai e vidi il viso di Ishmael poggiato sulle ginocchia del Domatore che con forza gli stringeva la mano. Era stranamente felice, come se avesse compreso che il suo compito era finito. Aveva amato, era stato amato e tutti li avevano accettati ed infine non aveva proprio potuto morire triste. Non era riuscito ad esserlo sapendo che Wardell sarebbe stato vivo ed al sicuro.
Sollevai il capo e mentre pensavo alla sua voce, al mio nome che suonava nelle sue labbra cominciai a cantare. Il mio canto era in onore della sua vita, in onore del suo amore, in onore di tutto ciò che aveva vissuto e di tutto ciò che avrebbe potuto vivere. Mi aveva detto che non credeva di poter essere più felice eppure io non potevo pensare che se fosse stato vivo, se fosse stato in grado di donare il suo cuore a Wardell la felicità non sarebbe penetrata ancora di più nel suo animo rendendolo il più bello dei Draghi.
Guardai Wardell mentre cantavo e non riuscivo a non pensare a ciò che lui mi aveva chiesto di dire ad Ishmael se fosse morto. Dovevo dirgli che lo amava e che l'avrebbe sempre fatto … io avevo risposto lui che non ce ne sarebbe stato alcun bisogno. Perdonami Wardell per aver così sciaguratamente predetto il tuo futuro. Perdonami per non averlo protetto. Lui doveva essere tuo così come io sono di Nowell e forse noi non lo meritavamo altrettanto.
Il sorriso di Wardell quando Ishmael era con lui era dolce e bello come il sole, i suoi occhi erano solo per lui e lo seguivano ovunque andasse, lo seguivano come se fosse l'unica luce nell'oscurità, l'unica cosa degna di essere guardata, l'unico amore abbastanza degno di essere vissuto. A cosa gli serviva la vista ora che lui non c'era più nel mondo? Cosa mai avrebbe guardato?
La mia voce si spinse ancora in alto e sentii il pianto del Domatore placarsi mentre io cantavo e le lacrime rigavano le mie guance.
Non vi era ragione per continuare a vedere. Non vi era ragione per continuare a vedere un mondo in cui un amore così era finito senza mai spingersi più in là di un sogno, senza mai divenire qualcosa di più.
Una volta un Drago, che fu il mio migliore amico, sognò un amore stupendo, sognò un mondo in cui poteva essere come desiderava, avere colui che amava, vivergli sempre accanto e mai lasciarlo, morire insieme a lui così come era vissuto … e nel giorno in cui i sogni di tutti si avveravano, il suo sfumava, lui si risvegliava, moriva, e questo sogno non si avverò, questo sogno restò sempre silenzioso. Eppure fu potente nei cuori di coloro che con lui l'avevano condiviso, fu forte e doloroso vederlo cadere. Doloroso fu vederlo morire.
Non vi era ragione per continuare a vedere un mondo così, in cui una volta un Drago aveva sognato …
Wardell non avrebbe mai più visto il sole che gli ricordava gli occhi di Ishmael, il fuoco che gli ricordava i suoi capelli, gli alberi con i quali lui parlava, le sue mani che l'avevano stretto a sé così tante volte … non avrebbe più visto il mondo che di lui sapeva tanto.
Senza più versare una lacrima il Domatore si chinò sul viso del Drago e posò sulle sue labbra un tenero bacio, l'ultimo che gli avrebbe dato. Lì lasciò quel sogno, lì lasciò il mondo che così crudelmente l'aveva distrutto … per sempre sulle labbra del suo destinato compagno.
Così si salutano gli amanti che il destino ha diviso, coloro che vogliono ma non possono amarsi. Così salutò Ishmael colui che l'aveva amato di più e nel buio avrebbe continuato a vivere in un mondo che non sarebbe mai più sembrato lo stesso senza quel sogno ad illuminarlo sempre.
 
Wardell lasciò che Ishmael fosse portato via e mentre lo facevano non pianse e non si disperò più. Poi guardò Nowell e chiese lui che fosse accompagnato fino al luogo in cui avrebbe potuto salutare suo fratello che aveva scacciato con crudeltà per il dolore che lo tormentava. Il Solitario acconsentì e, porgendo lui il braccio, lo condusse dove doveva.
– Grazie, Re dei Draghi. – Disse mentre camminavamo, ma io non ebbi il coraggio di rispondergli, troppo era il dolore ed altrettanta la disperazione. Ancora non riuscivo a parlare di ciò che era successo, men che meno con lui.
Quando i nostri amici ci videro arrivare il silenzio calò fra tutti. Wardell si avvicinò al fratello e lo abbracciò. – Perdonami, sono felice tu sia vivo. – Mormorò.
– Non c'è nulla da perdonare. Vieni, troverò per te un luogo tranquillo. – Disse Ormond ed insieme si allontanarono dalla folla.
Mentre loro lasciavano il nostro fianco molti si riunirono accanto a noi. Nowell si rivolse a Yorick che era al nostro fianco. – Ma Jethro e Wren? – Domandò ed anch'io notai che non c'erano.
– Sono con Jaxon e gli altri, Shane è morto. – Disse con tono grave. Così apprendemmo che oltre Redus e Shiloh erano morti anche Sorek e Shane.
– Mio signore. – Sentii esordire alla mia destra e mi voltai. Janet si inchinò e mi rese omaggio.
– Signora delle Acque, siete giunta in nostro soccorso nel momento del bisogno, vi ringrazio. – Dissi.
– Ho molto errato nel non seguirti, Signore dei Fulmini, e mi dispiace non essere stata abbastanza lungimirante. Però il mio aiuto è giunto inaspettato ma gradito, come vedo, dunque me ne compiaccio.
Sorrisi. – Sono certo che esso è stato decisivo, ora se potete scusarmi desidero recarmi da un amico che ha bisogno di conforto.
– Certamente, sire. – Allora mi dileguai e riuscii a trovare la tenda in cui erano Gareth e la sua famiglia. Entrai e vidi il Signore del Fuoco che reggeva la mano al figlio e silenzioso piangeva il suo cordoglio. Accanto a lui vi era Thane e Jaxon che erano molto affezionati al cugino.
Mi avvicinai all'uomo. – Sire. – Mormorò vedendomi prendere posto al suo fianco. – Siete qui? Non dovreste essere fuori a prendervi gli onori? – Disse.
– Se non fosse stato per Shane voi non sareste venuti. Non dimentico cosa tuo figlio ha fatto per me e non dimentico che molto tempo vi sarà per gli onori e così poco per i lamenti.
– Grazie, mio signore. – Sorrise dolcemente e poi sollevò il viso su coloro che erano accanto a lui, poi su Jethro e Faron. – Fratello. – Disse. – Io sono vecchio e Shane è venuto alla luce già quando lo ero, ora non potrò avere un altro figlio e desidero che la mia tribù abbia un erede. – Faron sollevò lo sguardo.
– Tempo ci sarà per discuterne, fratello …
– No, desidero farlo ora. – Presse un profondo respiro. – Jethro, vorresti tu prendere il mio posto una volta che il tempo si prenderà me e le mie carni? Una volta che mi riunirò a mia moglie e mio figlio?
– Zio … io sono un Drago Domato … cosa stai …
– Sarai un Drago Domato, ma nessuno ha combattuto come te quest'oggi e la tua voce è potente, più della mia, più della nostra, desidero che il Grande Vulcano possa ascoltarla ogni giorno e che tu sotto di esso governi così come è giusto. Prenderai questo incarico?
– Ne sono onorato. – Rispose chinando il capo il mio maestro ed allora Gareth tornò a piangere il figlio, ma la calma aveva invaso il suo cuore e così la sicurezza di un futuro meno peggiore di quel che credeva.
 
La notte calò sul campo di battaglia e con essa giunse il momento che il nuovo Re prendesse parola ed io, guardando Nowell, sapevo che non avrebbe accettato un tale ruolo, lui, però, si dimostrava completamente tranquillo e ciò non poté che turbarmi. Qualcosa infine era già stato scelto senza che io ne fossi a conoscenza.
Ormond riunì i Domatori ed i Draghi sopravvissuti e, vicini gli uni agli altri, attendevamo. Io al fianco del mio padrone restavo calmo e continuavo a guardare il suo viso in cerca di una risposta poi, mentre ormai non c'era più posto per altri, il Solitario si fece avanti.
– Fratelli! – Urlò ed il mio cuore cominciò a battere con forza credendo che avrebbe compiuto il passo che non pensavo avrebbe fatto così presto. – Oggi sono qui come messaggero … – Aggiunse ed io non compresi. – Un Re legittimo salirà sul trono che un tempo fu del Re Orrendo e non vi potrebbe essere persona più indicata, più fidata, più degna di lui. – Sussultai. – Sono certo che egli avvierà il progetto che lui stesso ha immaginato per primo. – Si voltò. – Mio zio, Yorick, prenderà il trono. – Concluse e mio padre si fece avanti.
Il silenzio permeava il luogo sebbene fosse gremito di gente e nessuno si sarebbe aspettato quel particolare risvolto. Il Principe Perduto era senza un Drago, incapace di domare e sarebbe diventato il Re di tutti i Domatori. Ciò sembrò non soddisfare coloro che erano lì ad udire quella notizia, ma infine Yorick prese la parola e non c'era timore o indecisione in lui. – Domatori. – Disse. – Sono certo che molti di voi non mi ricordano ed i più in realtà non sanno che farsene di un Re Mezzo Morto, ma sono sicuro che ben presto comprenderete la necessità del mio ruolo. – Si mise in mezzo alla folla e molti lo guardarono con stupore. – Io posso promettervi, e voi non avrete dubbi, che mai userò Draghi al mio servizio per compiere del male, mai domerò Draghi con crudeltà, mai approfitterò di loro e mai mi permetterò di dire qualcosa contro il loro interesse, mai lascerò che il mondo cada ancora in ciò che prima era e, soprattutto, mai mi volgerò al male come il Re Orrendo. Posso promettervi questo per la mia condizione e nessuno di voi teme che io vi stia mentendo, non è così? – Sorrise. – Vedete come essere “Mezzo Morto” vi rende sicuri e fiduciosi?
– Tuttavia non è solo per questo che desidero essere amato da voi come Re o che io desidero diventarlo. Non è per necessità che un Re siede sul proprio trono o che governa o che è amato dal proprio popolo, non è vero? Non è per necessità che io governerò e non mi lascerò guidare dalle necessità per governare, sebbene esse siano importanti e non lo nego. Desidero andare oltre le necessità e desidero che ogni Domatore sia libero di stare con il proprio Drago e che nessun Drago debba temere di essere separato dal proprio Domatore, ma desidero anche che nessun Domatore prenda nessun Drago con la forza o con la tortura e che mai esso debba temere questo da un Domatore. Questo perché, fratelli, necessario è sicuramente non permettere che il male avvenga, che esso sia impedito, sconfitto … necessario è fare ciò che abbiamo fatto fino ad oggi, ma indispensabile è porre leggi, vigilare ed insegnare che non vi è amore forte come quello di un Drago ed il proprio Domatore, che non vi è nulla che può rendere felici come quel singolo rapporto, quell'amicizia sempre verde che non appassisce mai. E, modestamente, penso che io abbia tutto ciò che è necessario per insegnare che a volte venire privati di quell'amore è più doloroso che morire … e questo è ciò che oggi è indispensabile.
– Molti di voi hanno perso fratelli, mogli, figli, mariti e non importa che essi fossero Draghi o uomini, di sangue o dell'anima … non importa. Anche io persi ciò che per me era importante e pensavo che fosse indispensabile vendicare, uccidere colui che me l'aveva portata via, ma questo era forse solo necessario. Indispensabile era ricordarla, amarla, farla vivere attraverso di me e trasmettere l'amore di lei agli altri perché è questo ciò che io voglio fare, ciò che ora è indispensabile.
– Indispensabile è rendere questo luogo un posto sicuro, un posto felice dove Domatori e Draghi vivano come desiderino, come reputino più necessario. – Prese un profondo respiro. – Prego che voi abbiate fiducia in me e che, in questo lungo e buio periodo, mi assistiate e restiate vigili verso coloro che ancora minacciano questa nostra pace.
Senza volerlo un sorriso mi spuntò sulle labbra e capii che infine quella era la promessa che si erano fatti, capii che mio padre era la persona giusta per portare quel fardello e che, sebbene non lo credessi, sarebbe stato dannatamente bravo.
Così quella notte parlò il Re e la sua voce risuonò di cuore in cuore e colpì tutti coloro che erano lì ad ascoltare stregandoli ed attirandoli a sé così come era sempre stato abile a fare.
 
Alcuni giorni trascorsero da quella notte. I Draghi Liberi ancora in forze insieme al resto dei Domatori furono inviati ad intercettare l'esercito mancante che, forse udendo la notizia che il Re Orrendo era morto, non furono mai trovati. Così tornarono indietro ed il castello venne abitato dai Signori dei Draghi insieme ai capi dei Domatori. Molta gente venne dalle campagne in cerca di notizie ed asilo ed altrettanti trovarono ospitalità e comprensione tra le braccia del nuovo Re che, forse inaspettatamente, si rivelò essere più amato di quanto chiunque avesse pensato.
Onore fu reso a coloro che combatterono e perirono nella Grande Guerra contro il male. Nella foresta furono scavate molte fosse e lì, accanto alla roccia su cui Nowell aveva atteso i suoi eroi, furono seppelliti i caduti. Ishmael fu deposto accanto al padre Shiloh ed al suo fianco fu lasciato uno spazio abbastanza largo per colui che, quando la vita l'avrebbe abbandonato, si sarebbe unito a lui in Cielo. Molte lacrime furono versate per coloro che ci avevano lasciati e la tristezza colse i più anche nei giorni successivi, tuttavia grande riconoscenza crebbe nei cuori di Draghi e Domatori e quel luogo venne chiamato la Roccia del Re o il Campo dell'Eterna Attesa. Questo nome fu attribuito soprattutto negli anni successivi quando Nowell, divenuto Re dopo mio padre, lì si recava per piangere i propri amici, aspettando, silenzioso e sereno, il momento in cui un rumore l'avrebbe richiamato nuovamente dal fondo della foresta ed anche lui sarebbe andato in Cielo.
Infine ogni cosa sembrava essere tornata al proprio posto.
Io e Nowell sedevamo sulle fortificazioni del castello ed il vento solleticava i nostri visi mentre guardavamo la foresta che ci aveva divisi dalla vittoria. – Dunque abbiamo davvero vinto. – Disse lui in un sospiro.
– Non sei felice? – Domandai. – Ogni cosa è andata come desideravi … il Re Orrendo è morto, tu non sei Re, cos'altro volevi?
– Sei seccato che non te l'abbia detto?
– Potevi dirmelo. – Ribattei.
– Non credo avresti compreso. – Sorrise. – Ti sarebbe sembrato solo un modo per sfuggire dalle mie responsabilità.
– E non lo è? – Chiesi.
– Ho fatto una promessa con lui. – Mi guardò negli occhi. – Fino a quando lui avrà vita governerà, poi sarà il mio turno. – Mi posò una mano sulla spalla. – Se lui fosse morto ucciso dal Re Orrendo allora io avrei preso il trono. Ora capisci?
– Quindi alla morte di mio padre tu prenderai il suo posto?
– Sì, ho promesso. – Annuii.
– Va bene, allora penso che potrò accettare la cosa ed anche perdonare il tuo silenzio. – Rise.
– Grazie. – Lo guardai.
– Cosa desideri fare ora? – Domandai.
– Restare con Wardell è la mia priorità al momento. Desidero tornare con lui dalla sua tribù e vivere lì per un po' di tempo, almeno fino a quando il dolore non sarà diminuito. – Sospirò. – Ishmael mancherà a tutti, lui era la causa del sorriso di Wardell ed ora che non c'è più temo che non sarà mai più felice. – Abbassai lo sguardo e forte come uno schiaffo la tristezza mi colse pensando al mio amico che non c'era più. Lui pesava nel mio animo più di altri e la sua morte mi sembrava ancora così irreale che, sollevando gli occhi al cielo, mi sarei facilmente aspettato di vederlo volare felice e bellissimo così come sempre l'avevo visto. Invece egli non c'era più.
– Prima o poi sorriderà ancora, ne sono certo. – Dissi con la gola stretta in un nodo e lui si avvicinò e posò la sua testa sulla mia spalla.
– Dopo desidero volare con te fino a quando non dovrò diventare Re. – Aggiunse. Sorrisi.
– Volare per dove?
– In ogni luogo, lontano sulle montagne, oltre il mare, in ogni luogo dove la nostra mente possa voler andare. – Risi.
– Come desideri, ti guiderò ancora una volta e resterò con te fino alla fine. – Fu così che decidemmo di compiere un lungo viaggio e di osservare luoghi lontani ed inesplorati.
Lasciammo trascorrere solo pochi giorni e poi salutammo mio padre ed Ormond, che era diventato il suo consigliere, e ci preparammo ad andare via. In partenza vi erano anche Jethro e Wren che avrebbero seguito Faron e gli altri fin nelle Terre dei Vulcani e lì avrebbero vissuto insieme. Salutai il mio padre Drago e poi ci alzammo in volo verso l'alto Cielo.
Wardell era sulla mia groppa insieme al mio padrone e quella fu l'unica volta che portai qualcuno sulla schiena.
Lasciammo il castello dietro di noi e lì continuò la vita ed ogni cosa di cui aveva bisogno il regno. Egoisticamente ci spingemmo fino a ritrovare la tribù di Wardell e lì restammo in sua compagnia fino a che non decise di scacciarci perché a suo dire eravamo troppo ingombranti. Da quel momento in avanti cominciammo a viaggiare e volammo per luoghi sconosciuti fino alla fine del Mondo ed al principio del Cielo … liberi ed uniti.

La storia si è conclusa come avreste voluto? 
Nowell e Nivek sono liberi di agire come desiderano ed il loro sogno si è realizzato. Yorick porterà avanti le loro idee e preparerà il regno per quando saranno pronti. Il futuro li porterà ad essere sovrani di Domatori e Draghi, finalmente uniti in un solo popolo.
Spero davvero che la storia vi sia piaciuta! Mi raccomando, non trascurate l'Epilogo! Lì mi dilungherò un po' di più in spiegazioni!
Iwon Lyme

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Capitolo 35
*** L'Epitaffio del Re - Epilogo ***


L'Epitaffio del Re - Epilogo
 
20 anni dopo
Ritrovarmi nella mia piccola casa di montagna dopo così tanto tempo era per me un'emozione particolare. Rivederla così piena di ricordi e chiusa in se stessa mi creava un senso di gioia e di tristezza insieme. L'ultima volta che vi ero stato era per dare degna sepoltura a mio nonno che, pochi anni dopo la guerra, era morto in pace venendo seppellito poco lontano dalla figlia.
Nel periodo trascorso molte cose erano cambiate. I Draghi ed i Domatori vivevano liberi e tra loro vi era la pace ed una forte amicizia. Molte leggi erano state fatte in favore di coloro che desideravano vivere insieme ai Draghi e la crudeltà divenne sempre minore, come se anche il regno fosse stufo di vederla continuare. Gareth morì un anno dopo Shane e lasciò il posto a Jethro che divenne un capo apprezzato e temuto insieme. Solo da poco tempo, invece, Jaxon aveva preso il potere dell'altra tribù poiché Faron stava poco bene e tutti credevano fosse giunto alla fine dei suoi gloriosi giorni. Oswin aveva preso il posto di mio nonno ed Elmer attendeva con piacere il proprio turno. A volte ci recavamo nell'isola in mezzo al mare a trovare Janet e Sybil, la quale, cresciuta e divenuta donna, aveva preso la sua reale forma ed era divenuta bella e giovane in viso. Credetti che forse la sua volontà di divenire mia moglie non fosse così insensata.
Ogni cosa sembra essersi sistemata a dovere e nulla più pesava nei cuori di coloro che avevano combattuto contro il Re Orrendo.
Guardai il mio letto e la finestra attraverso cui da giovane avevo sempre ammirato il bosco e l'ignoto. Sospirai. Uscii dalla stanza e, solo voltandomi un'ultima volta, la chiusi dietro di me e sentii il giovane Nivek svanire per sempre e con esso ogni paura che l'aveva tormentato. Infine era stato davvero difficile lasciarmi alle spalle tutte quelle mille emozioni.
Nella cucina c'era Wardell che, seduto al tavolo in compagnia di Nearel, rideva. Fu grazie a Nearel se Wardell riuscì a risollevarsi. Nearel proteggeva i Draghi, così come Wardell faceva, ed un giorno le loro strade si incrociarono su quella via. Può certamente sembrare strano, ma il Signore delle Foreste si lasciò molto sconvolgere dal Domatore Gentile che era simile a lui per sofferenze e pene. Lo consolò con pazienza e dedizione e si prese cura anche di coloro che erano al suo servizio divenendo così indispensabile per colui che non poteva più ritrovare la strada attraverso le tenebre. Da dieci anni ormai vivevano insieme come buoni amici e Nearel aveva perfino donato il proprio nome al Domatore che, con gratitudine, aveva domato ancora una volta.
Ishmael era ancora riflesso negli occhi pallidi di Wardell e non l'avrebbe mai dimenticato, tuttavia il suo sorriso era tornato e questo rincuorava tutti noi sapendo che egli avrebbe dovuto vivere ancora un po' prima di ricongiungersi a colui che, con pazienza, lo attendeva così come aveva fatto in vita.
Il bel Drago mi vide e si alzò. – Sire, va tutto bene? – Chiese cortesemente.
– Certo, tutto bene. – Risposi.
– Per favore, amico mio, mi lasceresti parlare per un attimo con Nivek? – Chiese Wardell ed allora l'altro acconsentì e, chinando il capo, uscì dalla porta della mia casa. – Dunque sembri in pace, Re dei Draghi. – Disse ed io mi avvicinai e mi sedetti accanto a lui.
– Non dovrei? – Domandai mentre il mio sguardo sfiorava il suo viso invecchiato ed i suoi capelli che sembravano cominciare a tingersi di bianco.
– Anche io lo sono. – Continuò. – Devo ringraziarti, sei stato per Nowell un ottimo Drago e per Ishmael un grande amico. Sono sicuro che lui veglia su di noi e non morirà mai nel mio cuore. – Gli posai una mano sulla spalla.
– Nemmeno nel mio. – Sospirai e guardai la luce che entrava dalla finestra. – Mi disse che era felice. – Mormorai.
– Come?
– Mi disse che era felice. – Ripetei più a voce alta. – Mi disse che non credeva di poterlo essere di più. Tu mi chiedesti, ricordi, di dirgli che lo amavi se tu fossi morto … Ebbene io ora dico lo stesso a te, Wardell, Ishmael ti amava ed era felice di ciò che aveva, felice come sarebbe stato se fosse continuato a vivere. – Si voltò verso di me ed i suoi occhi erano lucidi.
– Grazie ancora, Re dei Draghi, sono certo che la vita sarà brillante per te. – Si alzò dalla sedia ed ancora si fermò. – Visse con me fin dal giorno in cui nacque, era mio ed io ero suo. Quando salirò in Cielo egli sarà lì ad attendermi e da lì ci sentirai cantare.
– Attenderò quel giorno. – Così, silenzioso, lasciò la stanza ed io restai solo nella cucina. Dalla finestra entrava una brillante luce e mi sembrava di essere sospeso nel vuoto.
Pensavo che nel mio destino vi fosse la liberà, che ero nato per essere libero, nato per volare in Cielo come un vero Drago. Pensavo che nel mio destino vi fosse la libertà. Eppure agli occhi di molti ciò che in esso vi si è poi trovato è ciò che di più distante vi può essere. Molti potrebbero credere che sarebbe stato meglio vivere una vita da emarginato, recluso, odiato piuttosto che venire domato da qualcuno, dover sempre stare ai suoi ordini e non sapere nemmeno più il confine che vi è tra il proprio cuore e quello altrui. Molti potrebbero pensare che la mia vita sarebbe stata migliore senza Nowell, più bella, più libera e non posso negare che io stesso ho avuto questi pensieri a volte.
Quando ero ragazzo sognavo la libertà e la desideravo senza sapere cosa fosse, senza davvero conoscerne il concetto in sé, la volevo perché credevo fosse mio diritto, perché mi pensavo pronto ad averla. Me la sono vista sottratta, rubata, tolta, l'ho lasciata io stesso, pensavo solo che volare avrebbe significato libertà ed invece era il momento in cui ero meno libero. Mi sentivo meno libero. Non capivo però perché il mio cuore desiderasse ancora quella libertà.
Pensate forse che io sia un prigioniero? Pensate forse che ciò che c'è tra me e Nowell possa essere dettato da un ordine, una dipendenza, qualcosa che non ha niente a che fare con la mia volontà, con la mia libertà? Credete forse che i Domatori siano più liberi dei Draghi?
Non ho mai parlato di libertà perché sinceramente credevo che fosse un discorso che non mi riguardasse: non l'avevo e non ne dovevo parlare. Poi però ho capito, sapete? Io la libertà l'ho sempre avuta in tasca, come una moneta. La libertà è come una moneta di poco valore, non si sa bene a cosa serva, cosa ci si possa comprare, sembra molto inutile ma la si ha in tasca e non la si spende mai e non la si può spendere poiché non c'è qualcosa di così poco costoso per cui essa possa essere usata. La si osserva con sufficienza e, tenendola sempre in tasca, ci si dimentica di averla, a volte ci dicono che non ce l'abbiamo quando invece è proprio lì, nascosta da qualche parte. Perfino nei momenti in cui crediamo di averla spesa, donata, lasciata andare, essa è ancora con noi, nascosta nella tasca.
La libertà è qualcosa che non può essere speso o comprato, qualcosa che sembra di così poco valore che ce ne dimentichiamo. Anche quando vogliamo convincerci che la libertà vale molto in realtà non facciamo che illuderci perché dicendo questo dimostriamo come siamo ciechi tutte le volte che ci dimentichiamo di averla.
Non vi è miglior modo per spendere una moneta che ricordare di avercela. Se ci si ricorda sempre di averla in tasca essa magicamente ci mostrerà cosa può comprare con il suo poco valore: amici, famigliari, convinzioni, idee, coraggio, amore … insomma tutte cose che a prima vista non diresti mai di poter comprare.
Io credevo davvero che nel mio destino vi fosse la libertà e che essa mi avrebbe condotto in Cielo, ma quel sogno era troppo costoso per la mia moneta e mi illudevo che quella fosse la libertà e che nulla, niente avrebbe mai potuto essere definito altrettanto. Tuttavia la libertà non ha definizione e non si ottiene ricercandola poiché già la si possiede.
Forse io non posso non obbedire a ciò che il mio padrone mi ordina, forse io non posso fare a meno di pensare che ciò che penso e provo in realtà sia frutto di ordini, ma so che nel mio animo la libertà l'ho ottenuta. La mia moneta ce l'ho sempre in tasca e me ne ricordo di frequente tanto che credo di aver comprato un bel po' di cose.
Forse non sono la persona più adatta per parlare di libertà, forse no, oppure invece tutto sta nel comprendere che qualcosa non ci è davvero tolto se noi non lo lasciamo andare via.
Wren entrò in casa e mi sorrise. – Aspettano te, sire. – Disse ed io andai verso di lei. – Tutto bene? – Domandò.
– Sì, ricordavo eventi passati. – Risposi. Insieme uscimmo e lentamente ci portammo sul retro mentre i miei occhi si volgevano a Principe che alto svettava nel giardino.
– A proposito di passato, ricordi cosa ti chiesi molto tempo fa? – Sorrisi guardandola in viso. – Allora quale delle due libertà preferisci? Questa o volare in alto al Cielo da solo? – Sollevai gli occhi e davanti a me vidi Nowell con ancora il viso di un giovane uomo ed i capelli rossi brillanti sebbene gli anni fossero trascorsi numerosi, al suo fianco l'amico di una vita che portava i segni del tempo. Poi mio padre Jethro, il cui viso era rimasto sfregiato dopo la battaglia, e con lui vi era Ormond, Rastus, Elmer, Oswin e Nearel. Presi un respiro profondo sentendo il mio cuore tremare dalla meraviglia.
– Penso proprio che tu sappia già la mia risposta. – Dissi rivolgendole un sorriso.
– Sono certa che tu sei un pazzo, Re dei Draghi. – E detto ciò proseguì verso gli altri. Gli uccelli cantavano gioiosi quel giorno e non vi era melodia più bella e sincera. Il Cielo li aveva spinti a cinguettare ed il loro suono si sarebbe diffuso dalle montagne fino al mare. Immerso in quello spettacolo raggiunsi Nowell al quale avevo chiesto di parlare per me poiché il mio cuore era ancora molto turbato e non sarebbe riuscito ad essere all'altezza di un tale compito.
Il mio padrone mi posò una mano sulla spalla e guardò la bara semplice e poco decorata stesa ai nostri piedi. Prese un profondo respiro. – Oggi siamo qui per rendere omaggio ad un uomo glorioso, un Re giusto, un padre sincero, un marito amorevole, un sognatore straordinario …
  
Questa è la storia di come il Principe Perduto divenne Re e governò sulle terre dei Domatori possedendo due cuori e nessun Drago.
Questa è la storia di Yorick, lo Sfregiato, il Cacciatore che ho scoperto essere mio padre.
 
 
Avete appena letto le memorie di Nivek, il Luminoso, Drago di Nowell, Sguardo di Sole, entrambi grandi Re di Draghi e Domatori,
che governarono con giustizia e lungimiranza fino al giorno in cui il Cielo non li ha accolti a sé uniti

all'età di 323 anni.


 
Sono felice di aver concluso la pubblicazione de "Il Principe". Questa storia mi è molto cara, i personaggi e le loro storie sono state molto importanti in un momento della mia vita: diventavo maggiorenne e sembrava che tutto dovesse cambiare, quando alla fine non è molto diverso da prima, bisogna sempre lottare per essere accettati e bisogna sempre dare il meglio di sé per migliorare ciò che ci circonda. Nivek e Nowell l'hanno compreso insieme.
Il futuro dei nostri due Re potete immaginarlo. Vi posso solo dire che Nivek sposerà la giovane Sybil ed avranno diversi figli. Il primogenito prenderà il posto di Nowell dopo la morte del padre e, sposando una Domatrice, porterà avanti la stirpe del Re dei Domatori secondo il sangue di Yorick. Il secondogenito sposerà un Drago e la sua discendenza conserverà la corona di questi ultimi. Nowell morirà senza figli. 
Insomma, lottare per la libertà, che non è ottenibile raggiungendo un'età o uno status, è ciò che Nivek e Nowell hanno fatto. Ciò che hanno perso per ottenerla e ciò che hanno guadagnato resterà sempre con loro, nella memoria del passato, nella strenua volontà di non abbandonare il ricordo. La libertà, se ne accorgono solo quando sono sulla cima della loro vita, realizzati nell'anima e nel cuore, era sempre stata loro di diritto ed il solo desiderarla, lottare per essa, era indice che già la possedevano.

Spero davvero che la storia vi sia piaciuta e che la sua conclusione vi abbia soddisfatti! Attendo volentieri pareri e consigli! Grazie mille a tutti i lettori!
Iwon Lyme

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