Un nuovo Signore del Tempo

di CassiopeaAzzurra
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


Pianeta terra, anno 1408,
Erano mesi che fuggivamo, mesi e mesi passati a scappare dai Dalek, si, non era da lui scappare, ma stavolta, in questa avventura, affrontarli sarebbe stato troppo pericoloso per noi.
Il Dottore non era certo tipo da lasciarsi intimidire, ma i suoi innumerevoli anni avevano portato giudizio e sapeva quanto saremo stati in pericolo se il Signore Del Tempo ancora una volta avesse affrontato i suoi nemici.
Eravamo stanchi di scappare nello spazio e nel tempo, eravamo entrambi provati e i suoi occhi  non erano mai stati tanto esausti, tutti i fardelli che stava portando  cominciavano a pesare come macigni sui suoi cuori impedendogli di vivere un momento davvero speciale, un punto fisso nel tempo tra quelli piu importanti.
Mi sono sempre chiesta se lo sapesse, se il Dottore sapesse ciò che sarebbe successo, un viaggiatore del tempo, che può vedere ogni singolo momento nello spazio e nel tempo sapeva? Poteva sapere quello che sarebbe accaduto? Me lo sono sempre chiesta, forse un giorno avrò la risposta ma ora, no, lo guardavo e vedevo i suoi occhi farsi cupi mentre spingeva  leve e schiacciava i bottoni sulla consolle del TARDIS, scintille invadevano la cabina, il pavimento  tremava sotto i piedi, avevo il cuore in gola e mi sentivo morire di paura.
I Dalek ci attaccavano, e il Dottore girava vorticosamente attorno alla consolle mentre le scintille scatenavano tanti piccoli incendi, sembrava l’inferno!
Il TARDIS era malridotto, provato anche lui dalle nostre fughe, le luci andavano e venivano, le sue energie si stavano affievolendo e il rumore che produceva era assordante, come un grido straziante che implorava pietà.
Mentre continuava a trafficare con la consolle mi intimava di reggermi forte poi, si fermo e sentii i suoi occhi su di me, il suo sguardo era carico di disperazione, rassegnazione e paura, non l’avevo mai visto cosi e il mio cuore sembra essersi fermato.
Abbassò lo sguardo, chinò il capo e con i pugni stretti come morse pronunciò le parole più dolorose della mia esistenza “te ne devi andare, qui non posso proteggerti, il pericolo è troppo e devo lasciarti andare”
Il mio cuore sembrò fermarsi, il respiro spezzarsi e le parole  sembravano bloccate in gola, mi girava la testa e gli occhi si gonfiarono di lacrime “No! Non puoi lasciarmi, cosa ne sarà di noi? Cosa ne sarà di te,ti prego Dottore, no!” e gli corsi incontro, con la voce roca e le lacrime che rigavano le mie guance, battei i pugni sul suo petto, non conoscevo altro che  disperazione in quel momento.
“Trovalo, lui può farlo, può aiutarti” mi strinse forte le mani, anche i suoi occhi si gonfiarono di lacrime e mentre il TARDIS continuava a tremare e le scintille invadevano il pavimento lui mi porse una lettera che mi pregò di non aprire e la infilò nella tasca della mia giacca.
Non riuscivo a capire quello che succedeva, perché mi stava mandando via, e dove? Chi dovevo trovare? Non ne avevo la più pallida idea, non riuscivo ragionare, provavo solo tanta paura, la fottuta paura di non rivederlo mai più.
I suo sguardo si fece più dolce e meno severo, ma i suoi occhi lo tradivano, aveva paura, una paura che non aveva mai preso cosi tanto possesso della sua mente, prese il mio viso tra le sue mani e con infinita dolcezza mi baciò la fronte. Quel bacio aveva il profumo di un addio.
Poi, nulla, non so di preciso cosa sia successo, credo che con le ultime energie del TARDIS sia riuscito a trasportarmi da qualche parte, sembrava la terra, ma non sapevo dove o quando fossi.
Istintivamente guardai il cielo, so che lui era li da qualche parte e speravo di scorgere la cabina blu solcare la volta stellata ma non fù cosi, mi sentivo frastornata e in preda alla disperazione scoppiai in un pianto isterico.
Mi ritrovai in un vicolo, era notte fonda e la mia mente era colma di pensieri, la testa continuava a girare mi sentivo debole e frastornata, la mia vista era appannata dalle lacrime quando, alle mie spalle sentii un forte rumore di passi, come se un intero plotone si stesse dirigendo verso di me, rimasi pietrificata quando, dal fondo del vicolo vidi un gruppo di Sontaran marciare nella mia direzione, iniziai a scappare, correndo più forte che potevo percorrevo quei vicoli bui con il cuore in gola, prima una svolta a destra, poi una a sinistra nel cuore solo paura quando, come una visione la cabina blu apparve di fronte a me illuminata solo dalla luna.
La speranza traboccava dal mio cuore e un senso di calore mi avvolse completamente, il mio dottore era tornato per salvarmi, mi voltai velocemente indietro e vidi i Sontaran che continuavano a marciare verso di me, stavano quasi per raggiungermi e il TARDIS iniziava a brontolare come fosse in procinto di partire.
Aprì la porta e in fretta entrai nella cabina e con forza chiusi la porta dietro le mie spalle, mi lasciai scivolare a terra, le gambe non mi reggevano più e avevo bisogno di prendere fiato, la testa continuava a girare ma vidi una figura alta, snella ed elegante che si dirigeva verso di me “Ehi! Cosa ci fai qui dentro”, sentì la voce di quell’uomo, familiare nonostante non l’avessi mai udita prima, poi tutto divenne buio e io mi sentii come se stessi scivolando nel vuoto.
La prima cosa che ricordo fu una luce blu che ondeggiava davanti ai miei occhi e un confuso cicaleccio, simile a quello del cacciavite sonico del Dottore.
“Ehi, ti senti bene? Devi essere svenuta” disse quell’uomo mentre mi aiutava a rimettermi in piedi, mi guardava con uno sguardo torvo, sembrava mi stesse analizzando, era alto, snello, i suoi capelli morbidi, castani e tremendamente ribelli, un completo a righe marroni cingeva la sua figura e una cravatta si accoccolava delicata attorno al suo lungo collo, ai piedi delle semplici scarpe di tela, logore e sporche.
Alzai lo sguardo e mi persi nei suoi profondi occhi castani, occhi che avevo visto mille volte, occhi che mi avevano portato in tutte le ere e in tutti i mondi, occhi che non avevo mai visto cosi giovani, molto più giovani e molto più malinconici.
Mi sentivo come in una sorta di trance, non riuscivo ad ordinare i pensieri, troppe emozioni, troppe cose da metabolizzare sentivo solo lui che mi chiedeva se andava tutto bene ma io non riuscivo a rispondere, a bocca aperta guardavo il TARDIS come una bambina guarda la bambole in un negozio di giocattoli, era cosi diverso, cosi confuso, la consolle era un ammasso disorganizzato di leve e bottoni, fili pendevano dai pannelli e la sua luce era molto più calda di come la ricordavo.
“lo so, è più grande all’interno, me lo dicono tutti” disse ondeggiando sui talloni, mani in tasta e sorriso beato, quasi soddisfatto dal mio stupore.
Ma io non ero una delle sue tante compagne, io conoscevo il TARDIS, meravigliosa compagna di avventure del Dottore, una piccola cabina blu più grande all’interno, dimostrazione eterna della sapiente arte dei Signori Del Tempo, non ero stupita dalle sue dimensioni, solo non avevo mai visto nemmeno lei cosi giovane.
Continuavo a girare su me stessa, naso all’insù e bocca aperta continuando a contemplare con curiosità la cabina del TARDIS, quando, nella mia tasca trovai la busta contenente la lettera che il dottore mi aveva pregato di non aprire, era stropicciata ma riportava un numero sulla sommità: 10.
Li per li non riuscivo a capire il significato dei quel numero, poi come un flash capii.
“Ehilà? Tutto bene? Sai dirmi chi sei?” disse il ragazzo dai capelli arruffati avvicinandosi a me.
“tutto ok, si bene” risposi sospirando, come se mi fossi appena svegliata da un sogno, quando le mie gambe cedettero di nuovo.
“tu, non stai bene” disse lui sorreggendomi e facendomi accomodare sul sedile “forse è meglio se rimani qui seduta” si alzò per dirigersi alla consolle dove lo vedevo dimenarsi tra leve e bottoni ma lanciandomi spesso occhiate come a volermi controllare.
Ripensai alla lettera, e al numero 10, il mio Dottore era alla sua 13esima rigenerazione, forse mi aveva mandato alla ricerca di un suo io passato, forse voleva che io trovassi la sua decima rigenerazione, ma era lui? Non avevo dubbi che quello di fronte a me fosse il Dottore, il problema era capire quale, potevo chiederlo, ma non sapevo come avrebbe reagito, non sapevo cosa potevo o cosa non potevo dire, dovevo essere cauta e cercare di ragionare. il Dottore mi aveva spesso raccontato le sue avventure e mi aveva mostrato tutte le foto di tutti i volti che aveva avuto in passato, cercavo di visualizzare mentalmente tutti i suoi sguardi, l’otto aveva i capelli lunghi, il nove delle buffissime orecchie, poi cravattino, sopracciglia e uno aveva le scarpe di tela, ma non riuscivo a ricordarne l’ordine. Cercavo di ricordare le storie, cercavo di collocarli nella linea temporale poi come un fulmine a ciel sereno tutto fù chiaro, la rigenerazione precedente al mio dottore aveva le sopracciglia buffe, quello prima il cravattino quindi si, l’uomo in piedi di fronte a me doveva essere la sua decima rigenerazione.
“mi sembra che tu ti sia ripresa, puoi dirmi adesso che ci fai nel mio TARDIS?” mi disse poggiando la schiena sulla consolle, con le braccia incrociate e lo sguardo indagatore.
“il mio nome è Grace, un plotone di S…..soldati mi stava inseguendo, ho avuto paura e sono entrata in una cabina della polizia ed eccomi qui!” non sapevo ancora cosa avrei dovuto dire al Dottore, o come avrei dovuto comportarmi, cosi feci finta di essere ignara di tutto, niente Sontaran, niente TARDIS, niente Dottore, feci finta di nulla e mi dimostrai curiosa. “tu come ti chiami?” chiesi abbassando lo sguardo e fregandomi nervosamente le mani.
“Sono il Dottore, solo il Dottore, no, non ho altri nomi, no non erano soldati ma Sontaran, non stavano inseguendo te ma me e si sono un alieno e questa è una nave spaziale!” disse tutto questo senza mai prendere fiato, con un tono seccato ma senza mai smettere di fissami con il sopracciglio alzato e lo sguardo di chi non vuole seccature e preferisce rimanere solo. Rimasi a bocca aperta, questo dottore era diverso dal mio, molto più diverso, sembrava davvero voler rimanere solo sembrava, triste…
“E ora, mia cara Grace se non ti dispiace, puoi darmi il tuo indirizzo cosi posso riportarti a casa”
Lo fissavo sbalordita, era sempre lui, sempre il Dottore ma era cosi diverso e non solo nel’aspetto, in tutto, il suo animo era cupo e malinconico, quasi avesse perso interesse per lo spazio, le avventure, non poteva essere il dottore quello, di sicuro non il mio!
Cercavo di ricordare, quante più informazioni mi aveva raccontato il Signore del Tempo, avevo bisogno di collocare nella linea temporale l’uomo che avevo davanti, si era la sua decima rigenerazione ma cosa era successo, poi un nome squarciò i miei pensieri come un fulmine Rose Tyler.
Non mi resi conto che forse, quel nome non era solo nella mia mente, ma forse doveva aver preso vita fuori dalle mie labbra come un flebile fruscio nel vento.
Il suo sguardo fu più severo che mai, mi si avvicinò con fare deciso e afferrò con forza le mie braccia, stringeva quasi da farmi male. “ quel nome, quel nome, come fai a conoscerlo!”
Le sue parole avevano un tono forte, deciso, rimbombavano nella mia testa come l’urlo più assordante e i suoi occhi, non avevo mai visto occhi più duri di quelli, le mascelle serrate e i denti avvinghiati in un ringhio di dolore.
Trassi un profondo sospiro, cercai di trovare le forze, il coraggio per parlare, e quasi spaventata iniziai il mio racconto. “Rose Tyler, l’hai lasciata alla Baia del Lupo Cattivo con la tua metacrisi, un signore del tempo che però è umano, generato dalla tua mano. Mi hai raccontato questa storia un sacco di volte, e un sacco di volte ho visto nei tuoi occhi quel velo di malinconia che vedo anche ora.”
La sua bocca era spalancata, i suoi occhi esterrefatti, mi tolse le mani dalle braccia e fece un passo indietro, quasi a volersi allontanare, iniziò a guardarmi con aria sospetta ed estrasse il suo cacciavite sonico, lo fece ondeggiare davanti a me, con la luce blu che mi accecava e il cicaleccio dei vecchi modelli.
“umana!” disse riponendo nella tasca interna della sua giacca il cacciavite, si passava la mano tra i capelli, cercando quasi di scacciare dalla sua mente i mille pensieri che la affollavano.  “Chi sei tu!” disse nuovamente, con un tono severo.
“Grace Dottore, sono Grace, tu non mi conosci o meglio non mi hai ancora conosciuta ma posso assicurarti che un giorno io sarò la tua compagna”gli dissi con un tono quasi disperato, come ad implorarlo di credermi. Gli porsi le lettera e lui a afferrò.
Ci puntò contro il cacciavite sonico, con diffidenza come se temesse che dentro ci avrebbe trovato una bomba, la studiò con attenzione, notando il numero 10 scritto a penna sul dorso della busta.
“sei stato tu a darmela Dottore per te, cioè tu, tu nel futuro, insomma è per te da te!” dissi confusa
Il Dottore inforcò gli occhiali, gli stavano davvero bene, anche nel futuro li usava ma devo ammettere che a questa rigenerazione donavano molto di più. Iniziò a leggere la lettera ad alta voce.
“Caro Dottore, Wow stò scrivendo a me nel futuro! ad ogni modo,  Dottore..”
“Si è raccomandato che io non la leggessi, quindi forse non dovresti farlo ad alta voce”.lo interruppi.
Il dottore mi guardo con aria sorpresa, forse era stupito del rispetto che avevo verso gli ordini che mi erano stati impartiti e continuò la sua lettura in silenzio, le sue espressioni si facevano sempre più rilassate, come se in quelle parole trovasse conforto, il Dottore del futuro sicuramente sapeva come parlare al suo io passato e come fare per rassicurarlo, staccò il naso dalla lettera e iniziò a fissarmi.
Una luce diversa c’era nei suoi occhi, erano molto più felici, quasi gioiosi, chissà cosa aveva letto in quella lettera, forse il Dottore gli aveva svelato tutto, forse lui sapeva. NOTE: grazie a voi per aver letto il primo capitolo la mia storia, spero davvero sia stata di vostro gradimento. Ogni commento è ben accetto sia esso negativo o positivo! Buona continuazione

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


“quindi tu, sarai la mia compagna?” disse sorridendo e avvicinandosi a me “noi due viaggeremo nel tempo e nello spazio assieme” continuò mettendomi le mani sule spalle e facendomi girare in un divertente girotondo. Mentre volteggiavamo lo sentivo ridere e a cuor leggero le risate uscirono anche dalle mie labbra quando, mi fermai bruscamente.
“devo trovarlo Dottore, tu mi devi aiutare, io lo devo salvare”dissi prendendogli le mani “ti prego”
“perché stavate fuggendo dai Dalek, non l’ho mai fatto, perché ora? Perché ti ho mandato qui, perché ti ho rimandato da me?” il Dottore passeggiava avanti e indietro nella cabina del TARDIS, sfregandosi i capelli borbottando varie possibilità.
“il Dottore, il mio dottore non ti ha spiegato nulla nella lettera?”cercai di avvicinarmi a lui.
“ mi ha solo detto di tenerti al sicuro!” sbuffò “c’è qualcosa che non so, lo vedo nei tuoi occhi Grace cosa non mi state dicendo?”
Non sapevo come comportarmi, non avevo idea di cosa potessi o cosa non potessi dirgli, non potevo svelare troppo sul suo, sul nostro futuro ma era una situazione d’emergenza, il mio Dottore era disperso, non sapevo come stava, non sapevo dove fosse, io mi trovavo indietro nella sua linea temporale con il cuore colmo di terrore ma davanti a me c’era sempre lui, era li, il mio Dottore, solo prima del nostro incontro, decisi quindi di farmi coraggio e di affidarmi a lui, sicuramente il Dottore sapeva cosa fare, cautamente mi avvicinai a lui e sondai i suoi profondi occhi marroni ma la testa continuava a girarmi, sentii nuovamente le forze venirmi meno e il buio sopraffarmi, ricordo solo le sue braccia, che mi avvolgevano.
Mi ritrovai nuovamente seduta sulla poltrona mentre il Dottore cercava di farmi aria con un foglio di carta, il suo sguardo era in egual misura dolce e dubbioso, non sapeva se fidarsi o meno di me, capii che potevo fare solo una cosa, sussurrargli nell’orecchio il suo nome, un nome perso nel tempo che solo due donne avevano udito, solo due in tutta l’esistenza.
Si risollevò da me, con un respiro appeso nella gola, la fronte imperlata di sudore lo stupore impresso nei suoi occhi finemente cesellati nel mogano.
“non puoi saperlo, come fai a saperlo, no, non tu, come lo sai?” disse mentre nuovamente si allontanava da me e in preda ad una sorta di shock camminava all’indietro annaspando verso la console.
“non sei la prima donna che piomba dal mio futuro e conosce il mio nome! È impossibile! Come fai” disse facendo scivolare le parole tra i denti e portandosi le mani alla bocca.
Cercai di ricompormi ma mi sentivo ancora molto debole “ quanti modi ci sono perché io sappia qual è il nome di un Signore del Tempo” chiesi boccheggiando alla ricerca d’aria.
“soltanto uno” rispose lui con lo sguardo perso nel vuoto “ma non sei la prima, non capisco”
“La professoressa Song, anche lei ti ha sussurrato il tuo nome, lei lo conosce, per lo stesso motivo per cui lo conosco io, ma sono due cose diverse, non devi sapere più di quello che è necessario e le motivazioni ora non sono indispensabili, veniamo entrambe da due punti distinti della tua linea temporale, prima lei e poi io” stavo lottando per rimanere lucida, stavo male, davvero male e avevo paura per quello che sarebbe successo, cominciavo a sudare, l’aria sembrava essere rarefatta e sentivo il suo sguardo preoccupato su di me. Improvvisamente,  uno degli schermi del TARDIS cominciò a suonare, come un allarme, io non capivo cosa fosse, il TARDIS che conoscevo io non emetteva suoni di quel tipo, il Dottore si avvicinò allo schermo e lo guardo sgomento, si fece serio e mi si pose d’avanti. La sua posa era solenne, i suoi occhi erano strani, non riuscivo a decifrarli.
“Non è tutto vero? C’è dell’altro?” stavo quasi per iniziare a parlare quando lui mi pose un dito sulle labbra e fece cenno di non parlare. “ da quando sei entrata qui, non hai fatto altro che svenire, inizialmente pensavo che fosse per lo stupore, o che fossi malata, ma il mio cacciavite sonico nell’analizzarti non ha riscontrato anomalie cosi ho chiesto al TARDIS di controllare” le sue parole rimasero sospese e un meraviglioso sorriso si dipinse sul suo volto, i suoi occhi erano intrisi di una luce strana e sembravano traboccare di gioia “tu sei incinta!” e mi abbracciò forte “gemelli! Sono due gemelli”.
Mi alzai e lo guardai dritto negli occhi, il suo sorriso pian piano si spense,  ma non divenne serio, cercava solo di captare qualche informazione dal mio sguardo, dai miei gesti. Gli sorrisi, come si sorride a un bambino che non riesce a capire un ragionamento lampante, con tenerezza. Gli misi una mano sulla guancia e lui si lasciò accarezzare, per la prima volta mi guardò come se mi avesse già conosciuta, i suoi occhi profondi e intrisi di vita si riempirono di lacrime e un’espressione stupefatta si palesò sul suo volto, come se tutto fosse tremendamente chiaro.
“Due cuori, ma c’è solo un bambino” dissi quasi sottovoce, quelle parole sembravano riecheggiare nel TARDIS “un Signore…” “del Tempo” fini lui con la bocca aperta per lo stupore, lo sguardo di chi ha ricevuto la notizia più bella della sua esistenza, fece un passo verso di me, con delicatezza, quasi non volesse disturbarmi , alzò una mano, e poco prima di appoggiarla sulla mia pancia, con reverenza e dolcezza mi chiese “posso?” gli feci cenno di sì. Vidi le sue guance segnate da un mare di lacrime che risplendevano come diamanti sotto la calda luce del TARDIS, sentivo la sua mano calda accarezzarmi il ventre e lo vidi bello, bellissimo come il preciso istante in cui il mio Dottore seppe della mia gravidanza.
Continuando a tenere la mano sulla mia pancia, timidamente e visibilmente imbarazzato chiese “quanto…??”
“manca?” risposi io con un sorriso, “manca davvero poco”. Lui scosse la testa e mi guardò come se qualcosa non tornasse “hai la pancia perfettamente piatta, dov’è il bambino?”.
Sorrisi, lo guardai di nuovo come fosse un bimbo “ è un Signore del Tempo, più grande all’interno!” dissi strizzandogli l’occhiolino.
“giusto! È , è favoloso, deve essersi occultato agli occhi del mondo per precauzione” disse girando attorno alla consolle.” E’ quello che pensiamo anche io e il mio Dottore, ciò, te!” lo interruppi, poi lo vidi farsi serio.
“Lui sa di essere in pericolo, sa di essere un Signore del Tempo, sa di essere…..mio….figlio” quell’ultima parola usci dalle sue labbra come un sussurro, sembrava aver realizzato tutto solo in quell’istante.
“Mio figlio… ci saranno delle guerre per averlo, raderanno al suolo pianeti per scovarlo! Capisco perché lui ti ha mandato da me, capisco perché ha dovuto spedirti indietro nella mia linea temporale, da qui sapeva che potevo aprire una fessura in un universo parallelo e affidare il bambino, il nostro bambino alle persone migliori del mondo! Ma si! Che genio che sono!” sembrava eccitato come caricato a molla mentre saltellava da un lato all’altro della consolle schiacciava bottoni e tirava leve.
Un dolore, un dolore lancinante si fece largo nel mio ventre e caddi atterra, non avevo mai provato una sensazione simile, come se un intero universo stesse esplodendo dentro di me, non riuscivo a respirare, non sapevo come fare, urlai solo il suo nome con tutto il fiato che avevo in gola.
“Grace, Grace, stai bene?” urlò il dottore in preda al panico.
“Devi farlo, devi farlo tu!” urlai mente il dolore si faceva sempre più intenso, mentre l’aria nel TARDIS sembrava non bastare a riempire i miei polmoni mentre tutto sembrava fermarsi. Non so dire quanto tempo sia passato, i miei ricordi di quel momento sono confusi, ricordo solo le urla che squarciavano il silenzio e un piccolo fagottino tra le sue braccia che si dimenava e a gran forza urlava la sua venuta al mondo.
Il Dottore lo teneva in braccio sorridente, le lacrime scendevano veloci lungo le sue guance, sembrava che non avesse mai visto nulla di tanto bello, aveva viaggiato nel tempo e nello spazio ma i suoi occhi non videro mai nulla di più bello, di più fantastico di quel piccolo frugoletto che lo guardava rapito. Dolcemente mi mise tra le braccia quel piccolo esserino, mi sembrava cosi fragile, cosi piccolo ma cosi incredibilmente forte, cercai di immaginare la sua vita, cosa ne sarebbe stato di lui ed iniziai a preoccuparmi, il mio Dottore, l’uomo che mi aveva regalato una gioia cosi grande non era li per vedere il frutto del nostro amore, stava combattendo in chissà quale mondo per la nostra libertà, cosa ne sarebbe stato di lui, cosa ne sarebbe stato del nostro piccolo regalo d’amore.
Lui la vide, lui vide la tristezza che come la nebbia avvolgeva fitta la mia mente, come se riuscisse a leggermi nel pensiero, mi abbraccio, era un abbraccio a cinque cuori che battevano forte e all’unisono, mi baciò dolcemente la fronte come solo lui sapeva fare come il mio dottore aveva fatto prima di lasciarmi e dolcemente mi sussurrò all’orecchio “ grazie, in tutta la mia lunga vita non ho mai avuto la fortuna di vedere nulla di cosi meraviglioso e tu, me lo hai regalato, grazie Grace, piccola e forte Grace” mi accarezzò una guancia, accarezzò la fronte del fagottino che tenevo tra le braccia e aggiunse “ora so perché un giorno ti vorrò non solo come compagna di avventure ma anche come compagna di vita, adesso è il momento di trovare una casa a questo piccolo miracolo!”.
Mi aiutò ad alzarmi e mi offri dei vestiti puliti e una camicia per cercare di vestire il piccolo. Era buffo il nostro bambino, tutto infagottato in una camicia azzurra che profumava di avventura, il mio sguardo si posava sul piccolo e piano piano si spostava sul Dottore, quel Dottore che si era fidato di me, quel Dottore che aveva dato uno sguardo sul suo futuro e lo aveva accolto, amavo quel Dottore, perché era il mio Dottore, ora non vedevo differenze, era lui, è sempre stato lui!
Si era accorto che lo guardavo e mi sorrise mentre trafficava con il suo TARDIS mi guardava con l’aria di chi stava guardando la sua vita, la sua bellissima vita e sorridendo, con la voce gonfia di gioia mi disse “quanta meraviglia sei!siete!siamo! “ con forza tirò una leva “tenetevi forte!” disse tirando un’altra leve “Allons-Y!!”.
Il TARDIS si fermò, quasi di colpo smettendo qualsiasi rumore e timidamente chiesi al Dottore se eravamo giunti a destinazione. Lui mi guardò profondamente e un’espressione confortante  prese possesso del suo volto, si avvicinò a me e guardandomi negli occhi mi disse “ siamo sulla soglia di quell’universo parallelo che avevo giurato di non aprire più, quell’universo in cui il mio io umano stringe la mia Rose, in quell’universo, il tuo, il nostro bambino sarà al sicuro, cresciuto da una donna fantastica e da me leggermente diverso da come sono ora ma ugualmente brillante!” scherzosamente si beava sul quel brillante e proseguì “non ci sono persone  migliori a cui affiderei mio figlio, li sarà nascosto al resto dell’universo, nessuno saprà e forse un giorno, potrai tornare da lui” il suo sguardo era cosi sereno, mi sentivo protetta, sentivo come l’istinto innato di fidami sempre del Dottore, quel pazzo uomo con la cabina blu ,ma un senso di profonda tristezza annebbiava il mio cuore, guardavo il piccolo che tenevo tra le braccia, aveva gli stessi occhi profondi del padre, gli occhi di chi ha vissuto un sacco di avventure o comunque dovrà viverle, sapevo che avrei dovuto separarmene, lo sapevo fin da subito, il Dottore aveva aiutato molti popoli, ma ne aveva anche scatenato le  ire e il figlio dell’ultimo Signore del Tempo era merce rara e preziosa per popoli subdoli e senza cuore. Ma continuavo a stringerlo, e più lo facevo, più il mio cuore sembrava spezzarsi. Le calde mani del Dottore con la delicatezza di chi prende tra le mani l’oggetto più fragile al mondo mi tolse dalle braccia quel caldo fagottino e lo strinse a se, baciò quella piccola fronte che sapeva di amore e inspirò il profumo della sua pelle, per lui fu come perdersi nel sogno più bello, il viaggio più fantastico, per il dottore quella fu la sua avventura più grande.
Tenendo il piccolo in braccio fece atterrare il TARDIS il Dottore sembrava voler spiegare i comandi al piccolo e io più li guardavo più li trovavo buffi, ma mi rendevo conto di guardare un’immagine che avrei impresso nella mia mente per la vita.
Il Dottore mi prese per mano e mi regalò il suo sorriso più dolce, con una mano stringeva forte la mia e con l’altro braccio sorreggeva la cosa più importante dell’intero universo,si diresse verso la porta del TARDIS e quella si spalancò rivelando un paesaggio quasi lunare La Baia del Lupo Cattivo.
Tutto iniziò e forse tutto doveva finire esattamente li, il sole era alto nel cielo e la luce appena usciti dalla cabina blu era quasi accecante, il Dottore mi stringeva forte la mano e ancor più forte stringeva a se nostro figlio, sembravamo una famiglia, una vera famiglia. In lontananza vedi due figure che si avvicinavano, una ragazza bionda di media statura e un  uomo alto, snello ed elegante. Si avvicinavano sempre più e riconobbi subito quello che doveva essere la versione umana del Signore del Tempo, erano identici in tutto e per tutto ma non era lui, lo si sentiva nel profondo, erano identici, ma incredibilmente diversi. Teneva per mano una bella ragazza dai capelli biondi, con un sorriso rassicurante e lo sguardo di chi ha vissuto mille avventure e sa cosa significhi rimanere legata al Dottore per sempre. Ci sorrisero entrambi, le parole sembravano non servire, il Dottore si fidava di loro e a me non serviva sapere altro, stavo per affidare a loro mio figlio, l’unico erede del Signore del Tempo, stavo per affidare loro una speranza, ero triste, ma ero fiduciosa, fiduciosa del fatto che un giorno avrei potuto stringere nuovamente quel piccolo tra le mie braccia e mentre le lacrime inevitabilmente si riversavano fuori dai miei occhi il dottore dopo averlo baciato sulla fronte e avergli sussurrato qualcosa in quella che era la sua lingua natale mi passò dolcemente il piccolo fagotto che bramavo di tenere tra le mie braccia.
Lo strinsi forte a me, ne aspirai a pieni polmoni il profumo e lasciai che le mie labbra gli accarezzassero il volto in quella che sembrava essere la carezza più dolce del creato, il Dottore mi mise una mano sulla spalla indicandomi che il nostro tempo a disposizione stava per scadere, alzai lo sguardo verso Rose e le posi tra le braccia mio figlio che lei strinse come suo.
“Grace, lo proteggeremo sempre, lo custodiremo come il più importante dei tesori” mi disse abbracciandomi il Dottore umano, mentre Rose sorridendo mi poggiava la mano sulla spalla.
Era un momento troppo doloroso, sapevo perfettamente che mio figlio in quell’universo con loro era al sicuro come fosse in una cassaforte e continuavo a ripetermelo, ma lasciarlo, era troppo difficile.
Rivolsi un ultimo sguardo colmo di lacrime a Rose e l’altro Dottore, mi voltai e afferrando la mano del Signore del Tempo entrai nel TARDIS.
“andiamocene, ti prego” dissi tra i singhiozzi strozzati, il Dottore non parlò, capiva, capiva la situazione e  delicatamente fece ripartire la piccola cabina blu.
Il TARDIS atterò, non sapevo dove e  nella mia testa solo un turbine infinito di pensieri, dolore, rabbia e disperazione, mi sembrava di essere all’interno di una bolla, non riuscivo a ragionare, tutto era troppo confuso poi, lo sentì abbracciarmi alle spalle, la nebbia come d’un tratto si era dissipata e un sole splendeva limpido nel mio cure, mi voltò dolcemente, in modo da potermi offrire uno sguardo dolce, comprensivo e li mi resi conto che non avevo solo io perso mio figlio ma anche lui, era mio complice in questo ma sapevamo entrambi che il motivo era più che valido.
“quello che sei, quello che hai fatto è magnifico, hai sacrificato i tuoi sentimenti per permettergli di essere al sicuro, un gesto come questo è più forte di qualsiasi altra cosa nell’universo” mi strinse a sé, con tanta forza quasi come volesse portarmi dentro di se, mentre premevo il mio viso sul suo collo sentivo il suo profumo, sempre lo stesso profumo e riconobbi il mio Dottore, sempre lui, sempre forte e coraggioso ma fragile come un pulcino appena nato. “adesso so perché ti ho scelta, adesso so perché vorrò passare il tempo con te, non so cosa succederà, non so quale strada dovrò prendere per trovare tè sul mio cammino ma so solo che quel cammino è fortunato” mentre parlava il mio cuore batteva forte e sentivo che anche i suoi avevano accelerato il ritmo, mi prese il volto tra le sue mani e con i pollici cercava di scacciare le lacrime dalle mie guance, il tempo si fermò perché il dottore, come se ne sentisse un bisogno vitale premette le sue labbra sulle mie in un bacio che credo abbia fermato il motore dell’universo in un momento eterno e perso nello spazio. Ricambiai il bacio, con tutto l’amore che provavo per lui, un amore che viaggiava dall’inizio alla fine del tempo e dello spazio, ne assaporai ogni secondo e lo impressi nella mia mente.
“non ricorderò nulla di questo vero?” mi disse lui sorridendo sapendo già la risposta.
“il paradosso è troppo grande, il TARDIS non ti permetterà di conservare questo ricordo, non appena partirai questo non sarà mai esistito” riposi con malinconia.
“non ancora! Non mai! Un giorno accadrà e sarà forte!”disse sorridendo mentre si accingeva ad aprirmi la porta della TARDIS “grazie, per tutto quello che sei e per quello che mi hai regalato, mi hai dato la cosa più grande che si possa desiderare e anche se tra un attimo lo dimenticherò, prima o poi potrò viverlo”
Gli sorrisi con profonda gioia e gratitudine e lanciai uno sguardo fuori dalla porta, il paesaggio era verde e collinare, il sole del tramonto donava pennellate d’oro all’erba e potevo scorgere verso l’orizzonte una cabina blu la cui porta era semi aperta, era il mio Dottore, era li per me e io bramavo di stringerlo forte al mio petto più di ogni altra cosa.
“addio” dissi a quel Dottore dai capelli spettinati che aveva salvato nostro figlio, a quel Dottore che aveva creduto nell’amore e aveva creduto in me.
Corsi più veloce che potevo verso quella porta, la sua mano tesa all’uscio per portarmi verso nuove avventure, rientrando diedi un’ultima occhiata alle mie spalle e vidi il TARDIS del Dottore dal completo marrone e le logore scarpe di tela scomparire nel nulla, aveva dimenticato, non mi ricordava più, ora chissà verso quali avventure era diretto, quel giovane Dottore dai capelli impossibili nella sua cabina blu, quel Dottore ignaro che le tre donne più importanti della propria vita il Lupo Cattivo, l’Archeologa e io eravamo in realtà la stessa persona….
 


NOTE: grazie a voi per aver letto la mia storia, spero davvero sia stata di vostro gradimento. Ogni commento è ben acceto sia esso negativo o positivo!

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