This is life

di Sterlocked
(/viewuser.php?uid=873274)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** #1 ***
Capitolo 2: *** #2 ***
Capitolo 3: *** #3 ***



Capitolo 1
*** #1 ***


Note iniziali: allora vi chiederete perché invece di aggiornare "Giorno per Giorno" (il cui nuovo capitolo dovrebbe arrivare in settimana!) ce ne usciamo con questa raccolta di cui potevate anche fare a meno xD Diciamo che ci è venuta questa idea e ci sembrava carina: ci diamo dei prompt semplici semplici a vicenda ogni giorno e poi l'altra può scriverci qualsiasi cosa, che sia drabble, flashfic o one-shot. Speriamo che vi piacerà questa raccolta!

Prompt: Stiles porta a casa un gatto obeso e Derek lo bullizza.
(Sì, daremo sfogo a tutte le nostre idee strampalate xD)

#1


«Ma è bellissimo!».   
«O mio Dio, sembra che sorrida!».   
L’intero branco di Beacon Hills, formato da creature sovrannaturali e pericolose che avrebbero potuto squartarti il ventre solo con un artiglio, era rimasto inerte di fronte a quel gatto adorabile che Stiles aveva raccolto sul ciglio della strada solo due ore prima. Si erano dimenticati di tutto. Persino di chiamare i genitori e dire che avrebbero tardato.            
«Stiles, perché non hai risposto alle venti chiamate perse di tuo padre?!». Si sentiva responsabile di ogni singolo membro del branco, ma da quando con Stiles le cose avevano preso una piega diversa e lo Sceriffo era diventato il padre del ragazzo che frequentava… beh, non voleva farlo arrabbiare.     
«Eh?». Non distolse gli occhi per guardarlo, non lo salutò nemmeno.       
«Si può sapere cosa sta succedendo qui?». Tutto il branco era radunato a cerchio intorno a qualcosa che Derek non riusciva a vedere, ma il cui odore lo aveva fatto tremare disgustato sin da quando aveva aperto la porta.           
Si avvicinò cautamente, sbirciando da sopra la spalla di Stiles che, rannicchiato, stava accarezzando sulla pancia una palla di lardo pelosa. 
«Che cosa è?». Si ritrasse disgustato. Ne aveva visti di mostri spaventosi, ma mai qualcosa di simile.    
«Un gatto, Derek, cosa vuoi che sia?». Isaac. Isaac aveva alzato il tono di voce. E Boyd lo guardava male. Per non parlare di Erica che sembrava volerlo azzannare da un momento all’altro. 
Scott invece era rimasto in contemplazione, la mandibola storta appoggiata sul palmo della mano e lo sguardo perso.           
«Lo voglio fuori da casa mia. Ora». Ringhiò. Il doppio timbro da Alpha riecheggiò tra le pareti del loft, e tutti i suoi Beta si ritrassero spaventati. 
«Noi andiamo». Sorrisi di circostanza. Sguardi sottomessi.
Tutti ma non Stiles, che aveva inarcato un sopracciglio e incrociato le braccia al petto.                
Derek lo aveva imitato. Anzi. Aveva imitato Stiles che lo aveva imitato per primo. Scosse la testa, confuso dai suoi stessi pensieri, e riassunse una posa normale.           
«Quello non è un gatto. È una cosa indefinita. Non ha forma».     
«Derek! Ma ti sembra il modo? Quest’esserino sente tutto!».        
Sbatté le ciglia. Ripetutamente.        
«È obeso».     
«Shh». Gli coprì le orecchie con i palmi, guardando Derek furiosamente. 
«Dovrai fartelo piacere. È il tuo nuovo animale domestico».          
«No». 
«È la nuova mascotte del branco».   
«Pensavo fossi tu la nostra mascotte».         
«Ha. Ha. Che ridere». Derek cercò di rimanere serio, ma era difficile con Stiles che lo guardava offeso e addolorato.           
«Portatelo a casa».    
«Non posso, mio padre è allergico». 
«No».             
«Dai, Derek! Come puoi non farti catturare dalla tenerezza di questo piccolo gattino indifeso?».           
«Piccolo? Ma se non è in grado nemmeno di reggersi in piedi. Per muoversi dovrà rotolare».     
«Ti ho detto di non trattarlo così! Sono intelligenti e percepiscono l’ostilità».      
«Se rimane qui lo metto a dieta».     
«Stai facendo body shaming a un gatto. Vergognati! Vergognati!». Prese il gattino in braccio e uscì dal loft sbattendo la porta.     
«Insensibile!», urlò prima che si chiudesse con un tonfo.    
«Ma…».

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** #2 ***


Prompt: Derek presenta Stiles a Laura per la prima volta ed è ansioso.
Genere: fluff, commedia.
Rating: verde.
Parole: 339.

Buona lettura!

#2

«Ricordati che anche se sa che siamo licantropi non devi annusarlo apertamente, lo mette a disagio».

«Non dire cose inopportune. E non metterti a parlare di quando ero piccolo! Sarebbe imbarazzante».

«Non fargli l'interrogatorio sulla sua famiglia, non gli piace parlare di sua madre».

«Poi...».

«Derek!». Laura gli mise le mani sulle spalle. «Non ho intenzione di far scappare il tuo ragazzo!».

Derek sbuffò, conosceva troppo bene sua sorella.

«Come se non sapessi che hai intenzione di metterci in imbarazzo».

Laura sbuffò, alzando gli occhi al cielo. Una caratteristica della famiglia Hale.

«Quanta fiducia che hai in tua sorella».

 

«Derek, mi stai per far conoscere tua sorella, non mi stai portando al patibolo». Il tono di Stiles era esasperato e tenero insieme. «Stai tranquillo, andrà bene».

Derek sbuffò, lo sguardo ansioso.

«Lo so». Stiles sorrise e si sporse a lasciargli un leggero bacio sul collo.

Le mani di Derek stavano tamburellando sul volante, gli occhi erano concentrati sulla strada.

Stiles allungò la mano per accarezzargli la coscia, in un gesto che non aveva nulla di malizioso, ma che voleva essere rassicurante e affettuoso.

 

«Sourwolf, visto che è andato tutto bene?».

Erano tornati a casa, e ora erano sdraiati sul divano, Stiles addosso a Derek con la testa posata sul suo petto e un sorriso sulle labbra.

Derek sospirò leggero, strusciando il naso sui capelli del suo ragazzo. Il suo profumo lo calmava e rassicurava.

«Non ne avevo dubbi».

Stiles alzò la testa rivolgendogli uno sguardo allo stesso tempo divertito e esasperato.

«Certo, non eri per nulla ansioso».

Derek sorrise.

Era vero, era in ansia per quell'incontro, ma non perché temesse che sua sorella avrebbe fatto scappare Stiles. Le due persone più importanti della sua vita si sarebbero incontrate e Derek voleva che andassero d'accordo. Stiles e Laura erano la sua famiglia, voleva che andassero d'accordo. E così era stato.

«Non ti lascerei mai, lo sai? ». Ad occhi aperti, si scambiarono una piccola carezza con le labbra. Come piaceva a loro. Era il loro modo di dirsi "ti amo".

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** #3 ***


Prompt: una proposta di matrimonio insolita e una reazione inaspettata.
Genere: romantico, fluff.
Rating: verde.
Parole: 900.

Buona lettura!

#3

 

Faceva caldo e l’afa rendeva ancora più insopportabile quell’estate torrida. Nonostante fossero già le dieci di sera nessuno a Beacon Hills aveva trovato il ben che minimo sollievo. Stiles e Derek erano seduti sul divano, entrambi con una birra fresca in mano a guardare la televisione.        
«Mi spieghi perché stiamo guardando “The Good Wife?”». Il suo tono scocciato non infastidì Stiles che si limitò a una smorfia.   
«Perché dopotutto piace anche a te».           
«Dereeeek». Il più grande gli dedicò solo un’occhiata veloce prima di riportare la propria attenzione ad Alicia Florrick.         
«Che vuoi?». 
«Ho caldo».   
«Lo so».         
«E che pensi di fare a proposito?».   
«Cazzo! Zitto, Stiles, ma hai visto cosa è successo? Hanno sparato a Will». Scosse la testa mentre la sua risata divertita ricoprì le voci della televisione.      
«E menomale che ti faceva schifo». 
«Zitto».
«Va bene, va bene. Mi arrendo». Si alzò dal divano, e con il cellulare e la birra in una mano sola, si allontanò da Derek, rintanandosi in cucina per poter parlare senza la paura di essere sentito.    
Compose velocemente il numero, e aspettò impaziente che gli rispondessero. Dopo due tentativi andati a vuoto, finalmente alla terza chiamata sentì il “Pronto?” interrogativo dell’altra persona.
«Salve! Non la vorrei disturbare ma sa, aveva detto che mi avrebbe chiamato in giornata e non l’ha fatto».       
«Scusi? Ma lei chi è?». Alzò gli occhi al cielo, posando con stizza la birra sul piano della cucina.
«Stiles, quello che più di una settimana fa ha portato un anello per farlo allargare». Dire che era infastidito era riduttivo.        
«Ah, il ragazzo dal nome impronunciabile».
«Sì, allora? È pronto? Posso passare a prenderlo domani?».           
«Ehm… provi a passare verso le cinque». Mentalmente insultò la donna. Era più di una settimana che gli dicevano di passare al negozio il giorno dopo, e ogni volta ne usciva a mani vuote.     

Prima di tornare da Derek stappò altre due birre ghiacciate, sicuro che anche l’altro avesse ormai finito la sua. 
«Dov’eri andato?».   
«Ero al telefono». Sapeva che non era colpa di Derek se i suoi piani continuavano a saltare e se il gioielliere non voleva lavorare.         
«Dio, contieni la tua esuberanza. Mi acceca».         
«Derek?».
«Sì?».
«Fanculo». L’altro rise e si buttò addosso a Stiles, intrappolandogli le labbra in un bacio a stampo e da cui non avrebbe più voluto staccarsi. 
«Mi soffochi».           
«Ti amo».       
«Sì, io pure». Derek alzò gli occhi al cielo e si sedette nuovamente sulla sua parte del divano. Anche se stava ancora guardando la serie i suoi pensieri non erano più rivolti alla moglie del governatore.          
«Stiles».         
L’altro teneva la bottiglia per il collo, soffiandoci dentro e tentando senza successo di fischiare.
«Che ne dici se ci sposassimo?». Stiles aggrottò le sopracciglia e piegò la testa di lato. Sembrava un cane che, incuriosito, aspettava il comando del padrone.        
«No eh, no no no no no». Una volta recepite le informazioni, saltò giù dal divano, scuotendo ripetutamente la testa mentre continuava a ripetere una sfilza di no.          
«Stai scherzando, vero?». Stiles si fermò dal farneticare senza senso.       
«No che non sto scherzando! Ma ti rendi conto di quello che hai appena fatto?». Derek sapeva che quella non fosse la più romantica delle dichiarazioni – forse non lo era affatto romantica – ma ci pensava già da un po’ di tempo e quello gli era sembrato il momento più adatto. Quello che non si aspettava, però, era la reazione esagerata di Stiles.            
«Ma ti pare che mi rifiuti?». Inizialmente l’aveva presa male. Ma poi ci aveva pensato meglio e col cazzo che Stiles non lo avrebbe sposato!        
«Stiamo insieme da sette anni, conviviamo da cinque».      
«Appunto, Derek, appunto?».          
«Appunto?».  
«In cinque anni non hai mai parlato di matrimonio, non hai mai accennato che me l’avresti chiesto, e adesso te ne esci fuori con questa cosa? Ma lo sai cosa hai combinato, lo sai?». Alzò l’indice e fermò Derek che stava per ribattere.           
«No che non lo sai».  
Era confuso, molto confuso. Avrebbe voluto arrabbiarsi, ma la confusione derivata dal non capire l’atteggiamento di Stiles aveva prevalso.
«Vieni con me». Lo prese per il polso, trascinandolo su per le scale fino alla camera da letto.     
«Stiles…».
«Ho detto che devi stare zitto».       
Aprì il cassetto della scrivania e tirò fuori un vecchio taccuino della polizia di Beacon Hills: probabilmente era appartenuto al padre. 
«Leggi».

Ore 15:00: andare a ritirare l’ordinazione. Portarla a casa e metterla nel frigo.  
Ore 17:00: compare una scatola per l’anello.         
Ore 18:00: imbandire la tavola.       
Ore 19:00: cominciare a mangiare. 
Ore 19:19: fare la proposta.             


«Ecco… lo vedi cosa hai fatto?».     
«Stiles, cosa è questo?».       
«È la mia proposta di matrimonio, ecco cosa è!». Era indignato. Indignato e arrabbiato. 
«Tu…».         
«Io…». Fece una smorfia per prenderlo in giro. «Ti volevo chiedere di sposarmi, ho persino portato i vestiti che avrei indossato in tintoria, così erano stirati per bene e tu non mi rompevi più l’anima perché vado in giro come un barbone! Ma no! Ti sembra che riesco a chiedertelo? Spoiler alert! Non ci riesco perché te ne devi uscire te e il tuo “Che ne dici se ci sposassimo”».      
«Stiles…».
«Cos- cazzo!». Derek era inginocchiato davanti a lui, un sorriso divertito a illuminargli il viso giocoso, e tra il pollice e l’indice un anello d’oro bianco.     
«Vuoi sposarmi?». Stiles dimenticò tutto. I fiori, le ordinazioni, il gioielliere… dimenticò persino di dire sì.     
«Allora? Mi sposi?».
«Sì che ti sposo!».

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3689422