Percy Jackson e gli Dei dell'Olimpo – Crisi d'identità

di cereal_killeeeeer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. PARTIAMO PER UNA MISSIONE SEGRETA ALL'OSCURO DELL'OSCURITÀ IN PERSONA ***
Capitolo 2: *** 2. INCONTRIAMO DELLE STAR NON MOLTO POPOLARI ***
Capitolo 3: *** 3. ACCETTIAMO UN PASSAGGIO DA UNA SCONOSCIUTA ***



Capitolo 1
*** 1. PARTIAMO PER UNA MISSIONE SEGRETA ALL'OSCURO DELL'OSCURITÀ IN PERSONA ***


1. PARTIAMO PER UNA MISSIONE SEGRETA ALL'OSCURO DELL'OSCURITÀ IN PERSONA

    Mi diressi verso le sponde del Tevere, dove i pretori di Nuova Roma, Reyna e Jason, il senato e il resto della magistratura mi stavano aspettando insieme ad Hazel e Frank per partire alla ricerca di altri semidei in pericolo e portarli al campo. Sì, starete tutti dicendo ‘’Oh, che eroi!’ oppure ‘Che coraggiosi!’’. Beh, purtroppo per quanti pensi sia giusto salvare la gente, odio quando mi obbligano a farlo. In generale detestavo quando mi imponevano di fare qualcosa, e in fondo, chi non lo fa?

    «Perseus Jackson, Hazel Levesque, Frank Zhang. Noi pretori e la magistratura siamo qui presenti per fare i nostri saluti e augurarvi buona fortuna per la vostra missione di salvataggio di eroi e semidei in-»

    «Sì, sì, non c’è bisogno di fare questo discorso ogni tre per quattro» dissi io interrompendola, facendo sussultare qualcuno nella folla per il mio tono «Ho capito che vi mancherò, ma tranquilli, tornerò» pronunciai poi, facendo l’occhiolino a nessuno in particolare, mentre mi preparavo a salire sulla barca che mi avrebbe trasportato per portarmi dall’altra parte del fiume.

    «Percy!» sentii Hazel esclamare dietro di me «Non dovresti parlare così ai nostri superiori!»

    «Non importa»la tranquillizzò Jason sbuffando «In effetti mi sono stancato pure io di questo discorso» finì lui mentre Reyna zittiva Ottaviano che imprecava qualcosa in latino, probabilmente chiedeva al suo dio Peluche perché fossi così maleducato.

    «E poi non sono miei superiori…» borbottai per farmi sentire e allo stesso tempo per non farlo «Su, andiamo gente!» incitai battendo le mani «Qualcuno potrebbe avere anche una spada infilzata sul proprio collo mentre noi stiamo qui a chiacchierare, per quel che ne so»

    Saliti cominciammo a remare, e continuammo finché tutte le persone che ci guardavano dalla riva si allontanarono. «Ti stanno così antipatici?» chiese Frank interrompendo il silenzio.

    Non ci pensai su molto «Forse antipatici non è il termine giusto. Insomma, Reyna direi che è a posto, così come Jason, e Ottaviano lo soffocherei volentieri con uno dei suoi peluche»

    Hazel tentò di soffocare una risata «Chi non lo farebbe?»

    Mi lasciai andare anche io un sorriso mentre mi raddrizzavo la schiena «Allora, Nico lo incontriamo al solito posto?»

    «No, lui oggi non c’è» rispose lei.

    «E come mai?» chiesi sorpreso. Era sempre venuto ad ogni spedizione. Di sicuro non lo faceva per me, diciamo che avevamo una strana relazione: più gli parlavo più si allontanava. E io parlavo tanto. Ma non credo capirò mai quel ragazzo.

    «Non ne ho la minima idea. Era venuto a trovarmi per dirmi che oggi non sarebbe venuto con noi»

    «Cosa potrà mai fare uno come lui? Non che lo stia offendendo eh, stavo solo pensando» dissi velocemente l’ultima parte per evitare che la barca affondasse a causa dei rubini scatenati su di essa causati della rabbia della figlia di Plutone.

    «Di sicuro qualcosa di molto importante» commentò sarcastico Frank «Non che lui non abbia la sua vita da vivere eh» aggiunse in fretta dopo aver ricevuto uno sguardo truce da parte della fidanzata.

    Esatto, fi-dan-za-ta. L’ho diviso in sillabe correttamente? Va beh, comunque feci da Cupido ai miei due bambini e dopo finalmente tanto tempo riuscii a farli mettere insieme. Che gioia ebbi, niente più momenti imbarazzanti tra i due, che coinvolgevano anche me. Hazel e Frank erano gli unici al Campo che mi stavano simpatici. Li conoscevo da quando un tale di nome Jason Grace cinque anni fa mi trovò in mezzo alla strada e mi portò al Campo Giove. Perché sì, se incontri un bambino in giro per strada decidi che è un semidio per il suo odore, almeno come diceva lui, e mica profumavo di rose e pancake.

    Venni preso da un’illuminazione «Hey! Quindi oggi possiamo andare a cercare a New York!»

    «Stai scherzando, vero?! È lontanissimo! E poi ho sentito dire che è molto pericoloso» replicò il ragazzo.

    «Beh, che c’è? Abbiamo pure la benedizione del Senato» dissi sarcastico «Su, non abbiate paura, ci sono io con voi»

    «Io non ho paura! Ma abbiamo promesso a Nico che non avremmo sfiorato il confine di Manhattan…»

    «Dimmi se ho torto. Lui aveva esplicitamente detto ‘’Finché ci sarò io voi non andrete a New York e oltre, giuratelo sullo Stige’’

    «Appunto, abbiamo pure giurato su quel maledetto fiume di non andarci»

    «Sì, ci ha fatto giurare che non ci saremmo andati» la sostenni «finché ''ci sarò io’’. Oh, ma guardate» feci il finto tonto «Nico Di Angelo non c’è» 

    Frank mi guardò male «Sei pessimo…» 

    Hazel invece sbuffò «E chissà quanti pericoli troveremo…»

    Le sorrisi, convinto più che mai di riuscire a convincerla «Siamo semidei. Noi viviamo di pericoli da essere diventati pericoli stessi. E poi magari qualche semidio sperduto capiterà lì per caso ed essendo appunto rischioso noi, senpai, kuya, sunbae o in che lingua voi lo vogliate, possiamo- anzi siamo la sua unica salvezza» dissi quest’ultima parte con un tono più forte e deciso «Vi prego… Voglio solo salvare più mezzosangue possibile…» ed ero serio. Per quanto quell’avventura mi facesse venire la pelle d’oca, sapere di aver sottratto alla morte una vita mi rendeva poco meno penoso di ciò che ero.

    I due fidanzati si guardarono intensamente, e io notai i messaggi segreti che si mandavano con gli sguardi. Dopo qualche istante Frank si girò verso di me con un sopracciglio alzato. A quanto pareva sembrava abbastanza impaurito, ma si vedeva che era molto elettrizzato, quasi più di me ‘’Ah, Frank Zhang, che trasgressivo’’. Da che pulpito poi.

    «Okay» concluse lui «Ma ci restiamo per poco. E soprattutto, non farò da taxi per tutto il tempo. E hai usato tre lingue diverse tranne il cinese, dovresti fare qualche ripassino, haizi»

    Sorrisi, contento di essere riuscito a convincere entrambi, o almeno quasi, visto che Hazel era ancora molto dubbiosa «Hey, non c’è bisogno di remare» aprii le mani e allargai le braccia ad occhi chiusi, e subito dopo un paio di istanti la nave venne mossa dalle onde e ci portarono velocemente dall’altra parte del fiume.

    «Percy» mi chiamò Hazel, un misto tra dolce e preoccupazione «Ti hanno severamente vietato di usare i tuoi poteri qui a Nuova Roma…»

    «Al diavolo le regole» replicai, arrabbiato «Non sto facendo nulla di male» Doveva proprio ricordarmelo, vero?

    Purtroppo però diceva la verità: il mio genitore divino non mi aveva riconosciuto sebbene fosse evidente chi fosse, non sapevo leggere né comprendere il latino e faticavo a combattere con schieramenti vasti che alla fine per quanto tentassi di cambiare mi presero per l’handicappato degli handicappati (no offense per gli handicappati), un semidio diverso, e per prevenire i miei attacchi di follia nel caso ne avessi avuto alcuni il senato decretò di non farmi usufruire dei miei poteri, e comportarmi come un normale babbano. Li detestavo davvero, '’Farsi i propri affari no, eh?’’. Odiavo quel posto, peccato fosse la mia unica casa.

    Arrivati fuori, io e Hazel salimmo in groppa a Frank-l’aquila-postino, che partì verso est, verso la città proibita.

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Capitolo 2
*** 2. INCONTRIAMO DELLE STAR NON MOLTO POPOLARI ***


2. INCONTRIAMO DELLE STAR NON MOLTO POPOLARI

    Ci fermammo in un bar in una città che almeno io non conoscevo, io a bere una lattina di Coca Cola comprata con soldi americani mentre Hazel e Frank studiavano insieme una mappa.

    «Bene, siamo più o meno a metà strada per New York, e se proseguiamo per questa via dovremmo trovare un hotel dove alloggiare, giusto il tempo per riposarsi» concluse il ragazzo arrotolando con delicatezza il pezzo di carta che teneva in mano.

    Annuii, mentre prendevo la mira per lanciare la lattina nel cestino «Visto, non sta succedendo niente di brutto adesso-»

    All’improvviso uno scoppio lacerò il silenzio e tranquillità che c’erano prima. Scattammo subito in piedi, mentre le persone urlavano e si spintonavano per uscire e scappare. Li seguimmo, anche se pensai avremmo fatto prima se avessi distrutto una vetrina per passare da lì, ma Jason mi ricordò molte volte che bisogna cercare di distruggere il meno possibile. Dannazione alla mia coscienza.

    Usciti fuori presi per un braccio un signore basso e calvo che correva in direzione opposta rispetto al luogo da dove veniva quel continuo rimbombo e gli chiesi «Che succede?!»

    Lui si limitò a balbettare, ma mi bastò il suo sguardo impaurito per capire che non era una cosa buona. Poi strattonò la mia mano dal suo braccio e se ne andò con la coda tra le gambe.

    «L’ho gufata» borbottai sperando non mi avessero udito, mentre correvamo tra le strade affollate della città scossa.

    «Sì, assumiti le tue colpe» replicò Frank seccato.

    ‘’Mi ha sentito!’’ «Vedrai, sarà solo una rissa tra gang del posto…» dissi cercando di discolparmi, ma nemmeno io riuscivo a credere a quella stupida balla che avevo inventato.

    «Certo, normalissimo. Si vedono e sentono ovunque cose così» si lamentò con un tono sarcastico prima di essere interrotto dalla compagna.

    «Risparmiate il fiato per dopo!»

    Ci fermammo subito dopo il primo incrocio, silenzioso senza le persone che urlavano, assordante per l’empusa che urlava a squarciagola. Probabilmente piangeva, o almeno, sembrava l’urlo di un bambino che piangeva. 

    Mi avvicinai ai miei amici per sussurrare «Mi sa che l’hanno cacciata da X-Factor. Non mi meraviglio infatti»

    Poi un grido si levò alle nostre spalle, e ci girammo all’istante, armi in mano.

    Davanti a noi c’era una grossa bestia, che aveva, sopra le possenti e muscolose gambe, il corpo di un toro, il muso spaventoso e coperto di bava decorato con un tocco di classe con le sue enormi corna, che gli conferivano un look da urlo, letteralmente. Era un mostro famosissimo, sarebbe stato più difficile trovare qualcuno che non conoscesse la sua storia. Ma io lo conoscevo per un’altra…

    «Quello è il Minotauro!» urlò Frank, più affascinato che spaventato, non capivo perché. Tirai a indovinare pensando fosse un personaggio famoso e ricercato per la sua forza in quel suo gioco di Mitomagia, e sperai quell'intrattenimento non riprendesse la realtà.

    «Amico…» gli misi una mano sulla spalla «Dovresti rivedere i tuoi gusti… Non che stia offendendo Hazel, per l’amor del cielo!» aggiunsi velocemente l’ultima parte per evitare equivoci. 

    Quest’ultima mi ignorò totalmente e cominciò a dare ordini «Frank, vai a perlustrare la zona e guarda se ci sono semidei in circolazione, magari è il loro odore che ha portato questi mostri qui. Io e Percy invece ci occupiamo di loro».

    Detto questo il ragazzo si trasformò e volò via mentre la figlia di Plutone si girò e sparì dal mio fianco, lasciandomi al Minotauro.

    «Allora, come te la spassi? Vedo che in giro non sei molto amato»

    Tenendo in mano un pugnale preso dalla mia cintura, presi un profondo respiro e partii all’attacco. Il Minotauro con la sua mazza tentò di schiacciarmi sotto, ma fui più veloce e scansai l’attacco, ritrovandomi libero di attaccarlo sul braccio. Gridò - wow sa fare solo quello - e nel momento in cui alzò l’arto ferito gli saltai addosso, col piede sul taglio, e gli infilzai il pugnale tra gli occhi. Lui urlò - di nuovo - accasciandosi a terra, ma non passò molto tempo che già si rialzò e si tolse quel bastoncino dagli occhi.

    «Aaaarggh!»

    ‘’Sì, guarda che capisco la tua lingua’’ pensai ironico «Lo so, è fastidioso avere un moscerino negli occhi»

    Sottovalutai un po’ troppo la sua velocità: corse verso di me e in un istante mi raggiunse e mi prese la gamba per lanciarmi contro una macchina parcheggiata lì di fianco, facendo partire l’allarme. Mi alzai a fatica e dopo aver preso un’altra spada dalla cintura tentai un affondo e lo colpii in un fianco.

    Gli feci solo il solletico. Prese la spada, la lanciò da qualche parte alla sua destra e mi diede un calcio che mi fece rotolare per qualche metro per la strada. Credo mi fosse sfuggito un gridolino. In ogni caso, mi misi subito in ginocchio, tossendo un po’ di sangue, pronto ad attaccare di nuovo. Tastai il fodero della cintura in cui prima c’era la spada, sconcertato per non sentirla al mio fianco, poi mi ricordai che fece anche lei qualche metro come me chissà dove. Imprecando, riuscii ad evitare che mi schiacciasse di nuovo contro la macchina con le sue corna, le quali si incastrarono alla portiera del veicolo. Si dimenava cercando di staccarsi, ma non mi diede tempo di pensare ad una veloce strategia che già si riprese e allontanò la macchina con un calcio, rimettendoci un corno, che penzolava urlando di volersi staccare. 

    Purtroppo dovevo farlo: presi l’ultima arma che avevo, un pugnale che mi regalò Hazel nella nostra ultima spedizione, chiamato Katoptris.

    «Hey, guarda! Dietro di te!» tentai di fare una faccia sbigottita puntando il dito verso di lui. Molti mostri ci cascavano e si giravano, così come questo. ‘’Non va di moda dalle vostre parti eh’’

    Saltai sulle sue spalle e con un unico e veloce movimento gli tagliai la gola. Balzai giù rimettendo Katoptris nel suo fodero mentre lui si dimenava a terra, senza dare segni di resa.

    «Cazzo, muori e basta!» gli urlai. Non potevo rischiare di perdere anche il pugnale, perciò gli saltai sul petto e staccai del tutto il suo corno, e tenendolo stretto tra le due mani, alzai le braccia e le riabbassai più forte che potei, conficcandogli nei pettorali il suo stesso corno. ‘’Ecco cosa succede quando dici ad un animale con le corna che ha qualcosa sul petto’’ «Sappi che più di tutti io ti odio…» sussurrai, godendo della sua morte.

    Ma il piacere non durò molto. Sentii dall’altra parte un grido famigliare, e urlai di rimando il suo nome «Hazel!»

    Mi precipitai verso di lei, che si trovava a terra senza sensi ad una ventina di metri di distanza. Era svenuta accanto all’empusa, una creatura di statura minore con i capelli rossi fuoco, solo che erano davvero infuocati, e zanne.

    «Direi che in questi condizioni non potrai mai vincere il concorso di Miss Bellezza»

    Mi prese alla sprovvista e mi attaccò cercando di mordermi, menomale ero un iperattivo che si era scansato in tempo.

    «Woah, hey, intendo dire che sei troppo hot, soprattutto con quei capelli! No professionisti!»

    Per un momento sembrò lusingata, ma poi sembrò capire il mio sarcasmo e, ovviamente come il suo amico, si mise ad urlare. Di nuovo. ‘’Che originalità’’. Solo che quell’urlo avrebbe potuto tranquillamente spaccare i timpani a chiunque non si fosse tappato le orecchie. E logicamente io non lo feci.

    Cominciai a perdere lentamente i sensi barcollando, mentre dalle fauci della donzella in fuoco usciva una specie di bava che schizzò sulle mie braccia e sulle gambe. Ripresi quasi subito i sensi, ma non in tempo da schivare il colpo che stava per darmi con le sue unghie assai affilate.

    Probabilmente in quel momenti sarei rimasto fermo come un verme schiacciato, accanto ad Hazel, con l’anima in viaggio di sola andata verso gli Inferi, se non fosse stato per quella freccia scagliata da non sapevo dove, la quale le penetrò in bocca e trapassò la gola, disintegrandola all’istante.

    Alzai lo sguardo per vedere l’autore di quell’opera. Vidi un carro, trainato da due cavalli, uno nero e uno marrone, e guidato da una ragazza con un arco in mano. Mi fissava, i lunghi riccioli biondi lasciati all’aria, mossi dal vento. Sollevò velocemente il viso e si preparò a scoccare un’altra freccia di fronte a lei.

    Pensavo non ci fossero altri mostri, poi vidi che mirava ad una certa aquila dai tratti famigliari che volava in picchiata verso di noi. Mi girai di scatto verso quella ragazza e allargando le braccia per farmi notare le gridai «No! Lui no!»

    Notai il suo corpo irrigidirsi alle mie parole, ed ero un po’ spaventato su cosa potesse fare, ma abbassò il suo sguardo verso di me, insieme all’arco e alla freccia, poi se li rimise sulle spalle.

    Corsi velocemente verso Hazel e la misi in grembo «Hey, va tutto bene?» chiesi preoccupato, tentando di nascondere il panico. La guardai meglio: avevo una gamba coperta di sangue, con una profonda ferita che le decorava il polpaccio in modo nauseante, soprattutto col sangue mischiato alla bava di empusa che saliva fino al viso.

    «Mh… F-Frank?…» mugugnò.

    Non mi accorsi di essere così tanto teso fino in quel momento, quando nell’udire quel nome le mie spalle si rilassarono, perché grazie agli dei almeno era ancora viva.

    Alzai un angolo della bocca «No, sono qualcuno di meglio»

    Aprì gli occhi e cercò di mettermi a fuoco «C-chi?»

    «Ahi, ahi, l’amore vi rende proprio ciechi. Ecco che arriva il nostro Frank» la consolai sospirando.

    Non toccò nemmeno terra che già riprese la sua forma da umano, vacillando appena toccò l’asfalto. Corse verso di noi il più velocemente possibile e in un batter d’occhio lo ritrovai inginocchiato davanti a me, che teneva la ragazza per il viso «Hazel, tu- tu sei ferita!» affermò lui, come se non fosse già ovvio. Sembrava stesse per svenire lui al posto suo. Certo, eravamo abituati a vederci feriti dopo ogni battaglia, ma quasi mai ne uscivamo del tutto sani: mi ricordai di quella volta in cui rimasi in coma per tre settimane dopo una caduta da un edificio a sette piani, senza poi dimenticare tutte le ossa fratturate, o quando sempre Hazel colpì la testa contro un parchimetro in un modo talmente assurdo da farle perdere la memoria per un bel po’ di tempo, e ancora in quel momento non l’aveva recuperata del tutto.

    «Tu dici?» replicò lei ironica.

    Non potei fare a meno di una piccola risata «Ha imparato dal migliore»

    Frank mi rimproverò «Non è il momento di fare lo sbruffone adesso» mi lanciò un’occhiataccia, poi si scusò con uno sguardo. Era troppo gentile quel ragazzo, avrebbe dovuto continuare a sgridarmi, non potevo davvero fare così in un momento simile, anche se non potevo farne a meno. Poi sorrise anche lui, e sapevamo tutti perché: Hazel era ancora viva, ed era ciò che contava, anche se non sapevo dire per quanto tempo lo sarebbe ancora stata.

    «L-la prossima volta che userai il tuo trucco dell’ ‘Hey guarda dietro di te’, assicurati che non ci sia nessun altro nelle vicinanze…» mi informò la ragazza, con una smorfia di dolore sulla faccia mentre tossiva sangue.

    «Su, cerchiamo un posto dove medicarti e nasconderci» suggerì il nostro compagno.

    «Già, tra un po’ arriverà la polizia. Ce ne mettono di tempo-»

    All’improvviso sentii la pelle pizzicare e i brividi sulla schiena e caddi su un braccio, la strada davanti a me che proseguiva all’infinito, Frank che mi guardava ad occhi spalancati e preoccupati. E poi il buio.

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Innanzitutto, anche solo per aver letto il primo capitolo, vi ringrazio moltissimo, in questi ultimi momenti ho avuto bisogno di qualcuno che ascoltasse (leggesse in questo caso) le mie storie. Pianificavo già di scrivere una fanfiction su Percy che anziché far parte del campo mezzo sangue si ritrova a crescere in quello romano. Cercherò di scrivere il più possibile evitando errori di qualsiasi genere, e se vedo che continua bene magari riuscirò a unire tutte le idee che ho in mente, ed è un eNORME casino, ma riuscirò a metterle in riga. Se no probabilmente lo finirò in qualche modo più semplice, ma in ogni caso ho intenzione di completarlo (soprattutto perché odio le cose incomplete) Comunque ogni tipo di commento è un piacere, che sia positivo o negativo, che mi aiutano a migliorare la storia. Quindi, grazie per essere arrivati al secondo capitolo, spero vi sia piaciuto:))

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Capitolo 3
*** 3. ACCETTIAMO UN PASSAGGIO DA UNA SCONOSCIUTA ***


3. ACCETTIAMO UN PASSAGGIO DA UNA SCONOSCIUTA

    La voce di una ragazza che ordinava di andare più in fretta mi fece risvegliare dal mio sonno. Tentai di alzarmi «Dove…?»

    Se non fosse stato per il mio amico che mi rimise subito giù probabilmente sarei svenuto di nuovo. «Shh, siamo al sicuro per adesso…» mi consolò lui.

    Gli chiesi di passarmi la borraccia che tenevo nella mia borsa e lo fece. Poi mi versai dell’acqua sul viso prima di bere e subito venni pervaso dalla freschezza e dalla soddisfazione, come se in un bagno pubblico fosse appena stata aperta la finestra. 

    Massaggiandomi le tempie gli chiesi dove fossimo, e come risposta ricevetti «C’è questa ragazza, mi ha aiutato a medicarvi, e adesso ci sta portando al campo»

    «E Hazel? Che è successo prima? Perché ero svenuto? Dove siamo ora? Dove- dove stiamo andando? Perché-»

    «Amico, datti una calmata» mi zittì con un mezzo sorriso sul viso «Hazel non è nelle migliori condizioni, è stata morsa sulla gamba ed è piuttosto grave. È collassata subito dopo di te, e ancora non si è risvegliata. Perde molto sangue. Entrambi avete perso i sensi per un po’, a causa del veleno di quella dannata empusa che avevate sul corpo»

    «Ah…» diedi come risposta. Fissai il cielo davanti a me, di una sfumatura che andava dal porpora all’arancione, mentre mi veniva la pelle d’oca per il freddo. «Scusa amico. Non sono riuscita a salvare Hazel in tempo… È tutta colpa mia…»

    Lui si porse in avanti per dar da bere alla sua ragazza «Non importa, davvero. Sono io in principio che vi ho lasciati»

    «No Frank-»

    «In ogni caso» aveva una faccia distrutta. Per cosa? Il rimorso? Per non essere stato con noi mentre combattevamo? No, io ero presente, e io ero l’unico colpevole «sono grato agli dei che anche tu sia vivo. Davvero» Mi sorrise, tentando di metterci un po’ di entusiasmo, e lo ringraziai ricambiando lo stesso sguardo. 

    «Hai trovato altri semidei in giro?» chiesi per cambiare argomento «Torniamo indietro e abbandoniamo la missione segreta?»

    Frank fissò il nulla sotto di lui, e dopo alcuni istanti i suoi occhi lucidi incontrarono i miei «Sai, non ne ero tanto convinto all’inizio. Era una missione suicida questa. Hazel potrebbe anche non farcela, ed è per questo che dobbiamo tornare» si rivolse a me con voce tremante  «Ma sono contento di essere riuscito a trovare la forza di cambiare anche solo di un minimo queste nostre vite. Non facciamo altro che prendere ordini ovunque andiamo… I- Insomma sì… sono contento di quel che abbiamo fatto…»

    Dal tono in cui lo disse era veramente sincero, talmente tanto da vergognarsene. Ma lo capivo, e concordavo con lui.

    Restammo in silenzio per un po’, finché Frank non realizzò che gli avevo fatto una domanda «Oh, sì scusa. No, non c’era nessun semidio…»

    Non ne ero convintissimo, la sua voce tremava in un modo insolito e sudava, ma alla fine li presi come segni di shock per Hazel «Quindi quei mostri stavano lì per caso?»

    La stessa voce di una ragazza si levò dalle spalle del mio amico «No, li stavo attirando io. Grazie per averli affrontati al posto mio, anche se sarei riuscita a batterli da sola»

    ‘’Già, lo vedo quanto sei grata…’’ Mi alzai faticosamente su un gomito per guardarla meglio «Mi hanno insegnato a non salire sulle macchine degli sconosciuti. Fortunatamente non vale per i carri»

    Stavo per ringraziarla comunque quando lei si girò. Era la stessa ragazza che mi aveva salvato prima, i capelli biondi legati in una coda fatta in fretta, indossava una maglietta arancione con scritto CHB, dei semplici jeans e gli occhi grigi che presero totalmente tutta la mia attenzione «Puoi sempre farti buttare giù con un calcio, farai un bel viaggetto, poco divertente e sicuramente l’ultimo»

    «No, grazie rifiuto l’offerta» dissi in fretta «Direi che l’idea è allettante, ma sai, mi piace anche stare qui bello sdraiato»

    Lei sbuffò e si rigirò «Io sto tornando al campo. Non vi ho mai visti là, ma sembra ci siate già stati. Devo lasciarvi in un posto preciso o venite con me?»

    Io e il mio amico ci fissammo, senza staccarci gli occhi di dosso nemmeno un istante, e all’unisono sussurrammo «Per Hazel»

    Poi mi rivolsi nuovamente alla ragazza bionda, e con un groppo alla gola le dissi «Veniamo con te…»

    Lei si limitò ad annuire, poi la sentii di nuovo ordinare ai pegasi che trainavano la biga di fare più in fretta. «Stiamo facendo il possibile, ragazza!» udii come risposta.

    Rivolsi un’ultimo sguardo alla mia amica che a malapena viveva ancora. Mi maledissi per tutto ciò che era successo. Era tutta colpa mia se eravamo ridotti in quello stato, non avremmo rischiato più di così tanto se non avessi mandato me e i miei amici in quella stupida ‘missione’. Infondo, forse quelli di Nuova Roma avevano proprio ragione… Io ero solo un bastone fra le ruote. Non facevo niente di buono e mettevo in pericolo tutti.

    Ripetei a me stesso «Torniamo al campo…» deglutendo difficilmente. Sospirando, pensai a quanto fossi dispiaciuto: non per la ‘missione’ interrotta in quel modo e finita male, bensì per quanto fosse complicato per i miei amici sopportare uno come me. Anzi, meritavo davvero di chiamarli amici? Non che il problema fosse la loro lealtà nei miei confronti, anzi, erano perfetti così come erano. Un idiota come me meritava davvero qualcuno da chiamare amico?

    Vidi Frank appoggiarsi sulla sua borsa, con gli occhi chiusi e il viso stanco e triste, pronto a riposarsi.

    ‘’Scusami amico…’’

    Forse non era il massimo lasciare che una sconosciuta ci portasse chissà dove, ma preferii fare come Frank e chiudere gli occhi, perché con il morale così basso non sarei riuscito a fare niente, nemmeno se la ragazza mi avesse portato in una prigione in mezzo al nulla. Presi una boccata d’aria e mi preparai ad addormentarmi, con la voce della ragazza bionda che mi accompagnava verso il sonno mentre sussurrava «Blackjack, al Campo Mezzosangue…»

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