Ricordati di guardare il tramonto.

di misslittlesun95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ***
Capitolo 10: *** Capitolo X ***
Capitolo 11: *** Capitolo XI ***
Capitolo 12: *** Capitolo XII ***
Capitolo 13: *** Capitolo XIII ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIV ***
Capitolo 15: *** Capitolo XV ***
Capitolo 16: *** Capitolo XVI ***
Capitolo 17: *** Capitolo XVII ***
Capitolo 18: *** Capitolo XVIII ***
Capitolo 19: *** Capitolo XIX ***
Capitolo 20: *** Capitolo XX ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


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Ricordati di guardare il tramonto

Capitolo I

Roma, 2004.

Esiste un momento, nella vita di ogni essere umano, in cui bisogna scegliere.
Ma non una scelta come quella del liceo, dell'università, del matrimonio o dell'avere figli, scelte importanti ma quasi banali e scontate in una società che fa il possibile per omologare tutti gli individui.
No, la scelta che tutti prima o poi fanno è quella che spacca il mondo in due strade; da una parte il proprio passato, dall'altra un futuro troppo diverso per essere la sua naturale conseguenza.
Molti il momento di questa scelta neanche lo vivono ufficialmente, perché quando si scontrano con la possibilità di scambiare il passato per il futuro fanno finta di non vederla, convinti che sia un errore del destino o, se sono più cattolici, una trappola del Diavolo.
Si vanteranno poi per tutta la vita di non esserci caduti, sicuri che il loro percorso si stato l'unico moralmente ed umanamente possibile.
Altri, invece, sono affascinati e spaventato insieme da questa opportunità e provano in ogni modo possibile a far conciliare passato e futuro per la durata di tutta la loro esistenza. Fallisce nell'impresa oltre il novanta percento della popolazione, e il restante dieci non andrà mai a letto felice per due sere consecutive.
In fine c'è chi ha il coraggio di fare questa scelta sapendo che o la va o la spacca, che indietro non si potrà mai tornare e che non esisteranno mai più le mezze misure.
Sono poche le persone così coraggiose da affrontare il futuro o così codarde da volersi scordare completamente del loro passato, ma sono anche le uniche che non avranno mai rimorsi o rimpianti. Perché quando prendi in mano la tua vita, quando decidi per te a costo di andare contro tutti, allora sai che la scelta è giusta a prescindere dal dopo.
Claudia Petrolini aveva ventuno anni appena compiuti quando aveva deciso di fare parte di quest'ultima categoria.
Era estate e Roma assomigliava a una bambina, piena di colori, rumori, luci e cose da scoprire.
O almeno questa era la situazione nel centro, in quelle vie sempre affollate di cittadini romani e turisti.
Nel quartiere di Claudia la storia era diversa. Quando era bambina passava le estati nel cortile che congiungeva il suo palazzo e gli altri dello stesso isolato, un posto ombroso e fresco dove non c'erano pericoli ma solo altri ragazzini con cui passare il tempo.
La maggior parte dei genitori, lì, faceva il possibile perché i loro figli non si muovessero mai da quel cortile.
I piccoli che giovavano in quella zona venivano spesso da situazioni familiari complesse, erano bambini difficili e irrequieti, ed era facile venissero alle mani per questioni da poco, facendo presagire un futuro lontano da un qualsiasi tipo di scalata sociale o miglioramento delle condizioni di vita rispetto a quella delle famiglie di origine.

Certo, c'erano anche ragazzini che malgrado le disagiate condizioni socioeconomiche da cui venivano volevano riscattarsi, magari studiando, ma erano considerabili mosche bianche.
A quattordici anni, nell'estate tra la terza media e la prima superiore, iniziava l'esodo.
Dal cortile al mondo lì fuori, pochi passi che cambiano per sempre le vite di quei ragazzini.

Nascevano, lontano dal cortile, nuovi gruppi, nuove compagnie, e spesso bastava scambiarsi uno o due anni di età, lasciarsi giusto il tempo di qualche stagione, per ritrovarsi in strada troppo diversi da prima, separati per sempre pur continuando a vedersi ogni giorno nelle vie del quartiere o addirittura nell'androne di casa.
Lì di licei non ce ne erano, solo un paio di istituti tecnici e, ovviamente, le scuole elementari e medie che tutti quei ragazzini si erano trovati a frequentare.
Il fratello maggiore di Claudia, Gianluca, aveva passato gli anni delle superiori proprio come tutti i suoi coetanei della zona, studiando in uno di quei due istituti e girando a vuoto nei pomeriggi – forse troppi – in cui non c'era nulla da fare.
Solo dopo la maturità, vedendo la fine poco auspicabile che stavano rischiando i suoi amici, aveva deciso che no, quella vita non gli sarebbe piaciuta.
Si era iscritto ad ingegneria e sognava di fare un lavoro qualsiasi ma appagante.
I due ragazzi erano stati cresciuti dal padre, Oreste Petrolini, dopo che la madre era scappata da quel modo di vivere e da quel quartiere con un facoltoso avvocato quando Gianluca aveva otto anni e Claudia solo quattro.
La bambina era stata iscritta a scuola con un anno di anticipo nella speranza del padre che, stando più vicina al fratello durante gli studi, il rapporto tra i due figli potesse crescere con loro.
Fortunatamente era successo, anche se forse il merito non era stato della scelta del padre, ma per Claudia era stato meglio così.
Il signor Oreste aveva una piccola libreria, una bella sfida in un posto come quello.
Eppure con ciò che portava a casa era riuscito a tirare su i due figli, a farli studiare e a regalare loro una vita dignitosa.
Nell'estate del 1996, a tredici anni, anche Claudia – naturalmente un anno prima rispetto agli altri – aveva superato gli esami di terza media e aveva avuto la libertà di uscire dal cortile.
Ma non ne aveva poi approfittato così tanto, almeno non quanto facevano gli altri ragazzi di solito.
Stupendo, ma neanche troppo, tutti quelli che la conoscevano si era iscritta per l'anno scolastico seguente al liceo classico, malgrado non fosse comodissimo rispetto a casa sua, e così aveva deciso di passare i mesi estivi a riposare e preparasi, anche iniziando a studiare, all'avventura che avrebbe intrapreso dal settembre successivo.
Non erano mancate certo giornate al mare con parenti e amici, ma per il resto della stagione Claudia si era chiusa in casa o nella libreria del padre a preparare se stessa per la quarta ginnasio.

Gli anni delle superiori erano volati in un lampo, portandole via tempo ma regalandole parecchie soddisfazioni.
Ultima tra tutte il voto di maturità, un cento tondo, l'unico del suo anno.

Aveva mancato per un soffio la lode, a causa dei continui sette in educazione fisica, ma era stata felice del suo percorso scolastico.
E lo stesso era valso per suo padre, che nei cinque anni di superiori aveva ammirato gli impegni e gli sforzi della figlia.
Era particolare il loro rapporto, forte come se più che parenti fossero amici.
Non erano certamente mai mancati i litigi e le discussioni tipici della difficile età di Claudia, le incomprensioni classiche che prima o poi tutti i rapporti genitori-figli attraversano, ma le avevano affrontate sempre al meglio, forse perché abituati ad essere soli. Oreste aveva cresciuto senza aiuto la sua bambina e lei non voleva distruggere tutto quello che avevano costruito insieme.

Anche l'estate della maturità, quella che ad esame finito veniva considerata da tutti i ragazzi libera e spensierata, forse perché era vista come l'ultima prima dell'età adulta, Claudia l'aveva passata sui libri, preparando con dedizione il test di ammissione alla facoltà di Medicina.
Fosse stato per lei avrebbe iniziato lo studio per quella maledetta prova di ingresso che a malincuore temeva di non superare già molti mesi prima, durante l'anno scolastico, ma alla fine lo studio per la maturità le aveva prosciugato tutto il tempo e le energie a sua disposizione.

A differenza di cinque anni prima, quando pur passando i mesi estivi sui libri qualche giornata di mare e divertimento se l'era concessa, quella volta non aveva tolto una sola ora allo studio, cercando con tutta se stessa di realizzare il suo sogno.
Aveva deciso di diventare medico tanto tempo prima, da bambina, ma mentre cresceva più volte aveva cambiato idea sulla specializzazione da prendere dopo la laurea; prima pediatria, poi chirurgia, poi alle scuole medie aveva cambiato completamente pensando di curare gli animali e non gli esseri umani diventando veterinaria e ancora, al ginnasio, era stata a lungo indecisa tra cardiologia e ostetricia.
Fino a che, durante le vacanze di Natale del terzo anno di superiori, parlando con un'amica di famiglia uscita da poco da un brutto periodo a causa di un figlio con problemi di salute, non aveva avuto l'ispirazione e deciso a cosa avrebbe dedicato la sua vita da medico.
Neuropsichiatria infantile, sarebbe stata quella la specializzazione che avrebbe cercato di prendere una volta laureata.

Ma con calma, c'era tempo.
Prima si sarebbe dovuta laureare, ovviamente, e prima ancora c'era quel test di ammissione che tanto la spaventava.
E che invece, come tutti tranne lei si aspettavano, aveva superato al meglio.
Il signor Oreste aveva capito subito che mantenere agli studi universitari non uno ma due figli sarebbe stato economicamente pesante ma pazienza, per aiutarli ad avere un futuro degno dei loro sogni avrebbe fatto qualsiasi cosa.

Gli ottimi voti scolastici avevano inoltre fruttato a Claudia una borsa di studio, e lei avrebbe fatto tutto il possibile per non perdere quel piccolo aiuto.
Verso la fine del primo anno di studi aveva conosciuto Davide, studente di giurisprudenza di due anni più grande che in breve era diventato il centro dei suoi pensieri.

Non era passato molto tempo e la cosa si era dimostrata reciproca, tanto che quell'estate, finalmente libera davvero perché era riuscita a terminare in luglio l'anno accademico, l'aveva passata con lui come fidanzata ufficiale.
Aveva smesso di frequentare i ragazzi del suo quartiere parecchi anni prima, all'inizio delle superiori, e non era stato strano per lei conoscere e fare amicizia con persone che venivano da realtà completamente diverse rispetto alla sua.
Con i compagni di università, ad esempio, era facile che ci fossero differenze sociali anche marcate, ma a vent'anni, se ci si trova bene insieme, non si fa troppo caso a certi argomenti che paiono passati da secoli.
Non ci faceva caso Davide, di famiglia borghese, non ci facevano caso neanche i suoi genitori, che avevano anzi preso subito in simpatia quella ragazza di borgata, e nemmeno il signor Oreste pensava troppo a chi fosse e da dove venisse il ragazzo con cui si frequentava sua figlia, a lui bastava che la giovane fosse amata e rispettata come meritava.
In fine Claudia, dal canto suo, aveva smesso da parecchi anni di pensare alle differenze sociali, e le sarebbe piaciuto poter distruggere le classi economiche e in generale le disparità e le disuguaglianze che secondo il suio modo di vedere le cose stavano alla base di tutti o quasi i problemi del mondo.
Era comunista, Claudia Petrolini.
Senza vergogna, senza la necessità di volerlo nascondere ma anche senza il bisogno di ostentarlo troppo.
Viveva bene in compagnia dei suoi ideali non pensando a ciò che poteva dire la gente ma, piuttosto, pensando a cosa lei e i suoi valori avrebbero potuto fare per gli altri.
Era diventata comunista, o forse sarebbe stato più giusto dire che aveva capito di esserlo, come se fosse stato qualcosa che aveva sempre avuto dentro, a quindici anni, nell'estate tra la quinta ginnasio e la prima liceo.
Era un agosto particolarmente caldo, a Roma, e quell'anno gli affari in libreria non erano andati troppo bene.
Ma Gianluca si era diplomato un mese prima e il padre non aveva voluto togliergli la gioia del viaggio di maturità, anche a costo di rinunciare alle sue ferie e tenere aperto il negozio tutta l'estate.
Claudia non aveva avuto problemi, le bastava fare qualche giornata di mare a Ostia con le sue amiche e per quelle non c'era bisogno che di qualche spicciolo per i biglietti.

Nella città di mare, in realtà, la famiglia Petrolini aveva una casa proprio a pochi metri dalla spiaggia. Era stata acquistata parecchi anni prima dai nonni paterni dei due ragazzi e, dopo che erano venuti a mancare, era passata al signor Oreste.
L'uomo sapeva che se l'avesse venduta avrebbe ricavato abbastanza soldi da poter almeno fingere per qualche mese di vivere una situazione economica normale, ma era troppo legato a quella villetta, troppi ricordi.
Avrebbe fatto una scelta del genere solo in completa assenza di alternative.
E poi, tolto quell'anno, era sempre riuscito a sfruttarla almeno un paio di settimane ogni estate per staccare dalla vita di città e fare un po' di mare insieme ai figli, un'opportunità che diversamente non avrebbero potuto avere.
Quindi pazienza, i sacrifici nella vita toccano a tutti e per quella volta Oreste Petrolini ne avrebbe fatto uno in più.
Tanto, nella maggior parte di quei cocenti giorni estivi, aveva avuto al suo fianco in libreria l'adorata figlia, e in fondo non poteva chiedere di meglio.
Claudia aveva finito presto i compiti delle vacanze estive per essere libera e, come faceva sempre, aveva cercato qualcosa da leggere tra i libri in vendita.
Per caso era finita tra quelli che parlavano di economia e politica e, sempre per caso, le era capitato tra le mani “Il manifesto del partito Comunista” di Karl Marx e Friedrich Engels, il libro capostipite e vangelo dei movimenti di estrema sinistra dell'intero pianeta.
Fino a quel momento la ragazzina e la politica erano stati due mondi totalmente separati, lontani anni luce l'uno dall'altra.
Certo, sapeva un minimo quello che succedeva nel suo paese, era logico, ma per il resto non si era mai interessata troppo alla gestione dello stato democratico e alle varie idee ed opinioni che concorrevano in questa.
Non c'era neanche troppo da fargliene una colpa, ad essere sinceri, lì dove era cresciuta non esistevano sezioni di partito, circoli giovanili o altro che potesse far avvicinare i ragazzi alla politica.
La sera, quando era l'ora dei telegiornali, i televisori del quartiere dove viveva Claudia erano accesi su telenovele o programmi che avevano a che fare con tutto meno che con l'informazione.
Soltanto a casa Petrolini il signor Oreste non perdeva mai un'edizione del notiziario delle venti. Lo seguiva in cucina mentre preparava la cena, più ascoltandolo che dando peso alle immagini, a suo dire sempre troppo cruente.
Finito anche il meteo Oreste Petrolini spegneva l'apparecchio, chiamava i figli a tavola e cenava con loro chiacchierando e facendosi raccontare dai ragazzi la giornata appena trascorsa, come pensava fosse giusto fare in una famiglia normale.
Claudia, che di solito mentre il padre cucinava si trovava a fargli compagnia finendo di ripassare o fare i compiti per il giorno seguente, ogni tanto buttava l'orecchio per ascoltare ciò che il giornalista di turno diceva, e a questo doveva le poche cose che sapeva sulla situazione politica o economica dell'Italia e in generale del mondo.
Per tale motivo lei per prima si era stupita quando aveva capito in quale reparto stesse cercando la sua lettura successiva, ma alla fine aveva deciso di farsi guidare dal destino che l'aveva portata lì e aveva scelto di leggere Marx.
Non era stata una lettura semplice, non era riuscita a divorare quel libro rapidamente come era solita fare con tutti gli altri, anzi, c'erano state parti che aveva dovuto leggere più volte per comprendere totalmente, ma alla fine della lettura la ragazzina aveva provato un piacevole bisogno di continuare a fare ricerche su Marx e sul comunismo in generale.
Niente di più semplice; dal crollo del muro di Berlino erano passati meno di dieci anni e commenti sul comunismo e su tutto il male che aveva fatto in parecchi decenni nell'Est Europa si trovavano continuamente senza bisogno di cercare troppo.
Ma quelle parole – spesso esageratamente di parte – non bastavano a saziare la curiosità di Claudia che, poco per volta, aveva cominciato a cercare le sue risposte da sola, nei libri più moderni e nei classici del comunismo anche Italiano.
Pian piano aveva iniziato a farsi una sua idea politica e storica, capendo che quell'ideologia fosse la sua strada e che era vero, quello che era successo per un lungo periodo in Unione Sovietica poteva considerarsi terribile, ma allo stesso tempo doveva esserci per forza un modo per far combaciare il comunismo e la democrazia.
La storia del Partito Comunista Italiano, scioltosi da pochi anni, in fondo lo confermava.
Qualche mese dopo la prima lettura di Marx, una sera che Gianluca non era in casa, la giovane aveva detto al padre di essere comunista.
Il signor Oreste, che a differenza della maggior parte dei suoi connazionali non aveva mai nutrito particolare odio verso i rossi quanto un generale disappunto verso tutte le idee politiche non aperte al confronto democratico, era rimasto stranito da quella dichiarazione.

Non tanto per l'orientamento politico che la figlia gli aveva detto di avere, quando per l'idea stessa che Claudia fosse già così cresciuta da poter avere idee in quel frangente.
Non si era accorto, come spesso accade ai genitori, di quanto rapidamente la sua bambina stesse diventando una giovane donna, cambiando nel corpo e maturando nei pensieri.
Anche quello politico.
Quella sera avevano parlato a lungo. Il signor Petrolini si era ricordato di averla vista leggere “Il Manifesto” di Marx durante le calde giornate estive in libreria, ma non ci aveva fatto troppo caso e dei libri sul comunismo che la figlia aveva letto successivamente non si era neanche accorto.
Claudia, durante quella chiacchierata, aveva raccontato al padre delle sue opinioni e delle ricerche che continuava a fare.
Lui l'aveva ascoltata con passioni e affetto, capendo i suoi pensieri e scoprendo qualcosa in più sulla sua piccola.
Dopo quella sera nulla era cambiato tra padre e figlia, se non che si conoscevano ancora meglio.

In Claudia, però, erano col tempo mutate molte cose; dopo aver chiarito con se stessa le sue posizioni e avere studiato il possibile a riguardo aveva iniziato a cercare di fare qualcosa di concreto per portare avanti le sue idee.
Così, tanto al liceo quanto poi all'università, aveva partecipato a collettivi e guidato manifestazioni di protesta andate più o meno bene.
A vent'anni aveva seguito un programma Europeo e frequentato sei mesi di università in Spagna, a Madrid.
Avrebbe voluto fare di più, inizialmente, ma poi si era ricreduta pensando a quanto le sarebbero mancati suo padre, Gianluca e Davide.
Soprattutto Davide.
La loro relazione era il meglio che Claudia potesse desiderare, e non avrebbe mai avuto il coraggio di porre fine al loro amore solo per via della lontananza.
Davide aveva scoperto praticamente subito il pensiero politico della sua amata, e non era mai stato un problema.
Benché molto più moderato anche lui era solito definirsi di sinistra, o comunque non gli era mai passato per la testa di votare destra, né tanto meno i centrismi di ispirazione cattolica.
Nell'estate in cui Claudia aveva compiuto ventuno anni avevano deciso di mettere via un po' di soldi e fare un paio di settimane negli Stati Uniti solo loro due.
Prima di atterrare nella Grande Mela, tappa iniziale del loro viaggio, avevano compilato un questionario necessario all'ingresso negli Usa e, tra le altre, avevano dovuto rispondere a una domanda che gli chiedeva se fossero mai stati iscritti al Partito Comunista.
Entrambi avevano ovviamente risposto di no e Davide, per scherzare, aveva anche preso in giro la fidanzata.
Ma a lei quella domanda aveva dato da pensare.
A oltre dieci anni dallo scioglimento del PCI in Italia si stava facendo strada una nuova forza di estrema sinistra che pareva volerne prendere il posto: Il Partito Comunista degli Italiani, in breve PCdI.
Il nome non era poi così diverso da quello originale e il cambiarlo era stata semplice necessità dettata da noiosi fatti di diritti, copyright e cose del genere.
Si trattava di una forza nuova e giovane proprio perché giovani erano i suoi membri.
Certo, c'erano anche quelli che un tempo si sarebbero chiamati grigi burocrati, era naturale ed era proprio da loro che qualche anno prima era partito il progetto, ma per il resto, quando era capitato che il partito riuscisse ad eleggere qualche consigliere comunale, regionale, o, alle ultime elezioni politiche era miracolosamente accaduto, qualche parlamentare, erano sempre stati uomini e donne sotto i cinquant'anni – fatta eccezione per qualche Senatore – e, spesso, sotto i quaranta.
Quando sarebbe tornata dall'America Claudia si sarebbe iscritta a quel partito, ne era certa.
Lo aveva deciso alla fine della vacanza e aveva pensato di comunicarlo a Davide l'ultima sera del loro soggiorno, durante la cena di nuova New York, città da cui sarebbero ripartiti per l'Europa.
Ma non ne aveva avuto il tempo, perché proprio in quella serata, passata in un ristorantino di Little Italy scelto per abituarsi all'idea di tornare a casa, Davide aveva chiesto alla sua amata di passare tutta la vita insieme, di sposarsi presto, il prima possibile.
E Claudia era scoppiata in un pianto pieno di gioia, perché domanda più bella non avrebbero potuto fargliela.
Aveva preso l'aereo il giorno dopo con gli occhi ancora lucidi di felicità, e appena arrivata a casa aveva buttato le braccia intorno al collo del padre e gli aveva comunicato la felice novità.
Il signor Oreste, che aveva visto Gianluca sposarsi un paio di anni prima e da poco sapeva che la moglie del primogenito aspettava un bambino, era stato contentissimo di quella notizia, anche se gli si stringeva il cuore a pensare che entro poco sarebbe rimasto solo nella casa in cui aveva sempre vissuto fin dal 1975, anno del matrimonio con la madre dei ragazzi.
I due giovani avevano deciso di iniziare i preparativi per le nozze in autunno, così da dire il loro sì, ovviamente in modo civile, la primavera successiva.
Ma dopo la gioia immensa della proposta, una volta tornata a Roma, Claudia aveva dovuto dire al padre e al fidanzato di volersi iscrivere al PcdI.
Ed era stata questa la scelta che lei aveva avuto il coraggio di fare e che molti non avrebbero mai fatto.
Oltre a non essere argomento di discussione solito la politica era, nel suo quartiere, considerata come un male, un qualcosa che andava allontanato il più possibile.
Secondo tutti, infatti, gli uomini grigi sempre ben vestiti erano solo maledette sanguisughe alle quali del popolo interessava poco o niente.
E sì che quella zona poteva essere stata scordata dallo Stato prima ancora che da Dio e dagli uomini, ma per la ragazza questo non era di certo un buon motivo per disprezzare la politica in ogni sua sfumatura.

Anzi, secondo lei doveva casomai essere l'esatto contrario; tutta quell'assenza di Stato, tutti quei ragazzini che parevano abbandonati a loro stessi avrebbero dovuto, per Claudia, spronare tutti a fare qualcosa per migliorare la situazione ed evitare che cose simili capitassero ancora.
Ma invece nulla, nessuno si era mai interessato alla cosa.
Forse era successo, in realtà, una o due volte, e quella gente era stata subito vista male e considerata come fosse appestata.
Anche Claudia avrebbe fatto quella fine, lo sapeva. Appena la voce della sua decisione fosse arrivata alle orecchie degli abitanti del quartiere lei sarebbe stata come mai esistita, mai conosciuta.
Probabilmente sarebbe stato anche peggio, perché era comunista e i pochi che in zona votavano lo facevano a destra, ma pazienza.
Qualcuno avrebbe detto che dalla figlia di Oreste Petrolini bisognava aspettarselo, era sempre stata così strana, così diversa dagli altri, chiusa in casa o in libreria a studiare senza quasi mai uscire con gli altri ragazzi.
A lei di cosa avrebbe detto la gente importava poco, anche perché una volta sposata con Davide sarebbe andata a vivere ben lontano da lì, e l'unica cosa che si augurava era che la sua scelta non avesse ripercussioni su suo padre e sull'attività commerciale con cui tirava avanti da praticamente sempre, perché se fosse accaduto qualcosa del genere non se lo sarebbe mai perdonata.
Prima di andare via però doveva fare una cosa, doveva salutare quello che da parecchi anni era considerabile il suo unico amico in quel pezzo di città, Oscar.
Oscar aveva tre anni più di Claudia ma in prima media era stato bocciato due volte.
Lei frequentava la scuola un anno avanti e al terzo tentativo del ragazzino di arrivare in seconda si erano ritrovati nella stessa classe.
Non era stato un male, per quanto la differenza tra una bambina di dieci anni e un preadolescente di tredici fosse forte si erano subito trovati bene insieme e già dopo poche settimane erano diventati amici stretti.
Anche lui era assiduo frequentatore del cortile, ma giocava con tutt'altra gente rispetto a Claudia, motivo per cui lì non si erano mai incontrati.
L'amicizia tra i due era stata positiva per Oscar, perché grazie alla ragazzina era riuscito a superare bene tutti i tre anni di scuola media senza più fermarsi, e alla fine del percorso aveva discusso a lungo con i genitori pregandoli di lasciarlo iscrivere al liceo scientifico, ma non c'era stato verso di convincerli.
Liceo significava università, e loro non avevano né i soldi né la voglia di farlo studiare e diventare dottore in chissà cosa.
La madre di Oscar faceva le pulizie, il padre aveva un banco di frutta e verdura al mercato del rione, lui era il primo di quattro fratelli e gli altri tre erano tutti molto più piccoli.
In casa, quindi, c'era un costante bisogno di soldi e il necessario per fargli frequentare l'università era utopico potessero averlo.
Così il ragazzo si era iscritto all'istituto tecnico di zona per prendere un diploma che gli consentisse di iniziare a lavorare subito per dare una mano ai genitori.
I primi due anni erano stati molto positivi, ma con l'inizio del triennio i suoi voti erano calati parecchio ed era stato bocciato.
A quel punto, tre anni indietro rispetto al dovuto, aveva deciso di lasciare definitivamente gli studi e cercare qualcosa da fare, iniziando con l'aiutare suo padre al mercato.
Per Claudia era stata come una sconfitta personale, perché in quei sei anni aveva fatto il possibile per spronare l'amico ad andare avanti e studiare, cercando anche i modi più assurdi per fargli frequentare un giorno l'università.
Ma le cose erano andate diversamente e pazienza, loro sarebbero rimasti amici comunque, anche se da quel momento si sarebbero sicuramente visti di meno.
Oscar aveva saputo fin da subito dell'interessamento della ragazza per Marx e l'ideologia comunista.
Non ne era stato entusiasta ma neanche troppo contrario, dopo tutto sapeva che Claudia era diversa dagli altri ragazzi del quartiere. E poi, comunque, quando stavano insieme avevano bene altro di cui parlare.
Crescevano troppo in fretta e si vedevano troppo poco per non passar quel tempo a raccontarsi tutta la loro vita, altro che parlare di politica o simili.
Ma quel giorno Claudia doveva assolutamente dirlo, ad Oscar, dirgli che si era iscritta al partito, che aveva deciso di mettersi al servizio dello Stato e dedicare alla politica la sua intera vita.
E sperava che il suo migliore amico fosse contento per lei, lui che era stato il primo che aveva chiamato quando aveva scoperto di essere passata al test di medicina, ancora prima di suo padre.
Si era però tragicamente sbagliata, purtroppo, perché la reazione del ragazzo era stata totalmente opposta.
- Vuoi andare a fare la serva?- Le aveva chiesto. - Vuoi fare quella che distrugge la vita degli altri? Vuoi fare lo stesso lavoro di chi parla parla ma poi non fa nulla, è questo che vuoi fare della tua vita?-
Claudia era rimasta a dir poco sconvolta da quella risposta, ma era una ragazza abbastanza forte ed intelligente da poter rispondere all'amico facendo valere le sue ragioni senza urlargli addosso.
- In realtà io voglio fare l'esatto contrario, Oscar. Io voglio cambiare le cose, o almeno iniziare a fare qualcosa del genere. Te lo ricordi? Ne parlavamo anche insieme quando mi chiedevi perché fossi tanto fissata con Marx e con il comunismo. Adesso ho soltanto deciso di dedicare la mia vita a questo, per quanto possibile, di non lasciare che le mie rimangano solo parole.-
Gli aveva parlato con tutta la sincerità possibile, quella che usava sempre e solo con lui, perché erano migliori amici e si faceva così.
Ma l'altro pareva non volersi muovere di un solo passo dalle sue posizioni.
- È bello, Clà. Sarebbe bello ma non funziona così, e forse lo sai anche meglio di me. Prima che tu cambi il sistema o qualsiasi altra cosa è lui che cambia te. E poi scusa, la laurea che stai prendendo in medicina? Tutti gli sforzi che hai fatto in questi anni e che ancora stai facendo non servono a nulla? Vuoi buttare tutto all'aria?-
Claudia sospirò. - Non voglio buttare all'aria proprio un bel niente, io mi laureerò e realizzerò il mio sogno come medico, ma questo non significa che non possa cercare di fare qualcosa per il mio paese, anzi.-
- È colpa di Davide, vero? Ti ha convinta negli Stati Uniti che il modello di vita americano era sbagliato e tu quindi hai deciso di iscriverti al partito comunista.- Oscar parlava con una sintassi elementare,con frasi degne di un bambino di dieci anni e cercando di ripetere a pappagallo concetti che nella sua mente erano vaghi e confusi.
Ripescava frasi anticomuniste sentite da piccolo, quando ancora c'era la
Guerra Fredda, e le mischiava a quelle sentite più avanti, incapace di scindere le situazioni in cui le aveva udite per il semplice fatto che non aveva la più pallida idea di quali potessero essere i contesti storici, sociali e politici in cui qualcuno aveva detto questa o quell'altra cosa.
E a Claudia tutto quel voto pneumatico che l'amico aveva in testa, quella mancanza totale di interessi, curiosità e ideali di ogni genere, faceva male, perché aveva provato a lungo a convincerlo del fatto che vivere non fossero solo alzarsi e lavorare per guadagnare il necessario ad andare avanti.
Ma evidentemente, non c'era riuscita.
Nonostante tutto però provò a sorridere, perché quando aveva sentito il nome di Davide il suo sguardo, proprio come quello di ogni ragazza innamorata, si era illuminato facendole ricordare che doveva dire ad Oscar un'altra cosa importantissima.
- No, Davide non è neanche comunista, figurati. Ma c'è una cosa che devo dirti a riguardo. Io e Davide ci sposiamo, Oscar. Abbiamo deciso di passare la vita insieme.-
Lo sguardo del giovane si fece strano.
Non aveva nulla contro Davide, lo vedeva felice con Claudia. Soprattutto vedeva felice lei e questo gli bastava, ma non era stupido, sapeva che se si fosse sposata sarebbe andata via, iscritta al partito o meno.
- Sei venuta a dirmi addio, Clà?-
Anche il suo tono di voce si era fatto cupo, triste, completamente diverso da quello che aveva avuto fino a poco prima.
Erano seduti uno di fronte all'altra, sulla loro solita panchina,quella dei loro pomeriggi insieme in quegli anni.
Claudia tentò di prendergli le mani, lo faceva sempre quando i loro discorsi diventavano più tristi, ma Oscar le tirò indietro, quasi a dirle, silenziosamente, che era il caso di allontanarsi perché secondo lui sarebbe stato meglio così.
La ragazza provò a parlargli, allora, a dirgli che non sarebbe andata in quel modo e che il loro rapporto sarebbe stato sempre più forte di ogni sua decisione, ma era stato tutto inutile.
Oscar si era alzato dopo poco e l'aveva guardata con gli occhi pieni di lacrime che mai e poi mai avrebbe pianto.
- È finita, quindi, e non lo negare. Sono felice del fatto che tu sia venuta a dirmelo.-
- Oscar non è così, e lo sai anche tu.- Provò a dirgli un'ultima volta.
- Sta' zitta! Lo sai anche tu cosa? Tu lo sai, Claudia, tu sai che per me non c'è più posto nella tua vita, smettila di mentirti da sola!-
La ragazza avrebbe voluto abbracciarlo e dirgli che sarebbe andato tutto bene, ma non riuscì a farlo.
Tra loro si era formato come un muro invisibile, lo stesso che lei aveva visto per tutti quegli anni tra la sua vita e quella dei suoi coetanei nel quartiere.
Claudia sospirò guardandolo il silenzio, scendendo dolorosamente a patti con l'idea che lui avesse ragione; non ci sarebbe stato più spazio per il loro rapporto nella vita che lei presto avrebbe intrapreso.
Rimasero senza parlare per alcuni minuti che parvero piccole eternità.
Il sole iniziava a calare, la sua intensità si riduceva rapida in quella serata di settembre, così rapida che in poco tempo il ragazzo fu in grado di guardarlo fisso senza avere problemi.
E fu proprio mentre osservava la palla infuocata illuminare Roma di uno splendido arancione come se fosse una canzone di Antonello Venditti che parlò di nuovo.
- Io spero solo che tu sappia a cosa vai in contro, Claudia.- Disse tornando a guardare la ragazza. - Mi auguro che tu possa realizzare qualcosa, anche se la vedo difficile. Mi mancherai, ma non cercarmi. Non apparteniamo più alla stessa vita o allo stesso mondo.

Però una cosa te la chiedo; ricordati di guardare il tramonto. Sempre, anche se diventerai qualcuno di importante, che tanto i palazzi del potere stanno sui colli e da lì si vede bene.
Te guardalo, sempre, così magari ti ricorderai di me e di questi anni che ti apparterranno fino alla fine della tua vita. Buona fortuna, Claudia.-
Oscar si girò, le diede le spalle e iniziò a camminare rapido, svoltando al primo incrocio per tornare verso casa.
La ragazza rimase ferma, impietrita dalle sue parole e dalla freddezza con cui era andata via.
Tentò di chiamarlo urlando ma fu tutto inutile, lui era già lontano, troppo.
In quel momento si rese contro di come, forse, non erano così lontani poi solo da pochi attimi.
E pianse.


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Dopo lunghi ripensamenti ho deciso di postarla
No, non è un racconto politico e la situazione dell'Italia - descritta nel prossimo capitolo - è completamente mutata da quella reale.
Per il resto niente, è una storia triste e felice come sempre accade, e spero di poter rendere al meglio ogni sua parte.
Ringrazio da ora chiunque la leggerà <3

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Lascio le note qui a inizio capitolo!
Prima di tutto ringrazio chi legge/recensisce/segue la storia, siete davvero carinissimi! Grazie mille!
A questo punto dire che la pubblicazione diviene settimanale ogni martedì, di notte come ora o di giorno, vedremo! :)
Capisco che la prima parte di questo capitolo potrà essere lievemente indigesta per i riferimenti politici, ma avendo cambiato l'intera storia politica degli ultimi dieci anni almeno un breve riepilogo di come l'ho impostata dovevo farlo.
Subito dopo si entra nel vivo, state tranquilli!
E... niente, io vi ringrazio ancora e vi abbraccio forte <3
Buona lettura!



Capitolo II

Roma, 2014

Si dice che solo gli sciocchi non cambino mai idea e, se questo fosse vero, gli italiani potrebbero essere considerati tra gli esseri umani meno stupidi dell'intero globo terracqueo, soliti come sono a non restare mai più di pochi mesi sulle stesse posizioni.
Da quando Claudia aveva lasciato Oscar, il quartiere e tutto il resto non erano passati neanche dieci anni pieni ma già erano cambiati cinque governi.
Il primo, andato a scadenza naturale, era stato un governo di centro sinistra salito come secondo durante la sua legislatura; aveva la stessa maggioranza dell'altro, ma alla lunga i diversi equilibri interni ai partiti che la formavano avevano obbligato il primo esecutivo ad andare a casa.
Dopo le elezioni, fallimentari per tutti i partiti che avevano governato fino a quel momento, la maggioranza aveva racchiuso l'intero campo delle forze che si definivano di destra, dagli estremisti più duri e puri a quei centristi forse meno idealisti e più poltronari che in passato avevano governato anche con il centrosinistra.
I pochi che avevano sperato che una tale formazione avrebbe garantito stabilità politica per l'intero quinquennio si erano dovuti ricredere non una ma ben due volte, tanti erano stati i cambi di esecutivo.
E la causa era sempre la stessa, differenti rapporti di potere che per questo o quel motivo si creavano e disfacevano tra i partiti.
Si era trattato sempre di governi guidate da uomini e con una scarsa presenza femminile tanto a livello numerico quanto a livello produttivo, come se le poche donne presenti fossero più messe lì a mo' di trofei invece che in quanto personalità capaci di svolgere il loro mestiere.
Malgrado la poca pace interna la maggioranza di destra era riuscita, lasciando tutti sorpresi, a giungere fino alla fine della legislatura senza la necessità di andare prematuramente ad elezioni.

Non erano però stati in grado di soddisfare l'elettorato abbastanza da far ripetere l'esperienza, tanto che, per quanto apparisse incredibile, dalle urne era uscito come primo partito non in coalizione il PcdI, proprio quei comunisti che un tempo facevano tanta paura ma mai troppi voti.
Era stata una sorpresa per tutti, compresi i diretti interessati che mai si sarebbero immaginati di raggiungere tali risultati.
Ovviamente ciò non era bastato a dare all'estrema sinistra la maggioranza in parlamento, ma era nata rapidamente una coalizione con il Psu, Partito Socialista Unitario, e la Usd, Unione Socialdemocratica.
Il governo aveva giurato davanti a un Presidente della Repubblica appena eletto, il conservatore laico Maurizio Gabriele Rigaretti, il giusto ed unico compromesso tra tutte le forze presenti in parlamento.
L'esecutivo era guidato da un socialdemocratico, l'ex professore di Sociologia dell'Università di Bologna Federico Passalacqua, e a fargli da vice erano stati scelti, ovviamente, un rappresentate per ognuno degli altri due partiti di governo; il socialista Lorenzo Cavalleri e il comunista fino al midollo, come amava definirsi, Vincenzo Astori.
I due detenevano inoltre rispettivamente il dicastero della Giustizia e degli Interni.
I restanti Ministeri erano stati spartiti con un minimo di logica, secondo le percentuali elettorali e cercando personalità capaci.
Il Ministero della Salute era andato al PCdI, che era stato l'unico a mettere al governo, proprio in questo dicastero e in quello per le politiche giovanili e familiari, una componente femminile.
Più rara ancora di quella presente nei precedenti governi, insomma, e pensare che i rivoluzionari sarebbero dovuti essere loro, avevano commentato in molti.
Ma certamente si era preferito far leva sulla preparazione delle donne nell'esecutivo più che sul loro numero.
Il Presidente del Consiglio aveva ben scelto le due giovani ministre del suo governo, sicuro che sarebbero state ottime risorse.
Entrambi ancora lontane dal compiere trent'anni si erano dimostrate intelligenti e capaci.
In quel governo così di sinistra e interessato alle politiche sociali era andato a Lucia Menghella, di origine piemontese, il dicastero per i giovani e la famiglia, studiato ad hoc all'inizio della legislatura, mentre per quello della salute si era scelto una neuropsichiatria infantile romana, Claudia Petrolini.
La giovane figlia del libraio aveva fatto carriera in fretta da quando si era iscritta al partito, ed in soli sei anni, ancora ventisettenne, si era trovata a giurare come Ministro al Quirinale, anche lei incredula di come la sua vita sembrasse finalmente appagante.
Benché l'elezione alla Camera e la successiva nomina come membro del governo non le avessero permesso di praticare a lungo come dottoressa si era, nel poco tempo in cui era stata medico all'ospedale infantile della capitale, distinta per la capacità nel mestiere e la rara umanità con si rapportava con tutti; i piccoli pazienti, i loro genitori e i colleghi.
E lo sesso modo di fare l'aveva conservato tra i banchi del parlamento e del governo, dove spesso gli atteggiamenti erano molto più animaleschi.
Era diventata una donna forte e carismatica, indipendente sul lavoro quanto nella vita privata, malgrado tentasse di tenere su questa il più assoluto riserbo.
Aveva sposato davvero Davide nella primavera dei suoi ventidue anni, a un paio di settimane dal giorno in cui, senza neanche poterlo immaginare, cinque anni dopo avrebbe prestato giuramento come Ministro.

A venticinque anni, nel 2008, dopo una gravidanza tranquilla e felice aveva messo al mondo Guido.
Era un giorno di inizio ottobre in cui Roma era ancora immersa in un calore estivo tutto suo, un sabato mattina in cui i parchi brulicavano di bambini e famiglie felici.
Era già autunno, la stagione triste in cui gli alberi perdono le foglie e tutto sembra avere meno vita del solito, eppure alla giovane coppia era piaciuto vedere per la prima volta il loro bambino in una giornata simile.
Guido era nato con parto naturale e senza troppi problemi, anche se mentre le infermiere lo portavano via un brusco calo di pressione aveva, per pochi attimi, fatto temere per la salute della madre. Ma tutto si era poi rapidamente risolto semplicemente con un brutto spavento, per fortuna, e Claudia si era subito ripresa con negli occhi la gioia di tutte le neo-mamme.
Il bambino somigliava molto al padre nei tratti del viso, ma i colori di occhi, pelle e capelli erano quelli chiari e delicati della mamma e del nonno.
Per il signor Oreste si era trattato del terzo dei quattro nipotini che i figli gli avevano dato dopo Tommaso, nato nel 2004, Leonardo, del 2007, e prima della piccola Alice, arrivata nel 2010 e quasi certamente destinata ad essere la più piccola e l'unica femmina di quel gruppo di cuginetti.
Arrivati al terzo figlio, infatti, Gianluca e la moglie avevano deciso che la loro famiglia poteva definirsi completa e Claudia, che pure avrebbe voluto almeno un altro bambino, con l'elezione e il lavoro aveva preferito non tentare l'impossibile ma far semplicemente conciliare gli impegni con la voglia di crescere suo figlio.
Ci riusciva abbastanza bene, nonostante essere ministro non fosse semplice.
Soprattutto perché, pochi mesi prima, dopo tre anni di legislatura, lei e gli altri ministri del suo partito avevano dato in massa le dimissioni togliendo l'appoggio al governo e obbligando il Presidente della Repubblica a sciogliere le camere e indire nuove elezioni.
Non era stata una decisione presa alla leggera, come qualcuno pensava, ma secondo i comunisti erano venuti meno i punti fondamentali dell'alleanza che aveva dato vita al governo guidato da Passalacqua e, dopo alcuni giorni di discussioni interne tra i ministri e i dirigenti del partito la scelta era stata fatta senza possibilità di tornare indietro.
Claudia aveva così passato le ultime settimane dividendosi tra la Camera, dove ancora era deputata, e la campagna elettorale, iniziata almeno ufficiosamente subito dopo la perdita della fiducia del governo e le dimissioni del primo ministro. L'Onorevole Petrolini, vicina al suo trentunesimo compleanno, era una donna in forma fisica eccellente, non esageratamente alta ma con un fisico perfetto che vestiva sempre elegantemente in abiti mai troppo costosi, perché la sobrietà era per lei un punto imprescindibile del suo modo di vivere, a prescindere dal legarla o meno alla sua ideologia politica.
Era, inoltre, una persona molto attiva e tutti i giorni faceva il possibile per fare un poco di sport, a casa o fuori, anche se il minimo di scorta a cui era spesso sottoposta per via del suo ruolo risultava, il più delle volte, un grosso impedimento.
Nonostante questo l'ultimo periodo prima delle elezioni, quel periodo che stava vivendo, era stato per lei esageratamente faticoso, tanto da farle seriamente domandare se valesse davvero la pena di continuare con quella vita o non fosse meglio lasciar prendere e cercare il modo di tornare a fare il medico, occupazione che aveva abbandonato – e non solamente messo in pausa come i più erano soliti fare – quando era stata eletta tre anni prima.
Ma si trattava di pensieri che lasciavano il tempo che trovavano, la politica era la sua vita e finché avrebbe potuto avrebbe continuato in quella direzione.
Solo che la stanchezza si faceva sentire prepotente, durante quelle settimane, tanto che più di una volta si era vista costretta ad abbandonare l'aula di Montecitorio ben prima della fine della seduta, perché non si reggeva in piedi o iniziava a non comprendere più nulla di quello di cui si stava discutendo.
Per lei quella era una situazione scomoda; un po' perché amava quello che faceva e detestava lasciare le cose a metà, ma anche perché stavano iniziando a girare su di lei voci ed affermazioni poco carine che la dipingevano come una donna assetata di potere e legata ala poltrona soprattutto quando questa era di una certa importanza, in quanto rarissime erano state le sue assenze ai tempi del governo – qualcuna dal tutto fisiologica essendo le madre di un bambino piccolo – ma dal momento in cui era tornata una semplice deputata il suo scranno era vuoto non poi così saltuariamente.
Non si considerava un'assenteista, Claudia Petrolini.
Anzi, faceva il possibile per sfruttare le sue forze fino all'ultima in quei momenti tanto convulsi, ma il problema era proprio che le sue forze, quelle su cui aveva da sempre fatto affidamento a ragione, stavano venendo meno.
Il peggio, poi, era accaduto circa una settimana prima, ad un mese esatto dalle elezioni.
Mancavano poco alle dieci di sera e in aula si stava protraendo una discussione che durava dall'inizio del pomeriggio ed era più sterile di un ibrido.
Non si facevano mai profonde e fondamentali discussioni a così poco dalle e elezioni e con il parlamento sciolto, era logico, era di prassi e forse era pure scritto in modo ufficiale da qualche parte. Ma dire una parola in più o in meno, in campagna elettorale, poteva essere importante per spostare qualche migliaio di voti che si sarebbero potuti dimostrare vitali.
Claudia ascoltava annoiata quella discussione che rimbalzava dal centro destro dell'emiciclo a quella sua stessa estremità per far capire ancora una volta che la mega coalizione che aveva governato per cinque dei dieci anni precedenti non sarebbe risorta dalle sue ceneri come l'araba fenice.
Non quella volta, almeno.
La deputata, ogni tanto, lanciava occhiate compassionevoli al presidente di turno che, probabilmente, seguiva la faccenda con meno interesse di lei.
Per il resto del tempo faceva di tutto per tenersi sveglia.
Dalle otto, ora in cui aveva preso qualcosa per cenare, aveva già bevuto due caffè e tentanto di non addormentarsi giochicciando col suo tablet, leggendo le mail e addirittura provando a dare un senso alle parole dei contendenti del dibattito, ma era stato tutto inutile, stava banalmente morendo di sonno.
Si alzò per andare in bagno a guardarsi allo specchio quando per la seconda volta in pochi minuti fu scossa da un brivido di freddo, un brivido troppo fuori luogo essendo inizio maggio.
Alla toilette delle signore vide nel pezzo di vetro riflettente un volto – il suo – di un bianco cadaverico molto lontano dal potersi definire in salute.
In automatico si portò la mano destra alla fronte mentre con la sinistra si reggeva al lavabo, improvvisamente spaventata dall'idea di poter cadere svenuta lì, nei bagni di Montecitorio.
Era bollente.
Almeno per quella sera tutta la stanchezza che era solita attribuire allo stress del periodo o alla primavera poteva essere semplicemente spiegata dal febbrone da cavallo che era quasi del tutto certa di avere.
Sospirò e tornò in aula per raccogliere le sue cose e andarsene a casa prima di trovarsi in condizioni tali da non reggersi neanche in piedi.
Un paio di colleghi a lei vicini la notarono mentre sistemava la borsa e rimasero stupiti da questo, perché a differenza di molti altri conoscevano il vero amore della donna per il suo lavoro e sapevano che solitamente era tra gli ultimi a lasciare la seduta anche quando questa andava avanti fino a parecchio dopo il tramonto.
- Già te ne vai, Claudia? Guarda che questi secondo me tra un po' iniziano a picchiarsi e la cosa diventa divertente.- Aveva scherzato il primo.
La giovane donna aveva accennato un sorriso debole come era lei in quel momento. - Lo immagino, ma temo che vi toccherà raccontarmi di questo imperdibile finale domani. Sono distrutta, se non vado a casa adesso finirà che qualcuno dovrà raccogliermi con un cucchiaino.-
Sorrise di nuovo.
Ma l'altro collega, quello che ancora non aveva parlato, aveva capito che qualcosa nella donna non andava. - In effetti sei pallidissima, sicura di stare bene? Avvicinati un po'.- Disse facendo il gesto di allungare la sua mano verso la fronte di Claudia.
La ritrasse subito dopo averla sfiorata, con i sensi quasi sconvolti da quell'incontro col fuoco.
- Ma tu scotti! Vuoi un passaggio fino a casa?- Claudia fece segno di no con la testa. - No, mi appoggio in un appartamento qui vicino, dovrei riuscire ad arrivarci benissimo da sola, voi continuate pure a godervi lo spettacolo, ci vediamo domani.- Li salutò mentre un ennesimo brivido le correva lungo il corpo.
- Facciamo anche dopodomani, lascia perdere le dicerie che si sentono in giro e vedi di riposare.- Le rispose il secondo che, conoscendola un poco anche a livello umano oltre che professionale, sapeva benissimo quanto fossero fastidiose per lei le accuse di assenteismo.
La donna annuì e li salutò nuovamente per poi abbandonare l'aula e il palazzo il più rapidamente possibile.
Fuori la notte romana era tiepida, l'estate pareva non volersi far attendere troppo, ma lei, ovviamente, continuava ad avere sempre più freddo.
Solitamente viveva in un bell'appartamento a Viale Marconi insieme al marito ed il figlio.
Davide Margiotta, il suo grande amore, era magistrato e avrebbe preferito trasferirsi in zona Prati, più vicino alla procura, ma sapeva che la moglie era molto legata a quella casa dove erano arrivati appena prima della nascita di Guido.
Quando era stata eletta aveva comprato un piccolissimo monolocale, una soffitta, vicino a Montecitorio, ed era lì che andava a riposare quando finiva di lavorare troppo tardi.
Non era stato economico come acquisto, ma pazienza, si era sempre rivelato utile e i soldi non erano per loro un così grande problema.
Claudia, come altri colleghi, aveva rinunciato allo stipendio da ministro e percepiva solo quello da deputata – ovviamente privo di ogni indennità visto che viveva a Roma – mentre il marito aveva il suo da procuratore ed era logico che se la cavassero bene anche con un bambino da crescere.
Erano poi una famiglia molto sobria, che non amava ostentare il suo denaro ma anzi preferiva vivere con il giusto e mettere via il resto per non avere paura del futuro o levarsi qualche sfizio più o meno necessario.
Come quell'appartamento vicino alla Camera dei Deputati in cui, quella sera, Claudia arrivò con appena la forza di tirare fuori dall'armadietto dei medicinali il termometro e la Tachipirina che teneva lì per ogni evenienza assieme ad altri farmaci generici.
La febbre era alta, l'apparecchio segnava un 39,7 che non lasciava spazio a dubbi.
Assunse una pastiglia di paracetamolo e cercò un ultimo briciolo di energie per chiamare il marito.
- Da'...- Sussurrò al telefono.
- Claudia! Ti senti male?- Rispose l'uomo preoccupato dal tono di voce della moglie.
- Sì... sono a casa qui in centro... ascolta, ho la febbre e anche abbastanza alta... domattina dopo aver portato Guido all'asilo, prima di...- Respirò affannosamente e capì di essere stremata. - Di andare a lavoro... puoi passare?-
- Certo, ma sicura che tu non abbia bisogno di qualcosa stanotte?-
- No.. no stai tranquillo, ho preso la Tachipirina e ora dormo. Non dire niente né a Guido né a mio padre se per caso ti chiama... buonanotte amore... ti amo...-
Davide rimase stupito dalla rapidità con cui lei aveva posto fine alla conversazione, ma capì benissimo che doveva essere molto debole.
Così si limitò a rassicurarla e ricambiare il suo ti amo, anche se poi ci mise parecchio a prendere sonno, preoccupato dall'idea che durante la notte potesse accaderle qualcosa.
Claudia, invece, si era rapidamente addormentata in biancheria e coperta appena da un lenzuolo, perché malgrado il freddo che continuava a sentire sapeva che presto avrebbe iniziato a sudare.
E non solo a causa della febbre, visto che erano parecchie notti che si svegliava completamente zuppa.
La mattina seguente, ovviamente, Davide la trovò in un bagno di sudore e ancora con la temperatura elevata, anche se meno alta della sera prima.
Non avendo grossi impegni di lavoro si prese un giorno di ferie per farle compagnia.
Claudia non era stata affatto bene per quasi tutto il giorno; malgrado i farmaci la febbre era scesa poco o niente e la donna non aveva fatto altro che dormire, ma al marito tenerla stretta mentre riposava era bastato.
Verso sera, quando finalmente lei aveva dato i primi segni di miglioramento, lui l'aveva convinta ad avvisare il padre.
Il signor Oreste non sapeva ancora nulla.
Come al solito aveva passato la giornata in libreria, anche se con l'avanzare degli anni vi stava sempre meno, e poi era andato a prendere Guido all'asilo per portarlo a casa della figlia.
A differenza dei nipoti avuti da Gianluca, che come la moglie faceva orari lavorativi che gli consentivano di andare a prendere i ragazzini a scuola tutti i pomeriggi, il bambino di Claudia era affidato al nonno materno fino al rientro serale dei genitori.
E spesso i due, per un motivo o per un altro, tardavano.
Per questo motivo neanche le otto di sera l'uomo si era stupito vedendo la casa vuota, immaginando che fossero impegnati uno in un'aula di tribunale e l'altra in quella di Montecitorio.
Anche Guido non aveva fatto particolarmente caso all'assenza dei genitori. Durante la settimana era abituato a vederli poco, ma aveva capito che quando erano a casa, nei weekend o nei giorni di vacanza, erano tutti per lui.
Rispose al telefono fisso controvoglia, Oreste Petrolini, perché non gli andava di rischiare di dover fare le veci della figlia scoprendo dall'altra parte della cornetta qualche suo collega, ma qualcosa, forse l'istinto di padre, gli disse che quello squillare non aveva a che fare né con le istituzioni né con il lavoro di Claudia in generale.
E in fatti si ritrovò a parlare proprio con la sua bambina, come affettuosamente ancora la chiamava.
- Claudia! Che succede? Ancora a lavoro sia te che Davide?- Le domandò subito.
La donna, che aveva ancora la voce indebolita, rispose cercando di rassicurare il padre.
- No papà, ieri sera sono venuta via da lavoro prima perché non stavo bene e sono venuta a stare qui, nell'appartamento che abbiamo in centro. Stai tranquillo, si tratta solo di una brutta influenza fuori stagione, ma ho avuto la febbre alta e tutto oggi Davide è rimasto qui con me. Volevamo chiederti se te la senti di stare con Guido per questa notte, così io non sto sola ma neanche il mio piccolo, e questo mi pare molto più importante.-
Il signor Oreste deglutì. Anche se la figlia gli aveva detto di stare tranquillo, che non le era accaduto nulla di grave, a lui l'idea che potesse non stare bene terrorizzava.
Ma decise di non riempirla di domande ed ansie inutili e di accettare la sua richiesta di buon grado.
Si inventarono una storia per il bambino, che rimase felicemente assieme al nonno dopo aver salutato al telefono i genitori, e si diedero la buonanotte.
Claudia e il marito tornarono a casa il pomeriggio successivo, e la donna si ristabilì completamente in una paio di giorni, riuscendo a tornare a lavoro entro la fine della settimana.
Il sabato sera successivo tutto era ormai un ricordo lontano, tranne per il piccolo Guido che avrebbe passato nuovamente la notte col nonno materno ma, questa volta, a casa di quest'ultimo.
Il motivo però era molto più felice, perché i genitori erano andati a passare una bella serata in compagnia di alcuni colleghi della donna.
Niente di politico, una semplice cena tra amica alla quale Claudia aveva partecipato vestita e truccata con la sua solita eleganza, quella che la contraddistingueva anche nelle occasioni ufficiali.
Erano tornati a casa molto tardi ma ancora con la voglia di chiacchierare, soprattutto perché la maggior parte dei presenti a quella cena non era mai stata conosciuta prima da Davide se non tramite la televisione o i giornali.
Si stavano preparando per andare a riposare e Claudia era in bagno a struccarsi, sciogliendosi finalmente i lunghi capelli castani che, come sempre, aveva raccolto per bene in uno chignon abbellito per l'occasione serale da qualche forcina e molletta luccicante.
- Dovresti smetterla di tenere i capelli legati, ti invecchiano.- Rise il marito guardandola nello specchio.
- Mi invecchiano di quanto, scusa? E poi meglio, no? Qualcuno potrebbe pensare male se si sapesse quanto sono giovane e quante cose ho già fatto. Aveva riso lei, che spesso scherzava su quanto davvero fosse stata assurda la rapidità con cui aveva fatto carriera.
Davide entrò nel bagno e la strinse alla vita baciandole il collo.
Si guardarono nello specchio così, abbracciati.
Malgrado i dieci anni di matrimonio, il bambino sempre più vicino all'iniziare le elementari e i loro ruoli si vedevano sempre giovani ed innamorati come a vent'anni.
Era vero che Claudia con i capelli legati sembrava più vecchia, ma era anche vero che quando erano sciolti le incorniciavano un viso dolce con dei lineamenti ancora infantili, quel viso che solo Davide poteva ammirare e che agli altri era vietato comprendere nel profondo proprio perché la donna faceva il possibile per eliminare quella cornice naturale raccogliendo la sua chioma in code e chignon per mostrare al mondo sempre e solo il suo volto, truccato ed elegante proprio com'era lei.
Rimasero abbracciati a lungo guardando il riflesso del loro amore.
Poi, in modo totalmente naturale, si staccarono e tornarono a cambiarsi per la notte.
Avrebbero voluto fare l'amore ma erano stanchi, troppo anche per amarsi.
Si sarebbero addormentati abbracciati come sempre accadeva in quelle serate fisicamente devastanti, magari scherzando ancora una volta su questo o quell'altro collega della donna.
In fondo erano così giovani, ce ne sarebbe stato ancora parecchio di tempo per stare insieme.
Appena prima di coricarsi, passando distrattamente una mano dietro al collo Claudia sentì una sporgenza e si affrettò a lasciar cadere sulle spalle la chioma castana per evitare che il marito se ne accorgesse.
Non era la prima volta che la sentiva e non fu neanche la prima volta che la ignorò.
Era giovane, dopo tutto, giovane e oltremodo impegnata.
Ci sarebbe stato anche tempo per capire cosa fosse quello, malgrado già sorridesse pensando che potesse essere un difetto fisico venuto a dirle che Davide aveva ragione.
Glielo sussurrò appena mentre lui già dormiva.
- Forse non ti sbagli, dovrei sciogliere più spesso i capelli...-
Non cercò neanche di capire se l'avesse sentita o meno.
Sprofondò tra le braccia di Morfeo dimenticandosi anche di quel bozzo all'inizio della schiena che, in qualche angolo remoto del cervello, per qualche assurda ragione, le faceva anche paura.

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Con un po' di ritardo posto il terzo capiolo e comunico che, purtroppo, sarò meno regolare negli aggiornamenti a causa della scuola e del fatto che, per vari motivi, sto scrivendo questa storia prima a mano e poi al computer.
In ogni caso spero davvero di non tardare troppo tra un capitolo e l'altro.
Vi chiedo inoltre un poco di pazienza e sopportazione per l'argomento politico che, ancora per qualche capitolo, sarà fortemente presente, andando poi via via diminuendo d'importanza per i motivi già presenti nella trama,.
Niente, detto questo io vi saluto e a presto.
Un grazie infinito a chi segue, legge e recensisce la storia. davvero, siete gentilissimi <3

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                                                              Capitolo III

La mattina li aveva trovati ancora abbracciai ma più forti e innamorati.
Avevano fatto l'amore rimediando alla stanchezza della sera prima.
Non avevano molto tempo, erano attesi a casa del signor Oreste per il pranzo, ma si erano presi quegli attimi per loro che ogni coppia così affiatata si dedica quando può.
Era stato dolce, come sempre era tra loro, e alla fine erano rimasti abbracciati, in silenzio, spogli di vestiti e di pensieri.
Si erano ascoltati respirare e avevano sentito i loro cuori battere insieme, come se tutte le parole ascoltate da bambini sull'amore e le favole trovassero concretezza in quel rapporto nato in pochi mesi tanti anni prima e destinato a rinnovarsi ogni giorno fino al tramonto dei tempi.
Soltanto quando Davide notò che l'orologio sul suo comodino segnava le undici accettarono l'idea di dover interrompere quel loro personale incantesimo per tuffarsi nuovamente nella vita reale.
E fu davvero come spezzare una magia quando sciolsero l'abbraccio in cui erano stretti e si alzarono dal letto, perché d'improvviso ricominciarono a sentire il traffico e i rumori provenienti da Viale Marconi e si accorsero di non avere udito assolutamente nulla nei momenti in cui si erano vissuti, malgrado il mondo fuori non si fosse certamente fermato.
Fu l'uomo il primo ad andare verso il bagno per prepararsi, mentre lei ancora temporeggiava tra le lenzuola madide di sudore.
Si convinse che fosse il loro, in fondo faceva caldo e non poco, ma i pigiami in terra raccontavano una storia diversa, con quello di Davide asciutto e il suo di nuovo molto umido.
Cambiò il letto e la biancheria, sempre sperando che lui non notasse nulla e facendo il possibile per eliminare i brutti pensieri che ancora le si annodavano negli angolo più nascosti della mente.
Si scambiarono i ruoli tra bagno e camera poche decine di minuti dopo e l'uomo, ancora in accappatoio, decise di prendersi tutto il tempo del mondo per scegliere come vestirsi, perché tra i tanti pregi Claudia aveva il difetto tipicamente femminile di impiegare parecchio tempo a prepararsi.
Troppo, pensava lui.
Ma pazienza, amarsi era anche questo, lo aveva capito da ventenne e non l'avrebbe dimenticato in quel momento, divenuto ormai uomo adulto, marito e padre di una famiglia che migliore non poteva desiderare.
Tra una cosa e l'altra si misero in macchina che era da poco passata l'una.
Il signor Oreste li aspettava per le due, abituato a mangiare tardi per via della libreria e dell'orario in cui tornavano a casa i figli quando ancora erano studenti.
Malgrado fosse domenica, però, Roma era impraticabile come al suo solito, e anche partire di casa con parecchio anticipo come avevano fatto loro poteva non essere sufficiente.
Fortunatamente avevano di che parlare durante il viaggio, anche perché vedendosi poco durante la settimana quelli erano gli unici momenti in cui potevano discutere come due coniugi normali.
E, di fatti, il discorso intavolato dalla donna riguardava il figlio che, nel settembre successivo, avrebbe iniziato le scuole elementari.
- Ieri poi ero troppo stanca e mi sono scordata di raccontartelo.- Disse Claudia
– Ma l'altro giorno ho incontrato la Mugnari. Sai, no? Quella del secondo piano con il marito veterinario e i quattro figli con cui a volte gioca anche Guido.-
- Ah sì!- Rispose Davide, che per quanto stesse poco a casa aveva una vaga idea della composizione del vicinato, soprattutto per quanto riguardava coppie con bambini dell'età di suo figlio.
- Ecco. Il ragazzino più grande, Fabio, finirà adesso le elementari e probabilmente le insegnanti che ha avuto in questi cinque anni saranno le maestre di Guido ed Erica, la terza figlia della Mugnari, visto che nella succursale dove sono stati iscritti c'è una sezione sola.-
Il magistrato ascoltava le parole della moglie sorridendo. Era una caratteristica che Claudia aveva da quando era al mondo quella di ricordare e riferire ogni minimo dettaglio. Nomi, luoghi, date, nella sua memoria c'era spazio per tutto.
- Beh, e che tipi sono?- Chiese mentre svoltava sul controviale di una delle arterie principali della città per imboccare un'altra via che, in breve, li avrebbe portati a casa del suocero.
- Tipe, casomai.- Rise lei. - Comunque non male, sono due donne. Quella che insegna Italiano ha qualche anno più di noi, mentre l'insegnane di Matematica, da quello che ho capito, deve essere più vicina ai cinquanta che ai quaranta. Ma la signora mi ha detto che si tratta di una donna ancora attiva e capace di stare con i bambini sia per quanto riguarda le lezioni sia per, che ne so, gli intervalli o le uscite. Quando c'è da stargli un po' più dietro, insomma.-
Senza mai distogliere lo sguardo dalla strada l'uomo ascoltava e seguiva con attenzione le parole della moglie.
E fu proprio per questo che pochi attimi dopo ebbe come un'illuminazione.
- Ma certo! Ora che mi dici così ho presente chi potrebbero essere, credo anche di averle conosciute e di averci parlato quando sono andato a vedere la scuola con tuo padre questo inverno.-
Finì la frase con un tono di voce più basso, cupo.
La giornata aperta alla scuola elementare per le iscrizioni alla classe prima era stata argomento di discussioni anche forti tra Claudia e il marito.
Era successo verso la fine di Gennaio, quando ancora la crisi di governo non pareva essere neanche all'orizzonte ma nelle sedi dei comunisti già si ventilava qualcosa.
Lei era per questo doppiamente impegnata e stressata, soprattutto perché logicamente costretta a non poter dire niente a nessuno.
Di trovare il tempo per andare a vedere la scuola non se ne parlava, e per quanto avesse sempre messo davanti la famiglia rispetto al lavoro il momento era così delicato da obbligarla, per una volta solamente, ad invertire l'ordine delle sue priorità.
Inutile dire cosa non era successo in casa per quel fatto; Davide e la donna se ne erano dette di ogni e anche il signor Oreste, se pur con meno foga, aveva avuto qualche screzio con la figlia sulla questione e, in generale, su quanto trascurasse non tanto la famiglia ma proprio se stessa.
Alla fine, però, ogni litigio aveva trovato la sua positiva conclusione in un abbraccio di pace, pazienza se era andata così, per quella volta sarebbero stati padre e nonno ad andare a vedere la scuola per il piccolo di casa.
Si trattava di una scuola elementare pubblica vicino casa, una scelta normalissima come normale avevano sempre voluto fosse la vita di Guido.
Il bambino non aveva ancora ben chiaro che lavoro facesse la madre, anche se spesso passando davanti a Montecitorio i genitori gli dicevano che lei lavorasse lì e lo stesso accadeva quando le immagini del paese dove aveva sede la Camera dei Deputati passavano alla televisione.
Ed era proprio con l'apparecchio televisivo che il piccolo aveva i problemi maggiori, perché ancora non riusciva a capire come sua madre potesse essere sia lì dentro, ad esempio quando veniva intervistata da qualche telegiornale, sia in casa con lui e il padre, magari a cena.
Oppure, ancora, quando la donna era presente nello studio di questo o quell'altro programma di dibattito e lui, vedendola da dietro lo schermo, provava a chiamarla anche urlando, fino ad arrabbiarsi nel notare che non lo degnava di uno sguardo.
Il padre gli spiegava ogni volta con pazienza come funzionasse la cosa, ma nella sua mente di bambino era davvero difficile capire perché la madre si potesse sdoppiare o perché si facesse vedere senza però guardarlo o ascoltarlo.
Soltanto in quel periodo, a pochi mesi dal suo sesto compleanno, Guido iniziava a comprendere qualcosa in più, anche se parole come ministro, esecutivo o governo gli erano quasi del tutto estranee per quanto le sentisse da quando era al mondo.
Ma in fondo cosa gli interessava? Per lui Claudia era solo la sua mamma, quella che gli leggeva le favole e lo coccolava.
Il resto non era poi così importante, anche se, doveva ammetterlo, qualche volta sentiva molto la sua mancanza, specialmente quando quella rincasava tardi.
Per questo, quella domenica mattina, aspettava con ansia l'arrivo dei genitori stando seduto per terra sul balcone della cucina di casa del nonno, quello che dava sulla strada, e guardava attraverso la ringhiera ogni macchina che passava o si fermava sulla via.
Fu proprio lui a vederli andare verso il portone del palazzo.
Camminavano mano nella mano ma il bambino non lo notò neanche, troppo impegnato a correre verso il citofono per rispondere subito, appena avessero suonato.
Il signor Oreste l'aveva visto volare da una parte all'altra della casa e aveva capito immediatamente cosa fosse accaduto.
Davide e Claudia erano saliti a pieni per i tre piani che separavano l'appartamento dal livello della strada.
Lo facevano sempre, ma quel giorno alla donna erano parsi almeno il doppio.
Si promise che dopo le elezioni si sarebbe presa davvero una pausa, anche solo qualche giorno per staccare e riprendere le forze.
Guido li attendeva come sempre nascosto dietro la porta del bagno, dalla parte opposta del corridoio, pronto a correre verso la mamma e il papà subito dopo il loro ingresso.
Si buttò immediatamente tra le braccia di Claudia che lo tirò su da terra e se lo portò stretto al petto, sfregando il nasino del piccolo con il suo in un modo di salutarsi che era solo loro.
Fu nel farlo scendere che accusò un dolore allucinante alla schiena.
Un attimo, durò un attimo solo che però bastò a farle contrarre il volto in una smorfia di dolore proprio davanti al padre.
- Claudia stai bene?- Le chiese subito l'uomo, preoccupato dallo sguardo sofferente che aveva appena fatto la figlia.
- Sì, sì.- Rispose quella accennando un sorriso che si ritrovò a dover sforzare. -È solo che questo signorino inizia a diventare sempre più grande e a pesare non poco.- Continuò accarezzando i capelli del bambino che, forse per fortuna, non aveva capito cosa fosse appena accaduto.
- Lui cresce ma tu fai l'esatto contrario, figlia mia. Ogni volta che ti vedo sei più magra!- Sospirò l'uomo.
Erano settimane, forse anche un mesetto buono, che voleva dirglielo, ma non sapeva mai come iniziare il discorso, preoccupato dall'idea di poterla in qualche modo ferire od offendere.
Così, appena gli si era presentata l'occasione giusta – appena pochi attimi prima- l'aveva colta al volo.
La donna, però, aveva risposto col suo solito modo scherzoso, sorridendo di nuovo lievemente perché il dolore si era irradiato dalla schiena al fianco e non voleva certamente farlo capire.
- Spero che tu abbia cucinato qualcosa di buono e ipercalorico, allora, perché sto morendo di fame.- Disse al padre abbracciandolo e baciandogli la guancia proprio come faceva da ragazzina.
Si diressero verso la cucina parlando di tutt'altro e pregustando il pranzo domenicale del signor Oreste, un appuntamento fisso e mai deludente.
La casa dove Claudia era cresciuta era rimasta uguale a quando era piccola, il padre non aveva voluto cambiare nulla neanche nelle stanzette dove un tempo dormivano i figli.
Anche il quartiere dove la ragazza aveva passato i primi ventuno anni della sua vita non era poi così diverso da quando l'aveva lasciato, né dal punto di vista architettonico né, tanto meno, da quello sociale.
Fortunatamente, a differenza di quello che aveva temuto un decennio prima, la libreria del nonno di Guido non aveva avuto problemi dopo la sua decisione di entrare nel partito e abbandonare la zona; i pochi clienti abituali erano rimasti tali, e gli sporadici turisti di certo non potevano conoscere la storia che si celava dietro al librario e alla sua famiglia.
Soltanto quando era stata nominata ministro erano comparse, sotto casa e vicino al negozio, scritte poco carine riguardanti la donna, ma per il resto non era accaduto niente di rilevante.
Neanche i pochi amici che la deputata aveva avuto in quel quartiere da giovanissima erano più saltati fuori, nessuno di loro.
Compreso Oscar, il migliore amico di un tempo.
L'unico, tolta la famiglia, che aveva mostrato almeno per un attimo gioia per la sua scelta, anche se alla fine aveva preferito lasciare che le loro strade si separassero.
Claudia pensò a lui mentre si sedeva al tavolo dove a lungo avevano studiato, mangiato e giocato insieme.
Chissà dov'era, lui.
Come stava, cosa faceva, se si era sposato, se era andato via da lì o vi viveva ancora, se aveva sentito come lei era riuscita almeno in parte a realizzare tutti i suoi sogni.
La donna ricordava con precisione tutti i dettagli della loro amicizia, ma in particolare non aveva mai scordato le sue ultime parole, quella richiesta di ricordarlo guardando il sole che calava e illuminava Roma proprio come in quel loro ultimo pomeriggio.
Lo faceva sempre, ogni volta che per caso o per volontà si trovava ad ammirare il tramonto pensava ad Oscar.
Ma chissà se lui ancora ricordava e faceva lo stesso.
Fu il signor Oreste a distrarre la figlia dai suoi pensieri, portando la discussione su qualcosa di banale come i capelli che – stranamente – quel giorno lei portava sciolti.
- Li tengo sempre raccolti per lavoro, papà, per essere in ordine. Almeno quando sono in famiglia lascia che li tenga liberi.- Si era giustificata.
- Sì, sì, certo, non devi mica darmi una spiegazione. Pensa, Davide, anche da piccola era così fissata con i capelli legati. Tu non sai quanto mi vergognai la volta in cui, era in seconda elementare, mi avvicinai alla madre di una sua amichetta per chiederle di insegnarmi come si facesse una treccia.-
Il procuratore rise.
Suo suocero aveva sempre da raccontare qualche aneddoto divertente riguardante l'infanzia di Claudia o di suo fratello Gianluca.
- Immagino che crescere da sola una figlia femmina non sia stata una cosa semplice.- Commentò sospirando.
- Oh, i figli sono difficili da tirare su anche se si è una coppia. Certo, come padre solo mi era più facile capire il maschietto, anche perché era più grande, ma sono certo che pure voi due abbiate problemi a crescere Guido ogni tanto, o no? Qualche screzio tra di voi, qualche suo capriccio di troppo.-
I genitori si guardarono.
L'uomo aveva perfettamente ragione; tra tutti i loro impegni, di lavoro e non, essere madre e padre era di certo il più complicato.
Ed il più bello, ovviamente.
Passarono il resto del pranzo a parlare di tutto un po'.
Discussero anche di politica, delle elezioni ormai alle porte e della partenza di Claudia per Torino la mattina seguente, dove sarebbe stata impegnata due o tre giorni sempre per la campagna elettorale.
- Ma sei sicura amore mio?- Domandò il padre guardandola con occhi che erano un misto tra triste e preoccupato. - Non sei stata affatto bene questa settimana, forse sarebbe il caso che ti riposassi, no?-
- Papà tu ti preoccupi sempre troppo, non ho avuto altro che una brutta influenza fuori stagione, te l'avrò detto mille volte. La febbre è stata alta, è vero, ma non è durata che due giorni. E poi già ho deciso che subito dopo le elezioni mi prendo qualche giorno di riposo, se ci tieni vengo a passarli qui così sei sicuro di ciò che faccio. - Provò a tranquillizzarlo e farlo sorridere insieme.
Mangiarono bene; come sempre, quando si avvicinava la bella stagione, il signor Petrolini si allontanava dai fornelli e preparava insalate di ogni genere, da quella di riso a quella di mare.
Al momento del caffè la donna spiegò che sarebbe presto dovuta scappare alla sede del partito per prendere alcuni documenti che le servivano per il giorno successivo, e il marito acconsentì a lasciarle la macchina proponendo al figlio di fare un giro in centro per gustarsi un gelato prima di tornare a casa.
Proposta che, neanche a dirlo, Guido accettò con grande gioia.
Rimasero ancora un poco a fare compagnia al signor Oreste, il quale per quanto fosse ormai abituato alla solitudine gradiva sempre avere attorno i suoi cari, genero e nuora compresi.
Poco dopo le quattro, quando si salutarono, Claudia promise che sarebbe andata a trovare il padre in settimana, appena tornata dal capoluogo piemontese, mentre Davide avrebbe rivisto il suocero solo la domenica successiva, quando al nuovo pranzo ci sarebbero stati, evento raro ma piacevole, anche Gianluca con la moglie e i figli.
Guido e il padre attesero che la donna partisse prima di andare verso la metropolitana che li avrebbe portati in centro.
La deputata sapeva bene che sarebbe stato più il tempo impiegato per arrivare in sede e poi tornare a casa che quello realmente utilizzato lì dentro per fare ciò che doveva, ma non aveva alternative e quindi pace, avrebbe passato una domenica diversa dalle altre.
Salì fino al secondo piano, quello dove si trovavano gli uffici che le interessavano, e cercò con calma ed ordine i documenti di cui aveva bisogno.
Ci mise parecchi minuti a trovarli, colpa di tutto il materiale che si era accumulato negli armadi, nei cassetti e sulle scrivanie tra il governo, la sua caduta e il pre-elezioni.
Finalmente con in mano ciò che le sarebbe servito a Torino, dopo aver tentato di sistemare qualcosa almeno sui tavoli del salone principale, si avviò verso lo scalone che l'avrebbe portata all'uscita.
Fu costretta a fermarsi d'improvviso pochi attimi dopo; lo strano dolore che aveva accusato a casa del padre – quella fitta a schiena e fianco che aveva imputato al crescere di Guido – si era ripresentato sempre negli stessi punti ma ancora più acuto, tanto da crearle difficoltà di respirazione.
Arrivò il più rapidamente possibile a una panca simile ad un divanetto posta sempre nel corridoio, a pochi metri da lei, e vi si sedette in modo disordinato, cercando almeno di recuperare una frequenza respiratoria normale.
Il dolore rimase forte per poco proprio come era successo quella mattina, ma poi ci mise parecchio a svanire del tutto, sfumando lentamente e lasciando a Claudia troppo tempo per rimuginare su quello che le era appena accaduto.
Forse suo padre aveva ragione, lei non era affatto in forma e quel viaggio a Torino, rapido e dai tempi molto ristretti, non avrebbe di certo giovato alla sua salute.
Ma non poteva né voleva disdirlo.
Mentre il dolore si era ormai ridotto ad un semplice fastidio e il respiro tornava il solito la donna sorrise da sola pensato a come le paresse di essere tornata indietro di quindici anni, quando ai tempi del liceo arrivava a fine maggio stremata, se ne interessava poco e tirava dritto fino a giugno senza perdere un colpo, convincendo anche la sua stanchezza ad attendere l'arrivo dell'estate e de momento in cui si sarebbe potuta riposare.
Evidentemente, avendo smesso, ormai da parecchio quel tipo di discussioni con il suo corpo, aveva perso l'abilità necessaria a lottare contro la stanchezza, perché poco dopo si ritrovò, senza neanche accorgersene, addormentata su quel divanetto che alcuni minuti prima l'aveva accolta dolorante e leggermente preoccupata.
Fu svegliata diverso tempo dopo, non aveva chiaro quanto, da una mano sicuramente amica che le scosse dolcemente la spalla chiamandola per nome.
- Claudia? Sei sveglia? Che ci fai qui a dormire a quest'ora della domenica pomeriggio?-
La donna impiegò alcuni istanti a trovare le risposte, anche perché aveva altrettante domande da fare al collega che l'aveva distolta dal suo sonno.
- Eh?! No, è che ero venuta a prendere dei documenti che mi servono per domani, a Torino, e poi mi sono sentita poco bene e... ma tu piuttosto? Come mai da queste parti?-
L'uomo davanti a lei era Ettore de Giovanni, lo stesso deputato che alcune sere prima, quando le era presa quella brutta influenza, le aveva sfiorato la fronte bollente e le aveva proposto di accompagnarla a casa.
Ettore aveva qualche anno più di Claudia e i due si conoscevano da ben prima dell'elezione alla Camera.
Militavano insieme praticamente da quando la donna si era iscritta al partito e lo aveva sempre considerato come un mentore, anche se con il passare degli anni avevano stretto un buon rapporto di amicizia.
Non vivano neanche troppo lontano e, alla lunga, lo stesso era accaduto tra le loro due famiglie.
L'uomo era padre di quattro figli e con un quinto in arrivo, motivo per cui Claudia lo invidiava molto.
Lo aveva visto spesso con i bambini e sapeva che era un ottimo papà proprio com'era un ottimo deputato.
Anche lei avrebbe voluto essere capace di avere una famiglia più numerosa e allo stesso tempo riuscire a lavorare dignitosamente.
Ma, in fondo, per lui, essendo un uomo, doveva essere sicuramente più semplice, anche per il solo fatto che nell'avere un bambino non era di certo lui a dover portare avanti la gravidanza.
- Passavo per caso in zona e ho visto le luci accese, cosa che mi ha fatto strano, quindi sono salito. Ma stai di nuovo male?- Le chiese con un po' di ansia nel tono di voce, come se fosse anche lui preoccupato per la sua salute.
- No, no tranquillo. Ho mal di schiena e sai come funziona, a volte se è forte arriva a farti mancare il fiato. Così mi sono seduta un attimo e devo poi essermi addormentata. A proposito, che ore sono?- Domandò un po' per cambiare argomento e un po' per reale interesse.
- Sono quasi le sette.-
Claudia sospirò e si mise in piedi aiutata da Ettore. - Maledizione, ma è tardissimo! - Tirò istintivamente fuori dalla tasca dei pantaloni il cellulare e lo controllò.
Come immaginava aveva ben più di una chiamata persa da parte del marito.
Fece segno al collega di scusarla un attimo e telefonò a Davide per spiegargli cosa fossa accaduto e dirgli di non stare in pensiero perché entro poco sarebbe rincasata.
I due onorevoli uscirono dalla sede del partito insieme, continuando a parlare di lavoro. Si salutarono davanti alle rispettive macchine, per puro caso parcheggiate vicine, e si diedero appuntamento per la seconda metà della settimana, quando Claudia sarebbe rientrata da Torino e tornata a Montecitorio.
Pur su due veicoli differenti fecero un pezzo di strada insieme, fino a quando lei non svoltò per entrare nella zona in cui viveva.
Arrivò a casa per le otto, Davide aveva già preparato la cena e la famiglia si mise subito a tavola.
Il magistrato non fece domande alla moglie sul perché fosse crollata addormentata in quel modo nel pomeriggio – che potesse avergli mentito non lo pensava neanche, la donna non ne era capace – ma rimase per tutta la serata dubbioso sulle sue condizioni, proprio come quello stesso giorno erano stati dubbiosi il signor Oreste e l'onorevole De Giovanni.
Non lo diede troppo a vedere e lei non se ne rese neanche conto, anche perché il piccolo aveva monopolizzato le attenzioni della madre raccontandole cosa avessero fatto nel pomeriggio.
Se c'era una cosa che Guido aveva preso dalla sua mamma era la passione per i dettagli.
Malgrado fosse ancora un bambino aveva – per la sua età – un ottimo vocabolario ed era in grado di esprimere concetti di diverso tipo in modo preciso e dettagliato, a volte lasciando anche stupiti gli adulti attorno a lui.
Dopo cena Claudia mise a letto il figlio spiegandogli che nei tre giorni successivi non ci sarebbe stata per via del lavoro.
Guido aveva leggermente sbuffato, era stufo di vedere la mamma andare e venire; anche quando se lui aveva bisogno lei c'era senza problemi gli dispiaceva quando partiva, perché spesso temeva che una volta o l'altra non sarebbe tornata.
- Tra qualche settimana la mamma potrà stare di più con te perché avrà finito il lavoro importante che sta facendo adesso.- Gli promise cercando di convincerlo a farsi passare il broncio.
Rimase accanto al letto del suo bambino finché lui non si addormentò, continuando a coccolarlo dolcemente come solo una mamma sa fare.
Anche lei sentiva terribilmente il dolore della separazione quando la sera non tornava a casa da Guido.
Per fino la sera che era rimasta a dormire in centro perché ammalata il suo ultimo pensiero era andato al piccolo e alla nostalgia che provava per non essere tornata da lui.
Spenta la luce nella cameretta la deputata era andata nella sua stanza a preparare la borsa che le sarebbe servita a Torino.
Era una piccola valigia trolley rosa con cui viaggiava sempre quando doveva fare brevi e rapidi spostamenti per motivi di lavoro.
Insieme a questa portava con sé la sua borsetta per tutti i giorni e quella che conteneva il portatile e i documenti vari ed eventuali di cui aveva bisogno.
Anche quest'ultima, dove già aveva ordinatamente riposto il computer e i fogli recuperati nel pomeriggio, era rigorosamente rosa, e Davide spesso la prendeva in giro dicendole che comunista com'era avrebbe dovuto puntare più sul rosso che sul rosa.
Glielo ricordava praticamente ogni volta che la vedeva partire con le due valigette, ma quella volta non lo fece.
Il procuratore era rimasto per tutta la serata in cucina, aveva lavato i piatti e rigovernato la stanza tenendo in sottofondo la televisione accesa su un programma di satira politica.
Quando andò in camera per coricarsi la moglie stava finendo gli ultimi preparativi e lui non la degnò neanche di uno sguardo.
Claudia era però una donna attenta, e aveva notato lo strano comportamento dell'uomo, quel marito che solitamente era così premuroso e così interessato allo stare con lei il più possibile, soprattutto prima di una sua partenza.
- Cosa c'è?- Gli domandò guardandolo prepararsi per la notte.
- Niente, cosa deve esserci?-
- Ah non lo so, dimmelo tu. Stamattina eri così dolce, mentre adesso... tutta la cena non mi hai degnata di uno sguardo e dopo te ne sei stato in cucina come se io non esistessi.-
- Dato che domani parti e stavi mettendo a letto Guido e finendo i bagagli ho pensato che qualcuno dovesse lavare i piatti e sistemare la cucina, o no?-
Claudia sbuffò. - Ma smettila, Davide, ti prego!-
- Vuoi sapere cos'ho? Ho che non voglio che tu parta.- Sospirò l'uomo. - Ho paura che tu non stia bene e temo che questo viaggio a Torino sia solo un'ammazzata, per te. Un'ammazzata inutile. -
La donna sorrise lievemente e si andò a sedere sulle sue gambe baciandolo dolcemente
- Te l'ha messa in testa mio padre questa paura, vero?-
- Un po' sì, ma anche l'influenza dell'altra settimana non mi ha tranquillizzato, anzi. Ho semplicemente paura che tu ti stia massacrando e che, prima o poi, il tuo corpo ne possa risentire.-
Claudia accarezzò i capelli del marito. Ne aveva sempre avuti tanti e molto morbidi, così che per lei era sempre stato rilassante passarci una mano in mezzo.
- Te l'ho già detto.- Gli sorrise di nuovo. - Va tutto bene, davvero.
E poi l'ho già detto a Guido; dopo le elezioni mi prendo qualche giorno. Magariu stacchiamo un po' tutti e tre, ce ne andiamo al mare. O tutti e quattro.- Rise. - Visto che ho promesso a mio padre di farmi controllare per evitare che mi riposi solo per finta.-
Finalmente sorrise anche il magistrato e la strinse forte a sé, quasi da farle mancare il respiro.
Ma tanto meglio così, aveva pensato Claudia.
Se il respiro doveva mancarle tanto meglio lo facesse tra quelle braccia piuttosto che nella sede vuota del partito.



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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Eccomi di nuovo, finalmente.
Mi scuso per il ritardo ma la scuola è pesante e non poco, purtroppo.
Allora, anticipo che questo (e il prossimo che sarà solo un mezzo capitolo) saranno con buone probabilità gli ultimi - o quasi - in cui si fa forte riferimento al fattore politico, che però ho tentato di smorzare parlando sempre a lungo della nostra caaaara protagonista!
Sempre riguardo a lei - anche se non voglio anticipare nulla - posso dire che la confusione che, ho l'impressione, trasparirà dal capitolo è voluta e serve a far intendere i suoi tormenti.
Niente, io non anticipo altro e ringrazio con un enorme abbraccio tutte le persone che seguono - recensiscono - leggono - mi piacciano la storia, per me è davvero importantissimo!
Vi abbraccio davvero fortissimo e alla prossima! :D

Capitolo IV


La stazione di Roma Termini alle sette meno un quarto del mattino era quasi considerabile vivibile.
Claudia vi si era avviata da sola con un taxi da casa sua dopo aver salutato Davide e dato un bacio al piccolo Guido che ancora dormiva.
Non avendo più grosse cariche se non quella di parlamentare aveva potuto fare tutto in completa solitudine, portando comunque un paio di occhiali scuri anche a quell'ora per evitare incontri spiacevoli e non desiderati.
Si fermò dal giornalaio per comprare “Il Manifesto”, il quotidiano che per ovvi motivi preferiva, e si mise al bar per aspettare la partenza e fare una seconda colazione di certo più abbondante rispetto al caffè preso di corsa e con gli occhi ancora pieni di sonno nella cucina di casa.
Il treno sarebbe partito, se puntuale, alle otto precise, per arrivare poi alla stazione di Torino Porta Nuova poco dopo le undici e trenta.
Lì ci sarebbero stati due compagni ad attenderla. Sarebbe stata portata in albergo per darsi una sciacquata dopo il viaggio e poi avrebbe pranzato con alcuni dirigenti locali.
Nel pomeriggio avrebbe visitato la sede provinciale del partito e si sarebbe trovata nuovamente a cena con dei colleghi.
Il giorno seguente, invece, la mattinata sarebbe stata libera per avere così il tempo di riposare e preparare l'intervento al comizio del pomeriggio prima del quale, sempre in compagnia, avrebbe fatto un pranzo leggero.
Per l'ultima serata aveva educatamente declinato l'invito a cena e aveva proposto di salutare tutti con un aperitivo, sicura che si sarebbero rivisti o comunque sentiti dopo le elezioni, a prescindere dal loro risultato.
Il mercoledì mattina sarebbe partita di nuovo presto, nella speranza di riuscire a tornare a Montecitorio nel pomeriggio.
Sì, sarebbero stati tre giorni molto pieni.
Si accomodò nella prima classe del treno dieci minuti precisi prima della partenza, con in mano una bottiglietta d'acqua e il giornale che non aveva ancora terminato di leggere.
In viaggio non dormiva mai, forse per l'assurda paura di essere derubata o, forse più razionalmente, perché non ci riusciva, come in fondo capitava a molti.
Aveva con sé praticamente tutti i suoi dispositivi elettronici, durante quel viaggio; il computer, il tablet, lo smarphone e il lettore musicale, l'unico che non aveva attinenza alcuna con il suo lavoro ma di certo quello che, come donna e non come deputata, considerava il più importante.
Se qualcuno avesse guardato dentro a quello non avrebbe mai immaginato che potesse appartenerle, tra le canzoni vecchie di anni – talvolta decenni – e quelle più moderne che molti dei suoi colleghi più anziani avrebbero potuto considerare solo rumore.
Inoltre, ben nascosta, teneva una playlist di canzoni per bambini. Le faceva ascoltare a suo figlio quando dovevano affrontare un lungo viaggio e ogni tanto, benché se ne vergognasse e non lo avesse mai detto a nessuno, quando stava lontano da casa per parecchi giorni le ascoltava anche lei, per sentire in qualche modo il suo piccolo più vicino.
Passò il viaggio con le cuffie nelle orecchie, tentando comunque di riposare un minimo e dando talvolta uno sguardo al tablet per i soliti motivi, controllare la mai e sistemare qualche appunto.
Stava leggendo, in quel periodo, un libro di antropologia molto interessante sulle conquiste operate tra i vari popoli nei secoli – invasioni, guerre e così via -, volume consigliatole da un'amica.
Lo aveva con sé anche in quell'occasione, ma durante il viaggio di andata non lo aprì.
Verso Milano, quando ormai all'arrivo mancava poco più di un'ora, sentì di nuovo quello strano e violento dolore al fianco che tanto l'aveva stranita il giorno precedente, anche se questa volta le fu risparmiato il mal di schiena.
Tentò di mettersi più comoda sul sedile ma tutti i suoi gesti furono rallentati da una improvvisa assenza di respiro.
Aveva letteralmente fame d'aria, le pareva di annaspare in mare dopo essersi trattenuta troppo a lungo sotto l'acqua.
E se la situazione fosse stata quella non ci sarebbe stato nulla di strano.
Ma era su un vagone di un Frecciarossa Roma-Torino e tutta quella mancanza di fiao non era facilmente spiegabile, come non lo era stato il pomeriggio della domenica, quando per la prima volta aveva fatto i conti con quella che le pareva l'inizio di una crisi respiratoria.
Nuovamente dovette attendere diversi minuti prima che la situazione tornasse alla normalità, provando a fare respiri lunghi e profondi come quando dopo aver corso molto a lungo le doleva la milza.
Appena si riprese del tutto fu proprio pensare a quell'organo che le mise quasi una pulce nell'orecchio, facendole aprire in fretta il tablet per andare a fare una ricerca su internet.
Arrivó su Google e iniziò a digitare ciò che desiderava trovare, ma si fermò dopo poche lettere.
Cosa stava facendo? Formulava diagnosi sulla base di ciò che si sentiva e controllava su internet i sintomi per non far altro che accrescere un'ansia che tutto le faceva meno che bene?
Quello lo facevano gli ipocondriaci o comunque quelli che di medicina non sapevano molto. Lo avrebbero potuto fare suo marito o suo padre, arrivando alla drammatica conclusione che avesse chissà che terribile malattia.
Ma lei no, lei era un medico e di stupidi siti in rete non aveva bisogno.
Era semplicemente stanca, e presto avrebbe avuto tempo per riposare e tornare in forze.
Quando il treno arrivò a Torino Porta Nuova, naturalmente con cinque minuti di ritardo, Claudia stava meglio e aveva anche scacciato tutti i pensieri che l'avevano portata, poco prima, ad accendere così repentinamente il tablet.
Riconobbe subito le due persone che erano andate a prenderla, perché facevano parte di quel gruppo di colleghi che nel corso del tempo erano diventati anche qualcosa di simile a degli amici.
Li salutò calorosamente e poi rispose in modo positivo alle canoniche domande sul viaggio, omettendo ovviamente ciò che le era accaduto.
Andarono subito in albergo, una bella struttura del centro città, e la donna fu lasciata sola per sistemarsi e riposarsi un attimo prima del pranzo.
Ne approfittò per inviare un messaggio a Davide chiedendogli se fosse impegnato o potessero parlare.
Per risposta ricevette una telefonata dal marito.
- Amore! Come è andato il viaggio?-
- Bene, tutto a meraviglia. Tu come stai?-
-Io bene, ma non è per me che sono preoccupato ultimamente. - Dall'altro capo del telefono Claudia sorrise, con Davide era inutile tentare di non farlo impuntare, se pensava una cosa quella era.
- Sto bene, te l'ho detto. E poi lo sai; sono un medico, se qualcosa non andasse bene lo saprei.-
Il tono di Davide si fece più serio e preoccupato. - Il problema è proprio questo, Cla'; sei un medico, se qualcosa non andasse bene saresti perfettamente in grado di nasconderlo.-
La donna lasciò perdere, tanto non l'avrebbe avuta vinta contro i pensieri negativi del suo amato.
Cambiò discorso, chiese del figlio, raccontò del viaggio e parlò degli impegni che aveva in quei due giorni, senza però far capire quanto fossero pesanti per non farlo tornare alla discussione di partenza.
- È ora di andare, amore, devo salutarti.- Disse una decina di minuti dopo Claudia accorgendosi di essere quasi in ritardo.
- Sì, anche io tra poco ho un'udienza. Ci sentiamo questa sera? -
- Sì. Ti chiamo dopo cena così saluto anche Guido.-
- Va bene, amore. Ti amo.
- Ti amo anche io.-
Si salutarono e a Claudia venne subito voglia di buttarsi sul letto, distrutta dal viaggio e da quella stanchezza cronica che da settimane la perseguitava.
Ma ovviamente non ebbe che il tempo di riposare qualche attimo, perché l'orologio non perdonava e in breve si sarebbe dovuta trovare nella hall dell'albergo per andare a pranzo.
Si dette una sistemata cercando di apparire al meglio e abbandonò la stanza.
Il pranzo fu piacevole, conosceva di vista o nome tutti i dirigenti regionali, era vero, ma trovarsi a tavola con loro fu tutt'altra cosa.
Benché l'occasione fosse abbastanza formale per Claudia condividere un pasto significava, da sempre, abbattere un poco il muro di serietà che tipicamente esisteva tra gli uomini in giacca e cravatta.
Uomini metaforicamente parlando, ovviamente, perché per fortuna era sempre maggiore il numero di donne come lei.
Non parlò molto, l'ex ministro, ma ascoltò tutto ciò che si discuteva tra i commensali, rispondendo solo quando veniva interpellata o si sentiva in dovere di dire la sua su qualche argomento.
Poteva non sembrare, a leggere la sua biografia, ma in realtà era una donna molto timida, sempre attenta a non dire una parola di troppo o rischiare di offendere qualcuno.
Aveva un buon carisma, a dire il vero, e spesso in quegli anni si era trovata a fronteggiare colleghi anche più anziani tendendogli sempre testa con fermezza, educazione e anche un pizzico di eleganza tipicamente femminile, dimostrando costantemente come non ci fosse bisogno di volgarità e insulti per avere la meglio in una discussione.
Malgrado quello, però, preferiva sempre ascoltare ed intervenire raramente, solo a proposito e con poche parole corrette.
Mangiarono fresco anche quel giorno, nulla di troppo cucinato o elaborato visto che il caldo si faceva sentire anche lì, e si trattò di piatti appartenenti alla tradizione piemontese che lei non aveva mai sentito nominare. Fu però felice di poterli assaggiare, questo era uno dei lati positivi del suo lavoro.
Appagata dal pranzo ebbe la possibilità di tornare per un paio d'ore in albergo e finalmente riposare davvero.
Non dormì per paura di non svegliarsi poi in tempo, ma rimase sdraiata sul letto appoggiando comodamente la schiena sul materasso nella speranza di dare un po' di conforto ai dolori che da giorni la colpivano sempre meno sporadicamente.
Si mise in piedi poco prima delle diciassette per prepararsi nuovamente ad uscire.
Non era mai stata una di quelle donne così fissate con l'aspetto fisico da passare ore davanti allo specchio, né tanto meno capace di fare trucchi esagerati e vistosi così da essere sempre al centro dell'attenzione.
No, lei ci teneva ad essere curata il giusto e solo per se stessa, per non vedersi mai come appena sveglia.
Uno spettacolo, quello, che aveva sempre considerato poco gratificante, malgrado Davide le ripetesse da anni quanto considerasse dolce l'aria da bambina che aveva nel momento in cui apriva gli occhi alla mattina.
Fu rapidamente pronta e si trovò, ancora una volta, nella hall con un leggero anticipo.
“Sempre meglio essere in anticipo che in ritardo”, pensò accomodandosi su una delle poltroncine rosse che si trovavano lì nell'atrio.
Poco meno di due minuti dopo fu raggiunta da un collega piemontese che conosceva da parecchio tempo, Martino Ozzano.
- I sondaggi non sono positivi.- Le disse sbattendo la copia di un giornale, che Claudia non riconobbe, sul piano formato dall'unione dei braccioli delle due poltroncine.
- I sondaggi non sono mai generosi con chi ha appena governato, figuriamoci se lo sono con chi il governo l'ha fatto pure cadere.- Sospirò la donna.
Sì, non si prospettava un buon risultato per le elezioni in vista, era già tanto se si fosse arrivati a percentuali definibili decenti senza risprofondare nel buio di alcuni anni prima.
- Tu pensi di tornare in Parlamento, immagino.-
- Sì, se si entra dovrei farcela. E tu? So che ti hanno proposto la candidatura qui nelle liste del Piemonte ma hai rifiutato, perché?-
L'uomo sorrise. - Qui abbiamo un ottimo bacino elettorale, è vero, e mi era stato proposto di essere capolista, praticamente sarei stato certo di entrare. Ma non ho trent'anni, e anche in Senato c'è gente molto più capace di me. No, io è tutta la vita che mi occupo del piccolo, del locale, e non voglio cambiare adesso.
E poi Roma è così caotica-
Risero entrambi.
In effetti aveva ragione, anche se Claudia era troppo affezionata alla sua città per ammettere tutti gli svantaggi che poteva avere vivere nella Capitale.
Mentre parlavano non si accorsero dell'arrivo delle ultime persone che aspettavano per uscire, ma ci misero poco a recuperare il gruppo.
La sede provinciale del Partito non era molto distante dal punto del centro di Torino dove era sito l'albergo, e ci arrivarono a piedi in pochi minuti.
Ad aspettarli vi erano altri colleghi e parecchi ragazzi iscritti alla giovanile del partito.
Claudia era sempre affascinata dai giovanissimi che si avvicinavano alla politica, a prescindere dal loro orientamento.
Vedeva in loro una speranza e, malgrado non fosse poi così grande di molti di quelli, li guardava con fare quasi materno, senza però mai sentirsi in qualche modo superiore o migliore solo per la rapida carriera che aveva fatto.
Per quei ragazzi, inoltre, lei rappresentava un esempio, soprattutto per quelli che smanettando un po' con internet erano riusciti a scoprire qualcosa in più sulla vita della donna.
Fu un bel pomeriggio; ci furono discussioni sul futuro del partito e del paese, molte domande su cosa sarebbe accaduto nel momento in cui sarebbero andati all'opposizione e qualche uccello del malaugurio che chiedeva quale comportamento avrebbero dovuto tenere se non avessero superato la soglia di sbarramento.
I più anziani, memori degli scarsi risultati dei decenni passati, consideravano quello che era accaduto tre anni prima un miracolo che non sarebbe mai più ricapitato.
Qualche ragazzo, invece, era molto più positivo e diceva che, non quella volta ma di certo quella successiva, sarebbero tornati al governo.
- E chissà, forse proprio qui c'è qualche futuro ministro.- Aveva scherzato Martino Ozzano.
Claudia si era messa a ridere e in breve si era trovata di nuovo a combattere contro il dolore al fianco e la mancanza di fiato, facendo come al solito il possibile per non mostrare nulla.
Solo l'uomo si accorse della strana smorfia comparsa sul volto della donna, e la guardò cercando di capire cosa le stesse accadendo.
Ma ottenne come risposta un normale sorriso, sincero ed educato, che lo spinse a non fare altre occhiate o domande.
Salutarono tutti quando mancavano pochi minuti alle sette, e tornarono verso l'albergo per prepararsi alla cena.
Sarebbe stato un pasto molto meno formale di quello precedente; avrebbero mangiato sushi in un noto ristorante giapponese del centro e sarebbero state davvero poche persone, forse neanche una decina.
La donna si diede una rapida sistemata e telefonò a casa, dove con sua grande sorpresa trovò anche il padre.
Se era riuscita a calmare il marito quella mattina, quando ancora una volta lui si era preoccupato per la sua salute, con il signor Oreste non era stato facile porre fine alla discussione che andava avanti dalla mattina precedente.
Lo capiva, era vero, anche lei era sempre attenta alle condizioni di Guido, e non avrebbe di certo smesso il giorno in cui – già sapeva che sarebbe successo troppo presto – il suo bambino sarebbe diventato un uomo, ma trovava eccessivo quel suo continuare a pressarla.
Anche perché non le faceva bene, la portava a porsi domande che non voleva farsi e ad agitarsi, senza contare che non le piaceva discutere con quella che era una delle persone più importanti della sua vita.
Fortunatamente riuscì a non alzare troppo la voce e a dargli la buonanotte senza nuovi screzi, per poi passare a salutare il bambino, che le domandò se ci sarebbe stata a fine mese per la festa del suo diplomino alla scuola materna.
Lei disse che sì, a prescindere dai suoi impegni ci sarebbe stata quella sera, e fu contenta di sentirlo felice, almeno lui che non nutriva nessun tipo di preoccupazione per lei se non quella che non ci fosse nei momenti dei suoi piccoli ma importanti traguardi.
Chiuse la telefonata col sorriso sulle labbra.
Aveva una famiglia splendida, dopo tutto, e anche quel loro continuo preoccuparsi per lei eri un modo per manifestare affetto.
Guardò l'orologio e si accorse di avere ancora diversi minuti liberi, così sospirò e decise di accendere il tablet e fare la ricerca che aveva iniziato quella mattina sentendosi sciocca.
Più il tempo passava più iniziava, segretamente e facendo il possibile per ostentare il contrario, a pensare che forse stava davvero male, forse non era solo stanca e, sempre forse, avrebbe dovuto fare qualcosa.
Ma era davvero impegnata, in quel periodo, e per quanto la salute potesse essere importante non aveva proprio il tempo di preoccuparsene. Né tanto meno avrebbe avuto il tempo di mettere in pausa tutta la sua vita per una cosa simile.
Lasciò perdere quei pensieri assurdi, stava decisamente fantasticando.
Sì, poteva essere che fosse malata se lo stress fosse stato classificato come una vera e propria malattia organica, altrimenti non vi potevano essere altre spiegazioni logiche.
Quando quella mattina aveva di colpo spento il tablet considerandosi una stupida aveva sentito uno strano brivido freddo, come se avesse davvero paura di qualcosa.
In quel momento, invece, i sentimenti che provava erano totalmente opposti; la ricerca che stava per fare le serviva per stare tranquilla, confermare che le sue farneticazioni non fossero altro che tali.
Mentre si caricava il sito che cercava accese la televisione per guardare il telegiornale e aggiornarsi su ciò che era accaduto nel paese durante il giorno, compito oltretutto necessario dato il suo lavoro.
Pochi attimi dopo sentì bussare alla porta della sua stanza e, aprendola, si trovò davanti Ozzano.
- Scusa, è che non ti vedevo scendere e ho pensato che ti fossi scordata di guardare l'orologio.- Sorrise alla donna.
Claudia ricambiò il sorriso e ammise il suo essere in ritardo.
Si scusò un attimo e finì rapidamente di prepararsi.
Prima di uscire dalla stanza spense il televisore e guardò il tablet sul letto.
Ancora una volta non era riuscita a fare quella ricerca, e si convinse che fosse un segno di qualcosa che le diceva di stare tranquilla.
Scese chiacchierando assieme al collega pensando a tutt'altro, e allo stesso modo fecero la strada verso il ristorante.
Claudia aveva raramente mangiato Giapponese, benché non fosse mai stata restia ad assaggiare cibi di tradizioni diverse dalla sua.
Non le dispiacque, tanto che si promise di trovare un ristorante simile a Roma e portarci una volta Davide e il piccolo Guido.
Come aveva immaginato erano pochi, sette persone totali di cui tre donne, e questo aveva facilitato il nascere di una discussione unica e non di tanti piccoli discorsi tra due o tre commensali.
Inoltre erano stati fatti accomodare in un tavolo di forma circolare che di certo aiutava a parlare con poco ordine, ma almeno tutti assieme.
Forse anche grazie a quello Claudia aveva parlato più che a pranzo, talvolta iniziando anche lei qualche discussione.
Verso le dieci, quando ormai avevano tutti finito di cenare e molti non avevano ancora voglia di tornare a casa, uscirono dal locale e fecero quattro passi per il centro, in direzione Piazza Vittorio Veneto.
Si sentirono lievemente a disagio nel mischiarsi alla folla dei giovani che, benché fosse lunedì sera, giravano senza meta per le vie della movida torinese.
Quando però superarono il ponte sul Po e si trovarono davanti al piazzale della Gran Madre si sentirono come se fossero in pace col mondo, lontani da ogni preoccupazione.
Martino Ozzano indicò a Claudia la Basilica di Superga, che lei già di nome conosceva per la tragedia dei giocatori del Torino accaduta diversi anni prima, e le disse che, a parer suo, sarebbe dovuta tornare a visitare la città con più calma, una volta o l'altra.
- È bella davvero, potresti venire su con tuo marito e tuo figlio, prima o poi. Se non ricordo male hai un bambino piccolo, vero?-
- Sì, ha quasi sei anni.- Rispose pensando a Guido e a come ne sentisse la mancanza.
- In effetti Torino è una bella città, elegante. Chissà, forse quando il bimbo sarà più grande e io avrò un po' più di tempo potremmo tornare davvero.- Commentò.
Le piaceva viaggiare, e se avesse potuto scegliere un'altra vita avrebbe fatto la viaggiatrice o qualcosa del genere.
Tra una cosa e l'altra si era ormai fatta quasi mezzanotte quando Claudia salì sul taxi che l'avrebbe riaccompagnata in albergo.
Ozzano le aveva proposto di accompagnarla ma lei aveva cortesemente rifiutato; l'uomo viveva dall'altra parte della città e sarebbe rincasato troppo tardi. Il giorno seguente si prospettava impegnativo e non sera il caso ci arrivassero stanchi.
Inoltre la Deputata aveva preferito rimanere sola per fare un'ultima telefonata al marito e augurargli la buonanotte.
In camera rivide il tablet ancora pronto a chiarire i suoi dubbi ma lasciò perdere, era troppo stanca.
E vista la giornata appena trascorsa fu felice, per una volta, di poter giustificare tutta quella stanchezza.
Ripensò, prima di dormire, a quegli ultimi giorni; il dolore, il sudore notturno, la stanchezza, la febbre, le discussioni in casa e le sue strane ricerche incompiute.
Rifletté a lungo su ciò che le stava succedendo e su cosa dovesse pensare a riguardo, fino a che il sonno non ebbe il sopravvento su ogni pensiero.
Sognò poco, quella notte, e furono sogni agitati che non ricor
dò mai.
Quando era più piccola, all'università o ancora prima, al liceo, le capitava spesso di avere periodi di notti convulse, soprattutto in momenti della sua vita molto pieni.
Crescendo, forse anche grazie alla vicinanza costante di Davide, erano man mano sfumate, e quando alle sei del martedì mattina si svegliò ancora con il cuore in gola sentì dentro di sé la voglia di piangere e maledirsi per le sue scelte di vita.
Avrebbe voluto buttare tutto all'aria, lasciar perdere ogni cosa, dal suo lavoro a quella laurea in medicina tanto sudata.
Sudata come quelle lezioni in cui si rigirava desiderosa di riaddormentarsi il prima possibile e risvegliarsi in un'altra vita.
Andò in bagno e si buttò sotto la doccia fredda, cercando di ragionare e scindere i suoi incubi e le sue paure dai suoi reali pensieri.
Si sentì confusa, persa, sola.
Come se tutto quello fosse un oscuro presagio di qualcosa che non capiva e non voleva capire.
Stava forse impazzendo? Magari la ragione era davvero in chi le diceva di prendersi una pausa?
Ma da cosa? In quella notte terribile avrebbe voluto prendersi una pausa dal vivere, non dal lavoro o dalle sue occupazioni di moglie e madre.
Dalle persiane chiuse si intravedeva l'alba pronta a risvegliare Torino.
La luce soffusa le parve la speranza di riprendere in mano il suo essere, annientato dalle quelle ore buie molto più della notte appena passata.
Ma ricadde addormentata in accappatoio poco dopo, stringendo il cuscino come da bambina stringeva il pupazzo senza il quale non dormiva.
Erano passate da poco le nove quando aveva riaperto definitivamente gli occhi.
Si era sentita immediatamente più tranquilla, come se quello che era successo fino a poche ore prima fosse stato un incubo anche nei momenti in cui era sveglia.
Fece una seconda doccia e si preparò con calma, fortunatamente aveva la mattinata libera.
Uscì verso le dieci, fece colazione fuori e si concesse un giro per i negozi di via Roma, una tra le vie più commerciali di Torino.
Non acquistò quasi nulla ma si rilassò molto, e dopo una nottata simile ne aveva davvero bisogno.
Tornata in albergo sentì Davide, omettendo ovviamente quello che era accaduto, e poi sai concentrò sul discorso del pomeriggio.
Si mise ad abbozzarlo sul suo tablet stando sdraiata sul letto, cercando quindi di riposare ancora un poco senza però togliere tempo al lavoro.
Nel corso degli anni era diventata bravissima a fare più cose contemporaneamente o a dividersi le ore del giorno così meticolosamente da riuscire a svolgere tutti i suoi compiti per bene e senza tralasciare nulla.
Era stato solo grazie a quei metodi che non aveva smesso di fare la mamma per fare il ministro o viceversa, e anche in quelle ultime settimane, mentre le forze le venivano meno, la sua organizzazione era stata il punto forte della sua vita, ciò che le aveva permesso sempre di quadrare il cerchio.
Non avrebbe parlato che pochi minuti, e doveva essere precisa, andare dritta al punto.
Iniziò facendo una scala dei contenuti, buttando giù un testo come bozza, correggendone la forma e ripetendolo davanti allo specchio calcolando i tempi.
Per sua fortuna non era poi così fuori dalla tempistica prevista, e ci mise meno di mezzora a mettere tutto a posto.
Nel ripeterlo per perfezionarlo si trovò nuovamente a doversi fermare a causa della mancanza di fiato e per un attimo riprovò la sensazione della notte e della giornata appena passati, la paura di qualcosa che non capiva.
Lasciò che il momento passasse provando a pensare ad altro e poi andò a farsi l'ennesima doccia per prepararsi per il pomeriggio.
Come la sera precedente decise di accendere il televisore sul notiziario mentre sistemava le ultime cose, ma quella volta stette ben attenta all'ora, perché non voleva ripetere l'imbarazzante incontro con Martino Ozzano avuto prima della cena Giapponese, quando l'uomo aveva bussato alla porta della sua camera.
Si guardò allo specchio subito dopo essersi truccata e sorrise.
Si trovò bella, riposata, non di certo ammalata.
Spense la televisione ascoltando distrattamente la notizia di un suicidio avvenuto a Roma.
Uscì dalla stanza pensando a quanto fosse fortunata ad avere una famiglia e un lavoro così soddisfacenti da non farle mai credere che valesse la pena smettere di vivere.

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


Capitolo V


La piazza era gremita già da ben prima che arrivassero le personalità che sarebbero salite sul palco.
Claudia e gli altri avevano mangiato in un self-service del centro cercando di tenersi leggeri e discutendo del comizio.
Faceva caldo, era il primo pomeriggio di un giorno di Maggio, e la donna, mentre arrivava, osservava un poco dispiaciuta la folla ammassata, perché, per quanto le facesse piacere vedere come le idee del partito fossero ancora vive tra la gente, vedere quelle persone sotto il sole cocente le dava da pensare, in qualche modo scuoteva la parte più umana del suo essere.
Dietro il palco, dove si preparava per l'inizio del pomeriggio, si accorse anche stando all'ombra di quanto facesse caldo, e per un attimo credette che sarebbe svenuta nel bel mezzo del suo intervento, facendo una figuraccia che sarebbe di certo stata più memorabile di ogni sua azione politica passata e futura.
Fortunatamente non accadde nulla di simile, riuscì a parlare per i suoi pochi minuti senza mai perdere il filo del discorso e ala fine si complimentò con se stessa per come si era preparata.
Fu un lungo pomeriggio di parole e applausi, tanto che il calore emotivo dei presenti parve di gran lunga maggiore rispetto a quello atmosferico.
Il tutto terminò tardi, poco prima che il cielo di Torino iniziasse a riempirsi dei colori del tramonto.
Man mano che la platea si allontanava dalla piazza i politici presenti abbandonavano in fretta il palco per ritornare da dove erano arrivati senza problemi di alcun genere.
Prima però si scambiarono qualche rapido commento sul comizio, tutti abbastanza contenti di come era andato e dell'ampiezza del pubblico, tra il quale si erano visti moltissimi giovani e qualche bambino portato dai genitori.
Probabilmente non sarebbero stati nella maggioranza, ma di certo il consenso popolare su cui potevano contare non era ancora così basso.
Claudia e alcuni colleghi non tornarono immediatamente a casa o in albergo, ma, come avevano già deciso in precedenza, si avviarono verso Piazza Vittorio, la stessa dove erano stati la sera prima, per concludere quei due giorni con un aperitivo e salutarsi.
A differenza della prima volta che vi erano stati, però, era pomeriggio e non c'era molta confusione, fatta eccezione per un gruppo di studenti seduti in terra nella parte perdonale della piazza, fermi a scherzare o prendere l'ultimo sole della giornata.
Era ormai il tramonto, e diverse sfumature di arancio e rosa arrivavano dal fondo
della lunga Via Po, che da dove erano loro si vedeva finire – o iniziare – in Piazza Castello.
Si accomodarono nei tavolini esterni del locale, una sorta di quello che, scoprì allora Claudia, i Torinesi chiamavano dehor, appena fuori dal porticato che circondava la piazza squadrata su tre lati.
La situazione tra i presenti aveva perso ogni tipo di formalità, e la mezza dozzina di presenti, tra uomini e donne, non faceva altro che chiacchierare e ridere.
- In ogni caso mi auguro un gran numero di donne in questa legislatura.- Aveva commentato Eleonora Carlisi, una donna ben più grande di Claudia candidata per la seconda, o addirittura terza, volta al Senato.
- Anche se fossero tutte di estrema destra?- L'aveva presa in giro un altro collega, Cristiano Simeoni.
- Hai capito perfettamente cosa intendo, Simeoni, non fare il simpatico.- L'ultima affermazione della Carlisi aveva scatenato l'ilarità generale e portato, come spesso accade in occasioni simili, a un brindisi, forse di buon auspicio per le elezioni ormai prossime.
Rimasero al bar ancora diverso tempo, poi Claudia si scusò e salutò tutti; per lei era ormai ora di ritornare verso l'albergo e prepararsi per ripartire il giorno successivo.
Le ci vollero quasi dieci minuti per allontanarsi dal tavolino dove ancora sedevano i suoi colleghi, tra baci, abbracci e promesse di sentirsi prima, dopo e durante le elezioni indipendentemente dal loro risultato, e andando via, senza farsi vedere da nessuno, pagò per tutti come ultimo segno di saluto.
Poi imboccò a piedi proprio Via Po ancora illuminata dai colori della fine del giorno che tanto amava.
Poco prima di arrivare nell'altra piazza, quasi al fondo della lunga via, si fermò in un negozio di souvenirs e comprò una calamita e una piccola riproduzione della Mole Antonelliana che le fece venir voglia di tornare presto nella città per visitare il museo del cinema.
Su una bancarella, infine, trovò un libro per bambini su Torino da portare al figlio.
Fece tappa in un supermercato a poche decine di metri dall'albergo per prendere qualcosa con cui cenare, considerandosi troppo stanca anche per scendere al ristorante dell'albergo.
Arrivata per l'ultima volta nella stanza sistemò le sue cose nella valigetta con cui era partita e si fece un'ennesima doccia calda.
Già in pigiama e con i capelli ancora bagnati chiamò a casa e fu contenta quando sentì subito dall'altra parte Guido che le disse. - Mamma ho risposto io perché sapevo che eri tu!-
Sentire la voce del suo bambino la faceva stare bene, l'essere madre le dava la fortuna di avere sempre un motivo per sorridere, anche nei momenti più complessi della sua vita.
Salutò il bambino e il marito e poi, stranamente affamata, cenò con quello che aveva acquistato.
Non si trattava di una cena definibile sana, lo sapeva, ma aveva scelto di lasciarsi un po' andare, quella sera, senza stare attenta ai dettagli della dieta o di ciò che qualcuno si sarebbe potuto aspettare da lei.
Le piaceva, ogni tanto, dismettere totalmente i panni della seria e formale donna in politica per fare ciò che le piaceva sentendosi una ragazzina, lontana dalla vita pubblica.
Spazzò le briciole e tutto quello che aveva utilizzato per mangiare e, come se fosse un automatismo, accese di nuovo sul telegiornale.
Quello che accadde nei momenti successivi fu troppo confusionario perché riuscisse a ricordarlo davvero per bene.
Il conduttore stava lanciando il servizio che lei quella mattina aveva sentito appena mentre usciva dalla camera, quello su un suicidio avvenuto a Roma, dove un uomo si era tolto la vita gettandosi da un palazzo in costruzione.
Solo che quella sera ebbe modo di sentire la notizia in maniera completa, udendo il nome del suicida e potendone vedere la fotografia.
Il resto fu solo un urlo e un pianto, una disperazione che mai Claudia aveva pensato di poter provare.
L'uomo che si era ucciso, la persona che aveva deciso di porre fine alla sua vita, era Oscar.

Note


Eccomi, dopo oltre un mese sono finalmente riuscita ad aggiornare.
Sto scrivendo davvero moltissimo, a mano, ma purtroppo per cause di forza maggiore (scuola e salute) non riesco a copiare al computer con regolarità e quindi ad aggiornare.
Inoltre mi scuso per il capitolo piccolino, d'ora in poi si alterneranno, senza un vero e proprio schema, capitoli molto lunghi e molto brevi, a seconda di quanta suspance voglia lasciare in voi lettori :D E ancora per un poco narrerò quasi giorno per giorno la vita di Claudia, motivo per cui mi scuso se appariranno noiosi o ripetitivi i prossimi capitoli, ma voglio lasciare ancora sprazzi di felicità raccontati nei dettagli prima che... *ghigno malefico*
Me l'hanno detto in molti e sì, ammetto che Claudia abbia avuto una vita “super” e impossibile, fuori dal normale, disumana (mi sono concessa un po' di inventiva e irrealismo), ma l'umanità e il realismo arriveranno e lo faranno, purtroppo, insieme al dramma.
Questo capitoletto, lo si legge alla fine, dà una scossa alla protagonista, e questa scossa andrà a farle ricalcolare tutto ciò che ha pensato fino ad adesso.
Ma tempo al tempo...

Io ringrazio davvero tutti; lettori silenziosi, lettori recensitori, gente che ha messo la storia tra le seguite, preferite e ricordate.
Scusate davvero, ma sono molto distante dal pc in queste settimane!

Un abbraccio e a presto!

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


Capitolo VI

Era svenuta, forse, o entrata in uno stato di trance da cui si era ripresa molto lentamente.
Intorno a lei non era cambiato nulla, se non le immagini alla televisione che ora mandava in onda un talent show i cui concorrenti, conduttori e spettatori erano felici, lontani dal dramma di cui di certo avano sentito al notiziario, pensando magari si trattasse dell'ennesimo suicidio dovuto alla crisi economica e del lavoro.
E pazienza, forse avevano speso qualche parola contro i politici ma poi erano tornati subito alle loro gioie personali, a ciò che li portava a non voler fare la stessa fine di quell'uomo.
Claudia, invece, si sentiva strana, in un certo senso non aveva neanche realizzato quello che era successo, non poteva credere che Oscar, il suo migliore amico per tanti, tantissimi anni, se ne fosse andato in quel modo.
Era vero, lo aveva fatto già una volta, durante il loro ultimo incontro, quando l'aveva lasciata su quella panchina, sola e persa come si sentiva in quel momento. Ma era diverso, e non solo per via della ineluttabilità della morte.
Spense la tv e il cellulare, così come le luci della camera e del bagno.
Si mise a letto, gli occhi sbarrati fissavano il buio e la mente vagava e lavorava per concetti semplici, parole banali ma dolorose come coltelli.
Oscar. Morte. Suicidio.
Iniziarono a scendere lente e calde, le lacrime sul suo volto, alternate ai singhiozzi, ai ricordi, alle domande senza risposta.
Si addormentò piangendo e passò una seconda notte difficile, svegliandosi spesso.
Sempre sudata, sempre tormentata da quello che era successo, dall'assurdità di come poco prima era stata felice di sentire la voce di suo figlio e poco dopo tutto il suo mondo era crollato.
Sentì il bisogno di qualcosa, di qualcuno che la calmasse, qualcuno a cui aggrapparsi in quelle ore, ma era totalmente sola.
Quando suonò la sveglia, che aveva impostato ben prima di tutto quello, si trovò ben lontana dall'essere riposata e pronta a partire, svolgendo così tutte le sue azioni in modo meccanico e con la testa da un'altra parte.
In stazione comprò “Il Messaggero” nella speranza di avere qualche notizia in più sulla morte di Oscar, ma non ebbe subito il coraggio di aprire il quotidiano.
Prese svogliatamente un secondo caffè e si avviò verso il binario per prendere posto e cercare di riposare ancora, perché la stanchezza, tanto fisica quanto mentale, sembrava impedirle di stare in piedi.
Guardava con ansia l'orologio, erano appena le otto e lei desiderava fossero già le nove, ora in cui avrebbe potuto telefonare a Davide.
Aveva bisogno di lui, di abbracciarlo, di parlarci.
Aveva bisogno di suo marito, del suo amore.
Non sapeva se l'uomo avesse sentito la notizia o meno, ma in ogni caso l'unica persona che voleva al suo fianco era lui.
Avrebbe dovuto inoltre parlare con suo padre, dopotutto Oscar era stato, per un periodo, come un terzo figlio per lui, ma non erano di certo discorsi da fare al telefono.
Provò a distrarsi ascoltando un po' di musica, guardando fuori dal finestrino e pensando ad altro, ma non era semplice allontanare tutti i ricordi che le saltavano alla mente in quel momento.
Ricordi che erano rimasti nascosti per dieci anni, tornati raramente prima di quella terribile notizia ma ancora vivi e nitidi nella sua memoria.
Dalla sera prima non aveva avuto nessun contatto con il mondo esterno a lei, eccezione fatta per l'uomo alla reception dell'albergo, un paio di commesse in stazione e il controllore sul treno.
Così, quando lo riaccese, dovette mettere il telefonino subito in modalità silenziosa per colpa dei numerosi squilli.
Diverse mail, un paio di sms dai parte di colleghi romani, uno da uno di Torino, tre chiamate perse da suo padre e ben cinque da parte di Davide.
Capì subito che non ci sarebbero state molte parole da dire; quelle telefonate spiegavano, con buone probabilità, che anche loro sapevano.
Telefonò al marito mentre il treno lasciava Porta Garibaldi e gli ultimi passeggeri saliti a Milano prendevano posto.
Il magistrato rispose dopo soli due squilli, e il tono della sua voce non nascose l'ansia con cui aspettava quella chiamata.
Ma Claudia fu di poche parole, avrebbero di certo parlato meglio di persona.
- Hai impegni di lavoro questo pomeriggio?- Gli chiese semplicemente.
- No, non importanti.- Rispose Davide.
Aveva capito, dai suoi silenzi, dalle sue pause e dal suo tono basso e cupo, che la moglie volesse chiedergli una cosa sola.
- Puoi venire a prendermi in stazione?-
- Sì, amore, stai tranquilla.-
Nessuno parlò di Oscar, nessuno dei due fece riferimenti espliciti, ma capivano entrambi il motivo di quella telefonata.
Si salutarono dopo qualche altro attimo di silenzio e Claudia ne approfittò per chiamare suo padre.
Anche con lui scambiò poche parole, tra cui l'assurda domanda “come sta?”.
- Hai bisogno di qualcosa, tesoro? Vuoi che venga da te quando arrivi?-
- No, papà, stai tranquillo. Mi viene a prendere Davide e andiamo a casa. Avrei voluto tornare a lavoro, questo pomeriggio, ma francamente non me la sento.-
- Fai bene, devi riposare.- Sospirò il signor Oreste.
Poi aggiunse la frase che tutti pensavano ma che nessuno aveva ancora esplicitato – Io non riesco ancora a crederci.-
Questa volta fu Claudia a sospirare e commentare con un semplice – già.-, lasciando cadere il discorso e, dopo poco, salutando anche lui.
Spense di nuovo il cellulare e appoggiò la testa al finestrino.
Non aveva più pianto, dalla sera prima, e anche se le sarebbe piaciuto sfogarsi in quel momento non fu in grado di farlo.
Non era solo la vergogna di piange in pubblico, era proprio che il dolore che teneva dentro sembrava non voler uscire in nessun modo.
Rimase così a lungo, ferma a guardare il mondo che le scorreva intorno.
Fu scossa da una delle hostess del treno diverso tempo dopo, quando già avevano superato Bologna.
- Signora si sente bene?- Le chiese cortesemente.
- Sì, la ringrazio.- Rispose Claudia rimettendosi a sedere con ordine e ringraziando la donna.
Accese il tablet e controllò la posta elettronica cercando di riprendere i contatti con la parte del mondo non interessata da quello che era successo.
Rispose alle mai del lavoro e scrisse a un collega dicendo che aveva avuto un impegno per il pomeriggio e che sarebbe tornata solo il giorno successivo.

In fine si mise a sfogliare le foto che teneva sul dispositivo elettronico.
Erano foto di famiglia, alcune ancora lì dall'estate precedente.
Avrebbe dovuto sistemarle e sceglierne qualcuna da fare stampare.
Col passare degli anni, in un mondo sempre più informatizzato e digitalizzato, anche lei e Davide si erano convertiti alle macchine fotografiche digitali con le loro memorie enormi e gli scatti quasi illimitati, ma per Claudia era ancora molto importante far uscire alcune di quelle immagini, certamente le più belle, dall'hard disk o dalla memory card.
Le piaceva riempire casa di fotografie, poter girare nelle stanze e nel corridoio guardando le immagini di suo figlio che cresceva o dell'amore sempre forte che scorreva tra lei e il marito.

Vedere la sua vita felice in quelle foto la tirò un po' su, l'idea che il mondo non si fermasse neanche in momenti così drammatici l'aiutò a tentare di ragionare a mente più lucida su quello che sarebbe stata la sua vita da quel momento in poi.
L'assenza fisica di Oscar era tale da parecchio tempo, ma la consapevolezza della sua morte sarebbe stata un difficile fardello con cui vivere, una ferita che non si sarebbe mai chiusa.
Ma doveva continuare a vivere, forse anche per lui che aveva rinunciato a farlo.
Quando arrivò a Roma trovò il marito sulla banchina del binario ad attenderla.

Non disse nulla, si limitò a sprofondare tra le sue braccia.
Non pianse, non singhiozzò, non fece null'altro, semplicemente ribadì il suo desiderio di andare a casa.
Anche il viaggio di ritorno fu silenzioso, ma ad ogni semaforo rosso l'uomo staccava la mano dal cambio e cercava quella della moglie come a dire che lui c'era, era lì e le sarebbe rimasto accanto in ogni caso.
Claudia non parlò neanche una volta tornata tra le mura domestiche, andò sul letto a riposare senza riuscire a ricordare da quanto non dormiva davvero.
Si addormentò in fretta, e Davide la accarezzò e baciò dolcemente sulla fronte prima di andare a finire di scrivere un documento per il lavoro.
Lui Oscar lo aveva conosciuto poco, ci era uscito qualche volta, naturalmente assieme a Claudia, ma non erano mai stati considerabili amici.
Di certo però sapeva quale fosse stato il rapporto tra l'uomo, ai tempi solo un ragazzo, e sua moglie, potendo così solo immaginare cosa provasse in quel momento la sua amata.
Si concentrò sul suo lavoro e si accese un sigaro.
Non fumava spesso, anche perché Claudia era molto contraria, ma ogni tanto gli piaceva gustare in bocca il sapore di un buon sigaro o di un buon tabacco da pipa.
Lo calmava, lo rilassava, e in quel momento ne aveva bisogno.
All'ora di pranzo si chiese se non fosse il caso di svegliare la donna, ma quando la vide con in volto un'espressione tranquilla, ben lontana da ciò che provava da sveglia in quella giornata, decise di lasciarla riposare.

Accese la radio mentre preparava e pranzava, mettendosi ad ascoltare musica sinfonica, un altro modo utile a rilassare i nervi.
Dopo ave mangiato si mise anche lui a riposare, stringendo dolcemente la vita della moglie per averla più vicina, quasi a volerla proteggere da qualcosa.
La donna si svegliò verso le quattro, e la prima cosa che fece fu accarezzare il marito addormentato proprio come aveva fatto lui con lei qualche ora prima.
Ovviamente Claudia non poteva saperlo, ma le venne in mente il pensiero fatto il giorno prima, quando all'ora di pranzo aveva sentito alla televisione del suicidio senza poter immaginare quanto la riguardasse da vicino e la mente era corsa alla sua più grande fortuna, la sua meravigliosa famiglia.
Restò qualche minuto accoccolata al suo amore, dopo che anche lui si fu risvegliato, e lo fece ancora in silenzio, fino a che non le venne un'idea.
- Andiamo a prendere Guido a scuola?- Domandò a voce bassa.
- Sei sicura? Te la senti, amore.-
- Sì, stare con mio figlio mi farà bene. Vedere lui, gli altri bambini, la vita che in ogni caso continua... tutto questo adesso non può farmi che bene.-
Sospirò stirandosi e alzandosi dal letto
Ci sperava davvero di sentirsi meno triste tenendo tra le braccia suo figlio, proprio come era successo quella mattina sul treno quando si era messa a guardare le fotografie sul tablet.
- Dovresti dirlo a tuo padre, in ogni caso, oggi sarebbe dovuto andare a prendere lui Guido all'asilo.- Stava per aggiungere un “come al solito” ma lo omise appena in tempo.
Non voleva essere una cattiveria, sarebbe stata una semplice constatazione, ma in quel momento Claudia gli pareva così fragile che ogni parola poteva essere di troppo.
- Non gli diciamo nulla, gli farà piacere vederci. E poi magari possiamo fare un giro, portare Guido al parco... non so, non ho voglia di stare chiusa in casa.-
- Tranquilla, va bene.- Le sorrise.
Poi la donna andò a farsi una doccia e prepararsi.
Alle cinque, come tutti gli altri genitori, erano davanti all'asilo.
Trovarono il signor Oreste già lì, e l'uomo appena li vide abbracciò la figlia, la quale però non disse nulla, rimandando ogni discorso, certamente triste, ad un altro momento.
Il sorriso che comparve sulla faccia di Guido quando vide la mamma, il papà e il nonno tutti insieme fu pari solo a quello che aveva la mattina di Natale quando apriva i regali posti sotto l'albero.
Saltò in braccio al padre correndo, e subito dopo Davide passò il bambino tra le braccia della moglie, che se lo strinse al petto per qualche minuto prima di sistemarlo sull'armadietto per cambiarlo.
- Lo sai che ho fatto un disegno di te a Torino? Solo che l'ho fatto ieri e adesso è a casa- Disse il piccolo mentre la madre gli metteva un giacchettino di jeans.
- Va bene, amore, a casa me lo farai vedere. Adesso pensavamo di andare a prendere un gelato al laghetto, ti va?-
- Sì, sì! Viene anche il nonno?-
- Certamente.- Sorrise la donna, e vide sulle labbra del suo bambino la sua più grande vittoria, una felicità che sperò lui potesse conservare ogni giorno della sua vita.
Uscirono dalla scuola materna ancora ridendo e si avviarono in macchina verso il laghetto dell'Eur, dove passarono tutti insieme un bel pomeriggio alla fine del quale, mentre tornavano a casa, presero delle pizze da asporto per evitare a Claudia di doversi mettere a cucinare.
Soltanto dopo cena, quando Davide andò a mettere a letto il figlio, il signor Oreste ebbe la possibilità di parlare con sua figlia iniziando dalla dolorosa domanda già fattale quella mattina al telefono.
- Come stai?-
La donna stava sistemando gli ultimi piatti appena lavati e il padre sedeva al tavolo già sparecchiato con davanti a sé ancora la tazzina del caffè.
Claudia si sedette a pochi centimetri da lui, si sistemò i capelli dietro le orecchie e, forse per temporeggiare, si versò un bicchiere d'acqua.
Solo dopo aver bevuto rispose alla domanda del padre.
- Sono confusa, papà. Più che triste, più che arrabbiata o non so che altro mi sento confusa. Saranno ventiquattro ore che ho saputo di Oscar e guarda quante cose ho già fatto; sono tornata da Torino, quattro ore e settecento chilometri di viaggio, sono andata a prendere mio figlio all'asilo, l'ho portato al parco, siamo tornati a casa, abbiamo cenato. Lo vedi che vita faccio, come siano anni che il mio tempo libero si è ridotto al minimo indispensabile necessario alla mia sopravvivenza nervosa.
Eppure, in tutto questo, oggi non ho tolto neanche un attimo il pensiero da Oscar e dal suo gesto.

Per anni è stato il mio migliore amico, una delle poche persone di cui mi fidassi oltre te e Gianluca.
Poi, d'improvviso, a causa della mia scelta ci siamo persi, e i credevo che sarebbe stato così per sempre
Eppure ieri, da ieri, è come se questi dieci anni non siano mai esistiti, mi pare quasi di aver ricevuto la notizia della sua morte poche ore dopo averlo salutato per l'ultima volta.
Sono confusa. Per via di quello che è successo o per via della mia vita intera, non lo so, ma sono confusa.-
Respirò e tossì come per liberarsi il petto da qualche peso, poi bevve di nuovo. Aveva parlato in modo concitato, e alla fine era rimasta senza fiato.
Così le ci volle qualche secondo prima di poter replicare la domanda e chiedere al padre come stesse a sua volta.
Lui alzò le spalle e fece un cenno di incapacità a rispondere, Claudia non riuscì ad interpretarlo in maniera differente, e non fece un discorso molto diverso da quello della figlia.
- Sono abbastanza scosso anche io. Ieri sera, dopo aver visto il telegiornale, sono stato a lungo indeciso sul telefonarti o meno, ma poi ho capito che alla fine le possibilità erano due; o già lo sapevi, e di certo via telefono non sarei riuscito a darti conforto, o ancora non sapevi nulla e non sono notizie che si possono dare in quel modo, anche se forse pure saperlo dalla televisione non è il massimo.-
Commentò.
- Certe notizie sarebbe meglio non riceverle e basta, certe cose sarebbe meglio non accadessero, punto, ma che importanza ha? Non possiamo nulla su questi eventi.- Aveva risposto la donna.
- Già... in ogni caso, quando mi sono poi ritrovato a televisione spenta, prima di andare a letto, o provato la tua stessa sensazione di confusione.
Anche se sicuramente non sono mai stato legato ad Oscar quanto lo eri tu, e sarebbe stato strano il contrario, è inconcepibile pensare che un ragazzo che ho praticamente visto crescere tra le mura di casa mia se ne sia andato in questo modo. Se quindici anni fa mi avessero detto una cosa simile non ci avrei mai creduto.-
- D'altra parte immagino non avresti neanche creduto a qualcuno che ti avesse detto come sarebbe andata la mia, di vita. Vedi, papà, è come dicevo prima, non abbiamo possibilità di decidere praticamente nulla, nel bene e nel male.-
Dopo che Claudia finì di parlare rimasero in silenzio per qualche minuto, fino a che Davide non rientrò in cucina.
A quel punto la donna si alzò e disse che sarebbe andata a dormire.
- Sono stanca, e domani volevo portare mio figlio all'asilo prima di andare a lavoro.-
- Torni già a lavorare?- Le domandò il marito stupito.
Il signor Oreste non disse nulla, ma fece una faccia abbastanza esplicita, come a dire che forse non sarebbe stato il caso.
- Sì, mancano poco più di due settimane alle elezioni e non posso fermarmi proprio adesso, lo sapete. Poi Guido non sa e non deve sapere nulla di quello che è successo, e non mi va di farmi vedere triste da lui.
Nessuno replicò alla sue parole, e in breve il padre salutò la coppia per tornare a casa sua.
Claudia si mise subito a letto, mentre il marito rimase ancora alzato diverso tempo.
La donna si accorse di non sentirsi di nuovo bene, la schiena le doleva molto così come il fianco sinistro, e anche la respirazione era fiacca.
Durante la giornata non si era sentita bene, più a livello mentale che fisico, ma in quel momento le sembrava che la situazione fosse improvvisamente peggiorata.
Si addormentò con difficoltà, e svegliandosi per caso a metà della notte le venne spontaneo cercare l'abbraccio del marito marito ancora addormentato, stringendosi a lui come avrebbe voluto fare nelle due dolorose notti torinesi.
Il giorno seguente trovò di nuovo la forza di andare avanti grazie al sorriso di Guido e alla sua gioia nell'essere accompagnato a scuola dalla madre.
Le aveva consegnato il disegno fatto un paio di giorni prima e Claudia, dopo avergli dato il libro comprato per lui a Torino, lo aveva messo in una cartellina dove teneva diversi fogli di lavoro, nella speranza di ritrovarlo ogni tanto per caso e sorridere proprio come quando stava con lui.
Amava suo figlio, era ciò che di più bello aveva al mondo, il motivo per andare avanti in ogni situazione.
A lavoro passò una giornata tranquilla, in quel periodo lo stress maggiore glielo dava la campagna elettorale.
Verso l'ora di pranzo sentì due deputati socialdemocratici, uno dei quali suo amico, parlare del suicidio di qualche giorno prima, e stette ben attenta a non farsi mettere in mezzo alla discussione, soprattutto per non mostrare l'espressione addolorata che le si era dipinta sul volto.
Nel pomeriggio, con una rapida ricerca su internet, aveva scoperto che i funerali si sarebbero svolti il giorno seguente, e senza pensarci due volte aveva deciso che vi sarebbe andata.
Da sola, senza nessuno, senza farsi vedere.
Lo stesso articolo, preso da un quotidiano on-line, diceva che l'uomo era solo, si era sposato qualche anno prima ma il matrimonio era durato poco e di figli non ce ne era stata neanche l'ombra.
Inoltre aveva lavorato a lungo come operaio in una fabbrica che da poco aveva chiuso e il giornalista, improvvisatosi psicologo e sociologo, imputava più o meno velatamente a questo la decisione di Oscar di togliersi la vita..
Claudia aveva lasciato perdere quelle affermazioni, da tempo aveva capito e interiorizzato come i motivi di un sucida non si potessero comprendere né tanto meno raccontare, ma sapere che lui non aveva era riuscito a realizzare nessun sogno, forse perché di sogni non ne aveva mai avuti, le metteva ancora più tristezza.
Anche quel giorno riuscì ad andare a prendere suo figlio, ma tornarono poi direttamente a casa perché lei era stanca Guido lo aveva capito.
In serata aveva parlato con il marito spiegandogli che il giorno successivo sarebbe andata al funerale, per poi passare da casa a cambiarsi e recarsi a lavoro nel pomeriggio.
- Ma non mi aspettate per cena, farò tardi, questa settimana ho fatto davvero poco.-
Non era del tutto vero, non aveva poi così tanto da fare da dovesi fermare fino a tardi fuori casa, ma sapeva che tenersi impegnata in quel modo l'avrebbe aiutata a stare meglio.
Era andata a letto presto anche quel giovedì, e quando si era svegliata il venerdì mattina erano da poco passate le otto e in casa non c'era già più nessuno.
Aveva fatto colazione con la televisione spenta e un silenzio tombale intorno, un vuoto che le riempiva la testa di pensieri.
Si era preparata come al solito, con la differenza che i vestiti che aveva scelto non erano quelli che usava quotidianamente, di colori neutri ma pur sempre chiari.
Era vestita di nero, eccezione fatta per la camicetta bianca, e, benché sapesse che quello fosse il colore del lutto oltre che del suo stato d'animo, non si sentiva a suo agio.
Più che il nero, forse, il problema erano proprio quegli abiti così seri e formali, e sì che erano anni che che Claudia vestiva in quel modo, per lavoro ma anche nel tempo libero.
Eppure erano due giorni che gli ultimi dieci anni della sua vita erano stati spazzati via come da un tornado.
In quel momento le sembrava di avere di nuovo vent'anni e si vedeva imbranata e fuori luogo in quegli abiti da donna in carriera.
Se Oscar l'avesse vista non l'avrebbe di certo riconosciuta.
Ma lui non c'era più, e in fondo aveva smesso di riconoscerla fin troppo tempo prima, altrimenti le cose non sarebbero andate in quel modo.
Dopo essersi truccata si era guardata allo specchio e aveva accettato l'idea che anche in quel momento la routine era prevalsa sui suoi sentimenti; stava andando a salutare per sempre una delle persone più importanti della sua vita ma si preparava facendo attenzione ai dettagli come se fosse un qualsiasi giorno, preoccupandosi di essere in ordine almeno fuori, nascondendo anche a se stessa la confusione che provava dentro.
Si avviò verso la chiesa, una chiesetta piccola vicino al quartiere dove erano cresciuti, con la sua macchina, questa volta facendosi compagnia con la radio.
Era una bella giornata di sole, faceva caldo e Roma era come al solito caotica e troppo rumorosa.
La chiesa era piena ma davvero piccola, e Claudia riuscì a vedere ai primi banchi i fratelli e i genitori di Oscar.
Rifletté qualche minuto, poi decise di non andar da solo a salutarli e porgergli le sue condoglianze.
Non li vedeva da troppi anni, e di certo in quel momento il disprezzo di quelle persone per l'apparato statale era a livelli inimmaginabili.

Ne era sicura, con ogni probabilità loro sapevano cosa avesse fatto lei, in quegli anni, e di certo a quel punto l'avrebbero vista semplicemente come una personalità politica e non come la vecchia migliore amica del loro caro.
Era meglio rimanere nell'angolo in fondo alla chiesa dove si era messa.
In piedi, appoggiata al muro, come fosse un fantasma.

Aveva riconosciuto anche altre persone, gente del quartiere, ed era stata ben attenta a non farsi scorgere neanche da quelli.
Seguì l'intera funzione in piedi, e verso la metà sentì un forte dolore alla schiena, di nuovo, ma, non potendo far nulla per porgli fine, si limitò a contorcere il viso in quella smorfia di dolore che sempre più spesso la rappresentava.
Riuscì invece a tener nascosti diversi colpi di tosse che imputò al fresco del luogo sacro, e si sentì sciocca nel non essersi portata nulla per coprirsi.
Non entrava in chiesa da moltissimo tempo, aveva smesso di credere in un Dio ancora prima della fine delle superiori, ma aveva sempre avuto un gran rispetto dei Fedeli, soprattutto di quelli che in occasioni di una drammaticità simile si affidavano alla Religione in cerca di un minimo di conforto.
Soltanto mentre la bara si avvicinava all'uscita Claudia si sporse leggermente verso la navata centrale per accarezzare dolcemente il legno scuro.
E lo fece con indosso già gli occhiali da sole, per non farsi notare ma, soprattutto, per non mostrare gli occhi rossi e le lacrime che iniziavano a scenderle.
Poi si ritrasse indietro e attese che la folla uscisse prima di allontanarsi anche lei dalla chiesa.
Tornata alla macchina rimase diversi minuti ferma con il motore spento, rilassando la schiena appoggiata al sedile e continuando a piangere.
Non voleva farlo, anche perché doveva guidare, tornare a casa e sistemarsi per il lavoro, ma almeno un poco voleva sfogarsi in quel modo.
Le pareva tutto così assurdo.
Mise in moto dopo poco e si ributtò nel traffico.
Arrivò a casa che era ormai ora di pranzo, si fece un'insalata veloce e si cambiò.
Indossò un paio di pantaloni e una camicetta entrambi chiari, sperando di modificare il suo umore assieme ai suoi abiti.
Poco prima delle quattro era di nuovo al suo scranno, impegnata a finire dei lavori per il partito.
Nessuno notò il suo arrivo e nessuno le fece quindi domande, cosa che non le dispiacque affatto.

Rimase a Montecitorio fino alle nove, ora in cui si accorse che stava continuando a temporeggiare senza concludere nulla, e si mosse per tonare verso la sua dimora.
Non aveva fame, in quel periodo le capitava spesso, ma si prese ugualmente un gelato prima di riprendere, ancora una volta in quella giornata, la macchina.
Guidò piano nella notte romana, e allungò lungo le vie del centro, faceva giri che neanche era certa di conoscere senza però preoccuparsi della possibilità di perdersi, come se neanche quello la spaventasse.
Continuava a figurarsi nella mentre il corpo del suo migliore amico nella bara, immaginandolo, perché aveva avuto la fortuna di non vederlo, e in testa aveva le solite parole che le rimbombavano da tre giorni.
Impossibile. Assurdo.
Quando finalmente entrò nel suo appartamento si tolse le scarpe, salutò con un gesto rapido suo marito e corse nella cameretta del bambino che già dormiva.
Senza fare rumore si sdraiò al suo fianco e iniziò a coccolarlo.
Quanto le era mancato in quella giornata così difficile.
Per la prima volta dopo anni Claudia quasi rimpianse di non avere fede in nessun Dio.
Più di quando quella mattina aveva pensato a chi dopo quel lutto poteva rifugiarsi nella Religione, cosa che alla fine non era certo poco, in quel momento aveva davvero sentito il peso del suo ateismo, perché le sarebbe piaciuto chiedere a qualche entità sovrannaturale di proteggere il suo bambino e di non fargli provare mai ciò che stava provando lei.

Ma la sua parte più razionale, quella che le aveva impedito di impazzire fino a quella sera, sapeva benissimo che non ci fosse nessuna divinità ultraterrena capace di salvare chi amava dai drammi della vita.
Rimase accanto a suo figlio ancora per qualche minuto, poi gli diede qualche bacio sulla fronte e, stando sempre attenta a non svegliarlo, lasciò la cameretta per andare nella sua stanza e mettersi a letto.
Si cambiò rapida e, benché mancasse davvero poco all'estate, si mise sotto le coperte.
Era dolorante, le pareva di aver male anche a parti del corpo che non credeva potessero mai dar fastidio.
Cercò a lungo una posizione per riposare comoda ma quando, parecchio tempo dopo, Davide entrò in camera non era ancora riuscita a prendere sonno.
Alla fine si mise su un fianco e provò a dormire.
Bastarono pochi istanti; nel momento in cui sentì il marito sdraiarsi nel lato del letto opposto al suo grosse lacrime iniziarono a scenderle e in breve cominciò a singhiozzare.
Lui non disse nulla e la strinse a sé.
Fu lei a parlare con la voce roca.
- Mi manca Oscar, mi manca da morire.-


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Buonasera e buon 2015 a tutt* :)
Spero l'anno sia cominciato bene anche a voi :D
Allooora, cosa possiamo dire su Claudia? Siamo quasi al primo giro di boa, questo difficile lutto modificherà ciò che la protagonista pensa della sua situazione, ma questo basterà ad aiutarla? O è troppo tardi? *risata malefica*
Scherzi a parte nulla, io sono ben avanti nella scrittura quindi potrò aggiornare con più frequenza :)
Io ringrazio ancora una volta chi segue, in qualunque modo, la storia, e se vi va di lasciare una recensione con commenti/pareri/consigli/correzioni siete ben accett* <3

Buon inizio settimana,
;Sun

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Capitolo 7
*** Capitolo VII ***


Capitolo VII


La mattina del sabato, il penultimo sabato di Maggio, a quindici giorni esatti dalle elezioni, Guido aveva fatto quello che faceva tutti i fine settimana quando era certo che entrambi i genitori fossero a casa.
Si era svegliato presto, felice di non dover andare all'asilo, era sceso dal lettino ed era corso nella camera dei genitori noncurante del freddo che provava zampettando a piedi scalzi per il corridoio di marmo.
Claudia e Davide avevano a lungo cercato di far capire al figlio che loro, sempre stanchi dopo una settimana di lavoro, avrebbero preferito riposare fino a tardi, ma alla fine si erano arresi all'iperattività del bambino, iperattività che fortunatamente si limitava allo svegliarsi presto nei giorni di vacanza e disturbare, per modo di dire, i genitori.
Saltò sul lettone e il padre lo prese al volo, si era svegliando sentendolo arrivare, iniziando a fargli il solletico facendolo ridere per dieci minuti buoni.
A quel punto si accorsero che la donna ancora dormiva, e così il bambino, su suggerimento del padre, cominciò a riempirla di baci per svegliarla, cosa che faceva spesso.
Claudia aprì gli occhi dopo diversi minuti, ma non capì subito quello che stava accadendo e si limitò a mugugnare un “ho freddo”con una voce così bassa da spaventare il marito.
Davide, allora, prese Guido spostandolo dalla parte opposta del letto e si avvicinò alla moglie.
Le accarezzò dolcemente i capelli e il volto, scoprendole molto calda la fronte.
- Amore?- Provò a chiamarla.
- Mh?-
- Ti senti bene?-
- Ho freddo...- Ripeté lei.
. Sì, probabilmente hai un po' di febbre, ti prendo il termometro e la Tachipirina.-
- E una coperta...- Sibilò lei.
L'uomo le diede un ultimo bacio sulla fronte e portò il bambino a fare colazione.
- Guido ascoltami,- gli disse mentre gli preparava il latte. - la mamma non sta tanto bene, quindi oggi fai poca confusione così si riposa.-
- Okkey.- Rispose il bambino. - Ma oggi viene il nonno Oreste a pranzo?-
Davide ci pensò un attimo. Era vero, quel giorno si erano organizzati affinché il suocero mangiasse con loro, ma se Claudia non stava bene le cose cambiavano.
Il magistrato tornò da lei portandole la medicina, il termometro e la coperta che tanto aveva richiesto.
La donna, nel frattempo, si era svegliata meglio e messo seduta, stando sempre però nel letto.
Per prima cosa prese velocemente la coperta, poi si misurò la temperatura.
- Trentotto e due.- Sospirò il marito. - Almeno non è alta come la scorsa volta. Bevi.- Le ordinò passandole il bicchiere.
Claudia eseguì e sorrise. Non si sentiva neanche troppo male, se non era proprio altissima aveva sempre sopportato abbastanza bene la febbre.
- Poco fa, mentre eravamo a fare colazione, Guido mi ha ricordato che oggi doveva venire a pranzo tuo padre. Che faccio? Lo chiamo e gli dico di non venire?-
- No, non voglio che si preoccupi. Non dirgli nulla, quando arriva vediamo come sto; se va avanti così riesco anche a venire a mangiare, magari dopo prendo un'altra Tachipirina.-
- Sì, ma adesso stai tranquilla e riposati. Tanto avevamo deciso che oggi cucinavo io, no?- Aveva riso l'uomo.
La coccolò ancora un poco e poi andò in cucina.
La mattinata passò in fretta; Claudia dormì a lungo, e questo la aiutò a ristabilirsi un minimo, mentre il marito, dopo aver aiutato il piccolo Guido a lavarsi e vestirsi, si era messo con il figlio a cucinare, riuscendo a distrarlo e impegnarlo fino al mezzogiorno.
A quell'ora la donna si risvegliò sentendosi meglio, anche la febbre era leggermente scesa e, dopo aver preso nuovamente la medicina, si andò a preparare per il pranzo.
Verso l'una arrivò il signor Oreste, e ci mise poco, guardandola in faccia, a capire che la figlia non fosse in forma.
- Sì papà,- ammise Claudia. - Mi sono svegliata con un po' di febbre.-
- Di nuovo bambina mia? Ma l'hai sentito il medico?-
La donna sorrise. - Sono un medico, papà, stai tranquillo. Lo sai bene che questa è stata una settimana pesante, il mio sistema immunitario ne avrà risentito. E poi se mi scende con la Tachipirina vuol dire che non è nulla di grave.-
L'uomo lasciò perdere e si concentrò sul nipotino che gli stava raccontando di aver cucinato per tutta la mattinata.
Si misero a tavola come gli altri giorni, anche se Claudia si sentiva quasi spaesata, come se qualcosa dentro di lei, ancora scosso dal dolore, avesse trovato un'altra spiegazione a quel nuovo malore.
- Mamma ti piace?- Le chiese il bambino alla fine del pasto.
- È tutto buonissimo, amore mio, quasi quasi adesso la sera io mi riposo e tu cucini.- Rise la madre.
- No, io gioco e tu cucini.- Fu la risposa di Guido, e Claudia si mise a fargli il solletico, voglio che erano seduti vicini e riusciva a sfrugugliargli il pancino.
Dopo aver mangiato il piccolo si era messo a dormire nel lettone dei genitori, mentre i tre adulti erano rimasti, come di consueto, seduti in cucina a chiacchierare.
Claudia aveva raccontato del funerale di Oscar, pur però omettendo i suoi sentimenti, e anche Davide e il signo Oreste erano rimasti abbastanza basiti dal fatto che l'uomo non si fosse realizzato in alcun modo, ma alla fine conclusero la discussione con le parole tipiche che si utilizzavano in quelle circostanze.
In fine l'anziano se ne era andato e Claudia si era rimessa a letto accanto a suo figlio.
Il pomeriggio era passato in fretta mentre lei e il piccolo si riposavano e Davide finiva alcuni affari di lavoro, e in serata la famiglia, dopo cena, si era messa tranquilla sul divano a guardare un film, lasciando passare felicemente le ultime ore del sabato.
Il giorno seguente la donna stava bene e così, non andando a pranzo dal padre, lei, il marito e il figlio si erano concessi un giro per Roma.
Quando nel pomeriggio erano tornati a casa Guido era andato subito nella sua cameretta, così la madre ne aveva approfittato per informare il marito di una decisione che aveva preso appena ventiquattrore prima mentre riposava.
- Davide dobbiamo parlare.- Disse sedendosi su una delle due poltrone del salotto mentre l'altro stava sul divano a leggere.
- È successo qualcosa?- Le chiese allarmato.
Non l'aveva mai sentita una frase simile, da lei, e non riusciva a capire cosa volesse dire.
Il suo tono, poi, era così grave che gli avrebbe messo ansia anche se Claudia gli avesse semplicemente detto “ti amo”.
- No, nulla di che, ma... è stata una settimana pesante, manca poco alle elezioni e io sento il bisogno di staccare almeno un minimo. Voglio andare qualche giorno a Ostia, nella casa al mare della mia famiglia, e voglio farlo da sola.-
Dopo aver parlato, la donna, cercando inutilmente di non farsi vedere dal marito, fu costretta a respirare profondamente cercando di soffocare il fuoco che pareva bruciarle in petto.
Non stava bene, non più, e poco per volta se ne stava accorgendo davvero, ma era ancora troppo presa dalla sua vita per voler passare dalla semplice consapevolezza al fare concretamente qualcosa.
L'uomo, fortunatamente, notò ma non si accorse realmente di quello che era appena successo alla moglie, scosso com'era da ciò che aveva sentito.
- Non lo so, Claudia. Cioè, io non posso impedirti di andare, ma è la stessa discussione che abbiamo avuto la scorsa domenica, sei appena stata male.-
In quel momento strani pensieri riempirono la mente dei due coniugi; Davide ripensò alle sue ultime parole e si rese conto che era stranissimo quel continuo ammalarsi della sua amata, lei che aveva sempre goduto di una salute di ferro, mentre Claudia, per un attimo, ebbe il desiderio di rispondere che s¡, stava male, e stava male anche quando non aveva la febbre.
Distolsero lo sguardo l'uno dall'altra.
Poi lei, con la capacità decisionale che la contraddistingueva, prese la parola e tranquillizzò il marito.
- Non finirò mai di ripetermi, con te e con mio padre, ma pazienza. Non ho avuto altro che un calo immunitario dovuto allo stress, è stato un periodo difficile.
L'ultima settimana, poi, è stata tremenda, ma sto bene.- Disse accorgendosi, per la prima volta in modo totalmente consapevole, di star mentendo soprattutto a se stessa. - Ho solo bisogno di stare qualche giorno in tranquillità e solitudine.-
L'uomo sospirò e si convinse che lei stesse dicendo la verità, ma ancora non era del tutto favorevole a quella sua nuova improvvisa partenza.

- E Guido? Gli avevi detto che non ti saresti più mossa da Roma per un po', e lui non sa di Oscar e tutto il resto. Come pensi di fare?-
- Cercherò di fargli capire cosa mi sta succedendo, è un bambino intelligente.-
- Pensi di parlarci ora?-
Claudia annuì.
Rimasero in silenzio nuovamente, poi la donna lasciò la cucina e andò dal figlio.
Il piccolo Guido era un bambino tranquillo, a volte anche troppo, e forse una delle causa era proprio la continua assenza della madre.
Anche quella sera, come spesso accadeva, era seduto alla piccola scrivania della sua cameretta a disegnare.
Lei si andò a sedere su un'altra sediolina e si mise a guardare il bambino giocare.
- Amore puoi ascoltarmi un minuto?-
Lui interruppe il disegno e rimise il tappo al pennarello che stava utilizzando.
- La mamma deve di nuovo partire, mi dispiace.- Disse abbassando la testa e prendendo tra le sue le manine del figlio.
- Lo sapevo, era strano vederti due giorni all'asilo, di solito non vieni mai.-
Claudia si sentì ferita dalle parole e dagli sguardi di Guido, ma non poteva dargli torto.
Sapeva che lui soffriva per quel suo continuo andare e venire, e vederlo così le faceva male.
A volte si domandava se per caso non avesse sbagliato tutto, forse una volta messo al mondo il bambino avrebbe dovuto lasciar perdere la passione politica, continuare sulla carriera medica e dedicare la sua vita a fare la madre.
- Tanto non sono arrabbiato, lo so che è il tuo lavoro, ma sono triste.-
La donna si alzò e andò vicino a lui.
Non era vero, quella volta non andava via per lavoro, e non se la sentiva neanche di dirgli che sarebbe stata la sua ultima partenza, perché sentiva che qualcosa dentro di lei minacciava di non poterle far mantenere quella promessa, così si limitò ad abbracciarlo.
- Almeno quando sei a Roma sei sempre con me.- Osservò intelligentemente il bambino. - Era peggio se a casa c'eri sempre ma non stavamo mai insieme.-
Claudia sorrise e diede un bacino al figlio, poi insieme tornarono in cucina e prepararono la cena.
Il resto della serata passò esattamente come la domenica precedente, il magistrato lavò i piatti e sistemò la cucina mentre la deputata mise a letto il piccolo e fece la valigia.
A differenza di una settimana prima, però, non litigarono, ma anzi, stando attenti al figlio che dormiva nell'altra stanza, si presero del tempo per loro, addormentandosi poi abbracciati senza pensare al caldo che stava diventando soffocante.
Il lunedì padre e figlio uscirono di casa dopo aver dato un bacio alla donna che si stava svegliando, salutandola così per non sapevano neanche quanto.
Claudia si alzò dopo qualche minuto, si fece una doccia e si preparò qualcosa per la colazione.
Prima di parlare con Davide il sabato, dopo pranzo, aveva detto al padre che sarebbe andata via, e per quanto preoccupato l'uomo aveva acconsentito a lasciarla partire.
In fondo non considerava quella casa solo sua, più volte l'aveva prestata ai figli e alle loro famiglie, tanto che forse Claudia non avrebbe dovuto neanche chiedergli il permesso, ma il signor Oreste non riusciva a fare a meno di chiedersi cosa stesse accadendo alla sua bambina, sapeva che non era solo la storia di Oscar a renderla così strana, visto soprattutto che erano settimane che non la vedeva in forma.
Quella mattina, dopo aver mangiato qualcosa, la donna aveva telefonato al padre per salutarlo e tranquillizzare anche lui.
Non era una sciocca, sapeva benissimo di come fosse preoccupato per lei e per la sua salute, ma in quel momento, da quando aveva iniziato anche lei a porsi delle domande sulle sue condizioni, non aveva bisogno di persone che, seppur in buona fede, le potevano alimentare dubbi e paure.
Chiusa la chiamata era tornata nella sua camera a vestirsi.
Si era passata una mano su quel bozzo a cui per giorni aveva finto di non pensare, poi si era sfiorata la schiena e il fianco che spesso le aveva fatto male in quelle settimane e, in fine, aveva provato a respirare a fondo sentendo ancora un forte bruciore al petto.
Era tutto così assurdo.
Buttò uno sguardo verso il letto; la parte che occupava lei era come sempre più scura, segno che anche quella notte il suo corpo aveva riempito d'acqua tutto intorno a sé.
Quelle sudate notturne non si erano interrotte, e le pareva strano che Davide non si fosse accorto di nulla.
Forse, conoscendola, aveva evitato di farglielo presente, e tanto meglio così.
Cambiò la biancheria ancora una volta, rifece il letto e sistemò la stanza.
Fece lo stesso nella cameretta di Guido, poi smise di temporeggiare, chiuse tutto, prese la valigia e scese in strada per raggiungere la macchina e partire.
Sperò che nessuno si potesse accorgere della sua assenza a lavoro, ma anche se fosse accaduto non le interessava, aveva altro per la testa.
Persa nel traffico di Roma e dintorni ci mise parecchio ad arrivare ad Ostia, e ancora di più a giungere alla piccola casa della sua famiglia, sita leggermente fuori il centro cittadino, proprio sul lungomare.
Un tempo, non ne aveva la certezza ma lo immaginava senza troppe difficoltà, doveva essere stata un'abitazione abusiva salvata da qualche condono edilizio, la sua vicinanza alla spiaggia era sospetta, ma doveva essere accaduto tutto molto prima della sua nascita.
L'odore di chiuso e polvere rischiarono di soffocarla, quando entrò, e aprì velocemente tutte le finestre possibili in modo da far cambiare l'aria.
Il colore predominante della casa era l'azzurro, in certi punti il blu, ed era stata una decisione presa da Claudia quando era adolescente.
Non solo le pareti, ma tutto virava su quella tonalità; le tende, le lenzuola, le stoviglie della cucina.
Era una casetta molto luminosa, su due piani, con due bagni e due camere da letto, ma non era poi così grande.
Disfatti i bagagli si era messa per qualche minuto sulla veranda che dava sulla spiaggia, la parte dell'abitazione che preferiva fin da quando era bambina.
Aveva molti ricordi legati a quel posto, alcuni anche legati a sua madre, la donna che l'aveva messa al mondo e lasciata pochissimi anni dopo.
Da ragazzina aveva a lungo sperato che tornasse, e quando aveva capito che ciò non sarebbe mai accaduto aveva detestato quella persona, convinta che non avesse avuto nessun diritto di prendere e andarsene in quel modo. Soltanto dopo la nascita di Guido aveva iniziato a provare indifferenza per quella che sarebbe dovuta essere sua madre. Con suo figlio tra le braccia si sentiva una donna felice, realizzata, poco interessata a chi aveva rinunciato a quella gioia per i soldi, il prestigio sociale e chissà cos'altro.
Immersa nei ricordi, cullata dal rumore del mare e disturbata da quello delle rare macchine che passavano, Claudia fece caso all'orologio solo quando era passata da un pezzo l'una e mezza, e senza troppa fretta riprese la macchina e si avviò a un vicino ristorante di pesce che frequentava da molti anni.
Il proprietario era amico di suo padre fin da quando i due erano ragazzi e il suo unico figlio, poco più grande di lei e Gianluca, era stato loro compagno di giochi quando erano bambini.
Ora anche lui lavorava al ristorante, e quando vide Claudia entrare rimase non poco stupito.
Conoscendola bene immaginava come volesse stare sola e in pace, così la fece accomodare in un tavolo abbastanza appartato rispetto agli altri, anche se il locale non era poi così pieno, e le disse che, non era troppo di fretta, poteva poi fermarsi a fare quattro chiacchiere.

Infatti, dopo un
ottimo pranzo, il pesce del ristorante di Roberto, questo il nome dell'amico di gioventù di suo padre, era tra i migliori di Roma e provincia, si ritrovò al tavolo a parlare con lui e il figlio, Andrea.
- Non era buono? Di solito mangi molto di più quando sei qui.- Aveva commentato il più anziano dei due uomini.
- No, no, era ottimo come al solito, ma è un periodo che non ho molta fame.-
- Si nota, sei più magra di come ti ricordavo.- Aveva osservato l'altro.
Claudia non aveva più risposto. Quella frase avrebbe di certo fatto piacere a qualsiasi altra donna, ma non a lei, non in quel periodo.
Roberto aveva cambiato allora argomento, accennando al fatto di Oscar.
Tanti anni prima anche lui, ogni tanto, era andato al mare con l'amica, e così anche padre e figlio lo avevano ben conosciuto.
- Sì, è stato un fatto imprevisto e assurdo. Ero fuori Roma, figurati, e l'ho sentito dalla televisione.
Venerdì sono andata al funerale ma mi sono comportata come se fossi un fantasma, non ho neanche avuto il coraggio di fare le condoglianze alla famiglia.-
- Capisco. Sì, anche io quando ho sentito e capito che era lui sono rimasto molto colpito. Non lo sentivo da anni, non eravamo neanche poi così amici, ma in ogni caso si rimane scossi da eventi del genere.-
- A chi lo dici.- Sospirò la donna.
- È per questo che sei qui tutta sola?- Le domandò Roberto che sapeva come lei non fosse il tipo da abbandonare la famiglia, neanche temporaneamente, senza motivazione.
- Sì, avevo bisogno di stare un poco tranquilla per qualche giorno.-
- Quindi ti vedremo spesso questa settimana?- Domandò Andrea, e Claudia sorrise. - Sì, probabilmente sì.-
Rimasero ancora a chiacchierare a lungo. Roberto e il figlio non erano mai stati troppo interessati alla politica, ma da quando Claudia era parte integrante di quel sistema la situazione era cambiata e ascoltavano sempre con piacere quello che lei aveva da dire o raccontare.
Andrea era sposato con Sonia, una professoressa di lettere alle scuole medie, e padre di due ragazzini, entrambi maschi, che frequentavano l'istituto dove quella insegnava, ragione per cui dopo la scuola andavano a pranzo con la madre a casa e non passavano quasi mai dal ristorante.
- Uno di questi giorni, se non c'è troppo lavoro qui, Andrea può anche lasciarmi solo e tu potresti mangiare da loro, così saluti anche Sonia e i ragazzi.- Aveva proposto il proprietario.
- Perché no? Magari mercoledì che il locale è chiuso.- Aveva risposto il figlio con voce più bassa.
Quel mercoledì, infatti, sarebbe stato l'anniversario della morte di Angela, sua madre e moglie di Roberto.
- Già, allora vengo anche io, almeno mi distraggo un po'. Dodici anni, sono già passati dodici anni da quando mi ha lasciato l'amore mio, dodici anni... maledetto linfoma.-
Dopo quelle parole Roberto si asciugò le lacrime di cui i suoi occhi si stavano riempendo, mentre Claudia provò qualcosa di strano nel sentire il nome del male che aveva ucciso la donna.
Non che non lo sapesse, l'aveva conosciuta quando stava bene, quando si era ammalata ed era naturalmente anche andata, assieme a suo padre, Gianluca e anche Oscar, al suo funerale, ma quel giorno sentendo il nome “linfoma” aveva provato la strana sensazione della prima notte a Torino, come se dentro di lei si fosse mosso qualcosa.
Rimasero un poco in silenzio e poi Claudia li salutò, si era ormai fatto pomeriggio inoltrato e prima di tornare alla casetta sulla spiaggia voleva passare a comprare qualcosa al supermercato.
Si ostinò a pagare e alla fine l'ebbe vinta, promettendo però in cambio che la sera successiva avrebbe cenato di nuovo lì e sarebbe stata loro ospite.
Non impiegò molto a fare la spesa, e quando tornò a casa, dopo averla sistemata, telefonò al marito.
Le faceva sempre bene sentire la sua voce, come del resto accadeva con quella di Guido o di suo padre, e anche se era partita così all'improvviso non aveva tolto neanche un momento il pensiero a loro.
Spenta la chiamata si riposò di nuovo sulla verandina e poi decise di fare quattro passi sulla spiaggia.
Le piaceva camminare a piedi scalzi nell'acqua fresca con le cuffie del lettore musicale nelle orecchie, soprattutto quando, come in quel momento, era completamente sola lungo tutta la banchina.
Quando il cielo iniziò a rosseggiare e il sole si fece più basso trovò uno scoglio e si sedette a guardare verso l'orizzonte.
Sentiva il rumore del mare, dei gabbiani e delle onde che si infrangevano sulla scogliera facendo sì che di continuo le arrivassero addosso schizzi d'acqua e schiuma.
Ma soprattutto guardava il tramonto.
Si sentiva invasa dal una profonda tristezza, e ancora più che nei giorni precedenti cercava in ogni modo a scacciare il suo dolore, quella sera affidandolo al mare.
Provò a ripensare a tutti i ricordi felici che aveva del suo migliore amico, e le venne da sorridere nel realizzare che ricordava con precisione anche la sua voce.
Chiuse gli occhi e lo immaginò al suo fianco, per avere almeno l'illusione di potergli chiedere scusa per quei dieci anni in cui si era totalmente allontanata da lui.
Quando li riaprì e riprese contatto con la realtà si sentì leggera, come se avesse la certezza che, in fondo, lui l'aveva perdonata, e, soprattutto, la certezza che non l'avrebbe mai abbandonata.
Non c'era bisogno di credere in un Paradiso o in un Dio per sapere che certi legami sarebbero stati sempre più forti della lontananza e della morte.
Tornò a casa che iniziava a fare buio, cenò ascoltando la radio e chiamò ancora una volta i suoi cari per dare la buonanotte a quel figlio che tanto amava.
Fu dopo cena che prese il coraggio a due mani, e lo fece seduta sul divano.
Tremava, forse più nell'anima che nel corpo, ma cercò di tranquillizzarsi mentre digitava sulla tastiera touch del suo smartphone il numero di telefono di Francesco Riganese, un suo carissimo amico medico.
Non si sentivano da un po', ma fu una telefonata rapida e difficile.
Claudia aveva deciso di smettere di mentire a se stessa.
Era malata, e l'appuntamento con la verità era per le nove della mattina seguente.



;Sunny's space.


Dunque, alla fine il dramma di Oscar ha portato Claudia a prendere coscienza delle sue condizioni, ma cosa ha di preciso? Cosa comporterà questo accettare la sua vita e, soprattutto, è arrivata ancora in tempo o
la visita medica decreterà un destino più crudele?

Alla fine ho deciso di aggiornare anche se la storia è "poco" seguita :) Scrivo soprattutto per me, ma se mi metto in gioco devo farlo in toto, dunque, con buone probabilità visto che sto finendo di scrivere il quindicesimo capitolo, potrò aggiornare una volta a settimana, e pazienza se i numerini di visite e recensioni non cresceranno in modo esponenziale come quelle di altre storie, vorrà dire che la mia strada non è la letteratura :).
Ringrazio tutti i lettori silenziosi e i recensori, tutti quelli che credono in me e le persone che leggono anche solo per caso.
Alla prossima settimana :)



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Capitolo 8
*** Capitolo VIII ***


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Capitolo VIII

Trovarsi nel traffico dei pendolari che la mattina raggiungevano Roma dalla periferia non era certo uno degli obiettivi della vita di Claudia.
Per questo anche se ci aveva spesso pensato non aveva mai provato a trasferirsi al mare o più in generale fuori dal Raccordo, per quanto amasse le località piccole non era fatta per svegliarsi all'alba e affrontare tutta quella confusione ogni mattina.
Non che la situazione nella capitale fosse migliore, soprattutto per chi come lei non viveva proprio in centro e impiegava molto a raggiungere il posto di lavoro, ma Claudia considerava il traffico cittadino quasi più sopportabile di quello periferico, forse per la varietà di persone e situazioni che si osservavano anche stando fermi tra le macchine con addosso il classico nervosismo da automobilisti.
Quella mattina, oltretutto, era tesa per la visita, e tutta quella confusione non faceva altro che distrarla dal ricordare tutto ciò che avrebbe dovuto dire a Francesco.
Sapeva di essere in una situazione diversa da quella in cui si trovavano altri pazienti, e non solo per il fatto di conoscere il medico con cui stava andando a parlare da molto prima che diventasse dottore.
Da quando la sera precedente aveva spento la telefonata era stata a lungo a meditare su se stessa, ed era giunta alla conclusione di sapere ormai da settimane cosa stesse accadendo al suo organismo; semplicemente, fino a quel momento, non aveva avuto il coraggio di ammetterlo.
Era stata la morte di Oscar a cambiare le cose, inutile negarlo.
Parcheggiò vicino all'ospedale quando mancava un quarto d'ora alle nove, giusto il tempo di arrivare allo studio.
Non aveva fatto colazione, e anche se la fame cominciava a farsi sentire decise di continuare su quella strada, sapendo che essere digiuna poteva farle comodo quella mattina.
Conosceva Francesco Riganase da quando era entrata a medicina.
Lui era al secondo anno e lei lo aveva contattato per comperare alcuni appunti per un esame.
Il commercio di appunti per certi appelli andava alla grande, tanto che più volte lei si era rivolta a lui fino a che non si erano conosciuti così bene da diventare amici.
A quel punto Francesco aveva smesso di farglieli pagare, le passava gli appunti gratuitamente, aveva di certo guadagnato qualcosa di più importante con quella amicizia.
Erano rimasti in stretto contatto fino a che Claudia non era stata eletta, poi la loro amicizia era rimasta forte ma si erano sentiti sempre meno.
Quando la sera prima la donna gli aveva telefonato lui era rimasto non poco stupito, anche perché aveva capito quasi subito che quella non era una chiamata di cortesia ma una richiesta di aiuto fatta da una donna ammalata a un medico.
E aveva avuto un terribile presentimento, perché era oncologo.
Leggere il nome della specializzazione dell'amico sulla porta d'ingresso del reparto la fece tremare.
Non poteva essere, continuava a ripetersi, ma sapeva benissimo che no, non era lì solo per semplice scrupolo.
La ricevette quasi subito, ed entrambi preferirono perdere qualche minuto a chiacchierare. Non sarebbero di certo stati quelli a modificare la situazione di Claudia.
- Non ho mai votato sinistra e non credo lo farò mai.- Aveva detto Francesco mentre parlavano. - Ma devo ammettere che mi faceva sentire orgoglioso essere amico tuo.-
La donna aveva riso, perché non era la prima volta che glielo sentiva dire.
- Sì, ma è stato un periodo molto stancante, forse troppo.- Era stato il commento di Claudia.
E non l'aveva di certo fatto a caso; voleva introdurre lentamente il discorso legato alla sua salute, ma non era ancora pronta del tutto ad ascoltare la verità.
L'uomo, che aveva tutta la sensibilità richiesta a chi faceva il suo lavoro, capì subito le intenzioni dell'amica e la aiutò a gestire la conversazione rispettando i suoi tempi.
- Me lo dicevi ieri sera al telefono. Si vede che sei stanca, non hai il viso riposato di tempo fa.-
- Figurarsi. Oltre al lavoro c'è poi anche la famiglia, e non voglio togliere tempo a mio figlio. Posso immaginare bene come soffra nel vedermi poco, e non credo sia il caso di stare con lui ancora meno solo per riposarmi.-
Dopo quella affermazione le si formò un groppo in gola, perché sapeva che, se i suoi cattivi presentimenti si fossero dimostrati corretti, si sarebbe dovuta allontanare dal suo bambino ancora più a lungo.
- Già, tuo figlio. Guido, vero? Quanti anni ha adesso?-
- Cinque e mezzo, quasi sei, a settembre inizierà la prima elementare.-
Francesco sorrise. - Mamma mia come passa il tempo, credo ne avesse due o tre l'ultima volta che l'ho visto.-
Un lieve sorriso comparve anche sulle labbra di Claudia.
Fu quando non ebbero più nulla di bello da raccontarsi che l'uomo le fece capire che era arrivato il momento di andare al punto.
- Non sto bene, da mesi, forse da prima che cadesse il governo.-
- Ed è la prima visita che fai? Non hai sentito neanche il medico di base?-
- No, non ho fatto nulla. Ma magari ho fatto bene, sarà solo stress.-
Il dottor Riganese scosse la testa.
La conosceva troppo bene per credere a quelle parole, sapeva che se era lì era perché aveva smesso di credere che la causa dei suoi malori fosse lo stress.
- Va beh... non ti dico nulla perché credo dovresti sapere ciò che stai facendo, ma dimmi più nel dettaglio qual è la sintomatologia.-
Claudia si sistemò sulla sedia e si sfregò le mani sudate una contro l'altra.
Era agitata, agitatissima.
- Ho perso peso, appetito, forza. Sudo molto la notte e in due settimane ho avuto due volte la febbre, cosa alquanto strana per me.-
- Claudia...- Se fino a quel momento il medico aveva ancora sperato che la situazione fosse diversa ora i sintomi lasciavano davvero pochi dubbi.
- Aspetta, non è tutto.- Aggiunse la donna raccogliendosi i capelli con le mani.
Si alzò e andò oltre la scrivania, vicino all'amico.
- Circa un mese fa ho scoperto questo.- Disse indicando il bozzo che aveva sul collo
Riganese lo sfiorò con due dita e sospirò.
- Se un medico, dannazione. Una persona qualsiasi sarebbe addirittura corsa in pronto soccorso con sintomi simili, e tu stai male da mesi fingendo che non sia nulla di importante?-
La deputata si irrigidì.
- Forse una qualsiasi altra persona non sarebbe stata impegnata con la fine di un governo e la successiva campagna elettorale, forse.-
Il suo tono era tra l'infastidito e l'ironico, e il medico sospirò ancora.
Non voleva offenderla, ma non poteva credere al modo in cui aveva lasciato perdere la sua salute per stare dietro al lavoro.
- Immagino che la tua famiglia si sia accorta della situazione e tu abbia fatto il possibile per tranquillizzarli.-
- Sì, anche se dubito abbiano smesso di preoccuparsi davvero. In ogni caso ora sono qui e questo è l'importante, no?---
Il medico lasciò perdere.
No, non era quello l'importante.
Aveva detto chiaramente che le sue condizioni si stavano aggravando da molto tempo, e non era positivo.
Francesco Riganese ebbe improvvisamente voglia di affidare l'amica ad un collega, non voleva essere lui a sapere cosa le stesse accadendo.
Si riprese dopo un attimo, però, e lasciò perdere quei pensieri perché sapeva che lei, in quel momento, ancora più che di un medico aveva bisogno di un amico.
- C'è altro?-
Claudia annuì. - Dolori al fianco, alla schiena e difficoltà a respirare, talvolta forti.-
- Quale fianco?-
- Il sinistro.- Rispose a voce bassa.
Francesco le si avvicinò e le alzò la maglia per tastarglielo.
- Splenomegalia, la milza si tocca fin troppo bene, spero solo non ci sia bisogno di asportarla in futuro. Per quanto riguarda la schiena e le difficoltà respiratorie, invece, iniziamo con delle lastre e se necessario procederemo poi con altri accertamenti più specifici. Ora faccio un paio di telefonate e cerco di capire se abbiamo possibilità di iniziare subito le analisi.
Ci sarebbero inoltre da fare emocromo completo e biopsia del linfonodo.-
- Sarebbe meglio un agoaspirato.- Commentò la donna. - In questi giorni non sono a casa e forse dopo una biopsia guidare fino ad Ostia è più complesso.-
Il medico annuì, poi rimasero in silenzio mentre lui chiamava in giro per l'ospedale alla ricerca di un posto dove poter fare questo o quell'altro esame.
Sapevano entrambi che ciò che stavano facendo era molto discutibile da un punto di vista legale, senza contare il poco rispetto verso chi per fare quegli esami aspettava settimane o mesi, ma non gli importava molto.
Non importava a Claudia, che pur dispiaciuta per quel “privilegio” ottenuto sapeva di non poter attendere oltre, e non importava a Francesco, che prima ancora delle regole rispettava la missione che aveva come medico, ovvero fare tutto il possibile per salvare vite umane.
Fu una mattinata lunga e pensante.
Claudia da anni non era più abituata a fare la paziente, e pur conoscendo bene nella teoria le analisi a cui si stava sottoponendo si sentiva in soggezione, quasi più spaventata da quelle che dai possibili risultati.
Chiese esplicitamente all'amico di non fare commenti né espressioni di nessun genere mentre le eseguivano le lastre, perché desiderava sapere poi tutto insieme, anche se immaginava già che, almeno in parte, l'esito di quegli esami sarebbe stato il bisogno di nuovi approfondimenti.
Quando fu pomeriggio i due si fermarono a mangiare qualcosa alla caffetteria dell'ospedale.
Per Claudia era il primo pasto della giornata, e fu contenta di frenare in qualche modo il brontolio del suo stomaco e i giramenti di testa.
- Inutile dire che se si fosse trattato di un'altra persona avrei ordinato il ricovero immediato.- Aveva detto Francesco mentre si accomodavano.
- Sì, sì lo so, infatti ti ringrazio. E ti chiedo di fare il possibile affinché non escano notizie di alcun genere.-
- Neanche a dirlo, stai tranquilla. Piuttosto mi lascia perplesso il tuo essere sola ad Ostia e l'aver deciso solo adesso di farti visitare.-
La donna fece un leggero sbuffo e tamburellò con le dita sul tavolo gettando lo sguardo altrove, alla ricerca di qualcosa di meglio della sua via, ma era difficile trovare felicità nel bar di un ospedale.
- Li segui i telegiornali? Non dico le notizie di politica o di economia, paro della cronaca.-
- Sì, non tutto ma abbastanza, perché?-
- E hai sentito di quell'uomo che si è tolto la vita la scorsa settimana buttandosi da un palazzo in costruzione?-
- Sì, qualcosa la ricordo. L'ennesimo suicidio di un disoccupato che ha perso le speranze di una vita migliore, così mi pare abbiano detto.-
- La versione ufficiale è sempre quella, e pazienza se le cose stavano davvero così o meno. In ogni caso non è questo il punto... il fatto è che quell'uomo era il mio migliore amico, o almeno lo è stato fino a che non mi sono iscritta al partito dieci anni fa.
Non lo sentivo da così tanto tempo... eppure la notizia mi ha lasciata completamente sconvolta.-
Francesco la guardò con occhi quasi compassionevoli e le prese le mani.
- Oh, Claudia... sono terribilmente dispiaciuto...-
La donna si asciugò gli occhi umidi di lacrime e riprese a parlare. - Dopo il funerale ho pensato di aver bisogno di stare qualche giorno da sola, e ieri sono partita per Ostia. La solitudine mi ha portato a riflettere, e unita al fatto che domani sarà il decimo anniversario della scomparsa di una donna malata di linfoma lascio a te le conclusioni.-
Il medico annuì, lei abbassò di nuovo lo sguardo.
Era tragico pensare che per accettare quello che stava accadendo al suo corpo era dovuta passare per la morte del suo migliore amico, anche se una parte di lei le diceva che quello era stato il suo particolarissimo modo di salutarla ed aiutarla.
- Per giovedì dovremmo avere i primi risultati, riesci a tornare?-
- Naturalmente.-
- Allora ci vediamo dopodomani, hai bisogno di qualcosa?-
- No... no, sto bene, nessun problema.-
- Mh, ok...- Rispose l'uomo poco convinto. - Mi raccomando però, se ti senti male corri in ospedale. So che vuoi evitare che la notizia si sappia in giro, ma non puoi rischiare. Anche se non abbiamo ancora i risultati delle analisi è ormai innegabile il fato che tu sia ammalata, e non puoi fingere ancora.-
La donna annuì.
Parlavano sempre in modo ipotetico, ma ormai era certa che di lì a poco la sua vita sarebbe cambiata.
Si salutarono che erano le cinque del pomeriggio.
Il dottor Riganese aveva perso l'intero martedì, giorno che quella settimana aveva libero, ma non pensava si trattasse di uno spreco.
Provava solo una grande tristezza nel sapere del grosso ostacolo che si era posto sulla strada della vita dell'amica.
Una vita così bella, la sua, da non poter ammettere un dramma simile.
Claudia, invece, cercò di pensare ad altro, dopotutto erano settimane che sapeva.
Tornò a casa e chiamò il marito.
Sentì lui e il figlio per telefono, poi chiamò il padre ed in fine si fece una doccia.
Si comportò esattamente come quando era via da casa per lavoro, e quando mancava poco alle otto uscì di casa per andare a cena al ristorante di Andrea e Roberto.
Come d'accordo non pagò, ma vista la stanchezza non riuscì a fermarsi a chiacchierare con i due.
Il giorno seguente lo passò con la loro famiglia a casa dell'uomo più giovane.
Durante la mattinata vi erano solo lui e il padre, e quando Claudia arrivò stavano iniziando a cucinare.
Senza neanche farlo apposta il discorso, per ovvie ragioni, cadde su Angela, la moglie di Roberto, e soprattutto sulla malattia che l'aveva strappata alla vita e all'amore dei suoi cari.
- Spesso sogno ancora che sia vicino a me, ma negli ultimi momenti, quando ormai la situazione era precipitata.- Aveva gli occhi lucidi, l'uomo, e il figlio lo abbracciò leggermente.
Claudia fece un mezzo sorriso molto dolce.
- Scusa,non dovrei metterti tristezza con questi discorsi.- Aveva sospirato guardandola, e la donna aveva risposto di non farsi problemi, di stare tranquillo e contare su di lei se avessero avuto bisogno di parlare, era lì anche per quello.
Nessuno dei due sapeva o poteva immaginare cosa Claudia stesse attendendo, e dal canto suo lei non aveva intenzione di parlarne.
Senza neanche volerlo fu però proprio la donna a spostare la discussione sulla malattia e le condizioni di Angela in quel periodo.
Solo quando erano rincasati Sonia e i figli, all'ora di pranzo, gli animi si erano un po' distesi, spostando le chiacchiere su argomenti più leggeri.
Nel pomeriggio avevano fatto quattro passi sulla spiaggia, e poi Claudia li aveva salutati poiché si erano mossi per andare al cimitero e non voleva intromettersi in un momento così privato.
Aveva passato la serata come quella precedente, rispondendo con poca voglia a un messaggio di Francesco che le chiedeva come stesse.
Non aveva cenato, la fame quel giorno le era passata subito dopo pranzo, ed era agitata, benché non fosse quella la causa della sua assenza di appetito.
Si era coricata presto, non erano neanche le dieci e mezza, ma aveva ugualmente impiegato molto tempo ad addormentarsi.
La mattina del giovedì aveva però avuto comunque difficoltà ad alzarsi, anche se era stupita di come fosse riuscita a riposare tranquilla.
Lasciò perdere le lenzuola, era ormai abituata a tutto quel bagnato, e scrisse un sms di buon giorno al marito come se andasse tutto bene.
Si era poi messa in macchina esattamente come due giorni prima, pronta ad affrontare il viaggio verso Roma.
Era partita con un leggero anticipo, così una volta parcheggiato si era potuta fermare a fare una buona colazione.
Qualcosa l'aveva già presa a casa appena sveglia, perché non mangiava da diverse ore e dubitava di poter guidare ancora una volta a stomaco completamente vuoto, ma si volle concedere qualche minuto di completo relax al tavolino di un bar in compagnia di cappuccino e cornetto.
Solo dopo aver pagato si sentì pronta per prendere il coraggio a due mani e andare dritta verso l'ingresso dell'ospedale senza voltarsi indietro.
Salì fino al piano del reparto di Oncologia e rimase alcuni istanti ferma a fissare quella parola, sentendo dentro gli stessi brividi di due giorni prima.
Dicevano sempre tutti, là fuori nel mondo, che non si pensa mai a come certe cose potessero accadere loro in prima persona.
Perché i drammi della vita si raccontavano, commentavano, giudicavano e compativano, ma non si vivevano mai.
Solo qualcuno ammetteva che non era sempre così e che se mai gli fosse capitato qualcosa lo avrebbe accettato e affrontato.
Accettare, affrontare, non avere paura e sperare.
Ma soprattutto vivere e respirare, prima, durante e dopo il dramma.
Perché per lei era ormai scontata l'idea di esserci in mezzo, ma non dubitava in nessun modo del fatto che ci sarebbe stato un dopo felice.
Respirò, fece il suo ultimo respiro del prima, e bussò.

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Capitolo 9
*** Capitolo IX ***


Capitolo IX

- Linfoma di Hodgkin, quarto stadio, probabili metastasi alla colonna vertebrale e i polmoni.
In una situazione normale saresti ricoverata subito e al massimo dopodomani inizieresti la chemioterapia.-
Francesco aveva parlato con davanti a sé i fogli dei referti delle analisi.
- Ma non si può fare, e in ogni caso non hai la certezza né della diagnosi né della stadiazione, visto che non ci sono ancora i risultati dell'agoaspirato.-
- Ma per favore, Claudia.- Sbottò l'uomo. - Smettila di nasconderti dietro a un dito.-
La donna sospirò.
- Non è facile accettare una cosa simile, soprattutto non è facile pensare a quello che accadrà a me e alla mia famiglia.-
Francesco le prese le mani. - Stai tranquilla, andrà tutto bene. Scusami se sono stato burbero, sia prima che l'altro giorno, ma mi sono preoccupato sia per le tue condizione che per il poco peso che gli hai attribuito.-
- Lo so, non preoccuparti, posso capire quello che provi.- Rispose lei con un leggero sorriso. - Però adesso non so davvero cosa fare, non posso iniziare le cure in questo momento, è fuori discussione.-
Riganese cercò di comprendere ancora una volta le ragioni dell'amica, anche se come medico gli pareva una follia non cominciare immediatamente le terapie, vista soprattutto la gravità della situazione.
- Dopo le elezioni, nella speranza che queste due settimane non ti portino peggioramenti. Ti ripeto però che qualsiasi cosa accada, se ti senti male o altro, devi correre in ospedale; non pensare a come possa venire fuori la notizia o cosa si possa dire in giro. È difficile, lo so, ma qui c'è in gioco la tua vita, Claudia, e credo tu lo sappia anche meglio di me.-
La deputata annuì e, come sempre faceva quando il discorso prendeva pieghe che non le piacevano, distolse lo sguardo dall'interlocutore rimanendo zitta.
Aveva quasi voglia di piangere.
Come malata di cancro non ci si vedeva, non si era mai vista ammalata gravemente di nulla, e anche quando pochi anni prima aveva cominciato i periodici controlli ginecologici che ogni donna doveva fare non si era poi mai preoccupata più di tanto.
Era uno scrupolo, una routine, nulla più.
Come Ministro si era anche occupata delle campagne di prevenzione, ma come donna era sempre stata certa che i suoi esami sarebbero stati perfetti ogni volta.
E di fatti gli esami ginecologici, probabilmente, sarebbero stati buoni anche in quel periodo, ma il male aveva deciso di colpirla ugualmente, in un altro modo, facendo crollare tutte le sue certezze.
Proprio come aveva fatto il suicidio di Oscar.
Le si gonfiarono gli occhi di lacrime ma ancora una volta non volle piangere, decisa a mostrarsi forte come suo solito. -
- Sarà lungo?- Domandò.
- Dipende da quanto effetto farà la chemioterapia. Dobbiamo fare analisi più approfondite alla schiena e ai polmoni, ma credo che in ogni caso ci sarà bisogno di operare, e dunque è possibile anche vi sia la necessità di qualche ciclo di radioterapia.-
- Il pacchetto completo, quindi, non mi faccio mancare nulla.- Commentò sarcastica. - Sarebbe cambiato qualcosa se mi fossi fatta visitare prima?-
Il medico deglutì. Si aspettava quella domanda e sapeva che l'amica avrebbe di certo preferito la verità a una qualche rassicurante bugia.
- Sì, se appena accusati i primi sintomi ti fossi fatta visitare è probabile che ora saresti sotto terapia ma con una prognosi migliore, per quanto anche adesso le possibilità di guarigione siano alte, è chiaro.
- Oh sì, so bene che sono stata fortunata, vi sono malattie molto meno curabili.- Replicò al suo solito modo.
Rimasero ancora in silenzio, e Francesco si stupì di come l'amica riuscisse quasi a scherza su quella situazione, benché vedeva i suoi occhi mostrare i sentimenti che realmente provava.
- Se non hai altre domande vorrei fartene una io, Claudia.-
- Dimmi pure.-
- Posso capire la stanchezza e la mancanza di appetito, in un periodo stressante può capitare, e se mangi poco si potrebbe definire normale anche la perdita di peso.
Il sudore notturno e quelle continue influenze anche ti avrebbero dovuto allarmare, soprattutto viste le tue conoscenze in campo medico, ma se proprio anche queste vogliamo dire fossero comprensibili io non capisco come tu abbia fatto a non preoccuparti quando ti si è gonfiato quel linfonodo sul collo, fatto che, già mi sembra di avertelo detto, instaura dubbi in tutti, anche in chi di linfonodi e linfomi non ha mai sentito parlare.-
La donna scrollò le spalle e giocò un po' con una ciocca di capelli prima di rispondere.
- Inizialmente mi sono convinta che si trattasse di un lipoma, ma è chiaro che le somiglianze in italiano non siano ugualmente tali in medicina.- Aveva sorriso ancora, lasciando l'amico senza parole.
Improvvisamente il medico lasciò perdere l'umano desiderio di consolarla, comprendendo da quel suo modo di fare che non voleva soffrire lì ma dopo, quando sarebbe stata circondata dalla famiglia o addirittura in completa solitudine.
- Hai detto “inizialmente”, mi viene il dubbio che...-
- Sì, sospetto da diverse settimane che un qualcosa di grave si sia impossessato del mio corpo, e avevo quasi la certezza di cosa potesse essere. È per questo che sono molto meno sconvolta di come sarebbe qualcun altro.
Io più che una diagnosi ho ricevuto una conferma, il difficile sarà il resto... parlarne a casa, essere ricoverata, allontanarmi ancora da mio figlio, spiegare a un bambino così piccolo una situazione così complessa... ma ora non ci voglio pensare, domani farò ritorno a casa e si vedrà.- Concluse.
- Se hai bisogno di aiuto anche per questo sai che non devi esitare non dirmelo.-
- Sì, sì lo so, grazie, ma credo si tratti di una cosa che devo fare da sola.-
Poco dopo Claudia disse che era giunta per lei l'ora di tornare ad Ostia, e Francesco si propose per accompagnarla fino alla macchina.
- In settimana ti chiamo per i risultati dell'agoaspirato e le altre analisi di cui c'è bisogno.- Le disse mentre la guardava legarsi la cintura e mettere in moto.
- Sì, ma stai tranquillo. Sembri quasi più preoccupato tu di me.-
- Ti voglio bene, è normale.-
- Lo so... Ti voglio bene anche io.-
- Guida piano e fammi sapere come stai, ricordati di quello che ti ho detto.-
La donna non rispose più, si limitò a fare un cenno con la mano, sorridere e partire.
Non pensò a nulla fino all'arrivo a Ostia, e la prima cosa che fece quando vi giunse fu andare al ristorante a salutare Roberto e Andrea.
Com'era ovvio non disse loro nulla di ciò che aveva scoperto, semplicemente si limitò a ringraziarli per quei giorni, e quando, prima di andare via, Roberto le disse che si aspettava di rivederla spesso con marito e figlio durante l'estate che stava per cominciare non poté fare altro che rispondere “sì” a voce bassa cercando di non far notare il dolore che le portava quella frase.
A casa riaprì, per la prima volta dopo un anno, l'armadio dove tenevano i costumi da bagno e i teli da mare, decisa a fare il primo e probabilmente ultimo bagno di quella stagione.
Fissandosi riflessa allo specchio in costume si accorse di quanto fosse magra, le pareva di avere il corpo di un'anoressica.
Si chiese quante persone sarebbero andate al mare dopo una diagnosi del genere e si rispose nessuna, ma era convinta che la sua situazione fosse molto particolare.
Si lasciò cullare dall'acqua fresca di fine maggio che poco a poco si fece tiepida.
Mentre tornava da Roma le era presa un'immensa tristezza nel vedere le mamme con i loro bambini, momenti
di ordinaria felicità che a breve le sarebbero stati negati.
C'era una gioia in tutto quello, la certezza di star male lei e non suo figlio. 
Era cresciuta senza una madre e se fosse morta era sicura che anche Guido se la sarebbe potata cavare, proprio come avevano fatto lei e Gianluca.
Ma se per qualche disgrazia avesse mai perso suo figlio sapeva che non si sarebbe ripresa.
Si accarezzò dolcemente il ventre.
Anni prima aveva desiderato ben più di un bambino solo, ma poi il lavoro l'aveva portata a rinunciarci.
Durante l'inverno precedente aveva però avuto un ritardo di diversi giorni, e per un attimo aveva sperato che una svista o un errore le avessero concesso la possibilità di essere nuovamente madre.
Non aveva neanche fatto in tempo a fare un test di gravidanza che il suo corpo le aveva fatto capire come stessero realmente le cose; era stato un falso allarme, dovuto allo stress o, chissà, alla malattia che già si stava impadronendo di lei.
Sapeva che se fosse guarita sarebbe stato molto difficile rimanere di nuovo incinta, e si malediva per avere dedicato tutto quel tempo alla realizzazione professionale senza pensare al fatto che non avesse tutto il tempo del mondo a disposizione per il resto.

Pensò a suo padre, al dolore che avrebbe provato nel ricevere una notizia simile, alla paura di perderla che di certo avrebbe avuto.
Tornò a casa, si fece una doccia calda e, indossata una tuta, preparò la borsa per fare ritorno a Roma nella giornata seguente.
Poi si buttò sul letto e pianse, pianse fino a quando non si addormentò sfinita e con gli occhi rossi.
La mattina seguente fece fatica ad alzarsi, e rimase a lungo sotto le coperte mentre cercava le forze per iniziare un'altra giornata, addolorata dall'idea che la malattia le togliesse anche la possibilità di un sonno ristoratore.
Chiamò il padre e il marito, non aveva sentito nessuno dei due la sera prima, e in particolare chiese a Davide di tornare a casa presto quel giorno e al signor Oreste di andare a prendere suo figlio all'asilo e di portarlo poi a casa.
Entrambi rimasero stupiti da quelle richieste, ma la donna non diede nessun tipo di spiegazione.
Si mise in macchina verso le undici e si lasciò scorrere nel traffico diretto a Roma.
Fece una fermata in un centro commerciale alle porte della città eterna; si godette un giro per i negozi, fece un po' di shopping e la spesa.
Non dubitava di come Davide avesse trattato la casa in quella settimana, ma le piaceva avere tutto sotto controllo, compreso quello che aveva nel frigo e nella dispensa.
Tornando verso le scale mobili che portavano al parcheggio interrato si trovò davanti alla vetrina di un negozio che vendeva foulard.
Rimase a fissarlo alcuni istanti, poi decise di entrare.
Non aveva bisogno di coprire il collo, ma era inutile negare che molto presto avrebbe dovuto coprire il capo completamente calvo.
Ebbe la fortuna di non essere riconosciuta e acquistò due foulard dai motivi astratti e chiari, estivi, e quando uscì dal negozio, vista l'ora, decise di fermarsi a pranzo in uno dei tanti ristoranti del centro commerciale.
Quando finalmente rincasò sistemò la spesa e si mise calma ad attendere il marito.
Non sapeva con quali parole gli avrebbe detto di essere ammalata, perché per lei sarebbe stato perfettamente normale dirgli semplicemente “Davide ho il cancro”, ma sapeva che non era quello il modo, e ciò che più la preoccupava era la possibile reazione dell'uomo, la paura e il dolore che quella notizia gli avrebbero procurato.
Si disse che era di certo molto più facile star male che veder star male, e lei per prima preferiva soffrire al posto di chi amava.
Il procuratore aprì la porta di casa alle cinque e la trovò seduta in cucina ad aspettarlo.
Ripensò alla telefonata con cui gli aveva chiesto di tornare presto e capì che qualcosa non andava.
Si mise vicino a lei, seduto al tavolo dove erano soli cenare e scherzare assieme al bambino.
- Cos'hai fatto in questi giorni?- Le domandò per iniziare il discorso.
Lui sorrideva, ma il volto di Claudia era serio.
- È proprio di questo che dobbiamo parlare, Davide.-
L'uomo trasalì.
- Hai deciso di lasciarmi? Di andare via da me e tuo figlio?-
Lei abbozzò un sorriso. - Ma no, cosa vai a pensare? Morirei senza di voi!-
- E allora che succede?- Il tono del magistrato si fece preoccupato davvero, perché, se un attimo prima aveva quasi ancora scherzato chiedendole s volesse andare via, man mano che i lunghi e silenziosi secondi passavano capiva che forse era accaduto davvero qualcosa di grave.
- Sono ammalata, amore mio. Tu, mio padre... credo che ormai tutti ve ne siate accorti, malgrado io abbia fatto il possibile per non mostrarlo. In questa settimana ho finalmente accettato quello che mi sta accadendo, ho sentito Francesco, il dottor Riganese e...-
Davide non sentì altro, conosceva quel medico e sapeva che specializzazione avesse.
E questo bastò a fargli capire che la loro vita stava per cambiare.
Forse per sempre.

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Capitolo 10
*** Capitolo X ***


Capitolo X

La osservava dormire.
Le accarezzava dolcemente il viso e sperava che dietro i suoi occhi chiusi vi fossero sogni molto più belli di quella realtà maledetta che stava vivendo.
Sua moglie ammalata di tumore, una situazione così terribile che mai avrebbe immaginato di vivere, una dramma che, fino a quel momento, era sempre appartenuto agli altri, chiunque quegli altri fossero.
Aveva pianto lui e non lei, la sera prima, mentre calma e con fare consolatorio sentiva il resoconto preciso di cosa avesse e ciò che sarebbe accaduto da quel momento in poi.
Gli aveva chiesto per quel giorno, sabato, di andare da Gianluca nel pomeriggio, così che potesse parlare col fratello e, dopo avergli raccontato del fatto, domandargli di andare insieme dal padre, perché non se la sentiva di dirgli delle sue condizioni da sola.
In fine, durante la settimana, avrebbero provato a parlare con Guido, cercando di far capire anche al bambino quello che stava accadendo alla sua mamma.
Allo stesso modo Claudia avrebbe parlato con un collega di partito di cui si fidava, perché dopo le elezioni, se fosse stata rieletta, avrebbe rinunciato al seggio e fatto intendere, più o meno esplicitamente, che si ritirava per un periodo dalla vita politica a causa di gravi problemi di salute.
Non se la sentiva di lavorare e curarsi insieme, sempre ammesso che le due cose fossero compatibili, e così a quel punto, lontana dal mondo che l'aveva ospitata per quegli ultimi tre anni, sarebbe stata ricoverata e avrebbe cominciato le terapie.
Ma ancora non ci voleva pensare; in quel momento il suo pensiero principale era la famiglia, dare la notizia e farsi forza.
Come la settimana precedente anche quel sabato il bambino, ignaro di tutto, entrò nella stanza dei genitori e saltò addosso alla madre che si stava svegliando, ridendo e facendola ridere.
Davide li guardava con ansia, spaventato dall'idea che la donna stesse già troppo male per sforzi di quel tipo, ma lei era testarda e glielo aveva detto chiaro e tondo; quei giorni sarebbero dovuti scorrere normalmente, non voleva che la situazione compromettesse la gioia di suo figlio.
Sarebbe successo comunque, di lì a poco, e voleva ritardare quel momento il più possibile, godendosi ogni attimo di felicità che gli rimaneva.
Fu una giornata tranquilla, rimasero in casa fino a quando, nel pomeriggio, andarono a trovare Gianluca ed Eleonora, sua moglie.
Appena arrivato dagli zii Guido corse a giocare con i cuginetti, mentre gli adulti si ritrovarono in cucina a chiacchierare.
Della coppia di padroni di casa nessuno poteva immaginare cosa avrebbe di lì a poco detto loro Claudia, e quando il discorso superò i convenevoli ed entrò nel vivo rimasero decisamente sconvolti.
- Io non posso crederci....- Aveva detto visibilmente provato l'uomo. - Tu, un tumore... non è possibile!- Gianluca voleva molto bene a sua sorella, e davvero non poteva credere all'idea che fosse così ammalata, né tanto meno poteva pensare alla possibilità che non superasse la malattia.
- Purtroppo non posso dire che si sia trattato di un fulmine a ciel sereno, sono parecchie settimane che non sto bene e sono stata stupida a mettere davanti a tutto il lavoro. Ma pazienza, la cosa importante adesso è cominciare le cure, il resto si vedrà.-
Davide aveva tenuto stretta la mano della sua amata mentre le parlava, e le lo aveva ringraziato sorridendo con gli occhi leggermente lucidi.
- Dovrai fare la chemio?- Le aveva domandato la cognata.
Era una domanda forte, molto diretta, ma non c'erano modi, almeno in apparenza, per girare intorno alla questione delle terapie che la donna avrebbe dovuto affrontare di lì a poco.
Claudia annuì. - Sì, ma non voglio pensarci, almeno non per il momento. Benché pericoloso abbiamo deciso, con il medico che mi prenderà in cura e che è anche mio amico, di attendere fino a elezioni avvenute prima di cominciare ogni cosa.-
- Perché pericoloso?-
- Beh, la malattia non si fermerà in questi quindici giorni, anzi, e ad essere sinceri la situazione è già abbastanza grave. Ma mi fido di Francesco, il medico, appunto, e so che se non ci fosse stata davvero nessuna possibilità di attendere sarei già stata ricoverata.-
Eleonora si scusò un attimo, preparò il caffè e poi andò a controllare i bambini che giocavano nel salotto.
Tornando in cucina, dopo averli visti così tranquilli, domandò a Claudia cosa pensasse di fare con il figlio.
- In settimana ci parleremo, e credo sia giusto che anche voi accenniate qualcosa ai vostri bimbi. Soprattutto perché, e mi scuso fin da ora per il disturbo, penso avremo bisogno di chiedervi una mano per guardare Guido ogni tanto o cose simili, temo non riusciremo a fare tutto da soli.-
- Ma non lo dire neanche, stai tranquilla.- Le rispose il fratello. - Siamo una famiglia e come tale non c'è nessun disturbo nel darci una mano a vicenda.
Anche noi a breve spiegheremo ai bambini cosa sta succedendo e quanto sarà importante che anche loro stiano vicino a tuo figlio.
Piuttosto, papà? Con lui hai già parlato?-
- No, ancora no. E volevo domandarti se avessi voglia, domani, di venire con me a pranzo da lui. Stasera lo chiamo, ma sinceramente non penso che ci saranno problemi, solamente non me la sento di essere sola quando gli parlerò.-
- Non preoccuparti, va bene, volevo proprio chiederti se avessi bisogno di qualcuno per parlargli.-
Claudia si sentì terribilmente fortunata ad essere circondata da una famiglia così cara ed affettuosa e cara. Vista la difficile prova che avrebbe iniziato ad affrontare da lì a poco era importante che intorno a lei ci fosse gente pronta ad aiutarla e starle accanto.
Vista l'ora che si era fatta rimasero a cena da Gianluca, il quale a quel punto voleva passare assieme alla sorella tutto il tempo possibile, e fu da quella casa che chiamarono il signor Oreste per autoinvitarsi a pranzo da lui il giorno seguente.
I due figli furono bravi a non fare capire all'uomo che ci fosse qualche problema, e il padre si finse solo leggermente offeso perché non era stato invitato a quella riunione di famiglia pomeridiana.
Più tardi, mentre rincasavano, Claudia si domandò se non sarebbe stato meglio fargli intendere qualcosa, prepararlo al fatto che fosse accaduto qualcosa di grave, ma a quel punto erano pensieri inutili.
Durante la notte Guido si svegliò e decise di andare a dormire con i genitori. La madre, che da poco aveva iniziato a cercare di spiegarli che era ormai grande e doveva cominciare a dormire il più possibile nella sua stanza, fu invece felice del suo arrivo, e se lo tenne stretto al petto come se fosse l'ultima volta che le era permesso farlo.
Prima di ricadere nel mondo dei sogni il bambino aveva detto che era felice di averla a casa e di poter dormire con lei, e quando la donna fu certa di vederlo dormire lo iniziò a coccolare con gli occhi lucidi e gonfi di lacrime.
Era tutto così ingiusto.
Avrebbe voluto rimanere davvero accanto a lui, ma sapeva che il ricovero e le pesanti cure l'avrebbero obbligata ad allontanarsene a lungo nella speranza, che certezza non sarebbe mai stata, di sopravvivere.
Chissà cosa avrebbe capito il piccolo di quella situazione, chissà se sarebbe stato in grado di continuare la sua vita di bambino mentre il mondo attorno a lui cambiava.
Più lo guardava, più ne ammirava i lineamenti dolci e le espressioni innocenti, più smetteva di temere per se stessa e cominciava ad avere paura per lui, per quello che sarebbe stato.
- La mamma ti ama, ricordatelo sempre.- Gli sussurrò.
E Davide, che era sveglio e aveva sentito quelle parole comprendendo il dolore della moglie, aveva avvicinato la sua mano alla sua, stringendogliela forte senza dire niente.
Quando uscì di casa per andare dal padre quella domenica mattina, Claudia vide i due uomini della sua vita giocare insieme sul pavimento del salone e pensò che qualsiasi cosa fosse accaduta loro sarebbero stati in grado di andare avanti.
Questo le bastava, le era sempre bastato.
Se davvero la parte peggiore del morire era lasciare un vuoto nelle persone amate era allora fondamentale vivere in modo da non dare motivi di tristezza, organizzarsi per bene affinché, nel momento dell'ultimo addio, coloro che rimanevano potessero guardarsi intorno e pensare che erano stati così felici da non poter permettere alla morte di distruggere tutto ciò che la vita aveva costruito.
Arrivò sotto la casa in cui era cresciuta quando era ormai quasi l'una, suo fratello era già arrivato e pranzarono tranquilli parlando praticamente solo di Oscar, argomento di cui certamente si sarebbe discusso ancora a lungo.
Quando il discorso si spostò su argomenti più leggeri cominciarono però a ridere e scherzare, facendo proprio come quando i due erano ragazzi e i pasti erano sempre un gioioso momento di condivisione.
Al signor Oreste, ormai avanti con gli anni, piaceva parlare del passato e raccontare ai figli di quando erano piccoli, riportando anche alle loro menti fatti che avevano dimenticato.
Come il giorno precedente, quasi fosse una tradizione, fu al momento del caffè che Claudia decise di confessare della malattia, e senza neanche poterlo immaginare fu proprio il padre ad intavolare il discorso.
- Ormai ci siamo, la prossima domenica, a quest'ora, avremo tutto già votato. Sei agitata, Claudia? O ormai è un'abitudine?-
La donna avrebbe voluto ridere, ma capendo che da quella frase poteva partire la discussione seria decise di non interrompere il momento.
- È proprio per questo che io e Gianluca siamo qui,- sospirò la figlia. - perché purtroppo, questa volta, anche se venissi eletta credo rinuncerei al seggio.- Spiegò.
- Come mai? Hai deciso di tornare a lavorare come medico?-
Claudia scosse la testa e si avvicinò al padre.
- Ascoltami, papà, ascoltami perché non è facile quello che ho da dirti, ma allo stesso tempo non ti preoccupare perché tutto si risolverà.-
- Claudia, bambina mia, non riesco a capirti.-
La donna fece un respiro profondo e guardò negli occhi il fratello.
Poi parlò, e lo fece diretta, senza giri di parole.
- Ho un tumore, papà. Anzi, ad essere corretti si tratta di un cancro, essendo maligno.-
nel sentire quelle parole il signor Oreste si sentì morire, credette di non avere più vita, di non sentir mai più l'ossigeno entrare nel suo corpo e il cuore battergli in petto.
Invece continuò a vivere e respirare, e lo fece singhiozzando.
- Papà stai calmo, se è calma Claudia on capisco perché dovremmo agitarci noi.- Provò a tranquillizzarlo Gianluca.
Ed era vero, la calma che ostentava la donna nel raccontare un dramma simile era disarmante.
- Non... non so cosa dire... la mia bambina...- Claudia gli sorrise dolcemente. - Sarà un periodo difficile, papà, non posso negarlo, ma ho ottime speranze di guarigione. Ho però bisogno di voi, del vostro affetto, non è una battaglia che posso combattere da sola.-
l'uomo cercò di calmarsi davvero, anche se la paura, già lo sapeva, non se ne sarebbe andata mai, forse neanche dopo un'eventuale guarigione di sua figlia.
Non aveva molta voglia di farlo, ma alla fine la donna si vide quasi costretta a raccontare con precisione al padre ciò a cui sarebbe stata sottoposta di lì a poco: le cure, gli interventi chirurgici e i pesanti effetti collaterali – fisici ed estetici – della chemioterapia.
Ogni parola sull'argomento era per l'uomo una pugnalata per l'uomo, ma non voleva rimanere all'oscuro di ciò che sarebbe presto accaduto alla sua amata bambina.
- Potrò stare con te quando sarai in ospedale?- Le domandò.
- Francamente non lo so, papà, dipenderà da molte cose. Ma ciò che per me è importante è che tu stia spesso con Guido, è lui che non deve rimanere mai solo. Ho paura che rimanga segnato da questo fatto e non voglio...- Claudia iniziò a piangere, e parve quasi assurdo vederla piangere nel parlare di suo figlio e non della gravità delle sue condizioni.
- L'ho già lasciato solo così tante volte a causa del lavoro che...- E lasciò che le lacrime le corressero lungo il volto senza vergogna. - Che non so neanche come spiegargli non della malattia, ma del dovermi allontanare ancora da lui.
Gli avevo promesso che dopo le elezioni ci saremmo presi un periodo di pausa per stare insieme, andare in vacanza, magari, visto che ormai è estate.
Quando erano a Torino, la prima sera, mi ha telefonato chiedendomi se ci sarei stata il giorno del suo diplomino alla scuola materna e gli ho risposto di sì, ma ora mi rendo conto di non saper neanche in che condizioni sarò quel giorno...-
Il signor Oreste, con gli occhi ancora lucidi, strinse forte le mani della figlia e rimase a lungo in silenzio.
Fu Gianluca a rassicurare la sorella, ristabilendo così l'ordine delle cose.
Anche se non voleva farsi vedere triste e sofferente vicino alle persone che l'amavano, la donna riuscì a sfogarsi e furono gli altri a consolarla ed asciugare le sue lacrime.
Il padre le promise che nessuno avrebbe lasciato solo il suo bambino e che in tutti i modi a loro possibili avrebbero impedito che la malattia minasse la gioia e la spensieratezza di Guido.
Poi lei andò a riposare un poco nella stanza dove viveva da ragazza, lasciando il padre e il fratello soli a parlare.
- Io glielo dicevo.- Sospirava in lacrime il signor Oreste. - Glielo dicevo che lavorava troppo, che prima o poi tutto questo le avrebbe fatto male. E le dicevo anche che la trovavo dimagrita, stanca... ma perché non mi ha mai ascoltato, la mia bambina, perché?-
- Glielo abbiamo detto tutti, papà, anche io e Davide, e non ha mai ascoltato nessuno. È testarda, lo è sempre stata e questa volta, purtroppo, le ha fatto male questo suo modo di fare.
Ma non possiamo tornare indietro, adesso dobbiamo fidarci di quello che ci ha detto e dei medici che la cureranno.
Anche io sono scosso, non riesco ad accettare l'idea che possa essere ammalata... ma cosa possiamo fare?-
Il signor Oreste continuò a tacere, il solo pensiero della figlia in pericolo di vita lo straziava.
Si alzò dopo poco e andò nella cameretta dove la figlia dormiva per guardarla riposare, proprio come se fosse ancora una bambina.
Svegliandosi e trovando il padre al suo fianco Claudia sorrise e gli strinse la mano.
- Sto bene, dico davvero.-
- Sei ammalata, amore mio, dovresti stare a riposo e curarti.- Le sussurrò con gli occhi di nuovo lucidi.
- Il prima possibile. Te l'ho detto, vedrai che andrà tutto bene.-
le accarezzò dolcemente il viso e poi lasciò che si riprendesse prima di riaccompagnarla a casa.
Claudia non avrebbe voluto che suo padre salisse da loro, era ancora molto stanca e voleva riposare, ma alla fine decise di far stare un po' insieme nonno e nipote, sistemandosi lei seduta in poltrona.
Capì benissimo, al momento dei saluti, che il signor Oreste non aveva voglia di lasciarla e guardò con tristezza Guido pensando a cosa avrebbe provato lei nel sapere suo figlio così malato.
- Ti chiamo domattina quando ho un attimo, papà, stai tranquillo.-
- Non vai alla parata?-
La donna si sbatté una mano sulla fronte.
Se ne era completamente scordata ma quel giorno era iniziato Giugno, dunque nella giornata successiva si sarebbe festeggiata la Festa della Repubblica.
- Me ne ero dimenticata.- Sorrise. - Comunque non credo. Ci sarà molta gente, troppa, e non voglio rischiare di star male. Però potreste andare tu, Davide e Guido, tornando qui per pranzo, così io avrò la mattinata libera per cucinare.-
- Non ti affaticare, Claudia.-
- Devi diventare meno ansioso papà, dico sul serio.- Commentò la donna.
Alla fine quel due Giugno passò proprio così, i tre uomini andarono a vedere la parata, che aveva sempre emozionato tantissimo il piccolo di casa, mentre la donna si era riposata e aveva preparato due teglie di lasagne e una torta.
Voleva godersi al meglio quegli ultimi giorni prima del ricovero, delle cure e di tutto il resto.
Senza discuterne a casa, tanto sapeva cosa sarebbe successo, il martedì era tornata a lavoro e, nel pomeriggio, aveva raccontato a Ettore de Giovanni, il collega di più cui si fidava e a cui più era legata, quale fosse la situazione.
- Mi dispiace davvero molto, non me lo aspettavo. Ultimamente non ti vedevo così in forma, Claudia, ma non ho mai pensato potesse essere una cosa tanto grave.-
- Non se lo aspettava nessuno.- Mentì. - Ma pazienza, adesso l'importante è saperlo e curarsi.-
- Certo, sicuramente. Anzi, mi raccomando, non sparire, dammi tue notizie e fammi sapere come stai.-
- Naturale. Vorrei continuare a lavorare almeno per il partito, ma dubito di farcela.-
- Cerca di stare tranquilla e riposare, lascia perdere il resto e concentrati su te stessa, Claudia, non fare cavolate.-
La donna sorrise e spiegò che aveva bisogno che nessuno ancora sapesse della faccenda, avrebbe detto poi tutto lei quando ve ne sarebbe stato bisogno, e lui la rassicurò.
Non fecero in tempo a salutarsi che Claudia ricevette una telefonata da Francesco, il quale la avvisava che due giorni dopo, il giovedì, sarebbero arrivati i risultati delle ultime analisi e il venerdì si sarebbe dovuta presentare in ospedale per gli accertamenti radiologici.
Claudia capì che quegli ultimi tre giorni avrebbe vissuto il lavoro solo a metà, ma decise di non salutare ancora nessuno e fare come se niente fosse, cercando di non destare sospetti in nessuno.
Di ritorno a casa le venne in mente l'unica persona a cui ancora non aveva detto nulla e che invece si meritava di sapere quello che le stava accadendo.
Isabella Ramazzotti, la sua migliore amica.

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Capitolo 11
*** Capitolo XI ***


Capitolo XI

Di amiche femmine, da bambina, Claudia ne aveva avute diverse.
Poi, con l'inizio delle scuole medie e del rapporto quasi esclusivo con Oscar, aveva smesso di frequentare le ragazzine della sua età, e quella scelta, volente o nolente, era andata avanti fino all'inizio del ginnasio, quando tra tante conoscenti aveva finalmente trovato qualche amica.
Era ancora in contatto con quasi tutte, tempo permettendo, ma quella che alla lunga era rimasta la sua vera migliore amica si chiamava Isabella.
Era stata la sua prima vicina di banco alle superiori e non solo, visto che come lei aveva preso medicina e poi la specializzazione in neuropsichiatria infantile.
Quella di Isabella, in realtà, era stata una scelta dovuta più ad un accordo che a una vocazione.
Il padre, il nonno e i due fratelli maggiori erano tutti medici del cervello, tra un neurologo, due neurochirurghi e uno psichiatra, e lei, a cui la medicina era sempre piaciuta, sarebbe voluta diventare pediatra.
Nessuno l'avrebbe mai ostacolata, non lo avrebbero fatto neanche se avesse scelto un'altra facoltà, ma lei si era sentita quasi in soggezione e alla fine, forte anche del fatto che avrebbe avuto la sua migliore amica con sé, aveva optato per quella scelta.
Un accordo, appunto, un compromesso tra ciò che lei amava, i bambini, e ciò che sembrava scorrere davvero nei geni di famiglia.
Quando Claudia le aveva telefonato la sera di martedì tre Giugno, Isabella, madre di un bambino di un paio di anni, era intenta a mettere a letto il figlio e aveva così richiamato l'amica alcuni minuti dopo.
Avevano avuto una lunga conversazione in cui avevano parlato un po' di tutto, politica compresa, vista la vicinanza delle elezioni, e solo alla fine la Deputata le aveva detto di aver bisogno di vederla e parlare di persona il prima possibile.
Si erano date appuntamento per un caffè nel pomeriggio seguente in un bar dello stesso centro commerciale dove era stata Claudia alcuni giorni prima di ritorno da Ostia, e non era stata una scelta casuale.
Avevano potuto infatti passeggiare a lungo tra le vetrine distraendosi un poco prima di sedersi al tavolo di un bar per il caffè e la pesante confessione che la comunista aveva da fare.
Parlarne con la migliore amica era stato difficile proprio come farlo con suo padre, suo fratello e suo marito, e Isabella, che era una donna e poteva permettersi di farlo anche in pubblico, si era messa a piangere.
Leggera, senza dare nell'occhio né singhiozzare troppo forte, ma aveva pianto.
- Scusa.- Aveva poi detto a Claudia asciugandosi gli occhi. - Scusa, dovrei sostenerti e farti sfogare se ne hai bisogno, non piangere io. Ma è così assurdo.-
Come suo solito l'altra donna sorrise e si finse forte, perché il dolore e la debolezza li trovava privati, così privati da doverli mostrare il meno possibile anche alle persone che le volevano bene.
- Quando comincerai le terapie?-
- Entro una decina di giorni, appena possibile ma dopo le elezioni.
- Sei preoccupata?-
Claudia tacque un attimo.
- Sono stranita, più che altro. Non ci pensi mai al fatto che possa capitare a te. Non voglio che chi amo mi veda stare male e oltretutto non ho ancora detto nulla a mio figlio.-
- Coraggio, tesoro. Guido è un bambino intelligente, capirà la situazione e saprà anche aiutarti a modo suo, vedrai.-
Isabella riuscì a strappare un sorriso all'amica, anche se per Claudia non era semplice togliere il pensiero dal suo piccolo.
- A Settembre inizierà la scuola elementare e continuo a chiedermi se andrà tutto bene e sarà come gli altri o se scopriremo che qualcosa non va, magari perché ha un disturbo dell'attenzione, una dislessia o non so cos'altro, e ho paura di non essere in grado di accorgermene né di saperlo aiutare. Senza contare la paura degli effetti che la mia malattia potrà avere su di lui...- Isabella strinse forte le mani sudate d'ansia dell'amica.
- Anche se hai smesso da più di tre anni di lavorare sul campo credo tu abbia ancora gli strumenti per scacciare queste paure, lo sai. Chi di te può capire meglio se tuo figlio ha di queste problematiche? E poi se ci fosse bisogno non pensare due volte a chiamarmi, per lui, per te e per qualsiasi altra ragione, lo sai. Io ci sono sempre, e ti voglio bene.-
- Lo so Isa, lo so. E ti voglio bene anche io, grazie davvero.-
Si alzarono per lasciare il bar, e Claudia pagò dicendo che era il minimo che potesse fare.
Ancora scossa dalla notizia, Isabella decise di fare un altro giro per negozi assieme all'amica.
Per caso passarono di nuovo davanti al negozio dove la donna ammalata aveva acquistato i due foulard qualche giorno dopo, e decise di prenderne un terzo facendosi consigliare dall'altra.
In quel modo erano riuscite a sorridere entrambe, in quel momento, ridendo anche della malattia. Si trattava, forse, di un piccolo traguardo, soprattutto per la parlamentare.
Prima di scendere verso il parcheggio sotterraneo a riprendere le macchine e salutarsi Claudia decise di fare un'ultima tappa in un negozio di giocattoli dove aveva acquistato uno di quei kit per far giocare i bambini al dottore.
Voleva regalarlo a suo figlio nella speranza di poter rendere un gioco anche quel periodo, facendo il possibile per adattare tutto al suo modo di vedere le cose.
- Ci credi che non ha mai avuto nulla di simile?-
- Tuo figlio? Tuo figlio non hai mai giocato al dottore? No, direi che non ci credo!-
Claudia rise. - Non ha neanche sei anni, è piccolo per giochi simili. Ma visto che la situazione lo richiede preferisco cercare di non farglielo pesare, cercando di rendere adeguata alla sua età anche la malattia.-
- Sei una donna coraggiosa, amica mia, e quando Guido sarà più grande e potrà capirlo sarà orgoglioso di essere tuo figlio.- Le disse Isabella abbracciandola forte.
Mentre si trovava tra le braccia della migliore amica la donna assunse un'espressione triste, domandandosi se ci sarebbe ancora stata quando suo figlio sarebbe diventato grande.
Non voleva la compassione di Isabella, la quale con gli occhi magari lucidi le avrebbe detto di non fare quei pensieri perché, lo sapeva benissimo, aveva molte speranze di guarire e continuare la sua vita felice, non voleva rassicurazioni piene di parole di speranza e buoni sentimenti, preferiva tenere per se stessa le riflessioni sul futuro che, forse, non avrebbe mai avuto.
In fondo Claudia aveva accettato la sua situazione e avrebbe fatto il possibile per comportarsi sempre in modo razionale, e se un giorno Francesco le avesse detto o fatto capire che non vi erano più speranze lei avrebbe accettato quella prognosi, cercando di essere forte sempre, tenendo fino alla fine in mente il fatto che ciò di cui solo le importava erano i suoi cari, primo fra tutti Guido.
Non sapeva se ci sarebbe riuscita, la consapevolezza di una morte imminente era difficile per tutti, ma ci avrebbe provato.
Salutò Isabella con un altro lungo abbraccio, promettendole di dirle tutto quello che le sarebbe accaduto da lì in poi, e si diresse verso casa.
Nascose il regalo per il figlio e andò a parlare col marito per decidere come spiegare al bambino della situazione.
Ignaro di tutto, il piccolo giocava nella sua cameretta, e quando vide i genitori entrare insieme gli venne il dubbio che ci fosse qualcosa di strano.
Ma era solo un bambino, e non poteva capire tutte le cose dette silenziosamente dagli adulti.
- Amore vieni un attimo di là con noi?- Gli disse con dolcezza la madre.
- Va bene.- Rispose lasciando i suoi giocattoli.
Claudia prese il figlio in braccio e si andò a sedere sulla poltrona della sala. - Amore mio ti dobbiamo dire una cosa brutta ma molto importante.- Iniziò la donna, e il bambino fece una faccia strana.
- È successo qualcosa al nonno?-
- No, il nonno sta bene. È della mamma che dobbiamo parlare.- Spiegò il padre.
Guido girò la testa verso la madre e la guardò con gli occhi tristi.
- Devi partire ancora?- Le chiese. Ma la donna scosse la testa.
- No, amore mio. Io sono molto malata, e purtroppo per me adesso inizia un periodo molto difficile.-
- Hai ancora la febbre? Devi prendere l'antibiotico?-
nel sentire l'infantile ingenuità del figlio Claudia sorrise e si chiese se non sarebbe stato meglio non dire niente a un bambino così piccolo.
Ma visto che oramai aveva iniziato decise di andare fino in fondo.
Non gli disse propriamente di avere il cancro e di dover fare la chemioterapia, lui non avrebbe capito e sarebbe stato difficile spiegare, ma gli raccontò di come avrebbe dovuto fare delle cure molto pesanti per cui sarebbe dovuta andare in ospedale e lì sarebbe rimasta a lungo.
Decise di omettere il fatto che avrebbe perso i capelli; anche se il suo aspetto fisico sarebbe potuto cambiare non voleva affrontare subito l'argomento.
Con calma, quando e se durante il ricovero avrebbe potuto vedere il bambino, Davide gli avrebbe prima parlato.
Alla fine Guido pianse, aveva capito che la sua mamma stava molto male e non voleva, aveva paura.
Nessuno glielo aveva detto, ma lui dentro di sé sentiva che lei non sarebbe rimasta sempre con lui, e così glielo chiese. - Mamma ma tu non morirai, vero?-
Claudia gli diede un bacio sulla fronte. - No, non che non morirò. Ma per qualche mese non starò bene.-
- Mh... allora sono triste ma poi passa. Ma non lavori più?-
- Per un po' non potrò lavorare, no.-
- E se non sei in ospedale allora sei a casa con me? - La donna rise.
- Sì, se non sarò in ospedale sarò a casa con te. E quando starò abbastanza bene potremo giocare insieme.-
Cercò di farlo sorridere, ma il bambino rimase dubbioso.
- Però quest'estate non vieni in vacanza con noi, è vero?- Le domandò tristemente.
- No, probabilmente non potrò partire con te e papà o con te e il nonno, ma ti chiamerò sempre e voglio che tu faccia tante foto.-
- Va bene. Ma sarò triste senza di te.-
Claudia non disse nulla e strinse il bambino al petto.
- Se ti do tanti bacini guarisci prima, mamma?-
- Non lo so, ma possiamo provare.- Rispose lei, e Guido la riempì di coccole come solo un figlio sa fare.
Fu allora che la donna decise di dargli ciò che aveva acquistato per lui poche ore prima, e finalmente, dopo tante brutte notizie, il bambino sorrise felice e si mise a giocare.
Vista l'ora, il magistrato, che non aveva parlato per tutto il tempo limitandosi solo a fare qualche carezza al figlio, decise di andare a cucinare qualcosa, mentre la moglie e il piccolo rimasero nel salone a giocare.
Durante la cena, un po' triste come sempre in quei giorni, Claudia raccontò di cosa avevano fatto lei e il bambino in quei minuti.
- Allora, il dottor Guido ha detto che sto male, ma se riposerò e starò con mio figlio guarirò presto.-
Davide rise. - Oh, beh,- Commentò – Allora non possiamo che attenerci a ciò che lui dice, mi hanno raccontato che sia un bravissimo medico.- E poi si rivolse al diretto interessato. - Anche stare con il marito le farà bene?-
Guido ci pensò un po' su. - Mh... sì, però è meglio se sta con il figlio.- Sentenziò.
Anche quella notte il bambino rimase a dormire con i genitori nel lettone, senza staccarsi un attimo dall'abbraccio della madre, e quando lei si svegliò la mattina dopo, cercando di fare poco rumore per non svegliarlo, il piccolo aprì gli occhi prima che lei si alzasse e le sorrise.
Poi le passò una mano sulla fronte come se volesse sentire se avesse la febbre.
- Dici che posso andare a lavoro?- Chiese Claudia.
- Sì ma aspetta.- Rispose il bambino stringendosi a lei.
La donna coccolò il bambino ancora e ancora, finché l'orario non la costrinse ad alzarsi.
Per tutta la mattinata si sentì come osservata dal collega a cui aveva raccontato della malattia.
Sapeva che tutto dipendeva dalla sua paura di essere scoperta, come se la notizia potesse rimanere segreta per sempre o come se si dovesse vergognare della sua situazione, ma capiva anche come il suo inconscio stesse reagendo a quel periodo, e accettava, oltre tutto il resto, la paranoia di cui talvolta era vittima e che di certo non se ne sarebbe andata di lì a poco.
Pranzò in centro e poi, prima dell'appuntamento fissato col medico nel tardo pomeriggio, decise di andare un'oretta in piscina, consapevole del fatto che avrebbe dovuto rinunciare molto presto pure a quella attività che adorava e che spesso la rilassava.
Era uscita di casa già con il borsone, quella mattina, e si era così goduta qualche vasca in pace, allontanando tutti i pensieri negativi.
Appena era entrata nello studio, però, Francesco non aveva potuto fare a meno di notare i capelli umidi della donna, facendole presente che “nelle-sue-condizioni” non le faceva bene rischiare di raffreddarsi in un modo tanto sciocco.
Ma Claudia, con la sua solita leggerezza, gli aveva detto che trovava fondamentale vivere quei giorni in modo normale fino all'ultimo.
- E poi.- Aveva aggiunto in maniera totalmente autoironica. - Non credo avrò ancora a lungo capelli che potranno bagnarsi e rischiare di farmi ammalare.-
L'uomo non commentò.
Anche se la forza e l'umorismo della sua amica erano ottime armi per la battaglia che stava per cominciare a combattere aveva paura che prendesse tutto troppo sottogamba, e anche sapere che lei per prima era un medico non lo rincuorava affatto, visto soprattutto il modo in cui aveva sottovalutato i sintomi. Forse, anzi, avrebbe dovuto starle dietro come a qualsiasi altro paziente.
L'agoaspirato non aveva fatto altro che confermare ciò che già sapevano, una diagnosi grave e per cui bisognava correre ai ripari il prima possibile.
Poi, anche se abbastanza contro la volontà di Claudia, Francesco l'aveva visitata, scuotendo più volte la testa.
- Sei debole, molto. Stai ancora lavorando?-
La donna annuì.
- Fino a domani, ma tra una cosa e l'altra sto andando solo la mattina. Però devo ammettere di non sentirmi spossata come dici te...- Confessò.
- No, forse ancora no, ma che sei più stanca me lo avevi detto tu e si vede. Inoltre devo dirti che quando verrai ricoverata ti farò utilizzare la bombola di ossigeno costantemente e continuamente, sia in ospedale che a casa almeno fino a quando i tuoi polmoni non riprenderanno una funzionalità normale, e questa potrebbe non essere l'unica limitazione medica alla tua libertà nei prossimi mesi.-
Claudia respirò sentendosi bruciare dentro e lasciò che qualche lacrima le scendesse lungo i lineamenti stanchi.
Francesco, come facevano tutti in quei giorni, cercò la sua mano. - Coraggio, vedrai che tutto questo un giorno sarò solo un brutto ricordo.-
Lui lo sapeva, sapeva che dietro la forza e l'ironia di Claudia c'erano le debolezze di una donna qualsiasi, una giocane moglie e madre che avrebbe solamente voluto essere in salute.-
- Domani, per le ultime analisi, vorrei venire con mio padre. Non lo so, sento di aver bisogno di lui e sinceramente se ti vedesse e potesse farti qualche domanda penso starebbe più tranquillo.- Fece lei per cambiare argomento.
- Va bene. Anzi, è sempre ottimo che i parenti dei pazienti siano informarti con precisione di ciò che hanno i loro cari e delle cure che dovranno affrontare.- Rispose. - MA credo che queste cose tu le sappia già.- Aggiunse notando l'espressione inequivocabile che aveva assunto l'amica.
- Quando sei un medico è difficile ricevere le brutte notizie. Sei abituato a darle, a confortare gli altri, non immagini mai che la situazione si possa capovolgere, che tu possa trovarti dall'altro lato della scrivania.
O magari ci pensi pure, e ti convinci che se capitasse saresti avvantaggiato perché già sai. Ma cosa sai? La verità è che davanti a fatti del genere siamo semplicemente esseri umani. Non impotenti come molti dicono, semplicemente umani.
Così umani da privarci di ogni razionalità e di ogni nozione appresa.
Viviamo di istinti, passioni e dolori da molto prima che nascesse lo università, ed eventi improvvisi come la malattia non possono che farci tornare essere primitivi, esseri umani.-
Francesco sorrise all'amica seduta davanti a lui.
Si era sentito umano, nel senso di più sentimentale che razionale, quando aveva scoperto cosa stesse accadendo al corpo della donna, e sapeva dunque a cosa si riferisse.
- Sei forte, coraggiosa, combattiva e amata. Te l'ho già detto più di una volta, ben presto sarà tutto passato.
Perciò adesso stai tranquilla, Claudia. Vai a casa, stai con le persone che ami, riposati, non fare pensieri negativi. Se hai bisogno di qualcosa non scordarti mai che io ci sono come amico prima ancora che come medico.-
Lei rispose al sorriso che l'oncologo le aveva fatto iniziando a parlare.
Poco dopo i due si salutarono, e a casa Claudia rimase tutta la serata vicino al suo bambino.
Il pomeriggio di venerdì Claudia si presentò sotto casa del padre che mancavano pochi minuti alle quattro.
Appena in macchina il signor Oreste le chiese come fosse andato l'ultimo giorno di lavoro.
- Normale, anche se è stato strano. Sono tutti convinti che ci rivedremo presto, e invece non sarà così. Sembrava l'ultimo giorno di scuola.-
- Coraggio, bambina mia, vedrai che tempo che guarirai sarà già ora di prepararsi a nuove elezioni.-
Claudia rise. - Mi vuoi condannare a cinque anni di terapie, papà?-
- No, non volevo dire questo, scusami.- Rispose l'uomo con fare triste. - Mi riferivo alla solita poca durata delle legislature in Italia.-
- Ma sì papà, ho capito, stai tranquillo.- Sorrise ancora lei.
- Ti ho fatto davvero troppo intelligente, figlia mia. Ma dimmi, nessuno dei tuoi colleghi, neanche quelli a cui sei, per così dire, più legata, sa di ciò che ti sta succedendo?-
- L'ho detto a una persona, de Giovanni, non so se lo hai presente. Con lui sono praticamente amica, ed è la persona di cui lì dentro mi fido di più. Più che per motivi di conforto o altro glielo ho detto perché anche il partito deve sapere, visto che dovrò rinunciare al seggio. Sono anche in contattato con chi di dovere per questo motivo, e probabilmente nella tarda mattinata di domani dovrò andare alla sede del partito per chiarire. È strano, non potevo mai pensare mi sarebbe accaduto qualcosa di simile.-
Rimasero in silenzio per il resto del viaggio, ricominciando a parlare solo dopo aver parcheggiato la macchina appena fuori dall'ospedale.
Parlavano d'altro provando a non pensare a dove stavano andando e tutto il resto, ma quando si trovarono davanti al reparto di radiologia, nel seminterrato del nosocomio dove già Francesco li stava aspettando, fu impossibile per entrambi fingere che andasse tutto bene.
Claudia avrebbe dovuto fare due tac e fu mandata a prepararsi, lasciando i due uomini liberi di parlare fra di loro.
- Ci sarebbe da fare anche un'altra analisi che si chiama Pet, ma preferisco la faccia poi quando sarà ricoverata.- Spiegò il medico.
- Sarà un ricovero lungo?-
- Ancora non posso dirlo, ma temo di sì. Queste ultime analisi daranno qualche risposta in più, ma quello che mi preoccupa sono le metastasi alla colonna vertebrale.- Raccontò l'oncologo. - Temo che possano compromettere le sue funzioni locomotorie, e già vedo che cammina peggio di prima.-
Claudia sentì quelle parole da dietro la porta del camerino dove era andata a cambiarsi.
Era vero ciò che Francesco aveva detto a suo padre. Lei a suo tempo non lo aveva detto all'amico perché sapeva benissimo che fosse una naturale conseguenza delle masse, ma aveva iniziato a farci attenzione utilizzando scarpe basse e camminando spesso vicino ai muri, pronta a tenersi se si fosse sentita insicura sulle sue gambe.
Uscì dallo stanzino e seguì il medico fino alla stanza dove avrebbe fatto le analisi, mentre il signor Oreste attese fuori.
Il rumore assordante della macchina per la Tac fu assorbito in parte dalle cuffie che le furono fornite, ma l'ora che passò lì dentro si rivelò lunghissima.
Ebbe il tempo per ripensare a quegli ultimi mesi e a quel suo corpo così fragile.
La sera prima aveva raccontato a Davide di come il dottore l'avesse trovata debole, a quel punto le pareva inutile nascondergli qualcosa, ed aveva pianto tra le sue braccia perché non ce la faceva più né fisicamente né moralmente e tutto quello era solo all'inizio.
La cosa che più sperava era però non mostrarsi triste agli occhi di suo padre. Sapeva che l'uomo soffriva già moltissimo ed era per lei impensabile aumentare il suo dolore.
Quando l'analisi finì andò nello studio di Francesco assieme a lui e al padre, il quale trasalì nel leggere la scritta “Oncologia” proprio come aveva fatto lei a suo tempo.
Si accomodarono nella stanza come amici, senza la formalità tipica di momenti come quello.
Era vero che il loro rapporto poteva definirsi amichevole da tutti i punti di vista, ma quando anche il signor Oreste parlò con Riganese si sentì trattato con molto più calore di quello che si aspettava da un medico, benché conoscesse l'importanza del fattore umano in quella professione.
Fu un colloquio molto lungo; il padre di Claudia desiderava conoscere nei minimi dettagli la malattia della figlia e le cure che avrebbe affrontato, e il medico fu preciso nel dare spiegazioni.
Lo salutarono ringraziandolo infinitamente quando erano le sette, e Claudia propose di andare a cena fuori, telefonando anche a Gianluca per sapere se lui, la moglie e i figli potessero unirsi a loro.
Si trovarono così verso le nove in un ristorante vicino al centro di Roma, una terrazza sul Tevere, la famiglia al completo.
I bambini parlavano e giocavano tra di loro, gli adulti ridevano discutendo ora di politica e ora di altro, sempre evitando argomenti infelici.
Claudia aveva esplicitamente chiesto che non si parlasse in nessun modo della malattia.
Era il suo ultimo venerdì di vita tranquilla, e voleva viverlo felice.
Due giorni dopo ci sarebbero state le tanto attese elezioni, e poi tutto il resto.
Ma prima voleva essere felice, ancora una volta.
E la sua famiglia, la cena fuori in una calda sera di inizio Giugno, circondati dalla magia della Città Eterna, non poteva che essere felicità.

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Capitolo 12
*** Capitolo XII ***


Capitolo XII

Guido aveva accompagnato i genitori a votare la domenica mattina verso le dieci, ed era rimasto attaccato alla mamma fino a che quella non era entrata nella cabina elettorale.
Tornando a casa aveva cominciato a chiederle quando avrebbe potuto votare anche lui.
- Quando avrai diciotto anni, amore.-
- E quando avrò diciotto anni?-
- Dunque, vediamo un po'... sai contare?-
- Sì!- Rise il bambino. Sapeva contare fino a cento da qualche mese, e, anche se faceva ancora fatica con i numeri più grandi, riuscì senza problemi 
a calcolare quanti anni mancassero alla sua maggiore età.
- Dodici, tra dodici anni potrò votare. Ma posso votare te?-
- Se farò ancora questo lavoro sì.- Gli rispose la mamma.
Passarono il pranzo dal signor Oreste, ogni momento era per lui buono per stare assieme alla figlia, e anche il resto della domenica lo passarono in
famiglia.
Il lunedì, spinta dal desiderio di vivere ameno uno giorno di estate, Claudia e il marito portarono il figlio al mare.
Lei rimase sempre lontana dall'acqua e abbastanza coperta, aveva paura di ammalarsi e ritardare ulteriormente l'inizio delle terapie, ma questo non le
impedì di conservare quelle ore di vacanze, per lei ufficialmente le ultime e per gli altri ufficialmente le prime, come un bellissimo ricordo.
Rientrarono poco dopo la chiusura dei seggi, perché per quella sera Claudia era stata invitata ad un programma di dibattito politico sulle elezioni appena
avvenute.
- Sei sicura di andare, amore?- Le chiese Davide con il suo solito fare ansioso.
- Devi stare tranquillo, quante volte te l'ho detto?-
- E se ti sentissi male?-
- Mi auguro davvero che non succeda, non tanto per me quanto per tutto il resto.-
- Non dirai nulla, immagino.-
- Assolutamente, non è il momento. Quando rinuncerò al seggio spiegherò le motivazioni brevemente, mi sembra corretto nei confronti di tutti, sia del
partito che degli elettori. - Gli spiegò mentre si truccava.
Era sempre stata molto riservata e quella volta non avrebbe fatto eccezione. Anzi, un fatto così personale come la malattia meritava di rimanere privato,
ma anche sparire dalla scena politica all'improvviso sarebbe stato difficile.
- Tu non sei neanche certa di venir rieletta, vero?-
La donna annuì.
Non era certa di entrare, come non lo era stata la prima volta e come non lo era stata ai tempi del test di medicina, anche se ovviamente non era la stess
cosa.
- Io no, ma a quanto pare sono l'unica a pensarla in questo modo.-
Era vero.
Quando il sabato mattina si era recata alla sede del partito per dire ai “piani altri” cosa stesse accadendo si era sentita dire, oltre alle classiche frasi di
circostanza, che doveva pensare a come dare la notizia, perché la sua rielezione era quasi certa.
Alla fine aveva deciso che si sarebbe trattato di un breve comunicato stampa, ma ci avrebbe pensato nei giorni successivi.
Si finì di preparare e poi si presentò davanti al marito e il figlio.
- Come sto?- Gli chiese facendosi guardare.
- Sei bellissima, mamma.- Commentò il piccolo correndole in contro.
Claudia lo prese in braccio e lui le stampò un bacio sulla guancia.
Davide li guardava sorridendo. - Ti aspetto sveglio?- Le domandò.
- Come vuoi, anche se non penso farò troppo tardi.-
- Mamma io posso stare sveglio finché non torni?- Le chiese Guido.
- No signorino, tu sei troppo piccolo. Ma ti prometto che quando torno passo a farti qualche coccola.-
- Okay.- Rispose lui un po' tristemente, e fu allora, mentre la madre lo rimetteva in terra, che tutti, compreso il bambino, si ricordarono di come quel
gesto affettuoso di tenere in braccio il proprio figlio, normale per tutte le mamme, le fosse temporaneamente vietato perché doloroso e pericoloso.
L'uomo stava per dire qualcosa ma la moglie fece segno di tacere e li salutò sulla porta di casa sorridendo.
Era così assurdo, un attimo prima ridevano e scherzavano come una famiglia normale e un attimo dopo era tornato alle oro menti il dramma che li stava
avvolgendo.
Cercò di pensare ad altro, mentre si avviava verso gli studi televisivi, ascoltando la radio per seguire, minuto per minuto, gli aggiornamenti sui risultati
elettorali.
Lo studio era quello di un noto programma di dibattito condotto da Giacomo Silvestri, un giornalista che ormai da vent'anni raccontava con precisione
tutto quello che accadeva nel paese.
Era il giornalista che portava in casa Petrolini le notizie la sera quando Claudia era ragazzina e il signor Oreste guardava il telegiornale.
Lei aveva sempre visto Silvestri come un uomo che faceva il suo lavoro con passione, e quando, per motivi lavorativi, lo aveva conosciuto di persona non
aveva potuto che confermare l'idea che si era fatta di lui.
Oltre a lei erano presenti in studio altre tre personalità politiche, due uomini e una donna.
Gli uomini erano un deputato socialdemocratico, Diego Abbà, e un senatore del partito della destra più estrema, Mauro Giuliano, del quale sapeva a
malapena il nome, mentre la donna, Giada Varello, poco più grande di lei, era una centrista fortemente cattolica con la quale le era capitato di avere
accese discussioni in materia di diritti civili e delle donne.
Si salutarono con freddezza, ma in modo rispettoso, e Claudia per un attimo provò una terribile invidia per la donna che aveva davanti.
Giada Varello non aveva quarant'anni ed era una bella donna, non lo poteva negare, ma sopratutto, glielo si leggeva sul volto, era in salute, e fu questo a
generare l'invidia di Claudia.
Anche se nessuno sapeva e il trucco faceva la sua parte chiunque, confrontando le due deputate, avrebbe potuto immaginare quale delle due era
ammalata.
La donna provò a concentrarsi ancora una volta sul quello che era il suo ruolo sociale per quella sera.
La sua ultima uscita pubblica come personaggio politico sicuramente per molto tempo, forse per sempre.
La serata fu lunga e complessa, perché i risultati continuavano ad arrivare imprecisi e oscillando sempre, specialmente per quanto riguardava i partiti
maggiori, che parevano inseguirsi e superarsi a vicenda ogni pochi minuti.

Abbà e Giuliano ebbero una lunga discussione anche abbastanza accesa su quello che proprio i due principali partiti avrebbero fatto con l'inizio della nuova legislatura.
Secondo l'estremista si sarebbe avuto un accordo tra il centro-destra e il centro-sinistra dovuto alla semplice voglia di poltrone, mentre l'altro sosteneva che una cosa simile sarebbe accaduta solo in caso di estrema necessità e sempre nell'interesse del paese.
A quel punto Silvestre aveva chiesto a Claudia cosa pensasse lei di quella prospettiva. - Lei crede possibile una eventualità di questo genere, onorevole Petrolini? Vedere al governo, e quindi magari contro di voi, gli ex alleati di un tempo assieme agli ex nemici, una sorta di rimescolamento delle carte, le fa strano o era una possibilità che, in qualche modo, si conosceva da prima di questa sera?- Domandò sorridendo, forse per mantenere l'aria in studio meno pesante di quanto potesse diventare.
- Mah, se fosse qualcosa di già deciso o comunque discusso non lo so. Di certo un epilogo simile per queste elezioni darebbe come unica certezza il fatto che i nostri unici reali nemici siano a destra, cosa che mi pare logica, mettendo però in discussione tutto il rapporto con il centro-sinistra.- Rispose.
Quando parlava in pubblico Claudia era sempre così, precisa, quanto possibile sintetica e attenta al lessico che utilizzava.
- Quindi lei non crede possibile in futuro, se la paura, definiamola così, dell'onorevole Giuliano si avverasse, una replica di una esperienza simile a quella del governo Passalacqua?- La incalzò il giornalista.
- Sinceramente se queste elezioni porteranno, è ancora tutto molto ipotetico, a un governo di unione tra centro-destra e centro-sinistra una possibile alleanza con noi in futuro sarà difficile, almeno a livello nazionale.-
- Quindi a livello regionale o amministrativo lei crede che la vostra ex coalizione, si potrebbe ora definire così, sarebbe in grado di reggere nuovamente?-
- Io credo che prima di ogni giudizio bisogni attendere, ma se mi chiede se sarebbe possibile per il mio partito fare accordi e eventuali con partiti come l'Usd per le elezioni amministrative mentre questi sono al governo con il centro-destra le posso dire che la risposta non la ho io e, soprattutto, non la ho or.- Spiegò molto pacatamente, e prima che il conduttore potesse riprendere la parola la donna fu attaccata, con toni calmi ma parole decise, dall'onorevole Abbà. - In ogni caso un'eventuale nuova alleanza tra i nostri partiti sarebbe da accettare anche dalla mia parte, e non so quanti miei colleghi sarebbero di questo avviso dopo l'esperienza del governo Passalacqua.-
Era una frecciatina non da poco, considerando anche che per tutta la campagna elettorale i socialdemocratici e i socialisti non avevano fatto altro che attribuire ai comunisti e alla loro uscita dal governo la colpa delle forti perdite di consensi che si erano trovati ad affrontare.
- Naturalmente, anche se non condivido né trovo proficuo questo vostro continuare a rimuginare sulla fine del governo.-
- Ma, obiettivamente, se non fosse caduto il governo per colpa vostra, e se non vogliamo dire colpa diciamo a causa della vostra scelta, non saremmo neanche qui a commentare nuove elezioni, visto che la scorsa legislatura è finita a poco più di metà. Non capisco dunque come possa tu pensare- E usò quella forma poco formale di proposito.- che ciò che è successo non abbia peso sul momento attuale.-
A quel punto Silvestri prese possesso della parola quasi con forza, anticipando con un esplicito gesto delle braccia quel che voleva dire e frenando in questo modo la discussione sempre più accesa tra i due onorevoli di sinistra.
- Sì, bene, ma fermatevi un attimo, non vogliamo vittime, soprattutto adesso che non ci sono ancora risultati definitivi. Insomma, attendiamo prima che si scaldino troppo gli animi. Invece, spostandoci un po' più al centro, per così dire; onorevole Varello lei cosa crede accadrà adesso? E inoltre dove pensa che si posizionerà il suo partito che, lo ricordiamo anche agli ascoltatori a casa, è la forza più centrista e legata alla tradizione ma anche quella che nelle sue settimane ha visto modificarsi più in positivo le proprie percentuali. Cosa... a cosa credere che porterà questo, ammesso che i sondaggi vengano confermati dai risultati delle urne? Sareste fondamentali per la formazione del nuovo esecutivo, specialmente se i venti di guerra interni alla sinistra, e forse anche alla destra, saranno quelli che abbiamo appena sentito.- Rise il conduttore, facendo spuntare un sorriso anche sulle labbra di Claudia e del socialdemocratico. - È possibile che la vostra ideologia, quella in qualche modo più classica, in Italia, legata anche al sentimento religioso, possa tornare importante come lo è stata in quella che si definisce “Prima Repubblica”?-
Quella domanda spostò davvero la discussione al centro, rendendo la Varello protagonista assieme a Giuliano ed Abbà e lasciando quindi Claudia libera di ascoltare e basta, senza dover intervenire se non per brevi e sporadici commenti od appunti.
Alla fine la donna lasciò lo studio che era mezzanotte passata, e prima di mandarla a casa il giornalista le fece un'ultima domanda che, per un attimo, la lasciò muta, incapace di rispondere senza rischiare di tradirsi.
- Se i risultati dovessero rimanere questi, o comunque non essere totalmente sconvolti, lei vedrebbe confermata la sua rielezione alla Camera dei Deputati. Come si è discusso prima è probabile, lo dicono le percentuali, io non voglio gufare contro nessuno, che vi troverete all'opposizione; crede che questo cambierà il suo modo di lavorare o rivedremo la stessa persona di questa legislatura? E pensa che lo stare all'opposizione potrà rendere per voi difficile continuare l'azione riformista che avevate proposto alle scorse elezioni, iniziato con il governo Passalacqua e che è stata ancora vostro punto fondamentale durante questa campagna elettorale?-
Claudia rimase un attimo titubante, spaventata dal fatto che qualsiasi risposa potesse dimostrarsi poi fasulla e far instaurare, nei presenti e negli spettatori, dubbi che preferiva non venissero fuori almeno per quella notte.
Solo dopo qualche lunghissimo secondo riuscì a trovare qualcosa di non troppo rischioso da dire. - Il mio modo di lavorare è uno, anche se è ovvio che i compiti e le responsabilità di un semplice parlamentare sono diverse da quelle di un ministro, ma questo non lo modificherà, o almeno è ciò che mi auguro. Per quanto riguarda il mio partito la penso allo stesso modo; abbiamo un programma, e se venivamo votati è perché i cittadini, una parte dei cittadini italiani, vuole che le nostre proposte vengano attuate. Quindi le posso assicurare che porteremo avanti i nostri obiettivi a prescindere dai risultati.-
- Grazie Onorevole Petrolini, io la saluto e le auguro una buonanotte.-
- Grazie a lei e buon proseguimento di serata.- Rispose la donna.
Poi Silvestre andò in pubblicità e Claudia lasciò lo studio definitivamente.
Si mise in macchina e inserì nella radio uno dei vari cd che teneva nell'auto. Era stanca della politica, almeno per quella sera, e si fece compagnia con la sua adorata musica.
Davide l'aveva aspettata sveglio, in cucina, con la televisione ancora accesa sul programma a cui era appena stata ospite la moglie.
- Posso dirti che si notava che non stai bene?- Le disse mentre lei si cambiava.
- Grazie, sei proprio rincuorante.- Sospirò. - Anche se non ti credo. Tu sai come stanno le cose, è per questo che hai notato qualcosa di strano, e so che la pensi come me.-
- In ogni caso sei stata brava a non tradirti quando ti ha fatto l'ultima domanda, quella su cosa farai adesso. Ma per quanto continuerai a non dire nulla a nessuno?-
- Qualche giorno, già te l'ho detto. So benissimo da me che ritardare è pericoloso, ma tu devi stare tranquillo.-
Davide fece un'espressione triste. - Sarà difficile stare tranquillo con te in ospedale e io a casa con Guido da solo. Ho paura di non riuscire a fare tutto, di tralasciare qualcosa di importante, di non essere né un buon marito né un buon padre in questo momento...-
Claudia non disse nulla ed andò ad abbracciarlo.
Lo sapeva come medico, prima ancora che come donna; sapeva che quando ad ammalarsi era una donna, magari giovane e madre di famiglia, molti di quegli equilibri che prima erano dati quasi per scontati venivano a mancare, e per i compagni non era sempre semplice gestire quelle situazioni, proprio come le aveva detto il marito.
Claudia aveva bisogno di lui, in quel momento, ancora di più ne avrebbe avuto bisogno nei mesi successivi, ma doveva essere realista e accettare tutto quello che sarebbe potuto accadere.
- Vado a dare qualche bacino a Guido, glielo avevo promesso.- Disse poi.
- Va bene, ma io mi corico, sono decisamente stanco. Buonanotte, amore.- La baciò dolcemente e la guardò con tanta tristezza nello sguardo.
Mentre lei temeva che quella situazione li avrebbe portati a separarsi lui non passava attimo senza maledirsi per l'impotenza che gli provocavano quei giorni, senza riuscire neanche a concepire l'idea che lei potesse non essere abbastanza forte da battere la malattia.
Alla fine Claudia si addormentò sul letto del figlio, abbracciata come sempre a lui, e Davide lo capì quando la mattina si svegliò trovando il lato del letto accanto al suo vuoto.
Andò nella cameretta e la vide dormire beata mentre il piccolo, già sveglio le accarezzava la testa.
- Dalle un bacino per farla svegliare.- Suggerì l'uomo, e qualche minuto dopo lei aveva aperto gli occhi, trovando vicino le persone che più amava.
Andò in cucina e accese la televisione mentre il marito aiutava il piccolo a prepararsi.
Le elezioni avevano dato i risultati già immaginati, con il partito del centro-destra di pochi punti in vantaggio rispetto a quello del centro-sinistra.
Il partito di Claudia aveva ottenuto un rispettabile dodici percento che dunque confermava la sua rielezione. Accolse la notizia con un po' di paura nel pensare che ormai i giochi erano fatti e doveva dichiararsi, ma fu anche sollevata nel pensare che quello sarebbe stato il suo ultimo impegno politico almeno per un bel pezzo.
Non che il ricovero e le cure sarebbero state più piacevoli, anzi, ma era stanco della parte politica della sua vita. Forse era a causa della malattia, forse una volta guarita e tornata in forze sarebbe stata pronta anche a ricominciare quel lavoro che aveva tanto amato, ma in quel momento staccarsi dalla vita pubblica e rintanarsi nel privato della sua famiglia era il suo unico desiderio.
-Mamma mi fai la colazione?- Le chiese Guido entrando in cucina già pronto.
Lei lo guardò un attimo intontita, e solo dopo capì la domanda.
Sorrise mentre il marito li raggiungeva e propose di fare colazione insieme al bar sotto casa che, non era un mistero, era oltretutto gestito da un uomo molto di sinistra.
Infatti, appena la vide entrare, le corse incontro abbracciandola.
- È andata bene, alla fine. Mi aspettavo molto peggio.-
- Immagina quanto possano fare felice me questi risultati. Anche io non mi aspettavo di superare il dieci percento.-
- E adesso cosa farai? Tornerai in Parlamento, no?-
Claudia sospirò. Quanto ancora avrebbe dovuto sentirsi fare quella domanda senza poter dare una risposta precisa?
- Hai fatto una domanda molto complicata.- Abbozzò mentre marito e figlio sceglievano già con l'acquolina in bocca la brioches con cui fare il primo pasto della giornata. - Non sto bene, ultimamente, e credo che questo pregiudicherà molto le scelte che farò in questi giorni.-
Il barista rimase colpito e dispiaciuto d quelle parole, ma notando il disagio con cui la donna aveva parlato decise di non fare altre domande e si limitò a servire la famiglia.
Quando finirono di mangiare la madre salutò tutti, come al solito sarebbe stato Davide a portare il bambino all'asilo, e si diresse in macchina verso la sede del partito.
Anche lì tutti erano felicemente sorpresi dei risultati, eccezione fatta per due o tre persone che speravano andasse meglio, e già si discuteva su ciò che si sarebbe fatto dal quel momento in poi.
Claudia salutò tutti con baci e abbracci, facendo commenti felici e complimenti a destra e a manca.
Dopo pochi minuti capì che la notizia di ciò che avrebbe fatto lei di lì a breve era cominciata a girare, e si trovò a dover spiegare quel che le era successo con conseguenti auguri di pronta guarigione e quant'altro dai vari colleghi.
Alla fine si convinse che fosse stato meglio così, perché era sicuramente giusto che i colleghi a lei più vicini sapessero le cose di persona e non dai giornali o da qualsiasi altro mezzo di informazione.
Rimasero tutti molto stupiti dalla malattia, era logico, ma fu proprio Claudia a cambiare argomento di discussione, e per, non smentirsi mai, lo fece con una battuta. - Io non torno a lavoro ma voi sì, direi che ci sono cose più importanti a cui pensare.- Rise, e continuò quindi a seguire con attenzione la discussione, soprattutto perché continuava a sperare di poter far qualcosa per il bene del partito anche durante la malattia.
A fine mattinata, mentre i colleghi uscivano per il pranzo, Claudia rimase a chiacchierare con il segretario del partito, Massimiliano Razzaroni.
Era un uomo di mezza età giunto a metà del suo mandato, eletto segretario diversi mesi dopo l'inizio del governo Passalacqua, esecutivo di cui era stato promotore ma non membro perché aveva preferito dedicarsi alla corsa verso la guida del partito.
Claudia aveva imparato a conoscerlo bene solo da quando era iniziata la crisi di governo, perché prima, benché ci fossero state svariate riunioni privata a cui era stata presente l'intera dirigenza del partito, dunque anche loro due, la donna era sempre stata attenta a mantenere un forte distacco formale.
Era una sua caratteristica quella di non riuscire a distaccarsi dalle formalità se non dopo tanto tempo, anche con i colleghi del governo aveva impiegato diverse settimane a sciogliere la serietà che le era solita.
Allo stesso modo era stato quindi con Razzaroni e gli altri, ma in quel momento si poteva dire contenta delle relazioni sorte con i colleghi, e lo capì soprattutto quando l'uomo la fermò per parlare un attimo.
- Mi dispiace che la notizia sia girata senza il tuo consenso, davvero. Tu mi hai chiesto solo sabato di non dire nulla a nessuno ma ieri, mentre commentavamo i primi exit-poll, mi sono lasciato sfuggire il fatto che probabilmente avresti rinunciato al seggio e da lì tutto il resto.- Si scusò l'uomo, ma Claudia non aveva motivo di essere risentita nei suoi confronti.
- Non preoccuparti, prima o poi sarebbe uscito fuori, e forse è meglio che sia andata così.- Spiegò.
- Come stai?-
- Come si sta in queste situazione, Massimiliano. Fisicamente sono molto provata, debole, non sto affatto bene, e chi mi conosce da vicino, ad esempio la mia famiglia, lo nota molto.-
- Non solo loro, purtroppo, si vede che non sei in salute. E moralmente come stai?-
- Sono triste, spaventata. So quello che mi attende e vorrei che non fosse la verità, ma dopotutto sono fortunata, ho accanto persone meravigliose che mi amano e mi staranno vicino qualsiasi cosa accada.
Certo è che una situazione del genere ti pone un sacco di dubbi, di domande senza risposte. Non solo sul futuro, su quello che sarà da adesso in poi, ma anche su quello che è già stato.
Mi domando se sono stata una brava madre, una buona moglie, una figlia come quella che mio padre poteva desiderare, mi chiedo cosa lascerò loro se mi dovesse accadere qualcosa.- Sospirò.
- Non devi essere così negativa. So che te lo avranno detto tutti e sono solo parole banali, ma non devi pensare necessariamente al peggio.-
Lei sorrise. - Non sono parole banali, e fa sempre piacere sentirsi rincuorare. Il mio non è essere negativa, quanto piuttosto realista; ho buone possibilità di guarire, ma il rischio di non farcela è presente e non voglio andarmene da questo mondo senza aver fatto il possibile per lasciare felice chi amo.-
- Sei una donna forte, coraggiosa, vedrai che non ci saranno problemi.- Le disse ancora l'uomo, ma dopo poco si pentì delle sue parole, visto che alla fine non aveva fatto altro che rigirare la frase detta poco prima, un insieme di affermazioni consolatrici e piene di sentimenti, ma totalmente inutili a livello pratico.
Come se poi lui a livello pratico potesse davvero fare qualcosa.
Claudia cambiò nuovamente argomento di discussione. - Non so in che condizioni sarò, né quanto spesso mi sarà possibile, ma vorrei continuare a lavorare in qualche modo per il partito.- Spiegò.
- Preoccupati di curarti, Claudia, e di riposare. Sei una lavoratrice instancabile e lo sappiamo tutti, ma adesso hai cose più importanti di cui occuparti, la tua salute non può passare in secondo piano.- Le disse tranquillamente il segretario. - Noi ti aspettiamo per quando starai meglio, e penso sarà molto prima di quanto immagini, ma per adesso stai tranquilla. Piuttosto dovrai fare i documenti per la rinuncia al seggio e anche una dichiarazione, no? Sei stata impegnatissima per tutta la campagna elettorale e credo che tutti si aspettino di vederti tornare a Montecitorio. Non devi spiegazioni a nessuno, è ovvio, ma forse è il caso... non lo so, se preferisci tenere la notizia totalmente privata ti capisco, è una faccenda molto personale, ma io penserei anche a questa eventualità.-
- Sì, ci ho pensato anche io e ho deciso di aspettare un paio di giorni per poi fare questa benedetta dichiarazione, anche se ancora non so in che modo.-
- Se hai bisogno di una mano puoi contare su di me, lo sai.-
Claudia lo ringraziò, poi gli propose di andare a pranzo perché non avevano poi così tanto da fare ancora lì.
Quando tornò a casa la sera le venne una strana tristezza, la stessa che l'aveva colta l'ultima volta che aveva lasciato la Camera dei Deputati il venerdì precedente.
Era, in fondo, un pezzo di vita che stava mettendo da parte.
Ma forse, pensò accarezzandosi quel maledetto bozzo dietro al collo, era meglio così.

;Sun's space.
Non c'è molto da dire, Claudia si stacca sempre più dalla vita politica per iniziare il percorso di cure.
Mi piacerebbe solo sapere se qualcuno indovina a chi si ispira la figura del giornalista :P
Per il resto alla prossima <3

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Capitolo 13
*** Capitolo XIII ***


Capitolo XIII

Il venerdì di quella convulsa settimana elettorale Claudia aveva fatto la dichiarazione di rinuncia al seggio con relativa spiegazione, appena accennata, dei gravi motivi di salute che l'avevano portata a quella decisione.
Lo aveva fatto tramite poche righe scritte a margine di un'intervista ad un importante quotidiano nazionale, nella speranza che la notizia passasse quasi inosservata, ma com'era prevedibile le cose andarono diversamente e, in breve, tutta l'Italia aveva saputo di ciò che le stava accadendo.
Numerosi erano stati i messaggi di solidarietà da parte di esponenti di forze politiche anche lontana dalla sua e lo stesso calore umano era arrivato dagli elettori.

Solo alcuni cittadini pieni di risentimenti verso il governo precedente e troppo sfrontati nell'uso dei social network avevano approfittato della situazione per insultare e augurare del male alla donna.
Erano stati casi isolati e lei non ci aveva dato peso, ringraziando invece, tramite un portavoce, colore che le avevano espresso vicinanza.
Qualche collega a lei più vicino le aveva anche scritto privatamente, tramite mail o telefonino, per sapere qualcosa in più, ma Claudia, seppur grata di quell'interessamento, aveva lasciato intendere che preferiva vivere la malattia nel privato della famiglia, volendosi staccare del tutto dalla politica e da chi ne faceva parte, anche quando queste erano persone a cui era legata.
Da quando si era scoperta ammalata voleva intorno solo i suoi cari e qualche amico, ad esempio Isabella.
Oppure Roberto e Andrea, il padre e figlio gestori del ristorante in cui era andata spesso quando si trovava ad Ostia.

I due le avevano telefonato la sera stessa della sua dichiarazione, e, anche se dubbiosa perché il suo male era lo stesso che aveva portato via la loro moglie e madre, gli aveva detto con precisione quello che le stava capitando.
Per i due era stato ovviamente un doppio colpo, ma subito le avevano detto che poteva contare assolutamente su di loro, in un certo senso anche vista l'esperienza che purtroppo avevano già avuto con la malattia.
- E fatti coraggio, Claudia.- Gli aveva detto Andrea mentre la salutava a fine chiamata. - Mamma era molto più grande di te e aveva altri problemi di salute, senza contare che la medicina, in questi anni, ha fatto numerosi passi in avanti, ma credo che questo tu lo sappia meglio di me.-
Aveva provato anche lui a rassicurarla, benché sapesse che lei, forte di carattere come si era sempre mostrata, non aveva di certo bisogno di quelle parole.
Ma la dolcezza con cui Claudia lo aveva ringraziato era riuscita a farlo sentire almeno un poco utile in quella situazione assurda che rendeva tutti spettatori impotenti del dramma di una donna e della sua famiglia.
Chiudendo la telefonata, seduta sul divano del salone, era stata presa da uno strano sconforto, e Davide non aveva potuto fare a meno di notarlo.
- Stai bene, amore?- Le aveva chiesto allarmato.
Per lui ogni attimo era un possibile momento in cui la malattia poteva avere il sopravvento sulla vita della sua amata, e non si sarebbe perdonato altre disattenzioni nei suoi confronti, non dopo tutte quelle settimane preziose perse a credere ai suoi falsi “sto bene, stai tranquillo”.
- Sì, sto solo pensando ad Andrea. Sua mamma è morta a causa della mia stessa malattia e...- Fece una pausa. Quel “mia malattia” rendeva tutto più reale, più di quanto non lo facessero i risultati delle analisi o i sintomi stessi.
Fu il marito a riprendere le fila del discorso. - Sì, purtroppo lo so. Ma non sarà il tuo caso; sei giovane, a parte questo in salute. Tu per prima hai parlato di prognosi favorevole, e non credo che mi mentiresti su una cosa del genere.-
La donna rise. - Dire che tolto il cancro godo di buona salute è una bella metafora di come siamo tutti convinti che la malattia sarà solo una parentesi, e me lo auguro davvero. Pure Andrea ha fatto i tuoi stessi commenti sul fatto che io sia giovane e tutto il resto, è solo che, non lo so, è come se già so che mi sentirei in colpa nei suoi confronti se mi salvassi, e lo stesso sentimento credo lo proverei nei confronti di tutti quelli che non ce l'hanno fatta. Lo so, è un pensiero assurdo, ma non riesco a togliermelo dalla testa.-
Davide si sedette al suo fianco e la strinse a sé.
- Non dico di saperlo con certezza, perché non è il mio mestiere e non ci sono mai passato, anche se Dio solo sa quanto vorrei stare male al posto tuo, ma forse è normale una sensazione simile. Però non devi pensarla così, tu non hai colpe se guarisci, e sono sicuro che Andrea la pensi allo stesso modo. È sicuramente vero che lui avrebbe preferito che sua madre guarisse, quando si è ammalata, ma credo anche che il suo desiderio ora sia vedere te in salute.-
Claudia si accoccolò tra le braccia del marito. - Come farei se non avessi te al mio fianco?- Gli sussurrò.
L'uomo le accarezzò dolcemente i capelli, e nel farlo gli venne tristezza pensando che ben presto lei li avrebbe perduti.
Sarebbero caduti come foglie d'autunno lasciando il suo capo nudo, scoperto, vulnerabile proprio com'era il suo fragile corpo in quel periodo.
Era sabato sera, il ricovero era previsto per la mattina seguente e le terapie, in linea di massima, le avrebbe iniziate al più tardi il martedì.
Non c'era più tempo da perdere, e a dimostrarlo vi erano la debolezza con cui si muoveva, parlava e sorrideva, debolezza che spaventava ogni minuto di più le persone che aveva attorno.
Il signor Oreste, quel pomeriggio, aveva portato il nipotino ai giardinetti per lasciare i due coniugi da soli prima della ospedalizzazione di Claudia.
Sarebbe stato lui ad accompagnarla poi in ospedale, lasciando il piccolo Guido col padre, nella speranza che egli potesse stargli accanto se ve ne fosse stato bisogno.
Il nonno e il bambino erano tornati a casa sul tardi, verso l'ora di cena, portando con loro delle pizze e un piccolo dolce nella speranza di distrarre almeno un poco la famiglia in quella sera così triste.
Ancora una volta Guido fu fatto dormire coi genitori, sempre attaccato a sua madre.
Quando lei si era risvegliata la domenica era rimasta a lungo a guardare riposare il figlio e il marito, come se volesse fissarsi con forza quell'immagine nella mente, in modo tale da aver quell'ultimo loro ricordo qualsiasi cosa fosse accaduta.
Poi si preparò, e lo fece col bambino che le trotterellava intorno senza stancarsi né allontanarsi mai.
Andò avanti così dal momento in cui si erano svegliati fino all'ultimo abbraccio che lei gli diede sulla porta di casa mentre il nonno già attendeva sul pianerottolo con la valigia in mano.
- Quando torni, mamma?- Le chiese con gli occhi lucidi il bambino.
- Appena sto meglio, amore mio, appena sto meglio.-
- Ma perché non puoi prendere le medicine a casa?-
- Perché sono delle medicine particolari che mi devono dare in ospedale, altrimenti rimarrei davvero a casa insieme a te.-
I dolori alla schiena, esattamente come tutti gli altri sintomi, non si erano affievoliti in quei giorni, se possibile avevano addirittura fatto il contrario, e la donna dovette lasciare che fosse Davide a prendere in braccio il figlio per metterlo alla sua altezza.
- Lo so che sei triste, tesoro, lo sono tanto anche io. Ma sei un bravo bambino, e sono certa che te la saprai cavare anche senza di me.-
Gli diede un bacio sulla guancia e l'uomo lo fece scendere, salutando poi la moglie con un lungo e doloroso abbraccio.
Per arrivare alla macchina, un poco distante dal portone del suo stabile, Claudia ebbe più volte bisogno dell'aiuto del padre per superare pezzi di marciapiede sconnessi, e quando furono nell'auto, mentre lui metteva in moto, si lasciò andare ad un'amara constatazione. - Fino a qualche giorno fa camminavo ancora abbastanza bene, addirittura guidavo. Non so perché, ma da venerdì ad oggi è come se la situazione fosse precipitata.-
il signor Oreste cercò di concentrarsi sulla strada che aveva davanti per non pensare al dramma che poteva celarsi dietro le parole della figlia, ma, visto che stare in silenzio non era il modo giusto per affrontare quel viaggio, tentò almeno un poco di farla sorridere. - Non essere negativa, è meglio adesso che una settimana fa, non trovi?-
- Hai ragione papà, come al solito.-
- Credo di non averti mai sentito dire una cosa simile da quando sei al mondo, lo sai?-
- Si vede che sto proprio male, allora.- Rise la donna, e lui si convinse che forse solo quello era il modo per affrontare una malattia tanto grave; riderci sopra, mostrare che la voglia di vivere era più forte di tutto il resto.
Arrivarono all'ospedale verso le undici, puntuali per l'ora in cui Francesco aveva chiesto all'amica di presentarsi per l'accettazione.
Era insolito che un ricovero programmato avvenisse di domenica, ma il medico aveva scelto quel giorno proprio affinché ci fosse meno confusione.
Inoltre, per un puro caso, la suddivisione dei turni nei vari reparti faceva sì che fossero presenti anche un paio di colleghi a cui l'oncologo voleva chiedere un consulto, in particolare un ortopedico di cui si fidava molto e a cui voleva mostrare le radiografie della colonna vertebrale di Claudia, preoccupato dai rischi che ella poteva correre.
Fu una giornata lunga e faticosa sia per la figlia che per il padre.
Nel limite del possibile, dopotutto era un giorno festivo, lei fu sottoposta a nuove analisi, e per il signor Oreste attendere fuori dagli ambulatori fu pesante, soprattutto quando dovette rispondere alle diverse telefonate del genere che domandava informazioni sulle condizioni della moglie.
Soltanto verso le sei di sera, ora in cui nell'ospedale veniva servita la cena, la donna fu portata in quella che sarebbe diventata la sua stanza.
Era una camera con due letti, ma quello di Claudia era l'unico occupato.
Subito le venne da sperare che quella situazione si protraesse il più a lungo possibile. Non tanto per una questione di privacy, essere in ospedale nelle sue condizioni e chiedere riservatezza le pareva quasi paradossale, ma soprattutto perché il letto accanto al suo occupato significava un altro malato di tumore, un'altra famiglia toccata, provata e forse anche distrutta da quel dramma.
Suo padre raggiunse il reparto diversi minuti dopo e rimase nuovamente impietrito davanti all'ingresso, capendo che con buone probabilità avrebbe avuto quel sussulto tutti i giorni fino alla guarigione di sua figlia.
Nella stanze lei stava cenando a letto, come se già si fosse abituata a quella che sarebbe stata la sua vita da quel momento in poi, ma quello che colpì più di tutto il signor Oreste fu vederle entrare nel naso due tubicini di plastica che, lo sapeva pur non essendo medico, servivano a farla respirare meglio.
- Claudia...- Riuscì solo a dire avvicinando una sedia al letto e mettendosi al suo fianco.
- Tranquillo, papà, l'ossigeno mi fa bene, aiuta i miei polmoni a lavorare malgrado siano ridotti male a causa delle metastasi.- Spiegò lei cercando la mano del padre sopra le lenzuola.
- Lo so, ma...- L'uomo non si sentiva in grado di dire frasi di senso compiuto, in quel momento, era troppo preso dal dolore.
Finito di mangiare Claudia si sistemò per bene nel letto, e l'uomo l'aiutò a mettersi comoda.
- Saranno almeno vent'anni che non mi rimbocchi le coperte, sai papà?- Rise lei mentre il signor Oreste finiva di sistemare con ordine il risvolto del lenzuolo.
- Ogni tanto la vita ci porta a riscoprire abitudini che pensavamo perdute per sempre.- Commentò lui baciandole la fronte.
Quello di rimboccarle le coperte era stato un gesto improvviso e spontaneo rinato davvero per caso dopo tanto tempo, forse perché in quel letto la figlia gli appariva piccola, di nuovo bambina.
Dietro di lui fece rumore l'anta in metallo dell'armadietto dove Claudia aveva riposto i suoi effetti personali, e questo gli fece tornare in mente una domanda che aveva da quella mattina.
- Ma cosa ti sei portata dietro? Stamane la tua valigia pesava parecchio, figlia mia.-
- Nulla di particolare, ma ho dovuto fare scorta di pigiami. Domattina mi sveglierò fradicia del mio sudore, e così sarà tutte le mattine ancora a lungo. Inutile dire che non posso passare le giornate con addosso il pigiama bagnato, e dunque la valigia è piena praticamente solo di quelli. -
L'uomo annuì e rimase per qualche secondo in silenzio prima di chiederle se avesse sentito il marito e il figlio in quella lunga giornata.
- Sì, prima di cena. Davide voleva passare in ospedale domattina, ma ho preferito dirgli di non cambiare la routine di Guido e quindi di vivere la giornata in modo normale per poi passare in serata.-
- Quindi domani sera porto Guido da me o passo a guardarlo a casa vostra, giusto?-
Claudia sospirò.
Aveva capito benissimo il senso di quella domanda, e fece il possibile per rispondere senza ferire il padre. - Oppure può andare da Gianluca, se tu non te la senti di allontanarti da qui. Sempre ammesso che ti facciano restare. Ma cerca di capire fin da ora che non puoi vivere sempre in ospedale al mio fianco, papà. Non è solo un fatto di regolamenti, io lo dico soprattutto per te. Hai bisogno di stare tranquillo se vuoi aiutarmi, e la tranquillità la vivi anche tornando a casa, almeno tu che puoi.-
- Già...-
Sapeva che le cose sarebbero andate in quel mondo, ma da quando la figlia gli aveva detto di essere ammalata lui a malapena riusciva a chiudere gli occhi la notte per la paura di svegliarsi la mattina dopo e scoprire che lei non c'era più.
Un attimo dopo sentirono bussare alla porta già aperta della camera.
- Si può?- Domandò Francesco sorridendo.
- Vieni, entra. Sei ancora qui? Credevo fossi già andato a casa.- Rispose Claudia.
L'uomo si avvicinò al letto dell'amica e, ottenuto il tacito consenso del signor Oreste, si sedette sulle coperte accanto a lei.
- Non andavo via senza salutarti e sapere come stavi. Non è un fatto di favoritismi, sei una mia carissima amica e credo che interessarmi alle tue condizioni sia il minimo.- Poi volse lo sguardo verso il vassoio della cena vuoto. - Il cibo degli ospedali lascia molto a desiderare, lo so, ma sono contenta che tu sia riuscita a mangiare tutto almeno stasera. Sei sottopeso di diversi chili e recuperare qualcosa, visto anche il difficile percorso di cure che dovrai affrontare, non può farti che bene.-
- Ne sono consapevole.- Sorrise lei. - E ti prometto che farò il possibile per mangiare tutto almeno quando sarò in condizioni di farlo.- Rispose facendo riferimento agli effetti della terapia.
Poi indicò, con un gesto del capo, suo padre.
- Io non sono una bambina e questo non è un reparto pediatrico, dunque...- Lasciò cadere la frase come sempre faceva quando il discorso le pesava.
- Per stasera può restare, ma da domani temo che dovrai stare da sola almeno la notte, Claudia. Non è per me, figurati, ma ci sono infermire che credo siano state addestrate da ex-SS.- Spiegò il medico.
Fu allora che il signor Oreste parlò.
- E se peggiorasse? Se ci fossero giornate in cui sta tanto male e ci fosse il rischio che di notte peggiori ancora...?- Parlò in preda all'ansia, riflettendo solo dopo sul fatto che quelle parole potessero ferire le figlia.
Lei, difatti, lo guardò stranita e poi commentò con un pizzico di ironia.
- Me la tiri, papà?- Sorrise stanca. - Però ha ragione, Francesco.- Aggiunse cercando di nuovo lo sguardo del medico. - È innegabile che ci saranno momenti difficili, e se di notte stessi male io per prima vorrei qualcuno di caro vicino. Nel limite del possibile, è chiaro.-
- State tranquilli, vi capisco e farò il possibile perché lei possa stare con sua figlia ogni volta che vuole e ce n'è bisogno.-
Claudia ringraziò l'amico con lo sguardo e si rivolse nuovamente a suo padre. - Vedi? Ti conviene sperare di non stare con me la notte, perché significa che sto bene.- Spiegò.
Il medico li lasciò soli poco dopo, e Claudia, che ancora conosceva il suo lavoro, si accorse dell'occhio con cui la guardava, una sorta di visita fatta solo tramite lo sguardo.
Non disse nulla, in fondo quella era la situazione; Francesco era un oncologo e lei una malata di cancro, lui era il suo medico e quello era il suo mestiere.
Rimase sola con suo padre affianco, silenzioso come sempre lo avrebbe visto in quei giorni.
Continuò lei a tenergli e accarezzargli la mano, al contrario di quello che sarebbe dovuto essere, e l'uomo se ne accorse.
- Sembra che tu stia consolando me, bambina mia, eppure credo che dovrebbe essere il contrario, scusami.-
- Non sei il primo a dirmelo, ma non è così. È un momento difficile per tutti, ed è giusto che chiunque ne abbia bisogno venga consolato, rincuorato.-
Lui rimase ancora in silenzio, mentre la donna fece un leggero sorriso quando, guardando il cellulare, vide il messaggio della buonanotte di Davide e Guido, una foto del piccolo che le mandava un bacino.
Gliela avevano inviata a quell'ora perché il magistrato immaginava che la moglie si sarebbe addormentata presto e infatti, malgrado fossero appena passate le sette, la donna accusava già una fortissima stanchezza.
L'ossigeno che respirava tramite quei tubicini le dava un minimo di conforto, ma questo non faceva che aumentare la certezza di come la malattia la stesse massacrando.
Se si fosse lasciata visitare prima forse non sarebbe arrivata a quel punto, nessuno lo diceva più benché tutti lo pensassero ancora, ma a lei non importava, quei pensieri lasciavano il tempo che trovavano, la cosa fondamentale era iniziare le cure e lottare.
Lo faceva più per i suoi cari che per se stessa, non lo avrebbe mai detto a nessuno ma se fosse stata sola avrebbe riflettuto a lungo sul curarsi o meno, non sarebbe stata immediatamente decisa a subire le torture delle terapie se non avesse avuto nessuno per cui vivere.
Ma non era sola, e dunque doveva combattere contro il male nel modo in cui tutti si aspettavano da lei, perché nessuna sofferenza avrebbe giustificato l'abbandonare i suoi cari.
Suo padre, suo marito, suo figlio, tutti si aspettavano che lei guarisse, che non smentisse la forza d'animo che tutti erano soliti attribuirle.
Il pensiero corse al suo bambino.
- L'unica cosa di cui posso essere felice è che sia io a stare male e mio figlio, non saprei che fare se al posto mio ci fosse lui...- Sospirò, ma subito dopo si accorse della terribile gaffe.
Fece per dire qualcosa e venne anticipata dal signor Oreste. - Già... mi sarebbe piaciuto avere la tua stessa fortuna, quella di stare male al posto di uno dei mie figli...-
Claudia si sentì avvampare per la vergogna.
- Scusa papà, è che...-
- È che ora sei una donna, più madre che figlia, ed è normale che il tuo primo pensiero sia lui. Ma vorrei davvero essere al posto tuo.-
La donna lo guardò negli occhi con uno sguardo terribilmente dolce.
- Sono ancora una figlia, papà, e se tu stessi male io soffrire tanto, tantissimo. Non possiamo scegliere ciò che ci accade, ma possiamo scegliere come reagire. Tu cerca di essere in felice perché sei in salute, io lo sono perché chi amo sta bene e vedrai che a breve saremo feliciti tutti perché starò bene anche io.- Gli sorrise leggera.
L'uomo strinse forte la mano di quella figlia che aveva cresciuto da solo e non disse più nulla.
Solo quando fu certa che ella si fosse addormentata lasciò scivolare qualche lacrima sui suoi lineamenti provati dal tempo e dai dolori di una vita intera.
E sperò che davvero, il primo possibile, il suo pianto diventasse di gioia.

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Capitolo 14
*** Capitolo XIV ***


Capitolo XIV


Guido si svegliò a metà della notte piangendo e urlando dopo un brutto sogno.
Era un bambino ed era normale, a volte capitava e sua madre si alzava sempre subito per correre da lui, come se avesse un radar capace di captare ogni minimo disagio del suo bambino.
Correva da lui e lo coccolava calmandolo fino a che lui non si addormentava tra le sue braccia ma sempre nel lettino della cameretta, perché conosceva i pareri di psicologi e pedagoghi riguardo il cosa fare con i bambini durante i loro incubi e pensava che, arrivato ai cinque anni, Guido dovesse cominciare a scindere tra realtà e sogno.
Quando però il pianto di suo figlio le pareva inconsolabile lasciava perdere ogni teoria e lo portava con sé nel lettone dove, in mezzo ai genitori, il piccolo riprendeva a dormire tranquillo.
Quella notte, quando sentì chiamare, Davide ci mise qualche minuto a capire che sarebbe dovuto andare lui dal bambino in lacrime.
Il lato del letto accanto al suo, quello in cui di solito dormiva Claudia, era perfettamente rifatto, e il cuore gli si strinse per la nostalgia.
Sua moglie non era ricoverata da neanche ventiquattr'ore e lui già sentiva un vuoto dentro prima ancora che al suo fianco.
Fu solo un attimo però, perché poi corse dal figlio, trovandolo seduto sul letto in preda a un attacco molto forte di pianto.
- Ho fatto un brutto sogno, voglio la mamma.- Singhiozzò.
Davide si sedette vicino a lui e lo abbracciò.
- La mamma non c'è, lo sai, va bene se qui ci sto io con te?- Guido annuì e tirò su con il naso mentre il padre faceva il possibile per tranquillizzarlo.
- Cos'hai sognato?-
- Non... non me lo ricordo, ma era brutto.- Farfugliò il piccolo, ma il modo in cui lo disse fece credere al magistrato che le cose stessero diversamente, come se il sogno fosse ancora vivo nella mente del figlio e lui non volesse, chissà per quale motivo, raccontarlo.
- Papà posso dormire con te? Solo stanotte, per favore.-
Davide guardò gli occhi tristi del bambino e si chiese cosa avrebbe fatto Claudia al suo posto.
Sapeva che non era la domanda giusta da farsi, perché lui era un uomo adulto capace di scegliere da solo il meglio per sé e suo figlio, ma pensare alle innate doti materne di sua moglie, in quel momento in cui lei era così lontana, sembrava aiutarlo.
- Va bene.- Sospirò alla fine. - Ma solo per oggi.- Rispose, non credendo però neanche lui per primo alle sue parole.
Nel lettone, come sempre, il bambino si addormentò in fretta, e al padre quasi dispiacque quando la mattina dopo dovette svegliarlo.
Guido si presentò in cucina per la colazione mentre Davide stava finendo di prendere il secondo caffè della mattinata.
- La mamma mi ha mandato un messaggio di buongiorno, dice che sta bene ma non poteva telefonare, però stasera ti chiama.-
Il volto del bambino si illuminò.
- Le ho detto che hai fatto un brutto sogno e mi ha risposto chiedendomi cosa avessi sognato, ma non lo so neanche io perché tu non te lo ricordi.-
Guido abbassò la testa.
- Che succede?- Gli domandò il padre.
- Non è vero che non me lo ricordo, ma se te lo dico tu non lo dici alla mamma, è vero?-
Davide incrociò gli indici davanti alle labbra baciandone prima uno e poi l'altro in segno di giuramento. - Sarà il nostro segreto.-
- Ho sognato che la mamma moriva, e avevo paura che se te lo dicevo succedeva davvero. Ma ora che so che sta bene sono tranquillo e te lo posso dire.- Spiegò Guido continuando a tenere lo sguardo basso.
Il padre gli si avvicinò e si piegò sulle gambe per riuscire a guardarlo negli occhi.
- Piccolo...- Gli accarezzò il volto.
-A me manca e ho paura, quando torna a casa?- Rispose il bambino iniziando a piangere proprio come la notte precedente.
Davide lo tranquillizzò ancora e ancora, non poteva dargli una data ma riuscì a calmarlo abbastanza da potergli fare un'altra foto sorridente da inviare alla moglie.
Anche se aveva fatto una promessa a suo figlio Davide pensava che avrebbe raccontato a Claudia dell'accaduto, soprattutto perché credeva che la donna sarebbe stata capace di consigliarlo sul da farsi col piccolo che, probabilmente, non avrebbe smesso di fare incubi semplicemente grazie alle sue rassicurazioni.
Mentre lo accompagnava all'asilo gli raccontò della credenza popolare per cui sognare la morte di qualcuno significasse allungargli la vita, e appreso quello Guido decise di ritrattare le sue posizioni su cosa la madre dovesse o non dovesse sapere del suo sogno.
Il magistrato lo lasciò andare a giocare con gli altri bambini nel salone della scuola materna dopo avergli messo il grembiulino e cambiato le scarpe, ma rimase un poco a guardarlo per capire se fosse davvero tranquillo e felice.
Mentre vegliava sul figlio, convinto che per fortuna almeno lui pareva star bene, si sentì chiamare da dietro.
- Dottor Margiotta, come sta?-
La maestra di Guido gli si mise accanto.
- Sto bene, la ringrazio. Lei?- Finse di non comprendere che la domanda fosse quasi sicuramente riferita alla moglie.
- Io bene, grazie. Ho saputo, come credo ormai tutti, di sua moglie. Lei come sta?-
Davide fece un mezzo sorriso chiedendosi se quella non sarebbe stata solo la prima di chissà quante domande sulle condizioni di Claudia che avrebbe ricevuto da lì in avanti.
- È stata ricoverata ieri e a breve comincerà le cure. Si tratta di un momento decisamente difficile per tutti noi, ma lei è forte e i medici sono ottimisti.-
- Ne sono certa. Se ha bisogno di aiuto con il bambino non si preoccupi e domandi pure. È un'età delicata e un evento del genere può essere fortemente traumatico.-
L'uomo ringraziò l'insegnante e, subito dopo, sempre cordialmente, la salutò.
- Sono di fretta, mi perdoni ma devo andare da mia moglie.-
- Si figuri, procuratore. Le porti i miei saluti, la prego.-
- Certamente, e grazie ancora.- Si voltò un attimo a cercare con lo sguardo il figlio e, vedendolo giocare spensierato come tutti gli altri bambini, lasciò l'asilo sollevato.
Il reparto di oncologia dell'ospedale in cui era ricoverata Claudia aveva da poco iniziato ad aprire alle visite dei parenti a tutte le ore del giorno, un tentativo di confortare gli ammalati e i loro cari in momenti così complicati, a patto che non vi fossero in contemporanea più di due visitatori per ogni degente.
Ipotizzando che vicino alla sua adorata vi fosse solo il suocero, Davide si era preso la mattinata libera e aveva deciso di andare a trovarla per farle una sorpresa.
Si erano accordati perché passasse in serata, ma sentiva troppo la sua mancanza per convincersi a trascorrere la giornata come se nulla fosse.
Sorprendentemente, però, non la trovò nel letto in cui sarebbe dovuta essere e si allarmò.
Cercò la prima infermiera disponibile e sperò che sapesse qualcosa.
- Scusi, sto cercando mia moglie, Claudia Petrolini. È stata ricoverata ieri ma non è nella stanca in cui mi avevano detto fosse.-
L'infermiera, una giovanissima donna di origini certamente slave, lo guardò per un attimo prima di riuscire a capire di chi si parlasse.
- Ah sì, la dottorresa.- Disse con un accento ancora forte e una grammatica decisamente debole.
- Aspeti, ora vedo.- Rispose andando a cercare qualcosa in sala infermiere.
- È via, le devono mettere il cattettere. Po' aspettare qui. L'omo che è con lei è sceso anche, ma lei ora no può.-
Davide la ringrazio e si mise ad attendere in camera, seduto sulla sedia sopra cui aveva probabilmente dormito il suocere la notte precedente.
Claudia fu riportata in camera meno di mezzora dopo.
Il piccolo intervento per inserire il Catetere Venoso Centrare, o CVC, un dispositivo che l'avrebbe aiutate nell'assunzione dei farmaci, era stato eseguito in anestesia locare, ma la donna ne era rimasta molto provata e si notava.
Riconobbe il marito e gli sorrise, voleva parlargli ma era troppo stanca.
Si addormentò pochi minuti dopo mentre il padre le teneva la mano e la accarezzava con gli occhi gonfi di lacrime e la paura che quello fosse solo l'inizio.
Dopo poco, forse per lasciare la figlia riposare in pace, il signor Oreste chiese al genere se gli andasse un caffè al bar dell'ospedale.
- È la prima volta che la lascio sola da quando ieri l'ho portata qui, tolto ovviamente quando deve stare con i medici. Non lo so, forse la vedo così bambina in quel letto... ho paura di perderla, è mia figlia e non sopravviverei se lei non ce la facesse.-
Si contenne nel lacrimare, ma sapeva che appena fosse rimasto solo, magari quando si sarebbe finalmente deciso a tornare a casa, si sarebbe sfogato.
In questo lui e Claudia si somigliavano molto, entrambi preferivano mostrarsi forti davanti agli altri per poi crollare in silenzio e solitudine.
- I medici cosa dicono?- Domandò Davide. - Io sono arrivato mentre eravate sotto, dunque non ho avuto modo di parlarci, ma ci sono novità di qualche tipo?-
- Hai visto che le danno l'ossigeno?- Chiese il signor Oreste.
- Sì, ma pensavo fosse dovuto all'intervento per l'inserimento del catetere, lei ieri sera non mi ha detto nulla.-
- Può essere che non abbia voluto palartene al telefono per non farti preoccupare, anche se per come parla lei pare che non ci sia mai nulla di cui preoccuparsi. Comunque no, non è per quello che ha fatto stamattina ma sarà una cosa stabile almeno fino alla guarigione... mi ha spiegato che serve per aiutarla a respirare adesso che i suoi polmoni sono compromessi dalle metastasi, o almeno questo è ciò che ho capito.-
Il magistrato annuì sospirando. In effetti poteva aspettarselo, anche se una parte di lui continuava a sperare che la situazioni fosse meno grave di quanto apparisse.
- Mi stavi però domandando se ci fossero novità da parte dei medici e la risposta è no, nessuna novità per adesso. Oggi pomeriggio farà una visita ortopedica per via delle altre metastasi, quelle alla schiena, ma per il resto è tutto come l'hai lasciata ieri quando l'hai salutata. In questi giorni dovrebbe iniziare la chemioterapia.- Sussurrò a voce più bassa, come se ci fosse qualcosa di cui vergognarsi. - E ho tanta paura delle condizioni in cui questa la farà stare, ho sentito delle cose terribili, così brutte da farmi pensare che la perdita dei capelli sarà l'effetto collaterale meno pesante, almeno a livello fisico.-
Davide, sentendolo così provato, si obbligò a fare il possibile per rincuorare il suocero, tenendo bene a mentre la richiesta che Claudia gli aveva fatto dal momento della diagnosi in poi, quella di non demoralizzarsi e lottare con lei.
- Lo so, la chemioterapia è devastante e credo che i medici non faranno altro che ricordarcelo. Ma Claudia è forte, soprattutto di carattere.-
- Solo di carattere.- Commentò tristemente l'uomo più anziano. - Il suo corpo in questo momento è così fragile che non so se possa farle più male la cura o la malattia stessa... se solo si fosse fatta visitare prima...-
- Magari non sarebbe cambiato nulla.- Lo interruppe il genero. - Purtroppo al massimo si sarebbero evitate le metastasi e una stadiazione così elevata del tumore, ma per il resto sempre questo è il suo male, e anche lo avessimo scoperto subito, appena comparsi i primi sintomi, i metodi di cura non sarebbero stati molto diversi. Ho scoperto facendo una ricerca che questa forma di cancro, ahimé, non ha possibilità di essere benigna e l'unica diagnosi differenziale è la leucemia, che forse è anche peggio. È inutile riempirsi di sensi di colpa, lo sai.-
Davide aveva sempre dato del tu al padre di Claudia, e lo stesso faceva la moglie di Gianluca.
Era sempre stato un desiderio dell'uomo sentir usare quella forma amichevole da parte dei compagni di vita dei figli, in fondo per lui erano una parte della famiglia.
- Non avrò mai il coraggio di dirglielo, ma spero che questa esperienza le insegni qualcosa.- Disse in fine il signor Oreste. - Spero capisca che per quanto ami il suo lavoro ci sono molte come che vengono prima; la famiglia, la salute...-
Il marito dell'ammalata non disse nulla, ma pagò per entrambi e, sempre in silenzio, si avviò assieme al suocero verso la stanza di degenza della donna. Claudia era sveglia e vigile nel letto, più in forma, per quanto possibile, di come l'avevano lasciata circa un'ora prima.
- E tu? Non dovevi passare questa sera?- Riuscì finalmente a fargli la domanda che si teneva dentro da quando lo aveva visto per la prima volta quella mattina.
- Mattinata libera, non avevo impegni di lavoro e anche se li avessi avuti avrei fatto in modo di sposarli, non riesco a stare così tanto tempo lontano da te.- Si avvicinò e fece per baciarla, ma si fermò a pochi centimetri dalle sue labbra.
- Posso?- Le chiese timidamente, sapendo che nelle sue condizioni anche quello poteva essere pericoloso.
- Ancora sì. Quando inizierò la chemio temo che dovrò utilizzare una mascherina, visto che non avrò più alcun tipo di difese immunitarie, ma per adesso va tutto bene.- Gli spiegò.
Poi si sforzò tirandosi su con le braccia e baciò dolcemente il marito.
Il padre, ancora appoggiato allo stipite della porta, li guardava sorridendo.
- Come ti senti?- Le domandò Davide sedendosi sul letto accanto a lei.
- Sono molto stanca, e anche riposare continuamente non mi aiuta molto.-
- La notte com'è andata? Sei riuscita dormire?-
- Benissimo. I letti di ospedale non saranno comodissimi, ma se uno è stanco come mi sento io ultimamente si addormenterebbe anche sula pietra.- Rise Claudia.
- Questa notte ha sudato come se fosse nel deserto.- Raccontò il signor Oreste. - Inoltre spesso tossisce, e quando si è svegliata in quel bagno di sudore mi sono preoccupato molto per paura che avesse la febbre.-
Il magistrato rimase in silenzio, ma la sua espressione, molto eloquente, trasmetteva ansia e preoccupazione.
- Papà è sempre troppo esagerato; il sudore e la tosse sono sempre i soliti, ed ero calda per via dell'essere stata a lungo sotto le coperte nel letto.- Spiegò Claudia. Poi tossì di nuovo un paio di volte, e il padre la guardò con l'ormai solito terrore negli occhi. 
Ma lei non ci diede troppo peso, e anzi sorrise ancora nella speranza che vederla tranquilla lo aiutasse a stare calmo.
- E la notte a casa come è andata?- Chiese al marito.
- Non benissimo ma ce la caviamo. Guido ha urlato, questa notte, e alla fine l'ho fatto dormire con me.
- Ah, sì, l'incubo di cui mi hai scritto stamane.- Ricordò la donna.
- Già, e fino all'ora di colazione ha detto di non ricordarselo, non me lo voleva raccontare, ma poi ha ceduto.-
- E si può sapere cos'abbia sognato? In fondo sono sempre sua madre.- Commentò lei.
L'uomo ripensò a quello che era successo tra la notte e la mattina e, alla fine, decise di raccontarle tutto.
- Ha sognato la tua morte. Non voleva raccontarmelo per la paura che accadesse davvero, ha atteso che tu mi scrivessi questa mattina prima di farlo, e tanto meno voleva che lo venissi a sapere tu, ha cambiato idea solo quando gli ho detto che, solitamente, sognare la morte di qualcuno significa allungargli la vita.- Spiegò l'uomo.
Gli occhi di Claudia si riempirono di lacrime. - Il mio bambino...- Sospirò iniziando a piangere.
Sia il marito che il padre, che essendo lì con loro non aveva potuto fare a meno di ascoltare, si avvicinarono a lei cercando in qualche modo di confortarla.
- Non voglio che la mia malattia faccia del male anche a lui, non voglio...-
Davide le prese la testa tra le mani e se l'appoggiò al petto, accarezzandola e baciandole dolcemente il capo.
- Va tutto bene, amore mio, va tutto bene. Guido è un bambino intelligente e forte proprio come te, è tuo figlio in tutti i sensi.- Provò a consolarla il marito, mentre l'altro uomo non riusciva a far altro che non fosse tenerle una mano e guardarla, morendo dentro ad ogni suo singhiozzo.
Sembrava una matriosca, quel dolore, proprio come ne avevano parlato la sera prima; Claudia lottava contro la malattia e si portava addosso il peso del dolore e della paura per i danni che quella situazione poteva provocare al suo piccolo, mentre lui, il signor Oreste, pur godendo di buona salute sentiva continuamente la sua vita fuggire nello stare accanto a sua figlia in quelle condizioni.
Riuscirono a farla smettere di piangere e dopo poco si addormentò di nuovo, lasciando spazio alle lacrime di suo padre.
L'uomo non cercò il supporto del genero, ma si limitò ad andare in bagno a sciacquarsi il volto e lì rimase diversi minuti, perché appena provava ad uscirne ricominciava a lacrimare e doveva fermarsi.
Quando si calmò abbastanza da poter tornare nella stanza rimase assieme a Davide in silenzio a guardarla riposare.
La svegliarono per l'ora di pranzo e, mentre iniziava a mangiare, il marito la salutò lasciandola sola col padre e promettendo che l'avrebbe chiamata in serata, poiché quel pomeriggio, sul tardi, sarebbe andato a trovarla Gianluca.
Verso le tre fu portata a fare la visita ortopedica che attendeva dal giorno del ricovero, e i risultati non furono buoni.
Essendo Claudia un'adulta i medici, ovvero Francesco e l'ortopedico, il dottor Marelli, decisero di parlare solo con lei, e la donna gliene fu grata, perché qualsiasi cosa dovessero dirle preferiva poi riferire in prima persona a suo padre, dosando le parole e facendo il possibile per non farlo preoccupare.
- Le metastasi sono agguerrite.- Spiegò Francesco. - E rischiano di penetrare fino al midollo spinale...-
- C'è il rischio che intacchino le mie facoltà locomotorie?- Chiese lei facendo attenzione ad utilizzare un linguaggio serio e professionale, nella speranza di fingere almeno di potersi distaccare dalla reale gravità delle sue condizioni.
- Se le metastasi bloccassero il canale spinale è probabile, Claudia, mi dispiace.-
La donna non disse nulla.
Era sdraiata su una barella, la stessa con cui era stata portata a fare le visite, e che le cose fossero serie lo aveva compreso quando nessuno le aveva chiesto di alzarsi e mettersi a sedere dal lato sbagliato, per così dire, della scrivania.
A quel punto intervenne l'ortopedico.
- Non è ancora detto, dottoressa; se la chemioterapia facesse effetto da subito si poterebbe verificare una riduzione delle metastasi e quindi diminuirebbe anche il rischio di effetti collaterali, senza contare che il nostro obiettivo sarebbe combinare anche della radioterapia per provvedere poi a un eventuale intervento chirurgico, e mi sembra che il dottor Riganese gliene avesse già parlato precedentemente.-
Claudia annuì e accennò un leggero sorriso.
- Ammetto che sia buffo sentirmi chiamare dottoressa mentre sono in queste condizioni.- Commentò. - In ogni caso spero che lei abbia ragione.- Disse poi rivolta verso il dottor Marelli. - Ma non c'è nulla che si possa fare nel frattempo? Devo solo sperare che la situazione non degeneri?-
- Non possiamo fare molto, ma ciò a cui avevo pensato è un bustino che le tenga il più possibile la schiena ferma, per cercare di evitare eventuali danni derivati da movimenti sbagliati, visto che le masse possono aver anche reso le ossa più fragili. E inoltre...-
Il medico tacque cercando lo sguardo di Francesco.
Probabilmente sapeva che la donna era, oltre che paziente, amica dell'oncologo, e forse ciò che doveva dirle era così delicato che un amico era meglio di un medico per parlare.
- Lo so che ti ho appena detto che rischi di non camminare più, e posso immaginare cosa tu stia pensando, ma devo dirti che la che la cosa più utile per te adesso sarebbe pesare il meno possibile sulla colonna vertebrale...- Non aggiunse altro, in fondo stava parlando con una laureata in medicina che avrebbe di certo capito da sola il significato di quella frase.
- Sono costretta a letto?- Domandò Claudia.
- Non solo, purtroppo. Non starai in ospedale da oggi a quando sarai guarita, lo sai. Appena sarei in condizioni, quando sapremo che effetto farà su di te la terapia, ti manderemo a casa e lì credo tu non vorrai stare solo a letto, anzi, magari vorrai anche uscire...- Sospirò al fondo di quello che pareva essere un lungo prologo.
- Ti devo chiedere di non camminare, Claudia. Sia in ospedale che fuori, soprattutto fuori.-
La donna voltò il viso verso il soffitto e lasciò scendere qualche lacrima senza dire nulla.
I due medici rispettarono il suo silenzio e attesero che stesse meglio.
- Non potrò camminare, non potrò prendere in braccio mio figlio, dovrò stare allettata... che razza di vita avrò?- Commentò la donna parlando più con se stessa che con qualcuno dei presenti.
- È una situazione momentanea, Claudia, te l'ho detto, e quando sarà finito tutto riprenderai in mano la tua vita, ricomincerai quello che adesso hai dovuto mettere da parte, tornerai a camminare e a stare col tuo bambino, vedrai.- La rassicurò Francesco avvicinandosi alla barella per accarezzarla.
- C'è altro? Vorrei tornare in camera a riposare.- Chiese poco dopo.
- No, tranquilla, ora ti riporto di là.- Le rispose il medico.
- Vuoi che chiami un'infermiera?- Domandò l'ortopedico all'oncologo.
- No, la riaccompagno io. Hai bisogno di qualche misurazione per il busto o simili?-
- Non preoccupatevi, ho tutto. Nei prossimi giorni sarà pronto e verrò a farglielo indossare, dottoressa. Per adesso si riposi ed eviti il più possibile di muoversi.- La salutò.
Quando fu di nuovo nel letto, dopo che fu andato via anche Francesco, la donna raccontò a suo padre quello che le era stato detto, e si maledì per il dolore che gli provocava ogni volta che arrivavano nuove notizie dai medici.
Un giorno, ne era certa, sarebbero arrivate anche novità positive, ma in quel momento, quando non si era ancora del tutto certi di quali fossero le sue condizioni generali, non ci si poteva aspettare nulla di bello.
- Il problema sarà quando tornerò a casa. Pensavo che malgrado tutto potessi uscire e cercare di avere un minimo di vita normale, ma a quanto pare questa malattia vuole togliermi ogni parvenza di normalità...-
- Troveremo il modo di farti uscire e vivere una vita come quella di tutti, bambina mia, se il problema è che non puoi camminare allora...-
- Userò una sedia a rotelle.- Sospirò. - A poco più di trent'anni... se solo un anni fa mi avessero detto che sarebbe successo tutto questo non ci avrei creduto.- Disse con aria scoraggiata.
Il padre non replicò e preferì cambiare argomento dicendole che aveva sentito Gianluca.
- Passa in serata, voleva sapere come stai e non gli basta ciò che gli dico.-
- A me non può che fare piacere, papà, vi ho sempre detto che per me è fondamentale a vostra vicinanza, mentale ma anche fisica.- Rispose con un leggero sorriso.
Era così stanca malgrado fosse solo metà pomeriggio, tanto da stare col busto alzato solo perché così era impostato il letto in quel momento.
- C'è qualcosa che posso fare per farti stare meglio, Claudia? Vederti così mi distrugge.-
- Già te l'ho detto, papà, ciò che puoi fare è stare tranquillo, saperti stare male a causa mia mi agita e mi fa soffrire.- Rispose lei con voce pacata. Poi si irrigidì leggermente e lo fissò. - Stare tranquillo significa anche che stasera vai a casa con Gianluca e domani vai in libreria, anche perché quel posto non può andare avanti da solo.-
L'uomo non replicò, sapeva che prima o poi la figlia gli avrebbe fatto quella richiesta.
Aveva lasciato la serranda abbassata con un messaggio attaccato “chiuso per motivi di famiglia”, senza date né altro, pensando che probabilmente molti di quelli che lo conoscevano meglio avrebbero capito la ragione della sua assenza.
Però era anche vero che la libreria rimaneva il suo unico mezzo di guadagno, e da quando i figli erano andati via di casa non poteva negare che il poco ricavato che aveva gli bastava per vivere discretamente bene.
- Perché non cerchi qualcuno che ti dia una mano? È vero che forse non riusciresti a tenere un collaboratore stabile, ma sono cerca che esistano ragazzi volenterosi pronti a dare una mano anche per pochi spiccioli.- Propose la figlia.
- Un po' come facevi tu quando andavi al liceo, solo che dovrei trovare il modo di retribuirlo...- Pensò ad alta voce il signor Oreste. - Ci posso ragionare, anche se dubito di trovare qualcuno che accetti la proposta. Poi figurati, in quel quartiere è difficile il doppio, la situazione la conosci bene anche tu.-
Claudia sorrise. - Hai ragione, papà, ma io da ragazzina ero fatta così, e sono certa che anche ora ci sia qualcuno come me. Se pensi di potercela fare un tentativo non ti costa nulla, al massimo sarà un tentativo a vuoto.- Lo incoraggiò la figlia.
Già prima di ammalarsi aveva cominciato a pensare che presto o tardi suo padre avrebbe avuto bisogno di una mano con il negozio, ma in quel momento la faccenda diventava più urgente, perché non poteva permettersi che l'uomo si struggesse al suo capezzale.
Un'altra spinta verso quella scelta gliela diede Francesco quella sera, quando andò a a trovarla e le comunicò che la mattina seguente avrebbe cominciato la chemioterapia.
- C'è bisogno che vi sia qualcuno con me mentre faccio la terapia?- Domandò la donna.
- Sarebbe il caso, anche perché, come ti avevo anticipato, sarà necessario procedere con una terapia pesante, ed è inutile che ti dica quali saranno gli effetti, soprattutto quelli immediati.-
Lei rimase in silenzio.
Sapeva che suo padre avrebbe voluto essere al suo fianco, ancora di più dopo aver scoperto che la figlia avrebbe sofferto parecchio, ma non voleva stare male davanti a lui, perché era certa che l'uomo non avesse ben chiare quali sarebbero state le sue condizioni il giorno seguente.
- Grazie, Francesco. C'è altro?- Chiese, riuscendo a far capire all'amico di non voler essere brusca o scortese, ma di aver semplicemente bisogno di rimanere sola con suo padre.
- Null'altro, passo domattina a visitarti prima che cominci. Mi raccomando, immagino che tu sia agitata o preoccupata, ma questa notte devi ugualmente cercare di riposare il più possibile, hai bisogno di essere in forze.- Si premurò di ricordarle il medico.
- Non preoccuparti, dubito di avere problemi a dormire, te l'ho detto anche ieri. Purtroppo l'ansia non può nulla contro i sintomi del cancro.- Commentò.
Malgrado ormai avessero fatto tutti l'abitudine al modo in cui la donna parlava della sua malattia era sempre strano sentire la leggerezza con cui pronunciava la parola “Cancro”, un termine che solitamente spaventava anche le persone in salute.
Ma per lei era normale, il primo modo che aveva per battere un nemico tanto agguerrito era non averne paura.
Francesco li salutò quando arrivò la cena, e il signor Oreste ne approfittò per parlare con la figlia.
- Non vuoi che io stia con te domani, vero?- Le domandò con voce triste.
- Oh, papà... non prenderla a male, ti prego... io lo faccio per te, perché domani starò malissimo e non voglio che tu mi veda in quelle condizioni, sarebbe terribile...- Cercò di spiegargli.
L'uomo annuì debolmente.
Aveva cercato, tra i tanti libri che aveva in vendita visto che era poco pratico di computer e non si fidava poi così tanto di internet, qualche narrazione che parlasse anche della terapia che di lì a poche ore avrebbe cominciato Claudia, e aveva letto quanto terribili fossero quelle cure, comprendendo quindi che il desiderio di sua figlia di tenerlo lontano da tutto ciò era decisamente legittimo.
Ma era ugualmente possibile stare da un'altra parte sapendola sofferente in ospedale.
- In ogni caso hai sentito il medico, sarebbe meglio tu non stessi da sola. A chi pensi di chiedere?-
- A Gianluca. Temo che Davide ne rimarrà risentito, ma si è già preso un giorno di ferie oggi e non voglio che tolga tempo al lavoro per stare accanto a me.-
- Lui lo farebbe con piacere, lo sai. Ti ama come pochi uomini sanno fare ancora.-
- Lo so papà, ma io purtroppo non guarirò domani, e temo lui avrà tutto il tempo del mondo per starmi vicino mentre sono in queste condizioni.- Spiegò la donna cercando di evitare il più possibile giri di parole.
- E se Gianluca non potesse chiederesti a tuo marito, vero? Non faresti la follia di non ascoltare neanche il medico e stare da sola, mi auguro.-
- Se io non potessi cosa?- Si intromise la voce di un altro uomo proveniente dalla porta della stanza.
- Ehi! Sei arrivato proprio mentre si parlava di te.- Lo accolse sua sorella facendogli segno di avvicinarsi e sedersi su una sedia vicina al letto.
- Ciao papà.- Salutò il genitore. Poi si rivolse verso Claudia. - Me ne sono accorto del fatto che steste parlando di me, ma posso chiedere quale fosse l'argomento di discussione? A meno che non si trattasse di una delle mie innumerevoli qualità; bellezza, intelligenza, carisma, simpatia...-
- Modestia!- Scoppiò a ridere la donna. - Quanto sei scemo, Gianluca! Ma sei certo di essere mio fratello?- Commentò ancora. - Comunque no, ahimè il discorso era un po' più triste e serio.- Spiegò.
- Già, lo immaginavo, purtroppo. Ma almeno sono riuscito a farti ridere, e vederti sorridente anche in questo letto è decisamente rincuorante.- Le si avvicinò per farle una carezza affettuosa.
Era davvero difficile vedere sua sorella, che era sempre stata bella, forte e in salute, in quelle condizioni.
- Grazie, Gian, davvero. Ho bisogno di ridere, è forse una delle poche cose che non hanno ancora vietato né la malattia né i medici, dunque spero di riuscire a farlo sempre...- Gli disse sorridendo leggera. - Tornando al discorso serio beh, prima il medico è venuto a dirmi che domattina inizierò la chemioterapia e si è raccomandato che non stia da sola, visti gli effetti collaterali immediati. Papà è qui da ieri mattina, e credo sia il caso che stacchi un po' e si riposi, mentre Davide si è preso la mattinata libera già oggi e ho paura gli diventi problematico, quindi volevo sapere se fossi disponibile tu. Sarà brutto, ti avviso, e ti prometto che farò il possibile affinché non ce ne sia più necessità in futuro, ma è una situazione abbastanza di emergenza.-
- Stai tranquilla, non dirlo neanche, per me è un piacere darti una mano. Dammi solo due minuti che invio un messaggio per conferma, ma credo non ci siano problemi. So che non sarà una bella situazione, ma è proprio per questo che c'è bisogno che ci sia qualcuno. Spero solo che tuo marito non si offenda.-
- Mi auguro di no, spero capisca che lo faccio per lui.-
Pochi attimi dopo il cellulare di Gianluca vibrò.
- Che sciocco, mi sono scordato di mettere il silenzioso.- Si disse da solo controllando il telefono. - Bene, posso prendermi il giorno libero.- Rispose riponendolo nella tasca della giacca. - A che ora devo presentarmi?-
- Penso un po' prima delle nove, la terapia dovrebbe iniziare a quell'ora.-
Gli disse Claudia.
Fu allora che i due fratelli notarono lo sguardo strano del padre, il quale era rimasto silente fino a quel momento.
- Papà va tutto bene?- Chiese la figlia un po' preoccupata da quel suo non parlare.
- Sì, sì, ho semplicemente fame. Penso che andrò a prendere qualcosa al bar.. a te non posso prendere nulla, purtroppo.- Disse riferendosi alla donna. - Ma tu, Gianluca, vuoi qualcosa?-
- No, grazie papà, sto bene così.-
- Va bene, allora ci vediamo tra un po'. Tanto siete in buona compagnia quando state insieme, no?- Li salutò uscendo dalla camera.
Lei sbuffò.
- Credi si sia offeso?- Domandò al fratello.
- Penso che tu non lo voglia al tuo fianco domani non perché è stanco, ma perché sei spaventata da come potrebbe stare vedendoti star male durante la chemio.-
- Tu non avresti questa paura? Non so cosa tu sappia degli effetti della terapia, ma...- Gianluca la fermò. - Lo so, lo so cosa passerai domani, è per questo che voglio esserci e non voglio assolutamente che tu stia sola, ma non potrai scacciare papà tutte le volte che farai la chemio, temo che lui non lo sopporterebbe.-
La donna sbuffò di nuovo.
- E cosa dovrei fare? Ieri e oggi non si è staccato praticamente mai dal mio letto, forse solo mentre dormivo. Stamattina ho subìto un piccolo intervento in anestesia locale per mettere questo. - Gli mostrò il Catetere Venoso Centrale. - Sono tornata in camera in uno stato di semi-incoscienza come se in realtà mi fossi svegliata da un'anestesia totale, ma i suoi occhi li ho visti e me li ricordo, non posso pensare di essere io la causa del suo dolore. Vorrei solo fargli capire che starmi lontano, per quanto possa fargli male, è sempre meno brutto che vedermi soffrire. Lo so che non è semplice, e lo capisco sempre di più quando penso a cosa farei io se mio figlio stesse così male, ma questa malattia vuole già distruggere la mia vita, non posso permettere che faccia lo stesso con quelle delle persone che amo.- Iniziò silenziosamente a piangere e si rese conto di come il ricovero la stesse rendendo più fragile anche a livello psicologico.
Si era sempre promessa di non piangere davanti ai suoi cari, ma solo in quella giornata era già la seconda volta che lo faceva.
Gianluca la rassicurò e la calmò, poi le chiese cosa avessero detto i medici.
Capì allora perché il padre era tanto agitato, le notizie erano anche peggio di ciò che immaginava.
D'altra parte lo aveva capito quando, entrando nella camera, aveva visto la sorella con l'ossigeno e ne era rimasto colpito proprio come era successo agli altri due uomini vicini a Claudia prima di lui.
Il signor Oreste tornò da loro qualche minuto dopo, e a malincuore salutò la figlia baciandola sulla fronte.
Quando scese assieme a Gianluca nel piazzale antistante l'ospedale l'uomo cercò con lo sguardo quella che poteva essere la stanza di Claudia, e quando gli parve di vederla notò che aveva la luce spenta.
- Pensi si sia già addormentata?- Chiese al figlio.
- Credo di sì, l'ho vista molto stanca.-
- Non riesco a pensare di lasciarla così, vorrei stare ancora con lei, ho paura che le possa accadere qualcosa.- Sospirò mentre si avviavano verso la macchina.
- Lo so, papà, e lo sa anche Claudia. Ma non è una bambina, è una donna adulta e forte che sa come sta. So che lei vuole mostrarsi coraggiosa, ma la conosco abbastanza bene da poter dire che se non se la fosse sentita di passare la notte da sola ce lo avrebbe detto. Sono sicuro che ora stia riposando tranquilla, e credo sia il caso che, appena arrivi a casa, lo faccia anche tu.-
Il signor Oreste non parlò più fino a che non salutò Gianluca davanti al portone di casa.
Trovò la buca delle lettere piena di posta e si fermò al tavolo della cucina per smistarla prima di andare a dormire.
Molta era pubblicità, ma c'erano anche un paio di bollette e alcune comunicazioni inerenti alla libreria.
Sua figlia aveva ragione, doveva continuare a lavorare anche solo per avere i soldi per mangiare, e forse era davvero necessario che cercasse un aiuto.
Si promise che il giorno dopo avrebbe iniziato a pensarci seriamente, ma soprattutto che sarebbe andato in libreria e vi sarebbe rimasto fino all'ora di chiusura, sempre con il cellulare vicino aspettando che Gianluca lo chiamasse per dargli notizie di Claudia, nella speranza che si trattasse di qualcosa di positivo.
Voleva pensare che sarebbe andato tutto bene, che non sarebbe arrivata mai una telefonata triste, perché di certo sua figlia sarebbe guarita.
Si addormentò nel letto dove Claudia dormiva quando era ancora a casa, sicuro che lì l'avrebbe sentita più vicina.

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Capitolo 15
*** Capitolo XV ***


Capitolo XV

Claudia non si era addormentata subito dopo aver salutato il padre e il fratello, aveva semplicemente lasciato che 'infermiera spegnesse la luce della camera e si era poi messa al telefono con Davide, poiché l'uomo, tra una cosa e l'altra, non era ancora stato avvisato del prossimo inizio delle terapie della moglie e della decisione che le aveva preso a riguardo.
Aveva temuto molto i risvolti che poteva avere quella chiamata, perché dirgli per telefono che stava per iniziare la chemioterapia e non lo voleva vicino non era semplice, ma il marito, con molta pazienza, aveva cercato di comprendere le sue ragioni e l'aveva ringraziata, anche se non esplicitamente, per aver pensato prima a lui e al suo lavoro che a se stessa e le sue condizioni.
- Comunque passo appena esco dalla procura.- L'aveva salutata. - E dalle prossime sedute voglio esserci anche io, amore. Non so quanto riuscirò a lavorare domani a saperti in quelle condizioni.-
Con la sua voce dolce e innamorata Claudia era riuscita a tranquillizzarlo ancora una volta, per poi dargli un'ultima buonanotte e addormentarsi.
Era riuscita a dormire tutta la notte senza nessuna interruzione, e a svegliarla era stata un'infermiera molto presto la mattina successiva portandole la colazione.
Nulla di liquido, solo cibi solidi e secchi che potessero darle il minor fastidio possibile durante la terapia.
Gianluca arrivò verso le otto e mezza, e subito notò che la sorella aveva addosso un pigiama diverso da quello con cui l'aveva lasciata la sera prima.
- Ti cambi mattina e sera?- Le aveva sorriso sedendosi al suo fianco.
- Magari. Purtroppo mi sveglio sudatissima e sono obbligata a metter via un pigiama al giorno. Anzi, stasera dovrò chiedere a Davide di portare a casa, lavare e riportarmeli puliti.- Poi si corresse. - No, forse quando verrà Davide questo pomeriggio non sarò in condizioni di dirgli nulla, potrai farlo tu per me? Sono in una busta di plastica dentro l'armadietto.-
- Va bene, tranquilla.-
Francesco entrò nella stanza alle nove precise assieme ad un'infermiera che portava su un carrello tutti i flaconi necessari allo svolgimento della terapia.
- Hai riposato?- Le chiese il medico.
- Senza svegliarmi neanche una volta.-
- Sono contento, mi auguro che questo possa aiutarti a superare meglio questa lunga giornata. Allora, sai come funziona?-
- A livello teorico sì, non so se te l'hanno detto ma ho studiato medicina.- Lo prese in giro. Poi tornò subito seria. - Però non so cosa mi accadrà a livello pratico, e questo un po' mi spaventa.- Confessò.
- Si inizia e si finisce con la pulizia della vera, e ovviamente si fa tutto tramite il CVC.
La terapia vera e propria si compone di quattro farmaci chemioterapici, dei quali tre ti verranno iniettati e l'ultimo lo assumerai in pastiglie tra una seduta e l'altra.
Durante le ore di terapia in mezzo tra i vari farmaci ti verranno somministrate altre flebo contenenti liquidi che possano aiutare il tuo corpo ad affrontare la chemio, liquidi che saranno di diverso genere, non solamente acqua o sali minerali.
Hai qualche domanda?-
La donna ci pensò un attimo mentre cercava di organizzare le informazioni ricevute e confrontarle con tutto quello che aveva studiato quando frequentava l'università.
- Gli antivomito funzionano davvero o la terapia è troppo forte e questa è solo una rassicurazione che dai ai pazienti e ai loro cari?-
- Claudia...- Tentò di fermarla Gianluca comprendendo il tono decisamente polemico della sorella.
- No,- la perdonò Francesco. - No, non si preoccupi, la sua domanda è più che legittima, soprattutto viste le conoscenze che ha già in campo medico. Beh, ti mentirei se ti dicessi che i farmaci basteranno a calmare quello che è il peggiore effetto collaterale immediato della chemio, vista oltretutto la pesantezza delle terapie a cui stai per essere sottoposta. Quindi no, è probabile che gli antivomito non basteranno a placare il tutto. Altre domande?-
- Gli effetti collaterali che compaiono più lentamente, invece; quali sono e quando inizieranno a comparire?-
- Probabilmente nei prossimi giorni, anche se per ogni paziente è diverso. Così come per ogni paziente sono differenti gli effetti. In linea di massima sarai però stanca, priva di difese immunitarie, fortemente anemica, questi sono quelli praticamente certi. Altri potrebbero essere afte, ulcere, infiammazioni e infezioni di diverso tipo. È probabile che sentirai sempre un sapore metallico o simile in bocca, e questo potrebbe impedirti di captare i gusti. E in fine c'è l'effetto forse più conosciuto e temuto, soprattutto dalle donne...-
- La perdita dei capelli.- Concluse Claudia con voce triste. - Il meno pesante a livello fisico ma di certo il peggiore a livello morale. L'ho messo in conto fin da subito, ma non ho avuto il coraggio di andare a tagliarli.- Commentò la donna. - Quando cominceranno a cadere?-
- Non c'è un tempo preciso, ma credo si tratti di una settimana, dieci giorni al massimo.-
La paziente sospirò e cercò la mano del fratello per ottenere un minimo di conforto.
- Se non hai altre domande io dire che è ora di cominciare.-
- Sì, prima inizio e prima finisco.- Rise Claudia.
- Qualsiasi cosa serva chiamatemi o fatemi chiamare, soprattutto se ti senti male. In ogni caso passo più tardi a vedere come stai. Coraggio, eh?! Sei più forte di tutto il resto.- La salutò incoraggiandola.
Poi la lasciò sola con Gianluca e l'infermiera per l'inizio del primo ciclo della chemioterapia.
Per un'ora e mezza fu tutto tranquillo, come se aveva dello Francesco le flebo si limitavano a quella per la pulizia della vena e una sacca di antivomito, ma quando l'infermiera le staccò quest'ultima e le disse che d lì a cinque minuti sarebbe cominciata la somministrazione dei chemioterapici veri e propri iniziarono anche i problemi.
- Ho paura, Gianluca, ho tantissima paura.- Confessò con un nodo alla gola.
- Lo so, ho paura anche io.- Le rispose il fratello, convinto che essere sinceri e non nascondersi fosse più utile a entrambi perché, ne era certo, fingere di essere forti, in una situazione simile, era molto peggio che ammettere le proprie debolezze e farsi forza a vicenda.

- Prima, quando ha chiamato papà,- disse Claudia riferendosi a una telefonata avvenuta durante la primissima parte della terapia, - sono riuscita a tranquillizzarlo e dirgli che io per prima sono calma e fiduciosa, ma temo che in realtà non sia così.- Sospirò.
Il fratello la coccolò un po' nell'attesa del ritorno dell'infermiera.
Da quando la madre era andata via di casa lui aveva preso molto sul serio il suo ruolo di fratello maggiore, benché all'inizio non fosse altro che un bambino.
Soprattutto, quando da piccola la sorella stava male, ad esempio a causa di un'influenza, lui faceva di tutto per farla stare un po' meglio, e anche erano passati molti anni non aveva mai smesso di preoccuparsi per lei e fare il possibile per aiutarla, soprattutto in una situazione simile.
- Allora dottoressa, è pronta?- Le chiese l'infermiera in procinto di schiacciare il pulsante di avvio del rilascio del medicinale.
- Sì, sono pronta.- Rispose con voce ferma, ancora stringendo la mano del fratello.
- Qui c'è un catino, tenetelo a portata di mano e se c'è bisogno di qualcosa schiacciate il pulsante di allarme. Tra un'ora passo a sostituire la flebo, ma nel frattempo vengo ogni tanto a vedere come va.- La donna li lasciò soli, e Claudia iniziò a chiacchierare del più e del meno con il fratello nella speranza di far passare il tempo.
Durò poco però, perché appena dopo venti minuti la donna cominciò a sentirsi male e avere il bisogno di rimettere.
Gianluca le mise il catino sulle gambe e l'aiutò.
- Stai tranquilla, ci sono qui io, non preoccuparti.- Le disse scostandole alcune ciocche di capelli che le stavano cadendo sul volto.
Tremava tutta e stava cominciando a sudare, ma accarezzandole la fronte l'uomo fu felice di scoprire che non c'erano traccie di febbre.
- Voglio stare più sollevata... per favore...- Chiese con voce bassa.
- Riesci a reggere da sola il catino mentre cerco di capire come funziona?- Le domandò il fratello riferendosi a letto su cui era sdraiata.
- No, non andare via, stai qui.- Lo pregò Claudia cercando di stringergli la mano con le poche forze che aveva.
- Va bene, va bene, sto qui, stai calma, sono con te.- La tranquillizzò ancora.
Poi schiacciò il pulsante di allarme per chiamare l'infermiera.
Quella alzò la parte superiore del letto facendo sì che l'ammalata di trovasse col busto sollevato senza dover più compiere nessuno sforzo.
Poi controllò che tutto fosse in ordine e lasciò nuovamente soli i due fratelli.
La terapia continuò tra alti e bassi per le due ore successive, con un po' di calma nei momenti in cui le facevano flebo differenti dai chemioterapici.
Soffriva molto, era debole e faceva il possibile per tenersi su almeno moralmente, ma tutto quel dolore la massacrava e Gianluca non poteva far altro che guardarla star male e dispiacersi continuamente per l'incapacità di aiutarla in qualsiasi modo.
Pensava al padre, sempre più certo di come Claudia avesse fatto bene a non volerlo al suo fianco in quelle ore..
Si chiese cosa stesse facendo e si promise che, appena la sorella fosse stata meglio, gli avrebbe telefonato.
Fu appena un quarto d'ora dopo l'inizio della somministrazione dell'ultimo farmaco che, mentre rimetteva ancora una volta, la donna cedette al male che teneva dentro e scoppiò in lacrime.
- Basta! Basta, per favore basta...- Iniziò a urlare muovendosi convulsa nel letto tra un conato e l'altro.
Aveva gli occhi semichiusi e pareva fosse in preda a un incubo, ma a guardarla bene si comprendeva che fosse sveglia e sofferente in modo reale. Senza perdere un minuto, preoccupato dalle condizioni in cui la vedeva, chiamò di nuovo l'infermiera e le mostrò la situazione.
- Volete che chiami il medico?- Chiese la donna quando capì che le condizioni di Claudia erano precipitate più a livello morale che fisico.
- Vuoi che l'infermiera chiami Francesco?- Domandò Gianluca alla sorella.
- Sì...- Rispose lei tra le lacrime. - Ma basta, vi prego, piuttosto lasciatemi morire...- Sospirò ancora piangendo.
Quella frase uccise qualcosa nel cuore del fratello, non poteva pensare che lei ci credesse davvero, voleva convincersi che fosse solo colpa della malattia.
Il medico arrivò meno di dieci minuti dopo e accorse subito al letto dell'amica.
- Claudia! Cosa succede?-
- Sto male... per favore basta, staccami tutto questo, non ce la faccio, non la...- Fu interrotta da un ennesimo conato. - Non la reggo... basta, basta tutto.- Lo pregò in lacrime.
Francesco la guardava triste, non aveva mai pensato che il protocollo di cure che avevano impostato per lei, molto aggressivo ma l'unico possibile se volevano la certezza di una rapida guarigione, potesse non essere sopportato dalla sua mente.
E dunque, era evidente e quasi più terribile, neanche dal suo fisico.
- Claudia...- Sospirò. - Lo so che fa male, ma sei forte, puoi reggerla. Non possiamo smettere ora, lo sai anche tu. Manca mezzora, coraggio.-
- Non ce la faccio...- Ripeté.
Il medico, non impegnato al momento in cui era stato chiamato dalla donna, disse all'infermiera di avvisarlo se qualcuno lo avesse cercato e rimase al capezzale dell'amica fino a che non terminò l'infusione dell'ultimo chemioterapico, facendo ciò che poteva per aiutare sia lei che Gianluca, il quale era rimasto in silenzio sperando che l'oncologo potesse fare qualcosa per alleviare le sofferenze della sorella.
Quando finalmente la terapia finì, mentre l'infermiera metteva a Claudia l'ultima flebo per la pulizia della vena, Francesco prese in disparte l'altro uomo e lo potrò fuori dalla stanza per parlargli.

- Non è normale ciò che le è successo, o almeno non è la previsione che mi ero fatto.- Spiegò il medico a testa bassa.
- Quindi lei ha ragione a dire che non regge la terapia?-
- Sì, temo di sì. Non voglio crederlo, ma penso che quando mi ha detto di non reggerla parlasse più come medico che come paziente, anche lei deve aver capito che le sue condizioni non erano normali.-
- Dunque gli effetti della chemio non dovevano essere questi? Dovevano essere brutti ma non così tanto?- Chiese Gianluca preoccupato.
- Sì, esattamente, non mi aspettavo queste conseguenze. Certo, sapevo che sarebbe stata male, ma non così tanto.
Inoltre la conosco e credo di sapere quanto alta sia la sua soglia del dolore, anche perché l'ho vista lavorare fino alla fine con un cancro in stadio avanzato, e posso assicurare che i dolori di un male simile non siano pochi né facilmente sopportabili.- Spiegò Francesco.
- Che cosa pensate di fare? Immagino che modificare una chemioterapia non sia come cambiare un antibiotico.-
- No, purtroppo non è così semplice, ma prima di ogni cosa dobbiamo aspettare i prossimi giorni, vedere come va e fare delle analisi specifiche per comprendere gli effetti che vi sono stati sull'organismo. Poi vedremo come agire, anche se temo sarà davvero necessario ridurre la pesantezza delle cure.-
- E questo sarà pericoloso? Voglio dire, guarirà comunque o la prognosi cambia?- Domandò il fratello di Claudia.
- Non posso dirlo con precisione, purtroppo. Certo è che il protocollo con cui avevamo iniziato a lavorare è stato studiato per combattere il più velocemente possibile la malattia, mentre cambiarlo, probabilmente, significherà trovarne uno che sconfigga più lentamente il cancro ma che allo stesso tempo ne fermi la crescita.-
- La terapia da sola non blocca l'avanzare del tumore?- Chiese ancora Gianluca.
- Non sempre, dipende dalla gravità della situazione e da molti altri fattori.-
- Ho capito. Naturalmente di questo verranno informati anche lei e suo marito, no?-
- Certamente. Anzi, se la conoscessi meno avrei parlato prima con loro, la legge in parte dice anche così, ma so ce per Claudia non ci sono problemi, eccezione fatta per vostro padre, col quale vuole parlare sempre da sola, e non la biasimo.-
- Lo fa per proteggerlo, credo sia normale. In modo diverso, è ovvio, ma è la stessa cosa che fa con suo figlio... comunque la ringrazio, dottore, davvero.-
- Si figuri, è solo il mio dovere. Ha altre domande?-
L'uomo ci pensò un attimo, poi si ricordò della frase terribile che Claudia aveva detto durante la terapia.
- Prima, mentre soffriva, ha urlato una frase che mi ha fatto gelare il sangue; ha detto “piuttosto lasciatemi morire”... è stato tremendo, e ancora non mi capacito del fatto che possa averlo detto davvero. Non lo riferirò a nostro padre, non penso che lo reggerebbe, ma non posso fare a meno di chiedermi se lo pensasse davvero o no- Raccontò con una voce più bassi di quella che aveva utilizzato fino a quel momento, ancora spaventato dalla frase che aveva sentito e poi ripetuto.
– No, non credo che lo pensasse davvero, stava solo molto male. Non sembra una donna che desideri morire, anzi .
Adesso vedremo come andrà, non preoccupatevi. Appena starà meglio parleremo anche con lei, è giusto che sappia quel che l'aspetta.
Inoltre vorrei essere certo che lei si fidi di ciò che vogliamo farle; non penso di chiederle un vero e proprio consulto, ma se Claudia non si fidasse è giusto che possa dirmi come la pensa anche dal punto di vista medico.
Ora però, se non c'è altro, io andrei davvero.
Vi raccomando di farla riposare e di darle da bene più tardi, quando si riprenderà un po'. Non si deve sforzare per nessun motivo e deve stare tranquilla. Come sempre se c'è bisogno di qualcosa fatemi chiamare.-
Gianluca ringraziò e salutò ancora una volta il medico, poi tornò nella stanza sedendosi vicino alla sorella.
Claudia si era addormentata e l'uomo notò in quel momento che le sue funzioni vitali erano costantemente monitorate.
Il continuo bip della macchina che controllava i battiti del suo cuore era regolare ma angosciante.
Gli ricordava quei film drammatici in cui, spesso, vi era un ammalato grave che riposava tranquillo e poi, d'improvviso, la situazione precipitava.
Il solo pensiero lo uccideva, e si convinse che quelli fossero solo film, prodotti di fantasia, che nella vita reale cose così terribili non accadevano.
Non a loro, perlomeno.
La guardava dormire serena, molto più rilassata di come era stata durante la terapia.
Sicuramente stava ancora molto male, e se ne sarebbe accorto appena la donna si fosse risvegliata, ma se almeno in quel momento riusciva a stare meglio si sentiva sollevato anche lui.
Quando fu abbastanza sicuro di poterla lasciare qualche minuti senza la paura che le accadesse qualcosa uscì dalla stanza e telefonò al padre.
Il signor Oreste si era fatto coraggio ed era andato in libreria, quella mattina.
Lì dentro vi era stato un gran via vai di clienti e persone che volevano sapere qualcosa in più sulle condizioni di Claudia.
Nel quartiere, infatti, non tutti avevano odio e disprezzo verso la donna, e molti, soprattutto le persone più anziane, quelle che la ricordavano bambina, nutrivano per lei ancora un forte affetto, nonostante lo mascherassero bene quandosi trattava di parlarne con chi aveva idee profondamente diverse.
Mentre il telefono squillava Gianluca si chiedeva cosa fosse e cosa non fosse il caso di dire a suo padre riguardo ciò che era successo in quella prima seduta di chemioterapia.
Alla fine decise di fargli capire la gravità della situazione cercando però di rimanere sempre sul vago.
La voce del signor Oreste, quando rispose alla telefonata del figlio, era decisamente agitata, segno che aspettava quella chiamata con ansia da parecchio tempo, probabilmente da tutta la mattinata.
- Gianluca! Allora? Ci sono novità?- Chiese subito.
- Sta riposando, ha finito la terapia un po' più di mezz'ora fa.-
- E come è andata?-
- Non benissimo, papà. È stata male e forse dovranno cambiarle la terapia, ma adesso che dorme sembrerebbe stare meglio.- Disse velocemente nella speranza che il padre si concentrasse di più sull'ultima parte della frase che sulla prima, ma lo sentì ugualmente singhiozzare.
- Papà, ti prego, non fare così, lei non vorrebbe.-
- Per... perché le devono cambiare la terapia? Non va bene quella che le stanno facendo?- Chiese con la voce rotta dalle lacrime.
- La terapia a cui è stata sottoposta oggi è molto forte, e il suo corpo è più debole di quello che i medici immaginavano. Cambiare terapia la farà soffrire meno, anche se potrebbe volerci di più a farla guarire, in questo modo.-
L'uomo dall'altra parte del telefono tacque un attimo, smettendo anche di singhiozzare.
- Posso passare a trovarla più tardi o andrà Davide?- Chiese poi a Gianluca già conoscendo la risposta.
- No, papà, lo sai. Verso le cinque o poco più tardi passerà Davide, gli dico due cose e poi torno a casa. Se vai a prendere Guido all'asilo poi portalo da noi così ceniamo insieme. Tu hai le chiavi di casa di Claudia o lo porti a dormire da te?-
Gianluca non aveva la capacità organizzativa che tutti riconoscevano a sua sorella, ma in quei giorni difficili lei era riuscita a lasciargli abbastanza informazioni da potergli far immaginare come volesse fosse organizzata la vita di suo figlio, perché quello era il punto fondamentale della discussione. - Lo porto da Claudia, mi ha lasciato lei le chiavi e l'ordine di farlo, perché da lì è più comodo portarlo all'asilo. E poi a casa ha tutte le sue cose, i suoi giocattoli, il suo lettino, non mi sembra il caso di allontanarlo dal suo ambiente in un momento simile.- Spiegò l'uomo.
Anche lui aveva capito molte cose da ciò che aveva spesso detto la figlia prima di essere ricoverata.
- Ti chiamo più tardi, papà, magari se Claudia `sveglia ed `in condizioni te la faccio salutare, okay?-
- Va bene, e dalle un bacio da parte mia anche se dorme. E telefonami qualsiasi cosa accada, per favore.-
- Stai tranquillo, ci sentiamo dopo.- Chiuse la chiamata e tornò al capezzale della sorella.
Lei continuava a dormire, anche se ogni tanto si muoveva e mugugnava, contraendo il volto in quelle che parevano essere smorfie di dolore.
Pochi minuti dopo entrò la solita infermiera e le cambiò la flebo degli antidolorifici, facendo capire a Gianluca per quale ragione Claudia cominciasse a mostrare i segni della sofferenza.
Il pomeriggio passò tranquillo, la donna riposava e il fratello lavorava su delle carte che si era portato da casa.
Davide arrivò poco dopo le cinque e chiese dubito al cognato informazioni sulle condizioni di salute della moglie e su ciò che era accaduto quella mattina. L'altro uomo raccontò ovviamente quello che già precedentemente aveva detto al padre, ma, conoscendo il magistrato e sapendo che desiderava essere minuziosamente informato di tutto, si permise di scendere più nei dettagli nel raccontare le sofferenze di Claudia, decidendo di non omettere neanche la terribile frase che quella aveva detto mentre stava male.
- Non so se sia il caso di ricordarglielo, quando si sveglierà, ma ne ho già parlato con il medico, e anche lui pensa che sia stata tutta colpa della situazione in cui era.- Spiegò.
- Ne sono certo anche io, credo che Claudia abbia davvero troppa voglia di vivere per pensare di smettere di curarsi.-
- Sì, voglio vivere... se ho detto di preferire la morte alle cure è perché stavo davvero male, ma non è un pensiero che ho realmente...- Una voce flebile parlò alle loro spalle.
La donna si era svegliata e aveva parlato, ma subito dopo aveva dovuto fare lunghi respiri per recuperare il fiato.
I due uomini corsero al suo fianco per vedere come stesse.
- Lo sappiamo, stai tranquilla. Ora come stai?- Le chiese il marito.
- Ho sonno come se non avessi dormito neanche un minuto e mi fa male tutto...- Rispose sempre con voce debolissima.
- Stai ancora male di stomaco?- Le domandò il fratello.
- No...-
- Te la senti di bere un po' di acqua?-
- Ancora no, per favore...-
- Tranquilla, stai calma, se non te la senti non c'è problema prima il medico ha detto che hai bisogno di bere, ma non credo cambi qualcosa se lo fai più tardi.-
- Papà?-
- Papà sta bene, non preoccuparti, l'ho sentito prima, mentre riposavi. Gli ho detto che non sei stata bene, ma non ho specificato quello che hai avuto...- Si fermò un momento, poi continuò. - E non gli ho riferito di ciò che hai detto.... io sapevo che non lo pensavi davvero, ma sarebbe stato difficile spiegarglielo.- Raccontò.
- Hai fatto bene... è meglio che certe cose non le sappia. Non è cattiveria, lo faccio per proteggerlo.- Commentò Claudia.
Era ancora molto debole, ma poco per volta sembrava si stesse riprendendo.
Si voltò verso il marito. - Guido come sta?- Domandò.
- Sta bene, tesoro, non preoccuparti. Questa notte ha dormito tranquillo nel suo lettino, senza incubi né problemi.- Le rispose Davide facendole qualche carezza.
- Oggi va papà a prenderlo, poi lo porta da me e rimangono a cena. Mi ha detto che, invece, gli hai dato le chiavi di casa tua e lo porterà a dormire lì, è così?- Chiese Gianluca alla sorella.
- Sì, sì, è così e sarà così tutte le volte che Davide si fermerà a fare la notte in ospedale.- Confermò.
Si fermò a riprendere fiato e poi continuò a parlare del figlio. - Mi sento molto stanca e temo che a breve mi addormenterò di nuovo. Gli puoi dire che se stasera non lo chiamo è perché sto male ma gli voglio bene comunque? Ho sempre paura che un bambino così piccolo non possa capire una cosa simile.- Chiese tristemente al fratello.
- Non preoccuparti, cercherò di spiegarglielo. Ah, a proposito, stamattina mi hai detto di dare a Davide i pigiami da lavare.- Disse passando lo sguardo da lei al cognato. - Ma visto che lui passa la notte qui posso portarli io a casa fargli fare un giro in lavatrice, non credo che per mia moglie ci siano problemi. Così al massimo dopodomani te li riporto.- Le propose.
- Saresti gentilissimo, ma non voglio crearvi nessun tipo di disturbo, lo sai.- - Nessun disturbo, lo sai.- Gli sorrise l'uomo.
Rimasero ancora un poco a chiacchierare, poi sia Gianluca che Davide si accorsero che la donna era stanza, e il fratello decise di lasciare i coniugi da soli.
Il magistrato rimase accanto alla moglie senza staccarsene un attimo.
Riuscì a farla bere un poco all'ora di cena, ma più di un pezzo di pane la donna non si sentì di mangiare.
Francesco passò poco più tardi, e naturalmente non lo fece solo per cortesia.
Aveva ancora il camice addosso e chiese gentilmente all'uomo di uscire per visitare con cura la paziente.
- Vuoi che parli solo con te o che ci sia anche tuo marito? Devo riferiti della visita e di alcune cose di cui ho già parlato con tuo fratello questo pomeriggio. Ah, spero non ti dia fastidio il fatto che abbia parlato con lui, ma non stavi bene e mi pareva corretto informarlo.- Le spiegò il medico.
- Non preoccuparti, fai entrare Davide... anche se a questo punto credo gli avrà già detto tutto Gianluca...- La donna rimase nuovamente senza fiato.
Aveva visto che le erano stati somministrati diversi antidolorifici, i quali probabilmente riducevano i dolori e la stancavano, ma era contenta di sentirsi meno distrutta di quanto avesse immaginato quella mattina.
L'oncologo fece entrare l'altro e raccontò ciò che lui già sapeva, ovvero che la chemio le aveva fatto troppo male e probabilmente avrebbero dovuto cambiare le terapie per evitare che le facessero più male della malattia stessa.
- Se ora sembra stare meglio è perché, oltre agli antidolorifici, durante il pomeriggio le sono state fatte un paio di flebo di quelli che potremmo definire dei farmaci ricostituenti.
Mi dispiace dirvelo così, ma appena il loro effetto sarà finito Claudia ricomincerà a stare male.- Confessò tristemente.
Dopodiché parlò loro della possibilità di modificare le cure e di come l'avesse trovata durante quell'ultimo esame obiettivo.
- Non so come riuscirai a dormire, stanotte, ma se hai bisogno di qualcosa chiama immediatamente l'infermiera. Se c'è qualcosa di grave, inoltre, non fatevi problemi a farmi chiamare a casa, mi raccomando.- Gli ricordò ancora una volta prima di salutarli.
La visita medica a cui era stata appena sottoposta Claudia non aveva fatto altro che confermare lo stato di debolezza totale in cui si trovava il suo fisico, e Francesco lo aveva detto chiaro e tondo ai due.
Claudia, infatti, si addormentò pochi minuti più tardi, con accanto Davide che, seppur stanco morto, voleva rimanere sveglio per paura di non accorgersi di qualcosa di importante.
Intanto, a casa di Gianluca, il padre ed il fratello dell'ammalata cenavano assieme alla cognata e ai figli, compreso il piccolo Guido.
Quando il signor Oreste era andato a prenderlo all'asilo lo aveva trovato tranquillo a giocare con i suoi amichetti, ma col passare del tempo, da quando era uscito dalla scuola materna all'ora di cena, si era via via intristito, fino a rimanere da solo seduto sul divano mentre i cuginetti giocavano.
Era triste e annoiato, e quando lo vide il nonno decise di prenderlo con sé e portarlo nella cucina dagli zii.
Sapeva benissimo che il piccolo non stava bene a causa della difficile situazione familiare, e sperava che la vicinanza di altri adulti potesse aiutarlo.
Aveva promesso a Cklaudia che il suo bambino sarebbe stato protetto da ogni cosa, e quello era l'unico modo che aveva per aiutarli entrambi, figlia e nipotino.
Guido fu preso in braccio dalla zia e rimase ancora un po' in silenzio, poi guardò verso Gianluca.
- Tu oggi sei stato dalla mia mamma?- Gli chiese con fare inquisitorio, come se avesse preso la deformazione professionale del padre.
- Sì, oggi ero in ospedale con la tua mamma.- Rispose lo zio .
- E perché non sei rimasto con lei anche stanotte così papà stava con me?- Domandò con un tono più arrabbiato.
La zia lo strinse a sé e lo coccolò un po' mentre l'altro gli si avvicinò con la sedia.
- La mamma ti ha detto che deve stare in ospedale perché deve fare delle cure che la fanno stare male?-
- Sì...- Rispose tristemente il bambino.
- Oggi la mamma ha fatto una di queste cure, e il medico ha detto che per questa notte qualcuno deve stare con lei. Hai ragione, potevo starci io con lei, così come poteva starci il nonno, ma tu sai che papà vuole molto bene alla mamma, e per lei è importante averlo vicino.- Provò a spiegargli l'uomo. Guido annuì e iniziò a piangere. - Perché sta male la mia mamma? Sono stato cattivo io?- Chiese il piccolo
Sia il nonno che lo zio si sentirono distrutti da quella frase, perché realizzarono che sarebbe stato impossibile comprendere totalmente cosa pensasse il bambino in quel momento, cosa capisse di ciò che accadeva e quali spiegazioni si desse da solo.
Fu la zia a cercare di mantenere la tranquillità e la lucidità necessarie per rispondere alla terribile domanda del figlio di Claudia.
- No, Guido, la mamma non sta male per colpa tua, e questo non lo devi mai pensare. Le persone certe volte cominciano a stare male, ma non è colpa di nessuno.- Gli disse coccolandolo.
- Ma è brutto che sta male, che non può stare con me. Io voglio la mamma, non voglio che sta in ospedale e lontano da me.- Singhiozzò ancora.
Forse lasciare il bambino senza neanche un genitore vicino non era stata una buona idea, ma Claudia aveva bisogno di assistenza continua anche quella notte e non c'erano molte alternative.
Guido rimase in silenzio a farsi coccolare, poi iniziò a strofinarsi gli occhi e il nonno capì che cominciava ad avere sonno.
- Vi accompagno a casa.- Propose Gianluca. - Tanto Eleonora è in grado di mettere a letto i bambini da sola.- Scherzò con la moglie.
- Grazie, davvero.- Rispose il padre.
Salutarono la donna e i suoi figli, poi si misero in macchina verso casa di Claudia.
Era strano trovarsi lì senza di lei né il marito, si sentivano come topi d'appartamento, ladri, anche se la presenza di Guido aiutava loro a ricordarsi quanto giusto fosse essere in quella casa il quel momento.
Il bambino si addormentò in fretta nel suo letto tra le carezze rassicuranti del nonno, il quale rimase poi a lungo in cucina a chiacchierare col figlio.
- Claudia stasera non ha chiamato, in effetti.- Commentò sedendosi.
- Sta male, papà, te l'ho già detto questo pomeriggio al telefono.-
- È davvero così terribile?- Domandò il signor Oreste.
Gianluca tacque un attimo per riflettere su cosa dirgli, poi decise di ripetergli semplicemente ciò che già gli aveva detto quel pomeriggio.
- Come dicevo al telefono il problema è che nessuno poteva immaginare quanto debole fosse il suo corpo, dunque le hanno iniziato un trattamento d'urto che si è però rivelato troppo pesante. Purtroppo lo sappiamo, Claudia ha nascosto la malattia anche a se stessa per troppo tempo, e le sue condizioni ora sono parecchio gravi. Ma starà bene, ne sono sicuro, appena troveranno una terapia in grado di distruggere il cancro senza distruggere anche lei vedremo i primi miglioramenti.
Dopotutto è la donna di casa, sia per la famiglia che ha ora sia per la nostra, e non le accadrà nulla di male.-
Il padre non commentò in nessun modo, iniziava a stancarsi di tutte quelle rassicurazioni, proprio come stava accadendo a Claudia.
Avrebbe voluto chiedere a qualcuno, a chiunque, come sarebbe stata la sua vita se la figlia fosse morta, ma sapeva che nessuno poteva rispondere a una domanda simile, specialmente se a farla era un padre.
- Io vorrei riposare, domattina devo svegliare il bambino, prepararlo, portarlo a scuola e poi andare in ospedale da tua sorella.- Disse
- Sì, papà, è tardi anche per me.- Rispose Gianluca alzandosi e avviandosi verso la porta dell'appartamento.
- Buonanotte, ci sentiamo domani. Per qualsiasi necessità, che riguardi te, Claudia o Guido, chiamami, anche di notte o mentre sono a lavoro, non preoccuparti.-
- Grazie, ma stai tranquillo; ho cresciuto voi due da solo, riuscirò ad occuparmi di mio nipote per una notte.-
L'altro sorrise. - Cerca di riposarti anche tu però.- Gli raccomandò uscendo dalla casa della sorella.
Il signor Oreste, rimasto solo, controllò che il piccolo dormisse tranquillo e cercò una coperta per mettersi a riposare sul divano.
Probabilmente, se glielo avesse domandato, Claudia sarebbe stata ben felice di farlo dormire sul suo letto, ma non aveva potuto farlo e non gli pareva cortese.
Si sarebbe arrangiato, almeno per quella notte.
Forse era quella la risposta alla terribile domanda “Cosa avrebbe fatto se Claudia fosse morta?”
Si sarebbe arrangiato, nulla di più.





Disclaimer.


Fortunatamente non ho mai avuto a che fare con la chemioterapia, e spero sinceramente di aver esagerato con la descrizione degli effetti collaterali.
Soprattutto, però, spero di aver trattato l'argomento con la massima sensibilità possibile, se avete qualcosa da ridire fatelo, anche se vi chiedo di farlo in modo cortese.
Io, davvero, mi sono impegnata al massimo.
Un abbraccio, al prossimo capitolo.

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Capitolo 16
*** Capitolo XVI ***


Capitolo XVI


Verso le tre di notte Davide era crollato.
Ce l'aveva messa tutta per tentare di rimanere sveglio e controllare con costanza la moglie, ma alla fine la stanchezza, sia fisica che mentale, aveva avuto la meglio su tutta la buona volontà.
Lo aveva svegliato un'infermiera poco prima delle sette scuotendolo con una mano.
- Mi scusi, ma dobbiamo cambiare la signora; è molto sudata e ha la febbre.-
Quell'ultima parola lo destò completamente dal suo sonno facendogli sbarrare gli occhi e accelerare il battito cardiaco per via dell'ansia.
- Come la febbre? Ma ieri sera non l'aveva!- Obiettò il magistrato.
- Stia tranquillo, adesso arriva il medico e deciderà lui cosa fare. Per ora la temperatura è sui trentotto gradi e mezzo, abbastanza alta per le sue condizioni, ma aspettiamo cosa dirà il medico. Però adesso mi scusi ma deve attendere fuori.-
L'uomo prese la sua roba e si mise nel corridoio del reparto di oncologia in attesa di qualche novità.
Rifletté a lungo sull'avvisare o meno i parenti della donna del peggioramento, ma decise di attendere prima il rapporto del medico.
Francesco arrivò pochi minuti dopo e si fiondò nella stanza a visitare l'amica con accuratezza, anche lui era visibilmente preoccupato da quello che stava accadendo.
Rimase lì dentro per oltre un quarto d'ora, facendo entrare qualche volta un'infermiera che poi riusciva sempre con provette di ogni genere.
Uscì dalla stanza, si tolse la mascherina e andò da Davide per fare il punto della situazione.
- Le sue condizioni sono gravi, a tratti addirittura critiche, non posso negarlo; ha la febbre alta ed è semi-incosciente.
Per adesso le diamo antibiotici ad ampio spettro mentre attendiamo i risultati di alcune analisi nella speranza di capire cosa le abbia fatto male.-
- Ma è stata la chemio a farle questo, vero?- Domandò il marito di Claudia preoccupato.
- Molto probabilmente sì. È molto debole, e...- Sospirò guardando l'uomo.
- E?-
- E non posso dirvi con certezza che si salverà, mi dispiace.-
Il magistrato si sentì mancare la terra sotto i piedi dopo quella notizia, un improvviso cedere di tutte le sue speranze e certezze.
- La chemio doveva guarirla, e invece dopo neanche un giorno dall'inizio della terapia sto rischiando di perderla...- Commentò trattenendo a stento le lacrime.
- Adesso stare al suo fianco sarà più difficile, perché la portiamo in isolamento e dunque potrà stare con lei solo una persona per volta e munita di tutte le precauzioni del caso.-
- Comprendo, e credo di dover avvisare mio cognato; stamattina mio suocero sarebbe dovuto venire in ospedale da solo, ma non ho il coraggio di dargli io una notizia simile.-
- Va bene. La stanza dell'isolamento è l'ultima infondo al reparto.
Di norma c'è sempre un'infermiera lì davanti, per entrare chiedete a lei, vi aiuterà a prepararvi con camice, mascherina, cuffia, guanti e salvascarpe. Mi raccomando di non entrare senza che l'infermiera vi abbia visto e dato il permesso, ogni possibile germe è un grosso rischio per le condizioni in cui versa Claudia.-
- Ho capito.
Beh, dottore, io la ringrazio, davvero, ora credo di dover fare un paio di telefonate.- Provò a salutarlo Davide, il quale voleva rimanere un po' in solitudine.
- Certamente, non si preoccupi, passo appena possibile a vedere come sta. Se succede qualcosa mi faccia chiamare subito, e fatevi coraggio.-
Il magistrato annuì, salutò l'oncologo e uscì dal reparto per telefonare a Gianluca.
Fu una chiamata difficile quanto rapida, in cui l'uomo si limitò a dire che Claudia nella notte era peggiorata e che sarebbe stato il caso di andare a prendere il signor Oreste per accompagnarlo dalla figlia.
- È abbastanza inutile che te lo chieda, ma devo spiegare a papà perché lo sto andando a prendere invece di lasciarlo andare in ospedale da solo?- Domandò Gianluca salutando il cognato.
- Credi di sì, almeno un accenno. Per quanto riguarda ciò che ha detto il medico, invece, voglio parlare prima con te, poi deciderai tu cosa dire o meno a vostro padre...-
- Va bene, ci vediamo in ospedale.- Il fratello di Claudia spense la telefonata e chiamò il genitore, che capì subito come fosse accaduto qualcosa a sua figlia.
Quando arrivarono in ospedale Davide spiegò loro che alla donna era salita la febbre ed era molto indebolita, motivo per cui era stata messa in isolamento.
Poi accompagnò il signor Oreste davanti alla stanza di Claudia e attese fino a che l'infermiera non lo fece preparare per entrare nella camera.   
Mentre l'uomo rimaneva in silenzio accanto al capezzale della figlia dormiente il marito e il fratello dell'ammalata si spostarono nel corridoio esterno del reparto per parlare senza disturbare.
- Scusami se ti ho fatto venire con tuo padre, ma la situazione è molto preoccupante e non me la sentivo di parlare io con lui o farlo parlare direttamente con il medico. So che hai già preso la giornata libera ieri per stare al suo fianco, ma...-
- Tranquillo, è ovvio che se Claudia sta così il lavoro passa in secondo piano.- Spiegò l'altro pacatamente.
- Nelle condizioni in cui si trova è molto probabile che si possa chiedere un'invalidità, e benché io debba ancora parlare con il medico penso che si possa arrivare anche al 100% visto che non può neanche camminare e ha bisogno di assistenza continua.
Se riuscissimo a fargliela ottenere io potrei usufruire della Legge 104 fino a che non sarà guarita, così da poter esserci più spesso.-
- Ho capito.- Annuì Gianluca. - Ma invece adesso come sta? I medici cosa dicono?-
Davide sospirò.
- Sta male, tanto. Ha trentotto e mezzo di febbre e per la sua situazione clinica è parecchio alta. Il medico...- Si fermò a riprendere fiato e respirare profondamente per trattenere la voglia di piangere. - Il medico mi ha fatto capire che non hanno la certezza che sopravviverà, e io non so che fare se la perdo così... senza neanche combattere... ero totalmente convinto che avrebbe vinto la malattia...-
Gianluca chiuse gli occhi e non si trattenne, lasciò che qualche lacrima scendesse sul suo volto.
- Mia sorella... non ci voglio credere... pensi che mio padre debba saperlo?-
Il magistrato scosse la testa. - È una scelta che riguarda te e solo te, ma penso che Claudia non sarebbe d'accordo. Se fosse... malata in fase terminale sarebbe diverso, avremmo la certezza della sua morte e sarebbe giusto che lui sapesse quanto tempo ancora può starle accanto, ma non è il caso, adesso.
O almeno questo è il mio pensiero, è ciò che fare io. Ma ti ripeto che l'unico che può decidere sei tu, attualmente.-
- Credo tu abbia ragione, per ora preferisco che le stia accanto senza aggiungere paura alla paura, anche perché probabilmente lui è conscio della possibilità di vederla morire da quando gli ha detto di essere malata di cancro, dubito di dovergli confermare a voce qualcosa che lo massacra dentro.- Spiegò.
Era una situazione decisamente difficile, quella, soprattutto perché a star male era una donna; una figlia, una sorella, una moglie, una madre, la colonna portante di due famiglie, quella in cui era nata e quella che si era costruita con Davide.
Lei, che seppur impegnatissima non aveva mai tolto un pensiero a chi amava, non si era mai scordata un anniversario o una ricorrenza, lei che veniva sempre dopo tutto il resto era lì, incapace anche solo di sorridere, di rassicurare chi amava con una parola gentile come aveva fatto fino al giorno prima.
- Non è neanche una settimana che è in ospedale e già non ce la faccio più; mi manca, sono preoccupato, ma soprattutto non riesco a gestire tutto, a essere un buon padre per nostro figlio... e se lei uno di questi giorni dovesse morire io non sarei più in grado di andare avanti, né come uomo né come padre.- Si confessò con dolore Davide, ma il cognato non gli permise di abbattersi.
- Non morirà, non lo voglio pensare.- Rispose d'istinto.
Poi sospirò ancora, capendo che se non poteva convincerlo che si sarebbe salvata doveva spiegargli perché sarebbero stati abbastanza forti da andare avanti anche senza di lei.
- È una donna, e le donne quando vanno via lasciano tutto in ordine.
È un pensiero difficile e terribile, ma forse dovremmo credere che quando si spegnerà, se lo farà prima di noi, sarà perché avrà lasciato tutto a posto e noi saremo in grado di andare avanti anche senza la sua presenza fisica.-
Il magistrato cercò conforto in quelle parole, ma non voleva pensare a quella possibilità; per quanto l'idea di una rapida dipartita di Claudia fosse reale lui non poteva, o più semplicemente non voleva, crederci.
- A proposito di tuo figlio, però, ti devo parlare...- Cambiò argomento Gianluca.
Il volto di Davide si corrucciò in un'espressione ancora più angosciata.
- Non farmi preoccupare, ti prego... è successo qualcosa a Guido?-
- Nulla di grave e nulla che non fosse prevedibile, ma ieri sera era triste e forse anche arrabbiato. In particolare ha chiesto a me e mio padre perché non potessimo stare noi la notte con sua madre al posto tuo. Probabilmente è ancora troppo piccolo per capire la delicatezza della situazione, e dal suo punto di vista l'unica cosa che riesce a percepire è la vostra assenza.
Forse è capace di accettare il fatto che non ci sia Claudia, dopotutto sa che è molto malata, ma la tua è per lui incomprensibile, purtroppo.-
il magistrato andò a sedersi su una delle seggiole di plastica site lungo il corridoio del reparto e si prese la testa tra le mani rimanendo qualche attimo a capo chino.
Poi appoggiò i gomiti sulle ginocchia e volse nuovamente lo sguardo verso l'altro uomo.
- Mi hai appena dato la prova di quello che pensavo; se lei non c'è io non sono in grado di essere un buon padre...- Sospirò tristemente.
- Non sei un cattivo padre, non devi pensarlo. Io eri mattina ero qui con lei, mentre faceva la terapia, e so quanto sia stata male, non sarebbe stata in condizioni di passare la notte da sola.
Per quanta assistenza medica possano fornirle qua in ospedale Claudia aveva bisogno di qualcuno di caro a cui stringersi se le sue condizioni fossero state quelle della mattinata. Forse Guido aveva ragione, con lei potevamo stare anche io o papà, ma per come stava pensavo fosse necessaria la tua presenza.- Spiegò Gianluca.
Il magistrato annuì, anche se sapere della situazione del figlio non lo aiutava a stare tranquillo.
- Neanche stanotte Claudia potrà stare da sola, con la febbre alta non è proprio il caso, ma se Guido sta così...- Pensò a voce alta mentre era ancora seduto a realizzare quanto fosse cambiata in fretta la loro vita per colpa della malattia della sua amata.
- Se te la senti, se ti fidi, questa notte vicino a mia sorella posso rimanere io, Eleonora può badare benissimo ai bambini da sola. So che vorresti stare al suo fianco, ma se senti il bisogno di andare da tuo figlio posso assicurarti che Claudia non resterà da sola.- Gli propose il cognato.
Davide annuì. - Te ne sarei grato, davvero. Non che stanotte dormirò, ne dubito,ma a Guido farà bene vedermi, e forse stare con lui mi farà distrarre un minimo.
Però chiamami qualsiasi cosa accada, sia in positivo che...- Lasciò cadere la frase, non c'erano parole che potessero descrivere una possibilità tanto terribile.
I due uomini rimasero in silenzio ad attendere qualcosa, non avevano null'altro da dirsi, anche il dolore che provavano in quel momento pareva non essere condivisibile.
Quando, tanti anni prima, Claudia aveva portato a casa il fidanzato questo si era subito trovato bene con Gianluca, e pur appartenendo a due molti diversi erano sempre andati molto d'accordo, arrivando anche a divertirsi coalizzandosi per prendere in giro la donna in modo scherzoso.
Allo stesso modo anche lei era diventata presto amica di Eleonora, la cognata, trovandosi finalmente a non essere più la sola donna della famiglia.
Erano pochi ma molto uniti, ed era stato per quello che la malattia di Claudia aveva sconvolto e stravolto le vite di tutti.
Circa un quarto d'ora dopo videro arrivare il signor Oreste pallido e con gli occhi rossi di chi aveva pianto.
Il figlio dell'uomo si alzò con cuore in gola, perché a vederlo in quelle condizioni stava temendo il peggio, e ancora più terribile della possibilità che sua sorella fosse morta c'era l'idea che si fosse spenta sotto gli occhi del padre.
Ma prima ancora che potesse essergli fatta qualsiasi domanda iniziò a parlare.
- Mi hanno fatto uscire dalla sua stanza perché devono visitarla, farle delle flebo e non so che altro. Il medico non l'ho visto, ma penso che vorrà parlare con te, Davide.- Disse guardando il genero.
Poi continuò, con le lacrime agli occhi. - La mia bambina... sta tanto male... le hanno tolto i tubi con l'ossigeno, glielo devono dare con la mascherina e questa cosa non mi piace, ho molta paura...- Soffocò il singhiozzare mentre si sedeva accanto al figlio maggiore.
- Coraggio, papà, sicuramente sarà una precauzione, lo fanno per aiutarla a stare meglio.- Provò a rassicurarlo quello, anche se capiva benissimo il dolore che ghermiva l'uomo.
Ci fu ancora del silenzio, in quel corridoio del reparto di Oncologia, come se non parlare potesse in qualche modo aiutare Claudia, ma la la verità era che tutti e tre avrebbero voluto stare al suo capezzale, in quel momento, e l'impotenza della situazione pesava tanto, troppo.
Si fecero le dieci prima che Gianluca si decise a prendere il padre e portarlo a casa.
- Stare tutti qui non ha senso, papà. Io dovrei andare a lavoro, ma posso prendere un altro giorno di ferie. Se vuoi andiamo a casa, oppure, se te la senti, ti faccio compagnia in libreria, ma ora come ora rimanere qua ci fa solo male. Lo capisci, vero?- L'uomo annuì e accettò tristemente di andare ad aprire il suo negozio per passare lì la giornata, facendosi però prima promettere da Davide di essere chiamato qualsiasi cosa fosse accaduto.
Circa un quarto d'ora dopo aver salutato suocero e cognato il magistrato poté parlare nuovamente con Francesco, il quale, come immaginava, non aveva nessuna buona notizia riguardo le condizioni di Claudia.
- Ancora non abbiamo la certezza di cosa abbia causato l'infezione, anche se è probabile che sia entrata in contatto con qualche germe o batterio che magari in un'altra situazione non le avrebbe fatto nulla, ma visto quanto è indebolita a livello fisico ed immunitario ciò deve essere bastato a scatenare una reazione simile.- Spiegò il medico.
- Ma si riprenderà, vero? Non può lasciarci così...- Francesco si sedette e fece segno a Davide di fare lo stesso.
- Non possiamo ancora sapere quali effetti avranno gli antibiotici, ma è da stamattina che le diamo degli antipiretici e ancora la febbre non scende. Purtroppo immagino tu sappia anche senza una laurea in medicina cosa significhi questo.-
Ancora più di quella mattina l'uomo si sentì morire, perché sembrava che ogni minuto la sua adorata si allontanasse di più da lui e non potesse farci nulla, non aveva neanche un Dio a cui chiedere aiuto.
- Stasera vado a casa da mio figlio, qui in ospedale resta mio cognato. Ma al bambino cosa devo dire? Lei è sempre stata così attenta, premurosa... anche quando gli abbiamo detto che era ammalata e doveva essere ricoverata ha fatto in modo di fargli capire che andasse tutto bene, che non doveva avere paura perché lei presto sarebbe guarita... e ora è tutto così assurdo...- Diverse volte, dal momento stesso in cui Claudia gli aveva detto di avere il cancro, si era immaginato la peggiore delle ipotesi, il medico che comunicava loro l'impossibilità di guarire la donna e la sua prossima dipartita, ma mai aveva pensato che le cose potessero svolgersi in quella maniera.
Credeva, invece, che sarebbero tornati a casa, era certo che sua moglie avrebbe voluto spegnersi nel suo letto, tra le mura domestiche, e prima di perdere totalmente le forze avrebbe coccolato ancora e ancora suo figlio, spiegandogli di come, anche se la sua vita era ormai giunta al termine, il suo amore materno non sarebbe mai mutato né si sarebbe spento con l'ultimo battito del suo cuore.
Anche da atea quale era Claudia avrebbe affrontato la morte con coraggio e dignità, pur non credendo in un dopo avrebbe fatto capire a chi amava che nulla sarebbe scomparso con lei.
Ma tutto ciò accadeva solo nell'immaginario di Davide, dove come ultimo dono, anche se era paradossale definirlo tale, della vita gli era data la possibilità di sapere quando il peggiore dei drammi si sarebbe consumato e quindi gli sarebbe stato permesso di accompagnare Claudia nella morte con la stessa dolcezza con cui lei li aveva sempre accompagnati nella vita.
Eppure, nel loro essere opposti in perenne lite, vita e morte si somigliavano nell'imprevedibilità con cui si manifestavano, e pareva che a loro nulla di buono fosse più dovuto, come se fossero stati troppo felici prima.
- Claudia è una donna estremamente forte.- Gli disse improvvisamente Francesco distogliendolo dai suoi pensieri. - E le malattie sono tanto più imprevedibili quanto più sono gravi, dunque non possiamo che aspettare. Se vuole andare da lei faccia pure, la faremo uscire dalla stanza solo se strettamente necessario, posso immaginare quanto lei voglia starle vicino in un momento così delicato.-
Davide ringraziò il medico e, dopo tutte le procedure del caso, si trovò al capezzale della moglie.
Anche lui percepì la fragilità che l'attanagliava, vedendola in quel letto, e benché dormisse scorgeva nei suoi lineamenti l'espressione di una sofferenza ingiusta, inumana, che straziava il cuore di chiunque l'amasse e fosse costretto a vederla in quelle condizioni.
La giornata trascorse lenta, segnata solo dai momenti in cui l'uomo doveva lasciare la camera per permettere ai medici di prendersi cura di lei.
Non c'erano novità, né positive né negative, e dunque, per quanto seriie fossero le sue condizioni, il responso era sempre uno; stazionaria nella sua gravità.
Nelle sue troppe possibilità di abbandonare questo mondo e tutti quelli che amava Claudia era, a livello medico, stazionaria.
Nel tardo pomeriggio tornarono Gianluca ed il padre, che tornò al capezzale della figlia lasciando i due fuori in attesa.
Ancora una volta il magistrato non aveva molto da dire, ma il cognato provò a distrarlo raccontandogli della giornata passata in libreria.
- Papà, in certi attimi, sembrava anche felice, però so che il suo pensiero non si è mosso un attimo da Claudia e dalla sua situazione.
Io ho paura di cosa potrebbe accadergli se mia sorella morisse, perché ora ho la forza di pensare che tutto andrà bene e riesco a trasmettere questa positività anche a lui, ma se lei dovesse spegnersi...- Non proseguì nel discorso, ma entrambi conoscevano il senso di quelle parole; finché Claudia lottava per vivere loro potevano farsi forza a vicenda, lottare assieme a lei, ma nel momento in cui fosse morta, e dunque a loro non fosse rimasto altro che il dolore, non avrebbero avuto più nulla per andare avanti.
Gianluca entrò nella camera verso le sette, e a quell'ora Davide e il suocero si mossero verso casa.
Prima il magistrato accompagnò l'altro uomo, poi tornò al suo stabile e recuperò il piccolo Guido dalla vicina a cui aveva gentilmente chiesto di tenerlo nel pomeriggio.
Gli preparò la cena cercando di non mostragli le preoccupazioni che aveva sul volto e nell'animo, e fu solo dopo aver mangiato, mentre entrambi erano in salone, lui a riposare e il bambino a giocare, che si sentì fare la fatidica domanda. - Papà perché la mamma non ha chiamato neanche oggi? Sta ancora male?-
L'uomo trasalì e si prese del tempo per decidere come rispondere, cercando una mediazione tra l'età del bambino e la necessità di non mentirgli.
- Questa notte alla mamma è salita la febbre molto alta, non sta tanto bene.- Spiegò.
- Ma le succede qualcosa di brutto?-
Davide sospirò. Era così intelligente, suo figlio, sicuramente aveva preso da Claudia quel modo di essere sveglio e attento a tutto malgrado la sua età, per quanto ciò potesse, in casi come quello che stavano vivendo, portarlo a crescere più in fretta.
- La malattia della mamma è molto grave, lo sai, ma lei è forte, sta combattendo, vedrai che presto starà meglio, ma per adesso ha bisogno id molte cure e tanto riposo.-
Il bambino si intristì. - Ieri era brutto perché io ero dagli zii e tu non c'eri, ma se devi stare con la mamma va bene, però devi aiutarla a guarire.- Disse con gli occhi bassi.
Il magistrato prese in braccio il figlio e si sedette con lui sulla stessa poltrona su cui si era seduta Claudia quando gli avevano dovuto dire che era ammalata, coccolandolo proprio come aveva fatto lei quel triste giorno.
- Sai, amore mio, anche ora che la mamma sta tanto male tu sei il suo primo pensiero, e i sono sicuro che benché sia lontana lei possa sentire la tua tristezza, e sicuramente non vorrebbe che tu stessi così. Lo so che quello che sta succedendo è molto brutto, ma la mamma ha bisogno di sapere che tu stai bene. Lo capisci, vero?-
Il bambino annuì e si asciugò con la manica del pigiamino alcune lacrime che iniziavano a scendergli dagli occhi sempre rimanendo abbracciato al padre.
Dopo diversi minuti di silenzio durante i quali Davide aveva anche pensato si fosse addormentato, Guido prese coraggio e fece la domanda che teneva dentro ormai da molto. - Papà, che succede se la mamma muore?-
L'uomo si sentì venire meno.
Non sapeva cosa rispondere, perché neanche a se stesso sapeva cosa dire quando la paura di perdere l'adorata moglie lo ghermiva, ma il piccolo aveva gli occhi di chi già sa e vuole solo una conferma, per quanto triste possa essere.
Un bambino, sì, era un bambino, ma questo, il padre l'aveva capito bene, non lo autorizzava a mentirgli o a rassicurarlo semplicemente quando la sua domanda era una e ben precisa; cosa succede se la mia mamma muore? Cosa succede se non posso più vederla, abbracciarla, darle i bacini, se non mi può più coccolare? Cosa succede se per tutto il resto della mia vita sarà come quando lei partiva per lavoro?
O addirittura peggio, perché quando era lontana poteva sentirla per telefono, mentre la morte gli avrebbe tolto anche quella possibilità.
Cosa sarebbe successo in tutti quei casi?
Erano domande terribili, devastanti, ma che meritavano una risposta.
- Non lo so.- Sospirò semplicemente Davide guardando il figlio.
- Non lo so cosa succede se la mamma muore, amore mio. Ma non dobbiamo essere tristi, dobbiamo pensare positivo, è sicuramente un modo per aiutarla. Dobbiamo pensare a tutte le cose belle che faremo quando starà di nuovo bene, non alla possibilità che vada via per sempre. Mi capisci, vero?-
Guido annuì e riscoppiò in lacrime tra le braccia del padre. - Quando vedi la mamma le dici che mi dispiace di essere triste e che voglio che guarisce? Per favore...-




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Capitolo 17
*** Capitolo XVII ***


Torno dopo tre mesi  causa università - pochissimo tempo per scrivere e ancor meno per postare-,
So da me che la storia non è praticamente più seguita, ma mi piace finire ciò che inizio, soprattutto quando scrivo, attività che svolgo decisamente per me stessa e non per altri.
Niente, spero che magari passando di qui qualcuno possa ancora trovare interessante il racconto e vi lascio al capitolo :)


Capitolo XVII


Il campanello dei vicini di casa di Davide e Claudia strimpellò forte ben prima delle otto di mattina, e la padrona di casa passò in fretta dall'avere gli occhi pieni di sonno all'avere uno sguardo iracondo pronto a fulminare chiunque fosse l'artefice di quel suo brusco risveglio.
Ma quando aprì la porta tutta la sua -motivata- rabbia lasciò spazio stupore e tristezza.
Davanti a lei, con l'aria di chi era distrutto più dal dolore che dalla stanchezza e il piccolo Guido tra le braccia, si trovava il magistrato.
- Mi perdoni davvero, ma mi ha chiamato mio cognato dall'ospedale meno di mezzora fa; mia moglie è peggiorata improvvisamente e devo andare da lei.-
Mentre parlava alcune lacrime avevano cominciato a scendergli lungo il volto.
- Ho svegliato il bambino, l'ho lavato e cambiato ma non ho fatto in tempo a fargli fare colazione perché si è riaddormentato. Sono mortificato, se non fosse strettamente necessario non lo farei, ma devo chiederle se posso lasciarlo qui e se lei può portarlo all'asilo. So che sua figlia e il mio bambino frequentano la stessa scuola materna.-
La donna annuì e li fece entrare.
Misero subito il piccolo a riposare sul divano mentre i due adulti si scambiavano i numeri di telefono e altre informazioni utili in quel momento delicato
- Allora rimaniamo che io riporto il bambino qui da me oggi pomeriggio, se invece, come mi auguro, la situazione migliora lei mi avvisa, giusto?-
- Sì, certamente. Grazie mille, davvero, e mi perdoni per il disturbo...- Salutò ancora mortificato.
- Non si preoccupi, adesso pensi a sua moglie.-
Davide lasciò un'ultima carezza al figlio addormentato e uscì.
Scese le scale di corsa, come se fosse per lui fondamentale recuperare anche pochi secondi, e si buttò in macchina.
Il viaggio fu terribile, perché ad ogni semaforo rosso gli pareva di sentire la moglie più lontana, come se avesse la certezza di arrivare in ospedale tardi e fare la peggiore delle scoperte.
In realtà, fortunatamente, quando vi giunse trovò il suocero in lacrime e il cognato tra un pugno al muro e una bestemmia, però Claudia era ancora viva.
Gravissima, ma viva.
Gianluca lo prese da parte.
- La situazione è precipitata; da stamattina alle cinque la febbre è sopra ai quaranta e non accenna a scendere.
In più lei non dà segni di coscienza, non parla e probabilmente non capisce neanche ciò che le accade intorno.
Adesso l'hanno intubata e portata in terapia intensiva, dove le misure per starle accanto sono ancora più restrittive.-
- I medici cosa dicono?-
- Cosa vuoi che dicano? È terribilmente grave, neanche loro si spiegano la situazione e non vogliono darci nessun tipo di falsa speranza, ma questo mi pare sia stato chiaro fin da ieri, no?-
Il magistrato annuì. - Tuo padre cosa sa?-
- Ufficialmente poco, i medici hanno chiare disposizioni di parlare solo con me o te, ma non è difficile capire quale sia la situazione. E poi si tratta di sua figlia, forse lo sente dentro quanto sia grave.- Si fermò un secondo, poi riprese a parlare guardando il cognato. - L'unica cosa buona, per così dire, che mi ha detto l'oncologo su Claudia è che le danno forti antidolorifici, quindi non soffre, o comunque soffre meno di quanto soffrirebbe altrimenti. È una magra consolazione, lo so, ma non abbiamo altro.-
- Tu cosa pensi? Non in base a quello che dicono i medici, ma proprio quello che pensi tu su Claudia e su questo suo peggioramento.-
- Io... io penso che ce la farà, che mia sorella è forte, che non può lasciarci così. Il medico ha stimato che il tumore si sia insediato nel suo corpo da almeno cinque o sei mesi, quindi minimo da Gennaio se non da Natale, eppure lei ha continuato a fare quello che faceva, ha portato avanti prima il lavoro come ministro, poi la crisi di governo, la campagna elettorale, i suoi compiti da parlamentare, e nel frattempo mi pare non via abbia mai fatto mancare nulla neanche come moglie e madre, no?-
- Assolutamente no, è stata la stessa fino al momento del ricovero... io vorrei avere la tua capacità di pensare positivo, ma al momento purtroppo non riesco a sperare che andrà tutto bene, anzi...-
La giornata passò lenta, si alternavano al capezzale di Claudia e Davide continuava a parlare con i medici in attesa di qualche novità positiva, ma da parte di Francesco e dei suoi colleghi non arrivava nulla.
Il magistrato tornò a casa poco prima di cena, alla fine avevano deciso che sarebbe stato Gianluca a fare la notte in ospedale, di nuovo.
Era difficile, inutile negarlo, perché lui aveva un lavoro, una moglie e dei figli e da oltre ventiquattro or non si muoveva da quella stanza, ed era dura anche per l'altro, perché una parte del suo cuore era ormai certa che Claudia non sarebbe sopravvissuta a quella maledetta infezione.
Ma c'era Guido, e non se l'era sentita di lasciarlo solo nella notte più lunga della loro vita.
Aveva salutato la moglie dandole, con in mezzo la mascherina chirurgica, un bacio sulla fronte bollente, chiedendole di lottare ancora e non fare scherzi, poi era uscito con le lacrime agli occhi domandandosi se durante quelle interminabili ore appena passate lei avesse sentito qualcuna delle mille dolci parole che lui e gli altri due uomini le avevano sussurrato.
Invitò il signor Oreste da lui e recuperò il figlio dalla vicina.
Guido era decisamente tranquillo; forse aveva capito che qualcosa alla madre era successo, ma di certo non poteva comprendere quanto grave fosse.
Vedere il bambino calmo rincuorò un minimo il padre ed il nonno, i quali, ormai certi di star per perdere la donna più importante della loro vita, cercarono in lui una piccola consolazione, soprattutto sapendo che avrebbero dovuto crescerlo loro se lei davvero non ce l'avesse fatta.
Cenarono con il televisore spento e i telefoni, quello di casa e i due cellulari, sul tavolo, il volume della suoneria al massimo per non perdere neanche un minuto nel caso Gianluca li avesse chiamati.
Non squillò nulla, e furono loro a cercarlo più tardi sperando in qualche buona nova.
Ma era tutto uguale, Claudia stava male e la notte sarebbe passata lentissima.
Misero a letto Guido all'ora di sempre, ma sia Davide che il signor Oreste tirarono tardi in cucina.
Parlarono, bevvero un poco, alla fine giocarono addirittura a carte per ridurre la tensione.
In quel momento più che mai si sentivano estremamente fortunati ad andare d'accordo l'uno con l'altro, perché altrimenti quel periodo sarebbe stato ancora più difficile per tutto, altro nervosismo in casa era l'ultima cosa di cui avevano bisogno tanto loro quanto lei.
Il telefono riprese a tacere e nei due uomini si instaurò la sicurezza che ogni minuto passato senza chiamate da parte di Gianluca era per la donna un minuto in più non solo di vita, ma soprattutto di lotta e possibilità di vittoria.
Si coricarono vero l'una, entrambi con vicino il proprio cellulare.
Quando arrivò la mattina Davide controllò il telefonino come prima cosa e notò un SMS da parte del cognato.
Non seppe spiegare neanche a se stesso la sensazione positiva che provò mentre il messaggio si apriva, ma quando lesse le poche righe fu felice di scoprire d'aver ben riposto la sua istintiva speranza: “Temperatura alle OO:O6 39.1°. Il medico ha detto di non essere ancora troppo ottimisti, ma possiamo iniziare a riporre il pessimismo di ieri.”

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Capitolo 18
*** Capitolo XVIII ***


Sì, sono sparita per quasi un anno. 
Non che interessi a molto, le mie storie non sono mai state particolarmente seguite su EFP, nessuno mi ha chiesto spiegazioni.
E forse è un bene, perché non avrei saputo neanche darle, visto che non c'è un motivo particolare legato alla mia sparizione da EFP.
Sono migrata anche su Wattpad, sì, ho pubblicato la storia anche lì, e sono tornata perché non mi andava di lasciare tutto in sospeso, volevo finire la storia anche qui, come vorrei, pian piano, finire le altre.
E niente, ho già detto troppo, meglio finirla qua con queste parole al vento, spero solo che a qualcuno questa storia possa ancora interessare.
O possa essere una bella nuova scoperta.
 ♥  

Capitolo XVIII


Claudia si riprese lentamente nel corso del week-end e dei primi giorni della settimana seguente.
Prima di tutto cominciò a scenderle la temperatura, e man mano che la febbre calava la donna cominciava ad avere momenti di veglia, anche se la lucidità e la possibilità di parlare tornarono più avanti.
La cosa più importante però fu che in breve i medici riuscirono a smettere di tenerla intubata e, dopo un breve periodo in cui tenne la mascherina giorno e notte, ricominciò a prendere l'ossigeno tramite i tubicini almeno quando era sveglia, proprio come prima dell'infezione.
Francesco era rimasto a lungo preoccupato dall'eventualità che i polmoni dell'amica potessero venir danneggiati in modo permanente, ma alla fine della cura antibiotica, fortunatamente, le analisi non riscontrarono altro che le già note metastasi.
Gravi, certo, ma ormai lo sapevano ed era sempre meglio che dover fare i conti con qualcosa di nuovo.
Nel giro di pochi giorni Claudia aveva ripreso a biascicare qualche parola, benché sempre molto affannata, e unna sera aveva voluto telefonare al figlio.
Era stata una chiamata breve ma commovente in cui la donna aveva ripetuto ancora una volta la promessa di tornare a casa presto.
Dal giorno della prima chemio, inoltre, Claudia non aveva più versato lacrime, o almeno così era stato fino al mercoledì successivo.
Era un pomeriggio caldo, già decisamente afoso malgrado fosse solo metà giugno, e la paziente era stata messa a riposo dopo una pesante dose di antidolorifici necessari a placare i forti dolori alla schiena dovuti alla malattia e al busto che le aveva prescritto l'ortopedico e che pareva farle più male che bene.
Accanto a lei il padre, che la guardava con occhi tristi chiedendosi quale peccato così grande perché dovesse soffrire non in prima ma in terza persona, un dolore ancora più terribile.
Le teneva la mano accarezzandole dolcemente il viso come quando, da bambina, rimaneva allettata due o tre giorni per colpa delle classiche influenze stagionali.
Quanto si era illuso di poterla vedere sempre in salute, quanto era stato sciocco nel pensare che solo per il fatto di essere diventati ormai adulti i suoi figli gli sarebbero di certo sopravvissuti.
Rimaneva sempre impietrito e scosso davanti alle storie di genitori che perdevano i loro figli ancora bambini, magari dopo mesi di malattie e sofferenze in quell'età che doveva essere spensierata e dedita solo ai giochi, e si sentiva fortunato per essere riuscito a vedere Gianluca e Claudia crescere tranquilli, laurearsi, sposarsi, avere dei figli a loro volta.
Forse, pensava, era stata proprio l'assurda convinzione di poter essere sempre così tranquilli e felici a rendere ancora più devastante il cambio di programma che la vita gli aveva
imposto quando Claudia si era ammalata.
Le accarezzò dolcemente il volto per poi passare ai lunghi capelli castano chiari, e fu allora che si consumò un altro dramma, quando, togliendo la mano dal capo della figlia, l'uomo non si trovò ciocche dei suoi capelli impigliati tra le dita.
Stavano cadendo, probabilmente non appena si fosse svegliata ne avrebbe trovati altri sul cuscino fino al momento in cui la sua testa sarebbe rimasta completamente calva.
Il signor Oreste tenne stretta tra le mani la ciocca e chiuse gli occhi strizzandoli nel tentativo
di non piange o, almeno, di farlo senza rumore per evitare di svegliare la figlia.
Si chiese con quale coraggio e con quali parole le avrebbe raccontato ciò che era appena accaduto, ma non ne ebbe bisogno; Claudia si svegliò poco dopo e notò subito i suoi capelli tra le mani del padre.
Mentre gli occhi le si gonfiavano di lacrime cercò con le mani altre ciocche già staccatesi dal suo capo, e trovandole scoppiò forte, senza provare vergogna o voglia di piangere, perché il dolore che provava in quel momento era più forte di qualsiasi altro sentimento.
Sì, la terapia era stata tremenda, i dolori di quel giorno e di quelli successivi erano stati terribili, e non avrebbe mai dimenticato gli sguardi dei suoi cari quando le avevano raccontato ciò che aveva rischiato, ma vedere i suoi capelli cadere le pareva addirittura peggio di quello che già aveva patito dal momento della diagnosi.
Fin da allora aveva provato a convincersi che quel dettaglio estetico sarebbe stato l'ultimo dei suoi problemi vista la grave situazione clinica, ma una parte di lei sapeva che sarebbe potuto non essere così facile.
Insieme ai capelli avrebbe perso presto le ciglia e le sopracciglia, il suo volto sarebbe diventato anonimo, vuoto, per lei sarebbe stato quasi impossibile riconoscersi allo specchio o sentirsi realmente bella.
- Papà passami il mio cellulare per favore.- Chiese quando si fu calmata. - E... e anche quella ciocca che hai in mano, per piacere.-
L'uomo obbedì senza replicare, quasi sicuro di aver compreso le intenzioni della figlia.
Claudia, dopo aver smesso di piangere ed essersi asciugata gli occhi, sistemò i capelli già caduti in modo da farli sembrare ancora al loro posto, impostò la fotocamera interna del cellulare e click, si scattò una foto.
Poggiò il telefonino sul comodino e lasciò i capelli lì dov'erano sapendo che, presto o tardi, ne avrebbe dovuti raccogliere molti di più.
- Ecco fatto, adesso ho una foto che mi ricorderà sempre come erano prima di tutto questo. Probabilmente non avrò il coraggio di guardarla fino a quando starò così, ma dopo potrebbe essere un obiettivo.- Spiegò.
- Vedrai che quando ricresceranno saranno ancora più belli di prima.- Provò a consolarla il padre.
Lei sorrise. - Sai, ho letto da qualche parte che dopo la chemio potrebbero ricrescere diversi in forma o colore, ma di quello mi preoccupo poco. Prima di essere ricoverata, sapendo che tanto questo sarebbe accaduto, ho anche pensato di tingerli. Nulla di troppo eccentrico, magari neri o biondi, o meglio ancora rossi, come mi sarebbe sempre piaciuto, ma poi ho avuto paura di dare nell'occhio e trovarmi a dover rispondere a domande che avrei preferito evitare.-
- Potrai farlo dopo, magari anche provando diversi colori... sei così bella, bambina mia, credi che ti starebbe bene qualsiasi cosa. E poi sei giovanissima, avrai il tempo per fare tutti i tentativi che vorrai, anche se essendo tuo padre penso sempre che il meglio di te tu lo dia rimanendo naturale.-
Claudia lo osservò con dolcezza.
Parlare del futuro le faceva bene, le dava più speranze di qualsiasi cosa le potessero dire i medici, si sentiva come obbligata a sopravvivere anche solo per realizzare i sogni di chi le era accanto
Quella sera Davide passò per stare un po' con la sua amata, e la visione dei capelli caduti non poté che intristirlo, malgrado la forza della moglie lo riempisse sempre di orgoglio.
Prima del fine settimana la donna si ritrovò col capo completamente scoperto e iniziò a utilizzare i foulard che aveva preventivamente acquistato.
Non lo toglieva mai se non quando era sola, anche in compagnia delle persone più care nascondeva la testa per sentirsi meno a disagio e più donna.
La domenica pomeriggio andò a farle visita, per la prima volta da quando era ricoverata, la sua amica Isabella.
Erano rimaste sempre in contatto, anche nei giorni peggiori qualche notizia sulle condizioni di Claudia le era arrivata tramite Davide, ma l'ammalata aveva a lungo rimandato quell'incontro in attesa di trovarsi a suo agio nella nuova situazione, e l'amica si era naturalmente adeguata a quella sua richiesta.
Avevano passato oltre tre ore insieme, ore in cui avevano parlato di tutto lasciando ben poco spazio alla malattia, come se volessero impedirle di rovinare anche quella chiacchierata tra amiche.
O almeno quello era stato l'intento, visto che alla fine il cancro risbucava spesso, qualunque fosse l'argomento di discussione, come per ricordare alle due donne che non potevano neanche fingere che tutto andasse bene.
- Sto pensando di chiedere a Davide di portarmi il tablet qui in ospedale, magari per fare, ogni tanto, qualche videochiamata e vedere anche Guido...-
- Non è una cattiva idea, forse farebbe bene ad entrambi. Perché non glielo hai ancora proposto?-
Claudia sospirò. - Ma lo vedi come sto messa? Prima, forse, poteva anche essere fattibile, ma adesso... Guido non sa neanche che ho perso i capelli, e comunque le rare volte che mi guardo allo specchio lo vedo anche io di essere diversa da prima, tra malattia e cure non so neanche dirti cosa sia peggio.- Commentò lasciando cadere la testa sul cuscino.
Isabella le prese la mano con dolcezza. - È vero, forse tutto questo sta modificando il tuo aspetto fisico, e non riesco neanche ad immaginare ciò che tu provi per questo.
Ma sei bella, Cla', anche e soprattutto perché porti su te stessa il ritratto di ciò che stai vivendo, della battaglia che combatti non togliendo mai il pensiero da quelli che ami, e non è una cosa da poco.
Prima o poi tornerai a casa, tuo figlio vedrà ciò che ti sta accadendo e non lo nego, può essere che inizialmente avrà difficoltà a riconoscerti. Per questo cominciare con foto o videochiamate potrebbe essere una buona idea, vedrai che capirà chi sei e cosa sta accadendo, e sono certa che nel vostro rapporto nulla cambierà.-
L'ammalata ascoltò quelle parole con gli occhi umidi di lacrime di commozione.
- Sono così fortunata ad averti, Isa. E a proposito di quando sarò fuori di qui vorrei farti una domanda...-
- Dimmi pure, te l'ho detto che puoi contare su di me per qualsiasi cosa.-
- Forse questa è una cosa scema, ma sai che ho sempre invidiato moltissimo la tua passione e la tua abilità con il trucco, e volevo chiederti se ti andasse di aiutarmi in qualche modo, magari insegnandomi a disegnarmi le sopracciglia o a sistemarmi in qualche modo che mi valorizzi e mi renda femminile anche in questo periodo della mia vita; io voglio essere Claudia, non una malata di cancro.-
Isabella le sorrise. -Lo farò, e con tantissimo piacere. Appena tornerai a casa e sarai in condizioni ci organizziamo; vengo da te un pomeriggio e passiamo il tempo a truccarci come quando avevamo quindici anni.-
Claudia scoppiò in quella che voleva essere una fragorosa risata ma si fermò ben presto, appena sentì il suo corpo accusare il debito di ossigeno.
Si riprese fortunatamente nel giro di pochi minuti, e vista la frase appena detta dall'amica le due cominciarono a ricordare dei tanti anni trascorsi insieme, lasciando che il pomeriggio terminasse davvero in modo tranquillo.
Solo in serata, dopo aver salutato Isabella e trovandosi in compagnia del marito, la donna si era fatta più cupa e triste.
La mattina seguente, il lunedì, dopo neanche due settimane piene dalla prima, devastante, seduta, avrebbe affrontato nuovamente la chemioterapia.
Avevano anticipato di un giorno per due motivi; il primo era che farlo di lunedì, una volta ogni due lunedì, pareva più regolare ed ordinato, anche se alla fine non vi era differenza con il martedì o qualsiasi altro giorno della settimana, ma soprattutto erano riusciti a rivedere il protocollo in modo da renderlo più leggero e sopportabile dal delicatissimo fisico della donna, e volevano capire il prima possibile quali sarebbero stati gli effetti collaterali.
Claudia iniziò a rattristirsi verso l'ora di cena, e Davide lo notò subito.
- Non hai praticamente toccato cibo, amore, non va bene, lo sai...-
La donna sbuffò. - Non ho tanta fame, Davide, scusa.-
- È successo qualcosa oggi pomeriggio con Isa?- Ipotizzò.
- Macché, lo sai che lei è sempre dolcissima, in questo momento poi... no, semplicemente non ho fame.-
Il magistrato scosse la testa. - Sono due settimane che sei qui, e quando sei stata in condizione hai sempre mangiato un minimo. Anche perché tu per prima sai quanto sia importante, visto anche cosa dovrai fare domani...-
Sentite quelle ultime parole Claudia voltò il viso di scatto, come se non volesse farsi vedere, e l'uomo capì il motivo di quel rifiuto di cenare.
- Amore...- Le sussurrò senza sapere cos'altro dire.
Lei si girò nuovamente verso di lui con gli occhi rossi e le lacrime che iniziavano a scenderle lungo i lineamenti sempre più sottili.
Si sentiva in colpa quando piangeva e si disperava davanti a chi amava, conscia di come peggiorasse la loro disperazione ogni volta che si mostrava in lacrime davanti a loro, ma sapeva di avere bisogno dei loro abbracci e delle loro parole consolatorie per andare avanti.
- Non voglio farla, ti prego. Portami a casa, se mi ami portami a casa.- Lo supplicò con la voce rotta dal pianto.
Davide sentì il suo cuore distruggersi.
- Lo farei, amore mio, ti giuro che se potessi lo farei.- Provò a spiegarle nascondendo il senso di impotenza e struggimento che riempivano il suo cuore in quel momento.
- Se potessi anche solo soffrire al posto tuo lo farei da questo stesso momento. Ma non posso, non posso...-
- Non voglio stare di nuovo male, non voglio soffrire anche per guarire.- Pianse ancora. - Anche se il protocollo è stato modificato la chemio è la chemio. E non voglio farla, voglio andare a casa da mio figlio.-
Tossì forte, tutto quel dolore l'aveva affaticata molto, e cercò, seppur molto debole, le braccia e il corpo del marito per farsi stringere.
- Amore mio... lo so, ma portarti a casa ora, smettere tutto, vorrebbe dire lasciarti andare via da noi, e non posso permetterlo. È una battaglia dura, e io sono qui per fare tutto quel che posso per lottare con te.-
Claudia non disse nulla, si lasciò cullare dal marito e si addormentò lì.
Lui le poggiò dolcemente la testa sul cuscino, le sistemò l'ossigeno e le tolse il foulard, essendo, con fatica, riuscito a obbligarla a non usarlo almeno quando dormiva.
In quei momenti, anche se aveva appena pianto ed era distrutta dalla sofferenza, pareva tranquilla, rilassata, donando a Davide un minimo conforto.
Se fosse stato Credente avrebbe passato le notti in lacrime davanti ad una Croce o al Cielo chiedendo a Dio di farla soffrire al posto suo, ma in quel momento l'unica sua divinità era il medico che aveva in cura Claudia.
E oltretutto, da magistrato quale era, sapeva che le pene, tanto quelle umane quanto quelle divine, non potevano essere modificate in quasi nessun modo.
Dovevano solo aspettare la fine di tutto quello, con la tragica consapevolezza di non sapere neanche quanto quella pena dovesse durare.

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Capitolo 19
*** Capitolo XIX ***


Capitolo XIX


La seconda seduta di terapia, benché più leggera della prima, fu terribile per la paziente e per il marito, il quale malgrado tutto non aveva ancora realizzato quanto dolorosa fosse la cosa.
Ma passò, fortunatamente, dando solo un momento di spavento quando, il martedì mattina, alla prima misurazione, la temperatura di Claudia superò i trentasette gradi.
La situazione rientrò all'ora di pranzo, e verso sera Francesco fece capolino nella stanza della malata con un sorriso che non gli si vedeva da tempo.
- Sono contento di aver risolto questo problema della terapia subito.- Le disse. -Vederti in quelle condizioni ha fatto star male anche me, te lo confesso, e l'andamento di questo ciclo fa ben sperare, magari in futuro potresti fare tutto in day-hospital.- Azzardò.
- Beh, per arrivare al day-hospital dovrei prima essere dimessa.- Obiettò lei.
- Assolutamente sì!- Rispose il medico. - E sono qui proprio per questo.-
il volto di Claudia si illuminò. - C'è qualche speranza che io possa rivedere la luce del sole a breve?- Gli chiese.
- Se non ci saranno peggioramenti nel frattempo pensavo di mandarti a casa nel tardo pomeriggio di giovedì, così la tua famiglia avrà tutto il tempo di sistemare, pulire e rendere sterile il vostro appartamento per evitare che possa darti problemi.-
Davide annuì. - Certamente. Anzi, se poi mi dice quel che devo fare domani inizio.- Si premurò di domandare.
L'idea della moglie a casa lo riempiva tanto di gioia quanto di preoccupazione, perché sapeva che ogni minimo dettaglio era fondamentale e viveva nella paura di trascurare qualcosa di importante.
- E una volta a casa potrò uscire ogni tanto?-
- In carrozzina e con l'ossigeno, lo sai.- Rispose con aria un po' triste Francesco. - Inoltre sarebbe meglio che tu uscissi solo nei giorni di bel tempo e cercando di stare un minimo coperta. So che andando verso l'estate questo può diventare più complicato, mi spiace. Ricordati la mascherina su naso e bocca quando esci, ed evitate luoghi affollati. Conosco la viabilità di Roma, purtroppo, ma per il momento nel caso di lunghi spostamenti è meglio utilizzare la vostra auto privata; autobus e metropolitane aboliteli assolutamente, troppi rischi che non vale la pena correre, e anche i taxi li sconsiglio nel limite del possibile.
Penso di avervi detto tutto il necessario, se serve altro ve lo dico in questi due giorni. Qualche domanda?-
La donna sospirò e annuì. - So che forse è chiedere troppo, ma sabato ci sarebbe la feste della fine dell'asilo a scuola di Guido, per i bambini che, come lui, da settembre andranno alle elementari, e non ti nego che la mia presenza sarebbe importante sia per me che per lui.- Francesco le sorrise. - Non ti mando a casa per farti stare sempre allettata, fossi in quelle condizioni ti terrei ancora qui. Il discorso è quello che abbiamo appena fatto, dovete cercare di prendere tutte le precauzioni possibili, ma di certo non sarà io a impedirti di andare, anche perché dubito che mi ascolteresti.

Purtroppo non ho la sfera di cristallo, non posso sapere se tutte queste premure saranno davvero efficaci o qualcosa accadrà comunque, ma penso che essere lì quel giorno ti farà meglio di tante terapie.-
Claudia replicò con un altro sorriso.
Il medico li lasciò soli poco dopo, e prima di dormire la donna chiese al marito di scattarle qualche foto da mostrare al figlio per prepararlo al suo ritorno a casa.
Il giorno seguente il magistrato si prese il pomeriggio libero, portò il figlio a casa da scuola e, dopo avergli fatto fare merenda, cercò di spiegargli quello che stava per succedere.
- Domani la mamma torna a casa dall'ospedale.- Gli disse, e subito notò i suoi occhi riempirsi di gioia.
- La mamma è guarita?-
- No, Guido, la mamma non è guarita, e c'è bisogno che tu adesso mi ascolti e ti comporti come un bambino grande.- Spiegò.
Il piccolo annuì.
- La mamma deve stare molto a riposo, non può camminare e ha dei tubicini che le entrano nel naso e la aiutano a respirare. Purtroppo è molto debole, e per adesso non potrà giocare con te. Ma potrà farti le coccole, è solo importante che ogni volta che vuoi stare con lei tu me lo dica, e che non entri nella camera di mamma e papà da solo o senza chiedere il permesso, perché prima di andare da mamma io o il nonno ti dobbiamo preparare e lavare bene le manine per evitare che possa succederle qualcosa. È tutto chiaro fino a qui?-
Il figlio fece segno di sì con la testa.
Aveva capito che la madre stava ancora molto male e che probabilmente anche stando nella stessa casa si sarebbero visti molto poco, ma l'idea di averla di nuovo vicino bastava a renderlo felice.
- C'è un'altra cosa molto importante che devi sapere, Guido.- Cominciò poi Davide per introdurre la parte più dura del discorso.
Lui per primo soffriva al pensiero dei mutamenti estetici che la malattia aveva compiuto su sua moglie, ma spiegare al figlio che la donna sarebbe stata molto diversa da come se la ricordava gli sembrava una missione impossibile.
- Tu ti ricordi che prima di andare in ospedale, quando già stava male, la mamma aveva il viso più stanco e pallido, vero?-
- Sì...-
- Purtroppo le cure che sta facendo sono molto brutte, ha ancora la faccia stanca e pallida di quando era a casa. Però, oltre a questo, le sono caduti i capelli e le sopracciglia, e non è proprio uguale a come ce la ricordiamo...-
Guido guardò il padre con uno sguardo decisamente stranito, poi si toccò i capelli e le sopracciglia, forse per cercare di capire se almeno lui li avesse ancora.
- Vuoi vedere una foto della mamma?- Gli chiese l'uomo.
- Sì, così domani la riconosco.- Rispose.
Il magistrato mostrò al figlio le fotografie fatte la sera prima, alcune in cui la donna era ritratta a capo scoperto, altre in cui nascondeva la testa calva sotto a un foulard.
Il bambino le guardò per un po', poi si fece triste e iniziò a piangere. - Non è la mia mamma...-
Davide lo coccolò, rivedendo in lui le stesse espressioni e le stesse lacrime che tante volte aveva asciugato alla moglie nei giorni precedenti.

- Sì, amore mio, è la mamma. Anche per me è stato brutto vederla così, lo sai? Ma purtroppo se vogliamo che guarisca dobbiamo accettare il fatto che le cure la facciano stare così.- Cercò di consolarlo.
E fu immensamente felice nel pensare che forse quello sarebbe stato l'unico effetto collaterale della chemio che Guido avrebbe visto su sua madre.
Decisamente sconvolgente, non c'era dubbio, ma anche molto meno doloroso di vederla stare male.
- Ma quando starà bene le ricresceranno?- Chiese il piccolo tirando su col naso.
- Certamente! E anche quei tubicini che ha nel naso andranno via non appena starà bene.-
Guido allungò le mani verso lo smartphone del padre facendogli segno di voler vedere ancora una volta le fotografie.
- Un po' le somiglia.- Commentò. E poi aggiunse. - Io la vedo sempre bella, e tu?-
- Anche io piccolo mio, è ovvio.-
- Ma tu la ami anche se sta male?-
- Certo, perché?-
- Perché è brutto se la ami ma lei sta male.- Sentenziò il bambino.
- Hai ragione, ma sarebbe più brutto stare senza di lei, non trovi?-
Guido ci pensò un attimo, poi annuì. - Però dille che la ami di più quando sta bene, così guarisce prima.- Gli disse come fosse un ordine.
Meno di ventiquattrore dopo portarono Claudia a casa, un momento di gioia che fu intristito solo dalla necessità di fare il viaggio di ritorno in autoambulanza, cosa che lasciò un po' scossi Davide e il signor Oreste, costretti a fare i conti con la realtà; Claudia era a casa, punto. Era ancora molto malata e l'incubo non finiva solo perché sarebbe stata un po', chissà quanto, con loro.
La donna dormì praticamente tutto il pomeriggio, e quando si risvegliò, dopo essersi ripresa, il marito preparò il bambino per farglielo vedere.
Non fu subito facile, perché appena entrato nella camera Guido si rese contro della differenza tra le immagini viste il giorno prima e la reale situazione di Claudia, rimanendo visibilmente turbato nel vederla, tanto che si nascose dietro le gambe del padre.
Fu lei a provare a farlo avvicinare.
- Cosa c'è, Chicco?- Gli chiese chiamandolo col dolce soprannome che gli dava da quando era al mondo. - Non riconosci la mamma, tesoro mio?-
Parlò con la voce debole di chi oltre ad avere poco fiato ha un groppo in gola, ma quelle parole e il tono della voce erano bastati al bambino per riconoscerla davvero.
Si staccò dal padre e si avvicinò timidamente al letto. Poi, dopo che Claudia gli ebbe fatto segno, salì sul lato solitamente occupato dal magistrato.
La madre gli andò vicino e cominciò a riempirlo di baci, coccole e carezze, e lui si sentì finalmente felice.
Anche senza capelli, anche distrutta da tutto quello che stava passando, quella non poteva che essere la sua mamma.

L'amore non poteva mentire.

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Capitolo 20
*** Capitolo XX ***


Capitolo XX


Avere Claudia a casa era indubbiamente faticoso, a livello fisico quanto mentale, ma era bello, era piacevole per tutti vederla lì, e anche se leggerissimi vi erano stati dei miglioramenti, quantomeno emotivi, per la paziente.
Non poteva fare altro che stare a riposo, ma provava a mettersi spesso in poltrona o sul divano, e nelle ore dei pasti raggiungeva la famiglia a tavola.
Ovviamente non poteva muoversi che con la carrozzina, ma la sua voglia di fare era molta e molto positiva.
Il venerdì mattina, come si poteva immaginare, Guido aveva fatto i capricci perché non voleva andare all'asilo, preferiva decisamente l'idea di stare a casa con la mamma, e i genitori erano riusciti a calmarlo e mandarlo a scuola solo spiegandogli che, se Claudia si fosse riposata per bene durante la mattinata, mentre lui era via, nel pomeriggio sarebbero potuti stare insieme.
A lei si era stretto il cuore nel vedere il figlio così triste, e aveva chiesto al marito di accompagnare il bambino insieme a lui alla scuola materna, ma quello era stato categorico.
- Usciamo già domani sera, amore, è inutile che tu faccia sforzi che possono essere rischiosi, anche se lo fai per amore di tuo figlio. Adesso stai a riposo e oggi pomeriggio avrete tutto il tempo di stare assieme.-
E così fu, al rientro a casa, un po' sul letto a farsi coccolare e un po' in cucina per fare merenda e colorare qualche disegno, il piccolo ebbe la gioia di passare del tempo con la mamma, sempre sotto gli occhi vigili del magistrato e del signor Oreste, i quali probabilmente non avrebbero lasciato la donna sola neanche un minuto fino alla sua completa guarigione.

Il giorno seguente andò a trovarla Isabella, e come promesso la aiutò a fare in modo di sentirsi bella e femminile grazie al trucco, spiegandole come porre rimedio alla mancanza di sopracciglia e dandole due dritte per prepararsi a quella sera.
Nulla di troppo faticoso, era chiaro, e tutto svolto con prodotti antiallergici che non rischiavano di farle del male in qualche modo, ma la manualità di Claudia, che era sempre stata ottima e non si era persa neanche con l'estrema debolezza di quel periodo, unita alla cultura cosmetica dell'amica, era riuscita a ridarle l'aspetto curato ed elegante senza il quale si sentiva decisamente a disagio.
La prima uscita di casa dopo quel ricovero che le era parso eterno fu davvero strana; la carrozzina, l'ossigeno, la mascherina, i farmaci nella borsa, tutto pareva appartenere a una vita che non era la sua, un errore, un incidente di percorso.
Il comportamento della sua famiglia, che durante il tragitto aveva riso e scherzato con lei nello stesso identico modo di quando stava bene, l'aveva aiutata a non sentirsi poi così diversa dalla donna che era stata prima di ammalarsi, e lo stesso era accaduto quando si era trovata a chiacchierare con le mamme di alcuni amichetti di suo figlio, donne che aveva conosciuto durante quegli anni, con cui si era sempre trovata bene, e che sembravano davvero interessate alla battaglia che stava combattendo, tanto da farle i complimenti per il modo in cui affrontava il tutto.
- Lo si vede anche dalla tua presenza qui oggi.- Le aveva detto una donna più o meno della sua età con corti ricci rossicci. - Anch'io, se fossi stata male, sarei voluta venire stasera, ma probabilmente avrei desistito per paura di qualcosa. Tu, invece, sei qui, hai messo tuo figlio davanti a te stessa, ma d'altronde mi pare tu l'abbia sempre fatto.- Disse riferendosi a quando Claudia lavorava ma cercava ugualmente di essere presente ad ogni recita od occasione importante del figlio.
La signora che le aveva parlato non era propriamente una sua amica, ma di certo era qualcosa che le si avvicinava molto.
Al contrario di tante altre madri lì presenti che, senza neanche prendersi la briga di nasconderlo, avevano indicato più volte l'ex deputata con l'aggiunta di commenti decisamente poco simpatici.
Davide le aveva addirittura raccontato di aver sentito un “è evidente che sia venuta in quelle condizioni solo per fare pietà e farsi pubblicità”, ma lei non ci aveva dato peso, proprio come quando, un paio di mesi prima, non aveva dato peso alle malelingue che a Montecitorio la definivano un'assenteista.
I bambini avevano messo in scena uno spettacolino dopo il quale si era svolta una vera e propria cerimonia di consegna dei diplomini in stile americano; i piccoli, con una mantellina nera e un tocco di carta dello stesso colore, erano stati chiamati uno ad uno per ricevere il loro primo attestato.
Al turno di Guido Davide si fece avanti per fotografare ed immortalare ogni attimo di quel momento tanto importante, poi aveva ceduto alla richiesta della moglie di farle una foto con il figlio seduto sulle ginocchia.
Claudia aveva passato buona parte della giornata precedente a domandare a se stessa se volesse o meno farsi fotografare quella sera e in futuro, se voleva rimanessero ricordi di lei in quelle condizioni o se preferiva stare lontana dall'obiettivo fino alla fine di tutta quella storia.
Inutile chiedersi cosa si fosse risposta; in quel momento la malattia era solo una parte della sua vita, l'unica di cui avrebbe voluto cancellare ogni ricordo, ma tutto il resto? Valeva la pena non avere neanche una foto con i suoi cari solo perché non poteva nascondere la situazione davanti alla fotocamera? No, ovviamente no.
E, infatti, già quella sera scattarono parecchio, Davide fece moltissime foto ai due amori della sua vita e, a un certo punto, il bambino, aiutato dal nonno, volle fotografare i genitori.
Dopo qualche click, senza neanche accorgersene, marito e moglie si ritrovarono nella stessa posa assunta in una bellissima foto del loro matrimonio, lei seduta con il collo e la testa leggermente girati guardava verso lui che, in piedi, la ammirava sorridendo.
Rimasero così fermi per qualche istante, e anche i due impegnati a fotografare furono presi da quell'attimo di magia e amore.
Mangiarono lì all'asilo con le altre famiglie e rimasero un pochino anche nel dopocena, fino a quando Claudia non fu visibilmente stanca.
Salutarono gli altri genitori e le maestre, che comunque avrebbero rivisto perché la scuola sarebbe rimasta aperta fino a fine luglio per aiutare quelle famiglie che, come loro, non sapevano dove tenere i figli, e rincasarono.
Vissero un attimo di spavento quando, già nel letto, la donna si lasciò andare ad alcuni colpi di tosse abbastanza forti, ma non aveva febbre e si riprese molto in fretta incolpando qualche movimento brusco per le sue condizioni.
Uscirono nuovamente la domenica pomeriggio per un giro al parco e il lunedì per accompagnare il bambino all'asilo.
Poco per volta si stavano abituando alla vita con Claudia a casa, che non era poi così difficile e sicuramente era meglio di averla in ospedale.
Il medico lo sentivano tutti i giorni per informarlo delle condizioni della paziente, e la andò a visitare nel pomeriggio del primo giorno della settimana.
- Devo ammettere di trovarti bene, direi addirittura meglio di quando eri in ospedale.- Era stato il suo commento appena terminata la visita.
- Stare a casa mi fa bene, dottore.- Aveva riso lei.
- Ero davvero preoccupato dall'idea di trovarti in condizioni peggiori e doverti ricoverare, sinceramente, invece per fortuna mi sorprendi in positivo.-
- Tanto settimana prossima in ospedale dovrò tornarci comunque.- Commentò tristemente la donna.
-Sì, purtroppo sì, ma se le cose andranno avanti così potremmo iniziare a fare la chemio in day-hospital, e sarebbe già un bel risultato. Inoltre alla fine del prossimo ciclo faremo il primo giro di controlli completi.-
- E come pensi che andranno?-
- Penso, e soprattutto spero, che non vi saranno problemi, anche se ho trovato i tuoi polmoni un po' più affaticati ed ostruiti. Hai avuto più tosse del solito in questi giorni?-
- Sì, se devo essere sincera. Non moltissima, nulla che si possa definire preoccupante, altrimenti conoscendo i miei cari sarei già finita in pronto soccorso. La sto tenendo sotto controllo io per prima, non preoccuparti.- Spiegò. - E devi fidarti che questa volta sto davvero attenta alla mia salute.- Precisò.
- Proverò a fidarmi. Intanto però ti prescrivo un farmaco per sciogliere l'eventuale catarro e ti chiedo, la notte, di utilizzare per l'ossigeno la mascherina e non i tubi, così da essere tutti più tranquilli.
Non rischi di andare in debito di ossigeno, sia chiaro, ma la prudenza non è mai troppa. Se poi la situazione dovesse continuare così o addirittura aggravarsi richiederò una lastra urgente, è ovvio, ma mi sembra inutile fasciarsi la testa prima di cadere.-
Claudia fu contenta di vedere Francesco più rilassato nel parlare delle sue condizioni.
La diagnosi era stato un duro colpo, gli effetti della prima chemio portavano groppi in gola solo a parlarne, ma la donna confidava nell'iter terapeutico e si sentiva pronta a fare tutto il necessario per guarire.
- E domani cosa farai?- Le chiese poi sedendosi su una sedia accanto a lei, come amico e non più come medico.
La donna sorrise; il giorno seguente, martedì otto luglio, sarebbe stato il suo trentunesimo compleanno, e sarebbe rimasta a festeggiarlo a casa, tranquilla e felice assieme alla famiglia.
- Nulla di particolare, in mattinata verrò a trovarmi Isabella, essendo che non è di turno, e nel pomeriggio guarderò Davide e Guido preparare la pizza che mangeremo poi qui da me la sera assieme a mio padre e alla famiglia di mio fratello.
Inizialmente avevo proposto di andare a cena fuori, o prendere anche solo una pizza da asporto, ma poi mi sono resa conto di aver paura di come potessero essere cucinate, alla lunga le apprensioni dei miei cari sono diventate le mie. Però mio marito ha deciso che un piatto di pasta o qualcosa di surgelato erano una bestemmia come cena di compleanno, quindi ha preferito prendersi la giornata libera e preparare lui stando attento a ogni minimo dettaglio. Credo di aver sposato un santo.-
- Ti ama molto, Claudia, e non è una frase fatta. Non sai quante volte mi è toccato vedere drammi dentro al dramma, famiglie distrutte dall'ammalarsi di lui o di lei. Soprattutto di lei.
Quando ci si giura amore “in salute e in malattia” probabilmente si è certi che non accadrà mai, o che l'amore basterà davvero a rimanere uniti in ogni caso, ma purtroppo non è così.
Davide mi è bastato vederlo in queste due settimane, è troppo innamorato di te per pensare che lasciarti sarebbe meno doloroso di rimanere qui in questa situazione.
Può sembrare banale, ma significa moltissimo avere la forza di esserci quando le cose non vanno bene, vuol dire che si è davvero più forti di tutto il resto.-
- Lo spero, Francesco, spero davvero di poter avere mio marito al mio fianco fino alla fine della malattia. E dopo, ovviamente, quando la nostra vita potrà ricominciare a scorrere in modo quasi tranquillo.- Commentò la donna.
Poi si fece triste e chiese all'amico una cosa il cui solo pensiero era peggio di altre mille diagnosi di tumore.
- Frà... La chemio mi renderà sterile, non è vero?-
Il medico trasalì.
Prima o poi, con quelle parole o con altre, la domanda sarebbe arrivata, perché gli effetti delle terapie antitumorali sulla fertilità li conoscevano tutti, anche chi- a differenza di Claudia- non aveva studiato medicina.
L'oncologo decise di essere possibilista, conscio del fatto che lei avrebbe capito da sola quanta verità, e speranza, vi fossero nelle sue parole.
- Non è una certezza, anche se non posso negarti che ci sia questa possibilità, sì. Purtroppo penso tu sappia che per avere risposte attendibili dovremo aspettare fino alla fine delle cure.-
Lei annuì.
- Potrei andare in menopausa a poco più di trent'anni, quando ci sono donne che alla mia età ancora non hanno avuto il primo figlio, è così assurdo.
Sai, prima di sapere della malattia stavo pensando di parlare a Davide del fare un secondo figlio. Col lavoro era impensabile, ma adesso avrei avuto tutte le possibilità. Guido ormai ha sei anni, aspettare ancora non avrebbe avuto senso, e mi sentivo pronta a ricominciare con pappette e pannolini, magari con una figlia femmina...-
Francesco si sentì improvvisamente in colpa e sibilò uno “scusami”.
- E per cosa?- Chiese Claudia stranita.
- Io avrei potuto, anzi, avrei dovuto essendo tu una mia paziente oltre che amica, parlarti del congelamento degli ovuli come misura preventiva per avere la possibilità di essere nuovamente madre in futuro, è prassi.
Ma stavi così male, eri così testarda quando ti sei presentata nel mio studio per la prima visita, e lo stesso al momento della diagnosi, che io ho voluto solo farti capire quanto gravi fossero le tue condizioni e quanto rapidamente avresti dovuto iniziare le terapie. Se vorrai denunciarmi per danni sarai liberissima di farlo, so che il desiderio di maternità di una donna non è qualcosa su cui si possa scherzare.- Disse serissimo e con l'aria decisamente mortificata.
Ma Claudia, per quanto poco ci riuscisse, era scoppiata a ridere.
- Un'altra donna probabilmente prenderebbe davvero in considerazione l'idea della denuncia, Francesco, ma credo anche che in un'altra situazione, magari con meno coinvolgimento emotivo, tu avresti dato alla paziente tutte le informazioni necessarie.
E poi io devo solo ringraziarti... se non ci fossi stato tu, qualcuno di cui fidarmi, non avrei mai trovato la forza di accettare quel che mi stava accadendo, visto che credo lo sappiamo ormai tutti che io fossi perfettamente a conoscenza del fatto di essere malata di cancro ma non avessi il coraggio -forse perché ero stupida e illusa- di fare qualcosa, e se mi fossi trovata a dover mettermi in contatto con medici che non conoscevo sarei ancora lì ad attendere il malore devastante che, nella migliore delle ipotesi, mi avrebbe portata ad un ricovero urgente.- Gli rispose con gli occhi leggermente lucidi.
- E sapevo anche della possibilità di divenire sterile e dei metodi per evitarlo.- Aggiunse. - Ma ho preferito non fare nulla; ho un figlio bellissimo, e se quando sarò guarita ricomincerò ad avere le mestruazioni potrò tentare una seconda gravidanza, facendo naturalmente tutte le analisi e cure del caso, ma se il mio corpo mi dirà che non potrò diventare nuovamente madre tenterò di accettarlo.
Non dico che sarà facile, ma ho una famiglia meravigliosa e avrò superato il cancro, dubito che non riuscirei a trovare qualcosa per cui vale la pena vivere.-
Francesco la ascoltava con orgoglio e ammirazione, si sentiva onorato ad avere come amica una donna così forte. L'aveva conosciuta giovanissima e l'aveva vista crescere sia nel privato che nel professionale, rimanendo sempre ammaliato dal suo modo di essere; caparbia, combattiva ma anche capace di piangere e farsi rassicurare quando ne aveva bisogno.
Le sorrise.
- Bene, direi che per oggi è tutto. Domani ho i turni incastrati malissimo e purtroppo non riuscirò a venire a farti gli auguri di persona come vorrei, ma appena ho un attimo ti chiamo, sperando di non disturbarti proprio in un momento in cui riposi.-
- Stai tranquillo, il tuo lavoro è decisamente molto più importante del mio compleanno o del mio riposo.- Rispose.
Si salutarono pochi minuti dopo e Claudia, felice ma stanca per via quella conversazione amichevole e di quella visita andata abbastanza bene, si mise a sonnecchiare.
La giornata seguente fu una giornata felice come poche ce ne erano state nel mese precedente.
La mattinata con l'amica fu molto piacevole, Isabella aveva sempre qualcosa di interessate da dirle o raccontarle, e inoltre era arrivata con un pacchettino molto ben incartato per la festeggiata.
Il regalo, in realtà, era doppio; una classica collanina di Tiffany con il ciondolo di argento a forma di cuore e un pacchetto per un week-end di coppia da passare alle terme. - Sono stata molto in dubbio su questo.- Aveva confessato mentre Claudia la ringraziava. - Ma poi ho pensato al modo in cui continui a guardare al futuro e ho creduto lo avresti apprezzato. Spero solo di non essermi sbagliata, tesoro.-
- Affatto.- Rispose l'altra. - Non so quanto sia vero che l'essere positivi aiuti a guarire, ma mettere il tuo regalo in bella vista sul comò sarà sicuramente un motivo in più per voler guarire.
Mentre questo.- Disse tenendo tra le dita la collana che aveva già indossato. -Starà con me giorno e notte. Anche in ospedale, se me lo consentiranno.-

- Spero davvero ti possa portare fortuna.- Le augurò Isabella.
Francesco telefonò intorno alle undici, avendo così anche l'occasione di salutare l'altra donna, che non era propriamente una sua amica ma conosceva abbastanza bene da aver piacere di farci quattro chiacchiere ogni tanto.
Come avevano deciso, nel pomeriggio si misero tutti e tre, Claudia, Davide e Guido, a preparare l'impasto per la pizza, ma verso le quatto e mezza i due uomini di casa, con la scusa che se voleva stare sveglia quella sera doveva assolutamente riposare, rilegarono la mamma in camera sua e andarono avanti a cucinare da soli.
Il motivo di quel riposo forzato la donna lo capì subito dopo cena, prima del caffè, quando, mentre lei, il padre e la famiglia di Gianluca erano ancora seduti al tavolo del salone, il marito e il figlio sparirono per un attimo per poi tornare con una torta al cioccolato dall'aspetto molto invitante con sopra trentuno candeline.
- Non potevo permettere che tu festeggiassi il tuo compleanno senza una torta.- Spiegò il magistrato. - E visto che acquistarla non sarebbe stato opportuno io e il signorino qui presente abbiamo trovato il tempo di prepararla.- Raccontò scuotendo dolcemente i capelli del bambino.
La festeggiata spense le candeline con diversi soffi, cosa a cui era obbligata date le sue condizioni, esprimendo un desiderio che no, non riguardava la sua salute.
La torta era davvero buona come appariva, e i due cuochi, soprattutto il piccolo, ricevettero un sacco di complimenti. In fine, prima di salutarsi, la donna scartò i regali che le erano stati fatti.
Alcuni libri, una moleskine con una pregiata penna, un lettore musicale con più memoria di quello che già possedeva, tutte cose che le sarebbero state utili sia in ospedale che fuori, una volta guarita.
Solo il marito aveva pensato poco alla situazione e tanto alla donna che amava, regalandole un prezioso anello.
Sapeva che Claudia, forse perché faceva un lavoro in cui le mostrava spesso, era fissata con le mani, che dovevano sempre essere perfettamente curate, dalla pelle alle unghie, e a lui era sempre piaciuto, nelle occasioni importanti, donarle anelli o bracciali particolari per impreziosirle ancora di più.
Non fecero molto tardi, verso le undici la casa si svuotò e neanche mezz'ora dopo tutti erano a letto, ma per la prima volta ebbero la sensazione di vedere Claudia stanca per qualcosa che non fosse la malattia.
Dalla mattina successiva ripresero la loro vita tranquillamente, e il venerdì, più liberi del solito perché la mattina dopo sarebbero stati tutti a casa, invitarono a casa il signor Oreste per passare la serata insieme.
L'uomo continuava a lavorare nella sua piccola libreria ogni qualvolta potesse, e alla fine aveva anche accettato il suggerimento della figlia di cercare qualche giovane che potesse aiutarlo, anche se fino a quel momento non aveva trovato nulla.
Per passare il tempo, dopo cena, avevano scelto qualche gioco da tavola, sicuramente meglio del passivo guardare la televisione.
Aveano giocato per un poco a Scarabeo, ma poi Guido, che iniziava a scrivere qualche parola ma ancora aveva molte difficoltà, si era detto annoiato dal poter partecipare poco, così erano passati al Monopoli.
Si erano divisi in due squadre, i genitori contro nonno e nipote, e la battaglia era iniziata senza esclusione di colpi fino a quando, mentre il Signor Oreste e il piccolo festeggiavano l'acquisto di Parco della Vittoria, Claudia non iniziò a tossire, e fu subito chiaro a tutti che non si trattava di un colpo di tosse da poco.
La donna fece segno verso i polmoni facendo capire che non respirava, e il clima di gioia che regnava fino ad un attimo prima fu distrutto.
Il padre, per quanto disperato, trovò la forza di prendere il nipotino e portarlo in un'altra stanza, mentre Davide in lacrime chiamava il 118 e tentava di tenere la moglie sveglia e col busto sollevato, provando a dirle parole di incoraggiamento.
Se avesse tenuto sotto controllo l'orologio si sarebbe accorto del fatto che tra la sua telefonata e l'arrivo dei soccorsi erano passati addirittura meno di dieci minuti, ma a lui era parso un tempo infinito, soprattutto perché poco prima che i paramedici entrassero in casa Claudia era svenuta, e ai primi controlli tutte le funzioni vitali -respiro, battito, pressione- erano al minimo.
I soccorritori fecero il possibile lì, nel salotto di casa, poi la caricarono sull'autoambulanza con Davide al seguito, che con gli occhi lucidi e la voce roca giurò al suocero che l'avrebbe contattato non appena vi fossero state novità.
Fu una corsa contro il tempo quello verso l'ospedale,  e mentre tutti si adoperavano per aiutare Claudia lui le teneva la mano guardando i suoi occhi chiusi, non sapendo se li avrebbe mai rivisti aperti.
Seguì la barella fino a che gli fu possibile, poi la vide sparire tra medici, infermiere, tubi e flebo.
E si sentì perso, vuoto, solo.

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