L'apprendista di Ollivander

di Jules_Weasley
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Che ci fai qui? ***
Capitolo 3: *** L'arte della pazienza ***
Capitolo 4: *** Un'inaspettata proposta ***
Capitolo 5: *** Il trasloco ***
Capitolo 6: *** Cena in Grimmauld Place ***
Capitolo 7: *** L'annuncio ***
Capitolo 8: *** Casa Lovegood ***
Capitolo 9: *** Il battesimo di Hermione ***
Capitolo 10: *** Di litigi e Crostatine Canarine ***
Capitolo 11: *** Baci Mancati ***
Capitolo 12: *** Il nocciolo della questione ***
Capitolo 13: *** Gelsomino ***
Capitolo 14: *** Ciao, Granger! ***
Capitolo 15: *** Missive via gufo ***
Capitolo 16: *** Stranamente piacevole ***
Capitolo 17: *** Maledetto Mercoledi ***
Capitolo 18: *** Not the only one ***
Capitolo 19: *** La verità, Hermione ***
Capitolo 20: *** Rosso Rubino ***
Capitolo 21: *** Personal Riddle ***
Capitolo 22: *** Stai con me ***
Capitolo 23: *** Scandal ***
Capitolo 24: *** Stubborn Love ***
Capitolo 25: *** Muri di gomma e foreste di legno ***
Capitolo 26: *** Brindisi ***
Capitolo 27: *** Domenica alla Tana ***
Capitolo 28: *** Esperimento (non proprio) riuscito ***
Capitolo 29: *** Passo dopo passo si arriva sulla vetta ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


L'APPRENDISTA DI OLLIVANDER


PROLOGO



In una fredda serata di febbraio, Hermione Jean Grager si Materializzò a Diagon Alley, nei pressi della bottega di bacchette di Ollivander.

Prima di entrare, si guardò intorno circospetta, ma il timore di essere vista era totalmente infondato, dal momento che Diagon Alley, a quell'ora tarda e con quel gelo micidiale, appariva completamente deserta. L'insegna in lettere d'oro scristate era la stessa: Ollivander fabbrica bacchette di qualita superiore dal 382 a.C.

Dopo un istante che parve interminabile la strega si decise ad aprire piano la porta, per produrre il minimo rumore possibile: all'interno c'era calma piatta.

Spinse ancora in avanti la porta, e il tintinnio di un campanello appeso in alto sull'uscio risuonò nell'aria, facendola sussultare. Ancora nessuno.

Mosse qualche passo incerto verso il bancone, e solo a quel punto udì un guizzo; Ollivander sbucò all'improvviso da uno scaffale, appeso alla scala. Per la seconda volta in qualche minuto, Hermione sussultò, sorpresa.

Un agile balzo, degno di un giovincello, e il vecchio era ritto sul pavimento che la scrutava – Hermione non avrebbe saputo dire se con favore o meno, dato che gli occhi scoloriti del vecchio erano impenetrabili. L'uomo sembrava aspettare che fosse lei a fare la prima mossa, ma quando vide che non ne era intenzionata, si schiarì la voce con un colpetto di tosse.

"Posso aiutarla?" chiese.

"Sono Hermione Granger, signore" esordì lei timorosa, "forse lei non si ricorda...".

"So perfettamente chi è lei" ribatté il vecchio, piccato. Hermione si sforzò di sorridergli per farsi perdonare: doveva immaginare che un uomo anziano si sarebbe risentito nel sentirsi dare dello smemorato. "Ricordo per filo e per segno il giorno in cui comprò la prima bacchetta, signorina Granger. Vite, corda di cuore di drago, dieci pollici e tre quarti, molto elastica*" la lasciò senza parole. "Senza contare il fatto che lei, Harry Potter e Ronald Weasley mi avete salvato dalle grinfie dei Mangiamorte, quella volta a Malfoy Manor. E, se non erro" aggiunse, la voce imperscrutabile proprio come l'espressione del volto, "fu proprio in quell'occasione che lei perse la bacchetta". Hermione annuì.

"Ne comprai un'altra dopo la fine della guerra..."

"Faggio e crine di unicorno, undici pollici, molto flessibile*" affermò con compiacimento. Aveva sempre fatto un punto d'onore del ricordare ogni singolo pezzetto di legno venduto ai clienti. Sembrava anche un po' stizzito, però.

Strano, pensò Hermione, non me lo ricordavo così burbero!

Forse non era poi una brillante idea quella che aveva avuto, dato che per il momento nè l'ambiente nè il proprietario la mettevano a proprio agio. Gli riservò un sorrisetto di circostanza, aspettando che fosse lui a parlare – non sapeva neanche lei perché, visto che era stata lei a recarsi lì.

"Dunque, cosa posso fare per lei?" ripetè, stavolta leggermente scocciato. Hermione si schiarì la voce e iniziò a torcersi le mani, nervosa e incerta sulle parole da usare.

"Ehm" non era un grande esordio, "sono di ritorno da un lungo viaggio, signore".

"Me ne rallegro" rispose con una punta di dileggio. "Le spiace arrivare al nocciolo della questione? È davvero molto tardi" osservò dopo aver estratto e contemplato l'orologio da taschino, d'oro massiccio.

"Ci arrivo subito" asserì decisa. "Io voglio che lei mi assuma come apprendista" andò dritta al sodo. "Mi sono licenziata dal Ministero Della Magia per una serie di motivi, e ora non ho un lavoro. Dopo una vita di scartoffie e libri e teoria, voglio vedere se anch'io sono in grado di costruire qualcosa con le mie mani e se ho un minimo di senso pratico". Le sembrava una buona sintesi delle proprie intenzioni, anche se aveva escluso tutti i motivi personali che l'avevano portata alla decisione di dimettersi dall'Ufficio Misteri*, scelta della quale neppure lei comprendeva a fondo le motivazioni – per una volta in vita sua aveva agito d'istinto.

Ebbe la sensazione di averlo sorpreso, anche se lui non lasciò trapelare alcuna emozione. Lo capì solo da un rapido guizzo negli occhi del vecchio: affascinato, stupito, confuso. Era durato solo un secondo, ma le era bastato; riusciva a leggere anche le persone, oltre che i libri.

"Non ho mai avuto apprendisti" rispose dopo aver scarsamente soppesato la richiesta.

"Lo so" si affrettò a dire Hermione, "ma le chiedo di darmi una possibilità; non è obbligato ad assumermi. Mi metta in prova, mi insegni a fabbricare bacchette: lei è l'unico che può" sperava che le lusinghe funzionassero.

Nella mente di Olivander si affollarono diversi pensieri: perché avrebbe dovuto accettarla? Un'apprendista senza esperienza alcuna, solo dedita alla cultura e a tomi giganteschi. Ma il maggiore punto interrogativò era: perché lei voleva imparare l'arte delle bacchette? Aveva una promettente carriera al Ministero, e tutto ciò non aveva alcun senso.

No, no, no: doveva rifiutarsi!

Per questo disse:

"D'accordo, signorina Granger" la voce incolore. Hermione strabuzzò gli occhi.

"Grazie mille, signore" rispose lei, piacevolmente sorpresa.

Cinque minuti dopo, quando uscì e il freddo le penetrò fin dentro le ossa, non se ne curò minimamente. Il vento gelido le sferzava il viso, e lei sentiva una pace interiore che non provava da anni – più o meno da quando era finita la guerra. Per una volta, Hermione Jean Granger rompeva gli schemi – e la cosa, benchè la agitasse, la faceva anche sentire bene. Come fosse possibile, non avrebbe saputo dirlo; ma era consapevole che, in quel momento della sua vita, era la cosa giusta da fare.








NOTE AL CAPITOLO *

1- questa è la prima bacchetta di Hermione, quella che ha per tutta la saga, finchè non le viene sottratta a Villa Malfoy nel settimo libro (quando viene torturata da Bellatrix Lestrange e il Golden Trio salva Ollivander).

2- questa bacchetta l'ho inventata io; immagino che dopo aver perso la propria (non so se l'abbia mai recuperata) Hermione se ne sia scelta un'altra (o meglio, la bacchetta ha scelto lei, come direbbe il buon Garrick).

3- in realtà secondo la Rowling Hermione non va a lavorare all'Ufficio Misteri, ma a quello per la Regolamentazione delle Creature Magiche mi sembra. Comunque, io l'ho collocata lì, e tra l'altro per la mia storia non fa alcuna differenza.





ANGOLO AUTRICE (sopportatemi!)

Salve a tutti,

eccomi di nuovo con una malsana idea. So che devo ancora pubblicare l'epilogo di Una Strega in famiglia (e infatti la prossima volta quello avrà la precedenza), ma questa storia mi ronzava in testa da un po'.

Stavolta non c'è la nuova generazione, è tutto incentrato sui vecchi personaggi. Premetto che non voglio urtare la sensibilità dei fan della Romione (tra i quali figuro anche io!). Non ho la più pallida idea di come mi sia saltata in mente questa trama.

E premetto che mentre ho letto tre Dramione in tutto (che per inciso non mi sono piaciute granchè), non ho mai letto una Fremione (ci ho provato un paio di volte e sono rimasta delusa a circa metà del primo capitolo – probabilmente ci saranno belle Fremione e sono io che sono stata sfortunata eh!).

Questo per dire non che penso di poter fare meglio, anzi: ho paura di sbagliare qualcosa in questa FF (perché toccare i personaggi di zia Jo è un rischio lol) e spero di non deludere le aspettative di chi sarà tanto buono e paziente da seguirmi.

La trama ha Hermione come protagonista, ma ci sono tutti i vecchi cari personaggi Potteriani. Siamo nel post-guerra, ma alcune cose sono diverse da come le ha pensate la Rowling. Fred Weasley non è morto, come non è morta Lavanda Brown. Come ho detto nella presentazione, non vi svelo se questa storia è una Dramione o una Fremione – se vi interessa dovete andare avanti con la lettura perché sono irremovibile su questo punto ;)

Voglio sperimentare qualcosa di nuovo, o riabilitare una coppia che non mi ha mai soddisfatta? Forse voglio solo raccontare la storia di una ragazza.

Mi sembrava originale una Hermione che decide di non fare quello che ci si aspetta da lei. La guerra l'ha cambiata, almeno in parte. È un po' meno precisina e inquadrata, ma è sempre la So-Tutto-Io Granger.

Come mai ha deciso di licenziarsi dall'Ufficio Misteri, dove aveva una folgorante carriera davanti a sè? E perché è stata via per mesi? Ron è ancora nella sua vita oppure qualcosa li ha separati? Ora che è tornata in Inghilterra deve riprendere in mano le redini della propria vita e capire cosa vuole veramente. Ollivander la aiuterà in questo percorso verso la conoscenza di se stessa o sarà sempre scostante come in questo prologo?

E Fred Weasley che ruolo avrà in tutto ciò?

E quale sarà, invece, il ruolo di Draco Malfoy?

Queste sono le domande, la risposta è la storia! (frase che adoro, tratta dal film Questione di cuore con Kim Rossi Stuart e Antonio Albanese).


Ah, una cosa :D

Se volete seguire questa storia, non giudicatela frettolosamente, perché potrebbe riservare delle sorprese (almeno per come ce l'ho in testa ora è così). Poi magari vi fa schifo eh, però non bollatela in fretta e abbiate fede ;)


Ci becchiamo all'epilogo di Una strega in famiglia gente!

Mi raccomando datemi pareri anche per sapere se vale la pena continuare a pubblicare L'apprendista di Ollivander. Bacioni a tutti,

Jules




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Capitolo 2
*** Che ci fai qui? ***


CAPITOLO UNO – Che ci fai qui?


"Pronto?" biascicò una voce amica dall'altro capo del telefono.

"Ehi, Harry!". Hermione si era rifugiata in un angolino riparato di Diagon Alley, per non morire assiderata mentre telefonava al Ragazzo Sopravvissuto.

"Hermione, sei tu?" chiese Harry incerto. "Da quando mi telefoni?!". Lei sbuffò.

"Da quando ho scoperto che sei in possesso di un cellulare babbano" rispose, ovvia.

"Beh... è sicuramente più veloce di un gufo" osservò lui.

"Sei acuto per essere un Auror!" fece, ironica. Lo sentì ridere dall'altra parte, segno che non se l'era presa a male per il sarcasmo.

"Sempre la solita!" ribattè il suo migliore amico. "Antipatica e pedante!".

Sempre la solita...

Lo era davvero? Perché lei sentiva di essere cambiata – e parecchio. Le andava tutto stretto, ultimamente, e si sentiva soffocare in ogni situazione. Qualche tempo prima l'avevano promossa all'Ufficio Misteri – con conseguente aumento di stipendio. Eppure, eccola lì: si era dimessa senza una ragione plausibile, lasciando tutti di stucco – compresa se stessa.

Di notte, gli incubi la tormentavano: Voldemort e i Mangiamorte, Nagini che strisciava sul pavimento nero dell'Ufficio Misteri, Bellatrix Lestrange che la torturava e le scriveva sanguemarcio* sul braccio. Si destava madida di sudore e inquieta tra le lenzuola; Ron dormiva accanto a lei: non si svegliava mai, non la consolava mai, non l'aiutava mai. Aveva smesso di farlo da un pezzo, in effetti.

Le riusciva difficile credere che quello fosse il ragazzo con il quale aveva affrontato peripezie indicibili. Le sembrava passata una vita dai tempi del Golden Trio, mentre a volte era come se la guerra fosse finita da soli cinque minuti; non sapeva spiegarsi quella strana percezione del tempo che aveva sviluppato.

La parte forte della coppia era sempre stata Hermione: non aveva potuto appoggiarsi a Ron, perché era solo lui ad appoggiarsi a lei.

Non era normale, non era giusto, non era sano. Lo vedeva con Harry e Ginny, che si sostenevano a vicenda – nessuno dei due doveva sempre mostrarsi inossidabile.

"Hermione, ci sei? Guarda che scherzavo..." fece Harry, preso in contropiede da quel silenzio prolungato.

"Lo so" si affrettò a rispondere, "e ti chiamo per pura convenienza, sappilo. Mi serve un favore" comunicò sbrigativa.

"Tutto per te!" rispose gentile.

"Potreste ospitarmi stanotte? Sai... sono appena tornata e non so dove andare".

La fine della convivenza con Ron, durata due anni, l'aveva privata anche della casa, visto che era di Weasley e non sua. Sentì Harry mugugnare.

"Io e Ginny siamo in trasferta al momento" spiegò Potter. "Cioè, lei è in trasferta con la squadra e io la guardo giocare" precisò. "Siamo in Irlanda".

"Oh" fece lei, un po' delusa.

"Ovviamente" riprese, "puoi Materiallizzarti direttamente a casa nostra e dormirci, non credo di dovertelo dire". Hermione sorrise rincuorata, pensando che avrebbe dovuto fare un monumento al Ragazzo Sopravvissuto, che l'aveva appena salvata dal barboneggiare indecorosamente per le strade di Londra.

"Sei il migliore!".

"Lo so" si atteggiò, ma era sicurissima che stesse ridendo. "Ora devo andare da Ginny – è piuttosto agitata per la partita. Ci vediamo presto" la salutò, "e non dare rave party in casa".

Quando riagganciò il telefono, Hermione si sentì a dir poco sollevata: aveva un posto dove passare la notte, aveva una sottospecie di lavoro, e aveva degli amici dal cuore d'oro. Riguardo a Ollivander, continuava a chiedersi se fosse una buona idea o meno, ma in fin dei conti cos'aveva ormai da perdere? Però certo... Fare le bacchette non era solo teoria: si andava a gusto, a sensazione, a tatto, a naso.

Insomma, non c'erano manuali che tenessero, di fronte all'esperienza; e non era decisamente il suo campo. Non che si aspettasse di raggiungere la perfezione di Gregorovich o dello stesso Ollivander, ma almeno di non fare una figura barbina.

Si Materializzò a Grimmaud Place n.12* con una fitta al cuore – le ricordava l'Ordine della Fenice, Sirius, Tonks, Lupin, Voldemort.

Ma entrò comunque, senza paura.

Ovviamente la casa era stata modificata parecchio dai nuovi proprietari: ora tutto era arioso e luminoso, privo della precedente sensazione di oppressione che assaliva chiunque vi mettesse piede. Irriconoscibile. Legno chiaro, finestre e vetrate ampie, colori caldi e cornici con foto di famiglia torreggiavano su ogni superficie libera. Persino il ritratto della madre di Sirius era stato – faticosamente - rimosso.

Avanzò di qualche passo nell'ingresso silenzioso, e poi salì le scale per raggiungere la zona notte. Sapeva che l'unica stanza di casa Black a non essere stata toccata era quella di Sirius.

Neanche a dirlo, Hermione intendeva occupare quella che era diventata la camera degli ospiti – non si sarebbe mai permessa di appropriarsi della camera di Harry e Ginny. Letto singolo, piccolo armadio, comodino, fuoco nel caminetto e qualche libro da leggere era tutto ciò di cui necessitava – oltre a una doccia.


Uscì sul pianerottolo e si recò in bagno agognando l'acqua calda che le scorreva lenta sul corpo; ma non appena ebbe aperto la porta, dovette rinunciare a quell'immagine rilassante: era occupato. Il bagno di casa Potter/Weasley era occupato!

Caldi fumi salivano vaporosi fino al soffitto: qualcuno stava usufruendo della sua desiderata doccia – cioè la doccia di Harry e Ginny. I padroni di casa erano fuori, quindi chi diavolo era che si stava lavando con tanto zelo?

Se lo stava chiedendo quando una figura maschile piuttosto alta – e fortunatamente offuscata dal vapore – uscì dal box doccia.

"Granger!" fu l'esclamazione sbalordita del ragazzo. "Che ci fai qui?". Nel frattempo Hermione aveva voltato le spalle per non guardare quello spettacolo indecente.

"Copriti per cortesia!" intimò severa, e lo sentì ridacchiare distintamente.

"Sono coperto, ti puoi girare" le comunicò , evidentemente divertito dalla situazione. Si voltò verso di lui, e scoprì che era "coperto" da un asciugamano, fortunatamente abbastanza ampio. Evidentemente il suo concetto di "coprirsi" non corrispondeva esattamente a quello di Hermione, che pensava più a qualcosa come un mantello di lana grezza. Si sforzò di guardarlo solamente in faccia, mentre chiedeva:

"Si può sapere che ci fai qui, Fred?" il tono inquisitorio, visibilmente scocciata.

"Potrei chiedere lo stesso a te, Granger!" protestò, contrariato. Hermione brontolò.

"Possiamo rimandare i convenevoli a più tardi? Ora, se non ti dispiace, vorrei asciugarmi e vestirmi – sai com'è, siamo a Febbraio! Non sono pudico, ma freddoloso sì!" le fece notare.

"Va bene" concesse Hermione, "ti aspetto giù".

Scese le scale e si diresse in cucina, stravaccandosi su una sedia. Era troppo bello per essere vero; doveva esserci qualche intoppo nella serata, o sarebbe stata troppa fortuna tutta insieme. Possibile che la famiglia Weasley la perseguitasse ovunque? Proprio ora che non ne faceva più parte si trovava davanti un Fred mezzo nudo e gocciolante, nell'appartamento dov'era lei. Roba da matti!

Quando la figura alta di Frederick Weasley apparve sulla soglia della cucina, Hermione affermò senza preamboli:

"Sono ospite di Harry".

"E io di mia sorella" ribattè il roscio, per niente intimidito dal suo tono lapidario.

Hermione comprese che Harry e Ginny, all'insaputa l'uno dell'altra, avevano ospitato due persone diverse per la stessa nottata.

"Io sono appena tornata da un viaggio".

"Sì? Non avevo notato la tua assenza..." osservò caustico. Era stata via per mesi e adesso era ricomparsa, era ovvio che la "scomparsa" fosse stata notata.

"Tu invece?" chiese lei ignorando il tono sarcastico del roscio. "Credevo avessi una casa". Fred sbuffò e si lasciò cadere sulla sedia accanto a quella di Hermione.

"Infatti ce l'ho; ma è invasa da cacche di Doxy* e cavallette giganti" spiegò, lasciandola a dir poco disgustata dall'immagine. "Più qualche formica alata" aggiunse in tono leggero, come se si trattasse dell'appartamento del vicino, anzichè del suo.

"E George?" domandò. Era strano che non fossero insieme: dov'era Fred era George, da sempre. Era una legge magica, più o meno.

"Da Angelina*" grugnì in risposta.

"Non sembri molto contento a riguardo" osservò Hermione.

"Noto con piacere che non ti sfugge niente, Granger!" la prese in giro.

"Come sei simpatico, Weasley!", ribattè a tono.

Fred rise ed Hermione si trovò a pensare che se fosse stato Ron si sarebbe offeso a quello scambio di battute. Era permalosissimo, anche più di lei – e lei sapeva di esserlo. Invece, se c'era una cosa che le era sempre piaciuta di Fred, era che non si offendeva quasi mai.

"Allora" ripartì all'attacco, "sei geloso?".

"Di George?" soffiò lui.

"Veramente parlavo di Angelina – mi ricordo che portasti lei al Ballo del Ceppo, e non ho mai...". Fred la interruppe, dicendo:

"Smonto subito la tua brillante ma fasulla teoria: non mi piace Angelina" specificò, come se l'avesse offeso. "Siamo andati al Ballo del Ceppo insieme, è vero; ma ero al sesto anno! Tu ci sei andata con Krum" aggiunse, "e non mi pare tu l'abbia sposato".

A queste parole, Hermione distolse lo sguardo frettolosamente, pregando che Fred non se ne accorgesse.

"Quindi ti infastidisce che George si sia fidanzato?".

Fred si era accorto perfettamente del cambiamento di lei, ma decise di ignorarlo per farle un piacere; si vedeva che non era in vena di parlare di... qualunque cosa l'avesse causato.

"Non fraintendere" iniziò, "Angelina è a posto, però ecco... mi sento un po' solo. George passa meno tempo con me". Aveva risposto sinceramente, e a Hermione sembrò strana quella versione fragile dello sfrontato, sfacciato e casinista Fred Weasley.

"Oh, andiamo" tentò di consolarlo, "non fare il melodrammatico. Gestite un negozio voi due, di tempo insieme ne passate, no? Come vanno i Tiri Vispi Weasley?" si informò gentilmente. Sapeva di fargli piacere, perché non c'era argomento che lo entusiasmasse più di quello – o, se c'era, Hermione non ne era a conoscenza.

"Alla grande, Granger! Si fanno un sacco di galeoni, credimi".

"Allora perché sei qui a infastidirmi anzichè in albergo?" disse lei, pungente.

Fred la fulminò con lo sguardo, ma alla fine si strinse nelle spalle.

"Mi fanno tristezza" rispose semplicemente. "Sono squallidi".

Un po' le dispiaceva di non trovare mai un modo per stuzzicarlo – dato che lui, quanto a infastidirla, se la cavava piuttosto bene.

"E tu?".

"Te l'ho detto: non ho ancora una casa" glissò abilmente. O almeno, era quello che sperava di fare. "Nei prossimi giorni cercherò un appartamento; sono stata fuori sei mesi".

"Sette" la corresse, stupendola con quella precisione. Stupì Fred stesso, veramente.

"Come lo sai?" aggrottò le sopracciglia, come aspettando chissà che rivelazione.

"A dire il vero..." rispose sincero, "non ne ho idea; me lo ricordo e basta. Quello che so per certo è che sei partita senza salutare, e che l'abbiamo saputo da Harry e Ginny". Non aveva un tono propriamente benevolo, mentre lo diceva. Hermione si sentì biasimata, e non potè dargli torto.

"Mi spiace essere partita all' improvviso, volevo solo... cambiare aria" si giustificò.

"Uhm" mugugnò il roscio. "Dove sei stata?" chiese poi, con studiata noncuranza.

"Fred" mise le mani avanti, "ti spiace rimandare a domani? Sono molto stanca, ed è tardissimo". Lui sembrò sul punto di voler ribattere, ma si trattenne e biascicò un: "Ok" con una scrollata di spalle.

Hermione si alzò, giudicando che quello fosse il momento migliore per battere in ritirata verso il letto. Si avvicinò alla porta della cucina, scontrandosi con Fred, che aveva fatto lo stesso movimento nel medesimo istante.

"Prima le signore". Le cedette il passo cavallerescamente, anche su per le scale. Si separarono sul pianerottolo dandosi la buonanotte. Ovviamente, Fred non ci aveva pensato due volte a prendere la stanza di Harry e Ginny – letto più grande e tutto il resto. Hermione sorrise tra sè e sè e si disse che no, certe cose non cambiano mai. Si chiuse la porta alle spalle, dicendosi che per il momento aveva evitato lo spinoso argomento costituito dal groviglio di emozioni che provava. Certo, aveva anche promesso di riprendere il discorso all'indomani, ma non se ne preoccupò. Spense la luce e, contrariamente ai propri pronostici negativi, in capo a cinque minuti scivolò tra le braccia di Morfeo.




Frattanto, Fred Weasley - strano ma vero - si rigirava nel letto da mezz'ora senza dormire. Il sonno gli era completamente stato risucchiato via dagli occhi della Granger. Ebbene sì: gli occhi della Granger gli avevano comunicato un senso di disagio – come se quel ritorno le fosse stato imposto.

Conoscendola, era probabile che fosse così, ovviamente per sua stessa imposizione: era solita forzarsi a fare qualunque cosa, se la riteneva opportuna – a differenza di Fred.

Come quando voleva convincerlo che lasciare la scuola era sbagliato, che non doveva provocare la Umbridge, che lui e George non dovevano darsi a una carriera così bizzarra.

E alla fine, a dispetto di mamma Molly e di Hermione, I Tiri Vispi avevano funzionato alla grande e i gemelli avevano dimostrato di avere ragione.

Sebbene la Granger facesse sempre la cosa giusta, Fred non riusciva mai a capire cosa davvero le sarebbe piaciuto fare, se non avesse dovuto seguire le sue amate regole.

Del resto quella sera aveva visto qualcosa di insolito in lei e nel suo sguardo, qualcosa che non aveva mai notato prima di allora; e per un bel po' di tempo rimase con gli occhi sbarrati a riflettere. Poi, finalmente, si addormentò anche lui, scivolando in un sonno tranquillo e senza sogni.





NOTE AL CAPITOLO*

1- Sanguemarcio o sanguesporco è il termine corretto per tradurre il dispregiativo inglese mudblood della versione originale. Mezzosangue infatti (com'era nella traduzione di qualche anno fa) crea confusione. I Mezzosangue sono gli halfblood, ovvero quelli come Harry, che non hanno il sangue puro dei pureblood, del tutto magico. Ma Sanguemarcio è un insulto verso i Nati Babbani, come Hermione.

2- Casa di Sirius è sempre stata un po' cupa, ma con qualche miglioramento ho pensato di farne la casa londinese di Harry e Ginny. In fondo era comunque casa del suo padrino.

3- I Doxy sono spesso scambiati per fate, per la loro minuscola figurina umana (peccato che sia ricoperta di folto pelo nero e abbia un paio di gambe e braccia in più). Hanno ali ricurve e brillanti e depongono fino a 500 uova alla volta e le seppelliscono. Hanno denti affilati e velenosi (cit. Gli Animali Fantastici: dove trovarli).




ANGOLO AUTRICE


Salve a tutti gente!

Pubblico in extremis questo primo capitolo, dato che domani parto per qualche giorno. Spero mi farete l'onore di recensire e farmi sapere come la pensate su questa storia: accetto lodi mooolto volentieri, ma accetto critiche costruttive altrettanto volentieri. Fatemi questo regalo :D

A presto!

Jules

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Capitolo 3
*** L'arte della pazienza ***


CAPITOLO DUE – L'arte della pazienza


La mattina dopo il ritorno a Londra, Hermione si ridestò fresca come una rosa e piena di energia propositiva. Era anche molto affamata, visto che la sera prima aveva saltato la cena. Sgattaiolò fuori dalla stanza in pigiama, sicura che Weasley non fosse ancora sveglio. Raggiunse la cucina e scoprì che la porta era accostata; in piedi, appoggiato al tavolo e intento a sorseggiare una tazza di tè, c'era Fred, con indosso solo un paio di jeans. Era a torso nudo e del tutto a suo agio, perfino quando la vide sulla soglia. Decisamente non era pudico.

Hermione si scoprì a guardare l'addome di lui più attentamente di quanto non volesse; non che ci fosse niente di male, semplicemente non ricordava avesse degli addominali scolpiti.

Il roscio la squadrò un attimo dalla testa ai piedi e distolse lo sguardo, spostandolo sul viso. Aveva i capelli arruffati, shorts morbidi e maglia sformata. Forse non era esattamente il ritratto della sensualità, ma tanto non doveva far colpo su qualcuno quando dormiva.

"Giorno Granger!" disse allegro.

"Giorno Weasley" farfugliò in risposta. "Dormi sempre così?" chiese, indicando la sua tenuta.

"In mutande" rispose senza problemi, "ma ho pensato di infilarmi i pantaloni per non urtare la tua sensibilità se ti avessi incontrato". A Hermione venne da ridere, ma non volle dargli la soddisfazione.

"Premuroso da parte tua!" fece ironica. "Peccato che tu l'abbia già urtata ieri".

"Ehm" borbottò contrariato e divertito al tempo stesso, "tecnicamente sei tu che sei piombata in bagno senza preavviso" precisò.

"Oh, scusa tanto! La prossima volta che voglio farmi la doccia spedisco un gufo".

Nel frattempo stava compiendo una lotta con la parte irrazionale del suo cervello, che continuava a riproporle l'immagine di Fred. Sul serio, da quando aveva gli addominali scolpiti? E sul serio, da quando a lei interessavano gli addominali di Fred? Da mai. Si impose di non pensare nè alla scena del giorno prima, nè tantomeno di fissarlo – non erano in un romanzo Harmony, per Morgana!

Lui, nel frattempo, Evocò un'altra tazza di tè e gliela porse cortesemente.

"Mmh..." mormorò in estasi, "...gelsomino*! Lo adoro!".

"Lo so". Fred non ricordava di aver mai imparato tutte quelle informazioni sulla Granger, ma a quanto pareva ne sapeva parecchio sul suo conto.

"Davvero?", l'aveva sorpresa per la seconda volta in poche ore.

"Alla Tana non facevi altro che ripeterlo a Ron, che ti propinava sempre tè al limone" spiegò.

"Giusto" ridacchiò al ricordo; aveva passato giorni felici alla Tana, e non ne rinnegava neanche uno. "Hai buona memoria, però" commentò sorseggiando.

"Abbastanza, grazie" intascò con disinvoltura uno dei rari elogi di Hermione. "Non ti infastidisce se nomino Ron, vero?" chiese poi, incerto.

"Oh Godric, certo che no!" assicurò. Notò che lui si stava mordicchiando il labbro, e lo trovò un gesto tenero.  "Ron è un capitolo chiuso, Frederick" disse.

Gli piaceva sentir pronunciare il proprio nome completo: non lo faceva mai nessuno – neanche i suoi genitori. Aveva un bel suono, detto da lei. Distolse lo sguardo dal viso della ragazza, portandolo sulla propria tazza.

"Certo" riprese lei sovrappensiero, "ho sofferto per la fine della storia con lui, ma ormai è passato un anno. Ho ventidue anni, non più diciassette". Me ne sono accorto, pensò Fred. Per la prima volta, la sera prima, gli era apparsa... maturata.

Era sempre stata una ragazza giudiziosa, con la testa sulle spalle. Solo che era... diversa – in che modo, non avrebbe saputo dirlo.

"Mi ha tradita, è vero – so che lo sai" disse vedendolo sorpreso da quella schiettezza, "ma so che ci saremmo lasciati comunque" aggiunse saggiamente. "Non eravamo fatti per stare insieme". 

Non c'era rimpianto nella voce di Hermione, più che altro consapevolezza.

"L'ho sempre pensato anch'io" ammise Fred. "Non so come abbiate resistito per così tanto tempo".

Presa in contropiede da quel commento dolorosamente sincero, annaspò in cerca di una risposta decente. Nessuno della famiglia Weasley, esclusa Ginny, aveva mai commentato la fine della storia con Ron; almeno non davanti a Hermione.

Quando l'aveva tradita ne aveva sofferto terribilmente, ma si era anche resa conto che era più una questione di orgoglio che altro. Quell'amore che credeva di provare ancora, si era già dissolto come una bolla di sapone – e aveva scoperto che per Ron non provava più il genere di sentimento che avrebbe dovuto. Quindi, forse, il giorno in cui aveva beccato il suo ragazzo a letto con Lavanda Brown, non era stato così infausto.

"Per inciso" riprese Fred, "tutti in famiglia pensano che lo scambio non sia stato equo".

"Lo scambio?" chiese lei senza capire.

"Già... Ron-Ron ci ha rimesso, direi: Lav-Lav non vale la metà di te". La guardò intensamente, ed Hermione divenne di un bel color pomodoro; continuò a sorseggiare il tè in silenzio.

"Beh... intanto Lavanda una casa ce l'ha; e io sono senza appartamento e senza stipendio".

"Sì, ma la colpa è tua" disse senza troppi problemi. "Sto ancora cercando di capire perché hai mandato a puttane il lavoro al Ministero della Magia...".

Sì... vorrei saperlo anche io, pensò esasperata da se stessa.

"Non te lo so spiegare con esattezza" rispose. "Però posso dirti che uno pseudo-lavoro ce l'ho" aggiunse con soddisfazione.

"Ah" commentò lui senza celare la curiosità, "e sarebbe?". Lei accennò un sorrisetto e scosse il capo in segno di diniego.

"Sono in prova" disse seria, "e per una volta voglio essere scaramantica".

"Cioè non lo saprò finchè non ti avranno assunta?" domandò sbuffando sonoramente, contrariato dalla risposta ricevuta. Hermione annuì, inflessibile nell' intento di non svelare nulla finchè Ollivander non le avesse confermato il posto di apprendista.

"Va bene" replicò lui con una smorfia, "e la casa?".

"Non so" sospirò lei pensierosa. "Non ho voglia di tornare dai miei, ora che sono abituata all'indipendenza; magari mi cerco un appartamento in condivisione, tipo a Diagon Alley".

"Vicino a me, allora" constatò lui. "Io e George stiamo sopra il negozio" le ricordò.

"Lo so" replicò puntigliosa, "anch'io ho buona memoria".

"Tanto meglio, visto che qui non è cambiato niente mentre eri via" fece con voce atona. "L'altro giorno Victoire ha compiuto due anni" raccontò, "ma la sua festa non è mai molto allegra" il tono era insolitamente amaro, "specie per mamma".

Non c'era bisogno che le dicesse il motivo: lo conosceva benissimo da sola. Victoire era nata il giorno del secondo anniversario della battaglia di Hogwarts. Una vittoria da festeggiare, ma anche un grande dolore da ricordare.

"La morte di un figlio è terribile" riflettè ad alta voce.

"La morte è sempre terribile" ribattè lui. Hermione sapeva che il tono rabbioso che aveva usato non era rivolto a lei, ma al pensiero della tragedia che avevano vissuto con la morte di Percy. Proprio quando si era riscattato da quella sudditanza al Ministero che l'aveva precedentemente allontanato, un Avada Kedavra l'aveva strappato alla famiglia appena ritrovata. Hermione poggiò una mano sul braccio di Fred, che al momento si era voltato e le dava le spalle.

"Mi dispiace"; era una affermazione molto banale, ma non le veniva niente di brillante da dirgli – nulla avrebbe fatto la differenza, nulla poteva riportare indietro suo fratello.

"Dispiace a me" rispose lui. "Non so perché ho tirato in ballo la guerra". Si girò e le dedicò un flebile sorriso. "So che fa stare male anche te, Granger...".

Hermione ebbe flash improvvisi della ricerca degli Horcrux, della paura che l'aveva attanagliata ogni notte nella maledetta tenda in cui si trovava con Harry e Ron. Le vennero in mente Greybeck e tutta l'allegra compagnia dei seguaci di Voldemort.

"Vado a vestirmi" annunciò brusca. Voleva distrarsi da quei pensieri nefasti; il roscio annuì senza fiatare e la lasciò andare di sopra a prepararsi.

Venti minuti dopo era vestito di tutto punto e aspettava irrequieto in cima alle scale che lei uscisse dalla sua stanza: voleva controllare che stesse bene. Era indeciso se bussare o meno, quando lei venne fuori di corsa, andando a sbattere contro di lui; sembrò stupita nel vederlo lì.

"Tutto ok?" le chiese, sapendo che avrebbe capito a cosa si riferisse.

"Certo" lo rassicurò.

"Mi sto per Smaterializzare: vado a Diagon Alley" annunciò Fred.

"Vengo con te allora"; gli tese la mano e lui la afferrò.

Circa un femtosecondo dopo si Materializzarono nell'affollato quartiere magico con un sonoro crac, in mezzo a passanti dai cappelli a punta e dalle vesti sgargianti. Gente di tutti i tipi sfrecciava a destra e manca, diretta chissà dove. Hermione si guardò intorno, incantata da quel chiacchiericcio caratteristico e allegro, che le ricordava tanto la prima volta in cui vi aveva messo piede, quando aveva solo undici anni. Poteva ancora sentire l'emozione che aveva provato nello spuntare ogni voce della lista, facendo visita ai negozi. Calderone in peltro, libri, divisa, bacchetta...

Realizzò solo allora di stare stringendo ancora la mano di Fred e la lasciò andare, congedandosi frettolosamente da lui.

Corse verso Ollivander e – quando entrò – il suo passo affrettato fece scricchiolare gli assi di legno antico sul pavimento. Il rumore provocò una spiacevole smorfia di disappunto sul volto del signore anziano ritto in fondo al negozio, dietro il bancone.

"La stavo aspettando" la accolse, il tono asciutto.

Lei fece un sorrisetto di circostanza e salutò educatamente con un: "Buongiorno".

Si tolse rapidamente sciarpa e cappotto e li appese all'attaccapanni, posto all'ingresso della bottega, per poi avvicinarsi al bancone in attesa di un segno o una parola da parte del vecchio. Questi si schiarì la voce in maniera plateale.

"Dunque" esordì solenne, "se ho ben capito lei vuole apprendere i segreti del mestiere". Qui fece una breve pausa e la squadrò perplesso; Hermione annuì, senza proferire verbo.

"Nonostante io non abbia mai tenuto nessuno a lavorare con me" proseguì, "voglio concederle una chance. Lei è in prova da oggi, ma sia chiaro che solo se ha la stoffa giusta la prenderò a lavorare con me in via definitiva. Altrimenti" aggiunse, "tornerà al suo Ufficio Misteri". Lo disse come se lavorare al Ministero della Magia fosse una insulsa occupazione da perdigiorno, rispetto a quella di fabbricare bacchette.

"Ha qualche richiesta?" chiese infine.

"Sì" ammise Hermione. "Mi dia del tu, per piacere".


Dopo aver acconsentito, l'uomo era momentaneamente sparito dietro gli scaffali polverosi, in mezzo a quella miriade di bacchette. Hermione si stava chiedendo come facesse a raccapezzarsi tra tutte le varietà che c'erano – e chiuse in scatolette tutte uguali – quando finalmente si degnò di ricomparire.

"Posso rendermi utile in qualche modo, signore?" domandò speranzosa, dal momento che si stava annoiando mortalmente. "Mi dica quello che c'è da fare e io..."; fu zittita da un gesto brusco del vecchio, che la fulminò con lo sguardo. Che ho fatto adesso?, si chiese.

"Non ci siamo!" la rimproverò, e lei tacque come in attesa di una delucidazione. "L'arte del fabbricare bacchette richiede svariati requisiti" continuò, "il primo dei quali è la pazienza. Se non ne hai, signorina Granger, la porta è lì" e la indicò con la mano. "Non puoi metterti al lavoro subito, senza neanche sapere le basi".

"Giusto..." osservò lei, "non ci avevo pensato".

"Oggi ti spiegherò i rudimenti della teoria: come percepire il legno adatto, come capire le sottili differenze tra un albero e l'altro, e come dosare il nucleo da inserire nella bacchetta".

Hermione annuì silenziosamente, intimidita.

"Te la senti?" le chieste, il tono leggermente ammorbidito.

"Certo" rispose, finalmente con voce ferma.

"*Prima di tutto devi capire che ogni bacchetta è un universo a sè, e il carattere dipende dall'albero da cui proviene il legno e da cosa è composto il nucleo" esordì, ed Hermione già prendeva appunti. "Ci sono pochi alberi in grado di produrre legno da bacchetta e ficcati bene in testa che serve esperienza per riconoscerli; anche se, come sicuramente sai" aggiunse, "la presenza degli Asticelli* che li abitano, da una mano ai meno esperti".

"Si, signore" assicurò. Lo aveva studiato ad Hogwarts, a Cura Delle Creature Magiche.

"Quello che devi sapere è che capire come fabbricare le bacchette è la ricerca di una vita e si continua ad imparare sempre". Hermione annuì nuovamente, entusiasta a quella prospettiva. Lei adorava imparare, di certo quello non sarebbe stato un problema.



Alle sette di sera, un sordo crac risuonò nell'ingresso dell'appartamento di Harry e Ginny, e una sfinita Hermione si trascinò fino a una poltrona nel piccolo salotto che stava accanto alla cucina: il primo momento di relax dall'inizio della giornata.

Fu bruscamente interrotta da un altro crac alle sue spalle, che la fece sobbalzare e lanciare un gridolino isterico: Weasley era a casa, e la guardava come se gli avesse appena lanciato una Caccabomba.

Anzi, no: se l'avesse fatto le avrebbe stretto la mano, con tutta probabilità.

"Strilli per la mia ammaliante bellezza o sei un po' tesa?" la provocò ridacchiando. 

"Mi hai fatto spavento" si giustificò lei.

"Ho visto" disse, riferendosi all'urletto isterico che aveva prodotto. "Dovresti rilassarti! Posso darti una mano?" aggiunse, sornione.

"Prego?" squittì lei, incredula.

"Non era una metafora a sfondo sessuale" si difese lui, alzando le braccia in segno di resa e mettendo su un espressione angelica. "Pensavo più a qualcosa come un massaggio alla schiena".

"Come no..." rispose Hermione, sicura che scherzasse.

"Sul serio" ribadì, "me la cavo bene con le mani".

"Allora è un vizio, il tuo!" lo rimproverò.

"Scusa, Granger, ma giuro che non era un doppio senso! È il tuo cervello a fare associazioni sconce, davvero!". Era possibile, in effetti. Qualcuno doveva averla stregata: prima gli fissava i muscoli, poi prendeva ogni parola come un riferimento sessuale... doveva avere qualche problema.

"Sei tu che usi parole inopportune, davvero" scimmiottò il tono di presa in giro che aveva usato.

"Beh" fece lui ignorandola, "lo vuoi questo massaggio?". Sollevò un sopracciglio, abbastanza scettica in proposito – poi sospirò con rassegnazione. A Fred bastò come incoraggiamento, e si avvicinò.

"È difficile se stai in poltrona!" roteò gli occhi, indispettito. Lei gli lanciò un'occhiataccia e si alzò, prendendo posto su uno sgabello, per lasciargli libero accesso alla propria schiena. Lui vi poggiò i palmi e iniziò a muovere le mani, calde e decise.

"Sei tesa come una corda di violino" osservò. "È tosta scioglierti i muscoli".

"Sono stanca" disse lei, a mo' di giustificazione.

Lentamente, Hermione si rilassò sotto il tocco di lui, cominciando a sentirsi decisamente meglio e lasciandosi sfuggire un mugolio, che lo fece sorridere.

"Meglio?" chiese divertito.

"Mh?" fu la replica che ottenne. Ridacchiò sommessamente, soddisfatto dalla reazione positiva di lei.

"Grazie" mormorò Hermione, una volta che Fred ebbe tolto le mani dalle sue spalle – cosa che le lasciò un enorme e stranissimo senso di mancanza.

"Bazzecole, Granger!" si pavoneggiò.

"Sei bravo".

"Te l'avevo annunciato, ma tu sembri non fidarti mai di quello che dico" le rinfacciò, fingendosi offeso. Hermione non replicò, poichè in parte era vero: non aveva mai considerato Fred un ragazzo affidabile. Era sempre così preso da giochi o scherzi "alla Weasley" che non credeva ci si potesse contare molto.

Ed evidentemente, si era sbagliata.

Ormai devi esserti abituata agli errori di valutazione, no?, si rimproverò mentalmente.

Ron, il Ministero, Krum.

E il lavoro da Ollivander? Anche questo è un errore?, si chiese. Probabilmente sì, ma non le importava. Aveva iniziato quella follia, e sarebbe andata fino in fondo.








NOTE AL CAPITOLO:

1- Non ho idea se a Hermione piaccia o meno il tè al gelsomino, ma piace a me.

2- Tutte le informazioni che saranno presenti in questa storia a proposito delle bacchette, sono tratte dagli "appunti di Ollivander" sui legni e i nuclei, che la Rowling ha scritto e pubblicato su Pottermore – potete trovarli anche in giro per la rete.

3- Gli Asticelli vengono trattati a Cura delle Creature Magiche e sono presenti anche in Gli Animali Fantastici: dove trovarli, con il loro nome in lingua originale (ora non me lo ricordo). Sono utili perché abitano solo alberi che possono fornire legno da bacchetta, e quindi sono utili per distinguerli dagli alberi normali.







ANGOLO AUTRICE


Allora allora,

ecco un altro capitolo di questo mio piccolo esperimento.

La saga non è stata intaccata di molto, ho solo sostituito la morte di Fred con quella di Percy – scambio che trovo molto vantaggioso per tutti i fan di Fred Weasley. Lavanda Brown – per esigenze di copione e con buona pace di Jaded– non è morta nella battaglia di Hogwarts.

La nostra Hermione credeva che il lavoro al Ministero facesse per lei – e probabilmente era così per la vecchia Hermione. Ma la nuova Hermione – quella di cui avete letto – ne ha abbastanza di avere a che fare solo con libroni polverosi e pratiche; del resto non vuole dare la caccia ai maghi oscuri come Harry Potter. Non vuole giocare a Quiddich come Ginny; non vuole un negozio di scherzi come Fred. Quindi cosa vuole dalla vita? Se state pensando un lucano, la mia risposta è no. Non lo sa neanche lei, ma vuole scoprirlo. Dovrà conquistarsi la stima di Ollivander, che non è tenero. Sarà un altro errore di valutazione anche con Garrick (ne fa parecchi con gli uomini... compreso Krum)? Quanti altri ne farà nel corso della trama? Fred farà parte di questi errori?

Queste sono le domande, la risposta è la storia.

Fatemi sapere cosa ne pensate; la trama sta carburando e siamo solo al secondo capitolo, però un commentino lasciatelo. Voglio sapere se sto rendendo bene il rapporto che intendo creare tra i due. Siate spietati/e :D

Baci gente,

Jules


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Capitolo 4
*** Un'inaspettata proposta ***


CAPITOLO TRE – Un'inaspettata proposta


Dopo quel massaggio ristoratore, Hermione trovò la forza di alzarsi per andare a tavola con Frederick.

Cenarono tra vino e chiacchiere, come due vecchi amici. Rinvangarono i tempi di Hogwarts – quelli allegri e spensierati, prima della resurrezione totale di Voldemort. Poi parlarono dei vecchi professori, della McGranitt che ormai era diventata preside, di Piton e di quanto fosse insopportabile (anche se nell'aria aleggiava la storia della fine orrida che aveva fatto, oltre che del triplogioco che era riuscito a condurre).

Quando ebbero finito quasi tutti gli aneddoti, Fred tornò alla carica con la domanda della sera prima, che Hermione sperava fosse caduta nel dimenticatoio.

"Cosa ti è successo in questi mesi?" andò dritto al punto.

"In che senso 'cosa mi è successo'?" se lui era andato al punto, lei cercava di girarci intorno, con scarsi risultati.

"Oh, andiamo Granger" sbuffò seccato. "Ti lasci con Ron e passi tutto il tempo a deprimerti; quando sembra che tu stia di nuovo bene" continuò deciso, "ti licenzi dal Ministero Della Magia, parti in punta di piedi e fai avere tue notizie solo a Harry – e immagino ai tuoi genitori. Adesso spunti fuori di nuovo come se niente fosse, e pretendi che io non ti chieda nulla?". Aveva parlato velocemente, con una certa urgenza nella voce.

"Devo ammettere" rispose lei lentamente, "che è una sintesi perfetta, Weasley". Fred aprì la bocca e poi la richiuse, evidentemente a corto di argomentazioni per avvalorare la propria causa. "Spno curioso" disse infine.

Hermione mise su un sorrisetto sornione, dicendo:

"La curiosità uccise il gatto, lo sai?".

"Il gatto correrà il rischio" la rimbeccò Fred.

"D'accordo..." assentì infine. "Sono stata in Francia per quasi tre mesi" disse senza remore. "Mi ha ospitata Madame Maxime*, per gentile intercessione di Fleur".

"Uhm" fu il commento, "e poi?".

Hermione si morse un labbro, incerta se parlare o meno.

"In Bulgaria" confessò, realizzando che probabilmente il cervello si era scollegato dalla bocca. "Non credo di dover specificare che ero ospite a casa di Vicktor" aggiunse.

"Naturalmente" ribattè lui con un misto di fastidio e scherno dipinto in faccia.

"N-noi c-ci scrivevamo; eravamo rimasti amici..." farfugliò Hermione. "Siamo ancora amici, credo" aggiunse.

"Credi?" ripetè inarcando un sopracciglio. Lei sospirò e si preparò a parlare.

"Quando ero in Bulgaria, abbiamo tentato di stare insieme".

"Come coppia?" chiese lui stupidamente. Hermione sollevò gli occhi al cielo, sconsolata.

"Ovviamente! Come cosa, sennò?" rispose asciutta. Fred replicò con una specie di grugnito.

"Dopo quattro mesi me ne sono andata" riprese.

"Hai piantato Krum?" domandò, leggermente stupito.

"Mi pare abbastanza chiaro, dal momento che sono qui e non in Bulgaria" replicò col tono di chi debba parlare di massimi sistemi a un ragazzino ritardato. "Non eravamo fatti per stare insieme". Non lo amo, disse mentalmente.

"Capisco" rispose secco.

"Riprovarci è stata un'idea senza senso, lo riconosco" aggiunse. "Volevamo che funzionasse, ma non ho più quindici anni; e Vicktor Krum non fa per me".

Fred non sapeva proprio come commentare quella rivelazione, anche se lo lusingava il fatto che Hermione si stesse confidando con lui. Dimostrava che in fondo in fondo, non lo riteneva del tutto inaffidabile.

"A dire il vero" aggiunse lei con un sorrisetto, "non ho molta fortuna con i Purosangue; forse dovrei cercarmi un Babbano, anche se non so quanti vogliano sposare una strega". Ce n'erano di sicuro, ma con la sfiga che aveva si sarebbe imbattuta nel Babbano più codardo e pauroso d'Inghilterra, magari convinto che i roghi medievali fossero stati una grande idea.

"Io sì" affermò il roscio in maniera del tutto arbitraria. Hermione lo guardò storto, indispettita.

"Mi prendi in giro? Ovvio che tu voglia sposare una strega" rispose, "sei un mago!".

Fred mugghiò una qualche risposta incomprensibile, probabilmente rimuginando sul suo commento insensato, ed Hermione scosse la testa, ormai rassegnata a quelle uscite alla Weasley. Decise di cambiare argomento, versandosi ancora un po' di vino elfico.

"Come va con la casa?".

"Una meraviglia" replicò ironico, "se vuoi farti il bagno nella merda di Doxy". L'immagine le causò una smorfia di puro disgusto che lo fece ridere.

"Delicato, come sempre" disse sarcastica. "George cosa dice?" domandò.

"Non sembra molto disturbato all'idea di casa nostra invasa da formiche giganti e cacca di Doxy, e ho la netta sensazione che voglia mettere radici da Angelina" le disse, leggermente rabbuiato.

"Te l'ha detto lui?" chiese.

"L'ho capito da solo; e in fondo è giusto così" replicò conciliante. "Abbiamo ventitrè anni: è ora di mettere la testa a posto". Appariva serio, ma era sempre Fred Weasley, ed Hermione rise – prima sommessamente, e poi di gusto.

"Testa a posto, tu? Sul serio?" lo sfottè. "Non farmi ridere, Fred: hai ventitrè anni, mica trenta. Invece di dire cavolate, versami un po' di Firewhiskey".

Fred ridacchiò a quelle parole, nonostante lei non l'avesse preso minimamente sul serio.

"La So-Tutto-Io Granger che beve FireWhiskey: non me lo sarei mai aspettato" aveva tutta l'aria di una presa in giro. Hermione lo guardò in tralice e sbuffò.

"Ah Ah Ah!" fece sarcastica. "Ci sono un sacco di cose che non sai di me, Weasley".

"Tipo?" ribattè il roscio; sembrava divertito. "Mi tieni nascosto che leggi meno di cinquanta libri all'anno?". Hermione lo guardò di sbieco e gli mollò un pizzico sul braccio, punta sul vivo. Lui emise un verso di dolore piuttosto eccessivo, e disse:

"Che caratteraccio, Granger! Sei diventata anche manesca!".

"Beh" rispose lei, "tra un paio di giorni al massimo non dovrai più sopportare il mio caratteraccio".

Mentre lo diceva, senza un vero motivo, le salì una certa tristezza – la stessa che provò anche Fred. Gli ci era voluto poco ad abituarsi alla sua presenza.

Prima che Hermione potesse dire altro, il roscio sbattè un pugno sul tavolo, esclamando "Ci sono!" con espressione di vittoria.

"Sei dove, Weasley? Al San Mungo?" ribattè, caustica. "Perché credo ne avresti bisogno, da come ti comporti". Le intimò il silenzio con un gesto che sembrava voler scacciare una mosca fastidiosa.

"Ti senti bene?" riprovò.

"Ho appena avuto una grande idea" affermò deciso.

"Immagino..." sbuffò lei, "una modifica da apportare al Torrone Sanguinolento, o un nuovo tipo di Caccabomba?".

"Niente di tutto ciò" era decisamente troppo eccitato per essere un ragazzo che non facesse uso di sostanze stupefacenti. "Ho appena deciso che verrai a vivere con me".

A quelle parole, Hermione quasi si strozzò con una sorsata di FireWhiskey che stava mandando giù.

"Prego?" sputò fuori.

"Non nel senso di convivere" spiegò con sufficienza. "Saremo coinquilini" disse con naturalezza – era proprio serio. "Non appena Georgie se ne sarà andato".

Hermione considerò quella proposta con la massima serietà, rendendosi presto conto che aveva un suo perché. Lei aveva bisogno di una casa, George voleva andare a vivere da Angelina, e Fred... già, Fred?

"Ma perché dovresti volere un coinquilino, scusa?". Aveva abbastanza soldi da non dividere l'appartamento con nessun altro, quindi a lui non cambiava niente.

"Beh" ammise a fatica, "non mi va di stare solo... insomma: sono cresciuto in una casa affollatissima, e poi sono sempre stato con George. Non ho mai vissuto per conto mio, e non ne ho la minima voglia". Hermione si ritrovò di nuovo a soppesare l'idea, e non poteva fare a meno di pensare che avesse maledettamente senso.

"Ci sto" deliberò alla fine, stupendo un poco il roscio, che si astenne dai commenti – nel timore che potesse ripensarci. "Ma voglio contribuire alle spese".

"Me lo aspettavo" disse lui inarcando le labbra in una specie di sorrisetto. "Come sai non ho bisogno di soldi ma, se ti fa sentire meglio, per me va bene". Non avrebbe potuto sentirsi più euforico e soddisfatto per quella brillante trovata.

"Qua la mano, Granger!". E fu così che, stritolandole tutte e cinque le dita in una stretta poderosa, suggellò il loro patto.



Ai Tiri Vispi Weasley continuavano ad affluire decine di clienti, che si ammassavano all'interno del negozio. La facciata – di un arancione acceso – attirava visitatori come il miele attira le mosche e i gemelli Weasley intrattenevano le persone con dimostrazioni di trucchi e giochi di magia, impartivano ordini ai commessi del negozio, e riuscivano anche a comunicare tra di loro.

"Sei passato a casa?" bisbigliò Fred a George.

"Sì" mormorò in risposta. "La disinfestazione è quasi ultimata e tra ventiquattro ore sarà più pulita di prima". Fred annuì, rincuorato da quella notizia e pronto a darne un'altra, anche più importante.

"Mi sono procacciato un coinquilino" annunciò con nonchalance.

"Procacciato? La fai sembrare una battuta di caccia..." gli fece notare il gemello. "E poi scusa, ma a cosa ti serve un coinquilino?".

"Oh, Georgie!" fece benevolo. "Credi non abbia capito che vuoi trasferirti da Angelina?" cercò di usare un tono neutro mentre lo diceva. Aveva già ammesso con la Granger che soffriva di solitudine, non voleva apparire del tutto patetico anche a suo fratello. Inoltre sapeva che il distacco non sarebbe stato semplice nemmeno per George: non era il caso di complicarglielo.

"Come lo sai?" appariva decisamente stupito.

"Sono il tuo gemello; hai presente?" fece, ovvio. "Il gemello bello e simpatico".

Al che, George scoppiò a ridere e gli mollò una gomitata in mezzo alle costole. Per un attimo si era scordato che Fred era Fred, e non aveva certo bisogno di un Legillimens per sapere cosa si aggirasse nella sua testa. Avevano una connessione naturale, loro due.

Quando la sua ragazza gli aveva chiesto di trasferirsi da lei, inizialmente aveva storto il naso; vivere senza Fred sarebbe stato strano. Però Angelina era la sua fidanzata e se voleva costruire un futuro con lei avrebbe dovuto impegnarsi: suo fratello avrebbe capito, ne era certo.

E infatti non aveva nemmeno avuto bisogno di dirglielo.

"Pensavo di dirtelo oggi" bisbigliò mentre mostrava un filtro d'amore a una ragazza, "dato che domani ci restituiscono l'appartamento". Fred annuì e mugugnò qualcosa, non trovando niente da rispondere. George pensava ci fosse qualcosa che non quadrava.

"E questa storia del coinquilino?" chiese poi, piuttosto incuriosito. Perché avrebbe dovuto avere un coinquilino, quando non aveva bisogno di dividere le spese?

"Non ho voglia di vivere da solo" spiegò spiccio, scrollando le spalle.

"Mh" mugugnò poco convinto, "e chi sarebbe?", il tono inquisitorio.

Il viso di Fred cambiò improvvisamente espressione, assumendone una euforica e scaltra: evidentemente, pensò George, era soddisfatto per averlo incuriosito.

"Sorpresa, fratello" rispose infatti. "Sorpresa!" lo sguardo enigmatico e misterioso. Poi sparì, risucchiato nel reparto delle Pasticche Vomitose, lasciando George a sospirare rassegnato, chiedendosi cosa diavolo avesse in mente il proprio gemello.



Hermione entrò trafelata nella bottega di Ollivander. Passando per Diagon Alley, aveva visto una enorme calca davanti ai Tiri Vispi Weasley, e aveva sorriso istintivamente. Pensava fosse magnifico il fatto che le persone avessero di nuovo tanta voglia di ridere. Erano trascorsi quattro anni dalla fine della Seconda Guerra Magica, e le ferite erano ancora fresche – Hermione aveva il sospetto che alune non si sarebbero mai rimarginate del tutto. Forse gli incubi e le paure sarebbero spariti dalle loro menti, ma il dolore per la perdita di tanta gente non poteva sparire dai loro cuori.

"Buongiorno, signore" salutò educatamente.

Ollivander rispose con un cenno del capo e un breve sorriso – già un bel passo avanti rispetto al solito volto imperturbabile.

"Oggi" le comunicò, "tratteremo pregi e difetti di un legno molto buono per fare bacchette. Sto parlando dell'olmo". Hermione, come il giorno prima, ascoltò attentamente e prese perfino appunti, come era solita fare ai tempi della scuola.

"Circola la voce che l'olmo sia adatto solo ai Purosangue, ma ovviamente è falsa. So di Nati Babbani, come te, che le possiedono e ne sono molto soddisfatti" affermò deciso. "Certo è che una bacchetta in olmo preferisce proprietari carismatici, abili e nobili – se possibile – e produce una magia molto avanzata ed elegante. Sono bacchette sofisticate..." continuava a spiegare senza fermarsi, ed Hermione beveva ogni informazione come se fosse oro colato. Era abituata ad essere la migliore, qualsiasi cosa facesse. Per questo si era rivolta ad Ollivander e non ad altri Masti Bacchettai. Solo il meglio, per la So-Tutto-Io Hermione Granger. Se doveva imparare, l'avrebbe fatto dal numero uno – o da nessuno.



Quando rincasò, stanca e infreddolita, aveva la mente affollata da immagini di olmo, abete, betulla, Asticelli e bacchette di ogni sorta.

"Ehi!" la salutò Fred, sbucando dall'ombra. Hermione sobbalzò.

"Ti stai impegnando per farmi morire d'infarto, Frederick?", lo rimbrottò.

"Non ora che stiamo per diventare coinquilini" annunciò. "È ufficiale: George va a stare da Angelina".

"Oh" commentò Hermione, "e ti dispiace?".

"Direi di no" rispose dopo un attimo di riflessione. "Sono contento per loro". Hermione gli stava per sorridere, lieta che l'avesse presa per il verso giusto, quando lo sentì dire, ridacchiando:

"E poi ho un valido rimpiazzo, no?".

Zeus in persona non saprebbe mandare saette meglio degli occhi di Hermione in quel momento – l'aveva letteralmente fulminato con lo sguardo.

"Frederick Weasley!"; pronunciato così, già solo il nome di lui sembrava un rimprovero.

"È il mio nome, ma non lo sciupare*", replicò lui scrollando le spalle, incurante della furia di Hermione – che non smetteva di guardarlo di sbieco.

"Io non sono il rimpiazzo di nessuno!" obiettò la strega, lanciandogli la propria borsa addosso.

"Punti di vista" continuò lui. A quel punto lei gli mollò un pizzico sul braccio, che non sortì alcun effetto lenente. Voleva continuare a sfogare la propria frustrazione, ma Fred le bloccò prontamente i polsi, per niente intenzionato a farsi malmenare.

"Lasciami!" intimò lei.

"Solo se prometti di non attentare alla mia vita" rispose; sembrava divertito.

"Va bene, va bene!" lo assecondò Hermione, pur di tornare libera. Fred la lasciò andare pian piano, per assicurarsi che non ricominciasse a lanciargli oggetti addosso.

"Dovresti essere più gentile" la rimproverò con fare superiore, "visto che da domani divideremo lo stesso appartamento".

"Ehm" lei si schiarì la voce, "a proposito, George lo sa?".

"Uhm?" mugugnò lui, improvvisamente colpito da sordità acuta. Hermione roteò gli occhi, spazientita. Come sperava di poter convivere con un soggetto simile?

Alla fine, Fred si decise a parlare – probabilmente pensò che fosse meglio non abusare della pazienza di Hermione.

"Sa del coinquilino, ma non sa che sei tu" rispose come se fosse logico.

"E perché, di grazia?" domandò lei con un gesto di stizza.

"Beh, glielo diremo domani" minimizzò. "Sarà una sorpresa...".

"Già..." mormorò Hermione con un sospiro pensieroso, "suppongo lo sarà per tutti".





NOTE AL CAPITOLO*

1-Madame Maxime gestisce l'Accademia di Beuxbatons in Francia e Fleur era una delle sue allieve predilette. Ho immaginato che Hermione le chiedesse ospitalità tramite lei, che quindi era tra i pochi informati di almeno una delle destinazioni della Granger.

2-questa frase la dice il protagonista del musical Grease, Danny Zucco (John Travolta), a Sandy (Olivia Newton-John). Mi è partita la citazione random; capita a volte :)


ANGOLO AUTRICE


Eccomi qui ("di nuoovo? Oh no, cacciatela via!"). Se questa è la vostra reazione, deduco che la storia non vi piaccia, altrimenti spero proprio che commenterete per farmi sapere la vostra opinione. Pian piano la mia mente geniale(?) sta sgarbugliando la matassa che è la trama di questa storia. Spero di sgarbugliarla bene e di scriverla meglio. I giudici siete voi, quindi...

Ah! Ribadisco che Draco ci metterà un po' a entrare in scena, ma quando lo farà sarà in gran stile – sbariglierà le carte. Un bacio a tutti,

Jules


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Capitolo 5
*** Il trasloco ***


CAPITOLO QUATTRO – Il trasloco


Il pomeriggio seguente, Hermione chiese a Ollivander il permesso di uscire prima dal lavoro e lui – seppur malvolentieri – glielo concesse.

Non potè andarsene tanto presto quanto avrebbe voluto, ed era consapevole che avrebbe tardato un bel po'. Del resto, non aveva mica un appuntamento: doveva recarsi a casa di Harry e Ginny e sgomberarla dalla propria roba, per poi traslocare da Fred – non era così importante la puntualità, no?

Si chiese se il roscio avesse annunciato la grande novella al gemello, ma si rispose che certamente avrebbe aspettato la sua entrata in casa – andava matto per le scene ad effetto. Anche George le apprezzava, ma dubitava che nel loro caso ne sarebbe rimasto entusiasta. In effetti, Hermione era consapevole che lei e Fred, come accoppiata, lasciavano a desiderare. Erano completamente diversi: lei precisa e metodica, lui disordinato e stravagante. Eppure Hermione, contro ogni logica, era certa che la convivenza sarebbe andata bene.

In quel periodo stava sbagliando talmente tante cose che una più una meno, non avrebbe fatto una gran differenza. O aveva smesso di usare il cervello, o aveva appena iniziato. Doveva ancora capirlo.

Perlomeno c'era l'aspetto positivo della vicinanza al lavoro: non avrebbe nemmeno avuto bisogno della Materializzazione, se abitava a Diagon Alley.

Pensava ai cambiamenti che stavano avvenendo nella sua vita, e nel frattempo rifaceva il proprio baule nel silenzio dell'appartamento. Impiegò poco tempo – quanto può mettercene una strega a fare i bagagli con la magia.

Si guardò intorno per controllare di aver preso tutto e si Smaterializzò fuori dalla porta di casa Weasley. Suonò il campanello – Materializzarsi in casa le sarebbe sembrato alquanto scortese – e fu George ad aprirle.

Mise su un'espressione piuttosto stupita; segno che Fred, come lei aveva previsto, si era ben guardato dal comunicargli del trasferimento.

"Ciao!" lo salutò con un sorriso.

"Hermione!" esclamò. "Qual buon vento? Credevo fossi stata risucchiata nelle viscere della Terra: è un secolo che non ti si vede" lo disse in tono vagamente di rimprovero, ma si scansò gentilmente per accoglierla in casa.

"Ehm, hai ragione" ammise lei, "sono un po' sparita".

"Già, come mai?" domandò curioso.

"Lunga storia..." tagliò corto con un sorrisetto di circostanza. Sperava che capisse e non le rivolgesse altre domande, e infatti così fu.

"Chiamo Freddie, sarà contento di vederti..." disse sparendo di corsa su per le scale, prima che potesse fermarlo e dirgli come stavano le cose. Tornò indietro seguito dal gemello, che sfoggiava una faccia imbronciata.

"Ce l'hai fatta, finalmente" fu l'accoglienza che le diede. George lo guardò stralunato, mentre Hermione levò gli occhi al cielo.

"Grazie per il caloroso benvenuto, Weasley!" replicò sarcasticamente.

"Non c'è di che! Hai trovato traffico?" chiese ironico.

"Divertente, Fred!" fece lei, indispettita. Ma come aveva potuto pensare di convivere con un essere così fastidioso?

"Se sono in ritardo c'è un motivo... sai... ho un capo, IO" sottolineò. "Non posso fare come mi pare".

George continuava a seguire la scena girando la testa da una parte all'altra, senza perdersi una battuta.

"Un capo?" le chiese stupito. "Credevo ti fossi licenziata dal Ministero". Hermione annuì, continuando a guardare di sbieco il gemello cattivo.

"Lunga storia" gli disse Fred senza girarsi e sostenendo lo sguardo di lei.

"Ahan..." biascicò George rassegnato, "questa l'ho già sentita".

"Sei in maledetto ritardo!" sbottò Fred all'indirizzo della strega.

"Uff" sbuffò lei, "credi che non lo sappia? Ho avuto un contrattempo, ma sono qui".

"Perché ho l'impressione di non sapere qualcosa che mi riguarda?" fece George con gli occhi a fessura, scrutandoli entrambi per cogliere segnali nascosti.

"Viviamo tutti all'oscuro di qualcosa che ci riguarda*" rispose Hermione con aria saggia. L'aveva letto in un romanzo babbano, o qualcosa del genere. "Credo che Fred ti abbia detto di aver preso in casa un coinquilino" aggiunse. George annuì, cominciando a comprendere. Hermione non avrebbe saputo dire se la sua espressione scettica fosse meglio o peggio di quella allarmata che si era aspettata.

"Quello che sicuramente ha omesso, è che sono io".

"Tu?" chiese spalancando gli occhi. "Hai davvero intenzione di vivere con Fred?".

"Ehm... sì" rispose lei con sorprendente nonchalance.

"Sta' tranquillo fratello" lo rassicurò Fred con una pacca sulla spalla. "Siamo una coppia già collaudata".

"Prego?" replicò quello, strabuzzando gli occhi.

"Non voleva dire quello che ha detto" cercò di riparare Hermione. Ci mancava solo che la gente cominciasse a farsi strani film in testa! Non voleva che quella cosa fosse presa per il verso sbagliato, soprattutto dalla famiglia Weasley.

"Negli ultimi due giorni abbiamo vissuto sotto lo stesso tetto a casa di Harry e Ginny" chiarì lui, togliendola dall'imbarazzo. "E non è andata male; vero Granger?" aggiunse con un sorrisetto impertinente.

"È una di quelle candid camere che fanno i babbani?" domandò George guardandolo di sbieco.

"Nah!" Fred scrollò le spalle. "Mai stato così serio. Lei ha bisogno di un posto dove stare, tu vai a vivere con la tua ragazza, e io ho una stanza libera. Mi sembra logico che venga a stare qui, no?".

Beh, logico è un parolone, pensò Hermione.

"Se lo dici tu..." era decisamente perplesso, adesso.

"Bene, tutto a posto!" annunciò Fred euforico, guidando Hermione su per le scale e mostrandole la sua stanza. "La zona notte è sopra, insieme al bagno; mentre giù ci sono la cucina e il salone. È un appartamento piccolo, ma confortevole" sembrava un promotore o un venditore di case, più che il proprietario.

Quando giunsero alla camera di George, Hermione si guardò in giro circospetta: si aspettava di veder uscire uno scheletro dall'armadio, ma non accadde nulla.

"Ma come?" disse un po' delusa. "E' questa l'accoglienza? Io mi aspettavo minimo Caccabombe puzzolenti in ogni direzione o il vecchio trucco del secchio d'acqua appeso sopra la porta, o anche una botola nel pavimento, oppure...".

"Grazie Granger, abbiamo afferrato il concetto" disse Fred piccato, mentre George se la rideva della grossa.

"Con voi due ci sarà da divertirsi qua dentro".

"Te lo faremo sapere" rispose Hermione. "Magari via Gufo, ammesso che prima di spedire lettere io non l'abbia gia ammazzato". George continuava a ridere, mentre Fred non era del tutto certo che Hermione stesse scherzando: forse avrebbe fatto meglio a chiudersi a chiave, di notte.

"Quella della botola non sarebbe stata malaccio, come idea" commentò George. "Provi a entrare e si spalanca una voragine sotto i tuoi piedi".

"Un buon sistema contro gli intrusi" aggiunse Fred. Hermione roteò gli occhi, esasperata. "Ma vi sentite quando parlate?".

"Sì" fece George.

"E siamo irresistibili" aggiunse Fred.

"Ora la stanza è tua, puoi farne quello che vuoi Granger" riprese. "Anche se preferirei non trovarci striscioni inneggianti al CREPA* o poster giganti di elfi domestici liberati" e prima che Hermione potesse replicare, Fred e il suo clone erano già spariti dalla stanza, probabilmente inghiottiti dalle scale.

La stanza di George era ormai spoglia, ed era sua. Le piaceva l'idea di avere un posto solo suo in cui sistemarsi. Ad Hogwarts era in un dormitorio; quando aveva dormito alla Tana era sempre stata in camera di Ginny; e a casa di Ron a Londra dormiva con lui (che, per inciso, russava anche piuttosto forte).

Perciò era da quando abitava con i suoi che non aveva una camera tutta per sè. Le sembrava sciocco e infantile gioire per una cosa del genere, dato che ormai aveva ventidue anni, ma non poteva farci niente.

L'avrebbe arredata come le pareva – e ovviamente senza poster di elfi domestici. Anche se per infastidire Fred avrebbe potuto farci un pensierino...



"Sai Weasley..." osservò una volta a cena, con studiata aria di sufficienza, "tutto sommato credo che starò bene qui". Fred la guardò infastidito, ma anche divertito. Erano a tavola, l'uno di fronte all'altra.

"Come sei magnanima!" affermò. "Il calore con cui lo dici mi commuove, Granger". Il tono e l'espressione gridavano ironia da tutte le parti ed Hermione non potè fare a meno di ridacchiare, rischiando di soffocarsi con il pasticcio di verdure.

Come soluzione, Fred le versò altro Vino Elfico e si sporse per darle qualche inutile pacca sulla spalla.

"Grazie" disse quando si riebbe.

"Non c'è di che".

"No" insistè lei. "Sul serio, grazie".

"Era solo del vino" le rispose lui. "Di prima qualità, certo, ma solo vino".

"Intendo, per l'ospitalità" sbuffò.

"Non dire sciocchezze, Granger" replicò, quasi infastidito. "Questa è anche casa tua adesso; e poi" aggiunse, "meglio te che un coinquilino sconosciuto no?" riprese il solito tono scherzoso. Lei allungò una mano sul tavolo e gli mollò un pizzico sul braccio.

"Ma che carino!" fece, il tono giocoso. "E io che mi preoccupo di dire grazie! Sei sempre il solito cafone senza cuore!".

"Ora si che ti riconosco!" disse lui, massaggiandosi la parte lesa, e la sentì ridere.

Non se n'era mai accorto prima, ma Hermione Jean Granger gli era... mancata.

Solo un pochino – sia chiaro; ma gli era mancata. Nel periodo in cui era stata con Ron l'aveva vista spesso; era sempre alla Tana praticamente. Poi un anno prima avevano rotto e non aveva avuto più tante occasioni di vederla; per non parlare di quando era partita: le occasioni erano drasticamente scese a toccare lo zero.

E solo ora si accorgeva che quella risata limpida, il viso pulito, perfino il tono saccente che assumeva quando non voleva essere contraddetta, gli erano mancati. La rigida, puntigliosa So-Tutto-Io era mancata – solo un pochino – al malandrino per eccellenza, inventore del Torrone Sanguinolento e titolare di un negozio di scherzi. Roba da pazzi!

"Sono contento di averti qui" disse sincero. Lei interruppe lo sproloquio in cui si era lanciata per dimostrare quanto Fred Weasley fosse un idiota; e sorrise.

"Anche io" rispose dopo un infinito secondo. "Anche se" continuò cambiando tono, "ti vedo un po' reticente nel parlarmi, Weasley".

"Senti chi parla!" la rimbeccò. "Da quando sei tornata sembri la donna del mistero".

"Niente affatto" sbuffò contrariata, "io ti ho detto tutto". Lui inarcò un sopracciglio, piuttosto dubbioso a quell'affermazione. "Beh..." si corresse lei, "quasi tutto".

"Io non ho nessun resoconto da fare; gli ultimi sette mesi non sono stati interessanti come i tuoi" replicò sorseggiando un altro po' di vino. "A dire il vero, ho una vita piuttosto monotona" osservò bloccando il bicchiere a mezz'aria.

"Continui a uscire con una ragazza diversa ogni mese?" domandò abbassando gli occhi sul budino, decisa a non farsi vedere.

Ma che domande fai, Hermione?, si rimproverò mentalmente da sola.

Fred invece non parve eccessivamente turbato, piuttosto si mostrò divertito.

"Beh, diciamo che non ne trovo mai una che mi sopporti più a lungo" ridacchiò.

"Mh" fece lei scettica, scuotendo il capo. "Non fare la vittima, adesso; la colpa è tua se non hai una storia seria come George" disse col tono di chi la sa lunga.

"Ah sì?" chiese lui, piccato. "E sentiamo: perché?".

"Perché sei tu a non volerla, mio caro" rispose con un sorrisetto impertinente. "E, in tutta onestà, non hai l'aspetto di un tipo da relazione duratura" lo prese in giro.

"Non è vero" le rispose, fingendosi risentito. "Ti dimostrerò che sbagli Granger; domani prendo la prima ragazza che trovo e le chiedo se vuole sposarmi" annunciò. "Contenta?" flautò.

Insomma, pensò con una nota di panico. Aveva appena trovato casa, non voleva certo lasciarla per fare posto alla sposina.

"Fa' come vuoi" rispose ignoiando mezzo budino. "Basta che tu e la signora mi lasciate la mia stanza" precisò.

"Ehi!" la rimbeccò Fred, "sei qui da un giorno e già detti legge? Dovevo aspettarmelo, considerato che mi sono messo in casa una secchiona rompiscatole".

Perdendo tutta la maturità dei suoi ventidue anni, Hermione fece la linguaccia, senza neanche sprecarsi a rispondere verbalmente, e continuando a gustarsi il budino al cioccolato. Il roscio la guardava incuriosito dal modo che aveva di muovere le labbra attorno al cucchiaino, e si accorse che gli era familiare. Conosceva i movimenti e gli atteggiamenti della Granger meglio di quanto pensasse; doveva distrarsi da quella contemplazione, prima che lei si accorgesse che la stava fissando.

"Intanto" riprese in tono lamentoso, "non mi hai ancora detto dove lavori". Hermione lo guardò, sentendosi leggermente colpevole per le omissioni e le bugie che era diventata così brava a rifilare; anche se con Fred non sembravano funzionare a dovere. Aveva sempre l'impressione che non insistesse più per farle piacere, che perché le credesse.

"Te lo dirò non appena lui mi assumerà stabilmente" assicurò. "Sono scaramantica". Almeno questo era vero, riguardo a quel lavoro. Era convinta che parlarne le avrebbe portato sfortuna, quindi al momento preferiva tenerlo per sè. Oppure era la scusa che si era propinata per rimandare le spiegazioni – tipo perché aveva rinunciato a una carriera sicura per mettersi a fabbricare bacchette.

"Pff! Come se ti credessi!" sbuffò contrariato. Dubitava fortemente delle parole della Granger.

"Ma poi... lui chi?" domandò curioso.

"Il capo" rispose ovvia. "Il Capo Supremo" aggiunse con un plateale sorriso misterioso, che ottenne esattamente l'effetto desiderato, lasciando Fred più incuriosito di prima.








NOTE AL CAPITOLO*

1- questa frase è tratta da un libro che si intitola "Le luci nelle case degli altri" di Chiara Gamberale.

2- per chi non lo ricordasse il CREPA è l'associazione fondata da Hermione in favore degli elfi domestici, visto che ha la fissa per tutte le creature che siano sottomesse ai maghi :)



ANGOLO AUTRICE


Eccomi qui con un nuovo capitolo :D

Forse è un po' corto, ma dovevo pur descrivere il momento in cui la nostra Hermione si installa a casa di Fred, visto che da qui inizia la vicenda. Da qui in poi si aprono le danze, anche se ribadisco che prima dell'arrivo di Malfoy c'è un bel po' da aspettare. Non ho molto da dire su questo capitolo, visto che è un capitolo di transizione. Ciò nonostante vorrei che mi lasciaste lo stesso un commentino. Grazie e a presto! Aggiornerò il prima possibile. Baci,

Jules










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Capitolo 6
*** Cena in Grimmauld Place ***


CAPITOLO CINQUE – Cena in Grimmauld Place



"FREEED!" sbraitò Hermione. "Hai preso tu il mio spazzolino?"; sperava la sentisse anche con la porta del bagno chiusa.

"Non ho preso un bel niente, Granger!" strillò lui in risposta. "E vedi di uscire da quel bagno! Anche io ho delle esigenze, lo sai?" berciò irritato.

Vivevano nello stesso appartamento da circa una settimana, e ancora la famiglia Weasley non ne sapeva nulla, come del resto Harry e Ginny. Hermione passava le giornate nella bottega di Ollivander, fino a sera tardi, e non aveva trovato il tempo di parlarne ai suoi migliori amici. Ma il week-end era in arrivo; e quel venerdì sera Ginevra l'aveva invitata a cena da loro.

Fred, dal canto suo, stava aspettando di averli tutti riuniti insieme – probabilmente quella domenica a pranzo. Voleva dirlo personalmente ai genitori e ai fratelli (motivo per il quale aveva proibito a George di parlarne); probabilmente lo allettava l'idea di vedere Ron e Lavanda con la bocca spalancata. In quei giorni passati con Hermione, la sua incomprensione per la scelta di Ronald era salita alle stelle: ma come si faceva a preferirle Lavanda Brown? Hermione era intelligente, brillante, ironica, bella.

Frena Fred!, si disse, beccandosi nel mezzo di quei pensieri. Lei era la Granger, la sua coinquilina e l'ex ragazza di suo fratello. Non era il caso di pensare che fosse bella, proprio no.



Quel venerdì sera, come previsto, alle otto in puntò Harry Potter udì uno scampanellio fuori da casa sua e, aperta la porta, si trovò davanti la sua migliore amica.

"Harry!" esclamò lei, gettandogli le braccia al collo. Lui la strinse in un affettuoso abbraccio, che le riportò alla mente tutti gli altri che si erano scambiati, ogni volta che si rivedevano dopo i mesi estivi di lontananza: erano sette mesi che non si vedevano di persona, e non era mai successo prima.

"Mi sei mancato!".

"Anche tu" le rispose, un leggero sorriso ad increspargli le labbra sottili.

"Dov'è Ginny?" gli domandò sciogliendo l'abbraccio. Harry rispose con uno sbuffo infastidito; eppure non le pareva una domanda così difficile...

"Di là in salone" grugnì infine, senza aggiungere altro. Hermione aggrottò la fronte e lo guardò in tralice, dicendo:

"E perché ho la sensazione che la cosa non ti piaccia?".

"Perché" mugghiò, "sta parlando con quell'idiota del suo allenatore". I suoi occhi mandavano fulmini e saette in ogni direzione, ed Hermione parlò con cautela.

"E allora?" chiese lei, pur sapendo dove sarebbe finito il discorso.

"E allora?" berciò lui. "Te l'ho detto mille volte: quel tizio ci prova! Pur sapendo che è impegnata!" aveva un tono minaccioso quasi come quello che usava parlando di Lord Voldemort, ai bei tempi.

"Harry, ma Ginny deve parlarci per lavoro..." provò a dire.

"Infatti mica ce l'ho con lei!" precisò senza dismettere quel tono irato. "Sono solo geloso. Ho paura di perderla" aggiunse a voce più bassa. "Non-non le dire che te l'ho detto" si raccomandò poi, vergognandosi un po' delle proprie debolezze.

Hermione annuì con un sorriso comprensivo e parlò con dolcezza:

"Ginevra ama solo te, Harry. Ti ha aspettato per un sacco di tempo" gli fece notare. "Non credo che il primo venuto potrebbe portartela via" lo rassicurò.

"Be', il tuo giudizio è infallibile, no?" ridacchiò lui.

Hermione non era certa che il suo migliore amico avrebbe ripetuto quella frase a cuor leggero, una mezz'oretta più tardi; ma non disse nulla in proposito.

Entrò in salone, e vide una Ginny accucciata davanti al camino, intenta a parlare con una testa che spuntava dal fuoco verde e ruggente.

"Ginny" la chiamò a voce bassa, per segnalare la propria presenza senza disturbarla. La rossa si girò e la guardò con gli occhioni marrone chiaro*, di una sfumatura simile a quella di sua madre Molly.

"Senti" si rivolse alle fiamme, brusca. "Io devo andare, ho da fare. Ci risentiamo per i dettagli della partita; buona serata". La testa nelle fiamme tentò di protestare e di trattenerla, ma Ginny non l'ascoltò minimamente, e alla fine l'uomo cedette e scomparve dal camino di casa Potter.

"Hermione!" la accolse abbracciandola calorosamente. "Non provare mai più a sparire per così tanto tempo" non le lasciò neanche il tempo di replicare. "Intese?". Hermione sapeva che in casi del genere era meglio non contraddire Ginny Weasley, che poteva essere piuttosto pericolosa. Si limitò ad annuire e a rispondere al sorriso che l'amica le aveva riservato.

"Molto bene" fece la rossa. "Ora che ti ho rimproverato, possiamo anche andare a cena; che ne dite?" propose.

"Direi di sì" rispose Harry, che sembrava essersi ripreso dall'attacco di gelosia. "Ho una certa fame, e anche bisogno di staccare, considerato che vengo da una giornata catastrofica" dichiarò passandosi una mano sulla faccia, in un gesto stanco.

"Qualche problema in ufficio?" chiese Hermione. Harry fece schioccare la lingua, e mise su un sorrisetto nervoso.

"Problemi? Due omicidi di Babbani ad opera di qualche Mago Oscuro a cui stiamo dando la caccia; crediamo sia un nostalgico di Voldemort, o comunque un fanatico del sangue puro" narrò passandosi stancamente una mano sulla faccia.

"Fortunatamente una specie in via di estinzione" commentò Ginny estraendo la bacchetta e cominciando a preparare la cena, mentre Harry apparecchiava la tavola e prendeva una buona bottiglia di Vino Elfico e tre Burrobirre.

"Hai intenzione di farmi ubriacare prima di tornare a casa?" chiese Hermione.

"A proposito" fece lui ignorando la domanda, "dove abiti adesso?".

"Sì davvero" rincarò la dose Ginny. "Non ci dici più nulla".

"Ehm" Hermione tossicchiò mordicchiandosi un labbro. La resa dei conti era giunta. "Ragazzi, voi siete i miei migliori amici, no?" una frase più idiota non poteva trovarla. Infatti Harry la guardò leggermente accigliato.

"Non so, Hermione; direi che dovresti saperlo da sola" le rispose ironicamente.

"D-devo d-dirvi una cosa" farfugliò piano. "Ginny, è meglio se ti giri".

Ginevra, che le dava le spalle, smise di armeggiare con la bacchetta e le dedicò la propria attenzione. Hermione si mordicchiò un labbro, meditabonda.

"Hermione" fece Harry inquietato, "conosco quell'espressione, e non mi piace affatto!".

"Mi devo preoccupare?" chiese Ginevra rivolta un po' a entrambi. "Abiti con un elfo domestico o un troll?" scherzò. Hermione scosse la testa; non era ancora ridotta così male da abitare con un troll dalla scarsa igiene personale.

"E allora dove ti sei trasferita?" domandò Harry, sedendosi di fronte all'amica.

"A Diagon Alley" rispose, la voce stavolta ferma. "Da... Fred" aggiunse frettolosa.

"Ah, ok" disse Ginny. "Diagon Alley è ok..." stava già iniziando a girarsi, quando si bloccò. "Aspetta, che cosa?" domandò, realizzando le parole dell'amica.

"Fred-Fred?" chiese conferma Harry, guardandola come se si aspettasse che da un momento all'altro annunciasse che scherzava.

"Fred Weasley" confermò Hermione stappandosi una Burrobirra, tanto per fare qualcosa senza essere costretta a sostenere i loro sguardi; ma quando alzò gli occhi non lesse disapprovazione sui loro volti, bensì uno sconfinato stupore – peraltro giustificato. La cosa la rincuorò parecchio.

"Gli pagherò l'affitto" li informò, come se a loro importasse qualcosa. "George si è trasferito, Fred non vuole stare da solo e io non avevo una casa; così ora siamo coinquilini, grazie a una geniale idea di tuo fratello" fece rivolta a Ginny. Stava scaricando il barile addosso al roscio, ne era consapevole.

La fissavano attoniti, come se avesse appena annunciato di essere incinta di otto gemelli concepiti con un Leprecano*.

"Tu e Fred?" ripetè Ginny. La pentola a pressione era sul punto di scoppiare, ma nessuno sembrava curarsene: li aveva proprio lasciati a bocca aperta. "E perché nessuno ne sa nulla?" aggiunse Harry.

"George lo sa" precisò Hermione.

"Allora mi correggo" fece la rossa. "Per quale dannato motivo George non ce l'ha detto?". La Granger prese a tossicchiare nervosamente e a torturarsi le dita delle mani: lo faceva sempre quando si agitava per qualcosa.

"Glielo ha chiesto Fred... credo voglia dirvelo domenica, anche se sa che a te e Harry volevo dirlo io" disse come a giustificarlo. "Insomma... dovresti esserci abituata alle stranezze di Fred, no?". Harry e Ginny dovettero pensare che non avevano mai visto Hermione difendere uno dei gemelli Weasley – casinisti e indisciplinati com'erano – perché la guardarono un po' stralunati.

"Sei sicura che sia una buona idea?" chiese Harry perplesso. "Tu e lui siete così diversi..."

"Beh, è già una settimana che vivo lì" lo interruppe. "E poi non era esattamente un salto nel buio: l'idea gli è venuta perché avevamo già condiviso un appartamento per un paio di giorni" raccontò in fretta. "Il vostro appartamento, in effetti".

"COSA?" fecero in coro. Hermione sospirò e riapoggiò sul tavolo la bottiglia di Burrobirra che aveva sollevato per berne un sorso.

"Harry, ti ricordi la sera che ti ho chiamato e mi hai detto che potevo dormire qui?".

"Certo..." confermò lui senza capire.

"Ginny aveva detto a Fred di dormire qui quella stessa sera" li informò. "Abbiamo avuto un incontro fortuito... chiamiamolo così" disse ripensando alla scena ridicola di lei nel bagno con Fred e incurvando le labbra in un sorriso involontario.

Magari quei particolari era meglio tacerli a Gin e Harry, tanto perché non si facessero strane idee – più strane di quanto probabilmente non ne avessero già.

"Ah" fu il commento unico di entrambi.

"Noto con piacere che siete loquaci..." fece Hermione, ironica.

"E come va?" chiese Ginny con sorprendente naturalezza; Hermione si sentì sollevata. Per la seconda volta le sue labbra si curvarono in un sorriso, pensando a quella pseudo-convivenza appena iniziata.

"A parte i mille battibecchi al secondo... è tutto ok" concluse. "Fred è sempre meglio di un troll di montagna, in fin dei conti" disse seria, facendo ridere di gusto Ginny, che aveva sperimentato per anni e anni la convivenza con i gemelli.

"Mio fratello è un pazzo, non lo nego; perciò hai fatto una scelta molto coraggiosa" ridacchiò, riprendendo a trafficare con la bacchetta, mentre Harry tornava ad apparecchiare la tavola. Hermione sentì Ginny bisbigliare:

"Voglio proprio vedere che faccia farà Ron..." e scoppiò a ridere da sola, come un'idiota.

"Sai Ginny, tu somigli davvero tanto a Fred" commentò divertita. La rossa si girò verso di lei e assottigliò gli occhi.

"Mi devo offendere?" soffiò.

"No, no" si affrettò a risponderle. "E' solo che lui ha detto la stessa cosa".

"La stessa cosa?" chiese Harry, che si era perso la battuta della rossa.

"Ginny ha appena detto che non vede l'ora di vedere la faccia di Ron, e mi ha ricordato Fred; tutto qui" riassunse Hermione.

"Quindi non ti da fastidio se nominiamo Ron?" domandò ingenuamente.

"Non essere sciocco, Harry" rispose con aria benevola. "Io e Ronald ci siamo lasciati da un anno. Per quanto mi riguarda puoi nominarlo cento volte al minuto, ma non ho intenzione di preoccuparmi di quello che pensa della mia convivenza con Fred" aggiunse sinceramente. Rassicurato, Harry smise di trattenere il fiato, cosa che non si era neanche accorto di stare facendo, e si mise a sedere, dal momento che Ginny aveva appena dichiarato di non volere una mano.

"Ora mi chiedo anch'io che faccia farà..." commentò. "Non ci avevo pensato" sembrava pensieroso. Hermione rise.

"Non credo che la cosa lo tangerà più di tanto" rispose serenamente. "In fin dei conti sono la sua ex ragazza, non quella attuale".

Alla parola attuale Harry fece una smorfia molto simile a quelle che gli comparivano in volto durante le connessioni con la mente di Voldemort; Hermione pensava che da un momento all'altro avrebbe annunciato che gli bruciava la cicatrice.

"Sarò pure il Ragazzo Sopravvissuto" dichiarò serio, "ma ti giuro che quando c'è Lavanda tra i piedi sviluppo una vaga tendenza al suicidio. Se non l'ho ancora assecondata è per non lasciare Ginny ad affrontare LavLav da sola".

"Come sei premuroso, amore!" fece Ginny, ironica. Hermione sorrise divertita, a quanto pareva Lavanda non riscuoteva molto successo in famiglia.

"Fred ha detto la stessa cosa" commentò Hermione prima ancora di accorgersene.

Perché diamine continuava a nominare Fred in ogni frase che le uscisse di bocca?!

Harry sembrò non farci caso; ma mentre la rossa portava il cibo in tavola, la vide scoccarle un'occhiata sospettosa, e distolse lo sguardo.

Il resto della cena lo passarono chiacchierando e bevendo Burrobirra: le erano mancati i suoi amici.

"Che ne dici del bicchiere della staffa?" propose Harry, tirando fuori una bottiglia di Firewhiskey. Hermione annuì senza riserve. In fondo doveva smaterializzarsi per tornare a casa, non guidare un'automobile.

"Non vuoi proprio dirci che lavoro fai, eh?" le si rivolse Ginny, sorseggiando il contenuto del proprio bicchiere. Hermione sputacchiò un po' della bevanda, presa in contropiede. Ginevra continuava a ricordarle Fred. Avevano – oltre alla stessa sfumatura di marrone delle iridi – un'espressione molto simile.

Quelli di Frederick erano occhi profondi, forse leggermente più scuri di quelli di Ginevra, molto diversi da quelli azzurri di Ron, meno espressivi.

"Be' e-ecco" balbettò, "per queste cose sono un po' scaramantica: ve lo dirò non appena mi avrà assunto per davvero".

"Per davvero?" chiese Harry.

"Sono solo in prova" spiegò lei.

"D'accordo" fece lui scrollando le spalle. "Al nuovo lavoro di Hermione!" brindò allegro, levando il bicchiere insieme a Ginny.



Quando Hermione fu uscita di casa, Harry e Ginny, incapaci di trattenersi, commentarono insieme la notizia appresa quella sera.

"Non sono sicuro che sia una grande idea: sono così diversi!" osservò. "Si faranno a fette..." presagì con una buona dose di catastrofismo.

"Mh" mugugnò Ginny. "Secondo me invece ha senso" decretò.

"Dici?" le chiese dubbioso.

"Pensaci, Harry" disse dolcemente. "Sono opposti, quei due; se tutto va bene Fred smusserà il carattere irremovibile di Hermione, e lei lo renderà un po' più responsabile – almeno spero". Harry sembrò riflettere un attimo sulle parole della propria ragazza, per poi dichiarare solennemente:

"Se tutto va bene... credo che potresti avere ragione, sai?".

"Come sempre!" assunse un'espressione di superiorità e gli scoccò uno sguardo di trionfo.

"Oh, ma sta' zitta Weasley!" rispose Harry giocoso, chiudendole la bocca con un dolce bacio.







NOTE AL CAPITOLO

*Per chi magari non abbia letto i libri ma visto solo i film, ci tengo a precisare che non sono daltonica, e nel libro Ginny ha gli occhi marroni, non verdi come l'attrice.

*Il Leprecano (o leprecaunoleprecano, lepricauno) è una sorta di gnomo, tipico del folklore e della mitologia irlandese.






ANGOLO AUTRICE


Salve Gente,

Non so se dovrei farmi desiderare di più, ma siccome i capitoli di questa storia sono un po' più corti di quelli della mia precedente Una Strega in Famiglia, mi sembra giusto postarli un po' più velocemente, almeno quando mi è possibile. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto; finalmente si vedono Harry e Ginny (io amo questa coppia, ed essendo molto amici di Hermione ci devono essere, pur non essendo i protagonisti della storia). In questo capitoletto ho parlato solo della cena tra loro tre, ma ho anche fatto capire che la convivenza tra Fred ed Hermione non è così catastrofica – al momento – come si poteva prevedere. Stranamente, Hermione è divertita dai battibecchi anzichè infastidita. Harry e Ginny sono rimasti un po' stupiti, ma in fin dei conti l'hanno presa bene no? È solo una notizia strana, più che preoccupante. Però non si può negare che sia davvero strana :) In tutto ciò, credete che Ginny abbia ragione? Riusciranno a convivere normalmente a lungo e a migliorarsi a vicenda, o qualcosa impedirà la riuscita di questa ottimistica previsione? O la prima previsione di Harry è esatta e loro sono troppo troppo diversi?

Queste sono le domande, la risposta è la storia.

Addio Gente :*

Mi raccomando lasciatemi una recensione, sono tanto bisognosa :D

Vostra,

Jules


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Capitolo 7
*** L'annuncio ***


CAPITOLO SEI - L'Annuncio


L'ultimo giorno del week-end era giunto; quella domenica mattina, Fred Weasley si alzò dal letto malvolentieri.

Per la prima volta in vita sua, non era contento di doversi recare alla Tana. Certo, avrebbe avuto la soddisfazione di vedere suo fratello minore aprire e chiudere la bocca come un pesce lesso, ma farlo senza Hermione presente non era la stessa cosa. A dire il vero, stare senza Hermione non era la stessa cosa.

Avrebbe quasi voluto disdire e restare a casa con lei, ma ovviamente non era possibile; sarebbe parso quantomeno sospetto – sia alla diretta interessata che alla famiglia Weasley.

Neanche lui sapeva da dove provenisse la smania improvvisa di passare tutto quel tempo con la Granger, ma cercava di non farsi troppe domande. Era simpatica e brillante, ecco tutto.

Ovviamente, Molly l'aveva invitata a trascorrere la domenica con loro, ma Hermione aveva rifiutato perché pensava non fosse il caso; si preoccupava di poter mettere in imbarazzo la famiglia del suo ex.

Ma Merlino, quella non era solo la famiglia di Ron!

Era la famiglia di Ginny, di Harry, e anche di Fred. Doveva pur contare qualcosa il fatto che sua madre continuasse ad invitarla ai pranzi di famiglia e nelle occasioni ufficiali. Eppure lei aveva rifiutato giustificandosi con un impegno precedente, benché Fred sapesse che l'aveva preso successivamente.

Sovrappensiero uscì dalla propria stanza, andando a sbattere contro la sua coinquilina, ancora insonnolita e in pigiama.

"FRED!" esclamò in tono di rimprovero, sgranando gli occhi indispettita.

"Che c'è?" chiese lui, ignaro. Insomma, si era appena svegliata e già trovava qualcosa che non andava! Ma come faceva a trovare così appagante la compagnia di quella precisetta?

Hermione gli indicò la sua tenuta, distogliendone però lo sguardo, e Fred si accorse di essere in mutande. Dormiva così, e quando George era in casa non c'erano problemi di quel tipo – doveva abituarsi a quella restrizione.

"Oh Merlino!" sbuffò roteando gli occhi. "Credevo avessi visto di peggio... tipo Krum nudo!" le disse ghignando divertito. Hermione girò la faccia e lo fulminò con lo sguardo, arrossendo per quel riferimento a Vicktor.

"Per l'amor di Godric!" esclamò vedendo che lui non accennava a muoversi."Copriti, Weasley!" gli intimò.

"Oh andiamo, non sono così male!" si discolpò.

"Non avevi detto che avresti messo i pantaloni per non urtare la mia sensibilità?" gli ricordò la ragazza.

"Ma..." provò a controbattere.

"Ma niente!" lo rimbeccò lei. "Copriti e basta!". Lui bofonchiò qualcosa e tornò in camera a vestirsi, per poi scendere a fare colazione con tè e biscotti al cioccolato.

"Sei sicura di non voler venire?" le chiese sedendosi di fronte a lei, al piccolo tavolo della loro cucina.

"Ehm..." biascicò lentamente. "Sono impegnata".

Fred fece schioccare la lingua, spazientito.

"Granger, per favore!".

Hermione lo fissò con aria colpevole, deglutendo rumorosamente. "Queste panzane le potevi rifilare a mio fratello, non a me; di bugie me ne intendo abbastanza".

"Hai ragione" ammise,"l'impegno l'ho preso ieri; non vengo alla Tana perché non credo sia il caso. Sarebbe... beh..." pensò al termine adeguato, "imbarazzante".

Il roscio la guardò con un sorriso cupo, soddisfatto di aver colto nel segno, ma non allegro.

"Mamma e papà ne saranno molto dispiaciuti" disse intingendo un biscotto nella tazza.

E tu?, avrebbe voluto chiedere lei d'istinto. Istinto che per fortuna fu trattenuto dalla ragione.

"Ma poi chi hai paura di mettere in imbarazzo: Ron e LavLav?". Hermione rise al tono disgustato con cui Fred aveva pronunciato il nome della ragazza del fratello.

"Beh" farfugliò, "anche; però penso che la sensazione di disagio sarebbe un po' generale" concluse.

"Sai che prima o poi dovrai affrontarla questa 'sensazione', vero?" le chiese con sguardo tanto penetrante che le fece voltare il capo. "O hai intenzione di evitare la famiglia Weasley a vita?". Lei scosse la testa: era ovvio che no.

"Ah ecco" fece lui sollevato. "Perché, se non te ne fossi accorta, ne fai comunque parte". Hermione sollevò lo sguardo verso Fred e gli sorrise riconoscente: le faceva piacere sentirselo dire da lui. "Sei la migliore amica di Harry e Ginny, mamma e papà ti vogliono bene" elencò, "e ora sei anche la mia coinquilina" aggiunse. "Quindi, direi non puoi sfuggirci" concluse in tono apocalittico.

"E' una minaccia?" domandò divertita.

"Garantito, Granger!" rispose Fred alzandosi da tavola e facendole l'occhiolino.



Dopo aver chiesto un'ultima volta a Hermione di accompagnarlo alla Tana e dopo l'ennesimo rifiuto categorico della ragazza, Fred si Smaterializzò dall'appartamento sopra i Tiri Vispi Weasley per ritrovarsi con un crac fuori dalla porta di casa dei suoi genitori. La Tana era sempre uguale: sembrava tenersi in piedi grazie a qualche incantesimo, ma appariva accogliente. Bussò controvoglia, pensando ad Hermione in pigiama sul divano del salotto, e desiderò trovarsi con lei. Scosse la testa per scacciare quei pensieri inopportuni e si concentrò sull'enorme sorriso che mamma Molly sfoderò quando andò ad aprire la porta e lo abbracciò come se non lo vedesse da un anno anzichè da una settimana.

"Fred!" esclamò felice. "Vieni di là: ci sono già tutti!".

In effetti, essere di nuovo alla Tana era sempre magnifico. L'orologio con tutti i componenti della famglia al posto delle lancette faceva bella mostra di sè al solito posto, e a Fred sembrò quasi che niente fosse cambiato, da quando era bambino. Intravide il lavabo della cucina in cui alcune pentole si stavano lavando da sole.

Il salone era gremito di gente, dal momento che la famiglia Weasley era abbastanza numerosa. Harry e Ginny, immersi in un bacio riappacificatore dopo un battibecco, non sembravano neanche averlo visto entrare. Bill e Fleur gli si fecero incontro per salutarlo, entrambi di buon umore. Bill teneva in braccio una spledida bambina di due anni e mezzo. La piccola Victoire gli saltò al collo, gridando a squarciagola:

"È arrivato zio Fred!".

La prese in braccio e salutò suo padre Arthur e Ron con una pacca sulla spalla. Angelina si avvicinò sorridendo, mentre George lo guardava come a chiedergli silenziosamente quando avrebbe sganciato la bomba. Quando Ginny ed Harry si avvicinarono, sua sorella gli chiese esattamente la stessa cosa, ma a voce.

"Quando sgancerai la bomba?" bisbigliò. Sentiva lo sguardo di Harry ripetere la domanda della sua ragazza.

"Hermione ve l'ha detto?". Si stupì di averla chiamata per nome; quando era con lei non lo faceva. Entrambi annuirono.

"Comunque, lo annuncio tra cinque minuti, appena saremo al completo", sapevano bene a chi si stesse riferendo. Lavanda Brown apparve dalle fiamme del camino un secondo più tardi – evidentemente aveva usato la Metropolvere. C'era chi non gradiva la sensazione della Materializzazione, anche se Fred non capiva proprio perché. Non appena avevano passato l'esame, lui e George avevano iniziato ad usarla per qualunque spostamento, compresi quelli molto impegnativi, come dalla loro stanza alla cucina.

Ora erano quasi al completo. Mancava Charlie – perso in chissà quale anfratto della Romania ad allevare qualche drago. Ovviamente mancava Percy, e il pensiero gli causò una fitta di tristezza. E mancava Hermione.

Non appena ebbe salutato anche Lavanda, mise giù Victoire ignorando le sue energiche proteste e assicurandole che l'avrebbe ripresa in braccio più tardi. Spostò lo sguardo da George a Ginny, poi a Harry, e poi di nuovo a George. Si schiarì la voce e parlò:

"Famiglia Weasley, devo fare un annuncio" quasi urlò, per sovrastare il chiacchiericcio generale che si era già diffuso. Istantaneamente, tutti si zittirono – probabilmente colpiti dall'insolito tono serio di Fred.

Si sentì tutti gli occhi puntati addosso e molto illogicamente l'unico, assurdo pensiero che lo attraversò fu che in quella stanza c'erano decisamente troppe persone con i capelli rossi tutte insieme.

Tutti avevano i capelli rossi, tranne gli acquisiti: ovvero Fleur, Lavanda, Angelina e Harry. L'unica Weasley ad avere dei bellissimi e lucenti capelli biondo argenteo era Victoire, praticamente la fotocopia in miniatura di sua madre.

Stava per aprire bocca quando una specie di terremoto scese le scale e gli si fiondò addosso per salutarlo.

"Teddy!" esclamò prendendolo in braccio. Teddy Lupin aveva ormai cinque anni.

"Mitici i tuoi capelli!" si complimentò e gli strizzò l'occhio, adocchiando le ciocche blu sulla testa del bambino (un Metamorfomafus, proprio come sua madre Tonks).

Teddy scese a terra e si diresse verso Victoire, che si divertiva un mondo a vedere la sua chioma cambiare colore. Fred li guardò ridendo e pensando alla propria infanzia, passata così in fretta, in quella stessa casa.

"Dai Freddie" lo incitò George, capendo che si era incartato in qualche riflessione. Fred si riscosse e tossicchiò, preparandosi a vuotare il sacco.

"Mi sono trovato un coinquilino" annunciò allegramente.

"Un coinquilino?!" fece sua madre, sorpresa. "Credevo che vivere con George fosse abbastanza impegnativo. Chi avete invitato in casa: Lee Jordan?" chiese.

"George è andato a vivere da Angelina, non lo sai?" rispose Fred semplicemente. Molly guardò prima un gemello e poi l'altro, leggermente irritata.

"Perché sono sempre l'ultima a sapere le cose?" sbuffò.

"Me-me ne sono completamente dimenticato!" fece George, battendosi il palmo della mano sulla fronte.

"Sul serio?" sbraitò Angelina, non molto contenta del comportamento del suo ragazzo. Fred pensò bene di salvarlo dalle occhiate dardeggianti della ragazza e di mamma Molly, prendendo nuovamente parola.

"Beh..." riprese, "se il mio gemello si è scordato, ve lo dico io. Da una decina di giorni io e Georgie non siamo più in simbiosi, per colpa di quella ragazza" disse scherzoso, fingendo di asciugarsi una lacrimuccia e facendo sorridere Angelina, col puro intento di dissipare il rischio di liti tra lei e George.

"Mo c'est meravijoso Georgèè!" esclamò Fleur, che non aveva ancora perso il suo affascinante accento francese.

Arthur, Bill e Ron si limitarono a battere una pacca sulla spalla al ragazzo, mentre Molly abbracciò Angelina e gettò un'occhiataccia al figlio, ancora scioccata del fatto che non l'avesse avvertita.

Ginny ed Harry gli avevano fatto le loro congratulazioni giorni prima, ma si guardarono bene dall'ammettere che loro erano già stati avvisati da George – e ancora meno si sognavano di rivelare che erano anche a conoscenza della storia del coinquilino di Fred.

Tra pacche sulle spalle, felicitazioni e reiterate richieste di fissare una data per la cerimonia di nozze (con grande imbarazzo di Angelina e George), tutta la famiglia fu a tavola – e l'annuncio di Fred sembrava essere passato in secondo piano. Ad un tratto, sua madre lo squadrò e sembrò ricordarsene.

"Fred, allora, chi ti sei trovato come coinquilino?" fece un po' indispettita. "Spero solo non sia un ragazzo confusionario come te".

"Ehm" Fred ridacchiò, "nè l'una nè l'altra" disse enigmatico.

"Che intendi dire con nè l'una nè l'altra?" domandò Lavanda, la vocetta stridula.

"Che non è come me" rispose ovvio. "Non è confusionario e soprattutto non è un ragazzo" aggiunse.

"Eh?" fece Angelina senza capire. Ne dedusse che George non le aveva detto nulla: suo fratello poteva predicare bene quanto gli pareva, ma continuava a razzolare male. Anche lui aveva taciuto tutto per godersi l'effetto sorpresa sulla tavolata riunita lì, Fred ne era sicuro.

"Quello che Fred vuole dire" fece Ginny per spezzare quell'agonia, "è che è una ragazza molto ordinata".

"Ah" Ron parlò per la prima volta; sembrava poco interessato alla faccenda.

"Già" Fred sorseggiò un goccio di Burrobirra. "Aveva bisogno di un appartamento e a me si è liberato un posto: una fortunata coincidenza".

"E chi sarebbe?" domandò Ron, che in quel momento stava trangugiando lo stufato, accompagnandolo con una sorsata di vino di sambuco.

"Hermione Granger" annunciò Fred con tutta la nonchalance del mondo.

Ron divenne paonazzo e per pocò non soffocò in un accesso di tosse, che lo portò a sputare una sorsata di vino addosso alla sua LavLav.

"Chi?!" chiese esterrefatto, solo dopo aver mandato giù la carne e aver pulito i vestiti di Lavanda con un Tergeo. Fred lo guardò impassibile con i profondi occhi marroni, e ripetè:

"Hermione Granger" quasi come una sfida.

"Convivi con Hermione?" annaspò la madre.

"Non convivono, mamma" precisò Ginny in difesa del fratello – o forse per evitare che le coronarie di Molly scoppiassero. "Sono coinquilini: Hermione paga l'affitto" comunicò.

"Con quali soldi, se si è licenziata dal Ministero?" squittì Lavanda in una frecciatina che non produsse nè ilarità, nè rabbia. Venne semplicemente ignorata da tutti, tranne che per uno sguardo torvo di Harry e Ginny e la risposta pacata di Fred:

"Ha un nuovo lavoro" sembrava averle concesso un onore, parlandole. Come se l'avesse fatto per bontà d'animo, giusto un favore personale.

"Ah, davvero?" fece Arthur incuriosito. "Roba babbana?" chiese speranzoso. Quando Fred scosse la testa in segno di diniego e l'uomo sembrò molto deluso: lui adorava i babbani, anche se nessuno si spiegava bene il perché.

"Sono contenta per lei: di cosa si occupa?" chiese interessata Molly. Fred rimase un attimo interdetto, e a venirgli in soccorso stavolta fu Harry.

"Ehm" farfugliò il moro. "Hermione è scaramantica per certe cose, ed è ancora in prova. Quindi vuole aspettare di essere assunta; ancora non sappiamo di cosa si tratti" spiegò.

"Oh, capisco" rispose Molly. "Mi dispiace che non sia venuta" disse scuotendo la testa, e stavolta fu Lavanda che quasi si strozzò con la Burrobirra, provocando l'ilarità di Ginny, che dovette trattenersi dallo scoppiare a ridere – un'occhiataccia le venne scoccata da Ron, consapevole del fatto che in un intero anno, la sua nuova fidanzata non era ancora stata del tutto accettata dai componenti della famiglia Weasley. Ginny nascose la faccia arrossata dietro ai capelli fucsia di Teddy, che le era appena saltato in braccio.

"Be' credo che ti farà bene vivere con una persona assennata" concluse Arthur.

"Sarà sempre meglio di Georgie-Da-Un-Orecchio-Solo*" Bill scoccò uno sguardo divertito al fratello minore.

"Ah Ah! Senti chi parla!" ribattè George senza scomporsi. "Bill-Sfregiato-Weasley".

"Oh, piantatela voi due!" fecero Fleur e Angelina in coro, benché abituate a quelle battute.

Ron era talmente sbigottito che non aprì più bocca fino alla fine del pasto, mentre LavLav aveva l'espressione di un gatto appena uscito dalla centrifuga.

Lo sguardo di Fred incrociò quello di sua sorella Ginny, che stava osservando la scena, altrettanto divertita dall'espressione di Lavanda. Non poterono fare a meno di sogghignare e poi chinare il capo, per evitare di scoppiare a ridere entrambi.






NOTE AL CAPITOLO:

1) Bill prende in giro George per l'orecchio che gli è stato ferito da Piton con un Sectumsempra nel settimo libro; mentre George risponde con il fatto che alla fine del sesto libro Graybeck il lupo mannaro ha sfregiato Bill la notte in cui è morto Silente e i membri dell'Ordine hanno combattuto contro i Mangiamorte. I Weasley sono dotati tutti di senso dell'umorismo – tranne Percy – e quindi non è inverosimile che scherzino così.


ANGOLO AUTRICE


Comincio con il dire che ho cambiaro nick: sono Jules_Weasley adesso. In realtà pensavo ci fosse stato un disguido e mi fossi messsa nome Jules_8 o qualcosa del genere, invece a quanto pare no. Se nei giorni prossimi dovesse apparirvi un nome del genere, sappiate che lo ricambierò comunque con Weasley.

In generale, sopportatemi, perché io con i nickname non trovo pace! Dal 2010 a oggi ne avrò cambiati quattro. Però come vedete sono sempre la vostra Jules :)

Allora, passiamo alle cose serie. In questo capitolo Fred annuncia ai Weasley il suo "coinquilinato" con Hermione. Ron non l'ha presa bene, ma davanti a Lavanda non è che possa dimostrare tutto questo disappunto, perché sarebbe inopportuno interessarsi alla ex davanti alla ragazza, no? Comunque neanche lei è felice di sentir nominare Hermione, perché tra i Weasley non è proprio popolare. Ginny in tutti i libri ha un certo feeling con i gemelli, e secondo me gli somiglia anche parecchio. È spiritosa, lancia Caccabombe e sa negare l'evidenza con una certa facilità. E poi boh, io amo Ginny. Amo i Weasley in generale, veramente. Ad ogni modo, nel prossimo capitolo ritroveremo altri due personaggi di nostra conoscenza. Non preoccupatevi per le poche apparizioni di Ollivander in questi capitoli di "assestamento", perché avrà tempo di apparire. Per quelli che aspettano Draco, mettetevi comodi xD

Insomma, bando alle ciance. Spero che il capitolo vi piaccia e che mi lascerete un commentino piccino piccino. Ah, ringrazio tutte le persone che leggono/recensiscono; e ringrazio Dany_skywalker , Nhirn9001, potterhead_rusher che in questi ultimi giorni mi hanno messo tra gli autori preferiti. Grazie grazie grazie (e ovviamente grazie di nuovo a quelli che mi ci hanno messa tempo fa). Ciao gente, a presto :*

Jules


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Capitolo 8
*** Casa Lovegood ***


CAPITOLO SETTE – Casa Lovegood



Hermione guardò Fred scomparire dal salotto di casa loro – perché quella casa ormai la sentiva anche un pochino sua.

Non lo era, certo, ma non poteva evitare di sentirsi protetta e al sicuro, lì dentro. E come si chiama il luogo in cui ci sentiamo protetti e sicuri, se non casa? Lei non avrebbe saputo definirla altrimenti – e di solito non era il tipo di persona a cui mancano i termini per esprimere un concetto.

Pensò a Frederick in quell'ambiente accogliente che era la Tana, con un allegro fuoco sempre scoppiettante e l'orologio che segnava le posizioni dei componenti della famiglia. Sorrise involontariamente, ricordando il tempo che aveva trascorso là. Stranamente, Ron era l'ultimo dei suoi pensieri (il che era bizzarro, considerato che era con lui che aveva passato quei giorni dalla famiglia Weasley).

Eppure, anzichè quella del proprio ex, l'unica immagine che le veniva alla mente era quella di Fred – tutte le volte che aveva lanciato Caccabombe in giro per casa, o che l'aveva presa in giro, o che le aveva nascosto i libri di Aritmanzia.

Era stata invitata da Molly via Gufo, ma non aveva ritenuto opportuno presentarsi. Oltretutto, quello era il giorno in cui Fred avrebbe annunciato il loro coinquilinato – come erano soliti chiamarlo nel tentativo di evitare la parola 'convivenza', che assumeva tutto un altro significato nelle menti di entrambi.

In un momento simile si sarebbe sentita di troppo: dovevano essere liberi di discutere senza la sua presenza. In fondo, lei non era più parte della famiglia.

Poteva quasi vederli, seduti al tavolo con la tovaglia fresca di bucato, le stoviglie pulite in attesa di essere riempite e i bicchieri del servizio buono. Chissà com'erano cresciuti Teddy e Victoire in quei sette mesi...

Si costrinse a smetterla di rimuginare su quelle immagini deprimenti e si alzò per andarsi a lavare e vestire.

Un impegno l'aveva preso sul serio, ma era solo per le tre di quel pomeriggio; e decise che, tanto per cambiare, avrebbe ingannato il tempo leggendo qualcosa.





Alle tre in punto, Hermione si Materializzò fuori dalla porta di una casetta allegra e dall'aria strampalata. Aveva forma simile a quella di un torrione ed era stata ricostruita, benché Hermione ricordasse fin troppo bene il giorno in cui l'aveva scorta per la prima volta. Lo stesso giorno in cui era esplosa, a dirla tutta.

Realizzò di trovarsi a un tiro di schioppo da Fred... cioè dalla Tana, si corresse mentalmente. Era appena oltre la collina dove abitavano i Weasley.

Aveva approfittato di quella domenica pomeriggio per far visita ad un'amica che non aveva ancora rivisto.Picchiò forte sull'uscio temendo che, stralunati com'erano, i padroni di casa non la udissero.

Una ragazza con un sorrisone e l'aria trasognata aprì la porta. I capelli biondi in disordine scendevano fino a metà della schiena, e apparivano simili alla criniera di un leone – ma Hermione di pettinature non poteva proprio parlare.

"Luna!" la salutò abbracciandola calorosamente. Luna Lovegood la accolse in casa senza smettere di sorriderle.

Un uomo dai capelli di un biondo sporco, piccolo e vestito in maniera alquanto stravagante – con un completo verde acido dalla foggia inusuale persino per un mago – si fece incontrò all'ospite e le tese la mano. Hermione la strinse cordialmente

"Salve, signor Lovegood!"

Il padre di Luna la fece accomodare su una poltrona e le chiese qualche informazione per poi lanciarsi nella descrizione minuziosa di animaletti strambi che, secondo lui, avevano sede alcuni in Francia e altri in Bulgaria (ed Hermione rimpianse di avergli rivelato i luoghi in cui si era recata).

A seguire, tenne una specie di conferenza sui ricciocorni schiattosi, dei quali ancora stava cercando, dopo anni, di dimostrare l'esistenza.

"Vuoi del tè?" chiese Luna allegra quando il padre fu uscito in giardino.

Hermione annuì, guardandolo dalla finestra piuttosto incuriosita: annaffiava le piante e le intratteneva con quello che aveva tutta l'aria di essere... un balletto?

"Stai fissando mio padre, vero?" era una domanda retorica, senza traccia di irritazione. Hermione distolse lo sguardo dal signor Lovegood e lo rivolse a Luna, capendo che le era mancata. Le erano mancati tutti i suoi amici, in quei mesi.

Le sopracciglia aggrottate in un'espressione di eterno stupore, l'aria spaesata e quella disarmante sincerità in ogni affermazione: quella era decisamente Luna.

"Cercavo di capire cosa stesse facendo" rispose sinceramente, ma senza tono di dileggio nella voce. Erano passati i tempi in cui cercava di far capire a Luna che le idee che suo padre riportava sul Cavillo erano del tutto strampalate e prive di fondamento.

"Oh" replicò la ragazza, trafficando con il bollitore. "Si prende cura delle Prugne Dirigibili*, ovviamente" spiegò con naturalezza. "So che può risultare bizzarro, ma loro" e lo disse come se si trattasse di persone, "hanno bisogno di svago, per maturare".

"Capisco". Annuì, fingendo di comprendere realmente il senso di inscenare un balletto davanti a delle Prugne.

In realtà no, non capiva. Ma del resto l'esperta era Luna: era diventata una naturalista di discreta fama, in quegli anni.

La padrona di casa verso altro tè nelle tazze e servì dei biscotti secchi, delle brioches di zucca e mise sul tavolo dei Calderotti.

"Ehm" borbottò Hermione, vedendo che Luna non accennava a parlare. "Come va con..." cercò disperatamente di ricordarsi il nome del ragazzo, "...Rolf?".

Luna si illuminò, ed Hermione tirò un sospiro di sollievo: evidentemente era quello il nome. Rolf Scamander era il ragazzo con cui Luna aveva appena iniziato a frequentarsi quando Hermione si era praticamente data alla macchia.

"Buffo che tu me lo chieda" fece un sorriso. "Ne parlavo ieri con Neville; ci siamo conosciuti grazie a lui, lo sai?". Hermione annuì, e le venne in mente che da quando era tornata non aveva ancora contattato Neville – era un'amica davvero orribile!

"Ci siamo conosciuti ad un seminario di Erbologia a cui ero andata con Neville" narrò, nonostante Hermione già ne fosse a conoscenza.

"Ginny dice che secondo lei siete la coppia perfetta" commentò.

"Suppongo di sì" confermò senza remore. "Lui è un Magizoologo; abbiamo le stesse passioni" aggiunse con una punta di orgoglio.

Hermione le sorrise, estremamente felice per lei. Era scontato che fosse un Magizoologo, essendo un discendente del famoso Newt Scamander, l'autore di Gli animali fantastici: dove trovarli.

Ad Hogwarts quel libro era stato la Bibbia di Hermione per quanto riguardava Cura Delle Creature Magiche, perlomeno finché Hagrid non aveva iniziato a fare incroci strani (tipo gli Schiopodi Sparacoda).

"Neville come se la passa?" chiese poi.

Per Luna, Neville era il corrispettivo di ciò che Harry era per Hermione, perciò era chiederle informazioni su di lui.

A quella domanda, l'espressione distesa e sognante della ragazza si accigliò lievemente ed Hermione si sentì in colpa ancora prima che parlasse.

"Dovresti chiederlo a lui" disse in tono di rimprovero. Non l'aveva detto con rabbia, ma proprio per questo si sentì ancora peggio. Farsi rimproverare da Luna non era decisamente tra le massime aspirazioni di Hermione.

"Sei sparita per mesi, spedendo lettere solo ad Harry. Ora torni e ti comporti come se niente fosse, quando entrambe sappiamo che non te ne sei andata a spasso per l'Europa in vacanza" il tono continuava a non essere risentito, ma lievemente deluso. "Credevo fossimo amiche".

A questa uscita Hermione, fino ad allora rimasta silente, dovette per forza controbattere.

"Io sono amica tua, Luna!*" protestò dolcemente.

Erano diverse, su questo non c'era dubbio, ma Hermione le voleva bene. Dopo tutto quello che aveva passato insieme agli amici – la guerra e tutto il resto – non poteva essere altrimenti. Probabilmente il loro rapporto era cambiato dal giorno dello scontro all'Ufficio Misteri, al quinto anno. Poi la Seconda Guerra Magica, e tutto quello che lei, Neville e Ginny avevano fatto a Hogwarts per tenere in vita l'ES*. Inoltre, Luna le era stata vicina dopo la fine della storia con Ron e il loro rapporto si era solidificato di più. E lei che faceva? Partiva e se ne stava per conto suo senza neanche mandare una cartolina.

"Ero certa che Harry vi avrebbe dato notizie..." si giustificò debolmente.

"Non è la stessa cosa, Hermione" aveva colto nel segno.

"Io..."

"E ora vieni qui e mi parli di Prugne Dirigibili – come se non sapessi che non sei minimamente interessata – anzichè raccontarmi qualcosa degli ultimi mesi. Non dico tutto, ma almeno una mezza verità" aggiunse, ed Hermione pensò che per quanto Luna potesse sembrare tocca a prima vista, alle volte era terribilmente perspicace e dolorosamente sincera.

"Oh, va bene" borbottò infine. "Non ero in vacanza come ho detto a tuo padre prima; volevo cambiare aria: avevo inziato ad essere insopportabile con tutti. Volevo stare da sola, ritrovarmi e capire cosa fare di me stessa" disse frettolosamente, come per liberarsi di un fardello.

Luna restava in silenzio, evidentemente aspettando qualche altra dichiarazione. La guardava distrattamente: sembrava quasi che il discorso non fosse rivolto a lei.

"Era dalla fine della guerra che volevo farlo" continuò, "ma rimandavo".

"E hai scoperto qualcosa in più su di te?".

"Non molto" e si mordicchiò un labbro. "Ma ho capito che il senso di soffocamento che sentivo dipende da me, non da ciò che mi circonda. L'inghilterra è casa mia, questo ora lo so: non c'è altro posto in cui voglio vivere". Luna le sorrise e la guardò comprensiva.

"E' già un passo avanti, no?" pigolò incoraggiante. Hermione le sorrise di rimando, annuendo. In effetti, più passavano i giorni, e più era convinta di aver fatto bene a tornare – ancora una volta, senza seguire un filo logico, il suo cervello le pose il volto di Fred Weasley davanti agli occhi.

"Luna mi ha detto che hai lasciato il lavoro al Ministero" osservò uno Xenophilius Lovegood piuttosto scarmigliato, rientrando in casa. Stringeva un baccello di Pugnacio* nella mano sanguinante, ma non sembrava esserne consapevole.

"E-ehm" balbettò lei, "s-sta sanguinando, signor Lovegood!" lo informò. Egli si guardò la mano e sembrò accorgersene solo in quel momento.

"Oh, non importa" si strinse nelle spalle. Poi si mise a trafficare con il baccello, totalmente incurante del sangue che colava.

"Ti interessa un lavoretto?" le chiese. Hermione guardò prima lui, girato di spalle, e poi Luna, senza comprendere.

"Papà, forse dovresti spiegarti meglio" disse Luna placidamente.

"Certo, certo!" farfugliò girandosi a guardarla. "Un mio amico editore vuole ristampare Le Fiabe Di Beda Il Bardo*; e gli serve una nuova traduzione" spiegò con calma. "Luna dice che sei niente male in Rune Antiche, e ho pensato di fargli il tuo nome" chiarì. "E' solo una traduzione, ma l'editore paga abbastanza bene".

Ad Hermione brillavano gli occhi per l'entusiasmo: adorava tradurre le Antiche Rune, e da molto tempo non ne aveva più occasione.

"Non so cosa dire..."

"Di' sì, naturalmente" suggerì Luna.

"Certo" confermò Hermione. "Grazie per aver pensato a me".

Era stupita, dal momento che non era mai stata troppo simpatica al padre di Luna – avevano divergenze di vedute su Ricciocorni Schiattosi e quant'altro. Xenophilius non apprezzava la sua chiusura mentale; la riteveva una ragazza limitata. Ma in fondo, a parte tentare di dare lei, Harry e Ron in pasto ai Mangiamorte*, era sempre stato gentile.

Bisogna anche specificare che Voldemort aveva preso in ostaggio Luna, l'unica gioia della sua vita, e la cosa poteva considerarsi un'attenuante.

Improvvisamente, Luna scosse la testa e si battè una mano sulla fronte.

"Che c'è?" chiese Hermione allarmata.

"Mi sono dimenticata che tra dieci minuti ho appuntamento con Rolf" disse in tono di scuse.

"Non importa" la tranquillizzò. "Possiamo continuare un'altra volta la nostra chiacchierata".

"Non sparirai di nuovo, vero?" chiese Luna, aggrottando le sopracciglia.

Hermione scosse la testa in segno di diniego e si voltò a fare un cenno di saluto al padre della ragazza, di nuovo assorto a contemplare il baccello di Pugnacio. Uscì da casa Lovegood sorridendo: in fin dei conti era stato un bel pomeriggio.

Aveva rivisto Luna, aveva chiarito con lei, e aveva anche ottenuto un lavoro grazie a Xenophilius Lovegood. Guardò di nuovo oltre la collina, chiedendosi cosa stessero facendo i Weasley.

Si Materializzò nell'appartamento, sperando di trovare Fred a casa, ma lui non c'era. Evidentemente era ancora alla Tana con gli altri. Peccato... avrebbe voluto raccontargli della traduzione, farsi prendere un po' in giro per essere sempre la solita So-Tutto-Io, e magari fingere di offendersi. L'appartamento in Diagon Alley le sembrava incredibilmente grande, senza qualcun altro – senza Fred.

Mangiò qualcosa per cena e andò dritta a letto, con un certo senso di vuoto a permearle lo stomaco – e non era mancanza di nutrimento.

Ad Hermione embrava strano anche solo da pensare, ma andare a dormire senza la buonanotte di Frederick Weasley non era la stessa cosa, ormai.





NOTE AL CAPITOLO*

1) Le Prugne Dirigibili sono fuori dalla casa dei Lovegood sia nel libro che nel fill, con il cartello che vieta di toccarle. Ho immaginato che per accudirle Lovegood facesse una delle sue cose strane, e mi è venuto in mente il fatto del balletto.

2) Pugnacio è una pianta che appare nel sesto libro e abbastanza pericolosa da maneggiare perché tenta di ingurgitarti una mano se sei interessato a estrarne il baccello.

3) Le Fiabe di Beda il Bardo nell'edizione del 2008 sono nella traduzione di Hermione Granger (o così c'è scritto sulla copertina delle mie). È ovvio che Hermione Granger non esiste, ma lasciamo stare. Ho pensato fosse il caso di far capire che Hermione è comunque sempre una gran secchiona amante dei libri.

4) La frase è la copia di quella che Harry dice a Luna all'inizio del sesto film. Luna prima dell'ES non aveva mai avuto amici, in quanto bollata da tutti come Lunatica (non so perché visto che secondo me è adorabile).

5) L' ES era – per chi non ricordi – l'Esercito di Silente che Harry aveva formato nel quinto libro per addestrare i ragazzi a combattere le Arti Oscure in maniera pratica (dato che la Umbridge non permetteva l'uso delle bacchette e Voldemort era appena risorto).

6) Nel settimo libro il padre di Luna tenta di 'vendere' il Golden Trio per ottenere in cambio il rilascio della figlia, prigioniera al Malfoy Manor.



ANGOLO AUTRICE


Salve gente!

Come avevo detto, nel capitolo compaiono due vecchi personaggi, ovvero Luna e suo padre. Ribadisco che mi sembra realistico che dopo mesi e mesi di distanza Hermione si degni almeno di andare a trovare i suoi amici (non può frequentare solo Ginny, Harry e Fred). Già le note sono sei, evito di rompere le scatole. A tutti i fan di Ollivander: nel prossimo capitolo lo ritroverete, tranquilli. Intanto mi serviva un po' di ristabilire i legami vecchi e di creare quelli nuovi (che è lo stesso motivo per cui Draco dovrà aspettare un altro po'). Vi prego, lasciatemi un commentino :D Prometto che aggiornerò presto, perché so che per ora i capitoli sono corti. Alla prossima!

Baci :*

Jules







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Capitolo 9
*** Il battesimo di Hermione ***


CAPITOLO OTTO – Il battesimo di Hermione



"Granger..." sentì un bisbiglio e un forte odore di caffè. Aveva voglia di rigirarsi tra le lenzuola e ignorare la voce che la stava richiamando dal mondo dei sogni, ma sollevò lentamente le palbebre e le sbattè più volte per mettere a fuoco.

La stanza, piena di libri vecchi e nuovi, tra cui alcuno sull'Arte delle Bacchette, era sempre la stessa.

L'unico elemento 'fuori posto' era un ragazzo alto e dai capelli rossi che le sorrideva sfrontato ai piedi del letto, una tazza fumante di caffè nella mano destra.

"F-Fred" pigolò lei, ancora non molto reattiva. "Che ci fai qui?" domandò.

"Beh" il roscio diede un'alzata di spalle, "sono venuto a svegliarti" le spiegò.

"Mmh" commentò lei, la bocca impastata di sonno.

"Temo che tu sia in ritardo" le comunicò; piuttosto divertito dall'espressione sconvolta che le si dipinse in volto.

Diede un'occhiata alla sveglia che teneva sul comodino e vide qualcosa che non avrebbe voluto: erano le otto e mezza, l'esatto orario in cui avrebbe dovuto varcare la soglia della bottega di Ollivander. Saltò giù dal letto con uno strillo.

"Cielo! Devo darmi una mossa o mi farà a pezzi!" mormorò iniziando a tirare fuori i vestiti dall'armadio.

"Chi ti farà a pezzi?" domandò lui nella speranza che, colta di sorpresa, gli rivelasse il nome del datore di lavoro. Cosa che, ovviamente, non avvenne. Lei ridacchiò.

"Bel tentativo Fred! Te lo dico un'altra volta..." tagliò corto. "Sono in un ritardo mostruoso". Era rossa in viso e molto agitata; la trovò fantastica.

Trovi fantastica la Granger agitata e irritabile, ma sei scemo?

Si alzò di botto dal letto e la raggiunse davanti all'armadio; lei si voltò a guardarlo: sembrava che volesse dirle qualcosa, ma si limitò a prenderle silenziosamente la mano e a consegnarle la tazza di caffè che le aveva portato.

Hermione, senza il minimo preavviso da parte del suo ormai morto cervello, si sporse e gli lasciò un lieve bacio sulla guancia.

"Grazie" mormorò, a mo' di giustificazione.

Ufficialmente l'aveva baciato per ringraziarlo del caffè, ufficiosamente perché le andava di farlo – voleva fare anche di più, veramente.

Per un secondo – solo un secondo, sia chiaro – aveva avuto l'impulso di cambiare traiettoria e spostarsi sulle labbra, ma per fortuna aveva evitato di assecondarlo.

Fred farfugliò qualcosa di incomprensibile ed uscì dalla stanza, lasciandola sola a prepararsi. Fissò per un attimo la porta da cui era uscito e ricominciò la corsa frenetica contro il tempo.





"Signorina Granger!" esclamò Ollivander, irritato. "Venti minuti di ritardo! Credevo di doverti aspettare a vita!".

Hermione trovò eccessivo il suo tono severo, e la sua lingua si mosse senza interpellarla.

"Credevo che i fabbricanti di bacchette fossero dotati di pazienza!" replicò caustica, pentendosene nello stesso istante.

Ecco, ora ti sbatte fuori a pedate nel culo, complimenti!

Al contrario di ciò che Hermione si aspettava, gli occhi scoloriti del vecchio si assottigliarono, ma poi la bocca sottile si rilassò in un sorrisetto. Strano ma vero, il suo datore di lavoro stava più o meno sorridendo!

"Mi piace l'ironia, è un modo intelligente per uscire puliti da situazioni disastrose" osservò lui, insolitamente loquace. Tranne quando si parlava di lavoro, Hermione era sicura di non averlo mai udito pronunciare più di cinque parole in sequenza. Gli sorrise di rimando, felice di averla scampata.

Si tolse il cappotto e la sciarpa e si diresse al bancone, pronta a mettersi in ascolto. Quando fece per mettersi seduta, Ollivander la bloccò con un gesto della mano.

"Oggi faremo lezione sul campo" disse. Se quello era il suo modo di spiegarsi, Hermione doveva ammettere che non lo capiva molto bene.

"Mh... che intende con sul campo?" chiese incerta, mordendosi un labbro, agitata.

Il vecchio parve compiaciuto di aver creato quell'alone di mistero che bastava a suscitare la curiosità di Hermione.

"Ogni cosa a suo tempo" le rispose pacatamente. "Ora, prendi sciarpa e cappotto e afferra il mio braccio".

Hermione si affrettò a fare come le era stato detto, e in men che non si dica fu di nuovo accanto a lui, tutta infagottata.

Afferrò con presa salda il braccio del vecchio e improvvisamentesentì il famigliare risucchio che provava Smaterializzandosi.

Con un sonoro crac i due erano spariti, e la bottega ora era vuota.





"Freddie?!" lo chiamò il gemello scuotendolo per un braccio.

"Mh?" mugugnò distratto.

"Stammi a sentire!" lo rimproverò, aggrottando la fronte.

"Come?" si riscosse e guardò il suo doppio. "Come hai detto?".

"Ehi!" George schioccò le dita sotto al suo naso. "Non so se ti sei reso conto di quanta gente ci sia qui dentro!" gli fece notare.

Fred si guardò intorno e scorse una marea di gente invadere il negozio, forse attratta dal vivace colore arancio delle vetrine o dalla fama che in quegli anni aveva valicato i confini di Diagon Alley, e anche dell'Inghilterra – arrivavano ordini via Gufo da tutta Europa.

"Si può sapere a che pensi?!" domandò George, decisamente scocciato dalla totale mancanza di attenzione del fratello.



Hermione, agitatissima per il ritardo, stava per uscire dall'appartamento.

Più passavano i giorni e più la curiosità di Fred aumentava: voleva sapere dove si recasse tutte le mattine, e solo un briciolo di dignità lo aveva trattenuto dallo spiare i movimenti della sua coinquilina. Quella mattina c'era stato un momento, in camera della Granger, in cui aveva sentito il forte impulso di baciarla.

Non sulla guancia – baciarla sul serio. Così, la dignità era svanita di colpo, completamente soppiantata dal desiderio di sapere.

"Vengo con te".

Hermione lo guardò e poi si strinse nelle spalle, in un tacito consenso. Scesero le scale e sbucarono da una porticina secondaria che dava sulla strada – quella principale sbucava direttamente dentro ai Tiri Vispi Weasley.

Era evidente che Hermione non voleva fargli sapere dove andava perché, come previsto, lo salutò e si dileguò frettolosamente tra la folla.

Fred rischiò seriamente di perderla di vista, ma non avvenne. La seguì a una distanza di sicurezza, sentendosi un idiota.

Cosa sperava di ottenere? Di certo non lavorava da Magie Sinister!

Non dovette fare molta strada, perché Hermione entrò nell'ultimo posto – dopo Magie Sinister – in cui Fred si sarebbe aspettato che si recasse: Ollivander.

Che ci faceva Hermione da Ollivander? Forse doveva far riparare la bacchetta o qualcosa di simile, quindi per un po' aspettò di vederla uscire.

Dopo dieci minuti gli fu chiaro che Hermione sarebbe rimasta all'interno. Ma non era possibile che tutte le mattine andasse da Ollivander, perché tutti sapevano che quel vecchio paranoico non aveva lavoranti.

Si avvicinò cautamente alla porta del negozio e la aprì lentamente, producendo un tintinnio di campanelle sopra l'uscio. Si guardò intorno, curioso di risolvere quel mistero, ma non vide nessuno.

Non c'era traccia della Granger, nè di Ollivander.

Provò anche il classico "c'è nessuno?" – con Hermione avrebbe inventato una scusa per la sua presenza lì. Ma niente.

Il posto era deserto, e non gli rimase che tornarsene deluso al negozio, dove già qualcuno stava iniziando ad entrare per fare acquisti.



Fred era perso nei ricordi di quella mattina, quando il fratello l'aveva interrotto bruscamente.

"Uhm? Niente di che..." finse di non capire la domanda e scattò in piedi pronto a sfoderare sorrisi e ad illustrare le peculiarità dei diversi prodotti a una banda di ragazzini scalmanati. George lo guardò allontanarsi e scosse la testa: conosceva suo fratello come le sue tasche, e sapeva che non era stato sincero. George avrebbe dato oro per sapere a chi o a cosa fossero rivolti i pensieri di suo fratello.








Hermione e Ollivander sbucarono su quello che presumibilmente era un colle, in una fitta foresta nella quale la ragazza era certa di non aver mai messo piede.

"Che ci facciamo qui?" chiese, stordita dalla Materializzazione piuttosto brusca. Ollivander la squadrò con attenzione, soppesando con cura le parole da usare.

"Questo, signorina Granger, è il tuo battesimo" annunciò enigmaticamente.

"Prego?" sollevò un sopracciglio, dubbiosa sul significato della frase.

"Siamo qui per scovare alberi da bacchette" dichiarò lui, il tono solenne. "E sarai tu ad individuarli, in base a quello che sai in proposito; sono un bel po' di giorni che ti spiego la teoria, o no?" non aveva formulato una domanda reale, dato che il tono non ammetteva repliche.

Hermione si trovò a desiderare di non essere lì in quel momento: che sarebbe successo se avesse sbagliato? L'avrebbe buttata fuori dalla bottega senza neanche concederle una seconda possibilità?

In fondo era stata proprio lei a dirgli di metterla alla prova, e lui l'aveva avvertita che, se non l'avesse considerata predisposta, non l'avrebbe tenuta a lavorare con sè.

"Ehm..." tossicchiò nervosamente, "...d'accordo".

Guardandosi intorno spaesata si accorse con sgomento che c'erano tantissimi alberi, e tutti di tipo diverso – cosa abbastanza curiosa.

"E' un bosco particolare, vero?" chiese conferma.

"Ottima domanda, signorina Granger" osservò compiaciuto. "Vedo che qualcosa di ciò che ho detto ti è rimasto nella zucca". Hermione si morse la lingua per costringersi a non rispondere a tono a quel vecchio impertinente.

"E' un luogo unico in Inghilterra" spiegò in adorante contemplazione della foresta. "Ci sono diverse tipologie di alberi assemblati insieme, ed è molto frequentato da coloro che fabbricano bacchette, come immaginerai".

Hermione annuì senza parlare; si guardava intorno meravigliata. Non aveva mai immaginato potesse esistere un luogo del genere: le dava un senso di totale tranquillità, di pace.

"Ovviamente hanno dovuto emanare un Decreto per regolamentare l'uso del legname di questa foresta" continuò Ollivander.

"Quindi è un luogo protetto?" chiese lei, ancora presa ad osservare gli alberi e il fogliame.

Una folata gelida le sferzò il viso, facendo tremare un alberello poco distante. Hermione sentì l'improvviso istinto di proteggerlo, di accudirlo, per fare in modo che il vento non lo scalfisse e lo lasciasse crescere in santa pace.

Lo sguardo argenteo del vecchio si posò sul volto della ragazza, e le sembrò di scorgere un lampo di approvazione. Era un Legillimens o solo un uomo perspicace? Se lo stava chiedendo quando lo vide sorridere sotto i baffi e poi girare il capo.

Capì di aver preso la decisione giusta.

Non sapeva dove l'avrebbe portata quella storia delle bacchette, ma di sicuro era stata una splendida, folle, meravigliosa trovata.

Sorrise e si accostò al Mastro Bacchettaio, dando un'ultima occhiata agli alti alberi che svettavano al di sopra delle loro teste.

"Mi metta alla prova" disse piano, ma con decisione. "Non la deluderò".

Lui sollevò la testa e i loro occhi si incrociarono di nuovo, quando le rispose:

"Non ne ho dubbi, signorina Granger".




Nell'istante in cui Hermione e il signor Ollivander si Materializzarono nuovamente all'interno del negozio, entrambi erano piuttosto soddisfatti della loro escursione.

Nella foresta, lei aveva dimostrato di saper distinguere alla perfezione gli alberi da bacchetta da quelli comuni (anche grazie al prezioso aiuto degli Asticelli).

La famiglia Ollivander fabbricava bacchette da sempre, a quanto ne sapeva lei, ma Garrick Ollivander era stato un pioniere della selezione accurata – quasi maniacale – dei legni da bacchetta e dei nuclei.

"Come sono andata?" chiese, sperando in una lode.

"Niente male, specie nel riconoscere quell'albero di Frassino".

"Oh" sospirò lei. "Credevo di non farcela, era posizionato fra alberi tutti uguali...".

"...ma era l'unico a non essere comune" concluse lui.

Hermione si sentì lusingata dal tono ammirato che Ollivander aveva usato. Da parte sua era come se le avesse dato una laurea, una stretta di mano e un bacio accademico.

"Però" bofonchiò, "non credere che il tuo addestramento sui legni sia concluso. Ci vorrà del tempo prima di passare a parlare di nuclei".

Hermione annuì, troppo felice per contraddirlo.

"Ovviamente" riprese, "non c'è bisogno che io ti ripeta che i segreti che apprenderai devono restare fra te e me, vero?" le scoccò un'occhiata di avvertimento.

"Certo che no" replicò quasi offesa. "So bene che il suo modo di scegliere legni e nuclei e di accoppiarli è quello che distingue il suo negozio dalla concorrenza".

Il vecchio sembrò soddisfatto, e anche un po' inorgoglito. Per la prima volta nella sua lunga vita, si fidava e basta.

"Sei assunta in piena regola" annunziò di colpo.

Sul volto della strega comparve un misto di gioia e stupore, e un sorriso incredulo le increspò le labbra.

"C-come?" lo guardò in cerca di conferma.

"Mi hai sentito" borbottò lui. "Sei una mia lavorante: riceverai uno stipendio ogni quindici giorni e puoi considerarti la prima apprendista che abbia messo piede nel negozio di Garrick Ollivander".

"Io non so cosa dire" esclamò lei. "G-grazie, signor Ollivander" farfugliò.

Il vecchio fece un gesto seccato, come a voler scacciare tutta quella gratitudine sul volto di lei.

"Non me ne faccio nulla di un 'grazie'..." brontolò. "Cerca piuttosto di imparare il mestiere come si deve, mi sono spiegato? Disciplina dev'essere il tuo mantra, signorina Granger!". La strega annuì prontamente. Se c'era una cosa che Hermione conosceva, era proprio la disciplina. Non doveva certo spiegarle che applicarsi era il primo passo per riuscire in qualcosa.

"Ora puoi andare a casa, abbiamo passato tutto il giorno in quel bosco, è già buio".

Guardando fuori, Hermione si rese conto che Ollivander aveva ragione: dovevano essere almeno le sette di sera, e il cielo era scuro.

Prese la propria borsa e si infilò nuovamente sciarpa e cappotto, pronta ad affrontare il freddo serale.

"Arrivederci, signore" disse. Lui le fece un cenno brusco con il capo, ma mentre usciva dal negozio, la ragazza lo sentì bisbigliare:

"A domani, Hermione". Sorrise nell'ombra, senza voltarsi, ma era sicura di non essersi sbagliata. Si chiuse la porta alle spalle e guardò il cielo nuvoloso. Si prospettava una nottata di pioggia.

Non vedo l'ora di dirlo a Fred, fu l'unico pensiero che ebbe dirigendosi a passo spedito verso l'appartamento sopra il negozio di scherzi.





ANGOLO AUTRICE


Ebbene sì, sono passati solo tre giorni e io aggiorno a tamburo battente. Un po' è per la storia del capitoli dal mio punto di vista corti (comunque da un certo punto in poi lo saranno leggermente meno), un po' è perché sono pazza, e un po' è perché certe volte non riesco a fermarmi quando scrivo. Comunque, come potete vedere, Hermione è stata assunta in piena regola e inizierà il suo praticantato dal caro vecchio Ollivander, che è un po' lunatico, ma è una brava persona dai :)

Fred c'è rimasto un po' male, a dire il vero, perché Hermione non gli ha detto una cosa del genere. Cioè, non capita tutti i giorni che qualcuno vada a lavorare da Ollivander... comunque, nel prossimo capitolo avranno un 'confronto verbale'.

Si comincia anche a vedere che tra i due qualcosa è cambiato, sono più intimi ed è inutile negare che sono attratti l'uno dall'altra. Bisogna vedere se filerà tutto liscio come l'olio. Spero che il capitolo vi piaccia e che commentiate in tanti (so che vi lascio poco tempo tra uno e l'altro, ma comunque seguite in tanti e le visualizzazioni sono parecchie, quindi qualcuno in più potrebbe commentare, no?). Comunque grazie a chi recensisce, legge silenziosamente, o mi ha inserito nelle seguite/preferite/ricordate. Un bacio a tutti voi,

Jules


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Capitolo 10
*** Di litigi e Crostatine Canarine ***


CAPITOLO NOVE – Di litigi e Crostatine Canarine



"Fred?" flautò Hermione spalancando allegramente la porta di casa. Aveva voglia di vederlo, di parlargli, di raccontargli la propria giornata, ovviamente omettendo i segreti sull'arte delle bacchette, tanto cari al suo datore di lavoro.

L'immagine del vecchio dai capelli bianchi e dagli occhi cerulei le si presentò alla mente, strappandole un sorriso.

"Granger, finalmente..." si riscosse dal pensiero di Ollivander; non aveva mai sentito la voce di Fred così fredda. Le era comparso davanti, nell'ingresso, un'espressione tirata in volto.

Deve essere solo un'impressione, Hermione. Lui non è mai freddo!

"Stavo per mettermi a tavola" la informò il roscio, gelido come un ghiacciolo.

Ok, non è un'impressione.

Le diede le spalle e si diresse in cucina, senza degnarla più di uno sguardo. Hermione lo seguì, indecisa su come interpretare quel comportamento. Qualsiasi cosa lo turbasse, di sicuro si stava sfogando con lei.

Giornata storta? Mal di testa? Disturbi della personalità mutipla? Hermione è pronta a farvi da pungiball, si trovò a pensare.

"Mh" tentò di attirare l'attenzione di lui. "Va... va tutto bene?".

Il roscio, preso ad agitare la bacchetta per apparecchiare la tovaglia, la guardò per la prima volta.

"Certo, Granger" sorrise con freddezza. "Perché non dovrebbe? Come mai me lo domandi? Hai qualcosa da nascondere?" domandò, sibillino.

"Ehm... non so, sei... distaccato" commentò. Lui si strinse nelle spalle e non le rispose, di nuovo. "Aspetta" riprese lei, aggrottando la fronte, "che intendi con qualcosa da nascondere?". Lo guardò, in cerca di una spiegazione a quel comportamento, che trovava davvero molto strano.

Fred smise di armeggiare con la bacchetta e si fermò ad osservarla con aria torva.

"Non so, dimmelo tu".

"Senti, ero venuta a casa per raccontarti un sacco di cose; ti-ti stai comportando in maniera alquanto bizzarra" gli fece notare, contrariata. "E il peggio è che non so neanche perché".

Lui sollevò un sopracciglio e allargò le braccia, in un gesto di esasperazione.

"Raccontarmi cosa? Tu non racconti mai nulla di vero, Granger!".

"Io non ti ho detto bugie" protestò energicamente.

"Possiamo chiamarle omissioni, se preferisci..." replicò seccamente.

Hermione alzò un sopracciglio, restando sbigottita a quel tono brusco. Sentire Fred Weasley così risentito era bislacco come lo sarebbe stato udire Tiger e Goyle fare affermazioni dotte e citazioni intellettuali.

"Non ho il piacere di comprenderti" disse, le mani sui fianchi in una posa alquanto scocciata. "Se vuoi illuminarmi nella tua immensa magnanimità, te ne sarò grata!".

"Beh" mugghiò, "per esempio mi hai nascosto che tutte le mattine ti rechi da Ollivander!".

L'espressione indispettita di lui si mutò per un attimo in puro terrore, leggendo sul viso della So-Tutto-Io Granger l'arrabbiatura selvaggia che si stava per manifestare: tra tre... due... uno...

"MI HAI SEGUITA?" sbottò urlando. "Come ti sei permesso?" domandò - circa un milione di decibell sopra il suo tono consueto - incrociando le braccia. Per un attimo parve che il roscio volesse fare marcia indietro, probabilmente inquietato dalla voce di lei.

"Sì, Granger!" ribattè in fine. "Ti ho pedinata perché volevo sapere dove vai ogni giorno, d'accordo? Non trovo normale che tu voglia nascondere una cosa del genere" disse a mo' di giustificazione per il proprio comportamento. Quell'atteggiamento non fece altro che indispettirla maggiormente.

"NON OSARE IMPICCIARTI MAI PIU' DEGLI AFFARI MIEI!" gracchiò con voce stridula ma a volume molto alto.

"Volevo solo sapere..." 

"Non hai nessun diritto di farlo!" lo interruppe.

"Viviamo insieme, Granger!".

"Sei il mio coinquilino, Weasley" replicò. "Solo il mio coinquilino. Non sei nessuno per dirmi quello che devo o non devo fare".

L'aveva detto lentamente e guardandolo negli occhi con decisione, quasi con cattiveria. L'impulso di ferirlo aveva vinto su tutto, in quel breve, folle istante. Com'era prevedibile, la ragazza se ne pentì un secondo dopo. L'espressione dipinta sul volto di Fred era di pietra. Dire che ci era rimasto male sarebbe stato utilizzare un eufemismo.

"Con permesso, Granger..." borbottò sfilandole accanto senza degnarla di un'occhiata. "Nessuno se ne va a a dormire!" sibilò.

Detto ciò sbattè la porta della cucina ed Hermione sentì lo scalpiccio per le scale e un'altra porta sbattuta. Si prese a parolaccein svariate lingue, pentita di avergli parlato in quel modo.

Era stata troppo dura, lo sapeva. Ma lui l'aveva seguita! Seguita! Per l'amor di Godric: aveva passato una vita a farsi dire cosa fare, guidata dal concetto di giusto o sbagliato, di appropriato o inappropriato. Per una volta che faceva qualcosa d'insolito, le andava tutto storto. Era stata una giornata appagante e piena, e avrebbe voluto condividere la notizia della propria assunzione con Fred prima che con ogni altra persona. Era il primo che le era venuto in mente, e non sapeva bene come e perché. A pensarci bene, in effetti, i primi avrebbero dovuto essere Harry e Ginny, non certo Fred Weasley. Seppe che stava rimuginando da quaranta minuti solo quando si degnò di consultare l'orologio da polso. Smettila di farti tutte queste domande, per Merlino!

Sì, era tardi ed era stanca. Ci avrebbe pensato il giorno dopo.

Non aveva alcuna voglia di mangiare e decise che, saltato il pranzo, poteva saltare anche la cena. Un giorno intero di digiuno – si trovò a constatare che Gandhi sarebbe stato fiero di lei, anche se scoprì che ciò non la consolava affatto.

Si trascinò stancamente verso la propria stanza e, non avendo alcun desiderio di dormire, lesse fino a tarda notte uno dei suoi beneamati libroni in Antiche Rune. Riprese in mano il Sillabario dei Sortilegi, pensando di dover ripassare qualcosa per prepararsi bene alla traduzione. Già, la traduzione... un'altra cosa che avrebbe voluto condividere con Fred e che non aveva avuto tempo e modo di dirgli.

Improvvisamente di sentì irragionevolmente, completamente, maledettamente sola. Stille trasparenti iniziarono a solcarle il viso, offuscandole la vista. Pianse di tristezza e soprattutto di frustrazione. Forse pianse senza una vera ragione, o per tante ragioni insieme, tutte diverse e tutte uguali. Singhiozzò sommessamente, sperando di non essere udita.

Si guardava intorno; i libri, la scrivania, l'armadio, le foto in movimento che aveva appeso alla parete e tutto il resto. Aveva iniziato a chiamare casa quel posto, ma non perché tutti i suoi oggetti fossero lì. Sentiva – benché consapevole di quanto fosse assurdo – che quella, senza Fred Weasley, non sarebbe stata più una casa, ma solo uno stupido e banale appartamento.

Aveva appena raggiunto questa conclusione, strana e un po' spaventosa, che si sentì improvvisamente stanca, e  il libro le cadde di mano, lasciando che scivolasse di colpo tra le baccia di Morfeo.



La mattina dopo un raggio di luce filtrò nella camera di Hermione, che si stropicciò gli occhi cisposi. Il suo prezioso libro di Rune Antiche giaceva a terra. Si affrettò a raccoglierlo e a rimetterlo al proprio posto, constatando che doveva essersi addormentata all'improvviso.

Oltre al groviglio di emozioni e alla voglia di chiarire con Fred, sentiva un immenso, sconfinato buco allo stomaco. Erano le sette di mattina, quindi aveva tutto il tempo di farsi la doccia e scendere a fare colazione.

Si trascinò stancamente verso la porta del bagno; fece per abbassare la maniglia, ma qualcuno dall'altra parte compì lo stesso gesto e lei andò a sbattere contro il proprio coinquilino, evidentemente appena uscito da una doccia rilassante. Perlomeno quella volta si era degnato di infilarsi un accappatoio, il ragazzo.

"Aha! Ma allora il tuo è un vizio!" ridacchiò lui. Nella voce, Hermione non udiva più alcuna increspatura, niente che somigliasse alla rabbia o al distacco del giorno prima. Sollevò lo sguardo per vederlo in volto, e notò con piacere che sorrideva. Si fece da parte, perché non era proprio il caso di restare appiccicati sulla soglia del bagno; ma gli sorrise a sua volta, rispondendo a tono:

"Io non ho vizi, Weasley!". 

"Come lo chiami questo?" indicò se stesso e il bagno. "Ti sembra normale piombare sempre all'improvviso mentre mi faccio la doccia?".

"Io non piombo da nessuna parte!" replicò senza scomporsi. "Anche io ho un'igiene personale, Fred" ribattè afferrando la maniglia e chiudendosi in bagno, con un sorrisetto stampato in faccia. Quella schermaglia, pensò, non significava che non avrebbero dovuto chiarirsi, perché chiarire è sempre una buona idea. Significava solo che quella stupida lite non aveva intaccato niente nel loro rapporto. 

Il nostro rapporto? Hermione, ma ti senti quando rifletti?!

Scosse la testa per scacciare i pensieri idioti che le affioravano alla mente, e aprì la doccia con un gesto secco. Si spogliò e vi si infilò, grata che l'acqua calda scendesse su di lei con effetto calmante, e che il sapone le scivolasse sulla pelle, rigenerandola. Tutto sommato, la giornata era iniziata con il piede giusto.




"Fred?" lo chiamò entrando in cucina, intenzionata ad abboffarsi come non mai. Evidentemente, anche il roscio doveva avere una certa fame, perché la strega si trovò davanti ad una colazione con i fiocchi. Le sembrava di essere tornata ai tempi in cui mangiava ad Hogwarts, anche se fortunatamente in casa Weasley non c'erano Elfi Domestici Poveri e Abbrutiti da difendere. Guardò il tavolo: dolce, salato, tè, miele, marmellata, pane, biscotti.

"Fame, eh?" chiese ridendo e sedendosi di fronte a lui e chiedendogli per quale motivo non si stesse ancora scofanando. Le sorrise.

"Ti aspettavo".

"Non dovevi; non hai neanche cenato".

"Tu sì?" domandò. Lei scosse la testa in segno di diniego.

"Granger..." iniziò Fred, dopo qualche minuto passato in silenzio a sfamarsi. Lei sollevò lo sguardo senza parlare – più che altro perché non era carino cianciare con la bocca piena, in stile Ronald Weasley. "Mi dispiace per ieri, davvero... insomma... io non avrei dovuto seguirti" concluse faticosamente.

"E io non avrei dovuto dire certe cose".

"Beh" lui scrollò le spalle. "In fondo hai ragione; voglio dire, è vero che non sono nessuno per impicciarmi degli affari tuoi". Lei deglutì a vuoto, perché in realtà non aveva niente da deglutire – era tanto per perdere tempo.

"Non penso quello che ho detto" ribattè. "Non lo penso affatto, volevo solo ferirti in quel momento" ammise. "Ero arrabbiata a morte con te". Con sua enorme sorpresa, Fred si mise a ridere.

"A quanto pare la Prefetta perfettina non è sempre controllata e razionale, ma possiede degli umani istinti vendicativi". Il tono pungente non scalfiva la risata che le aveva scaldato il cuore.

"Non dirlo in giro" si raccomandò giocosamene, spalmandosi burro e marmellata su una fetta biscottata.

"Mh" mugugnò lui. "E come la metti con Ollivander? Avete un'intricata storia d'amore e/o relazione sessuale, o sei la figlia segreta?".

"Sei disgustoso, Weasley". Il riferimento a una sua eventuale relazione sessuale con Ollivander le aveva tolto ogni appetito.

"Comunque" riprese con aria schifata, "ieri volevo dirtelo".

"Della relazione sessuale?" domandò sarcastico.

"No, idiota! Che sono la sua apprendista" ribattè con un sorriso.

Fred sputacchiò una sorsata di tè che la mancò di poco, beccandosi un'occhiataccia in risposta. Probabilmente le avrebbe prestato maggior credito se avesse dichiarato che intratteneva davvero una storia con Ollivander.

"Garrick Ollivander non ha apprendisti!" contestò, neanche il negozio fosse il suo.

"Da ieri sì" ripetè Hermione, con una punta d'orgoglio. "Mi ha assunta ufficialmente come lavorante; volevo dirtelo, ma hai fatto quella ridicola scenata..." gli rinfacciò.

"Ollivander non ha apprensisti".

"Sei ripetitivo Frederick, te l'hanno mai detto?" ridacchiò Hermione, sorseggiando lentamente il suo tè al gelsomino – il suo preferito.

"Credevo che ci tenesse alla segretezza sui suoi metodi di assemblaggio nucleo/legno" Fred argomentò così il proprio stupore.

"Ci tiene infatti, ma si da il caso che si fidi di me – e non guardarmi così! – l'ha detto lui" lo informò. Beh, in realtà non è che l'avesse proprio detto, ma gliel'aveva lasciato intendere. Se non gliel'avesse narrato la Granger in persona, Fred non ci avrebbe mai creduto. La fissava senza neanche sbattere le palpebre.

"Mi sfugge l'ovvio, probabilmente" dichiarò infine, "ma non capisco cosa ci faccia tu nella bottega di Ollivander".

"Sono stata io a chiedergli di assumermi, e ho anche dovuto convincerlo. Non me lo ricordavo così scorbutico, sai? Pensa che..." si stava lanciando in una descrizione che venne stroncata sul nascere.

"Sì, ma che ci fai lì?" ripetè Fred, evidentemente in stato di shock. "Hai mollato un lavoro sicuro per metterti a fabbricare bacchette?" sollevò un sopracciglio, alquanto perplesso.

"...disse il ragazzo che lasciò la scuola per aprire un negozio di scherzi!" ribattè causticamente. In fondo non aveva tutti i torti, e lui era l'ultimo a poter criticare una scelta avventata.

"Io sono sempre stato pazzo" obiettò, "ma tu... che ne hai fatto della Granger? Dov'è il cadavere?" domandò. Lei stette al gioco.

"In fondo al Lago Nero, ovviamente; l'ho dato in pasto alla Piovra Gigante". Fred rise di gusto all'immagine della Granger che faceva sparire un cadavere nel Lago Nero, proprio sotto il naso della McGranitt – praticamente un'impresa impossibile perfino per i Malandrini.

"Quindi è lì che vai ogni mattina" constatò.

"Ho quasi dovuto supplicarlo di darmi una chance; ha dovuto spiegarmi un po' di teoria sui legni e ieri ho avuto il mio battesimo" disse ricalcando le parole del vecchio bacchettaio.

"Il tuo battesimo?" domandò Fred, aggrottando la fronte.

"Oh, lascia perdere..." fece un gesto stizzito e scrollò le spalle, posando la tazza sul tavolo.

"E ora è ufficiale?" le chiese poi.

"Già" non si trattenne dal sorridere. "Puoi dirlo in giro, se vuoi. Solo che a Harry e Ginny devo dirlo io, o tua sorella mi lancerà una Maledizione Senza Perdono, mentre Potter mi terrà il muso perché, a parer suo, non gli dico mai niente".

"Va bene, va bene" rispose con noncuranza. "Ricapitoliamo un'ultima volta: hai supplicato Ollivander di metterti a parte dei segreti del mestiere e lui ti ha dato una possibilità...".

"Giusto" confermò lei con un sorrisetto.

"...e ora ti assume stabilmente e vuole fare di te la sua erede".

"Oh no! Non mi ha promesso niente del genere e io non mi sono mai sognata di proporlo. Non so neanche se ho il talento necessario per fare quello che fa lui – devo vedere come me la caverò con i nuclei. Quelli sì che sono una faccenda complicata" dichiarò con un sospiro preoccupato, tipico marchio Granger (come quelli che faceva quando pensava di non aver preso tutte E agli esami). "La ricerca che compie Ollivander l'ha occupato per tutta la vita, quindi ci metterò un bel po' per imparare anche solo la metà di quello che sa lui. E solo più in là mi insegnerà ad assemblare le bacchette" parlava a raffica, gli occhi gioiosi e un sorriso luminoso nel quale Fred si perse.

"Mi stai ascoltando?" gli schioccò un dito davanti alla faccia. "Ti annoio?" chiese.

Non riesco a staccarti gli occhi di dosso, sarebbe stata la risposta corretta. Ovviamente non era il caso di dirglielo.

"No" rispose. "E dimmi" si riprese, "cosa ti insegna esattamente?".

Lei sorrise furbescamente e lo fissò.

"Dovrai passare sul mio cadavere prima che te lo riveli!".

"Credevo fosse in fondo al Lago Nero!" la rimbeccò, facendola ridere.

"Allora, che ne pensi? Sincero e diretto!" fece lei.

"La ritengo una scelta folle e insensata" le disse serio. "Ma dannatamente giusta per te" aggiunse, a sorpresa.

In quel momento Hermione provò il forte istinto di saltargli al collo – erano le parole esatte che voleva sentirsi dire.

"Come mai lo pensi?" chiese alzandosi e appoggiandosi alla credenza della cucina; lo fissava, in attesa di una risposta.

"Semplice" si strinse nelle spalle, "non ti ho mai vista sorridere così".

Hermione sembrò soddisfatta e fece un sorrisetto, agguantando una crostata che era rimasta isolata sulla credenza. Stava per addentarla quando Fred si alzò di scatto dalla sedia e la placcò con poco riguardo, togliendogliela di mano in fretta e furia.

"Si può sapere che ti prende?" gli chiese, contrariata. "Ho fame" lo informò, stendendo la mano in attesa che le restituisse il suo cibo.

"Mh... i-io" farfugliò lui. "Se fossi in te non lo farei, ecco".

"Perché mai?" domandò. Si diede dell'idiota un secondo dopo: era ovvio il perché.

Fred aveva spostato lo sguardo sul soffitto, pur di non incrociare quello di Hermione, a dir poco imbufalita.

"Frederick!" disse irritata. "Quando sono venuta ad abitare qui, mi sembrava di essere stata chiara su questo punto".

"Non l'ho lasciata lì di proposito, lo giuro" si affrettò a difendersi.

"Merlino, non mi interessa! Non voglio Crostatine Canarine in giro per casa. Non mi pare un concetto difficile da capire".

"Beh ma infatti..."

"Infatti un corno!" sbottò. "Qualche giorno fa c'era una Pasticca Vomitosa in bagno e l'altro ieri ho trovato un enorme tocco di Torrone Sanguinolento sul mio comodino. Cosa credi che direbbe Ollivander se me ne andassi al negozio con le piume addosso e cinguettando?" chiese sarcastica.

"Beh, Granger, è sempre meglio sentirti cinguettare che sbraitare a questo modo, non credi?" replicò il roscio, sorridendo impertinente. Hermione assottigliò gli occhi e mise su un'espressione irritata.

"Oh, andiamo! Ti ho persino impedito di mangiarla..."

"Lo dici come fosse una concessione magnanima, Weasley!" gli fece notare.

"Ma lo è! Non l'avrei fatto per nessun altro!" replicò sornione. "Adoro vedere le persone diventare piumate..."

"Non è divertente!" ribattè la strega. "Sparisci o ti affatturo..." lo minacciò. Fred non se lo fece ripetere due volte e uscì dalla cucina prima di lei.

"Comunque" bofonchiò con dileggio, "non staresti per niente male versione pennuto!". Prima che Hermione potesse inseguirlo, si era fiondato su per le scale; e la ragazza rimpianse di non avere realmente la bacchetta nella tasca posteriore dei jeans come al solito, perché era sicura che una bella fattura avrebbe fatto un gran bene a Fred Weasley.











ANGOLO AUTRICE

Salve gente,

vi ho mostrato qui la reazione non proprio positiva di Fred alla scoperta che Hermione gli ha taciuto una novità così strana e importante. Perché insomma, non è come se facesse la commessa da scarpe&scarpe. Ollivander è Ollivander. Certo, lei se n'è uscita proprio male, non è stata granchè gentile.

Comunque la cosa si è risolta, non è ancora arrivato il tempo di veri problemi (ovvero che potrebbero anche non venire risolti). Comunque, spero che il capitolo vi sia piaciuto e che mi lascerete una recensione.

Grazie a chi legge, ha messo tra le seguite/preferite/ricordate e a chi recensisce soprattutto. Bacioni a tutti/e,


Jules

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Capitolo 11
*** Baci Mancati ***


CAPITOLO DIECI – Baci Mancati



Dopo quella lite, tra Hermione e Fred era tornata la calma. Nelle tre settimane che seguirono non ebbero molto tempo per parlare o semplicemente per stare insieme. Marzo era arrivato di soppiatto ed Hermione non se n'era nemmeno resa conto. Fred fu costretto a stare via per tre o quattro giorni, a curare le forniture di materiale primario per la Polvere Buiopesto Peruviana – i cui composti principali arrivavano ovviamente dal Perù.

Hermione, dal canto suo, stava fino a tardi in negozio con Ollivander, cercando di imparare tutto il necessario sul come riconoscere il legno da bacchetta – motivo per il quale fecero altre escursioni. Ormai era capace di sfruttare al meglio gli Asticelli – guardiani degli alberi da bacchetta – curandosi di tenersi a debita distanza per non farsi staccare un dito a morsi, e di ricompensarli dandogli da mangiare piccoli insetti. Ricevette persino il suo primo stipendio (ormai era deciso che l'avrebbe pagata ogni quindici giorni).

Quando rientrava a casa aveva poco tempo per parlare con Fred, perché doveva dedicarsi alla traduzione delle Fiabe di Beda il Bardo, che la affascinava moltissimo ma che le stava rubando un sacco di ore di sonno.

"Sul serio hai intenzione di ignorarmi per tradurre quella robaccia?" le aveva detto una di quelle sere, dopo cena – l'unico momento di pace che aveva.

"Non è robaccia!" protestò lei. "E poi mi pagano bene" precisò.

Fred sbuffò e mise il broncio. Hermione non potè fare a meno di considerarlo adorabile, pur consapevole di quanto fosse idiota anche solo aver pensato una cosa simile di Weasley.

Era davvero strano come per lei Weasley significasse Fred. Non c'era alcun rischio di confonderlo con Ronald: quel cognome le richiamava alla mente solo uno dei due.

"Che c'è?" indagò lui. Evidentemente Hermione doveva aver assunto un'espressione meditabonda, o addirittura stranita.

"Riflettevo; a volte capita, sai?" lo punzecchiò con un sorrisetto canzonatorio. Fred rise di gusto e le scompigliò i capelli.

"Sai che sei veramente un'insopportabile e acida So-Tutto-Io?" celiò, e le strappò il libro di mano. "Smettila di fare la saccente e posa questo maledetto Sillabario dei Sortilegi, Granger!".

"Ridammelo!" gli ordinò invano.

"Sennò che fai, mi metti in castigo? Non sei più Prefetto, lo sai vero?" ghignò.

Lei si sporse per riprendere il libro che lui teneva sospeso in aria. Consapevole di quanto fosse più alto, la Granger non aveva la minima possibilità di sottrarglielo, e lui si divertiva a spostare il tomo da una mano all'altra e a vederla dondolare sul posto, nel disperato tentativo di riaverlo.

"Se non vuoi che vada a prendere la bacchetta, molla il mio libro, Frederick!" il suono del suo nome, per quanto irritato potesse essere il tono di lei, lo destabilizzò.

Per un attimo bloccò le mosse che stava facendo con le braccia ed Hermione, anzichè approfittarne per sgraffignargli il libro, rimase ferma a guardarlo negli occhi. Nessuno dei sue sembrava intenzionato a parlare.

Un secondo che sembrò durare un secolo e poi, all'improvviso, i loro volti cominciarono ad avvicinarsi, fin quando i loro nasi si sfiorarono.

Sta davvero per succedere?, si chiese Hermione, il cuore che batteva all'impazzata.

Stai davvero per baciarla?, pensò Fred, incredulo.

Nessuno sa cosa sarebbe successo quella sera, anche se forse è immaginabile, perché i due furono interrotti dallo squillo di un cellulare. Hermione si scostò; erano quasi appiccicati.

"Cos'è?" domandò Fred, riscosso dalla suoneria.

"Il mio cellulare" disse correndo a frugare nella borsa, che aveva lasciato all'ingresso. Maledetta tecnologia babbana!

"Il tuo cosa?" domandò lui, parecchio confuso sul concetto di cellulare.

Hermione frugò per un po' nella borsa – aveva il cervello così in pappa da non aver pensato ad un incantesimo di Appello – agguantò il telefono e rispose alla chiamata.

"Ciao tesoro!" la salutò allegramente suo padre.

"E' successo qualcosa?" domandò angosciata.

"No, perché dovrebbe?" replicò l'altro. Poteva quasi vederlo aggrottare la fronte.

"Beh, è tardi" argomentò lei. "Come mai mi chiami a quest'ora?".

"Perché, figlia cara, se non ti chiamiamo noi tu non lo fai mai" le fece presente.

"Non è vero" contestò. "Ci siamo sentiti ieri!".

"Sì" confermò suo padre. "Per cinque minuti prima che ci liquidassi per tornare a lavorare. Come se io avessi capito che lavoro fai..." c'era una punta di rimprovero nella voce dell'uomo.

"Mi stai accusando di trascurarvi?" domandò Hermione, piccata. Probabile che l'avesse fatto, presa com'era dalle novità nella propria vita; e aveva capito da sola che i suoi avevano spesso temuto che il mondo magico potesse, in qualche modo, allontanarla da loro. Perché in fondo quello era il suo mondo. E non era il loro.

"Giusto un po'..." disse ridacchiando, per non farla restare male.

"Scusa" rispose mortificata, "ma il nuovo lavoro mi prende un sacco di tempo, davvero. Non ho tempo nemmeno di dire ciao a Fred!" spiegò. Beh... magari l'affermazione non era valida per quella serata, ma in generale poteva affermare che fosse una rappresentazione veritiera della realtà.

"Ma di' alla mamma che nel week-end vengo a farvi visita".

"Vieni con mezzi babbani, ti prego" si raccomandò.

"No, intendevo Materializzarmi in mezzo al vialetto!" fece ironica, ottenendo una risata da parte dell'uomo. "Ovviamente verrò con mezzi babbani, papà!".

"Non per me – adoro vederti sbucare dal camino o roba simile – ma non vorrei insospettire i vicini con uno sbuffo verde dal camino o una scopa volante che scende dal cielo" specificò allegramente. La figlia rise. "Allora" riprese lui. "Promesso?".

"Promesso" assicurò Hermione. "Ci vediamo domenica mattina, dai un bacio a mamma". Aspettò che suo padre riagganciasse il telefono per sospirare.

In quel momento, per quanto potesse sentirsi egoista, non stava pensando di certo ai genitori. L'unica cosa che le veniva in mente era il respiro caldo di Fred e i loro nasi che si sfioravano. Erano a un passo dal bacio, c'erano quasi. Merlino!

Si rese conto che voleva quel bacio più di quanto avrebbe potuto supporre, e ora che erano stati interrotti non sapeva se considerarlo un segno del destino o semplicemente una tremenda botta di sfiga. Probabilmente, la seconda.

"Tutto ok?" le domandò lui, la voce leggermente roca.

"Sì" assicurò lei fingendo di stare ancora ad armeggiare con la borsa, senza trovare il coraggio di girarsi e guardarlo negli occhi. "Questa domenica vado dai miei" annunciò, piuttosto freddamente.

Non voleva che la sua voce suonasse così, ma non aveva idea di come comportarsi, e soprattutto non aveva idea di cosa le stesse accadendo.

Fred la guardava, come ipnotizzato; non riusciva a distogliere l'attenzione dalla linea morbida della schiena, che riusciva ad intravedere anche sotto il maglione. Da quando Hermione lo attraeva in quel senso? Era strano e sbagliato – sì, sbagliato. Forse no, non era sbagliato. Ma certamente era complicato.

Per la barba di Merlino, è la ex di tuo fratello!

E lei? Cosa provava lei? Perché ora se ne stava di schiena a fingere – perché fingeva- di armeggiare con quello stupido oggetto babbano? Non voleva parlargli? Forse era sollevata per quello che non era successo? E lui? Fred era sollevato che quel bacio non fosse avvenuto? No, per niente.

O non avrebbe sentito una morsa attanagliargli lo stomaco.

L'espressione accigliata del rosso, però, si trasformò in lieve sorpresa quando la Granger si voltò e disse, in modo del tutto naturale:

"Ti va una tisana?".




Il roscio guardava la ragazza con un misto di reverenza e inquietudine: stava visibilmente facendo finta di niente. Di sicuro doveva aver pensato che quello che stavano per commettere fosse un tragico errore – magari un incidente di percorso. Non sembrava molto scossa o turbata, come invece si sentiva lui.

Stavano lì a sorseggiare una tisana e a fare battute come al solito, ma lui non la stava davvero ascoltando.

Rideva quando rideva lei, annuiva quando parlava, rispondeva con cenni e brevi frasi. Avrebbe solo voluto chiederle cosa realmente le passasse per la testa, se provasse lo stesso desiderio che provava lui.

Desiderio di riprendere da dove erano stati interrotti; contro ogni logica, contro ogni saggio proposito di essere buoni coinquilini e basta. Ma lei era sicuramente più saggia di lui, Fred lo sapeva.

"Perché ho l'impressione che tu non mi stia ascoltando?" sbuffò lei, scocciata.

Lui si riscosse da quei pensieri e puntò lo sguardo nelle iridi scure di lei.

"Certo, stavi dicendo che...".

"Che?" lo sfidò lei, un sorrisetto sulle labbra. Lui non rispose, colto in flagranza di reato. "Dicevo" riprese spazientita, "che mi sono appena ricordata di non aver detto a Harry e Ginny del lavoro da Ollivander. Tua sorella è impegnata con la squadra, e Harry è sballottato da una parte all'altra: d'altronde si sapeva che essere un Auror non è una passeggiata. Nemmeno per il Ragazzo-Che-è-Sopravvissuto..." qui si portò alla bocca la seconda tazza di tisana, della quale – per inciso – non aveva affatto voglia. Era semplicemente una scusa per restare alzata a chiacchierare.

Non aveva intenzione di andare a letto; voleva restare con Fred, ma allo stesso tempo non aveva alcun desiderio di riportare l'attenzione su quello che era successo.

Che non è successo, Hermione. Perché non è successo un tubo.

Già... forse non tra di loro, ma in lei qualcosa stava succedendo – e da un po'. Doveva scendere a patti con la realtà: Fred non le era certo indifferente.

Non poteva ignorare la sensazione di benessere che provava in sua compagnia, ma non poteva non tener conto del fatto che probabilmente c'era una vasta gamma di ragioni per cui non infilarsi in una situazione del genere.

Primo: quello era Fred Weasley, e un Weasley solo le era bastato.

Secondo: aveva sofferto abbastanza, ed era convinta – in realtà per sua pura deduzione arbitraria – che Fred non fosse uno da storia seria.

Se le piaceva in quel modo dopo qualche settimana di convivenza, poteva solo immaginare quanto sarebbe rimasta scottata se le cose si fossero evolute.

Terzo: era il fratello di Ron, e del tutto diverso da lei.

Non funzionerebbe. Al momento è possibile che non funzioneresti con nessuno, Hermione Jean Granger; men che mai con Frederick.

"Beh..." riprese Fred, distogliendola da quei fastidiosi pensieri. "Possiamo invitarli a cena, no?" propose con una voce strana. Hermione si morse un labbro, incerta.

L'aveva detto come se quella fosse davvero casa loro, come se lei non fosse solo un'affittuaria, come se fossero... una coppia.

"Chi?" chiese. "Harry e Ginny?".

"Anche Luna e Neville, se ti fa piacere" scrollò le spalle.

"Sei un Legillimens?" insinuò. Era quello che stava pensando.

"Ti conosco più di quello che pensi" rispose in un tono tale che la imbarazzò più del mancato bacio di poco prima. Lo trovava caldo, dolce, familiare, e allo stesso tempo... sensuale.

Sensuale? Sensuale?! Lui è Fred Weasley, Hermione! Svegliati, maledizione.

L'aveva sempre trovato un bel ragazzo; ma non avrebbe mai creduto di ritrovarsi a pensare a lui in quei termini.

"Mh, in fondo sì" rispose tossicchiando. "Sai anche il gusto del mio tè preferito..." tentò di buttarla sullo scherzo, ma era arrossita.

"Venerdì li invitiamo a cena, è deciso" decretò secco, ma sorridendo.

"Hai dimenticato George e Angelina" disse lei. Lui fece un sorrisetto.

"Mi sa che tra i due la Legillimens sei tu, Granger".

Nessuno dei due nominò Ron, pensando di imbarazzare l'altro. In realtà, l'unico imbarazzato all'idea di stare lì con loro sarebbe stato proprio Ron.

Hermione non provava risentimento o altro per il suo ex ragazzo, mentre Fred provava indifferenza per qualsiasi cosa Ron potesse pensare del loro coinquilinato.

"Immagino che domenica non verrai alla Tana..." iniziò lui, un po' dispiaciuto.

Il pensiero che uno dei pochi giorni in cui aveva la possibilità di vederla venisse sprecato lo rendeva un po' triste. Era stupido, dato che vivevano insieme, ma gli sarebbe piaciuto passare con Hermione Granger molto più tempo di quanto fosse lecito ammettere.

"Domenica mattina vado a trovare i miei" rispose. "Altrimenti sarei venuta" mentì spudoratamente.

"Oh, come no! Ti credo..." la sbeffeggiò.

"Beh...prima o poi verrò. Suppongo sia inevitabile, no?" domandò infine.

"La fai sembrare una punizione" ironizzò Fred. Lei si accigliò lievemente.

"Non intendevo... sai cosa intendevo!" farfugliò confusamente.

"Mh, direi di... no" la contraddisse.

"Beh..." sospirò, non proprio lieta di dover affrontare quel discorso. "Voglio bene alla famiglia Weasley, quindi prima o poi tornerò alla Tana. Soprattutto perché tua madre è così gentile da invitarmi ogni volta...".

"Sicura che non sia per Ron?" chiese, la voce più dura di quanto non volesse.

"Dipende cosa intendi". Quella frase era interpretabile in diverse maniere. "Sì, sono imbarazzata al pensiero di stare lì con tutti voi e RonRon e LavLav che si strusciano" fece una smorfia di disgusto al pensiero, "ma non certo perché io provi ancora qualcosa per Ronald"; era come se volesse rassicurarlo.

Si chiese il perché dovesse rassicurare Fred sul fatto che non provasse più sentimenti per Ron. E perché a Fred sarebbe dovuto importare? E allora – se non gli interessava – perché le aveva fatto quella domanda?

Oddio, mi scoppia la testa! Devo smetterla di essere così cervellotica!

Inspiegabilmente, Fred si sentì sollevato dal tono della Granger: era sincera, lo sentiva. Rilassò impercettibilmente le spalle e fece un gran sorriso.

"Ciò non toglie che io debba andare dai miei genitori, o mi disconosceranno" dichiarò alzandosi dal tavolo. Fred pensò che volesse andare a letto, invece si diresse alla credenza e si chinò a prendere del Whiskey Incendiario e due bicchieri. Li fece tintinnare l'uno contro l'altro l'altro e lo guardò furbescamente.

"Bicchiere della staffa?" propose con aria smaliziata. Fred rise di gusto a quell'immagine.

"Non abbiamo bevuto nulla prima, perciò non puoi chiamarlo bicchiere della staffa" precisò con un puntiglio degno della Granger.

"Aha! È qui che ti sbagli: abbiamo bevuto Burrobirra a cena" lo contraddisse Hermione. "Quindi ora ho tutto il diritto di pretendere un bicchiere della staffa, non ti pare?" fece, ovvia. Fred scosse la testa, ma sorrise.

"Ribadisco che secondo me tu non sei Hermione Granger" commentò mentre lei versava il Whiskey Incendiario e si accomodava nuovamente di fronte a lui.

"Oh, andiamo! Qualche bicchiere in più non sarà accettato come prova per il mio presunto omicidio" ribattè, divertita. "E non sono un'altra persona sotto Pozione Polisucco" specificò prima che Fred proponesse quell'ipotesi. "La verità" aggiunse, "è che in Bulgaria ho iniziato ad apprezzare di più un bicchierino dopo cena – non guardarmi così, non sono mica un'alcolista" precisò. "Solo... fa più freddo".

Ma Fred non la stava fissando perché trovava che bevesse troppo, tutt'altro. Quell'accenno alla Bulgaria gli aveva portato alla mente l'immagine di Hermione insieme a Krum, e gli sembrò che lo stomaco andasse a fuoco. Sicuramente doveva essere il Whiskey Incendiario: non c'era da allarmarsi troppo. Se non fosse che non aveva ancora mandato giù un goccio...

"So che non sei un'alcolista, scema" ribattè poi. "Anche con qualche piccola differenza, sei sempre la solita miss perfettina. Mi basta vedere quei tomi di Antiche Rune per ricordarmi chi sei..." la canzonò.

"Ehi!" gli mollò un pizzicotto sul braccio, piccata. "Xenophilius Lovegood è stato molto gentile a procurarmi quel lavoro, quindi mi sembra il caso di svolgerlo al meglio, no?".

"Sì, Caposcuola!" disse in tono cantilenante. "Non sia mai che tu non adempia ai tuoi doveri! Sarebbe un delitto!".

Hermione gli mollò un secondo pizzico sul braccio, stavolta un po' più forte.

"Sei anche diventata violenta, vedo" la celiò. "Vedendo Fleur, pensavo che a Beuxbatons insegnassero le buone maniere; ma a quanto vedo con te non ha funzionato".

Hermione mise su un'espressione offesa, ovviamente del tutto fittizia. Da quando viveva con Fred aveva imparato ad essere molto meno suscettibile, e si chiedeva come avesse fatto Ron a diventare così permaloso pur avendo i gemelli in casa. Ginny era molto più somigliante a Fred e George di quanto non lo fosse Ronald, in fin dei conti.

Quando Fred le aveva fatto quella irragionevole proposta di diventare coinquilini, aveva pensato che sarebbe stata una situazione provvisoria. Finchè non avesse avuto uno stipendio abbastanza decente da prendere una casa per sè o finchè Fred non si fosse stufato di avere una coinquilina.

Quello che non aveva previsto era che vivere con Fred le sarebbe piaciuto così tanto; tra quelle quattro mura si sentiva felice e appagata. Se le avessero intimato di andarsene, probabilmente avrebbe opposto non poca resistenza. Nemmeno con Ron si era sentita così – e loro avevano convissuto come coppia.

Era sempre come se fosse sbagliata, fuori posto; le andava stretta quella casa e le andava stretto il rapporto con il suo ragazzo.

Ma con Fred... con Fred era tutto un altro discorso. E il peggio era che sapeva bene di non poter paragonare le due situazioni, perché tra lei e Fred non c'era stato niente. Ma era davvero niente la complicità che sentiva di avere con lui dopo così poco tempo?

Hai complicità anche con Harry, provò a ribattere il suo cervello.

Oh, Hermione, per cortesia, non insultare la tua intelligenza.

A chi voleva darla a bere? La complicità con Fred era... diversa. Non avrebbe saputo dire in quale misura e cosa rappresentasse lui per lei – nè tantomeno lei per lui.

Fred la guardava incuriosito, senza sapere su cosa stesse rimuginando; rimuginava sempre, la Granger. Beh... doveva ammettere che ultimamente rimuginava tanto anche lui – troppo, per essere Fred Weasley.

"Una falce per i tuoi pensieri*" le mormorò, facendola sussultare.

"Pensavo a te" replicò di getto.

Si pentì delle proprie parole immediatamente vedendo gli occhi sgranati di lui; arrossì, cercando il modo di giustificare quell'affermazione fuori luogo che, alla luce del loro quasi-bacio, poteva risultare molto compromettente.

"Al-al fatto che da quando sono qui, ovvero in poco più di un mese, sono diventata meno permalosa" corresse la gaffe come meglio le riuscì.

"Ah" fece lui, un po' deluso da quella precisazione.

"Ora che ci penso" contestò lei, "i miei pensieri valgono almeno un galeone, altro che una falce!" disse contrariata. Era riuscita a spostare la conversazione.

"Un galeone? Nemmeno per sogno, Granger!" protestò energicamente e molto falsamente. Ne avrebbe dati molti di più, per insinuarsi tra le pieghe dei pensieri di Hermione; purtroppo non si era mai informato sulle pratiche dell'Occlumanzia e della Legilimanzia, quindi la lettura del pensiero era fuori discussione.

"Mi sento molto offesa Weasley!" gli rinfacciò con una smorfia.

"Il fatto che tu sia offesa non mi convincerà a sborsare un galeone" ridacchiò lui.

Hermione assunse un cipiglio piccato e Fred rise di gusto a quella vista, pensando che la trovava attraente anche così – imbronciata e fastidiosa.

Si versarono un altro bicchierino di Whiskey, su insistenza di Fred. Si sarebbe scolato tutta la bottiglia e altre cento tisane, pur di restare lì con lei.

"Questo è l'ultimo" aveva detto Hermione. E poi ce n'era stato un altro, e un altro. Alla fine la mezzanotte era scoccata.

"Direi che è l'ora della nanna" asserì Hermione, gettando un'occhiata all'orologio a pendolo. Il roscio annuì.

"Lo penso anch'io" fece per alzarsi e togliere i bicchieri dal tavolo, proprio nello stesso momento in cui lo fece lei, e le loro dita si sfiorarono.

Hermione sollevò lo sguardo e incrociò quello di Fred, denso dello stesso desiderio che albergava in lei da quando erano stati interrotti: voleva baciarla.

Strinse le dita attorno a quelle delicate della ragazza; erano spalla a spalla e Fred si girò di lato per accostare il volto al suo. Di nuovo si avvicinò alla bocca di lei con lentezza esasperante, forse un po' annebbiato dai fumi dell'alcol – non era sicuro di sapere cosa stesse facendo, ma sapeva di volerlo intensamente. Hermione reclinò la testa, pronta a sentire la bocca di Fred sulla propria...

Driiiiiiiin!

Un odioso, insopportabile rumore interruppe il momento magico che si era creato fra di loro. Il campanello dell'appartamento suonava insistentemente, e uno dei due doveva andare ad aprire – quantomeno per squartare il disturbatore.

Fred sembrava imbambolato. Il suo cervello era impegnato a maledirlo per aver permesso che quel babbanofilo di suo padre installasse quell'aggeggio assordante, quando bussare, come ogni mago normale, era tanto comodo.

Toccò a Hermione scansarsi, molto a malincuore, e recarsi a dare il benvenuto all'ospite, che si rivelò essere nientemeno che il Salvatore del Mondo Magico.

"Harry!" esclamò lei con stupore. "Che ci fai qui a quest'ora?" gli chiese, ancora sulla porta. Era combattuta tra il chiedergli se fosse successo qualcosa o rispedirlo fuori a pedate nel sedere e tornare da Fred. Non era certa di voler permettere al Ragazzo Sopravvissuto di sopravvivere ancora.

Alla fine si costrinse a sorridere e a rassicurarlo sul fatto che sia lei che Fred erano ancora in piedi, che si apprestavano ad andare a dormire, e che non aveva affatto disturbato.

"Mi spiace, Mione" si scusò, mortificato per l'ora tarda. "Fred..."

"In cucina" lo informò lei, asciutta. Gli fece strada: Fred era ancora imbambolato nella posa di prima, ma si riscosse quando lo vide.

"Harry" lo salutò senza grande entusiasmo. Hermione sperava che condividesse i suoi istinti omicidi, perché avrebbe significato che teneva a quel bacio, che lo voleva almeno quanto lei.

"Devo chiedervi un favore" esordì Harry con garbo.

"Di' pure" rispose il roscio, sforzandosi di non saltargli alla gola. Sarebbe stato difficile spiegare il motivo per cui aveva ucciso un tizio che era sopravvissuto all'Avada Kedavra del mago più crudele di tutti i tempi.

"Mh... avrei bisogno di dormire qui" comunicò con un certo impaccio. "Solo stanotte" chiarì con aria convinta. "Domani sistemo tutto".

"Ehm... tutto cosa?" domandò Hermione, presagendo il peggio.

"Ho discusso con Ginny, che mi ha buttato fuori di casa".

C'era il piccolo dettaglio che Grimmaud Place n.12 era casa di Harry, ma Hermione conosceva Ginny Weasley come una persona abbastanza impetuosa; probabilmente non ci aveva neanche fatto caso.

"Oh" Fred fece spallucce. "Mia sorella è così, vedrai che domani le passerà".

"Spero di sì, anche perché è una sciocchezza" mugugnò Harry.

"Di che si tratta?" chiese Hermione, preoccupata e anche un po' curiosa.

"E' gelosa di una mia collega" Harry sbuffò sonoramente. "Dice che mi fa il filo; il che è vero, ma io non le ho dato alcuna speranza. Non me ne frega niente delle altre, lo sai" si aspettava una conferma.

"Certo che lo so Harry, non devi spiegarlo a me".

"E poi" riprese, "le ho detto che non mi piace per niente come il suo allenatore le ronza intorno; e Ginny è andata su tutte le furie proclamando la propria innocenza" raccontò, "come avevo fatto io fino a due secondi prima. Solo che, quando mi accusa lei è tutto ok, quando invece lo faccio io scoppia il casino".

Fred ed Hermione si lanciarono un'occhiata d'intesa e lui si chinò a riprendere il Whiskey Incendiario dalla credenza, pensando che potesse risollevare Harry.

"Tieni amico!" disse versando il contenuto in un bicchiere apparso dal nulla. "Alla salute di Ollivander!" aggiunse con un sorrisetto in direzione di Hermione, che lo fulminò con lo sguardo.

Harry bevve tutto d'un sorso – sorso che gli andò di traverso – col solo risultato di iniziare a tossire e a sputacchiare; e Fred fu costretto ad assestargli diverse pacche sulla schiena prima che si riprendesse e tornasse – purtroppo – a ragionare.

"Perché dovremmo brindare 'alla salute di Ollivander'?" chiese, confuso.

"Non gliel'hai ancora detto, Hermione?" sembrava che Fred cadesse dalle nuvole, mentre sapeva benissimo che Harry non era stato informato. Voleva solo metterla in imbarazzo: maledetto Weasley! Come aveva potuto desiderare di baciare un essere così infido e fastidioso?

"Detto cosa?" chiese Harry, posando lo sguardo prima su uno e poi sull'altra.

La ragazza scoccò a Fred un'occhiata di puro odio, per poi rivolgersi a Harry.

"Ollivander mi ha assunto ufficialmente" sputò fuori velocemente. "Era da lui che lavoravo; ed ora è ufficiale: sono l'apprendista".

Harry, che aveva ripreso un sorso di Whiskey Incendiario, lo sputò quasi in faccia a Hermione, suscitando l'ilarità di Fred.

"Weasley, piantala!" intimò lei, puntandogli l'indice al petto.

"Ollivander non ha apprendisti!" contestò Potter, lasciandosi cadere su uno sgabello e posando il bicchiere sul tavolo.

"Uffa!" sbottò Hermione. "Ma sapete dire solo questo?" si lagnò.

"E' quello che le ho detto io" chiarì Fred, scorgendo l'espressione ebete di Harry.

"Ora ce l'ha, d'accordo?" riprese. "Ho fatto anche una discreta fatica per convincerlo e mi sto impegnando per imparare l'arte delle bacchette, quindi potresti anche dirmi qualcosa di più incoraggiante!".

Harry si tolse gli occhiali, piuttosto appannati, li ripulì con la t-shirt azzurrina, per poi rimetterli sul naso. Due occhi verdi la guardarono intensamente.

"Complimenti" disse con compostezza insolita.

L'amica si mostrò abbastanza stupita da quei complimenti così freddi, ma li rimpianse un secondo dopo, quando Potter aggiunse:

"Ora mi spieghi per quale cavolo di motivo dovresti voler fabbricare bacchette?".

Hermione sospirò e si mise a sedere, mentre Fred usciva dalla stanza, probabilmente per lasciarli da soli o perché, da parta sua, aveva già sentito la spiegazione, per quanto vaga fosse stata.

"Potresti avere mille carriere, Hermione..." non c'era una critica vera e propria, solo una gran curiosità, e forse un po' di apprensione per quella scelta stravagante.

"Beh..." iniziò la strega. "Non lo so Harry. Non ero felice, lo sai. Ho deciso mentre tornavo dalla Bulgaria. Andare da Ollivander a supplicarlo di darmi una possibilità è stata la prima cosa che ho fatto, una volta messo piede in Inghilterra – ancora prima di chiamare te".

"E lui...?" domandò.

"Lui inizialmente non era entusiasta, ma qualcosa deve averlo convinto del fatto che istruire qualcuno può essere una buona idea" rispose meditando. "Non so ancora quanto potrò imparare o quanto diventerò ferrata in questo campo, ma mi sto applicando. Ho passato la vita a fare quello che ci si aspettava da me; quello che io stessa mi aspettavo. Improvvisamente ho voglia di creare, di mettere in pratica la teoria" si stava affannando per trovare quelle parole che non le venivano. Harry si alzò e le mise una mano sul braccio, in un gesto rassicurante.

"Non devi giustificarti" disse con garbo. "Sono con te, come sempre".

A quelle parole la preoccupazione di essere disapprovata o incompresa svanì dal petto di Hermione, che abbracciò il suo migliore amico. Ormai l'unica certezza della sua vita erano – oltre ai genitori – le amicizie. Per il resto era tutto una grande incognita. Anche Fred era un'incognita.

"Ehi" fece ad un tratto lui. "Mi svelerai qualche segreto di Ollivander, vero?".

Lei lo guardò in tralice, come se le avesse chiesto di fare uno spogliarello.

"Sco-rda-te-lo!" il tono fermo e duro.

"Uff!" sbuffò contrariato. "A che serve essere Harry Potter se nessuno mi riserva un trattamento di favore?" chiese. "La mia ragazza mi sbatte fuori da quella che – fino a prova contraria – è la mia casa, e la mia migliore amica non mi considera..."

"Non ti sto prendendo a calci nel fondoschiena, Harry Potter, ed è già un trattamento di favore" lo disse con un'espressione così seria che Harry scoppiò a ridere. Se avesse saputo quanto di vero c'era in quelle parole, di sicuro il sorriso sarebbe svanito.

"Mi spiace piazzarmi qui, ma non ho scelta" farfugliò poi.

"Scemo di un Potter, non è questo il punto" mentì. Un po' era anche quello, il punto.

"E quale sarebbe?" chiese lui, ributtandosi sullo sgabello e togliendosi gli occhiali. "Perché io proprio non lo capisco" si massaggiò la fronte.

"Harry" sbuffò lei. "Tu e Ginny vi amate, giusto?". Lui annuì con foga.

"E allora dovreste smetterla di litigare per queste cavolate; ci sono cose più serie per cui discutere".

"Dillo a lei!" sbottò Harry.

"E' quello che farò non appena ne avrò occasione!" ribattè prontamente.

"Ecco, falla ragionare tu, perché io ci rinuncio".

"Ha solo paura di perderti" spiegò Hermione dolcemente. "Sei il Prescelto, il Salvatore del Mondo Magico, il Ragazzo che è Sopravvissuto...".

"Sì, Mione, hai reso il concetto"sbraitò lui, bloccandola. "E allora?".

"E allora hai un sacco di ammiratori, gente che ti sta addosso. È facile cadere in tentazione in questi casi. Non replicare: so che non lo faresti mai, però è ovvio che Ginny abbia paura". Lui fece schioccare la lingua, spazientito.

"Per favore! Ginny? Ginny che è uscita con più persone di me? Ginny che gioca a Quiddich da professionista e che conosce un sacco di gente in giro? Parli di Ginevra Weasley?". Il sarcasmo evidente nella sua voce era misto a rabbia e a una certa inquietudine.

"Harry, lei non ha mai rinunciato a te. Le piacevi già a dieci anni" gli fece notare con un'occhiataccia. "Se tu non ci avessi messo cinque anni ad accorgerti di lei, non si sarebbe messa nè con Michael Corner nè con Dean Thomas, non credi?" chiese.

Lui non sembrò trovare niente di ragionevole da replicare, perché scrollò le spalle e sospirò. "Io ho baciato solo Cho prima di lei". Hermione sbuffò sonoramente.

"Senti, ora sono stanca. Hai una storia d'amore meravigliosa con una ragazza che conosci da sempre. Al contrario di me e Ron, o di me e Victor, o di me e chiunque altro – a questo punto – voi siete una coppia riuscita. Quindi smettila di lagnarti e dille una buona volta che la ami e vuoi stare solo con lei".

"Se non capisce?" borbottò in tono lamentoso.

"Se non capisce" disse lei per tutta risposta, "la picchio. Tu – ovviamente – non puoi; ma io sono una ragazza come lei, quindi sono autorizzata. Ti va bene?". Harry rise di gusto a quella risposta.

"Non mi pare una gran soluzione" controbattè guardandola storto. "Comunque hai ragione" aggiunse. "Siamo una coppia felice che litiga per delle cazzate galattiche". Si passò stancamente una mano sul volto.

"Appunto!" gli fece eco, finalmente soddisfatta. "Vedo che almeno un neurone ti è rimasto in quella zucca vuota!".

"Solo... non dire più che non puoi avere una storia decente" la rimproverò. "Troverai anche tu il ragazzo perfetto. Cioè, magari non perfetto-perfetto" si corresse. "Diciamo perfetto-meglio-di-Ron-e-Krum". Lei sorrise, grata per quelle parole.

"Dai Harry; cinque minuti, un colpo di bacchetta e il divano sarà pronto per la notte". Uscì dalla cucina e si diresse in salone, sperando ardentemente che Harry avesse ragione, che anche a lei sarebbe stato concesso di avere un rapporto come quello di Harry Potter e Ginny Weasley.



"D0rmi bene" disse piano Hermione.

"Già... sogni d'oro, Harry" cantilenò dolcemente Fred, facendo il verso a Hermione.

Nessuno dei due, salendo le scale, fece menzione di quello che era successo poco prima; benchè, salutandosi sul pianerottolo, entrambi pensassero ai baci mancati della giornata.

Hermione si ritirò con una quella sconfortante verità nel cuore: le piaceva Fred Weasley. Almeno un po'. Sì, giusto un pochino.

Non è grave, Hermione, puoi ancora tirartene fuori. Ti piace un po', solo un po', si ripeteva sprimacciando il cuscino e infilandosi sotto le coperte.

Nella stanza di fronte a quella della strega, Fred era impegnato pressapoco negli stessi ragionamenti: poteva benissimo uscirne e reprimere quella... quella cosa. Di qualunque male pericolosissimo e contagiabile si trattasse.

In fondo non è ancora successo; quindi puoi tranquillamente far finta di niente, giusto Freddie?, disse la vocina nella sua testa.

Sì, doveva essere così. Quella sera erano alticci, perciò non contava.

Sì, ma la prima volta?, domandò malignamente la voce. Somigliava vagamente al tono inquisitorio che George utilizzava con lui in certe occasioni.

"Oh! Sta'zitto!" bofonchiò spegnendo la candela e mettendosi a letto. Bastava non pensarci. Non pensarci era la soluzione perfetta.









ANGOLO AUTRICE


Salve gente,

eccomi a voi con un nuovo capitolo. È lungo circa il doppio degli altri, spero non troppo. E quindi, Hermione e Fred sono stati a tanto così dal baciarsi.

Beh, mi direte cosa ne pensate. Mi scuso per la molesta presenza di Harry Potter che li ha bloccati, è insensibile, lo so. Comunque, tra tipo tre capitoli una testa bionda farà capolino nel cast. Ora, una cosa seria. Un paio di persone mi hanno segnalato il problema che leggendo le mie storie spesso la pagina crashi o addirittura a una ragazza appaiono pubblicità subito, che le impediscono di leggere. Qualcun altro ha questi problemi o roba del genere? Se sì, qualcuno sa come risolvere o da cosa dipendono? Se avete la risposta contattatemi in messaggio privato, vi prego. Perché altrimenti penso che mi dovrò rivolgere all'amministrazione per sapere come ovviare al problema. Ah, un'altra cosa. Qualcuno mi sa dire come si fanno i tag sul sito? Sono terribilmente anti-tecnologica, lo so. Grazie mille per l'attenzione e al prossimo capitolo. Baci,

Jules :)




p.s. Jaded_ visto? Ti avevo mentito, no? Non si sono baciati. Spoiler fasullo, quindi.


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Capitolo 12
*** Il nocciolo della questione ***


CAPITOLO UNDICI – Il nocciolo della questione



La mattina seguente all'irruzione di Harry in casa di Fred, nessuno dei tre era di buonumore. Hermione e il roscio rimuginavano sull'accaduto, mentre Harry era solo spossato e sbuffava di continuo.

"Merlino, che mal di schiena!" si lamentò entrando in cucina, in cerca di qualcosa da mettere sotto i denti. Hermione, intenta a leggere la Gazzetta del Profeta, lo salutò con un sorriso, mentre Fred accennò un grugnito.

"Non lamentarti, o la prossima volta ti chiudo fuori" gli rispose ridendo.

"Se sono qui è solo colpa di tua sorella!" ribattè Harry, scrocchiandosi il collo.

"Non sono mica responsabile per lei" obiettò Fred, arraffando dei biscotti. "Come dice Granger: hai voluto la bicicletta, e ora pedala" sentenziò strizzandogli l'occhio. Hermione scosse la testa.

"E' un detto babbano, non l'ho inventato io".

"Non devi spiegarlo a me" sbuffò Harry, lasciandosi cadere su una sedia. A volte tendeva a dimenticare che – pur non essendo babbano di nascita – Harry era cresciuto come lei. Anche se Potter, a differenza sua, aveva sangue magico nelle vene (benché 'contaminato' da quello di Lily Evans).

Nella stanza era calato un silenzio sonnolento e meditabondo. Hermione si chiese se Fred stesse pensando a quello che era avvenuto prima che giungesse Harry.

"Non volevo disturbare..." ripetè Potter, riemerso dopo un po' da chissà quali pensieri.

"Hai già espresso il concetto ieri sera, Harry. Nessun disturbo, vero Fred?" Hermione coprì la voce di Fred che cercava di dire qualcosa, per impedirgli di fare commenti. "Puoi restare quanto vuoi; sebbene mi auguro che tu e Ginny risolviate presto" aggiunse con aria benevola.

Harry le fece un sorriso e si mise a sedere, spalmando burro e marmellata su una fetta di pane e versandosi del succo di zucca nel bicchiere. Si sporse sopra la sua spalla e diede un'occhiata al giornale nelle mani dell'amica; ora Hermione aveva aperto il Settimanale delle Streghe.

"Da quando leggi questa roba?" domandò Harry, assai sorpreso.

"Non è mio" fece, stizzita. Il salvatore del Mondo Magico spostò lo sguardo sul proprietario dell'appartamento, con una faccia a metà tra il biasimo e il disgusto.

"Posso spiegare, Harry" si difese il roscio, sentendosi chiamato in causa. "Non è come sembra. Mia madre è stata qui qualche giorno fa e l'ha dimenticato, quindi" – qui si rivolse alla strega – "non è mio!" calcò con una certa enfasi sul concetto.

"Mh" mugugnò Harry, continuando a mangiare e borbottare insieme. Perlomeno lui riusciva a farsi comprendere un minimo, al contrario del suo amico del cuore. Hermione ripensò con un risolino ai pasti che avevano condiviso ad Hogwarts, e a tutto ciò che Ron aveva ingurgitato ruminando senza ritegno. Persa in quei voli pindarici, Hermione fu richiamata all'attenzione dell'amico con una poderosa pacca sulla spalla.

"Che diavolo ci fai tu in un articolo?" domandò Harry. La sua espressione in quel momento era sorprendentemente simile a quella della statua di Boris il Basito.

"Oh quello!" la strega scrollò le spalle. L'aveva già letto e le aveva solo causato ilarità. "Non è niente! in passato hanno pubblicato di peggio, no?" gli ricordò.

Sia la Granger che il ragazzo occhialuto accanto a lei, erano stati bersagliati dalla penna di Rita Skeeter. "Comunque ero già stata avvisata che sarebbe potuto accadere" dichiarò.

"Avvisata?" chiese Harry, tentando di reprimere uno sbadiglio.

"Vicktor mi ha scritto" spiegò. " per informarmi che lo stesso identico articolo è uscito su un giornale scandalistico bulgaro" dichiarò con noncuranza.

"Tu e Krum vi scrivete ancora?" chiese Harry stolidamente. Fred sentì una fitta di fastidio nel sentirla rispondere che sì, avevano ricominciato a scambiarsi notizie.

"Siete tornati amici, quindi" commentò il roscio, calcando sulla parola 'amici'.

"Così pare" replicò con leggerezza.

"E sei sul giornale". Hermione annuì e il roscio si accostò e si sporse dall'altra spalla della ragazza.

"Bene, ora ci siamo tutti!" brontolò lei con uno sbuffo spazientito.

Non era poi così interessante; era un articolo che parlava della sua prolungata assenza e del suo 'avvistamento' in Bulgaria. C'era proprio scritto avvistamento, quasi fosse una ricercata da sottoporre a giudizio del Wizengamot o una specie in via di estinzione, tipo un Basilisco.

Seguivano un mucchio di illazioni su una sua presunta relazione con Krum (e Hermione non poteva negare fossero esatte). Poi però accennava ad un litigio con tanto di scenata – mai avvenuto – e al fatto che Hermione Granger fosse tornata sola in Gran Bretagna, in dolce attesa.

"Qui dice che sei incinta!" le fece notare Harry, con voce strozzata. Almeno lui aveva ancora il dono della parola.

Fred era completamente assorto a fissare l'unica, insulsa foto ritraente lei e Vicktor insieme – peraltro non in atteggiamenti compromettenti – che camminavano nel giardino di casa Krum.

"Non ho idea di quale sia la fonte" disse la strega con puntiglio, "ma mi pare ovvio che questa notizia non risponda a verità. A meno che il tuo non sia un modo carino per dirmi di dimagrire" aggiunse scherzando.

Harry assunse un'espressione imbarazzata e, non trovando di meglio per dimostrare la propria innocenza in merito, le passò una brioche di zucca.

"Fred!" Hermione lo chiamò e gli sventolò una mano davanti alla faccia.

"Cosa? Ehm, sì..." farfugliò lui, scostandosi. "E' ridicolo che certi giornali riportino notizie a caso. Insomma, addirittura incinta di Krum..." borbottò allontanandosi. Poi si girò verso di lei con espressione ebete. "Non sei incinta, vero Granger?". Hermione lo fissò, incredula.

"COSA? Certo che NO!" sbottò. "E sarà meglio che lo spieghiate anche a mamma Molly, visto che di solito presta fede a questo giornaletto" disse richiudendolo con aria sprezzante, per poi gettarlo sul tavolo e addentare la brioche che Harry le porgeva. Si ricordava perfettamente di quando Molly Weasley le aveva inviato un uovo di Pasqua piccolo come quello di una gallina, perché convinta che Rita Skeeter avesse scritto la verità riguardo al fatto che avesse spezzato il cuore di Harry Potter.

"E non sto mangiando perché sono incinta, prima che me lo chiediate. Sto mangiando perché siete due idioti!" precisò, sfogando in quel modo la rabbia. Nessuno dei due osò replicare a quella sfuriata, ed Hermione divorò tre brioche, innaffiate da succo di zucca. Incinta!

"Bene!" esclamò pulendosi rudemente la bocca col tovagliolo. "Vi saluto e vado da un uomo con un po' di criterio" dichiarò, alzandosi in piedi.

"Sarebbe?" chiesero in coro.

"Garrick Ollivander" rispose stizzita, marciando fuori dalla cucina.







"Salve" Hermione salutò il proprio capo entrando nella bottega, ormai così famigliare. Ollivander le riservò un'occhiata in tralice. Lo sguardo diffidente; la studiava come se dovesse trasformarsi in un animale strano da un momento all'altro. La guerra l'aveva reso una persona ancor più sospettosa, eppure in un certo senso consapevole di quei pochi limiti che riteneva di avere.

Rilassò i muscoli facciali e le regalò una smorfia che, nelle intenzioni dell'uomo, sarebbe dovuta essere un sorrisetto.

"Salve" borbottò all'indirizzo della strega.

"Ha già iniziato?" domandò, togliendosi rapidamente cappotto e sciarpa e appendendoli all'attaccapanni. Ollivander annuì, senza alzare lo sguardo.

"Sto esaminando una bacchetta danneggiata, ma temo che non si possa far più nulla per lei".

Un tempo Hermione avrebbe constatato che parlava delle bacchette come se fossero persone e ne avrebbe bonariamente sorriso, ma non più.

Ormai ragionava esattamente alla stessa maniera; motivo per il quale si avvicinò e disse, tristemente:

"E' proprio sicuro?".

Carezzava la bacchetta con lo sguardo, cosa che Ollivander gradì molto – le scoccò un'occhiata soddisfatta, e scosse il capo in segno di diniego. Si sollevò dallo sgabello sul quale era seduto e poggiò la bacchetta sul tavolo da lavoro, rivolgendo a lei l'attenzione.

"Bene" esordì il vecchio; e un guizzo attraversò i suoi occhi argentei. "Oggi inizieremo a parlare dei Nuclei principali delle bacchette" annunciò.

"C-cosa?" farfugliò Hermione. "I-io non so se sono pronta, signore. Alcune peculiarità dei legni non mi sono ancora ben chiare..."

"Sciocchezze" minimizzò con un gesto incurante della mano. "Non ho detto che smetteremo di lavorare sui legni, ho solo detto che inizieremo a trattare i Nuclei" puntualizzò con voce acuta. "La fama del tuo cervello è nota, signorina Granger, perciò credo tu sia grado di affrontare entrambe le cose contemporaneamente" c'era quasi aria di sfida nello sguardo del vecchio. Hermione non potè esimersi.

"Certo che posso, signore" affermò sicura, sedendosi su un vecchio sgabello e prendendo carta e penna. Gli appunti erano un must per lei: non poteva proprio farne a meno.

Ollivander si schiarì la voce e cominciò a spiegarle pregi e difetti, diversità, funzioni dei vari nuclei, intervallando le proprie delucidazioni con domande a bruciapelo su ciò che lei già conosceva. Fu così che, per esempio, nel mezzo della descrizione delle peculiarità della corda di cuore di drago, le lanciò addosso una bacchetta di ciliegio:

"Cosa sai dirmi?" chiese. Solo per un attimo, la strega fu colta in fallo dalla brusca interruzione, ma i test a sorpresa – spauracchio di ogni studente che si rispetti – non avevano mai spaventato Hermione Jean Granger. Si schiarì la voce e parlò.

"E' un legno raro, apprezzato alla Scuola di Magia e Stregoneria di Mahoutokoro*. I giapponesi trovano che possedere una bacchetta di ciliegio sia segno di prestigio, e in effetti hanno qualità rare e possono essere letali se in mano alla persona giusta".

"Conosci persone che possiedono una bacchetta di ciliegio?" le chiese. Hermione era certa che si ricordasse perfettamente – come con tutte le sue creazioni – di averne venduta una a Neville, anni prima.

"Neville Longbottom, dopo aver cambiato la vecchia bacchetta del padre con una di ciliegio, che l'ha scelto, è notevolmente migliorato nel praticare magia..." e a questo punto Ollivander ritenne opportuno interromperla e riprendere le proprie considerazioni sui nuclei.

"La corda di cuore di drago ottiene gli incantesimi più potenti e spettacolari. Tendono a imparare più in fretta delle altre e..."

"...a cambiare bandiera se il proprietario viene sconfitto" concluse Hermione. Non era certo impreparata. Come quando era a più brillante studentessa di Hogwarts, si era premurata di studiare in anticipo, almeno le basi. "Sono più facili da convertire alle Arti Oscure, ma non lo fanno spontaneamente" le sembrò doveroso precisarlo, in quanto ex proprietaria di una bacchetta con nucleo di corda di cuore di drago.

"Molto bene" rispose lui, soddisfatto, continuando poi a illustrarle ogni singola particolarità di quei nuclei – cose che in effetti non erano scritte nemmeno sui libri che Hermione aveva preventivamente imparato a memoria.

Di tanto in tanto, le lanciava bacchette e pretendeva riconoscesse il legno in cui erano state intagliate.

Fece così per tutto il tempo – se si esclude la mezz'ora che Hermione si prese per pranzare – ponendole quesiti sempre più difficili. Ad un certo punto le lanciò in grembo addirittura un ruvido sacco, pieno di quelli che parevano chicchi di riso bruno, ma che la strega aveva riconosciuto come Onischi* (considerato anche il fatto che non smettevano un attimo di muoversi, caratteristica di certo non appartenente ai chicchi di riso bruno).

"Sono un'offerta obbligata se si vogliono tenere a bada gli Asticelli che abitano l'albero da cui si preleva il legno" spiegò diligentemente.

Alla fine della giornata, nonostante non si fosse mossa dallo sgabello su cui sedeva, si sentiva mentalmente a pezzi. Strisciò via dal negozio senza desiderare altro che una doccia calda, sperando che Fred non avesse occupato il bagno.

Non si poteva dire che quel ragazzo non avesse cura della propria igiene personale, pensò fra sè e sè.

Percorse velocemente la strada che la separava dall'appartamento sopra I Tiri Vispi; pregustava la pace, completamente dimentica di un avvenimento saliente.

"Sono a casa!" gridò stancamente, chiudendosi la porta alle spalle. Ollivander poteva essere pesante da sopportare, con i continui borbottii e i commenti sgradevoli, fatti appositamente per irritarla. Spesso aveva la sensazione che fosse tutto calcolato, tanto per metterla alla prova. Anzi, sicuramente era così.

"Ehi!" la salutò Harry. Godric, ancora qui!

Si sentì in colpa per aver desiderato che Harry non fosse lì. Era molto egoista pensare ai propri sciocchi desideri, quando i suoi migliori amici avevano litigato.

"Ehi" rispose, per niente entusiasta. Merlino! Si era addirittura dimenticata della presenza di Potter. Nella sua testa c'era una cenetta tranquilla, e si accorse con orrore che 'cenetta', nella sua mente, equivaleva a lei e Fred insieme. Da soli.

Ti piace Fred Weasley, ora è proprio sicuro!

"Fred è in cucina" disse Harry, come le avesse letto nel pensiero. Si stava giusto chiedendo dove fosse finito il roscio.

"Ottimo" rispose avviandosi.

"Granger!" la salutò allegramente. Le fece un gran sorriso; stava allargando il tavolo con la magia, ed Hermione si chiese il motivo. C'era qualcosa che aveva scordato.

"Perché stai apparecchiando per più di tre?"

"E' venerdì sera" fece, il tono ovvio. "Cominci a perdere colpi, eh Granger?" la prese in giro con una strizzata d'occhi.

"Ah" fu l'articolato commento della brillante strega.

Se i bambini che la contemplavano sulle Cioccofigurine* avessero visto la sua faccia inebetita in quel momento, la loro ammirazione per l'eroina del Mondo Magico sarebbe drasticamente calata. Doveva essere piuttosto rimbambita per non ricordare che avevano invitato tutti a cena: Neville, Luna, Ginny, Harry (che tanto era già lì) e George con Angelina – ormai inseparabili.

"Beh, muoviti no? Non vorrai mica aspettare che cresca l'erba*!" la celiò il roscio. L'unica replica che Hermione fece, fu una smorfia.

Si svestì e diede una mano al ragazzo: se la cavava bene con gli incantesimi domestici. Se la cavava bene con ogni tipo incantesimo, com'era di dominio pubblico.

Allargarono il tavolo, apparecchiarono per otto persone e iniziarono a trafficare per cucinare qualcosa di decente.

Magari non erano due assi come mamma Molly, ma potevano cavarsela anche in cucina. Harry James Potter, detto anche il Ragazzo-dalla-molesta-presenza, se ne stava lì a guardarli senza pensare minimamente ad aiutarli.

Giustificheremo questa trascuratezza alla luce del suo pensiero di dover incontrare Ginevra di lì a poco – preoccupazione che realmente lo assillava. Non voleva litigare di nuovo, non davanti a tutte quelle persone. Sperava davvero che la loro saggia migliore amica riuscisse a farla ragionare.

In tutto ciò, Hermione e Fred, indaffarati, non riuscivano a parlare granchè fra di loro– se non per scambiarsi qualche frecciatina. Lei criticava l'operato di Fred (dalla posizione delle sedie al colore della tovaglia scelta) e lui le dava della puntigliosa So-Tutto-Io. Ordinaria amministrazione, insomma.

Probabilmente nessuno dei due avrebbe accennato ai baci mancati, anche senza l'invadente presenza di Harry Potter.

Quando bussarono alla porta, il Ragazzo Sopravvissuto perlomeno si degnò di andare ad accogliere gli ospiti. I ragazzi si salutavano con vigorose pacche sulle spalle, ma Hermione abbracciò Ginny, sussurrandole all'orecchio un "ti devo parlare" e ricevendone in cambio un sospiro. La rossa sapeva perfettamente su quale argomento sarebbe andata a parare.

Luna le si fiondò completamente addosso, ed Hermione si vide costretta a complimentarsi per gli splendidi orecchini a forma di rapanello che sfoggiava. Neville fu molto gentile, come sempre. Dopo la visita a Luna si erano visti solo una volta, per un succo di zucca a Diagon Alley – nessuno dei aveva avuto tempo.

Ora lui lavorava a Hogwarts, come assistente della professoressa Sprout. Avevano perfino parlato di Hannah Abbott, la ragazza con cui stava uscendo da qualche tempo – Hermione aveva lasciato cadere l'argomento quando la faccia di Neville aveva preso una sfumatura decisamente bordeaux.

"Come va con la Sprout?" gli domandò con garbo. Il viso del ragazzo si illuminò.

"Oh! Benissimo! E' convinta che insegnare sia la mia strada, e lo sono anch'io. Erbologia è sempre stata la mia passione" disse.

Erbologia, effettivamente, era la materia preferita di Neville a scuola, oltre ad essere quella in cui era più capace. Forse l'unica per la quale fosse realmente portato.

"Pomona dice che quando lascerà il posto proporrà me come insegnante. È stufa; credo voglia andare in pensione nel giro di un paio d'anni" la informò.

"Magnifico!" si complimentò. "Professor Longbottom, suona bene!".

"Vero?" intervenne Luna, come se si fosse risvegliata da un sogno e avesse sentito solo l'ultima frase. "Gliel'ho detto anch'io".

Aveva lo sguardo di qualcuno che in vita sua non ha ancora visto nulla. Il bello di Luna era che affrontava la vita come se fosse sempre una novità, ed Hermione era sinceramente invisiosa di questa dote.

"Tu, Luna?" fece Fred con un sorrisetto non troppo nascosto. "Come vanno gli studi sul Ricciocorno Schiattoso?".

Quelle parole sembrarono sortire un brutto effetto sul volto di Luna, che si mise a guardare il soffitto, forse sperando di ritrovarci il cielo stellato della sala comune dei Corvonero. Luna non era mai in imbarazzo, ma in quel frangente sembrava volesse sfuggire alla domanda.

"Sono una Naturalista obiettiva" dichiarò infine. "A seguito di attenti studi, devo concludere che il Ricciocorno Schiattoso non esiste*". La frase azzittò tutti quanti per un minuto buono, prima che la Lovegood continuasse.

"A differenza di creature come i Nargilli, la cui esistenza è dimostrata e documentata" – su questa affermazione per Hermione sussistevano parecchi dubbi – "per il Ricciocorno non esistono prove. Penso che papà si sia sbagliato" ammise poi, scrollando le spalle.

I presenti avevano un' espressione buffa in volto, come se avesse appena ammesso di essere una seguace del Signore Oscuro. Di sicuro nessuno si aspettava che Luna negasse l'esistenza di una qualsiasi delle creature 'scoperte' da suo padre Xeno.

"Mh..." Hermione si schiarì la voce. Visto che erano tutti in vena di annunci, quello era il suo turno - Luna che rinsaviva ed Hermione che perdeva il senno. Insensato.

"Io volevo comunicarvi che, da quando sono tornata, ho un nuovo lavoro".

"Fantastico!" esclamò Neville.

"Già. Da un po' sono stata assunta a pieno titolo" aggiunse.

"Di cosa ti occupi, esattamente?" chiese Angelina.

"Lavoro come apprendista alla bottega di Ollivander" le parole le uscirono naturali e scivolarono con grazia fuori dalla bocca. Non aveva gracchiato, nè deglutito, nè tentennato.

"Non scherzare, dai" fu il commento incoraggiante di Ginny – probabilmente espressione del pensiero comune, a giudicare dalle facce di Angelina e George. L'unica che non si scompose fu Luna, la cui sola osservazione fu:

"Mi piace molto il signor Ollivander".

In quel momento, la Granger avrebbe voluto baciarla. Era l'unica che non la stava guardando con espressione scettica. Le sopracciglia di tutti gli altri presenti – esclusi Harry e Fred – erano scattate in alto, a mettere in dubbio la veridicità di quella dichiarazione ufficiale.

"Oh, lui ti adora" continuò Hermione, con disinvoltura. "Su di te ha solo lodi, e fidati se ti dico che non riserva lo stesso trattamento a tutti" sospirò, pensando a quanto il capo potesse essere burbero e leggermente lunatico.

"Che carino!" esclamò la Lovegood. "E' una persona buona" dichiarò, per niente frenata dal silenzio che era sceso sugli altri. A dire il vero, pareva non se ne fosse accorta. L'occasione in cui Luna e Ollivander si erano conosciuti non era stata delle più felici, ma c'era da dire che condividere la stessa sorte nelle segrete di Villa Malfoy (durante la Seconda Guerra Magica) li aveva uniti parecchio.

Il primo a rompere quel silenzio che era sceso tra loro fu George.

"Ollivander?" chiese. Hermione alzò le spalle e si limitò ad annuire.

"Hai lasciato il Ministero per fare la fabbricante di bacchette?" ebbe l'ardire di domandare Neville, assai perplesso.

"In effetti, è quello che ho fatto" rispose lei con un risolino. Ci pensò su e vide che Angelina stava per aprire bocca. "Se qualcuno obietta con 'Ollivander non ha apprendisti' giuro che lo Schianto!" minacciò. Angelina richiuse prontamente la bocca, ed Hermione capì che era esattamente quello che pensava di dire.

"Ora ne ha una" osservò il padrone di casa, giungendo in suo soccorso.

"Tu lo sapevi?" domandò George, incredulo che il fratello non gli avesse rivelato qualcosa. Fred non aveva segreti per George, nemmeno se riguardavano qualcun altro. Il loro cervello era in connessione. Quello che sapeva uno, sapeva l'altro. Quanto era importante la Granger, se Fred non aveva sentito il bisogno di spettegolare con lui su quella notizia?

"Ammetto che inizialmente sono rimasto sconvolto, ma io e te abbiamo lasciato la scuola per aprire un negozio di scherzi... e la mamma pensava fosse una carriera piuttosto sconveniente" gli ricordò con un sorrisetto furbo.

"Noi siamo Fred e George Weasley... lei è Hermione Granger; fa solo cose sagge e logiche!" obiettò guardandola come se fosse un impostora.

"Non sarà logica..." fece l'altro.

"E forse neanche saggia..." aggiunse Hermione. "Però mi piace. A proposito" fece rivolta a Neville, "oggi ho citato la tua bacchetta di Ciliegio".

"Davvero?" sembrava inorgoglito.

"Frena gli Ippogrifi!" esclamò Ginny, interrompendoli. Aveva appena notato che il suo ragazzo non aveva obiettato, reagito, nè aperto e chiuso la bocca come un pesce lesso. Non pareva stupito da quella novità.

"Tu lo sapevi?" si rivolse a Harry.

"Ehm... io ...veramente..." Potter balbettava, niente di più.

"No, Ginny, non lo sapeva" Hermione andò in suo soccorso, prima che finisse in apnea, o peggio, colpito da una fattura micidiale. "Non fino a ieri sera. L'unico che lo sapeva era Fred".

Meglio chiarire e non darle adito ad aggredire nuovamente Harry: si vedeva che ce l'aveva con lui dal loro non-saluto quando era entrata.

La spiegazione di Hermione sembrò bastare e Harry tirò un sospiro di sollievo alla vista di Ginny che si rilassava, mentre la Granger si appuntò mentalmente di insegnare l'uso della parola al suo migliore amico. Doveva fargli capire che poteva usare il linguaggio per spiegare le proprie ragione, evidentemente. Harry era più un uomo d'azione.

"Dev'essere magnifico" commentò Luna all'indirizzo di Hermione. "Che hai fatto oggi?" chiese con semplicità, sorridendole incoraggiante.

"Abbiamo iniziato a trattare i nuclei" rispose, grata per quello spostamento dell'attenzione su qualcosa di più pratico.

"Interessante" disse George. "E senti... non è che diresti...".

"Alt, fratello! Non provare a carpirle segreti, o anche in questo caso sarai affatturato. Giusto?" fece Fred.

"Giusto" confermò la diretta interessata. "Se lavori da Ollivander la riservatezza è al primo posto, o la concorrenza ci si mangia" dichiarò, come se il negozio fosse anche suo. In effetti, ormai era un po' come se lo fosse.

Se solo un anno prima glielo avessero detto, avrebbe riso a crepapelle; eppure adesso non si sarebbe vista a lavorare in nessun altro luogo.

Con l'andare della serata, una volta accusato il colpo, quasi tutti concordarono sul fatto che, per quanto la scelta fosse bizzarra, doveva essere un lavoro interessante e complesso. Hermione non sapeva se lo dicessero per farle piacere o meno, ma lo apprezzò.

I gemelli raccontarono dei mirabolanti affari che stavano facendo con il nuovo tipo di Caccabombe che avevano lanciato sul mercato, oltre ai progetti per la nuova linea di Merendine Marinare. Angelina e Ginny parlavano della squadra di Quiddich della quale entrambe erano membri (le Holyhead Harpies); Luna narrò di una ricerca su una nuova quanto improbabile creatura; e Neville li informò dei progressi della sua piccola piantagione di Mimbulus Mimbletonia, mentre Harry cianciava delle ultime novità nell'Ufficio Auror. Lei li ascoltava, felice di avere tutti i suoi amici accanto. Harry, Luna, Neville, Ginny...

Ginny!

Una lampadina si accese nella sua testa; aveva promesso a Harry che le avrebbe parlato. Era seduta esattamente fra loro due, quindi le bastò darle di gomito e inventare una scusa con gli altri. Si alzò per andare in salotto e 'chiamare la madre' mentre Ginny usciva per andare in 'bagno' – dove effettivamente si recarono.

Per due ragazze in vena di confidenze non c'è posto più sicuro di un bagno, è una legge matematica (valida per il mondo babbano e per quello magico).

"Andiamo al nocciolo della questione" sparò Hermione, una volta sole.

"Che c'è?" sbuffò Ginny, pur conoscendo la risposta.

Hermione mise su il cipiglio severo dei rimproveri, che chiunque dei suoi amici aveva sperimentato almeno una volta. Lei e Ginny si tenevano testa discretamente, ma quella volta la Granger era certa di aver ragione da vendere. Sarebbe riuscita a placare la sua migliore amica – anche perché non poteva picchiarla come aveva detto a Harry.

"Solo se mi spieghi perché tu e Harry-solo-e-depresso-Potter continuate a litigare per delle mostruose cavolate!" sbottò. Ginny roteò gli occhi, visibilmente poco propensa a parlare del suo ragazzo."Sul serio, dovreste smetterla!" la redarguì.

"Se Harry da fastidio a te o a Fred, puoi fargli una cuccia sul balcone o giù al negozio" propose Ginevra.

Hermione sospirò, armandosi di santa pazienza. Non le piaceva infilarsi in mezzo ai loro affari, ma era sempre meglio che lasciarli affogare nella melma. Sapeva bene cosa succedeva alle coppie che restano troppo tempo senza confrontarsi, e di certo non voleva che accadesse a Ginevra e Harry. Poi pensò che in effetti tra lei e Ron non avrebbe funzionato, silenzi o non silenzi. Semplicemente non combaciavano, loro due. Per lungo tempo sembrava che potessero farlo, che potessero stare bene insieme. Hermione l'aveva amato, di questo era certa. Come lui aveva amato lei. Ma non era andata, perché semplicemente non poteva andare.

Questo però non valeva per Ginny e Harry, che non dovevano assolutamente permettersi di litigare per idiozie del genere, pena l'impiccagione per mano della loro migliore amica.

"Ginny" sospirò. "Tu ami Harry" non era una domanda.

"Certo che sì, ma delle volte mi manda in bestia. Nega l'evidenza, ti ha detto di quella tizia che..." stava già partendo per la tangente.

"Senti" la interruppe. "Ha detto lui stesso che probabilmente la tipa gli fa davvero il filo, ma ha anche detto che lui non la incoraggia. No Ginny" le prese la mano vedendola sbuffare, "io so che non ti tradirebbe mai, come non lo faresti tu e – a proposito – ti informo che Harry è geloso marcio del tuo allenatore".

"Oh sì, me l'ha detto" asserì. "E' assurdo".

"Non direi" la contraddisse. "Qualche tempo fa non mi avevi detto che ci aveva provato con te?". Ginny annuì, un po' a disagio.

"Ma gli ho gentilmente fatto capire che non mi interessa l'articolo" le ricordò. Il gentilmente era traducibile con una ginocchiata nelle palle, come all'epoca ci aveva tenuto a narrare con una dovizia di particolari che Hermione si sarebbe volentieri risparmiata.

"Oh, lo so bene!" esclamò con una risata.

"E allora?".

"Allora la collega di Harry gli ronza intorno, ma non significa che a lui interessi l'articolo" disse, ricalcando le parole di Ginevra, che rimase silente, segno che l'arrabbiatura cominciava a scemare.

"Non lasciarti sopraffare dalla gelosia, ti prego. Siete una coppia perfetta. Non rovinate tutto" il tono era tra il supplichevole e l'autoritario, un connubio che fece sorridere l'amica.

"Hai finito?" chiese poi.

"Sì" sospirò Hermione, sperando che il suo discorso avesse sortito qualche effetto. Ginny la guardò un'istante, prima di abbracciarla.

"Grazie, idiota di una Granger" mormorò.

"Prego, idiota di una Weasley" rispose, sommersa dai capelli dell'amica.

Quando tornarono in cucina, gli altri non sembravano aver sentito troppo la loro mancanza, immersi nelle chiacchiere e ben innaffiati dal vino elfico. Hermione si fece da parte per far mettere Ginny accanto a Harry, e la rossa non si sottrasse a quella mossa. Harry la guardò stupito fare quella manovra, un sorrisetto ebete stampato in faccia.

Hermione si accomodò soddisfatta al proprio posto – la buona azione della giornata era stata compiuta.









*NOTE AL CAPITOLO


1) Mahoutokoro non l'ho inventata io, esiste ( si trova in Giappone). Ovviamente esiste nella fantasia della Rowling, purtroppo. Ciò che conta è che non è una mia creazione.

2) Le informazioni sugli Onischi (cibo per Asticelli) sono prese dal capitolo 13 de 'Harry Potter e l'Ordine della Fenice'.

3)Ron, Hermione e Harry sono inseriti nelle figurine delle cioccorane, per ovvi meriti.

4) Questa frase viene detta a Harry dal bigliettaio del Nottetempo, Stan Picchetto, nel terzo film della saga.

5) Seriamente, su Potterpedia (o non so dove altro) ho letto che la Rowling l'ha dichiarato. Dopo attente ricerche, Luna ha dovuto ammettere che il padre si era inventato i Ricciocorni Schiattosi. O almeno mi sembra fossero quelli.












ANGOLO AUTRICE


In questo capitolo Hermione e Ollivander cominciano a parlare dei nuclei delle bacchette, argomento che mi affascina molto (ma delle mie opinioni in merito, ovviamente, non ve ne frega nulla). I giornaletti scandalistici hanno solo iniziato ad infastidire Hermione (spoiler probabilmente poco chiaro, ma vabbè).

Ginny e Harry hanno fatto pace, come è inevitabile che sia (nessuno sfugge ai 'velatissimi' suggerimenti di Hermione Granger). L'annuncio del nuovo lavoro è fatto, e l'unica per niente stupita, è Luna. Nella mia ottica, quella ragazza prende tutto per il verso giusto.

George e Angelina sono in simbiosi, che carini. Fred e Hermione non hanno riparlato del loro bacio, complice anche il fatto che Potter era in mezzo ai piedi. Si presuppone che ora – data la riappacificazione con Ginny – tolga le sue chiappe salvifiche da casa di Fred. Vedremo se altri inconvenienti arriveranno a rompere le uova nel paniere, o se li lascerò in pace. So che i capitoli ultimi forse sono troppo lunghi, perdonatemi.

Comunque, ho scritto all'amministratrice per il problema che molte di voi hanno segnalato (le pagine che crashano quando leggete) e sto aspettando la sua risposta. Giulieth mi ha riferito che sottolinea delle parole del capitolo con il mouse e poi la lascia leggere in pace, senza crashare. Magari funziona anche per altri/e di voi :)

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e ringrazio le persone che seguono/ recensiscono o anche solo leggono, e coloro che hanno inserito me o le mie storie tra i preferiti.

Baci baci,

Jules :*



p.s. Il capitolo si chiama così come riferimento non a quello che Hermione dice a Ginny, ma al fatto che Ollivander inizia a parlare dei nuclei, che sono un po' il 'nocciolo' delle bacchette.

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Capitolo 13
*** Gelsomino ***


CAPITOLO DODICI – Gelsomino



La serata si concluse con il felice ritorno di Harry-sono-molto-molesto-Potter a casa propria, in Grimmauld Place numero 12, insieme a Ginny-non-sono-più-arrabbiata-Weasley.

Furono i primi ad andarsene, probabilmente intenzionati a fare pace per bene, in modi che Hermione preferiva di gran lunga non immaginare.

Una volta che anche Neville, Luna, George e Angelina si furono Smaterializzati e la porta si fu chiusa dietro l'ultimo ospite, Hermione si concesse un sorriso all'indirizzo del suo coinquilino. Insieme si misero a sparecchiare la tavola.

Non sapeva cosa passasse per la testa di Fred, ma lei stava pensando ai loro quasi-baci e a come comportarsi in merito. Fred sembrava intenzionato ad ignorare la faccenda, a quanto pareva. Nemmeno la guardava in faccia.

E lei, cosa voleva? Dimenticarli o prendere realmente coscienza del fatto che le piaceva Fred Weasley? Merlino! Fred Weasley! Insomma, ormai non poteva negarlo, ma prenderne davvero coscienza era una cosa differente. Significava affrontare la cosa, e non sapeva se ne avesse l'intenzione. Probabilmente no.

Quando voleva prendere coscienza di qualcosa ne parlava con Harry, o con Ginny, cosa che non aveva fatto. Sarebbe stato piuttosto imbarazzante, in quel caso.

Se l'era ripetuto un milione di volte, ma il brillante cervello di Hermione non sembrava recepire che Fred era il fratello della sua migliore amica e del suo ex ragazzo, nonchè suo attuale coinquilino.

Come si fa a stare in coppia con un coinquilino?, si chiese. Come si gestisce la cosa? Insomma, che si fa? Si passa direttamente alla convivenza?

Sparecchiava silenziosamente e Fred non sembrava intenzionato a disturbare il lavorio del suo cervello, impegnato a rimuginare su faccende analoghe.

Perché diavolo di motivo non dice niente?, pensavano entrambi.

Il silenzio si stava facendo imbarazzante, così Hermione decise di romperlo.

"Ginny e Harry hanno fatto pace" buttò lì distrattamente. Fred colse al volo l'opportunità, evidentemente desideroso quanto lei che quell'incantesimo Silencio venisse spezzato una volta per tutte.

"Già" mugugnò. "Sembra che, ancora una volta, tu abbia risolto tutto".

"Io?" stupì lei, ottenendo uno sbuffo in risposta. "Non so di cosa parli..."

"Sei andata di là con Ginny e le hai fatto la ramanzina, non lo negare".

"Non era una ramanzina!" obiettò. "Si chiama confronto, Fred. Una cosa da adulti, che probabilmente tu non hai mai sentito nominare" disse acida. Troppo acida.

Non stava più parlando della chiacchierata con Ginny, ma del mutismo ostinato in cui era chiuso il ragazzo. Non la incoraggiava certo ad affrontare un discorso, standosene lì con la fronte aggrottata e l'espressione stolida di un pesce rosso.

Il suo patetico tentativo di rompere il silenzio, come volevasi dimostrare, era fallito miseramente. Era talmente scoraggiata che evitò perfino di urlare per la presenza di un Fondente Febbricitante in bella vista sulla credenza.

"Per cortesia Fred, non lasciare prodotti potenzialmente pericolosi in giro" disse, seccata.

"Pensavo di provare un nuovo tipo di Palude Portatile all'ingresso, veramente. Non ti secca troppo, vero?" ironizzò Fred.

Hermione scosse la testa rassegnata, senza rispondere. Finì di sparecchiare e gli diede una frettolosa buonanotte.

Si apprestava a recarsi di sopra, quando la voce di lui la raggiunse sulle scale.

"Granger?" chiamò.

"Mh?" si voltò a guardarlo.

"Ti infastidisce se getto Puzzalinfa per la cucina?". La strega lo guardò come se fosse un insetto particolarmente fastidioso.

"Sei serio? Mi hai seguito per comunicarmi i tuoi progetti idioti?" chiese incredula. Fred la guardò per un attimo con aria meditabonda, poi scosse il capo in segno di diniego.

"No" ammise. "Volevo dirti che domani parto" la informò. Hermione tentò di nascondere il dispiacere per quella notizia dietro un'espressione indifferente.

"Ah" commentò con un'alzata di spalle.

"Già".

"Per dove?" chiese cortesemente.

"Perù".

"Un'altra volta?" le sfuggì.

"La Polvere Buiopesto va via come il pane, Granger" replicò Fred con una certa soddisfazione in faccia.

"Immagino; un bene di prima necessità, giusto?" fece lei, ironica. "Comunque, beh, buon viaggio". Fred mise su una specie di broncio, sebbene poco convincente.

"Non mi chiedi quanto starò via?" si finse offeso dal poco interesse. Hermione alzò gli occhi al cielo, accontentandolo.

"Quanto starai via?" cantilenò con voce mielosa.

"Tre giorni". Così tanto? L'altra volta erano solo due!, si trovò a pensare.

"Ah".

"Conosci solo due lettere?" sbuffò Fred.

Effettivamente, erano due volte che commentava con 'ah', ma non comprendeva proprio cosa pretendesse uno che era rimasto a guardarla in silenzio e poi l'aveva inseguita su per le scale parlando di Puzzalinfa.

Ma insomma, che vuole da me?, si chiese.

Nel frattempo, senza che se ne rendesse conto, Fred si era fatto più vicino. Un passo, poi due, poi tre. Hermione, un gradino sopra di lui, cominciò a sentire il cuore che accelerava i battiti.

"C-che dovrei dire?" farfugliò. Lo sguardo di lui la stava mandando leggermente in confusione, per non dire totalmente nel pallone.

"Beh" le rispose. "Ad esempio che ti mancherò" propose con naturalezza.

"In casa si sentirà la tua mancanza, certo" cercò di svicolare. Fred rise apertamente, continuando a fissarla con quegli occhi. Una particolare sfumatura di marrone, in cui Hermione continuava a specchiarsi senza sosta.

"Io non ho chiesto se mancherò alla casa" le si avvicinò un altro po'. "Ho chiesto se mancherò a te". E beh, a quel punto fu chiaro cosa aveva intenzione di fare.

Ormai erano a cinque centimetri l'uno dall'altra, ed Hermione ripercorse ancora una volta la scena di quei due baci 'incompiuti', capendo che l'idea di Fred era recuperare l'occasione perduta.

Fino a quel momento tutto era recuperabile, non era successo ancora niente; erano in tempo per lasciar perdere, ufficialmente.

Si riscosse dai propri pensieri, per niente intenzionata a perdere il contatto con la realtà. Fred non accennava ad allontanarsi nè ad avvicinarsi ulteriormente.

Doveva andarsene prima che la situazione degenerasse, prima di cadere dalla padella nella brace?

Perché a quel punto niente li avrebbe interrotti – nè un cellulare, nè Harry attaccato al campanello della porta. Si sarebbero baciati e niente sarebbe stato come prima.

Potevano ancora ignorare quello che era quasi-successo, ma non avrebbero potuto ignorare quello. Fece per girarsi, ma Fred le prese una mano con gentilezza, limitandosi a stringerla fra le proprie, in un gesto che la ragazza trovò comunque molto intimo.

Hermione era libera di andarsene, ma proprio per quella sua presa gentile, si rese conto che non aveva alcuna voglia di farlo.

I suoi piedi, completamente scollegati dal cervello, non parevano intenzionati a sollevarsi dal gradino galeotto. Fred la guardava in un modo che non le faceva desiderare altro che fiondarsi fra le sue braccia e restarci più a lungo possibile, sebbene non la considerasse una scelta consigliabile. La sua mente le mandava impulsi contrastanti; alcuni assennati, altri meno.

Non baciarlo era la cosa più saggia, per diversi motivi.

Del resto, baciarlo sembrava un'idea magnifica, appena schizzata in cima alla lista delle azioni-da-compiere-entro-cinque-secondi.

Hermione rimaneva lì, senza il coraggio di muoversi; a malapena respirava.

"Frederick..." pigolò con voce spezzata. Era una specie di bisbiglio, a metà tra una supplica e un consiglio. Qualcosa come un "non baciarmi" e un "lasciamo stare".

Ma non sortì l'effetto sperato. Anzichè lasciar stare, Fred, senza più esitare, si accostò e posò la bocca su quella di Hermione. La baciò come se non potesse farne a meno, come se quella semplice, unica parola l'avesse costretto.

Hermione non poteva sapere che quel nome detto da lei suonava come una melodia alle orecchie di lui. Udirlo così, per intero, aveva causato la dipartita dello scarso barlume di lucidità che era rimasto nel cervello del ragazzo.

Lei non provò minimamente a scansarsi o a tirarsi indietro; aveva pensato a lungo a come sarebbe stata la sensazione delle labbra di Fred sulle proprie e l'aveva immaginata piacevole, ma non a tal punto. Erano morbide, e combaciavano alla perfezione con le sue.

Gli allacciò le braccia al collo e si sporse verso di lui per aumentare il contatto tra i loro corpi. Sentiva le mani del ragazzo appoggiate sui fianchi spostarsi sulla schiena e percorrerla lentamente con lievi carezze che le causarono brividi – sebbene vi fosse la stoffa del maglione tra le dita di lui e la pelle della ragazza.

Hermione non desiderava altro che quel bacio non finisse mai. Voleva restare per sempre abbracciata a lui, bocca contro bocca, lingua contro lingua.

Quando non ne poterono più di stare in una semi-apnea, si staccarono malvolentieri, guardandosi per un attimo che sembrò interminabile.

Hermione tentava di capire cosa passasse per la testa di Fred, mentre lui la scrutava aspettando che facesse qualunque cosa, per niente desideroso di essere il primo a parlare. Era una situazione strana, stare lì a guardarsi senza avere la minima idea di cosa dirsi, e tutto ciò che la strega riuscì a bisbigliare fu:

"Buonanotte".

Si diede della cretina mentalmente e schizzò in camera propria, a chiedersi perché diavolo di motivo Weasley – di nuovo - non avesse spiccicato parola.





La mattina seguente, Hermione scese in cucina per fare colazione. Le occhiaie le arrivavano grosso modo a metà della guancia: aveva passato la notte a rimuginare. Fece capolino dalla porta e notò il tavolo apparecchiato per una sola persona; Fred le aveva lasciato la colazione pronta. Succo e brioches, entrambi di zucca.

Sorrise, triste di non averlo lì, sebbene sollevata che il roscio non potesse vedere l'espressione ebete che aveva assunto nello scorgere quella premura da parte sua.

Per tre giorni la casa sarebbe stata vuota, senza di lui; niente battute, risate, prese in giro.

Il ricordo del bacio della sera prima si affacciò a tradimento tra le pieghe della mente di Hermione. Sospirò, ripensando alle mani di Fred sui propri fianchi, alle loro bocche incollate, ma anche all'imbarazzante silenzio successivo.

Si avvicinò al tavolo e si sedette. Oltre alla caraffa di succo di zucca, c'era anche una teiera, probabilmente incantata per rimanere calda finchè lei non fosse scesa. Nessun biglietto, nessun buongiorno, nessuna promessa, nessuna rassicurazione.

Accanto alla tazza che aveva lasciato per lei, c'era solo un piccolo e candido fiore.

Un gelsomino.

Portandosi il fiore al naso per inspirarne l'odore, Hermione sorrise.






Quel week-end a Hermione sembrò infinito. Si recò a pranzo da Ginny e Harry, ormai totalmente riappacificati, e la sera uscirono con Neville e Luna, accompagnati rispettivamente da Hannah e Rolf.

Nessuna delle coppie glielo fece pesare con effusioni eccessive (al massimo qualche bacio), ma Hermione si rendeva perfettamente conto di essere l'unica single in un gruppo composto da sei persone.

La faccenda non l'avrebbe infastidita fino a qualche tempo prima, ma ora la portava con la mente a Fred, al gelsomino sul tavolo della cucina e al significato che poteva avere nella mente del ragazzo, sperando fosse lo stesso che assumeva per lei.

Avrebbe voluto poter definire il loro rapporto, ma sfortunatamente non aveva la minima idea di cosa fossero.

Sì, lui era Fred Weasley: coinquilino, ex compagno di scuola, ex cognato, titolare dei Tiri Vispi, fratello di Ginny.

Sì, lei era Hermione Jean Granger: coinquilina, ex cognata, ex Indicibile* del Ministero, strega brillante, apprendista di Ollivander.

Sì, ma noi due, insieme, cos'è che siamo?

Non aveva una risposta pronta; e non poteva neanche chiederla a lui, visto che se ne stava in Perù a trattare l'acquisto della maledetta Polvere Buiopesto. Non le andava di parlarne con Harry e Ginny. Tra l'altro, non riguardava solo lei, e non era certa che Fred avrebbe approvato il coinvolgimento della 'sorellina' in quella faccenda.

La serata al Paiolo Magico passò presto. Qualche Burrobirra e due chiacchiere con gli amici di sempre erano quello che ci voleva per attutire il senso di mancanza.

Fu costretta a ripetere sotto giuramento – ancora dubitavano che fosse uno scherzo – la natura del suo nuovo impiego, precisando che non sarebbe scesa in particolari – pena l'uccisione da parte del suo caro datore di lavoro.

Le chiesero anche della sua 'convivenza' con Fred. Con qualche tentennamento iniziale, si limitò a rispondere che procedeva alla grande, e che vivere con uno dei gemelli Weasley – Merendine Marinare e Fondenti Febbricitanti a parte – era meno difficile di quanto si potesse supporre.

Si ritirò con la consapevolezza che un giorno in meno la divideva dal confronto con Fred. Affondò nel materasso, sotto il piumone morbido, cullata dal rumore del vento fuori dalla finestra. Una raffica infuriava all'esterno, istillando in lei uno strano senso di calma, per contrasto.




La domenica si svegliò riposata e pronta ad affrontare una giornata con i propri genitori. Non si Smaterializzò, sebbene volesse farlo; aveva promesso al padre che sarebbe arrivata con mezzi babbani, tanto per dare una parvenza di normalità agli occhi dei vicini. Optò per un comunissimo taxi, che sbagliò strada tre volte.

Quando finalmente imboccarono il vialetto, si accorse che la strada di casa era uguale a sempre, mentre una parte del suo cervello si era aspettata di vederla cambiata, come era cambiata lei.

Invece era rassicurante aggiungere la casa dei suoi genitori alla lista di quelle cose che sempre sarebbero rimaste invariate nella sua vita. Dopo averli ritrovati in Australia e aver restituito loro la memori, il sollievo di rivederli nel vecchio luogo in cui era cresciuta era stata immenso. Un po' come tagliare i ponti con la guerra e tutti i sacrifici che aveva comportato. Si ricordava ancora la faccia di Harry quando gli aveva comunicato che, in previsione alla ricerca degli Horcrux, aveva modificato i ricordi dei suoi genitori. L'aveva fatto per comunicargli che lei e Ron erano davvero pronti a seguirlo, a impegnarsi. E, in quel momento, l'aveva realizzato anche lei, quello che era stata capace di fare pur di proteggere le persone che amava di più.

Sulla soglia l'attendeva a braccia spalancate un uomo di più o meno cinquant'anni. Pantaloni neri e maglione rosso casalingo, caldissimo e a collo alto. Hermione gli corse incontro con un sorriso.

"Papà!" esclamò, stretta nell'abbraccio dell'uomo.

"Hermione!" si sentì un'allegra voce femminile provenire da dietro di loro.

"Mamma!" una signora in grembiule, anche lei sulla cinquantina, si aggregò all'abbraccio con entusiasmo. Hermione si rese conto, con un certo senso di colpa, che non li vedeva da troppo tempo.

"Non soffochiamola, eh?" propose duo padre, staccando la donna quasi a forza.

"Giusto, giusto!" confermò sua madre. "Entra in casa, fa freddo!" le ordinò.

Ritornare a casa era sempre un piacere per Hermione. Al piano di sopra, la sua vecchia stanza era esattamente come quando l'aveva abbandonata, all'età di diciassette anni.

Il padre fece capolino dalla porta della sua stanza, "stai pensando di tornare da noi?" le chiese, speranzoso. "Abbiamo lasciato tutto com'era".

I poster alle pareti, il baule di Hogwarts abbandonato in un angolo, la divisa della scuola nell'armadio, la spilla da Prefetto, il diploma del settimo anno appeso alla parete, incorniciato con cura da sua madre.

Nel cassetto della scrivania c'era perfino un album rilegato in cuoio, pieno di foto di Hermione, Harry e Ron, della famiglia Weasley, dei suoi genitori.

Non erano appense alle pareti perché, se qualcuno fosse entrato, sarebbe stato complicato spiegargli come mai le figure si muovessero.

Gli occhi le si inumidirono nel vedere una fotografia con Ginny, Harry e Ron, a Hogwarts, prima della guerra. Girò, e la pagina successiva fu un colpo al cuore.

Hermione, i suoi genitori salutavano e sorridevano, le facce felici e piangenti al tempo stesso. Era stata scattata da Ron, il giorno in cui si erano recati in Australia per cercarli e restituire loro la memoria e riportarli in Inghilterra alla loro vecchia vita, prima che lei lanciasse su di loro l'Oblivion.

Non credeva di poter versare più lacrime di quanto non avesse fatto quel giorno – ovviamente, lacrime di gioia e commozione.

"Sono cresciuta, papà" gli fece un gran sorriso, come a consolarlo delle parole che aveva appena detto.

"Lo so" rispose l'uomo, una punta di malinconia nella voce.

"E poi sto bene dove sto" aggiunse.

"Sembra che tu preferisca vivere con un Weasley a caso che con noi" protestò suo padre, leggermente indispettito.

"Fred non è un Weasley a caso" ribattè. "Mi trovo bene a Diagon Alley, sono a due passi dal lavoro" aggiunse.

Da basso si sentì un urlo annunciare che il pranzo era in tavola ed Hermione scese a braccetto con suo padre, consolandolo e promettendo che sarebbe andata più spesso a trovarli.

"Essere in Australia o qui vale lo stesso, se passi così poco tempo con noi" gli diede man forte la madre, una volta seduti insieme.

"Mamma" sbuffò contrariata, "è stato un periodo particolare. Sono stata via per sette mesi – e vi ho scritto molto spesso". La madre scosse la testa, rassegnata.

"Questo l'abbiamo capito, ma forse ci meritiamo di capire cos'è successo esattamente in quella testolina vulcanica che hai".

"Niente di che". Erano settimane che se ne andava ripetendo le stesse cose a chiunque le chiedesse notizie.

"Non è per Ronald, vero?" le domandò Helen, quello era il nome di sua madre. Ad Hermione spuntò un sorriso. Quante volte le avevano rivolto un quesito del genere, nell'ultimo anno? Aveva perso il conto.

"La rottura con Ron è superata da un pezzo, mamma. Non lo vedo da un po', ma immagino che prima o poi avverrà, dal momento che io e suo fratello siamo coinquilini e che non potrò rifiutare gli inviti di Molly in eterno" spiegò placidamente.

"Molto bene" commentò il padre, secco. "Per il resto?" chiese.

"Il coinquilinato con Fred procede bene e il mio nuovo lavoro è stata una delle più folli e geniali idee che io abbia mai avuto" riassunse sbrigativa. I genitori si guardarono e poi fissarono gli occhi sulla figlia.

"Che cosa fai di preciso?" domandarono quasi all'unisono.

"Sono l'apprendista di Ollivander" comunicò. Entrambi sgranarono gli occhi.

"Il fabbricante di bacchette?" domandò sua madre. Ricordavano entrambi il momento in cui la loro unica figlia aveva varcato la soglia di quel negozio strano e polveroso, come ricordavano la figura dell'uomo dagli occhi cerulei e scoloriti che – quando ebbe trovato la bacchetta perfetta – l'aveva guardata con aria compiaciuta.

"In persona" confermò portandosi alla bocca un sorso di vino per innaffiare la carne che stava gustando.

Le papille gustative la riportarono al vino elfico che sorseggiava a cena con Fred, il cui sapore era infinitamente migliore. Oppure era a lei che sembrava tale, solo perché lo beveva in sua compagnia.

"Hai lasciato un posto al Ministero della Magia per metterti a fare l'apprendista?" suonava a metà tra incredulità e rimprovero, in bocca a suo padre.

"Beh" rispose senza scomporsi, "capisco che detta così suoni male".

Weasley la stava contagiando con la sua ironia. "Posso assicurarvi che non è orribile come sembra. Forse sono pazza, ma contenta. Mi sono resa conto che il lavoro da Indicibile* all'Ufficio Misteri non faceva per me" spiegò scrollando le spalle.

"Ma tesoro" le fece notare sua madre, "quello che tuo padre cercava di dirti è che noi pensavamo... insomma... ti si prospettava una brillante carriera". Lei rise.

"Sono preparata a questa obiezione" dichiarò divertita. "L'avrò sentita almeno venti volte" sospirò, alzando gli occhi al cielo.

"Quindi?" chiese suo padre.

"Non ero più felice; forse non lo sono mai stata, dopo la guerra. Sono partita, e ho capito che questa è casa mia, ma che dovevo cambiare alcuni aspetti della mia vita – a partire dal lavoro. Mi sono stufata di teoria, teoria, teoria. Volevo vedere se anche io sono capace di costruire qualcosa, direttamente con le mie mani".

Sperò di aver chiarito definitivamente le proprie sensazioni e decise che non doveva altre spiegazioni alla sua espressione felice. Il lavoro le piaceva, era vero. Ma non avrebbe detto nulla della storia con Krum in Bulgaria, di quanto buio fosse il periodo che aveva attraversato prima di tornare in Inghilterra, e soprattutto di quella fantastica sensazione che le attanagliava lo stomaco quando sapeva che avrebbe trovato Fred ad aspettarla a casa. C'erano segreti che teneva per sè, c'erano sempre stati, ed era giusto così.

"Come va lo studio*?" chiese a bruciapelo, per evitare altre domande inopportune.

"Benissimo, la gente si rompe i denti con una facilità impressionante" commentò la madre, distrattamente.

"E sempre più persone decidono di mettere l'apparecchio" disse allegro il padre, come se fosse un evento di cui gioire.

"Magnifico" commentò, trattenendo un sorriso. Probabilmente i suoi genitori non avevano ancora perdonato il fatto che si fosse fatta accorciare gli incisivi da Madama Chips*, dato che, a loro parere, denti e magia non dovevano mischiarsi.

"A proposito" la rimbeccò il padre, "ti lavi i denti con regolarità, vero? Non è che usi la magia al posto dello spazzolino?".

"Sì papà" sbuffò, esasperata. "Mi lavo i denti tutti i giorni, spazzolando per due interi minuti" cantilenò come se avesse imparato a memoria.

"Mh" bofonchiò lui, in un vago segno di approvazione.

"E i tuoi amici come stanno?". Su quel terreno si sentiva più sicura, dato che si trattava di parlare di qualcuno che non fosse lei.

"Ginny continua a giocare a Quiddich da professionista" qui la guardarono perplessi; anche quando Ron e Harry avevano provato a spiegarlo, non avevano mai capito bene come funzionasse quel gioco, ed Hermione non era la persona adatta a farli appassionare*.

"Harry lavora con successo alla delegazione Auror del Ministero; tempo qualche anno, e lo fanno capo ufficio*".

"Me lo auguro per lui" disse sua madre con garbo.

"Già, anche io. Vivono in Grimmaud Place 12, ovvero casa di Sirius" affermò tristemente ripensando a Black. "Era il padrino di Harry". Non commentarono.

Quando Hermione aveva quell'espressione, potevano stare certi che era qualcosa che le ricordava la battaglia contro Voldemort, e preferivano lasciar cadere l'argomento, pur sapendo di essere esclusi da alcuni avvenimenti salienti della vita della loro unica figlia. Ma cosa potevano fare? C'erano cose che i Babbani (ormai conoscevano l'appellativo con il quale venivano designati nel mondo magico) non potevano comprendere appieno, fino in fondo.

"Non so se cambieranno casa" si ritrovò a dire. Si era sempre immaginata che il suo migliore amico sarebbe tornato a vivere a Godric's Hollow. A dire il vero, quando stava con Ron, tutti e quattro avevano fatto progetti in quel senso. Tutti insieme, come vicini di casa. Magari con figli e figlie a giocare insieme.

Poi tutto era cambiato. Ron, Hermione, il loro rapporto si era incrinato. E quell'idea di loro quattro come vicini si era trasformata nell'unica immagine dei suoi migliori amici ad abitare lì con i loro mille bambini, i suoi nipoti. Ginny le aveva detto che lei sarebbe comunque stata la zia di eventuali figli suoi e di Harry.

"Per lui sei una sorella a tutti gli effetti, e per me lo sei anche se non stai più con Ron" le aveva detto una volta, provocandole gli occhi lucidi.

"Una casa senza giardino?" la voce di sua madre la riscosse.

"Una cosa strana da dire, vero?" fece Hermione. "Forse Luna mi sta contagiando, con l'esprimere tutto quello che mi passa per la testa" rise pensando all'amica bionda e svampita che si guardava intorno spaesata, come se la vita la cogliesse sempre di sorpresa.

"Lei sta bene" anticipò la domanda di suo padre. "Esce con un tipo carino, matto al punto giusto, un Magizoologo. Suo padre Xeno continua a gestire il Cavillo e non mi detesta più, a quanto pare. Mi ha trovato perfino un secondo lavoro".

"Ah, davvero?" le chiese il padre. "Di che si tratta?".

"Tradurre le Fiabe di Beda il Bardo dalle Antiche Rune all'inglese moderno" spiegò. Non si aspettava che capissero al volo, e aveva ragione, a giudicare dalle loro facce.

"Antiche... rune?" chiese la madre, riluttante.

"Vi ricordate la materia che studiavo ad Hogwarts, quella in cui traducevo simboli strani usando il Sillabario del Sortilegi?" chiese.

Una scintilla di comprensione si impadronì dei loro volti; lasciava sempre il libro in giro per casa.

"Ecco, mi daranno dei soldi per fare una traduzione" chiarì.

"Beh" commentò il padre, "è stato gentile da parte sua".

"Molto" confermò. "Luna è una naturalista di eccezionale talento, e Neville l'anno prossimo otterrà una cattedrà ad Hogwarts".

"Neville Longbottom?" domandò la madre. Hermione annuì. "Mi è sempre stato simpatico quel ragazzo. Sua nonna è ancora viva, spero".

"Certo che sì!" affermò energicamente Hermione, come se avesse insultato l'anziana signora. "E' un osso duro la vecchietta, peggio di Ollivander" commentò.

Le era uscito spontaneo nominarlo di nuovo; quel vecchio ormai era parte della sua vita. Rispose alla muta richiesta dei genitori di saperne di più.

"E' un tipo tosto".

"Uno schiavista?" pigolò la madre, preoccupata che affaticasse la sua bambina.

"Diciamo che è un po' burbero, ma migliora di giorno in giorno. Ora saluta quasi sempre" affermò con un risolino divertito.

"Come scusa?".

"E' il suo modo di fare, un po' brusco, ma me la cavo".

Continuarono a parlare del più e del meno; della vita di Hermione, del mondo magico, delle bacchette e del grande lavoro che c'era dietro alla loro fabbricazione.

L'unico argomento che Hermione glissò, fu Fred. Le chiesero più cose riguardo alla loro convivenza, al carattere di lui, al tempo che trascorrevano insieme.

Si era limitata a dire che erano buoni amici e aveva troncato il tutto. Non era una gran bugiarda, o quantomeno doveva affinare la tecnica.

Fin quando si trattava di omettere qualcosa, andava tutto bene. Ma mentire ai genitori era un altro paio di maniche.

Quando si congedò il sole era già sparito all'orizzonte e il cielo era trapunto di stelle. Con il permesso dei suoi, decise che poteva anche arrischiarsi a Smaterializzarsi; non le andava proprio di prendere il taxi quando poteva fare in un attimo.

"Torni domenica prossima?" le domandò suo padre.

"Ma certo" rispose sorridendo. "Vi voglio bene" aggiunse prima di sparire con un crac sonoro e riapparire all'interno dell'appartamento di Diagon Alley.

La casa era vuota, proprio come si aspettava di trovarla. Da quanto aveva capito, Fred avrebbe fatto ritorno al martedì mattina; quindi restava ancora un giorno da trascorrere in solitudine. Quella notte la casa era ancora tutta sua.

Avrebbe tanto voluto sentire Fred che scendeva le scale e le veniva incontro e...

E...? E poi cos'avrebbe dovuto fare? Baciarlo, abbracciarlo, sussurrargli parole dolci...?

La domanda che la ossessionava si ripresentò prepotente alla sua mente: cosa erano loro due?

Si trascinò su per le scale, si spogliò e si lavò. Una bella doccia calda la rimise al mondo, ma anch'essa le ricordò Fred: se si trovavano a quel punto era stato merito di una doccia calda. Era una causa persa.

Mise il pigiama e uscì dal bagno. Si guardò furtivamente intorno, come se si aspettasse di essere osservata; un'idea malsana si era fatta strada nella sua testa.

In fondo, Fred non lo saprà mai, si disse.

Anzichè imboccare la propria porta, varcò – seppur esitando – quella della camera di Fred e si accoccolò sul letto a due piazze del ragazzo, esattamente nel punto in cui le coperte erano sgualcite e il cuscino strapazzato.

Lì dormiva il roscio, e lì avrebbe dormito lei. Non importava quanto la cosa fosse oltremodo ridicola e patetica, perché nessuno l'avrebbe mai saputo all'infuori di Hermione.

Scivolò quasi subito nel sonno, stringendo dolcemente il cuscino con una mano e aggrappandosi alle coperte con l'altra, quasi come fossero le spalle di Fred.

Nessun sogno la disturbò quella notte, si sentiva al sicuro.






NOTE AL CAPITOLO*

1) Indicibile è il nome di chi lavora all'Ufficio Misteri del Ministero della Magia. Come ho scritto nel prologo, la Rowling non la colloca lì. Sono stata io a farlo, senza una ragione particolare (tanto, per la storia è irrilevante).

2) I genitori di Hermione, per chi non sapesse/ricordasse, sono entrambi dentisti.

3)Madama Chips, nel quarto libro, accorcia i denti davanti ad Hermione, a seguito di un incantesimo che le viene scagliato da Malfoy (e che le allunga ulteriormente i due incisivi già troppo grandicelli). Di conseguenza, 'grazie' a questo incidente, risolve il problema e acquista un bel sorriso.





ANGOLO AUTRICE


E niente, si sono baciati. Vi è piaciuto il bacio?

Chi ha seguito l'altra mia storia (Una strega in famiglia) sa che ho fatto aspettare ben venti capitoli per il primo bacio dei protagonisti, quindi ritenetevi fortunati ;)

La visita ai signori Granger era doverosa, poveretti. Sono stati trascurati dalla figlia e poi, se posso, tendo a far vedere diversi aspetti della vita di un personaggio, perché la vita non è fatta solo di una storia d'amore... o più di una...(spoiler?)

Comunque, Fred tornerà e si confronteranno, se tutto va come deve andare. Il punto è: tutto andrà come deve andare? Lo scoprirete presto, gente.

Intanto, mi raccomando, lasciatemi un commentino su questo capitolo.

Baci a tutti quanti, gente. Vostra,

Jules :*


p.s. ringrazio tutti quelli che seguono e commentano, o anche solo leggono, come sempre e volevo chiedere se magari con il sottolineare qualche parola avete parzialmente risolto il problema del crash coi capitoli, o comunque se avete trovato un modo. La webmistress non mi ha ancora risposto, quindi per ora non so consigliarvi altro. Spero non sia una cosa troppo troppo limitante :(



Jaded_ allora? Che hai da dire adesso, babbea babbana che non sei altro?




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Capitolo 14
*** Ciao, Granger! ***


CAPITOLO TREDICI – Ciao, Granger!



Quel lunedì mattina la strega era entrata allegra nel negozio, sorridendo al fabbricante di bacchette; aveva lavorato a capo chino e in silenzio per tutto il giorno, eseguendo qualsiasi compito le affidasse.

Solo nel primo pomeriggio si era concessa di rivolgergli la parola, per fargli una domanda che le ronzava in testa dall'esatto momento in cui lui aveva accettato di lasciarle ricoprire il ruolo di apprendista. Diede in un piccolo colpo di tosse, ma l'uomo non diede segno di averla udita, concentrato su una bacchetta di sorbo che si rigirava tra le dita.

"Signore" Hermione attirò l'attenzione di Ollivander.

"Mh" mugugnò in risposta, senza neppure sollevare la testa dal lavoro. Effettivamente, la strega non si era soffermata bene sul come porre la domanda, perciò optò per la via diretta, che, quasi sempre, è la migliore.

"Per quale ragione mi ha preso a lavorare qui?". Il vecchio fabbricante si bloccò improvvisamente e sollevò il capo.

"Me lo hai chiesto tu..." rispose.

"Intendo, la vera ragione" specificò Hermione. "Lei è il migliore bacchettaio che esista – e non parlo del Regno Unito" affermò con sicurezza. Non lo stava adulando, anche perché non ce n'era alcun bisogno, visto che era già abbastanza presuntuoso.

"In tutta la sua carriera, non ha mai voluto nessuno. Perché ha accettato me? Doveva per forza averci pensato prima della mia richiesta, o non avrebbe capitolato così in fretta". L'altro continuava a scrutarla, con la fronte aggrottata, senza interromperla.

"Anzi, probabilmente non avrebbe capitolato e basta" aggiunse decisa.

Sembrava proprio che Hermione avesse concluso, così Ollivander tornò a soppesare la bacchetta – circa undici pollici – tra le sue mani, con sguardo critico.

Si tolse gli occhiali da dietro i quali stava esaminando il sorbo, e poggiò entrambi gli oggetti sul bancone; lanciò uno sguardo penetrante alla strega di fronte a sè, prendendo un respiro prima di parlare.

"Immagino" iniziò con voce profonda, "di averlo fatto a causa di Tu-sai-chi".

Ogni volta, Hermione si stupiva nell'osservare che le persone – perfino ora che era morto e sepolto, ridotto a un mucchietto di polvere per opera di Harry Potter– tendevano a non chiamarlo semplicemente Voldemort. Decise di soprassedere su quel punto, senza criticare l'appellativo con cui aveva indicato il più famoso Mago Oscuro di tutti i tempi.

"Cioè?" chiese invece.

"Essere suo prigioniero per un anno" – e qui emise un sospiro, probabilmente ricordando le segrete di Villa Malfoy – "mi ha fatto capire che non sono indistruttibile. Insomma... se fossi morto in quel momento, per mano di Tu-sai-chi, i sigilli su questo negozio sarebbero stati perenni; e magari la mia bottega sarebbe stata sostituita da Forniture per il Quiddich e altri sport idioti".

Hermione rise tra sè e sè: anche lei non era particolarmente tifosa di Quiddich, perciò non aveva intenzione di protestare (come di sicuro avrebbero fatto a gran voce Harry, Ginny e tutti i membri della famiglia Weasley).

"Probabile" confermò.

"Nessuno si sarebbe preoccupato di portare avanti ciò a cui ho dedicato l'esistenza" riprese indicando con gesto teatrale il negozio e le miriadi di bacchette sugli scaffali polverosi.

"Sarebbe sbagliato tenermi tutto per me, Hermione, senza nessuno che possa sostituirmi alla mia morte – non fare quella faccia, prima o poi morirò anch'io..." disse vedendo la ragazza incupirsi.

Si era affezionata a quel vecchio scorbutico; non voleva sentirgli dire certe cose, sebbene fosse stupido da parte sua, perché era ovvio che sarebbe successo.

"La ricerca di una vita andrebbe buttata, per colpa del mio stupido orgoglio. Un vero peccato, non trovi?" chiese con sorprendente leggerezza.

"Il suo ragionamento non fa una piega" commentò.

"Lo so, i miei ragionamenti non sono mai fallaci" ribattè soddisfatto. "Ora vuoi lasciarmi lavorare in pace, o hai intenzione di importunarmi ancora?" disse brusco, inforcando gli occhiali in fretta e riprendendo ad esaminare la bacchetta incriminata.

Hermione sorrise – ormai non la stupivano più quei repentini sbalzi d'umore– e si chinò sul crine di unicorno che stava analizzando.

Il pomeriggio trascorse quietamente, finchè un gufo urgente bussò alla porta del negozio, richiedendo attenzione immediata.

Più che altro, una volta entrato, cominciò a beccare all'impazzata l'indice e il pollice di Ollivander, senza lasciargli altra possibilità oltre a quella di affrettarsi ad aprire la missiva.

Proveniva dalla sorella dell'uomo, che gli chideva di recarsi immediatamente da lei per risolvere un problema alla bacchetta.

"Scrive che la bacchetta è impazzita" la informò. "Vola da sola in aria e lancia scintille rosse che distruggono gli oggetti in casa con esplosioni fragorose".

"Oh, Godric!" esclamò Hermione. "E cosa si fa in questi casi?" domandò angosciata, neanche fosse casa propria che stava crollando in pezzi a causa di una bacchetta andata in tilt.

"Te lo spiegherò un'altra volta, ora non ho tempo; devo andare a darle una mano" annunziò, come se reggesse sulle spalle il peso del mondo.

"Posso fidarmi a lasciarti il negozio per stasera? Quando te ne vai, chiudi la porta con l'incantesimo che sai" ordinò, guardandosi intorno con circospezione, come se fossero spiati da qualche nemico mortale.

"Stia tranquillo" rispose prontamente.

"A domani Hermione" la guardò con i suoi occhi argentati per poi Smaterializzarsi frettolosamente. Fissò per un attimo il punto in cui Ollivander era sparito, poi si rimise silenziosamente al lavoro, conscia e felice che quella fosse l'ennesima prova di fiducia da parte dell'uomo.





L'apprendista udì un tintinnio provenire dalla porta, segno che qualcuno stava entrando nella bottega di Ollivander. Ma chi poteva essere, a quell'ora di sera?

"Siamo chiusi!" annunciò meccanicamente, sollevando poi la testa dalla confezione che stava realizzando con cura maniacale, per la nuova bacchetta di una cliente.

Il sorriso che rivolse al mago ritardatario le morì sulle labbra all'istante, non appena vide di chi si trattava. Non poteva credere ai propri occhi.

Un giovane uomo dal portamento nobile e dal fiero profilo aristocratico le stava di fronte, l'espressione imperturbabile.

Indossava un completo scuro molto elegante – e probabilmente molto costoso – che aveva tutta l'aria di essere stato cucito su misura. Due occhi grigi e beffardi la squadravano senza fretta, ma con una certa insistenza. Il giovane si passò con disinvoltura una mano fra i capelli, di un biondo quasi argenteo.

"Ciao, Granger" esordì, un lieve ghigno a incurvargli le labbra – lo stesso che Hermione aveva visto almeno un migliaio di volte, a scuola.

"Ti trovo bene".

Lei era attonita; continuava a sbattere le palpebre senza sosta e ad aprire e richiudere la bocca, senza emettere alcun suono. Doveva sembrare sveglia quanto una triglia marinata.

"In questi casi, educazione vorrebbe che tu dicessi qualcosa come: Anche io ti trovo bene! oppure Bel completo, ti sta d'incanto!" continuò senza smettere di fissarla con un sorrisetto fastidioso.

A quel punto Hermione si riscosse da quello stato catatonico, riuscendo finalmente a mettere in moto gli ingranaggi del proprio cervello. La sua voce uscì leggermente gracchiante, ma sicuramente più ferma di quanto non si aspettasse.

"Salta i convenevoli, Malfoy" fece spiccia, "e dimmi che ci fai qui".

Non vedeva Draco Malfoy da anni; per quanto ne sapeva, poteva essersi trasferito a Timbuctù. Non lo vedeva, per la precisione, dal loro ultimo anno di scuola, il settimo.

Lord Voldemort era stato sconfitto e lei aveva pensato bene di completare la sua istruzione magica a Hogwarts, benchè Harry e Ron avessero deciso di non continuare, ritenendola una perdita di tempo*. Ma Hermione no, lei doveva a tutti i costi ottenere i suoi M.A.G.O.

Non importava che avesse sconfitto Voldemort, nè che fosse acclamata come un'eroina da tutto il mondo magico. Harry aveva frequentato il corso di addestramento per Auror senza avere il diploma, e Hermione avrebbe potuto fare altrettanto, ma voleva concludere il ciclo di studi che aveva intrapreso.

Con sua enorme sorpresa, tra coloro che avevano fatto ritorno sui banchi di scuola, sfidando le inimicizie e la – peraltro giustificata – cattiva fama, c'era stato anche Draco Malfoy.

Lo conosceva abbastanza da sapere che se era lì a quell'ora – e per giunta nient'affatto stupito di vederla dietro il bancone di un fabbricante di bacchette – doveva essere un attacco premeditato. In effetti era piuttosto curiosa di scoprire il motivo di quella visita, ma lui pareva intenzionato a tenerla sulla graticola.

"La mia bacchetta di biancospino ha bisogno di una revisione" dichiarò, falso come una moneta da tre pound. Lei fece una risata forzata.

"Ah Ah Ah, certo" rispose. "Ritenta, Malfoy, perché non è il motivo reale". Il ragazzo si aggiustò una manica della giacca – come se il vestito non spiombasse perfettamente addosso al suo corpo magro.

Tutta scena, come sempre.

"Perché pensi che io sia in malafede?" chiese con espressione innocente.

Hermione lo guardò quasi divertita, pensando che se non l'avesse conosciuto come lo conosceva, le sarebbe sembrato sincero, bravo com'era a mentire. Ma si dava il caso che lo conoscesse eccome: era stata la sua nemesi, più o meno. Più sua che di Harry, che poteva vantarne una peggiore, rispondente al nome di Lord Voldemort.

Questa scena è ridicola, pensò Hermione.

Malfoy/Granger.

Purosangue/Sanguesporco.

Serpeverde/Grifondoro.

Mangiamorte/Paladina della giustizia.

"Io non lo penso" ribattè con veemenza. "Io lo so!".

"Va bene, ma ho chiesto come lo sai" flautò lui, algidamente mieloso.

"Lo so perché tu sei sempre in malafede*" rispose, gelida.

"D'accordo" ammise, "sono passato a vedere come se la cava Miss Perfettini*" replicò guardandosi intorno – esaminava il luogo con aria di stentata sufficienza.

"Come sapevi di trovarmi qui?" domandò, cercando di non dare a vedere tutta la curiosità che albergava in lei. Draco si produsse in un ghigno soddisfatto – segno che lo sforzo di Hermione era stato piuttosto vano.

Anche a Draco, anni e anni (più che altro l'ultimo) avevano insegnato abbastanza sulla Sanguemarcio Granger. Se aveva una pecca, quella era la curiosità, benché temperata dalla proverbiale saggezza della ragazza.

"Non c'è voluto molto" e scrollò le spalle. "Mi è bastato farti pedinare da un ragazzino" era quasi esultante, sebbene cercasse di darsi un contegno.

Ad Hermione venne in mente un bambino di dieci o undici anni che un paio di giorni prima sembrava molto interessato ai suoi spostamenti.

"So anche" riprese il biondo, "che non vivi più con Ron Weasley".

"Ma che bravo, Malfoy!" la strega battè le mani in un gesto sarcastico. "Sherlock Holmes sparisce di fronte a te!" commentò ironica.

Draco, ovviamente, non capì il riferimento al noto investigatore della letteratura babbana e inarcò un sopracciglio, chiedendosi cosa diavolo la Granger stesse blaterando, decidendo poi che non aveva alcuna importanza. Si strinse nelle spalle e prese a fare su e giù per la bottega, senza guardarla in faccia.

Quell'atteggiamento – un misto di boria e disinteresse – irritava Hermione più di qualunque altra cosa, ed era certa che Malfoy lo utilizzasse apposta per esasperarla.

"Sarei davvero felice di passare la serata qui con te" disse con una buona dose di sarcasmo, "ma sfortunatamente non è possibile. Devo chiudere io il negozio, dato che Ollivander non è presente".

Draco si voltò a guardarla, e sembrò che si rendesse conto in quel momento della sua esistenza. Hermione dovette sforzarsi per non Schiantarlo con una bacchetta a caso: lì dentro aveva solo l'imbarazzo della scelta.

"Quindi" riprese con calma, "vedi di andare al sodo!".

Per la prima volta nella serata, Malfoy sembrò sul punto di vacillare dai suoi propositi – qualunque essi fossero – ma poi riprese il contegno gelido di sempre, e parlò con voce distaccata.

"È un po' di tempo che penso a te, Sanguesporco". Hermione, senza alcuno sforzo, ignorò l'appellativo – ennesima provocazione – e ribattè:

"Ma davvero, Purosangue?" il tono fintamente zuccheroso.

Draco la trapassò con uno sguardo e si ravviò i capelli, in un gesto abituale quanto vanesio.

"Ho una richiesta" disse serio. "Ma devi ascoltarmi fino alla fine, senza interrompermi con le tue saccenti pedanterie" suonava più come un ordine che come una richiesta.

Quel tono non la entusiasmava, ma era davvero troppo curiosa di sapere ciò che aveva da dire.

"Ti ascolto" rispose decisa, incrociando le braccia. Il volto di Malfoy si distese lievemente, ma ancora non si decideva a parlare.

"Sto aspettando, Malfoy" fece presente.

Vide ingentilirsi i tratti di Draco, e un sorriso comparve sul volto del ragazzo. Seppe che non stava per mandarle frecciatine o battute sarcastiche. Era un sorriso sincero. L'aveva visto raramente sulla faccia di Malfoy, ma sapeva riconoscerlo.

"Vieni a cena con me?" la gentilezza insolita nel tono la spiazzò letteralmente, e fece sì che Hermione non replicasse come avrebbe dovuto, ovvero: "no, grazie".

"Sì" rispose invece, senza alcuna esitazione.

Prese il cappotto e uscì nel freddo serale insieme al Serpeverde, Purosangue, ex Mangiamorte Draco Malfoy.








NOTE AL CAPITOLO*


1) Su Harry Potter Wiki o in non mi ricordo in quale altro sito di sfigati patiti di Harry Potter (in realtà è anche possibile fosse Wikipedia) ho appreso che Hermione pare sia l'unica del fantastico trio che ha ritenuto opportuno tornare a Hogwarts per il settimo anno.

2) Il cognome Malfoy pare che derivi dal francese, e significhi proprio malafede.

3) Rita Skeeter chiama Hermione Miss Perfettini ne 'L'ordine della Fenice', e in effettiva penso che si adatti molto a lei (con il mio immenso amore per Hermione).




ANGOLO AUTRICE


Hello gente,

Questo capitolo è corto perché volevo finisse qui. Posterò presto, lo prometto. Draco è riapparso, e il suo rapporto con Hermione non sembra esattamente quello che ricordiamo dai libri. So che siamo in una ff e che in molte storie loro hanno rapporti strani anche tipo al quinto anno, ma non mi va di fare cose senza spiegazioni, quindi i riferimenti al fatto che durante il settimo anno (in cui Harry e Ron non erano presenti) le cose siano cambiate, ci sono, come avete notato. Era qualcosa con cui Hermione non aveva previsto di doversi confrontare di nuovo.

Il prossimo capitolo riprenderà esattamente da dove li abbiamo lasciati, a questa serata, e quindi a cena insieme. Da ora, le carte in tavola si mischiano parecchio :)

Baci a tutti,


Jules :*

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Capitolo 15
*** Missive via gufo ***


CAPITOLO QUATTORDICI – Missive via gufo



Hermione non stava guardando Draco dritto negli occhi da un bel po', ma si limitava a fissare i giochi d'ombra della candela che il cameriere aveva piazzato tra di loro. Aveva tentato di protestare, visto che quella candelina dall'olezzo di rosa li faceva sembrare una coppia di piccioncini, ma Draco non sembrava turbato.

La luce della fiamma splendeva al centro del tavolo, mentre Hermione sentiva tutto quello che Draco aveva da dire, come in uno strano sogno. Lo stava ancora ascoltando, quando decise che era il momento di fissare lui, anzichè la fiammella danzante davanti a sè.

"Malfoy" disse placidamente, posando gli occhi sui lineamenti affilati del ragazzo, "tu devi essere fuori di senno".

Non sapeva neanche per quale motivazione fosse ancora lì. C'era qualcosa di profondamente sbagliato in quella situazione: lei seduta al tavolo di un ristorante elegante, con una compagnia che definire assurda era un eufemismo.

Draco sollevò la testa dal piatto e puntò le iridi grigie in quelle scure di Hermione, ora intenta a lisciarsi nervosamente una ciocca dei capelli castani.

"Mi sembrava che al settimo anno il tuo modo di pronunciare il mio nome si fosse un po' addolcito" sussurrò sibillino.

Eccola, la stoccata alla Malfoy.

Soleva metterla in imbarazzo anche nel periodo in cui erano diventati più... intimi; e quello era il modo più rapido per raggiungere lo scopo.

"Anzi, mi sembra che Draco fosse più gettonato, rispetto al cognome". Hermione deglutì rumorosamente, a disagio.

"E' stato tanto tempo fa..." precisò, più a se stessa che a lui. "Era un periodo in cui Ron non mi scriveva..." al nome di Ronald, Malfoy arricciò il labbro superiore in un'espressione schifata. Era vero; c'era stato un momento di stallo nel rapporto con Ron. Si erano baciati, ma Hermione non riusciva a capire se stessero insieme o meno, e Ron non sembrava intenzionato a chiarire la faccenda. Poi la scuola era finita: si erano rivisti e lui le aveva finalmente comunicato che – testuale – essere una coppia 'era ok'. Ripensandoci, non era stata la dichiarazione che aveva sperato. "E comunque, non significava niente per nessuno dei due, lo sai" aggiunse riscuotendosi da quella riflessione.

Malfoy sembrava totalmente a suo agio, padrone della situazione – come se stessero parlando del tempo. Quello a disagio avrebbe dovuto essere lui, maledizione, non Hermione!

"E perché sei arrossita allora?" sghignazzò, senza nemmeno guardarla in viso. Strinse i pugni, improvvisamente desiderosa di dargli un cazzotto su quel nasino aristocratico che si ritrovava.

"Perché" sputò fra i denti, "mi stai ricordando cose spiacevoli, Draco".

Malfoy sollevò il capo in cerca dello sguardo di lei; continuava ad apparire divertito.

Beato lui, pensò.

Hermione non si divertiva affatto a ricordare gli errori passati.

"Per quel che riguarda me, non è affatto un ricordo spiacevole..." esordì. Hermione arrossì violentemente e distolse lo sguardo, prendendo a rigirarsi tra le dita una ciocca di capelli, tanto per non rimettersi a fissare la candela.

"E anche tu... all'epoca non disdegnavi, mi pare" bisbigliò lascivamente il biondo.

"Che fai, tenti di sedurmi?" ironizzò lei. "Non ti pare un po' fuori luogo?" domandò a denti stretti.

"Forse" ribattè Draco. "Ma cinque anni fa non è andata malaccio" e ridacchiò, come se non stessero avendo una delle conversazioni più imbarazzanti e nonsense che Hermione avesse mai sostenuto.

"Ma la smetti, per Godric?" berciò esasperata.

"Lo vuoi negare, Sanguemarcio?" fece lui. "Vuoi negare quello che c'è stato a Hogwarts tra di noi?" le chiese, cosapevole di avere a che fare con una Grifondoro. I Grifondoro, Draco lo sapeva, non sono come i Serpeverde, tra le cui abilità rientra quella di negare l'evidenza.

"Non lo nego" e scosse il capo. "Solo, per cortesia, smettila di ripeterlo".

I capelli biondissimi del ragazzo rilucevano persino alla luce soffusa sprigionata dalle candele. Guardandolo, Hermione si chiese nuovamente perché fosse rimasta ad ascoltarlo fino ad allora, se tanto non faceva altro che stuzzicarla. Aveva accettato quell'invito a cena solo per rispetto a Draco, a sè stessa e a quel passato che, inaspettatamente, aveva fatto sì che le loro strade si incrociassero per un breve periodo. Per rispetto a ciò che era stato.

"Che c'è?" domandò lui, sentendosi leggermente osservato.

"Continui a provocarmi..." osservò Hermione. "Ti diverti?" chiese scocciata.

"Immensamente" rispose Draco. "Mi è mancata la tua faccia continuamente irritata" dichiarò senza remore. "Ho pensato molto a te, ultimamente".

"Sì, ho capito" tagliò corto Hermione. "Quello che non mi è chiaro è che diavolo vuoi" ripetè, benché non fosse del tutto vero. Il suo discorso di prima era stato cristallino, ma Hermione non osava credere che le sue parole fossero sincere. Doveva essere tutto un grande equivoco, o qualcosa del genere.

Malfoy prese una boccata d'aria e la buttò fuori, poi bevve una sorsata di Whiskey Incendiario, tutta d'un fiato – come ad acquisire coraggio.

"Te lo sto ripetendo da quando ci siamo seduti a questo tavolo, Granger" le fece notare, paziente. "Voglio che ricominciamo a frequentarci" scandì per bene le parole, come se avesse a che fare con una bambinetta tarda.

Hermione scoppiò a ridere, come aveva fatto in precedenza – e anche allora Malfoy era rimasto silente – ma vide che il volto di lui restava ancora impassibile.

Non sta scherzando, comprese.

Sperava tanto di essersi sbagliata, ma evidentemente non aveva bisogno di sturarsi le orecchie, perché Draco Malfoy aveva appena ripetuto ciò che Hermione riteneva assurdo.

"Sei serio?" spalancò le palpebre, esterrefatta.

"Serissimo!" - altro sorso di Whiskey.

"Ma noi non ci siamo MAI frequentati!" gracchiò lei, sperando che qualcuno se ne uscisse con una telecamera a sorpresa, annunciando che era tutto uno scherzo.

"Beh" rispose lui con calma sorprendente, rigirandosi il bicchiere vuoto fra le dita, "direi che è il caso di inziare, allora".








Dire che Hermione lo guardava come se fosse uno spostato non basterebbe a rendere le occhiate allarmate che lanciò al ragazzo di fronte a sè .

"Hai bevuto a stomaco vuoto? Sei ubriaco?" domandò speranzosa.

"Sono del tutto sobrio" replicò Draco, con estrema serietà.

"Vuoi davvero che io esca con te?"

"Mi hai sentito" confermò seccamente.

Hermione si guardò intorno; il tutto era talmente surreale che si aspettava che da un momento all'altro un Basilisco facesse irruzione spaccando i vetri e accasciandosi sul loro tavolo.

Erano seduti proprio dalla parte della strada, ed Hermione si sentiva vulnerabile, come un pesce in un acquario. A cena con Draco Malfoy.

Semplicemente ridicolo!, la sua testa continuava a ripetere.

Poi – ed Hermione ebbe la bizzarra sensazione che intuisse i suoi pensieri – Draco fece qualcosa che non aveva previsto: poggiò la propria mano su quella di lei, rigidamente ancorata alla tovaglia beige dalla quale il cameriere stava sparecchiando i piatti.

"Dammi un motivo valido per cui dovresti dirmi di no, Granger. Non stai più con The King Weasley, no?" e nonostante il tono serio, non trattenne la solita smorfia di disgusto al nome di Ronald. "Nè tantomeno con Vicktor Krum" Hermione capì dalla sua faccia che si riferiva all'articolo di qualche tempo prima sul Settimanale delle Streghe. "Per me è importante, Hermione" sussurrò.

Le dita affusolate e pallide del ragazzo erano mollemente posate sulle sue; non avevano più avuto contatti di nessun tipo dopo quel settimo anno che lui aveva rinvangato; si era quasi scordata di aver vissuto dei momenti abbastanza privati con Draco Malfoy.








"Malfoy, non posso" enunciò infine, dispiaciuta. Sul volto di Draco poteva leggere sofferenza e fallimento, sensazioni che lei conosceva, e per quanto ci fossero – e sempre ci sarebbero stati – mille fattori a dividere le loro esistenze, si sentì vicina a lui come mai prima di allora.

Si sentì in colpa, come se gli stesse voltando le spalle. Ignorando quella fastidiosa sensazione, continuò a parlare; lui non osò fiatare – e anche quello contribuiva ad apportare alla scena una patina di irrealtà.

Insomma, Malfoy era quello che doveva lottare per avere l'ultima parola, o no? Era sempre stato così, perfino in quel fatidico settimo anno.

"Devo andare" esalò con tono di scuse. Draco non la trattenne, nè aveva intenzione di farlo; scostò le dita da quelle di Hermione e continuò a guardarla.

"Non c'è niente che possa fare per convincerti, suppongo" nonostante il tono semi-irritato che gli era uscito di bocca, aveva un'espressione quasi tenera. Quasi.

"No" ribadì lei infilandosi il cappotto e la sciarpa. Mise la borsa a tracolla e lo salutò brevemente.

"Se cambi idea sai dove trovarmi" lo sentì dire, mentre imboccava l'uscita.

Un brivido di freddo la percorse; era molto tardi e si gelava. Fu tentata di Smaterializzarsi direttamente in salotto, ma il ristorante nel quale aveva cenato era a cinque minuti da casa, e due passi avrebbero di certo giovato al suo cervello sovraffollato. Sapeva di aver agito per il meglio, in tutti i sensi.

Non era stata scortese, nè aveva rifiutato l'invito a cena di Malfoy, ma di certo – come gli aveva detto – non poteva uscire insieme a lui. Non con l'immagine di un gelsomino candido che le galleggiava in testa da tre giorni, facendola sorridere come un'ebete. L'indomani mattina avrebbe rivisto Fred, e la cosa bastò a zittire la vocina che le causava senso di colpa per il rifiuto a Malfoy.

Si incamminò per le strade di Diagon Alley, ormai svuotate della folla giornaliera. La bottega di Ollivander, il Ghirigoro e i Tiri Vispi erano tutti chiusi. Il negozio di Fred e George faceva angolo in un crocicchio che si dipanava in più vie.

Hermione giunse da una stradina secondaria; una delle vetrine le era visibile, ma non l'ingresso del negozio di scherzi.

Se avesse saputo cosa l'attendeva lì dietro, non avrebbe mai svoltato l'angolo, ma purtroppo lo fece, e rimpianse di non aver voluto Materializzarsi.

Fred Weasley – lo stesso che credeva ancora in Perù ad acquistare quella stupida Polvere Buiopesto – stava baciando appassionatamente una moracchiona dall'aria sbarazzina – le sembrava di averla già vista – proprio davanti alla porta di casa loro, affianco al negozio.

Sgranò gli occhi dalla sorpresa e sbattè le palpebre più volte: non poteva essere vero. Quella scena non era reale, non era possibile che lo fosse.

Le sembrava che tra di loro ci fosse qualcosa; le sembrava che non fosse solo uno stupido bacio, di quelli che poi si bollano con cose come "E' stato un errore, mi dispiace. Amici come prima".

Evidentemente ti sei sbagliata, Hermione. Per quanto tu sia considerata una strega brillante, pare proprio che come donna non ne azzecchi una...

Del resto, da quando lo conosceva, Fred non era mai stata una persona particolarmente incline a relazioni sentimentali serie o durature – non aveva mai avuto una ragazza fissa per tanto tempo, per esempio – perciò c'era da aspettarselo.

Avvertiva un certo pizzicorio agli occhi, oltre che un forte bruciore allo stomaco – e non era una sensazione piacevole. Voleva muoversi, ma restava ferma. Voleva parlare, ma non le riusciva di articolare una sola sillaba. I due, ignari della sua presenza, continuavano imperterriti a risucchiarsi la faccia a vicenda.

Fu solo quando si staccarono per respirare, come due normali esseri umani, che Hermione si riscosse e trovò l'energia necessaria a percorrere quei pochi metri. Fece qualche passo verso il portone; a quel punto la ragazza si accorse della sua presenza e le fece un cenno di saluto e un sorrisetto.

La ragazza che lavora alla gelateria Fortebraccio, ecco chi è!

Ricambiò il cenno, ma non il sorriso, e rifilò uno sguardo gelido a Fred. Una di quelle occhiate che sembrano dire 'per me conti meno di un mucchio di cacche di pipistrello', o almeno era esattamente quello che voleva comunicare Hermione.

"Buon proseguimento" sibilò a denti stretti, gli occhi ridotti a due fessure, sbattendosi la porta di casa alle spalle.

Le ci vollero cinque minuti per realizzare quello che aveva visto, e molto meno per capire quello che doveva fare. Imboccò le scale e si diresse di corsa in camera propria. Senza neanche spogliarsi si sedette alla scrivania e prese un foglio pulito.

Tentennò due o tre volte con la piuma in mano; la intingeva nel calamaio e si avvicinava alla pergamena senza trovare il coraggio di scrivere. Quando lo trovò, scrisse almeno tre biglietti, tutti accartocciati e cestinati o bruciati nel camino.

Come poteva rendere conto di quel repentino cambio d'idea senza che Malfoy la credesse schizofrenica? Era complicato persino per Hermione Granger trovare le parole, con tutti i sentimenti e i pensieri che le vorticavano in testa.

Alla fine optò per qualcosa di scarno ed essenziale:




Potrei aver cambiato idea, Malfoy. Domani stacco alle sette; possiamo vederci a Diagon Alley, se per te va bene. Buonanotte,

Hermione.




Non era sicura fosse una buona idea, ma d'altronde erano poche le certezze che aveva in quel periodo. E forse – forse – da quella proposta di frequentarsi poteva trarne qualcosa di piacevole, se non di buono. Sempre meglio che starsene lì a fissare Fred mentre pomiciava la ragazza della gelateria Fortebraccio – Sammy o Sally o un nome del genere...

Legò la pergamena alla zampa del proprio gufo e, senza altri indugi, spedì il biglietto al Malfoy Manor, dove Draco abitava con sua madre Narcissa.

Poi si svestì e indossò il pigiama, prendendo con sè un librone da leggere, dato che, seppure stanca, non aveva sonno.

Stava per ficcarsi sotto le coperte quando sentì picchiettare al vetro della finestra. Si girò a guardare e si rese conto che Brian, il suo gufo, era nuovamente lì – era passata solo mezz'ora – con una risposta nel becco.

Gli aprì e lo fece entrare, ricompensandolo con del becchime e lasciando che si appollaiasse sulla testiera del letto.

"Sei stato veloce, Brian" lo lodò accarezzandolo e poi infilandolo nuovamente nella gabbia. Srotolò la pergamena e vi lesse queste parole:




Non ci hai messo molto a capitolare, Granger. Non voglio nemmeno sapere il motivo di questo cambio di opinione, ma non ti pentirai di avermi dato una possibilità.

A domani e grazie,

D. M.




Quella faccenda aveva dell'incredibile: aveva imprudentemente accettato di uscire con Draco Malfoy e – soprattutto – lui l'aveva ringraziata.

Malfoy che ringrazia la Sanguemarcio per eccellenza? Dove andremo a finire?!

Uscì sul pianerottolo e sentì il rumore di una porta che sbatteva: Fred era rientrato. Si affrettò a chiudersi in bagno per lavarsi i denti. Solo quando non avvertì alcun frastuono al piano superiore si convinse che doveva essere rimasto al piano di sotto e si decise ad uscire per tornare in stanza.

Ecco una delle poche certezze che poteva vantare di avere: al contrario di quanto avrebbe potuto dichiarare qualche ora prima, incontrare Fred Weasley era decisamente l'ultimo dei desideri che nutriva al momento.

La cosa poteva presentare diverse difficoltà, considerato il piccolo, insignificante particolare del loro coinquilinato.

Ripensò a quando aveva dormito nel suo letto, la sera prima, e si sentì una completa deficiente. Meno male che era la studentessa più intelligente della scuola; era evidente che doveva essersi rammollita parecchio dai tempi di Hogwarts. Si infilò sotto le coperte e si risolse di non pensarci più, almeno per quella sera.

Svuota la mente, Hermione. Svuota la mente.

Si trovò a desiderare ardentemente di essere un'abile Occlumante solo per possedere la – in quel frangente – tanto agognata abilità di chiudere i pensieri fuori dalla propria testa.

Spremersi le meningi sul comportamento di un uomo non è il massimo per qualcuno che ha lo sfrenato desiderio di dormire.

Il proposito non si attuò completamente, perché non appena riuscì a sbattere Fred fuori dalla propria mente, le si presentò la scena di quella cena passata con Draco. Sempre un uomo – non era poi un grande progresso, quindi.

Alla fine, sebbene con difficoltà, riuscì a lasciarsi alle spalle quella pesante giornata e a prendere sonno.











ANGOLO AUTRICE



E sbam! Draco Malfoy è in scena. Ribadisco che è OOC, diciamo pure ingentilito, cambiato da dopo la guerra, seppure sempre un ex Serpeverde e sempre un Malfoy, alla fin fine. Solo, come ho detto, non aspettatevi Principi delle Serpi e Regine di Grifondoro, perché non ce ne saranno.

Le minacce di morte che ho ricevuto da una delle mie migliori amiche (Jaded_, ne sai qualcosa?) mi hanno fatto capire che comunque questa storia vada a finire, lascerò scontento qualcuno.

Quindi non potete fare altro che leggerla e tenervi gli insulti per l'ultimo capitolo (o diluirli in più commenti, se preferite). Ho avvisato fin dal Prologo che è una storia da leggere fino in fondo prima di giudicare (cosa che avete tutto il diritto di fare, ovviamente).

Tornando a noi: tutto si chiarirà.

Si è capito quello che tra loro è successo al settimo anno più o meno, penso che ci si possa arrivare. Quando Hermione dice che non si sono MAI frequentati è vero, perché di certo non 'uscivano' insieme come coppietta.

A quanto pare ora... usciranno insieme. Hermione dovrà pentirsene oppure no? Quella che per lei inizia, palesemente, solo come una ripicca, potrà trasformarsi in qualcos'altro? Bah, chi lo sa. Ok, io lo so, ma non ho intenzione di dirvelo.

E Fred, che ruolo giocherà in tutto questo ora che l'altro è entrato in scena? Appena tornato non ha trovato di meglio da fare che pomiciare con la commessa della gelateria Fortebraccio, santa pace! Ah, non capirò mai gli uomini, neanche quando sono io a guidare le loro azioni...

Hermione ha pensato bene di vendicarsi. Ha agito d'impulso.

Soprattutto, gente, chiedetevi perché diavolo di motivo i miei personaggi sono adulti ma immaturi e idioti da morire. Forse dovrei andare da un terapista?

Queste sono le domande (all'ultima non tentate di replicare, o sono sicura che dovrò pentirmi di averla posta), la risposta è la storia.


Ringrazio di cuore tutte le persone che leggono, commentano, e le settanta persone che hanno inserito questa storia nelle varie liste (quando vedo aumentare i numerini sono felice come Ron da Mielandia). Baci baci :*

Vostra,

Jules


p.s. spero non ci siano errori di battitura/distrazione, perché ho pubblicato prima di quanto avessi previsto (per consolare te, Jaded_ e poi di' che non sono una brava amica).


p.p.s. non credo che Ron direbbe una cosa stupida come 'essere una coppia è ok' per la cronaca, (anche se di cose stupide a Hermione ne dice parecchie in sette libri) perciò non protestate fan della Romione :D

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Capitolo 16
*** Stranamente piacevole ***


CAPITOLO QUINDICI – Stranamente piacevole



Fu una notte agitata e piena di sogni, anche se diversi da quelli soliti che la tormentavano. Più che incubi veri e propri erano strani, inquietanti, popolati dai ragazzi della sua vita, che comparivano uno dopo l'altro a ricordarle i fallimenti amorosi che aveva collezionato. Ron, Krum, Fred.

Poi entrava in scena anche Draco Malfoy, con un sorriso degno del diavolo in persona, quasi spaventoso – che subito dopo si trasformava in un'espressione malinconica e di muta supplica.

Quando si svegliò, agitata, si scoprì a rimpiangere vagamente gli incubi con Nagini, Voldemort e Bellatrix Lestrange, che almeno trattavano di qualcosa che non era dipeso da lei.

Se c'era una cosa che Hermione Granger non era in grado di tollerare era proprio il fallimento personale. Era sempre stata così.

La sua presunta onniscenza, il desiderio di conoscere e di eccellere, nascondevano un profondo senso di insicurezza, Hermione ne era ben consapevole.

Si alzò dal letto ed uscì facendo attenzione a non far scricchiolare il pavimento di legno sotto di lei, nè la porta della stanza. Voleva accertarsi che Fred non fosse nei paraggi, perché non era sicura che avrebbe avuto la forza di non sputargli in faccia – pur consapevole che non sarebbe stato corretto. Tecnicamente non stavano insieme, non si erano promessi niente dopo essersi baciati, perciò non poteva arrogarsi il privilegio di sputargli sul serio.

Probabilmente – anzi sicuramente – era tutto un film nella sua testa. C'era stato un bacio, era innegabile.

Ma evidentemente per lui non voleva dire nulla; quindi perché per Hermione avrebbe dovuto significare qualcosa?

Non giunsero rumori dal bagno nè dalla stanza di Fred, e così si avventurò, bisognosa di farsi una doccia. Fortunatamente non trovò il bagno occupato e potè concedersi il sollievo dell'acqua calda che scorreva sul proprio corpo, prima di uscire e avvolgersi in un morbido accappatoio bianco.

Si era svegliata molto presto, perciò era probabile che Fred fosse ancora in camera sua a dormire. Il proposito di Hermione al momento era uscire di casa senza incrociare il proprio coinquilino – proposito abbastanza difficile da mantenere, a meno di abitare al Malfoy Manor o in una villa dalle dimensioni simili.

Sgattaiolò in camera e si vestì alla svelta; non vedeva l'ora di arrivare nella bottega di Ollivander, che a quel punto era l'unico posto in cui si sentisse davvero a suo agio. Fino alla sera prima considerava così anche l'appartamento dove viveva, ma al mattino non ne era più certa.

Fred dormiva ancora della grossa; Hermione ne ebbe la conferma perché riuscì a raggiungere la porta di casa senza incontrare alcun ostacolo. Quando si chiuse la porta alle spalle, l'aria fresca le accarezzò il viso, e le sembrò che il suo umore fosse già migliore.

Si incamminò per le strade di Diagon Alley, piene di gente perfino di prima mattina. Entrò nella bottega in maniera precipitosa, quasi fosse un rifugio in mezzo ad una tempesta. Il tintinnio provocato dall'apertura della porta suonò rassicurante, come pure lo sguardo argenteo che il vecchio puntò su di lei.

"Sei in anticipo di mezz'ora" constatò seccamente.

"Buongiorno anche a lei" rispose Hermione, senza curarsi del tono brusco dell'uomo. "Mi sono svegliata presto e ho pensato di non restare ad oziare".

"Mh..." mugugnò il vecchio, già intento ad esaminare dei candidi fili di crine di unicorno.

"Ho fatto male?" chiese sorridendo.

"Certo che no" replicò. "C'è qualcosa in particolare che ti toglie il sonno?".

Hermione ne fu stupita: non si era mai interessato alla sua vita privata, ai suoi sentimenti, o a qualsiasi cosa non riguardasse il suo lavoro di apprendista.

"Perché me lo domanda?"

"Hai l'aspetto di qualcuno che ha dormito male" rispose semplicemente. "Non saranno incubi di guerra, spero".

"Non stanotte" rispose sincera. "Ho solo avuto una brutta serata" tagliò corto.

Al momento non se la sentiva proprio di confidare a Ollivander le proprie pene sentimentali, nè di dire che Draco Malfoy le aveva chiesto di uscire e che lei aveva accettato per vendicarsi di Fred Weasley. Suonava tutto troppo male.

In alternativa a una confessione così improbabile, tacque e si rimboccò le maniche del maglione, pronta a cominciare.

"Mh mh" commentò lui, concentrandosi totalmente sul crine di unicorno – qualunque cosa passava in secondo piano rispetto all'esame di un qualsiasi materiale da Nucleo, figuriamoci la nottata di Hermione!

"Che ne diresti di dare un'occhiata a quella bacchetta?" le propose, sempre a testa china. "L'ha portata un elfo domestico stamattina".

"Un elfo domestico?" domandò.

"Proprio così... Tinky, o qualcosa del genere" confermò con un certo disinteresse. "Ha bisogno di una revisione, e probabilmente il nucleo deve essere sostituito...".

"Crine di unicorno, suppongo" Hermione si avvicinò alla bacchetta sul piano da lavoro.

"Già" confermò lui. "Tende a sfilacciarsi negli anni, se maltrattato".

"Lo so" fece Hermione, quasi stizzita da quella precisazione.

Si stava ollivanderizzando: era infastidita . Il vecchio sorrise tra sè e sè notando il tono della ragazza, sempre più soddisfatto della trasformazione.

"So che lo sai" asserì infatti. "Sei una brava apprendista" la stupì quella lode - scarna ma esplicita - da parte dell'uomo, visto che era solito mostrarsi parecchio distaccato.

"Grazie" Hermione gli fece un gran sorriso.

"Mh" riprese il solito tono sbrigativo, "ora non cianciare e controlla quella bacchetta".

Ora sì che la riconosco, signore!, si trattenne a stento dal dirlo.

Si avvicinò alla bacchetta, la prese fra le dita e sussultò riconoscendola.

"Biancospino" mormorò, rigirandosela tra le dita.

"Esatto".

"Dieci pollici" aggiunse, gli occhi sgranati.

"Giusto".

"Flessibile" dichiarò infine, con un filo di voce.

"Ancora giusto" confermò Ollivander. "E' la bacchetta di..."

"Draco Malfoy" lo interruppe senza neanche accorgersene.

Doveva revisionarla davvero, allora.

"E' in uno stato pietoso..." commentò Ollivander, con la faccia disgustata. "Non capisco cosa ci voglia a prendersi più cura della propria bacchetta; è evidentemente stressata!" aggiunse. Stressata! Come se avesse una personalità e una sfera emotiva tutta sua...

La cosa inquietante era che Hermione non ci trovava proprio niente di strano, in quello che il vecchio aveva appena detto.

"Beh?" la riscosse ad un tratto. "Non ti gingillare ed esaminala, per cortesia".

"Subito!" Hermione si mise immediatamente al lavoro, tra le mani la bacchetta del suo antico nemico, con il quale – per inciso – sarebbe dovuta uscire in serata.

Si era cacciata in una situazione assurda, pensò, quasi surreale. Se un anno prima le avessero mostrato una fotografia di lei che fissava la bacchetta di Draco, seduta dietro al bancone di Ollivander, avrebbe pensato a un fotomontaggio.

Quando il vecchio finì di filtrare il crine da usare – scegliendo solo i fili migliori – Hermione si azzardò ad incontrare il suo sguardo. Almeno era sicura di non interrompere niente, dato che aveva appena concluso.

"Allora" esordì lui, "te la senti di sostituire tu il Nucleo?" chiese a bruciapelo. Hermione lo guardò esterrefatta: era una proposta sbalorditiva, da parte sua.

"Non so" si schernì. "Non vorrei sbagliarmi..."

"Sciocchezze!" minimizzò lui con un gesto incurante della mano. "Andrà bene".

In fondo Hermione voleva mettersi alla prova, vedere quanto riusciva a dare in quel compito.

"Coraggio" le disse porgendole il crine. "Fammi vedere cosa sai fare" la provocò.

L'aveva capita proprio bene, si disse Hermione. Non resisteva alle sfide; le veniva sempre voglia di andare fino in fondo, per dimostrare il proprio valore.

"Con piacere" disse afferrando delicatamente i preziosi filamenti bianchi, sotto gli occhi di un divertito e compiaciuto Garrick Ollivander.





Alle sette in punto, il vecchio stava per chiudere bottega ed Hermione aveva appena salutato, sul punto di uscire, quando il noto tintinnio l'aveva bloccata.

Una figura alta e slanciata aveva fatto il suo ingresso, capelli platino compresi.

"Buonasera" aveva salutato il vecchio bacchettaio e la sua apprendista con una gentilezza che tanti anni prima non avrebbe mai usato.

"Signor Malfoy" lo accolse l'uomo. "Siamo in chiusura, ma la sua bacchetta è pronta" annunciò. Hermione si recò al bancone a prenderla, avvolta con cura in un panno. Era stata lei stessa a farlo, presa da un senso di protezione nei confronti di quel ciocchetto di legno.

"Come nuova" disse porgendogliela con delicatezza – ovviamente per riguardo alla bacchetta, più che al proprietario. "Il nucleo era andato".

"Mh" mugugnò lui liberandola dal panno e riponendola nella tasca del cappotto. "L'ho trascurata, in effetti" ammise.

"Un po' troppo, in effetti" Ollivander ricalcò le parole del cliente, senza trattenersi: ce l'aveva a morte con chi trascurava le bacchette. Malfoy si avvide del tono stizzito, ma non se ne ebbe a male. Tutti sapevano delle manie di Ollivander.

"Beh, allora è tutto a posto" fece poi. "Domani passerà il mio elfo Tinky a saldare il conto" gettò un occhiata ad Hermione, che alzò gli occhi al cielo.

Davanti a Ollivander si trattenne dal prenderlo a calci sulle gengive: parlava apposta di elfi domestici, sapendo della sua battaglia per il C.R.E.P.A.*

Una delle cose sulle quali era sicura che le vedute sue e di Draco non avrebbero mai coinciso.

"Perfetto" disse Ollivander. "A domani" rivolse un vago sorriso ad Hermione, che ricambiò e fece per uscire. Prima che potesse imboccarla, Malfoy tirò a sè la porta e la tenne aperta.

"Prima le signore..." mormorò con galanteria. Inspiegabilmente, le venne da ridere. Non era cambiato negli anni: poteva essere orribile, sebbene non come tempo addietro, ma se aveva un obiettivo era disposto a calcolare tutto nei minimi particolari - corrompere, minacciare e adulare, pur di raggiungerlo.

Persino essere gentile.

Varcò la soglia a passo deciso, seguita dal ragazzo.

"Elegante come sempre" commentò osservandolo nel suo cappotto nero e lungo – e probabilmente costoso quanto tutto il guardaroba di Hermione.

"Non si può dire lo stesso di te, Granger" riservò un'occhiata divertita e sprezzante alla tenuta di lei – dei normali jeans e cappotto al ginocchio – evidentemente troppo poco signorile.

"Sono troppo dozzinale per te, vero?" chiese sarcastica.

"Mh" sembrava stesse soppesando il suo aspetto. "Direi di sì".

"Allora non uscire con me" ironizzò.

"Non esco con te per i tuoi vestiti" rise Draco. "Di questo puoi star certa".

L'espressione disgustata che assunse guardando le sue scarpe – ahimè per niente di classe – non lasciava dubbi in proposito.

"Non mi dirai perché hai cambiato idea, vero?" le domandò, cambiando totalmente argomento. Hermione si accigliò lievemente e distolse lo sguardo, imbarazzata dalla domanda. Poi chiese:

"Dove si va?"

Draco capì che non avrebbe risposto, non in quel momento almeno; e si impose di lasciar perdere. Semplicemente, le porse il braccio e la invitò a seguirlo.

E, semplicemente, Hermione lo fece.





"Come mi sono ritrovata qui?" chiese la Granger ad uno sghignazzante Draco, visibilmente divertito dall'espressione della ragazza.

L'aveva trascinata in un ristorante ancora più elegante e raffinato della volta precedente, per giunta affollato di V.I.P. del mondo magico. C'erano streghe e maghi della buona società – per lo più palloni gonfiati.

Come se non bastasse, c'era anche il fatto che ogni donna in sala – dai cinque ai novantacinque anni – era vestita in maniera curata ed impeccabile.

"Grazie a me".

"Non direi grazie" lo contraddisse. "Mi sento un pesce fuor d'acqua" indicò prima se stessa e poi il resto del locale.

"Io no, sono perfettamente a mio agio" si vantò, guardandosi le mani curate e candide. Hermione si chiese se in quegli anni avesse mai svolto un'attività anche lontanamente – se non faticosa – impegnativa.

"Ma va! Non l'avrei mai detto!" rispose sarcastica. Lui rise.

"Oh, andiamo! Se ti fissano è solo perché sei con me" si pavoneggiò.

"La tua modestia mi stupisce sempre" fece causticamente. "Gilderoy Allock era un uomo umile rispetto a te!".

L'offesa sembrò toccare parecchio Draco, che avrebbe ribattuto all'affronto, se Hermione non l'avesse impedito parlando sopra la sua voce irritata. Non che potesse biasimarlo: a nessuno poteva far piacere essere paragonato a Gilderoy-sorriso-vincente-Allock.

"Comunque, ma non certo per la tua abbagliante bellezza, Draco. Insomma, siamo Malfoy e Granger, per la seconda volta ad un tavolo insieme. Bizzarro, no?" parlava più a se stessa che a lui.

"No, dal momento che hai accettato di uscire con me" rispose con sufficienza, ancora irritato per essere stato paragonato a quel pallone gonfiato.

"Non fare lo stronzo, Malfoy... hai promesso che non me ne sarei pentita".

"Infatti, ti dimostrerò che è così" confermò seriamente. "Adesso mangia, Granger, o il tuo magnifico risotto carote zenzero e vongole diventerà una colla" ordinò in tono assennato.

"Chi sei, il mio dietologo?" domandò lei, ironica.

"Il tuo che?" replicò Draco.

"Oh, lascia perdere" sospirò, portandosi alla bocca una forchettata di riso.





A dispetto di quello che si aspettava, la serata con Malfoy fu stranamente... piacevole. Parlarono di un centinaio di argomenti diversi, seri e meno seri.

Come era inevitabile, parlarono di Hogwarts; si raccontarono qualcosa che non sapevano l'uno dell'altra, ovvero ciò che avevano vissuto negli ultimi quattro anni. Hermione scoprì che, dopo la scuola, Draco era stato in Francia per un anno, dove aveva dei parenti alla lontana. Ovviamente non lavorava, non ne aveva alcun bisogno – vista la sua felice situazione economica.

Sua madre Narcissa e lui vivevano, ancora schifosamente ricchi, a Malfoy Manor, circondati dalla servitù e dallo sfarzo.

Non parlò molto di suo padre; non che ce ne fosse bisogno: Hermione sapeva che Lucius Malfoy era rinchiuso ad Azkaban e che probabilmente ci sarebbe rimasto a vita. I Dissennatori non erano più tollerati dal Ministero, che si era saggiamente privato della loro collaborazione come carcerieri, quindi Lucius non rischiava il Bacio.

Lo spettro di Voldemort e della guerra aleggiava nei loro discorsi, ma loro erano stati abbastanza abili a schivavarlo, sostituendolo con qualcos'altro.

Ciascun argomento fu accuratamente innaffiato con ogni sorta di bevanda alcolica in circolazione: Vino Elfico, Acquavite, Idromele, Whiskey Incendiario.

Uscirono dal ristorante leggermente brilli, ed Hermione si sentiva leggera leggera, come uno di quei palloncini a gas che sfuggono dalle mani dei bambini, pronti a spiccare il volo e incuranti di dove andranno a finire.

"Forse dovrei andare a casa" disse dando un'occhiata all'orologio da polso e aggrappandosi al braccio di Malfoy per non inciampare su se stessa.

"No, è presto!" fece il biondo, la voce più strascicata del solito.

"Presto?" squittì lei. "Forse per te che passi il giorno a dormire da bravo Purosangue ricco e fancazzista". Fu a quel punto che Hermione si rese davvero conto di aver bevuto, perché da sobria non si sarebbe mai espressa così esplicitamente.

"Uff! Eccola che torna alla carica, la solita Sanguemarcio petulante" contestò lui, mascherando un singhiozzo con un colpo di tosse.

Per tutta risposta, senza neanche sprecarsi a trovare le parole, lei gli pestò un piede e gli fece perdere l'equilibrio per un momento. In tal modo finì per inciampare davvero su se stessa, andando a sbattere contro qualcuno che girava l'angolo dalla direzione opposta alla loro. Si spostò un po' per verificare l'identità della sconosciuta vittima della sua lieve sbronza.

Fu abbastanza sorpresa – e per niente felice – di trovarsi davanti il suo coinquilino, che la guardava con aria alquanto schifata.

In un attimo, Hermione cancellò il riso dal proprio volto e si ricompose, rimettendosi saldamente al braccio di Malfoy. D'un tratto era di nuovo sobria – ovvero faceva del suo meglio per sembrarlo – neanche l'avessero costretta ad ingerire litri di caffè e ad immergere il viso in una tinozza d'acqua gelata, come faceva Hagrid per smaltire le frequenti ubriacature.

Nonostante ciò, il roscio continuava a fissarli senza accennare a dire una parola. Fu Draco a rompere il ghiaccio.

"Weasley" sputò fuori quello che doveva essere un saluto, con evidente fatica.

"Malfoy" replicò l'altro, altrettanto infastidito.

Hermione stava per dire qualcosa, quando da dietro l'angolo vide spuntare la ragazza della gelateria Fortebraccio – Sammy... Sally, o come diamine si chiamava.

Si avvicinò piuttosto lascivamente a Fred e gli si strinse addosso, salutando però educatamente lei e Draco.

Hermione rivolse loro un sorriso falsissimo e, posto che ne aveva avuto abbastanza di quella scenetta e che preferiva non farsi rovinare la serata, decise di alzare i tacchi.

"Beh" disse con malcelata stizza, "ci vediamo a casa".

Diede un lieve strattone al braccio di Malfoy e il biondo comprese che era ora di proseguire la passeggiata.

"Che c'è?" chiese quando furono fuori dal raggio d'ascolto di Fred. "Ti imbarazza che ci abbiano visti insieme?"

"Parecchio" replicò lei, pensierosa. Com'era possibile ridere con Draco Malfoy e stare seri con Fred Weasley? Che diavolo era successo alla sua vita in nemmeno ventiquattro ore?

"Ti vergogni ad uscire con me?" domandò giocosamente.

"Quello sarebbe già abbastanza per farmi vergognare" lo celiò. "E come se non lo fosse siamo anche mezzi ubriachi!" commentò.

"Granger e Malfoy a braccetto per strada" sentirlo dire da lui ad alta voce faceva un effetto ancora più surreale.

"Titolo da copertina!"

Draco rise, conscio di quella sostanziale verità.

"Weasley sembrava nero" commentò poi.

"Sono con una Serpe, sfido io!" singhiozzò Hermione, desiderosa di cambiare argomento.

"Ti porto a casa" le disse Draco, vedendola barcollare. "Domani devi lavorare, vero formichina? Per noi cicale che mangiamo sulle vostre spalle..."

"Scherza, scherza!" lo rimbeccò lei. "Intanto oggi la tua bacchetta l'ho riparata io" precisò con orgoglio.

"Protesterò con Ollivander; mi aspetto che il mio Biancospino venga affidato al migliore, non a una Grifondoro che si inciucca in compagnia di un Serpeverde".

"Sei tu che ti stai inciuccando in compagnia di una Grinfondoro, Malfoy!" replicò.

"E non è neanche la prima volta" proseguì lui, smaliziato. "Non so sei in condizioni di ricordartelo, ma una volta al settimo anno..." avrebbe voluto finire di parlare, ma Hermione gli tappò la bocca con la mano, in un gesto scoordinato e frettoloso.

"Se fai così" lo minacciò sventolandogli l'indice sotto il naso, ormai sulla soglia di casa, "con te non ci esco più". Fece una smorfia scocciata, mosse due passi e slam!

La porta sbattè in faccia a Draco, e lui si Smaterializzò al Malfoy Manor con un sorrisetto sulle labbra.

Hermione percorse lentamente l'ingresso per poi salire al piano superiore, desiderosa solo di stendersi a letto e dormire fino all'estate successiva.

Era stata davvero una serata piacevole – incontri indesiderati a parte – e forse, dopotutto, aveva ragione Draco: non si sarebbe pentita di aver accettato.









NOTE AL CAPITOLO


1) Questa nota è di sicuro un eccesso di scrupoli, perché tutti sanno il significato della sigla C.R.E.P.A, ovvero Comitato per la Riabilitazione degli Elfi Poveri e Abbrutiti. Hermione l'ha fondato in 'Harry Potter e il Calice di Fuoco', dopo essere venuta a conoscenza delle disastrose condizioni di schiavitù in cui versano quegli esserini tanto carini e servizievoli.







ANGOLO AUTRICE


Salve gente!

Eccomi di nuovo a rompervi le scatole. Vi sono mancata in questi – quanto? - quattro giorni? Bene, Hermione e Draco hanno fatto la loro prima uscita (e si sono anche inciuccati); Draco continua a infastidire Hermione ricordandole episodi imbarazzanti con lievi accenni. Bisogna dire che il loro rapporto era cambiao ma non erano mai usciti insieme 'alla luce del sole', quindi è qualcosa di nuovo, che a quanto pare Hermione ha trovato piacevole.

Certo... l'incontro con Fred non è stato simpatico come il resto della serata – lui non sembrava molto contento...

Alla fine, forse da questa vendetta davvero può (ri)nascere altro... che ne dite? Fatemi sapere che ve ne pare di questa uscita e del rapporto Hermione/Ollivander, anche quello in evoluzione. Dai, non siate timide e recensite ;)

A presto con le mirabolanti avventure di Hermione! Ah, ringrazio tutte le persone che hanno recensito/messo nelle liste <3

Baci :*

Jules


p.s. Altre persone mi segnalano il problema degli spam e della pagina che crasha immediatamente. Ho scritto nuovamente all'amministrazione, sperando mi rispondano, perché se proprio dovete rinunciare a leggere le mie ff voglio che sia perché fanno schifo, non perché il sito non ve lo permette :D

Vi farò sapere.



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Capitolo 17
*** Maledetto Mercoledi ***


Scusate se ci ho messo più del previsto, ma anche io ho una vita e spero che la lunghezza del capitolo vi consolerà se non ho aggiornato 'presto' come avevo detto. Buona lettura gente!



CAPITOLO SEDICI – Maledetto Mercoledì



Hermione imboccò la porta ed entrò nel negozio polveroso e ormai familiare, il volto stravolto dalla stanchezza. Il padrone le riservò giusto un'occhiata.

"Altra serata agitata?" domandò.

"Buongiorno, signore" lo salutò con allegria, più per prendere tempo che altro.

Cosa avrebbe dovuto rispondere?

Mi sono presa una sbronza con Draco Malfoy e – nonostante io abbia incontrato Fred Weasley a braccetto con un'altra – è stata una serata piacevole, era la replica che si era formulata nella sua testa, ma Hermione dubitava che fosse appropriata.

"Già..." si limitò a dire, scrollando le spalle. Non era una bugia, del resto; la sera prima non era certo rimasta a casa a fare la calzetta.

Per fortuna, non aveva incrociato Fred neanche quella mattina – di questo passo sarebbero diventati due totali estranei in breve tempo... Il pensiero le causò una fitta dolorosa allo stomaco.

Era uscita e una coltre di nubi promettente acquazzoni la attendeva; le bastava sollevare gli occhi per vedere le prime goccie di pioggia mattutina scendere giù e formare piccoli rivoli che digradavano per l'acciottolato.

Da quando lui era tornato – in dannato anticipo – il lunedì sera, non si erano rivolti la parola mai, se non davanti ad altre persone – ovvero Draco e Sally – e si era trattato di poche sillabe.

"Il signor Malfoy era soddisfatto della propria bacchetta?" domandò ad un tratto Ollivander; Hermione sgranò gli occhi e si voltò a guardarlo, la fronte aggrottata.

Il vecchio la scrutava con gli occhi argentei e voltò la testa verso il bancone al quale la strega non si era ancora avvicinata e dove vide poggiato un giornaletto scandalistico, che riconobbe immediatamente come il Settimanale delle Streghe. Era mercoledì, ovvero il giorno di uscita di quella schifezza da pattumiera. Sospirò.

"Lei legge questa porcheria?" domandò, visibilmente stupita.

"L'ha letto tutta Diagon Alley, credo" l'uomo glissò abilmente la domanda. "Ti consiglio caldamente di andare a pagina cinquantatrè" aggiunse poi con nonchalance – di sicuro non ne avrebbe avuta tanta se l'articolo che Hermione si apprestava a leggere fosse stato su di lui.

La strega sospirò di nuovo, sicura di sapere ciò che l'attendeva; si inumidì l'indice e cominciò a sfogliare frettolosamente le pagine, fino ad arrivare all' articolo – correlato di foto – che la riguardava da vicino. Molto da vicino.

Si rassegnò in partenza, ripromettendosi di mantenere la calma, e iniziò a scorrere le parole – gettando un'occhiata anche alle foto di lei e Draco insieme.



La signorina Hermione Jean Granger, il cui nome è indissolubilmente legato a quello di Harry Potter e al salvataggio del Mondo Magico, torna a far parlare di sè.

Stavolta non come paladina della giustizia, bensì per essere stata vista in dolce compagnia per le strade di Diagon Alley. A fianco a lei (vedi foto in alto a destra) potete vedere nientemeno che – rullo di tamburi! - Draco Malfoy.

La famiglia Malfoy, come tutti sanno, reca la macchia di avere a lungo collaborato con Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, ed è di dominio pubblico come il ragazzo e suo padre Lucius siano segnati dal Marchio Nero.

Tuttavia, mentre Lucius Malfoy è rinchiuso ad Azkaban, Draco parlotta allegramente insieme alla graziosa eroina del nostro mondo (potete vedere la loro cenetta a lume di candela nella foto in basso a sinistra).

Sembra incredibile viste le enormi differenze che ci s0no tra i due, sotto tutti i punti di vista, ma la 'strana coppia' - come confesso l'abbiamo ribattezzata in redazione - sembra trovarsi in perfetta sintonia (come potete osservare dagli sguardi languidi presenti in ogni fotografia e dallo scatto nel quale Il signor Malfoy strizza palesemente l'occhio all'indirizzo della signorina Granger). Da quanto escono insieme, tenendo segreto il loro amore? Che avessero vergogna a venire allo scoperto? Potrebbe esserci aria di fiori d'arancio?

Del resto, si direbbe che la Granger – Nata Babbana – non possa fare a meno di stringere 'legami intimi' con maghi Purosangue (ci riferiamo al famoso Cercatore bulgaro Vicktor Krum e alla sua lunga relazione con Ronald Weasley), che sembrano irrimediabilmente attratti da lei. Come andrà a finire tra i due? Sarà un fuoco di paglia o Hermione Granger riuscirà ad accalappiare il giovanotto definitivamente? Staremo a vedere, amici lettori.

Samantha Kaney




Hermione fissava la pagina senza neanche sbattere le palpebre; sembrava aver riportato danni permanenti dalla lettura, oltre a una paresi facciale. Lo step successivo fu quello di guardarsi intorno, nell'ambiente già noto della bottega: gli scaffali polverosi, le cataste di confezioni da bacchetta stipate nei mobiletti, la porta che conduceva al retrobottega – dove ancora non aveva messo piede – e le strette scale in fondo, che portavano su al piccolo appartamento di Ollivander.

Ci mise un po', ma quando si riprese e riuscì a guardare di nuovo il giornale giallo che teneva in mano, non trovò che ci fosse molto da commentare.

"Beh... almeno non l'ha scritto Rita Skeeter!" ironizzò, ottenendo un risolino in risposta. Sollevò lo sguardo verso Ollivander, che stava ancora ridendo; la fama di Rita Skeeter come giornalista da strapazzo era universale.

"Non te la prendere!" la consolò, in uno sprazzo di compassione. "I giornaletti di questo tipo sono sempre un po' eccessivi".

Alla faccia dell' essere un po' eccessivi!

Si alzò dalla sedia dove stava contemplando una piuma di Fenice e si diresse ad aprire uno sportello alla destra della ragazza, per estrarne un quantitativo infinito di scatole da bacchetta – alcune piene, altre vuote. Inizialmente, Hermione non si capacitava di come facesse a raccapezzarsi in quella totale confusione.

Si era offerta più volte di rimettere in ordine le bacchette, catalogarle in qualche modo, riporre le scatole vuote in un ripiano differente per non rischiare di confondersi, ma non c'era stato verso di convincerlo a spostare qualcosa. Oramai la strega ci aveva rinunciato, anche perché la situazione non sembrava disturbare Ollivander, che ricordava perfettamente l'ubicazione di ogni oggetto presente nella propria bottega.

"Preparati alle occhiate e ai commenti, quando uscirai di qui" l'affermazione la riportò alla realtà. Forse la soluzione era non uscire di là, dopotutto. Poteva murarsi viva nel negozio, o barricarsi dietro una montagna di bacchette.

"Ci sono abituata, signore" disse invece, sospirando.

Dopo tutte le illazioni su lei e Harry – a opera di Rita Skeeter – e gli articoli che erano usciti quando aveva rotto con Ron (senza contare l'ultimo su Krum), poteva vantarsi di avere la pelle più dura della scorza di un drago.

"D'accordo" riprese lui brusco, "basta spettegolare, Hermione! Al lavoro, non siamo dal parricere!".

"Parrucchiere" lo corresse automaticamente, senza neanche chiedergli come sapesse cos'era un parrucchiere. Mentre si apprestava a chinarsi su una splendida bacchetta di sorbo che aveva l'aria 'malaticcia' – come l'aveva definita Ollivander – la suoneria assordante del telefonino risuonò per la stanza.

"Cos'è quella diavoleria babbana?" le chiese il vecchio, vedendo Hermione estrarre dalla borsa un accrocco strambo. "Non sarà mica uno di quei ceppulari?" inorridì al pensiero che una ciofeca simile fosse nel suo negozio. "Non ne ho mai visto uno dal vivo" sembrava davvero pervaso da disgusto.

"Sì, è un cellulare" rispose lei, sorridendo.

"Mi spiace, ero convinta di averlo spento" si giustificò. "Posso...?" chiese dubbiosa.

"Sì" accordò l'uomo, "ma poi fallo sparire dalla mia vista, o giuro che ti licenzio".

Hermione si affrettò a rispondere.

"Hermione!" trillò Ginevra. Già... quell'abitudine di strillare al telefono – fisso o mobile che fosse – accomunava l'intera famiglia Weasley, Ginny compresa.

"Ti sento!" Hermione allontanò di poco l'apparecchio dall'orecchio, per evitare di ritrovarsi i timpani scassati.

"Mia madre mi ha chiamata" disse solo, senza abbassare la voce.

La signora Weasley era una lettrice accanita del Settimanale delle Streghe, e non sarebbe stata la prima volta che prestava fede a ciò che c'era scritto.

Durante il Torneo Tremaghi, per un periodo l'aveva ritenuta un'approfittatrice senza cuore, perché convinta che avesse lasciato Harry Potter per Vicktor Krum. Peccato che lei e Harry non fossero mai stati insieme – per il giornale quelli erano sicuramente dettagli insignificanti.

Solo che – stavolta – non aveva proprio modo di negare il contenuto dell'articolo, dato che c'erano anche le foto a provare la sua uscita serale con Malfoy. Effettivamente, l'uscita c'era stata. Tutto il resto – fiori d'arancio, cuore, amore - era molto fantasioso, certo, ma non poteva negare di essere stata a cena con Draco.

"E allora?" sviò Hermione.

"Non fare la finta tonta!" abbaiò la rossa. "Ha letto l'articolo!" la informò.

"Quello sul Settimanale delle Streghe?" domanda superflua, ovviamente.

"Proprio quello!" rispose, indispettita dalla noncuranza nel tono dell'assennata, accorta Hermione.

"Aspetta che lo legga Harry..." Ginny aveva un tono presago di sventure, che a Hermione ricordò vagamente quello che Sibilla Cooman usava durante le lezioni di Divinazione a Hogwarts.

"Senti Gin, io sono a lavoro. Quindi, se non vuoi che venga licenziata, ti spiacerebbe sentirci più tardi?" tagliò corto, decisamente scocciata.

"Oh, va bene, va bene!" sbuffò prima di riagganciare.

Hermione spense direttamente il telefono: di ricevere altre chiamate allarmiste non se ne parlava proprio. Guardò Ollivander, che si ritenne soddisfatto dalla sparizione del maledetto aggeggio babbano, e si rimise al lavoro.

Prese una bacchetta di peccio per esaminarla. A tradimento, i pensieri di Hermione si spostarono su Fred... anche la sua bacchetta era di peccio*.

Fino a quel momento non ci aveva pensato... ma Fred? Aveva letto anche lui l'articolo? Che effetto gli aveva fatto?

Probabilmente nessuno, dato che lui ha avuto la notizia in anticipo.

Hermione si chiese come avesse potuto non accorgersi di essere stata paparazzata alla grande, sebbene la questione non le interessasse più di tanto. Non le importava che li avessero fotografati e sbattuti a pagina cinquantatrè di quel dannato giornale; soltanto che quell'articolo era scritto come se lei e Draco stessero per convolare a nozze. Avrebbe voluto tirare un pugno a quella Samantha Kaney – chiunque fosse – e dirle "Frena gli Ippogrifi, santo cielo!". Senza contare il fatto che le dava non troppo velatamente dell'arrampicatrice sociale. Come se lei – Hermione Jean Granger – avesse bisogno di questo! Merlino, lei era presente nelle Cioccofigurine! Tanto bastava a renderle onore! Aveva sconfitto Voldemort al fianco di Harry; di certo non aveva bisogno del cognome di nessuno – nè del suo sangue – per sentirsi migliore.

Si riscosse da quei pensieri, accorgendosi che Ollivander la stava fissando – si stava rigirando il peccio tra le mani, senza farne nulla.

"Che mi dici delle bacchette di peccio?" chiese.

Oh, no! Speravo fosse finito il tempo delle domande improvvise.

Ovviamente, Hermione non esitò a rispondere, anche se dicendo quelle parole le appariva davanti agli occhi l'immagine di un ragazzo dai corti capelli rossi e dagli occhi castani. Cercò di scacciarla.

"Il peccio" iniziò a sciorinare, "è difficile da lavorare ed è adatto a chi ha mano ferma; diventa pericoloso se abbinato a persone nervose e insicure, magari dalle dita tremanti. Per dare il meglio, una bacchetta di peccio pretende un mago ardito e con un gran senso dell'umorismo..."

Dicendo l'ultima parola, non potè che riaffiorarle prepotente l'immagine che aveva ricacciato. Il viso di Fred che rideva – molto diverso dalla faccia dura e sprezzante della sera prima – mentre tentava di nasconderle la presenza in casa di Merendine Marinare o filtri magici di dubbia provenienza.

"Molto bene!" la lodò, estremamente soddisfatto dalla risposta. "Ora spicciati!".

Ormai era abituata a quel comportamento bipolare, e ne aveva anche capito le sfumature. Quando credeva di essere stato troppo tenero, Garrick Ollivander tendeva a fare marcia indietro, riprendendo l'abituale tono brusco. Non era così male, una volta che ci avevi fatto il callo.

La strega si mise di buzzo buono a cercare di capire per quale motivo quella splendida bacchetta spruzzasse scintille violacee molto ridotte, senza eseguire le richieste del proprietario. Per un attimo aveva temuto fosse la bacchetta di Fred, ma non era così, o l'avrebbe riconosciuta subito. Semplicemente, anche una stupidissima bacchetta di peccio le ricordava Fred e la loro... lite?

No, nessuna lite. Avete semplicemente congelato i rapporti. Il che è ancora più deprimente, a ben vedere.

Il compito le richiese tutta la mattinata – pausa pranzo compresa.

Ollivander guardava ammirato quel capolavoro umano: Hermione Granger era completamente trasformata dalla prima volta in cui aveva messo piede in quella bottega.

Oramai Garrick sapeva di condividere con lei la passione per il lavoro e per la ricerca che faceva – che facevano insieme. Aveva sempre lavorato da solo, convinto che fosse il modo migliore di ottenere buoni risultati.

La verità è che era sempre stato geloso dei segreti che custodivano quelle quattro mura; e ora li stava rivelando ad una ragazza – per giunta Nata Babbana, e quindi non radicata da sempre nelle tradizioni di quel mondo – che fino ad allora non aveva avuto nulla a che spartire con un Mastro Bacchettaio. Una consapevolezza illuminante gli invase la mente vedendola concentrata su quei dodici pollici di peccio.

Quella ragazza – Hermione Granger – era il suo più grande successo.

Non riusciva a ricordarsi di aver provato tanta soddisfazione nel forgiare una bacchetta quanta ne provava nel constatare che Hermione si appassionava nel riparare un pezzetto di legno.

Come se non bastasse, si stava anche affezionando a lei; cosa che si era ripromesso di non fare in alcun caso, mai e poi mai. Invece, non ci era riuscito.

Non aveva figli, e l'unica parente in vita era sua sorella*. Quella ragazza, in qualche modo, rappresentava – vista la giovane età – la nipote che non sapeva di volere.

La speranza che accarezzava era che, un giorno, fosse lei a continuare l'attività alla quale l'uomo aveva sacrificato con piacere la vita. A lei non l'aveva detto e non aveva intenzione di farlo ancora per un bel pezzo, ma le voleva bene.

Hermione, troppo impegnata, non aveva idea dei pensieri affettuosi che passavano per la mente di Ollivander in quel frangente – o probabilmente ne sarebbe rimasta commossa. Quella era la prova che sotto la corazza del vecchio bacchettaio burbero, si nascondeva un cuore tenero.






"Allora?" le chiese al pomeriggio, riferendosi alla bacchetta tra le mani della ragazza. Era evidente che lui conosceva la risoluzione del problema, ma la stava facendo sudare per arrivare a farcela da sola.

"Ci sono quasi" rispose, intestardita.

"Eppure dovresti avere a che fare con il peccio, mi pare" la punzecchiò. Quel giorno il vecchio sembrava proprio deciso ad infastidirla, pensò Hermione.

"In che senso?" domandò, pur sapendo a cosa alludesse.

"Il tuo coinquilino possiede una bacchetta di peccio" affermò con sicurezza.

Negli occhi argentei, Hermione lesse una scintilla di divertimento e un'altra di comprensione: se l'era solo immaginata? Stava diventando paranoica.

Sembrava che l'uomo, con quegli occhietti piccoli e scoloriti, volesse catturare ogni cosa attorno a sè, e probabilmente ci riusciva. Ebbe la ridicola sensazione che sapesse tutto dei suoi conflitti interiori. Lui la capiva.

L'uscita con Draco era di dominio pubblico, ma di Fred nessuno sapeva niente, quindi perché Ollivander non si toglieva quel ghigno impertinente dalla faccia? Lui la capiva. Poteva non conoscere l'accaduto nei minimi dettagli, ma ormai aveva imparato ad interpretare i suoi gesti, le sue parole, anche quelle non dette. Come lei poteva interpretare chiaramente ogni suo silenzio. Avevano trovato un equilibrio.

"Lei davvero ricorda tutte le bacchette che ha venduto in vita sua?" sviò il discorso. Conosceva la risposta. "Devono essere tantissime" commentò.

"Stai dicendo che sono un vecchio decrepito?" si accigliò.

Hermione non potè impedirsi di sorridere e si affrettò a negare.

"Non mi permetterei mai!".

"Ah, ecco!" esclamò lui, guardandola di sbieco.

"Intendevo solo dire che ha una memoria eccellente, signore" si complimentò.

"No" la corresse lui, "intendevi solo sviare la mia attenzione, Hermione".

Beccata di nuovo in flagrante mentre cercava di spostare l'argomento da Fred alla memoria del fabbricante.

La strega si rimise a capochino sui dodici pollici di peccio che stringeva in mano e non disse una parola, timorosa di ritrovarsi – da un momento all'altro – a confidare la propria vita sentimentale a Garrick Ollivander.

Verso le sette le diede il permesso di andarsene, ma lei rimase una mezz'ora in più, finchè non ebbe risolto il problema della bacchetta – probabilmente vi si era incaponita in tal modo proprio per il materiale di cui era costituita. Continuò a mandare scintille viola e a emettere degli strani rumori – tristemente simili a singhiozzi – per un bel po'.

"Ho finito" annunciò soddisfatta, porgendogli il frutto del proprio lavoro.

Si diresse a prendere borsa, sciarpa e cappotto dall'attaccapanni. Il vecchio si schiarì la voce e la squadrò per un attimo; poi le indicò una figura oltre la vetrina.

Un ragazzo alto, biondo abbagliante, il profilo affilato e una certa aria altezzosa, se ne stava ritto oltre la soglia ad aspettarla.

"Buona serata" farfugliò Hermione al fabbricante, uscendo dal negozio con le gote imporporate. Malfoy la squadrò per un attimo con un luccichio negli occhi.

"Buonasera Granger!" Sembrava allegro, buon per lui.

"A te, Malfoy" rispose lei.

"Ti fa quest'effetto vedermi?" ridacchiò alludendo alle sue guance color pomodoro.

"Non ti fare idee strane..." lo bloccò subito. "Mi fa effetto che Ollivander mi dica di guardare fuori e veda te, dopo quello che hanno scritto..." spiegò, sulla difensiva.

Lui proruppe in una risata.

"Hai letto il Settimanale delle Streghe" osservò pacatamente.

"Tu no?" fece lei.

"Certo che l'ho fatto!" esclamò Draco in tono scocciato, come se la domanda fosse oltremodo superflua. Poi il volto si abbandonò al solito sorrisetto impertinente, che Hermione ricambiò con una smorfia.

"Magari mi sfugge l'ovvio" soffiò Hermione, assottigliando lo sguardo, "ma non capisco per quale motivo tu sia così divertito!"

"Perché è stato molto divertente".

"Parla per te!" lo contraddisse sbuffando sonoramente. "Io non mi diverto affatto quando sono costretta a spegnere il cellulare".

"Usi quella robaccia babbana?" domandò, sulla faccia lo stesso disgusto che aveva mostrato Ollivander – forse anche peggio.

"Beh, che c'è?" chiese, contrariata. "E' molto più comodo di un gufo, se lo vuoi sapere" disse stizzita.

"Ah giusto!" Draco fece schioccare la lingua, il tono caustico. "Tu sei una Sanguemarcio, me lo dimentico sempre..."

"Orgogliosa di esserlo" replicò lei fieramente.

"Lo so" Draco puntò le iridi grige nelle sue e ghignò, "ti ci chiamo solo per provocarti".

Hermione roteò gli occhi, rassegnata.

"Il lupo perde il pelo ma non il vizio, vero Malfoy?" domandò. Era una provocazione innocente, ironica; ma un'ombra oscurò il ghigno di Draco.

"No! Prima ti ci chiamavo perché ti ritenevo inferiore, un male da sradicare dal mondo magico" disse serio.

Hermione avrebbe voluto fermarlo per ricordargli che quelle cose già le sapeva e che – seppure con una certa reticenza – gliele aveva già dette anni prima.

In qualche modo, però, sentì che era giusto lasciarlo finire, perchè Hermione sapeva che Draco Malfoy non aveva ancora fatto totalmente i conti con se stesso, o comunque con la persona che era stato in passato.

"Volevo farti soffrire, pensavo te lo meritassi" continuò. "Mi hanno insegnato che un Purosangue è sempre e comunque superiore a un Nato Babbano" mormorò, "e tu prendevi voti altissimi in ogni materia, sapevi sempre tutto..."

Ad Hermione vennero in mente alcuni episodi della loro infanzia e adolescenza. Quando l'aveva chiamata Sanguemarcio per la prima volta; quando le aveva detto che se l'avesse toccato avrebbe infettato il suo sangue immacolato; o quando – da Madama Mclan – lei, Harry e Ron avevano incontrato lui e Narcissa, e Draco le aveva detto che non doveva stupirsi della puzza, dato che una Sanguemarcio era appena entrata nel negozio*.

"Draco" tentò con poca convinzione.

"Ero orribile, me ne rendo conto". Comprese che doveva aver pensato anche lui a tutti quegli episodi, ripercorrendoli con la mente.

"L'importante è che tu ne sia consapevole, no?" lo incoraggiò, la voce ferma.

"Sì, ma non posso rimediare gli errori che ho commesso" quella feroce autocritica lasciò Hermione interdetta; il tono duro che usò la colpì profondamente. Non si parlava più solo di lei, ora. Si parlava anche di quel Marchio nascosto sotto la giacca, sul braccio sinistro di quel ragazzo biondo e bello, dai lineamenti delicati eppure dalle espressioni quasi sempre dure.

"Draco, le cose non sono come allora" mormorò. "So benissimo che non hai più pregiudizi sui Nati Babbani" Draco sollevò gli occhi e li puntò in quelli caldi e scuri di lei, sollevato.

"Ma so anche che sei ancora incredibilmente fastisioso, come eri a Hogwarts. Mi hai ampiamente dimostrato entrambe le cose, cinque anni fa" ridacchiò la strega.

Il volto impassibile di Draco si sciolse in una smorfia che era l'ombra di un sorriso, ma meglio di niente.

"Ora, vogliamo andare o devo camminare da sola?" domandò Hermione con un gran sorriso. Draco ricambiò come potè e la sua espressione si distese, mentre le porgeva il braccio.





Era ancora a fianco a Draco, che, ripresosi da quella momentanea fragilità, stava facendo di tutto per risultare il più irritante possibile.

"Comunque" riprese con fare casuale, "essere Sanguemarcio non è niente rispetto ad essere Grifondoro... questa sì che è una vergogna" aveva pronunciato il nome della Casa come se dovesse sputare uno scarafaggio. "Noi Serpeverde siamo sempre stati una spanna sopra".

"Gentile da parte tua non farmelo pesare..." replicò Hermione, ridendo.

"Io sono sempre gentile!" ribattè piccato.

"Mh, fammi pensare..." finse di rimuginare un attimo. "Direi proprio di no. Non ricordo neanche una volta in cui tu sia stato gentile, se escludiamo ieri sera".

"Oh, non è vero!" protestò Draco. La ragazza inarcò un sopracciglio.

"Davvero?" ripetè, poco convinta.

"Davvero" confermò lui.

"Vuoi dirmi che a scuola eri gentile con me? Non facevi altro che insultarmi, non so se te lo ricordi... roba tipo 'Sanguemarcio Zannuta'..." gli fece presente.

"Beh, zannuta lo eri sul serio però!" ridacchiò, beccandosi una botta sul braccio. "E – ora che ci penso – sei sempre stata piuttosto manesca*" aggiunse. "E, comunque, sei sempre la solita noiosa, come allora".

"Io non sono noiosa!" protestò Hermione, mentre si avviavano discutendo per le strade, ancora piene di gente.

Ora che il momento no di Draco era passato, si sentiva molto più leggera. Una folata di vento le scompigliò ulteriormente i ricci, leggermente più elastici per via della pozione ArricciaRiccio che utilizzava ultimamente contro i suoi capelli sempre un po' crespi, con scarsi risultati.

"E dimmi" continuò lui, "sono stato scortese durante l'ultimo anno?"

Hermione lo fulminò con lo sguardo, desiderosa di sprofondare in quel momento sotto l'acciottolato delle strade di Diagon Alley.

"E questo che c'entra?" domandò, aggressiva. Lui ghignò, felice di averla imbarazzata. Metterla in difficoltà sembrava essere, per lui, lo scopo delle loro serate.

"Beh... stiamo uscendo insieme, no? Non dovrebbe imbarazzarti" disse placido.

"Mi imbarazza eccome, invece!" mugghiò Hermione. "Non è neanche tanto la cosa in sè, è più come lo dici, per Merlino! Insomma... non tirare fuori quella faccenda!" La sua intimazione, purtroppo, riuscì solo a causare una risata.

"Ora che l'hai detto la tirerò fuori più spesso, lo sai?"la provocò.

Stretta al braccio del biondo, rise sommessamente. Un'anziano stregone li fissò con curiosità, come fece una strega dal cappello a punta e dal lungo vestito prugna; probabilmente ogni persona che li squadrava doveva aver letto l'articolo del mattino, o almeno visto le foto.

"Ginny!" si ricordò improvvisamente Hermione. Lasciò il braccio di Malfoy e si mise a frugare nella borsa senza sosta finchè non estrasse il cellulare.

"La Weasley femmina?" chiese Malfoy, giusto per mostrarsi scortese nei confronti di un membro della famiglia Weasley. Non sia mai che la Granger si scordasse di aver a che fare con un Malfoy.

"Mi aveva contattata e le avevo promesso di sentirci stasera".

"E io che dovrei fare, ora?! Assistere alle vostre chiacchiere su di me?"

Hermione sbuffò e lo guardò in tralice mentre componeva il numero di Harry, che conosceva a memoria.

"Malfoy, se sono in questo casino è solo colpa tua, lo sai vero? È con te che sono uscita!" gli fece notare, indispettita. "Quindi, per cortesia, lascia che io non litighi con la mia migliore amica per colpa di uno stupido articolo".

"Ti ha dato così fastidio?"

"Mi dava dell'arrivista!" sbottò la ragazza. "Praticamente mi classificava come un'arrampicatrice sociale che vuole accalappiare un facoltoso rampollo Purosangue! Secondo te dovrei fare salti di gioia?". Draco aggrottò la fronte.

"Ma io sono un facoltoso rampollo Purosangue!" sottolineò con un certo orgoglio. "Anche bello, in effetti" aggiunse convinto.

"E piuttosto narcisista!" borbottò Hermione, prima che una voce dall'altro capo del telefono rispondesse alla chiamata.

"Pronto?"

"Harry..." constatò Hermione con una nota di panico nella voce. Aveva sperato che fosse Ginny, ma effettivamente il suo migliore amico aveva tutto il diritto di rispondere, dal momento che il telefono era suo.

"Hermione!" esclamò. Dal tono di voce – un misto di irritazione e incredulità – capì che non c'era neanche la più piccola possibilità che non conoscesse l'accaduto.

"Vorrei parlare con Ginny".

"Oh" fece Malfoy ad alta voce, "è San Potter? Tanti cari saluti!" sfoggiò il tono fintamente zuccheroso di chi sta apertamente sfottendo.

Hermione mise la mano sul telefono affinché Harry non udisse.

"Shhh! Piantala!" sussurrò, lo sguardo da orca assassina.

"C'è qualcuno con te?" chiese il suo migliore amico. "Ho sentito una voce".

"No, nessuno!" mentì prontamente. Lanciò un'occhiata truce a Malfoy, che ebbe il buongusto di tacere.

"Possibile che con la bufera che è successa tu abbia da dirmi solo 'passami Ginny'?" sbuffò, il tono più sconsolato che indignato.

"Mh, quale bufera?" tentò lei, invano.

"Stai scherzando! Sono stato contattato da mezza famiglia Weasley!" le fece presente, alzando la voce.

"Ah sì?" farfugliò, sperando in una improvvisa interferenza alla comunicazione.

"Eh sì!" esclamò Harry. "Volevano sapere cosa diavolo ci facevi a cena con Draco Malfoy e – sinceramente – vorrei saperlo anche io".

"Harry... è una faccenda complicata; penso sia meglio discuterne dal vivo. Domani sera passo da voi quando stacco, ti va bene?" fece, speranzosa.

Voleva solo che la tortura di quella chiamata privata si concludesse il più in fretta possibile, perché litigare telefonicamente con Harry Potter di fronte a Draco Malfoy sarebbe stato davvero inopportuno.

"D'accordo" grugnì l'amico.

"Riferisci a Ginny, ora devo andare" tagliò corto. Solo Godric sapeva quale astrusa spiegazione razionale avrebbe potuto imbastire il giorno seguente per convincerli a non affatturarla...

"Salutala da parte mia" aggiunse prima di mettere giù.

"Menti con la sicurezza di una Serpeverde" disse Draco, ammirato.

Hermione si vergognò di se stessa, in quel frangente. Aveva mentito senza problemi a Harry – il suo migliore amico – dicendogli che con lei non c'era nessuno. Non aveva avuto neppure un tentennamento... e Malfoy sembrava ritenere che la capacità di dire balle fosse una dote, anzichè un difetto.

"Per favore..." replicò ributtando il cellulare nella borsa; riprese a camminare diritta e distolse lo sguardo dal ragazzo biondo.

"Era un complimento" le assicurò.

"Non dal mio punto di vista" sospirò affranta. "Senza offesa" precisò.

"Non c'è problema, sono abituato alla vostra convenzionale morale Grifondoro: niente bugie, atti meschini e individualisti e bla bla bla. Com'è? Cavalleria, coraggio e nobiltà d'animo!" sciorinò come fossero doti insignificanti.

"Sì" ribattè Hermione con ironia, "Godric Grifondoro aveva questa strana idea che fossero qualità degne di nota, per un mago o una strega".

"Come ti pare, Granger" la liquidò Draco, per evitare di concludere la conversazione con un duello – anche perché avrebbe di certo avuto la peggio, contro di lei. "Piuttosto, dove ti piacerebbe andare?" domandò. Le sopracciglia di Hermione si inarcarono.

"Credevo mi stessi accompagnando a casa" affermò, presa in contropiede.

"Credevi male" ribattè lui. "Ti porto a cena fuori".

"E chi ti dice che io sia libera?" gli fece notare. Malfoy rise apertamente.

"Oh, per cortesia! Con chi dovresti essere impegnata? Un librone su come difendersi dalle Arti Oscure o un compendio in dieci tomi sulla storia della famiglia Ollivander?"

"Non hai un buon metodo per convincere le ragazze ad uscire con te!" contestò lei.

"Ma io non devo convincere le ragazze" precisò lui, ammiccando. "Devo convincere te". Hermione sbuffò, sconfitta da quel modo di fare sfiancante.

La telefonata a cui aveva assistito gli aveva completamente restituito il buonumore. Beato lui.

Le sembrava di essere tornata a scuola. All'ultimo anno, per la precisione. Nei primi sei, quelli tra lei e Malfoy non erano screzi, erano battaglie all'ultimo sangue contornate da insulti pesanti.

Maledizione al giorno in cui aveva permesso a Malfoy di avvicinarsi a lei! Ora nemmeno avrebbe saputo spiegare la situazione a Harry, dato che neppure lui conosceva la verità; ovvero che i rapporti tra Hermione e Malfoy avevano subito un'evoluzione al settimo anno.

Aveva evitato di raccontarglielo per non causare la morte prematura del giovane salvatore del mondo magico. Del resto, era uno shock che all'epoca aveva potuto risparmiargli, visto che l'avvicinamento tra lei e Draco non aveva avuto seguito, fuori dalle mura di Hogwarts. Lei si era messa con Ron, e ogni cosa era tornata esattamente come doveva essere.

Vederli di punto in bianco sul giornale doveva aver messo Harry in agitazione – lui tutta la cara vecchia Torre Grifondoro. Probabilmente gli aveva fatto dubitare della salute mentale della sua migliore amica vederla uscire con una persona che, dal punto di vista di chiunque non fossero lei o Draco, l'aveva solo vessata per sei anni.

"D'accordo, dove andiamo?" si arrese infine, smettendo di tormentarsi.

"Oh, beh... in qualche posto affollatissimo!" rispose Draco, ilare.

"A farci fotografare da giornalisti da strapazzo?" domandò, ironica.

"Ovviamente" replicò.

"Ribadisco che devi perfezionare la tua tecnica di abbordaggio, Malfoy" lo celiò.

"Ribadisco che ho già abbordato, per come la vedo" la rimbeccò.





Hermione scosse la testa, chiedensosi in che modo fosse finita a farsi sballottare come un peluche in giro per Diagon Alley, in attesa che Draco Malfoy trovasse un ristorante che rispondesse ai suoi canoni di 'decenza'.

Passando davanti ad un edicola, vide un giornaletto scandalistico a terra e lo riconobbe all'istante. Qualcuno con un po' di buonsenso l'aveva gettato via.

Non lo raccolse (non aveva alcuna intenzione di rileggere quelle idiozie) e si limitò a seguire Draco, che sembrava finalmente aver trovato un locale degno della sua regale presenza.

Si rassegnò ad entrare in un altro posto di classe, pieno di gente alla moda, proprio tipico del biondo a cui si accompagnava.

Furono condotti dall'ingresso in una sala ampia ma appartata; si sedettero ad uno dei tanti tavoli per due, apparecchiato con stoviglie pregiate e calici di cristallo. Come al solito, lei sembrava capitata lì per caso, mentre Malfoy era nel proprio elemento. Galantemente, scostò la sedia dal tavolo per farla accomodare.

Se la Hermione del secondo anno ad Hogwarts avesse visto una scena del genere sarebbe corsa in Infermeria, temendo un qualche grave malanno che provocava improbabili allucinazioni.

Si sedette, consapevole del fatto che gli occhi di mezza sala erano puntati sulla 'strana coppia', come li aveva definiti la redazione del Settimanale delle Streghe. Non che potesse dar loro torto.

"Ci fissano" gli fece notare. Lui scrollò lievemente le spalle, del tutto rilassato.

"Sono troppo attraente per passare inosservato, ma non devi essere gelosa" replicò con serietà.

La Granger alzò gli occhi al cielo; fu allora che Draco si accorse che in mezzo a tutta la gente che li guardava e parlottava, c'era anche qualcuno di loro conoscenza. Stretta conoscenza. Strettissima.

"Questo davvero non me l'aspettavo" mormorò.

"Cosa?" la Granger cadde dalle nuvole.

"Non girarti, ma qualche tavolo dietro di te ci sono Lenticchia e Lavanda Brown".

A quell'affermazione la vide agitarsi sulla sedia e muoversi scompostamente. Hermione stava pensando all'eventualità di Smaterializzarsi in Africa o in Australia, o più babbanamente di nascondersi sotto il tavolo.

No, magari questa opzione è da scartare, si disse.

Se l'avessero fotografata in una posizione simile – piuttosto fraintendibile – probabilmente non avrebbe più potuto mettere piede fuori casa.

A pensarci bene, neanche in casa, visto che abitava con Fred. Insomma, le bastava mettersi sotto il tavolo per finire a fare la barbona al London Bridge.

"Lavanda e Ron, sei sicuro?" chiese speranzosa. Il biondo sbuffò spazientito.

"Certo che sono sicuro, non sono mica quella talpa di Potty!" protestò.

Evitò di dirgli che non gradiva di sentir parlare in quei termini del suo migliore amico, sebbene Harry una talpa lo fosse davvero.

"Ci hanno visti?" si mordicchiò a sangue il labbro inferiore, pregando in tutte le lingue che anche Ron fosse diventato una talpa.

"Lei ci fissa, Lenticchia ancora no" riferì, tranquillo come se fosse la telecronaca di una partita di Quiddich. "Ora anche lui" la aggiornò.

"Andiamo via!" fece impulsiva, già pronta ad alzarsi. Draco la fermò, trattenendola per un polso e costringendola a rimettersi seduta. Lei si sentì idiota per quella mancanza di sangue freddo. Godric! Era solo Ronald Weasley, non un'Acromantula.

"Troppo tardi; Lenticchia si è alzato: viene verso di noi" dichiarò il biondo con noncuranza.

"Oh no!" mormorò Hermione, sconsolata. Il mercoledì era appena stato ribattezzato come 'Maledetto Mercoledì' nella sua testa, quando un Ron Weasley poco allegro si palesò davanti a lei.

Erano molti mesi che non lo vedeva, e di certo non era così che aveva immaginato il loro incontro dopo tutto quel tempo.

Loro due e Draco Malfoy.

No, decisamente non era così che doveva andare.

Pensava più a qualcosa di cordiale e pacifico, magari alla Tana, più in là nel tempo. Aveva persino pensato – qualche volta – a come sarebbe stato incontrarsi con Ron se tra lei e Fred fosse scattato qualcosa; ma non era scattato assolutamente niente, quindi lei era doppiamente idiota.

La Tana, i Weasley, Fred. Il collegamento era stato fulmineo nella testa di Hermione, ma come era venuto – prepotente e insensato – fu ricacciato indietro nei suoi pensieri. Di certo Fred Weasley era l'ultima questione da porsi in quel frangente.

"Ehi!" esordì, la voce leggermente tremula.

"Ciao, Ronald" replicò, molto più fredda di quanto non desiderasse risultare.

"Come va?" Hermione vide chiaramente Draco trattenere uno sbuffo. Probabilmente stava riflettendo su quanto banale potesse essere la conversazione di Lenticchia, a giudicare dalla sua faccia.

"Bene, tu?" rispose, stavolta più cordiale.

"E' tutto ok" le disse. Non avrebbe mai pensato di poter avere uno scambio di parole così glaciale con Ronald, anni prima.

Erano tante le cose che non avrebbe mai pensato, in realtà. Si ritrovava spesso a dirselo, negli ultimi tempi.

"Con Lavanda?" lo stupì con quella domanda, tra l'altro pronunciata con tono pacato e cortese. Ora che il primo momento era passato, la voce di Hermione suonava meno metallica.

"Mh... tutto a posto" rispose, le orecchie rosse dall'imbarazzo.

Fu allora che Hermione si accorse con sgomento di non essere più imbarazzata. Lavanda o non Lavanda, non le interessava per niente. Teoricamente avrebbe dovuto essere ferita – o almeno un po' rancorosa – nel parlare della donna con cui Ron l'aveva tradita, ma non provava nessuno dei due sentimenti.

"Sono contenta per te" disse, sincera.

"Grazie, immagino" replicò piano, sempre più sorpreso. "Io... ehm... vi lascio alla cena... Malfoy... Hermione..." si congedò con un gesto secco verso il biondo e riguadagnò la strada verso il proprio tavolo.

"Direi che ci ha messo un po' per accorgersi della mia presenza" sputò fuori Draco.

Hermione si sorprese a ridere di quel tono seccato.

"Che prima donna! Ti sei sentito trascurato, Furetto?" lo prese in giro.

Le scoccò uno sguardo a dir poco torvo e represse un brivido ripensando al momento in cui il falso Malocchio Moody l'aveva Trasfigurato in un furetto* per punirlo della sua insolenza. Mascherò quel disagio infantile con una risatina nervosa e si ricompose.

"No" le rispose sornione, "ma non tollero che mi si rubi la scena quando cerco di fare colpo".

"Sei più idiota di quanto ricordassi" rimbeccò Hermione, scuotendo il capo.

"E' sempre bello sentirti parlare di me" replicò ironico.

"Taci e ordina, Malfoy, ho una fame da lupi".

"Ti prego, non dirmi che oltre ad avere il sangue poco pulito sei anche affetta da licantropia!" esclamò. "Devo controllare se la luna è piena?" le chiese, fingendosi preoccupato.

"MALFOY!" lo richiamò Hermione a denti stretti, fulminandolo con lo sguardo. Lui sembrò soddisfatto; riprese il menù tra le mani con espressione concentrata e disse:

"Fanno un tiramisù da paura, qui dentro".

Forse il mercoledì non è così maledetto, si disse Hermione. Non se qui fanno il tiramisù, perlomeno.

Non poteva sapere quanto si sbagliava.







NOTE AL CAPITOLO


1) Non ho la minima idea di quale legno sia costituita la bacchetta di Fred Weasley, però, dato che il peccio è davvero (ormai sono informatissima) il legno delle bacchette per persone con gran senso dell'umorismo, ho pensato fosse adatto a lui.

2) Non credo che Ollivander abbia una sorella. In realtà penso avesse una moglie e due figli (una morta) o qualcosa del genere. Ma per me è solo – cosa poi non tanto lontana dal vero secondo me – e sempre preso dal lavoro di una vita. Pertanto l'unica parente di cui l'ho fornito è una sorella. Non che sia rilevante ai fini della storia, comunque. È solo per amor di chiarezza.

3) La scena a cui mi riferisco è quello all'inizio del sesto libro (Harry Potter e il Principe Mezzosangue) in cui Draco e il trio protagonista si incontrano a Diagon Alley da Madama Mclan e lui offende – come sempre – Hermione per il suo sangue e la disprezza di fronte a Narcissa e alla negoziante, cosa che scatena l'ira di Harry e Ron, prudentemente frenati dalla Sanguemarcio in questione.

4) Ovviamente con il 'manesca' Malfoy si riferisce all'episodio – accaduto durante il loro terzo anno ad Hogwarts – in cui Hermione lo schiaffeggia (so che nel film gli tira un pugno, ma nel libro lo schiaffeggia).

5) Stiamo parlando dello storico momento del Calice di Fuoco in cui il Mangiamorte Barty Crouch Jr. (sotto mentite spoglie) trasforma Malfoy in un Furetto.








ANGOLO AUTRICE


Questo capitolo è piuttosto lungo ed è stato difficile scriverlo, motivo per il quale gradirei un commento da parte vostra. Avevo avvisato che i giornaletti scandalistici avrebbero di nuovo dato fastidio a Hermione. E così è stato. Ron... primo incontro dopo un anno e si sono detti davvero poche parole, ma almeno non ci sono state scenate – i miei personaggi dopotutto non sono così tanto idioti, a quanto pare. Ciò non toglie che lo siano in buona misura.

A proposito di 'buona misura', cerco sempre di bilanciare bene le parti con Ollivander e quelle della situazione privata di Hermione, spero che sia un'intenzione riuscita... Che ve ne pare del rapporto che si sta creando tra lei e Ollivander, ma soprattutto... tra lei e Malfoy? Ora che tutti sanno che escono insieme, poi.

Fred non compare in questo capitolo, si è chiuso in silenzio stampa a quanto pare... o si sta solo facendo desiderare. Nel prossimo, potete credermi, ci sarà :) Cosa farà secondo voi? Sarà così buono da spiegarci il perché del proprio comportamento? (Sappiate che i miei personaggi agiscono di loro volontà, quindi io non mi assumo responsabilità).

Alcuni di voi hanno avanzato l'ipotesi dell'Amortentia o della Maledizione Imperius, altri che sia frenato per l'idea che con Hermione sarebbe un rapporto complicato.

Sarà una delle tre opzioni? Tre su tre? Zero su tre? E chi lo sa...

Queste sono le domande, la risposta è la storia.

Un bacio gente! :*

Jules


p.s. ringrazio tutti coloro che pazientemente hanno trovato stratagemmi per riuscire a leggere la storia nonostante il sito sembri intenzionato a sabotarmi, impedendo a non poche persone di visualizzare e anche recensire. Ringrazio chi, nonostante l'impossibilità di recensire, mi ha scritto in privato per darmi il suo parere. Sentitevi liberi di farlo se il sito non vi permette di recensire la storia, mi fa solo piacere sapere cosa ne pensate de "L'apprendista di Ollivander".

Comunque, visto che i numerini salgono, chi può non sia timido e recensisca :D


A presto!


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Capitolo 18
*** Not the only one ***


Salve gente :D

Sono tornata all'ovile. Spero di esservi mancata almeno un po' e che vi ricordiate ancora di me (cioè della mia storia). Non ho avuto blocchi dello scrittore o roba simile, semplicemente un periodo molto complicato con problemi sia tecnici sia personali (talmente tanti da fare invidia a un orfanello dei romanzi di Dickens). Detto ciò, vi lascio alla lettura, con la speranza di conoscere il vostro parere su questo capitolo.

p.s. ringrazio tutti coloro che hanno letto/recensito lo scorso capitolo :)






CAPITOLO DICIASSETTE – Not the only one


You say I'm crazy
'Cause you don't think I know

What you've done
But when you call me baby
I know I'm not the only one*




Dopo l'incidente Ron, niente interferì più con la realizzazione della serata programmata da Draco: cena a lume di candela, completa di dolce e ben innaffiata con Vino Elfico di prima qualità. Del resto, sul fatto che il biondo sapesse come trattarsi, Hermione non aveva mai nutrito alcun dubbio.

Prima di uscire dal ristorante, fece un cenno al tavolo di Ron e Lavanda, con il cuore ormai sgombro da qualsiasi sentimento negativo avesse provato in passato verso la coppia. Si disse che quella serata era andata proprio per il verso giusto, e concluse che il mercoledì non era poi così maledetto. Di nuovo, era in errore.

"Allora Granger" flautò Draco, porgendole il cappotto e aiutandola ad infilarlo, "pensi ancora che io sia una persona scortese?" Hermione sorrise nell'udire quel tono mellifluo. Uscirono dal locale e la strega si strinse nella sciarpa, infreddolita.

"Penso che tu sia cortese solo quando devi ottenere qualcosa, Malfoy" gli rispose, lievemente canzonatoria. "Sei il ritratto del Serpeverde modello..."

"E ne sono fiero!" ribattè Draco, altezzoso.

"Non dovresti uscire con una Grifondoro, allora".

"Oh, sì che devo, invece!" mormorò suadente. "Dove vuoi che ti porti, ora?"

"A casa" rispose lei, ignorando il tono provocatorio. "Non voglio rischiare di essere paparazzata ancora; credo che per ora abbiamo dato abbastanza spettacolo".

"Ma..."

"Niente ma, Malfoy! Devo andare a dormire: sono esausta!" disse perentoria, incamminandosi in direzione dei Tiri Vispi Weasley.

"Quando ci rivediamo?"

"Non domani sera".

"Già... vai a casa dello Sfregiato..." mormorò ricordando la conversazione telefonica con Ginny.

"Senti" sbottò Hermione, "se devi attribuire appellativi offensivi ai miei amici, ti prego di non nominarli proprio" lo rimbroverò. "Non mi pare che io chiami la Parkinson, Goyle o Zabini con soprannomi del genere". Draco scoppiò a ridere.

"Ma tu sei un nobile spirito Grifondoro, mentre io un freddo e crudele Serpeverde" fu la replica. "C'è una bella differenza, no?"

"Ci rinuncio..." biascicò Hermione, frugando nella borsa per cercare le chiavi di casa, visto che ormai erano fuori la porta dell'appartamento.

"Mandami un gufo quando puoi, Granger!" le raccomandò caldamente. "So che sei una donna molto impegnata..." La stava palesemente prendendo in giro.

Gli scoccò un'occhiata torva, per poi estrarre le chiavi dall' immensa borsa e infilarle nella toppa.

"Non so; guarderò l'agenda, Malfoy" replicò con una punta di ironia.

Draco ridacchiò e le augurò la buonanotte; si voltò e scomparve nella nebbiolina notturna che era pian piano salita.





Hermione si chiuse la porta alle spalle, pensando che per quella giornata ne aveva avuto abbastanza della vita. Voleva solo andarsene a letto e dormire fino all'estate, quando il tempo sarebbe stato clemente anche nel Paese della Famiglia Reale, di solito non molto soleggiato.

Non fece in tempo a fare due passi in corridoio che si ritrovò davanti un Fred Weasley dall'aria piuttosto irascibile. Un atteggiamento che, riflettè, avrebbe trovato insolito fino a qualche giorno prima, ma che ora le pareva quasi naturale.

"Ciao" lo salutò compassata.

"Ciao a te" rispose, decisamente distaccato.

Questa è sicuramente la serata delle conversazioni illuminanti!

Ripensò all'incontro con Ronald e al loro scambio di cubetti di ghiaccio mascherati da monosillabi, scoprendo che gli occhi castani di Fred le facevano un altro effetto, rispetto a quelli azzurri di Ron. La freddezza tra lei e il suo ex poteva risultarle triste, ma quel gelo che era sceso tra lei e Fred era insopportabile.

Osservò attentamente l'espressione di lui, visto che non si decideva a parlare; fu così che notò il segno del passaggio di Sally.

"Hai una macchia di rossetto sulla guancia..." tentò di riportare la notizia con tutta la calma possibile, ma il tono era infastidito e la voce uscì più stridula del previsto.

Lui la guardò sorpreso e si strofinò distrattamente la guancia sinistra nel punto da lei indicato, vicino alla bocca, sforzandosi di mostrarsi meno imbarazzato di quanto in realtà non fosse.

"Sei una celebrità" esordì, curvando le labbra in un sorriso cupo.

"Te ne accorgi ora? La mia faccia è tra le Cioccofigurine" replicò lei, prendendo tempo. "E finché i bambini scarteranno Cioccorane, la mia vita avrà ancora un senso" disse, ricalcando le parole che un tempo aveva pronunciato Silente*.

Fred sembrò sul punto di ridere, ma Hermione riuscì quasi a vedere il sorriso spegnersi all'angolo della sua bocca. Evidentemente qualcosa l'aveva fatto desistere.

"Parlavo del giornale" disse invece, a denti stretti.

Ecco... disastro nucleare tra tre, due, uno...

"Ah" commentò con tutta calma. Calma apparente, ovviamente.

Fred assottigliò gli occhi e serrò la mascella, evidentemente urtato da quella replica decisamente troppo laconica.

"Ah? Esci con Draco Malfoy e l'unica cosa che hai da dire è ah?"

Hermione riflettè fra sè. Sicuramente avrebbe avuto molte altre cose da dire, ma una meno indicata dell'altra – a cominciare da come era iniziata la sua frequentazione con Draco, per finire ai loro trascorsi.

"Direi di sì" rispose, vaga. Non gliel'avrebbe data vinta, nossignore. Fred non aveva alcun diritto di intromettersi nella sua vita; nessuno ce l'aveva.

"Anche stasera, vero?" Hermione annuì semplicemente. Negarlo sarebbe stato insensato, dal momento che Ron – e un altro mucchio di gente – li aveva visti insieme. Inoltre, non c'era proprio niente di cui lei dovesse rendere conto a Fred Weasley. Lui aveva scelto di non prendere in considerazione il loro bacio, e lei aveva fatto altrettanto.

"Ormai siete in simbiosi" osservò, un sorrisetto caustico dipinto in volto. "Avete intenzione di rilasciare interviste in coppia?" Hermione decise di non rispondere alla provocazione e fece spallucce in maniera plateale.

"Siamo solo usciti insieme un paio di volte, niente di più e niente di meno".

Erano ancora sulla porta, e avrebbe tanto voluto spogliarsi e andare a letto, anzichè sorbirsi quella specie di terzo grado da parte di Fred.

"Tre volte*" precisò, puntiglioso.

Hermione ignorò nuovamente le parole del ragazzo, ma stavolta solo perché aveva notato un lento ma pericoloso avvicinamento da parte di questi.

È la mia bocca, che sta guardando?, si chiese.

"Non vedo come la cosa possa interessarti" farfugliò, cercando di restare lucida.

"Mi interessa eccome, invece" replicò lui; ma Hermione sentiva la sua voce come se fosse ovattata. Più le si avvicinava, e meno le sembrava di possedere la capacità di ragionare lucidamente – cominciava a chiedersi se l'aveva mai davvero posseduta.

Sta proprio guardando la mia bocca, miseriaccia!

Forse poteva ancora ritrarsi verso la porta, imboccarla e scappare, visto che la via per il piano di sopra era ostruita dalla presenza di Fred. Non avrebbe dovuto stare così vicino a lei, dannazione!

Doveva scansarsi di lì, e alla svelta.






Fred si stava accostando inesorabilmente al suo viso, con la chiara intenzione di baciarla, e Hermione per un attimo aveva pensato di lasciarsi andare.

Fred procedeva lentamente alla conquista di quel piccolo angolo di paradiso – le labbra di lei – quando nella mente della strega balenò l'immagine di lui avvinghiato a Sammy Fortebraccio. All'improvviso si ritrasse come scottata. Lo guardava come se non l'avesse mai visto. Chi era il ragazzo davanti a lei? Cosa voleva?

Essere amanti ma frequentare due persone diverse non era nei piani di Hermione e, soprattutto, non era eticamente corretto. Sentì nella propria testa le parole di Malfoy a proposito del suo nobile spirito Grifondoro.

Ma la questione, si disse, non era nemmeno essere una Grifondoro o meno. Lei era Hermione Granger: di segreti e problemi ne aveva abbastanza.

"No" mormorò seccamente.

"Cosa?" chiese Fred. Sembrava confuso; tirò indietro la testa di scatto, per osservarla in volto.

"Questo..." Hermione indicò i loro corpi a breve distanza, "questo è sbagliato!" calcò appositamente sull'aggettivo.

Se per lui un bacio – quel bacio – non significava niente (Hermione aveva già avuto la conferma che fosse così), altrettanto non si poteva dire per lei.

Aveva usato un tono dispiaciuto, ma anche vagamente risentito – non sapeva bene se con Fred o con se stessa.

Lui non si spostò, ma Hermione non diede cenno di cedimento. Se avesse mollato in quel momento, se si fosse abbandonata all'istinto, sarebbe andata a finire male.

"E' per Malfoy?" sbottò Fred. "Sei innamorata?" lo chiese con rabbia, come se fosse qualcosa di orribile e di ingiusto. Hermione distolse lo sguardo, vagamente a disagio per quella domanda così personale, così banale, così tremendamente fuori luogo. Sì, fuori luogo.

"Anche se fosse, non è questo il punto" gli fece notare.

"E quale sarebbe il punto?" Hermione roteò gli occhi spazientita dalla superficialità che Fred stava dimostrando in quella circostanza. Ma – del resto – cosa si poteva aspettare da lui?

"Non mi piace tenere i piedi in due staffe" ribattè sicura, "a differenza tua".

"Prego?" fece lui. Hermione aveva avuto cura di sottolineare le ultime due parole, e Fred ne stava chiedendo conto.

"Esci con Sammy..."

"Sally" la corresse sottovoce. Hermione lo gelò con lo sguardo, ignorando la precisazione.

"...e vuoi baciare me" si stava sforzando per mantenere un tono ragionevole. "Come lo chiami se non tenere i piedi in due staffe?"

Per tutta risposta, il ragazzo scrollò le spalle e diede in una risata troppo distaccata e artificiosa, per appartenere a lui.

"Che c'è? Sei gelosa, Granger?" chiese con fare provocatorio.

Maledizione, certo che sì!

"A me pare che quello geloso sia tu!" rispose pungente. "Sei stato tu a tirare in ballo Draco" gli fece notare. "Anzi, fammi la cortesia di non metterlo in mezzo".

"Oh, scusa allora! Chi te lo tocca, il tuo Dracuccio!" disse, sprezzante e sarcastico allo stesso tempo. "A quando le nozze?"

"Per favore!" sbottò lei. "Non essere ridicolo".

"Siete sul giornale!"

Dannazione a quella rivista! Ora tutto il mondo era convinto che lei e Draco fossero pronti al matrimonio.

"L'hai già fatto presente, ci sento benissimo" lo rimbeccò. "E comunque l'unica cosa vera in quell'articolo sono le foto. Non che io ti debba spiegazioni, sia chiaro, ma io e Draco siamo usciti insieme; non ci sono fiori d'arancio, anelli di fidanzamento, nè coppiette felici. E' una... frequentazione, punto" concluse.

"Senti..." iniziò lui.

"No, senti tu!" lo interruppe, puntandogli un dito contro. "Io di Weasley ne ho le tasche piene stasera, davvero! Sarà meglio che vada a dormire" e si dileguò prima che Fred avesse il tempo di ribattere, lasciandolo solo nell'ingresso, come un perfetto idiota.

Hermione percorse le scale di corsa – le assi di legno scricchiolarono parecchio – e si infilò in stanza, intenzionata a restarci fino alla resurrezione di Voldemort – ovvero per l'eternità.

Fuori l'aspettavano solo problemi, mentre lì dentro era al sicuro insieme alla montagna di libri sugli scaffali.

Davvero pensava di farla sentire in colpa per essere uscita con Draco, dopo quello che aveva fatto? Era tornato in anticipo, quel dannato martedì sera, e – dopo che qualche giorno prima aveva baciato lei – l'aveva trovato a limonare la moretta della gelateria Fortebraccio! E ora cosa voleva; farla sentire responsabile? Non doveva rispondere a lui di quello che faceva, o di chi frequentava. Erano solo affari suoi.

Se in passato erano stati amici, e se da ultimo aveva pensato potessero essere qualcosa in più, ora non vedeva nulla per loro. Nessuna possibilità per un rapporto che non era nè carne nè pesce e che oltretutto si stava sgretolando – le pareva che le sfuggisse via dalle mani come sabbia finissima.

Non c'era niente che potesse fare; non sarebbe stata la ruota di scorta di Fred Weasley mentre lui usciva con Sally. Nella sua testa quell'opzione non era contemplata; se non poteva essere l'unica, preferiva non essere niente.

Si rannicchiò tra le coperte, accusando tutta la stanchezza della giornata in un sol colpo. Svuotò la mente scivolando lentamente in un sonno profondo – e una silenziosa stilla di frustrazione andò a toccare il cuscino.




Ammutolito dall'indignazione con la quale Hermione gli aveva rinfacciato la sua frequentazione con Sally – non gli sembrava che le due cose fossero paragonabili: Sally non era Draco Malfoy. Perché non era gelosia, la sua.

È più il fatto che sia Malfoy, no?, si disse.

No, Fred!, gli rispose la voce di George, presente nella sua testa nei momenti meno opportuni.

Per l'amor di Merlino, sta' zitto! Non sei d'aiuto.

D'accordo, doveva riconoscerlo: era geloso. Certo, il fatto che fosse Malfoy andava a peggiorare notevolmente la situazione, che però non sarebbe cambiata se al suo posto ci fosse stato un altro uomo. Fred era geloso di Hermione.





Il roscio rimase lì per cinque minuti buoni, prima di muoversi.

Appena si fu ripreso, mosse qualche passo verso la cucina, dove si versò del Whiskey Incendiario e si sedette a riflettere. Guardava il bicchiere pieno di liquido ambrato come se fosse un rompicapo, mentre era lei ad apparire come tale ai suoi occhi.

Erano giorni che non si parlavano; e il primo patetico tentativo di approccio era miseramente naufragato.

Perché la Granger si era comportata così? Con che coraggio faceva la ramanzina a lui quando era stata lei ad iniziare? Lui l'aveva vista, per Merlino!

Quella sera, dopo il bacio e il viaggio in Perù, era tornato in anticipo per farle una sorpresa. Non pretendeva che gli buttasse le braccia al collo solo per un bacio, ma di sicuro non si aspettava di vederla a cena con Malfoy. I ricordi gli affollarono la mente, riportando a galla la rabbia che l'aveva accecato da subito.






Uno stanco ma allegro Fred Weasley, di ritorno dal viaggio in Perù – dove peraltro aveva acquistato Polvere Buiopesto ad un prezzo stracciato – passeggiava per le strade di Diagon Alley, diretto a casa. Si era Smaterializzato vicino a Fortebraccio*, dove Sally - nipote di Florian e ora responsabile del posto - gli aveva fatto gli occhi dolci per tutto il tempo, come ogni volta che ci metteva piede. Ma Fred era lì per comprare un dolce e portarlo alla Granger.

Sapeva che le piacevano i dolci, specie quelli al cioccolato*. Sapeva tante cose di lei. Si era sorpreso a sorridere; non vedeva l'ora di... di fare cosa? Abbracciarla, baciarla? Entrambe le cose, a dire il vero. Se solo avesse saputo cosa c'era realmente tra loro.

Prima di partire si erano baciati, ed era stato fantastico; ma ora?

Come doveva considerarla? E lei, lo considerava ancora solo il fratello del suo ex, un coinquilino o, peggio, un amico? Sperava proprio di no.

Le domande gli scorrevano nella testa e lo distraevano perfino da ciò che lo circondava, almeno fino ad un tratto della strada illuminato da una luce soffusa, proveniente da un ristorante. Era un posto di classe, anche se non eccessivamente lussuoso, e gli era venuto quasi spontaneo sollevare lo sguardo, attratto da quella luce rosata. Un momento dopo, si era già pentito di aver alzato gli occhi.

Oltre la vetrata, lontana anni luce eppure a pochi metri, c'era lei.

Con Draco Malfoy. La Granger e Malfoy.

Doveva essere un'allucinazione.

Malfoy, con la mano poggiata sopra quella di Hermione, le stava mormorando qualcosa di personale, quasi intimo. Lei sembrava imbarazzata, cosa che fece sentire Fred ancora peggio.

Aveva sbattuto le palpebre più volte, convinto che quell'immagine sarebbe sparita. Probabilmente era un Molliccio che si prendeva gioco di lui, o una proiezione della sua fantasia sovraeccitata. Magari collaudare troppa Polvere Buiopesto portava effetti collaterali, pensò.

Ma niente: loro continuavano a stare lì oltre il vetro, in bella mostra a chiunque passasse, come pesci in un acquario.

Come se loro due non si fossero baciati appassionatamente solo qualche giorno prima. Come se quello non fosse Draco Malfoy, la serpe che l'aveva insultata per anni. Come se lui – Fred Weasley – non contasse niente.

Si era riscosso, realizzando che non poteva passare la serata a fissarli. Lanciato un ultimo sguardo al viso di lei, senza riuscire a interpretarne l'espressione, tirò dritto per la propria strada.

A passo svelto vagò per le note vie di Diagon Alley, dove ormai si svolgeva tutta la sua vita. Senza sapere perché, era tornato sui propri passi, verso Fortebraccio.

In quel momento Sally stava chiudendo la bottega, e nella testa di lui balenò un'idea insana e vendicativa, per niente in stile Fred Weasley – per quanto di idee insane e vendicative lui e George se ne intendessero. Non la trovava una cosa lusinghiera per se stesso, ma la sete di rivalsa era così forte che cedette all'istinto di placarla.

"Ehi" Sally fece un gran sorriso. "Sei insoddisfatto del dolce?" alludeva al pacchetto che ancora stringeva in mano. Fred prese un respiro, due, tre; poi parlò. Non era insoddisfatto del dolce, no. Era lì per porle una domanda.

"Ti va di bere qualcosa?" chiese semplicemente. Inizialmente Sally l'aveva scrutato come se si aspettasse uno scherzo o qualcosa di simile, stupita da quel modo di fare fin troppo diretto – per un attimo Fred pensò che avrebbe rifiutato e che il suo brillante piano di vendetta sarebbe andato a rotoli, ma così non fu. La ragazza sembrò soppesare la proposta e infine rispose:

"Perché no?"





Ripensando a quella serata, Fred non faceva altro che avercela ancora di più con la Granger! Sapeva cosa Hermione aveva fatto – e l'aveva fatto prima che lui chiedesse a Sally di uscire. Ad ogni azione corrisponde una reazione, no? E la sua era stata la ripicca, anche se non ne andava particolarmente fiero.

Inoltre, uscire era un parolone, visto che fin da subito Fred aveva chiarito che non voleva una relazione, e a Sally stava bene così. Se avesse avuto anche il più piccolo sentore di poterle davvero fare del male, avrebbe lasciato perdere.

Non era il tipo d'uomo che illude deliberatamente una donna solo per vendicarsi di un'altra. Perché sì, quella nei confronti della Granger era una vera e propria vendetta – e non si sentiva per niente meglio, a compierla. Anzi, si sentiva colpevole. Perché ci si sentisse, non gli era chiaro, quando la Granger era sul giornale insieme a Malfoy.

E il peggio, riflettè versandosi altro whiskey, era che in quel momento avrebbe solo voluto essere al posto di Malfuretto. Se solo Hermione avesse dato cenno di ripensamento e lo avesse mollato, lui sarebbe stato la persona più felice sulla Terra.

Possibile che fosse bastato un bacio per mandargli il cervello in pappa e la dignità fin sotto le scarpe?!

Evidentemente sì, gli era bastato.

Riempì nuovamente il bicchiere di Whiskey Incendiario e lo buttò giù: si sentiva un cowboy da film western babbano, lì seduto a sorseggiare whiskey. Si alzò lentamente e posò il bicchiere nel lavabo.

Sei un triste e patetico clown, Fred Weasley!, mugugnò una vocina nella sua testa, mentre saliva le scale e andava a coricarsi.





Quel giovedì iniziava già male; Hermione si era alzata con un cerchio alla testa, che non sembrava volersene andare. Si era preparata in fretta ed era uscita di casa solo dopo aver sentito la porta d'ingresso sbattere sonoramente.

Fantastico, pensò tristemente; ora lei e Fred avrebbero ripreso ad ignorarsi reciprocamente.

Come ogni mattina, raggiunse a piedi la bottega di Ollivander. Entrò e i sonagli sulla porta la accolsero col solito tintinnio.

"Salve Hermione".

"Buongiorno".

"Sei di nuovo sul giornale" la informò, senza un minimo di riguardo per lo shock che la rivelazione improvvisa le avrebbe potuto provocare.

"COSA?" disse con voce strozzata. "Ma oggi è giovedì!"

"Infatti sei sulla Gazzetta del Profeta, non sul Settimanale delle Streghe" precisò, porgendole il giornale. "Vai alla pagina della cronaca mondana" le disse.

Come se non fosse già abbastanza imbarazzante comparire sulle riviste un giorno sì e l'altro pure, si accorse che Ollivander stava sogghignando allegramente. Hermione scorse i fogli del giornale fino alle ultime pagine.

In bella vista, con tanto di foto correlata, troneggiava un altro articolo sulla serata che aveva passato in compagnia di Malfoy.

Sbuffò sonoramente; ma i giornalisti non avevano proprio altro da pubblicare che articoli sulle loro uscite?

Non poteva credere che avessero così poca fantasia, per Godric!

"Ci risiamo" esclamò imbestialita. "Di nuovo con questa storia dei fiori d'arancio!"

Non sapeva se poteva reggere quella pressione psicologica – ed erano passati solo pochi giorni. Non voleva più vedere una pagina di quella robaccia, così accartocciò il giornale prima di realizzare che apparteneva a Ollivander.

"Mi scusi, glielo ricompro" fece, mortificata.

"Non ha importanza; la Gazzetta è caduta così in basso che non dovrei neppure acquistarla. Piuttosto, apprendista, mettiti al lavoro!" le intimò guardandola in tralice; in realtà stava ridendo sotto i baffi per quella reazione impulsiva.

Hermione non se lo fece ripetere due volte, desiderosa com'era di non pensare ad alcun uomo che non fosse un cliente o Garrick Ollivander – era sempre più convinta che, tra le sue frequentazioni, fosse l'unico esemplare di sesso maschile con un po' di comprendonio.

La giornata le sembrò fin troppo corta, con la prospettiva della cena da Harry e Ginny – e le mille domande che le avrebbero di sicuro rivolto.

L'unica consolazione era che non potevano chiederle niente di Fred, dato che nessuno sapeva. Continuò a pensare all' articolo su lei e Draco anche mentre serviva i clienti, e i risultati furono scadenti.

Un' anziana strega dal mantello color porpora venne a ritirare la propria bacchetta, ma tornò indietro cinque minuti dopo, lamentandosi di uno scambio che Hermione aveva commesso per errore.

"Badi meno ai giovanotti e di più alle bacchette, signorina!" aveva grugnito acidamente, prima di marciare fuori dal negozio. Hermione pensò che quella frase non era esattamente priva di doppi sensi, ma decise di concentrarsi sul lavoro e smettere di rimuginare.

Molte persone si avvicendarono nel piccolo negozio polveroso, come al solito stipato di scaffali e scatole piene di bacchette – dietro alle quali c'era l'immenso lavoro di cui ora anche Hermione era stata messa a parte. Non era cambiato granchè negli anni, quel luogo. Conoscerlo così bene, Hermione lo considerava un privilegio. Quel giorno più che mai, non sarebbe voluta uscire di lì per tutto l'oro del mondo.

Alla sera, salutò Ollivander e – prima di Smaterializzarsi – gettò un'occhiata all'unica bacchetta adagiata su di un cuscino porpora in vetrina; e una all'insegna sbiadita in lettere dorate, identica a quella che aveva scorto la prima volta in cui aveva messo piede a Diagon Alley, a soli undici anni.












NOTE AL CAPITOLO*



1) La strofa riportata all'inizio del capitolo da I'm not the only one di Sam Smith, facente parte dell'Album In the lonely hour (ne sconsiglio caldamente l'ascolto se si è già tristi per conto proprio, però ci stava bene).



2) Ne L'Ordine della Fenice Silente viene rimosso da un mucchio di incarichi importanti (in quanto Cornelius Caramell è convinto che Albus voglia rovesciare il suo mandato al Ministero e prendere il suo posto) ma lui dice che, finché non gli tolgono il suo posto tra le Cioccofigurine, per lui va bene. Ho immaginato che Hermione ricalcasse affettuosamente la sua osservazione.



3) Tre volte: Hermione non fa caso alla precisazione, che Fred fa involontariamente, perché la prima volta in cui sono usciti non ci sono state foto, ma lui li ha visti al ristorante. In realtà, come noi sappiamo, non era un vero appuntamento, perché Draco era comparso all'improvviso proprio per chiederle di frequentarsi.



4) So che Fortebraccio è una gelateria, ma non siamo in estate e quindi ho immaginato che potesse essere convertita in una pasticceria nei mesi non troppo caldi. Ci sono gelaterie così, e poi mi serviva.



5) Non so se Hermione impazzisca per il cioccolato, ma io sì. Poi, a chi non piace il cioccolato?






SPAZIO AUTRICE


Ciao gente!

Fred è tornato alla carica, alla fine. E si è spiegato anche il perché del suo comportamento schizzoide. È stata una reazione impulsiva a quello che ha visto. Quindi, c'è stato un grande equivoco. Sia Fred che Hermione hanno fatto qualcosa per vendetta, o per ripicca. Ora, la differenza tra le due situazioni è palese.

Per Fred la cosa non ha avuto seguito, perché non prova niente per Sally.; invece Hermione e Draco hanno confidenza e un passato alle spalle – a differenza di quello che crede Fred e il resto del mondo magico (probabilmente l'ha presa per pazza, non sapendo del cambiamento avvenuto al settimo anno).

Quindi Fred si è dato la zappa sui piedi da solo, e bisogna vedere se la cosa gli si ritorcerà contro definitivamente o meno.

Del resto, negli ultimi capitoli abbiamo visto spesso Draco e Hermione insieme. Perciò, come si dice: una botta al cerchio e una alla botte. La mia intenzione è sempre stata tenervi sulle spine per un bel po'... finora ce l'ho fatta, penso.

Nel prossimo capitolo Hermione vi delizierà con un paio di flash back del settimo anno, che faranno intravedere ciò che è successo. A presto con la cena da Harry!

Baci baci :*

Jules



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Capitolo 19
*** La verità, Hermione ***


Questo è un capitolo più introspettivo, pieno di ricordi; penso ci volesse. Spero vi levi qualche curiosità, ma ogni dubbio si scioglierà completamente tipo al penultimo capitolo. Spero vi soddisfi (lasciatemi un commento in merito; a questo capitolo ci tengo veramente tanto).

Buona lettura gente!





CAPITOLO DICIOTTO – La verità, Hermione




La verità è una cosa meravigliosa e terribile,

e per questo va trattata con grande cautela.

Albus Silente





Bussò piano alla porta del magico edificio in Grimmauld Place n.12, quasi sperando che Harry e Ginny non udissero i suoi colpi sordi, in modo da non doverli affrontare. Non era mai stata così poco entusiasta di entrare in casa Weasley-Potter.

Un ragazzo magro e occhialuto, i cui occhi verdi mostravano profonde tracce di irritazione, aprì e si scostò di lato per lasciarla passare.

Non ha parlato, cattivo segno.

"Harry..." pigolò Hermione, già in difficoltà.

Entrò a testa bassa nell'ingresso e percorse lo stretto corridoio, diretta al salotto in cui di solito Ginny ed Harry passavano la maggioranza del tempo. C'erano molte sale dove potersi stravaccare su un divano e chiacchierare o prendere il tè, ovviamente. In effetti, quella casa era troppo grande per due sole persone, e alcune stanze restavano sempre chiuse ed inutilizzate. Hermione alzò il volto per incontrare gli occhi dell'amico.

"La verità" disse il ragazzo. "Qualsiasi cosa tu debba dire, fa che sia la verità".

La ragazza storse la bocca e si morse la lingua, trattenendosi per non peggiorare la situazione, quando la porta del salotto si spalancò lasciando uscire Ginny e Ron Weasley, entrambi evidentemente piuttosto seccati dalla conversazione che avevano appena sostenuto.

Hermione fu alquanto stupita di vederlo lì, ma non provò imbarazzo. L'incontro della sera prima le aveva fatto un gran bene; riuscì perfino a sorridergli. Forse, si ritrovò a pensare, un giorno sarebbero anche potuti tornare amici.

"Mh... ciao" la salutò Ron, rosso fino alla punta delle orecchie. La strega ebbe la sensazione che lui e Ginny avessero discusso ampiamente l'argomento 'Hermione esce con Draco Malfoy', ma scoprì che non le faceva particolarmente effetto.

"Ciao!" replicò cordiale, sotto gli occhi basiti degli amici.

"Ehm, io vado" bofonchiò Ron. "Ginny... Harry... Hermione" si congedò e si dileguò in fretta, quasi avesse un mastino alle calcagna.

Hermione notò la faccia stupita di Harry, dovuta alla reazione composta e relativamente sciolta che lei aveva mostrato in presenza dell'ex ragazzo.

"Ci siamo visti ieri sera" chiarì. Ginny – come aveva sospettato – non sembrò sorpresa, segno che Ron l'aveva già informata dell'accaduto.

"Visti?"

"Incontrati, Harry" si corresse. "Al ristorante".

"...dov'eri a cena con Malfoy" concluse Ginny con uno sbuffo.

"Te l'ha detto, eh?" chiese Hermione. Ginny annuì senza problemi. Harry invece sembrava un po' spaesato; evidentemente Ron ne aveva parlato a Ginny proprio nel momento in cui lui si era recato ad aprirle la porta.

"Me l'ha accennato" specificò la rossa, più al suo ragazzo che all'amica. "Ron era con Lavanda e – a quanto ho capito – è rimasto un po' scioccato nel vederti al tavolo con il Furetto" aggiunse. Hermione si preparò a parlare, esordendo in tono calmo:

"Ginny, mi spiace, ma non penso siano affari suoi se io e Draco..."

"Draco! Oh, Merlino! Quando ti trasferisci al Malfoy Manor?" Harry Potter aveva appena sganciato la bomba che stava trattenendo da quando Hermione era entrata.

"Senti Harry" replicò, "mi spiace che lo abbiate scoperto da un settimanale, ma non accadrà niente del genere, davvero. Siamo alla terza uscita; sono i giornalisti che hanno montato tutta la storia per conto loro". Ginny sbuffò e Harry alzò gli occhi al cielo, come se non volesse crederle.

"C'era scritto che state insieme, però" ribattè l'amico.

"E da quando credi al Settimanale delle Streghe?" domandò con la voce un po' troppo acuta per risultare del tutto calma. "Stare insieme e uscire insieme sono due cose differenti, non trovate?" chiese poi, ragionevole. Harry esitò.

"Hermione" gracchiò, "non puoi davvero uscire con Draco Malfoy! Ti ricatta? Ti tiene sotto Maledizione Imperius? Oppure sei impazzita, e in tal caso al San Mungo ci sono moltissimi Medimaghi in grado di darti una mano".

"Non sono pazza!" esclamò. Non ci avrebbe giurato, ma era meglio non specificarlo davanti a loro. "E non mi ricatta; però – per Merlino! - non ci sposeremo. Siamo solo usciti: non è grave". Non avrebbe dovuto dirlo, proprio no.

Harry, che stava apparecchiando la tavola a colpi di bacchetta, lasciò cadere un piatto, che si frantumò a terra con un fracasso enorme. Ginny si girò a guardarla, altrettanto perplessa e irata.

"Non è grave?" fecero in coro. Quando si dice un corpo e un anima.

"Ehm" non trovava di meglio per replicare. Come giustificarsi con i suoi migliori amici che la squadravano in cagnesco?

"Quel platinato con cui ti fotografano è Draco Malfoy; lo stesso che ti ha riempito di insulti e dispetti per sette anni..." le fece notare Harry.

"Facciamo sei" lo corresse. "L'ultimo anno non è stato così stronzo" si rivolse a Ginny, che era tornata a scuola con lei.

"Non cercare di tirarmi in mezzo" la bloccò la rossa. "E' vero, certo, ma questo non toglie che sia Malfoy, per tutte le cavallette!" urlò.

Quando Ginny strillava in quella maniera, chiunque si sentiva intimidito, compreso Harry Potter, che la guardò di sottecchi e tacque.

"So chi è!" ribattè Hermione. "Non ho bisogno che me lo ripetiate ogni due minuti!"

"Davvero? A me non sembra che tu abbia ben presente il soggetto" intervenne il Prescelto. "Se non è un Imperius credo che ti abbia fatto un Confundus, è l'unica spiegazione plausibile".

Hermione alzò gli occhi al cielo, idecisa se fracassare la testa al suo migliore amico o autopunirsi come un Elfo Domestico. Guardò Ginny, poi di nuovo Harry.

"C'è qualcosa che non so?" le domandò, il tono inquisitorio. "La verità, Hermione" ripetè in tono piuttosto persuasivo. Ci mancava solo che la minacciasse in Serpentese, e poi sarebbe stato raccapricciante. Fu Ginny ad intervenire.

"Cerca di capire, tesoro" le disse, più dolce. "Per Harry è piuttosto strano che tu e Malfoy usciate insieme così, di punto in bianco".

"Che vorrebbe dire 'per Harry è strano'?" domandò il ragazzo.

Quel tono materno, incoraggiante, e il lampo di comprensione che aveva visto passare negli occhi dell'amica – come se improvvisamente avesse realizzato qualcosa – la misero in sospetto.

"Tu lo sapevi!" esclamò saltando su come una molla dal divano, su cui si era seduta. Ginny si ravviò la fluente chioma rosso fuoco con un gesto della mano e distolse lo sguardo per un attimo. Hermione si rese conto di essersi tradita quando vide il volto sconcertato di Harry. Ora avrebbe dovuto spiegare. Si sentì una totale idiota; poteva attendere di essere sola con Ginevra, anzichè uscirsene a quel modo.

"Ho fatto due più due, ecco tutto. All'epoca avevo notato qualcosa di strano nel vostro rapporto, ma solo adesso ho capito". Harry appariva sempre più perplesso.

"Potrei essere messo a parte della conversazione?" chiese pacato.

Quella calma eccessiva fece temere a Hermione uno scoppio improvviso di rabbia. Evidentemente anche Ginny dovette pensarlo, perché si affrettò a spiegare come meglio poteva.

"Non si esce con una persona con la quale non hai intrattenuto mai rapporti che vadano oltre gli schiaffi e gli insulti". Harry continuava a guardare entrambe piuttosto stranito.

"E da questo cosa dovrei dedurne?" chiese.

"Che Hermione e Malfoy non sono più nemici da un pezzo!" calcò sulla parola nemici come se volesse far capire tutta la potenza dell'eufemismo utilizzato; era evidente che non se la sentiva di usare parole più esplicite per non scioccare Harry più del necessario. Il Ragazzo Sopravvissuto si accasciò sul divano, in attesa di ulteriori spiegazioni.

"Prima che pensiate che io vi abbia nascosto una relazione scabrosa per anni e anni, lasciate che vi spieghi".

"Non aspetto altro, Hermione" disse Harry, senza sollevare lo sguardo dal parquet chiaro, in legno di betulla.

"Era l'ultimo anno, la guerra era appena finita e tu e Ron non siete tornati a Hogwarts con me, te lo ricordi?" iniziò la strega. Harry inarcò le sopracciglia tanto che svanirono sotto la frangia scura, che ancora copriva disordinatamente la cicatrice che gli segnava la fronte.

"Stai dicendo che la colpa è mia e di Ron perché non siamo voluti tornare a scuola?"

"Non ha detto questo" Ginny intervenne in sua difesa.

"Infatti, non l'ho detto; stavo solo ripercorrendo i fatti" Hermione si morse il labbro inferiore per non dire altro; non era il caso di aggiungere provocazioni in quel frangente. Harry tacque e fece un cenno d'assenso, lasciando che continuasse a parlare.

"Io e Malfoy ci siamo avvicinati, è vero" e volse lo sguardo a Ginny. "Io-io non so spiegare bene come sia accaduto" la voce tremò al ricordo di quei giorni in cui – nonostante con lei ci fossero Ginny, Neville, Luna – si sentiva sola e dannatamente triste. La fine della guerra non aveva alleviato le sue pene – o così le pareva allora. Le aveva lasciato solo una dolorosa vittoria costellata di perdite, oltre a dei tremendi incubi che tormentavano ogni sua nottata.

"La situazione con Ron era strana, Harry". Il ragazzo si passò una mano tra i capelli, in un gesto abituale, e annuì nuovamente.

"Qualsiasi cosa tu abbia fatto, so che non l'hai tradito" la rassicurò, intuendo i pensieri dell'amica. "Mi ricordo benissimo che non stavate ancora insieme e che Ron era poco chiaro, nonostante vi foste baciati".

"E le avrà scritto sì e no due righe in un anno" la supportò Ginny, che ricordava perfettamente lo stato di frustrazione in cui versava Hermione i primi tempi durante la scuola.

"D'accordo" convenne Harry. "Arriviamo al sodo. Dici di non sapere come, ma dovrai sapere almeno quando è iniziata questa..." – si interruppe – "... qualunque cosa ci sia stata tra te e Malfoy, o no?"






Hermione era seduta sull'erba umida, sotto il salice dove lei, Harry e Ron solevano ripassare o ripetere per i compiti in classe. Più propriamente, lei ripeteva per far loro entrare in testa qualche concetto, e i due amici chiacchieravano e al massimo fingevano di ascoltarla.

Generazioni di studenti, pensò Hermione, si erano seduti proprio lì, a fissare gli abissi profondi del Lago Nero, parlando di come fosse abitato da strane creature e dalla famosa Piovra Gigante. Sorrise ripensando agli anni in cui era stata una bambina spensierata, prima che Voldemort risorgesse, prima dell'Ordine della Fenice, prima della Seconda Guerra Magica. Aveva combattuto, Hermione.

E per cosa? C'era gente per cui era un'indesiderata Sanguesporco, che non apparteneva davvero al Mondo Magico e doveva starne fuori. Secondo quella logica, era stata parte attiva di una battaglia non sua, mentre lei era stata la prima a non esitare, a buttarsi nella mischia, a rischiare pur di preservare il suo posto in quel mondo che ormai era casa sua.

Si era sempre sentita sospesa tra due realtà parallele – il suo mondo era magico, ma era cresciuta tra i Babbani. Anche Harry, certo, ma non aveva nessuno da cui tornare, nel mondo Babbano, nessuno di cui gli importasse o che si curasse di lui. Di conseguenza, dagli undici anni in su, il centro del suo mondo era sempre stato la magia. Per Hermione era diverso. Aveva dei genitori che la amavano, ed erano Babbani; doveva proteggere se stessa e loro. Perciò aveva combattuto a fianco del Prescelto, perché era ciò che aveva giurato a se stessa, oltre che a lui.

Stava pensando così intensamente che non si era accorta dei passi leggeri e cadenzati con i quali qualcuno si era avvicinato alla riva del lago. Si girò in tempo per vedere Draco Malfoy che si sedeva sulla terra umida lì accanto.

Non fu infastidita dalla presenza del ragazzo.

Non lo odiava; non l'aveva mai odiato. E, ad ogni modo, sentiva un'apatia talmente grande che in quel momento non avrebbe avuto la forza di odiare nessuno – Voldemort escluso.

Si chiese cosa diavolo ci facesse vicino a lei e perché non si fosse ancora schizzinosamente allontanato; avrebbe sicuramente rotto il silenzio, se non l'avesse fatto Malfoy.

"Me ne devo andare?"

Hermione restò impietrita nell'udire il tono col quale aveva pronunciato quella frase. Era composto, ma... gentile.

Si voltò e lo trovò con lo sguardo fisso su di lei; anzi, sul suo avambraccio destro, a dirla tutta. Era una giornata straordinariamente tiepida, quindi la strega aveva sollevato le maniche del maglione.

"No" rispose seccamente. "Cos'hai da guardare?"

Malfoy sembrò quasi stupito da quel tono scostante, come se in lei stonasse.

In effetti, scostante, scorbutico e offensivo lo era sempre stato lui. Hermione si limitava a difendersi dai suoi soprusi; niente di più e niente di meno. Era lui che si divertiva a stuzzicare il 'fantastico trio', come se non avesse altro da fare tutto il giorno. Manie di protagonismo, invidia per Harry, richiesta di attenzione? Prima di allora Hermione non si era soffermata sulle motivazioni che potevano aver spinto Malfoy ad agire in maniera così sconsiderata, nè aveva avuto tempo di riflettere sul perché delle sue azioni successive – ben più gravi di quelle di un bulletto – quando era entrato nella cerchia di Voldemort.

"Allora" insistè, "cos'hai da guardare, Malfoy?" il sibilo del suo cognome, la voce fredda e la postura rigida della Sanguemarcio per eccellenza, gli fecero intuire che -benchè non lo avesse cacciato- avrebbe voluto farlo. Nonostante ciò, continuò a stare seduto lì, e prese a strappare fili d'erba a ciuffi, tagliuzzandoli poi con le unghie. Hermione, il cui sguardo vagava di nuovo sul Lago, voltò la testa di scatto e colse di nuovo gli occhi ghiaccio di lui chini nella direzione della cicatrice sul suo avambraccio.

"Guardi questo?" chiese sporgendosi verso l'altro e scoprendo ancora di più la parte incriminata. A chiare lettere sulla sua pelle era inciso quello che, per l'artefice di quello scempio, era il peccato, la colpa di Hermione Granger.

Sanguemarcio.

Draco si aspettava un tono duro, atto a farlo sentire colpevole – quale in effetti era; inutile negarlo o cercare scuse di sorta.

Invece il tono della Granger era sì freddo, ma neutro; quasi colloquiale. Forse era incuriosita, tutt'al più. Draco, al suo posto, sarebbe stato arrabbiatissimo.

Una furia distruttrice, con ogni probabilità.

La Granger, in un modo o nell'altro, era sempre capace di stupirlo – ed era una cosa che non riusciva a sopportare, in lei.

Diede un'ultima occhiata alla scritta e sollevò gli occhi per incontrare quelli della strega, in una muta supplica di perdono.

"Io... volevo farlo da un po'... parlarti di quella" disse indicandola.

"Per dirmi cosa?" chiese Hermione; ancora una volta nella sua voce non c'era astio, bensì un pizzico di interesse.

"Mi dispiace" Draco pronunciò le due parole in modo limpido, seppure un po' stentato all'inizio. Era difficile, per Salazar! Gli era stato insegnato a non chiedere mai scusa, specie ad una Nata Babbana – una dal sangue zozzo.

Se suo padre l'avesse saputo, Draco era certo che gli avrebbe rinfacciato di non essere degno del Marchio che aveva così 'spontaneamente' accettato. Lo avrebbe accusato di essere l'anello debole della famiglia Malfoy, il vecchio Lucius.

'Scusa', 'Mi dispiace', 'Perdono': erano tutte parole che faticava a pronunciare, come se gli si incastrassero in gola. Era ancora vittima di quei precetti che gli avevano inculcato, pur consapevole di quanto fossero sbagliati.

"Mi dispiace" ripetè.

"L'hai già detto" replicò pacatamente. "Non sei stato tu, non è colpa tua" disse secca; e con questo si voltò e riprese a fissare la superficie del Lago Nero, increspata dal sottile venticello. Malfoy diede in una risata cupa, che riportò l'attenzione di Hermione su di lui. L'aveva sempre visto ghignare, quando rideva. Non aveva mai visto un vero sorriso – e non sapeva se mai l'avrebbe visto – ma nemmeno quella risata cupa e gutturale che aveva appena prodotto.

"Certo che è colpa mia, Granger" contestò, urtato dalla sua calma. "Ma come fai a parlarmi senza urlare, senza sputarmi in faccia?" sbottò.

"Perché dovrei?" chiese Hermione, atona.

"Perché è quello che dovresti voler fare, dannazione!"

"No" lo rimbeccò, "è quello che vorresti che io facessi, Malfoy".

Il ragazzo biondo accanto a lei tacque. Facevano uno strano effetto, visti dall'esterno. Accostati erano il giorno e la notte.

Lei: capelli castani ricci e scompigliati, la divisa in ordine ma non esattamente dall'aspetto curato meticolosamente. Hermione aveva sempre pensato che fosse meglio impiegare il tempo nello studio piuttosto che nel domare la propria chioma ribelle.

Lui: capelli biondi lisci e setosi, pettinati all'indietro – in anni, Hermione non ne aveva mai visto uno fuori posto – e scintillanti al sole, divisa di fattura pregiata, indossata con una classe che Hermione non era interessata a possedere; e che però la affascinava.

L'unica cosa che li accomunava era un colorito bianco e delle occhiaie violacee sotto gli occhi di entrambi. Hermione comprese in quel momento che i demoni della notte non facevano visita solo a lei, ma anche a Draco.

"Sì" ammise il mago. "Vorrei che lo facessi; vorrei che tu urlassi e mi affatturassi o tentassi di sfogarti in qualche modo..."

"Perché?" ripetè.

"Mi aiuterebbe a sentirmi meno in colpa e a vederti più umana, anche tu capace di sbagliare".

"Non sono perfetta" ribattè. "Vedi qualcosa che non esiste". Malfoy sbuffò pesantemente.

"Io vedo solo che il tuo braccio è marchiato".

"Come il tuo" replicò lei decisa, provocandogli un sussulto.

Ma non scoprì l'avambraccio sinistro per mostrarle quel Marchio, di cui aveva vergogna e paura. Sì, paura. Perché ogni mattina gli ricordava cosa era stato capace di diventare.

"Tu non l'hai voluto, però" le fece notare.

"Nemmeno tu, a quanto so".

"Vedi cosa intendo? Come puoi rispondere così?" saltò in piedi, quasi aggredendola. "Tu devi odiarmi, io ne ho bisogno".

Hermione lo guardò quasi intenerita.

"Io non credo, Malfoy" lo mise a tacere. "Se l'odio è l'unico sentimento che ti aspetti di ricevere o di dover dare alle persone, non penso di essere la persona adatta per fare conversazione. Odiare la gente non mi fa mai sentire meglio".

"Dovrebbe, invece".

"No, invece" sbuffò lei, contrariata. "L'odio ti scava una voragine dentro, ti divora, ti logora lentamente. Odiarti farebbe del male a me, non a te".

Draco tacque, colpito dalla fondamentale veridicità delle parole della Sanguesporco.

Credeva che vedere qualcun altro – oltre a lui – sfoderare le armi dell'odio e del disprezzo – le uniche che possedesse – l'avrebbe fatto sentire meglio, meno inferiore, meno inadeguato alla vita. Ma la Granger era sempre stata un passo avanti a lui, sempre un passo avanti a tutti.

"Mi dispiace" ripetè per la terza volta, e suonò più naturale perfino alle proprie orecchie. "E' che non conosco un altro modo di vivere, di interagire con la gente".

Hermione lo guardò, a sua volta spiazzata da tutta quella sincerità. Malfoy si stava confidando con lei; e la strega sapeva che – sebbene forse inconsciamente – aveva fatto una scelta mirata. Si era recato dalla persona che più di ogni altra, nell'intera scuola, aveva tentanto di piegare, umiliare, spezzare e sottomettere. L'unica che ad ogni tentativo aveva reagito e non era mai stata piegata, umiliata o spezzata, nè sottomessa. Si era recato dall'unica persona che l'aveva sempre fatto sentire un passo indietro, facendo vacillare in lui la consapevolezza della superiorità delle proprie origini. Hermione Granger per lui era un simbolo; il simbolo di tutto il male che aveva fatto e di tutto quello che invece non aveva avuto la forza di portare a termine. La persona a cui più di ogni altra aveva bisogno di chiedere perdono. L'unica – in altre parole – in grado di redimerlo.

"Ci sono molti altri modi di vivere, molte altre sfaccettature nei sentimenti, Malfoy" pontificò con convinzione, pensando a Ginny, a Harry, a Ron, alla propria famiglia, ai Weasley e all'affetto che provava per tutti loro.

Tenne alta la testa nel dirlo e fissò gli occhi grigio tempesta di Malfoy, quasi sfidandolo a contraddirla; ma Draco non aveva la minima intenzione di farlo.

"Insegnameli, Granger" si lasciò sfuggire, senza che la frase apparisse giusta e sensata neppure a lui.

"Come?" chiese lei, incredula.

"Insegnameli".

Fu lì che cadde la prima barriera.








"Non mi ha costretta" rispose Hermione, riprendendosi da quel ricordo. Eccolo lì, il quando di cui Harry le aveva appena domandato.

"E'successo tutto tanto tempo fa. Non mi ricordo precisamente ogni particolare della prima conversazione civile che abbiamo svolto" mentì.

Aveva visto il vero Draco, quel giorno, per la prima volta. Spezzato, ferito, fragile. Come mai l'aveva visto prima e come poche volte l'avrebbe visto in seguito.

"Ci siamo fatti coraggio insieme, diciamo" aggiunse.

"Poi sono uscita da Hogwarts e Ron mi ha chiesto di metterci insieme – che era ciò che desideravo. Non avevo mai pensato di costruirmi un futuro con Malfoy, nè lui con me, com'era normale che fosse. Non uscivamo insieme. Non eravamo una coppia, come non lo siamo oggi".

"Per ora..." mormorò Harry a denti stretti. Hermione ignorò saggiamente quel commento, piuttosto tendenzioso.

"Devo essere onesta" riprese. "Ha scalfito quella patina di apatia che aveva avvolto la mia vita".

Harry assottigliò lo sguardo, probabilmente sforzandosi di comprendere le parole dell'amica.

"Perché proprio ora?" le chiese poi. Hermione incurvò le labbra in un lieve sorriso.

"Perché a volte il passato torna sotto forme inaspettate nella nostra vita, non c'è bisogno che sia io a dirlo".

"No, infatti" concordò Ginny. "E' più il genere di cosa che ti aspetti di sentire da Luna Lovegood, mi spiego?" ironizzò, per stemperare la tensione. Anche Harry e Hermione risero, condividendo in pieno l'affermazione.

"Quel che intendo è..." Hermione cercò di trovare le parole per esprimersi, ma le risultò difficile con gli occhi verdi di Harry puntati nei suoi, ad inquisire le sue supposte bugie e la ricercata verità. "Negli ultimi quattro anni, io stavo con Ron e lavoravo come Indicibile; Malfoy è stato in Francia e poi si è dato al dolce far niente e non so che altro. Il punto è che ritenevo questa faccenda conclusa, e non così importante da dovertela confessare. Perché provocarti uno shock del genere? Ora le cose sono diverse; siamo adulti e vaccinati..."

"Malfoy non sa nemmeno cosa sia un vaccino!" la corresse Harry.

L'espressione confusa di Ginny Weasley confermava che nel mondo magico nessuno usava vaccinarsi, ovviamente.

"E' un modo di dire, Harry" tagliò corto. "Mettiamola così: le nostre strade si sono incontrate di nuovo e, beh, il resto lo sapete".

Dentro di sè stava pregando in turkmeno affinché quella conversazione finisse presto, dato che i ricordi che credeva appannati sotto un vetro impolverato, stavano riaffiorando come un fiume in piena.

"Esattamente" si rivolse a Ginny, curiosa, "da quanto lo sai?"

"So cosa?" fece la rossa.

"Quello che c'è stato..."

"Oh, quello! Non ero sicura di cosa ci fosse tra voi... ho solo visto un paio di scene strane e dati gli ultimi avvenimenti ho ricollegato i fatti, ma all'epoca non mi sono voluta spingere oltre con la mia curiosità".

Hermione fu grata all'amica per quel rispetto della privacy che le aveva dimostrato; si sarebbe aspettata un comportamento più invadente, da parte sua.

"Sapevo che qualunque cosa fosse non avrebbe avuto seguito fuori dal castello, ma comunque ignoravo la natura dei vostri incontri, pur sospettandone l'esistenza".

"La mia ragazza è Sherlock Holmes!" esclamò Harry, ammirato. Ginny sorrise e scosse i capelli pavoneggiandosi in un gesto teatrale. Ma Hermione non la vide nemmeno, presa da un altro ricordo che credeva cancellato.




Era rannicchiata a terra, in un'aula vuota. Stille salate e silenziose le cadevano sulle ginocchia, sulle quali aveva poggiato il mento.

Lo faceva spesso, da dopo la guerra.

C'era chi sfogava la rabbia e il dolore in altri modi; lei aveva trovato quello, arrecando il minimo disturbo possibile e cercando di vedersela per conto suo con le proprie paure. Chiuse gli occhi e cercò di rallentare il battito del suo cuore e di calmare il respiro. Lo scricchiolio della porta, prima socchiusa, la avvertì che qualcuno l'aveva spalancata. Alzò la testa per vedere chi fosse e si asciugò frettolosamente le lacrime con la manica del maglione.

Malfoy percorse silenziosamente qualche passo dalla porta all'angolino dov'era Hermione.

Prima che potesse cacciarlo o anche solo dire qualcosa, il ragazzo – inaspettatamente – si accucciò di fronte a lei, senza perdere il contatto visivo.

"E' molto presto, Granger. Che ci fai in giro per la scuola alle sei?" chiese.

"Potrei farti la stessa domanda" ribattè; Malfoy la ignorò.

"Ma sono stato io a farla a te". Non le stava ordinando di rispondere, era solo una gentile richiesta. Le tornò in mente la conversazione in riva al Lago Nero.

"Ci sono altri modi di vivere" aveva detto.

"Insegnameli".

"Granger!" il richiamo la riscosse e si ritrovò sempre in quell'aula vuota, alle sei del mattino, con Draco Malfoy accucciato di fronte che ora le teneva una mano – quando l'aveva presa? Quando aveva abbassato le difese tanto che era riuscito a farlo? Scoprì che il tepore di un altro corpo, in quel momento, le dava sicurezza; perciò non la allontanò da sè, ma la strinse. Draco parve stupito, ma non si mosse.

"Incubi di guerra". Lui voleva sentirsi utile, voleva essere migliore. E lei volle farlo sentire tale, aprendosi.

"Capisco" fece lui. "Ne ho a bizzeffe..." sussurrò con lo sguardo perso nel vuoto. Stava sicuramente ripercorrendo con la mente le immagini oniriche, come lei faceva con le proprie. Quella notte Nagini era stata particolarmente inquetante e la tortura di Bellatrix così convincente da sembrare reale. Si era svegliata di soprassalto e non era riuscita a riaddormentarsi.

Draco ora stava sfiorando il suo braccio destro, dal quale sembrava ossessionato.

Sanguemarcio, Sanguemarcio, Sanguemarcio. Quel termine le rimbombava in testa come una nenia crudele, cantata con la voce inquietante e un po' infantile della Mangiamorte Lestrange.

"Ho sognato Malfoy Manor" disse lasciando che il ragazzo le scoprisse l'avambraccio; guardandolo scorse autentico dispiacere negli occhi grigi.

"Tua zia..."

"So cosa ha fatto, io c'ero, lo sai" sussurrò tenendole stretto l'avambraccio. "E non ho mosso un dito. Sentivo le tue urla, e le ignoravo. Mentre usava la Cruciatus e poi ti marchiava come un capo di bestiame, io ero lì".

Hermione lesse più di quelle parole nel gesto gentile col quale percorse la cicatrice con il polpastrello dell'indice.

"Mi hai chiamata così per anni" disse lei. "Perché inciderlo nella mia carne avrebbe dovuto fare qualche differenza?" Draco la guardò accigliato, come se fosse lei la pazza, la carnefice, e non la vittima. In fondo, anche Draco era stato una vittima, sebbene colpevole anch'egli. Una posizione complessa, pensò Hermione.

"Perché non avevo più dodici anni, Granger. Io sapevo che era sbagliato, e sono stato zitto lo stesso" la voce del biondo era incrinata.

"Non avresti potuto far nulla" Hermione si chiese per quale motivo stesse difendendo Draco Malfoy, ma non trovò una risposta plausibile.

"C'è sempre una scelta, e Silente me l'aveva data" mormorò, il tono sfumante verso il basso. Hermione tacque, senza sapere cosa dire, come confutare quella verità indiscutibile. Draco aveva una scelta, come quasi tutti. Sarebbe stata una scelta difficile e coraggiosa, e lui non aveva voluto cogliere quell'occasione.

"Sono stato un vigliacco" concluse. E in sostanza era giusto che Hermione tacesse e non raccontasse frottole, perché Malfoy aveva centrato il problema. Avrebbe potuto – sulla Torre di Astronomia – chiedere asilo a Silente e protezione per sua madre, infischiandosene della propria infatuazione per le Arti Oscure e delle idee malate di suo padre. L'avrebbe dovuto fare? Sì. Sarebbe stato difficile? Certo. Ne sarebbe valsa la pena? Senza dubbio. Draco aveva preso la giusta via? No.

E questo era il dato saliente, scevro da tutti gli ipotetici scenari che – ahimè – restavano, per l'appunto, ipotesi.

Non c'era nulla, nelle parole del ragazzo, che le conferisse quel senso di giustizia e di trionfo che sarebbero stati legittimi, perché era lei quella 'buona', quella dalla parte degli angeli*. Per Hermione, starsene lì rannicchiata ad udire la presa di coscienza di Draco Malfoy, fu una vittoria dal retrogusto amaro.

E fu lì che cadde la seconda barriera.






"Quanti sanno di questa cosa?" le domandò Harry.

"Come scusa?" Hermione scosse la testa e si fece ripetere la domanda, per poi rispondere:

"Nessuno; quindi tu e Ginny mi fareste un favore se teneste la bocca chiusa" aggiunse con sguardo minaccioso, che gli amici parvero recepire.

"D'accordo" disse Harry.

"Ciò che dev'essere chiaro è che io e Draco non convoleremo a nozze domani come sostiene Samantha Kaney, chiaro?" domandò. I due annuirono all'unisono.

"Senti" stavolta fu Ginny a parlare, "una domanda seria".

"Dimmi".

"Bacia bene Malfoy?" domandò ridacchiando. Harry le scoccò uno sguardo torvo, mentre Hermione fu di nuovo trascinata indietro.





Una ragazza dai capelli ricci e un po' crespi teneva fermo il braccio di un ragazzo biondo; erano seduti sul banco di un'aula in disuso, durante un'ora di buco.

"Non è niente Granger, lasciami".

"Smettila di dimenarti, Malfoy" lo ammonì, sollevando il tessuto della camicia – sporco di macchioline scarlatte – e facendolo scorrere verso l'alto, per rivelare l'avambraccio sinistro, martoriato da segni e ferite recenti.

"Non si leverà così, lo sai" lo rimproverò, scendendo dal banco ed estraendo la bacchetta.

"E' stato un impulso improvviso" si giustificò.

"Farti uscire il sangue a forza di ferite non strapperà via il Marchio".

"Lo so, per Salazar!" esclamò lui, contrariato. Hermione lo trattenne e agitò la bacchetta, facendo apparire una bacinella e una pezza accanto a lui, sul banco.

Intinse la pezzetta nel liquido e cominciò a passarla delicatamente sui tagli profondi che il ragazzo si era inferto sul braccio.

"Non guardarmi così, Granger. Non sono solito compiere gesti autolesionisti".

"No, infatti. Sei solito compiere gesti idioti!" lo rimbeccò, caustica. Al contrario di quanto si aspettava, a quella risposta, Draco incurvò la bocca in un sorrisetto.

"Ahi! Brucia, dannazione!" si lagnò. "Che diavolo è questa roba?"

"Essenza di Purvincolo*" rispose prontamente.

"So-Tutto-Io-Granger all'opera, suppongo" la celiò bonariamente.

"Malfoy" lo apostrofò, acida. "Sono ancora in tempo ad affatturarti anziché curarti questi stupidi tagli".

Draco tacque; attese che Hermione finisse di ripulirlo e fasciarlo e scese dal banco allacciandosi il polsino della manica sinistra. La Granger non si era ancora scansata quando era saltato giù.

Si scontrarono e la bacinella – che Hermione teneva in mano – cadde a terra frantumandosi. Loro rimasero a fissarsi, anziché muoversi.

Poi Draco si schiarì la voce, sfoderò la bacchetta e fece Evanescere il liquido caduto in terra, mentre la strega mormorava un "Reparo" e la ciotola tornava integra tra le sue mani.

Sollevò lo sguardo per scoprire che le iridi grige di Malfoy erano ancora fisse in quelle scure di lei. Il ragazzo posò la propria mano su quella di Hermione, fredda come l'essenza con cui l'aveva medicato. Fu Draco a sporgersi in avanti verso di lei; ma Hermione non si tirò indietro, anzi. Gli andò incontro finché le loro bocche non si trovarono – e la ciotola cadde nuovamente dalle mani della ragazza, fracassandosi ancora sul pavimento.

Quello era stato il primo bacio tra lei e Malfoy.

E con quello, un altro muro era stato abbattuto.






"Io non credo di voler sapere come bacia Malfoy" obiettò Harry, schifato.

"Da quello che mi ricordo, molto bene" rispose seccamente Hermione, non lasciando dubbi sul fatto che l'argomento era chiuso lì. L'espressione disgustata del suo migliore amico, anziché infastidirla, le causò una risata. Poi disse:

"Penso di essere abbastanza grande per fare le mie scelte".

Usò quel tono incredibilmente ragionevole che disarmava chiunque. Quando usava quel tono, a Harry sembrava sempre che non ci fosse niente di illogico nel discorso; semplicemente perché era Hermione a farlo – la persona più logica che conoscesse.

"Suppongo di sì" accompagnò le parole con un'alzata di spalle.

"Per qualsiasi cosa, noi..."

"Ci siete, lo so" lo interruppe, grata. Harry le sorrise, e per un attimo le parve ancora il ragazzino mingherlino e incoscente che al primo anno aveva sfidato Malfoy a cavallo di una scopa, solo per riavere la Ricordella di Neville.

"Bene" disse Harry con tono deciso, "allora è tutto ok, se sai quello che fai".

So esattamente c che faccio? Questo aveva appena assicurato ai suoi migliori amici, pur non sapendo se fosse o meno la verità.

"Ti fermi a cena, no?" era una domanda retorica, quella della rossa. Quando l'uragano Ginevra si metteva in moto, partiva sempre in quarta, ed era impossibile rifiutarle alcunché. Perciò a Hermione non rimase altro da fare se non sospirare e dare una mano ad apparecchiare, mentre l'amica sorrideva soddisfatta.







NOTE AL CAPITOLO*


1) E' una citazione dall'ultima puntata della seconda serie di Sherlock BBC (una delle mie passioni). Non mi ricordo se le parole siano esattamente queste; però è ciò che Moriarty dice a Sherlock, che è 'dalla parte degli angeli'. Non mi chiedete con che criterio mi vengano in mente le citazioni, ma ci stava bene :)


2) Essenza di Purvincolo: al quinto anno Hermione la consiglia a Harry per curare i tagli sulla mano provocati dalla Umbridge con le sue punizioni.

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Capitolo 20
*** Rosso Rubino ***


Ciao gente! Come sono andate le feste? Io mi sento un tacchino ripieno, non so voi. Vi auguro Buon 2016 e vi lascio alla lettura del capitolo diciannove, nella speranza che non vi mandi di traverso lenticchie e cotechino .-.

Mi scuso con le fan di Ollivander per la sua momentanea assenza (ad inserire anche lui il capitolo mi sarebbe venuto un enorme papiro), ma non temete, tornerà.



CAPITOLO DICIANNOVE – Rosso rubino*



Dopo la cena e il confronto con Harry e Ginny, il venerdì trascorse tranquillamente, senza che nessun giornale pubblicasse articoli insinuanti su lei e Malfoy, cosa di cui Hermione fu assai grata. Così, il sabato giunse esattamente quand'era lecito aspettarselo*. Quella mattina, la Granger fu svegliata da un regale barbagianni che batteva il proprio becco contro la finestra, in attesa di venire accolto all'interno.

La strega si stiracchiò pigramente, scalciò via le coperte controvoglia e si alzò dal letto. Non appena l'ebbe lasciato entrare, il pennuto le beccò un dito, quasi offeso che non gli avesse steso il tappeto rosso per averla svegliata con quell'insistente picchiettio. Hermione lo guardò torva, prima di rendersi conto che non poteva davvero intraprendere una lite con un barbagianni – non era ancora così in basso.

Tese la mano e l'animale vi lasciò cadere il biglietto che recava con sè. Non attese nemmeno che la ragazza lo srotolasse, prima di emettere un verso stridulo e volare via oltre il vetro ancora aperto. Hermione, infreddolita, sospirò e richiuse la finestra. Seppure avesse avuto dubbi sul mittente del biglietto, il caratterino forastico del postino avrebbe rivelato chiaramente l'identità del suo proprietario.

Ad ogni modo, neppure l'elegante grafia con la quale erano state vergate le parole sul foglio lasciava incertezze in merito.




Alzati e risplendi, Granger!

Passa la tua giornata a ritenerti fortunata e ad attendere trepidante la serata: voglio portarti a visitare casa Malfoy.


Draco



Hermione fissò per un po' il foglio sbattendo le palbebre diverse volte. Che insopportabile presuntuoso! Del resto, da Malfoy, non ci si poteva aspettare di meno. Non solo l'aveva svegliata al mattino per un invito che riguardava la serata, ma aveva di certo ordinato al barbagianni di non attendere la risposta, come se fosse scontata. Poteva Hermione Granger rifiutare una richiesta simile? Ovvio che no, secondo la logica Dracocentrica su cui si basava il ragionamento.

Fece appena in tempo a constatare la sostanziale immutabilità della vanità del Serpeverde, quando si rese conto che non aveva la minima idea del perché mai dovesse portarla a casa propria. Hermione aveva già visto Malfoy Manor, benché in una situazione non proprio felice, ed era inoltre piuttosto contraria all'idea di incontrare Narcissa, specie dopo gli articoli usciti negli ultimi giorni.

Pensò però che Draco non fosse così sciocco da scatenare un conflitto a fuoco che avrebbe arrostito perfino i pavoni nel parco della villa, perciò doveva esserci un'altra spiegazione. Finalmente si rilassò.

Quel sabato si sarebbe dedicata agli ultimi ritocchi che aveva deciso di dare alla sua nuova traduzione delle Fiabe di Beda il Bardo, ormai conclusa.

Passò la mattinata a correggere bozze, sfogliare libroni di Rune Antiche più alti di lei e rivedere i passi più ostici delle traduzioni. Come era tipico di lei, aveva fatto un lavoro meticoloso; conosceva a memoria quelle storie, ma le aveva rilette lo stesso milioni di volte prima di decidersi a scegliere i termini più appropriati con cui portare le trame dalle Rune alla moderna lingua inglese.

Doveva ammetterlo: non poteva riguardare il proprio lavoro senza che i ricordi la inondassero completamente. Essendo Nata Babbana, non aveva mai saputo nulla di Beda finché un giorno, anni prima, il Ministro della Magia in persona si era presentato alla Tana a rivelare il contenuto del testamento di Albus Silente*.

Non c'era nulla da fare; quelle storie le avrebbero sempre riportato alla mente la morte di Silente e quello che lo stregone* aveva taciuto a Harry, con le relative implicazioni che quei silenzi avevano comportato. Si era arrovellata il cervello per settimane sul perché di quell'eredità, come pure sul simbolo dei Doni della Morte tracciato a margine della fiaba dei tre fratelli Peverell.

Così, ogni volta che rileggeva quella storia, pensava a se stessa, Harry e Ron, chiusi in quella dannata tenda, alla ricerca degli Horcrux. Le sembrava che fossero passati secoli, o forse poche ore. Non avrebbe scordato quei giorni, mai.

Ripensò con un sorriso al momento in cui Ron era tornato, come se non fosse stato via per settimane, geloso del suo rapporto con Harry.

Rabbrividì al pensiero di ciò che un cervello – che si supponeva appartenere ad un essere umano – era stato in grado di realizzare. Oggetti così oscuri e potenti da essere in grado di portare una persona a comportarsi nel modo in cui Ron aveva fatto – in maniera così opposta alla sua natura.

Se c'era una cosa che l'aveva spaventata negli Horcrux era proprio la capacità di fare leva sulle paure, sulle insicurezze, sulla debolezza umana. Certo, riconosceva in essi una stregoneria potente e decisamente geniale. Il controllo delle menti era stato la grande forza di Lord Voldemort. Forza che però gli si era ritorta contro, battuta da un sentimento che spesso si da per scontato.

Qualcosa che lo stesso Harry Potter per molto tempo aveva ritenuto inadeguato a sconfiggere il Signore Oscuro, il potere a Lui sconosciuto* sul quale Silente aveva sempre fatto affidamento. L' Amore, l'unica magia che Voldemort non aveva mai compreso nè praticato, aveva battuto le sue Arti Oscure.

Hermione si riscosse dalle sue riflessioni per continuare il lavoro. Dati gli ultimi ritocchi, fu colpita dalla luminosa idea di consegnare subito il materiale al signor Lovegood, approfittandone per far visita a Luna. Non voleva certo beccarsi un altro rimprovero o l'accusa di trascurare nuovamente gli amici.

Uscì dalla stanza e si infilò di corsa in bagno, dove si lasciò andare ad una lunga doccia rilassante. Si spazzolò i capelli con decisione, cospargendoli di Lozione Arricciariccio al cocco per rendere i suoi ricci meno crespi e più definiti, anche se con risultati – come sempre – discutibili.

Sotto l'acqua le sembrò che tutte le preoccupazioni le vorticassero in testa per poi dissolversi come fanno i ricordi argentei in un Pensatoio. Una volta fuori, si avvolse in un caldo accappatoio di spugna, decisa a recarsi in camera per vestirsi.

Si bloccò sul pianerottolo, attratta dalla porta socchiusa della stanza di Fred, ancora immersa nel buio. In teoria, la sua più grande aspirazione era evitare di incontrare il coinquilino, perciò tutto avrebbe dovuto fare tranne che avvicinarsi in punta di piedi per sbirciare. Si diede mentalmente dell'incoerente; ciò nonostante proseguì fino ad affacciarsi allo stipite della porta.

Sotto i suoi piedi, le assi del pavimento ligneo scricchiolarono sinistramente, facendole temere che Fred si svegliasse. Il ragazzo si limitò a spostarsi nel sonno, ancora profondamente addormetato.

Hermione sentì il desiderio di stendersi lì accanto e vegliarlo fino al risveglio, ma si ricordò che non poteva permettersi di fare niente di simile, visto come stavano le cose tra di loro, e si diede nuovamente dell'idiota.

Silenziosamente rientrò nella propria stanza a prepararsi. Mise addosso qualcosa e arraffò tutto il materiale riguardante il libro; la parte precisina di lei si sentì un po' in colpa a presentarsi senza essere invitata, ma sapeva che sia Luna che il padre erano mattinieri e informali, perciò non ci avrebbero neppure fatto caso.

L'orologio battè le dieci ed Hermione si Smaterializzò oltre una delle colline nei dintorni del paese di Ottery St. Catchpole*.






Tante volte si era recata lì – vicino al paese abitava la famiglia Weasley -, quindi il paesaggio le era sempre familiare. Bussò timidamente e, con sua enorme sorpresa, ad aprirle non furono nè Luna nè Xenophilius.

"Neville?!" esordì in tono incerto.

"Ciao Hermione!" rispose lui sorridendole e facendosi da parte per lasciarla entrare. "Xeno è sul retro del giardino a fare non so cosa, mentre Luna è di là" la informò. "Sta curando un'allodola che ha le allucinazioni; almeno questo è quello che sostiene lei". Hermione scosse la testa e sorrise rassegnata.

Neville e Luna erano molto amici, ma perfino il ragazzo, come tutti, aveva rinunciato da un pezzo a comprendere certe strane idee di lei.

"Sai già la novità?" le chiese con un sorriso che andava da un orecchio all'altro. "Immagino tu sia qui per chiedere i dettagli, come fate voi donne".

Hermione lo guardò come se gli fossero spuntate due teste; era sul punto di domandare di cosa stesse parlando quando Luna fece la sua comparsa nella stanza.

"Hermione!" trillò allegramente, abbracciandola.

"Ciao Luna!" rispose sorridendo di rimando.

Ebbe l'impressione di essere piombata nel mezzo di un'atmosfera festosa. Luna era radiosa: gli occhi azzurri più limpidi del solito, i capelli biondi – sempre lunghi fino alla vita – che le conferivano un aura quasi eterea, quel giorno più visibile che mai.

"Neville mi accennava a una bella novità; di che si tratta?"

"Io e Rolf ci sposiamo" annunciò senza preamboli. Proprio tipico di Luna. L'aveva annunciato come fosse un avvenimento comune. Quasi non la riguardasse.

"Ma è meraviglioso!" esclamò Hermione. Se c'era una persona che, a parer suo, meritava di essere amata, quella era Luna Lovegood.

"Quando?" chiese.

"Oh, ancora non lo sappiamo" rispose con naturalezza. "Verrai?"

"Ovviamente" dichiarò.

Non si sarebbe persa per niente al mondo quel matrimonio; anche perché aveva curiosità di vedere il modo in cui l'avrebbero celebrato - sapeva che anche lo sposo era un tipo piuttosto eccentrico.

"Sedetevi" disse l'ospite. "Metto su il tè".

"Grazie" risposero all'unisono, prendendo posto l'uno accanto all'altra. Luna stava trafficando con il bollitore sul fuoco e lei e Neville parlottavano, quando la sentì dire: "Ehi, Neville, tu ovviamente sei il mio testimone".

"I-Io?" balbettò il ragazzo. Luna si girò e assunse un'espressione quasi accigliata, o quantomeno di evidente stupore.

"Non ti va?" chiese.

"Scherzi?" replicò Neville. A Hermione spuntò un sorriso. In quel momento stavano parlando senza capirsi. Sembravano provenire da due pianeti differenti.

"Per niente" rispose, rimettendosi a trafficare con tazze e teiera. "A chi dovrei chiederlo, se non al mio più caro amico?" disse con una scrollatina di spalle.

Neville divenne paonazzo e ad Hermione fece una gran tenerezza. Le ricordò la prima volta in cui l'aveva visto, sul treno diretto ad Hogwarts, intento a cercare il proprio rospo, Oscar. Era stato grazie a lui che al primo anno aveva incontrato Harry e Ron, in un certo senso. Neville era quasi in lacrime e gli stava dando una mano per ritrovare Oscar.



"Qualcuno ha visto un rospo? Neville ha perso il suo"

"Gli abbiamo già detto che non l'abbiamo visto" aveva risposto Ron.

"Oh, state facendo magia. Vediamo allora!"*



In effetti Harry e Ron non avevano tutti i torti a considerarla una saccente. "Io ho provato a fare alcuni incantesimi semplici semplici, e mi sono riusciti sempre".

"Sarò onorato" riuscì infine a dire Neville, riportando l'attenzione di Hermione al presente. Luna le fece un gran sorriso.

"Tu e Ginny sarete le damigelle, naturalmente" aggiunse.

Hermione sperò solo che le lasciassero indossare ciò che desiderava, senza costringerla in strani vestiti a balze color arcobaleno. Quel genere di capo stava bene solo addosso a Luna; non conosceva altri che potessero osare tanto.

L'ospite servì tè e biscotti fatti in casa – dei quali Hermione notò la bizzarra forma a cavalluccio marino – sedendosi a sua volta accanto agli ospiti.

"Oh, che sbadata!" esclamò Luna. "Non ti ho chiesto come mai sei qui".

Hermione, presa dalla novità, si era perfino dimenticata della motivazione primaria che l'aveva condotta in casa dell'amica.

"Volevo dare questi a tuo padre" disse sventolando le pergamene, per poi impilarle ordinatamente a fianco a sè sul tavolo.

"Oh, hai concluso la traduzione!" esclamò una voce cordiale alle loro spalle. Hermione sobbalzò, chiedendosi come fosse possibile che nessuno avesse mai fatto notare a Xeno Lovegood che arrivare di soppiatto poteva anche causare un arresto cardiaco alle persone. Si girò e gli fece un gran sorriso, indicando il plico che giaceva proprio di fronte a lui.

"Immagino sarà una traduzione impeccabile" commentò Neville, sorseggiando il proprio tè. "Sei sempre stata un talento in Rune Antiche" dichiarò, ripensando alla scuola. "Sei sempre stata un talento in qualsiasi cosa, a dire la verità".

Hermione sorrise, ringraziandolo per quella generosità di sentimenti che – nella mente di lei – era ciò che più lo accomunava alla sua amica bionda, in quel mentre intenta ad addentare un biscotto.

"Papà" osservò con aria svagata, "la tua mano sanguina di nuovo".

"Signore" tentò Hermione, "forse dovrebbe smetterla di estrarre baccelli di Pugnacio a mani nude". La mano destra dell'uomo era coperta di sangue.

"Forse" borbottò ironicamente Neville dentro la tazza. Hermione trattenne una risata.

"Oh, sciocchezze!" dichiarò Xenophilius con leggerezza. "E' tutto a posto; quel che ci vuole è un po' di Essenza di Purvincolo".

"Sarebbe indicata, in effetti" commentò Hermione.

"Allora" l'uomo si sedette al tavolo evocando un contenitore ripieno di liquido e vi immerse la mano, "immagino che questa edizione soddisferà tutti" osservò, poco chiaramente.

"Sono stati ritrovati degli appunti di Silente" spiegò Luna. "La McGranitt ha acconsentito al fatto che vengano pubblicati insieme alle Fiabe".

"Silente ha commentato le Fiabe di Beda*?" chiese Neville, con lieve stupore.

"Oh sì!" esclamò Xeno. Probabilmente si metterebbe a battere le mani se non fosse impegnato a sanguinare, pensò Hermione. Ma il vecchio Xeno, la mano immersa nella bacinella, continuava a ciarlare.

"Un mucchio di note di Silente, sommate alla nuova traduzione, manderanno l'editore in brodo di giuggiole" dichiarò. "Le invierò oggi stesso". Si alzò dal tavolo, prese il plico e sparì oltre la soglia della cucina, annunciando alla figlia di volersi ritirare per leggere il tutto prima di consegnarlo. Hermione rilasciò un lieve sospiro, augurandosi di aver davvero messo in buone mani il frutto del proprio lavoro.




"Luna e Rolf si sposano?" le domandò il Prescelto, per la terza volta.

"Chiedimelo ancora e non sopravviverai" sbottò Hermione, in piedi di fronte alla scrivania dietro la quale sedeva l'amico. Era passata al Ministero della Magia – sezione Auror – per fargli un saluto e comunicargli la bella notizia.

"Ginny è irrintracciabile quando si allena con le Harpies, ma penso sia d'accordo se ti invito a cena" asserì Harry. "Così puoi raccontarci meglio".

"Tu odiavi i gossip, e adesso vuoi i dettagli. Che diavolo ne hai fatto di Harry Potter?" domandò scoppiando a ridere.

"Scema, non parlavo di Luna, ma del tuo libro in uscita".

"Non è mio, è di Beda il Bardo" precisò.

Il ragazzo sbuffò, contrariato dal perenne puntualizzare dell'amica. Una parte di lei era rimasta la ragazzina pignola che aveva incontrato sull'Espresso per Hogwarts. Ok, una buona parte. Poteva cambiar vita e lavoro, ma sarebbe sempre rimasta una irrimediabile precisina.

"E' interessante questa faccenda di Silente".

Hermione sapeva che quello era il motivo di tanto interesse per il libro – oltre al fatto che anche per la loro storia personale significava molto. Harry era sempre preso da qualsiasi cosa riguardasse Silente – e come dargli torto?

"Già, sarei proprio curiosa di sapere cosa possa averci scritto".

"Allora, per stasera ci sei?"

Hermione stava per dare l'assenso, quando ricordò il barbagianni di Draco e il modo insolente in cui l'aveva buttata giù dal letto. Malfoy si sarebbe quasi meritato una clamorosa buca, ma non aveva intenzione di fargli un affronto simile per poi aspettarsi qualche tremenda vendetta.

Aveva detto 'stasera', il che significava che Hermione doveva solo aspettare che si facesse vivo lui, dato che non le aveva fornito un orario o un appuntamento.

"Non posso" pigolò.

"Dimmi che non stai declinando per passare il sabato sera con Malfoy..."

Il silenzio di Hermione risultò più che eloquente per Harry, che decise di soprassedere e limitarsi ad uno sbuffo spazientito.

"Domani?" chiese Hermione, sperando in un perdono immediato. Improvvisamente però ricordò che quella domenica l'avrebbe passata per intero con i suoi genitori – mentre Harry e Ginny sarebbero stati incastrati in uno dei numerosi pranzi alla Tana – e fu costretta a ritrattare.

"Papà mi uccide se non vado" si giustificò. "Lunedì sera va bene?"

Harry grugnì e mugugnò una risposta affermativa. Gli fece un gran sorriso e si avviò alla porta, dove si scontrò con Ron che entrava in quel momento – e riuscì perfino ad abbozzare un sorriso a lui. Dopo la visita da Luna si sentiva contenta, come se i problemi non esistessero proprio. Ron la guardò imbarazzato e ricambiò il sorriso con una specie di smorfia, ma Hermione non ci badò. Salutò entrambi e si richiuse la porta alle spalle, diretta ai camini del Ministero, per Smaterializzarsi.

Conosceva il Ministero come le proprie tasche, dopo averci lavorato per anni; dapprima pensò di andare a trovare gli ex colleghi dell'Ufficio Misteri, ma si ricordò che gli Indicibili non avevano una gran simpatia per chi piombava all'improvviso. Ogni volta bisognava preoccuparsi di nascondere il lavoro, visto che solo loro erano autorizzati a conoscere ciò che si celava lì dentro. E lei ormai non faceva più parte del team, perciò accantonò l'idea di disturbarli.

Mentre attraversava il corridoio urtò un uomo alto e nerboruto, dalla pelle scura come l'ebano.

"Ma guarda chi si vede: Hermione Granger!"

"Scusi, Ministro" disse sollevando lo sguardo e sorridendo.

"Non sono più il tuo capo, Granger" le fece notare, con vago rimprovero.

"Le vecchie abitudini sono dure a morire". Shackelbolt rise. Lo conosceva da quando era una ragazzina e lui faceva parte dell'Ordine della Fenice. Quando era stato eletto Primo Ministro tutti quelli dell' Ordine avevano esultato. Hermione lo chiamava 'Ministro' o 'Capo' quasi per gioco. Ma ormai era tutto diverso.

Trovarsi in quel posto, dove un tempo si recava tutte le mattine, aveva sortito uno strano effetto su di lei, anche se ancora non sapeva dire quale fosse.

"Ci manchi al Ministero, non si trovano spesso elementi validi come te".

"Grazie, Kingsley".

"So che adesso lavori da Ollivander" la guardò con una punta di risentimento, come se si sentisse tradito.

"Le buone notizie corrono veloci" osservò Hermione.

"Le buone notizie corrono attraverso Ronald Weasley" le rispose sovrappensiero. Sembrò pentirsi subito di averlo nominato, probabilmente ricordando i suoi trascorsi con Hermione, e fu sorpreso di vederla ridere.

"Ron non è mai stato un asso nel tenere le cose per sè" commentò tranquillamente.

Un giovane mago si avvicinò correndo e li interruppe; mormorò qualcosa all'orecchio di Kingsley, che sospirò con l'aria di chi regge le sorti del mondo su di sè. Hermione provava davvero poca invidia per le incombenze dell'uomo.

"E' urgente?"

"Purtroppo sì" sbuffò. "Grane dal Primo Ministro babbano" la informò. "Bene, Hermione. Sappi che, se volessi tornare, la tua scrivania giù all'Ufficio Misteri è ancora sgombra".

Hermione lo vide allontanarsi gesticolando e parlottando con l'altro mago e provò pena per la se stessa del passato, sempre intenta in quella vita frenetica da ufficio, presa da quel continuo via vai che tuttora poteva scorgere nei corridoi del Ministero. Tutto quello che sentì, fu sollievo.

Aveva fatto una scelta azzardata lasciando quel posto, ma rimettendovi piede non poteva fare a meno che rendersi conto di quanto fosse giusta.

Nell'ultimo anno la sua vita era radicalmente cambiata; all'interno dell'edificio rivedeva le false sicurezze a cui si era aggrappata per lungo tempo, pur di non lasciarsi andare nel vuoto, con il rischio di cadere.

Pensava tutto questo, Hermione, mentre aspettava lo strano ascensore ministeriale, pregando che non fosse troppo affollato.

Ne uscirono quattro maghi, tre streghe e un mucchio di Promemoria Interufficio che si sparpagliarono in giro. Hermione entrò e le porte si richiusero sferragliando. Dovette sorbirsi tutti i benedetti piani e la voce metallica le rimbombava nelle orecchie, annunciando il nome di ogni settore – come se Hermione non li conoscesse a menadito.

Si complimentò con se stessa per essere riuscita a non ridere all'ingresso di un mago con in braccio un vaso da notte che rideva a crepapelle.

"Ufficio per l'Utilizzo Improprio dei Manufatti Babbani?"

"Sì" mugugnò l'uomo, il volto tirato. Le lanciò un'occhiata invidiosa, probabilmente per il solo fatto che lei non stava portando nessun vaso da notte fra le braccia.

Quando finalmente Hermione scese da quell'aggeggio infernale, tirò un sospiro di sollievo, aggiungendo il lento e scomodo ascensore ai mille motivi per cui lavorare al Ministero non le sarebbe mancato.


"Granger?" la chiamò una voce maschile mentre attraversava l'atrio a passo svelto. Si voltò e scorse una chioma bionda che riconobbe come quella di Draco Malfoy.

"Come mai qui?" chiese, sorpreso.

"Potrei farti la stessa domanda" rispose Hermione.

"Suppongo di sì" concesse Draco, "sebbene non credo che otterresti la stessa risposta" affermò, criptico. Lei inarcò un sopracciglio, senza capire.

"Io sono stata a trovare..." iniziò.

"San Potter" concluse lui. "Come ho potuto non pensare a lui!" esclamò sarcastico.

Hermione sorvolò sul suo atteggiamento arrogante, perché gli occhi grigi di Draco le dicevano che qualcosa l'aveva turbato.

"Sì, ero da Harry" confermò. "Invece tu?"

"Decisamente no, non ero da Harry" parlò con tono sprezzante.

Hermione vide balenare una scintilla di odio nello sguardo del ragazzo e, per un attimo, le sembrò di essere tornata ad Hogwarts. Draco dovette accorgersene, perché parve leggermente a disagio e cambiò tono.

"E' stata una brutta giornata".

"Lo vedo" commentò lei, incrociando le braccia al petto e avviandosi ai camini; ma Draco le si affiancò, continuando a parlare.

"Sono passato a chiedere un foglio di permesso per una visita ad Azkaban".

Hermione si bloccò sul posto e voltò il capo verso di lui. Tentò in tutti i modi di nascondere la pena che provava in quel frangente per Malfoy, perché sapeva che non avrebbe tollerato di scorgere un sentimento del genere nei suoi occhi.

"Vai a trovare tuo padre?" domandò, il tono neutro.

"No" rispose secco, di nuovo lo sguardo cupo di poco prima.

Ecco a chi era riservato l'odio che Hermione vi aveva intravisto. Attese, ma sembrò che Draco non volesse aggiungere alcuna spiegazione supplementare a quel monosillabo.

"Io sto andando a casa" disse per cambiare argomento.

"Anche io, ho già sbrigato tutte le formalità e ho ottenuto il lasciapassare" disse sventolando un foglio con aria di ironico trionfo. Poi le porse il braccio ed Hermione lo afferrò senza tentennamenti.

"Vorrà dire che anticiperemo di un paio d'ore il nostro appuntamento. Ti dispiace?" disse; e sembrava tornato il brillante e spregiudicato ragazzo di sempre. Hermione scosse la testa.

"A proposito, che vorrebbe dire visitare casa Malfoy?" domandò. Per tutta risposta, Draco ghignò e – letteralmente – la spinse in uno dei camini, Smaterializzando entrambi.




Si trovarono fuori le scalette di una colorata casetta cittadina, in puro stile londinese. Hermione, ancora stretta al braccio di Malfoy, si guardò intorno sorpresa. Non credeva che tra tanti posti, Malfoy avrebbe scelto proprio quello.

Nel frattempo Draco, stufo di cercare le chiavi, coprì la scena con il mantello ed estrasse furtivamente la bacchetta, sotto lo sguardo severo di Hermione.

"Alohomora" mormorò. La porta – con un piccolo clic – li lasciò passare.

"Non dovresti usare la magia in luoghi ad alta concentrazione Babbana" lo redarguì. "E' rischioso".

Draco la ignorò, le fece cenno di togliersi il cappotto e di mettersi comoda in salotto, mentre lui accendeva il camino con un colpo di bacchetta. A sua volta si sedette su una poltrona vicina e si servì un bicchiere di Whiskey Incendiario.

"Per te?" chiese cortesemente.

"Acquaviola".

"Ligia come sempre" commentò, con uno sbuffo.

"No" rispose lei, punta sul vivo. "Semplicemente non bevo roba forte se sono a stomaco vuoto: è la prima regola se non voglio trovarmi a vomitare dopo cinque minuti dal primo sorso".

L'immagine evocativa fornita, unita all'espressione della Granger, aveva fatto risultare le sue argomentazioni convincenti. Così, a uno schifato Draco non restò che servirle un'Acquaviola.

"Per chi è il lasciapassare?" chiese quando ebbe vuotato il bicchiere. Lui roteò gli occhi, quasi spazientito da quella domanda scontata.

"Mia madre, ovviamente".

"E tu non ci vai".

"Esattamente" replicò.

"Posso sapere perché?"

"Me lo stai davvero chiedendo, Granger? Proprio tu?" e le scoccò un'occhiata eloquente, che riportò ambedue ad un preciso momento passato. Tacitamente, Draco aveva rievocato il medesimo ricordo in entrambi.

"Non è cambiato niente?"

"Io sono cambiato, il mondo è cambiato, ma non lui" sentenziò. "Lucius Malfoy è e sempre sarà il seguace di un folle, per giunta Mezzosangue, desideroso di purificare il nostro mondo dagli impuri..."*

"...come me" completò Hermione. Ormai la cantilena la sapeva a memoria. Dannazione a Voldemort, a Salazar Serpeverde, e a tutti i fissati del Sangue Puro!

"Non ricordi ciò che ti dissi al settimo anno?" chiese lui.

"Mi stai dicendo che è da allora che non gli parli più?"






"Granger" una voce ben nota la bloccò in un corridoio al secondo piano, che Hermione stava percorrendo insieme a Ginny.

"Malfoy!"

"Furetto, lieta di vederti!" ringhiò Ginny.

"Tuo fratello è sempre il nostro re!" fece lui, innocentemente. "Anche se lui e il tuo fidanzatino vi hanno praticamente abbandonate tra i cattivi..."

Ginny ringhiò, ma Hermione l'ammonì con lo sguardo. La rossa non poteva esserne a conoscenza, ma i rapporti tra lei e Draco erano sensibilmente migliorati, per così dire.

Se con gli altri del suo gruppo si comportava quasi normalmente, le prese in giro nei suoi confronti erano – con enorme stupore di Neville, Seamus, Ginny e Luna – completamente cessate.

Si erano baciati qualche giorno prima, e la cosa aveva scosso parecchio entrambi. Hermione era scappata di corsa dall'aula in cui si era svolto il 'misfatto' e poi si erano sempre evitati, quasi di tacito accordo.

"Penso sia con me che vuole parlare" la infomò. Ginny borbottò qualche insulto, lo guardò un paio di volte in cagnesco, e poi si allontanò cianciando contro il fatto che certa gente fosse ancora a piede libero. Nessuno dei due fiatò per un pezzo. Hermione si aspettava che fosse Malfoy ad introdurre il discorso, ma lui sembrava aver perso l'uso della parola. Così Hermione decise di prendere in mano la situazione.

"Sei qui per parlare di quello che è successo l'altro giorno?" chiese, dritta al sodo.

In effetti, Draco, ancora stupito da quel bacio, era lì proprio per confrontarsi con lei. Non sapeva come prendere l'accaduto, ma sapeva di non volerlo ignorare.

"Granger, io..."

Ma la frase fu interrotta dall' improvviso frullio d'ali. Un barbagianni grigio, che Hermione riconobbe come quello di Malfoy, andò ad appollaiarsi sulla spalla del ragazzo.

Questi srotolò la pergamena legata al collo dell'animale e la scorse velocemente. Hermione tentennò un poco, ma poi si decise ad avvicinarsi. Il colorito pallido e il tremito delle mani le fecero pensare subito che il Serpeverde avesse ricevuto una lettera non delle più piacevoli. Pensò di lasciarlo solo, ma poi cambiò idea.

Del resto, era stato lui ad cercarla; poi si era avvalso delle sue cure quando si era ferito all'avambraccio sinistro, nel folle tentativo di strappare via la sua colpa. A lei aveva chiesto insegnami; e lei gli avrebbe insegnato altri modi di vivere che non comprendessero ira cieca, odio, violenza e presunta superiorità. Aveva tutta l'intenzione di tentare, perlomeno.

Arrivò a sfiorargli il braccio e lui, al contrario di ciò che Hermione paventava, non si ritrasse. Anzi, le si fece più vicino e, in un gesto stremato, le porse la lettera. All'inizio Hermione non comprese; tutta quella fiducia in un sol colpo, era troppo anche per lei. Poi vide la busta con l'intestazione del Ministero della Magia: voleva che la leggesse per lui.

Non aveva il coraggio di farlo, probabilmente. Temeva di trovarvi cattive notizie sul padre, Lucius Malfoy.

"Draco, sta' calmo". Si ritrovò a sostenere la lettera con la mano sinistra per leggerla, mentre con la destra dava lievi carezze sulla spalla di Malfoy.

"Non sono cattive notizie" gli comunicò; e il cuore di Draco prese a battere più forte. "Non verrà Baciato dai Dissennatori, tanto per cominciare. Pare che nel giro di un annetto o due quelle creature saranno allontanate dal Ministero".

"E poi?" chiese lui, intuendo che non era tutto.

"C'è una postilla di tua madre, ma forse è meglio se..."

"Leggi tu, io non ce la faccio. Finora ho bruciato tutte le sue lettere, perché parlavano di mio padre. Ma questa dovevo leggerla, perché – capisci - porta il sigillo del Ministero".

Hermione pensò che in quel momento Malfoy era persino più vulnerabile di quanto l'avesse visto Harry mentre piangeva nel bagno dei Prefetti, l'anno prima.

C'era una enorme fragilità emotiva nel modo in cui le stingeva il polso, quasi per aggrapparsi a lei. L'unica in grado di redimerlo.

"Dice che ha ottenuto due lasciapassare per Azkaban e che andrete a trovarlo..."

"Andrà" la interruppe. Lo vide irrigidire le spalle e serrare la mascella.

Non la stava guardando. Non stava neppure parlando con lei – più che altro rifletteva ad alta voce.

"Come?" chiese, certa di aver capito male.

"Io non andrò in visita da mio padre" sentenziò. "Mi ha causato solo danni; si merita di stare lì dov'è e non voglio andare a trovarlo. Passerà la vita ad Azkaban? Dieci e lode! Se l'è cercata, me la sono cercata anch'io! Mi sono fatto convincere, come il codardo che sono..."








Hermione riemerse all'unisono dallo stesso ricordo in cui era sprofondato Malfoy.

"Ti ricordi?" le chiese.

"Tu non..."

Lui stroncò la sua frase sul nascere.

"Io cosa? Non sono sempre stato un vigliacco?" pose la domanda in maniera retorica, poiché la risposta era scontata. "Nemmeno tu, con tutta la tua bontà Grifondoro, lo puoi negare".

La strega tacque, non sapendo cosa rispondere per evitare di ferirlo e allo stesso tempo di mentirgli.

"Non sempre" gli disse, incoraggiante.

"Ah no?" fece una risata gutturale, cupa. "Fammi un esempio che provi il contrario".

Hermione sospirò pesantemente, decisa a sollevarlo da quel momento di tristezza e sperando che decidesse di confidarle le proprie preoccupazioni, come aveva fatto in passato, quando ancora non erano altro che due vecchi nemici ormai privi di motivi per odiarsi. Scavò nella propria memoria.

"Beh, quando siamo arrivati a Malfoy Manor tu avresti potuto farci uccidere sul momento. La mia fattura pungente su Harry non ti ha ingannato neppure per un attimo. Sapevi chi era lui, eppure non l'hai rivelato. Inoltre, quando ti hanno chiesto chi eravamo io e Ron, hai risposto 'non lo so, può darsi' e noi eravamo perfettamente riconoscibili. Tua zia si sarebbe potuta arrabbiare parecchio..."

"Lei non mi avrebbe mai toccato".

"Suppongo di no, visti i vostri legami familiari". Draco la fissò e scosse la testa.

"Supponi male, Granger" rispose, l'espressione indurita. "Non l'avrebbe fatto solo per via di mia madre, glielo avrebbe impedito".

In effetti, si disse Hermione, non era certo la donna che si faceva prendere dall'affetto per il nipotino, la cara Bellatrix.

"E comunque hai proprio sbagliato esempio" continuò Draco, versandosi altro Whiskey. "Come ti dissi anni fa, quel giorno mi sono vergognato di me stesso. Sono rimasto a guardare mentre ti torturavano, solo per..."

"Per paura, lo so" concluse Hermione, pur sapendo che lui avrebbe usato la parola viltà. Fu proprio per risparmiargli la pena che decise di edulcorare la frase.

Draco sembrò sul punto di voler ribattere, ma poi la sua espressione contratta si sciolse in un lieve sorriso.

"Sono vile come lui" riprese. "Non capisco perché non mi consideri degno della sua stima, visto che siamo uguali".

"Non è vero".

"Oh, sì invece! Se penso a quanto, da bambino, tenessi alla sua approvazione!" sospirò, una certa nostalgia nello sguardo – quasi di rimpianto per la spensieratezza dell'infanzia. "Non mi hanno fatto mancare niente. Ho sempre avuto tutto. Per quanto possibile, credo che mio padre mi amasse. Però non posso perdonargli gli ideali con cui mi ha cresciuto".

"Ma sei riuscito a levarteli di dosso, e l'hai fatto da solo".

"E questo?" sibilò in un tono basso che le mise i brividi, sollevandosi la manica del maglione. Hermione avrebbe preferito sentirlo gridare.

Posò lo sguardo sul Marchio Nero che ancora, dopo anni, era lì inciso. Più sfocato di come l'aveva visto al loro ultimo anno di scuola, ma pur sempre presente. Appariva grigio, morto, proprio come Voldemort.

"Questo non potrò mai cancellarlo" berciò alzandosi in piedi. "E non posso perdonarglielo. Sono stato un vigliacco, certo, ma avevo sedici anni. So che alla stessa età tu stavi aiutando San Potter a sconfiggere il Male, anziché alimentarlo come me..." la frase restò in sospeso e Draco si lasciò cadere sul divano.

Hermione realizzò quanto per davvero chiedere quel lasciapassare avesse risvegliato i fantasmi dell'uomo che aveva di fronte.

"Draco" disse dolcemente, "tu hai sbagliato e l'hai capito".

"Però non ho pagato" sibilò, come se stesse sputando del veleno ingerito per errore. "Dovrei essere il compagno di cella di Lucius Malfoy".

"L'hai detto tu stesso: eri un ragazzo, lui era un uomo. Poteva scegliere, anche se sarebbe stato rischioso".

"Anche io avrei potuto".

"Sì, certo. Però tu credevi di agire per il bene della tua famiglia; e quando si è trattato di fare del male, di uccidere Silente, tu hai abbassato la bacchetta. Harry stesso ti ha visto farlo".

Draco si passò stancamente una mano sugli occhi, colpito dal pensiero che la patetica scena sulla Torre di Astronomia si fosse svolta sotto quelli di San Potter.

Si alzò dal divano e si appoggiò contro il caminetto. Hermione rilasciò un sospiro nel vederlo più tranquillo.

"Sai? Sembra incredibile, ma lo ama. Non va a trovarlo per mantenere le apparenze; vuole proprio vederlo" dichiarò, tornando a parlare di Narcissa.

Il pensiero di Lucius che si faceva amare da qualcuno diede ad Hermione il voltastomaco, ma, del resto, immaginava che da quell'uomo gli altri Purosangue non venissero trattati come venivano trattati i Sanguemarcio – ovvero come formiche da schiacciare prima che prolifichino e invadano la casa.

I Nati Babbani, dal punto di vista di uno come Malfoy, volevano impadronirsi del Mondo Magico e insozzarlo con il loro sangue. Secondo Hermione, invece, il ricambio di sangue era una cosa importante – vista la concentrazione di squilibri mentali nella famiglia Black, dove tutti si sposavano tra parenti.

Questione di punti di vista, suppongo.

"Da quanto non lo vedi?" gli chiese poi.

"Da dopo i processi ai Mangiamorte" disse, atono. "So che è orribile, ma mio padre rappresenta la parte peggiore di me" dichiarò rilasciando un sospiro, come se ogni parola avesse un peso specifico. "Per questo non vado; ho paura che riesca a tirarla fuori di nuovo".

"Immaginavo l'avresti detto" fece lei. "Non mi importa tanto del rapporto con tuo padre. Solo... fa' pace con te stesso, per tutto".

Malfoy tacque, perfettamente consapevole del significato delle parole di Hermione; e poi abbozzò un sorriso.

"Allora" fece lei cambiando argomento, "dove siamo?"

"È qui che passo la maggior parte del tempo, non al Manor".

"Vivi nella Londra Babbana?" Hermione spalancò gli occhi per la sorpresa.

"E' un posto in cui a mia madre non verrebbe voglia di infastidirmi". Hermione rise di gusto al pensiero di Malfoy che viveva nel pieno centro di una Londra Babbana fino al midollo. Si prese un secondo per osservare gli spazi attorno a sè.

Il salone era ampio e arredato con gusto. Nè pieno di anticaglie, nè troppo moderno. La cucina era piccola ma accogliente, le mattonelle in cotto e il tavolo in legno le davano un aspetto raccolto.

Al piano di sopra c'era sicuramente la zona notte; ma Hermione notò che c'erano anche delle scale che conducevano a un piano inferiore.

"Verso dove si scende?" domandò aggrottando la fronte, incuriosita.

"Oh, ti piacerà" disse guidandola per le scale, in fondo alle quali stava una porta che si apriva su uno stanzone buio. Draco le fece strada e accese le luci.

"Benvenuta nel mio mondo" disse con un sorrisetto.

Hermione si guardò intorno, stupita nel constatare che quella stanza era niente meno che un laboratorio da pozionista. Evidentemente Draco si dilettava ancora nel mischiare intrugli, perché Hermione era conscia che non aveva bisogno di lavorare.

"E' fantastico!" disse, scorrendo con gli occhi attraverso calderoni, ampolle e ampolline poggiate su scaffalature di legno ai quattro angoli della stanza.

Al centro c'era un grande piano da lavoro, sul quale troneggiava un calderone in peltro misura standard, come quelli che usavano a scuola.

Chissà perché, da lui si sarebbe aspettata un calderone in oro massiccio, e invece no. Un semplice, banale e dozzinale calderone in peltro.

"Lo so, Granger" disse guardandosi in giro, soddisfatto. "Del resto, il tempo devo pure ammazzarlo in qualche modo".

Hermione rise e si mise a curiosare tra le varie pozioni. In un primo momento, la sua attenzione fu attratta da quella che riconobbe come Pozione Invecchiante – nella sua mente balenò l'esilarante scena del quarto anno, quando Fred e George avevano tentato di passare la Linea dell'Età tracciata da Silente intorno al Calice di Fuoco*. Il sorriso si spense quando si rese conto che, ancora una volta, Fred era entrato di soppiatto nei suoi pensieri.

Scosse la testa per scacciarlo via, e gli occhi si posarono su una boccetta piena di una pozione color rubino. Ad un attento esame, Hermione non poteva non riconoscerla.

"Questa è..."

"Amortentia, sì" rispose lui. "La pozione più pericolosa in questa stanza*" disse avvicinandosi e stappando l'ampolla. Trasse un respiro e l'annusò, inspirando gli odori fino in fondo.

"Cosa senti?" non si trattenne dal domandargli.

Draco la guardò con una scintilla di malizia negli occhi. Hermione pensò che non gli avrebbe risposto per lasciarla con la curiosità; ma era in errore.

"Carta da lettere... un sentore di cacao, credo, e Lozione Arricciariccio al cocco" concluse, sorprendendola. "E tu?"

Hermione si ritrasse, indecisa se annusare quella pericolosa pozione oppure no. Non era sicura di voler conoscere gli odori che la attraevano. Per qualche ragione era certa che la cosa le avrebbe causato una maggiore confusione mentale.

Malfoy si avvicinò ancora un po' con l'ampolla in mano e lo sguardo malizioso, ed Hermione, benché reticente, chiuse gli occhi, lasciando infine che i vari profumi le invadessero le narici. Quando li ebbe riaperti, Draco tornò all'attacco.

"Allora, cosa senti nella tua Amortentia?" chiese, nascondendo la curiosità dietro un tono provocatorio.

"Non te lo dico".

"Andiamo! Cosa attrae Hermione Granger?"








NOTE AL CAPITOLO


1)Rosso Rubino è il titolo di una puntata della seconda serie The Mentalist, quindi è un omaggio allo splendido uomo del mio Avatar (ovvero Patrick Jane). E nel capitolo si riferisce, ovviamente, al colore rosso dell'Amortentia.

2)Questa frase si trova nel libro Northanger Abbey della incommensurabile Jane Austen; non so il capitolo, perché la Austen di solito la cito a memoria (anche nelle frasi più banali come questa) e di certo non andrò a cercare dove si trova. L'unica cosa è che al posto di sabato, il giorno era mercoledì, mi pare.

3)La scena del libro in cui Scrimgeur apre il testamento e a Ron va il Deluminatore, a Harry il Boccino della sua prima partita a Quiddich e a Hermione la copia di Silente delle Fiabe di Beda.

4)Parole prese alla lettera dalla profezia che Sibilla Cooman formulò a proposito di Voldemort e Harry.

5)Tutti sapete che i Weasley abitano alla Tana, ma magari alcuni non ricordano il paese vicino al quale si trova la casa, ossia Ottery St. Catchpole.

6)E' il primo discorso tra Hermione, Ron e Harry nel libro 'Harry Potter e la Pietra Filosofale'.

7)Le note di Silente alle Fiabe di Beda il Bardo si trovano a seguito di ognuna delle storie nel libro, e secondo me sono fantastiche.

8)Da un'intervista rilasciata dalla Rowling, si sa che i Malfoy non hanno subito particolari conseguenze dalla Seconda Guerra Magica, o perlomeno non sono finiti in prigione. Anche grazie alla testimonianza di Harry sul fatto che Narcissa ha mentito per coprirlo. Ecco, io ho preferito mettere in galera Lucius; semplicemente perché questa è la mia storia e mi serviva così.

9)In Harry Potter e il Calice di Fuoco, Silente traccia la linea dell'età intorno al calice, per impedire che maghi al di sotto dei diciassette anni si iscrivano al Torneo Tremaghi. Ovviamente i gemelli ci provano e, altrettanto ovviamente, falliscono.

10)Sono parole che Lumacorno dice nel film Il principe Mezzosangue a proposito di questa pozione, che può indurre, se non l'amore, una potente infatuazione.






SPAZIO AUTRICE



So che probabilmente mi riterrete crudele per il modo in cui ho concluso il capitolo. Vi dico ora che neppure al prossimo saprete se Hermione ha risposto a Draco, nè cosa sente nell'Amortentia. Potrebbe aver capito qualcosa, come no. Potrebbe aver sentito odori che le ricordano Fred, o che le ricordano Draco. O magari entrambi. Chi lo sa, a parte me e Hermione. Ormai sapete che amo i flash-back, prima o poi colmerò questa lacuna, tranquilli.

Intanto sapete cosa sente lui, avete visto la casa (che mi servirà poi). In molte situazioni io getto le basi per sviluppi futuri che – spero – vi sorprenderanno. L'ho totalmente stravolto questo capitolo (in uno dei momenti folli in cui straccerei tutto quello che scrivo) e vorrei sapere se n'è valsa la pena o meno. Infine... Grazie alle 100 persone che hanno aggiunto questa storia tra le liste, ma soprattutto a coloro che spendono un po' del loro tempo e recensiscono <3

Il vostro parere, qualunque esso sia, può aiutarmi a capire se sto andando nella giusta direzione. E' vero che ciò che scrivo deve incontrare il mio gusto, ma anche il vostro. Quindi è un grazie a chi recensisce e un invito a chi è pigro come io lo ero qualche anno fa ;)

Un bacione gente!





p.s. La_Marta io te lo dico: abituati agli annunci di matrimoni e fattene una ragione, perché ce ne saranno un po'. Non venirmi a scocciare, if you know what I mean <3






















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Capitolo 21
*** Personal Riddle ***


CAPITOLO VENTI – Personal Riddle*



Il risveglio del lunedì mattina fu piuttosto traumatico per Hermione. Aveva passato la domenica con i genitori, in maniera babbana, mettendo più distanza possibile tra lei e il mondo magico.

Il sabato precedente aveva declinato l'invito a cena di Harry, spostandolo al martedì sera. Dopo il lavoro, avrebbe passato la serata a Grimmauld Place.

Tanto, a casa non avrebbe avuto nessuno ad aspettarla. Lei e Fred erano praticamente due estranei sotto lo stesso tetto. Quando si incontravano sulle scale o sulla porta del bagno, sembrava fosse una pura casualità, quasi una stranezza.

Era una situazione molto pesante, ed Hermione sentiva che una spada di Damocle pendeva sulle loro teste. Quella bolla di rabbia e frustrazione sarebbe scoppiata prima o poi, su questo non vi era alcun dubbio.

Mentre la strega si vestiva, qualcun altro, nella stanza a fianco, rimuginava sulla situazione che si era venuta a creare in casa.

Fred si era rigirato nel letto per parecchio tempo prima di prendere sonno e, al risveglio, tutto era identico a come l'aveva lasciato. In sogno non gli era giunta alcuna illuminazione su come comportarsi con Hermione; quella situazione di stallo lo stava lentamente uccidendo. Si mise a sedere, passandosi stancamente una mano sugli occhi; e solo quando ebbe udito il rumore della porta si azzardò ad uscire dalla propria stanza. Di Hermione Granger non c'era più traccia.



La strega si chiuse la porta di casa alle spalle, con un sospiro. Dover considerare una conquista il non incontrarsi con Fred le metteva addosso una spiccata malinconia, che sperava di scrollarsi di dosso prima di entrare al negozio.

Le persone in strada sembravano allegre. Forse perché era una bella giornata, soleggiata. I bambini ancora troppo piccoli per essere ad Hogwarts si divertivano a soffiare dentro tubicini che producevano bolle di sapone. Non sembravano poi così differenti da quelle babbane, se non per le dimensioni gigantesche e le forme – diciamo – particolari. Le più frequenti erano quelle degli animali immaginati dal piccolo possessore del gioco, o che ne rispecchiassero maggiormente la personalità.

Una bambina aveva appena soffiato nel bastoncino e quello aveva prodotto un enorme leone, che al momento ruggiva fieramente.

Hermione era pronta a scommettere che di lì a qualche anno il Cappello Parlante l'avrebbe Smistata in Grifondoro. La bambina le fece un gran sorriso ed Hermione sorrise di rimando, benché quella vista non avesse scalfito la sua tristezza.

Le bolle dalle strane forme nell'aria provenivano tutte dai Tiri Vispi Weasley, cosa che di certo non la aiutava a dimenticare la faccenda di Fred, visto che era uno dei titolari*.

Dopo quelli che le parvero chilometri anziché pochi metri, giunse nel suo piccolo porto sicuro. Incredibile come passare un normalissimo weekend lontana dalle bacchette potesse farle sentire la mancanza di quel luogo. Entrò portandosi dietro il solito tintinnio – e Ollivander seppe che era lì.

"Buongiorno" la salutò, invisibile agli occhi. Di certo era sul retro, nel laboratorio, dove Hermione non aveva ancora messo mai piede, se non per curiosare. Non si sentiva pronta per creare una bacchetta; sapeva di non esserlo.

"Buongiorno, signore" ricambiò, spogliandosi del soprabito e raggiungendolo sul retro. Lo vide intento alla creazione di quella che prometteva di essere una splendida bacchetta di castagno. Stava intagliando il legno con una minuzia quasi maniacale, ma Hermione sapeva che proprio quella cura del particolare era il segreto del successo di Ollivander, il motivo per il quale le sue bacchette non erano considerate alla stregua di quelle di Jimmy*.

"Sento il rumore dei tuoi pensieri, signorina Granger" la voce dell'uomo la sorprese. Non aveva neppure alzato gli occhi dal piano di lavoro, perciò non poteva aver colto l'espressione riflessiva che doveva avere al momento. La strega sorrise e si avvicinò per osservare meglio. Cercava di cogliere il modo in cui le mani nodose del bacchettaio correvano veloci ad eliminare ogni strato superfluo. Pezzo per pezzo, quel piccolo blocco di legno avrebbe preso forma, diventando uno strumento in grado di incanalare magia. E tutto per merito di quell'uomo. Tutto era opera sua.

"Ho ancora parecchio da imparare..." sospirò Hermione, seguendo i movimenti decisi, eppure delicati. "Non riuscirò mai ad avere il suo tocco, così... sicuro" disse con voce lagnosa. Ollivander sbuffò, senza replicare. "Come riesce a operare quella torsione del polso? Quanti secoli di apprendistato mi ci vorranno? Lei pensa che io non sia tagliata per fabbricare bacchette?"

A quella raffica di domande ansiose, il fabbricante distolse l'attenzione dal legno che stava prendendo forma tra le sue mani.

"Per l'amor di Merlino! È ovvio che penso che tu sia tagliata, o non perderei neanche tempo ad insegnarti il mestiere, non credi?" domandò, retorico. "Ti manderei direttamente qui dietro l'angolo, a fare apprendistato alle Meravigliose bacchette di Jimmy Kiddle" sputò fuori il nome del rivale come fosse un insulto.

Chiamarlo 'rivale' non è neppure appropriato; tra Kiddle e Ollivander non c'era gara: il vincitore sarebbe risultato scontato. Non a caso, quando Voldemort ne aveva avuto bisogno, aveva rapito Ollivander per farsi aiutare, non certo Jimmy Kiddle.

"Per carità" fece, sinceramente schifata dal pensiero. "Quell'uomo non distinguerebbe una bacchetta di plastica da una vera".

Forse era un po' esagerato e decisamente spocchioso come giudizio, ma il vecchio Garrick non avrebbe potuto essere più fiero della sua apprendista. Non poteva approvare i metodi spicci e la scarsa cura per le materie prime da utilizzare che Kiddle metteva nel costruire oggetti magici così potenti – come si supponeva fossero le bacchette. Era felice che anche Hermione condividesse quel giudizio.

"Se non vuoi che ti spedisca da lui a fabbricare bacchette di plastica, smettila di lamentarti, guarda e impara" le disse, rimettendosi al lavoro. "Non c'è fretta".

Hermione sorrise e si rilassò all'istante sentendo il tono fermo con cui l'uomo aveva pronunciato l'ultima frase.

Afferrò uno sgabello ligneo, alto, decisa a fare come le era stato detto. Gli sedette accanto, immergendosi con lui in quell'operazione che – sperava – un giorno sarebbe stata in grado di compiere anche lei, anzichè limitarsi a fissare passivamente la scena.

"Per me l'arte delle bacchette è un mistero tutt'oggi" le disse dopo quasi mezz'ora, interrompendo il silenzio assoluto che si era creato. Nessuno aveva bussato, niente era intervenuto a disturbarli; quindi Hermione era rimasta lì a guardare, immobile. Si immerse negli occhi liquidi dell'uomo, che la scrutavano.

"Vuole prendermi in giro? Lei è Garrick Ollivander, le bacchette non hanno segreti per lei!" gli fece notare pacatamente.

"Non è propriamente così che voglio sembrare, o avrei messo una sciocca insegna come quella di Jimmy" dichiarò.

Nella mente di Hermione apparve netta la scritta in lettere dorate Le meravigliose bacchette di Garrick. Dapprima arricciò il naso, quasi schifata, ma poi non seppe trattenere una risatina.

"Non sono mai stato modesto, lo riconosco".

Non c'era bisogno che lo dicesse, Hermione ormai conosceva perfettamente questo aspetto del carattere di Ollivander. "Ma sono sempre alla ricerca della verità, solo questo conta per me" disse con aria da vecchio e saggio filosofo. Stranamente però, Hermione sentì subito di aver compreso a fondo le parole. Come se quella filosofia fosse ormai anche la sua. "Chi crea bacchette deve sempre cercare il vero, te l'ho detto mille volte".

"Proprio così, signore". Al contrario di quanto si potrebbe pensare, Hermione non era affatto seccata che le dicesse o le ripetesse – anche mille volte – quelle cose. Erano forse insegnamenti anche più importanti di quelli teorici e pratici. Erano insegnamenti di vita.




La sera, quando Hermione rincasò, ad attenderla fuori dalla porta trovò il barbagianni di Malfoy con un messaggio per lei:


Ho avuto delle complicazioni; il nostro appuntamento di stasera non è più possibile.

DM


Scarno, incisivo, quel biglietto sarebbe parso anche parecchio freddo – piuttosto indicato per il 'vecchio' Malfoy – se non fosse stato per le poche parole vergate in fretta, ma sempre con calligrafia minuta ed elegante:


p.s. Non strapparti troppi capelli da quel cespuglio: sopravviverai alla mia assenza.



Hermione curvò le labbra in un lieve sorriso e pensò che la prospettiva di un tranquillo lunedì sera a casa non era niente male, dopo una giornata di lavoro come quella. Aveva provato a stare dietro ad Ollivander nella fabbricazione delle bacchette, ma i suoi movimenti esperti e sicuri, anziché spronarla, l'avevano fatta sentire in difetto, come una scolaretta ignorante e incapace. Nonostante le rassicurazioni dell'uomo, lei non poteva non chiedersi se sarebbe mai stata in grado di fabbricare una bacchetta.

Si diresse a passo stanco verso la cucina, disseminando abiti al suo passaggio. Solitamente si spogliava e riponeva ordinatamente le cose, visto che erano dotati di un apposito attaccapanni all'ingresso. Se c'era uno che lasciava in giro i vestiti – e il cui percorso in casa era deducibile proprio dalla posizione di questi ultimi – era Fred.

Probabilmente, pensò Hermione, era ancora al negozio con George o fuori con Sally e – in tal caso – un loro incontro in serata era improbabile, visto che lei aveva tutte le intenzioni di andare a letto presto. Ora che non aveva più gli incartamenti delle sue traduzioni dal runico su cui sbattere la testa ogni sera, poteva rilassarsi leggendo uno di quei bei tomi che tanto le piaceva tenere sottomano. E dai quali – nei primi, lieti tempi della loro convivenza – Fred puntualmente la distraeva. Sorrise ricordando il rapporto nuovo e giocoso che si era creato fra loro tra quelle quattro mura, che in quel momento erano l'emblema della solitudine. Non erano più loro, ma lei e lui.

Le loro vite erano due rette parallele e le volte in cui, per caso, andavano ad incrociarsi, non ne uscivano fuori altro che litigi.

Ma forse, si disse, sono io che parto dal presupposto sbagliato. Come se ci fosse mai stato un 'noi', che in realtà è stata tutta una mia assurda proiezione.

Fred non aveva colpa, se non quella di essersi fatto beccare con Sally. Avrebbe potuto semplicemente dirle che non era interessato, o che era stato un errore. Ma non era di certo delicato pomiciare la gelataia sotto la casa dove anche Hermione viveva. L'aveva sconvolta, e di lì un evento dietro l'altro l'avevano portata dov'era. Confusa, si sentiva confusa. Magari, pensò, era stato un bene. In fondo, Fred non era l'uomo giusto per lei, nossignore. Non avrebbe potuto funzionare tra loro. Erano entrambi testardi. Se Ginny era convinta che la convivenza con Hermione avrebbe inquadrato Fred e che quest'ultimo avrebbe smussato gli angoli duri del carattere della ragazza, doveva ammettere di aver sbagliato. Ciò che stava avvenendo tra di loro, stava producendo esattamente l'effetto opposto rispetto a quello previsto dalla rossa. Hermione era sempre più dura e chiusa in sè, Fred non era diventato più ordinato, ma solo musone – caratteristica che prima non gli apparteneva affatto.

Insomma, negli ultimi tempi, quella convivenza produceva solo danni in entrambi gli occupanti la casa, tanto che Hermione aveva valutato l'ipotesi di gettare la spugna. Poi, però, ci aveva sempre ripensato.

È vicino al negozio... niente Smaterializzazione... è Diagon Alley... dovrei cercare un altro coinquilino, uno sconosciuto...

Queste erano le scuse più gettonate che la sua mente contorta proponeva più spesso come giustificazioni. Non avrebbero retto neppure se propinate a Teddy, un bimbo di appena cinque anni; ma Hermione si accontentava di tenerle per sè, senza pretendere che qualcuno le confermasse nè confutasse.




Nel mezzo delle proprie elucubrazioni mentali, seduta al tavolo della cucina e intenta a sorseggiare un po' di Succo di Zucca, udì la chiave girare nella toppa: qualcuno stava entrando in casa. Passi strascicati risuonarono familiari nel corridoio, seguiti dalla voce di Fred.

Il roscio, entrato in casa, notò che, ancora una volta, la luce in cucina era accesa. Probabilmente, pensò, suo fratello aveva pensato di fare un salto per vedere come stesse. Si era messo in testa che si stesse deprimendo.

"GEORGE! Se sei di nuovo tu, sparisci; ti ho già detto che non ho bisogno di compagnia" mugghiò. "Perciò puoi anche tornartene da Ange..." le parole gli morirono in gola e la voce si spense quando si accorse che in cucina, seduta sulla panca lignea, c'era la sua coinquilina – e non suo fratello.

"Come mai qui?" le chiese, un po' rude, benché non avesse intenzione di esserlo.

"Credevo di abitarci" rispose ironica. Fred rimase zitto, sembrava avesse esaurito la scorta di parole.

"Tu piuttosto, che ci fai qui?"

"Ci vivo da anni" replicò, il tono pungente.

"Ho capito" fece Hermione, alzandosi dal tavolo. "Non ho voglia di litigare". Aveva tutta l'intenzione di andarsene a letto, se restare significava discutere di nuovo.

"Che fai?" le chiese aggrottando la fronte.

"Te l'ho detto, non ho voglia di litigare" ribadì.

"Nemmeno io" rispose sciogliendo la maschera di tensione sul proprio volto e rilasciando un sospiro mentre si sedeva su uno sgabello. "Resta, non voglio che ti rinchiuda in camera a causa mia".

Hermione fu sorpresa da quelle parole, come lo fu dal tono stanco con il quale furono pronunciate. Un tono che – da parte di Fred – le diede uno scossone. Si sedette senza replicare e si versò dell'altro Succo di Zucca.

"Non hai mangiato?" chiese Fred.

"Non ho fame".

"Non ha importanza" disse alzandosi in piedi e cambiando tono. Sembrava un altro rispetto al ragazzo di cinque minuti prima. "Mia madre sostiene che non mangiare è il primo passo verso la depressione*" dicharò solennemente mettendosi poi ad armeggiare con pentole e padelle.

Hermione lo guardava basita, la fronte aggrottata. Il bipolarismo era l'unica spiegazione agli strani comportamenti di Fred, ne era ormai certa. Il ragazzo si voltò verso di lei, trovandola intenta a fissarlo e del tutto inoperosa.

"Ehi!" protestò. "Io sto cucinando, tu almeno apparecchia". Poi si girò ed accese il fuoco con la bacchetta, bollendo qualcos' altro in un pentolone. Alla fine, Hermione apparecchiò la tavola di tutto punto senza troppo sforzo – ovvero restando seduta a far spostare tovaglia, posate e bicchieri con la magia.

Quando tutto fu pronto si misero a tavola; ed Hermione dovette ammettere con se stessa che già la tovaglia a quadri, la caraffa di vetro soffiato e un po' di calore umano la facevano sentire meglio, quasi come se fra di loro non ci fossero mai state fratture. Ma c'erano, certo, e non ci volle molto perché venissero a galla.

"Credevo fossi con Malfoy" commentò lui, in tono casuale. Lei tossicchiò, evitando per un pelo di sputare l'arrosto in mezzo ai piselli di contorno.

"Ehm, non stasera" spiegò.

"Domani allora" osservò piatto.

"No, domani sera sono a cena da Harry e Ginny" rivendicò, quasi per dirgli che si sbagliava, che lei non passava tutto il tempo libero con Draco. Non che fossero affari suoi, si intende!

"Tu invece, non dovresti essere con Sally?" Fred ingoiò il boccone a secco, senza bere. Non doveva essere con Sally? No, perché lui non usciva più con Sally.

Proprio per questo suo fratello era andato a controllare che stesse bene qualche sera prima, quando lui era solo ed Hermione chissà dove con Malfoy.

George, credendolo depresso per la rottura con Sally, si era premurato di andarlo a trovare per passare una serata 'come ai vecchi tempi'.

Quando Fred gli aveva candidamente confessato di essere stato lui a troncare la relazione, George aveva sollevato entrambe le sopracciglia, alquanto sorpreso. Suo fratello era triste, cavolo.

E se non lo era perché Sally lo aveva lasciato, quale diamine di motivo poteva avere? Aveva provato a chiedere se ci fosse qualche problema di salute che gli teneva nascosto, se volesse emigrare per qualche debito di gioco, se avesse compiuto qualche crimine inconfessabile.

Poi aveva ragionevolmente concluso che doveva esserci di mezzo un'altra ragazza. Il punto era che Fred era stato irremovibile nel negare, perciò George non aveva potuto saperne l'identità; anche se di certo non si era dato per vinto.

Però tutto questo – la solitudine, il vuoto, la tristezza – Hermione non doveva saperlo. Non voleva che lo compatisse, che sapesse che soffriva a causa sua. Perciò fece l'unica cosa possibile: mentire.

"Non stasera, aveva un impegno e così abbiamo rimandato a domani".

"Oh" fu l'unico commento di Hermione. Poi calò il silenzio, finché non fu nuovamente lei a parlare. Se ne uscì con la prima cosa che le venne in mente.

"Sai, Ollivander oggi ha minacciato di mandarmi a fare apprendistato da Jimmy Kiddle". Vide comparire un sorrisetto inatteso sul volto di Fred.

"Fammi capire, questo è il tipo di minaccia che ti sconvolge?" ridacchiò.

"Ehi, le bacchette che fabbrica quel tipo sono affidabili più o meno quanto le vostre ai Tiri Vispi Weasley!" gli ricordò.

"Non offendere le nostre bacchette finte!" protestò lui, accalorandosi. "Almeno quelle qualche magia sono in grado di produrla".

"Oh certo, peccato siano magie ai danni del possessore!"

"Danni mi sembra esagerato: che male c'è..."

"... se la bacchetta che tieni in pugno si trasforma in un' anatra di gomma o qualche altra cosa mentre stai compiendo un incantesimo?" domandò retoricamente.

"Come sei noiosa!" sbuffò il ragazzo. "La fai sembrare una cosa pericolosa, mentre è molto divertente".

"Il tuo concetto di divertente e il mio non combaceranno mai, Fred" sospirò scuotendo la testa, ma ridendo. "A parte le minacce" riprese, "è stata una giornata intensa. Piena di clienti, un viavai pauroso".

"Davvero?"

"Poi, una coppia di fidanzatini ci ha fatto perdere un mucchio di tempo per trovare una bacchetta adatta a lei".

"Non ha la sua?"

"Gliel'hanno rubata e doveva comprarne una nuova".

"L'ha trovata?"

"Certo, dopo aver smontato il negozio" raccontò irritata. "Una bella bacchetta di agrifoglio".

"Buon per lei" borbottò Fred.

"Anche se" aggiunse lei pensierosa, "quando il ragazzo ha tirato fuori la propria bacchetta, Ollivander ha messo su una faccia strana". Fred si fermò e si mise in ascolto.

"Come mai?"

"Il ragazzo aveva una bacchetta di quercia e, quando sono usciti, lui ha bofonchiato qualcosa sul fatto che non era un'unione consigliabile" riferì Hermione. Con suo stupore, vide un lampo di comprensione passare sul volto di Fred, insieme a un sorriso che lo illuminò.

"Capisco" disse solo, riprendendo a mangiare. Hermione attese, ma non disse altro.

"Ehm, vuoi rendermi partecipe?" chiese, piuttosto perplessa.

"Ma come, la So-Tutto-Io non conosce le superstizioni da bacchettaio? Nel mondo babbano dovranno pur esistere dei proverbi, o qualcosa di simile".

"Ma certo che esistono; cosa c'entra?"

"Ecco" spiegò lui. "C'è un proverbio che dice Se lui è quercia e lei agrifoglio, le nozze non consiglio".*

"Che cosa?" chiese con voce stridula e divertita. "Ma è ridicolo!"

"Ti stai facendo beffe delle tradizioni magiche; tu che difendi perfino i diritti dei Troll e degli Elfi?" l'accusò con aria offesa.

"Non prendo in giro la cultura magica popolare" si riprese, la voce ferma. "Solo... non credo che Ollivander sia superstizioso, tutto qui". Fred la guardò come se fosse la quintessenza dell'ingenuità.

"Forse preferisce non farlo sapere, ma lo è".

"Che ne sai?" rimbeccò, stizzita.

"Tutti i fabbricanti lo sono" sentenziò. "Pensa che ci sono altri proverbi sulle..."

"Per cortesia" lo interruppe. "Lui non crede a queste scemenze..."

"Come vuoi" fece Fred, sicuro di sè. "Ti ricrederai presto, dammi retta".




"... e io e George stavamo pensando" blaterava Fred, la bocca lievemente impastata dal troppo Firewhiskey. Non era ubriaco, solo un po' allegro, come del resto Hermione. Bevi tu che bevo io, un bicchiere a te e uno a me, e la mezzanotte era appena scoccata. Si sentiva felice, Hermione.

Inizialmente, al pensiero di cenare insieme, si era sentita a disagio. Dopo tutto ciò che era successo fra loro, credeva che non sarebbe stata capace di parlargli con disinvoltura. Invece, dopo un iniziale imbarazzo, ora stavano chiacchierando come se niente fosse.

"... che potremmo creare dei giochi a forma di draghi, però in movimento".

"Ne esistono di già" ribattè lei. Lui scacciò via il commento con un gesto della mano, come se fosse un moscone fastidioso.

"Ma intendo, draghi veri". Sul volto di Hermione si disegnò un'espressione di puro stupore. Non era mai buono quando Fred e George progettavano qualcosa di nuovo, ne era perfettamente conscia.

"In che senso, veri?"

"Nel senso" riprese lui, "che dovrebbero sputare fuoco e fiamme sulle mani dei loro padroni. Sai, come i draghetti che fecero pescare a Harry e Fleur durante il Torneo*". Hermione notò che Fred aveva evitato di nominare Krum. Si sentì molto stupida nel riconoscere che la cosa le aveva fatto piacere.

"Fred, ma ti ha dato di volta il cervello?" domandò Hermione. "I 'padroni', come li chiami tu, saranno bambini dai tre ai sei anni" osservò. "E voi volete mettergli in mano un pupazzetto che azzanna e sputa fuoco: geniale!" commentò, sarcastica. "È pericoloso". Fred si mise a ridere di gusto.

"Ma non sarà pericoloso, credi che non conosca il mio mestiere? Sarò io stesso ad occuparmi di rendere inoffensive le fiamme" spiegò. "Basta un semplice Incantesimo Freddafiamma*" spiegò pazientemente. Hermione si zittì: perché non ci aveva pensato lei?

"Una volta ti fidavi..." Di me, pensò. "Dei Tiri Vispi, voglio dire" dissimulò l'imbarazzo con un cambio di tono – ora giocoso. Quelle parole ricordarono a Hermione una bella mattinata trascorsa a Diagon Alley, a visitare il negozio di Fred e George, da poco attivo.




"Sai" commentò Hermione guardando Harry, "questa è davvero magia straordinaria!"

"Per quello che hai detto, Hermione" intervenne una voce alle sue spalle, "puoi averne uno gratis".

Un sorridente Fred apparve davanti a loro, indossando un completo color magenta in magnifico contrasto con i capelli fiammeggianti.

"Che cosa è successo al tuo occhio?"

"Il tuo cannocchiale tirapugni" rispose lei mesta.

"Oh, accidenti, me n'ero dimenticato" fece Fred. "Ecco..."

Estrasse un tubo dalla tasca e glielo porse; lei lo svitò cauta e vide una densa pasta gialla.

"Basta che ne applichi un po' sul livido e sparirà entro un'ora" disse Fred. "Dovevamo ancora trovare un cancellalividi efficace, stiamo provando gran parte dei prodotti su noi stessi".

"Non è pericoloso, vero?"*




A Hermione venne da ridere; ma le sembrò di uscire da un sogno. Certo, all'epoca non avrebbe mai immaginato che il rapporto tra lei e Fred sarebbe diventato così... intimo. Era solo il fratello di Ron e un ex compagno di Grifondoro.

Ultimamente i ricordi le passavano per la mente senza che fosse lei a richiamarli. Una diciottenne impegnata nel suo ultimo anno ad Hogwarts, a combattere con i propri fantasmi; una sedicenne nel negozio di Fred, che non aveva ancora affrontato le battaglie peggiori.

"Fred, uno che produce Cannocchiali Tirapugni non è esattamente 'affidabile', non ti pare?" disse ridacchiando per scacciare via quel ricordo.

Fred era sempre stato lì, e lei non ci aveva mai fatto caso, come lui non aveva mai fatto caso a lei. Non in quel senso, almeno.

Forse perché con loro c'era sempre stato qualcun altro. Non si era mai concentrata su lui e basta; come se non l'avesse messo a fuoco. C'era sempre tanta, troppa gente intorno per poterlo fare: gli amici, la scuola, Krum, la guerra, Ron.

C'era sempre stato qualcosa che li aveva divisi. O meglio, che non li aveva mai fatti entrare in contatto. Ora sì, dopo che si erano avvicinati, si poteva davvero dire che qualcosa li aveva separati. Forse non era destino, forse era così che doveva andare.


"Cosa ti ronza per la testa?" le chiese Fred, scorgendo la sua espressione malinconica e pensierosa. Lei si riscosse e gli fece un sorriso. Ma era più un sorriso di circostanza, per niente sincero.

"Niente, mi ero solo distratta". Non una bugia, ma neanche la verità.

Era certamente distratta, ma aveva omesso tutta la serie di pensieri che le avevano invaso il cervello – contro la sua volontà, sia chiaro.

"Forse sei solo stanca e io sto qui a parlare di draghi tascabili" disse Fred, tanto per toglierla d'impiccio. "Oppure ti annoio" espresse ad alta voce quel pensiero, seppure con un sorriso sulle labbra. "Sarebbe la prima volta che mi succede, credo". Hermione lo guardò come se le avesse appena detto di volersi mettere in casa uno Snaso*.

"Non potresti mai" mormorò, senza accorgersi dell'eccessiva enfasi nella sua espressione. Stavolta sì, che era stata sincera. Poi successe tutto all'improvviso.

Si sporse senza riflettere, senza pensare che Fred avrebbe anche potuto respingerla – dal momento che usciva con Sally e dopo che lei stessa aveva rifiutato di baciarlo, la volta prima. Senza pensare neppure a tutto quello che era accaduto tra loro: litigi, lacrime, incomprensioni.

In quel momento c'erano solo gli occhi scuri di Fred legati ai suoi. Si sporse, e lo baciò. Dapprima fu a fior di labbra, lievemente, poi divenne un vero e proprio bacio. Le labbra si intrecciavano in un gioco seducente e innocente al tempo stesso, mentre le lingue si cercavano insistentemente. Hermione schiuse la bocca ad una pressione maggiore, esercitata da quella di Fred. Fu allora, quando il bacio divenne completo, intenso, appassionato... che Hermione si scostò.

"Scusami" mormorò imbarazzata. "I-io non avrei dovuto" balbettò, incespicando sulle sue stesse parole. Si alzò alla svelta senza preoccuparsi nemmeno di ascoltare se Fred avesse o meno qualcosa da dire.

"Credo... credo sia meglio che io vada a dormire" si giustificò. Fred provò parlare per dire qualcosa di sensato, possibilmente. Il problema, però, non si pose; perché non aveva fatto in tempo ad aprir bocca, che Hermione era già scomparsa dalla cucina, salendo di corsa le scale, e sbattendo la porta della propria camera come se volesse frapporre un muro altissimo – più di quanto già non fosse – tra di loro.

Fred sospirò guardandosi intorno. Fino a due minuti prima parlavano tranquillamente, poi si era zittita d'improvviso, e ora... quello. Si portò la testa tra le mani, quasi cercando di spremersi le meningi per farne uscire una spiegazione sensata. Non riusciva a capire. Erano giorni che non riusciva a capire, a capirla. Hermione Granger era il suo personale rompicapo, e quella sera, lì seduto, decise che l'avrebbe risolto. O, almeno, ci avrebbe provato fino alla fine.











NOTE AL CAPITOLO


1) Riddle significa 'indovinello', ma anche rompicapo e si riferisce a quel che Fred pensa di Hermione, ovvero che sia il suo personale rompicapo. Non ho resistito a dare un titolo che richiamasse un elemento della saga, ovvero il caro vecchio Tom Riddle, in arte Voldemort.

2) Non so se davvero delle bolle di sapone del genere siano in produzione ai Tiri Vispi, però quelle classiche – le nostre – mi sembravano davvero troppo banali per stare a Diagon Alley.

3) Jimmy Kiddle ha un negozio di bacchette a Diagon Alley, che si chiama Le meravigliose bacchette di Jimmy Kiddle. Ovviamente sono di qualità molto inferiore a quelle del nostro amato Ollivander.

4) Non so se Molly Weasley sappia cos'è la depressione, ma ce la vedo a dire una frase del genere.

5) Questo è un proverbio del mondo magico citato negli appunti di Silente alle Fiabe di Beda il Bardo; precisamente in quelli che si trovano dopo l'ultima fiaba, ovvero la storia dei fratelli Peverell.

6) Incantesimo Freddafiamma: raffredda il fuoco e lo rende innucuo; non spegne le fiamme ma le rende inoffensive.

7) Questa scena è riportata dal libro Il Principe Mezzosangue. All'inizio del libro, infatti, alla Tana, Hermione tocca inavvertitamente un Cannocchiale Tirapugni e si ritrova un occhio viola.

8) Soffice, nero, con il muso lungo, lo Snaso predilige le cose luccicanti. Gli Snasi vengono spesso allevati dai Goblin per scavare nel profondo della terra in cerca di tesori. Sono animaletti carini e affettuosi, ma possono rivelarsi devastanti per la proprietà di un mago/strega. Pertanto, gente, vi sconsiglio di tenerli in casa.






ANGOLO AUTRICE


Ciao gente! Ecco a voi il ventesimo capitolo. Non ho molto da dire, se non rassicurare le fan di Draco che lui tornerà e chiedere a coloro che invece tifano Fred se hanno gradito la scena del bacio. Hermione non stava esattamente ragionando, o avrebbe pensato che questo potrebbe – e dico potrebbe – incasinare le cose. Potrebbe anche non cambiare niente, però. Fred poverino è piuttosto giù di corda quando non è con lei, quindi George ha tentato di tirarlo su. Ancora non si è confidato, ma non penso reggerà per molto. Ho un po' insultato Jimmy Kiddle, ma ovviamente tiro acqua al mio mulino – ovvero quello di Garrick. Adoro il mio vecchietto <3 Spero di poter aggiornare presto, prevedo che con il prossimo capitolo alcune di voi vorranno la mia testa :)

Baci!

Jules


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Capitolo 22
*** Stai con me ***


Ciao gente! Jules all'attacco con un nuovo capitolo, che per vari motivi è stato un parto. Cancellavo, riscrivevo, ricancellavo, spostavo pezzi da una parte all'altra. Alla fine ho detto basta, e questo è il risultato. Buona lettura!



Dedicato a Jaded_ e La_Marta (sono le peggiori amiche che si siano mai viste, ma io LE voglio bene!) Siete le guest stars di questo capitolo, ragazze – Jade e Martha. Ti ho cambiato la Casa di appartenenza, La_Marta, per necessità 'di copione'. (Sulla carta sei una Tassa, dal vivo resti una Serpe!)






CAPITOLO VENTUNO – Stai con me




Oh, won't you stay with me?
'Cause you're all I need
This ain't love, it's clear to see
But darling, stay with me

Sam Smith – Stay with me





Is your secret safe tonight

and are we out of sight

Will our world come tumbling down

Will they find our hiding place

Is this our last embrace

Or will the world stop caving in

Muse - Resistance






La mattina seguente, quando Fred scese in cucina per prepararsi la colazione, sperava ardentemente di incontrarla per parlarle di ciò che era accaduto; dei dubbi che, ogni notte, lo tormentavano circa la situazione che stavano vivendo.

Hermione e Malfoy insieme, lui nel mezzo. O lui e Hermione e Malfoy nel mezzo ad intralciarli? O forse era Hermione ad essere nel mezzo senza saper decidere?

Oh, Merlino! Di prima mattina già gli scoppiava la testa! Il punto era che, visto da ogni prospettiva, quello restava a tutti gli effetti un triangolo, ai cui vertici stava l'assortimento più improbabile che avrebbe mai potuto immaginare.

Sì, decisamente gli scoppiava la testa, ma non avrebbe avuto alcuna importanza se lei si fosse fatta trovare giù; se avessero potuto parlare, chiarire, spiegarsi.

Invece Fred sentiva solo un vago odore che aleggiava ricordandogli il suo profumo, ricordandogli che lei era stata lì – e probabilmente l'aveva mancata di una manciata di secondi. Quella situazione si faceva sempre più strana e complicata, almeno per lui. Una cosa gli era chiarissima: era cotto a puntino.

Non l'aveva potuto nascondere neppure a Sally – e così gli appuntamenti, con suo gran sollievo, erano cessati. Non gli piaceva uscire con lei e pensare tutto il tempo a Hermione. Lo trovava ridicolo, oltre che inappropriato.

A questo punto, si era detto, meglio da solo, almeno finché non mi sarà passata.

Ma quella fissa per la Granger sembrava proprio non volesse passare, e la cosa cominciava a farsi preoccupante. Persino con George non era ancora riuscito ad aprirsi – e a lui aveva sempre detto tutto. Era il suo clone, il suo gemello, il suo alter ego; eppure non aveva ancora trovato la forza di accennare ad Hermione con lui. Irrazionalmente temeva che parlare di ciò che sentiva – parlarne a George – avrebbe reso quei sentimenti più reali, più potenti. Più pericolosi, in sostanza.

Accese il fuoco e vi mise sopra il bollitore, cercando di scacciare ogni pensiero connesso alla Granger e concentrandosi solo sulla colazione. Distrattamente, scelse una bustina di tè. Se ne pentì amaramente quando si accorse che la bevanda sapeva inequivocabilmente di gelsomino.

Dannazione!




A Hermione Granger era sempre piaciuta la puntualità. La trovava una pratica rilassante e ristoratrice come un plaid caldo in inverno. Strano da dire, ma per lei era così. Scandire la propria giornata con ritmi e orari precisi la faceva sentire bene.

Ciò nonostante, quella mattina, l'essere arrivata in anticipo di quaranta minuti, poco aveva a che fare con il suo amore per la puntualità – aveva molto più a che fare con il desiderio di evitare un confronto faccia a faccia con Fred Weasley.

Aveva appena messo piede nel negozio quando sentì Ollivander berciare contro un cliente.

"Vada fuori di qui!" Vide un uomo ammantato di nero – un tipo un po' losco, in effetti – uscire a capo chino dal negozio, con l'aria di un cane bastonato.

"Buongiorno" salutò il vecchio, sperando che non fosse in vena di altre sfuriate. "Che succede?" domandò curiosa.

L'espressione di Ollivander era indicativa del suo umore nero, ma non della sua causa – perciò, se fosse stato necessario, Hermione ne avrebbe affrontato l'ira, pur di sapere cos'era accaduto. Il bacchettaio la scrutò un attimo e poi ricambiò il saluto con aria scocciata.

"Succede" bofonchiò, "che le persone non imparano mai". Hermione attese, dato che ancora non comprendeva il punto della situazione.

"Continuo a non capire".

"Quante volte devo aver detto ai clienti che io NON tratto il legno di sambuco? Quante?" ripetè, indignato. "E ogni tanto qualcuno se ne viene fuori con la storia che vuole una bacchetta intagliata dal sambuco". Hermione annuì timidamente, sbigottita dal tono iracondo del vecchio.

"Capisco, sono ammiratori della Bacchetta del Destino* immagino".

"Già, tu quella la conosci bene..." osservò. "Ma il punto è che nessun bacchettaio al mondo ama utilizzare quel legno per le proprie creazioni*. Non mi pare complesso come concetto" protestò. "E io non faccio eccezione".

"Ma non le pare un po'... superstizioso?" disse. "Insomma, quella Bacchetta di Sambuco è stata fabbricata dalla Morte, ma lei dovrebbe solo usare lo stesso legno, non farne una alla sua altezza". Ollivander la fulminò attraverso gli occhi argentei, stretti in due fessure.

"Il punto non è la bacchetta che ne verrebbe fuori, nè la sua qualità! Il punto è che quel legno porta sfortuna! Ecco perché nessuno lo usa!" disse, il tono ovvio. "Sai come si dice no? Bacchetta di Sambuco, non cavi un ragno dal buco*" citò il proverbio con aria serissima. Hermione rimase di sasso.

Le era venuto automatico ricordare quando Fred le aveva detto che si sarebbe ricreduta, che tutti i fabbricanti erano superstiziosi, che Ollivander non avrebbe costituito un'eccezione.

Le scappò un sorriso nel richiamare alla mente la conversazione della sera prima, ma subito scacciò il ricordo, che portava con sè anche quello del bacio. Ancora una volta, Fred Weasley sbucava, inopportuno, nei suoi pensieri.

"Quindi lei è superstizioso" constatò togliendosi la giacca e avvicinandosi.

"Certo che lo sono!" rivendicò lui senza imbarazzo. "Specie dopo che Tu-Sai-Chi mi ha tenuto segregato a Malfoy Manor per ricevere informazioni su come sconfiggere Harry Potter con quella maledetta bacchetta!" sputò fuori, mentre Hermione pensava di lanciargli un incantesimo Silenziante, visto che in cinque minuti le aveva ricordato sia Fred che Draco, ovvero i due nomi che erano la sintesi di tutti i suoi problemi. Fantastico!

"...non ti pare?" borbottò, ma Hermione non lo stava più ascoltando.

"Ehm... sì, signore. In effetti ha causato molti danni, sicuramente nel detto c'è del vero". Si chiese se – con il tempo – anche lei sarebbe diventata superstiziosa, immaginando una versione anziana e canuta di se stessa, intenta a intagliare bacchette e a sciorinare improbabili proverbi.

"Certo che sì" confermò. "Nei proverbi c'è sempre del vero" dichiarò, definitivo. "E adesso, per piacere, che la giornata abbia inizio: quelle dieci bacchette che vedi lì" – e le indicò una catasta ammucchiata in un angolo – sono tutte tue. Riparale e revisionale" ordinò lapidario. Con ciò, si rituffò nel proprio lavoro.

Le prime sei bacchette filarono lisce come l'olio, ed Hermione era contenta di avere qualcosa con cui occupare la mente e le mani, senza dover pensare. La settima bacchetta diede qualche problema, ma niente di catastrofico: delle banali scintille fucsia che irradiavano una luce fastidiosamente rosa.

Per le altre riparazioni non vi furono particolari intoppi, tranne la decima, che sputava piccoli lembi di fuoco dalla parte del manico. Hermione avrebbe rischiato una seria ustione se Ollivander non fosse intervenuto con un Freddafiamma.

"Sei diventata velocissima nella riparazione" constatò l'uomo, ammirato. Sembrava parlare più a se stesso che a Hermione: era certa che riflettesse su qualcosa; ma non ebbe tempo di chiedergli nulla, perché due ragazze entrarono portando con sè il consueto scampanellio.

"Hermione!" trillò una di loro – il covone di ricci biondi, gli occhi verde chiaro e un viso pulito la riportarono indietro di qualche anno. Jade, Grifondoro come lei.

"Allora è vero che lavori qui. Non ci volevo credere!" esclamò l'altra. Nei capelli castano scuro e nei tratti orientaleggianti riconobbe Martha, Tassorosso.

Entrambe erano del suo stesso anno. Le ricordava bene, perché erano state tra gli studenti che avevano preso parte alla battaglia di Hogwarts, quella che aveva deciso le sorti della Seconda Guerra Magica. Mise da parte quel pensiero e si concentrò sul presente.

"Che posso fare per voi?" domandò, cortese. La testa di Ollivander sbucò da uno degli scaffali, tra i quali stava cercando chissà cosa – solo lui poteva raccapezzarsi in quella bolgia di bacchette.

"La bacchetta della signorina era tra quelle da riparare" la informò. "Quella in legno di melo e crine di unicorno, tredici pollici e tre quarti, mi pare". Jade annuì, leggermente sorpresa.

La fama di Ollivander era nota, certo, ma faceva sempre un certo effetto constatare dal vivo come ricordasse davvero ogni singola bacchetta venduta. Hermione, che ormai lo conosceva bene, era certa che lui sfoggiasse consapevolmente quella sua dote, tanto per il gusto di impressionare i presenti. Sorrise fra sè di quel piccolo vezzo esibizionista.

"Ed è pronta?" domandò la ragazza, incerta se guardare Ollivander o Hermione.

"Ma certo!" fece quest'ultima, il tono ovvio. Andò a prelevare una delle bacchette che aveva revisionato durante la giornata. Non ebbe alcun tipo di esitazione nel riconoscerla e porgerla alla legittima proprietaria, che le sorrise, felice di essersi ricongiunta a quel pezzetto di legno.

Tanto insignificante agli occhi di un Babbano ignaro, pensò Hermione in quel momento, la bacchetta è per un mago come un prolungamento, un appendice del suo stesso braccio.

Non era la prima volta che Ollivander coglieva Hermione a rimirare una bacchetta con il luccichio negli occhi, ma quel giorno, dopo averla vista ripararne così tante senza fiatare e senza il minimo ritardo sulla tabella di marcia, si convinse. Aveva appena deciso: presto, che lei volesse o meno, le avrebbe fatto realizzare una bacchetta da sola.

"Che te ne pare?" Hermione si rivolse a Jade.

"Perfetta" rispose rigirandola tra le mani e provando qualche semplice formula. "Sembra appena comprata" commentò, per poi sussurrare un lumos. "Mi stava dando filo da torcere, credevo di non essere più capace a fare incantesimi. Poi ho capito che era colpa della bacchetta".

"Già... la tua magia non c'entra niente" le fece eco Hermione. "Sebbene nel tuo caso non si vedesse dall'esterno, il crine di unicorno difettava: era tutto sfilacciato" spiegò. "L'ho sostituito, naturalmente. Anche perché sarebbe stato un vero peccato perdere una bacchetta del genere. Non si fabbricano molte bacchette di melo, lo sai? Io le trovo magnifiche" commentò. "Hanno scarsissima tendenza alle Arti Oscure, è dimostrato. Di solito scelgono padroni con nobili ideali e grandi mire". Jade sembrò lusingata dalla scoperta, e ormai Hermione era un fiume in piena.

"Tra l'altro, non sai che chi possiede bacchette di melo è tendenzialmente longevo e molto amato?" aggiunse.

Jade e Martha la guardavano tra lo stupito e l'affascinato. Avevano passato anni, come tutti gli studenti di Hogwarts della loro età, a vedere Hermione alzare la mano per esporre sapientemente le proprie conoscenze teoriche su praticamente ogni materia. Per quale motivo era andata a fare quel mestiere, a cimentarsi in una delle poche cose di cui di sicuro non sapeva – almeno all'inizio – nulla?

Hermione una risposta definitiva a quel colpo di testa non se l'era mai data, ma forse stava proprio nel fatto di non sapere nulla, di dover ricominciare daccapo, di dover apprendere. In fondo era ciò che le era sempre riuscito meglio.

"Anche tu hai una bacchetta da ritirare?" domandò a Martha, temendo di aver storidito Jade con tutte quelle considerazioni.

"Non ricordo di averla vista" interferì Ollivander, affiancando l'apprendista al bancone. Le tre ragazze lo guardarono un po' confuse, perfino Hermione.

"La sua bacchetta, intendo" chiarì. "Undici pollici e tre quarti, piacevolmente flessibile, nocciolo e crine di unicorno" disse, come se Martha l'avesse comprata il giorno prima.

"Ho preso quella bacchetta quando avevo undici anni..." osservò, aggrottando le sopracciglia. "Sul serio, come fa a ricordarselo?" si rivolse a Hermione, in cerca di una spiegazione razionale alla memoria prodigiosa del vecchio bacchettaio.

"Ho imparato a non farmi domande" replicò quella, beccandosi un'occhiata di sbieco dall'uomo.

"Gliel'hanno rubata" disse Jade, spiccia.

"Oh, capisco" annuì Hermione, per niente stupita. "Ultimamente c'è un fiorente commercio illegale, nei bassifondi di Nocturn Alley".

"Già, tutti sanno chi lo dirige, ma nessuno può provarlo" ruggì Martha, con una certa rabbia per la bacchetta perduta. "Il vecchio Dung è piuttosto bravo a non farsi beccare".

Tutta Diagon Alley sapeva che a rubare le bacchette era Mundungus Fletcher*, ma non era possibile dimostrarlo. Martha però non era la prima che in quei giorni era in cerca di una nuova compagna di avventure.

"Quindi ti serve una bacchetta" riprese Hermione. L'altra annuì.

"Decisamente" s'intromise Jade. "Ha provato a recuperare l'altra, ma non c'è stato niente da fare. Di certo gli Auror non si mettono a lavorare contro criminali da strapazzo; e pare che per queste quisquilie le sezioni del Ministero facciano una specie di scaricabarile l'una con l'altra". Hermione poteva dire di conoscere bene quelle dinamiche d'ufficio, visto il tempo che vi aveva trascorso.

"Non mi resta che comprarne una nuova" sbuffò Martha, "per quanto non mi faccia piacere separarmi dalla mia". Hermione le sorrise.

"Beh, in effetti il nocciolo è un ottimo legno, non lo nego. Insomma, è molto fedele al padrone. Se ti consola c'è la concreta possibilità che Mundungus non riesca a riutilizzarla".

"Davvero?" chiese Martha, interessata.

"Sì, sono talmente fedeli che spesso, quando muore il proprietario, gli vanno appresso".

"Come scusa?" domandò Jade.

"Se separate dal padrone, si rifiutano di produrre magia e perdono potere: muoiono, in sostanza. Specialmente" sottolineò, "quelle il cui nucleo è in crine di unicorno".

"Wow!" commentò Jade. "Sai un sacco di cose".

"Sì, beh, è il mio lavoro: mi piace farlo bene" replicò con un sorriso, suscitando inconsapevolmente un moto d'orgoglio nel suo mentore, che aveva sempre un orecchio rivolto alla loro conversazione.

"Sono contenta che non possano riciclarla, quei pezzenti" sbuffò Martha. Hermione le fece un gran sorriso d'incoraggiamento. Sapeva molto bene quanto fosse dura, poiché a lei stessa era stata sottratta la sua prima bacchetta.

"Oh andiamo! Sei una Tassorosso, no? La pazienza rientra nelle tue virtù, quindi ora ci mettiamo con calma alla ricerca di una bacchetta che faccia per te".

Stava già per mettersi al lavoro quando scorse Ollivander illuminarsi. Se c'era una cosa di cui quell'uomo era fiero, oltre al negozio, era l'essere stato Smistato – ai suoi tempi – in Tassorosso.

"Ma davvero? Allora ci penso io, sarà mia cura personale fare in modo che lei esca di qui con la bacchetta perfetta!" disse dileguandosi tra gli scaffali.

"Era in Tassorosso*" spiegò Hermione con un sorriso, notando l'espressione perplessa su entrambi i volti delle ragazze.

Quando l'uomo fu di ritorno aveva tra le mani almeno cinque custodie. Le porse a Martha, che ricambiò con un sorriso. Hermione e Jade si guardarono e scossero la testa, escluse da quella complicità di casa – in quanto entrambe Grifondoro.

Martha provò una quantità esorbitante di bacchette e Ollivander tirò giù tutto il negozio senza battere ciglio, deciso a trovare quella adatta a lei – del resto, la sua ossessione era creare bacchette perfette e poi lasciare che scegliessero il proprio compagno.

In effetti, come Hermione aveva avuto modo di notare più volte, sembrava avere molto più a cuore il bene delle bacchette che dei loro possessori. Alla fine, la ragazza scelse – cioè, fu scelta – e sia lei che Ollivander sembrarono soddisfatti.

"Quercia e crine di unicorno, dieci pollici e tre quarti".

"Credo che andrete d'accordo" commentò Hermione, osservando però le sopracciglia corrucciate di entrambe le compagne. Sì, beh, forse poteva risultare un'affermazione un po' stramba. "Deformazione professionale..." spiegò con un sorrisino imbarazzato, facendole ridere.

"Hai ragione, invece" intervenne il titolare. "Il legno di quercia è molto leale; cerca sempre un compagno che lo sia altrettanto – oltre che forte e coraggioso" concluse soddisfatto prima di dirigersi verso un altro cliente appena entrato.

"Tra l'altro" aggiunse Hermione, "si narra che Merlino possedesse una bacchetta di quercia, lo sapevi?" Martha scosse la testa, ma sembrò piuttosto lusingata dall'informazione. Insomma, Merlino – il mago per eccellenza!

"Sai Hermione" fece Jade, "non avrei mai pensato di vederti qui".

Eccola, la centesima volta che me lo sento dire!

"Ma devo ammettere che... sembra che tu non abbia fatto altro in vita tua, vero?" si rivolse all'amica. Martha annuì, sebbene ancora intenta a rimirare la sua nuova bacchetta per entrarci in sintonia.

Hermione sorrise, più grata di quanto le due ragazze potessero immaginare – e senza accorgersi di Ollivander che, a quelle parole, incurvò le labbra in una smorfia molto simile a un sorriso.




Arrivata all'orario di chiusura, Hermione si rese conto che – tra i molti clienti e la conferma del 'riciclaggio' di bacchette rubate – la giornata era stata davvero stancante. Sarebbe stato un sollievo rintanarsi tra le vecchie mura di Grimmauld Place, a lagnarsi con i propri amici.

Salutò e si chiuse la porta alle spalle, mentre Garrick pensava ad un modo poco traumatico per dirle che la riteneva pronta a creare una bacchetta – se non avesse mancato di tatto, temeva che Hermione potesse dare in escandescenze.

Un' apprendista in preda ad una crisi isterica era l'ultima cosa che serviva al suo negozio. Le fece un cenno di saluto osservandola uscire nel freddo invernale, per poi Smaterializzarsi.



"Hermione!" trillò Teddy attaccandosi alla sua gambia sinistra. Neppure aveva fatto in tempo ad entrare in salotto che ad assalirla si era trovata sia il piccolo Lupin che Victoire, primo esemplare di una nuova progenie Weasley.

"Lascia stare la zia!" fece Ginny, rivolta alla nipote, mentre Harry prendeva in braccio Teddy per allontanarlo almeno provvisoriamente.

Hermione fece un gran sorriso ad entrambi: doveva essere molto provata se non riusciva neppure a tenere a bada due bambini.

Si spogliò in corridoio, appese il cappotto all'attaccapanni e, tornata in salone, trovò i bambini intenti a giocare, stesi su un morbido tappeto. A quanto poteva vedere, Victoire stava utilizzando ogni arma in suo potere per convincere Ted a mostrare le proprie doti di Metamorfomagus, come sempre. La vide applaudire quando i capelli del bimbo divennero dapprima viola scuro, poi neri come quelli di Harry, poi rossi come quelli di Ginny – e di molti altri, pensò Hermione.

In seguito divennero castani e riccioluti, proprio come i suoi – e Victoire continuava a ridere entusiasta. Fu solo quando i capelli di Teddy divennero lisci, setosi e di un biondo quasi argenteo, proprio come quelli di lei, che si mostrò soddisfatta e compiaciuta. Gli fece un gran sorriso e lo abbracciò di slancio, tanto che il bambino arrossì lievemente. Hermione li guardò intenerita: Ted e Victoire sembravano così spensierati... quel loro momento era perfetto.

E lei, Harry, Ginny, Neville, Luna... tutti quanti, non avrebbero permesso che corressero pericoli quali loro ne avevano affrontati. Hermione non vedeva dei figli nel proprio futuro, ma se ne avesse avuti, li avrebbe sempre protetti, avrebbe fatto in modo che potessero restare lì, come Vic e Ted, a giocare tranquilli sul tappeto.

"Hermione!" la chiamò Teddy. "Ci racconti una storia?"

"Io?" fece, fingendosi stupita. Prima di sparire nel nulla per mesi, era solita raccontare le fiabe a quelle due pesti. Sembrava fosse portata, visto che chiedevano sempre di lei. Hermione si avvicinò alla 'postazione di gioco' sullo spesso tappeto bianco.

"Ti prego" rincarò Victoire con una vocina sottile. "Sei la più brava!" e sbattè le ciglia in una posa angelica. Ricordava molto Fleur, in quel momento.

Hermione sbuffò, ma non si fece pregare oltre. Sedette accanto a loro, rifiutando l'offerta di una sedia da parte di Harry.

"Non sono così vecchia!" gli aveva risposto scherzosamente, per poi accovacciarsi con i bambini.

"Allora... che storia volete?" domandò.

"Beda!" rispose Victoire; Teddy annuì calorosamente. Non poteva esserci nulla di più facile per Hermione, dato che ormai sapeva le fiabe di Beda a memoria. Avrebbe potuto recitarle perfino nell'originale runico, figuriamoci in inglese!

"Il Mago e il Pentolone Salterino" propose Teddy.

"Non mi piace" protestò Vic. "La Fonte della Buona Sorte?"

Ted scosse la testa deciso e Victoire sbuffò.

"Tanto so cosa vuoi, ma non te la racconterà" cantilenò.

"Raccontarvi cosa?" domandò Hermione.

"Quella che entrambi vogliono sentire" intervenne Ginny, alzando gli occhi al cielo. "La Storia dei Tre Fratelli. Harry spesso si rifiuta di raccontarla".

"Per piacere!" implorarono in coro. A Hermione venne da ridere. Non avrebbe potuto negare niente dopo quel buffo siparietto.

"D'accordo, va bene, ma fate silenzio".

Come per magia – è proprio il caso di dirlo – i bambini smisero di fiatare e Ginny abbassò la luce con la bacchetta, facendo calare la sala in una semioscurità, perfetta atmosfera per un racconto simile.

"È una storia che parte da molto molto lontano..." cominciò Hermione, abbassando il tono. "C'erano una volta tre fratelli che viaggiavano insieme, lungo una strada tortuosa e solitaria al calar del sole..."

I bambini l'ascoltavano rapiti, bevendo ogni sillaba del racconto che più di tutti li aveva conquistati – il mantello, la bacchetta, la pietra, non erano certo doni comuni. Hermione era così presa dal narrare la storia che non si accorse neppure dell'ingresso di altre persone nella stanza. Due figure maschili quasi identiche guardavano la scena in silenzio. Uno dei due uomini fissava solo la narratrice, a dire il vero.

"... e solo quando ebbe raggiunto una veneranda età il terzo fratello si tolse il Mantello e lo donò a suo figlio; poi salutò la morte come una vecchia amica e andò lieto con lei, congedandosi da questa vita, da pari a pari" concluse.

Proprio allora, quando i bambini, eccitati, ricominciarono il loro chiacchiericcio – discutendo di quale donno avrebbero scelto al posto dei protagonisti – Ginny rientrò in salone ed Hermione si alzò dal tappeto, trovandosi davanti i gemelli Weasley.



"Scusate, non pensavamo di disturbare" borbottò Fred, distogliendo lo sguardo e posandolo su Ginny. "George è voluto passare a salutarti, sorella, visto che non sei mai disponibile: tra partite, tornei, allenamenti, e allegra famigliola" disse indicando i bambini ed Harry, "per noi non hai mai tempo". Ginny si avvicinò al fratello e in tono sin troppo dolce gli assicurò che lei, per loro, aveva sempre tempo.

Questo prima di dargli un poderoso scappellotto dietro la nuca. Harry aveva pensato bene di sparire per prendere delle Gomme Bolle Bollenti da dare ai bambini di nascosto. Sicuramente aveva previsto l'exploit della sua ragazza, mettendosi in salvo. Hermione avrebbe voluto essere con lui, pur di non dover vedere Fred – che era riuscita ad evitare perfettamente quella mattina.

"Come osi fare un discorso simile, proprio tu?" disse, la voce calma. "In questo periodo ti sei volatilizzato – e no George" prevenne l'intervento del gemello, "non riguarda anche te. È Fred che è sparito" concluse.

"Sei impegnato stasera?" chiese Harry, ricomparso dalla cucina in salone.

"Ho da fare, sì". A quel punto Hermione intervenne; fu più forte di lei non riuscire a tenere chiusa la bocca: poteva benissimo immaginare il motivo delle sparizioni di Fred, visti i suoi molteplici impegni.

"Esci con Sammy?" domandò, volutamente ambigua nel tono.

Non sono affari tuoi, si pentì un attimo dopo, non ti riguardano.

Le parole le erano uscite da sole, perché razionalmente non avrebbe mai posto un quesito così cretino davanti ad altre persone, men che mai Harry e Ginny.

"Sally" la corresse automaticamente Fred, stizzito. Hermione sapeva perfettamente il nome della della ragazza, ma non voleva dare soddisfazione al rosso.

"Chi è Sally?" domandò Harry, confuso.

"Sì ci esco, è un problema?" rispose rivolto ad Hermione, ignorando la domanda di Harry. "A proposito" aggiunse con un sorriso mellifluo, "come sta Malfoy?".

"Perchè a proposito?" chiese Harry, spazientito. Possibile che nessuno fosse intenzionato a dargli una risposta?

"Sally è la ragazza di Fred" disse Hermione, che aveva lasciato la logica e la prudenza da qualche parte nel retrobottega di Ollivander. Ma perché non riusciva a tenere a freno la lingua?

"Ragazza?" fece Ginny, aggrottando la fronte. Nel frattempo George – che sapeva della rottura – guardava Fred come se fosse pazzo. Perché confermava qualcosa che non esisteva? Era di certo un comportamento quantomeno bislacco.

"Ci siamo visti qualche volta, tutto qua" precisò Fred. Guardò anche Harry, per assicurarsi di essere stato convincente.

"Molto da vicino" corresse Hermione, gelida. Fred le scoccò un'occhiata risentita, conscio di come la Granger lo stesse appositamente mettendo in imbarazzo.

"Quindi hai una ragazza..." fece Ginny. "E non dici niente alla tua sorellina?"

"Non è la mia ragazza!" ribadì con uno sbuffo. Hermione alzò gli occhi al cielo, mossa che non sfuggì alla rossa. "Ci frequentiamo" mentì, di nuovo.

George nel frattempo aveva elaborato una nuova teoria, certo di essere sulla giusta strada per comprendere i continui e inspiegabili sbalzi d'umore del gemello.

"D'accordo" disse per cavare il fratello d'impaccio. "Noi andiamo".

"Potete restare a cena" propose Harry, gentile.

"Grazie Harry, ma ieri ho fatto tardi in negozio e sono tornato a casa dopo le dieci. Se non rientro ora Angelina mi strozza".

"Oh, allora vai! Le cacciatrici delle Harpies possono diventare pericolose, meglio non contrariarle" disse occhieggiando verso Ginny, che lo incenerì con lo sguardo.

Con la verosimile possibilità che la Johnson lo strangolasse, George riuscì a declinare l'invito per lui e per Fred – e in una manciata di minuti i due si erano Smaterializzati da Grimmauld Place. Inaspettatamente, una volta a casa, Fred si trovò il fratello ancora vicino.

"Beh, che ci fai qui?" sbuffò Fred. "Va' a casa!" George soppesò l'espressione di Fred con lo sguardo.

"Vuoi venire a cena da noi?" gli chiese. "Così, per non stare solo".

"No, Georgie" rispose. "Non sarei di compagnia, te lo garantisco".

Non dopo aver visto Hermione, di sicuro.

Quel bacio, la sera prima, l'aveva scosso più di quanto si aspettasse – soprattutto per la reazione che aveva avuto la Granger. Si vedeva lontano un miglio che si era pentita di averlo baciato, non c'era bisogno di chiedere spiegazioni al riguardo. Realizzarlo, però, gli aveva fatto male. Sarebbe impazzito presto, molto presto.

"Freddie, perché non parli con me?" chiese George, serio. "Sono io... abbiamo sempre parlato" gli ricordò.

In poche occasioni Fred aveva visto suo fratello così serio – evidentemente lo stava proprio facendo preoccupare; e doveva avere davvero una brutta cera. In effetti, non aveva mai avuto una singola sofferenza amorosa in vita sua, e stava molto meglio così.

"Sto bene" tentò di rassicurarlo. "Solo... preferisco stare a casa, sono stanco". George sbuffò platealmente e sollevò un sopracciglio.

"Credi davvero di potermi mentire così, senza che io me ne accorga?" chiese diretto.

"No, speravo solo che decidessi di farti gli affari tuoi" rispose l'altro, sospirando con rassegnazione. Aveva sempre saputo che prima o poi, con George, si sarebbe fatto uscire il fiato di bocca. Era solo questione di tempo.

"Sono affari miei!"

"No, non lo sono" ribattè, testardo. "Sono un po' giù di corda, ecco tutto. E te l'ho detto, non è per Sally: sono stato io a chiudere" ribadì.

"So che non è per Sally" disse George con l'aria di chi la sa lunga. "Ma è per una ragazza, ne sono sicuro; e penso anche di sapere di chi stiamo parlando" dichiarò vittorioso. Fred sgranò gli occhi, ma non ebbe il tempo di chiedere niente.

"Comunque, se non vuoi, non insisto. Aspetterò che sia tu a parlarmene" concluse, prima di Smaterializzarsi. Quel pop fu l'ultimo rumore che Fred sentì prima di ritrovarsi – di nuovo – solo in casa. L'aveva lasciato libero di confidarsi o meno: anche suo fratello dimostrava più maturità di lui. Magnifico!






"La zuppa è pronta!" dichiarò Ginny, mentre Hermione ed Harry si sedevano chiacchierando.

"... non mi piace che Teddy preferisca la fiaba dei Tre Fratelli alle altre" stava dicendo Harry. "Insomma, perché proprio la più inquietante?"

"Dovresti preoccuparti se la sua preferita fosse Ghiozza la capra zozza" replicò l'amica, facendo ridacchiare Ginny.* La rossa si sedette accanto a Harry ed iniziò a mangiare e parlare allo stesso tempo.

"Come sta il signor Ollivander?" chiese.

"Scorbutico come sempre" Hermione sorrise al pensiero del vecchio burbero che si ritrovava come datore di lavoro.

"Non è un simpaticone, eh?" Ginny si produsse in una smorfia a labbra serrate, fedele imitazione dell'espressione dell'uomo in questione.

"Non nel senso stretto del termine" mediò Hermione. A lei piaceva molto, ma di certo non si poteva ritenere – visto dall'esterno – un simpaticone, come aveva detto Ginny.

"Non sono un buon giudice, comunque. Mi sono troppo affezionata troppo" dichiarò Hermione.

"Non ti strapazza troppo, vero?" le chiese Harry distrattamente.

"No, sta' tranquillo" disse. "Può dare l'impressione di essere duro, ma in realtà sotto la scorza ha un cuore tenero". Perlomeno, con lei era stato così.

All'inizio non aveva dimostrato grande apertura nei suoi confronti, anzi. Era reticente, scostante; nei primi giorni Hermione si era chiesta spesso se non si fosse pentito di averle dato quella possibilità. Pian piano si era sciolto come neve al sole, per dimostrarsi un uomo buono e comprensivo, seppure sempre un po' scostante; ma a lei andava bene così – non sarebbe stato Ollivander, altrimenti.

"E' un peccato che Teddy non ci sia, avresti potuto dargli un sacco di informazioni. Lui dice che non vede l'ora di avere una bacchetta. Ha solo cinque anni!" ridacchiò Harry. Aveva una luce speciale negli occhi, quando parlava del suo figlioccio – un orgoglio quasi genitoriale. Hermione si trovò a pensare che sarebbe stato un buon padre, prima o poi.

"Credo stia bene dove sta" osservò Ginny con un sorriso.

"Lui e Victoire sembrano andare molto d'accordo".

"Molto d'accordo, Hermione? Si adorano!" replicò l'amica. "Non hai visto che sceneggiata hanno fatto, prima?"

In effetti, quando Bill era venuto a prendere Victoire per riportarla a casa, a Villa Conchiglia, Teddy si era impuntato: per nessuna ragione al mondo si sarebbe separato da lei. Victoire invece era stata più furba: aveva cominciato a sbattere le lunghe ciglia bionde e a pregare il papà di accontentarla. La somiglianza con sua madre e il quarto di sangue Veela nelle sue vene avevano fatto il resto. Bill non era riuscito a negarglielo.

Così, Harry aveva mandato un gufo ad Andromeda Tonks, avvisandola che Ted avrebbe passato la notte da Bill e Fleur. Per riconoscenza verso Bill, Teddy si era perfino fatto venire i capelli rossi e lunghi e gli occhi azzurri.

"Sono proprio una piccola coppia di ruffiani!" commentò Ginny scuotendo la testa divertita.

"Già, beh, però sono contento che Teddy abbia qualcuno con cui giocare. Qualcuno della sua stessa età, intendo" intervenne Harry. "Non voglio che si senta solo".

Nessuno lo disse, ma sia Hermione che Ginny sapevano che dietro quelle parole c'era più che sollievo. Insomma, anche Harry aveva avuto qualcuno della sua età, ma di certo non era stata una cosa buona avere Dudley in giro per casa.

"Ma non è mai solo. Ha Andromeda e te" disse Ginny. "Non credo che Lupin e Tonks avrebbero potuto mai scegliere un padrino migliore" e poggiò una mano sulla sua. Quando Ted era nato, Hermione lo ricordava bene, le sorti della guerra erano ancora tutte da definire, e Harry aveva predetto che per Teddy lui sarebbe stato un padrino tanto sventato quanto Sirius Black lo era stato con lui.

Questo suo timore, però, si era rivelato essere decisamente infondato, visto l'affetto e la dedizione con cui si dedicava al piccolo Lupin – forse soprattutto per il se stesso bambino che rivedeva in Ted.

Vedendo Ginny e Harry in quel momento, Hermione si sentì quasi di troppo. Desiderava anche lei – un giorno – avere una persona pronta a consolarla, a mettere una mano sulla sua e a dirle che tutto andava bene. "E poi ci siamo tutti noi Weasley – e non siamo pochi – e Hermione" concluse rivolta all'amica, che annuì e le sorrise grata. Un tempo, quando lei e Ron stavano insieme, Ginny aveva sperato di poterla ufficialmente annoverare tra i Weasley, ma anche così avrebbe sempre fatto parte della famiglia. Perciò non avrebbe mai potuto omettere il suo nome tra le persone che avrebbero sempre amato e protetto Teddy.

Ognuno era immerso nei suoi pensieri ed Harry sembrava sul punto di dire qualcosa – probabilmente per cambiare argomento – quando uno stridio continuo e fastidioso provenne da un angolo del salone. Dalla finestra, per la precisione.

Un gufo picchiava contro il vetro per chiedere cortesemente di entrare; così Harry fu costretto ad alzarsi. Non poteva essere Andromeda, perché Harry aveva già ricevuto il consenso da parte sua. Il ragazzo spalancò la finestra e una ventata d'aria notturna accompagnò l'entrata del gufo. Così Hermione si accorse che no, non era un gufo, ma un dannatissimo barbagianni.

"Sei sempre più maleducato, vedo!" non si trattenne dal rimproverarlo, come se lui potesse capirla. Sia Ginny che Harry la stavano guardando con una certa apprensione nello sguardo. Sicuramente la credevano fuori di testa.

Hermione stiracchiò un sorrisetto mentre il gufo le beccava – per puro dispetto – le dita e lasciava cadere sul suo grembo un biglietto. Poi, con un leggero frullio d'ali, se ne tornò da dov'era venuto, nell'aria fredda della notte.

"Scusatelo" disse agli amici, stupiti. "Non è esattamente un tipo cordiale". Harry si rimise a sedere, l'espressione piuttosto perplessa, mentre Hermione leggeva:




Vorrei vederti. Se puoi, stasera, sai dove trovarmi. Non devi rispondere; se non verrai, capirò.

Draco




Hermione lesse due volte il biglietto, cercando di interpretarne il tono. Tutto ciò che poteva dedurne era che Draco aveva bisogno di lei e che era – per qualche motivo – alquanto giù di corda. Ne era certa. Le sembrva di poterlo leggere tra le righe.

"Tutto bene?" chiese Ginny, notando la sua espressione distratta. Hermione annuì.

"Oh, certo!" mentì, e per un momento calò il silenzio. Fu Harry a rianimare la conversazione, impedendole di arrovellarsi ancora il cervello.

"Pare che pubblicheranno il libro, eh?"

"Sì, chiederò all'editore di farmi un paio di copie omaggio prima che esca. Io voglio assolutamente leggere i commenti di Silente in anteprima".

"A chi lo dici! Sono curioso".

"Chissà perchè Silente si è preso la briga di commentare le Fiabe di Beda una per una" osservò Ginny.

"Beh, abbiamo già avuto la dimostrazione che quelle fiabe non sono solo fiabe" rispose Hermione.

"Già, ne so qualcosa" fece Harry, i cui pensieri andavano nello stesso senso di quelli dell'amica. Ogni tanto, la notte, la tenda, i litigi, la battaglia e tutto il resto, gli facevano ancora visita sottoforma di incubi – come era ovvio che fosse. Lui più di tutti aveva il diritto di avere incubi, visto il ruolo cruciale che aveva ricoperto durante la guerra. "Comunque, credo che capiremo il motivo solo leggendoli. Sarà come riavere una parte di Silente con noi, è una cosa bella" commentò, con un flebile sorriso.


La cena si concluse, ma Hermione rimase a chiacchierare per un pezzo con Harry e Ginny, benché continuasse a domandarsi cosa fare – doveva andare da Draco?

Era molto stanca, ma forse aveva bisogno di lei. Forse aveva avuto una discussione con sua madre. Il pensiero di lasciarlo solo la infastidiva. Poteva tornare a casa più tardi. Fred era uscito con Sally, quindi non avrebbe neanche dovuto rendergli conto di nulla nè sopportare frecciatine.

Per questo, uscita da casa Potter, decise di Smaterializzarsi. C'era un solo posto dove poteva andare a cercarlo, sapeva che era lì.

Sai dove trovarmi, aveva scritto.



Spossata dalla lunga giornata, sbagliò il processo di Smaterializzazione e si trovò a un isolato da casa di Draco. Fortunatamente il suo essere Nata Babbana le aveva dato una discreta conoscenza delle zone non magiche di Londra. Percorse il resto della strada a piedi. Il freddo la risvegliò dalla stanchezza e le diede energia, ma le gelò anche le mani e il naso.

Quando si trovò nello spiazzo che ricordava si diresse alla porta di Malfoy senza esitare. Bussò e immediatamente il biondo si recò ad aprire, come se la stesse aspettando con l'orecchio teso a captare ogni rumore.

"Draco..." esalò la ragazza, vedendolo apparire alla porta.

Il biondo ora era lì, e la fissava senza farla entrare, lo sguardo stranito. Provò una certa empatia per quella espressione sovraeccitata, sofferente.

Prima che potesse accorgersene, senza sapere bene il perché, si ritrovò ad abbracciarlo. Lui la tenne stretta a lungo, quasi aggrappandosi a lei, come fosse un salvagente, un appiglio in mezzo al nulla.

"Sei gelida" osservò poi, senza logica. La guardava come se non la vedesse da un secolo, come se non vedesse un essere umano da un secolo.

"Per sbaglio mi sono Materializzata in un punto non molto distante da qui, ma abbastanza da farmi congelare" disse staccandosi brevemente. Draco la guardò di nuovo negli occhi. Poi Hermione udì un sussurro.

"Stai con me" le disse piano, come una preghiera. Senza tirarla dentro, si scostò per lasciarla passare.

La strega si guardò intorno e inspirò profondamente; entrò in casa e si richiuse la porta alle spalle, lasciando il vento gelido e la notte buia fuori da lì.








NOTE AL CAPITOLO


1) Bacchetta del Destino, Stecca della Morte, Bacchetta di Sambuco, sono tutti nomi attribuiti alla stessa bacchetta che ricompare nelle testimonianze più disparate nel corso dei secoli, ovvero la bacchetta creata dalla Morte da un albero di sambuco e donata al maggiore dei Peverell, Antioch. Hermione la chiama qui con uno dei tanti appellativi possibili.

2) Ho scoperto, nelle note di Ollivander diffuse dalla Rowling, che i fabbricanti di bacchette considerano il legno di sambuco come sfortunato e che spesso si rifiutano di utilizzarlo. Non hanno tutti i torti.

3) Il proverbio si trova sia nel capitolo 21 del settimo libro che negli appunti di Silente alla fiaba dei tre fratelli. Ebbene sì, il 'mio' Ollivander è superstizioso. Aveva ragione Fred.

4) Mundungus Fletcher fa più o meno parte dell'Ordine, ma è un ladro trafficone che smercia vende compra e ruba oggetti di dubbia provenienza. Per esempio alla morte di Sirius ruba tutti i cimeli della famiglia Black (Kreacher c'è quasi morto di crepacuore) per rivenderli. I suoi traffici si svolgono spesso nella zona di Diagon Alley, quindi mi è sembrato plausibile collocare lì anche questa mia bizzarra idea del traffico di bacchette.

5) Su Ollivander ho trovato informazioni contrastanti riguardo alla casa di appartenenza – tra Corvonero e Tassorosso. Alla fine ho optato per Tassorosso come Potterpedia dixit! Mi fido di Potterpedia, e poi amo i Tassorosso.

6) Ghiozza la Capra Zozza è una fiaba che viene nominata da Silente negli appunti che ogni tanto cito. Era la preferita di suo fratello Aberforth, ma penso che lo abbia influenzato negativamente, visto che ha subito processi per aver fatto magie poco chiare con le capre... la battuta di Ginny si riferiva a lui.







SPAZIO AUTRICE


Ebbene, che ve ne pare? È abbastanza pregno di contenuto (mi scuso per la parte dedicata a quelle sciagurate delle mie migliori amiche!), e vorrei sapere cosa ne pensate del capitolo, se vi va.

So che mi odiate, che scrivo queste cose e poi vi lascio senza spiegazioni, che i miei personaggi sembrano tutti psicopatici e che probabilmente lo sembro anche io. Ma vi giuro che quando scoprirete se questa storia è una Dramione o una Fremione vi si chiariranno anche tutti i punti interrogativi che lascio in sospeso. Del resto lo faccio apposta. Qualcuno ha persino espresso delle perplessità sul fatto che io realmente sappia con chi dei due finirà Hermione, cosa che mi lusinga. Tranquille, lo so da sempre come andrà a finire – e andrà a finire che la metà di voi vorrà la mia testa. Punto.

-Le informazioni sulle bacchette di quercia, melo e nocciolo sono prese dagli appunti di Ollivander, come sempre.

-Sia il titolo che le citazioni iniziali sono riferite naturalmente all'ultima scena con Draco e Hermione.


Un bacio a tutte, spero di poter pubblicare presto! Ringrazio di nuovo tutti coloro che inseriscono la storia tra le liste, che leggono silenziosamente, e coloro che commentano! Al prossimo aggiornamento gente!













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Capitolo 23
*** Scandal ***


Ciao gente, mi scuso per il forte ritardo. Il capitolo mi ha fatta dannare per scriverlo, prometto che, se sarà in mio potere, cercherò di accorciare i tempi di pubblicazione. Buona Lettura!

Ah, se cercate chiarimenti, non è qui che li troverete.




CAPITOLO VENTIDUE – Scandal




Scandal - now you've left me there's no healing the wounds

Hey scandal - and all the world can make us out to be fools

They'll leave us bleeding, we'll say you cheapskates

Over and over and over

Today the headlines tomorrow hard times

And no one ever really knows the truth from the lies

And And in the end the story deeper must hide

Deeper and deeper and deeper inside

Scandal - Queen





La luce del giorno filtrava dalla persiana non del tutto chiusa. Hermione si svegliò con la lieve sensazione di disagio che si prova sapendo di aver dormito in un letto che non è il proprio.

Si stropicciò gli occhi e mise a fuoco la stanza che la circondava: comodino in legno di noce, mattonelle in cotto e rumori di clacson fuori dalla finestra. Di sicuro, non era l'appartamento di Fred a Diagon Alley. Non era neppure casa dei suoi genitori, però.

Alcuni flash della notte precedente tornarono a galla dai meandri della sua mente, mentre, ancora assonnata, si sollevava dal materasso e poggiava i piedi sulle mattonelle fredde. Niente pantofole sotto il letto, ovviamente – perché, come ormai aveva capito, quello era l'appartamento babbano di Draco Malfoy.

Si guardò intorno in cerca dei propri vestiti e li trovò abbandonati su una sedia accanto al letto. Si avvicinò per afferrarli e udì un rumore provenire dal piano di sotto. Si affacciò oltre lo stipite e sbirciò fuori: tutto troppo silenzioso perché Draco potesse essere lì.

Si affrettò a rivestirsi e a scendere, sentendo un certo languorino. Anche quelle scale non erano famigliari, dato il mancato scricchiolio dei gradini; era abituata a quelle di Diagon Alley – più vecchiotte e lignee – e non al marmo lucido e bianco dove muoveva ora i propri passi.

Aveva già visto il posto, prima di quella notte, ma continuava a stupirla che Draco ne fosse il proprietario. Avrebbe potuto essere un qualsiasi appartamento babbano di un qualsiasi ragazzo babbano, abitante della Londra babbana. Invece era casa di un mago proveniente da una famiglia di Purosangue anti-babbani e accaniti fan di un Mezzosangue esaltato.

Benché il fuoco scoppiettasse nel camino, il salone era vuoto; come lo era la cucina. Eppure era certa di aver sentito un rumore.

"Draco..." chiamò. Nessuna risposta.

Se non era di sopra nè lì, doveva essere uscito di casa, si disse. Poi sentì un rumore provenire dabbasso, qualcosa che si frantumava, come... un'ampolla. Ora sapeva dove trovarlo: rinchiuso nel suo piccolo mondo da pozionista, ecco dove.

Scese le scale fino a trovarsi davanti una porta socchiusa, segno evidente che qualsiasi cosa stesse facendo non era un segreto di Stato, e quindi non si sentì in dovere di bussare. Entrò in punta di piedi, senza proferire parola, per non disturbare quella che aveva tutta l'aria di essere una complessa operazione per distillare qualcosa. Malfoy era chino sul tavolo da lavoro e sembrava completamente fuori dal mondo. Si avvicinò incuriosita; del resto aveva sempre trovato che Pozioni fosse una materia interessante.

Non appena ebbe finito di travasare un liquido trasparente in un Becco Bunzen, Draco si voltò e si accorse finalmente della sua presenza.

"Ci sono dei vetri a terra" l'avvertì con calma. Curioso modo per dare il buongiorno a qualcuno. Hermione guardò le schegge di vetro infranto sotto i propri piedi – non si era neppure accorta di averle calpestate.

"Ci sono perché non li hai ripuliti" replicò con puntiglio - ecco spiegato il rumore di qualche istante prima. "Evanesco" mormorò, bacchetta alla mano.

Tra di loro aleggiava un certo imbarazzo, Hermione poteva percepirlo chiaramente, anche se non ne comprendeva appieno il motivo. Era da parte di Draco, più che altro. Qualcosa lo metteva a disagio, era evidente. La mascella era serrata e i muscoli tesi. Non aveva una posa rilassata.

"Non sembra tu abbia dormito molto" osservò Hermione, scorgendo le pesanti occhiaie che cerchiavano gli occhi grigi del ragazzo. "Hai davvero una brutta cera" disse con un sorrisetto.

"Non si può dire lo stesso di te" ribattè lui. "Ti trovo in ottima forma". Hermione inarcò un sopracciglio, stupita da quel repentino cambio di tono.

"Che fai Malfoy, sfotti?" domandò, avvicinandosi.

"Niente affatto" replicò ghignando, "anche se sei piuttosto pallida, Granger". Sorrise e scosse la testa, notando l'uso del cognome in risposta al proprio "Malfoy". Certe volte le loro conversazioni avevano un chè di infantile.

"Che roba è?" domandò, sbirciando la parte di liquido che sobolliva ancora nel calderone.

"Dimmelo tu, signorina Granger" la celiò, beccandosi un'occhiataccia. Ora non sembrava più imbarazzato, ma divertito. Hermione si sporse un po' per osservarlo meglio.

"Distillato di Morte Vivente" decretò stupita.

"Dieci punti a Schifondoro!" esclamò con una punta di – neanche troppo velato – disprezzo.

"Taci, serpe" lo rimbeccò. "Avevi qualche dubbio che non lo riconoscessi?" chiese con aria di sfida.

"Figurati! So che sei sempre stata una secchiona, Granger. Come avresti potuto sbagliarti? Tu sai fare tutto, no?" Ora la stava decisamente prendendo in giro.

"In linea di massima sì" rispose tentando di imitare il tono altezzoso di Draco. "A cosa ti serve?" disse posando lo sguardo sul Distillato di Morte Vivente. "Vuoi farti credere morto?" domandò.

"No, ovviamente. Come sicuramente ricorderai" disse con aria di sfida, "questa, se presa nel giusto quantitativo, è una semplice ma efficacissima pozione soporifera".

Hermione stava per domandare cosa esattamente l'avesse tenuto sveglio, ma lo stomaco scelse quel momento per mettersi a brontolare. Malfoy scoppiò a ridere di gusto, e lei dovette trattenersi per non seguirlo.

"C'è poco da ridere, la colpa è tua" lo rimbrottò. "Al mio risveglio non ho neppure trovato la colazione! Non sei affatto premuroso!" si lagnò, ottenendo solo di farlo sghignazzare ancora di più.

"Touché" ammise lui, abbandonando definitivamente l'ampolla sul tavolo. "Non so cucinare e la mia dispensa è vergognosamente vuota, ma posso portarti a colazione fuori. Sono le otto e trentasette". Colazione. Lo stomaco di Hermione brontolò di nuovo, in segno di approvazione. Poi qualcosa nelle parole di Draco la ridestò dal fantasticare su cornetti alla marmellata e Succo di Zucca.

"Come hai detto, scusa?" gracchiò.

"Posso portarti fuori" ripetè, sollevando un sopracciglio, un po' stupito da quel tono allarmato. "Tra l'altro, vorrei parlarti" iniziò. "Mi dispiace se prima sono stato freddo. Stanotte, io ho..." Ma la ragazza non lo stava ascoltando.

"No, no, no" fece Hermione, uscendo di corsa dal laboratorio per risalire. Draco la seguì sbalordito.

"Granger, ti senti bene?" domandò guardandola correre a destra e manca per agguantare la borsa abbandonata sul divano e il cappotto lasciato su una sedia in soggiorno. Sembrava in preda alla follia. "Granger!" strillò. Hermione sembrò accorgersi della sua esistenza. "Che stai facendo?"

"Cerco la sciarpa" rispose guardandosi intorno. Alla fine ci rinunciò e ricorse alla magia. "Accio sciarpa" sussurrò. Una sciarpa, il cui colore rosso disturbò visibilmente Draco, sfrecciò nelle mani della Granger.

"Oh Salazar, ci manca solo uno stemma di Grifondoro..." biascicò il ragazzo, strappandole una risatina. "Hai anche una foto di Potter con dedica? Posso sapere che diamine stai facendo?"

"Ti libero della mia presenza" annunciò con tono fintamente solenne.

"Ma io non voglio essere liberato..." replicò Draco, rotenando gli occhi. "Davvero, mi dispiace per prima. Vorrei parlare di quello che è successo, Hermione".

"Ti spiace se rimandiamo? Devo andare!" ripetè.

"Dove, si può sapere?" chiese spazientito.

"Malfoy, sei proprio un nullafacente!" sbottò lei. "Vado al negozio, ecco dove". Draco mise su un'espressione a metà tra il dispiaciuto e il compassionevole, per poi ritrovare il suo abituale ghigno alla Malfoy.

"Oh - che sbadato - voi poveri avete bisogno di lavorare!" esclamò, sarcastico. Si battè un palmo sulla fronte, come si fosse ricordato solo allora quel piccolo, insignificante particolare.

Hermione gli lanciò un'occhiata di fuoco - accompagnata da un insulto poco elegante - appena prima di sparire risucchiata in un vortice oscuro.




Si Smaterializzò direttamente davanti alla bottega di Ollivander. Improvvisamente l'aver passato la notte fuori casa le parve una pessima idea, una pazzia.

L'aspetto antico e l'insegna in oro malandata le infusero un senso di sicurezza, di protezione; lo scampanellio invase il negozio quando spalancò la porta per entrare. Il proprietario era già lì, chino su quella che aveva l'aspetto di corda di cuore di drago – probabilmente stava selezionando i pezzi migliori, come faceva sempre.

"Buongiorno" disse Hermione cordiale.

"Sei in ritardo di nove minuti" rispose lui. "Ti informo che abbiamo circa una decina di bacchette che attendono di essere revisionate; e che ho deciso che a breve inizierai a fabbricarne di tue" disse, rapido e coinciso. Si era scervellato, ma alla fine aveva concluso che non c'era un modo per darle la notizia senza farla sentire sotto pressione. Così aveva deciso di farlo a bruciapelo e togliersi il pensiero. Hermione, che si stava spogliando di sciarpa e cappotto, si bloccò davanti all'attaccapanni. Di sicuro lui glielo stava dicendo in anticipo affinché si preparasse psicologicamente, ma Hermione non era certa di riuscire nell'impresa.

"Sul serio?" chiese, incredula.

"Perché fai sempre le stesse domande, ragazza mia?" sbuffò il vecchio, alzando i suoi occhi argentei, a volte leggermente intimidatori. Sembrava seccato.

"M-ma io non sono pronta" farfugliò. "Non credo di potercela fare, signore" disse, l'espressione palesemente terrorizzata. Ollivander interruppe momentaneamente il lavoro e si prese un momento per risponderle.

"Riformulo: proverai a fabbricare bacchette, anche se sicuramente da principio fallirai, non ho dubbi in proposito".

Hermione, stranamente, si sentì un po' rincuorata a quelle parole; non avrebbe sopportato di mostrare errori grossolani al pubblico, anche se con Ollivander era inevitabile. Lui era il suo mentore – ed era giusto che segnalasse e correggesse gli sbagli dell'apprendista.

"Con revisioni e riparazioni te la cavi egregiamente" riprese l'uomo, "quindi perché non tentare? Credevo di metterci molto più tempo ad insegnarti il mestiere. Invece, pare proprio che tu sia portata..." disse in tono burbero, come se gli scocciasse sempre doverlo ammettere davanti a lei.

Ormai aveva capito che l'abitudine di Hermione di studiare meticolosamente qualsiasi cosa nascondeva una profonda insicurezza, perciò si sentiva in dovere di rassicurarla sul fatto che un eventuale fallimento non sarebbe stato una catastrofe – perlomeno era quel che Garrick sperava. L'immagine di un bambinetto cresciuto in mezzo a legni e nuclei si affacciò alla sua mente, ricordandogli le prime volte in cui aveva tentato di fabbricare una bacchetta.

Hermione sorrise e e si mise al lavoro: le bacchette da revisionare – Ollivander si occupava esclusivamente della fabbricazione quel giorno – l'avrebbero impegnata parecchio. Ma lei non chiedeva altro che distrarsi dal pensiero della propria – disastrosa – vita privata.

Da quando erano in due, la bottega era in grado di sbrigare il lavoro molto più in fretta. Le ore lì con il vecchio burbero erano decisamente le più liete, per lei. Ciliegio, betulla, carpine, abete...

Le bacchette si susseguivano ed Hermione era sempre più soddisfatta dei risultati ottenuti. Ogni volta in cui le riconsegnava alla strega o al mago che veniva a ritirarle e questi si mostrava ammirato dal lavoro, il petto le si gonfiava d'orgoglio. Chi l'avrebbe mai detto che – dopo aver pensato di essere pazza – l'unico elemento stabile della sua vita sarebbe diventato proprio lavorare come apprendista di Ollivander? Non aveva certezze, a parte quella.

I pensieri negativi se ne stavano acquattati nella mente e, sebbene cercasse di relegarli negli anfratti più remoti, non sempre vi riusciva. A casa non l'aspettava altro se non il mutismo e l'ostilità di uno dei più grandi umoristi che avesse mai conosciuto.

Per tutto il giorno aveva tenuto il telefono spento ed era stata irrintracciabile; gli unici contatti umani – non contando Ollivander – erano stati i clienti che passavano dalla bottega. Alle sette di sera, come sempre, salutò l'uomo e uscì in strada.

Una folata di vento gelidò le sferzò il volto e, appoggiato ad un lampione davanti a lei, vide Draco Malfoy.

"Ciao" la salutò. "Ti stavo aspettando". Sollevò un sopracciglio al tono spento di lui. Da quando lo conosceva, l'aveva sentito gelido, irritante, strascicato, triste, persino gentile – ma mai spento.

"Ciao" replicò. "Qualche problema?" chiese.

"Oh, più di uno" rispose criptico. "Tanto per iniziare stamattina non mi hai fatto parlare" la rimbrottò.

"Ero in ritardo" si giustificò.

"Comunque non sono qui per stanotte" disse. "Cioè, c'entra, ma mi piacerebbe tanto che non c'entrasse". Si stava incartando nelle sue stesse parole.

"Non ho capito niente".

"Oggi è mercoledì, Granger". Hermione aggrottò le sopracciglia, seriamente preoccupata per la salute mentale del ragazzo.

"Il tuo discorso è sconnesso" osservò. "E io continuo a non capire".

Draco mise su una strana espressione; tirò fuori il braccio sinistro, fino ad allora nascosto dietro alla schiena, e le porse il Settimanale delle Streghe. Mercoledì – ma certo! - il giorno di pubblicazione di quella rivista.

"Oh, no!" esclamò, presagendo guai. "Non di nuovo". Draco sospirò, aspettando la sfuriata – peraltro giustificata – della ragazza.

"Sono venuto a dirtelo io, perché non volevo lo sapessi da qualcun altro". A quel punto la ragazza si affrettò a scorrere le pagine del settimanale, finchè non trovò quello che cercava. Ora sì che era seriamente preoccupata.

"COSA?" strillò, facendo voltare qualche passante ancora in giro.

"Granger, abbassa la voce!" fece Malfoy con circospezione. "Direi che abbiamo dato scandalo abbastanza, per oggi". Hermione lo invidiò: sembrava che la situazione non lo riguardasse più di tanto. Era tranquillo; si vedeva che l'unica cosa che lo preoccupava era la sua reazione, non l'articolo in sè.

La strega abbassò nuovamene gli occhi sull'articolo; era di uno squallore pazzesco: foto di lei che si introduceva in casa di Draco. Lei che lo abbracciava, ancora sulla porta, ed entrava. Beh, se lui non era preoccupato, Hermione lo era eccome: quell'articolo era scandaloso, semplicemente scandaloso.

"Ti consiglio di non leggerlo" fece Draco. "E' piuttosto esplicito". Hermione lo guardò, decisa a seguire il consiglio, e rimise il giornale nelle mani di Draco.

"Come hanno fatto a trovare casa tua?" Lui scrollò le spalle, ignaro.

"Non ne ho idea".

"E ora?" chiese.

"Mi seccherà comprarne un'altra".

"Draco..." Hermione si fermò in mezzo alla strada e lo guardò, seria.

"Mh?" Era di fronte a lei, in attesa.

"Credo che dovremmo... " esordì.

"Cosa?"

"Ecco, non so... magari rallentare un po' questa situazione. Sono usciti tre articoli in poco tempo" gli fece notare Hermione, angosciata. "Nella mia breve esistenza ne ho avuto abbastanza di riflettori, non me ne servono altri..."

"Non puoi dire sul serio!" Il biondo perse per un attimo la sua abituale compostezza. La strega distolse lo sguardo davanti a quegli occhi grigi svuotati e si sentì colpevole.

Tu... tu sai come mi sento, cosa provo..." mormorò, riprendendo a camminare a passo lento. "Te l'ho detto ieri notte... e non mi è costato poco".

"Lo so" mormorò.

"L'ho fatto" continuò, "perché credevo ne valesse la pena... che servisse a qualcosa". Il senso di colpa si riaffacciò prepotente e ingiustificato. Quel rapporto complicato le portava solo problemi e le gettava fango e illazioni addosso, ma non voleva ferire quel ragazzo biondo, in quel momento così inerme di fronte a lei.

"Hai ragione" mormorò, la voce atona. Equivaleva più che altro ad un 'Ci rinuncio, hai vinto'. Gli sorrise, rassicurante.

"Allora prometti di impegnarti per far funzionare questa cosa?" domandò. "Non posso farlo da solo" aggiunse. Hermione si sciolse davanti all'espressione che Malfoy aveva messo su – così diversa dall'abituale maschera di indifferenza che mostrava alla maggioranza delle persone.

"Prometto".

Draco si avvicinò, insicuro, e l'abbracciò senza parlare. Hermione vide, da sopra la spalla del ragazzo, qualcuno che li osservava in fondo alla strada – e che molto probabilmente li avrebbe fotografati; non se ne curò e ricambiò l'abbraccio. Arrivati a quel punto, non aveva più senso recriminare. Una promessa è una promessa, e lei l'avrebbe mantenuta.




Quella sera rientrò a casa verso le dieci, convinta che Fred fosse fuori con Sally. Lei e Draco avevano parlato a lungo. "Facciamo due passi" le aveva detto. "Così ti tranquillizzi". Grazie a lui, Hermione si sentiva più serena, anche se continuava a sperare, invano, che nessuno dei suoi amici le chiedesse conto di quell'articolo, perché sarebbe stato davvero imbarazzante.

Appese sciarpa e cappotto all'ingresso e si avviò in cucina, intenzionata a mangiare qualcosa di dolce per risollevarsi il morale – al momento a terra. Si chiese come aveva fatto a passare da una vita sentimentale inesistente a quel groviglio complicato in cui si trovava.

Appena sulla soglia si rese conto di non essere sola: Fred era lì davanti a lei, intento a mangiucchiare caramelle Tuttigusti + 1 innaffiate da un boccale di Burrobirra e qualche bicchiere di Firewhiskey. Affondava le dita nella scatola e ne pescava alcune a casaccio, senza curarsi del gusto cerume che avrebbe potuto capitargli. Era una vista decisamente curiosa. Le sarebbe venuto da ridere se non avesse posato su di lei il suo sguardo funereo.

Certo che se la parte allegra dell'appartamento è ridotta in quello stato, la casa è in buone mani!, pensò.



"Accomodati!" mormorò facendole posto. "Sei venuta a dirmi che ti trasferisci da Malfoy?" le chiese con tutta calma. Hermione strabuzzò gli occhi.

"No" rispose piccata. "Ma come ti viene in mente?" domandò, prima di vedere il Settimanale delle Streghe aperto sul tavolo ligneo. Rivide la pagina dell'articolo su lei e Draco. Si ripromise di scrivere una lettera a quella rivista e di intentare una causa per danni morali contro Samantha Kaney e tutto lo staff.

"Ho solo visto le foto" affermò, distogliendo lo sguardo da quella porcheria. "Perciò non so cosa ci sia scritto".

"Come mai?" chiese lui, senza reale interesse – come se non credesse a una parola. Continuava a pescare caramelle dal pacchetto; non la stava neppure guardando in faccia.

"Draco me l'ha vivamente sconsigliato". Risposta errata: nominare Malfoy chiamandolo per nome era certamente un rischio. Fred mise su un'aria quasi schifata da quello che aveva detto.

"Oh beh! Allora hai fatto bene. Come non dare retta a Draco?" sputò con disprezzo. Hermione pensò che fosse veramente un brutto spettacolo, lei e Fred che litigavano così. Rivide se stessa, i primi giorni che aveva passato in quella casa; le sembrava tutto così lontano.

"Non mi interessa ciò che dice Samantha Kaney" sbottò esasperata da quei continui attacchi. Quelle foto erano così sbagliate, sbattute su un giornale; ed era sbagliato che Fred le vedesse e che se ne risentisse; come era sbagliato che lei si sentisse colpevole. Improvvisamente le balenò in testa l'assurdo pensiero di rinchiudersi in negozio a fabbricare bacchette, senza più uscirne. Forse avrebbe potuto vivere nel retrobottega e non tornare a casa.

"Non puoi stare con lui!" Si riscosse da quell'immagine ridicola, chiedendosi quando era diventata così vigliacca.

"Oh, da quando ti interessi alla mia vita, Fred? Per tua informazione, nessuno mi ha mai detto cosa posso e non posso fare. Esco con chi mi pare!"

"Io non direi che siete 'usciti' ieri notte..." fece lui, caustico. Alludeva alle foto che la ritraevano sulla porta di casa Malfoy. Ne avevano scattata una in cui si vedeva chiaramente il suo ingresso. "Avete fatto altro".

"Non mi importa cosa pensano i giornali" gracchiò – era come un disco rotto.

"E non ti interessa nemmeno quello che penso io?" domandò esasperato, guardandola dritto negli occhi. Hermione non rispose e lui dovette interpretarlo come un assenso.

"Benissimo!" e sbattè il boccale sul tavolo. "Vado a dormire" dichiarò risentito, "ma prima devi sapere che su quello schifo di articolo c'è scritto che ti scopi Malfoy!"

"Oh, Godric!" strillò lei. "Non ti permettere, Fred Weasley! Quando sei tornato ti ho trovato a limonare con Sally, fuori da casa nostra!" gli rinfacciò.

A quel punto Fred non ci vide più, pensando al flash-back di Malfoy con la mano poggiata su quella di lei al ristorante – come se lui non esistesse.

"Casa mia, vorrai dire" replicò in tono fermo e con uno sguardo glaciale.

Hermione pensò che il mondo si fosse rovesciato: Draco Malfoy era diventato sensibile e Fred Weasley parlava come come un robot senza sentimenti.

"Scusa?!" fece lei, disposta a sorvolare se avesse ritrattato all'istante.

"Hai sentito!" aveva la voce un poco più incerta, ma scandiva le parole per farle capire, per far sì che le entrassero in testa, per farle male.

"Già" mormorò tristemente,"ho sentito".

Ma Fred era già su per le scale, diretto alla propria camera; e forse le cose sarebbero andate diversamente se avesse visto i grossi lucciconi che, non appena fu salito, caddero dagli occhi di Hermione.

Quella notte non dormì bene. Anzi, dormì malissimo. A dire il vero, non dormì affatto. Rivedeva nella propria testa la scena e soprattutto riascoltava attentamente il tono della voce di Fred. Casa sua. Come dargli torto? Quella era a tutti gli effetti casa di Fred; Hermione era solo una coinquilina di passaggio: poteva essere sostituita in ogni momento.






ANGOLO AUTRICE


Ri-ciao gente, volevo solo dire che so che il capitolo è più corto degli ultimi. In effetti era previsto fosse più lungo, ma tanto non sarebbe stato comunque un capitolo chiarificatore (immaginatemi la mia faccia malvagia). In compenso, tenterò con tutta me stessa di pubblicare il prossimo entro una settimana, se vi può interessare.

Non siate arrabbiate con Fred per come ha risposto a Hermione, bisogna anche capirlo, poverino. Hermione ha passato la notte con Draco e lui se l'è visto sbattere in faccia su un giornale. È stato un po' acido, lo so.

Draco all'inizio era un po' imbarazzato, perché non ve lo posso dire – si presume sia qualcosa che ha detto o fatto e che noi, cioè voi, non sapete, giusto? – e anche lui è stato un po' scorbutico, però si è ripreso. Nel prossimo capitolo, secondo i miei calcoli, George andrà all'attacco per scoprire se le sue teorie su Fred sono fondate.

La situazione – come avrete notato – anzichè migliorare, pare ingarbugliarsi. Forse io so qualcosa che non sapete, un pezzo del puzzle che vi manca, bah.

Scappo, un bacio a tutti :*


Jules



p.s. Scusa La_Marta se ho scritto 'scopare', non succederà più, ma ci stava.

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Capitolo 24
*** Stubborn Love ***


Hola gente!

Eccomi a voi con il ventitreesimo capitolo. Dunque, so che avevo detto che avrei aggiornato entro una settimana e non l'ho fatto, però comunque ci ho messo meno delle ultime volte, è già un progresso.

Buona lettura!



CAPITOLO VENTITRE – Stubborn Love




She'll tear a hole in you

The one you can't repair

But I still love her

I don't really care[...]

It's better to feel pain

than nothing at all

The opposite of love

is indifference


The Lumineers – Stubborn Love




La mattina dopo, Hermione uscì di buon'ora, bene intenzionata a non incontrare Fred, recandosi subito alla bottega.

Il signor Ollivander la salutò, ma non fece commenti a proposito dei giornali, probabilmente trattenuto dall'aspetto pietoso di Hermione.

Portava i capelli raccolti in una crocchia piuttosto sommaria, era pallida e con le occhiaie; l'espressione stanca e triste del volto testimoniava che aveva passato la notte in bianco – e non certo per svolgere attività piacevoli.

La mise subito al lavoro, appioppandole bacchette di ogni legno e nucleo: alloro, agrifoglio, acero, cedro, cipresso, corniolo. Ogni tanto, a sorpresa, le chiedeva quali caratteristiche appartenessero ai vari tipi; Hermione rispondeva sempre prontamente, ma la voce e lo sguardo erano spenti.

Per Garrick, più che verificare la sua prontezza di riflessi e la preparazione necessaria a creare una bacchetta, era un modo per distrarla. Gli dispiaceva vederla in quello stato: si stava decisamente affezionando troppo a quella ragazza.

"... si dice che sia impossibile ingannare qualcuno che possieda una bacchetta di cedro..." stava dicendo Hermione. "I maghi accoppiati a questo legno sono leali, forti, perspicaci e se..." parlava scandendo meccanicamente le sillabe, senza lo slancio che l'uomo le aveva visto tirar fuori in altre occasioni.

"Hermione" la richiamò.

"...l'agrifoglio..." continuava senza badargli, "è un legno protettivo e ideale per padroni che debbano contenere la rabbia o l'impetuosità e..."

"Hermione!" tuonò. A quel punto lei, confusa, sollevò lo sguardo dal mucchio di bacchette che stava riparando e si accorse che Ollivander la stava guardando di sbieco con i suoi occhi argentei e scoloriti.

"Mi dica" replicò, sospirando.

"Ti senti bene?" Il tono era talmente cortese che Hermione si sentì commossa da tanta premura.

"Sto bene, signore" lo rassicurò. Ollivander scosse la testa con aria benevola.

"Puoi non rispondere..." replicò lui, "ma non mentire a me. Sono nato qualche anno prima di te, signorina Granger".

"La mia vita privata non va affatto bene, se è questo che intende" ammise. "Ma non si preoccupi" aggiunse. "Questo non influirà minimamente sui compiti che svolgo qui". Il vecchio scosse nuovamente la testa, contrariato.

"Sciocca ragazza!" la apostrofò. "Non è certo questo il punto..." Avrebbe volentieri continuato la frase, per spiegarle che la sua preoccupazione era sincera, se uno scampanellio non li avesse fatti voltare verso l'ingresso.

Capelli corti rossi e un sorrisetto poco convinto sul volto: George Weasley aveva appena fatto il suo ingresso nella bottega.

Da quando il Sectumsempra di Piton* gli aveva lasciato il segno, era facilissimo distinguerlo dal gemello; ovviamente Hermione non aveva più bisogno di guardare le orecchie per riconoscere Fred.

"George!" esclamò stupita. "Che ci fai qui?"

"Sono sgattaiolato via dai Tiri Vispi. Hai un minuto da dedicarmi?" domandò.

"Sto lavorando" replicò, lanciando uno sguardo obliquo ad Ollivander, che sbuffò.

"Dev'essere un minuto!" borbottò, severo.

"Certo, signore" assicurò George.

A quel punto, Hermione si vide costretta ad abbandonare le bacchette sul tavolo da lavoro e ad avvicinarsi a George per sentire cos'aveva da dirle di tanto urgente. Lui non si fece pregare e giunse subito al punto:

"Si tratta di Fred". Hermione sollevò gli occhi al cielo e rilasciò un sospiro: la faccenda cominciava già per il verso sbagliato.

"Che succede?" chiese.

"Mi sembra molto strano" bisbigliò, neanche fosse un segreto di Stato. Nel frattempo, Ollivander canticchiava tra sè – cosa insolita – e si rigirava tra le dita una piuma di fenice. Hermione era certa che stesse origliando la conversazione. "Ne sai qualcosa? Insomma, vivete nella stessa casa" azzardò. Il suo piano non era un granché, riflettè George: Hermione non era stupida, si sarebbe accorta che era lì solo per ficcanasare e osservare le reazioni della ragazza. Suo fratello ancora non accennava a parlarne, ma neppure George era stupido, e aveva notato gli sguardi che i due si erano lanciati a casa di Harry e Ginny. Aveva notato pure la faccia del suo gemello quella mattina – guardacaso, il giorno successivo all'uscita del Settimanale delle Streghe.

"E voi lavorate insieme tutto il giorno" replicò lei, più acida di quanto desiderasse. "Lo frequenti più di me".

"Ma non abbiamo tempo di parlare, al negozio" ribattè. "Senza contare che sembra avere le labbra incollate". Hermione riflettè se dire o meno a George della lite con Fred e, per quanto rivelare tutto fosse fuori discussione, il ragazzo sembrava seriamente preoccupato. Optò per una parziale verità.

"Abbiamo litigato" affermò. "Non penso che resterò per molto" aggiunse prima che George potesse chiederle la causa del litigio.

"Resterai dove?"

"Nell'appartamento sopra i Tiri Vispi" disse con tono ovvio. George rise.

"Per favore, Hermione! Vuoi cambiare casa per uno screzio tra coinquilini?" Aveva assunto un'aria sconcertata, benché fosse fittizia. L'espressione di Hermione gli aveva fornito le prove che gli mancavano per poter affermare con certezza che non era stato un semplice screzio tra coinquilini a ridurre il gemello in quello stato pietoso – ma di sicuro non poteva dirlo a lei.

Non era compito suo sistemare quella situazione, soprattutto perché i pezzi del puzzle non erano ancora tutti al loro posto e perché Fred non gli aveva raccontato nulla.

"Non credo mi voglia ancora lì" replicò Hermione. Con lui.

"Ultimamente Fred è irascibile e suscettibile" tentò di giustificarlo come meglio potè. "Avrà detto qualcosa di stupido che non pensa veramente". Era piuttosto sicuro che suo fratello avesse fatto qualcosa del genere, dalla faccia che Hermione sfoggiava al solo sentirne il nome.

"Suscettibile? Non mi dire!" fece lei, sarcastica. "Forse Sally..." Adesso, pensò George, era lei che tentava di indagare. Lui non sapeva, certo, ma si sentì comunque abbastanza sicuro nel rifilarle una risposta negativa – per quanto quella conversazione si basasse solo su supposizioni, George doveva riconoscere che vi si stava muovendo bene. Doveva stare attento a non bruciarsi, ma anche incoraggiarla.

"Non penso" replicò con un sorrisetto. Hermione si chiese, solo per un momento, quanto in realtà George sapesse o sospettasse dell'intera faccenda. Quel colloquio, il voler chiedere consiglio proprio a lei... sembrava quasi che fosse lì per metterla alla prova. Si diede della sciocca per quell'eccessiva dietrologia; stava diventando paranoica.

"Quindi non ne sai niente?" ripetè lui, il tono volutamente deluso. Per un attimo a Hermione sembrò di trovarsi Fred davanti, e la cosa la mise a disagio: mentire a quegli occhi, così simili ai suoi, era più difficile. Certo, mentire ormai era una sua specialità, avrebbe dovuto abituarsi.

"TEMPO SCADUTO!" berciò Ollivander, facendoli sobbalzare entrambi. L'aveva salvata in calcio d'angolo; ed Hermione ebbe il vago sospetto che non fosse stato un caso, anche se era certa fosse meglio non indagare.

"Va bene, va bene..." mugugnò il ragazzo. "Tolgo il disturbo!" Si rivolse al vecchio bacchettaio con un sorrisetto di circostanza. Salutò Hermione con un cenno e borbottò qualcosa a proposito della stupidità di Fred prima di rituffarsi in strada.



A un occhio estraneo la sua visita poteva risultare inconcludente, ma per lui non era affatto così. Oh, no! Aveva ottenuto molte informazioni osservando le espressioni facciali di Hermione sull'argomento. Queste, confrontate con quelle che Fred sfoggiava quando George 'casualmente' pronunciava il nome di Hermione, risultavano estremamente simili.

L'imbarazzo era palese, ma c'era anche altro. George sapeva esattamente come interpretare quel qualcos'altro negli occhi di Fred, lo conosceva come le proprie tasche. Aveva tratto le sue conclusioni definitivamente, ma non aveva intenzione di muovere un dito. Avrebbe aspettato che Fred fosse pronto per parlarne con lui – ecco, magari, se capitava, gli avrebbe dato una spintarella in tal senso.



"Hai mentito anche a lui, non è vero?" chiese il vecchio all'interno del negozio.

Hermione sgranò gli occhi, sorpresa dalla nonchalance con cui l'uomo aveva posto la domanda. Evidentemente doveva avere una faccia talmente disperata da suscitare immediata compassione, perché negli occhi di Ollivander ne lesse un pizzico.

"In parte" ammise, rassegnata. "Mi creda, era la cosa migliore da fare" assicurò mettendosi immediatamente al lavoro, per non perdere altro tempo.

L'uomo lasciò elegantemente cadere il discorso, conscio di come fosse un argomento che Hermione non gradiva affrontare al momento.

Era strano, pensò la strega, come Ollivander potesse essere incredibilmente lunatico – un momento era gentile e un altro si trasformava nel più burbero essere del mondo. La divertiva quell'aspetto del suo carattere, come a voler tenere le persone a distanza.

In effetti era proprio quello che il vecchio intendeva fare, anche se con la sua apprendista la tattica era miseramente fallita. Entrambi stavano imparando l'uno dall'altra: Hermione acquisiva esperienza e abilità pratiche che non aveva mai sospettato di possedere, Ollivander aveva appreso come lasciarsi avvicinare e affezionarsi a qualcuno che non fosse un pezzo di legno da undici pollici.

La bravura di Hermione nell'arte delle bacchette l'aveva stupito e continuava a farlo, come pure la fiducia che aveva da subito riposto in lei. Il problema era proprio questo: non si era mai fidato di nessuno; per questo non aveva mai voluto apprendisti. Entrambi avevano un elemento in comune: si erano messi in gioco per imbarcarsi in una piccola, nuova avventura.

Quindi, se, come pensava, aveva imparato a conoscerla, la cosa migliore che potesse fare in quel momento – con tutti, giornali compresi, a starle con il fiato sul collo – era lasciarla in pace.






George rientrò nel negozio con qualche certezza in più ma qualche speranza in meno. Se ne aveva nutrita un po', quella si ridusse a zero quando vide suo fratello, rimasto solo in negozio, totalmente disinteressato agli scherzi e ai clienti che gli chiedevano dimostrazioni. Verity e Jack – i loro assistenti – si stavano occupando dei clienti, ma Fred restava immobile. Poggiato con le braccia sul bancone, il viso sorretto dagli avambracci, l'espressione persa nel vuoto.

Quell'uomo, decise George, non era il suo gemello. Doveva essere qualcun altro, un impostore sotto Polisucco che ne aveva preso il posto.


"Freddie!" La voce di George gli risuonò in testa come se fosse lontana anni luce. Quel giorno tutto a Fred sembrava lontano anni luce. "Che cos'hai?" chiese, ormai disperato. "Cosa devo fare con te? Ormai sono alla frutta!" Stava preparando la grande entrata in scena. Se nominare Hermione non l'avesse scosso, allora George si sarebbe arreso e avrebbe issato bandiera bianca.

Sospirò teatralmente, tentando di impietosire il fratello con la propria preoccupazione per il comportamento da lui tenuto – che, in effetti, lo stava realmente facendo impazzire.

Aveva provato a parlarci, poi a carpire informazioni ad Hermione e, per finire, aveva ricollegato i fatti. Ora serviva giusto un incoraggiamento affinché il fratello si confidasse con lui.

"Stai spaventando i clienti con quella faccia da funerale" gli fece notare candidamente. Fred si guardò intorno con aria noncurante e sbuffò.

"Già... giusto" replicò malinconico. "Siamo in un negozio di scherzi e io non posso permettermi di essere triste, eh? Le persone non vanno al circo per vedere un clown triste..." Stava iniziando a farfugliare, ne era consapevole Fred stesso; ma nel proprio cervello vedeva solo, come in un vortice, immagini di Hermione e Malfoy insieme e poi, invece, i bei momenti che avevano passato insieme, prima che quel Mangiamorte arrivasse e sconvolgesse l'equilibrio che si era instaurato tra di loro.

"Fred, piantala di fare il cretino".

"Ma io sono cretino" disse l'altro, indicando i prodotti e gli scaffali. "Gestisco un negozio di scherzi; ti aspettavi che fossi una persona seria?" domandò ridendogli in faccia, senza allegria.

"Sei anche troppo serio, ultimamente" commentò il gemello. Fred fece tanto d'occhi, mostrandosi sbalordito, cosa che non era realmente. Sapeva perfettamente che suo fratello aveva ragione da vendere.

"Questa è un'offesa che non mi sarei mai aspettato" bofonchiò. George scosse la testa, con un misto di stizza e rassegnazione. Sapeva che Fred stava facendo il possibile per sviare l'attenzione.

Lo prese per un polso e lo trascinò lontano dal centro dei Tiri Vispi, dove, con il viavai di clienti, era praticamente impossibile parlare tranquilli. Spalancò la porta del ripostiglio e lo costrinse ad entrare.

"Perché siamo qui?" domandò Fred quando il gemello ebbe richiuso la porta alle proprie spalle. "E accendi la luce, non ti vedo neanche in faccia". Era uno stanzino senza finestre, non riusciva a vedere a un palmo dal proprio naso.

"Non ci sono le lampadine, Fred! Non siamo mica in un negozio babbano - e non ho nè una candela nè la bacchetta con me".

Fred sbuffò ed estrasse la sua. Si accorse con una certa preoccupazione che perfino estrarre la sua bacchetta di peccio dalla tasca dei pantaloni gli ricordava Hermione. Ormai una qualsiasi cosa era una buona scusa per pensare a quella ragazza: la cosa non gli piaceva per niente.

"Lumos" mormorò. Almeno così poteva studiare le espressioni di suo fratello e capire se e, soprattutto, quanto sapesse di quella storia.

"Allora?" fece, il tono annoiato.

"Allora" gli fece eco quello, "non usciamo di qui finché non mi dici che diavolo succede" sbottò. "Non ti ho mai visto così: sei il ragazzo più allegro e simpatico che io conosca – a parte me, ovviamente" e si levò un immaginario granello di polvere dalla spalla.

"Ma piantala!"

"Lo farò se mi dici cosa diamine succede!" La faccia preoccupata del gemello indusse Fred a riconsiderare la sua posizione omertosa. "C'entra Sally?" chiese George, mostrandosi convincente. Fred sembrò soppesare la domanda sul serio, segno che aveva abboccato. George, ovviamente, sapeva bene che Sally non aveva nulla a che fare con quella storia. Ma Fred non sapeva che lui sapeva, quindi doveva muoversi con cautela prima di entrare nel campo minato – ovvero l'argomento 'Hermione'.

"Mi ci ha fatto pensare la Granger..."

"Le hai parlato?" Fred spalancò gli occhi, in un moto di orrore, misto a curiosità.

"Beh, vivete insieme" spiegò con aria angelica. "Ho pensato che magari poteva saperne qualcosa" aggiunse, come se non avesse macchinato a lungo prima di fare quel passo.

"Che ti ha detto?" chiese Fred, tradendo una leggera ansia.

"Che non lo sa e che forse potevi aver discusso con Sally". Fred fece schioccare la lingua, esasperato. Si chiese se Hermione l'avesse fatto solo e soltanto perché voleva allontanare George dalla verità, o se fosse così stupida da credere davvero che il motivo potesse essere – anche solo in parte – Sally. Fred era convinto che Hermione avesse intuito – acuta com'era – che lui non usciva più con la ragazza, nonostante volesse farle credere il contrario.

"Non usciamo più insieme, te l'ho detto mille volte".

"Mh..."

"Mh? È tutto quel che hai da dire?" replicò Fred, turbato dall'improvviso disinteresse del fratello. Improvvisamente la verità gli si palesò, colpendolo come uno schiaffo in faccia. Gli occhi dell'altro parlavano chiaro – a lui non poteva nascondere a lungo qualcosa. E viceversa. Come aveva potuto credere di riuscire ad ingannare George Weasley? Era stato piuttosto ingenuo.

"Tu lo sai" affermò, retorico. "Mi stai facendo fare tutto questo discorso per spingermi a dirtelo, ma già lo sai". George si lasciò sfuggire un sorrisetto di compiacimento, prima di rispondere:

"Non so di cosa parli".

"Andiamo Georgie, non ti nascondere dietro un dito".

"Senti chi parla! Ho dovuto mettere insieme i pezzi per capire che sei attratto da..."

"Non lo dire!" Fred tentò di bloccarlo, senza successo.

"...Hermione Granger" concluse l'altro, in contemporanea.

"Non ci posso credere, l'hai detto" bisbigliò sconsolato.

Non voleva sentirlo, non ad alta voce. Merlino santissimo! Sapeva che sarebbe andata a finire così, per questo non gli aveva detto nulla! Perché parlare con il gemello era come guardarsi allo specchio e mettersi a nudo – detto da George, ebbe l'effetto che si aspettava: rese tutto ancora più reale.

"Già, credo sia ora di un bel confronto, perché non ne posso più di vederti così".

"Sì, beh, ora sai perché non esco più con Sally" dichiarò, lasciandosi cadere su uno sgabello. George sospirò alla vista di Fred così giù di morale – semplicemente inguardabile. "Come l'hai scoperto?"

"Sei sempre così irritato e, Merlino mi aiuti!, triste. Tu mi avevi confermato di aver chiuso con Sally – quindi non potevi star così per lei. Sapevo che c'entrava una ragazza, ne ero certo. Poi ho notato sguardi strani e frecciatine velenose, quel giorno a Grimmauld Place" spiegò. "In più, oggi sono andato a parlarle". Fred parve allarmato. "Tranquillo, niente di esplicito. Come ho detto poc'anzi, le ho solo chiesto il motivo del tuo comportamento e lei, oltre alla storia di Sally, mi ha raccontato della lite".

"Santo cielo, devi averla torchiata per bene!"

"In realtà no; sono giunto alla conclusione guardandola in faccia – la sua espressione era tormentata. Ecco sì, tipo quella che hai tu ora" disse studiandolo attentamente. Fred avrebbe voluto ribattere, ma George non gliene diede il tempo. "Certo, sosteneva fosse una lite tra coinquilini, non certo tra innamorati".

"Non dire quella parola: la Granger non è innamorata di me".

"Però non hai negato il contrario" osservò George. Voleva proprio fargli scoprire tutte le carte, eh? Beh, l'avrebbe accontentato. Tanto, più in basso di così, non poteva cadere.

"Non posso farlo" ammise. "Perché mentirei".

"E l'hai detto a Hermione?" domandò l'altro, serio. Fred sospirò stancamente e si passò una mano sul volto.

"Quello che provo, intendi?" George annuì e tacque. "Beh, non direttamente. Però, ci sono tante cose che non sai. Noi ci siamo baciati, sa che mi piace e io so di piacere a lei" dichiarò. "Ma, evidentemente, non basta. Ogni volta si tira indietro, perché si sente in colpa. Comunque, non le piaccio quanto Malfoy, o non starebbe con lui". Gli raccontò tutto. Una volta iniziato, non seppe più fermarsi: era come un fiume in piena. Ripercorrendo gli avvenimenti ad alta voce – come tante volte aveva fatto a mente – la storia sua e di Hermione gli sembrava ancora meno sensata. Arrivò a pensare, per un attimo, che quella di lei e Malfoy avesse più ragione d'esistere. Narrò dei primi tempi della loro 'convivenza', degli scherzi, delle risa, delle piccole liti, di quel primo bacio al gelsomino, del suo rientro dal Perù – quando l'aveva vista con Malfoy – e della vendetta che aveva attuato. Concluse parlando della litigata che si era consumata nelle mura dell'appartamento, la sera prima. Confessò di aver detto 'casa mia'.

Quando ebbe finito, George rimase silente per un momento, pensando accuratamente alle parole più adatte da usare. Voleva smuovere Fred da quell'apatia in cui si trovava. Certo, non poteva negare a se stesso che la situazione fosse critica. Hermione usciva con un altro – Malfoy, per giunta – e non era neppure intenzionata ad essergli infedele. Però, del resto, doveva sentire attrazione per Fred, se continuava a non resistere, almeno nel baciarlo. Era un bel rompicapo, come l'aveva appena definito Fred – era stata, per la precisione, l'ultima parola di quel lungo discorso.

"Partiamo dal fatto che, in tutta la storia, tu non sei stato esattamente un modello di maturità..." D'accordo, era probabile che suo fratello l'avrebbe scuoiato vivo per aver esordito così, ma l'intento era quello di spronarlo. Compatirlo e dargli ragione non avrebbe giovato a nessuno, tantomeno a Fred. Questi, però, non parve sorpreso.

"Lo so" replicò. "Non ne vado fiero, ma ero parecchio arrabbiato" si giustificò. "Quelle foto sul giornale mi hanno mandato nel pallone".

"Lo capisco" disse, comprensivo. "Pensi ne sia innamorata? Di Malfoy, intendo". Fred lo guardò come se solo l'accostamento dei termini 'innamorata' e 'Malfoy', riferiti alla sua Hermione, lo facessero soffrire. Poi si ricordò che Hermione non era sua e che lui, per la ragazza, non era nulla in particolare, se non uno con cui aveva scambiato un paio di baci. Rilasciò un sospirò rassegnato.

"Gliel'ho chiesto, ma ha glissato".

George non se la sentì di contraddirlo ulteriormente: nella voce di suo fratello c'era una tristezza che non riconosceva. Non era un tipo facile ad abbattersi, non lo era mai stato. Non sembrava più Fred Weasley, ma un pallido riflesso.

"Non puoi stare così" mormorò George.

Fred incurvò le labbra, ma non era un sorriso.

"Immagino scacci i clienti" disse poi. "Te l'ho detto: è un po' come andare al circo e vedere il clown che piange. Uno si aspetta che faccia sempre ridere, invece non è così". Ok, Fred era messo peggio di quel che pensasse.

"Stai dicendo un mucchio di cavolate" gli fece notare George.

"Probabile" – e si strinse nelle spalle – "lo faccio spesso".

"Oh Godric!" sbuffò il gemello.

"No, sono Fred" ribattè.

"Davvero, smettila!" disse George. "Sono serio, una volta tanto".

"Ok, sarò stato immaturo, ma Hermione esce con Malfoy..." disse, come se bastasse a giustificare ogni cattiva azione da lì a cento anni. Il suo tono era semplicemente schifato. "Proprio lui, capisci? Insomma, nonostante quello che le ha fatto a scuola; nonostante sia un Mangiamorte. Se lo fa, sono arrivato alla conclusione che ci deve essere qualcosa di speciale che li lega; ed è un'ostacolo che non posso aggirare, credo".

"So che è terribile che esca con lui – credimi, scandalizza anche me" ribattè. "Ma tu ci tieni a Hermione". Non voleva ribadire la faccenda dell'innamoramento, temendo di farlo soffrire ancora di più. Fred annuì, intimamente grato al fratello per aver taciuto quel punto.

"Fa' qualcosa, allora" lo spronò. "Se devi stare male, almeno fa' che sia per una buona causa".

"Georgie" disse con rassegnazione. "Non c'è niente da fare".

"Le piaci, questo è assodato. Va bene, so cosa stai per dire: Malfoy le piace di più e sta con lui. Però pensa anche che lei ti ha visto uscire con Sally e, dalle occhiate di fuoco che vi siete lanciati, non mi sembra che la cosa l'abbia lasciata indifferente".

Fred rispose con un mugugno poco convinto: a lui pareva che la sua sceneggiata con Sally avesse creato solo guai e non avesse fatto ingelosire Hermione, ma non perse tempo ad interrompere George.

"Le opzioni che hai sono due: provare a chiarire la situazione o dimenticare Hermione".

"Ed è qui che sbagli! Nessuna delle due è una strada praticabile..."

"Come mai?"

"Chiarire è impossibile visto che non mi rivolge la parola".

"Ma..."

"E che io possa dimenticare è improbabile. Sono testardo, lo sai. E anche questo sentimento per Hermione lo è". Cavoli, faceva paura dirlo così, senza riserve. "Una parte di me – quella razionale – vorrebbe buttare tutto nella spazzatura, resettare e lasciar perdere, ignorando quello che provo" disse.

"E l'altra?"

"L'altra mi impedisce di farlo; di provare indifferenza. Nonostante tutto, nonostante Malfoy, nonostante le copertine, il mio cuore pende sempre a favore di Hermione. Pare che non gli importi della soffereza che questa faccenda gli causa, qualsiasi cosa succeda lui continua, imperterrito, a volere solo lei".

"Con lui vuoi dire tu, suppongo" non si trattenne dal fargli notare.

"Devi proprio rigirare il coltello nella piaga?" borbottò l'altro, contrariato. Insomma, era già abbastanza difficile esternare tutte le emozioni rimaste chiuse così a lungo, senza che George gli rendesse la cosa ancora più penosa.

"D'accordo, scusa" lo liquidò. "Però lascia che ti dica questo: Hermione oggi ha detto che se ne andrà, perché tu non la vuoi più in casa". Fred sgranò gli occhi.

"Ma io non volevo dire..."

"Non è a me che devi dirlo, Fred. Sto solo rimarcando il fatto che se non le domandi di restare, potrebbe scegliere di andar via. La patata bollente passa a te".

"Che vuoi dire?"

"Che devi scegliere tu" rispose. "Preferisci averla con te e soffrire nel vederla ogni giorno, o saperla in un altro posto e tentare di scordartela? Spetta a te decidere". Fred sembrò riflettere seriamente sulla cosa; in effetti George sperava tanto di convincerlo ad agire in qualche modo. Forse, parlando apertamente ad Hermione, la situazione avrebbe potuto evolversi a favore del fratello. Solo... doveva usare cautela e le parole adatte, o richiava di peggiorare la situazione. Del resto, per quanto ufficialmente avesse scelto Malfoy, quella mattina, a George era parso di vedere indecisione negli occhi della ragazza. Erano gli occhi di una persona combattuta, ne era certo. Aveva scorto tristezza nel momento in cui aveva nominato il litigio con Fred e George non riusciva ad impedirsi di sperare che non tutto fosse perduto.

"Fred" continuò. "Io non ti sto dicendo che hai la vittoria in pugno, che lei ti ama o che lascerà Malfoy per correre da te. Non sono nella testa di Hermione, non posso sapere quel che pensa".

"Quanto vorrei aver imparato la Legillimanzia".

"Non te lo lascerebbe fare*" ribattè. Fred annuì con uno sbuffo scocciato: lo sapeva benissimo da solo. Hermione era stata un'Indicibile; come tale, aveva imparato l'Occlumanzia ed era perfettamente in grado di chiudere la mente.

"Dicevo" riprese George. "Non so ciò che pensa, ma posso dirti cosa penso io. Devi tentare di tutto, gioca sporco, fai quello che ti pare, ma vai fino in fondo. Io l'ho guardata in faccia stamattina: ci tiene a te. Quando avrai capito che non ci sono possibilità – e, fidati, non è ancora il caso di disperare – potrai gettare la spugna e leccarti le ferite". Fred restò per un momento interdetto dalla convinzione con cui il fratello aveva pronunciato quel discorso.

Decise che avrebbe fatto così, avrebbe provato ancora e ancora, benché non avesse un piano preciso; avrebbe tentato il tutto per tutto. Forse, come diceva George, aveva ancora qualche chance.

"George..."

"Mh" replicò quello, aspettando un'affermazione seria, ma l'altro aggrottò le sopracciglia in un'espressione studiatamente scettica.

"...da quand'è che sei diventato così saggio?" George alzò gli occhi al cielo ed entrambi scoppiarono a ridere. Almeno un risultato, pensò George, l'aveva ottenuto: Fred aveva riso di nuovo.







NOTE AL CAPITOLO


1) Durante il settimo libro, quando Harry viene trasferito da Privet Drive a La Tana, è Piton a lanciare la maledizione che colpisce l'orecchio di George.

2) Nella mia storia, Hermione è, come avete capito dalle parole di George, un'abile Occlumante, semplicemente perché non ritengo verosimile che, svolgendo incarichi come Indicibile al Ministero, non si sia premurata di imparare a chiudere la mente.







ANGOLO AUTRICE



Allora, questo è un capitolo – per così dire – di passaggio; non c'è 'azione' (nel senso che apparentemente non ci sono avvenimenti significativi). Sono le riflessioni e i dialoghi ad essere significativi per la storia.

Avevo detto che George sarebbe andato alla carica per scoprire cosa – o chi – si celasse dietro gli inusuali atteggiamenti deprimenti del fratello.

Quindi è George che fa da perno al capitolo, prima parlando con Hermione e poi con Fred, comprendendo – e facendoci comprendere – i loro stati d'animo a seguito della lite. Fred, per la prima volta e per bene, confida a qualcuno (e non uno a caso) i sentimenti che prova, ammettendoli definitivamente anche a se stesso. Il capitolo si intitola Stubborn Love per il pensiero che ad un certo punto esprime lo stesso Fred, ovvero che il suo cuore è 'testardo' e, qualunque cosa faccia Hermione, seguita ad amarla. Così chi aveva qualche dubbio su cosa esattamente provasse Fred, se l'è tolto. Mi serviva un capitolo del genere, ecco. Spero abbiate apprezzato.

Nei prossimi capitoli vedremo se riterrà opportuno convincerla o meno a restare e cosa ne penserà lei. La vedremo anche con Draco e, ovviamente, anche alle prese con l'iniziazione alla vera arte delle bacchette.

Se mi lascerete un commento, ne sarò felice. Da mercoledì le lezioni all'Università sono sospese quindi spero di pubblicare davvero prima del solito. Un bacio :*

Jules






AVVISO PER GLI EX LETTORI DI UNA STREGA IN FAMIGLIA:


Se c'è ancora qualcuno che si ricorda della mia prima FF sulla Nuova Generazione, di Penny e James e, soprattutto, di Trixy e Fred, sappiate che ho iniziato a pubblicare una mini-long (presumibilmente saranno tre capitoli) proprio su quest'ultima coppia. È necessario aver letto la long e la OS 'Il matrimonio di Bellatrix'. Spero che chi lesse la storia a suo tempo mi farà l'onore di leggere e commentare e che, magari, qualche coraggioso mi dia fiducia e vada addirittura a curiosare nel vecchiume.

La pubblicazione di questa storia, La prova del nove, è comunque subordinata rispetto a quella dei capitoli de 'L'apprendista di Ollivander'.

Un bacio e grazie per l'attenzione :*

Jules

































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Capitolo 25
*** Muri di gomma e foreste di legno ***


CAPITOLO VENTIQUATTRO – Muri di gomma e foreste di legno





Alle sette e mezzo, dopo aver ricusato un invito di Draco via gufo, Hermione uscì dalla bottega, per niente desiderosa di tornarsene in quella che aveva creduto casa propria - se avesse putacaso incontrato Fred, non avrebbe proprio saputo cosa dire.

La strada buia e fredda le richiamava alla mente il momento di felicità che aveva provato quando Ollivander aveva accettato la sua insensata richiesta. La sera stessa si era verificato quello strano incontro tra lei e Fred, a casa di Harry – per la precisione, nel bagno di Harry.

In quel frangente, però, nonostante il freddo fosse lo stesso e il vento le sferzasse il viso in ugual misura, tutto si sentiva meno che felice. Arrivò a sperare che Fred fosse uscito con Sally, pur di non trovarselo di fronte. Il solo fatto di aver pianto per colpa sua, benché non vista, le faceva rabbia. Era rimasta ferita da un semplice, stupidissimo aggettivo possessivo. Casa mia.

Tentennò un attimo, sulla porta, quasi riconsiderando l'opzione di uscire con Draco, per poi scuotere la testa. Era talmente di cattivo umore che avrebbe rovinato la serata anche al Serpeverde. Voleva solo starsene in santa pace: Hermione, lei e se stessa – e magari un buon libro.

Infilò la chiave nella toppa ed entrò nell'ingresso buio e silenzioso. Nel richiuderla, sbattè forte la porta, provocando un gran fracasso. Udì una voce incerta provenire dal salotto.

"Granger?" Corti capelli rossi e occhi marroni, apparentemente contriti, fecero capolino sulla soglia della stanza.

Non tentò di ritrarsi, dato che ormai Fred la stava fissando. Le fece cenno di precederlo in salotto, come se parlare nell'ingresso fosse una cosa poco appropriata al momento. Hermione si chiese dove fosse finito il sorriso che Fred una volta sfoggiava in ogni occasione, perché erano giorni e giorni che non glielo vedeva comparire in volto. Era stata lei a togliergli quell'espressione che trovava fantastica? Se sì, era davvero giusto che la cacciasse, dopotutto. Hermione si rese conto con sgomento di non riuscire neppure più a governare i propri pensieri, che andavano ormai, sempre più spesso, a ruota libera.

Fred, nel frattempo, stava pensando a cosa dire; aveva moltissime idee in testa, ma nessuna opzione sensata su come esprimerle. Essere a corto di inventiva, per uno come lui, era una vera sconfitta.

Del resto, anche essere scavalcato da Malfoy era una vera sconfitta. Scosse la testa. Ormai aveva deciso; avrebbe chiesto a Hermione di rimanere. Non importava se l'avrebbe vista uscire con Malfoy giorno dopo giorno; era sempre meglio che rinunciare completamente a lei. Vivendoci insieme, almeno, poteva tenere la situazione 'sotto controllo', poteva provare a... riconquistarla...? Ma poi, si disse, l'aveva mai davvero conquistata? Improvvisamente, tutto ciò che aveva detto George quel pomeriggio e tutto ciò che aveva pensato di dover dire a Hermione, perse di senso. I contorni della situazione si sfumarono.

Vedeva solo la ragazza seduta di fronte a lui; notò il viso pallido e stanco, lo sguardo spento, i riccioli raccolti in una crocchia sfatta. Forse, la notte precendente, l'aveva passata in bianco, proprio come lui. La responsabilità era sua? Sperava proprio di sì, perché avrebbe significato che Hermione pensava a lui, che provava qualcosa. Come aveva detto a George, sapeva di piacerle, almeno un po'. Però gli aveva anche fatto presente che era con Malfoy che usciva, non con lui.

La ragazza tossicchiò, riportandolo alla realtà.

"Granger..." Hermione pensò che non fosse un esordio granchè confortante; aveva pronunciato il cognome con un tono funereo.

"Ti ascolto" rispose glaciale. Non ce la faceva proprio ad essere amichevole.

"Vedi..."

"Se è per ieri" lo interruppe, brusca, "me ne andrò il prima possibile". Lui sbattè le palpebre, confuso dalla piega improvvisa che il discorso aveva preso. George aveva ragione; la minaccia di Hermione di andarsene era un pericolo reale, più reale di quanto Fred avesse pensato fino a quel momento. "A quest'ora non posso trovarmi un albergo, Weasley" Fred non mancò di notare l'uso del cognome e il tono acidulo da cui era accompagnato. "Ti prometto che entro qualche giorno sarò fuori di qui".

"Stai farneticando" la zittì.

"Credevo avessi detto che non mi volevi tra i piedi".

"Io non ho..."

Si bloccò, di botto interessato alle vecchie pareti della stanza; osservò che andava proprio data una mano di bianco, prima o poi. Vedendolo ammutolito, fu Hermione a parlare.

"Ah, no?" lo rimbeccò. "Le tue parole suonavano esattamente come un non ti voglio tra i piedi!" Quasi gridò l'ultima parte della frase, perdendo la compostezza che si era ripromessa di mantenere.

Fred si era ripromesso di parlarle con calma e usare le parole giuste per portare acqua al proprio mulino – mai arrendersi, come diceva George – ma quella dannata ragazza gli rendeva il compito sempre meno facile.

"Sono stato poco cortese" ammise. "Ma da qui a dedurne che ti stessi mettendo alla porta, ce ne passa".

"Cortese?" sbottò Hermione. "Hai detto che questa è casa solo tua, verità, peraltro, oggettivamente inconfutabile" ammise. "Ora dici che non vuoi che me ne vada. Cosa diamine vuoi da me, Frederick?"

Gli occhi castani di Fred ebbero un lampo al sentire il suo nome pronunciato dalle di lei labbra e, senza neppure accorgersene, si avvicinò. Sentì l'impulso di stringerla, di chiederle di restare con lui e di lasciar perdere Malfoy e quella assurda relazione. Sarebbe stato così semplice – doveva solo lasciarlo. E basta.

Per lui era così naturale pensarla tra le proprie braccia; così giusto, che avrebbe voluto domandarle come poteva non vedere che sarebbe stato fantastico.

Era un cretino, certo. Non poteva pretendere, razionalmente, che Hermione la pensasse come lui. Magari, lei non aveva alcun dubbio che con Malfoy fosse mille volte meglio. Anzi, di sicuro.

"Io non riesco a sopportarlo" disse. "Tu e Malfoy nello stesso letto, è un'immagine che mi da il voltastomaco" dichiarò senza mezzi termini. Stavolta non c'era un briciolo di cattiveria o di accusa nella voce di Fred; era solo... triste. Hermione ne rimase colpita, ma tacque. "In realtà" continuò il rosso, "non è solo perché è Malfoy... non potrei sopportarlo ugualmente". Fece un altro passo verso Hermione che, malferma sulle gambe, era però decisa ad evitare qualsiasi contatto pericoloso. Era convinta che, se l'avesse lasciato avvicinare, sarebbe stato un errore per sè e per il rapporto con Fred. Si diede ad una precipitosa fuga su per le scale, senza neppure dargli il tempo di fermarla.

Non se la sentiva di ascoltare ancora ciò che Fred aveva da dire, timorosa che potesse non piacerle. Se le avesse ribadito le parole di ventiquattrore prima, seppure in maniera più gentile, ci sarebbe rimasta troppo male. Da quanto aveva detto non voleva cacciarla e non sembrava propenso a ripetersi in quel senso, ma l'istinto l'ebbe vinta sulla ragione.

Lo sentì ringhiare di frustrazione e lanciare qualcosa in vetro – forse un bicchiere – contro un mobiletto in legno del salotto. Era arrabbiato. Lui, era arrabbiato. Non ci pensava a lei? A quanto potesse stare da schifo?

Perché non l'hai fatto parlare, non l'hai fatto spiegare? Diceva una vocina nella sua testa che, stavolta, anzichè somigliare a quella di Ginny, o alla parte saggia di sè, somigliava spaventosamente alla voce di George Weasley.

La verità? Aveva avuto paura.

Paura che lui dicesse le parole sbagliate; paura che fosse lei stessa a dirle e che tutto si complicasse ulteriormente; paura di sentire che il malumore di cui le aveva parlato George era davvero dovuto al loro litigio (e di scoprire, quindi, che per Fred lei era solo fonte di problemi); paura, al contrario, che il malessere del suo coinquilino fosse invece legato a qualche diverbio con Sally; paura che Fred si avvicinasse troppo e, soprattutto, di come avrebbe potuto tradirla il suo stesso corpo.

Si spogliò e si mise sotto le coperte, sperando che il sonno arrivasse al più presto a strapparla via dalle paure e dall'ansia che le annebbiavano il cervello.







Il sonoro scampanellio avvisò Garrick dell'entrata di qualcuno. A quell'ora, di venerdì mattina, non poteva che essere Hermione a mettere piede nel negozio, perciò non si disturbò a sollevare lo sguardo. Udì dei passi leggeri e intuì che aveva posato gli abiti sull'attaccapanni e si stava dirigendo verso il retro, dove sapeva l'avrebbe trovato già al lavoro. Il negozio era composto di due ambienti: la bottega e il retro, dove veniva svolto il lavoro più grande. Perciò ad Hermione bastò fare capolino per notare l'espressione dell'uomo.

"Qualcosa non va, signore?" La ragazza si accostò immediatamente al vecchio dall'aria afflitta.

Non era stata una gran nottata per lei, quasi completamente priva di sonno e piena di riflessioni totalmente inutili.

"Mi sento inconcludente" replicò quello, strappandola al vortice di pensieri in cui stava per precipitare – di nuovo.

"Lei, inconcludente?" fece Hermione. "Per favore, non dica sciocchezze". Lui sollevò la testa, colpito dal tono con cui la sua apprendista l'aveva quasi redarguito. In effetti, riflettè Garrick, doveva avere un'aria da bambinetto insoddisfatto. Si ricompose velocemente.

"Non riesco a fare nulla per lei" spiegò, indicando la bacchetta poggiata lì accanto, sul tavolo da lavoro. Hermione si chiese come non si fosse accorta della sua presenza, troppo concentrata sul volto del fabbricante. A un rapido esame, era messa piuttostò male. Era stata spezzata quasi di netto, il legno era diviso in due parti, tenute unite solo da un sottile strato del nucleo – le pareva fosse crine di unicorno. Era una fortuna che non si fosse divisa del tutto. Avrebbe dovuto dirgli, a rigor di logica, che era più che ovvio che non fosse possibile risolvere il problema. Quella bacchetta era, effettivamente, un oggetto senza speranza. Hermione ne aveva vista solo un'altra in condizioni così disperate: quella del suo migliore amico. Era stata lei stessa a provocarne la frattura, lanciando la maledizione che era rimbalzata – ma l'aveva fatto per salvare se stessa e Harry da un enorme serpente posseduto da Voldemort e animato da intenzioni poco nobili nei loro confronti*. Era sicura che, nonostante ciò, Harry l'avesse odiata per un po'.

Perdere la bacchetta era, per un mago o una strega, un'esperienza traumatica. L'aveva appurato lei stessa a Malfoy Manor, quando le era stata strappata di mano da Draco*.

Perciò, era consapevole di come la colpa non fosse del vecchio. Lui stesso, anni addietro, a Villa Conchiglia, aveva asserito che non conosceva modo per aggiustare la bacchetta di Harry.

L'amico era riuscito a riottenere la sua fedele compagna solo riparandola con la Bacchetta di Sambuco di Silente – la più potente del mondo*.

Hermione non poteva certo andare a profanare la tomba dell'ex preside per riparare una bacchetta. Neppure Ollivander, che per riaggiustarne una avrebbe fatto i salti mortali, sarebbe arrivato a tanto.

Sebbene razionalmente comprendesse tutto ciò, Hermione non disse nulla di simile.

"Mi dispiace, signore" si limitò a dire. Probabilmente uno spettatore esterno, alle loro facce abbattute, avrebbe optato per una chiamata all'ospedale San Mungo e la richiesta di un urgente ricovero al reparto psichiatrico. Entrambi se ne rendevano conto, eppure, entrambi erano confortati nel sapere che si comprendevano a vicenda. Hermione si risparmiò di chiedergli se aveva tentato tutto, perché sapeva perfettamente che, se ci fosse stata una soluzione, lui l'avrebbe trovata. Aveva cieca fiducia in quel vecchio – e lei aveva cieca fiducia in pochissime persone.

"Non importa" Ollivander liquidò la faccenda con una lieve alzata di spalle. "E' stata spezzata con un duello, ma il proprietario ne ha sempre avuto poca cura: posso vedere i segni della sua negligenza" disse col tono duro di chi condanna un crimine.

"Dunque!" L'uomo raddrizzò le spalle e spostò gli occhi azzurri in quelli castani di Hermione, con una nuova luce nello sguardo. "Oggi è il gran giorno" annunciò.

"Mh, per cosa?" domandò lei. L'uomo alzò gli occhi al cielo, quasi che fosse lei ad essere tarda e non lui ad essere criptico.

"Oggi, ragazza mia, ha inizio il tuo vero apprendistato" le disse.

"O-oggi?" Improvvisamente, Hermione sbiancò. Non voleva che alle due nottate insonni e allo sconforto degli ultimi giorni si aggiungesse un ulteriore fallimento. D'altronde, sapeva che, prima o poi, quel momento sarebbe giunto.

"Oggi" confermò Ollivander. "Cappello e cappotto!" dichiarò alzandosi di slancio.

"Come?" fece, affrottando le sopracciglia.

"Si va a scegliere personalmente la materia prima".







I Tiri Vispi Weasley era, come sempre, affollato dai clienti. Che fossero serpi, grifoni, corvi o tassi, adulti o bambini, maschi o femmine, non aveva la minima importanza: quel posto non conosceva il significato della parola 'crisi'.

Non l'aveva sperimentato neppure quando a Diagon Alley ogni altra attività era stata sbarrata.

Le vetrine, allestite con sgargianti colori arancio e verde acido, sprizzavano allegria, e attiravano sempre i passanti.

All'interno del negozio, un ragazzo dai capelli rosso fuoco chiamò, per tre volte di fila, il fratello, senza ottenere risposta. Solo al quarto tentativo, scuotendolo per una spalla, riuscì a distoglierlo dai propri pensieri.

"Che c'è?" mugugnò Fred.

"Dimmelo tu" replicò George. "Sei praticamente una mummia". Fred bofonchiò qualcosa di indistinto che, per lui, doveva valere come risposta di senso compiuto.

"La tua faccia non è mai stata così poco da Fred".

"Lo hai già detto" sbuffò Fred, che nel contempo riordinava distrattamente il ripiano delle pasticche vomitose, uno dei prodotti più venduti della società Weasley.

"E lo ribadisco" rincarò George. "Durante la guerra contro Voldemort, avevi un'espressione più allegra". Fred sbuffò: in effetti il prodotto NO-PIPI'-NO-PUPU', ideato in quel periodo, era stato una sua idea.

Nemmeno l'Oscuro Signore era riuscito a smontare la creatività di Fred Weasley, eppure sembrava che Hermione Granger fosse più che qualificata per questo compito. Perché era a lei, quel giorno, che Fred stava pensando. Neppure gli stesse leggendo nel pensiero, George gli disse:

"Pensare alla Granger ti succhia via la creatività".

"Forse" rispose, mogio. "Meno male che ci sei tu a tenere alto l'onore del negozio!" George sbuffò e alzò gli occhi al cielo, palesemente irritato.

"Non per sempre" disse. Fred drizzò le antenne e si voltò verso il fratello:

"Abbiamo la stessa età" cominciò. "Stesso anno, mese, giorno; sei in salute; perché dovresti morire prima di me?" chiese, sarcastico.

"Non intendevo quello'" sbuffò. "Intendevo dire che non posso tenere il peso del negozio da solo; tutto perché tu sei troppo innamorato e non ti rendi conto di quel che ti succede sotto il naso" protestò.

"E quindi?" Fred era completamente passivo all'interno della conversazione, come se non avesse idea di cosa George stesse blaterando, il che era possibile, considerato che se n'era stato, fino a quel momento, a mettere a posto tranquillamente – quando di solito si aggirava per il negozio facendo battute ai clienti più giovani e scherzetti ai bambini; raccontava persino barzellette.

Perciò, vederlo sistemare scatole e scatolette di Pasticche Vomitose e Torrone Sanguinolento con quel viso cereo e gli occhi spenti, era uno spettacolo a dir poco indegno. George stava per rispondere al fratello, quando una ragazzina, apparentemente sulla quindicina, si avvicinò a Fred per chiedere consiglio. In mano teneva un filtro d'amore e, con assoluta nonchalance, iniziò a raccontare quella che a tutti gli effetti poteva sembrare la trama di una soap opera.

"... e, cioè, so che lui e io siamo perfetti insieme, ma Sam è convinto di amare Elly, che però non lo ricambia, perché in realtà ama Matt. Quindi, non faccio nessun danno se gli somministro questo, no?" chiese indicando la fialetta che stringeva tra le dita. Aveva un colore rosa acceso che Fred aveva sempre trovato vomitevole.

"Oppure è meglio l'altro?" e additò un'altra pozione, color rosa pallido, disposta tra gli espositori dedicati ai filtri d'amore. "Quale pensi faccia al caso mio? Insomma, io credo nell'amore, ma forse, se Sam mi notasse, potrebbe nascere qualcosa".

"Quei filtri provocano un'infatuazione, non l'amore" precisò George, da dietro le spalle del fratello. La ragazza scrollò le spalle, come se non facesse differenza.

Lo sguardo di Fred si assottigliò; sembrava fisso in contemplazione della boccetta tra le mani della quindicenne, come se non ne avesse mai vista una. George ebbe paura che scoppiasse e si mettesse a gridare o, addirittura, che le strappasse quella ridicola ampollina dalle mani e la fracassasse al suolo. In effetti, quel colore era davvero orribile, doveva ammetterlo.

"Non dovresti crederci" disse solo. Lei aggrottò le sopracciglia, senza capire.

"Come, scusa?"

"Hai detto che ci credi, che credi nell'amore..."

"Sì, l'ho detto" confermò lei, con aria ingenua.

"Fai molto, molto male" borbottò Fred. "E' una fregatura". Distolse lo sguardo e poi si voltò, sparendo nello sgabuzzino.

George aveva assistito alla scena con crescente disperazione; capì che Fred doveva aver tentato, la sera prima, di approcciare Hermione – evidentemente senza ottenere successo. Quella sorta di incomunicabilità tra lui e la Granger rendeva Fred frustrato e, a farne le spese, non era solo la salute mentale del diretto interessato, ma anche quella di George!

Pensò di parlargli nuovamente, come aveva fatto il giorno avanti, ma comprese che sarebbe stato uno spreco di energie, dato che il suo gemello aveva eretto un muro tra sè e il resto del mondo. Sì, suo fratello era un muro di gomma, e qualsiasi discorso sensato gli rimbalzava addosso.

Puntò lo sguardo sulla ragazzina, che appariva stordita, quasi l'avessero Confusa.

"Ehm" George si schiarì la voce. "Puoi dire a me" e le sorrise. "Mio fratello oggi non è in sè" spiegò, lievemente in imbarazzo. Lei aveva gli occhi spalancati, che saettavano tra lui, il punto dove fino ad un secondo prima Fred aveva pontificato, e la boccetta che teneva in mano. Non sembrava più così convinta di volerla comprare.

"Sì, l'ho notato".










Il parco che circondava la struttura era sempre stato la parte della villa che Draco preferiva. Il verde lussureggiante che la circondava lo rilassava molto più degli interni di casa Malfoy.

Il cielo era nuvoloso sopra la sua testa, quel pomeriggio. Si voltò verso l'imponente edificio. Se il parco era grandioso, la villa riportava prepotentemente alla mente di Draco gli antichi fasti della famiglia. Lì sua madre, un tempo, organizzava feste e grandi cene di gala, con le 'persone giuste'.

"Quelli che contano, avrebbe detto mio padre" mormorò al vento, che gli soffiava in faccia. Uno dei pavoni in giro per il giardino gli si fece insolitamente vicino, per poi allontanarsi. Uno dei vezzi di Lucius. Uno di quelli che Draco non aveva mai capito fino in fondo.

Più o meno come quello di tatuarsi il braccio sinistro, riflettè. Un amaro sorriso gli fece incurvare gli angoli delle labbra. No, fino in fondo non l'aveva ancora capito.

Merlino, quanto avrebbe voluto essere nel proprio appartamento – a casa. Nonostante, ufficialmente, Malfoy Manor fosse ancora la sua abitazione, Draco non poteva dire di considerarla 'casa'. Un posto in cui non sei libero di fare ciò che desideri non può esser chiamato così. Perciò, appena possibile, scappava da quella prigione e si catapultava a Londra.

Se da ragazzino gli avessero detto che avrebbe detestato quel luogo a tal punto da preferire un appartamento nella Londra babbana, avrebbe riso di gusto.

"Padron Malfoy" un esserino dalle orecchie a punta gli si rivolse in tono deferente, comparendo dal nulla. Draco aveva sempre trovato gli Elfi Domestici davvero antiestetici. Si appuntò mentalmente di non riferirlo ad Hermione: sarebbe stata capace di adirarsi. Del resto, però, quegli esseri erano palesemente orrendi.

"Tinky è qui per riferire che il tè è pronto e la signora la sta cercando".

"Grazie, Tinky" rispose con cortesia. L'esserino si inchinò ossequiosamente e scomparve.

Il rapporto con gli Elfi Domestici era piuttosto migliorato – in loro favore, s'intende – dalla fine della Seconda Guerra Magica. Non in tutte le famiglie, certo; però Draco aveva deciso di non trattarli più in maniera sgarbata, come fossero stracci da pavimento (come era solito fare prima).

La Granger dovrebbe essere orgogliosa di me, riflettè. Almeno per questo.

Infilò le mani in tasca e, a passi lenti e svogliati, giunse fino al salotto in cui sua madre aveva fatto preparare il tè. Non ne aveva proprio voglia, ad essere sinceri.

Non aveva voglia di tè, non aveva voglia di star lì e, soprattutto, di parlare con Narcissa. Sbuffò piano e la raggiunse, già seduta al tavolo. Era così austera, così diversa da quando era bambino... Continuava a volerle molto bene; era una delle poche persone importanti, per Draco.

"Ti stavo aspettando. Se non ti sbrighi si raffredderà" disse indicando il tè. Il ragazzo fece come gli era stato detto; sedette e iniziò ad osservare il suo tè verde, senza fiatare. Cosa avrebbe dovuto dirle?

Da quanto suo padre era finito ad Azkaban, Narcissa non era più la stessa; non era mai stata incline ad eccessive manifestazioni d'affetto materno. Del resto, neppure Draco era un tipo tutto abbracci e coccole. Però, in cinque anni, si era indurita molto; almeno tanto quanto il figlio si era ammorbidito.

Aveva salvato Potter con la sua bugia, e questo le aveva evitato la prigione, ma le sue convinzioni – al contrario di quelle di Draco – non erano cambiate. Sembrava ritenere ingiusta la sorte che era toccata al marito, mentre Draco, al contrario, avrebbe ritenuto opportuno essere sbattuto dentro a sua volta. Hermione non sarebbe stata d'accordo con lui. Lo avrebbe difeso da se stesso, come sempre.

Come si potesse essere così buoni, non gli era ancora chiaro. Grifondoro fin nelle ossa, come aveva spesso occasione di ricordarle.

"Draco...?" Il tono interrogativo di sua madre lo richiamò alla realtà. Guardò la donna negli occhi, in attesa che continuasse la frase. Fu solo allora che si rese conto che, sul tavolo, era posato un vecchio numero del Settimanale delle Streghe. Doveva prepararsi a sostenere una conversazione imbarazzante?

"Che mi dici di questa storia?" disse senza giri di parole.

"Quale storia?" Ovviamente, Draco sapeva a cosa si riferisse la domanda, ma non voleva darle la soddisfazione di vincere senza dargli qualcosa in cambio. Non aveva intenzione di facilitarle il compito.

"Lo sai" replicò seccamente. "Tu e la ragazza".

Draco si sentì infastidito da quelle quattro parole. La ragazza.

"Ha un nome" disse, la voce incolore. Lentamente, portò la tazza alle labbra e sorseggiò altro tè.

"Non fai sul serio con lei, vero?" domandò, tradendo un po' d'ansia nella voce. Draco si sarebbe già potuto dire soddisfatto di averle fatto perdere quel controllo che manteneva sempre. Più il tempo passava, e più somigliava a Lucius.

La mancanza di quell'uomo le faceva quest'effetto – e, secondo Draco, non era affatto salutare. La sentì inspirare ed espirare.

"Non capisco perché ti interessi" rispose, faticando a trattenere un ghigno.

"Non scherzare con me".

"Non lo sto facendo, te l'assicuro" ribattè lui. "Non ho la minima idea del perché tu stia affrontando quest'argomento ora, madre". Lei sospirò e Draco fu certo che, se non l'avesse trovato estremamente inelegante, avrebbe sbuffato apertamente.

"Finora ho lasciato correre" disse lei. "Gli articoli" e indicò la rivista, "i mormorii, i pettegolezzi..." elencò.

"Immagino ti sia costato molta fatica" replicò, caustico.

"Non fingerò con te, Draco. Penso sia stata un'ottima idea, dal momento che quelli come lei sono così benvoluti, ora". Lui non ribattè, intuendo che il discorso non era concluso e che, ad ogni modo, non ci sarebbe stato nulla da dire al riguardo. In occasioni come quella, da buon Serpeverde, il silenzio era sempre la miglior soluzione per uscirne pulito e senza graffi. Parole avventate e frettolose erano roba per Grifondoro; cose da San Potter, non da Draco Malfoy.

"Per quanto mi riguarda" proseguì Narcissa, "puoi continuare a frequentarla..."

"Grazie del permesso" affermò con tono ironico, che sua madre ignorò.

"Ciò non toglie che questo, per te, deve essere un passatempo".

Eccolo, il punto. Sapevo che ci saremmo arrivati, pensò, divertito. Aveva previsto dove la conversazione sarebbe andata a parare ancora prima che la madre la iniziasse.

"E perché mai?"

"Sai perfettamente i motivi che mi spingono a dirlo. Per quanto possa essere vantaggioso far credere che la famiglia Malfoy si sia 'ravveduta' tanto da arrivare a mischiarsi con la feccia, questo non dovrà mai accadere sul serio". La voce di Narcissa era dura e, in ogni parola, Draco poteva sentir risuonare quella di Lucius, e con essa le sue idee insane e obsolete.

"Che intendi dire?" le chiese ancora, pacato.

"Va bene, vuoi che lo dica apertamente" concluse lei. "Lo farò: la famiglia Malfoy non si legherà mai a gente del genere".

"Quale genere?" chiese, inarcando un sopracciglio, con espressione ignara.

"Sanguemarcio" lo accontentò lei. Era, almeno all'apparenza, impassibile.

"Credi sia contagioso?" le domandò, ghignando apertamente. Sapeva quanto potesse infastidirla, molto più che se si fosse messo a berciare o sbraitare – comportamenti che, ad ogni modo, non aveva alcuna intenzione di tenere.

"Non scherzare, te lo ripeto. Hermione Granger è una Sanguemarcio".

"Lo so, ma gradirei che non la chiamassi così". Per un momento risentì nella propria testa la voce di Silente che, sulla torre di Astronomia, con la bacchetta di Draco alla gola, aveva trovato il tempo di redarguirlo sulla terminologia corretta da utilizzare.*

"Perché non dovrei? Lei non è niente per me, e mai lo sarà. Ti deve essere chiaro fin dal principio che questa cosa non avrà un futuro. Non so quanto sia seria nè voglio saperlo. Semplicemente non mi interessa". Oh, Draco non ne dubitava affatto. A lei interessava solo il buon nome della casata, mantenere le apparenze e, ovviamente, una linea di successione linda e pinta. Le aspirazioni o i desideri del figlio, rispetto a queste priorità, erano argomenti di ordine secondario. Sua madre lo amava, Draco ne era certo, ma non abbastanza da allargare le proprie vedute per lui.

"Tutto quello che mi preme è che la cosa, ad un certo punto, si interrompa. Tu sposerai una strega Purosangue; una donna che possa darti dei figli degni di te".

Degni di te voleva dire 'degni di apparire nel nostro albero genealogico'. Se si concentrava poteva visualizzare suo figlio – un maschio, ovviamente – aggiunto all'arazzo che faceva bella mostra di sè in salone. Lì, appesi alla parete, generazioni di Malfoy osservavano coloro che avevano la sventura di fermarsi a rimirarlo.

Tutti quei cartigli con i nomi dei suoi antenati, collegati a facce sconosciute, lo mettevano a disagio – pensare che, da bambino, aveva passato ore a fissarle per imprimerle nella memoria! Era fiero di poter vantare una discendenza così pura.

Ora, il solo pensiero di avere un figlio da ficcare in mezzo ad altri cartigli, lo riempiva di ansia. Non poteva credere di essere cambiato a tal punto; eppure era ciò che sentiva. Probabilmente, fosse stato vivo, suo nonno Abrahaxas sarebbe corso nella stanza affianco a bruciare il tondino con il volto di Draco.

Gli 'indesiderati' della famiglia, come il cugino di sua madre, erano stati sapientemente 'eliminati' da ogni arazzo esistente.*

"E cosa ti fa credere che esista una donna Purosangue che, pur non amandolo, sposi un Mangiamorte? Che vantaggio ne trarrebbe la famiglia della suddetta signorina?" chiese con un sorrisetto.

Era una domanda estremamente logica, e Narcissa lo sapeva; ma Draco non subitava che, vista la sua diplomazia, sarebbe riuscita a convincere qualcuno che il cognome Malfoy, dopotutto, contava ancora qualcosa nel Mondo Magico. Forse era così, ma di sicuro non per persone come la Granger e, ad essere sinceri, oramai nemmeno per Draco.

"Sei un Malfoy, cosa direbbe tuo padre se ti sentisse?"

"Lui è ad Azkaban e ci resterà, devi fartene una ragione" replicò, meno composto. Si alzò e girovagò un po' per la stanza, finchè non decise di sedersi sul divano. Passò le mani sul tessuto e, a contatto con il velluto verde che lo rivestiva, si rilassò leggermente. Era un gesto che compiva spesso da bambino, quando veniva rimproverato o aveva combinato qualcosa. Lo calmava. "Non merita la mia considerazione, nè la tua".

"Non parlare così di tuo padre, Draco. Non osare addossargli colpe che..."

"...che cosa?" la interruppe. Si rizzò sulla schiena, abbandonando la posizione rilassata che aveva appena assunto. "Che non sono sue?! Era il braccio destro di Voldemort, gli è andata bene solo perché 'i buoni' hanno deciso di allontanare i Dissennatori da quel posto infernale, o a quest'ora sarebbe peggio che morto".

"Anche tu porti il Marchio!" A quelle parole, la mano destra di Draco scattò all'avambraccio sinistro; avrebbe voluto alzarsi, scappare e non tornare più. Andare via senza voltarsi mai indietro. Ma a sua madre rimaneva solo lui; non poteva fuggire.

"Infatti" disse invece. "E me ne vergognerò a vita, a differenza sua".

Sua madre non replicò, probabilmente a corto di risposte. C'era poco da dire: le loro posizioni erano differenti e sarebbero rimaste tali. Non era certo una discussione davanti ad un tè che poteva risolvere i loro problemi famigliari.

Come se poi le loro fossero 'discussioni'! Erano più uno scontro in cui ognuno erigeva un muro e concentrava tutti i propri sforzi per impedire all'altro di penetrarlo o anche solo di scalfirlo. A questo, dopo la guerra, si era ridotto il rapporto con Narcissa.

"Non so" riprese, calma, "come siamo arrivati a questo. Non era mia intenzione affrontare argomenti tanto spinosi" disse alzandosi da tavola. Draco la osservò.

La postura dritta, impeccabile, l'abito lungo, verde scuro, i capelli biondissimi raccolti in una elaborata acconciatura, rendevano la figura di sua madre, come sempre, elegante. Sebbene invecchiata, la vedeva bella proprio come quando era piccolo.

Avrebbe tanto voluto far coincidere la loro visione del mondo, ma sapeva che non era possibile. Ci aveva rinunciato da tempo.

"Ho espresso me mie opinioni" proseguì. "Non mi ripeterò, perché sono certa che tu abbia capito". Si diresse alla porta del salotto; sembrava proprio che la conversazione fosse conclusa. All'ultimo ci ripensò e Draco la vide tentennare sull'uscio e infine voltarsi a guardarlo.

"Sai da te cosa è opportuno e cosa non lo è" dichiarò. "Non voglio perdere anche te..." Narcissa non gli lasciò il tempo di elaborare una risposta, perché scomparve immediatamente, chiudendo la porta dietro di sè.

Draco non poteva negare di essere sorpreso; era da tempo che sua madre non esprimeva a parole, nè a gesti, l'affetto che provava per lui.

Quell'affetto, era il motivo per cui, benché provasse repulsione verso la casa, verso gli arazzi di famiglia, verso... suo padre... non riusciva a provarne per Narcissa. Perché sapeva che ogni cosa che aveva detto, dal suo sbagliato punto di vista, era per il bene della famiglia, ovvero, di suo figlio. Era la persona più vicina che avesse... l'unica... non le rimaneva altro che Draco. Non poteva lasciare che anche il suo ultimo legame di sangue, come tutti gli altri, naufragasse miseramente; però non poteva neppure condannare se stesso all'infelicità perpetua, no? Eppure, sapeva che Narcissa non avrebbe approvato nessuna delle sue scelte. Cioè, le scelte che avrebbe fatto se ne avesse avuto il fegato. Non solo non le avrebbe approvate, ma non si sarebbe neppure sforzata di accettarle.

Un lampo illuminò il cielo all'improvviso, strappandolo ai suoi pensieri, e fu subito seguito da un tuono. Draco si alzò dal divano e, lentamente, arrivò alla finestra. Dalle vetrate scorse altri lampi. Era in arrivo un temporale, e lui aveva voglia di uscire sotto la pioggia.






Non appena Hermione, quella mattina, aveva afferrato il braccio di Ollivander, aveva compreso dove erano diretti per cercare la 'materia prima' e, una volta Materializzata, ne ebbe conferma. Il vento soffiava forte, scompigliandole i capelli, e il sole filtrava tra le foglie verdi degli alberi. Mosse un passo e perfino lo scricchiolio di rami secchi sotto i piedi le parve famigliare.

"La foresta di Hitwood" sussurrò.

"Proprio così" fece Ollivander. "Dove volevi che ti portassi? Alle giostre?"

Hermione sorrise in risposta al tono burbero dell'uomo e si staccò da lui, continuando a guardarsi intorno. Dalla prima volta in cui c'erano stati le sembrava passato un secolo*. Nonostante, da allora, non si fosse più recata lì, sentiva una sorta di empatia con quel luogo; come se fosse stato creato per lei. Possedeva un effetto calmante che raramente Hermione aveva riscontrato in altri posti. Soprattutto, ora che la tensione del proprio battesimo – la prima volta in cui era stata chiamata a mettere alla prova le sue conoscenze sui legni da bacchetta – era scemata, poteva godersi appieno il canto degli uccelli appollaiati sugli alberi e i tiepidi raggi solari di una mattinata straordinariamente mite. Da sempre, come tutti gli inglesi, aveva rinunciato a contare sul bel tempo quotidiano. Proprio per questo, quando il sole faceva capolino, Hermione lo apprezzava molto di più di quanto avrebbe potuto farlo l'abitante di un Paese meditterraneo.

La foresta di Hitwood era un luogo incantevole e, improvvisamente, si pentì di non aver insistito per accompagnare il bacchettaio le volte in cui era tornato lì a fare 'rifornimento'. Si voltò e vide il sole battere sui capelli canuti e illuminare il viso lieto del vecchio accanto a sè. Sembrava un bambino in un parco giochi, e Hermione immaginò di avere più o meno la medesima espressione. Si chiese se, continuando a svolgere quel lavoro per anni, avrebbe mantenuto lo stesso entusiasmo dell'uomo. Era convinta di sì.

Il punto critico della questione era un altro; certamente era in grado di raccogliere legno da bacchetta, e lo aveva già fatto una volta, ma non era altrettanto certa di riuscire davvero a fabbricare una bacchetta.

"Smettila di rimuginare" ordinò la voce di Ollivander. "E mettiti a spulciare tra gli alberi; non c'è tempo da perdere. Sai cosa fare" disse poi, porgendole un sacchetto che conteneva Onischi. Hermione restò per un attimo imbambolata, senza riuscire a smettere di pensare.

"Beh, che ti aspettavi; uova di fata?" bofonchiò lui. Hermione comprese che l'intento era quello di distrarla, e ridacchiò sommessamente. Non c'era verso che quell'uomo provasse a tirarle su il morale senza però accompagnare il tutto con qualche borbottio in sottofondo.

"No, credo che gli Asticelli dovranno accontentarsi degli Onischi*".

"Perfetto, allora mettiti al lavoro" ordinò. Hermione non se lo fece ripetere e iniziò la ricerca degli alberi da bacchetta, riuscendo a scovarne un bel po' grazie alla presenza degli Asticelli – benedette creature! Li tenne a bada, come la volta precendente, grazie agli Onischi, evitando in tal modo che le tranciassero via un dito per difendere il proprio 'territorio'. La particolarità di quella foresta era proprio quella di racchiudere in sè tanti tipi di alberi – ed era per questo frequentatissima dai fabbricanti di bacchette – e, quindi, Hermione riuscì a raccogliere legni diversi tra loro e utili allo scopo. Nel frattempo, Ollivander aveva Evocato uno sgabello sul quale era rimasto comodamente seduto per tutto il tempo. Doveva sbrigarsela da sola, certo, ma Hermione sospettava ci fosse una vena di sadismo nello starsene immobile, a fissarla mentre si dava da fare.

Un lampo improvviso, seguito da un tuono, la distolse dal proprio lavoro; levò lo sguardo e si rese conto che il cielo era grigio e nuvolo (non se ne era neppure accorta, tanto era presa dal compito che stava svolgendo!). Si affrettò a tornare nel punto in cui Ollivander restava ancora fermo.

"Signore, credo stia per piovere".

"Stavo giusto per alzarmi" replicò lui, con calma. "Credo tu abbia raccolto abbastanza legno da fabbricare bacchette per un secolo, e inoltre non voglio tornare al negozio bagnato fradicio".

In un batter d'occhio lo sgabello era sparito ed Hermione era nuovamente attaccata al braccio del signor Ollivander, pronta alla Smaterializzazione.




Quella sera, dopo aver passato molto tempo ad ordinare secondo criterio il legno raccolto, Hermione uscì dal negozio, stanca ma soddisfatta.

Il vento le sferzò il volto e una fitta pioggia iniziò a inzupparle i vestiti. Poco importava; di lì a cinque minuti sarebbe stata al caldo. Stava per Evocare un ombrello, quando qualcuno le si accostò, coprendola con il proprio. Il profilo affilato e spigoloso alla sua sinistra non lasciava dubbi sull'identità dell'uomo.

"Draco..." Hermione occhieggiò la tela dell'ombrello, di un colore insolito e molto acceso. "Che ci fai qui fuori e, per giunta, con un ombrello giallo?"*

"Mi pare ovvio" rispose lui con un sorriso sornione. "Ti salvo dalla pioggia".








NOTE AL CAPITOLO


1) Nell'ultimo libro, quando Hermione e Harry si recano a Godric's Hollow a visitare la tomba dei Potter, Hermione, per salvarsi da Nagini, lancia un incantesimo che rimbalza, colpisce e spezza quasi di netto la bacchetta di Harry (le due metà restano unite solo da un filamento del nucleo di piuma di fenice). A Villa Conchiglia, perfino Ollivander dice che non c'è modo di riparare un danno simile.

2)Per molto tempo Hermione dice ad Harry che può abituarsi ad un'altra bacchetta e che basta fare pratica, ma quando la stessa sorte tocca a lei (e la bacchetta che ha rimane a casa dei Malfoy) si rende conto che con una bacchetta che scegli hai un legame speciale.

3) Con la Bacchetta di Sambuco, prima di rimetterla nella tomba di Silente, Harry ripara la sua vecchia bacchetta di agrifoglio.

4) Silente, alla fine del sesto libro, quando Draco minaccia di ucciderlo e dichiara di aver preso l'idea della comunicazione tra oggetti gemelli da Hermione (non so se ricordate le monete incantate con le quali comunicano i membri dell'ES), gli intima di non usare la parola 'Sanguemarcio' in sua presenza.

5) Sirius, quando a sedici anni scappa di casa, viene cancellato dall'arazzo di famiglia, da sua madre Walburga.

6) Nell'ottavo capitolo (Il battesimo di Hermione) lei e Ollivander si recano in una foresta speciale in cui si concentrano diversi tipi di alberi da bacchetta. Non ne avevo scritto il nome; ho optato per Hitwood perché mi sembra adatto. Hit significa successo, mentre wood vuol dire legno (la foresta, quindi, è un posto dove si trovano legni perfetti per costruire bacchette di successo). Boh, è stato il mio ragionamento.

7) Gli Onischi, come avevo scritto anche nell'ottavo capitolo, sono cibo per Asticelli, che mangiano anche Uova di Fata (ne sono ghiotti, ma è un cibo non molto facile da procurarsi).

8) Questa citazione dalla sit-com How I Met Your Mother non posso non dedicarla a CinderNella! L'ombrello giallo è praticamente il simbolo della serie.








ANGOLO AUTRICE


Lo so, lo so, sono una brutta persona e faccio sempre ritardo! Chiedo venia a tutti quanti. Spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento. Fred ha tentato di parlare a Hermione, con scarsi risultati, ed è abbattuto. Hermione è alle prese con la preparazione alla sua prima, e probabilmente disastrosa, creazione. Finalmente abbiamo intravisto Narcissa e le sue opinioni lusinghiere sui Nati Babbani. Non è poi tanto questo il punto, quanto la sua rigidità di vedute sulle scelte di Draco. Per Narcissa c'è una sola strada possibile, e deve essere quella da lei concepita. Per le opinioni del figlio non c'è posto.

Il prossimo capitolo riprenderà esattamente da qui, cioè da Draco che va a salvare Hermione dalla pioggia. Teoricamente doveva essere tutto un capitolo, solo che sarebbe uscita fuori una cosa di lunghezza spropositata e il capitolo è già lungo così.

Sono di fretta (spero non ci siano errori di battitura), quindi non aggiungo altro. La parola sta a voi, se vorrete lasciare un commento. Grazie mille a tutti coloro che leggono, seguono, preferiscono e, soprattutto, a coloro che recensiscono <3

A presto gente! Vostra,


Jules


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Capitolo 26
*** Brindisi ***


CAPITOLO VENTICINQUE – Brindisi




Benché fossero le sette e piovesse a dirotto, Diagon Alley non si era affatto svuotata. Semplicemente, i volti si erano tramutati in tanti ombrelli, sotto ai quali, a capo chino, si nascondevano le persone – proprio come stavano facendo loro. Chiunque li avesse guardati avrebbe visto due ragazzi incamminarsi nella pioggia, senza una direzione precisa, sotto un eccentrico ombrello giallo.

L'attenzione di Hermione fu attratta, per un istante, da una bambina che saltava deliberatamente dentro una pozzanghera – con conseguente e prevedibile irritazione di quello che doveva essere il padre. La scena la fece sorridere.

"Perché ho la sensazione che tu non stia ascoltando?" borbottò Draco, immusonendosi. In effetti, aveva bellamente ignorato le ultime parole del biondo.

"Scusa" fece lei, riservandogli un sorriso imbarazzato. "Stavi dicendo?"

"Che se sei così poco interessata al tuo cavaliere, potrei dare retta a mia madre".

"Mh?" Hermione aggrottò le sopracciglia.

"Come ti stavo dicendo, ha accennato alla nostra frequentazione" le comunicò.

"Ah sì, questo l'avevo sentito" Hermione non osava immaginare cosa poteva aver detto Narcissa Malfoy. Lo sguardo sospettoso che gli rivolse fece sorridere Draco.

"Sarò sincero..." esordì Draco, ed Hermione si sentì in dovere di fermarlo.

"Non è che potresti risparmiarmi gli insulti pesanti?" chiese gentilmente. "Non che la cosa mi tocchi, ma sono molto stanca e non ho voglia di indignarmi". Draco rise.

"Ho detto sincero, non scortese" precisò.

"Meglio così" disse sollevata, rilassando visibilmente il corpo. In effetti non sentiva alcun interesse reale per il parere di Narcissa; aveva imparato da tempo come fosse inutile affannarsi per l'approvazione di qualcuno a cui non si tiene o che non si stima minimamente. Da ragazzina, invece, soffriva per la disapprovazione di chiunque – perfino degli estranei. Probabilmente, tutta la storia della sanguesporco l'aveva aiutata, in quel senso, a ignorare determinate opinioni.

"Niente di che" le riferì. "Ha detto che questa 'cosa' tra di noi può continuare".

Hermione poteva immaginarla, Cissy, coi suoi capelli biondi raccolti in uno chignon, un' elegante ed austera veste di velluto verde e gli occhi stretti a fessura, puntati sulle foto dei giornali scandalistici con quei ridicoli titoli. L'ultimo era stato, se non ricordava male, La Sanguemarcio e il Purosangue.

"Beh, poteva andare peggio... accetta le tue scelte, non trovi?" disse in un tono che voleva essere incoraggiante.

"No, non trovo" tagliò corto lui.

Non desiderava imbarcarsi in una discussione sulla propria disastrata situazione famigliare. Da quando Lucius era ad Azkaban, Narcissa era diventata più rigida di quanto già non fosse prima, quasi si sentisse in dovere di rimpiazzare il padre, come se quell'aura di austera e ipocrita durezza potesse non avesse nuociuto abbastanza alla famiglia Malfoy. L'aveva detto ad Hermione, e non intendeva ripeterglielo per la centesima volta. Non quella sera.

"Allora" riprese in tono più allegro, "dove vuoi andare?"

Hermione si fermò sotto la pioggia e riflettè. Non le passò neanche per la mente di tornare a casa; preferiva stare sotto un ombrello per tutta la notte, vagando per le stradine di Diagon Alley, pur di non affrontare quel casino che stava diventando la sua vita. Draco le aveva incasinato tutto, accidenti a lui.

Hermione si sentiva catapultata in una vita che, in un certo senso, non aveva scelto. Di tutto questo, al momento, con Draco non fece parola.

"Dunque?" ripetè Malfoy. "Tu hai in mente qualche posto?" chiese.

Hermione ci pensò su e sorrise.

"Mi affido a te: sorprendimi, Malfoy!" disse con voce giocosa. Lui sfoggiò un sorrisetto sghembo e parve riflettere prima di accettare la sfida.

Un secondo dopo, Hermione stava vorticando in aria, attaccata al braccio di Draco, diretta chissà dove.






"Allora, ti ho sorpresa?"

Hermione si guardò intorno, e dovette ammettere che sorpresa lo era per davvero. Si erano Materializzati in un vicolo alquanto buio di una Londra inequivocabilmente babbana. Gli scrosci di pioggia che scendevano dal cielo contribuivano a far sembrare il luogo ancora più buio e decisamente poco raccomandabile. Non riusciva a capire cosa ci facessero lì.

"Hai intenzione di cenare qui, stile Lily e il Vagabondo?" domandò ridendo.

"Chi diavolo sono Lily e il Vagabondo?" Draco parve piuttosto confuso; probabilmente sentir nominare uno sconosciuto cartone animato babbano l'aveva mandato in crisi.

"Ehm, è roba babbana. Era così per dire..." Non sapeva come spiegarsi, maledizione. In momenti come quelli si rendeva conto, dalle piccole cose, che sarebbe per sempre stata sospesa tra due realtà molto diverse tra loro, anche se parallele. Due realtà che, in effetti, si intersecavano solo per merito – o colpa, a seconda dei punti di vista – dei Nati Babbani. Draco aveva un'espressione talmente ignara che la fece desistere dal proposito di lanciarsi in una spiegazione minuziosa sui cartoni. Sarebbe stato per un'altra volta – magari in un altro secolo.

"Intendevo, come due randagi, per strada" si limitò a dire.

"Ovviamente no, Granger" rispose scioccato. "Per chi mi hai preso?"Hermione notò il tono oltraggiato che aveva assunto e non potè fare a meno di ridere del suo atteggiamento snob.

"Mi ero scordata di essere a cena con un Lord" lo blandì, con un sorriso talmente cortese che sconfinava nella presa in giro.

Senza attendere altro, Draco prese Hermione per mano, conducendola fuori dal vicoletto. La ragazza non si diede neppure la pena di domandare dove stessero andando.

Sbucarono in Cross Charing Road fino a raggiungere un locale, anch'esso dall'aspetto inqeuivocabilmente babbano. Draco aveva vinto la sfida: Hermione era sorpresa.

"Che ci facciamo qui?"

"Credevo volessi cenare" rispose placido, facendo cenno al maître e infilando l'ombrello gocciolante nel portaombrelli all'ingresso.

"Ma..." Nonostante fosse a conoscenza dell'appartamento che Malfoy aveva acquistato nella Londra babbana, era più che certa di non essere mai stata, in sua compagnia, in un locale che non fosse magico.

"Non ti piace?" chiese sorridendo, falso come una moneta da tre galeoni. Sapeva perfettamente il motivo che spingeva Hermione a mostrarsi stupita.

"No no, non è questo".

Tovaglie bianche e una candela su ogni tavolo, posate in argento, camerieri vestiti di tutto punto e menù che sembravano urlare: scappa a gambe levate se non vuoi spendere un occhio della testa!

Era un ristorante di classe, oltremodo raffinato, ma pur sempre babbano. Hermione era convinta che, potendo evitare locali babbani, Draco l'avrebbe fatto. Al momento si stava guardando attorno piuttosto soddisfatto.

"Solo... che ci facciamo in un ristorante babbano?"

Lui ridacchiò e non rispose finchè il cameriere non li ebbe fatti accomodare ad un tavolo appartato – per ottenerlo aveva sganciato una mancia, blaterando su quanto odiasse stare in mezzo alla calca. Come se tavoli a dieci metri l'uno dall'altro potessero creare una 'calca' di persone. Draco Malfoy e le sue fisime, parte uno.

"Sei diventata razzista, Granger?" Hermione fu tentata di tirargli un calcio sotto il tavolo, ma si trattenne.

"Veramente, il razzista tra noi sei tu" gli fece notare, arricciando il naso.

"Ma se esco con una Nata Babbana!" protestò, fingendosi offeso. "Come puoi accusarmi di una cosa simile?"

"Smettila di usare questo tono sarcastico" intimò Hermione. Malfoy, per niente impressionato dal cipiglio che aveva assunto, ghignò.

In qualche modo, nonostante la discussione con la madre, sembrava essere di buonumore. Un po' per l'atmosfera distesa che si era venuta a creare, un po' per il vino dal tasso alcolico molto elevato, Hermione si rilassò a sua volta.

"Siamo qui" disse lui ad un certo punto, "per stare soli". Hermione aggrottò la fronte e aprì le orecchie, cercando di capire meglio.

"Tralascio il fatto che ti sia deciso a replicare dopo tre quarti d'ora e due portate".

"Sono un uomo che pondera bene le risposte..." Hermione alzò gli occhi al cielo, ignorò il commento e proseguì per la propria strada.

"Ti faccio notare che siamo circondati da gente..." Si guardò intorno scorgendo tutti i tavoli occupati. Draco scosse la testa.

"Per loro non siamo nessuno. Solo un ragazzo, vestito elegantemene, e una ragazza evidentemente non altrettanto chic" la celiò. Hermione gli scoccò un'occhiataccia, che lui non raccolse. Non era colpa sua se passava la giornata al lavoro con abiti che lei riteneva confortevoli, ma che Malfoy sembrava giudicare orripilanti. Almeno lei un lavoro ce l'aveva!

"Non c'è nessuna Samantha Kaney appostata" spiegò lui. "Solo per stasera, la Salvatrice e il Mangiamorte se ne stanno a casa, e questa è una cena tra Hermione e Draco, due ragazzi normali". Si portò alle labbra un bicchiere di vino rosso; aveva l'aria più che soddisfatta. Hermione levò il calice per brindare con lui; in onore di cosa, non aveva importanza.

"Brindo a te, Granger".

"E perché mai?"

"Perché ti meriti un grazie" disse solo. Hermione rispose con un sorriso.

I due bicchieri tintinnarono e lei scorse il proprio riflesso deformato in quello del biondo. Vide se stessa, dieci anni prima, ad osservare quella scena dall'esterno; e si rese conto di quanto agli altri dovessero apparire bizzarri, Granger e Malfoy in atteggiamenti così amichevoli. Avrebbe avuto molte cose da dire, ma l'unica frase che le venne fuori risultò piuttosto buffa.

"Sei consapevole del fatto che uno che si chiama Draco, normale non lo sarà mai?" Per poco Malfoy non soffocò nel bicchiere, oltraggiato dal cinismo dell'interlocutrice. Prese il tovagliolo dalle gambe e iniziò a nascondere la tossetta dietro di esso – lei sospettò che stesse più che altro trattenendo il riso.

"Giuro" disse estremamente serio, "che non dirò mai più niente di carino in tua presenza!" Mise su un cipiglio offeso, o che pretendeva di essere tale.

"Non mi dire!" Hermione finse palesemente un tono disperato, ottenendo in risposta uno sguardo torvo.

"Smonteresti chiunque Granger, lasciatelo dire" si lagnò Draco, riprendendo a bere con espressione disgustata. Hermionè, però, fu certa che nascondesse un sorriso.






Il "solo io e te" era svanito non appena avevano rimesso piede a Diagon Alley; entrambi non avevano una bella cera. Hermione in particolare, doveva ammetterlo, aveva bevuto troppo. Malfoy aveva bevuto di più, ma a quanto pareva reggeva anche molto meglio l'alcool.

"Non ho la minima voglia di rincasare" bofonchiò la ragazza.

"Dopo una serata in mia compagnia, è più che naturale" rispose Draco, egocentrico come sempre. Almeno in quello, si poteva dire senza sbagliare che non era cambiato di una virgola in tutta la sua vita.

"Modesto, da parte tua" lo schernì. Lui minimizzò con un gesto della mano, senza darle spago. In effetti, non era mai stato modesto, e non aveva la minima intenzione di iniziare quella sera stessa.

"Non sai quello che dici: sei sbronza".

"Non lo sono!" Hermione protestò energicamente.

"Oh, si che lo sei!" rimbeccò, tanto per infastidirla.

"No" ribattè convinta.

"Sì, invece"continuò imperterrito.

"Malfoy! Io non sono sbro-sbro..."

"No, infatti" disse ironico. "Non riesci neppure a concludere la parola correttamente". Come se non bastasse, per accentuare il ridicolo della situazione, Hermione rischiò di inciampare – dimostrandosi malferma sulle proprie gambe e scatenando l'ilarità di Draco. Sbuffò, incamminandosi verso casa.

Aveva smesso di piovere e lui teneva fieramente in mano l'ombrello giallo acceso, ormai chiuso. Arrivati alla porta dell'appartamento sopra i Tiri Vispi, si girò a salutarlo, rompendo il breve silenzio che si era creato.

"Ciao, solo-Draco". La frase fu interrotta da un colpo di singhiozzo, ma, a parte questo, era almeno di senso compiuto.

Poi Hermione si sporse verso Draco e stampò un bacio casto sulle sue labbra sottili, ridacchiando. Salì le scalette che la condussero alla porta.

"E questo?" chiese sorpreso, sebbene divertito dall'espressione confusa dell'altra. Hermione scrollò le spalle ed emise una risatina, mentre già infilava la chiave nella toppa.

"Era un grazie, ovviamente" disse. Draco sorrise apertamente.

Poi Hermione voltò le spalle e aprì la porta. Prima che si chiudesse, sentì il crac della Smaterializzazione e seppe che Draco era tornato a Malfoy Manor.




Il sabato mattina Hermione rimase a poltrire a letto, nella speranza che il sole che vedeva filtrare dalla finestra della stanza non fosse destinato a finire in pioggia, come era successo il giorno prima.

Si alzò lentamente dal letto stropicciandosi gli occhi e cercando di ignorare le tempie che ancora le pulsavano per il mal di testa.

Davvero non avrei dovuto bere tutto quel vino, pensò infilando le pantofole e togliendo il pigiama.


Fred sentì sbattere qualcosa al piano superiore. Per essere un tranquillo sabato mattina Hermione era abbastanza rumorosa. La vide entrare qualche minuto dopo in cucina, con i capelli più arruffati del solito.

"Buongiorno".

"Anche a te Granger" replicò secco. Non voleva essere scortese nè litigare di nuovo; aveva deciso – dopo aver scorto un'espressione di pena sul volto di George – che avrebbe tentato di mantenere la calma il più possibile. Cercò di dirottare i propri pensieri su qualcosa che non fosse 'ieri sera è di sicuro uscita con Malfoy', e si trovò così a fissarla mentre frugava in un cassetto e ne estraeva vittoriosa un medicinale babbano che le aveva visto usare a volte.

"Mai stata così felice di vederti" mugugnò Hermione, rivolta all'aspirina. Dopotutto era stata una buona idea tenere delle medicine babbane in casa. Di certo non poteva mettersi a preparare una pozione per il mal di testa in quel momento e che in casa non ce n'era di già pronta.

"Parli anche da sola adesso?" Sentì Fred ridacchiare. Non potè dargli torto; doveva essere uno spettacolo davvero poco decoroso. Una tipa in ciabatte, maglia largotta e pantaloni scoloriti che, oltretutto, parlava con un oggetto inanimato – decisamente un terribile spettacolo.

"Parlavo con l'aspirina" sospirò; prese un bicchiere e aggiunse la pastiglia all'acqua.

"Beh, fai bene" disse Fred, intingendo un frollino nel tè. "Gli oggetti ascoltano e comprendono sicuramente più di certi esseri umani" borbottò. Si morse la lingua; ma non si era ripromesso di evitare gli screzi?

Questa era per me, pensò Hermione, ma tacque.

Mise su il tè e quando il bollitore fischiò, nessuno dei due aveva ancora aperto bocca. Non era il silenzio in sè ad essere imbarazzante, bensì tutta la serie di parole non dette che aleggiava sempre ultimamente. Fu Fred a toglierli dall'impaccio.

"Ehm, oggi a pranzo sei a casa?" Una domanda semplice, ma che comunque bastò a rinnescare una specie di conversazione tra i due. Hermione gliene fu grata.

"Veramente no" disse, e per un attimo vide passare un'ombra sul viso di Fred, così aggiunse: "Sono a pranzo da Harry e Ginny". Non ebbe il coraggio di puntare gli occhi sull'interlocutore per controllare se quell'ombra se ne fosse andata.

"Ehm" farfugliò. "Tu invece, sei qui?" E a questo punto dovette guardarlo. Era un po' che non si guardavano così, faccia a faccia, seduti in maniera civile e pacata. Negli ultimi giorni, a seconda della situazione, si erano accapigliati o ignorati. Entrambi pensarono che fosse molto bello starsene lì a sorseggiare tè senza dover litigare in casa. Ovviamente, nessuno lo disse. Secondo Fred, parlarle al momento sarebbe stato un madornale errore – a parte il fatto che non ne aveva la minima voglia –, nonostante, nel suo cuore, non avesse ancora rinunciato a lei.

"Sto per uscire; e poi starò a pranzo da George e Angelina" annunciò infine. "Probabilmente ci saranno anche Katie".

"Oh" fu la laconica risposta.

Il cervello di Hermione, spontaneamente, attivò calcoli che di matematico avevano poco. Si stava chiedendo quante possibilità ci fossero che George e Angelina avessero attirato lì Fred nella speranza di fargli riallacciare vecchi rapporti con la Cacciatrice Grifonforo. Del resto, se aveva capito bene, con quella maledetta Sally era storia vecchia.

Quindi Fred era di nuovo 'su piazza'. Peccato solo che per lei fosse tardi, a quel punto. Una fitta di gelosia si impossessò del suo stomaco, ma fu solo un momento – era una creatura raziocinante, Hermione, e sapeva bene quando poteva o non poteva permettersi di compiere un'azione. Certo, tra impedirsi di compiere un'azione e impedirsi di provare un'emozione, c'era una bella differenza.

Ad ogni modo non poteva concedersi il lusso di essere gelosa; sentiva che non ne aveva il diritto. Nonostante questa sua precipua convinzione, si rassegnò all'idea di esserlo ugualmente, quando Fred disse:

"Forse verrà anche Alicia Spinnet".

Non una, ma due donne avrebbero tentato di portarle via... E, a quanto sapeva, Alicia Spinnett* usciva con Fred a Hogwarts, quando i gemelli frequantavano l'ultimo anno. La cosa rendeva il pericolo molto più tangibile e reale.

Un momento, si disse, portarmi via cosa? Lui non è mio. Non posso impedire che vada con Bell o Spinnett o qualunque altra gli si pari davanti per strada!

"Oh, magnifico!" mentì spudoratamente. "Salutale entrambe da parte mia".

"Sarà fatto..." Fred le scoccò uno sguardo strano, a metà tra l'incuriosito e l'infastidito – Hermione pensò che dovesse aver percepito la falsità del tono. Nell'uscire, Fred si chiese quanti punti di quoziente intellettivo la Granger avesse perso stando in compagnia di Malfoy.

Non riusciva a vedere quanto quella situazione lo irritasse; non capiva? A volte sembrava che le importasse più di quanto voleva dare a vedere; ma poi, come sempre, si tirava indietro. Era tutto un 'lanciare il sasso e nascondere la mano' e lui si trovava sempre più spesso a rimpiangere i primi tempi della loro convivenza. Voleva che tutto tornasse come prima, voleva che Malfoy semplicemente sparisse dalla circolazione. Che se ne andasse così come era arrivato, perché quella storia non aveva capo nè coda.

Hermione, ignara di tutti i pensieri che occupavano la mente di Fred, fissò l'uscio ancora cinque secondi prima di decidersi a salire di sopra, dove si preparò per andare a pranzo a Grimmauld Place.







Il crepitio del fuoco che scoppiettava nel camino rallegrava l'atmosfera di Grimmauld Place, dove, nel grande salone, erano riunite diverse persone in attesa.

Hermione era tra loro, ma conosceva già la natura dell'annuncio che Ginny e Harry stavano per fare, quindi non aveva l'aspettativa che leggeva invece sui volti degli altri commensali, già provati dal pasto più che sostanzioso.

Era arrivata, quella mattina, un po' prima degli altri. Sapendo che ci sarebbero state più persone voleva rendersi utile e magari badare a Teddy mentre Harry e Ginny sbrigavano i preparativi.

Ginny le aveva aperto la porta, raggiante nel suo vestito oro pallido, che contrastava perfettamente la zazzera rossa marchio Weasley. La abbracciò calorosamente, il sorriso le andava da un orecchio all'altro, e le sopracciglia di Hermione erano già inarcate: c'era un'aria diversa in casa – qualcosa non le tornava.

Harry scese le scale con Teddy in braccio e fece un gran sorriso alla sua migliore amica, abbracciandola come non la vedesse da un anno. Hermione non trovò nulla di meglio da fare se non complimentarsi con il piccolo Ted, per i suoi capelli blu elettrico striati di viola – Tonks sarebbe stata orgogliosa di suo figlio.

Harry la pregò di sedersi sul divano e le mollò Teddy in braccio. Si avvicinò a Ginny, indaffarata, a confabulare con lei. Hermione sì senti esclusa e coinvolta allo stesso tempo, perché era certa che in qualche modo stessero parlando di lei. All'ennesimo cenno e sorrisetto, decise di dire la sua.

"Harry! Ginny!" sbottò. "Volete dirmi che succede? Ve ne state lì sognanti a guardarmi e poi confabulate e mi guardate di nuovo e... e non ci sto capendo niente". Mise Teddy accanto a sè sul divano, lasciandolo intento in una mutazione dalla bocca umana al becco di una papera, e si avvicinò ai due per sentire cosa avevano da dire.

"Parla tu, dai" disse Ginny a Harry, che a sua volta occhieggiava Hermione.

"Ma no Ginny, parla tu..."

Dopo qualche secondo di amorevoli "parla tu..." e "dillo tu, tesoro..." e simili, Hermione cominciò a preoccuparsi. Temeva una notizia scioccante – o addirittura tragica. Quello scarica-barile tra Harry e Ginny non le pareva positivo. Proprio quando si aspettava il peggio, fu la rossa a prendere parola.

"Ci sposiamo!"

"Cosa?" Hermione era basita. Quando nessuno dei due smentì dichiarando che era uno scherzo o qualcosa di simile, un sorriso enorme le si aprì sul volto.

Non che non fosse certa delle intenzioni di Ginny e Harry – aveva sempre immaginato che, prima o poi, sarebbero convolati a nozze – ma non pensava si sarebbero concretizzate così presto nel tempo.

"Oh Merlino! Ma è... è meraviglioso!" Furono queste le prime parole che riuscì a mettere insieme per congratularsi; l'emozione era tanta che perfino Hermione Granger ne era a corto.

Seguì uno sproloquio in cui le lacrime di Hermione si mischiarono a quelle di Ginny, il tutto sotto gli occhi di un incredulo Harry – l'unico modo in cui sembrava capace di esprimere i sentimenti che provava, quel giorno, era sorridere, sorridere, sorridere.

"Devi assolutamente aiutarmi a scegliere il vestito!" cominciò la sposa.

"Ovvio" replicò l'altra, euforica al pensiero. Harry cominciava davvero ad avere paura. Di lì a poco si sarebbe ritrovato casa sommersa di partecipazioni e bomboniere da scegliere, liste di nozze e vari altri ninnoli inutili che, sicuramente, sarebbero giunti come regali da parte degli invitati – e poi rimpacchettati e chiusi in soffitta. Forse un lato positivo di Grimmauld Place era l'avere tre piani a disposizione su cui spalmare ignobili carabbattole d'argento e altri fronzoli.

Alcuni, incapaci di azzeccare il gusto del destinatario, dovrebbero essere esonerati dal peso della scelta dei regali. Se presenti a un matrimonio, persone del genere sono la rovina della casa degli sposi – nella quale si possono trovare improbabili specchi con cornicioni in argento, per niente in stile con l'arredamento, o statuine a soggetto religioso, quando i proprietari sono atei. Harry era certo che gli sarebbe successo qualcosa del genere. Nel suo cervello, mentre Hermione e Ginny ciarlavano, si stava consumando tale dramma.

"Ah, Hermione" disse. "Mi stavo dimenticando". Lei si voltò a guardarlo.

"Dimmi".

"Ti andrebbe, ecco, di farmi da testimone di nozze*?" domandò. "Naturalmente l'altro sarà Ron. Per te è un problema?" Hermione archiviò subito la domanda con un 'no' secco. Non avrebbe chiesto ad Harry di scegliere tra loro, nè si sarebbe privata del piacere di fargli da testimone. Semplicemente, prima o poi lei e i Weasley al completo dovevano trovarsi sotto lo stesso tetto – e così sarebbe stato.

"Sono felice che tu abbia pensato a me".

"Sei la mia migliore amica". Si strinse nelle spalle, come se avesse detto un'ovvietà. Ginny non la smetteva di sorridere, ed Hermione prevedeva che la notizia, una volta arrivati gli altri, non sarebbe rimasta a lungo nascosta.

Invece, eccoli lì, alla fine del pasto, in attesa che Harry e Ginny sganciassero la bomba. C'erano Neville e la sua ragazza, Hannah Abbott; Luna e il suo 'promesso' Rolf Scamander; infine, Hermione – da sola. Improvvisamente il pensiero che al tavolo vi fossero tutte coppie la mise a disagio. Le passò in fretta, però.

Ginny e Harry avevano riunito gli amici a pranzo per dare la lieta novella, mentre avevano deciso che i Weasley l'avrebbero appresa il giorno seguente, una delle tante domeniche alla Tana.

"Allora Harry" disse Luna. "Siete in dolce attesa?" domandò con totale nonchalance.

"Cos.. no, Luna, no!" farfugliò Ginny, mentre Harry per poco non affogò nel bicchiere d'acqua. Come al solito la schiettezza svagata di Luna riusciva a lasciare stupiti perfino gli amici di più vecchia data. Hermione non represse un sorrisino a quel pensiero. All'inizio del loro rapporto non aveva apprezzato abbastanza quelle peculiarità che rendevano Luna – beh, Luna.

"Noi, volevamo, ehm, annunciare..." cominciò Potter. "Che ci sposiamo".

"Tutto qui" aggiunse Ginevra. Ci furono pochi secondi di sbigottimento e di silenzio.

"Tutto qui?!" urlò Neville, alzandosi per abbracciare entrambi. "Ma ti rendi conto? Si sposano!" parlava un po' a Luna e un po' a Hermione – non lo sapeva neppure lui. Contagiate dall'entusiasmo di Neville, le due si unirono al ragazzo e cinsero i due promessi sposi in un abbraccio di gruppo (che per poco non li fece morire di asfissia), immortalato da una foto scattata da Hannah Abbott.

Quella foto, Hermione, l'avrebbe inserita nel suo album come uno dei più bei ricordi. Ginny sposava Harry. Almeno questo andava come doveva andare. Una delle cose su cui contava quando era ragazzina non era una chimera, ma si stava per realizzare. La sua con Ron lo era, ma sapere che l'amore di Harry e Ginny, nato con una guerra alle porte, era saldo come le mura di Hogwarts, era un gran conforto per Hermione Granger.

"Brindiamo" propose Rolf Scamander. "Agli sposi!" Tutti ripeterono il brindisi ancora e ancora, finché non fu aperta un'altra bottiglia di champagne.

"Un brindisi a Hermione" disse Ginny infine, "che si beccherà il mio bouquet dritto in faccia!"

"Non ci provare Ginny Weasley!" la ammonì. "Non voglio sposarmi entro un anno, quindi lancialo a qualcun'altra". Ginny scosse la testa ed Hermione evitò di replicare ancora, limitandosi a sospirare.

"Beh, il brindisi lo dedichiamo comunque a te" disse, e le fece la linguaccia. Tutti levarono i calici e il tintinnio rimbombò fin troppo nella testa di Hermione – questo stava a significare una sola cosa: era di nuovo ciucca.

Riflettendoci, erano due sere di fila che qualcuno le dedicava un brindisi. Che avesse un problema con l'alcool? Probabilmente, si disse, doveva davvero rivedere le sue priorità.*













NOTE AL CAPITOLO*

1) Katie Bell e Alicia Spinnett giocavano entrambe nella squadra di Grifondoro e ho immaginato che siano rimaste molto amiche di Angelina. Alicia Spinnett, ovviamente, non è mai uscita con Fred, nei libri.

2) Per correttezza dico che in Inghilterra, a quanto so, esiste il 'best man' che è il testimone dello sposo e la 'maid of honour' ovvero la damigella d'onore della sposa. Non so se questo valga anche per i matrimoni in comune o solo per i matrimoni in chiesa. Fatto sta che quando Fleur e Bill si sono sposati, anche lì ha funzionato così. Comunque, nel caso di Ginny e Harry io ignoro bellamente la barbara legge inglese, perché Harry vuole due testimoni (come qui in Italia) e che una sia una donna, Hermione. Quindi non vi sconcertate se questa uscita di Harry è fuori dai canoni.

3) Citazione dalla Pietra Filosofale, storica scena in cui Ron dice queste parole su Hermione.






ANGOLO AUTRICE


Ciao gente!

So che mi sono fatta aspettare tantissimo. Lo studio per la stramaledetta sessione estiva, i problemi della vita, più una specie di blocco, hanno creato il mio ritardo. L'importante è che sia riuscita, faticosamente, a postare anche questo, e spero non sia male – e che qualcuno mi faccia sapere qualcosa! Inizialmente doveva essere parecchio più lungo, ma ho dovuto dividerlo, perché sarebbe venuto davvero troppo lungo.


Hermione sembra, con ogni probabilità, una pazza sclerotica (e forse lo è) ma questa storia va così: fino tipo al penultimo capitolo dovrete avere fiducia in me (fiducia che vi avviso, da ora, è malriposta, perché non sono meno matta dei personaggi lol) e nel fatto che gli interrogativi e le scene lasciate 'in sospeso' non resteranno senza risposta.

Avete appena visto il venerdì sera e il sabato, nel prossimo capitolo (che avrebbe dovuto completare il Weekend) troveremo un povero Fred Weasley alle prese con il chiasso della Tana. Non temete, poi con il lunedì tornerà il vero uomo della storia, cioè il signor Ollivander *-*

Detto ciò, questo capitolo è stato un parto, non ne sono soddisfatta appieno, ma mi farebbe piacere se donaste cinque secondi a recensire, e io in cambio mi impegno, stavolta, a pubblicare a breve.


Ringrazio come sempre chi segue/preferisce/ricorda.

Ollivander è felice e ringrazia delle 203 recensioni; volevo organizzare un festone con lui, ma mi ha preferito una bacchetta danneggiata D:


A presto,


Jules




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Capitolo 27
*** Domenica alla Tana ***


Ciao gente! Ebbene sì, sono io. Non mi sono dimenticata di voi, anzi. La mia lunga assenza è dovuta, per farla bene, a problemi di salute, che, oltre a sottrarmi tempo, mi hanno prevedibilmente causato un calo notevole dell'ispirazione.

So che questo capitolo è corto, ma sono già contenta di aver ripreso a scrivere e spero di non subire più battute d'arresto così considerevoli. Se c'è ancora qualcuno disposto a seguirmi, buona lettura!





CAPITOLO VENTISEI – DOMENICA ALLA TANA




Fred, stufo del chiasso della Tana, se ne stava in giardino a prendere il sole – o meglio, la pioggia. Era di per sè una giornata uggiosa, e in aggiunta c'era l'irritazione che gli causavano tutte quelle chiacchiere a vuoto.

Grosse gocce gli scendevano dai capelli fino alle guance e più giù, ma non gli importava. La pioggia gli era sempre piaciuta, e se anche fossero piovute Pasticche Vomitose, sarebbe rimasto lì, considerato l'argomento di conversazione che i suoi familiari avevano intrapreso.

George si sporse fuori e gli fece cenno di avvicinarsi almeno alla veranda, anziché fissare l'orizzonte oltre il cancelletto della Tana. Fred gli andò incontro e il gemello gli mise una mano sulla spalla, comprensivo.

"Rientra". Fred ignorò il tono spazientito di George.

"Non mi va" replicò secco. Sedette sul morbido cuscino rosso del dondolo a tre posti – l'oggetto più conteso della veranda. Probabilmente il più conteso di tutta la Tana. Ricordava fior di liti – a volte vere e proprie risse – tra loro e Ron; tutte per quel dannato dondolo a due posti.

In quel momento, sentì uno strano senso di quiete. Come se ogni cosa fosse tornata a quando era piccino e aveva tanta voglia di combinare guai – in realtà, beh, quella era cresciuta in proporzione all'aumentare degli anni.

"Non puoi restare qui; sta piovendo forte e si chiederanno perché preferisci inzaccherarti di fango invece che bere tè caldo con la tua famiglia".

"Un altro minuto" supplicò. "Devo prepararmi psicologicamente". George assentì con un cenno del capo e si ritirò in buon ordine, tornando al calduccio.

Fred pensò, senza una logica, che in quel momento avrebbe pagato oro per prendere una Caccabomba e lanciarla da qualche parte – l'ideale sarebbe stata la testa platino di Draco Malfoy. Comunque, in mancanza d'altro, anche i riccioli grano di Lavanda Brown avrebbero potuto rivelarsi validi sostituti.

Si maledisse mentalmente per aver pensato di nuovo, seppur indirettamente, a Hermione. Ormai era una specie di chiodo fisso. Perfino vederla camminare con Malfoy, due giorni prima, l'aveva infastidito.

Per tutta la giornata il tempo non era stato un granchè e, uscito dal negozio, aveva potuto constatare che pioveva fittamente. George era già a casa, ed era toccato a lui chiudere il negozio – del resto, avrebbe dovuto muovere sì e no cinque passi per raggiungere il proprio appartamento.

Nella foschia la sua attenzione era stata catturata da un ombrello di un giallo vivo; non aveva potuto fare a meno di alzare lo sguardo. Lì sotto, non visto, aveva scorto Hermione e Malfoy insieme. Draco doveva essere passato a prenderla fuori da Ollivander. Per qualche motivo, vederli chiacchierare l'aveva schiacciato sotto un macigno. Perché diamine di motivo con Malfoy parlava amabilmente, quando con lui non riusciva neppure ad avere una conversazione civile e coerente?

Ci doveva essere qualcosa di profondamente sbagliato in Fred Weasley, se una cosa del genere era potuta accadere.

Udì la voce di George chiamarlo di nuovo dall'interno, e finalmente si decise a rientrare. Proprio non riusciva a capire perché suo fratello volesse costringerlo a partecipare alla conversazione, dal momento che già conosceva la bella notizia che a breve sarebbe diventata di dominio pubblico. L'aveva appresa la sera prima, durante la cena in casa Weasley-Johnson.

Ritrovarsi con Katie Bell e Alicia Spinnett era stato piacevole, doveva ammetterlo. Era stata una serata allegra – e del resto non aveva mai avuto intenzione di mostrarsi alle ex compagne con il muso lungo.

Si era comportato come il solito, brillante Fred Weasley, pronto alla battuta in ogni circostanza. Certamente, però, quella sera non l'avrebbe dimenticata facilmente, pensò sorridendo.





Fred arrivò a casa del gemello leggermente in ritardo. Alicia e Katie erano già lì, intente a chiacchierare e a dare una mano per la cena. L'atmosfera, notò Fred, era strana. Suo fratello gli stava parlando normalmente, a proposito di nuovi progetti per il negozio; ma il suo sguardo non lo convinceva, era quello di quando doveva confessare qualcosa. Però, stavolta, Fred non riusciva proprio ad immaginare cosa. Loro non si erano – quasi – mai nascosti niente. Ogni singolo giorno della loro vita l'avevano speso insieme, architettando marachelle e scherzi – di dubbio gusto, ma geniali. La voce di Angelina gracchiò dalla cucina:

"Smettetela di parlare di lavoro e sbrigatevi ad apparecchiare".

"Non ha tutti i torti" borbottò Fred al gemello. Come sempre, stavano perdendo tempo a discutere di scherzi da progettare e prodotti da perfezionare. "Diamoci una mossa".

Il salone dell'appartamento di Angelina era piuttosto ampio e arredato con una buona dose di modernità, per quanto mancasse di alcuni piccoli comfort babbani – come le luci elettriche. Aiutò suo fratello a stendere una spessa tovaglia sul bel legno di mogano, premurandosi poi di scegliere un servizio di piatti e bicchieri che non fossero scompagnati – particolare di cui, a casa propria, non si curava minimamente. Nemmeno a Hermione importava poi molto, pensò. Del resto era un po' che non consumavano un pasto insieme, senza litigare.

Alicia li raggiunse, aiutandoli a sistemare le ultime cose, mentre Katie e Angelina portavano il cibo in tavola.

La cena filò liscia come l'olio; Fred e George fecero i misteriosi sulle nuove idee che bollivano in pentola ai Tiri Vispi; Angelina, Katie e Alicia – tutte in squadra con Ginny – raccontarono un paio di aneddoti divertenti sulle Holyhead Arpies, per poi iniziare un'invettiva ai danni dell'allenatore – a loro avviso, un incompetente. Dal Quiddich fu facile finire a rivangare i vecchi tempi in cui giocavano nella squadra di Grifondoro (i gemelli come battitori, le ragazze come cacciatrici). Passarono in rassegna praticamente ogni anno scolastico, ma solo fino al quinto – prima dello scoppio della guerra.

"Mi ricordo quando tu e Angelina siete andati insieme al Ballo del Ceppo" disse Katie con un sorrisetto. George la fulminò con un occhiata, ma lei non se ne accorse.

"Oh, me lo ricordo anch'io" ribattè Angelina ridendo. "Non ha fatto altro che pestarmi i piedi tutta la sera".

"Non è vero!" protestò Fred, offeso. "Eri tu ad essere maldestra; non era colpa mia".

"Però si intuiva già che tra lei e George c'era del tenero" commentò Alicia sognante. Angelina strinse la mano del suo ragazzo sotto il tavolo.

"A me piaceva" ammise lui. "Per questo non ho avuto il coraggio..." Si interruppe e acquisì un colorito rosato, ottenendo solo di intenerire Angelina, che gli scoccò un bacio sulle labbra.

"Il genio, ovviamente, me lo disse solo dopo il ballo" si difese Fred, pur non interpellato. "O non avrei mai invitato la cotta di mio fratello!" e alzò le mani in segno di resa.

"Molto nobile da parte tua" lo canzonò George. "E comunque me ne sono reso conto in seguito, quando mi sono pentito di non averla invitata. Del resto avevo quindici anni, un po' di indecisione è concessa a quell'età..." I pensieri di Fred associarono immediatamente la parola 'indecisione' a Hermione, ma si impose di scacciare la donna dalla propria mente, perché a pensarla in ogni momento stava diventando patetico. Aveva deciso di aspettare che le cose si evolvessero, in un senso o nell'altro. Litigare non aveva portato niente di buono e non gli sembrava saggio continuare a battere quel sentiero.

Era immerso in quei pensieri quando udì qualcuno schiarirsi la voce: era George. Oddio, che avesse perso qualche parte importante del discorso?!

"Dobbiamo fare un annuncio" furono le parole che uscirono dalla bocca del fratello. Bene, quanto meno non si era perso niente di fondamentale.

Però George aveva di nuovo lo sguardo con il quale l'aveva accolto in casa; appariva timoroso. E il tono della sua voce era molto emozionato.

"Roba seria?" domandò Katie.

"Direi di sì" fu la risposta di Angelina.

Fred pensò di non averla mai vista più impacciata – e non era persona che lasciasse trapelare tanto facilmente le emozioni. Aveva le labbra serrate e un'espressione seria. George invece lo guardava di sottecchi, come se stesse per lanciargli una Caccabomba a sorpresa e volesse controllare la reazione.

"Non lasci la squadra, vero?" chiese Alicia, preoccupata. Angelina scosse la testa in segno di diniego.

"Non ci penso proprio" la rassicurò. Fred vide Alicia tirare un sospiro di sollievo.

"Meno male" la sentì dire. "Non so come faremmo senza il nostro capitano".

L'amica le sorrise, lusingata, mentre Fred continuava a spostare lo sguardo da Angelina a George, tentando di capire cosa ci fosse di tanto importante da dire.

"Quindi?" fu Katie a togliergli le parole di bocca.

Lo sguardo degli ospiti era fisso sulla coppia; tutti pendevano dalle loro labbra. Fu George a rompere il silenzio, e lo fece guardando Fred dritto negli occhi.

"Abbiamo deciso di sposarci".







"Fred!" Stavolta era la voce di Ginny a chiamarlo, e il rosso decise di dirigersi in salotto. Aveva il sorriso sulle labbra nel ripensare al sabato sera e a come si era svolto. Doveva ammettere che lo shock era stato notevole, ma nessuno poteva dargli torto per questo. Insomma, George aveva deciso di sposarsi e, sebbene non vivessero più insieme, era comunque un passo importante. Suo fratello gli aveva confessato che temeva una reazione non proprio positiva da parte sua; del resto, già quando George se n'era andato, Fred non ne era stato entusiasta. Ovviamente, una volta ripresosi, l'aveva rassicurato. Era felice per lui, e certo che Angelina Johnson fosse l'unica in grado di portarlo all'altare.

Non l'aveva specificato, ma in cuor suo sapeva che un tempo avrebbe preso quell'annuncio come un tradimento, un affronto. Ma era prima di Hermione. Prima che capisse cosa significava essere innamorato di qualcuno.

Per molti anni non aveva compreso appieno il legame tra il suo gemello e Angelina, e aveva pensato che avrebbe finito, col tempo, per allontanarli. Ora capiva piuttosto bene – e non era sicuro che fosse un cambiamento in positivo. Probabilmente sarebbe stato meglio continuare a non comprendere l'amore, ma preservare la propria sanità mentale.

"Ce ne hai messo di tempo!" esclamò Ginny vedendolo arrivare. Aveva l'aria piuttosto irritata.

Fred non capiva perché avesse tutta quella fretta di riunire la famiglia in salone. Che c'era di urgente da sentire se non gli sproloqui di Ronald? Era uscito di lì per non doverli sopportare, e adesso Ginny e George l'avevano costretto a farlo.

Come quando se n'era andato, il salotto era saturo di un'aria pesante. La tensione era palese da quando Arthur e Molly erano andati a riposare nella loro stanza. Stava giusto pensando di far partire l'ascolto selettivo, ignorandoli – se proprio non poteva svignarsela – quando un urlo di sua sorella lo trascinò nella realtà.

"Ron, frena gli Ippogrifi!"

Ronald Bilius Weasley si stava producendo in un'autentica tirata contro le attuali frequentazioni della sua ex ragazza, Hermione Granger, cosa che a Ginny non andava giù.

"Tu non ti rendi conto" mugghiò Ron. "Hermione se la fa con il Furetto!" disse sbattendole sotto il naso l'ennesima rivista scadente, corredata di fotografie.

In particolare, quella ritraeva proprio la sera in cui Hermione aveva baciato Draco sulla porta di casa. Fred arricciò il naso e distolse lo sguardo da quella porcheria, allontanandosi e andando a sedere sul divano, accanto a George.

"Non vedo come possa riguardarti" ribattè Ginny. Non andava a genio nemmeno a lei che Hermione uscisse con Malfoy, ma avrebbe preferito che Ron ne restasse fuori. Il suo diritto di sparlare della questione era pari a zero.

"Già, che ti importa?" chiese Lavanda, stizzita – e probabilmente un po' gelosa.

"Tesoro" si affrettò a dire, in un tono così mieloso che a Fred venne il voltastomaco. "Non devi essere gelosa".

"Gelosa di quella?" ribattè piccata. Fred avrebbe tanto voluto lanciare qualche frecciatina, ma con Lavanda non c'era gusto, dal momento che non riusciva a distinguere neppure un'affermazione seria da una ironica.

Probabilmente il solo respirare la stessa aria di Lavanda aveva sottratto a Ron preziosi punti di quoziente intellettivo.

"Tengo ad Hermione, e non voglio vederla soffrire per colpa di Malfoy". Harry Potter, fino a quel momento rimasto in silenzio, non potè più tacere.

"Stai scherzando!" esclamò, spalleggiando la sua ragazza. "Tu non vuoi vederla soffrire?" Fece schioccare la lingua; Ron farfugliò qualcosa, senza davvero ribattere.

"L'hai tradita" proseguì, senza poter negare un'occhiataccia a Lavanda. "E adesso sei preoccupato? Non sei stato tanto premuroso all'epoca".

"Non ti scaldare" replicò Ron, scocciato dall'intromissione. "Ho solo detto che non vorrei che Malfoy..."

Fred non ne poteva più; avrebbe solo voluto intimare a tutti di tacere, poiché non facevano altro che complicargli tutto – sentirne parlare peggiorava di gran lunga la situazione, oltre a procurargli una fastidiosa emicrania.

"Hermione è grande abbastanza da sapere quello che fa" intervenne Angelina, seduta vicino a George sul divano, "e non mi sembra corretto parlarne se non è presente". L'intervento fu accolto con favore da Ginny e con una silenziosa gratitudine da Fred.

"Vedo che qualcuno ragiona ancora, in questa famiglia" disse lei. "Mi piacerebbe poter dire la stessa cosa di te, Ron!"

"Non parlare così al mio Ron-Ron!" esclamò Lavanda, stringendo il braccio del ragazzo e arricciando il naso. Ron assunse una posa che voleva risultare offesa, le braccia incrociate e lo sguardo fermo, ma Ginny non si lasciò impietosire.

Si portò due dita alle tempie, certa che le sarebbe esplosa la testa, mentre Harry le prendeva la mano per evitare che potesse agguantare la bacchetta e affatturare la Brown.

"Si da il caso che il tuo Ron-Ron sia anche mio fratello!" tuonò. "Quindi gli parlo come mi pare e piace, è chiaro Lav-Lav?" Dannazione, quella ragazza riusciva a tirar fuori il peggio da ogni membro della famiglia Weasley, pensò Fred.

Ad ogni modo, quando la piccola Ginevra sfoggiava quell'espressione minacciosa, nessuno osava contraddirla e, infatti, perfino Lavanda tacque. George sedeva con Angelina, ma guardava la faccia scura di Fred che, alzatosi dal divano, sostava ora in piedi vicino al camino.

Harry era solo felice che Bill e Fleur – al momento in Francia per qualche giorno – non fossero presenti, e che anche i signori Weasley non stessero assistendo a quel gentile scambio di opinioni. Meno erano e meglio era.

Ginny si accorse che George aveva gli occhi fissi su Fred, l'unico a non aver ancora aperto bocca. Non aveva detto nulla in sfavore nè in difesa di Hermione. Seguendo quello della sorella, anche lo sguardo di Ron si spostò su di lui.

"Non dici niente?!" gli chiese, brusco.

Non sapeva bene perché, ma una parte di Ginny sentiva che il cervello di Fred stava lavorando febbrilmente, benchè dalla sua bocca non fosse uscita una sola sillaba. Lui, apparentemente placido, sollevò lo sguardo che aveva puntato a terra e, anziché guardare Ron, che gli aveva posto la domanda, fissò lo sguardo sulla sorella.

"Mi pare che ognuno abbia la sua opinione già ben formata" rispose con tutta la diplomazia di cui si sentì capace.

"Tu che ne pensi, visto che vivi con lei?" squittì Lavanda. "Porta Malfoy dentro casa?" Fred la fulminò con lo sguardo: era davvero troppo pettegola!

"No, ovviamente" replicò con calma forzata. "Per il resto; se vuole limonarsi Malfoy..." e qui solo George percepì un'incrinarsi della voce, "non sono nessuno per dirle cosa debba o non debba fare".

Ginny guardò in tralice lui, poi lanciò un'occhiata interrogativa a George, che abilmente la evitò; infine sospirò senza proferire parola. Qualcosa non le tornava, e Fred avrebbe fatto meglio a contenersi se non voleva che la rossa drizzasse le antenne.

"Fred ha ragione" Harry colse la palla al balzo per finirla con quella sterile discussione. "Ron, è inutile che mi guardi in quel modo" continuò, scorgendo l'occhiataccia dell'amico. Non capiva proprio perché pretendesse di essere appoggiato da lui. "Hermione può scegliere da sola le sue compagnie; se sta con Malfoy avrà le sue buone ragioni".

Che esistessero ragioni buone per stare con Malfoy non ne era del tutto convinto, ma era meglio non dirlo ad alta voce – avrebbe vanificato ogni sforzo che stava compiendo per sedare la lite.

"Malfoy non mi piace, ma Hermione è mia amica, e credo che il suo giudizio meriti un po' di considerazione".

"Abbiamo trattato l'argomento a sufficienza" aggiunse Ginny, assumendo una posa alla Molly Weasley, con tanto di tono alla ho-ragione-chiusa-la-questione.



Il silenzio che era calato durò solo pochi istanti, perché dei rumori provenienti dalle scale avvisarono tutti loro che Arthur e Molly stavano scendendo al pianterreno. Infatti, un attimo dopo, fecero il loro ingresso nella stanza dov'erano tutti riuniti. La guerra e la perdita di Percy avevano agito sui volti dei signori Weasley, scavati e meno allegri di un tempo. Erano invecchiati parecchio, pensò Fred. Ricordava ancora i loro visi sereni, come li aveva visti da bambino.

Una guerra porta sempre via qualcuno e lascia i vivi a convivere con il peso di essere sopravvissuti. È una sensazione strana; l'istinto di sopravvivenza obbliga a gioire di essere ancora in vita, ma si instilla anche una sorta di senso di colpa nei confronti di chi non ce l'ha fatta. Chi decide chi deve morire e chi ha il diritto di vivere? George tossicchiò, strappando Fred dai propri lugubri pensieri.

"Già svegli?" chiese Ginny, per spezzare la tensione e non farla pesare anche sui genitori. "Non avete riposato molto".

"Oh, stiamo bene" fece Molly. "Non siamo ancora così vecchi da dover dormire per ore e ore, ragazza". Sorrise, e a Fred si scaldò il cuore.

"Beh, siete arrivati al momento giusto" disse Ginny con un sorriso radioso. "C'è un annuncio da fare..." Così dicendo prese la mano ad Harry, che le sorrise di rimando.

"Ehi, come lo sapete?" domandò George, aggrottando la fronte. "Gliel'hai detto tu?" domandò, voltando il capo verso Fred, che negò.

"Come sappiamo cosa?" Le sopracciglia di Harry si sollevarono fin quasi a sparire sotto la frangia.

"Che dobbiamo dare un annuncio" disse Angelina.

"No, io e Ginny dobbiamo dare un annuncio".

Lo smarrimento figurava sui volti di tutti. Lavanda guardava Ron, che guardava il suo migliore amico, in cerca di spiegazioni; le due coppie, però, si squadravano l'un l'altra. Fred borbottò qualcosa a proposito delle inibite capacità raziocinanti della famiglia; la sua teoria restava che Lavanda spandeva stupidità ovunque passasse – come fosse una scia di profumo.

"Mi pare ovvio che si tratti di due annunci diversi" fece notare Fred. Probabilmente l'amore aveva la propria dose di responsabilità per quel rimbambimento generale. Le due coppie si guardarono reciprocamente, mantenendo le loro espressioni confuse.

"Mh... prima voi" propose Ginny.

George invece sembrò riflettere un momento sulle parole da usare, forse sperando che Angelina lo precedesse. La ragazza, però, non sembrava affatto intenzionata ad aprire bocca, lasciando George a sbrigarsela da solo.

"Il capitano della tua squadra" iniziò indicando Angelina, "mi ha concesso l'onore di diventare mia moglie". La scena che seguì fu alquanto singolare. Harry lanciò un'occhiata perplessa a Ginevra, che gli strinse la mano più forte. Il silenzio che era sceso sui Weasley fu interrotto da Angelina.

"Voi?"

"Ehm..." Harry sembrava piuttosto in difficoltà. "Direi, idem".

"Idem?" fece Ron, interdetto.

"Ci sposiamo" spiegò Ginny. "Era questo che volevamo dirvi".

Fred non poteva credere alle proprie orecchie – come del resto gli altri presenti. Tutti i suoi fratelli avevano deciso di convolare a nozze. Il fratello maggiore si era sposato, adesso George, e ora perfino la sua sorellina!

Dopo i primi attimi di smarrimento, tutta la famiglia Weasley esplose in un boato di gioia. Arthur non la smetteva di battere pacche sulla spalla ad Harry e a George – o a chiunque gli capitasse a tiro – per poi Appellare dei bicchieri e una bottiglia di spumante. Molly racchiuse sia Ginny che Angelina in un abbraccio stritolatore, congratulandosi con quest'ultima e dandole ufficialmente il benvenuto in famiglia.

Poi passò ad abbracciare il 'suo bambino', ovvero George Weasley, e infine fu il turno di Harry – e qui, se possibile, il fiume di lacrime che le scorreva sulle gote aumentò drasticamente.

Ron, abbandonata la stolida espressione iniziale, abbracciò Ginny e riempì Harry di raccomandazioni sul 'comportarsi bene' – che erano, peraltro, del tutto superflue.

Ad un certo punto non si capì più chi si stesse congratulando con chi e che cosa le persone si stessero dicendo. Fred, che già la sera prima aveva parlato con Angelina e George, si diresse verso l'altra coppia, baciando la sorella e dando una pacca sulla spalla a Harry. Brindarono cinque o sei volte, forse anche di più, in onore dei futuri sposini, e fecero festa fino a tarda sera. Molly si dilungò nel richiedere particolari. Non avevano ancora deciso la data delle nozze, ma davvero? Dove intendevano festeggiare? Quante persone volevano invitare?

"Mamma, lasciali respirare" le disse Fred scoccandole un bacio sulla fronte.

"Prima o poi accompagnerò anche te all'altare" gli disse, accarezzandogli la chioma rossiccia. Fred si schernì, asserendo che non si sarebbe sposato mai – ci teneva alla sua libertà, lui.

"Niente affatto" replicò Molly. "L'unico con cui non ho speranza è tuo fratello Charlie" asserì sconsolata. "Accudire un cucciolo di drago è tutto ciò che chiede alla vita, quindi non credo avrà mai tempo per questo" e indicò le due coppie di sposini.

"Mamma, le persone non devono per forza sposarsi per essere felici" ribattè Fred con una risata. I suoi avevano sfornato sette figli, era un po' difficile fargli capire che esistevano anche persone non intenzionate a metter su famiglia.

Mentre il chiasso nella Tana imperversava sempre di più, Angelina si avvicinò a Fred per dirgli di riferire l'annuncio a Hermione. Fred annuì e, poco dopo, sgattaiolò fuori dalla stanza, dopo aver udito Harry domandare a Ron di fargli da testimone insieme a Hermione.

Decise di andarsi a rifugiare al piano di sopra, nella camera che un tempo era stata sua e di George, ormai vuota. I muri, un tempo tappezzati da poster dei Chudley Channons, erano spogli. La mancanza di polvere e sporcizia dimostrava però che qualcuno – probabilmente sua madre – si occupava ancora di pulire la camera dei suoi bambini. Diede un'occhiata all'interno dell'armadio vuoto – eccetto qualche vecchio maglione smesso, ovviamente in stile Weasley – e si diresse alla finestra, spalancandola per godere della fresca brezza notturna.

Niente era bello, e triste e al tempo stesso, come guardare il giardino della Tana dalla finestra della sua vecchia stanza. I ricordi, come ogni volta, gli invasero la mente. Come quella volta in cui con Harry avevano disinfestato il giardino dagli gnomi. O la volta in cui aveva trasformato l'orsetto di Ron in un ragno, provocandogli una permanente aracnofobia. O la volta in cui Harry, Ron e Hermione...

"Posso?" Una voce lo interruppe dai propri pensieri, mentre Ginny si affiancava a lui, poggiando i gomiti sul davanzale. Erano spalla a spalla; Fred si voltò e le sorrise.

"Che ci fai quassù?"

"Potrei farti la stessa domanda: dovresti essere di sotto con Harry a beccarti abbracci e baci da tutti".

"Oh, ne ho abbastanza!" sbuffò alzando gli occhi al cielo, già stufa di tutte quelle congratulazioni. "Preferisco impicciarmi degli affari tuoi, invece" affermò.

"Non hai un minimo di ritegno" commentò lui, divertito. "A volte penso che tu abbia passato troppo tempo con me e George".

"Vi somiglio, è vero, ma ho più classe" rispose, beccandosi una lieve gomitata dal fratello, che poi le cinse le spalle con un braccio.

"Sono contento per te" le disse, serio. "Un po' meno per Harry, poveretto: i Weasley non sono una bella razza" aggiunse, facendola ridere.

L'orizzonte si era ormai scurito, e le stelle brillavano in cielo da un pezzo. Nel contemplarle, pregò di non scorgere la costellazione del Drago, o si sarebbe buttato di testa dalla finestra.

"Oggi sei strano" disse lei d'un tratto. "Ho notato che anche nel pomeriggio, quando si stava parlando di Hermione, sei uscito di corsa".

"Niente" bofonchiò.

"Riguarda lei e Malfoy?" si arrischiò a chiedere.

Fred tolse il braccio dalle spalle di Ginny e incrociò il proprio sguardo con quello della sorella. Il marrone degli occhi di Ginevra, di una sfumatura poco più chiara del suo, era identico a quelli di Molly.

"No" si affrettò a negare, "sono solo stanco di tante chiacchiere sulla faccenda".

"Capisco". Fred si chiese quanto, in realtà, Ginny avesse capito. Solitamente non se la cavava male a mentire – tranne con George –, ma Ginevra era un osso duro, nonché notevolmente perspicace.

"Bastano i giornali a sbattermi Malfoy sotto il naso, non mi serve anche Ron".

"A volte Ron non sa quello che dice, e non si rende conto di ferire le persone" mormorò Ginny, scrutando il volto del fratello per carpire qualche segnale. Non sapeva neppure lei cosa cercare, poiché i suoi non erano nemmeno sospetti, ma solo sensazioni. Fred notò lo sguardo inquisitore, e si affrettò a ridurre i propri lineamenti a una maschera di indifferenza.

Che avesse intuito qualcosa sui suoi sentimenti per Hermione? Stava a tutti i costi tentando di farlo uscire allo scoperto, ma, per quanto Ginny fosse abile, lui era Fred Weasley. Non si sarebbe fatto mettere nel sacco da sua sorella minore.

"Beh, l'unica che potrebbe esserne ferita non è presente, perciò le chiacchiere di Ron non fanno alcun danno" buttò lì con leggerezza, "tranne irritare i presenti". Doveva togliere dalla testa di sua sorella l'idea – peraltro fondata – che lui soffrisse per la Granger. Era già abbastanza dover sopportare George, non aveva bisogno di un'altra chioma rossa a infastidirlo con consigli e raccomandazioni.

Ginny emise un piccolo sbuffo e, con enorme sollievo di Fred, rinunciò all'idea di approfondire la questione.

"Dai, sorella, scendiamo" disse facendole l'occhiolino. "Si chiederanno che fine ha fatto la sposa".








Quella stessa domenica, Hermione si trovava nella casa babbana del quartiere babbano dove abitavano i suoi genitori e dove era babbanamente cresciuta. Amava il mondo magico, ma di tanto in tanto le piaceva star lì ad asciugare i piatti che suo padre le passava, dopo averli lavati. Così, senza magia.

Quelle domeniche di normalità erano per lei un modo come un altro di staccare e, in un certo senso, di rilassarsi. Era tutto così babbano che, sperava, le avrebbe fatto dimenticare – almeno per un po' – i problemi che la assillavano nell'altro mondo, quello in cui aveva scelto di vivere.

Dopo pranzo si erano sistemati in salone, per fare due chiacchiere. I genitori le avevano chiesto come andava con il lavoro. Sembravano particolarmenti incuriositi dal singolare personaggio con cui trascorreva le giornate.

"L'unica volta in cui l'abbiamo incontrato mi è sembrato un uomo gentile, ma un po' chiuso" stava dicendo sua madre.

"Oh, chiuso è un eufemismo mamma" ribattè. "Te l'ho detto, è piuttosto burbero a volte, però gli sono molto affezionata, e credo che anche lui lo sia..."

Era intenzionata a spiegare che presto avrebbe iniziato a creare bacchette, ma in quel preciso istante – evidentemente troppo babbano – un regale Barbagianni picchiettò alla finestra e, quando gli fu concesso di entrare, planò delicatamente sul grembo di Hermione.

"Quello non è il tuo gufo" notò sua madre, perplessa. Si vedeva che, nonostante non le appartenesse, l'animale conoscesse Hermione piuttosto bene.

"No, infatti" rispose lei, carezzandolo e sfilandogli dalle zampe una lettera e un pacchetto.

"Di chi è?" fece il padre, con aria sospettosa.

"E' di un amico" tagliò corto Hermione, ma senza alzare lo sguardo.

"Qualcuno di speciale?" chiese sua madre, a bruciapelo. "Ti vedi con un ragazzo?"

"Merlino, no!" esclamò Hermione, per niente felice di ascoltare quel genere di ingerenza da parte dei propri genitori.

L'animale apparteneva alla famiglia Malfoy. L'unica volta che i suoi genitori avevano visto Draco, a Diagon Alley, Lucius Malfoy e Arthur Weasley erano finiti a picchiarsi sotto i loro occhi, all'interno del Ghirigoro.*

"Ha ragione" suo padre si rivolse alla moglie con cipiglio deciso, "non dobbiamo impicciarci negli affari di nostra figlia".

"Grazie, papà" rispose, anche se poteva scorgere benissimo negli occhi dell'uomo la stessa curiosità che animava quelli di sua moglie.

"D'accordo, sto zitta" concesse sua madre, e finalmente Hermione potè leggere la lettera, sempre accarezzando il Barbagianni di Draco.



Ho detto al pennuto di trovarti. Venerdì è uscito l'ennesimo articoletto su di noi (stavolta era solo un trafiletto, niente di eclatante), sull'ennesimo giornaletto scadente – non era nemmeno firmato dalla tua adorata Samantha Kaney. Ti ho inviato il giornale come allegato, così ti prepari agli insulti dei tuoi amici Schifondoro.

D.M.


p.s. So di essere irresistibile, ma non avresti dovuto baciarmi davanti alla porta di casa tua. Pagina 53.



Hermione sentiva nella testa la voce di Draco pronunciare l'ultima frase con una certa ironia, che traspariva anche dalla carta.

Scartò il pacco in allegato alla lettera e vide se stessa fotografata nel momento in cui lo ringraziava per la serata, con un casto bacio a stampo. Doveva assolutamente trovare il modo di sbarazzarsi di quel giornale. Non poteva semplicemente buttarlo accanto a sè sul divano, col rischio che i suoi genitori sbirciassero. Estrasse la bacchetta e la puntò verso la propria borsa, senza pensare ad alzarsi.

"Accio!" mormorò.

La piccola borsa a perline si sollevò in aria dal mobile dov'era poggiata e schizzò in braccio alla ragazza. Hermione ripose il giornale, rovistò un po' estraendone diversi oggetti ingombranti e finalmente trovò un barattolo di biscottini gufici. Ne diede un paio al Barbagianni che, soddisfatto, svolazzò elegantemente fuori dalla finestra.

Solo allora la strega si accorse che i suoi genitori spostavano lo sguardo da lei alla borsa, sbattendo le palpebre. Succedeva sempre, con l'Incantesimo Estensivo Irriconoscibile. Sorrise tra sè: inutile, per quanto potesse comportarsi da babbana, era una strega, e la magia sarebbe sempre stata dentro di lei.






NOTE AL CAPITOLO:


1) Mi riferisco al momento in cui, nel secondo libro, i Weasley incontrano i Malfoy durante il consueto acquisto dei libri per la scuola a Diagon Alley. In questa occasione – benché nel film non accada – Arthur Weasley viene talmente esasperato dagli insulti di Lucius da mollargli un bel cazzotto in faccia.




ANGOLO AUTRICE


Ecco qui il capitolo ventisei! Non è come l'avevo pensato e probabilmente non è come l'avrei voluto, ma ho già spiegato all'inizio il perché di questo ritardo. Il capitolo sarebbe dovuto essere più lungo e strutturato in maniera diversa, ma ho preferito tagliare (in primis perché sarebbe stato davvero troppo lungo, poi perché ci avrei messo più tempo e ho preferito pubblicarlo così).

Le tre punte del triangolo non si incontrano nemmeno una volta, eppure si capisce che nei pensieri l'uno dell'altro sono sempre presenti (sebbene Fred non pensi a Malfoy esattamente in termini amichevoli). Dal prossimo capitolo ricomincia la settimana, e quindi Hermione si ritroverà col problema di dover fabbricare la fatidica 'prima bacchetta' della sua vita – un disastro annunciato. E io riavrò il mio caro vecchietto <3

Per quanto riguarda George e Angelina, vi avevo detto che ci sarebbero stati un po' di matrimoni in vista. Per ora abbiamo Luna e Rolf, George e Angelina, Harry e Ginny. Chissà se ho finito di far sposare la gente?

Da ultimo vi dico che sono contenta di tornare a pubblicare – se ci siete ancora, battete un colpo e recensite ;)

Un bacio e (spero) a presto!

Jules



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Capitolo 28
*** Esperimento (non proprio) riuscito ***


CAPITOLO VENTISETTE – Esperimento (non) proprio riuscito




I've been meaning to tell you
I've got this feelin' that won't subside
I look at you and I fantasize
You're mine tonight
Now I've got you in my sights


With these hungry eyes
One look at you and I can't disguise
I've got hungry eyes
I feel the magic between you and

Hungry Eyes- Eric Carmem




Alla domenica sera Hermione si Smaterializzò dalla casa dei genitori e riapparve all'ingresso dell'appartamento in Diagon Alley.

Si diresse in cucina col desiderio di un bel bicchiere di Succo di Zucca ghiacciato. Il corridoio era buio, ma non era un problema; quella casa ormai la conosceva a memoria. Si adattava con facilità alle situazioni, questo era indubbio. Si era trasferita da una casa babbana a un castello magico senza batter ciglio; durante le passate estati era spesso stata ospite alla Tana, in mezzo ad una baraonda di gente; e, ciliegina sulla torta, aveva passato mesi chiusa in una tenda a cercare Horcrux, portandosene dietro non uno, ma due – anche Harry, come avrebbero in seguito scoperto, era nel novero.

Però con l'appartamento sopra i Tiri Vispi era diverso: era come se Hermione avesse sempre vissuto lì. Non si era dovuta adattare alla situazione, si era ambientata immediatamente.

Giunta alla porta accese la luce e per poco non sobbalzò nel vedere Fred seduto al tavolo della cucina. "Mi hai fatto spavento!" esclamò, facendolo sorridere per quell'espressione inusuale.

Chi dice 'fare spavento'? si chiese Fred – probabilmente solo Hermione Granger e gli over settantacinque nei film anni quaranta.

"Che fai qui?" domandò Hermione.

Fred sollevò lo sguardo dal boccale di Burrobirra che teneva in mano.

"L'ultima volta che ho controllato, al Ministero risulta essere la mia residenza" rispose indispettito.

"Intendevo dire, cosa fai a luce spenta" si corresse, prima di estrarre la bacchetta e pronunciare l'incantesimo Lumos. Era possibile trovarla sensuale anche nel soffiare dolcemente una parola sentita e risentita da quando era bambino, persino dalla stessa ragazza – come aveva fatto, in tutti quegli anni, a non saltarle addosso?

Al buio era tutto più semplice, ma così perfino la fievole lucina che la punta della bacchetta emavava, costituiva un problema. Fred la vedeva, la vedeva per quello che era. Non la Granger dei loro primi incontri: un' undicenne con la gonnellina e lo stemma grifondoro sulla blusa, bensì una donna, il cui solo suardo esercitava su di lui un enorme potere magnetico.

E quella luce flebile e azzurrina, a illuminarle il viso pallido, gli ricordava, ancora e per sempre, quanto fosse diventata bella. E, purtroppo, non sua.

"Oh, quello!" Fissò gli occhi al soffitto e fece spallucce. "Non mi andava di accenderla" rispose con un sorriso. La fievole luce della bacchetta illuminava gli oggetti intorno a loro; Hermione notò che sul tavolo c'era una copia del giornaletto che le aveva inviato Draco, e si sentì morire.

"Non l'ho comprato io" si giustificò Fred, intercettando lo sguardo. Non voleva litigare, proprio no. "Oggi sono stato alla Tana..." aggiunse.

Se possibile, ora Hermione si sentiva peggio di prima. Sotto terra, a dire il vero. Così dicendo, Fred non aveva fatto altro che avallare il sospetto che alla Tana si parlasse di lei, com'era ovvio che fosse. Non le piaceva granché l'idea di un mucchio di persone – persone che amava – discutessero delle sue uscite come fosse una star e non il loro solito e affidabile Prefetto Hermione Granger.

Si sedette al tavolo, con una strana sensazione che le scivolava addosso. Erano giorni e giorni che lei e Fred si evitavano a vicenda, e non capiva perché in quel momento lui non sentisse il bisogno di schizzare via di lì alla velocità della luce. Per quanto riguardava se stessa, conosceva la risposta. Fred Weasley le mancava. Le mancava parlare, bere una Burrobirra, scherzare, ridere, mangiare insieme.

E adesso che finalmente aveva il coraggio di non voltare le spalle e andarsi a rintanare di sopra nella propria stanza a sfogliare antichi sillabari e dizionari runici, non sapeva come comportarsi. Si sentiva così infantile e impacciata che non aveva idea di cosa fosse giusto dire, in quel momento. Forse perché non c'era niente da dire, o forse perché c'era davvero troppo, e avrebbero iniziato a vomitare parole senza la certezza di saper mettere un punto. Anche perché Hermione non avrebbe saouto dove collocarlo, questo punto.

"Mi dispiace che si debbano vedere foto mie e di Malfoy sul giornale" disse d'impulso. Le dispiaceva che lui dovesse vedere foto sue e di Malfoy sul giornale, con titoli ridicoli come <<A un passo dalle nozze>> o <<A quando il lieto evento?>> e una volta addirittura <<Il pargolo sarà Grifondoro o Serpeverde?>>

In effetti in quell'occasione aveva creduto di scoppiare, di non poter resistere più. Si era anche messa a progettare di far saltare in aria la redazione del Settimanale Delle Streghe e di tutti i giornaletti scandalistici di bassa qualità come quello. Poi Ollivander le aveva fatto notare che, se l'avesse fatto, benché ex Indicibile e piena di contatti al Ministero, niente l'avrebbe salvata dalla prigione.

"Ti dispiace?" ribattè Fred contrariato, voltandosi. "Ti dispiace di cosa? Se esci con lui significa che non ti vergogni di..." Hermione storse le labbra, perplessa: nel tono di Fred non c'era l'astio che aveva udito in occasioni precedenti. Quella pareva solo una banale costatazione. Avrebbe potuto essere una frase sul tempo piovoso.

"Continua, so che lo vuoi fare" disse. "Che non mi vergogno di..."

Fred tacque, incerto se troncare sul nascere quella conversazione; la piega che aveva appena preso era identica a quella di tante altre, che l'avevano sempre lasciato deluso e insoddisfatto. Non voleva l'ennesima replica. Era stufo di sentimenti negativi, proprio lui che era il re degli scherzi. Le risa erano sempre stata la sua forza, che ultimamente gli stava venendo meno. E questo era male, nella vira e sul lavoro – secondo George.

Senza risate, senza positività, si sentiva incompleto. Era incompleto. Non era più Fred Weasley. C'era però da aggiungere che anche senza Hermione, si sentiva incompleto. E questo era un vero rompicapo da risolvere; come tutto quello che riguardava la Granger da vicino, ormai Fred l'aveva capito.

"Che non mi vergogno di uscire con un Mangiamorte. Stavi per dire questo, vero?" Era vero, pensò Fred, stava per dirlo, e allora? L'aveva ripetuto talmente tante volte, sia a lei che a se stesso, che ormai il pensiero scattava automaticamente in quella direzione.

"In effetti sì, ma è inutile ribadire l'ovvio".

"Ma Draco non è un Mangiamorte" ripetè meccanicamente – e con quella era salita più o meno a quota centocinquanta. Non poteva aver detto quella frase meno di centocinquanta volte. A ciascuno, nelle più disparate occasioni. A se stessa, a Fred, a Harry, a Ginny, agli altri amici, e soprattutto a Draco.

Era innegabile che avesse il braccio sinistro tatuato, ma non comprendeva quella mania di ricordarlo ogni cinque minuti. Lui non era Lucius o Bellatrix Lestrange, non ce n'era bisogno.

"Ti ostini a difenderlo" constatò di nuovo, senza neanche alzare la voce. Hermione lo guardò in volto, per quel poco che la fioca luce le permetteva. I capelli rossi erano al solito posto, come pure gli occhi castano chiaro, le sopracciglia, il naso e le labbra – le piacevano tanto le labbra di Fred.

Eppure, Fred Weasley non era lì. Mancava la cosa più importante su quella bocca carnosa, qualcosa che non avrebbe dovuto mancare: il sorriso.

"Non lo sto difendendo" sospirò. "Tu non capisci". E come avrebbe potuto, del resto? Non aveva gli elementi sufficienti per farlo, e a volte persino lei faticava a comprendere.

"Chiamami idiota, Granger" disse,"ma no, non capisco!" Poggiò la birra sul tavolo. "Non vedo proprio cosa possiate avere in comune tu e lui" dichiarò gesticolando, senza smettere di guardarla. Hermione non si tirò indietro e non abbassò lo sguardo come avrebbe tanto voluto fare; si fermò a riflettere, perché una risposta pronta non ce l'aveva: era finito il tempo in cui aveva una replica per ogni obiezione che le veniva mossa o per ogni domanda che le veniva posta.

Era anche finito il tempo in cui poteva essere totalmente aperta e sincera; quindi il silenzio era l'unica opzione. Non era più ai primi anni di Hogwarts, non si trattava più di prendere un bel voto agli esami; questa era la sua vita – e lei la stava letteralmente buttando alle ortiche.

"A prima vista niente" fu ciò che riuscì a dire.

Ma non era vero. Avevano in comune una guerra combattuta su fronti opposti, anni di risse e liti per la scuola, paure e incubi, ferite di tipo diverso, che avevano sanato in due – anche se questo Fred non poteva saperlo. Il legame c'era eccome, ma non era percepibile 'a prima vista'; perciò non poteva biasimare Fred, se non riusciva a vederlo, tantomeno a comprenderlo.

"Una promessa è una promessa" mormorò sovrappensiero. Fred la fissò come se si stesse preoccupando per la sua salute mentale, e in fondo non aveva tutti i torti.

"Promessa? A prima vista? Di che stai parlando, Granger?" chiese, indispettito. "A volte penso che ti abbia Confusa; quando parli di lui sei strana".

Hermione provò il forte desiderio di chinare il capo, o quantomeno di distogliere gli occhi da quelli di Fred. Non poteva reggere a lungo, se la fissava in quel modo. E di certo non voleva mettersi a frignare in quel frangente.

Spostò lo sguardo sulle proprie mani poggiate sul tavolo, improvvisamente più interessanti di tutto il resto.

"Devi smetterla di chiuderti in questo mutismo!" esclamò, stavolta energico – eppure, anche allora, dolce, in un certo qual modo. "Io non ce la faccio a starti dietro!" Nel dirlo posò una mano sulla sua in modo delicato, contrastante con il tono un po' duro che aveva usato.

Eccolo, il mio Fred, fu lo sciocco pensiero di Hermione.

"Dovresti rinunciare a starmi dietro, forse. Magari non sono fatta perché qualcuno lo faccia". Quello che accadde Hermione non se l'era aspettato.

Fred, anzichè risponderle, si sporse sul tavolo e, quello che non era riuscito a dire, cercò di racchiuderlo nel bacio che le soffiò sulle labbra. Hermione fu talmente presa alla sprovvista che, inizialmente, a stento si rese conto di quanto stava accadendo. Poi staccò completamente la spina, lasciandosi andare. Si sentiva come una foglia trasportata dal vento, e non possedeva energia sufficiente ad opporvisi. Chi era lei per contrastare il vento? Solo una foglia, appunto. E le foglie si lasciano cullare, o trascinare via. Dipende solo dalla direzione verso cui soffia il vento e dalla veemenza con cui lo fa.



Fred esercitò dapprima una leggera pressione sulle labbra di lei, che si schiusero senza opporre resistenza, lasciandolo piacevolmente sorpreso.

La mano del ragazzo rimase sulla sua, ma le loro dita si intrecciarono e lui si sistemò meglio per avere accesso all'interno della bocca di lei, desideroso di esplorarla completamente. Fu un bacio lento, appassionato; sembrava che nessuno dei due avesse intenzione di riprendere a respirare in forma autonoma. Solo quando sentì mancare l'aria, Hermione si staccò dalle labbra del ragazzo.

Non perse però il contatto visivo e neppure ritrasse la mano; il che, se possibile, mandò Fred ancora di più in confusione.

In effetti, non si sarebbe potuto dire chi al momento fosse più confuso – e non certo per l'effetto di un incantesimo. Hermione si sentiva in preda al duplice – e un tantino schizofrenico – istinto di lasciarsi andare a quella dolce sensazione e allo stesso tempo di scappare a gambe levate, pur conscia del fatto che nessuno dei due comportamenti fosse adeguato.

"Granger" bisbigliò Fred, a corto di fiato. "Tu devi deciderti, o finirò per impazzire. Esci con lui, ma baci me" le fece notare. "Ne devo dedurre che quantomeno ti piaccio".

Hermione annuì lentamente, sentendo la salivazione ridotta a zero – neanche le avessero scagliato una fattura Languelingua.

"Allora" riprese lui, "perché non mi fai sapere quello che pensi?"

"In questo momento non sto pensando, a dire il vero" rispose, sincera. "Non esci più con Sally?" chiese invece.

"Non si risponde ad una domanda con un'altra domanda" replicò affannato. "Comunque no, non ci esco più".

Hermione si maledisse in turkmeno e in sanscrito antico... e pensare che tutto era iniziato da un desiderio di rivalsa, da una stupida ripicca, e c'era dentro fino al collo! E lui rispondeva che no, adesso non usciva più con Sally.

"Granger, ti prego, decidi" pregò. "O almeno parlami".

Nel sentire quel tono supplice Hermione quasi rimpianse il Fred rancoroso che sembrava annegato nella Burrobirra, o risucchiato dalla scatola vuota delle Cioccorane. Dovette reprimere un singhiozzo. Vederlo così, di fronte a sè, ad implorarla di renderlo partecipe, di aprirgli la mente, la addolorava oltre ogni misura. Avrebbe potuto dirgli che aveva passato la vita a ragionare, a trovare le parole esatte per esprimersi, a cercare di studiare gli altri per capire come affrontarli. Però ormai una risposta del genere sarebbe stata vuota, perché non trovava parole da usare, nè ragionamenti da esporre, e tantomeno poteva affrontare gli altri.

Fred dovette accorgersi delle emozioni che si agitavano nel petto di lei, perché si limitò ad abbracciarla, mormorando:

"Non insisto" disse. "Forse sei confusa, o forse stai cercando un modo carino per rifiutarmi, questo non posso saperlo. Ma non ho intenzione di forzarti, di certo non stasera..." Lei gli donò un sorriso, si alzò lentamente e, dimentica del Succo di Zucca, si diresse verso le scale. Solo dopo averle sentito chiudere la porta, Fred si concesse un sospiro.

Non era mai stato un tipo particolarmente paziente, Fred, ma per Hermione avrebbe fatto un'eccezione. La situazione era quantomai strana e, persino in quel momento, Fred avrebbe voluto tempestarla di domande fino a capire cosa le passasse per la testa. Tuttavia, aveva deciso di tacere. Grida e sfuriate non facevano per lui e, se la conosceva, neppure per Hermione. Inoltre, per il momento, non sembrava fossero molto utili. George aveva ragione: era confusa. In quale misura e per quanto ancora lo sarebbe rimasta, erano due misteri.

Però, su Malfoy, a Fred restava ancora il vantaggio di vivere con la Granger. Intanto avrebbe cercato di riprendersi la sua quotidianità con lei, il resto era nelle mani di Merlino.







I raggi del sole svegliarono Hermione fin troppo presto. Aveva dimenticato di abbassare la tapparella, e il risultato fu che alle sei e mezza era già pronta per uscire. Rilesse appunti su appunti e tentò di prepararsi psicologicamente all'mmediato avvenire: quel giorno avrebbe fabbricato la prima bacchetta della sua vita. Un disastro annunciato, come Ollivander ci aveva tenuto a sottolineare.

Solo quando furono le sette e venti mise piede fuori dalla propria camera da letto e scese a fare colazione, scoprendo che Fred doveva essere uscito da poco. Il bollitore era ancora sul tavolo e la tazza che aveva utilizzato non era stata rimessa a posto. Evidentemente aveva fretta di uscire, forse per non incontrare lei. Hermione si dispiacque al pensiero di come quella convivenza – iniziata sotto buoni auspici – fosse diventata complicata – di come lei l'avesse complicata. Forse perché non era solo un coinquilino, il ragazzo con cui divideva l'appartamento.

O forse perché non aveva saputo prendere bene le misure e tenere a distanza le persone che andavano tenute a distanza, per Merlino!

Sul tavolo, accanto al bollitore, trovò qualcosa che le causò un calore improvviso, facendo sciogliere qualcosa all'altezza del cuore: il risultato fu un sorriso.

Una bustina di tè al gelsomino giaceva nella tazza pulita – tra l'altro, la sua tazza preferita – ed Hermione ebbe un flash-back della mattina successiva al primo bacio che lei e Fred si erano scambiati, quando aveva trovato un fiore di gelsomino e la colazione pronta. Versò l'acqua calda nella tazza e sorseggiò il tè lentamente, assaporandone il gusto delicato, insieme a una fetta di Torta di Zucca. Quando la colazione fu conclusa, spicciò il tavolo e uscì di casa, pronta per una giornata di duro lavoro.








L'ingresso di Hermione nel negozio fu accompagnato dal consueto scampanellio sopra la porta e Ollivander, già chino a trafficare con una bacchetta, sollevò la testa e la salutò con le labbra strette. Hermione gli riservò un gran sorriso.

Ormai Garrick Ollivander era l'unico uomo al mondo in grado di infonderle buonumore benché non si impegnasse affatto in tal senso. Pochi mesi prima Hermione sarebbe stata incredula davanti a una previsione così.

L'odore del legno, la polvere sugli scaffali più alti, la scritta all'esterno in lettere d'oro scrostate: era tutto parte della sua vita. Lo scampanellio che per gli altri rappresentava solo un banale ritornello che ricorreva ogni volta che la porta veniva aperta, per lei era casa. Come casa era l'odore del dopobarba di Ollivander, o quello di resina e incenso sul retro della bottega. Perché sì, Garrick lavorava mentre nella stanza si spandeva il leggero fumo di un bastoncino d'incenso – incantato per durare più a lungo di quelli babbani.*

"Sono felice di vederla" gli disse, sincera. Lui la guardò di sbieco, come se diffidasse di quella dichiarazione.

"Se fossi in te, aspetterei a dirlo" rispose scrutandola con i suoi occhi argentei. "Sai che giorno è oggi" affermò. Hermione non capiva perché volesse ribadirglielo; come se l'ansia non fosse già alle stelle. Fissò lo sguardo sulle mani di lei, sembrava intento a riflettere. Su cosa, non era dato saperlo.

"Il giorno in cui fallirai la prima bacchetta" le disse. "Non sei emozionata?" Hermione sentì uno strano senso di oppressione misto ad eccitazione. Aveva una tremenda paura di sbagliare, ma anche curiosità di mettersi alla prova.

"Deve essere proprio oggi?" chiese, la voce tremula tradiva l'incertezza. "Forse si può rimandare di un giorno o due, tanto per prepararmi meglio" farfugliò, poco convinta. A chi voleva darla a bere? La sua era solo voglia di procrastinare.

"Oggi" ripetè Ollivander con tono fermo. Opporsi sarebbe stato inutile, comprese Hermione. Il Grande Capo aveva deciso: meglio non rischiare di farlo infuriare. Del resto, rispolverare vecchi tomi non sarebbe valso a nulla; l'unico rimedio a qualsiasi errore Hermione avrebbe commesso, era la pratica.

"Bene!" esclamò con un entusiasmo che solitamente non mostrava. "Al lavoro, ragazza!" Hermione si affrettò a togliere la giacca e a rimboccarsi le maniche, confidando in quello che le era parso un tono incoraggiante.

"Ribadisco" aggiunse l'uomo, "che il prodotto finale sarà una vera schifezza".

Ecco, come non detto!





Qualche ora dopo, Hermione stava ancora cercando di capire come amalgamare il nucleo di crine di unicorno senza danneggiare irrimediabilmente il pezzo di legno che teneva in mano. Voleva assolutamente smentire i nefasti presagi formulati da Ollivander. Mentre ci lavorava, lui non aveva fatto che ripetere che la prima bacchetta sarebbe stata uno scempio.

"Molte grazie, signore" aveva risposto, incapace di trattenersi. Lui aveva messo su un ghigno in risposta; che si aspettava Hermione? Ollivander non era rinomato a Diagon Alley per il suo ottimismo.

Si era impegnata attentamente a suddividere i crini che le parevano adeguati da quelli che certamente non lo erano – tutto sotto lo sguardo indagatore dell'uomo. Si fingeva impegnato, ma Hermione sapeva che occhieggiava verso di lei più o meno ogni cinque minuti; e la cosa aggiungeva ansia all'ansia.

Un lieve strato di sudore le imperlava la fronte; probabilmente era solo l'ansia, ma Hermione preferiva pensare che la temperatura fosse insolitamente alta.

Non chiedeva certo di creare una bacchetta di prima qualità, nè di poterla mettere in vendita. Semplicemente, desiderava che non saltasse in aria appena impugnata.

"Allora, a che punto sei?" chiese l'uomo. Hermione sollevò lo sguardo e incontrò quello argentato del vecchio, timorosa.

"A dire il vero" ammise, "non ne ho idea..."

Ollivander la guardò con un misto di impazienza e dileggio, prendendole la bacchetta dalle mani. Era intagliata in maniera abbastanza rozza, quasi degna delle impugnature di Jimmy Kiddle.*

"Non si può certo dire che sia da esposizione" commentò a bassa voce. "E... posso sapere perché hai usato il legno di rosa, che è il più difficile da intagliare*?" disse, quasi gli avesse fatto un torto. A un certo punto, proprio mentre stava per aggiungere qualche altro sgradevole commento, la bacchetta cominciò a sprizzare scintille azzurre, rosse e dorate, senza che Ollivander l'avesse agitata. Come nelle più catastrofiche previsioni di Hermione, con uno sbuffo cadde di mano all'uomo e cominciò a roteare in aria, colpendo una sedia e uno sgabello di legno e riducendoli in pezzi. Roteò ancora su se stessa e buttò giù una mensola dalla parete; la strega era già pronta ad sfoderare la propria bacchetta per porre fine a quel disastro, ma non ce ne fu necessità.

Il pezzo di legno – quel coso non era degno dell'appellativo di bacchetta – cadde in terra e improvvisamente esplose in mille pezzi, senza lasciare alcuna traccia del proprio passaggio su questa Terra.

Meglio così, sebbene le prove del crimine ci fossero eccome: una mensola caduta e due oggetti disintegrati. Non era proprio un gran risultato, a dirla tutta. Quando trovò il coraggio di girarsi verso Ollivander, gli occhi scoloriti di lui la fissavano imperscrutabili.

"Bel lavoro!" bisbigliò, in tono evidentemente ironico.

Detto ciò, scomparve dal retrobottega e riapparve solo dieci minuti dopo, quando ormai Hermione aveva rimesso a posto tutti i danni provocati dal proprio esperimento fallito.

"Signore..." provò a giustificarsi, ma non le uscì niente di sensato. Ollivander la guardava con i suoi occhi argentei, senza rimproverarla nè rassicurarla. Con tutta probabilità doveva provare una pena infinita per lei, Hermione ne era certa.

"Puoi andare" disse infine.

"Ma... non sono neppure le cinque, signore" ribattè flebilmente.

A dire il vero, non aveva la minima voglia di continuare la giornata in negozio – probabilmente Ollivander l'aveva capito. Hermione era una stakanovista; e non poteva tollerare – se non in casi eccezionali – di essere rispedita a casa prima della chiusura.

"Sei stanca" rispose Garrick. "Riproverai domani" e con ciò la faccenda parve conclusa. La ragazza non replicò. Si limitò a infilare cappotto e sciarpa e a dileguarsi. Ollivander la guardò uscire e sospirò: era stato troppo duro e, allo stesso tempo, troppo poco. Dal giorno seguente, si disse, avrebbero cambiato registro.







Hermione vagò qualche minuto per Diagon Alley, incerta sul da farsi. L'opzione più sensata era andare al Paiolo Magico e chiedere a Tom di servirle qualcosa di molto forte. Tuttavia, non era in vena di sbronzarsi al pub. Farlo in casa sarebbe stato decisamente più consono. Pensarlo e trovarsi a frugare nella borsa in cerca delle chiavi, fu un tutt'uno.

Solo quando si fu chiusa la porta alle spalle si concesse quello che voleva essere un sospiro, ma che le uscì più simile ad un gemito di frustrazione.

Desiderava gettarsi a terra senza neppure spogliarsi, ma fu costretta a scostarsi dalla porta, perché qualcuno stava tentando di entrare.

"Come mai già a casa?" Fred chiuse la porta senza smettere di fissarla. Probabilmente la sconfitta le si leggeva in faccia.

"Potrei farti la stessa domanda".

Perché diamine di motivò, pensò, non posso solo gettarmi a terra e piagnucolare?

"E io ti risponderei che sono passato a prendere una cosa" mentì. "Tanto in negozio c'è George".

L'aveva detto con disinvoltura, ma non era vero. Era uscito di proposito per parlarle. L'aveva vista passare davanti ai Tiri Vispi con l'espressione triste che poteva scorgerle tuttora in volto. Aveva afferrato al volo che qualcosa non andava, e non aveva resistito all'impulso di andare a controllare se stesse bene. Di dirglielo, ovviamente, non se ne parlava neppure.

"E' il tuo turno, Granger".

"D'accordo" disse lei, trascinandosi fino al salotto e stravaccandosi sul divano. "Ma sappi che è una storia molto triste".

"Per questo ti serve una spalla su cui piangere".

"A dire il vero, ho intenzione di piangermi addosso per qualche ora di fila" brontolò.

Scrollò le spalle. "George se ne farà una ragione".

Hermione gli rivolse uno sguardo grato e si rannicchiò per fargli spazio sul divano, ma lui si limitò a togliere il giaccone.

"Arrivo tra cinque minuti" borbottò diringendosi in cucina.

Hermione si dispose all'attesa con calma, tanto non aveva nulla da fare – perfino il suo capo l'aveva scacciata – e nessun altro con cui sfogarsi. A ben vedere, così sfortunata non era, dal momento che si trovava nel posto che chiamava casa, con la persona che avrebbe voluto lì per consolarla – ma queste informazioni, al momento, il cervello di Hermione fingeva di ignorarle, pur di consentirle un po' di piagnisteo. Prima che si mettesse a rivivere la patetica scena in cui diversi orpelli vecchi come il cucco – come del resto lo era il negozio intero – erano esplosi a causa sua, Fred fece ritorno insieme ad un vassoio che galleggiava nel nulla.

"Tè" fu la sola parola necessaria a Fred perché il viso di Hermione si illuminasse. Il ragazzo si sedette accanto a lei; mentre, sul vassoio, un cucchiaino continuava a mescolare lo zucchero nei due tè al bergamotto.

"Adoro la magia" mormorò Hermione sorridendo. Fred, non visto, sorrise di riflesso, dandosi dello stupido nel contempo.

"Allora" si riscosse, "hai distrutto il negozio al vecchio Ollivander?"

Hermione lo guardò, prese la tazza dal vassoio e cominciò a sorseggiare lentamente, attenta a non scottarsi. Fred non aveva idea di quanto fosse andato vicino alla realtà. La strega decise di prendere tempo, e il modo migliore per farlo era sicuramente lamentarsi.

"Scotta!"commentò.

"Non sviare l'attenzione, Granger!" la rimbeccò. "Cosa è successo?" Prese in mano la propria tazza ed Hermione iniziò a narrare ogni singola sventura della giornata: la fatica nel seguire le scarse e intricate istruzioni che Ollivander le aveva fornito sul processo di lavorazione – sostenendo che avrebbe impiegato maggior tempo, ma comunque imparato meglio sul campo- ; l'impegno e i tentativi falliti, fino all'esplosione del legno di rosa – continuava a rifiutarsi di attribuirgli l'appellativo di bacchetta. Fred rimase in silenzio fino alla fine, immobile.

"Insomma, è tutto?"

"Sì" rispose amareggiata, "è proprio tutto".

"Direi..." e qui parve riflettere almeno un po', "... che è andata bene".

"No, assolutamente no. Fred Weasley, come osi prendermi in giro?" Il tono gracchiante di lei lo fece ridere di gusto. Sembravano tornati i primi tempi del loro 'coinquilinato'.

"Oh, andiamo, non è poi una gran tragedia; ti pare?" le fece notare, tentando di mantenersi serio. "Vedila così: poteva andare peggio. Avresti potuto appiccare il fuoco, o far esplodere l'intero negozio, invece ti sei limitata a rompere quattro vecchi cocci" sminuì. "Sicuramente è quello che avremmo fatto io e George, se ti consola".

"Non mi consola affatto – e smetti di ridere!" intimò. "E' sicuramente il modo più penoso in cui io sia mai stata consolata".

"Sto immaginando la tua faccia durante l'esplosione degli oggetti di Ollivander! Sono indeciso se fossi più stravolta o mortificata".

Hermione, indispettita, posò la tazza sul vassoio che ancora fluttuava, e fece per andarsene. Fred fu subito in piedi.

"Dove vai?"

"Se mi sfogo solo per sentirmi derisa preferisco andar via!" replicò piccata. Fred le sorrise, e per risponderle scelse un tono stranamente saggio.

"Non ti sto deridendo; sto solo cercando di tirarti su il morale. Hai fallito Granger, non posso negarlo perché sarebbe una bugia. Hai fallito, ripeto, ma è umano" disse. "Siamo persone; come tali commettiamo degli errori, ed è normale".

"Grazie, Weasley" replicò sbuffando. "So che si commettono sbagli, e so di essere una persona".

"A volte tendi a dimenticarlo, però" rispose prontamente. "Pretendi di essere sempre perfetta e, quando non succede, vai in crisi" aggiunse. "Da quando ti conosco non mi è ancora capitato di vederti fallire; non sai cosa voglia dire quella parola. Un esperimento – per di più il primo – basta a mandare in crisi la So-Tutto-Io Granger?" sbuffò.

"Tu si che puoi prenderla alla leggera!" scottò lei. "E se, alla fine, non fossi portata per la pratica? E se non fossi in grado di costruire bacchette? Ollivander potrebbe licenziarmi per questo" brontolò. "Potrei aver perso solo tempo e averne fatto perdere a lui..." Fred sbuffò sonoramente a questi scroscio di catastrofici possibili eventi.

"È questo che intendo" disse. "Hai realizzato una sola bacchetta Granger, e già stai pensando di dover sloggiare dal negozio" protestò, posando ambo le mani sulle spalle di lei. "Ollivander ti ha sempre seguito pazientemente e ti aveva messa in guardia sull'alto rischio di fallimento al primo tentativo. Non smetterà di credere in te, se non sarai tu a farlo". Hermione lo guardò negli occhi e sorrise. Fred sapeva essere un buffone, sapeva come farla irritare, come farla soffrire; ma sapeva anche come tranquillizzarla. Il solo tocco delle sue mani e il tono calmo avevano appena contribuito a migliorare di molto la giornata. Le tornò alla mente il bacio della sera prima, che entrambi avevano volutamente ignorato fino a quel momento.

"Forse è che penso di non meritare tutta questa fiducia: la sua, quella dei miei genitori, degli amici, la tua..." La frase fini in un sussurro strozzato, ma gli occhi di Hermione non si ritrassero come aveva creduto, continuando invece a guardare Fred.

"Ascolta" fece lui,"sei una donna determinata, intelligente e forte: non c'è niente che non meriti dalla vita. Ti sei rialzata cento volte, hai sempre scelto strade difficili, e ora hai iniziato ad imparare daccapo un mestiere di cui si sa poco o niente. Non mi sembra sia tutto sa buttare. L'unica pecca è che vivi in questo bugigattolo con me" scherzò, "ma suppongo che appena Ollivander ti alzerà lo stipendio..."

Hermione smise di ascoltarlo in quel momento. Davanti agli occhi le si era formata l'immagine di quella stessa casa, ma vuota – senza di lei. Non c'era altro posto al mondo, in quel momento, cui sentiva di appartenere tanto quanto apparteneva a quella casa. Fred, per consolarla, stava fingendo che le indecisioni di Hermione, i suoi continui cambi di rotta, semplicemente non esistessero. In quell'istante i problemi tra loro non c'erano, e l'unica immagine a turbarla altro non era che la certezza, prima o poi, di dover lasciare quella casa – di dover lasciare Fred.

"Granger, non mi stai ascoltando". Hermione si riscosse.

"Scusa" disse. "E' che, pensavo... questa casa non è un bugigattolo".

"Suppongo sia passabile" rispose serio, guardandosi attorno. "Ma le stanze non sono grandi, e ci sono solo due camere da letto".

"Per noi vanno bene". Lui le scoccò un'occhiata penetrante.

"Finchè resterai" aggiunse, come una provocazione.

"Perché lo dici in quel modo?" domandò lei.

"Prima o poi andrai a vivere..." Lei lo interruppe.

"Se stai per dire con Draco..." Fred si gelò a quel nome, ma riprese la frase.

"A meno che non sia costretto, ho deciso di nominare Malfoy il meno possibile" spiegò seccamente. "Intendevo dire 'da un'altra parte' – se da sola o in compagnia non so". A quelle parole le venne in mente un particolare che aveva dimenticato.

"Mi hai lasciato il tè stamattina".

"Che c'entra ora?"

"Era al gelsomino".

"Quando ti bacio sento profumo di gelsomino..." Lo disse con una nota così dolce nel tono che Hermione non potè fare a meno di dire:

"Anche ora?".

Fred colse il tono fermo, ma non ebbe il tempo di realizzare ciò che aveva udito, quando Hermione – o la sua versione spregiudicata – colmò la poca distanza tra loro e si levò sulle punte, sfiorandogli la bocca con la propria. Sorpreso, si ritrovò coinvolto in un bacio che divenne subito consapevole e appassionato. Il più lungo che si fossero mai scambiati.

Hermione non comprese come, ma uno ad uno, finirono a terra gli indumenti di entrambi, mentre ancora non smettevano di accarezzarsi il viso, i capelli, le braccia. Le sembrava che tutto passasse in un attimo, e allo stesso tempo avvenisse in slow motion, tanto era attenta ai particolari. Gli occhi di Fred non si stancavano di percorrere il suo corpo per poi tornare al suo volto, non avrebbe saputo definirli in nessun modo se non 'affamati'.

Le mani di Fred erano calde e grandi, rassicuranti anche quando le tirarono giù le spalline del regiseno, e nel momento esatto in cui stava per sfilarle anche quello... le squillò il cellulare.

Fu come riprendersi da un sogno, per Hermione. Guardò Fred in volto, anche lui sembrava essersi appena risvegliato, come se fosse stato Confuso. Distolse lo sguardo, Hermione, e si mise a frugare nelle tasche dei jeans (ormai a terra) finché non ebbe trovato il telefono. Raccattò i vestiti in fretta e furia e schizzò letteralmente su per le scale. Una volta al piano di sopra diede un'occhiata al nome sul display del telefono, che ancora, imperterrito, squillava. Era l'ultima persona che si sarebbe aspettata di dover odiare; quella a cui aveva sempre perdonato tutto, per la quale aveva rischiato la vita innumerevoli volte e che, sicuramente, come sempre, doveva dirle qualcosa di poco importante. La frustrazione fu piuttosto percepibile nel tono di Hermione, quando rispose:

"Ciao, Harry".








NOTE AL CAPITOLO:


1) Sì, ho sempre immaginato che Ollivander bruciasse qualcosa di simile all'incenso in negozio. Da un alone mistico alla cosa. In realtà non mi piace l'odore dell'incenso se è troppo forte, però posseggo un bruciaessenze e sono una fan delle Yankee Candle. Credo che la cosa non interessi nessuno, ma sentivo il bisogno di condividerla con voi.


2) In realtà nessuno sa come Ollivander fabbrichi le sue bacchette, le mie descrizioni saranno sempre come io ho immaginato il procedimento. Nei prossimi capitoli Hermione ritenterà e allora approfondiremo il magico mondo del 'come costruire male una bacchetta' (no dai, prima o poi ce la farà, ma aspettatevi una bella paternale di Ollivander).


3) Avevo già nominato Jimmy – per chi non lo ricordasse è un 'concorrente' di Ollivander che ha il negozio in Diagon Alley, ma non è famoso per la qualità delle bacchette.





ANGOLO AUTRICE


Non è facile dirvi: 'sono tornata, eccomi qua'. Potrei allegramente fischiettare, ma sono mancata per mesi (e una parte di me spera che la storia vi sia mancata e che ne ricordiate ancora la trama - dite di sì, vi prego -, perché sarebbe buon segno). Avevo perso, banalmente, l'ispirazione – capita. Mi ero inoltre messa in testa di non essere una buona 'scrittrice' (passatemi il termin) come se i miei dubbi fossero una giustificazione per aver lasciato in sospeso la storia a cui tengo di più...

Poi però diverse persone mi hanno chiesto quando avrei pubblicato e io rispondevo che non avevo il capitolo pronto – cosa vera – e che non riuscivo materialmente a mettermi a scrivere. Ad ogni modo, l'interesse – nello specifico quello inatteso della 'palli' (anche se non hai ancora commentato, ma lo farai) – mi ha fatto riaccendere la voglia di sceivere. Questa storia non deve avere un finale scritto solo nella mia testa, ma anche nero su bianco.

Non importa se lo leggeranno in tanti o in pochi, ringrazio comunque chi è rimasto fedele alla storia e chi continuerà a seguire e, spero, recensire.

Da parte mia ho riletto blandamente la storia (cosa che una perfezionista come me non dovrebbe mai fare, perché trovo il pelo in ogni maledetto uovo!), per vedere 'come ci eravamo lasciati...?' e per ritrovare la voglia di proseguire.

A quanto pare è stato utile, se vi siete scordati qualche particolare della trama che quindi non vi torna non vi fate problemi e chiedete chiarimenti a me nelle recensioni, mi raccomando. Dopo tanti mesi, non mi offendo se avete perso il filo. Quello che contava in questo capilolo era tornare a Casa, come Hermione quando la mattina va da Ollivander. Vorrei che rientraste in questa storia mettendovi le ciabatte e i calzini antiscivolo, non so se mi spiego. Non voglio un pubblico che si sia troppo 'raffreddato', quindi ho preferito scrivere un capitolo così, che accogliesse anche. Ora la smetto e mi rimetto al vostro giudizio.

Cercherò di smetterla con le crisi mistiche da scrittore pazzoide, ma non posso garantire per la vita, che ti sorprende spesso (a me, quasi sempre in negativo ).



Alloraaa...

Il-ragazzo-dalla-molesta-presenza è tornato a infastidire una delle nostre coppie; se non li avesse interrotti, sarebbe successo quello che in effetti stava per succedere? La mia domanda ha un senso? Siamo soli nell'universo??

Va bene, la smetto.

Detto ciò, Hermione sta combinando un bel po' di casini eh? Anche sul lavoro adesso. Ci vorrà un po' prima che riesca a creare una bacchetta decente. La vedremo rimettersi alla prova nel prossimo capitolo. Stavolta né io né Ollivander volevamo infierire troppo su di lei, poverina. Per quanto riguarda la scena tra lei e Fred, se la trovate confusionaria, è voluto.

Volevo esprimere lo stato d'animo di Hermione in quel momento, come se fosse trascinata da una corrente di emozioni, più che dal proprio buonsenso – e quindi leggermente confusa e stordita. Mi rimetto ai vostri giudizi. (E fan di Draco, tranquille, tornerà, lui è come l'erba cattiva, spunta sempre fuori).

Besos a tutti/e!


Jules

(che si è sbloccata dall'incubo della pagina bianca)

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Capitolo 29
*** Passo dopo passo si arriva sulla vetta ***


Capitolo ventotto – Passo dopo passo si arriva sulla vetta




La mattina seguente, alzarsi dal letto fu una vera e propria impresa. Hermione non era mai stata così risoluta a rimanere rintanata sotto le coperte, completamente isolata dal mondo. Aveva fatto qualche incubo di cui non ricordava neppure la natura; ma poi, alle prime luci dell'alba, si era ritrovata tra distese di prati e vallate stracolme di erba e fiori. Esattamente il luogo verso cui sarebbe scappata volentieri.

Poi aveva persino sognato la Tenda – quella in cui aveva alloggiato alla ricerca degli Horcrux –, cosa che al risveglio l'aveva informata del grado di sopportazione, ormai pari a zero, che nutriva nei confronti della propria vita.

Purtroppo, dopo un quarto d'ora, quando si fu resa conto di essere impossibilitata a restare sepolta sotto un piumone per l'eternità, si decise a mettersi in piedi. Sgattaiolò nel bagno cercando di causare meno rumore possibile; aveva sentito un leggero russare provenire dalla camera di Fred. Si lavò e vestì in fretta, uscendo senza neppure fermarsi a fare colazione. In ogni caso, aveva lo stomaco chiuso. Una parte di sè era furiosa con il suo migliore amico – che tra l'altro non aveva nulla di vitale da dirle, tranne che aveva di nuovo litigato con Ginny – per averla interrotta. Del resto, Harry aveva sempre avuto un talento per interrompere i suoi momenti intimi con Fred Weasley.*

Un'altra parte di Hermione era invece grata per quell'interruzione. Le sembrava che tutto, la sera prima, si stesse svolgendo in maniera affrettata e confusionaria – e la responsabilità non era certo imputabile a Fred, dal momento che lei stessa aveva dato il via alle danze. Non aveva saputo resistere al calore della sua bocca, al piacere di immergere le mani nei suoi capelli rossi...

No Hermione, pensò, così decisamente non va.

In realtà non lo pensò solamente, lo disse ad alta voce mentre camminava. A dire il vero, a voce così alta che un ragazzino si girò a guardarla come fosse tutta matta. In effetti, riflettè, un pochino doveva sembrarlo. Quando entrò nel negozio, perfino Ollivander la squadrò, sospettoso.

Evidentemente doveva sembrare un po' stralunata, poiché quello che l'uomo le stava riservando era lo stesso sguardo che lei per una vita aveva lanciato a Luna Lovegood, la creatura più stralunata mai apparsa sulla Terra.

Lei, ad ogni buon conto, ignorò la cosa, limitandosi ad un candido 'Buongiorno'.

Il signor Ollivander non replicò col solito cenno del capo, e per qualche minuto il silenzio sembrò regnare all'interno del negozio. Hermione era convinta che le avrebbe chiesto conto della sua scrausa performance del giorno precedente: aveva tutto il diritto di farlo. Non era stata professionale, nè aveva agito correttamente; neppure era riuscita a mantenere la calma: un completo disastro.

Misurò la stanza a lenti passi prima di dirigersi al bancone, dove Ollivander era già chino ad esaminare una bacchetta nuova di zecca.

"Questa..." soffiò affranta Hermione, "è una vera bacchetta".

Fu a quel punto che il signor Ollivander parve prendere nota della sua presenza all'interno del negozio. Quandò sollevò il volto, l'espressione di quest'ultimo pareva dire 'Toh, ci sei anche tu!'

Sembrava davvero che non avesse notato altro se non la bacchetta di nocciolo che stringeva tra le mani. Hermione la contemplò, per un attimo dimenticando se stessa.

"Spero che il padrone di quella bacchetta sia un tipo che sa il fatto suo" disse senza riflettere. "Voglio dire, le bacchette di nocciolo hanno bisogno di... fermezza emotiva" affermò.

"Come mai sostieni ciò?"

"Io non lo sostengo; è stato lei stesso ad insegnarmi quel che so sulle bacchette, e le dico" e mise le mani sui fianchi, acquisendo sicurezza, "che le serve una strega – o mago – determinato; se sarà altrimenti, le conseguenze potrebbero non essere delle migliori, visto che il nocciolo tende ad essere imprevedibile, se si sente poco sicuro nelle mani del padrone". Ollivander aggrottò impercettibilmente la fronte e posò sul tavolo la bacchetta di nocciolo.

"Come la fai tragica!" la rimbeccò. "Ti sei alzata col piede sbagliato? A sentir te il nocciolo è un legno da evitare; non ti piace?" domandò.

"Non particolarmente".

"Sbagli, perché ha innumerevoli pregi: è duttile e potente in mano ai talentuosi, fedele fino alla morte del padrone – persino oltre –, se questi è stato un buon compagno".

"Lo so, deperisce e si svuota di ogni potere, e allora?" fece Hermione, stanca di quella gara di nozionismo.

"E allora ha un'altra grande qualità..." insistè Ollivander, riprendendo il nocciolo tra le mani. Il tono dolce, seppur insistente, mise in sospetto l' apprendista, abituata a sentirlo in poche occasioni.

"Sarebbe?" domandò. Da una parte sembrava volesse rimproverare Hermione, dall'altra la sua espressione non era di dileggio; era come se volesse rassicurarla. Ollivander era un così curioso misto di sarcasmo, lunatismo e rara premura, che neppure l'esperienza di una vita – Hermione ne era certa – le sarebbe bastata a capirlo fino in fondo. Finalmente si decise, sempre in tono leggero e quasi casuale, a rivelarle l'arcano.

"E' assai malleabile, mia cara e affranta apprendista". Il fatto che stesse lavorando il nocciolo non era, come lei aveva sospettato, un caso. L'intento del vecchio Garrick era ben preciso: le stava suggerendo di ripartire da lì, da un legno più morbido e maneggevole, che non fosse difficilissimo perfino da intagliare – come invece era quello di rosa, scelto da Hermione il giorno prima. Lei sospirò e gettò la spugna. A che scopo tacere ancora? Doveva parlare a quell'uomo dei suoi dubbi e domandargli, a cuore aperto, se in lei ci fosse qualcosa di buono – qualcosa da buttare. In caso contrario l'avrebbe capito e sarebbe andata via; un po' come quando un ramo, colto per errore, non era adatto a diventare una bacchetta magica, e lei era costretta a gettarlo via.

"L'ho delusa molto?" domandò quindi.

"Prego?" ribattè l'uomo. Avrebbe volentieri fatto a meno di parlarne, poiché dal canto suo non ne sentiva alcuna esigenza, ma sapeva che prima Hermione avesse accettato il proprio fallimento, prima si sarebbe rimessa al lavoro.

"Ho usato il legno sbagliato, la procedura scorretta, e per poco non facevo esplodere la bottega..." mugugnò, a capo chino. Lo sentì ridacchiare e posare la bacchetta con cui stava ancora armeggiando.

"Elencati così sembrano una serie di crimini irreparabili" commentò il mago. Hermione sollevò la testa per incontrare i suoi occhi argentei. "Ti assicuro, ragazza, che non lo sono".

"Va bene, non saranno delitti; ma sono errori gravi per una che ha la pretesa di fabbricar bacchette" replicò. "Non sono all'altezza signore, non lo sono mai stata".

"Certo che non lo sei stata: era la tua prima bacchetta! Bisogna lavorare sodo per ottenere quello che si vuole. Non credevo di dovertelo insegnare".

Quell'uomo aveva la capacità di farla sentire ignorante come una scolaretta.

Lei, che sapeva tutto di ogni cosa.

Un pensiero si era insinuato fisso tra le pieghe della sua mente, e ora Hermione non riusciva a scacciarlo. Era un dubbio che stravolgeva la sua visione dell'intero Mondo Magico come lei lo aveva sempre percepito, perfino. Pensò che tanto valeva smettere di tormentarsi ed esporre chiaramente la sua teoria a Ollivander; magari avrebbe colto nel segno; magari il bacchettaio ci aveva già pensato e, per delicatezza, era sempre stato restio a parlarle apertamente di una così catastrofica possibilità. Tossì un paio di volte, finchè il vecchio mago si accorse che voleva dire qualcosa di importante. Continuò a rigirarsi la bacchetta tra le mani, ma si mise in ascolto.

"Alcuni maghi" mormorò, "sostengono che l'arte delle bacchette sia praticabile solo da chi ha sempre respirato magia". Calcò con forza sul verbo 'respirare' perchè era quello che meglio rendeva il concetto. Era certa che Ollivander avrebbe capito cosa voleva dire.

Ollivander la scrutò un attimo: appariva divertito e scandalizzato allo stesso tempo da ciò che Hermione aveva detto.

"E con ciò? A mia zia Rosamund piaceva sostenere di essere un gran soprano, eppure chiunque la sentisse cantare era pronto a tapparsi le orecchie".

Hermione sorrise, lieta di sentirlo scherzare su un argomento che lei per prima riteneva assurdo trattare ma che, prima di addormentarsi, le aveva dato da pensare.

Per l'uomo il discorso sembrava chiuso, dato che aveva smesso di guardarla, ma per Hermione era appena iniziato. Doveva togliersi quel sassolino dalla scarpa, o non avrebbe potuto svolgere serenamente il lavoro per cui, per inciso, aveva rinunciato a tutta la sua carriera.

"Dico sul serio, signore".

"Oh, ma anche io: era semplicemente terribile ascoltarla" continuò. "Ricordo la cena della Vigilia di Natale millenovecen..."

"Signore!" lo interruppe Hermione.

Levò lo sguardo sulla ragazza, ma si rese conto che una battuta non sarebbe bastata a liquidare la faccenda. Sospirò e borbottò fra sè, per poi alzarsi e mettersi di fronte a Hermione, di modo che potesse scorgere ogni espressione del suo viso. Lanciò un incantesimo alla porta chiudendola dall'interno; fece comparire un cartello con su scritto 'Torno subito', per poi correggerlo con la parola 'torniamo' – sfumatura che Hermione apprezzò molto più di quanto l'uomo potesse immaginare.

"Tanto vale fare le cose per bene..." bofonchiò Evocando due comode poltrone e mettendosi a sedere su una di queste.

"Le ho mai detto che sarebbe molto più sensato arredare questo posto?" domandò Hermione, nell'ennesimo disperato tentativo di rendere presentabile la bottega. La ragazza si sedette sull'altra poltrona, lilla e tanto soffice da poterci sprofondare. Grazie a Ollivander, la tensione che la divorava si stava allentando.

"Almeno un milione di volte, e la mia risposta è sempre la stessa: NO! Questo posto non si tocca!" disse, autoritario. "Non finché sarò io il proprietario".

Hermione non si azzardò a replicare, limitandosi ad alzare gli occhi al cielo: quell'uomo era decisamente troppo ancorato al passato, benchè lei non ne sapesse granché. Si rese conto in quel momento che possedeva davvero pochi dettagli riguardo alla vita del suo datore di lavoro, e che probabilmente non ne avrebbe mai conosciuti altri, data la riservatezza del soggetto in questione.

Ollivander tacque un poco e si sistemò meglio sulla poltrona, mentre Hermione, nel tentativo di mettersi comoda, sprofondò sempre più nella propria.

"Mia cara ragazza" esordì, "mi sembra molto strano che tu, col tuo intelletto più che funzionante, venga a riferirmi una diceria così infondata". Dunque Garrick aveva compreso a cosa si stesse riferendo. Hermione riprese a respirare regolarmente, accorgendosi di aver trattenuto il fiato nell'attesa che il mago iniziasse a parlare.

"Lei che ne pensa del fatto che i Nati Babbani abbiano scarse possibilità di riuscire nell'arte delle bacchette?"

"Penso che sia un'idiozia" disse seccamente. "Hermione, tu non hai cercato la magia: sei stata scelta! Proprio come una bacchetta sceglie il suo mago".

Era più forte di lui, pensò Hermione, non poteva proprio realizzare un paragone senza che questo coinvolgesse in qualche modo il mondo delle bacchette. Un po' come suo padre, tifoso dell'Arsenal, e sempre pronto a innestare paragoni calcistici.

"Questo non c'entra" mormorò affranta.

"C'entra eccome; sei Nata Babbana, ma la magia che c'è in te è talmente forte da superare le barriere, richiamando dei geni magici che, sicuramente, erano presenti in famiglia, ma certamente non in tuoi parenti prossimi..."

Se quello era un modo per blandirla, per farla sentire meglio, Hermione doveva ammettere che stava dando i suoi frutti. Tuttavia, per la strega l'argomento era spinoso e le domande, rinchiuse in un cassetto della mente da tanto tempo, erano troppe per poter essere ignorate.

Anche Ollivander doveva saperlo; immaginava da sempre che prima o poi sarebbe saltato fuori il mito vecchio come il cucco per cui un Purosangue avrebbe un maggior potenziale magico e, percependo la magia meglio di un Nato Babbano, avrebbe più possibità di riuscire in un'arte – delicata e permeata da magia spontanea – come quella del fabbricare bacchette.

"Tutte ipotesi, e tutte infondate" ribadì l'uomo, guardandola con gli occhi cerulei, di un argento scolorito dagli anni. "Le tue origini non possono avere nulla a che fare con questo" ribadì, indicando l'ammasso di suppellettili, polvere, scaffali di legno stracolmi di bacchette e cassetti traboccanti di crini di unicorno e piume di fenice – ovvero, la propria bottega. "Non più di quanto ce l'abbiano le mie". Forse, per le orecchie di Hermione, quest'ultima aggiunta fu troppo.

"Come può dire una simile eresia?" lo riprese. "Questo posto è della famiglia Ollivander, la sua famiglia, da generazioni! Suo padre costruiva bacchette e suo nonno prima di lui e così via, probabilmente fino alla millesima generazione a ritroso".

Il mago parve sul punto di ribattere a quella che pareva un'accusa, ma non ne ebbe modo, perché Hermione seguitò a parlare, spostando lo sguardo sul vecchio campanello, solitamente pronto a squillare all'ingresso di qualcuno, ma ora muto.

"L'insegna d'oro, per quanto scrostata e malandata, parla chiaro: bacchette di qualità superiore dal 382 a.C." citò a memoria. "Da allora ad oggi intercorre un lasso di tempo in cui la sua famiglia deve aver accumulato un sapere che io non sarò mai in grado di mettere in pratica, e poi..." Ollivander, a questo punto, aveva già previsto la piega che la conversazione avrebbe preso, e decise di troncarla sul nascere.

"Basta!" tuonò, interrompendola. "E' vero" iniziò con più calma, "che la famiglia Ollivander fabbrica bacchette da molto tempo, e che le conoscenze accumulate in millenni di ricerche sono molte – anche se mi pregio di essere io il componente della famiglia che ha apportato maggiori progressi al nostro metodo..." Hermione trattenne una risatina nel vederlo così tronfio per i suoi, seppure innegabili, meriti.

"Questo, però, non ha niente a che vedere col mio sangue puro, signorina Granger" affermò serio. Lo disse fissandola, senza neppure sbattere le palpebre, perché sapesse che non stava mentendo. Le sue parole erano sincere; Hermione lo sentiva.

"Non so quante persone nel mio ambiente credano ancora a queste vecchie chiacchiere per comari purosangue, anche se spero siano poche. Mi aspettavo che la mia apprendista non vi prestasse la minima attenzione" la rimbrottò. "Non essere riuscita a fabbricare una bacchetta al primo colpo non fa di te una pessima bacchettaia. Avrai molte occasioni per riprovare, e per fallire ancora – oggi stesso, per esempio. Questo però non deve distrarti per un momento dall'obiettivo finale: la bacchetta perfetta. Se avrò percezione che i tuoi fallimenti, anzichè spronarti, ti scoraggiano, allora si che dovrai temere il licenziamento!"

La stava apertamente minacciando, tanto per non metterle pressione. Hermione tentò di farfugliare qualcosa in merito alle proprie insicurezze, al fatto che sentiva di avere qualcosa in meno da far valere in quel campo, ma fu inutile.

Non l'avrebbe commiserata, nossignore! Quant'era vero che il suo nome era Garrick Ollivander, lui non avrebbe commiserato nè giustificato la sua apprendista neanche per un solo secondo!

"Quello che voglio dire" ripartì, "è che non è il grado di magia presente nel tuo sangue che determina la tua bravura nell'intagliare e realizzare bacchette. È vero che non chiunque può farlo" ammise, poiché a lui piaceva considerarsi un eletto, "ma è altresì vero che io, Garrick, figlio di Gervaise e nipote di Gerbold Ollivander, credo fermamente che tu non sia chiunque, Hermione, e che in te brilli la fiamma che è necessaria a tutte le missioni: la passione".

Non avrebbe mai pensato, assumendola, di doverla anche aiutare, incoraggiare, supportare. Si aspettava solo di prendere con sè una ragazza desiderosa di affidarsi al sapere di un anziano mentore. Si aspettava di doverla istruire, non di doverla educare. E invece gli era toccato anche quello.

"Sei nata per fare questo mestiere; di rado faccio pronostici sulle persone – preferisco attenermi al mio campo e pronosticare sulle bacchette -, ma, quando li azzardo, difficilmente sbaglio. So che puoi farcela, come so di essere stato troppo e allo stesso tempo troppo poco duro".

"S-signore?" Il volto di Hermione era diventato un gigantesco punto interrogativo. Stava giusto per commuoversi e lui, ovviamente, virava direzione al discorso.

"Voglio dire che ti ho messo fretta senza però darti sufficienti indicazioni su quel che ti apprestavi ad affrontare".

"Lo dice come se mi avesse mandato ad affrontare un drago senza bacchetta" commentò. Ora le sembrava eccessivo dire che non aveva gli strumenti cognitivi per realizzare una bacchetta. Lui le aveva fornito tutte le istruzioni, era stata lei ad aver fallito. La conoscenza che aveva accumulato non le era bastata, ma questo non faceva di Ollivander un cattivo insegnante.

"Darti delle nozioni o delle dimostrazioni non basta, devi sapere di potercela fare, e per questo ho intenzione di andare con calma, passo dopo passo" iniziò a spiegare. "Inizieremo con l'esterno, concentrandoci sul come intagliare il legno grezzo affinché diventi uno strumento; il secondo passo sarà assicurarci di aver selezionato con la massima cura i materiali da usare per il nucleo, e da ultimo ti insegnerò con dovizia di dettagli a fondere i primi due passi nel terzo, che è poi il risultato, il fine ultimo dei tuoi sforzi: la bacchetta. Tutto chiaro?"

Ci aveva pensato tutta la notte, fin dal giorno prima, quando l'aveva vista abbattuta per il fallimento. La colpa, come aveva appena ammesso, non era solo di Hermione, ma anche sua. Aveva date per scontate troppe cose che invece, per quanto Hermione fosse sveglia e preparata, non potevano essere lasciate al caso. Doveva essere più presente come maestro – e come appoggio – e lo sarebbe stato.

Non aveva nessun altro a cui lasciare quel posto e, se non voleva che i maghi e le streghe inglesi, alla sua morte, cominciassero ad uccidersi accidentalmente con le bacchette terribili di Jimmy Kiddle, doveva impegnarsi affinché Hermione divenisse la degna erede dell'impresa Ollivander.

L'alternativa era importare bacchette che non fossero state create in Gran Bretagna, ma Garrick Ollivander avrebbe venduto l'anima al diavolo piuttosto che permettere un simile affrontp alla sua memoria.

No, il suo negozio l'avrebbe portato avanti qualcuno a cui teneva, qualcuno di cui si fidava, qualcuno che avrebbe istuito lui personalmente – e solo una persona rispondeva a una descrizione del genere.

"Tutto chiaro, signore" replicò la ragazza, raccogliendo i ricci ribelli in un comodo quanto disordinato chignon. Notò un sorriso sulle labbra della strega, ora combattiva: la sua apprendista, Hermione Granger, era tornata.







Avevano appena concluso la conversazione quando udirono dei colpi sordi dall'esterno: qualcuno stava bussando alla porta. Le vetrine erano oscurate dall'interno – una fissazione di Ollivander: quando il negozio era in pausa per un qualunque motivo, non gradiva che dall'esterno si potesse spiare l'interno vuoto del negozio. Hermione non aveva mai capito questa mania, ma gliela concedeva, prendendo in considerazione lo smodato attaccamento che lui nutriva per quel posto. Prese posizione dietro al bancone nel momento esatto in cui Ollivander tolse l'incanto oscurante; fu così che vide Fred Weasley all'esterno del negozio. Fu una frazione di secondo: mentre la bacchetta di carpino tra le mani del vecchio si muoveva per sbloccare la porta, Hermione si accucciò sotto il bancone.

"Salve, signore" esordì Fred, leggermente a disagio.

"Salve, signor Weasley" replicò Ollivander, cortese. Hermione pensò di aver fatto un'azione molto stupida ad infilarsi sotto il bancone; Fred avrebbe chiesto dov'era e Ollivander avrebbe risposto che era stata lì fino ad un momento prima, causandole involontariamente una colossale figuraccia.

"Bel tempo, eh?" osservò Fred, in tono casuale.

"E' nuvolo, signor Weasley" gli fece notare Ollivander, impietoso. Volse la testa per gettare una rapida occhiata dietro di sè.

Aveva percepito qualcosa di strano; Fred Weasley era entrato salutando solo lui, ed ora si spiegava il perché: Hermione, un attimo prima ben visibile al bancone, era scomparsa con la velocità di un lampo.

"Già, il tempo è orribile" ammise Fred. "Io stavo cercando..."

"La signorina Granger, suppongo".

Hermione si fece piccola piccola, come spesso capita in situazioni del genere (non che tutti si nascondano sotto al bancone di un bacchettaio, ovviamente!), nella speranza che la situazione volgesse al meglio. Stava già elaborando nella propria mente tre o quattro scuse da propinare sul perché si trovasse lì sotto – scuse che, ovviamente, erano totalmente inutili da rifilare a Fred-re-dei-trucchetti-Weasley.

"Esatto..." La strega percepì una nota di imbarazzo nella conferma da parte di Fred, e la voce di lui, inaspettatamente, le scaldò il cuore. Non sapeva bene perché voleva evitare di incontrarlo; la situazione era sempre più strana, e dopo quello che era successo la sera prima non avrebbe proprio saputo cosa dire. Temeva di non proferire parola o, peggio, di parlare a vanvera. Inoltre non voleva che una conversazione andata male influenzasse il suo pomeriggio di lavoro, dopo tutto ciò che Ollivander le aveva raccomandato. Per il momento, era certa di voler evitare Fred Weasley.

"Siamo coinquilini sa... la cerco per dirle una cosa importante riguardo all'affitto... dobbiamo ancora pagarlo..." mentì con un filo di voce. Hermione aveva il sospetto che l'anziano mago mettesse il più giovane in soggezione. Ad ogni modo, aveva mentito: Hermione pagava sì il fitto a Fred che, però, non aveva nessuno a cui pagare una pigione a sua volta, dal momento che l'appartamento, direttamente collegato ai Tiri Vispi, era di proprietà dei gemelli.

L'avevano comprato insieme al negozio per comodità, nella certezza che fare 'casa e bottega' fosse la cosa migliore per i primi tempi. Solo che George si era accasato, e per Fred quella casa stava acquisendo più valore sentimentale di quanto non fosse lecito.

Vi fu un breve silenzio; Hermione aspettava di essere smascherata da un momento all'altro, ma non avvenne.

"La signorina Granger purtroppo non è qui" dichiarò Ollivander, con totale convinzione. Se Hermione non fosse stata lì dentro, il tono sicuro del vecchio avrebbe persuaso anche lei."L'ho mandata a fare alcune commissioni per mio conto; è la mia apprendista, dopotutto".

"Cosa? Oh, ma certo" blaterò l'altro, un po' deluso. "Ma lei non..." Stava per attaccare con un'altra domanda, ma Ollivander lo battè sul campo cominciando a cianciare di bacchette – che poi era ciò che sapeva fare meglio.

"La mia bacchetta di carpino" disse rigirandosela tra le dita, "non è in gran forma, vero?" Fred le gettò un'occhiata disinteressata, per pura cortesia.

"Mi sembra sia a posto" buttò lì, senza sapere come replicare. Era totalmente ignaro di cosa potesse rendere una bacchetta 'non in gran forma', e di come riconoscere i sintomi.

"E il suo peccio? Lo tratta con cura spero..." domandò Garrick con tono autoritario. Hermione sapeva cosa stava facendo: voleva stancare Fred e cacciarlo dal negozio il più in fretta possibile.

"Lui è, ehm, in ottima salute" replicò stranito. Di sicuro non era la conversazione che si era preparato a sostenere quando era entrato nella bottega, ma dovette capire che, per il momento, era opportuno ritirarsi in buon ordine.

"D'accordo" tossicchiò. "Credo che ripasserò. Buona giornata signore".

Un secondo dopo, Hermione udì di nuovo il campanello tintinnare e il rumore della porta sbattuta, e decise di essere abbastanza al sicuro da potersi rialzare.

La prima cosa che vide, una volta fuoriuscita dalla sua tana, fu il volto livido e perplesso di Ollivander. Ancor più che seccato – e lo era profondamente -, appariva meravigliato. Hermione glielo fece notare immediatamente.

"Sono meravigliato da me stesso" ammise. "Di solito non mento, e non mi piace coprire le persone che si nascondono per motivi che non conosco" – e qui Hermione tentò di parlare – "e che non voglio conoscere" aggiunse l'uomo.

"Signore, mi spiace, è stata una mossa davvero stupida, ma è stato più forte di me. E poi, una volta accucciata, non potevo far altro che sperare che lei mi coprisse. Come ha fatto a capire?"

"Che non volevi parlargli?!" domandò retoricamente. "Stavamo parlando e quando mi sono girato non ti ho vista; sapevo che non potevi non esserci, e così ho dedotto che semplicemente non volessi farti trovare. È palese che non te la senta di parlare al signor Weasley".

"Non conosco le tue ragioni, come ho detto e, soprattutto, non voglio conoscerle; spero solo che le tue faccende personali non interferiscano mai con il nostro lavoro, e con questo considero chiuso l'incidente".

Hermione non riusciva a credere a tanta fortuna. Era uscita incolume da quella che si prospettava come una ramanzina coi fiocchi e poi era stata coperta dal suo capo, che l'aveva tenuta nascosta senza neppure chiederle conto di nulla.





Ollivander dette a Hermione una serie di compiti da svolgere mentre lui preparava un 'piano di battaglia' – così l'aveva chiamato – e decideva da dove iniziare a massacrarla con il suo nuovo 'programma intensivo'. Hermione sperava solo non fosse qualcosa di eccessivamente sfinente – volitiva e carica sì, ma non al punto da volersi autodistruggere. Lei, nel frattempo, ripensava alla visita di Fred.

Era andato lì per parlarle della sera prima? Certo che sì! Cosa voleva dirle? Che era stato un errore, un azzardo, o che non ne poteva più dei suoi bruschi cambiamenti e doveva decidersi – queste erano le parole che aveva usato l'ultima volta.

Senza dubbio valide argomentazioni; ed Hermione non aveva delle controargomentazioni tanto buone, purtroppo. Ad ogni modo, per il momento era riuscita ad evitare un sano confronto, da persona adulta e matura qual' era.

Non ebbe molto tempo per rifletterci, comunque. Ollivander pareva essere stato preso da una bizzarra frenesia; si aggirava per il negozio come un calabrone in volo e borbottava tra sè e sè senza che Hermione riuscisse a capire una sola sillaba.

"Dunque!" Il flusso dei pensieri della ragazza si bloccò di colpo – insieme al suo respiro. L'uomo le era sbucato di colpo dietro le spalle, mentre era sovrapensiero.

"Mi ha fatto prendere un colpo!"squittì.

"Mi rincresce" replicò formale, ma niente affatto dispiaciuto. "Ho deciso che inizieremo con l'intaglio" annunciò.

"L'ha già detto, signore" sbuffò Hermione.

"Oh, giusto" replicò distrattamente.

"E' certo di sentirsi bene?" domandò. "Senza offesa, mi ricorda vagamente il professor Allock dopo il suo auto-incantesimo di memoria" commentò. Ricordava ancora quando, al San Mungo, aveva visto gli effetti di quel capolavoro che era stato l'Oblivion di Allock su se stesso.*

"Mi sento piuttosto bene, grazie" scattò lui. Poi tirò fuori l'orologio da taschino in oro massiccio che portava nel panciotto. Sembrava pensare che fossero fuori tempo massimo per qualcosa. E infatti disse:

"Siamo in ritardo sulla tabella di marcia". Hermione lo guardò aggrottando la fronte.

"Quale tabella di marcia, signore?"

"Quella che ho appena ideato e di cui non ho intenzione di metterti a parte".

"Non avevo dubbi..." La vena di sarcastica rassegnazione nel tono della ragazza era talmente evidente che persino Luna Lovegood sarebbe riuscita a coglierla. E Luna non coglieva mai il sarcasmo.

A proposito di Luna, Hermione non si era comportata bene negli ultimi tempi. L'amica le aveva scritto il giorno prima e lei non aveva ancora aperto la lettera. Era indubbio che fosse, ultimamente, molto impegnata. Ma anche Luna avrebbe potuto rivendicarlo: era una stimata naturalista del Mondo Magico e stava per sposarsi con Rolf, nipote del magizoologo Newt Scamander, che svolgeva la stessa professione di suo nonno.

Insomma, Luna aveva sicuramente molti impegni, eppure aveva trovato il tempo di inviarle un gufo... e Hermione non si era neppure curata di aprire la busta e scoprirne il contenuto.

Stava giusto riflettendo sul suo pessimo comportamento in fatto di relazioni interpersonali, quando udì nuovamente il trillo del campanello. Pregò ché non fosse di nuovo Fred, perché stavolta non avrebbe fatto in tempo a nascondersi. Rimase perciò dritta e salda sui piedi, dietro il bancone, in attesa che entrasse qualcuno.

Riconobbe subito l'andatura dinoccolata e l'aria svagata dell'amica. I capelli biondo sporco, lunghi fino alla cintola, e gli orecchini a forma di cavalluccio marino rendevano unica quella ragazza pallida ed eterea. Luna Lovegood in carne ed ossa era nel negozio di Ollivander. Aveva un atteggiamento spensierato e una brutta cicatrice alla mano – segno, pensò Hermione, che aveva aiutato Xenophilius, il padre, ad estrarre i baccelli dalle sue piante di Pugnacio. Hermione continuava a ritenerla un'attività ad alto rischio, ma nessuno in quella famiglia sembrava curarsene. Sperava solo che il futuro sposo fosse leggermente più assennato di Luna, o la loro nuova casa sarebbe esplosa ancor prima che potessero porre all'esterno un tappeto di benvenuto.

"Buongiorno signor Ollivander" esordì cortese, "e buongiorno Hermione". Il primo le fece un gran sorriso, coprendo con la propria voce il tentativo di Hermione di salutarla a sua volta.

"Luna, che piacere averti qui!" esclamò gioviale. "Non hai problemi con la tua bacchetta vero? Perché non ci metto niente a sistemarla in quattro e quattr'otto..." si offrì. Con Luna, magicamente, egli era tutto zucchero e premure. La ragazza gli fece un sorriso e declinò l'offerta; la sua bacchetta non aveva niente che non andasse, e lei era lì per porgere i più sentiti omaggi ma anche per parlare con Hermione.

"Con me?"

"Con te, proprio". Il tono di Luna era più che serio. "Mio padre mi ha detto di dirti che quel suo amico editore gli ha detto che il proprietario di una libreria gli ha detto che sarebbe disposto ad un incontro pubblico" spiegò d'un fiato. "Non è magnifico?"

"Ne sarei certa" replicò Hermione confusa. "Se solo avessi compreso una sola delle parole che hai appena pronunciato".

Luna parve lievemente seccata che Hermione non capisse al volo l'opportunità che – evidentemente – la entusiasmava tanto.

"L'editore che ha comprato la tua traduzione dice che le prime copie hanno venduto; dunque vuole lanciarla per bene sul mercato facendo una presentazione come si deve, in libreria!" Ora la cosa era decisamente più chiara per Hermione. Il libro non solo andava bene, ma l'editore aveva deciso di investirci pubblicizzandolo maggiormente. Un vecchio libro di fiabe magiche, tradotte dalle Antiche Rune da una dei salvatori del Mondo Magico, con il commento del compianto e stimato professor Silente: era intuibile il perché entusiasmasse così tanto il pubblico. Per la casa editrice, poi, era tutta visibilità.

"Ottimo, ma io che c'entro?" domandò perplessa.

"Sei la persona che ha tradotto e adattato le Rune Antiche, oltre che una personalità di spicco, quindi non puoi mancare!" disse perentoria. Non aveva l'aria di qualcuno che si può facilmente mettere a tacere, ma allo stesso tempo sfoggiava un tono quasi casuale. Come se ogni parola da lei pronunciata fosse esattamente lì dove doveva essere. Hermione odiava questa caratteristica di Luna; le dava sempre la sensazione di essere, in un certo senso, manipolata. Insomma, ogni volta che la sentiva parlare, anche a lei certe cose iniziavano ad apparire ovvie, come se non si potesse fare altrimenti. Luna era convincente e frustrante al tempo stesso. Hermione decise che avrebbe rinunciato in partenza a qualsiasi forma di protesta. Gli occhi chiari e gioviali dell'amica sconsigliavano caldamente questa opzione.

"D'accordo, verrò. A condizione che non tocchi a me presentare il libro; dirò al massimo qualche parola sulle note di traduzione".

Come no, Hermione!, pensò. Di certo ti farai prendere la mano e parlerai di Silente e degli appunti.

Leggere le note, che Silente aveva lasciato per le cinque fiabe presenti all'interno del volume, l'aveva toccata. Dopo la prima volta, naturalmente, ne aveva replicata la lettura in più occasioni.

"Oh, papà ne sarà entusiasta: vado subito a dargli la notizia!" esclamò Luna. Baciò il signor Ollivander sulla guancia e lo invitò a presenziare all'occasione. Lui si schernì dicendo di essere troppo anziano per eventi pubblici, ma infine acconsentì. Non era ancora decisa una data, ma sarebbe stato presto – in settimana, probabilmente – , e lei stessa avrebbe inviato un gufo a Hermione.

Ollivander, con sempre maggiore sorpresa di Hermione, non era minimamente capace di rifiutare alcunché a Luna Lovegood. Dovevano aver passato dei momenti terribili nei sotterranei di Villa Malfoy, per esserne usciti così uniti.

Del resto, anche lei aveva potuto 'ammirare' il potere lugubre e negativo di quel posto durante la Seconda Guerra Magica.

Luna salutò allegramente e uscì dal negozio, pronta a fare una bella passeggiata a Diagon Alley.

"Non mi avevi detto del libro" bofonchiò Ollivander.

"Sono certa di averlo fatto" replicò Hermione, convinta.

"Non so, e non credo neppure mi avresti invitato".

"L'avrei fatto certamente, invece" ribattè piccata. "Piuttosto, non so se lei, da me, avrebbe accettato l'invito..." Con questo, aveva lanciato una frecciatina.

Non che fosse gelosa del rapporto tra Ollivander e Luna, ma quel vecchietto era il suo vecchietto – mentore, maestro, amico – e nessuno, neppure Luna, aveva il permesso di essere da lui tenuta in maggior considerazione rispetto a Hermione.

"Oh coraggio, sei sempre tu la mia apprendista preferita" sogghignò.

"Sono l'unica!" sbuffò lei, facendolo ridere di gusto.

Si mise poi a smistare i legni utili, dividendoli da rami che aveva raccolto lei stessa ma che, comunque, le sembravano inutilizzabili al fine di costruire una buona bacchetta. Non importava la forma – aveva visto moltissime bacchette intagliate in forme appositamente rozze, create per seguire la corrente di magia che c'era nel legno stesso -, bensì l'energia che si percepiva direttamente dal legno (oltre alla robustezza, verificata da uno scrupoloso controllo). In quelli che al momento tutti avrebbero visto come 'tocchi di legno', Hermione vedeva qualcosa che avrebbe imparato a controllare e scolpire e intagliare finché tra l'esterno e il nucleo della bacchetta non ci fosse stato totale accordo. Tutto questo, si disse, sarebbe venuto da sè, con impegno e dedizione. Passo dopo passo.








Chiuse la porta lasciandosi quel mondo polveroso e magnifico alle spalle, decisa a non pensare a nulla che potesse turbarla. Doveva restare concentrata per tutto il tempo, l'aveva stabilito con se stessa. Non si sarebbe lasciata sviare da niente e da nessuno finché non avesse raggiunto l'obiettivo: la bacchetta perfetta.

In giornata aveva evitato di ritentare, per rispetto all'accordo con il bacchettaio, ovvero di procedere passo dopo passo. Era certa che, come le aveva assicurato anche Ollivander, avrebbe combinato un altro disastro. Tra le prime qualità che Garrick le aveva richiesto, quando l'aveva assunta, c'era anche e soprattutto la pazienza, indispensabile per una ragazza che vuole cimentarsi con l'Arte delle Bacchette. Ne avrebbe avuta e, un giorno o l'altro, avrebbe ottenuto i frutti di quella semina. Anche le sue mani, come quelle di Ollivander, avrebbero creato un oggetto ad alto potenziale magico, disvelandolo da un banale ciocco di legno. Anche le sue, di mani, avrebbero agilmente intagliato ed intarsiato con minuzia maniacale ottenendo una bacchetta – possibilmente funzionante.

Prima che uscisse dal negozio, Ollivander l'aveva guardata negli occhi e le aveva detto che non importava quanto tempo ci avrebbe messo ad imparare, sarebbe stato tempo ben speso.

La guardò uscire e si avvicinò alla vetrina per seguirla con lo sguardo. Si stava allontanando a piccoli passi, e Garrick non potè fare a meno di gioire per averla trovata. Perché in lei aveva visto lo scintillio della fiamma che ardeva nei suoi occhi, il desiderio profondo di arrivare a conoscere l'arte delle bacchette bene quanto lui.

E, benché non l'avrebbe ammesso per mille galeoni, era certo che, con un po' d'aiuto, Hermione Granger ce l'avrebbe fatta. Sarebbe stata sua pari, un giorno; e l'avrebbe anche superato – come ogni bravo allievo fa col proprio maestro, e come Garrick stesso aveva fatto, molto tempo addietro, con il padre. Per ora, era necessario solo istruire e incoraggiare, il tempo e l'abilità avrebbero fatto il resto.







Hermione aveva pensato di fare un' improvvisata a Grimmauld Place, perché le mancavano Harry e Ginny e perché non aveva il coraggio di andare a casa e affrontare la situazione con Fred.

Giorni prima, se ben ricordava, Ginny le aveva proposto una cena insieme durante la settimana. Autoinvitarsi le sarebbe parso scortese con chiunque, ma non con i Potter – che tra l'altro avevano già fatto pace.

Ci sarebbero rimasti assai male se avessero saputo che Hermione si faceva di questi scrupoli, perciò aveva tutte le intenzioni di invitarsi a cenare da loro.

A Fred, ammesso e non concesso che fosse in casa, avrebbe detto che aveva precedentemente preso impegno con sua sorella e Harry.

Tuffò la mano destra nella borsa nella speranza di trovare il cellulare al primo colpo e, quando l'ebbe in pugno, si affrettò a chiamare Harry. Non era spento nè occupato, il che era già un segno positivo. Almeno era certa che non avrebbero dovuto comunicare via gufo. Improvvisamente udì la voce di Harry dall'altra parte.

"Harry!"esclamò, "Mi chiedevo se tu e Ginny aveste impegni stasera, o se posso passare per un saluto..." buttò lì. Sperava proprio di vederli.

"Ma certo che puoi; ci sono altri amici qui con noi, ma non credo sarà un problema, ti aspetto tra cinque minuti, hai il mio permesso di materializzarti direttamente in casa – non lo troverò irriverente".*

Hermione rise sentendolo riattaccare e si dispose a Smaterializzarsi.

Ombrello appeso al braccio, cappello e cappotto addosso, stivaletti comodi ai piedi e, nella sua magica borsa a perline, qualche campione di bacchetta che aveva portato via dal negozio per analizzarla meglio. Si diede un'ultima occhiata intorno e poi, volteggiando su se stessa, scomparve con un sonoro 'pop'.






L'entrata in scena da Harry fu un po' rumorosa. Hermione veva avuto il permesso di Materializzarsi in casa, anzichè fuori, ma sbagliò di poco la mira e, invece dell'ingresso, atterrò al centro della camera da pranzo, accerchiata dagli altri ospiti della serata, quelli che Harry aveva definito 'altri pochi amici'.

Non sono, pensò Hermione, poi tanto pochi.

Prima di raggiungere Ginny, accucciata davanti al camino, dovette salutare Neville e la sua ragazza, Hannah Abbott. Rolf e Luna, eccentrica come sempre, le tributarono mille onori. Notò una nutrita schiera di ex Grifondoro ora cacciatrici delle Holyhead Harpies insieme a Ginevra, tra cui Angelina, Alicia Spinnett e Katie Bell. Salutò tutte sbirciando verso Ginny dall'altra parte della stanza, ancora accucciata, evidentemente intenta a parlare con qualcuno via camino. Avvertì un certo terrore pervaderle le viscere quando vide George Weasley entrare in sala da pranzo, forse di ritorno dalla toilette. Sentiva di voler raggiungere al più presto Ginny, ma fu intercettata da George che le circondò le spalle con un braccio, per segnalarle che non sarebbe fuggita tanto presto. Il timore che volesse torchiarla ben bene si fece largo nelle pieghe della sua mente, e la strega cominciò a frugarvi in cerca di un modo per liberarsi di George.

"Harry non mi aveva detto che era un party" buttò lì. "Sarei senz'altro ripassata". George mise su un mezzo sorriso.

"Ma come! È anche per te: l'ha organizzato Luna..." Hermione non era certa di essere tanto acuta da poter comprendere i nessi logici alla base delle azioni di Luna – a dire il vero, non ne era mai stata capace.

Ad ogni modo, la sua più grande preoccupazione al momento era raggiungere Ginny che ancora discuteva animatamente con i tizzoni ardenti nel caminetto.

"Con chi parla Ginny?" chiese, presagendo qualcosa di orribile.

"Tenta di convincere qualcuno a venire al party..." Lo disse facendole il verso.

Una parte di lei, l'inconscio, era certa di conoscere l'identità dell'interlocutore, benché sperasse di sbagliarsi. La sola persona la cui mancanza fosse, a colpo d'occhio, evidente. O forse era lei a notarla.

"Ginny sembra metterci molto impegno".

"Oh sì, è pur sempre nostro fratello" replicò.

"Bill?" chiese. George scosse la testa.

"Ron?" George agitò l'indice destro, negando nuovamente.

"Ritenta" le disse con un sorriso sornione.

"Fred..." Era una constatazione, più che una domanda; tanto che George si limitò a un cenno affermativo, senza neppure prendersi la briga di dire due parole in proposito a quella tragedia. Sì, perché rivederlo lì, ora, in mezzo a tante persone amiche, proprio quando si era data tanta pena per evitarlo, le sembrava una tragedia irrisolvibile, opera del destino. Era una bambina, ecco cosa. Si sentiva una bambina, pronta per giocare a nascondino sotto il bancone della bottega ma non per parlare con una delle persone a lei più care. Sei patetica, Hermione Granger.

George continuava a fissarla senza proferire verbo; non per la prima volta Hermione si chiese quanti e quali particolari della storia conoscesse, perché sul fatto che Fred lo avesse informato non vi erano ormai dubbi.

Ad un certo punto, presa nei suoi pensieri, notò uno sbuffo di fumo e di ceneri provenire dal camino, dal quale uscì un uomo alto con i capelli rossi e il viso fin troppo familiare. Era proprio l'idea di famiglia che le evocava a metterla tanto a disagio – oltre a tutto il resto, certo.

Le sue peggiori paure erano appena divenute realtà, uscite in carne ed ossa dal camino di Harry Potter. Evidentemente Ginny aveva utilizzato le giuste argomentazioni per convincere un giovane annoiato a recarsi in Grimmaud Place. Quello che Hermione non avrebbe mai saputo è che lei stessa era stata l'esca per intrappolare Fred.

Ginny, dopo averle provate tutte, si era accidentalmente lasciata sfuggire il nome di Hermione; Fred, in un attimo, era saltato fuori dal camino – senza curarsi di stare avvalorando, con un simile comportamento, l'ipotesi che la sorellina aveva formulato sui sentimenti che quello zuccone nutriva per la Granger.

Hermione non sapeva che fare; quella mattina a nasconderla ci aveva pensato Ollivander, ma adesso si sentiva in 'campo aperto'; aveva davvero poche possibilità di affrontare l'incontro. Una di queste possibilità le andò a sbattere addosso con nonchalance, benché solitamente sfoggiasse movenze molto più aggraziate.

"Luna!" esclamò Hermione, sentendosi trascinare per un braccio poco più in là. Era sorpresa di vederla così entusiasta. Sembrava che per lei il Natale fosse già lì.

"Hanno fissato la data della presentazione al Ghirigoro!" annunciò, battendo piano le mani. Hermione non avrebbe mai smesso di ammirare Luna per quel suo continuo moto di sorpresa, come se la vita la cogliesse sempre impreparata. Per anni l'aveva considerata una debolezza, mentre ora era certa fosse quella la forza di Luna Lovegood.

"Sabato alle 17:oo; benché mi scombussoli l'orario della scelta dei bicchieri". Hermione comprese che doveva riferirsi al servizio di bicchieri per il matrimonio con Rolf; non avevano ancora fissato una data, ma sembrava stessero facendo le cose per bene. Probabilmente si sarebbero sposati in estate.

"D'accordo" rispose. "Tu ci sarai?".

"Naturalmete! Io svolgo le pubbliche relazioni per conto della casa editrice; papà ci sarà in quanto promotore e ideatore del progetto e tu, ovviamente, in qualità di talentuosa traduttrice delle fiabe" flautò, spiegandolo come se stesse mettendo in prosa una cantilena – questo era il motivo per cui ogni volta che parlava con Luna Hermione aveva sempre la sensazione di aver perso un pezzo del discorso. Hermione stava già per dirle che non aveva intenzione di stare troppo sotto i riflettori, ma Luna, come se le avesse letto nel pensiero, la interruppe.

"Non dovrai fare altro che rispondere alle mie domande, sono pagata per questo. Io intervisto, tu rispondi e spieghi il metodo di traduzione e il perché è vitale aver ritrovato gli appunti di Silente, eccetera eccetera..." E continuò a blaterare per un po', mentre Hermione tentava di ricordare dove aveva messo gli appunti di Silente che Xenophilius le aveva inviato qualche tempo prima. Li aveva letti da cima a fondo ed era rimasta affascinata dalla cura e dalla minuzia che Albus Silente aveva messo nell'analisi di quelle che, ai più, sarebbero apparse solo come fiabe.

"Ovviamente" riprese Luna, distogliendola dai propri pensieri, "ci sarà la stampa Hermione..." Il tono non era dei più rosei; si vedeva chiaramente che non lo riteneva un argometo felice da trattare con lei.

"Ma" proseguì, "dubito che ti serva una mano; puoi cavartela benissimo con quelle belve assetate di sangue" disse ridacchiando.

Poi le scoccò un bacio sulla guancia e si allontanò con aria sognante per raggiungere Rolf in fondo all'enorme salone. Il secondo salone del piano terra di casa Potter, quasi sempre inutilizzato. Di solito la casa era fin troppo tranquilla; e le zone più trafficate erano il piccolo salotto al piano terra, la cucina, la zona notte di sopra e i bagni.

"Sei spaesata?" chiese una voce familiare. Hermione si girò e sorrise incontrando l'occhialuto sguardo verde di Harry Potter.

"No, sto bene. È stata una giornata stancante".

"Mi spiace" sospirò Harry, guardandosi intorno. "E' stata un'idea di Luna; anzi, un improvviso lampo di genio, come l'ha definito Rolf..." Harry aveva l'aria perplessa. "Ha detto che per fare promozione all'evento di sabato si poteva cominciare dagli amici più intimi a spargere la voce".

Hermione sorrise all'espressione distrutta del mago. Probabilmente tornava da una giornata sfiancante al Ministero e, sicuramente, la vita da Auror non era una passeggiata. Ne capiva lo stress, dopo aver condotto per anni la vita da Indicibile, ed era sempre più sicura di non avere rimpianti.

"Stanco?" Era una domanda di cortesia, ma dalla risposta scontata. Infatti Harry si limitò a fare un cenno affermativo muovendo la testa su e giù, per risparmiare fiato.

"Il Ministero della Magia regala soddisfazioni in proporzione a quante energie toglie" disse invece, sicuro che l'amica potesse capire.

"Me lo ricordo bene" replicò Hermione.

"Mi hai lasciato solo" constatò Harry tristemente.

"Per te è diverso; sei nato per essere Auror: tempo qualche anno e sarai capo del Dipartimento, non ci sono dubbi". Harry liquidò la faccenda con uno sbuffo.*

"Il famoso Harry Potter porterebbe visibilità alla sezione... certo!"

"No, il famoso Harry Potter sa bene di essere un ragazzo competente e preparato più di tutti gli altri suoi colleghi messi insieme" precisò l'amica. "Hai la reputazione e io non lo nego, ma tu non puoi negare di avere talento".

Harry non disse nulla, ma la ringraziò con un sorriso. Nel frattempo, alle loro spalle, nascosto da un gruppetto di gente intenta a parlottare con un quadro appeso alla parete, c'era Fred Weasley. Non voleva certo origliare, stava solo aspettando il momento in cui Hermione si sarebbe liberata e – a quel punto – non gli sarebbe sfuggita ancora. Aveva capito che stava deliberatamente cercando di evitarlo.

"Sai" disse ancora Harry, "ogni volta che noi tre – io te e Ron, voglio dire – eravamo in difficoltà, ho sempre pensato 'Hermione avrà qualcosa, troverà un modo per uscire da questa situazione'. Avevo cieca fiducia in te, perché se c'è qualcuno che ha talento, sei tu. Quindi goditela un po': c'è mezza Diagon Alley – la parte giovane, ovviamente; non avremmo potuto invitare Madama McClan o Ollivander" disse ridendo. Indicò qualche persona, e Hermione scorse anche gli assistenti dei Tiri Vispi Weasley, Verity e Jack, accompagnati dalla sua gelataia preferita... Sally Fortebraccio. Sperò solo che Fred e lei non fossero venuti insieme come coppia, ma a quanto sapeva, avevano rotto. L'avrebbe imbarazzata non podo, dopo l'intenso bacio della sera prima. Smise di rimuginare e riprese a guardarsi intorno.

Era davvero un mucchio di persone, ma forse Luna aveva ragione: bastava cominciare per far sì che al Ghirigoro fosse assicurata almeno qualche presenza. Aveva fatto le cose per bene; c'erano persino dei volantini sui quali aveva vergato luogo e data della presentazione, e ne aveva consegnato uno a ciascun ospite.

"Non mi avevi detto nulla" udì una voce alle proprie spalle. In un attimo Harry fu chiamato da Katie Bell e sparì, lasciando Hermione sola con Fred Weasley.

"Ehy" salutò Fred.

"Ehy" lo imitò Hermione.

La tensione tra i due era tanto palpabile e concreta che si sarebbe potuta tagliare con un' acetta. Come sempre, del resto.

Dove erano finiti i loro momenti rilassati? Belli e basta, senza che il relax venisse automaticamente rovinato dal resto, dalla situazione, da loro stessi.

"Bell'idea no?" ruppe il ghiaccio Hermione, alludendo alla festa improvvisata da Luna. Fred sembrava distratto da qualcosa; piuttosto che interessato sulle sue parole lo vedeva concentrato a fissare gli occhi su di lei – e questo non era assolutamente tollerabile. Quegli occhi e le loro iridi di un castano che sfumava nel marrone chiaro in più punti; quegli occhi e le loro pupille che si dilatavano ogni volta che Fred posava lo sguardo su Hermione. Si riscosse e tentò di imbastire una conversazione. Si schiarì la gola, sperando che lui parlasse per primo, come infatti accadde.

"Allora, come va la faccenda delle bacchette?"chiese distrattamente.

"Sto continuando a lavorare per bene sull'esterno delle bacchette, non ho tempo nemmeno di allacciarmi le scarpe; però sono a buon punto, mi sono persino rimessa a studiare daccapo sui tomi che avevo un po' accantonato".

"Tu pensa! Chi l'avrebbe mai detto!" replicò con palese ironia. Hermione sorrise: non si sarebbe mai scrollata di dosso la fama di secchiona. Pazienza; avrebbe dovuto stare più attenta nel procurarsela ad Hogwarts. Ormai era decisamente tardi per recriminare. Sperava solo che sabato le servisse almeno a non fare la figura dell'idiota, anche se ci contava poco.

La tensione tra lei e Fred sembrava diminuita, forse perché erano circondati da così tante persone – e in effetti Hermione era sollevata che fosse così. Quando erano soli non erano capaci di fare altro che confondersi le idee a vicenda e cambiare le carte in tavola. La serata fu piacevole, Hermione fu contesa da più persone che volevano sapere qualcosa in più sul suo lavoro, su cosa avrebbe detto alla stampa – e sottesa ad alcuni commenti Hermione aveva anche letto una domanda. Una questione a cui non aveva ancora pensato. Se ne andò nel mezzo della festa, prima che Fred potesse seguirla; sentiva che rientrare a casa insieme avrebbe risollevato la polvere che faticosamente avevano appena spostato sotto il tappeto. Sapeva che prima o poi avrebbe dovuto fare i conti con questa situazione, ma non era nè l'ora nè la giornata adatta. Smaterializzò se stessa e la sua borsa strapiena direttamente in camera propria, decisa a buttarsi subito a letto.

Aveva appena infilato il pigiama con i gufetti quando ne vide apparire uno in carne ed ossa, che picchiettava il becco adunco contro il vetro della finestra. Sapeva esattamente chi fosse il proprietario di quello splendido animale.

L'uccello si appollaiò sulla spalla di Hermione, mentre quest'ultima apriva la missiva che le aveva consegnato.

"Cominciavo a preoccuparmi, Malfoy" sussurrò alla lettera, come se Draco potesse sentire le sue parole. Si sentì molto stupida, ed era la seconda volta che le accadeva in poche ore.



Sparisco per qualche giorno e tu, invece di attendermi trepidante e disperata,

ti metti a frequentare eventi mondani. Così non va Granger!

Ti tengo d'occhio!


D.M.




Anzichè adirarsi perché l'aveva spiata, Hermione si fece una risata. Di norma si sarebbe indispettita, ma era certa che a Draco fosse semplicemente stato riferito e che avesse voluto volgere l'informazione a suo vantaggio, per prendersi gioco di lei.

Oh, ma me la pagherà, pensò sfilandosi le pantofole. C'erano almeno un migliaio di spiegazioni che Draco doveva darle, a partire dai motivi di quella misteriosa sparizione. Guardò il 'postino' prendere il volo nel cielo notturno e si mise a letto con uno dei tomi sull'intaglio delle bacchette.


Quando Fred rincasò, passando davanti alla porta di lei, semiaperta, si rese conto che si era addormentata con il libro addosso. Sorrise, intenerito.

Entrò silenziosamente nella stanza e le tolse il tomo dalla faccia, posandolo sul comodino. Le rimboccò le coperte e andò via in punta di piedi, proprio com'era entrato – escluso il tenero sorriso che gli era rimasto stampato sulla bocca.
































NOTE AL CAPITOLO


1) Harry non è nuovo in questo. Ha già interrotto Fred e Hermione in un momento che sarebbe potuto diventare... intimo, solo perché doveva confidarsi con Hermione e chiedere ospitalità dopo un litigio con Ginny.

2) Nel quinto libro della Saga Harry e gli altri, tra cui Hermione, visitano il signor Weasley al S.Mungo e incontrano anche Allock, vedendo così quali devastanti effetti ha procurato su di lui l'incantesimo di Obliviazione che nel secondo libro egli ha praticato, per errore, su se stesso.

3) Come ho già detto, Materializzarsi in casa di qualcuno è visto, nel mondo magico, come segno di maleducazione e mancanza di buone maniere.

4) Effettivamente, stando alle dichiarazioni della Row, se non erro Harry diventa Capo Auror nel 2005.




ANGOLO AUTRICE


Questa storia – e voi che la seguite – mi siete mancate moltissimo. Spero ci sia ancora qualcuno a recensire (perché ho notato con piacere che la lista delle persone che seguono è aumentata). Ringrazio chi mi ha spronato a continuare. E niente, spero che il capitolo vi sia piaciuto. Si fa quel che si può! Questa matassa sentimentale ha un inizio e una fine, ma è tosta da sbrogliare. Ma voglio rassicurare chi me l'ha chiesto: non ho intenzione di mollare. La storia avrà la sua fine ;) anche perché è nella mia testa dal momento in cui ho scritto il prologo. A presto e graziee!


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