L'apprendista di Ollivander di Jules_Weasley (/viewuser.php?uid=103538)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Che ci fai qui? ***
Capitolo 3: *** L'arte della pazienza ***
Capitolo 4: *** Un'inaspettata proposta ***
Capitolo 5: *** Il trasloco ***
Capitolo 6: *** Cena in Grimmauld Place ***
Capitolo 7: *** L'annuncio ***
Capitolo 8: *** Casa Lovegood ***
Capitolo 9: *** Il battesimo di Hermione ***
Capitolo 10: *** Di litigi e Crostatine Canarine ***
Capitolo 11: *** Baci Mancati ***
Capitolo 12: *** Il nocciolo della questione ***
Capitolo 13: *** Gelsomino ***
Capitolo 14: *** Ciao, Granger! ***
Capitolo 15: *** Missive via gufo ***
Capitolo 16: *** Stranamente piacevole ***
Capitolo 17: *** Maledetto Mercoledi ***
Capitolo 18: *** Not the only one ***
Capitolo 19: *** La verità, Hermione ***
Capitolo 20: *** Rosso Rubino ***
Capitolo 21: *** Personal Riddle ***
Capitolo 22: *** Stai con me ***
Capitolo 23: *** Scandal ***
Capitolo 24: *** Stubborn Love ***
Capitolo 25: *** Muri di gomma e foreste di legno ***
Capitolo 26: *** Brindisi ***
Capitolo 27: *** Domenica alla Tana ***
Capitolo 28: *** Esperimento (non proprio) riuscito ***
Capitolo 29: *** Passo dopo passo si arriva sulla vetta ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
L'APPRENDISTA
DI OLLIVANDER
PROLOGO
In
una fredda serata di febbraio, Hermione Jean Grager si
Materializzò
a Diagon Alley, nei pressi della bottega di bacchette di Ollivander.
Prima
di entrare, si guardò intorno circospetta, ma il timore di
essere
vista era totalmente infondato, dal momento che Diagon Alley, a
quell'ora tarda e con quel gelo micidiale, appariva completamente
deserta. L'insegna in lettere d'oro scristate era la stessa:
Ollivander fabbrica bacchette di qualita superiore dal 382 a.C.
Dopo
un istante che parve interminabile la strega si decise ad aprire
piano la porta, per produrre il minimo rumore possibile: all'interno
c'era calma piatta.
Spinse
ancora in avanti la porta, e il tintinnio di un campanello appeso in
alto sull'uscio risuonò nell'aria, facendola sussultare.
Ancora
nessuno.
Mosse
qualche passo incerto verso il bancone, e solo a quel punto
udì un
guizzo; Ollivander sbucò all'improvviso da uno scaffale,
appeso alla
scala. Per la seconda volta in qualche minuto, Hermione
sussultò,
sorpresa.
Un
agile balzo, degno di un giovincello, e il vecchio era ritto sul
pavimento che la scrutava – Hermione non avrebbe saputo dire
se con
favore o meno, dato che gli occhi scoloriti del vecchio erano
impenetrabili. L'uomo sembrava aspettare che fosse lei a fare la
prima mossa, ma quando vide che non ne era intenzionata, si
schiarì
la voce con un colpetto di tosse.
"Posso
aiutarla?" chiese.
"Sono
Hermione Granger, signore" esordì lei timorosa, "forse lei
non si ricorda...".
"So
perfettamente chi è lei" ribatté il vecchio,
piccato. Hermione
si sforzò di sorridergli per farsi perdonare: doveva
immaginare che
un uomo anziano si sarebbe risentito nel sentirsi dare dello
smemorato. "Ricordo per filo e per segno il giorno in cui
comprò
la prima bacchetta, signorina Granger. Vite, corda di cuore di drago,
dieci pollici e tre quarti, molto elastica*" la lasciò senza
parole. "Senza contare il fatto che lei, Harry Potter e Ronald
Weasley mi avete salvato dalle grinfie dei Mangiamorte, quella volta
a Malfoy Manor. E, se non erro" aggiunse, la voce
imperscrutabile proprio come l'espressione del volto, "fu
proprio in quell'occasione che lei perse la bacchetta". Hermione
annuì.
"Ne
comprai un'altra dopo la fine della guerra..."
"Faggio
e crine di unicorno, undici pollici, molto flessibile*"
affermò
con compiacimento. Aveva sempre fatto un punto d'onore del ricordare
ogni singolo pezzetto di legno venduto ai clienti. Sembrava anche un
po' stizzito, però.
Strano,
pensò Hermione, non me
lo ricordavo
così burbero!
Forse
non era poi una brillante idea quella che aveva avuto, dato che per
il momento nè l'ambiente nè il proprietario la
mettevano a proprio
agio. Gli riservò un sorrisetto di circostanza, aspettando
che fosse
lui a parlare – non sapeva neanche lei perché,
visto che era stata
lei a recarsi lì.
"Dunque,
cosa posso fare per lei?" ripetè, stavolta leggermente
scocciato. Hermione si schiarì la voce e iniziò a
torcersi le mani,
nervosa e incerta sulle parole da usare.
"Ehm"
non era un grande esordio, "sono di ritorno da un lungo viaggio,
signore".
"Me
ne rallegro" rispose con una punta di dileggio. "Le spiace
arrivare al nocciolo della questione? È davvero molto tardi"
osservò dopo aver estratto e contemplato l'orologio da
taschino,
d'oro massiccio.
"Ci
arrivo subito" asserì decisa. "Io voglio che lei mi assuma
come apprendista" andò dritta al sodo. "Mi sono licenziata
dal Ministero Della Magia per una serie di motivi, e ora non ho un
lavoro. Dopo una vita di scartoffie e libri e teoria, voglio vedere
se anch'io sono in grado di costruire qualcosa con le mie mani e se
ho un minimo di senso pratico". Le sembrava una buona sintesi
delle proprie intenzioni, anche se aveva escluso tutti i motivi
personali che l'avevano portata alla decisione di dimettersi
dall'Ufficio Misteri*, scelta della quale neppure lei comprendeva a
fondo le motivazioni – per una volta in vita sua aveva agito
d'istinto.
Ebbe
la sensazione di averlo sorpreso, anche se lui non lasciò
trapelare
alcuna emozione. Lo capì solo da un rapido guizzo negli
occhi del
vecchio: affascinato, stupito, confuso. Era durato solo un secondo,
ma le era bastato; riusciva a leggere anche le persone, oltre che i
libri.
"Non
ho mai avuto apprendisti" rispose dopo aver scarsamente
soppesato la richiesta.
"Lo
so" si affrettò a dire Hermione, "ma le chiedo di darmi
una possibilità; non è obbligato ad assumermi. Mi
metta in prova,
mi insegni a fabbricare bacchette: lei è l'unico che
può"
sperava che le lusinghe funzionassero.
Nella
mente di Olivander si affollarono diversi pensieri: perché
avrebbe
dovuto accettarla? Un'apprendista senza esperienza alcuna, solo
dedita alla cultura e a tomi giganteschi. Ma il maggiore punto
interrogativò era: perché lei voleva imparare
l'arte delle
bacchette? Aveva una promettente carriera al Ministero, e tutto
ciò
non aveva alcun senso.
No,
no, no: doveva rifiutarsi!
Per
questo disse:
"D'accordo,
signorina Granger" la voce incolore. Hermione strabuzzò gli
occhi.
"Grazie
mille, signore" rispose lei, piacevolmente sorpresa.
Cinque
minuti dopo, quando uscì e il freddo le penetrò
fin dentro le ossa,
non se ne curò minimamente. Il vento gelido le sferzava il
viso, e
lei sentiva una pace interiore che non provava da anni –
più o
meno da quando era finita la guerra. Per una volta, Hermione Jean
Granger rompeva gli schemi – e la cosa, benchè la
agitasse, la
faceva anche sentire bene. Come fosse possibile, non avrebbe saputo
dirlo; ma era consapevole che, in quel momento della sua vita, era la
cosa giusta da fare.
NOTE
AL CAPITOLO *
1-
questa è la prima bacchetta di Hermione, quella che ha per
tutta la
saga, finchè non le viene sottratta a Villa Malfoy nel
settimo libro
(quando viene torturata da Bellatrix Lestrange e il Golden Trio salva
Ollivander).
2-
questa bacchetta l'ho inventata io; immagino che dopo aver perso la
propria (non so se l'abbia mai recuperata) Hermione se ne sia scelta
un'altra (o meglio, la bacchetta ha scelto lei, come direbbe il buon
Garrick).
3-
in realtà secondo la Rowling Hermione non va a lavorare
all'Ufficio
Misteri, ma a quello per la Regolamentazione delle Creature Magiche
mi sembra. Comunque, io l'ho collocata lì, e tra l'altro per
la mia
storia non fa alcuna differenza.
ANGOLO
AUTRICE (sopportatemi!)
Salve
a tutti,
eccomi
di nuovo
con una malsana idea. So che
devo ancora pubblicare l'epilogo di Una Strega in famiglia (e infatti
la prossima volta quello avrà la precedenza), ma questa
storia mi
ronzava in testa da un po'.
Stavolta
non c'è la nuova generazione, è tutto incentrato
sui vecchi
personaggi. Premetto che
non voglio urtare la sensibilità dei fan della Romione (tra
i quali
figuro anche io!).
Non
ho la più pallida idea di come mi sia saltata in mente
questa trama.
E
premetto
che mentre ho
letto tre
Dramione in
tutto (che
per inciso non mi
sono piaciute granchè), non
ho mai letto una Fremione (ci
ho provato un paio di volte e sono rimasta delusa
a circa
metà del primo
capitolo – probabilmente
ci saranno
belle Fremione e sono io che sono stata sfortunata eh!).
Questo
per dire non
che
penso di poter fare meglio, anzi:
ho paura
di sbagliare
qualcosa in questa FF (perché
toccare i personaggi di zia Jo è un rischio lol)
e spero di
non deludere le
aspettative di chi sarà tanto buono
e paziente
da seguirmi.
La
trama ha Hermione come protagonista, ma ci sono tutti i vecchi cari
personaggi Potteriani. Siamo nel post-guerra,
ma alcune cose sono diverse da come le ha pensate la Rowling. Fred
Weasley non è morto, come non è morta Lavanda
Brown. Come
ho detto nella presentazione, non vi svelo se questa storia
è una
Dramione o una Fremione – se vi interessa dovete andare
avanti con
la lettura perché sono irremovibile su questo punto ;)
Voglio
sperimentare qualcosa di nuovo, o riabilitare una coppia che non mi
ha mai soddisfatta? Forse voglio solo raccontare la storia di una
ragazza.
Mi
sembrava originale una
Hermione
che decide di non
fare quello che ci si aspetta da lei. La
guerra l'ha cambiata, almeno in parte. È un po' meno
precisina e
inquadrata, ma è sempre la So-Tutto-Io Granger.
Come
mai ha deciso di licenziarsi dall'Ufficio Misteri, dove aveva una
folgorante carriera davanti a sè? E perché
è stata via per mesi?
Ron è ancora nella sua vita oppure qualcosa li ha separati?
Ora che
è tornata in Inghilterra deve riprendere in mano le redini
della
propria vita e capire cosa vuole veramente. Ollivander la
aiuterà in
questo percorso verso la conoscenza di se stessa o sarà
sempre
scostante come
in questo
prologo?
E
Fred Weasley che ruolo avrà in tutto ciò?
E
quale sarà, invece, il ruolo di Draco Malfoy?
Queste
sono le domande, la risposta è la storia!
(frase
che adoro, tratta
dal film Questione
di
cuore con
Kim Rossi Stuart e Antonio Albanese).
Ah,
una cosa :D
Se
volete seguire questa storia, non giudicatela frettolosamente,
perché
potrebbe riservare delle sorprese (almeno per come ce l'ho in testa
ora è così). Poi magari vi fa schifo eh,
però non bollatela in
fretta e abbiate fede ;)
Ci
becchiamo all'epilogo di Una strega in famiglia gente!
Mi
raccomando datemi pareri anche per sapere se vale la pena continuare
a pubblicare L'apprendista di Ollivander. Bacioni
a tutti,
Jules
|
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Capitolo 2 *** Che ci fai qui? ***
CAPITOLO
UNO – Che ci fai qui?
"Pronto?"
biascicò una voce amica dall'altro capo del telefono.
"Ehi,
Harry!". Hermione si era rifugiata in un angolino riparato di
Diagon Alley, per non morire assiderata mentre telefonava al Ragazzo
Sopravvissuto.
"Hermione,
sei tu?" chiese Harry incerto. "Da quando mi telefoni?!".
Lei sbuffò.
"Da
quando ho scoperto che sei in possesso di un cellulare babbano"
rispose, ovvia.
"Beh...
è sicuramente più veloce di un gufo"
osservò lui.
"Sei
acuto per essere un Auror!" fece, ironica. Lo sentì ridere
dall'altra parte, segno che non se l'era presa a male per il
sarcasmo.
"Sempre
la solita!" ribattè il suo migliore amico. "Antipatica e
pedante!".
Sempre
la solita...
Lo
era davvero? Perché lei sentiva di essere cambiata
– e parecchio.
Le andava tutto stretto, ultimamente, e si sentiva soffocare in ogni
situazione. Qualche tempo prima l'avevano promossa all'Ufficio
Misteri – con conseguente aumento di stipendio. Eppure,
eccola lì:
si era dimessa senza una ragione plausibile, lasciando tutti di
stucco – compresa se stessa.
Di
notte, gli incubi la tormentavano: Voldemort e i Mangiamorte, Nagini
che strisciava sul pavimento nero dell'Ufficio Misteri, Bellatrix
Lestrange che la torturava e le scriveva sanguemarcio*
sul
braccio. Si destava madida di sudore e inquieta tra le lenzuola; Ron
dormiva accanto a lei: non si svegliava mai, non la consolava mai,
non l'aiutava mai. Aveva smesso di farlo da un pezzo, in effetti.
Le
riusciva difficile credere che quello fosse il ragazzo con il quale
aveva affrontato peripezie indicibili. Le sembrava passata una vita
dai tempi del Golden Trio, mentre a volte era come se la guerra fosse
finita da soli cinque minuti; non sapeva spiegarsi quella strana
percezione del tempo che aveva sviluppato.
La
parte forte della coppia era sempre stata Hermione: non aveva potuto
appoggiarsi a Ron, perché era solo lui ad appoggiarsi a lei.
Non
era normale, non era giusto, non era sano. Lo vedeva con Harry e
Ginny, che si sostenevano a vicenda – nessuno dei due doveva
sempre
mostrarsi inossidabile.
"Hermione,
ci sei? Guarda che scherzavo..." fece Harry, preso in
contropiede da quel silenzio prolungato.
"Lo
so" si affrettò a rispondere, "e ti chiamo per pura
convenienza, sappilo. Mi serve un favore" comunicò
sbrigativa.
"Tutto
per te!" rispose gentile.
"Potreste
ospitarmi stanotte? Sai... sono appena tornata e non so dove andare".
La
fine della convivenza con Ron, durata due anni, l'aveva privata anche
della casa, visto che era di Weasley e non sua. Sentì Harry
mugugnare.
"Io
e Ginny siamo in trasferta al momento" spiegò Potter.
"Cioè,
lei è in trasferta con la squadra e io la guardo giocare"
precisò. "Siamo in Irlanda".
"Oh"
fece lei, un po' delusa.
"Ovviamente"
riprese, "puoi Materiallizzarti direttamente a casa nostra e
dormirci, non credo di dovertelo dire". Hermione sorrise
rincuorata, pensando che avrebbe dovuto fare un monumento al Ragazzo
Sopravvissuto, che l'aveva appena salvata dal barboneggiare
indecorosamente per le strade di Londra.
"Sei
il migliore!".
"Lo
so" si atteggiò, ma era sicurissima che stesse ridendo. "Ora
devo andare da Ginny – è piuttosto agitata per la
partita. Ci
vediamo presto" la salutò, "e non dare rave
party
in casa".
Quando
riagganciò il telefono, Hermione si sentì a dir
poco sollevata:
aveva un posto dove passare la notte, aveva una sottospecie di
lavoro, e aveva degli amici dal cuore d'oro. Riguardo a Ollivander,
continuava a chiedersi se fosse una buona idea o meno, ma in fin dei
conti cos'aveva ormai da perdere? Però certo... Fare le
bacchette
non era solo teoria: si andava a gusto, a sensazione, a tatto, a
naso.
Insomma,
non c'erano manuali che tenessero, di fronte all'esperienza; e non
era decisamente il suo campo. Non che si aspettasse di raggiungere la
perfezione di Gregorovich o dello stesso Ollivander, ma almeno di non
fare una figura barbina.
Si
Materializzò a Grimmaud Place n.12* con una fitta al cuore
– le
ricordava l'Ordine della Fenice, Sirius, Tonks, Lupin,
Voldemort.
Ma
entrò comunque, senza paura.
Ovviamente
la casa era stata modificata parecchio dai nuovi proprietari: ora
tutto era arioso e luminoso, privo della precedente sensazione di
oppressione che assaliva chiunque vi mettesse piede. Irriconoscibile.
Legno chiaro, finestre e vetrate ampie, colori caldi e cornici con
foto di famiglia torreggiavano su ogni superficie libera. Persino il
ritratto della madre di Sirius era stato – faticosamente -
rimosso.
Avanzò
di qualche passo nell'ingresso silenzioso, e poi salì le
scale per
raggiungere la zona notte. Sapeva che l'unica stanza di casa Black a
non essere stata toccata era quella di Sirius.
Neanche
a dirlo, Hermione intendeva occupare quella che era diventata la
camera degli ospiti – non si sarebbe mai permessa di
appropriarsi
della camera di Harry e Ginny. Letto singolo, piccolo armadio,
comodino, fuoco nel caminetto e qualche libro da leggere era tutto
ciò di cui necessitava – oltre a una doccia.
Uscì
sul pianerottolo e si recò in bagno agognando l'acqua calda
che le
scorreva lenta sul corpo; ma non appena ebbe aperto la porta, dovette
rinunciare a quell'immagine rilassante: era occupato. Il bagno di
casa Potter/Weasley era occupato!
Caldi
fumi salivano vaporosi fino al soffitto: qualcuno stava usufruendo
della sua desiderata doccia – cioè la doccia di
Harry e Ginny. I
padroni di casa erano fuori, quindi chi diavolo era che si stava
lavando con tanto zelo?
Se
lo stava chiedendo quando una figura maschile piuttosto alta
– e
fortunatamente offuscata dal vapore – uscì dal box
doccia.
"Granger!"
fu l'esclamazione sbalordita del ragazzo. "Che ci fai qui?".
Nel frattempo Hermione aveva voltato le spalle per non guardare
quello spettacolo indecente.
"Copriti
per cortesia!" intimò severa, e lo sentì
ridacchiare
distintamente.
"Sono
coperto, ti puoi girare" le comunicò , evidentemente
divertito
dalla situazione. Si voltò verso di lui, e scoprì
che era "coperto"
da un asciugamano, fortunatamente abbastanza ampio. Evidentemente il
suo concetto di "coprirsi" non corrispondeva esattamente a
quello di Hermione, che pensava più a qualcosa come un
mantello di
lana grezza. Si sforzò di guardarlo solamente in faccia,
mentre
chiedeva:
"Si
può sapere che ci fai qui, Fred?" il tono inquisitorio,
visibilmente scocciata.
"Potrei
chiedere lo stesso a te, Granger!" protestò, contrariato.
Hermione brontolò.
"Possiamo
rimandare i convenevoli a più tardi? Ora, se non ti
dispiace, vorrei
asciugarmi e vestirmi – sai com'è, siamo a
Febbraio! Non sono
pudico, ma freddoloso sì!" le fece notare.
"Va
bene" concesse Hermione, "ti aspetto giù".
Scese
le scale e si diresse in cucina, stravaccandosi su una sedia. Era
troppo bello per essere vero; doveva esserci qualche intoppo nella
serata, o sarebbe stata troppa fortuna tutta insieme. Possibile che
la famiglia Weasley la perseguitasse ovunque? Proprio ora che non ne
faceva più parte si trovava davanti un Fred mezzo nudo e
gocciolante, nell'appartamento dov'era lei. Roba da matti!
Quando
la figura alta di Frederick Weasley apparve sulla soglia della
cucina, Hermione affermò senza preamboli:
"Sono
ospite di Harry".
"E
io di mia sorella" ribattè il roscio, per niente intimidito
dal
suo tono lapidario.
Hermione
comprese che Harry e Ginny, all'insaputa l'uno dell'altra, avevano
ospitato due persone diverse per la stessa nottata.
"Io
sono appena tornata da un viaggio".
"Sì?
Non avevo notato la tua assenza..." osservò caustico. Era
stata
via per mesi e adesso era ricomparsa, era ovvio che la "scomparsa"
fosse stata notata.
"Tu
invece?" chiese lei ignorando il tono sarcastico del roscio.
"Credevo avessi una casa". Fred sbuffò e si
lasciò cadere
sulla sedia accanto a quella di Hermione.
"Infatti
ce l'ho; ma è invasa da cacche di Doxy* e cavallette
giganti"
spiegò, lasciandola a dir poco disgustata dall'immagine.
"Più
qualche formica alata" aggiunse in tono leggero, come se si
trattasse dell'appartamento del vicino, anzichè del suo.
"E
George?" domandò. Era strano che non fossero insieme:
dov'era
Fred era George, da sempre. Era una legge magica, più o meno.
"Da
Angelina*" grugnì in risposta.
"Non
sembri molto contento a riguardo" osservò Hermione.
"Noto
con piacere che non ti sfugge niente, Granger!" la prese in
giro.
"Come
sei simpatico, Weasley!", ribattè a tono.
Fred
rise ed Hermione si trovò a pensare che se fosse stato Ron
si
sarebbe offeso a quello scambio di battute. Era permalosissimo, anche
più di lei – e lei sapeva di esserlo. Invece, se
c'era una cosa
che le era sempre piaciuta di Fred, era che non si offendeva quasi
mai.
"Allora"
ripartì all'attacco, "sei geloso?".
"Di
George?" soffiò lui.
"Veramente
parlavo di Angelina – mi ricordo che portasti lei al Ballo
del
Ceppo, e non ho mai...". Fred la interruppe, dicendo:
"Smonto
subito la tua brillante ma fasulla teoria: non mi piace Angelina"
specificò, come se l'avesse offeso. "Siamo andati al Ballo
del
Ceppo insieme, è vero; ma ero al sesto anno! Tu ci sei
andata con
Krum" aggiunse, "e non mi pare tu l'abbia sposato".
A
queste parole, Hermione distolse lo sguardo frettolosamente, pregando
che Fred non se ne accorgesse.
"Quindi
ti infastidisce che George si sia fidanzato?".
Fred
si era accorto perfettamente del cambiamento di lei, ma decise di
ignorarlo per farle un piacere; si vedeva che non era in vena di
parlare di... qualunque cosa l'avesse causato.
"Non
fraintendere" iniziò, "Angelina è a posto,
però ecco...
mi sento un po' solo. George passa meno tempo con me". Aveva
risposto sinceramente, e a Hermione sembrò strana quella
versione
fragile dello sfrontato, sfacciato e casinista Fred Weasley.
"Oh,
andiamo" tentò di consolarlo, "non fare il melodrammatico.
Gestite un negozio voi due, di tempo insieme ne passate, no? Come
vanno i Tiri Vispi Weasley?" si informò gentilmente. Sapeva
di
fargli piacere, perché non c'era argomento che lo
entusiasmasse più
di quello – o, se c'era, Hermione non ne era a conoscenza.
"Alla
grande, Granger! Si fanno un sacco di galeoni, credimi".
"Allora
perché sei qui a infastidirmi anzichè in
albergo?" disse lei,
pungente.
Fred
la fulminò con lo sguardo, ma alla fine si strinse nelle
spalle.
"Mi
fanno tristezza" rispose semplicemente. "Sono squallidi".
Un
po' le dispiaceva di non trovare mai un modo per stuzzicarlo
– dato
che lui, quanto a infastidirla, se la cavava piuttosto bene.
"E
tu?".
"Te
l'ho detto: non ho ancora una casa" glissò abilmente. O
almeno,
era quello che sperava di fare. "Nei prossimi giorni
cercherò
un appartamento; sono stata fuori sei mesi".
"Sette"
la corresse, stupendola con quella precisione. Stupì Fred
stesso,
veramente.
"Come
lo sai?" aggrottò le sopracciglia, come aspettando
chissà che
rivelazione.
"A
dire il vero..." rispose sincero, "non ne ho idea; me lo
ricordo e basta. Quello che so per certo è che sei partita
senza
salutare, e che l'abbiamo saputo da Harry e Ginny". Non aveva un
tono propriamente benevolo, mentre lo diceva. Hermione si
sentì
biasimata, e non potè dargli torto.
"Mi
spiace essere partita all' improvviso, volevo solo... cambiare aria"
si giustificò.
"Uhm"
mugugnò il roscio. "Dove sei stata?" chiese poi, con
studiata noncuranza.
"Fred"
mise le mani avanti, "ti spiace rimandare a domani? Sono molto
stanca, ed è tardissimo". Lui sembrò sul punto di
voler
ribattere, ma si trattenne e biascicò un: "Ok" con una
scrollata di spalle.
Hermione
si alzò, giudicando che quello fosse il momento migliore per
battere
in ritirata verso il letto. Si avvicinò alla porta della
cucina,
scontrandosi con Fred, che aveva fatto lo stesso movimento nel
medesimo istante.
"Prima
le signore". Le cedette il passo cavallerescamente, anche su per
le scale. Si separarono sul pianerottolo dandosi la buonanotte.
Ovviamente, Fred non ci aveva pensato due volte a prendere la stanza
di Harry e Ginny – letto più grande e tutto il
resto. Hermione
sorrise tra sè e sè e si disse che no, certe cose
non cambiano mai.
Si chiuse la porta alle spalle, dicendosi che per il momento aveva
evitato lo spinoso argomento costituito dal groviglio di emozioni che
provava. Certo, aveva anche promesso di riprendere il discorso
all'indomani, ma non se ne preoccupò. Spense la luce e,
contrariamente ai propri pronostici negativi, in capo a cinque minuti
scivolò tra le braccia di Morfeo.
Frattanto,
Fred Weasley - strano ma vero - si rigirava nel letto da mezz'ora
senza dormire. Il sonno gli era completamente stato risucchiato via
dagli occhi della Granger. Ebbene sì: gli occhi della
Granger gli
avevano comunicato un senso di disagio – come se quel ritorno
le
fosse stato imposto.
Conoscendola,
era probabile che fosse così, ovviamente per sua stessa
imposizione:
era solita forzarsi a fare qualunque cosa, se la riteneva opportuna
–
a differenza di Fred.
Come
quando voleva convincerlo che lasciare la scuola era sbagliato, che
non doveva provocare la Umbridge, che lui e George non dovevano darsi
a una carriera così bizzarra.
E
alla fine, a dispetto di mamma Molly e di Hermione, I Tiri Vispi
avevano funzionato alla grande e i gemelli avevano dimostrato di
avere ragione.
Sebbene
la Granger facesse sempre la cosa giusta, Fred non riusciva mai a
capire cosa davvero le sarebbe piaciuto fare, se non avesse dovuto
seguire le sue amate regole.
Del
resto quella sera aveva visto qualcosa di insolito in lei e nel suo
sguardo, qualcosa che non aveva mai notato prima di allora; e per un
bel po' di tempo rimase con gli occhi sbarrati a riflettere. Poi,
finalmente, si addormentò anche lui, scivolando in un sonno
tranquillo e senza sogni.
NOTE
AL CAPITOLO*
1-
Sanguemarcio o sanguesporco è il termine corretto per
tradurre il
dispregiativo inglese mudblood della
versione originale. Mezzosangue infatti (com'era nella traduzione di
qualche anno fa) crea confusione. I Mezzosangue sono gli halfblood,
ovvero quelli come Harry, che non hanno il sangue puro dei pureblood,
del tutto magico. Ma Sanguemarcio è un insulto verso i Nati
Babbani,
come Hermione.
2-
Casa di Sirius è sempre stata un po' cupa, ma con qualche
miglioramento ho pensato di farne la casa londinese di Harry e Ginny.
In fondo era comunque casa del suo padrino.
3-
I Doxy sono spesso scambiati per fate, per la loro minuscola figurina
umana (peccato che sia ricoperta di folto pelo nero e abbia un paio
di gambe e braccia in più). Hanno ali ricurve e brillanti e
depongono fino a 500 uova alla volta e le seppelliscono. Hanno denti
affilati e velenosi (cit. Gli Animali Fantastici: dove trovarli).
ANGOLO
AUTRICE
Salve
a tutti gente!
Pubblico
in extremis questo primo capitolo, dato che domani parto per qualche
giorno. Spero mi farete l'onore di recensire e farmi sapere come la
pensate su questa storia: accetto lodi mooolto volentieri, ma accetto
critiche costruttive altrettanto volentieri. Fatemi questo regalo :D
A
presto!
Jules
|
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Capitolo 3 *** L'arte della pazienza ***
CAPITOLO
DUE – L'arte della pazienza
La
mattina dopo il ritorno a Londra, Hermione si ridestò fresca
come
una rosa e piena di energia propositiva. Era anche molto affamata,
visto che la sera prima aveva saltato la cena. Sgattaiolò
fuori
dalla stanza in pigiama, sicura che Weasley non fosse ancora sveglio.
Raggiunse la cucina e scoprì che la porta era accostata; in
piedi,
appoggiato al tavolo e intento a sorseggiare una tazza di
tè, c'era
Fred, con indosso solo un paio di jeans. Era a torso nudo e del tutto
a suo agio, perfino quando la vide sulla soglia. Decisamente non era
pudico.
Hermione
si scoprì a guardare l'addome di lui più
attentamente di quanto non
volesse; non che ci fosse niente di male, semplicemente non ricordava
avesse degli addominali scolpiti.
Il
roscio la squadrò un attimo dalla testa ai piedi e distolse
lo
sguardo, spostandolo sul viso. Aveva i capelli arruffati, shorts
morbidi e maglia sformata. Forse non era esattamente il ritratto
della sensualità, ma tanto non doveva far colpo su qualcuno
quando dormiva.
"Giorno
Granger!" disse allegro.
"Giorno
Weasley" farfugliò in risposta. "Dormi sempre
così?"
chiese, indicando la sua tenuta.
"In mutande"
rispose senza problemi, "ma ho pensato
di infilarmi i pantaloni per non urtare la tua sensibilità
se ti
avessi incontrato". A Hermione venne da ridere, ma non volle
dargli la soddisfazione.
"Premuroso
da parte tua!" fece ironica. "Peccato che tu l'abbia già
urtata ieri".
"Ehm"
borbottò contrariato e divertito al tempo stesso,
"tecnicamente
sei tu che sei piombata in bagno senza preavviso" precisò.
"Oh,
scusa tanto! La prossima volta che voglio farmi la doccia spedisco un
gufo".
Nel
frattempo stava compiendo una lotta con la parte irrazionale del suo
cervello, che continuava a riproporle l'immagine di Fred. Sul serio,
da quando aveva gli addominali scolpiti? E sul serio, da quando a lei
interessavano gli addominali di Fred? Da mai. Si
impose di non
pensare nè alla scena del giorno prima, nè
tantomeno di fissarlo –
non erano in un romanzo Harmony, per Morgana!
Lui,
nel frattempo, Evocò un'altra tazza di tè e
gliela porse
cortesemente.
"Mmh..."
mormorò in estasi, "...gelsomino*!
Lo adoro!".
"Lo
so". Fred non ricordava di aver mai imparato tutte quelle
informazioni sulla Granger, ma a quanto pareva ne sapeva parecchio
sul suo conto.
"Davvero?", l'aveva
sorpresa per la seconda volta in poche ore.
"Alla
Tana non facevi altro che ripeterlo a Ron, che ti propinava sempre
tè
al limone" spiegò.
"Giusto"
ridacchiò al ricordo; aveva passato giorni felici alla Tana,
e non
ne rinnegava neanche uno. "Hai buona memoria, però"
commentò sorseggiando.
"Abbastanza,
grazie" intascò con disinvoltura uno dei rari elogi di
Hermione. "Non ti infastidisce se nomino Ron, vero?" chiese
poi, incerto.
"Oh
Godric, certo che no!" assicurò. Notò che lui si
stava
mordicchiando il labbro, e lo trovò un gesto
tenero. "Ron
è un capitolo chiuso, Frederick"
disse.
Gli piaceva sentir
pronunciare il proprio nome completo: non
lo faceva mai nessuno – neanche i suoi genitori. Aveva un bel
suono, detto da lei.
Distolse
lo sguardo dal viso della
ragazza,
portandolo sulla
propria tazza.
"Certo"
riprese lei sovrappensiero,
"ho sofferto per la fine della storia con lui, ma ormai è
passato un anno. Ho
ventidue
anni, non più
diciassette".
Me
ne sono accorto,
pensò Fred.
Per la
prima volta, la sera
prima, gli era apparsa... maturata.
Era
sempre stata una ragazza giudiziosa, con la testa sulle spalle. Solo
che era... diversa – in che modo, non avrebbe saputo dirlo.
"Mi
ha tradita, è vero – so che lo sai" disse
vedendolo sorpreso
da quella schiettezza, "ma so che ci saremmo lasciati comunque"
aggiunse saggiamente. "Non eravamo fatti per stare insieme".
Non c'era rimpianto nella voce di Hermione,
più che altro
consapevolezza.
"L'ho
sempre pensato anch'io" ammise Fred. "Non so come abbiate
resistito per così tanto tempo".
Presa
in contropiede da quel commento dolorosamente sincero,
annaspò in
cerca di una risposta decente. Nessuno della famiglia Weasley,
esclusa Ginny, aveva mai commentato la fine della storia con Ron;
almeno non
davanti a Hermione.
Quando
l'aveva tradita ne aveva sofferto terribilmente, ma si era anche resa
conto che era più una questione di orgoglio che altro.
Quell'amore
che credeva di provare ancora, si era già dissolto come una
bolla di
sapone – e aveva scoperto che per Ron non provava
più il genere di
sentimento che avrebbe dovuto. Quindi, forse, il giorno in cui aveva
beccato il suo ragazzo a letto con Lavanda Brown, non era stato
così
infausto.
"Per
inciso" riprese Fred, "tutti in famiglia pensano che lo
scambio non sia stato equo".
"Lo
scambio?" chiese lei senza capire.
"Già...
Ron-Ron ci ha rimesso, direi: Lav-Lav non vale la metà di
te".
La guardò intensamente, ed Hermione divenne di un bel color
pomodoro; continuò a sorseggiare il tè in
silenzio.
"Beh...
intanto Lavanda una casa ce l'ha; e io sono senza appartamento e
senza stipendio".
"Sì,
ma la colpa è tua" disse senza troppi problemi. "Sto ancora
cercando di capire perché hai mandato a puttane il lavoro al
Ministero della Magia...".
Sì...
vorrei saperlo anche io, pensò esasperata da se
stessa.
"Non
te lo so spiegare con esattezza" rispose. "Però posso dirti
che uno
pseudo-lavoro ce l'ho" aggiunse con soddisfazione.
"Ah"
commentò lui senza celare la curiosità, "e
sarebbe?". Lei
accennò un sorrisetto e scosse il capo in segno di diniego.
"Sono
in prova" disse seria, "e per una volta voglio essere
scaramantica".
"Cioè
non lo saprò finchè non ti avranno assunta?"
domandò
sbuffando sonoramente, contrariato dalla risposta ricevuta. Hermione
annuì, inflessibile nell' intento di non svelare nulla
finchè
Ollivander non le avesse confermato il posto di apprendista.
"Va
bene" replicò lui con una smorfia, "e la casa?".
"Non
so" sospirò lei pensierosa. "Non ho voglia di tornare dai
miei, ora che sono abituata all'indipendenza; magari mi cerco un
appartamento in condivisione, tipo a Diagon Alley".
"Vicino
a me, allora" constatò lui. "Io e George stiamo sopra il
negozio" le ricordò.
"Lo
so" replicò puntigliosa, "anch'io ho buona memoria".
"Tanto
meglio, visto che qui non è cambiato niente mentre eri via"
fece con voce atona. "L'altro
giorno Victoire ha compiuto due anni" raccontò, "ma la sua
festa non è mai molto allegra" il tono era insolitamente
amaro,
"specie per mamma".
Non
c'era bisogno che le dicesse il motivo: lo conosceva benissimo da
sola. Victoire era nata il giorno del secondo anniversario della
battaglia di Hogwarts. Una vittoria
da festeggiare, ma anche un
grande dolore da ricordare.
"La
morte di un figlio è terribile" riflettè ad alta
voce.
"La
morte è sempre terribile" ribattè lui. Hermione
sapeva che il
tono rabbioso che aveva usato non era rivolto a lei, ma al pensiero
della tragedia che avevano vissuto con la morte di Percy. Proprio
quando si era riscattato da quella sudditanza al Ministero che
l'aveva precedentemente allontanato, un Avada Kedavra l'aveva
strappato alla famiglia appena ritrovata. Hermione poggiò
una mano
sul braccio di Fred, che al momento si era voltato e le dava le
spalle.
"Mi
dispiace"; era una affermazione molto banale, ma non le veniva
niente di brillante da dirgli – nulla avrebbe fatto la
differenza,
nulla poteva riportare indietro suo fratello.
"Dispiace
a me" rispose lui. "Non so perché ho tirato in ballo la
guerra". Si girò e le dedicò un flebile sorriso.
"So che
fa stare male anche te, Granger...".
Hermione
ebbe flash improvvisi della ricerca degli Horcrux, della paura che
l'aveva attanagliata ogni notte nella maledetta tenda in cui si
trovava con Harry e Ron. Le vennero in mente Greybeck e tutta
l'allegra compagnia dei seguaci di Voldemort.
"Vado
a vestirmi" annunciò brusca. Voleva distrarsi da quei
pensieri
nefasti; il roscio annuì senza fiatare e la
lasciò andare di sopra
a prepararsi.
Venti
minuti dopo era vestito di tutto punto e aspettava irrequieto in cima
alle scale che lei uscisse dalla sua stanza: voleva controllare che
stesse bene. Era indeciso se bussare o meno, quando lei venne fuori
di corsa, andando a sbattere contro di lui; sembrò stupita
nel
vederlo lì.
"Tutto
ok?" le chiese, sapendo che avrebbe capito a cosa si riferisse.
"Certo"
lo rassicurò.
"Mi
sto per Smaterializzare: vado a Diagon Alley" annunciò Fred.
"Vengo
con te allora"; gli tese la mano e lui la afferrò.
Circa
un femtosecondo dopo si Materializzarono nell'affollato quartiere
magico con un sonoro crac, in mezzo a passanti dai
cappelli a
punta e dalle vesti sgargianti. Gente di tutti i tipi sfrecciava a
destra e manca, diretta chissà dove. Hermione si
guardò intorno,
incantata da quel chiacchiericcio caratteristico e allegro, che le
ricordava tanto la prima volta in cui vi aveva messo piede, quando
aveva solo undici anni. Poteva ancora sentire l'emozione che aveva
provato nello spuntare ogni voce della lista, facendo visita ai
negozi. Calderone in peltro, libri, divisa, bacchetta...
Realizzò
solo allora di stare stringendo ancora la mano di Fred e la
lasciò
andare, congedandosi frettolosamente da lui.
Corse
verso Ollivander e – quando entrò – il
suo passo affrettato fece
scricchiolare gli assi di legno antico sul pavimento. Il rumore
provocò una spiacevole smorfia di disappunto sul volto del
signore
anziano ritto in fondo al negozio, dietro il bancone.
"La
stavo aspettando" la accolse, il tono asciutto.
Lei
fece un sorrisetto di circostanza e salutò educatamente con
un:
"Buongiorno".
Si
tolse rapidamente sciarpa e cappotto e li appese all'attaccapanni,
posto all'ingresso della bottega, per poi avvicinarsi al bancone in
attesa di un segno o una parola da parte del vecchio. Questi si
schiarì la voce in maniera plateale.
"Dunque"
esordì solenne, "se ho ben capito lei vuole apprendere i
segreti del mestiere". Qui fece una breve pausa e la squadrò
perplesso; Hermione annuì, senza proferire verbo.
"Nonostante
io non abbia mai tenuto nessuno a lavorare con me" proseguì,
"voglio concederle una chance. Lei è in prova da oggi, ma
sia
chiaro che solo se ha la stoffa giusta la prenderò a
lavorare con me
in via definitiva. Altrimenti" aggiunse, "tornerà al suo
Ufficio Misteri". Lo disse come se lavorare al Ministero della
Magia fosse una insulsa occupazione da perdigiorno, rispetto a quella
di fabbricare bacchette.
"Ha
qualche richiesta?" chiese infine.
"Sì"
ammise Hermione. "Mi dia del tu, per piacere".
Dopo
aver acconsentito, l'uomo era momentaneamente sparito dietro gli
scaffali polverosi, in mezzo a quella miriade di bacchette. Hermione
si stava chiedendo come facesse a raccapezzarsi tra tutte le
varietà
che c'erano – e chiuse in scatolette tutte uguali –
quando
finalmente si degnò di ricomparire.
"Posso
rendermi utile in qualche modo, signore?" domandò
speranzosa,
dal momento che si stava annoiando mortalmente. "Mi dica quello
che c'è da fare e io..."; fu zittita da un gesto brusco del
vecchio, che la fulminò con lo sguardo. Che ho
fatto adesso?,
si chiese.
"Non
ci siamo!" la rimproverò, e lei tacque come in attesa di una
delucidazione. "L'arte del fabbricare bacchette richiede
svariati requisiti" continuò, "il primo dei quali
è la
pazienza. Se non ne hai, signorina Granger, la porta è
lì" e
la indicò con la mano. "Non puoi metterti al lavoro subito,
senza neanche sapere le basi".
"Giusto..."
osservò lei, "non ci avevo pensato".
"Oggi
ti spiegherò i rudimenti della teoria:
come percepire il
legno adatto, come capire le sottili differenze tra un albero e
l'altro, e come dosare il nucleo da inserire nella bacchetta".
Hermione
annuì silenziosamente, intimidita.
"Te
la senti?" le chieste, il tono leggermente ammorbidito.
"Certo"
rispose, finalmente con voce ferma.
"*Prima
di tutto devi capire che ogni bacchetta è un universo a
sè, e il
carattere dipende dall'albero da cui proviene il
legno e da
cosa è composto il nucleo" esordì, ed Hermione
già prendeva
appunti. "Ci sono pochi alberi in grado di produrre legno da
bacchetta e ficcati bene in testa che serve esperienza per
riconoscerli; anche se, come sicuramente sai" aggiunse, "la
presenza degli Asticelli* che li abitano, da una mano ai meno
esperti".
"Si,
signore" assicurò. Lo aveva studiato ad Hogwarts, a Cura
Delle
Creature Magiche.
"Quello
che devi sapere è che capire come fabbricare le bacchette
è la
ricerca di una vita e si continua ad imparare sempre". Hermione
annuì nuovamente, entusiasta a quella prospettiva. Lei
adorava
imparare, di certo quello non sarebbe stato un problema.
Alle
sette di sera, un sordo crac risuonò
nell'ingresso
dell'appartamento di Harry e Ginny, e una sfinita Hermione si
trascinò fino a una poltrona nel piccolo salotto che stava
accanto
alla cucina: il primo momento di relax dall'inizio della giornata.
Fu
bruscamente interrotta da un altro crac alle sue
spalle, che
la fece sobbalzare e lanciare un gridolino isterico: Weasley era a
casa, e la guardava come se gli avesse appena lanciato una
Caccabomba.
Anzi,
no: se l'avesse fatto le avrebbe stretto la mano, con tutta
probabilità.
"Strilli
per la mia ammaliante bellezza o sei un po' tesa?" la
provocò ridacchiando.
"Mi
hai fatto spavento" si giustificò lei.
"Ho
visto" disse, riferendosi all'urletto isterico che aveva prodotto.
"Dovresti rilassarti! Posso darti una mano?"
aggiunse, sornione.
"Prego?"
squittì lei, incredula.
"Non
era una metafora a sfondo sessuale" si difese lui, alzando le
braccia in segno di resa e mettendo su un espressione angelica.
"Pensavo più a qualcosa come un massaggio alla schiena".
"Come
no..." rispose Hermione, sicura che scherzasse.
"Sul
serio" ribadì, "me la cavo bene con le mani".
"Allora
è un vizio, il tuo!" lo rimproverò.
"Scusa,
Granger, ma giuro che non era un doppio senso! È il tuo
cervello a
fare associazioni sconce, davvero!". Era possibile, in effetti.
Qualcuno doveva averla stregata: prima gli fissava i muscoli, poi
prendeva ogni parola come un riferimento sessuale... doveva avere
qualche problema.
"Sei
tu che usi parole inopportune, davvero"
scimmiottò il tono di
presa in giro che aveva usato.
"Beh"
fece lui ignorandola, "lo vuoi questo massaggio?". Sollevò
un sopracciglio, abbastanza scettica in proposito – poi
sospirò
con rassegnazione. A Fred bastò come incoraggiamento, e si
avvicinò.
"È
difficile se stai in poltrona!" roteò gli occhi,
indispettito. Lei gli lanciò un'occhiataccia e si
alzò, prendendo
posto su uno sgabello, per lasciargli libero accesso alla propria
schiena. Lui vi poggiò i palmi e iniziò a muovere
le mani, calde e
decise.
"Sei
tesa come una corda di violino" osservò. "È tosta
scioglierti i muscoli".
"Sono
stanca" disse lei, a mo' di giustificazione.
Lentamente,
Hermione si rilassò sotto il tocco di lui, cominciando a
sentirsi
decisamente meglio e lasciandosi sfuggire un mugolio, che lo fece
sorridere.
"Meglio?"
chiese divertito.
"Mh?"
fu la replica che ottenne. Ridacchiò sommessamente,
soddisfatto
dalla reazione positiva di lei.
"Grazie"
mormorò Hermione, una volta che Fred ebbe tolto le mani
dalle sue
spalle – cosa che le lasciò un enorme e
stranissimo senso di
mancanza.
"Bazzecole,
Granger!" si pavoneggiò.
"Sei
bravo".
"Te
l'avevo annunciato, ma tu sembri non fidarti mai di quello che dico"
le rinfacciò, fingendosi offeso. Hermione non
replicò, poichè in
parte era vero: non aveva mai considerato Fred un ragazzo affidabile.
Era sempre così preso da giochi o scherzi "alla Weasley"
che non credeva ci si potesse contare molto.
Ed
evidentemente, si era sbagliata.
Ormai
devi esserti abituata agli errori di valutazione, no?, si
rimproverò mentalmente.
Ron, il Ministero,
Krum.
E
il lavoro da Ollivander? Anche
questo è un errore?,
si chiese. Probabilmente sì, ma non le importava. Aveva
iniziato
quella follia, e sarebbe andata fino in fondo.
NOTE
AL CAPITOLO:
1-
Non ho idea se a Hermione piaccia o meno il tè al gelsomino,
ma
piace a me.
2-
Tutte le informazioni che saranno presenti in questa storia a
proposito delle bacchette, sono tratte dagli "appunti di
Ollivander" sui legni e i nuclei, che la Rowling ha scritto e
pubblicato su Pottermore – potete trovarli anche in giro per
la
rete.
3-
Gli Asticelli vengono trattati a Cura delle Creature Magiche e sono
presenti anche in Gli Animali Fantastici: dove trovarli, con il loro
nome in lingua originale (ora non me lo ricordo). Sono utili
perché
abitano solo alberi che possono fornire legno da bacchetta, e quindi
sono utili per distinguerli dagli alberi normali.
ANGOLO
AUTRICE
Allora
allora,
ecco
un altro capitolo di questo mio piccolo esperimento.
La
saga non è stata intaccata di molto, ho solo sostituito la
morte di
Fred con quella di Percy – scambio che trovo molto
vantaggioso per
tutti i fan di Fred Weasley. Lavanda
Brown – per esigenze di copione e
con buona pace di Jaded–
non è morta nella battaglia di Hogwarts.
La
nostra Hermione credeva
che
il lavoro al Ministero facesse per lei – e probabilmente era
così
per la vecchia Hermione. Ma la nuova Hermione – quella di cui
avete
letto – ne ha abbastanza di avere a che fare solo con libroni
polverosi e pratiche; del resto non vuole dare la caccia ai maghi
oscuri come Harry Potter. Non vuole giocare a Quiddich come Ginny;
non vuole un negozio di scherzi come Fred. Quindi cosa vuole dalla
vita? Se
state pensando un
lucano,
la mia
risposta è no.
Non lo sa
neanche lei, ma
vuole scoprirlo. Dovrà conquistarsi la stima di Ollivander,
che non è tenero. Sarà un
altro errore di valutazione anche con Garrick (ne fa parecchi con gli
uomini... compreso Krum)? Quanti altri ne farà nel corso
della
trama?
Fred farà parte di questi errori?
Queste
sono le domande, la risposta è la storia.
Fatemi
sapere cosa ne pensate; la trama sta carburando e siamo solo al
secondo capitolo, però un commentino lasciatelo. Voglio
sapere se sto rendendo bene il rapporto che intendo creare tra i due.
Siate spietati/e :D
Baci
gente,
Jules
|
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Capitolo 4 *** Un'inaspettata proposta ***
CAPITOLO
TRE – Un'inaspettata proposta
Dopo
quel massaggio ristoratore, Hermione trovò la forza di
alzarsi per
andare a tavola con Frederick.
Cenarono
tra vino e chiacchiere, come due vecchi amici. Rinvangarono i tempi
di Hogwarts – quelli allegri e spensierati, prima della
resurrezione totale di Voldemort. Poi parlarono dei
vecchi
professori, della McGranitt che ormai era diventata preside, di Piton
e di quanto fosse insopportabile (anche se nell'aria aleggiava la
storia della fine orrida che aveva fatto, oltre che del triplogioco
che era riuscito a condurre).
Quando
ebbero finito quasi tutti gli aneddoti, Fred tornò alla
carica con
la domanda della sera prima, che Hermione sperava fosse caduta nel
dimenticatoio.
"Cosa
ti è successo in questi mesi?" andò dritto al
punto.
"In
che senso 'cosa mi è successo'?" se lui era andato al punto,
lei cercava di girarci intorno, con scarsi risultati.
"Oh,
andiamo Granger" sbuffò seccato. "Ti lasci con Ron e passi
tutto il tempo a deprimerti; quando sembra che tu stia di nuovo bene"
continuò deciso, "ti licenzi dal Ministero Della Magia,
parti
in punta di piedi e fai avere tue notizie solo a Harry – e
immagino
ai tuoi genitori. Adesso spunti fuori di nuovo come se niente fosse,
e pretendi che io non ti chieda nulla?". Aveva parlato
velocemente, con una certa urgenza nella voce.
"Devo
ammettere" rispose lei lentamente, "che è una sintesi
perfetta, Weasley". Fred aprì la bocca e poi la richiuse,
evidentemente a corto di argomentazioni per avvalorare la propria
causa. "Spno curioso" disse infine.
Hermione
mise su un sorrisetto sornione, dicendo:
"La
curiosità uccise il gatto, lo sai?".
"Il
gatto correrà il rischio" la rimbeccò Fred.
"D'accordo..."
assentì infine. "Sono stata in Francia per quasi tre mesi"
disse senza remore. "Mi ha ospitata Madame Maxime*, per gentile
intercessione di Fleur".
"Uhm"
fu il commento, "e poi?".
Hermione
si morse un labbro, incerta se parlare o meno.
"In
Bulgaria" confessò, realizzando che probabilmente il
cervello
si era scollegato dalla bocca. "Non credo di dover specificare
che ero ospite a casa di Vicktor" aggiunse.
"Naturalmente"
ribattè lui con un misto di fastidio e scherno dipinto in
faccia.
"N-noi
c-ci scrivevamo; eravamo rimasti amici..." farfugliò
Hermione.
"Siamo ancora amici, credo" aggiunse.
"Credi?"
ripetè inarcando un sopracciglio. Lei sospirò e
si preparò a
parlare.
"Quando
ero in Bulgaria, abbiamo tentato di stare insieme".
"Come
coppia?" chiese lui stupidamente. Hermione sollevò gli occhi
al
cielo, sconsolata.
"Ovviamente!
Come cosa, sennò?" rispose asciutta. Fred replicò
con una
specie di grugnito.
"Dopo
quattro mesi me ne sono andata" riprese.
"Hai
piantato Krum?" domandò, leggermente stupito.
"Mi
pare abbastanza chiaro, dal momento che sono qui e non in Bulgaria"
replicò col tono di chi debba parlare di massimi sistemi a
un
ragazzino ritardato. "Non eravamo fatti per stare insieme".
Non lo amo, disse mentalmente.
"Capisco"
rispose secco.
"Riprovarci
è stata un'idea senza senso, lo riconosco" aggiunse.
"Volevamo
che funzionasse, ma non ho più quindici anni; e Vicktor Krum
non fa
per me".
Fred
non sapeva proprio come commentare quella rivelazione, anche se lo
lusingava il fatto che Hermione si stesse confidando con lui.
Dimostrava che in fondo in fondo, non lo riteneva del
tutto
inaffidabile.
"A
dire il vero" aggiunse lei con un sorrisetto, "non ho molta
fortuna con i Purosangue; forse dovrei cercarmi un Babbano, anche se
non so quanti vogliano sposare una strega". Ce n'erano di
sicuro, ma con la sfiga che aveva si sarebbe imbattuta nel Babbano
più codardo e pauroso d'Inghilterra, magari convinto che i
roghi
medievali fossero stati una grande idea.
"Io
sì" affermò il roscio in maniera del tutto
arbitraria.
Hermione lo guardò storto, indispettita.
"Mi
prendi in giro? Ovvio che tu voglia sposare una strega" rispose,
"sei un mago!".
Fred
mugghiò una qualche risposta incomprensibile, probabilmente
rimuginando sul suo commento insensato, ed Hermione scosse la testa,
ormai rassegnata a quelle uscite alla Weasley. Decise di cambiare
argomento, versandosi ancora un po' di vino elfico.
"Come
va con la casa?".
"Una
meraviglia" replicò ironico, "se vuoi farti il bagno nella
merda di Doxy". L'immagine le causò una smorfia di puro
disgusto che lo fece ridere.
"Delicato,
come sempre" disse sarcastica. "George cosa dice?"
domandò.
"Non
sembra molto disturbato all'idea di casa nostra invasa da formiche
giganti e cacca di Doxy, e ho la netta sensazione che voglia mettere
radici da Angelina" le disse, leggermente rabbuiato.
"Te
l'ha detto lui?" chiese.
"L'ho
capito da solo; e in fondo è giusto così"
replicò
conciliante. "Abbiamo ventitrè anni: è ora di
mettere la testa
a posto". Appariva serio, ma era sempre Fred Weasley, ed
Hermione rise – prima sommessamente, e poi di gusto.
"Testa
a posto, tu? Sul serio?" lo sfottè. "Non farmi ridere,
Fred: hai ventitrè anni, mica trenta. Invece di dire
cavolate,
versami un po' di Firewhiskey".
Fred
ridacchiò a quelle parole, nonostante lei non l'avesse preso
minimamente sul serio.
"La
So-Tutto-Io Granger che beve FireWhiskey: non me lo sarei mai
aspettato" aveva tutta l'aria di una presa in giro. Hermione lo
guardò in tralice e sbuffò.
"Ah
Ah Ah!" fece sarcastica. "Ci sono un sacco di cose che non
sai di me, Weasley".
"Tipo?"
ribattè il roscio; sembrava divertito. "Mi tieni nascosto
che
leggi meno di cinquanta libri all'anno?". Hermione lo guardò
di
sbieco e gli mollò un pizzico sul braccio, punta sul vivo.
Lui emise
un verso di dolore piuttosto eccessivo, e disse:
"Che
caratteraccio, Granger! Sei diventata anche manesca!".
"Beh"
rispose lei, "tra un paio di giorni al massimo non dovrai
più
sopportare il mio caratteraccio".
Mentre
lo diceva, senza un vero motivo, le salì una certa tristezza
– la
stessa che provò anche Fred. Gli ci era voluto poco ad
abituarsi
alla sua presenza.
Prima
che Hermione potesse dire altro, il roscio sbattè un pugno
sul
tavolo, esclamando "Ci sono!" con espressione di vittoria.
"Sei
dove, Weasley? Al San Mungo?" ribattè, caustica.
"Perché
credo ne avresti bisogno, da come ti comporti". Le intimò il
silenzio con un gesto che sembrava voler scacciare una mosca
fastidiosa.
"Ti
senti bene?" riprovò.
"Ho
appena avuto una grande idea" affermò deciso.
"Immagino..."
sbuffò lei, "una modifica da apportare al Torrone
Sanguinolento, o un nuovo tipo di Caccabomba?".
"Niente
di tutto ciò" era decisamente troppo eccitato per essere un
ragazzo che non facesse uso di sostanze stupefacenti. "Ho appena
deciso che verrai a vivere con me".
A
quelle parole, Hermione quasi si strozzò con una sorsata di
FireWhiskey che stava mandando giù.
"Prego?"
sputò fuori.
"Non
nel senso di convivere" spiegò con
sufficienza. "Saremo
coinquilini" disse con naturalezza – era proprio serio. "Non
appena Georgie se ne sarà andato".
Hermione
considerò quella proposta con la massima serietà,
rendendosi presto
conto che aveva un suo perché. Lei aveva bisogno di una
casa, George
voleva andare a vivere da Angelina, e Fred... già, Fred?
"Ma
perché dovresti volere un coinquilino, scusa?". Aveva
abbastanza soldi da non dividere l'appartamento con nessun altro,
quindi a lui non cambiava niente.
"Beh"
ammise a fatica, "non mi va di stare solo... insomma: sono
cresciuto in una casa affollatissima, e poi sono sempre stato con
George. Non ho mai vissuto per conto mio, e non ne ho la minima
voglia". Hermione si ritrovò di nuovo a soppesare l'idea, e
non
poteva fare a meno di pensare che avesse maledettamente senso.
"Ci
sto" deliberò alla fine, stupendo un poco il roscio, che si
astenne dai commenti – nel timore che potesse ripensarci. "Ma
voglio contribuire alle spese".
"Me
lo aspettavo" disse lui inarcando le labbra in una specie di
sorrisetto. "Come sai non ho bisogno di soldi ma, se ti fa
sentire meglio, per me va bene". Non avrebbe potuto sentirsi
più
euforico e soddisfatto per quella brillante trovata.
"Qua
la mano, Granger!". E fu così che, stritolandole tutte e
cinque
le dita in una stretta poderosa, suggellò il loro patto.
Ai
Tiri Vispi Weasley continuavano ad affluire decine di clienti, che si
ammassavano all'interno del negozio. La facciata – di un
arancione
acceso – attirava visitatori come il miele attira le mosche e
i
gemelli Weasley intrattenevano le persone con dimostrazioni di
trucchi e giochi di magia, impartivano ordini ai commessi del
negozio, e riuscivano anche a comunicare tra di loro.
"Sei
passato a casa?" bisbigliò Fred a George.
"Sì"
mormorò in risposta. "La disinfestazione è quasi
ultimata e
tra ventiquattro ore sarà più pulita di prima".
Fred annuì,
rincuorato da quella notizia e pronto a darne un'altra, anche
più
importante.
"Mi
sono procacciato un coinquilino" annunciò con nonchalance.
"Procacciato?
La fai sembrare una battuta di caccia..." gli fece notare il
gemello. "E poi scusa, ma a cosa ti serve un coinquilino?".
"Oh,
Georgie!" fece benevolo. "Credi non abbia capito che vuoi
trasferirti da Angelina?" cercò di usare un tono neutro
mentre
lo diceva. Aveva già ammesso con la Granger che soffriva di
solitudine, non voleva apparire del tutto patetico anche a suo
fratello. Inoltre sapeva che il distacco non sarebbe stato semplice
nemmeno per George: non era il caso di complicarglielo.
"Come
lo sai?" appariva decisamente stupito.
"Sono
il tuo gemello; hai presente?" fece, ovvio. "Il gemello
bello e simpatico".
Al
che, George scoppiò a ridere e gli mollò una
gomitata in mezzo alle
costole. Per un attimo si era scordato che Fred era Fred, e non aveva
certo bisogno di un Legillimens per sapere cosa si aggirasse nella
sua testa. Avevano una connessione naturale, loro due.
Quando
la sua ragazza gli aveva chiesto di trasferirsi da lei, inizialmente
aveva storto il naso; vivere senza Fred sarebbe stato strano.
Però
Angelina era la sua fidanzata e se voleva costruire un futuro con lei
avrebbe dovuto impegnarsi: suo fratello avrebbe capito, ne era certo.
E
infatti non aveva nemmeno avuto bisogno di dirglielo.
"Pensavo
di dirtelo oggi" bisbigliò mentre mostrava un filtro d'amore
a
una ragazza, "dato che domani ci restituiscono l'appartamento".
Fred annuì e mugugnò qualcosa, non trovando
niente da rispondere.
George pensava ci fosse qualcosa che non quadrava.
"E
questa storia del coinquilino?" chiese poi, piuttosto
incuriosito. Perché avrebbe dovuto avere un coinquilino,
quando non
aveva bisogno di dividere le spese?
"Non
ho voglia di vivere da solo" spiegò spiccio, scrollando le
spalle.
"Mh"
mugugnò poco convinto, "e chi sarebbe?", il tono
inquisitorio.
Il
viso di Fred cambiò improvvisamente espressione, assumendone
una
euforica e scaltra: evidentemente, pensò George, era
soddisfatto per
averlo incuriosito.
"Sorpresa,
fratello" rispose infatti. "Sorpresa!" lo sguardo
enigmatico e misterioso. Poi sparì, risucchiato nel reparto
delle
Pasticche Vomitose, lasciando George a sospirare rassegnato,
chiedendosi cosa diavolo avesse in mente il proprio gemello.
Hermione
entrò trafelata nella bottega di Ollivander. Passando per
Diagon
Alley, aveva visto una enorme calca davanti ai Tiri Vispi Weasley, e
aveva sorriso istintivamente. Pensava fosse magnifico il fatto che le
persone avessero di nuovo tanta voglia di ridere. Erano trascorsi
quattro anni dalla fine della Seconda Guerra Magica, e le ferite
erano ancora fresche – Hermione aveva il sospetto che alune
non si
sarebbero mai rimarginate del tutto. Forse gli incubi e le paure
sarebbero spariti dalle loro menti, ma il dolore per la perdita di
tanta gente non poteva sparire dai loro cuori.
"Buongiorno,
signore" salutò educatamente.
Ollivander
rispose con un cenno del capo e un breve sorriso –
già un bel
passo avanti rispetto al solito volto imperturbabile.
"Oggi"
le comunicò, "tratteremo pregi e difetti di un legno molto
buono per fare bacchette. Sto parlando dell'olmo".
Hermione, come il giorno prima, ascoltò attentamente e prese
perfino
appunti, come era solita fare ai tempi della scuola.
"Circola
la voce che l'olmo sia adatto solo ai Purosangue, ma ovviamente
è
falsa. So di Nati Babbani, come te, che le possiedono e ne sono molto
soddisfatti" affermò deciso. "Certo è che una
bacchetta
in olmo preferisce proprietari carismatici, abili e nobili –
se
possibile – e produce una magia molto avanzata ed elegante.
Sono
bacchette sofisticate..." continuava a spiegare senza fermarsi,
ed Hermione beveva ogni informazione come se fosse oro colato. Era
abituata ad essere la migliore, qualsiasi cosa facesse. Per questo si
era rivolta ad Ollivander e non ad altri Masti Bacchettai. Solo il
meglio, per la So-Tutto-Io Hermione Granger. Se doveva imparare,
l'avrebbe fatto dal numero uno – o da nessuno.
Quando
rincasò, stanca e infreddolita, aveva la mente affollata da
immagini
di olmo, abete, betulla, Asticelli e bacchette di ogni sorta.
"Ehi!"
la salutò Fred, sbucando dall'ombra. Hermione
sobbalzò.
"Ti
stai impegnando per farmi morire d'infarto, Frederick?", lo
rimbrottò.
"Non
ora che stiamo per diventare coinquilini" annunciò.
"È
ufficiale: George va a stare da Angelina".
"Oh"
commentò Hermione, "e ti dispiace?".
"Direi
di no" rispose dopo un attimo di riflessione. "Sono
contento per loro". Hermione gli stava per sorridere, lieta che
l'avesse presa per il verso giusto, quando lo sentì dire,
ridacchiando:
"E
poi ho un valido rimpiazzo, no?".
Zeus
in persona non saprebbe mandare saette meglio degli occhi di Hermione
in quel momento – l'aveva letteralmente fulminato con lo
sguardo.
"Frederick
Weasley!"; pronunciato così, già solo il nome di
lui sembrava
un rimprovero.
"È
il mio nome, ma non lo sciupare*", replicò lui scrollando le
spalle, incurante della furia di Hermione – che non smetteva
di
guardarlo di sbieco.
"Io
non sono il rimpiazzo di nessuno!" obiettò la strega,
lanciandogli la propria borsa addosso.
"Punti
di vista" continuò lui. A quel punto lei gli
mollò un pizzico
sul braccio, che non sortì alcun effetto lenente. Voleva
continuare
a sfogare la propria frustrazione, ma Fred le bloccò
prontamente i
polsi, per niente intenzionato a farsi malmenare.
"Lasciami!"
intimò lei.
"Solo
se prometti di non attentare alla mia vita" rispose; sembrava
divertito.
"Va
bene, va bene!" lo assecondò Hermione, pur di tornare
libera.
Fred la lasciò andare pian piano, per assicurarsi che non
ricominciasse a lanciargli oggetti addosso.
"Dovresti
essere più gentile" la rimproverò con fare
superiore, "visto
che da domani divideremo lo stesso appartamento".
"Ehm"
lei si schiarì la voce, "a proposito, George lo sa?".
"Uhm?"
mugugnò lui, improvvisamente colpito da sordità
acuta. Hermione
roteò gli occhi, spazientita. Come sperava di poter
convivere con un
soggetto simile?
Alla
fine, Fred si decise a parlare – probabilmente
pensò che fosse
meglio non abusare della pazienza di Hermione.
"Sa
del coinquilino, ma non sa che sei tu" rispose come se fosse
logico.
"E
perché, di grazia?" domandò lei con un gesto di
stizza.
"Beh,
glielo diremo domani" minimizzò. "Sarà una
sorpresa...".
"Già..."
mormorò Hermione con un sospiro pensieroso, "suppongo lo
sarà
per tutti".
NOTE
AL CAPITOLO*
1-Madame
Maxime gestisce l'Accademia di Beuxbatons in Francia e Fleur era una
delle sue allieve predilette. Ho immaginato che Hermione le chiedesse
ospitalità tramite lei, che quindi era tra i pochi informati
di
almeno una delle destinazioni della Granger.
2-questa
frase la dice il protagonista del musical Grease, Danny Zucco (John
Travolta), a Sandy (Olivia Newton-John). Mi è partita la
citazione
random; capita a volte :)
ANGOLO
AUTRICE
Eccomi
qui ("di nuoovo? Oh no, cacciatela via!"). Se questa è la
vostra reazione, deduco che la storia non vi piaccia, altrimenti
spero proprio che commenterete per farmi sapere la vostra opinione.
Pian piano la mia mente geniale(?) sta sgarbugliando la matassa che
è
la trama di questa storia. Spero di sgarbugliarla bene e di scriverla
meglio. I giudici siete voi, quindi...
Ah!
Ribadisco che Draco ci metterà un po' a entrare in scena, ma
quando
lo farà sarà in gran stile –
sbariglierà le carte. Un bacio a
tutti,
Jules
|
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Capitolo 5 *** Il trasloco ***
CAPITOLO
QUATTRO – Il trasloco
Il
pomeriggio seguente, Hermione chiese a Ollivander il permesso di
uscire prima dal lavoro e lui – seppur malvolentieri
– glielo
concesse.
Non
potè andarsene tanto presto quanto avrebbe voluto, ed era
consapevole che avrebbe tardato un bel po'. Del resto, non aveva mica
un appuntamento: doveva recarsi a casa di Harry e Ginny e sgomberarla
dalla propria roba, per poi traslocare da Fred – non era
così
importante la puntualità, no?
Si
chiese se il roscio avesse annunciato la grande novella al gemello,
ma si rispose che certamente avrebbe aspettato la sua entrata in casa
– andava matto per le scene ad effetto. Anche George le
apprezzava,
ma dubitava che nel loro caso ne sarebbe rimasto entusiasta. In
effetti, Hermione era consapevole che lei e Fred, come accoppiata,
lasciavano a desiderare. Erano completamente diversi: lei precisa e
metodica, lui disordinato e stravagante. Eppure Hermione, contro ogni
logica, era certa che la convivenza sarebbe andata bene.
In
quel periodo stava sbagliando talmente tante cose che una
più una
meno, non avrebbe fatto una gran differenza. O aveva smesso di usare
il cervello, o aveva appena iniziato. Doveva ancora capirlo.
Perlomeno
c'era l'aspetto positivo della vicinanza al lavoro: non avrebbe
nemmeno avuto bisogno della Materializzazione, se abitava a Diagon
Alley.
Pensava
ai cambiamenti che stavano avvenendo nella sua vita, e nel frattempo
rifaceva il proprio baule nel silenzio dell'appartamento.
Impiegò
poco tempo – quanto può mettercene una strega a
fare i bagagli con
la magia.
Si
guardò intorno per controllare di aver preso tutto e si
Smaterializzò fuori dalla porta di casa Weasley.
Suonò il
campanello – Materializzarsi in casa le sarebbe sembrato
alquanto
scortese – e fu George ad aprirle.
Mise
su un'espressione piuttosto stupita; segno che Fred, come lei aveva
previsto, si era ben guardato dal comunicargli del trasferimento.
"Ciao!"
lo salutò con un sorriso.
"Hermione!"
esclamò. "Qual buon vento? Credevo fossi stata risucchiata
nelle viscere della Terra: è un secolo che non ti si vede"
lo
disse in tono vagamente di rimprovero, ma si scansò
gentilmente per
accoglierla in casa.
"Ehm,
hai ragione" ammise lei, "sono un po' sparita".
"Già,
come mai?" domandò curioso.
"Lunga
storia..." tagliò corto con un sorrisetto di circostanza.
Sperava che capisse e non le rivolgesse altre domande, e infatti
così
fu.
"Chiamo
Freddie, sarà contento di vederti..." disse sparendo di
corsa
su per le scale, prima che potesse fermarlo e dirgli come stavano le
cose. Tornò indietro seguito dal gemello, che sfoggiava una
faccia
imbronciata.
"Ce
l'hai fatta, finalmente" fu l'accoglienza che le diede. George
lo guardò stralunato, mentre Hermione levò gli
occhi al cielo.
"Grazie
per il caloroso benvenuto, Weasley!" replicò
sarcasticamente.
"Non
c'è di che! Hai trovato traffico?"
chiese ironico.
"Divertente,
Fred!" fece lei, indispettita. Ma come aveva potuto pensare di
convivere con un essere così fastidioso?
"Se
sono in ritardo c'è un motivo... sai... ho un capo, IO"
sottolineò. "Non posso fare come mi pare".
George
continuava a seguire la scena girando la testa da una parte
all'altra, senza perdersi una battuta.
"Un
capo?" le chiese stupito. "Credevo ti fossi licenziata dal
Ministero". Hermione annuì, continuando a guardare di sbieco
il
gemello cattivo.
"Lunga
storia" gli disse Fred senza girarsi e sostenendo lo sguardo di
lei.
"Ahan..."
biascicò George rassegnato, "questa l'ho già
sentita".
"Sei
in maledetto ritardo!" sbottò Fred all'indirizzo della
strega.
"Uff"
sbuffò lei, "credi che non lo sappia? Ho avuto un
contrattempo,
ma sono qui".
"Perché
ho l'impressione di non sapere qualcosa che mi riguarda?" fece
George con gli occhi a fessura, scrutandoli entrambi per cogliere
segnali nascosti.
"Viviamo
tutti all'oscuro di qualcosa che ci riguarda*" rispose Hermione
con aria saggia. L'aveva letto in un romanzo babbano, o qualcosa del
genere. "Credo che Fred ti abbia detto di aver preso in casa un
coinquilino" aggiunse. George annuì, cominciando a
comprendere.
Hermione non avrebbe saputo dire se la sua espressione scettica fosse
meglio o peggio di quella allarmata che si era aspettata.
"Quello
che sicuramente ha omesso, è che sono io".
"Tu?"
chiese spalancando gli occhi. "Hai davvero intenzione di vivere
con Fred?".
"Ehm...
sì" rispose lei con sorprendente nonchalance.
"Sta'
tranquillo fratello" lo rassicurò Fred con una pacca sulla
spalla. "Siamo una coppia già collaudata".
"Prego?"
replicò quello, strabuzzando gli occhi.
"Non
voleva dire quello che ha detto" cercò di riparare Hermione.
Ci
mancava solo che la gente cominciasse a farsi strani film in testa!
Non voleva che quella cosa fosse presa per il verso sbagliato,
soprattutto dalla famiglia Weasley.
"Negli
ultimi due giorni abbiamo vissuto sotto lo stesso tetto a casa di
Harry e Ginny" chiarì lui, togliendola dall'imbarazzo. "E
non è andata male; vero Granger?" aggiunse con un sorrisetto
impertinente.
"È
una di quelle candid camere che fanno i babbani?" domandò
George guardandolo di sbieco.
"Nah!"
Fred scrollò le spalle. "Mai stato così serio.
Lei ha bisogno
di un posto dove stare, tu vai a vivere con la tua ragazza, e io ho
una stanza libera. Mi sembra logico che venga a stare qui, no?".
Beh,
logico è un parolone, pensò Hermione.
"Se
lo dici tu..." era decisamente
perplesso, adesso.
"Bene,
tutto a posto!" annunciò Fred euforico, guidando Hermione su
per le scale e mostrandole la sua stanza. "La zona notte è
sopra, insieme al bagno; mentre giù ci sono la cucina e il
salone. È
un appartamento piccolo, ma confortevole" sembrava un promotore
o un venditore di case, più che il proprietario.
Quando
giunsero alla camera di George, Hermione si guardò in giro
circospetta: si aspettava di veder uscire uno scheletro dall'armadio,
ma non accadde nulla.
"Ma
come?" disse un po' delusa. "E' questa l'accoglienza? Io mi
aspettavo minimo Caccabombe puzzolenti in ogni direzione o il vecchio
trucco del secchio d'acqua appeso sopra la porta, o anche una botola
nel pavimento, oppure...".
"Grazie
Granger, abbiamo afferrato il concetto" disse Fred piccato,
mentre George se la rideva della grossa.
"Con
voi due ci sarà da divertirsi qua dentro".
"Te
lo faremo sapere" rispose Hermione. "Magari via Gufo,
ammesso che prima di spedire lettere io non l'abbia gia ammazzato".
George continuava a ridere, mentre Fred non era del tutto certo che
Hermione stesse scherzando: forse avrebbe fatto meglio a chiudersi a
chiave, di notte.
"Quella
della botola non sarebbe stata malaccio, come idea" commentò
George. "Provi a entrare e si spalanca una voragine sotto i tuoi
piedi".
"Un
buon sistema contro gli intrusi" aggiunse Fred. Hermione
roteò
gli occhi, esasperata. "Ma vi sentite quando parlate?".
"Sì"
fece George.
"E
siamo irresistibili" aggiunse Fred.
"Ora
la stanza è tua, puoi farne quello che vuoi Granger"
riprese.
"Anche se preferirei non trovarci striscioni inneggianti al
CREPA* o poster giganti di elfi domestici liberati" e prima che
Hermione potesse replicare, Fred e il suo clone erano già
spariti
dalla stanza, probabilmente inghiottiti dalle scale.
La
stanza di George era ormai spoglia, ed era sua. Le
piaceva
l'idea di avere un posto solo suo in cui sistemarsi. Ad Hogwarts era
in un dormitorio; quando aveva dormito alla Tana era sempre stata in
camera di Ginny; e a casa di Ron a Londra dormiva con lui (che, per
inciso, russava anche piuttosto forte).
Perciò
era da quando abitava con i suoi che non aveva una camera tutta per
sè. Le sembrava sciocco e infantile gioire per una cosa del
genere,
dato che ormai aveva ventidue anni, ma non poteva farci niente.
L'avrebbe
arredata come le pareva – e ovviamente senza poster di elfi
domestici. Anche se per infastidire Fred avrebbe potuto farci un
pensierino...
"Sai
Weasley..." osservò una volta a cena, con studiata aria di
sufficienza, "tutto sommato credo che starò bene qui".
Fred la guardò infastidito, ma anche divertito. Erano a
tavola,
l'uno di fronte all'altra.
"Come
sei magnanima!" affermò. "Il calore con cui lo dici mi
commuove, Granger". Il tono e l'espressione gridavano ironia da
tutte le parti ed Hermione non potè fare a meno di
ridacchiare,
rischiando di soffocarsi con il pasticcio di verdure.
Come
soluzione, Fred le versò altro Vino Elfico e si sporse per
darle
qualche inutile pacca sulla spalla.
"Grazie"
disse quando si riebbe.
"Non
c'è di che".
"No"
insistè lei. "Sul serio, grazie".
"Era
solo del vino" le rispose lui. "Di prima qualità, certo,
ma solo vino".
"Intendo,
per l'ospitalità" sbuffò.
"Non
dire sciocchezze, Granger" replicò, quasi infastidito.
"Questa
è anche casa tua adesso; e poi" aggiunse, "meglio te che
un coinquilino sconosciuto no?" riprese il solito tono
scherzoso. Lei allungò una mano sul tavolo e gli
mollò un pizzico
sul braccio.
"Ma
che carino!" fece, il tono giocoso. "E io che mi preoccupo
di dire grazie! Sei sempre il solito cafone senza
cuore!".
"Ora
si che ti riconosco!" disse lui, massaggiandosi la parte lesa, e
la sentì ridere.
Non
se n'era mai accorto prima, ma Hermione Jean Granger gli era...
mancata.
Solo
un pochino – sia chiaro; ma gli era mancata. Nel periodo in
cui era
stata con Ron l'aveva vista spesso; era sempre alla Tana
praticamente. Poi un anno prima avevano rotto e non aveva avuto
più
tante occasioni di vederla; per non parlare di quando era partita: le
occasioni erano drasticamente scese a toccare lo zero.
E
solo ora si accorgeva che quella risata limpida, il viso pulito,
perfino il tono saccente che assumeva quando non voleva essere
contraddetta, gli erano mancati. La rigida, puntigliosa So-Tutto-Io
era mancata – solo un pochino – al malandrino per
eccellenza,
inventore del Torrone Sanguinolento e titolare di un negozio di
scherzi. Roba da pazzi!
"Sono
contento di averti qui" disse sincero. Lei interruppe lo
sproloquio in cui si era lanciata per dimostrare quanto Fred Weasley
fosse un idiota; e sorrise.
"Anche
io" rispose dopo un infinito secondo. "Anche se"
continuò cambiando tono, "ti vedo un po' reticente nel
parlarmi, Weasley".
"Senti
chi parla!" la rimbeccò. "Da quando sei tornata sembri la
donna del mistero".
"Niente
affatto" sbuffò contrariata, "io ti ho detto tutto".
Lui inarcò un sopracciglio, piuttosto dubbioso a
quell'affermazione.
"Beh..." si corresse lei, "quasi tutto".
"Io
non ho nessun resoconto da fare; gli ultimi sette mesi non sono stati
interessanti come i tuoi" replicò sorseggiando un altro po'
di
vino. "A dire il vero, ho una vita piuttosto monotona"
osservò bloccando il bicchiere a mezz'aria.
"Continui
a uscire con una ragazza diversa ogni mese?" domandò
abbassando
gli occhi sul budino, decisa a non farsi vedere.
Ma
che domande fai, Hermione?, si rimproverò
mentalmente da sola.
Fred
invece non parve eccessivamente turbato, piuttosto si mostrò
divertito.
"Beh,
diciamo che non ne trovo mai una che mi sopporti più a
lungo"
ridacchiò.
"Mh"
fece lei scettica, scuotendo il capo. "Non fare la vittima,
adesso; la colpa è tua se non hai una storia seria come
George"
disse col tono di chi la sa lunga.
"Ah
sì?" chiese lui, piccato. "E sentiamo: perché?".
"Perché
sei tu a non volerla, mio caro" rispose con un sorrisetto
impertinente. "E, in tutta onestà, non hai l'aspetto di un
tipo
da relazione duratura" lo prese in giro.
"Non
è vero" le rispose, fingendosi risentito. "Ti
dimostrerò
che sbagli Granger; domani prendo la prima ragazza che trovo e le
chiedo se vuole sposarmi" annunciò. "Contenta?"
flautò.
Insomma,
pensò con una nota di panico. Aveva appena trovato casa, non
voleva
certo lasciarla per fare posto alla sposina.
"Fa'
come vuoi" rispose ignoiando mezzo budino. "Basta che tu e
la signora mi lasciate la mia stanza" precisò.
"Ehi!"
la rimbeccò Fred, "sei qui da un giorno e già
detti legge?
Dovevo aspettarmelo, considerato che mi sono messo in casa una
secchiona rompiscatole".
Perdendo
tutta la maturità dei suoi ventidue anni, Hermione fece la
linguaccia, senza neanche sprecarsi a rispondere verbalmente, e
continuando a gustarsi il budino al cioccolato. Il roscio la guardava
incuriosito dal modo che aveva di muovere le labbra attorno al
cucchiaino, e si accorse che gli era familiare. Conosceva i movimenti
e gli atteggiamenti della Granger meglio di quanto pensasse; doveva
distrarsi da quella contemplazione, prima che lei si accorgesse che
la stava fissando.
"Intanto"
riprese in tono lamentoso, "non mi hai ancora detto dove
lavori". Hermione lo guardò, sentendosi leggermente
colpevole
per le omissioni e le bugie che era diventata così brava a
rifilare;
anche se con Fred non sembravano funzionare a dovere. Aveva sempre
l'impressione che non insistesse più per farle piacere, che
perché
le credesse.
"Te
lo dirò non appena lui mi assumerà stabilmente"
assicurò.
"Sono scaramantica". Almeno questo era vero, riguardo a
quel lavoro. Era convinta che parlarne le avrebbe portato sfortuna,
quindi al momento preferiva tenerlo per sè. Oppure era la
scusa che
si era propinata per rimandare le spiegazioni – tipo
perché aveva
rinunciato a una carriera sicura per mettersi a fabbricare bacchette.
"Pff!
Come se ti credessi!" sbuffò contrariato. Dubitava
fortemente
delle parole della Granger.
"Ma
poi... lui chi?" domandò curioso.
"Il
capo" rispose ovvia. "Il Capo Supremo" aggiunse con un
plateale sorriso misterioso, che ottenne esattamente l'effetto
desiderato, lasciando Fred più incuriosito di prima.
NOTE
AL CAPITOLO*
1-
questa frase è tratta da un libro che si intitola "Le luci
nelle case degli altri" di Chiara Gamberale.
2-
per chi non lo ricordasse il CREPA è l'associazione fondata
da
Hermione in favore degli elfi domestici, visto che ha la fissa per
tutte le creature che siano sottomesse ai maghi :)
ANGOLO
AUTRICE
Eccomi
qui con un nuovo capitolo :D
Forse
è un po' corto, ma dovevo pur descrivere il momento in cui
la nostra
Hermione si installa a casa di Fred, visto che da qui inizia la
vicenda. Da qui in poi si aprono le danze, anche se ribadisco che
prima dell'arrivo di Malfoy c'è un bel po' da aspettare. Non
ho
molto da dire su questo capitolo, visto che è un capitolo di
transizione. Ciò nonostante vorrei che mi lasciaste lo
stesso un
commentino. Grazie e a presto! Aggiornerò il prima
possibile. Baci,
Jules
|
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Capitolo 6 *** Cena in Grimmauld Place ***
CAPITOLO
CINQUE – Cena in Grimmauld Place
"FREEED!"
sbraitò Hermione. "Hai preso tu il mio spazzolino?";
sperava la sentisse anche con la porta del bagno chiusa.
"Non
ho preso un bel niente, Granger!" strillò lui in risposta.
"E
vedi di uscire da quel bagno! Anche io ho delle esigenze, lo sai?"
berciò irritato.
Vivevano
nello stesso appartamento da circa una settimana, e ancora la
famiglia Weasley non ne sapeva nulla, come del resto Harry e Ginny.
Hermione passava le giornate nella bottega di Ollivander, fino a sera
tardi, e non aveva trovato il tempo di parlarne ai suoi migliori
amici. Ma il week-end era in arrivo; e quel venerdì sera
Ginevra
l'aveva invitata a cena da loro.
Fred,
dal canto suo, stava aspettando di averli tutti riuniti insieme
–
probabilmente quella domenica a pranzo. Voleva dirlo personalmente ai
genitori e ai fratelli (motivo per il quale aveva proibito a George
di parlarne); probabilmente lo allettava l'idea di vedere Ron e
Lavanda con la bocca spalancata. In quei giorni passati con Hermione,
la sua incomprensione per la scelta di Ronald era salita alle stelle:
ma come si faceva a preferirle Lavanda Brown? Hermione era
intelligente, brillante, ironica, bella.
Frena
Fred!, si disse, beccandosi nel mezzo di quei pensieri. Lei
era
la Granger, la sua coinquilina e l'ex ragazza di suo fratello. Non
era il caso di pensare che fosse bella,
proprio no.
Quel
venerdì sera, come previsto, alle otto in puntò
Harry Potter udì
uno scampanellio fuori da casa sua e, aperta la porta, si
trovò
davanti la sua migliore amica.
"Harry!"
esclamò lei, gettandogli le braccia al collo. Lui la strinse
in un
affettuoso abbraccio, che le riportò alla mente tutti gli
altri che
si erano scambiati, ogni volta che si rivedevano dopo i mesi estivi
di lontananza: erano sette mesi che non si vedevano di persona, e non
era mai successo prima.
"Mi
sei mancato!".
"Anche
tu" le rispose, un leggero sorriso ad increspargli le labbra
sottili.
"Dov'è
Ginny?" gli domandò sciogliendo l'abbraccio. Harry rispose
con
uno sbuffo infastidito; eppure non le pareva una domanda
così
difficile...
"Di
là in salone" grugnì infine, senza aggiungere
altro. Hermione
aggrottò la fronte e lo guardò in tralice,
dicendo:
"E
perché ho la sensazione che la cosa non ti piaccia?".
"Perché"
mugghiò, "sta parlando con quell'idiota del suo allenatore".
I suoi occhi mandavano fulmini e saette in ogni direzione, ed
Hermione parlò con cautela.
"E
allora?" chiese lei, pur sapendo dove sarebbe finito il
discorso.
"E
allora?" berciò lui. "Te l'ho detto mille volte: quel
tizio ci prova! Pur sapendo che è impegnata!" aveva un tono
minaccioso quasi come quello che usava parlando di Lord Voldemort, ai
bei tempi.
"Harry,
ma Ginny deve parlarci per lavoro..." provò a dire.
"Infatti
mica ce l'ho con lei!" precisò senza dismettere quel tono
irato. "Sono solo geloso. Ho paura di perderla" aggiunse a
voce più bassa. "Non-non le dire che te l'ho detto" si
raccomandò poi, vergognandosi un po' delle proprie debolezze.
Hermione
annuì con un sorriso comprensivo e parlò con
dolcezza:
"Ginevra
ama solo te, Harry. Ti ha aspettato per un sacco di tempo" gli
fece notare. "Non credo che il primo venuto potrebbe portartela
via" lo rassicurò.
"Be',
il tuo giudizio è infallibile, no?" ridacchiò
lui.
Hermione
non era certa che il suo migliore amico avrebbe ripetuto quella frase
a cuor leggero, una mezz'oretta più tardi; ma non disse
nulla in
proposito.
Entrò
in salone, e vide una Ginny accucciata davanti al camino, intenta a
parlare con una testa che spuntava dal fuoco verde e ruggente.
"Ginny"
la chiamò a voce bassa, per segnalare la propria presenza
senza
disturbarla. La rossa si girò e la guardò con gli
occhioni marrone
chiaro*, di una sfumatura simile a quella di sua madre Molly.
"Senti"
si rivolse alle fiamme, brusca. "Io devo andare, ho da fare. Ci
risentiamo per i dettagli della partita; buona serata". La testa
nelle fiamme tentò di protestare e di trattenerla, ma Ginny
non
l'ascoltò minimamente, e alla fine l'uomo cedette e
scomparve dal
camino di casa Potter.
"Hermione!"
la accolse abbracciandola calorosamente. "Non provare mai
più a
sparire per così tanto tempo" non le lasciò
neanche il tempo
di replicare. "Intese?". Hermione sapeva che in casi del
genere era meglio non contraddire Ginny Weasley, che poteva essere
piuttosto pericolosa. Si limitò ad annuire e a rispondere al
sorriso
che l'amica le aveva riservato.
"Molto
bene" fece la rossa. "Ora che ti ho rimproverato, possiamo
anche andare a cena; che ne dite?" propose.
"Direi
di sì" rispose Harry, che sembrava essersi ripreso
dall'attacco
di gelosia. "Ho una certa fame, e anche bisogno di staccare,
considerato che vengo da una giornata catastrofica" dichiarò
passandosi una mano sulla faccia, in un gesto stanco.
"Qualche
problema in ufficio?" chiese Hermione. Harry fece schioccare la
lingua, e mise su un sorrisetto nervoso.
"Problemi?
Due omicidi di Babbani ad opera di qualche Mago Oscuro a cui stiamo
dando la caccia; crediamo sia un nostalgico di Voldemort, o comunque
un fanatico del sangue puro" narrò passandosi stancamente
una
mano sulla faccia.
"Fortunatamente
una specie in via di estinzione" commentò Ginny estraendo la
bacchetta e cominciando a preparare la cena, mentre Harry
apparecchiava la tavola e prendeva una buona bottiglia di Vino Elfico
e tre Burrobirre.
"Hai
intenzione di farmi ubriacare prima di tornare a casa?" chiese
Hermione.
"A
proposito" fece lui ignorando la domanda, "dove abiti
adesso?".
"Sì
davvero" rincarò la dose Ginny. "Non ci dici più
nulla".
"Ehm"
Hermione tossicchiò mordicchiandosi un labbro. La resa dei
conti era
giunta. "Ragazzi, voi siete i miei migliori amici, no?" una
frase più idiota non poteva trovarla. Infatti Harry la
guardò
leggermente accigliato.
"Non
so, Hermione; direi che dovresti saperlo da sola" le rispose
ironicamente.
"D-devo
d-dirvi una cosa" farfugliò piano. "Ginny, è
meglio se ti
giri".
Ginevra,
che le dava le spalle, smise di armeggiare con la bacchetta e le
dedicò la propria attenzione. Hermione si
mordicchiò un labbro,
meditabonda.
"Hermione"
fece Harry inquietato, "conosco quell'espressione, e non mi
piace affatto!".
"Mi
devo preoccupare?" chiese Ginevra rivolta un po' a entrambi.
"Abiti con un elfo domestico o un troll?" scherzò.
Hermione scosse la testa; non era ancora ridotta così male
da
abitare con un troll dalla scarsa igiene personale.
"E
allora dove ti sei trasferita?" domandò Harry, sedendosi di
fronte all'amica.
"A
Diagon Alley" rispose, la voce stavolta ferma. "Da... Fred"
aggiunse frettolosa.
"Ah,
ok" disse Ginny. "Diagon Alley è ok..." stava già
iniziando a girarsi, quando si bloccò. "Aspetta, che cosa?"
domandò, realizzando le parole dell'amica.
"Fred-Fred?"
chiese conferma Harry, guardandola come se si aspettasse che da un
momento all'altro annunciasse che scherzava.
"Fred
Weasley" confermò Hermione stappandosi una Burrobirra, tanto
per fare qualcosa senza essere costretta a sostenere i loro sguardi;
ma quando alzò gli occhi non lesse disapprovazione sui loro
volti,
bensì uno sconfinato stupore – peraltro
giustificato. La cosa la
rincuorò parecchio.
"Gli
pagherò l'affitto" li informò, come se a loro
importasse
qualcosa. "George si è trasferito, Fred non vuole stare da
solo
e io non avevo una casa; così ora siamo coinquilini, grazie
a una
geniale idea di tuo fratello" fece rivolta a Ginny. Stava
scaricando il barile addosso al roscio, ne era consapevole.
La
fissavano attoniti, come se avesse appena annunciato di essere
incinta di otto gemelli concepiti con un Leprecano*.
"Tu
e Fred?" ripetè Ginny. La pentola a pressione era sul punto
di
scoppiare, ma nessuno sembrava curarsene: li aveva proprio lasciati a
bocca aperta. "E perché nessuno ne sa nulla?" aggiunse
Harry.
"George
lo sa" precisò Hermione.
"Allora
mi correggo" fece la rossa. "Per quale dannato motivo
George non ce l'ha detto?". La Granger prese a tossicchiare
nervosamente e a torturarsi le dita delle mani: lo faceva sempre
quando si agitava per qualcosa.
"Glielo
ha chiesto Fred... credo voglia dirvelo domenica, anche se sa che a
te e Harry volevo dirlo io" disse come a giustificarlo.
"Insomma... dovresti esserci abituata alle stranezze di Fred,
no?". Harry e Ginny dovettero pensare che non avevano mai visto
Hermione difendere uno dei gemelli Weasley – casinisti e
indisciplinati com'erano – perché la guardarono un
po' stralunati.
"Sei
sicura che sia una buona idea?" chiese Harry perplesso. "Tu
e lui siete così diversi..."
"Beh,
è già una settimana che vivo lì" lo
interruppe. "E poi
non era esattamente un salto nel buio: l'idea gli è venuta
perché
avevamo già condiviso un appartamento per un paio di giorni"
raccontò in fretta. "Il vostro
appartamento, in
effetti".
"COSA?"
fecero in coro. Hermione sospirò e riapoggiò sul
tavolo la
bottiglia di Burrobirra che aveva sollevato per berne un sorso.
"Harry,
ti ricordi la sera che ti ho chiamato e mi hai detto che potevo
dormire qui?".
"Certo..."
confermò lui senza capire.
"Ginny
aveva detto a Fred di dormire qui quella stessa sera" li
informò. "Abbiamo avuto un incontro fortuito...
chiamiamolo così" disse ripensando alla scena ridicola di
lei
nel bagno con Fred e incurvando le labbra in un sorriso involontario.
Magari
quei particolari era meglio tacerli a Gin e Harry, tanto
perché non
si facessero strane idee – più strane di quanto
probabilmente non
ne avessero già.
"Ah"
fu il commento unico di entrambi.
"Noto
con piacere che siete loquaci..." fece Hermione, ironica.
"E
come va?" chiese Ginny con sorprendente naturalezza; Hermione si
sentì sollevata. Per la seconda volta le sue labbra si
curvarono in
un sorriso, pensando a quella pseudo-convivenza appena iniziata.
"A
parte i mille battibecchi al secondo... è tutto ok"
concluse.
"Fred è sempre meglio di un troll di montagna, in fin dei
conti" disse seria, facendo ridere di gusto Ginny, che aveva
sperimentato per anni e anni la convivenza con i gemelli.
"Mio
fratello è un pazzo, non lo nego; perciò hai
fatto una scelta molto
coraggiosa"
ridacchiò, riprendendo a trafficare con la bacchetta, mentre
Harry
tornava ad apparecchiare la tavola. Hermione sentì Ginny
bisbigliare:
"Voglio
proprio vedere che faccia farà Ron..." e scoppiò
a ridere da
sola, come un'idiota.
"Sai
Ginny, tu somigli davvero tanto a Fred" commentò divertita.
La
rossa si girò verso di lei e assottigliò gli
occhi.
"Mi
devo offendere?" soffiò.
"No,
no" si affrettò a risponderle. "E' solo che lui ha detto
la stessa cosa".
"La
stessa cosa?" chiese Harry, che si era perso la battuta della
rossa.
"Ginny
ha appena detto che non vede l'ora di vedere la faccia di Ron, e mi
ha ricordato Fred; tutto qui" riassunse Hermione.
"Quindi
non ti da fastidio se nominiamo Ron?" domandò ingenuamente.
"Non
essere sciocco, Harry" rispose con aria benevola. "Io e
Ronald ci siamo lasciati da un anno. Per quanto mi riguarda puoi
nominarlo cento volte al minuto, ma non ho intenzione di preoccuparmi
di quello che pensa della mia convivenza con Fred"
aggiunse sinceramente. Rassicurato, Harry smise di trattenere il
fiato, cosa che non si era neanche accorto di stare facendo, e si
mise a sedere, dal momento che Ginny aveva appena dichiarato di non
volere una mano.
"Ora
mi chiedo anch'io che faccia farà..." commentò.
"Non ci
avevo pensato" sembrava pensieroso. Hermione rise.
"Non
credo che la cosa lo tangerà più di tanto"
rispose
serenamente. "In fin dei conti sono la sua ex
ragazza,
non quella attuale".
Alla
parola attuale Harry fece una smorfia molto simile
a quelle
che gli comparivano in volto durante le connessioni con la mente di
Voldemort; Hermione pensava che da un momento all'altro avrebbe
annunciato che gli bruciava la cicatrice.
"Sarò
pure il Ragazzo Sopravvissuto" dichiarò serio, "ma ti
giuro che quando c'è Lavanda tra i piedi sviluppo una vaga
tendenza
al suicidio. Se non l'ho ancora assecondata è per non
lasciare Ginny
ad affrontare LavLav da sola".
"Come
sei premuroso, amore!" fece Ginny, ironica. Hermione sorrise
divertita, a quanto pareva Lavanda non riscuoteva molto successo in
famiglia.
"Fred
ha detto la stessa cosa" commentò Hermione prima ancora di
accorgersene.
Perché
diamine continuava a nominare Fred in ogni frase che le uscisse di
bocca?!
Harry
sembrò non farci caso; ma mentre la rossa portava il cibo in
tavola,
la vide scoccarle un'occhiata sospettosa, e distolse lo sguardo.
Il
resto della cena lo passarono chiacchierando e bevendo Burrobirra: le
erano mancati i suoi amici.
"Che
ne dici del bicchiere della staffa?" propose Harry, tirando
fuori una bottiglia di Firewhiskey. Hermione annuì senza
riserve. In
fondo doveva smaterializzarsi per tornare a casa, non guidare
un'automobile.
"Non
vuoi proprio dirci che lavoro fai, eh?" le si rivolse Ginny,
sorseggiando il contenuto del proprio bicchiere. Hermione
sputacchiò
un po' della bevanda, presa in contropiede. Ginevra continuava a
ricordarle Fred. Avevano – oltre alla stessa sfumatura di
marrone
delle iridi – un'espressione molto simile.
Quelli
di Frederick erano occhi profondi, forse leggermente più
scuri di
quelli di Ginevra, molto diversi da quelli azzurri di Ron, meno
espressivi.
"Be'
e-ecco" balbettò, "per queste cose sono un po'
scaramantica: ve lo dirò non appena mi avrà
assunto per davvero".
"Per
davvero?" chiese Harry.
"Sono
solo in prova" spiegò lei.
"D'accordo"
fece lui scrollando le spalle. "Al nuovo lavoro di Hermione!"
brindò allegro, levando il bicchiere insieme a Ginny.
Quando
Hermione fu uscita di casa, Harry e Ginny, incapaci di trattenersi,
commentarono insieme la notizia appresa quella sera.
"Non
sono sicuro che sia una grande idea: sono così diversi!"
osservò. "Si faranno a fette..." presagì con una
buona
dose di catastrofismo.
"Mh"
mugugnò Ginny. "Secondo me invece ha senso"
decretò.
"Dici?"
le chiese dubbioso.
"Pensaci,
Harry" disse dolcemente. "Sono opposti, quei due; se tutto
va bene Fred smusserà il carattere irremovibile di Hermione,
e lei
lo renderà un po' più responsabile –
almeno spero". Harry
sembrò riflettere un attimo sulle parole della propria
ragazza, per
poi dichiarare solennemente:
"Se
tutto va bene... credo che potresti avere ragione, sai?".
"Come
sempre!" assunse un'espressione di superiorità e gli
scoccò
uno sguardo di trionfo.
"Oh,
ma sta' zitta Weasley!" rispose Harry giocoso, chiudendole la
bocca con un dolce bacio.
NOTE
AL CAPITOLO
*Per
chi magari non abbia letto i libri ma visto solo i film, ci tengo a
precisare che non sono daltonica, e nel libro Ginny ha gli occhi
marroni, non verdi come l'attrice.
*Il
Leprecano (o
leprecauno, leprecano, lepricauno)
è una sorta di
gnomo, tipico
del folklore e della mitologia irlandese.
ANGOLO
AUTRICE
Salve
Gente,
Non
so se dovrei farmi desiderare di più, ma siccome i capitoli
di
questa storia sono un po' più corti di quelli della mia
precedente
Una Strega in Famiglia, mi sembra giusto postarli un po' più
velocemente, almeno quando mi è possibile. Spero che questo
capitolo
vi sia piaciuto; finalmente si vedono Harry e Ginny (io amo questa
coppia, ed essendo molto amici di Hermione ci devono
essere, pur non essendo i protagonisti della storia). In questo
capitoletto ho parlato solo della cena tra loro tre, ma ho anche
fatto capire che la convivenza tra Fred ed Hermione non è
così
catastrofica – al momento – come si poteva
prevedere.
Stranamente, Hermione è divertita dai battibecchi
anzichè
infastidita. Harry e Ginny sono rimasti un po' stupiti, ma in fin dei
conti l'hanno presa bene no? È solo una notizia strana,
più che
preoccupante. Però non si può negare che sia davvero
strana :) In tutto ciò, credete che Ginny abbia ragione?
Riusciranno
a convivere normalmente a lungo e a migliorarsi a vicenda, o qualcosa
impedirà la riuscita di questa ottimistica previsione? O la
prima
previsione di Harry è esatta e loro sono troppo troppo
diversi?
Queste
sono le domande, la risposta è la storia.
Addio
Gente :*
Mi
raccomando lasciatemi una recensione, sono tanto bisognosa :D
Vostra,
Jules
|
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Capitolo 7 *** L'annuncio ***
CAPITOLO
SEI - L'Annuncio
L'ultimo
giorno del week-end era giunto; quella domenica mattina, Fred Weasley
si alzò dal letto malvolentieri.
Per
la prima volta in vita sua, non era contento di doversi recare alla
Tana. Certo, avrebbe avuto la soddisfazione di vedere suo fratello
minore aprire e chiudere la bocca come un pesce lesso, ma farlo senza
Hermione presente non era la stessa cosa. A dire il vero, stare senza
Hermione non era la stessa cosa.
Avrebbe
quasi voluto disdire e restare a casa con lei, ma ovviamente non era
possibile; sarebbe parso quantomeno sospetto – sia alla
diretta
interessata che alla famiglia Weasley.
Neanche
lui sapeva da dove provenisse la smania improvvisa di passare tutto
quel tempo con la Granger, ma cercava di non farsi troppe domande.
Era simpatica e brillante, ecco tutto.
Ovviamente,
Molly l'aveva invitata a trascorrere la domenica con loro, ma
Hermione aveva rifiutato perché pensava non fosse il caso;
si
preoccupava di poter mettere in imbarazzo la famiglia del suo ex.
Ma
Merlino, quella non era solo la famiglia di Ron!
Era
la famiglia di Ginny, di Harry, e anche di Fred. Doveva pur contare
qualcosa il fatto che sua madre continuasse ad invitarla ai pranzi di
famiglia e nelle occasioni ufficiali. Eppure lei aveva rifiutato
giustificandosi con un impegno precedente, benché Fred
sapesse che
l'aveva preso successivamente.
Sovrappensiero
uscì dalla propria stanza, andando a sbattere contro la sua
coinquilina, ancora insonnolita e in pigiama.
"FRED!"
esclamò in tono di rimprovero, sgranando gli occhi
indispettita.
"Che
c'è?" chiese lui, ignaro. Insomma, si era appena svegliata e
già trovava qualcosa che non andava! Ma come faceva a
trovare così
appagante la compagnia di quella precisetta?
Hermione
gli indicò la sua tenuta, distogliendone però lo
sguardo, e Fred si
accorse di essere in mutande. Dormiva così, e quando George
era in
casa non c'erano problemi di quel tipo – doveva abituarsi a
quella
restrizione.
"Oh
Merlino!" sbuffò roteando gli occhi. "Credevo avessi visto
di peggio... tipo Krum nudo!" le disse ghignando divertito.
Hermione girò la faccia e lo fulminò con lo
sguardo, arrossendo per
quel riferimento a Vicktor.
"Per
l'amor di Godric!" esclamò vedendo che lui non accennava a
muoversi."Copriti, Weasley!" gli intimò.
"Oh
andiamo, non sono così male!" si discolpò.
"Non
avevi detto che avresti messo i pantaloni per non urtare la mia
sensibilità?" gli ricordò la ragazza.
"Ma..."
provò a controbattere.
"Ma
niente!" lo rimbeccò lei. "Copriti e
basta!".
Lui bofonchiò qualcosa e tornò in camera a
vestirsi, per poi
scendere a fare colazione con tè e biscotti al cioccolato.
"Sei
sicura di non voler venire?" le chiese sedendosi di fronte a
lei, al piccolo tavolo della loro cucina.
"Ehm..."
biascicò lentamente. "Sono impegnata".
Fred
fece schioccare la lingua, spazientito.
"Granger,
per favore!".
Hermione
lo fissò con aria colpevole, deglutendo rumorosamente.
"Queste
panzane le potevi rifilare a mio fratello, non a me; di bugie me ne
intendo abbastanza".
"Hai
ragione" ammise,"l'impegno l'ho preso ieri; non vengo alla
Tana perché non credo sia il caso. Sarebbe... beh..."
pensò al
termine adeguato, "imbarazzante".
Il
roscio la guardò con un sorriso cupo, soddisfatto di aver
colto nel
segno, ma non allegro.
"Mamma
e papà ne saranno molto dispiaciuti" disse intingendo un
biscotto nella tazza.
E
tu?, avrebbe voluto chiedere lei d'istinto. Istinto che per
fortuna fu trattenuto dalla ragione.
"Ma
poi chi hai paura di mettere in imbarazzo: Ron e LavLav?".
Hermione rise al tono disgustato con cui Fred aveva pronunciato il
nome della ragazza del fratello.
"Beh"
farfugliò, "anche; però penso che la sensazione
di disagio
sarebbe un po' generale" concluse.
"Sai
che prima o poi dovrai affrontarla questa 'sensazione', vero?"
le chiese con sguardo tanto penetrante che le fece voltare il capo.
"O hai intenzione di evitare la famiglia Weasley a vita?".
Lei scosse la testa: era ovvio che no.
"Ah
ecco" fece lui sollevato. "Perché, se non te ne fossi
accorta, ne fai comunque parte". Hermione sollevò lo sguardo
verso Fred e gli sorrise riconoscente: le faceva piacere sentirselo
dire da lui. "Sei la migliore amica di Harry e Ginny, mamma e
papà ti vogliono bene" elencò, "e ora sei anche
la mia
coinquilina" aggiunse. "Quindi, direi non puoi sfuggirci"
concluse in tono apocalittico.
"E'
una minaccia?" domandò divertita.
"Garantito,
Granger!" rispose Fred alzandosi da tavola e facendole
l'occhiolino.
Dopo
aver chiesto un'ultima volta a Hermione di accompagnarlo alla Tana e
dopo l'ennesimo rifiuto categorico della ragazza, Fred si
Smaterializzò dall'appartamento sopra i Tiri Vispi Weasley
per
ritrovarsi con un crac fuori
dalla porta di casa dei suoi genitori. La
Tana era sempre uguale: sembrava tenersi in piedi grazie a qualche
incantesimo, ma appariva accogliente.
Bussò
controvoglia, pensando ad Hermione in pigiama sul divano del salotto,
e desiderò trovarsi con lei. Scosse la testa per scacciare
quei
pensieri inopportuni e si concentrò sull'enorme sorriso che mamma
Molly sfoderò
quando andò
ad aprire la porta e lo abbracciò come se non lo vedesse da
un anno
anzichè
da una settimana.
"Fred!"
esclamò felice. "Vieni di là: ci sono
già tutti!".
In
effetti, essere di nuovo alla Tana era sempre magnifico. L'orologio
con tutti i componenti della famglia al posto delle lancette faceva
bella mostra di sè al solito posto, e a Fred
sembrò quasi che
niente fosse cambiato, da quando era bambino. Intravide il lavabo
della cucina in cui alcune pentole si stavano lavando da sole.
Il
salone era gremito di gente, dal momento che la famiglia Weasley era
abbastanza numerosa. Harry e Ginny, immersi in un bacio
riappacificatore dopo un battibecco, non sembravano neanche averlo
visto entrare. Bill e Fleur gli si fecero incontro per salutarlo,
entrambi di buon umore. Bill teneva in braccio una spledida bambina
di due anni e mezzo. La piccola Victoire gli saltò al collo,
gridando a squarciagola:
"È
arrivato zio Fred!".
La
prese in braccio e salutò suo padre Arthur e Ron con una
pacca sulla
spalla. Angelina si avvicinò sorridendo, mentre George lo
guardava
come a chiedergli silenziosamente quando avrebbe sganciato la bomba.
Quando Ginny ed Harry si avvicinarono, sua sorella gli chiese
esattamente la stessa cosa, ma a voce.
"Quando
sgancerai la bomba?" bisbigliò. Sentiva lo sguardo di Harry
ripetere la domanda della sua ragazza.
"Hermione
ve l'ha detto?". Si stupì di averla chiamata per nome;
quando
era con lei non lo faceva. Entrambi annuirono.
"Comunque,
lo annuncio tra cinque minuti, appena saremo al completo",
sapevano bene a chi si stesse riferendo. Lavanda Brown apparve dalle
fiamme del camino un secondo più tardi –
evidentemente aveva usato
la Metropolvere. C'era chi non gradiva la sensazione della
Materializzazione, anche se Fred non capiva proprio perché.
Non
appena avevano passato l'esame, lui e George avevano iniziato ad
usarla per qualunque spostamento, compresi quelli molto impegnativi,
come dalla loro stanza alla cucina.
Ora
erano quasi
al completo. Mancava Charlie – perso in chissà
quale anfratto
della Romania ad allevare qualche drago. Ovviamente
mancava Percy, e il
pensiero
gli causò una fitta di tristezza. E mancava Hermione.
Non
appena ebbe salutato anche Lavanda, mise giù Victoire
ignorando le
sue energiche proteste e assicurandole che l'avrebbe ripresa in
braccio più tardi. Spostò lo sguardo da George a
Ginny, poi a
Harry, e poi di nuovo a George. Si schiarì la voce e
parlò:
"Famiglia
Weasley, devo fare un annuncio" quasi urlò, per sovrastare
il
chiacchiericcio generale che si era già diffuso.
Istantaneamente,
tutti si zittirono – probabilmente colpiti dall'insolito tono
serio
di Fred.
Si
sentì tutti gli occhi puntati addosso e molto illogicamente
l'unico,
assurdo pensiero che lo attraversò fu che in quella stanza
c'erano
decisamente troppe persone con i capelli rossi tutte insieme.
Tutti
avevano i capelli rossi, tranne gli acquisiti: ovvero Fleur, Lavanda,
Angelina e Harry. L'unica Weasley ad avere dei bellissimi e lucenti
capelli biondo argenteo era Victoire, praticamente la fotocopia in
miniatura di sua madre.
Stava
per aprire bocca quando una specie di terremoto scese le scale e gli
si fiondò addosso per salutarlo.
"Teddy!"
esclamò prendendolo in braccio. Teddy Lupin aveva ormai
cinque anni.
"Mitici
i tuoi capelli!" si complimentò e gli strizzò
l'occhio,
adocchiando le ciocche blu sulla testa del bambino (un
Metamorfomafus, proprio come sua madre Tonks).
Teddy
scese a terra e si diresse verso Victoire, che si divertiva un mondo
a vedere la sua chioma cambiare colore. Fred li guardò
ridendo e
pensando alla propria infanzia, passata così in fretta, in
quella
stessa casa.
"Dai
Freddie" lo incitò George, capendo che si era incartato in
qualche riflessione. Fred si riscosse e tossicchiò,
preparandosi a
vuotare il sacco.
"Mi
sono trovato un coinquilino" annunciò allegramente.
"Un
coinquilino?!" fece sua madre, sorpresa. "Credevo che
vivere con George fosse abbastanza impegnativo. Chi avete invitato in
casa: Lee Jordan?" chiese.
"George
è andato a vivere da Angelina, non lo sai?" rispose Fred
semplicemente. Molly guardò prima un gemello e poi l'altro,
leggermente irritata.
"Perché
sono sempre l'ultima a sapere le cose?" sbuffò.
"Me-me
ne sono completamente dimenticato!" fece George, battendosi il
palmo della mano sulla fronte.
"Sul
serio?" sbraitò Angelina, non molto contenta del
comportamento
del suo ragazzo. Fred pensò bene di salvarlo dalle occhiate
dardeggianti della ragazza e di mamma Molly, prendendo nuovamente
parola.
"Beh..."
riprese, "se il mio gemello si è scordato, ve lo dico io. Da
una decina di giorni io e Georgie non siamo più in simbiosi,
per
colpa di quella ragazza" disse scherzoso, fingendo di asciugarsi
una lacrimuccia e facendo sorridere Angelina, col puro intento di
dissipare il rischio di liti tra lei e George.
"Mo
c'est meravijoso Georgèè!" esclamò
Fleur, che non aveva
ancora perso il suo affascinante accento francese.
Arthur,
Bill e Ron si limitarono a battere una pacca sulla spalla al
ragazzo, mentre Molly abbracciò Angelina
e gettò un'occhiataccia
al figlio, ancora
scioccata
del fatto che non l'avesse avvertita.
Ginny
ed Harry gli avevano fatto le loro congratulazioni giorni prima, ma
si guardarono bene dall'ammettere che loro erano già stati
avvisati
da George – e ancora meno si sognavano di rivelare che erano
anche
a conoscenza della storia del coinquilino di Fred.
Tra
pacche sulle spalle, felicitazioni e reiterate richieste di fissare
una data per la cerimonia di nozze (con grande imbarazzo di Angelina
e George), tutta la famiglia fu a tavola – e l'annuncio di
Fred
sembrava essere passato in secondo piano. Ad un tratto, sua madre lo
squadrò e sembrò ricordarsene.
"Fred,
allora, chi ti sei trovato come coinquilino?" fece un po'
indispettita. "Spero solo non sia un ragazzo confusionario come
te".
"Ehm"
Fred ridacchiò, "nè l'una nè l'altra"
disse enigmatico.
"Che
intendi dire con nè l'una nè l'altra?"
domandò
Lavanda, la vocetta stridula.
"Che
non è come me" rispose ovvio. "Non è
confusionario e
soprattutto non è un ragazzo" aggiunse.
"Eh?"
fece Angelina senza capire. Ne dedusse che George non le aveva detto
nulla: suo fratello poteva predicare bene quanto gli pareva, ma
continuava a razzolare male. Anche lui aveva taciuto tutto per
godersi l'effetto sorpresa sulla tavolata riunita lì, Fred
ne era
sicuro.
"Quello
che Fred vuole dire" fece Ginny per spezzare quell'agonia,
"è
che è una ragazza molto ordinata".
"Ah"
Ron parlò per la prima volta; sembrava poco interessato alla
faccenda.
"Già"
Fred sorseggiò un goccio di Burrobirra. "Aveva bisogno di un
appartamento e a me si è liberato un posto: una fortunata
coincidenza".
"E
chi sarebbe?" domandò Ron, che in quel momento stava
trangugiando lo stufato, accompagnandolo con una sorsata di vino di
sambuco.
"Hermione
Granger" annunciò Fred con tutta la nonchalance del mondo.
Ron
divenne paonazzo e per pocò non soffocò in un
accesso di tosse, che
lo portò a sputare una sorsata di vino addosso alla sua
LavLav.
"Chi?!"
chiese esterrefatto, solo dopo aver mandato giù la carne e
aver
pulito i vestiti di Lavanda con un Tergeo. Fred lo guardò
impassibile con i profondi occhi marroni, e ripetè:
"Hermione
Granger" quasi come una sfida.
"Convivi
con Hermione?" annaspò la madre.
"Non
convivono, mamma" precisò Ginny in difesa
del fratello –
o forse per evitare che le coronarie di Molly scoppiassero. "Sono
coinquilini: Hermione paga l'affitto" comunicò.
"Con
quali soldi, se si è licenziata dal Ministero?"
squittì
Lavanda in una frecciatina che non produsse nè
ilarità, nè rabbia.
Venne semplicemente ignorata da tutti, tranne che per uno sguardo
torvo di Harry e Ginny e la risposta pacata di Fred:
"Ha
un nuovo lavoro" sembrava averle concesso un onore, parlandole.
Come se l'avesse fatto per bontà d'animo, giusto un favore
personale.
"Ah,
davvero?" fece Arthur incuriosito. "Roba babbana?"
chiese speranzoso. Quando Fred scosse la testa in segno di diniego e
l'uomo sembrò molto deluso: lui adorava i babbani, anche se
nessuno
si spiegava bene il perché.
"Sono
contenta per lei: di cosa si occupa?" chiese interessata Molly.
Fred rimase un attimo interdetto, e a venirgli in soccorso stavolta
fu Harry.
"Ehm"
farfugliò il moro. "Hermione è scaramantica per
certe cose, ed
è ancora in prova. Quindi vuole aspettare di essere assunta;
ancora
non sappiamo di cosa si tratti" spiegò.
"Oh,
capisco" rispose Molly. "Mi dispiace che non sia venuta"
disse scuotendo la testa, e stavolta fu Lavanda che quasi si
strozzò
con la Burrobirra, provocando l'ilarità di Ginny, che
dovette
trattenersi dallo scoppiare a ridere – un'occhiataccia le
venne
scoccata da Ron, consapevole del fatto che in un intero anno, la sua
nuova fidanzata non era ancora stata del tutto accettata dai
componenti della famiglia Weasley. Ginny nascose la faccia arrossata
dietro ai capelli fucsia di Teddy, che le era appena saltato in
braccio.
"Be'
credo che ti farà bene vivere con una persona assennata"
concluse Arthur.
"Sarà
sempre meglio di Georgie-Da-Un-Orecchio-Solo*" Bill scoccò
uno
sguardo divertito al fratello minore.
"Ah
Ah! Senti chi parla!" ribattè George senza scomporsi.
"Bill-Sfregiato-Weasley".
"Oh,
piantatela voi due!" fecero Fleur e Angelina in coro, benché
abituate a quelle battute.
Ron
era talmente sbigottito che non aprì più bocca
fino alla fine del
pasto, mentre LavLav aveva l'espressione di un gatto appena uscito
dalla centrifuga.
Lo
sguardo di Fred incrociò quello di sua sorella Ginny, che
stava
osservando la scena, altrettanto divertita dall'espressione di
Lavanda. Non poterono fare a meno di sogghignare e poi chinare il
capo, per evitare di scoppiare a ridere entrambi.
NOTE
AL CAPITOLO:
1)
Bill prende in giro George per l'orecchio che gli è stato
ferito da
Piton con un Sectumsempra nel settimo libro; mentre George risponde
con il fatto che alla fine del sesto libro Graybeck il lupo mannaro
ha sfregiato Bill la notte in cui è morto Silente e i membri
dell'Ordine hanno combattuto contro i Mangiamorte. I Weasley sono
dotati tutti di senso dell'umorismo – tranne Percy
– e quindi non
è inverosimile che scherzino così.
ANGOLO
AUTRICE
Comincio
con il dire che ho cambiaro nick: sono Jules_Weasley adesso. In
realtà pensavo ci fosse stato un disguido e mi fossi messsa
nome
Jules_8 o qualcosa del genere, invece a quanto pare no. Se nei giorni
prossimi dovesse apparirvi un nome del genere, sappiate che lo
ricambierò comunque con Weasley.
In
generale, sopportatemi, perché io con i nickname non trovo
pace! Dal
2010 a oggi ne avrò cambiati quattro. Però come
vedete sono sempre
la vostra Jules :)
Allora,
passiamo alle cose serie. In questo capitolo Fred annuncia ai Weasley
il suo "coinquilinato" con Hermione. Ron non l'ha presa
bene, ma davanti a Lavanda non è che possa dimostrare tutto
questo
disappunto, perché sarebbe inopportuno interessarsi alla ex
davanti
alla ragazza, no? Comunque neanche lei è felice di sentir
nominare
Hermione, perché tra i Weasley non è proprio
popolare. Ginny in
tutti i libri ha un certo feeling con i gemelli, e secondo me gli
somiglia anche parecchio. È spiritosa, lancia Caccabombe e
sa negare
l'evidenza con una certa facilità. E poi boh, io amo Ginny.
Amo i
Weasley in generale, veramente. Ad ogni modo, nel prossimo capitolo
ritroveremo altri due personaggi di nostra conoscenza. Non
preoccupatevi per le poche apparizioni di Ollivander in questi
capitoli di "assestamento", perché avrà tempo di
apparire. Per quelli che aspettano Draco, mettetevi comodi xD
Insomma,
bando alle ciance. Spero che il capitolo vi piaccia e che mi
lascerete un commentino piccino piccino. Ah, ringrazio tutte le
persone che leggono/recensiscono; e ringrazio Dany_skywalker ,
Nhirn9001,
potterhead_rusher che
in questi ultimi giorni mi hanno messo tra
gli autori preferiti. Grazie grazie grazie (e ovviamente grazie di
nuovo a quelli che mi ci hanno messa tempo fa). Ciao gente, a presto
:*
Jules
|
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Capitolo 8 *** Casa Lovegood ***
CAPITOLO
SETTE – Casa Lovegood
Hermione
guardò Fred scomparire dal salotto di casa loro –
perché quella
casa ormai la sentiva anche un pochino sua.
Non
lo era, certo, ma non poteva evitare di sentirsi protetta e al
sicuro, lì dentro. E come si chiama il luogo in cui ci
sentiamo
protetti e sicuri, se non casa? Lei non avrebbe
saputo
definirla altrimenti – e di solito non era il tipo di persona
a cui
mancano i termini per esprimere un concetto.
Pensò
a Frederick in quell'ambiente accogliente che era la Tana, con un
allegro fuoco sempre scoppiettante e l'orologio che segnava le
posizioni dei componenti della famiglia. Sorrise involontariamente,
ricordando il tempo che aveva trascorso là. Stranamente, Ron
era
l'ultimo dei suoi pensieri (il che era bizzarro, considerato che era
con lui che aveva passato quei giorni dalla famiglia Weasley).
Eppure,
anzichè quella del proprio ex, l'unica immagine che le
veniva alla
mente era quella di Fred – tutte le volte che aveva lanciato
Caccabombe in giro per casa, o che l'aveva presa in giro, o che le
aveva nascosto i libri di Aritmanzia.
Era
stata invitata da Molly via Gufo, ma non aveva ritenuto opportuno
presentarsi. Oltretutto, quello era il giorno in cui Fred avrebbe
annunciato il loro coinquilinato – come
erano soliti
chiamarlo nel tentativo di evitare la parola 'convivenza', che
assumeva tutto un altro significato nelle menti di entrambi.
In
un momento simile si sarebbe sentita di troppo: dovevano essere
liberi di discutere senza la sua presenza. In fondo, lei non era
più
parte della famiglia.
Poteva
quasi vederli, seduti al tavolo con la tovaglia fresca di bucato, le
stoviglie pulite in attesa di essere riempite e i bicchieri del
servizio buono. Chissà com'erano cresciuti Teddy e Victoire
in quei
sette mesi...
Si
costrinse a smetterla di rimuginare su quelle immagini deprimenti e
si alzò per andarsi a lavare e vestire.
Un
impegno l'aveva preso sul serio, ma era solo per le tre di quel
pomeriggio; e decise che, tanto per cambiare, avrebbe ingannato il
tempo leggendo qualcosa.
Alle
tre in punto, Hermione si Materializzò fuori dalla porta di
una
casetta allegra e dall'aria strampalata. Aveva forma simile a quella
di un torrione ed era stata ricostruita, benché Hermione
ricordasse
fin troppo bene il giorno in cui l'aveva scorta per la prima volta.
Lo stesso giorno in cui era esplosa, a dirla tutta.
Realizzò
di trovarsi a un tiro di schioppo da Fred... cioè
dalla Tana,
si corresse mentalmente. Era appena oltre la collina dove abitavano i
Weasley.
Aveva
approfittato di quella domenica pomeriggio per far visita ad un'amica
che non aveva ancora rivisto.Picchiò forte sull'uscio
temendo che,
stralunati com'erano, i padroni di casa non la udissero.
Una
ragazza con un sorrisone e l'aria trasognata aprì la porta.
I
capelli biondi in disordine scendevano fino a metà della
schiena, e
apparivano simili alla criniera di un leone – ma Hermione di
pettinature non poteva proprio parlare.
"Luna!"
la salutò abbracciandola calorosamente. Luna Lovegood la
accolse in
casa senza smettere di sorriderle.
Un
uomo dai capelli di un biondo sporco, piccolo e vestito in maniera
alquanto stravagante – con un completo verde acido dalla
foggia
inusuale persino per un mago – si fece incontrò
all'ospite e le
tese la mano. Hermione la strinse cordialmente
"Salve,
signor Lovegood!"
Il
padre di Luna la fece accomodare su una poltrona e le chiese qualche
informazione per poi lanciarsi nella descrizione minuziosa di
animaletti strambi che, secondo lui, avevano sede alcuni in Francia e
altri in Bulgaria (ed Hermione rimpianse di avergli rivelato i luoghi
in cui si era recata).
A
seguire, tenne una specie di conferenza sui ricciocorni
schiattosi, dei
quali ancora
stava cercando, dopo anni, di dimostrare l'esistenza.
"Vuoi
del tè?" chiese Luna allegra quando il padre fu uscito in
giardino.
Hermione
annuì, guardandolo dalla finestra piuttosto incuriosita:
annaffiava
le piante e le intratteneva con quello che aveva tutta l'aria di
essere... un balletto?
"Stai
fissando mio padre, vero?" era una domanda retorica, senza
traccia di irritazione. Hermione distolse lo sguardo dal signor
Lovegood e lo rivolse a Luna, capendo che le era mancata. Le erano
mancati tutti i suoi amici, in quei mesi.
Le
sopracciglia aggrottate in un'espressione di eterno stupore, l'aria
spaesata e quella disarmante sincerità in ogni affermazione:
quella
era decisamente Luna.
"Cercavo
di capire cosa stesse facendo" rispose sinceramente, ma senza
tono di dileggio nella voce. Erano passati i tempi in cui cercava di
far capire a Luna che le idee che suo padre riportava sul Cavillo
erano del tutto strampalate e prive di fondamento.
"Oh"
replicò la ragazza, trafficando con il bollitore. "Si prende
cura delle Prugne Dirigibili*, ovviamente"
spiegò con naturalezza. "So che può risultare
bizzarro, ma
loro"
e
lo
disse come se si trattasse di persone, "hanno bisogno di svago,
per maturare".
"Capisco".
Annuì, fingendo di comprendere realmente
il senso di
inscenare un balletto davanti a delle Prugne.
In
realtà no, non capiva. Ma del resto l'esperta era Luna: era
diventata una naturalista di discreta fama, in quegli anni.
La
padrona di casa verso altro tè nelle tazze e
servì dei biscotti
secchi, delle brioches di zucca e mise sul tavolo dei Calderotti.
"Ehm"
borbottò Hermione, vedendo che Luna non accennava a parlare.
"Come
va con..." cercò disperatamente di ricordarsi il nome del
ragazzo, "...Rolf?".
Luna
si illuminò, ed Hermione tirò un sospiro di
sollievo: evidentemente
era quello il nome. Rolf Scamander era il ragazzo con cui Luna aveva
appena iniziato a frequentarsi quando Hermione si era praticamente
data alla macchia.
"Buffo
che tu me lo chieda" fece un sorriso. "Ne parlavo ieri con
Neville; ci
siamo conosciuti grazie a lui, lo sai?". Hermione annuì, e
le
venne in mente che da quando era tornata non aveva ancora contattato
Neville – era un'amica davvero
orribile!
"Ci
siamo conosciuti ad un seminario di Erbologia a cui ero andata con
Neville" narrò, nonostante Hermione già ne fosse
a conoscenza.
"Ginny
dice che secondo lei siete la coppia perfetta" commentò.
"Suppongo
di sì" confermò senza remore. "Lui è
un Magizoologo;
abbiamo le stesse passioni" aggiunse con una punta di orgoglio.
Hermione
le sorrise, estremamente felice per lei. Era scontato che fosse un
Magizoologo, essendo un discendente del famoso Newt Scamander,
l'autore di Gli animali fantastici: dove trovarli.
Ad
Hogwarts quel libro era stato la Bibbia di Hermione per quanto
riguardava Cura Delle Creature Magiche, perlomeno finché
Hagrid non
aveva iniziato a fare incroci strani (tipo gli Schiopodi Sparacoda).
"Neville
come se la passa?" chiese poi.
Per
Luna, Neville era il corrispettivo di ciò che Harry era per
Hermione, perciò era chiederle informazioni su di lui.
A
quella domanda, l'espressione distesa e sognante della ragazza si
accigliò lievemente ed Hermione si sentì in colpa
ancora prima che
parlasse.
"Dovresti
chiederlo a lui" disse in tono di rimprovero. Non l'aveva detto
con rabbia, ma proprio per questo si sentì ancora peggio.
Farsi
rimproverare da Luna non era decisamente tra le massime aspirazioni
di Hermione.
"Sei
sparita per mesi, spedendo lettere solo ad Harry. Ora torni e ti
comporti come se niente fosse, quando entrambe sappiamo che non te ne
sei andata a spasso per l'Europa in vacanza" il tono continuava
a non essere risentito, ma lievemente deluso. "Credevo fossimo
amiche".
A
questa uscita Hermione, fino ad allora rimasta silente, dovette per
forza controbattere.
"Io
sono amica tua, Luna!*" protestò dolcemente.
Erano
diverse, su questo non c'era dubbio, ma Hermione le voleva bene. Dopo
tutto quello che aveva passato insieme agli amici – la guerra
e
tutto il resto – non poteva essere altrimenti. Probabilmente
il
loro rapporto era cambiato dal giorno dello scontro all'Ufficio
Misteri, al quinto anno. Poi la Seconda Guerra Magica, e tutto quello
che lei, Neville e Ginny avevano fatto a Hogwarts per tenere in vita
l'ES*. Inoltre, Luna le era stata vicina dopo la fine della storia
con Ron e il loro rapporto si era solidificato di più. E lei
che
faceva? Partiva e se ne stava per conto suo senza neanche mandare una
cartolina.
"Ero
certa che Harry vi avrebbe dato notizie..." si giustificò
debolmente.
"Non
è la stessa cosa, Hermione" aveva colto nel segno.
"Io..."
"E
ora vieni qui e mi parli di Prugne Dirigibili – come se non
sapessi
che non sei minimamente interessata – anzichè
raccontarmi qualcosa
degli ultimi mesi. Non dico tutto, ma almeno una mezza
verità"
aggiunse, ed Hermione pensò che per quanto Luna potesse
sembrare
tocca a prima vista, alle volte era terribilmente perspicace e
dolorosamente sincera.
"Oh,
va bene" borbottò infine. "Non ero in vacanza come ho
detto a tuo padre prima; volevo cambiare aria: avevo inziato ad
essere insopportabile con tutti. Volevo stare da sola, ritrovarmi e
capire cosa fare di me stessa" disse frettolosamente, come per
liberarsi di un fardello.
Luna
restava in silenzio, evidentemente aspettando qualche altra
dichiarazione. La guardava distrattamente: sembrava quasi che il
discorso non fosse rivolto a lei.
"Era
dalla fine della guerra che volevo farlo" continuò, "ma
rimandavo".
"E
hai scoperto qualcosa in più su di te?".
"Non
molto" e si mordicchiò un labbro. "Ma ho capito che il
senso di soffocamento che sentivo dipende da me, non da ciò
che mi
circonda. L'inghilterra è casa mia, questo ora lo so: non
c'è altro
posto in cui voglio vivere". Luna le sorrise e la guardò
comprensiva.
"E'
già un passo avanti, no?" pigolò incoraggiante.
Hermione le
sorrise di rimando, annuendo. In effetti, più passavano i
giorni, e
più era convinta di aver fatto bene a tornare –
ancora una volta,
senza seguire un filo logico, il suo cervello le pose il volto di
Fred Weasley davanti agli occhi.
"Luna
mi ha detto che hai lasciato il lavoro al Ministero" osservò
uno Xenophilius Lovegood piuttosto scarmigliato, rientrando in casa.
Stringeva un baccello di Pugnacio* nella mano sanguinante, ma non
sembrava esserne consapevole.
"E-ehm"
balbettò lei, "s-sta sanguinando, signor Lovegood!" lo
informò. Egli si guardò la mano e
sembrò accorgersene solo in quel
momento.
"Oh,
non importa" si strinse nelle spalle. Poi si mise a trafficare
con il baccello, totalmente incurante del sangue che colava.
"Ti
interessa un lavoretto?" le chiese. Hermione guardò prima
lui,
girato di spalle, e poi Luna, senza comprendere.
"Papà,
forse dovresti spiegarti meglio" disse Luna placidamente.
"Certo,
certo!" farfugliò girandosi a guardarla. "Un mio amico
editore vuole ristampare Le Fiabe Di Beda Il Bardo*; e gli serve una
nuova traduzione" spiegò con calma. "Luna dice che sei
niente male in Rune Antiche, e ho pensato di fargli il tuo nome"
chiarì. "E' solo una traduzione, ma l'editore paga
abbastanza
bene".
Ad
Hermione brillavano gli occhi per l'entusiasmo: adorava tradurre le
Antiche Rune, e da molto tempo non ne aveva più occasione.
"Non
so cosa dire..."
"Di'
sì, naturalmente" suggerì Luna.
"Certo"
confermò Hermione. "Grazie per aver pensato a me".
Era
stupita, dal momento che non era mai stata troppo simpatica al padre
di Luna – avevano divergenze di vedute su Ricciocorni
Schiattosi e quant'altro. Xenophilius non apprezzava
la sua
chiusura mentale; la riteveva una ragazza limitata.
Ma
in fondo, a parte tentare di dare lei, Harry e Ron in pasto ai
Mangiamorte*, era sempre stato gentile.
Bisogna
anche specificare che Voldemort aveva preso in ostaggio Luna, l'unica
gioia della sua vita, e la cosa poteva considerarsi un'attenuante.
Improvvisamente,
Luna scosse la testa e si battè una mano sulla fronte.
"Che
c'è?" chiese Hermione allarmata.
"Mi
sono dimenticata che tra dieci minuti ho appuntamento con Rolf"
disse in tono di scuse.
"Non
importa" la tranquillizzò. "Possiamo continuare un'altra
volta la nostra chiacchierata".
"Non
sparirai di nuovo, vero?" chiese Luna, aggrottando le
sopracciglia.
Hermione
scosse la testa in segno di diniego e si voltò a fare un
cenno di
saluto al padre della ragazza, di nuovo assorto a contemplare il
baccello di Pugnacio. Uscì da casa Lovegood sorridendo: in
fin dei
conti era stato un bel pomeriggio.
Aveva
rivisto Luna, aveva chiarito con lei, e aveva anche ottenuto un
lavoro grazie a Xenophilius Lovegood. Guardò di nuovo oltre
la
collina, chiedendosi cosa stessero facendo i Weasley.
Si
Materializzò nell'appartamento, sperando
di trovare Fred a casa, ma lui non c'era. Evidentemente era ancora
alla Tana con gli altri. Peccato... avrebbe voluto raccontargli della
traduzione, farsi prendere un po' in giro per essere sempre la solita
So-Tutto-Io, e
magari fingere di offendersi. L'appartamento
in Diagon Alley le sembrava incredibilmente grande, senza qualcun
altro – senza Fred.
Mangiò
qualcosa per cena e andò dritta a letto, con un certo senso
di vuoto
a permearle lo stomaco – e non era mancanza di nutrimento.
Ad
Hermione embrava strano anche solo da pensare, ma andare a dormire
senza la buonanotte di Frederick Weasley non era la stessa cosa,
ormai.
NOTE
AL CAPITOLO*
1)
Le Prugne Dirigibili sono fuori dalla casa dei Lovegood sia nel libro
che nel fill, con il cartello che vieta di toccarle. Ho immaginato
che per accudirle Lovegood facesse una delle sue cose strane, e mi
è
venuto in mente il fatto del balletto.
2)
Pugnacio è una pianta che appare nel sesto libro e
abbastanza
pericolosa da maneggiare perché tenta di ingurgitarti una
mano se
sei interessato a estrarne il baccello.
3)
Le Fiabe di Beda il Bardo nell'edizione del 2008 sono nella
traduzione di Hermione Granger (o così c'è
scritto sulla copertina
delle mie). È ovvio che Hermione Granger non esiste, ma
lasciamo
stare. Ho pensato fosse il caso di far capire che Hermione è
comunque sempre una gran secchiona amante dei libri.
4)
La frase è la copia di quella che Harry dice a Luna
all'inizio del
sesto film. Luna prima dell'ES non aveva mai avuto amici, in quanto
bollata da tutti come Lunatica (non so perché visto che
secondo me è
adorabile).
5)
L' ES era – per chi non ricordi – l'Esercito di
Silente che Harry
aveva formato nel quinto libro per addestrare i ragazzi a combattere
le Arti Oscure in maniera pratica (dato che la Umbridge non
permetteva l'uso delle bacchette e Voldemort era appena risorto).
6)
Nel settimo libro il padre di Luna tenta di 'vendere' il Golden Trio
per ottenere in cambio il rilascio della figlia, prigioniera al
Malfoy Manor.
ANGOLO
AUTRICE
Salve
gente!
Come
avevo detto, nel capitolo compaiono due vecchi personaggi, ovvero
Luna e suo padre. Ribadisco che mi sembra realistico che dopo mesi e
mesi di distanza Hermione si degni almeno di andare a trovare i suoi
amici (non può frequentare solo Ginny, Harry e Fred).
Già le note
sono sei, evito di rompere le scatole. A tutti i fan di Ollivander:
nel prossimo capitolo lo ritroverete, tranquilli. Intanto mi serviva
un po' di ristabilire i legami vecchi e di creare quelli nuovi (che
è
lo stesso motivo per cui Draco dovrà aspettare un altro
po'). Vi
prego, lasciatemi un commentino :D Prometto che
aggiornerò presto, perché so che per ora i
capitoli sono corti. Alla prossima!
Baci
:*
Jules
|
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Capitolo 9 *** Il battesimo di Hermione ***
CAPITOLO
OTTO – Il battesimo di Hermione
"Granger..."
sentì un bisbiglio e un forte odore di caffè.
Aveva voglia di
rigirarsi tra le lenzuola e ignorare la voce che la stava richiamando
dal mondo dei sogni, ma sollevò lentamente le palbebre e le
sbattè
più volte per mettere a fuoco.
La
stanza, piena di libri vecchi e nuovi, tra cui alcuno sull'Arte delle
Bacchette, era sempre la stessa.
L'unico
elemento 'fuori posto' era un ragazzo alto e dai capelli rossi che le
sorrideva sfrontato ai piedi del letto, una tazza fumante di
caffè
nella mano destra.
"F-Fred"
pigolò lei, ancora non molto reattiva. "Che ci fai qui?"
domandò.
"Beh"
il roscio diede un'alzata di spalle, "sono venuto a svegliarti"
le spiegò.
"Mmh"
commentò lei, la bocca impastata di sonno.
"Temo
che tu sia in ritardo" le comunicò; piuttosto divertito
dall'espressione sconvolta che le si dipinse in volto.
Diede
un'occhiata alla sveglia che teneva sul comodino e vide qualcosa che
non avrebbe voluto: erano le otto e mezza, l'esatto orario in cui
avrebbe dovuto varcare la soglia della bottega di Ollivander.
Saltò
giù dal letto con uno strillo.
"Cielo!
Devo darmi una mossa o mi farà a pezzi!" mormorò
iniziando a
tirare fuori i vestiti dall'armadio.
"Chi
ti farà a pezzi?" domandò lui nella speranza che,
colta di
sorpresa, gli rivelasse il nome del datore di lavoro. Cosa che,
ovviamente, non avvenne. Lei ridacchiò.
"Bel
tentativo Fred! Te lo dico un'altra volta..." tagliò corto.
"Sono in un ritardo mostruoso". Era rossa in viso e molto
agitata; la trovò fantastica.
Trovi
fantastica la Granger agitata e irritabile, ma sei scemo?
Si
alzò di botto dal letto e la raggiunse davanti all'armadio;
lei si
voltò a guardarlo: sembrava che volesse dirle qualcosa, ma
si limitò
a prenderle silenziosamente la mano e a consegnarle la tazza di
caffè
che le aveva portato.
Hermione,
senza il minimo preavviso da parte del suo ormai morto cervello, si
sporse e gli lasciò un lieve bacio sulla guancia.
"Grazie"
mormorò, a mo' di giustificazione.
Ufficialmente
l'aveva baciato per ringraziarlo del caffè, ufficiosamente
perché
le andava di farlo – voleva fare anche di più,
veramente.
Per
un secondo – solo un secondo, sia chiaro – aveva
avuto l'impulso
di cambiare traiettoria e spostarsi sulle labbra, ma per fortuna
aveva evitato di assecondarlo.
Fred
farfugliò qualcosa di incomprensibile ed uscì
dalla stanza,
lasciandola sola a prepararsi. Fissò per un attimo la porta
da cui
era uscito e ricominciò la corsa frenetica contro il tempo.
"Signorina
Granger!" esclamò Ollivander, irritato. "Venti minuti di
ritardo! Credevo di doverti aspettare a vita!".
Hermione
trovò eccessivo il suo tono severo, e la sua lingua si mosse
senza
interpellarla.
"Credevo
che i fabbricanti di bacchette fossero dotati di pazienza!"
replicò caustica, pentendosene nello stesso istante.
Ecco,
ora ti sbatte fuori a pedate nel culo, complimenti!
Al
contrario di ciò che Hermione si aspettava, gli occhi
scoloriti del
vecchio si assottigliarono, ma poi la bocca sottile si
rilassò in un
sorrisetto. Strano ma vero, il suo datore di lavoro stava
più o meno
sorridendo!
"Mi
piace l'ironia, è un modo intelligente per uscire puliti da
situazioni disastrose" osservò lui, insolitamente loquace.
Tranne quando si parlava di lavoro, Hermione era sicura di non averlo
mai udito pronunciare più di cinque parole in sequenza. Gli
sorrise
di rimando, felice di averla scampata.
Si
tolse il cappotto e la sciarpa e si diresse al bancone, pronta a
mettersi in ascolto. Quando fece per mettersi seduta, Ollivander la
bloccò con un gesto della mano.
"Oggi
faremo lezione sul campo" disse. Se quello era il suo modo di
spiegarsi, Hermione doveva ammettere che non lo capiva molto bene.
"Mh...
che intende con sul campo?" chiese incerta,
mordendosi un
labbro, agitata.
Il
vecchio parve compiaciuto di aver creato quell'alone di mistero che
bastava a suscitare la curiosità di Hermione.
"Ogni
cosa a suo tempo" le rispose pacatamente. "Ora, prendi
sciarpa e cappotto e afferra il mio braccio".
Hermione
si affrettò a fare come le era stato detto, e in men che non
si dica
fu di nuovo accanto a lui, tutta infagottata.
Afferrò
con presa salda il braccio del vecchio e
improvvisamentesentì il
famigliare risucchio che provava Smaterializzandosi.
Con
un sonoro crac i
due erano
spariti, e la bottega ora
era
vuota.
"Freddie?!"
lo chiamò il gemello scuotendolo per un braccio.
"Mh?"
mugugnò distratto.
"Stammi
a sentire!" lo rimproverò, aggrottando la fronte.
"Come?"
si riscosse e guardò il suo doppio. "Come hai detto?".
"Ehi!"
George schioccò le dita sotto al suo naso. "Non so se ti sei
reso conto di quanta gente ci sia qui dentro!" gli fece notare.
Fred
si guardò intorno e scorse una marea di gente invadere il
negozio,
forse attratta dal vivace colore arancio delle vetrine o dalla fama
che in quegli anni aveva valicato i confini di Diagon Alley, e anche
dell'Inghilterra – arrivavano ordini via Gufo da tutta
Europa.
"Si
può sapere a che pensi?!" domandò George,
decisamente
scocciato dalla totale mancanza di attenzione del fratello.
Hermione,
agitatissima per il ritardo, stava per uscire dall'appartamento.
Più
passavano i giorni e più la curiosità di Fred
aumentava: voleva
sapere dove si recasse tutte le mattine, e solo un briciolo di
dignità lo aveva trattenuto dallo spiare i movimenti della
sua
coinquilina. Quella mattina c'era stato un momento, in camera della
Granger, in cui aveva sentito il forte impulso di baciarla.
Non
sulla guancia – baciarla sul serio. Così, la
dignità era svanita
di colpo, completamente soppiantata dal desiderio di sapere.
"Vengo
con te".
Hermione
lo guardò e poi si strinse nelle spalle, in un tacito
consenso.
Scesero le scale e sbucarono da una porticina secondaria che dava
sulla strada – quella principale sbucava direttamente dentro
ai
Tiri Vispi Weasley.
Era
evidente che Hermione non voleva fargli sapere dove andava
perché,
come previsto, lo salutò e si dileguò
frettolosamente tra la folla.
Fred
rischiò seriamente di perderla di vista, ma non avvenne. La
seguì a
una distanza di sicurezza, sentendosi un idiota.
Cosa
sperava di ottenere? Di certo non lavorava da Magie Sinister!
Non
dovette fare molta strada, perché Hermione entrò
nell'ultimo posto
– dopo Magie Sinister – in cui Fred si sarebbe
aspettato che si
recasse: Ollivander.
Che
ci faceva Hermione da Ollivander? Forse doveva far riparare la
bacchetta o qualcosa di simile, quindi per un po' aspettò di
vederla
uscire.
Dopo
dieci minuti gli fu chiaro che Hermione sarebbe rimasta all'interno.
Ma non era possibile che tutte le mattine andasse da Ollivander,
perché tutti sapevano che quel vecchio paranoico non aveva
lavoranti.
Si
avvicinò cautamente alla porta del negozio e la
aprì lentamente,
producendo un tintinnio di campanelle sopra l'uscio. Si
guardò
intorno, curioso di risolvere quel mistero, ma non vide nessuno.
Non
c'era traccia della Granger, nè di Ollivander.
Provò
anche il classico "c'è nessuno?" – con Hermione
avrebbe
inventato una scusa per la sua presenza lì. Ma niente.
Il
posto era deserto, e non gli rimase che tornarsene deluso al negozio,
dove già qualcuno stava iniziando ad entrare per fare
acquisti.
Fred
era perso nei ricordi di quella mattina, quando il fratello l'aveva
interrotto bruscamente.
"Uhm?
Niente di che..." finse di non capire la domanda e scattò in
piedi pronto a sfoderare sorrisi e ad illustrare le
peculiarità dei
diversi prodotti a una banda di ragazzini scalmanati. George lo
guardò allontanarsi e scosse la testa: conosceva suo
fratello come
le sue tasche, e sapeva che non era stato sincero. George avrebbe
dato oro per sapere a chi o a cosa fossero rivolti i pensieri di suo
fratello.
Hermione
e Ollivander sbucarono su quello che presumibilmente era un colle, in
una fitta foresta nella quale la ragazza era certa di non aver mai
messo piede.
"Che
ci facciamo qui?" chiese, stordita dalla Materializzazione
piuttosto brusca. Ollivander la squadrò con attenzione,
soppesando
con cura le parole da usare.
"Questo,
signorina Granger, è il tuo battesimo"
annunciò
enigmaticamente.
"Prego?"
sollevò un sopracciglio, dubbiosa sul significato della
frase.
"Siamo
qui per scovare alberi da bacchette" dichiarò lui, il tono
solenne. "E sarai tu ad individuarli, in base a quello che sai
in proposito; sono un bel po' di giorni che ti spiego la teoria, o
no?" non aveva formulato una domanda reale, dato che il tono non
ammetteva repliche.
Hermione
si trovò a desiderare di non essere lì in quel
momento: che sarebbe
successo se avesse sbagliato? L'avrebbe buttata fuori dalla bottega
senza neanche concederle una seconda possibilità?
In
fondo era stata proprio lei a dirgli di metterla alla prova, e lui
l'aveva avvertita che, se non l'avesse considerata predisposta, non
l'avrebbe tenuta a lavorare con sè.
"Ehm..."
tossicchiò nervosamente, "...d'accordo".
Guardandosi
intorno spaesata si accorse con sgomento che c'erano tantissimi
alberi, e tutti di tipo diverso – cosa abbastanza curiosa.
"E'
un bosco particolare, vero?" chiese conferma.
"Ottima
domanda, signorina Granger" osservò compiaciuto. "Vedo che
qualcosa di ciò che ho detto ti è rimasto nella
zucca".
Hermione si morse la lingua per costringersi a non rispondere a tono
a quel vecchio impertinente.
"E'
un luogo unico in Inghilterra" spiegò in adorante
contemplazione della foresta. "Ci sono diverse tipologie di
alberi assemblati insieme, ed è molto frequentato da coloro
che
fabbricano bacchette, come immaginerai".
Hermione
annuì senza parlare; si guardava intorno meravigliata. Non
aveva mai
immaginato potesse esistere un luogo del genere: le dava un senso di
totale tranquillità, di pace.
"Ovviamente
hanno dovuto emanare un Decreto per regolamentare l'uso del legname
di questa foresta" continuò Ollivander.
"Quindi
è un luogo protetto?" chiese lei, ancora presa ad osservare
gli
alberi e il fogliame.
Una
folata gelida le sferzò il viso, facendo tremare un
alberello poco
distante. Hermione sentì l'improvviso istinto di
proteggerlo, di
accudirlo, per fare in modo che il vento non lo scalfisse e lo
lasciasse crescere in santa pace.
Lo
sguardo argenteo del vecchio si posò sul volto della
ragazza, e le
sembrò di scorgere un lampo di approvazione. Era un
Legillimens o
solo un uomo perspicace? Se lo stava chiedendo quando lo vide
sorridere sotto i baffi e poi girare il capo.
Capì
di aver preso la decisione giusta.
Non
sapeva dove l'avrebbe portata quella storia delle bacchette, ma di
sicuro era stata una splendida, folle, meravigliosa trovata.
Sorrise
e si accostò al Mastro Bacchettaio, dando un'ultima occhiata
agli
alti alberi che svettavano al di sopra delle loro teste.
"Mi
metta alla prova" disse piano, ma con decisione. "Non la
deluderò".
Lui
sollevò la testa e i loro occhi si incrociarono di nuovo,
quando le
rispose:
"Non
ne ho dubbi, signorina Granger".
Nell'istante
in cui Hermione e il signor Ollivander si Materializzarono nuovamente
all'interno del negozio, entrambi erano piuttosto soddisfatti della
loro escursione.
Nella
foresta, lei aveva dimostrato di saper distinguere alla perfezione
gli alberi da bacchetta da quelli comuni (anche grazie al prezioso
aiuto degli Asticelli).
La
famiglia Ollivander fabbricava bacchette da sempre, a quanto ne
sapeva lei, ma Garrick Ollivander era stato un pioniere della
selezione accurata – quasi maniacale – dei legni da
bacchetta e
dei nuclei.
"Come
sono andata?" chiese, sperando in una lode.
"Niente
male, specie nel riconoscere quell'albero di Frassino".
"Oh"
sospirò lei. "Credevo di non farcela, era posizionato fra
alberi tutti uguali...".
"...ma
era l'unico a non essere comune" concluse lui.
Hermione
si sentì lusingata dal tono ammirato che Ollivander aveva
usato. Da
parte sua era come se le avesse dato una laurea, una stretta di mano
e un bacio accademico.
"Però"
bofonchiò, "non credere che il tuo addestramento sui legni
sia
concluso. Ci vorrà del tempo prima di passare a parlare di
nuclei".
Hermione
annuì, troppo felice per contraddirlo.
"Ovviamente"
riprese, "non c'è bisogno che io ti ripeta che i segreti che
apprenderai devono restare fra te e me, vero?" le scoccò
un'occhiata di avvertimento.
"Certo
che no" replicò quasi offesa. "So bene che il suo modo di
scegliere legni e nuclei e di accoppiarli è quello che
distingue il
suo negozio dalla concorrenza".
Il
vecchio sembrò soddisfatto, e anche un po' inorgoglito. Per
la prima
volta nella sua lunga vita, si fidava e basta.
"Sei
assunta in piena regola" annunziò di colpo.
Sul
volto della strega comparve un misto di gioia e stupore, e un sorriso
incredulo le increspò le labbra.
"C-come?"
lo guardò in cerca di conferma.
"Mi
hai sentito" borbottò lui. "Sei una mia lavorante:
riceverai uno stipendio ogni quindici giorni e puoi considerarti la
prima apprendista che abbia messo piede nel negozio di Garrick
Ollivander".
"Io
non so cosa dire" esclamò lei. "G-grazie, signor
Ollivander" farfugliò.
Il
vecchio fece un gesto seccato, come a voler scacciare tutta quella
gratitudine sul volto di lei.
"Non
me ne faccio nulla di un 'grazie'..." brontolò. "Cerca
piuttosto di imparare il mestiere come si deve, mi sono spiegato?
Disciplina dev'essere il tuo mantra, signorina
Granger!".
La strega annuì prontamente. Se c'era una cosa che Hermione
conosceva, era proprio la disciplina. Non doveva certo spiegarle che
applicarsi era il primo passo per riuscire in qualcosa.
"Ora
puoi andare a casa, abbiamo passato tutto il giorno in quel bosco,
è
già buio".
Guardando
fuori, Hermione si rese conto che Ollivander aveva ragione: dovevano
essere almeno le sette di sera, e il cielo era scuro.
Prese
la propria borsa e si infilò nuovamente sciarpa e cappotto,
pronta
ad affrontare il freddo serale.
"Arrivederci,
signore" disse. Lui le fece un cenno brusco con il capo, ma
mentre usciva dal negozio, la ragazza lo sentì bisbigliare:
"A
domani, Hermione". Sorrise nell'ombra, senza
voltarsi, ma
era sicura di non essersi sbagliata. Si chiuse la porta alle spalle e
guardò il cielo nuvoloso. Si prospettava una nottata di
pioggia.
Non
vedo l'ora di dirlo a Fred, fu l'unico pensiero che ebbe
dirigendosi a passo spedito verso l'appartamento sopra il negozio di
scherzi.
ANGOLO
AUTRICE
Ebbene
sì, sono passati solo tre giorni e io aggiorno a tamburo
battente.
Un po' è per la storia del capitoli dal mio punto di vista
corti
(comunque da un certo punto in poi lo saranno leggermente meno), un
po' è perché sono pazza, e un po' è
perché certe volte non riesco
a fermarmi quando scrivo. Comunque, come potete vedere, Hermione
è
stata assunta in piena regola e inizierà il suo praticantato
dal
caro vecchio Ollivander, che è un po' lunatico, ma
è una brava
persona dai :)
Fred
c'è rimasto un po' male, a dire il vero, perché
Hermione non gli ha
detto una cosa del genere. Cioè, non capita tutti i giorni
che
qualcuno vada a lavorare da Ollivander... comunque, nel prossimo
capitolo avranno un 'confronto verbale'.
Si
comincia anche a vedere che tra i due qualcosa è cambiato,
sono più
intimi ed è inutile negare che sono attratti l'uno
dall'altra.
Bisogna vedere se filerà tutto liscio come l'olio. Spero che
il
capitolo vi piaccia e che commentiate in tanti (so che vi lascio poco
tempo tra uno e l'altro, ma comunque seguite in tanti e le
visualizzazioni sono parecchie, quindi qualcuno in più
potrebbe
commentare, no?). Comunque grazie a chi recensisce, legge
silenziosamente, o mi ha inserito nelle seguite/preferite/ricordate.
Un bacio a tutti voi,
Jules
|
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Capitolo 10 *** Di litigi e Crostatine Canarine ***
CAPITOLO
NOVE – Di litigi e Crostatine Canarine
"Fred?"
flautò Hermione spalancando allegramente la porta di casa.
Aveva
voglia di vederlo, di parlargli, di raccontargli la propria giornata,
ovviamente omettendo i segreti sull'arte delle bacchette, tanto cari
al suo datore di lavoro.
L'immagine
del vecchio dai capelli bianchi e dagli occhi cerulei le si
presentò
alla mente, strappandole un sorriso.
"Granger,
finalmente..." si riscosse dal pensiero di Ollivander; non aveva
mai sentito la voce di Fred così fredda. Le era comparso
davanti,
nell'ingresso, un'espressione tirata in volto.
Deve
essere solo un'impressione, Hermione. Lui non è mai freddo!
"Stavo
per mettermi a tavola" la informò il roscio, gelido come un
ghiacciolo.
Ok,
non è un'impressione.
Le
diede le spalle e si diresse in cucina, senza degnarla più
di uno
sguardo. Hermione lo seguì, indecisa su come interpretare
quel
comportamento. Qualsiasi cosa lo turbasse, di sicuro si stava
sfogando con lei.
Giornata
storta? Mal di testa? Disturbi della personalità mutipla?
Hermione è
pronta a farvi da pungiball, si trovò a pensare.
"Mh"
tentò di attirare l'attenzione di lui. "Va... va tutto
bene?".
Il
roscio, preso ad agitare la bacchetta per apparecchiare la tovaglia,
la guardò per la prima volta.
"Certo,
Granger" sorrise con freddezza. "Perché non dovrebbe? Come
mai me lo domandi? Hai qualcosa da nascondere?" domandò,
sibillino.
"Ehm...
non so, sei... distaccato" commentò. Lui si strinse nelle
spalle e non le rispose, di nuovo. "Aspetta"
riprese
lei, aggrottando la fronte, "che intendi con qualcosa
da nascondere?". Lo guardò, in cerca di una
spiegazione a quel comportamento, che trovava davvero molto strano.
Fred
smise di armeggiare con la bacchetta e si fermò ad
osservarla con
aria torva.
"Non
so, dimmelo tu".
"Senti,
ero venuta a casa per raccontarti un sacco di cose; ti-ti stai
comportando in maniera alquanto bizzarra" gli fece notare, contrariata.
"E il
peggio è che non so neanche perché".
Lui
sollevò un sopracciglio e allargò le braccia, in
un gesto di
esasperazione.
"Raccontarmi
cosa? Tu non racconti mai nulla di vero, Granger!".
"Io
non ti ho detto bugie" protestò energicamente.
"Possiamo chiamarle
omissioni,
se preferisci..." replicò seccamente.
Hermione
alzò un sopracciglio, restando sbigottita a quel
tono brusco. Sentire Fred Weasley così risentito era
bislacco come
lo sarebbe stato udire Tiger e Goyle fare affermazioni dotte e
citazioni intellettuali.
"Non
ho il piacere di comprenderti" disse, le mani sui fianchi in una
posa alquanto scocciata. "Se vuoi illuminarmi nella tua immensa
magnanimità, te ne sarò grata!".
"Beh"
mugghiò, "per esempio mi hai nascosto che tutte le mattine
ti rechi da Ollivander!".
L'espressione
indispettita di lui si mutò per un attimo in puro terrore,
leggendo
sul viso della So-Tutto-Io Granger l'arrabbiatura selvaggia che si
stava per manifestare: tra tre...
due... uno...
"MI
HAI SEGUITA?" sbottò urlando. "Come ti sei permesso?"
domandò - circa un milione di decibell sopra il suo
tono consueto - incrociando le braccia. Per un attimo parve che il
roscio
volesse fare marcia indietro, probabilmente inquietato dalla voce di
lei.
"Sì,
Granger!" ribattè in fine. "Ti ho pedinata perché
volevo
sapere dove vai ogni giorno, d'accordo? Non trovo normale che tu voglia
nascondere una cosa del genere" disse a mo' di giustificazione per il
proprio comportamento. Quell'atteggiamento non fece altro che
indispettirla maggiormente.
"NON
OSARE IMPICCIARTI MAI PIU' DEGLI AFFARI MIEI!" gracchiò con
voce
stridula ma a volume molto alto.
"Volevo
solo sapere..."
"Non
hai nessun diritto di farlo!" lo interruppe.
"Viviamo
insieme, Granger!".
"Sei
il mio coinquilino, Weasley" replicò. "Solo
il mio coinquilino. Non sei nessuno per dirmi
quello che devo
o non devo fare".
L'aveva
detto lentamente e guardandolo negli occhi con decisione, quasi con
cattiveria. L'impulso di ferirlo aveva vinto su tutto, in quel breve,
folle istante. Com'era prevedibile, la ragazza se ne pentì
un
secondo dopo. L'espressione dipinta sul volto di Fred era di pietra.
Dire che ci era rimasto male sarebbe stato utilizzare un eufemismo.
"Con
permesso, Granger..." borbottò sfilandole accanto senza
degnarla di un'occhiata. "Nessuno se ne va a a
dormire!"
sibilò.
Detto
ciò sbattè la porta della cucina ed Hermione
sentì lo scalpiccio
per le scale e un'altra porta sbattuta. Si prese a parolaccein svariate
lingue, pentita di avergli parlato in quel modo.
Era
stata troppo dura, lo sapeva. Ma lui l'aveva seguita! Seguita! Per
l'amor di Godric: aveva passato una vita a farsi dire cosa fare,
guidata dal concetto di giusto o sbagliato, di appropriato o
inappropriato. Per una volta che faceva qualcosa d'insolito, le
andava tutto storto. Era stata una giornata appagante e piena, e
avrebbe voluto condividere la notizia della propria assunzione con
Fred prima che con ogni altra persona. Era il primo che le era venuto
in mente, e non sapeva bene come e perché. A pensarci bene,
in effetti, i primi avrebbero dovuto essere Harry e Ginny, non
certo Fred Weasley. Seppe che stava rimuginando da quaranta minuti solo
quando si degnò di consultare l'orologio da polso.
Smettila
di farti tutte queste domande, per Merlino!
Sì,
era tardi ed era stanca. Ci avrebbe pensato il giorno dopo.
Non
aveva alcuna voglia di mangiare e decise che, saltato il pranzo,
poteva saltare anche la cena. Un giorno intero di digiuno –
si
trovò a constatare che Gandhi sarebbe stato fiero di lei,
anche se
scoprì che ciò non la consolava affatto.
Si
trascinò stancamente verso la propria stanza e, non avendo
alcun
desiderio di dormire, lesse fino a tarda notte uno dei suoi beneamati
libroni in Antiche Rune. Riprese in mano il Sillabario dei Sortilegi,
pensando di dover ripassare qualcosa per prepararsi bene alla
traduzione. Già, la traduzione... un'altra cosa
che avrebbe
voluto condividere con Fred e che non aveva avuto tempo e modo di
dirgli.
Improvvisamente
di sentì irragionevolmente, completamente, maledettamente
sola.
Stille trasparenti iniziarono a solcarle il viso, offuscandole la
vista. Pianse di tristezza e soprattutto di frustrazione. Forse
pianse senza una vera ragione, o per tante ragioni insieme, tutte
diverse e tutte uguali. Singhiozzò sommessamente, sperando
di non essere udita.
Si
guardava intorno; i libri, la scrivania, l'armadio, le foto in
movimento che aveva appeso alla parete e tutto il resto. Aveva
iniziato a chiamare casa quel posto, ma non
perché tutti i
suoi oggetti fossero lì. Sentiva –
benché consapevole di quanto fosse assurdo –
che quella, senza Fred Weasley, non sarebbe stata più una casa,
ma solo uno stupido e banale appartamento.
Aveva
appena raggiunto questa conclusione, strana e un po' spaventosa,
che si sentì improvvisamente stanca, e il libro le
cadde di mano, lasciando che scivolasse di colpo tra le baccia di
Morfeo.
La
mattina dopo un raggio di luce filtrò nella camera di
Hermione, che
si stropicciò gli occhi cisposi. Il suo prezioso libro di
Rune
Antiche giaceva a terra. Si affrettò a raccoglierlo e a
rimetterlo al proprio posto, constatando che doveva essersi
addormentata
all'improvviso.
Oltre
al groviglio di emozioni e alla voglia di chiarire con Fred, sentiva
un immenso, sconfinato buco allo stomaco. Erano le sette di mattina,
quindi aveva tutto il tempo di farsi la doccia e scendere a fare
colazione.
Si
trascinò stancamente verso la porta del bagno; fece per
abbassare la
maniglia, ma qualcuno dall'altra parte compì lo stesso gesto
e lei
andò a sbattere contro il proprio coinquilino, evidentemente
appena
uscito da una doccia rilassante. Perlomeno quella volta si era
degnato di infilarsi un accappatoio, il ragazzo.
"Aha!
Ma allora il tuo è un vizio!" ridacchiò lui.
Nella voce, Hermione non
udiva più alcuna increspatura, niente che somigliasse alla
rabbia o al distacco del giorno prima. Sollevò lo sguardo
per vederlo in volto, e notò con piacere che
sorrideva. Si fece da parte, perché non era proprio il caso
di
restare appiccicati sulla soglia del bagno; ma gli sorrise a sua
volta, rispondendo a tono:
"Io
non ho vizi, Weasley!".
"Come
lo chiami questo?" indicò se stesso e il bagno. "Ti sembra
normale piombare sempre
all'improvviso mentre mi faccio la doccia?".
"Io
non piombo da nessuna parte!" replicò senza scomporsi.
"Anche io ho un'igiene personale, Fred"
ribattè afferrando la maniglia e chiudendosi in bagno, con
un
sorrisetto stampato in faccia. Quella schermaglia, pensò,
non significava che
non avrebbero dovuto chiarirsi, perché chiarire è
sempre una buona
idea. Significava solo che quella stupida lite non aveva intaccato
niente nel loro rapporto.
Il nostro rapporto? Hermione, ma ti
senti quando rifletti?!
Scosse
la testa per scacciare i pensieri idioti che le affioravano alla
mente, e aprì la doccia con un gesto secco. Si
spogliò e vi si
infilò, grata che l'acqua calda scendesse su di lei con
effetto
calmante, e che il sapone le scivolasse sulla pelle, rigenerandola.
Tutto sommato, la giornata era iniziata con il piede giusto.
"Fred?"
lo chiamò entrando in cucina, intenzionata ad abboffarsi
come non
mai. Evidentemente, anche il roscio doveva avere una certa fame,
perché la strega si trovò davanti ad una
colazione con i fiocchi.
Le sembrava di essere tornata ai tempi in cui mangiava ad Hogwarts,
anche se fortunatamente in casa Weasley non c'erano Elfi Domestici
Poveri e Abbrutiti da difendere. Guardò il tavolo: dolce,
salato, tè, miele, marmellata,
pane, biscotti.
"Fame, eh?" chiese
ridendo e sedendosi di fronte a lui e
chiedendogli per quale motivo non si stesse ancora scofanando. Le
sorrise.
"Ti
aspettavo".
"Non
dovevi; non hai neanche cenato".
"Tu
sì?" domandò. Lei scosse la testa in segno di
diniego.
"Granger..."
iniziò Fred, dopo qualche minuto passato in silenzio a
sfamarsi. Lei
sollevò lo sguardo senza parlare – più
che altro perché non era
carino cianciare con la bocca piena, in stile Ronald Weasley. "Mi
dispiace per ieri, davvero... insomma... io non avrei dovuto seguirti"
concluse faticosamente.
"E
io non avrei dovuto dire certe cose".
"Beh"
lui scrollò le spalle. "In fondo hai ragione; voglio dire,
è
vero che non sono nessuno per impicciarmi degli affari tuoi".
Lei deglutì a vuoto, perché in realtà
non aveva niente da
deglutire – era tanto per perdere tempo.
"Non
penso quello che ho detto" ribattè. "Non lo penso affatto,
volevo solo ferirti in quel momento" ammise. "Ero arrabbiata a morte
con te". Con sua enorme
sorpresa, Fred si mise a ridere.
"A
quanto pare la Prefetta perfettina non è sempre controllata
e
razionale, ma possiede degli umani istinti vendicativi". Il
tono pungente non scalfiva la risata che le aveva scaldato il cuore.
"Non dirlo in giro"
si raccomandò giocosamene, spalmandosi burro e marmellata su
una fetta biscottata.
"Mh"
mugugnò lui. "E come la metti con Ollivander? Avete
un'intricata storia d'amore e/o relazione sessuale, o sei la figlia
segreta?".
"Sei
disgustoso, Weasley". Il riferimento a una sua eventuale
relazione sessuale con Ollivander le aveva tolto ogni appetito.
"Comunque"
riprese con aria schifata, "ieri volevo dirtelo".
"Della
relazione sessuale?" domandò sarcastico.
"No, idiota!
Che sono la sua apprendista" ribattè con un sorriso.
Fred
sputacchiò una sorsata di tè che la
mancò di poco, beccandosi
un'occhiataccia in risposta. Probabilmente le avrebbe prestato
maggior credito se avesse dichiarato che intratteneva davvero
una
storia con Ollivander.
"Garrick
Ollivander non ha apprendisti!"
contestò, neanche il negozio
fosse il suo.
"Da
ieri sì" ripetè Hermione, con una punta
d'orgoglio. "Mi ha assunta
ufficialmente come lavorante; volevo dirtelo, ma hai fatto quella
ridicola scenata..." gli rinfacciò.
"Ollivander
non ha apprensisti".
"Sei
ripetitivo Frederick, te l'hanno mai detto?" ridacchiò
Hermione,
sorseggiando lentamente il suo tè al gelsomino –
il suo preferito.
"Credevo
che ci tenesse alla segretezza sui suoi metodi di assemblaggio
nucleo/legno" Fred argomentò così il proprio
stupore.
"Ci
tiene infatti, ma si da il caso che si fidi di me – e non
guardarmi così!
– l'ha detto lui" lo informò. Beh, in
realtà non è che
l'avesse proprio detto, ma gliel'aveva lasciato intendere. Se
non gliel'avesse narrato la Granger in persona, Fred non ci avrebbe
mai creduto. La fissava senza neanche sbattere le palpebre.
"Mi
sfugge l'ovvio, probabilmente" dichiarò infine, "ma non
capisco cosa ci faccia tu nella bottega di Ollivander".
"Sono
stata io a chiedergli di assumermi, e ho anche dovuto convincerlo.
Non me lo ricordavo così scorbutico, sai? Pensa che..." si
stava lanciando in una descrizione che venne stroncata sul nascere.
"Sì,
ma che ci fai lì?" ripetè Fred, evidentemente in
stato di shock. "Hai mollato un lavoro
sicuro per metterti a fabbricare bacchette?" sollevò un
sopracciglio, alquanto perplesso.
"...disse
il ragazzo che lasciò la scuola per aprire un negozio di
scherzi!"
ribattè causticamente. In fondo non aveva tutti i torti, e
lui era
l'ultimo a poter criticare una scelta avventata.
"Io
sono sempre stato pazzo" obiettò, "ma tu... che ne hai
fatto della Granger? Dov'è il cadavere?" domandò.
Lei stette al gioco.
"In fondo al
Lago Nero, ovviamente; l'ho dato in pasto alla Piovra Gigante".
Fred rise di gusto all'immagine della Granger che faceva sparire un
cadavere nel Lago Nero, proprio sotto il naso della McGranitt
–
praticamente un'impresa impossibile perfino per i Malandrini.
"Quindi
è lì che vai ogni mattina" constatò.
"Ho
quasi dovuto supplicarlo di darmi una chance; ha
dovuto
spiegarmi un po' di teoria sui legni e ieri ho avuto il mio
battesimo" disse ricalcando le parole del vecchio bacchettaio.
"Il
tuo battesimo?" domandò Fred, aggrottando la fronte.
"Oh,
lascia perdere..." fece un gesto stizzito e scrollò le
spalle,
posando la tazza sul tavolo.
"E
ora è ufficiale?" le chiese poi.
"Già"
non si trattenne dal sorridere. "Puoi dirlo in giro, se vuoi. Solo che
a Harry e Ginny devo dirlo io, o tua sorella mi lancerà una
Maledizione Senza Perdono, mentre Potter mi terrà il muso
perché, a parer suo, non gli dico mai niente".
"Va bene, va bene"
rispose con noncuranza. "Ricapitoliamo un'ultima volta: hai supplicato
Ollivander di metterti a
parte dei segreti del mestiere e lui ti ha dato una
possibilità...".
"Giusto"
confermò lei con un sorrisetto.
"...e
ora ti assume stabilmente e vuole fare di te la sua erede".
"Oh no! Non
mi ha promesso niente del genere e io non mi sono mai sognata di
proporlo. Non so neanche se ho il talento necessario per fare quello
che fa lui – devo vedere come me la caverò con i
nuclei. Quelli sì
che sono una faccenda complicata" dichiarò con un sospiro
preoccupato, tipico marchio Granger (come quelli che faceva
quando pensava di non aver preso tutte E agli esami). "La
ricerca che compie Ollivander l'ha occupato per tutta la vita, quindi
ci metterò un bel po' per imparare anche solo la
metà di quello che
sa lui. E solo più in là mi insegnerà
ad assemblare le bacchette"
parlava a raffica, gli occhi gioiosi e un sorriso luminoso nel quale
Fred si perse.
"Mi
stai ascoltando?" gli schioccò un dito davanti alla faccia.
"Ti
annoio?" chiese.
Non
riesco a staccarti gli occhi di dosso, sarebbe stata la
risposta corretta. Ovviamente non era il caso
di dirglielo.
"No"
rispose. "E dimmi" si riprese, "cosa ti insegna
esattamente?".
Lei
sorrise furbescamente e lo fissò.
"Dovrai
passare sul mio cadavere prima che te lo riveli!".
"Credevo fosse in
fondo al Lago Nero!" la rimbeccò, facendola ridere.
"Allora, che ne pensi? Sincero e diretto!" fece lei.
"La ritengo una scelta folle e insensata" le disse
serio. "Ma
dannatamente giusta per te" aggiunse, a sorpresa.
In
quel momento Hermione provò il forte istinto di saltargli al
collo –
erano le parole esatte che voleva sentirsi dire.
"Come mai
lo pensi?" chiese alzandosi e appoggiandosi alla credenza della
cucina; lo fissava, in attesa di una risposta.
"Semplice" si
strinse nelle spalle, "non ti ho mai vista sorridere così".
Hermione
sembrò soddisfatta e fece un sorrisetto, agguantando una
crostata
che era rimasta isolata sulla credenza. Stava per addentarla quando
Fred si alzò di scatto dalla sedia e la placcò
con poco riguardo, togliendogliela di mano in fretta
e furia.
"Si
può sapere che ti prende?" gli chiese, contrariata. "Ho
fame" lo informò, stendendo la mano in attesa che le
restituisse il suo
cibo.
"Mh...
i-io" farfugliò lui. "Se fossi in te non lo farei, ecco".
"Perché
mai?" domandò. Si diede dell'idiota un secondo dopo: era
ovvio
il perché.
Fred
aveva spostato lo sguardo sul soffitto, pur di non incrociare quello
di Hermione, a dir poco imbufalita.
"Frederick!"
disse irritata. "Quando sono venuta ad abitare qui, mi sembrava di
essere stata chiara su questo
punto".
"Non
l'ho lasciata lì di proposito, lo giuro" si
affrettò a difendersi.
"Merlino,
non mi interessa! Non voglio Crostatine Canarine in giro per casa.
Non mi pare un concetto difficile da capire".
"Beh
ma infatti..."
"Infatti
un corno!" sbottò. "Qualche giorno fa
c'era una Pasticca Vomitosa in bagno e l'altro ieri ho trovato un
enorme tocco
di Torrone Sanguinolento sul mio comodino.
Cosa credi
che direbbe Ollivander se me ne andassi al negozio con le piume
addosso e cinguettando?" chiese sarcastica.
"Beh,
Granger, è sempre meglio sentirti cinguettare che sbraitare
a questo
modo, non credi?" replicò il roscio, sorridendo
impertinente. Hermione
assottigliò gli occhi e mise su un'espressione irritata.
"Oh,
andiamo! Ti ho persino impedito di mangiarla..."
"Lo
dici come fosse una concessione magnanima, Weasley!" gli fece
notare.
"Ma
lo è! Non l'avrei fatto per nessun altro!"
replicò sornione. "Adoro vedere le persone diventare
piumate..."
"Non
è divertente!" ribattè la strega. "Sparisci o ti
affatturo..."
lo minacciò. Fred non se lo fece ripetere due volte e
uscì dalla
cucina prima di lei.
"Comunque"
bofonchiò con dileggio, "non staresti per niente male
versione
pennuto!". Prima che Hermione potesse inseguirlo, si era
fiondato su per le scale; e la ragazza rimpianse di non avere realmente
la
bacchetta nella tasca posteriore dei jeans come al solito,
perché
era sicura che una bella fattura avrebbe fatto un gran bene a Fred
Weasley.
ANGOLO
AUTRICE
Salve
gente,
vi
ho mostrato qui la reazione non proprio positiva di Fred alla
scoperta che Hermione gli ha taciuto una novità
così strana e
importante. Perché insomma, non è come se facesse
la commessa da
scarpe&scarpe. Ollivander è Ollivander. Certo, lei
se n'è
uscita proprio male, non è stata granchè gentile.
Comunque
la cosa si è risolta, non è ancora arrivato il
tempo di veri
problemi (ovvero che potrebbero anche non venire risolti). Comunque,
spero che il capitolo vi sia piaciuto e che mi lascerete una
recensione.
Grazie
a chi legge, ha messo tra le seguite/preferite/ricordate e a chi
recensisce soprattutto. Bacioni a tutti/e,
Jules
Campagna
di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona
l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felici milioni di scrittori.
(Chiunque
voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove
meglio crede)
|
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Capitolo 11 *** Baci Mancati ***
CAPITOLO
DIECI – Baci Mancati
Dopo
quella lite, tra Hermione e Fred era tornata la calma. Nelle tre
settimane che seguirono non ebbero molto tempo per parlare o
semplicemente per stare insieme. Marzo era arrivato di soppiatto ed
Hermione non se n'era nemmeno resa conto. Fred fu costretto a stare
via per tre o quattro giorni, a curare le forniture di materiale
primario per la Polvere Buiopesto Peruviana – i cui composti
principali arrivavano ovviamente dal Perù.
Hermione,
dal canto suo, stava fino a tardi in negozio con Ollivander, cercando
di imparare tutto il necessario sul come riconoscere il legno da
bacchetta – motivo per il quale fecero altre escursioni.
Ormai era
capace di sfruttare al meglio gli Asticelli – guardiani degli
alberi da bacchetta – curandosi di tenersi a debita distanza
per
non farsi staccare un dito a morsi, e di ricompensarli dandogli da
mangiare piccoli insetti. Ricevette persino il suo primo stipendio
(ormai era deciso che l'avrebbe pagata ogni quindici giorni).
Quando
rientrava a casa aveva poco tempo per parlare con Fred,
perché
doveva dedicarsi alla traduzione delle Fiabe di Beda il Bardo, che la
affascinava moltissimo ma che le stava rubando un sacco di ore di
sonno.
"Sul
serio hai intenzione di ignorarmi per tradurre quella robaccia?"
le aveva detto una di quelle sere, dopo cena – l'unico
momento di
pace che aveva.
"Non
è robaccia!" protestò lei. "E poi mi pagano bene"
precisò.
Fred
sbuffò e mise il broncio. Hermione non potè fare
a meno di
considerarlo adorabile, pur
consapevole di quanto fosse idiota anche solo aver pensato una cosa
simile di Weasley.
Era
davvero strano come per lei Weasley significasse
Fred. Non
c'era alcun rischio di confonderlo con Ronald: quel cognome le
richiamava alla mente solo uno dei due.
"Che
c'è?" indagò lui. Evidentemente Hermione doveva
aver assunto
un'espressione meditabonda, o addirittura stranita.
"Riflettevo;
a volte capita, sai?" lo punzecchiò con un sorrisetto
canzonatorio. Fred rise di gusto e le scompigliò i capelli.
"Sai
che sei veramente un'insopportabile e acida So-Tutto-Io?"
celiò,
e le strappò il libro di mano. "Smettila di fare la saccente
e
posa questo maledetto Sillabario dei Sortilegi, Granger!".
"Ridammelo!"
gli ordinò invano.
"Sennò
che fai, mi metti in castigo? Non sei più Prefetto, lo sai
vero?"
ghignò.
Lei
si sporse per riprendere il libro che lui teneva sospeso in aria.
Consapevole di quanto fosse più alto, la Granger non aveva
la minima
possibilità di sottrarglielo, e lui si divertiva a spostare
il tomo
da una mano all'altra e a vederla dondolare sul posto, nel disperato
tentativo di riaverlo.
"Se
non vuoi che vada a prendere la bacchetta, molla il mio libro,
Frederick!" il suono del suo nome, per quanto irritato potesse
essere il tono di lei, lo destabilizzò.
Per
un attimo bloccò le mosse che stava facendo con le braccia
ed
Hermione, anzichè approfittarne per sgraffignargli il libro,
rimase
ferma a guardarlo negli occhi. Nessuno dei sue sembrava intenzionato
a parlare.
Un
secondo che sembrò durare un secolo e poi, all'improvviso, i
loro
volti cominciarono ad avvicinarsi, fin quando i loro nasi si
sfiorarono.
Sta
davvero per succedere?, si chiese Hermione, il cuore che
batteva
all'impazzata.
Stai
davvero per baciarla?, pensò Fred, incredulo.
Nessuno
sa cosa sarebbe successo quella sera, anche se forse è
immaginabile,
perché i due furono interrotti dallo squillo di un
cellulare.
Hermione si scostò; erano quasi appiccicati.
"Cos'è?"
domandò Fred, riscosso dalla suoneria.
"Il
mio cellulare" disse correndo a frugare nella borsa, che aveva
lasciato all'ingresso. Maledetta tecnologia babbana!
"Il
tuo cosa?" domandò lui, parecchio
confuso sul concetto
di cellulare.
Hermione
frugò per un po' nella borsa – aveva il cervello
così in pappa da
non aver pensato ad un incantesimo di Appello –
agguantò il
telefono e rispose alla chiamata.
"Ciao
tesoro!" la salutò allegramente suo padre.
"E'
successo qualcosa?" domandò angosciata.
"No,
perché dovrebbe?" replicò l'altro. Poteva quasi
vederlo
aggrottare la fronte.
"Beh,
è tardi" argomentò lei. "Come mai mi chiami a
quest'ora?".
"Perché,
figlia cara, se non ti chiamiamo noi tu non lo fai mai" le fece
presente.
"Non
è vero" contestò. "Ci siamo sentiti ieri!".
"Sì"
confermò suo padre. "Per cinque minuti prima che ci
liquidassi
per tornare a lavorare. Come se io avessi capito che lavoro fai..."
c'era una punta di rimprovero nella voce dell'uomo.
"Mi
stai accusando di trascurarvi?" domandò Hermione, piccata.
Probabile che l'avesse fatto, presa com'era dalle novità
nella
propria vita; e aveva capito da sola che i suoi avevano spesso temuto
che il mondo magico potesse, in qualche modo, allontanarla da loro.
Perché in fondo quello era il suo mondo.
E non era il loro.
"Giusto
un po'..." disse ridacchiando, per non farla restare male.
"Scusa"
rispose mortificata, "ma il nuovo lavoro mi prende un sacco di
tempo, davvero. Non ho tempo nemmeno di dire ciao a Fred!"
spiegò. Beh... magari l'affermazione non era valida per
quella
serata, ma in generale poteva affermare che fosse una
rappresentazione veritiera della realtà.
"Ma
di' alla mamma che nel week-end vengo a farvi visita".
"Vieni
con mezzi babbani, ti prego" si raccomandò.
"No,
intendevo Materializzarmi in mezzo al vialetto!" fece ironica,
ottenendo una risata da parte dell'uomo. "Ovviamente
verrò con mezzi babbani, papà!".
"Non
per me – adoro vederti sbucare dal camino o roba simile
– ma non
vorrei insospettire i vicini con uno sbuffo verde dal camino o una
scopa volante che scende dal cielo" specificò allegramente.
La
figlia rise. "Allora" riprese lui. "Promesso?".
"Promesso"
assicurò Hermione. "Ci vediamo domenica mattina, dai un
bacio a
mamma". Aspettò che suo padre riagganciasse il telefono per
sospirare.
In
quel momento, per quanto potesse sentirsi egoista, non stava pensando
di certo ai genitori. L'unica cosa che le veniva in mente era il
respiro caldo di Fred e i loro nasi che si sfioravano. Erano a un
passo dal bacio, c'erano quasi. Merlino!
Si
rese conto che voleva quel bacio più di quanto avrebbe
potuto
supporre, e ora che erano stati interrotti non sapeva se considerarlo
un segno del destino o semplicemente una tremenda botta di sfiga.
Probabilmente, la seconda.
"Tutto
ok?" le domandò lui, la voce leggermente roca.
"Sì"
assicurò lei fingendo di stare ancora ad armeggiare con la
borsa,
senza trovare il coraggio di girarsi e guardarlo negli occhi. "Questa
domenica vado dai miei" annunciò, piuttosto freddamente.
Non
voleva che la sua voce suonasse così, ma non aveva idea di
come
comportarsi, e soprattutto non aveva idea di cosa le stesse
accadendo.
Fred
la guardava, come ipnotizzato; non riusciva a distogliere
l'attenzione dalla linea morbida della schiena, che riusciva ad
intravedere anche sotto il maglione. Da quando Hermione lo attraeva
in quel senso? Era strano e sbagliato –
sì, sbagliato.
Forse no, non era sbagliato. Ma certamente era complicato.
Per
la barba di Merlino, è la ex di tuo
fratello!
E
lei? Cosa provava lei? Perché ora se ne stava di schiena a
fingere –
perché fingeva- di armeggiare con quello stupido oggetto
babbano?
Non voleva parlargli? Forse era sollevata per quello che non
era successo? E lui? Fred era sollevato che quel bacio non fosse
avvenuto? No, per niente.
O
non avrebbe sentito una morsa attanagliargli lo stomaco.
L'espressione
accigliata del rosso, però, si trasformò in lieve
sorpresa quando
la Granger si voltò e disse, in modo del tutto naturale:
"Ti
va una tisana?".
Il
roscio guardava la ragazza con un misto di reverenza e inquietudine:
stava visibilmente facendo finta di niente. Di sicuro doveva aver
pensato che quello che stavano per commettere fosse un tragico
errore – magari un incidente di percorso. Non sembrava molto
scossa
o turbata, come invece si sentiva lui.
Stavano
lì a sorseggiare una tisana e a fare battute come al solito,
ma lui
non la stava davvero ascoltando.
Rideva
quando rideva lei, annuiva quando parlava, rispondeva con cenni e
brevi frasi. Avrebbe solo voluto chiederle cosa realmente le passasse
per la testa, se provasse lo stesso desiderio che provava lui.
Desiderio
di riprendere da dove erano stati interrotti; contro ogni logica,
contro ogni saggio proposito di essere buoni coinquilini e basta. Ma
lei era sicuramente più saggia di lui, Fred lo sapeva.
"Perché
ho l'impressione che tu non mi stia ascoltando?" sbuffò lei,
scocciata.
Lui
si riscosse da quei pensieri e puntò lo sguardo nelle iridi
scure di
lei.
"Certo,
stavi dicendo che...".
"Che?"
lo sfidò lei, un sorrisetto sulle labbra. Lui non rispose,
colto in
flagranza di reato. "Dicevo" riprese spazientita, "che
mi sono appena ricordata di non aver detto a Harry e Ginny del lavoro
da Ollivander. Tua sorella è impegnata con la squadra, e
Harry è
sballottato da una parte all'altra: d'altronde si sapeva che essere
un Auror non è una passeggiata. Nemmeno per il
Ragazzo-Che-è-Sopravvissuto..." qui si portò alla
bocca la
seconda tazza di tisana, della quale – per inciso –
non aveva
affatto voglia. Era semplicemente una scusa per restare alzata a
chiacchierare.
Non
aveva intenzione di andare a letto; voleva restare con Fred, ma allo
stesso tempo non aveva alcun desiderio di riportare l'attenzione su
quello che era successo.
Che
non
è successo, Hermione. Perché non è
successo un tubo.
Già...
forse non tra di loro, ma in lei qualcosa stava succedendo –
e da
un po'. Doveva scendere a patti con la realtà: Fred non le
era certo
indifferente.
Non
poteva ignorare la sensazione di benessere che provava in sua
compagnia, ma non poteva non tener conto del fatto che probabilmente
c'era una vasta gamma di ragioni per cui non infilarsi in una
situazione del genere.
Primo:
quello era Fred Weasley, e un Weasley solo le era bastato.
Secondo:
aveva sofferto abbastanza, ed era convinta – in
realtà per sua
pura deduzione arbitraria – che Fred non fosse uno da storia
seria.
Se
le piaceva in quel modo dopo qualche settimana di convivenza, poteva
solo immaginare quanto sarebbe rimasta scottata se le cose si fossero
evolute.
Terzo:
era il fratello di Ron, e del tutto diverso da lei.
Non
funzionerebbe. Al momento è possibile che non funzioneresti
con
nessuno, Hermione Jean Granger; men che mai con Frederick.
"Beh..."
riprese Fred, distogliendola da quei fastidiosi pensieri. "Possiamo
invitarli a cena, no?" propose con una voce strana. Hermione si
morse un labbro, incerta.
L'aveva
detto come se quella fosse davvero casa loro, come se lei non fosse
solo un'affittuaria, come se fossero... una coppia.
"Chi?"
chiese. "Harry e Ginny?".
"Anche
Luna e Neville, se ti fa piacere" scrollò le spalle.
"Sei
un Legillimens?" insinuò. Era quello che stava pensando.
"Ti
conosco più di quello che pensi" rispose in un tono tale che
la
imbarazzò più del mancato bacio di poco prima. Lo
trovava caldo,
dolce, familiare, e allo stesso tempo... sensuale.
Sensuale?
Sensuale?! Lui è Fred Weasley, Hermione! Svegliati,
maledizione.
L'aveva
sempre trovato un bel ragazzo; ma non avrebbe mai creduto di
ritrovarsi a pensare a lui in quei termini.
"Mh,
in fondo sì" rispose tossicchiando. "Sai anche il gusto
del mio tè preferito..." tentò di buttarla sullo
scherzo, ma
era arrossita.
"Venerdì
li invitiamo a cena, è deciso" decretò secco, ma
sorridendo.
"Hai
dimenticato George e Angelina" disse lei. Lui fece un
sorrisetto.
"Mi
sa che tra i due la Legillimens sei tu, Granger".
Nessuno
dei due nominò Ron, pensando di imbarazzare l'altro. In
realtà,
l'unico imbarazzato all'idea di stare lì con loro sarebbe
stato
proprio Ron.
Hermione
non provava risentimento o altro per il suo ex ragazzo, mentre Fred
provava indifferenza per qualsiasi cosa Ron potesse pensare del loro
coinquilinato.
"Immagino
che domenica non verrai alla Tana..." iniziò lui, un po'
dispiaciuto.
Il
pensiero che uno dei pochi giorni in cui aveva la
possibilità di
vederla venisse sprecato lo rendeva un po' triste. Era stupido, dato
che vivevano insieme, ma gli sarebbe piaciuto passare con Hermione
Granger molto più tempo di quanto fosse lecito ammettere.
"Domenica
mattina vado a trovare i miei" rispose. "Altrimenti sarei
venuta" mentì spudoratamente.
"Oh,
come no! Ti credo..." la sbeffeggiò.
"Beh...prima
o poi verrò. Suppongo sia inevitabile, no?"
domandò infine.
"La
fai sembrare una punizione" ironizzò Fred. Lei si
accigliò
lievemente.
"Non
intendevo... sai cosa intendevo!" farfugliò confusamente.
"Mh,
direi di... no" la contraddisse.
"Beh..."
sospirò, non proprio lieta di dover affrontare quel
discorso.
"Voglio bene alla famiglia Weasley, quindi prima o poi
tornerò
alla Tana. Soprattutto perché tua madre è
così gentile da
invitarmi ogni volta...".
"Sicura
che non sia per Ron?" chiese, la voce più dura di quanto non
volesse.
"Dipende
cosa intendi". Quella frase era interpretabile in diverse
maniere. "Sì, sono imbarazzata al pensiero di stare
lì con
tutti voi e RonRon e LavLav che si strusciano" fece una smorfia
di disgusto al pensiero, "ma non certo perché io provi
ancora
qualcosa per Ronald"; era come se volesse rassicurarlo.
Si
chiese il perché dovesse rassicurare Fred sul fatto che non
provasse
più sentimenti per Ron. E perché a Fred sarebbe
dovuto importare? E
allora – se non gli interessava – perché
le aveva fatto quella
domanda?
Oddio,
mi scoppia la testa! Devo smetterla di essere così
cervellotica!
Inspiegabilmente,
Fred si sentì sollevato dal tono della Granger: era sincera,
lo
sentiva. Rilassò impercettibilmente le spalle e fece un gran
sorriso.
"Ciò
non toglie che io debba andare dai miei genitori, o mi
disconosceranno" dichiarò alzandosi dal tavolo. Fred
pensò che
volesse andare a letto, invece si diresse alla credenza e si
chinò a
prendere del Whiskey Incendiario e due bicchieri. Li fece tintinnare
l'uno contro l'altro l'altro e lo guardò furbescamente.
"Bicchiere
della staffa?" propose con aria smaliziata. Fred rise di gusto a
quell'immagine.
"Non
abbiamo bevuto nulla prima, perciò non puoi chiamarlo
bicchiere
della staffa" precisò con un puntiglio degno della
Granger.
"Aha!
È qui che ti sbagli: abbiamo bevuto Burrobirra a cena" lo
contraddisse Hermione. "Quindi ora ho tutto il diritto di
pretendere un bicchiere della staffa, non ti pare?" fece, ovvia.
Fred scosse la testa, ma sorrise.
"Ribadisco
che secondo me tu non sei Hermione Granger" commentò mentre
lei
versava il Whiskey Incendiario e si accomodava nuovamente di fronte a
lui.
"Oh,
andiamo! Qualche bicchiere in più non sarà
accettato come prova per
il mio presunto omicidio" ribattè, divertita. "E non sono
un'altra persona sotto Pozione Polisucco" specificò prima
che
Fred proponesse quell'ipotesi. "La verità" aggiunse,
"è
che in Bulgaria ho iniziato ad apprezzare di più un
bicchierino dopo
cena – non guardarmi così, non sono mica
un'alcolista"
precisò. "Solo... fa più freddo".
Ma
Fred non la stava fissando perché trovava che bevesse
troppo,
tutt'altro. Quell'accenno alla Bulgaria gli aveva portato alla mente
l'immagine di Hermione insieme a Krum, e gli sembrò che lo
stomaco
andasse a fuoco. Sicuramente doveva essere il Whiskey Incendiario:
non c'era da allarmarsi troppo. Se non fosse che non aveva ancora
mandato giù un goccio...
"So
che non sei un'alcolista, scema" ribattè poi. "Anche con
qualche piccola differenza, sei sempre la solita miss perfettina. Mi
basta vedere quei tomi di Antiche Rune per ricordarmi chi sei..."
la canzonò.
"Ehi!"
gli mollò un pizzicotto sul braccio, piccata. "Xenophilius
Lovegood è stato molto gentile a procurarmi quel lavoro,
quindi mi
sembra il caso di svolgerlo al meglio, no?".
"Sì,
Caposcuola!" disse in tono cantilenante. "Non sia mai che
tu non adempia ai tuoi doveri! Sarebbe un delitto!".
Hermione
gli mollò un secondo pizzico sul braccio, stavolta un po'
più
forte.
"Sei
anche diventata violenta, vedo" la celiò. "Vedendo Fleur,
pensavo che a Beuxbatons insegnassero le buone maniere; ma a quanto
vedo con te non ha funzionato".
Hermione
mise su un'espressione offesa, ovviamente del tutto fittizia. Da
quando viveva con Fred aveva imparato ad essere molto meno
suscettibile, e si chiedeva come avesse fatto Ron a diventare
così
permaloso pur avendo i gemelli in casa. Ginny era molto più
somigliante a Fred e George di quanto non lo fosse Ronald, in fin dei
conti.
Quando
Fred le aveva fatto quella irragionevole proposta di diventare
coinquilini, aveva pensato che sarebbe stata una situazione
provvisoria. Finchè non avesse avuto uno stipendio
abbastanza
decente da prendere una casa per sè o finchè Fred
non si fosse
stufato di avere una coinquilina.
Quello
che non aveva previsto era che vivere con Fred le sarebbe piaciuto
così tanto; tra quelle quattro mura si sentiva felice e
appagata. Se
le avessero intimato di andarsene, probabilmente avrebbe opposto non
poca resistenza. Nemmeno con Ron si era sentita così
– e loro
avevano convissuto come coppia.
Era
sempre come se fosse sbagliata, fuori posto; le andava stretta quella
casa e le andava stretto il rapporto con il suo ragazzo.
Ma
con Fred... con Fred era tutto un altro discorso. E il peggio era che
sapeva bene di non poter paragonare le due situazioni,
perché tra
lei e Fred non c'era stato niente. Ma era davvero niente la
complicità che sentiva di avere con lui dopo così
poco tempo?
Hai
complicità anche con Harry,
provò a ribattere il suo cervello.
Oh,
Hermione, per cortesia, non insultare la tua intelligenza.
A
chi voleva darla a bere? La complicità con Fred era...
diversa. Non
avrebbe saputo dire in quale misura e cosa rappresentasse lui per lei
– nè tantomeno lei per lui.
Fred
la guardava incuriosito, senza sapere su cosa stesse rimuginando;
rimuginava sempre, la Granger. Beh... doveva ammettere che
ultimamente rimuginava tanto anche lui – troppo, per essere
Fred
Weasley.
"Una
falce per i tuoi pensieri*" le mormorò, facendola
sussultare.
"Pensavo
a te" replicò di getto.
Si
pentì delle proprie parole immediatamente vedendo gli occhi
sgranati
di lui; arrossì, cercando il modo di giustificare
quell'affermazione
fuori luogo che, alla luce del loro quasi-bacio, poteva risultare
molto compromettente.
"Al-al
fatto che da quando sono qui, ovvero in poco più di un mese,
sono
diventata meno permalosa" corresse la gaffe come meglio le
riuscì.
"Ah"
fece lui, un po' deluso da quella precisazione.
"Ora
che ci penso" contestò lei, "i miei pensieri valgono
almeno un galeone, altro che una falce!" disse contrariata. Era
riuscita a spostare la conversazione.
"Un
galeone? Nemmeno per sogno, Granger!" protestò energicamente
e
molto falsamente. Ne avrebbe dati molti di più, per
insinuarsi tra
le pieghe dei pensieri di Hermione; purtroppo non si era mai
informato sulle pratiche dell'Occlumanzia e della Legilimanzia,
quindi la lettura del pensiero era fuori discussione.
"Mi
sento molto offesa Weasley!" gli rinfacciò con una smorfia.
"Il
fatto che tu sia offesa non mi convincerà a sborsare un
galeone"
ridacchiò lui.
Hermione
assunse un cipiglio piccato e Fred rise di gusto a quella vista,
pensando che la trovava attraente anche così –
imbronciata e
fastidiosa.
Si
versarono un altro bicchierino di Whiskey, su insistenza di Fred. Si
sarebbe scolato tutta la bottiglia e altre cento tisane, pur di
restare lì con lei.
"Questo
è l'ultimo" aveva detto Hermione. E poi ce n'era stato un
altro, e un altro. Alla fine la mezzanotte era scoccata.
"Direi
che è l'ora della nanna" asserì Hermione,
gettando un'occhiata
all'orologio a pendolo. Il roscio annuì.
"Lo
penso anch'io" fece per alzarsi e togliere i bicchieri dal
tavolo, proprio nello stesso momento in cui lo fece lei, e le loro
dita si sfiorarono.
Hermione
sollevò lo sguardo e incrociò quello di Fred,
denso dello stesso
desiderio che albergava in lei da quando erano stati interrotti:
voleva baciarla.
Strinse
le dita attorno a quelle delicate della ragazza; erano spalla a
spalla e Fred si girò di lato per accostare il volto al suo.
Di
nuovo si avvicinò alla bocca di lei con lentezza
esasperante, forse
un po' annebbiato dai fumi dell'alcol – non era sicuro di
sapere
cosa stesse facendo, ma sapeva di volerlo intensamente. Hermione
reclinò la testa, pronta a sentire la bocca di Fred sulla
propria...
Driiiiiiiin!
Un
odioso, insopportabile rumore interruppe il momento magico che si era
creato fra di loro. Il campanello dell'appartamento suonava
insistentemente, e uno dei due doveva andare ad aprire –
quantomeno
per squartare il disturbatore.
Fred
sembrava imbambolato. Il suo cervello era impegnato a maledirlo per
aver permesso che quel babbanofilo di suo padre installasse
quell'aggeggio assordante, quando bussare, come ogni mago normale,
era tanto comodo.
Toccò
a Hermione scansarsi, molto a malincuore, e recarsi a dare il
benvenuto all'ospite, che si rivelò essere nientemeno che il
Salvatore del Mondo Magico.
"Harry!"
esclamò lei con stupore. "Che ci fai qui a quest'ora?" gli
chiese, ancora sulla porta. Era combattuta tra il chiedergli se fosse
successo qualcosa o rispedirlo fuori a pedate nel sedere e tornare da
Fred. Non era certa di voler permettere al Ragazzo Sopravvissuto di
sopravvivere ancora.
Alla
fine si costrinse a sorridere e a rassicurarlo sul fatto che sia lei
che Fred erano ancora in piedi, che si apprestavano ad andare a
dormire, e che non aveva affatto disturbato.
"Mi
spiace, Mione" si scusò, mortificato per l'ora tarda.
"Fred..."
"In
cucina" lo informò lei, asciutta. Gli fece strada: Fred era
ancora imbambolato nella posa di prima, ma si riscosse quando lo
vide.
"Harry"
lo salutò senza grande entusiasmo. Hermione sperava che
condividesse
i suoi istinti omicidi, perché avrebbe significato che
teneva a quel
bacio, che lo voleva almeno quanto lei.
"Devo
chiedervi un favore" esordì Harry con garbo.
"Di'
pure" rispose il roscio, sforzandosi di non saltargli alla gola.
Sarebbe stato difficile spiegare il motivo per cui aveva ucciso un
tizio che era sopravvissuto all'Avada Kedavra del mago più
crudele
di tutti i tempi.
"Mh...
avrei bisogno di dormire qui" comunicò con un certo
impaccio.
"Solo stanotte" chiarì con aria convinta. "Domani
sistemo tutto".
"Ehm...
tutto cosa?" domandò Hermione, presagendo il peggio.
"Ho
discusso con Ginny, che mi ha buttato fuori di casa".
C'era
il piccolo dettaglio che Grimmaud Place n.12 era casa di Harry, ma
Hermione conosceva Ginny Weasley come una persona abbastanza
impetuosa; probabilmente non ci aveva neanche fatto caso.
"Oh"
Fred fece spallucce. "Mia sorella è così, vedrai
che domani le
passerà".
"Spero
di sì, anche perché è una sciocchezza"
mugugnò Harry.
"Di
che si tratta?" chiese Hermione, preoccupata e anche un po'
curiosa.
"E'
gelosa di una mia collega" Harry sbuffò sonoramente. "Dice
che mi fa il filo; il che è vero, ma io non le ho dato
alcuna
speranza. Non me ne frega niente delle altre, lo sai" si
aspettava una conferma.
"Certo
che lo so Harry, non devi spiegarlo a me".
"E
poi" riprese, "le ho detto che non mi piace per niente come
il suo allenatore le ronza intorno; e Ginny è andata su
tutte le
furie proclamando la propria innocenza" raccontò, "come
avevo fatto io fino a due secondi prima. Solo che, quando mi accusa
lei è tutto ok, quando invece lo faccio io scoppia il
casino".
Fred
ed Hermione si lanciarono un'occhiata d'intesa e lui si
chinò a
riprendere il Whiskey Incendiario dalla credenza, pensando che
potesse risollevare Harry.
"Tieni
amico!" disse versando il contenuto in un bicchiere apparso dal
nulla. "Alla salute di Ollivander!" aggiunse con un
sorrisetto in direzione di Hermione, che lo fulminò con lo
sguardo.
Harry
bevve tutto d'un sorso – sorso che gli andò di
traverso – col
solo risultato di iniziare a tossire e a sputacchiare; e Fred fu
costretto ad assestargli diverse pacche sulla schiena prima che si
riprendesse e tornasse – purtroppo – a ragionare.
"Perché
dovremmo brindare 'alla salute di Ollivander'?" chiese, confuso.
"Non
gliel'hai ancora detto, Hermione?" sembrava che Fred cadesse
dalle nuvole, mentre sapeva benissimo che Harry non era stato
informato. Voleva solo metterla in imbarazzo: maledetto Weasley! Come
aveva potuto desiderare di baciare un essere così infido e
fastidioso?
"Detto
cosa?" chiese Harry, posando lo sguardo prima su uno e poi
sull'altra.
La
ragazza scoccò a Fred un'occhiata di puro odio, per poi
rivolgersi a
Harry.
"Ollivander
mi ha assunto ufficialmente" sputò fuori velocemente. "Era
da lui che lavoravo; ed ora è ufficiale: sono
l'apprendista".
Harry,
che aveva ripreso un sorso di Whiskey Incendiario, lo sputò
quasi in
faccia a Hermione, suscitando l'ilarità di Fred.
"Weasley,
piantala!" intimò lei, puntandogli l'indice al petto.
"Ollivander
non ha apprendisti!" contestò Potter, lasciandosi cadere su
uno
sgabello e posando il bicchiere sul tavolo.
"Uffa!"
sbottò Hermione. "Ma sapete dire solo questo?" si
lagnò.
"E'
quello che le ho detto io" chiarì Fred, scorgendo
l'espressione
ebete di Harry.
"Ora
ce l'ha, d'accordo?" riprese. "Ho fatto anche una discreta
fatica per convincerlo e mi sto impegnando per imparare l'arte delle
bacchette, quindi potresti anche dirmi qualcosa di più
incoraggiante!".
Harry
si tolse gli occhiali, piuttosto appannati, li ripulì con la
t-shirt
azzurrina, per poi rimetterli sul naso. Due occhi verdi la guardarono
intensamente.
"Complimenti"
disse con compostezza insolita.
L'amica
si mostrò abbastanza stupita da quei complimenti
così freddi, ma li
rimpianse un secondo dopo, quando Potter aggiunse:
"Ora
mi spieghi per quale cavolo di motivo dovresti voler fabbricare
bacchette?".
Hermione
sospirò e si mise a sedere, mentre Fred usciva dalla stanza,
probabilmente per lasciarli da soli o perché, da parta sua,
aveva
già sentito la spiegazione, per quanto vaga fosse stata.
"Potresti
avere mille carriere, Hermione..." non c'era una critica vera e
propria, solo una gran curiosità, e forse un po' di
apprensione per
quella scelta stravagante.
"Beh..."
iniziò la strega. "Non lo so Harry. Non ero felice, lo sai.
Ho
deciso mentre tornavo dalla Bulgaria. Andare da Ollivander a
supplicarlo di darmi una possibilità è stata la
prima cosa che ho
fatto, una volta messo piede in Inghilterra – ancora prima di
chiamare te".
"E
lui...?" domandò.
"Lui
inizialmente non era entusiasta, ma qualcosa deve averlo convinto del
fatto che istruire qualcuno può essere una buona idea"
rispose
meditando. "Non so ancora quanto potrò imparare o quanto
diventerò ferrata in questo campo, ma mi sto applicando. Ho
passato
la vita a fare quello che ci si aspettava da me; quello che io stessa
mi aspettavo. Improvvisamente ho voglia di creare, di mettere in
pratica la teoria" si stava affannando per trovare quelle parole
che non le venivano. Harry si alzò e le mise una mano sul
braccio,
in un gesto rassicurante.
"Non
devi giustificarti" disse con garbo. "Sono con te, come
sempre".
A
quelle parole la preoccupazione di essere disapprovata o incompresa
svanì dal petto di Hermione, che abbracciò il suo
migliore amico.
Ormai l'unica certezza della sua vita erano – oltre ai
genitori –
le amicizie. Per il resto era tutto una grande incognita. Anche Fred
era un'incognita.
"Ehi"
fece ad un tratto lui. "Mi svelerai qualche segreto di
Ollivander, vero?".
Lei
lo guardò in tralice, come se le avesse chiesto di fare uno
spogliarello.
"Sco-rda-te-lo!"
il tono fermo e duro.
"Uff!"
sbuffò contrariato. "A che serve essere Harry Potter se
nessuno
mi riserva un trattamento di favore?" chiese. "La mia
ragazza mi sbatte fuori da quella che – fino a prova
contraria –
è la mia casa, e la mia migliore amica
non mi considera..."
"Non
ti sto prendendo a calci nel fondoschiena, Harry Potter, ed
è già
un trattamento di favore" lo disse con un'espressione così
seria che Harry scoppiò a ridere. Se avesse saputo quanto di
vero
c'era in quelle parole, di sicuro il sorriso sarebbe svanito.
"Mi
spiace piazzarmi qui, ma non ho scelta" farfugliò poi.
"Scemo
di un Potter, non è questo il punto" mentì. Un
po' era anche
quello, il punto.
"E
quale sarebbe?" chiese lui, ributtandosi sullo sgabello e
togliendosi gli occhiali. "Perché io proprio non lo capisco"
si massaggiò la fronte.
"Harry"
sbuffò lei. "Tu e Ginny vi amate, giusto?". Lui
annuì con
foga.
"E
allora dovreste smetterla di litigare per queste cavolate; ci sono
cose più serie per cui discutere".
"Dillo
a lei!" sbottò Harry.
"E'
quello che farò non appena ne avrò occasione!"
ribattè
prontamente.
"Ecco,
falla ragionare tu, perché io ci rinuncio".
"Ha
solo paura di perderti" spiegò Hermione dolcemente. "Sei
il Prescelto, il Salvatore del Mondo Magico, il Ragazzo che
è
Sopravvissuto...".
"Sì,
Mione, hai reso il concetto"sbraitò lui, bloccandola. "E
allora?".
"E
allora hai un sacco di ammiratori, gente che ti sta addosso.
È
facile cadere in tentazione in questi casi. Non replicare: so che non
lo faresti mai, però è ovvio che Ginny abbia
paura". Lui fece
schioccare la lingua, spazientito.
"Per
favore! Ginny? Ginny che è uscita con più persone
di me? Ginny che
gioca a Quiddich da professionista e che conosce un sacco di gente in
giro? Parli di Ginevra Weasley?". Il sarcasmo evidente nella sua
voce era misto a rabbia e a una certa inquietudine.
"Harry,
lei non ha mai rinunciato a te. Le piacevi già a dieci anni"
gli fece notare con un'occhiataccia. "Se tu non ci avessi messo
cinque anni ad accorgerti di lei, non si sarebbe messa nè
con
Michael Corner nè con Dean Thomas, non credi?" chiese.
Lui
non sembrò trovare niente di ragionevole da replicare,
perché
scrollò le spalle e sospirò. "Io ho baciato solo
Cho prima di
lei". Hermione sbuffò sonoramente.
"Senti,
ora sono stanca. Hai una storia d'amore meravigliosa con una ragazza
che conosci da sempre. Al contrario di me e Ron, o di me e Victor, o
di me e chiunque altro – a questo punto – voi siete
una coppia
riuscita. Quindi smettila di lagnarti e dille una buona volta che la
ami e vuoi stare solo con lei".
"Se
non capisce?" borbottò in tono lamentoso.
"Se
non capisce" disse lei per tutta risposta, "la picchio. Tu
– ovviamente – non puoi; ma io sono una ragazza
come lei, quindi
sono autorizzata. Ti va bene?". Harry rise di gusto a quella
risposta.
"Non
mi pare una gran soluzione" controbattè guardandola storto.
"Comunque hai ragione" aggiunse. "Siamo una coppia
felice che litiga per delle cazzate galattiche". Si passò
stancamente una mano sul volto.
"Appunto!"
gli fece eco, finalmente soddisfatta. "Vedo che almeno un
neurone ti è rimasto in quella zucca vuota!".
"Solo...
non dire più che non puoi avere una storia decente" la
rimproverò. "Troverai anche tu il ragazzo perfetto.
Cioè,
magari non perfetto-perfetto" si corresse. "Diciamo
perfetto-meglio-di-Ron-e-Krum". Lei sorrise, grata per quelle
parole.
"Dai
Harry; cinque minuti, un colpo di bacchetta e il divano sarà
pronto
per la notte". Uscì dalla cucina e si diresse in salone,
sperando ardentemente che Harry avesse ragione, che anche a lei
sarebbe stato concesso di avere un rapporto come quello di Harry
Potter e Ginny Weasley.
"D0rmi
bene" disse piano Hermione.
"Già...
sogni d'oro, Harry" cantilenò dolcemente
Fred, facendo
il verso a Hermione.
Nessuno
dei due, salendo le scale, fece menzione di quello che era successo
poco prima; benchè, salutandosi sul pianerottolo, entrambi
pensassero ai baci mancati della giornata.
Hermione
si ritirò con una quella sconfortante verità nel
cuore: le piaceva
Fred Weasley. Almeno un po'. Sì, giusto un pochino.
Non
è grave, Hermione, puoi ancora tirartene fuori. Ti piace un
po',
solo un po', si ripeteva sprimacciando il cuscino e
infilandosi
sotto le coperte.
Nella
stanza di fronte a quella della strega, Fred era impegnato pressapoco
negli stessi ragionamenti: poteva benissimo uscirne e reprimere
quella... quella cosa. Di qualunque male pericolosissimo e
contagiabile si trattasse.
In
fondo non è ancora successo; quindi puoi tranquillamente far
finta
di niente, giusto Freddie?, disse
la vocina nella sua testa.
Sì,
doveva essere così. Quella sera erano alticci,
perciò non contava.
Sì,
ma la prima volta?, domandò
malignamente la voce. Somigliava
vagamente al tono inquisitorio che George utilizzava con lui in certe
occasioni.
"Oh!
Sta'zitto!" bofonchiò spegnendo la candela e mettendosi a
letto. Bastava non pensarci. Non pensarci era la soluzione perfetta.
ANGOLO
AUTRICE
Salve
gente,
eccomi
a voi con un nuovo capitolo. È lungo circa il doppio degli
altri,
spero non troppo. E quindi, Hermione e Fred sono stati a tanto
così
dal baciarsi.
Beh,
mi direte cosa ne pensate. Mi scuso per la molesta presenza di Harry
Potter che li ha bloccati, è insensibile, lo so. Comunque,
tra tipo
tre capitoli una testa bionda farà capolino nel cast. Ora,
una cosa
seria. Un paio di persone mi hanno segnalato il problema che leggendo
le mie storie spesso la pagina crashi o addirittura a una ragazza
appaiono pubblicità subito, che le impediscono di leggere.
Qualcun
altro ha questi problemi o roba del genere? Se sì, qualcuno
sa come
risolvere o da cosa dipendono? Se avete la risposta contattatemi in
messaggio privato, vi prego. Perché altrimenti penso che mi
dovrò
rivolgere all'amministrazione per sapere come ovviare al problema.
Ah, un'altra cosa. Qualcuno mi sa dire come si fanno i tag sul sito?
Sono terribilmente anti-tecnologica, lo so. Grazie mille per
l'attenzione e al prossimo capitolo. Baci,
Jules
:)
p.s.
Jaded_ visto? Ti avevo
mentito, no? Non
si sono baciati. Spoiler fasullo, quindi.
Campagna
di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona
l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felici milioni di scrittori.
(Chiunque
voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove
meglio crede)
|
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Capitolo 12 *** Il nocciolo della questione ***
CAPITOLO
UNDICI – Il nocciolo della questione
La
mattina seguente all'irruzione di Harry in casa di Fred, nessuno dei
tre era di buonumore. Hermione e il roscio rimuginavano
sull'accaduto, mentre Harry era solo spossato e sbuffava di continuo.
"Merlino,
che mal di schiena!" si lamentò entrando in cucina, in
cerca di qualcosa da mettere sotto i denti. Hermione, intenta a
leggere la Gazzetta del Profeta, lo salutò con un sorriso,
mentre
Fred
accennò un
grugnito.
"Non
lamentarti, o la prossima volta ti chiudo fuori" gli rispose
ridendo.
"Se
sono qui è solo colpa di tua sorella!" ribattè
Harry,
scrocchiandosi il collo.
"Non
sono mica responsabile per lei" obiettò Fred, arraffando dei
biscotti. "Come dice Granger: hai voluto la bicicletta, e ora
pedala" sentenziò strizzandogli l'occhio. Hermione scosse la
testa.
"E'
un detto babbano, non l'ho inventato io".
"Non
devi spiegarlo a me" sbuffò Harry, lasciandosi cadere su una
sedia. A volte tendeva a dimenticare che – pur non essendo
babbano
di nascita – Harry era cresciuto come lei. Anche se Potter, a
differenza sua, aveva sangue magico nelle vene (benché
'contaminato'
da quello di Lily Evans).
Nella
stanza era calato un silenzio sonnolento e meditabondo. Hermione si
chiese se Fred stesse pensando a quello che era avvenuto prima che
giungesse Harry.
"Non
volevo disturbare..." ripetè Potter, riemerso dopo un po' da
chissà quali pensieri.
"Hai
già espresso il concetto ieri sera, Harry. Nessun disturbo, vero
Fred?" Hermione coprì la voce di Fred che cercava di dire
qualcosa, per impedirgli di fare commenti. "Puoi restare quanto
vuoi; sebbene mi auguro che tu e Ginny risolviate presto"
aggiunse con aria benevola.
Harry
le fece un sorriso e si mise a sedere, spalmando burro e marmellata
su una fetta di pane e versandosi del succo di zucca nel bicchiere.
Si sporse sopra la sua spalla e diede un'occhiata al giornale nelle
mani dell'amica; ora Hermione aveva aperto il Settimanale delle
Streghe.
"Da
quando leggi questa roba?" domandò Harry, assai sorpreso.
"Non
è mio" fece, stizzita. Il salvatore del Mondo Magico
spostò lo
sguardo sul proprietario dell'appartamento, con una faccia a
metà
tra il biasimo e il disgusto.
"Posso
spiegare, Harry" si difese il roscio, sentendosi chiamato in
causa. "Non è come sembra. Mia madre è stata qui
qualche
giorno fa e l'ha dimenticato, quindi" – qui si rivolse alla
strega – "non è mio!"
calcò con una certa enfasi
sul concetto.
"Mh"
mugugnò Harry, continuando a mangiare e borbottare insieme.
Perlomeno lui riusciva a farsi comprendere un minimo, al contrario
del suo amico del cuore. Hermione ripensò con un risolino ai
pasti
che avevano condiviso ad Hogwarts, e a tutto ciò che Ron
aveva
ingurgitato ruminando senza ritegno. Persa in quei voli pindarici,
Hermione fu richiamata all'attenzione dell'amico con una poderosa
pacca sulla spalla.
"Che
diavolo ci fai tu in un articolo?" domandò Harry. La sua
espressione in quel momento era sorprendentemente simile a quella
della statua di Boris il Basito.
"Oh
quello!" la strega scrollò le spalle.
L'aveva già letto
e le aveva solo causato ilarità. "Non è niente!
in passato
hanno pubblicato di peggio, no?" gli ricordò.
Sia
la Granger che il ragazzo occhialuto accanto a lei, erano stati
bersagliati dalla penna di Rita Skeeter. "Comunque ero già
stata avvisata che sarebbe potuto accadere" dichiarò.
"Avvisata?"
chiese Harry, tentando di reprimere uno sbadiglio.
"Vicktor
mi ha scritto" spiegò. " per informarmi che lo stesso
identico articolo è uscito su un giornale scandalistico
bulgaro"
dichiarò con noncuranza.
"Tu
e Krum vi scrivete ancora?" chiese Harry stolidamente. Fred
sentì una fitta di fastidio nel sentirla rispondere che
sì, avevano
ricominciato a scambiarsi notizie.
"Siete
tornati amici, quindi" commentò il roscio, calcando sulla
parola 'amici'.
"Così
pare" replicò con leggerezza.
"E
sei sul giornale". Hermione annuì e il roscio si
accostò e si
sporse dall'altra spalla della ragazza.
"Bene,
ora ci siamo tutti!" brontolò lei con uno sbuffo
spazientito.
Non
era poi così interessante; era un articolo che parlava della
sua
prolungata assenza e del suo 'avvistamento' in Bulgaria. C'era
proprio scritto avvistamento, quasi fosse una
ricercata da
sottoporre a giudizio del Wizengamot o una specie in via di
estinzione, tipo un Basilisco.
Seguivano
un mucchio di illazioni su una sua presunta relazione con Krum (e
Hermione non poteva negare fossero esatte). Poi però
accennava ad un
litigio con tanto di scenata – mai avvenuto – e al
fatto che
Hermione Granger fosse tornata sola in Gran Bretagna, in dolce
attesa.
"Qui
dice che sei incinta!" le fece notare Harry, con voce strozzata.
Almeno lui aveva ancora il dono della parola.
Fred
era completamente assorto a fissare l'unica, insulsa foto ritraente
lei e Vicktor insieme – peraltro non in atteggiamenti
compromettenti – che camminavano nel giardino di casa Krum.
"Non
ho idea di quale sia la fonte" disse la strega con puntiglio,
"ma mi pare ovvio che questa notizia non risponda a verità.
A
meno che il tuo non sia un modo carino per dirmi di dimagrire"
aggiunse scherzando.
Harry
assunse un'espressione imbarazzata e, non trovando di meglio per
dimostrare la propria innocenza in merito, le passò una
brioche di
zucca.
"Fred!"
Hermione lo chiamò e gli sventolò una mano
davanti alla faccia.
"Cosa?
Ehm, sì..." farfugliò lui, scostandosi. "E'
ridicolo che
certi giornali riportino notizie a caso. Insomma, addirittura incinta
di Krum..." borbottò allontanandosi. Poi si girò
verso di lei
con espressione ebete. "Non sei incinta, vero Granger?".
Hermione lo fissò, incredula.
"COSA?
Certo che NO!" sbottò. "E sarà meglio che lo
spieghiate
anche a mamma Molly, visto che di solito presta fede a questo
giornaletto" disse richiudendolo con aria sprezzante, per poi
gettarlo sul tavolo e addentare la brioche che Harry le porgeva. Si
ricordava perfettamente di quando Molly Weasley le aveva inviato un
uovo di Pasqua piccolo come quello di una gallina, perché
convinta
che Rita Skeeter avesse scritto la verità riguardo al fatto
che
avesse spezzato il cuore di Harry Potter.
"E
non sto mangiando perché sono incinta, prima che me lo
chiediate.
Sto mangiando perché siete due idioti!" precisò,
sfogando in
quel modo la rabbia. Nessuno dei due osò replicare a quella
sfuriata, ed Hermione divorò tre brioche, innaffiate da
succo di
zucca. Incinta!
"Bene!"
esclamò pulendosi rudemente la bocca col tovagliolo. "Vi
saluto
e vado da un uomo con un po' di criterio" dichiarò,
alzandosi
in piedi.
"Sarebbe?"
chiesero in coro.
"Garrick
Ollivander" rispose stizzita, marciando fuori dalla cucina.
"Salve"
Hermione salutò il proprio capo entrando nella bottega,
ormai così
famigliare. Ollivander le riservò un'occhiata in tralice. Lo
sguardo
diffidente; la studiava come se dovesse trasformarsi in un animale
strano da un momento all'altro. La guerra l'aveva reso una persona
ancor più sospettosa, eppure in un certo senso consapevole
di quei
pochi limiti che riteneva di avere.
Rilassò
i muscoli facciali e le regalò una smorfia che, nelle
intenzioni
dell'uomo, sarebbe dovuta essere un sorrisetto.
"Salve"
borbottò all'indirizzo della strega.
"Ha
già iniziato?" domandò, togliendosi rapidamente
cappotto e
sciarpa e appendendoli all'attaccapanni. Ollivander annuì,
senza
alzare lo sguardo.
"Sto
esaminando una bacchetta danneggiata, ma temo che non si possa far
più nulla per lei".
Un
tempo Hermione avrebbe constatato che parlava delle bacchette come se
fossero persone e ne avrebbe bonariamente sorriso, ma non
più.
Ormai
ragionava esattamente alla stessa maniera; motivo per il quale si
avvicinò e disse, tristemente:
"E'
proprio sicuro?".
Carezzava
la bacchetta con lo sguardo, cosa che Ollivander gradì molto
– le
scoccò un'occhiata soddisfatta, e scosse il capo in segno di
diniego. Si sollevò dallo sgabello sul quale era seduto e
poggiò la
bacchetta sul tavolo da lavoro, rivolgendo a lei l'attenzione.
"Bene"
esordì il vecchio; e un guizzo attraversò i suoi
occhi argentei.
"Oggi inizieremo a parlare dei Nuclei principali delle
bacchette" annunciò.
"C-cosa?"
farfugliò Hermione. "I-io non so se sono pronta, signore.
Alcune peculiarità dei legni non mi sono ancora ben
chiare..."
"Sciocchezze"
minimizzò con un gesto incurante della mano. "Non ho detto
che
smetteremo di lavorare sui legni, ho solo detto che inizieremo a
trattare i Nuclei" puntualizzò con voce acuta. "La fama
del tuo cervello è nota, signorina Granger,
perciò credo tu sia
grado di affrontare entrambe le cose contemporaneamente" c'era
quasi aria di sfida nello sguardo del vecchio. Hermione non
potè
esimersi.
"Certo
che posso, signore" affermò sicura, sedendosi su un vecchio
sgabello e prendendo carta e penna. Gli appunti erano un must
per lei: non poteva proprio farne a meno.
Ollivander
si schiarì la voce e cominciò a spiegarle pregi e
difetti,
diversità, funzioni dei vari nuclei, intervallando le
proprie
delucidazioni con domande a bruciapelo su ciò che lei
già
conosceva. Fu così che, per esempio, nel mezzo della
descrizione
delle peculiarità della corda di cuore di drago, le
lanciò addosso
una bacchetta di ciliegio:
"Cosa
sai dirmi?" chiese. Solo per un attimo, la strega fu colta in
fallo dalla brusca interruzione, ma i test a sorpresa –
spauracchio
di ogni studente che si rispetti – non avevano mai spaventato
Hermione Jean Granger. Si schiarì la voce e parlò.
"E'
un legno raro, apprezzato alla Scuola di Magia e Stregoneria di
Mahoutokoro*. I giapponesi trovano che possedere una bacchetta di
ciliegio sia segno di prestigio, e in effetti hanno qualità
rare e
possono essere letali se in mano alla persona giusta".
"Conosci
persone che possiedono una bacchetta di ciliegio?" le chiese.
Hermione era certa che si ricordasse perfettamente – come con
tutte
le sue creazioni – di averne venduta una a Neville, anni
prima.
"Neville
Longbottom, dopo aver cambiato la vecchia bacchetta del padre con una
di ciliegio, che l'ha scelto, è notevolmente migliorato nel
praticare magia..." e a questo punto Ollivander ritenne
opportuno interromperla e riprendere le proprie considerazioni sui
nuclei.
"La
corda di cuore di drago ottiene gli incantesimi più potenti
e
spettacolari. Tendono a imparare più in fretta delle altre
e..."
"...a
cambiare bandiera se il proprietario viene sconfitto" concluse
Hermione. Non era certo impreparata. Come quando era a più
brillante
studentessa di Hogwarts, si era premurata di studiare in anticipo,
almeno le basi. "Sono più facili da convertire alle Arti
Oscure, ma non lo fanno spontaneamente" le
sembrò
doveroso precisarlo, in quanto ex proprietaria di una bacchetta con
nucleo di corda di cuore di drago.
"Molto
bene" rispose lui, soddisfatto, continuando poi a illustrarle
ogni singola particolarità di quei nuclei – cose
che in effetti
non erano scritte nemmeno sui libri che Hermione aveva
preventivamente imparato a memoria.
Di
tanto in tanto, le lanciava bacchette e pretendeva riconoscesse il
legno in cui erano state intagliate.
Fece
così per tutto il tempo – se si esclude la
mezz'ora che Hermione
si prese per pranzare – ponendole quesiti sempre
più difficili. Ad
un certo punto le lanciò in grembo addirittura un ruvido
sacco,
pieno di quelli che parevano chicchi di riso bruno, ma che la strega
aveva riconosciuto come Onischi* (considerato anche il fatto che non
smettevano un attimo di muoversi, caratteristica di certo non
appartenente ai chicchi di riso bruno).
"Sono
un'offerta obbligata se si vogliono tenere a bada gli Asticelli che
abitano l'albero da cui si preleva il legno" spiegò
diligentemente.
Alla
fine della giornata, nonostante non si fosse mossa dallo sgabello su
cui sedeva, si sentiva mentalmente a pezzi. Strisciò via dal
negozio
senza desiderare altro che una doccia calda, sperando che Fred non
avesse occupato il bagno.
Non
si poteva dire che quel ragazzo non avesse cura della propria igiene
personale, pensò fra sè e sè.
Percorse
velocemente la strada che la separava dall'appartamento sopra I Tiri
Vispi; pregustava la pace, completamente dimentica di un avvenimento
saliente.
"Sono
a casa!" gridò stancamente, chiudendosi la porta alle
spalle.
Ollivander poteva essere pesante da sopportare, con i continui
borbottii e i commenti sgradevoli, fatti appositamente per irritarla.
Spesso aveva la sensazione che fosse tutto calcolato, tanto per
metterla alla prova. Anzi, sicuramente era così.
"Ehi!"
la salutò Harry. Godric, ancora qui!
Si
sentì in colpa per aver desiderato che Harry non fosse
lì. Era
molto egoista pensare ai propri sciocchi desideri, quando i suoi
migliori amici avevano litigato.
"Ehi"
rispose, per niente entusiasta. Merlino! Si era addirittura
dimenticata della presenza di Potter. Nella sua testa c'era una
cenetta tranquilla, e si accorse con orrore che 'cenetta', nella sua
mente, equivaleva a lei e Fred insieme. Da soli.
Ti
piace Fred Weasley, ora è proprio sicuro!
"Fred
è in cucina" disse Harry, come le avesse letto nel pensiero.
Si
stava giusto chiedendo dove fosse finito il roscio.
"Ottimo"
rispose avviandosi.
"Granger!"
la salutò allegramente. Le fece un gran sorriso; stava
allargando il
tavolo con la magia, ed Hermione si chiese il motivo. C'era qualcosa
che aveva scordato.
"Perché
stai apparecchiando per più di tre?"
"E'
venerdì sera" fece, il tono ovvio. "Cominci a perdere
colpi, eh Granger?" la prese in giro con una strizzata d'occhi.
"Ah"
fu l'articolato commento della brillante strega.
Se
i bambini che la contemplavano sulle Cioccofigurine* avessero visto
la sua faccia inebetita in quel momento, la loro ammirazione per
l'eroina del Mondo Magico sarebbe drasticamente calata. Doveva essere
piuttosto rimbambita per non ricordare che avevano invitato tutti a
cena: Neville, Luna, Ginny, Harry (che tanto era già
lì) e George
con Angelina – ormai inseparabili.
"Beh,
muoviti no? Non vorrai mica aspettare che cresca l'erba*!" la
celiò il roscio. L'unica replica che Hermione fece, fu una
smorfia.
Si
svestì e diede una mano al ragazzo: se la cavava bene con
gli
incantesimi domestici. Se la cavava bene con ogni tipo incantesimo,
com'era di dominio pubblico.
Allargarono
il tavolo, apparecchiarono per otto persone e iniziarono a trafficare
per cucinare qualcosa di decente.
Magari
non erano due assi come mamma Molly, ma potevano cavarsela anche in
cucina. Harry James Potter, detto anche il
Ragazzo-dalla-molesta-presenza, se ne stava lì a guardarli
senza
pensare minimamente ad aiutarli.
Giustificheremo
questa trascuratezza alla luce del suo pensiero di dover incontrare
Ginevra di lì a poco – preoccupazione che
realmente lo assillava.
Non voleva litigare di nuovo, non davanti a tutte quelle persone.
Sperava davvero che la loro saggia migliore amica riuscisse a farla
ragionare.
In
tutto ciò, Hermione e Fred, indaffarati, non riuscivano a
parlare
granchè fra di loro– se non per scambiarsi qualche
frecciatina.
Lei criticava l'operato di Fred (dalla posizione delle sedie al
colore della tovaglia scelta) e lui le dava della puntigliosa
So-Tutto-Io. Ordinaria amministrazione, insomma.
Probabilmente
nessuno dei due avrebbe accennato ai baci mancati, anche
senza
l'invadente presenza di Harry Potter.
Quando
bussarono alla porta, il Ragazzo Sopravvissuto perlomeno si
degnò di
andare ad accogliere gli ospiti. I ragazzi si salutavano con vigorose
pacche sulle spalle, ma Hermione abbracciò Ginny,
sussurrandole
all'orecchio un "ti devo parlare" e ricevendone in cambio
un sospiro. La rossa sapeva perfettamente su quale argomento sarebbe
andata a parare.
Luna
le si fiondò completamente addosso, ed Hermione si vide
costretta a
complimentarsi per gli splendidi orecchini a forma di rapanello che
sfoggiava. Neville fu molto gentile, come sempre. Dopo la visita a
Luna si erano visti solo una volta, per un succo di zucca a Diagon
Alley – nessuno dei aveva avuto tempo.
Ora
lui lavorava a Hogwarts, come assistente della professoressa Sprout.
Avevano perfino parlato di Hannah Abbott, la ragazza con cui stava
uscendo da qualche tempo – Hermione aveva lasciato cadere
l'argomento quando la faccia di Neville aveva preso una sfumatura
decisamente bordeaux.
"Come
va con la Sprout?" gli domandò con garbo. Il viso del
ragazzo
si illuminò.
"Oh!
Benissimo! E' convinta che insegnare sia la mia strada, e lo sono
anch'io. Erbologia è sempre stata la mia passione" disse.
Erbologia,
effettivamente, era la materia preferita di Neville a scuola, oltre
ad essere quella in cui era più capace. Forse l'unica per la
quale
fosse realmente portato.
"Pomona
dice che quando lascerà il posto proporrà me come
insegnante. È
stufa; credo voglia andare in pensione nel giro di un paio d'anni"
la informò.
"Magnifico!"
si complimentò. "Professor Longbottom, suona bene!".
"Vero?"
intervenne Luna, come se si fosse risvegliata da un sogno e avesse
sentito solo l'ultima frase. "Gliel'ho detto anch'io".
Aveva
lo sguardo di qualcuno che in vita sua non ha ancora visto nulla. Il
bello di Luna era che affrontava la vita come se fosse sempre una
novità, ed Hermione era sinceramente invisiosa di questa
dote.
"Tu,
Luna?" fece Fred con un sorrisetto non troppo nascosto. "Come
vanno gli studi sul Ricciocorno Schiattoso?".
Quelle
parole sembrarono sortire un brutto effetto sul volto di Luna, che si
mise a guardare il soffitto, forse sperando di ritrovarci il cielo
stellato della sala comune dei Corvonero. Luna non era mai in
imbarazzo, ma in quel frangente sembrava volesse sfuggire alla
domanda.
"Sono
una Naturalista obiettiva" dichiarò infine. "A seguito di
attenti studi, devo concludere che il Ricciocorno Schiattoso non
esiste*". La frase azzittò tutti quanti per un minuto buono,
prima che la Lovegood continuasse.
"A
differenza di creature come i Nargilli, la cui esistenza è
dimostrata e documentata" – su questa affermazione per
Hermione sussistevano parecchi dubbi – "per il Ricciocorno
non esistono prove. Penso che papà si sia sbagliato" ammise
poi, scrollando le spalle.
I
presenti avevano un' espressione buffa in volto, come se avesse
appena ammesso di essere una seguace del Signore Oscuro. Di sicuro
nessuno si aspettava che Luna negasse l'esistenza di una qualsiasi
delle creature 'scoperte' da suo padre Xeno.
"Mh..."
Hermione si schiarì la voce. Visto che erano tutti in vena
di
annunci, quello era il suo turno - Luna che rinsaviva ed Hermione che
perdeva il senno. Insensato.
"Io
volevo comunicarvi che, da quando sono tornata, ho un nuovo lavoro".
"Fantastico!"
esclamò Neville.
"Già.
Da un po' sono stata assunta a pieno titolo" aggiunse.
"Di
cosa ti occupi, esattamente?" chiese Angelina.
"Lavoro
come apprendista alla bottega di Ollivander" le parole le
uscirono naturali e scivolarono con grazia fuori dalla bocca. Non
aveva gracchiato, nè deglutito, nè tentennato.
"Non
scherzare, dai" fu il commento incoraggiante di Ginny –
probabilmente espressione del pensiero comune, a giudicare dalle
facce di Angelina e George. L'unica che non si scompose fu Luna, la
cui sola osservazione fu:
"Mi
piace molto il signor Ollivander".
In
quel momento, la Granger avrebbe voluto baciarla. Era l'unica che non
la stava guardando con espressione scettica. Le sopracciglia di tutti
gli altri presenti – esclusi Harry e Fred – erano
scattate in
alto, a mettere in dubbio la veridicità di quella
dichiarazione
ufficiale.
"Oh,
lui ti adora" continuò Hermione, con disinvoltura. "Su di
te ha solo lodi, e fidati se ti dico che non riserva lo stesso
trattamento a tutti" sospirò, pensando a quanto il capo
potesse
essere burbero e leggermente lunatico.
"Che
carino!" esclamò la Lovegood. "E' una persona buona"
dichiarò, per niente frenata dal silenzio che era sceso
sugli altri.
A dire il vero, pareva non se ne fosse accorta. L'occasione in cui
Luna e Ollivander si erano conosciuti non era stata delle
più
felici, ma c'era da dire che condividere la stessa sorte nelle
segrete di Villa Malfoy (durante la Seconda Guerra Magica) li aveva
uniti parecchio.
Il
primo a rompere quel silenzio che era sceso tra loro fu George.
"Ollivander?"
chiese. Hermione alzò le spalle e si limitò ad
annuire.
"Hai
lasciato il Ministero per fare la fabbricante di bacchette?"
ebbe l'ardire di domandare Neville, assai perplesso.
"In
effetti, è quello che ho fatto" rispose lei con un risolino.
Ci
pensò su e vide che Angelina stava per aprire bocca. "Se
qualcuno obietta con 'Ollivander non ha apprendisti' giuro che lo
Schianto!" minacciò. Angelina richiuse prontamente la bocca,
ed
Hermione capì che era esattamente quello che pensava di
dire.
"Ora
ne ha una" osservò il padrone di casa, giungendo in suo
soccorso.
"Tu
lo sapevi?" domandò George, incredulo che il fratello non
gli
avesse rivelato qualcosa. Fred non aveva segreti per George, nemmeno
se riguardavano qualcun altro. Il loro cervello era in connessione.
Quello che sapeva uno, sapeva l'altro. Quanto era importante la
Granger, se Fred non aveva sentito il bisogno di spettegolare con lui
su quella notizia?
"Ammetto
che inizialmente sono rimasto sconvolto, ma io e te abbiamo lasciato
la scuola per aprire un negozio di scherzi... e la mamma pensava
fosse una carriera piuttosto sconveniente" gli ricordò con
un
sorrisetto furbo.
"Noi
siamo Fred e George Weasley... lei è Hermione Granger; fa
solo cose
sagge e logiche!" obiettò guardandola come se fosse un
impostora.
"Non
sarà logica..." fece l'altro.
"E
forse neanche saggia..." aggiunse Hermione. "Però mi
piace. A proposito" fece rivolta a Neville, "oggi ho citato
la tua bacchetta di Ciliegio".
"Davvero?"
sembrava inorgoglito.
"Frena
gli Ippogrifi!" esclamò Ginny, interrompendoli. Aveva appena
notato che il suo ragazzo non aveva obiettato, reagito, nè
aperto e
chiuso la bocca come un pesce lesso. Non pareva stupito da quella
novità.
"Tu
lo sapevi?" si rivolse a Harry.
"Ehm...
io ...veramente..." Potter balbettava, niente di più.
"No,
Ginny, non lo sapeva" Hermione andò in suo soccorso, prima
che
finisse in apnea, o peggio, colpito da una fattura micidiale. "Non
fino a ieri sera. L'unico che lo sapeva era Fred".
Meglio
chiarire e non darle adito ad aggredire nuovamente Harry: si vedeva
che ce l'aveva con lui dal loro non-saluto quando
era entrata.
La
spiegazione di Hermione sembrò bastare e Harry
tirò un sospiro di
sollievo alla vista di Ginny che si rilassava, mentre la Granger si
appuntò mentalmente di insegnare l'uso della parola al suo
migliore
amico. Doveva fargli capire che poteva usare il linguaggio per
spiegare le proprie ragione, evidentemente. Harry era più un
uomo
d'azione.
"Dev'essere
magnifico" commentò Luna all'indirizzo di Hermione. "Che
hai fatto oggi?" chiese con semplicità, sorridendole
incoraggiante.
"Abbiamo
iniziato a trattare i nuclei" rispose, grata per quello
spostamento dell'attenzione su qualcosa di più pratico.
"Interessante"
disse George. "E senti... non è che diresti...".
"Alt,
fratello! Non provare a carpirle segreti, o anche in questo caso
sarai affatturato. Giusto?" fece Fred.
"Giusto"
confermò la diretta interessata. "Se lavori da Ollivander la
riservatezza è al primo posto, o la concorrenza ci si
mangia"
dichiarò, come se il negozio fosse anche suo. In effetti,
ormai era
un po' come se lo fosse.
Se
solo un anno prima glielo avessero detto, avrebbe riso a crepapelle;
eppure adesso non si sarebbe vista a lavorare in nessun altro luogo.
Con
l'andare della serata, una volta accusato il colpo, quasi tutti
concordarono sul fatto che, per quanto la scelta fosse bizzarra,
doveva essere un lavoro interessante e complesso. Hermione non sapeva
se lo dicessero per farle piacere o meno, ma lo apprezzò.
I
gemelli raccontarono dei mirabolanti affari che stavano facendo con
il nuovo tipo di Caccabombe che avevano lanciato sul mercato, oltre
ai progetti per la nuova linea di Merendine Marinare. Angelina e
Ginny parlavano della squadra di Quiddich della quale entrambe erano
membri (le Holyhead Harpies); Luna narrò di una ricerca su
una nuova
quanto improbabile creatura; e Neville li informò dei
progressi
della sua piccola piantagione di Mimbulus Mimbletonia, mentre Harry
cianciava delle ultime novità nell'Ufficio Auror. Lei li
ascoltava,
felice di avere tutti i suoi amici accanto. Harry, Luna, Neville,
Ginny...
Ginny!
Una
lampadina si accese nella sua testa; aveva promesso a Harry che le
avrebbe parlato. Era seduta esattamente fra loro due, quindi le
bastò
darle di gomito e inventare una scusa con gli altri. Si alzò
per
andare in salotto e 'chiamare la madre' mentre Ginny usciva per
andare in 'bagno' – dove effettivamente si recarono.
Per
due ragazze in vena di confidenze non c'è posto
più sicuro di un
bagno, è una legge matematica (valida per il mondo babbano e
per
quello magico).
"Andiamo
al nocciolo della questione" sparò Hermione, una volta sole.
"Che
c'è?" sbuffò Ginny, pur conoscendo la risposta.
Hermione
mise su il cipiglio severo dei rimproveri, che chiunque dei suoi
amici aveva sperimentato almeno una volta. Lei e Ginny si tenevano
testa discretamente, ma quella volta la Granger era certa di aver
ragione da vendere. Sarebbe riuscita a placare la sua migliore amica
– anche perché non poteva picchiarla come aveva
detto a Harry.
"Solo
se mi spieghi perché tu e Harry-solo-e-depresso-Potter
continuate a
litigare per delle mostruose cavolate!" sbottò. Ginny
roteò
gli occhi, visibilmente poco propensa a parlare del suo ragazzo."Sul
serio, dovreste smetterla!" la redarguì.
"Se
Harry da fastidio a te o a Fred, puoi fargli una cuccia sul balcone o
giù al negozio" propose Ginevra.
Hermione
sospirò, armandosi di santa pazienza. Non le piaceva
infilarsi in
mezzo ai loro affari, ma era sempre meglio che lasciarli affogare
nella melma. Sapeva bene cosa succedeva alle coppie che restano
troppo tempo senza confrontarsi, e di certo non voleva che accadesse
a Ginevra e Harry. Poi pensò che in effetti tra lei e Ron
non
avrebbe funzionato, silenzi o non silenzi. Semplicemente non
combaciavano, loro due. Per lungo tempo sembrava che potessero farlo,
che potessero stare bene insieme. Hermione l'aveva amato, di questo
era certa. Come lui aveva amato lei. Ma non era andata,
perché
semplicemente non poteva andare.
Questo
però non valeva per Ginny e Harry, che non dovevano
assolutamente
permettersi di litigare per idiozie del genere, pena l'impiccagione
per mano della loro migliore amica.
"Ginny"
sospirò. "Tu ami Harry" non era una domanda.
"Certo
che sì, ma delle volte mi manda in bestia. Nega l'evidenza,
ti ha
detto di quella tizia che..." stava già partendo per la
tangente.
"Senti"
la interruppe. "Ha detto lui stesso che probabilmente la tipa
gli fa davvero il filo, ma ha anche detto che lui non la incoraggia.
No Ginny" le prese la mano vedendola sbuffare, "io so che
non ti tradirebbe mai, come non lo faresti tu e – a proposito
–
ti informo che Harry è geloso marcio del tuo allenatore".
"Oh
sì, me l'ha detto" asserì. "E' assurdo".
"Non
direi" la contraddisse. "Qualche tempo fa non mi avevi
detto che ci aveva provato con te?". Ginny annuì, un po' a
disagio.
"Ma
gli ho gentilmente fatto capire che non mi
interessa
l'articolo" le ricordò. Il gentilmente era traducibile con
una
ginocchiata nelle palle, come all'epoca ci aveva tenuto a narrare con
una dovizia di particolari che Hermione si sarebbe volentieri
risparmiata.
"Oh,
lo so bene!" esclamò con una risata.
"E
allora?".
"Allora
la collega di Harry gli ronza intorno, ma non significa che a lui
interessi l'articolo" disse, ricalcando le parole
di
Ginevra, che rimase silente, segno che l'arrabbiatura cominciava a
scemare.
"Non
lasciarti sopraffare dalla gelosia, ti prego. Siete una coppia
perfetta. Non rovinate tutto" il tono era tra il supplichevole e
l'autoritario, un connubio che fece sorridere l'amica.
"Hai
finito?" chiese poi.
"Sì"
sospirò Hermione, sperando che il suo discorso avesse
sortito
qualche effetto. Ginny la guardò un'istante, prima di
abbracciarla.
"Grazie,
idiota di una Granger" mormorò.
"Prego,
idiota di una Weasley" rispose, sommersa dai capelli dell'amica.
Quando
tornarono in cucina, gli altri non sembravano aver sentito troppo la
loro mancanza, immersi nelle chiacchiere e ben innaffiati dal vino
elfico. Hermione si fece da parte per far mettere Ginny accanto a
Harry, e la rossa non si sottrasse a quella mossa. Harry la
guardò
stupito fare quella manovra, un sorrisetto ebete stampato in faccia.
Hermione
si accomodò soddisfatta al proprio posto – la
buona azione della
giornata era stata compiuta.
*NOTE
AL CAPITOLO
1)
Mahoutokoro non l'ho inventata io, esiste ( si trova in Giappone).
Ovviamente esiste nella fantasia della Rowling, purtroppo.
Ciò che
conta è che non è una mia creazione.
2)
Le informazioni sugli Onischi (cibo per Asticelli) sono prese dal
capitolo 13 de 'Harry Potter e l'Ordine della Fenice'.
3)Ron,
Hermione e Harry sono inseriti nelle figurine delle cioccorane, per
ovvi meriti.
4)
Questa frase viene detta a Harry dal bigliettaio del Nottetempo, Stan
Picchetto, nel terzo film della saga.
5)
Seriamente, su Potterpedia (o non so dove altro) ho letto che la
Rowling l'ha dichiarato. Dopo attente ricerche, Luna ha dovuto
ammettere che il padre si era inventato i Ricciocorni Schiattosi. O
almeno mi sembra fossero quelli.
ANGOLO
AUTRICE
In
questo capitolo Hermione e Ollivander cominciano a parlare dei nuclei
delle bacchette, argomento che mi affascina molto (ma delle mie
opinioni in merito, ovviamente, non ve ne frega nulla). I giornaletti
scandalistici hanno solo iniziato ad infastidire
Hermione
(spoiler probabilmente poco chiaro, ma vabbè).
Ginny
e Harry hanno fatto pace, come è inevitabile che sia
(nessuno sfugge
ai 'velatissimi' suggerimenti di Hermione Granger). L'annuncio del
nuovo lavoro è fatto, e l'unica per niente stupita,
è Luna. Nella
mia ottica, quella ragazza prende tutto per il verso giusto.
George
e Angelina sono in simbiosi, che carini. Fred e Hermione non hanno
riparlato del loro bacio, complice anche il fatto che Potter era in
mezzo ai piedi. Si presuppone che ora – data la
riappacificazione
con Ginny – tolga le sue chiappe salvifiche da casa di Fred.
Vedremo se altri inconvenienti arriveranno a rompere le uova nel
paniere, o se li lascerò in pace. So che i capitoli ultimi
forse
sono troppo lunghi, perdonatemi.
Comunque,
ho scritto all'amministratrice per il problema che molte di voi hanno
segnalato (le pagine che crashano quando leggete) e sto aspettando la
sua risposta. Giulieth
mi ha riferito che sottolinea delle parole del capitolo con il mouse e
poi la lascia leggere in pace, senza crashare. Magari funziona anche
per altri/e di voi :)
Spero
che il capitolo vi sia piaciuto e ringrazio le persone che seguono/
recensiscono o anche solo leggono, e coloro che hanno inserito me o
le mie storie tra i preferiti.
Baci
baci,
Jules
:*
p.s. Il capitolo si chiama così come riferimento non a
quello che Hermione dice a Ginny, ma al fatto che Ollivander inizia a
parlare dei nuclei, che sono un po' il 'nocciolo' delle bacchette.
|
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Capitolo 13 *** Gelsomino ***
CAPITOLO
DODICI – Gelsomino
La
serata si concluse con il felice ritorno di
Harry-sono-molto-molesto-Potter a casa propria, in Grimmauld Place
numero 12, insieme a Ginny-non-sono-più-arrabbiata-Weasley.
Furono
i primi ad andarsene, probabilmente intenzionati a fare pace per
bene, in modi che Hermione preferiva di gran lunga non immaginare.
Una
volta che anche Neville, Luna, George e Angelina si furono
Smaterializzati e la porta si fu chiusa dietro l'ultimo ospite,
Hermione si concesse un sorriso all'indirizzo del suo coinquilino.
Insieme si misero a sparecchiare la tavola.
Non
sapeva cosa passasse per la testa di Fred, ma lei stava pensando ai
loro quasi-baci e a come comportarsi in merito. Fred sembrava
intenzionato ad ignorare la faccenda, a quanto pareva. Nemmeno la
guardava in faccia.
E
lei, cosa voleva? Dimenticarli o prendere realmente
coscienza
del fatto che le piaceva Fred Weasley? Merlino! Fred Weasley!
Insomma, ormai non poteva negarlo, ma prenderne davvero coscienza era
una cosa differente. Significava affrontare la cosa, e non sapeva se
ne avesse l'intenzione. Probabilmente no.
Quando
voleva prendere coscienza di qualcosa ne parlava con Harry, o con
Ginny, cosa che non aveva fatto. Sarebbe stato piuttosto
imbarazzante, in quel caso.
Se
l'era ripetuto un milione di volte, ma il brillante cervello di
Hermione non sembrava recepire che Fred era il fratello della sua
migliore amica e del suo ex ragazzo, nonchè suo attuale
coinquilino.
Come
si fa a stare in coppia con un coinquilino?, si chiese. Come
si gestisce la cosa? Insomma, che si fa? Si
passa
direttamente alla convivenza?
Sparecchiava
silenziosamente e Fred non sembrava intenzionato a disturbare il
lavorio del suo cervello, impegnato a rimuginare su faccende
analoghe.
Perché
diavolo di motivo non dice niente?, pensavano
entrambi.
Il
silenzio si stava facendo imbarazzante, così Hermione decise
di
romperlo.
"Ginny
e Harry hanno fatto pace" buttò lì
distrattamente. Fred colse
al volo l'opportunità, evidentemente desideroso quanto lei
che
quell'incantesimo Silencio venisse spezzato una
volta per
tutte.
"Già"
mugugnò. "Sembra che, ancora una volta, tu abbia risolto
tutto".
"Io?"
stupì lei, ottenendo uno sbuffo in risposta. "Non so di cosa
parli..."
"Sei
andata di là con Ginny e le hai fatto la ramanzina, non lo
negare".
"Non
era una ramanzina!" obiettò. "Si chiama confronto,
Fred. Una cosa da adulti, che probabilmente tu non hai mai sentito
nominare" disse acida. Troppo acida.
Non
stava più parlando della chiacchierata con Ginny, ma del
mutismo
ostinato in cui era chiuso il ragazzo. Non la incoraggiava certo ad
affrontare un discorso, standosene lì con la fronte
aggrottata e
l'espressione stolida di un pesce rosso.
Il
suo patetico tentativo di rompere il silenzio, come volevasi
dimostrare, era fallito miseramente. Era talmente scoraggiata che
evitò perfino di urlare per la presenza di un Fondente
Febbricitante
in bella vista sulla credenza.
"Per
cortesia Fred, non lasciare prodotti potenzialmente pericolosi in
giro" disse, seccata.
"Pensavo
di provare un nuovo tipo di Palude Portatile all'ingresso, veramente.
Non ti secca troppo, vero?" ironizzò Fred.
Hermione
scosse la testa rassegnata, senza rispondere. Finì di
sparecchiare e
gli diede una frettolosa buonanotte.
Si
apprestava a recarsi di sopra, quando la voce di lui la raggiunse
sulle scale.
"Granger?"
chiamò.
"Mh?"
si voltò a guardarlo.
"Ti
infastidisce se getto Puzzalinfa per la cucina?". La strega lo
guardò come se fosse un insetto particolarmente fastidioso.
"Sei
serio? Mi hai seguito per comunicarmi i tuoi progetti idioti?"
chiese incredula. Fred la guardò per un attimo con aria
meditabonda,
poi scosse il capo in segno di diniego.
"No"
ammise. "Volevo dirti che domani parto" la informò.
Hermione tentò di nascondere il dispiacere per quella
notizia dietro
un'espressione indifferente.
"Ah"
commentò con un'alzata di spalle.
"Già".
"Per
dove?" chiese cortesemente.
"Perù".
"Un'altra
volta?" le sfuggì.
"La
Polvere Buiopesto va via come il pane, Granger" replicò Fred
con una certa soddisfazione in faccia.
"Immagino;
un bene di prima necessità, giusto?" fece lei, ironica.
"Comunque, beh, buon viaggio". Fred mise su una specie di
broncio, sebbene poco convincente.
"Non
mi chiedi quanto starò via?" si finse offeso dal poco
interesse. Hermione alzò gli occhi al cielo, accontentandolo.
"Quanto
starai via?" cantilenò con voce mielosa.
"Tre
giorni". Così tanto? L'altra volta erano solo
due!, si
trovò a pensare.
"Ah".
"Conosci
solo due lettere?" sbuffò Fred.
Effettivamente,
erano due volte che commentava con 'ah', ma non comprendeva proprio
cosa pretendesse uno che era rimasto a guardarla in silenzio e poi
l'aveva inseguita su per le scale parlando di Puzzalinfa.
Ma
insomma, che vuole da me?, si
chiese.
Nel
frattempo, senza che se ne rendesse conto, Fred si era fatto
più
vicino. Un passo, poi due, poi tre. Hermione, un gradino sopra di
lui, cominciò a sentire il cuore che accelerava i battiti.
"C-che
dovrei dire?" farfugliò. Lo sguardo di lui la stava mandando
leggermente in confusione, per non dire totalmente nel pallone.
"Beh"
le rispose. "Ad esempio che ti mancherò" propose con
naturalezza.
"In
casa si sentirà la tua mancanza, certo" cercò di
svicolare.
Fred rise apertamente, continuando a fissarla con quegli occhi. Una
particolare sfumatura di marrone, in cui Hermione continuava a
specchiarsi senza sosta.
"Io
non ho chiesto se mancherò alla casa" le
si avvicinò un
altro po'. "Ho chiesto se mancherò a te". E beh, a quel
punto fu chiaro cosa aveva intenzione di fare.
Ormai
erano a cinque centimetri l'uno dall'altra, ed Hermione ripercorse
ancora una volta la scena di quei due baci 'incompiuti', capendo che
l'idea di Fred era recuperare l'occasione perduta.
Fino
a quel momento tutto era recuperabile, non era successo ancora
niente; erano in tempo per lasciar perdere, ufficialmente.
Si
riscosse dai propri pensieri, per niente intenzionata a perdere il
contatto con la realtà. Fred non accennava ad allontanarsi
nè ad
avvicinarsi ulteriormente.
Doveva
andarsene prima che la situazione degenerasse, prima di cadere dalla
padella nella brace?
Perché
a quel punto niente li avrebbe interrotti – nè un
cellulare, nè
Harry attaccato al campanello della porta. Si sarebbero baciati e
niente sarebbe stato come prima.
Potevano
ancora ignorare quello che era quasi-successo, ma non avrebbero
potuto ignorare quello. Fece per girarsi, ma Fred
le prese una
mano con gentilezza, limitandosi a stringerla fra le proprie, in un
gesto che la ragazza trovò comunque molto intimo.
Hermione
era libera di andarsene, ma proprio per quella sua presa gentile, si
rese conto che non aveva alcuna voglia di farlo.
I
suoi piedi, completamente scollegati dal cervello, non parevano
intenzionati a sollevarsi dal gradino galeotto. Fred la guardava in
un modo che non le faceva desiderare altro che fiondarsi fra le sue
braccia e restarci più a lungo possibile, sebbene non la
considerasse una scelta consigliabile. La sua mente le mandava
impulsi contrastanti; alcuni assennati, altri meno.
Non
baciarlo era la cosa più saggia, per diversi motivi.
Del
resto, baciarlo sembrava un'idea magnifica, appena schizzata in cima
alla lista delle azioni-da-compiere-entro-cinque-secondi.
Hermione
rimaneva lì, senza il coraggio di muoversi; a malapena
respirava.
"Frederick..."
pigolò con voce spezzata. Era una specie di bisbiglio, a
metà tra
una supplica e un consiglio. Qualcosa come un "non baciarmi"
e un "lasciamo stare".
Ma
non sortì l'effetto sperato. Anzichè lasciar
stare, Fred, senza più
esitare, si accostò e posò la bocca su quella di
Hermione. La baciò
come se non potesse farne a meno, come se quella semplice, unica
parola l'avesse costretto.
Hermione
non poteva sapere che quel nome detto da lei suonava come una melodia
alle orecchie di lui. Udirlo così, per intero, aveva causato
la
dipartita dello scarso barlume di lucidità che era rimasto
nel
cervello del ragazzo.
Lei
non provò minimamente a scansarsi o a tirarsi indietro;
aveva
pensato a lungo a come sarebbe stata la sensazione delle labbra di
Fred sulle proprie e l'aveva immaginata piacevole, ma non a tal
punto. Erano morbide, e combaciavano alla perfezione con le sue.
Gli
allacciò le braccia al collo e si sporse verso di lui per
aumentare
il contatto tra i loro corpi. Sentiva le mani del ragazzo appoggiate
sui fianchi spostarsi sulla schiena e percorrerla lentamente con
lievi carezze che le causarono brividi – sebbene vi fosse la
stoffa
del maglione tra le dita di lui e la pelle della ragazza.
Hermione
non desiderava altro che quel bacio non finisse mai. Voleva restare
per sempre abbracciata a lui, bocca contro bocca, lingua contro
lingua.
Quando
non ne poterono più di stare in una semi-apnea, si
staccarono
malvolentieri, guardandosi per un attimo che sembrò
interminabile.
Hermione
tentava di capire cosa passasse per la testa di Fred, mentre lui la
scrutava aspettando che facesse qualunque cosa, per niente desideroso
di essere il primo a parlare. Era una situazione strana, stare
lì a
guardarsi senza avere la minima idea di cosa dirsi, e tutto
ciò che
la strega riuscì a bisbigliare fu:
"Buonanotte".
Si
diede della cretina mentalmente e schizzò in camera propria,
a
chiedersi perché diavolo di motivo Weasley – di
nuovo
- non avesse spiccicato parola.
La
mattina seguente, Hermione scese in cucina per fare colazione. Le
occhiaie le arrivavano grosso modo a metà della guancia:
aveva
passato la notte a rimuginare. Fece capolino dalla porta e
notò il
tavolo apparecchiato per una sola persona; Fred le aveva lasciato la
colazione pronta. Succo e brioches, entrambi di zucca.
Sorrise,
triste di non averlo lì, sebbene sollevata che il roscio non
potesse
vedere l'espressione ebete che aveva assunto nello scorgere quella
premura da parte sua.
Per
tre giorni la casa sarebbe stata vuota, senza di lui; niente battute,
risate, prese in giro.
Il
ricordo del bacio della sera prima si affacciò a tradimento
tra le
pieghe della mente di Hermione. Sospirò, ripensando alle
mani di
Fred sui propri fianchi, alle loro bocche incollate, ma anche
all'imbarazzante silenzio successivo.
Si
avvicinò al tavolo e si sedette. Oltre alla caraffa di succo
di
zucca, c'era anche una teiera, probabilmente incantata per rimanere
calda finchè lei non fosse scesa. Nessun biglietto, nessun
buongiorno, nessuna promessa, nessuna rassicurazione.
Accanto
alla tazza che aveva lasciato per lei, c'era solo un piccolo e
candido fiore.
Un
gelsomino.
Portandosi
il fiore al naso per inspirarne l'odore, Hermione sorrise.
Quel
week-end a Hermione sembrò infinito. Si recò a
pranzo da Ginny e
Harry, ormai totalmente riappacificati, e la sera uscirono con
Neville e Luna, accompagnati rispettivamente da Hannah e Rolf.
Nessuna
delle coppie glielo fece pesare con effusioni eccessive (al massimo
qualche bacio), ma Hermione si rendeva perfettamente conto di essere
l'unica single in un gruppo composto da sei persone.
La
faccenda non l'avrebbe infastidita fino a qualche tempo prima, ma ora
la portava con la mente a Fred, al gelsomino sul tavolo della cucina
e al significato che poteva avere nella mente del ragazzo, sperando
fosse lo stesso che assumeva per lei.
Avrebbe
voluto poter definire il loro rapporto, ma sfortunatamente non aveva
la minima idea di cosa fossero.
Sì,
lui era Fred Weasley: coinquilino, ex compagno di scuola, ex cognato,
titolare dei Tiri Vispi, fratello di Ginny.
Sì,
lei era Hermione Jean Granger: coinquilina, ex cognata, ex
Indicibile* del Ministero, strega brillante, apprendista di
Ollivander.
Sì,
ma noi due, insieme, cos'è che siamo?
Non
aveva una risposta pronta; e non poteva neanche chiederla a lui,
visto che se ne stava in Perù a trattare l'acquisto della
maledetta
Polvere Buiopesto. Non le andava di parlarne con Harry e Ginny. Tra
l'altro, non riguardava solo lei, e non era certa che Fred avrebbe
approvato il coinvolgimento della 'sorellina' in quella faccenda.
La
serata al Paiolo Magico passò presto. Qualche Burrobirra e
due
chiacchiere con gli amici di sempre erano quello che ci voleva per
attutire il senso di mancanza.
Fu
costretta a ripetere sotto giuramento – ancora dubitavano che
fosse
uno scherzo – la natura del suo nuovo impiego, precisando che
non
sarebbe scesa in particolari – pena l'uccisione da parte del
suo
caro datore di lavoro.
Le
chiesero anche della sua 'convivenza' con Fred. Con qualche
tentennamento iniziale, si limitò a rispondere che procedeva
alla
grande, e che vivere con uno dei gemelli Weasley – Merendine
Marinare e Fondenti Febbricitanti a parte – era meno
difficile di
quanto si potesse supporre.
Si
ritirò con la consapevolezza che un giorno in meno la
divideva dal
confronto con Fred. Affondò nel materasso, sotto il piumone
morbido,
cullata dal rumore del vento fuori dalla finestra. Una raffica
infuriava all'esterno, istillando in lei uno strano senso di calma,
per contrasto.
La
domenica si svegliò riposata e pronta ad affrontare una
giornata con
i propri genitori. Non si Smaterializzò, sebbene volesse
farlo;
aveva promesso al padre che sarebbe arrivata con mezzi babbani, tanto
per dare una parvenza di normalità agli occhi dei vicini.
Optò per
un comunissimo taxi, che sbagliò strada tre volte.
Quando
finalmente imboccarono il vialetto, si accorse che la strada di casa
era uguale a sempre, mentre una parte del suo cervello si era
aspettata di vederla cambiata, come era cambiata lei.
Invece
era rassicurante aggiungere la casa dei suoi genitori alla lista di
quelle cose che sempre sarebbero rimaste invariate nella sua vita.
Dopo averli ritrovati in Australia e aver restituito loro la memori,
il sollievo di rivederli nel vecchio luogo in cui era cresciuta era
stata immenso. Un po' come tagliare i ponti con la guerra e tutti i
sacrifici che aveva comportato. Si ricordava ancora la faccia di
Harry quando gli aveva comunicato che, in previsione alla ricerca
degli Horcrux, aveva modificato i ricordi dei suoi genitori. L'aveva
fatto per comunicargli che lei e Ron erano davvero pronti a seguirlo,
a impegnarsi. E, in quel momento, l'aveva realizzato anche lei,
quello che era stata capace di fare pur di proteggere le persone che
amava di più.
Sulla
soglia l'attendeva a braccia spalancate un uomo di più o
meno
cinquant'anni. Pantaloni neri e maglione rosso casalingo, caldissimo
e a collo alto. Hermione gli corse incontro con un sorriso.
"Papà!"
esclamò, stretta nell'abbraccio dell'uomo.
"Hermione!"
si sentì un'allegra voce femminile provenire da dietro di
loro.
"Mamma!"
una signora in grembiule, anche lei sulla cinquantina, si
aggregò
all'abbraccio con entusiasmo. Hermione si rese conto, con un certo
senso di colpa, che non li vedeva da troppo tempo.
"Non
soffochiamola, eh?" propose duo padre, staccando la donna quasi
a forza.
"Giusto,
giusto!" confermò sua madre. "Entra in casa, fa freddo!"
le ordinò.
Ritornare
a casa era sempre un piacere per Hermione. Al piano di sopra, la sua
vecchia stanza era esattamente come quando l'aveva abbandonata,
all'età di diciassette anni.
Il
padre fece capolino dalla porta della sua stanza, "stai pensando
di tornare da noi?" le chiese, speranzoso. "Abbiamo
lasciato tutto com'era".
I
poster alle pareti, il baule di Hogwarts abbandonato in un angolo, la
divisa della scuola nell'armadio, la spilla da Prefetto, il diploma
del settimo anno appeso alla parete, incorniciato con cura da sua
madre.
Nel
cassetto della scrivania c'era perfino un album rilegato in cuoio,
pieno di foto di Hermione, Harry e Ron, della famiglia Weasley, dei
suoi genitori.
Non
erano appense alle pareti perché, se qualcuno fosse entrato,
sarebbe
stato complicato spiegargli come mai le figure si muovessero.
Gli
occhi le si inumidirono nel vedere una fotografia con Ginny, Harry e
Ron, a Hogwarts, prima della guerra. Girò, e la pagina
successiva fu
un colpo al cuore.
Hermione,
i suoi genitori salutavano e sorridevano, le facce felici e piangenti
al tempo stesso. Era stata scattata da Ron, il giorno in cui si erano
recati in Australia per cercarli e restituire loro la memoria e
riportarli in Inghilterra alla loro vecchia vita, prima che lei
lanciasse su di loro l'Oblivion.
Non
credeva di poter versare più lacrime di quanto non avesse
fatto quel
giorno – ovviamente, lacrime di gioia e commozione.
"Sono
cresciuta, papà" gli fece un gran sorriso, come a consolarlo
delle parole che aveva appena detto.
"Lo
so" rispose l'uomo, una punta di malinconia nella voce.
"E
poi sto bene dove sto" aggiunse.
"Sembra
che tu preferisca vivere con un Weasley a caso che con noi"
protestò suo padre, leggermente indispettito.
"Fred
non è un Weasley a caso"
ribattè. "Mi trovo bene a
Diagon Alley, sono a due passi dal lavoro" aggiunse.
Da
basso si sentì un urlo annunciare che il pranzo era in
tavola ed
Hermione scese a braccetto con suo padre, consolandolo e promettendo
che sarebbe andata più spesso a trovarli.
"Essere
in Australia o qui vale lo stesso, se passi così poco tempo
con noi"
gli diede man forte la madre, una volta seduti insieme.
"Mamma"
sbuffò contrariata, "è stato un periodo
particolare. Sono
stata via per sette mesi – e vi ho scritto molto spesso". La
madre scosse la testa, rassegnata.
"Questo
l'abbiamo capito, ma forse ci meritiamo di capire cos'è
successo
esattamente in quella testolina vulcanica che hai".
"Niente
di che". Erano settimane che se ne andava ripetendo le stesse
cose a chiunque le chiedesse notizie.
"Non
è per Ronald, vero?" le domandò Helen, quello era
il nome di
sua madre. Ad Hermione spuntò un sorriso. Quante volte le
avevano
rivolto un quesito del genere, nell'ultimo anno? Aveva perso il
conto.
"La
rottura con Ron è superata da un pezzo, mamma. Non lo vedo
da un
po', ma immagino che prima o poi avverrà, dal momento che io
e suo
fratello siamo coinquilini e che non potrò rifiutare gli
inviti di
Molly in eterno" spiegò placidamente.
"Molto
bene" commentò il padre, secco. "Per il resto?"
chiese.
"Il
coinquilinato con Fred procede bene e il mio nuovo lavoro è
stata
una delle più folli e geniali idee che io abbia mai avuto"
riassunse sbrigativa. I genitori si guardarono e poi fissarono gli
occhi sulla figlia.
"Che
cosa fai di preciso?" domandarono quasi all'unisono.
"Sono
l'apprendista di Ollivander" comunicò. Entrambi sgranarono
gli
occhi.
"Il
fabbricante di bacchette?" domandò sua madre. Ricordavano
entrambi il momento in cui la loro unica figlia aveva varcato la
soglia di quel negozio strano e polveroso, come ricordavano la figura
dell'uomo dagli occhi cerulei e scoloriti che – quando ebbe
trovato
la bacchetta perfetta – l'aveva guardata con aria compiaciuta.
"In
persona" confermò portandosi alla bocca un sorso di vino per
innaffiare la carne che stava gustando.
Le
papille gustative la riportarono al vino elfico che sorseggiava a
cena con Fred, il cui sapore era infinitamente migliore. Oppure era a
lei che sembrava tale, solo perché lo beveva in sua
compagnia.
"Hai
lasciato un posto al Ministero della Magia per metterti a fare
l'apprendista?" suonava a metà tra incredulità e
rimprovero,
in bocca a suo padre.
"Beh"
rispose senza scomporsi, "capisco che detta così suoni
male".
Weasley
la stava contagiando con la sua ironia. "Posso assicurarvi che
non è orribile come sembra. Forse sono pazza, ma contenta.
Mi sono
resa conto che il lavoro da Indicibile* all'Ufficio Misteri non
faceva per me" spiegò scrollando le spalle.
"Ma
tesoro" le fece notare sua madre, "quello che tuo padre
cercava di dirti è che noi pensavamo... insomma... ti si
prospettava
una brillante carriera". Lei rise.
"Sono
preparata a questa obiezione" dichiarò divertita.
"L'avrò
sentita almeno venti volte" sospirò, alzando gli occhi al
cielo.
"Quindi?"
chiese suo padre.
"Non
ero più felice; forse non lo sono mai stata, dopo la guerra.
Sono
partita, e ho capito che questa è casa mia, ma che dovevo
cambiare
alcuni aspetti della mia vita – a partire dal lavoro. Mi sono
stufata di teoria, teoria, teoria. Volevo vedere se anche io sono
capace di costruire qualcosa, direttamente con le mie mani".
Sperò
di aver chiarito definitivamente le proprie sensazioni e decise che
non doveva altre spiegazioni alla sua espressione felice. Il lavoro
le piaceva, era vero. Ma non avrebbe detto nulla della storia con
Krum in Bulgaria, di quanto buio fosse il periodo che aveva
attraversato prima di tornare in Inghilterra, e soprattutto di quella
fantastica sensazione che le attanagliava lo stomaco quando sapeva
che avrebbe trovato Fred ad aspettarla a casa. C'erano segreti che
teneva per sè, c'erano sempre stati, ed
era giusto così.
"Come
va lo studio*?" chiese a bruciapelo, per evitare altre domande
inopportune.
"Benissimo,
la gente si rompe i denti con una facilità impressionante"
commentò la madre, distrattamente.
"E
sempre più persone decidono di mettere l'apparecchio" disse
allegro il padre, come se fosse un evento di cui gioire.
"Magnifico"
commentò, trattenendo un sorriso. Probabilmente i suoi
genitori non
avevano ancora perdonato il fatto che si fosse fatta accorciare gli
incisivi da Madama Chips*, dato che, a loro parere, denti e magia non
dovevano mischiarsi.
"A
proposito" la rimbeccò il padre, "ti lavi i denti con
regolarità, vero? Non è che usi la magia al posto
dello
spazzolino?".
"Sì
papà" sbuffò, esasperata. "Mi lavo i denti tutti
i
giorni, spazzolando per due interi minuti" cantilenò come se
avesse imparato a memoria.
"Mh"
bofonchiò lui, in un vago segno di approvazione.
"E
i tuoi amici come stanno?". Su quel terreno si sentiva più
sicura, dato che si trattava di parlare di qualcuno che non fosse
lei.
"Ginny
continua a giocare a Quiddich da professionista" qui la
guardarono perplessi; anche quando Ron e Harry avevano provato a
spiegarlo, non avevano mai capito bene come funzionasse quel gioco,
ed Hermione non era la persona adatta a farli appassionare*.
"Harry
lavora con successo alla delegazione Auror del Ministero; tempo
qualche anno, e lo fanno capo ufficio*".
"Me
lo auguro per lui" disse sua madre con garbo.
"Già,
anche io. Vivono in Grimmaud Place 12, ovvero casa di Sirius"
affermò tristemente ripensando a Black. "Era il padrino di
Harry". Non commentarono.
Quando
Hermione aveva quell'espressione, potevano stare certi che era
qualcosa che le ricordava la battaglia contro Voldemort, e
preferivano lasciar cadere l'argomento, pur sapendo di essere esclusi
da alcuni avvenimenti salienti della vita della loro unica figlia. Ma
cosa potevano fare? C'erano cose che i Babbani (ormai conoscevano
l'appellativo con il quale venivano designati nel mondo magico) non
potevano comprendere appieno, fino in fondo.
"Non
so se cambieranno casa" si ritrovò a dire. Si era sempre
immaginata che il suo migliore amico sarebbe tornato a vivere a
Godric's Hollow. A dire il vero, quando stava con Ron, tutti e
quattro avevano fatto progetti in quel senso. Tutti insieme, come
vicini di casa. Magari con figli e figlie a giocare insieme.
Poi
tutto era cambiato. Ron, Hermione, il loro rapporto si era incrinato.
E quell'idea di loro quattro come vicini si era trasformata
nell'unica immagine dei suoi migliori amici ad abitare lì
con i loro
mille bambini, i suoi nipoti. Ginny le aveva detto che lei sarebbe
comunque stata la zia di eventuali figli suoi e di Harry.
"Per
lui sei una sorella a tutti gli effetti, e per me lo sei anche se non
stai più con Ron" le aveva detto una volta, provocandole gli
occhi lucidi.
"Una
casa senza giardino?" la voce di sua madre la riscosse.
"Una
cosa strana da dire, vero?" fece Hermione. "Forse Luna mi
sta contagiando, con l'esprimere tutto quello che mi passa per la
testa" rise pensando all'amica bionda e svampita che si guardava
intorno spaesata, come se la vita la cogliesse sempre di sorpresa.
"Lei
sta bene" anticipò la domanda di suo padre. "Esce con un
tipo carino, matto al punto giusto, un Magizoologo. Suo padre Xeno
continua a gestire il Cavillo e non mi detesta più, a quanto
pare.
Mi ha trovato perfino un secondo lavoro".
"Ah,
davvero?" le chiese il padre. "Di che si tratta?".
"Tradurre
le Fiabe di Beda il Bardo dalle Antiche Rune all'inglese moderno"
spiegò. Non si aspettava che capissero al volo, e aveva
ragione, a
giudicare dalle loro facce.
"Antiche...
rune?" chiese la madre, riluttante.
"Vi
ricordate la materia che studiavo ad Hogwarts, quella in cui
traducevo simboli strani usando il Sillabario del Sortilegi?"
chiese.
Una
scintilla di comprensione si impadronì dei loro volti;
lasciava
sempre il libro in giro per casa.
"Ecco,
mi daranno dei soldi per fare una traduzione" chiarì.
"Beh"
commentò il padre, "è stato gentile da parte
sua".
"Molto"
confermò. "Luna è una naturalista di eccezionale
talento, e
Neville l'anno prossimo otterrà una cattedrà ad
Hogwarts".
"Neville
Longbottom?" domandò la madre. Hermione annuì.
"Mi è
sempre stato simpatico quel ragazzo. Sua nonna è ancora
viva,
spero".
"Certo
che sì!" affermò energicamente Hermione, come se
avesse
insultato l'anziana signora. "E' un osso duro la vecchietta,
peggio di Ollivander" commentò.
Le
era uscito spontaneo nominarlo di nuovo; quel vecchio ormai era parte
della sua vita. Rispose alla muta richiesta dei genitori di saperne
di più.
"E'
un tipo tosto".
"Uno
schiavista?" pigolò la madre, preoccupata che affaticasse la
sua bambina.
"Diciamo
che è un po' burbero, ma migliora di giorno in giorno. Ora
saluta
quasi sempre" affermò con un risolino divertito.
"Come
scusa?".
"E'
il suo modo di fare, un po' brusco, ma me la cavo".
Continuarono
a parlare del più e del meno; della vita di Hermione, del
mondo
magico, delle bacchette e del grande lavoro che c'era dietro alla
loro fabbricazione.
L'unico
argomento che Hermione glissò, fu Fred. Le chiesero
più cose
riguardo alla loro convivenza, al carattere di lui, al tempo che
trascorrevano insieme.
Si
era limitata a dire che erano buoni amici e aveva troncato il tutto.
Non era una gran bugiarda, o quantomeno doveva affinare la tecnica.
Fin
quando si trattava di omettere qualcosa, andava tutto bene. Ma
mentire ai genitori era un altro paio di maniche.
Quando
si congedò il sole era già sparito all'orizzonte
e il cielo era
trapunto di stelle. Con il permesso dei suoi, decise che poteva anche
arrischiarsi a Smaterializzarsi; non le andava proprio di prendere il
taxi quando poteva fare in un attimo.
"Torni
domenica prossima?" le domandò suo padre.
"Ma
certo" rispose sorridendo. "Vi voglio bene" aggiunse
prima di sparire con un crac sonoro e riapparire
all'interno
dell'appartamento di Diagon Alley.
La
casa era vuota, proprio come si aspettava di trovarla. Da quanto
aveva capito, Fred avrebbe fatto ritorno al martedì mattina;
quindi
restava ancora un giorno da trascorrere in solitudine. Quella notte
la casa era ancora tutta sua.
Avrebbe
tanto voluto sentire Fred che scendeva le scale e le veniva incontro
e...
E...?
E poi cos'avrebbe dovuto fare? Baciarlo, abbracciarlo, sussurrargli
parole dolci...?
La
domanda che la ossessionava si ripresentò prepotente alla
sua mente:
cosa erano loro due?
Si
trascinò su per le scale, si spogliò e si
lavò. Una bella doccia
calda la rimise al mondo, ma anch'essa le ricordò Fred: se
si
trovavano a quel punto era stato merito di una doccia calda. Era una
causa persa.
Mise
il pigiama e uscì dal bagno. Si guardò
furtivamente intorno, come
se si aspettasse di essere osservata; un'idea malsana si era fatta
strada nella sua testa.
In
fondo, Fred non lo saprà
mai, si disse.
Anzichè
imboccare la propria porta, varcò – seppur
esitando – quella
della camera di Fred e si accoccolò sul letto a due piazze
del
ragazzo, esattamente nel punto in cui le coperte erano sgualcite e il
cuscino strapazzato.
Lì
dormiva il roscio, e lì avrebbe dormito lei. Non importava
quanto la
cosa fosse oltremodo ridicola e patetica, perché nessuno
l'avrebbe
mai saputo all'infuori di Hermione.
Scivolò
quasi subito nel sonno, stringendo dolcemente il cuscino con una mano
e aggrappandosi alle coperte con l'altra, quasi come fossero le
spalle di Fred.
Nessun
sogno la disturbò quella notte, si sentiva al sicuro.
NOTE
AL CAPITOLO*
1)
Indicibile è il nome di chi lavora
all'Ufficio Misteri del
Ministero della Magia. Come ho scritto nel prologo, la Rowling non la
colloca lì. Sono stata io a farlo, senza una ragione
particolare
(tanto, per la storia è irrilevante).
2)
I genitori di Hermione, per chi non sapesse/ricordasse, sono entrambi
dentisti.
3)Madama
Chips, nel quarto libro, accorcia i denti davanti ad Hermione, a
seguito di un incantesimo che le viene scagliato da Malfoy (e che le
allunga ulteriormente i due incisivi già troppo
grandicelli). Di
conseguenza, 'grazie' a questo incidente, risolve il problema e
acquista un bel sorriso.
ANGOLO
AUTRICE
E
niente, si sono baciati. Vi è piaciuto il bacio?
Chi
ha seguito l'altra mia storia (Una strega in famiglia) sa che ho
fatto aspettare ben venti capitoli per il primo bacio dei
protagonisti, quindi ritenetevi fortunati ;)
La
visita ai signori Granger era doverosa, poveretti. Sono stati
trascurati dalla figlia e poi, se posso, tendo a far vedere diversi
aspetti della vita di un personaggio, perché la vita non
è fatta
solo di una storia d'amore... o più di una...(spoiler?)
Comunque,
Fred tornerà e si confronteranno, se
tutto va come deve
andare. Il punto è: tutto andrà come deve andare?
Lo scoprirete
presto, gente.
Intanto,
mi raccomando, lasciatemi un commentino su questo capitolo.
Baci
a tutti quanti, gente. Vostra,
Jules
:*
p.s.
ringrazio tutti quelli che seguono e commentano, o anche solo
leggono, come sempre e volevo chiedere se magari con il sottolineare
qualche parola avete parzialmente risolto il problema del crash coi
capitoli, o comunque se avete trovato un modo. La webmistress non mi
ha ancora risposto, quindi per ora non so consigliarvi altro. Spero
non sia una cosa troppo troppo limitante :(
Jaded_
allora? Che hai da dire adesso, babbea babbana che non sei altro?
|
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Capitolo 14 *** Ciao, Granger! ***
CAPITOLO
TREDICI – Ciao, Granger!
Quel
lunedì mattina la strega era entrata allegra nel negozio,
sorridendo
al fabbricante di bacchette; aveva lavorato a capo chino e in
silenzio per tutto il giorno, eseguendo qualsiasi compito le
affidasse.
Solo
nel primo pomeriggio si era concessa di rivolgergli la parola, per
fargli una domanda che le ronzava in testa dall'esatto momento in cui
lui aveva accettato di lasciarle ricoprire il ruolo di apprendista.
Diede in un piccolo colpo di tosse, ma l'uomo non diede segno di
averla udita, concentrato su una bacchetta di sorbo che si rigirava
tra le dita.
"Signore"
Hermione attirò l'attenzione di Ollivander.
"Mh"
mugugnò in risposta, senza neppure sollevare la testa dal
lavoro.
Effettivamente, la strega non si era soffermata bene sul come porre
la domanda, perciò optò per la via diretta, che,
quasi sempre, è
la migliore.
"Per
quale ragione mi ha preso a lavorare qui?". Il vecchio
fabbricante si bloccò improvvisamente e sollevò
il capo.
"Me
lo hai chiesto tu..." rispose.
"Intendo,
la vera ragione" specificò Hermione.
"Lei è il
migliore bacchettaio che esista – e non parlo del Regno
Unito"
affermò con sicurezza. Non lo stava adulando, anche
perché non ce
n'era alcun bisogno, visto che era già abbastanza
presuntuoso.
"In
tutta la sua carriera, non ha mai voluto nessuno. Perché ha
accettato me? Doveva per forza averci pensato prima della mia
richiesta, o non avrebbe capitolato così in fretta". L'altro
continuava a scrutarla, con la fronte aggrottata, senza
interromperla.
"Anzi,
probabilmente non avrebbe capitolato e basta" aggiunse decisa.
Sembrava
proprio che Hermione avesse concluso, così Ollivander
tornò a
soppesare la bacchetta – circa undici pollici – tra
le sue mani,
con sguardo critico.
Si
tolse gli occhiali da dietro i quali stava esaminando il sorbo, e
poggiò entrambi gli oggetti sul bancone; lanciò
uno sguardo
penetrante alla strega di fronte a sè, prendendo un respiro
prima di
parlare.
"Immagino"
iniziò con voce profonda, "di averlo fatto a causa di
Tu-sai-chi".
Ogni
volta, Hermione si stupiva nell'osservare che le persone –
perfino
ora che era morto e sepolto, ridotto a un mucchietto di polvere per
opera di Harry Potter– tendevano a non chiamarlo
semplicemente
Voldemort. Decise di soprassedere su quel punto, senza criticare
l'appellativo con cui aveva indicato il più famoso Mago
Oscuro di
tutti i tempi.
"Cioè?"
chiese invece.
"Essere
suo prigioniero per un anno" – e qui emise un sospiro,
probabilmente ricordando le segrete di Villa Malfoy – "mi ha
fatto capire che non sono indistruttibile. Insomma... se fossi morto
in quel momento, per mano di Tu-sai-chi, i sigilli su questo negozio
sarebbero stati perenni; e magari la mia bottega sarebbe stata
sostituita da Forniture per il Quiddich e altri sport idioti".
Hermione
rise tra sè e sè: anche lei non era
particolarmente tifosa di
Quiddich, perciò non aveva intenzione di protestare (come di
sicuro
avrebbero fatto a gran voce Harry, Ginny e tutti i membri della
famiglia Weasley).
"Probabile"
confermò.
"Nessuno
si sarebbe preoccupato di portare avanti ciò a cui ho
dedicato
l'esistenza" riprese indicando con gesto teatrale il negozio e
le miriadi di bacchette sugli scaffali polverosi.
"Sarebbe
sbagliato tenermi tutto per me, Hermione, senza nessuno che possa
sostituirmi alla mia morte – non fare quella faccia, prima o
poi
morirò anch'io..." disse vedendo la ragazza incupirsi.
Si
era affezionata a quel vecchio scorbutico; non voleva sentirgli dire
certe cose, sebbene fosse stupido da parte sua, perché era
ovvio che
sarebbe successo.
"La
ricerca di una vita andrebbe buttata, per colpa del mio stupido
orgoglio. Un vero peccato, non trovi?" chiese con sorprendente
leggerezza.
"Il
suo ragionamento non fa una piega" commentò.
"Lo
so, i miei ragionamenti non sono mai fallaci" ribattè
soddisfatto. "Ora vuoi lasciarmi lavorare in pace, o hai
intenzione di importunarmi ancora?" disse brusco, inforcando gli
occhiali in fretta e riprendendo ad esaminare la bacchetta
incriminata.
Hermione
sorrise – ormai non la stupivano più quei
repentini sbalzi
d'umore– e si chinò sul crine di unicorno che
stava analizzando.
Il
pomeriggio trascorse quietamente, finchè un gufo urgente
bussò alla
porta del negozio, richiedendo attenzione immediata.
Più
che altro, una volta entrato, cominciò a beccare
all'impazzata
l'indice e il pollice di Ollivander, senza lasciargli altra
possibilità oltre a quella di affrettarsi ad aprire la
missiva.
Proveniva
dalla sorella dell'uomo, che gli chideva di recarsi immediatamente da
lei per risolvere un problema alla bacchetta.
"Scrive
che la bacchetta è impazzita" la informò. "Vola
da sola
in aria e lancia scintille rosse che distruggono gli oggetti in casa
con esplosioni fragorose".
"Oh,
Godric!" esclamò Hermione. "E cosa si fa in questi casi?"
domandò angosciata, neanche fosse casa propria che stava
crollando
in pezzi a causa di una bacchetta andata in tilt.
"Te
lo spiegherò un'altra volta, ora non ho tempo; devo andare a
darle
una mano" annunziò, come se reggesse sulle spalle il peso
del
mondo.
"Posso
fidarmi a lasciarti il negozio per stasera? Quando te ne vai, chiudi
la porta con l'incantesimo che sai"
ordinò, guardandosi
intorno con circospezione, come se fossero spiati da qualche nemico
mortale.
"Stia
tranquillo" rispose prontamente.
"A
domani Hermione" la guardò con i suoi occhi argentati per
poi
Smaterializzarsi frettolosamente. Fissò per un attimo il
punto in
cui Ollivander era sparito, poi si rimise silenziosamente al lavoro,
conscia e felice che quella fosse l'ennesima prova di fiducia da
parte dell'uomo.
L'apprendista
udì un tintinnio provenire dalla porta, segno che qualcuno
stava
entrando nella bottega di Ollivander. Ma chi poteva essere, a
quell'ora di sera?
"Siamo
chiusi!" annunciò meccanicamente, sollevando poi la testa
dalla
confezione che stava realizzando con cura maniacale, per la nuova
bacchetta di una cliente.
Il
sorriso che rivolse al mago ritardatario le morì sulle
labbra
all'istante, non appena vide di chi si trattava. Non poteva credere
ai propri occhi.
Un
giovane uomo dal portamento nobile e dal fiero profilo aristocratico
le stava di fronte, l'espressione imperturbabile.
Indossava
un completo scuro molto elegante – e probabilmente molto
costoso –
che aveva tutta l'aria di essere stato cucito su misura. Due occhi
grigi e beffardi la squadravano senza fretta, ma con una certa
insistenza. Il giovane si passò con disinvoltura una mano
fra i
capelli, di un biondo quasi argenteo.
"Ciao,
Granger" esordì, un lieve ghigno a incurvargli le labbra
– lo
stesso che Hermione aveva visto almeno un migliaio di volte, a
scuola.
"Ti
trovo bene".
Lei
era attonita; continuava a sbattere le palpebre senza sosta e ad
aprire e richiudere la bocca, senza emettere alcun suono. Doveva
sembrare sveglia quanto una triglia marinata.
"In
questi casi, educazione vorrebbe che tu dicessi qualcosa come: Anche
io ti trovo bene! oppure Bel completo, ti
sta
d'incanto!" continuò senza smettere di fissarla
con un
sorrisetto fastidioso.
A
quel punto Hermione si riscosse da quello stato catatonico, riuscendo
finalmente a mettere in moto gli ingranaggi del proprio cervello. La
sua voce uscì leggermente gracchiante, ma sicuramente
più ferma di
quanto non si aspettasse.
"Salta
i convenevoli, Malfoy" fece spiccia, "e dimmi che ci fai
qui".
Non
vedeva Draco Malfoy da anni; per quanto ne sapeva, poteva essersi
trasferito a Timbuctù. Non lo vedeva, per la precisione, dal
loro
ultimo anno di scuola, il settimo.
Lord
Voldemort era stato sconfitto e lei aveva pensato bene di completare
la sua istruzione magica a Hogwarts, benchè Harry e Ron
avessero
deciso di non continuare, ritenendola una perdita di tempo*. Ma
Hermione no, lei doveva a tutti i costi ottenere i suoi M.A.G.O.
Non
importava che avesse sconfitto Voldemort, nè che fosse
acclamata
come un'eroina da tutto il mondo magico. Harry aveva frequentato il
corso di addestramento per Auror senza avere il diploma, e Hermione
avrebbe potuto fare altrettanto, ma voleva concludere il ciclo di
studi che aveva intrapreso.
Con
sua enorme sorpresa, tra coloro che avevano fatto ritorno sui banchi
di scuola, sfidando le inimicizie e la – peraltro
giustificata –
cattiva fama, c'era stato anche Draco Malfoy.
Lo
conosceva abbastanza da sapere che se era lì a quell'ora
– e per
giunta nient'affatto stupito di vederla dietro il bancone di un
fabbricante di bacchette – doveva essere un attacco
premeditato. In
effetti era piuttosto curiosa di scoprire il motivo di quella visita,
ma lui pareva intenzionato a tenerla sulla graticola.
"La
mia bacchetta di biancospino ha bisogno di una revisione"
dichiarò, falso come una moneta da tre pound. Lei fece una
risata
forzata.
"Ah
Ah Ah, certo" rispose. "Ritenta, Malfoy, perché non
è il
motivo reale". Il ragazzo si aggiustò una manica della
giacca
– come se il vestito non spiombasse perfettamente addosso al
suo
corpo magro.
Tutta
scena, come sempre.
"Perché
pensi che io sia in malafede?" chiese con espressione innocente.
Hermione
lo guardò quasi divertita, pensando che se non l'avesse
conosciuto
come lo conosceva, le sarebbe sembrato sincero, bravo com'era a
mentire. Ma si dava il caso che lo conoscesse eccome: era stata la
sua nemesi, più o meno. Più sua che di Harry, che
poteva vantarne
una peggiore, rispondente al nome di Lord Voldemort.
Questa
scena è ridicola, pensò
Hermione.
Malfoy/Granger.
Purosangue/Sanguesporco.
Serpeverde/Grifondoro.
Mangiamorte/Paladina
della giustizia.
"Io
non lo penso" ribattè con veemenza. "Io lo
so!".
"Va
bene, ma ho chiesto come lo sai" flautò
lui, algidamente
mieloso.
"Lo
so perché tu sei sempre
in malafede*" rispose, gelida.
"D'accordo"
ammise, "sono passato a vedere come se la cava Miss Perfettini*"
replicò guardandosi intorno – esaminava il luogo
con aria di
stentata sufficienza.
"Come
sapevi di trovarmi qui?" domandò, cercando di non dare a
vedere
tutta la curiosità che albergava in lei. Draco si produsse
in un
ghigno soddisfatto – segno che lo sforzo di Hermione era
stato
piuttosto vano.
Anche
a Draco, anni e anni (più che altro l'ultimo) avevano
insegnato
abbastanza sulla Sanguemarcio Granger. Se aveva una pecca, quella era
la curiosità, benché temperata dalla proverbiale
saggezza della
ragazza.
"Non
c'è voluto molto" e scrollò le spalle. "Mi
è bastato
farti pedinare da un ragazzino" era quasi esultante, sebbene
cercasse di darsi un contegno.
Ad
Hermione venne in mente un bambino di dieci o undici anni che un paio
di giorni prima sembrava molto interessato ai suoi spostamenti.
"So
anche" riprese il biondo, "che non vivi più con Ron
Weasley".
"Ma
che bravo, Malfoy!" la strega battè le mani in un gesto
sarcastico. "Sherlock Holmes sparisce di fronte a te!"
commentò ironica.
Draco,
ovviamente, non capì il riferimento al noto investigatore
della
letteratura babbana e inarcò un sopracciglio, chiedendosi
cosa
diavolo la Granger stesse blaterando, decidendo poi che non aveva
alcuna importanza. Si strinse nelle spalle e prese a fare su e
giù
per la bottega, senza guardarla in faccia.
Quell'atteggiamento
– un misto di boria e disinteresse – irritava
Hermione più di
qualunque altra cosa, ed era certa che Malfoy lo utilizzasse apposta
per esasperarla.
"Sarei
davvero felice di passare la serata qui con te" disse con una
buona dose di sarcasmo, "ma sfortunatamente non è possibile.
Devo chiudere io il negozio, dato che Ollivander non è
presente".
Draco
si voltò a guardarla, e sembrò che si rendesse
conto in quel
momento della sua esistenza. Hermione dovette sforzarsi per non
Schiantarlo con una bacchetta a caso: lì dentro aveva solo
l'imbarazzo della scelta.
"Quindi"
riprese con calma, "vedi di andare al sodo!".
Per
la prima volta nella serata, Malfoy sembrò sul punto di
vacillare
dai suoi propositi – qualunque essi fossero – ma
poi riprese il
contegno gelido di sempre, e parlò con voce distaccata.
"È
un po' di tempo che penso a te, Sanguesporco". Hermione, senza
alcuno sforzo, ignorò l'appellativo – ennesima
provocazione – e
ribattè:
"Ma
davvero, Purosangue?" il tono fintamente zuccheroso.
Draco
la trapassò con uno sguardo e si ravviò i
capelli, in un gesto
abituale quanto vanesio.
"Ho
una richiesta" disse serio. "Ma devi ascoltarmi fino alla
fine, senza interrompermi con le tue saccenti pedanterie"
suonava più come un ordine che come una richiesta.
Quel
tono non la entusiasmava, ma era davvero troppo curiosa di sapere
ciò
che aveva da dire.
"Ti
ascolto" rispose decisa, incrociando le braccia. Il volto di
Malfoy si distese lievemente, ma ancora non si decideva a parlare.
"Sto
aspettando, Malfoy" fece presente.
Vide
ingentilirsi i tratti di Draco, e un sorriso comparve sul volto del
ragazzo. Seppe che non stava per mandarle frecciatine o battute
sarcastiche. Era un sorriso sincero. L'aveva visto raramente sulla
faccia di Malfoy, ma sapeva riconoscerlo.
"Vieni
a cena con me?" la gentilezza insolita nel tono la spiazzò
letteralmente, e fece sì che Hermione non replicasse come
avrebbe
dovuto, ovvero: "no, grazie".
"Sì"
rispose invece, senza alcuna esitazione.
Prese
il cappotto e uscì nel freddo serale insieme al Serpeverde,
Purosangue, ex Mangiamorte Draco Malfoy.
NOTE
AL CAPITOLO*
1)
Su Harry Potter Wiki o in non mi ricordo in quale altro sito di
sfigati patiti di Harry Potter (in realtà è anche
possibile fosse
Wikipedia) ho appreso che Hermione pare sia l'unica del fantastico
trio che ha ritenuto opportuno tornare a Hogwarts per il settimo
anno.
2)
Il cognome Malfoy pare che derivi dal francese, e significhi proprio
malafede.
3)
Rita Skeeter chiama Hermione Miss Perfettini ne 'L'ordine della
Fenice', e in effettiva penso che si adatti molto a lei (con il mio
immenso amore per Hermione).
ANGOLO
AUTRICE
Hello
gente,
Questo
capitolo è corto perché volevo finisse qui.
Posterò presto, lo
prometto. Draco è riapparso, e il suo rapporto con Hermione
non
sembra esattamente quello che ricordiamo dai libri. So che siamo in
una ff e che in molte storie loro hanno rapporti strani anche tipo al
quinto anno, ma non mi va di fare cose senza spiegazioni, quindi i
riferimenti al fatto che durante il settimo anno (in cui Harry e Ron
non erano presenti) le cose siano cambiate, ci sono, come avete
notato. Era qualcosa con cui Hermione non aveva previsto di doversi
confrontare di nuovo.
Il
prossimo capitolo riprenderà esattamente da dove li abbiamo
lasciati, a questa serata, e quindi a cena insieme. Da ora, le carte
in tavola si mischiano parecchio :)
Baci
a tutti,
Jules
:*
|
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Capitolo 15 *** Missive via gufo ***
CAPITOLO
QUATTORDICI – Missive via gufo
Hermione
non stava guardando Draco dritto negli occhi da un bel po', ma si
limitava a fissare i giochi d'ombra della candela che il cameriere
aveva piazzato tra di loro. Aveva tentato di protestare, visto che
quella candelina dall'olezzo di rosa li faceva sembrare una coppia di
piccioncini, ma Draco non sembrava turbato.
La
luce della fiamma splendeva al centro del tavolo, mentre Hermione
sentiva tutto quello che Draco aveva da dire, come in uno strano
sogno. Lo stava ancora ascoltando, quando decise che era il momento
di fissare lui, anzichè la fiammella danzante davanti a
sè.
"Malfoy"
disse placidamente,
posando gli
occhi sui
lineamenti affilati
del ragazzo, "tu
devi essere fuori di senno".
Non
sapeva neanche per quale motivazione fosse ancora lì. C'era
qualcosa
di profondamente sbagliato in quella situazione: lei seduta al tavolo
di un ristorante elegante, con una compagnia che definire assurda era
un eufemismo.
Draco
sollevò la testa dal piatto e puntò le iridi
grigie in quelle scure
di Hermione, ora intenta a lisciarsi nervosamente una ciocca dei
capelli castani.
"Mi
sembrava che al
settimo anno
il tuo modo di pronunciare il mio nome si fosse un po' addolcito"
sussurrò
sibillino.
Eccola,
la stoccata alla Malfoy.
Soleva
metterla in imbarazzo anche
nel periodo in cui erano diventati più... intimi;
e quello
era il modo più rapido per raggiungere lo scopo.
"Anzi,
mi sembra che Draco
fosse più gettonato, rispetto al
cognome".
Hermione
deglutì rumorosamente, a disagio.
"E'
stato tanto
tempo fa..." precisò, più a se stessa che a lui. "Era
un periodo in cui Ron non mi scriveva..." al nome di Ronald,
Malfoy
arricciò il labbro
superiore in un'espressione schifata. Era
vero; c'era stato un momento di stallo nel rapporto con Ron. Si erano
baciati, ma Hermione non riusciva a capire se stessero insieme o
meno, e Ron non sembrava intenzionato a chiarire la faccenda. Poi la
scuola era finita: si erano rivisti e lui le aveva finalmente
comunicato che – testuale – essere una coppia 'era
ok'.
Ripensandoci, non era stata la dichiarazione che aveva sperato. "E
comunque, non
significava niente per nessuno dei due, lo
sai" aggiunse
riscuotendosi da quella riflessione.
Malfoy
sembrava totalmente a suo agio, padrone della situazione –
come se
stessero parlando del tempo. Quello a disagio avrebbe dovuto essere
lui, maledizione, non Hermione!
"E
perché sei arrossita allora?" sghignazzò, senza
nemmeno
guardarla in viso. Strinse i pugni, improvvisamente desiderosa di
dargli un cazzotto su quel nasino aristocratico che si ritrovava.
"Perché"
sputò fra i denti, "mi stai ricordando cose spiacevoli, Draco".
Malfoy
sollevò il capo in cerca dello sguardo di lei; continuava ad
apparire divertito.
Beato
lui,
pensò.
Hermione
non si divertiva affatto a ricordare gli errori passati.
"Per
quel che riguarda me, non è affatto un ricordo
spiacevole..."
esordì. Hermione arrossì violentemente e distolse
lo sguardo,
prendendo a rigirarsi tra le dita una ciocca di capelli, tanto per
non rimettersi a fissare la candela.
"E
anche tu... all'epoca non disdegnavi, mi pare" bisbigliò
lascivamente il biondo.
"Che
fai, tenti di sedurmi?" ironizzò lei. "Non ti pare un po'
fuori luogo?" domandò a denti stretti.
"Forse"
ribattè Draco.
"Ma
cinque anni fa non è andata malaccio" e
ridacchiò, come
se non
stessero avendo una delle conversazioni più imbarazzanti e
nonsense
che Hermione avesse mai sostenuto.
"Ma
la smetti, per Godric?" berciò esasperata.
"Lo
vuoi negare, Sanguemarcio?" fece lui. "Vuoi negare quello
che c'è stato a Hogwarts tra di
noi?" le
chiese,
cosapevole
di avere
a che fare con una Grifondoro. I
Grifondoro, Draco
lo sapeva,
non sono come i Serpeverde, tra
le cui abilità rientra
quella di negare
l'evidenza.
"Non
lo nego" e scosse il capo. "Solo, per cortesia, smettila di
ripeterlo".
I
capelli biondissimi del ragazzo rilucevano persino alla luce soffusa
sprigionata dalle candele. Guardandolo, Hermione si chiese nuovamente
perché fosse rimasta ad ascoltarlo fino ad allora, se tanto
non
faceva altro che stuzzicarla. Aveva accettato quell'invito a cena
solo per rispetto a Draco, a sè stessa e a quel passato che,
inaspettatamente, aveva fatto sì che le loro strade si
incrociassero
per un breve periodo. Per rispetto a ciò che era stato.
"Che
c'è?" domandò lui, sentendosi leggermente
osservato.
"Continui
a provocarmi..." osservò Hermione. "Ti diverti?"
chiese scocciata.
"Immensamente"
rispose Draco. "Mi è mancata la tua faccia continuamente
irritata" dichiarò senza remore. "Ho pensato molto a te,
ultimamente".
"Sì,
ho capito" tagliò corto Hermione. "Quello che non mi
è
chiaro è che diavolo vuoi" ripetè,
benché non fosse del tutto
vero. Il suo discorso di prima era stato cristallino, ma Hermione non
osava credere che le sue parole fossero sincere. Doveva essere tutto
un grande equivoco, o qualcosa del genere.
Malfoy
prese una boccata d'aria e la buttò fuori, poi bevve una
sorsata di
Whiskey Incendiario, tutta d'un fiato – come ad acquisire
coraggio.
"Te
lo sto ripetendo da quando ci siamo seduti a questo tavolo, Granger"
le fece notare, paziente. "Voglio che ricominciamo a
frequentarci" scandì per bene le parole, come se avesse a
che
fare con una bambinetta tarda.
Hermione
scoppiò a ridere, come aveva fatto in precedenza –
e anche allora
Malfoy era rimasto silente – ma vide che il volto di lui
restava
ancora impassibile.
Non
sta scherzando, comprese.
Sperava
tanto di essersi sbagliata, ma evidentemente non aveva bisogno di
sturarsi le orecchie, perché Draco Malfoy aveva appena
ripetuto ciò
che Hermione riteneva assurdo.
"Sei
serio?" spalancò le palpebre, esterrefatta.
"Serissimo!"
- altro sorso di Whiskey.
"Ma
noi non ci siamo MAI frequentati!" gracchiò lei, sperando
che
qualcuno se ne uscisse con una telecamera a sorpresa, annunciando che
era tutto uno scherzo.
"Beh"
rispose lui con calma sorprendente, rigirandosi il bicchiere vuoto
fra le dita, "direi che è il caso di inziare, allora".
Dire
che Hermione lo guardava come se fosse uno spostato non basterebbe a
rendere le occhiate allarmate che lanciò al ragazzo di
fronte a sè
.
"Hai
bevuto a stomaco vuoto? Sei ubriaco?" domandò speranzosa.
"Sono
del tutto sobrio" replicò Draco, con estrema
serietà.
"Vuoi
davvero che io esca con te?"
"Mi
hai sentito" confermò seccamente.
Hermione
si guardò intorno; il tutto era talmente surreale che si
aspettava
che da un momento all'altro un Basilisco facesse irruzione spaccando
i vetri e accasciandosi sul loro tavolo.
Erano
seduti proprio dalla parte della strada, ed Hermione si sentiva
vulnerabile, come un pesce in un acquario. A cena con Draco Malfoy.
Semplicemente
ridicolo!, la
sua testa continuava a ripetere.
Poi
– ed Hermione ebbe la bizzarra sensazione che intuisse i suoi
pensieri – Draco fece qualcosa che non aveva previsto:
poggiò la
propria mano su quella di lei, rigidamente ancorata alla tovaglia
beige dalla quale il cameriere stava sparecchiando i piatti.
"Dammi
un motivo valido per cui dovresti dirmi di no, Granger. Non stai
più
con The King Weasley, no?" e nonostante il tono serio, non
trattenne la solita smorfia di disgusto al nome di Ronald.
"Nè
tantomeno con Vicktor Krum" Hermione capì dalla sua faccia
che
si riferiva all'articolo di qualche tempo prima sul Settimanale delle
Streghe. "Per me è importante, Hermione"
sussurrò.
Le
dita affusolate e pallide del ragazzo erano mollemente posate sulle
sue; non avevano più avuto contatti di nessun tipo dopo quel
settimo
anno che lui aveva rinvangato; si era quasi scordata di aver vissuto
dei momenti abbastanza privati con Draco Malfoy.
"Malfoy,
non posso" enunciò infine, dispiaciuta. Sul volto di Draco
poteva leggere sofferenza e fallimento, sensazioni che lei conosceva,
e per quanto ci fossero – e sempre ci sarebbero stati
– mille
fattori a dividere le loro esistenze, si sentì vicina a lui
come mai
prima di allora.
Si
sentì in colpa, come
se gli stesse voltando le spalle.
Ignorando quella fastidiosa sensazione, continuò a parlare;
lui non
osò fiatare – e anche quello contribuiva ad
apportare alla scena
una patina di irrealtà.
Insomma,
Malfoy era quello che doveva lottare per avere l'ultima parola, o no?
Era sempre stato così, perfino in quel
fatidico settimo anno.
"Devo
andare" esalò con tono di scuse. Draco non la trattenne,
nè
aveva intenzione di farlo; scostò le dita da quelle di
Hermione e
continuò a guardarla.
"Non
c'è niente che possa fare per convincerti, suppongo"
nonostante
il tono semi-irritato che gli era uscito di bocca, aveva
un'espressione quasi tenera. Quasi.
"No"
ribadì lei infilandosi il cappotto e la sciarpa. Mise la
borsa a
tracolla e lo salutò brevemente.
"Se
cambi idea sai dove trovarmi" lo sentì dire, mentre
imboccava
l'uscita.
Un
brivido di freddo la percorse; era molto tardi e si gelava. Fu
tentata di Smaterializzarsi direttamente in salotto, ma il ristorante
nel quale aveva cenato era a cinque minuti da casa, e due passi
avrebbero di certo giovato al suo cervello sovraffollato. Sapeva di
aver agito per il meglio, in tutti i sensi.
Non
era stata scortese, nè aveva rifiutato l'invito a cena di
Malfoy, ma
di certo – come gli aveva detto – non poteva uscire
insieme a
lui. Non con l'immagine di un gelsomino candido che le galleggiava in
testa da tre giorni, facendola sorridere come un'ebete. L'indomani
mattina avrebbe rivisto Fred, e la cosa bastò a zittire la
vocina
che le causava senso di colpa per il rifiuto a Malfoy.
Si
incamminò per le strade di Diagon Alley, ormai svuotate
della folla
giornaliera. La bottega di Ollivander, il Ghirigoro e i Tiri Vispi
erano tutti chiusi. Il negozio di Fred e George faceva angolo in un
crocicchio che si dipanava in più vie.
Hermione
giunse da una stradina secondaria; una delle vetrine le era visibile,
ma non l'ingresso del negozio di scherzi.
Se
avesse saputo cosa l'attendeva lì dietro, non avrebbe mai
svoltato
l'angolo, ma purtroppo lo fece, e rimpianse di non aver voluto
Materializzarsi.
Fred
Weasley – lo stesso che credeva ancora in Perù ad
acquistare
quella stupida Polvere Buiopesto – stava baciando
appassionatamente
una moracchiona dall'aria sbarazzina – le sembrava di averla
già
vista – proprio davanti alla porta di casa loro, affianco al
negozio.
Sgranò
gli occhi dalla sorpresa e sbattè le palpebre più
volte: non poteva
essere vero. Quella scena non era reale, non era possibile che lo
fosse.
Le
sembrava che tra di loro ci fosse qualcosa; le sembrava che non fosse
solo uno stupido bacio, di quelli che poi si bollano con cose come
"E' stato un errore, mi dispiace. Amici come prima".
Evidentemente
ti sei sbagliata, Hermione. Per quanto tu sia considerata una strega
brillante, pare proprio che come donna non ne azzecchi una...
Del
resto, da quando lo conosceva, Fred non era mai stata una persona
particolarmente incline a relazioni sentimentali serie o durature
–
non aveva mai avuto una ragazza fissa per tanto tempo, per esempio
–
perciò c'era da aspettarselo.
Avvertiva
un certo pizzicorio agli occhi, oltre che un forte bruciore allo
stomaco – e non era una sensazione piacevole. Voleva
muoversi, ma
restava ferma. Voleva parlare, ma non le riusciva di articolare una
sola sillaba. I due, ignari della sua presenza, continuavano
imperterriti a risucchiarsi la faccia a vicenda.
Fu
solo quando si staccarono per respirare, come due normali esseri
umani, che Hermione si riscosse e trovò l'energia necessaria
a
percorrere quei pochi metri. Fece qualche passo verso il portone; a
quel punto la ragazza si accorse della sua presenza e le fece un
cenno di saluto e un sorrisetto.
La
ragazza che lavora alla gelateria Fortebraccio, ecco chi è!
Ricambiò
il cenno, ma non il sorriso, e rifilò uno sguardo gelido a
Fred. Una
di quelle occhiate che sembrano dire 'per me conti meno di un mucchio
di cacche di pipistrello', o almeno era esattamente quello che voleva
comunicare Hermione.
"Buon
proseguimento" sibilò a denti stretti, gli occhi ridotti a
due
fessure, sbattendosi la porta di casa alle spalle.
Le
ci vollero cinque minuti per realizzare quello che aveva visto, e
molto meno per capire quello che doveva fare. Imboccò le
scale e si
diresse di corsa in camera propria. Senza neanche spogliarsi si
sedette alla scrivania e prese un foglio pulito.
Tentennò
due o tre volte con la piuma in mano; la intingeva nel calamaio e si
avvicinava alla pergamena senza trovare il coraggio di scrivere.
Quando lo trovò, scrisse almeno tre biglietti, tutti
accartocciati e
cestinati o bruciati nel camino.
Come
poteva rendere conto di quel repentino cambio d'idea senza che Malfoy
la credesse schizofrenica? Era complicato persino per Hermione
Granger trovare le parole, con tutti i sentimenti e i pensieri che le
vorticavano in testa.
Alla
fine optò per qualcosa di scarno ed essenziale:
Potrei
aver cambiato idea, Malfoy. Domani stacco alle sette; possiamo
vederci a Diagon Alley, se per te va bene. Buonanotte,
Hermione.
Non
era sicura fosse una buona idea, ma d'altronde erano poche le
certezze che aveva in quel periodo. E forse – forse
– da quella
proposta di frequentarsi poteva trarne qualcosa di piacevole, se non
di buono. Sempre meglio che starsene lì a fissare Fred
mentre
pomiciava la ragazza della gelateria Fortebraccio – Sammy o
Sally o
un nome del genere...
Legò
la pergamena alla zampa del proprio gufo e, senza altri indugi,
spedì
il biglietto al Malfoy Manor, dove Draco abitava con sua madre
Narcissa.
Poi
si svestì e indossò il pigiama, prendendo con
sè un librone da
leggere, dato che, seppure stanca, non aveva sonno.
Stava
per ficcarsi sotto le coperte quando sentì picchiettare al
vetro
della finestra. Si girò a guardare e si rese conto che
Brian, il suo
gufo, era nuovamente lì – era passata solo
mezz'ora – con una
risposta nel becco.
Gli
aprì e lo fece entrare, ricompensandolo con del becchime e
lasciando
che si appollaiasse sulla testiera del letto.
"Sei
stato veloce, Brian" lo lodò accarezzandolo e poi
infilandolo
nuovamente nella gabbia. Srotolò la pergamena e vi lesse
queste
parole:
Non
ci hai messo molto a capitolare, Granger. Non voglio nemmeno sapere
il motivo di questo cambio di opinione, ma non ti pentirai di avermi
dato una possibilità.
A
domani e grazie,
D.
M.
Quella
faccenda aveva dell'incredibile: aveva imprudentemente accettato di
uscire con Draco Malfoy e – soprattutto – lui
l'aveva
ringraziata.
Malfoy
che ringrazia la Sanguemarcio per eccellenza? Dove andremo a finire?!
Uscì
sul pianerottolo e sentì il rumore di una porta che
sbatteva: Fred
era rientrato. Si affrettò a chiudersi in bagno per lavarsi
i denti.
Solo quando non avvertì alcun frastuono al piano superiore
si
convinse che doveva essere rimasto al piano di sotto e si decise ad
uscire per tornare in stanza.
Ecco
una delle poche certezze che poteva vantare di avere: al contrario di
quanto avrebbe potuto dichiarare qualche ora prima, incontrare Fred
Weasley era decisamente l'ultimo dei desideri che
nutriva al
momento.
La
cosa poteva presentare diverse difficoltà, considerato il
piccolo,
insignificante particolare del loro coinquilinato.
Ripensò
a quando aveva dormito nel suo letto, la sera prima, e si
sentì una
completa deficiente. Meno male che era la studentessa più
intelligente della scuola; era evidente che doveva essersi rammollita
parecchio dai tempi di Hogwarts. Si infilò sotto le coperte
e si
risolse di non pensarci più, almeno per quella sera.
Svuota
la mente, Hermione. Svuota la mente.
Si
trovò a desiderare ardentemente di essere un'abile
Occlumante solo
per possedere la – in quel frangente – tanto
agognata abilità di
chiudere i pensieri fuori dalla propria testa.
Spremersi
le meningi sul comportamento di un uomo non è il massimo per
qualcuno che ha lo sfrenato desiderio di dormire.
Il
proposito non si attuò completamente, perché non
appena riuscì a
sbattere Fred fuori dalla propria mente, le si presentò la
scena di
quella cena passata con Draco. Sempre un uomo – non era poi
un
grande progresso, quindi.
Alla
fine, sebbene con difficoltà, riuscì a lasciarsi
alle spalle quella
pesante giornata e a prendere sonno.
ANGOLO
AUTRICE
E
sbam! Draco Malfoy è
in scena. Ribadisco che è OOC,
diciamo pure ingentilito, cambiato da dopo la guerra, seppure sempre
un ex Serpeverde e sempre un Malfoy, alla fin fine. Solo, come ho
detto, non aspettatevi Principi delle Serpi e Regine di Grifondoro,
perché non ce ne saranno.
Le
minacce di morte che ho ricevuto da una delle mie migliori amiche
(Jaded_, ne sai
qualcosa?) mi hanno
fatto capire che comunque questa storia vada a finire,
lascerò
scontento qualcuno.
Quindi
non potete fare altro che leggerla e tenervi gli insulti per l'ultimo
capitolo (o diluirli in più commenti, se preferite). Ho
avvisato fin
dal Prologo che è una storia da leggere fino in fondo prima
di
giudicare (cosa che avete tutto il diritto di fare, ovviamente).
Tornando
a noi: tutto si chiarirà.
Si
è capito quello che tra loro è successo al
settimo anno più o
meno, penso che ci si possa arrivare. Quando Hermione dice che non si
sono MAI frequentati è vero, perché di certo non
'uscivano' insieme
come coppietta.
A
quanto pare ora... usciranno insieme. Hermione dovrà
pentirsene
oppure no? Quella che per lei inizia, palesemente, solo come una
ripicca, potrà trasformarsi in qualcos'altro? Bah, chi lo
sa. Ok, io
lo so, ma non ho intenzione di dirvelo.
E
Fred, che ruolo giocherà in tutto questo ora che l'altro
è
entrato in scena? Appena tornato non ha trovato di meglio da fare che
pomiciare con la commessa della gelateria Fortebraccio, santa pace!
Ah, non capirò mai gli uomini, neanche quando sono io a
guidare le
loro azioni...
Hermione
ha pensato bene di vendicarsi. Ha agito d'impulso.
Soprattutto,
gente, chiedetevi perché diavolo di motivo i miei personaggi
sono
adulti ma immaturi e idioti da morire. Forse dovrei andare da un
terapista?
Queste
sono le domande (all'ultima non tentate di replicare, o sono
sicura che dovrò pentirmi di averla posta), la
risposta è la
storia.
Ringrazio
di cuore tutte le persone che leggono, commentano, e le settanta
persone che hanno inserito questa storia nelle varie liste (quando
vedo aumentare i numerini sono felice come Ron da Mielandia). Baci
baci :*
Vostra,
Jules
p.s.
spero non ci siano errori di battitura/distrazione, perché
ho
pubblicato prima di quanto avessi previsto (per consolare te, Jaded_
e poi di' che non sono una brava amica).
p.p.s.
non credo che Ron direbbe una cosa stupida come 'essere una coppia
è
ok' per la cronaca, (anche se di cose stupide a Hermione ne dice
parecchie in sette libri) perciò non protestate fan della
Romione :D
|
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Capitolo 16 *** Stranamente piacevole ***
CAPITOLO
QUINDICI – Stranamente piacevole
Fu
una notte agitata e piena di sogni, anche se diversi da quelli soliti
che la tormentavano. Più che incubi veri e propri erano
strani,
inquietanti, popolati dai ragazzi della sua vita, che comparivano uno
dopo l'altro a ricordarle i fallimenti amorosi che aveva
collezionato. Ron, Krum, Fred.
Poi
entrava in scena anche Draco Malfoy, con un sorriso degno del diavolo
in persona, quasi spaventoso – che subito dopo si trasformava
in
un'espressione malinconica e di muta supplica.
Quando
si svegliò, agitata, si scoprì a rimpiangere
vagamente gli incubi
con Nagini, Voldemort e Bellatrix Lestrange, che almeno trattavano di
qualcosa che non era dipeso da lei.
Se
c'era una cosa che Hermione Granger non era in grado di tollerare era
proprio il fallimento personale. Era sempre stata
così.
La
sua presunta onniscenza, il desiderio di conoscere e di eccellere,
nascondevano un profondo senso di insicurezza, Hermione ne era ben
consapevole.
Si
alzò dal letto ed uscì facendo attenzione a non
far scricchiolare
il pavimento di legno sotto di lei, nè la porta della
stanza. Voleva
accertarsi che Fred non fosse nei paraggi, perché non era
sicura che
avrebbe avuto la forza di non sputargli in faccia – pur
consapevole
che non sarebbe stato corretto. Tecnicamente non stavano insieme, non
si erano promessi niente dopo essersi baciati, perciò non
poteva
arrogarsi il privilegio di sputargli sul serio.
Probabilmente
– anzi sicuramente – era tutto un film nella sua
testa. C'era
stato un bacio, era innegabile.
Ma
evidentemente per lui non voleva dire nulla; quindi perché
per
Hermione avrebbe dovuto significare qualcosa?
Non
giunsero rumori dal bagno nè dalla stanza di Fred, e
così si
avventurò, bisognosa di farsi una doccia. Fortunatamente non
trovò
il bagno occupato e potè concedersi il sollievo dell'acqua
calda che
scorreva sul proprio corpo, prima di uscire e avvolgersi in un
morbido accappatoio bianco.
Si
era svegliata molto presto, perciò era probabile che Fred
fosse
ancora in camera sua a dormire. Il proposito di Hermione al momento
era uscire di casa senza incrociare il proprio coinquilino –
proposito abbastanza difficile da mantenere, a meno di abitare al
Malfoy Manor o in una villa dalle dimensioni simili.
Sgattaiolò
in camera e si vestì alla svelta; non vedeva l'ora di
arrivare nella
bottega di Ollivander, che a quel punto era l'unico posto in cui si
sentisse davvero a suo agio. Fino alla sera prima considerava
così
anche l'appartamento dove viveva, ma al mattino non ne era
più
certa.
Fred
dormiva ancora della grossa; Hermione ne ebbe la conferma
perché
riuscì a raggiungere la porta di casa senza incontrare alcun
ostacolo. Quando si chiuse la porta alle spalle, l'aria fresca le
accarezzò il viso, e le sembrò che il suo umore
fosse già
migliore.
Si
incamminò per le strade di Diagon Alley, piene di gente
perfino di
prima mattina. Entrò nella bottega in maniera precipitosa,
quasi
fosse un rifugio in mezzo ad una tempesta. Il tintinnio provocato
dall'apertura della porta suonò rassicurante, come pure lo
sguardo
argenteo che il vecchio puntò su di lei.
"Sei
in anticipo di mezz'ora" constatò seccamente.
"Buongiorno
anche a lei" rispose Hermione, senza curarsi del tono brusco
dell'uomo. "Mi sono svegliata presto e ho pensato di non restare
ad oziare".
"Mh..."
mugugnò il vecchio, già intento ad esaminare dei
candidi fili di
crine di unicorno.
"Ho
fatto male?" chiese sorridendo.
"Certo
che no" replicò. "C'è qualcosa in particolare che
ti
toglie il sonno?".
Hermione
ne fu stupita: non si era mai interessato alla sua vita privata, ai
suoi sentimenti, o a qualsiasi cosa non riguardasse il suo lavoro di
apprendista.
"Perché
me lo domanda?"
"Hai
l'aspetto di qualcuno che ha dormito male" rispose
semplicemente. "Non saranno incubi di guerra, spero".
"Non
stanotte" rispose sincera. "Ho solo avuto una brutta
serata" tagliò corto.
Al
momento non se la sentiva proprio di confidare a Ollivander le
proprie pene sentimentali, nè di dire che Draco Malfoy le
aveva
chiesto di uscire e che lei aveva accettato per vendicarsi di Fred
Weasley. Suonava tutto troppo male.
In
alternativa a una confessione così improbabile, tacque e si
rimboccò
le maniche del maglione, pronta a cominciare.
"Mh
mh" commentò lui, concentrandosi totalmente sul crine di
unicorno – qualunque cosa passava in secondo piano rispetto
all'esame di un qualsiasi materiale da Nucleo, figuriamoci la nottata
di Hermione!
"Che
ne diresti di dare un'occhiata a quella bacchetta?" le propose,
sempre a testa china. "L'ha portata un elfo domestico
stamattina".
"Un
elfo domestico?" domandò.
"Proprio
così... Tinky, o qualcosa del genere" confermò
con un certo
disinteresse. "Ha bisogno di una revisione, e probabilmente il
nucleo deve essere sostituito...".
"Crine
di unicorno, suppongo" Hermione si avvicinò alla bacchetta
sul
piano da lavoro.
"Già"
confermò lui. "Tende a sfilacciarsi negli anni, se
maltrattato".
"Lo
so" fece Hermione, quasi stizzita da quella precisazione.
Si
stava ollivanderizzando: era
infastidita .
Il vecchio
sorrise tra sè e sè notando il tono della
ragazza, sempre più
soddisfatto della trasformazione.
"So
che lo sai" asserì infatti. "Sei una brava apprendista"
la stupì quella lode - scarna ma esplicita - da parte
dell'uomo,
visto che era solito mostrarsi parecchio distaccato.
"Grazie"
Hermione gli fece un gran sorriso.
"Mh"
riprese il solito tono sbrigativo, "ora non cianciare e
controlla quella bacchetta".
Ora
sì che la riconosco, signore!, si
trattenne a stento dal dirlo.
Si
avvicinò alla bacchetta, la prese fra le dita e
sussultò
riconoscendola.
"Biancospino"
mormorò,
rigirandosela
tra le dita.
"Esatto".
"Dieci
pollici" aggiunse, gli occhi sgranati.
"Giusto".
"Flessibile"
dichiarò infine, con un filo di voce.
"Ancora
giusto" confermò Ollivander. "E' la bacchetta di..."
"Draco
Malfoy" lo interruppe senza neanche accorgersene.
Doveva
revisionarla davvero, allora.
"E'
in uno stato pietoso..." commentò Ollivander, con la faccia
disgustata. "Non capisco cosa ci voglia a prendersi più cura
della propria bacchetta; è evidentemente stressata!"
aggiunse.
Stressata! Come se avesse una personalità e una sfera
emotiva tutta
sua...
La
cosa inquietante era che Hermione non ci trovava proprio niente di
strano, in quello che il vecchio aveva appena detto.
"Beh?"
la riscosse ad un tratto. "Non ti gingillare ed esaminala, per
cortesia".
"Subito!"
Hermione si mise immediatamente al lavoro, tra le mani la bacchetta
del suo antico nemico, con il quale – per inciso –
sarebbe dovuta
uscire in serata.
Si
era cacciata in una situazione assurda, pensò,
quasi
surreale. Se un anno
prima le avessero mostrato una fotografia di lei che fissava la
bacchetta di Draco, seduta
dietro al bancone di Ollivander, avrebbe pensato a un fotomontaggio.
Quando
il vecchio finì di filtrare il crine da usare –
scegliendo solo i
fili migliori – Hermione si azzardò ad incontrare
il suo sguardo.
Almeno era sicura di non interrompere niente, dato che aveva appena
concluso.
"Allora"
esordì lui, "te la senti di sostituire tu il Nucleo?"
chiese a bruciapelo. Hermione lo guardò esterrefatta: era
una
proposta sbalorditiva, da parte sua.
"Non
so" si schernì. "Non vorrei sbagliarmi..."
"Sciocchezze!"
minimizzò lui con un gesto incurante della mano.
"Andrà bene".
In
fondo Hermione voleva mettersi alla prova, vedere quanto riusciva a
dare in quel compito.
"Coraggio"
le disse porgendole il crine. "Fammi vedere cosa sai fare"
la provocò.
L'aveva
capita proprio bene, si disse Hermione. Non resisteva alle sfide; le
veniva sempre voglia di andare fino in fondo, per dimostrare il
proprio valore.
"Con
piacere" disse afferrando delicatamente i preziosi filamenti
bianchi, sotto gli occhi di un divertito e compiaciuto Garrick
Ollivander.
Alle
sette in punto, il vecchio stava per chiudere bottega ed Hermione
aveva appena salutato, sul punto di uscire, quando il noto tintinnio
l'aveva bloccata.
Una
figura alta e slanciata aveva fatto il suo ingresso, capelli platino
compresi.
"Buonasera"
aveva salutato il vecchio bacchettaio e la sua apprendista con una
gentilezza che tanti anni prima non avrebbe mai usato.
"Signor
Malfoy" lo accolse l'uomo. "Siamo in chiusura, ma la sua
bacchetta è pronta" annunciò. Hermione si
recò al bancone a
prenderla, avvolta con cura in un panno. Era stata lei stessa a
farlo, presa da un senso di protezione nei confronti di quel
ciocchetto di legno.
"Come
nuova" disse porgendogliela con delicatezza – ovviamente per
riguardo alla bacchetta, più che al proprietario. "Il nucleo
era andato".
"Mh"
mugugnò lui liberandola dal panno e riponendola nella tasca
del
cappotto. "L'ho trascurata, in effetti" ammise.
"Un
po' troppo, in effetti"
Ollivander ricalcò le
parole del cliente, senza trattenersi: ce l'aveva a morte con chi
trascurava le bacchette. Malfoy si avvide del tono stizzito, ma non
se ne ebbe a male. Tutti sapevano delle manie di Ollivander.
"Beh,
allora è tutto a posto" fece poi. "Domani passerà
il mio
elfo Tinky a saldare il conto" gettò un occhiata ad
Hermione,
che alzò gli occhi al cielo.
Davanti
a Ollivander si trattenne dal prenderlo a calci sulle gengive:
parlava apposta di elfi domestici, sapendo della sua battaglia per il
C.R.E.P.A.*
Una
delle cose sulle quali era sicura che le vedute sue e di Draco non
avrebbero mai coinciso.
"Perfetto"
disse Ollivander. "A domani" rivolse un vago sorriso ad
Hermione, che ricambiò e fece per uscire. Prima che potesse
imboccarla, Malfoy tirò a sè la porta e la tenne
aperta.
"Prima
le signore..." mormorò
con
galanteria.
Inspiegabilmente, le venne da ridere. Non era cambiato negli anni:
poteva
essere orribile, sebbene
non
come tempo addietro,
ma se
aveva un obiettivo era disposto a calcolare tutto nei minimi
particolari - corrompere, minacciare e adulare, pur di raggiungerlo.
Persino
essere gentile.
Varcò
la soglia a passo deciso, seguita dal ragazzo.
"Elegante
come sempre" commentò osservandolo nel suo cappotto nero e
lungo – e probabilmente costoso quanto tutto il guardaroba di
Hermione.
"Non
si può dire lo stesso di te, Granger" riservò
un'occhiata
divertita e sprezzante alla tenuta di lei – dei normali jeans
e
cappotto al ginocchio – evidentemente troppo poco signorile.
"Sono
troppo dozzinale per te, vero?" chiese sarcastica.
"Mh"
sembrava stesse soppesando il suo aspetto. "Direi di sì".
"Allora
non uscire con me" ironizzò.
"Non
esco con te per i tuoi vestiti" rise Draco. "Di questo puoi
star certa".
L'espressione
disgustata che assunse guardando le sue scarpe –
ahimè per niente
di classe – non lasciava dubbi in proposito.
"Non
mi dirai perché hai cambiato idea, vero?" le
domandò,
cambiando totalmente argomento. Hermione si accigliò
lievemente e
distolse lo sguardo, imbarazzata dalla domanda. Poi chiese:
"Dove
si va?"
Draco
capì che non avrebbe risposto, non in quel momento almeno; e
si
impose di lasciar perdere. Semplicemente, le porse
il braccio
e la invitò a seguirlo.
E,
semplicemente, Hermione lo fece.
"Come
mi sono ritrovata qui?" chiese la Granger ad uno sghignazzante
Draco, visibilmente divertito dall'espressione della ragazza.
L'aveva
trascinata in un ristorante ancora più elegante e raffinato
della
volta precedente, per giunta affollato di V.I.P. del mondo magico.
C'erano streghe e maghi della buona società – per
lo più palloni
gonfiati.
Come
se non bastasse, c'era anche il fatto che ogni donna in sala
– dai
cinque ai novantacinque anni – era vestita in maniera curata
ed
impeccabile.
"Grazie
a me".
"Non
direi grazie" lo contraddisse. "Mi sento un pesce
fuor d'acqua" indicò prima se stessa e poi il resto del
locale.
"Io
no, sono perfettamente a mio agio" si vantò, guardandosi le
mani curate e candide. Hermione si chiese se in quegli anni avesse
mai svolto un'attività anche lontanamente – se non
faticosa –
impegnativa.
"Ma
va! Non l'avrei mai detto!" rispose sarcastica. Lui rise.
"Oh,
andiamo! Se ti fissano è solo perché sei con me"
si
pavoneggiò.
"La
tua modestia mi stupisce sempre" fece causticamente. "Gilderoy
Allock era un uomo umile rispetto a te!".
L'offesa
sembrò toccare parecchio Draco, che avrebbe ribattuto
all'affronto,
se Hermione non l'avesse impedito parlando sopra la sua voce
irritata. Non che potesse biasimarlo: a nessuno poteva far piacere
essere paragonato a Gilderoy-sorriso-vincente-Allock.
"Comunque,
ma non certo per la tua abbagliante bellezza, Draco. Insomma, siamo
Malfoy e Granger, per la seconda volta ad un tavolo insieme.
Bizzarro, no?" parlava più a se stessa che a lui.
"No,
dal momento che hai accettato di uscire con me" rispose con
sufficienza, ancora irritato per essere stato paragonato a quel
pallone gonfiato.
"Non
fare lo stronzo, Malfoy... hai promesso che non me ne sarei pentita".
"Infatti,
ti dimostrerò che è così"
confermò seriamente. "Adesso
mangia, Granger, o il tuo magnifico risotto carote zenzero e vongole
diventerà una colla" ordinò in tono assennato.
"Chi
sei, il mio dietologo?" domandò lei, ironica.
"Il
tuo che?" replicò Draco.
"Oh,
lascia perdere" sospirò, portandosi alla bocca una
forchettata
di riso.
A
dispetto di quello che si aspettava, la serata con Malfoy fu
stranamente... piacevole. Parlarono di un centinaio di argomenti
diversi, seri e meno seri.
Come
era inevitabile, parlarono di Hogwarts; si raccontarono qualcosa che
non sapevano l'uno dell'altra, ovvero ciò che avevano
vissuto negli
ultimi quattro anni. Hermione scoprì che, dopo la scuola,
Draco era
stato in Francia per un anno, dove aveva dei parenti alla lontana.
Ovviamente non lavorava, non ne aveva alcun bisogno – vista
la sua
felice situazione economica.
Sua
madre Narcissa e lui vivevano, ancora schifosamente ricchi, a Malfoy
Manor, circondati dalla servitù e dallo sfarzo.
Non
parlò molto di suo padre; non che ce ne fosse bisogno:
Hermione
sapeva che Lucius Malfoy era rinchiuso ad Azkaban e che probabilmente
ci sarebbe rimasto a vita. I Dissennatori non erano più
tollerati
dal Ministero, che si era saggiamente privato della loro
collaborazione come carcerieri, quindi Lucius non rischiava il Bacio.
Lo
spettro di Voldemort e della guerra aleggiava nei loro discorsi, ma
loro erano stati abbastanza abili a schivavarlo, sostituendolo con
qualcos'altro.
Ciascun
argomento fu accuratamente innaffiato con ogni sorta di bevanda
alcolica in circolazione: Vino Elfico, Acquavite, Idromele, Whiskey
Incendiario.
Uscirono
dal ristorante leggermente brilli, ed Hermione si sentiva leggera
leggera, come uno di quei palloncini a gas che sfuggono dalle mani
dei bambini, pronti a spiccare il volo e incuranti di dove andranno a
finire.
"Forse
dovrei andare a casa" disse dando un'occhiata all'orologio da
polso e aggrappandosi al braccio di Malfoy per non inciampare su se
stessa.
"No,
è presto!" fece il biondo, la voce più
strascicata del solito.
"Presto?"
squittì lei. "Forse per te che passi il giorno a dormire da
bravo Purosangue ricco e fancazzista". Fu a quel punto che
Hermione si rese davvero conto di aver bevuto, perché da
sobria non
si sarebbe mai espressa così esplicitamente.
"Uff!
Eccola che torna alla carica, la solita Sanguemarcio petulante"
contestò lui, mascherando un singhiozzo con un colpo di
tosse.
Per
tutta risposta, senza neanche sprecarsi a trovare le parole, lei gli
pestò un piede e gli fece perdere l'equilibrio per un
momento. In
tal modo finì per inciampare davvero su se stessa, andando a
sbattere contro qualcuno che girava l'angolo dalla direzione opposta
alla loro. Si spostò un po' per verificare
l'identità della
sconosciuta vittima della sua lieve sbronza.
Fu
abbastanza sorpresa – e per niente felice – di
trovarsi davanti
il suo coinquilino, che la guardava con aria alquanto schifata.
In
un attimo, Hermione cancellò il riso dal proprio volto e si
ricompose, rimettendosi saldamente al braccio di Malfoy. D'un tratto
era di nuovo sobria – ovvero faceva del suo meglio per
sembrarlo –
neanche l'avessero costretta ad ingerire litri di caffè e ad
immergere il viso in una tinozza d'acqua gelata, come faceva Hagrid
per smaltire le frequenti ubriacature.
Nonostante
ciò, il roscio continuava a fissarli senza accennare a dire
una
parola. Fu Draco a rompere il ghiaccio.
"Weasley"
sputò fuori quello che doveva essere un saluto, con evidente
fatica.
"Malfoy"
replicò l'altro, altrettanto infastidito.
Hermione
stava per dire qualcosa, quando da dietro l'angolo vide spuntare la
ragazza della gelateria Fortebraccio – Sammy... Sally, o come
diamine si chiamava.
Si
avvicinò piuttosto lascivamente a Fred e gli si strinse
addosso,
salutando però educatamente lei e Draco.
Hermione
rivolse loro un sorriso falsissimo e, posto che ne aveva avuto
abbastanza di quella scenetta e che preferiva non farsi rovinare la
serata, decise di alzare i tacchi.
"Beh"
disse con malcelata stizza, "ci vediamo a casa".
Diede
un lieve strattone al braccio di Malfoy e il
biondo comprese che era ora di proseguire la passeggiata.
"Che
c'è?" chiese quando furono fuori dal raggio d'ascolto di
Fred.
"Ti imbarazza che ci abbiano visti insieme?"
"Parecchio"
replicò lei, pensierosa. Com'era possibile ridere con Draco
Malfoy e
stare seri con Fred Weasley? Che diavolo era successo alla sua vita
in nemmeno ventiquattro ore?
"Ti
vergogni ad uscire con me?" domandò giocosamente.
"Quello
sarebbe già abbastanza per farmi vergognare" lo
celiò. "E
come se non lo fosse siamo anche mezzi ubriachi!" commentò.
"Granger
e Malfoy a braccetto per strada" sentirlo dire da lui ad alta
voce faceva un effetto ancora più surreale.
"Titolo
da copertina!"
Draco
rise, conscio di quella sostanziale verità.
"Weasley
sembrava nero" commentò poi.
"Sono
con una Serpe, sfido io!" singhiozzò Hermione, desiderosa di
cambiare argomento.
"Ti
porto a casa" le disse Draco, vedendola barcollare. "Domani
devi lavorare, vero formichina? Per noi cicale che mangiamo sulle
vostre spalle..."
"Scherza,
scherza!" lo rimbeccò lei. "Intanto oggi la tua bacchetta
l'ho riparata io" precisò con orgoglio.
"Protesterò
con Ollivander; mi aspetto che il mio Biancospino venga affidato al
migliore, non a una Grifondoro che si inciucca in compagnia di un
Serpeverde".
"Sei
tu che ti stai inciuccando in compagnia di una Grinfondoro, Malfoy!"
replicò.
"E
non è neanche la prima volta" proseguì lui,
smaliziato. "Non
so sei in condizioni di ricordartelo, ma una volta al settimo
anno..." avrebbe voluto finire di parlare, ma Hermione gli
tappò
la bocca con la mano, in un gesto scoordinato e frettoloso.
"Se
fai così" lo minacciò sventolandogli l'indice
sotto il naso,
ormai sulla soglia di casa, "con te non ci esco più". Fece
una smorfia scocciata, mosse due passi e slam!
La
porta sbattè in faccia a Draco, e lui si
Smaterializzò al Malfoy
Manor con un sorrisetto sulle labbra.
Hermione
percorse lentamente l'ingresso per poi salire al piano superiore,
desiderosa solo di stendersi a letto e dormire fino all'estate
successiva.
Era
stata davvero una serata piacevole – incontri indesiderati a
parte
– e forse, dopotutto, aveva ragione Draco: non si sarebbe
pentita
di aver accettato.
NOTE
AL CAPITOLO
1)
Questa nota è di sicuro un eccesso di scrupoli,
perché tutti sanno
il significato della sigla C.R.E.P.A, ovvero Comitato per la
Riabilitazione degli Elfi Poveri e Abbrutiti. Hermione l'ha fondato
in 'Harry Potter e il Calice di Fuoco', dopo essere venuta a
conoscenza delle disastrose condizioni di schiavitù in cui
versano
quegli esserini tanto carini e servizievoli.
ANGOLO
AUTRICE
Salve
gente!
Eccomi
di nuovo a rompervi le scatole. Vi sono mancata in questi –
quanto?
- quattro giorni? Bene, Hermione e Draco hanno fatto la loro prima
uscita (e si sono anche inciuccati); Draco continua a infastidire
Hermione ricordandole episodi imbarazzanti con lievi accenni. Bisogna
dire che il loro rapporto era cambiao ma non erano mai usciti insieme
'alla luce del sole', quindi è qualcosa di nuovo, che a
quanto pare
Hermione ha trovato piacevole.
Certo...
l'incontro con Fred non è stato simpatico come il resto
della serata
– lui non sembrava molto contento...
Alla
fine, forse da questa vendetta davvero può (ri)nascere
altro... che
ne dite? Fatemi sapere che ve ne pare di questa uscita e del rapporto
Hermione/Ollivander, anche quello in evoluzione. Dai, non siate
timide e recensite ;)
A presto con le
mirabolanti avventure di Hermione! Ah, ringrazio
tutte le persone che hanno recensito/messo nelle liste <3
Baci
:*
Jules
p.s.
Altre persone mi segnalano il problema degli spam e della pagina che
crasha immediatamente. Ho scritto nuovamente all'amministrazione,
sperando mi rispondano, perché se proprio dovete rinunciare
a
leggere le mie ff voglio che sia perché fanno schifo, non
perché il
sito non ve lo permette :D
Vi
farò sapere.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 17 *** Maledetto Mercoledi ***
Scusate
se ci ho messo più del previsto, ma anche io ho una vita e
spero che
la lunghezza del capitolo vi consolerà se non ho aggiornato
'presto'
come avevo detto. Buona lettura gente!
CAPITOLO
SEDICI – Maledetto Mercoledì
Hermione
imboccò la porta ed entrò nel negozio polveroso e
ormai familiare,
il volto stravolto dalla stanchezza. Il padrone le riservò
giusto
un'occhiata.
"Altra
serata agitata?" domandò.
"Buongiorno,
signore" lo salutò con allegria, più per prendere
tempo che
altro.
Cosa
avrebbe dovuto rispondere?
Mi
sono presa una sbronza con Draco Malfoy e – nonostante io
abbia
incontrato Fred Weasley a braccetto con un'altra –
è stata una
serata piacevole, era la replica che si era formulata nella
sua
testa, ma Hermione dubitava che fosse appropriata.
"Già..."
si limitò a dire, scrollando le spalle. Non era una bugia,
del
resto; la sera prima non era certo rimasta a casa a fare la calzetta.
Per
fortuna, non aveva incrociato Fred neanche quella mattina –
di
questo passo sarebbero diventati due totali estranei in breve
tempo... Il pensiero le causò una fitta dolorosa allo
stomaco.
Era
uscita e una coltre di nubi promettente acquazzoni la attendeva; le
bastava sollevare gli occhi per vedere le prime goccie di pioggia
mattutina scendere giù e formare piccoli rivoli che
digradavano per
l'acciottolato.
Da
quando lui era tornato – in dannato
anticipo – il lunedì
sera, non si erano rivolti la parola mai, se non
davanti ad
altre persone – ovvero Draco e Sally – e si era
trattato di poche
sillabe.
"Il
signor Malfoy era soddisfatto della propria bacchetta?"
domandò
ad un tratto Ollivander; Hermione sgranò gli occhi e si
voltò a
guardarlo, la fronte aggrottata.
Il
vecchio la scrutava con gli occhi argentei e voltò la testa
verso il
bancone al quale la strega non si era ancora avvicinata e dove vide
poggiato un giornaletto scandalistico, che riconobbe immediatamente
come il Settimanale delle Streghe. Era mercoledì,
ovvero il
giorno di uscita di quella schifezza da pattumiera. Sospirò.
"Lei
legge questa porcheria?" domandò, visibilmente stupita.
"L'ha
letto tutta Diagon Alley, credo" l'uomo glissò abilmente la
domanda. "Ti consiglio caldamente di andare a pagina
cinquantatrè" aggiunse poi con nonchalance – di
sicuro non ne
avrebbe avuta tanta se l'articolo che Hermione si apprestava a
leggere fosse stato su di lui.
La
strega sospirò di nuovo, sicura di sapere ciò che
l'attendeva; si
inumidì l'indice e cominciò a sfogliare
frettolosamente le pagine,
fino ad arrivare all' articolo – correlato di foto
– che la
riguardava da vicino. Molto da vicino.
Si
rassegnò in partenza, ripromettendosi di mantenere la calma,
e
iniziò a scorrere le parole – gettando un'occhiata
anche alle
foto di lei e Draco insieme.
La
signorina Hermione Jean
Granger, il cui nome
è indissolubilmente legato
a quello di
Harry Potter e al salvataggio
del Mondo Magico, torna a
far parlare di sè.
Stavolta
non come paladina della giustizia, bensì
per essere
stata vista in dolce compagnia per le strade di Diagon Alley. A
fianco a lei (vedi foto
in alto a destra) potete
vedere nientemeno che – rullo di tamburi! - Draco Malfoy.
La
famiglia
Malfoy, come
tutti sanno, reca
la macchia di
avere a lungo
collaborato
con
Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, ed è di dominio pubblico
come il
ragazzo e
suo padre Lucius
siano
segnati dal
Marchio Nero.
Tuttavia,
mentre
Lucius Malfoy
è rinchiuso
ad
Azkaban, Draco
parlotta allegramente insieme alla
graziosa eroina
del nostro
mondo (potete vedere la loro cenetta a lume di candela nella foto in
basso a sinistra).
Sembra
incredibile viste le
enormi
differenze
che ci s0no tra i due, sotto tutti i punti di vista, ma la 'strana
coppia'
- come confesso l'abbiamo ribattezzata in redazione - sembra trovarsi
in perfetta sintonia (come
potete osservare dagli sguardi languidi presenti in ogni fotografia e
dallo scatto nel quale Il signor Malfoy strizza palesemente l'occhio
all'indirizzo della signorina Granger). Da quanto escono insieme,
tenendo segreto il loro amore? Che avessero vergogna a venire allo
scoperto? Potrebbe esserci aria di fiori d'arancio?
Del
resto, si direbbe che la Granger – Nata Babbana –
non possa fare
a meno di stringere 'legami intimi' con maghi Purosangue (ci
riferiamo al famoso Cercatore bulgaro Vicktor Krum e alla sua lunga
relazione con Ronald Weasley), che sembrano irrimediabilmente
attratti da lei. Come andrà a finire tra i due?
Sarà un fuoco di
paglia o Hermione Granger riuscirà ad accalappiare il
giovanotto
definitivamente? Staremo a vedere, amici lettori.
Samantha
Kaney
Hermione
fissava la pagina senza neanche sbattere le palpebre; sembrava aver
riportato danni permanenti dalla lettura, oltre a una paresi
facciale. Lo step successivo fu quello di guardarsi intorno,
nell'ambiente già noto della bottega: gli scaffali
polverosi, le
cataste di confezioni da bacchetta stipate nei mobiletti, la porta
che conduceva al retrobottega – dove ancora non aveva messo
piede –
e le strette scale in fondo, che portavano su al piccolo appartamento
di Ollivander.
Ci
mise un po', ma quando si riprese e riuscì a guardare di
nuovo il
giornale giallo che teneva in mano, non trovò che ci fosse
molto da
commentare.
"Beh...
almeno non l'ha scritto Rita Skeeter!" ironizzò, ottenendo
un
risolino in risposta. Sollevò lo sguardo verso Ollivander,
che stava
ancora ridendo; la fama di Rita Skeeter come giornalista da strapazzo
era universale.
"Non
te la prendere!" la consolò, in uno sprazzo di compassione.
"I
giornaletti di questo tipo sono sempre un po' eccessivi".
Alla
faccia dell' essere un po' eccessivi!
Si
alzò dalla sedia dove stava contemplando una piuma di Fenice
e si
diresse ad aprire uno sportello alla destra della ragazza, per
estrarne un quantitativo infinito di scatole da bacchetta –
alcune
piene, altre vuote. Inizialmente, Hermione non si capacitava di come
facesse a raccapezzarsi in quella totale confusione.
Si
era offerta più volte di rimettere in ordine le bacchette,
catalogarle in qualche modo, riporre le scatole vuote in un ripiano
differente per non rischiare di confondersi, ma non c'era stato verso
di convincerlo a spostare qualcosa. Oramai la strega ci aveva
rinunciato, anche perché la situazione non sembrava
disturbare
Ollivander, che ricordava perfettamente l'ubicazione di ogni oggetto
presente nella propria bottega.
"Preparati
alle occhiate e ai commenti, quando uscirai di qui"
l'affermazione la riportò alla realtà. Forse la
soluzione era non
uscire di là, dopotutto. Poteva murarsi viva nel negozio, o
barricarsi dietro una montagna di bacchette.
"Ci
sono abituata, signore" disse invece, sospirando.
Dopo
tutte le illazioni su lei e Harry – a opera di Rita Skeeter
– e
gli articoli che erano usciti quando aveva rotto con Ron (senza
contare l'ultimo su Krum), poteva vantarsi di avere la pelle
più
dura della scorza di un drago.
"D'accordo"
riprese lui brusco, "basta spettegolare, Hermione! Al lavoro,
non siamo dal parricere!".
"Parrucchiere"
lo corresse automaticamente, senza neanche chiedergli come sapesse
cos'era un parrucchiere. Mentre si apprestava a chinarsi su una
splendida bacchetta di sorbo che aveva l'aria
'malaticcia' –
come l'aveva definita Ollivander – la suoneria assordante del
telefonino risuonò per la stanza.
"Cos'è
quella diavoleria babbana?" le chiese il vecchio, vedendo
Hermione estrarre dalla borsa un accrocco strambo. "Non sarà
mica uno di quei ceppulari?" inorridì al
pensiero che
una ciofeca simile fosse nel suo negozio. "Non ne ho mai visto
uno dal vivo" sembrava davvero pervaso da disgusto.
"Sì,
è un cellulare" rispose lei, sorridendo.
"Mi
spiace, ero convinta di averlo spento" si giustificò.
"Posso...?" chiese dubbiosa.
"Sì"
accordò l'uomo, "ma poi fallo sparire dalla mia vista, o
giuro
che ti licenzio".
Hermione
si affrettò a rispondere.
"Hermione!"
trillò Ginevra. Già... quell'abitudine di
strillare al telefono –
fisso o mobile che fosse – accomunava l'intera famiglia
Weasley,
Ginny compresa.
"Ti
sento!" Hermione allontanò di poco l'apparecchio
dall'orecchio,
per evitare di ritrovarsi i timpani scassati.
"Mia
madre mi ha chiamata" disse solo, senza abbassare la voce.
La
signora Weasley era una lettrice accanita del Settimanale delle
Streghe, e non sarebbe stata la prima volta che prestava fede a
ciò
che c'era scritto.
Durante
il Torneo Tremaghi, per un periodo l'aveva ritenuta
un'approfittatrice senza cuore, perché convinta che avesse
lasciato
Harry Potter per Vicktor Krum. Peccato che lei e Harry non fossero
mai stati insieme – per il giornale quelli
erano sicuramente
dettagli insignificanti.
Solo
che – stavolta – non aveva proprio modo di negare
il contenuto
dell'articolo, dato che c'erano anche le foto a provare la sua uscita
serale con Malfoy. Effettivamente, l'uscita c'era stata. Tutto il
resto – fiori d'arancio, cuore, amore - era molto fantasioso,
certo, ma non poteva negare di essere stata a cena con Draco.
"E
allora?" sviò Hermione.
"Non
fare la finta tonta!" abbaiò la rossa. "Ha letto
l'articolo!" la informò.
"Quello
sul Settimanale delle Streghe?" domanda superflua, ovviamente.
"Proprio
quello!" rispose, indispettita dalla noncuranza nel tono
dell'assennata, accorta Hermione.
"Aspetta
che lo legga Harry..." Ginny aveva un tono presago di sventure,
che a Hermione ricordò vagamente quello che Sibilla Cooman
usava
durante le lezioni di Divinazione a Hogwarts.
"Senti
Gin, io sono a lavoro. Quindi, se non vuoi che venga licenziata, ti
spiacerebbe sentirci più tardi?" tagliò corto,
decisamente
scocciata.
"Oh,
va bene, va bene!" sbuffò prima di riagganciare.
Hermione
spense direttamente il telefono: di ricevere altre chiamate
allarmiste non se ne parlava proprio. Guardò Ollivander, che
si
ritenne soddisfatto dalla sparizione del maledetto aggeggio babbano,
e si rimise al lavoro.
Prese
una bacchetta di peccio per esaminarla. A tradimento, i pensieri di
Hermione si spostarono su Fred... anche la sua bacchetta era di
peccio*.
Fino
a quel momento non ci aveva pensato... ma Fred? Aveva letto anche lui
l'articolo? Che effetto gli aveva fatto?
Probabilmente
nessuno, dato che lui ha avuto la notizia in anticipo.
Hermione
si chiese come avesse potuto non accorgersi di essere stata
paparazzata alla grande, sebbene la questione non le interessasse
più
di tanto. Non le importava che li avessero fotografati e sbattuti a
pagina cinquantatrè di quel dannato giornale; soltanto che
quell'articolo era scritto come se lei e Draco stessero per convolare
a nozze. Avrebbe voluto tirare un pugno a quella Samantha Kaney
–
chiunque fosse – e dirle "Frena gli Ippogrifi, santo cielo!".
Senza contare il fatto che le dava non troppo velatamente
dell'arrampicatrice sociale. Come se lei – Hermione Jean
Granger –
avesse bisogno di questo! Merlino, lei era presente nelle
Cioccofigurine! Tanto bastava a renderle onore! Aveva sconfitto
Voldemort al fianco di Harry; di certo non aveva bisogno del cognome
di nessuno – nè del suo sangue – per
sentirsi migliore.
Si
riscosse da quei pensieri, accorgendosi che Ollivander la stava
fissando – si stava rigirando il peccio tra le mani, senza
farne
nulla.
"Che
mi dici delle bacchette di peccio?" chiese.
Oh,
no! Speravo fosse finito il tempo delle domande improvvise.
Ovviamente,
Hermione non esitò a rispondere, anche se dicendo quelle
parole le
appariva davanti agli occhi l'immagine di un ragazzo dai corti
capelli rossi e dagli occhi castani. Cercò di scacciarla.
"Il
peccio" iniziò a sciorinare, "è difficile da
lavorare ed
è adatto a chi ha mano ferma; diventa pericoloso se abbinato
a
persone nervose e insicure, magari dalle dita tremanti. Per dare il
meglio, una bacchetta di peccio pretende un mago ardito e con un gran
senso dell'umorismo..."
Dicendo
l'ultima parola, non potè che riaffiorarle prepotente
l'immagine che
aveva ricacciato. Il viso di Fred che rideva – molto diverso
dalla
faccia dura e sprezzante della sera prima – mentre tentava di
nasconderle la presenza in casa di Merendine Marinare o filtri magici
di dubbia provenienza.
"Molto
bene!" la lodò, estremamente soddisfatto dalla risposta.
"Ora
spicciati!".
Ormai
era abituata a quel comportamento bipolare, e ne aveva anche capito
le sfumature. Quando credeva di essere stato troppo tenero,
Garrick Ollivander tendeva a fare marcia indietro, riprendendo
l'abituale tono brusco. Non era così male, una volta che ci
avevi
fatto il callo.
La
strega si mise di buzzo buono a cercare di capire per quale motivo
quella splendida bacchetta spruzzasse scintille violacee molto
ridotte, senza eseguire le richieste del proprietario. Per un attimo
aveva temuto fosse la bacchetta di Fred, ma non era così, o
l'avrebbe riconosciuta subito. Semplicemente, anche una stupidissima
bacchetta di peccio le ricordava Fred e la loro... lite?
No,
nessuna lite. Avete semplicemente congelato i rapporti. Il che
è
ancora più deprimente, a ben vedere.
Il
compito le richiese tutta la mattinata – pausa pranzo
compresa.
Ollivander
guardava ammirato quel capolavoro umano: Hermione Granger era
completamente trasformata dalla prima volta in cui aveva messo piede
in quella bottega.
Oramai
Garrick sapeva di condividere con lei la passione per il lavoro e per
la ricerca che faceva – che facevano insieme. Aveva sempre
lavorato
da solo, convinto che fosse il modo migliore di ottenere buoni
risultati.
La
verità è che era sempre stato geloso dei segreti
che custodivano
quelle quattro mura; e ora li stava rivelando ad una ragazza
– per
giunta Nata Babbana, e quindi non radicata da sempre nelle tradizioni
di quel mondo – che fino ad allora non aveva avuto nulla a
che
spartire con un Mastro Bacchettaio. Una consapevolezza illuminante
gli invase la mente vedendola concentrata su quei dodici pollici di
peccio.
Quella
ragazza – Hermione Granger – era il suo
più grande successo.
Non
riusciva a ricordarsi di aver provato tanta soddisfazione nel
forgiare una bacchetta quanta ne provava nel constatare che Hermione
si appassionava nel riparare un pezzetto di legno.
Come
se non bastasse, si stava anche affezionando a lei; cosa che si era
ripromesso di non fare in alcun caso, mai e poi mai. Invece, non ci
era riuscito.
Non
aveva figli, e l'unica parente in vita era sua sorella*. Quella
ragazza, in qualche modo, rappresentava – vista la giovane
età –
la nipote che non sapeva di volere.
La
speranza che accarezzava era che, un giorno, fosse lei a continuare
l'attività alla quale l'uomo aveva sacrificato con piacere
la vita.
A lei non l'aveva detto e non aveva intenzione di farlo ancora per un
bel pezzo, ma le voleva bene.
Hermione,
troppo impegnata, non aveva idea dei pensieri affettuosi che
passavano per la mente di Ollivander in quel frangente – o
probabilmente ne sarebbe rimasta commossa. Quella era la prova che
sotto la corazza del vecchio bacchettaio burbero, si nascondeva un
cuore tenero.
"Allora?"
le chiese al pomeriggio, riferendosi alla bacchetta tra le mani della
ragazza. Era evidente che lui conosceva la risoluzione del problema,
ma la stava facendo sudare per arrivare a farcela da sola.
"Ci
sono quasi" rispose, intestardita.
"Eppure
dovresti avere a che fare con il peccio, mi pare" la
punzecchiò.
Quel giorno il vecchio sembrava proprio deciso ad infastidirla,
pensò
Hermione.
"In
che senso?" domandò, pur sapendo a cosa alludesse.
"Il
tuo coinquilino possiede una bacchetta di peccio" affermò
con
sicurezza.
Negli
occhi argentei, Hermione lesse una scintilla di divertimento e
un'altra di comprensione: se l'era solo immaginata? Stava diventando
paranoica.
Sembrava
che l'uomo, con quegli occhietti piccoli e scoloriti, volesse
catturare ogni cosa attorno a sè, e probabilmente ci
riusciva. Ebbe
la ridicola sensazione che sapesse tutto dei suoi conflitti
interiori. Lui la capiva.
L'uscita
con Draco era di dominio pubblico, ma di Fred nessuno sapeva niente,
quindi perché Ollivander non si toglieva quel ghigno
impertinente
dalla faccia? Lui la capiva. Poteva non conoscere
l'accaduto
nei minimi dettagli, ma ormai aveva imparato ad interpretare i suoi
gesti, le sue parole, anche quelle non dette. Come lei poteva
interpretare chiaramente ogni suo silenzio. Avevano trovato un
equilibrio.
"Lei
davvero ricorda tutte le bacchette che ha venduto in vita sua?"
sviò il discorso. Conosceva la risposta. "Devono essere
tantissime" commentò.
"Stai
dicendo che sono un vecchio decrepito?" si accigliò.
Hermione
non potè impedirsi di sorridere e si affrettò a
negare.
"Non
mi permetterei mai!".
"Ah,
ecco!" esclamò lui, guardandola di sbieco.
"Intendevo
solo dire che ha una memoria eccellente, signore" si
complimentò.
"No"
la corresse lui, "intendevi solo sviare la mia attenzione,
Hermione".
Beccata
di nuovo in flagrante mentre cercava di spostare l'argomento da Fred
alla memoria del fabbricante.
La
strega si rimise a capochino sui dodici pollici di peccio che
stringeva in mano e non disse una parola, timorosa di ritrovarsi
–
da un momento all'altro – a confidare la propria vita
sentimentale
a Garrick Ollivander.
Verso
le sette le diede il permesso di andarsene, ma lei rimase una
mezz'ora in più, finchè non ebbe risolto il
problema della
bacchetta – probabilmente vi si era incaponita in tal modo
proprio
per il materiale di cui era costituita. Continuò a mandare
scintille
viola e a emettere degli strani rumori – tristemente simili a
singhiozzi – per un bel po'.
"Ho
finito" annunciò soddisfatta, porgendogli il frutto del
proprio
lavoro.
Si
diresse a prendere borsa, sciarpa e cappotto dall'attaccapanni. Il
vecchio si schiarì la voce e la squadrò per un
attimo; poi le
indicò una figura oltre la vetrina.
Un
ragazzo alto, biondo abbagliante, il profilo affilato e una certa
aria altezzosa, se ne stava ritto oltre la soglia ad aspettarla.
"Buona
serata" farfugliò Hermione al fabbricante, uscendo dal
negozio
con le gote imporporate. Malfoy la squadrò per un attimo con
un
luccichio negli occhi.
"Buonasera
Granger!" Sembrava allegro, buon per lui.
"A
te, Malfoy" rispose lei.
"Ti
fa quest'effetto vedermi?" ridacchiò alludendo alle sue
guance
color pomodoro.
"Non
ti fare idee strane..." lo bloccò subito. "Mi fa effetto
che Ollivander mi dica di guardare fuori e veda te, dopo quello che
hanno scritto..." spiegò, sulla difensiva.
Lui
proruppe in una risata.
"Hai
letto il Settimanale delle Streghe" osservò pacatamente.
"Tu
no?" fece lei.
"Certo
che l'ho fatto!" esclamò Draco in tono scocciato, come se la
domanda fosse oltremodo superflua. Poi il volto si abbandonò
al
solito sorrisetto impertinente, che Hermione ricambiò con
una
smorfia.
"Magari
mi sfugge l'ovvio" soffiò Hermione, assottigliando lo
sguardo,
"ma non capisco per quale motivo tu sia così divertito!"
"Perché
è stato molto divertente".
"Parla
per te!" lo contraddisse sbuffando sonoramente. "Io non mi
diverto affatto quando sono costretta a spegnere il cellulare".
"Usi
quella robaccia babbana?" domandò, sulla faccia lo stesso
disgusto che aveva mostrato Ollivander – forse anche peggio.
"Beh,
che c'è?" chiese, contrariata. "E' molto più
comodo di un
gufo, se lo vuoi sapere" disse stizzita.
"Ah
giusto!" Draco fece schioccare la lingua, il tono caustico. "Tu
sei una Sanguemarcio, me lo dimentico sempre..."
"Orgogliosa
di esserlo" replicò lei fieramente.
"Lo
so" Draco puntò le iridi grige nelle sue e
ghignò, "ti ci
chiamo solo per provocarti".
Hermione
roteò gli occhi, rassegnata.
"Il
lupo perde il pelo ma non il vizio, vero Malfoy?" domandò.
Era
una provocazione innocente, ironica; ma un'ombra oscurò il
ghigno di
Draco.
"No!
Prima ti ci chiamavo perché ti ritenevo inferiore, un male
da
sradicare dal mondo magico" disse serio.
Hermione
avrebbe voluto fermarlo per ricordargli che quelle cose già
le
sapeva e che – seppure con una certa reticenza –
gliele aveva già
dette anni prima.
In
qualche modo, però, sentì che era giusto
lasciarlo finire, perchè
Hermione sapeva che Draco Malfoy non aveva ancora fatto totalmente i
conti con se stesso, o comunque con la persona che era stato in
passato.
"Volevo
farti soffrire, pensavo te lo meritassi" continuò. "Mi
hanno insegnato che un Purosangue è sempre e comunque
superiore a un
Nato Babbano" mormorò, "e tu prendevi voti altissimi in
ogni materia, sapevi sempre tutto..."
Ad
Hermione vennero in mente alcuni episodi della
loro infanzia e adolescenza.
Quando l'aveva chiamata Sanguemarcio per la prima volta; quando le
aveva detto che se l'avesse
toccato
avrebbe infettato il
suo sangue immacolato;
o
quando – da Madama Mclan – lei, Harry e Ron avevano
incontrato
lui e Narcissa, e Draco le aveva detto che non doveva stupirsi della
puzza, dato che una Sanguemarcio era appena entrata nel negozio*.
"Draco"
tentò con poca convinzione.
"Ero
orribile, me ne rendo conto". Comprese che doveva aver pensato
anche lui a tutti quegli episodi, ripercorrendoli con la mente.
"L'importante
è che tu ne sia consapevole, no?" lo incoraggiò,
la voce
ferma.
"Sì,
ma non posso rimediare gli errori che ho commesso" quella feroce
autocritica lasciò Hermione interdetta; il tono duro che
usò la
colpì profondamente. Non si parlava più solo di
lei, ora. Si
parlava anche di quel Marchio nascosto sotto la giacca, sul braccio
sinistro di quel ragazzo biondo e bello, dai lineamenti delicati
eppure dalle espressioni quasi sempre dure.
"Draco,
le cose non sono come allora" mormorò. "So benissimo che
non hai più pregiudizi sui Nati Babbani" Draco
sollevò gli occhi e li puntò in quelli caldi e
scuri di lei,
sollevato.
"Ma
so anche che sei ancora incredibilmente fastisioso, come eri a
Hogwarts. Mi hai ampiamente dimostrato entrambe le cose, cinque anni
fa" ridacchiò la
strega.
Il
volto impassibile
di
Draco si
sciolse in una smorfia che era l'ombra di un sorriso, ma meglio di
niente.
"Ora,
vogliamo
andare
o devo camminare da sola?" domandò Hermione
con
un gran sorriso. Draco ricambiò come
potè
e la sua espressione si distese, mentre le porgeva il braccio.
Era
ancora a fianco a Draco, che, ripresosi da quella momentanea
fragilità, stava facendo di tutto per risultare il
più irritante
possibile.
"Comunque"
riprese con fare casuale, "essere Sanguemarcio non è niente
rispetto ad essere Grifondoro... questa sì che è
una vergogna"
aveva pronunciato il nome della Casa come se dovesse sputare uno
scarafaggio. "Noi Serpeverde siamo sempre stati una spanna
sopra".
"Gentile
da parte tua non farmelo pesare..." replicò Hermione,
ridendo.
"Io
sono sempre gentile!" ribattè piccato.
"Mh,
fammi pensare..." finse di rimuginare un attimo. "Direi
proprio di no. Non ricordo neanche una volta in cui tu sia stato
gentile, se escludiamo ieri sera".
"Oh,
non è vero!" protestò Draco. La ragazza
inarcò un
sopracciglio.
"Davvero?"
ripetè, poco convinta.
"Davvero"
confermò lui.
"Vuoi
dirmi che a scuola eri gentile con me? Non facevi altro che
insultarmi, non so se te lo ricordi... roba
tipo 'Sanguemarcio Zannuta'..." gli fece presente.
"Beh,
zannuta lo eri sul serio però!"
ridacchiò, beccandosi
una botta sul braccio. "E – ora che ci penso – sei
sempre
stata piuttosto manesca*" aggiunse. "E, comunque, sei
sempre la solita noiosa, come allora".
"Io
non sono noiosa!" protestò Hermione, mentre si avviavano
discutendo per le strade, ancora piene di gente.
Ora
che il momento no di Draco era passato, si sentiva
molto più
leggera. Una folata di vento le scompigliò ulteriormente i
ricci,
leggermente più elastici per via della pozione
ArricciaRiccio che
utilizzava ultimamente contro i suoi capelli sempre un po' crespi,
con scarsi risultati.
"E
dimmi" continuò lui, "sono stato scortese durante l'ultimo
anno?"
Hermione
lo fulminò con lo sguardo, desiderosa di sprofondare in quel
momento
sotto l'acciottolato delle strade di Diagon Alley.
"E
questo che c'entra?" domandò, aggressiva. Lui
ghignò, felice
di averla imbarazzata. Metterla in difficoltà sembrava
essere, per
lui, lo scopo delle loro serate.
"Beh...
stiamo uscendo insieme, no? Non dovrebbe imbarazzarti" disse
placido.
"Mi
imbarazza eccome, invece!" mugghiò
Hermione. "Non è
neanche tanto la cosa in sè, è più come
lo dici, per
Merlino! Insomma... non tirare fuori quella faccenda!" La sua
intimazione, purtroppo, riuscì solo a causare una risata.
"Ora
che l'hai detto la
tirerò fuori più spesso, lo
sai?"la
provocò.
Stretta
al braccio del biondo, rise
sommessamente. Un'anziano stregone li fissò con
curiosità, come
fece una strega dal cappello a punta e dal lungo vestito prugna;
probabilmente ogni persona che li squadrava doveva aver letto
l'articolo del mattino, o
almeno visto le foto.
"Ginny!"
si ricordò improvvisamente Hermione. Lasciò il
braccio di Malfoy e
si mise a frugare nella borsa senza sosta finchè non
estrasse il
cellulare.
"La
Weasley femmina?" chiese Malfoy, giusto per mostrarsi scortese
nei confronti di un membro della famiglia Weasley. Non sia mai che
la Granger si scordasse di aver a che fare con un Malfoy.
"Mi
aveva contattata e le avevo promesso di sentirci stasera".
"E
io che dovrei fare, ora?! Assistere alle vostre chiacchiere su di
me?"
Hermione
sbuffò e lo guardò in tralice mentre componeva il
numero di Harry,
che conosceva a memoria.
"Malfoy,
se sono in questo casino è solo colpa tua, lo sai vero?
È con te
che sono uscita!" gli fece notare, indispettita. "Quindi,
per cortesia, lascia che io non litighi con la mia migliore amica per
colpa di uno stupido articolo".
"Ti
ha dato così fastidio?"
"Mi
dava dell'arrivista!" sbottò la ragazza. "Praticamente mi
classificava come un'arrampicatrice sociale che vuole accalappiare un
facoltoso rampollo Purosangue! Secondo te dovrei fare salti di
gioia?". Draco aggrottò la fronte.
"Ma
io sono un facoltoso rampollo Purosangue!"
sottolineò
con un certo orgoglio. "Anche bello, in effetti" aggiunse
convinto.
"E
piuttosto narcisista!" borbottò Hermione, prima che una voce
dall'altro capo del telefono rispondesse alla chiamata.
"Pronto?"
"Harry..."
constatò Hermione con una nota di panico nella voce. Aveva
sperato
che fosse Ginny, ma effettivamente il suo migliore amico aveva tutto
il diritto di rispondere, dal momento che il telefono era suo.
"Hermione!"
esclamò. Dal tono di voce – un misto di
irritazione e incredulità
– capì che non c'era neanche la più
piccola possibilità che non
conoscesse l'accaduto.
"Vorrei
parlare con Ginny".
"Oh"
fece Malfoy ad alta voce, "è San Potter? Tanti cari saluti!"
sfoggiò il tono fintamente zuccheroso di chi sta apertamente
sfottendo.
Hermione
mise la mano sul telefono affinché Harry non udisse.
"Shhh!
Piantala!" sussurrò, lo sguardo da orca assassina.
"C'è
qualcuno con te?" chiese il suo migliore amico. "Ho sentito
una voce".
"No,
nessuno!" mentì prontamente. Lanciò un'occhiata
truce a
Malfoy, che ebbe il buongusto di tacere.
"Possibile
che con la bufera che è successa tu abbia da dirmi solo
'passami
Ginny'?" sbuffò, il tono più sconsolato che
indignato.
"Mh,
quale bufera?" tentò lei, invano.
"Stai
scherzando! Sono stato contattato da mezza famiglia Weasley!" le
fece presente, alzando la voce.
"Ah
sì?" farfugliò, sperando in una improvvisa
interferenza alla
comunicazione.
"Eh
sì!" esclamò Harry. "Volevano sapere cosa diavolo
ci
facevi a cena con Draco Malfoy e – sinceramente –
vorrei saperlo
anche io".
"Harry...
è una faccenda complicata; penso sia meglio discuterne dal
vivo.
Domani sera passo da voi quando stacco, ti va bene?" fece,
speranzosa.
Voleva
solo che la tortura di quella chiamata privata si concludesse il
più
in fretta possibile, perché litigare telefonicamente con
Harry
Potter di fronte a Draco Malfoy sarebbe stato davvero inopportuno.
"D'accordo"
grugnì l'amico.
"Riferisci
a Ginny, ora devo andare" tagliò corto. Solo Godric sapeva
quale astrusa spiegazione razionale avrebbe potuto imbastire il
giorno seguente per convincerli a non affatturarla...
"Salutala
da parte mia" aggiunse prima di mettere giù.
"Menti
con la sicurezza di una Serpeverde" disse Draco, ammirato.
Hermione
si vergognò di se stessa, in quel frangente. Aveva mentito
senza
problemi a Harry – il suo migliore amico –
dicendogli che con lei
non c'era nessuno. Non aveva avuto neppure un tentennamento... e
Malfoy sembrava ritenere che la capacità di dire balle fosse
una
dote, anzichè un difetto.
"Per
favore..." replicò ributtando il cellulare nella borsa;
riprese
a camminare diritta e distolse lo sguardo dal ragazzo biondo.
"Era
un complimento" le assicurò.
"Non
dal mio punto di vista" sospirò affranta. "Senza offesa"
precisò.
"Non
c'è problema, sono abituato alla vostra convenzionale morale
Grifondoro: niente bugie, atti meschini e individualisti e bla bla
bla. Com'è? Cavalleria, coraggio e
nobiltà d'animo!"
sciorinò come fossero doti insignificanti.
"Sì"
ribattè Hermione con ironia, "Godric Grifondoro aveva questa
strana idea che fossero qualità degne di
nota, per un mago o
una strega".
"Come
ti pare, Granger"
la
liquidò Draco, per evitare di concludere la conversazione
con un
duello – anche perché avrebbe di certo avuto la
peggio, contro di
lei.
"Piuttosto, dove ti piacerebbe andare?" domandò.
Le
sopracciglia di Hermione si inarcarono.
"Credevo
mi stessi accompagnando a casa" affermò, presa in
contropiede.
"Credevi
male" ribattè lui. "Ti porto a cena fuori".
"E
chi ti dice che io sia libera?" gli fece notare. Malfoy rise
apertamente.
"Oh,
per cortesia! Con chi dovresti essere impegnata? Un librone su come
difendersi dalle Arti Oscure o un compendio in dieci tomi sulla
storia della famiglia Ollivander?"
"Non
hai un buon metodo per convincere le ragazze ad uscire con te!"
contestò lei.
"Ma
io non devo convincere le ragazze" precisò lui, ammiccando.
"Devo convincere te". Hermione sbuffò, sconfitta da quel
modo di fare sfiancante.
La
telefonata a cui aveva assistito gli aveva completamente restituito
il buonumore. Beato lui.
Le
sembrava di essere tornata a scuola. All'ultimo anno, per la
precisione. Nei primi sei, quelli tra lei e Malfoy non erano screzi,
erano battaglie all'ultimo sangue contornate da insulti pesanti.
Maledizione
al giorno in cui aveva permesso a Malfoy di avvicinarsi a lei! Ora
nemmeno avrebbe saputo spiegare la situazione a Harry, dato che
neppure lui conosceva la verità; ovvero che i rapporti tra
Hermione
e Malfoy avevano subito un'evoluzione al settimo
anno.
Aveva
evitato di raccontarglielo per non causare la morte prematura del
giovane salvatore del mondo magico. Del resto, era uno shock che
all'epoca aveva potuto risparmiargli, visto che l'avvicinamento tra
lei e Draco non aveva avuto seguito, fuori dalle mura di Hogwarts.
Lei si era messa con Ron, e ogni cosa era tornata esattamente come
doveva essere.
Vederli
di punto in bianco sul giornale doveva aver messo Harry in agitazione
– lui tutta la cara vecchia Torre Grifondoro. Probabilmente
gli
aveva fatto dubitare della salute mentale della sua migliore amica
vederla uscire con una persona che, dal punto di vista di chiunque
non fossero lei o Draco, l'aveva solo vessata per sei anni.
"D'accordo,
dove andiamo?" si arrese infine, smettendo di tormentarsi.
"Oh,
beh... in qualche posto affollatissimo!" rispose Draco, ilare.
"A
farci fotografare da giornalisti da strapazzo?" domandò,
ironica.
"Ovviamente"
replicò.
"Ribadisco
che devi perfezionare la tua tecnica di abbordaggio, Malfoy"
lo
celiò.
"Ribadisco
che ho già abbordato, per come la vedo" la
rimbeccò.
Hermione
scosse la testa, chiedensosi in che modo fosse finita a farsi
sballottare come un peluche in giro per Diagon Alley, in attesa che
Draco Malfoy trovasse un ristorante che rispondesse ai suoi canoni di
'decenza'.
Passando
davanti ad un edicola, vide un giornaletto scandalistico a terra e lo
riconobbe all'istante. Qualcuno con un po' di buonsenso l'aveva
gettato via.
Non
lo raccolse (non aveva alcuna intenzione di rileggere quelle idiozie)
e si limitò a seguire Draco, che sembrava finalmente aver
trovato un
locale degno della sua regale
presenza.
Si
rassegnò ad entrare in un altro posto di classe, pieno di
gente alla
moda, proprio tipico del biondo a
cui si accompagnava.
Furono
condotti dall'ingresso in una sala ampia ma appartata; si sedettero
ad uno dei tanti tavoli per due, apparecchiato con stoviglie pregiate
e calici di cristallo. Come al solito, lei sembrava capitata
lì per
caso, mentre Malfoy era nel proprio elemento. Galantemente,
scostò
la sedia dal tavolo per farla accomodare.
Se
la Hermione del secondo anno ad Hogwarts avesse visto una scena del
genere sarebbe corsa in Infermeria, temendo un qualche grave malanno
che provocava improbabili allucinazioni.
Si
sedette, consapevole del fatto che gli occhi di mezza sala erano
puntati sulla 'strana coppia', come li aveva definiti la redazione
del Settimanale delle Streghe. Non che potesse dar loro torto.
"Ci
fissano" gli fece notare. Lui
scrollò
lievemente le spalle,
del
tutto rilassato.
"Sono
troppo attraente per passare inosservato, ma non devi essere gelosa"
replicò con serietà.
La
Granger alzò gli occhi al cielo; fu allora che Draco si
accorse che
in mezzo a tutta la gente che li guardava e parlottava, c'era anche
qualcuno di loro conoscenza. Stretta conoscenza. Strettissima.
"Questo
davvero non me l'aspettavo" mormorò.
"Cosa?"
la Granger cadde dalle nuvole.
"Non
girarti, ma qualche tavolo dietro di te ci sono Lenticchia e Lavanda
Brown".
A
quell'affermazione la
vide agitarsi sulla sedia e muoversi scompostamente. Hermione stava
pensando all'eventualità di Smaterializzarsi
in Africa o in Australia, o
più babbanamente di nascondersi sotto il tavolo.
No,
magari questa
opzione
è
da scartare, si
disse.
Se
l'avessero fotografata in una posizione simile – piuttosto
fraintendibile –
probabilmente non avrebbe più potuto mettere piede fuori
casa.
A
pensarci bene, neanche in
casa,
visto che abitava con Fred. Insomma, le bastava mettersi sotto il
tavolo per finire a fare la barbona al London Bridge.
"Lavanda
e Ron, sei sicuro?" chiese speranzosa. Il biondo sbuffò
spazientito.
"Certo
che sono sicuro, non sono mica quella talpa di Potty!"
protestò.
Evitò
di dirgli che non gradiva di sentir parlare in quei termini del suo
migliore amico, sebbene Harry una talpa lo fosse davvero.
"Ci
hanno visti?" si mordicchiò a sangue il labbro inferiore,
pregando in tutte le lingue che anche Ron fosse diventato una talpa.
"Lei
ci fissa, Lenticchia ancora no" riferì, tranquillo come se
fosse la telecronaca di una partita di Quiddich. "Ora anche lui"
la aggiornò.
"Andiamo
via!" fece impulsiva, già pronta ad alzarsi. Draco la
fermò,
trattenendola per un polso e costringendola a rimettersi seduta. Lei
si sentì idiota per quella mancanza di sangue freddo.
Godric! Era
solo Ronald Weasley, non un'Acromantula.
"Troppo
tardi; Lenticchia si è alzato: viene verso di noi"
dichiarò il
biondo con noncuranza.
"Oh
no!" mormorò Hermione, sconsolata. Il mercoledì
era appena
stato ribattezzato come 'Maledetto Mercoledì' nella sua
testa,
quando un Ron Weasley poco allegro si palesò davanti a lei.
Erano
molti mesi che non lo vedeva, e di certo non era così che
aveva
immaginato il loro incontro dopo tutto quel tempo.
Loro
due e Draco Malfoy.
No,
decisamente non era così che doveva andare.
Pensava
più a qualcosa di cordiale e pacifico, magari alla Tana,
più in là
nel tempo. Aveva persino pensato – qualche volta –
a come sarebbe
stato incontrarsi con Ron se tra lei e Fred fosse scattato qualcosa;
ma non era scattato assolutamente niente, quindi lei era doppiamente
idiota.
La
Tana, i Weasley, Fred. Il collegamento era stato fulmineo nella testa
di Hermione, ma come era venuto – prepotente e insensato
– fu
ricacciato indietro nei suoi pensieri. Di certo Fred Weasley era
l'ultima questione da porsi in quel frangente.
"Ehi!"
esordì, la voce leggermente tremula.
"Ciao,
Ronald" replicò, molto più fredda di quanto non
desiderasse
risultare.
"Come
va?" Hermione vide chiaramente Draco trattenere uno sbuffo.
Probabilmente stava riflettendo su quanto banale potesse essere la
conversazione di Lenticchia, a giudicare dalla sua faccia.
"Bene,
tu?" rispose, stavolta più cordiale.
"E'
tutto ok" le disse.
Non avrebbe mai pensato di poter avere uno
scambio di parole
così glaciale
con Ronald, anni
prima.
Erano
tante le cose che non avrebbe mai pensato, in realtà. Si
ritrovava spesso a dirselo, negli ultimi tempi.
"Con
Lavanda?" lo stupì con quella domanda, tra l'altro
pronunciata
con tono pacato e cortese. Ora che il primo momento era passato, la
voce di Hermione suonava meno metallica.
"Mh...
tutto a posto" rispose, le orecchie rosse dall'imbarazzo.
Fu
allora che Hermione si accorse con sgomento di non essere
più
imbarazzata. Lavanda o non Lavanda, non le interessava per niente.
Teoricamente avrebbe dovuto essere ferita
– o almeno un po'
rancorosa – nel parlare della donna con cui Ron l'aveva
tradita, ma
non provava nessuno dei due sentimenti.
"Sono
contenta per te" disse, sincera.
"Grazie,
immagino" replicò piano, sempre più sorpreso.
"Io...
ehm... vi lascio alla cena... Malfoy... Hermione..." si
congedò
con un gesto secco verso il biondo e riguadagnò la strada
verso il
proprio tavolo.
"Direi
che ci ha messo un po' per accorgersi della mia presenza"
sputò
fuori Draco.
Hermione
si sorprese a ridere di quel tono seccato.
"Che
prima donna! Ti sei sentito trascurato, Furetto?" lo prese in
giro.
Le
scoccò uno sguardo a dir poco torvo e represse un brivido
ripensando
al momento in cui il falso Malocchio Moody l'aveva Trasfigurato in un
furetto* per punirlo della sua insolenza. Mascherò quel
disagio
infantile con una risatina nervosa e si ricompose.
"No"
le rispose sornione, "ma non tollero che mi si rubi la scena
quando cerco di fare colpo".
"Sei
più idiota di quanto ricordassi" rimbeccò
Hermione, scuotendo
il capo.
"E'
sempre bello sentirti parlare di me" replicò ironico.
"Taci
e ordina, Malfoy, ho una fame da lupi".
"Ti
prego, non dirmi che oltre ad avere il sangue poco pulito sei anche
affetta da licantropia!" esclamò. "Devo controllare se la
luna è piena?" le chiese, fingendosi preoccupato.
"MALFOY!"
lo richiamò Hermione a denti stretti, fulminandolo con lo
sguardo.
Lui sembrò soddisfatto; riprese il menù tra le
mani con espressione
concentrata e disse:
"Fanno
un tiramisù da paura, qui dentro".
Forse
il mercoledì non è
così maledetto, si disse
Hermione. Non se qui
fanno il tiramisù, perlomeno.
Non
poteva sapere quanto si sbagliava.
NOTE
AL CAPITOLO
1)
Non ho la minima idea di quale legno sia costituita la bacchetta di
Fred Weasley, però, dato che il peccio
è davvero (ormai sono
informatissima) il legno delle bacchette per persone con gran senso
dell'umorismo, ho pensato fosse adatto a lui.
2)
Non credo che Ollivander abbia una sorella. In realtà penso
avesse
una moglie e due figli (una morta) o qualcosa del genere. Ma per me
è
solo – cosa poi non tanto lontana dal vero secondo me
– e sempre
preso dal lavoro di una vita. Pertanto l'unica parente di cui l'ho
fornito è una sorella. Non che sia rilevante ai fini della
storia,
comunque. È solo per amor di chiarezza.
3)
La scena a cui mi riferisco è quello all'inizio del sesto
libro
(Harry Potter e il Principe Mezzosangue) in cui Draco e il trio
protagonista si incontrano a Diagon Alley da Madama Mclan e lui
offende – come sempre – Hermione per il suo sangue
e la disprezza
di fronte a Narcissa e alla negoziante, cosa che scatena l'ira di
Harry e Ron, prudentemente frenati dalla Sanguemarcio in questione.
4)
Ovviamente con il 'manesca' Malfoy si riferisce all'episodio
–
accaduto durante il loro terzo anno ad Hogwarts – in cui
Hermione
lo schiaffeggia (so che nel film gli tira un pugno, ma nel libro lo
schiaffeggia).
5)
Stiamo parlando dello storico momento del Calice di Fuoco in cui il
Mangiamorte Barty Crouch Jr. (sotto mentite spoglie) trasforma Malfoy
in un Furetto.
ANGOLO
AUTRICE
Questo
capitolo è piuttosto lungo ed è stato difficile
scriverlo, motivo
per il quale gradirei un commento da parte vostra. Avevo avvisato che
i giornaletti scandalistici avrebbero di nuovo dato fastidio a
Hermione. E così è stato. Ron... primo incontro
dopo un anno e si
sono detti davvero poche parole, ma almeno non ci sono state scenate
– i miei personaggi dopotutto non sono così tanto
idioti, a quanto
pare. Ciò non toglie che lo siano in buona misura.
A
proposito di 'buona misura', cerco sempre di bilanciare bene le
parti con Ollivander e quelle della situazione privata di Hermione,
spero che sia un'intenzione riuscita... Che ve ne pare del rapporto
che si sta creando tra lei e Ollivander, ma soprattutto... tra lei e
Malfoy? Ora che tutti sanno che escono insieme, poi.
Fred
non compare in questo capitolo, si è chiuso in silenzio
stampa a
quanto pare... o si sta solo facendo desiderare. Nel prossimo, potete
credermi, ci sarà :) Cosa farà secondo voi?
Sarà così buono da
spiegarci il perché del proprio comportamento? (Sappiate che
i miei
personaggi agiscono di loro volontà, quindi io non mi assumo
responsabilità).
Alcuni
di voi hanno avanzato l'ipotesi dell'Amortentia o della Maledizione
Imperius, altri che sia frenato per l'idea che con Hermione sarebbe
un rapporto complicato.
Sarà
una delle tre opzioni? Tre su tre? Zero su tre? E chi lo sa...
Queste
sono le domande, la risposta è la storia.
Un
bacio gente! :*
Jules
p.s.
ringrazio tutti coloro che pazientemente hanno trovato stratagemmi
per riuscire a leggere la storia nonostante il sito sembri
intenzionato a sabotarmi, impedendo a non poche persone di
visualizzare e anche recensire. Ringrazio chi, nonostante
l'impossibilità di recensire, mi ha scritto in privato per
darmi il
suo parere. Sentitevi liberi di farlo se il sito non vi permette di
recensire la storia, mi fa solo piacere sapere cosa ne pensate de
"L'apprendista di Ollivander".
Comunque,
visto che i numerini salgono, chi può non sia timido e
recensisca :D
A
presto!
|
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Capitolo 18 *** Not the only one ***
Salve
gente :D
Sono
tornata all'ovile. Spero di esservi mancata almeno un po' e che vi
ricordiate ancora di me (cioè della mia storia). Non ho
avuto
blocchi dello scrittore o roba simile, semplicemente un periodo molto
complicato con problemi sia tecnici sia personali (talmente tanti da
fare invidia a un orfanello dei romanzi di Dickens). Detto
ciò, vi
lascio alla lettura, con la speranza di conoscere il vostro parere su
questo capitolo.
p.s.
ringrazio tutti coloro che hanno letto/recensito lo scorso capitolo
:)
CAPITOLO
DICIASSETTE – Not the only one
You
say I'm crazy
'Cause
you don't think I know
What
you've done
But
when you call me baby
I
know I'm not the only one*
Dopo
l'incidente Ron, niente
interferì più con la
realizzazione della serata programmata da Draco: cena a lume di
candela, completa di dolce e ben innaffiata con Vino Elfico di prima
qualità. Del resto, sul fatto che il biondo sapesse come
trattarsi,
Hermione non aveva mai nutrito alcun dubbio.
Prima
di uscire dal ristorante, fece un cenno al tavolo di Ron e Lavanda,
con il cuore ormai sgombro da qualsiasi sentimento negativo avesse
provato in passato verso la coppia. Si disse che quella serata era
andata proprio per il verso giusto, e concluse che il
mercoledì non
era poi così maledetto. Di nuovo, era in
errore.
"Allora
Granger" flautò Draco, porgendole il cappotto e aiutandola
ad
infilarlo, "pensi ancora che io sia una persona scortese?"
Hermione sorrise nell'udire quel tono mellifluo. Uscirono dal locale
e la strega si strinse nella sciarpa, infreddolita.
"Penso
che tu sia cortese solo quando devi ottenere qualcosa, Malfoy"
gli rispose, lievemente canzonatoria. "Sei il ritratto del
Serpeverde modello..."
"E
ne sono fiero!" ribattè Draco, altezzoso.
"Non
dovresti uscire con una Grifondoro, allora".
"Oh,
sì che devo, invece!" mormorò suadente. "Dove
vuoi che ti
porti, ora?"
"A
casa" rispose lei, ignorando il tono provocatorio. "Non
voglio rischiare di essere paparazzata ancora; credo che per ora
abbiamo dato abbastanza spettacolo".
"Ma..."
"Niente
ma, Malfoy! Devo andare a
dormire: sono esausta!"
disse perentoria, incamminandosi in direzione dei Tiri Vispi Weasley.
"Quando
ci rivediamo?"
"Non
domani sera".
"Già...
vai a casa dello Sfregiato..." mormorò ricordando la
conversazione telefonica con Ginny.
"Senti"
sbottò Hermione, "se devi attribuire appellativi offensivi
ai
miei amici, ti prego di non nominarli proprio" lo
rimbroverò.
"Non mi pare che io chiami la Parkinson, Goyle o Zabini con
soprannomi del genere". Draco scoppiò a ridere.
"Ma
tu sei un nobile spirito Grifondoro, mentre io un freddo e crudele
Serpeverde" fu la replica. "C'è una bella differenza, no?"
"Ci
rinuncio..." biascicò Hermione, frugando nella borsa per
cercare le chiavi di casa, visto che ormai erano fuori la porta
dell'appartamento.
"Mandami
un gufo quando puoi, Granger!" le raccomandò caldamente. "So
che sei una donna molto impegnata..." La stava palesemente
prendendo in giro.
Gli
scoccò un'occhiata torva, per poi estrarre le chiavi dall'
immensa
borsa e infilarle nella toppa.
"Non
so; guarderò l'agenda, Malfoy" replicò con una
punta di
ironia.
Draco
ridacchiò e le augurò la buonanotte; si
voltò e scomparve nella
nebbiolina notturna che era pian piano salita.
Hermione
si chiuse la porta alle spalle, pensando che per quella giornata ne
aveva avuto abbastanza della vita. Voleva solo andarsene a letto e
dormire fino all'estate, quando il tempo sarebbe stato clemente anche
nel Paese della Famiglia Reale, di solito non molto soleggiato.
Non
fece in tempo a fare due passi in corridoio che si ritrovò
davanti
un Fred Weasley dall'aria piuttosto irascibile. Un atteggiamento che,
riflettè, avrebbe trovato insolito fino a qualche giorno
prima, ma
che ora le pareva quasi naturale.
"Ciao"
lo salutò compassata.
"Ciao
a te" rispose, decisamente distaccato.
Questa
è sicuramente la serata delle conversazioni illuminanti!
Ripensò
all'incontro
con
Ronald
e al loro scambio
di cubetti
di ghiaccio
mascherati da monosillabi, scoprendo
che gli
occhi castani di Fred le facevano un altro effetto, rispetto a quelli
azzurri di
Ron. La
freddezza tra lei e il suo ex poteva
risultarle triste,
ma quel
gelo
che era sceso tra lei e Fred
era insopportabile.
Osservò
attentamente l'espressione di lui,
visto che non si decideva a parlare; fu così che
notò il segno del
passaggio di Sally.
"Hai
una macchia di rossetto sulla guancia..."
tentò di riportare la notizia con tutta la calma possibile, ma
il tono era infastidito e la voce uscì più
stridula del previsto.
Lui
la guardò sorpreso e si strofinò distrattamente
la guancia sinistra
nel punto da lei indicato, vicino alla bocca, sforzandosi di
mostrarsi meno imbarazzato di quanto in realtà non fosse.
"Sei
una celebrità" esordì, curvando le labbra in un
sorriso cupo.
"Te
ne accorgi ora? La mia faccia è tra le Cioccofigurine"
replicò
lei, prendendo tempo. "E finché i bambini scarteranno
Cioccorane, la mia vita avrà ancora un senso" disse,
ricalcando
le parole che un tempo aveva pronunciato Silente*.
Fred
sembrò sul punto di ridere, ma Hermione riuscì
quasi a vedere il
sorriso spegnersi all'angolo della sua bocca. Evidentemente qualcosa
l'aveva fatto desistere.
"Parlavo
del giornale" disse invece, a denti stretti.
Ecco...
disastro nucleare tra tre, due, uno...
"Ah"
commentò con tutta calma. Calma apparente, ovviamente.
Fred
assottigliò gli occhi e serrò la mascella,
evidentemente urtato da
quella replica decisamente troppo laconica.
"Ah?
Esci con Draco Malfoy e l'unica cosa che hai da dire è ah?"
Hermione
riflettè fra sè. Sicuramente avrebbe avuto molte
altre cose da
dire, ma una meno indicata dell'altra – a cominciare da come
era iniziata la sua frequentazione con Draco, per finire ai loro
trascorsi.
"Direi
di sì" rispose, vaga. Non gliel'avrebbe data vinta,
nossignore.
Fred non aveva alcun diritto di intromettersi nella sua vita; nessuno
ce l'aveva.
"Anche
stasera, vero?" Hermione annuì semplicemente. Negarlo
sarebbe
stato insensato, dal momento che Ron – e un altro mucchio di
gente
– li aveva visti insieme. Inoltre, non c'era proprio niente
di cui
lei dovesse rendere conto a Fred Weasley. Lui aveva scelto di non
prendere in considerazione il loro bacio, e lei aveva fatto
altrettanto.
"Ormai
siete in simbiosi" osservò, un
sorrisetto caustico
dipinto
in volto.
"Avete
intenzione di rilasciare interviste in coppia?" Hermione
decise di non rispondere alla provocazione e
fece spallucce in maniera plateale.
"Siamo
solo usciti insieme un paio di volte, niente di più e niente
di
meno".
Erano
ancora sulla porta, e avrebbe tanto voluto spogliarsi e andare a
letto, anzichè sorbirsi quella specie di terzo grado da
parte di
Fred.
"Tre
volte*" precisò, puntiglioso.
Hermione
ignorò nuovamente le parole del ragazzo, ma stavolta solo
perché
aveva notato un lento ma pericoloso avvicinamento da parte di questi.
È
la mia bocca, che sta guardando?, si
chiese.
"Non
vedo come la cosa possa interessarti" farfugliò, cercando di
restare lucida.
"Mi
interessa eccome, invece" replicò lui; ma Hermione sentiva
la
sua voce come se fosse ovattata. Più le si avvicinava, e
meno le
sembrava di possedere la capacità di ragionare lucidamente
–
cominciava a chiedersi se l'aveva mai davvero posseduta.
Sta
proprio guardando la mia bocca, miseriaccia!
Forse
poteva ancora ritrarsi verso la porta, imboccarla e scappare, visto
che la via per il piano di sopra era ostruita dalla presenza di Fred.
Non avrebbe dovuto stare così vicino a lei, dannazione!
Doveva
scansarsi di lì, e alla svelta.
Fred
si stava accostando inesorabilmente al suo viso, con la chiara
intenzione di baciarla, e Hermione per un attimo aveva pensato di
lasciarsi andare.
Fred
procedeva lentamente alla conquista di quel piccolo angolo di
paradiso – le labbra di lei – quando nella mente
della strega
balenò l'immagine di lui avvinghiato a Sammy Fortebraccio.
All'improvviso si ritrasse come scottata. Lo guardava come se non
l'avesse mai visto. Chi era il ragazzo davanti a lei? Cosa voleva?
Essere
amanti ma frequentare due persone diverse non era nei piani di
Hermione e, soprattutto, non era eticamente
corretto. Sentì
nella propria testa le parole di Malfoy a proposito del suo nobile
spirito Grifondoro.
Ma
la questione, si disse, non era nemmeno essere una Grifondoro o meno.
Lei era Hermione Granger: di segreti e problemi ne aveva abbastanza.
"No"
mormorò seccamente.
"Cosa?"
chiese Fred. Sembrava confuso; tirò indietro la testa di
scatto, per
osservarla in volto.
"Questo..."
Hermione indicò i loro corpi a breve distanza, "questo
è
sbagliato!" calcò appositamente
sull'aggettivo.
Se
per lui un bacio – quel bacio –
non significava niente
(Hermione aveva già avuto la conferma che fosse
così), altrettanto
non si poteva dire per lei.
Aveva
usato un tono dispiaciuto, ma anche vagamente risentito – non
sapeva bene se con Fred o con se stessa.
Lui
non si spostò, ma Hermione non diede cenno di cedimento. Se
avesse
mollato in quel momento, se si fosse abbandonata all'istinto, sarebbe
andata a finire male.
"E'
per Malfoy?" sbottò Fred. "Sei innamorata?" lo chiese
con rabbia, come se fosse qualcosa di orribile e di ingiusto.
Hermione distolse lo sguardo, vagamente a disagio per quella domanda
così personale, così banale, così
tremendamente fuori luogo.
Sì, fuori luogo.
"Anche
se fosse, non è questo il punto" gli fece notare.
"E
quale sarebbe il punto?" Hermione roteò gli occhi
spazientita
dalla superficialità che Fred stava dimostrando in quella
circostanza. Ma – del resto – cosa si poteva
aspettare da lui?
"Non
mi piace tenere i piedi in due staffe" ribattè sicura, "a
differenza tua".
"Prego?"
fece lui. Hermione aveva avuto cura di sottolineare le ultime due
parole, e Fred ne stava chiedendo conto.
"Esci
con Sammy..."
"Sally"
la corresse sottovoce. Hermione lo gelò con lo sguardo,
ignorando la
precisazione.
"...e
vuoi baciare me" si stava sforzando per mantenere
un tono
ragionevole. "Come lo chiami se non tenere i piedi in due
staffe?"
Per
tutta risposta, il ragazzo
scrollò le spalle e diede in una risata troppo distaccata e
artificiosa,
per appartenere a lui.
"Che
c'è? Sei gelosa, Granger?" chiese con fare provocatorio.
Maledizione,
certo che sì!
"A
me pare che quello geloso sia tu!" rispose pungente. "Sei
stato tu a tirare in ballo Draco" gli fece notare. "Anzi,
fammi la cortesia di non metterlo in mezzo".
"Oh,
scusa allora! Chi te lo tocca, il tuo Dracuccio!" disse,
sprezzante e sarcastico allo stesso tempo. "A quando le nozze?"
"Per
favore!" sbottò lei.
"Non essere ridicolo".
"Siete
sul giornale!"
Dannazione
a quella rivista! Ora tutto il mondo era convinto che lei e Draco
fossero pronti al matrimonio.
"L'hai
già fatto presente, ci sento benissimo" lo
rimbeccò. "E
comunque l'unica cosa vera in quell'articolo sono le foto. Non che io
ti debba spiegazioni, sia chiaro, ma io e Draco siamo usciti insieme;
non ci sono fiori d'arancio, anelli di fidanzamento, nè
coppiette
felici. E' una... frequentazione, punto" concluse.
"Senti..."
iniziò lui.
"No,
senti tu!" lo interruppe, puntandogli un dito
contro. "Io
di Weasley ne ho le tasche piene stasera, davvero! Sarà
meglio che
vada a dormire" e si dileguò prima che Fred avesse il tempo
di
ribattere, lasciandolo solo nell'ingresso, come un perfetto idiota.
Hermione
percorse le scale di corsa – le assi di legno scricchiolarono
parecchio – e si infilò in stanza, intenzionata a
restarci fino
alla resurrezione di Voldemort – ovvero per
l'eternità.
Fuori
l'aspettavano solo problemi, mentre lì dentro era al sicuro
insieme
alla montagna di libri sugli scaffali.
Davvero
pensava di farla sentire in colpa per essere uscita con Draco, dopo
quello che aveva fatto? Era tornato in anticipo, quel dannato
martedì
sera, e – dopo che qualche giorno prima aveva baciato lei
–
l'aveva trovato a limonare la moretta della gelateria Fortebraccio! E
ora cosa voleva; farla sentire responsabile? Non doveva rispondere a
lui di quello che faceva, o di chi frequentava. Erano solo affari
suoi.
Se
in passato erano stati amici, e se da ultimo aveva pensato potessero
essere qualcosa in più, ora non vedeva nulla per loro.
Nessuna
possibilità per un rapporto che non era nè carne
nè pesce e che
oltretutto si stava sgretolando – le pareva che le sfuggisse
via
dalle mani come sabbia finissima.
Non
c'era niente che potesse fare; non sarebbe stata la ruota di scorta
di Fred Weasley mentre lui usciva con Sally. Nella sua testa
quell'opzione non era contemplata; se non poteva essere l'unica,
preferiva non essere niente.
Si
rannicchiò tra le coperte, accusando tutta la stanchezza
della
giornata in un sol colpo. Svuotò la mente scivolando
lentamente in
un sonno profondo – e una silenziosa stilla di frustrazione
andò a
toccare il cuscino.
Ammutolito
dall'indignazione con la quale Hermione gli aveva rinfacciato
la sua frequentazione con Sally – non gli sembrava che le due
cose
fossero paragonabili: Sally
non era Draco Malfoy. Perché
non era
gelosia, la sua.
È
più il fatto che sia Malfoy, no?, si disse.
No,
Fred!, gli rispose la voce di George, presente nella sua
testa
nei momenti meno opportuni.
Per
l'amor di Merlino, sta' zitto! Non sei d'aiuto.
D'accordo,
doveva riconoscerlo: era geloso. Certo, il fatto che fosse Malfoy
andava a peggiorare notevolmente la situazione, che però non
sarebbe
cambiata se al suo posto ci fosse stato un altro uomo. Fred era
geloso di Hermione.
Il
roscio rimase lì per cinque minuti buoni, prima di muoversi.
Appena
si fu ripreso, mosse qualche passo verso la cucina, dove si
versò
del Whiskey Incendiario e si sedette a riflettere. Guardava il
bicchiere pieno di liquido ambrato come se fosse un rompicapo, mentre
era lei ad apparire come tale ai suoi occhi.
Erano
giorni che non si parlavano; e il primo patetico tentativo di
approccio era miseramente naufragato.
Perché
la Granger si era comportata così? Con che coraggio faceva
la
ramanzina a lui quando era stata lei ad iniziare? Lui l'aveva vista,
per Merlino!
Quella
sera, dopo il bacio e il viaggio in Perù, era tornato in
anticipo
per farle una sorpresa. Non pretendeva che gli buttasse le braccia al
collo solo per un bacio, ma di sicuro non si aspettava di vederla a
cena con Malfoy. I ricordi gli affollarono la mente, riportando a
galla la rabbia che l'aveva accecato da subito.
Uno
stanco ma allegro Fred Weasley, di ritorno dal viaggio in
Perù –
dove peraltro aveva acquistato Polvere Buiopesto ad un prezzo
stracciato – passeggiava per le strade di Diagon Alley,
diretto a
casa. Si era Smaterializzato vicino a Fortebraccio*, dove Sally -
nipote di Florian e ora responsabile del posto - gli aveva fatto gli
occhi dolci per tutto il tempo, come ogni volta che ci metteva piede.
Ma Fred era lì per comprare un dolce e portarlo alla
Granger.
Sapeva
che le piacevano i dolci, specie quelli al cioccolato*. Sapeva tante
cose di lei. Si era sorpreso a sorridere; non vedeva l'ora di... di
fare cosa? Abbracciarla, baciarla? Entrambe le cose, a dire il vero.
Se solo avesse saputo cosa c'era realmente tra loro.
Prima
di partire si erano baciati, ed era stato fantastico; ma ora?
Come
doveva considerarla? E lei, lo considerava ancora solo il fratello
del suo ex, un coinquilino o, peggio, un amico? Sperava proprio di
no.
Le
domande gli scorrevano nella testa e lo distraevano perfino da
ciò
che lo circondava, almeno fino ad un tratto della strada illuminato
da una luce soffusa, proveniente da un ristorante. Era un posto di
classe, anche se non eccessivamente lussuoso, e gli era venuto quasi
spontaneo sollevare lo sguardo, attratto da quella luce rosata. Un
momento dopo, si era già pentito di aver alzato gli occhi.
Oltre
la vetrata, lontana anni luce eppure a pochi metri, c'era lei.
Con
Draco Malfoy. La Granger e Malfoy.
Doveva
essere un'allucinazione.
Malfoy,
con la mano poggiata sopra quella di Hermione, le stava mormorando
qualcosa di personale, quasi intimo. Lei sembrava imbarazzata, cosa
che fece sentire Fred ancora peggio.
Aveva
sbattuto le palpebre più volte, convinto che quell'immagine
sarebbe
sparita. Probabilmente era un Molliccio che si prendeva gioco di lui,
o una proiezione della sua fantasia sovraeccitata. Magari collaudare
troppa Polvere Buiopesto portava effetti collaterali, pensò.
Ma
niente: loro continuavano a stare lì oltre il vetro, in
bella mostra
a chiunque passasse, come pesci in un acquario.
Come
se loro due non si fossero baciati appassionatamente solo qualche
giorno prima. Come se quello non fosse Draco Malfoy, la serpe che
l'aveva insultata per anni. Come se lui – Fred Weasley
– non
contasse niente.
Si
era riscosso, realizzando che non poteva passare la serata a
fissarli. Lanciato un ultimo sguardo al viso di lei, senza riuscire a
interpretarne l'espressione, tirò dritto per la propria
strada.
A
passo svelto vagò per le note vie di Diagon Alley, dove
ormai si
svolgeva tutta la sua vita. Senza sapere perché, era tornato
sui
propri passi, verso Fortebraccio.
In
quel momento Sally stava chiudendo la bottega, e nella testa di lui
balenò un'idea insana e vendicativa, per niente in stile
Fred
Weasley – per quanto di idee insane e vendicative lui e
George se
ne intendessero. Non la trovava una cosa lusinghiera per se stesso,
ma la sete di rivalsa era così forte che cedette all'istinto
di
placarla.
"Ehi"
Sally fece un gran sorriso. "Sei insoddisfatto del dolce?"
alludeva al pacchetto che ancora stringeva in mano. Fred prese un
respiro, due, tre; poi parlò. Non era insoddisfatto del
dolce, no.
Era lì per porle una domanda.
"Ti
va di bere qualcosa?" chiese semplicemente. Inizialmente Sally
l'aveva scrutato come se si aspettasse uno scherzo o qualcosa di
simile, stupita da quel modo di fare fin troppo diretto – per
un
attimo Fred pensò che avrebbe rifiutato e che il suo
brillante piano
di vendetta sarebbe andato a rotoli, ma così non fu. La
ragazza
sembrò soppesare la proposta e infine rispose:
"Perché
no?"
Ripensando
a quella serata, Fred non faceva altro che avercela ancora di
più
con la Granger! Sapeva cosa Hermione aveva fatto – e l'aveva
fatto
prima che lui chiedesse a Sally di uscire. Ad ogni azione corrisponde
una reazione, no? E la sua era stata la ripicca, anche se non ne
andava particolarmente fiero.
Inoltre,
uscire era un parolone, visto che fin da
subito Fred aveva
chiarito che non voleva una relazione, e a Sally stava bene
così. Se
avesse avuto anche il più piccolo sentore di poterle davvero
fare
del male, avrebbe lasciato perdere.
Non
era il tipo d'uomo che illude deliberatamente una donna solo per
vendicarsi di un'altra. Perché sì, quella nei
confronti della
Granger era una vera e propria vendetta – e non si sentiva
per
niente meglio, a compierla. Anzi, si sentiva colpevole.
Perché ci si
sentisse, non gli era chiaro, quando la Granger era sul giornale
insieme a Malfoy.
E
il peggio, riflettè versandosi altro whiskey, era che in
quel
momento avrebbe solo voluto essere al posto di Malfuretto. Se solo
Hermione avesse dato cenno di ripensamento e lo avesse mollato, lui
sarebbe stato la persona più felice sulla Terra.
Possibile
che fosse bastato un bacio per mandargli il cervello in pappa e la
dignità fin sotto le scarpe?!
Evidentemente
sì, gli era bastato.
Riempì
nuovamente il bicchiere di Whiskey Incendiario e lo buttò
giù: si
sentiva un cowboy da film western babbano, lì seduto a
sorseggiare
whiskey. Si alzò lentamente e posò il bicchiere
nel lavabo.
Sei
un triste e patetico clown, Fred Weasley!, mugugnò
una vocina
nella sua testa, mentre saliva le scale e andava a coricarsi.
Quel
giovedì iniziava già male; Hermione si era alzata
con un cerchio
alla testa, che non sembrava volersene andare. Si era preparata in
fretta ed era uscita di casa solo dopo aver sentito la porta
d'ingresso sbattere sonoramente.
Fantastico,
pensò tristemente; ora lei e Fred avrebbero ripreso ad
ignorarsi
reciprocamente.
Come
ogni mattina, raggiunse a piedi la bottega di Ollivander.
Entrò e i
sonagli sulla porta la accolsero col solito tintinnio.
"Salve
Hermione".
"Buongiorno".
"Sei
di nuovo sul giornale" la informò, senza un minimo di
riguardo
per lo shock che la rivelazione improvvisa le avrebbe potuto
provocare.
"COSA?"
disse con voce strozzata. "Ma oggi è giovedì!"
"Infatti
sei sulla Gazzetta del Profeta, non sul Settimanale delle Streghe"
precisò, porgendole il giornale. "Vai alla pagina della
cronaca
mondana" le disse.
Come
se non fosse già abbastanza imbarazzante comparire sulle
riviste un
giorno sì e l'altro pure, si accorse che Ollivander stava
sogghignando allegramente. Hermione scorse i fogli del giornale fino
alle ultime pagine.
In
bella vista, con tanto di foto correlata, troneggiava un altro
articolo sulla serata che aveva passato in compagnia di Malfoy.
Sbuffò
sonoramente; ma i giornalisti non avevano proprio altro da pubblicare
che articoli sulle loro uscite?
Non
poteva credere che avessero così poca fantasia, per Godric!
"Ci
risiamo" esclamò imbestialita. "Di nuovo con questa storia
dei fiori d'arancio!"
Non
sapeva se poteva reggere quella pressione psicologica – ed
erano
passati solo pochi giorni. Non voleva più vedere una pagina
di
quella robaccia, così accartocciò il giornale
prima di realizzare
che apparteneva a Ollivander.
"Mi
scusi, glielo ricompro" fece, mortificata.
"Non
ha importanza; la Gazzetta è caduta così in basso
che non dovrei
neppure acquistarla. Piuttosto, apprendista, mettiti al lavoro!"
le intimò guardandola in tralice; in realtà stava
ridendo sotto i
baffi per quella reazione impulsiva.
Hermione
non se lo fece ripetere due volte, desiderosa com'era di non pensare
ad alcun uomo che non fosse un cliente o Garrick Ollivander –
era
sempre più convinta che, tra le sue frequentazioni, fosse
l'unico
esemplare di sesso maschile con un po' di comprendonio.
La
giornata le sembrò fin troppo corta, con la prospettiva
della cena
da Harry e Ginny – e le mille domande che le avrebbero di
sicuro
rivolto.
L'unica
consolazione era che non potevano chiederle
niente di Fred, dato che nessuno sapeva.
Continuò
a pensare all'
articolo su lei e Draco anche mentre serviva i clienti, e i risultati
furono scadenti.
Un'
anziana
strega dal mantello
color porpora venne a ritirare la propria bacchetta,
ma tornò indietro cinque minuti dopo, lamentandosi
di uno scambio che Hermione aveva commesso per errore.
"Badi
meno ai giovanotti e di più alle bacchette, signorina!"
aveva
grugnito acidamente, prima di marciare fuori dal negozio. Hermione
pensò che quella frase non era esattamente priva di doppi
sensi, ma
decise di concentrarsi sul lavoro e smettere di rimuginare.
Molte
persone si avvicendarono nel piccolo negozio polveroso, come al
solito stipato di scaffali e scatole piene di bacchette –
dietro
alle quali c'era l'immenso lavoro di cui ora anche Hermione era stata
messa a parte. Non era cambiato granchè negli anni, quel
luogo.
Conoscerlo così bene, Hermione lo considerava un privilegio.
Quel
giorno più che mai, non sarebbe voluta uscire di
lì per tutto l'oro
del mondo.
Alla
sera, salutò Ollivander e – prima di
Smaterializzarsi – gettò
un'occhiata all'unica bacchetta adagiata su di un cuscino porpora in
vetrina; e una all'insegna sbiadita in lettere dorate, identica a
quella che aveva scorto la prima volta in cui aveva messo piede a
Diagon Alley, a soli undici anni.
NOTE
AL CAPITOLO*
1)
La strofa riportata all'inizio del capitolo da I'm not the
only
one di Sam Smith, facente parte dell'Album In the
lonely hour
(ne sconsiglio caldamente l'ascolto se si è già
tristi per conto
proprio, però ci stava bene).
2)
Ne L'Ordine della Fenice Silente viene rimosso da
un mucchio
di incarichi importanti (in quanto Cornelius Caramell è
convinto che
Albus voglia rovesciare il suo mandato al Ministero e prendere il suo
posto) ma lui dice che, finché non gli tolgono il suo posto
tra le
Cioccofigurine, per lui va bene. Ho immaginato che Hermione
ricalcasse affettuosamente la sua osservazione.
3)
Tre volte: Hermione non fa caso alla precisazione,
che Fred fa
involontariamente, perché la prima volta in cui sono usciti
non ci
sono state foto, ma lui li ha visti al ristorante. In
realtà, come
noi sappiamo, non era un vero appuntamento,
perché Draco era
comparso all'improvviso proprio per chiederle di frequentarsi.
4)
So che Fortebraccio è una gelateria, ma non siamo in estate
e quindi
ho immaginato che potesse essere convertita in una pasticceria nei
mesi non troppo caldi. Ci sono gelaterie così, e poi mi
serviva.
5)
Non so se Hermione impazzisca per il cioccolato, ma io sì.
Poi, a
chi non piace il cioccolato?
SPAZIO
AUTRICE
Ciao
gente!
Fred
è tornato alla carica, alla fine. E si è spiegato
anche il perché
del suo comportamento schizzoide. È stata una reazione
impulsiva a
quello che ha visto. Quindi, c'è stato un grande equivoco.
Sia Fred
che Hermione hanno fatto qualcosa per vendetta, o per ripicca. Ora,
la differenza tra le due situazioni è palese.
Per
Fred la cosa non ha avuto seguito, perché non prova niente
per
Sally.; invece Hermione e Draco hanno confidenza e un passato alle
spalle – a differenza di quello che crede Fred e il resto del
mondo
magico (probabilmente l'ha presa per pazza, non sapendo del
cambiamento avvenuto al settimo anno).
Quindi
Fred si è dato la zappa sui piedi da solo, e bisogna vedere
se la
cosa gli si ritorcerà contro definitivamente o meno.
Del
resto, negli ultimi capitoli abbiamo visto spesso Draco e Hermione
insieme. Perciò, come si dice: una botta al cerchio e una
alla
botte. La mia intenzione è sempre stata tenervi sulle spine
per un
bel po'... finora ce l'ho fatta, penso.
Nel
prossimo capitolo Hermione vi delizierà con un paio di flash
back
del settimo anno, che faranno intravedere ciò che
è successo. A
presto con la cena da Harry!
Baci
baci :*
Jules
|
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Capitolo 19 *** La verità, Hermione ***
Questo
è un capitolo più introspettivo, pieno di
ricordi; penso ci
volesse. Spero vi levi qualche curiosità, ma ogni dubbio si
scioglierà completamente tipo al penultimo capitolo. Spero
vi
soddisfi (lasciatemi un commento in merito; a questo capitolo ci
tengo veramente tanto).
Buona
lettura gente!
CAPITOLO
DICIOTTO – La verità, Hermione
La
verità è una cosa meravigliosa e terribile,
e
per questo va trattata con grande cautela.
Albus
Silente
Bussò
piano alla porta del magico edificio in Grimmauld Place n.12, quasi
sperando che Harry e Ginny non udissero i suoi colpi sordi, in modo
da non doverli affrontare. Non era mai stata così poco
entusiasta di
entrare in casa Weasley-Potter.
Un
ragazzo magro e occhialuto, i cui occhi verdi mostravano profonde
tracce di irritazione, aprì e si scostò di lato
per lasciarla
passare.
Non
ha parlato, cattivo segno.
"Harry..."
pigolò Hermione, già in difficoltà.
Entrò
a testa bassa nell'ingresso e percorse lo stretto corridoio, diretta
al salotto in cui di solito Ginny ed Harry passavano la maggioranza
del tempo. C'erano molte sale dove potersi stravaccare su un divano e
chiacchierare o prendere il tè, ovviamente. In effetti,
quella casa
era troppo grande per due sole persone, e alcune stanze restavano
sempre chiuse ed inutilizzate. Hermione alzò il volto per
incontrare
gli occhi dell'amico.
"La
verità" disse il ragazzo. "Qualsiasi cosa tu debba dire,
fa che sia la verità".
La
ragazza storse la bocca e si morse la lingua, trattenendosi per non
peggiorare la situazione, quando la porta del salotto si
spalancò
lasciando uscire Ginny e Ron Weasley, entrambi evidentemente
piuttosto seccati dalla conversazione che avevano appena sostenuto.
Hermione
fu alquanto stupita di vederlo lì, ma non provò
imbarazzo.
L'incontro della sera prima le aveva fatto un gran bene;
riuscì
perfino a sorridergli. Forse, si ritrovò a pensare, un
giorno
sarebbero anche potuti tornare amici.
"Mh...
ciao" la salutò Ron, rosso fino alla punta delle orecchie.
La
strega ebbe la sensazione che lui e Ginny avessero discusso
ampiamente l'argomento 'Hermione esce con Draco Malfoy',
ma
scoprì che non le faceva particolarmente effetto.
"Ciao!"
replicò cordiale, sotto gli occhi basiti degli amici.
"Ehm,
io vado" bofonchiò Ron. "Ginny... Harry... Hermione"
si congedò e si dileguò in fretta, quasi avesse
un mastino alle
calcagna.
Hermione
notò la faccia stupita di Harry, dovuta alla reazione
composta e
relativamente sciolta che lei aveva mostrato in presenza dell'ex
ragazzo.
"Ci
siamo visti ieri sera" chiarì. Ginny – come aveva
sospettato
– non sembrò sorpresa, segno che Ron l'aveva
già informata
dell'accaduto.
"Visti?"
"Incontrati,
Harry" si corresse. "Al ristorante".
"...dov'eri
a cena con Malfoy" concluse Ginny con uno sbuffo.
"Te
l'ha detto, eh?" chiese Hermione. Ginny annuì senza
problemi.
Harry invece sembrava un po' spaesato; evidentemente Ron ne aveva
parlato a Ginny proprio nel momento in cui lui si era recato ad
aprirle la porta.
"Me
l'ha accennato" specificò la rossa, più al suo
ragazzo che
all'amica. "Ron era con Lavanda e – a quanto ho capito
– è
rimasto un po' scioccato nel vederti al tavolo con il Furetto"
aggiunse. Hermione si preparò a parlare, esordendo in tono
calmo:
"Ginny,
mi spiace, ma non penso siano affari suoi se io e Draco..."
"Draco!
Oh, Merlino! Quando ti trasferisci al Malfoy Manor?" Harry
Potter aveva appena sganciato la bomba che stava trattenendo da
quando Hermione era entrata.
"Senti
Harry" replicò, "mi spiace che lo abbiate scoperto da un
settimanale, ma non accadrà niente del genere, davvero.
Siamo alla
terza uscita; sono i giornalisti che hanno montato tutta la storia
per conto loro". Ginny sbuffò e Harry alzò gli
occhi al cielo,
come se non volesse crederle.
"C'era
scritto che state insieme, però" ribattè l'amico.
"E
da quando credi al Settimanale delle Streghe?" domandò con
la
voce un po' troppo acuta per risultare del tutto calma. "Stare
insieme e uscire insieme sono due cose differenti, non trovate?"
chiese poi, ragionevole. Harry esitò.
"Hermione"
gracchiò, "non puoi davvero uscire con Draco Malfoy! Ti
ricatta? Ti tiene sotto Maledizione Imperius? Oppure sei impazzita,
e in tal caso al San Mungo ci sono moltissimi Medimaghi in grado di
darti una mano".
"Non
sono pazza!" esclamò. Non ci avrebbe giurato, ma era meglio
non
specificarlo davanti a loro. "E non mi ricatta; però
– per
Merlino! - non ci sposeremo. Siamo solo usciti: non è
grave".
Non avrebbe dovuto dirlo, proprio no.
Harry,
che stava apparecchiando la tavola a colpi di bacchetta,
lasciò
cadere un piatto, che si frantumò a terra con un fracasso
enorme.
Ginny si girò a guardarla, altrettanto perplessa e irata.
"Non
è grave?" fecero in coro.
Quando si dice un corpo e
un anima.
"Ehm"
non trovava di meglio per replicare. Come giustificarsi con i suoi
migliori amici che la squadravano in cagnesco?
"Quel
platinato con cui ti fotografano è Draco Malfoy; lo stesso
che ti ha
riempito di insulti e dispetti per sette anni..." le fece notare
Harry.
"Facciamo
sei" lo corresse. "L'ultimo anno non è stato così
stronzo" si rivolse a Ginny, che era tornata a scuola con lei.
"Non
cercare di tirarmi in mezzo" la bloccò la rossa. "E' vero,
certo, ma questo non toglie che sia Malfoy, per tutte le
cavallette!" urlò.
Quando
Ginny strillava in quella maniera, chiunque si sentiva intimidito,
compreso Harry Potter, che la guardò di sottecchi e tacque.
"So
chi è!" ribattè Hermione. "Non ho bisogno che me
lo
ripetiate ogni due minuti!"
"Davvero?
A me non sembra che tu abbia ben presente il soggetto"
intervenne il Prescelto. "Se non è un Imperius credo che ti
abbia fatto un Confundus, è l'unica spiegazione plausibile".
Hermione
alzò gli occhi al cielo, idecisa se fracassare la testa al
suo
migliore amico o autopunirsi come un Elfo Domestico. Guardò
Ginny,
poi di nuovo Harry.
"C'è
qualcosa che non so?" le domandò, il tono inquisitorio. "La
verità, Hermione" ripetè in tono piuttosto
persuasivo. Ci
mancava solo che la minacciasse in Serpentese, e poi sarebbe stato
raccapricciante. Fu Ginny ad intervenire.
"Cerca
di capire, tesoro" le disse, più dolce. "Per Harry
è
piuttosto strano che tu e Malfoy usciate insieme così, di
punto in
bianco".
"Che
vorrebbe dire 'per Harry è strano'?" domandò il
ragazzo.
Quel
tono materno, incoraggiante, e il lampo di comprensione che aveva
visto passare negli occhi dell'amica – come se
improvvisamente
avesse realizzato qualcosa – la misero in sospetto.
"Tu
lo sapevi!" esclamò saltando su come una molla dal divano,
su
cui si era seduta. Ginny si ravviò la fluente chioma rosso
fuoco con
un gesto della mano e distolse lo sguardo per un attimo. Hermione si
rese conto di essersi tradita quando vide il volto sconcertato di
Harry. Ora avrebbe dovuto spiegare. Si sentì una totale
idiota;
poteva attendere di essere sola con Ginevra, anzichè
uscirsene a
quel modo.
"Ho
fatto due più due, ecco tutto. All'epoca avevo notato
qualcosa di
strano nel vostro rapporto, ma solo adesso ho capito". Harry
appariva sempre più perplesso.
"Potrei
essere messo a parte della conversazione?" chiese pacato.
Quella
calma eccessiva fece temere a Hermione uno scoppio improvviso di
rabbia. Evidentemente anche Ginny dovette pensarlo, perché
si
affrettò a spiegare come meglio poteva.
"Non
si esce con una persona con la quale non hai intrattenuto mai
rapporti che vadano oltre gli schiaffi e gli insulti". Harry
continuava a guardare entrambe piuttosto stranito.
"E
da questo cosa dovrei dedurne?" chiese.
"Che
Hermione e Malfoy non sono più nemici da
un pezzo!"
calcò sulla parola nemici come se volesse far capire tutta
la
potenza dell'eufemismo utilizzato; era evidente che non se la sentiva
di usare parole più esplicite per non scioccare Harry
più del
necessario. Il Ragazzo Sopravvissuto si accasciò sul divano,
in
attesa di ulteriori spiegazioni.
"Prima
che pensiate che io vi abbia nascosto una relazione scabrosa per anni
e anni, lasciate che vi spieghi".
"Non
aspetto altro, Hermione" disse Harry, senza sollevare lo sguardo
dal parquet chiaro, in legno di betulla.
"Era
l'ultimo anno, la guerra era appena finita e tu e Ron non siete
tornati a Hogwarts con me, te lo ricordi?" iniziò la strega.
Harry inarcò le sopracciglia tanto che svanirono sotto la
frangia
scura, che ancora copriva disordinatamente la cicatrice che gli
segnava la fronte.
"Stai
dicendo che la colpa è mia e di Ron perché non
siamo voluti tornare
a scuola?"
"Non
ha detto questo" Ginny intervenne in sua difesa.
"Infatti,
non l'ho detto; stavo solo ripercorrendo i fatti" Hermione si
morse il labbro inferiore per non dire altro; non era il caso di
aggiungere provocazioni in quel frangente. Harry tacque e fece un
cenno d'assenso, lasciando che continuasse a parlare.
"Io
e Malfoy ci siamo avvicinati, è vero" e volse lo sguardo a
Ginny. "Io-io non so spiegare bene come sia accaduto" la
voce tremò al ricordo di quei giorni in cui –
nonostante con lei
ci fossero Ginny, Neville, Luna – si sentiva sola e
dannatamente
triste. La fine della guerra non aveva alleviato le sue pene
– o
così le pareva allora. Le aveva lasciato solo una dolorosa
vittoria
costellata di perdite, oltre a dei tremendi incubi che tormentavano
ogni sua nottata.
"La
situazione con Ron era strana, Harry". Il ragazzo si passò
una
mano tra i capelli, in un gesto abituale, e annuì
nuovamente.
"Qualsiasi
cosa tu abbia fatto, so che non l'hai tradito" la rassicurò,
intuendo i pensieri dell'amica. "Mi ricordo benissimo che non
stavate ancora insieme e che Ron era poco chiaro, nonostante vi foste
baciati".
"E
le avrà scritto sì e no due righe in un anno" la
supportò
Ginny, che ricordava perfettamente lo stato di frustrazione in cui
versava Hermione i primi tempi durante la scuola.
"D'accordo"
convenne Harry. "Arriviamo al sodo. Dici di non sapere come,
ma dovrai sapere almeno quando è
iniziata questa..." – si interruppe – "...
qualunque
cosa ci sia stata tra te e Malfoy, o no?"
Hermione
era seduta sull'erba umida, sotto il salice dove lei, Harry e Ron
solevano ripassare o ripetere per i compiti in classe. Più
propriamente, lei ripeteva per far loro entrare in testa qualche
concetto, e i due amici chiacchieravano e al massimo fingevano di
ascoltarla.
Generazioni
di studenti, pensò Hermione, si erano seduti proprio
lì, a fissare
gli abissi profondi del Lago Nero, parlando di come fosse abitato da
strane creature e dalla famosa Piovra Gigante. Sorrise ripensando
agli anni in cui era stata una bambina spensierata, prima che
Voldemort risorgesse, prima dell'Ordine della Fenice, prima della
Seconda Guerra Magica. Aveva combattuto, Hermione.
E
per cosa? C'era gente per cui era un'indesiderata Sanguesporco, che
non apparteneva davvero al Mondo Magico e doveva starne fuori.
Secondo quella logica, era stata parte attiva di una battaglia non
sua, mentre lei era stata la prima a non esitare, a buttarsi nella
mischia, a rischiare pur di preservare il suo posto in quel mondo che
ormai era casa sua.
Si
era sempre sentita sospesa tra due realtà parallele
– il suo mondo
era magico, ma era cresciuta tra i Babbani. Anche Harry, certo, ma
non aveva nessuno da cui tornare, nel mondo Babbano, nessuno di cui
gli importasse o che si curasse di lui. Di conseguenza, dagli undici
anni in su, il centro del suo mondo era sempre stato la magia. Per
Hermione era diverso. Aveva dei genitori che la amavano, ed erano
Babbani; doveva proteggere se stessa e loro. Perciò aveva
combattuto
a fianco del Prescelto, perché era ciò che aveva
giurato a se
stessa, oltre che a lui.
Stava
pensando così intensamente che non si era accorta dei passi
leggeri
e cadenzati con i quali qualcuno si era avvicinato alla riva del
lago. Si girò in tempo per vedere Draco Malfoy che si sedeva
sulla
terra umida lì accanto.
Non
fu infastidita dalla presenza del ragazzo.
Non
lo odiava; non l'aveva mai odiato. E, ad ogni modo, sentiva un'apatia
talmente grande che in quel momento non avrebbe avuto la forza di
odiare nessuno – Voldemort escluso.
Si
chiese cosa diavolo ci facesse vicino a lei e perché non si
fosse
ancora schizzinosamente allontanato; avrebbe sicuramente rotto il
silenzio, se non l'avesse fatto Malfoy.
"Me
ne devo andare?"
Hermione
restò impietrita nell'udire il tono col quale aveva
pronunciato
quella frase. Era composto, ma... gentile.
Si
voltò e lo trovò con lo sguardo fisso su di lei;
anzi, sul suo
avambraccio destro, a dirla tutta. Era una giornata
straordinariamente tiepida, quindi la strega aveva sollevato le
maniche del maglione.
"No"
rispose seccamente. "Cos'hai da guardare?"
Malfoy
sembrò quasi stupito da quel tono scostante, come se in lei
stonasse.
In
effetti, scostante, scorbutico e offensivo lo era sempre stato lui.
Hermione si limitava a difendersi dai suoi soprusi; niente di
più e
niente di meno. Era lui che si divertiva a stuzzicare il 'fantastico
trio', come se non avesse altro da fare tutto il giorno. Manie di
protagonismo, invidia per Harry, richiesta di attenzione? Prima di
allora Hermione non si era soffermata sulle motivazioni che potevano
aver spinto Malfoy ad agire in maniera così sconsiderata,
nè aveva
avuto tempo di riflettere sul perché delle sue azioni
successive –
ben più gravi di quelle di un bulletto – quando
era entrato nella
cerchia di Voldemort.
"Allora"
insistè, "cos'hai da guardare, Malfoy?" il sibilo del suo
cognome, la voce fredda e la postura rigida della Sanguemarcio per
eccellenza, gli fecero intuire che -benchè non lo avesse
cacciato-
avrebbe voluto farlo. Nonostante ciò, continuò a
stare seduto lì,
e prese a strappare fili d'erba a ciuffi, tagliuzzandoli poi con le
unghie. Hermione, il cui sguardo vagava di nuovo sul Lago,
voltò la
testa di scatto e colse di nuovo gli occhi ghiaccio di lui chini
nella direzione della cicatrice sul suo avambraccio.
"Guardi
questo?" chiese sporgendosi verso l'altro e scoprendo ancora di
più la parte incriminata. A chiare lettere sulla sua pelle
era
inciso quello che, per l'artefice di quello scempio, era il peccato,
la colpa di Hermione Granger.
Sanguemarcio.
Draco
si aspettava un tono duro, atto a farlo sentire colpevole –
quale
in effetti era;
inutile
negarlo o cercare scuse di sorta.
Invece
il tono della Granger era sì freddo, ma neutro; quasi
colloquiale.
Forse era incuriosita, tutt'al più. Draco, al suo posto,
sarebbe
stato arrabbiatissimo.
Una
furia distruttrice, con ogni probabilità.
La
Granger, in un modo o nell'altro, era sempre capace di stupirlo
–
ed era una cosa che non riusciva a sopportare, in lei.
Diede
un'ultima occhiata alla scritta e sollevò gli occhi per
incontrare
quelli della strega, in una muta supplica di perdono.
"Io...
volevo farlo da un po'... parlarti di quella"
disse indicandola.
"Per
dirmi cosa?" chiese Hermione; ancora una volta nella sua voce
non c'era astio, bensì un pizzico di interesse.
"Mi
dispiace" Draco pronunciò le due parole in modo limpido,
seppure un po' stentato all'inizio. Era difficile, per Salazar! Gli
era stato insegnato a non chiedere mai scusa, specie ad una Nata
Babbana – una dal sangue zozzo.
Se
suo padre l'avesse saputo, Draco era certo che gli avrebbe
rinfacciato di non essere degno del Marchio che aveva così
'spontaneamente' accettato. Lo avrebbe accusato di essere l'anello
debole della famiglia Malfoy, il vecchio Lucius.
'Scusa',
'Mi dispiace', 'Perdono': erano tutte parole che faticava a
pronunciare, come se gli si incastrassero in gola. Era ancora vittima
di quei precetti che gli avevano inculcato, pur consapevole di quanto
fossero sbagliati.
"Mi
dispiace" ripetè.
"L'hai
già detto" replicò pacatamente. "Non sei stato
tu, non è
colpa tua" disse secca; e con questo si voltò e riprese a
fissare la superficie del Lago Nero, increspata dal sottile
venticello. Malfoy diede in una risata cupa, che riportò
l'attenzione di Hermione su di lui. L'aveva sempre visto ghignare,
quando rideva. Non aveva mai visto un vero sorriso – e non
sapeva
se mai l'avrebbe visto – ma nemmeno quella risata cupa e
gutturale
che aveva appena prodotto.
"Certo
che è colpa mia, Granger" contestò, urtato dalla
sua calma.
"Ma come fai a parlarmi senza urlare, senza sputarmi in faccia?"
sbottò.
"Perché
dovrei?" chiese Hermione, atona.
"Perché
è quello che dovresti voler fare, dannazione!"
"No"
lo rimbeccò, "è quello che vorresti che io
facessi, Malfoy".
Il
ragazzo biondo accanto a lei tacque. Facevano uno strano effetto,
visti dall'esterno. Accostati erano il giorno e la notte.
Lei:
capelli castani ricci e scompigliati, la divisa in ordine ma non
esattamente dall'aspetto curato meticolosamente. Hermione aveva
sempre pensato che fosse meglio impiegare il tempo nello studio
piuttosto che nel domare la propria chioma ribelle.
Lui:
capelli biondi lisci e setosi, pettinati all'indietro – in
anni,
Hermione non ne aveva mai visto uno fuori posto – e
scintillanti al
sole, divisa di fattura pregiata, indossata con una classe che
Hermione non era interessata a possedere; e che però la
affascinava.
L'unica
cosa che li accomunava era un colorito bianco e delle occhiaie
violacee sotto gli occhi di entrambi. Hermione comprese in quel
momento che i demoni della notte non facevano visita solo a lei, ma
anche a Draco.
"Sì"
ammise il mago. "Vorrei che lo facessi; vorrei che tu urlassi e
mi affatturassi o tentassi di sfogarti in qualche modo..."
"Perché?"
ripetè.
"Mi
aiuterebbe a sentirmi meno in colpa e a vederti più umana,
anche tu
capace di sbagliare".
"Non
sono perfetta" ribattè. "Vedi qualcosa che non esiste".
Malfoy sbuffò pesantemente.
"Io
vedo solo che il tuo braccio è marchiato".
"Come
il tuo" replicò lei decisa, provocandogli un sussulto.
Ma
non scoprì l'avambraccio sinistro per mostrarle quel
Marchio, di cui
aveva vergogna e paura. Sì, paura. Perché ogni
mattina gli
ricordava cosa era stato capace di diventare.
"Tu
non l'hai voluto, però" le fece notare.
"Nemmeno
tu, a quanto so".
"Vedi
cosa intendo? Come puoi rispondere così?" saltò
in piedi,
quasi aggredendola. "Tu devi odiarmi, io ne ho bisogno".
Hermione
lo guardò quasi intenerita.
"Io
non credo, Malfoy" lo mise a tacere. "Se l'odio è l'unico
sentimento che ti aspetti di ricevere o di dover dare alle persone,
non penso di essere la persona adatta per fare conversazione. Odiare
la gente non mi fa mai sentire meglio".
"Dovrebbe,
invece".
"No,
invece" sbuffò lei, contrariata. "L'odio ti scava una
voragine dentro, ti divora, ti logora lentamente. Odiarti farebbe del
male a me, non a te".
Draco
tacque, colpito dalla fondamentale veridicità delle parole
della
Sanguesporco.
Credeva
che vedere qualcun altro – oltre a lui – sfoderare
le armi
dell'odio e del disprezzo – le uniche che possedesse
– l'avrebbe
fatto sentire meglio, meno inferiore, meno inadeguato alla vita. Ma
la Granger era sempre stata un passo avanti a lui, sempre un passo
avanti a tutti.
"Mi
dispiace" ripetè per la terza volta, e suonò
più naturale
perfino alle proprie orecchie. "E' che non conosco un altro modo
di vivere, di interagire con la gente".
Hermione
lo guardò, a sua volta spiazzata da tutta quella
sincerità. Malfoy
si stava confidando con lei; e la strega sapeva che – sebbene
forse
inconsciamente – aveva fatto una scelta mirata. Si era recato
dalla
persona che più di ogni altra, nell'intera scuola, aveva
tentanto di
piegare, umiliare, spezzare e sottomettere. L'unica che ad ogni
tentativo aveva reagito e non era mai stata piegata, umiliata o
spezzata, nè sottomessa. Si era recato dall'unica persona
che
l'aveva sempre fatto sentire un passo indietro, facendo vacillare in
lui la consapevolezza della superiorità delle proprie
origini.
Hermione Granger per lui era un simbolo; il simbolo di tutto il male
che aveva fatto e di tutto quello che invece non aveva avuto la forza
di portare a termine. La persona a cui più di ogni altra
aveva
bisogno di chiedere perdono. L'unica – in altre parole
– in grado
di redimerlo.
"Ci
sono molti altri modi di vivere, molte altre sfaccettature nei
sentimenti, Malfoy" pontificò con convinzione, pensando a
Ginny, a Harry, a Ron, alla propria famiglia, ai Weasley e
all'affetto che provava per tutti loro.
Tenne
alta la testa nel dirlo e fissò gli occhi grigio tempesta di
Malfoy,
quasi sfidandolo a contraddirla; ma Draco non aveva la minima
intenzione di farlo.
"Insegnameli,
Granger" si lasciò sfuggire, senza che la frase apparisse
giusta e sensata neppure a lui.
"Come?"
chiese lei, incredula.
"Insegnameli".
Fu
lì che cadde la prima barriera.
"Non
mi ha costretta" rispose Hermione, riprendendosi da quel
ricordo. Eccolo lì, il quando di
cui Harry le aveva appena domandato.
"E'successo
tutto tanto tempo fa. Non mi ricordo precisamente ogni particolare
della prima conversazione civile che abbiamo svolto" mentì.
Aveva
visto il vero Draco, quel giorno, per la prima volta. Spezzato,
ferito, fragile. Come mai
l'aveva visto prima e come poche
volte l'avrebbe
visto in seguito.
"Ci
siamo fatti coraggio insieme, diciamo" aggiunse.
"Poi
sono uscita da Hogwarts e Ron mi ha chiesto di metterci insieme
–
che era ciò che desideravo. Non avevo mai pensato di
costruirmi un
futuro con Malfoy, nè lui con me, com'era normale che fosse.
Non
uscivamo insieme. Non eravamo una coppia, come non lo siamo oggi".
"Per
ora..." mormorò Harry a denti stretti. Hermione
ignorò
saggiamente quel commento, piuttosto tendenzioso.
"Devo
essere onesta" riprese. "Ha
scalfito
quella patina di
apatia che aveva avvolto la mia vita".
Harry
assottigliò lo sguardo, probabilmente sforzandosi di
comprendere le
parole dell'amica.
"Perché
proprio ora?" le chiese poi. Hermione incurvò le labbra in
un
lieve sorriso.
"Perché
a volte il passato torna sotto forme inaspettate nella nostra vita,
non c'è bisogno che sia io a dirlo".
"No,
infatti" concordò Ginny. "E' più il genere di
cosa che ti
aspetti di sentire da Luna Lovegood, mi spiego?" ironizzò,
per
stemperare la tensione. Anche
Harry e Hermione risero, condividendo in
pieno l'affermazione.
"Quel
che intendo è..." Hermione cercò di trovare le
parole per
esprimersi, ma le risultò difficile con gli occhi verdi di
Harry
puntati nei suoi, ad inquisire le sue supposte bugie e la ricercata
verità. "Negli ultimi quattro anni, io stavo con Ron e
lavoravo
come Indicibile; Malfoy è stato in Francia e poi si
è dato al dolce
far niente e non so che altro. Il punto è che ritenevo
questa
faccenda conclusa, e non così importante da dovertela
confessare.
Perché provocarti uno shock del genere? Ora le cose sono
diverse;
siamo adulti e vaccinati..."
"Malfoy
non sa nemmeno cosa sia un vaccino!" la corresse Harry.
L'espressione
confusa di Ginny Weasley confermava che nel mondo magico nessuno
usava vaccinarsi, ovviamente.
"E'
un modo di dire, Harry" tagliò corto. "Mettiamola
così:
le nostre strade si sono incontrate di nuovo e, beh, il resto lo
sapete".
Dentro
di sè stava pregando in turkmeno affinché quella
conversazione
finisse presto, dato che i ricordi che credeva appannati sotto un
vetro impolverato, stavano riaffiorando come un fiume in piena.
"Esattamente"
si rivolse a Ginny, curiosa, "da quanto lo sai?"
"So
cosa?" fece la rossa.
"Quello
che c'è stato..."
"Oh,
quello! Non ero sicura di cosa ci fosse tra voi... ho solo visto un
paio di scene strane e dati gli ultimi avvenimenti ho ricollegato i
fatti, ma all'epoca non mi sono voluta spingere oltre con la mia
curiosità".
Hermione
fu grata all'amica per quel rispetto della privacy che le aveva
dimostrato; si sarebbe aspettata un comportamento più
invadente, da
parte sua.
"Sapevo
che qualunque cosa fosse non avrebbe avuto seguito fuori dal
castello, ma comunque ignoravo la natura dei vostri incontri, pur
sospettandone l'esistenza".
"La
mia ragazza è Sherlock Holmes!" esclamò Harry,
ammirato. Ginny
sorrise e scosse i capelli pavoneggiandosi in un gesto teatrale. Ma
Hermione non la vide nemmeno, presa da un altro ricordo che credeva
cancellato.
Era
rannicchiata a terra, in un'aula vuota. Stille salate e silenziose le
cadevano sulle ginocchia, sulle quali aveva poggiato il mento.
Lo
faceva spesso, da dopo la guerra.
C'era
chi sfogava la rabbia e il dolore in altri modi; lei aveva trovato
quello, arrecando il minimo disturbo possibile e cercando di
vedersela per conto suo con le proprie paure. Chiuse gli occhi e
cercò di rallentare il battito del suo cuore e di calmare il
respiro. Lo scricchiolio della porta, prima socchiusa, la
avvertì
che qualcuno l'aveva spalancata. Alzò la testa per vedere
chi fosse
e si asciugò frettolosamente le lacrime con la manica del
maglione.
Malfoy
percorse silenziosamente qualche passo dalla porta all'angolino
dov'era Hermione.
Prima
che potesse cacciarlo o anche solo dire qualcosa, il ragazzo
–
inaspettatamente – si accucciò di fronte a lei,
senza perdere il
contatto visivo.
"E'
molto presto, Granger. Che ci fai in giro per la scuola alle sei?"
chiese.
"Potrei
farti la stessa domanda" ribattè; Malfoy la
ignorò.
"Ma
sono stato io a farla a te". Non le stava ordinando di
rispondere, era solo una gentile richiesta. Le tornò in
mente la
conversazione in riva al Lago Nero.
"Ci
sono altri modi di vivere" aveva detto.
"Insegnameli".
"Granger!"
il richiamo la riscosse e si ritrovò sempre in quell'aula
vuota,
alle sei del mattino, con Draco Malfoy accucciato di fronte che ora
le teneva una mano – quando l'aveva presa? Quando aveva
abbassato
le difese tanto che era riuscito a farlo? Scoprì che il
tepore di un
altro corpo, in quel momento, le dava sicurezza; perciò non
la
allontanò da sè, ma la strinse. Draco parve
stupito, ma non si
mosse.
"Incubi
di guerra". Lui voleva sentirsi utile, voleva essere migliore. E
lei volle farlo sentire tale, aprendosi.
"Capisco"
fece lui. "Ne ho a bizzeffe..." sussurrò con lo sguardo
perso nel vuoto. Stava sicuramente ripercorrendo con la mente le
immagini oniriche, come lei faceva con le proprie. Quella notte
Nagini era stata particolarmente inquetante e la tortura di Bellatrix
così convincente da sembrare reale. Si era svegliata di
soprassalto
e non era riuscita a riaddormentarsi.
Draco
ora stava sfiorando il suo braccio destro, dal quale sembrava
ossessionato.
Sanguemarcio,
Sanguemarcio, Sanguemarcio. Quel termine le rimbombava in testa come
una nenia crudele, cantata con la voce inquietante e un po' infantile
della Mangiamorte Lestrange.
"Ho
sognato Malfoy Manor" disse lasciando che il ragazzo le
scoprisse l'avambraccio; guardandolo scorse autentico dispiacere
negli occhi grigi.
"Tua
zia..."
"So
cosa ha fatto, io c'ero, lo sai" sussurrò tenendole stretto
l'avambraccio. "E non ho mosso un dito. Sentivo le tue urla, e
le ignoravo. Mentre usava la Cruciatus e poi ti marchiava come un
capo di bestiame, io ero lì".
Hermione
lesse più di quelle parole nel gesto gentile col quale
percorse la
cicatrice con il polpastrello dell'indice.
"Mi
hai chiamata così per anni" disse lei. "Perché
inciderlo
nella mia carne avrebbe dovuto fare qualche differenza?" Draco
la guardò accigliato, come se fosse lei la pazza, la
carnefice, e
non la vittima. In fondo, anche Draco era stato una vittima, sebbene
colpevole anch'egli. Una posizione complessa, pensò Hermione.
"Perché
non avevo più dodici anni, Granger. Io sapevo che era
sbagliato, e
sono stato zitto lo stesso" la voce del biondo era incrinata.
"Non
avresti potuto far nulla" Hermione si chiese per quale motivo
stesse difendendo Draco Malfoy, ma non trovò una risposta
plausibile.
"C'è
sempre una scelta, e Silente me l'aveva data" mormorò, il
tono
sfumante verso il basso. Hermione tacque, senza sapere cosa dire,
come confutare quella verità indiscutibile. Draco aveva una
scelta,
come quasi tutti. Sarebbe stata una scelta difficile e coraggiosa, e
lui non aveva voluto cogliere quell'occasione.
"Sono
stato un vigliacco" concluse. E in sostanza era giusto che
Hermione tacesse e non raccontasse frottole, perché Malfoy
aveva
centrato il problema. Avrebbe potuto – sulla Torre di
Astronomia –
chiedere asilo a Silente e protezione per sua madre, infischiandosene
della propria infatuazione per le Arti Oscure e delle idee malate di
suo padre. L'avrebbe dovuto fare? Sì. Sarebbe stato
difficile?
Certo. Ne sarebbe valsa la pena? Senza dubbio. Draco aveva preso la
giusta via? No.
E
questo era il dato saliente, scevro da tutti gli ipotetici scenari
che – ahimè – restavano, per l'appunto,
ipotesi.
Non
c'era nulla, nelle parole del ragazzo, che le conferisse quel senso
di giustizia e di trionfo che sarebbero stati legittimi,
perché era
lei quella 'buona', quella dalla parte degli angeli*. Per Hermione,
starsene lì rannicchiata ad udire la presa di coscienza di
Draco
Malfoy, fu una vittoria dal retrogusto amaro.
E
fu lì che cadde la seconda barriera.
"Quanti
sanno di questa cosa?" le domandò Harry.
"Come
scusa?" Hermione scosse la testa e si fece ripetere la domanda,
per poi rispondere:
"Nessuno;
quindi tu e Ginny mi fareste un favore se teneste la bocca chiusa"
aggiunse con sguardo minaccioso, che gli amici parvero recepire.
"D'accordo"
disse Harry.
"Ciò
che dev'essere chiaro è che io e Draco non convoleremo a
nozze
domani come sostiene Samantha Kaney, chiaro?" domandò. I due
annuirono all'unisono.
"Senti"
stavolta fu Ginny a parlare, "una domanda seria".
"Dimmi".
"Bacia
bene Malfoy?" domandò ridacchiando. Harry le
scoccò uno
sguardo torvo, mentre Hermione fu di nuovo trascinata indietro.
Una
ragazza dai capelli ricci e un po' crespi teneva fermo il braccio di
un ragazzo biondo; erano seduti sul banco di un'aula in disuso,
durante un'ora di buco.
"Non
è niente Granger, lasciami".
"Smettila
di dimenarti, Malfoy" lo ammonì, sollevando il tessuto della
camicia – sporco di macchioline scarlatte – e
facendolo scorrere
verso l'alto, per rivelare l'avambraccio sinistro, martoriato da
segni e ferite recenti.
"Non
si leverà così, lo sai" lo rimproverò,
scendendo dal banco ed
estraendo la bacchetta.
"E'
stato un impulso improvviso" si giustificò.
"Farti
uscire il sangue a forza di ferite non strapperà via il
Marchio".
"Lo
so, per Salazar!" esclamò lui, contrariato. Hermione lo
trattenne e agitò la bacchetta, facendo apparire una
bacinella e una
pezza accanto a lui, sul banco.
Intinse
la pezzetta nel liquido e cominciò a passarla delicatamente
sui
tagli profondi che il ragazzo si era inferto sul braccio.
"Non
guardarmi così, Granger. Non sono solito compiere gesti
autolesionisti".
"No,
infatti. Sei solito compiere gesti idioti!" lo rimbeccò,
caustica. Al contrario di quanto si aspettava, a quella risposta,
Draco incurvò la bocca in un sorrisetto.
"Ahi!
Brucia, dannazione!" si lagnò. "Che diavolo è
questa
roba?"
"Essenza
di Purvincolo*" rispose prontamente.
"So-Tutto-Io-Granger
all'opera, suppongo" la celiò bonariamente.
"Malfoy"
lo apostrofò, acida. "Sono ancora in tempo ad affatturarti
anziché curarti questi stupidi tagli".
Draco
tacque; attese che Hermione finisse di ripulirlo e fasciarlo e scese
dal banco allacciandosi il polsino della manica sinistra. La Granger
non si era ancora scansata quando era saltato giù.
Si
scontrarono e la bacinella – che Hermione teneva in mano
– cadde
a terra frantumandosi. Loro rimasero a fissarsi, anziché
muoversi.
Poi
Draco si schiarì la voce, sfoderò la bacchetta e
fece Evanescere il
liquido caduto in terra, mentre la strega mormorava un "Reparo"
e la ciotola tornava integra tra le sue mani.
Sollevò
lo sguardo per scoprire che le iridi grige di Malfoy erano ancora
fisse in quelle scure di lei. Il ragazzo posò la propria
mano su
quella di Hermione, fredda come l'essenza con cui l'aveva medicato.
Fu Draco a sporgersi in avanti verso di lei; ma Hermione non si
tirò
indietro, anzi. Gli andò incontro finché le loro
bocche non si
trovarono – e la ciotola cadde nuovamente dalle mani della
ragazza,
fracassandosi ancora sul pavimento.
Quello
era stato il primo bacio tra lei e Malfoy.
E
con quello, un altro muro era stato abbattuto.
"Io
non credo di voler sapere come bacia Malfoy" obiettò Harry,
schifato.
"Da
quello che mi ricordo, molto bene" rispose seccamente Hermione,
non lasciando dubbi sul fatto che l'argomento era chiuso lì.
L'espressione
disgustata del
suo migliore amico, anziché infastidirla, le
causò una risata. Poi
disse:
"Penso
di essere abbastanza grande per fare le mie scelte".
Usò
quel tono incredibilmente ragionevole che disarmava chiunque. Quando
usava quel tono, a Harry sembrava sempre che non ci fosse niente di
illogico nel discorso; semplicemente perché era Hermione a
farlo –
la persona più logica che conoscesse.
"Suppongo
di sì" accompagnò le parole con un'alzata di
spalle.
"Per
qualsiasi cosa, noi..."
"Ci
siete, lo so" lo interruppe, grata. Harry le sorrise, e per un
attimo le parve ancora il ragazzino mingherlino e incoscente che al
primo anno aveva sfidato Malfoy a cavallo di una scopa, solo per
riavere la Ricordella di Neville.
"Bene"
disse Harry con tono deciso, "allora è tutto ok, se sai
quello
che fai".
So
esattamente ciò che faccio?
Questo
aveva appena assicurato ai suoi migliori amici, pur non sapendo se
fosse o meno la verità.
"Ti
fermi a cena, no?" era una domanda retorica, quella della rossa.
Quando l'uragano Ginevra si metteva in moto, partiva sempre in
quarta, ed era impossibile rifiutarle alcunché.
Perciò a Hermione
non rimase altro da fare se non sospirare e dare una mano ad
apparecchiare, mentre l'amica sorrideva soddisfatta.
NOTE
AL CAPITOLO*
1)
E' una citazione dall'ultima puntata della seconda serie di Sherlock
BBC (una delle mie passioni). Non mi ricordo se le parole siano
esattamente queste; però è ciò che
Moriarty dice a Sherlock, che è
'dalla parte degli angeli'. Non mi chiedete con che criterio mi
vengano in mente le citazioni, ma ci stava bene :)
2)
Essenza di Purvincolo: al quinto anno Hermione la consiglia a Harry
per curare i tagli sulla mano provocati dalla Umbridge con le sue
punizioni.
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Capitolo 20 *** Rosso Rubino ***
Ciao
gente! Come sono andate le feste? Io mi sento un tacchino ripieno,
non so voi. Vi auguro Buon 2016
e vi lascio alla
lettura del capitolo diciannove, nella speranza che non vi mandi di
traverso lenticchie e cotechino .-.
Mi
scuso con
le fan di
Ollivander per
la sua
momentanea
assenza (ad
inserire anche lui il
capitolo mi
sarebbe venuto un
enorme papiro),
ma non
temete, tornerà.
CAPITOLO
DICIANNOVE – Rosso rubino*
Dopo
la cena e il confronto con Harry e Ginny, il venerdì
trascorse
tranquillamente, senza che nessun giornale pubblicasse articoli
insinuanti su lei e Malfoy, cosa di cui Hermione fu assai grata.
Così, il sabato giunse esattamente quand'era lecito
aspettarselo*.
Quella mattina, la Granger fu svegliata da un regale barbagianni che
batteva il proprio becco contro la finestra, in attesa di venire
accolto all'interno.
La
strega si stiracchiò pigramente, scalciò via le
coperte
controvoglia e si alzò dal letto. Non appena l'ebbe lasciato
entrare, il pennuto le beccò un dito, quasi offeso che non
gli
avesse steso il tappeto rosso per averla svegliata con
quell'insistente picchiettio. Hermione lo guardò torva,
prima di
rendersi conto che non poteva davvero intraprendere
una lite
con un barbagianni – non era ancora così in basso.
Tese
la mano e l'animale vi lasciò cadere il biglietto che recava
con sè.
Non attese nemmeno che la ragazza lo srotolasse, prima di emettere un
verso stridulo e volare via oltre il vetro ancora aperto. Hermione,
infreddolita, sospirò e richiuse la finestra. Seppure avesse
avuto
dubbi sul mittente del biglietto, il caratterino forastico del
postino avrebbe rivelato chiaramente l'identità del suo
proprietario.
Ad
ogni modo, neppure l'elegante grafia con la quale erano state vergate
le parole sul foglio lasciava incertezze in merito.
Alzati
e risplendi, Granger!
Passa
la tua giornata a ritenerti fortunata e ad attendere trepidante la
serata: voglio portarti a visitare casa Malfoy.
Draco
Hermione
fissò per un po' il foglio sbattendo le palbebre diverse
volte. Che
insopportabile presuntuoso! Del resto, da Malfoy, non ci si poteva
aspettare di meno. Non solo l'aveva svegliata al mattino per un
invito che riguardava la serata, ma aveva di certo ordinato al
barbagianni di non attendere la risposta, come se fosse scontata.
Poteva Hermione Granger rifiutare una richiesta simile? Ovvio che no,
secondo la logica Dracocentrica su cui si basava il
ragionamento.
Fece
appena in tempo a constatare la sostanziale immutabilità
della
vanità del Serpeverde, quando si rese conto che non aveva la
minima
idea del perché mai dovesse portarla a casa propria.
Hermione aveva
già visto Malfoy Manor, benché in una situazione
non proprio
felice, ed era inoltre piuttosto contraria all'idea di incontrare
Narcissa, specie dopo gli articoli usciti negli ultimi giorni.
Pensò
però che Draco non fosse così sciocco da
scatenare un conflitto a
fuoco che avrebbe arrostito perfino i pavoni nel parco della villa,
perciò doveva esserci un'altra spiegazione. Finalmente si
rilassò.
Quel
sabato si sarebbe dedicata agli ultimi ritocchi che aveva deciso di
dare alla sua nuova traduzione delle Fiabe di Beda il Bardo, ormai
conclusa.
Passò
la mattinata a correggere bozze, sfogliare libroni di Rune Antiche
più alti di lei e rivedere i passi più ostici
delle traduzioni.
Come era tipico di lei, aveva fatto un lavoro meticoloso; conosceva a
memoria quelle storie, ma le aveva rilette lo stesso milioni di volte
prima di decidersi a scegliere i termini più appropriati con
cui
portare le trame dalle Rune alla moderna lingua inglese.
Doveva
ammetterlo: non poteva riguardare il proprio lavoro senza che i
ricordi la inondassero completamente. Essendo Nata Babbana, non aveva
mai saputo nulla di Beda finché un giorno, anni prima, il
Ministro
della Magia in persona si era presentato alla Tana a rivelare il
contenuto del testamento di Albus Silente*.
Non
c'era nulla da fare; quelle storie le avrebbero sempre riportato alla
mente la morte di Silente e quello che lo stregone* aveva taciuto a
Harry, con le relative implicazioni che quei silenzi avevano
comportato. Si era arrovellata il cervello per settimane sul
perché
di quell'eredità, come pure sul simbolo dei Doni della Morte
tracciato a margine della fiaba dei tre fratelli Peverell.
Così,
ogni volta che rileggeva quella storia, pensava a se stessa, Harry e
Ron, chiusi in quella dannata tenda, alla ricerca degli Horcrux. Le
sembrava che fossero passati secoli, o forse poche ore. Non avrebbe
scordato quei giorni, mai.
Ripensò
con un sorriso al momento in cui Ron era tornato, come se non fosse
stato via per settimane, geloso del suo rapporto con Harry.
Rabbrividì
al pensiero di ciò che un cervello – che si
supponeva appartenere
ad un essere umano – era stato in grado di realizzare.
Oggetti così
oscuri e potenti da essere in grado di portare una persona a
comportarsi nel modo in cui Ron aveva fatto – in maniera
così
opposta alla sua natura.
Se
c'era una cosa che l'aveva spaventata negli Horcrux era proprio la
capacità di fare leva sulle paure, sulle insicurezze, sulla
debolezza umana. Certo, riconosceva in essi una stregoneria potente e
decisamente geniale. Il controllo delle menti era stato la grande
forza di Lord Voldemort. Forza che però gli si era ritorta
contro,
battuta da un sentimento che spesso si da per scontato.
Qualcosa
che lo stesso Harry Potter per molto tempo aveva ritenuto inadeguato
a sconfiggere il Signore Oscuro, il potere a
Lui
sconosciuto* sul quale Silente aveva sempre fatto
affidamento. L'
Amore, l'unica magia che Voldemort non aveva mai compreso nè
praticato, aveva battuto le sue Arti Oscure.
Hermione
si riscosse dalle sue riflessioni per continuare il lavoro. Dati gli
ultimi ritocchi, fu colpita dalla luminosa idea di consegnare subito
il materiale al signor Lovegood, approfittandone per far visita a
Luna. Non voleva certo beccarsi un altro rimprovero o l'accusa di
trascurare nuovamente gli amici.
Uscì
dalla stanza e si infilò di corsa in bagno, dove si
lasciò andare
ad una lunga doccia rilassante. Si spazzolò i capelli con
decisione,
cospargendoli di Lozione Arricciariccio al
cocco per
rendere i suoi ricci meno crespi e più definiti, anche se
con
risultati – come sempre – discutibili.
Sotto
l'acqua le sembrò che tutte le preoccupazioni le
vorticassero in
testa per poi dissolversi come fanno i ricordi argentei in un
Pensatoio. Una volta fuori, si avvolse in un caldo accappatoio di
spugna, decisa a recarsi in camera per vestirsi.
Si
bloccò sul pianerottolo, attratta dalla porta socchiusa
della stanza
di Fred, ancora immersa nel buio. In teoria, la sua più
grande
aspirazione era evitare di incontrare il coinquilino, perciò
tutto
avrebbe dovuto fare tranne che avvicinarsi in punta di piedi per
sbirciare. Si diede mentalmente dell'incoerente; ciò
nonostante
proseguì fino ad affacciarsi allo stipite della porta.
Sotto
i suoi piedi, le assi del pavimento ligneo scricchiolarono
sinistramente, facendole temere che Fred si svegliasse. Il ragazzo si
limitò a spostarsi nel sonno, ancora profondamente
addormetato.
Hermione
sentì il desiderio di stendersi lì accanto e
vegliarlo fino al
risveglio, ma si ricordò che non poteva permettersi di fare
niente
di simile, visto come stavano le cose tra di loro, e si diede
nuovamente dell'idiota.
Silenziosamente
rientrò nella propria stanza a prepararsi. Mise addosso
qualcosa e
arraffò tutto il materiale riguardante il libro; la parte
precisina
di lei si sentì un po' in colpa a presentarsi senza essere
invitata,
ma sapeva che sia Luna che il padre erano mattinieri e informali,
perciò non ci avrebbero neppure fatto caso.
L'orologio
battè le dieci ed Hermione si Smaterializzò oltre
una delle colline
nei dintorni del paese di Ottery St. Catchpole*.
Tante
volte si era recata lì – vicino al paese abitava
la famiglia
Weasley -, quindi il paesaggio le era sempre familiare.
Bussò
timidamente e, con sua enorme sorpresa, ad aprirle non furono
nè
Luna nè Xenophilius.
"Neville?!"
esordì in tono incerto.
"Ciao
Hermione!" rispose lui sorridendole e facendosi da parte per
lasciarla entrare. "Xeno è sul retro del giardino a fare non
so
cosa, mentre Luna è di là" la informò.
"Sta curando
un'allodola che ha le allucinazioni; almeno questo è quello
che
sostiene lei". Hermione scosse la testa e sorrise rassegnata.
Neville
e Luna erano molto amici, ma perfino il ragazzo, come tutti, aveva
rinunciato da un pezzo a comprendere certe strane idee di lei.
"Sai
già la novità?" le chiese con un sorriso che
andava da un
orecchio all'altro. "Immagino tu sia qui per chiedere i
dettagli, come fate voi donne".
Hermione
lo guardò come se gli fossero spuntate due teste; era sul
punto di
domandare di cosa stesse parlando quando Luna fece la sua comparsa
nella stanza.
"Hermione!"
trillò allegramente, abbracciandola.
"Ciao
Luna!" rispose sorridendo di rimando.
Ebbe
l'impressione di essere piombata nel mezzo di un'atmosfera festosa.
Luna era radiosa: gli occhi azzurri più limpidi del solito,
i
capelli biondi – sempre lunghi fino alla vita – che
le
conferivano un aura quasi eterea, quel giorno più visibile
che mai.
"Neville
mi accennava a una bella novità; di che si tratta?"
"Io
e Rolf ci sposiamo" annunciò senza preamboli. Proprio tipico
di
Luna. L'aveva annunciato come fosse un avvenimento comune. Quasi non
la riguardasse.
"Ma
è meraviglioso!" esclamò Hermione. Se c'era una
persona che, a
parer suo, meritava di essere amata, quella era Luna Lovegood.
"Quando?"
chiese.
"Oh,
ancora non lo sappiamo" rispose con naturalezza. "Verrai?"
"Ovviamente"
dichiarò.
Non
si sarebbe persa per niente al mondo quel matrimonio; anche
perché
aveva curiosità di vedere il modo in cui l'avrebbero
celebrato -
sapeva che anche lo sposo era un tipo piuttosto eccentrico.
"Sedetevi"
disse l'ospite. "Metto su il tè".
"Grazie"
risposero all'unisono, prendendo posto l'uno accanto all'altra. Luna
stava trafficando con il bollitore sul fuoco e lei e Neville
parlottavano, quando la sentì dire: "Ehi, Neville, tu
ovviamente sei il mio testimone".
"I-Io?"
balbettò il ragazzo. Luna si girò e assunse
un'espressione quasi
accigliata, o quantomeno di evidente stupore.
"Non
ti va?" chiese.
"Scherzi?"
replicò Neville. A Hermione spuntò un sorriso. In
quel momento
stavano parlando senza capirsi. Sembravano provenire da due pianeti
differenti.
"Per
niente" rispose, rimettendosi a trafficare con tazze e teiera.
"A chi dovrei chiederlo, se non al mio più caro amico?"
disse con una scrollatina di spalle.
Neville
divenne paonazzo e ad Hermione fece una gran tenerezza. Le
ricordò
la prima volta in cui l'aveva visto, sul treno diretto ad Hogwarts,
intento a cercare il proprio rospo, Oscar. Era stato grazie a lui che
al primo anno aveva incontrato Harry e Ron, in un certo senso.
Neville era quasi in lacrime e gli stava dando una mano per ritrovare
Oscar.
"Qualcuno
ha visto un rospo? Neville ha perso il suo"
"Gli
abbiamo già detto che non l'abbiamo visto" aveva risposto
Ron.
"Oh,
state facendo magia. Vediamo allora!"*
In
effetti Harry
e
Ron non avevano
tutti i torti a considerarla una saccente.
"Io ho provato a fare alcuni incantesimi semplici semplici, e mi
sono riusciti sempre".
"Sarò
onorato" riuscì infine a dire Neville, riportando
l'attenzione
di Hermione al presente. Luna le fece un gran sorriso.
"Tu
e Ginny sarete le damigelle, naturalmente" aggiunse.
Hermione
sperò solo che le lasciassero indossare ciò che
desiderava, senza
costringerla in strani vestiti a balze color arcobaleno. Quel genere
di capo stava bene solo addosso a Luna; non conosceva altri che
potessero osare tanto.
L'ospite
servì tè e biscotti fatti in casa – dei
quali Hermione notò la
bizzarra forma a cavalluccio marino – sedendosi a sua volta
accanto
agli ospiti.
"Oh,
che sbadata!" esclamò Luna. "Non ti ho chiesto come mai
sei qui".
Hermione,
presa dalla novità, si era perfino dimenticata della
motivazione
primaria che l'aveva condotta in casa dell'amica.
"Volevo
dare questi a tuo padre" disse sventolando le pergamene, per poi
impilarle ordinatamente a fianco a sè sul tavolo.
"Oh,
hai concluso la traduzione!" esclamò una voce cordiale alle
loro spalle. Hermione sobbalzò, chiedendosi come fosse
possibile che
nessuno avesse mai fatto notare a Xeno Lovegood che arrivare di
soppiatto poteva anche causare un arresto cardiaco alle persone. Si
girò e gli fece un gran sorriso, indicando il plico che
giaceva
proprio di fronte a lui.
"Immagino
sarà una traduzione impeccabile" commentò
Neville,
sorseggiando il proprio tè. "Sei sempre stata un talento in
Rune Antiche" dichiarò, ripensando alla scuola. "Sei
sempre stata un talento in qualsiasi cosa, a dire la
verità".
Hermione
sorrise, ringraziandolo per quella generosità di sentimenti
che –
nella mente di lei – era ciò che più lo
accomunava alla sua amica
bionda, in quel mentre intenta ad addentare un biscotto.
"Papà"
osservò con aria svagata, "la tua mano sanguina di nuovo".
"Signore"
tentò Hermione, "forse dovrebbe smetterla di estrarre
baccelli
di Pugnacio a mani nude". La mano destra dell'uomo era coperta
di sangue.
"Forse"
borbottò ironicamente Neville dentro la tazza. Hermione
trattenne
una risata.
"Oh,
sciocchezze!" dichiarò Xenophilius con leggerezza. "E'
tutto a posto; quel che ci vuole è un po' di Essenza di
Purvincolo".
"Sarebbe
indicata, in effetti" commentò Hermione.
"Allora"
l'uomo si sedette al tavolo evocando un contenitore ripieno di
liquido e vi immerse la mano, "immagino che questa edizione
soddisferà tutti" osservò, poco chiaramente.
"Sono
stati ritrovati degli appunti di Silente" spiegò Luna. "La
McGranitt ha acconsentito al fatto che vengano pubblicati insieme
alle Fiabe".
"Silente
ha commentato le Fiabe di Beda*?" chiese Neville, con lieve
stupore.
"Oh
sì!" esclamò Xeno. Probabilmente si
metterebbe
a battere le mani se non fosse impegnato a sanguinare, pensò
Hermione. Ma
il vecchio Xeno,
la mano immersa nella bacinella, continuava a ciarlare.
"Un
mucchio di note di Silente, sommate alla nuova traduzione, manderanno
l'editore in brodo di giuggiole" dichiarò. "Le
invierò
oggi stesso". Si alzò dal tavolo, prese il plico e
sparì oltre
la soglia della cucina, annunciando alla figlia di volersi ritirare
per leggere il tutto prima di consegnarlo. Hermione rilasciò
un
lieve sospiro, augurandosi di aver davvero messo in buone mani il
frutto del proprio lavoro.
"Luna
e Rolf si sposano?" le domandò il Prescelto, per la terza
volta.
"Chiedimelo
ancora e non sopravviverai" sbottò Hermione, in piedi di
fronte
alla scrivania dietro la quale sedeva l'amico. Era passata al
Ministero della Magia – sezione Auror – per fargli
un saluto e
comunicargli la bella notizia.
"Ginny
è irrintracciabile quando si allena con le Harpies, ma penso
sia
d'accordo se ti invito a cena" asserì Harry.
"Così puoi
raccontarci meglio".
"Tu
odiavi i gossip, e adesso vuoi i dettagli. Che
diavolo ne hai
fatto di Harry Potter?" domandò scoppiando a ridere.
"Scema,
non parlavo di Luna, ma del tuo libro in uscita".
"Non
è mio, è di Beda il Bardo"
precisò.
Il
ragazzo sbuffò, contrariato dal perenne puntualizzare
dell'amica.
Una parte di lei era rimasta la ragazzina pignola che aveva
incontrato sull'Espresso per Hogwarts. Ok, una buona parte. Poteva
cambiar vita e lavoro, ma sarebbe sempre rimasta una irrimediabile
precisina.
"E'
interessante questa faccenda di Silente".
Hermione
sapeva che quello era il motivo di tanto interesse per il libro
–
oltre al fatto che anche per la loro storia personale significava
molto. Harry era sempre preso da qualsiasi cosa riguardasse Silente
– e come dargli torto?
"Già,
sarei proprio curiosa di sapere cosa possa averci scritto".
"Allora,
per stasera ci sei?"
Hermione
stava per dare l'assenso, quando ricordò il barbagianni di
Draco e
il modo insolente in cui l'aveva buttata giù dal letto.
Malfoy si
sarebbe quasi meritato una clamorosa buca, ma non aveva intenzione di
fargli un affronto simile per poi aspettarsi qualche tremenda
vendetta.
Aveva
detto 'stasera', il che significava che Hermione doveva solo
aspettare che si facesse vivo lui, dato che non le aveva fornito un
orario o un appuntamento.
"Non
posso" pigolò.
"Dimmi
che non stai declinando per passare il sabato sera con Malfoy..."
Il
silenzio di Hermione risultò più che eloquente
per Harry, che
decise di soprassedere e limitarsi ad uno sbuffo spazientito.
"Domani?"
chiese Hermione, sperando in un perdono immediato. Improvvisamente
però ricordò che quella domenica l'avrebbe
passata per intero con i
suoi genitori – mentre Harry e Ginny sarebbero stati
incastrati in
uno dei numerosi pranzi alla Tana – e fu costretta a
ritrattare.
"Papà
mi uccide se non vado" si giustificò. "Lunedì
sera va
bene?"
Harry
grugnì e mugugnò una risposta affermativa. Gli
fece un gran sorriso
e si avviò alla porta, dove si scontrò con Ron
che entrava in quel
momento – e riuscì perfino ad abbozzare un sorriso
a lui. Dopo la
visita da Luna si sentiva contenta, come se i problemi non
esistessero proprio. Ron la guardò imbarazzato e
ricambiò il
sorriso con una specie di smorfia, ma Hermione non ci badò.
Salutò
entrambi e si richiuse la porta alle spalle, diretta ai camini del
Ministero, per Smaterializzarsi.
Conosceva
il Ministero come le proprie tasche, dopo averci lavorato per anni;
dapprima pensò di andare a trovare gli ex colleghi
dell'Ufficio
Misteri, ma si ricordò che gli Indicibili non avevano una
gran
simpatia per chi piombava all'improvviso. Ogni volta bisognava
preoccuparsi di nascondere il lavoro, visto che solo loro erano
autorizzati a conoscere ciò che si celava lì
dentro. E lei ormai
non faceva più parte del team,
perciò accantonò l'idea di
disturbarli.
Mentre
attraversava il corridoio urtò un uomo alto e nerboruto,
dalla pelle
scura come l'ebano.
"Ma
guarda chi si vede: Hermione Granger!"
"Scusi,
Ministro" disse sollevando lo sguardo e sorridendo.
"Non
sono più il tuo capo, Granger" le fece notare, con vago
rimprovero.
"Le
vecchie abitudini sono dure a morire". Shackelbolt rise. Lo
conosceva da quando era una ragazzina e lui faceva parte dell'Ordine
della Fenice. Quando era stato eletto Primo Ministro tutti quelli
dell' Ordine avevano esultato. Hermione lo chiamava 'Ministro' o
'Capo' quasi per gioco. Ma ormai era tutto diverso.
Trovarsi
in quel posto, dove un tempo si recava tutte le mattine, aveva
sortito uno strano effetto su di lei, anche se ancora non sapeva dire
quale fosse.
"Ci
manchi al Ministero, non si trovano spesso elementi validi come te".
"Grazie,
Kingsley".
"So
che adesso lavori da Ollivander" la guardò con una punta di
risentimento, come se si sentisse tradito.
"Le
buone notizie corrono veloci" osservò Hermione.
"Le
buone notizie corrono attraverso Ronald Weasley" le rispose
sovrappensiero. Sembrò pentirsi subito di averlo nominato,
probabilmente ricordando i suoi trascorsi con Hermione, e fu sorpreso
di vederla ridere.
"Ron
non è mai stato un asso nel tenere le cose per
sè" commentò
tranquillamente.
Un
giovane mago si avvicinò correndo e li interruppe;
mormorò qualcosa
all'orecchio di Kingsley, che sospirò con l'aria di chi
regge le
sorti del mondo su di sè. Hermione provava davvero poca
invidia per
le incombenze dell'uomo.
"E'
urgente?"
"Purtroppo
sì" sbuffò. "Grane dal Primo Ministro babbano" la
informò. "Bene, Hermione. Sappi che, se volessi tornare, la
tua
scrivania giù all'Ufficio Misteri è ancora
sgombra".
Hermione
lo vide allontanarsi gesticolando e parlottando con l'altro mago e
provò pena per la se stessa del passato, sempre intenta in
quella
vita frenetica da ufficio, presa da quel continuo via vai che tuttora
poteva scorgere nei corridoi del Ministero. Tutto quello che
sentì,
fu sollievo.
Aveva
fatto una scelta azzardata lasciando quel posto, ma rimettendovi
piede non poteva fare a meno che rendersi conto di quanto fosse
giusta.
Nell'ultimo
anno la sua vita era radicalmente cambiata; all'interno dell'edificio
rivedeva le false sicurezze a cui si era aggrappata per lungo tempo,
pur di non lasciarsi andare nel vuoto, con il rischio di cadere.
Pensava
tutto questo, Hermione, mentre aspettava lo strano ascensore
ministeriale, pregando che non fosse troppo affollato.
Ne
uscirono quattro maghi, tre streghe e un mucchio di Promemoria
Interufficio che si sparpagliarono in giro. Hermione entrò e
le
porte si richiusero sferragliando. Dovette sorbirsi tutti i benedetti
piani e la voce metallica le rimbombava nelle orecchie, annunciando
il nome di ogni settore – come se Hermione non li conoscesse
a
menadito.
Si
complimentò con se stessa per essere riuscita a non ridere
all'ingresso di un mago con in braccio un vaso da notte che rideva a
crepapelle.
"Ufficio
per l'Utilizzo Improprio dei Manufatti Babbani?"
"Sì"
mugugnò l'uomo, il volto tirato. Le lanciò
un'occhiata invidiosa,
probabilmente per il solo fatto che lei non stava portando nessun
vaso da notte fra le braccia.
Quando
finalmente Hermione scese da quell'aggeggio infernale, tirò
un
sospiro di sollievo, aggiungendo il lento e scomodo ascensore ai
mille motivi per cui lavorare al Ministero non le sarebbe mancato.
"Granger?" la
chiamò una voce maschile mentre attraversava l'atrio a passo
svelto. Si voltò e scorse una chioma bionda che riconobbe
come
quella di Draco Malfoy.
"Come
mai qui?" chiese, sorpreso.
"Potrei
farti la stessa domanda" rispose Hermione.
"Suppongo
di sì" concesse Draco, "sebbene non credo che otterresti
la stessa risposta" affermò, criptico. Lei inarcò
un
sopracciglio, senza capire.
"Io
sono stata a trovare..." iniziò.
"San
Potter" concluse lui. "Come ho potuto non pensare a lui!"
esclamò sarcastico.
Hermione
sorvolò sul suo atteggiamento arrogante, perché
gli occhi grigi di
Draco le dicevano che qualcosa l'aveva turbato.
"Sì,
ero da Harry" confermò. "Invece tu?"
"Decisamente
no, non ero da Harry" parlò con tono
sprezzante.
Hermione
vide balenare una scintilla di odio nello sguardo del ragazzo e, per
un attimo, le sembrò di essere tornata ad Hogwarts. Draco
dovette
accorgersene, perché parve leggermente a disagio e
cambiò tono.
"E'
stata una brutta giornata".
"Lo
vedo" commentò lei, incrociando le braccia al petto e
avviandosi ai camini; ma Draco le si affiancò, continuando a
parlare.
"Sono
passato a chiedere un foglio di permesso per una visita ad Azkaban".
Hermione
si bloccò sul posto e voltò il capo verso di lui.
Tentò in tutti i
modi di nascondere la pena che provava in quel frangente per Malfoy,
perché sapeva che non avrebbe tollerato di scorgere un
sentimento
del genere nei suoi occhi.
"Vai
a trovare tuo padre?" domandò, il tono neutro.
"No"
rispose secco, di nuovo lo sguardo cupo di poco prima.
Ecco
a chi era riservato l'odio che Hermione vi aveva intravisto. Attese,
ma sembrò che Draco non volesse aggiungere alcuna
spiegazione
supplementare a quel monosillabo.
"Io
sto andando a casa" disse per cambiare argomento.
"Anche
io, ho già sbrigato tutte le formalità e ho
ottenuto il
lasciapassare" disse sventolando un foglio con aria di ironico
trionfo. Poi le porse il braccio ed Hermione lo afferrò
senza
tentennamenti.
"Vorrà
dire che anticiperemo di un paio d'ore il nostro appuntamento. Ti
dispiace?" disse; e sembrava tornato il brillante e
spregiudicato ragazzo di sempre. Hermione scosse la testa.
"A
proposito, che vorrebbe dire visitare casa Malfoy?"
domandò. Per tutta risposta, Draco ghignò e
– letteralmente –
la spinse in uno dei camini, Smaterializzando entrambi.
Si
trovarono fuori le scalette di una colorata casetta cittadina, in
puro stile londinese. Hermione, ancora stretta al braccio di Malfoy,
si guardò intorno sorpresa. Non credeva che tra tanti posti,
Malfoy
avrebbe scelto proprio quello.
Nel
frattempo Draco, stufo di cercare le chiavi, coprì la scena
con il
mantello ed estrasse furtivamente la bacchetta, sotto lo sguardo
severo di Hermione.
"Alohomora"
mormorò. La porta – con un piccolo clic
– li lasciò
passare.
"Non
dovresti usare la magia in luoghi ad alta concentrazione Babbana"
lo redarguì. "E' rischioso".
Draco
la ignorò, le fece cenno di togliersi il cappotto e di
mettersi
comoda in salotto, mentre lui accendeva il camino con un colpo di
bacchetta. A sua volta si sedette su una poltrona vicina e si
servì
un bicchiere di Whiskey Incendiario.
"Per
te?" chiese cortesemente.
"Acquaviola".
"Ligia
come sempre" commentò, con uno sbuffo.
"No"
rispose lei, punta sul vivo. "Semplicemente non bevo roba forte
se sono a stomaco vuoto: è la prima regola se non voglio
trovarmi a
vomitare dopo cinque minuti dal primo sorso".
L'immagine
evocativa fornita, unita all'espressione della Granger, aveva fatto
risultare le sue argomentazioni convincenti. Così, a uno
schifato
Draco non restò che servirle un'Acquaviola.
"Per
chi è il lasciapassare?" chiese quando ebbe vuotato il
bicchiere. Lui roteò gli occhi, quasi spazientito da quella
domanda
scontata.
"Mia
madre, ovviamente".
"E
tu non ci vai".
"Esattamente"
replicò.
"Posso
sapere perché?"
"Me
lo stai davvero chiedendo, Granger? Proprio tu?" e le scoccò
un'occhiata eloquente, che riportò ambedue ad un preciso
momento
passato. Tacitamente, Draco aveva rievocato il medesimo ricordo in
entrambi.
"Non
è cambiato niente?"
"Io
sono cambiato, il mondo è cambiato, ma non lui"
sentenziò.
"Lucius Malfoy è e sempre sarà il seguace di un
folle, per
giunta Mezzosangue, desideroso di purificare il
nostro mondo
dagli impuri..."*
"...come
me" completò Hermione. Ormai la cantilena la sapeva a
memoria.
Dannazione a Voldemort, a Salazar Serpeverde, e a tutti i fissati del
Sangue Puro!
"Non
ricordi ciò che ti dissi al settimo anno?" chiese lui.
"Mi
stai dicendo che è da allora che non gli parli
più?"
"Granger"
una voce ben nota la bloccò in un corridoio al secondo
piano, che
Hermione stava percorrendo insieme a Ginny.
"Malfoy!"
"Furetto,
lieta di vederti!" ringhiò Ginny.
"Tuo
fratello è sempre il nostro re!" fece lui, innocentemente.
"Anche se lui e il tuo fidanzatino vi hanno praticamente
abbandonate tra i cattivi..."
Ginny
ringhiò, ma Hermione l'ammonì con lo sguardo. La
rossa non poteva
esserne a conoscenza, ma i rapporti tra lei e Draco erano
sensibilmente migliorati, per così dire.
Se
con gli altri del suo gruppo si comportava quasi normalmente, le
prese in giro nei suoi confronti erano – con enorme stupore
di
Neville, Seamus, Ginny e Luna – completamente cessate.
Si
erano baciati qualche giorno prima, e la cosa aveva scosso parecchio
entrambi. Hermione era scappata di corsa dall'aula in cui si era
svolto il 'misfatto' e poi si erano sempre evitati, quasi di tacito
accordo.
"Penso
sia con me che vuole parlare" la infomò. Ginny
borbottò
qualche insulto, lo guardò un paio di volte in cagnesco, e
poi si
allontanò cianciando contro il fatto che certa gente fosse
ancora a
piede libero. Nessuno dei due fiatò per un pezzo. Hermione
si
aspettava che fosse Malfoy ad introdurre il discorso, ma lui sembrava
aver perso l'uso della parola. Così Hermione decise di
prendere in
mano la situazione.
"Sei
qui per parlare di quello che è successo l'altro giorno?"
chiese, dritta al sodo.
In
effetti, Draco, ancora stupito da quel bacio, era lì proprio
per
confrontarsi con lei. Non sapeva come prendere l'accaduto, ma sapeva
di non volerlo ignorare.
"Granger,
io..."
Ma
la frase fu interrotta dall' improvviso frullio d'ali. Un barbagianni
grigio, che Hermione riconobbe come quello di Malfoy, andò
ad
appollaiarsi sulla spalla del ragazzo.
Questi
srotolò la pergamena legata al collo dell'animale e la
scorse
velocemente. Hermione tentennò un poco, ma poi si decise ad
avvicinarsi. Il colorito pallido e il tremito delle mani le fecero
pensare subito che il Serpeverde avesse ricevuto una lettera non
delle più piacevoli. Pensò di lasciarlo solo, ma
poi cambiò idea.
Del
resto, era stato lui ad cercarla; poi si era avvalso delle sue cure
quando si era ferito all'avambraccio sinistro, nel folle tentativo di
strappare via la sua colpa. A lei aveva chiesto insegnami;
e lei gli avrebbe insegnato altri modi di vivere che non
comprendessero ira cieca, odio, violenza e presunta
superiorità.
Aveva tutta l'intenzione di tentare, perlomeno.
Arrivò
a sfiorargli il braccio e lui, al contrario di ciò che
Hermione
paventava, non si ritrasse. Anzi, le si fece più vicino e,
in un
gesto stremato, le porse la lettera. All'inizio Hermione non
comprese; tutta quella fiducia in un sol colpo, era troppo anche per
lei. Poi vide la busta con l'intestazione del Ministero della Magia:
voleva che la leggesse per lui.
Non
aveva il coraggio di farlo, probabilmente. Temeva di trovarvi cattive
notizie sul padre, Lucius Malfoy.
"Draco,
sta' calmo". Si ritrovò a sostenere la lettera con la mano
sinistra per leggerla, mentre con la destra dava lievi carezze sulla
spalla di Malfoy.
"Non
sono cattive notizie" gli comunicò; e il cuore di Draco
prese a
battere più forte. "Non verrà Baciato dai
Dissennatori, tanto
per cominciare. Pare che nel giro di un annetto o due quelle creature
saranno allontanate dal Ministero".
"E
poi?" chiese lui, intuendo che non era tutto.
"C'è
una postilla di tua madre, ma forse è meglio se..."
"Leggi
tu, io non ce la faccio. Finora ho bruciato tutte le sue lettere,
perché parlavano di mio padre. Ma questa dovevo leggerla,
perché –
capisci - porta il sigillo del Ministero".
Hermione
pensò che in quel momento Malfoy era persino più
vulnerabile di
quanto l'avesse visto Harry mentre piangeva nel bagno dei Prefetti,
l'anno prima.
C'era
una enorme fragilità emotiva nel modo in cui le stingeva il
polso,
quasi per aggrapparsi a lei. L'unica
in grado di redimerlo.
"Dice
che ha ottenuto due lasciapassare per Azkaban e che andrete a
trovarlo..."
"Andrà"
la interruppe. Lo vide irrigidire le spalle e serrare la mascella.
Non
la stava guardando. Non stava neppure parlando con lei –
più che
altro rifletteva ad alta voce.
"Come?"
chiese, certa di aver capito male.
"Io
non andrò in visita da mio padre" sentenziò. "Mi
ha
causato solo danni; si merita di stare lì dov'è e
non voglio andare
a trovarlo. Passerà la vita ad Azkaban? Dieci e lode! Se
l'è
cercata, me la sono cercata anch'io! Mi sono fatto convincere, come
il codardo che sono..."
Hermione
riemerse all'unisono dallo stesso ricordo in cui era sprofondato
Malfoy.
"Ti
ricordi?" le chiese.
"Tu
non..."
Lui
stroncò la sua frase sul nascere.
"Io
cosa? Non sono sempre stato un vigliacco?" pose la
domanda in maniera retorica, poiché la risposta era
scontata.
"Nemmeno tu, con tutta la tua bontà Grifondoro, lo puoi
negare".
La
strega tacque, non sapendo cosa rispondere per evitare di ferirlo e
allo stesso tempo di mentirgli.
"Non
sempre" gli disse, incoraggiante.
"Ah
no?" fece una risata gutturale, cupa. "Fammi un esempio che
provi il contrario".
Hermione
sospirò pesantemente, decisa a sollevarlo da quel momento di
tristezza e sperando che decidesse di confidarle le proprie
preoccupazioni, come aveva fatto in passato, quando ancora non erano
altro che due vecchi nemici ormai privi di motivi per odiarsi.
Scavò
nella propria memoria.
"Beh,
quando siamo arrivati a Malfoy Manor tu avresti potuto farci uccidere
sul momento. La mia fattura pungente su Harry non ti ha ingannato
neppure per un attimo. Sapevi chi era lui, eppure non l'hai rivelato.
Inoltre, quando ti hanno chiesto chi eravamo io e Ron, hai risposto
'non lo so, può darsi'
e noi eravamo perfettamente
riconoscibili. Tua zia si sarebbe potuta arrabbiare parecchio..."
"Lei
non mi avrebbe mai toccato".
"Suppongo
di no, visti i vostri legami familiari". Draco la fissò e
scosse la testa.
"Supponi
male, Granger" rispose, l'espressione indurita. "Non
l'avrebbe fatto solo per via di mia madre, glielo avrebbe impedito".
In
effetti, si disse Hermione, non era certo la donna che si faceva
prendere dall'affetto per il nipotino, la cara Bellatrix.
"E
comunque hai proprio sbagliato esempio" continuò Draco,
versandosi altro Whiskey. "Come ti dissi anni fa, quel giorno mi
sono vergognato di me stesso. Sono rimasto a guardare mentre ti
torturavano, solo per..."
"Per
paura, lo so" concluse Hermione, pur sapendo che lui avrebbe
usato la parola viltà. Fu proprio per
risparmiargli la pena
che decise di edulcorare la frase.
Draco
sembrò sul punto di voler ribattere, ma poi la sua
espressione
contratta si sciolse in un lieve sorriso.
"Sono
vile come lui" riprese. "Non capisco
perché non mi
consideri degno della sua stima, visto che siamo uguali".
"Non
è vero".
"Oh,
sì invece! Se penso a quanto, da bambino, tenessi alla sua
approvazione!" sospirò, una certa nostalgia nello sguardo
–
quasi di rimpianto per la spensieratezza dell'infanzia. "Non mi
hanno fatto mancare niente. Ho sempre avuto tutto. Per quanto
possibile, credo che mio padre mi amasse. Però non posso
perdonargli
gli ideali con cui mi ha cresciuto".
"Ma
sei riuscito a levarteli di dosso, e l'hai fatto da solo".
"E
questo?" sibilò in un tono basso che le mise i brividi,
sollevandosi la manica del maglione. Hermione avrebbe preferito
sentirlo gridare.
Posò
lo sguardo sul Marchio Nero che ancora, dopo anni, era lì
inciso.
Più sfocato di come l'aveva visto al loro ultimo anno di
scuola, ma
pur sempre presente. Appariva grigio, morto,
proprio come
Voldemort.
"Questo
non potrò mai cancellarlo" berciò alzandosi in
piedi. "E
non posso perdonarglielo. Sono stato un vigliacco, certo, ma avevo
sedici anni. So che alla stessa età tu stavi aiutando San
Potter a
sconfiggere il Male, anziché alimentarlo come me..." la
frase
restò in sospeso e Draco si lasciò cadere sul
divano.
Hermione
realizzò quanto per davvero chiedere quel lasciapassare
avesse
risvegliato i fantasmi dell'uomo che aveva di fronte.
"Draco"
disse dolcemente, "tu hai sbagliato e l'hai capito".
"Però
non ho pagato" sibilò, come se stesse sputando del veleno
ingerito per errore. "Dovrei essere il compagno di cella di
Lucius Malfoy".
"L'hai
detto tu stesso: eri un ragazzo, lui era un uomo. Poteva scegliere,
anche se sarebbe stato rischioso".
"Anche
io avrei potuto".
"Sì,
certo. Però tu credevi di agire per il bene della tua
famiglia; e
quando si è trattato di fare del male, di uccidere Silente,
tu hai
abbassato la bacchetta. Harry stesso ti ha visto farlo".
Draco
si passò stancamente una mano sugli occhi, colpito dal
pensiero che
la patetica scena sulla Torre di Astronomia si fosse svolta sotto
quelli di San Potter.
Si
alzò dal divano e si appoggiò contro il
caminetto. Hermione
rilasciò un sospiro nel vederlo più tranquillo.
"Sai?
Sembra incredibile, ma lo ama. Non va a trovarlo per mantenere le
apparenze; vuole proprio vederlo" dichiarò, tornando a
parlare
di Narcissa.
Il
pensiero di Lucius che si faceva amare da qualcuno diede ad Hermione
il voltastomaco, ma, del resto, immaginava che da quell'uomo gli
altri Purosangue non venissero trattati come venivano trattati i
Sanguemarcio – ovvero come formiche da schiacciare prima che
prolifichino e invadano la casa.
I
Nati Babbani, dal punto di vista di uno come Malfoy, volevano
impadronirsi del Mondo Magico e insozzarlo con il loro sangue.
Secondo Hermione, invece, il ricambio di sangue era una cosa
importante – vista la concentrazione di squilibri mentali
nella
famiglia Black, dove tutti si sposavano tra parenti.
Questione
di punti di vista, suppongo.
"Da
quanto non lo vedi?" gli chiese poi.
"Da
dopo i processi ai Mangiamorte" disse, atono. "So che è
orribile, ma mio padre rappresenta la parte peggiore di me"
dichiarò rilasciando un sospiro, come se ogni parola avesse
un peso
specifico. "Per questo non vado; ho paura che riesca a tirarla
fuori di nuovo".
"Immaginavo
l'avresti detto" fece lei. "Non mi importa tanto del
rapporto con tuo padre. Solo... fa' pace con te stesso, per
tutto".
Malfoy
tacque, perfettamente consapevole del significato delle parole di
Hermione; e poi abbozzò un sorriso.
"Allora"
fece lei cambiando argomento, "dove siamo?"
"È
qui che passo la maggior parte del tempo, non al Manor".
"Vivi
nella Londra Babbana?" Hermione spalancò gli occhi per la
sorpresa.
"E'
un posto in cui a mia madre non verrebbe voglia di infastidirmi".
Hermione rise di gusto al pensiero di Malfoy che viveva nel pieno
centro di una Londra Babbana fino al midollo. Si prese un secondo per
osservare gli spazi attorno a sè.
Il
salone era ampio e arredato con gusto. Nè pieno di
anticaglie, nè
troppo moderno. La cucina era piccola ma accogliente, le mattonelle
in cotto e il tavolo in legno le davano un aspetto raccolto.
Al
piano di sopra c'era sicuramente la zona notte; ma Hermione
notò che
c'erano anche delle scale che conducevano a un piano inferiore.
"Verso
dove si scende?" domandò aggrottando la fronte, incuriosita.
"Oh,
ti piacerà" disse guidandola per le scale, in fondo alle
quali
stava una porta che si apriva su uno stanzone buio. Draco le fece
strada e accese le luci.
"Benvenuta
nel mio mondo" disse con un sorrisetto.
Hermione
si guardò intorno, stupita nel constatare che quella stanza
era
niente meno che un laboratorio da pozionista. Evidentemente Draco si
dilettava ancora nel mischiare intrugli, perché Hermione era
conscia
che non aveva bisogno di lavorare.
"E'
fantastico!" disse, scorrendo con gli occhi attraverso
calderoni, ampolle e ampolline poggiate su scaffalature di legno ai
quattro angoli della stanza.
Al
centro c'era un grande piano da lavoro, sul quale troneggiava un
calderone in peltro misura standard, come quelli che usavano a
scuola.
Chissà
perché, da lui si sarebbe aspettata un calderone in oro
massiccio, e
invece no. Un semplice, banale e dozzinale calderone in peltro.
"Lo
so, Granger" disse guardandosi in giro, soddisfatto. "Del
resto, il tempo devo pure ammazzarlo in qualche modo".
Hermione
rise e si mise a curiosare tra le varie pozioni. In un primo momento,
la sua attenzione fu attratta da quella che riconobbe come Pozione
Invecchiante – nella sua mente balenò l'esilarante
scena del
quarto anno, quando Fred e George avevano tentato di passare la Linea
dell'Età tracciata da Silente intorno al Calice di Fuoco*.
Il
sorriso si spense quando si rese conto che, ancora una volta, Fred
era entrato di soppiatto nei suoi pensieri.
Scosse
la testa per scacciarlo via, e gli occhi si posarono su una boccetta
piena di una pozione color rubino. Ad un attento esame, Hermione non
poteva non riconoscerla.
"Questa
è..."
"Amortentia,
sì" rispose lui. "La pozione più pericolosa in
questa
stanza*" disse avvicinandosi e stappando l'ampolla. Trasse un
respiro e l'annusò, inspirando gli odori fino in fondo.
"Cosa
senti?" non si trattenne dal domandargli.
Draco
la guardò con una scintilla di malizia negli occhi. Hermione
pensò
che non gli avrebbe risposto per lasciarla con la curiosità;
ma era
in errore.
"Carta
da lettere... un sentore di cacao, credo, e Lozione Arricciariccio al
cocco" concluse, sorprendendola. "E tu?"
Hermione
si ritrasse, indecisa se annusare quella pericolosa pozione oppure
no. Non era sicura di voler conoscere gli odori che la attraevano.
Per qualche ragione era certa che la cosa le avrebbe causato una
maggiore confusione mentale.
Malfoy
si avvicinò ancora un po' con l'ampolla in mano e lo sguardo
malizioso, ed Hermione, benché reticente, chiuse gli occhi,
lasciando infine che i vari profumi le invadessero le narici. Quando
li ebbe riaperti, Draco tornò all'attacco.
"Allora,
cosa senti nella tua Amortentia?" chiese, nascondendo la
curiosità dietro un tono provocatorio.
"Non
te lo dico".
"Andiamo!
Cosa attrae Hermione Granger?"
NOTE
AL CAPITOLO
1)Rosso
Rubino è il titolo di una puntata della seconda
serie The
Mentalist, quindi è un omaggio allo splendido uomo
del mio
Avatar (ovvero Patrick Jane). E nel capitolo si riferisce,
ovviamente, al colore rosso dell'Amortentia.
2)Questa
frase si trova nel libro Northanger Abbey
della
incommensurabile Jane Austen; non so il capitolo, perché la
Austen
di solito la cito a memoria (anche nelle frasi più banali
come
questa) e di certo non andrò a cercare dove si trova.
L'unica cosa è
che al posto di sabato, il giorno era mercoledì, mi pare.
3)La
scena del libro in cui Scrimgeur apre il testamento e a Ron va il
Deluminatore, a Harry il Boccino della sua prima partita a Quiddich e
a Hermione la copia di Silente delle Fiabe di Beda.
4)Parole
prese alla lettera dalla profezia che Sibilla Cooman formulò
a
proposito di Voldemort e Harry.
5)Tutti
sapete che i Weasley abitano alla Tana, ma magari alcuni non
ricordano il paese vicino al quale si trova la casa, ossia Ottery
St. Catchpole.
6)E'
il primo discorso tra Hermione, Ron e Harry nel libro 'Harry
Potter e la Pietra Filosofale'.
7)Le
note di Silente alle Fiabe di Beda il Bardo si
trovano a
seguito di ognuna delle storie nel libro, e secondo me sono
fantastiche.
8)Da
un'intervista rilasciata dalla Rowling, si sa che i Malfoy non hanno
subito particolari conseguenze dalla Seconda Guerra Magica, o
perlomeno non sono finiti in prigione. Anche grazie alla
testimonianza di Harry sul fatto che Narcissa ha mentito per
coprirlo. Ecco, io ho preferito mettere in galera Lucius;
semplicemente perché questa è la mia storia e mi
serviva così.
9)In
Harry Potter e il Calice di Fuoco, Silente traccia la linea
dell'età intorno al calice, per impedire che maghi
al di sotto
dei diciassette anni si iscrivano al Torneo Tremaghi. Ovviamente i
gemelli ci provano e, altrettanto ovviamente, falliscono.
10)Sono
parole che Lumacorno dice nel film Il principe Mezzosangue
a
proposito di questa pozione, che può indurre, se non
l'amore, una
potente infatuazione.
SPAZIO
AUTRICE
So
che probabilmente mi riterrete crudele per il modo in cui ho concluso
il capitolo. Vi dico ora che neppure al prossimo saprete se
Hermione ha risposto a Draco, nè cosa
sente nell'Amortentia.
Potrebbe aver capito qualcosa, come no. Potrebbe aver sentito odori
che le ricordano Fred, o che le ricordano Draco. O magari entrambi.
Chi lo sa, a parte me e Hermione. Ormai sapete che amo i flash-back,
prima o poi colmerò questa lacuna, tranquilli.
Intanto
sapete cosa sente lui, avete visto la casa (che
mi servirà poi).
In molte situazioni io getto le basi per sviluppi futuri che
–
spero – vi sorprenderanno. L'ho totalmente stravolto questo
capitolo (in
uno dei momenti folli in cui straccerei tutto quello che scrivo) e
vorrei
sapere se n'è valsa la pena o meno.
Infine...
Grazie
alle 100
persone che hanno aggiunto
questa storia tra le liste, ma soprattutto a coloro che spendono un
po' del loro tempo e recensiscono <3
Il
vostro parere, qualunque esso sia, può aiutarmi a capire se
sto
andando nella giusta direzione. E' vero che ciò che scrivo
deve
incontrare il mio gusto, ma anche il vostro. Quindi è un
grazie a
chi recensisce e un invito a chi è pigro come io lo ero
qualche anno
fa ;)
Un
bacione gente!
p.s.
La_Marta
io te lo dico: abituati agli annunci di matrimoni e fattene una
ragione, perché ce ne saranno un po'. Non venirmi a
scocciare, if
you know what I mean <3
|
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Capitolo 21 *** Personal Riddle ***
CAPITOLO
VENTI – Personal Riddle*
Il
risveglio del lunedì mattina fu piuttosto traumatico per
Hermione.
Aveva passato la domenica con i genitori, in
maniera babbana,
mettendo più distanza possibile tra lei e il mondo magico.
Il
sabato precedente aveva declinato l'invito a cena di Harry,
spostandolo al martedì sera. Dopo il lavoro, avrebbe passato
la
serata a Grimmauld Place.
Tanto,
a casa non avrebbe avuto nessuno ad aspettarla. Lei e Fred erano
praticamente due estranei sotto lo stesso tetto. Quando si
incontravano sulle scale o sulla porta del bagno, sembrava fosse una
pura casualità, quasi una stranezza.
Era
una situazione molto pesante, ed Hermione sentiva che una spada di
Damocle pendeva sulle loro teste. Quella bolla di rabbia e
frustrazione sarebbe scoppiata prima o poi, su questo non vi era
alcun dubbio.
Mentre
la strega si vestiva, qualcun altro, nella stanza a fianco,
rimuginava sulla situazione che si era venuta a creare in casa.
Fred
si era rigirato nel letto per parecchio tempo prima di prendere sonno
e, al risveglio, tutto era identico a come l'aveva lasciato. In sogno
non gli era giunta alcuna illuminazione su come comportarsi con
Hermione; quella situazione di stallo lo stava lentamente uccidendo.
Si mise a sedere, passandosi stancamente una mano sugli occhi; e solo
quando ebbe udito il rumore della porta si azzardò ad uscire
dalla
propria stanza. Di Hermione Granger non c'era più traccia.
La
strega si chiuse la porta di casa alle spalle, con un sospiro. Dover
considerare una conquista il non incontrarsi con Fred le metteva
addosso una spiccata malinconia, che sperava di scrollarsi di dosso
prima di entrare al negozio.
Le
persone in strada sembravano allegre. Forse perché era una
bella
giornata, soleggiata. I bambini ancora troppo piccoli per essere ad
Hogwarts si divertivano a soffiare dentro tubicini che producevano
bolle di sapone. Non sembravano poi così differenti da
quelle
babbane, se non per le dimensioni gigantesche e le forme –
diciamo
– particolari. Le più frequenti erano quelle degli
animali
immaginati dal piccolo possessore del gioco, o che ne rispecchiassero
maggiormente la personalità.
Una
bambina aveva appena soffiato nel bastoncino e quello aveva prodotto
un enorme leone, che al momento ruggiva fieramente.
Hermione
era pronta a scommettere che di lì a qualche anno il
Cappello
Parlante l'avrebbe Smistata in Grifondoro. La bambina le fece un gran
sorriso ed Hermione sorrise di rimando, benché quella vista
non
avesse scalfito la sua tristezza.
Le
bolle dalle strane forme nell'aria provenivano tutte dai Tiri Vispi
Weasley, cosa che di certo non la aiutava a dimenticare la faccenda
di Fred, visto che era uno dei titolari*.
Dopo
quelli che le parvero chilometri anziché pochi metri, giunse
nel suo
piccolo porto sicuro. Incredibile come passare un normalissimo
weekend lontana dalle bacchette potesse farle sentire la mancanza di
quel luogo. Entrò portandosi dietro il solito tintinnio
– e
Ollivander seppe che era lì.
"Buongiorno"
la salutò, invisibile agli occhi. Di certo era sul retro,
nel
laboratorio, dove Hermione non aveva ancora messo mai piede, se non
per curiosare. Non si sentiva pronta per creare una bacchetta; sapeva
di non esserlo.
"Buongiorno,
signore" ricambiò, spogliandosi del soprabito e
raggiungendolo
sul retro. Lo vide intento alla creazione di quella che prometteva di
essere una splendida bacchetta di castagno. Stava intagliando il
legno con una minuzia quasi maniacale, ma Hermione sapeva che proprio
quella cura del particolare era il segreto del successo di
Ollivander, il motivo per il quale le sue bacchette non erano
considerate alla stregua di quelle di Jimmy*.
"Sento
il rumore dei tuoi pensieri, signorina Granger" la voce
dell'uomo la sorprese. Non aveva neppure alzato gli occhi dal piano
di lavoro, perciò non poteva aver colto l'espressione
riflessiva che
doveva avere al momento. La strega sorrise e si avvicinò per
osservare meglio. Cercava di cogliere il modo in cui le mani nodose
del bacchettaio correvano veloci ad eliminare ogni strato superfluo.
Pezzo per pezzo, quel piccolo blocco di legno avrebbe preso forma,
diventando uno strumento in grado di incanalare magia. E tutto per
merito di quell'uomo. Tutto era opera sua.
"Ho
ancora parecchio da imparare..." sospirò Hermione, seguendo
i
movimenti decisi, eppure delicati. "Non riuscirò mai ad
avere
il suo tocco, così... sicuro" disse con
voce lagnosa.
Ollivander sbuffò, senza replicare. "Come riesce a operare
quella torsione del polso? Quanti secoli di apprendistato mi ci
vorranno? Lei pensa che io non sia tagliata per fabbricare
bacchette?"
A
quella raffica di domande ansiose, il fabbricante distolse
l'attenzione dal legno che stava prendendo forma tra le sue mani.
"Per
l'amor di Merlino! È ovvio che penso che tu sia tagliata, o
non
perderei neanche tempo ad insegnarti il mestiere, non credi?"
domandò, retorico. "Ti manderei direttamente qui dietro
l'angolo, a fare apprendistato alle Meravigliose bacchette di
Jimmy Kiddle"
sputò fuori
il nome del rivale come fosse un insulto.
Chiamarlo
'rivale' non è neppure appropriato; tra Kiddle e Ollivander
non
c'era gara: il vincitore sarebbe risultato scontato. Non
a caso, quando Voldemort ne aveva avuto bisogno, aveva rapito
Ollivander per farsi aiutare, non certo Jimmy Kiddle.
"Per
carità" fece, sinceramente schifata dal pensiero.
"Quell'uomo
non distinguerebbe una bacchetta di plastica da una vera".
Forse
era un po' esagerato e decisamente spocchioso come giudizio, ma il
vecchio Garrick non avrebbe potuto essere più fiero della
sua
apprendista. Non poteva approvare i metodi spicci e la scarsa cura
per le materie prime da utilizzare che Kiddle metteva nel costruire
oggetti magici così potenti – come si supponeva
fossero le
bacchette. Era felice che anche Hermione condividesse quel giudizio.
"Se
non vuoi che ti spedisca da lui a fabbricare bacchette di plastica,
smettila di
lamentarti,
guarda e impara" le disse, rimettendosi al lavoro. "Non c'è
fretta".
Hermione
sorrise e si rilassò all'istante sentendo il tono fermo con
cui
l'uomo aveva pronunciato l'ultima frase.
Afferrò
uno sgabello ligneo, alto, decisa a fare come le era stato detto. Gli
sedette accanto, immergendosi con lui in quell'operazione che
–
sperava – un giorno sarebbe stata in grado di compiere anche
lei,
anzichè limitarsi a fissare passivamente la scena.
"Per
me l'arte delle bacchette è un mistero tutt'oggi" le disse
dopo
quasi mezz'ora,
interrompendo il silenzio assoluto che si era creato. Nessuno aveva
bussato, niente era intervenuto a disturbarli; quindi Hermione era
rimasta lì a guardare, immobile. Si
immerse negli occhi liquidi dell'uomo, che la scrutavano.
"Vuole
prendermi in giro? Lei è Garrick Ollivander, le bacchette
non hanno
segreti per lei!" gli fece notare pacatamente.
"Non
è propriamente così che voglio sembrare, o avrei
messo una sciocca
insegna come quella di Jimmy" dichiarò.
Nella
mente di Hermione apparve netta la scritta in lettere dorate Le
meravigliose bacchette di Garrick.
Dapprima
arricciò
il
naso, quasi
schifata, ma
poi non seppe trattenere una risatina.
"Non
sono mai stato modesto, lo riconosco".
Non
c'era bisogno che lo dicesse, Hermione ormai conosceva perfettamente
questo aspetto del carattere di Ollivander. "Ma sono sempre alla
ricerca della verità, solo questo conta per me" disse con
aria
da vecchio e saggio filosofo. Stranamente però, Hermione
sentì
subito di aver compreso a fondo le parole. Come se quella filosofia
fosse ormai anche la sua. "Chi crea bacchette deve sempre
cercare il vero, te l'ho detto mille volte".
"Proprio
così, signore". Al contrario di quanto si potrebbe pensare,
Hermione non era affatto seccata che le dicesse o le ripetesse
–
anche mille volte – quelle cose. Erano forse insegnamenti
anche più
importanti di quelli teorici e pratici. Erano insegnamenti di vita.
La
sera, quando Hermione rincasò, ad attenderla fuori dalla
porta trovò
il barbagianni di Malfoy con un messaggio per lei:
Ho
avuto delle complicazioni; il nostro appuntamento di stasera non
è
più possibile.
DM
Scarno,
incisivo, quel biglietto sarebbe parso anche parecchio freddo
–
piuttosto indicato per il 'vecchio' Malfoy – se non fosse
stato per
le poche parole vergate in fretta, ma sempre con calligrafia minuta
ed elegante:
p.s.
Non strapparti troppi capelli da quel cespuglio: sopravviverai alla
mia assenza.
Hermione
curvò le labbra in un lieve sorriso e pensò che
la prospettiva di
un tranquillo lunedì sera a casa non era niente male, dopo
una
giornata di lavoro come quella. Aveva provato a stare dietro ad
Ollivander nella fabbricazione delle bacchette, ma i suoi movimenti
esperti e sicuri, anziché spronarla, l'avevano fatta sentire
in
difetto, come una scolaretta ignorante e incapace. Nonostante le
rassicurazioni dell'uomo, lei non poteva non chiedersi se sarebbe mai
stata in grado di fabbricare una bacchetta.
Si
diresse a passo stanco verso la cucina, disseminando abiti al suo
passaggio. Solitamente si spogliava e riponeva ordinatamente le cose,
visto che erano dotati di un apposito attaccapanni all'ingresso. Se
c'era uno che lasciava in giro i vestiti – e il cui percorso
in
casa era deducibile proprio dalla posizione di questi ultimi
– era
Fred.
Probabilmente,
pensò Hermione, era ancora al negozio con George o fuori con
Sally e
– in tal caso – un loro incontro in serata era
improbabile, visto
che lei aveva tutte le intenzioni di andare a letto presto. Ora che
non aveva più gli incartamenti delle sue traduzioni dal
runico su
cui sbattere la testa ogni sera, poteva rilassarsi leggendo uno di
quei bei tomi che tanto le piaceva tenere sottomano. E dai quali
–
nei primi, lieti tempi della loro convivenza – Fred
puntualmente la
distraeva. Sorrise ricordando il rapporto nuovo e giocoso che si era
creato fra loro tra quelle quattro mura, che in quel momento erano
l'emblema della solitudine. Non erano più loro,
ma lei e lui.
Le
loro vite erano due rette parallele e le volte in cui, per caso,
andavano ad incrociarsi, non ne uscivano fuori altro che litigi.
Ma
forse, si disse, sono io che parto dal presupposto
sbagliato.
Come se ci fosse mai stato un 'noi', che in realtà
è stata tutta
una mia assurda proiezione.
Fred
non aveva colpa, se non quella di essersi fatto beccare con Sally.
Avrebbe potuto semplicemente dirle che non era interessato, o che era
stato un errore. Ma non era di certo delicato pomiciare la gelataia
sotto la casa dove anche Hermione viveva. L'aveva sconvolta, e di
lì
un evento dietro l'altro l'avevano portata dov'era. Confusa,
si sentiva confusa. Magari, pensò, era stato un bene. In
fondo, Fred
non era l'uomo giusto per lei, nossignore. Non avrebbe potuto
funzionare tra loro. Erano entrambi testardi. Se Ginny era convinta
che la convivenza con Hermione avrebbe inquadrato Fred e che
quest'ultimo avrebbe smussato gli angoli duri del carattere della
ragazza, doveva ammettere di aver sbagliato. Ciò che stava
avvenendo
tra di loro, stava producendo esattamente l'effetto opposto rispetto
a quello previsto dalla rossa. Hermione era sempre più dura
e chiusa
in sè, Fred non era diventato più ordinato, ma
solo musone –
caratteristica che prima non gli apparteneva affatto.
Insomma,
negli ultimi tempi, quella convivenza produceva solo danni in
entrambi gli occupanti la casa, tanto che Hermione aveva valutato
l'ipotesi di gettare la spugna. Poi, però, ci aveva sempre
ripensato.
È
vicino al negozio... niente Smaterializzazione... è Diagon
Alley...
dovrei cercare un altro coinquilino, uno
sconosciuto...
Queste
erano le scuse più gettonate che la sua mente contorta
proponeva più
spesso come giustificazioni. Non avrebbero retto neppure se propinate
a Teddy, un bimbo di appena cinque anni; ma Hermione si accontentava
di tenerle per sè, senza pretendere che qualcuno le
confermasse nè
confutasse.
Nel
mezzo delle proprie elucubrazioni mentali, seduta al tavolo della
cucina e intenta a sorseggiare un po' di Succo di Zucca, udì
la
chiave girare nella toppa: qualcuno stava entrando in casa. Passi
strascicati risuonarono familiari nel corridoio, seguiti dalla voce
di Fred.
Il
roscio, entrato in casa, notò che, ancora una volta, la luce
in
cucina era accesa. Probabilmente, pensò, suo fratello aveva
pensato
di fare un salto per vedere come stesse. Si era messo in testa che si
stesse deprimendo.
"GEORGE!
Se sei di nuovo tu, sparisci; ti ho già detto che non ho
bisogno di
compagnia" mugghiò. "Perciò puoi anche tornartene
da Ange..." le parole gli morirono in gola e la voce si spense
quando si accorse che in cucina, seduta sulla panca lignea, c'era la
sua coinquilina – e non suo fratello.
"Come
mai qui?" le chiese, un po' rude, benché non avesse
intenzione
di esserlo.
"Credevo
di abitarci" rispose ironica. Fred rimase zitto, sembrava avesse
esaurito la scorta di parole.
"Tu
piuttosto, che ci fai qui?"
"Ci
vivo da anni" replicò, il tono pungente.
"Ho
capito" fece Hermione, alzandosi dal tavolo. "Non ho voglia
di litigare". Aveva tutta l'intenzione di andarsene a letto, se
restare significava discutere di nuovo.
"Che
fai?" le chiese aggrottando la fronte.
"Te
l'ho detto, non ho voglia di litigare" ribadì.
"Nemmeno
io" rispose sciogliendo la maschera di tensione sul proprio
volto e rilasciando un sospiro mentre si sedeva su uno sgabello.
"Resta, non voglio che ti rinchiuda in camera a causa mia".
Hermione
fu sorpresa da quelle parole, come lo fu dal tono stanco con il quale
furono pronunciate. Un tono che – da parte di Fred
– le diede uno
scossone. Si sedette senza replicare e si versò dell'altro
Succo di
Zucca.
"Non
hai mangiato?" chiese Fred.
"Non
ho fame".
"Non
ha importanza" disse alzandosi in piedi e cambiando tono.
Sembrava un altro rispetto al ragazzo di cinque minuti prima. "Mia
madre sostiene che non mangiare è il primo passo verso la
depressione*" dicharò solennemente mettendosi poi ad
armeggiare
con pentole e padelle.
Hermione
lo guardava basita, la fronte aggrottata. Il bipolarismo era l'unica
spiegazione agli strani comportamenti di Fred, ne era ormai certa. Il
ragazzo si voltò verso di lei, trovandola intenta a fissarlo
e del
tutto inoperosa.
"Ehi!"
protestò. "Io sto cucinando, tu almeno apparecchia". Poi
si girò ed accese il fuoco con la bacchetta, bollendo
qualcos' altro
in un pentolone. Alla fine, Hermione apparecchiò la tavola
di tutto
punto senza troppo sforzo – ovvero restando seduta a far
spostare
tovaglia, posate e bicchieri con la magia.
Quando
tutto fu pronto si misero a tavola; ed Hermione dovette ammettere con
se stessa che già la tovaglia a quadri, la caraffa di vetro
soffiato
e un po' di calore umano la facevano sentire meglio, quasi come se
fra di loro non ci fossero mai state fratture. Ma c'erano, certo, e
non ci volle molto perché venissero a galla.
"Credevo
fossi con Malfoy" commentò lui, in tono casuale. Lei
tossicchiò, evitando per un pelo di sputare l'arrosto in
mezzo ai
piselli di contorno.
"Ehm,
non stasera" spiegò.
"Domani
allora" osservò piatto.
"No,
domani sera sono a cena da Harry e Ginny" rivendicò, quasi
per
dirgli che si sbagliava, che lei non passava tutto il tempo libero
con Draco. Non che fossero affari suoi, si intende!
"Tu
invece, non dovresti essere con Sally?" Fred ingoiò il
boccone
a secco, senza bere. Non doveva essere con Sally? No, perché
lui non
usciva più con Sally.
Proprio
per questo suo fratello era andato a controllare che stesse bene
qualche sera prima, quando lui era solo ed Hermione chissà
dove con
Malfoy.
George,
credendolo depresso per la rottura con Sally, si era premurato di
andarlo a trovare per passare una serata 'come ai vecchi tempi'.
Quando
Fred gli aveva candidamente confessato di essere stato lui a troncare
la relazione, George aveva sollevato entrambe le sopracciglia,
alquanto sorpreso. Suo fratello era triste, cavolo.
E
se non lo era perché Sally lo aveva lasciato, quale diamine
di
motivo poteva avere? Aveva provato a chiedere se ci fosse qualche
problema di salute che gli teneva nascosto, se volesse emigrare per
qualche debito di gioco, se avesse compiuto qualche crimine
inconfessabile.
Poi
aveva ragionevolmente concluso che doveva esserci di mezzo un'altra
ragazza. Il punto era che Fred era stato irremovibile nel negare,
perciò George non aveva potuto saperne
l'identità; anche se di
certo non si era dato per vinto.
Però
tutto questo – la solitudine, il vuoto, la tristezza
– Hermione
non doveva saperlo. Non voleva che lo compatisse, che sapesse che
soffriva a causa sua. Perciò fece l'unica cosa possibile:
mentire.
"Non
stasera, aveva un impegno e così abbiamo rimandato a domani".
"Oh"
fu l'unico commento di Hermione. Poi calò il silenzio,
finché non
fu nuovamente lei a parlare. Se ne uscì con la prima cosa
che le
venne in mente.
"Sai,
Ollivander oggi ha minacciato di mandarmi a fare apprendistato da
Jimmy Kiddle". Vide comparire un sorrisetto inatteso sul volto
di Fred.
"Fammi
capire, questo è il tipo di minaccia che ti sconvolge?"
ridacchiò.
"Ehi,
le bacchette che fabbrica quel tipo sono affidabili più o
meno
quanto le vostre ai Tiri Vispi Weasley!" gli ricordò.
"Non
offendere le nostre bacchette finte!" protestò lui,
accalorandosi. "Almeno quelle qualche magia sono in grado di
produrla".
"Oh
certo, peccato siano magie ai danni del possessore!"
"Danni
mi sembra esagerato: che male c'è..."
"...
se la bacchetta che tieni in pugno si trasforma in un' anatra di
gomma o qualche altra cosa mentre stai compiendo un incantesimo?"
domandò retoricamente.
"Come
sei noiosa!" sbuffò il ragazzo. "La fai sembrare una cosa
pericolosa, mentre è molto divertente".
"Il
tuo concetto di divertente e il mio non combaceranno mai, Fred"
sospirò scuotendo la testa, ma ridendo. "A parte le minacce"
riprese, "è stata una giornata intensa. Piena di clienti, un
viavai pauroso".
"Davvero?"
"Poi,
una coppia di fidanzatini ci ha fatto perdere un mucchio di tempo per
trovare una bacchetta adatta a lei".
"Non
ha la sua?"
"Gliel'hanno
rubata e doveva comprarne una nuova".
"L'ha
trovata?"
"Certo,
dopo aver smontato il negozio" raccontò irritata. "Una
bella bacchetta di agrifoglio".
"Buon
per lei" borbottò Fred.
"Anche
se" aggiunse lei pensierosa, "quando il ragazzo ha tirato
fuori la propria bacchetta, Ollivander ha messo su una faccia
strana". Fred si fermò e si mise in ascolto.
"Come
mai?"
"Il
ragazzo aveva una bacchetta di quercia e, quando sono usciti, lui ha
bofonchiato qualcosa sul fatto che non era un'unione consigliabile"
riferì Hermione. Con suo stupore, vide un lampo di
comprensione
passare sul volto di Fred, insieme a un sorriso che lo
illuminò.
"Capisco"
disse solo, riprendendo a mangiare. Hermione attese, ma non disse
altro.
"Ehm,
vuoi rendermi partecipe?" chiese, piuttosto perplessa.
"Ma
come, la So-Tutto-Io non conosce le superstizioni da bacchettaio? Nel
mondo babbano dovranno pur esistere dei proverbi, o qualcosa di
simile".
"Ma
certo che esistono; cosa c'entra?"
"Ecco"
spiegò lui. "C'è un proverbio che dice Se
lui è quercia e
lei agrifoglio, le nozze non consiglio".*
"Che
cosa?" chiese con voce stridula e divertita. "Ma è
ridicolo!"
"Ti
stai facendo beffe delle tradizioni magiche; tu che difendi perfino i
diritti dei Troll e degli Elfi?" l'accusò con aria offesa.
"Non
prendo in giro la cultura magica popolare" si riprese, la voce
ferma. "Solo... non credo che Ollivander sia superstizioso,
tutto qui". Fred la guardò come se fosse la quintessenza
dell'ingenuità.
"Forse
preferisce non farlo sapere, ma lo è".
"Che
ne sai?" rimbeccò, stizzita.
"Tutti
i fabbricanti lo sono" sentenziò. "Pensa che ci sono altri
proverbi sulle..."
"Per
cortesia" lo interruppe. "Lui non crede a queste
scemenze..."
"Come
vuoi" fece Fred, sicuro di sè. "Ti ricrederai presto,
dammi retta".
"...
e io e George stavamo pensando" blaterava Fred, la bocca
lievemente impastata dal troppo Firewhiskey. Non era ubriaco, solo un
po' allegro, come del resto Hermione. Bevi tu che bevo io, un
bicchiere a te e uno a me, e la mezzanotte era appena scoccata. Si
sentiva felice, Hermione.
Inizialmente,
al pensiero di cenare insieme, si era sentita a disagio. Dopo tutto
ciò che era successo fra loro, credeva che non sarebbe stata
capace
di parlargli con disinvoltura. Invece, dopo un iniziale imbarazzo,
ora stavano chiacchierando come se niente fosse.
"...
che potremmo creare dei giochi a forma di draghi, però in
movimento".
"Ne
esistono di già" ribattè lei. Lui
scacciò via il commento con
un gesto della mano, come se fosse un moscone fastidioso.
"Ma
intendo, draghi veri". Sul volto di Hermione si
disegnò
un'espressione di puro stupore. Non era mai buono quando Fred e
George progettavano qualcosa di nuovo, ne era perfettamente conscia.
"In
che senso, veri?"
"Nel
senso" riprese lui, "che dovrebbero sputare fuoco e fiamme
sulle mani dei loro padroni. Sai, come i draghetti che fecero pescare
a Harry e Fleur durante il Torneo*". Hermione notò che Fred
aveva evitato di nominare Krum. Si sentì molto stupida nel
riconoscere che la cosa le aveva fatto piacere.
"Fred,
ma ti ha dato di volta il cervello?" domandò Hermione. "I
'padroni', come li chiami tu, saranno bambini dai tre ai sei anni"
osservò. "E voi volete mettergli in mano un pupazzetto che
azzanna e sputa fuoco: geniale!"
commentò, sarcastica.
"È pericoloso". Fred si mise a ridere di gusto.
"Ma
non sarà pericoloso, credi che non conosca il mio mestiere?
Sarò io
stesso ad occuparmi di rendere inoffensive le fiamme"
spiegò.
"Basta un semplice Incantesimo Freddafiamma*" spiegò
pazientemente. Hermione si zittì: perché non ci
aveva pensato lei?
"Una
volta ti fidavi..." Di me, pensò. "Dei
Tiri Vispi,
voglio dire" dissimulò l'imbarazzo con un cambio di tono
–
ora giocoso. Quelle parole ricordarono a Hermione una bella mattinata
trascorsa a Diagon Alley, a visitare il negozio di Fred e George, da
poco attivo.
"Sai"
commentò Hermione guardando Harry, "questa è
davvero magia
straordinaria!"
"Per
quello che hai detto, Hermione" intervenne una voce alle sue
spalle, "puoi averne uno gratis".
Un
sorridente Fred apparve davanti a loro, indossando un completo color
magenta in magnifico contrasto con i capelli fiammeggianti.
"Che
cosa è successo al tuo occhio?"
"Il
tuo cannocchiale tirapugni" rispose lei mesta.
"Oh,
accidenti, me n'ero dimenticato" fece Fred. "Ecco..."
Estrasse
un tubo dalla tasca e glielo porse; lei lo svitò cauta e
vide una
densa pasta gialla.
"Basta
che ne applichi un po' sul livido e sparirà entro un'ora"
disse
Fred. "Dovevamo ancora trovare un cancellalividi efficace,
stiamo provando gran parte dei prodotti su noi stessi".
"Non
è pericoloso, vero?"*
A
Hermione venne da ridere; ma le sembrò di uscire da un
sogno. Certo,
all'epoca non avrebbe mai immaginato che il rapporto tra lei e Fred
sarebbe diventato così... intimo. Era
solo il fratello di Ron
e un ex compagno di Grifondoro.
Ultimamente
i ricordi le passavano per la mente senza che fosse lei a
richiamarli. Una diciottenne impegnata nel suo ultimo anno ad
Hogwarts, a combattere con i propri fantasmi; una sedicenne nel
negozio di Fred, che non aveva ancora affrontato le battaglie
peggiori.
"Fred,
uno che produce Cannocchiali Tirapugni non è esattamente
'affidabile', non ti pare?" disse ridacchiando per scacciare via
quel ricordo.
Fred
era sempre stato lì, e lei non ci aveva mai fatto caso, come
lui non
aveva mai fatto caso a lei. Non in quel senso,
almeno.
Forse
perché con loro c'era sempre stato qualcun altro. Non si era
mai
concentrata su lui e basta; come se non l'avesse messo a fuoco. C'era
sempre tanta, troppa gente intorno per poterlo fare: gli amici, la
scuola, Krum, la guerra, Ron.
C'era
sempre stato qualcosa che li aveva divisi. O meglio, che non li aveva
mai fatti entrare in contatto. Ora sì, dopo che si erano
avvicinati,
si poteva davvero dire che qualcosa li aveva separati. Forse non era
destino, forse era così che doveva andare.
"Cosa
ti ronza per la testa?" le chiese Fred, scorgendo la sua
espressione malinconica e pensierosa. Lei si riscosse e gli fece un
sorriso. Ma era più un sorriso di circostanza, per niente
sincero.
"Niente,
mi ero solo distratta". Non una bugia, ma neanche la verità.
Era
certamente distratta, ma aveva omesso tutta la serie di pensieri che
le avevano invaso il cervello – contro la sua
volontà, sia
chiaro.
"Forse
sei solo stanca e io sto qui a parlare di draghi tascabili"
disse Fred, tanto per toglierla d'impiccio. "Oppure ti annoio"
espresse ad alta voce quel pensiero, seppure con un sorriso sulle
labbra. "Sarebbe la prima volta che mi succede, credo".
Hermione lo guardò come se le avesse appena detto di volersi
mettere
in casa uno Snaso*.
"Non
potresti mai" mormorò, senza accorgersi dell'eccessiva
enfasi
nella sua espressione. Stavolta sì, che era stata sincera.
Poi
successe tutto all'improvviso.
Si
sporse senza riflettere, senza pensare che Fred avrebbe anche potuto
respingerla – dal momento che usciva con Sally e dopo che lei
stessa aveva rifiutato di baciarlo, la volta prima. Senza pensare
neppure a tutto quello che era accaduto tra loro: litigi, lacrime,
incomprensioni.
In
quel momento c'erano solo gli occhi scuri di Fred legati ai suoi. Si
sporse, e lo baciò. Dapprima fu a fior di labbra,
lievemente, poi
divenne un vero e proprio bacio. Le labbra si intrecciavano in un
gioco seducente e innocente al tempo stesso, mentre le lingue si
cercavano insistentemente. Hermione schiuse la bocca ad una pressione
maggiore, esercitata da quella di Fred. Fu allora, quando il bacio
divenne completo, intenso, appassionato... che Hermione si
scostò.
"Scusami"
mormorò imbarazzata. "I-io non avrei dovuto"
balbettò,
incespicando sulle sue stesse parole. Si alzò alla svelta
senza
preoccuparsi nemmeno di ascoltare se Fred avesse o meno qualcosa da
dire.
"Credo...
credo sia meglio che io vada a dormire" si giustificò. Fred
provò parlare per dire qualcosa di sensato, possibilmente.
Il
problema, però, non si pose; perché non aveva
fatto in tempo ad
aprir bocca, che Hermione era già scomparsa dalla cucina,
salendo di
corsa le scale, e sbattendo la porta della propria camera come se
volesse frapporre un muro altissimo – più di
quanto già non fosse
– tra di loro.
Fred
sospirò guardandosi intorno. Fino a due minuti prima
parlavano
tranquillamente, poi si era zittita d'improvviso, e ora... quello.
Si portò la testa tra le mani, quasi cercando di spremersi
le
meningi per farne uscire una spiegazione sensata. Non riusciva a
capire. Erano giorni che non riusciva a capire, a capirla.
Hermione Granger era il suo personale rompicapo, e quella sera,
lì
seduto, decise che l'avrebbe risolto. O, almeno, ci avrebbe provato
fino alla fine.
NOTE
AL CAPITOLO
1)
Riddle significa 'indovinello', ma anche rompicapo e si riferisce a
quel che Fred pensa di Hermione, ovvero che sia il suo personale
rompicapo. Non ho resistito a dare un titolo che richiamasse
un
elemento della saga, ovvero il caro vecchio Tom Riddle, in arte
Voldemort.
2)
Non so se davvero delle bolle di sapone del genere siano in
produzione ai Tiri Vispi, però quelle classiche –
le nostre – mi
sembravano davvero troppo banali per stare a Diagon Alley.
3)
Jimmy Kiddle ha un negozio di bacchette a Diagon Alley, che si chiama
Le meravigliose bacchette di Jimmy Kiddle. Ovviamente sono di
qualità
molto inferiore a quelle del nostro amato Ollivander.
4)
Non so se Molly Weasley sappia cos'è la depressione, ma ce
la vedo a
dire una frase del genere.
5)
Questo è un proverbio del mondo magico citato negli appunti
di
Silente alle Fiabe di Beda il Bardo; precisamente in quelli che si
trovano dopo l'ultima fiaba, ovvero la storia dei fratelli Peverell.
6)
Incantesimo Freddafiamma: raffredda il fuoco e lo rende innucuo; non
spegne le fiamme ma le rende inoffensive.
7)
Questa scena è riportata dal libro Il Principe
Mezzosangue.
All'inizio del libro, infatti, alla Tana,
Hermione tocca
inavvertitamente un Cannocchiale Tirapugni e si ritrova un occhio
viola.
8)
Soffice, nero, con il muso lungo, lo Snaso predilige le cose
luccicanti. Gli Snasi vengono spesso allevati dai Goblin per scavare
nel profondo della terra in cerca di tesori. Sono animaletti carini e
affettuosi, ma possono rivelarsi devastanti per la proprietà
di un
mago/strega. Pertanto, gente, vi sconsiglio di tenerli in casa.
ANGOLO
AUTRICE
Ciao
gente! Ecco a voi il ventesimo capitolo. Non ho molto da dire, se non
rassicurare le fan di Draco che lui tornerà e chiedere a
coloro che
invece tifano Fred se hanno gradito la scena del bacio. Hermione non
stava esattamente ragionando, o avrebbe pensato che questo potrebbe
–
e dico potrebbe – incasinare le cose. Potrebbe anche non
cambiare
niente, però. Fred poverino è piuttosto
giù di corda quando non è
con lei, quindi George ha tentato di tirarlo su. Ancora non si
è
confidato, ma non penso reggerà per molto. Ho un po'
insultato Jimmy
Kiddle, ma ovviamente tiro acqua al mio mulino – ovvero
quello di
Garrick. Adoro il mio vecchietto <3 Spero di poter aggiornare
presto, prevedo che con il prossimo capitolo alcune di voi vorranno
la mia testa :)
Baci!
Jules
|
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Capitolo 22 *** Stai con me ***
Ciao
gente! Jules all'attacco con un nuovo capitolo, che per vari motivi
è
stato un parto. Cancellavo, riscrivevo, ricancellavo, spostavo pezzi
da una parte all'altra. Alla fine ho detto basta, e questo è
il
risultato. Buona lettura!
Dedicato
a Jaded_ e
La_Marta (sono
le peggiori amiche che si siano mai viste, ma io LE voglio
bene!) Siete le guest stars di
questo capitolo, ragazze
– Jade e Martha.
Ti ho cambiato la Casa di appartenenza, La_Marta,
per necessità 'di copione'. (Sulla carta sei una Tassa, dal
vivo
resti una Serpe!)
CAPITOLO
VENTUNO – Stai con me
Oh,
won't you stay with me?
'Cause
you're all I need
This
ain't love, it's clear to see
But
darling, stay with me
Sam
Smith – Stay with me
Is
your secret safe tonight
and
are we out of sight
Will
our world come tumbling down
Will
they find our hiding place
Is
this our last embrace
Or
will the world stop caving in
Muse
- Resistance
La
mattina seguente, quando Fred scese in cucina per prepararsi la
colazione, sperava ardentemente di incontrarla per parlarle di
ciò
che era accaduto; dei dubbi che, ogni notte, lo tormentavano circa la
situazione che stavano vivendo.
Hermione
e Malfoy insieme, lui nel mezzo. O lui e Hermione e Malfoy nel mezzo
ad intralciarli? O forse era Hermione ad essere nel mezzo senza saper
decidere?
Oh,
Merlino! Di prima mattina già gli scoppiava la testa! Il
punto era
che, visto da ogni prospettiva, quello restava a tutti gli effetti un
triangolo, ai cui vertici stava l'assortimento
più
improbabile che avrebbe mai potuto immaginare.
Sì,
decisamente gli scoppiava la testa, ma non avrebbe avuto alcuna
importanza se lei si fosse fatta trovare giù; se avessero
potuto
parlare, chiarire, spiegarsi.
Invece
Fred sentiva solo un vago odore che aleggiava ricordandogli il suo
profumo, ricordandogli che lei era stata lì – e
probabilmente
l'aveva mancata di una manciata di secondi. Quella situazione si
faceva sempre più strana e complicata, almeno per lui. Una
cosa gli
era chiarissima: era cotto a puntino.
Non
l'aveva potuto nascondere neppure a Sally – e così
gli
appuntamenti, con suo gran sollievo, erano cessati. Non gli piaceva
uscire con lei e pensare tutto il tempo a Hermione. Lo trovava
ridicolo, oltre che inappropriato.
A
questo punto, si era detto, meglio da solo, almeno
finché non
mi sarà passata.
Ma
quella fissa per la Granger sembrava proprio non volesse passare, e
la cosa cominciava a farsi preoccupante. Persino con George non era
ancora riuscito ad aprirsi – e a lui aveva sempre detto
tutto. Era
il suo clone, il suo gemello, il suo alter ego; eppure non aveva
ancora trovato la forza di accennare ad Hermione con lui.
Irrazionalmente temeva che parlare di ciò che sentiva
– parlarne a
George – avrebbe reso quei sentimenti più reali,
più potenti. Più
pericolosi, in sostanza.
Accese
il fuoco e vi mise sopra il bollitore, cercando di scacciare ogni
pensiero connesso alla Granger e concentrandosi solo sulla colazione.
Distrattamente, scelse una bustina di tè. Se ne
pentì amaramente
quando si accorse che la bevanda sapeva inequivocabilmente di
gelsomino.
Dannazione!
A
Hermione Granger era sempre piaciuta la puntualità. La
trovava una
pratica rilassante e ristoratrice come un plaid caldo in inverno.
Strano da dire, ma per lei era così. Scandire la propria
giornata
con ritmi e orari precisi la faceva sentire bene.
Ciò
nonostante, quella mattina, l'essere arrivata in anticipo di quaranta
minuti, poco aveva a che fare con il suo amore per la
puntualità –
aveva molto più a che fare con il desiderio di evitare un
confronto
faccia a faccia con Fred Weasley.
Aveva
appena messo piede nel negozio quando sentì Ollivander
berciare
contro un cliente.
"Vada
fuori di qui!" Vide un uomo ammantato di nero – un tipo un
po'
losco, in effetti – uscire a capo chino dal negozio, con
l'aria di
un cane bastonato.
"Buongiorno"
salutò il vecchio, sperando che non fosse in vena di altre
sfuriate.
"Che succede?" domandò curiosa.
L'espressione
di Ollivander era indicativa del suo umore nero, ma non della sua
causa – perciò, se fosse stato necessario,
Hermione ne avrebbe
affrontato l'ira, pur di sapere cos'era accaduto. Il bacchettaio la
scrutò un attimo e poi ricambiò il saluto con
aria scocciata.
"Succede"
bofonchiò, "che le persone non imparano mai". Hermione
attese, dato che ancora non comprendeva il punto della situazione.
"Continuo
a non capire".
"Quante
volte devo aver detto ai clienti che io NON tratto il legno di
sambuco? Quante?" ripetè, indignato. "E ogni tanto
qualcuno se ne viene fuori con la storia che vuole una bacchetta
intagliata dal sambuco". Hermione annuì timidamente,
sbigottita
dal tono iracondo del vecchio.
"Capisco,
sono ammiratori della Bacchetta del Destino* immagino".
"Già,
tu quella la conosci bene..." osservò. "Ma il punto
è che
nessun bacchettaio al mondo ama utilizzare quel legno per le proprie
creazioni*. Non mi pare complesso come concetto" protestò.
"E
io non faccio eccezione".
"Ma
non le pare un po'... superstizioso?" disse. "Insomma,
quella Bacchetta di Sambuco è stata
fabbricata dalla Morte,
ma lei dovrebbe solo usare lo stesso legno, non farne una alla sua
altezza". Ollivander la fulminò attraverso gli occhi
argentei,
stretti in due fessure.
"Il
punto non è la bacchetta che ne verrebbe fuori,
nè la sua qualità!
Il punto è che quel legno porta sfortuna!
Ecco perché
nessuno lo usa!" disse, il tono ovvio. "Sai come si dice
no? Bacchetta di Sambuco, non cavi un ragno dal buco*"
citò il proverbio con aria serissima. Hermione rimase di
sasso.
Le
era venuto automatico ricordare quando Fred le aveva detto che si
sarebbe ricreduta, che tutti i fabbricanti erano superstiziosi, che
Ollivander non avrebbe costituito un'eccezione.
Le
scappò un sorriso nel richiamare alla mente la conversazione
della
sera prima, ma subito scacciò il ricordo, che portava con
sè anche
quello del bacio. Ancora una volta, Fred Weasley sbucava,
inopportuno, nei suoi pensieri.
"Quindi
lei è superstizioso" constatò togliendosi la
giacca e
avvicinandosi.
"Certo
che lo sono!" rivendicò lui senza imbarazzo. "Specie dopo
che Tu-Sai-Chi mi ha tenuto segregato a Malfoy Manor per ricevere
informazioni su come sconfiggere Harry Potter con quella
maledetta bacchetta!" sputò fuori, mentre Hermione pensava
di
lanciargli un incantesimo Silenziante, visto che in cinque minuti le
aveva ricordato sia Fred che Draco, ovvero i due nomi che erano la
sintesi di tutti i suoi problemi. Fantastico!
"...non
ti pare?" borbottò, ma Hermione non lo stava più
ascoltando.
"Ehm...
sì, signore. In effetti ha causato molti danni, sicuramente
nel
detto c'è del vero". Si chiese se – con il tempo
– anche
lei sarebbe diventata superstiziosa, immaginando una versione anziana
e canuta di se stessa, intenta a intagliare bacchette e a sciorinare
improbabili proverbi.
"Certo
che sì" confermò. "Nei proverbi c'è
sempre del vero"
dichiarò, definitivo. "E adesso, per piacere, che la
giornata
abbia inizio: quelle dieci bacchette che vedi lì"
– e le
indicò una catasta ammucchiata in un angolo – sono
tutte tue.
Riparale e revisionale" ordinò lapidario. Con
ciò, si rituffò
nel proprio lavoro.
Le
prime sei bacchette filarono lisce come l'olio, ed Hermione era
contenta di avere qualcosa con cui occupare la mente e le mani, senza
dover pensare. La settima bacchetta diede qualche problema, ma niente
di catastrofico: delle banali scintille fucsia che irradiavano una
luce fastidiosamente rosa.
Per
le altre riparazioni non vi furono particolari intoppi, tranne la
decima, che sputava piccoli lembi di fuoco dalla parte del manico.
Hermione avrebbe rischiato una seria ustione se Ollivander non fosse
intervenuto con un Freddafiamma.
"Sei
diventata velocissima nella riparazione" constatò l'uomo,
ammirato. Sembrava parlare più a se stesso che a Hermione:
era certa
che riflettesse su qualcosa; ma non ebbe tempo di chiedergli nulla,
perché due ragazze entrarono portando con sè il
consueto
scampanellio.
"Hermione!"
trillò una di loro – il covone di ricci biondi,
gli occhi verde
chiaro e un viso pulito la riportarono indietro di qualche anno.
Jade, Grifondoro come lei.
"Allora
è vero che lavori qui. Non ci volevo credere!"
esclamò
l'altra. Nei capelli castano scuro e nei tratti orientaleggianti
riconobbe Martha, Tassorosso.
Entrambe
erano del suo stesso anno. Le ricordava bene, perché erano
state tra
gli studenti che avevano preso parte alla battaglia di Hogwarts,
quella che aveva deciso le sorti della Seconda Guerra Magica. Mise da
parte quel pensiero e si concentrò sul presente.
"Che
posso fare per voi?" domandò, cortese. La testa di
Ollivander
sbucò da uno degli scaffali, tra i quali stava cercando
chissà cosa
– solo lui poteva raccapezzarsi in quella bolgia di
bacchette.
"La
bacchetta della signorina era tra quelle da riparare" la
informò. "Quella in legno di melo e crine di unicorno,
tredici
pollici e tre quarti, mi pare". Jade annuì, leggermente
sorpresa.
La
fama di Ollivander era nota, certo, ma faceva sempre un certo effetto
constatare dal vivo come ricordasse davvero ogni
singola
bacchetta venduta. Hermione, che ormai lo conosceva bene, era certa
che lui sfoggiasse consapevolmente quella sua dote, tanto per il
gusto di impressionare i presenti. Sorrise fra sè di quel
piccolo
vezzo esibizionista.
"Ed
è pronta?" domandò la ragazza, incerta se
guardare Ollivander
o Hermione.
"Ma
certo!" fece quest'ultima, il tono ovvio. Andò a prelevare
una
delle bacchette che aveva revisionato durante la giornata. Non ebbe
alcun tipo di esitazione nel riconoscerla e porgerla alla legittima
proprietaria, che le sorrise, felice di essersi ricongiunta a quel
pezzetto di legno.
Tanto
insignificante agli occhi di un Babbano ignaro,
pensò Hermione
in quel momento, la bacchetta è per un mago come un
prolungamento, un appendice del suo stesso braccio.
Non
era la prima volta che Ollivander coglieva Hermione a rimirare una
bacchetta con il luccichio negli occhi, ma quel giorno, dopo averla
vista ripararne così tante senza fiatare e senza il minimo
ritardo
sulla tabella di marcia, si convinse. Aveva appena
deciso:
presto, che lei volesse o meno, le avrebbe fatto realizzare una
bacchetta da sola.
"Che
te ne pare?" Hermione si rivolse a Jade.
"Perfetta"
rispose rigirandola tra le mani e provando qualche semplice formula.
"Sembra appena comprata" commentò, per poi sussurrare un
lumos. "Mi stava dando filo da
torcere, credevo di
non essere più capace a fare incantesimi. Poi ho capito che
era
colpa della bacchetta".
"Già...
la tua magia non c'entra niente" le fece eco Hermione. "Sebbene
nel tuo caso non si vedesse dall'esterno, il crine di unicorno
difettava: era tutto sfilacciato" spiegò. "L'ho
sostituito, naturalmente. Anche perché sarebbe stato un vero
peccato
perdere una bacchetta del genere. Non si fabbricano molte bacchette
di melo, lo sai? Io le trovo magnifiche" commentò. "Hanno
scarsissima tendenza alle Arti Oscure, è dimostrato. Di
solito
scelgono padroni con nobili ideali e grandi mire". Jade
sembrò
lusingata dalla scoperta, e ormai Hermione era un fiume in piena.
"Tra
l'altro, non sai che chi possiede bacchette di melo è
tendenzialmente longevo e molto amato?" aggiunse.
Jade
e Martha la guardavano tra lo stupito e l'affascinato. Avevano
passato anni, come tutti gli studenti di Hogwarts della loro
età, a
vedere Hermione alzare la mano per esporre sapientemente le proprie
conoscenze teoriche su praticamente ogni materia. Per quale motivo
era andata a fare quel mestiere, a cimentarsi in una delle poche cose
di cui di sicuro non sapeva – almeno all'inizio –
nulla?
Hermione
una risposta definitiva a quel colpo di testa non se l'era mai data,
ma forse stava proprio nel fatto di non sapere nulla, di dover
ricominciare daccapo, di dover apprendere. In
fondo era ciò
che le era sempre riuscito meglio.
"Anche
tu hai una bacchetta da ritirare?" domandò a Martha, temendo
di
aver storidito Jade con tutte quelle considerazioni.
"Non
ricordo di averla vista" interferì Ollivander, affiancando
l'apprendista al bancone. Le tre ragazze lo guardarono un po'
confuse, perfino Hermione.
"La
sua bacchetta, intendo" chiarì. "Undici pollici e tre
quarti, piacevolmente flessibile, nocciolo e crine di unicorno"
disse, come se Martha l'avesse comprata il giorno prima.
"Ho
preso quella bacchetta quando avevo undici anni..." osservò,
aggrottando le sopracciglia. "Sul serio, come fa a
ricordarselo?" si rivolse a Hermione, in cerca di una
spiegazione razionale alla memoria prodigiosa del vecchio
bacchettaio.
"Ho
imparato a non farmi domande" replicò quella, beccandosi
un'occhiata di sbieco dall'uomo.
"Gliel'hanno
rubata" disse Jade, spiccia.
"Oh,
capisco" annuì Hermione, per niente stupita. "Ultimamente
c'è un fiorente commercio illegale, nei bassifondi di
Nocturn
Alley".
"Già,
tutti sanno chi lo dirige, ma nessuno
può provarlo"
ruggì Martha, con una certa rabbia per la bacchetta perduta.
"Il
vecchio Dung è piuttosto bravo a non farsi beccare".
Tutta
Diagon Alley sapeva che a rubare le bacchette era Mundungus
Fletcher*, ma non era possibile dimostrarlo. Martha però non
era la
prima che in quei giorni era in cerca di una nuova compagna di
avventure.
"Quindi
ti serve una bacchetta" riprese Hermione. L'altra annuì.
"Decisamente"
s'intromise Jade. "Ha provato a recuperare l'altra, ma non
c'è
stato niente da fare. Di certo gli Auror non si mettono a lavorare
contro criminali da strapazzo; e pare che per queste quisquilie le
sezioni del Ministero facciano una specie di scaricabarile l'una con
l'altra". Hermione poteva dire di conoscere bene quelle
dinamiche d'ufficio, visto il tempo che vi aveva trascorso.
"Non
mi resta che comprarne una nuova" sbuffò Martha, "per
quanto non mi faccia piacere separarmi dalla mia". Hermione le
sorrise.
"Beh,
in effetti il nocciolo è un ottimo legno, non lo nego.
Insomma, è
molto fedele al padrone. Se ti consola c'è la concreta
possibilità
che Mundungus non riesca a riutilizzarla".
"Davvero?"
chiese Martha, interessata.
"Sì,
sono talmente fedeli che spesso, quando muore il proprietario, gli
vanno appresso".
"Come
scusa?" domandò Jade.
"Se
separate dal padrone, si rifiutano di produrre magia e perdono
potere: muoiono,
in
sostanza. Specialmente" sottolineò, "quelle il cui nucleo
è in crine di unicorno".
"Wow!"
commentò Jade. "Sai un sacco di cose".
"Sì,
beh, è il mio lavoro: mi piace farlo bene"
replicò con un
sorriso, suscitando inconsapevolmente un moto d'orgoglio nel suo
mentore, che aveva sempre un orecchio rivolto alla loro
conversazione.
"Sono
contenta che non possano riciclarla, quei pezzenti" sbuffò
Martha. Hermione le fece un gran sorriso d'incoraggiamento. Sapeva
molto bene quanto fosse dura, poiché a lei stessa era stata
sottratta la sua prima bacchetta.
"Oh
andiamo! Sei una Tassorosso, no? La pazienza rientra nelle tue
virtù,
quindi ora ci mettiamo con calma alla ricerca di una bacchetta che
faccia per te".
Stava
già per mettersi al lavoro quando scorse Ollivander
illuminarsi. Se
c'era una cosa di cui quell'uomo era fiero, oltre al negozio, era
l'essere stato Smistato – ai suoi tempi – in
Tassorosso.
"Ma
davvero? Allora ci penso io, sarà mia cura personale fare in
modo
che lei esca di qui con la bacchetta perfetta!" disse
dileguandosi tra gli scaffali.
"Era
in Tassorosso*" spiegò Hermione con un sorriso, notando
l'espressione perplessa su entrambi i volti delle ragazze.
Quando
l'uomo fu di ritorno aveva tra le mani almeno cinque custodie. Le
porse a Martha, che ricambiò con un sorriso. Hermione e Jade
si
guardarono e scossero la testa, escluse da quella complicità
di casa
– in quanto entrambe Grifondoro.
Martha
provò una quantità esorbitante di bacchette e
Ollivander tirò giù
tutto il negozio senza battere ciglio, deciso a trovare quella adatta
a lei – del resto, la sua ossessione era creare bacchette
perfette
e poi lasciare che scegliessero il proprio compagno.
In
effetti, come Hermione aveva avuto modo di notare più volte,
sembrava avere molto più a cuore il bene delle bacchette che
dei
loro possessori. Alla fine, la ragazza scelse –
cioè, fu scelta –
e sia lei che Ollivander sembrarono soddisfatti.
"Quercia
e crine di unicorno, dieci pollici e tre quarti".
"Credo
che andrete d'accordo" commentò Hermione, osservando
però le
sopracciglia corrucciate di entrambe le compagne. Sì, beh, forse
poteva risultare un'affermazione un po' stramba. "Deformazione
professionale..." spiegò con un sorrisino imbarazzato,
facendole ridere.
"Hai
ragione, invece" intervenne il titolare. "Il legno di
quercia è molto leale; cerca sempre un compagno che lo sia
altrettanto – oltre che forte e coraggioso" concluse
soddisfatto prima di dirigersi verso un altro cliente appena entrato.
"Tra
l'altro" aggiunse Hermione, "si narra che Merlino
possedesse una bacchetta di quercia, lo sapevi?" Martha scosse
la testa, ma sembrò piuttosto lusingata dall'informazione.
Insomma,
Merlino – il mago per eccellenza!
"Sai
Hermione" fece Jade, "non avrei mai pensato di vederti
qui".
Eccola,
la centesima volta che me lo sento dire!
"Ma
devo ammettere che... sembra che tu non abbia fatto altro in vita
tua, vero?" si rivolse all'amica. Martha annuì, sebbene
ancora
intenta a rimirare la sua nuova bacchetta per entrarci in sintonia.
Hermione
sorrise, più grata di quanto le due ragazze potessero
immaginare –
e senza accorgersi di Ollivander che, a quelle parole,
incurvò le
labbra in una smorfia molto simile a un sorriso.
Arrivata
all'orario di chiusura, Hermione si rese conto che – tra i
molti
clienti e la conferma del 'riciclaggio' di bacchette rubate –
la
giornata era stata davvero stancante. Sarebbe stato un sollievo
rintanarsi tra le vecchie mura di Grimmauld Place, a lagnarsi con i
propri amici.
Salutò
e si chiuse la porta alle spalle, mentre Garrick pensava ad un modo
poco traumatico per dirle che la riteneva pronta a creare una
bacchetta – se non avesse mancato di tatto, temeva che
Hermione
potesse dare in escandescenze.
Un'
apprendista in preda ad una crisi isterica era l'ultima cosa che
serviva al suo negozio. Le fece un cenno di saluto osservandola
uscire nel freddo invernale, per poi Smaterializzarsi.
"Hermione!"
trillò Teddy attaccandosi alla sua gambia sinistra. Neppure
aveva
fatto in tempo ad entrare in salotto che ad assalirla si era trovata
sia il piccolo Lupin che Victoire, primo esemplare di una nuova
progenie Weasley.
"Lascia
stare la zia!" fece Ginny, rivolta alla nipote, mentre Harry
prendeva in braccio Teddy per allontanarlo almeno provvisoriamente.
Hermione
fece un gran sorriso ad entrambi: doveva essere molto provata se non
riusciva neppure a tenere a bada due bambini.
Si
spogliò in corridoio, appese il cappotto all'attaccapanni e,
tornata
in salone, trovò i bambini intenti a giocare, stesi su un
morbido
tappeto. A quanto poteva vedere, Victoire stava utilizzando ogni arma
in suo potere per convincere Ted a mostrare le proprie doti di
Metamorfomagus, come sempre. La vide applaudire quando i capelli del
bimbo divennero dapprima viola scuro, poi neri come quelli di Harry,
poi rossi come quelli di Ginny – e di molti altri, pensò
Hermione.
In
seguito divennero castani e riccioluti, proprio come i suoi –
e
Victoire continuava a ridere entusiasta. Fu solo quando i capelli di
Teddy divennero lisci, setosi e di un biondo quasi argenteo, proprio
come quelli di lei, che si mostrò soddisfatta e compiaciuta.
Gli
fece un gran sorriso e lo abbracciò di slancio, tanto che il
bambino
arrossì lievemente. Hermione li guardò
intenerita: Ted e Victoire
sembravano così spensierati... quel loro momento era
perfetto.
E
lei, Harry, Ginny, Neville, Luna... tutti quanti, non avrebbero
permesso che corressero pericoli quali loro ne avevano affrontati.
Hermione non vedeva dei figli nel proprio futuro, ma se ne avesse
avuti, li avrebbe sempre protetti, avrebbe fatto in modo che
potessero restare lì, come Vic e Ted, a giocare tranquilli
sul
tappeto.
"Hermione!"
la chiamò Teddy. "Ci racconti una storia?"
"Io?"
fece, fingendosi stupita. Prima di sparire nel nulla per mesi, era
solita raccontare le fiabe a quelle due pesti. Sembrava fosse
portata, visto che chiedevano sempre di lei. Hermione si
avvicinò
alla 'postazione di gioco' sullo spesso tappeto bianco.
"Ti
prego" rincarò Victoire con una vocina sottile. "Sei la
più brava!" e sbattè le ciglia in una posa
angelica. Ricordava
molto Fleur, in quel momento.
Hermione
sbuffò, ma non si fece pregare oltre. Sedette accanto a
loro,
rifiutando l'offerta di una sedia da parte di Harry.
"Non
sono così vecchia!" gli aveva risposto scherzosamente, per
poi
accovacciarsi con i bambini.
"Allora...
che storia volete?" domandò.
"Beda!"
rispose Victoire; Teddy annuì calorosamente. Non poteva
esserci
nulla di più facile per Hermione, dato che ormai sapeva le
fiabe di
Beda a memoria. Avrebbe potuto recitarle perfino nell'originale
runico, figuriamoci in inglese!
"Il
Mago e il Pentolone Salterino" propose Teddy.
"Non
mi piace" protestò Vic. "La Fonte della Buona Sorte?"
Ted
scosse la testa deciso e Victoire sbuffò.
"Tanto
so cosa vuoi, ma non te la racconterà" cantilenò.
"Raccontarvi
cosa?" domandò Hermione.
"Quella
che entrambi vogliono sentire" intervenne Ginny, alzando gli
occhi al cielo. "La Storia dei Tre Fratelli. Harry spesso si
rifiuta di raccontarla".
"Per
piacere!" implorarono in coro. A Hermione venne da ridere. Non
avrebbe potuto negare niente dopo quel buffo siparietto.
"D'accordo,
va bene, ma fate silenzio".
Come
per magia – è proprio il caso di dirlo –
i bambini smisero di
fiatare e Ginny abbassò la luce con la bacchetta, facendo
calare la
sala in una semioscurità, perfetta atmosfera per un racconto
simile.
"È
una storia che parte da molto molto lontano..." cominciò
Hermione, abbassando il tono. "C'erano una volta tre fratelli
che viaggiavano insieme, lungo una strada tortuosa e solitaria al
calar del sole..."
I
bambini l'ascoltavano rapiti, bevendo ogni sillaba del racconto che
più di tutti li aveva conquistati – il mantello,
la bacchetta, la
pietra, non erano certo doni comuni. Hermione era così presa
dal
narrare la storia che non si accorse neppure dell'ingresso di altre
persone nella stanza. Due figure maschili quasi identiche guardavano
la scena in silenzio. Uno dei due uomini fissava solo la narratrice,
a dire il vero.
"...
e solo quando ebbe raggiunto una
veneranda età il
terzo fratello si tolse il Mantello
e lo donò a suo
figlio; poi salutò la morte come una
vecchia amica e andò
lieto con lei, congedandosi da questa vita, da pari a pari"
concluse.
Proprio
allora, quando i bambini, eccitati, ricominciarono il loro
chiacchiericcio – discutendo di quale donno avrebbero scelto
al
posto dei protagonisti – Ginny rientrò in salone
ed Hermione si
alzò dal tappeto, trovandosi davanti i gemelli Weasley.
"Scusate,
non pensavamo di disturbare" borbottò Fred, distogliendo lo
sguardo e posandolo su Ginny. "George è voluto passare a
salutarti, sorella, visto che non sei mai disponibile: tra partite,
tornei, allenamenti, e allegra famigliola" disse indicando i
bambini ed Harry, "per noi non hai mai tempo". Ginny si
avvicinò al fratello e in tono sin troppo dolce gli
assicurò che
lei, per loro, aveva sempre tempo.
Questo
prima di dargli un poderoso scappellotto dietro la nuca. Harry aveva
pensato bene di sparire per prendere delle Gomme Bolle Bollenti da
dare ai bambini di nascosto. Sicuramente aveva previsto l'exploit
della sua ragazza, mettendosi in salvo. Hermione avrebbe
voluto
essere con lui, pur di non dover vedere Fred – che era
riuscita ad
evitare perfettamente quella mattina.
"Come
osi fare un discorso simile, proprio tu?" disse, la voce calma.
"In questo periodo ti sei volatilizzato – e no
George"
prevenne l'intervento del gemello, "non riguarda anche te. È
Fred che è sparito" concluse.
"Sei
impegnato stasera?" chiese Harry, ricomparso dalla cucina in
salone.
"Ho
da fare, sì". A quel punto Hermione intervenne; fu
più forte
di lei non riuscire a tenere chiusa la bocca: poteva benissimo
immaginare il motivo delle sparizioni di Fred, visti i suoi
molteplici impegni.
"Esci
con Sammy?" domandò, volutamente ambigua
nel tono.
Non
sono affari tuoi,
si pentì un
attimo dopo, non ti riguardano.
Le
parole le erano uscite da sole, perché razionalmente non
avrebbe mai
posto un quesito così cretino davanti ad altre persone, men
che mai
Harry e Ginny.
"Sally"
la corresse automaticamente Fred, stizzito. Hermione sapeva
perfettamente il nome della della ragazza, ma non voleva dare
soddisfazione al rosso.
"Chi
è Sally?" domandò Harry, confuso.
"Sì
ci esco, è un problema?" rispose rivolto ad Hermione,
ignorando
la domanda di Harry. "A proposito" aggiunse con un sorriso
mellifluo, "come sta Malfoy?".
"Perchè
a proposito?" chiese Harry, spazientito. Possibile
che
nessuno fosse intenzionato a dargli una risposta?
"Sally
è la ragazza di Fred" disse Hermione, che aveva lasciato la
logica e la prudenza da qualche parte nel retrobottega di Ollivander.
Ma perché non riusciva a tenere a freno la lingua?
"Ragazza?"
fece Ginny, aggrottando la fronte. Nel frattempo George – che
sapeva della rottura – guardava Fred come se fosse pazzo.
Perché
confermava qualcosa che non esisteva? Era di certo un comportamento
quantomeno bislacco.
"Ci
siamo visti qualche volta, tutto qua" precisò Fred.
Guardò
anche Harry, per assicurarsi di essere stato convincente.
"Molto
da vicino" corresse Hermione, gelida. Fred le scoccò
un'occhiata risentita, conscio di come la Granger lo stesse
appositamente mettendo in imbarazzo.
"Quindi
hai una ragazza..." fece Ginny. "E non dici niente alla tua
sorellina?"
"Non
è la mia ragazza!" ribadì con uno sbuffo.
Hermione alzò gli
occhi al cielo, mossa che non sfuggì alla rossa. "Ci
frequentiamo" mentì, di nuovo.
George
nel frattempo aveva elaborato una nuova teoria, certo di essere sulla
giusta strada per comprendere i continui e inspiegabili sbalzi
d'umore del gemello.
"D'accordo"
disse per cavare il fratello d'impaccio. "Noi andiamo".
"Potete
restare a cena" propose Harry, gentile.
"Grazie
Harry, ma ieri ho fatto tardi in negozio e sono tornato a casa dopo
le dieci. Se non rientro ora Angelina mi strozza".
"Oh,
allora vai! Le cacciatrici delle Harpies possono diventare
pericolose, meglio non contrariarle" disse occhieggiando verso
Ginny, che lo incenerì con lo sguardo.
Con
la verosimile possibilità che la Johnson lo strangolasse,
George
riuscì a declinare l'invito per lui e per Fred – e
in una manciata
di minuti i due si erano Smaterializzati da Grimmauld Place.
Inaspettatamente, una volta a casa, Fred si trovò il
fratello ancora
vicino.
"Beh,
che ci fai qui?" sbuffò Fred. "Va' a casa!" George
soppesò l'espressione di Fred con lo sguardo.
"Vuoi
venire a cena da noi?" gli chiese. "Così, per non stare
solo".
"No,
Georgie" rispose. "Non sarei di compagnia, te lo
garantisco".
Non
dopo aver visto Hermione, di sicuro.
Quel
bacio, la sera prima, l'aveva scosso più di quanto si
aspettasse –
soprattutto per la reazione che aveva avuto la Granger. Si vedeva
lontano un miglio che si era pentita di averlo baciato, non c'era
bisogno di chiedere spiegazioni al riguardo. Realizzarlo,
però, gli
aveva fatto male. Sarebbe impazzito presto, molto presto.
"Freddie,
perché non parli con me?" chiese George, serio. "Sono
io... abbiamo sempre parlato" gli ricordò.
In
poche occasioni Fred aveva visto suo fratello così serio
–
evidentemente lo stava proprio facendo preoccupare; e doveva avere
davvero una brutta cera. In effetti, non aveva mai avuto una singola
sofferenza amorosa in vita sua, e stava molto meglio così.
"Sto
bene" tentò di rassicurarlo. "Solo... preferisco stare a
casa, sono stanco". George sbuffò platealmente e
sollevò un
sopracciglio.
"Credi
davvero di potermi mentire così, senza che io me ne
accorga?"
chiese diretto.
"No,
speravo solo che decidessi di farti gli affari tuoi" rispose
l'altro, sospirando con rassegnazione. Aveva sempre saputo che prima
o poi, con George, si sarebbe fatto uscire il fiato di bocca. Era
solo questione di tempo.
"Sono
affari miei!"
"No,
non lo sono" ribattè, testardo. "Sono un po' giù
di
corda, ecco tutto. E te l'ho detto, non è per Sally: sono
stato io a
chiudere" ribadì.
"So
che non è per Sally" disse George con l'aria di chi la sa
lunga. "Ma è per una ragazza, ne sono sicuro; e penso anche
di
sapere di chi stiamo parlando" dichiarò vittorioso. Fred
sgranò
gli occhi, ma non ebbe il tempo di chiedere niente.
"Comunque,
se non vuoi, non insisto. Aspetterò che sia tu a parlarmene"
concluse, prima di Smaterializzarsi. Quel pop
fu l'ultimo rumore che Fred sentì prima di ritrovarsi
– di nuovo –
solo in casa. L'aveva lasciato libero di confidarsi
o meno:
anche suo fratello
dimostrava più maturità di lui. Magnifico!
"La
zuppa è pronta!" dichiarò Ginny, mentre Hermione
ed Harry si
sedevano chiacchierando.
"...
non mi piace che Teddy preferisca la fiaba dei Tre Fratelli alle
altre" stava dicendo Harry. "Insomma, perché proprio la
più inquietante?"
"Dovresti
preoccuparti se la sua preferita fosse Ghiozza la capra zozza"
replicò l'amica, facendo ridacchiare Ginny.* La rossa si
sedette
accanto a Harry ed iniziò a mangiare e parlare allo stesso
tempo.
"Come
sta il signor Ollivander?" chiese.
"Scorbutico
come sempre" Hermione sorrise al pensiero del vecchio burbero
che si ritrovava come datore di lavoro.
"Non
è un simpaticone, eh?" Ginny si produsse in una smorfia a
labbra serrate, fedele imitazione dell'espressione dell'uomo in
questione.
"Non
nel senso stretto del termine" mediò
Hermione. A lei
piaceva molto, ma di certo non si poteva ritenere – visto
dall'esterno – un simpaticone, come aveva
detto Ginny.
"Non
sono un buon giudice, comunque. Mi sono troppo affezionata troppo"
dichiarò Hermione.
"Non
ti strapazza troppo, vero?" le chiese Harry distrattamente.
"No,
sta' tranquillo" disse. "Può dare l'impressione di essere
duro, ma in realtà sotto la scorza ha un cuore tenero".
Perlomeno, con lei era stato così.
All'inizio
non aveva dimostrato grande apertura nei suoi confronti, anzi. Era
reticente, scostante; nei primi giorni Hermione si era chiesta spesso
se non si fosse pentito di averle dato quella possibilità.
Pian
piano si era sciolto come neve al sole, per dimostrarsi un uomo buono
e comprensivo, seppure sempre un po' scostante; ma a lei andava bene
così – non sarebbe stato Ollivander, altrimenti.
"E'
un peccato che Teddy non ci sia, avresti potuto dargli un sacco di
informazioni. Lui dice che non vede l'ora di avere una bacchetta. Ha
solo cinque anni!" ridacchiò Harry. Aveva una luce speciale
negli occhi, quando parlava del suo figlioccio – un orgoglio
quasi
genitoriale. Hermione si trovò a pensare che sarebbe stato
un buon
padre, prima o poi.
"Credo
stia bene dove sta" osservò Ginny con un sorriso.
"Lui
e Victoire sembrano andare molto d'accordo".
"Molto
d'accordo, Hermione? Si adorano!" replicò l'amica. "Non
hai visto che sceneggiata hanno fatto, prima?"
In
effetti, quando Bill era venuto a prendere Victoire per riportarla a
casa, a Villa Conchiglia, Teddy si era impuntato: per nessuna ragione
al mondo si sarebbe separato da lei. Victoire invece era stata
più
furba: aveva cominciato a sbattere le lunghe ciglia bionde e a
pregare il papà di accontentarla. La somiglianza con sua
madre e il
quarto di sangue Veela nelle sue vene avevano fatto il resto. Bill
non era riuscito a negarglielo.
Così,
Harry aveva mandato un gufo ad Andromeda Tonks, avvisandola che Ted
avrebbe passato la notte da Bill e Fleur. Per riconoscenza verso
Bill, Teddy si era perfino fatto venire i capelli rossi e lunghi e
gli occhi azzurri.
"Sono
proprio una piccola coppia di ruffiani!" commentò Ginny
scuotendo la testa divertita.
"Già,
beh, però sono contento che Teddy abbia qualcuno con cui
giocare.
Qualcuno della sua stessa età, intendo" intervenne Harry.
"Non
voglio che si senta solo".
Nessuno
lo disse, ma sia Hermione che Ginny sapevano che dietro quelle parole
c'era più che sollievo. Insomma, anche Harry aveva avuto
qualcuno
della sua età, ma di certo non era stata una cosa buona
avere Dudley
in giro per casa.
"Ma
non è mai solo. Ha Andromeda e te" disse Ginny. "Non credo
che Lupin e Tonks avrebbero potuto mai scegliere un padrino migliore"
e poggiò una mano sulla sua. Quando Ted era nato, Hermione
lo
ricordava bene, le sorti della guerra erano ancora tutte da definire,
e Harry aveva predetto che per Teddy lui sarebbe stato un padrino
tanto sventato quanto Sirius Black lo era stato con lui.
Questo
suo timore, però, si era rivelato essere decisamente
infondato,
visto l'affetto e la dedizione con cui si dedicava al piccolo Lupin
–
forse soprattutto per il se stesso bambino che rivedeva in Ted.
Vedendo
Ginny e Harry in quel momento, Hermione si sentì quasi di
troppo.
Desiderava anche lei – un giorno – avere una
persona pronta a
consolarla, a mettere una mano sulla sua e a dirle che tutto andava
bene. "E poi ci siamo tutti noi Weasley – e non siamo pochi
–
e Hermione" concluse rivolta all'amica, che annuì e le
sorrise
grata. Un tempo, quando lei e Ron stavano insieme, Ginny aveva
sperato di poterla ufficialmente annoverare tra i Weasley, ma anche
così avrebbe sempre fatto parte della famiglia.
Perciò non avrebbe
mai potuto omettere il suo nome tra le persone che avrebbero sempre
amato e protetto Teddy.
Ognuno
era immerso nei suoi pensieri ed Harry sembrava sul punto di dire
qualcosa – probabilmente per cambiare argomento –
quando uno
stridio continuo e fastidioso provenne da un angolo del salone. Dalla
finestra, per la precisione.
Un
gufo picchiava contro il vetro per chiedere cortesemente
di
entrare; così Harry fu costretto ad alzarsi. Non poteva
essere
Andromeda, perché Harry aveva già ricevuto il
consenso da parte
sua. Il ragazzo spalancò la finestra e una ventata d'aria
notturna
accompagnò l'entrata del gufo. Così Hermione si
accorse che no, non
era un gufo, ma un dannatissimo barbagianni.
"Sei
sempre più maleducato, vedo!" non si trattenne dal
rimproverarlo, come se lui potesse capirla. Sia Ginny che Harry la
stavano guardando con una certa apprensione nello sguardo.
Sicuramente la credevano fuori di testa.
Hermione
stiracchiò un sorrisetto mentre il gufo le beccava
– per puro
dispetto – le dita e lasciava cadere sul suo grembo un
biglietto.
Poi, con un leggero frullio d'ali, se ne tornò da dov'era
venuto,
nell'aria fredda della notte.
"Scusatelo"
disse agli amici, stupiti. "Non è esattamente un tipo
cordiale". Harry si rimise a sedere, l'espressione piuttosto
perplessa, mentre Hermione leggeva:
Vorrei
vederti. Se puoi, stasera, sai dove trovarmi. Non devi rispondere; se
non verrai, capirò.
Draco
Hermione
lesse due volte il biglietto, cercando di interpretarne il tono.
Tutto ciò che poteva dedurne era che Draco aveva bisogno di
lei e
che era – per qualche motivo – alquanto
giù di corda. Ne era
certa. Le sembrva di poterlo leggere tra le righe.
"Tutto
bene?" chiese Ginny, notando la sua espressione distratta.
Hermione annuì.
"Oh,
certo!" mentì, e per un momento calò il silenzio.
Fu Harry a
rianimare la conversazione, impedendole di arrovellarsi ancora il
cervello.
"Pare
che pubblicheranno il libro, eh?"
"Sì,
chiederò all'editore di farmi un paio di copie omaggio prima
che
esca. Io voglio assolutamente leggere i commenti di Silente in
anteprima".
"A
chi lo dici! Sono curioso".
"Chissà
perchè Silente si è preso la briga di commentare
le Fiabe di Beda
una per una" osservò Ginny.
"Beh,
abbiamo già avuto la dimostrazione che quelle fiabe non sono
solo
fiabe" rispose Hermione.
"Già,
ne so qualcosa" fece Harry, i cui pensieri andavano nello stesso
senso di quelli dell'amica. Ogni tanto, la notte, la tenda, i litigi,
la battaglia e tutto il resto, gli facevano ancora visita sottoforma
di incubi – come era ovvio che fosse. Lui più di
tutti aveva il
diritto di avere incubi, visto il ruolo cruciale che aveva ricoperto
durante la guerra. "Comunque, credo che capiremo il motivo solo
leggendoli. Sarà come riavere una parte di Silente con noi,
è una
cosa bella" commentò, con un flebile sorriso.
La
cena si concluse, ma Hermione rimase a chiacchierare per un pezzo con
Harry e Ginny, benché continuasse a domandarsi cosa fare
– doveva
andare da Draco?
Era
molto stanca, ma forse aveva bisogno di lei. Forse aveva avuto una
discussione con sua madre. Il pensiero di lasciarlo solo la
infastidiva. Poteva tornare a casa più tardi. Fred era
uscito con
Sally, quindi non avrebbe neanche dovuto rendergli conto di nulla
nè
sopportare frecciatine.
Per
questo, uscita da casa Potter, decise di Smaterializzarsi. C'era un
solo posto dove poteva andare a cercarlo, sapeva che era lì.
Sai
dove trovarmi, aveva scritto.
Spossata
dalla lunga giornata, sbagliò il processo di
Smaterializzazione e si
trovò a un isolato da casa di Draco. Fortunatamente il suo
essere
Nata Babbana le aveva dato una discreta conoscenza delle zone non
magiche di Londra. Percorse il resto della strada a piedi. Il freddo
la risvegliò dalla stanchezza e le diede energia, ma le
gelò anche
le mani e il naso.
Quando
si trovò nello spiazzo che ricordava si diresse alla porta
di Malfoy
senza esitare. Bussò e immediatamente il biondo si
recò ad aprire,
come se la stesse aspettando con l'orecchio teso a captare ogni
rumore.
"Draco..."
esalò la ragazza, vedendolo apparire alla porta.
Il
biondo ora era lì, e la fissava senza farla entrare, lo
sguardo
stranito. Provò una certa empatia per quella espressione
sovraeccitata, sofferente.
Prima
che potesse accorgersene, senza sapere bene il perché, si
ritrovò
ad abbracciarlo. Lui la tenne stretta a lungo, quasi aggrappandosi a
lei, come fosse un salvagente, un appiglio in mezzo al nulla.
"Sei
gelida" osservò poi, senza logica. La guardava come se non
la
vedesse da un secolo, come se non vedesse un essere umano da un
secolo.
"Per
sbaglio mi sono Materializzata in un punto non molto distante da qui,
ma abbastanza da farmi congelare" disse staccandosi brevemente.
Draco la guardò di nuovo negli occhi. Poi Hermione
udì un sussurro.
"Stai
con me" le disse piano, come una preghiera. Senza tirarla
dentro, si scostò per lasciarla passare.
La
strega si guardò intorno e inspirò profondamente;
entrò in casa e
si richiuse la porta alle spalle, lasciando il vento gelido e la
notte buia fuori da lì.
NOTE
AL CAPITOLO
1)
Bacchetta del Destino, Stecca della Morte, Bacchetta di Sambuco, sono
tutti nomi attribuiti alla stessa bacchetta che ricompare nelle
testimonianze più disparate nel corso dei secoli, ovvero la
bacchetta creata dalla Morte da un albero di sambuco e donata al
maggiore dei Peverell, Antioch. Hermione la chiama qui con uno dei
tanti appellativi possibili.
2)
Ho scoperto, nelle note di Ollivander diffuse dalla Rowling, che i
fabbricanti di bacchette considerano il legno di sambuco come
sfortunato e che spesso si rifiutano di utilizzarlo. Non hanno tutti
i torti.
3)
Il proverbio si trova sia nel capitolo 21 del settimo libro che negli
appunti di Silente alla fiaba dei tre fratelli. Ebbene sì,
il 'mio'
Ollivander è superstizioso. Aveva ragione Fred.
4)
Mundungus Fletcher fa più o meno parte dell'Ordine, ma
è un ladro
trafficone che smercia vende compra e ruba oggetti di dubbia
provenienza. Per esempio alla morte di Sirius ruba tutti i cimeli
della famiglia Black (Kreacher c'è quasi morto di
crepacuore) per
rivenderli. I suoi traffici si svolgono spesso nella zona di Diagon
Alley, quindi mi è sembrato plausibile collocare
lì anche questa
mia bizzarra idea del traffico di bacchette.
5)
Su Ollivander ho trovato informazioni contrastanti riguardo alla casa
di appartenenza – tra Corvonero e Tassorosso. Alla fine ho
optato
per Tassorosso come Potterpedia dixit!
Mi fido di
Potterpedia, e poi amo i Tassorosso.
6)
Ghiozza la Capra Zozza è una fiaba che viene nominata da
Silente
negli appunti che ogni tanto cito. Era la preferita di suo fratello
Aberforth, ma penso che lo abbia influenzato negativamente, visto che
ha subito processi per aver fatto magie poco chiare con le capre...
la battuta di Ginny si riferiva a lui.
SPAZIO
AUTRICE
Ebbene,
che ve ne pare? È abbastanza pregno di contenuto (mi scuso
per la
parte dedicata a quelle sciagurate delle mie migliori amiche!), e
vorrei sapere cosa ne pensate del capitolo, se vi va.
So
che mi odiate, che scrivo queste cose e poi vi lascio senza
spiegazioni, che i miei personaggi sembrano tutti psicopatici e che
probabilmente lo sembro anche io. Ma vi giuro che quando scoprirete
se questa storia è una Dramione o una Fremione vi si
chiariranno
anche tutti i punti interrogativi che lascio in sospeso. Del resto lo
faccio apposta. Qualcuno ha persino espresso delle
perplessità sul
fatto che io realmente sappia con chi dei due finirà
Hermione, cosa
che mi lusinga. Tranquille, lo so da sempre come andrà a
finire –
e andrà a finire che la metà di voi
vorrà la mia testa. Punto.
-Le
informazioni sulle bacchette di quercia, melo e nocciolo sono prese
dagli appunti di Ollivander, come sempre.
-Sia
il titolo che le citazioni iniziali sono riferite naturalmente
all'ultima scena con Draco e Hermione.
Un
bacio a tutte, spero di poter pubblicare presto! Ringrazio di nuovo
tutti coloro che inseriscono la storia tra le liste, che leggono
silenziosamente, e coloro che commentano! Al prossimo aggiornamento
gente!
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Capitolo 23 *** Scandal ***
Ciao
gente, mi scuso per il forte ritardo. Il capitolo mi ha fatta dannare
per scriverlo, prometto che, se sarà in mio potere,
cercherò di
accorciare i tempi di pubblicazione. Buona Lettura!
Ah,
se cercate chiarimenti, non è qui che li troverete.
CAPITOLO
VENTIDUE – Scandal
Scandal
- now you've left me there's no healing the wounds
Hey
scandal - and all the world can make us out to be fools
They'll
leave us bleeding, we'll say you cheapskates
Over
and over and over
Today
the headlines tomorrow hard times
And
no one ever really knows the truth from the lies
And
And in the end the story deeper must
hide
Deeper
and deeper and deeper inside
Scandal
- Queen
La
luce del giorno filtrava dalla persiana non del tutto chiusa.
Hermione si svegliò con la lieve sensazione di disagio che
si prova
sapendo di aver dormito in un letto che non è il proprio.
Si
stropicciò gli occhi e mise a fuoco la stanza che la
circondava:
comodino in legno di noce, mattonelle in cotto e rumori di clacson
fuori dalla finestra. Di sicuro, non era l'appartamento di Fred a
Diagon Alley. Non era neppure casa dei suoi genitori, però.
Alcuni
flash della notte precedente tornarono a galla dai meandri della sua
mente, mentre, ancora assonnata, si sollevava dal materasso e
poggiava i piedi sulle mattonelle fredde. Niente pantofole sotto il
letto, ovviamente – perché, come ormai aveva
capito, quello era
l'appartamento babbano di Draco Malfoy.
Si
guardò intorno in cerca dei propri vestiti e li
trovò abbandonati
su una sedia accanto al letto. Si avvicinò per afferrarli e
udì un
rumore provenire dal piano di sotto. Si affacciò oltre lo
stipite e
sbirciò fuori: tutto troppo silenzioso perché
Draco potesse essere
lì.
Si
affrettò a rivestirsi e a scendere, sentendo un certo
languorino.
Anche quelle scale non erano famigliari, dato il mancato scricchiolio
dei gradini; era abituata a quelle di Diagon Alley –
più
vecchiotte e lignee – e non al marmo lucido e bianco dove
muoveva
ora i propri passi.
Aveva
già visto il posto, prima di quella notte, ma continuava a
stupirla
che Draco ne fosse il proprietario. Avrebbe potuto essere un
qualsiasi appartamento babbano di un qualsiasi ragazzo babbano,
abitante della Londra babbana. Invece era casa di un mago proveniente
da una famiglia di Purosangue anti-babbani e accaniti fan di un
Mezzosangue esaltato.
Benché
il fuoco scoppiettasse nel camino, il salone era vuoto; come lo era
la cucina. Eppure era certa di aver sentito un rumore.
"Draco..."
chiamò. Nessuna risposta.
Se
non era di sopra nè lì, doveva essere uscito di
casa, si disse. Poi
sentì un rumore provenire dabbasso, qualcosa che si
frantumava,
come... un'ampolla. Ora sapeva dove trovarlo: rinchiuso nel suo
piccolo mondo da pozionista, ecco dove.
Scese
le scale fino a trovarsi davanti una porta socchiusa, segno evidente
che qualsiasi cosa stesse facendo non era un segreto di Stato, e
quindi non si sentì in dovere di bussare. Entrò
in punta di piedi,
senza proferire parola, per non disturbare quella che aveva tutta
l'aria di essere una complessa operazione per distillare qualcosa.
Malfoy era chino sul tavolo da lavoro e sembrava completamente fuori
dal mondo. Si avvicinò incuriosita; del resto aveva sempre
trovato
che Pozioni fosse una materia interessante.
Non
appena ebbe finito di travasare un liquido trasparente in un Becco
Bunzen, Draco si voltò e si accorse finalmente della sua
presenza.
"Ci
sono dei vetri a terra" l'avvertì con calma. Curioso modo
per
dare il buongiorno a qualcuno. Hermione guardò le schegge di
vetro
infranto sotto i propri piedi – non si era neppure accorta di
averle calpestate.
"Ci
sono perché non li hai ripuliti" replicò con
puntiglio - ecco
spiegato il rumore di qualche istante prima. "Evanesco"
mormorò, bacchetta alla mano.
Tra
di loro aleggiava un certo imbarazzo, Hermione poteva percepirlo
chiaramente, anche se non ne comprendeva appieno il motivo. Era da
parte di Draco, più che altro. Qualcosa lo metteva a
disagio, era
evidente. La mascella era serrata e i muscoli tesi. Non aveva una
posa rilassata.
"Non
sembra tu abbia dormito molto" osservò Hermione, scorgendo
le
pesanti occhiaie che cerchiavano gli occhi grigi del ragazzo. "Hai
davvero una brutta cera" disse con un sorrisetto.
"Non
si può dire lo stesso di te" ribattè lui. "Ti
trovo in
ottima forma". Hermione inarcò un sopracciglio, stupita da
quel
repentino cambio di tono.
"Che
fai Malfoy, sfotti?" domandò, avvicinandosi.
"Niente
affatto" replicò ghignando, "anche se sei piuttosto
pallida, Granger". Sorrise e scosse la testa, notando l'uso del
cognome in risposta al proprio "Malfoy". Certe volte le
loro conversazioni avevano un chè di infantile.
"Che
roba è?" domandò, sbirciando la parte di liquido
che sobolliva
ancora nel calderone.
"Dimmelo
tu, signorina Granger" la celiò, beccandosi un'occhiataccia.
Ora non sembrava più imbarazzato, ma divertito. Hermione si
sporse
un po' per osservarlo meglio.
"Distillato
di Morte Vivente" decretò stupita.
"Dieci
punti a Schifondoro!" esclamò con una punta di –
neanche
troppo velato – disprezzo.
"Taci,
serpe" lo rimbeccò. "Avevi qualche dubbio che non lo
riconoscessi?" chiese con aria di sfida.
"Figurati!
So che sei sempre stata una secchiona, Granger. Come avresti potuto
sbagliarti? Tu sai fare tutto, no?" Ora la stava decisamente
prendendo in giro.
"In
linea di massima sì" rispose tentando di imitare il tono
altezzoso di Draco. "A cosa ti serve?" disse posando lo
sguardo sul Distillato di Morte Vivente. "Vuoi farti credere
morto?" domandò.
"No,
ovviamente. Come sicuramente ricorderai" disse con aria di
sfida, "questa, se presa nel giusto quantitativo, è una
semplice ma efficacissima pozione soporifera".
Hermione
stava per domandare cosa esattamente l'avesse
tenuto sveglio,
ma lo stomaco scelse quel momento per mettersi a brontolare. Malfoy
scoppiò a ridere di gusto, e lei dovette trattenersi per non
seguirlo.
"C'è
poco da ridere, la colpa è tua" lo rimbrottò. "Al
mio
risveglio non ho neppure trovato la colazione! Non sei affatto
premuroso!" si lagnò, ottenendo solo di farlo sghignazzare
ancora di più.
"Touché"
ammise lui, abbandonando definitivamente l'ampolla sul tavolo. "Non
so cucinare e la mia dispensa è vergognosamente vuota, ma
posso
portarti a colazione fuori. Sono le otto e trentasette".
Colazione. Lo stomaco di Hermione
brontolò di nuovo, in segno
di approvazione. Poi qualcosa nelle parole di Draco la
ridestò dal
fantasticare su cornetti alla marmellata e Succo di Zucca.
"Come
hai detto, scusa?" gracchiò.
"Posso
portarti fuori" ripetè, sollevando un sopracciglio, un po'
stupito da quel tono allarmato. "Tra l'altro, vorrei parlarti"
iniziò. "Mi dispiace se prima sono stato freddo. Stanotte,
io
ho..." Ma la ragazza non lo stava ascoltando.
"No,
no, no" fece Hermione, uscendo di corsa dal laboratorio per
risalire. Draco la seguì sbalordito.
"Granger,
ti senti bene?" domandò guardandola correre a destra e manca
per agguantare la borsa abbandonata sul divano e il cappotto lasciato
su una sedia in soggiorno. Sembrava in preda alla follia. "Granger!"
strillò. Hermione sembrò accorgersi della sua
esistenza. "Che
stai facendo?"
"Cerco
la sciarpa" rispose guardandosi intorno. Alla fine ci
rinunciò
e ricorse alla magia. "Accio sciarpa" sussurrò. Una
sciarpa, il cui colore rosso disturbò visibilmente Draco,
sfrecciò
nelle mani della Granger.
"Oh
Salazar, ci manca solo uno stemma di Grifondoro..." biascicò
il
ragazzo, strappandole una risatina. "Hai anche una foto di
Potter con dedica? Posso sapere che diamine stai facendo?"
"Ti
libero della mia presenza" annunciò con tono fintamente
solenne.
"Ma
io non voglio essere liberato..." replicò Draco, rotenando
gli
occhi. "Davvero, mi dispiace per prima. Vorrei parlare di quello
che è successo, Hermione".
"Ti
spiace se rimandiamo? Devo andare!" ripetè.
"Dove,
si può sapere?" chiese spazientito.
"Malfoy,
sei proprio un nullafacente!" sbottò lei. "Vado al
negozio, ecco dove". Draco mise su un'espressione a metà tra
il
dispiaciuto e il compassionevole, per poi ritrovare il suo abituale
ghigno alla Malfoy.
"Oh
- che sbadato - voi poveri avete bisogno di
lavorare!"
esclamò, sarcastico. Si battè un palmo sulla
fronte, come si fosse
ricordato solo allora quel piccolo, insignificante
particolare.
Hermione
gli lanciò un'occhiata di
fuoco -
accompagnata da un
insulto poco elegante - appena prima di sparire risucchiata in un
vortice oscuro.
Si
Smaterializzò direttamente davanti alla bottega di
Ollivander.
Improvvisamente l'aver passato la notte fuori casa le parve una
pessima idea, una pazzia.
L'aspetto
antico e l'insegna in oro malandata le infusero un senso di
sicurezza, di protezione; lo scampanellio invase il negozio quando
spalancò la porta per entrare. Il proprietario era
già lì, chino
su quella che aveva l'aspetto di corda di cuore di drago –
probabilmente stava selezionando i pezzi migliori, come faceva
sempre.
"Buongiorno"
disse Hermione cordiale.
"Sei
in ritardo di nove minuti" rispose lui. "Ti informo che
abbiamo circa una decina di bacchette che attendono di essere
revisionate; e che ho deciso che a breve inizierai a fabbricarne di
tue" disse, rapido e coinciso. Si era scervellato, ma alla fine
aveva concluso che non c'era un modo per darle la notizia senza farla
sentire sotto pressione. Così aveva deciso di farlo a
bruciapelo e
togliersi il pensiero. Hermione, che si stava spogliando di sciarpa e
cappotto, si bloccò davanti all'attaccapanni. Di sicuro lui
glielo
stava dicendo in anticipo affinché si preparasse
psicologicamente,
ma Hermione non era certa di riuscire nell'impresa.
"Sul
serio?" chiese, incredula.
"Perché
fai sempre le stesse domande, ragazza mia?" sbuffò il
vecchio,
alzando i suoi occhi argentei, a volte leggermente intimidatori.
Sembrava seccato.
"M-ma
io non sono pronta" farfugliò. "Non credo di potercela
fare, signore" disse, l'espressione palesemente terrorizzata.
Ollivander interruppe momentaneamente il lavoro e si prese un momento
per risponderle.
"Riformulo:
proverai a
fabbricare bacchette, anche se
sicuramente da principio fallirai, non ho dubbi in proposito".
Hermione,
stranamente, si sentì un po' rincuorata a quelle parole; non
avrebbe
sopportato di mostrare errori grossolani al pubblico, anche se con
Ollivander era inevitabile. Lui era il suo mentore – ed era
giusto
che segnalasse e correggesse gli sbagli dell'apprendista.
"Con
revisioni e riparazioni te la cavi egregiamente" riprese l'uomo,
"quindi perché non tentare? Credevo di metterci molto
più
tempo ad insegnarti il mestiere. Invece, pare proprio che tu sia
portata..." disse in tono burbero, come se gli scocciasse sempre
doverlo ammettere davanti a lei.
Ormai
aveva capito che l'abitudine di Hermione di studiare meticolosamente
qualsiasi cosa nascondeva una profonda insicurezza, perciò
si
sentiva in dovere di rassicurarla sul fatto che un eventuale
fallimento non sarebbe stato una catastrofe – perlomeno era
quel
che Garrick sperava. L'immagine di un bambinetto cresciuto in mezzo a
legni e nuclei si affacciò alla sua mente, ricordandogli le
prime
volte in cui aveva tentato di fabbricare una bacchetta.
Hermione
sorrise e e si mise al lavoro: le bacchette da revisionare –
Ollivander si occupava esclusivamente della fabbricazione quel giorno
– l'avrebbero impegnata parecchio. Ma lei non chiedeva altro
che
distrarsi dal pensiero della propria – disastrosa –
vita privata.
Da
quando erano in due, la bottega era in grado di sbrigare il lavoro
molto più in fretta. Le ore lì con il vecchio
burbero erano
decisamente le più liete, per lei. Ciliegio,
betulla, carpine,
abete...
Le
bacchette si susseguivano ed Hermione era sempre più
soddisfatta dei
risultati ottenuti. Ogni volta in cui le riconsegnava alla strega o
al mago che veniva a ritirarle e questi si mostrava ammirato dal
lavoro, il petto le si gonfiava d'orgoglio. Chi l'avrebbe mai detto
che – dopo aver pensato di essere pazza – l'unico
elemento
stabile della sua vita sarebbe diventato proprio lavorare come
apprendista di Ollivander? Non aveva certezze, a parte quella.
I
pensieri negativi se ne stavano acquattati nella mente e, sebbene
cercasse di relegarli negli anfratti più remoti, non sempre
vi
riusciva. A casa non l'aspettava altro se non il mutismo e
l'ostilità
di uno dei più grandi umoristi che avesse mai conosciuto.
Per
tutto il giorno aveva tenuto il telefono spento ed era stata
irrintracciabile; gli unici contatti umani – non contando
Ollivander – erano stati i clienti che passavano dalla
bottega.
Alle sette di sera, come sempre, salutò l'uomo e
uscì in strada.
Una
folata di vento gelidò le sferzò il volto e,
appoggiato ad un
lampione davanti a lei, vide Draco Malfoy.
"Ciao"
la salutò. "Ti stavo aspettando". Sollevò un
sopracciglio
al tono spento di lui. Da quando lo conosceva, l'aveva sentito
gelido, irritante, strascicato, triste, persino gentile – ma
mai
spento.
"Ciao"
replicò. "Qualche problema?" chiese.
"Oh,
più di uno" rispose criptico. "Tanto per iniziare
stamattina non mi hai fatto parlare" la rimbrottò.
"Ero
in ritardo" si giustificò.
"Comunque
non sono qui per stanotte" disse. "Cioè, c'entra, ma mi
piacerebbe tanto che non c'entrasse". Si stava incartando nelle
sue stesse parole.
"Non
ho capito niente".
"Oggi
è mercoledì, Granger". Hermione
aggrottò le sopracciglia,
seriamente preoccupata per la salute mentale del ragazzo.
"Il
tuo discorso è sconnesso" osservò. "E io continuo
a non
capire".
Draco
mise su una strana espressione; tirò fuori il braccio
sinistro, fino
ad allora nascosto dietro alla schiena, e le porse il Settimanale
delle Streghe. Mercoledì
–
ma certo! - il giorno
di pubblicazione di quella rivista.
"Oh,
no!" esclamò, presagendo guai. "Non di
nuovo".
Draco sospirò, aspettando la sfuriata – peraltro
giustificata –
della
ragazza.
"Sono
venuto a dirtelo io, perché non volevo lo sapessi da qualcun
altro".
A quel punto la ragazza si affrettò a scorrere le pagine del
settimanale, finchè non trovò quello che cercava.
Ora sì che era
seriamente preoccupata.
"COSA?"
strillò, facendo voltare qualche passante ancora in giro.
"Granger,
abbassa la voce!" fece Malfoy con circospezione. "Direi che
abbiamo dato scandalo abbastanza, per oggi". Hermione lo
invidiò: sembrava che la situazione non lo riguardasse
più di
tanto. Era tranquillo; si vedeva che l'unica cosa che lo preoccupava
era la sua reazione, non l'articolo in sè.
La
strega abbassò nuovamene gli occhi sull'articolo; era di uno
squallore pazzesco: foto di lei che si introduceva in casa di Draco.
Lei che lo abbracciava, ancora sulla porta, ed entrava. Beh, se lui
non era preoccupato, Hermione lo era eccome: quell'articolo era
scandaloso, semplicemente scandaloso.
"Ti
consiglio di non leggerlo" fece Draco. "E' piuttosto
esplicito". Hermione lo guardò, decisa a seguire il
consiglio,
e rimise il giornale nelle mani di Draco.
"Come
hanno fatto a trovare casa tua?" Lui scrollò le spalle,
ignaro.
"Non
ne ho idea".
"E
ora?" chiese.
"Mi
seccherà comprarne un'altra".
"Draco..."
Hermione si fermò in mezzo alla strada e lo
guardò, seria.
"Mh?"
Era di fronte a lei, in attesa.
"Credo
che dovremmo... " esordì.
"Cosa?"
"Ecco,
non so... magari rallentare un po' questa situazione. Sono usciti tre
articoli in poco tempo" gli fece notare Hermione, angosciata.
"Nella mia breve esistenza ne ho avuto abbastanza di riflettori,
non me ne servono altri..."
"Non
puoi dire sul serio!" Il biondo perse per un attimo la sua
abituale compostezza. La strega distolse lo sguardo davanti a quegli
occhi grigi svuotati e si sentì colpevole.
Tu...
tu sai come mi sento, cosa provo..." mormorò, riprendendo a
camminare a passo lento. "Te l'ho detto ieri notte... e non mi
è
costato poco".
"Lo
so" mormorò.
"L'ho
fatto" continuò, "perché credevo ne valesse la
pena...
che servisse a qualcosa". Il senso di colpa si riaffacciò
prepotente e ingiustificato. Quel rapporto complicato le portava solo
problemi e le gettava fango e illazioni addosso, ma non voleva ferire
quel ragazzo biondo, in quel momento così inerme di fronte a
lei.
"Hai
ragione" mormorò, la voce atona. Equivaleva più
che altro ad
un 'Ci rinuncio, hai vinto'. Gli sorrise, rassicurante.
"Allora
prometti di impegnarti per far funzionare questa cosa?"
domandò.
"Non posso farlo da solo" aggiunse. Hermione si sciolse
davanti all'espressione che Malfoy aveva messo su –
così diversa
dall'abituale maschera di indifferenza che mostrava alla maggioranza
delle persone.
"Prometto".
Draco
si avvicinò, insicuro,
e l'abbracciò
senza parlare. Hermione vide,
da sopra la spalla del ragazzo,
qualcuno che li osservava in
fondo alla strada
– e che
molto probabilmente li avrebbe fotografati; non
se ne curò e ricambiò l'abbraccio.
Arrivati a quel punto, non aveva più senso recriminare. Una
promessa è una promessa, e lei l'avrebbe mantenuta.
Quella
sera rientrò a casa verso le dieci, convinta che Fred fosse
fuori
con Sally. Lei e Draco avevano parlato a lungo. "Facciamo due
passi" le aveva detto. "Così ti tranquillizzi".
Grazie a lui, Hermione si sentiva più serena, anche se
continuava a
sperare, invano, che nessuno dei suoi amici le chiedesse conto di
quell'articolo, perché sarebbe stato davvero imbarazzante.
Appese
sciarpa e cappotto all'ingresso e si avviò in cucina,
intenzionata a
mangiare qualcosa di dolce per risollevarsi il morale – al
momento
a terra. Si chiese come aveva fatto a passare da una vita
sentimentale inesistente a quel groviglio complicato in cui si
trovava.
Appena
sulla soglia si rese conto di non essere sola: Fred era lì
davanti a
lei, intento a mangiucchiare caramelle Tuttigusti +
1
innaffiate da un boccale di Burrobirra e qualche bicchiere di
Firewhiskey. Affondava le dita nella scatola e ne pescava alcune a
casaccio, senza curarsi del gusto cerume che avrebbe potuto
capitargli. Era una vista decisamente curiosa. Le sarebbe venuto da
ridere se non avesse posato su di lei il suo sguardo funereo.
Certo
che se la parte allegra dell'appartamento è ridotta in
quello stato,
la casa è in buone mani!,
pensò.
"Accomodati!"
mormorò facendole posto. "Sei venuta a dirmi che ti
trasferisci
da Malfoy?" le chiese con tutta calma. Hermione strabuzzò
gli
occhi.
"No"
rispose piccata. "Ma come ti viene in mente?" domandò,
prima di vedere il Settimanale delle Streghe aperto sul tavolo
ligneo. Rivide la pagina dell'articolo su lei e Draco. Si ripromise
di scrivere una lettera a quella rivista e di intentare una causa per
danni morali contro Samantha Kaney e tutto lo staff.
"Ho
solo visto le foto" affermò, distogliendo lo sguardo da
quella
porcheria. "Perciò non so cosa ci sia scritto".
"Come
mai?" chiese lui, senza reale interesse – come se non
credesse
a una parola. Continuava a pescare caramelle dal pacchetto; non la
stava neppure guardando in faccia.
"Draco
me l'ha vivamente sconsigliato". Risposta errata: nominare
Malfoy chiamandolo per nome era certamente un rischio. Fred mise su
un'aria quasi schifata da quello che aveva detto.
"Oh
beh! Allora hai fatto bene. Come non dare retta a Draco?"
sputò con disprezzo. Hermione pensò che fosse
veramente un brutto
spettacolo, lei e Fred che litigavano così. Rivide se
stessa, i
primi giorni che aveva passato in quella casa; le sembrava tutto
così
lontano.
"Non
mi interessa ciò che dice Samantha Kaney" sbottò
esasperata da
quei continui attacchi. Quelle foto erano così sbagliate,
sbattute
su un giornale; ed era sbagliato che Fred le vedesse e che se ne
risentisse; come era sbagliato che lei si sentisse colpevole.
Improvvisamente le balenò in testa l'assurdo pensiero di
rinchiudersi in negozio a fabbricare bacchette, senza più
uscirne.
Forse avrebbe potuto vivere nel retrobottega e non tornare a casa.
"Non
puoi stare con lui!" Si riscosse da quell'immagine ridicola,
chiedendosi quando era diventata così vigliacca.
"Oh,
da quando ti interessi alla mia vita, Fred? Per tua informazione,
nessuno mi ha mai detto cosa posso e non
posso fare.
Esco con chi mi pare!"
"Io
non direi che siete 'usciti' ieri notte..." fece lui, caustico.
Alludeva alle foto che la ritraevano sulla porta di casa Malfoy. Ne
avevano scattata una in cui si vedeva chiaramente il suo ingresso.
"Avete fatto altro".
"Non
mi importa cosa pensano i giornali" gracchiò – era
come un
disco rotto.
"E
non ti interessa nemmeno quello che penso io?" domandò
esasperato, guardandola dritto negli occhi. Hermione non rispose e
lui dovette interpretarlo come un assenso.
"Benissimo!"
e sbattè il boccale sul tavolo. "Vado a dormire"
dichiarò
risentito, "ma prima devi sapere che su quello schifo di
articolo c'è scritto che ti scopi
Malfoy!"
"Oh,
Godric!" strillò lei. "Non ti permettere, Fred Weasley!
Quando sei tornato ti ho trovato a limonare con Sally, fuori da casa
nostra!" gli rinfacciò.
A
quel punto Fred non ci vide più, pensando al flash-back di
Malfoy
con la mano poggiata su quella di lei al ristorante – come
se
lui non esistesse.
"Casa
mia, vorrai dire" replicò in tono fermo e
con uno
sguardo glaciale.
Hermione
pensò che il mondo si fosse rovesciato: Draco Malfoy era
diventato
sensibile e Fred Weasley parlava come come un robot senza sentimenti.
"Scusa?!"
fece lei, disposta a sorvolare se avesse ritrattato all'istante.
"Hai
sentito!" aveva la voce un poco più incerta, ma scandiva le
parole per farle capire, per far sì che le entrassero in
testa, per
farle male.
"Già"
mormorò tristemente,"ho sentito".
Ma
Fred era già su per le scale, diretto alla propria camera; e
forse
le cose sarebbero andate diversamente se avesse visto i grossi
lucciconi che, non appena fu salito, caddero dagli occhi di Hermione.
Quella
notte non dormì bene. Anzi, dormì malissimo. A
dire il vero, non
dormì affatto. Rivedeva nella propria testa la scena e
soprattutto
riascoltava attentamente il tono della voce di Fred. Casa sua.
Come dargli torto? Quella era a tutti gli effetti casa di Fred;
Hermione era solo una coinquilina di passaggio: poteva essere
sostituita in ogni momento.
ANGOLO
AUTRICE
Ri-ciao
gente, volevo solo dire che so che il capitolo è
più corto degli
ultimi. In effetti era previsto fosse più lungo, ma tanto
non
sarebbe stato comunque un capitolo chiarificatore (immaginatemi la
mia faccia malvagia). In compenso, tenterò con tutta me
stessa di
pubblicare il prossimo entro una settimana, se vi può
interessare.
Non
siate arrabbiate con Fred per come ha risposto a Hermione, bisogna
anche capirlo, poverino. Hermione ha passato la notte con Draco e lui
se l'è visto sbattere in faccia su un giornale. È
stato un po'
acido, lo so.
Draco
all'inizio era un po' imbarazzato, perché non ve lo posso
dire –
si presume sia qualcosa che ha detto o fatto e che noi,
cioè voi,
non sapete, giusto? – e anche lui è stato un po'
scorbutico, però
si è ripreso. Nel prossimo capitolo, secondo i miei calcoli,
George
andrà all'attacco per scoprire se le sue teorie su Fred sono
fondate.
La
situazione – come avrete notato –
anzichè migliorare, pare
ingarbugliarsi. Forse io so qualcosa che non sapete, un pezzo del
puzzle che vi manca, bah.
Scappo,
un bacio a tutti :*
Jules
p.s.
Scusa La_Marta se ho scritto 'scopare', non succederà
più, ma ci
stava.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 24 *** Stubborn Love ***
Hola
gente!
Eccomi
a voi con il ventitreesimo capitolo. Dunque, so che avevo detto che
avrei aggiornato entro una settimana e non l'ho fatto, però
comunque
ci ho messo meno delle ultime volte, è già un
progresso.
Buona
lettura!
CAPITOLO
VENTITRE – Stubborn Love
She'll
tear a hole in you
The
one you can't repair
But
I still love her
I
don't really care[...]
It's
better to feel pain
than
nothing at all
The
opposite of love
is
indifference
The
Lumineers – Stubborn Love
La
mattina dopo, Hermione uscì di buon'ora, bene intenzionata a
non
incontrare Fred, recandosi subito alla bottega.
Il
signor Ollivander la salutò, ma non fece commenti a
proposito dei
giornali, probabilmente trattenuto dall'aspetto pietoso di Hermione.
Portava
i capelli raccolti in una crocchia piuttosto sommaria, era pallida e
con le occhiaie; l'espressione stanca e triste del volto testimoniava
che aveva passato la notte in bianco – e non certo per
svolgere
attività piacevoli.
La
mise subito al lavoro, appioppandole bacchette di ogni legno e
nucleo: alloro, agrifoglio, acero, cedro, cipresso, corniolo. Ogni
tanto, a sorpresa, le chiedeva quali caratteristiche appartenessero
ai vari tipi; Hermione rispondeva sempre prontamente, ma la voce e lo
sguardo erano spenti.
Per
Garrick, più che verificare la sua prontezza di riflessi e
la
preparazione necessaria a creare una bacchetta, era un modo per
distrarla. Gli dispiaceva vederla in quello stato: si stava
decisamente affezionando troppo a quella ragazza.
"...
si dice che sia impossibile ingannare qualcuno che possieda una
bacchetta di cedro..." stava dicendo Hermione. "I maghi
accoppiati a questo legno sono leali, forti, perspicaci e se..."
parlava scandendo meccanicamente le sillabe, senza lo slancio che
l'uomo le aveva visto tirar fuori in altre occasioni.
"Hermione"
la richiamò.
"...l'agrifoglio..."
continuava senza badargli, "è un legno protettivo e ideale
per
padroni che debbano contenere la rabbia o l'impetuosità e..."
"Hermione!"
tuonò. A quel punto lei, confusa, sollevò lo
sguardo dal mucchio di
bacchette che stava riparando e si accorse che Ollivander la stava
guardando di sbieco con i suoi occhi argentei e scoloriti.
"Mi
dica" replicò, sospirando.
"Ti
senti bene?" Il tono era talmente cortese che Hermione si
sentì
commossa da tanta premura.
"Sto
bene, signore" lo rassicurò. Ollivander scosse la testa con
aria benevola.
"Puoi
non rispondere..." replicò lui, "ma non mentire a me. Sono
nato qualche anno prima di te, signorina Granger".
"La
mia vita privata non va affatto bene, se è questo che
intende"
ammise. "Ma non si preoccupi" aggiunse. "Questo non
influirà minimamente sui compiti che svolgo qui". Il vecchio
scosse nuovamente la testa, contrariato.
"Sciocca
ragazza!" la apostrofò. "Non è certo questo il
punto..."
Avrebbe volentieri continuato la frase, per spiegarle che la sua
preoccupazione era sincera, se uno scampanellio non li avesse fatti
voltare verso l'ingresso.
Capelli
corti rossi e un sorrisetto poco convinto sul volto: George Weasley
aveva appena fatto il suo ingresso nella bottega.
Da
quando il Sectumsempra di Piton* gli aveva lasciato il segno, era
facilissimo distinguerlo dal gemello; ovviamente Hermione non aveva
più bisogno di guardare le orecchie per riconoscere Fred.
"George!"
esclamò stupita. "Che ci fai qui?"
"Sono
sgattaiolato via dai Tiri Vispi. Hai un minuto da dedicarmi?"
domandò.
"Sto
lavorando" replicò, lanciando uno sguardo obliquo ad
Ollivander, che sbuffò.
"Dev'essere
un minuto!" borbottò, severo.
"Certo,
signore" assicurò George.
A
quel punto, Hermione si vide costretta ad abbandonare le bacchette
sul tavolo da lavoro e ad avvicinarsi a George per sentire cos'aveva
da dirle di tanto urgente. Lui non si fece pregare e giunse subito al
punto:
"Si
tratta di Fred". Hermione sollevò gli occhi al cielo e
rilasciò
un sospiro: la faccenda cominciava già per il verso
sbagliato.
"Che
succede?" chiese.
"Mi
sembra molto strano" bisbigliò, neanche fosse un segreto di
Stato. Nel frattempo, Ollivander canticchiava tra sè
– cosa
insolita – e si rigirava tra le dita una piuma di fenice.
Hermione
era certa che stesse origliando la conversazione. "Ne sai
qualcosa? Insomma, vivete nella stessa casa" azzardò. Il suo
piano non era un granché, riflettè George:
Hermione non era
stupida, si sarebbe accorta che era lì solo per ficcanasare
e
osservare le reazioni della ragazza. Suo fratello ancora non
accennava a parlarne, ma neppure George era stupido, e aveva notato
gli sguardi che i due si erano lanciati a casa di Harry e Ginny.
Aveva notato pure la faccia del suo gemello quella mattina –
guardacaso, il giorno successivo all'uscita del Settimanale delle
Streghe.
"E
voi lavorate insieme tutto il giorno" replicò lei,
più acida
di quanto desiderasse. "Lo frequenti più di me".
"Ma
non abbiamo tempo di parlare, al negozio" ribattè. "Senza
contare che sembra avere le labbra incollate". Hermione
riflettè
se dire o meno a George della lite con Fred e, per quanto rivelare
tutto fosse fuori discussione, il ragazzo sembrava
seriamente
preoccupato. Optò per una parziale verità.
"Abbiamo
litigato" affermò. "Non penso che resterò per
molto"
aggiunse prima che George potesse chiederle la causa del litigio.
"Resterai
dove?"
"Nell'appartamento
sopra i Tiri Vispi" disse con tono ovvio. George rise.
"Per
favore, Hermione! Vuoi cambiare casa per uno screzio tra
coinquilini?" Aveva assunto un'aria sconcertata, benché
fosse
fittizia. L'espressione di Hermione gli aveva fornito le prove che
gli mancavano per poter affermare con certezza che non era stato un
semplice screzio tra coinquilini a ridurre il
gemello in
quello stato pietoso – ma di sicuro non poteva dirlo a lei.
Non
era compito suo sistemare quella situazione, soprattutto
perché i
pezzi del puzzle non erano ancora tutti al loro posto e
perché Fred
non gli aveva raccontato nulla.
"Non
credo mi voglia ancora lì" replicò Hermione. Con
lui.
"Ultimamente
Fred è irascibile e suscettibile" tentò di
giustificarlo come
meglio potè. "Avrà detto qualcosa di stupido che
non pensa
veramente". Era piuttosto sicuro che suo fratello avesse fatto
qualcosa del genere, dalla faccia che Hermione sfoggiava al solo
sentirne il nome.
"Suscettibile?
Non mi dire!" fece lei, sarcastica. "Forse Sally..."
Adesso, pensò George, era lei che tentava di indagare. Lui
non
sapeva, certo, ma si sentì comunque abbastanza sicuro nel
rifilarle
una risposta negativa – per quanto quella conversazione si
basasse
solo su supposizioni, George doveva riconoscere che vi si stava
muovendo bene. Doveva stare attento a non bruciarsi, ma anche
incoraggiarla.
"Non
penso" replicò con un sorrisetto. Hermione si chiese, solo
per
un momento, quanto in realtà George sapesse o sospettasse
dell'intera faccenda. Quel colloquio, il voler chiedere consiglio
proprio a lei... sembrava quasi che fosse lì per metterla
alla
prova. Si diede della sciocca per quell'eccessiva dietrologia; stava
diventando paranoica.
"Quindi
non ne sai niente?" ripetè lui, il tono volutamente deluso.
Per
un attimo a Hermione sembrò di trovarsi Fred davanti, e la
cosa la
mise a disagio: mentire a quegli occhi, così simili ai suoi,
era più difficile. Certo, mentire ormai era una sua
specialità,
avrebbe dovuto abituarsi.
"TEMPO
SCADUTO!" berciò Ollivander, facendoli sobbalzare entrambi.
L'aveva salvata in calcio d'angolo; ed Hermione ebbe il vago sospetto
che non fosse stato un caso, anche se era certa fosse meglio non
indagare.
"Va
bene, va bene..." mugugnò il ragazzo. "Tolgo il disturbo!"
Si rivolse al vecchio bacchettaio con un sorrisetto di circostanza.
Salutò Hermione con un cenno e borbottò qualcosa
a proposito della
stupidità di Fred prima di rituffarsi in strada.
A
un occhio estraneo la sua visita poteva risultare inconcludente, ma
per lui non era affatto così. Oh, no!
Aveva ottenuto molte
informazioni osservando le espressioni facciali di Hermione
sull'argomento. Queste, confrontate con quelle che Fred sfoggiava
quando George 'casualmente' pronunciava il nome di Hermione,
risultavano estremamente simili.
L'imbarazzo
era palese, ma c'era anche altro. George sapeva esattamente come
interpretare quel qualcos'altro negli occhi di Fred, lo conosceva
come le proprie tasche. Aveva tratto le sue conclusioni
definitivamente, ma non aveva intenzione di muovere un dito. Avrebbe
aspettato che Fred fosse pronto per parlarne con lui – ecco,
magari, se capitava, gli avrebbe dato una spintarella in tal senso.
"Hai
mentito anche a lui, non è vero?" chiese il vecchio
all'interno
del negozio.
Hermione
sgranò gli occhi, sorpresa dalla nonchalance con cui l'uomo
aveva
posto la domanda. Evidentemente doveva avere una faccia talmente
disperata da suscitare immediata compassione, perché negli
occhi di
Ollivander ne lesse un pizzico.
"In
parte" ammise, rassegnata. "Mi creda, era la cosa migliore
da fare" assicurò mettendosi immediatamente al lavoro, per
non
perdere altro tempo.
L'uomo
lasciò elegantemente cadere il discorso, conscio di come
fosse un
argomento che Hermione non gradiva affrontare al momento.
Era
strano, pensò la strega, come Ollivander potesse essere
incredibilmente lunatico – un momento era gentile e un altro
si
trasformava nel più burbero essere del mondo. La divertiva
quell'aspetto del suo carattere, come a voler tenere le persone a
distanza.
In
effetti era proprio quello che il vecchio intendeva fare, anche se
con la sua apprendista la tattica era miseramente fallita. Entrambi
stavano imparando l'uno dall'altra: Hermione acquisiva esperienza e
abilità pratiche che non aveva mai sospettato di possedere,
Ollivander aveva appreso come lasciarsi avvicinare e affezionarsi a
qualcuno che non fosse un pezzo di legno da undici pollici.
La
bravura di Hermione nell'arte delle bacchette l'aveva stupito e
continuava a farlo, come pure la fiducia che aveva da subito riposto
in lei. Il problema era proprio questo: non si era mai fidato di
nessuno; per questo non aveva mai voluto apprendisti. Entrambi
avevano un elemento in comune: si erano messi in gioco per imbarcarsi
in una piccola, nuova avventura.
Quindi,
se, come pensava, aveva imparato a conoscerla, la cosa migliore che
potesse fare in quel momento – con tutti, giornali compresi,
a
starle con il fiato sul collo – era lasciarla in pace.
George
rientrò nel negozio con qualche certezza in più
ma qualche speranza
in meno. Se ne aveva nutrita un po', quella si ridusse a zero quando
vide suo fratello, rimasto solo in negozio, totalmente disinteressato
agli scherzi e ai clienti che gli chiedevano dimostrazioni. Verity e
Jack – i loro assistenti – si stavano occupando dei
clienti, ma
Fred restava immobile. Poggiato con le braccia sul bancone, il viso
sorretto dagli avambracci, l'espressione persa nel vuoto.
Quell'uomo,
decise George, non era il suo gemello. Doveva essere qualcun altro,
un impostore sotto Polisucco che ne aveva preso il posto.
"Freddie!"
La voce di George gli risuonò in testa come se fosse lontana
anni
luce. Quel giorno tutto a Fred sembrava lontano
anni luce.
"Che cos'hai?" chiese, ormai disperato. "Cosa devo
fare con te? Ormai sono alla frutta!" Stava preparando la grande
entrata in scena. Se nominare Hermione non l'avesse scosso, allora
George si sarebbe arreso e avrebbe issato bandiera bianca.
Sospirò
teatralmente, tentando di impietosire il fratello con la propria
preoccupazione per il comportamento da lui tenuto – che, in
effetti, lo stava realmente facendo impazzire.
Aveva
provato a parlarci, poi a carpire informazioni ad Hermione e, per
finire, aveva ricollegato i fatti. Ora serviva giusto un
incoraggiamento affinché il fratello si
confidasse con lui.
"Stai
spaventando i clienti con quella faccia da funerale" gli fece
notare candidamente. Fred si guardò intorno con aria
noncurante e
sbuffò.
"Già...
giusto" replicò malinconico. "Siamo in un negozio di
scherzi e io non posso permettermi di essere triste, eh? Le persone
non vanno al circo per vedere un clown triste..." Stava
iniziando a farfugliare, ne era consapevole Fred stesso; ma nel
proprio cervello vedeva solo, come in un vortice, immagini di
Hermione e Malfoy insieme e poi, invece, i bei momenti che avevano
passato insieme, prima che quel Mangiamorte arrivasse e sconvolgesse
l'equilibrio che si era instaurato tra di loro.
"Fred,
piantala di fare il cretino".
"Ma
io sono cretino" disse l'altro, indicando i
prodotti e
gli scaffali. "Gestisco un negozio di scherzi; ti aspettavi che
fossi una persona seria?" domandò ridendogli in faccia,
senza
allegria.
"Sei
anche troppo serio, ultimamente" commentò il gemello. Fred
fece
tanto d'occhi, mostrandosi
sbalordito, cosa che non era realmente. Sapeva perfettamente che suo
fratello aveva ragione da vendere.
"Questa
è un'offesa che non mi sarei mai aspettato"
bofonchiò. George
scosse la testa, con un misto di stizza e rassegnazione. Sapeva che
Fred stava facendo il possibile per sviare l'attenzione.
Lo
prese per un polso e lo trascinò lontano dal centro dei Tiri
Vispi,
dove, con il viavai di clienti, era praticamente impossibile parlare
tranquilli. Spalancò la porta del ripostiglio e lo costrinse
ad
entrare.
"Perché
siamo qui?" domandò Fred quando il gemello ebbe richiuso la
porta alle proprie spalle. "E accendi la luce, non ti vedo
neanche in faccia". Era uno stanzino senza finestre, non
riusciva a vedere a un palmo dal proprio naso.
"Non
ci sono le lampadine, Fred! Non siamo mica in un negozio babbano - e
non ho nè una candela nè la bacchetta con me".
Fred
sbuffò ed estrasse la sua. Si accorse con una certa
preoccupazione
che perfino estrarre la sua bacchetta di peccio dalla tasca dei
pantaloni gli ricordava Hermione. Ormai una qualsiasi cosa era una
buona scusa per pensare a quella ragazza: la cosa non gli piaceva per
niente.
"Lumos"
mormorò. Almeno così poteva studiare le
espressioni di suo fratello
e capire se e,
soprattutto,
quanto sapesse di
quella storia.
"Allora?"
fece, il tono annoiato.
"Allora"
gli fece eco quello, "non usciamo di qui finché non mi dici
che
diavolo succede" sbottò. "Non ti ho mai visto
così: sei
il ragazzo più allegro e simpatico che io conosca
– a parte me,
ovviamente" e si levò un immaginario granello di polvere
dalla
spalla.
"Ma
piantala!"
"Lo
farò se
mi dici cosa
diamine
succede!" La
faccia preoccupata del
gemello
indusse Fred
a riconsiderare la sua posizione omertosa. "C'entra Sally?"
chiese
George,
mostrandosi convincente.
Fred
sembrò soppesare
la domanda sul serio, segno che aveva abboccato. George, ovviamente,
sapeva bene che Sally non aveva nulla a che fare con quella storia.
Ma Fred non sapeva che lui sapeva, quindi doveva muoversi con cautela
prima di entrare nel campo minato – ovvero l'argomento
'Hermione'.
"Mi
ci ha fatto pensare la Granger..."
"Le
hai parlato?" Fred spalancò gli occhi, in un moto di orrore,
misto a curiosità.
"Beh,
vivete insieme" spiegò con aria angelica. "Ho pensato che
magari poteva saperne qualcosa" aggiunse, come se non avesse
macchinato a lungo prima di fare quel passo.
"Che
ti ha detto?" chiese Fred, tradendo una leggera ansia.
"Che
non lo sa e che forse potevi aver discusso con Sally". Fred fece
schioccare la lingua, esasperato. Si chiese se Hermione l'avesse
fatto solo e soltanto perché voleva allontanare George dalla
verità,
o se fosse così stupida da credere davvero che il motivo
potesse
essere – anche solo in parte – Sally. Fred era
convinto che
Hermione avesse intuito – acuta com'era – che lui
non usciva più
con la ragazza, nonostante volesse farle credere il contrario.
"Non
usciamo più insieme, te l'ho detto mille volte".
"Mh..."
"Mh?
È tutto quel che hai da dire?" replicò Fred,
turbato
dall'improvviso disinteresse del fratello. Improvvisamente la
verità
gli si palesò, colpendolo come uno schiaffo in faccia. Gli
occhi
dell'altro parlavano chiaro – a lui non poteva nascondere a
lungo
qualcosa. E viceversa. Come aveva potuto credere di
riuscire
ad ingannare George Weasley? Era stato piuttosto ingenuo.
"Tu
lo sai" affermò, retorico. "Mi stai facendo fare tutto
questo discorso per spingermi a dirtelo, ma già lo
sai".
George si lasciò sfuggire un sorrisetto di compiacimento,
prima di
rispondere:
"Non
so di cosa parli".
"Andiamo
Georgie, non ti nascondere dietro un dito".
"Senti
chi parla! Ho dovuto mettere insieme i pezzi per capire che sei
attratto da..."
"Non
lo dire!" Fred tentò di bloccarlo, senza successo.
"...Hermione
Granger" concluse l'altro, in contemporanea.
"Non
ci posso credere, l'hai detto" bisbigliò sconsolato.
Non
voleva sentirlo, non ad alta voce. Merlino santissimo! Sapeva che
sarebbe andata a finire così, per questo non gli aveva detto
nulla!
Perché parlare con il gemello era come guardarsi allo
specchio e
mettersi a nudo – detto da George, ebbe l'effetto che si
aspettava:
rese tutto ancora più reale.
"Già,
credo sia ora di un bel confronto, perché non ne posso
più di
vederti così".
"Sì,
beh, ora sai perché non esco
più con Sally" dichiarò,
lasciandosi cadere su uno sgabello. George sospirò alla
vista di
Fred così giù di morale – semplicemente
inguardabile.
"Come l'hai scoperto?"
"Sei
sempre così irritato e, Merlino mi aiuti!, triste.
Tu mi
avevi confermato di aver chiuso con Sally – quindi non potevi
star
così per lei. Sapevo che c'entrava una ragazza, ne ero
certo. Poi ho
notato sguardi strani e frecciatine velenose, quel giorno a Grimmauld
Place" spiegò. "In più, oggi sono andato a
parlarle".
Fred parve allarmato. "Tranquillo, niente di esplicito. Come ho
detto poc'anzi, le ho solo chiesto il motivo del tuo comportamento e
lei, oltre alla storia di Sally, mi ha raccontato della lite".
"Santo
cielo, devi averla torchiata per bene!"
"In
realtà no; sono giunto alla conclusione guardandola in
faccia – la
sua espressione era tormentata. Ecco sì, tipo quella che hai
tu ora"
disse studiandolo attentamente. Fred avrebbe voluto ribattere, ma
George non gliene diede il tempo. "Certo, sosteneva fosse una
lite tra coinquilini, non certo tra innamorati".
"Non
dire quella parola: la Granger non è innamorata di me".
"Però
non hai negato il contrario" osservò George. Voleva proprio
fargli scoprire tutte le carte, eh? Beh, l'avrebbe accontentato.
Tanto, più in basso di così, non poteva cadere.
"Non
posso farlo" ammise. "Perché mentirei".
"E
l'hai detto a Hermione?" domandò l'altro, serio. Fred
sospirò
stancamente e si passò una mano sul volto.
"Quello
che provo, intendi?" George annuì e tacque. "Beh, non
direttamente. Però, ci sono tante cose che non sai. Noi ci
siamo
baciati, sa che mi piace e io so di piacere a lei" dichiarò.
"Ma, evidentemente, non basta. Ogni volta si tira indietro,
perché si sente in colpa. Comunque, non le piaccio quanto
Malfoy, o
non starebbe con lui". Gli raccontò tutto. Una volta
iniziato,
non seppe più fermarsi: era come un fiume in piena.
Ripercorrendo
gli avvenimenti ad alta voce – come tante volte aveva fatto a
mente
– la storia sua e di Hermione gli sembrava ancora meno
sensata.
Arrivò a pensare, per un attimo, che quella di lei e Malfoy
avesse
più ragione d'esistere. Narrò dei primi tempi
della loro
'convivenza', degli scherzi, delle risa, delle piccole liti, di quel
primo bacio al gelsomino, del suo rientro dal Perù
– quando
l'aveva vista con Malfoy – e della vendetta che aveva
attuato.
Concluse parlando della litigata che si era consumata nelle mura
dell'appartamento, la sera prima. Confessò di aver detto
'casa mia'.
Quando
ebbe finito, George rimase silente per un momento, pensando
accuratamente alle parole più adatte da usare. Voleva
smuovere Fred
da quell'apatia in cui si trovava. Certo, non poteva negare a se
stesso che la situazione fosse critica. Hermione usciva con un altro
– Malfoy, per giunta – e non era neppure
intenzionata ad essergli
infedele. Però, del resto, doveva sentire attrazione per
Fred, se
continuava a non resistere, almeno nel baciarlo. Era un bel
rompicapo, come l'aveva appena definito Fred
– era stata,
per la precisione, l'ultima parola di quel lungo discorso.
"Partiamo
dal fatto che, in tutta la storia, tu non sei stato esattamente un
modello di maturità..." D'accordo, era probabile che suo
fratello l'avrebbe scuoiato vivo per aver esordito così, ma
l'intento era quello di spronarlo. Compatirlo e dargli ragione non
avrebbe giovato a nessuno, tantomeno a Fred. Questi, però,
non parve
sorpreso.
"Lo
so" replicò. "Non ne vado fiero, ma ero parecchio
arrabbiato" si giustificò. "Quelle foto sul giornale mi
hanno mandato nel pallone".
"Lo
capisco" disse, comprensivo. "Pensi ne sia innamorata? Di
Malfoy, intendo". Fred lo guardò come se solo l'accostamento
dei termini 'innamorata' e 'Malfoy', riferiti alla sua Hermione, lo
facessero soffrire. Poi si ricordò che Hermione non era sua
e che
lui, per la ragazza, non era nulla in particolare, se non uno con cui
aveva scambiato un paio di baci. Rilasciò un
sospirò rassegnato.
"Gliel'ho
chiesto, ma ha glissato".
George
non se la sentì di contraddirlo ulteriormente: nella voce di
suo
fratello c'era una tristezza che non riconosceva. Non era un tipo
facile ad abbattersi, non lo era mai stato. Non sembrava più
Fred
Weasley, ma un pallido riflesso.
"Non
puoi stare così" mormorò George.
Fred
incurvò le labbra, ma non era un sorriso.
"Immagino
scacci i clienti" disse poi. "Te l'ho detto: è un po'
come andare al circo e vedere il clown che piange. Uno si aspetta che
faccia sempre ridere, invece non è così". Ok,
Fred era messo
peggio di quel che pensasse.
"Stai
dicendo un mucchio di cavolate" gli fece notare George.
"Probabile"
– e si strinse nelle spalle – "lo faccio spesso".
"Oh
Godric!" sbuffò il gemello.
"No,
sono Fred" ribattè.
"Davvero,
smettila!" disse George. "Sono serio, una volta tanto".
"Ok,
sarò stato immaturo, ma Hermione esce con Malfoy..." disse,
come se bastasse a giustificare ogni cattiva azione da lì a
cento
anni. Il suo tono era semplicemente schifato. "Proprio lui,
capisci? Insomma, nonostante quello che le ha fatto a scuola;
nonostante sia un Mangiamorte. Se lo fa, sono arrivato alla
conclusione che ci deve essere qualcosa di speciale che li lega; ed
è
un'ostacolo che non posso aggirare, credo".
"So
che è terribile che esca con lui – credimi,
scandalizza anche me"
ribattè. "Ma tu ci tieni a Hermione". Non voleva ribadire
la faccenda dell'innamoramento, temendo di farlo soffrire ancora di
più. Fred annuì, intimamente grato al fratello
per aver taciuto
quel punto.
"Fa'
qualcosa, allora" lo spronò. "Se devi stare male, almeno
fa' che sia per una buona causa".
"Georgie"
disse con rassegnazione. "Non c'è niente da fare".
"Le
piaci, questo è assodato. Va bene, so cosa stai per dire:
Malfoy le
piace di più e sta con lui. Però pensa anche che
lei ti ha visto
uscire con Sally e, dalle occhiate di fuoco che vi siete lanciati,
non mi sembra che la cosa l'abbia lasciata indifferente".
Fred
rispose con un mugugno poco convinto: a lui pareva che la sua
sceneggiata con Sally avesse creato solo guai e non avesse fatto
ingelosire Hermione, ma non perse tempo ad interrompere George.
"Le
opzioni che hai sono due: provare a chiarire la situazione o
dimenticare Hermione".
"Ed
è qui che sbagli! Nessuna delle due è una strada
praticabile..."
"Come
mai?"
"Chiarire
è impossibile visto che non mi rivolge la parola".
"Ma..."
"E
che io possa dimenticare è improbabile. Sono testardo,
lo
sai. E anche questo sentimento per Hermione lo è". Cavoli,
faceva paura dirlo così, senza riserve. "Una parte di me
–
quella razionale – vorrebbe buttare tutto nella spazzatura,
resettare e lasciar perdere, ignorando quello che provo" disse.
"E
l'altra?"
"L'altra
mi impedisce di farlo; di provare indifferenza. Nonostante tutto,
nonostante Malfoy, nonostante le copertine, il mio cuore pende sempre
a favore di Hermione. Pare che non gli importi della soffereza che
questa faccenda gli causa, qualsiasi cosa succeda lui continua,
imperterrito, a volere solo lei".
"Con
lui vuoi dire tu, suppongo" non si trattenne dal fargli notare.
"Devi
proprio rigirare il coltello nella piaga?" borbottò l'altro,
contrariato. Insomma, era già abbastanza difficile esternare
tutte
le emozioni rimaste chiuse così a lungo, senza che George
gli
rendesse la cosa ancora più penosa.
"D'accordo,
scusa" lo liquidò. "Però lascia che ti dica
questo:
Hermione oggi ha detto che se ne andrà, perché tu
non la vuoi più
in casa". Fred sgranò gli occhi.
"Ma
io non volevo dire..."
"Non
è a me che devi dirlo, Fred. Sto solo rimarcando il fatto
che se non
le domandi di restare, potrebbe scegliere di andar via. La patata
bollente passa a te".
"Che
vuoi dire?"
"Che
devi scegliere tu" rispose. "Preferisci averla con te e
soffrire nel vederla ogni giorno, o saperla in un altro posto e
tentare di scordartela? Spetta a te decidere". Fred sembrò
riflettere seriamente sulla cosa; in effetti George sperava tanto di
convincerlo ad agire in qualche modo. Forse, parlando apertamente ad
Hermione, la situazione avrebbe potuto evolversi a favore del
fratello. Solo... doveva usare cautela e le parole adatte, o richiava
di peggiorare la situazione. Del resto, per quanto ufficialmente
avesse scelto Malfoy, quella mattina, a George era
parso di
vedere indecisione negli occhi della ragazza. Erano gli occhi di una
persona combattuta, ne era certo. Aveva scorto
tristezza nel
momento in cui aveva nominato il litigio con Fred e George non
riusciva ad impedirsi di sperare che non tutto fosse perduto.
"Fred"
continuò. "Io non ti sto dicendo che hai la vittoria in
pugno,
che lei ti ama o che lascerà Malfoy per correre da te. Non
sono
nella testa di Hermione, non posso sapere quel che pensa".
"Quanto
vorrei aver imparato la Legillimanzia".
"Non
te lo lascerebbe fare*" ribattè. Fred annuì con
uno sbuffo
scocciato: lo sapeva benissimo da solo. Hermione era stata
un'Indicibile; come tale, aveva imparato l'Occlumanzia ed era
perfettamente in grado di chiudere la mente.
"Dicevo"
riprese George. "Non so ciò che pensa, ma posso dirti cosa
penso io. Devi tentare di tutto, gioca sporco, fai quello che ti
pare, ma vai fino in fondo. Io l'ho guardata in faccia stamattina: ci
tiene a te. Quando avrai capito che non ci sono possibilità
– e,
fidati, non è ancora il caso di disperare – potrai
gettare la
spugna e leccarti le ferite". Fred restò per un momento
interdetto dalla convinzione con cui il fratello aveva pronunciato
quel discorso.
Decise
che avrebbe fatto così, avrebbe provato ancora e ancora,
benché non
avesse un piano preciso; avrebbe tentato il tutto per tutto. Forse,
come diceva George, aveva ancora qualche chance.
"George..."
"Mh"
replicò quello, aspettando un'affermazione seria, ma l'altro
aggrottò le sopracciglia in un'espressione studiatamente
scettica.
"...da
quand'è che sei diventato così saggio?" George
alzò gli occhi
al cielo ed entrambi scoppiarono a ridere. Almeno un risultato,
pensò
George, l'aveva ottenuto: Fred aveva riso di nuovo.
NOTE
AL CAPITOLO
1)
Durante il settimo libro, quando Harry viene trasferito da Privet
Drive a La Tana, è Piton a lanciare la maledizione che
colpisce
l'orecchio di George.
2)
Nella mia storia, Hermione è, come avete capito dalle parole
di
George, un'abile Occlumante, semplicemente perché non
ritengo
verosimile che, svolgendo incarichi come Indicibile al Ministero, non
si sia premurata di imparare a chiudere la mente.
ANGOLO
AUTRICE
Allora,
questo è un capitolo – per così dire
– di passaggio; non c'è
'azione' (nel senso che apparentemente non ci sono avvenimenti
significativi). Sono le riflessioni e i dialoghi ad essere
significativi per la storia.
Avevo
detto che George sarebbe andato alla carica per scoprire cosa
– o
chi – si celasse dietro gli inusuali atteggiamenti deprimenti
del
fratello.
Quindi
è George che fa da perno al capitolo, prima parlando con
Hermione e
poi con Fred, comprendendo – e facendoci comprendere
– i loro
stati d'animo a seguito della lite. Fred, per la prima volta e per
bene, confida a qualcuno (e non uno a caso) i sentimenti che prova,
ammettendoli definitivamente anche a se stesso. Il capitolo si
intitola Stubborn Love per il pensiero che ad un
certo punto
esprime lo stesso Fred, ovvero che il suo cuore è 'testardo'
e,
qualunque cosa faccia Hermione, seguita ad amarla. Così chi
aveva
qualche dubbio su cosa esattamente provasse Fred, se l'è
tolto. Mi
serviva un capitolo del genere, ecco. Spero abbiate apprezzato.
Nei
prossimi capitoli vedremo se riterrà opportuno convincerla o
meno a
restare e cosa ne penserà lei. La vedremo anche con Draco e,
ovviamente, anche alle prese con l'iniziazione alla vera arte delle
bacchette.
Se
mi lascerete un commento, ne sarò felice. Da
mercoledì le lezioni
all'Università sono sospese quindi spero di pubblicare
davvero prima
del solito. Un bacio :*
Jules
– AVVISO
PER GLI EX LETTORI DI UNA STREGA
IN FAMIGLIA:
Se
c'è ancora qualcuno che si ricorda della mia prima FF sulla
Nuova
Generazione, di Penny e James e, soprattutto, di Trixy e Fred,
sappiate che ho iniziato a pubblicare una mini-long (presumibilmente
saranno tre capitoli) proprio su quest'ultima coppia. È
necessario
aver letto la long e la OS 'Il matrimonio di Bellatrix'.
Spero che chi lesse la storia a suo tempo mi farà l'onore di
leggere
e commentare e che, magari, qualche coraggioso mi
dia fiducia
e vada addirittura a curiosare nel vecchiume.
La
pubblicazione di questa storia, La prova del nove,
è
comunque subordinata rispetto a quella dei capitoli de 'L'apprendista
di Ollivander'.
Un
bacio e grazie per l'attenzione :*
Jules
|
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Capitolo 25 *** Muri di gomma e foreste di legno ***
CAPITOLO
VENTIQUATTRO – Muri di
gomma e
foreste di legno
Alle
sette e mezzo, dopo aver ricusato un invito di Draco via gufo,
Hermione uscì dalla bottega, per niente desiderosa di
tornarsene in
quella che aveva creduto casa propria - se avesse putacaso
incontrato Fred, non avrebbe proprio saputo cosa dire.
La
strada buia e fredda le richiamava alla mente il momento di
felicità
che aveva provato quando Ollivander aveva accettato la sua insensata
richiesta. La sera stessa si era verificato quello strano incontro
tra lei e Fred, a casa di Harry – per la precisione, nel bagno
di Harry.
In
quel frangente, però, nonostante il freddo fosse lo stesso e
il
vento le sferzasse il viso in ugual misura, tutto si sentiva meno che
felice. Arrivò a sperare che Fred fosse uscito con Sally,
pur di non
trovarselo di fronte. Il solo fatto di aver pianto per colpa sua,
benché non vista, le faceva rabbia. Era rimasta ferita da un
semplice, stupidissimo aggettivo possessivo. Casa mia.
Tentennò
un attimo, sulla porta, quasi riconsiderando l'opzione di uscire con
Draco, per poi scuotere la testa. Era talmente di cattivo umore che
avrebbe rovinato la serata anche al Serpeverde. Voleva solo starsene
in santa pace: Hermione, lei e se stessa – e magari un buon
libro.
Infilò
la chiave nella toppa ed entrò nell'ingresso buio e
silenzioso. Nel
richiuderla, sbattè forte la porta, provocando un gran
fracasso. Udì
una voce incerta provenire dal salotto.
"Granger?"
Corti capelli rossi e occhi marroni, apparentemente contriti, fecero
capolino sulla soglia della stanza.
Non
tentò di ritrarsi,
dato che ormai Fred la stava fissando. Le fece cenno di precederlo in
salotto, come se parlare nell'ingresso fosse una cosa poco
appropriata
al
momento.
Hermione si chiese dove fosse finito il sorriso che Fred una
volta sfoggiava
in ogni occasione, perché erano giorni e giorni che non
glielo
vedeva comparire in volto. Era
stata lei a togliergli quell'espressione che trovava fantastica? Se
sì, era davvero giusto che la cacciasse, dopotutto. Hermione
si rese
conto con sgomento di non riuscire neppure più a governare i
propri
pensieri, che andavano ormai, sempre più spesso, a ruota
libera.
Fred,
nel frattempo, stava pensando a cosa dire; aveva
moltissime idee in testa, ma nessuna opzione sensata su come
esprimerle. Essere a corto di inventiva, per uno come lui, era una
vera sconfitta.
Del
resto, anche essere scavalcato da Malfoy era una vera sconfitta.
Scosse la testa. Ormai aveva deciso; avrebbe chiesto a Hermione di
rimanere. Non importava se l'avrebbe vista uscire con Malfoy giorno
dopo giorno; era sempre meglio che rinunciare completamente a lei.
Vivendoci insieme, almeno, poteva tenere la situazione 'sotto
controllo', poteva provare a... riconquistarla...? Ma poi, si disse,
l'aveva mai davvero conquistata? Improvvisamente, tutto ciò
che
aveva detto George quel pomeriggio e tutto ciò che aveva
pensato di
dover dire a Hermione, perse di senso. I contorni della situazione si
sfumarono.
Vedeva
solo la ragazza seduta di fronte a lui; notò il viso pallido
e stanco, lo sguardo spento, i riccioli raccolti in una crocchia
sfatta. Forse, la notte precendente, l'aveva passata in bianco,
proprio come lui. La responsabilità era sua? Sperava proprio
di sì,
perché avrebbe significato che Hermione pensava a lui, che
provava
qualcosa. Come aveva detto a George, sapeva di piacerle, almeno un
po'. Però gli aveva anche fatto presente che era con Malfoy
che
usciva, non con lui.
La
ragazza tossicchiò, riportandolo alla realtà.
"Granger..."
Hermione
pensò che non
fosse
un esordio granchè confortante; aveva
pronunciato il cognome con un tono funereo.
"Ti
ascolto" rispose glaciale. Non ce la faceva proprio ad essere
amichevole.
"Vedi..."
"Se
è per ieri" lo interruppe, brusca, "me ne andrò
il prima
possibile". Lui sbattè le palpebre, confuso dalla piega
improvvisa che il discorso aveva preso. George aveva ragione; la
minaccia di Hermione di andarsene era un pericolo reale, più
reale
di quanto Fred avesse pensato fino a quel momento. "A quest'ora
non posso trovarmi un albergo, Weasley" Fred non mancò di
notare l'uso del cognome e il tono acidulo da cui era accompagnato.
"Ti prometto che entro qualche giorno sarò fuori di qui".
"Stai
farneticando" la zittì.
"Credevo
avessi detto che non mi volevi tra i piedi".
"Io
non ho..."
Si
bloccò, di botto interessato alle vecchie pareti della
stanza;
osservò che andava proprio data una mano di bianco, prima o
poi.
Vedendolo ammutolito, fu Hermione a parlare.
"Ah,
no?" lo rimbeccò. "Le tue parole suonavano esattamente
come un non ti voglio tra i
piedi!" Quasi
gridò l'ultima parte della frase, perdendo la compostezza
che si era
ripromessa di mantenere.
Fred
si era ripromesso di parlarle con calma e usare le parole giuste per
portare acqua al proprio mulino – mai arrendersi, come diceva
George – ma quella dannata ragazza gli rendeva il compito
sempre
meno facile.
"Sono
stato poco cortese" ammise. "Ma da qui a dedurne che ti
stessi mettendo alla porta, ce ne passa".
"Cortese?"
sbottò Hermione. "Hai detto che questa è casa solo
tua,
verità, peraltro, oggettivamente inconfutabile" ammise. "Ora
dici che non vuoi che me ne vada. Cosa diamine vuoi da me,
Frederick?"
Gli
occhi castani di Fred ebbero un lampo al sentire il suo nome
pronunciato dalle di lei labbra e, senza neppure accorgersene, si
avvicinò. Sentì l'impulso di stringerla, di
chiederle di restare
con lui e di lasciar perdere Malfoy e quella assurda relazione.
Sarebbe stato così semplice – doveva solo
lasciarlo. E basta.
Per
lui era così naturale pensarla tra le proprie braccia;
così giusto,
che avrebbe voluto domandarle come poteva non vedere che sarebbe
stato fantastico.
Era
un cretino, certo. Non poteva pretendere, razionalmente, che Hermione
la pensasse come lui. Magari, lei non aveva alcun dubbio che con
Malfoy fosse mille volte meglio. Anzi, di sicuro.
"Io
non riesco a sopportarlo" disse. "Tu e Malfoy nello stesso
letto, è un'immagine che mi da il voltastomaco"
dichiarò senza
mezzi termini. Stavolta non c'era un briciolo di cattiveria o di
accusa nella voce di Fred; era solo... triste. Hermione ne rimase
colpita, ma tacque. "In realtà" continuò il
rosso, "non
è solo perché è Malfoy... non potrei
sopportarlo ugualmente".
Fece un altro passo verso Hermione che, malferma sulle gambe, era
però decisa ad evitare qualsiasi contatto pericoloso. Era
convinta
che, se l'avesse lasciato avvicinare, sarebbe stato un errore per
sè
e per il rapporto con Fred. Si diede ad una precipitosa fuga su per
le scale, senza neppure dargli il tempo di fermarla.
Non
se la sentiva di ascoltare ancora ciò che Fred aveva da
dire,
timorosa che potesse non piacerle. Se le avesse ribadito le parole di
ventiquattrore prima, seppure in maniera più gentile, ci
sarebbe
rimasta troppo male. Da quanto aveva detto non voleva cacciarla e non
sembrava propenso a ripetersi in quel senso, ma l'istinto l'ebbe
vinta sulla ragione.
Lo
sentì ringhiare di frustrazione e lanciare qualcosa in vetro
–
forse un bicchiere – contro un mobiletto in legno del
salotto. Era
arrabbiato. Lui, era arrabbiato. Non ci pensava a lei? A quanto
potesse stare da schifo?
Perché
non l'hai fatto parlare, non l'hai fatto spiegare? Diceva
una
vocina nella sua testa che, stavolta, anzichè somigliare a
quella di
Ginny, o alla parte saggia di sè, somigliava spaventosamente
alla
voce di George Weasley.
La
verità? Aveva avuto paura.
Paura
che lui dicesse le parole sbagliate; paura che fosse lei stessa a
dirle e che tutto si complicasse ulteriormente; paura di sentire che
il malumore di cui le aveva parlato George era davvero dovuto al loro
litigio (e di scoprire, quindi, che per Fred lei era solo fonte di
problemi); paura, al contrario, che il malessere del suo coinquilino
fosse invece legato a qualche diverbio con Sally; paura che Fred si
avvicinasse troppo e, soprattutto, di come avrebbe potuto tradirla il
suo stesso corpo.
Si
spogliò e si mise sotto le coperte, sperando che il sonno
arrivasse
al più presto a strapparla via dalle paure e dall'ansia che
le
annebbiavano il cervello.
Il
sonoro scampanellio avvisò Garrick dell'entrata di qualcuno.
A
quell'ora, di venerdì mattina, non poteva che essere
Hermione a
mettere piede nel negozio, perciò non si disturbò
a sollevare lo
sguardo. Udì dei passi leggeri e intuì che aveva
posato gli abiti
sull'attaccapanni e si stava dirigendo verso il retro, dove sapeva
l'avrebbe trovato già al lavoro. Il negozio era composto di
due
ambienti: la bottega e il retro, dove veniva svolto il lavoro
più
grande. Perciò ad Hermione bastò fare capolino
per notare
l'espressione dell'uomo.
"Qualcosa
non va, signore?" La ragazza si accostò immediatamente al
vecchio dall'aria afflitta.
Non
era stata una gran nottata per lei, quasi completamente priva di
sonno e piena di riflessioni totalmente inutili.
"Mi
sento inconcludente" replicò quello, strappandola al vortice
di
pensieri in cui stava per precipitare – di nuovo.
"Lei,
inconcludente?" fece Hermione. "Per favore, non dica
sciocchezze". Lui sollevò la testa, colpito dal tono con cui
la
sua apprendista l'aveva quasi redarguito. In effetti,
riflettè
Garrick, doveva avere un'aria da bambinetto insoddisfatto. Si
ricompose velocemente.
"Non
riesco a fare nulla per lei" spiegò,
indicando la
bacchetta poggiata lì accanto, sul tavolo da lavoro.
Hermione si
chiese come non si fosse accorta della sua presenza, troppo
concentrata sul volto del fabbricante. A un rapido esame, era messa
piuttostò male. Era stata spezzata quasi di netto, il legno
era
diviso in due parti, tenute unite solo da un sottile strato del
nucleo – le pareva fosse crine di unicorno. Era una fortuna
che non
si fosse divisa del tutto. Avrebbe dovuto dirgli, a rigor di logica,
che era più che ovvio che non fosse possibile risolvere il
problema.
Quella bacchetta era, effettivamente, un oggetto senza speranza.
Hermione ne aveva vista solo un'altra in condizioni così
disperate:
quella del suo migliore amico. Era stata lei stessa a provocarne la
frattura, lanciando la maledizione che era rimbalzata – ma
l'aveva
fatto per salvare se stessa e Harry da un enorme serpente posseduto
da Voldemort e animato da intenzioni poco nobili nei loro confronti*.
Era sicura che, nonostante ciò, Harry l'avesse odiata per un
po'.
Perdere
la bacchetta era, per un mago o una strega, un'esperienza traumatica.
L'aveva appurato lei stessa a Malfoy Manor, quando le era stata
strappata di mano da Draco*.
Perciò,
era consapevole di come la colpa non fosse del vecchio. Lui stesso,
anni addietro, a Villa Conchiglia, aveva asserito che non conosceva
modo per aggiustare la bacchetta di Harry.
L'amico
era riuscito a riottenere la sua fedele compagna solo riparandola con
la Bacchetta di Sambuco di Silente – la più
potente del mondo*.
Hermione
non poteva certo andare a profanare la tomba dell'ex preside per
riparare una bacchetta. Neppure Ollivander, che per riaggiustarne una
avrebbe fatto i salti mortali, sarebbe arrivato a tanto.
Sebbene
razionalmente comprendesse tutto ciò, Hermione non disse
nulla di
simile.
"Mi
dispiace, signore" si limitò a dire. Probabilmente uno
spettatore esterno, alle loro facce abbattute, avrebbe optato per una
chiamata all'ospedale San Mungo e la richiesta di un urgente ricovero
al reparto psichiatrico. Entrambi se ne rendevano conto, eppure,
entrambi erano confortati nel sapere che si comprendevano a vicenda.
Hermione si risparmiò di chiedergli se aveva tentato tutto,
perché
sapeva perfettamente che, se ci fosse stata una soluzione, lui
l'avrebbe trovata. Aveva cieca fiducia in quel vecchio – e
lei
aveva cieca fiducia in pochissime persone.
"Non
importa" Ollivander liquidò la faccenda con una lieve alzata
di
spalle. "E' stata spezzata con un duello, ma il proprietario ne
ha sempre avuto poca cura: posso vedere i segni della sua negligenza"
disse col tono duro di chi condanna un crimine.
"Dunque!"
L'uomo raddrizzò le spalle e spostò gli occhi
azzurri in quelli
castani di Hermione, con una nuova luce nello sguardo. "Oggi
è
il gran giorno" annunciò.
"Mh,
per cosa?" domandò lei. L'uomo alzò gli occhi al
cielo, quasi
che fosse lei ad essere tarda e non lui ad essere criptico.
"Oggi,
ragazza mia, ha inizio il tuo vero apprendistato" le disse.
"O-oggi?"
Improvvisamente, Hermione sbiancò. Non voleva che alle due
nottate
insonni e allo sconforto degli ultimi giorni si aggiungesse un
ulteriore fallimento. D'altronde, sapeva che, prima o poi, quel
momento sarebbe giunto.
"Oggi"
confermò Ollivander. "Cappello e cappotto!"
dichiarò
alzandosi di slancio.
"Come?"
fece, affrottando le sopracciglia.
"Si
va a scegliere personalmente la materia prima".
I
Tiri Vispi Weasley era, come sempre, affollato dai clienti. Che
fossero serpi, grifoni, corvi o tassi, adulti o bambini, maschi o
femmine, non aveva la minima importanza: quel posto non conosceva il
significato della parola 'crisi'.
Non
l'aveva sperimentato neppure quando a Diagon Alley ogni altra
attività era stata sbarrata.
Le
vetrine, allestite con sgargianti colori arancio e verde acido,
sprizzavano allegria, e attiravano sempre i passanti.
All'interno
del negozio, un ragazzo dai capelli rosso fuoco chiamò, per
tre
volte di fila, il fratello, senza ottenere risposta. Solo al quarto
tentativo, scuotendolo per una spalla, riuscì a distoglierlo
dai
propri pensieri.
"Che
c'è?" mugugnò Fred.
"Dimmelo
tu" replicò George. "Sei praticamente una mummia".
Fred bofonchiò qualcosa di indistinto che, per lui, doveva
valere
come risposta di senso compiuto.
"La
tua faccia non è mai stata così poco da
Fred".
"Lo
hai già detto" sbuffò Fred, che nel contempo
riordinava
distrattamente il ripiano delle pasticche vomitose, uno dei prodotti
più venduti della società Weasley.
"E
lo ribadisco" rincarò George. "Durante la guerra contro
Voldemort, avevi un'espressione più allegra". Fred
sbuffò: in
effetti il prodotto NO-PIPI'-NO-PUPU', ideato in quel periodo, era
stato una sua idea.
Nemmeno
l'Oscuro Signore era riuscito a smontare la creatività di
Fred
Weasley, eppure sembrava che Hermione Granger fosse più che
qualificata per questo compito. Perché era a lei, quel
giorno, che
Fred stava pensando. Neppure gli stesse leggendo nel pensiero, George
gli disse:
"Pensare
alla Granger ti succhia via la creatività".
"Forse"
rispose, mogio. "Meno male che ci sei tu a tenere alto l'onore
del negozio!" George sbuffò e alzò gli occhi al
cielo,
palesemente irritato.
"Non
per sempre" disse. Fred drizzò le antenne e si
voltò verso il
fratello:
"Abbiamo
la stessa età" cominciò. "Stesso anno, mese,
giorno; sei
in salute; perché dovresti morire prima di me?" chiese,
sarcastico.
"Non
intendevo quello'" sbuffò. "Intendevo dire che non posso
tenere il peso del negozio da solo; tutto perché tu sei
troppo
innamorato e non ti rendi conto di quel che ti succede sotto il naso"
protestò.
"E
quindi?" Fred era completamente passivo all'interno della
conversazione, come se non avesse idea di cosa George stesse
blaterando, il che era possibile, considerato che se n'era stato,
fino a quel momento, a mettere a posto tranquillamente –
quando di
solito si aggirava per il negozio facendo battute ai clienti
più
giovani e scherzetti ai bambini; raccontava persino barzellette.
Perciò,
vederlo sistemare scatole e scatolette di Pasticche Vomitose e
Torrone Sanguinolento con quel viso cereo e gli occhi spenti, era uno
spettacolo a dir poco indegno. George stava per rispondere al
fratello, quando una ragazzina, apparentemente sulla quindicina, si
avvicinò a Fred per chiedere consiglio. In mano teneva un
filtro
d'amore e, con assoluta nonchalance, iniziò a raccontare
quella che
a tutti gli effetti poteva sembrare la trama di una soap opera.
"...
e, cioè, so che lui e io siamo perfetti
insieme, ma Sam è
convinto di amare Elly, che però non lo ricambia,
perché in realtà
ama Matt. Quindi, non faccio nessun danno se gli somministro questo,
no?" chiese indicando la fialetta che stringeva tra le dita.
Aveva un colore rosa acceso che Fred aveva sempre trovato vomitevole.
"Oppure
è meglio l'altro?" e additò un'altra pozione,
color rosa
pallido, disposta tra gli espositori dedicati ai filtri d'amore.
"Quale pensi faccia al caso mio? Insomma, io credo nell'amore,
ma forse, se Sam mi notasse, potrebbe nascere qualcosa".
"Quei
filtri provocano un'infatuazione, non l'amore"
precisò
George, da dietro le spalle del fratello. La ragazza scrollò
le
spalle, come se non facesse differenza.
Lo
sguardo di Fred si assottigliò; sembrava fisso in
contemplazione
della boccetta tra le mani della quindicenne, come se non ne avesse
mai vista una. George ebbe paura che scoppiasse e si mettesse a
gridare o, addirittura, che le strappasse quella ridicola ampollina
dalle mani e la fracassasse al suolo. In effetti, quel colore era
davvero orribile, doveva ammetterlo.
"Non
dovresti crederci" disse solo. Lei aggrottò le sopracciglia,
senza capire.
"Come,
scusa?"
"Hai
detto che ci credi, che credi nell'amore..."
"Sì,
l'ho detto" confermò lei, con aria ingenua.
"Fai
molto, molto male" borbottò Fred. "E' una fregatura".
Distolse lo sguardo e poi si voltò, sparendo nello
sgabuzzino.
George
aveva assistito alla scena con crescente disperazione; capì
che Fred
doveva aver tentato, la sera prima, di approcciare Hermione –
evidentemente senza ottenere successo. Quella sorta di
incomunicabilità tra lui e la Granger rendeva Fred frustrato
e, a
farne le spese, non era solo la salute mentale del diretto
interessato, ma anche quella di George!
Pensò
di parlargli nuovamente, come aveva fatto il giorno avanti, ma
comprese che sarebbe stato uno spreco di energie, dato che il suo
gemello aveva eretto un muro tra sè e il resto del mondo.
Sì, suo
fratello era un muro di gomma, e qualsiasi discorso sensato gli
rimbalzava addosso.
Puntò
lo sguardo sulla ragazzina, che appariva stordita, quasi l'avessero
Confusa.
"Ehm"
George si schiarì la voce. "Puoi dire a me" e le sorrise.
"Mio fratello oggi non è in sè"
spiegò, lievemente in
imbarazzo. Lei aveva gli occhi spalancati, che saettavano tra lui, il
punto dove fino ad un secondo prima Fred aveva pontificato, e la
boccetta che teneva in mano. Non sembrava più
così convinta di
volerla comprare.
"Sì,
l'ho notato".
Il
parco che circondava la struttura era sempre stato la parte della
villa che Draco preferiva. Il verde lussureggiante che la circondava
lo rilassava molto più degli interni di casa Malfoy.
Il
cielo era nuvoloso sopra la sua testa, quel pomeriggio. Si
voltò
verso l'imponente edificio. Se il parco era grandioso, la villa
riportava prepotentemente alla mente di Draco gli antichi fasti della
famiglia. Lì sua madre, un tempo, organizzava feste e grandi
cene di
gala, con le 'persone giuste'.
"Quelli
che contano, avrebbe detto mio padre" mormorò al vento, che
gli
soffiava in faccia. Uno dei pavoni in giro per il giardino gli si
fece insolitamente vicino, per poi allontanarsi. Uno dei vezzi di
Lucius. Uno di quelli che Draco non aveva mai capito fino in fondo.
Più
o meno come quello di tatuarsi il braccio sinistro,
riflettè. Un
amaro sorriso gli fece incurvare gli angoli delle labbra. No, fino in
fondo non l'aveva ancora capito.
Merlino,
quanto avrebbe voluto essere nel proprio appartamento – a casa.
Nonostante, ufficialmente, Malfoy Manor fosse ancora la sua
abitazione, Draco non poteva dire di considerarla 'casa'. Un posto in
cui non sei libero di fare ciò che desideri non
può esser chiamato
così. Perciò, appena possibile, scappava da
quella prigione e si
catapultava a Londra.
Se
da ragazzino gli avessero detto che avrebbe detestato quel luogo a
tal punto da preferire un appartamento nella Londra babbana, avrebbe
riso di gusto.
"Padron
Malfoy" un esserino dalle orecchie a punta gli si rivolse in
tono deferente, comparendo dal nulla. Draco aveva sempre trovato gli
Elfi Domestici davvero antiestetici. Si appuntò mentalmente
di non
riferirlo ad Hermione: sarebbe stata capace di adirarsi. Del resto,
però, quegli esseri erano palesemente
orrendi.
"Tinky
è qui per riferire che il tè è pronto
e la signora la sta
cercando".
"Grazie,
Tinky" rispose con cortesia. L'esserino si inchinò
ossequiosamente e scomparve.
Il
rapporto con gli Elfi Domestici era piuttosto migliorato – in
loro
favore, s'intende – dalla fine della Seconda Guerra Magica.
Non in
tutte le famiglie, certo; però Draco aveva deciso di non
trattarli
più in maniera sgarbata, come fossero stracci da pavimento
(come era
solito fare prima).
La
Granger dovrebbe essere
orgogliosa di me,
riflettè. Almeno
per questo.
Infilò
le mani in tasca e, a passi lenti e svogliati, giunse fino al salotto
in cui sua madre aveva fatto preparare il tè. Non ne aveva
proprio
voglia, ad essere sinceri.
Non
aveva voglia di tè, non aveva voglia di star lì
e, soprattutto, di
parlare con Narcissa. Sbuffò piano e la raggiunse,
già seduta al
tavolo. Era così austera, così diversa da quando
era bambino...
Continuava a volerle molto bene; era una delle poche persone
importanti, per Draco.
"Ti
stavo aspettando. Se non ti sbrighi si raffredderà" disse
indicando il tè. Il ragazzo fece come gli era stato detto;
sedette e
iniziò ad osservare il suo tè verde, senza
fiatare. Cosa avrebbe
dovuto dirle?
Da
quanto suo padre era finito ad Azkaban, Narcissa non era più
la
stessa; non era mai stata incline ad eccessive manifestazioni
d'affetto materno. Del resto, neppure Draco era un tipo tutto
abbracci e coccole. Però, in cinque anni, si era indurita
molto;
almeno tanto quanto il figlio si era ammorbidito.
Aveva
salvato Potter con la sua bugia, e questo le aveva evitato la
prigione, ma le sue convinzioni – al contrario di quelle di
Draco –
non erano cambiate. Sembrava ritenere ingiusta la sorte che era
toccata al marito, mentre Draco, al contrario, avrebbe ritenuto
opportuno essere sbattuto dentro a sua volta. Hermione non sarebbe
stata d'accordo con lui. Lo avrebbe difeso da se stesso, come sempre.
Come
si potesse essere così buoni, non gli era ancora chiaro.
Grifondoro
fin nelle ossa, come aveva spesso occasione di ricordarle.
"Draco...?"
Il tono interrogativo di sua madre lo richiamò alla
realtà. Guardò
la donna negli occhi, in attesa che continuasse la frase. Fu solo
allora che si rese conto che, sul tavolo, era posato un vecchio
numero del Settimanale delle Streghe. Doveva prepararsi a sostenere
una conversazione imbarazzante?
"Che
mi dici di questa storia?" disse senza giri di parole.
"Quale
storia?" Ovviamente, Draco sapeva a cosa si riferisse la
domanda, ma non voleva darle la soddisfazione di vincere senza dargli
qualcosa in cambio. Non aveva intenzione di facilitarle il compito.
"Lo
sai" replicò seccamente. "Tu e la ragazza".
Draco
si sentì infastidito da quelle quattro parole. La
ragazza.
"Ha
un nome" disse, la voce incolore. Lentamente, portò la tazza
alle labbra e sorseggiò altro tè.
"Non
fai sul serio con lei, vero?" domandò, tradendo un po'
d'ansia
nella voce. Draco si sarebbe già potuto dire soddisfatto di
averle
fatto perdere quel controllo che manteneva sempre. Più il
tempo
passava, e più somigliava a Lucius.
La
mancanza di quell'uomo le faceva quest'effetto – e, secondo
Draco,
non era affatto salutare. La sentì inspirare ed espirare.
"Non
capisco perché ti interessi" rispose, faticando a trattenere
un
ghigno.
"Non
scherzare con me".
"Non
lo sto facendo, te l'assicuro" ribattè lui. "Non ho la
minima idea del perché tu stia affrontando quest'argomento
ora,
madre". Lei sospirò e Draco fu certo che, se non l'avesse
trovato estremamente inelegante, avrebbe sbuffato apertamente.
"Finora
ho lasciato correre" disse lei. "Gli articoli" e
indicò la rivista, "i mormorii, i pettegolezzi..."
elencò.
"Immagino
ti sia costato molta fatica" replicò, caustico.
"Non
fingerò con te, Draco. Penso sia stata un'ottima idea, dal
momento
che quelli come lei sono così
benvoluti, ora".
Lui non ribattè, intuendo che il discorso non era concluso e
che, ad
ogni modo, non ci sarebbe stato nulla da dire al riguardo. In
occasioni come quella, da buon Serpeverde, il silenzio era sempre la
miglior soluzione per uscirne pulito e senza graffi. Parole avventate
e frettolose erano roba per Grifondoro; cose da San Potter, non da
Draco Malfoy.
"Per
quanto mi riguarda" proseguì Narcissa, "puoi continuare a
frequentarla..."
"Grazie
del permesso" affermò con tono ironico, che sua madre
ignorò.
"Ciò
non toglie che questo, per te, deve essere un passatempo".
Eccolo,
il punto. Sapevo che ci saremmo arrivati, pensò,
divertito.
Aveva previsto dove la conversazione sarebbe andata a parare ancora
prima che la madre la iniziasse.
"E
perché mai?"
"Sai
perfettamente i motivi che mi spingono a dirlo. Per quanto possa
essere vantaggioso far credere che la famiglia Malfoy si sia
'ravveduta' tanto da arrivare a mischiarsi con la feccia, questo non
dovrà mai accadere sul serio". La voce
di Narcissa era
dura e, in ogni parola, Draco poteva sentir risuonare quella di
Lucius, e con essa le sue idee insane e obsolete.
"Che
intendi dire?" le chiese ancora, pacato.
"Va
bene, vuoi che lo dica apertamente" concluse lei. "Lo farò:
la famiglia Malfoy non si legherà mai a gente del genere".
"Quale
genere?" chiese, inarcando un sopracciglio, con espressione
ignara.
"Sanguemarcio"
lo accontentò lei. Era, almeno all'apparenza, impassibile.
"Credi
sia contagioso?" le domandò, ghignando apertamente. Sapeva
quanto potesse infastidirla, molto più che se si fosse messo
a
berciare o sbraitare – comportamenti che, ad ogni modo, non
aveva
alcuna intenzione di tenere.
"Non
scherzare, te lo ripeto. Hermione Granger è una
Sanguemarcio".
"Lo
so, ma gradirei che non la chiamassi così". Per un momento
risentì nella propria testa la voce di Silente che, sulla
torre di
Astronomia, con la bacchetta di Draco alla gola, aveva trovato il
tempo di redarguirlo sulla terminologia corretta da utilizzare.*
"Perché
non dovrei? Lei non è niente per me, e mai lo
sarà. Ti deve essere
chiaro fin dal principio che questa cosa non
avrà un futuro.
Non so quanto sia seria nè voglio saperlo. Semplicemente non
mi
interessa". Oh, Draco non ne dubitava affatto. A lei interessava
solo il buon nome della casata, mantenere le apparenze e, ovviamente,
una linea di successione linda e pinta. Le aspirazioni o i desideri
del figlio, rispetto a queste priorità, erano argomenti di
ordine
secondario. Sua madre lo amava, Draco ne era certo, ma non abbastanza
da allargare le proprie vedute per lui.
"Tutto
quello che mi preme è che la cosa, ad un certo punto, si
interrompa.
Tu sposerai una strega Purosangue; una donna che possa darti dei
figli degni di te".
Degni
di te voleva dire 'degni di apparire nel nostro albero genealogico'.
Se si concentrava poteva visualizzare suo figlio – un
maschio,
ovviamente – aggiunto all'arazzo che
faceva bella mostra di
sè in salone. Lì, appesi alla parete, generazioni
di Malfoy
osservavano coloro che avevano la sventura di fermarsi a rimirarlo.
Tutti
quei cartigli con i nomi dei suoi antenati, collegati a facce
sconosciute, lo mettevano a disagio – pensare che, da
bambino,
aveva passato ore a fissarle per imprimerle nella memoria! Era fiero
di poter vantare una discendenza così pura.
Ora,
il solo pensiero di avere un figlio da ficcare in mezzo ad altri
cartigli, lo riempiva di ansia. Non poteva credere di essere cambiato
a tal punto; eppure era ciò che sentiva. Probabilmente,
fosse stato
vivo, suo nonno Abrahaxas sarebbe corso nella stanza affianco a
bruciare il tondino con il volto di Draco.
Gli
'indesiderati' della famiglia, come il cugino di sua madre, erano
stati sapientemente 'eliminati' da ogni arazzo esistente.*
"E
cosa ti fa credere che esista una donna Purosangue che, pur non
amandolo, sposi un Mangiamorte? Che vantaggio ne trarrebbe la
famiglia della suddetta signorina?" chiese con un sorrisetto.
Era
una domanda estremamente logica, e Narcissa lo sapeva; ma Draco non
subitava che, vista la sua diplomazia, sarebbe riuscita a convincere
qualcuno che il cognome Malfoy, dopotutto, contava ancora qualcosa
nel Mondo Magico. Forse era così, ma di sicuro non per
persone come
la Granger e, ad essere sinceri, oramai nemmeno per Draco.
"Sei
un Malfoy, cosa direbbe tuo padre se ti sentisse?"
"Lui
è ad Azkaban e ci resterà, devi fartene una
ragione" replicò,
meno composto. Si alzò e girovagò un po' per la
stanza, finchè non
decise di sedersi sul divano. Passò le mani sul tessuto e, a
contatto con il velluto verde che lo rivestiva, si rilassò
leggermente. Era un gesto che compiva spesso da bambino, quando
veniva rimproverato o aveva combinato qualcosa. Lo calmava. "Non
merita la mia considerazione, nè la tua".
"Non
parlare così di tuo padre, Draco. Non osare addossargli
colpe
che..."
"...che
cosa?" la interruppe. Si rizzò sulla schiena, abbandonando
la
posizione rilassata che aveva appena assunto. "Che non sono
sue?! Era il braccio destro di Voldemort, gli è andata bene
solo
perché 'i buoni' hanno deciso di allontanare i Dissennatori
da quel
posto infernale, o a quest'ora sarebbe peggio che morto".
"Anche
tu porti il Marchio!" A quelle parole, la mano destra di Draco
scattò all'avambraccio sinistro; avrebbe voluto alzarsi,
scappare e
non tornare più. Andare via senza voltarsi mai indietro. Ma
a sua
madre rimaneva solo lui; non poteva fuggire.
"Infatti"
disse invece. "E me ne vergognerò a vita, a differenza sua".
Sua
madre non replicò, probabilmente a corto di risposte. C'era
poco da
dire: le loro posizioni erano differenti e sarebbero rimaste tali.
Non era certo una discussione davanti ad un tè che poteva
risolvere
i loro problemi famigliari.
Come
se poi le loro fossero 'discussioni'! Erano
più uno scontro
in cui ognuno erigeva un muro e concentrava tutti i propri sforzi per
impedire all'altro di penetrarlo o anche solo di scalfirlo. A questo,
dopo la guerra, si era ridotto il rapporto con Narcissa.
"Non
so" riprese, calma, "come siamo arrivati a questo. Non era
mia intenzione affrontare argomenti tanto spinosi" disse
alzandosi da tavola. Draco la osservò.
La
postura dritta, impeccabile, l'abito lungo, verde scuro, i capelli
biondissimi raccolti in una elaborata acconciatura, rendevano la
figura di sua madre, come sempre, elegante. Sebbene invecchiata, la
vedeva bella proprio come quando era piccolo.
Avrebbe
tanto voluto far coincidere la loro visione del mondo, ma sapeva che
non era possibile. Ci aveva rinunciato da tempo.
"Ho
espresso me mie opinioni" proseguì. "Non mi
ripeterò,
perché sono certa che tu abbia capito". Si diresse alla
porta
del salotto; sembrava proprio che la conversazione fosse conclusa.
All'ultimo ci ripensò e Draco la vide tentennare sull'uscio
e infine
voltarsi a guardarlo.
"Sai
da te cosa è opportuno e cosa non lo è"
dichiarò. "Non
voglio perdere anche te..." Narcissa non gli lasciò il tempo
di
elaborare una risposta, perché scomparve immediatamente,
chiudendo
la porta dietro di sè.
Draco
non poteva negare di essere sorpreso; era da tempo che sua madre non
esprimeva a parole, nè a gesti, l'affetto che provava per
lui.
Quell'affetto,
era il motivo per cui, benché provasse repulsione verso la
casa,
verso gli arazzi di famiglia, verso... suo padre... non riusciva a
provarne per Narcissa. Perché sapeva che ogni cosa che aveva
detto,
dal suo sbagliato punto di vista, era per il bene della famiglia,
ovvero, di suo figlio. Era la persona più vicina che
avesse...
l'unica... non le rimaneva altro che Draco. Non poteva lasciare che
anche il suo ultimo legame di sangue, come tutti gli altri,
naufragasse miseramente; però non poteva neppure condannare
se
stesso all'infelicità perpetua, no? Eppure, sapeva che
Narcissa non
avrebbe approvato nessuna delle sue scelte. Cioè,
le scelte
che avrebbe fatto se ne avesse avuto il fegato. Non solo non le
avrebbe approvate, ma non si sarebbe neppure sforzata di accettarle.
Un
lampo illuminò il cielo all'improvviso, strappandolo ai suoi
pensieri, e fu subito seguito da un tuono. Draco si alzò dal
divano
e, lentamente, arrivò alla finestra. Dalle vetrate scorse
altri
lampi. Era in arrivo un temporale, e lui aveva voglia di uscire sotto
la pioggia.
Non
appena Hermione, quella mattina, aveva afferrato il braccio di
Ollivander, aveva compreso dove erano diretti per cercare la 'materia
prima' e, una volta Materializzata, ne ebbe conferma. Il vento
soffiava forte, scompigliandole i capelli, e il sole filtrava tra le
foglie verdi degli alberi. Mosse un passo e perfino lo scricchiolio
di rami secchi sotto i piedi le parve famigliare.
"La
foresta di Hitwood" sussurrò.
"Proprio
così" fece Ollivander. "Dove volevi che ti portassi? Alle
giostre?"
Hermione
sorrise in risposta al tono burbero dell'uomo e si staccò da
lui,
continuando a guardarsi intorno. Dalla prima volta in cui c'erano
stati le sembrava passato un secolo*. Nonostante, da allora, non si
fosse più recata lì, sentiva una sorta di empatia
con quel luogo;
come se fosse stato creato per lei. Possedeva un effetto calmante che
raramente Hermione aveva riscontrato in altri posti. Soprattutto, ora
che la tensione del proprio battesimo –
la prima volta in
cui era stata chiamata a mettere alla prova le sue conoscenze sui
legni da bacchetta – era scemata, poteva godersi appieno il
canto
degli uccelli appollaiati sugli alberi e i tiepidi raggi solari di
una mattinata straordinariamente mite. Da sempre, come tutti gli
inglesi, aveva rinunciato a contare sul bel tempo quotidiano. Proprio
per questo, quando il sole faceva capolino, Hermione lo apprezzava
molto di più di quanto avrebbe potuto farlo l'abitante di un
Paese
meditterraneo.
La
foresta di Hitwood era un luogo incantevole e, improvvisamente, si
pentì di non aver insistito per accompagnare il bacchettaio
le volte
in cui era tornato lì a fare 'rifornimento'. Si
voltò e vide il
sole battere sui capelli canuti e illuminare il viso lieto del
vecchio accanto a sè. Sembrava un bambino in un parco
giochi, e
Hermione immaginò di avere più o meno la medesima
espressione. Si
chiese se, continuando a svolgere quel lavoro per anni, avrebbe
mantenuto lo stesso entusiasmo dell'uomo. Era convinta di
sì.
Il
punto critico della questione era un altro; certamente era in grado
di raccogliere legno da bacchetta, e lo aveva già fatto una
volta,
ma non era altrettanto certa di riuscire davvero a
fabbricare
una bacchetta.
"Smettila
di rimuginare" ordinò la voce di Ollivander. "E mettiti a
spulciare tra gli alberi; non c'è tempo da perdere. Sai cosa
fare"
disse poi, porgendole un sacchetto che conteneva Onischi. Hermione
restò per un attimo imbambolata, senza riuscire a smettere
di
pensare.
"Beh,
che ti aspettavi; uova di fata?" bofonchiò lui. Hermione
comprese che l'intento era quello di distrarla, e ridacchiò
sommessamente. Non c'era verso che quell'uomo provasse a tirarle su
il morale senza però accompagnare il tutto con qualche
borbottio in
sottofondo.
"No,
credo che gli Asticelli dovranno accontentarsi degli Onischi*".
"Perfetto,
allora mettiti al lavoro" ordinò. Hermione non se lo fece
ripetere e iniziò la ricerca degli alberi da bacchetta,
riuscendo a
scovarne un bel po' grazie alla presenza degli Asticelli –
benedette creature! Li tenne a bada, come la volta precendente,
grazie agli Onischi, evitando in tal modo che le tranciassero via un
dito per difendere il proprio 'territorio'. La particolarità
di
quella foresta era proprio quella di racchiudere in sè tanti
tipi di
alberi – ed era per questo frequentatissima dai fabbricanti
di
bacchette – e, quindi, Hermione riuscì a
raccogliere legni diversi
tra loro e utili allo scopo. Nel frattempo, Ollivander aveva Evocato
uno sgabello sul quale era rimasto comodamente seduto per tutto il
tempo. Doveva sbrigarsela da sola, certo, ma Hermione sospettava ci
fosse una vena di sadismo nello starsene immobile, a fissarla mentre
si dava da fare.
Un
lampo improvviso, seguito da un tuono, la distolse dal proprio
lavoro; levò lo sguardo e si rese conto che il cielo era
grigio e
nuvolo (non se ne era neppure accorta, tanto era presa dal compito
che stava svolgendo!). Si affrettò a tornare nel punto in
cui
Ollivander restava ancora fermo.
"Signore,
credo stia per piovere".
"Stavo
giusto per alzarmi" replicò lui, con calma. "Credo tu
abbia raccolto abbastanza legno da fabbricare bacchette per un
secolo, e inoltre non voglio tornare al negozio bagnato fradicio".
In
un batter d'occhio lo sgabello era sparito ed Hermione era nuovamente
attaccata al braccio del signor Ollivander, pronta alla
Smaterializzazione.
Quella
sera, dopo
aver passato molto tempo ad ordinare secondo
criterio il
legno raccolto, Hermione uscì dal negozio, stanca ma
soddisfatta.
Il
vento
le sferzò il volto
e una fitta pioggia iniziò
a inzupparle i
vestiti. Poco
importava; di lì a cinque minuti sarebbe stata al caldo. Stava
per Evocare un ombrello, quando qualcuno le si accostò,
coprendola con il proprio. Il
profilo affilato
e spigoloso alla sua sinistra non lasciava dubbi
sull'identità
dell'uomo.
"Draco..."
Hermione occhieggiò la tela dell'ombrello, di un colore
insolito e
molto acceso. "Che ci fai qui fuori e, per giunta, con un
ombrello giallo?"*
"Mi
pare ovvio" rispose lui con un sorriso sornione. "Ti salvo
dalla pioggia".
NOTE
AL CAPITOLO
1)
Nell'ultimo libro, quando Hermione e Harry si recano a Godric's
Hollow a visitare la tomba dei Potter, Hermione, per salvarsi da
Nagini, lancia un incantesimo che rimbalza, colpisce e spezza quasi
di netto la bacchetta di Harry (le due metà restano unite
solo da un
filamento del nucleo di piuma di fenice). A Villa Conchiglia, perfino
Ollivander dice che non c'è modo di riparare un danno simile.
2)Per
molto tempo Hermione dice ad Harry che può abituarsi ad
un'altra
bacchetta e che basta fare pratica, ma quando la stessa sorte tocca a
lei (e la bacchetta che ha rimane a casa dei Malfoy) si rende conto
che con una bacchetta che scegli hai un legame speciale.
3)
Con la Bacchetta di Sambuco, prima di rimetterla nella tomba di
Silente, Harry ripara la sua vecchia bacchetta di agrifoglio.
4)
Silente, alla fine del sesto libro, quando Draco minaccia di
ucciderlo e dichiara di aver preso l'idea della comunicazione tra
oggetti gemelli da Hermione (non so se ricordate le monete incantate
con le quali comunicano i membri dell'ES), gli intima di non usare la
parola 'Sanguemarcio' in sua presenza.
5)
Sirius, quando a sedici anni scappa di casa, viene cancellato
dall'arazzo di famiglia, da sua madre Walburga.
6)
Nell'ottavo capitolo (Il battesimo di Hermione) lei e Ollivander si
recano in una foresta speciale in cui si concentrano diversi tipi di
alberi da bacchetta. Non ne avevo scritto il nome; ho optato per
Hitwood perché mi sembra adatto. Hit significa successo,
mentre wood
vuol dire legno (la foresta, quindi, è un posto dove si
trovano
legni perfetti per costruire bacchette di successo). Boh, è
stato il
mio ragionamento.
7)
Gli Onischi, come avevo scritto anche nell'ottavo capitolo, sono cibo
per Asticelli, che mangiano anche Uova di Fata (ne sono ghiotti, ma
è
un cibo non molto facile da procurarsi).
8)
Questa citazione dalla sit-com How I Met Your Mother non posso non
dedicarla a CinderNella!
L'ombrello giallo è praticamente il simbolo della serie.
ANGOLO
AUTRICE
Lo
so, lo so, sono una brutta persona e faccio sempre ritardo! Chiedo
venia a tutti quanti. Spero che questo capitolo sia stato di vostro
gradimento. Fred ha tentato di parlare a Hermione, con scarsi
risultati, ed è abbattuto. Hermione è alle prese
con la
preparazione alla sua prima, e probabilmente disastrosa, creazione.
Finalmente abbiamo intravisto Narcissa e le sue opinioni lusinghiere
sui Nati Babbani. Non è poi tanto questo il punto, quanto la
sua
rigidità di vedute sulle scelte di Draco. Per Narcissa
c'è una sola
strada possibile, e deve essere quella da lei concepita. Per le
opinioni del figlio non c'è posto.
Il
prossimo capitolo riprenderà esattamente da qui,
cioè da Draco che
va a salvare Hermione dalla pioggia. Teoricamente doveva essere tutto
un capitolo, solo che sarebbe uscita fuori una cosa di lunghezza
spropositata e il capitolo è già lungo
così.
Sono
di fretta (spero non ci siano errori di battitura), quindi non
aggiungo altro. La parola sta a voi, se vorrete lasciare un commento.
Grazie mille a tutti coloro che leggono, seguono, preferiscono e,
soprattutto, a coloro che recensiscono <3
A
presto gente! Vostra,
Jules
|
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Capitolo 26 *** Brindisi ***
CAPITOLO
VENTICINQUE – Brindisi
Benché
fossero le sette e piovesse a dirotto, Diagon Alley non si era
affatto svuotata. Semplicemente, i volti si erano tramutati in tanti
ombrelli, sotto ai quali, a capo chino, si nascondevano le persone
–
proprio come stavano facendo loro. Chiunque li avesse guardati
avrebbe visto due ragazzi incamminarsi nella pioggia, senza una
direzione precisa, sotto un eccentrico ombrello giallo.
L'attenzione
di Hermione fu attratta, per un istante, da una bambina che saltava
deliberatamente dentro una pozzanghera – con conseguente e
prevedibile irritazione di quello che doveva essere il padre. La
scena la fece sorridere.
"Perché
ho la sensazione che tu non stia ascoltando?" borbottò
Draco,
immusonendosi. In effetti, aveva bellamente ignorato le ultime parole
del biondo.
"Scusa"
fece lei, riservandogli un sorriso imbarazzato. "Stavi dicendo?"
"Che
se sei così poco interessata al tuo cavaliere, potrei dare
retta a
mia madre".
"Mh?"
Hermione aggrottò le sopracciglia.
"Come
ti stavo dicendo, ha accennato alla nostra frequentazione" le
comunicò.
"Ah
sì, questo l'avevo sentito" Hermione non osava immaginare
cosa
poteva aver detto Narcissa Malfoy. Lo sguardo sospettoso che gli
rivolse fece sorridere Draco.
"Sarò
sincero..." esordì Draco, ed Hermione si sentì in
dovere di
fermarlo.
"Non
è che potresti risparmiarmi gli insulti pesanti?" chiese
gentilmente. "Non che la cosa mi tocchi, ma sono molto stanca e
non ho voglia di indignarmi". Draco rise.
"Ho
detto sincero, non scortese"
precisò.
"Meglio
così" disse sollevata, rilassando visibilmente il corpo. In
effetti non sentiva alcun interesse reale per il parere di Narcissa;
aveva imparato da tempo come fosse inutile affannarsi per
l'approvazione di qualcuno a cui non si tiene o che non si stima
minimamente. Da ragazzina, invece, soffriva per la disapprovazione di
chiunque – perfino degli estranei. Probabilmente, tutta la
storia
della sanguesporco l'aveva aiutata, in quel senso,
a ignorare
determinate opinioni.
"Niente
di che" le riferì. "Ha
detto che questa 'cosa' tra di noi può continuare".
Hermione
poteva
immaginarla,
Cissy,
coi suoi capelli biondi raccolti in uno chignon, un'
elegante ed austera veste di velluto verde e gli occhi stretti a
fessura, puntati sulle foto dei giornali scandalistici con
quei ridicoli titoli.
L'ultimo
era stato, se non ricordava male,
La Sanguemarcio e il Purosangue.
"Beh,
poteva andare peggio... accetta le tue scelte,
non trovi?" disse in un tono che voleva essere incoraggiante.
"No,
non trovo" tagliò corto lui.
Non
desiderava imbarcarsi in una discussione sulla propria disastrata
situazione famigliare. Da quando Lucius era ad Azkaban, Narcissa era
diventata più rigida di quanto già non fosse
prima, quasi si
sentisse in dovere di rimpiazzare il padre, come se quell'aura di
austera e ipocrita durezza potesse non avesse nuociuto abbastanza
alla famiglia Malfoy. L'aveva detto ad Hermione, e non intendeva
ripeterglielo per la centesima volta. Non quella sera.
"Allora"
riprese in tono più allegro, "dove vuoi andare?"
Hermione
si fermò sotto la pioggia e riflettè. Non le
passò neanche per la
mente di tornare a casa; preferiva stare sotto un ombrello per tutta
la notte, vagando per le stradine di Diagon Alley, pur di non
affrontare quel casino che stava diventando la sua vita. Draco le
aveva incasinato tutto, accidenti a lui.
Hermione
si sentiva catapultata in una vita che, in un certo senso, non aveva
scelto. Di tutto questo, al momento, con Draco non fece parola.
"Dunque?"
ripetè Malfoy. "Tu hai in
mente qualche posto?"
chiese.
Hermione
ci pensò su e sorrise.
"Mi
affido a te: sorprendimi, Malfoy!" disse con voce giocosa. Lui
sfoggiò un sorrisetto sghembo e parve riflettere prima di
accettare
la sfida.
Un
secondo dopo, Hermione stava vorticando in aria, attaccata al braccio
di Draco, diretta chissà dove.
"Allora,
ti ho sorpresa?"
Hermione
si guardò intorno, e dovette ammettere che sorpresa lo era
per
davvero. Si erano Materializzati in un vicolo alquanto buio di una
Londra inequivocabilmente babbana. Gli scrosci di pioggia che
scendevano dal cielo contribuivano a far sembrare il luogo ancora
più
buio e decisamente poco raccomandabile. Non riusciva a capire cosa ci
facessero lì.
"Hai
intenzione di cenare qui, stile Lily e il Vagabondo?"
domandò ridendo.
"Chi
diavolo sono Lily e il Vagabondo?" Draco parve piuttosto
confuso; probabilmente sentir nominare uno sconosciuto cartone
animato babbano l'aveva mandato in crisi.
"Ehm,
è roba babbana. Era così per dire..." Non sapeva
come
spiegarsi, maledizione. In momenti come quelli si rendeva conto,
dalle piccole cose, che sarebbe per sempre stata sospesa tra due
realtà molto diverse tra loro, anche se parallele. Due
realtà che,
in effetti, si intersecavano solo per merito – o colpa,
a
seconda dei punti di vista – dei Nati Babbani. Draco aveva
un'espressione talmente ignara che la fece desistere dal proposito di
lanciarsi in una spiegazione minuziosa sui cartoni. Sarebbe stato per
un'altra volta – magari in un altro secolo.
"Intendevo,
come due randagi, per strada" si limitò a dire.
"Ovviamente
no, Granger" rispose scioccato. "Per chi mi hai
preso?"Hermione notò il tono oltraggiato che aveva assunto e
non potè fare a meno di ridere del suo atteggiamento snob.
"Mi
ero scordata di essere a cena con un Lord" lo blandì, con un
sorriso talmente cortese che sconfinava nella presa in giro.
Senza
attendere altro, Draco prese Hermione per mano, conducendola fuori
dal vicoletto. La ragazza non si diede neppure la pena di domandare
dove stessero andando.
Sbucarono
in Cross Charing Road fino a raggiungere un locale, anch'esso
dall'aspetto inqeuivocabilmente babbano. Draco aveva vinto la sfida:
Hermione era sorpresa.
"Che
ci facciamo qui?"
"Credevo
volessi cenare" rispose placido, facendo cenno al maître
e infilando l'ombrello gocciolante nel portaombrelli all'ingresso.
"Ma..."
Nonostante fosse a conoscenza dell'appartamento che Malfoy aveva
acquistato nella Londra babbana, era più che certa di non
essere mai
stata, in sua compagnia, in un locale che non fosse magico.
"Non
ti piace?" chiese sorridendo, falso come una moneta da tre
galeoni. Sapeva perfettamente il motivo che spingeva Hermione a
mostrarsi stupita.
"No
no, non è questo".
Tovaglie
bianche e una candela su ogni tavolo, posate
in argento, camerieri vestiti di tutto punto e menù che
sembravano
urlare: scappa
a gambe levate se non vuoi spendere un occhio della testa!
Era
un ristorante di classe, oltremodo raffinato, ma pur sempre babbano.
Hermione era convinta che, potendo evitare locali babbani, Draco
l'avrebbe fatto. Al momento si stava guardando attorno piuttosto
soddisfatto.
"Solo...
che ci facciamo in un ristorante babbano?"
Lui
ridacchiò
e non rispose
finchè il cameriere non li ebbe fatti accomodare ad
un tavolo appartato – per ottenerlo
aveva sganciato una mancia, blaterando su quanto odiasse stare in
mezzo alla calca. Come se tavoli a dieci metri l'uno dall'altro
potessero creare una 'calca' di persone. Draco
Malfoy e le sue fisime, parte uno.
"Sei
diventata razzista, Granger?" Hermione fu tentata di tirargli un
calcio sotto il tavolo, ma si trattenne.
"Veramente,
il razzista tra noi sei tu" gli fece notare, arricciando il
naso.
"Ma
se esco con una Nata Babbana!" protestò, fingendosi offeso.
"Come puoi accusarmi di una cosa simile?"
"Smettila
di usare questo tono sarcastico" intimò Hermione. Malfoy,
per
niente impressionato dal cipiglio che aveva assunto, ghignò.
In
qualche modo, nonostante la discussione con la madre, sembrava essere
di buonumore. Un po' per l'atmosfera distesa che si era venuta a
creare, un po' per il vino dal tasso alcolico molto
elevato,
Hermione si rilassò a sua volta.
"Siamo
qui" disse lui ad un certo punto, "per stare soli".
Hermione aggrottò la fronte e aprì le orecchie,
cercando di capire
meglio.
"Tralascio
il fatto che ti sia deciso a replicare dopo tre quarti d'ora e due
portate".
"Sono
un uomo che pondera bene le risposte..." Hermione alzò gli
occhi al cielo, ignorò il commento e proseguì per
la propria
strada.
"Ti
faccio notare che siamo circondati da gente..." Si guardò
intorno scorgendo tutti i tavoli occupati. Draco scosse la testa.
"Per
loro non siamo nessuno. Solo un ragazzo, vestito elegantemene, e una
ragazza evidentemente non altrettanto chic"
la
celiò. Hermione gli scoccò un'occhiataccia, che
lui non raccolse.
Non era colpa sua se passava la giornata al lavoro con abiti che lei
riteneva confortevoli, ma che Malfoy sembrava giudicare orripilanti.
Almeno lei un lavoro ce l'aveva!
"Non
c'è nessuna Samantha Kaney appostata" spiegò lui.
"Solo
per stasera, la Salvatrice e il Mangiamorte se ne stanno a casa, e
questa è una cena tra Hermione e Draco, due ragazzi normali".
Si portò alle labbra un bicchiere di vino rosso; aveva
l'aria più
che soddisfatta. Hermione levò il calice per brindare con
lui; in
onore di cosa, non aveva importanza.
"Brindo
a te, Granger".
"E
perché mai?"
"Perché
ti meriti un grazie" disse solo. Hermione rispose
con un
sorriso.
I
due bicchieri tintinnarono e lei scorse il proprio riflesso deformato
in quello del biondo. Vide se stessa, dieci anni prima, ad osservare
quella scena dall'esterno; e si rese conto di quanto agli altri
dovessero apparire bizzarri, Granger e Malfoy in atteggiamenti
così
amichevoli. Avrebbe avuto molte cose da dire, ma l'unica frase che le
venne fuori risultò piuttosto buffa.
"Sei
consapevole del fatto che uno che si chiama Draco,
normale non
lo sarà mai?" Per poco Malfoy non soffocò nel
bicchiere,
oltraggiato dal cinismo dell'interlocutrice. Prese il tovagliolo
dalle gambe e iniziò a nascondere la tossetta dietro di esso
– lei
sospettò che stesse più che altro trattenendo il
riso.
"Giuro"
disse estremamente serio, "che non dirò mai più
niente di
carino in tua presenza!" Mise su un cipiglio offeso, o che
pretendeva di essere tale.
"Non
mi dire!" Hermione finse palesemente un tono disperato,
ottenendo in risposta uno sguardo torvo.
"Smonteresti
chiunque Granger, lasciatelo dire" si lagnò Draco,
riprendendo
a bere con espressione disgustata. Hermionè,
però, fu certa che
nascondesse un sorriso.
Il
"solo io e te" era svanito non appena avevano rimesso piede
a Diagon Alley; entrambi non avevano una bella cera. Hermione in
particolare, doveva ammetterlo, aveva bevuto troppo. Malfoy aveva
bevuto di più, ma a quanto pareva reggeva anche molto meglio
l'alcool.
"Non
ho la minima voglia di rincasare" bofonchiò la ragazza.
"Dopo
una serata in mia compagnia, è più che naturale"
rispose
Draco, egocentrico come sempre. Almeno in quello, si poteva dire
senza sbagliare che non era cambiato di una virgola in tutta la sua
vita.
"Modesto,
da parte tua" lo schernì. Lui minimizzò con un
gesto della
mano, senza darle spago. In effetti, non era mai stato modesto, e non
aveva la minima intenzione di iniziare quella sera stessa.
"Non
sai quello che dici: sei sbronza".
"Non
lo sono!" Hermione protestò energicamente.
"Oh,
si che lo sei!" rimbeccò, tanto per infastidirla.
"No"
ribattè convinta.
"Sì,
invece"continuò imperterrito.
"Malfoy!
Io non sono sbro-sbro..."
"No,
infatti" disse ironico. "Non riesci neppure a concludere la
parola correttamente". Come se non bastasse, per accentuare il
ridicolo della situazione, Hermione rischiò di inciampare
–
dimostrandosi malferma sulle proprie gambe e scatenando
l'ilarità di
Draco. Sbuffò, incamminandosi verso casa.
Aveva
smesso di piovere e lui teneva fieramente in mano l'ombrello giallo
acceso, ormai chiuso. Arrivati alla porta dell'appartamento sopra i
Tiri Vispi, si girò a salutarlo, rompendo il breve silenzio
che si
era creato.
"Ciao,
solo-Draco". La frase fu interrotta da un colpo di
singhiozzo, ma, a parte questo, era almeno di senso compiuto.
Poi
Hermione si sporse verso Draco e stampò un bacio casto sulle
sue
labbra sottili, ridacchiando. Salì le scalette che la
condussero
alla porta.
"E
questo?" chiese sorpreso, sebbene divertito dall'espressione
confusa dell'altra. Hermione scrollò le spalle ed emise una
risatina, mentre già infilava la chiave nella toppa.
"Era
un grazie,
ovviamente"
disse.
Draco sorrise
apertamente.
Poi
Hermione voltò le spalle e aprì la porta. Prima
che si chiudesse,
sentì il crac della Smaterializzazione e
seppe che Draco era
tornato a Malfoy Manor.
Il
sabato mattina Hermione rimase a poltrire a letto, nella speranza che
il sole che vedeva filtrare dalla finestra della stanza non fosse
destinato a finire in pioggia, come era successo il giorno prima.
Si
alzò lentamente dal letto stropicciandosi gli occhi e
cercando di
ignorare le tempie che ancora le pulsavano per il mal di testa.
Davvero
non avrei dovuto bere tutto quel vino, pensò
infilando le
pantofole e togliendo il pigiama.
Fred
sentì sbattere qualcosa al piano superiore. Per essere un
tranquillo
sabato mattina Hermione era abbastanza rumorosa. La vide entrare
qualche minuto dopo in cucina, con i capelli più arruffati
del
solito.
"Buongiorno".
"Anche
a te Granger" replicò secco. Non voleva essere scortese
nè
litigare di nuovo; aveva deciso – dopo aver scorto
un'espressione
di pena sul volto di George – che avrebbe tentato di
mantenere la
calma il più possibile. Cercò di dirottare i
propri pensieri su
qualcosa che non fosse 'ieri sera è di sicuro uscita con
Malfoy', e
si trovò così a fissarla mentre frugava in un
cassetto e ne
estraeva vittoriosa un medicinale babbano che le aveva visto usare a
volte.
"Mai
stata così felice di vederti" mugugnò Hermione,
rivolta
all'aspirina. Dopotutto era stata una buona idea tenere delle
medicine babbane in casa. Di certo non poteva mettersi a preparare
una pozione per il mal di testa in quel momento e che in casa non ce
n'era di già pronta.
"Parli
anche da sola adesso?" Sentì Fred ridacchiare. Non
potè dargli
torto; doveva essere uno spettacolo davvero poco decoroso. Una tipa
in ciabatte, maglia largotta e pantaloni scoloriti che, oltretutto,
parlava con un oggetto inanimato – decisamente un terribile
spettacolo.
"Parlavo
con l'aspirina" sospirò; prese un bicchiere e aggiunse la
pastiglia all'acqua.
"Beh,
fai bene" disse Fred, intingendo un frollino nel tè. "Gli
oggetti ascoltano e comprendono sicuramente più di certi
esseri
umani" borbottò. Si morse la lingua; ma non si era
ripromesso
di evitare gli screzi?
Questa
era per me, pensò Hermione, ma tacque.
Mise
su il tè e quando il bollitore fischiò, nessuno
dei due aveva
ancora aperto bocca. Non era il silenzio in sè ad essere
imbarazzante, bensì tutta la serie di parole non dette che
aleggiava
sempre ultimamente. Fu Fred a toglierli dall'impaccio.
"Ehm,
oggi a pranzo sei a casa?" Una domanda semplice, ma che comunque
bastò a rinnescare una specie di conversazione tra i due.
Hermione
gliene fu grata.
"Veramente
no" disse, e per un attimo vide passare un'ombra sul viso di
Fred, così aggiunse: "Sono a pranzo da Harry e Ginny". Non
ebbe il coraggio di puntare gli occhi sull'interlocutore per
controllare se quell'ombra se ne fosse andata.
"Ehm"
farfugliò. "Tu invece, sei qui?" E a questo punto dovette
guardarlo. Era un po' che non si guardavano così, faccia a
faccia,
seduti in maniera civile e pacata. Negli ultimi giorni, a seconda
della situazione, si erano accapigliati o ignorati. Entrambi
pensarono che fosse molto bello starsene lì a sorseggiare
tè senza
dover litigare in casa. Ovviamente, nessuno lo disse. Secondo Fred,
parlarle al momento sarebbe stato un madornale errore – a
parte il
fatto che non ne aveva la minima voglia –, nonostante, nel
suo
cuore, non avesse ancora rinunciato a lei.
"Sto
per uscire; e poi starò a pranzo da George e Angelina"
annunciò
infine. "Probabilmente ci saranno anche Katie".
"Oh"
fu la laconica risposta.
Il
cervello di Hermione, spontaneamente, attivò calcoli che di
matematico avevano poco. Si stava chiedendo quante
possibilità ci
fossero che George e Angelina avessero attirato lì Fred
nella
speranza di fargli riallacciare vecchi rapporti con la Cacciatrice
Grifonforo. Del resto, se aveva capito bene, con quella maledetta
Sally era storia vecchia.
Quindi
Fred era di nuovo 'su piazza'. Peccato solo che per lei fosse tardi,
a quel punto. Una fitta di gelosia si impossessò del suo
stomaco, ma
fu solo un momento – era una creatura raziocinante, Hermione,
e
sapeva bene quando poteva o non poteva permettersi di compiere
un'azione. Certo, tra impedirsi di compiere un'azione e impedirsi di
provare un'emozione, c'era una bella differenza.
Ad
ogni modo non poteva concedersi il lusso di essere gelosa; sentiva
che non ne aveva il diritto. Nonostante questa sua precipua
convinzione, si rassegnò all'idea di esserlo ugualmente,
quando Fred
disse:
"Forse
verrà anche Alicia Spinnet".
Non
una, ma due donne avrebbero tentato di portarle via... E, a quanto
sapeva, Alicia Spinnett* usciva con Fred a Hogwarts, quando i gemelli
frequantavano l'ultimo anno. La cosa rendeva il pericolo molto
più
tangibile e reale.
Un
momento, si
disse,
portarmi via cosa? Lui non
è mio. Non
posso impedire che vada
con Bell o Spinnett o
qualunque altra gli si pari davanti per strada!
"Oh,
magnifico!" mentì spudoratamente. "Salutale entrambe da
parte mia".
"Sarà
fatto..." Fred le scoccò uno sguardo strano, a
metà tra
l'incuriosito e l'infastidito – Hermione pensò che
dovesse aver
percepito la falsità del tono. Nell'uscire, Fred si chiese
quanti
punti di quoziente intellettivo la Granger avesse perso stando in
compagnia di Malfoy.
Non
riusciva a vedere quanto quella situazione lo irritasse; non capiva?
A volte
sembrava che le
importasse più di quanto voleva dare a vedere; ma poi, come
sempre,
si tirava indietro. Era tutto un 'lanciare il sasso e nascondere la
mano' e lui si trovava sempre più spesso a rimpiangere i
primi tempi
della loro convivenza. Voleva che tutto tornasse come prima, voleva
che Malfoy semplicemente sparisse dalla circolazione. Che se ne
andasse così come era arrivato, perché quella storia
non aveva
capo nè coda.
Hermione,
ignara di tutti i pensieri che occupavano la mente di Fred,
fissò
l'uscio ancora cinque secondi prima di decidersi a salire di sopra,
dove si preparò per andare a pranzo a Grimmauld Place.
Il
crepitio del fuoco che scoppiettava nel camino rallegrava l'atmosfera
di Grimmauld Place, dove, nel grande salone, erano riunite diverse
persone in attesa.
Hermione
era tra loro, ma conosceva già la natura dell'annuncio che
Ginny e
Harry stavano per fare, quindi non aveva l'aspettativa che leggeva
invece sui volti degli altri commensali, già provati dal
pasto più
che sostanzioso.
Era
arrivata, quella mattina, un po' prima degli altri. Sapendo che ci
sarebbero state più persone voleva rendersi utile e magari
badare a
Teddy mentre Harry e Ginny sbrigavano i preparativi.
Ginny
le aveva aperto la porta, raggiante nel suo vestito oro pallido, che
contrastava perfettamente la zazzera rossa marchio Weasley. La
abbracciò calorosamente, il sorriso le andava da un orecchio
all'altro, e le sopracciglia di Hermione erano già inarcate:
c'era
un'aria diversa in casa – qualcosa non le tornava.
Harry
scese le scale con Teddy in braccio e fece un gran sorriso alla sua
migliore amica, abbracciandola come non la vedesse da un anno.
Hermione non trovò nulla di meglio da fare se non
complimentarsi con
il piccolo Ted, per i suoi capelli blu elettrico striati di viola
–
Tonks sarebbe stata orgogliosa di suo figlio.
Harry
la pregò di sedersi sul divano e le mollò Teddy
in braccio. Si
avvicinò a Ginny, indaffarata, a confabulare con lei.
Hermione sì
senti esclusa e coinvolta allo stesso tempo, perché era
certa che in
qualche modo stessero parlando di lei. All'ennesimo cenno e
sorrisetto, decise di dire la sua.
"Harry!
Ginny!" sbottò. "Volete dirmi che succede? Ve ne state
lì
sognanti a guardarmi e poi confabulate e mi guardate di nuovo e... e
non ci sto capendo niente". Mise Teddy accanto a
sè sul
divano, lasciandolo intento in una mutazione dalla bocca umana al
becco di una papera, e si avvicinò ai due per sentire cosa
avevano
da dire.
"Parla
tu, dai" disse Ginny a Harry, che a sua volta occhieggiava
Hermione.
"Ma
no Ginny, parla tu..."
Dopo
qualche secondo di amorevoli "parla tu..." e "dillo
tu, tesoro..." e simili, Hermione cominciò a preoccuparsi.
Temeva una notizia scioccante – o addirittura tragica. Quello
scarica-barile tra Harry e Ginny non le pareva positivo. Proprio
quando si aspettava il peggio, fu la rossa a prendere parola.
"Ci
sposiamo!"
"Cosa?"
Hermione era basita. Quando nessuno dei due smentì
dichiarando che
era uno scherzo o qualcosa di simile, un sorriso enorme le si
aprì
sul volto.
Non
che non fosse certa delle intenzioni di Ginny e Harry – aveva
sempre immaginato che, prima o poi, sarebbero convolati a nozze
–
ma non pensava si sarebbero concretizzate così presto nel
tempo.
"Oh
Merlino! Ma è... è meraviglioso!" Furono queste
le prime
parole che riuscì a mettere insieme per congratularsi;
l'emozione
era tanta che perfino Hermione Granger ne era a corto.
Seguì
uno sproloquio in cui le lacrime di Hermione si mischiarono a quelle
di Ginny, il tutto sotto gli occhi di un incredulo Harry –
l'unico
modo in cui sembrava capace di esprimere i sentimenti che provava,
quel giorno, era sorridere, sorridere, sorridere.
"Devi
assolutamente aiutarmi a scegliere il vestito!" cominciò la
sposa.
"Ovvio"
replicò l'altra, euforica al pensiero. Harry cominciava
davvero ad
avere paura. Di lì a poco si sarebbe ritrovato casa sommersa
di
partecipazioni e bomboniere da scegliere, liste di nozze e vari altri
ninnoli inutili che, sicuramente, sarebbero giunti come regali da
parte degli invitati – e poi rimpacchettati e chiusi in
soffitta.
Forse un lato positivo di Grimmauld Place era l'avere tre piani a
disposizione su cui spalmare ignobili carabbattole d'argento e altri
fronzoli.
Alcuni,
incapaci di azzeccare il gusto del destinatario, dovrebbero essere
esonerati dal peso della scelta dei regali. Se presenti a un
matrimonio, persone del genere sono la rovina della casa degli sposi
– nella quale si possono trovare improbabili specchi con
cornicioni
in argento, per niente in stile con l'arredamento, o statuine a
soggetto religioso, quando i proprietari sono atei. Harry era certo
che gli sarebbe successo qualcosa del genere. Nel suo cervello,
mentre Hermione e Ginny ciarlavano, si stava consumando tale dramma.
"Ah,
Hermione" disse. "Mi stavo dimenticando". Lei si voltò
a guardarlo.
"Dimmi".
"Ti
andrebbe, ecco, di farmi da testimone di nozze*?" domandò.
"Naturalmente l'altro sarà Ron. Per te è un
problema?"
Hermione archiviò subito la domanda con un 'no' secco. Non
avrebbe
chiesto ad Harry di scegliere tra loro, nè si sarebbe
privata del
piacere di fargli da testimone. Semplicemente, prima o poi lei e i
Weasley al completo dovevano trovarsi sotto lo stesso tetto –
e
così sarebbe stato.
"Sono
felice che tu abbia pensato a me".
"Sei
la mia migliore amica". Si strinse nelle spalle, come se avesse
detto un'ovvietà. Ginny non la smetteva di sorridere, ed
Hermione
prevedeva che la notizia, una volta arrivati gli altri, non sarebbe
rimasta a lungo nascosta.
Invece,
eccoli lì, alla fine del pasto, in attesa che Harry e Ginny
sganciassero la bomba. C'erano Neville e la sua ragazza, Hannah
Abbott; Luna e il suo 'promesso' Rolf Scamander; infine, Hermione
–
da sola. Improvvisamente il pensiero che al tavolo
vi fossero
tutte coppie la mise a disagio. Le passò in fretta,
però.
Ginny
e Harry avevano riunito gli amici a pranzo per dare la lieta novella,
mentre avevano deciso che i Weasley l'avrebbero appresa il giorno
seguente, una delle tante domeniche alla Tana.
"Allora
Harry" disse Luna. "Siete in dolce attesa?" domandò
con totale nonchalance.
"Cos..
no, Luna, no!" farfugliò Ginny, mentre Harry per poco non
affogò nel bicchiere d'acqua. Come al solito la schiettezza
svagata
di Luna riusciva a lasciare stupiti perfino gli amici di più
vecchia
data. Hermione non represse un sorrisino a quel pensiero. All'inizio
del loro rapporto non aveva apprezzato abbastanza quelle
peculiarità
che rendevano Luna – beh, Luna.
"Noi,
volevamo, ehm, annunciare..." cominciò Potter. "Che ci
sposiamo".
"Tutto
qui" aggiunse Ginevra. Ci furono pochi secondi di sbigottimento
e di silenzio.
"Tutto
qui?!" urlò Neville, alzandosi per abbracciare entrambi. "Ma
ti rendi conto? Si sposano!" parlava un po' a Luna e un po' a
Hermione – non lo sapeva neppure lui. Contagiate
dall'entusiasmo di
Neville, le due si unirono al ragazzo e cinsero i due promessi sposi
in un abbraccio di gruppo (che per poco non li fece morire di
asfissia), immortalato da una foto scattata da Hannah Abbott.
Quella
foto, Hermione, l'avrebbe inserita nel suo album come uno dei
più
bei ricordi. Ginny sposava Harry. Almeno questo andava come doveva
andare. Una delle cose su cui contava quando era ragazzina non era
una chimera, ma si stava per realizzare. La sua con Ron lo era, ma
sapere che l'amore di Harry e Ginny, nato con una guerra alle porte,
era saldo come le mura di Hogwarts, era un gran conforto per Hermione
Granger.
"Brindiamo"
propose Rolf Scamander. "Agli sposi!" Tutti ripeterono il
brindisi ancora e ancora, finché non fu aperta un'altra
bottiglia di
champagne.
"Un
brindisi a Hermione" disse Ginny infine, "che si beccherà
il mio bouquet dritto in faccia!"
"Non
ci provare Ginny Weasley!" la ammonì. "Non voglio sposarmi
entro un anno, quindi lancialo a qualcun'altra". Ginny scosse la
testa ed Hermione evitò di replicare ancora, limitandosi a
sospirare.
"Beh,
il brindisi lo dedichiamo comunque a te" disse, e le fece la
linguaccia. Tutti levarono i calici e il tintinnio rimbombò
fin
troppo nella testa di Hermione – questo stava a significare
una
sola cosa: era di nuovo ciucca.
Riflettendoci,
erano due sere di fila che qualcuno le dedicava un brindisi. Che
avesse un problema con l'alcool? Probabilmente, si disse, doveva
davvero rivedere
le sue
priorità.*
NOTE
AL CAPITOLO*
1)
Katie Bell e Alicia Spinnett giocavano entrambe nella squadra di
Grifondoro e ho immaginato che siano rimaste molto amiche di
Angelina. Alicia Spinnett, ovviamente, non è mai uscita con
Fred,
nei libri.
2)
Per correttezza dico che in Inghilterra, a quanto so, esiste il 'best
man' che è il testimone dello sposo e la 'maid of honour'
ovvero la
damigella d'onore della sposa. Non so se questo valga anche per i
matrimoni in comune o solo per i matrimoni in chiesa. Fatto sta che
quando Fleur e Bill si sono sposati, anche lì ha funzionato
così.
Comunque, nel caso di Ginny e Harry io ignoro bellamente la barbara
legge inglese, perché Harry vuole due testimoni (come qui in
Italia)
e che una sia una donna, Hermione. Quindi non vi sconcertate se
questa uscita di Harry è fuori dai canoni.
3)
Citazione dalla Pietra Filosofale, storica scena in cui Ron dice
queste parole su Hermione.
ANGOLO
AUTRICE
Ciao
gente!
So
che mi sono fatta aspettare tantissimo. Lo studio per la
stramaledetta sessione estiva, i problemi della vita, più
una specie
di blocco, hanno creato il mio ritardo. L'importante è che
sia
riuscita, faticosamente, a postare anche questo, e spero non sia male
– e che qualcuno mi faccia sapere qualcosa! Inizialmente
doveva
essere parecchio più lungo, ma ho dovuto dividerlo,
perché sarebbe
venuto davvero troppo lungo.
Hermione
sembra, con ogni probabilità, una pazza sclerotica (e forse
lo è)
ma questa storia va così: fino tipo al penultimo capitolo
dovrete
avere fiducia in me (fiducia che vi avviso, da ora, è
malriposta,
perché non sono meno matta dei personaggi lol) e nel fatto
che gli
interrogativi e le scene lasciate 'in sospeso' non resteranno senza
risposta.
Avete
appena visto il venerdì sera e il sabato, nel prossimo
capitolo (che
avrebbe dovuto completare il Weekend) troveremo un povero Fred
Weasley alle prese con il chiasso della Tana. Non temete, poi con il
lunedì tornerà il vero uomo della storia,
cioè il signor
Ollivander *-*
Detto
ciò, questo capitolo è stato un parto, non ne
sono soddisfatta
appieno, ma mi farebbe piacere se donaste cinque secondi a recensire,
e io in cambio mi impegno, stavolta, a pubblicare a breve.
Ringrazio
come sempre chi segue/preferisce/ricorda.
Ollivander
è felice e ringrazia delle 203
recensioni;
volevo organizzare un festone con lui, ma mi ha preferito una
bacchetta danneggiata D:
A
presto,
Jules
|
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Capitolo 27 *** Domenica alla Tana ***
Ciao gente!
Ebbene sì, sono
io. Non mi sono dimenticata di voi, anzi. La mia lunga assenza
è
dovuta, per farla bene, a problemi di salute, che, oltre a sottrarmi
tempo, mi hanno prevedibilmente causato un calo notevole
dell'ispirazione.
So che
questo capitolo è
corto, ma sono già contenta di aver ripreso a scrivere e
spero di
non subire più battute d'arresto così
considerevoli. Se c'è ancora
qualcuno disposto a seguirmi, buona lettura!
CAPITOLO
VENTISEI – DOMENICA ALLA TANA
Fred,
stufo del chiasso della Tana, se ne stava in giardino a prendere il
sole – o meglio, la pioggia. Era di per sè una
giornata uggiosa, e
in aggiunta c'era l'irritazione che gli causavano tutte quelle
chiacchiere a vuoto.
Grosse
gocce gli scendevano dai capelli fino alle guance e più
giù, ma non
gli importava. La pioggia gli era sempre piaciuta, e se anche fossero
piovute Pasticche Vomitose, sarebbe rimasto lì, considerato
l'argomento di conversazione che i suoi familiari avevano intrapreso.
George
si sporse fuori e gli fece cenno di avvicinarsi almeno alla veranda,
anziché fissare l'orizzonte oltre il cancelletto della Tana.
Fred
gli andò incontro e il gemello gli mise una mano sulla
spalla,
comprensivo.
"Rientra".
Fred ignorò il tono spazientito di George.
"Non
mi va" replicò secco. Sedette sul morbido cuscino rosso del
dondolo a tre posti – l'oggetto più conteso della
veranda.
Probabilmente il più conteso di tutta la Tana. Ricordava
fior di
liti – a volte vere e proprie risse – tra loro e
Ron; tutte per
quel dannato dondolo a due posti.
In
quel momento, sentì uno strano senso di quiete. Come se ogni
cosa
fosse tornata a quando era piccino e aveva tanta voglia di combinare
guai – in realtà, beh, quella era cresciuta in
proporzione
all'aumentare degli anni.
"Non
puoi restare qui; sta piovendo forte e si chiederanno perché
preferisci inzaccherarti di fango invece che bere tè caldo
con la
tua famiglia".
"Un
altro minuto" supplicò. "Devo prepararmi
psicologicamente". George assentì con un cenno del capo e si
ritirò in buon ordine, tornando al calduccio.
Fred
pensò, senza una logica, che in quel momento avrebbe pagato
oro per
prendere una Caccabomba e lanciarla da qualche parte –
l'ideale
sarebbe stata la testa platino di Draco Malfoy. Comunque, in mancanza
d'altro, anche i riccioli grano di Lavanda Brown avrebbero potuto
rivelarsi validi sostituti.
Si
maledisse mentalmente per aver pensato di nuovo, seppur
indirettamente, a Hermione. Ormai era una specie di chiodo fisso.
Perfino vederla camminare con Malfoy, due giorni prima, l'aveva
infastidito.
Per
tutta la giornata il tempo non era stato un granchè e,
uscito dal
negozio, aveva potuto constatare che pioveva fittamente. George era
già a casa, ed era toccato a lui chiudere il negozio
– del resto,
avrebbe dovuto muovere sì e no cinque passi per raggiungere
il
proprio appartamento.
Nella
foschia la sua attenzione era stata catturata da un ombrello di un
giallo vivo; non aveva potuto fare a meno di alzare lo sguardo.
Lì
sotto, non visto, aveva scorto Hermione e Malfoy insieme. Draco
doveva essere passato a prenderla fuori da Ollivander. Per qualche
motivo, vederli chiacchierare l'aveva schiacciato sotto un macigno.
Perché diamine di motivo con Malfoy parlava amabilmente,
quando con lui non riusciva neppure ad avere una conversazione civile
e coerente?
Ci
doveva essere qualcosa di profondamente sbagliato in Fred Weasley, se
una cosa del genere era potuta accadere.
Udì
la voce di George chiamarlo di nuovo dall'interno, e finalmente si
decise a rientrare. Proprio non riusciva a capire perché suo
fratello volesse costringerlo a partecipare alla conversazione, dal
momento che già conosceva la bella notizia
che a breve
sarebbe diventata di dominio pubblico. L'aveva appresa la sera prima,
durante la cena in casa Weasley-Johnson.
Ritrovarsi
con Katie Bell e Alicia Spinnett era stato piacevole, doveva
ammetterlo. Era stata una serata allegra – e del resto non
aveva
mai avuto intenzione di mostrarsi alle ex compagne con il muso lungo.
Si
era comportato come il solito, brillante Fred Weasley, pronto alla
battuta in ogni circostanza. Certamente, però, quella sera
non
l'avrebbe dimenticata facilmente, pensò sorridendo.
Fred
arrivò a casa del gemello leggermente in ritardo. Alicia e
Katie
erano già lì, intente a chiacchierare e a dare
una mano per la
cena. L'atmosfera, notò Fred, era strana. Suo fratello gli
stava
parlando normalmente, a proposito di nuovi progetti per il negozio;
ma il suo sguardo non lo convinceva, era quello di quando doveva
confessare qualcosa. Però, stavolta, Fred non riusciva
proprio ad
immaginare cosa. Loro non si erano – quasi – mai
nascosti niente.
Ogni singolo giorno della loro vita l'avevano speso insieme,
architettando marachelle e scherzi – di dubbio gusto, ma
geniali.
La voce di Angelina gracchiò dalla cucina:
"Smettetela
di parlare di lavoro e sbrigatevi ad apparecchiare".
"Non
ha tutti i torti" borbottò Fred al gemello. Come sempre,
stavano perdendo tempo a discutere di scherzi da progettare e
prodotti da perfezionare. "Diamoci una mossa".
Il
salone dell'appartamento di Angelina era piuttosto ampio e arredato
con una buona dose di modernità, per quanto mancasse di
alcuni
piccoli comfort babbani – come le luci elettriche.
Aiutò suo
fratello a stendere una spessa tovaglia sul bel legno di mogano,
premurandosi poi di scegliere un servizio di piatti e bicchieri che
non fossero scompagnati – particolare di cui, a casa propria,
non
si curava minimamente. Nemmeno a Hermione importava poi molto,
pensò.
Del resto era un po' che non consumavano un pasto insieme, senza
litigare.
Alicia
li raggiunse, aiutandoli a sistemare le ultime cose, mentre Katie e
Angelina portavano il cibo in tavola.
La
cena filò liscia come l'olio; Fred e George fecero i
misteriosi
sulle nuove idee che bollivano in pentola ai Tiri Vispi; Angelina,
Katie e Alicia – tutte in squadra con Ginny –
raccontarono un
paio di aneddoti divertenti sulle Holyhead
Arpies, per poi iniziare un'invettiva ai danni
dell'allenatore – a loro avviso, un incompetente. Dal
Quiddich fu
facile finire a rivangare i vecchi tempi in cui giocavano nella
squadra di Grifondoro (i gemelli come battitori, le ragazze come
cacciatrici). Passarono in rassegna praticamente ogni anno
scolastico, ma solo fino al quinto – prima dello scoppio
della
guerra.
"Mi
ricordo quando tu e Angelina siete andati insieme al Ballo del Ceppo"
disse Katie con un sorrisetto. George la fulminò con un
occhiata, ma
lei non se ne accorse.
"Oh,
me lo ricordo anch'io" ribattè Angelina ridendo. "Non ha
fatto altro che pestarmi i piedi tutta la sera".
"Non
è vero!" protestò Fred, offeso. "Eri tu ad essere
maldestra; non era colpa mia".
"Però
si intuiva già che tra lei e George c'era del tenero"
commentò
Alicia sognante. Angelina strinse la mano del suo ragazzo sotto il
tavolo.
"A
me piaceva" ammise lui. "Per questo non ho avuto il
coraggio..." Si interruppe e acquisì un colorito rosato,
ottenendo solo di intenerire Angelina, che gli scoccò un
bacio sulle
labbra.
"Il
genio, ovviamente, me lo disse solo dopo il ballo" si difese
Fred, pur non interpellato. "O non avrei mai invitato la cotta
di mio fratello!" e alzò le mani in segno di resa.
"Molto
nobile da parte tua" lo canzonò George. "E comunque me ne
sono reso conto in seguito, quando mi sono pentito di non averla
invitata. Del resto avevo quindici anni, un po' di indecisione
è
concessa a quell'età..." I pensieri di Fred associarono
immediatamente la parola 'indecisione' a Hermione, ma si impose di
scacciare la donna dalla propria mente, perché a pensarla in
ogni
momento stava diventando patetico. Aveva deciso di aspettare che le
cose si evolvessero, in un senso o nell'altro. Litigare non aveva
portato niente di buono e non gli sembrava saggio continuare a
battere quel sentiero.
Era
immerso in quei pensieri quando udì qualcuno schiarirsi la
voce: era
George. Oddio, che avesse perso qualche parte importante del
discorso?!
"Dobbiamo
fare un annuncio" furono le parole che uscirono dalla bocca del
fratello. Bene, quanto meno non si era perso niente di fondamentale.
Però
George aveva di nuovo lo sguardo con il quale l'aveva accolto in
casa; appariva timoroso. E il tono della sua voce era molto
emozionato.
"Roba
seria?" domandò Katie.
"Direi
di sì" fu la risposta di Angelina.
Fred
pensò di non averla mai vista più impacciata
– e non era persona
che lasciasse trapelare tanto facilmente le emozioni. Aveva le labbra
serrate e un'espressione seria. George invece lo guardava di
sottecchi, come se stesse per lanciargli una Caccabomba a sorpresa e
volesse controllare la reazione.
"Non
lasci la squadra, vero?" chiese Alicia, preoccupata. Angelina
scosse la testa in segno di diniego.
"Non
ci penso proprio" la rassicurò. Fred vide Alicia tirare un
sospiro di sollievo.
"Meno
male" la sentì dire. "Non so come faremmo senza il nostro
capitano".
L'amica
le sorrise, lusingata, mentre Fred continuava a spostare lo sguardo
da Angelina a George, tentando di capire cosa ci fosse di tanto
importante da dire.
"Quindi?"
fu Katie a togliergli le parole di bocca.
Lo
sguardo degli ospiti era fisso sulla coppia; tutti pendevano dalle
loro labbra. Fu George a rompere il silenzio, e lo fece guardando
Fred dritto negli occhi.
"Abbiamo
deciso di sposarci".
"Fred!"
Stavolta era la voce di Ginny a chiamarlo, e il rosso decise di
dirigersi in salotto. Aveva il sorriso sulle labbra nel ripensare al
sabato sera e a come si era svolto. Doveva ammettere che lo shock era
stato notevole, ma nessuno poteva dargli torto per questo. Insomma,
George aveva deciso di sposarsi e, sebbene non vivessero più
insieme, era comunque un passo importante. Suo fratello gli aveva
confessato che temeva una reazione non proprio positiva da parte sua;
del resto, già quando George se n'era andato, Fred non ne
era stato
entusiasta. Ovviamente, una volta ripresosi, l'aveva rassicurato. Era
felice per lui, e certo che Angelina Johnson fosse l'unica in grado
di portarlo all'altare.
Non
l'aveva specificato, ma in cuor suo sapeva che un tempo avrebbe preso
quell'annuncio come un tradimento, un affronto. Ma era prima di
Hermione. Prima che capisse cosa significava essere innamorato di
qualcuno.
Per
molti anni non aveva compreso appieno il legame tra il suo gemello e
Angelina, e aveva pensato che avrebbe finito, col tempo, per
allontanarli. Ora capiva piuttosto bene – e non era sicuro
che
fosse un cambiamento in positivo. Probabilmente sarebbe stato meglio
continuare a non comprendere l'amore, ma preservare la propria
sanità
mentale.
"Ce
ne hai messo di tempo!" esclamò Ginny vedendolo arrivare.
Aveva
l'aria piuttosto irritata.
Fred
non capiva perché avesse tutta quella fretta di riunire la
famiglia
in salone. Che c'era di urgente da sentire se non gli sproloqui di
Ronald? Era uscito di lì per non doverli sopportare, e
adesso Ginny
e George l'avevano costretto a farlo.
Come
quando se n'era andato, il salotto era saturo di un'aria pesante. La
tensione era palese da quando Arthur e Molly erano andati a riposare
nella loro stanza. Stava giusto pensando di far partire l'ascolto
selettivo, ignorandoli – se proprio non poteva svignarsela
–
quando un urlo di sua sorella lo trascinò nella
realtà.
"Ron,
frena gli Ippogrifi!"
Ronald
Bilius Weasley si stava producendo in un'autentica tirata contro le
attuali frequentazioni della sua ex ragazza,
Hermione Granger,
cosa che a Ginny non andava giù.
"Tu
non ti rendi conto" mugghiò Ron. "Hermione se la fa con il
Furetto!" disse sbattendole sotto il naso l'ennesima rivista
scadente, corredata di fotografie.
In
particolare, quella ritraeva proprio la sera in cui Hermione aveva
baciato Draco sulla porta di casa. Fred arricciò il naso e
distolse
lo sguardo da quella porcheria, allontanandosi e andando a sedere sul
divano, accanto a George.
"Non
vedo come possa riguardarti" ribattè Ginny. Non andava a
genio
nemmeno a lei che Hermione uscisse con Malfoy, ma avrebbe preferito
che Ron ne restasse fuori. Il suo diritto di sparlare della questione
era pari a zero.
"Già,
che ti importa?" chiese Lavanda, stizzita – e probabilmente
un
po' gelosa.
"Tesoro"
si affrettò a dire, in un tono così mieloso che a
Fred venne il
voltastomaco. "Non devi essere gelosa".
"Gelosa
di quella?" ribattè piccata. Fred
avrebbe tanto voluto
lanciare qualche frecciatina, ma con Lavanda non c'era gusto, dal
momento che non riusciva a distinguere neppure un'affermazione seria
da una ironica.
Probabilmente
il solo respirare la stessa aria di Lavanda aveva
sottratto a
Ron preziosi punti di quoziente intellettivo.
"Tengo
ad Hermione, e non voglio vederla soffrire per colpa di Malfoy".
Harry Potter, fino a quel momento rimasto in silenzio, non
potè più
tacere.
"Stai
scherzando!" esclamò, spalleggiando la sua ragazza. "Tu
non vuoi vederla soffrire?" Fece schioccare la lingua; Ron
farfugliò qualcosa, senza davvero ribattere.
"L'hai
tradita" proseguì, senza poter negare un'occhiataccia a
Lavanda. "E adesso sei preoccupato? Non sei stato
tanto
premuroso all'epoca".
"Non
ti scaldare" replicò Ron, scocciato dall'intromissione. "Ho
solo detto che non vorrei che Malfoy..."
Fred
non ne poteva più; avrebbe solo voluto intimare a tutti di
tacere,
poiché non facevano altro che complicargli tutto –
sentirne
parlare peggiorava di gran lunga
la situazione, oltre
a
procurargli una fastidiosa emicrania.
"Hermione
è grande abbastanza da sapere quello che fa" intervenne
Angelina, seduta vicino a George sul divano, "e non mi sembra
corretto parlarne se non è presente". L'intervento fu
accolto
con favore da Ginny e con una silenziosa gratitudine da Fred.
"Vedo
che qualcuno ragiona ancora, in questa famiglia" disse lei. "Mi
piacerebbe poter dire la stessa cosa di te, Ron!"
"Non
parlare così al mio Ron-Ron!"
esclamò Lavanda,
stringendo il braccio del ragazzo e arricciando il naso. Ron assunse
una posa che voleva risultare offesa, le braccia incrociate e lo
sguardo fermo, ma Ginny non si lasciò impietosire.
Si
portò due dita alle tempie, certa che le sarebbe esplosa la
testa,
mentre Harry le prendeva la mano per evitare che potesse agguantare
la bacchetta e affatturare la Brown.
"Si
da il caso che il tuo Ron-Ron
sia anche mio fratello!" tuonò. "Quindi
gli parlo
come mi pare e piace, è chiaro Lav-Lav?"
Dannazione,
quella ragazza riusciva a tirar fuori il peggio da ogni membro della
famiglia Weasley, pensò Fred.
Ad
ogni modo, quando la piccola Ginevra sfoggiava
quell'espressione minacciosa, nessuno osava contraddirla e, infatti,
perfino Lavanda tacque. George sedeva con Angelina, ma guardava la
faccia scura di Fred che, alzatosi dal divano, sostava ora in piedi
vicino al camino.
Harry
era solo felice che Bill e Fleur – al momento in Francia per
qualche giorno – non fossero presenti, e che anche i signori
Weasley non stessero assistendo a quel gentile scambio di
opinioni. Meno
erano e
meglio era.
Ginny
si accorse che George aveva gli occhi fissi su Fred, l'unico a non
aver ancora aperto bocca. Non aveva detto nulla in sfavore
nè in
difesa di Hermione. Seguendo quello della sorella, anche lo sguardo
di Ron si spostò su di lui.
"Non
dici niente?!" gli chiese, brusco.
Non
sapeva bene perché, ma una parte di Ginny sentiva che il
cervello di
Fred stava lavorando febbrilmente, benchè dalla sua bocca
non fosse
uscita una sola sillaba. Lui, apparentemente placido,
sollevò lo
sguardo che aveva puntato a terra e, anziché guardare Ron,
che gli
aveva posto la domanda, fissò lo sguardo sulla sorella.
"Mi
pare che ognuno abbia la sua opinione già ben formata"
rispose
con tutta la diplomazia di cui si sentì capace.
"Tu
che ne pensi, visto che vivi con lei?" squittì Lavanda.
"Porta
Malfoy dentro casa?" Fred la fulminò con lo sguardo: era
davvero troppo pettegola!
"No,
ovviamente" replicò con calma forzata. "Per il resto; se
vuole limonarsi Malfoy..." e qui solo George percepì
un'incrinarsi della voce, "non sono nessuno per dirle cosa debba
o non debba fare".
Ginny
guardò in tralice lui, poi lanciò un'occhiata
interrogativa a
George, che abilmente la evitò; infine sospirò
senza proferire
parola. Qualcosa non le tornava, e Fred avrebbe fatto meglio a
contenersi se non voleva che la rossa drizzasse le antenne.
"Fred
ha ragione" Harry colse la palla al balzo per finirla con quella
sterile discussione. "Ron, è inutile che mi guardi in quel
modo" continuò, scorgendo l'occhiataccia dell'amico. Non
capiva
proprio perché pretendesse di essere appoggiato da lui.
"Hermione
può scegliere da sola le sue compagnie; se sta con Malfoy
avrà le
sue buone ragioni".
Che
esistessero ragioni buone per stare con Malfoy non
ne era del
tutto convinto, ma era meglio non dirlo ad alta voce –
avrebbe
vanificato ogni sforzo che stava compiendo per sedare la lite.
"Malfoy
non mi piace, ma Hermione è mia
amica, e credo che il
suo giudizio meriti un po' di considerazione".
"Abbiamo
trattato l'argomento a sufficienza" aggiunse Ginny, assumendo
una posa alla Molly Weasley, con tanto di tono alla
ho-ragione-chiusa-la-questione.
Il
silenzio che era calato durò solo pochi istanti,
perché dei rumori
provenienti dalle scale avvisarono tutti loro che Arthur e Molly
stavano scendendo al pianterreno. Infatti, un attimo dopo, fecero il
loro ingresso nella stanza dov'erano tutti riuniti. La guerra e la
perdita di Percy avevano agito sui volti dei signori Weasley, scavati
e meno allegri di un tempo. Erano invecchiati parecchio,
pensò Fred.
Ricordava ancora i loro visi sereni, come li aveva visti da bambino.
Una
guerra porta sempre via qualcuno e lascia i vivi a convivere con il
peso di essere sopravvissuti. È una sensazione strana;
l'istinto di
sopravvivenza obbliga a gioire di essere ancora in vita, ma si
instilla anche una sorta di senso di colpa nei confronti di chi non
ce l'ha fatta. Chi decide chi deve morire e chi ha il diritto di
vivere? George tossicchiò, strappando Fred dai propri
lugubri
pensieri.
"Già
svegli?" chiese Ginny, per spezzare la tensione e non farla
pesare anche sui genitori. "Non avete riposato molto".
"Oh,
stiamo bene" fece Molly. "Non siamo ancora così vecchi da
dover dormire per ore e ore, ragazza". Sorrise, e a Fred si
scaldò il cuore.
"Beh,
siete arrivati al momento giusto" disse Ginny con un sorriso
radioso. "C'è un annuncio da fare..." Così
dicendo prese
la mano ad Harry, che le sorrise di rimando.
"Ehi,
come lo sapete?" domandò George, aggrottando la fronte.
"Gliel'hai detto tu?" domandò, voltando il capo verso
Fred, che negò.
"Come
sappiamo cosa?" Le sopracciglia di Harry si sollevarono fin
quasi a sparire sotto la frangia.
"Che
dobbiamo dare un annuncio" disse Angelina.
"No,
io e Ginny dobbiamo dare un annuncio".
Lo
smarrimento figurava sui volti di tutti. Lavanda guardava Ron, che
guardava il suo migliore amico, in cerca di spiegazioni; le due
coppie, però, si squadravano l'un l'altra. Fred
borbottò qualcosa a
proposito delle inibite capacità raziocinanti della
famiglia; la sua
teoria restava che Lavanda spandeva stupidità ovunque
passasse –
come fosse una scia di profumo.
"Mi
pare ovvio che si tratti di due annunci diversi" fece notare
Fred. Probabilmente l'amore aveva la propria dose di
responsabilità
per quel rimbambimento generale. Le due coppie si guardarono
reciprocamente, mantenendo le loro espressioni confuse.
"Mh...
prima voi" propose Ginny.
George
invece sembrò riflettere un momento sulle parole da usare,
forse
sperando che Angelina lo precedesse. La ragazza, però, non
sembrava
affatto intenzionata ad aprire bocca, lasciando George a sbrigarsela
da solo.
"Il
capitano della tua squadra" iniziò indicando Angelina, "mi
ha concesso l'onore di diventare mia moglie". La scena che
seguì
fu alquanto singolare. Harry lanciò un'occhiata perplessa a
Ginevra,
che gli strinse la mano più forte. Il silenzio che era sceso
sui
Weasley fu interrotto da Angelina.
"Voi?"
"Ehm..."
Harry sembrava piuttosto in difficoltà. "Direi, idem".
"Idem?"
fece Ron, interdetto.
"Ci
sposiamo" spiegò Ginny. "Era questo che volevamo dirvi".
Fred
non poteva credere alle proprie orecchie – come del resto gli
altri
presenti. Tutti i suoi fratelli avevano deciso di convolare a nozze.
Il fratello maggiore si era sposato, adesso George, e ora perfino la
sua sorellina!
Dopo
i primi attimi di smarrimento, tutta la famiglia Weasley esplose in
un boato di gioia. Arthur non la smetteva di battere pacche sulla
spalla ad Harry e a George – o a chiunque gli capitasse a
tiro –
per poi Appellare dei bicchieri e una bottiglia di spumante. Molly
racchiuse sia Ginny che Angelina in un abbraccio stritolatore,
congratulandosi con quest'ultima e dandole ufficialmente il benvenuto
in famiglia.
Poi
passò ad abbracciare il 'suo bambino', ovvero George
Weasley, e
infine fu il turno di Harry – e qui, se possibile, il fiume
di
lacrime che le scorreva sulle gote aumentò drasticamente.
Ron,
abbandonata la stolida espressione iniziale, abbracciò Ginny
e
riempì Harry di raccomandazioni sul 'comportarsi bene'
– che
erano, peraltro, del tutto superflue.
Ad
un certo punto non si capì più chi si stesse
congratulando con chi
e che cosa le persone si stessero dicendo. Fred, che già la
sera
prima aveva parlato con Angelina e George, si diresse verso l'altra
coppia, baciando la sorella e dando una pacca sulla spalla a Harry.
Brindarono cinque o sei volte, forse anche di più, in onore
dei
futuri sposini, e fecero festa fino a tarda sera. Molly si
dilungò
nel richiedere particolari. Non avevano ancora deciso la data delle
nozze, ma davvero? Dove intendevano festeggiare? Quante persone
volevano invitare?
"Mamma,
lasciali respirare" le disse Fred scoccandole un bacio sulla
fronte.
"Prima
o poi accompagnerò anche te all'altare" gli disse,
accarezzandogli la chioma rossiccia. Fred si schernì,
asserendo che
non si sarebbe sposato mai – ci teneva alla sua
libertà, lui.
"Niente
affatto" replicò Molly. "L'unico con cui non ho speranza
è
tuo fratello Charlie" asserì sconsolata. "Accudire un
cucciolo di drago è tutto ciò che chiede alla
vita, quindi non
credo avrà mai tempo per questo" e indicò le due
coppie di
sposini.
"Mamma,
le persone non devono per forza sposarsi per essere felici"
ribattè Fred con una risata. I suoi avevano sfornato sette
figli,
era un po' difficile fargli capire che esistevano anche persone non
intenzionate a metter su famiglia.
Mentre
il chiasso nella Tana imperversava sempre di più, Angelina
si
avvicinò a Fred per dirgli di riferire l'annuncio a
Hermione. Fred
annuì e, poco dopo, sgattaiolò fuori dalla
stanza, dopo aver udito
Harry domandare a Ron di fargli da testimone insieme a Hermione.
Decise
di andarsi a rifugiare al piano di sopra, nella camera che un tempo
era stata sua e di George, ormai vuota. I muri, un tempo tappezzati
da poster dei Chudley Channons, erano spogli. La mancanza di polvere
e sporcizia dimostrava però che qualcuno –
probabilmente sua madre
– si occupava ancora di pulire la camera dei suoi bambini.
Diede un'occhiata all'interno dell'armadio vuoto – eccetto
qualche
vecchio maglione smesso, ovviamente in stile Weasley – e si
diresse
alla finestra, spalancandola per godere della fresca brezza notturna.
Niente
era bello, e triste e al tempo stesso, come guardare il giardino
della Tana dalla finestra della sua vecchia stanza. I ricordi, come
ogni volta, gli invasero la mente. Come quella volta in cui con Harry
avevano disinfestato il giardino dagli gnomi. O la volta in cui aveva
trasformato l'orsetto di Ron in un ragno, provocandogli una
permanente aracnofobia. O la volta in cui Harry, Ron e Hermione...
"Posso?"
Una voce lo interruppe dai propri pensieri, mentre Ginny si
affiancava a lui, poggiando i gomiti sul davanzale. Erano spalla a
spalla; Fred si voltò e le sorrise.
"Che
ci fai quassù?"
"Potrei
farti la stessa domanda: dovresti essere di sotto con Harry a
beccarti abbracci e baci da tutti".
"Oh,
ne ho abbastanza!" sbuffò alzando gli occhi al cielo,
già
stufa di tutte quelle congratulazioni. "Preferisco impicciarmi
degli affari tuoi, invece" affermò.
"Non
hai un minimo di ritegno" commentò lui, divertito. "A
volte penso che tu abbia passato troppo tempo con me e George".
"Vi
somiglio, è vero, ma ho più classe" rispose,
beccandosi una
lieve gomitata dal fratello, che poi le cinse le spalle con un
braccio.
"Sono
contento per te" le disse, serio. "Un po' meno per Harry,
poveretto: i Weasley non sono una bella razza" aggiunse,
facendola ridere.
L'orizzonte
si era ormai scurito, e le stelle brillavano in cielo da un pezzo.
Nel contemplarle, pregò di non scorgere la costellazione del
Drago,
o si sarebbe buttato di testa dalla finestra.
"Oggi
sei strano" disse lei d'un tratto. "Ho notato che anche nel
pomeriggio, quando si stava parlando di Hermione, sei uscito di
corsa".
"Niente"
bofonchiò.
"Riguarda
lei e Malfoy?" si arrischiò a chiedere.
Fred
tolse il braccio dalle spalle di Ginny e incrociò il proprio
sguardo
con quello della sorella. Il marrone degli occhi di Ginevra, di una
sfumatura poco più chiara del suo, era identico a quelli di
Molly.
"No"
si affrettò a negare, "sono solo stanco di tante chiacchiere
sulla faccenda".
"Capisco".
Fred si chiese quanto, in realtà, Ginny
avesse capito.
Solitamente non se la cavava male a mentire – tranne con
George –,
ma Ginevra era un osso duro, nonché notevolmente perspicace.
"Bastano
i giornali a sbattermi Malfoy sotto il naso, non mi serve anche Ron".
"A
volte Ron non sa quello che dice, e non si rende conto di ferire le
persone" mormorò Ginny, scrutando il volto del fratello per
carpire qualche segnale. Non sapeva neppure lei cosa cercare,
poiché
i suoi non erano nemmeno sospetti, ma solo sensazioni. Fred
notò lo
sguardo inquisitore, e si affrettò a ridurre i propri
lineamenti a
una maschera di indifferenza.
Che
avesse intuito qualcosa sui suoi sentimenti per Hermione? Stava a
tutti i costi tentando di farlo uscire allo scoperto, ma, per quanto
Ginny fosse abile, lui era Fred Weasley. Non si sarebbe fatto mettere
nel sacco da sua sorella minore.
"Beh,
l'unica che potrebbe esserne ferita non è presente,
perciò le
chiacchiere di Ron non fanno alcun danno" buttò
lì con
leggerezza, "tranne irritare i presenti". Doveva togliere
dalla testa di sua sorella l'idea – peraltro fondata
– che lui
soffrisse per la Granger. Era già abbastanza dover
sopportare
George, non aveva bisogno di un'altra chioma rossa a infastidirlo con
consigli e raccomandazioni.
Ginny
emise un piccolo sbuffo e, con enorme sollievo di Fred,
rinunciò
all'idea di approfondire la questione.
"Dai,
sorella, scendiamo" disse facendole l'occhiolino. "Si
chiederanno che fine ha fatto la sposa".
Quella
stessa domenica, Hermione si trovava nella casa babbana
del
quartiere babbano dove abitavano i suoi genitori e
dove era
babbanamente cresciuta. Amava il mondo magico, ma di
tanto in
tanto le piaceva star lì ad asciugare i piatti che suo padre
le
passava, dopo averli lavati. Così, senza magia.
Quelle
domeniche di normalità erano per lei un modo come un altro
di
staccare e, in un certo senso, di rilassarsi. Era tutto così
babbano
che, sperava, le avrebbe fatto dimenticare – almeno per un
po' –
i problemi che la assillavano nell'altro mondo,
quello in cui
aveva scelto di vivere.
Dopo
pranzo si erano sistemati in salone, per fare due chiacchiere. I
genitori le avevano chiesto come andava con il lavoro. Sembravano
particolarmenti incuriositi dal singolare personaggio con cui
trascorreva le giornate.
"L'unica
volta in cui l'abbiamo incontrato mi è sembrato un uomo
gentile, ma
un po' chiuso" stava dicendo sua madre.
"Oh,
chiuso è un eufemismo mamma" ribattè. "Te l'ho
detto, è
piuttosto burbero a volte, però gli sono molto affezionata,
e credo
che anche lui lo sia..."
Era
intenzionata a spiegare che presto avrebbe iniziato a creare
bacchette, ma in quel preciso istante – evidentemente troppo
babbano – un regale Barbagianni picchiettò alla
finestra e, quando
gli fu concesso di entrare, planò delicatamente sul grembo
di
Hermione.
"Quello
non è il tuo gufo" notò sua madre, perplessa. Si
vedeva che,
nonostante non le appartenesse, l'animale conoscesse Hermione
piuttosto bene.
"No,
infatti" rispose lei, carezzandolo e sfilandogli dalle zampe una
lettera e un pacchetto.
"Di
chi è?" fece il padre, con aria sospettosa.
"E'
di un amico" tagliò corto Hermione, ma senza alzare lo
sguardo.
"Qualcuno
di speciale?" chiese sua madre, a bruciapelo. "Ti vedi con
un ragazzo?"
"Merlino,
no!" esclamò Hermione, per niente felice di ascoltare quel
genere di ingerenza da parte dei propri genitori.
L'animale
apparteneva alla famiglia Malfoy. L'unica volta che i suoi genitori
avevano visto Draco, a Diagon Alley, Lucius Malfoy e Arthur Weasley
erano finiti a picchiarsi sotto i loro occhi, all'interno del
Ghirigoro.*
"Ha
ragione" suo padre si rivolse alla moglie con cipiglio deciso,
"non dobbiamo impicciarci negli affari di nostra figlia".
"Grazie,
papà" rispose, anche se poteva scorgere benissimo negli
occhi
dell'uomo la stessa curiosità che animava quelli di sua
moglie.
"D'accordo,
sto zitta" concesse sua madre, e finalmente Hermione potè
leggere la lettera, sempre accarezzando il Barbagianni di Draco.
Ho
detto al pennuto di trovarti. Venerdì è uscito
l'ennesimo
articoletto su di noi (stavolta era solo un trafiletto, niente di
eclatante), sull'ennesimo giornaletto scadente – non era
nemmeno
firmato dalla tua adorata Samantha Kaney. Ti ho inviato il giornale
come allegato, così ti prepari agli insulti dei tuoi amici
Schifondoro.
D.M.
p.s.
So di essere irresistibile, ma non avresti dovuto baciarmi davanti
alla porta di casa tua. Pagina 53.
Hermione
sentiva nella testa la voce di Draco pronunciare l'ultima frase con
una certa ironia, che traspariva anche dalla carta.
Scartò
il pacco in allegato alla lettera e vide se stessa fotografata nel
momento in cui lo ringraziava per la serata, con un casto bacio a
stampo. Doveva assolutamente trovare il modo di sbarazzarsi di quel
giornale. Non poteva semplicemente buttarlo accanto a sè sul
divano,
col rischio che i suoi genitori sbirciassero. Estrasse la bacchetta e
la puntò verso la propria borsa, senza pensare ad alzarsi.
"Accio!"
mormorò.
La
piccola borsa a perline si sollevò in aria dal mobile
dov'era
poggiata e schizzò in braccio alla ragazza. Hermione ripose
il
giornale, rovistò un po' estraendone diversi oggetti
ingombranti e
finalmente trovò un barattolo di biscottini gufici. Ne diede
un paio
al Barbagianni che, soddisfatto, svolazzò elegantemente
fuori dalla
finestra.
Solo
allora la strega si accorse che i suoi genitori spostavano lo sguardo
da lei alla borsa, sbattendo le palpebre. Succedeva sempre, con
l'Incantesimo Estensivo Irriconoscibile. Sorrise tra sè:
inutile,
per quanto potesse comportarsi da babbana, era una strega, e la magia
sarebbe sempre stata dentro di lei.
NOTE
AL CAPITOLO:
1)
Mi riferisco al momento in cui, nel secondo libro, i Weasley
incontrano i Malfoy durante il consueto acquisto dei libri per la
scuola a Diagon Alley. In questa occasione –
benché nel film non
accada – Arthur Weasley viene talmente esasperato dagli
insulti di
Lucius da mollargli un bel cazzotto in faccia.
ANGOLO
AUTRICE
Ecco
qui il capitolo ventisei! Non è come l'avevo pensato e
probabilmente
non è come l'avrei voluto, ma ho già spiegato
all'inizio il perché
di questo ritardo. Il capitolo sarebbe dovuto essere più
lungo e
strutturato in maniera diversa, ma ho preferito tagliare (in primis
perché sarebbe stato davvero troppo lungo, poi
perché ci avrei
messo più tempo e ho preferito pubblicarlo così).
Le
tre punte del triangolo non si incontrano nemmeno una volta, eppure
si capisce che nei pensieri l'uno dell'altro sono sempre presenti
(sebbene Fred non pensi a Malfoy esattamente in termini amichevoli).
Dal prossimo capitolo ricomincia la settimana, e quindi Hermione si
ritroverà col problema di dover fabbricare la fatidica
'prima
bacchetta' della sua vita – un disastro annunciato. E io
riavrò il
mio caro vecchietto <3
Per
quanto riguarda George e Angelina, vi avevo detto che ci sarebbero
stati un po' di matrimoni in vista. Per ora abbiamo Luna e Rolf,
George e Angelina, Harry e Ginny. Chissà se ho finito di far
sposare
la gente?
Da
ultimo vi dico che sono contenta di tornare a pubblicare – se
ci
siete ancora, battete un colpo e recensite ;)
Un
bacio e (spero) a presto!
Jules
|
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Capitolo 28 *** Esperimento (non proprio) riuscito ***
CAPITOLO
VENTISETTE – Esperimento (non) proprio riuscito
I've
been meaning to tell you
I've
got this feelin' that won't subside
I
look at you and I fantasize
You're
mine tonight
Now
I've got you in my sights
With
these hungry eyes
One
look at you and I can't disguise
I've
got hungry eyes
I
feel the magic between you and
Hungry
Eyes- Eric Carmem
Alla
domenica sera Hermione si Smaterializzò dalla casa dei
genitori e
riapparve all'ingresso dell'appartamento in Diagon Alley.
Si
diresse in cucina col desiderio di un bel bicchiere di Succo di Zucca
ghiacciato. Il corridoio era buio, ma non era un problema; quella
casa ormai la conosceva a memoria. Si adattava con facilità
alle
situazioni, questo era indubbio. Si era trasferita da una casa
babbana a un castello magico senza batter ciglio; durante le passate
estati era spesso stata ospite alla Tana, in mezzo ad una baraonda di
gente; e, ciliegina sulla torta, aveva passato mesi chiusa in una
tenda a cercare Horcrux, portandosene dietro non uno, ma due
–
anche Harry, come avrebbero in seguito scoperto, era nel novero.
Però
con l'appartamento sopra i Tiri Vispi era diverso: era come se
Hermione avesse sempre vissuto lì. Non si era dovuta adattare
alla situazione, si era ambientata immediatamente.
Giunta
alla porta accese la luce e per poco non sobbalzò nel vedere
Fred
seduto al tavolo della cucina. "Mi hai fatto spavento!"
esclamò, facendolo sorridere per quell'espressione inusuale.
Chi
dice 'fare spavento'? si chiese Fred –
probabilmente solo
Hermione Granger e gli over settantacinque nei film
anni
quaranta.
"Che
fai qui?" domandò Hermione.
Fred
sollevò lo sguardo dal boccale di Burrobirra che teneva in
mano.
"L'ultima
volta che ho controllato, al Ministero risulta essere la mia
residenza" rispose indispettito.
"Intendevo
dire, cosa fai a luce spenta" si corresse, prima di estrarre la
bacchetta e pronunciare l'incantesimo Lumos. Era
possibile
trovarla sensuale anche nel soffiare dolcemente una parola sentita e
risentita da quando era bambino, persino dalla stessa ragazza
–
come aveva fatto, in tutti quegli anni, a non saltarle addosso?
Al
buio era tutto più semplice, ma così perfino la
fievole lucina che
la punta della bacchetta emavava, costituiva un problema. Fred la
vedeva, la vedeva per quello che era. Non la Granger
dei loro
primi incontri: un' undicenne con la gonnellina e lo stemma
grifondoro sulla blusa, bensì una donna, il cui solo suardo
esercitava su di lui un enorme potere magnetico.
E
quella luce flebile e azzurrina, a illuminarle il viso pallido, gli
ricordava, ancora e per sempre, quanto fosse diventata bella.
E, purtroppo, non sua.
"Oh,
quello!" Fissò gli occhi al soffitto e fece spallucce. "Non
mi andava di accenderla" rispose con un sorriso. La fievole luce
della bacchetta illuminava gli oggetti intorno a loro; Hermione
notò
che sul tavolo c'era una copia del giornaletto che le aveva inviato
Draco, e si sentì morire.
"Non
l'ho comprato io" si giustificò Fred, intercettando lo
sguardo.
Non voleva litigare, proprio no. "Oggi sono stato alla Tana..."
aggiunse.
Se
possibile, ora Hermione si sentiva peggio di prima. Sotto terra, a
dire il vero. Così dicendo, Fred non aveva fatto altro che
avallare
il sospetto che alla Tana si parlasse di lei, com'era ovvio che
fosse. Non le piaceva granché l'idea di un mucchio di
persone –
persone che amava – discutessero delle sue uscite come fosse
una
star e non il loro solito e affidabile Prefetto Hermione Granger.
Si
sedette al tavolo, con una strana sensazione che le scivolava
addosso. Erano giorni e giorni che lei e Fred si evitavano a vicenda,
e non capiva perché in quel momento lui non sentisse il
bisogno di
schizzare via di lì alla velocità della luce. Per
quanto riguardava
se stessa, conosceva la risposta. Fred Weasley le mancava. Le mancava
parlare, bere una Burrobirra, scherzare, ridere, mangiare insieme.
E
adesso che finalmente aveva il coraggio di non voltare le spalle e
andarsi a rintanare di sopra nella propria stanza a sfogliare antichi
sillabari e dizionari runici, non sapeva come comportarsi. Si sentiva
così infantile e impacciata che non aveva idea di cosa fosse
giusto
dire, in quel momento. Forse perché non c'era niente da
dire, o
forse perché c'era davvero troppo, e avrebbero iniziato a
vomitare
parole senza la certezza di saper mettere un punto. Anche
perché
Hermione non avrebbe saouto dove collocarlo, questo
punto.
"Mi
dispiace che si debbano vedere foto mie e di Malfoy sul giornale"
disse d'impulso. Le dispiaceva che lui
dovesse vedere foto sue e di Malfoy sul giornale, con titoli ridicoli
come <<A un passo
dalle nozze>> o <<A
quando il lieto evento?>>
e una volta addirittura
<<Il
pargolo sarà Grifondoro
o Serpeverde?>>
In
effetti in quell'occasione aveva creduto di scoppiare, di non poter
resistere più. Si era anche messa a progettare di far
saltare in
aria la redazione del Settimanale Delle Streghe e di tutti i
giornaletti scandalistici di bassa qualità come quello. Poi
Ollivander le aveva fatto notare che, se l'avesse fatto,
benché ex
Indicibile e piena di contatti al Ministero, niente l'avrebbe salvata
dalla prigione.
"Ti
dispiace?" ribattè Fred contrariato, voltandosi. "Ti
dispiace di cosa? Se esci con lui significa che non ti vergogni
di..." Hermione storse le labbra, perplessa: nel tono di Fred
non c'era l'astio che aveva udito in occasioni precedenti. Quella
pareva solo una banale costatazione. Avrebbe potuto essere una frase
sul tempo piovoso.
"Continua,
so che lo vuoi fare" disse. "Che non mi vergogno di..."
Fred
tacque, incerto se troncare sul nascere quella conversazione; la
piega che aveva appena preso era identica a quella di tante altre,
che l'avevano sempre lasciato deluso e insoddisfatto. Non voleva
l'ennesima replica. Era stufo di sentimenti negativi, proprio lui che
era il re degli scherzi. Le risa erano sempre stata la sua forza, che
ultimamente gli stava venendo meno. E questo era male,
nella
vira e sul lavoro – secondo George.
Senza
risate, senza positività, si sentiva incompleto. Era
incompleto.
Non era più Fred Weasley. C'era però da
aggiungere che anche senza
Hermione, si sentiva incompleto. E questo era un vero rompicapo da
risolvere; come tutto quello che riguardava la Granger da vicino,
ormai Fred l'aveva capito.
"Che
non mi vergogno di uscire con un Mangiamorte. Stavi per dire questo,
vero?" Era vero, pensò Fred, stava per dirlo, e allora?
L'aveva
ripetuto talmente tante volte, sia a lei che a se stesso, che ormai
il pensiero scattava automaticamente in quella direzione.
"In
effetti sì, ma è inutile ribadire l'ovvio".
"Ma
Draco non è un Mangiamorte" ripetè meccanicamente
– e con
quella era salita più o meno a quota centocinquanta. Non
poteva aver
detto quella frase meno di centocinquanta volte. A ciascuno, nelle
più disparate occasioni. A se stessa, a Fred, a Harry, a
Ginny, agli
altri amici, e soprattutto a Draco.
Era
innegabile che avesse il braccio sinistro tatuato, ma non comprendeva
quella mania di ricordarlo ogni cinque minuti. Lui non era Lucius o
Bellatrix Lestrange, non ce n'era bisogno.
"Ti
ostini a difenderlo" constatò di nuovo, senza neanche alzare
la
voce. Hermione lo guardò in volto, per quel poco che la
fioca luce
le permetteva. I capelli rossi erano al solito posto, come pure gli
occhi castano chiaro, le sopracciglia, il naso e le labbra –
le
piacevano tanto le labbra di Fred.
Eppure,
Fred Weasley non era lì. Mancava la cosa più
importante su quella
bocca carnosa, qualcosa che non avrebbe dovuto mancare: il sorriso.
"Non
lo sto difendendo" sospirò. "Tu non capisci". E come
avrebbe potuto, del resto? Non aveva gli elementi sufficienti per
farlo, e a volte persino lei faticava a comprendere.
"Chiamami
idiota, Granger" disse,"ma no, non capisco!" Poggiò
la birra sul tavolo. "Non vedo proprio cosa possiate avere in
comune tu e lui" dichiarò gesticolando,
senza smettere
di guardarla. Hermione non si tirò indietro e non
abbassò lo
sguardo come avrebbe tanto voluto fare; si fermò a
riflettere,
perché una risposta pronta non ce l'aveva: era finito il
tempo in
cui aveva una replica per ogni obiezione che le veniva mossa o per
ogni domanda che le veniva posta.
Era
anche finito il tempo in cui poteva essere totalmente aperta e
sincera; quindi il silenzio era l'unica opzione. Non era più
ai
primi anni di Hogwarts, non si trattava più di prendere un
bel voto
agli esami; questa era la sua vita – e lei la stava
letteralmente
buttando alle ortiche.
"A
prima vista niente" fu ciò che riuscì a dire.
Ma
non era vero. Avevano in comune una guerra combattuta su fronti
opposti, anni di risse e liti per la scuola, paure e incubi, ferite
di tipo diverso, che avevano sanato in due – anche se questo
Fred
non poteva saperlo. Il legame c'era eccome, ma non era percepibile 'a
prima vista'; perciò non poteva biasimare Fred, se non
riusciva a
vederlo, tantomeno a comprenderlo.
"Una
promessa è una promessa" mormorò sovrappensiero.
Fred la fissò
come se si stesse preoccupando per la sua salute mentale, e in fondo
non aveva tutti i torti.
"Promessa?
A prima vista? Di che stai parlando,
Granger?"
chiese, indispettito. "A volte penso che ti abbia Confusa;
quando parli di lui sei strana".
Hermione
provò il forte desiderio di chinare il capo, o quantomeno di
distogliere gli occhi da quelli di Fred. Non poteva reggere a lungo,
se la fissava in quel modo. E di certo non voleva mettersi a frignare
in quel frangente.
Spostò
lo sguardo sulle proprie mani poggiate sul tavolo, improvvisamente
più interessanti di tutto il resto.
"Devi
smetterla di chiuderti in questo mutismo!" esclamò, stavolta
energico – eppure, anche allora, dolce, in un certo qual
modo. "Io
non ce la faccio a starti dietro!" Nel dirlo posò una mano
sulla sua in modo delicato, contrastante con il tono un po' duro che
aveva usato.
Eccolo,
il mio Fred, fu lo sciocco pensiero di Hermione.
"Dovresti
rinunciare a starmi dietro, forse. Magari non sono fatta
perché
qualcuno lo faccia". Quello che accadde Hermione non se l'era
aspettato.
Fred,
anzichè risponderle, si sporse sul tavolo e, quello che non
era
riuscito a dire, cercò di racchiuderlo nel bacio che le
soffiò
sulle labbra. Hermione fu talmente presa alla sprovvista che,
inizialmente, a stento si rese conto di quanto stava accadendo. Poi
staccò completamente la spina, lasciandosi andare. Si
sentiva come
una foglia trasportata dal vento, e non possedeva energia sufficiente
ad opporvisi. Chi era lei per contrastare il vento? Solo una
foglia, appunto. E le foglie si lasciano cullare, o
trascinare
via. Dipende solo dalla direzione verso cui soffia il vento e dalla
veemenza con cui lo fa.
Fred
esercitò dapprima una leggera pressione sulle labbra di lei,
che si
schiusero senza opporre resistenza, lasciandolo piacevolmente
sorpreso.
La
mano del ragazzo rimase sulla sua, ma le loro dita si intrecciarono e
lui si sistemò meglio per avere accesso all'interno della
bocca di
lei, desideroso di esplorarla completamente. Fu un bacio lento,
appassionato; sembrava che nessuno dei due avesse intenzione di
riprendere a respirare in forma autonoma. Solo quando sentì
mancare
l'aria, Hermione si staccò dalle labbra del ragazzo.
Non
perse però il contatto visivo e neppure ritrasse la mano; il
che, se
possibile, mandò Fred ancora di più in
confusione.
In
effetti, non si sarebbe potuto dire chi al momento fosse più
confuso
– e non certo per l'effetto di un incantesimo. Hermione si
sentiva
in preda al duplice – e un tantino schizofrenico –
istinto di
lasciarsi andare a quella dolce sensazione e allo stesso tempo di
scappare a gambe levate, pur conscia del fatto che nessuno dei due
comportamenti fosse adeguato.
"Granger"
bisbigliò Fred, a corto di fiato. "Tu devi deciderti, o
finirò
per impazzire. Esci con lui, ma baci me" le fece
notare.
"Ne devo dedurre che quantomeno ti piaccio".
Hermione
annuì lentamente, sentendo la salivazione ridotta a zero
– neanche
le avessero scagliato una fattura Languelingua.
"Allora"
riprese lui, "perché non mi fai sapere quello che pensi?"
"In
questo momento non sto pensando, a dire il vero" rispose,
sincera. "Non esci più con Sally?" chiese invece.
"Non
si risponde ad una domanda con un'altra domanda" replicò
affannato. "Comunque no, non ci esco più".
Hermione
si maledisse in turkmeno e in sanscrito antico... e
pensare che tutto
era
iniziato da
un desiderio di
rivalsa, da una stupida ripicca, e
c'era
dentro fino al collo! E
lui
rispondeva che no, adesso
non usciva
più con Sally.
"Granger,
ti prego, decidi"
pregò.
"O almeno
parlami".
Nel
sentire quel tono supplice Hermione quasi rimpianse il Fred rancoroso
che sembrava annegato nella Burrobirra, o risucchiato dalla scatola
vuota delle Cioccorane. Dovette reprimere un singhiozzo. Vederlo
così, di fronte a sè, ad implorarla di renderlo
partecipe, di
aprirgli la mente, la
addolorava oltre ogni misura. Avrebbe potuto dirgli che aveva passato
la vita a ragionare, a trovare le parole esatte per esprimersi, a
cercare di studiare
gli altri per capire
come affrontarli. Però ormai una risposta del genere sarebbe
stata
vuota, perché non trovava parole da usare, nè
ragionamenti da
esporre, e tantomeno poteva affrontare gli altri.
Fred
dovette accorgersi delle emozioni che si agitavano nel petto di lei,
perché si limitò ad abbracciarla, mormorando:
"Non
insisto" disse. "Forse sei confusa, o forse stai cercando
un modo carino
per rifiutarmi, questo non posso saperlo. Ma non ho intenzione di
forzarti, di certo non stasera..." Lei gli
donò un sorriso, si alzò
lentamente e, dimentica del Succo di Zucca, si diresse verso le
scale. Solo dopo averle sentito chiudere la porta, Fred si concesse
un sospiro.
Non
era mai stato un tipo particolarmente paziente, Fred, ma per Hermione
avrebbe fatto un'eccezione. La situazione era quantomai strana e,
persino in quel momento, Fred avrebbe voluto tempestarla di domande
fino a capire cosa le passasse per la testa. Tuttavia, aveva deciso
di tacere. Grida e sfuriate non facevano per lui e, se la conosceva,
neppure per Hermione. Inoltre, per il momento, non sembrava fossero
molto utili. George aveva ragione: era confusa. In quale
misura e
per quanto ancora lo sarebbe rimasta, erano due misteri.
Però,
su Malfoy, a Fred restava ancora il vantaggio di vivere con la
Granger. Intanto avrebbe cercato di riprendersi la sua
quotidianità
con lei, il resto era nelle mani di Merlino.
I
raggi del sole svegliarono Hermione fin troppo presto. Aveva
dimenticato di abbassare la tapparella, e il risultato fu che alle
sei e mezza era già pronta per uscire. Rilesse appunti su
appunti e
tentò di prepararsi psicologicamente all'mmediato avvenire:
quel
giorno avrebbe fabbricato la prima bacchetta della sua vita. Un
disastro annunciato, come Ollivander ci aveva tenuto a sottolineare.
Solo
quando furono le sette e venti mise piede fuori dalla propria camera
da letto e scese a fare colazione, scoprendo che Fred doveva essere
uscito da poco. Il bollitore era ancora sul tavolo e la tazza che
aveva utilizzato non era stata rimessa a posto. Evidentemente aveva
fretta di uscire, forse per non incontrare lei. Hermione si
dispiacque al pensiero di come quella convivenza – iniziata
sotto
buoni auspici – fosse diventata complicata – di
come lei
l'avesse complicata. Forse perché non era solo un
coinquilino,
il ragazzo con cui divideva l'appartamento.
O
forse perché non aveva saputo prendere bene le misure e
tenere a
distanza le persone che andavano tenute a distanza, per Merlino!
Sul
tavolo, accanto al bollitore, trovò qualcosa che le
causò un calore
improvviso, facendo sciogliere qualcosa all'altezza del cuore: il
risultato fu un sorriso.
Una
bustina di tè al gelsomino giaceva nella tazza pulita
– tra
l'altro, la sua tazza preferita – ed Hermione ebbe un
flash-back
della mattina successiva al primo bacio che lei e Fred si erano
scambiati, quando aveva trovato un fiore di gelsomino e la colazione
pronta. Versò l'acqua calda nella tazza e
sorseggiò il tè
lentamente, assaporandone il gusto delicato, insieme a una fetta di
Torta di Zucca. Quando la colazione fu conclusa, spicciò il
tavolo e
uscì di casa, pronta per una giornata di duro lavoro.
L'ingresso
di Hermione nel negozio fu accompagnato dal consueto scampanellio
sopra la porta e Ollivander, già chino a trafficare con una
bacchetta, sollevò la testa e la salutò con le
labbra strette.
Hermione gli riservò un gran sorriso.
Ormai
Garrick Ollivander era l'unico uomo al mondo in grado di infonderle
buonumore benché non si impegnasse affatto in tal senso.
Pochi mesi
prima Hermione sarebbe stata incredula davanti a una previsione
così.
L'odore
del legno, la polvere sugli scaffali più alti, la scritta
all'esterno in lettere d'oro scrostate: era tutto parte della sua
vita. Lo scampanellio che per gli altri rappresentava solo un banale
ritornello che ricorreva ogni volta che la porta veniva aperta, per
lei era casa. Come
casa era
l'odore del dopobarba di Ollivander, o quello di resina e incenso sul
retro della bottega. Perché sì, Garrick lavorava
mentre nella
stanza si spandeva il leggero fumo di un bastoncino d'incenso
–
incantato per durare
più a lungo di quelli babbani.*
"Sono
felice di vederla" gli disse, sincera. Lui la guardò di
sbieco,
come se diffidasse di quella dichiarazione.
"Se
fossi in te, aspetterei a dirlo" rispose scrutandola con i suoi
occhi argentei. "Sai che giorno è oggi" affermò.
Hermione
non capiva perché volesse ribadirglielo; come se l'ansia non
fosse
già alle stelle. Fissò lo sguardo sulle mani di
lei, sembrava
intento a riflettere. Su cosa, non era dato saperlo.
"Il
giorno in cui fallirai la prima bacchetta" le disse. "Non
sei emozionata?" Hermione sentì uno strano senso di
oppressione
misto ad eccitazione. Aveva una tremenda paura di sbagliare, ma anche
curiosità di mettersi alla prova.
"Deve
essere proprio oggi?" chiese, la voce tremula tradiva
l'incertezza. "Forse si può rimandare di un giorno o due,
tanto
per prepararmi meglio" farfugliò, poco convinta. A chi
voleva
darla a bere? La sua era solo voglia di procrastinare.
"Oggi"
ripetè Ollivander con tono fermo. Opporsi sarebbe stato
inutile,
comprese Hermione. Il Grande Capo aveva deciso: meglio non rischiare
di farlo infuriare. Del resto, rispolverare vecchi tomi non sarebbe
valso a nulla; l'unico rimedio a qualsiasi errore Hermione avrebbe
commesso, era la pratica.
"Bene!"
esclamò con un entusiasmo che solitamente non mostrava. "Al
lavoro, ragazza!" Hermione si affrettò a togliere la giacca
e a
rimboccarsi le maniche, confidando in quello che le era parso un tono
incoraggiante.
"Ribadisco"
aggiunse l'uomo, "che il prodotto finale sarà una vera
schifezza".
Ecco,
come non detto!
Qualche
ora dopo, Hermione stava ancora cercando di capire come amalgamare il
nucleo di crine di unicorno senza danneggiare irrimediabilmente il
pezzo di legno che teneva in mano. Voleva assolutamente smentire i
nefasti presagi formulati da Ollivander. Mentre ci lavorava, lui non
aveva fatto che ripetere che la prima bacchetta sarebbe stata uno
scempio.
"Molte
grazie, signore" aveva risposto, incapace di trattenersi. Lui
aveva messo su un ghigno in risposta; che si aspettava Hermione?
Ollivander non era rinomato a Diagon Alley per il suo ottimismo.
Si
era impegnata attentamente a suddividere i crini che le parevano
adeguati da quelli che certamente non lo erano – tutto sotto
lo
sguardo indagatore dell'uomo. Si fingeva impegnato, ma Hermione
sapeva che occhieggiava verso di lei più o meno ogni cinque
minuti;
e la cosa aggiungeva ansia all'ansia.
Un
lieve strato di sudore le imperlava la fronte; probabilmente era solo
l'ansia, ma Hermione preferiva pensare che la temperatura fosse
insolitamente alta.
Non
chiedeva certo di creare una bacchetta di prima qualità,
nè di
poterla mettere in vendita. Semplicemente, desiderava che non
saltasse in aria appena impugnata.
"Allora,
a che punto sei?" chiese l'uomo. Hermione sollevò lo sguardo
e
incontrò quello argentato del vecchio, timorosa.
"A
dire il vero" ammise, "non ne ho idea..."
Ollivander
la guardò con un misto di impazienza e dileggio, prendendole
la
bacchetta dalle mani. Era intagliata in maniera abbastanza rozza,
quasi degna delle impugnature di Jimmy Kiddle.*
"Non
si può certo dire che sia da esposizione"
commentò a bassa
voce. "E... posso sapere perché hai usato il legno di rosa,
che
è il più difficile da intagliare*?" disse, quasi
gli avesse
fatto un torto. A un certo punto, proprio mentre stava per aggiungere
qualche altro sgradevole commento, la bacchetta cominciò a
sprizzare
scintille azzurre, rosse e dorate, senza che Ollivander l'avesse
agitata. Come nelle più catastrofiche previsioni di
Hermione, con
uno sbuffo cadde di mano all'uomo e cominciò a roteare in
aria,
colpendo una sedia e uno sgabello di legno e riducendoli in pezzi.
Roteò ancora su se stessa e buttò giù
una mensola dalla parete; la
strega era già pronta ad sfoderare la propria bacchetta per
porre
fine a quel disastro, ma non ce ne fu necessità.
Il
pezzo di legno – quel coso non era degno
dell'appellativo di
bacchetta – cadde in terra e
improvvisamente esplose in
mille pezzi, senza lasciare alcuna traccia del proprio passaggio su
questa Terra.
Meglio
così, sebbene le prove del crimine ci fossero eccome: una
mensola
caduta e due oggetti disintegrati. Non era proprio un gran risultato,
a dirla tutta. Quando trovò il coraggio di girarsi verso
Ollivander,
gli occhi scoloriti di lui la fissavano imperscrutabili.
"Bel
lavoro!" bisbigliò, in tono evidentemente ironico.
Detto
ciò, scomparve dal retrobottega e riapparve solo dieci
minuti dopo,
quando ormai Hermione aveva rimesso a posto tutti i danni provocati
dal proprio esperimento fallito.
"Signore..."
provò a giustificarsi, ma non le uscì niente di
sensato. Ollivander
la guardava con i suoi occhi argentei, senza rimproverarla
nè
rassicurarla. Con tutta probabilità doveva provare una pena
infinita
per lei, Hermione ne era certa.
"Puoi
andare" disse infine.
"Ma...
non sono neppure le cinque, signore" ribattè flebilmente.
A
dire il vero, non aveva la minima voglia di continuare la giornata in
negozio – probabilmente Ollivander l'aveva capito. Hermione
era
una stakanovista; e non poteva tollerare –
se non in casi
eccezionali – di essere rispedita a casa prima della chiusura.
"Sei
stanca" rispose Garrick. "Riproverai domani" e con ciò
la faccenda parve conclusa. La ragazza non replicò. Si
limitò a
infilare cappotto e sciarpa e a dileguarsi. Ollivander la
guardò
uscire e sospirò: era stato troppo duro e, allo stesso
tempo, troppo
poco. Dal giorno seguente, si disse, avrebbero cambiato registro.
Hermione
vagò qualche minuto per Diagon Alley, incerta sul da farsi.
L'opzione più sensata era andare al Paiolo Magico e chiedere
a Tom
di servirle qualcosa di molto forte. Tuttavia, non era in vena di
sbronzarsi al pub. Farlo in casa sarebbe stato decisamente
più
consono. Pensarlo e trovarsi a frugare nella borsa in cerca delle
chiavi, fu un tutt'uno.
Solo
quando si fu chiusa la porta alle spalle si concesse quello che
voleva essere un sospiro, ma che le uscì più
simile ad un gemito di
frustrazione.
Desiderava
gettarsi a terra senza neppure spogliarsi, ma fu costretta a
scostarsi dalla porta, perché qualcuno stava tentando di
entrare.
"Come
mai già a casa?" Fred chiuse la porta senza smettere di
fissarla. Probabilmente la sconfitta le si leggeva in faccia.
"Potrei
farti la stessa domanda".
Perché
diamine di motivò, pensò, non
posso solo gettarmi a terra e
piagnucolare?
"E
io ti risponderei che sono passato a prendere una cosa"
mentì.
"Tanto in negozio c'è George".
L'aveva
detto con disinvoltura, ma non era vero. Era uscito di proposito per
parlarle. L'aveva vista passare davanti ai Tiri Vispi con
l'espressione triste che poteva scorgerle tuttora in volto. Aveva
afferrato al volo che qualcosa non andava, e non aveva resistito
all'impulso di andare a controllare se stesse bene. Di dirglielo,
ovviamente, non se ne parlava neppure.
"E'
il tuo turno, Granger".
"D'accordo"
disse lei, trascinandosi fino al salotto e stravaccandosi sul divano.
"Ma sappi che è una storia molto triste".
"Per
questo ti serve una spalla su cui piangere".
"A
dire il vero, ho intenzione di piangermi addosso per qualche ora di
fila" brontolò.
Scrollò
le spalle. "George se ne farà una ragione".
Hermione
gli rivolse uno sguardo grato e si rannicchiò per fargli
spazio sul
divano, ma lui si limitò a togliere il giaccone.
"Arrivo
tra cinque minuti" borbottò diringendosi in cucina.
Hermione
si dispose all'attesa con calma, tanto non aveva nulla da fare
–
perfino il suo capo l'aveva scacciata – e nessun altro con
cui
sfogarsi. A ben vedere, così sfortunata non era, dal momento
che si
trovava nel posto che chiamava casa, con la persona che avrebbe
voluto lì per consolarla – ma queste informazioni,
al momento, il
cervello di Hermione fingeva di ignorarle, pur di consentirle un po'
di piagnisteo. Prima che si mettesse a rivivere la patetica scena in
cui diversi orpelli vecchi come il cucco – come del resto lo
era il
negozio intero – erano esplosi a causa sua, Fred fece ritorno
insieme ad un vassoio che galleggiava nel nulla.
"Tè"
fu la sola parola necessaria a Fred perché il viso di
Hermione si
illuminasse. Il ragazzo si sedette accanto a lei; mentre, sul
vassoio, un cucchiaino continuava a mescolare lo zucchero nei due
tè
al bergamotto.
"Adoro
la magia" mormorò Hermione sorridendo. Fred, non visto,
sorrise
di riflesso, dandosi dello stupido nel contempo.
"Allora"
si riscosse, "hai distrutto il negozio al vecchio Ollivander?"
Hermione
lo guardò, prese la tazza dal vassoio e cominciò
a sorseggiare
lentamente, attenta a non scottarsi. Fred non aveva idea di quanto
fosse andato vicino alla realtà. La strega decise di
prendere tempo,
e il modo migliore per farlo era sicuramente lamentarsi.
"Scotta!"commentò.
"Non
sviare l'attenzione, Granger!" la rimbeccò. "Cosa
è
successo?" Prese in mano la propria tazza ed Hermione iniziò
a
narrare ogni singola sventura della giornata: la fatica nel seguire
le scarse e intricate istruzioni che Ollivander le aveva fornito sul
processo di lavorazione – sostenendo che avrebbe impiegato
maggior
tempo, ma comunque imparato meglio sul campo- ;
l'impegno e i
tentativi falliti, fino all'esplosione del legno di rosa
–
continuava a rifiutarsi di attribuirgli l'appellativo di bacchetta.
Fred rimase in silenzio fino alla fine, immobile.
"Insomma,
è tutto?"
"Sì"
rispose amareggiata, "è proprio tutto".
"Direi..."
e qui parve riflettere almeno un po', "... che è andata
bene".
"No,
assolutamente no. Fred Weasley, come osi prendermi in giro?" Il
tono gracchiante di lei lo fece ridere di gusto. Sembravano tornati i
primi tempi del loro 'coinquilinato'.
"Oh,
andiamo, non è poi una gran tragedia; ti pare?" le fece
notare,
tentando di mantenersi serio. "Vedila così: poteva andare
peggio. Avresti potuto appiccare il fuoco, o far esplodere l'intero
negozio, invece ti sei limitata a rompere quattro vecchi cocci"
sminuì. "Sicuramente è quello che avremmo fatto
io e George,
se ti consola".
"Non
mi consola affatto – e smetti di ridere!" intimò.
"E'
sicuramente il modo più penoso in cui io sia mai stata
consolata".
"Sto
immaginando la tua faccia durante l'esplosione degli oggetti di
Ollivander! Sono indeciso se fossi più stravolta o
mortificata".
Hermione,
indispettita, posò la tazza sul vassoio che ancora
fluttuava, e fece
per andarsene. Fred fu subito in piedi.
"Dove
vai?"
"Se
mi sfogo solo per sentirmi derisa preferisco andar via!"
replicò
piccata. Fred le sorrise, e per risponderle scelse un tono
stranamente saggio.
"Non
ti sto deridendo; sto solo cercando di tirarti su il morale. Hai
fallito Granger, non posso negarlo perché sarebbe una bugia.
Hai
fallito, ripeto, ma è umano" disse.
"Siamo persone;
come tali commettiamo degli errori, ed è normale".
"Grazie,
Weasley" replicò sbuffando. "So che si commettono sbagli,
e so di essere una persona".
"A
volte tendi a dimenticarlo, però" rispose prontamente.
"Pretendi di essere sempre perfetta e, quando non succede, vai
in crisi" aggiunse. "Da quando ti conosco non mi è ancora
capitato di vederti fallire; non sai cosa voglia dire quella parola.
Un esperimento – per di più il primo –
basta a mandare in crisi
la So-Tutto-Io Granger?" sbuffò.
"Tu
si che puoi prenderla alla leggera!" scottò lei. "E se,
alla fine, non fossi portata per la pratica? E se non fossi in grado
di costruire bacchette? Ollivander potrebbe licenziarmi per questo"
brontolò. "Potrei aver perso solo tempo e averne fatto
perdere
a lui..." Fred sbuffò sonoramente a questi scroscio di
catastrofici possibili eventi.
"È
questo che intendo" disse. "Hai realizzato una sola
bacchetta Granger, e già stai pensando di dover sloggiare
dal
negozio" protestò, posando ambo le mani sulle spalle di lei.
"Ollivander ti ha sempre seguito pazientemente e ti aveva messa
in guardia sull'alto rischio di fallimento al primo tentativo. Non
smetterà di credere in te, se non sarai tu a farlo".
Hermione
lo guardò negli occhi e sorrise. Fred sapeva essere un
buffone,
sapeva come farla irritare, come farla soffrire; ma sapeva anche come
tranquillizzarla. Il solo tocco delle sue mani e il tono calmo
avevano appena contribuito a migliorare di molto la giornata. Le
tornò alla mente il bacio della sera prima, che entrambi
avevano
volutamente ignorato fino a quel momento.
"Forse
è che penso di non meritare tutta questa fiducia: la sua,
quella dei
miei genitori, degli amici, la tua..." La frase
fini in
un sussurro strozzato, ma gli occhi di Hermione non si ritrassero
come aveva creduto, continuando invece a guardare Fred.
"Ascolta"
fece lui,"sei una donna determinata, intelligente e forte: non
c'è niente che non meriti dalla vita. Ti sei rialzata cento
volte,
hai sempre scelto strade difficili, e ora hai iniziato ad imparare
daccapo un mestiere di cui si sa poco o niente. Non mi sembra sia
tutto sa buttare. L'unica pecca è che vivi in questo
bugigattolo con
me" scherzò, "ma suppongo che appena Ollivander ti
alzerà
lo stipendio..."
Hermione
smise di ascoltarlo in quel momento. Davanti agli occhi le si era
formata l'immagine di quella stessa casa, ma vuota – senza di
lei.
Non c'era altro posto al mondo, in quel momento, cui sentiva di
appartenere tanto quanto apparteneva a quella casa. Fred, per
consolarla, stava fingendo che le indecisioni di Hermione, i suoi
continui cambi di rotta, semplicemente non esistessero. In
quell'istante i problemi tra loro non c'erano, e l'unica immagine a
turbarla altro non era che la certezza, prima o poi, di dover
lasciare quella casa – di dover lasciare Fred.
"Granger,
non mi stai ascoltando". Hermione si riscosse.
"Scusa"
disse. "E' che, pensavo... questa casa non è un
bugigattolo".
"Suppongo
sia passabile" rispose serio, guardandosi attorno. "Ma le
stanze non sono grandi, e ci sono solo due camere da letto".
"Per
noi vanno bene". Lui le scoccò un'occhiata penetrante.
"Finchè
resterai" aggiunse, come una provocazione.
"Perché
lo dici in quel modo?" domandò lei.
"Prima
o poi andrai a vivere..." Lei lo interruppe.
"Se
stai per dire con Draco..." Fred si gelò a quel nome, ma
riprese la frase.
"A
meno che non sia costretto, ho deciso di nominare Malfoy il meno
possibile" spiegò seccamente. "Intendevo dire 'da un'altra
parte' – se da sola o in compagnia non so". A quelle parole
le
venne in mente un particolare che aveva dimenticato.
"Mi
hai lasciato il tè stamattina".
"Che
c'entra ora?"
"Era
al gelsomino".
"Quando
ti bacio sento profumo di gelsomino..." Lo disse con una nota
così dolce nel tono che Hermione non potè fare a
meno di dire:
"Anche
ora?".
Fred
colse il tono fermo, ma non ebbe il tempo di realizzare ciò
che
aveva udito, quando Hermione – o la sua versione
spregiudicata –
colmò la poca distanza tra loro e si levò sulle
punte, sfiorandogli
la bocca con la propria. Sorpreso, si ritrovò coinvolto in
un bacio
che divenne subito consapevole e appassionato. Il più lungo
che si
fossero mai scambiati.
Hermione
non comprese come, ma uno ad uno, finirono a terra gli indumenti di
entrambi, mentre ancora non smettevano di accarezzarsi il viso, i
capelli, le braccia. Le sembrava che tutto passasse in un attimo, e
allo stesso tempo avvenisse in slow motion, tanto
era attenta
ai particolari. Gli occhi di Fred non si stancavano di percorrere il
suo corpo per poi tornare al suo volto, non avrebbe saputo definirli
in nessun modo se non 'affamati'.
Le
mani di Fred erano calde e grandi, rassicuranti anche quando le
tirarono giù le spalline del regiseno, e nel momento esatto
in cui
stava per sfilarle anche quello... le squillò il cellulare.
Fu
come riprendersi da un sogno, per Hermione. Guardò Fred in
volto,
anche lui sembrava essersi appena risvegliato, come se fosse stato
Confuso. Distolse lo sguardo, Hermione, e si mise a frugare nelle
tasche dei jeans (ormai a terra) finché non ebbe trovato il
telefono. Raccattò i vestiti in fretta e furia e
schizzò
letteralmente su per le scale. Una volta al piano di sopra diede
un'occhiata al nome sul display del telefono, che ancora,
imperterrito, squillava. Era l'ultima persona che si sarebbe
aspettata di dover odiare; quella a cui aveva sempre perdonato tutto,
per la quale aveva rischiato la vita innumerevoli volte e che,
sicuramente, come sempre, doveva dirle qualcosa di poco importante.
La frustrazione fu piuttosto percepibile nel tono di Hermione, quando
rispose:
"Ciao,
Harry".
NOTE
AL CAPITOLO:
1)
Sì, ho sempre immaginato che Ollivander bruciasse qualcosa
di simile
all'incenso in negozio. Da un alone mistico alla cosa. In
realtà non
mi piace l'odore dell'incenso se è troppo forte,
però posseggo un
bruciaessenze e sono una fan delle Yankee Candle. Credo che la cosa
non interessi nessuno, ma sentivo il bisogno di condividerla con voi.
2)
In realtà nessuno sa come Ollivander fabbrichi le sue
bacchette, le
mie descrizioni saranno sempre come io ho immaginato il procedimento.
Nei prossimi capitoli Hermione ritenterà e allora
approfondiremo il
magico mondo del 'come costruire male una
bacchetta' (no dai,
prima o poi ce la farà, ma aspettatevi una bella paternale
di
Ollivander).
3)
Avevo già nominato Jimmy – per chi non lo
ricordasse è un
'concorrente' di Ollivander che ha il negozio in Diagon Alley, ma non
è famoso per la qualità delle bacchette.
ANGOLO
AUTRICE
Non
è facile dirvi: 'sono tornata, eccomi qua'. Potrei
allegramente
fischiettare, ma sono mancata per mesi (e una parte di me spera che
la storia vi sia mancata e
che ne ricordiate ancora la trama - dite di sì, vi prego -,
perché sarebbe buon segno). Avevo perso, banalmente,
l'ispirazione –
capita. Mi
ero inoltre messa
in testa di
non essere una
buona 'scrittrice' (passatemi il termin)
come se i miei dubbi fossero una giustificazione per aver lasciato in
sospeso la storia a cui tengo di più...
Poi
però diverse persone mi hanno chiesto quando avrei
pubblicato e io
rispondevo che non avevo il capitolo pronto – cosa vera
– e che
non riuscivo materialmente a mettermi a scrivere. Ad ogni modo,
l'interesse – nello specifico quello inatteso della 'palli'
(anche
se non hai
ancora
commentato, ma
lo farai)
– mi ha fatto riaccendere la voglia di
sceivere. Questa storia non deve avere un finale scritto solo nella
mia testa, ma anche nero su bianco.
Non
importa se lo leggeranno in tanti o in pochi, ringrazio comunque chi
è rimasto fedele alla storia e chi continuerà a
seguire e, spero,
recensire.
Da
parte mia ho riletto blandamente la storia (cosa che una
perfezionista come me non dovrebbe mai fare, perché trovo il
pelo in
ogni maledetto uovo!), per vedere 'come ci eravamo lasciati...?' e
per ritrovare la voglia di proseguire.
A
quanto pare è stato utile, se vi siete scordati qualche
particolare
della trama che quindi non vi torna non vi fate problemi e chiedete
chiarimenti a me nelle recensioni, mi raccomando.
Dopo tanti
mesi, non mi offendo se avete perso il filo. Quello che contava in
questo capilolo era tornare a Casa, come Hermione quando la mattina
va da Ollivander. Vorrei che rientraste in questa storia mettendovi
le ciabatte e i calzini antiscivolo, non so se mi spiego. Non voglio
un pubblico che si sia troppo 'raffreddato', quindi ho preferito
scrivere un capitolo così, che accogliesse anche. Ora la
smetto e mi
rimetto al vostro giudizio.
Cercherò
di smetterla con le crisi mistiche da scrittore pazzoide, ma non
posso garantire per la vita, che ti sorprende spesso (a me, quasi
sempre in negativo ).
Alloraaa...
Il-ragazzo-dalla-molesta-presenza
è tornato a infastidire una delle nostre coppie; se non li
avesse
interrotti, sarebbe successo quello che in effetti stava per
succedere? La mia domanda ha un senso? Siamo soli
nell'universo??
Va
bene, la smetto.
Detto
ciò, Hermione sta combinando un bel po' di casini eh? Anche
sul
lavoro adesso. Ci vorrà un po' prima che riesca a creare una
bacchetta decente. La vedremo rimettersi alla prova nel prossimo
capitolo. Stavolta né io né Ollivander volevamo
infierire troppo su
di lei, poverina. Per quanto riguarda la scena tra lei e Fred, se la
trovate confusionaria, è voluto.
Volevo
esprimere lo stato d'animo di Hermione in quel momento, come se fosse
trascinata da una corrente di emozioni, più che dal proprio
buonsenso – e quindi leggermente confusa e stordita. Mi
rimetto ai
vostri giudizi. (E fan di Draco, tranquille, tornerà, lui
è come
l'erba cattiva, spunta sempre fuori).
Besos
a tutti/e!
Jules
(che
si è sbloccata dall'incubo della pagina bianca)
|
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Capitolo 29 *** Passo dopo passo si arriva sulla vetta ***
Capitolo
ventotto – Passo dopo passo si arriva sulla vetta
La
mattina seguente, alzarsi dal letto fu una vera e propria impresa.
Hermione non era mai stata così risoluta a rimanere
rintanata sotto
le coperte, completamente isolata dal mondo. Aveva fatto qualche
incubo di cui non ricordava neppure la natura; ma poi, alle prime
luci dell'alba, si era ritrovata tra distese di prati e vallate
stracolme di erba e fiori. Esattamente il luogo verso cui sarebbe
scappata volentieri.
Poi
aveva persino sognato la Tenda – quella in cui aveva
alloggiato
alla ricerca degli Horcrux –, cosa che al risveglio l'aveva
informata del grado di sopportazione, ormai pari a zero, che nutriva
nei confronti della propria vita.
Purtroppo,
dopo un quarto d'ora, quando si fu resa conto di essere
impossibilitata a restare sepolta sotto un piumone per
l'eternità,
si decise a mettersi in piedi. Sgattaiolò nel bagno cercando
di
causare meno rumore possibile; aveva sentito un leggero russare
provenire dalla camera di Fred. Si lavò e vestì
in fretta, uscendo
senza neppure fermarsi a fare colazione. In ogni caso, aveva lo
stomaco chiuso. Una parte di sè era furiosa con il suo
migliore
amico – che tra l'altro non aveva nulla di vitale da dirle,
tranne
che aveva di nuovo litigato con Ginny – per averla
interrotta. Del
resto, Harry aveva sempre avuto un talento per interrompere i suoi
momenti intimi con Fred Weasley.*
Un'altra
parte di Hermione era invece grata per quell'interruzione. Le
sembrava che tutto, la sera prima, si stesse svolgendo in maniera
affrettata e confusionaria – e la responsabilità
non era certo
imputabile a Fred, dal momento che lei stessa aveva dato il via alle
danze. Non aveva saputo resistere al calore della sua bocca, al
piacere di immergere le mani nei suoi capelli rossi...
No
Hermione, pensò, così
decisamente non va.
In
realtà non lo pensò solamente, lo disse ad alta
voce mentre
camminava. A dire il vero, a voce così alta che un ragazzino
si girò
a guardarla come fosse tutta matta. In effetti, riflettè, un
pochino
doveva sembrarlo. Quando entrò nel negozio, perfino
Ollivander la
squadrò, sospettoso.
Evidentemente
doveva sembrare un po' stralunata, poiché quello che l'uomo
le stava
riservando era lo stesso sguardo che lei per una vita aveva lanciato
a Luna Lovegood, la creatura più stralunata
mai apparsa sulla
Terra.
Lei,
ad ogni buon conto, ignorò la cosa, limitandosi ad un
candido
'Buongiorno'.
Il
signor Ollivander non replicò col solito cenno del capo, e
per
qualche minuto il silenzio sembrò regnare all'interno del
negozio.
Hermione era convinta che le avrebbe chiesto conto della sua scrausa performance
del giorno precedente: aveva tutto il diritto di
farlo. Non era stata professionale, nè aveva agito
correttamente;
neppure era riuscita a mantenere la calma: un completo disastro.
Misurò
la stanza a lenti passi prima di dirigersi al bancone, dove
Ollivander era già chino ad esaminare una bacchetta nuova di
zecca.
"Questa..."
soffiò affranta Hermione, "è una vera
bacchetta".
Fu
a quel punto che il signor Ollivander parve prendere nota della sua
presenza all'interno del negozio. Quandò sollevò
il volto,
l'espressione di quest'ultimo pareva dire 'Toh, ci sei anche
tu!'
Sembrava
davvero che non avesse notato altro se non la bacchetta di nocciolo
che stringeva tra le mani. Hermione la contemplò, per un
attimo
dimenticando se stessa.
"Spero
che il padrone di quella bacchetta sia un tipo che sa il fatto suo"
disse senza riflettere. "Voglio dire, le bacchette di nocciolo
hanno bisogno di... fermezza emotiva" affermò.
"Come
mai sostieni ciò?"
"Io
non lo sostengo; è stato lei stesso ad insegnarmi quel che
so sulle
bacchette, e le dico" e mise le mani sui fianchi, acquisendo
sicurezza, "che le serve una strega – o mago –
determinato;
se sarà altrimenti, le conseguenze potrebbero non essere
delle
migliori, visto che il nocciolo tende ad essere imprevedibile,
se si sente poco sicuro nelle mani del padrone". Ollivander
aggrottò impercettibilmente la fronte e posò sul
tavolo la
bacchetta di nocciolo.
"Come
la fai tragica!" la rimbeccò. "Ti sei alzata col piede
sbagliato? A sentir te il nocciolo è un legno da evitare;
non ti
piace?" domandò.
"Non
particolarmente".
"Sbagli,
perché ha innumerevoli pregi: è duttile e potente
in mano ai
talentuosi, fedele fino alla morte del padrone – persino
oltre –,
se questi è stato un buon compagno".
"Lo
so, deperisce e si svuota di ogni potere, e allora?" fece
Hermione, stanca di quella gara di nozionismo.
"E
allora ha un'altra grande qualità..."
insistè
Ollivander, riprendendo il nocciolo tra le mani. Il tono dolce,
seppur insistente, mise in sospetto l' apprendista, abituata a
sentirlo in poche occasioni.
"Sarebbe?"
domandò. Da una parte sembrava volesse rimproverare
Hermione,
dall'altra la sua espressione non era di dileggio; era come se
volesse rassicurarla. Ollivander era un così curioso misto
di
sarcasmo, lunatismo e rara premura, che neppure l'esperienza di una
vita – Hermione ne era certa – le sarebbe bastata a
capirlo fino
in fondo. Finalmente si decise, sempre in tono leggero e quasi
casuale, a rivelarle l'arcano.
"E'
assai malleabile, mia cara e affranta apprendista". Il fatto che
stesse lavorando il nocciolo non era, come lei aveva sospettato, un
caso. L'intento del vecchio Garrick era ben preciso: le stava
suggerendo di ripartire da lì, da un legno più
morbido e
maneggevole, che non fosse difficilissimo perfino da
intagliare – come invece era quello di rosa,
scelto da
Hermione il giorno prima. Lei sospirò e gettò la
spugna. A che
scopo tacere ancora? Doveva parlare a quell'uomo dei suoi dubbi e
domandargli, a cuore aperto, se in lei ci fosse qualcosa di buono
–
qualcosa da buttare. In caso contrario l'avrebbe capito e sarebbe
andata via; un po' come quando un ramo, colto per errore, non era
adatto a diventare una bacchetta magica, e lei era costretta a
gettarlo via.
"L'ho
delusa molto?" domandò quindi.
"Prego?"
ribattè l'uomo. Avrebbe volentieri fatto a meno di parlarne,
poiché
dal canto suo non ne sentiva alcuna esigenza, ma sapeva che prima
Hermione avesse accettato il proprio fallimento, prima si sarebbe
rimessa al lavoro.
"Ho
usato il legno sbagliato, la procedura scorretta, e per poco non
facevo esplodere la bottega..." mugugnò, a capo chino. Lo
sentì
ridacchiare e posare la bacchetta con cui stava ancora armeggiando.
"Elencati
così sembrano una serie di crimini irreparabili"
commentò il
mago. Hermione sollevò la testa per incontrare i suoi occhi
argentei. "Ti assicuro, ragazza, che non lo sono".
"Va
bene, non saranno delitti; ma sono errori gravi per una che ha la
pretesa di fabbricar bacchette" replicò. "Non sono
all'altezza signore, non lo sono mai stata".
"Certo
che non lo sei stata: era la tua prima bacchetta! Bisogna lavorare
sodo per ottenere quello che si vuole. Non credevo di dovertelo
insegnare".
Quell'uomo
aveva la capacità di farla sentire ignorante come una
scolaretta.
Lei,
che sapeva tutto di ogni cosa.
Un
pensiero si era insinuato fisso tra le pieghe della sua mente, e ora
Hermione non riusciva a scacciarlo. Era un dubbio che stravolgeva la
sua visione dell'intero Mondo Magico come lei lo aveva sempre
percepito, perfino. Pensò che tanto valeva smettere di
tormentarsi
ed esporre chiaramente la sua teoria a Ollivander; magari avrebbe
colto nel segno; magari il bacchettaio ci aveva già pensato
e, per
delicatezza, era sempre stato restio a parlarle apertamente di una
così catastrofica possibilità. Tossì
un paio di volte, finchè il
vecchio mago si accorse che voleva dire qualcosa di importante.
Continuò a rigirarsi la bacchetta tra le mani, ma si mise in
ascolto.
"Alcuni
maghi" mormorò, "sostengono
che l'arte delle bacchette sia praticabile solo da chi ha sempre
respirato magia". Calcò con forza sul
verbo 'respirare'
perchè era quello che meglio rendeva il concetto. Era certa
che
Ollivander avrebbe capito cosa voleva dire.
Ollivander
la scrutò un attimo: appariva divertito e scandalizzato allo
stesso
tempo da ciò che Hermione aveva detto.
"E
con ciò? A mia zia Rosamund piaceva sostenere
di essere un
gran soprano, eppure chiunque la sentisse cantare era pronto a
tapparsi le orecchie".
Hermione
sorrise, lieta di sentirlo scherzare su un argomento che lei per
prima riteneva assurdo trattare ma che, prima di addormentarsi, le
aveva dato da pensare.
Per
l'uomo il discorso sembrava chiuso, dato che aveva smesso di
guardarla, ma per Hermione era appena iniziato. Doveva togliersi quel
sassolino dalla scarpa, o non avrebbe potuto svolgere serenamente il
lavoro per cui, per inciso, aveva rinunciato a tutta la sua carriera.
"Dico
sul serio, signore".
"Oh,
ma anche io: era semplicemente terribile ascoltarla"
continuò.
"Ricordo la cena della Vigilia di Natale millenovecen..."
"Signore!"
lo interruppe Hermione.
Levò
lo sguardo sulla ragazza, ma si rese conto che una battuta non
sarebbe bastata a liquidare la faccenda. Sospirò e
borbottò fra sè,
per poi alzarsi e mettersi di fronte a Hermione, di modo che potesse
scorgere ogni espressione del suo viso. Lanciò un
incantesimo alla
porta chiudendola dall'interno; fece comparire un cartello con su
scritto 'Torno subito', per poi correggerlo con la
parola
'torniamo' – sfumatura che Hermione
apprezzò molto più di
quanto l'uomo potesse immaginare.
"Tanto
vale fare le cose per bene..." bofonchiò Evocando due comode
poltrone e mettendosi a sedere su una di queste.
"Le
ho mai detto che sarebbe molto più sensato arredare questo
posto?"
domandò Hermione, nell'ennesimo disperato tentativo di
rendere
presentabile la bottega. La ragazza si sedette sull'altra poltrona,
lilla e tanto soffice da poterci sprofondare. Grazie a Ollivander, la
tensione che la divorava si stava allentando.
"Almeno
un milione di volte, e la mia risposta è sempre la stessa:
NO!
Questo posto non si tocca!" disse, autoritario. "Non finché
sarò io il proprietario".
Hermione
non si azzardò a replicare, limitandosi ad alzare gli occhi
al
cielo: quell'uomo era decisamente troppo ancorato al passato,
benchè
lei non ne sapesse granché. Si rese conto in quel momento
che
possedeva davvero pochi dettagli riguardo alla vita del suo datore di
lavoro, e che probabilmente non ne avrebbe mai conosciuti altri, data
la riservatezza del soggetto in questione.
Ollivander
tacque un poco e si sistemò meglio sulla poltrona, mentre
Hermione,
nel tentativo di mettersi comoda, sprofondò sempre
più nella
propria.
"Mia
cara ragazza" esordì, "mi sembra molto strano che tu, col
tuo intelletto più che funzionante, venga a riferirmi una
diceria
così infondata". Dunque Garrick aveva compreso a cosa si
stesse
riferendo. Hermione riprese a respirare regolarmente, accorgendosi di
aver trattenuto il fiato nell'attesa che il mago iniziasse a parlare.
"Lei
che ne pensa del fatto che i Nati Babbani abbiano scarse
possibilità
di riuscire nell'arte delle bacchette?"
"Penso
che sia un'idiozia" disse seccamente. "Hermione, tu non hai
cercato la magia: sei stata scelta! Proprio come una bacchetta
sceglie il suo mago".
Era
più forte di lui, pensò Hermione, non poteva
proprio realizzare un
paragone senza che questo coinvolgesse in qualche modo il mondo delle
bacchette. Un po' come suo padre, tifoso dell'Arsenal, e sempre
pronto a innestare paragoni calcistici.
"Questo
non c'entra" mormorò affranta.
"C'entra
eccome; sei Nata Babbana, ma la magia che c'è in te
è talmente
forte da superare le barriere, richiamando dei geni magici che,
sicuramente, erano presenti in famiglia, ma certamente non in tuoi
parenti prossimi..."
Se
quello era un modo per blandirla, per farla sentire meglio, Hermione
doveva ammettere che stava dando i suoi frutti. Tuttavia, per la
strega l'argomento era spinoso e le domande, rinchiuse in un cassetto
della mente da tanto tempo, erano troppe per poter essere ignorate.
Anche
Ollivander doveva saperlo; immaginava da sempre che prima o poi
sarebbe saltato fuori il mito vecchio come il cucco per cui un
Purosangue avrebbe un maggior potenziale magico e, percependo la
magia meglio di un Nato Babbano, avrebbe più
possibità di riuscire
in un'arte – delicata e permeata da magia spontanea
– come quella
del fabbricare bacchette.
"Tutte
ipotesi, e tutte infondate" ribadì l'uomo, guardandola con
gli
occhi cerulei, di un argento scolorito dagli anni. "Le tue
origini non possono avere nulla a che fare con questo"
ribadì,
indicando l'ammasso di suppellettili, polvere, scaffali di legno
stracolmi di bacchette e cassetti traboccanti di crini di unicorno e
piume di fenice – ovvero, la propria bottega. "Non
più di
quanto ce l'abbiano le mie". Forse, per le orecchie di Hermione,
quest'ultima aggiunta fu troppo.
"Come
può dire una simile eresia?" lo
riprese.
"Questo posto è della famiglia Ollivander, la
sua
famiglia,
da generazioni! Suo
padre costruiva bacchette e suo nonno
prima di lui e così via, probabilmente
fino alla millesima generazione a ritroso".
Il
mago parve sul punto di ribattere a quella che pareva un'accusa, ma
non ne ebbe modo, perché Hermione seguitò
a parlare, spostando lo sguardo sul vecchio campanello, solitamente
pronto a squillare all'ingresso di qualcuno, ma ora muto.
"L'insegna
d'oro, per quanto scrostata e malandata, parla
chiaro: bacchette
di qualità superiore dal 382 a.C."
citò
a
memoria.
"Da allora ad oggi intercorre un lasso di tempo in cui la sua
famiglia deve aver accumulato un sapere che io non sarò mai
in grado
di mettere in pratica, e poi..." Ollivander, a questo punto,
aveva già previsto la piega che la conversazione avrebbe
preso, e
decise di troncarla sul nascere.
"Basta!"
tuonò, interrompendola.
"E' vero" iniziò
con più calma,
"che la famiglia Ollivander fabbrica bacchette da molto tempo, e
che le conoscenze accumulate in millenni di ricerche sono molte
–
anche se mi pregio di essere io
il componente della famiglia che ha apportato maggiori progressi
al nostro metodo..." Hermione trattenne una risatina
nel vederlo così tronfio per i suoi, seppure
innegabili,
meriti.
"Questo,
però, non ha niente a che vedere col mio sangue puro,
signorina
Granger" affermò serio. Lo disse fissandola, senza neppure
sbattere le palpebre, perché sapesse che non stava mentendo.
Le sue
parole erano sincere; Hermione lo sentiva.
"Non
so quante persone nel mio ambiente credano ancora a queste vecchie
chiacchiere per comari
purosangue, anche
se spero siano poche. Mi
aspettavo che
la mia apprendista
non vi prestasse
la minima attenzione" la
rimbrottò.
"Non essere riuscita a fabbricare una bacchetta al primo colpo
non fa di te una pessima bacchettaia. Avrai molte occasioni per
riprovare, e per fallire ancora – oggi stesso, per esempio.
Questo
però non deve distrarti per un momento dall'obiettivo
finale: la
bacchetta
perfetta.
Se avrò percezione che i tuoi fallimenti, anzichè
spronarti, ti
scoraggiano, allora si che dovrai temere il licenziamento!"
La
stava apertamente minacciando, tanto per non metterle pressione.
Hermione tentò di farfugliare qualcosa in merito alle
proprie
insicurezze, al fatto che sentiva di avere qualcosa in meno da far
valere in quel campo, ma fu inutile.
Non
l'avrebbe commiserata, nossignore! Quant'era
vero che il suo nome era Garrick Ollivander, lui non avrebbe
commiserato nè
giustificato
la sua apprendista neanche
per
un solo secondo!
"Quello
che voglio dire" ripartì, "è che non è
il grado di magia
presente nel tuo sangue che determina la tua bravura nell'intagliare
e realizzare bacchette. È vero che non chiunque
può farlo"
ammise, poiché a lui piaceva considerarsi un eletto,
"ma
è altresì vero che io, Garrick, figlio di Gervaise
e nipote di Gerbold Ollivander, credo fermamente che tu non sia
chiunque,
Hermione, e che in te brilli la fiamma che è necessaria a
tutte le
missioni: la passione".
Non
avrebbe mai pensato, assumendola, di doverla anche aiutare,
incoraggiare, supportare. Si aspettava solo di prendere con sè
una ragazza desiderosa di affidarsi al sapere di un anziano mentore.
Si aspettava di doverla istruire,
non di doverla educare.
E
invece gli era toccato anche quello.
"Sei
nata per fare questo mestiere; di
rado
faccio pronostici sulle persone – preferisco attenermi al mio
campo
e pronosticare sulle bacchette -, ma, quando li azzardo,
difficilmente sbaglio. So che puoi farcela, come so di essere stato
troppo
e
allo stesso tempo troppo
poco duro".
"S-signore?"
Il volto di Hermione era diventato un gigantesco punto interrogativo.
Stava giusto per commuoversi e lui, ovviamente, virava direzione al
discorso.
"Voglio
dire che ti ho messo fretta senza però darti sufficienti
indicazioni
su quel che ti apprestavi ad affrontare".
"Lo
dice come se mi avesse mandato ad affrontare un drago senza
bacchetta" commentò. Ora le sembrava eccessivo dire che non
aveva gli strumenti cognitivi per realizzare una bacchetta. Lui le
aveva fornito tutte le istruzioni, era stata lei ad aver fallito. La
conoscenza che aveva accumulato non le era bastata, ma questo non
faceva di Ollivander un cattivo insegnante.
"Darti
delle nozioni o delle dimostrazioni non basta, devi sapere di
potercela fare, e per questo ho intenzione di andare con calma, passo
dopo passo"
iniziò a spiegare. "Inizieremo con l'esterno, concentrandoci
sul come intagliare il legno grezzo affinché diventi uno
strumento;
il secondo passo sarà assicurarci di aver selezionato con la
massima
cura
i materiali da usare per il nucleo, e da ultimo ti insegnerò
con
dovizia di dettagli a fondere i primi due passi nel terzo, che
è poi
il risultato, il
fine ultimo dei tuoi sforzi: la bacchetta.
Tutto chiaro?"
Ci
aveva pensato tutta la notte, fin dal giorno prima, quando l'aveva
vista abbattuta per il fallimento. La colpa, come aveva appena
ammesso, non era solo di Hermione, ma anche sua. Aveva date
per scontate troppe cose che invece, per quanto Hermione fosse
sveglia
e preparata, non potevano essere lasciate al caso. Doveva essere
più
presente come maestro – e come appoggio – e lo
sarebbe stato.
Non
aveva nessun altro a cui lasciare quel posto e, se non voleva che i
maghi e le streghe inglesi,
alla sua morte, cominciassero ad uccidersi
accidentalmente con le bacchette terribili
di Jimmy Kiddle, doveva impegnarsi affinché Hermione
divenisse la
degna erede dell'impresa Ollivander.
L'alternativa
era importare bacchette che non fossero state create in Gran
Bretagna, ma Garrick Ollivander avrebbe venduto l'anima al diavolo
piuttosto che permettere un simile affrontp alla sua memoria.
No,
il suo negozio l'avrebbe portato avanti qualcuno a cui teneva,
qualcuno di cui si fidava, qualcuno che avrebbe istuito lui
personalmente – e solo una persona rispondeva a una
descrizione del
genere.
"Tutto
chiaro, signore" replicò la ragazza, raccogliendo i ricci
ribelli in un comodo quanto disordinato chignon.
Notò un
sorriso sulle labbra della strega, ora combattiva: la sua
apprendista, Hermione Granger, era tornata.
Avevano
appena concluso la conversazione quando udirono dei
colpi sordi
dall'esterno: qualcuno stava bussando alla porta. Le vetrine erano
oscurate dall'interno – una fissazione di Ollivander: quando
il
negozio era in pausa per un qualunque motivo, non gradiva che
dall'esterno si potesse spiare
l'interno vuoto del negozio. Hermione non aveva mai capito questa
mania, ma gliela concedeva, prendendo in considerazione lo smodato
attaccamento che lui
nutriva per quel posto. Prese
posizione dietro al bancone nel momento esatto in cui Ollivander
tolse l'incanto oscurante; fu così che vide Fred Weasley
all'esterno
del negozio. Fu una frazione di secondo: mentre la bacchetta di
carpino tra le mani del vecchio si muoveva per sbloccare la porta,
Hermione si accucciò sotto il bancone.
"Salve,
signore" esordì Fred, leggermente a disagio.
"Salve,
signor Weasley" replicò Ollivander, cortese. Hermione
pensò di
aver fatto un'azione molto stupida ad infilarsi sotto il bancone;
Fred avrebbe chiesto dov'era e Ollivander avrebbe risposto che era
stata lì fino ad un momento prima, causandole
involontariamente una
colossale figuraccia.
"Bel
tempo, eh?" osservò Fred, in tono casuale.
"E'
nuvolo, signor Weasley" gli fece notare Ollivander, impietoso.
Volse la testa per gettare una rapida occhiata dietro di sè.
Aveva
percepito qualcosa di strano; Fred Weasley era entrato salutando solo
lui, ed ora si spiegava il perché: Hermione, un attimo prima
ben
visibile al bancone, era scomparsa con la velocità di un
lampo.
"Già,
il tempo è orribile" ammise Fred. "Io stavo cercando..."
"La
signorina Granger, suppongo".
Hermione
si fece piccola piccola, come spesso capita in situazioni del genere
(non che tutti si nascondano sotto al bancone di un bacchettaio,
ovviamente!), nella speranza che la situazione volgesse al meglio.
Stava già elaborando nella propria mente tre o quattro scuse
da
propinare sul perché si trovasse
lì sotto – scuse che,
ovviamente, erano totalmente inutili da rifilare a
Fred-re-dei-trucchetti-Weasley.
"Esatto..."
La strega percepì una nota di imbarazzo nella conferma da
parte di
Fred, e la voce di lui, inaspettatamente, le scaldò il
cuore. Non
sapeva bene perché voleva evitare di incontrarlo; la
situazione era
sempre più strana, e dopo quello che era successo la sera
prima non
avrebbe proprio saputo cosa dire. Temeva di non proferire parola o,
peggio, di parlare a vanvera. Inoltre non voleva che una
conversazione andata male influenzasse il suo pomeriggio di lavoro,
dopo tutto ciò che Ollivander le aveva raccomandato. Per il
momento,
era certa di voler evitare Fred Weasley.
"Siamo
coinquilini sa... la cerco per dirle una cosa importante riguardo
all'affitto... dobbiamo ancora pagarlo..." mentì con un filo
di
voce. Hermione aveva il sospetto che l'anziano mago mettesse il
più
giovane in soggezione. Ad ogni modo, aveva mentito: Hermione pagava
sì il fitto a Fred che, però, non aveva nessuno a
cui pagare una
pigione a sua volta, dal momento che l'appartamento, direttamente
collegato ai Tiri Vispi, era di proprietà dei gemelli.
L'avevano
comprato insieme al negozio per comodità, nella certezza che
fare
'casa e bottega' fosse la cosa migliore per i primi tempi. Solo che
George si era accasato, e per Fred quella casa stava acquisendo
più
valore sentimentale di quanto non fosse lecito.
Vi
fu un breve silenzio; Hermione aspettava di essere smascherata da un
momento all'altro, ma non avvenne.
"La
signorina Granger purtroppo non è qui" dichiarò
Ollivander,
con totale convinzione. Se Hermione non fosse stata lì
dentro, il
tono sicuro del vecchio avrebbe persuaso anche lei."L'ho mandata
a fare alcune commissioni per mio conto; è la mia
apprendista,
dopotutto".
"Cosa?
Oh, ma certo" blaterò l'altro, un po' deluso. "Ma lei
non..." Stava per attaccare con un'altra domanda, ma Ollivander
lo battè sul campo cominciando a cianciare di bacchette
– che poi
era ciò che sapeva fare meglio.
"La
mia bacchetta di carpino" disse rigirandosela tra le dita, "non
è in gran forma, vero?" Fred le gettò un'occhiata
disinteressata, per pura cortesia.
"Mi
sembra sia a posto" buttò lì, senza sapere come
replicare. Era
totalmente ignaro di cosa potesse rendere una bacchetta 'non in gran
forma', e di come riconoscere i sintomi.
"E
il suo peccio? Lo tratta con cura spero..." domandò Garrick
con
tono autoritario. Hermione sapeva cosa stava facendo: voleva stancare
Fred e cacciarlo dal negozio il più in fretta possibile.
"Lui
è, ehm, in ottima salute" replicò stranito. Di
sicuro non era
la conversazione che si era preparato a sostenere quando era entrato
nella bottega, ma dovette capire che, per il momento, era opportuno
ritirarsi in buon ordine.
"D'accordo"
tossicchiò. "Credo che ripasserò. Buona giornata
signore".
Un
secondo dopo, Hermione udì di nuovo il campanello tintinnare
e il
rumore della porta sbattuta, e decise di essere abbastanza al sicuro
da potersi rialzare.
La
prima cosa che vide, una volta fuoriuscita dalla sua tana, fu il
volto livido e perplesso di Ollivander. Ancor più che
seccato – e
lo era profondamente -, appariva meravigliato. Hermione glielo fece
notare immediatamente.
"Sono
meravigliato da me stesso" ammise. "Di solito non mento, e
non mi piace coprire le persone che si nascondono per motivi che non
conosco" – e qui Hermione tentò di parlare
– "e che
non voglio conoscere" aggiunse l'uomo.
"Signore,
mi spiace, è stata una mossa davvero stupida, ma
è stato più forte
di me. E poi, una volta accucciata, non potevo far altro che sperare
che lei mi coprisse. Come ha fatto a capire?"
"Che
non volevi parlargli?!" domandò retoricamente. "Stavamo
parlando e quando mi sono girato non ti ho vista; sapevo che non
potevi non esserci, e così ho dedotto che semplicemente non
volessi
farti trovare. È palese che non te la senta di parlare al
signor
Weasley".
"Non
conosco le tue ragioni, come ho detto e, soprattutto, non voglio
conoscerle; spero solo che le tue faccende personali non
interferiscano mai con il nostro lavoro, e con questo considero
chiuso l'incidente".
Hermione
non riusciva a credere a tanta fortuna. Era uscita incolume da quella
che si prospettava come una ramanzina coi fiocchi e poi era stata
coperta dal suo capo, che l'aveva tenuta nascosta senza neppure
chiederle conto di nulla.
Ollivander
dette a Hermione una serie di compiti da svolgere mentre lui
preparava un 'piano di battaglia' – così l'aveva
chiamato – e
decideva da dove iniziare a massacrarla con il suo nuovo 'programma
intensivo'. Hermione sperava solo non fosse qualcosa di
eccessivamente sfinente – volitiva e carica sì, ma
non al punto da
volersi autodistruggere. Lei, nel frattempo, ripensava alla visita di
Fred.
Era
andato lì per parlarle della sera prima? Certo
che sì! Cosa
voleva dirle?
Che era stato un errore, un azzardo, o che non ne poteva più
dei
suoi bruschi cambiamenti e doveva decidersi –
queste
erano le parole che
aveva usato l'ultima volta.
Senza
dubbio
valide argomentazioni;
ed Hermione
non aveva delle controargomentazioni tanto
buone, purtroppo. Ad ogni modo, per il momento era riuscita ad
evitare un sano confronto, da persona adulta e matura qual'
era.
Non
ebbe molto tempo per rifletterci, comunque. Ollivander pareva essere
stato preso da una bizzarra frenesia; si aggirava per il negozio come
un calabrone in volo e borbottava tra sè e sè
senza che Hermione
riuscisse a capire una sola sillaba.
"Dunque!"
Il flusso dei pensieri della ragazza si bloccò di colpo
– insieme
al suo respiro. L'uomo le era sbucato di colpo dietro le spalle,
mentre era sovrapensiero.
"Mi
ha fatto prendere un colpo!"squittì.
"Mi
rincresce" replicò formale, ma niente affatto dispiaciuto.
"Ho
deciso che inizieremo con l'intaglio" annunciò.
"L'ha
già detto, signore" sbuffò Hermione.
"Oh,
giusto" replicò distrattamente.
"E'
certo di sentirsi bene?" domandò. "Senza
offesa, mi
ricorda vagamente
il professor Allock dopo il suo auto-incantesimo di memoria"
commentò. Ricordava ancora quando, al San Mungo, aveva visto
gli
effetti di quel capolavoro che era stato l'Oblivion di Allock su se
stesso.*
"Mi
sento piuttosto bene, grazie"
scattò lui. Poi tirò fuori l'orologio da taschino
in oro massiccio
che portava nel panciotto. Sembrava
pensare che fossero fuori tempo massimo per qualcosa. E infatti
disse:
"Siamo
in ritardo sulla tabella di marcia". Hermione lo guardò
aggrottando la fronte.
"Quale
tabella di marcia, signore?"
"Quella
che ho appena ideato e di cui non ho intenzione di metterti a parte".
"Non
avevo dubbi..." La vena di sarcastica rassegnazione nel tono
della ragazza era talmente evidente che persino Luna Lovegood sarebbe
riuscita a coglierla. E Luna non coglieva mai
il sarcasmo.
A
proposito di Luna, Hermione non si era comportata bene negli ultimi
tempi.
L'amica le aveva scritto il giorno prima e lei non aveva ancora
aperto la lettera. Era indubbio che fosse, ultimamente, molto
impegnata. Ma anche Luna avrebbe potuto rivendicarlo: era una stimata
naturalista del Mondo Magico e stava per sposarsi con Rolf, nipote
del magizoologo Newt Scamander, che svolgeva la stessa professione di
suo nonno.
Insomma,
Luna aveva sicuramente molti impegni, eppure aveva trovato il tempo
di inviarle
un gufo...
e Hermione non si era neppure curata di aprire la busta e scoprirne
il contenuto.
Stava
giusto riflettendo sul suo pessimo comportamento in fatto di
relazioni
interpersonali, quando
udì nuovamente il trillo del campanello. Pregò
ché non fosse di
nuovo Fred, perché stavolta non avrebbe fatto in tempo a
nascondersi. Rimase perciò dritta e salda sui piedi, dietro
il
bancone, in attesa che entrasse qualcuno.
Riconobbe
subito l'andatura dinoccolata e l'aria svagata dell'amica. I
capelli biondo sporco, lunghi
fino alla cintola, e gli
orecchini a forma di cavalluccio marino rendevano unica
quella ragazza pallida ed eterea. Luna Lovegood in carne ed ossa era
nel negozio di Ollivander. Aveva un atteggiamento spensierato e una
brutta cicatrice alla mano – segno, pensò
Hermione, che aveva
aiutato Xenophilius, il padre, ad estrarre i baccelli dalle sue
piante di Pugnacio. Hermione continuava a ritenerla
un'attività ad
alto rischio, ma nessuno in quella famiglia sembrava curarsene.
Sperava solo che il futuro sposo fosse leggermente più assennato
di Luna, o la loro nuova casa sarebbe esplosa ancor prima che
potessero porre all'esterno un tappeto di benvenuto.
"Buongiorno
signor Ollivander" esordì cortese, "e buongiorno
Hermione". Il primo le fece un gran sorriso, coprendo con la
propria voce il tentativo di Hermione di salutarla a sua volta.
"Luna,
che piacere averti qui!" esclamò gioviale. "Non hai
problemi con la tua bacchetta vero? Perché non ci metto
niente a
sistemarla in quattro e quattr'otto..." si offrì. Con Luna,
magicamente, egli era tutto zucchero e premure. La ragazza gli fece
un sorriso e declinò l'offerta; la sua bacchetta non aveva
niente
che non andasse, e lei era lì per porgere i più
sentiti omaggi ma
anche per parlare con Hermione.
"Con
me?"
"Con
te, proprio". Il tono di Luna era più che serio. "Mio
padre mi ha detto di dirti che quel suo amico editore gli ha detto
che il proprietario di una libreria gli ha detto che sarebbe disposto
ad un incontro pubblico" spiegò d'un fiato. "Non
è
magnifico?"
"Ne
sarei certa" replicò Hermione confusa. "Se solo avessi
compreso una sola delle parole che hai appena pronunciato".
Luna
parve lievemente seccata che Hermione non capisse al volo
l'opportunità che – evidentemente – la
entusiasmava tanto.
"L'editore
che ha comprato la tua traduzione dice che le prime copie hanno
venduto; dunque vuole lanciarla per bene sul mercato facendo una
presentazione come si deve, in libreria!" Ora la cosa era
decisamente più chiara per Hermione. Il libro non solo
andava bene,
ma l'editore aveva deciso di investirci pubblicizzandolo
maggiormente. Un vecchio libro di fiabe magiche, tradotte dalle
Antiche Rune da una dei salvatori del Mondo Magico, con il commento
del compianto e stimato professor Silente: era intuibile il
perché
entusiasmasse così tanto il pubblico. Per la casa editrice,
poi, era
tutta visibilità.
"Ottimo,
ma io che c'entro?" domandò perplessa.
"Sei
la persona che ha tradotto e adattato le Rune Antiche, oltre che una
personalità di spicco, quindi non puoi mancare!" disse
perentoria. Non aveva l'aria di qualcuno che si può
facilmente
mettere a tacere, ma
allo stesso tempo sfoggiava un tono quasi casuale. Come se ogni
parola da lei pronunciata fosse esattamente lì dove doveva
essere.
Hermione odiava questa caratteristica di Luna; le dava sempre la
sensazione di essere, in un certo senso, manipolata. Insomma, ogni
volta che la sentiva parlare, anche a lei certe cose iniziavano ad
apparire ovvie, come se non si potesse fare altrimenti. Luna era
convincente e frustrante al tempo stesso. Hermione decise che avrebbe
rinunciato in partenza a qualsiasi forma di protesta. Gli occhi
chiari e gioviali dell'amica sconsigliavano caldamente questa
opzione.
"D'accordo,
verrò. A condizione che non tocchi a me presentare il libro;
dirò
al massimo qualche parola sulle note di traduzione".
Come
no, Hermione!, pensò. Di certo ti farai
prendere la mano e
parlerai di Silente e degli appunti.
Leggere
le note, che Silente aveva lasciato per le cinque fiabe presenti
all'interno del volume, l'aveva toccata. Dopo la prima volta,
naturalmente, ne aveva replicata la lettura in più
occasioni.
"Oh,
papà ne sarà entusiasta: vado subito a dargli la
notizia!"
esclamò Luna.
Baciò il signor Ollivander sulla guancia e lo
invitò a presenziare
all'occasione. Lui si schernì dicendo di essere troppo
anziano per
eventi pubblici, ma infine acconsentì. Non
era ancora decisa una data, ma sarebbe stato presto – in
settimana,
probabilmente – ,
e lei stessa avrebbe inviato un gufo a Hermione.
Ollivander,
con sempre maggiore sorpresa di Hermione, non era minimamente capace
di rifiutare alcunché a Luna Lovegood. Dovevano aver passato
dei
momenti terribili nei sotterranei di Villa Malfoy, per esserne usciti
così uniti.
Del
resto, anche lei aveva potuto 'ammirare' il potere lugubre e negativo
di quel posto durante la Seconda Guerra Magica.
Luna
salutò allegramente e uscì dal negozio, pronta a
fare una bella
passeggiata a Diagon Alley.
"Non
mi avevi detto del libro" bofonchiò Ollivander.
"Sono
certa di averlo fatto" replicò Hermione, convinta.
"Non
so, e non credo neppure mi avresti invitato".
"L'avrei
fatto certamente, invece" ribattè piccata. "Piuttosto, non
so se lei, da
me,
avrebbe accettato l'invito..." Con questo, aveva lanciato una
frecciatina.
Non
che fosse gelosa del rapporto tra Ollivander e Luna, ma quel
vecchietto
era il suo
vecchietto – mentore, maestro,
amico
– e nessuno, neppure Luna, aveva il permesso di essere da
lui tenuta
in maggior considerazione rispetto a Hermione.
"Oh
coraggio, sei sempre tu la mia apprendista preferita" sogghignò.
"Sono
l'unica!" sbuffò lei, facendolo ridere di
gusto.
Si
mise poi a smistare i legni utili, dividendoli da rami che aveva
raccolto lei stessa ma che, comunque, le sembravano inutilizzabili al
fine di costruire una buona bacchetta. Non importava la forma
–
aveva visto moltissime bacchette intagliate in forme appositamente
rozze, create per seguire la corrente di magia che c'era nel legno
stesso -, bensì l'energia che si percepiva direttamente dal
legno
(oltre alla robustezza, verificata da uno scrupoloso controllo). In
quelli che al momento tutti avrebbero visto come 'tocchi di legno',
Hermione vedeva qualcosa che avrebbe imparato a controllare e
scolpire e intagliare finché tra l'esterno e il nucleo della
bacchetta non ci fosse stato totale accordo. Tutto questo, si disse,
sarebbe venuto da sè, con impegno e dedizione. Passo
dopo passo.
Chiuse
la porta lasciandosi quel mondo polveroso e magnifico alle spalle,
decisa a non pensare a nulla che potesse turbarla. Doveva restare
concentrata per tutto il tempo, l'aveva stabilito con se stessa. Non
si sarebbe lasciata sviare da niente e da nessuno finché non
avesse
raggiunto l'obiettivo: la bacchetta perfetta.
In
giornata aveva evitato di ritentare, per rispetto all'accordo con il
bacchettaio, ovvero
di
procedere
passo dopo passo.
Era certa che, come le aveva assicurato anche Ollivander, avrebbe
combinato un altro disastro. Tra le prime qualità che
Garrick le
aveva richiesto, quando l'aveva assunta, c'era anche e soprattutto la
pazienza,
indispensabile per una ragazza che vuole cimentarsi con l'Arte delle
Bacchette. Ne
avrebbe avuta
e, un giorno o l'altro, avrebbe ottenuto i frutti di
quella semina.
Anche le sue
mani, come quelle di Ollivander, avrebbero creato un oggetto ad alto
potenziale magico, disvelandolo da un banale ciocco di legno. Anche
le sue, di mani, avrebbero agilmente intagliato ed intarsiato con
minuzia maniacale ottenendo una bacchetta – possibilmente
funzionante.
Prima
che uscisse dal negozio, Ollivander l'aveva guardata negli occhi e le
aveva detto che non importava quanto tempo ci avrebbe messo ad
imparare, sarebbe
stato tempo
ben speso.
La
guardò uscire e si avvicinò alla vetrina per
seguirla con lo
sguardo. Si stava allontanando a piccoli passi, e Garrick non
potè
fare a meno di gioire per averla trovata. Perché
in lei aveva visto lo scintillio della fiamma che ardeva nei suoi
occhi, il desiderio profondo di arrivare a conoscere l'arte
delle bacchette
bene quanto
lui.
E,
benché
non l'avrebbe ammesso per mille galeoni, era certo
che, con un po' d'aiuto, Hermione Granger ce l'avrebbe fatta. Sarebbe
stata sua pari, un giorno; e l'avrebbe anche superato – come
ogni
bravo allievo fa col proprio
maestro, e come Garrick stesso aveva fatto, molto
tempo addietro,
con il
padre. Per
ora, era
necessario solo istruire e incoraggiare, il tempo e
l'abilità
avrebbero fatto il resto.
Hermione
aveva
pensato di fare un'
improvvisata
a Grimmauld
Place, perché le mancavano
Harry e Ginny
e
perché non
aveva il coraggio
di andare a casa e affrontare la situazione con Fred.
Giorni
prima, se
ben ricordava,
Ginny le aveva proposto una cena insieme durante la settimana.
Autoinvitarsi
le sarebbe
parso scortese con chiunque, ma non con i Potter – che
tra l'altro avevano già fatto pace.
Ci
sarebbero rimasti assai male se avessero saputo che Hermione si
faceva di questi scrupoli, perciò
aveva tutte le intenzioni di invitarsi a cenare da loro.
A
Fred, ammesso e non concesso che fosse in casa, avrebbe detto che
aveva precedentemente preso impegno con sua sorella e Harry.
Tuffò
la mano destra nella borsa nella speranza di trovare il cellulare al
primo colpo e, quando l'ebbe in pugno, si affrettò a
chiamare
Harry. Non era spento nè occupato, il che era già
un segno
positivo. Almeno era certa che non avrebbero dovuto comunicare via
gufo. Improvvisamente udì la voce di Harry dall'altra parte.
"Harry!"esclamò,
"Mi chiedevo se tu e Ginny aveste impegni stasera, o se posso
passare per un saluto..." buttò lì. Sperava
proprio di
vederli.
"Ma
certo che puoi; ci sono altri amici qui con noi, ma non credo
sarà
un problema, ti aspetto tra cinque minuti, hai il mio permesso di
materializzarti direttamente in casa – non lo
troverò
irriverente".*
Hermione
rise sentendolo riattaccare e si dispose a Smaterializzarsi.
Ombrello appeso al braccio,
cappello e cappotto addosso, stivaletti comodi ai
piedi e, nella sua magica borsa a perline, qualche campione di
bacchetta che aveva portato via dal negozio per analizzarla meglio.
Si diede un'ultima occhiata intorno e poi, volteggiando su se stessa,
scomparve con un sonoro 'pop'.
L'entrata
in scena da Harry fu un po' rumorosa. Hermione veva avuto il permesso
di Materializzarsi in casa, anzichè fuori, ma
sbagliò di poco la
mira e, invece dell'ingresso, atterrò al centro della camera
da
pranzo, accerchiata dagli altri ospiti della serata, quelli che Harry
aveva definito 'altri pochi amici'.
Non
sono, pensò Hermione, poi tanto pochi.
Prima
di raggiungere Ginny, accucciata davanti al camino, dovette salutare
Neville e la sua ragazza, Hannah Abbott. Rolf e Luna, eccentrica come
sempre, le tributarono mille onori. Notò una nutrita schiera
di ex
Grifondoro ora cacciatrici delle Holyhead Harpies insieme a Ginevra,
tra cui Angelina, Alicia Spinnett e Katie Bell. Salutò tutte
sbirciando verso Ginny dall'altra parte della stanza, ancora
accucciata, evidentemente intenta a parlare con qualcuno via camino.
Avvertì un certo terrore pervaderle le viscere quando vide
George
Weasley entrare in sala da pranzo, forse di ritorno dalla toilette.
Sentiva di voler raggiungere al più presto Ginny, ma fu
intercettata
da George che le circondò le spalle con un braccio, per
segnalarle
che non sarebbe fuggita tanto presto. Il timore che volesse
torchiarla ben bene si fece largo nelle pieghe della sua mente, e la
strega cominciò a frugarvi in cerca di un modo per liberarsi
di
George.
"Harry
non mi aveva detto che era un party" buttò lì.
"Sarei
senz'altro ripassata". George mise su un mezzo sorriso.
"Ma
come! È anche per te: l'ha organizzato Luna..." Hermione non
era certa di essere tanto acuta da poter comprendere i nessi logici
alla base delle azioni di Luna – a dire il vero, non ne era
mai
stata capace.
Ad
ogni modo, la sua più grande preoccupazione al momento era
raggiungere Ginny che ancora discuteva animatamente con i tizzoni
ardenti nel caminetto.
"Con
chi parla Ginny?" chiese, presagendo qualcosa di orribile.
"Tenta
di convincere qualcuno a venire al party..." Lo
disse
facendole il verso.
Una
parte di lei, l'inconscio, era certa di conoscere l'identità
dell'interlocutore, benché sperasse di sbagliarsi. La sola
persona
la cui mancanza fosse, a colpo d'occhio, evidente. O forse era lei a
notarla.
"Ginny
sembra metterci molto impegno".
"Oh
sì, è pur sempre nostro fratello"
replicò.
"Bill?"
chiese. George scosse la testa.
"Ron?"
George agitò l'indice destro, negando nuovamente.
"Ritenta"
le disse con un sorriso sornione.
"Fred..."
Era una constatazione, più che una domanda; tanto che George
si
limitò a un cenno affermativo, senza neppure prendersi la
briga di
dire due parole in proposito a quella tragedia. Sì,
perché
rivederlo lì, ora, in mezzo a tante persone amiche, proprio
quando
si era data tanta pena per evitarlo, le sembrava una tragedia
irrisolvibile, opera del destino. Era una bambina, ecco cosa. Si
sentiva una bambina, pronta per giocare a nascondino sotto il bancone
della bottega ma non per parlare con una delle persone a lei
più
care. Sei patetica, Hermione Granger.
George
continuava a fissarla senza proferire verbo; non per la prima volta
Hermione si chiese quanti e quali particolari della storia
conoscesse, perché sul fatto che Fred lo avesse informato
non vi
erano ormai dubbi.
Ad
un certo punto, presa nei suoi pensieri, notò uno sbuffo di
fumo e
di ceneri provenire dal camino, dal quale uscì un uomo alto
con i
capelli rossi e il viso fin troppo familiare. Era proprio l'idea di
famiglia che le evocava a metterla tanto a disagio
– oltre a
tutto il resto, certo.
Le
sue peggiori paure erano appena divenute realtà, uscite in
carne ed
ossa dal camino di Harry Potter. Evidentemente Ginny aveva utilizzato
le giuste argomentazioni per convincere un giovane annoiato a recarsi
in Grimmaud Place. Quello che Hermione non avrebbe mai saputo
è che
lei stessa era stata l'esca per intrappolare Fred.
Ginny,
dopo averle provate tutte, si era accidentalmente lasciata sfuggire
il nome di Hermione; Fred, in un attimo, era saltato fuori dal camino
– senza curarsi di stare avvalorando, con un simile
comportamento,
l'ipotesi che la sorellina aveva formulato sui sentimenti che quello
zuccone nutriva per la Granger.
Hermione
non sapeva che fare; quella mattina a nasconderla ci aveva pensato
Ollivander, ma adesso si sentiva in 'campo aperto'; aveva davvero
poche possibilità di affrontare l'incontro. Una di queste
possibilità le andò a sbattere addosso con
nonchalance, benché
solitamente sfoggiasse movenze molto più aggraziate.
"Luna!"
esclamò Hermione, sentendosi trascinare per un braccio poco
più in
là. Era sorpresa di vederla così entusiasta.
Sembrava che per lei
il Natale fosse già lì.
"Hanno
fissato la data della presentazione al Ghirigoro!" annunciò,
battendo piano le mani. Hermione non avrebbe mai smesso di ammirare
Luna per quel suo continuo moto di sorpresa, come se la vita la
cogliesse sempre impreparata. Per anni l'aveva considerata una
debolezza, mentre ora era certa fosse quella la forza di Luna
Lovegood.
"Sabato
alle 17:oo; benché mi scombussoli l'orario della scelta dei
bicchieri". Hermione comprese che doveva riferirsi al servizio
di bicchieri per il matrimonio con Rolf; non avevano ancora fissato
una data, ma sembrava stessero facendo le cose per bene.
Probabilmente si sarebbero sposati in estate.
"D'accordo"
rispose. "Tu ci sarai?".
"Naturalmete!
Io svolgo le pubbliche relazioni per conto della casa editrice;
papà
ci sarà in quanto promotore e ideatore del progetto e tu,
ovviamente, in qualità di talentuosa traduttrice delle
fiabe"
flautò, spiegandolo come se stesse mettendo in prosa una
cantilena –
questo era il motivo per cui ogni volta che parlava con Luna Hermione
aveva sempre la sensazione di aver perso un pezzo del discorso.
Hermione stava già per dirle che non aveva intenzione di
stare
troppo sotto i riflettori, ma Luna, come se le avesse letto nel
pensiero, la interruppe.
"Non
dovrai fare altro che rispondere alle mie domande, sono pagata per
questo. Io intervisto, tu rispondi e spieghi il metodo di traduzione
e il perché è vitale aver ritrovato gli appunti
di Silente,
eccetera eccetera..." E continuò a blaterare per un po',
mentre
Hermione tentava di ricordare dove aveva messo gli appunti di Silente
che Xenophilius le aveva inviato qualche tempo prima. Li aveva letti
da cima a fondo ed era rimasta affascinata dalla cura e dalla minuzia
che Albus Silente aveva messo nell'analisi di quelle che, ai
più,
sarebbero apparse solo come fiabe.
"Ovviamente"
riprese Luna, distogliendola dai propri pensieri, "ci sarà
la
stampa Hermione..." Il tono non era dei più rosei; si vedeva
chiaramente che non lo riteneva un argometo felice da trattare con
lei.
"Ma"
proseguì, "dubito che ti serva una mano; puoi cavartela
benissimo con quelle belve assetate di sangue" disse
ridacchiando.
Poi
le scoccò un bacio sulla guancia e si allontanò
con aria sognante
per raggiungere Rolf in fondo all'enorme salone. Il secondo salone
del piano terra di casa Potter, quasi sempre inutilizzato. Di solito
la casa era fin troppo tranquilla; e le zone più trafficate
erano il
piccolo salotto al piano terra, la cucina, la zona notte di sopra e i
bagni.
"Sei
spaesata?" chiese una voce familiare. Hermione si girò e
sorrise incontrando l'occhialuto sguardo verde di Harry Potter.
"No,
sto bene. È stata una giornata stancante".
"Mi
spiace" sospirò Harry, guardandosi intorno. "E' stata
un'idea di Luna; anzi, un improvviso lampo di genio, come l'ha
definito Rolf..." Harry aveva l'aria perplessa. "Ha detto
che per fare promozione all'evento di sabato si poteva cominciare
dagli amici più intimi a spargere la
voce".
Hermione
sorrise all'espressione distrutta del mago. Probabilmente tornava da
una giornata sfiancante al Ministero e, sicuramente, la vita da Auror
non era una passeggiata. Ne capiva lo stress, dopo aver condotto per
anni la vita da Indicibile, ed era sempre più sicura di non
avere
rimpianti.
"Stanco?"
Era una domanda di cortesia, ma dalla risposta scontata. Infatti
Harry si limitò a fare un cenno affermativo muovendo la
testa su e
giù, per risparmiare fiato.
"Il
Ministero della Magia regala soddisfazioni in proporzione a quante
energie toglie" disse invece, sicuro che l'amica potesse capire.
"Me
lo ricordo bene" replicò Hermione.
"Mi
hai lasciato solo" constatò Harry tristemente.
"Per
te è diverso; sei nato per essere Auror: tempo qualche anno
e sarai
capo del Dipartimento, non ci sono dubbi". Harry liquidò la
faccenda con uno sbuffo.*
"Il
famoso Harry Potter porterebbe visibilità alla sezione...
certo!"
"No,
il famoso Harry Potter sa bene di essere un ragazzo competente e
preparato più di tutti gli altri suoi colleghi messi
insieme"
precisò l'amica. "Hai la reputazione e io non lo nego, ma tu
non puoi negare di avere talento".
Harry
non disse nulla, ma la ringraziò con un sorriso. Nel
frattempo, alle
loro spalle, nascosto da un gruppetto di gente intenta a parlottare
con un quadro appeso alla parete, c'era Fred Weasley. Non voleva
certo origliare, stava solo aspettando il momento in cui Hermione si
sarebbe liberata e – a quel punto – non gli sarebbe
sfuggita
ancora. Aveva capito che stava deliberatamente cercando di evitarlo.
"Sai"
disse ancora Harry, "ogni volta che noi tre – io te e Ron,
voglio dire – eravamo in difficoltà, ho sempre
pensato 'Hermione
avrà qualcosa, troverà un modo per uscire da
questa situazione'.
Avevo cieca fiducia in te, perché se c'è qualcuno
che ha talento,
sei tu. Quindi goditela un po': c'è mezza Diagon Alley
– la parte
giovane, ovviamente; non avremmo potuto invitare Madama McClan o
Ollivander" disse ridendo. Indicò qualche persona, e
Hermione
scorse anche gli assistenti dei Tiri Vispi Weasley, Verity e Jack,
accompagnati dalla sua gelataia preferita... Sally Fortebraccio.
Sperò solo che Fred e lei non fossero venuti insieme come
coppia, ma
a quanto sapeva, avevano rotto. L'avrebbe imbarazzata non podo, dopo
l'intenso bacio della sera prima. Smise di rimuginare e riprese a
guardarsi intorno.
Era
davvero un mucchio di persone, ma forse Luna aveva ragione: bastava
cominciare per far sì che al Ghirigoro fosse assicurata
almeno
qualche presenza. Aveva fatto le cose per bene; c'erano persino dei
volantini sui quali aveva vergato luogo e data della presentazione, e
ne aveva consegnato uno a ciascun ospite.
"Non
mi avevi detto nulla" udì una voce alle proprie spalle. In
un
attimo Harry fu chiamato da Katie Bell e sparì, lasciando
Hermione
sola con Fred Weasley.
"Ehy"
salutò Fred.
"Ehy"
lo imitò Hermione.
La
tensione tra i due era tanto palpabile e concreta che si sarebbe
potuta tagliare con un' acetta. Come sempre, del resto.
Dove
erano finiti i loro momenti rilassati? Belli e basta, senza che il
relax venisse automaticamente rovinato dal resto, dalla situazione,
da loro stessi.
"Bell'idea
no?" ruppe il ghiaccio Hermione, alludendo alla festa
improvvisata da Luna. Fred sembrava distratto da qualcosa; piuttosto
che interessato sulle sue parole lo vedeva concentrato a fissare gli
occhi su di lei – e questo non era assolutamente tollerabile.
Quegli occhi e le loro iridi di un castano che sfumava nel marrone
chiaro in più punti; quegli occhi e le loro pupille che si
dilatavano ogni volta che Fred posava lo sguardo su Hermione. Si
riscosse e tentò di imbastire una conversazione. Si
schiarì la
gola, sperando che lui parlasse per primo, come infatti accadde.
"Allora,
come va la faccenda delle bacchette?"chiese distrattamente.
"Sto
continuando a lavorare per bene sull'esterno delle bacchette, non ho
tempo nemmeno di allacciarmi le scarpe; però sono a buon
punto, mi
sono persino rimessa a studiare daccapo sui tomi che avevo un po'
accantonato".
"Tu
pensa! Chi l'avrebbe mai detto!" replicò con palese ironia.
Hermione sorrise: non si sarebbe mai scrollata di dosso la fama di
secchiona. Pazienza; avrebbe dovuto stare più attenta nel
procurarsela ad Hogwarts. Ormai era decisamente tardi per
recriminare. Sperava solo che sabato le servisse almeno a non fare la
figura dell'idiota, anche se ci contava poco.
La
tensione tra lei e Fred sembrava diminuita, forse perché
erano
circondati da così tante persone – e in effetti
Hermione era
sollevata che fosse così. Quando erano soli non erano capaci
di fare
altro che confondersi le idee a vicenda e cambiare le carte in
tavola. La serata fu piacevole, Hermione fu contesa da più
persone
che volevano sapere qualcosa in più sul suo lavoro, su cosa
avrebbe
detto alla stampa – e sottesa ad alcuni commenti Hermione
aveva
anche letto una domanda. Una questione a cui non aveva ancora
pensato. Se ne andò nel mezzo della festa, prima che Fred
potesse
seguirla; sentiva che rientrare a casa insieme avrebbe risollevato la
polvere che faticosamente avevano appena spostato sotto il tappeto.
Sapeva che prima o poi avrebbe dovuto fare i conti con questa
situazione, ma non era nè l'ora nè la giornata
adatta.
Smaterializzò se stessa e la sua borsa strapiena
direttamente in
camera propria, decisa a buttarsi subito a letto.
Aveva
appena infilato il pigiama con i gufetti quando ne vide apparire uno
in carne ed ossa, che picchiettava il becco adunco contro il vetro
della finestra. Sapeva esattamente chi fosse il proprietario di
quello splendido animale.
L'uccello
si appollaiò sulla spalla di Hermione, mentre quest'ultima
apriva la
missiva che le aveva consegnato.
"Cominciavo
a preoccuparmi, Malfoy" sussurrò alla lettera, come se Draco
potesse sentire le sue parole. Si sentì molto stupida, ed
era la
seconda volta che le accadeva in poche ore.
Sparisco
per qualche giorno e tu, invece di attendermi trepidante e disperata,
ti
metti a frequentare eventi mondani. Così non va Granger!
Ti
tengo d'occhio!
D.M.
Anzichè
adirarsi perché l'aveva spiata, Hermione si fece una risata.
Di
norma si sarebbe indispettita, ma era certa che a Draco fosse
semplicemente stato riferito e che avesse voluto volgere
l'informazione a suo vantaggio, per prendersi gioco di lei.
Oh,
ma me la pagherà, pensò sfilandosi le
pantofole. C'erano almeno
un migliaio di spiegazioni che Draco doveva darle, a partire dai
motivi di quella misteriosa sparizione. Guardò il 'postino'
prendere
il volo nel cielo notturno e si mise a letto con uno dei tomi
sull'intaglio delle bacchette.
Quando
Fred rincasò, passando davanti alla porta di lei,
semiaperta, si
rese conto che si era addormentata con il libro addosso. Sorrise,
intenerito.
Entrò
silenziosamente nella stanza e le tolse il tomo dalla faccia,
posandolo sul comodino. Le rimboccò le coperte e
andò via in punta
di piedi, proprio com'era entrato – escluso il tenero sorriso
che
gli era rimasto stampato sulla bocca.
NOTE
AL CAPITOLO
1)
Harry non è nuovo in questo. Ha già interrotto
Fred e Hermione in
un momento che sarebbe potuto diventare... intimo, solo
perché
doveva confidarsi con Hermione e chiedere ospitalità dopo un
litigio
con Ginny.
2)
Nel quinto libro della Saga Harry e gli altri, tra cui Hermione,
visitano il signor Weasley al S.Mungo e incontrano anche Allock,
vedendo così quali devastanti effetti ha procurato su di lui
l'incantesimo di Obliviazione che nel secondo libro egli ha
praticato, per errore, su se stesso.
3)
Come ho già detto, Materializzarsi in casa di qualcuno
è visto, nel
mondo magico, come segno di maleducazione e mancanza di buone
maniere.
4)
Effettivamente, stando alle dichiarazioni della Row, se non erro
Harry diventa Capo Auror nel 2005.
ANGOLO
AUTRICE
Questa
storia – e voi che la seguite – mi siete mancate
moltissimo.
Spero ci sia ancora qualcuno a recensire (perché ho notato
con
piacere che la lista delle persone che seguono è aumentata).
Ringrazio chi mi ha spronato a continuare. E niente, spero che il
capitolo vi sia piaciuto. Si fa quel che si può! Questa
matassa
sentimentale ha un inizio e una fine, ma è tosta da
sbrogliare. Ma
voglio rassicurare chi me l'ha chiesto: non ho intenzione di mollare.
La storia avrà la sua fine ;) anche perché
è nella mia testa dal
momento in cui ho scritto il prologo. A presto e graziee!
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