Poisoned

di LilyBennet
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Headboys and Headgirls ***
Capitolo 3: *** Obesaince ***
Capitolo 4: *** Wizards Chess, Books and Pumpkin Juice ***
Capitolo 5: *** Lies, lies, lies ***
Capitolo 6: *** Draco Malfoy ***
Capitolo 7: *** Deeply in love ***
Capitolo 8: *** Mead ***
Capitolo 9: *** The third kind ***
Capitolo 10: *** Gossip in the hallway ***
Capitolo 11: *** Reverse psychology ***
Capitolo 12: *** Did you know... ***
Capitolo 13: *** New born in the Malfoy family ***
Capitolo 14: *** Behind the mask ***
Capitolo 15: *** Bad dreams ***
Capitolo 16: *** Hogwarts is under attack ***
Capitolo 17: *** Think ***
Capitolo 18: *** The rebel one ***
Capitolo 19: *** Don't leave ***
Capitolo 20: *** In love, the winner is the one who flees ***
Capitolo 21: *** Of dreams and desires ***
Capitolo 22: *** To be betrayed by your own family ***
Capitolo 23: *** Would you like to tell me something? ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Il ragazzo era sdraiato sul sontuoso letto della sua camera, minuziosamente riordinata e profumata mentre era a lezione da un raggrinzito e vecchio elfo domestico.

Tra le sue dita rigirava una spilla argentata; su di essa spiccavano vivaci i caratteri di una parola che sanciva la sua vittoria sul suo eterno nemico: caposcuola.

Parte della soddisfazione l'aveva già avuta al quinto anno, quando gli era stato dato l'onore di ammirare la propria immagine sorridere furba nel registro dei prefetti; la scuola si era trasformata in un piccolo angolo di paradiso quando la neo-preside Umbridge, sempre venisse benedetto il suo nome, l'aveva accettato nella squadra di inquisizione, consentendogli di alleggerire le altre case a blocchi di minimo cinquanta punti per futili motivi. Un vero peccato che poi, una volta che la donna venne sparire da San Potter, furono restituiti dal primo all'ultimo; ricordava fin troppo bene come, con ammirevole maestria, quel vecchio volpone di Silente ne avesse aggiunti ulteriori ai Grifondoro, inventando scuse degne di quei sudici gemelli Weasley. Se solo fosse stato in suo potere avrebbe tolto così tanti punti a tutta quella inutile casa, che sarebbe stato impossibile per il decrepito farle vincere la coppa in extremis.

Ma adesso era tutta un'altra storia.

Sorrise pigramente al solo pensiero. Ora era un caposcuola, poteva permettersi di fare tutto quello che gli passava per la testa in quella fatiscente scuola – eccetto usare maledizioni senza perdono su alcuni studenti, ma era sicuro che con i giusti agganci all'interno del ministero avrebbe sicuramente risolto il problema.

Probabilmente, non appena avrebbe fatto la sua mossa, sarebbe iniziata una vera propria competizione su chi avrebbe penalizzato maggiormente l'altro, ma ne sarebbe valsa la pena. Era sufficientemente tenace da portare avanti quella gara per mesi, fino ai M.A.G.O., se si fosse rivelato necessario.

L'unico ostacolo sarebbe stato rappresentato dai capi delle case; la Mcgranitt, ad esempio, avrebbe lottato con le unghie e con i denti al fine di evitare che ai suoi amati alunni venissero sottratti rubini senza una motivazione più che valida. Forse quella prugna rinsecchita era l'unico neo.

 

Lui, Draco Malfoy, era forse la persona peggiore a cui donare un simile potere. Dopo sei anni passati a vedere la propria casata perdere contro i grifoni, adesso riusciva a vedere la luce in fondo al tunnel. Riusciva già a figurarsi la sala grande decorata con stendardi verdi e argento e già sentiva il sapore della vittoria sulla lingua. Tuttavia aveva visto il suo castello di carte tremare pericolosamente quando, sull'Hogwarts Express, si era visto raggiungere nella carrozza dei caposcuola da quella saccente di Hermione Granger.

Serrò le dita intorno alla sua spilla: quella sudicia sangue sporco l'avrebbe fatto ammattire. 

 

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Capitolo 2
*** Headboys and Headgirls ***


L'aria era pervasa dal profumo dolciastro di una candela alla cannella, stregata in modo tale che levitasse in giro per la stanza. La ragazza, nonostante fosse ad Hogwarts da circa ventiquattro ore, era già indaffarata con i compiti di astronomia. Il suo migliore amico, Harry Potter, era in sala comune con il suo ragazzo, Ronald Weasley, a giocare a scacchi magici.

Scosse la testa soltanto ripensando a lui: lo aveva raccomandato di mettersi di impegno e iniziare a studiare come Godric comanda, ma tutti i suoi avvertimenti gli erano entrati da un orecchio e gli erano usciti dall'altro.

 

 

« Ron, è l'anno dei M.A.G.O. » aveva ripetuto a pranzo, lasciando cadere pesantemente un tomo di aritmanzia sul tavolo, che aveva fatto tintinnare i bicchieri degli studenti più vicini. Per tutta risposta, il suo ragazzo aveva grugnito qualcosa, si era ficcato in bocca una forchetta carica di polpettone, e non aveva sollevato gli occhi dal piatto.

« Herm, capisco tutta questa preoccupazione, ma siamo solo al primo giorno, rilassati » le disse Ginny, poggiandole una mano sulla spalla. La nata babbana, invece che respirare profondamente come le era stato suggerito, si voltò verso l'amica con un'espressione che non aveva nulla di rassicurante. La piccola Weasley si ritirò come se si fosse scottata.

« Ginny! » la riprese infastidita.

« Sto zitta » replicò quest'ultima mettendo le mani in alto.

Hermione finalmente si sedette al tavolo. Allungò le braccia verso lo stufato di manzo, e ne versò un po' nel suo piatto.

« Mi auguro che quest'anno tu abbia intenzione di impegnarti » continuò in direzione del rosso, soprannominato “Re” dagli altri compagni di Grifondoro, « sai, ci tengo alla tua istruzione »

« sì, Herm »

« non dire “sì, Herm” con me » si inacidì lei. Il giorno precedente aveva scoperto che, non solo le era stata negata nuovamente una giratempo per poter frequentare tutti i corsi che la scuola offriva, ma in più doveva pure condividere il ruolo di caposcuola con quel borioso di Malfoy. La stessa pena era stata inflitta anche agli altri due caposcuola delle altre due case, Ernest Mcmillan e Padma Patil, ma Hermione si sentiva comunque perseguitata. E ora che il Serpeverde in questione le si era parato davanti agli occhi, sentiva la rabbia ribollirle in corpo.

« Herm, va tutto bene? »

Oh no, certo che non andava tutto bene. Lei sapeva benissimo a che gioco voleva giocare quel furfante, sapeva perfettamente quale sarebbe stata la sua prossima mossa, rimaneva solo da domandarsi a discapito di chi l'avrebbe fatta.

« Lasciala in pace »

Forse avrebbe atteso di sorprendere qualche ragazzino del primo anno con una merendina marinara, arrivata direttamente dai Tiri Vispi Weasley?

Strinse le dita attorno la forchetta per il nervoso.

Le era sembrato maturato sulla carrozza del treno, non aveva nemmeno lasciato trasparire alcun segno di tedio; ma lei sapeva benissimo di non poter abbassare la guardia.

« In ogni caso, ho dato un'occhiata alla consegna del tema di erbologia... »

Certo! Come aveva fatto a non pensarci? Perchè punire un undicenne per un insulso pasticcino svenevole, quando avrebbe potuto tirarsi addosso della cacca di drago e accusare un Grifondoro a caso? Magari lei stessa, tanto per tentare di screditarla.

Lo guardava da quindici secondi buoni e, il rampollo di casa Malfoy, se inizialmente aveva ricambiato lo sguardo con altrettanto fastidio, adesso iniziava a sentirsi in soggezione.

« ...non penso di esserne in grado »

Non gli avrebbe mai permesso di sottrarre punti con scuse stupide come al quinto anno, quando gliene tolse cinque iniziali per aver parlato male della Umbridge, e successivamente altri dieci per essere una mezzosangue. Giurò a sé stessa che mai e poi mai avrebbe lasciato che Malfoy abusasse della sua carica di caposcuola – a costo di tenerlo sotto stretta sorveglianza ventiquattro ore su ventiquattro e di andarlo a denunciare alla Mcgranitt.

« Nemmeno io. Hermione- »

« No! Assolutamente no! » esclamò la Granger dilatando le narici, « non aiuterò nessuno di voi, fatevelo da soli questo tema! »

E con questo si alzò, si lisciò l'angolo stropicciato del mantello, afferrò il tomo di aritmanzia e si defilò su per le scale, diretta al suo dormitorio.

 

In sala grande un confuso Ronald Weasley stava scambiando con il suo migliore amico sguardi perplessi.

« Io volevo solo chiederle di passarmi le patate » dichiarò sconcertato Harry.

 

Nei sotterranei di Serpeverde l'umore che si respirava era nettamente diverso: si era sentito frustrato il giorno precedente, quando era stata appurata un'informazione facilmente deducibile – perchè di certo non avrebbero mai nominato quel tonto di lenticchia come caposcuola – ma adesso iniziava a sentirsi felice come un bimbo di fronte ad un giocattolo nuovo.

« Sembri allegro » constatò Blaise Zabini, seduto sul divano di pelle nera, godendosi il torpore del camino.

« E lo sono, effettivamente » replicò gaio Draco. Si lasciò cadere su un divanetto non troppo lontano, e si stese come in procinto di dormire un lungo sonno ristoratore.

« La Granger, come già saprai, è stata nominata caposcuola » si gongolò lui, sospirando profondamente e portandosi le mani dietro la nuca.

« Nulla che contribuisca alla riuscita di un buon patronus, insomma » sentenziò l'amico, « quella ragazza mi snerva » concluse stirandosi sul posto in modo stanco.

« Ed è proprio qui che casca l'ippogrifo, mio caro »

« Dove casca, questo ippogrifo? » si aggiunse Theodore Nott, saltando il divano dove si era accomodato Blaise, e sedendosi sul tappeto.

« La Granger è caposcuola » ripeté Malfoy, ridendo sotto i baffi. Nott lo guardò come si fosse appena messo a urlare che l'acqua è bagnata.

« E cosa ti aspettavi, scusami? » domandò cauto.

« Quella mi odia » continuò lui divertito.

« Non lo fa forse tutta la casa dei Grifondoro? »

« Cercherà di farmi diventare matto » proseguì.

« Gli è cascato in testa, questo ippogrifo » si voltò Theodore, guardando Zabini come se Malfoy fosse stato effettivamente coinvolto in un brutto incidente.

« La Granger è già riuscita nel suo intento » constatò Blaise, guardando l'amico come un pietoso malato irrecuperabile.

« Non avete compreso » disse Draco guardando i suoi amici dritto negli occhi.

« La mezzosangue mi odia, mi farebbe sparire con un Avada Kedavra, se solo fosse legale e se solo il suo stupido buon cuore da Grifondoro glielo lasciasse fare » cominciò lui.

« Sì...sì, lo sappiamo già » lo interruppe Blaise, con lo stesso tono che si rivolgerebbe ad un bambino duro di comprendonio. Blaise era da sempre il più riflessivo dei suoi amici, Theodore il più impulsivo e attaccato al divertimento, Draco invece era un po' un misto di tutti; tuttavia, ora si vedeva costretto ad etichettarlo come “fuori di testa”, al pari di Gilderoy Allock di ritorno dalla camera dei segreti.

« Non mi interrompere » lo guardò seccato Draco, voltando la testa in sua direzione.

« Il fatto è » riprese solenne, « che non potendomi seppellire sotto tre metri di terra, in una bara di marmo, nel cimitero di famiglia, farà di tutto per incastrarmi con qualcos'altro »

Theodore si fece meditabondo.

« E quindi? Vuoi riservare solo a te stesso il piacere di ballare sulla sua lapide? »

« Oh, sarebbe molto allettante, ma non ho abbastanza contatti al ministero per sfuggire al bacio dei dissennatori... » replicò Draco accarezzandosi il palato con la lingua. Non era affatto male l'idea di farla sparire, ma lui aveva ben altri piani in testa.

« Insomma, l'avete vista tutti come ha osato guardarmi durante l'ora di pranzo » continuò infine, ritrovando il filo del suo discorso.

« Ti avrebbe ammazzato » rispose Blaise mellifluo.

« Oh no, te lo dico io cosa vuole fare quella: vuole farmi diventar matto » si ostinò il rampollo di casa Malfoy, rizzandosi a sedere sui morbidi cuscini del divano in pelle, « Ma non le sarà possibile se la faccio impazzire prima io » concluse ghignando in direzione dei suoi amici, che adesso avevano afferrato dove volesse andare a parare il giovane Serpeverde.

« Non mi resta che attendere l'inizio delle ronde notturne o la prossima lezione di pozioni »

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Capitolo 3
*** Obesaince ***


« Guarda qui »

« Mmh »

« Così belli, innamorati e belli »

« Mmh »

« Conservo ancora tutte le nostre fotografie nel baule »

« Ah-ha »

« Draco?! Mi stai ascoltando?! » domandò Pansy Parkinson scocciata, mentre cercava di restare al passo del Serpeverde.

« Ah-ha » replicò nuovamente laconico lui, mantenendo un'espressione dura.

« Draco?! » insistette la ragazza velocizzando la propria camminata.

Santo cielo, avrebbe voluto schiantarla. E probabilmente l'avrebbe anche fatto, se solo non si fosse trovato in mezzo a un corridoio, in direzione della serra numero tre.

« Draco! » esclamò Pansy Parkinson, piazzandosi davanti al rampollo di casa Malfoy con le braccia aperte per impedirgli di proseguire.

Uno, due, tre... contò mentalmente. Se fosse riuscito ad attendere abbastanza a lungo che gli altri studenti di Serpeverde e Grifondoro fossero scemati via, avrebbe potuto estrarre la bacchetta e tramortirla.

« Mi stai ignorando? » domandò lei retoricamente.

« Ah-ha » ripeté piattamente lui. No, sarebbe stato decisamente meglio obliviarla, dal momento che ora si ritrovava a recitare quella ridicola scenetta proprio a causa sua. Tutto era iniziato quando, al quinto anno, aveva deciso di averne abbastanza delle sue stupidaggini e di porre fine alla loro relazione – che oltre ogni sua previsione era perdurata per quasi un anno.

« Guarda questa foto » si impuntò la Serpeverde mettendogli proprio sotto al naso un'immagine animata di loro due che ridevano abbracciati.

« Non ti mancano questi momenti insieme? » domandò speranzosa.

Certo, Draco non si sarebbe mai immaginato che Pansy fosse decisamente peggio come ex, che come fidanzata. Già durante la loro storia aveva manifestato atteggiamenti possessivi nei suoi confronti – come quella volta che gli aveva fatto una scenata di gelosia solo perchè aveva passato un giorno intero con Theodore e Blaise – ma da quando lui aveva deciso di spezzare il loro legame, la cosa era decisamente degenerata.

Gli mancavano i loro momenti insieme?

« No » rispose ad alta voce, senza lasciar trasparire alcuna emozione. Prese per aggirarla e continuare il suo cammino, ma la ragazza lo afferrò per la veste.

« Draco?! » ed erano quattro. Nel giro di un minuto e mezzo l'aveva chiamato ben quattro volte.

Pansy Parkinson aveva sviluppato un attaccamento morboso nei suoi confronti, e lui iniziava ad averne piene le pluffe di trovarsela sempre attorno. Gli aveva spedito talmente tanti gufi da avergli provocato una repulsione per gli stessi; un'allergia, come l'avrebbe denominata un babbano. Era arrivato al punto di pagare i bambini del primo e del secondo anno affinché facessero loro su e giù per la guferia, per far recapitare le proprie missive ai genitori: tre galeoni e due zellini per i più collaborativi, una minaccia di maledizione Imperius per i più difficili.

Alla fine del quinto anno, freschi freschi di separazione, lei l'aveva letteralmente aggredito con l'intento di sedurlo. Voci di corridoio dicevano che l'avessero sentita urlare: « eppure ti piaceva quando facevo così ».

Durante le vacanze estive si era fatta trovare nel salotto della sua sontuosa villa, infiocchettata da capo a piedi, mentre sorseggiava thé al miele, in compagnia dei suoi genitori, chiacchierando amabilmente del loro futuro matrimonio e di una numerosa prole fatta di bimbi belli e biondi.

Draco ignorò la mano di lei aggrappata al suo mantello, finendo per trascinarla via.

« Draco?! » ed erano arrivati a cinque. Istintivamente strinse le dita attorno al manico della sua bacchetta; non gli rimaneva che scegliere la maledizione migliore.

« Draco? » si voltò in direzione della seconda voce con aria truce, era stanco di sentir ripetere il suo nome.

Padma Patil camminò cauta in sua direzione, lanciando occhiate preoccupate alla ragazza, che ora pestava i piedi per avere la sua completa attenzione.

« Cosa c'è? » domandò con malcelato tedio.

Pansy Parkinson guardò con astio la caposcuola, quasi sperasse di incenerirla con gli occhi.

« La festa è stata fissata » disse la Corvonero guardandosi attorno, per controllare che nessun insegnante fosse nei paraggi. Ora Pansy era diventata improvvisamente mansueta, e ascoltava con interesse anche lei.

« Sabato sera alle dieci e mezza, subito dopo la fine della ronda » sussurrò avvicinandosi ai due studenti.

« Al settimo piano, davanti all'entrata della stanza va' e vieni. Vi basterà desiderare di riunirvi con gli altri senza che i professori lo vengano a scoprire »

Draco annuì senza togliersi dal viso la sua solita espressione impenetrabile, prima che Padma se ne andasse salutando, per raggiungere la torre di astronomia.

Nessuno dei tre, tuttavia, si accorse che una grifona dai capelli ricci, nascosta dietro una colonna, aveva udito tutto.

« Dracuccio, ci andiamo insieme? » ruppe il silenzio Pansy Parkinson.

Malfoy fu svelto, quasi fulmineo. Si liberò dalla stretta della sua ex fidanzata, estrasse la bacchetta e gliela puntò contro.

« Stupeficium! »

 

 

 

Padma Patil stringeva al petto il tomo di astronomia. Camminava frettolosamente con il mento alzato e la testa già al sabato sera successivo.

Era una tradizione per gli alunni dell'ultimo anno, ormai, lasciarsi andare in eventi straordinari e immischiarsi in affari loschi, che normalmente non avrebbero mai lontanamente pensato di fare.

La location scelta era sempre la stessa da diversi anni, e ancora a nessuno era ben chiaro se i professori fossero a conoscenza di quel che accadeva il sabato sera, ma ne facessero orecchie da marcante, o se invece erano stati tutti talmente bravi da occultare il tutto per così tanto tempo. Ma fatto stava che nessuno era mai intervenuto da quanto si ricordava il corpo studentesco, e ogni weekend si finiva a fare baldoria nella stanza delle necessità.

Padma raggiunse l'ultimo piano della torre con il fiato corto, per scoprire che i suoi compagni Corvonero e i Tassorosso non erano nemmeno entrati in aula. Alcuni di loro tossivano, altri si coprivano il naso con fazzolettini profumati.

« Cos'è successo? » domandò raggiungendo Terry Steeval e Anthony Goldstein, poggiati contro un muro, lontano dalla porta serrata.

« Qualcuno ha lanciato una caccabomba » rispose Terry.

« Anche più di una, direi » aggiunse Anthony, « Justin Finch-fletchley è finito in infermeria a causa dell'odore, e Ernie Mcmillan l'ha seguito a ruota a causa di una violenta tosse che gli rendeva difficile respirare »

« Ma hanno comunque decretato che riusciranno a presentarsi alla festa » concluse Terry Steeval.

Hannah Abbott si fece spazio tra alcune Corvonero che spettegolavano su quanto appena accaduto.

« Padma! » chiamò sgomitando per raggiungere la ragazza. Una volta riuscita nel suo intento si sistemò il mantello sulle spalle, e guardò i tre ragazzi che aspettavano che iniziasse a parlare.

« Zacharias Smith ha detto che ha messo in serbo due casse di burrobirra, Blaise Zabini, a quanto ho sentito, ha acquistato cinque bottiglie di fire Whiskey, e Daphne Greengrass ha ordinato dei deliziosi salatini di zucca » elencò la Tassorosso.

« Perfetto » esclamò felice la Corvonero.

« Micheal Corner porterà dei pasticcini alla crema, pasticcio di manzo e acqua viola, Roger Davies dei panini alle rape. Mia sorella ed io porteremo delle focaccine di patate, e Cho Chang si era offera di fare dei succhi alla frutta, ma abbiamo preferito rifiutare » disse Padma.

« Sì, non si sa mai che siano conditi con le sue lacrime » commentò tra sé e sé Hannah Abbott.

« Abbiamo avvisato tutti? » domandò Anthony Goldstein.

« Io l'ho detto a mia sorella, che sicuramente sarà corsa a dirlo a Lavanda Brown... non ci vorrà molto prima che la voce arrivi a tutti i Grifondoro »

 

 

 

Hermione non sapeva se credere di meno alle proprie orecchie o ai propri occhi.

Una festa. Una festa dopo la ronda e molto dopo il coprifuoco. Malfoy aveva appena schiantato la sua ex ragazza.

Di queste cose, non riusciva a decidere quale le sembrasse la più folle. Uscì dal suo nascondiglio; non poteva proprio accettare che l'idea di fare baldoria era venuta dai Corvonero. Sapeva che tutti gli anni gli studenti del settimo anno si imbarcavano in azioni sconsiderate, e sapeva anche che anche alcuni del sesto riuscivano a prenderne parte, ma ora che la questione la toccava più da vicino si sentiva come messa in pericolo. Non la sorprendeva il fatto che Malfoy, o tutti i Serpeverde in generale, non si fossero fatti domande sulla correttezza di un simile comportamento, ma Corvonero l'avevano delusa; da loro si aspettava più tranquillità e rispetto per le regole. Era però certa al cento per cento che i Tassorosso non si sarebbero immischiati in eventi simili.

Pansy Parkinson giaceva al suolo inerme. Hermione la guardò attentamente.

Aveva sempre sognato di schiantarla, pensò amaramente. Fece per scavalcarla, ma quando alzò il primo piede non riuscì a metterlo giù. Poteva davvero mollarla lì, senza sensi e nel bel mezzo del corridoio? Certo che sì. Tuttavia, quella gamba non ne voleva proprio sapere di toccare di nuovo il pavimento, e l'altra non sembrava avere intenzione di scaricare tutto il peso che stava reggendo.

No, non poteva; il suo buon cuore da Grifondoro glielo stava proibendo categoricamente.

Però come chiamare i soccorsi senza destare sospetti? Dopotutto era stata lei a trovarla, qualcuno – come ad esempio Malfoy – avrebbe potuto facilmente incolparla di averla tramortita. Si portò le mani alla vita, non poteva nemmeno correre dalla Mcgranitt a dare l'allarme, e la Serpeverde era ancora immobile.

Girò attorno al corpo in cerca di una soluzione, e per un attimo si ritrovò a rivalutare l'idea di far finta di non aver visto nulla, ma quando si voltò le venne in mente un'idea geniale: avrebbe stregato una lettera, affinché giungesse ad un insegnante.

Estrasse frettolosamente una pergamena nuova, una boccetta di inchiostro e la sua piuma.

 

Professor Piton,

una sua alunna giace svenuta nel corridoio del piano terra. Venga a riprendersela.

Ossequi saluti.

 

Recitò l'incantesimo e la missiva partì svelta, volando come spinta dal vento, in direzione dei sotterranei. Hermione la guardò svanire, prima di ricomporsi e correre in direzione della serra numero tre.

 

 

 

 

Draco Malfoy si stupì, giungendo dinnanzi alle piante di dittamo, di constatare che al trio d'oro mancava un membro. La Granger, infatti, era assente, e San Potter e la donnola avevano iniziato a domandarsi che fine avesse fatto la ragazza.

« Ti hanno detto della festa? » gli domandò Blaise con la voce grave, mentre si infilavano i guanti.

« La Patil intelligente me ne ha parlato prima in corridoio » minimizzò Draco sistemandosi gli occhiali protettivi.

« Ci sarà da divertirsi » commentò Blaise ridendo sommessamente.

« Sabato sera si scopa » si aggiunse Theodore, posizionandosi di fronte ad un vecchio vaso impolverato.

« E' triste che dobbiate per forza ricorrere a queste festicciole per concludere » si intromise Daphne Greengrass. I tre Serpeverde si voltarono verso la fonte della voce, che si stava avvicinando con eleganti falcate, lasciando dietro di sé una scia di profumo costoso. I lunghi capelli biondi erano raccolti in un'elegante coda di cavallo, e il suo naso era perfettamente incipriato.

« Daphne, quale onore » commentò ironicamente Draco.

« Non ho potuto fare a meno di ascoltare le vostre chiacchiere- »

« No, certo che no » intervenne Theodore mellifluo.

« E allora ho deciso di dire la mia » continuò lei ignorando Nott.

« E' davvero una fortuna, allora, che tu abbia la fastidiosa attitudine ad ascoltare le conversazioni altrui » disse Zabini, spostando tutto il suo peso sulla mano poggiata sul tavolo e voltandosi a guardare la bionda.

« Zabini, non hai una ragazza mentalmente stabile dal lontano ballo del ceppo... e si deve precisare che quella ragazza fossi io e che fossi in veste da amica »

cominciò lei rivolta al ragazzo dalla pelle scura.

« Il tuo ultimo flirt è stata una ragazzina di Grifondoro – e già questo è discutibile – follemente innamorata dei gatti e che si rifiutava categoricamente di mangiare anche un banale arrosto perché "non voleva ingurgitare cadaveri". Ti ricordi cosa ti è successo quando ti ha fatto passare attraverso la finestra per darci dentro in camera sua? Sei tornato in sala comune con un fastidiosissimo prurito e hai scoperto di avere una brutta allergia alle pulci, di cui ne aveva pieno il letto » concluse lei.

« Draco, la tua ex ragazza lancia fatture a chiunque pensi di avvicinartisi. L'anno scorso, quando ha visto che ti sei portato in camera una Corvonero, l'ha fatta gracchiare come una rana per un mese, e la ragazza che ti portavi a letto subito dopo la vostra rottura l'ha trasfigurata in un ratto; ci è voluta una settimana prima i professori capissero chi fosse tra tutti i topi che zampettano per questa scuola » andò avanti guardando negli occhi Malfoy.

« Pansy è p a z z a » scandì lentamente.

« E Theo... » fece una pausa per riflettere su qualcosa di tagliente da dire, «no, forse te sei l'unico con un passato privo di vecchie fiamme psicopatiche e con una vita sessuale attiva » dovette ammettere la bionda Serpeverde con amarezza.

« Pansy non potrà perseguitarmi per sempre » esclamò Draco, nascondendo il suo tono speranzoso.

« E solo perchè la mia ex era un sacco di pulci non significa che alla festa non troverò nessuna » replicò stizzito Zabini.

« Sapete che la Cooman ha detto che ho l'occhio interiore? » domandò la ragazza osservandosi le unghie perfettamente limate e laccate.

« Dice che sono tra le migliori streghe del corso, e la mia palla di cristallo vede un prossimo futuro povero e deludente per voi due. Soprattutto per te, caro il mio Malfoy » disse sollevando gli occhi blu sul ragazzo, « certo, divinazione non è una scienza esatta, ma prevedo una sorte deprimente come finire a pomiciare con quella saccente della Granger »
 

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Capitolo 4
*** Wizards Chess, Books and Pumpkin Juice ***


Hermione arrivò trafelata dinnanzi alla serra numero tre. La professoressa Sprite aveva appena annunciato l'argomento di quella prima loro lezione, quando si vide piombare la Grifondoro, con i capelli ridotti ad un disastro e le guance rosse per l'afflusso di sangue dopo la fatica.

« Professoressa, mi perdoni » si affannò a dire la ragazza.

« Non preoccuparti, avevo appena iniziato » la scusò l'insegnante, che reggeva tra le mani un vaso con al suo interno una pianta di dittamo.

Hermione si affettò a raggiungere i suoi amici, e a posizionarsi proprio fra Harry e Ron.

« Dov'eri finita? » le domandò a bassa voce il “re”.

« Avevo dimenticato le pergamene in camera » mentì lei, estraendo le suddette e poggiandole su un angolo pulito del tavolo, occupato da file di recipienti terrosi.

« Bene, possiamo iniziare? Manca solo la signorina Parkinson? » domandò la Sprite allungando il collo per vedere i Serpeverde più lontani. Tutti gli studenti si voltarono verso Draco, visto che era largamente risaputo che Pansy era divenuta la sua ombra, ma il ragazzo sentì solo uno sguardo in particolare. La Granger lo guardava come se avesse ammazzato qualcuno.

Aveva dipinta sul viso un'espressione indignata, un cipiglio di disapprovazione molto simile a quello che avrebbe fatto la Mcgranitt. In quel momento Draco ne fu sicuro: la mezzosangue gli stava con il fiato sul collo e aveva assistito a tutto.

Si guardarono negli occhi per due secondi, prima che lui stupisse tutti: sorrise. O sarebbe più opportuno asserire che ghignò.

Non aveva ancora fatto niente, e già la mezzosangue si arrovellava per cercare un modo di incastrarlo in qualcosa. Doveva essere uscita di testa quando l'aveva visto schiantare la sua compagna di casa – perchè era più che certo che l'impicciona non si fosse persa uno spettacolino simile – e sapere di non poter intervenire in alcun modo per non farsi cogliere con le mani nel calderone. La sua nobiltà d'animo doveva aver iniziato a stridere e a punzecchiarla dolorosamente davanti a quella vista, e la sua mania di rispettare sempre e comunque le regole doveva esserle letteralmente caduta al suolo – pesantemente e senza che potesse in qualche modo salvarla, proprio come era successo con Pansy – quando doveva aver sentito blaterare a proposito di una festa. Draco era compiaciuto: la Granger aveva già avuto da che combattere con due sue caratteristiche del suo essere, ed erano lì da nemmeno tre giorni.

« Perchè Malfoy ci sorride? »

Draco non si sarebbe sorpreso se fosse saltato fuori che la Grifondoro si fosse precipitata a iscriversi di nuovo a divinazione, nella speranza di riuscire finalmente a trovare l'occhio interiore e di prevedere tutte le sue mosse.

« Non lo so, ma non mi piace »

Li stava ancora guardando, a tutti e tre. La Granger, spiazzata da quel riso spontaneo, cercava disperatamente di ascoltare l'insegnante, che illustrava il programma dell'anno, ma spesso si ritrovava a spostare l'attenzione dalla Sprite al Serpeverde. Sprite, Draco, Sprite, e poi ancora Draco.

La stava facendo uscire di testa, ne era sicuro.

 

« Ha schiantato la Parkinson » confessò Hermione senza togliere gli occhi di dosso dal ragazzo.

« Cosa? » domandò incredulo Ron.

« E i Corvonero stanno organizzando una festa per sabato sera » continuò più indignata di prima.

 

Stava cantando come un uccellino, Draco ci avrebbe scommesso tutti i suoi elfi domestici.

 

« Davvero? Forte! » rispose entusiasta Ron.

« Ron! » lo riprese la ragazza, « è contro il regolamento scolastico! »

 

E ora doveva aver menzionato la festa dei Corvonero e i Tassorosso, perchè la sua espressione era diventata talmente memorabile da essere degna di venir pensata durante un Patronus.

« Perchè quella lì è già così tanto incazzata? » domandò Theodore, attirato dal chiacchiericcio proveniente dalla zona dei Grifondoro.

« Mi ha seguito e mi ha visto schiantare Pansy » ammise candidamente Draco.

Ed era proprio curioso di sapere come avesse fatto, una volta ritrovatasi sola con la Serpeverde svenuta, ad avvertire qualcuno della delicata situazione.

 

« Hermione, è solo una festicciola » minimizzò Harry Potter, nel tentativo di calmare l'amica.

« Non ti ci mettere pure tu » replicò collerica la caposcuola, puntandogli contro il dito con fare accusatorio. Malfoy l'aveva scampata sebbene avesse fatto perdere i sensi ad un'alunna – un prefetto della sua stessa casa, per giunta – che per quanto si meritasse ogni genere di fattura, non andava comunque toccata per le regole della scuola; le due casate più tranquille di Hogwarts si erano ficcate in testa di seguire quella stupida tradizione di guardare in faccia l'espulsione; il suo ragazzo e il suo migliore amico non vedevano l'ora di parteciparvi, e proprio non sapeva come fare a gestire tutto questo, più la mole di compiti destinata a crescere a dismisura.

 

« Accipicchia, è davvero furibonda » commentò Blaise, osservando il trio cominciare a bisticciare come se fosse composto da bambini.

« Già » gongolò Draco.

« Guardatela, per lo stress le è anche spuntato un tic » fece notare Daphne.

 

Le narici di Hermione si dilatavano e si contraevano comicamente, in un modo così singolare che, se non si fossero trovati nel bel mezzo di una lite, i due ragazzi avrebbero preso ad osservare con la stessa curiosità di quando ci si trova davanti ad un fatto inspiegabile.

« Sei un prefetto! Dovresti dare il buon esempio! » si rivolse al suo ragazzo. Il “re” la guardò come se fosse pazza.

« Cosa dovrei fare? Affiggere in sala comune una serie di nuovi divieti riguardanti la festa, così come fece la Umbridge due anni fa? » esclamò sollevando le spalle incredulo.

« Herm, penso che tu stia esagerando »

 

Malfoy non si era mai divertito così tanto durante una lezione di erbologia. La Sprite, immersa com'era nel raccontare come si sarebbero svolti i M.A.G.O. Nemmeno si accorse dei tre Grifondoro litiganti.

Se gli avessero domandato che cosa, di preciso, scatenasse la sua ilarità, non avrebbe avuto alcun dubbio: la detestata so-tutto-io aveva già iniziato a dare i primi segni di stress.

« Oh, Salazar, non credevo nemmeno fosse possibile corrugare così tanto la fronte » commentò Theo, che come lui non si stava perdendo un solo istante di quel quadretto.

« Quella ha bisogno di scopare » disse poi squadrandola da capo a piedi, « Troppo, troppo nervosa »

« Ti offri, Theo? » scherzò Blaise, facendo sollevare ulteriormente gli angoli delle labbra al biondo Serpeverde. Se qualcuno gli avesse fatto domande avrebbe risposto orgogliosamente che fosse tutto merito suo se la Granger fosse finita in infermeria, lamentando i classici sintomi di un esaurimento nervoso, ma se proprio voleva essere sincero almeno con sé stesso, non se ne capacitava nemmeno lui come ci fosse riuscito in così poco tempo.

« Normalmente non si dice mai no ad una donzella bisognosa, ma penso di poter fare un eccezione alla regola »

 

« Ronald, no! »

« Herm, penso che tu stia correndo un po' troppo con la fantasia » cercò di tranquillizzarla il bambino sopravvissuto, almeno fino ad allora.

« Non prendetemi in giro, so benissimo cosa circola in quelle... quelle... »

 

A pochi metri di distanza si stava avverando il peggior incubo di Hermione: la notizia della festa nella stanza delle necessità stava circolando veloce. Calì Patil lanciò l'idea a Lavanda Brown, che la sussurrò all'orecchio di Dean Thomas, che la propose a Seamus Finnigan, e così via.

« Ragazzi » si avvicinò Seamus cercando di celare agli occhi dell'insegnante tutto il suo entusiasmo, e interrompendo brutalmente la discussione in atto tra i tre amici.

« Ho sentito che ci sarà una festa stratosfer- » abbassò progessivamente il tono della propria voce di fronte allo sguardo truce di Hermione.

« Tranquillissima » si corresse ritrovando la propria serietà, « tranquillissima e rispettosa delle regole. Con scacchi magici, libri da leggere di fronte al camino, e succo di zucca non zuccherato » concluse fingendo di raccontare solo ed esclusivamente la verità.

 

« Quindi » alzò la voce l'ignara professoressa Sprite, « chi di voi sa dirmi qualcosa sul dittamo? »

I suoi occhi cercarono immediatamente Hermione Granger, che non la deluse e si apprestò a sollevare il braccio con uno scatto fulmineo, sebbene fino ad un istante prima si stesse intrattenendo in chiacchiere inutili.

« Sì, signorina Granger? »

« Il dittamo è una Pianta che presenta una radice carnosa di colore bianco e fusti eretti, in alto muniti di numerosi peli semplici. Tutta la pianta contiene essenze volatili molto aromatiche, e se viene strofinata emana un forte odore simile al limone. I fiori sono molto gradi ed odorosi, e portano una corolla con 5 petali bianco-rosei, venati di porpora » recitò la ragazza.

Daphne Greengrass ruotò gli occhi al cielo, e almeno tre quarti dei Serpeverde sbuffarono seccati.

« Molto bene. Cinque punti a Grifondoro. E, dimmi, per caso sai anche dirmi per cosa viene utilizzata la sua essenza? »

« Guarisce istantaneamente le bruciature e le cicatrizza più velocemente tagli e abrasioni. Solo tre gocce su una ferita aperta sono capaci di fermare l'emorragia » continuò lei, come se avesse davanti agli occhi il libro aperto.

« Perfetto. Altri cinque punti per Grifondoro! » esclamò soddisfatta la Sprite.

 

 

Severus Piton ne aveva viste di ogni durante la sua carriera da insegnante. Lupi mannari che, dopo anni di prese in giro alla sua persona, riuscivano a soffiargli la tanto bramata cattedra di Difesa contro le arti oscure; ragazzini finiti in infermeria dopo un pomeriggio passato al club dei duellanti che, per la cronaca, mieteva più vittime di Lord Voldemort; bolidi stregati e spettacoli pirotecnici in giro per i corridoi; ma mai, in tutti quegli anni, si era ritrovato dinnanzi una lettera del genere. Il peggio era arrivato quando aveva deciso di abbandonare i Tassorosso e i Grifondoro del secondo anno, al quale stava accennando le istruzioni per preparare una pozione Stercea – anche detta pozione lassativa – per recarsi sul luogo indicato. Pansy Parkinson, sua alunna da sette anni, era effettivamente distesa al suolo e dormiva un sonno profondo. Chi l'avesse schiantata, o chi gli avesse fatto pervenire la missiva restava un mistero.

Estrasse la bacchetta, la puntò contro la ragazza e scandì ogni sillaba.

« Innerva »

Pansy spalancò gli occhi scuri e si rizzò a sedere, come se qualcuno le avesse tirato uno schiaffo. Piton la guardò senza aggiungere una parola. La ragazza si alzò con estrema lentezza, si tolse la polvere dalla gonna della divisa e si massaggiò la testa nel punto in cui l'aveva picchiata cadendo.

« La ringrazio » disse solamente. Piton approfittò del contatto visivo per usare la legilmanzia e scoprire il responsabile. Gli si corrugò la fronte quando ravanò tra i pensieri della ragazza e si ritrovò davanti a dei ricordi con Malfoy che sarebbe stato meglio non vedere; trovò anche informazioni su una festa imminente, ma la cosa non lo toccò affatto – sapevano tutti che quegli sconsiderati dell'ultimo anno facevano le ore piccole tutti i weekend, e finchè non ci sarebbe scappato il morto nessuno sarebbe intervenuto; e poi eccolo lì, quello che cercava. Storpiò le labbra sottili per il disappunto quando constatò che era sempre stato Malfoy a schiantarla, e quindi non rientrava nei suoi interessi fare qualcosa. Peccato, sperava di alleggerire di una ventina di punti i Grifondoro.

« Signorina Parkinson, sarà meglio che l'accompagni a lezione, per evitare che la professoressa Sprite penalizzi tutti i Serpeverde per questo inconveniente » proferì lentamente, sillabando alla perfezione la frase.

 

 

A Draco venne voglia di urlare per la frustrazione vedendo arrivare la sua ex ragazza, accompagnata dal suo capo casa, che – come la mezzosangue poco prima – l'aveva subito guardato con disapprovazione. Si voltò istintivamente verso la Granger, mentre Pansy prendeva posto a pochi metri da lui.

Dunque aveva avuto il fegato di avvertire Piton, colui che non si faceva problemi a scandagliare la mente di tutti durante le lezioni di pozioni e che sicuramente era venuto a conoscenza di quanto aveva fatto per liberarsi di lei. Una vera fortuna, allora, che lui fosse il suo pupillo preferito.

Il Serpeverde e la Grifondoro si guardarono con gli occhi dardeggianti, prima che lei alzasse ancora il braccio per rispondere all'ultima domanda della Sprite, guadagnandosi altri cinque punti. 

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Capitolo 5
*** Lies, lies, lies ***


Pansy Parkinson non si era mai sentita tanto oltraggiata.

Lei aveva amato Draco, si era sempre premurata di assicurarsi che nessuna si intromettesse tra loro, aveva continuato a cercarlo nonostante la loro rottura, aveva conservato tutte le loro fotografie, e veniva ripagata così: con uno schiantesimo, lanciato in un momento di sua distrazione, ed era stata abbandonata in mezzo ad un corridoio umido.

Ma la questione non si era certo limitata lì. Era stata brutalmente evitata durante tutta la giornata di venerdì, e durante la ronda notturna lui si era rifiutato categoricamente di “discutere”, finendo quindi per parlare da sola. Alla fine di essa si era vista costretta a non rivolgergli più la parola, evitando quindi di mettere in scena il solito spettacolino in cui lo seguiva fino all'uscio della sua stanza, implorandolo di ragionare. Non gli aveva nemmeno dato il buongiorno quotidiano, né aveva cercato di capire al volo cosa avesse intenzione di mangiare a colazione, per quindi porgerglielo nel piatto. Tutto ciò nella speranza che gli venissero i sensi di colpa, e che si rendesse conto di aver perso il suo grande amore; ma lui non aveva battuto ciglio. Anzi, a tratti le era sembrato addirittura compiaciuto.

 

Quella situazione sarebbe dovuta mutare, e in fretta.

 

Non aveva rivelato a nessuno la sua vera meta, aveva solo accennato vagamente di voler fare un salto da mielandia, per comperare qualche zuccotto di zucca per la festa. Aveva mantenuto la calma mentre salutava Millicent Bulstrode, impaziente di andare a comperare l'ultima pozione snellente dell'erboristeria Green Earth. Badando bene di non essere seguita affrettò il passo verso il vicolo isolato più vicino, lontano da occhi indiscreti.

Incrociò Tiger e Goyle, e si guardò subito attorno: non erano mai troppo distanti da Malfoy, sebbene quest'ultimo prediligesse la compagnia di esseri più intelligenti, come Nott, Zabini e la Greengrass.

Tiger si irrigidì come la vide arrivare spedita nella loro direzione. Si bloccò sul posto, sgranò gli occhi e spalancò la bocca in una comica “O”, delle dimensioni di un affusolato calice da champagne.

« Ciao Pansy » disse trattenendo il respiro.

« Idioti » li apostrofò lei superandoli.

 

Continuò per la sua strada, gettandosi occhiate alle spalle per assicurarsi che nessuno la stesse seguendo. Le voci degli altri ragazzi si fecero sempre più lontane man mano che imboccava viuzze sempre più buie e strette, allontanandosi da High Street. Quando raggiunse un vicolo cieco, malamente illuminato da una lampada ad olio si fermò, si sistemò il cappuccio nero del mantello sul capo, si assicurò di aver il viso sufficientemente coperto, e si smaterializzò.

 

 

 

« Ho già detto di no! » ripetè la ragazza collerica. Hermione camminava tenendo il naso all'insù per lo sdegno; davvero non poteva credere alle sue orecchie.

« Ma cosa vuoi che sia una festicciola tra studenti? » le domandò Harry Potter, che a quanto pareva cercava rogne.

« Hermione, ci andranno tutti » protestò Ron come un bambino capriccioso.

« E' proprio questo il problema, Ron » disse la ragazza con impazienza, « Come ho già detto, il compito di un prefetto o di un caposcuola, è quello di dare il buon esempio, assicurarsi che nessuno trasgredisca alle regole, e punire chiunque lo faccia »

« Ma è solo una serata innocente » ribadì Ron spingendo la porta de I Tre Manici di Scopa, facendo passare Harry, e premurandosi di lasciare indietro la sua ragazza. Hermione sembrò infastidirsi parecchio per quel gesto.

« Ronald » lo chiamò inviperita. Ma il ragazzo si era già allontanato con il suo migliore amico, facendosi strada tra i clienti del famoso locale.

« Miseriaccia, io davvero non capisco come mai sia così reticente a partecipare ad una festa » si stava lamentando il “re”.

« Ronald »

« E' sempre stata molto ligia alle regole » spiegò Harry.

« Lo è fino a che non le conviene il contrario » ribattè sbuffando Ron.

« Ronald! » urlò Hermione, che cercava in tutti i modi di non rimanere indietro.

« Ehi, Weasley » lo salutò Anthony Goldstein, avvicinandosi con un boccale di burrobirra.

« Harry » salutò sempre lui con un gesto reverente del capo.

Hermione cominciò a sentirsi ferita dall'atteggiamento del suo fidanzato; non solo si era incaponito di voler partecipare al circo orchestrato dai Corvonero, ma in più si azzardava anche a fuggire da lei e tutte le sue raccomandazioni. Per un istante si domandò anche perchè ci stesse insieme, prima di pentirsene e sentirsi in colpa per aver dubitato della loro storia.

« Lunedì c'è la partita contro i Tassorosso, eh? »

« Ronald! » strillò furibonda Hermione, bloccata dietro ad una lunga fila per il bancone.

« Sempre che la cara Hermione non ti accoppi prima. Ciao Granger! » la salutò felice Anthony da lontano.

« Non gli lascerò segnare neanche mezzo punto, e Harry come al solito prenderà per primo il boccino. Resta solo da vedere se quest'anno batterà il suo record » esclamò fiero lui, ignorando il commento del Corvonero.

« Non ne dubito. Senti, ma che cos'ha Hermione? La vedo piuttosto... indisposta » Anthony si sentì pungere dalla curiosità e non resistette a fare la domanda.

« Oh, niente. E' solo arrabbiata per quella storia della festa e non vuole che io venga. Ne abbiamo già parlato prima della ronda di ieri, ricordi? »

Effettivamente, la sera precedente sia lui, che la povera Padma, si erano ritrovati a fronteggiare una Granger a dir poco inferocita, che finì per discutere anche con Ernie Mcmillan e i prefetti di Tassorosso. E la situazione non era certo migliorata quando Malfoy e la Parkinson si erano fatti vivi. La grifona, infatti, accusando lo stress di non poter fronteggiare apertamente il Serpeverde senza far intendere di aver assistito sia allo schiantesimo, che all'invito accettato, non aveva potuto far altro che inveire maggiormente contro il suo ragazzo.

« Oh, sì, mi pare di ricordare... » rispose vago Anthony, ripensando a come i due Grifondoro si fossero allontanati in un vociare polemico per controllare l'ala nord, e a quante volte Hermione avesse ripetuto al ragazzo di non pensare nemmeno a pateciparvi.

Draco non era mai stato tanto soddisfatto di un giro di ronda.

 

 

 

« Avrebbe voluto ammazzarlo » stava raccontando il biondo Serpeverde, seduto attorno ad un tavolo de La Testa di Porco, in compagnia dei suoi soliti amici.

« Non saprei dire chi compatisco più dei due » commentò Blaise.

« Ardua impresa » replicò Draco mandando giù un sorso di Whisky incendiario.

« E aspetta che venga a sapere che hai tolto dieci punti a Grifondoro perchè Dennis Canon ti ha calpestato l'orlo del mantello » disse Theodore.

« O che sei stato tu a impastoiare Demelza Robins » continuò Blaise.

Draco ghignò al solo pensiero. Si sarebbe precipitata dinnanzi al muro dove si trovava la porta segreta per i sotterranei, battendo i pugni contro la parete e urlando il suo nome? O piuttosto avrebbe fatto altrettanto con un piccolo Serpeverde? No, la Granger non era capace di maturare sete di vendetta – il suo stupido buon cuore da Grifondoro glielo proibiva categoricamente.

La mezzosangue si sarebbe presentata al suo cospetto, con le braccia incrociate al petto, l'espressione infastidita, e tanta voglia di cominciare una guerra. La attendeva quasi con ansia.

« Guardiamo il lato positivo di tutta questa storia, invece che pensare alla Granger » esordì sempre Nott. I due ragazzi si misero in ascolto.

« Alla festa ci saranno tante ragazze bramose di divertimento, tanto alcol, e – Pansy permettendo – potresti spassartela anche tu, Draco, senza doverti nascondere o ricorrere ad incantesimi strani per non farti scoprire dalla tua ex psicopatica »

« Mi vedrò costretto a schiantarla di nuovo, me lo sento » esordì Draco, ingollando l'ultimo sorso di Whisky.

« Però guarda ancora il lato positivo: ieri sera, una volta tornati ai sotterranei, avete preso due strade diverse senza che lei si facesse prendere dall'isteria, e stamattina non ti ha nemmeno rivolto la parola » gli disse Blaise.

« Ha ragione » valutò Theo, « sai, forse sta finalmente andando oltre. Forse potrai finalmente abbordare una ragazza senza che intervenga lei per lanciarle maledizioni »

 

 

 

L'insegna consunta era appesa davanti a lei e la guardava con forte interesse. Ignorò un mago tarchiato dall'aspetto poco rassicurante che le fischiò compiaciuto e strinse le dita attorno alla bacchetta, pronta ad attaccarlo nell'eventualità che questo decidesse di avvicinarsi troppo.

Spinse la pesante porta del negozio, facendo suonare un campanello.

Non sapeva nemmeno lei cosa stesse cercando nello specifico.

Si guardò attorno nel locale debolmente illuminato, in attesa che qualcuno la accogliesse. In un teca c'era un pugnale dalla lama argentata e splendente come appena lucidata dalle manine avvizzite di un elfo domestico; la sua attenzione venne poi catturata da un portagioie vellutato, poggiato su uno scaffale vicino. Sotto di esso, un cartello con lettere dorate raccomandava di non toccarlo a mani nude.

« Posso esserle utile, signorina? » un uomo gobbo, il signor Sinister, apparve da dietro il bancone.

« Cerco qualcosa che mi aiuti a conquistare un uomo » disse Pansy senza staccare gli occhi scuri da una boccetta contenente un liquido che emanava vapore.

« Questo cos'è? » gli domandò allungando il dito in direzione dell'oggetto.

« Non lo tocchi! » strepitò il signor Sinister, « è un potente veleno, usato per mandare l'ultima di una lunga serie di lettere minatorie »

Pansy ritirò subito la mano come scottata. Rimase un attimo in silenzio, prima di estrarre due guanti di pizzo dalla borsa – non che l'avrebbero protetta più di tanto.

« Ho una vasta gamma di mercanzia che potrebbe fare al caso suo » proseguì poi l'uomo con voce untuosa. Si diresse verso una delle due teche di vetro con un'andatura da serpente, la toccò con la punta della bacchetta, e armeggiò con qualcosa che Pansy non riuscì a scorgere.

« Collana dell'amore struggente: basterà solo un semplice tocco, e il vostro uomo non potrà non perdere la testa per lei » spiegò il mago, facendo levitare in aria il gioiello. Pansy lo guardò attentamente e valutò ogni cosa nei minimi dettagli, decidendo che no, non era quello che cercava. Scosse la testa in senso di diniego, e il signor Sinister la fece poggiare con delicatezza su un supporto di velluto.

« Questo anello » ricominciò reggendo tra le dita un'altro oggetto maledetto, « farà cadere ai suoi piedi tutti i maghi a cui stringerà la mano – bella forte, mi raccomando – ma non potrà più toglierselo per il resto della vita »

Pansy lo guardò inorridita e rifiutò nuovamente. L'uomo ripose anche quello con pazienza.

Gli occhi della ragazza caddero su un'ampolla che aveva l'impressione di essere lì da un po'. Il vetro era scuro, il liquido al suo interno completamente incolore, ed era ricoperta da uno spesso strato di polvere.

« Cos'è quella? » domandò avvicinandosi allo scaffale su cui era riposta. Quella volta non allungò nessun dito, per paura di sfiorare involontariamente la merce avvelenata. Il signor Sinister gnignò appagato.

« Oh, quello è il rimedio ad ogni struggimento d'amore, signorina » la tentò. La prese in mano, la ripulì dalla sporcizia, e la sollevò verso la debole luce della lampada ad olio per farla risplendere.

« E' una potente pozione d'amore »

Una pozione d'amore. Come aveva fatto a non pensarci prima.

« Diversamente da quelle in commercio e acquistabili per pochi galeoni, con questa è necessario che entrambe le persone la ingeriscano »

Doveva solo trovare il modo e il momento giusto per fargliela bere. Le sarebbe risultato difficile riuscire nel suo intento durante un pasto, Draco non avrebbe mai accettato un bicchiere da lei senza fiutare l'inghippo.

« Bisogna badare bene a non esagerare, più di due gocce potrebbero dar luogo ad effetti collaterali. In grosse quantità potrebbe addirittura mandarla al San Mungo » continuò il signor Sinister. Ma Pansy non lo stava nemmeno ascoltando.

Udì solo la frase peggiore che qualcuno le avrebbe mai potuto dire in un momento simile.

« I suoi effetti potrebbero durare anche una vita intera »

Un sogno. Quella pozione era una manna dal cielo, e Pansy la voleva a tutti i costi. L'avrebbe comperata anche se l'avesse mandata sul lastrico.

Tanto, pensò senza riuscire a trattenere un sorrisino, Draco l'avrebbe follemente amata e avrebbe accantonato anche i suoi problemi finanziari.

« Infatti, dopo le prime ventiquattro ore dove si agisce come dopo aver assunto dell'amortentia, si è soggetti ad avere dei frequenti... sogni »

Pansy cominciò a frugare nella borsetta, alla ricerca del denaro. Gliela avrebbe versata in un bicchiere durante la festa, quando sarebbe stato troppo ubriaco per rifiutarla.

« E, dal momento che le suddette visioni sono difficilmente riconducibili alla pozione, le vittime – o la vittima – tendono a non assumere antidoti di alcun tipo » andò avanti il signor Sinister, che avendo compreso di aver appena trovato un acquirente, si diresse verso il bancone.

« Non bisogna però mischiarla ad alcolici, o si rischia l'avvenelen- »

« Sì, sì, certo. Mi dica quanto costa » tagliò corto la ragazza, stanca di tutte quelle chiacchiere. Il signor Sinister non cercò di avvertirla degli altri effetti collaterali della pozione, si limitò solo a leggere il cartellino incollato sul fondo. Dopotutto non erano problemi suoi se quella ragazzina avesse finito per intossicarsi, né tantomeno se avesse spedito su un letto di ospedale qualche povero ingenuo.

« Cento galeoni »

 

 

 

 

 

 

Ginny Weasley, dall'alto dei suoi sedici anni, si era trovata a far fronte ad un numero spropositato di contrattempi. A dieci anni si era presa una cotta per il bambino sopravvissuto, colui che aveva sconfitto il signore oscuro tra le sponde di una culla, il pupo più conosciuto del mondo magico; a undici si era intrattenuta in chiacchiere con quel volpone di Tom Riddle – incastrato in un diario – e aveva finito per ritrovarsi nella leggendaria Camera dei Segreti, svenuta e con un piedino che tastava la profondità della tomba; a dodici le era toccato convivere con un fratello ferito alla gamba dal morso di un detenuto di Azkaban pluriricercato, che si era scoperto successivamente essere il padrino del sopracitato Harry Potter e principale sospettato responsabile della morte dei due noti coniugi; a tredici aveva dovuto consolare ancora suo fratello per non essere stato preso di mira da un mangiamorte, che aveva infilato nel calice di fuoco il nome di Harry al posto del suo, e per non aver rischiato la morte – oltre che la faccia – partecipando al torneo Tremaghi; a quattordici era pressoché scoppiato il finimondo: suo padre era finito al San Mungo, quella strega della Umbridge aveva imposto regole impossibili, era stata coinvolta nell'armata di Silente, aveva cavalcato un animale invisibile fino al ministero, e infine Sirius Black era morto.

Di certo, se mai avesse avuto dei figli e dei nipotini, avrebbe potuto fargli pesare l'assenza di avventure simili nelle loro miserabili vite.

 

« Hermione sta cercando di impedirci ci entrare nella stanza delle necessità »

Tuttavia, mai più di allora era stata incerta sul da farsi. Era un sabato sera – il sabato sera – ed Harry Potter era tornato indietro con un'espressione funerea, dopo aver tentato di trasportare del cibo all'interno della sala da festa.

« Cosa? Non dovrebbe essere a fare la ronda? » protestò Seamus Finnigan.

« Lo è, ma gira nei dintorni della nostra torre per assicurarsi che nessun Grifondoro prenda parte a quel “pretesto per venir espulsi” » la scimmiottò Harry.

« E Ron? »

« Li ho interrotti mentre discutevano »

Ginevra Weasley camminava freneticamente per la sala comune, in cerca di un colpo di genio che le consentisse di partecipare a quella dannata festa, come un qualsiasi studente sano di mente. Il rumore dei tacchi, dopo un po' che zampettava, le risultò fastidioso e fu causa di distrazione a tutti i presenti, impegnati in machiavelliche macchinazioni per riuscire a fare baldoria. Ginny estrasse la bacchetta e silenziò qualsiasi cosa producesse un suono, fuoco scoppiettante nel camino compreso.

« Serve un diversivo » disse Dean Thomas.

« Sul serio? Pensavo semplicemente di mandare tutto all'aria e cucire berretti di lana per la mia Puffola Pigmea » replicò ironica la piccola di casa Weasley.

Coraggio, Ginny, pensa... si esortò massaggiandosi le tempie. Dean le si avvicinò e le mise un braccio sulle spalle per calmarla. Quel giorno era anche il loro terzo mesiversario, e quella festicciola era il loro modo di festeggiarlo.

« Magari se le diamo qualcosa che la faccia preoccupare più della festa » ipotizzò Harry Potter sedendosi su un divano.

Ginny si concentrò maggiormente. Cosa avrebbe fatto venire la pelle d'oca alla ligia Hermione, più di un party non autorizzato? Il suo primo pensiero fu Malfoy caposcuola, ma quell'incubo era già diventato tristemente realtà, e quindi il secondo ricadde sull'espulsione.

Per carità, l'amica aveva già dato prova di saper infrangere le regole – basti pensare a quando si era messa a giocare al piccolo alchimista nel bagno di Mirtilla Malcontenta, e un mese dopo si era ritrovata con una perfetta pozione Polisucco – ma era anche innegabile il fatto che l'amica diventasse alquanto intransigente, quando a farlo erano gli altri.

« Come ho fatto a non pensarci? » domandò tra sé e sé ad alta voce. Si scrollò di dosso il braccio del suo ragazzo e corse, per quanto glielo permisero i tacchi, in direzione dei dormitori maschili.

« Ginny, lì ci sono le camere dei maschi! » la avvertì Seamus.

« Lo so » urlò lei di rimando.

 

 

 

Ronald Weasley era parecchio scocciato. Non solo perchè la sua ragazza aveva intavolato un monologo da dieci minuti, e non c'era modo di porvi fine; non solo perchè aveva visto il suo miglior amico fallire in una missione attesa da tutti gli studenti del sesto e settimo anno, meno Hermione e Neville Paciock – impegnato in camera a piangere sul libro di Pozioni; ma anche per la costante domanda che gli frullava in testa da giorni:

Perchè cavolo, lui e Hermione, si erano fidanzati, quando era latente a tutti che i due andassero nettamente più d'accordo come semplici amici?

« E se qualcuno vi scoprisse? E se quel qualcuno fosse Piton? » domandò la ragazza con insistenza, quasi sperasse di convincere il “re” della validità delle sue tesi.

« Hermione » la chiamò lui con fermezza, « che differenza c'è tra infrangere le regole per salvare un ippogrifo dalla decapitazione, o rubare mosche di Crispoa? »

« E' “mosca Crisopa”, Ron »

« ...in entrambi i casi si rischia l'espulsione » continuò Ron ignorandola, « anzi, quando tu e Harry avete usato la giratempo per salvare Fierobecco avete rischiato anche di finire in gatta buia con Sirius » tentò di farla ragionare.

« Ma quello era per una buona causa! » ribattè Hermione incredula.

« Anche questo lo è! Hermione, ti prometto che non gireranno alcolici »

La caposcuola non gli credeva affatto, anzi, era più che convinta che quell'affermazione fosse un vero e proprio insulto alla sua intelligenza.

« Io non ti credo, Ron » fu la stizzita risposta di lei. Si stavano avvicinando alla sala dei prefetti, e l'ora X era proprio dietro l'angolo che le rideva in faccia. Hermione cominciò a sudare freddo: era più che decisa a salvare tutti i suoi amici dai guai non necessari, ma davvero non sapeva come avrebbe fatto. Le sarebbe risultato difficile pietrificare tutti gli studenti di Grifondoro del sesto e settimo anno, per non pensare poi a tutte le fatture che le sarebbero state scagliate una volta tornati normali.

« E io non so cos'altro dirti » replicò lui, accelerando poi il passo una volta capito di star combattendo una guerra persa. Erano a scuola da cinque giorni, e da tre litigavano quasi incessantemente per quell'innocente festicciola.

 

Gli altri capiscuola e prefetti avevano pensato di lasciarli soli, senza mischiarsi tra case, nella remota possibilità che la Granger si facesse abbindolare dalla sua dolce metà e che decidesse di allentare un po' la cinghia e di chiudere un occhio – due, nel migliore dei casi. E invece, a giudicare dall'espressione del rosso, il piano era fallito miseramente.

Gli unici radiosi erano i Serpeverde, che tra di loro festeggiavano silenziosamente per la mancanza dei Grifondoro al party.

Hermione e Ron se ne andarono in completo silenzio, seguiti dagli sguardi delusi degli altri ragazzi.

Forse, si disse Ron, avrebbe dovuto sfoderare il suo lato romantico per convincerla.

Hermione camminava mantenendo un passo svelto, quando si sentì afferrare per un braccio. La sua mano saettò in direzione della bacchetta, prima di accorgersi che il responsabile fosse il suo ragazzo.

« Ma cosa... » ebbe il tempo di dire lei, prima che lui la zittisse posandogli un dito sulle labbra, come nei film.

« Non dire nulla » sussurrò lui, avvicinandosi al suo viso per baciarla.

« Ron, siamo in mezzo ad un corridoio » lo avvertì lei, lanciandosi occhiate circospette attorno. Già si immaginava la reazione di Piton, se passando da quelle parti, li avesse scorti ad amoreggiare.

« Siamo soli »

Il ragazzo depositò un casto bacio sulle labbra, deludendo parzialmente le aspettative di Hermione – che per quanto storcesse il naso all'idea di venir sorpresa in atteggiamenti intimi con il proprio fidanzato da un insegnante, si aspettava comunque un po' di passione. Ora che ci pensava non ricordava nemmeno da quanto non l'avvertiva; giorni, settimane o addirittura mesi.

« Cosa fai questa sera? » le domandò Ron, tenendole le mani fisse sulle spalle come ad evitare che gli sfuggisse.

« Mi leggerò un libro, e poi andrò a letto » replicò lei.

Ecco, quello era il momento giusto. La domanda era: come avrebbe fatto ad evitare che montasse su tutte le furie? Che parole avrebbe dovuto dire? Sentiva di star sudando copiosamente, e pregava che lei non lo notasse.

« Non voglio che rimanga da sola » tentò lui.

« Vuoi giocare a scacchi magici? » domandò ingenuamente lei. Arrivati a quel punto, Ron comprese di non poterci girare attorno più di tanto.

« Vieni con me » disse solo, sottointendendo il dove. Lei però capì subito, e si scostò dalla stretta del ragazzo.

« Sei un prefetto »

« Lo so »

« E io sono una caposcuola »

« Lo so »

« E' da sconsiderati » concluse lei con uno sguardo oltraggiato.

« Hermione, non so che idee ti sia fatta, ma a quel genere di feste non succede mai nulla che ti faccia pentire di averne preso parte. Basta pensare a quella dell'anno scorso, è stata meravigliosa! »

Hermione lo guardò gelida.

« E tu come sai che quella dell'anno scorso è andata così bene, Ron? »

Fregato. Ronald Weasley non eccedeva di furbizia.
Se mai fosse esistita una possibilità di rabbonirla sull'argomento se l'era appena giocata. Ron la guardò negli occhi: sarebbe stato da codardi negare l'evidenza – che, tra parentesi, lui stesso aveva spiattellato ai quattro venti.

« Io... ci sono andato » ammise dopo una breve pausa, dove aveva fatto un respiro profondo per farsi forza. La reazione di Hermione fu più o meno la stessa avuta da Fierobecco, dopo che Malfoy osò chiamarlo “brutto bestione”. Nessuno, specialmente colui che le stava di fronte, le aveva mai detto di aver partecipato all'evento. Lo guardò con gli occhi sbarrati per la furia, e il tic alle narici si ripresentò in tutto il suo splendore.

« Come, scusami? » domandò con un misto di incredulità e impazienza. Era pronta a scommettere che anche Harry l'avesse seguito, visto che i due erano da sempre culo e camicia, e che anche quest'ultimo fosse intenzionato a portarsi il segreto nella tomba. Ora che ci rifletteva su bene, con ogni probabilità l'intero dormitorio di Grifondoro del sesto anno poteva essersi assentato quella sera.

« Perdonami se non te l'ho detto, ma volevo evitare proprio questa scena »

Come aveva fatto a non udire le sue compagne di stanza zampettare via? Qualcuno doveva averle versato una pozione saporifera nel bicchiere in un momento di distrazione.

« Avresti dovuto » disse fredda.

« Hermione, ti rendi conto che questa festa ci sta dividendo? » le chiese lui facendo un passo avanti.

« Solo perchè tu sei così fissato »

« No, perchè tu sei convinta che parteciparvi non faccia di te una perfetta caposcuola. E' solo una serata tra amici, non stiamo mica pianificando un omicidio » ribattè lui duro.

Lei lo guardò senza battere ciglio.

« Ron, te lo chiedo per l'ultima volta: non andare » disse infine lei, passandosi una mano sul viso stanco.

« Perchè? » domandò lui.

« Perchè per me le regole sono importanti » rispose, indirizzandosi verso la torre di Grifondoro, « E non voglio che tu venga espulso per così poco. Cosa direbbe tua madre? »

Ron rimase in silenzio, parzialmente stupito da come quella conversazione fosse passata dalla lite ad un banale scambio di battute indolenti. La verità era che per Hermione non ne valeva la pena discuterne con lui. Era infastidita dal fatto che qualcuno l'avesse mandata a terra a sua insaputa, il regolamento fosse stato ignorato per futili motivi, e che per un anno intero fosse stata tenuta all'oscuro di tutto, e ora come non mai iniziava a credere di riportare il loro rapporto ad una semplice amicizia.

Lei cercava qualcuno con cui scambiare opinioni in modo pacifico, non qualcuno con cui litigare quasi tutte le sere, e con Ron non le risultava possibile. Forse, si disse, era il caso di parlarne con Ron.

« Ron, io... »

Uno scoppio. Entrambi estrassero la bacchetta.

« Cos'è stato? » domandò in allerta il rosso.

Un altro boato, e poi una scintilla azzurra danzò in aria componendo un insulto poco lusinghiero per qualsiasi persona. Ron sbuffò e assunse una posa rilassata.

« Ron, ma cosa fai?! » strepitò la ragazza incredula, per cercare di farsi sentire. Una luce gialla volteggiò davanti ai loro occhi, scrivendo parole oscene e parolacce irripetibili.

« Pix deve aver rubato a qualcuno i fuochi artificiali dei miei fratelli » replicò Ron laconicamente.

« Dobbiamo fermarlo! Sta facendo fin troppo baccano! »

« Io me ne torno al dormitorio, tanto tra cinque minuti al massimo sarà tutto finito » decretò Ron sbadigliando. Hermione gli lanciò ancora quell'occhiata che si tirerebbe a qualcuno che ha ammesso candidamente di aver ammazzato qualcuno.

« Ma sei un prefetto! » protestò lei.

« Lo so » ripetè lui, imboccando la strada per la torre.

 

 

Quando Hermione si precipitò sul posto scoprì con disappunto che il colpevole era già fuggito. Delle scatoline con sopra le facce dei due gemelli e la scritta “novità: fuoco insultachivuoi” spiccava vivida sul cartone.

Era sola, e l'unico rumore che era possibile sentire era il suo respiro. Con la bacchetta illuminò ancora i pacchetti abbandonati a terra, e li fece evanescere.

 

Al suo ritorno in sala comune le sembrò molto sospetto il fatto che nessun suo coetaneo fosse presente. Colin Canon stava ammirando le sue ultime fotografie, mentre suo fratello giocava al mini-quidditch con Demelza Robins. Salì le scale che la portavano alla sua camera e si sorprese, aprendo la porta, di trovarla completamente vuota. I letti di Calì e Lavanda erano sfatti, le loro scarpe gettate alla rinfusa, e alcuni abiti da sera appesi al telaio del baldacchino. Le sue guance iniziarono a colorarsi di rosso per la collera; ma tuttavia volle fare un'ulteriore prova, prima di saltare a conclusioni affrettate.

Raggiunse la stanza dei suoi amici, puntò la bacchetta sulla serratura e scandì:

« Alohomora »

Neville Paciock, seduto sul suo letto e coperto da un pigiama di flanella, sobbalzò alla vista del portone che si spalancava da solo, ma tirò un sospiro di sollievo scorgendo la Granger dietro di esso.

« Oh, Hermione, mi hai fatto spaventare » piagnucolò lui. Davanti a sé aveva il libro di pozioni, aperto sull'ultimo intruglio che il professor Piton aveva usato per esercitare su di loro la solita violenza psicologica.

« Dove sono gli altri? » gli domandò cortesemente lei, muovendo qualche passo verso il baule aperto di Ron. Il cuore le balzò fuori dal petto quando le parve di vedere una scatolina colorata. Su di essa, i visi gioiosi dei gemelli Weasley e una scritta vivace recitava a chiare lettere il nome del prodotto:

Novità: fuochi insultachivuoi.

Negli ultimi cinque giorni aveva dubitato spesso dei propri sensi, e anche quella sera si ritrovò a credere di avere le allucinazioni.

« Oh, loro... » iniziò Neville incerto, « ...sono andati alla festa »

Contrariamente a quanto temuto dal ragazzo, Hermione non esplose, non urlò e non inveì. Rimase in silenzio, con lo sguardo fisso sul baule. Allungò una mano verso di esso, prese una scatola poco più grande di un palmo, e si mise a fissarla.

Quindi Ron aveva agito ancora alle sue spalle. Anche quella volta aveva coinvolto ancora qualcun altro, dal momento che lo spettacolino pirotecnico aveva avuto inizio mentre lui era con lei.

Era furiosa, furibonda, collerica.

Per la seconda volta – stando a quanto sapeva lei, ma sospettava che occasioni simili fossero ben più numerose – le aveva mentito per fare baldoria alle sue spalle. Aveva veramente senso portare avanti quella storia? Una relazione, a parer suo, avrebbe dovuto essere fondata sulla sincerità. Si alzò lentamente, ripose quel che reggeva in mano, e lo guardò sull'orlo delle lacrime.

« Grazie » disse a Neville. Indietreggiò e scese le scale a gran velocità.

Svegliò la signora grassa, e corse per i corridoi, fino a raggiungere il settimo piano. Le risultava difficile respirare dopo tutta quella fatica, ma arrivò giusto in tempo per scorgere Malfoy, Blaise, Tiger e Goyle camminare per tre volte davanti al muro e vedere un portone materializzarsi su di esso. 

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Capitolo 6
*** Draco Malfoy ***


Hermione avrebbe fatto meglio a girare i tacchi, sbollire un po' la rabbia altrove, e rimandare all'indomani l'ennesima discussione con il proprio ragazzo; ma no, come le era successo quando si era ritrovata davanti al corpo di Pansy Parkinson, non riusciva proprio a muovere le gambe nella direzione voluta.

Piuttosto, i suoi piedi sembravano più intenzionati a portarla davanti all'entrata della sala.

Camminò per tre volte avanti e indietro, pensando di volersi unire agli altri senza che i professori potessero raggiungerli e, come aveva visto poco prima, un portone si andò delineando contro la parete. Hermione si avvicinò, si lanciò attorno occhiate circospette, e lo tirò verso di sé per aprirlo. La musica alta le forò i timpani, ed ebbe l'istinto di coprirsi le orecchie, mentre con lo sguardo cercava una chioma rossa.

Un'altra bugia, una di chissà quale serie.

Non si era nemmeno tolta la divisa o il mantello, si era precipitata lì non appena aveva fatto due più due; stonava fin troppo tra la folla in festa – illegittima – e qualche testa curiosa si era voltata in sua direzione per osservarla, per poi schizzare via allarmata.

La Granger era .

 

 

 

Pansy era in piedi in un angolo. Sorseggiava da un bicchiere di cristallo infrangibile qualcosa, forse idromele, e osservava con una certa freddezza il suo ex ragazzo scherzare con i suoi amici, fissare con malizia alcune ragazze – e qui Pansy ringraziò il cielo che l'oggetto che reggeva in mano non potesse spezzarsi sotto la pressione che vi esercitava per trattenersi da iniziare a lanciare maledizioni a destra e manca – ma, soprattutto, bere come un forsennato. Stava calcolando tutto, e secondo sue approssimative stime, avrebbe potuto approcciarlo nel giro di due o tre coppe. Non mancava molto allo scoppio della loro nuova storia d'amore.
Accarezzò la sua costosa borsetta di dorsorugoso di Norvegia – acquistata in un negozio che di legale aveva ben poco – contenente la sua piccola pentola dalle monete d'oro; cento galeoni, per la precisione.

« Ciao Pansy » le si avvicinò Tiger. Lei lo squadrò da capo a piedi senza trattenere un'espressione disgustata, e le guance di lui non poterono fare a meno di colorarsi per l'imbarazzo.

« Cosa vuoi? » gli domandò senza troppi preamboli.

La sua preda aveva appena lanciato il segnale di essere arrivato ad un punto in cui avrebbe accettato un'ape frizzola addirittura da Gellert Grindelward in persona, e lei stava perdendo tempo con uno dei suoi tirapiedi.

« Volevo invitarti a ballare » replicò lui affranto, sentendosi sempre più stupido.

« No, grazie » scandì lei lentamente. Tiger balbettò qualcosa, forse delle scuse che lei non udì, e si voltò per andarsene. A Pansy si accese una lampada ad olio:

« Aspetta! » lo richiamò. Lui la guardò speranzoso, non credendo a ciò che gli stesse accadendo.

« Effettivamente c'è una cosa che potremmo fare insieme » disse lei vaga. Tiger, pensando subito male, iniziò a sudare copiosamente e allentò il nodo del papillon, improvvisamente diventato troppo stretto per consentirgli di deglutire.

« Non ti sembra che Draco sia un po' sciupato? Gli servirebbe un ottimo calice di questo idromele, fa miracoli »

Vincent Tiger rimase deluso da quel responso, ma avendo lui una cotta per la ragazza da quando, l'anno prima, per riconquistare il suo ex ragazzo aveva completamente sbagliato orario e l'aveva sorpresa sul letto di Malfoy in sexy lingerie, accettò comunque di aiutarla – magari così avrebbe guadagnato punti ai suoi occhi.

« Aspettami qua, dividiamoci i compiti: io verso nel bicchiere, e tu glielo porti » impartì l'ordine lei.

 

Tiger rimase immobile in un angolo, fissando la figura della ragazza vestita di borgogna che evitava agilmente gli altri alunni in festa.

Pansy si diresse verso il bancone con un sorriso stampato sulle labbra, fino a raggiungere una tavolata coperta da bevande, bicchieri mezzi pieni e vuoti. Lasciò vagare la mano leggera, accarezzando il collo delle bottiglie come se potessero andare in frantumi. Strinse le dita attorno al fiasco di idromele, come detto a Tiger, e ne versò il contenuto in un elegante calice di cristallo infrangibile; dopo aprì la sua borsa, estrasse la pozione, e ne versò una generosa dose – giusto per assicurarsi che facesse il suo effetto.

Si voltò di scatto, e le sue labbra laccate di rosso si distesero in un sorriso ancora più largo; camminò con lunghe falcate fino a ritrovarsi al cospetto del ragazzo.

« Tieni, portaglielo. E non dire che è stata una mia idea! » gli disse cacciandogli in mano il bicchiere, facendosi dare le spalle, e spingendolo in direzione di Malfoy con impazienza. Non gli tolse gli occhi di dosso mentre si allontanava, per assicurarsi che non ne bevesse nemmeno un sorso; l'ultima cosa che desiderava era dar vita ad una tresca con Tiger, o peggio, che Draco scoprisse di essere perdutamente innamorato di lui.

 

Vincent Tiger si avvicinò al suo amico, che rideva gaio ad una battuta di Theodore Nott.

« Tiger? Perchè non sei con Goyle? »

« Io l'ho perso » fu la sua risposta. Non poteva certo dire che come aveva visto Pansy da sola si era defilato, abbandonando il fedele amico in mezzo a tutta quella baraonda, o sarebbe stato lo zimbello di tutti i Serpeverde.

« Oh cielo, siamo a questi livelli? » si domandò Zabini, rivolgendo al ragazzo lo stesso sguardo impietosito che aveva riservato a Draco, quando si era messo a delirare a proposito della Granger e di un suo tentativo di farlo ammattire; che poi, tra parentesi, la Grifondoro non aveva nemmeno fatto niente, a parte averlo scorto mentre sguainava la bacchetta – quasi fosse una spada – e la puntava verso la sua ex ragazza.

« Tieni » disse Tiger porgendo il bicchiere al viziatissimo rampollo di casa Malfoy.

« Cosa sarebbe? »

« Idromele. Ti farà star meglio » rispose, ripetendo a pappagallo le parole di Pansy.

« Fai bere altro alcol ad un ubriaco? Fai sul serio? » gli domandò Daphne Greengrass stizzita.

« Taci, Tiger ha ragione: mi farà stare benissimo » la zittì Draco, rubandogli il bicchiere di mano e ingollandolo fino all'ultima goccia. Si leccò le labbra, come a volersi assicurare di non perdersi nulla.

« Delizioso »

 

 

 

Harry Potter era fortemente a disagio. Erano innumerevoli le volte in cui si era ritrovato immischiato in occasioni spiacevoli, ma in quella non poteva far a meno di credere di essersela andata a cercare.

La ricerca di Hermione era andata a buon fine, e adesso la ragazza stava litigando con il suo migliore amico proprio davanti a lui.

« Non mentirmi! »

Nemmeno durante l'appuntamento con Cho Chang da Madame Piediburro si era sentito tanto fuori posto, e nella suddetta uscita la sua accompagnatrice era scoppiata in lacrime.

« Ma di che cosa stai parlando?! Io ero con te! »

Era talmente disperato che, se Romilda Vane avesse cercato di rifilargli un filtro d'amore come si vociferava nei dormitori, lui l'avrebbe bevuto addirittura dalla boccetta stessa solo per assentarsi e uscirne pulito.

« Harry, miseriaccia, dille qualcosa! » lo tirò in causa Ron. Che la corsa alla stanza delle necessità fosse stato un fulmine a ciel sereno anche per lui era facilmente deducibile dal fatto che il portiere di quidditch portasse ancora la divisa scolastica, ma Hermione aveva la prova che quei fuochi d'artificio fossero stati tutti un diversivo per lei e nessun altro.

« Hermione lui non c'entra niente » disse Harry, reggendo in mano un bicchiere

« Hey, ragazzi! » li salutò felice Ernie Mcmillan, avvicinandosi da dietro e passando le braccia sulle spalle ai due Grifondoro con fare amichevole. Quando il caposcuola notò la ragazza, con ancora indosso il mantello e con lo sguardo furioso, la sua pelle perse colore e sgranò gli occhi.

« Ci si vede » disse solamente mentre si allontanava dal pericolo.

Magari avesse potuto farlo anche lui, pensò Harry con una punta di invidia. E invece non solo gli toccava prendere parte ai bisticci dei suoi amici, non solo era solo come un cane ad una festa dove tutti finivano attaccati alle labbra di qualcun altro e lui, tristemente, si era rifugiato nella burrobirra e nel Wisky, ma in più gli toccava anche assistere a come Ginny, la ragazza per cui provava sentimenti alquanto strani dal sesto anno, baciasse Dean Thomas in un angolo poco illuminato.

« Ascolta, io non so proprio come tu possa pensare una fesseria del genere » disse Ron ad Hermione.

« La penso perchè questi » e fece riapparire le scatoline usate per il fattaccio, « provengono dal tuo baule! » strepitò Hermione.

« Non sono l'unico cliente dei miei fratelli » le fece notare indignato.

Colpita e affondata, a questo particolare la caposcuola non ci aveva proprio pensato. Rimase a guardarlo in silenzio.

Alle loro spalle era appena iniziato un duello.

Hermione si sentì tanto sciocca; aveva subito pensato ad addossargli la colpa, senza lontanamente pensare che sarebbero potuti appartenere ad un altro. Magari a Malfoy, che aveva colto l'occasione di farla correre qua e là per il castello, o per assicurarsi che non decidesse di bazzicare dalle parti della festa. Il solo pensiero di essere stata fregata in quel modo la innervosì.

« Io davvero non so cosa ti prenda in questi giorni » la accusò il prefetto, guardandola quasi con disprezzo.

« Ron, io- » non finì la frase. Uno schiantesimo lanciato da uno dei due duellanti la colpì in piena schiena, facendola cadere a terra a peso morto.

 

 

 

L'aveva bevuta tutta, Pansy Parkinson non poteva chiedere di meglio. Guardò soddisfatta la sua opera: ora non le rimaneva che bere la sua parte e attendere che la pozione lo legasse a lei. Si diresse nuovamente al tavolo delle vivande, e come fatto precedentemente lasciò vagare le dita sulle bottiglie presenti, accarezzandone il vetro con le unghie lunghe.

Indecisa su cosa gustare, strinse le dita pallide attorno alla bottiglia di idromele, poi su quella di acqua viola, e infine le avvolse attorno al collo dell'ultima fiaschetta di Burrobirra rimasta. Non voleva nulla di pesante quella sera, per poter godere meglio del momento in cui Draco le sarebbe corso incontro innamorato perso.

Versò la bevanda in un nuovo calice, estrasse la boccetta stregata dalla borsa, e la sollevò per ammirarla brillare un'ultima volta sotto la luce soffusa della stanza. Ne era rimasta solo metà, e prevedeva di vuotarla tutta, tanto per essere sicura della riuscita del suo piano. La avvicinò alla coppa, e si assicurò che all'interno di essa non rimanesse nulla. Ridacchiò sommessamente e, mentre cercava di infilare di nuovo l'ampolla nella borsetta, questa le scivolò dalle mani e rotolò sul pavimento.

Avrebbe potuto lasciarla andare e ridere non appena qualche povero sventurato l'avesse calpestata e fosse scivolato a terra, ma quella sarebbe pur sempre stata la responsabile del suo matrimonio e della sua numerosa progenie di purosangue, andava conservata come ricordo.

Pansy posò il calice vicino ad altri tre mezzi pieni e abbandonati da qualche studente troppo ubriaco per ricordarsi di averli riempiti, e rincorse la bottiglietta che rotolava senza ostacoli. Quando la raggiunse la strinse come se avesse appena ritrovato una pepita d'oro, e si affrettò a nasconderla nella borsa.

Quando tornò al tavolo, i quattro bicchieri incustoditi erano divenuti tre.

 

 

 

La prima ad accorrere fu Hannah Abbott, che avvisata del collerico arrivo dell'altra caposcuola si era improvvisamente ritrovata la costei svenuta e un duello alle sue spalle. Dopo aver calmato gli animi degli altri due maghi, responsabili della condizione di Hermione, le aveva fatto riprendere conoscenza e, assieme ai suoi amici, l'aveva aiutata ad alzarsi.

La seconda a presentarsi fu Ginny Weasley, che passava di lì per puro caso in cerca di un bagno.

Hermione aveva sbattuto la testa e, sebbene non avesse alcun problema a stare in piedi, si sentiva leggermente stordita.

« Sei sicura di stare bene? » le domandò la Abbott, mettendogli le mani sotto al meno per farle sollevare la testa.

« Sì, sto bene » disse Hermione toccandosi la tempia sinistra, quella che aveva urtato il suolo.

« Magari vorrei solo qualcosa da bere » aggiunse poi, facendo qualche passo in direzione di Ron e poggiandosi a lui.

« Tipo che cosa? » le domandò Ginny. Hannah Abbott la guardò come a dire “che domande: succo di zucca non zuccherato”, e invece la risposta della Grifondoro sorprese tutti:

« Della burrobirra, grazie »

La ragazza l'aveva già bevuta in diverse occasioni, ma mai avrebbero pensato che l'avrebbe accettata a una festa. La botta era stata decisamente più violenta di quanto previsto, non c'era altra spiegazione.

 

E così Ginny si era diretta al tavolo delle bevande, aveva controllato tutte le etichette delle bottiglie presenti, e aveva appurato amaramente che le burrobirre fossero terminate.

Quattro bicchieri incustoditi attirarono la sua attenzione; li annusò per capire se almeno uno di questi contenesse ciò che cercava, fregandone delle raccomandazioni dei genitori a proposito di drink abbandonati in luoghi affollati, e serrò le dita attorno ad un calice il cui odore corrispondeva a quello desiderato.

Lo porse alla Granger, che non le fece alcuna domanda e cominciò a sorseggiare la bevanda.

« Vuoi sederti con me su un divanetto? Sono incredibilmente comodi » le disse la Abbott. Hermione fece di no con il capo.

« No, Hannah. Grazie tante per l'invito, ma penso che me ne tornerò in camera a dormire »

Ne aveva avuto abbastanza: prima i fuochi, poi lo schiantesimo, e ora un'incredibile mal di testa. Forse era giunto il momento di ritirarsi, farne orecchie da mercante e tacere, almeno per quella volta.

« Vieni, ti accompagno » si offrì Ron, posandole una mano sulla schiena e applicando una leggera pressione.

 

Hermione, dopo la lunga lite con il suo ragazzo, il baccano della sala da festa e lo svenimento, non desiderava altro che finire la sua burrobirra, stendersi e riposare un po'. La discussione sarebbe potuta ricominciare l'indomani, a evento terminato.

Anzi, pensò mentre Ron svegliava la signora grassa e l'aiutava a passare attraverso il buco nella parete, non voleva più sentir nemmeno nominare quel party – non voleva proprio più udir qualcuno parlare a proposito di quelli passati.

L'unica cosa che bramava era il suo morbido letto, il suo Grattastinchi e, dopo aver terminato la sua bevanda e aver fatto evanescere il calice, una strana voglia di affetto.

Si rimboccò le coperte e le tirò fino al naso, mentre sentiva un insolito calore irradiarsi nel petto, per assicurarsi di non prendere freddo.

Chiuse gli occhi e respirò profondamente, per poi spalancarli di colpo al pensiero che, l'unica cosa – o meglio, persona – che tanto voleva, non era con lei. Si rizzò a sedere come se le avessero gettato addosso un secchio d'acqua.

Draco Malfoy

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Capitolo 7
*** Deeply in love ***


Sentiva uno strano calore partire dallo stomaco – o dal petto, ancora non l'aveva capito – e irradiarsi per tutto il corpo. Improvvisamente aveva iniziato a sudare copiosamente, ed era stato costretto a togliersi la giacca.

« Cos'è che dicevi? “mi farà stare meglio”! Idiota... » Daphne Greengrass lo stava sgridando, ma non era quello a turbarlo. Avvertiva una bizzarra sensazione, un insolito mancamento a cui non riusciva dare un nome.

Daphne estrasse dalla borsa un elegante ventaglio di avorio e seta cinese, appartenente alla sua famiglia da generazioni e generazioni.

« Toh, tieni. Se me lo rompi ti uccido » berciò aprendogli a forza la mano.

Draco si sentiva spaesato, quasi si fosse appena risvegliato da un lungo coma.

« Amico, lascia che te lo dica: non rimorchierai nessuna con quella cera » gli disse Theo poggiandogli una mano sulla spalla, con lo stesso tono con cui un medimago annuncerebbe ad un pazienza una malattia incurabile.

Una ragazza di Tassorosso del sesto anno passò proprio davanti a loro, guardò Malfoy con un misto di pietà e compassione, poi posò gli occhi azzurri su Theodore, e gli sorrise civettuola.

« Ma sai chi invece ha tutte le carte in regola per sfrattarvi dalla stanza, questa sera? Moi » concluse alzandosi e indicandosi con entrambi i pollici.

Il ragazzo si sistemò la camicia, si passò una mano tra i capelli scuri e seguì la Tassorosso, per fare la sua prima mossa.

Qualcosa nella testa di Draco si era smosso, e le rotelle dei suoi ingranaggi avevano preso a vorticare furiosamente.

« Non so te, Draco, ma io 'sta notte dormirò sonni tranquilli nel mio letto. Non me ne frega niente se Theo vuole portarsi a letto quella. Che vada nella foresta proibita se proprio vuole intimità » disse Blaise, facendo evanescere dal tavolino tutti i bicchieri vuoti.

Rimorchiare. Che parola volgare, penso Draco con lo sguardo fisso sul pavimento.

« Sei sicuro di stare bene? » gli domandò Daphne, che guardava il suo antichissimo e costosissimo ventaglio con preoccupazione.

Lui non voleva rimorchiarla, lui voleva qualcosa di più forte e duraturo.

« Io la amo »

« Come scusa? »

Draco si sollevò sui piedi malfermi e la guardò dritta in viso. Blaise, con un calice di vino in mano, ascoltava in completo silenzio, muovendo gli occhi da Malfoy alla Greengrass per non perdersi nulla.

« Io la amo » ripetè.

« Ma di chi accidenti stai parlando?! »

Le lanciò addosso quel che reggeva in mano e non si curò di fornirle una risposta. Per Salazar, perchè nessuno capiva?!

Mosse i primi passi incerti, ma poi spinto dal forte desiderio di trovarla riuscì a trovare il giusto equilibrio per non finire faccia terra dopo appena cinque metri.

 

 

Pansy osservava compiaciuta da lontano. Eccolo lì, la stava cercando, si sarebbe ricordata quella sera per il resto della sua vita. Avrebbe fatto evanescere quel che reggeva in mano, ma non aveva il tempo di estrarre la bacchetta, quindi si limitò a versare poco elegantemente il contenuto della coppa in una pianta, e poggiare la suddetta senza delicatezza su un tavolino vicino.

Per un istante le venne quasi il dubbio che la sua parte di pozione non avesse ancora fatto effetto, visto che non sentiva nulla di diverso; dopo un piccolo ripensamento si disse che lei era già innamorata, ergo non poteva fare più di tanto.

Gli andò incontro senza staccargli gli occhi di dosso, e tirando diverse gomitate agli studenti che le intralciavano l'inseguimento. Quando lo raggiunse lo afferrò per un polso e lo tirò.

« Dracuccio » lo chiamò. Lui, contrariamente a quanto si aspettava, invece che gettarlesi addosso, le diede nuovamente le spalle.

« Ehy! » gli urlò lei, « l'amore della tua vita è qui »

« Dov'è? » le domandò con impazienza, guardandosi attorno nella speranza di vederla.

A quel punto solo uno sciocco non si sarebbe accorto che qualcosa era andato storto. Tuttavia, Pansy si ritrovò a sperare che dovesse solo “calibrarlo” come una bilancia di precisione e insegnargli tutto come ad un bambino; così lo guardò, sospirò, gli prese il volto tra le mani e lo guardò.

« Qui, proprio davanti a te »

Draco la spostò malamente.

« Non prendermi per il culo, tu non sei Hermione »

Hermione. Pansy fece appena in tempo a vederlo sfrecciare via, prima di avere un mancamento a accasciarsi al suolo.

 

 

 

Hermione non sentì nemmeno il bisogno di cambiarsi il pigiama, uscì così come si era sdraiata. Quella notte, la povera signora grassa appurò amaramente che i bei tempi in cui le era possibile dormire senza intoppi fino al mattino successivo erano ormai acqua passata.

La Grifondoro corse a piedi nudi sulla fredda pietra del tragitto che la separava dal suo amato. Doveva raggiungerlo, costi quel che costi.

Non si sarebbe fermata nemmeno se la Mcgranitt l'avesse minacciata di privarla del titolo di caposcuola in via del tutto eccezionale.

 

 

Al settimo piano, Draco aveva appena abbandonato la tanto attesa festa, per recarsi dalla ragazza che, fino a poco prima, faticava a sopportare. Buffo, l'amore, si disse.

I passi veloci risuonavano per tutto l'androne, e un fascio di luce proveniente dalla bacchetta illuminava la strada davanti a lui. Sarebbe andato da lei anche a scopo di dover sfondare il quadro della signora grassa, e di affrontare qualsiasi insidia le scale dei dormitori femminili avessero in serbo.

Come aveva potuto, nei sette anni precedenti, odiare così tanto la graziosa donzella? Draco non riusciva a capacitarsene. Il calore nel petto si era intensificato non appena era giunto alla conclusione che, ciò che tanto desiderava, era la Granger. Ecco, forse adesso, più che un fastidioso torpore che lo costringeva a stare senza giacca, si era trasformato in un'anticipazione del clima che si respirava tra le fiamme dell'inferno. Doveva essere innamorato pazzo, pensò sorridendo da solo e assumendo una camminata piuttosto “molle”.

Trovò Hermione metà strada, vestita solo di un sobrio pigiama azzurro di flanella. I ragazzi si bloccarono come colpiti da un pietrificus totalus, prima di ricominciare a correre per raggiungersi. Hermione gli saltò addosso facendolo sbilanciare all'indietro, per stampargli un bacio sulle labbra. Draco la strinse a sé, e per evitare di cadere all'indietro fece una piccola giravolta, sempre reggendo tra le braccia la Grifondoro. Se un giorno gli avessero detto che si sarebbe imbarcato in un inciucio con la Granger, avrebbe senz'altro spedito un gufo al San Mungo per far ricoverare il suo interlocutore.

 

A malapena si rivolsero la parola, presi com'erano dai loro sentimenti. Senza che il pensiero che tutto il baccano che facevano le loro risatine bambinesche avrebbero potuto attirare qualcuno, si soffermarono in mezzo a quel corridoio, a scambiarsi baci sempre più passionali e a saltellare allegri per un paio di metri, tenendosi per mano come se temessero di perdersi. Le bacchette giacevano abbandonate al suolo, lasciate cadere quando la ragazza gli era balzata tra le braccia.

Poi, qualcosa attraversò la mente dei due, forse in un momento di delirio dovuto alla grossa quantità di filtro ingerito.

Draco la spinse contro una parete, mettendole le braccia ai lati e smettendo all'istante di ridere. Si guardarono negli occhi, il viso illuminato dalla debole luce della luna, che filtrava dai finestroni, e dalle bacchette cadute al suolo. Non ci fu bisogno di favellare.

Draco si distaccò, senza levarsi dalle labbra un sorriso spensierato, porse la mano pallida alla ragazza, che l'afferrò, e insieme cominciarono a camminare.

 

 

 

Hannah Abbott, in una sola sera, si era ritrovata a curare ben due persone prive di sensi. Stava danzando a ritmo dell'ultimo singolo delle Sorelle Stravagarie, quando aveva visto Malfoy aggirarsi per la sala, guardandosi attorno come nella disperata ricerca di qualcuno; Pansy l'aveva raggiunto subito, e dopo un breve scambio di battute l'aveva vista svenire, e Draco Malfoy aveva ripreso la sua folle corsa.

Si era sentita in dovere di intervenire, di fare qualcosa per la ragazza. Aveva chiesto aiuto a Ernie Mcmillan, suo compagno di ballo, e insieme erano accorsi al capezzale della Serpeverde.

« Reinnerva » pronunciò Ernie. Pansy, replicando la scena in cui si era risvegliata nel bel mezzo del corridoio, il secondo giorno di scuola, spalancò gli occhi e si rizzò a sedere.

La sua mente era annebbiata. Si massaggiò la testa dolorante, piegò le gambe e le avvicinò al busto, fregandosene se la gonna del vestito si fosse ritirata abbastanza da mettere in bella mostra le mutande di pizzo – messe in previsione di una notte di fuoco con Draco Malfoy.

« Ti senti bene? » le domandò la Abbott, abbassandosi al suo cospetto e poggiandole una mano sulla spalla.

Il colpo doveva essere stato memorabile, perchè le pareva di ricordare che il suo Draco le fosse scivolato dalle dita chiedendole di quella sangue sporco della Granger. Scostò malamente la mano del prefetto, e cercò di trattenere le risate.

Malfoy e la Granger, insieme.

Sì, era decisamente ridicolo.

« Lasciatemi in pace » latrò in direzione dei due ragazzi, che se ne andarono oltraggiati e indispettiti. Un tacco, a causa della caduta insolita, si era rotto sotto al suo peso, e la complicata capigliatura raccolta si era sfatta. Pansy si diresse zoppicante verso un angolo non troppo lontano dall'ingresso, dove Millicent Bulstrode si stava scatenando a passo di danza. Quando l'amica la vide arrivare conciata in quel modo, corse immediatamente in sua direzione.

« Pansy? Cosa ti è successo?! » le domandò Millicent allarmata. Pansy piegò la testa all'indietro e si lasciò andare in una risata liberatoria.

« Oh, è una storia assurda » iniziò l'amica, che estrasse la bacchetta e con un gesto veloce chiamò a sé una sedia.

« Reparo » disse puntandola verso la scarpetta rotta che reggeva in mano, « sai, ho trovato il modo e il mezzo per riavere indietro Draco » iniziò lei sghignazzando.

« Wingardium Leviosa » pronunciò poi in direzione di un suo elegante specchietto d'argento, intarsiato da piccoli smeraldi lucenti. Valutò i danni dell'acconciatura, e la disfò completamente, passandosi la mano tra i capelli scuri per districare i nodi.

« Gli ho fatto bere a sua insaputa una pozione d'amore, una comprata da Magie Sinister »

Millicent si portò una mano alla bocca e trattenne il respiro. Molti suoi compagni di casa si erano ritrovati a ricorrere a stratagemmi usciti dal sopra citato negozio, ma lei più che qualche giretto al negozio d'animali – a Diagon Alley – o a Hogsmeade, non aveva mai fatto.

« Sì, insomma, dovevamo berla entrambi e deve avermi provocato qualche effetto collaterale, perchè sono svenuta e mi pare di ricordare – tieniti forte – che lui pensasse di amare la... »

« ...la Granger » completò l'amica sbalordita. Pansy si rimise la scarpetta tornata come nuova e guardò l'amica meravigliata.

« Sì, esatto! Non è assurdo? A proposito, stai prendendo lezioni di legilmanzia? » sollevò gli occhi verso l'altra Serpeverde, pensando di vederla restituirle il sorriso; e invece Millicent era impietrita, con lo sguardo fisso verso un angolo della stanza. Incuriosita, seguì la traiettoria indicata dall'amica, per capire cosa la stesse attirando così tanto.

Le sue guance persero colore, vedendo il suo amato Draco e la Granger, in pigiama, mano nella mano farsi strada tra la folla.

La musica era talmente alta e lo spettacolo talmente insolito, da non consentire a Millicent Bulstrode di accorgersi della sua compagna di casa, cadere ancora a terra, priva di sensi.

 

 

Certo, se ben pochi potevano immaginarsi che la ligia Grifondoro si sarebbe fatta vedere al party più atteso della settimana, nessuno avrebbe scommesso mezzo zellino su ciò che invece era accaduto: Draco Malfoy e Hermione Granger erano lì.

Insieme, e molto vicini. Insieme, molto vicini e felici. Insieme, molto vicini, felici e follemente innamorati.

Era una vista talmente improbabile che, qualsiasi studente, avrebbe messo in dubbio con meno facilità un ipotetico the delle cinque tra Potter e Piton nei sotterranei, davanti ad un calderone pieno di Felix Felicis.

Tracey Davis, settimo anno, Serpeverde, sputò quel che stava bevendo sul povero Gregory Goyle, alla disperata ricerca di Tiger.

Luna Lovegood si tolse gli occhiali – usati per vedere i nargilli – e ne pulì le lenti, credendo che si fossero sporcate e che le facessero vedere eventi impossibili.

 

Draco l'attirò a sé con dolcezza, le passò una mano sulla guancia e Hermione socchiuse gli occhi. Gli alunni più vicini alla coppia la guardarono scioccati, non potendo distogliere lo sguardo dallassurdo spettacolo.

Vincent Tiger, ripartito all'ispezione della stanza per ritrovare o Pansy, o il suo povero amico Goyle, davanti alla raccapricciante scenetta si strofinò gli occhi – convinto che si trattasse tutto di una qualche allucinazione dovuta alla combinazione di alcol e sonno – e vedendo che niente, Draco e Hermione erano ancora là, guardò preoccupato il bancone delle bevande.

« Ho bevuto a sufficienza » si disse ad alta voce.

 

Il Serpeverde e la Grifondoro si scambiarono un altro bacio – facendo cascare le mandibole ad altri ragazzi – e Draco, a poca distanza dalle labbra di lei le disse:

« Ti va di bere qualcosa? »

Ecco, la caposcuola di sempre si sarebbe messa a sbraitare e a urlare, ma quella a cui era stata somministrata una potente pozione oscura accettò più che volentieri.

« Sorprendimi » le rispose lei sorridendogli.

Il biondo, con la mente già al miracoloso idromele che aveva sorseggiato non molto tempo prima, si allontanò con un riso beato sulle labbra.

In lontananza, gli amici dei suddetti ragazzi avevano assistito a tutta la scena a bocca spalancata, increduli a ciò che gli si parava davanti agli occhi.

 

 

 

Una chioma rossa osservava furibonda, mentre le sue guance si coloravano sempre di più.

« Ma è Hermione quella? » domandò Dean Thomas. Ginny, di spalle alla ragazza e tra le braccia del suo fidanzato, si voltò scettica: Hermione se ne era andata dopo essersi beccata uno schiantesimo alla schiena, dubitava fortemente che si sarebbe ripresentata. E invece la sua amica era proprio lì, con addosso solo il pigiama e i capelli arruffati, in attesa di qualcosa.

« Era con Malfoy » sputò con disprezzo Ron. Ginny non credeva alle sue orecchie.

« Ron, questo è impossibile » cercò di calmarlo lei. Ma suo fratello era così infuriato, così nero di rabbia, che non le diede ascolto e si diresse con lunghe falcate verso la sua – fino ad allora – fidanzata.

Già da un po' i due erano ai ferri corti, ma mai come quella sera, Ron desiderò di dirgliene quattro e di discutere a proposito della loro sbagliata e infelice relazione. 


***
Ciao ragazzi! Sono Emma Williams (almeno fino a quando questo sito non mi farà impostare lo pseudonimo con cui mi sono già fatta conoscere su wattpad, Lily Bennet). Volevo ringraziare tutti quelli che hanno seguito la storia fino a qui, e in particolar modo le ragazze che mi han lasciato una recensione :* 
Spero che questa storia vi stia piacendo e, se mai vi venisse voglia di andare a leggere quel che ho già scritto sul'altro sito, fate pure :)
Un bacio,
spero-ancora-per-poco Emma.

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Capitolo 8
*** Mead ***


« Hermione? »

Già il tono con cui le si era rivolta era un monito a ciò che l'aspettava. Ma Hermione, beata com'era, non si accorse assolutamente di nulla.

Ron aveva così tante cose da dirle che non sapeva da dove iniziare, e il vederla lì, mentre lo guardava ingenua dopo aver baciato davanti a tutti il suo nemico giurato, lo mandava letteralmente in bestia.

« Ti sei per caso bevuta il cervello?! » le sbraitò contro. Harry, vedendo il suo migliore amico infuriato nero, fece un passo avanti per pararsi tra la ragazza e il ragazzo; Ginny afferrò per il braccio il fratello, per evitare che questo saltasse al collo a qualcuno. Hermione cadde dalle nuvole.

« Come, scusami? »

« Penso che tu ci debba delle spiegazioni » disse Harry mantenendo la calma, spingendo via il portiere della squadra di quidditch. Ron, imbestialito si liberò dalla presa della sorella, e cercò di far spostare Harry, ma vedendolo fermo nella sua posizione dovette arrendersi all'evidenza che avrebbe potuto parlare con la sua ragazza solo da dietro l'amico – che per qualche strana ragione si ostinava a proteggere anche in quella situazione. Hermione era la sua migliore amica, per carità, ma dopo che tutti l'avevano vista amoreggiare con quel mangiamorte mancato di Malfoy si aspettava un minimo di supporto.

« Hai baciato Malfoy! » l'accusò Ron puntandole il dito contro. Hermione sembrò risvegliarsi da un incubo: si guardò attorno con sempre più insistenza, alla ricerca di qualcuno.

« Malfoy? Dov'è? »

Ron divenne rosso fin sopra le orecchie, sempre più nero d'ira.

« Come hai potuto tradirmi?! » strepitò Ron. Ginny, alle sue spalle la osservava attenta.

« Io amo Draco » pronunciò Hermione con leggerezza.

« Non puoi star parlando sul serio » le disse Harry Potter, che per contrastare la spinta del ragazzo dietro di lui doveva continuare a indietreggiare.

« Io sono seria » si offese la caposcuola.

 

 

 

Daphne Greengrass stava sorseggiando acqua viola in compagnia di Blaise, quando quest'ultimo era sobbalzato sulla sedia come punto da uno schiopodo sparacoda, indicando istericamente un lato della stanza. Già di per sé quella era una scena che l'aveva raccapricciata alquanto, ma quando poi aveva voltato il capo e si era ritrovata davanti alla Granger e a Malfoy intenti a scambiarsi tenere romanticherie, il bicchiere le era scivolato dalle dita e le aveva fatto finire sulle scarpe costose tutto ciò che conteneva.

 

In un angolo rialzato, Theo era mollemente appoggiato ad un bancone, con un costante sorriso seducente dipinto sulle labbra.

« Eh così, passi spesso da queste parti? » aveva chiesto alla ragazza. La Tassorosso, di cui ancora non aveva chiesto il nome, ridacchiò civettuola.

« Come avrei fatto? » le domandò lei di rimando, dimostrando di avere più buon senso di lui.

« Bella e intelligente. Sei di Tassorosso, giusto? »

Lei annuì.

E così fastidiosamente leale, penso lui.

« E così dolce » completò invece.

Un borbottio concitato iniziò a diffondersi, ma lui – concentrato com'era sulla sua preda – a malapena ci fece caso.

« …li hai visti? Assurdo! » esclamò Calì Patil passandogli accanto, rivolta alla sua fedele amica Lavanda Brown. Theodore non le diede ascolto.

« Grande casata, quella dei Tassorosso » proseguì solenne. Si aggiustò il colletto della camicia perlacea.

« Tutta gente per bene, paziente, gentile » rammollita, si disse trattenendo un teatrale conato di vomito, « dedita al lavoro, paziente... » proseguì elogiando le qualità della casa. Per dirla tutta trovava i Tassorosso altamente inutili, in quel caotico complesso che era Hogwarts, ma per riuscire a trascinare tra le lenzuola la donzella che aveva di fronte sarebbe stato disposto anche a confessare un fantomatico folle amore per Tosca Tassorosso, o una particolare simpatia per il frate grasso.

« E tu, mia bella... »

« Maxine »

« ...mia bella Maxine, scommetto che non sei da meno » la lusingò lui. Lei sbattè le lunghe ciglia e abbassò lo sguardo timidamente.

« Ma sai, anche noi Serpeverde siamo dei bravi ragazzi. Ad esempio... » fece una pausa ingollando in un sol sorso il Wisky incendiario nel bicchiere per impressionarla, « la coppa delle case sarebbe sempre dovuta essere nostra, anche quando San Potter – Harry, scusami – ha fatto la sua regale presentazione, al primo anno » disse trattenendo il fastidio che gli provocava pensarci.

« Siamo tenaci, determinati, intraprendenti. Non per vantarci, ma mago Merlino era dei nostri » concluse infine fingendo di pulirsi da della polvere depositata su una spalla. Quando sollevò gli occhi in direzione della Tassorosso, che lo ascoltava ammirata, la sua attenzione si focalizzò su una coppia alle sue spalle. Il sorriso gli morì sulle labbra.

« Quindi è vero? Merlino era un Serpeverde? » Theodore annuì distrattamente, senza bene ascoltare ciò che gli stesse chiedendo.

La vista doveva averlo ingannato; guardò con sospetto il bicchierino lucente, responsabile di averlo preso in giro.

« Pensa, tra noi tassi invece gira la voce che nei sotterranei non si venga considerati, soprattutto se non si è purosangue da generazioni, a meno che non si voglia qualcosa in cambio » iniziò lei senza togliersi dal viso l'espressione radiosa e generosa.

« Ah-ha? » fece lui senza prestarle attenzione. No, forse non era tutta colpa del bere.

« Sì! Ma ora che ti ho conosciuto so per certo che è solo una malelingua »

« Ah-ha »

Più li osservava, più si convinceva che quei due ragazzi arrivati mano nella mano, e che adesso si erano scambiati un bacio, fossero seriamente il suo povero amico Draco e quella saccente eletta a caposcuola per puro dispetto.

« So che è presto, ma sento di poter parlare liberamente in tua compagnia » proseguì la ragazza, facendo un passo avanti per avvicinarsi maggiormente al ragazzo.

« Sei intelligente, e soprattutto un ottimo ascoltat- » venne interrotta. Theodore, senza perdere di vista il biondo Serpeverde allontanarsi per prendere qualcosa da bere, la zittì malamente.

« Sì, scusami un attimo » disse allungando un dito e avvicinandoglielo alle labbra rosee, per assicurarsi che recepisse il messaggio e che non tentasse di proseguire il discorso. Scivolò via svelto, non consentendole di protestare.

 

Lo raggiunse in fretta, ansioso di scoprire cosa bollisse nel calderone.

« Draco? » lo chiamò con una punta d'ansia. Questo si voltò con estrema lentezza, reggendo ancora la bottiglia di idromele e versandola in un brillante calice di cristallo.

«Sì, Theo? »

Theodore deglutì; anche il suo modo di parlare era insolito.

« Si può sapere che stai combinando? » gli domandò con serietà, avvicinandosi a lui come ad intrattenere una conversazione di vitale importanza.

« Sto portando un ottimo bicchiere di idromele alla mia donna » rispose lui con naturalezza. Draco lo guardò negli occhi.

« Sembri strano »

Ah, certo. Era lui quello con un evidente problema, pensò stizzito Theo.

« Io sarei strano? » gli domandò offeso, « Draco, che ci fai qui con la Granger? » riprese il discorso Theo, portandosi le mani sui fianchi e rivolgendo all'amico uno sguardo di disapprovazione, come un padre farebbe con un figlio.

« Che domande: siamo qui per divertirci e passare un po' di tempo insieme »

« E perchè mai? »

« Perchè la amo, mi sembra ovvio » rispose Malfoy.

 

 

 

Nel frattempo Hermione era sotto processo. Inutile descrivere la reazione del suo fidanzato, fatto allontanare perchè in preda ad una collera degna di rimanere impressa nella memoria di tutti, e momentaneamente spedito a prendere una boccata d'aria in compagnia della pessima presenza di Dean Thomas, che invece di distrarlo, si limitava a stare nel completo silenzio. Non che quando aprì bocca migliorò la situazione. Anzi, di tutti gli argomenti che avrebbe potuto toccare (quidditch, compiti, sua sorella Ginny e il rifiuto di presentargli i suoi genitori...), centrò in pieno il meno opportuno: lo strano comportamento di Hermione.

 

Harry, in compagnia della caposcuola e della piccola di casa Weasley, studiava attentamente le risposte di Hermione.

« Aspetta, aspetta, aspetta. Rallenta: quindi tu sei tornata in camera, e hai sentito l'impellente bisogno di correre da Malfoy? » le domandò Ginny per chiarire un suo dubbio. Hermione annuì.

« Allora sono andata a cercarlo, e l'ho trovato » andò avanti sognante, « abbiamo deciso di venire alla festa, giusto per divertirci un po'. A proposito, dov'è finito il mio Draco? Aveva detto che mi avrebbe portato da bere » concluse con dispiacere, con lo stesso tono che avrebbe usato una bambina che racconta un torto subito.

« Harry, penso che abbia bevuto una pozione d'amore » disse Ginny avvicinandosi al cercatore di quidditch per evitare che l'amica udisse.

« Sì, lo sospettavo anch'io »

Hermione, seduta su un divanetto, guardava gli altri alunni danzare con lo sguardo vuoto.

« Ma stando a quanto ne so io di filtri d'amore, e vedendo com'è ridotta lei, avrebbe dovuto essere stato Draco a rifilarglielo... solo che ricordo di averlo fatto io »

La caposcuola scorse una chioma bionda intenta a parlare con un altro ragazzo, che identificò come Theodore Nott. I suoi occhi scuri brillarono.

« Non penso di aver capito »

Harry e Ginny erano parecchio presi dalla discussione; una cercava di fare luce sulla faccenda – senza tuttavia comprenderla bene per intero nemmeno lei – e l'altro tentava disperatamente di non perdere il filo.

« Se io volessi farti cadere ai miei piedi facendoti bere una pozione d'amore, mi basterebbe versarla in una bevanda e offrirtela » ripetè Ginny con impazienza.

Draco adesso era in compagnia dei suoi amici, ma non le importava.

Fu questione di un attimo, e Hermione abbandonò il suo posto saltellando allegra.

 


 

Theodore non ci capiva un accidenti. Era talmente confuso che si era visto a trattenere con la forza Malfoy e chiamare in tutta fretta Blaise e Daphne. Si erano fatti vivi anche Tiger e Goyle – che si erano finalmente ritrovati, bagnato e appiccicaticcio uno, con il muso lungo l'altro – ma lui li aveva scacciati malamente; l'ultima cosa di cui avevano bisogno era qualcun altro con il quoziente intellettivo pari a quello di ciò che ne rimaneva del rampollo di casa Malfoy.

« Quello che dici non ha alcun senso! » aveva sbraitato Daphne. Era la cosa più ridicola che fosse mai uscita dalla bocca del suo amico.

« L'amore non ha senso » sospirò Draco, sempre reggendo in mano l'idromele destinato a Hermione. Blaise non aveva ancora proferito parola, si limitava a guardare raccapricciato il ragazzo.

« Che fine ha fatto il Draco Malfoy che era solito dormire nel letto accanto al mio? » domandò affranto Theo.

« Sono qui, davanti a te »

« No, intendo il vero Draco, non la sua copia Tassorosso »

Malfoy parve sinceramente offeso da quell'insinuazione.

« Io sono innamorato! » esclamò lui.

« Della Granger! » strepitò Daphne indignata.

« Calmiamoci tutti, riflettiamoci su » intervenne Blaise. Guardò Malfoy, che gli restituì uno sguardo ottuso, quasi non avesse la più pallida idea di dove si trovasse.

« Draco, tu non ami la Granger » gli spiegò paziente. Ma Malfoy pestò i piedi come un bambino capriccioso.

« Sì che l'amo »

« No, invece! » si intromise Daphne, « se vuoi ti presento mia sorella Astoria, ma per piacere lascia perdere quella! Guarda, che persona di buon cuore che sono: tengo così tanto alla tua dignità da essere disposta a sopportarti come cognato per il resto della mia vita »

« Io voglio la mia Hermione » si ostinò Draco.

Zabini lo guardò preoccupato: non sapeva se fosse tutta colpa di un qualche incantesimo sconosciuto, o se invece fosse tutta colpa di quello che aveva bevuto.

Fatto stava, però, che il suo amico versava in una condizione pietosa, giusto per non cascare nel volgare. E mentre Daphne cercava di convincerlo del fatto che la Granger fosse in cima alla lista delle cose da eliminare in quella scuola, Blaise rifletteva su quel che avesse potuto scatenare quel raccapricciante attaccamento per la Grifondoro.

 


 

« Ma con questa logica Malfoy stesso le ha rifilato il filtro »

« Esatto »

« Però sei stata tu a darle il bicchiere »

« Proprio così »

« Com'è possibile? »

« Non ne ho idea »

Harry si grattò la testa confuso.

« Aspetta, raccontami tutto ciò che ti ricordi »

« Hermione ha detto di voler un bicchiere di burrobirra, sono andata al tavolo, e ho scoperto che erano finite. Ho visto che c'erano quattro calici pieni abbandonati, li ho annusati, e le ho portato quello con l'odore giusto »

Harry sgranò gli occhi.

« Ginny! Come ti è saltato in mente? Non è da te agire in modo così ingenuo! » le domandò il ragazzo. Ginny si sentì subito una grande stupida; era la prima volta che faceva una cosa del genere, e vedendo i risultati era sicura che sarebbe stata l'ultima. Ora che ci pensava non sapeva nemmeno il perchè di tanta sconsideratezza.

« Io... non lo so, l'ho fatto e basta »

Harry la guardò come se avesse appena ricevuto una notizia scioccante.

« C'è solo una soluzione » disse lentamente, senza sbattere nemmeno una volta le palpebre, « Hermione innamorata di Malfoy, lui che sorride da solo, la porta qui a ballare: Ginny, hai agito sotto Imperius »

« Ora che ci penso, potresti avere ragione » dichiarò lei indignata.

Ginevra Weasley incrociò le braccia al petto, sollevando leggermente il seno e facendo sudare freddo Harry per lo sforzo immane di non fissarla, e quando ruotò la testa in direzione dei divanetti per constatare lo stato di Hermione, il suo cuore perse un battito.

« Harry? » lo chiamò in preda al panico. Il bambino sopravvissuto, che aveva ceduto alla tentazione di dare un'occhiatina – trasformatosi subito in ipnosi – al decoltè dell'amica, temette subito di essere stato colto il flagrante, e la sua sudorazione aumentò esponenzialmente.

« Eh? Cosa? » domandò spaventato. Gli avrebbe messo le mani addosso – e non come voleva lui, se lo sentiva.

« Dov'è finita Hermione? »

Harry, vedendo la brutta piega che aveva preso la serata, si ritrovò a rimpiangere di non aver ascoltato la sua migliore amica, e rimanere in camera propria.

 

 

 

Se avesse voluto maggiormente piangere, o correre via strappandosi i capelli, era ancora una decisione incredibilmente ardua per Daphne Greengrass. Draco era irremovibile: il suo cuore batteva solo ed esclusivamente per la Granger, le avrebbe portato quel maledetto bicchiere (che non aveva osato poggiare sul tavolo nemmeno per un secondo), e poi sarebbero fuggiti insieme verso dove il loro passionale amore li avrebbe condotti, vale a dire la camera da letto. Forse, valutò, quelli che avrebbero avuto più motivo di farsi prendere da una nera disperazione erano Zabini e Nott, oltre che i poveri coniugi Malfoy; già si immaginava le loro reazioni quando, reggendo tra le braccia un mostricciattolo urlante concepito con una sangue sporco, il giovane Draco avrebbe bussato al loro sontuoso portone, chiedendo qualche galeone in più per comperare una culla intarsiata d'oro e d'argento. Probabilmente il biondo Serpeverde avrebbe dovuto seppellire i suoi in un futuro molto prossimo – nove mesi, per l'esattezza.

Non appena aveva elaborato il concetto che, comunque fosse andata, la sorte peggiore non sarebbe in alcun caso toccata a lei, ecco la Granger saltellare allegra al fianco di Draco.

 

« Draco, ti ho aspettato a lungo » civettò Hermione aggrappandosi al braccio libero del ragazzo. A Theodore si accapponò la pelle davanti quella scena, e sentì chiaramente i capelli rizzarsi quando la Grifondoro si mise sulle punte per baciare il suo amico; il lato del labbro si mosse da solo come in un tic, dipingendogli sul viso un'espressione disgustata.

« Scusami, mi ero fermato a parlare con i miei amici. Ecco a te il tuo idromele, tesoro mio, vedrai che è miracoloso »

In una sola frase c'erano ben tre parole che, nessuno dei tre Serpeverde presenti, aveva mai udito venir pronunciate da Malfoy: “scusami” e “tesoro mio”.

Hermione afferrò il bicchiere, bevve un paio di sorsi, posò gli occhi sui tre ragazzi in stato di shock davanti a lei, e gli sorrise candida.

« Di cosa stavate parlando di bello? » domandò a Draco appoggiandosi a lui come a volersi far reggere. Malfoy sentì l'impellente bisogno di grattarsi il naso, ma non lo fece solo per poter poggiare la mano libera sulla guancia della caposcuola che stringeva a sé con il braccio sinistro.

« Del nostro amore, mia amata »

Daphne cominciò a sentirsi piuttosto accaldata, e per evitare che il suo viso si arrossasse, estrasse il suo antichissimo e costosissimo ventaglio dalla borsetta bianco latteo.

« Draco, ti prego: ragiona » lo supplicò Zabini con voce grave.

« L'ho fatto, Blaise, ho ascoltato il mio cuore, e il mio cuore mi dice che Hermione è la donna della mia vita »

Daphne singhiozzò disperata, sentiva di prediligere quasi la follia di Pansy. A proposito della sua ex psicopatica, non potè fare a meno di domandarsi che fine avesse fatto, ora che servivano le sue fatture.

« Dovremmo sposarci »

« No! » strepitò Theodore, « Draco, fino a mezz'oretta fa la odiavi! »

« E adesso ci amiamo » sospirò lui sognante. Il terribile prurito si era esteso a tutto il viso, ma ancora non era sufficientemente fastidioso da farlo cedere.

« Andiamo a farci un giro? » gli domandò Hermione con il tono di una bambina.

« Dove vuoi tu, mia cara »

« Draco, per piacere... » lo pregò Theodore.

« Noi andiamo, allora. Ballate anche per noi » si rivolse Draco ai suoi amici.

Daphne agitò con ulteriore furia il suo preziosissimo ventaglio, e Theodore sembrava congelato sul posto. Il biondo e la ligia caposcuola si allontanarono, circondati da un vociare crescente e sguardi interessati.

I piccoli ingranaggi nella mente di Zabini cominciarono a vorticare furiosamente; guardò quel che ne rimaneva del suo vecchio amico Malfoy, poi l'espressione traumatizzata di Daphne, Theo che aveva sentito la necessità di appoggiarsi al muro, un Grifondoro versarsi una generosa dose di idromele nel bicchiere.

“Ecco a te il tuo idromele, tesoro mio, vedrai che è miracoloso”

Oh santi numi!

L'idromele

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Capitolo 9
*** The third kind ***


L'avevano persa, non si capacitavano di come fosse potuto accadere. Un attimo prima era lì, seduta sul divanetto con gli occhietti vuoti, e quello dopo era misteriosamente scomparsa.

Se Hermione non gli avesse ripetuto centinaia di migliaia di volte che non era possibile farlo all'interno di Hogwarts, Harry avrebbe giurato che la ragazza si fosse smaterializzata. Si mise le mani nei capelli, sedendosi dove qualche secondo prima, forse minuto, la sua amica aveva riposato le gambe coperte dalla flanella.

Voleva mettersi ad urlare per la frustrazione. Osservò Ginny camminare avanti e indietro davanti a lui, mentre si rosicchiava l'unghia del pollice con un'espressione ansiosa.

« E adesso? » gli domandò la rossa. Harry fece scorrere lo sguardo sul suo profilo snello.

« Andiamo a cercarla » fu l'ovvia risposta.

« Non ci avevo proprio pensato! » gli rispose ironica, fermandosi e allargando le braccia, « non parlavo solo di ritrovare Hermione »

« E di cosa, allora? »

« Di tutto! Malfoy potrebbe anche avermi scagliato contro la maledizione Imperius per farmi portare il bicchiere contenente la pozione ad Hermione; adesso lei ragiona come Lavanda Brown ed è innamorata pazza di lui; è scappata chissà dove, chissà da quanto, per ritrovarlo. A quest'ora potrebbero essere ovunque » strepitò lei, ricominciando a camminare qua e là. Se avesse continuato ancora un po', osservò Harry, avrebbe senz'altro scavato una scia con le sue orme sul pavimento.

« E' un disastro, un completo disastro! E se fossero andati nei sotterranei? Come faremo a riportarla in camera? Ma soprattutto, come lo diciamo a Ron?! »

« Dirmi che cosa? »

Ginny si congelò sul posto, non osando voltare il capo in direzione del fratello.

« Dirmi che cosa, Ginny? » domandò nuovamente lui. Lei si girò per guardarlo, e lanciò un'occhiataccia al suo ragazzo; quest'ultimo sollevò le spalle, come a dire “che potevo farci?”.

Ron, ancora in attesa di una risposta che voleva a tutti i costi sapere, osservò come la sorella cominciasse a boccheggiare come un pesciolino fuor d'acqua.

« Harry, cosa dovete dirmi? » domandò poi al suo migliore amico. Harry aprì la bocca e la richiuse, proprio come Ginny.

Dunque, da dove cominciare.

« Pensiamo che Hermione abbia bevuto senza volerlo un filtro d'amore » disse lui.

« Cosa?! »

« Sì, beh, questo spiegherebbe molte cose » riflettè meditabondo Dean. Ginny lo fulminò con lo sguardo.

« Cosa c'è? »

« Avevi un solo compito da svolgere! » lo rimproverò lei.

« Voleva tornare indietro ad ogni costo, che avrei dovuto fare? »

Ginevra Weasley sbuffò, incrociando nuovamente le braccia al petto. Harry si obbligò a guardare solo il portiere di quidditch, in piedi davanti a lui.

« E quando sarebbe successo? » chiese lui innervosito.

« Ecco... »

Ora sì, che si trovava in difficoltà a dosare le parole.

« Harry? »

Forse non c'era un modo carino, né tanto meno uno delicato che non facesse scoppiare una seconda guerra magica che, in confronto, l'opera di Voldemort era una banale lite tra ragazzini. Harry fece un respiro profondo.

« Pensiamo che Malfoy abbia convinto Ginny a portarglielo mentre era sotto effetto di un Imperius »

Ecco, aveva appena sganciato la bomba. Ginny, alle spalle di Ron, si prese la testa tra le mani; Dean Thomas le si avvicinò, tentò di circondarla con le braccia me lei lo scacciò via.

La percezione del tempo di Harry si distorse, risultando molto più lenta di quello che era in realtà. Potè osservare con orrore l'espressione del suo migliore amico mutare dal fastidio, all'angoscia, alla preoccupazione, e infine all'ira.

 

 

 

 

Blaise a malapena udì lo scambio di battute tra la bionda Serpeverde ad un fianco, e Theodore Nott all'altro.

Era stato cieco – erano tutti stati ciechi – a non notare subito i sintomi di una pozione d'amore.

« Siamo degli imbecilli » disse con lo sguardo fisso sul ragazzo intento a versarsi nel bicchiere l'idromele. Loro, membri di una casa nota per l'astuzia e l'intelligenza, si erano soffermati a guardare il povero Draco delirante, senza collegare l'insolito comportamento a qualche arteficio.

« Oddio, sta impazzendo anche lui » si preoccupò Theo.

« Speriamo di no, ci manca solo che inizi a struggersi per qualche altra rovina, come la piattola Weasley o Lunatica Lovegood » singhiozzò Daphne.

Blaise la guardò scocciato.

« No, io sono sicuro di non aver bevuto alcun filtro d'amore » rispose lui.

« Che filtr- » Daphne non terminò la frase. Si portò la mano curata alla bocca per lo shock, e guardò l'amico a occhi sbarrati.

« Non può essere »

« Eppure è successo »

« E quando l'avrebbe bevuto, scusami? » gli domandò Theodore.

« Era nell'idromele che gli ha offerto Tiger » rispose Blaise portando le mani ai fianchi, e indicando con un gesto della mano il tavolo.

I due rimasero in silenzio, guardando l'amico alzare gli occhi al cielo, maledicendosi per non esserci arrivato subito.

« Aspetta, aspetta » intervenne poco dopo Daphne, « una pozione d'amore lega una persona a quella che gliel'ha somministrato, e fidatevi che conosco alla perfezione l'argomento »

« Ne hai già usata una? »

« Certo che sì, ne ho comprata una da quattro soldi da quei poveracci di gemelli Weasley, e l'ho usata su Terence Higgs » replicò Daphne melliflua, « E come avete potuto constatare tutti, ha funzionato alla perfezione »

Theodore ci pensò su.

« Ora si spiega come mai ti abbia adorata per un giorno interno »

« E vi assicuro... » continuò lei, « che in quell'occasione sia stata io a a farglielo finire “per sbaglio” nel succo di zucca che ha bevuto a colazione. Con l'inganno »

« Ma con questo ragionamento Malfoy si sarebbe dovuto scoprire omosessuale. Blaise? »

« Non me lo spiego. So che c'è di mezzo un filtro, ma non capisco come mai lui si sia innamorato della Granger e non di Tiger »

« Sarebbe stato decisamente meglio vederlo limonare con Tiger, piuttosto che con la Granger » commentò Theodore cupo.

« Certo che avete una mente chiusa, voi due » li rimproverò Daphne, « si vede che non avete mai avuto a che fare con questo genere di intrugli »

« Perchè, evidentemente, noi non ne abbiamo bisogno » le rispose Theo.

Daphne, sentendosi punta nell'orgoglio, pestò i piedi a terra arrabbiata.

« Nemmeno io, ma quel tonto di Higgs pensava solo al quidditch, e non recepiva mai nessun messaggio, e... » si zittì. Sentiva che le sue guance stavano tornando rosse e il sangue le stava affluendo alla testa; riprese a sventolarsi con il ventaglio, traendo piacere dal leggero spostamento d'aria fresca che le accarezzava la pelle. Si calmò in poco tempo.

Fece un respiro profondo.

« Comunque, i filtri d'amore non sono tutti uguali, e non tutti profumano come l'amortentia »

I due ragazzi la guardarono ottusi.

« Vedete, non con tutti è necessario che chi vuol trovare una brutta copia dell'amore sia presente fino alla fine. Con alcuni può bastare anche solo l'atto di versarlo in un bicchiere e, se è incolore e inodore, la vittima non si accorge assolutamente di niente »

« Secondo te la colpevole è la Granger? »

Daphne annuì con sguardo fiero.

Theodore, tuttavia, era ancora molto dubbioso riguardo quella teoria.

« Ma che ragione avrebbe avuto per fare una cosa del genere? E come avrebbe fatto a convincere Tiger a farle da tramite? »

« Alla seconda domanda posso rispondere con una veloce e semplice fattura: confundus. La prima è davvero idiota » commentò acidamente Daphne, « Tu perchè bevi? O perchè respiri? »

« Sai, Theo, penso che il ragionamento di Daphne non sia del tutto folle » ammise Blaise, « probabilmente la Granger covava dei sentimenti per Draco, e ha deciso di agire rifilandogli una pozione. E non dimentichiamoci che lui già sospettava che stesse cercando di farlo diventar matto »

« E ci è riuscita, alla fine » constatò amaramente Daphne.

« Cosa facciamo ora? » domandò Blaise, con lo stesso umore di una persona che ha appena subito un lutto.

« Come sarebbe a dire “cosa facciamo ora”? Andiamo a cercarli! » esclamò indignato Theo.

 

 

 

 

In quel preciso istante, i due caposcuola erano improvvisamente diventati i ragazzi più ricercati del castello; una caccia all'uomo non molto differente da quella indetta per Sirius Black, quando costui si era furbamente trasformato in animagus per sfilare sotto al naso dei dissennatori senza venir acciuffato.

Per essere precisi, avevano ben sei ragazzi alle calcagna, il settimo – ovvero Dean Thomas – aveva fatto un passo indietro, temendo che uno dei due amanti avrebbe potuto togliere ulteriori punti alla casa se solo avesse aiutato a separarli; in effetti, se avessero alleggerito di venti punti ciascuno tutti i presenti, i Grifondoro ne avrebbero perso ben ottanta nel giro di dieci secondi scarsi.

 

La stanza delle necessità venne perlustrata da cima a fondo; dalla zona in cui a Ginny era presumibilmente stata scagliata la maledizione, a quella in cui Hannah Abbott aveva assistito Hermione, a quella in cui alcuni Serpeverde avevano quasi fatto scoppiare un altro duello, non molto tempo prima. Vennero controllati anche quegli angoli angusti e bui dove, nessuno che non sia accompagnato dalla propria dolce metà, penserebbe mai di ficcarsi.

Ronald Weasley, oltre ad essere preoccupato per la propria ragazza – che sentiva sempre meno tale – era a dir poco furibondo con Malfoy, che non solo si stava approfittando di una momentanea debolezza della caposcuola, ma in più aveva osato anche scagliare una maledizione senza perdono a sua sorella. Avrebbe mandato a quel paese la magia e gli sarebbe saltato al collo, non appena se lo fosse trovato davanti; proprio come aveva fatto suo padre al Ghirigoro, al secondo anno, quando aveva preso a pugni Lucius Malfoy.

 

Quando si resero conto che, dei due amanti, non c'era più traccia nella stanza delle necessità, si fecero prendere dal panico e si precipitarono verso l'uscita. Nell'affanno di farsi strada tra i numerosi festaioli e di raggiungere il portone, Harry si scontrò con qualcuno che, decisamente, avrebbe preferito non incontrare: Blaise Zabini.

Tra i due – essendo uno il designato salvatore del mondo magico, e uno dei tanti che lo avrebbe spedito in infermeria stregando un altro bolide l'altro – non scorreva buon sangue già da tempo, ma alla luce dei fatti di quella sera, non poterono non provare un forte astio.

Si guardarono a vicenda non nascondendo il disprezzo che provavano, in completo silenzio, senza nemmeno più pensare che – presumibilmente – Hermione e Draco erano stati ingannati l'uno dall'altro caposcuola. Fu la voce squillante di Daphne a spezzare il loro contatto visivo.

« Voi! »

Una freccia scagliata nella direzione dei Grifondoro che fece sobbalzare tutti quanti.

« Scommetto che qui c'è anche il vostro zampino, nevvero? »

Ron, forse il più imbestialito dei sei, si sentì subito infastidito dal tono belligerante della ragazza e dal suo farneticare senza senso.

« Di cosa staresti parlando?! »

Insomma, il suo amico gli aveva appena soffiato la ragazza con una pozione d'amore e – per quanto tra loro due le cose stessero traballando pericolosamente – si sentiva comunque in dovere di prendersela.

« Oh, non fare il finto tonto, Weasley » replicò indignata Daphne.

« La Granger ha in qualche modo convinto Tiger a rifilare a Draco un filtro d'amore » si intromise con durezza Theodore, vedendo che la bionda

Serpeverde stava girando troppo attorno al cuore del problema.

« Che cosa?! » si infastidì Ginny, « Hermione avrebbe sedotto Malfoy?! Voi siete matti! »

« Piuttosto è il vostro amico ad averla fatta grossa! » esclamò Ron puntando il dito contro i tre ragazzi davanti a lui.

« Un Imperius! Potrebbe venir spedito davanti al Wizengamot! » singhiozzò Ginny allargando le braccia.

« Se lo trovo lo uccido » montò sempre più arrabbiato Ron.

« Siete fuori di testa! Draco è sempre rimasto con noi! »

L'idea che, forse, entrambi i gruppi potessero essere saltati a conclusioni affrettate iniziò a diffondersi. Blaise guardò in silenzio i suoi acerrimi nemici, con uno sguardo non più astioso, ma bensì pensieroso.

« Draco ha cominciato a dare di matto non appena ha bevuto un bicchiere di idromele » disse con calma. Ginny lo guardò dritto negli occhi scuri, e con estenuante lentezza proferì:

« Hermione dopo aver bevuto della burrobirra che io stessa le avevo portato »

Le soluzioni precedentemente proposte non coincidevano palesemente. Secondo le loro conoscenze, i due caposcuola avrebbero dovuto bruciare di passione corrispondentemente per Ginevra Weasley e Vincent Tiger.

Blaise incrociò le braccia al petto; il loro problema era ancora lì, e si sbellicava dalle risate alle loro spalle.

 

 

 

Draco Malfoy ed Hermione Granger erano seduti in modo scomposto contro un muro del quarto piano, ridacchiando al buio e scambiandosi continuamente baci. Il fastidiosissimo prurito che il Serpeverde aveva cominciato a provare sul volto, si era trasmesso alle braccia, e non aveva resistito a grattarsi.

Hermione, invece, era convinta di essere arrossita per l'emozione, perchè sentiva le guance in fiamme; stranamente, contrariamente a quanto successo nelle precedenti e innumerevoli volte, anche il suo naso bruciava come se scottato.

 

 

« Abbiamo preso un granchio » decretò Blaise, « Daphne, cosa dicevi a proposito dei differenti tipi di pozione d'amore? »

La Greengrass, con un'espressione allucinata, sollevò gli occhi blu sull'amico.

« Ne esistono di diversi. Un primo... » e alzò l'indice per contare, « funziona solo se lo offri tu stesso alla vittima »

« Un secondo... » il medio imitò l'indice, « fa effetto anche se incarichi qualcun altro di farlo bere a chi vuoi conquistare »

Daphne chiuse gli occhi e sospirò profondamente.

« A quanto pare, un terzo... » e sollevò anche l'anulare « fa il suo dovere solo se entrambe le persone lo ingeriscono »

Avevano fatto tutti un madornale errore, un enorme buco nell'acqua.

Ron, dopo aver udito ciò, sentì il proprio cuore rallentare i suoi battiti. Provava sempre un briciolo di rancore verso i due caposcuola, ma adesso che aveva capito di non poter arrivare al responsabile di tutto di sentiva immensamente frustrato.

« E adesso? Come facciamo a sapere dove sono finiti? O che effetti avrà su di loro questa pozione? » domandò spaventato Harry.

« Non lo sapremo mai finchè non si palesano. Non avevo mai visto questo ultimo tipo, quindi non ho idea né di quanto durerà, né di come cambieranno le cose dopo questa sera » rispose triste Daphne.

« Ma perchè siamo ancora fermi qua?! Hermione e Malfoy sono là fuori, chissà dove, con il cervello in pappa, dobbiamo ritrovarli prima che facciano qualcosa per cui finiranno per pentirsi! » strepitò Ron, già indirizzandosi verso l'uscita.

 

 

 

Draco stava accarezzando i capelli crespi di Hermione, con il capo poggiato sulla sua spalla. Si inebriava del profumo alle ciliegie del suo shampoo, e cercava in tutti i modi di resistere al prurito – sempre più insistente – che cominciava ad avvertire su tutto il corpo. Da qualche minuto gli sembrava addirittura che le pareti attorno a lui vorticassero furiosamente, facendogli venire i capogiri.

Hermione, silenziosa e accoccolata contro il Serpeverde, aveva come la sensazione di rischiare di vomitare tutta la cena da un momento all'altro.

« Finalmente ti ho trovata » sussurrò Draco. Hermione intrecciò le dita con quelle del ragazzo.

« Non lasciamoci più » replicò lei.

Era normale che il viso le sudasse in quella maniera? Le era già successo? A dire il vero non se lo ricordava, ma fatto stava che la sua pelle era costantemente umidiccia – nonostante se la asciugasse con il dorso della mano in continuazione.

« Dovremmo sposarci » ripeté lui, « e voglio tanti bambini »

Hermione emise un verso che, alle orecchie del ragazzo, parve incredibilmente somigliante alle fusa di un micio affettuoso. Si liberò della stretta della ragazza e con il pollice e l'indice le sollevò il viso per baciarla e, prima di serrare le palpebre, la vista lo ingannò: per un istante gli parve di vedere il viso della Grifondoro di un raccapricciante color blu – indaco, se proprio voleva essere preciso. Ebbe quasi la tentazione di ritirarsi e guardarla meglio, ma pensò che si fosse tutto trattato di una mera illusione ottica dovuta alla debole luce che penetrava dalle finestre, o al suo profondo amore per lei – a quanto pareva, il vero colore della passione era il blu, e non il rosso come tutti credevano.

Le portò il pollice sulla guancia, per invogliarla a schiudere le labbra e approfondire il loro bacio. Quando questo terminò, la lingua di lui corse a lambire le proprie labbra per risentire il sapore di lei. E fu allora che lo rivide: il colore blu. Anzi, ora che lo guardava meglio era più tendente al viola. Con lo sguardo allucinato allungò una mano verso il viso di lei per sfiorarla, e quel che gli apparve sotto agli occhi giustificò l'urlo poco virile che gli uscì dalle labbra.

Delle orribili, disgustose, inguardabili pustole verdi sulla sua delicata e bianca pelle.

 

 

 

Due bacchette abbandonate al suolo: una di legno di vite, l'altra di biancospino.

« E' di Hermione, questa qui » disse Harry, osservando le venature che circondavano la bacchetta dell'amica.

« Beh, dubito che possano essere di qualcuno che non siano la Granger e Draco » commentò Blaise, riponendo in tasca quella del Serpeverde.

Ripresero la loro marcia, percorsi dall'irrefrenabile voglia di ritrovare i due ragazzi anche se, Daphne più di tutti, temeva che gli sarebbe toccato perlustrare anche tutti quei magici e silenziosi luoghi dove le coppiette erano solite imboscarsi (le camere, il bagno dei prefetti, la torre di astronomia e, come aveva fatto lei con Terence Higgs, la guferia). L'unica magra consolazione consisteva nel poter scartare con assoluta sicurezza la stanza va e vieni.

Ora che i tre Serpeverde e i tre Grifondoro si erano imposti un obiettivo, non si curavano nemmeno di essere in compagnia del nemico. Non un insulto, non una critica velata, non un'occhiataccia, era stato lanciata all'altra casa; i sei studenti stavano collaborando in tranquillità, mettendo da parte tutti i loro dissapori.

 

I corridoi del castello erano bui e vuoti, animati solo dalle lamentele di qualche quadro a causa del fascio di luce emesso dalle sei bacchette.

« Abbassa quella cosa, ragazzo » berciò l'immagine di un duca deceduto nel lontano 1600 in direzione di Theodore.

« Sì, sì, certo » replicò lui senza ascoltare l'ordine impartitogli, « ci manca solo che io mi piega al volere di un ammasso di vernice e pergamena »

Erano in giro da un po', forse mezz'ora, quando una figura lattiginosa gli volteggiò davanti. Aveva l'aria cupa, e proprio come l'aveva visto in passato Harry Potter, si aggirava tutto pensieroso, bofonchiando tra sé e sé.

« ...come se avessi deciso io di farmi decapitare in maniera così grossolana »

Ginny, dopo un primo momento in cui si limitò ad osservare il fantasma di Nick-quasi-senza-testa con la bocca aperta, saltellò in avanti per farsi notare – così avrebbe potuto chiedergli se almeno lui avesse una minima idea di dove fossero i due avvelenati.

« Buonasera, Nick »

Il fantasma sobbalzò, facendo ondeggiare pericolosamente la sua testa, ancora attaccata al resto del corpo solo grazie ad un centimetro e mezzo di carne. Li guardò stralunato, come se non credesse ai propri occhi.

« Ginevra Weasley? E tutti voi? Cosa ci fate in piedi a quest'ora? » socchiuse le palpebre per vederci meglio, « e perchè siete vestiti così? Non ditemi che avete preso parte alla festa clandestina di cui si vociferava »

Daphne sollevò gli occhi al cielo; se non fosse stato un uomo morto da cinquecento anni, avrebbe giurato che si trattasse banalmente della Granger trasfigurata.

« Sì, la prego, non chiami nessuno » lo implorò lei.

« Questa è proprio una pessima serata » si lamentò l'uomo.

« Sì, non lo dica a noi » borbottò Ron scocciato.

« ...prima passo dieci minuti a cercare di convincere Peeves a non rovesciare un secchio di bava di lumaca addosso ai nuovi alunni, poi devo correre a chiamare il barone sanguinario perchè ogni mio avvertimento si è rivelato vano; gli altri spettri non demordono dal deridermi per la mia testa quasi-mozzata, e due caposcuola si comportano come dodicenni pazzi d'amore » continuò a lagnarsi Nick-quasi-senza-testa.

Tutti sgranarono gli occhi. Qualcuno li aveva visti.

Harry Potter fece un passo avanti.

« La prego, ci dica che ha visto dove sono andati »

« Oh, giovane Potter, io non ne ho idea » gli rispose il fantasma con rammarico, « posso solo dirti che mi è parso di vederli diretti verso i piani inferiori »

I piani inferiori. Dire che ai tre Serpeverde si raggelò il sangue era minimizzare il tutto. Blaise già si vedeva mentre, entrando in camera sua, si ritrovava davanti alla Granger e il suo ormai-ex-amico (perchè dopo un fattaccio del genere difficilmente gli avrebbe ancora rivolto la parola) intenti a fare sesso, magari proprio sul suo letto, tanto per rendere ancora più drammatica la situazione.

« Grazie mille! Ora, se non le dispiace, dovremmo cercare i nostri amici » lo liquidò Ginny, afferrando per un braccio Harry e defilandosi in direzione delle scale.

 

Stavano correndo a perdifiato, quando Peeves il poltergaist gli sfrecciò davanti cantando allegramente a proposito di una nata babbana e di un purosangue ricco sfondato. Nell'immaginario di tutti si era ormai tristemente depositata l'idea che la Grifondoro avesse seguito il biondo Serpeverde nei sotterranei. Erano ancora al quarto piano

« Magari non è come pensiamo » disse Harry per calmare il suo migliore amico.

« Oh, ne dubito. Non dimentichiamoci che è pur sempre sotto l'effetto di una pozione » intervenne Ginny.

« Ci mancava solo questa » commentò Daphne.

« State zitti e correte, in questo momento potrebbero anche star già... »

Un urlo femminile rimbombò per i corridoi bui. I sei ragazzi si bloccarono sul posto, e si scambiarono una serie di sguardi.

Quello strillo doveva per forza di cose appartenere a Hermione. 

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Capitolo 10
*** Gossip in the hallway ***


Quando Minerva Mcgranitt si sentì convocare, nel cuore della notte, in tutta fretta, le passò per la mente ogni genere di scenario: che un alunno avesse tentato un'improbabile fuga nella foresta proibita, che Gazza avesse dato di matto dopo che alla gatta fosse venuto un infarto (vecchia com'era, nessuno si sarebbe meravigliato troppo), o addirittura che Hogwarts fosse sotto attacco. Si era diretta, stringendo al petto la vestaglia a trama scozzese per non prendere freddo, al primo piano, temendo che l'ennesimo party illecito – mascherato in banali bisticci tra studenti, quando qualcuno si presentava con un occhio nero, o in una semplice indigestione quando si accusava nausea di massa – avesse mietuto altre vittime. Assottigliò le labbra al solo pensiero: nessuno, a parte lei, sembrava vedere quelle festicciole come un'erbaccia da estirpare. E così, da anni ormai, le toccava tacere e chiudere un occhio, facendo finta che le attività degli studenti dell'ultimo anno fossero perfettamente nella norma.

Quando poi, ormai a poche centinaia di metri dall'infermeria, aveva incrociato Severus Piton, si era decisamente convinta che, quella volta, si trattasse di una scazzottata tra case rivali.

« Severus » lo salutò con riverenza, « Ci troviamo qui per l'ennesima lite, a quanto pare » accusò la donna.

« Così sembra » proferì con lentezza l'uomo.

Camminarono frettolosamente verso il portone già spalancato, dove una preoccupata Poppy Chips, si guardava attorno con impazienza. Non appena vide le due figure delinearsi nell'oscurità, gli corse incontro, spronandoli ad affrettare ulteriormente il passo, senza badare al tono di voce.

« Veloci, veloci! Ci sono due studenti avvelenati! »

Minerva seguì la curatrice stringendo con più forza la vestaglia per l'angoscia. Dei lamenti riempivano la stanza, altrimenti silenziosa.

« Li ho trovati proprio qua davanti. Ho provato a somministragli un antiveleno generico, ma è stato come dargli da bere un bicchiere di succo di zucca » si affannò Madama Chips.

Severus Piton si stava avvicinando con lunghe falcate alla curatrice, mostrando un'espressione impassibile.

« Ho spedito subito un gufo d'urgenza al San Mungo, ma se entro trenta minuti non mi rispondono mi vedo costretta a usare il camino »

« Non credo ce ne sarà bisogno » sillabò Piton, « vado subito a prendere i Bezoar che abbiamo tra le scorte » si voltò di scatto facendo frusciare il mantello, e camminando fiero verso l'uscita.

« Ma, insomma, Poppy: chi sono questi due? » domandò con impazienza la Mcgranitt.

« Ecco... »

« Draco! Dove sei? Non riesco a muovermi! » si lamentò Hermione alzando di molto la voce. Da dietro una tenda bianca, una trentina di bollicine arcobaleno volarono verso il soffitto. La capo casa di Grifondoro impallidì; Piton, ad appena una manciata di passi dal portone, si impietrì all'istante.

 

 

 

 

Una lunghissima notte era appena trascorsa. I due caposcuola, dopo essere stati ritrovati in condizioni a dir poco terrificanti, erano stati condotti davanti alla porta dell'infermeria.

Era stata una decisione difficile, fin troppo drastica e avventata per i Serpeverde, abituati a gestire da soli i propri problemi.

Hermione Granger – con il viso viola – e Draco Malfoy – ricoperto da bitorzoli verdastri – rappresentavano lo spettacolo meno atteso dai sei studenti.

In un primo momento, Blaise aveva insistito affichè entrambe le fazioni si portassero via i due ragazzi – o almeno quel che ne restava di loro – tentassero di scagliargli qualche incantesimo che avrebbe potuto porre rimedio al disastro e, se proprio non avesse funzionato, rivolgersi a madama Chips. Ma quando il rampollo di casa Malfoy aveva iniziato a miagolare, al posto di parlare come tutti gli esseri umani, e Hermione non poteva aprir bocca senza far fuoriuscire delle bolle colorate, fu chiaro a tutti che, quanto gli si presentava davanti, si trattava di un caso molto al di fuori delle loro competenze.

Li avevano trasportati con molta fatica, essendo costretti a fermarsi ogni trenta passi a causa di effetti collaterali ben peggiori – come ad esempio gambe molli o frequente perdita dei sensi – e quando si trovarono alla gioiosa distanza di venti metri dal portone della salvezza (o della condanna), si presero qualche secondo per bearsi della vista. Una volta raggiunto si presentò un ulteriore problema: erano tutti vestiti da sera.

Sarebbe stato complesso, soprattutto per i Serpeverde, ai quali nessuno credeva mai – spergiurare che i costosi abiti eleganti fossero in realtà dei pigiami.

 

Hermione e Draco vennero abbandonati dinnanzi all'infermeria come orfanelli nel lontano anno mille davanti ai conventi. Infatti, invece che accompagnarli dalla guaritrice e spiegarle la situazione, i sei studenti si erano limitati a prendere a calci la porta e a fuggire a perdifiato per salvarsi.

 

 

 

 

L'indomani, quando tutti gli altri Serpeverde si erano diretti in sala grande, portando con sé il sommesso vociare a proposito di quello scoop così succulento, Daphne, Theodore e Blaise, avevano preferito fermarsi in sala comune qualche minuto in più.

Si erano seduti attorno al camino nel più completo silenzio. Guardavano con sguardi allucinati le fiamme scoppiettanti avvolgere la legna, bruciarla, e renderla cenere grigia. Non muovevano un muscolo, nemmeno sbattevano le palpebre, nella perfetta imitazione di una statua inanimata.

Fu Theodore a rompere l'inquietante quiete creatasi.

« Tu lo sapevi » disse rivolto a Daphne, senza staccare gli occhi dalla lingua di fuoco nel sontuoso camino.

« Eh? »

« Tu lo sapevi, l'hai detto il secondo giorno di scuola »

La posizione composta trasmetteva rigidità, le braccia giacevano immobili sulle loro gambe.

« “Divinazione non è una scienza esatta, ma prevedo una sorte deprimente come finire a pomiciare con la Granger” » recitò lui.

« E a me avevi detto che non avrei trovato nessuna ragazza alla festa, e così è stato » intervenne Zabini, muovendo a malapena le labbra carnose.

« Sei rimasto da solo perchè mi sei stato attaccato al culo tutto il tempo » replicò acidamente Daphne.

Silenzio.

L'unico rumore che era possibile udire era lo scoppiettare delle fiamme, e i passi leggeri di alcuni studenti ritardatari.

 

 

 

 

Pansy Parkinson era stata tra i primi a raggiungere il tavolo della sua casata, non incrociando gli occhi di nessuno. Aveva i capelli scompigliati, l'espressione disperata e degli aloni di mascara e ombretto nero le sporcavano le occhiaie violacee e le palpebre stanche. Qualche sguardo curioso l'aveva seguita e, per far desistere i ficcanaso, la ragazza non si era fatta alcun problema ad abbaiargli contro i più fantasiosi insulti che le passavano per la mente.

Si lasciò cadere pesantemente sulla panca di legno, e esausta per la nottata passata a tormentarsi, poggiò la fronte sui palmi aperti della mano. Millicent Bulstrode le si avvicinò non molto dopo, e gettò sul tavolo una bustina di tisana snellente.

Come aveva potuto essere così sciocca? L'aveva ingollata tutta in un sol sorso e, giustamente, lei aveva rovinato il suo piano perfetto abbandonando stupidamente il bicchiere corretto per recuperare un'inutile boccettina. Dopo il secondo svenimento, dopo che la sua fedele amica si fosse accorta del suo corpo esanime e che le avesse mosso la cortesia di farla tornare a camminare – seppur in maniera malferma – sulle proprie gambe, si era precipitata nei sotterranei e aveva gettato nel camino l'ampolla; vedendo che questa stentava a sciogliersi, aveva preso a scagliarle contro incantesimi di ogni tipo, affinchè le fiamme aumentassero di volume.

Dei cento galeoni peggio spesi della sua vita, non ne era rimasto nemmeno un granello di polvere.

« Vuoi un po' del mio the post-notti-brave? L'ho comprato da Green Hearth l'ultima volta che siamo andati a Hogsmeade »

Pansy le lanciò un'occhiata senza, tuttavia, fornirle risposta.

Se non fosse consapevole di essere l'unica colpevole per quella disfatta, si sarebbe precipitata da Magie Sinister per farsi sentire.

Millicent scrollò le spalle, si spostò i capelli dal collo, e adagiò all'interno della propria tazza una bustina dal colore violaceo.

« Che hai intenzione di fare adesso? » le domandò versandoci dell'acqua, per far sì che l'infuso si liberasse.

« Non lo so, non avevo previsto un simile disastro » Pansy parlava come una donna in hangover. Il piatto davanti a lei non era ancora stato toccato.

Un numero sempre più maggiore di studenti si voltò a guardarla.

« Avresti dovuto fare una scelta più furba. Nulla di buono esce quando si ricorre alla magia oscura » la riprese Millicent. La ragazza estrasse la bacchetta, la puntò contro la tazza di ceramica, e sussurrò un incantesimo; una sbuffata di vapore acqueo si sollevò, e il contenuto del piccolo involucro rilasciò una sostanza verdastra. Un odore simile alle uova marce invase le narici di Pansy, che fece scattare la mano verso il proprio naso.

« Guarda Piton, è livido » disse poi Millicent, notando l'espressione del professore.

 

Piton, effettivamente, aveva un colorito poco rassicurante, e le sopracciglia corrucciate in un perenne cipiglio disgustato. Poco più in là, la professoressa Minerva Mcgonagall era talmente tanto in collera da storcere le labbra, facendole diventare sottili come non erano mai state viste.

 

« Ho sentito dire da Astoria Greengrass, che l'ha sentito da un ragazzino del terzo anno di Tassorosso, che a sua volta l'ha sentito da Calì Patil, che l'ha sentito da Lavanda Brown, che ha parlato con alcuni malati, presenti quando sono arrivati » e qui fece una pausa per riprendere fiato, « che la Granger e Draco sono conciati molto male – avvelenati, a quanto si vocifera – e che Madama Chips ha fatto una corsa fino al San Mungo »

D'accordo, l'aveva combinata proprio grossa.

 

 

 

Era parecchio indeciso sui suoi sentimenti. Non riusciva a decidere se si sentisse più ferito o dispiaciuto.

Stava guardando la ragazza stesa su una branda, avvolta da candide coperte di lana; era ancora vestita con il suo pigiama di flanella, ma si sarebbe sorpreso maggiormente di vederla con addosso i suoi abiti normali o la divisa scolastica.

Accanto a lui, Harry Potter osservava con le braccia incrociate la caposcuola, costretta al letto da un sonnifero. A distanza di una sottile tenda di lino, Malfoy versava nelle stesse identiche condizioni. Era stata una soluzione necessaria ad evitare che l'infermeria non si trasformasse in un covo d'amore, e che le urla strazianti dei due amanti divisi non disturbassero gli altri degenti.

Il viso della ragazza era ancora viola, e la pelle del Serpeverde ricordava ancora una catena montuosa coperta di vegetazione. Più li guardava, più gli sembravano disgustosi.

Un via vai di curiosi si divertiva ad andare da Madama Chips accusando malori insignificanti, giusto per passare davanti al capezzale dei due intossicati e lanciargli occhiatine.

« Che avete da guardare?! » domandò seccato Ron a due ragazzini del secondo anno, che con la scusa di avere qualche giramento di testa si erano fermati a fissare i due caposcuola addormentati. Questi sobbalzarono, e si defilarono immediatamente, non sentendo più necessaria una visita dalla curatrice.

« Incredibile, la voce ha già raggiunto i bambini » esclamò incredulo il portiere di Grifondoro.

Ma non era quello il problema principale: la notizia dell'avvelenamento curato con due Bezoar, era mutata di bocca in bocca. Da una condizione relativamente semplice, curabile in modo immediato, era diventata un brutto malore, complesso anche per i migliori medimaghi del mondo magico; poi si era tramutato in una brutta malattia dell'est, che infine aveva fatto esalare l'ultimo respiro dei due caposcuola. Nel pomeriggio, in un angolo intimo del giardino, alcuni Tassorosso avrebbero tenuto una veglia funebre, in memoria dei due caposcuola.

« Andiamo a fare colazione, tanto rimarranno così per un po' » suggerì Harry, lanciando un'ultima occhiata impietosita alla ragazza addormentata.

 

 

 

 

 

L'infermeria venne eletta, a malgrado di Madama Chips, come attrazione principale della giornata. Alla donna toccò scacciare in continuazione i numerosi curiosi che affluivano per poter dare una sbirciatina e mettere in giro un'altra versione della storia.

Sfortunatamente per i due caposcuola, quella più gettonata li vedeva già con un piede nella fossa.

 

Si smise di somministrare sonniferi solo l'indomani mattina, per controllare che la pozione d'amore ingerita agisse solo per ventiquattro ore. Quando Draco Malfoy si svegliò, esitò a schiudere le palpebre. Dei vividi ricordi riguardanti un folle amore per la Granger lo fecero rabbrividire; ma mai quanto i suoi deliranti sogni avvenuti nel lungo lasso di tempo che aveva trascorso in quella branda. Quello più prossimo al risveglio era in assoluto quello che più gli aveva causato la pelle d'oca.

L'aveva vista, ed era stato controverso. Aveva le labbra laccate di un rosso acceso, i capelli – normalmente crespi – erano raccolti in uno chignon alto, decorato da un fermaglio intarsiato di rubini. Portava un lungo vestito nero e, per quanto lui cercasse di scacciarla malamente, lei continuava a sorridergli candida. Ricordava benissimo di averla insultata per farla andare su tutte le furie e, finalmente, farla desistere, ma lei aveva riso di gusto come ad una battuta; gli aveva girato attorno come un avvoltoio, senza dire una singola parola, facendo scorrere gli occhi truccati sulla sua figura elegantemente vestita.

« Per Salazaar, Granger, te ne vuoi andare? » gli aveva domandato sempre più collerico, ma per tutta risposta lei – alle sue spalle – gli si avvicinò e gli avvolse le braccia sottili attorno alla vita. Lui si spostò bruscamente, sgranando gli occhi di ghiaccio per lo stupore. Per essere in un sogno, Draco sentiva tutto ciò come estremamente reale; così vero da avergli dato l'impressione di aver sentito sul serio il calore della ragazza dietro di sé.

« Non respingermi » gli disse lei con la voce ridotta ad un sussurro, muovendo ancora un passo verso di lui.

« Sta' indietro! » le urlò di rimando, sguainando la bacchetta da una tasca della sua costosa tenuta da giorno.

« Non capisci? » domandò la Grifondoro senza smettere di sorridere e senza arrestare la sua lenta camminata felina.

« Non avvicinarti » ribadì con fermezza lui, puntandole addosso la bacchetta. Fu come parlare al vento.

« Non ti libererai mai di me » andò avanti la ragazza, « sarò sempre nei tuoi sogni »

Una goccia di sudore bagnò la fronte del Serpeverde.

« Taci! Sei solo frutto di un incubo » gli urlò lui. Doveva aver bevuto troppo, perchè altrimenti non c'era alcuna spiegazione plausibile a quel che stava accadendo nella sua mente.

« Lascia che mi avvicini a te » lo pregò lei muovendo un altro passo in sua direzione.

Fu molto veloce, proprio come aveva fatto con Pansy, qualche giorno prima. Un lampo color rosso squarciò l'aria, e una parola urlata a pieni polmoni echeggiò per la stanza, oscurata da un sinistro fumo nero, che non gli permetteva di capire dove si trovasse.

« STUPEFICIUM! »

La figura della ragazza, invece che accasciarsi a terra priva di sensi, si dissolse, come una manciata di polvere spazzata via da una folata di vento. Draco fissò confuso il punto dove, fino ad un secondo prima, la sua nemica giurata gli stava sorridendo. Un fulmine illuminò la coltre di fumo, facendogli capire di essere all'aperto, e una potente raffica lo fece indietreggiare. Prima ancora che potesse reagire, o capire vagamente dove cosa stesse accadendo, sentì ogni fibra del suo corpo scomporsi, ed ebbe la netta sensazione di essere leggero come una nuvola. Proprio come successo alla Granger, Draco si disgregò.

 

E così si ritrovò improvvisamente catapultato nel mondo reale, immerso in una stanza silenziosa. La prima cosa che sentì fu il calore di una coperta di lana, la seconda fu un forte odore di stantio. Annusò bene la puzza che lo circondava, stirando il viso in un'espressione nauseata.

Aprì gli occhi lentamente, senza sapere nemmeno lui cosa aspettarsi di ritrovarsi davanti. Ricordava di essere finito in infermeria con la Granger, ma per quanto ne sapeva potevano anche averlo già dimesso.

Certo, non si sarebbe mai aspettato che i primi volti che avrebbe visto sarebbero stati quelli di Piton – freddo e impassibile – e della Mcgranitt – collerica e pronta ad ammazzarlo.

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Capitolo 11
*** Reverse psychology ***


Era una giornata grigia, in tutti i sensi. Non solo perchè la pioggia bagnava il campo di quidditch e dei nuvoloni impedivano il passaggio dei caldi raggi solari; non solo perchè pressochè la totalità dei professori erano arrabbiati – o quanto meno turbati – con gli alunni dell'ultimo anno; non solo perchè Piton, in cima alla lista dei docenti più alterati, aveva elargito delle D (desolante), come una nonna affettuosa farebbe con le caramelle, o perchè la successiva partita di quidditch era stata brutalmente annullata.

I motivi principali che avevano causato un muso lungo di massa, furono essenzialmente due: come punizione universale, per essere sicuri che nessuno la facesse franca, i punti di tutti e quattro le case vennero azzerati, e ogni genere di baldanzosa riunione studentesca bandita.

« Sì è superato ogni limite. D'ora in avanti, chiunque verrà sorpreso a intrattenere feste non contemplate nel regolamento scolastico, verrà severamente punito » aveva annunciato iraconda la Mcgranitt in sala grande, poco dopo il risveglio dei due caposcuola. Silente, seduto al tavolo dei professori alle spalle della donna, osservava gli alunni insolitamente silenziosi da dietro i suoi occhiali a mezzaluna.

Per assicurarsi che nessuno sgattaiolasse verso la stanza delle necessità, si decise di cambiare ogni modalità precedentemente adottata per le ronde. Tanto per cominciare, non sarebbe stato permesso a nessuno di accoppiarsi a qualcuno della propria casa. Il caposcuola Serpeverde, per esempio, non avrebbe potuto controllare i corridoi in compagnia di altri prefetti Serpeverde; avrebbe dovuto pescare un bigliettino da un cappello, dove avrebbe letto il nome del suo compagno. E non è tutto.

Onde evitare scambi tattici di foglietti per capitare con chi più si desidera, sarebbe stato presente un professore, per annotarsi le varie coppie. Inoltre, ci sarebbero stati anche gli insegnanti a perlustrare il castello.

Probabilmente nemmeno se Voldemort in persona avesse cercato di sfondare l'ingresso con un ariete sarebbero state prese misure così drastiche.

 

Ma Hermione avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di redimersi agli occhi della Mcgranitt. Per quanto riguardava il rispetto di Piton, invece, se ne infischiava altamente: tanto non l'aveva mai potuta sopportare.

Tra Grifondoro e Serpeverde non c'erano mai state particolari simpatie, nemmeno tra professori.

Quando era stata svegliata dal rumore dei ganci di una tenta che scorrevano sul metallo, non solo si era sentita morire alla vista dei suoi insegnanti arrabbiati; non solo aveva notato, con orrore, Malfoy deturpato nel letto accanto al suo; non solo aveva provato vergogna, al solo pensiero, che quest'ultimo le fosse apparso più volte in sogno durante il suo lungo sonno; non solo aveva dovuto rispondere ad un'infinità di domande su una festa al quale, come aveva sottolineato più volte inutilmente, non voleva nemmeno prendere parte; le era toccato anche assistere ai battibecchi tra i due adulti riguardo alla più giusta punizione per i due malati, applicabile sin dal primo disgraziato giorno in cui avrebbero lasciato il letto d'infermeria.

Erano stati avvelenati e venivano anche puniti. Oltre al danno, anche la beffa.

Hermione rimpianse di non averci lasciato le penne.

 

Se la Mcgranitt aveva tentato di rimanere imparziale, azzerando semplicemente i punti fin'ora guadagnati da tutte e quattro le case, Piton si dimostrò decisamente più di parte, accusando la Grifondoro di aver voluto coprire il misfatto – se davvero riteneva inopportuni i festeggiamenti – non avvisando alcun professore, e trovando giusto che le venisse inflitta una pena maggiore, come le pulizie senza l'ausilio della bacchetta. Draco Malfoy, udendo quelle parole, si mise comodo nel suo letto per gustarsi meglio quanto proposto, Hermione invece si rizzò a sedere indignata.

« Non può punire solo me per una cosa che non ha fatto nessuno! »

« No, infatti, non può » concordò la Mcgranitt, voltandosi verso il collega.

« Severus, per quanto io trovi deplorevole e omertoso il comportamento adottato dalla signorina Granger » e qui lanciò un'occhiataccia alla caposcuola, che cercò di sprofondare nel sottile materasso della branda, « penso anche che la punizione, per essere corretta, debba venir data anche al signorino Malfoy. A tutti gli altri daremo un metro e mezzo di relazione in più »

A quel punto, per non dilungarsi in ulteriori discussioni (già iniziate non appena vennero scoperti i nomi dei due avvelenati, terminate senza concludere su chi avesse maggiormente la colpa, e da che alunno di che casata provenisse il filtro d'amore), Severus Piton accettò con riluttanza di dover estendere il castigo anche al suo pupillo.

 

Una serie di notizie che indispose non poco il rampollo di casa Malfoy. La successiva partita di quidditch, nonché quella tra Serpeverde e Corvonero, era stata annullata; tutti i preziosi smeraldi guadagnati dalla sua casa annullati; le spassose feste al quale partecipava e, Pansy permettendo, sfruttava per trovare più facilmente carne fresca, proibite; le sue eleganti e delicate dita si sarebbero rovinate nel compiere un atto volgare come quello di pulire. Insomma, lui era un purosangue, un mago dal pedigree del tutto rispettabile, come osavano costringerlo ai lavori forzati come uno sporco elfo domestico? Come osavano, poi, affibbiargli una fastidiosa calamità quale era la Granger? Merlino, lì sì che sarebbe diventato matto.

Forse, l'unica nota positiva di tutta quella faccenda, consisteva nel metodo delle coppie per le ronde: così facendo non avrebbe più dovuto sopportare la sua ex ragazza e le sue preghiere di riflettere sulla loro situazione. Certo, però, se si fosse ritrovato come compagna la Granger, la questione ritornava ad essere tragica.

« Spero tu sia contenta, Granger » l'accusò.

« E di che cosa, Malfoy? Sono in punizione almeno quanto te » gli fece notare lei indispettita.

« Eh no, mia fastidiosissima sangue marcio » la contraddisse lui, « sono io l'unico, tra i due, a dover sopportare la tua saccenteria »

Hermione guardò indignata il Serpeverde portarsi alla fronte una mano in modo teatrale.

« Un Malfoy ridotto a fare le pulizie » singhiozzò avvilito, « ridotto a fare uno sporco lavoro da plebaglia. Con una sangue sporco, tra l'altro »

E riecco l'insulto. Cosa pretendeva Hermione? che la sorte fosse abbastanza clemente con lei, da far sì che il veleno gli bruciasse l'area del cervello destinata al linguaggio? Oh, sarebbe stato un sogno. Avrebbe bevuto quella pozione altre cento volte, se ciò fosse servito a cucire la bocca per sempre a Malfoy.

« Deve essere tutto molto esilarante per te, nevvero? » gli domandò torvo lui.

« Nemmeno nei miei sogni avrei potuto immaginarti cadere così in basso » lo rimbeccò lei guardandolo con gli occhi ridotti a fessure.

« Per Salazaar, chissà quale misteriosa malattia mi prenderò: spolverare mensole con una... con una... una nata babbana » si lamentò lui torturandosi le mani per l'angoscia, « un mio parente alla lontana è morto per questo »

Hermione sospirò profondamente e pregò che almeno, se davvero ciò rappresentasse una condanna a morte per il biondo, decidesse di spirare lontano da lei, o altrimenti il suo buon cuore da Grifondoro l'avrebbe costretta a salvarlo. Un mondo senza Draco Malfoy, la caposcuola sorrise al solo pensiero.

« E tutto questo per colpa tua »

« Scusami? »

Le andava bene che lui si fosse convinto che lei godeva delle sue disgrazie, che – secondo qualche prodigiosa logica sconosciuta ad ogni mago con un briciolo di buon senso – gli avrebbe attaccato qualche malanno mortale, o che qualche suo imparentato fosse andato al creatore proprio per quel motivo, ma addirittura asserire che fosse successo tutto a causa sua era un insulto bello e buono. Hermione alzò un sopracciglio offesa.

« Se tu non ti fossi presentata a rovinare la festa, a quest'ora io probabilmente non sarei qui, mi starei preparando per la partita e non dovrei fare la casalinga disperata in chissà quale aula abbandonata »

Draco le posò gli occhi grigi addosso, osservando il suo viso color mirtillo.

« E non sarei costretto a vedere tutti i giorni la tua faccia viola. Santo cielo, Granger, guarda come sei conciata »

Le aveva dato così tanto su cui prendersela, da non sapere nemmeno da dove cominciare a rispondergli; talmente sbalordita da impiegare qualche secondo, durante i quali aveva guardato il ragazzo con le labbra schiuse, per realizzare quanti insulti effettivi avesse sputato.

« E' colpa mia se voi avete voluto infrangere le regole? O se mi è stato dato per sbaglio un filtro destinato solo a te e chissà chi altro? E piantala, Malfoy, non ho alcuna intenzione di sentirmi dispiaciuta solo perchè tu non vuoi spezzarti un'unghia. Inoltre, con quale diritto ti prendi gioco del mio aspetto, ora che hai la pelle di un rosp... »

« Ragazzi! »

L'arrivo di Madama Chips zittì entrambi i ragazzi, facendoli desistere dal continuare il loro scambio di battibecchi.

« Insomma, nemmeno l'avvelenamento riesce a cucirvi la bocca? » si avvicinò arrabbiata la donna. Hermione si sentì sprofondare per una seconda volta. Madama Chips ora era tra le due brande, con il viso solcato da profonde rughe messe in risalto da un broncio torvo.

« E' per persone come voi che ogni tanto mi viene voglia di dare le dimissioni e partire per Honolulu » brontolò tra sé e sé, allungando la mano affusolata verso la tenda di lino. I due caposcuola, prima che quest'ultima li separasse, fecero in tempo a scambiarsi l'ennesimo sguardo belligerante.

 

 

 

 

Non appena era circolata la voce che i due ragazzi avessero riaperto gli occhi – ergo non li stavano osservando tutti dall'alto dei cieli – un gran trambusto dilagò per le mura del castello. Come al solito le speculazioni non mancarono. C'era chi parlava di un risveglio traumatico, dove Hermione era balzata in piedi ed era saltata addosso a Malfoy, ancora innamorata di lui, chi diceva che entrambi accusavano un'amnesia, e chi ancora affermava invece – per non fare una figura di cioccolato in seguito alla precedente affermazione di una tragica morte precoce dei due caposcuola – che fossero stati strappati dalla tomba per un pelo. Insomma, c'era una versione per pressochè ogni più strampalata teoria; ma la parte più bella consisteva nel fatto che, nessuno di tutti quelli che avevano tirato il sasso, fosse stato presente ad assistere.

Pertanto, tutti gli occhi dei curiosi più vicini, si erano puntati su Ron non appena buttò giù l'idea di andare a trovare la povera Hermione, e l'avevano seguito fino a quando non era uscito dalla sala grande.

 

Ron si sforzò di non dar troppo peso alle attenzioni che gli vennero rivolte, anche se in cuor suo temeva di non essere a conoscenza di qualcosa di molto grosso. Magari l'effetto del filtro non era ancora terminato e, esattamente come si vociferava, Hermione credeva ancora che Draco Malfoy fosse la sua anima gemella. Ma ora che ci pensava, questa prospettiva gli faceva provare più compassione per la ragazza, che fastidio e ira per il tradimento, seppur non voluto.

Quando giunse davanti l'uscio dell'infermeria e non riconobbe la voce di Hermione, o anche solamente quella di Malfoy, cominciò a preoccuparsi del fatto di essere all'oscuro di una ricaduta, che avesse costretto nuovamente gli insegnanti a tenerli buoni con l'ausilio di sonniferi. Procedette con molta fretta, camminando con estrema sicurezza in direzione della tenda dietro al quale si nascondeva la caposcuola; la scostò con violenza, quasi volesse sorprendere una bestia potenzialmente pericolosa, più che la sua – fino ad allora – fidanzata. Anzi, volendo rifletterci su bene, le due creature coincidevano tranquillamente. Hermione, dall'altra parte, sobbalzò dallo spavento.

« Ronald! Mi hai fatta spaventare » protestò lei.

« Scusami, è che non ho sentito nessuno parlare e ho pensato fossi ancora addormentata » si giustificò il rosso.

Non era più senza sensi, ma il suo viso era ancora di un raccapricciante color viola.

Hermione chiuse “Salazaar Serpeverde: un inetto a selezionare maghi, o genio incompreso?”, un nuovo libro che, fino a qualche istante prima, stava tranquillamente leggendo. La ragazza, ritrovandosi di nuovo sotto gli occhi tale domanda, così elegantemente decorata e minuziosamente ricopiata a mano da un amanuense del lontano XIV secolo, e ripensando alla piaga che le dormiva accanto, si ritrovò a credere come più veritiera la prima opzione.

 

Si creò un silenzio imbarazzante e teso, dove nessuno sapeva esattamente cosa dire o fare, per paura di muovere il passo sbagliato. Nessuno sapeva da dove cominciare, né tanto meno che tasti toccare.

Fu Ron il primo a prendere parola. Si schiarì la gola, e si fece un po' di posto accanto le gambe della ragazza.

« Come ti senti? »

Perchè, certamente, se la loro conversazione fosse degenerata, non avrebbe certo preso una piega migliore se, quantomeno, lui non avesse pensato a informarsi della sua salute.

« Meglio, molto meglio rispetto l'altra sera. Madama Chips dice che questo assurdo colore dovrebbe sparire a giorni, una settimana al massimo » rispose Hermione, ridacchiando nervosa.

Bene, ora che l'argomento salute personale era appena stato toccato, il dramma di dosare le parole era tornato a farsi vivo. Voleva parlarle di parecchie cose, a dirla tutta, ma era più che sicuro che ognuno di questa avrebbe causato la collera o un forte imbarazzo da parte di entrambi: innanzitutto dell'irritante comportamento adottato per quasi tutta la settimana precedente, dopodiché avrebbe voluto parlare di come si fosse ingiustamente preso la colpa per i fuochi artificiali che l'avevano condotta alla festa, poi della pozione, e infine discutere a proposito della loro rovinosa relazione. Non era nemmeno sicuro che ci sarebbe riuscito, dal momento che la stava fissando negli occhi da qualche secondo buono, e ancora non aveva espresso una singola parola.

« Vuoi parlare di quello che è successo? » gli domandò cauta Hermione. Ron annuì, e con sconvolgente naturalezza scelse ciò che più l'aveva infastidito.

« Non mi è piaciuto... »

« Lo so, nemmeno a me » lo interruppe lei, sentendosi male al solo pensiero di lei avvinghiata a Draco Malfoy.

« ...il tuo comportamento prima della festa »

Hermione lo guardò a bocca aperta.

« Davvero? Dopo tutto quello che ho passato, la prima cosa a cui pensi è il mio rispetto per le regole? » gli domandò con freddezza, per tentare di nascondere la rabbia. Ron boccheggiò.

« Beh, sì... cioè, no » era molto incerto sul da farsi.

« Sono stata schiantata da dei ragazzi coinvolti in una rissa » proferì lei con lentezza, nel disperato tentativo di non far fuoriuscire la collera sempre più crescente.

« Sì, certo, ma... »

« Ho bevuto qualcosa contenente un misterioso filtro d'amore che... oh santo cielo, non voglio nemmeno dirlo! » terminò strillando istericamente.

« Hermione, calmati un attimo »

« Calmarmi un attimo?! Se Piton non avesse pensato al Bezoar, a quest'ora sarei al San Mungo! Sono stata avvelenata, Ron! »

« Perchè stiamo insieme? » sputò il “re” tristemente. Hermione si zittì, incredula a ciò che aveva appena udito.

« Cosa? »

« Oh, sì... vi prego, continuate »

Calò il silenzio.

« Fatti gli affari tuoi, Malfoy » abbaiò Ron.

« No, no, no, fate pure come se non ci fossi » li esortò Draco, dall'altra parte della tenda, « questo posto è un'autentica noia »

Hermione fissava il copriletto della branda; certo, quella notizia non era un fulmine a ciel sereno, se l'era già chiesta lei stessa dopotutto, ma sentirla uscire dalla bocca di qualcun altro era tutt'altra cosa.

Ron sospirò.

« Senti, ne parleremo meglio quando verrai dimessa » le disse lui calmo, piegandosi verso di lei per depositarle un bacio sulla fronte « Ci vediamo in questi giorni »

 

 

 

 

La sera stessa fu parecchio bizzarro riunirsi nella sala dei prefetti, in compagnia di una Mcgranitt inferocita, e senza la presenza dei due, oramai, più discussi caposcuola dell'anno.

Ron Weasley dovette rispondere a parecchie domande riguardanti la salute della povera Hermione; riguardo Draco non si potè dire molto, visto che Pansy Parkinson – ancora in stato di shock – non aveva osato andarlo a trovare e, gli unici ad averlo fatto – Theodore Nott e Daphne Greengrass – non si erano dimostrati molto inclini a fare salotto spettegolando sul loro amico.

Non appena tutti furono radunati, la Mcgranitt interruppe ogni scambio di chiacchiere schiarendosi la gola rumorosamente.

« Suppongo vi ricordiate alla perfezione quanto è stato modificato il regolamento »

Tutti annuirono.

« Bene, allora iniziamo. Patil? »

Padma si avvicinò con apprensione al cappello di cuoio che la professoressa reggeva tra le mani rugose; con il fiato sospeso spiegò il bigliettino, e lesse ad alta voce il nome sopra scritto:

« Hannah Abbott » era stata decisamente fortunata.

La Mcgranitt annotò la coppia su una pergamena, scarabocchiando su di essa i due nomi.

« Anthony Goldstein? »

Anthony Goldstein venne accoppiato a Auriol Montague – quinto anno, Serpeverde, sorella di Graham Montague – Ernest Mcmillan a Demelza Robins – sesto anno, Grifondoro, cacciatrice – e Ronald Weasley a Micheal Corner, e così via. Pansy Parkinson venne, per la gioia del ragazzino, appaiata ad un prefetto del quinto anno di Tassorosso.

La donna appuntò ogni duo, dopodiché si alzò in piedi e posò gli occhi severi su tutti gli alunni.

« Bene. Sappiate che io sarò in giro per il castello, quindi non provate nemmeno a fare di testa vostra mischiandovi »

« Certo che no, professoressa » rispose con serietà Padma Patil.

« Anche il professor Piton sarà nei paraggi » continuò l'insegnante, indirizzandosi verso l'uscita della stanza, « una qualsiasi infrazione, e alla vostra casata verranno dimezzati i punti guadagnati fino a stasera »

 

 

 

 

 

 

I suoi capelli giacevano spettinati sul prato verde. Un manto dal colore acceso, quasi innaturale, costellato da margherite da lunghi petali candidi. Stava bene, non era mai stata tanto rilassata. Una leggera brezza fresca le accarezzava le guance rosee. Si girò su un fianco, e si soffermò ad osservare una coccinella arrampicarsi su un quadrifoglio. Raramente ne aveva trovato uno, mai le era capitato di sdraiarcisi accanto: doveva essere particolarmente fortunata.

Sorrise felice notando, un po' più in là, un ruscello che stava dando da bere ad un unicorno, e una farfalla grande quanto il palmo di una mano svolazzare su dei girasoli.

« Eccomi, spero di non essermi fatto attendere troppo »

Una voce indistinta. Si era rivolto a lei, ma non sapeva associarla a qualcuno. La persona, che identificò come un ragazzo misterioso, si adagiò accanto a lei; una mano pallida le sfiorò la coscia, risalendo fino alla dolce curva del suo fianco, per poi scorrere fino al ventre e abbracciarla. Sentì il suo profumo, che sembrava essere parecchio costoso, e i capelli del giovane le solleticarono l'orecchio scoperto. Si voltò con lentezza per scoprire l'identità dell'interlocutore, e i suoi occhi ne incontrarono altri due, del colore del ghiaccio.

Hermione si scostò bruscamente, indietreggiando e trascinandosi sui gomiti.

« Hermione? » le domandò confuso Draco. Era nuovamente vestito come un principe, e un mantello color cielo gli copriva le spalle.

« Va' via » sibilò lei. Il ragazzo sembrò offendersi, e la guardò affranto. Si portò una mano sotto il panciotto, decorato con una trama sottile d'argento, e estrasse una grossa rosa rossa, perfettamente tenuta come se, fino a poco prima, fosse ancora stata attaccata al cespuglio. Gliela porse, ma Hermione strisciò via ancora.

« Mia amata, perchè rifiuti il mio amore? »

Un brivido le percorse la schiena, raccapricciandola e facendole provare un senso di inquietudine. Era troppo. La caposcuola si ricompose, si sistemò la divisa scolastica e si affrettò ad allontanarsi. Ma il Serpeverde la raggiunse in fretta, senza che nemmeno udisse i suoi passi sull'erba. Le accarezzò le spalle da dietro, e avvicinò le labbra al suo orecchio per sussurrarle:

« Non scappare da me » la pregò. Hermione lo scacciò posandogli una mano sul petto, e spingendolo via malamente.

Draco la guardò con innocenza, rivolgendole il genere di sguardo che sarebbe più solito vedere ad un bambino indifeso, che alla serpe viziata di sempre.

« Qual è il problema, mia coraggiosa Grifondoro? » le domandò. Hermione cominciò a tastarsi le tasche, dove in circostanze ordinarie riponeva la bacchetta; sbiancò non appena capì di essere completamente disarmata.

« La mia... la mia bacchetta! » esclamò spaventata.

« Perchè mai dovrebbe servirti, mia amata? » Draco avanzò, allungando una mano verso di lei, con la speranza che decidesse di afferrarla.

« VATTENE! » urlò istericamente la caposcuola, « Non avvicinarti! »

Ebbe quasi la sensazione di sentire un rumore metallico in lontananza. Ma i suoi occhi non persero di vista il ragazzo vestito in maniera principesca davanti a lei. Era pronta a graffiargli il viso, se mai costui avesse tentato di avvicinarsi troppo bruscamente.

« Non capisci? Mi vedrai per tutta la vita » le spiegò lui. Hermione non aveva la più pallida idea di cosa stesse farneticando, ma era più che sicura che la copia sangue blu di Malfoy fosse ancora più fuori di testa dell'originale. Draco mosse ancora un passo.

« No! Va' via! » lo avvertì lei. Si guardò attorno per capire dove avrebbe potuto fuggire per chiedere soccorsi, ma non appena distolse lo sguardo accadde un fatto bizzarro: il paesaggio paradisiaco le sembrava aver perso solidità. Era come guardarlo attraverso un vetro appannato, e il rumore del ruscello era improvvisamente scomparso.

« ...oh, santo cielo »
Una voce, che non proveniva da lei, né da tanto meno dal ragazzo davanti a lei, rimbombò come urlata dalla cima di una montagna.

Draco Malfoy, che fino a poco fa era in carne e ossa davanti a lei, ora sembrava aver perso la normale consistenza. Quando le cadde l'occhio sulle sue mani trasparenti il suo respiro accelerò parecchio.

« Che cosa sta succedendo?! » strepitò nel panico.

« ...quantomeno chiudi quella boccaccia »

Hermione si sentì sollevare dal suolo, leggera come una nuvola.

« Aiuto! » tentò di opporre resistenza, ma fu del tutto vano.

 

 

Fu questione di un attimo: quello prima stava ascendendo al cielo, quello dopo era nel suo letto, con la fronte sudata e il viso stizzito di Malfoy intento a guardarla nell'oscurità della notte. No, stava cercando di incenerirla con lo sguardo, era ben diverso.

« Quando dormi sei ancora più fastidiosa di quando sei sveglia » le berciò contro.

La Grifondoro non controbattè nemmeno, turbata com'era dal suo sogno.

« Oh, per Salazaar, perchè a me tutto questo? » domandò Malfoy tra sé e sé. Si sdraiò nel letto e si tirò le coperte fino alle orecchie.

« Dovrebbero farmi una statua »

 

 

 

 

Harry Potter aveva avuto decisamente giornate migliori di quella. Non che quelle precedenti fossero state effettivamente delle gitarelle in paradiso – da quanto la sua migliore amica aveva rischiato l'avvelenamento, non era particolarmente incline a spassarsela – ma quella mattina era parecchio di cattivo umore.

Ron Weasley, il giorno prima, gli aveva rivelato le sue intenzioni di troncare la sua relazione con Hermione, e per quanto confidasse nella maturità della caposcuola, temeva che ciò avrebbe potuto danneggiare lo storico trio.

La storia d'amore tra Ginny e Dean Thomas sembrava non voler terminare.

I Grifondoro, dopo aver perso tutti i loro preziosi punti, erano riusciti a riguadagnarne a sufficienza da pareggiare i Serpeverde, ma adesso che si trovavano nei sotterranei ad una lezione di Piton, vedeva sempre più lontana la possibilità di superarli.

« Paciock, vuoi intossicarci tutti? E che cos'è tutto questo disordine sul banco da lavoro? Cinque punti in meno » ecco, appunto.

Sarebbe stato un miracolo anche solo non farsi battere dai Corvonero, ultimi in classifica.

« Signorina Patil, questa è un'aula scolastica, non la sua personale postazione da trucco. Via altri cinque punti »

Harry si voltò per guardare male Calì, che arrossì e ripose nella borsa il suo specchietto portatile. Già Piton si divertiva ad infierire su di loro in circostanze normali, figuriamoci quando qualcuno commetteva l'errore di fornirgli una scusa accettabile.

« Io non ho capito un accidenti » borbottò Ron, lanciando un'occhiata alle vaghe spiegazioni annotate sulla lavagna su come distillare un perfetto Veritaserum.

« A chi lo dici » replicò Harry, cercando di capire se il sangue di drago necessitasse di una fiamma bassa o una alta per sobbollire.

« Io ci rinuncio, farò a caso » bofonchiò il “re”, lasciando cadere sul tavolo da lavoro l'ampolla con dentro la sostanza scura, « Tanto non gli andrà bene in qualsiasi caso »

Ron, lasciando al destino la riuscita della complicata pozione – ergo rischiando di creare un letalissimo infuso o, ancora più probabilmente, un potente acido che avrebbe corroso il calderone – puntò la bacchetta contro la base del pentolone e accese una fiamma intermedia; se nessuno dei due sapeva definire l'intensità ideale, allora tanto valeva trovare una via di mezzo, tanto per non saper né leggere né scrivere.

Harry Potter cercò disperatamente di concentrarsi su ciò che stava leggendo, ma gli era pressoché impossibile. Aveva una pulce nell'orecchio che gli dava il tormento. Voltò istintivamente la testa in direzione di Dean Thomas, che gli restituì lo sguardo distrattamente; a quanto aveva sentito, il ragazzo non aveva la benché minima intenzione di andare a trovare la povera Hermione. D'accordo, riconosceva che tutto quello scompiglio fosse stato causato dalla sua diligenza, ma il fatto che trovasse del tutto superflua la semplice cortesia di assicurarsi della buona salute di una sua compagna di casa, di studi, di un'amica e, come prima cosa, di una persona che si era sempre comportata lealmente nei suoi confronti, lo disgustava.

Ma oltre tutto ciò, Harry era felice perchè almeno avrebbe accompagnato lui Ginny. Era già andato a confortare la sua migliore amica quella mattina, quando l'aveva trovata alquanto alterata per le derisioni di Malfoy riguardanti la sua naufragante storiella d'amore, e si disse che, di certo, Hermione non avrebbe disdegnato una faccia amica in un momento così duro.

« Miseriaccia, sembra che qualcuno ci abbia scagliato contro una maledizione » si lamentò Ron con voce grave, « Tutti i punti azzerati, le ronde stravolte, le feste bandite, e Hermione... come farò a lasciarla senza sentirmi in colpa, ora che è messa così male? »

« Hermione saprà affrontare la notizia con maturità. Ormai le hai già fatto capire come stanno le cose » lo rassicurò Harry, mescolando il sangue di drago con la bacchetta.

« Sì, lo so... » mormorò il rosso, « è mille volte più in grado di noi di non portare a lungo rancori, ma ho comunque paura che, una volta lasciati, non sarà più come prima »

Harry lo guardò a disagio. I problemi di cuore non rappresentavano esattamente il suo argomento di conversazione preferito, ma sapeva di dover fare uno sforzo per il suo migliore amico.

« Ecco, io penso che Hermione non ci abbandonerà » dichiarò.

« Lo so, lo so » lo interruppe Ron, « ma ho come un cattivo presentimento, non tanto riguardo il nostro rapporto o la nostra amicizia, ma riguardo a ciò che accadrà dopo »

Harry, che aveva preso a sfogliare il libro, si bloccò confuso. Quell'affermazione era troppo enigmatica, e non ne capiva né il significato, né la provenienza.

« Cosa vorresti dir... »

« Vi disturbo, per caso? » Piton era alle loro spalle, e li guardava con un sorriso sgradevole. Con lentezza si portò di fronte al loro banco di lavoro, e il suo sguardo si posò sul calderone dove, al suo interno, il sangue di drago aveva già cominciato a raggrumarsi e a bruciarsi.

« Bene, bene »

In fondo alla classe, Nott sorrise compiaciuto e si mise comodo per godersi al meglio la scena.

« Come al solito non avete capito niente. La fiamma deve essere bassa, non dovete cucinare un pessimo stufato » e con un gesto veloce ridusse le fiammelle dorate sotto al pentolone, « è necessario che il sangue non si cuocia, o altrimenti avvelenerete lo sventurato che dovrà bersi il vostro Veritaserum » continuò sfoggiando uno sguardo di disgusto.

« Via, ricominciate dall'inzio » disse facendo evanescere il liquido con un gesto del braccio.

Poi, le sue labbra si piegarono in un sorriso che non lasciava presagire nulla di buono.

« Tra un mese testeremo i vostri infusi su voi stessi, e vediamo, chi tra voi, finirà per confessare i suoi più reconditi segreti o si accascerà al suolo, salivando come un cane rabbioso »

 

 

 

 

Il profumo di carne impregnava la sala grande, e gli studenti affamati si riempivano il piatto di leccornie.

Padma Patil, seduta accanto a Anthony Goldstein e Terry Steeval, stava raccontando agli altri Corvonero più vicini quanto fosse mutato il clima delle ronde notturne. Proprio come accade ad ogni episodio tramandato a voce, la notizia venne ingigantita: a sentire la caposcuola e il prefetto Corvonero, la Mcgranitt aveva annotato tutte le coppie con un'elegante piuma di aquila nella mano destra, e la sua bacchetta – pronta per venir utilizzata sugli studenti – nella sinistra. Lisa Turpin, che ascoltava rapita, si portò la mano alla bocca per lo stupore.

 

A fine pasto, Ginny Weasley, dopo averne discusso a lungo con suo fratello e Harry Potter, e dopo aver deciso che – almeno per gli ultimi due – quello sarebbe stato il loro ultimo anno ad Hogwarts, e che quindi lo si dovesse vivere al meglio, si diresse, cercando di non dare troppo a vere di star covando qualcosa di illecito, verso i corvi.

Vestiva i panni di un'ambasciatrice, in pratica.

Raggiunse la tavolata bronzo e blu senza attirare troppe attenzioni, e si fece posto di fronte a Padma – che stringeva tra le dita scure una coppa di gelato alla crema con lo sguardo pensieroso perso nel nulla.

« Uno zellino per i tuoi pensieri »

La caposcuola sembrò destarsi da un sogno, e i suoi occhi scuri si posarono sulla piccola di casa Weasley.

« Oh, niente, Ginny. Pensavo solo al programma della mia giornata »

Ginny mise una mano in tasca, estrasse una monetina di bronzo, e la lanciò alla caposcuola, formando un parabola perfetta e venendo presa al volo dalla ragazza.

« Qual buon vento ti porta qui? » le domandò Anthony solenne.

« Sono qui, caro Anthony, per parlare della prossima festa » rispose Ginny, sfoggiando un'espressione fiera. La bocca di Padma si schiuse per l'incredulità, e cominciò a negare con il capo, per preparare la ragazza a ciò che stava per dirle; ma Terry, come sempre con un mucchio di domande in testa, la precedette.

« Una festa? Qui? Ad Hogwarts? »

« E' una follia, Ginny » concordò Anthony.

« Lo so, infatti non... »

« E quando, poi? Come faremmo? »

« Oh, santo cielo, Terry, sta' un po' zitto » lo zittì Ginny seccamente. Il ragazzo si schiarì la gola e si mise composto sulla panca, con l'espressione di un bambino rimproverato da un genitore.

« Ginny, sai benissimo che vorremmo tutti festeggiare, invece che stare chiusi in una polverosa sala comune tutte le sere, ma sai anche che non è più permesso » spiegò Anthony.

« So benissimo cosa è stato detto » replicò la rossa.

« La Mcgranitt è sempre vicino alla stanza delle necessità, tra poco ci si trasferisce dentro, e Piton tiene d'occhio chiunque non porti i colori verde-argento. Gli unici a non starci col fiato sul collo sono la Sprite e Vitious, ma fanno sempre in tempo ad unirsi alla causa »

« Infatti Hogwarts non è più sicuro, dovremmo uscire »

I tre Corvonero la guardarono come se fosse pazza. Era un'assurdità, Ginny lo riconosceva, ma da perfetta Grifondoro, il brivido dell'adrenalina la eccitava.

« Non vorrei fare l'Hermione della situazione, ma così ci faremo buttare fuori tutti quanti » disse Terry Steeval.

« Uscire e festeggiare è ancora peggio che rimanere qui e farlo » valutò Padma.

« No, se si sfruttano in maniera discreta i passaggi segreti » replicò Ginny, allungando una mano verso un cesto di frutta secca per prendersi delle nocciole.

« Non esistono dei pass... »

« Sì, invece » insistette lei, sgranocchiando « Harry e Ron ne hanno trovati un paio, al terzo anno »

A quel punto, i tre corvi erano tutti orecchie; si strinsero tra loro, per assicurarsi che la grifona non dovesse alzare troppo la voce.

« Harry ha detto, che Fred e George gli hanno detto, che ne esistono sette in tutto. Si pensa che Gazza ne conosca circa quattro. Uno è dietro lo specchio del quarto piano, ma è franato; uno è al terzo piano, dietro la statua della vecchia orba, e porta nella cantina di Mielandia – quindi direi che, a meno che non vogliamo rubare dolci e ingrassare, si possa tranquillamente scartare; uno è dietro la statua di Gregory il viscido, ma i miei fratelli non hanno mai rivelato dove portasse, ergo resta un'incognita; l'ultimo conosciuto, almeno da noi, è allo stesso tempo il migliore: passa sotto al platano picchiatore e porta alla Stamberga Strillante, e... »

« Sotto al platano picchiatore?! Non verremo espulsi solo perchè saremo già morti » commentò Terry. Ginny gli lanciò un'occhiataccia, e lui si rimise composto.

« Stavo dicendo, che esiste un modo per usare il passaggio senza finire al creatore: Harry ha detto che se si preme una sorta di bottone alle sue radici, i rami smettono di tentare di accopparti »

Padma aveva lo sguardo fisso sulla sua coppa di gelato, con la mente concentrata sulla proposta della piccola Weasley.

« Con un po' di lavoro si potrebbe mettere in sicurezza la Stamberga Strillante, e con un po' di organizzazione tutto il settimo anno potrebbe partecipare »

« E voi del sesto? » domandò Anthony.

« Beh, non tutti potrebbero venire, quasi nessuno, per dirla tutta. Però... » disse Ginny, disegnando cerchi invisibili con l'indice sul tavolo e alzando la voce mentre pronunciava l'ultima parola, « alcuni invece potrebbero. Ad esempio, tanto per dirne una, io vi ho dato l'idea, quindi un posticino per me si potrebbe trovare... » continuò vaga.

« Ma questo era ovvio » chiarì Padma, « però, prima di mettere in giro questa voce sarebbe il caso di valutare bene i danni della Stamberga, e ricercare in biblioteca che sia effettivamente possibile darle una sistemata »

Ginny sorrise.

« Certo. Quando vorrete, rivolgetevi direttamente a Harry. E ora, se è tutto, dovrei lasciarvi: vado a trovare Hermione » disse alzandosi.

« Oh, Ginny! » la chiamò Terry. La rossa si voltò lentamente, e le sue labbra si piegarono nuovamente verso l'alto.

« Forse sarebbe meglio non dirle niente; sai, non vorremmo che per evitare di farci uscire demolisse il passaggio »

 

 

 

 

Harry osservava la figura snella davanti sé con ammirazione, facendo scorrere gli occhi verdi dai suoi lunghi capelli lisci, alla vita sottile, alle gambe slanciate. Gli stava parlando, ma non l'aveva ascoltata. La sua attenzione era tutta focalizzata sul modo ipnotizzante in cui i suoi fianchi ondeggiavano ad ogni passo. Se solo Ginny si fosse girata all'improvviso e l'avesse visto l'avrebbe ammazzato, Harry ne era sicuro.

La gonna della divisa saltellava mentre la ragazza scendeva i gradini, ma non abbastanza da permettergli di vedere qualcosa di più. Guardava morbosamente l'indumento scuro, strabuzzando gli occhi ogni qual volta lo illudesse di premiarlo. Ma poi, accadde quanto temuto: Ginny si voltò senza preavviso.

« Intesi? »

Harry sentì le viscere attorcigliarsi, e la bocca inardirsi per il nervoso. La ragazza lo guardava severa, ma nulla lasciava presagire un'imminente sfuriata; deglutì per far inumidire la gola, che gli sembrava fatta di cartone per la secchezza.

« Certamente »

Non aveva la benché minima idea per che cosa avesse acconsentito. Per quanto ne sapeva, avrebbe anche potuto accettare un accordo che l'avrebbe costretto a fare aria a Dean da lì fino ai M.A.G.O.

Ma la cacciatrice di Grifondoro, invece che sorridere gioiosa – reazione che una simile approvazione avrebbe senz'altro causato – si voltò e continuò il suo cammino senza mostrare alcuna emozione.

No, Dean Thomas avrebbe continuato a farsi aria da solo.

 

 

 

 

Le news non erano poi così interessanti, doveva riconoscerlo. Stava raccontando con voce limpida tutto ciò che aveva attirato la sua attenzione, ignorando i borbottii indistinti dall'altra parte della tenda bianca e le espressioni vuote di Tiger e Goyle, guardando solo il suo amico degente. La sua pelle aveva un aspetto migliore rispetto a quando l'aveva abbandonato davanti all'infermeria come un orfanello, ne era sollevato.

« Quella ragazza di Tassorosso, quella con cui ci provava Theo alla festa, non so se te la ricordi... » continuò Blaise meditabondo. Draco si irrigidì nel letto: per carità, meglio dimenticarsi di quella dannata notte, pensò gettando occhiate casuali al divisore di lino accanto al suo letto, si ricordava già fin troppi particolari.

« Continua » ordinò lui duramente.

Blaise, resosi conto del malessere creato, si schiarì la gola e arrivò al punto:

« Sì, ecco, l'ha sorpreso a fare la corte ad un'altra Tassorosso più piccola ed è corsa via in preda alle lacrime; pensa, era andata da lui per portargli una peonia trasfigurata a lezione, poveretta » concluse guardando di sottecchi Tiger, mentre si infilava un dito nel naso. Ancora si domanda perchè mai avesse acconsentito a portarseli dietro.

« Cos'ha Theo con le Tassorosso? » domandò Draco.

« Sono stupide, ecco cos'ha, credono ad ogni fesseria che lui dice » replicò Zabini senza peli sulla lingua.

Vincent Tiger, dopo un'approfondita ricerca all'interno di una delle sue due narici, guardò vittorioso quanto estratto, e alla sua destra, Goyle rise stupidamente.

« Oh, che schifo! » strepitò Malfoy, saltando sul letto per il disgusto, « Via! Andate via di qui! Madama Chips! Madama Chips! »

L'infermiera, sentendosi così chiamata e temendo che il ragazzo stesse tirando le cuoia per un qualche misterioso effetto collaterale non curato, si precipitò dinnanzi al capezzale del giovane Malfoy tutta trafelata; se davvero si fosse rivelato necessario mandarlo per davvero al San Mungo o, peggio ancora, far preparare in tutta fretta una costosissima bara, suo padre Lucius le avrebbe fatto patire le pene dell'inferno per non essere stata in grado di curarlo. Ma quando travolse Blaise, facendolo quasi cadere dallo sgabello che lui aveva spostato per parlare più comodamente all'amico, e dopo aver appurato che Draco non stesse manifestando gravi malori, si domandò se non avesse fatto qualche errore di calcolo. La cuffietta le era caduta a terra per la corsa, e una perla di sudore per la breve ma intensa fatica bagnava la sua fronte.

« Cosa c'è? » domandò con il fiato che iniziava a mancarle.

« Li porti via di qui! Disturbano il mio ricovero »

A quel punto alla donna, seppur in cuor suo desiderasse schiaffeggiare il ricco ereditiere, non le rimase altro che scortare fuori i due Serpeverde, confusi su ciò che avesse potuto causare tutto quel trambusto.

 

Solo quando i due troll furono allontanati e Madama Chips poté tornare alle sue faccende, Malfoy si rimise tranquillo. Sospirò profondamente, si sprimacciò il cuscino e si mise comodo.

« Va' avanti » disse quasi con stanchezza.

« Dunque... » pensò Blaise, « Pansy è devastata »

« Me ne allegro »

« Deambula per i corridoi come uno zombie, non ricordo nemmeno di averla sentita parlare oggi, neanche quando Daphne l'ha urtata »

« Peccato che io sia qui, su una branda, con questa affianco » e qui Hermione preferì far finta di non avere udito, « e non là fuori a godermi questa catapecchia ora che la mia ex ha deciso di tenere la bocca chiusa » constatò tristemente Draco.

« Già, una vera pacchia » concordò Blaise, « ma guarda il lato positivo: tornerai in tempo per vedere Paciock, Weasley e Potter intossicarsi con delle pessime fatture di Veritaserum; Piton ha buttato lì l'idea di fargliele bere dopo aver visto il casino che stavano combinando »

Hermione divenne rossa – sebbene il colore lilla del suo viso rendesse difficile vederlo – offesa da quanto appena ascoltato. Non era la prima volta che Piton ricorreva a certe minacce, il suo repertorio di insulti era abbastanza limitato, ma ogni volta che ne usava uno andava in bestia. Fece un respiro profondo, per far entrare nei suoi polmoni aria sufficiente per permetterle di sbraitare contro i due Serpeverde e, se mai Piton avesse portato lì il suo fondo schiena da disgustoso uomo di mezza età, avrebbe fatto convocare la Mcgranitt e avrebbe cantato come un uccellino a proposito dei metodi di insegnamento del collega. Già c'era tensione tra i due insegnanti da dopo il bisticcio per l'assegnazione dei castighi, tutte quelle confessioni l'avrebbero solo fatta aumentare.

Ma poi, un'affermazione di Malfoy la zittì.

« Guarda, guarda chi c'è: quando parli del diavolo, spuntano le corna » disse mellifluo « Siete qui per compiangere la disastrosa relazione della Granger? »

« Fottiti, Malfoy »

Era la voce di Ginny, era inconfondibile.

La rossa accelerò il passo, correndo dall'amica e abbracciandola strettamente. Harry, al suo seguito, si fermò a guardarle con affetto.

 

 

 

 

Pansy era distesa sul suo letto, con lo sguardo fisso al tetto del baldacchino. Aveva le dita incrociate all'altezza dello stomaco, i capelli sparsi sul materasso, e le gambe a penzoloni dal letto. Non aveva aperto bocca per un giorno intero talmente era sotto shock. Le sue iridi scure erano immobili, come se fosse deceduta all'improvviso. Era distante, tutti i rumori le sembravano lontani, quasi provenissero da un'altra stanza.

Nemmeno udì Daphne entrare e richiudersi rumorosamente la porta alle sue spalle. Ma la bionda, purtroppo la vide, e per un attimo valutò bene l'idea di mettere mano alla bacchetta – lei era pur sempre una cara amica di Draco, il quale aveva pubblicamente amoreggiato con la Granger davanti ad un pubblico famelico; non poteva mai sapere quel che passasse per la mente deviata di Pansy Parkinson. Ma il corpo adagiato sul letto non si mosse, nemmeno un guizzo, un riflesso involontario dovuto alla posizione assunta da chissà quanto tempo. Che fosse... morta?

Non si sarebbe troppo sorpresa se un giorno, guardando dentro la sua palla di cristallo o leggendo le foglie di the, avesse visto la ragazza comprare sottobanco un distillato della morte liquida, e berlo tutto in sol sorso come un delizioso succo di mirtilli. Daphne cominciò a sudare, e sentì il bisogno di cercare nella borsa costosa il suo prezioso ventaglio di famiglia.

Prima Draco si innamorava della Granger, poi diventava orribile, e infine la Parkinson si suicidava; la settimana più intensa della sua vita.

Si avvicinò con il cuore che palpitava forte in petto alla salma, per accertarsi che fosse effettivamente trapassata – e se davvero così fosse stato, si sarebbe chiesta cosa fare e avrebbe valutato bene se dirlo a qualcuno o a limitarsi a svanire e crearsi un alibi, per evitare ogni genere di coinvolgimento – sospirò sia di sollievo, che di delusione, nell'accertare che la non sopportata compagna fosse ancora viva e vegeta.

« Oh, santo cielo, Parkinson, che diavolo stai facendo?! » le domandò acidamente.

Pansy sembrò non udirla. Daphne rimase a fissarla con gli occhi blu ridotti a fessure per un po', prima di appurare che non le avrebbe rivolto la parola.

« Ignoro il tipo di educazione che ti è stata impartita, se ti è stata impartita, in casa tua, ma a Villa Greengrass è buon uso rispondere, quando qualcuno ti pone una domanda » la riprese Daphne, cogliendo l'attimo per sfoggiare il suo forbito vocabolario cortese e sottolineare la superiorità della sua famiglia « perciò la riformulo: che accidenti stai facendo, Parkinson? » ripetè con la voce più acuta per il fastidio crescente.

Niente, ancora nessun segno. La sua voce era ancora stata inascoltata.

Daphne avrebbe voluto saltarle addosso e schiaffeggiarla con forza. Le sue guance si stavano colorando per l'indignazione, e i respiri sempre più profondi e rumorosi.

« Oh, al diavolo! Non mi sorprende che Malfoy si goda un mondo il ricovero senza che tu vada a trovarlo! »

Se non fosse uscita sarebbe esplosa, se lo sentiva. Così si diresse verso la porta, che si premurò di far sbattere violentemente.

 

Rimasta sola con i suoi pensieri, Pansy sentì come un pizzicotto sul braccio. Sbattè le palpebre un paio di volte e, istintivamente, le sue labbra si schiusero. Mosse i piedi addormentati, che formicolavano fastidiosamente a causa della prolungata posizione.

Draco era sveglio.

Si mise a sedere sul materasso, sentendo la testa vorticarle per un lieve calo di pressione.

Ed era tornato in sé.

Lo sapeva già, ma in quei giorni non si era mai soffermata a pensare a ciò che volesse dire. Pansy pensò intensamente ancora un po', prima di sbarrare gli occhi lucidi.

Non mi sorprende che Malfoy si goda un mondo il ricovero senza che tu vada a trovarlo

Ora sì, che aveva capito.

Era un messaggio, un modo criptico di farle capire il contrario. Era psicologia inversa, non le era mai sembrato tanto ovvio, e Daphne – colei che in precedenza aveva tanto odiato, a causa della sua vicinanza al suo Draco – le aveva mandato un messaggio. Allora non era una nemica, meditò Pansy.

No, lei le aveva suggerito di andarlo a trovare, e a riprenderselo; ed era proprio quello che avrebbe fatto l'indomani, dopo pranzo per trovarlo con la pancia piena e felice. 

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Capitolo 12
*** Did you know... ***


« Ho un brutto presentimento »

« Qualcuno si romperà un braccio durante gli allenamenti? »

« Che cosa ne so io? »

« Sei stata tu ad affermare di essere la migliore del corso in divinazione » le ricordò Theo addentando una salsiccia.

« L'ultima volta che hai detto di prevedere qualcosa di brutto, Draco si è fatto la Granger » commentò lugubre Blaise, « adesso cosa dobbiamo aspettarci? Che uno di noi si innamori improvvisamente di Luna Lovegood? »

« Cielo, no! Basta già Nott con la sua perversione per le Tassorosso » replicò disgustata Daphne.

Theodore, invece che offendersi, sorrise compiaciuto, prima di infilzare un'altra salsiccia – la quarta di quella mattina – e mettersela nel piatto; nel frattempo, tra tutti loro, lui era l'unico ad avere una vita sessuale molto attiva, pensò fiero.

Daphne Greengrass, invece, faceva scorrere gli occhi blu da una parte all'altra della sala grande, alla ricerca della fonte del suo malessere: Ginny Weasley era al fianco di Dean Thomas e parlava con Harry Potter, Zacharias Smith si era appena avvicinato a Micheal Corner, e un puzzo terribile proveniva da metà tavolata di Serpeverde. Daphne si voltò disgustata, per vedere Millicent Bulstrode maneggiare una strana bustina violacea.

« Ma che cos'è che puzza così tanto? » domandò tossendo Blaise.

La Greengrass estrasse dalla tasca un fazzoletto di cotone imbevuto di essenza di lavanda e se lo mise sotto al naso.

« La Bulstrode ha tirato fuori una delle sue diavolerie » rispose la ragazza.

« Perchè diavolo si ostina a comprare quelle tisane dimagrenti?! E' grassa dai sei anni, non sarà un the a farle perdere i chili di troppo » si alterò Theo, seriamente tentato ad alzarsi e a buttare via quel dannato sacchettino.

I ragazzi più vicini a Millicent, dopo svariati secondi passati a cercare di trovare un modo per non sentire più quel tanfo, capirono che l'unica alternativa era allontanarsi il più possibile.

Daphne, dopo aver seguito con lo sguardo i ragazzini migrare verso l'altro capo del tavolo, e dopo aver sperato di incenerire l'ignara ragazzona solamente riducendo gli occhi a due fessure, notò un particolare che prima le era completamente sfuggito.

« E' da sola »

Theo posò la tazza di latte caldo, con il quale aveva tentato di mascherare un po' l'odore di uova marce dell'infuso di Millicent.

« Non capisco proprio come mai » commentò ironicamente, lanciando un'altra occhiata schifata alla bustina umidiccia abbandonata su un tovagliolo.

« No, non hai capito cosa volessi dire: se è sola, dov'è Pansy? »

Non era normale vederle divise per così tanto tempo, soprattutto durante i pasti.

« Spero lontano da qui » borbottò Blaise, aggiungendo due zollette di zucchero al suo the.

« Sta succedendo qualcosa di strano » continuò Daphne meditabonda; talmente alta la concentrazione, che la sua mano si abbassò, allontanandole dal naso il fazzolettino profumato.

« Che sia in infermeria? » domandò Theo.

« Ne dubito, ieri sera ha passato chissà quanto tempo immobile sul letto. Per un attimo ho pensato si fosse suicidata »

« Allora sarà rimasta in camera sua a piangere »

« Sapete, fino all'anno scorso ero fermamente convinto che non esistesse lagna peggiore di Cho Chang... a quanto pare dovrò ricredermi » scherzò Theo. Per lui era tutto molto esilarante: stava spopolando tra le giovani inesperte Tassorosso, Piton teneva sotto torchio tutti i Grifondoro, e Pansy Parkinson usciva dalla propria stanza solo se strettamente necessario; l'unica tragedia aveva colpito il suo caro amico Draco, che dopo aver scambiato saliva con con una nata babbana, chissà quante malattie incurabili si fosse beccato.

 

Senza nemmeno farlo apposta, Pansy entrò in sala grande proprio in quel momento. Daphne, che aveva appena riempito la sua tazza di acqua calda per farsi un delicato the allo zenzero, si accorse di lei solo quando glielo fece notare Blaise.

La Parkinson, radiosa come quando si era presentata a sorpresa a casa di Draco per parlare di pargoli e matrimoni, si avvicinò a Millicent; storse il naso per l'odore e, con un gesto fluido, fece evanescere tutto, infastidendo l'amica; poi alzò gli occhi scuri, cercò la sua nuova aiutante, e le sorrise.

« Se il tuo brutto presentimento non era per questo, allora non ho idea su cosa potrebbe essere » commentò Theo. I tre Serpeverde fissavano Pansy come se fosse una pazza scatenata, e lei li guardava felice.

« Sta venendo da questa parte? »

« Così sembra »

Pansy, con i capelli ben raccolti in una treccia semplice, gli stava venendo incontro con corte ma veloci falcate. Si mise di fronte alla bionda, e la guardò dritta negli occhi.

« Ti ringrazio » le disse con sincerità.

« Per cosa? »
Pansy osservò prima Theo, e dopo Blaise; probabilmente loro non sapevano nulla, e Daphne non aveva intenzione di rivelare la loro nuova alleanza. Le strizzò un occhio, e l'altra la guardò con un misto di fastidio e spavento. Si allungò verso di lei, e la bionda Serpeverde si tirò indietro. La ex psicopatica sollevò una mano e la avvicinò alle labbra, per coprirle alla vista dei due ragazzi.

« Grazie » disse con la voce ridotta ad un sussurro, « per quella cosa » e ammiccò nuovamente, prima di voltarsi e tornare da Millicent Bulstrode.

Daphne, Theo e Blaise la seguirono andare via a bocca aperta, nel completo silenzio, fino a che la veggente non si riprese dallo shock.

« “Quella cosa” cosa?! » sbraitò seccata.

 

 

 

 

Ginny pensò al pomeriggio del giorno precedente per tutta la mattinata, divorata dai sensi di colpa. Dietro alla maggior parte delle malefatte compiute ai danni dell'amica c'era lei. Basti pensare alla trovata dei fuochi-insultachivuoi, fatti esplodere da lei stessa per distrarla e dare tempo a tutti di fuggire nella stanza delle necessità, o all'enorme colpo di genio che l'aveva vista porgere ad Hermione una Burrobirra corretta con un potente filtro d'amore; quando poi scoprì di non essere stata vittima di alcuna maledizione senza perdono, e quindi di aver agito solo ed esclusivamente per stupidità e sprovvedutezza, si era sentita ancora peggio.

E la lista di tutte le sue colpe andava avanti.

Le era risultato difficile guardare l'amica negli occhi e far finta di niente. Ringraziava il signore di essere cresciuta con quel mastino di sua madre, e di aver accumulato ben sedici anni di perfezionamento nel raccontar balle.

Dopo aver causato tutto quel parapiglia con i fuochi d'artificio aveva giurato a sé stessa di stare buona, non ricorrere a mezzi impropri per fare festa, e di non fare nulla che avrebbe successivamente dovuto nascondere.

E invece eccola là: a confabulare a proposito di un altro evento – ancora più proibito di prima – con Harry e Ron, che tra l'altro, dopo aver visto le condizioni della povera Hermione sotto l'effetto della pozione, avevano giurato anch'essi di non immischiarsi più in situazioni simili. Ora che tra i tre era calato il silenzio si chiedeva: come avrebbe fatto, esattamente, a tenere la caposcuola fuori da tutto?

Un modo c'era, e lo sapeva bene, ma era un enorme colpo basso.

 

 

 

 

Silenzio. Non si udiva altro.

Ma forse sarebbe stato più il caso definirlo in un modo che lasciasse intendere perfettamente ciò che provasse: quiete, tranquillità, calma, pace.

Le sue orrende pustole erano quasi svanite del tutto – di loro rimaneva solo qualche sgradevole rigonfiamento di colore indefinito; tre giorni dopo ci sarebbe stata la partita di quidditch, che lui dava già per vinta; la sua malattia sembrava essere passata di moda – lo aveva dedotto dal sempre minor afflusso di curiosi; e, come ultima cosa per ordine ma non per importanza, lei sembrava aver chiuso la bocca. Una svolta che gli aveva concesso di sorvolare sul fatto che si infiltrasse prepotentemente nei suoi incubi. Anche quella notte l'aveva vista in uno sfarzoso abito da sera, truccata, pettinata e profumata.

Eppure, Draco, quel pomeriggio sentiva di poter sopportare di tutto. O almeno quella era la sua convinzione.

Era buffo, quasi folle, ma gli sembrava quasi di riascoltare la melodia composta da un sudicio babbano – come i genitori della Granger, pensò sollevando un sopracciglio – che suo padre faceva risuonare tra le mura di villa Malfoy ogni qual volta la sua carriera decollasse.

Richard Wagner, La Cavalcata delle Valchirie.

Oh, sì. Gli sembrava quasi di sentirla debole nell'aria, come se Madama Chips avesse comprato un vecchio giradischi.

Chiuse gli occhi beato, godendosi la sinfonia aumentare di intensità, fino a rimbombargli poderosamente nelle orecchie.

 

Nemmeno sentiva più la puzza di anestetico e di muffa. Ma percepì chiaramente il peso di qualcuno sul proprio letto, una mano fredda stringere la sua e, poco dopo, uno strettissimo, asfissiante, abbraccio. La musica scemò in fretta, questione di pochi secondi e puf, le sue delicate orecchie non udivano altro che stridii acuti.

 

 

 

 

C'era stato un tempo in cui il bambino sopravvissuto aveva ostentato sicurezza, seppur involontariamente. Ma quello non era decisamente uno di quei momenti.

Quando era stato avvicinato da Padma Patil e Anthony Goldstein, mentre su allontanava da un'infuriata squadra di Grifondoro, e si era sentito menzionare il passaggio segreto, aveva avuto un attimo di ripensamento. Non che non se l'aspettasse, tutt'altro, dal momento che lui stesso aveva lanciato l'idea a Ginny (più per impressionarla, che per l'effettiva voglia di festeggiare).

Li aveva scortati con nonchalance verso il platano picchiatore, ma una vocina – che aveva preso a chiamare Hermione, viste le somiglianze – continuava a lamentarsi nelle sue orecchie. Gli diceva di non farlo, di non dire niente e, nel caso non ci fosse più modo di rimangiarsi tutto, non prendere parte ai festeggiamenti. Ma in ogni caso aveva continuato a camminare, e a inventarsi di sana pianta l'affascinante storia di come avesse trovato quel cunicolo.

Padma e Anthony ascoltavano rapiti l'aneddoto che lo vedeva in cerca di un modo di sgattaiolare fuori da Hogwarts solo per farsi un giretto per Hogsmeade, quando ancora non aveva un consenso firmato e quando aveva voglia di sgranchirsi le gambe fuori dalla scuola.

 

Puntò la bacchetta contro una roccia vicina, la fece levitare e la scagliò contro il bottone alle radici dell'albero; i suoi rami si immobilizzarono all'istante, come colpiti da un Pietrificus Totalus, e i due Corvonero si lasciarono sfuggire delle esclamazioni sorprese.

« Allora è vero! »

Harry li guardò di sbieco per un attimo, leggermente irritato dal fatto che, quando se ne usciva con grosse affermazioni, tutti stentavano a credergli. Si lanciò attorno delle occhiate circospette, per verificare che nessuno fosse nei paraggi.

« Sempre dritto. Sbucherete da una botola al piano terra. L'ultima volta che ci sono stato non era nelle migliori delle condizioni, ma sono convinto che qualcosa si potrebbe fare » disse in fretta, riponendo la bacchetta.

« Non verrai con noi? » gli domandò meravigliato Anthony.

« Non posso, dobbiamo andare a cacciare i Serpeverde dal campo di quidditch, sono lì abusivamente »

 

 

 

 

Hermione non ricordava di aver mai faticato tanto a trattenere la propria ilarità. Non poteva vedere la scena, ma era certa che solo quella valesse tutta la durata della sua degenza.

 

Pansy Parkinson, tornata all'ordinaria follia, si era convinta che Malfoy la stesse aspettando.

Per Draco non poteva esserci notizia peggiore.

« Io non ti ho richiesta » le aveva ripetuto lugubre, dopo essere riuscito a scollarsela di dosso e essersi sentito ripetere fesserie come “so che mi volevi” e “lo sapevo che saremmo tornati insieme”.

« E non ho alcuna intenzione di fidanzarmi di nuovo con te »

Pansy non si fece abbattere: il suo Draco stava mentendo per un dozzinale orgoglio maschile, glielo aveva fatto capire la sua nuova amica Daphne.

« Non mentire » lo esortò lei in modo zuccheroso « so che stai facendo il difficile... »

« No, invece »

« ...e so che la tua è solo superbia da uomo. Vuoi che la soddisfi? Vuoi farlo qua? » continuò avvicinandosi a lui. Draco sgranò gli occhi: di tutte le assurdità partorite dal cervellino vuoto della ragazza, quella di fare sesso su un letto di infermeria, con Madama Chips all'ascolto, era in assoluto la più assurda.

« Sta ferma dove sei! » le urlò contro. Lei si bloccò all'istante, mettendo un broncio offeso.

« Draco, io so che tu mi rivuoi » ricominciò lei, ferma sul suo posto.

Il rampollo di casa Malfoy nemmeno le stava dando più ascolto, preso com'era a frugare in un bauletto fatto portare da Blaise, illegalmente ingrandito con un incantesimo d'estensione irriconoscibile.

« Ti ricordi quando stavamo ancora insieme, com'eri felice? » sospirò « non puoi essertene dimenticato, e non può esserti passata, perchè per me non è stato così »

Ma purtroppo Malfoy non udì il dubbio ragionamento della ragazza.

« E ho la prova che stai mentendo, Dracuccio mio. Sai, ho parlato con... scusa, ma cosa cercando? » domandò con una nota di irritazione.

« Eh? Come? No, niente, va' pure avanti » la esortò lui, appuntandosi di posare la bacchetta sul tavolino accanto al letto la prossima volta, invece che nasconderla nel suo baule.

Certo, scagliarle contro una maledizione proprio in quel momento non l'avrebbe tirato fuori dai guai, ma avrebbe preferito spolverare mille mensole, piuttosto che udire una parola in più.

« Ho parlato con Daphne, e mi ha fatto capire che mi volevi »

Oh, questo invece l'aveva sentito bene. Forte e chiaro.

« Con chi avresti parlato, scusami? » le domandò con la voce grave.

« Con Daphne » rispose la Serpeverde con semplicità, come se avesse fatto una banale constatazione del meteo.

« Sì, polemizzerò con lei a proposito di questo. E cosa ti avrebbe detto, perdonami? Non ho ascoltato una parola » ammise Malfoy senza curarsi di ferire i suoi sentimenti. Anzi, se ci fosse rimasta male avrebbe tirato un enorme sospiro di sollievo.

 

Hermione, dall'altra parte della tenda, si divertiva un sacco. Da quando era lì non aveva fatto altro che sentire il viziatissimo ragazzo inveire contro di lei (non che fosse rimasta zitta a beccarsi gli insulti, tutt'altro), contro la casa di Grifondoro in generale, e a lagnarsi della sua sventurata sorte.

Tre giorni passati a litigare. Ma quella discussione tra le due serpi li valevano tutti.

 

Pansy non si diede per vinta.

« Non è stata diretta » spiegò paziente, come se fosse Draco a non avere tutte le rotelle al posto giusto « vedi, tra noi ragazze esiste un modo tutto speciale di comunicare cose importanti, un modo che voi maschi non potete comprendere »

« Sei venuta qua per vendicarti e farmi implorare di porre fine alla mia vita, per insultarmi, o semplicemente per puro svago? » le domandò sempre più alterato il biondo Serpeverde, molto vicino alla prima opzione.

« Sono qui perchè ti amo » Brividi. Malfoy li sentì chiaramente lungo tutta la spina dorsale.

« E so che anche tu mi ami » concluse Pansy ostinatamente.

Il cercatore di Serpeverde la guardò impassibile negli occhi scuri, non ricambiando né il sorriso, né lo sguardo dolce che lei gli stava facendo. La mano di lei sfiorò il suo ginocchio attraverso le coperte, e cominciò a risalire per accarezzargli tutto il corpo.

« Io e te siamo un tutt'uno »

« Io non ti amo. Nemmeno ti sopporto, come farei ad amarti?! » la interruppe bruscamente lui. Avrebbe ammazzato Daphne, una volta che questa si fosse ripresentata al suo cospetto – il che, probabilmente, voleva dire aspettare la fine del ricovero, visto che lei si rifiutava categoricamente di rimettere piede in quel posto colmo di malati. Una volta le era risultato sufficiente.

« Non puoi non farlo » ribattè lei, pestando i piedi come una bambina capricciosa « io e te siamo una coppia perfetta! Ci sposeremo, avremo tre bambini biondi e con gli occhi azzurri... »

« Madama Chips! » strepitò lui.

« ...e li chiameremo Draco Jr., Daphne e Purpurea... »

« Madam... che razza di nome è Purpurea?! E perchè mai dovrei chiamare Daphne mia figlia?!» si interruppe lui indignato.

« Perchè lei ci rivuole insieme, è stata lei a mandarmi qui »

« E la strozzerò per questo » replicò lui.

I due si guardarono negli occhi per qualche secondo senza proferire alcuna parola, prima che la Serpeverde ricominciasse il suo monologo.

« Il nostro matrimonio sarà meraviglioso, finirà sulla Gazzetta del Profeta! Sì, sarà bellissimo! E il mio vestito sarà fatto di seta cinese, e i nostri bambini saranno stupendi anche loro, saranno uguali a te! E avremo tanti nipotini purosangue. Compreremo un gattino bianco, proprio come la tua pelle, e lo chiameremo Drachino, e poi... »

« MADAMA CHIPS! MADAMA CHIPS! »

L'infermiera, sospirando arresa al fatto che ormai ricoprisse più il ruolo del bodyguard personale del signorino Malfoy, che quello di guaritrice, scortò fuori a fatica la ragazza che urlava e scalciava per opporsi.

 

 

 

 

« Si può fare! »

Era ciò che Padma aveva strepitato gaia, nel tunnel segreto, di ritorno dalla spedizione alla Stamberga; la sua voce aveva rimbombato in modo sinistro per il cunicolo, e Anthony si ritrovò a pregarla di moderare il tono, prima che qualcuno dall'altra parte potesse sentirli.

Che poi, meditò il Corvonero, non era nemmeno sicuro che fosse possibile rimediare ai danni causati dalla trascuratezza e dal tempo, che avevano ridotto la casa a poco più di un rudere. Sì, non gli era caduta in testa dopo due secondi che ci camminavano dentro, ma ciò non voleva dire che sarebbe stata una passeggiata riportarla – almeno internamente – a quello che doveva essere il suo antico splendore. Non sarebbe bastato un semplice Reparo ad aggiustare le assi spezzate del pavimento in una stanza che doveva essere il soggiorno, o a rendere le scale agibili, o a chiudere il buco nel tetto senza che nessuno, guardandola da fuori, notasse il cambiamento. Per non parlare della difficoltà con cui avrebbero dovuto scaldarla e insonorizzarla; normalmente non ti insegnano a scuola come entrare di nascosto in una casa abbandonata e sfruttarla per una festa illegittima. Non sapeva nemmeno se fosse stato possibile reperirlo in qualche polveroso libro della biblioteca e, anche se così fosse, non aveva idea di come ricercarlo.

Sì, insomma, Anthony non avrebbe messo nemmeno un'unghia sul fuoco sulla riuscita di quel piano.

 

 

 

 

 

 

Domani.

La sua pelle era tornata rosea come prima di bere quella robaccia, e l'indomani sarebbe stata dimessa. Hermione era raggiante.

Sarebbe tornata nel suo amato letto, circondata dai suoi compagni di casa, e avrebbe potuto ricominciare a frequentare le lezioni come una persona qualunque. Le feste erano state, finalmente, messe al bando, e i professori si assicuravano che nessuno sgattaiolasse in giro per il castello a mezzanotte – e questo non poteva non renderla più fiduciosa e tranquilla.

Mancava poco, meno di ventiquattro ore, e avrebbe finalmente abbandonato l'infermeria. E, soprattutto, le liti con Malfoy sarebbero terminate – o quantomeno circostritte alle ore di castigo o durante le ronde.

Dopo quasi una settimana passata a sentirlo lagnarsi per delle fantomatiche malattie mai sentite – che a quel punto si augurava con tutto il cuore di avergli trasmesso – fare battutine casuali su un conto alla rovescia e sul suo stato sentimentale, o anche più semplicemente udire il suono della sua irritante voce melliflua, sentiva di volergli tirare un altro schiaffo – proprio come al terzo anno. L'unica pecca consisteva nella simpatica punizione inflitta da Piton, che li vedeva gomito a gomito a spolverare vecchi trofei.

Avrebbe faticato a non ammazzarlo, lo sapeva benissimo.

« Guai a te se, una volta usciti, ti avvicini a me »

Sempre che non lo facesse prima.

« Ho già quella psicopatica di Pansy alle calcagna, manchi solo tu » brontolò Draco.

Hermione sbuffò sonoramente, e si domandò se non fosse possibile firmare un documento che le consentisse di andarsene seduta stante.

« Domani mattina torneremo alle nostre routine. Per piacere, Malfoy, almeno per queste ultime ore, chiudi la bocca »

« Non dire a me di chiudere la bocca, Granger » replicò offeso lui dall'altra parte della tenda « Non provarci mai più »

« Hai intenzione di continuare per molto? Vuoi veramente continuare a litigare fino all'ultimo? » gli domandò incredula Hermione.

« Lo facciamo da sei anni e lo faremo fino a che io sarò un purosangue, una ventina di ore non mi spaventano » la rimbeccò il rampollo di casa Malfoy. Hermione cominciò ad accarezzare l'idea di soffocarlo con un cuscino durante quell'ultima notte, e si pentì di non averci pensato prima.

« L'unica cosa che mi spaventa è la mole di germi che mi hai passato sabato scorso »

E riecco l'argomento. La grifona cominciava a stufarsi del suo limitato repertorio di insulti, che verteva esclusivamente sulle solite voci false costruite nella sua testa: patologie mitologiche, fetore del sangue, superiorità di famiglia e, tanto per non limitarsi a fatti non supportati da prove, ricordarle che Ron Weasley l'avrebbe presto lasciata.

« Sì, proprio così » disse lei stancamente « ti ho infettato, ti ho attaccato la babbanite, una malattia terribile che ti farà perdere tutti i capelli... »

« Stai mentendo! »

« Davvero, Malfoy? Ti è mai capitato di trovarne qualcuno sul tuo cuscino, in questi giorni, quando ti svegli? »

Draco non rispose. Si toccò la testa spaventato: effettivamente, ora che ci pensava, ne scorgeva parecchi.

Hermione sorrise divertita: avrebbe vendicato ogni minuto passato su quel letto, costretta ad ascoltare le sue fesserie.

« ...Oh, e poi ti verrà la dermatite, avrai la sensazione che migliaia di minuscole formichine ti si stiano arrampicando su per il corpo... » continuò, iniziando a lavorare di fantasia.

Era strano, ma il Serpeverde giurava di sentire un continuo solleticare – particolarmente fastidioso sull'addome – che prima di allora non aveva mai avvertito. Si grattò furiosamente, e poi si sollevò la maglia per osservare ansioso la propria pelle arrossarsi: l'ultima volta che gli era capitata una cosa del genere, si era ritrovato cosparso da bubboni verdi.

«...Ho sentito che nei casi più gravi potresti anche perdere gli arti o la punta delle dita, il che diventa tragico, dal momento che il prurito non cessa... »

Hermione ritirava tutto: nemmeno il ritorno al mondo di Pansy la psicopatica, avvenuta il pomeriggio precedente, era tanto esilarante. Ascoltò compiaciuta il rumore delle unghie grattare sulla pelle del ragazzo, e sospirò profondamente quando si bloccò all'improvviso e represse un singhiozzo spaventato.

« ...Sì, è una malattia molto brutta. Ma sai cosa la rende ancor più terrorizzante? Dei continui e rincorrenti incubi. Ti è mai capitato di fare brutti sogni, Malfoy? »

 

 

 

 

Dean Thomas sapeva essere distratto, era innegabile. O meglio: sapeva essere distratto quando qualcosa non lo toccava, e in quella situazione, qualcosa lo stava speronando di prepotenza.

Il suo dubbio gli era parso inizialmente una semplice preoccupazione infondata, dovuta alla gelosia e al timore di venir rimpiazzato; poi le prove avevano cominciato ad essere sempre più in bella mostra, ma, tuttavia, si convinse di essere soltanto paranoico; però infine gli era toccato riconoscere di non avere a che fare con una banale angoscia dovuta alla sua possessività, ma con una realtà.

Forse avrebbe dovuto capirlo molto prima, ma essendo lui un suo amico, aveva sempre preferito illudersi di soffrire solo di un innocuo cruccio adolescenziale.

E invece no.

Il suo amico era appena diventato un rivale. Era a lezione di incantesimi, con i Tassorosso, ed era seduto proprio alle sue spalle. Lo guardava come se fosse pronto ad alzarsi e a fare una delle più memorabili sfuriate. Il suo nuovo nemico, Harry Potter.

In effetti era stato sciocco a illudersi che le stesse sempre accanto per semplice amicizia. Era stato lento ad aprire gli occhi, ma dopo svariate volte in cui l'aveva sorpreso a fissarla, a girarle attorno e a non esitare ad offrirsi volontario per accompagnarla da qualche parte. Ad esempio, durante la pausa pranzo, si era appartato con Ginny per mettersi d'accordo sull'ora di ritrovo in biblioteca, per cercare sui libri qualche incantesimo che permettesse ai Corvonero di dare una sistemata alla Stamberga.

Non gli era mai parso tanto lampante come allora.

Harry aveva una cotta per la sua ragazza, e il calice sul suo banco – tecnicamente da utilizzare solo ed esclusivamente per le esercitazioni – sembrava quasi sprecato.

Ron, accanto a Harry, stava appunto parlando della sorella, e sentendo quest'ultimo affermare con sicurezza che assecondarla nel suo piano folle non era affatto una seccatura, sentì l'irrefrenabile impulso di sbagliare la formula di proposito.

Ed è così che “Rabbocco” divenne “Relascio”.

La coppa venne scagliata con forza contro la nuca del ragazzo, che si lasciò sfuggire un ululato di dolore.

« Tutto bene, là in fondo? » domandò Vitious, in piedi su una pila di tomi.

« Sì, professore, va tutto bene » disse Harry massaggiandosi la nuca e voltandosi verso Dean con un espressione rassicurante, « Si è sicuramente trattato di una confusione tra incantesimi »

Una confusione di incantesimi un corno, pensò Dean.

 

 

 

 

Era una bella giornata; soleggiata, piuttosto calda, non aveva incrociato i Grifondoro, e leggera dal punto di vista scolastico. Aveva avuto incantesimi con i Corvonero per due ore, Pozioni con i Tassorosso per una, Astronomia ancora con i corvi e, adesso, per terminare in bellezza, Divinazione.

Stava salendo le scale con tutta calma, evitando di affaticarsi troppo e sudare.

Era quasi arrivata, le mancava solo una rampa di scale quando trovò Pansy a sbarrarle il passo.

Male, molto male.

« Ciao Daphne » la salutò lei, come se fossero amiche da una vita.

Doveva essere una trappola, pensò la bionda, perchè la ex psicopatica del suo caro amico non le avrebbe mai rivolto la parola, se non per scagliarle contro una maledizione nei suoi frequenti momenti di pazzia.

« Cosa vuoi? » domandò senza badare troppo ai convenevoli.

No, non avrebbe implorato Draco di darle una seconda possibilità, si disse nell'irritante caso in cui la mora si fosse fatta viva per chiederle questo. La mano sfiorò l'impugnatura della bacchetta, per poter essere più svelta a difendersi, se si fosse rivelato necessario.

« Ringraziarti, ovvio » replicò Pansy con semplicità.

A Daphne tutta quella gratitudine per un azione a lei stessa sconosciuta cominciava a dare sui nervi.

« Non so di cosa tu stia parlando » ringhiò.

Pansy Parkinson, invece che desistere e andarsene, ridacchiò frivola, come se un ragazzo carino – magari il suo Draco – avesse fatto una battuta pessima, ma al quale si ride lo stesso solo per flirtare.

« Avanti, non c'è più bisogno di fingere » la esortò. Allargò le braccia, per invitarla a guardarsi attorno.

« Siamo sole »

Oh, sì. Era proprio quel particolare a preoccupare maggiormente Daphne: era sicura di poterla battere a duello, ma se avesse perso l'equilibrio e fosse caduta dalle scale, nessuno avrebbe potuto incastrare la ragazza quando sarebbe stata ritrovata con il collo spezzato.

« Che cosa vuoi, Parkinson? » le ridomandò, montando sempre di più su tutte le furie. Al diavolo le buone maniere.

« L'ho detto: voglio dirti sinceramente grazie » replicò nuovamente la rivale, posandosi una mano sul cuore.

« Per che cosa, di grazia? » si innervosì Daphne. Pansy sghignazzò nuovamente.

Ancora una risatina e la bionda l'avrebbe impastoiata. Le sue dita erano ben serrate attorno alla bacchetta.

« Sciocca, non c'è bisogno di nasconderlo »

O forse sarebbe stato meglio trasfigurarla in una mosca?

« Siamo amiche, adesso »

La saliva, che la Greengrass stava deglutendo in quel momento, le andò di traverso per l'assurdità di quanto udito.

« Che accidenti stai farneticando?! » le domandò tra un colpo di tosse e un altro.

« Ma sì, Daphne, non fare finta di non apprezzarmi »

« Io ti detesto »

« No che non lo fai, non mi avresti aiutata »

« Infatti non l'ho fatto »

« E' ora di seppellire l'ascia di guerra, soprattutto ora che è palese che in realtà ci piacciamo molto »

« Sto meditando di trasformarti in un moscerino » sputò con disarmante sincerità la bionda.

Pansy la guardò con affetto, come se l'insinuazione fosse in realtà una bellissima dichiarazione d'amore.

« Sul serio, puoi smetterla adesso » continuò « possiamo essere sincere l'una con l'altra »

« Lo sono stata. E ora togliti di mezzo » le berciò contro la bionda inferocita, cercando di aggirarla e continuare la sua camminata verso la soffitta di Divinazione.

Pansy assunse lo stesso sguardo che era più solito vedere su Luna Lovegood, ma tuttavia non le permise di andarsene.

« Oh, porca di una vacca, cosa c'è?! » strepitò esasperata l'altra, facendo addirittura un piccolo saltino sul posto per l'irritazione.

« Io non capisco... » cominciò Pansy « ...perchè tu continui a comportarti come se fossimo nemiche »

« Senti, Parkinson, io non ho la più pallida idea del perchè tu ti sia messa in testa che io ti adori, o che ti abbia dato una mano a fare qualcosa, ma ti avverto: se non mi lasci andare, ti faccio tornare nei sotterranei conciata talmente male che non saprai nemmeno come ti chiami » la minacciò la bionda, ormai fuori dai gangheri.

Pansy boccheggiò spiazzata. Era sicura di non aver frainteso: dopotutto i Serpeverde erano noti per l'astuzia, e quale migliore strategia era migliore di fingere astio, usando la psicologia inversa? Le ragazze la usavano dall'alba dei tempi, e fino a che non la si usava sui ragazzi, tutto andava sempre per il meglio. E così si intestardì.

« Daphne, ti prego, ascoltami » la supplicò. La bionda, che per precauzione aveva già estratto la bacchetta, la guardò in silenzio.

« Sentiamo la stronzata » la esortò sbuffando.

« Smettiamola di fingere il contrario: io e te non ci odiamo più come una volta... » e qui Daphne rise ironicamente « ...tu mi hai voluto aiutare e, anche se non è andata come speravo, te ne sono comunque grata. Ho parlato con il mio Draco... » continuò Pansy, sospirando profondamente.

A quel punto Daphne cominciò a capire: forse, finalmente, Pansy dopo l'ennesima lite con Malfoy, aveva compreso che la loro relazione amorosa apparteneva al passato.

Avrebbe riscosso i ringraziamenti anche dal biondo, non appena fosse uscito dall'infermeria – e se costui avesse fatto finta di non saperne niente, lo avrebbe rispedito da Madama Chips con un occhio in più.

« ...è il solito testardo orgoglioso. Non riceverai alcun grazie da lui quando ritorneremo insieme, nemmeno quando ci sposeremo; ma non preoccuparti: chiamerò la mia primogenita Daphne, proprio come te, non sei felice? »

Era troppo.

La bionda Greengrass aveva sopportato fin troppo. A innervosirla maggiormente era la consapevolezza di non poterla schiantare e andarsene – provando una fitta di invidia per Malfoy, che si era potuto permettere di abbandonarla senza sensi in un corridoio e passarla liscia – dovendo quindi ripiegare su un'altra fattura.

Fu svelta, proprio come l'amico, a puntarle contro la bacchetta.

« Confundus »

E scappò.

 

 

 

 

Hermione Granger aveva appena vinto una discussione con Draco Malfoy. Un evento più unico che raro, che dubitava di poter rivivere in un prossimo futuro.

Ora era convinto di avere la babbanite, che lei stessa gli aveva trasmesso; temeva di diventare calvo, di scorticarsi prima di perdere le dita e, sempre per quella assurda storiella del parente alla lontana dopo aver avuto troppo a che fare con una nata babbana, di avere i mesi contati. Diciamo che Hermione gli aveva creato un piccolo trauma.

Il giovane ereditiere aveva impiegato una mezz'ora buona per decidersi se chiamare d'urgenza Madama Chips, o se invece tacere fino a quando la situazione non fosse divenuta insostenibile.

La perdita dei capelli, il prurito, gli incubi (dove puntualmente faceva la sua terrificante comparsa la Granger in abiti succinti, o conciata in un modo che la faceva apparire incredibilmente attraente). Gli mancava solo la perdita di pezzi del proprio corpo. La morte sarebbe sopraggiunta presto, dal momento che già manifestata quasi tutti i sintomi.

Tuttavia, non essendo un completo idiota – come un Grifondoro o un Tassorosso, pensò Draco – preferì tacere e documentarsi, prima di mettersi a dare l'allarme. Non era certo disposto a fare la figura dell'imbecille davanti a tutti gli altri malati.

 

 

 

 

« Sai, penso sia meglio finirla qui » disse con il massimo della serietà, e con il tono freddo con cui una segretaria informerebbe il capo dell'orario.

« Bene »

« No, no, così non va bene » si lamentò Ron « troppo distaccato »

Harry si lasciò cadere pesantemente su una delle poltrone sfondate della sala comune.

« Sì, hai ragione » concordò Potter, che iniziava ad essere stanco di quella situazione. Ora come ora non vedeva l'ora che l'amico rompesse con la caposcuola solo per non doverlo più ascoltare mentre si dispiaceva.

« Hermione, siamo stati tante cose: nemici, amici, e infine fidanzati. Come ben sai il tempo cambia un po' tutti... no, così è troppo lungo » disse esasperato il “re”.

« Sì, troppo lungo » ripeté a pappagallo Harry.

« Perchè deve essere tutto così difficile? »

Il migliore amico, seduto davanti al camino della sala comune, gli lanciò un'occhiata da dietro gli occhiali tondi: perlomeno Hermione non era scoppiata a piangere durante il loro primo appuntamento ripensando a quando usciva ancora con Viktor Krum, né tanto meno aveva pomiciato davanti ai suoi occhi in tutta tranquillità... ah, no, invece l'aveva fatto.

« Sai, ora come ora sono sempre più convinto che non avrei dovuto baciarla quel pomeriggio »

La loro storia era iniziata cinque mesi prima in camera di Ron, quando lui, dopo una tranquilla discussione sulla loro lunga amicizia mutata in un impacciato scambio di confessioni di sentimenti, si era piegato verso di lei e l'aveva baciata. Era tutto meraviglioso all'inizio: lui nutriva qualcosa per lei da tempo, e lei anche.

C'era stato un primo periodo dove le liti non esistevano, dove Hermione cercava di tenere a freno le sue manie di controllo, e Ronald la manteneva lontana da tutto ciò che avrebbe potuto farla imbestialire – come ad esempio la famosa festa in cui era stata mandata KO da un sonnifero versato nel succo di zucca.

« No, ora come ora lo penso anch'io » concordò Harry candidamente, ignorando il fatto che l'amico cercasse in realtà un conforto, e non un'amara verità.

Ron, ripensando a quei giorni felici, sentì una fitta di malinconia al petto, accentuata dalla consapevolezza di non poter tornare indietro.

 

Nessuno dei due ragazzi si accorse dell'arrivo di Seamus Finnigan con la peggiore compagnia che qualcuno non entusiasta di rendere pubblici i propri affari potrebbe mai desiderare: Calì Patil e Lavanda Brown.

Che poi non era nemmeno chiaro che ci facessero quei tre insieme.

 

« Probabilmente sono il secondo peggior Grifondoro che cammini per i corridoi dopo Neville, ma ho paura » disse Ron sospirando. Lavanda si mise in ascolto.

« Come ho già detto, so perfettamente che Hermione ormai è matura, e che mi capirà. Temo solo il momento in cui dovrò darle spiegazioni e salterà ancora fuori, perchè lo farà, la storia della festa »

Adesso anche Calì stava origliando quello che sembrava essere il segreto più succulento della settimana. Il povero Seamus si ritrovò a parlare da solo a sua insaputa.

« Non riesci proprio a fartelo andare giù, vero? »

Ron negò con il capo.

 

« Secondo te parlano di lei e Malfoy? » domandò sottovoce Lavanda.

A quel puntò fu impossibile, per Finnigan, non accorgersi che le due compagne a malapena si ricordavano della sua presenza.

« Ehi, ma... »

« Shhh » lo zittirono le due pettegole portandosi un dito sulle labbra.

« Ron ed Harry stanno parlando di Hermione e Malfoy » spiegò Calì con impazienza. A quel punto, allettato da un argomento così scottante – rimasto sulla bocca di tutti fino ad un paio di giorni prima, e tramutato nei più assurdi scenari che il genere umano avrebbe mai potuto elaborare – si mise in ascolto anche lui, curioso di venir a conoscenza di particolari inediti.

 

Harry si spostò sulla poltrona per potersi avvicinare un po' di più all'amico e poggiargli una mano sulla spalla con fare consolatorio.

« Lo so, ci siamo rimasti male tutti, ma avremmo dovuto prevederlo: voglio dire, hai sempre saputo cosa ne pensa »

« Sì, ma speravo che almeno questa volta avrebbe evitato di renderlo palese a tutti » rispose sconsolato Ron.

 

Lavanda e Calì sgranarono gli occhi e ruotarono il capo lentamente l'una verso l'altra, per assicurarsi che quanto appena compreso non fosse un malinteso.

« Cosa? » domandò il ragazzo, che al contrario delle due non aveva colto un bel niente.

« Si amano »

« Eh? Chi? »

« Hermione e Malfoy »

Seamus spalancò la bocca per lo stupore.

« Non è possibile »

« E' quello che hanno appena detto »

 

Il “re” e colui-che-non-era-morto rimasero in silenzio, contemplando le fiamme scoppiettare, entrambi con un umore che avrebbe buttato giù anche Luna Lovegood.

« Abbiamo provato a far finta di niente, ma hai visto com'è andata: siamo finiti a litigare. Lei che non riusciva a lasciarsi andare, ed io che tentavo di distrarla o di farle cambiare idea »

Harry annuì cupamente.

 

« No, aspettate, Draco e Hermione si amavano già da un po', e Ron nonostante lo sapesse ha deciso comunque di fidanzarsi con lei. Voi lo sapevate? » ripeté Calì scioccata. Tutti negarono.

« Mi spiace, Calì, Hermione te l'ha portato via » si dispiacque Lavanda, passandole una mano tra i capelli neri per coccolarla.

I tre Grifondoro fissarono i due ragazzi davanti al camino, in attesa di nuovi aggiornamenti.

 

« E poi questa storia della pozione... è stato solo il colpo finale » disse Ron.

Si sentì uno stupido ad aver voluto intavolare una relazione con la caposcuola; erano amici da una vita, e sarebbero dovuti rimaner tali.

 

« Ma scusate un attimo: se già erano innamorati, perchè mai bere un filtro d'amore? » domandò Seamus confuso, che aveva intuito che qualcosa non quadrava.

« Ma è ovvio, no? » replicò con impazienza Calì. Davanti all'espressione cocciuta del ragazzo sbuffò.

« Ma insomma, ti dobbiamo spiegare tutto? E' ovvio che la pozione è stato tutto in diversivo finito in tragedia! L'hanno bevuta per potersi amare sotto la luce del giorno e farla franca » parafrasò la Patil.

« Che cosa romantica » sospirò sognante Lavanda.

 

« Siamo arrivati ad un capolinea, Harry, dobbiamo lasciarci »

« Magari, se chiudessi un occhio riguardo a ciò che ti ha detto e riguardo a... Seamus? Che ci fai lì con... Lavanda e Calì?! »

Beccati.

Harry si era semplicemente piegato per allacciarsi un scarpa, e con la coda dell'occhio aveva visto i tre impiccioni appollaiati attorno ad un tavolo e con gli occhi fuori dalle orbite.

« Ciao, Harry » salutò il ragazzo in tutta fretta « ci chiedevamo... » e qui Lavanda emise un piccolo e basso strillo, terrorizzata che l'amico volesse informarsi personalmente su quanto appena udito « …dove fosse Dean. Non è che è passato di qui? »

Domanda pessima, soprattutto se si considera a chi era stata posta.

« No » replicò Harry.

« Oh, non fa niente, andiamo a cercarlo. Andiamo ragazze? » e i tre si defilarono, chiedendo con urgenza il permesso alla signora Grassa; una volta essersi tirati fuori nel corridoio era bastato un solo sguardo generale, prima di mettersi a correre a perdifiato in tre direzioni diverse, per raccontare a tutti le nuove novità.

 

Il cacciatore e il portiere di Grifondoro osservarono i tre compagni fuggire a gambe levate.

« Un po' strani, non trovi? » domandò Harry « di cosa stavamo parlando? »

« Dei pareri di Hermione riguardo la festa »

« Ah, sì, giusto. Beh, magari se chiudessi un occhio sulle sue manie di controllo, e se lei si desse una calmata, il vostro rapporto potrebbe migliorare » suggerì Harry, che di liti e situazioni scomode ne aveva avuto abbastanza. 

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Capitolo 13
*** New born in the Malfoy family ***


Non aveva dormito bene quella notte. Anzi, diciamo che a malapena aveva chiuso occhio talmente era agitato.

Non poteva fare a meno di illuminare debolmente l'orologio sul suo comodino e fare un calcolo veloce del tempo che gli rimaneva; le due e mezzo, le tre, le tre e mezza... i minuti sembravano anni, le ore un'eternità.

Ron era perfettamente consapevole che quel suo stare sveglio gli avrebbe causato svariati problemi durante l'ora di pozioni. Ma, d'altronde, negli ultimi tempi la sua vita era talmente piena di contrattempi e fatti decisamente sgradevoli, che una quindicina di punti tolti a casaccio non gli avrebbe stravolto l'esistenza.

 

A colazione, in sala grande, il “re” ebbe la fastidiosa impressione che gli occhi di buona parte degli studenti presenti fossero su di lui. Cercò di ignorarli, andando avanti a parlare tranquillamente con Harry, Dean Thomas e sua sorella, Ginny.

« Oggi ho due ore di Trasfigurazione, mi sento male » si lamentò Ginny aggiungendo del latte al suo the.

« Beh, noi ne abbiamo una con Piton che batte le tue » borbottò il fratello, dando pieno sfoggio del suo pessimo umore. Il ragazzo non aveva nemmeno alzato gli occhi dal suo piatto, si era giusto limitato ad alzare l'asticella delle recriminazioni e ad andare avanti a mangiare.

« Qualcuno qui è sceso dalla parte sbagliata del letto » constatò Ginny torva, e guardando con sfida il portiere.

Ron incrociò il suo sguardo, mettendo in bella mostra la sua espressione bieca; lui e la sorella rimasero a fissarsi per un paio di secondi, prima che lei l'avesse vinta.

Per pura casualità gli cadde l'occhio su Seamus Finnigan, in compagnia di Ritchie Coote, battitore di Grifondoro – altra accoppiata che non si vedeva tutti i giorni. Gli lanciò un'occhiata distratta, e allungò la mano verso la caraffa di caffè; avendo avuto l'impressione che questi lo stessero osservando, sollevò il più in fretta possibile gli occhi azzurri sui due, che si affrettarono subito a piegare il capo sul loro porridge.

Strano, gli era parso di vederli voltati verso di lui.

 

Dean Thomas, fortemente a disagio per quel silenzio teso, tentò di porvi una fine toccando il peggiore degli argomenti:

« Allora oggi Hermione torna tra noi? »

Harry tossì forte, Ginny si voltò a guardare il fidanzato come se le avesse offeso la madre, a Ron andò di traverso il caffè, e Seamus e Ritchie risollevarono di scatto il loro cipiglio stupito.

« Sì » rispose con freddezza il “re”.

« Quindi esce anche Malfoy? »

Ginny gli tirò una gomitata, che lo fece rimanere per un attimo a corto d'aria. Seamus guardò Ritchie come a dire: “che ti dicevo?”.

« Sì, proprio così » rispose Ron sospirando. Quando sbirciò in direzione dei due impiccioni, questi riabbassarono in fretta il capo sulla loro colazione, riprendendo a mangiare con la stessa foga di chi non tocca cibo da giorni.

 

 

 

 

Prima ancora di correre dai suoi amici, e prima ancora di pensare di regolare i conti con qualcuno, Draco si diresse verso l'ultimo luogo in tutta Hogwarts in cui la gente avrebbe mai creduto di trovarlo: la biblioteca.

Una serie di occhiatine curiose e parole sussurrate l'avevano seguito dall'uscita dell'infermeria per tutti i corridoi, fino all'entrata della libreria e tra i vari scaffali. Ogni qual volta si voltasse scorgeva sempre qualche ragazza distogliere lo sguardo imbarazzata; altre lo guardavano senza alcuna discrezione e Draco, si premurava sempre di fargli capire quanto lo irritasse incenerendole con lo sguardo – aveva già problemi ben più gravi, come una sospetta malattia potenzialmente mortale, non aveva tempo per delle sciocche oche pettegole

Le domande nelle testoline delle studentesse erano parecchie, tutte fatte sorgere dalle fantasiose voci di corridoio girate in quell'ultimo giorno e, nessuna di queste, lontanamente immaginabile dal caposcuola: era vero quel che si vociferava su lui e la Granger? Covavano un amore segreto dal loro quinto anno? Malfoy aveva lasciato la Parkinson per lei, e aveva architettato tutto quel tran tran delle pozioni solo per poter andare alla festa in sua compagnia? Ma soprattutto, stava davvero meditando di presentarla ai suoi genitori?

Se solo Draco avesse potuto leggere i loro pensieri le avrebbe cruciate tutte.

Le sue dita pallide accarezzarono i dorsi di alcuni libri antichi, fino a raggiungere ciò che cercava con così tanta ansia. Lo afferrò, e senza più considerare nessuna delle presenti si diresse verso il posto libero più lontano e isolato con lunghe falcate feline.

Lasciò cadere pesantemente il tomo sul ripiano, infischiandosene dell'occhiataccia di Madam Pince, e rilesse nella mente quanto scritto con minuziosità sulla copertina polverosa.

“Malattie magiche dalla A alla Z”, sottotitolato “come capire se stai morendo”.

 

 

 

 

Per Hermione quella era la giornata più bella che avesse vissuto da due settimane a quella parte.

Abbandonò l'infermeria con l'umore alto, ed era pronta affrontare tutte – o almeno quello era l'intento – le avversità che il fato le avrebbe posto davanti quel pomeriggio. L'ora di pranzo era appena passata, e la ragazza avrebbe tanto voluto unirsi ai suoi amici e a Ron, con il quale sapeva di dover fare un discorso serio, ma era consapevole anche di non potersi permettere di saltare altre materie.

Si andò a cambiare in tutta fretta, raccolse il libro di aritmanzia e corse a lezione, ignorando le occhiatine curiose dei quadri, e quelle decisamente maliziose degli altri alunni. Non diede peso nemmeno ai sussurri che i suoi compagni di corso si scambiavano in continuazione, pensando con sprezzo che tutti trovassero più importanti gli scandalosi fatti che l'avevano vista bere una pozione e amoreggiare con il suo peggior nemico della materia che il professore stava illustrando.

Anche quando l'ora terminò, e raccolse tutte le pergamene di appunti, gli occhietti curiosi degli altri alunni non l'abbandonarono. Hermione, ignara di tutto, riprese la solita monotona routine che era solita intrattenere prima del fattaccio: imboccò la strada per la biblioteca.

 

Nel tragitto incontrò diversi suoi amici: Ginny Weasley e Dean Thomas – che la salutarono con un po' di timore, sapendo che, una volta tornata al dormitorio, Ron l'avrebbe lasciata – Micheal Corner, Justin Flinch-Fletchey, Susan Bones... quando poi si trovò dinnanzi Seamus Finnigan, e quest'ultimo si dimostrò particolarmente evasivo, Hermione comprese di essere stata vittima di una malalingua messa in giro da chissà chi.

 

Gli studenti impegnati con i compiti la seguirono con lo sguardo con la stessa espressione che si assumerebbe di fronte a un qualcosa del tutto inaspettato: Malfoy se ne era andato giusto cinque minuti prima – con gli occhi che se solo avessero potuto uccidere avrebbero fatto uno sterminio di massa – e adesso quella che pareva essere la sua fidanzata segreta si presentava in tutta tranquillità.

La Grifondoro si diresse verso la sezione di aritmanzia e, scorgendo Neville seduto da solo, andò a posare tutto il materiale al suo fianco.

« Ti disturbo? »

Il ragazzo trasalì e si volse verso la fonte della voce. Quando si trovò davanti la caposcuola, le sue guance si colorarono di rosso per il disagio.

« Sì... cioè, no, affatto » biascicò. Hermione non vi prestò troppa attenzione, essendo lui piuttosto impacciato; lasciò vagare lo sguardo sulle pagine del volume di erbologia con interesse.

« Erbologia, vedo » disse lei « mi sono persa qualcosa di importante? »

« No, siamo sempre fermi al dittamo » replicò il Grifone tenendo lo sguardo basso.

Aveva sentito parecchie cose su di lei, una meno lusinghiera dell'altra, e non aveva la minima idea di come approcciare quanto saputo in quell'ultimo giorno.

Hermione lo guardava preoccupata, avendo intuito il turbamento del compagno di casa.

« Va tutto bene? » gli domandò, sinceramente angustiata.

Dunque, da dove cominciare: forse era preferibile lenire la pillola dispiacendosi per la fine della sua relazione.

« Mi spiace per te e Ron » disse.

« Oh » esclamò sorpresa « quindi la voce è già girata » constatò lei accarezzando la cerniera del suo tomo di aritmanzia.

« Sì, l'ho saputo un paio d'ore fa » spiegò il ragazzo.

Calò il silenzio.

C'era un'altra questione che desiderava tanto toccare, ma essendo un'infinità di volte più delicata, non sapeva proprio come menzionarla. Osservò il suo sguardo dispiaciuto, per poi lasciar scorrere gli occhi sui suoi capelli ricci raccolti in una coda, sulle sue spalle ricurve e infine sul suo ventre – che ora che ci faceva caso, gli appariva stranamente gonfio.

« E' suo? » si informò con un tono talmente basso da risultare più simile ad un soffio, che ad un sussurro vero e proprio.

« Come, scusami? Non ti ho sentito » disse la caposcuola sorridendo, per far capire all'amico che non aveva niente da temere, e piegandosi maggiormente verso di lui.

« E' suo? » ripeté Neville avvicinandosi, senza tuttavia alzare la voce. Questa volta Hermione aveva capito bene, ma non essendole chiaro l'argomento di conversazione si vide costretta a chiedere delucidazioni.

« Che cosa? »

« Il bambino »

Il sorriso le morì sulle labbra, e la sua pelle – da poco tornata rosea – impallidì in un colpo.

 

 

 

 

Theodore Nott era comodamente sdraiato su uno dei divani della sala comune, Blaise Zabini invece era seduto su una poltrona non molto lontana dal camino, e Daphne era adagiata su un dei braccioli del divanetto su cui c'era Theo, che si sforzava in tutti i modi di non perdere la calma.

« Sai, penso che tu abbia fallito » la derise lui « Pansy è molto confusa: era convinta di essere una Grifondoro forzata a stare lontana dalla sua torre. Pensa tutt'ora di avere una relazione amorosa con Tiger, e solo poco fa ha cominciato a comprendere di essere stata colpita da un incantesimo confundus, senza tuttavia ricordarsi chi gliel'abbia lanciato e cosa stia confondendo. Ma se c'è una cosa che proprio non si è scordata, è la nascita della vostra nuova amicizia »

Blaise lasciò crollare la testa all'indietro e rise liberamente, estraendo dalla borsa scolastica due bottiglie di burrobirra, furbamente trasfigurate in boccette di inchiostro verde; le sfiorò con la punta della bacchetta, ed esse tornarono ad essere ciò che erano in precedenza: alcolici introdotti con l'inganno.

Argus Gazza era stato molto sciocco a credere che lo studente, di ritorno dall'ultima uscita a Hogsmeade risalente alla settimana precedente, necessitasse per davvero di tutta quella china – ma dopotutto quel vecchio uomo delle pulizie era solo un insulso magonò, cosa poteva saperne lui?

Ne lanciò una all'amico, che l'afferrò e la stappò agitando la bacchetta.

Daphne, per non rimanere l'unica a mani vuote, cercò una lima per unghie d'argento, che si rivelò essere una bottiglietta di acqua viola occultata.

« Inizio a capire come si senta Draco » disse lei lugubre, bevendo un sorso della sua bevanda.

« E aspetta che si riprenda completamente e si ricordi che l'hanno lasciato tornare... » considerò Blaise, brindando con l'altro Serpeverde.

Delle ragazzine del terzo anno gli passarono vicino, vociferando a proposito di gravidanze, amori segreti e bei capelli biondi. I tre purosangue non gli diedero troppo peso.

« Parleranno di qualche nuovo cantante, le nuove generazioni sono così frivole » commentò Daphne, seguendole con lo sguardo fino a che non sparirono nel corridoio che portava alle camere.

« Giusto, mica come te » la prese in giro Blaise « tu sì che sei una femmina alpha »

La bionda fece saettare gli occhi blu ridotti a fessure verso il compagno di casa.

« Perchè infondo tu non pensi mai a quisquilie quali messe in piega, trucchi e via dicendo » gli diede spalla Theo.

Daphne sollevò il naso all'insù con fare altezzoso.

« Sono tutte preoccupazioni necessarie per una donna altolocata come me » replicò stizzita « Io ho discendenze nobili, cosa potete saperne voi »

I due ragazzi si scambiarono uno sguardo ilare, prima di venir travolti dall'ennesimo scoppio di risa.

« Oh, scusatemi, vostra altezza » la derise Theodore « Permettetemi di cedervi il mio posto, dovete essere stanca »

« Vaffanculo, Nott » gli berciò contro, bevendo l'ultimo sorso di acqua viola e gettando la boccetta su un tavolino vicino.

« No, dico sul serio. Il vostro ego è talmente pesante che potrebbe spezzarvi il collo se non vi coricate subito. Ecco, venite, datemi la vostra mano » continuò alzandosi e porgendole il braccio.

La ragazza gli schiaffeggiò le dita oltraggiata, e vedendo Blaise sganasciarsi dalle risate, se la prese anche con lui.

« Siete due imbecilli »

 

La porta nascosta dei sotterrai si aprì, lasciando entrare un Draco Malfoy nero di rabbia.

La Granger gli aveva mentito: non esisteva nessuna letale babbanite. Su “Malattie magiche dalla A alla Z” non era lontanamente nominata.

Ora, però, doveva risolvere un altro problema.

« Ma guarda guarda chi si rivede » udì « Finito definitivamente di sembrare un rospo che miagola, allora »

Il rampollo di casa Malfoy voltò il capo verso il camino, e i suoi occhi si assottigliarono.

«No, dai, non fare quella faccia: anche se sei tornato ad essere la solita noia ti vogliamo bene lo stesso » andò avanti Theo.

I suoi occhi erano fissi solo su Daphne, che sentendosi fissata estrasse dalla borsetta uno specchietto – anch'esso appartenente alla sua famiglia da generazioni e generazioni – e controllò di non avere qualcosa di strano in viso.

Draco invece stava cercando di decidere se prediligesse l'idea di strangolarla o di scagliarle contro qualche brutta fattura – cercata qua e là nei libri di difesa contro le arti oscure in biblioteca, dopo aver appurato di essere stato preso per il naso da una poco più che babbana.

Dopo un breve istante in cui si ricordò che fare a pugni era un gesto tipico della razza della caposcuola Grifondoro, e quindi optò per ricorrere alla magia – tanto per sottolineare il fatto che lui fosse un mago fin dentro il midollo.

Daphne potè osservare la sua mimica facciale mutare da un banale fastidio, a un'inquietante alterazione, a una rabbia cieca; sguainò subito la bacchetta, e fece appena in tempo a difendersi da una maledizione sconosciuta lanciatole dall'amico. Blaise e Theodore scattarono in piedi, pronti a difendere la compagna dalla furia del ricco Serpeverde.

 

 

 

 

« Credo di non riuscire a capire la tua domanda » disse Hermione cortesemente.

Neville era ancora più in imbarazzo di prima: e adesso come glielo spiegava lui che voleva sapere se fosse per davvero lui il padre?

Già se lo immaginava da grande: strafottente e incredibilmente intelligente. Quel pargolo, se solo fosse cresciuto male come uno dei due genitori e Voldemort non si fosse deciso una volta per tutte a fare la pelle a Potter, sarebbe diventato il suo nuovo migliore amico.

« Sì, insomma... è vero che aspetti un bambino da Malfoy? »

Il cuore della Grifondoro si fermò di colpo.

Lei, incinta. Lei, incinta di Malfoy.

Oh, santo cielo.

« M-ma no! Certo che no! » sbottò alterata « Da chi l'avresti sentita questa stupidaggine? » domandò con un'urgenza che intimorì il compagno. Se solo Hermione fosse stata un po' più aggressiva, Neville era sicuro che l'avrebbe afferrato con violenza per il colletto della divisa.

« Ho sentito Romilda Vane parlarne con Victoria Cattermole e un'altra ragazza del terzo anno... »

Hermione spalancò la bocca: se la calunnia era già giunta ai ragazzini di tredici anni, allora quelli all'oscuro di tutto si potevano contare sulle dita di una mano.

« ...che l'ha sentito da Ernie Mcmillan... » Neville fece una pausa, facendo temere il peggio alla caposcuola.

« ...che ne ha parlato a lungo con Hannah Abbott, perchè entrambi stentavano a credere al fatto che Ron ti avesse scaricata proprio per questo... »

« Ron non mi ha ancora lasciata! » lo interruppe alzando un po' troppo la voce. Tutti gli studenti occupati con lo studio, che fino a quel momento ignoravano lo scambio di dicerie tra i due ragazzi, si voltarono di colpo incuriositi.

Neville, per un instante si illuse di poter cambiare discorso e di poter finalmente abbandonare l'argomento pargoli malefici; Hermione invece sembrava non voler mollare l'osso: lei e Malfoy a letto insieme, le stava già venendo un'altra emicrania.

« Va' avanti » lo incitò gelida « Cos'altro hai sentito, Neville? »

Il suo tono di voce fremeva così tanto di collera, da far sospettare all'amico che presto o tardi gli sarebbe saltata alla gola solo per la frustrazione di non poter sfogare la propria ira su qualcun altro.

« Ecco... ho sentito che tu e Malfoy avete una relazione segreta dal primo anno »

« Cosa?! » sbroccò ancora lei « Ma avevamo undici anni! E poi lui ci ha odiati sin dal primo momento che ci ha visti! » quella era proprio bella.

« ...E che anche mentre lui stava con la Parkinson, voi due vi vedevate in segreto » aggiunse il ragazzo. A quel punto a Hermione non rimase che attendere che tutti i particolari scottanti di quei pettegolezzi venissero piano piano sputati.

« ...Alcuni dicono che lui si sia intrufolato nel nostro dormitorio diverse notti » le narici della caposcuola avevano ripreso a fremere « ed è vero che Malfoy ha confuso i suoi genitori per far credere loro che tu sia una purosangue? »

Hermione lo guardò come se fosse un completo idiota.

« No! Certo che no, Neville! Come potresti mai credere a delle fesserie del genere?! E da chi le hai sentite, soprattutto! »

Il Grifondoro si sentì sinceramente uno sciocco.

« Beh, ho sentito Romilda Vane parlarne con Victoria Cattermole e una ragazzina del terzo anno; che l'ha sentito da Ernie Mcmillan, che ne ha parlato a lungo con Hannah Abbott... »

La questione sembrava lunga.

« ...che l'ha udito da Tiger e Goyle; che l'hanno sentito urlare da Seamus Finnigan, che... » e si bloccò.

« Che cosa? » lo spronò con impazienza la caposcuola.

Sarebbe scoppiato un caos, Neville ci avrebbe messo una mano sul fuoco, e subentrò la consapevolezza che avrebbe dovuto dare un freno alle proprie parole molto prima – all'incirca da quel disastroso momento in cui la curiosità aveva preso il sopravvento e le aveva domandato del figlio di Draco Malfoy.

Neville sospirò.

« Che ha sentito Ron ed Harry discuterne » concluse avvilito.

Hermione si alzò di colpo, ignorando completamente il baccano provocato dallo strisciare della sedia e un'altra serie di occhietti curiosi posarsi su di lei.

Non ricordava nemmeno di essere stata tanto inferocita in vita sua. Ne aveva sentite di assurdità, ma quelle che le erano appena state riferite erano in assoluto quelle più degne di nota – se non fossero state tutte incentrate su lei e Malfoy, in tal caso si collocavano in cima alla lista delle peggiori.

« Devo andare » disse « mettili via tu questi libri »

Le narici si dilatavano e si contraevano seguendo il ritmo scalpitante del suo cuore, gli occhi le erano venuti lucidi per la furia, le sue guance stavano diventato bordeaux, e i suoi pugni erano talmente stretti da farle apparire le nocche spaventosamente bianche.

« Hermione, aspetta! » la richiamò Neville. Ella si voltò con lentezza, quasi volesse ammazzarlo anche solo per averla fermata.

« Quindi non è vero che ti sposi a marzo? »


***
Ciao a tutti! Eccomi con un nuovo capitolo, vi è piaciuto? O invece ne siete rimasti un po' delusi? Fatemelo sapere :)
Ma passiamo al vero motivo per cui sto scrivendo questa nota autore: sono abbastanza combattuta sulla lunghezza dei capitoli. Voi come li preferite? Li lascio così, o potrei anche allungarli? 
Vi spiego le differenze: se li lascio così, quelli dove tocco più argomenti caldi (vedi questa storia della gravidanza) potrei doverli dividere. Quindi ne uscirebbero un casino e chissà quando vedremo i veri momenti Dramione. 
Se li allungo invece ne potrei fare di meno, e magari riusciremmo a vedere un po' di ammmore prima del 2020. Tuttavia potrei metterci un po' di più, perchè a quel punto avrei molto di più da scrivere. 
Ditemi pure:)
Lily. 

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Capitolo 14
*** Behind the mask ***


« Ti è dato di volta il cervello?! » sbraitò Daphne, mettendo in mostra i denti bianchissimi in modo decisamente poco elegante.

« Potrei farti la stessa domanda, Greengrass » e giù un'altra fattura mai sentita prima, parata prontamente da tutti e tre i ragazzi.

« Draco, fermati! » strepitò Blaise.

« Cosa ti sei inventata?! » sbroccò il biondo, interrompendo il flusso di maledizioni sconosciute. Zabini colse l'attimo e gli balzò davanti, tenendolo fermo e cercando di impedire che la Serpeverde si vedesse costretta a correre in infermeria, perchè una sua versione in miniatura le stava spuntando tra le scapole.

« Cosa le hai messo in testa?! » domandò con insistenza Malfoy.

« Sei matto! » gli strillò contro Daphne. La consueta velenosa delicatezza adottata in assenza di Pansy era ormai andata a farsi benedire, e adesso la ragazza si stava rimboccando le maniche della divisa nella prospettiva di dare inizio ad una scazzottata.

« Io sarei matto?! »

« Sì! »

« Io sarei matto?! » ripetè oltraggiato il biondo.

« Calmatevi tutti e due! Draco, smettila di urlar... Daphne posa subito quella sedia! » intervenne Theodore, cercando di placare la ragazza.

« Togliti di mezzo, o te la spacco in testa » lo minacciò.

Ormai tutti i Serpeverde non occupati con le lezioni o con lo studio erano accorsi nella sala comune per assistere a quella sembrava essere la più memorabile rissa dell'anno.

« Tu sei matta! » la accusò Draco, come se nel frattempo la ragazza non si fosse allontanata per andare a reperire un'arma contundente, e non avesse preannunciato di volerla usare su Theodore « sei andata a dire a Pansy che l'aspettavo! Ti toglierei dei punti, se solo non ci fosse in ballo la coppa delle case! » sbraitò su tutte le furie.

Daphne, che dopo essersi sentita dare della pazza aveva già caricato il colpo, venne subito messa in allarme dall'ultima accusa. Abbassò lentamente il suo armamento, e tutta la folla rimase con il fiato sospeso – conoscendo il caratterino della purosangue, gran parte di essa si aspettava di vederla correre incontro a Malfoy, non appena costui avrebbe abbassato la guardia, per tirargli un bel cazzotto sul naso. Ma Daphne rimase immobile al suo posto, anche quando il caposcuola smise di opporre resistenza a Blaise, messosi in mezzo per evitare che ci scappasse il morto.

« Di che stai parlando? » gli domandò a denti stretti «io non le ho suggerito assolutamente nulla »

Le sue dita le prudevano per la voglia di schiaffeggiarlo. Non appena gli altri alunni intuirono che si trattava solo di uno dei tanti momenti di pazzia di Pansy Parkinson, abbandonarono la sala comune emettendo gemiti delusi. Nulla di nuovo o fuori dal normale.

« Lei mi ha detto che avevate usato una specie di linguaggio segreto tra donne, e che tu le hai fatto capire che l'aspettavo a braccia aperte »

Draco guardava Daphne, Daphne guardava Draco. Blaise e Theo si scambiarono uno sguardo confuso, prima di sollevare le spalle spaesati.

« E' successo di nuovo »

« Che cosa? » si intromise Blaise.

« Ma non ci credo, pensavo che l'avesse già superata quella fase »

« Che fase? » domandò Theo.

 

 

 

 

Era andato a prenderla subito come aveva terminato la sua lezione di Cura delle Creature Magiche, non voleva perdere tempo.

Non aveva bene idea di come avrebbe gestito la situazione in seguito, ma per il momento aveva deciso semplicemente di mungere la vacca finché dava latte.

Com'era strana la vita: un attimo prima sei triste e solo, ti stai struggendo per un amore in impossibile, e un Confundus dopo sei felicemente fidanzato con la ragazza dei tuoi sogni. Chi avrebbe mai potuto dirlo? Beh, l'intera Hogwarts non di certo.

Tutto era iniziato il pomeriggio del giorno precedente, quando Vincent Tiger facendosi un giro tranquillo per i corridoi, aveva scorto la ragazza vagare senza una meta ben precisa e con lo sguardo vuoto. Le si era avvicinato senza tuttavia sperare di ricevere molto oltre un solito “idiota”, e invece, con sua enorme sorpresa, la ragazza gli aveva gettato le braccia al collo e l'aveva baciato. Così su due piedi non riuscì a capire perchè mai, colei che l'aveva sempre disprezzato, adesso lo chiamasse “tesoro mio” e gli stesse ricoprendo il viso di baci; intuì le dinamiche solo quando Pansy affermò di non ricordarsi più come giungere alla torre di Grifondoro, dove c'era il suo dormitorio.

Tiger non eccelleva di intelletto, ma non era un completo cretino – dopotutto c'era un motivo al suo smistamento in Serpeverde – e constatò tristemente che fosse tutto merito di un Confundus.

Ma in ogni caso aveva deciso di battere il ferro finchè caldo, ed è così che si arriva al momento in cui tutti lo videro allontanarsi dalla casetta di Hagrid, mano nella mano con il prefetto verde argento.

 

 

 

 

Quando Terry Steeval incrociò Hermione Granger con le guance di un sinistro color rosso scuro, poteva immaginarsi di tutto – che Madama Chips non fosse riuscita a guarirla interamente, che qualcuno avesse messo in dubbio le sue capacità... – ma di certo non la portata dei pettegolezzi che le erano giunti alle orecchie. Aveva sentito che si sospettasse una tresca nascosta e che Ron l'avesse lasciata proprio per quello, ma era all'oscuro di tutte le altre, quelle che la stavano facendo vagare con la stessa espressione furiosa che era solita vedere a Piton.

« Ciao, Hermione » la salutò. Il viso di lei non lasciò trasparire alcuna emozione.

« Ciao »

Terry assunse un'aria costernata, per evitare che la caposcuola capisse di esserle andata incontro soprattutto per valutare il suo livello di disperazione per la fine della sua relazione – inversamente proporzionale alla veridicità dei pettegolezzi più chiacchierati.

« Ho saputo della... »

« Della mia relazione ancora non terminata ma spacciata come tale? Sì, ho saputo anch'io » lo interruppe lei adirata. Terry boccheggiò, colto alla sprovvista dall'atteggiamento della Grifondoro.

« Oh, perdonami, io... »

« avevi sentito il contrario? » riprese Hermione « Sì, anche a me è stata riferita una cosa del genere »

Terry si pentì amaramente di averla avvicinata, e Hermione si sentiva risentita con i tre quarti dei maghi che camminavano per Hogwarts.

Non aveva idea di tutte le fesserie che erano state messe in circolo – c'era chi diceva che lei avesse stregato Malfoy con un qualche incantesimo sconosciuto (« Passa così tanto tempo in biblioteca ed è tanto apprezzata dai professori, che le risulterebbe semplice riuscire a rimediare un permesso per il reparto proibito e cercare un qualcosa che faccia al caso suo »), chi era sicuro che Malfoy la tenesse in ostaggio, chi spergiurava di averli visti mano nella mano più e più volte durante i sette anni e, quelli che all'inizio di tutto quel trambusto li davano già con un piede nella fossa, si divertivano a cavalcare il filone della morte affermando che la Granger avesse già perso due bambini del Serpeverde – e non sapeva nemmeno come ne sarebbe uscita, ma di una cosa era più che certa: era tutta colpa di Malfoy.

Se Malfoy, alla fine del suo sesto anno, avesse deciso di fare i bagagli e cambiare suola, non avrebbe partecipato alla festa di inizio anno, nessuno avrebbe tentato di farlo invaghire e lei non ci sarebbe finita di mezzo; se quella pozione fosse finita in un altro bicchiere, lei non sarebbe stata vista da nessuno mentre amoreggiava col suo peggior nemico e, di conseguenza, nessuna voce raccapricciante sul suo conto sarebbe stata messa in giro.

E ora Terry le stava parlando sempre per colpa di Malfoy.

Sempre, e solamente, colpa di Malfoy.

« Senti, Terry, io non ho idea di che razza di stupidaggini ti abbiano ficcato in testa, ma no: Ron non mi ha ancora scaricata, io non sono finita al creatore – ma ora come ora avrei preferito farlo – tra Malfoy e me non c'è nulla che vada oltre al ribrezzo e all'astio, non mi sposerò né a marzo, né mai e, soprattutto, io non sono incinta! » gli spiegò lei frustrata. Man mano che negava tutte le calunnie che la vedevano protagonista, si era avvicinata sempre di più al Corvonero, gli aveva posato le mani sulle spalle, e aveva finito per scuoterlo malamente.

« Va bene, d'accordo » tentò di calmarla « starò più attento a ciò che si vocifera »

« Vorrei ben vedere » replicò la ragazza allontanandosi.

« Stasera farai la ronda? » domandò Terry, cambiando repentinamente discorso, prima che alla caposcuola venisse in mente qualcos'altro che l'aveva fatta andare su tutte le furie e decidesse di schiaffeggiarlo.

« Sì, ovvio, è il mio compito. Ora, se non ti dispiace, avrei da affrontare una discussione » si congedò Hermione accigliata.

Terry non poteva sapere di chi parlasse, ma in qualsiasi caso, sentiva di provare una certa compassione per costui.

 

 

Quando arrivò alla torre di Grifondoro si sorprese di trovarla praticamente vuota: tutti erano ancora a lezione o in giro per il castello, a guardare gli allenamenti di quidditch, o a prendere il sole sulle rive del Lago Nero.

Salì i gradini che portavano ai dormitori maschili a due a due, ma quando aprì la stanza di Ron e Harry la trovò evacuata; non le rimase che tornare dal suo amato Grattastinchi, che non vedeva da una settimana, e leggersi un buon libro.

Si accoccolò sul letto con il suo gatto che le faceva le fusa, ma invece che mettersi a leggere, si assopì.

 

 

 

 

Vincent Tiger ignorava totalmente cosa prediligesse il gentil sesso. Ignorava maggiormente cosa prediligesse il gentil sesso dopo essere stato colpito da un confundus.

Aveva pensato di portarla a fare un giretto nell'orto di zucche di Hagrid, ma temeva che Pansy non avrebbe gradito; dopodiché gli era balenata in testa l'idea di passeggiare nella foresta proibita, ma aveva paura di incontrare qualche creatura magica e di sfigurare davanti la sua temporanea ragazza; infine aveva optato per un luogo che, quantomeno, uno dei due avrebbe apprezzato: il campo da quidditch.

Lui si sarebbe divertito ad assistere ai suoi compagni di casa, Pansy gli avrebbe per forza di cose rivolto la parola più e più volte, non conoscendo nemmeno mezza regola di quello sport e, come prima cosa, il suo rivale numero uno non sarebbe stato presente.

Draco Malfoy, dopotutto, era appena tornato da un lungo ricovero di una settimana, e dopo aver rischiato di venir internato al terzo piano del San Mungo per avvelenamento da pozione, era stata decisione comune di tutta la squadra Serpeverde di lasciargli un giorno in più di ferie – in altre parole, temevano che quel brutto episodio potesse compromettere la sua concentrazione in campo e i suoi riflessi.

Tiger aveva deciso di tenere la ragazza il più lontano possibile dal cercatore, per paura che vederlo o avere uno scambio di sguardi potesse riportarle alla mente tutto, e quale posto migliore di uno dove era sicuro di non trovarlo?

E così la confusa Pansy l'aveva seguito fino al campo, era salita sulle tribune assieme a lui, e si erano posizionati non tanto lontani da un gruppetto di ragazze Serpeverde del quarto anno, e da delle Tassorosso del sesto.

E fu proprio questo il passo falso.

Tiger non udì assolutamente nulla, essendo molto preso dai ragazzi sulle scope che svolazzavano qua e là, ma sfortunatamente Pansy sì. Aveva tentato di farsi piacere quello sport, ma al quarto “perchè quello lì sta inseguendo quell'uccellino dorato?”, con conseguente risposta: “non è un uccellino, è un boccino... oh, guarda e basta!” si era stancata e aveva preso ad ascoltare le altre studentesse. E l'argomento delle loro conversazioni sembrava essere molto interessante.

 

« ...Sì, ho sentito che si sono lasciati » disse una ragazza dai capelli neri.

« Davvero? Beh, non mi sorprende. Sono più stupita che con quel gran palco di corna sia riuscito a passare senza difficoltà attraverso le porte » ironizzò su l'altra.

Una terza, estranea a tutti i fatti, si intromise curiosa.

« Ma di chi state parlando? »

« Della Granger e di Weasley, ovviamente » rispose quella con i capelli corvini « non hai saputo? La sangue marcio lo tradiva con Draco Malfoy »

Pansy percepì il cuore cominciare a picchiarle forte in petto.

« Draco Malfoy? Quel Draco Malfoy? »

« Quanti vuoi che ne esistano? Il solo e unico »

 

Pansy Parkinson, nonostante la fresca brezza che preannunciava l'arrivo dell'autunno, cominciò a sudare copiosamente. Sentiva di avere qualcosa a che fare con quella faccenda, ma non si ricordava perchè. Nel frattempo, il trio di pettegole verde argento, nemmeno si era accorto della sua presenza

e del fatto che avesse la sua più completa attenzione.

 

« Si pensa che i due si siano dilettati a vicenda dal quinto anno, da prima

ancora che lui lasciasse la Parkinson »

 

Nella mente del prefetto fu come assistere ad una pellicola cinematografica: ogni dettaglio della sua storia d'amore con il biondo Serpeverde le passò davanti agli occhi, da quando si erano scambiati il primo bacio, a quando lui l'aveva scaricata malamente. Al quinto anno.

Improvvisamente Pansy ricordava tutto, e sentiva che il fiato le stava mancando.

 

« Ho sentito dire che lui le abbia addirittura già presentato i suoi genitori. Poveri coniugi Malfoy, vi immaginate che colpo? »

« Deve essere stato orribile »

Se solo Tiger non fosse stato tanto preso dagli allenamenti avrebbe notato che la sua – ormai – ex ragazza era entrata in iperventilazione.

« Voci di corridoio dicono anche che lei sia rimasta incinta »

Pansy, nel mezzo di un attacco di panico e di una crisi di nervi, all'udire quella notizia si accasciò a terra, senza sensi.

 

 

 

 

Hermione saltellava allegra in direzione della guferia. Non sapeva esattamente a chi dovesse inviare la missiva, né cosa avesse da comunicare, ma non si fermò. Sentiva di dover correre verso di essa, senza tuttavia comprenderne il motivo.

Salì i gradini a due a due, canticchiando una canzoncina di una pubblicità vista alla televisione, quando ancora era a casa con i suoi genitori, ma quando raggiunse la cima, la voce le morì in gola. Una figura slanciata e ben vestita era alla finestra; le dava le spalle, e con un piccolo colpo di fortuna lui non si sarebbe accorto del suo arrivo. Al diavolo la lettera, avrebbe sempre potuto spedirla un altro giorno, quando magari tutti i gufi sarebbero stati di ritorno – visto che in quel momento, fatta eccezione per il Serpeverde, la guferia era vuota.

Si voltò lentamente, ma dove fino ad un attimo prima c'erano le scale, adesso c'era un comune pavimento di pietra.

« Non puoi andartene » le fece notare una voce serafica. Hermione strizzò gli occhi per il nervoso.

« Perchè mai? »

« Perchè sono intrappolato nella tua testa » replicò lui « per sempre »

Hermione lo guardò annoiata.

« Sì, davvero molto divertente. Cosa devo fare per farti sparire, allora? » gli domandò con impazienza la Grifondoro.

« Non te lo dico »

Hermione era sempre meno incline a scherzare. Estrasse la bacchetta da una tasca del mantello e la puntò contro Malfoy, che tuttavia non si scompose.

« Penso che siamo partiti con il piede sbagliato, sette anni fa » le disse con tutta tranquillità, quasi la ragazza non avesse mosso un muscolo.

« Chissà come mai » replicò la caposcuola.

« Perchè tu sei una schifosa sangue sporco » le rispose lui, come se avesse fatto un'innocente constatazione sul tempo. Dalla bacchetta di Hermione scaturì un flusso di scintille rosse, ma Draco, invece che cadere a terra svenuto, andò avanti a guardarla impassibile.

« Ah, certo, va' avanti a scagliarmi tutte le fatture che vuoi. Tanto non ti sveglierai finchè non lo vorrò io »

Il battito di Hermione accelerò per la paura: un Malfoy imbattibile, doveva essere un incubo.

« Cosa vuoi da me?! Tu non sei reale! » gli urlò contro lei « Ron! Aiuto! »

Draco roteò gli occhi per la seccatura.

« Non può sentirti, Hermione. Tu stai sognando »

Il peggior sogno della sua vita.

« Ero venuto qui per risistemare un po' le cose, visto il disastro combinato dal me-principe fino ad ora, ma vedo che ancora tu non sei né pronta, né hai intenzione di credere che io sia più vero di quanto sembri » constatò Draco allontanandosi dalla finestra e girando un po' per la stanza.

Hermione lo guardò confusa.

« Tu sei solo il frutto di un incubo » gli disse con un filo di voce.

« Ed è qui che ti sbagli, mia cocciutissima Grifondoro » la corresse il biondo « io sono quello che Draco ha sempre cercato di celare, io sono la sua parte sentimentale dietro alla maschera »

La caposcuola non comprendeva, come poteva, dopotutto? Nemmeno gli credeva.

« Tu non mi credi »

« No, non ti credo »

Malfoy rise sommessamente.

« Lo sapevo. Beh, Hermione, cosa devo fare per dimostrarti che io sono la sua mente? »

La grifona si guardò attorno spaesata: effettivamente non c'era un modo.

« Penso che sia ora che tu ti svegli » le disse Draco, proprio ora che la ragazza voleva restare ancora un po'.

« No, aspetta! » lo pregò lei.

« Aspetta? Ti stai già interessando a me? Beh, è stato semplice » commentò ironicamente il Serpeverde.

Le guance di Hermione si colorarono di rosso per il nervoso.

« Certo che no, Malfoy! E' solo che voglio fare un po' chiarezza » spiegò pestando i piedi.

« Ne avremo di tempo per fare chiarezza » la rassicurò lui « per ora ti basti sapere che da poco ho scoperto di non avere alcuna babbanite e di essere stato calunniato da dicerie che ti vedevano incinta, messe in giro proprio da quella sottospecie di idiota di Weasley; che l'ho appena sorpreso passeggiare nei pressi delle cucine, e che l'ho schiantato »

Hermione boccheggiò.

« Ma questo non prova nulla! Potrebbe anche essere frutto della mia mente » contestò.

« Vuoi altre prove? Bene » ringhiò lui spazientito « stasera sorprenderò due dei tuoi, Dennis Canon e un altro marmocchio che non conosco, sproloquiare a proposito di una nostra possibile storia d'amore segreta e che gli toglierò ben trentacinque punti a testa. Proprio sotto ai tuoi occhi »

« Ma... »

« Svegliati! Hai una relazione da troncare e un ragazzo da far rinvenire! » strepitò Draco con urgenza!

Proprio come nelle altre volte, Hermione si sentì improvvisamente più leggera, e tutto ciò che la circondava cominciò a perdere di consistenza.

 

 

Si risvegliò di colpo, come dopo aver fatto un incubo. Calì e Lavanda erano già tornate, e non appena la videro riaprire gli occhi si zittirono.

« Oh, sei sveglia! » esclamò Lavanda con falsa premura.

Hermione balzò in piedi in tutta fretta, doveva sapere.

« Ehi, ehi, fermati un attimo, non vi fa bene essere stressati » disse precipitandosi verso la caposcuola.

« Io non sono incinta » puntualizzò Hermione arrabbiata « e non ho nemmeno una relazione con Malfoy. Quindi potete anche smetterla di calunniarmi » ringhiò, prima di spalancare la porta e correre verso le cucine.

 

 

Quando raggiunse il corridoio indicatole dal Malfoy in sogno, ed effettivamente scorse qualcuno sdraiato a terra, ebbe quasi un mancamento.

Ron Weasley giaceva svenuto in mezzo all'androne, a pochi passi dal quadro della pera che ride. Gli si avvicinò velocemente, gli puntò contro la bacchetta e lo risvegliò.

Il ragazzo si mise a sedere, nemmeno la notò, e si stropicciò gli occhi stancamente. La bacchetta gli era scivolata dalla tasca durante la caduta, e si affrettò ad afferrarla.

« E' stato Malfoy? » domandò Hermione senza troppi preamboli.

Ron si spaventò, e istintivamente scagliò il primo incantesimo che gli attraversò la mente, prontamente bloccato dalla ragazza.

« Hermione? » esclamò il portiere « scusami, non volevo »

« E' stato Malfoy? » ripetè la ragazza con freddezza. Non le interessava sapere altro.

« Sì » Hermione ebbe la sensazione che le gambe non riuscissero più a reggerla « E' impazzito, ha iniziato a farneticare a proposito di certe dicerie che io avrei messo in giro. Sapevo che non avesse tutte le rotelle al proprio posto, ma non immaginavo che fossero così tante »

« Perchè esistono davvero delle voci secondo cui tu abbia raccontato un sacco di scemenze su me e lui! » strepitò Hermione, aiutandolo ad alzarsi.

Non poteva essere colpa di Ron, dal momento che lui nemmeno ne sapeva l'esistenza!

La caposcuola ringraziò di aver scelto di non precipitarsi a sbraitargli contro sin da subito, ma di aver preferito rimanere nel dormitorio ad attendere il suo ritorno.

« Come? E cosa dicono? » domandò seriamente incuriosito il “re”.

« Che io e Malfoy abbiamo... oh, ma che importa! Abbiamo un discorso serio da affrontare io e te! » gli ricordò Hermione.

Giusto, il discorso serio. Ron per un momento aveva sperato che non se lo ricordasse.

« Sì, dunque... questo discorso serio... » cominciò incerto Ron, cercando di pensare in fretta a cosa dire « Sai, Hermione, io e te ci conosciamo da tanto tempo. Siamo stati amici, molto amici, ne abbiamo passate parecchie insiem... »

« E la nostra storia finisce qui » tagliò corto Hermione senza mostrare rancori.

Ron si interruppe, da una parte meravigliato per la reazione matura e pacata dell'amica, dall'altra perfettamente consapevole che non avrebbe assistito a scenate epocali, né che costei l'avrebbe perseguitato fin dentro la tomba – come stava facendo Pansy Parkinson con Malfoy.

« Era finita già da tempo, non facevamo che litigare ultimamente » Hermione evitò di menzionare il perchè di tutti quegli ultimi bisticci « e sono arrivata alla conclusione che siamo stati due incoscienti a non chiarire prima come stessero le cose, abbiamo messo a repentaglio la nostra amicizia »

Ron sospirò.

« Sì, hai ragione » concordò lui « siamo stati degli sciocchi »

 

 

 

 

Pansy rinvenne non molto dopo, e ignorando i sentiti consigli dei presenti, si rifiutò di andare in infermeria. Vincent tentò di farla alzare, ma la ragazza, ricordandosi di quello che le aveva fatto credere fino a quel momento, lo scacciò malamente.

« Lasciami, maniaco! » urlò.

Balzò in piedi, si aggiustò la gonna della divisa, e scappò in direzione dei dormitori – stavolta quello corretto – in preda alle lacrime.

 

 

 

 

A cosa equivale la somma di una Grifondoro che lanciava sguardi spaesati al tavolo verde-argento, un Serpeverde rigidamente seduto al suo posto che cenava nel più completo silenzio, e una Serpeverde chiusa nella propria camera da ore? Per una persona normale, questo insieme di fattori non avrebbe significato nulla, ma per ormai un qualsiasi studente di Hogwarts, l'equivalenza era uguale ad una struggente storia d'amore.

Insomma, era ovvio, aveva ripetuto più volte Lavanda. Quando poi si sparse la voce che Pansy aveva fatto ritorno piangendo come una disperata, le speculazioni riguardanti la tresca dei due caposcuola sembrava essere la pista più battuta.

Quella sera, al ritrovo per le ronde, il silenzio regnava sovrano. Hermione temeva che, quanto anticipato dal Draco del sogno, avrebbe finito per avverarsi, e il Draco in carne e ossa era muto da così tanto tempo che alcuni prefetti più piccoli sospettarono che avesse perso la voce.

« Dunque ora siamo al completo » constatò la Mcgranitt, seduta dietro la cattedra. I suoi occhi si posarono prima sulla Grifondoro, che si guardò la punta delle scarpe a disagio, e poi sul Serpeverde, che mantenne lo sguardo fiero.

« Suppongo vi sia già stato detto dei cambiamenti »

« Sì, professoressa » replicò Hermione con reverenza.

 

 

Per sua fortuna finì con un prefetto di Tassorosso del quinto anno; Malfoy invece si ritrovò appaiato a Anthony Goldstein.

Draco uscì in corridoio in religioso silenzio, ma aprendo la porta finì per far schiantare il povero Dennis Canon.

Il ragazzino stava parlando a gran voce, con un compagno di casa del terzo anno, a proposito dell'imminente matrimonio tra Malfoy e la Granger.

A Hermione si gelò il sangue.

« Via trentacinque punti, Canon » ringhiò Malfoy con aria gelida. L'altro studente, speranzoso di non essere stato visto, tentò un'improbabile battuta in ritirata.

« Via trentacinque punti anche a te » lo bloccò prontamente Malfoy con lo stesso tono freddo, sotto gli occhi sconvolti della Grifondoro. 

***

Ehilà! Rieccomi con un nuovo capitolo :) ho deciso di ascoltare il vostro consiglio: scrivere di più per arrivare prima al nocciolo della storia. Già in questo ho toccato un punto importante, quello che farà la differenza. Avete capito quale? 
Grazie per avermi seguita fino a qui, e grazie per tutte le vostre recensioni,
Lily :*

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Capitolo 15
*** Bad dreams ***


Si svegliò fresco e riposato, come se avesse dormito per giorni e giorni, cullato dal dolce suono delle acque del Lago Nero, dietro la fredda e muscosa parete di pietra. Cercò di spostare le coperte per stirarsi le braccia, ma constatò orribilmente di non poterle muovere; solo le dita riuscivano compiere dei movimenti impercettibili, che comunque non l'avrebbero aiutato a liberarsi dalla trapunta.

Tentò disperatamente di rizzarsi a sedere, ma nemmeno il torso o le gambe rispondevano più ai suoi comandi. Era come incatenato al letto.

« Blaise! » chiamò spaventato « Blaise! Aiutami ad alzarmi! Buon Dio, sono paralizzato! »

« Blaise Zabini non è qui »

Draco smise all'istante di lottare per poter riprendere il controllo del proprio corpo.

« Tu » ringhiò furioso « avrei dovuto immaginarlo: un Incarceramus, è ovvio! E adesso lasciam... » si interruppe.

Udendo l'inconfondibile rumore che i tacchi emettono colpendo il suolo, aveva istintivamente fatto aderire il mento al proprio petto, per controllare perchè mai proprio quel suono stesse rimbombando nella stanza, e vedendo la caposcuola così conciata non era più riuscito a continuare le sue petulanti lamentele.

La Granger, per una volta, sembrava una donna – e non una di quelle che abitano da sole, circondate da grasse palle di pelo miagolanti, ma una di quelle che porteresti fuori a cena con molto piacere.

I capelli, innanzitutto, non sembravano il disordinato manto di una pecora – dopo che si fosse rotolata allegramente in mezzo ai rovi per due ore di fila – ma erano degli eleganti riccioli fitti; era truccata, aveva una delicata linea di eyeliner sugli occhi e un vivace rosso carminio sulle labbra; le gambe, poi, erano fasciate da delle scure calze che le facevano sembrare più snelle, e la minigonna corta – che stonava con la personalità ligia della ragazza quanto l'immagine di Salazar Serpeverde giocare a bingo con un gruppo di babbani – le rendeva più affusolate. Draco impiegò un paio di secondi buoni per distogliere lo sguardo dalle cosce sottili della caposcuola, e quando si ricordò chi avesse di fronte storse le labbra in una smorfia.

« Che cosa vuoi? Perchè sono stato legato nel mio stesso letto? Come diavolo sei entrata qui dentro? »

Hermione sorrise compiaciuta: l'altra lei, quella dedita allo studio e che si ostinava a tenerla repressa, avrebbe festeggiato davanti ad una situazione simile.

Ignorò le prime due domande e passò direttamente alla terza.

« Perchè so la parola d'ordine » rivelò.

« Impossibile »

« Ma vero » concluse la Grifondoro « Come puoi, Draco, dubitare del fatto che io ne sia a conoscenza, quando vivi da sempre in mezzo alla magia? Qualsiasi cosa è possibile in questo mondo »

Per Malfoy continuava a rimanere una balla: la Granger doveva aver confuso qualcuno. Magari aveva trovato Pansy ondeggiare qua e là per Hogwarts, e aveva approfittato del suo momentaneo stato psichico per farsela rivelare.

« Tu non mi credi »

No, non le credeva.

Hermione si mosse con lentezza verso il sontuoso letto dalle coperte verdi, e Malfoy tentò inutilmente di arretrare per sfuggirle.

« Io so tutto di te e della tua casata » soffiò Hermione, piegandosi sul Serpeverde, che adesso aveva preso ad allungare il collo – come se esso potesse staccarsi e fuggire via.

Una nuvola di profumo gli invase le narici, e lo fece inspirare profondamente inconsapevolmente.

«Allontanati da me » ringhiò una volta resosi conto di essere cascato nella trappola per la seconda volta « Non mi interessa sapere come sei riuscita a entrare, liberami e vattene »

« Io non posso andarmene, a meno che tu non voglia il contrario » si pronunciò enigmatica lei.

Gli occhi grigi del rampollo caddero istintivamente nella scollatura dell'abito della caposcuola, ipnotizzandolo per un secondo. Quando capì di essere piombato nel terzo tranello, le sue guance si colorarono di rosso per l'umiliazione.

« Lo voglio! Vattene via! » strepitò divincolandosi.

Hermione emise una risata cristallina, sinceramente divertita dalla scena.

« No, che non lo vuoi davvero. Se così fosse avresti già provveduto a farmi sparire » disse sedendosi sulla trapunta, proprio accanto alle ginocchia immobili del ragazzo. Draco percepì il calore della Grifondoro irradiarsi alla sua gamba.

« Come conosci i miei desideri? » le chiese irritato.

« Io so tutto di te, Draco » replicò lei con una calma che fece rizzare tutti i peli al Serpeverde, che cercò di celare il timore che cominciava a provare.

Era legato a letto, disarmato, con Hermione Granger seduta in tutta tranquillità vicino a lui, vestita con abiti succinti e con un aspetto che – se solo il suo sangue non fosse tra i peggiori mai esistiti – gli avrebbe fatto fare un pensierino, che per giunta affermava con assoluta sicurezza di sapere ogni cosa di lui.

« E' incubo » sussurrò tra sé e sé.

« Forse sì, per ora, ma più avanti mi supplicherai di non andarmene » rispose la ragazza, accarezzando il ginocchio del povero sequestrato in camera sua. Draco, spaesato com'era nemmeno tentò di sottrarsi al tocco, e rimase imbambolato a fissare la caposcuola accanto a lui.

« Io sono nella tua testa » riprese incalzante lei « e sono in grado di prevedere ogni tua mossa »

Malfoy, ripresosi dalla confusione momentanea, digrignò i denti in maniera poco elegante, e quando fu sul punto di esplodere venne interrotto dalla Grifondoro.

« Ancora non mi credi? Te ne accorgerai presto, molto presto » disse alzandosi con suadente lentezza « sai, sono molto turbata ultimamente » continuò dandogli le spalle. Draco lasciò vagare ancora il suo sguardo lungo le gambe di lei, intravvedendo una piccola voglia mai vista prima– non tanto grande – sul suo polpaccio sinistro.

« Da quella festa nulla è più lo stesso. Ti prego, non arrabbiarti se in questi giorni dovessi guardarti più del solito, a pranzo... » andò avanti, voltandosi con altrettanta fiacca e posando gli occhi scuri su di lui. Draco si sentiva come congelato senza alcuna ragione, la perenne arroganza svanita all'improvviso: sotto quegli occhi si sentiva nudo.

« ...non far caso se, durante le nostre ore di punizione, dovessi porti delle domande bizzarre: effetti collaterali della pozione. E ti prego, assecondami, quando cercherò di intrattenere una conversazione civile con te »

La caposcuola, facendo picchiettare i tacchi sulla pietra della stanza, si avviò con un passo ondeggiante, prettamente femminile, verso la porta; ma prima di congedarsi completamente, lo guardò un'ultima volta con un sorriso sulle labbra.

« La parola d'ordine della scorsa settimana era “Babbanophobia”, quella di questa è “Ogden stravecchio” e, quella della successiva, sarà “Gas strozzante” »

 

 

 

 

 

Diversi avvenimenti poterono essere considerati alquanto insoliti nei giorni seguenti: forse, il più singolare era quello che vedeva Vincent Tiger evitare Malfoy come se avesse preso il vaiolo di drago – dopo sei anni passati a vederlo essere la sua ombra, il fatto che ora, di punto di in bianco, costui decidesse di andare per la propria strada e di cambiarla completamente quando il biondo gliela attraversasse era decisamente singolare; ma dopotutto, il vecchio compare, dopo aver udito che il rampollo di casa Malfoy si fosse intrattenuto per anni con una del calibro della Granger, gli aveva fatto rivalutare se fosse o no una buona idea starci tanto a contatto, temeva che avrebbe potuto contagiarlo con una qualche misteriosa malattia – voci di uno studente presente in infermeria, quando i due erano alle ultime ore di convalescenza, gli avevano detto che il ragazzo avesse contratto la letalissima Babbanite. Morbo mai udito prima, ma per cui non teneva particolarmente a verificarne la veridicità sulla propria pelle.

Harry, assieme a Padma Patil e Ginny Weasley, era stato più volte avvistato in biblioteca – tanto che Hermione, in un paio di occasioni, gli aveva domandato cosa fosse successo nel suo periodo di degenza.

Dean Thomas si aggirava con un'espressione talmente torva, e con un umore più basso del piccolo professor Vitious, che alcuni studenti gli avevano simpaticamente affibbiato il soprannome di “Mirtillo Malcontento” – ma, in ogni caso, neanche uno aveva osato menzionarlo in sua presenza. Nessuno aveva notato che, il suddetto atteggiamento faceva la sua mistica comparsa solo in presenza di Harry.

Pansy era scomparsa. La si vedeva solo per i pasti, dove mandava giù grosse quantità di cibo in pochissimo tempo – di fatto ingozzandosi – per le ronde, e per le lezioni. Evitando comunque di incrociare gli sguardi della Granger e di Malfoy. Era così depressa da non aver ancora pensato a chiedere supporto morale alla sua nuova amica, Daphne, per fare luce sulla questione del pupo mezzosangue.

 

Hermione, quando i Serpeverde del settimo anno erano nei paraggi, diventava improvvisamente fin troppo composta, e gettava frequenti occhiate a Draco Malfoy, che anch'esso si irrigidiva in maniera inusuale e la teneva segretamente d'occhio. Certo, nessuno poteva sapere dei loro sogni – o meglio, incubi – ricorrenti, né del fatto che essi prevedessero effettivamente il futuro.

 

Il Draco-dietro-la-maschera si faceva vivo ogni notte, le diceva cosa avrebbe combinato l'indomani il Malfoy-dannatamente-irritante, e con immenso orrore di Hermione, accadeva ogni particolare descritto: le era stato rivelato che la Serpe avrebbe preso una “A” ad incantesimi, e così era stato; le era stato detto che, a pranzo, lui l'avrebbe guardata, e così era andata; le era stato perfino confidato che, per variare, uno di quei pomeriggi avrebbe indossato una camicia azzurra, e così aveva scelto.

Se al terzo anno non se ne fosse scappata via dalla soffitta di Divinazione, affermando con certezza assoluta che la materia fosse solo una baggianata, e essersi sentita dire di avere un'anima arida come il deserto, avrebbe giurato di avere quell'assurdo occhio interiore che la professoressa Cooman andava in giro millantando.

Le erano state fatte anche diverse soffiate riguardanti l'imminente ora di punizione, fissata con tono divertito da Piton per quel venerdì: un paio di trofei frantumati, un lieve cambio di attitudine del biondo (che periodicamente avrebbe alternato cadenze neutre, o addirittura gentili, con altre nettamente più frequenti da udire uscire dalla sua bocca), una camicia bianca, un piccolo taglietto su un dito... decisamente più strane due richieste avanzatele dal Serpeverde.

La prima, consisteva nell'esortazione ad indossare una gonna lunga che la coprisse fino alle ginocchia o poco più in su – cosicché le sue cosce o il suo sedere non potesserlo distrarlo (e qui Hermione tentò nuovamente in vano di schiantarlo).

La seconda era più mirata e perentoria: non avrebbe dovuto chiedergli dei suoi incubi, come aveva invece intenzione di fare lei. A detta del Malfoy-del-sogno, una simile domanda l'avrebbe solo fatta apparire come una pazza, dal momento che aveva spergiurato che Hermione fosse la sola a farli.

 

Malfoy, dal canto suo, continuava a venir legato al proprio letto, mentre una bellissima Hermione Granger gli parlava, e parlava, e parlava. Quel che contava però, per lui, era che lo facesse in abiti succinti. Anch'essa aveva predetto parecchie cose (basti pensare alla parola d'ordine della settimana successiva, che si scoprì essere per davvero “gas strozzante”) e ora come ora era terrorizzato dall'idea che la ragazza cominciasse ad approcciarlo, una volta trovati soli nell'aula dei trofei.

 

Quello che rendeva tutte quelle coincidenze ancora più incredibili, era il comune senso di vicinanza che i due avevano cominciato a provare. Sia chiaro: Hermione si beava ancora delle giornate in cui Grifondoro e Serpeverde rimanevano gioiosamente divisi, e Malfoy ancora era convinto che il suo sangue purissimo di mago fosse una marcia in più, ma entrambi sentivano di conoscere una parte dell'altro mai vista da nessuno prima d'ora.

Eh sì, perchè tra una profezia e l'altra, i caposcuola-in-sogno chiacchieravano molto con i caposcuola-in-carne-ed-ossa. Nella realtà non si erano mai rivolti la parola, se non per bisticciare o scambiarsi insulti gratuiti, ma adesso avevano come la strana sensazione di aver tenuto conversazioni perfettamente normali e sinistramente piacevoli. Ad esempio, Malfoy aveva confidato ad Hermione di sentirsi a disagio se ignorato, e Hermione aveva rivelato di aver sempre voluto, sotto sotto, non pensare a tutto quello studio e cominciare ad uscire come una comune diciottenne – la conoscenza rimaneva comunque una priorità, ma aveva confessato di invidiare la spensieratezza di molti suoi compagni. Un aspetto della Grifondoro che, Draco – da notti incatenato al proprio materasso – aveva segretamente apprezzato: quanto meno, se davvero come insisteva la ragazza in sogno, fosse per davvero la Hermione-dietro-la-maschera, ora sapeva che la Granger non veniva da un pianeta alieno. Veniva però dal mondo dei babbani, che forse era anche peggio.

 

 

 

 

Anthony Goldstein, dopo aver appreso che l'improvvisa amicizia scoppiata tra Potter e la Patil aveva attirato l'indesiderata curiosità di una certa caposcuola ligia al dovere, aveva preferito proporre di sciogliere quel nuovo gruppetto, e aveva caldamente suggerito di non commettere più un simile errore. Pertanto, si era diretto in biblioteca in completa solitudine, adottando un'aria perfettamente normale, sapendo di non incrociare la Granger – essendo lei occupata con un tema di astronomia, nella sua camera rosso-oro. Aveva camminato tranquillamente tra gli scaffali, leggendo distrattamente le varie sezioni, fino ad arrivare ad una che gli sembrava la più adatta.

Accarezzò i dorsi ruvidi e polverosi di alcuni tomi, alla ricerca di quello del titolo più accattivante.

Un intestazione attirò la sua attenzione; le dita si avvolsero attorno la cuffia malridotta, e la tirò con delicatezza verso di sé, facendo la massima attenzione a non rovinarla. Si guardò attorno con circospezione, controllando di essere del tutto solo – la festa sarebbe dovuta rimanere segreta, ergo nessuno doveva vederlo in quel settore.

Andò a sedersi non molto lontano da lì, in un angolo non molto illuminato, con pergamena, piuma e inchiostro alla mano. Non sapeva nemmeno lui sotto che voce cercare ciò che gli serviva, non essendosi mai ritrovato in una situazione simile non aveva la più pallida idea di come muoversi.

Padma e Harry avevano già trascritto qualche incantesimo semplice semplice, tuttavia nemmeno lontanamente utile ad evitare che, da fuori, qualcuno capisse che la Stamberga fosse abitata. Certo, perlomeno nessuno si sarebbe spezzato le caviglie cadendo in qualche buco del pavimento, ma il problema del freddo, del rumore, e del tetto aperto sussistevano.

Cominciò a picchiettare le dita sul tavolo di legno per pensare meglio, leggendo la sfilza di sortilegi atti a sistemare la casa.

Incantesimi per il parquet di quercia: come farlo risplendere...

Incantesimi per mobili d'epoca in betulla: far morire d'invidia i vicini...

Incantesimi per ripristinare mobilio generale in legno...

Ognuno poteva essere utile, e ognuno poteva non servire ad un accidente. Anthony cominciò a credere di aver avuto sempre ragione, sin da quanto nel tunnel segreto aveva pensato tra sé e sé che non ce l'avrebbero mai fatta.

 

 

 

 

 

Harry Potter, Ginny Weasley e un arrabbiatissimo Dean Thomas erano in sala comune a giocare a Spara Schiocco attorno a un tavolino rotondo.

« Carta » disse Ginny con autorevolezza in direzione di Dean, che come allungò la mano verso il mazzo, si ritrovò subito a ritirarla a causa di uno scoppio. Harry si mise a ridere, e Dean gli lanciò uno sguardo infastidito.

« Ho vinto » decretò compiaciuta la rossa.

« Rimani la migliore in questo gioco » si complimentò il cercatore di Grifondoro.

« Sì, la migliore » si intromise Dean irritato, allungando un braccio per attirare a sé la ragazza, che non ebbe nemmeno il tempo di capire le intenzioni del Grifondoro, e la baciò in modo passionale, assicurandosi che Harry stesse guardando.

Alla quarta volta che Dean sfoderò un simile comportamento, Ginny si voltò arrabbiata per chiedergli spiegazioni.

« Ma insomma, che ti succede? » gli domandò con tono spazientito.

« Niente » mentì il fidanzato, fingendosi sorpreso per quella domanda bizzarra.

« Non mentire » l'ammonì Ginny, che di bugie se ne intendeva « non ti sei mai comportato così »

Harry osservò lo scambio di battibecchi in silenzio, sentendosi a disagio e desiderando di trovarsi altrove.

« Volevo solo baciarti » minimizzò Dean « sei la mia ragazza »

« Sì, ma non sei mai stato tanto insistente »

Hermione, con in mano un libro di rune antiche aperto, scese le scale dei dormitori femminili non badando ai tre compagni di casa, che però la notarono subito – dopotutto si erano appostati lì per scongiurare ogni suo tentativo di girare per la scuola.

« Dove stai andando? » domandò allarmata Ginny.

« In biblioteca » rispose con disarmante semplicità la caposcuola.

Allarme rosso, si disse Harry Potter.

« Hermione, sei sempre a studiare » le fece notare lui.

La Granger, sentendosi pungolata, si mise subito sulla difensiva.

« E' l'anno dei M.A.G.O. » cominciò recitando il solito copione.

« Lo sappiamo »

« E io voglio prendere il massimo dei voti »

« Non lo mettiamo in dubbio, Hermione, ma perchè proprio in biblioteca? » domandò Dean, incuriosendo la caposcuola.

« Che cos'ha che non va, la biblioteca? » chiese sospettosa. Ginny guardò il ragazzo con rimprovero: non c'era niente da fare, doveva sempre mettersi a porre i quesiti peggiori.

« Niente, è solo che è così lontana » cercò di rimediare lui.

« Pazienza, farò quattro passi » scrollò le spalle Hermione, aggirando i tre che le si erano avvicinati e dirigendosi verso l'uscita del dormitorio. Ginny le si lanciò contro esortandola a non andare e, per distrarla, toccò un argomento che era certa l'avrebbe caricata negativamente:

« Non va bene tutto questo movimento nel tuo stato attuale » la voce alla fine era arrivata anche a loro, e sebbene non avessero mai dubito del fatto che fosse completamente falsa. Hermione divenne rossa di ira: quella assurda storiella l'avrebbe perseguitata per sempre. Già immaginava con estremo terrore il momento in cui, al suo matrimonio, qualche suo compagno un po' troppo credulone se ne fosse uscito dicendo “vi ricordate quando Hermione aspettava un baby Malfoy?”; un ottimo modo per spezzare i voti coniugali il giorno stesso in cui sarebbero stati fatti.

« Quante volte dovrò ripeterlo?! » sbraitò « Io non sono incinta! »

Tasto sbagliato. Ginevra Weasley l'aveva constato un po' troppo tardi, peccando ancora una volta di furbizia.

« No, certo che no » si dimostrò arrendevole « non intendevo questo »

Senza aggiungere una parola, Hermione si ficcò il tomo sotto un braccio, e tentò di aggirare i tre.

« Hermione, ferma! » esclamò Harry, afferrandola per il polso libero.

« Cosa c'è, Harry? » domandò lei meccanicamente, sicura che quanto le stava per essere riferito l'avrebbe, o mandata in bestia, o l'avrebbe trovata una balla colossale, o – più probabilmente – entrambi.

« Mi aiuteresti con il tema di astronomia? »

Hermione guardò prima il migliore amico, poi le carte di Spara Schiocco abbandonate su un tavolino, Ginny, e infine Dean che sudava freddo.

« Il tema di astronomia ci è stato affidato oggi »

« Lo so, e... »

« Harry, oggi »

« Sì, Hermione, e... »

« Tu non fai mai i compiti il giorno stesso in cui ti vengono dati, tu agisci come Ron: li fai tutti il giorno prima, e male » gli fece notare lei. Harry spostò freneticamente gli occhi verdi in giro per la stanza, alla disperata ricerca di qualcosa che lo cacciasse fuori dai guai. Per un attimo valutò di schiantare l'amica, ma ora che aveva strattonato via la mano dalla sua, e le sue dita stavano già accarezzando il manico della bacchetta, preferì evitare – Hermione era una strega molto capace, la migliore della sua età, si diceva, non avrebbe avuto alcun problema a metterli KO tutti e tre.

« Ed è giocando a Spara Schiocco che ci sbatti la testa? » infierì la caposcuola, indicando con il capo il mazzo di carte sparso.

« Io... io... io ho provato a farlo appena dopo pranzo » tentò nuovamente Harry, che si sentiva sempre più colto in castagna.

« Eri agli allenamenti » lo corresse Hermione.

I tre Grifondoro, messi con le spalle al muro, avevano completamente perso la parola.

« Perchè cercate di impedirmi di andare in biblioteca? » domandò con freddezza la riccia.

« Ma no! Non ti stiamo impedendo di andare in biblioteca! Che sciocchezza! » smentì tutto Ginny con una risatina a disagio « vieni » e l'afferrò per il braccio libero « tra una cosa e l'altra non abbiamo più avuto modo di fare un pomeriggio tra ragazze »

Hermione, che non era certo scema, fiutò subito l'inghippo, ed estrasse la bacchetta con un gesto secco.

« Via! » li scacciò, facendoli indietreggiare con le mani in alto « lasciatemi andare a studiare »

« Hermione, aspett... »

« Un'altra parola e vi tolgo quaranta punti a testa, cinquanta se mi toccate: non me frega un fico secco della coppa delle case! »

 

 

 

 

Era un pomeriggio molto tranquillo nei sotterranei di Serpeverde, momentaneamente abitato solo da tre ragazzi. Daphne stava partecipando alle esclusive lezioni di alchimia.

« Strano che non ti sia iscritto anche tu » disse Blaise in direzione di Draco.

« Sei pazzo? In pozioni ho ottimi voti solo perchè Piton mi adora » replicò il biondo, facendo materializzare con un colpo secco un poggiapiedi rivestito di velluto. Malfoy, infatti, facendo ribaltare tutti i suoi compagni di corso, aveva scelto Babbanologia solo per avere basi più solide per prendere in giro i non maghi.

Si mise comodo sul divano polveroso della sala comune, godendosi lo scoppiettare del fuoco e lo sciabordare delle acque del Lago nero.

« Non è meraviglioso? Sentite, sentite anche voi » li esortò Draco socchiudendo gli occhi per la pace.

« Io, oltre ai rumori di sottofondo, non sento nulla » confessò Theodore Nott, guardando Blaise come a voler cercare conferma.

« Appunto! Tutte quelle ragazzine pettegole che hanno messo in giro la voce su... la voce su... » Draco non riusciva nemmeno a dirlo talmente il ribrezzo. Non tentò affatto di contenere l'espressione nauseata, e il suo naso si arricciò vistosamente formando tante grinzette. Non che quella dei due amici fosse tanto differente, anzi.

« La voce su mio figlio »

Salazar, pronunciarlo era addirittura peggio che pensarlo.

« Tutte quelle stronzette sono in giro per il giardino a prendere gli ultimi raggi di sole, la lingua velenosa di Daphne è a lezione, gli altri ragazzini... beh, non ho idea di dove si siano cacciati, ma poco importa »

« Tra i tuoi ruoli di caposcuola non rientra l'onere di, appunto, controllare gli studenti? »

« Non i miei, io tolgo punti solo a quelli degli altri » dichiarò in tutta semplicità il rampollo di casa Malfoy.

« Ma, soprattutto, Pansy non si è più fatta viva; non avrei potuto chiedere regalo migliore » continuò poi portandosi le mani dietro la nuca.

« A costo di farle credere che ti porti a letto la Granger da anni? » domandò ironico Theodore.

« Le chiederei di sposarmi e le farei accettare la proposta sotto Imperius durante la cena, davanti a tutti, se ciò servisse a farla sparire per sempre »

« Beh, potresti fargliela stasera, tra un vaso da notte scrostato e un altro » gli ricordò Theo, scoppiando in una risata e trascinando con sé Blaise.

« Vaffanculo » berciò Malfoy.

Se solo gli avesse raccontato dei suoi continui sogni, quei due non l'avrebbero più lasciato stare.

« Hai ben... quanti venerdì a disposizione? Venti? Ne hai di tempo per chiederle la mano, allora! » infierì Blaise.

A Draco tornarono alla mente le continue suppliche della Granger-in-sogno a proposito di tutte quelle ore insieme, che – valutò con umore nero il ragazzo – cominciavano proprio quella sera.

« Vaffanculo anche a te » ringhiò in direzione di Zabini, mentre nella sua testa una sinuosa figura ben vestita gli sedeva accanto, sul suo sontuoso letto scolastico.

 

 

 

 

« Anche tu alla ricerca di un posto solitario? »

Anthony sollevò gli occhi spaventato all'udire una voce fin troppo familiare.

Hermione si sedette accanto al Corvonero sorridente. Aveva fatto lunghe passeggiate tra le librerie, in cerca del fattaccio che i suoi compagni avevano tentato con così tanta insistenza di occultarle, ma dopo alcuni giri in cui non aveva notato nulla di strano, e si era imbattuta in Anthony Goldstein seduto da solo, aveva deciso di gettare la spugna e di fermarsi – il perchè di tutto quel fervore in sala comune rimaneva, per lei, un mistero.

« Oh, ciao, Hermione » la salutò lui, recitando la parte di quello felice di vederla lì, proprio in quel momento.

« Sì, volevo un momento di pace tutto per me... tu cosa ci fai qui? » domandò con urgenza. A quanto gli era stato riferito da Ginny poco dopo la paura pranzo, la caposcuola non si sarebbe mossa dalla sua stanza per ore per finire il tema di Astronomia, affidatole il giorno stesso; e invece eccola là, con un in mano un libro che di certo, vedendo la copertina, non trattava quella materia.

« Mi sono messa a studiare rune antiche e, non ci crederai mai, ma ho trovato un errore di traduzione che nemmeno la professoressa aveva considerato tale » rispose con un eccitazione tipica di qualcuno che ha appena infranto qualche regola e che è riuscito a scamparla.

Espressione totalmente opposta a quella di Theodore Nott, suo sventurato compagno di corso dal terzo anno, quando la vide far saettare la mano per segnalare la svista.

Hermione si sedette accanto al ragazzo, e i suoi occhi caddero automaticamente sulle pagine del volume aperto.

« Incantesimi adatti ad ogni tipo di parquet? » chiese confusa. Una perla di sudore, prontamente asciugata fingendo di grattarsi la testa, fece la sua apparizione su una tempia del Corvonero.

« Sì... » confermò in difficoltà lui, in cerca di una scusa decente.

« Non ricordo una lezione inerente al fai da te a lezione di incantesimi » meditò la caposcuola con innocenza.

Anthony maledì Ginny Weasley, sebbene fosse consapevole della sua innocenza: insomma, che cavolo ne sapeva lei che Hermione, di punto in bianco, avrebbe deciso di fare una capatina in biblioteca per informarsi sulla correzione di quello strafalcione?

« No, infatti » confermò il corvo « è che mio padre si è messo in testa di ristrutturare casa da sé, e ho pensato di fare qualche ricerca » si inventò. Beh, quantomeno la scusa non era del tutto idiota.

Hermione tornò a sorridere.

« Oh » esclamò « che gentile. Se solo mio padre non fosse un non mago farei lo stesso... c'è una piastrella, in camera mia, che ogni volta attenta alla mia vita... scusami, dove stai andando? » domandò seriamente incuriosita la Grifondoro, vedendo Anthony chiudere in tutta fretta il tomo e riporre pergamena e piuma nella sua borsa a tracolla.

« Vado ad aiutare Micheal Corner in trasfigurazione » rispose lui affabile.

« E il libro? Non lo prendi in prestito? Non hai scritto nulla alla fine! » gli fece notare lei.

« Perchè non ho trovato nulla di utile, ci vediamo, Hermione! » si defilò sparendo dietro gli scaffali.

Non poteva certo portarselo via, quel tomo di bricolage; trattando di un argomento che Madama Pince non vedeva richiedere tutti i giorni avrebbe potuto sollevare parecchi dubbi. Probabilmente erano tutte preoccupazioni inutili, si disse Anthony uscendo dalla biblioteca, ma era meglio non destare troppi sospetti.

 

 

 

 

Prima ora di punizione. Un momento che, nessuno dei quattro, era particolarmente entusiasta di dover affrontare.

La Mcgranitt perchè vedeva coinvolta la sua alunna migliore negli ultimi anni; Piton perchè si era ritrovato nella posizione di dover punire il suo pupillo, che era certo avrebbe finito per infrangere tutto quello che gli sarebbe finito tra le mani – non essendosi mai ritrovato a dover fare lavoro da elfi domestici; Hermione perchè fino ad allora aveva potuto evitare di conversare con il biondo, e sapeva che adesso sarebbe stata costretta ad affrontarlo; Draco perchè era terrorizzato che la Grifondoro si comportasse proprio come il suo sogno gli aveva descritto.

Le loro bacchette erano state requisite – ufficialmente per evitare che imbrogliassero e che, in quattro e quattr'otto pulissero tutto con l'uso della magia, ma tutti e quattro sapevano che in realtà fosse solo una precauzione per evitare che i due caposcuola si accoppassero.

 

Ventuno e trenta, ora di inizio.

Tutto, nella stanza dei trofei, lasciava presagire un certo nervosismo da parte dei presenti; a partire dal vecchio quadro di un gatto esitante che essendo abituato alla più completa solitudine, era strisciato da una cornice all'altra, raggiungendo in un attimo quella più irraggiungibile, fino alle dita tremanti di Hermione.

Erano stati confinanti là dentro, in uno stanzino che ingombro di mensole e credenze varie – altrettanto colme di trofei, medaglie e coccarde varie – raggiungeva a stento i quattro metri quadrati. Si erano messi all'opera senza fiatare e senza guardare l'altro negli occhi, troppo spaventati di appurare concetti già appurati in precedenza. Anche se, tuttavia, la caposcuola Grifondoro aveva già avuto un piccolo mancamento notando il più insignificante dei particolari che, se solo il Draco-in-sogno non glielo avesse menzionato la notte precedente, non avrebbe mai notato: appena dopo cena, Malfoy aveva deciso in via del tutto eccezionale di dare una sistemata all'interno disordinato del suo baule. Sposta questo, sposta quello, il suo dito indice sfiorò in maniera sbagliata il bordo sottile di una vecchia lettera depositata sul fondo, tagliandoglielo superficialmente. Un racconto che già di per sé l'aveva messo agitazione addosso – a causa della piena probabilità di tutti i fatti narrati in precedenza dal Serpeverde-dietro-la-maschera – e che quando aveva visto essersi avverato per davvero, intravvedendo di sfuggita una linea rossa sul dito del ragazzo mentre puliva, le aveva provocato l'ipertensione.

C'era qualcosa di strano e, sempre che la sopracitata condizione medica non la spedisse al San Mungo con un ictus in corso, era più che decisa a far luce sulla questione.

 

Draco, sotto la camicia candida inamidata con tanta cura da un elfo domestico, stava sudando copiosamente.

Sapeva di essere osservato, ci avrebbe messo la mano sul fuoco, ma non se la sentiva proprio di aggredirla – complice il timore che Hermione avrebbe potuto cogliere l'attimo per intavolare un lungo colloquio fatto di domande bizzarre e conversazioni civili, o almeno un qualcosa che le ricordasse. Sì, era decisamente più intelligente tacere, almeno per una volta.

Malfoy ruotò la testa quel tanto che bastava per guardare di sottecchi la caposcuola, di spalle dietro di lui e il suo sguardo cadde istintivamente sulle sue gambe snelle – essendogli appena ritornata alla memoria l'immagine della Granger, quella allettante. Le cosce, quella volta, erano coperte (ovviamente), e la sua attenzione scivolò giù dal fondo schiena celato dalla gonna, ai polpacci nudi. E fu allora che la vide, la voglia. Piccola, di un colore non tanto scuro, e della stessa precisa forma di quella vista nei suoi sogni. Draco era sicurissimo di non averla mai notata prima di quelle notti: come avrebbe potuto, dopotutto, visto che la Granger non l'aveva mai attratto?

Il vecchio trofeo di quidditch vinto da Edmure Callegan nel 1832 cadde a terra, andando in pezzi.

Hermione si voltò di scatto, spaventata da quel rumore improvviso; insomma, lo perdeva di vista per un attimo, e questo distruggeva un antico premio del XIX secolo.

« Che è successo? » domandò con voce più stridula del normale.

« A te che sembra? » replicò irritato il biondo Serpeverde piegandosi per raccogliere la coppa, staccata dal supporto di marmo, e che era rotolata verso la Grifondoro. Draco gettò un'altra occhiata alle gambe di Hermione, prima di raddrizzarsi e tentare un improbabile incastro del manico dorato nel foro della base.

Il nome del vincitore era scritto a caratteri corsivi su una lastra di vetro rotta per la caduta, che finì per tagliarlo.

« Salazar! » bestemmiò facendo cadere a terra nuovamente il trofeo e aggravandone la situazione. Si portò di istinto il dito ferito alle labbra, per leccare via la goccia di sangue.

« Ti sei fatto male? » fece un passo avanti Hermione che, sebbene si trovasse davanti al nemico, non riusciva ad ignorare qualcuno bisognoso d'aiuto.

« No, non è niente » replicò tranquillo Draco.

Annusò un profumo femminile, che inspirò profondamente per sentire meglio, e quando lo riconobbe come quello della Granger-ammiccante indietreggiò bruscamente.

« All'inferno, lo aggiusterà Piton » imprecò poi scaricandoli senza delicatezza sulla mensola su cui erano sempre stati, e tornando alle sue occupazioni. Malfoy si augurò di aver scongiurato ulteriori domande, ma sentiva lo sguardo della Grifondoro perforargli la nuca ed era perfettamente consapevole che, presto o tardi, le sue stramberie avrebbero fatto capolino.

« Dovresti lavorare » un tono non aggressivo, uscito fuori di puro istinto, che sorprese entrambi « non ho alcuna intenzione di farti prendere i meriti per un lavoro mio » si corresse subito lui, ristabilendo il clima ordinario.

Inutile, perchè Hermione non si voltò. Anche la cadenza neutra era stata preannunciata, e sentiva di voler sapere a tutti i costi come ciò fosse possibile: sognare di vedere un Malfoy dietro la maschera poteva essere, nei limiti del possibile, normale e dettato solo da semplice capacità immaginativa, ma prevedere le sue mosse no. Incrociò le braccia e andò avanti a fissare la schiena del ragazzo, lasciando vagare gli occhi scuri sull'impronta delle scapole sulla camicia, la postura rigida, le grinze che il leggero contrarsi dei muscoli delle braccia facevano durante lo sfregamento dello straccio su una coppa d'argento... c'era qualcosa che non andava, e Hermione non poteva ignorarlo.

« Malfoy? »

Eccola là, Draco lo sapeva – e lo temeva – che prima o poi si sarebbe fatta avanti.

« Cosa vuoi? » domandò in modo poco gentile, senza guardarla. Hermione non si scompose, ormai aveva fatto il callo al suo vizio di rispondere in modo scontroso. Era più una mosca bianca l'esortazione detta senza cattiveria di poco prima.

« Non prendermi per pazza »

« Troppo tardi »

Lo ignorò ancora.

« Ma ti capita mai di fare brutti sogni? »

Silenzio.

Malfoy si aspettava ogni genere di domanda, ma non quella. Si bloccò, il panno stretto tra le dita affusolate e gli occhi spalancati. Era seriamente in difficoltà, e pensò subito di rifilarle una mezza verità: ossia che sì, faceva spesso incubi ma, nel caso glielo avesse chiesto, no, lei non c'entrava nulla.

« Ti riferisci ancora a quella tua stupida, inesistente, babbanite? » cercò di sviare il discorso lui.

Dopotutto, non avrebbe dovuto pensare a che versione propinarle, se avesse cambiato l'argomento di conversazione.

« Oh, quindi l'hai scoperto... » valutò lei, con la mente sui chissà quanti modi di vendicarsi avesse già vagliato il Serpeverde. Poi, però, si riscosse e con la voce più sicura ripeté il quesito.

« Fai mai brutti sogni, Malfoy? »

« Che razza di domanda è?! » domandò stizzito lui.

« Sto solo cercando di avere una conversazione civile con te » protestò lei gettando lo straccio su una credenza aperta.

Malfoy non diede a vedere di aspettarsi quel genere di replica.

« Va' dritta al punto » si ritrovò a dire con un tono che, ancora una volta, non nascondeva alcuna cattiveria ma, anzi, un tranquillo invito a continuare. Malfoy si schiarì la gola perplesso: era come parlare con qualcuno con cui si ha avuto, mesi addietro, qualcosa da spartire, ma con cui non si parla da tempo – e il fatto che questo qualcuno fosse la Granger non faceva che destabilizzarlo.

Presto o tardi avrebbe fatto la fine di Pansy: sarebbe diventato matto da legare.

Hermione sentì di star arrossendo per l'imbarazzo del successivo quesito, che non tardò ad arrivare e che fece cascare a terra il secondo trofeo, rompendosi anch'esso.

« Ecco... ti capita mai di sognare qualcuno che odi? »

Draco si sentì come preso in contropiede, non avendo immaginato prima che la Granger sarebbe stata tanto specifica. Tuttavia non perse la sua ordinaria arroganza, e ridendo ironico domandò:

« Mi stai chiedendo se tu faccia mai la tua regale comparsa? » no, era più prudente mentire « no, Granger. Vederti tutti i giorni è già di per sé un incubo »

 

 

 

 

Nei dormitori di Serpeverde gli alunni erano tutto fuorché addormentati. E mentre Theodore Nott e Blaise Zabini sedevano davanti al camino in attesa del povero Draco, Daphne Greegrass aveva approfittato dell'assenza delle sue compagne di stanza (in particolare di quella più che gradita di Pansy) per dedicarsi alla bellezza. Era sdraiata sul suo letto, avvolta da un accappatoio di raso argentato, con ai piedi due separatori per unghie di spugna tra le dita, e sfogliava con interesse il Settimanale delle Streghe, approfittando del momento in cui cambiava pagina per ammirare la manicure appena fatta.

Probabilmente nemmeno se Hogwarts fosse crollata su sé stessa sarebbe fuggita, per evitare che i ragazzi vedessero le sue condizioni: sul suo viso aveva spalmato una fanghiglia grigio topo, e i suoi capelli erano stati legati disordinatamente in uno chignon, da cui alcune ciocche erano riuscite a sfuggire ed erano state fermate da delle infantili mollette fucsia. Avrebbe preferito di gran lunga la morte, ad un'umiliazione del genere. E quando qualcuno bussò alla porta il suo cuore cominciò a battere dolorosamente nel petto.

« Chi è là? » urlò rizzandosi a sedere, gli occhietti struccati che si muovevano freneticamente in giro per la stanza in cerca di una via di fuga.

Il portone si aprì silenziosamente, lasciando un piccolo spiraglio che permise alla ragazza di nobili origini di intravedere gli occhi scuri e tristi di Pansy Parkinson. 

***
Coucou :) 
Volevo farvi gli auguri di buone feste, e mi auguro abbiate tutte fatte delle buone mangiate. Personalmente, io non ho ancora avuto il coraggio di salire sulla bilancia :') 
Ci tenevo anche a dirvi un'altra cosa: come avrò già detto (non mi ricordo) sono iscritta a Wattpad, un'altra piattaforma di scrittura che, a mio modesto parere, è un po' più comoda e immediata di questa. Ecco, qualche tempo fa ho iscritto questa storia agli Italian Writers Awards, un concorso con i contromaroni al quale sono state iscritte altre centoquaranta fanfictions, e per il quale non nutrivo alcuna speranza di vedere la mia passare alla semifinale. Insomma, una Dramione in mezzo ad una valanga di storie di Harry Styles e Zayn Malik? In qualche modo ce l'ho fatta, e "Poisoned" rientra tra le quattordici scelte. Lo so, ci sono rimasta quanto voi. 
Ora arrivo alla mia folle richiesta: se qualcuna di voi fosse su Wattpad come la sottoscritta, mi farebbe la gentile cortesia di passare a lasciare un picolo votuccio? Immaginatevi che stia facendo la faccia del gatto con gli stivali ahahha 
Mi auguro che questo capitolo vi sia piaciuto, e alla prossima! 

E niente, vi lascio qui il link, nel caso decidiate per davvero di passare ;)   

 https://www.wattpad.com/508476237-italian-writers-awards-2017-votazioni-pink-award

Lily :*

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Capitolo 16
*** Hogwarts is under attack ***


Daphne si guardò attorno con l'espressione di un topolino spaventato. Notò la bacchetta abbandonata sul suo comodino e si precipitò ad afferrarla per difendersi.

« No, aspetta! » la pregò Pansy, fiondandosi all'interno della stanza e richiudendo dietro di sé la porta « Voglio solo parlare »

Oh, era proprio quello il problema. Daphne non aveva la più pallida idea di che razza di follia avrebbe dovuto udire.

« Che cosa vuoi? » domandò di pessimo umore.

Teneva d'occhio l'ingresso, terrorizzata dall'idea che qualcun altro potesse entrare e vederla in quello stato.

Pansy aveva un'espressione devastata e le braccia tenute piegate all'altezza del petto in modo avvilito, come se fosse lì lì per comunicare qualcosa di straziante.

« Volevo ringraziarti ancora, sebbene sia stato tutto inutile » riprese Pansy.

Nella mente della bionda trasandata c'erano così tante domande che nemmeno con tutto l'impegno del mondo sarebbe riuscita a metterle in ordine di priorità. Grazie per cosa, per l'amor del cielo? Cos'è che è stato inutile? Cosa voleva Pansy da lei? Perchè non l'aveva ancora schiantata? Rimase immobile a fissarla, sentendosi particolarmente a disagio. Malessere che aumentò ulteriormente davanti ai singhiozzi della ragazza, che non fece nulla per celarli o mascherarli.

« Hem hem » si schiarì la gola Daphne, visibilmente incomoda « Parkinson? Potresti, di grazia, piantarla? »

Pansy si asciugò una lacrima cercando di darsi un contegno.

« Scusami » sussurrò voltando il capo per non farsi vedere in viso.

La Greengrass si domandò se non ci fosse stato un errore, sei anni addietro, e se non fosse stato più opportuno spedire Pansy tra i Tassorosso: stupida, piagnona, non esattamente furba. L'unica peculiarità che la legava alla nobile casa verde-argento era il sangue puro.

« Ho fallito sin dall'inizio, me ne rendo conto solo ora » gemette la mora « sono stata così cieca »

Si diresse verso il suo letto a baldacchino, dove si lasciò cadere teatralmente. Daphne non la perse di vista nemmeno per un instante.

« Così sciocca » ululò di disperazione.

« Cosa? » domandò infastidita la bionda « vuoi sputare il rospo, o hai solo intenzione di turbare la mia serata rigenerante? »

Pansy scoppiò a piangere ancora più sonoramente.

« Ecco, ho rovinato anche questo. Sono un disastro: prima la mia relazione, poi la mia reputazione, e infine la nostra amicizia »

« La nostra amicizia?! Non è mai esistita! » le fece notare Daphne collerica.

Ora aveva finalmente trovato l'ordine esatto delle priorità, e in cima alla lista dei grandi quesiti nella sua testa c'era: “perchè cavolo non l'ho ancora schiantata?”.

« Sì, sì, certo, non esiste » concordò senza convinzione Pansy, in una modalità che Daphne interpretò senza difficoltà come uno stratagemma per zittirla.

Prima ancora che lei potesse mettersi a urlare – senza alzare per davvero la voce, però; non voleva che qualcuno accorresse e la sorprendesse così conciata – la mora ricominciò a piagnucolare rotolandosi sulla trapunta.

« Il mio Draco. Il mio ricchissimo, aristocratico, di famiglia pura Draco » vagì lei.

« Hem hem »

« Dove ho sbagliato? L'ho amato tanto, gli ho donato tutta me stessa, e lui è così che mi ripaga... »

« Hem hem »

« ...Tradendomi con una sangue marcio » ululò affranta.

« Ma quando mai? »

« E adesso lei è anche incinta! » concluse battendo i pugni sul materasso per enfatizzare il suo dolore.

« Ma sono tutte balle! » le strepitò contro Daphne.

Punto uno: Draco aveva un pedigree di tutto rispetto che perdurava da secoli, figurarsi se adesso lo lanciava al vento per una come la Granger.

Punto due: di dicerie che non stavano né in cielo, né in terra, Daphne ne aveva le pluffe piene. Com'era possibile che tutta Hogwarts abboccasse a simili scemenze con così tanta facilità? Beh, evidentemente la scuola doveva avere una maggioranza Tassorosso, si disse lei.

« Ah sì? » domandò Pansy interrompendo il suo addolorato pianto all'istante.

« Ti pare che Malfoy si faccia inquinare di proposito? » le replicò stizzita la bionda « santo cielo, Parkinson, tu sei in assoluto la più stupida in questa casa »

Pansy ridacchiò in modo infantile prima, poi scoppiò a ridere istericamente, facendo stringere con forza alla Greengrass la bacchetta.

« La Granger non è incinta » rise fragorosamente « quindi Draco non mi ha mai tradita » si rialzò in un balzo e si passò un braccio sul viso per asciugare i residui di lacrime.

Trotterellò tutta felice verso la porta blaterando tra sé e sé dei collegamenti che Daphne non udì.

« Grazie, sapevo di poter contare sul tuo supporto » esclamò sull'uscio scoccandole un bacio volante; ed uscì, alla ricerca di Millicent Bulstrode per raccontarle quella strabiliante rivelazione.

Per un attimo, uno estremamente breve, Daphne si domandò se non fosse stata una pessima idea raccontarle la verità, ma dopo aver pensato che, se solo l'avesse lasciata triste nella sua ignoranza se la sarebbe ritrovata lei sul groppone per chissà quanto, decretò di aver fatto la cosa più giusta.

Tanto Malfoy sopportava le sue ossessioni da ormai due anni, uno in più non l'avrebbe certo mandato al manicomio.

 

 

 

 

 

 

Le due case erano disposte l'una di fronte all'altra nell'aula di incantesimi, e si guardavano in cagnesco.

La fazione rosso-oro lanciava frequenti occhiatacce dall'altra parte della stanza, e quella verde-argento teneva il naso all'insù con fare superbo.

Risulterebbe riduttivo affermare che almeno la metà dei presenti provasse il forte desiderio di mettere in pratica l'ultima lezione di Difesa Contro le Arti Oscure, dal momento che quella fosse una voglia ampiamente diffusa. A dividere i rivali c'era solo il minuscolo professor Vitious – che, se solo qualcuno avesse dato i numeri e avesse deciso di passare dalle parole ai fatti, si sarebbe ritrovato a terra in un batter d'occhio.

 

Da un occhio esterno, però, risultava lampante la stranezza che aveva colpito alcuni studenti a lezione.

Tanto per dirne una, Harry Potter si era beccato un'altra botta in testa da Dean Thomas e la sua improvvisa sbadataggine.

Ma no, quelli fuori dalla normalità non erano loro. Non era nemmeno Neville Paciock con un libro intitolato “conquistala con il tuo calderone” che gli usciva dalla borsa, e nemmeno Calì Patil sospirare abbattuta ad ogni pacca consolatoria di Lavanda Brown. Persino la notevole distanza tra Tiger e Goyle e Malfoy non risultava una curiosità degna di particolare attenzione.

Quelli con un comportamento decisamente bizzarro erano, soprattutto, localizzati in una precisa area verde della classe – fatta eccezione per Hermione, unica Grifondoro ad adottare un atteggiamento inusuale.

 

Theodore Nott, Blaise Zabini e Daphne Greengrass erano estremamente a disagio. No, sarebbe più appropriato dire che avrebbero ben volentieri barattato il tutto con una morte lenta e dolorosa.

Come prima cosa, erano ancora tutti in un profondo trauma emotivo dopo aver constatato che, la sera precedente, Draco non avesse strangolato la Granger, ancora viva e vegeta. Anzi, il biondo aveva pure avuto il coraggio di dire che non fosse andata così male quanto previsto – difatti, oltre a scambi di battibecchi, tra i due non c'era stato nient'altro.

Hermione e Malfoy chiusi in una stanza da soli per un'ora intera, senza ammazzarsi e senza scannarsi: una notizia succulenta che aveva avvalorato la teoria che i due si frequentassero da tempo.

 

Calì sospirò rumorosamente un'altra volta.

« Via, via... l'ha visto prima lei » le disse Lavanda accarezzandole i capelli.

 

Theodore, poi, ebbe un piccolo mancamento quando notò l'amico fissare con insistenza le gambe velate dalla calzamaglia della caposcuola, che camminava davanti a loro alla ricerca di un posto il più vicino possibile al professore. Azione fermamente smentita dal biondo, che spergiurò di essere semplicemente con la testa altrove.

Ma insomma, Malfoy e la Granger erano sopravvissuti – in un modo o nell'altro – e questo non era un particolare affatto trascurabile.

Il malessere di Nott era però causato soprattutto da un'altra novità ben peggiore: Pansy era tornata – di nuovo – alla carica, e si era comodamente seduta ad un paio di sedie più in là. Non perdeva di vista nessuno della combriccola, osservando innamorata Malfoy agitare la bacchetta (e trattenersi dal puntargliela contro), Blaise guardarla perplesso, Theo asciugarsi in continuazione la fronte sudata, e Daphne digrignare i denti in collera. A quest'ultima si premurò di riservare un saluto caloroso agitando convulsamente la mano.

 

Draco, tra i quattro, era in assoluto quello con i nervi più a fior di pelle.

Aveva la testa tra le nuvole, e anche solo trovare la concentrazione per effettuare il movimento giusto per la buona riuscita dell'incantesimo era un'impresa titanica.

Innanzitutto lo sguardo fisso della sua ex ragazza lo deconcentrava. Avrebbe voluto poterla schiantare.

E, come seconda cosa, si era sorpreso fin troppe volte a lanciare occhiate alla sua giurata nemica così odiosamente saccente, che da quando erano entrati aveva fatto saettare la mano verso l'alto un qualcosa come sette volte.

A turbarlo il recente sogno in cui lui e la Granger si ritrovarono ad intrattenersi in chiacchiere del tutto pacifiche; dei momenti che Draco avrebbe preferito non raccontare mai a nessuno – già si immaginava i suoi poveri amici trasportati in tutta fretta al San Mungo con un principio di infarto in corso.

 

« Ascolta, non vorrei impensierirti più di quel che già sei, ma non ti toglie gli occhi di dosso » gli disse Theo costernato.

Draco sollevò d'istinto lo sguardo verso la caposcuola Grifondoro, che invece stava più semplicemente rispiegando per l'ennesima volta il modo più corretto per eseguire l'incantesimo a quel tonto di Weasley. Per un attimo aveva creduto stesse parlando di lei.

Allora, arricciando le labbra in una smorfia irritata, si voltò a guardare Pansy, con le dita incrociate sotto al mento e un'espressione sognante in viso. Millicent Bulstrode, che stava avendo problemi anche lei con la lezione, tentò di richiamarla picchiandole le dita grassottelle su una spalla; Pansy la scacciò malamente, senza tuttavia togliersi dal viso l'aria innamorata che stava rivolgendo all'ex ragazzo.

« La preferivo sull'orlo del suicidio » si espresse Malfoy.

Daphne, perfettamente consapevole di aver causato lei quel ritorno alla carica, preferì non aprire bocca.

« Nemmeno un Avada Kedavra ben piazzato le impedirebbe di seguirti ovunque tu vada » commentò Blaise.

Già, pensò lugubre il rampollo di casa Malfoy tornando ad agitare la bacchetta, forse nemmeno l'omicidio l'avrebbe liberato dal suo problema.

I suoi occhi cercarono di nuovo la Grifondoro, giusto per controllare velocemente che fosse ancora tutto come prima; incrociarono quelli scuri della ragazza, prima di riposarsi sulle sue mani pallide.

Quando Draco risollevò lo sguardo per essere sicuro di aver visto bene, la Granger aveva già intavolato un'altra conversazione con Harry Potter.

 

 

 

 

Niente da fare.

Terry Steeval, Padma Patil e Anthony Goldstein avevano passato in rassegna ogni genere di libro sul bricolage presente nella zona accessibile a tutti della biblioteca.

Ora erano parecchio ferrati in materia; sapevano come far risplendere un vecchio pavimento di terracotta senza l'ausilio del Gratta e Netta, rendere i vecchi souvenir brillanti come appena lucidati, far in modo che le piante da interni non rimangano senz'acqua, e evitare che gli antiquati mobili della nonna vengano intaccati dai tarli, ma di come trasformare una catapecchia in una discoteca ne sapevano quanto prima.

Beh, quantomeno se dopo i M.A.G.O. Avessero faticato a trovare impiego, avrebbero pur sempre potuto metter su un'impresa di restauri, aveva ironizzato Terry. Una prospettiva che non aveva affatto rallegrato Padma Patil, che aveva preso a cuore quella folle idea di spostare la festa all'esterno di Hogwarts.

Si erano impegnati molto, erano riusciti ad evitare che la cara Hermione gli mettesse le uova nel paniere, e nessuno al di fuori dei pochi eletti, era a conoscenza di ciò che bolliva in pentola. Tutti sforzi inutili, dal momento che ciò che cercavano doveva essere, a quel punto, nel reparto proibito.

 

 

 

 

La Mcgranitt era seduta composta dietro la scrivania, in attesa dell'arrivo degli ultimi prefetti e dell'ultimo caposcuola che, neanche a dirlo, appartenevano alla casata di Serpeverde.

Hannah Abbott e Padma Patil stavano chiacchierando sommessamente, badando bene a non alzare troppo la voce, per non infastidire la docente – che già non sprizzava gioia da tutti i pori.

« Mi chiedo perchè Godric non abbia cacciato via i Serpeverde, non appena Salazar abbia dato segni di volersene andare » sbuffò Ron.

In effetti, pensò Hermione, in tal caso non si sarebbe mai ritrovata a saper dire con precisione che Malfoy si sarebbe presentato con un quarto d'ora di ritardo, perchè gliel'aveva confidato il suo sogno. Tra l'altro, era proprio curiosa di capire come ciò fosse possibile.

 

Un'innamoratissima Pansy Parkinson, alle spalle di un già infastidito Draco Malfoy, e seguita da tutti gli altri prefetti Serpeverde, fece capolino dopo quindici minuti esatti. Hermione non si scompose nemmeno più di tanto.

« Meglio tardi che mai » commentò gelidamente la Mcgranitt.

Malfoy ebbe la decenza di non replicare, mentre i due prefetti del quinto anno – la classica inesperienza del principiante, si disse sempre il biondo – ebbero la faccia tosta di borbottare qualcosa.

« Come, prego? » li spronò a ripetere l'insegnante.

I due rimasero zitti, salvando in extremis i punti di tutta la casa. Pansy guardò Draco lanciargli uno sguardo di duro rimprovero e provvide ad imitarlo.

« Dunque, se ci siamo tutti e nessuno ha osservazioni intelligenti da muovere, proporrei di metterci al lavoro » andò avanti la Mcgranitt, non perdendo di vista i due ragazzini insolenti.

E così Hannah Abbott pescò Ronald Weasley; Prim Farley, sesto anno, Serpeverde, estrasse Ernest Mcmillan; Anthony Goldstein si ritrovò appaiato all'instabile Pansy Parkinson e, quando giunse il momento di Hermione, la ragazza si pentì amaramente di non essersi finta malata.

Draco Malfoy.

Il nome era scritto nero su bianco, a chiare lettere. Non poteva aver letto male.

« Allora? » la esortò la Mcgranitt, vedendo la studentessa esitare ad aprire bocca.

O meglio: esitare a parlare, visto che le labbra della ragazza avevano formato una comica “O”.

« Dra... » la voce le uscì a fatica, e Hermione fu costretta a schiarirsi la gola per farsi coraggio. Il ragazzo in questione era già impallidito.

« Draco Malfoy » ripetè chiaramente.

 

 

 

 

Harry salutò velocemente Ginny e Dean Thomas, prima di infilarsi sotto al mantello di suo padre. Aveva già perso sufficiente tempo per decidersi sul da farsi, e adesso gli rimaneva meno di un'ora.

Il quadro della signora grassa si aprì, e visto da occhi esterni, lo fece da solo.

« Whoa! » esclamò un bambino del primo anno, che non aveva notato Harry nascondersi sotto la cappa « dico, amici, avete visto anche voi? »

Anche la signora grassa sembrò essere confusa, ma Harry continuò la sua marcia in completo silenzio. Dopotutto, nessuno doveva venire a conoscenza di ciò stesse accadendo.

Si diresse subito verso le scale con passo felpato, seguendo lo stesso schema adottato al suo primo anno, quando si era infiltrato nel reparto proibito per scoprire di più su un certo Nicholas Flamel; in quell'occasione era quasi stato sorpreso da Gazza e Piton, ma tanto valeva ritentare.

Scese di piano in piano con velocità, illudendolo che sarebbe riuscito nel suo intento.

 

« ...Ammettilo: te la sei cercata »

 

Harry si congelò sul posto, seppur sapesse benissimo di essere invisibile.

 

« Affatto, i miei timori erano più che fondati »

 

Due voci che aveva riconosciuto subito, ma che si rifiutava di collegare ai giusti proprietari.

Dopo un primo momento di paralisi e incredulità, Harry si ritrovò a correre in direzione di quei suoni.

 

« E allora come fai a essere così sicuro di non essere in punto di morte? » domandò ironicamente la voce femmile.

 

Harry dovette poggiarsi alla parete per evitare di cadere per un improvviso giramento di testa. Si portò la nocca dell'indice alla bocca e la morse, per evitare di mettersi a urlare.

Mai, nemmeno nei suoi incubi, Harry Potter si era ritrovato davanti ad una scena simile.

Draco Malfoy e Hermione Granger stavano parlando.

Parlando.

Non si stavano stringendo le mani alla gola, non si stavano lanciando fatture da dietro le collone, non stavano litigando.

Parlavano. E nessuno dei due sembrava avere addosso dei segni che lasciassero presagire un precedente duello.

 

« Perchè ho cercato ovunque ogni genere di malattia che quelli della tua razza avrebbero potuto attaccarmi, e non ne ho trovata alcuna » replicò Malfoy facendo il verso.

« Questo dimostra che “quelli della tua razza” sono degli idioti » rispose vittoriosa Hermione.

 

Okay, magari non andavano proprio d'amore e d'accordo, ma era pur sempre una conversazione civile.

 

« Se pensarla così vi fa sentire meglio... »

Hermione si parò davanti a Draco con le braccia incrociate.

« Malfoy »

« Granger »

Entrambi immobili, presi da una tacita gara a chi sostiene più a lungo lo sguardo dell'altro, nemmeno stavano più pensando alla ronda in corso. Evento più unico che raro, considerando la rigidità della Grifona verso il dovere.

Che poi, ora che ci pensavano, non sapevano nemmeno come fossero giunti a quel punto: tutto era cominciato nel più completo silenzio, e dopo un primo scambio di parole, il dialogo era venuto da sé – installando in entrambi la bizzarra sensazione di averne già avuti diversi simili.

Ma poco importava, nessuno dei due sembrava curarsene – finchè quell'improbabile compagnia rimaneva segreta, allora potevano anche disquisire delle proprie abitudini mattutine.

 

Harry stava sudando, parecchio.

Osservava i due caposcuola come se fossero stati due Schiopodi Sparacoda, e improvvisamente si dimenticò del perchè si trovasse lì, nel bel mezzo del corridoio, al quarto piano.

 

« Hai intenzione di continuare per molto, di grazia? » le domandò Draco senza sbattere le ciglia « perchè potrei andare avanti per tutta la notte »

« Anch'io, Malfoy » controbatté Hermione, stringendo maggiormente le braccia al petto in modo fiero.

Fu un rumore a distrarli, un singhiozzo, per la precisione.

« Hai sentito anche tu? » chiese allarmata Hermione, estraendo fulminea la bacchetta.

Il biondo Serpeverde la imitò, e tentò di scrutare nell'oscurità il punto da cui era provenuto il singulto.

« Sembrava un lamento »

 

Harry rimase immobile, nel disperato sforzo di non fare più baccano.

 

« Chi è là? » urlò Hermione.

« Pensi davvero che un mangiamorte sarebbe così cortese da rispondere alla tua domanda? » la derise Draco.

« Non è un mangiamorte, perchè in tal caso ti avrebbe già chiamato “figlio” » lo rimise a posto la Grifondoro.

« Inutili dicerie prive di fondamento » minimizzò il biondo, riponendo la bacchetta nella tasca del mantello « metti via quella cosa, Granger, doveva solo essere Peeves di passaggio »

Hermione fece come suggerito.

« Sì, hai ragione »

 

Harry cominciò a credere di aver fatto indigestione, e che questa, per un qualche straordinario motivo, gli stesse provocando le allucinazioni.

Ma no, quel genere di malessere non provoca quel genere di effetti collaterali.

Doveva andarsene di lì, e alla svelta. Così, lanciando un'ultima occhiata ai due ragazzi – che avevano ripreso a camminare in silenzio – fuggì.

 

 

 

 

Anthony Goldstein, ora come ora, avrebbe ben volentieri barattato il Vaiolo di Drago con il supplizio che si era ritrovato a dover subire. Non che lui e Pansy avessero comunicato molto, anzi, ma quelle poche parole gli erano state più che sufficienti.

Draco di qui, Draco di lì... la prima cosa che avrebbe fatto, a ronda terminata, sarebbe stata dare delle pacche fraterne al rampollo di casa Malfoy.

« Parkinson, per piacere, potresti tenere il piacere lontano dal dovere? »

Una frase così noiosa da far sbadigliare anche lui. Avrebbe voluto mettersi a ridere, ripensando al fatto che, quando Harry svelò di essere in possesso di un mantello dell'invisibilità e di volerlo usare per andare nel reparto proibito, era stato il primo ad appoggiarlo.

Pansy sbuffò sonoramente, soffiandogli addosso abbastanza aria da fargli venire un piccolo brivido di freddo.

« Come siete monotoni, voi Corvonero » si lagnò la ragazza « dei tediosi secchioni »

Non la schiantare, non la schiantare...

Anthony, da corvo, viveva da ben sette anni con quell'etichetta cucita in fronte, e iniziava anche ad esserne stanco.

« Sì, insomma, quanti di voi hanno mai avuto una ragazza? »

Anthony fece per parlare, ma venne subito zittito dalla Serpeverde.

« Una ragazza che non sia la Weasley, perchè altrimenti dovremmo depennare un quarto degli studenti »

Non la schiantare, non la schiant...

Pansy cascò a terra come se fosse rimbalzata contro un qualcosa di duro.

Prima ancora che Anthony potesse vagamente intuire cosa fosse appena successo, un ragazzo con gli occhiali sbucò fuori dal nulla, proprio sotto ai suoi occhi increduli.

« Harry? » domandò Anthony « cosa ci fai qui? Dovresti essere al quarto piano! »

« Il quarto piano... sì, giusto! » si ricordò il Grifondoro.

Pansy si rialzò dolorante, guardando sbalordita il bambino sopravvissuto sbucato fuori all'improvviso, e tentò di pulirsi le mani dalla polvere.

Anthony lanciò un'occhiata al suo orologio da polso.

« Se non sei stato in biblioteca, si può sapere che hai fatto per tutto questo tempo? Harry, era la serata ideale: non posso far finire sonniferi nel bicchiere di Gazza tutti i giorni, o qualcuno noterà la sua assenza! »

« Cosa? » si intromise la Serpeverde « ho capito bene? »

Giusto... nessuno dei due aveva pensato alla presenza di Pansy, che adesso li osservava con occhi eccitati – e non in senso positivo.

« Potter è a zonzo dopo il coprifuoco, e Goldstein manda KO il custode?! Ecco perchè non l'avevo ancora visto! » cominciò a comprendere.

Il suo tono di voce era fin troppo alto, e Anthony cominciò a guardarsi attorno spaventato, temendo di vedere un professore girare l'angolo.

« Lo dirò a Piton! » strepitò entusiasta Pansy.

Ma non appena diede loro le spalle, i due alunni in preda al panico, le scagliarono contro due incantesimi diversi, che la fecero ruzzolare a terra.

Per un momento il Corvonero accarezzò l'idea di lasciarla lì e di andarsene, magari in biblioteca; un vero peccato – o una fortuna, a seconda di diverse prospettive – che di lì a quindici minuti si sarebbe dovuto ripresentare nella sala dei prefetti, e la mancanza della detestata Serpeverde sarebbe saltata subito all'occhio. Forse Malfoy l'avrebbe ben ricompensato, ma di certo Piton e la Mcgranitt l'avrebbero espulso.

« Che cosa abbiamo fatto? » domandò in agitazione il Grifondoro.

Prima che il caposcuola potesse ribattere, Pansy mosse lentamente un braccio, poi piegò una gamba, dopo l'altro braccio, e infine si mise a sedere, dandogli le spalle.

« Che magnifica giornata » disse sognante.

Si afferrò una ciocca di capelli neri e cominciò a ridacchiare allegramente.

Harry la guardò allarmato, il mantello stretto tra le dita.

« L'abbiamo stordita » constatò Anthony.

« E adesso? Cosa ne facciamo di lei? »

Il Corvonero le si avvicinò.

« Parkinson... » la chiamò.

Le si posizionò davanti e si abbassò al suo livello per guardarla meglio in viso. La ragazza sghignazzò ancora.

« Tu sei un maschio! » e tentò di allungare una mano verso il suo viso per toccarlo.

Anthony si tirò indietro per evitare il contatto, e gettò un'occhiata preoccupata al cercatore di Grifondoro.

« Che Helena Corvonero ci assista entrambi, perchè l'abbiamo conciata per le feste »

« Feste? Che feste? » si risvegliò la ragazza, biascicando come se fosse ubriaca.

Anthony la spinse delicatamente di nuovo contro il suolo per farla stare ferma.

« Magari con un Rinnerva si riprende » la buttò lì Harry.

A quel punto, messi male com'erano, provare non costava nulla. Il caposcuola estrasse la bacchetta, la puntò contro la confusa Pansy Parkinson, e pronunciò chiaramente l'incantesimo; questa, invece che sbattere le palpebre e ritrovare il proprio senno, scoppiò a ridere a crepapelle.

Anthony la guardò preoccupato: e ora chi glielo spiegava ai professori?

« Siamo nei guai » sputò Harry « Godric, perchè ci devo sempre essere io di mezzo?! »

Pansy si incantò a guardarsi la punta delle scarpe.

« Non l'ho chiesto io di essere sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato! » andò avanti a sbraitare.

Gli ingranaggi nella testolina del Corvonero cominciarono a vorticare furiosamente.

« Mi requisiranno il mantello di mio padre, ne sono certo. E Piton... oh, chissà quale terribile punizione mi appiopperà! Appeso per i pollici, così come Gazza continua a suggerire. E la Mcgranitt non mi aiuterà certo » pensò sempre più irritato « sono andato a zonzo fuori orario, con un oggetto che non avrei dovuto possedere e, per di più, ho stordito un prefetto! Nemmeno se Hogwarts fosse sotto attacco riuscirei a cavarmela »

« Ne sei sicuro? »

Anthony posò gli occhi scuri sul cercatore, poi sulla ragazza confusa, e infine piegò verso l'alto gli angoli delle labbra.

 

 

 

 

 

Emergenza: qualcuno o qualcosa aveva attaccato un prefetto e un caposcuola.

Il prefetto, la nota a tutti Pansy Parkinson, era stato trasportata al San Mungo in forte stato confusionale, e il caposcuola, Anthony Goldestein, aveva riportato solo ferite di lievissima entità – per lo più banali escoriazioni – ma affermava di aver visto un'ombra, datasi poi alla fuga dopo un breve duello.

Lo staff de “La Gazzetta del Profeta” aveva già iniziato a sfregarsi le mani e ad assicurarsi che le sacche dei loro gufi fossero abbastanza robuste da poter reggere tutti gli zellini con cui sarebbero state colmate.

Si creò così tanto scompiglio che fu impossibile, per i professori, ricostruire con precisione gli eventi della serata, e tutti gli alunni vennero evacuati in sala grande.

I docenti e i caposcuola si lanciarono in giro per i corridoi alla ricerca della “cosa” a bacchette spiegate, con l'ordine di attaccare a qualsiasi bizzarria.

 

Per quanto riguardava le reazioni degli studenti ordinari, invece, si andava dal semplice timore di Susan Bones al sacro terrore di Terry Steeval, dall'innocente curiosità di Dennis Canon al morboso interesse di Theodore Nott, che per un po' pensò che qualche suo parente fosse evaso di prigione – magari suo zio, che nonostante gli anni non mollava il colpo.

In tutto questo, nell'angolo dei Grifondoro, Harry Potter se ne stava stranamente seduto tranquillo su una sedia, senza tentare di intervenire e salvare la situazione.  

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Capitolo 17
*** Think ***


« Non mi hai avvertita »

Il biondo le dava, ancora una volta, le spalle. Hermione osservò la figura snella controluce, non potendo fare a meno di trovarla enigmatica e misteriosa.

Troppo misteriosa, ora che ci pensava.

Draco non si prese il disturbo di risponderle, continuando invece ad osservare il panorama fuori dalla finestra della camera della ragazza.

« Perchè non l'hai fatto? »

Il giovane, come sempre ben vestito e curato, si voltò a guardarla, sorridendole impercettibilmente. Ancora, tuttavia, non proferì parola.

« Malfoy? » lo chiamò Hermione con una punta di irritazione.

La caposcuola fece un passo in avanti.

« Vorresti darmi l'onore di ricevere risposta? »

Niente. Malfoy ancora non dava segno di volerla accontentare. A quel punto la Grifondoro si avvicinò con lunghe falcate fino a trovarsi al cospetto del ragazzo, che non si scompose minimamente.

« Malfoy! »

La grifona tentò di colpirlo a un braccio, ma venne prontamente fermata dal biondo, quasi si fosse mossa con estrema lentezza.

« E' così facile farti arrabbiare » rise la serpe.

I due caposcuola si guardarono negli occhi per qualche secondo – rossa di rabbia una, sinceramente rallegrato l'altro – senza preoccuparsi di essere vicini, pericolosamente vicini.

Hermione, senza levarsi dalla faccia l'espressione contrariata, lasciò vagare lo sguardo dai capelli biondi in perfetto ordine, agli occhi grigi ridenti, alla forma del viso appuntito.

Solo allora la Grifondoro si rese conto della poca distanza tra loro, e si sottrasse alla stretta massaggiandosi il polso, dove ancora sentiva il calore delle dita di Draco.

« Non hai risposto alla mia domanda » gli fece notare.

Malfoy si passò una mano tra i capelli.

« Ti saresti data per malata, se solo ti avessi avvisata... non è quello che hai pensato quando hai letto il mio nome sul biglietto? »

Hermione boccheggiò in cerca di una risposta adatta, ma fu inutile.

« Eppure non è andata male » le fece notare il Draco in sogno.

No, non era affatto andata male, doveva ammetterlo. Lei e Malfoy erano ben lungi dall'essere amici per la pelle, questo era ovvio, ma era anche vero che si fosse divertita a battibeccare con lui.

« Perchè ho sempre la sensazione di aver parlato molto con te? » gli domandò.

Il Serpeverde si allontanò dalla finestra, e Hermione percepì un buon odore di colonia maschile. Si diresse verso il letto della ragazza, ci si sedette, e tornò a osservare la caposcuola.

« Perchè io e te abbiamo parlato molto »

« Intendo in carne e ossa, non nei sogni » replicò lei.

« Io sono reale »

Hermione ebbe la netta sensazione che il ragazzo stesse evitando di proposito di rispondere con precisione al suo quesito. Piuttosto insolito, si disse.

Ma magari era solo una sua impressione, meditò, una brutta sensazione causata da un volatile momento di paranoia. Hermione lo guardò fisso negli occhi.

« Cosa mi devo aspettare per domani sera? Insomma, hai scoperto di essere stato preso per i calderoni su un'improbabile malattia, e ancora non mi è spuntato un orecchio sulla nuca »

Draco rise.

« Non ho ancora la più pallida idea su come dovrei vendicarmi » le rivelò « e no, domani tornerai in camera tua sana e salva »

A quel punto Hermione fu certa sul da farsi.

 

 

 

 

Nel frattempo, in una altro angolo della sala Grande, la situazione non era certo tanto differente.

Draco Malfoy, sudato fradicio, si rigirava nelle coperte come una trottola. Aveva svegliato Blaise, compagno più prossimo al suo sacco a pelo, che aveva poi dato una scrollata a Theodore Nott, e insieme stavano guardando il biondo dormire un sonno disturbato.

 

 

Draco Malfoy, quella notte, invece che essere come al solito legato al proprio letto nei sotterranei, scoprì di potersi muovere liberamente. Si massaggiò i polsi compiaciuto, mosse prima una gamba e infine l'altra.

Poteva camminare, grandioso.

Mosse qualche passo incerto per la stanza, approfittandone per stirarsi la schiena con un gemito soddisfatto.

« Ti vedo felice »

Eccola. Si stava giusto chiedendo che fine avesse fatto.

Hermione sedeva su quello che, nella vita reale, era il materasso di Goyle.

« Come mai adesso posso muovermi? » le domandò continuando a sgranchirsi le gambe.

La ragazza si limitò a guardarlo e a sorridere enigmatica.

« Dopo notti passate immobilizzato nel mio stesso baldacchino, mi ero ormai arreso all'idea di doverci convivere per il resto della mia vita » ammise candidamente Malfoy.

La caposcuola si alzò e camminò con lentezza verso il biondo, che solo allora notò che, contrariamente a quanto accaduto fino a quella notte, il consueto top scollato, o la solita camiciola con gli ultimi bottoni fuori dalle asole, era stata sostituita da un più normale maglioncino rosso. La minigonna, però, c'era ancora.

Si sedette accanto al Serpeverde.

« Sei libero »

« Eh? Cosa? » domandò spiazzato Draco.

Gli occhi di lei – luminosi, ridenti e stranamente struccati – si fissarono nei suoi, trasmettendogli l'asfissiante sensazione di venir studiato a fondo. Non distolse lo sguardo, lasciandolo vagare sui ricci scuri, il viso ovale, un neo sulla guancia, il collo sottile...

« Hai capito bene » gli confermò lei « Lì è la porta »

Malfoy non credeva alle sue orecchie. Spostò lo sguardo confuso dal portone alla Grifondoro, in cerca dell'inganno – che gli sarebbe saltata al collo non appena si fosse azzardato a muovere un passo?

« Tranquillo, non ti farò nulla. Va', va' pure »

Draco non alzò un dito, di fatto rinunciando alla fuga.

Hermione sorrise.

« Bene, molto bene » si pronunciò allungando una mano verso il Serpeverde.

Esitò un attimo, quel tanto che bastasse per intuire che non sarebbe stata schiaffeggiata per questo, e la posò delicatamente su una tempia del biondo, accarezzando poi i capelli e sfiorando il cuoio capelluto con le unghie.

« Bene » concluse.

 

 

Il sogno si interruppe bruscamente, come se la Hermione-in-sogno avesse deciso di aver visto a sufficienza.

Sopra il suo volto, le espressioni crucciate di Theodore Nott e di Blaise Zabini lo osservavano con evidente assillo. Draco sobbalzò nel suo sacco a pelo, e tentò di indietreggiare per sfuggire.

« Draco, Draco! » lo chiamò per rassicurarlo Blaise.

Gli posò una mano sull'avambraccio per evitare che scappasse e che destasse almeno mezza scuola, ancora accampata in sala Grande.

« Santo Salazaar, che cera orrenda » commentò sottovoce Theo.

« Ti sei rotolato nel letto per almeno mezz'ora » gli fece notare Blaise.

« Fatevi gli affari vostri! » berciò Malfoy, che ora come ora sospettava di essersi svegliato a causa loro.

« Ascolta » cominciò ostinato Theo « a me non interessa quanto tu possa diventar matto ad avere a che fare sempre con le peggiori specie di donne, figuriamoci se fai brutti sogni... »

« Theo, ma che... »

« ...Mi intrometto solo perchè questo qua... » e qui puntò il dito contro Blaise con fare accusatorio « ...ha il sonno leggero e mi ha dato una scrollata »

Draco guardò prima Nott, e poi Zabini.

« Mi sono mosso così tanto? » domandò attonito.

Strano, tutte le fanciulle che avevano dormito con lui non si erano mai lamentate – e Pansy gli aveva schiacciato così tanti pisolini accanto che, se mai le avesse tirato un calcio, prima o poi sarebbe saltato fuori.

« Affermativo »

« Ed eri anche piuttosto agitato » valutò Theo « come se stessi facendo un incubo in cui c'era anche la Granger »

 

 

 

 

 

Tra gli eventi più chiacchierati nella casa Tassorosso, ma così come in tutte le altre, oltre alle dicerie su Malfoy e Hermione – alcune ancora non totalmente smentite, ci tenevano a precisare più ostinati – c'era anche la condizione di Pansy Parkinson, ora falsamente compianta da ogni sorte di ruffiano presente a scuola.

Povera, in fondo non aveva mai fatto nulla di male, aveva detto ad alta voce Zacharias Smith; che avesse deciso di farlo proprio mentre la professoressa Sprite era alle sue spalle era una banale casualità.

I Serpeverde e i Grifondoro erano gli unici a palesare la loro vera opinione – per assoluto menefreghismo i primi, per pura audacia i secondi, che certo non immaginavano che ciò li avrebbe ulteriormente penalizzati duranti le ore di pozioni.

Sì, insomma, la Parkinson si sarebbe assentata per una settimana: il genere di eventi per cui si conserva un'ottima bottiglia di Ogden Stravecchio.

Anche se, tuttavia, Malfoy e Nott erano giunti all'amara conclusione che nessun loro parente stretto fosse riuscito ad evadere dalla prigione – principalmente perchè Potter era ancora vivo e vegeto – ergo, la storiella del mangiamorte evaso doveva essere una balla.

 

Anthony Goldstein era seduto al tavolo dei Corvonero, con in viso un'espressione piuttosto tesa. Davanti a lui, Padma Patil si reggeva la testa con le mani, e Terry Steeval le dava piccole pacche consolatorie su una scapola. La Gazzetta del Profeta era abbandonata davanti a loro.

« Dimmi che non è vero » lo pregò la caposcuola.

Anthony tacque, facendo disperare ulteriormente la ragazza e facendo emettere un singhiozzo preoccupato a Terry.

« Presto o tardi si scoprirà la verità » disse quest'ultimo.

« Lo so »

« E cosa faremo a quel punto, eh? Guarda, la notizia è già finita in prima pagina, e non ci vorrà molto prima che scoprano che nessuno sia scappato » esclamò Padma.

« Ma voi due, proprio la scusa del mangiamorte dovevate pescare? » gli domandò Terry.

« Io ho detto che qualcuno ci aveva attaccato, e per quanto se ne sapeva poteva tranquillamente trattarsi di Malfoy o di un altro Serpeverde. Non è colpa mia se Harry frequenta questa scuola, attira rogne, e tutti pensano sempre al peggio »

« Harry non doveva uscire fuori orario, me ne rendo conto solo ora...» disse la caposcuola, inconsolabile.

« Era quasi arrivato, ma poi per qualche motivo è scappato via » spiegò Anthony.

Rendendosi conto di non aver ricevuto spiegazioni in merito, aggrottò subito le sopracciglia.

« Cosa vorrebbe dire che è scappato? » chiese infatti spiegazioni Terry.

« Harry non è mai fuggito da nulla, nemmeno da Voi-sapete-chi » fece eco Padma, perplessa quanto loro.

« In effetti, ora che ci penso è piuttosto strano » concordò Goldstein « voglio dire, deve aver visto qualcosa di veramente sconvolgente »

 

 

 

 

Ad Hermione era già sembrato sufficientemente bizzarro che Harry, notoriamente sempre seduto accanto al suo migliore amico, Ron, decidesse di punto in bianco di cambiare posto, e aveva trovato ancora più singolare il fatto che scegliesse di prendere quello al suo fianco.

Ed era ancora più sospetto che il ragazzo, invece che finire a dormicchiare sul banco come ad ogni lezione di Storia della Magia, stesse perfettamente composto al suo fianco.

« Sei sicuro che vada tutto bene? » gli domandò Hermione, poggiandogli una mano sulla spalla.

Harry annuì. E come faceva ad abbordare l'argomento? Lui nemmeno doveva essere fuori dai dormitori, figuriamoci trovarsi in prossimità della biblioteca!

 

Un comportamento alquanto fastidioso, si ritrovò a pensare Hermione, quando costui la seguì fino al cospetto di Madame Pince. D'accordo, erano molto amici, ma quando mai lui le era stato alle costole così a lungo?

 

 

 

 

Poteva andare peggio, dovevano riconoscerlo. Almeno non erano ancora stati messi a scrostare il vaso da notte di quel vecchio di Silente, si disse Draco, e non erano ancora stati mandati nella foresta proibita.

Che poi, ora che ci rifletteva su bene a mente fredda, perchè mai spedire quattro undicenni e un mezzo gigante in un luogo che è per definizione proibito?

Hogwarts e le sue contraddizioni, Malfoy non le avrebbe mai comprese a fondo.

Così come non avrebbe mai capito la ragazza alle sue spalle.

Stavano parlando del parapiglia della sera prima, quasi fossero due vicini di casa pettegoli – il problema era che Draco nemmeno aveva idea di come ci fossero arrivati.

« Mi preoccupa il fatto che nessuno sia riuscito a trovare nulla » ammise Hermione.

« Che c'è, Granger, hai paura del mangiamorte? » la provocò lui.

La caposcuola, in risposta, tirò lo strofinaccio sulla spalla del biondo.

« Come osi? » domandò oltraggiato.

« Sai, non tutti possono vantare un cuore di pietra » commentò Hermione « esistono persone che si preoccupano per gli altri »

« Che piaga sociale »

« Malfoy! » lo riprese lei.

« Malfoy » le fece il verso lui, imitandola in un modo non molto lusinghiero.

« Io non parlo così! » ribattè la Grifondoro.

« Ma è come risuoni alle mie orecchie » replicò in tutta tranquillità lui, non interrompendo la lucidatura delle sfere di cristallo dell'aula di divinazione.

« Che dici, se guardo in una queste cianfrusaglie riuscirò a predirmi il futuro? » domandò Malfoy riducendo gli occhi a due fessure, come se ciò lo aiutasse a vederlo meglio.

« Fuffa » si pronunciò Hermione « la materia più inutile della scuola »

« Punti di vista, cara Granger » gli fece notare Malfoy, strofinando una macchia ostinata su una palla di vetro con forza « oh, per l'amor del cielo, ma che diavolo ci han fatto con questa?! »

La grifona allungò il collo per vedere meglio. Notò che si trattava di una macchiolina semplice, forse di una qualche diavoleria “made in Tiri vispi Weasley”, e che pertanto sarebbe bastato banalmente grattarla via con le unghie.

« Da' qua » lo esortò.

Malfoy gliela porse senza protestare – se la ragazza proprio desiderava lavorare al posto suo, chi era lui per opporsi? – e Hermione si poggiò al tavolo al suo fianco con nonchalance. Lui osservò il suo profilo, identico a quello della bellissima ragazza in sogno, e, quando i suoi occhi si soffermarono sul suo maglioncino, sentì il cuore accelerare bruscamente: sbagliava, o era lo stesso che aveva quando ancora in convalescenza, e quello indossato dalla caposcuola-dietro-la-maschera? Sì, più lo guardava e più si convinceva che fosse proprio lui; speranzoso di vedere la solita gonna vertiginosa di tutte le notti, abbassò il capo verso la gambe di lei – niente da fare, rimaneva la Granger di clausura.

« Vedi? Per questa bastava raschiare un po' con qualcosa di appuntito »

Hermione si voltò con un sorriso per guardare il biondo, come si farebbe in una normalissima conversazione tra amici, e si imbambolò a guardare il suo viso; ma invece che rimanere fermo al suo posto e annuire in senso di comprensione, costui, dopo un istante in cui aveva indugiato ad osservare gli occhi scuri di lei – ridenti, luminosi e struccati – si allontanò di scatto.

« Grazie » disse solamente.

La Grifondoro, esterrefatta da quel ringraziamento così insolito, per un attimo ebbe la tentazione di chiedergli di ripetere – tanto per assicurarsi di non essere stata vittima di uno scherzo giocato dalle sue orecchie – ma preferì non rovinare il momento. Abbassò lo sguardo, fingendo che improvvisamente il pavimento di pietra fosse diventato incredibilmente degno di interesse.

« Figurati »

Osò lanciare un'occhiatina al ragazzo, curiosa di sapere cosa stesse facendo. Draco le dava le spalle, e Hermione non potè fare a meno di paragonarlo alla figura controluce che le era comparsa più e più volte in sogno: era lui, non c'era alcun dubbio. Le spalle larghe, la silouette atletica... era identica a quella che la perseguitava durante le notti.

« Puah! Che schifezza! » sputò Malfoy spostando una sedia, e trovandola ricoperta dalla stessa sostanza raggrumata.

Hermione si destò dai suoi pensieri, si alzò e si diresse verso il ragazzo.

« Deve essere passato qualcuno che, o ha fatto compere da Zonko, o prima dell'inizio della scuola ha fatto rifornimento da I Tiri vispi Weasley » considerò la caposcuola « quanto detesto queste idiozie »

Draco la guardò piegarsi per grattare via la chiazza bluastra, poi posò la sua attenzione sulla macchia in questione, e infine ancora sulla Granger. 

***
Ehilà! Come avrete notato, questo capitolo è decisamente più corto degli ultimi che ho pubblicato; ho deciso di non calcare troppo la mano in questo, visto che già ho scritto di diversi passi in avanti :)
Come vi sta sembrando la storia? La trovate originale, o invece è sempre la stessa Dramione trita e ritrita? Avete qualcosa da dire? Fatemelo sapere! :)
Al prossimo capitolo,
Lily :*

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Capitolo 18
*** The rebel one ***


Alcuni segreti risultano più pesanti di altri, e questo Harry lo stava provando sulla sua pelle.

Quella confidenza gli pesava sul cuore, e ogni volta che ne vedeva la causa, questa gli risaliva in gola strozzandolo.

Sapeva che, prima o poi, avrebbe finito per raccontarla a qualcuno, ma si era sempre detto di non farne parola con Ron – troppo indiscreto, seppur suo migliore amico dal primo anno.

C'era da precisare, però, che nel suo immaginario nessuno lo aveva mai chiuso a chiave negli spogliatoi, né aveva cercato di estorcergli le informazioni di bocca.

Ginny era riuscita a sbarazzarsi di Dean Thomas – che a quanto gli era parso di capire, era stato accollato a Seamus Finnigan – e l'aveva attirato in cabina con una scusa idiota che, con il senno di poi, Harry avrebbe dovuto subito associare ad una balla bella e buona.

E adesso risultava complicato resistere e tenersi tutto per sé, soprattutto perchè il cercatore era cotto a puntino, e sapeva che non sarebbe mai e poi mai riuscito a resistere a tutte le moine della ragazza.

« Dai, Harry, a me puoi raccontare tutto » tubò Ginny lasciandosi cadere al suo fianco.

Harry sussultò per la tensione.

A dire il vero non sapeva se fosse una buona idea vuotare il sacco su ciò che aveva visto, ma la sedicenne insisteva, ed insisteva.

« E' piuttosto bizzarro che tu sia scappato a gambe levate, l'altra sera » attaccò Ginny « Tu sei sempre così coraggioso... avanti, ci conosciamo da una vita e sei il migliore amico di mio fratello – a lui non è consigliabile raccontare tutto, vista le limitate capacità intellettuali di cui dispone – ma, per tua fortuna, io ho preso da mia madre »

Harry deglutì.

Prima o poi, vedendo quanto fossero migliorati i rapporti tra Malfoy e quella disgraziata di Hermione, sarebbe saltato fuori tutto. E alla rossa non sarebbero servite particolari doti da veggente per collegare, o quantomeno intuire, che la passata battuta in ritirata fosse una conseguenza di quella novità; solo uno sciocco – e Ginny, sebbene fosse stata la mente eccelsa che aveva avuto la grandiosa idea di servire all'amica una Burrobirra abbandonata da chissà chi, non era affatto stupida.

In più, non riusciva proprio a resistere alla manina poggiata sul suo ginocchio.

Harry ringraziò di essere stato preso in ostaggio.

« Prometti di non dare di matto » cominciò a parare le mani in avanti lui.

« Non posso, se non so cosa mi stai per rivelare » replicò con calma la rossa.

Harry sospirò: quella era una frase tipica di Hermione – quella intelligente, buona e che detestava i Malfoy, non quella che parlava in tutta tranquillità con uno di loro.

« Quanto sto per dirti non deve uscire di qui » continuò lui.

« Dimmi »

La mano di lei cominciò ad accarezzargli la coscia con fare amichevole, e Harry deglutì un'altra volta. Faceva fatica a ricordarsi addirittura cosa dovesse confessarle.

Menomale che la risata sprezzante di un certo Serpeverde glielo ricordò.

 

« ...Oh, sì, finalmente ci sono arrivato » urlò Draco dal campo di quidditch, che molto probabilmente aveva cominciato ad allenarsi con qualche compagno di squadra.

Ovviamente senza averne l'autorizzazione.

 

« Non ti piacerà » proseguì Harry, sforzandosi di pensare al biondo caposcuola, e non alla Weasley davanti a lui.

« L'altra sera ce l'avevo quasi fatta, ero arrivato al quarto piano, e non mancava nemmeno tanto alla biblioteca. Ma poi ho sentito delle voci »

 

« ...Sì, davvero geniale, ma come pensi di farcela? » replicò la voce di Theodore Nott in seguito ad altre urla che Harry non aveva udito « Attento al bolide! »

 

« Ma Malfoy l'autorizzazione l'ha chiesta? » lo interruppe innervosita Ginny. Senza nemmeno attendere replica, si diresse con passo pesante verso la porta degli spogliatoi, e la spalancò senza troppi complimenti.

Un colpo che fece sobbalzare i due Serpeverde in campo, e che per poco non fece volare Nott giù dalla scopa.

Il bolide sfiorò il caposcuola, che svelto l'afferrò e si lanciò verso il suolo per poterlo riporre.

« Weasley?! Ma che accidenti ci fai qui? » le domandò stizzito lui.

« Potrei farti la stessa domanda, Malfoy. Nott, non si tiene così una scopa. Ci sei mai salito sopra prima d'ora, almeno? »

« Chiudi quella bocca, donna! » le berciò contro Theodore, sistemandosi goffamente le maniche della camicia grigia – non sarebbe stato il miglior mago del mondo a cavalcare la scopa, ma ciò non toglieva che non potesse essere il più bello.

Harry, attirato dal battibeccare in corso, abbandonò il nascondiglio per cacciare fuori il naso.

« Si dia il caso che ci stiamo allenando per la partita di settimana prossima, contro di voi, tra l'altro » si intromise Draco, riprendendo la polemica precedente « Cinque punti in meno per averci disturbato »

« COSA?! » strillò indignata Ginny.

« Potter?! » domandò incredulo Theodore Nott « ma che ci facevate negli spogliatoi? »

« Che cos'è questa storia dei punti tolti? » lo ignorò arrabbiato Harry.

« Qui siamo noi a fare le domande » lo zittì Nott.

Malfoy assunse un sorriso ben poco confortante, il genere di smorfie che si era soliti vedere sulle labbra di Piton prima di un colpo basso.

Si sedette sulla scopa, che ancora fluttuava, e osservò i due ragazzi a braccia incrociate. Theo scese di quota per mettersi al suo fianco.

« E così, San Potter e la Weasley, già fidanzata, erano soli soletti » cominciò con il tono canzonatorio di qualcuno che riesce a fare due più due prima di tutti « chiusi in uno stanzino, a fare chissà cosa da chissà quanto... mi chiedo cosa ne penserebbe il buon Dean Thomas »

Ginny diventò rossa come i suoi capelli, e dopo un breve momento di paralisi totale – quasi fosse stata colpita da un Pietrificus Totalus un attimo prima di un urlo spacca-timpani – cominciò a digrignare i denti minacciosa.

Harry, dietro di lei, era già pronto a dare vita ad un duello.

« Altri dieci punti in meno per la pugnalata alle spalle di quel povero buon samaritano. A testa, mi sembra chiaro »

Basta.

Ginny scattò in avanti, decisa più che mai a saltargli addosso e, nel migliore dei casi, strangolarlo. Harry rinunciò completamente alla tentazione di scagliare una fattura contro i Serpeverde solo perchè, in quel momento, l'urgenza riguardava evitare che Ginny ammazzasse un caposcuola.

« Ma è una selvaggia » commentò Theo, godendosi la scena della rossa che muoveva freneticamente le mani, quasi sperasse di graffiarli da lontano.

« E' una Weasley » specificò Draco.

Harry Potter dovette compiere uno sforzo immane per evitare di lasciare la ragazza, facendo sì che Malfoy smettesse definitivamente di esistere. Sapeva che, di certo, quel particolare che li aveva visti insieme in uno spogliatoio vuoto, non sarebbe rimasto tra loro quattro tanto a lungo, e sebbene non dubitasse che il suo amico Dean non avrebbe messo su la più spettacolare scenata di gelosia che la torre di Grifondoro avesse mai visto, preferiva evitare di dar vita a pettegolezzi di ogni genere.

« Non so te, Theo, ma a me questa scenetta patetica comincia ad annoiare » disse il biondo, dando le spalle ai due studenti.

« Ben detto, amico mio. Torniamo ai dormitori, abbiamo una fantastica storiella da raccontare »

Ginny smise all'istante di scalciare, e Harry, ingenuamente, lasciò la presa. Gli occhi castano chiaro della ragazza guardarono truci Malfoy – che ignaro di tutto chiese aiuto al compagno di casa per trasportare la cassa dei bolidi – incerta sul da farsi.

Stare ferma voleva dire tornare al dormitorio con un fatto fuori contesto come cappio al collo e con venticinque punti totali in meno; agire, invece, significava tornare alla torre con la solita corda alla gola, più punti di penalità, ma che sempre fosse lodato Godric, con tanta soddisfazione.

Aveva deciso. Ci sarebbero state ripercussioni, ma non le importava minimamente.

Un attimo prima Malfoy era piegato per sollevare il pesante baule, quello dopo era riverso a terra – colpito da uno schiantesimo proprio sul suo ricchissimo didietro purosangue – e i due Grifondoro erano in fuga verso il castello.

 

 

 

 

Che benessere, che pace. Era tutto molto diverso da quando Pansy era al San Mungo.

Millicent Bulstrode era sempre sola, con come unica compagnia le sue tisane e le sue barrette dimagrenti, ma bisognava ammettere che aveva una bella cera: non aveva più nessuno da assecondare nelle sue folli idee, una mini vacanza rigenerante.

Che immenso piacere potersene stare in sala comune senza l'assillo di quella sanguisuga di Pansy Parkinson.

Blaise e Daphne erano nei sotterranei – disteso su un divano con i piedi incrociati il primo, seduta composta la seconda.

Daphne si era messa e tolta lo smalto almeno dieci volte – quattro solo quel giorno – e Zabini aveva fatto in tempo a finire un libro che si era ripromesso di leggere per anni: “L'unico mago intelligente

L'aveva richiuso emettendo una risatina ironica, pensando che lo sventurato protagonista, circondato da emeriti idioti, gli ricordasse incredibilmente sé stesso.

« E adesso? Cosa facciamo? » domandò spaesata la bionda.

Blaise si stiracchiò facendo finire a terra un cuscino.

« Non ne ho idea » disse sbadigliando « non credevo che ce la saremmo spassata così tanto in così poco tempo »

Nel giro di cinque giorni scarsi, i due avevano potuto fare tutto quello che, in altre condizioni, gli era risultato impossibile.

Quante maschere di bellezza, e quanti scrub viso si era fatta Daphne – adesso la sua pelle era morbida e liscia come il culetto di un neonato.

Per non parlare di Blaise, che oltre a leggere in santa pace quel tomo di puro egocentrismo, era riuscito a recuperare tutte le ore di sonno arretrate.

Insomma, era saltato fuori che Pansy fosse il minimo comun denominatore di tutti i loro problemi.

« Tra quanto torna pazza-Pansy? » domandò Blaise.

« Tra due giorni » rispose Daphne.

Zabini si lasciò sfuggire un gemito frustrato. Incantò il libro, che volò dritto dritto verso i dormitori maschili, e si mise a sedere.

« Passeggiata in riva al lago? »

« Già fatta, tutti i giorni dopo pranzo » gli ricordò la Greengrass.

« Ah, giusto... andiamo a rubare qualche zucca dal giardino di Hagrid, ora che hanno ancora dimensioni normali e che non pesano duecento chili l'una? »

« Già rubate ieri, ne ho due nascoste sotto al letto »

« Ci fingiamo interessati a “Il Cavillo” di Lunatica Lovegood? »

« Cielo, no. Nemmeno se fossi disperata le rivolgerei la parola di proposito » si rifiutò la bionda.

« Allora siamo a corto di idee, Daphne » constatò abbattuto Blaise.

Proprio in quel momento l'ingresso dei sotterranei si spalancò, e un Theodore Nott piuttosto divertito, e un rosso d'ira Mlafoy – tra l'altro sporco in viso di terra e con qualche filo d'erba tra i capelli in disordine – fecero la loro comparsa.

« Hai tentato di brucare in un prato, per caso? » gli domandò velenosa la ragazza.

« Sbaglio, o mica avevi detto che saresti andato solo ad allenarti per la partita di sabato? » infierì Blaise.

Draco borbottò qualcosa tra sé e sé, che fece scoppiare a ridere Nott talmente forte, da costringerlo a cercare un appoggio.

La Greengrass e Zabini si guardarono risollevati: avevano trovato come scacciare la noia.

« Ma insomma, cos'è successo? » si informò Blaise.

Nott riprese fiato, asciugandosi una lacrimuccia da un occhio.

« Eravamo in campo che ci stavamo allenando e... » quando si voltò a guardare il volto torvo del biondo ricominciò a sghignazzare.

« Perdonatemi, è che ogni volta che ripenso alla scena... » si scusò cercando di riprendere un minimo di compostezza.

Daphne si avvicinò al rampollo di casa Malfoy per pulirgli almeno un po' i capelli chiarissimi dal fogliame del terreno mal tenuto del campo, ma la sua mano venne scacciata senza alcuna gentilezza.

« Sì, dai, sapete già dov'eravamo » riprese Nott « ci stavamo allenando, Draco mi stava parlando di un certo piano che, senz'altro, vi spiegherà meglio lui, e udite udite: la Weasley e Potter escono dagli spogliatoi. Da soli »

« No! » esclamò stupefatto Blaise, con lo stesso tono di una casalinga pettegola.

« E invece sì » replicò incalzante Theo « ovviamente è nata discussione: Draco ha iniziato a dire di volerlo raccontare a Dean Thomas, e la piattola Weasley ha cercato di raggiungerci scalciando e dimenandosi, con Potter che invece la tratteneva... »

Qui, Draco, ricordandosi la prossimità al momento in cui commise l'errore di abbassare la guardia, si indirizzò verso l'uscita del sotterraneo bofonchiando più tra sé e sé, che agli amici.

« Vado a farmi una doccia nel bagno dei prefetti »

Venne totalmente ignorato.

« ...E come questo intelligentone si è voltato, lei le ha tirato contro uno schiantesimo. Ottima mira, devo dire: un bel colpo sul suo sedere che l'ha mandato dritto dritto faccia a terra » riprese a ridere a crepapelle, tirando dentro Blaise che – tanto per infierire – prese ad indicare Malfoy, fino a che quest'ultimo non abbandonò la sala comune, giusto per rendere il tutto ancora più umiliante.

« Mi rifiuto di pensare che, una volta ripresosi abbia lasciato correre un simile affronto, perchè con Malfoy non ci si può permettere di pestargli i piedi e farla franca; avanti, qual è stata la vendetta? » chiese Daphne.

« Diciamo che adesso i Grifondoro sono ultimi in classifica » gli strizzò un occhio Theo « e adesso, vogliate scusarmi, ma vado a lavarmi anch'io » si congedò lui, indirizzandosi verso i bagni studenteschi.

« Perchè? Sei finito nel fango anche tu? » scherzò Blaise.

« Oh, no, nulla che riguardi la terra. E' che ho riso talmente tanto che temo di essermi pisciato addosso »

 

Rimasti di nuovo soli, tra Blaise e Daphne ricadde il silenzio.

La bionda osservò quel che le stava attorno, in cerca di qualcosa per ammazzare la noia, ma mai la sala comune le era parsa tanto monotona e vuota.

« Abbiamo già liberato qualche bestiola di Hagrid in giro per il castello? » domandò di punto in bianco Blaise.

 

 

 

 

Hermione sedeva al tavolo dei Grifondoro – stanca morta dopo aver dovuto inseguire qui e là, assieme a Hannah Abbott e altri prefetti, un paio di Snasi che avevano seminato il caos rubando anelletti e collanine di alcune studentesse, liberati da ignoti – quando un ragazzino del quinto anno notò l'anomalia.

« Ehi! Come mai siamo ultimi?! » urlò indicando il recipiente dei rubini dei grifoni.

Un vociare sempre più crescente invase la Sala Grande, e la caposcuola udì diverse lamentele.

 

« E' tutto un complotto! »

« Chi ci ha fatto perdere così tanti punti?! »

« E' un'ingiustizia! »

« Caposcuola corrotti! »

 

alcune testoline si voltarono verso Hermione, sospettando per un attimo che lei c'entrasse qualcosa con quel colpo di scena, ma bastò l'espressione spaesata della ragazza per fargli cambiare idea.

In caso contrario, la Granger non avrebbe tenuto nascosto né quel colpo basso, né i motivi che l'avevano spinta a ricorrerci.

« Miseriaccia! » imprecò Ron, lasciando cadere rumorosamente la forchetta nel piatto « siamo addirittura dopo i Corvonero! »

Harry e Ginny si scambiarono due occhiate colpevoli, quasi a domandarsi: “dici che sia per quella cosa?”

« Hermione, tu ne sai qualcosa? » le accorse accanto Seamus Finnigan.

« No, certo che no! » si difese la ragazza.

Seamus sfrecciò via verso gli altri studenti che, come lui, si dimostravano particolarmente indignati, e Hermione ebbe modo di rimettersi comoda. Senza tuttavia rilassarsi per davvero.

La caposcuola rimase immobile al suo posto, con lo sguardo perso nel piatto colmo di cipolline arrostite davanti a lei.

« Tutto bene? » domandò Ron, posandole una mano sul polso per richiamare la sua attenzione.

Hermione sollevò gli occhi, incrociandoli per un attimo con quelli di Malfoy – che li stava guardando – e li posò sul rosso accanto a lei.

« Sì, stavo solo riflettendo » rispose ricomponendosi « stavo cercando di immaginarmi cosa io mi sia persa durante la mia caccia allo Snaso »

Notò l'evidente disagio di Harry, che non di rado lanciava occhiate a Ginny – che al contrario manteneva una perfetta faccia di bronzo – e non le ci volle molto per collegare il tutto.

« Harry? » sollevò un sopracciglio lei « vuoi illuminarmi? »

Il cercatore di Grifondoro cominciò a sudare, e con gli occhi cercò la piccola Weasley che, tuttavia, per sfuggire ad un interrogatorio aveva trovato una scusa qualsiasi per sbaciucchiare davanti a tutti Dean Thomas.

Potter, resosi conto di essere solo davanti ad una severa inquisizione della strega – e non una qualunque a cui bastava rifilare una balla senza capo né coda per passarla liscia – decise di evitare inutili discussioni e di vuotare subito il sacco. Nel modo più delicato possibile, e che gli consentisse di tornare al proprio dormitorio tutt'intero.

D'altronde, come si era visto quando avevano cercato di non farla andare in biblioteca, Hermione aveva il naso per fiutare ogni genere di fandonia, e continuare a propinargliele non avrebbe fatto altro che spingerla ad indagare maggiormente.

« Ginny ed io abbiamo litigato con Malfoy » minimizzò « saresti così gentile da passarmi un po' di branzino in umido? »

Hermione strabuzzò gli occhi, e Ginny si staccò subito dal suo appassionato bacio per guardare male il ragazzo con gli occhiali tondi.

« Che cosa? E vi ha tolto punti solo per questo? »

Il suo timore era divenuto realtà: Malfoy aveva appena cominciato ad approfittarsi della sua posizione solo per penalizzare le altre squadre.

Oh, ma se lo aspettava... sì, lo aveva capito sin dal momento in cui l'aveva incontrato sulla carrozza dei prefetti.

Si voltò immediatamente con uno sguardo inceneritore verso il biondo, che adesso stava mangiando in tutta tranquillità con i suoi amici. Quindi era quello il motivo perchè, poco prima, lui la stava guardando?

Strinse la mani a pugno attorno alla forchetta, seriamente tentata di alzarsi e mettersi a urlare.

« Stasera lo vado a cercare e gliene dico quattro » sibilò.

 

 

 

 

« Draco... » lo chiamò divertito Theo.

« Eh? »

Malfoy sollevò la testa dal piatto.

« Penso che alla Granger sia giunto qualcosa alle orecchie »

Draco sorrise compiaciuto, e guardò in direzione della caposcuola con un'espressione ilare.

« Ma non le han detto tutto » contestò Malfoy.

« E come faresti a saperlo, scusami? » domandò perplessa Daphne.

« Non è sufficientemente arrabbiata »

 

 

 

Ginny, sicura che quell'intoppo avrebbe senz'altro condotto la caposcuola alla verità assoluta, preferì saggiamente metterla al corrente di tutto sin da subito – forse così sarebbe stato meno peggio che venirlo a sapere da voci di corridoio o da Malfoy.

« Sì, potrei averlo schiantato »

E riprese a baciare Dean Thomas.

Hermione spalancò la bocca in una comica espressione stupefatta.

 

 

 

« Ora sa tutto » constatò Draco, osservando il cipiglio della ragazza mutare in fretta dallo stupore alla rabbia « Due galeoni che si ripresenta il tic al naso » scommetté Malfoy.

« Che tic, scusami? » domandò spaesato Blaise.

Il biondo, resosi conto di aver appena ammesso di aver notato qualcosa di cui i suoi amici ignoravano l'esistenza, si mise subito a mangiare con voracità il salmone al cartoccio nel suo piatto.

« Draco, di che tic stai parlando? » domandò con maggiore insistenza Blaise.

« Devo essermi confuso con qualche altra ragazza, scusatemi » si finse offeso lui.

 

 

 

Harry temette di dover assistere all'amica, che per la collera aveva momentaneamente smesso di respirare e si stava colorando di rosso, cadere a terra priva di sensi.

« Hermione, ti prego, di' qualcosa » la pregò il cercatore di Grifondoro.

Ma una volta aperta bocca, il ragazzo si ritrovò a pensare che sarebbe stata meglio lasciarla soffocare.

« Voi due! » strepitò.

In tutto questo, Ron non osò intervenire in alcun modo. Per una volta che Hermione non ce l'aveva con lui...

« Hermione, cara, posso spiegarti... » tentò debolmente di difendersi Ginny.

« Hai schiantato un caposcuola » continuò l'altra ignorandola.

Le sue narici cominciarono a dilatarsi e a contrarsi freneticamente.

 

 

 

I tre Serpeverde osservavano la scena dal loro tavolo con la bocca aperta. Malfoy, invece, aveva preferito non sollevare lo sguardo, temendo di incrociare quello assolutamente sconcertato dei suoi amici.

« Come facevi a sapere questa cosa? » domandò scioccata Daphne.

« Oh, coraggio » imprecò lui, nel disperato tentativo di pararsi il didietro « è impossibile da non notare... insomma, dove avete vissuto per tutti questi anni? »

Niente da fare, nessuno dei suoi amici sembrava aver abboccato.

« Io non l'avevo mai visto » si oppose Theo.

« E io nemmeno » si aggiunse Blaise, guardando il caposcuola come se avesse improvvisamente contratto una disgustosa patologia deturpante.

 

 

 

« Sì, ma non dire che tu non hai mai voluto mandarlo KO » contestò Ginny.

« Ma tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare, Ginny! » la rimproverò Hermione « e cosa vi ha fatto per meritarselo? »

Ginny e Harry si scambiarono un'espressione allarmata: cosa fare? Ma soprattutto, cosa dire e cosa omettere?

La rossa guardò Dean, e cercò di minimizzare.

« Malfoy e Nott hanno visto che parlavo con Harry, hanno cominciato a dire assurdità e a toglierci punti per idiozie come averli interrotti mentre si allenavano, e così ho fatto quel che ho fatto » disse tutto d'un fiato « è vero, è discutibile, lo riconosco... ti prego, smettila di guardarmi così »

Hermione si prese la testa tra le mani.

« Ginny! Ma ti costava tanto mandare giù il rospo, almeno per il momento, e venirmelo a dire? Sarei andata a parlare io con Malfoy! »

Harry, all'udire quell'affermazione, rischiò di strozzarsi con un boccone di funghi trifolati andato di traverso.

 

 

 

 

Era inaccettabile.

D'accordo, comprendeva che un simile affronto andava punito, ma sapeva anche perfettamente che Malfoy non attendeva altro. Dopotutto aveva ben sei anni di coppe delle case perse arretrate, probabilmente non vedeva l'ora che qualcuno della casa rosso-oro gli facesse un occhio nero solo per togliergli quanti più punti gli fosse consentito.

Hermione era davanti ad un muro di parete liscia; da qualche parte, dietro di essa, dovevano esserci i dormitori.

Ma come entrare? Qual era la parola d'ordine? Piton era nei dintorni? Stava infrangendo il coprifuoco, l'avrebbe fatta franca?

Accarezzò l'idea di mettersi a urlare e battere furiosamente contro il muro, nella speranza di avere abbastanza fortuna da creare trambusto nel punto giusto e far accorrere le serpi, ma non appena sollevò un pugno, una voce stridula la bloccò all'istante.

« Caposcuola Granger? »

Si voltò di scatto, come se fosse stata colta in fallo un attimo prima di infrangere le regole.

Due bambini, che a malapena le arrivavano allo sterno, e con il classico mantello con sopra ricamato il serpente verde-argento, la guardavano sospettosi.

« Che cosa ci fai qui? » domandò uno di loro, senza preoccuparsi di usare un tono vagamente amichevole.

« Voi due non dovreste essere in giro a quest'ora » li rimproverò lei.

Quello che le aveva rivolto la parola sollevò un sopracciglio.

« Nemmeno tu »

Hermione si schiarì la gola, si ricompose, e parlò con voce autoritaria.

« Devo parlare con il caposcuola Malfoy »

I due undicenni si diressero verso il vero ingresso nascosto del sotterraneo – facendo sentire una grande stupida la Grifondoro, visto che era molto più in là di dove si trovava lei e, se non si fossero presentate le due piccole serpi, avrebbe continuato a strillare e battere le mani per ore invano – e pronunciarono a bassa voce la parola chiave, assicurandosi che la ragazza non potesse udirla.

« E' importante » ci tenne a rimarcare un attimo prima che svanissero dietro il passaggio, che si richiuse con un boato.

 

Malfoy fece la sua presentazione poco dopo, con un'espressione imperturbabile. Una finta smorfia sorpresa apparì sul suo volto.

« Granger? Io non capisco »

Che bugia. Quale scemenza. Ma soprattutto, che impressionante dote da attore.

Lui sapeva perfettamente che lei si sarebbe fatta viva, e non grazie alla caposcuola-in-sogno. Era strano, se ci si soffermava troppo, ma dal momento in cui l'aveva vista diventar color Weasley, aveva cominciato a convincersi che lei lo avrebbe atteso al varco.

E l'aspettava.

Si era messo comodo, con la sua camicia bianca luminosa – talmente candida da far sembrare che riflettesse la luce – ben pettinato e profumato. Un atteggiamento che aveva insospettito i suoi amici, ma che non aveva potuto far a meno di assecondare.

« Oh, ma davvero? » sibilò Hermione.

I due ragazzi si guardarono negli occhi – a braccia incrociate una, mollemente poggiato alla parete l'altro.

« Con quale diritto » cominciò la ragazza a denti stretti « togli tutti questi punti a dei ragazzi della mia casa, senza prima discuterne con me o un professore? »

Malfoy la guardò divertito, e la Granger si inalberò maggiormente.

« Che cosa c'è da ridere? »

Draco non la degnò di risposta.

« Malfoy? »

Ancora niente. Lui si limitava a guardarla, senza tuttavia aprire bocca. Hermione avanzò verso di lui irritata, pronta a colpirlo per dargli una scrollata.

« Malfoy! » lo chiamò.

Ma prima ancora che la sua mano poté anche solo sfiorarlo, venne prontamente fermata, quasi si fosse mossa con estrema lentezza.

Era al suo cospetto, abbastanza vicina da consentirle di sentire la sua costosa colonia, e lo guardava dal basso verso l'alto.

Un improvviso senso di deja-vu la colpì: ma quella non era mica la stessa scena avvenuta nel suo sogno, non molto prima? Oh, sì che lo era.

Proprio lei.

Si staccò bruscamente massaggiandosi il polso, dove un attimo prima c'erano le dita calde del ragazzo.

« E' così facile farti arrabbiare »

Hermione deglutì, e tentò disperatamente di ricomporsi. Si schiarì la gola, e incrociò le braccia al petto.

« Non mi hai risposto »

Malfoy si staccò dal muro e l'aggirò per fare una passeggiata.

« Ho fatto quello che dovevo fare » le disse.

« Davvero, Malfoy? Era proprio necessario? » lo seguì la ragazza.

« Questo e altro per insegnare un po' di sana disciplina a quei selvaggi »

Svoltarono l'angolo senza che Hermione ci facesse caso – distratta com'era dalla sua ramanzina, non collegò il fatto che, a tutti gli effetti, Draco la stesse portando a fare una passeggiata per i corridoi.

« Selvaggi?! Malfoy, ricordati che stai parlando di Ginny Weasley e Harry Potter! »

« C'è qualche differenza, Granger? »

Il fantasma del Barone Sanguinario gli attraversò la strada, senza tuttavia degnarli di un solo sguardo. Hermione lo osservò fluttuare con un misto di timore e curiosità: d'accordo, nella torre di Grifondoro c'era Nick-quasi-senza-testa, ma perlomeno lui era simpatico.

Malfoy, al contrario, non ci diede alcun peso.

« Senti, sono d'accordo sul fatto che sia inaccettabile che un alunno attacchi un caposcuola, ma la tua è stata una misura drastica... »

« Più che giusta, mi sembra. Tornassi indietro, rifarei la stessa identica cosa »

Hermione mandò a quel paese tutte l'autocontrollo che si era imposta di mantenere, e si bloccò in mezzo al corridoio.

« Malfoy! » lo riproverò.

« Granger » la scimmiottò lui.

Salirono le scale che portavano al piano delle cucine e dei dormitori di Tassorosso.

« Avresti dovuto parlarne con qualcun altro, non agire di tua iniziativa » lo rimproverò.

 

Wayne Hopkins, settimo anno, Tassorosso, stava uscendo proprio in quel momento dalla cucina con le mani colme di pasticcini alla crema. Vedendo i due caposcuola, si nascose dietro una colonna.

 

Malfoy e Hermione si fermarono uno davanti all'altro a guardarsi.

« Sono stato attaccato, non potevo lasciar correre » ribadì il biondo.

La Granger sbuffò, e una ciocca riccia le cascò davanti alla faccia. Senza nemmeno pensarci sopra, Draco allungò di istinto una mano e le liberò il viso.

La grifona non si oppose.

 

Wayne Hopkins trattenne il fiato.

 

« Lo so, ma ciò non toglie che tu abbia esagerato. Insomma, siamo ultimi in classifica! Eravamo i primi! » si lamentò Hermione.

I due ragazzi erano vicini, così vicini da far sembrare quello scambio di battibecchi come quelli che si è soliti fare tra amici.

« Beh, mi spiace ma... »

« No! Non è vero! » strepitò di punto in bianco lei, facendo sobbalzare il biondo.

« Di' la verità: l'hai fatto solo per farmi andare su tutte le furie, non è così?! Non è così?! » strillò ancora.

« Granger, dai, per piacere... » cercò di farla ragionare Malfoy, che temeva di veder spuntare fuori qualche professore.

La Grifondoro si girò di schiena, pronta ad andare chissà dove. Lui le posò una mano sulla spalla per farla voltare, ma ebbe come unico risultato quello di farla urlare ancora di più.

« Sai, per un attimo avevo pensato che Ginny e Harry si meritassero per davvero una punizione, ma ora che ci rifletto su, mi sono convinta che tu l'abbia fatto solo per far vincere alla tua casa la coppa! » gesticolò freneticamente la Granger « Oh, ma cos'avevo in testa quando sono venuta a cercarti per parlarti? Insomma, davvero credevo che mi avresti dato un minimo di appoggio, in nome nella nostra amicizia?! »

« Santo cielo, quanto sei fastidiosa! » tentò di coprire la sua voce il biondo.

Hermione non si accorse di quello che fosse uscito dalla sua stessa bocca, e alle orecchie di Draco suonò come una banale constatazione – peccato che non lo fosse.

 

A Wayne Hopkins, ancora nascosto, venne quasi un colpo al cuore. Dunque erano amici?

 

La Granger fece per urlare, ma Malfoy scattò in avanti e le coprì senza complimenti la bocca con il palmo della mano.

Lui si guardò attorno, spaventato dall'idea che qualcuno attirato dagli strilli della ragazza li sorprendesse così vicini; lei teneva gli occhi strabuzzati, fissi sul viso pallido del biondo.

Mai, in tutta la loro vita, avrebbero immaginato di ritrovarsi in una situazione simile. E Malfoy nemmeno stava pensando che, quella boccuccia che si ostinava a tenere chiusa con la sua mano, avrebbe potuto passargli chissà quale inguaribile malattia!

« Ascoltami bene » cominciò lui con la voce ridotta ad un sussurro.

 

Il Tassorosso nascosto, non udendo altro che lievi bisbigli, si sporse per sbirciare meglio. Malfoy era piegato all'altezza della Granger, e sembrava proprio che si stessero baciando.

No, non poteva essere.

Wayne non poteva credere ai suoi occhi. Doveva star mal interpretando tutto.

 

« Il coprifuoco è finito da un pezzo, stiamo entrambi infrangendo le regole »

Hermione sembrò ritrovare il lume della ragione.

« Per quanto mi riguarda potremmo anche andare avanti fino a domani mattina a litigare, davvero, mi diverte »

La Granger si divincolò per protestare, ma Draco la tenne ben ferma.

« Ma vedi, se qualcuno ci sorprendesse adesso, la mia più che giusta punizione per Potter e la Weasley sarà l'ultimo dei nostri problemi. Per cui, santa ragazza, mi assicuri di non fare sciocchezze, non appena ti lascerò andare? »

La caposcuola annuì con il capo, e quando Malfoy le allontanò la mano dalle labbra – con non poco timore – lei non osò fiatare.

Ma alle spalle del biondo, un fragoroso tonfo li mise subito in allarme: Wayne Hopkins, nel disperato tentativo di vedere meglio, era inciampato nei suoi stessi piedi ed era cascato a terra. Sporco di crema, si rizzò subito a sedere.

« Io non ho visto nulla » continuava a farneticare.

Malfoy estrasse la bacchetta, pronto a scagliargli contro un incantesimo di memoria, ma Hermione lo costrinse ad abbassare il braccio.

« No! Se lo confondi o gli fai dimenticare tutto a forza, qualcuno se ne accorgerà »

Draco sbuffò.

« Beh, Granger, preferisci che ignoti stordiscano un alunno, o che altre voci infondate su di noi girino per la scuola? » domandò Malfoy in modo persuasivo.

No, non voleva che accadesse di nuovo. Aveva fatto così tanta fatica a convincere tutti di non essere davvero incinta...

Fissò per un paio di secondi il ragazzo a terra, incerta sul da farsi. Ma poi, eccole arrivare l'idea:

« Sei un tifoso accanito della tua squadra, non è vero? »

Hopkins annuì.

« Che cos'hai in mente? » chiese confuso Malfoy.

Hermione lo ignorò. Fece qualche passo verso il Tassorosso, con l'apposita intenzione di intimorirlo.

« Sappi che se qualcosa di quello che hai visto o sentito questa sera dovesse giungere alle orecchie degli altri alunni, io vi dimezzo i punti tutti i giorni, da qui fino alla fine dell'anno »

Malfoy la guardò sorpreso.

« Granger, non ti facevo così ribelle »

Ma poi si ricordò che, effettivamente, la Hermione-dietro-la-maschera gli aveva accennato al suo lato nascosto, e le sue guance persero colore.

« Tienilo a mente, Hopkins: una parola, e Tassorosso non supererà mai i cento punti » lo minacciò Hermione, ignorando il commento di Malfoy.

« Fortuna che era una misura drastica... »

La caposcuola congedò il tasso con un impagabile “e adesso vattene” che fece scoppiare a ridere il biondo – un commiato che lo aveva colpito positivamente. Agli occhi di Malfoy, la Granger risultava essere molto meno noiosa del solito; era interessante, doveva ammetterlo.

Interessante e spaventosamente misteriosa. Quel genere di enigma che si vuole a tutti i costi scoprire.

Hermione si voltò verso il ragazzo con fredda compostezza, come se non avesse ricattato assolutamente nessuno.

« Buonanotte, Malfoy » disse dandogli le spalle, e indirizzandosi verso la torre di Grifondoro.

« A te, Granger »

***
E si ricomincia con i capitoli più lunghi :') Mi auguro che questo sia stato di vostro gradimento, e che non vi pesi il fatto che le cose tra Hermione e Draco si sviluppino in tempi non brevissimi. Insomma, la Granger e Malfoy si sono odiati per sei anni, è normale che adesso abbiano bisogno di tempo! 
Detto questo, fatemi sapere cosa ne pensate. 


Ma ora voglio stimolare la vostra curiosità: pensate che Wayne Hopkins terrà la bocca cucita, o che piuttosto non resisterà e finirà per lasciarsi sfuggire qualcosa? Di cosa parlavano Draco e Theo? Ma soprattutto, cosa pensate che accadrà quando Pansy tornerà a scuola? 
Vediamo se ci azzeccate :)


Al prossimo capitolo, 
Lily :*

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Capitolo 19
*** Don't leave ***


Hermione era una strega temibile. E Wayne Hopkins poteva confermarlo.

Ma anche Draco Malfoy non scherzava mica, anzi.

Il Tassorosso non sapeva dire se lo spaventassero di più le velate minacce fatte a gesti del Serpeverde, che lasciavano perfettamente intendere il loro significato (« Parla e ti uccido »), o il piccolo rituale della Granger, che tutte le mattine si assicurava che la vedesse spostare ripetutamente lo sguardo dal recipiente dei punti dei tassi a lui, quasi a volergli ricordare che se avesse parlato l'avrebbe visto sempre mezzo vuoto.

Wayne non sapeva se i due caposcuola avessero seriamente il fegato di farlo sparire o di provocare una crisi depressiva ad un'intera casa, ma preferiva tenersi il dubbio e non sfidarli.

E comunque, nessun tasso seppe mai perchè il compagno si aggirava in evidente stato di shock.

 

Più o meno come nessun Grifondoro sapeva perchè mai Harry Potter avesse cominciato ad essere perennemente teso.

Non si poteva nemmeno affermare che temesse il ritorno del Signore Oscuro, dal momento che costui non si faceva vivo da circa due anni e che, se comunque avesse deciso di ripresentarsi, avrebbe come al solito atteso la fine delle lezioni.

 

Ron era parecchio preoccupato per quell'atteggiamento sempre sul chi va là. Per un po' tentò di non pressare troppo l'amico, ma dopo qualche giorno in cui aveva cercato disperatamente di vincere la curiosità e di non costringerlo a parlare, aveva ceduto in un modo abbastanza fallimentare: non si era curato di essere in sala comune, e aveva posto la domanda senza troppi giri di parole.

Povero sciocco. Perchè Calì Patil, intenta a ricamare su un fazzolettino di seta verde (« verde Serpeverde » aveva detto trasognante a Lavanda Brown) le sue iniziali, si era già messa in ascolto non appena l'aveva visto aprire bocca.

« Insomma, Harry, vuoi dirmi che ti succede? »

Per quanto riguarda quel che stava accadendo nella testolina di Harry, invece, basti solo dire che quel segreto lo stava rendendo pazzo. Sapeva qualcosa di cui nessun altro era a conoscenza, e allo stesso tempo non sapeva a sufficienza.

Inizialmente si era ripromesso di non dire nulla, ma adesso quei dubbi lo stavano facendo uscire lentamente di senno.

E fu così, che Ronald Weasley si ritrovò a dover far fronte ad un fiume in piena di parole – una meno confortante dell'altra.

« Ho visto Hermione e Malfoy andare molto d'accordo settimana scorsa. Ero lì lì per raggiungere la biblioteca, quando me li sono trovati davanti, tutti intenti a scherzare tra loro come vecchi amici » sputò tutto abbattuto.

 

Calì, non molto lontano da lì, trattenne il fiato scioccata.

Abbassò lo sguardo su quel fazzoletto di seta verde: e dire che aveva pensato di lasciarlo cadere davanti al biondo, nell'evenienza che lui lo raccogliesse e scoppiasse l'amore – più o meno come si era soliti fare un centinaio di anni addietro.

 

Ron si turbò molto, ma si rifiutò di credere che ciò fosse la verità.

« Non lo so, Harry... sei sicuro di non aver preso un granchio? »

Il ragazzo sopravvissuto lo guardò meravigliato: si aspettava di vederlo saltare in aria, dare di matto, e infine correre a cercare Hermione per dare il via al più memorabile di tutti i rimproveri – addirittura più degni di nota di quelli della caposcuola.

« Sì, ne sono sicuro » replicò con durezza Potter.

Ma Ron continuava ad avere dubbi.

« E' strano che Hermione e Malfoy non si stessero insultando, va bene, ma insomma, addirittura essere amici? »

Doveva aver bevuto qualcosa di nascosto, perchè il Ron che conosceva lui si sarebbe comportato in maniera molto più impulsiva.

« Ron? Che diavolo ti è successo? » gli domandò infatti Harry.

Il rosso lo guardò con uno sguardo accusatorio.

« Harry, per Godric, siamo già ultimi in classifica a causa di Ginny, vorrei proprio evitare di mettere in giro altre storie su Malfoy » spiegò « quindi preferirei non saltare subito alle conclusioni »

 

 

 

 

Qualcuno con un briciolo di malizia avrebbe anche potuto pensare che qualcosa di losco stesse accadendo tra i Corvonero. E per fortuna di Terry Steeval, Hermione Granger era il ritratto dell'ingenuità quando distratta da altro.

Padma Patil, infatti, le stava letteralmente impedendo di far caso al povero gufo che aveva recapitato a Terry un pesante tomo di “magie di soppiatto”.

Lo sventurato rapace si schiantò malamente sul tavolo dei corvi, e una volta ripresosi, cominciò a beccare le dita di Terry affinché pagasse il dovuto.

Padma – e con lei tutti i complici di Grifondoro – le fece notare, piuttosto, che Lavanda Brown stesse parlando concitatamente con Calì Patil; un segno che, in genere, non lasciava intendere nulla di buono.

Hermione si fece prendere dall'angoscia che Wayne Hopkins si fosse lasciato sfuggire qualcosa.

Di istinto, guardò verso il tavolo dei Serpeverde, per constatare se anche Malfoy avesse notato qualcosa, ma lui sembrava ignaro di tutto.

La guardò di sfuggita, e la Grifondoro abbassò subito il capo, colta in fallo.

A Lavanda quel breve scambio di sguardi non sfuggì, e fu così che Calì si beccò la solita pacca consolatoria sulla spalla.

« Via, via, non puoi farci niente » le disse.

Hermione tentò disperatamente di non riguardare la fazione verde-argento, ma la curiosità la stava consumando. Per ovviare al problema, decise di dargli le spalle – Anthony e Terry filarono via appena in tempo, prima che la ragazza potesse vederli.

E mentre Hermione faceva colazione in santa pace, cercando di ignorare il fatto che alcune testoline la guardassero con un po' troppa curiosità per i suoi gusti, a Theodore Nott veniva recapitata una scatolina colorata.

 

 

 

 

 

Pansy era cambiata. E con “cambiata” si intendeva “davvero cambiata”.

La settimana di convalescenza era finalmente terminata; la Serpeverde aveva fatto ritorno, ma della vecchia lei non rimaneva che solo il corpo.

Ma tutto ciò era subito saltato all'occhio sin dal primo momento che la ragazza aveva messo piede in sala comune, quando invece che correre a cercare Malfoy, scelse di sedersi in un angolo – con una piuttosto perplessa Millicent – a fare meditazione. Con tanto di respiri profondi e versi che, a detta sua e del suo psicanalista, l'avrebbero aiutata a trovare la pace interiore.

« E' proprio necessario? » domandò di punto in bianco la Bulstrode, arcistufa di tutti quei “uuuhm”, ripetuti – senza alcun ritegno – ad alta voce e con una frequenza a dir poco snervante.

« Che cosa, amica mia? »

La voce di Pansy, lenta e pacata, attirò l'attenzione di alcuni ragazzini, che la guardarono stupiti.

« Tutti questi versi » replicò Millicent « mi disturbano »

Pansy nemmeno aprì gli occhi.

« Pace e amore, Millicent, pace e amore »

L'amica, stupefatta almeno quanto gli altri presenti, si guardò attorno in cerca di un argomento che potesse riportare la Parkinson di prima – d'accordo, era scocciante, ma era pur sempre meglio della Pansy-figlia-dei-fiori!

« Sai, Pansy... »

« Sì, Millicent? » la interruppe lei con flemma.

Millicent la studiò bene, volendo memorizzarsi quella scena: era certa che la pazza di sempre sarebbe tornata dopo quella notizia. Fece un respiro profondo e ricominciò:

« Ho sentito, proprio poco fa, che tra i Grifondoro si vocifera che Draco – sì, il tuo Draco – e la Granger ora sono amici »

Si sarebbe messa a sbraitare, ne era sicura.

Tuttavia, invece che dare di matto, Pansy aprì gli occhi, la guardò con pietà, e allungò le mani per prendere le sue.

« Non va bene dare retta ai pettegolezzi » le disse « ti rende nervosa. Lo psicologo che mi è stato affidato dice che non devo ascoltare quello che sussurra la gente. Dice anche che devo lasciare Draco vivere la sua vita – dai miei racconti gli siamo sembrati tanto innamorati, quindi per lui tornerà presto »

Millicent, letteralmente a bocca aperta, preferì non contestare e tacere, troppo sbalordita anche solo per pensare ad una risposta decente.

 

 

 

 

Harry e Anthony Goldstein stavano passeggiando insieme fuori dal castello, in direzione del campo di quidditch – dove, tra l'altro, Draco e Theo ancora si divertivano a lanciarsi addosso bolidi e pluffe.

La cappana di Hagrid si stagliava all'orizzonte.

« Quindi hai deciso? » domandò il Corvonero, con le mani unite dietro la schiena.

« Sì, credo che stasera sia il momento migliore » replicò il cercatore di Grifondoro.

Dopo alcune riflessioni, Potter era giunto alla conclusione che fosse meglio agire quando gli altri prefetti erano occupati con le ronde e, soprattutto, Hermione e Malfoy erano chiusi da qualche parte – ergo, non rischiava più di ritrovarsi davanti a scene che gli avrebbero fatto dimenticare ciò che stava facendo.

« Devo ancora mettere fuori gioco Gazza? » si informò Anthony.

Visti da occhi esterni, quei due sembravano due anziani a passeggio.

« No, non credo ce ne sarà bisogno » rispose con tranquillità Harry.

Il campo da quidditch era sempre più vicino, e un ragazzo biondo sulla scopa sfrecciò verso l'alto per afferrare un boccino, troppo piccolo e troppo veloce per venir visto dai due studenti.

« Malfoy l'avrà chiesto il permesso? » domandò retoricamente Harry.

Tuttavia non ci teneva particolarmente ad andare a contestare questa infrazione, visto che l'ultima volta che l'aveva interrotto Grifondoro si era ritrovata quasi senza punti.

« Ne dubito » valutò il corvo « a proposito, perchè l'altra volta non ci sei riuscito? Cosa ti ha impedito di andare a frugare nel reparto proibito? »

Harry sentì il cuore martellargli a mille, e cercò disperatamente di mantenere la calma.

« Mi sono sentito male » spiegò « ma mi è passato subito, non ti preoccupare » si affrettò a dire.

 

« ...Allora è deciso: stasera! » strepitò allegro Theo, maldestro sulla sua scopa, cercando di farsi sentire dall'amico.

 

Anthony studiò il Grifondoro con rigida compostezza. Non credeva ad una parola, ma era sicuro che non avrebbe cavato un ragno da un buco interrogandolo.

 

Malfoy, afferrando per l'ennesima volta il boccino d'oro che sfrecciava in aria, notò i due ragazzi camminare fianco a fianco.

« Potter, hai già saltato il fosso e deciso di fare le corna alla Weasley? » urlò il biondo Serpeverde.

« Non con me, Malfoy » replicò il corvo tranquillamente « passa oltre »

« Cinque punti in meno a Grifondoro »

Così. Una penitenza data senza alcuna logica, né con una motivazione ben precisa.

Harry si sentì subito improvvisamente più irritato di prima, e cominciò a valutare l'idea di imitare la rossa e schiantarlo – magari mentre era in volo, cosicché l'impatto con il terreno sarebbe stato più brusco.

 

 

 

 

Al suo arrivo nella saletta mezza buia, trovò la Granger già agguerrita, con in mano uno straccio sporco.

Si lasciò andare in una risata liberatoria.

Era sicuro che sarebbe andata su tutte le furie. Dopotutto aveva tolto cinque rubini ai Grifoni proprio apposta.

Piton lo fece entrare nella stanza, e prima di andarsene lanciò una delle sue solite occhiate disgustate alla Grifondoro.

Solo quando la porta si richiuse alle spalle del biondo, Hermione aprì bocca.

« Come hai osato... » cominciò gelidamente « ...sottrarci cinque punti senza ragione? »

Malfoy camminò verso di lei, guardandola dritta in viso.

Beh, alla fine la Granger non era poi così orrenda, pensò in un momento di follia.

« Granger » la chiamò lui.

Si posizionò di fronte a lei senza distogliere lo sguardo.

« Malfoy » pronunciò la caposcuola con sdegno, quasi si trattasse di un insulto.

Lei lo guardò negli occhi, e ancora una volta fu come guardare quelli del ragazzo dei suoi sogni, con cui si intratteneva con piacere in chiacchiere. Un pensiero che la destabilizzò, ma che tuttavia non la fece esitare.

« Con che presunzione ti arrovelli del diritto di bersagliare Harry così? »

Malfoy mosse un altro passo verso la riccia, inspirando ancora quel buonissimo profumo che sentiva da ormai settimane, e le poggiò una mano sulla spalla.

La ragazza percepì chiaramente il calore della mano di lui, e si sforzò di rimanere concentrata nella sua collera.

« Granger » ripetè Malfoy con tono giocoso, quasi la stesse prendendo in giro.

Voleva spostare anche l'altro braccio per imitare quello che la toccava, ma lo sentì incredibilmente pesante, come se l'azione gli costasse diversi ripensamenti.

Temette addirittura che Hermione l'avrebbe schiaffeggiato.

« Si potrebbe quasi pensare che coltivi un amore segreto per lui »

 

 

 

 

Harry scivolò nella sala comune coperto dal mantello di suo padre.

Passò accanto a Ginny, che in quel momento stava litigando con Dean Thomas.

« Insomma, mi stai sempre attaccato da quando Malfoy ci ha tolto tutti quei punti! » si lamentava lei.

Sfiorò anche Seamus Finnigan e Neville Paciock, intenti a mangiare Gomme Bolle Bollenti; quest'ultimo, dopo un po' di ruminare, cominciò a lamentarsi di essersi appena ustionato la lingua.

Quando il quadro della signora Grassa si aprì ancora senza nessun motivo apparente, alcuni bambini si voltarono a guardarla terrorizzati.

« Whoa! E' successo di nuovo! » strepitò lo stesso che l'altra volta aveva assistito allo stesso spettacolo.

La signora Grassa chiamò invano qualcuno che non si fece vedere nel corridoio, confusa da quel suo muoversi da sola. Scrutò le scale buie, e non vedendo nulla saltò nella cornice della sua amica Violet.

« Non lo so, qualcosa deve essersi rotto » disse riferendosi al sistema di ingresso al dormitorio.

Harry scese le scale saltellando su ogni gradino, rallentando ogni qual volta sentiva una voce lontana. Ma nulla l'avrebbe fermato.

Sarebbe giunto alla libreria, si sarebbe infiltrato e sarebbe andato a cercare qualcosa di utile per quella dannata festa.

Incrociò Hannah Abbott in compagnia di un prefetto Corvonero del quinto anno, e li superò in silenzio.

Quando giunse di fronte alla biblioteca esitò un attimo per fare un respiro profondo; dopodiché spinse la porta quel tanto che bastava per permettergli di infilarsi dentro, e marciò a passo sicuro verso la zona proibita.

 

 

 

 

A Malfoy cadde lo straccio di mano.

« Come, prego? »

« Gli stai sempre con il fiato sul collo. Qualcuno potrebbe anche pensare che gli fai la corte » scherzò Hermione.

Draco si portò una mano sul cuore, scioccato. Quella, poi, era proprio bella!

Si allontanò dalla ragazza, che per un attimo credette di avergli fatto venire un colpo, e si poggiò ad una parete.

« Malfoy, ti senti bene? » si informò la caposcuola.

« Non dirlo mai più » ansimò lui « mai più. Ti schianto se ci riprovi »

Hermione lo guardò a disagio – ci mancava solo che finisse un'altra volta in infermeria, quella volta a causa sua.

Malfoy per una volta detestò essere al centro dell'attenzione.

Sentendosi incredibilmente stupido, preferì far rimontare su tutte le furie la Grifondoro.

« Bel tentativo per non pensare più al fatto che ho battuto Piton in quanto a punti sottratti » la provocò dopo un lungo silenzio.

Sul viso di Hermione si dipinse la stessa espressione vista appena entrato nella stanza. La grifona blaterò qualcosa, mangiandosi diverse parole per la rabbia, e le sue guance si colorarono di rosso. Ma come aprì bocca, lui la interruppe.

« Su, su, Granger, non fare queste storie »

Hermione lo guardò oltraggiata: prima la punzecchiava, e poi la zittiva.

Draco, invece, si stava divertendo un mondo – dopotutto, come lui stesso aveva detto, era così facile farla arrabbiare.

« Sei infastidita per i punti? Che caratteraccio » caricò Malfoy.

Hermione si tastò le tasche in cerca della bacchetta, dimentica del fatto che, come stabilito all'inizio di quella punizione, le fosse stata ritirata. A Draco quel gesto non sfuggì, e trovò molto più saggio compiacerla, piuttosto che continuare a fomentare la collera – cosicché, in caso di stranezze, non sarebbe stato il primo sospettato della lista.

« Dai, non fare così, ho deciso di restituirteli »

La Granger si immobilizzò per la sorpresa.

« Scusa? » gli domandò.

Era certa di aver sentito male; le orecchie le dovevano star giocando un brutto scherzo.

« Hai capito bene » la guardò con un impercettibile sorriso sulle labbra sottili « dieci punti per il tuo studio costante »

Il viso di Hermione si illuminò, e Draco studiò ogni reazione con attenzione.

« dieci per Weasley, che fino ad ora sembra l'unico a farsi gli affari propri »

Hermione non riuscì più a contenersi, e senza rendersi veramente conto del suo gesto, balzò verso il Serpeverde e lo abbracciò.

 

Malfoy si irrigidì all'istante. La Granger lo stava stringendo, il profumo che sentiva tutte le notti gli stava riempiendo le narici, e i capelli ricci gli solleticavano il mento; però, come constatò con crescente agitazione, non gli dava fastidio.

Lei lo aveva già toccato diverse volte in sogno, e in ognuna di quelle volte era stato al gioco con piacere; ma sentire che la stretta della di-lei-in-carne-e-ossa fosse uguale a quella della di-lei-astratta, e che non provasse alcuna irritazione, lo destabilizzò.

Le sue mani erano poggiate con delicatezza appena sopra i reni di lei, incerto se assecondare la ragazza e partecipare all'abbraccio, o invece allontanarla. Ma fu troppo lento a pensare: quando accarezzò l'idea di serrare maggiormente la presa, Hermione giunse alla conclusione di aver fatto una cavolata.

La ragazza fece un passo indietro trattenendo il fiato; guardò sconcertata il biondo, che le restituì uno sguardo pensieroso, e si voltò di scatto, cercando di nascondere le guance che cominciavano a imporporarsi.

Malfoy non si mosse ancora per qualche secondo, seguendo con gli occhi grigi la figura snella della ragazza – che sentendosi in imbarazzo aveva ripreso a strofinare con forza delle vecchie provette – inquieto dal pensiero appena elaborato.

Santi numi, che fosse attratto dalla Granger?

Le diede le spalle, spolverando distrattamente delle mensole vuote.

No, stava semplicemente diventando pazzo.

 

 

 

 

 

Da occhi esterni il tutto sarebbe risultato disturbante: nel buio della biblioteca, in mezzo a libri da titoli raccapriccianti che trattavano argomenti terrificanti, una mano che reggeva una bacchetta illuminata fluttuava da sola.

Harry aveva avuto qualche problemino a trovare ciò che gli serviva, ma alla fine, cerca qui, cerca lì, aveva radunato un paio di tomi che gli sembravano utili: “L'A-b-c del ladro di case” e “L'abusivo: tutto su come occupare una casa senza che nessuno se ne accorga”.

E, che venisse ringraziato il cielo, quella notte nessun testo si era messo a strillare appena aperto.

Li cacciò entrambi in una borsa e scivolò in corridoio, diretto verso la torre di Grifondoro – con un po' di altra fortuna, Hermione non sarebbe ancora giunta ai dormitori e avrebbe potuto farla franca.

Inghiottì ogni gradino con velocità, ansioso di raggiungere gli altri il prima possibile e ignorando il fiato che gli diveniva sempre più corto.

Intorno al sesto piano intravide Theodore Nott e Blaise Zabini correre qua e là ridacchiando, ma non ci si soffermò e continuò la sua corsa.

Ancora una volta il quadro della signora Grassa si spalancò da solo, ma dall'altra parte non c'era quasi nessuno alzato, solo Ginny e Ron, giunto pochi istanti prima. Harry si tolse il mantello di dosso senza esitare, e con il respiro pesante domandò:

« Hermione? E' già arrivata? »

« No » replicò Ginny, aiutandolo a nascondere la cappa nella borsa.

 

Appena in tempo, perchè la caposcuola in questione si presentò un'istante dopo che Harry ebbe ricominciato a salire le scale per andare in camera sua.

« Oh » esclamò vedendo Ginny e Ronald ancora alzati « pensavo foste già a dormire »

Cercò di ricomporsi e non far notare il proprio turbamento: quell'abbraccio le stava dando parecchio da pensare.

« E' venerdì » le ricordò Ron.

La ormai-non-più-piccola Weasley la condusse verso il fuoco scoppiettante del camino.

« Vieni, sediamoci un po' qui, è da tanto che non parliamo tra amici » disse Ginny.

Fece accomodare la Granger sui cuscini polverosi di un divano, e lei le si sedette vicino; Ron, invece, si sistemò su uno dei braccioli.

I due fratelli la fissavano con insistenza, entrambi con in viso un sorriso tirato, facendo venire alla caposcuola dei dubbi alquanto preoccupanti.

Che Wayne Hopkins avesse parlato troppo? Che le si leggesse in faccia quanto accaduto in quella stanzetta?

« Va tutto bene, ragazzi? » domandò preoccupata caposcuola.

« Sì, certo » rispose Ginny Weasley con la voce un po' più acuta del normale « a te? Va tutto bene, Hermione? »

A Ron era stato riferito da Harry del rapporto ambiguo della Grifona e del caposcuola Serpeverde, e Ginny... Beh, quando si parla di un simile argomento davanti a Calì Patil, non si può certo pretendere che rimanga segreto a lungo.

Ai due Weasley non c'era voluto molto per capire che entrambi fossero a conoscenza di quella confidenza scomoda, e che entrambi sotto sotto morissero dalla voglia di far un po' di luce.

Per fortuna di Draco e Hermione, però, la tristezza della Patil stupida – come l'aveva chiamata il biondo – l'aveva rallentata parecchio, e per ora quel pettegolezzo era circoscritto alla torre di Grifondoro.

« Sì... voi due siete strani... »

Ginny e Ron si guardarono negli occhi, prima di scoppiare a ridere nervosamente.

« Cosa? Noi due siamo strani? Non dire sciocchezze, Hermione! »

La Granger sollevò un sopracciglio, e a quel punto il “re” capì di aver appena fatto un passo falso.

Hermione ricordava perfettamente di aver usato quella frase, “non dire sciocchezze, Ronald”, per tutto il suo terzo anno, quando appariva e spariva magicamente grazie alla giratempo.

Ron Weasley, e a quel punto anche la sorella, le stavano nascondendo qualcosa e, come se non bastasse, stavano anche cercando di sviare ogni sospetto facendola sentire stupida.

Ma non appena fece un respiro profondo per prepararsi ad alzare la voce, una letterina si infilò nell'angusto passaggio che c'era tra la cornice del quadro della signora Grassa e il muro, e sfrecciò dritta dritta verso Hermione.

La ragazza la afferrò con la fronte corrugata per la perplessità, e la spiegò rivelando una scrittura stirata e elegante.

 

Granger,

che ti piaccia o no, sono in giro per i corridoi fuori orario.

Mi sto divertendo un sacco e me ne sto infischiando delle tue regole.

Alla faccia tua.

Pensi di volermi fermare? Ti sfido a prendermi,

firmato: qualcuno con il coraggio di infrangere il regolamento e con un forte senso dell'umorismo

 

Hermione si cacciò la missiva in una tasca, rossa di rabbia per un simile affronto.

« Cosa fai? » la fermò Ginny.

« Non posso sopportare che qualcuno si rivolga in questo modo a me, e permettergli di passarla liscia » esclamò la riccia.

Con passo svelto si parò davanti all'ingresso dei dormitori e uscì dal buco del quadro.

« Signorina Granger, dove vai a quest'ora? » le domandò la signora Grassa.

Gli occhietti di tutti i quadri la guardavano assonnati; alcuni in silenzio, altri protestando per la luce che scaturiva dalla bacchetta della ragazza.

« Affari da caposcuola, non posso tirarmi indietro » rispose vagamente la ragazza, senza tuttavia perdere la sua solita gentilezza.

Una risatina acuta attirò la sua attenzione, e si voltò giusto in tempo per vedere la debole luce di una lanterna sparire per la rampa di scale.

« Tu! Fermati! » urlò.

Ma il ridacchiare era sempre più lontano.

Hermione si lanciò al suo inseguimento, volando sui gradini e strillando contro l'alunno indisciplinato che non accennava a fermarsi. Anzi, più lo rimproverava, più quello se la rideva.

« Torna qui! » strepitò così forte da farsi male alla gola.

Alcuni ritratti avevano preso a seguirla nella sua folle corsa, dicendole cose che lei non aveva alcuna intenzione di ascoltare – no, non sarebbe tornata nel suo letto come se nulla fosse, se questo era ciò che le stavano suggerendo di fare con tanta insistenza.

Il colpevole continuava a ridacchiare con quella sua vocetta acuta, sinceramente divertito dall'affanno della ragazza.

« Non costringermi a schiantarti! » lo avvertì furibonda Hermione.

Ma il ragazzino lanciò uno sghignazzo più forte a quelle parole, e la Granger, nera di rabbia, gli scagliò contro un fascio di luce rossa, che si abbatté sul suolo.

L'aveva mancato.

I quadri continuavano a cercare di comunicare con lei, ma non aveva tempo per loro.

L'indomani sarebbe rimasta senza voce per tutto quello sgolarsi, e avrebbe anche avuto dei fastidiosi crampi alle gambe per tutte quelle scale, ma era pronta ad affrontare tutto quel dolore per punire uno studente maleducato.

Continuava a lanciargli dietro incantesimi su incantesimi per arrestare la folle corsa del colpevole – che, tra l'altro, sembrava non sfiancarlo minimamente – ma quest'ultimo sembrava riuscire a sfuggire a ognuno di loro.

 

Alcuni elfi domestici nei corridoi le fecero capire di essere già nei sotterranei, al piano dei Tassorosso e delle cucine; ne mandò a terra un paio e per poco non ne travolse un altro, che terrorizzato si rannicchiò comunque al suolo tenendosi le orecchie da pipistrello.

« Scusate! » urlò Hermione mentre si allontanava a gran velocità.

Il ragazzino misterioso imboccò le scale per i sotterranei di Serpeverde e Hermione strepitò frustrata.

Sempre e solo colpa loro, si disse, avrebbe dovuto capirlo sin da subito che un simile arrogante non potesse appartenere a nessun'altra casa.

Ma la stanchezza era ormai divenuta impossibile da ignorare, e in un batter d'occhio la debole luce della lampada ad olio era scomparsa ad un bivio.

Hermione si fermò davanti ad esso.

Dove avrebbe dovuto svoltare? Verso i dormitori delle serpi, o verso l'aula di pozioni?

Ma verso le camerate, che domande.

Riprese a camminare il più velocemente possibile, impossibilitata a correre da un forte dolore alla milza.

« Dove sei finito? » domandò.

La sua voce rimbombò sinistramente per tutto l'androne, e Hermione si costrinse a tenere il braccio steso davanti a sé per vedere meglio. La luce della sua bacchetta illuminò qualcosa e fulminea la ragazza urlò:

« Stupeficium! »

Qualcuno parò senza troppa difficoltà l'incantesimo, e temendo di non aver a che fare con un bambino, bensì con qualcuno del settimo anno, Hermione si preparò a doversi difendere da chissà quali fatture.

« Lumos » pronunciò l'avversario con un'inconfondibile voce grave.

Il viso furioso di Piton la colpì con violenza.

Oh santo cielo, aveva quasi steso un professore.

« Signorina Granger » sputò lui.

« Professore! Non volevo colpirla, mi creda... » tentò di spiegarsi lei disperata.

« Non dovresti essere quaggiù a quest'ora » continuò Severus Piton « deve essere dura per te interrompere la tua saccenteria e la tua mania di controllo durante le ore notturne, ma non è un problema della mia casa »

Hermione rimase in silenzio.

« Venti punti in meno per Grifondoro » vomitò « e per punizione dovrai fermarti tutti i giorni in biblioteca, quando questa chiude, per riordinare i libri »

« Ma professore, un alunno si aggirava per il castello » tentò di giustificarsi.

Estrasse dalla tasca la lettera stropicciata, si avvicinò a grandi passi verso l'insegnante, e gliela tese.

« Guardi, ha anche avuto la faccia tosta di spedirmi questa! »

Piton guardò la pergamena con interesse, e uno sgradevole sorriso gli si dipinse sulle labbra.

« Io qui non vedo nulla » disse con voce melliflua.

Quando Hermione sbirciò incredula e vide semplicemente una pagina vuota, sentì il cuore accelerarle in petto.

« No, impossibile! Deve essere stata stregata! Era una lettera di sfida, io glielo giuro... »

« Altri cinque punti » la interruppe lui « per esserti presa gioco di me »

 

 

 

 

Era seduto sul suo letto nel più completo silenzio e la stava aspettando.

Aveva trovato strano catapultarsi nei suoi sogni e scoprire di essere in camera da solo, di solito la Granger-in-sogno era lì da molto più tempo, quasi fosse lei ad attenderlo.

Doveva essersi trattata di un'anomalia – magari si stava vestendo, pensò ironicamente. Ma con il passare dei minuti si era reso conto di quanto ciò fosse impossibile: d'accordo, lei affermava sempre con sicurezza di essere vera, ma era piuttosto sicuro che, in momenti come questi, la realtà fosse relativa.

Magari doveva solo provare a chiamarla, e lei sarebbe entrata dalla porta.

« Granger? »

La sua voce risuonò alle sue stesse orecchie come ovattata, e la caposcuola ancora non si faceva vedere.

Attese ancora un po', picchiettando il piede contro il pavimento di pietra, nella speranza che ciò lo lo distraesse, ma niente; allora si mise a frugare nel suo stesso baule, lo riordinò, lo rimise in disordine e lo risistemò una seconda volta.

Hermione ancora non era arrivata.

Deciso a trovarla abbandonò la sua stanza per cercarla in altre, ma non gli ci volle molto per arrivare alla conclusione di dover direttamente uscire dal dormitorio verde-argento.

Imboccò la rampa di scale e inghiottì i gradini con fretta, ignorando la fatica crescente e la sensazione di star sudando copiosamente, chiamando a gran voce la ragazza.

Arrivato al terzo piano, qualcosa gli disse di allontanarsi dalle scale e di cominciare a setacciare i corridoi più vicini.

« Granger! »

Draco spalancò tutte le porte che si ritrovò davanti, ma Hermione sembrava essere sparita. Che se ne fosse andata? In passato avrebbe stappato un'ottima bottiglia di Ogden stravecchio, ma adesso sentiva il tipico peso sul cuore della malinconia.

Ma quando svoltò l'angolo, ecco lì la tanto ricercata caposcuola.

Non indossava minigonne, né top scollati, né aveva i capelli raccolti, non era nemmeno truccata.

Era... la Granger.

Malfoy balzò in avanti per raggiungerla e l'abbracciò. La ragazza rispose alla stretta con altrettanto entusiasmo.

Il suo profumo raggiunse in un batter d'occhio le narici del biondo, il calore del suo corpo si stava irradiando a quello del Serpeverde e i capelli ricci di lei gli solleticavano il mento. Proprio come non molto tempo prima, solo che questa volta era stato lui a prendere l'iniziativa.

Sentì il cuore battere freneticamente nella cassa toracica, e una preoccupazione simile farsi spazio con irruenza nella sua mente:

Che fosse attratto dalla Granger?

« Lo dicevo che presto o tardi avresti pregato affinché non me ne andassi » soffiò lei, con il viso poggiato contro il suo petto. 

***

E rieccomi con un nuovo capitolo. Siamo ad un punto cruciale, che dite? Quel testone di Draco ha aperto gli occhi, e Hermione è stata messa in punizione... di nuovo. Grandioso.
Chi pensate che sia questo "qualcuno con il senso dell'umorismo" che l'ha messa nei guai?
Come pensate che impatterà la nuova Pansy con la storia?
Wayne Hopkins sparirà dalla faccia della terra?
Lo scopriremo solo vivendo. No, beh, non siamo così melodrammatici :) ad ogni modo, se qualcosa dovesse sembrarvi poco chiaro, sappiate che è tutto calcolato

Ho un consiglio da chiedervi: trovo difficile dare voce a personaggi appartenenti a Grifondoro (tranne Hermione, che è una rompi e non ho alcun problema a parlare di persone così); forse perchè sono una Serpeverde e non capisco la controparte rosso-oro, forse perchè sono proprio complicati loro, non lo so.
Difatti, quando mi ritrovo a parlare di Harry, Ginny o Ron, sento sempre di non star facendolo nel migliore dei modi. Anche a voi sembra così? Avete qualche suggerimento da darmi?

Ci vediamo al prossimo capitolo,
Lily :*

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Capitolo 20
*** In love, the winner is the one who flees ***


Malfoy mangiava lentamente l'aringa affumicata nel suo piatto, lanciando occhiate preoccupate in direzione di Hermione.

No, no, stava diventando pazzo.

« Un colpo da maestro » disse Theo ridendo.

Draco borbottò qualcosa.

« Guardatela, è così abbattuta ora »

Effettivamente, la Granger aveva l'aria di qualcuno sull'orlo delle lacrime.

Draco preferì evitare di guardare la ragazza troppo a lungo, terrorizzato dalla preoccupazione di confermare i suoi sospetti.

« Chissà quanto si è sentita felice all'udire che le restituivi ben venti punti » valutò Daphne ridacchiando.

Oh, Draco sapeva perfettamente quanta gioia avesse provocato quel suo gesto, e dopo averla cercata e trovata nel suo sogno, aveva fatto molta fatica a riprendere sonno.

Malfoy guardò in tralice Pansy, seduta accanto a Millicent e Vincent Tiger, tenere le mani unite come in una preghiera e fare respiri profondi: avrebbe fatto anche lui la stessa fine? Gli sarebbe stato imposto di scambiare quotidianamente gufi con uno psicanalista, com'era accaduto alla ormai ex pazza di Hogwarts?

« E pensate a quanto abbia desiderato sparire quanto Piton glieli ha sottratti tutti... più altri cinque »

Draco commise un errore madornale: sollevò lo sguardo verso la Granger, incrociando per un attimo quello della ragazza. Si sistemò la cravatta della divisa, sentendola stringersi attorno alla gola.

Ricominciò a mangiare in silenzio, questa volta non osando alzare gli occhi dal piatto, mentre al suo fianco i suoi amici ridevano di gusto.

« Però Piton non è stato abbastanza severo! » protestò Daphne « costringerla in biblioteca non è una vera punizione per lei... farlo a uno come Tiger lo sarebbe, insomma, guardatelo »

La Greengrass, Theodore e Zabini si voltarono all'unisono verso il Serpeverde corpulento – Malfoy, invece, non batté ciglio.

Vincent Tiger, forse in un disperato tentativo di far finalmente colpo su Pansy, si era unito alla meditazione mattutina della ragazza; seduti nel posto accanto, Millicent e Goyle si guardavano come se fossero stati entrambi colpiti dal medesimo lutto.

Quando Zabini riprese a mangiare i suoi fagioli ridacchiando per la scena, i suoi occhi scuri studiarono con preoccupazione il rampollo di casa Malfoy.

« Sembri turbato » valutò infatti.

I suoi amici lo osservarono con lo stesso cruccio di Blaise, e Draco non ricordò di essersi mai sentito tanto a disagio.

« Che occhiaie orrende » commentò Daphne « ma un infuso di petali di violetta dovrebbe farle sparire »

« Non mi spalmerò in faccia quella robaccia » replicò stizzito il biondo.

Avendo capito di non poter più fare colazione in santa pace, Malfoy preferì alzarsi e avanzare quasi tutta la sua aringa – tanto avrebbe potuto trafugare la cucina, gli elfi domestici si sarebbero strappati le vesti dalla gioia di averlo lì e poterlo servire di persona.

« Robaccia?! Mi è costata trentasette galeoni! » strepitò indignata la Greengrass.

« Ma insomma, va bene che non sei mai un eccesso di simpatia a quest'ora, ma adesso hai davvero un caratteraccio! » disse Zabini all'amico.

« Che la Granger gli abbia attaccato per davvero qualcosa? » domandò Theo ai due Serpeverde ancora seduti, non abbastanza a bassa voce perchè Draco non lo udisse.

Al biondo, infatti, si rizzarono i peli sulla nuca all'udire quel nome. Si voltò verso i tre alunni, che adesso lo studiarono con inquietudine – spaventati dall'idea che Malfoy potesse avere per davvero i giorni contati – con uno sguardo allucinato e la bocca semiaperta.

Un gruppetto di bambine del primo anno della sua stessa casa lo raggiunsero come uno sciame, ridacchiando e parlottando tra loro in un rossore emozionato unico. Draco le squadrò tutte da capo a piedi con un sopracciglio alzato.

Una ragazzina dai capelli neri e i tratti asiatici, probabilmente la capetta di quella cricca di undicenni, fece un passo avanti coraggiosamente; lo guardava dal basso verso l'alto, e le dita intrecciate tra loro dietro la schiena la facevano quasi sembrare un angioletto.

« Caposcuola Malfoy? » parlò con voce acuta.

Le amiche dietro di lei starnazzarono agitate.

« Sì? Cosa volete? » domandò il ragazzo senza mezzi termini.

Le bambine più lontane da lui si sussurrarono qualcosa nell'orecchio, e la leader del gruppetto si girò per cercare appoggio e supporto morale da tutta la squadra.

« E' vero che tu e la caposcuola Granger siete amichetti? » gli chiese dondolandosi sui suoi stessi piedi.

In lontananza, un ignaro Wayne Hopkins, stava uscendo dalla sala Grande. Draco seguì il suo saltellante ciuffo biondo scuro fino al portone con un'espressione carica di astio.

« Caposcuola Malfoy? » lo richiamò la bambina « dunque è vero? Siete fidanzati? »

« Ooooh » tubarono le altre amiche, sospirando sognanti.

« Cosa? No! » smentì indignato il biondo.

Lanciò un'occhiata all'ingresso, doveva sbrigarsi a liquidare quel branco di bambocce, o Hopkins gli sarebbe sfuggito.

« Davvero? Abbiamo sentito dire da... »

« Balle. Tutte balle » la zittì malamente Malfoy « e non provate a spacciarle per vere, o farò in modo che nessuna di voi tre riesca mai a trovare un buon partito di ragazzo »

Si indirizzò verso l'uscita, ma la voce della capetta dai capelli neri lo raggiunse di nuovo.

« Ma... »

« Un'altra parola a riguardo e vi tolgo venticinque punti a testa »

Bugia. Malfoy non avrebbe mai toccato il conteggio degli smeraldi di Serpeverde – o se proprio si fosse rivelato necessario farlo, avrebbe fatto sì che le altre case venissero penalizzate maggiormente per fesserie – ma questo ovviamente non poteva dirlo, e le bambine si ammutolirono spaventate, fuggendo via in preda al panico.

 

 

Il suo passo era svelto e rumoroso. Ad ogni gradino la suola delle scarpe picchiava contro la pietra della scala, e non gli ci volle molto per rintracciare il Tassorosso chiacchierone.

Wayne Hopkins si voltò con un'espressione rilassata, ma non appena scoprì di avere alle costole un Malfoy che mandava lampi, cominciò d'istinto a correre.

« No! Ti prego, non ho detto niente! » giurò.

Povero Hopkins: lui per davvero aveva tenuto la bocca cucita, ma con uno spergiuro talmente terrorizzato Draco non poté che prenderlo come un'inconfutabile prova di colpevolezza.

Nella sua mente passò in rassegna ogni genere fattura da scagliare, alla ricerca della più fastidiosa e umiliante.

Il Tassorosso inciampò nei suoi stessi piedi e cascò a terra con un tonfo. Continuò a indietreggiare sui gomiti e a scongiurare il caposcuola di risparmiarlo, ma vedendolo sempre più deciso a lanciargli contro qualcosa, prese a chiedergli di, quantomeno, scrivere ai suoi genitori per comunicargli che li avesse sempre amati.

Malfoy sollevò la bacchetta, e un lampo giallo acido colpi il tasso allo stomaco.

 

Era vivo, quindi ciò significava che Malfoy non aveva davvero intenzione di fargli la pelle. Wayne fece un respiro profondo, e guardò negli occhi colui che l'aveva risparmiato.

Voleva ringraziarlo, e per dimostrargli la sua infinita riconoscenza addirittura aiutarlo a scoprire chi fosse stato il vero pettegolo ma, non appena schiuse le labbra, un ripugnante lumacone verde gli sgusciò fuori dalla bocca.

 

 

 

 

Tutti i Corvonero erano d'accordo sul fatto che fosse strano che Harry Potter si fosse diretto in tutta fretta nella camera di Padma Patil, e che quest'ultima avesse sigillato la porta con qualche incantesimo strano cercato in biblioteca, ma essendosi convinti che i due avessero semplicemente raggiunto un qualche accordo per espiare i loro bisogni, avevano preferito non ficcarci il naso.

Per una volta che Padma ci dava dentro con un ragazzo, nessuno aveva intenzione di precluderla al divertimento.

Peccato che la caposcuola avesse indetto quell'urgente riunione solo per poter sfogliare per prima i due tomi pescati dal reparto proibiti.

Sdraiata supina sul suo letto, “l'a-b-c del ladro di case” aperto le levitava davanti al viso olivastro.

Incantesimo per far sparire i proprietari di casa, ed evitare che qualcuno se ne accorga...

Incantesimo per seppellire i vecchi proprietari in giardino evitando gli odori...

Incantesimo per far svanire il sangue dalla moquette...

Come Padma stava appurando, esisteva una formula per ogni genere di orrore. Tranne che per trasformare una catapecchia in una discoteca.

« Oh » gemette demotivata la ragazza « è così frustrante! Ti prego, dimmi che su quel coso si dice qualcosa di più utile »

Harry, sul letto di un'altra Corvonero, stava sfogliando svogliatamente “L'abusivo: tutto su come occupare una casa”.

« Per ora non molto »

La Patil afferrò malamente il libro stregato per poggiarlo senza alcuna delicatezza sul copriletto e stendersi a pancia in giù.

« Ammettiamolo, Harry: non ce la faremo fai a organizzare questa festa » sospirò delusa la bruna.

Le pagine ingiallite dal tempo crepitavano al minimo tocco della ragazza, i cui occhi scuri scorrevano febbrilmente alla ricerca di un qualcosa che potesse farle da tornaconto.

« Abbiamo finito di festeggiare » commentò cupamente il Grifondoro.

Padma si stropicciò gli occhi stancamente, pensando a quanto avesse errato ad accettare di tentare quella sfida.

Davvero poco saggio, per una Corvonero, gettarsi a pesce in un affare così assurdo.

« Harry, è così frustrante! » ripeté la Patil « “Incantesimi per far dimenticare a tutti di una casa”, “incantesimi per convincere un affittuario a non farti pagare la locazione”, “incantesimi di serratura: consentire l'accesso a pochi eletti” »

Sbuffò la ragazza.

Voltò ancora pagina, prima di rendersi conto di aver appena letto un titolo interessante.

« Qui c'è una fattura che impedisce alle persone di chiedere aiuto al ministero! » rise Potter, leggendo le parole sbiadite sulla pergamena ruvida.

« Oh santo cielo! » strepitò Padma.

« Sì, lo so, è assurdo »

« Questo me lo devo scrivere » disse sempre la ragazza, parlando tra sé e sé.

Harry sollevò un sopracciglio e la guardò perplesso.

« Vuoi far sì che nessuno corra a denunciarci? Pensi davvero che rischiamo così tanto? »

« No, cioè... se qualcuno ci sorprende certo che sì, ma io non stavo parlando della tua maledizione... anche se, ora che ci penso, sarebbe meglio scriversi anche quella per sicurezza » meditò la caposcuola, non pensando affatto alla sua collega Grifondoro.

« Senti qua » continuò sedendosi sul letto, accanto ad Harry « “questo anatema permette l'accesso solo a persone delegate da chi lo esegue.

L'accesso è consentito solo ai maghi e alle streghe con autorizzazione, o ai loro accompagnatori purché in presenza del delegato” »

Potter sorrise contento: avevano appena trovato la soluzione ad uno dei loro problemi.

« E' perfetto » disse soddisfatto.

« Ma c'è un ma... »

« Oh » esclamò Harry, il cui entusiasmo era stato malamente bloccato.

« Terribili conseguenze si verificherebbero se qualcuno cercasse di irrompere senza permesso. Non ci sono scritte quali ma, considerando che questo libro proviene dalla sezione proibita, non sono impaziente di sapere quali. Per quanto ne sappiamo si potrebbero perdere le mani, o chissà cos'altro »

Dal tono e dallo sguardo di Padma, Harry capì che gli stesse per venir chiesto qualcosa di molto spiacevole. Sospirò profondamente.

« Cosa vuoi che non faccia? » le domandò infatti.

« E' di vitale importanza che Hermione rimanga fuori da tutto questo » saltò al punto la Corvonero « è una bravissima ragazza e, quando non ci sono in gioco le regole scolastiche, è anche molto simpatica... ma in questo caso si sta prendendo il regolamento di Hogwarts e le leggi del ministero, le si sta accartocciando e le si sta per gettare nel cestino. Harry, sul serio, non devi farle capire niente, è molto pericoloso »

Harry Potter non aveva idea di come avrebbe fatto l'intero settimo anno di Grifondoro a dover convivere con la Granger e non lasciarsi sfuggire niente, ma sapeva per certo che nulla avrebbe mai dovuto raggiungere le sue orecchie.

 

 

 

 

Partita di quidditch Serpeverde contro Grifondoro, uno scontro non solo sportivo, bensì anche tra eterni rivali.

Harry Potter, con il cuore leggero per aver finalmente fatto un passo avanti con i preparativi della festa, faceva dei rilassati giri di campo. Inoltre, di ritorno dal dormitorio di Corvonero – dove, per motivi a lui sconosciuti, molti studenti gli erano andati incontro per dargli pacche colme di orgoglio maschile e complimentarsi con lui per delle sue misteriose “doti amatorie” – Ginny era stata talmente felice di udire di quella grande novità, da non riuscire a trattenersi e saltargli al collo per stampargli un bacio sulla guancia.

E adesso Harry non riusciva proprio a concentrarsi, soprattutto perché la rossa gli sfrecciava davanti in continuazione. Probabilmente nemmeno se il boccino d'oro gli si fosse schiantato in faccia sarebbe riuscito a prenderlo.

E sempre con la stessa probabilità, quella partita sarebbe durata un'eternità proprio perché nessuno dei due cercatori sembrava particolarmente in pista.

Dalla fazione verde-argento, Malfoy svolazzava con pigrizia qui e lì, gettando occhiate preoccupate agli spalti.

Il Serpeverde, infatti, manifestava i classici sintomi di uno stress post-traumatico – neanche a dirlo, proprio come era successo a Pansy non molto prima.

 

Pansy era seduta tra il pubblico con la sua fidata amica Millicent. Il suo psicanalista le aveva detto che, magari, una persona dall'ego smisurato come Draco Malfoy, si sarebbe sentito onorato al pensiero che lei, reduce da una recente e spiacevole permanenza al San Mungo, avesse compiuto un simile sforzo solo per lui.

Pansy seguiva con gli occhietti scuri il mago svolazzare pigramente lungo un lato del campo.

« Pansy, io vorrei andarmene » le disse Millicent, che non impazziva per il quidditch.

Inoltre la sua dieta a base di infusi le imponeva di bersi una tisana alla radice di bubotubero essicata e puzzalinfa zuccherata proprio a quell'ora: una brodaglia con il tanfo della morte, doveva riconoscerlo, e che ancora non l'aveva fatta rientrare in un vecchio paio di jeans attillati, ma la Bulstrode era sicura che prima o poi avrebbe fatto invidia.

« Pace, Millicent » sospirò l'amica « va' pure, io non ti fermerò, amica mia »

Malfoy, disgraziatamente, in quel momento guardò proprio nel settore delle due Serpeverdi – l'unico a non aver ancora passato al setaccio. Pansy pensò subito che il ragazzo stesse cercando proprio lei, e per un attimo la vecchia psicopatica fece ritorno.

« Millicent! » tuonò « guarda! Che ti dicevo? Mi vuole ancora! » starnazzò.

La sua mano saettò verso l'alto e salutò convulsamente il cercatore verde-argento, ma vedendo lo sguardo vuoto di Malfoy, la Parkinson capì di essere passata inosservata. Ritirò il braccio lentamente, non nascondendo l'espressione delusa.

Millicent Bulstrode temette di vederla alzarsi e cominciare a strillare per la disperazione, ma con immensa sorpresa, Pansy chiuse gli occhi e fece un respiro profondo.

« Pace e amore. Il mio psicologo dice di non soffermarsi troppo su qualcosa che mi ferisce »

 

 

 

 

Dopo un intero pomeriggio passato in biblioteca a studiare, Hermione si disse di potersi concedere una piccola pausa e andare a controllare a che punto fosse la partita di quidditch, visto che aveva sentito molti studenti spettegolare a proposito di una contemporanea distrazione dei due cercatori.

Al quinto “Malfoy sta pensando a qualcosa che non è dorato e non vola” Hermione aveva ceduto alla tentazione e si era decisa ad abbandonare i libri su un tavolo – tanto quella stessa sera sarebbe stata lei a doverli riordinare a causa della punizione di Piton – e a verificare lei stessa questa fantomatica mancanza di concentrazione del biondo.

Ma non era stata fortunata: segno che la sua ultima lettura degli astri fosse sbagliata, e che in realtà avesse contro di sé qualche pianeta ostile, Hermione si era mossa troppo lentamente.

Neville Paciock, con il viso dipinto di rosso e di oro, le stava venendo incontro trionfante, e come la vide accelerò il passo.

« Hermione! Abbiamo vinto! »

Neville era talmente felice da non riuscire a mettere un freno alla lingua.

« Tre ore e mezza di partita: né Harry, né Malfoy erano molto in pista »

« Ah sì? » domandò incuriosita Hermione, fingendosi sorpresa.

« Harry continuava a sorridere da solo e a girare in tondo, e Malfoy invece sembrava... preoccupato »

« Preoccupato? »

La Granger si piegò in avanti verso il compagno di casa con fare confidenziale, ansiosa di sapere di più.

« Sì, non smetteva di controllare gli spalti... sono convinto che sarebbe in grado di dire con precisione chi fosse presente e chi no »

Hermione, che fino a poco prima si era limitata a rivolgergli l'orecchio e a fissare la sciarpa colorata del ragazzo, sollevò gli occhi verso quelli scuri di lui.

Chi fosse presente, e chi no.

« E com'è finita? » domandò la caposcuola.

« Oh, nessuno dei due riusciva a mantenere la concentrazione abbastanza a lungo perché gli consentisse di prendere il boccino senza rischiare di cadere dalla scopa. Ritchie Coote era talmente frustrato che, appena è riuscito a entrare nella sua traiettoria, l'ha colpito con la mazza e l'ha spedito dritto dritto in faccia a Harry, che per risparmiarsi un naso rotto e difendersi l'ha afferrato »

Hermione sorrise soddisfatta e si gettò al collo del ragazzo: stavano recuperando punti.

Ma il cieco entusiasmo di Neville e la un-po'-troppa-confidenza data sempre dal suddetto, rovinarono decisamente tutto.

« Ma è vero quel che si dice? » si informò senza pensare alle conseguenze.

La caposcuola si congelò sul posto. Dopo sette anni nei corridoi di Hogwarts, aveva imparato ad associare il pettegolezzo a guai di qualsivoglia genere.

E l'ultima volta che ne era rimasta coinvolta, la gente la dava per incinta di Malfoy e in procinto di mandare i suoi genitori snob all'altro mondo per un infarto fulmineo.

« Che cosa, Neville? » chiese non riuscendo a trattenere un cipiglio irritato.

Le sue narici cominciarono a fremere impercettibilmente.

« Beh... »

Alle spalle di Neville una una folla vestita di scarlatto stava facendo ritorno cantando a squarciagola “perchè Weasley è il nostro re”, e Paciock si portò una mano al lato della bocca per evitare che qualcuno riuscisse a leggere il labiale.

« ...E' vero che te e Malfoy vi frequentate? »

Ancora una volta, Hermione divenne rossa di rabbia.

 

 

 

 

Malfoy era stato tra gli ultimi a tornare tra i corridoi di Hogwarts – principalmente per evitare di dover incontrare troppe persone. La sua performance sportiva era stata... deludente? Tragica.

Non c'era con la testa, e questo era sotto gli occhi di tutti.

Come unica consolazione, la consapevolezza che quell'altro idiota di Potter avesse fallito almeno quanto lui.

La Granger non si era presentata alla partita, saccente e incredibilmente decisa a non farsi vedere alla luce come una diciassettenne normale, si era sicuramente rintanata in biblioteca a leggere.

Malfoy era confuso sui suoi pensieri, e se da una parte pensava che – per qualche bizzarro motivo – trovasse la Grifondoro intrigante e fosse desideroso di approfondire meglio quel “rapporto di battibecchi”, dall'altra non poteva fare a meno di raccapricciarsi da solo per i suoi stessi pensieri.

Oh, se solo i suoi amici l'avessero saputo... se solo fosse arrivato alle orecchie dei suoi genitori...

Diseredato e internato in una clinica psichiatrica, ecco che fine avrebbe fatto.

Alle sue spalle, Wayne Hopkins – che aveva finalmente smesso di rigurgitare lumache sguscianti – lo raggiunse.

« Ehi, Malfoy! » lo richiamò picchiandogli una manata sulla spalla.

Un rozzo e impacciato tentativo di riabilitarsi davanti ai suoi occhi, che il biondo ignorò alla grande. Difatti, Draco nemmeno lo guardò.

« Che cosa vuoi, Hopkins? »

Una persona saggia o furba avrebbe finto di essersi dimenticato quanto aveva da dire e se la sarebbe svignata, ma Wayne non era un Corvonero, né tanto meno un Serpeverde, e perciò si ritrovò a dire la peggior cosa che gli potesse venire in mente: menzionare il quidditch.

« Per me sei stato grande in campo, non importa cosa dicono gli altri »

« Ah-ha? » fece laconicamente Malfoy.

« Seriamente. Tu rimani un grande cercatore, non è una giocata a rovinarti la carriera »

« Ah-ha? »

« Penso che, se ci fossi stato io sulla scopa, tu mi avresti sicuramente batt... »

« Potresti tirare dentro la lingua? Mi dà fastidio sentirla che mi solletica il culo » lo zittì Draco, finalmente posando gli occhi grigi su di lui con un'espressione minacciosa.

Wayne rimase a bocca schiusa, preso in contropiede da quella battuta cattiva.

 

Malfoy era nervoso, Wayne aveva assistito ad una scena scomoda e, dal senso opposto, Hermione Granger, nera d'ira, si stava dirigendo con lunghe falcate verso i due ragazzi.

Ogni cosa affinché il disastro si verificasse era presente.

Malfoy, avvistata la ragazza, strinse i pugni per lo stress – non aveva ancora ben chiaro se necessitasse solo di un riposo rigenerante, o di un ottimo psichiatra, e vedere la Granger gironzolare non lo aiutava certo. La sera stessa avrebbe dovuto vederla per le solite ronde, ma perlomeno lì era sicuro che non gli avrebbe rivolto la parola se non strettamente necessario o se la sfortuna non li avesse ricombinati insieme.

« Ciao, Malfoy » lo salutò lei.

Per tutta risposta, il Serpeverde si limitò a borbottare qualcosa tra sé e sé e a defilarsi; ma fatto qualche passo, Draco fu costretto a girarsi per assistere allo spettacolino messo in atto dalla caposcuola.

« Tu! » strepitò contro Hopkins, che impallidì.

« Che cosa? » domandò spaventato.

« Cosa ti avevo detto?! »

Wayne, collegando subito al giuramento fatto qualche sera prima, e all'identica furia vista sul viso della serpe quella stessa mattina, capì di essere davanti al medesimo malinteso per la seconda volta.

« No, ti prego! L'ho detto anche a Malfoy: io ho tenuto la bocca chiusa! »

Hermione si voltò, d'istinto, a cercare il biondo.

Draco, invece che fermarla o condannare definitivamente il Tassorosso, si limitò a sollevare le spalle, quasi a dirle “fa' te”.

Quando gli occhi scuri di lei si riposarono sul tasso, ora in ginocchio per supplicarla di credergli, quest'ultimo capì di non avere scampo.

« Saluta i punti della tua casa. Ti avevo avvertito, Hopkins »

 

 

 

 

I Tassorosso si accorsero di essere ultimi in classifica più o meno con le stesse modalità avvenute quando Malfoy si accanì con Potter e la Weasley: qualcuno per puro caso aveva sbirciato le clessidre e si era messo a strillare d'orrore.

A fine serata i bambini del primo anno avevano versato fiumi e fiumi di lacrime, gli studenti dell'ultimo invece avevano l'umore che oscillava dalla nera disperazione, alla collera cieca.

Inutili le mille domande fatte a ciascun caposcuola, nessuno capì di chi fantasticare la morte, né perché Wayne Hopkins se ne tornò al dormitorio con gli occhi lucidi.

 

Hermione e Malfoy tennero la bocca chiusa sull'accaduto – per paura di ritorsioni la prima, per evitare di dover avere contatti con la ragazza l'altro. Inoltre, come valutò Zabini dopo aver udito di quel colpo di scena, finché la Granger non dava i numeri togliendo alla loro casa punti, poteva giocare al poliziotto corrotto quanto più la compiacesse.

 

 

 

 

La sala dei prefetti era affollata dai ragazzi muniti di spilla, e ognuno si teneva alla larga da qualcuno.

Ad esempio, i prefetti del quinto e del sesto anno di Grifondoro evitavano di parlare a quelli di Serpeverde; Hermione aveva appositamente scelto un angolo della stanza libero dai Tassorosso, che ancora piagnucolavano tra loro per l'allontanarsi della vittoria della coppa delle case; Malfoy cercava di non guardare la Granger, e più o meno tutti preferivano non rivolgere la parola a Pansy Parkinson, che ora come non mai si comportava in modo strano.

Tanto per dirne una aveva addosso dei pantaloni a zampa di elefante e una coroncina di margherite in testa.

Ma il particolare più sconvolgente in assoluto era il ritardo della Mcgranitt. Un segno che i professori stessero iniziando a mollare la presa, secondo i Anthony Goldstein.

In attesa dell'arrivo dell'insegnante, Draco se ne stava con le spalle al muro e si torturava nervosamente le dita. I suoi occhi grigi finivano sempre, che lo volesse oppure no, sulla Grifondoro che ignara parlava con Weasley.

L'aveva abbracciata di sua spontanea iniziativa. Non nella vita vera, ma ciò comunque non toglieva che in sogno l'avesse attesa per diverso tempo, e che non vedendola arrivare avesse cominciato a correre per i corridoi invocando il suo nome.

E quella frase finale...

“lo dicevo che prima o poi avresti pregato affinché non me ne andassi

Draco assottigliò gli occhi. Che bastarda, l'aveva sempre saputo in qualche modo. Ma c'era un concetto che andava avanti ripetendosi: lui non era attratto da quella saccente della caposcuola-in-carne-ed-ossa.

Magari di quella in sogno – che ammettiamolo – sapeva come giocare le proprie carte, ma di quella che lo tormentava durante le giornate proprio no.

« Non fa bene alla salute stressarsi troppo »

Una voce vellutata interruppe i pensieri di Malfoy, che subito ruotò la testa verso la fonte del suono.

Hippy-Pansy era accanto a lui, e lo stava guardando con lo stesso sguardo che si rivolgerebbe ad un cucciolo accoccolato sulle proprie gambe.

« Oh, per favore, Pansy... questo non è proprio il momento » borbottò lui.

« Il mio psicologo dice che non è mai inopportuno sfogarsi » continuò lei imperterrita « perciò se vuoi una spalla, la mia è qui »

Draco sbuffò.

« No, fidati: questo non né il momento adatto, né il luogo adatto » ribadì il biondo, lanciando un'occhiata casuale alla Granger.

La Grifondoro, che per distrazione aveva fatto scivolare la bacchetta, si piegò subito per raccoglierla, e Malfoy non poté fare a meno di allungare il collo per guardarle il fondo schiena.

D'accordo, forse ne era un po' attratto. Giusto un po'.

« Vuoi parlarne più tardi nei dormitori? » colse al volo l'opportunità la Parkinson.

« Cosa? No, lasciami stare! » quasi strepitò Malfoy.

Pansy scrollò le spalle senza lasciarsi abbattere.

« Va bene. Ma sappi che ti fa male tenerti tutto dentro, danneggia la tua psiche e inquina la tua aura »

Draco si voltò a guardarla con estrema lentezza, senza nascondere l'espressione disgustata o, quantomeno, attenuarla.

« Tu sei matta »

« Matta d'amore, mio Draco » soffiò lei.

Si guardò attorno per assicurarsi che nessuno la stesse ascoltando, e solo allora si alzò sulle punte per avvicinare il suo viso a quello del rampollo di casa Malfoy. Quest'ultimo, temendo che la compagna di casa stesse cercando di baciarlo, si tirò indietro terrorizzato.

« Il mio psicanalista dice che a volte può essere dura di provare qualcosa per qualcuno, ma dice anche che, in questi casi, la scelta migliore è lasciarsi andare e non combattere »

Draco la guardò con gli occhi strabuzzati, e Pansy si allontanò tutta felice, certa di aver colpito con una freccia il cuore di Draco.

Sempre su consiglio del suo psicoterapeuta, che le aveva messo in testa quel detto babbano secondo cui “in amore vince chi fugge”, lo lasciò da solo a elaborare quelle parole; e vedendo quant'era pensieroso, Pansy si disse di aver fatto centro, e che il caposcuola stesse finalmente considerando l'idea di riprendere il loro vecchio rapporto.

Ed era talmente allegra, talmente sulle nuvole, che non si accorse nemmeno che il ragazzo non avesse guardato lei.

 

Quando la professoressa Minerva Mcgranitt si presentò all'incontro, tutti furono ben lieti di appurare il fatto che l'aria pesante che si respirava da ormai settimane era finalmente terminata. Certo non vennero estratti bigliettini con leggerezza, ma almeno la donna non stava a controllare tutto come se si fosse trattato del Calice di fuoco; Padma fu anche così fortunata da capitare di ronda con Ronald Weasley.

Purtroppo per Hermione e Draco, entrambi finirono per pescare due Tassorosso sull'orlo della depressione. La Grifondoro, che aveva assistito al crollo umorale dei tassi durante la cena, e che aveva avuto un'intera ora di punizione in biblioteca per rifletterci, cominciava ad accusare i sensi di colpa.

Hermione abbandonò l'aula a disagio, sperando di non finire per ammettere il suo crimine – già la gente ce l'aveva con lei e Malfoy per la storia della festa, figurarsi se ora se ne usciva fuori confessando di aver dimezzato i topazi dei Tassorosso senza alcuna ragione valida. Draco Malfoy, al contrario, non sembrava minimamente dispiaciuto per aver spedito uno di loro in infermeria.

 

Padma Patil faticò a mantenere la sua compostezza fino a quando non udì solo il silenzio dei corridoi bui, interrotto dai loro passi cadenzati. Solo allora, la caposcuola aprì bocca.

« Non so se Harry ti abbia raccontato qualcosa o se invece non abbia ancora avuto l'occasione... »

Ron si voltò a guardare incuriosito la ragazza.

« Che cosa? »

Padma lo guardò con i suoi occhi scuri e, per sicurezza, si lanciò attorno occhiate circospette: Peeves non era nei paraggi.

« Questa mattina, abbiamo iniziato a guardare i libri che ha “preso in prestito” dal reparto, e abbiamo trovato qualcosina interessante. La festa alla Stamberga sembra un'idea fattibile »

Weasley le restituì uno sguardo carico di gioia, felice che finalmente qualcosa stesse andando per il verso giusto.

« Padma, è meraviglioso! » alzò la voce e si bloccò nel bel mezzo del corridoio.

La ragazza lo zittì facendo sibilare la lingua.

« Abbassa la voce, qualche professore potrebbe ritrovarsi a passare da queste parti » lo ammonì.

Ron abbassò gli occhi al suolo per il dispiacere.

« Scusa, è che aspetto da così tanto notizie che, adesso che le ricevo, mi sembra un sogno »

« Sì, non vorrei correre troppo, ma penso che presto avremo un numero sufficiente di incantesimi che ci permetterà di dare una sistemata a quella catapecchia »

Ron rise per la felicità, gettando la testa all'indietro con spensieratezza.

« Davvero, non posso crederci »

Poi allungò una mano e diede un paio di pacche prive di delicatezza tra le scapole della caposcuola.

« Grazie, Ron, sempre molto premuroso » commentò ironica Padma, massaggiandosi la zona colpita.

« Scusami, mi sono fatto prendere dall'agitazione » replicò Ron, lasciandosi andare in un'altra risata lieta.

Ma poi, una domanda più che valida ronzò per la mente del rosso.

« Ma scusami, la Mcgranitt mi è sembrata molto più rilassata questa sera, e se anche alla prossima ronda dovesse dimostrarsi così tranquilla, perchè non riorganizzarci nella stanza delle necessità? I professori si stanno lasciando andare » si fece meditabondo Ron tutto ad un tratto.

Padma sospirò.

« Sì, è vero, se il buon umore di poco fa dovesse rivelarsi un allentarsi di cinghie, allora quella fasticciola intima potrebbe anche venir tenuta dentro il castello... ma ammettiamolo: il proibito eccita sempre » replicò.

Weasley sollevò le spalle annuendo.

« Ad ogni modo » continuò la Corvonero « ho una notizia bella, e una cattiva abbastanza prevedibile »

Il buon umore di Ron si incrinò, avendo già capito dove volesse andare a parare l'amica.

« Hermione non deve saperne nulla » sospirò « lo so, lo so, non gliene avrei parlato in ogni caso... solo che adesso sa che qualcuno l'anno scorso le ha infilato un sonnifero nel bicchiere è tutto molto più difficile »

« Sì, ma questa volta è... aspetta, cosa?! L'ha scoperto? E sa anche chi è stato a farlo? » domandò allarmata la Corvonero.

« Diciamo che poco prima della festa di inizio anno mi è sfuggito un commento di apprezzamento per quella dell'anno prima, lei si è domandata come mai non abbia sentito nessuna delle sue coinquiline uscire dalla stanza e ha fatto due più due. Ma no, non ha idea di chi sia il colpevole del sonnifero » sbuffò Ron.

Una risata in lontananza di un prefetto Serpeverde del sesto anno mise in allarme entrambi i ragazzi, che arrestarono di nuovo la loro camminata. Capendo di rischiare di venir spiati da qualche ragazzino non invitato al party, e che questo decidesse di raccontarlo in giro, Padma si sollevò sulle punte e Ron si piegò in avanti per ridurre la distanza tra il suo orecchio e le labbra della ragazza.

« Senti, Ron, abbiamo trovato un incantesimo fichissimo che permette l'accesso solo a determinate persone prestabilite e ai loro accompagnatori. Il problema è che non viene indicato cosa accade a coloro che osano tentare la sorte senza l'invito, e se a Hermione viene la brillante idea di presentarsi a sorpresa come a inizio anno, rischia grosso »

Ron la guardò con un misto di ansia e spavento.

« E come facciamo ad abbandonarla nei dormitori, durante un sabato o una domenica pomeriggio, senza che lei se ne accorga? » domandò lui.

Padma si strinse nelle spalle.

« Non ne ho la minima idea » ammise « forse riusciamo a farle bere del sonnifero a sua insaputa, come l'altra volta, no? »

Il “re” sospirò atterrito.

« Non lo so, Padma, non lo so »

***
E' passato tanto tempo, lo so :( 
Ho avuto un periodo di crisi creativa che mi ha reso difficile finire il capitolo in breve tempo. Pensate che ero ferma alla depressione dei tassi da più o meno due settimane! E pensate che non sapevo proprio decidermi sul finale adatto per questo capitolo: ne ho scritti e cancellati tre, per la precisione, e nessuno mi soddisfaceva. 
Ma spero che questo capitolo sia valsa l'attesa e che situazioni di questo tipo si verifichino il meno possibile.  


Allora, arrivati a questo punto ci sono parecchi punti da tenere in considerazione e sui cui spremersi le meningi: chi ha fatto scivolare il sonnifero nel bicchiere di Hermione? Chi le ha spedito la famosa lettera che l'ha fatta finire in punizione? 
E i sentimenti di Malfoy? Hippy-Pansy che fine farà? Hermione si innamorà? Ho fatto anche la rima! 
Ma le domande più importanti, e allo stesso tempo quelle a cui si può solo rispondere con supposizioni, in questo capitolo sono: la festa alla Stamberga si farà? E se sì, come faranno i nostri eroi a tenere alla larga Hermione? 
Alla prossima, 
Lily:*

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Capitolo 21
*** Of dreams and desires ***


I raggi solari gli accarezzavano con dolcezza le guance pallide, e una leggera brezza autunnale gli scompigliava i capelli chiari. Poggiato alla balaustra della finestra della torre di astronomia, osservava con sguardo impassibile il panorama.

E valutava l'idea di scavalcarla e fare un salto di sotto.

« Sei il ragazzo più ottuso con cui io abbia mai avuto a che fare »

Draco voltò lo sguardo verso Hermione, seduta con nonchalance su quella sottile barriera che li separava da metri e metri di caduta.

O magari avrebbe potuto buttare lei, a schiantarsi contro il suolo.

« Prego, spingimi pure nel vuoto, se proprio sei curioso di vedermi precipitare » esclamò lei con la classica stizza che la caratterizzava « sono proprio curiosa di vedere la tua faccia quando riapparirò alle tue spalle. E comunque, tentare di ammazzarmi non ti fermerà dal provare interesse nei miei confronti »

Draco sospirò.

« Io non provo nulla per te, Granger »

La ragazza emise una risata cristallina, e si portò una ciocca indomabile dietro un orecchio.

« Ah sì? » domandò girandosi, saltando giù dalla balaustra e atterrando con un tonfo sul pavimento della torre « quindi, in teoria, se adesso me ne andassi e ti lasciassi qui tutto solo, tu non sentiresti la mia mancanza? »

Hermione non attese nemmeno di ricevere risposta; si infilò le mani nelle tasche dei jeans e si avviò verso l'uscita, badando bene a rendere i suoi passi il più rumorosi possibili. Quando si trovò ad appena mezzo dalla porta, invece che allungare una mano e abbassarne la maniglia, ruotò la testa verso il Serpeverde.

Malfoy la stava guardando con sincero interesse, in trepida attesa di un suo gesto.

Hermione ridacchiò di nuovo.

« cos'hai da guardare? » gli domandò divertita.

« Niente » rispose atono il ragazzo, tornando a guardare fuori dalla finestra.

C'era cascato, lei sapeva che si sarebbe voltato verso di lei. Draco si sentiva preso in giro.

« Sei un pusillanime »

Malfoy si irritò, ma tuttavia non lo diede a vedere, rimanendo perfettamente immobile in quella sua posizione statica.

« Ti nascondi dietro quell'aria da menefreghista ma sei lo stesso ragazzino spaventato che è stato mandato a terra da uno stupido ippogrifo, al terzo anno »

Draco si girò di scatto, non riuscendo più a trattenere i nervi saldi, e le lanciò un'occhiata torva.

« Avanti, Malfoy, affrontami » lo sfidò la ragazza « dammi un'ulteriore prova della tua codardia »

« Io non ho paura » ringhiò innervosito il biondo.

« Giusto, tu non hai paura, sei terrorizzato. Sei come una ragazzina vanitosa: ti spaventa il parere altrui. Dovrei chiamarti Lavanda, d'ora in avanti »

« Come osi?! »

Malfoy si staccò dalla balaustra e mosse qualche passo verso la Grifondoro e si sistemò la camicia inamidata con gesti secchi e carichi di irritazione.

« Che c'è? Ho urtato il tuo lato da principessa? »

Il biondo la guardò stupefatto. La Granger-in-sogno non era mai stata tanto irriverente... ora come non mai, la sua personalità e il suo aspetto coincidevano con quelli della vita vera.

L'ammaliante ragazza dall'aria enigmatica era svanita per lasciar posto alla sua versione più realistica e, se solo Malfoy non si ricordasse chiaramente di essersi coricato nel suo letto, non molto tempo prima, direbbe di essere rimasto chiuso con Hermione Granger – quella vera – nella torre di astronomia.

« Deve essere così frustrante » ricominciò la caposcuola con voce vellutata « sei bello, ricco, e intelligente; Potresti avere tutte le purosangue che vuoi, dare vita ad una progenie destinata a stare in cima ad ogni scala sociale del mondo magico... »

« Sta' zitta » sibilò il biondo, avendo capito dove volesse arrivare la caposcuola.

Tuttavia, Hermione Granger andò avanti.

« ...Con il sangue tra i più puri del mondo, e con dei solidi principi morali: sii forte, distinguiti dai maghi inferiori, non avere niente a che fare con i mezzosangue e i sanguesporco... »

« Chiudi la bocca! » le intimò lui, avvicinandosi ulteriormente a lei.

« ...Tutti infranti da colui su cui tutti nutrivano più aspettative, quando si è innamorato proprio di una di loro »

« Basta! » urlò Malfoy, che si avvicinò ancora e l'afferrò per un braccio.

« e quel qualcuno, pensa un po', sei proprio tu » terminò Hermione, con un lieve sorriso ad incresparle le labbra.

Draco era talmente vicino a lei che sarebbe stato facile e veloce piegarsi e baciarla. O strangolarla, a seconda dei suoi desideri. E adesso, Malfoy non aveva la benché minima idea su quale prospettiva lo compiacesse maggiormente.

« Avanti, fallo » lo istigò la Granger, quasi gli avesse letto nel pensiero.

Per un istante, i due rimasero statici nelle loro posizioni; Malfoy guardava fisso negli occhi Hermione, e Hermione guardava fisso negli occhi Malfoy. Per un breve periodo, questione di una frazione di secondo, il biondo sembrò sul punto di ascoltare la ragazza. Si trattò di un lapsus, un fugace momento subito sostituito dalla ragione.

Draco lasciò andare la Granger con un gesto deciso, quasi spingendo via la sua mano, e Hermione si portò le dita all'omero e osservò il ragazzo ricomporsi e darle le spalle.

« Cederai presto » gli disse mentre si allontanava da lei « è solo questione di tempo e, come ti ho detto sin dall'inizio, ho davanti tutta la tua vita »

 

 

 

 

« Caduta dal letto? » domandò Hermione, senza alzare gli occhi dall'edizione serale della Gazzetta del Profeta del giorno precedente.

Ginny, provocando uno spostamento d'aria degno di un uragano, le sfilò alle spalle e si sedette senza grazia accanto alla caposcuola.

« Ho perso il sonno » borbottò la rossa, allungando una mano e arraffando dei pasticcini alla crema.

Solo allora Hermione sollevò il capo, e nel farlo intercettò Malfoy dirigersi da solo verso il tavolo dei Serpeverde. Il biondo aveva due vistose occhiaie violacee e un'espressione scioccata in volto.

« A quanto pare siamo mattinieri nei sotterranei » valutò Ginny, che insieme alla Granger aveva notato l'arrivo del ragazzo.

Malfoy camminò con passi lenti fino al suo posto di sempre, si lasciò cadere sulla panca e si mise le mani in faccia con fare disperato; si passò le dita tra i capelli con un misto di agitazione e stanchezza, sbadigliò senza coprirsi la bocca e si stropicciò gli occhi. Quando li riaprì e notò su di sé gli sguardi incuriositi di Ginny Weasley e Hermione Granger, fece cadere di proposito una forchetta per potergli sfuggire e rintanarsi sotto il tavolo.

« Certo che è strano in 'sti giorni » valutò sovrappensiero Ginny, sollevando le sopracciglia e afferrando la caraffa di The alla menta.

Hermione non rispose, e continuò a fissare il posto del Serpeverde. Quando Draco riemerse dal suo nascondiglio, e la sorprese intenta ad osservarlo, invece che fare una smorfia stizzita, un dito medio, o strillarle contro un insulto, mantenne un'espressione neutra – e in quel momento, il caposcuola ringraziò tutti gli anni passati a tenere una perfetta e imperturbabile faccia da bronzo davanti ad ogni genere di avversità.

« Bah, chissà che diavolo combinano nei sotterranei quando sono da soli » mormorò sempre la piccola Weasley, più a se stessa che all'amica.

« Ti vedo nervosa » cambiò discorso Hermione, tornando a fingere di leggere un articolo in prima pagina.

« Oh, puoi dirlo forte » borbottò Ginny.

Per sedare la propria frustrazione, la ragazza si cacciò in bocca un pezzo di cioccolato al latte, e Hermione non poté fare a meno di paragonarla a Ron.

« Ho litigato con quel cretino di Dean ieri sera, mentre tu e Ron eravate a fare le ronde »

La caposcuola sollevò di scatto la testa e guardò l'amica con le labbra schiuse per lo stupore.

« E' per questo che, al mio ritorno, voi due non eravate in sala comune? »

Ginny annuì. Hermione ripiegò frettolosamente il giornale e lo gettò lontano da lei.

« E cos'è successo? » le chiese con tatto.

L'amica soffiò dalle narici come un toro inferocito, ed Hermione capì subito che la Weasley stesse imbastendo quel comportamento scontroso solo per non mostrare il suo dispiacere e ferire il proprio orgoglio.

« E' sempre così appiccicoso ultimamente » cominciò la rossa « non posso muovermi, che me lo ritrovo sempre dietro a fare la guardia »

Hermione sollevò le spalle conciliante.

« Magari è il suo modo di dimostrarti che ti ama » tentò lei, nella speranza di rabbonirla.

Ginny zuccherò il proprio the e emise un brontolio poco rassicurante.

« Se mi amasse davvero mi lascerebbe libera » grugnì Ginny « sospetto che quello mi segua ovunque per gelosia, anche se non ho idea né del perchè sia esplosa così all'improvviso, né di chi si sia convinto che debba venir tenuto d'occhio »

Ginny bevve rumorosamente un sorso della sua sua bevanda calda dalla tazza.

« E quando gli chiedo spiegazioni cerca di farmi credere di essere impazzita » continuò « Io » terminò infine, per rimarcarne l'assurdità.

Davanti al silenzio dell'altra, Ginny Weasley si ficcò in bocca un altro pasticcino alla crema.

« Magari è geloso di qualcuno » la buttò lì senza convinzione Hermione.

« Ma di chi? » domandò retoricamente la rossa.

Hermione si passò una mano tra i capelli cespugliosi, con come unico risultato un arruffamento ulteriore, e con l'altra affondò il cucchiaio nel porridge.

« Non lo so, Ginny, tieni presente che è un uomo » le disse la caposcuola.

La Weasley ridacchiò divertita.

« Lo so, è stupido come tutti gli altri. Magari sta avendo problemi di autostima e ha paura che qualcuno possa portarti via da lui... »

Ginny grugnì un'altra volta.

« ...Probabilmente ti vede così aperta con tutti, che adesso teme che tu scelga qualcun altro » andò avanti la Granger.

« Non mi chiuderò in camera mia solo perché gli sta stretto il mio carattere estroverso »

« E non sto dicendo questo » si difese l'amica « ti sto solo chiedendo di essere più comprensiva: non è scacciandolo via che ti libererai di lui »

Ginny parve meditarci sopra, e Hermione poté finalmente ricominciare a mangiare in santa pace.

« Dici che dovrei essere più gentile con lui? »

« Assolutamente »

« E questo lo rassicurerà? »

« Certamente »

« Quindi poi non dovrò più temere scenate di gelosia davanti a tutti? Harry adesso cerca sempre di stare il meno possibile con me per colpa di Dean »

« Harry non dovrebbe farsi condizionare, e tu dovresti mettere le cose in chiaro con Dean »

Ginny non poteva essere sincera al cento per cento, avrebbe solo finito per fomentare la gelosia del suo ragazzo in quel modo.

Guardò l'amica mangiare il porridge pensierosa, e Hermione, sentendo su di sé lo sguardo della Weasley, soffiò una constatazione che nella sua testa la faceva molto sembrare una donna positivamente vissuta.

« I maschi sono strani, Ginny »

Ginny spostò gli occhi in giro per la sala senza smettere di pensare a cosa fare con Dean, quando notò che Malfoy le stava ancora guardando. Si grattò la testa spaesata, e dopo un primo momento di incertezza, il suo viso si deformò in un'espressione arrabbiata per scatenare una reazione qualsiasi, ma Malfoy non mosse un muscolo.

Il Serpeverde se ne stava seduto al suo posto in una perfetta e rigida posa composta, e la sua assenza di risposta le fece capire di non essere lei quella ad essere tenuta sott'occhio.

« Hermione? »

« Sì? » domandò ignara di tutto la caposcuola.

Ginny le si avvicinò ulteriormente.

« Sai chi altro è strano? Malfoy »

Hermione abbassò di colpo il cucchiaio che stava avvicinando alle labbra aperte. Nell'impatto contro il tavolo, il porridge schizzò addosso alla ragazza, che presa da un momento di panico si affrettò a ripulire.

Non osò sollevare il capo, e Ginny continuò:

« Ci sta guardando da chissà quanto, non l'ho controllato, me ne sono appena accorta »

« Ah-ha? »

Hermione si sentiva agitata, per qualche ragione, e ci mise qualche secondo per riprendersi e nascondere il proprio turbamento. Fece finta di nulla, e finalmente sbirciò il tavolo verde-argento.

Malfoy la stava fissando, era inequivocabile.

« Bah, chissà che diavolo bevono nei sotterranei... » brontolò Ginny, ricominciando a mangiare.

 

 

 

 

 

 

Il cenone di Halloween era sempre più vicino.

Solitamente, tale evento scatenava negli alunni quel pizzico di euforia che li rendeva iperattivi. Non per niente, i giorni a cavallo dei mesi di ottobre e novembre si dimostrava sempre il periodo che più metteva a dura il mantenimento dei punti guadagnati: il conteggio variava di giorno in giorno, rendendo praticamente impossibile definire con accurata certezza chi fosse al primo posto e chi fosse all'ultimo.

Insomma, per Malfoy sarebbe dovuta essere una settimana in paradiso, dal momento che poteva permettersi di penalizzare le altre squadre quanto più lo appagasse, senza risultare di parte.

Davvero un enorme peccato che questo giacesse nei sotterranei in uno stato pietoso. Draco, infatti, stava passando i suddetti giorni di gloria bloccato davanti al camino, facendosi vivo solo per le ronde, i pasti e le lezioni. Per il resto del tempo era possibile trovarlo mezzo sbronzo davanti al camino acceso.

Per colpa sua le scorte di alcolici trasfigurate in innocenti boccette di inchiostro stavano finendo, e anche tutti i finti cosmetici di Daphne cominciavano a potersi contare sulle dita di una mano.

Con il passare dei giorni e l'aumentare dell'insistenza della Granger-in-sogno, a Malfoy risultava sempre più difficile insabbiare le sue vere opinioni riguardo quella nella vita vera, e codardamente aveva deciso di comportarsi come un uomo divorziato: prendendo la magica via dell'alcolismo.

E c'era da ringraziare che Hogwarts non fosse un pub, perchè – avendo capito, durante l'ultimo venerdì di punizione, di non poter più negare la sua attrazione – il ragazzo desiderava solo bere talmente tanto da dimenticarselo.

 

Quando Daphne, il trentun ottobre, con una certa preoccupazione, andò a cercare l'amico depresso, lo ritrovò nella sua marmorea posizione davanti al fuoco.

La bionda scosse la testa contrariata, e si avvicinò con passo lento – quasi temesse uno scatto improvviso dell'altro.

« Draco? » lo chiamò cauta.

Malfoy non aprì bocca, facendo pensare alla Greengrass di non essere stata udita.

« Draco? » ripetè lei con voce più alta.

« Ti avevo sentito » biascicò Malfoy.

Daphne si avvicinò e si lasciò cadere accanto a lui. I suoi occhi blu passarono in rassegna ogni angolo dell'ambiente lurido in cui il rampollo di cassa Malfoy sedeva tranquillo: bottiglie vuote, involucri di dolciumi di Mielandia e fazzolettini di carta – presi nel caso al ragazzo fosse venuta voglia di piangere – erano stati gettati per terra, e il Serpeverde era seduto da così tanto su quel divano, che Daphne era sicura che ci avesse lasciato il calco del proprio fondo schiena.

« Perchè ti comporti così? » gli domandò con apprensione.

« Straparli » borbottò l'altro « io non sto facendo un bel niente »

Daphne ridusse gli occhi a due fessure, chiaro segno che avesse appena udito qualcosa a lei sgradito.

« Tu ti comporti in modo strano » sbottò rimarcando l'ultima parola.

« Voglio solo farmi un goccetto » minimizzò il biondo.

« E' Halloween! Potresti tormentare i ragazzini delle altre case e invece te ne stai qui! »

« Più tardi... »

« E' quello che continui a ripetere da giorni! » esclamò lei « e smettila di bere! »

Malfoy borbottò qualcosa di incomprensibile, e Daphne, infuriata, gli strappò una bottiglietta di acqua viola dalle mani.

Le rotelle nella sua testa cominciarono a vorticare furiosamente, e il suo sguardo si fissò sulle lettere dell'etichetta a lei familiare.

Le questioni erano due: o qualcun altro era riuscito a ingannare quel magonò di Gazza, l'ultima volta ad Hogsmeade, o quella proveniva dalla sua scorta personale, e quindi aveva appena capito come mai le sembrasse sempre più ridotta con il passare dei giorni.

Rossa di rabbia estrasse la bacchetta e la trasfigurò con il fiato sospeso; quando questa tornò ad essere una boccetta di smalto tutti-i-colori+1, Daphne emise un grido acuto.

« Questa era mia! » sbraitò in direzione di Malfoy.

Le labbra del ragazzo si sollevarono verso l'alto, e davanti tal vista, la Serpeverde scagliò con violenza la piccola bottiglia di vetro nel fuoco, mandandola in frantumi.

« Come ti sei permesso?! E chi hai pagato per farla venire a frugare nel mio baule?! » strillò in preda alla rabbia.

« Sono rovinato » rise Malfoy, non rendendosi conto della collera della compagna di casa.

« Oh, sì che lo sei » borbottò Daphne, alzandosi per raccogliere quel che ne rimaneva delle sue vecchie scorte e stringerle al petto come se si fosse trattato di un tesoro.

« Non ti spezzo le dita solo perchè sei ubriaco e non capiresti »

Malfoy scoppiò a ridere istericamente, e la Greengrass, davanti a quelle grasse risate, lasciò andare quel che reggeva tra le braccia solo per scagliarsi contro l'amico.

Al diavolo l'eleganza, al diavolo il portamento; Daphne afferrò Draco per il colletto della camicia, e avvicinò il suo viso a quello del ragazzo così tanto che Malfoy potè sentire il suo respiro furibondo graffiargli la pelle.

« Pensi che stia scherzando?! Pensi che tutto questo sia un cazzo di scherzo?! » strillò con voce acuta la bionda.

Malfoy, per tutta risposta, continuò a sghignazzare.

« Il mio pedrigree »

Daphne sollevò un sopracciglio.

« Il tuo pedrigree che cosa? » gli domandò sospettosa.

« Rovinato anche quello »

La presa della ragazza si allentò lentamente, e sul suo capo ben pettinato andò delimitandosi un grosso punto interrogativo.

« I miei genitori mi diserederanno, e dopodiché tireranno le cuoia per lo stress »

Daphne lo guardò confusa, e spostò le mani pallide dal colletto alle spalle dell'amico.

« Ma di che accidenti stai parlando? »

Ma Daphne non ricevette mai un risposta, perchè proprio in quel momento, un profumatissimo Theodore Nott stava tornando in sala comune a braccetto con una ragazza.

« Prego, da questa parte, Peonia » disse il ragazzo alla sua accompagnatrice.

La quantità di profumo spruzzata addosso era tale che, Daphne, dall'altra parte della stanza, riusciva a sentirlo forte e chiaro, come se lei stessa ci si fosse fatta un bagno.

« Oh, giorno miei cari amici » li salutò cordiale il ragazzo.

« E quella chi diavolo è? » domandò senza giri di parole la bionda.

Malfoy, incuriosito, si voltò per guardare il suo compagno di stanza e la sua ragazza misteriosa.

« Lei è Peonia » rispose con ovvietà Theo.

Quando gli occhi scuri di quest'ultimo notarono lo stato di Draco e la sua innegabile trasandatezza, si rivolse a lui personalmente.

« Sei ubriaco? »

« Sì, ha rubato le nostre scorte di Hogsmeade » replicò al posto suo Daphne, lasciando l'amico sbronzo e facendo qualche passo in direzione di Nott.

Theo, che senz'altro doveva essere seccato all'udire che le sue riserve di Burrobirra e Whisky incendiario erano state brutalmente ridotte dal suo caro compagno, per far una buona impressione su Peonia mantenne una perfetta espressione impassibile.

Daphne, che non la smetteva di fissare l'ospite sconosciuta, quando notò uno stemma diverso da quello di Serpeverde, strabuzzò gli occhi.

« Una Tassorosso!? » domandò incredula « un'altra?! »

La ragazza, intimorita dai modi di fare della bionda, tremò vistosamente e tentò inutilmente di nascondersi dietro Nott. Ma man mano che Daphne si avvicinava cominciavano ad apparirle evidenti sempre più particolari: le guance rosee e piene, un apparecchio ai denti, i capelli rossi...

« Una Weasley! » l'accusò puntandole il dito contro.

La Tassorosso si strinse nelle spalle come a voler sparire.

« Daphne, per favore, la stai spaventando » la pregò Theo, lasciando andare il braccio dell'accompagnatrice e coprendola dalla compagna di casa.

« Spaventando? Quanti anni ha? Quattordici? »

Silenzio.

Theo guardò Daphne, Daphne guardava Peonia, e Peonia voleva scappare via.

La bionda sgranò ulteriormente gli occhi blu, aprendoli così tanto da far temere alla ragazzina di vederli schizzare fuori dalle orbite.

« Oh mio Dio! » esclamò la Greengrass portandosi una mano davanti la bocca.

« Ascolta... » cominciò Theo per giustificarsi.

« Ma è una bambina! »

« Beh, non esattamente... »

« Ha solo quattordici anni! » rimarcò Daphne avvicinandosi a Theodore e raccogliendo un tomo da un tavolo vicino per picchiarlo « sei un porco! »

« Aspetta, non... »

« Quattordici anni e Weasley! » precisò sempre più scandalizzata Daphne « sei la vergogna di questo sotterraneo! »

« Non è colpa mia se i Weasley hanno seminato eredi ovunque... »

Altra librata su una spalla.

« ...E Peonia è una parente alla lontana, ha solo conservato il cognome... »

« Sei un maniaco! Non voglio vederti mai più! »

« ...E che esagerazione, santo cielo! Manco avessi portato una mezzosangue »

« Ehm... » lo interruppe la ragazzina.

Gli occhi dei due Serpeverde si posarono su di lei, e Peonia tremò un'altra volta.

« In realtà lo sono »

Daphne guardò a bocca aperta Theodore Nott, pronta a ricominciare a vomitare insulti, ma quest'ultimo la precedette:

« Beh, sarebbe potuta andare peggio: avrei potuto portare una sangue marcio, tipo la Granger »

Sdraiato sul divano, Malfoy emise un forte singhiozzo avvilito.

 

 

 

 

« E' ufficiale: la festa si farà » annunciò Ginny, avvicinandosi a Harry con apparente nonchalance, durante un cambio di lezioni.

Hermione, poco più avanti di loro e intenta a chiacchierare con Ron, non udì nulla.

« Padma e Anthony hanno trovato tutto quello che gli serviva? » sussurrò il cercatore di Grifondoro.

« Sì. Appuntamento davanti ai dormitori di Corvonero non appena Hermione va in biblioteca per riordinare » terminò la rossa accelerando il passo e seminando Potter.

« Ciao, Hermione! » salutò prendendo la caposcuola sotto braccio con fare amichevole.

 

 

 

 

 

 

 

Subito dopo il cenone di Halloween, Hermione si diresse saltellando verso quella che doveva essere la sua faticosa pena, e Harry, Ron e Ginny si affrettarono a raggiungere il prefetto e la caposcuola, che li attendevano con ansia davanti al portone del dormitorio dei corvi.

I cinque festaioli nemmeno si salutarono. Padma, non appena i Grifondoro si avvicinarono, fece loro segno con la mano di seguirla, e Anthony si limitò a sorridere trionfante.

« Cos'è che, più si corre, meno si prende? » domandò loro il batacchio all'ingresso.

I Corvonero si guardarono pensierosi, e Ronald Weasley capì perchè non fosse finito in quella casa – con ogni probabilità avrebbe passato sette anni a rimaner chiuso fuori.

Dopo una breve e concitata serie di pareri sussurrati tra i due corvi, Padma fece un passo avanti e pronunciò con voce chiara:

« Il fiato »

La porta si aprì silenziosa, e una forte folata di vento travolse il gruppetto; Harry cercò inutilmente di coprirsi il collo con la felpa ed evitarsi un mal di gola, la cravatta di Anthony si sollevò e finì in faccia al proprio indossatore, e Ginny dovette fare molta attenzione alla sua gonna, che per poco non mise in mostra le sue mutande color arancione.

« Che cos'è questo vento?! » domandò Anthony in direzione di due studenti sul divano, con addosso delle coperte di lana a trama scozzese.

Il fuoco, talmente era forte l'aria, si era addirittura spento, e i pochi coraggiosi in sala comune sembravano sull'orlo dell'ipotermia.

I due interpellati dal prefetto non gli risposero nemmeno, limitandosi ad indicare una figura affacciata ad una finestra spalancata, intenta ad osservare il sole tramontare.

La ragazza dai lunghi capelli biondi e coperta da un mantello non si era girata per guardare chi fosse entrato, ma nessuno ebbe mai alcun dubbio sulla sua identità.

« Luna » la chiamò Padma con tono delicato, così come ci si rivolgerebbe ad una bambina « che cosa stai facendo? »

Ginny, nel frattempo, aveva capito che se si fosse seduta da qualche parte, controllare il danzare del sottile tessuto della sua gonna sarebbe stato più semplice.

« Sto scacciando i Nargilli sbaciucchioni » replicò la ragazza, voltandosi verso i suoi interlocutori.

« Oh, ciao a tutti voi » salutò i Grifondoro con il suo solito tono cadenzato « mi dispiace che siate capitati proprio durante una disinfestazione, ma non poteva essere rimandata »

« Luna, ma di che cosa stai parlando? » chiese Ginny.

« I Nargilli sbaciucchioni sono come degli insetti che continuano a volarti davanti alla faccia, come se volessero darti dei baci, e non ti fanno studiare » spiegò la bionda « me l'ha detto mio padre »

« Sono le sette di sera e il tempo è piuttosto ventoso » le fece notare Harry con cautela, temendo di offenderla « e penso che tutti questi... questi esserini se ne siano già andati, non pensi? » concluse Potter, estraendo la bacchetta e cominciando a chiudere una finestra.

« Non lo so, mio padre non ha specificato per quanto dovessi far cambiare l'aria » ammise candidamente Luna.

Ma vedendo che, non appena Harry lanciò il suggerimento, tutti quei coraggiosi armati di coperte di lana e i Grifondoro ospiti si precipitarono a serrare i serramenti, a Luna Lovegood non rimase che annuire.

« Spero che adesso riuscirete tutti a concentrarvi maggiormente » si rivolse ai compagni di casa, che invece che ringraziarla la guardarono male.

Padma, infreddolita, si cacciò le mani nelle tasche della felpa e attese che tutti le si riavvicinassero per poter, finalmente, andare in camera di Anthony e discutere del piano.

 

 

 

 

Hermione era sbalordita dalla quantità di tomi abbandonati sui tavoli. Ed era ancora più seccata nel constatare che, più la voce della sua punizione girava, più gli studenti si esentavano dal riordinare; e adesso le toccava prendere il ruolo di Gazza, oltre che quello di Madame Pince.

Quella sera, in particolare, le era toccato anche raccogliere da terra cartacce di dolciumi di Mielandia, pergamente stracciate e – che Piton fosse maledetto – anche un fazzoletto usato.

La sua pena non le era mai sembrata ingiusta o degradate, almeno fino a quel momento.

E la bibliotecaria, sebbene la vedesse tutti i giorni e le avesse rivolto la parola innumerevoli volte dal suo primo anno, non l'aveva nemmeno aiutata!

Ma girando tra gli scaffali, un libro dal titolo particolare aveva attirato la sua attenzione:

Di sogni e di desideri

La sua mente la portò automaticamente alle sue notti e alle sue visioni, e curiosa estrasse il tomo tirandolo per la cuffia. Lo sfogliò velocemente, constatando che si trattasse di un testo scientifico, che al tempo stesso associava un determinato sogno o incubo ad un volere specifico.

« Mi scusi, Madame Pince » disse avvicinandosi alla postazione della bibliotecaria, che non avendo nulla da fare stava leggendo con scarso interesse il Settimanale della Strega.

La donna ricurva sulla rivista, che mai come allora era parsa tanto simile ad un avvoltoio, sollevò lo sguardo sulla studentessa e la guardò strizzando gli occhi dietro gli occhiali da lettura.

« Sì, signorina Granger? »

« Ecco, io mi chiedevo se potesse registrare un prestito a mio nome... per questo libro » parlò la caposcuola, poggiando sul tavolo il tomo trovato in giro.

La bibliotecaria lanciò un'occhiata circospetta all'orologio da tavolo, e notando che fosse solo passata mezz'ora guardò scioccata la ragazza.

« Ma non hai ancora terminato il tuo dovere » le fece notare.

« Lo so, Madame Pince » replicò educatamente la Granger « infatti non me ne andrei ora, mi chiedevo solo se si potesse ancora registrare questo prestito »

 

 

 

 

Gli occhietti scuri di Ginny si muovevano freneticamente dall'alto verso il basso della pergamena, e un lieve sorriso le increspava le labbra rosee.

« Avete pensato a tutto » valutò compiaciuta.

Anthony e Padma si scambiarono uno sguardo fiero, e il primo diede un paio di pacche soddisfatte alla seconda.

Ginny, una volta letto a sufficienza, passò gli appunti scarabocchiati al fratello.

« Ora rimane solo da scegliere il giorno e l'orario » disse la Patil.

« E trovare un piano affinché Hermione non si presenti all'improvviso e si ritrovi in Burundi... » aggiunse la rossa.

« Lo troveremo. Abbiamo trovato incantesimi usati da ladri e abusivi, non riuscire a far girare a largo Hermione sarebbe davvero il colmo » disse Anthony.

« Non mi pare che abbiamo fatto un buon lavoro a inizio anno... » lo rimbeccò la compagna di casa.

« Ma quello era diverso, in quel caso sapeva già cosa si stesse tramando »

Anthony si alzò dal proprio letto e, senza attendere che Ron gliela passasse, si riprese la pergamena giallastra.

« Che poi, ragioniamoci su: “incantesimi di schermo: non far piovere in casa”, “incantesimi per evadere la bolletta del gas”, “ciclo continuo di vivande per non dover uscire a fare la spesa e, conseguentemente, non pagare”, “incantesimi di elusione: far in modo che nessuno noti la luce accesa”... se Hermione dovesse scoprirci, vorrebbe dire che qualcuno gliel'ha detto. Queste sono tutte fatture che rendono molto difficile intuire che all'interno della Stamberga ci sia in atto un party » fece notare a tutti.

« Anthony ha ragione » si intromise Harry « prendiamo le giuste precauzioni, giusto nel caso che cominci a fiutare qualcosa e decida di venire a curiosare, ma nel frattempo non dovrebbe sospettare nulla »

« Ma la storia del sonnifero l'ha messa in allarme » contestò Ron, che si ricordava benissimo l'espressione oltraggiata sul suo viso, quando a inizio anno gli sfuggì un apprezzamento su una festa dell'anno precedente.

« Ma adesso Hermione non può immaginarsi che ci stiamo spostando fuori da Hogwarts » precisò sempre Harry.

Ginny lo guardò stupita: da un'anima incurante del pericolo quale Harry Potter poteva aspettarsi di tutto – anche l'idea di confondere l'amica o cancellarle la memoria, se solo fosse capace a lanciare l'incantesimo correttamente – ma certo non un ragionamento ben soppesato come quello.

« Sì, buona idea » meditò Padma.

« Dunque la nostra ricerca non finisce qui... » aggiunse deluso Anthony.

« Troviamoci per provare qualche formula sullo stato di fatto, e nel frattempo vediamo se ci viene qualche idea » propose Ron.

Padma si stirò pigramente sul letto di un coinquilino del Corvonero, stravolta da una giornata di studio inteso – come facesse Hermione a mantenere quel ritmo degradante tutti i giorni, rimaneva un mistero.

« Altra buona idea » valutò « non vorrei sembrarvi scortese, ma penso che sia ora che torniate nella vostra torre: la punizione di Hermione terminerà a momenti, e ci toccherà andare di ronda »

 

 

 

 

Hippy-Pansy non divertiva quanto la sua versione matta da legare.

La vecchia psicopatica costantemente impegnata a far ricercare agli altri un buono psicologo era andata in ferie. La suddetta passava la gran parte del suo tempo a bere the deteinati, intrecciarsi ciocche di capelli, meditare e, per la gioia di Millicent Bulstrode, a farle complimenti per le sue maniglie dell'amore assottigliate. Persino Vincent Tiger era entusiasta di quel cambiamento: adesso che Pansy viveva nel suo e non si comportava più come l'ombra di Malfoy, si augurava di riuscire a conquistarla.

Tutti le mattine, infatti, le faceva recapitare una rosa rossa. Ma Pansy, oltre a tutti i “grazie mille” e “che Salazaar Serpeverde sempre ti benedica” non si era mai spinta.

 

I più annoiati erano però i più vicini delle ex-vittima preferita della ragazza: Daphne, Theodore e Zabini.

Quando il tormentato Draco – che per qualche ragione ignota, sebbene si fosse scrollato dalle spalle un fardello come Pansy, manteneva un'aria afflitta – li abbandonava in sala comune per le ronde o per le punizioni del venerdì, i tre compagni passavano la stragrande maggioranza del tempo ad annoiarsi e raccontarsi le stesse tre storie che continuavano a girare da mesi: la ridicola diceria Granger-Malfoy, lo straordinario crollo emotivo di Pansy dopo averli visti insieme, e perchè pazza-Pansy, in un modo o nell'altro, fosse più divertente di hippy-Pansy.

« Ammettiamo, ci siamo divertiti tutti a vederla convinta di essere la nuova migliore amica di Daphne » scherzò Theo, una volta finiti sul medesimo argomento trito e ritrito.

« Io no » replicò scocciata Daphne.

« Non abbiamo mai saputo perchè avesse cominciato a crederlo » recitò Blaise, seguendo il copione.

« Poco importa cosa l'abbia causato, ci siamo comunque tutti sbellicati dalle risate » replicò Theo.

« Io no » ripeté sempre più indignata la bionda.

I due ragazzi scoppiarono a ridere sonoramente e lei, vera vittima della situazione, li incenerì con lo sguardo.

« Tzè, non posso nemmeno riversare il mio dolore nell'alcol: quell'idiota di Draco ha fatto piazza pulita » si lamentò Daphne.

« Altro perché che dubito riusciremo mai a scoprire » sospirò Theo, sdraiandosi sul divano e fissando il soffitto del sotterraneo.

Tra i tre Serpeverde, occupati a guardare tre cose differenti – Nott verso il solaio, Blaise le fiamme, e Daphne la punta delle sue scarpe firmate – calò un silenzio imbarazzante.

Fu uno scocciatissimo Theodore a interromperlo e a buttare lì un'idea per divertirsi un po', almeno per quella sera.

« Sono stufo di tutta questa quiete » esordì seccamente e balzando in piedi « E che cazzo, in questo dormitorio non si combina più niente, nemmeno nei giorni di festa »

Daphne lo guardò con un sopracciglio alzato.

« Hai un'idea per ravvivare la serata, genio? »

« Sì! »

« Un'idea che non sia abbordare giovani Tassorosso? » domandò cautamente Blaise.

« Una Weasley, tra l'altro » precisò la bionda.

« Ho anche quella, ma dato che voi non mi seguireste mai... so come porre fine a questo mortorio. Daphne, coraggio, alzati e va' a prendere le zucche che tu e Blaise avete rubato ad Hagrid »

« Vacci tu, io mi rovino la manicure così »

Theo tese una mano alla Greengrass, e con un sorriso affabile le disse:

« Lo farei, ma l'ultima volta che ho provato a infilarmi in camera di una ragazza mi sono quasi rotto un braccio per colpa dei fondatori di questa scuola e delle loro menti chiuse... perciò, lascia che ti aiuti ad alzarti, vostra maestà »

 

 

 

 

Ancora una volta, sui visi dei presenti nella sala dei prefetti si leggevano emozioni contrastanti: si passava dalla mal celata euforia di Weasley, al più quiete sorriso di Goldestein e la Patil, dalla neutralità di Hermione, alla cupa disperazione di Draco. Quest'ultimo, sebbene avesse ormai appurato il suo triste destino, faticava ancora ad accettarlo a cuor leggero.

E quando una nervosa Mcgranitt raccomandò loro di tenere bene gli occhi aperti, visto che tutti gli anni qualcuno tentava sempre di accoppare Potter in quel giorno specifico, i ragazzi seppero che, anche quella sera, i controlli dei professori sarebbero stati molto serrati.

« Quante storie: se qualcuno viene a reclamarlo, diamoglielo e facciamola finita » borbottò un prefetto del sesto anno di Serpeverde, riferendosi al cercatore dei grifoni e guadagnandosi un'occhiataccia dai ragazzi delle altre case.

Affermazione che convinse la Mcgranitt ad affidare ai Grifondoro stessi o ai Tassorosso il compito di sorvegliare il lato che portava alla torre.

L'insegnante si appuntò minuziosamente tutte le coppie pescate ai bigliettini: “Goldstein-Fawcett”, “Blueflower – Weasley”, “Patil – Mcmillan”... e arrivati all'ultima, quando sul tavolo rimasero solo due bigliettini, contenenti i nomi degli unici due che non si erano fatti avanti per l'estrazione, la Mcgranitt segnò anche i loro nomi:

Granger – Malfoy”.

***

Ed ecco qui un capitolo bello lungo. Come vi è sembrato? 
Volevo avvertirvi di una cosa: se vedete che i tempi di stesura si allungano, non preoccupatevi: non ho intenzione di sospendere la scrittura. E' solo che ho da gestire anche un'altra storia (che non riguarda Harry Potter) e lo studio, perciò molte volte risulta difficile trovare qualcosa di carino da scrivere...  tutto qui :')
Inoltre tenete conto che ci sono un po' di questioni aperte, e che non sempre è semplice riuscire a giostrarsele tutte senza dimenticarsele, basti pensare alla storia del sonnifero, il misterioso corridore di corridoi, la cotta di Harry per Ginny (che anche se in questa storia non rappresenta una priorità, è comunque presente), o i sogni misteriosi. 

Ma torniamo a parlare di questo capitolo: considerazioni? Pensate che si troverà una soluzione per tenere la tanto attesa festa, o invece Hermione si presenterà per provare a mettere i bastoni tra le ruote? Se dovesse scoprirlo, come pensate che avverrebbe? E cosa bolle in pentola nei sotterranei dei Serpeverde? 
Domanda finale: come pensate che andrà e cosa credete che accadrà durante questa ronda? 
Appuntamento al prossimo capitolo! 
Lily:*

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Capitolo 22
*** To be betrayed by your own family ***


« Ascoltatemi bene tutti, voglio che teniate bene a mente questo comando... anche tu, Parkinson, smettila di fare gli occhi a cuoricino a Malfoy e avvicinati. Ricorderete bene tutti cos'è successo in questo preciso giorno negli anni passati, e perciò penso potiate intendere la nostra preoccupazione a riguardo »

Malfoy, capendo il collegamento sciagure di Halloween-Potter, si risvegliò dal suo momentaneo stato di confusione e sollevò istintivamente gli occhi al cielo: ora oltre la sua apparente cotta per Hermione doveva anche improvvisarsi bodyguard di quell'altro. La serata non poteva cominciare peggio.

« In più i bambini dei primi anni sembrano del tutto impazziti, e sono sinceramente preoccupata che uno di loro, se mai dovesse accadere qualcosa di strano anche quest'anno, finisca per ferirsi o ritrovarsi coinvolto in uno scontro per il quale non sarebbe lontanamente preparato. Per tale motivo è estremamente importante che ognuno di voi tenga gli occhi aperti e che si tenga pronto ad attaccare » concluse con serietà la Mcgranitt.

« Mi scusi, professoressa, ci sta davvero autorizzando a fare uso di fatture su altri maghi? » domandò incredula Hannah Abbott.

I Serpeverde, improvvisamente più interessati, attesero con trepidazione il consenso della donna, che non tardò ad arrivare.

« Sì, purché siano tutte legali » si sentì in dovere di precisare l'insegnante.

I suoi occhi si posarono casualmente su Draco Malfoy, elemento per il quale temeva maggiormente e che immaginava con meno difficoltà fare uso di maledizioni senza perdono – magari proprio su Hermione Granger, valutò lugubre. Forse, meditò la Mcgranitt, sarebbe stato il caso tenere sotto controllo anche loro due, oltre che a Harry Potter: il ritorno di Lord Voldemort rimaneva un'incognita, ma l'odio tra i due alunni...

« E le zone da sorvegliare? » domandò Padma Patil, interrompendo tutti i suoi calcoli.

« Sì, dunque: Patil, il quinto piano; Granger... »

Guardò la sua alunna preferita con apprensione, cercando di pensare il più velocemente possibile a dove potesse assegnarla: in altre condizioni l'avrebbe mandata alla torre (d'altronde chi meglio avrebbe potuto proteggere Harry Potter di Hermione Granger e Ron Weasley?), ma adesso non sembrava proprio il caso. Dire a Draco Malfoy di controllare i Grifondoro sarebbe stato come mettere un lupo a guardia di un gregge di agnelli.

Magari avrebbe dovuto tenerli vicino a sé per, appunto, evitare che i due si mettessero le mani al collo non appena girato l'angolo, e così perdere entrambi i caposcuola un'altra volta. La Mcgranitt picchiettò la penna d'oca contro il tavolo, stirando le labbra sottili nel tentativo di concentrarsi meglio.

Ci mise un paio di secondi – dove i due interessati la fissarono con ansia – per giungere alla conclusione che non fosse necessario: la Granger era ormai maggiorenne e conosceva a memoria ogni genere di incantesimo per difendersi e contrattaccare, avrebbe potuto rivoltare il biondo come un calzino se solo l'avesse voluto.

« ...Al piano dei Tassorosso »

 

 

 

 

Nascosti in uno sgabuzzino dismesso, i tre Serpeverde dell'ultimo anno – che teoricamente avrebbero dovuto rappresentare la parte matura degli studenti, ma che in pratica non facevano altro che dar vita ad ogni genere di problema – stavano discutendo sul folle piano di Theodore Nott.

« E' l'idea più idiota che abbia mai sentito » dichiarò Daphne.

« Lo so, facciamolo! » esclamò Theo entusiasta.

Senza nemmeno attendere ulteriori contestazioni da parte della bionda, né tanto meno il secondo parere di Blaise, si piegò per sollevare una delle zucche rubate.

« Non potevi proporre un piano peggiore » continuò Daphne « e ti ricordo che lo sto dicendo ad uno con il feticcio per le Tassorosso »

« Perlomeno io non devo ricorrere a filtri d'amore per riuscire a trombare » la rimbeccò indispettito Theo.

Daphne, punta sul vivo, afferrò un secchio bucato e lo scagliò contro il compagno di casa, che lo evitò appena in tempo.

« Ma sei pazza?! Potevi ferirmi! » le strillò contro oltraggiato.

« Allora è un vero peccato che ti abbia mancato » ringhiò di rimando Daphne.

Solo allora Zabini si decise ad intervenire.

« Fermatevi entrambi: tu lascia giù quella zucca, e tu non provare più ad avvicinarti a qualcosa che si possa trasformare in un'arma » disse ai due litiganti, prima di dare le spalle alla bionda e rivolgersi direttamente con Nott.

« Theo, senti, sai benissimo quanto possa divertirmi infastidire i Grifondoro, ma non credo sia la serata giusta » spiegò con cautela.

Daphne, accanto a Blaise, incrociò le braccia al petto e assunse l'espressione da: “io te l'avevo detto”, molto comune vedere sul viso della Granger.

« Ma perché? » protestò Theodore, come un bambino capriccioso « non facciamo nulla di male, nessuno saprà nemmeno che siamo stati noi »

« Santa pazienza » esalò la Greengrass con gli occhi al cielo, avvicinandosi con lunghe falcate per pararsi davanti l'amico.

Blaise l'afferrò per una spalla e la fece tornare al proprio posto.

« Lascia fare a me » mormorò.

« Sarebbe solo uno scherzo innocente » continuò Theo.

« Non puoi attirare fuori dei Grifondoro, stregare delle zucche affinché li attacchino, e pretendere di non creare il caos! Abbiamo Potter in questa scuola, sono già tutti in allarme, penseranno che qualcun altro stia cercando di fargli lo scalpo! » latrò Daphne esasperata.

« Daphne ha ragione, non è il momento adatto » concordò Blaise.

« Oh, ma che sarà mai successo in passato... » minimizzò Theo.

« Primo anno: Potter, Weasley e la Granger si sono ritrovati al cospetto di un troll di montagna, fatto entrare nella scuola dal professor Raptor – che nel caso tu non te lo ricorda, aveva il signore oscuro sulla nuca » cominciò la bionda « secondo anno: l'altra palla al piede, la lontana parente della tua ultima vittima... »

E qui Theodore, capendo che la compagna alludesse alla parentela tra Ginny e Peonia Weasley, sbuffò scocciato.

« ...Ha scritto sul muro qualcosa sull'erede di Salazaar Serpeverde e tutti hanno pensato che fosse stato Potter, e che sempre lui avesse pietrificato il gatto di Gazza; Terzo anno... devo continuare? »

« E va bene, ho capito: stasera staremo lontani da quella dannata torre! » dovette accettare a malgrado Nott « ma non ho alcuna intenzione di riportare queste cose indietro. Se non posso usarle contro i Grifondoro, allora le userò contro i Tassorosso, che almeno sono più vicini, e se qualcuno di loro dovesse rimanerci secco nessuno se ne curerebbe per davvero »

 

 

 

 

Hermione e Draco camminavano fianco a fianco nel più completo silenzio.

La Grifondoro in un primo momento aveva provato un certo sollievo da quell'assenza di parole, ma successivamente aveva cominciato a considerarlo come un costante senso di ansia.

« Sei arrabbiato per la partita? » domandò cautamente.

Malfoy a quella gigantesca figura barbina nemmeno ci pensava più. La sua vita aveva preso una piaga a dir poco raccapricciante, e la sua pessima performance a quidditch non faceva parte di quella lista di problemi.

Il biondo si limitò a borbottare misteriosamente, lasciando libera interpretazione alla caposcuola in merito.

Hermione, essendo abituata a vivere gomito a gomito con Ron Weasley, i cui confusi brontolii corrispondevano sempre ad assensi, lo interpretò come un sì.

« Io non c'entro nulla con tutto questo, Malfoy, non sono stata io a prendere il boccino... »

No, infatti la Granger non era nemmeno presente – e questo il Serpeverde lo sapeva benissimo, dal momento che aveva passato più tempo a sbirciare tra gli spalti, che a tenere sott'occhio la partita.

« ...Perciò adesso potresti anche smettere di tenermi il muso, grazie » concluse la ragazza.

Draco rise ironico.

« Mi stai davvero pregando di parlarti? »

« Affatto » lo rimbeccò Hermione.

« Bene, allora continuerò a rimanere in silenzio » ribatté Malfoy con un mezzo sorriso e senza guardare in faccia la ragazza.

La Granger accelerò il passo, in un vago tentativo di fare la sostenuta e provocare dei sensi di colpa al Serpeverde – mossa che, riflettendo un po' più a lungo sulla personalità di quest'ultimo, sarebbe subito risultata fin troppo sciocca e priva di ragionamento logico. Infatti, dopo altri dieci minuti buoni di silenzio, dove una si sforzava di tacere e l'altro se la rideva sotto i baffi, Hermione gettò la spugna.

Era incredibile, ma tutto quel mutismo la stava torturando.

Per la prima volta in vita sua desiderò di poter parlare con Malfoy. Aveva gradualmente diminuito la propria velocità per farsi superare dal collega di ronda. Hermione osservò le sue spalle dapprima con sospetto, ma successivamente finì per studiare i dettagli con curiosità: l'attaccatura a “v” dei suoi capelli sulla nuca, il taglio della camicia nera sulle sue spalle, la camminata elegante...

« Smettila di fissarmi, così mi sciupi »

 

 

 

 

Il buio è amico delle malefatte. Per questo nessun piccolo tasso ribelle si accorse di tre serpi che strisciavano silenziose verso di loro.

I tre ragazzi avevano approfittato dell'oscurità dei corridoi e si erano richiusi alle loro spalle la porta dell'aula di storia della magia, pronti per mettere in atto il loro piano malvagio.

Le loro vittime, dei Tassorosso del secondo anno con le mani colme di dolci trafugati dalle cucine, ridacchiavano tra loro ignari di tutto. Leccornie che cascarono a terra e che fecero scivolare alcuni di loro, non appena tre zucche che emettevano risate sinistre sbucarono dal nulla. Ma con sommo disappunto dei tre amici, invece che tentare maldestramente di difendersi, scapparono tutti in lacrime verso il loro dormitorio.

Una malefatta che a stento era durata tre secondi e che aveva lasciato i ragazzi dell'ultimo anno profondamente insoddisfatti.

« Wow, è lo scherzo peggiore che abbia mai visto » commentò Daphne « e adesso che sono scappati tutti cosa facciamo? »

« Aspettiamo che arrivi qualcun altro. Prima o poi qualcun altro dovrà passare da queste parti » replicò Blaise, mettendosi comodo ad un banco.

« E le zucche? »

« Lasciamole lì, sono dormienti, si riattiveranno solo quando sentiranno dei rumori » rispose Theo, imitando l'amico e sdraiandosi sulla cattedra.

Daphne, invece, passeggiò per l'aula, sbirciando i titoli all'interno degli scaffali, illuminati con la bacchetta.

Dovettero attendere un quarto d'ora buono prima che sentissero delle voci in lontananza. I tre ragazzi scattarono immediatamente sull'attenti e si precipitarono verso la porta chiusa, dando vita ad una silenziosa faida su chi dovesse avere l'onore di guardare dal buco della serratura di chi si trattasse; ma non gli ci volle molto per capire, sebbene fossero ancora lontani, che i due ragazzi misteriosi fossero lì per la ronda serale, e che si trattassero di Draco e Hermione.

 

 

« Non ti sciupo proprio niente, Malfoy »

 

 

Daphne si portò teatralmente la mano davanti la bocca, e Theo si pietrificò sul posto.

« Non può essere vero » mormorò Blaise.

Eppure eccolo là il loro compagno di casa – due dei presenti addirittura condividevano la stanza con lui – mentre scherzava amabilmente con Hermione Granger. Un incubo finito sulla bocca di tutti già il mese precedente, quando qualcuno aveva versato una pozione d'amore nei loro bicchieri, e che adesso stava prendendo forma.

Daphne, sentendo montare lo stress e la frustrazione, estrasse dalla sua immancabile borsetta – che non lasciava incustodita nemmeno per andare in bagno, e che tutte le sere infilava sotto al cuscino per evitare che qualcuno gliela rubasse – il suo prezioso ventaglio di avorio e seta cinese, per sventolarselo davanti al viso accaldato.

 

 

« Mi stai fissando da almeno due minuti. Considera che di norma non lascio a nessuno questo privilegio »

«Oh, allora sono davvero onorata » ribatté la Grifondoro raggiungendolo « sei un ragazzo di così buon cuore, dovrei considerare l'idea di sposarti »

Malfoy sollevò gli angoli delle labbra, formando un sorriso che la collega di ronda non notò.

 

 

Nel frattempo, i tre ragazzi chiusi nell'aula di storia della magia, nel tentativo di osservare meglio la scena, si aprirono un piccolo spiraglio per poter sbirciare; e quel che videro li lasciò a bocca aperta: non solo facevano battute, ma i due camminavano anche fianco a fianco e ridevano.

Daphne andò a sedersi su un banco vicino, poiché non certa di poter reggere la notizia, e incrementò l'energia utilizzata per farsi aria.

« Non riesco ancora a crederci, nonostante sia tutto sotto i miei occhi » ribadì Zabini.

« Sta' zitto! potrebbero scoprirci » gli disse Theo, che pietrificato non era riuscito a non guardare i due caposcuola in corridoio.

 

 

Hermione affrettò ulteriormente il passo per stare a quello spedito di Draco, e divertita lo punzecchiò:

« A cosa devo questo ossequio? »

Malfoy non accennò a rallentare, e sempre senza guardare in viso la Grifondoro le rispose:

« Non saprei dirti, Granger. Magari semplicemente, come dici tu, al mio buon cuore? »

« Quindi l'hai finalmente messo a nudo » constatò ironicamente Hermione.

« E tu come facevi a sapere che ne avessi uno? » domandò di punto in bianco Draco, fermandosi di colpo.

La Grifona, che certo non poteva rispondergli che la sua versione veggente gliel'avesse dimostrato in sogno, presa alla sprovvista boccheggiò per un istante, prima di riprendersi e gettare lì una scusa molto vaga.

« Non hai niente di diverso dagli altri » contestò infatti lei.

« Quindi sarei simile a Potter e Weasley? Lo dici sul serio? » ribatté offeso Malfoy.

« No, tu sei completamente diverso da loro » mormorò sovrappensiero la ragazza, incrociando il suo sguardo.

Le era sempre risultato semplice comprendere la mente maschile, e i suoi compagni di casa erano per lei come dei manoscritti aperti; salvo alcune occasioni che ancora le consumavano l'orgoglio – come la questione irrisolta del sonnifero nel succo di zucca, attuata da ignoti – o altre che ancora non aveva compreso appieno – come lo strano comportamento dei suoi amici prima che si lanciasse all'inseguimento del misterioso ragazzino maleducato – Harry e Ron avevano sempre rappresentato un libro di facile lettura.

Ma Draco Malfoy, invece, rimaneva un'incognita. Del tutto imprevedibile e impossibile da capire, passava dal non rivolgerle la parola per motivi sconosciuti, a parlare di matrimoni e privilegi speciali nel giro di neanche mezz'ora.

Malfoy era quel genere di ragazzo che rende arduo immaginare quale sarà la sua prossima mossa, la cui mente, sempre alla presa con calcoli e macchinazioni varie, non era mai completamente al riposo.

Misterioso e riservato, al contrario dei due Grifondoro, Hermione aveva capito di dover scavare a fondo e sudare parecchio per poter studiare il vero lui.

E ciò che le risultava più evidente, era che, se con Ron inizialmente sentiva punzecchiato il suo senso di responsabilità – a causa del vizio del rosso di cacciarsi nei guai – con Malfoy sentiva venisse stimolato maggiormente il suo intelletto.

Resosi conto che dopo quel bisbiglio di meditazione, il Serpeverde avesse iniziato a fissarla in silenzio, Hermione, per stemperare la situazione, aggiunse:

« Il che è un bene, perché altrimenti li avrei strangolati entrambi già al primo anno »

Malfoy, che vedendola inizialmente così assorta nei suoi pensieri aveva sperato volesse dirgli qualcosa di importante, sgranò per un secondo gli occhi oltraggiato.

« Ricorda che stasera ho con me la bacchetta e che non ci metto niente ad usarla contro di te » replicò stizzito per nascondere la propria delusione.

Senza nemmeno attendere risposta, riprese a camminare a passo di marcia, lasciandola indietro. Hermione lo guardò andare via stupita: dalla postura rigida delle spalle e dalle braccia contratte capì di averlo innervosito.

« Malfoy! » lo chiamò alzando la voce.

Ma Draco non diede segno di averla sentita, e la grifona gli corse dietro confusa.

« Che ti è preso? » gli domandò.

« Niente » replicò atono il biondo.

« Non prendermi per scema! » si offese Hermione.

Dal fondo del corridoio buio, dove doveva esserci l'entrata per il dormitorio di Tassorosso, una risata sinistra li fece bloccare entrambi, e quando una zucca fluttuante sbucò fuori dal nulla, Malfoy si parò davanti alla ragazza per attaccare la cosa.

« Attenta! » alzò la voce.

La Granger, attonita, rimase a guardare stralunata il Serpeverde di fronte a lei scagliare un incantesimo di protezione.

Stava sognando, oppure Malfoy l'aveva appena difesa? Ripensò d'istinto ad inizio anno, quando un ignoto fece scoppiare nei corridoi dei fuochi-insulta-chi-vuoi dei Tiri Vispi Weasley: nemmeno Ron si era dimostrato tanto protettivo nei suoi confronti in quell'occasione, e si dia il caso che al tempo i due fossero fidanzati.

Ma fu questione di un paio di secondi. Tra tutti quei rumori ovattati, uditi come se fossero stati lontani, ne emerse uno familiare: una risata.

Non era acuta e isterica come quella sentita la sera in cui ricevette la sua punizione, ma la memoria poteva anche star ingannandola. Sguainò la bacchetta da una tasca, e con un gesto secco spinse da parte il rampollo di casa Malfoy.

« Tu! » berciò contro un punto indefinito dell'androne non illuminato, da dove proveniva il tanto detestato sghignazzo.

Balzò in avanti, decisa ad acciuffare quel mascalzone che si era preso gioco di lei, lanciando incantesimi alla ceca.

« Granger, che diamine fai?! » gli domandò Draco.

Hermione lo ignorò. Occupata com'era, nemmeno si accorse che, quel che illuminò la luce delle sue fatture, non fossero affatto degli esseri umano. Differenza che non sfuggì affatto a Malfoy, e intuendo che la ragazza stesse attaccando più per un fatto personale, che per una vera sensazione di pericolo, con dei rapidi gesti fluidi del braccio e dei limpidi “Reducto”, mandò in frantumi qualcosa che sporcò tutto il pavimento.

La Granger, invece che ringraziarlo gettandosi ai suoi piedi, lo guardò arrabbiata.

« Era mio » sibilò arrabbiata.

« Si può sapere che accidenti ti è preso?! » alzò la voce il biondo infuriato.

« Pensavo fosse lo stesso ragazzo che mi ha fatto prendere una punizione! » si giustificò Hermione, come se la sua mossa fosse stata del tutto normale.

Con nonchalance illuminò il pasticcio creatosi sul pavimento di fronte ai dormitori giallo e nero.

« Hanno stregato solo delle zucche » borbottò lei.

« Poteva essere qualcosa di più pericoloso » la rimproverò Malfoy.

« O magari uno dei tuoi! »

« Cosa? » chiese spaesato il Serpeverde.

« Quando l'altra volta ho inseguito quel ragazzino per mezza scuola, mi ha portato nei sotterranei » si inalberò la Granger, incrociando le braccia al petto.

« E questo cosa vorrebbe dire? » replicò l'altro, punto sul vivo.

« Che qualche tuo compagno di casa ha deciso di giocarmi uno scherzo »

Hermione, che proprio non poteva sopportare l'idea di lasciare in giro tutta quella sporcizia, che avrebbe ripulito qualche povero elfo domestico, agitò la bacchetta per far sparire i i frantumi e i semi riversati sul suolo.

« Quindi se fossi ritardato mi chiamerei Potter? »

« Malfoy! »

« Il tuo discorso non ha alcun senso, Granger. Hai almeno visto il suo aspetto? »

Hermione fece per rispondere, ma ricordandosi di non essere riuscita ad intravedere nemmeno che scarpe portasse il colpevole, si zittì.

« No » rispose avvilita.

Malfoy ghignò soddisfatto.

« Allora, per quanto nei sai, potrebbe anche essere stato uno dei tuoi » le disse con voce melliflua.

« No, non è possibile » negò Hermione, scuotendo vigorosamente il capo.

« Io penso di sì. Magari la colpa è proprio della tua amica Weasley, visto che l'anno scorso è stata lei a rifilarti il sonnifero, prima della famosa festa di inizio anno »

Hermione lo guardò a bocca aperta.

Ginny.

L'amica con il quale aveva dormito e condiviso confidenze, quando la signora Weasley la invitava a casa loro; colei che l'aveva sempre difesa dai modi poco fini di Ron, e sul quale non aveva mai trovato nulla di cattivo da pensare. Lei, di cui Hermione si era sempre fidata, le aveva rifilato una pozione soporifera e gliel'aveva tenuto nascosto per tutto quel tempo.

La Granger abbassò lo sguardo ferita.

« Dimmi cos'altro sai » mormorò.

« A dire la verità non so molto di voi Grifondoro – e penso sia meglio così – ma so che è sempre stata lei a distrarti, con dei fuochi d'artificio dei suoi fratelli, la sera della festa di inizio anno » rispose Draco.

Ancora lei. Hermione non poteva credere alle sue orecchie: Ginny Weasley gliel'aveva fatta sotto al naso per così tanto tempo, e nonostante tutto andava

avanti a fare la bella faccia con lei.

« Quindi è plausibile che sia sempre a causa sua, se ti sei messa a rincorrere un qualcuno che non sei riuscita a prendere » continuò Malfoy « cosa ti ricordi di quella sera? »

Hermione lasciò cadere la bacchetta per terra.

Piano piano stava collegando tutti i punti: il sonnifero, i giochi pirotecnici offensivi, e adesso quella misteriosa risatina scomparsa nel nulla.

Ora che ci pensava bene, poi, Ron e Ginny le erano parsi tanto strani nella famosa sera in cui ricevette quella lettera di sfida. Che si trattasse di un'altra diavoleria dei loro fratelli? Se così fosse, allora voleva dire che quei due le avessero ancora nascosto qualcosa di grosso.

Hermione non voleva pensare male dei suoi amici, ma le prove portavano inesorabilmente a loro. Ciliegina sulla torta, poi, ricordava come quella notte la sala comune le fosse sembrata stranamente vuota.

L'unica cosa che non si spiegava era come avessero fatto, Ginny e Ron, a spedirle la lettera anonima essendo davanti a lei.

« Tu sai se i Tiri Vispi Weasley vendono stupidaggini che potrebbero correre in giro ridendo? » domandò Hermione, non rispondendo al quesito del ragazzo.

« E io che ne so? Non compro da quei due » replicò stizzito Draco, voltandosi e riprendendo il normale svolgimento della ronda.

Hermione lo seguì a passo di marcia e gli si parò davanti.

« Supponiamo che tu abbia ragione: come spieghi il fatto che la lettera mi sia arrivata non appena ho messo piede in sala comune? E tu non puoi certo saperlo, perché eri nei sotterranei, ma Ginny e Ron erano proprio davanti a me in quel momento » si impuntò lei.

« Ginny e suo fratello erano con te, ma lo era anche Potter? » chiese il biondo.

« Certamen... »

Hermione si zittì a metà parola: no, Harry era assente.

Per un momento si disse che, comunque, non aveva visto nessuno in giro per i corridoi, ma poi si ricordò del mantello dell'invisibilità posseduto da, appunto, il suo amico. Solo dopo ulteriori ripensamenti si disse che il cercatore non fosse capace di architettare un piano così ben costruito – si parla comunque di un ragazzo abituato a gettarsi a pesce nelle situazioni più pericolose senza prima riflettere, Harry era tutto fuorché calcolatore.

« No » ammise « ma Harry non farebbe mai una cosa del genere. Posso avere dei sospetti su Ginny, ma su Harry proprio no. Mi aveva anche detto che sarebbe rimasto in camera sua! »

Malfoy, dopo un attimo di esitazione, le posò una mano sulla palla e la guardò dritta negli occhi.

« Granger, Granger... voi Grifondoro non riconoscete una balla nemmeno quando evidente » disse enigmatico il biondo, sfiorando con le dita una guancia della ragazza per rabbonirla.

Hermione rimase immobile a guardarlo negli occhi. Quante altre cose le avevano nascosto i suoi amici? Quante bugie le erano state rifilate, con come unico scopo quello di evitarsi tante lagne da parte sua? Ma soprattutto, cosa avevano cercato di nasconderle quella volta?

Malfoy sorrise e la invitò a voltarsi con una leggera carezza della mano, fatta scivolare dal viso, sulla spalla.

« Andiamo, dobbiamo continuare la ronda » le ricordò.

Hermione, con gli occhi bassi per la delusione per il comportamento dei suoi compagni di casa, si avviò in silenzio.

 

 

Nel frattempo, nell'aula in penombra di storia della magia, due Serpeverde su tre dimostravano chiari sintomi di stato di shock. Il terzo era semplicemente convinto che l'ultima boccetta di Whisky incendiario – bevuta in un paio di sorsi prima di mettersi all'opera, giusto per essere sicuro di combinare una grossa e di non essere lucido al cento per cento – gli avesse tirato un brutto scherzo. Convinzione che fu brutalmente demolita non appena incrociò gli occhi dei suoi compagni di malefatta, Daphne e Blaise, che ancora increduli per l'accaduto si fissavano con gli occhi fuori dalle orbite.

« Dunque è tutto vero... » mormorò avvilita Daphne.

« No, no, ragioniamo » disse Blaise.

« Ragioniamo che cosa? Abbiamo visto tutti quel che è successo! » esclamò Theo, scaraventando per terra una clessidra su una mensola vicina.

« Ma magari stiamo mal interpretando » contestò l'altro.

« E cos'è che avremmo frainteso, genio? Insomma l'hai visto pure tu! L'ha difesa, sono arrivati qui che di chissà cosa stessero parlando, e che cos'era quell'accarezzamento di guancia? »

« E' diventato matto... » borbottò Daphne senza rivolgersi a qualcuno nella stanza « Pansy l'ha contagiato... »

« La Granger l'ha contagiato! » si incaponì Theodore.

Nessuno dei due interlocutori aprì più bocca. In piedi con i pugni serrati Blaise, poggiata al muro e con le braccia incrociate Daphne, rimuginavano sulla teoria del compagno di casa.

In effetti era tutto cominciato da quella tristemente nota sera in cui Malfoy pomiciò con la Granger, quando il loro amico aveva scambiato saliva e chissà qual numero di germi con lei.

« Pensate a lui dopo la festa di inizio anno: ha sempre avuto comportamenti strani » continuò Theo.

« Non può avergli attaccato qualcosa, Draco aveva già controllato in biblioteca e non ha trovato nessuna malattia derivante dai babbani che avrebbe potuto infettarlo » lo contraddisse Daphne.

« Allora non avrà cercato bene » replicò ostinatamente Theo « gli deve essere sfuggito qualcosa »

Theodore Nott stava facendo avanti indietro per l'aula con un'aria tormentata, torturato dall'idea di non sapere cosa stesse accadendo all'amico: da quanto tempo andava avanti quel rapporto tra Malfoy e la Granger? Si trattava di banale amicizia, o c'era dell'altro?

« E cosa avresti intenzione di fare? » chiese la bionda.

« Scriverò al San Mungo e gli porrò i miei quesiti, ovvio »

« E se non dovessi cavarne un ragno da un buco? »

« Allora vorrà dire che la mia teoria sarà una stupidaggine »

« Un po' come tutte, insomma... » brontolò Daphne, che piano piano stava recuperando la sua lingua biforcuta.

Blaise, rimasto in silenzio e con lo sguardo fisso sul pavimento, soppesava con attenzione quanto appena detto dall'amico: Theo poteva avere ragione, ma non avendo alcuna qualifica da medimago – ed essendo anche terribilmente pigro riguardo a tutto ciò che comportava un minimo di cultura – era notevolmente più probabile che avesse appena dato libero sfogo a tutta la sua ignoranza. Ma questo non glielo avrebbe mai detto, intimorito dall'idea che per una volta Nott avesse ragione, e che glielo avrebbe rinfacciato per il resto della sua vita.

« Ci conviene tornare al dormitorio, se Draco dovesse tornare e non ci trovasse si insospettirebbe » concluse sospirando Blaise, abbassando la maniglia della porta e andandosene.

 

 

 

 

Di ritorno alla torre, Hermione a malapena rivolse la parola a Ron, che nemmeno si accorse del suo silenzio. Trovarono la sala comune colma di tutti i loro compagni di corso, che in assenza di sonno avevano scelto di rilassarsi – più o meno – in compagnia.

Ginny e Dean stavano ancora discutendo in un angolo; Harry e Seamus, circondati da una piccola tifoseria composta da studenti di ogni anno, giocavano al miniquidditch. Nessuno di loro si accorse del loro arrivo, tranne Lavanda e Calì, che appostate proprio vicino all'ingresso, erano state le uniche a vederli superare il quadro della Signora Grassa.

« Ciao, Ron! Ciao, Hermione! » li salutò allegramente Lavanda.

Calì, invece, si limitò ad un cordiale gesto della mano. A volte la caposcuola aveva come la sensazione che la Patil non covasse molta simpatia nei suoi confronti, specie negli ultimi tempi – il che non poteva che dispiacerla, dal momento che non aveva proprio idea del perché di tutto quel rancore nei suoi confronti.

Una volta date le spalle alle due ragazze, che come di consuetudine avevano ripreso a parlottare tra loro, spostò gli occhietti da un amico all'altro, indecisa se fare una scenata o se invece ingoiare il rospo fino a quando non avrebbe trovato la prova che li inchiodava tutti.

Ron corse dal suo migliore amico e la caposcuola fulminò con lo sguardo Ginny, ancora inviperita dalle notizie da poco udite; infine spostò lo sguardo su Harry e il “re”.

Era stata tradita dalla sua stessa famiglia, da coloro che le avevano sempre voluto bene, e tutto per poter prendere parte a festini illeciti.

Con il capo alzato, Hermione si incamminò verso le scale delle camerate femminili, e Seamus, che alzando lo sguardo l'aveva vista camminare con il muso lungo, le chiese:

« Hermione, tutto bene? »

« Benissimo » replicò gelida la ragazza, prima di riprendere la propria camminata.

Sospesa momentaneamente la partita di miniquidditch – causa: l'inaspettato malumore della Granger – Seamus guardò Ron come a chiedergli: “ma che le prende?”. Weasley fece spallucce.

« Era in ronda con Malfoy, sarei nervoso anche io »

 

Hermione salì i gradini con rigidità, nel forzato tentativo di mantenere la calma, e una volta giunta nella sua camera si richiuse la porta alle spalle con un tonfo sonoro.

Camminò diverse volte qua e là per la stanza per sfogare la propria tensione, ma non riusciva a pensare ad altro che allo scherzo giocatele chissà quante altre volte, e chissà per quali scandalose ragioni.

Voi Grifondoro non riconoscete una balla nemmeno se evidente

Quante altre cose le erano state celate?

Non avrebbe mai giurato di dirlo, ma Malfoy aveva ragione. Non aveva mai fiutato alcuna grande bugia. Che sciocca!

Hermione, poi, ripensando all'ultimo colpo basso, giocatole per nascondere qualcosa che non aveva ancora scoperto e che le era valsa una bella punizione, si ricordò della teoria del Serpeverde e dell'aggeggio dei Tiri Vispi Weasley. Afferrò una pergamena nuova, lisciò alcune pieghe stropicciate, e si sedette per terra per mettersi all'opera.

Ma come iniziare la missiva?

 

“Cari gemelli Weasley,

vi scrivo per...”

 

No, troppo confidenziale.

 

Gentili Tiri Vispi Weasley...”

 

Nemmeno. Fred e George avrebbero riso davanti un inizio così. Hermione si spremette le meningi: la lettera non doveva sembrare scritta di suo pugno, poiché temeva che altrimenti la voce sarebbe trapelata a Ginny e Ron, e allo stesso tempo non doveva sembrare troppo formale, poiché i gemelli avrebbero dovuto credere di star parlando con una ragazzina. Finse quindi di star scrivendo ad un alunno qualunque di Hogwarts, a proposito di un argomento per lei interessante.

Sprecò ben cinque pergamene prima di giungere ad un risultato apprezzabile, che il giorno dopo avrebbe spedito utilizzando un gufo della scuola.

 

“Ai Tiri Vispi Weasley,

vorrei organizzare uno scherzo a Piton. E' stata fatta una beffa simile ad una caposcuola, che è stata attirata fuori dal dormitorio da qualcosa che faceva baccano e correva.

Avete venduto voi questo prodotto? E se così fosse, quanto costerebbe?

Penelope Lungs, quarto anno, Grifondoro”
 

***
Ehilà, bimbi belli! Rieccomi con un nuovo capitolo ;)
Sono momentaneamente tornata a dedicarne uno intero a ciò che succede in una singola serata, e devo dire che mi era mancato farlo. 
Alcune cose me le sono dovute inventare di sana pianta (e in quale fanfiction non accade? Starete dicendo voi. Beh, nel mio caso ho cercato in OGNI sito più attendibile dedicato al mondo della Rowling, ma non ho trovato ciò che cercavo), e spero non risultino troppe forzate. Ad esempio non ho la benché minima idea di dove si trovi l'aula di storia della magia, né di quale sia il suo aspetto, ma per un fatto di comodità ho ipotizzato si trovasse al piano delle cucine. 
Inoltre, anche se so che facendolo notare è come tirarsi da sola la zappa sui piedi, vorrei scusarmi per eventuali errori in fatto di nomi o avvenimenti successi nei libri originali: 
a) io ho letto la nuova versione, dove alcuni nomi sono stati stravolti. Come quelli dei Tassorosso, che è stato stuprato e tramutato in "Tassofrasso", o il Platano Picchiatore che è diventato il "Salice Schiaffeggiante" (dolore...);
b) su questo sito ho letto ff talmente belle e coinvolgenti, che penso di essere stata risucchiata in un "effetto Mandela" e di confondere alcuni passaggi originali con quello delle suddette ff;
Mi scuso quindi per eventuali strafalcioni e vi invito a farmeli notare, visto che disturbano anche me :)

Ma lasciamo stare le comunicazioni di servizio e torniamo a noi: 
Hermione è piuttosto ferita dalle nuove rivelazioni di Malfoy, insomma: chi non lo sarebbe? Ma come pensate che si comporterà nei successivi capitoli? Quando e se scoprirà che dietro ad ogni sua sventura si celano i suoi amici, pensate che darà di matto? O invece, in nome della loro amicizia, cercherà di mandare giù il rospo e, in un certo senso, dimostrarsi comprensiva?
E i tre Serpeverde che hanno assistito alle conversazioni tra i due caposcuola resisteranno al duro colpo, o invece cominceranno ad evitare Draco? Gli chiederanno spiegazioni, o invece non toccherranno l'argomento?
Inoltre, come vi è sembrato il capitolo? L'attesa ne è valsa la pena, o invece vi aspettavate di meglio? 
Non siate timidi e fatemelo sapere! 
Alla prossima, 
Lily :*

 

 

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Capitolo 23
*** Would you like to tell me something? ***


Un veloce riassunto dei capitoli precedenti - avviso a fine capitolo: 
Dopo essere rimasti avvelenati da una pozione d'amore proveniente da Magie Sinister durante una festa clandestina, Hermione e Malfoy continuano ad accusare segretamente dei sogni strani in cui è perennemente presente l'altro. Con il passare del tempo, i due finiscono per abituarsi alla presenza del loro giurato nemico e questi, da incubi imbarazzanti che nessuno racconterebbe mai con piacere, finiscono per divenire rituali del tutto normali. 
E mentre i due caposcuola finiscono per avvicinarsi e coltivare una timida amicizia - comunque condita da dispetti e battibecchi - Harry, Ron, Anthony Goldstein, Padma Patil e Ginny, tramano alle spalle di Hermione per organizzare un'altra festa alla Stamberga, ancora più illegale della prima. 
Malfoy finisce, a suo malgrado, per invaghirsi della Grifondoro, mentre questa, ancora ignara di tutto, continua la propria vita senza saper interpretare alcuni suoi gesti - apparentemente inspiegabili - nei confronti di Draco. Nel frattempo, dei confusi Theodore Nott, Blaise Zabini, e Daphne Greengrass, non riescono proprio a capire cosa turbi così tanto l'amico.
Harry e compagnia sono riusciti a trovare quasi tutti gli incantesimi necessari a fare della Stamberga la loro personale discoteca privata, ma un'altra avversità si para di fronte a loro: come faranno ad assicurarsi che la cara Hermione non abbia colpi di testa e decida di presentarsi per cacciarli tutti, mettendo a rischio la propria incolumità?
La Grifondoro, nel frattempo, finita in punizione dopo essere stata attratta fuori dal dormitorio e dopo il coprifuoco con una trappola pensata da ignoti, trova in biblioteca un libro molto interessante che potrebbe aiutarla a capire un po' meglio alcune cose: "Di sogni e di desideri". 
Quella stessa sera, la notte del trentun ottobre, prefetti e caposcuola si riuniscono per le usuali ronde notturne e Malfoy e la Granger finiscono insieme. 
Nel capitolo precedente: Hermione e Draco, che ormai si è rassegnato al triste destino di provare attrazione per la ragazza, controllano il piano dei Tassorosso con punzecchiandosi come tra amici e, talvolta, con le classiche situazioni imbarazzanti che si potrebbero avere con qualcuno che, invece, vorresti fosse qualcosa di più.
Daphne, Blaise e Theodore organizzano uno scherzo con delle zucche stregate ai Tassorosso che fallisce clamorosamente e, quando Malfoy  si para davanti alla Granger per difenderla da queste, i tre Serpeverde sprofondano nella disperazione.


***

 

Quattro ragazzi, seduti al tavolo dei Serpeverde, stavano mangiando senza rivolgersi la parola.

Malfoy canticchiava sereno mentre, ignaro dello sguardo fisso dei suoi amici su di lui, mischiava delle gocce di cioccolato al suo porridge. Una spensieratezza che a memoria di Serpeverde non si verificava da quando Potter era finito in infermeria, al secondo anno.

La melodia intonata si ripeteva in continuazione, interrompendosi solo quando il ragazzo si portava alla bocca del cibo, incrementando il livello di tensione tra i presenti.

Daphne mescolava con movimenti rigidi e ripetitivi un cucchiaino di argento – proveniente dall'argenteria di casa sua, perché col cavolo che si sarebbe mai abbassata ad usare banali stoviglie scolastiche – nella sua tazza di the e latte, e con occhiate furtive controllava il compagno di casa accanto a lei. Non gli aveva ancora rivolto la parola.

Theodore Nott invece beveva un caffè amaro con gli occhi fissi sul tavolo, piangendo mentalmente per la scorta di alcolici terminata e per la grama fine del suo amico; tra l'altro, ora che ci pensava, tutto quello sconforto era stato provocato dalla medesima persona.

L'unico a mantenere una parvenza di tranquillità – ma solo perché convinto di aver travisato tutto – era Blaise, con una tranquillità degna di un monaco buddista, intingeva nel suo latte speziato dei biscotti alla panna. A causa della sua completa assenza di sbigottimento, il ragazzo si era beccato diverse gomitate da Theo, che sperava quasi in un suo intervento nella questione.

Blaise l'aveva sempre ignorato, così come non aveva dato peso al fastidioso e poco elegante raschiare di gola di Daphne. Insomma, se proprio ci tenevano, che facessero loro stessi le domande del caso a Malfoy!

Con altrettanta pacatezza e noncuranza per i sempre più insistenti segnali dei suoi amici, Zabini afferrò una fetta biscottata e un coltello, per poter raccogliere della marmellata di arance rosse.

Ma mentre la spalmava, un colpo secco al braccio da Nott gli fece cadere la fetta – proprio dal lato della confettura. Scocciato, Zabini picchiò gli avambracci con aria scocciata contro la superficie del tavolo e fulminò i due, che gli facevano cenno con gli occhi e con lievi movimenti del capo di parlare con Draco.

Blaise sospirò: era davvero una sventura essere l'unico mago intelligente.

Deciso a porre fine a quella pagliacciata e poter finire la propria colazione senza ulteriori interruzioni, fece un profondo respiro prima di aprire bocca.

« Sembri felice »

Malfoy, troppo distratto perfino per accorgersi di quanto accaduto attorno a lui fino a quel momento, o anche solo per cogliere l'ironia nella voce del compagno di casa, andò avanti a fischiettare.

« Lo sono »

Theo e Daphne si scambiarono due sguardi ansiosi.

« E si può sapere perché? »

« Non ci si può semplicemente svegliare con il piede giusto? »

Malfoy, riprendendo a canticchiare, allungò una mano e afferrò una generosa quantità di noci tritate.

« Sì, per carità, buon per te... » cominciò Blaise « ...ma è successo qualcosa, ieri sera, per rallegrarti così? »

A Theo andò di traverso il caffè e Draco, che stava avvicinando alle labbra un cucchiaio di porridge, si bloccò con il suddetto a pochi millimetri dalla sua bocca spalancata. Dopo un primo istante, in cui guardò negli occhi ognuno dei suoi amici – scoprendo di avere davanti tre espressioni differenti tra loro – Malfoy abbassò il braccio.

« Avanti: cosa mi volete chiedere in realtà? » li esortò a parlare.

Blaise si finse sorpreso.

« Niente, ho solo fatto una domanda- »

« Quando mai mi hai chiesto come sia andata una ronda? » lo interruppe il biondo.

Daphne, sebbene la sua dieta stringata le impedisse di mangiare più di un cioccolatino al giorno, ne artigliò almeno cinque e li mangiò tutti uno dopo l'altro.

« Non esagerare, a inizio anno ti ho aspettato per sapere cosa fosse successo »

« Sì, quando ho dovuto cominciare a pulire con la Granger » l'accusò Malfoy.

Al caposcuola non occorse molto per unire i punti: il comportamento strano dei compagni di casa, le zucche stregate – che, guarda caso, erano state rubate giorni addietro dai medesimi – e le domande insolite.

Era stato visto, non aveva alcun dubbio in merito, solo non sapeva definire con certezza cosa avessero inteso i suoi amici.

Draco fece schioccare la lingua contro il palato, indeciso su come abbordare un discorso scomodo a tutti – lui per primo – e strinse nel pugno il manico del cucchiaino di porcellana.

« Dovete dirmi qualcosa? » domandò, cercando di trattenere tutto il fastidio provato dalla consapevolezza di essere stato colto in fallo.

Le risposte che ricevette furono una serie di colpi di tosse, schiarirsi di gole e sguardi sfuggenti che il biondo interpretò come taciti assensi.

« Sei uscito di senno? » gli domandò Daphne, che dopo un lungo silenzio si era fatta coraggio ed era riuscita ad esprimere ciò che realmente pensava.

Non era una codarda, ma l'argomento in questione le metteva una certa ansia. Oltre che una buona dose di disgusto.

« Oh, adesso abbiamo ritrovato la lingua? » replicò tagliente il biondo.

La ragazza, capendo che Malfoy stesse cercando di cambiare discorso colpendola sul vivo, non si fece distrarre dal proprio orgoglio ferito e si impegnò a non soffermarsi troppo sul fatto che l'altro le avesse implicitamente dato della pusillanime.

« Non funziona, Malfoy » sputò infatti lei « con chi credi di avere a che fare? »

Colto in castagna, Draco sollevò gli occhi al cielo e allontanò offeso la ciotola di porridge: all'improvviso aveva perso l'appetito.

Valutò anche l'idea di chiudersi in un ottuso silenzio e andarsene, ma era sicuro che non sarebbe riuscito a sottrarsi troppo facilmente da ulteriori domande. In più non era nemmeno sicuro di poter sfilare via senza beccarsi una fattura alle spalle: cadere di faccia nel fango davanti a Nott, Potter e Weasley era un conto, perdere gli incisivi davanti l'intera Sala Grande era tutta un'altra questione.

Con il broncio tipico di un undicenne capriccioso, Malfoy incrociò le braccia al petto, e Daphne interpretò il gesto come un invito a ricominciare a dar di matto.

« Sul serio, sei diventato matto? »

Nessuna risposta.

« Ci vuoi davvero così male? »

Ancora nessuna risposta.

« Pensavo che la perversione di Theo per le Tassorosso fosse già abbastanza degradante, ma la tua per la- »

Blaise, intuendo che la compagna avrebbe finito per strillare il nome della Granger per la frustrazione, cominciò a tossire rumorosamente, e Nott – nell'impacciato tentativo di serrarle le labbra nel momento sbagliato – le cacciò la punta di un paio di dita nella bocca.

La Greengrass, disgustata, sputò poco elegantemente nella prima cosa non sua che si trovò davanti – ovvero il piatto di Theodore – e quest'ultimo, occupato a pulirsi velocemente le falangi umide di saliva, non fu abbastanza veloce nel strapparglielo dalle mani.

« CHE SCHIFO! » strepitò il ragazzo, facendo voltare almeno mezza tavolata verde-argento.

Improvvisamente Malfoy non era più al centro dell'attenzione.

« Sei impazzito pure tu?! Come ti permetti di tapparmi la bocca?! » ribatté oltraggiata Daphne, attirando ulteriori sguardi e dando il via ad una lite con il compagno di casa.

Draco, che non era certo scemo, colse al volo l'occasione per sgattaiolare via. Era certo che non avrebbe potuto farla franca tanto velocemente, ed era anche piuttosto certo che quell'innocente – ma al contempo sconvolgente – intimità con la Granger l'avrebbe perseguitato.

 

 

 

 

Ron non aveva la più pallida idea del perchè Hermione fosse tanto accigliata.

D'accordo, le era toccato vigilare i corridoi assieme a Malfoy la notte di Halloween, ma non poteva immaginare che fosse andata così tanto male.

Insomma, per avere ancora il muso così lungo doveva averla fatta andare su tutte le furie.

A colazione, la caposcuola a malapena aveva rivolto loro la parola, limitandosi ad esprimersi a monosillabi e versi; durante la lezione di Difesa Contro le Arti Oscure aveva preferito sedersi tra Neville Paciock e Seamus Finnigan; e a Erbologia non aveva fatto altro che fornire risposte sbagliate, ogni qual volta lui o Harry le chiedevano delucidazioni.

Alla terza ora, durante Trasfigurazione, Ron – riuscito a metterla all'angolo e sedersi vicino a lei – si decise a rompere il silenzio.

« Hermione? » la chiamò con cautela.

Al solo sentire la sua voce, la ragazza sospirò profondamente.

« Sì, Ronald? »

Allarme arancione: se la Grifondoro era arrivato a nominarlo con l'intero primo nome di battesimo, allora voleva dire che era veramente indisposta. E questo, Ron, dopo la sua relazione con lei lo sapeva benissimo.

« Va tutto bene? » le chiese con delicatezza, quasi si stesse rivolgendo a qualcuno pronto a esplodere.

Hermione sperò quasi che la Mcgranitt si voltasse a guardarli e che lo zittisse lei al posto suo.

Ovvio che non andava tutto bene! Perché i ragazzi – Ron in primis – dovevano essere tutti così tonti? Come facevano a trovare il coraggio di domandarle una cosa così scontata?

Non ricevendo risposta, il “re” andò avanti:

« Ti vedo piuttosto silenziosa, e mi sembri anche arrabbiata... »

Un premio per Weasley e il suo occhio di falco, si disse sarcasticamente Hermione.

« ...E' andata così male la ronda di ieri sera? Vuoi raccontarmi qualcosa? »

Oh, questa era proprio bella!

Le narici di Hermione cominciarono a fremere.

Lui le aveva tenuta nascosta una festa, la bravata della sorella in cui l'aveva mandata a terra con un sonnifero, quella dei fuochi d'artificio e molto probabilmente anche quella che le aveva fatto perdere venticinque punti e prendere una punizione, ed era lei quella che doveva dirgli qualcosa?

Hermione era indignata. Anzi, peggio: era Oltraggiata.

Ruotò la testa con inquietante lentezza, simile a quella di un film horror; il viso contratto in una smorfia collerica e le narici tremanti.

Ron non l'aveva mai vista tanto furibonda.

« Affato. Tu invece devi dirmi qualcosa, Bilius? »

Ora l'allarme era color rosso fuoco: Hermione aveva tirato in ballo il suo secondo nome. Una parola di troppo e avrebbe guardato in faccia la morte.

Ron negò con il capo, e gli occhi di Hermione mandarono lampi.

« Proprio come immaginavo » borbottò sottovoce lei, dando un colpo secco di bacchetta e trasformando un topolino di granaio in un usignolo.

Il prefetto si guardò alle spalle, trovando immediatamente lo sguardo preoccupato di Harry, e sollevò le spalle.

Niente da fare, ancora non si sapeva perchè Hermione fosse tanto alterata.

 

Fuori dall'aula di Trasfigurazione, un piuttosto sospetto Terry Steeval attendeva Harry Potter; un'amicizia non nuova al resto di Hogwarts, ma che agli occhi della Granger appariva parecchio insolita.

Insomma, cosa cavolo doveva dirgli di così importante?!

« Ciao, Hermione » salutò il Corvonero, con la classica ingenuità di chi non sa cosa stia accadendo in quel momento.

« Ciao, Terry. Aspetti qualcuno? » gli domandò Hermione con tono inquisitorio.

Il ragazzo, appartenente alla casa dei saggi e, di conseguenza, mica scemo, capì immediatamente di aver appena fatto un passo falso. Non aveva idea del perché di tutta quella curiosità da parte della grifona ma non poté fare a meno di maledirsi da solo. La volta successiva avrebbe approcciato Potter negli spogliatoi di Quidditch, sebbene fosse una mossa facilmente equivocabile.

« Ehm, sì... » rispose incerto il corvo.

« Ehi, Terry! »

L'arrivo di Harry poteva essere considerato sia una disgrazia, che un autentico colpo di fortuna. La Grifondoro si voltò di scatto verso il compagno di casa, che speranzoso le rivolse un sorriso non ricambiato.

Hermione, per un motivo a lui sconosciuto, aveva deciso di essere arrabbiata con lui.

« Harry, amico mio... » ridacchiò nervosamente il Corvonero, continuando a guardare con occhi spaventati la ragazza « ...ti stavo cercando »

« Ah sì? »

« Ah sì? » ripeté la Granger, lasciando trasparire un tono molto poco sorpreso.

Terry si sentiva come se stesse camminando su un filo sospeso nel vuoto e, a giudicare dall'espressione spaesata del compagno Grifondoro, la caposcuola doveva essere in quello stato da un po'.

« Sì... » continuò Steeval « Padma ti stava cercando »

« Davvero? Per dirmi cosa? »

In quel preciso istante, Terry Steeval ebbe chiaro come mai il Cappello Parlante non avesse smistato il cercatore in Corvonero; insomma, come non afferrare al volo il concetto che fosse una bugia?!

« Non lo so, ma dovresti seguirmi, sembrava aver davvero bisogno di te »

Quasi avesse afferrato solo ora chi stesse ascoltando Harry esclamò:

« Oh! Padma... »

La caposcuola spostò velocemente gli occhi da Terry al compagno di casa.

« Sì, certo... arrivo subito. Non aspettarmi, Hermione, sarò indietro in un battibaleno » disse sempre lui, allontanandosi alla svelta in compagnia del corvo.

 

 

 

 

Malfoy ebbe giusto un paio d'ore di tempo per tirare un sospiro di sollievo: ancora arrabbiati per la questione dello sputo, Daphne e Theo avevano focalizzato su di loro le reciproche attenzioni.

Ma non appena Serpeverde e Grifondoro si ritrovarono a dover condividere la stessa sorte nella serra di Erbologia, ecco ripresentarsi quella loro espressione a metà tra il raccapricciato e il costernato.

In più, come se la consapevolezza di essere con le spalle al muro non fosse un fardello abbastanza gravoso, Pansy si era strategicamente piazzata ad un paio di vasi di distanza.

Si era torturato così tanto le dita, scrocchiandole e picchiettandole in giro, che adesso Draco sentiva fastidio anche solo a piegarle.

Quindi, riassumendo: aveva su di sé il costante sguardo dei suoi amici – che probabilmente stavano iniziando a vagliare l'idea di sopprimerlo – della sua squilibrata ex ragazza, e un lieve dolore alle mani. L'unica sua consolazione proveniva dalla fazione rosso e oro, dove Hermione Granger e la sua silenziosa collera continuava a rispondere male a quelli che una volta erano ciechi amici.

Draco era proprio curioso di vedere come avrebbe risolto la questione del tradimento. Nel frattempo però, come aveva avuto modo di appurare anche a colazione, la ragazza sembrava essere riuscita a trattenersi e non sbottare in faccia ai Weasley e a Potter. Hermione stava covando tutto il proprio rancore all'ombra.

Malfoy sorrise compiaciuto e Daphne, vedendolo lanciare un'occhiata ai Grifondoro, si schiarì la gola contrariata. Quando il biondo si voltò per guardarla con una smorfia infastidita, lei gli fece di no con il capo, quasi si stesse rivolgendo ad un bambino capriccioso.

 

Hermione, le cui narici fremevano incessantemente ormai da ore, cercava disperatamente di non sbottare e mettersi a urlare contro Harry e Ron. La lettera falsa a Fred e George era stata spedita appena qualche ora prima e, pertanto, non era ancora sicura che l'aggeggio che l'aveva fatta correre qua e là per la scuola provenisse da quel negozio. Non aveva prove che collegassero Ginny, Ron e Harry a quella pugnalata, ma aveva come la sensazione che per una volta Malfoy le avesse aperto gli occhi.

Le avevano già alterato una bevanda, perché non farle perdere tempo dietro ad uno scherzo per una seconda volta?

« Hermione, ti andrebbe di venire con me a trovare Hagrid? » le domandò Harry con un sorriso conciliante, nell'improvvisato tentativo di rabbonirla.

La caposcuola, per tutta risposta, lo incenerì con lo sguardo e finse di non aver udito nulla: era troppo arrabbiata per poter fare buon viso a cattivo gioco così come avrebbe invece fatto Draco, e fingere di non avercela con lui.

Hermione guardò in direzione di Malfoy e, quando questo le fece un mezzo sorriso – uno di quelli compiaciuti e furbi – lei gliene restituì uno appena accennato e si portò una ciocca ribelle, sfuggita dalla stretta dell'elastico usato per fare una trasandata coda di cavallo, dietro l'orecchio.

Sinceramente impressionata dal fatto che il Serpeverde avesse per una volta deciso di fare un'opera di bene e tirarla fuori dall'ignoranza in cui viveva, la grifona si guardò la punta delle scarpe e sollevò gli angoli della bocca.

 

 

 

 

La sua relazione era divenuta a dir poco disastrosa, una trappola opprimente che la stava facendo diventare matta.

Dean non era più quello di una volta. Il focoso e intrepido amante di un tempo, ora era paragonabile al vecchio Kreacher: sempre indisposto, pronto alla lite e reticente a fare favori – con l'unica differenza che, nel suo caso, a Ginny non sarebbe bastato propinargli un calzino sporco e rassegnarsi a dover fare le proprie faccende da sola.

La rossa era stata felice con lui, e il fatto che adesso, senza ragione apparente, costui si comportasse come un cane troppo possessivo col proprio osso la rattristiva. Ma, ovviamente, questo non lo avrebbe mai lasciato intendere a quel vermicolo di fidanzato.

Per esempio, quella sera avrebbe voluto sedersi attorno al fuoco, con Hermione da una parte e Harry dall'altra, ma invece la caposcuola si era accucciata da sola su una poltrona per leggere un manuale dei sogni, e Harry veniva prontamente interrotto sette volte su dieci. E dopo almeno quindici minuti immobilizzata dalla stretta soffocante di Dean – che a quanto pareva stava cercando di imitare la piovra gigante del Lago Nero – per Ginny il tutto era stato semplicemente troppo.

Con una secca scrollata per liberarsi, la Weasley si alzò e si voltò a guardare con occhi fiammeggianti Dean Thomas.

« Io non ti sopporto più »

Harry sgranò gli occhi stupito, Dean rimase a bocca aperta e tutti i presenti nella sala si zittirono per ascoltare meglio.

« Ginny, tesoro, siediti... »

« No! » si oppose la Grifondoro « io non riesco proprio a capirti, Dean! perchè fai così? » si impuntò.

« Così come? » le domandò abbassando la voce il ragazzo, cercando inutilmente di tentare di farla riaccomodare sul divano.

Ginny, non appena il compagno di casa le posò una mano sul braccio, lo scacciò via malamente e fece un passo indietro.

Gli altri grifoni, che avevano momentaneamente messo da parte tutte le loro faccende e sospeso tutte le partite di Gobbiglie e Sparaschiocco in corso, li guardavano con interesse. Lavanda Brown e Calì Patil smisero di mettersi lo smalto solo per assicurarsi di non perdere nessun particolare succoso.

A Harry sembrò invece di essere tornato ai tempi della relazione tra Hermione e Ron, quando si ritrovava in mezzo ai loro litigi.

« Non fare il finto tonto, sono settimane che mi stai col fiato sul collo! » l'accusò la rossa.

Ma davanti alla faccia di bronzo del fidanzato – che certo non poteva parlare davanti a tutti della sua gelosia verso Potter – la giovane inveì:

« Ecco, sei anche stupido! Ha ragione Hermione: voi maschi siete tutti dei cretini! » abbaiò puntando il dito verso gli individui di sesso maschile nella stanza.

Ginny girò i tacchi e si precipitò su per le scale dei dormitori femminili, inseguita da un dispiaciuto Dean Thomas che riuscì giusto a salire una scarsa decina di gradini, prima che essa si trasformasse in scivolo.

 

 

Hermione replicò con tranquillità quando, più tardi, qualcuno picchiettò sulla porta di camera sua, ma non appena vide sbucare la zazzera color rame della piccola Weasley si irrigidì sul posto.

« Hermione, ti disturbo? » le domandò per pura cortesia la ragazza.

La caposcuola nemmeno si disturbò a risponderle, consapevole che tanto la ragazza sarebbe entrata in qualsiasi caso. Richiuse “di sogni e di desideri” - dove aveva appena appreso con interesse delle fasi del sonno e di alcuni disturbi più comuni – e lo poggiò sul comodino accanto al letto.

« Devi dirmi qualcosa? » le domandò con freddezza, tanto per dare un'ultima possibilità all'altra.

La rossa, che si lasciò cadere sul materasso senza alcuna grazia, non capì dove volesse arrivare e sbuffando replicò:

« Ho appena litigato con Dean davanti a tutti »

Hermione sollevò il sopracciglio destro, lanciando all'amica uno sguardo arrabbiato.

Ginny si lanciò in un lungo e dettagliato resoconto del suo bisticcio in sala comune, delle sue emozioni e delle reazioni del suo fidanzato, che ogni tanto sentiva chiamarla dal fondo delle scale. Hermione rimase per tutto il tempo con braccia e gambe incrociate sul letto, con un'espressione scocciata in volto e con le narici che, di tanto in tanto, prendevano a tremare.

La Weasley non capì perché l'amica la guardasse torva o il motivo che la spingeva a porle sempre il medesimo quesito con tanta insistenza:

« Mi devi dire qualcos'altro? »


***

Wow! E' passata una vita! Dove sono stata per tutto questo tempo? A disperarmi. 
Scherzi a parte, è stato un periodo moooolto stressante per me, in più ci sono stati una serie di fattori che mi hanno portata ad accantonare questa ff per mancanza di ispirazione e di voglia. 
Già, per tutti questi mesi non sono riuscita a buttare giù mezza riga (questo capitolo infatti era già pronto qualche settimana dopo la pubblicazione dell'ultimo, ma non sono mai riuscita a trovare la motivazione per correggerlo e pubblicarlo) e non sono mai riuscita a rientrare nell'ottica di scrivere una fanfiction. Aggiungete poi stress mio per motivi vari e capirete perché io sia sparita. 
Mi dispiace davvero tanto avervi lasciato senza niente per così tanto tempo però. Per uno scrittore (o qualunque cosa io sia lol) è davvero gratificante ricevere dei pareri e vedere che le persone seguono con piacere la propria storia, perciò non pubblicare nulla mi è sembrato un po' come mandarvi a letto senza cena o robe simili, ma proprio non sono mai riuscita a trovare l'ispirazione che mi consentisse di continuare la storia. 
Ora vi starete chiedendo: "ma Lily, quindi Poisoned finisce qui?" 
No, non voglio farla finire qui. Però non vi assicuro che pubblicherò con frequenza come un tempo... d'ora in avanti non ho proprio idea di quanto riuscirò a starle dietro, quindi potrebbero anche volerci dei mesi, ma mi auguro di portare a termine questa ff. Anche perché ho in mente finale e tutto, sarebbe davvero un peccato accantonarla. 

Ho finito tutto quello che avevo da dire, quindi ora passo la parola a voi: come vi è sembrato questo capitolo, che ci ha messo una vita ad uscire? L'attesa ne è valsa la pena o invece siete rimasti delusi? Se sì, perché? Quali effetti avrà il libro dei sogni su Hermione? E i tre Serpeverde manderanno Malfoy da uno psicanalista? 
Passo e chiudo,
Lily:*

 

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