BWID- Barian World in Danger

di eli_mination
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** Broken Back ***
Capitolo 3: *** 2: Losing a father ***
Capitolo 4: *** 3: The popular guy ***
Capitolo 5: *** 5: A strange dream ***
Capitolo 6: *** 5: Exhibition ***
Capitolo 7: *** 6: Twins ***
Capitolo 8: *** 7: Nick's first enemy ***
Capitolo 9: *** 8: Gold Rings ***
Capitolo 10: *** 9: Unexpected monster ***
Capitolo 11: *** 10: Lies ***
Capitolo 12: *** 11: Surrender ***
Capitolo 13: *** 12: New friends ***
Capitolo 14: *** 13: Big Apple ***
Capitolo 15: *** 14: Dragon ***
Capitolo 16: *** 15: Mask ***
Capitolo 17: *** 16: Enemy for today ***
Capitolo 18: *** 17: "Are you still alive?" ***
Capitolo 19: *** 18: Revenge! ***
Capitolo 20: *** 19: Did he deserve it? ***
Capitolo 21: *** 20: Harassment ***
Capitolo 22: *** 21: Allies? ***
Capitolo 23: *** 22: The Second Generation ***
Capitolo 24: *** 23: Battle in the Dark ***
Capitolo 25: *** 24: Skeleton Wings ***
Capitolo 26: *** 25: It hurts itself in his confusion! ***
Capitolo 27: *** 26: The killer ***
Capitolo 28: *** 27: Rage ***
Capitolo 29: *** 28: Weakness ***
Capitolo 30: *** 29: A deserved rest ***
Capitolo 31: *** 30: Molester ***
Capitolo 32: *** 31: Interview ***
Capitolo 33: *** 32: Attention whore ***



Capitolo 1
*** Prologue ***


L’inizio della nostra storia ha a che fare con il Barian World. Un mondo abitato da creature chiamate Bariani. Essi vivevano pacificamente sotto il dominio del re Nasch e degli altri sei Imperatori Bariani, all’interno di un luogo i cui colori predominanti sono il rosso, il viola, l’arancione… Un turbinio di tonalità differenti che avvolgevano una specie di pianeta la cui superficie era ricoperta da spuntoni che ricordano dei cristalli scarlatti, a volte interrotta da edifici e palazzi. Proprio in uno di questi ultimi si stava tenendo una riunione tra i governatori di questo luogo. 

“Tanto tempo fa…” parlò il re Nasch ai suoi simili, seduto su un trono all’interno di una sala spaziosa e illuminata solo dalle stelle. Attorno a lui, altre figure avvolte da mantelli di vari colori lo ascoltano attentamente. “Una minaccia per poco non ci portò alla distruzione. Purtroppo questa minaccia è tornata e noi abbiamo necessità di contrastarla.”

“In che modo?” si chiese un’imperatrice Bariana, l’unica di sesso femminile in quel gruppo.

“Forse la maggioranza di voi non sa che il potere che vive dentro noi Imperatori si trova in forza minore anche in sette umani.” continuò Nasch, causando reazioni diverse tra i suoi sudditi. Alcuni Imperatori iniziarono a parlare tra di loro come se fossero a conoscenza del fatto, altri rimasero impassibili, qualcuno sgranò gli occhi sentendo la parola “umani”. Farsi aiutare da loro? Era possibile?

“Non mi dirai che dobbiamo trovarli e collaborare con loro!” esclamò uno degli Imperatori, che indossava una maschera e una veste rossa.

“Esattamente, Misael.” rispose Nasch, il quale aveva il mantello solo sulla schiena.

“Cosa dovremmo fare con delle creature così… infime?” chiese Misael, assottigliando lo sguardo, quasi schifato.

“Presto ti renderai conto che non sono così inutili come sembra. Loro possiedono il potere che serve! A noi basterà collaborare con loro e il nostro mondo si salverà!” gli rispose il re Bariano, cercando di convincerlo. 

“Credi che cambi qualcosa? Il nostro potere è più forte di quello che risiede in loro!” disse un Bariano dal mantello bianco, scettico anche lui. 

“Sappi che loro hanno qualcosa che noi non abbiamo, che è molto potente! Si dice che potrebbero perdere la vita nel raggiungere la massima potenza!” si rivolse a lui il re.

“E quindi? Perderemmo solo vite se non possiedono la resistenza idonea!” si espresse lo stesso Bariano, alzando un braccio.

“Durbe, ascolta! Non senti un’aura simile alla tua?” chiese Nasch, portandolo a concentrarsi.

“Beh, ora che mi ci fai pensare…Si! Riesco a individuare anche la posizione esatta!” disse Durbe, sorpreso.

“Voi tutti, percepite quest’aura? Dovete trovare l’umano che la possiede ed allenarlo, affinché raggiunga la resistenza necessaria per sopravvivere a eventuali scontri!” continuò il re.

“Non potremmo duellare?” chiese un Bariano che, a differenza di altri, aveva le ali. Molto annoiato e poco propenso ad ascoltare, osservava il cielo fuori dalla vetrata di quella sala.

“No, Vector, sono più forti di quanto sembrino…” gli rispose Nasch. “Un semplice duello non servirà a nulla…”

“Accidenti! Era meglio quando non c’eri tu in mezzo! Avremo potuto allenarci meglio nei duelli invece di sbrigare faccende totalmente inutili!” lo accusò Vector, puntando il dito contro il sovrano.

“Calma, Vector, dobbiamo obbedire ai suoi ordini. Hai intenzione di rispettare le condizioni?” cercò di calmarlo un Bariano dalla cresta verde e dalla maschera simile ad un elmo medievale. Quel Vector, però, parve non avere le sue stesse opinioni.

“Grrr…” ringhiò irritato.

“Hai alternative, Vector?” chiese Nasch con freddezza. Non ottenendo alcuna risposta, se non un piccolo ghigno, diede un ordine. “Bene, ora che vi ho detto cosa dovete fare, iniziate da adesso! Prima li individuiamo, prima saremo capaci di vincere!” 

Tutti gli Imperatori aprirono dei varchi, intenzionati ad arrivare sulla Terra e trovare i sette predestinati.


Angolo Autrice

Buongiorno (o buonasera xD). Sono eli8600 e sono una scrittrice appena approdata qui. Con oggi sono due anni che scrivo e recensisco qui, quindi fatemi gli auguri xD ho deciso di cambiare sezione e anche stile di scrittura. Beh, siccome è un nuovo inizio vi volevo chiedere se avete dei consigli da darmi. Ne avrei bisogno, visto che, nel caso abbia commesso qualche errore, mi serviranno a migliorare. Beh, penso sia tutto. Ci vediamo al prossimo capitolo!!

eli8600

 

EDIT 22/04/2020:

Sei capitato qui per caso? xD

Ebbene, sappi che non mi sono dimenticata di questa storia! Attualmente è in fase di revisione, quindi sto apportando varie modifiche a cosa non mi convince. Documento qui alcuni cambiamenti fatti a questo capitolo:

-aggiunte più descrizioni e narrazione;

-corretto il dialogo di Vector;

-corrette alcune ripetizioni;

-modificata la coerenza verbale, impostando il prologo al passato;

-di conseguenza, la lunghezza del capitolo è aumentata.

Credo che sia tutto. Vedrete questa finestrella in quasi tutti i capitoli della storia poiché ci sono un bel po’ di cose da correggere o.O

Bye! 

 

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Capitolo 2
*** Broken Back ***


I was watching TV. Ripetete…” disse un’insegnante in una classe del liceo.

I was watching TV.” ripeterono annoiati gli alunni, con la stessa intonazione della donna.

Very good!” rispose lei, cancellando le frasi alla lavagna.

Mentre l’insegnante parlava, una ragazza al primo banco, di circa sedici anni, dai capelli castani e occhi del medesimo colore persi nel vuoto, aveva la testa altrove. A fatica riusciva a tenere il volto alzato per prestare attenzione a quello che la professoressa stava dicendo. Piuttosto, la sua attenzione era rivolta al riflesso del led che si trovava sul soffitto di quella classe, il quale puntava sul pavimento illuminando una mattonella impolverata. Vicino agli altri banchi, studenti di tutti i tipo facevano quello che volevano, di base. C’era chi, al primo banco, ascoltava, mentre quelli all’ultimo posto si lanciavano aeroplanini. La ragazza era nel mezzo, a contemplare il nulla, con un senso di vuoto nel cuore.

Quando finirà di parlare?! Non vedo l’ora di tornare a casa, dopo questa giornata del cavolo!” pensò tra sé e sé. In effetti, non aveva tutti i torti… Quel giorno erano successe parecchie cose, che forse avrebbe potuto evitare.

 

La mattina non era iniziata bene. La sveglia non era suonata e quindi si dovette preparare di fretta e furia. Pur di evitare di perdere il bus che la porta ogni giorno a scuola, saltò la colazione. Dopo una lunga corsa verso la fermata, riuscì a prendere il pullman qualche secondo prima che partisse.

“La prossima volta che sei in ritardo, a scuola ci vai a piedi!” la rimproverò l’autista dell’autobus.

“Mi scusi…” sussurrò la ragazza, abbassando lo sguardo imbarazzata. Il suo stomaco si lamentava… Il prezzo che aveva dovuto pagare per non tardare e non fare la figura dell’idiota. Non voleva sentirsi lo sguardo addosso di tutti i suoi compagni di classe dopo essere entrata in ritardo.

Dopo aver preso posto vicino a una sua amica, dai riccioli biondi e gli occhi celesti, le arrivò un messaggio, che recitava le seguenti parole:

“Mi dispiace, ma mi hanno portato via. Sparisci dalla mia vita.”

Era il suo ragazzo, o meglio, il suo ex ragazzo. In quel momento non sapeva se gettare via il telefono dalla rabbia, o buttare tutto sul pianto…Oppure provare a dimenticarlo. Scelse la terza.

Ok. Allora addio.” gli scrisse. Non gli diede nemmeno il tempo di dire altro che lo bloccò dalla sua vita.

L’amica, notando il suo stato d’animo, le chiese: “Qualcosa non va?”

“Mélanie, tutto bene. È solo che ci sono solo stronzi in questo mondo. Magari esistesse qualcuno al di fuori di qui che non sia come tutti…” rispose lei, con un sorriso sulle labbra, forse vero. O forse falso.

“Sicura?” le domandò, poggiandole una mano sul suo braccio.

“Sicurissima!” affermò la ragazza, sorridendo di nuovo nello stesso modo.

Non sapeva nemmeno se era felice o meno. Finalmente avrebbe smesso di soffrire, dopo un tira e molla continuo con quello lì, ma allo stesso tempo lui non avrebbe più fatto ritorno nella sua vita. Non sapeva se andare avanti con una convinzione o con un’altra. Era confusa in quel momento, come lo era spesso, a causa anche della poca sicurezza in sé stessa.

 

Continua a parlare… Quando la smette?” pensò la ragazza, che in quel momento era infastidita da tutto e da tutti. Picchiettava nervosamente la punta delle dita sul banco, con una penna in bocca intenta a far finta di scribacchiare.

“Elise LeBlanc, alla lavagna!” la chiamò la professoressa, come se l’avesse letta nel pensiero.

La ragazza sbiancò.

Non ho ascoltato la lezione! Merda…” pensò, mentre si alzava lentamente dal suo posto, sperando di cavarsela.

“Dovresti ascoltare di più, LeBlanc!” la schernì sottovoce una sua compagna di classe.

Per tutta risposta, Elise le mostrò il medio, senza farsi scoprire dall’insegnante. Con passo lento e leggermente spossato si avvicinò all’insegnante.

“Coniuga il verbo to drink al presente, al passato e al participio…” disse la donna, dandole il gessetto.

Pensavo peggio, sinceramente!” pensò, mentre eseguiva l’esercizio scrivendo dei verbi in inglese, cercando di fare appello a tutte le sue facoltà pur di ricordarsi la particolarità di quel verbo irregolare, nonostante fosse ancora in sovrappensiero. Finito l’esercizio, l’insegnante si complimentò con lei:

“Ottimo! Puoi andare a posto… Ora chiamiamo Croux! Vediamo se avete capito tutti la regola…”

La compagna in questione era la stessa che l’aveva schernita.

“Ti sta chiamando, vai!” le sussurrò Elise con un sorrisetto mentre tornava al suo posto, un po’ più felice.

 

Finite le lezioni si avviò verso casa assieme alla giovane che stava seduta sul bus vicino a lei. Decisero di andare a piedi, visto che non era una bruttissima giornata. Certo, il cielo era nuvoloso, ma nessun accenno di pioggia nella città di Nizza.

“Tu andrai alla gita a Monaco?” le chiese Mélanie. Elise scosse la testa.

“No. Ci sono stata tantissime volte ormai. Ci potrei andare quando voglio, tanto è vicino…” le rispose.

“Ah, capisco… Vicino a chi starò sull’autobus?” le domandò l’amica, pensierosa.

“Potresti stare vicino a Caroline Croux…” le suggerì scherzando. Per tutta risposta…

“No! Ti prego, tutti ma non lei!” esclamò Mélanie esasperata, dando una leggera spinta ad Elise con l’anca.

“Hahahaha… Hai ragione, nemmeno io starei vicino a …”

Elise si bloccò. Davanti a sé aveva una nube color violacea. All’interno c’era un essere incappucciato, i cui occhi brillavano di rosso.

“Ti ho trovata, Predestinata!” parlò quell’essere misterioso. Era immobile, pareva che non volesse avanzare nella sua direzione. In quell’istante batté le palpebre ed… era sparito!

“Mélanie! L’hai visto anche tu?!” le chiese allarmata la giovane castana, girandosi verso di lei con volto di terrore.

“Che cosa?” le chiese Mélanie spaesata, ma anche preoccupata.

“La nube e l’ombra all’interno! E poi quell’essere ha anche parlato!” le spiegò lei, prendendola per le spalle e scuotendola.

“Ma… sei impazzita o…” le domandò stranita l’amica.

Evidentemente si era immaginata tutto. Possibile?

“Non lo so… Oggi sono successe troppe cose!” sospirò sconsolata Elise.

“Beh, tranquilla. Riposati e vedrai che passa tutto” la consolò Mélanie.

Si fermarono all’incrocio, si salutarono e ognuna di loro prese la strada diversa verso la rispettiva abitazione.

Non me lo sono immaginato! C’era davvero quell’ombra! Cosa vorrà da me? Tra l’altro mi ha chiamata Predestinata… Perché?” i suoi pensieri adesso erano rivolti a quell’essere che aveva visto poco prima.

“Sono a casa!” esclamò, chiudendo la pesante porta dietro le sue spalle e trovandosi in un soggiorno dalle pareti verde chiaro con due divani dello stesso colore ma di una tonalità più scura, alcuni quadretti astratti sui muri e una vetrina con alcune bomboniere.

Non ottenne alcuna risposta da parte dei genitori.

“Mamma! Papà! Ci siete?” chiese ancora, senza ottenere una risposta.

“A quest’ora non lavorano! Strano!” si disse lei, posando la cartella e iniziando a ispezionare le stanze.

L’appartamento, togliendo la presenza di Elise, era deserta. Improvvisamente le vibrò il cellulare. Era un altro messaggio. D’istinto pensò che fosse di uno dei suoi genitori. Invece…

Troia! Sparisci definitivamente e non tornare mai più! Puttana!

Era una tipa che, probabilmente, era la nuova fidanzata del suo ex. Il messaggio la paralizzò ma dopo un po’ smise di pensarci.

“Seriamente?!” parlò lei nella sua testa. “Non gli ho scritto altro e questa cretina viene anche a scrivermi? Mah, che idiota… Forse ha fatto bene a mollarmi! Comunque… tornando ai miei, sarà meglio che li chiami…”

Digitò il numero della madre, ma non ottenne alcuna risposta, se non per qualche squillo. Provò chiamando anche il padre. Nessuna risposta anche lì.

“Perché non rispondono?” pensò la ragazza. “Beh, può darsi che oggi ci sia stata una riunione straordinaria e quindi si sono dovuti trattenere. Beh, a questo punto facciamo i compiti. Meglio finire subito, così vado anche in palestra.”

Così prese lo zaino, tirò fuori il diario e lesse l’assegno ad alta voce.

“Dunque, oggi devo studiare chimica, perché lunedì interroga, devo fare i compiti di inglese e devo prepararmi alla verifica di francese. Allora, iniziamo da inglese…”

 

Tre ore dopo riuscì a finire tutto l’assegno.

“Che ore sono?” si interpellò, poi guardò l’orario sul telefono.

“Le sei… meno dieci?! Cavolo, devo muovermi!” esclamò, così prese la maglietta societaria e un leggins e se li mise in fretta e furia. Prese la borsa con gli attrezzi da ginnastica ritmica, una bottiglia d’acqua e uscì di casa, correndo verso la palestra, che, fortunatamente, si trovava a pochi metri dal luogo in cui viveva.

Il suo sport era, come lo definiva lei, “l’amnesia dei momenti brutti”, siccome, praticandolo, riusciva a dimenticarsi dei peggiori momenti. Non faceva gare, ma era piuttosto brava e migliorava man mano.

In palestra, poi, aveva conosciuto molte amiche, con cui aveva stretto parecchi legami. Le allenatrici riuscivano a tirare fuori la parte migliore che aveva dentro e a migliorarla nel corso dei vari allenamenti. Aveva palestra dalle 18.00 alle 20.00, tre volte a settimana, e quelle due ore bastavano a farla felice, per poco, ma le andava bene così.

Quel giorno l’allenamento fu piuttosto impegnativo, ma soddisfacente, come al solito. Mentre tornava a casa, qualcosa attirò la sua attenzione. Era un essere alato, di color grigiastro con delle gemme rosa sul corpo. La faccia era priva di bocca, ma lo sguardo del “mostro” era parecchio sadico. Se la stava prendendo con altri umani, che, in quel momento, erano a terra sofferenti.

“Ehi! Cosa vuoi fare a quelle persone?” gli urlò.

La creatura si girò. Elise si paralizzò dalla paura, nel vedere che quello l’aveva sentita e che non era stupido come sembrava. Si maledisse. Perché lo aveva provocato?

“Altri umani? Bene mi divertirò di più!” così dicendo volò verso di lei, con l’intenzione di colpirla. La ragazza però riuscì a schivare l’attacco, spostandosi di lato.

“Che riflessi! Caratteristiche che hanno solo i Mezzi-Bariani!” si stupì quell’essere.

“Mezzi-Bariani?” domandò Elise spaesata, che in quel momento aveva la tremarella alle ginocchia. “Tu chi sei?!”

“Ah, chiedo scusa. Il mio nome è Vector. Sono un Imperatore Bariano. Che stupido, perché dovrebbe interessarti? Stai per soccombere! Una come te non può essere Mezza-Bariana. Ti farò fuori!” dichiarò il mostro, prendendola per un braccio.

Elise provò a fargli mollare la presa, strattonando il braccio e tentando di colpirlo con un pugno in faccia. Tentativo inutile, visto che quell’essere la scaraventò contro un muro, che si crepò leggermente. All’impatto, la ragazza sentì un dolore lancinante sulla schiena. Come se… come se fosse rotta! Dopo la botta contro il muro, cadde a terra esanime, iniziando a perdere i sensi, mentre lacrime di dolore le rigavano il volto. Prima di perdere i sensi, sentì la risata sadica di Vector, poi vide una seconda figura, simile alla sua, che veniva verso di lei.

 

La ragazza si svegliò nel suo letto. Confusione. L’unica cosa che provava in quel momento era confusione. Cosa le stava accadendo in quegli istanti?

La luce filtrava dalla finestra della sua stanza, segno che era giorno. Doveva aver dormito per chissà quanto tempo, ma perché?

“Era solo un sogno, fortunatamente. Mi è sembrato di vedere la stessa figura di ieri pomeriggio!”

Fece per alzarsi, quando…

“AAARGH! La mia schiena!” gridò, portandosi una mano alla schiena e facendo una smorfia di dolore. A quanto pare non era proprio un sogno. Inoltre, aveva la stessa tenuta da sport che aveva indossato il giorno prima per andare in palestra.

“Come ci sarò finita da lì al mio letto?” si chiese. Dopo un po’ di sforzi riuscì a mettersi in piedi, dirigendosi verso la cucina. Non c’era alcuna traccia dei genitori.

“Dove saranno mai?” si chiese allarmata, uscendo di casa per andare a cercare i parenti. Non sapeva dove vagare, quindi andò un po’ alla cieca per le vie del quartiere. Sarebbe dovuta andare a scuola, invece correva, correva senza una meta e si guardava attorno. Il dolore alla schiena continuava a farsi sentire, ma doveva scoprire cose stava succedendo. Mentre correva, notò il muro crepato, dove aveva sbattuto la schiena.

Non era un sogno! Ne sono certa!” pensò sempre più allarmata. “Cosa sta succedendo?!

Svoltò l’angolo e si fermò, sconcertata. Davanti a lei, c’era un essere poco più alto di lei, dalla pelle viola-grigiastra, con delle gemme blu sul torace. Sul petto aveva un’altra gemma rossa. I capelli erano corti e grigi, con due punte ai lati e una frangia che gli scendeva sulla fronte. Gli occhi erano grigi e, come Vector, non aveva la bocca. La sua figura era uguale a quella che aveva visto lo scorso pomeriggio, mentre tornava dal liceo.

“Ti cercavo…” affermò il tipo.

“Cosa vuoi da me?” gli chiese, allontanandosi con dei passi all’indietro, tremante.

“È importante, Mezza-Bariana!” le disse con tono fermo.

Spaventata, Elise iniziò a scappare via, attraversando la strada velocemente. La voce del mostro la fermò, esattamente in mezzo alle strisce pedonali sull’asfalto: “Elise, aspetta!”

Come fa a sapere che mi chiamo Elise?” rifletté lei in quell’istante, mentre si girava verso di lui. Una frazione di secondo…e successe una cosa inevitabile. Un’auto a tutta velocità piombò su di lei, investendola e facendole fare un volo di circa un metro. La ragazza si schiantò a terra, senza forze. Ora, oltre alla schiena, era dolorante dappertutto.

“Che botta! Perché sempre a me?” domandò esasperata, alzando la voce e cercando di fare appello a tutte le sue forze pur di fuggire via da lì. Provò a sollevarsi con le braccia, ma ricadde al suolo.

“Stai bene?” disse una voce con gentilezza.

La voce era del mostro, che si stava avvicinando a lei. Sembrava che non avesse cattive intenzioni, anzi, voleva aiutarla.

“Sei…un angelo?” gli chiese, colpita dalla gentilezza, che nessuno aveva mai usato con lei. Forse solo i suoi genitori erano così gentili con lei. Anche la sua amica, a pensarci bene…

“No…non sono un angelo. Sono e sarò il tuo scudo!” gli rispose la creatura, abbassandosi per aiutarla.

“Allora… sei un… cavaliere?” gli chiese nuovamente, con voce rotta dal dolore. Non poteva fare altro in quel momento ma evitò di abbassare la guardia, mentre del sangue le colava da una ferita sulla tempia.

“Non proprio. Sono il tuo cavaliere! Ma puoi anche chiamarmi Durbe!” le rispose, tendendole una mano per aiutarla ad alzarsi.

“Ehm… Cosa intende dire con ‘il tuo cavaliere’?” pensò lei, arrossendo lievemente, mentre i pensieri più assurdi le invadevano la mente.

Lei prese il suo braccio, sollevandosi debolmente. Dopo essersi rimessa in piedi, provo a fare un passo ma crollò sotto il peso del proprio corpo, dopo che la gamba le cedette.  

“Ti aiuto io!” disse Durbe, prendendola in braccio. “Ecco qua! Ora mi indichi dove andare, ok? Torniamo a casa, così puoi riprenderti…”

La ragazza arrossì lievemente, poi gli indicò la strada. Passò poco tempo prima che raggiungessero la dimora di lei, senza scambiarsi una parola. Elise era ancora troppo confusa e debole per carpire altre informazioni. Arrivati nell’abitazione di lei, l’essere poggiò l’adolescente su uno dei divani del soggiorno.

“Però! Niente male come dimora!” commentò lui, rimasto in piedi.

“Beh, grazie! I miei genitori non ci sono, ero andata fuori per cercarli, ma a quanto pare non sono nelle condizioni!” disse lei, ripresasi un po’.

“I tuoi genitori hanno fatto il loro lavoro… Ora non lo fanno più!” si incupì Durbe, abbassando la testa.

Lei lo guardò, con gli occhi stanchi e stupiti. Cosa voleva dire tutto quello?

“Sono stati uccisi…” concluse il tipo.

“Co- come hai… come hai detto?!” Era sbalordita. Nonostante avesse capito, si rifiutava di realizzare che quella fosse la verità. “No… Non è vero…”

“Avrai la tua vendetta! Sappilo!” disse Durbe, avvicinandosi a lei.

“Non ci posso credere…” Il suo volto era triste, le lacrime scendevano sulle guance. Si coprì il viso tra le mani. “Come farò senza di loro?”

“Sarò io a prendermi cura di te… e a prepararti per la minaccia…” affermò lui, sicuro. Lei lo ignorò, continuando a piangere.

“Non è vero, non può esserlo… Non ci credo che siano morti… Sono vivi, avranno avuto da fare a lavoro…”

Per quanto la stessa ipotesi fosse impossibile, poiché i genitori non erano medici o infermieri, ma semplici impiegati di un’azienda, preferiva crederci. Poi Durbe… come diavolo faceva ad essere certo circa la morte dei propri genitori?!

“Quale minaccia?” lo interpellò poi, asciugandosi le lacrime con la manica della sua felpa.

“Bene, lascia che ti spieghi… Tanto tempo fa, il Barian World (luogo da cui provengo) fu minacciato da una divinità malvagia, non appartenente al nostro mondo. Quella divinità malvagia, di cui non si conosce il nome, fu sconfitta dopo anni di guerra e dopo numerosi morti. Il re Bariano, in punto di morte, a causa della fatica, diede il suo potere a sette umani, detti “Mezzi-Bariani”. Questi Predestinati sono stati scelti assieme a sette guerrieri Bariani, il cui compito è quello di allenarli e prepararli alla guerra che sarebbe venuta parecchi anni dopo. Quei guerrieri siamo noi imperatori Bariani.” Raccontò l’essere.

“E come sono stati decisi gli accoppiamenti, per così dire?” chiese la giovane adolescente, ancora distrutta fisicamente e mentalmente.

“Ogni guerriero ha il potere uguale a quello di un Mezzo-Bariano, quindi sono riuscito a rintracciarti perché ho percepito il mio stesso potere.” gli rispose Durbe.

“Capisco...” sospirò lei, chiudendo gli occhi.

“Accetteresti questo incarico?” le domandò il tipo misterioso.

La risposta fu quasi immediata:

“Accetto! Lo devo fare per i miei genitori… Loro non vorrebbero che io rifiutassi un incarico così importante…” rispose, ancora triste. “Il problema è che… nelle condizioni in cui sono ora non credo che io possa servire a qualcosa… E poi… Devo davvero crederti?”

“Ti sistemo io. Girati!” le disse Durbe.

Elise ubbidì, cambiando lentamente posizione e mettendosi con lo stomaco sul cuscino di quel divano.

“Cosa devi farmi?” lo interpellò Elise, mentre altri pensieri le riempivano la mente.

“Beh, ora userò il mio potere per farti guarire!” detto ciò mise la mano sulla schiena di lei. Un’aura bianca gli circondò la mano. Un’ondata di calore e dolore circondò invece la sua schiena e, lentamente, il suo corpo.

“Ahi! Fa male!” si lamentò la ragazza, stringendo i denti.

“È normale! Ora devi abituarti al potere! Anche se non ne eri a conoscenza, ne hai uno che ti privilegia. Sai che dopo la botta che ti ha inflitto Vector, un normale umano sarebbe morto?” le spiegò Durbe.

“Sul serio?” disse Elise. Era a conoscenza dell’incontro con quel Vector? “Un momento! Come sono finita sul mio letto se dopo lo svenimento ero fuori casa?”

“Semplice: ti ci ho portato io! E ti ho anche curato in parte!” riferì Durbe.

“Allora perché prima hai chiesto dove abitassi?” chiese Elise, leggermente confusa.

“Ah, beh… Ecco…” rispose titubante. “Ti ho visto venire da lì, quindi mi ricordavo. Quando ti ho rivista mi ero dimenticato tutto il tragitto!”

“Capisco… Comunque, grazie…” disse lei, iniziando quasi a provare piacere mentre lui la curava. Voleva addormentarsi…

“No, devo rimanere sveglia! Non mi fido ancora completamente di lui…” pensò subito dopo, riaprendo gli occhi e sforzando la sua vista.

“Figurati, è il mio dovere!” esclamò lui.

 

“Come va adesso?” chiese Durbe ad Elise, guardandola nelle pupille.

“Ora va molto meglio! Fa ancora male, ma va sicuramente meglio! Grazie mille!” rispose la ragazza sorridendo. Si, stava decisamente bene. Si mise a sedere sul divano, ripresasi quasi del tutto.

“Prego, Elise… Ti ci vorranno altre dosi di potere Bariano per riprenderti del tutto, ma l’importante è iniziare…” spiegò lui, voltandosi dall’altra parte. “Comunque, adesso mi credi? Hai visto con i tuoi occhi tutte queste cose, per giunta ti ho anche curato…”

La giovane annuì debolmente. Si, i suoi dubbi iniziavano a sfumarsi.

“Perfetto!” commentò lui, chiudendo le palpebre. “Torno nel mio mondo, più tardi ripasserò da te…”

“D’accordo! Ah, un’altra cosa… Durbe, giusto?” lo interruppe lei. Pensò che fosse sul punto di andarsene.

“Si?” si girò lui.

“Non chiamarmi Elise. Siamo amici ormai, no? Se vuoi, chiamami Eli!” disse Elise sorridente.

“Ok, va bene! Eli… Bel soprannome!” disse l’essere.

Come risposta, Elise gli sorrise.

 

Angolo Autrice

Woah, ce l'ho fatta! Ok, volevo giusto ringraziare le persone che hanno recensito il prologo (Sono felicia :') ) e vi volevo chiedere una piccola cosa: volete che vi avvisi ogni volta che esce un capitolo? Scrivetemelo nelle recensioni, casomai (o in privato, se siete timidi xD). Bene, poi volevo dirvi che se siete interessati alla storia, dovrei riuscire ad aggiornare una volta a settimana, il lunedì. E ultima cosa: se avete consigli da darmi, beh, AIUTATEMI!! (Richiesta d'aiuto a dir poco disperata, direi xD) Ok, mi eclisso! Ci vediamo al prossimo capitolo, ciauuu!!

eli8600

 

EDIT: 22/04/20

In questo capitolo ho:

-aggiunto più descrizioni e narrazione;

-corretto eventuali ripetizioni;

-corretto un paio di reazioni;

-corretto la punteggiatura;

-di nuovo, allungato il capitolo.

Spero che chi lo sta leggendo in questo momento (sempre se c’è questo tipo di persona… insomma, questa storia è andata un po’ persa nei meandri della sezione xD) stia apprezzando il lavoro che ci sto impiegando. Ciau!

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Capitolo 3
*** 2: Losing a father ***


Era un pomeriggio abbastanza freddo, nonostante fosse ancora Settembre. Di solito le temperature più basse arrivavano a Novembre.

Nei vicoli scuri e freddi di Nolinsk, in Russia, un ragazzo, apparentemente sedicenne, stava tornando a casa da scuola.

Era biondo, con gli occhi azzurri, del colore del cielo, e lentiggini sulle guance. Era abbastanza alto, e indossava una maglietta grigia, una felpa celeste, un paio di jeans e un paio di scarpe da ginnastica bianche e azzurre, piuttosto consumate. Il ragazzo camminava come se andasse di fretta e si guardava intorno, come se temesse qualcosa.

“Devo evitare di incrociarli!” pensò.

Il ragazzo si riferiva a un gruppetto di tre ragazzi che lo pestavano sempre, dopo la scuola. Poche volte riusciva ad arrivare a casa senza farsi picchiare, ma se succedeva, il giorno dopo avrebbe preso più botte di quelle che si aspettava. Ogni giorno doveva percorrere i “vicoli della morte”, e per poco riusciva a uscirne vivo, rialzandosi con un forte dolore addosso, sia fisico che mentale.

“Devo ancora capire di preciso perché ce l’hanno con me…” pensò il ragazzo, guardandosi intorno, con la paura addosso che lo divorava lentamente ad ogni passo.

Improvvisamente si fermò, iniziando a sudare freddo, mentre il cuore batteva come impazzito. Le figure dei tre ragazzi gli apparvero davanti, bloccandogli il passaggio.

“Ti abbiamo trovato, bastardello!” disse il ragazzo che, apparentemente, doveva essere il capo della banda, siccome era il più alto e con l’aria più sicura. Era pallido e aveva i capelli neri spettinati e gli occhi neri penetranti. Inoltre aveva una grande cicatrice che gli attraversava la guancia. Aveva l’aria piuttosto trascurata, visto che indossava abiti vecchi e sporchi, pieni di macchie di fango.

“Cosa volete ancora da me? Perché volete picchiarmi sempre?” chiese il ragazzo biondo.

“Oh, povero cucciolino indifeso!” lo schernì il ragazzo alla destra del capo, moro e riccio, con due occhi verdi, più scuro di pelle. Indossava una tuta nera, con una canotta rossa e delle scarpe che sembravano nuove, se non fosse stato per delle piccole macchie di polvere.

“Per il semplice fatto che ci divertiamo a picchiarti. Sei molto suggestionabile e parecchio ‘intelligente’. Sei la preda perfetta” disse il capo della banda.

“Andrey, direi di passare ai fatti!!” disse il ragazzo alla sinistra, simile al ragazzo a destra, essendo fratelli, ma più basso, che indossava una maglietta verde e un paio di jeans strappati.

“Già! Carissimo Ivan, è arrivata l’ora delle botte!” disse Andrey al ragazzo che, non appena sentite quelle parole, iniziò a correre.

“Ora sto davvero nella merda!” pensò, mentre correva con tutta la forza che aveva nelle gambe doloranti, che gli facevano ancora male dall’ultima volta che fu picchiato.

“Dove scappi, eh? Sei in trappola!!” urlò Andrey, inseguendolo.

“Come?!” pensò Ivan con terrore. Ebbe subito la sua risposta.

Davanti a lui si fermò il ragazzo moro che si trovava alla destra di Andrey.

“Ora non puoi più scappare, Ivan. Arrenditi, e inizia a prenderle” gli disse avvicinandosi a lui pericolosamente a lui.
Gli altri due fecero lo stesso, circondandolo e iniziando a picchiarlo violentemente, con pugni in faccia e calci nello stomaco. Se si trattava di un esile ragazzo, molto probabilmente a quest’ora era già morto. Dopo due minuti circa di calci e pugni, che ad Ivan sembrarono interminabili, la banda si allontanò dal ragazzo, prendendo la stessa strada.

“E ricorda…” disse Andrey, mentre si incamminava “Domani ti aspetterà la stessa cosa! Vedi di farti accompagnare a casa da tua madre!”

Ivan rimase a terra dolorante. I ragazzi gli avevano fatto un occhio nero, diversi lividi sulle braccia e sulle gambe e dolori allo stomaco.

“Come sempre, non si sono risparmiati!” pensò Ivan, rialzandosi a fatica “Spero solo che mia madre non si preoccupi troppo…”

Tornò a casa con un po’ di fatica. Dovette fermarsi svariate volte a causa del dolore all’addome, colpito duramente, e per riprendere fiato. Al suo ritorno sua madre era in lacrime.

“Ma…mamma? Cosa ti prende?” disse Ivan dispiaciuto. Erano quei momenti in cui non sapeva cosa fare.

“Ivan…” disse sua madre con un fil di voce, per poi tornare a singhiozzare.

“Che cosa è successo?” le chiese Ivan allarmato.

“Te lo dirò…dopo… Ti hanno pestato…ancora?” disse la madre tra i singhiozzi.

“Uhm…” mormorò Ivan, andando in camera.

“Povero figlio mio…” sospirò la madre, ancora in lacrime “Non ti fai medicare?”

“A che serve?” disse Ivan, salendo le scale che portavano alla sua camera. “Tanto domani risuccederà”

“Ivan…” disse sua madre “Vai a fare i compiti…dopo ti dirò cosa è successo. Non ti piacerà affatto…”

“Grande!” disse Ivan ironico, per poi andare in camera sua, una stanza non troppo grande al piano di sopra della casa, le cui pareti erano di un celeste sbiadito e il pavimento era in parquet. Aveva due letti, un grande armadio color blu, un po’ rovinato, un comodino di legno, una scrivania e una sedia di noce. Sui muri c’erano delle mensole, su cui erano riposti dei libri, e delle foto di famiglia. Ivan si soffermò su una di queste, una foto che lo ritraeva con il padre quando aveva dieci anni. Lui e il padre si somigliavano molto ed erano molto legati.

“Quanto vorrei che tu fossi qui, papà!” disse Ivan, accarezzando la cornice della foto. Poi prese il telefono e cercò il contatto di una sua amica, del quale si fidava molto, e le mandò un messaggio.

“Ehi!” disse alla sua amica “Mi hanno pestato…di nuovo…”

“Cazzo… Stai bene?” gli rispose l’amica.

“Eh…insomma… Tu come stai, Elise?” disse Ivan.

Elise è un’amica a distanza di Ivan, con cui va molto d’accordo. Si erano conosciuti durante la vacanza di quest’ultimo a Nizza, in Francia.

“L’altro ieri quello stronzo mi ha lasciata… Sto un po’ male ma credo che sia meglio così! E poi…ieri un alieno è entrato in casa mia D: Però…devo ammettere che è gentile…” gli raccontò Elise.

“Un alieno? Sul serio?” chiese sconcertato, credendo che scherzasse.

“Si! Te lo giuro! È senza bocca e ha una specie di diamante sul petto!” disse Elise.

Ivan riflettè. Mentre era a terra, dopo il pestaggio, gli era sembrato di vedere un essere simile alla descrizione di Elise, che veniva verso di lui. Era un essere piuttosto robusto. Ma nel momento in cui si stava per rialzare era sparito.

“Non ci crederai mai, ma dopo che mi hanno picchiato ne ho visto uno simile!” disse Ivan.

“Sul serio?” disse Elise “Durbe (l’alieno, per dirti) mi ha detto che potresti essere Mezzo-Bariano!”

“Mezzo-che?” scrisse Ivan.

“Ecco, potresti essere una persona che possiede una parte del potere che ha quel mostro. Quello non è un mostro qualsiasi, ma un Bariano, che viene dal Barian World. E tu potresti essere uno dei Mezzi-Bariani! Che strana e assurda coincidenza!” gli spiegò Elise.

“Ti stai inventando tutto!”

La faccenda risultò piuttosto confusa per Ivan, che in quel momento credette che Elise stesse scherzando.

“Forse l’avvistamento è solo una coincidenza casuale… Non credo che esistono esseri del genere. Secondo me Eli aveva voglia di scherzare. Ma… non lo so, qualcosa mi dice che in tutto ciò c’è del vero. Davvero non lo so…” pensò Ivan, quando nella sua camera entrò la madre.

“Allora? Mi vuoi dire cosa è successo?” chiese Ivan.

“Figliolo… Tuo padre…” iniziò a dire la madre.

Ivan sbiancò all’improvviso.

“Papà! Cosa è successo??” disse il ragazzo, preparandosi al peggio.

“In seguito a una ferita… è… morto…” disse la madre, scoppiando di nuovo in lacrime.

“Non…ci credo… No, mamma, papà è vivo, lui è un uomo forte, lui è un soldato, lui…” disse Ivan, incredulo, non volendo far credere a sé stesso che il padre fosse sparito.

“Ivan, questa è la realtà… Non è un sogno, né tantomeno un incubo!” disse la madre.

Questo riportò alla realtà il figlio.

“E quindi…non ritornerà mai qui?” chiese Ivan, con un filo di voce.

“No…” rispose sua madre, scuotendo la testa e uscendo dalla stanza, lasciando Ivan alle sue sofferenze.

“Mio padre… Non doveva morire così! No, doveva tornare a casa… Cosa cazzo ha fatto di sbagliato?? COSA?” pensò Ivan, dando un pugno al cuscino con tanta rabbia e dolore dentro, che superavano il dolore delle “ferite di guerra”.

Prese il telefono e si sfogò con Elise.

“Mio padre è morto…” le scrisse. Qualche minuto dopo ricevette un altro messaggio.

“Anche i miei… Condoglianze.

“Grazie… Come è successo?” le chiese Ivan, consolato dal fatto che qualcuno potesse condividere lo stesso dolore.

“Sono stati uccisi dagli stessi mostri che dovrei affrontare… Mi vendicherò!” scrisse Elise “Sarà Durbe a prendersi cura di me… A te, invece?”

“Una ferita grave. Ma, parlando di questo “Durbe”… raccontami un po’ di cose, non voglio pensarci!” disse Ivan, intento a cambiare argomento per evitare di soffrire ancora.

“Ecco, è strano ma… è gentile! Mi sono anche rotta la schiena e lui mi ha aiutato a guarire!” gli raccontò Elise.

“Ti sei rotta la schiena??” le chiese Ivan, i cui pensieri erano a metà tra il “tutte balle” e il “come avrà fatto?”

“Si! Ti sembrerà strano ma sono guarita!” gli scrisse Elise.

“Addirittura! E come hai fatto?” chiese Ivan, incredulo.

“Il potere di Durbe mi ha guarito. Te l’ho detto che è gentile!” disse Elise.

“Sembra interessante! Comunque, non so se questa faccenda dei Mezzi-Bariani sia vera o meno. Prima o poi questo tizio si dovrà manifestare, o no?” ipotizzò Ivan.

“Credo proprio di si. Tu comunque fai come vuoi. Dopotutto potrebbe essere anche una stupidissima coincidenza. E se fosse vero? Se anche tu dovessi combattere contro un dio malvagio, per proteggere questi alieni?”

Ivan riflettè.

“Combattere contro un dio?Se fosse vero, allora rischierei di morire, pur di proteggere un popolo di cui io non sapevo nemmeno l’esistenza. Potrei essere considerato un eroe, da qualcuno… Potrei morire con onore, sapendo di aver provato a proteggere un popolo, forse anche riuscendoci. Ma…non so… non so se esserne felice o meno” pensò.

“Certe volte” disse tra sé “Vorrei avere una vita normale. Senza dolori fisici e mentali, senza dubbi… Una vita normale!”

 
Il giorno dopo…

 “Bene, è di nuovo ora!” pensò Ivan, mentre tornava a casa.

Sapeva, come sempre, che quel giorno lo avrebbero picchiato per l’ennesima volta.

Come al solito, ovviamente, sarebbe tornato a casa con altre ferite, l’altro occhio nero e un bel po’ di lividi.

“Lo so… Sanno dove mi trovo… E so che neanche stavolta si risparmieranno!” pensò con terrore.

Un terrore ingiustificato, il suo, siccome era abituato a questa vita. Stavolta aveva paura.

“Ieri vidi quella figura, e se si ripresentasse?” pensò Ivan, così immerso nei suoi pensieri che non si accorse che i bulli lo avevano visto e che stavano venendo verso di lui.

“Eccolo!!” urlò un ragazzo.

“Merda! Sono già qui!” pensò Ivan.

“Ivan, Ivan, Ivan…” disse Andrey, sorridendo in modo beffardo “Vediamo un po’… Ho sentito dire da qualcuno che tuo padre è morto. Che brutta cosa perdere un padre! Io non ho mai avuto questa sfortuna!”

“Buon per te…” disse Ivan, abbassando lo sguardo.

“ ‘Buon per te’ ? Col cazzo! Mio padre mi ha abbandonato!! Ha preferito non avermi tra i piedi! Ha preferito lasciarmi a mia madre, per poi andarsene con una puttana! Non vedo l’ora che muoia! Altrimenti lo uccido io!” disse Andrey con rabbia.

“Perché dovresti parlarne con me, scusa?” disse Ivan, alzando la voce “Io sono una persona che tu odi. Dovresti parlare con me dei tuoi stupidi problemi? Io per colpa vostra ne ho di ben più gravi!!”

“Stupidi problemi?? Io ti…” iniziò a dire Andrey, per poi scagliarsi contro Ivan.

Ma non riuscì nell’intento. Qualcosa lo bloccò. O meglio, qualcuno lo prese per la vita e lo sollevò in aria, impedendogli di attaccare il biondo. I suoi amici guardavano la scena sconcertati, con occhi pieni di paura.

“Cosa hai intenzione di fare a questo ragazzo, eh?” disse la figura, scagliando Andrey a lato. Ivan non poteva credere ai suoi occhi.

Era piuttosto robusta, aveva una maschera violacea che nascondeva il viso, ad eccezione degli occhi. Aveva una cresta verde chiaro e gemme arancioni sparse su tutto il corpo, di colore marrone. Al centro del petto ne aveva una più grossa, di colore rosso.

“Un mostro!!” dissero all’unisono gli amici di Andrey, scappando terrorizzati.

“Cosa sei?!” disse Andrey, impaurito.

“Ma allora…” pensò Ivan.

“Chiunque io sia, non ti permetterò di fare del male a questo ragazzo! Vedi di seguire quei tuoi amiconi che ti sei portato!” disse la figura.

Andrey scappò.

“Che codardo! Non l’ho nemmeno sfiorato…” disse la figura poi si rivolse ad Ivan “Tu stai bene?”

“Allora era vero! Non era un’allucinazione quella di ieri!” disse Ivan

“A cosa ti riferisci, ragazzo?” disse la figura.

“Ieri, dopo che quei ragazzi mi hanno pestato… Ho visto una figura scura, simile alla tua!” disse Ivan, indicando il mostro.

“Ah, ora ricordo! Ero presente alla scena… Comunque, il mio nome è Gilag, sono uno dei Sette Imperatori di Barian!” disse la figura.

“Elise aveva ragione!” disse Ivan, anche se un po’ scettico sul da farsi.

“E…Elise?” chiese Gilag.

“Beh, è una mia amica che dice di aver visto un ‘alieno’ simile…Com’è che si chiamava? Uhm… Ah, si! Durbe! Diceva di essere una Mezza-Bariana, con lo stesso potere di questo Durbe!” disse Ivan.

“So chi è Durbe. Comunque, ti ha già spiegato tutto?” chiese Gilag.

“Beh, vorrei avere dei chiarimenti sul nostro compito!” disse Ivan, ancora un po’ scettico.

“Ti spiego subito: millenni fa, una divinità sconosciuta a noi fece irruzione nel nostro mondo, seminando distruzione e vittime insieme al suo esercito. I nostri antenati riuscirono a sconfiggerla, ma il Re ormai aveva finito il suo lavoro, così diede i propri poteri a sette guerrieri futuri, ovvero noi Imperatori Bariani, e sette umani, in forza minore, però. A quanto pare, tu appartieni a quei sette. Il nostro compito è quello di prepararvi alla prossima guerra. La divinità si sta per risvegliare e noi dobbiamo prepararci alla prossima battaglia. Tu, ragazzo, hai il mio stesso potere! Ora ti è chiaro?” disse Gilag.

“Adesso si!” disse Ivan “Quindi, mi dovrai allenare?”

“Certamente! E io dovrei trovare un alloggio… Ma questo è un altro discorso! Potrei anche venire sulla Terra più spesso! Però… sprecherei molta energia…” disse Gilag.

“Posso… fidarmi di te?” chiese il ragazzo.

“DEVI fidarti di me! Non ho intenzione di distruggere il vostro mondo, soprattutto dopo aver ricevuto aiuto da voi!”

Ivan non ne era molto convinto.

“E se tu mi stessi raccontando balle? E se tu mi stessi prendendo in giro?”

Ivan stava alzando il tono della voce. Non gli piaceva affatto essere preso in giro.

“Beh, mi hai detto che questa ragazza ti ha parlato dei Mezzi-Bariani, no? Ecco, io non la conosco. E credi che il fatto che io e lei ti abbiamo parlato della stessa cosa sia solo una coincidenza? La fantasia cambia di persona in persona. Io non sono del parere che due persone possano inventarsi la stessa storia senza consultarsi. Ti ripeto che questa ragazza non l’ho mai sentita nominare!” disse Gilag, calmo.

In effetti Gilag aveva ragione. Sentiva che c’era qualcosa di vero nelle sue parole.

“Ora mi hai convinto! Allora perché non vieni a stare da me?” disse Ivan, sorridendo.

“No, darei disturbo…” disse Gilag, abbassando la testa.

“Insisto! Mia madre accetterà sicuramente!” disse Ivan.

“Sicuro? Beh, in tal caso…” detto ciò, si trasformò in umano. Le gemme sul corpo erano sparite. La sua bocca era molto carnosa e dietro la schiena aveva delle piccole ali.

“Ah! Potete anche cambiare aspetto?” disse Ivan, incredulo.

“Si!” disse Gilag, annuendo.

“Ma… Perché hai quelle ali?” chiese Ivan, curioso.

“Lunga storia!” disse Gilag.

I due si incamminarono verso casa di Ivan. Al suo rientro, ci fu la madre di Ivan ad accoglierli.

“Ivan! Ti hanno fatto qualcosa?” disse sua madre.

“Stavolta no! È stato lui a salvarmi! Mamma, ti presento Gilag, un Imperatore Bariano!” disse Ivan.

“Piacere, Signora” disse Gilag.

“Sei un…cosa?” chiese la madre di Ivan, con un espressione interrogativa.

“Ecco… signora, adesso le dirò un paio di cose… Suo figlio è speciale!” le disse Gilag, per poi raccontarle la storia.

“Quindi… Mio figlio è un Prescelto?” chiese la madre di Ivan, impassibile.

“Beh, si…” disse Gilag.

La madre di Ivan non sembrò convincersi subito, poi Ivan le raccontò della conversazione con Elise e sembrò crederci.

“Figlio mio…” La donna si bloccò, quasi in punto di piangere “Sii un esempio di tuo padre! Combatti, e fai vedere che non abbassi la testa davanti a nessuno! Gilag, potrai stare da noi, in modo che mio figlio possa prepararsi a questa battaglia!”

“Grazie mille, signora!” disse Gilag

Ivan sorrise. Avrebbe reso fiera sua madre.

Entrambi andarono in camera.

“Quello è il tuo letto! Benvenuto a casa, Gilag” disse contento Ivan, indicando un letto vuoto sul fondo della stanza.

“Grazie mille, amico!” disse Gilag.

Ivan prese il telefono e scrisse un rapido messaggio ad Elise:

“Elise, sono ufficialmente un Mezzo-Bariano!”

“Buona fortuna! disse Elise.
 

 
Angolo Autrice

Zalve!! Allura, non mi sembra di avere nulla da dire…Ah, si!
  1. Come al solito, se avete consigli da darmi, fatevi avanti!
  2. Ringrazio le persone che hanno recensito lo scorso capitolo, vale a dire Contessa_di_Montecristo, CyberFinalAvatar, Biba01, Chiara_BarianForce, Alice_nyan e Astral96. Cacchiarola, già dieci recensioni? Ma io sto sognando! *-*
  3. Nel caso ci fossero nuovi lettori di questa storia, fatemi sapere se volete che vi avvisi nei messaggi privati all’uscita di un nuovo capitolo (ribadisco che aggiorno una volta a settimana, il lunedì).
Bene, ho detto tutto! Ci vediamo nelle recensioni e alla prossima settimana! Zauuuu!!

eli8600 

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Capitolo 4
*** 3: The popular guy ***


Suono della campanella. Fine delle lezioni.

Gli studenti dell’istituto escono da scuola, correndo, come se gli insegnanti li stessero inseguendo per prenderli e riportarli in classe per farli assistere all’ennesima lezione noiosa.

Esce il primo anno, quello in cui si trovano la maggior parte degli studenti popolari a scuola, popolari a causa di fidanzamenti insperati, bellezza o per semplice simpatia.

Esce da scuola anche la 1B, la classe dove sono concentrati molti studenti popolari. Gli stereotipi vanno dal “ripetente” al “bullo affascinante”, dalla “protagonista della recita” a quella “facile”…
Vari ragazzi scendono le scale chiacchierando su tutto, le ragazze sui trucchi e vestiti, i ragazzi della partita della loro squadra del cuore.

Uno dei ragazzi, solo, scende le scale mostrando aria di superiorità, nonostante sapesse che in realtà è il contrario.

Juan Martinez, il più odiato tra le ragazze, donnaiolo, con la capacità innata di fidanzarsi con le più carine e farle le corna oppure riceverle, e quando le riceve le ragazze ammettono il contrario di fronte alle amiche, accusando Juan di infedeltà.

È il meno popolare tra i popolari, il più sfigato tra i fighi, il più brutto tra i belli. Eppure ha un bell’aspetto: capelli castani con un ciuffo biondo, occhi verdi a mandorla, pelle olivastra e dei lineamenti che lo fanno assomigliare a uno studente delle medie.

“No… Ancora lei no…” pensò Juan, mentre davanti a lui gli si parava la figura di una ragazza con le trecce, occhi grandi e castani e pelle chiara, troppo pallida per essere quella di una ragazza spagnola.

“Ciao Juan!” gli disse sorridente.

“Ciao…” disse Juan, mentre cercava di imitare un’espressione annoiata, non molto contento di vederla.

La ragazza in questione è una studentessa del primo anno, come Juan, con voti alti e intelligenza molto acuta. Abita a pochi isolati da Juan, ragion per cui fanno ogni giorno la stessa strada.

Ma oggi Juan non sembra intenzionato a fare di nuovo la strada con lei. I suoi occhi cercano qualcuno, che non è lei.

“Allora, andiamo?” chiese la ragazza.

“In realtà no…” disse Juan. Sul volto della ragazza apparve un’espressione stupefatta.

“Come mai?” chiese.

“Ecco, Marìa…” iniziò a dire Juan, quando una ragazza alta, dagli occhi scuri e capelli biondi, alta quasi quanto Juan, si avvicinò a lui.

“Juan! Ti stavo aspettando davanti al cancello!” disse la ragazza, rimproverandolo.

“Scusa, Jasmina…” si scusò Juan, poi si rivolse a Marìa “Devo andare”

“Oh, va bene… Ci vediamo, allora!” disse Marìa, ma Jasmina la fulminò con lo sguardo, intristendola ancora di più.

Juan e la sua ragazza, stretti in un abbraccio, si incamminarono verso casa.

“Allora, chi era quella?” chiese Jasmina, un po’ gelosa.

“Una sfigata innamorata di me, puoi stare tranquilla. Non potrebbe batterti mai in bellezza, nemmeno quando spunteranno le rughe a tutte e due” disse Juan divertito.

Jasmina rise.

“Si, in effetti è bruttina. Ma come fai a conoscerla?” chiese Jasmina.

“Amici dei miei genitori. Siamo andati a cena da loro e mi hanno fatto conoscere la loro figlia. Mi ha fatto due palle… Si metteva a parlare di argomenti noiosissimi, poi purtroppo mi ha riconosciuto a scuola e ora pretende che io e lei facessimo lo stesso tratto di strada dopo le lezioni. Tutti i giorni!” disse Juan esasperato.

“Perché non le dici ciò che pensi?” gli chiese.

“L’ho fatto una volta. Le dissi che mi ero rotto il cazzo dei suoi argomenti e dei suoi atteggiamenti da bambina e lei mi ha chiesto un’altra possibilità. Purtroppo, non lo avessi mai fatto, gliel’ho data. L’atteggiamento è migliorato, ma ancora si comporta un po’ così…” le raccontò.

“Fanno tutte così. Dicono di voler cambiare e poi… Nulla!” disse Jasmina.

“Tu sei diversa, il tuo atteggiamento mi piace!” disse Juan, chinandosi per baciarla.

Ma lei lo respinse.

“Ma perché…” iniziò a chiedere Juan. Era strano che una ragazza come lei lo respingesse.

“C’è mio padre…” disse la ragazza tenendo la voce bassa e indicando con un cenno un uomo che stava aprendo il portone.

“Ah, scusa!” disse Juan.

“Devo andare… Ciao Juan!” disse Jasmina, allontanandosi per andare verso suo padre.

“Spero che non si sia accorto che io sono il suo fidanzato… Quello neanche sa che sua figlia è impegnata!” pensò Juan, immaginandosi la reazione che potrebbe aver avuto il padre nei confronti dell’incomodo.

Arrivato davanti la porta di casa, Juan iniziò a trafficare con le cerniere dello zaino in cerca di qualcosa. Poi alzò la testa e sospirò scocciato.

“Ho dimenticato di nuovo le chiavi!” pensò scocciato.

Citofonò. Nessuna risposta. Riprovò. Ancora nessuna risposta.

A quel punto si spazientì, così prese il telefono e digitò un numero. Poco dopo qualcuno rispose.

“Pronto? Ma rispondi al citofono si o no? … Aprimi!” e chiuse la chiamata.

Dal portone si sentì uno scatto. La porta si era aperta.

Il ragazzo salì le scale e si fermò al terzo piano. Davanti alla porta di casa c’era una ragazza con gli stessi lineamenti di Juan, ma più grande di lui. A differenza del ragazzo, aveva i capelli biondi con ciocche azzurri e occhi verde-azzurri.

“Ti sei dimenticato le chiavi… Di nuovo!” disse la ragazza, arrabbiata.

“Cosa ti costa rispondere al citofono e aprire la porta di casa?” disse Juan, annoiato.

“Mi stavo preparando per uscire!”

“A quest’ora? Non dovresti mangiare prima?” chiese il ragazzo un po' sorpreso, entrando in casa.

“È lì che vado, idiota!” disse la ragazza, chiudendo la porta.

“Con chi ti devi vedere, eh?” chiese il ragazzo, assumendo un’aria divertita.

Sua sorella avvampò, come se non sapesse che scusa inventarsi.

“Non sono fatti tuoi!” disse la ragazza, percorrendo il corridoio ed entrando in bagno “Ho poco tempo per le chiacchiere! Mi verranno a prendere fra dieci minuti e io devo ancora finire di farmi la piastra. Mi hai fatto perdere tempo!”

“Ma guarda un po’ di chi è la colpa…” pensò il ragazzo, posando lo zaino in un angolo.

“Cosa hai cucinato?” chiese Juan alla ragazza.

“Ti pare che ho tempo di cucinare??? Ordinati una pizza!” disse la ragazza, ancora  più inviperita.

“Menomale, almeno non dovrò ‘gustare’ le ‘prelibatezze’ di mia sorella”

Anne, la sorella di Juan, cucinava malissimo. Infatti serviva spesso burritos bruciati, tacos non cotti o fagioli freddi, perciò per lui fu una liberazione quando la sorella gli disse di ordinare una pizza.

Prese il telefono e digitò il numero della pizzeria.

“Pronto? Vorrei una pizza margherita… Si, sono Juan… Perfetto, grazie!”

Il ragazzo conosceva i pizzaioli, quindi sapevano dove abitava.

“Io esco.” disse Anne, aprendo la porta di casa “Se mamma viene prima dille che sto a mangiare da alcune amiche.”

“Altrimenti?” disse Juan con tono di sfida, sorridendo in modo beffardo.

“Sennò giuro con tutto il cuore che il prossimo ingrediente nei tacos sarai tu!” disse Anne, chiudendo la porta.

“Finalmente è uscita!” disse Juan, tra sé e sé “Non ne potevo più!”

“Andate molto d’accordo, voi due”

“Già…” disse il ragazzo, sospirando. Poi si accorse di una cosa: aveva sentito una voce. Una voce maschile, un po’ alterata.

“Ehi, ma chi è stato?” disse Juan, leggermente preoccupato.

La voce di prima non rispose.

Juan ispezionò ogni angolo della casa, pur di trovare la persona a cui apparteneva quella voce.

“Non me lo sono immaginato! E se fosse uno scherzo di mia sorella?”

Il ragazzo andò in camera della sorella per vedere se c’erano radio accese. Le trovò spente.

“Che diavolo era?”. Il campanello suonò, facendo sobbalzare il ragazzo.

Aprì piano piano la porta e venne investito da qualcuno.

“Ci metti così tanto ad aprire la porta???” disse una voce femminile.

“Anne! Ho sentito una voce! E non era tua… Comunque, come mai di nuovo qui?” le chiese Juan
“Ho dimenticato le chiavi!”

“Ah!” disse Juan “Vedi che anche tu te le dimentichi?”

“Questa è l’unica volta in cui è successo, a te invece succede sempre… Comunque, stai impazzendo! Piano piano, ma stai impazzendo...” disse la sorella, uscendo di casa.

“Perché è diventata così? Perché?” pensò Juan esasperato.

Più tardi arrivò la pizza. Dopo mangiato, il ragazzo andò in camera e si sdraiò sul letto, iniziando a messaggiare con Jasmina.

“Mica tuo padre se n’è accorto?”

“Direi di no… La prima cosa che mi ha chiesto è stata: ‘Come è andato il compito?’”

“Menomale, sennò chissà che passavi…”

Il telefono di Juan squillò. Era Marìa.

“Cosa vuole da me?!” pensò Juan, rispondendo con malavoglia.

“Pronto?”

“Ehi, Juan. Come stai?”

“Bene, non c’è male…” rispose, con aria annoiata.

“Ah,beh, ecco, mi chiedevo se…”

La ragazza continuava a parlare come un treno ad alta velocità. Si fermava solo per prendere fiato. Juan non voleva parlare con lei, poi ripensò a quello che aveva detto Jasmina, così gli venne l’impulso di mandarla a quel paese. Ma dalla sua bocca uscì solo una scusa.

“Senti, devo studiare… Domani ho il compito di chimica…” Mentì. “ Quindi devo ripetere. Se non prendo la sufficienza mia madre mi bastona… Ti saluto, ciao ciao!”

“Aspetta…”

Ma era troppo tardi, il ragazzo aveva chiuso la chiamata, impedendo a Marìa di esprimersi.

Chissà cosa gli voleva dire.

 
 “Ragazzi, oggi facciamo un compito!” disse il professore di spagnolo.

“I ragazzi di 1C avevano ragione. Oggi il professore fa fare un compito a sorpresa. Stavolta sono preparato!” pensò Juan, nella sua classe, mentre gli veniva consegnato un foglio con alcune domande.
“Tu hai studiato?” gli chiese il suo compagno di banco.

Il ragazzo fissò il foglio, sbiancando. Non erano le cose che aveva ripetuto il giorno prima.

“Cosa c’è, Martinez? I ragazzi di 1C ti hanno detto che facevo fare un compito a sorpresa? Peccato che stavolta li faccio fare diversi per ogni classe!” disse il professore, notando la faccia stupita di Juan.

“Sta per no, allora… Bene, sappi che nemmeno io ho studiato!” disse il compagno di banco di Juan, con tono da menefreghista.

“Siamo fottuti…” disse Juan.

“Eh, già. Scommetto dieci euro che prendo un’altra insufficienza!” disse il suo compagno di banco con aria sicura.

“Bene, potete iniziare!” disse il professore “Avete un’ora di tempo, ho chiesto al professore dell’ora successiva di darmi 10 minuti in più”

Juan era disperato. Sapeva che se falliva in questo compito la sua media calava molto.

Per la disperazione, si aggrappò ad ogni possibilità, sperando di riuscire a trovare un libro da cui copiare. Toccò sotto al banco. Non era vuoto, c’era un foglio.

Juan lo prese, e senza farsi vedere lo lesse:

Queste sono le soluzioni del compito che vi farà fare il professor Fuergos. Attento a non farti vedere!
A.
P.S. Ti aspetto fuori dall’aula alla fine delle lezioni. Se faccio tardi aspettami!”

Girò il foglio. C’erano le risposte a tutte le domande.

Senza farsi vedere, copiò tutto quello che c’era scritto sul foglio.

Chissà chi era la persona che aveva scritto quel foglio. Pensò che fosse Marìa, ma era difficile, visto che il primo a entrare in classe è stato Juan.

“Ehi, se ti serve usalo, e non farti vedere” disse Juan sottovoce, passando il foglio al compagno di banco.

“Grazie” disse il ragazzo senza farsi sentire.

Due ore dopo…

La campanella suonò. Un’altra giornata era appena finita e i ragazzi stavano uscendo dall’aula.

L’ anonimo non era ancora arrivato, così Juan lo aspettò fuori dalla porta dell’aula.

“Juan!” disse una voce.

Il ragazzo si girò, sorridente, ma l’altro ragazzo non aveva la stessa espressione.

Aveva i capelli neri e gli occhi castani, ed era molto arrabbiato con Juan.

“Fammi indovinare, tu sei quel figlio di puttana che è uscito con Jasmina!” disse.

“Si, e allora?” chiese Juan, con calma.

“Jasmina è già impegnata con me!” disse il ragazzo.

“COSA?” Juan era stupito. Jasmina non gli aveva detto di essere già fidanzata con un altro “Ma… Lei non me lo ha detto!”

“Dovevi informarti meglio, bello. E poi quasi tutta la scuola sa che io, Carlos Guerro, sto con Jasmina… Beh, ora ne paghi le conseguenze”

Carlos si scrocchiò i pugni, pronto a saltare addosso a Juan e picchiarlo.

“Carlos, stai solo perdendo tempo. Non ti conviene.”

A parlare è stato un ragazzo della stessa età di Juan, dai capelli castani lunghi con le punte all’insù e occhi verdi. Era magrolino e alto quanto Carlos.

“E tu chi sei?” chiese Carlos, non distogliendo lo sguardo maligno da Juan.

“Io sono Arito, ti conviene lasciarlo stare, altrimenti te la vedi con me!” disse Arito.

“E cosa mi fai, tu?” disse Carlos, ridendo di gusto “Non ti temo, mi dispiace!”

Carlos cercò di spingere Juan a terra, ma fu fermato da Arito, che lo prese per il colletto della camicia e lo tirò a sé, facendolo cadere a terra.

“Per favore, non costringermi a fare di peggio!” disse Arito, guardando male Carlos.

“E che mi fai, eh?” disse Carlos, ricevendo poi un calcio nello stomaco, che gli tolse il fiato.

“Allora?” chiese Arito.

“Va bene…la smetto!” disse Carlos, alzandosi a fatica “Non finisce qui, Martinez” Se ne andò.

“Il classico bulletto, lo odio…” disse Arito, poi si rivolse a Juan “Allora? Com’è andato il compito? Hai usato i miei suggerimenti?”

“Ma allora sei tu ‘A.’?” chiese Juan.

“Si”

“Wow, grazie! Come facevi a sapere che il compito era su quelle cose?” chiese Juan.

“Beh, ho sbirciato tra i fogli del professore… Comunque, ho bisogno di parlarti” disse Arito, incamminandosi verso l’uscita della scuola.

“No!” lo fermò Juan.

“Che ti prende?” chiese Arito, sorpreso dalla reazione improvvisa.

“Parliamo qui, non usciamo ancora… C’è una ragazza che mi sta sempre addosso…” disse Juan.

“Capisco… Beh, ti spiego… Io in realtà non sono un essere umano, sono un Bariano. Provengo dal Barian World e in questo momento siamo in pericolo imminente… Una divinità sconfitta tanto tempo fa si sta per risvegliare e abbiamo bisogno di umani chiamati ‘Mezzi-Bariani’, che hanno potere Bariano, anche se in minore quantità rispetto a noi… Voi avete un potere in più, una capacità che serve per vincere la guerra. Tu sei uno di loro. Ti uniresti a noi?”

“Beh, sembra piuttosto strano... Beh, solo se avrai modo di dimostrarmi che quello che dici è vero!”

 “Grazie mille, ti allenerò io! E avrò tutto il tempo per dimostrarti che non ti sto mentendo” disse Arito, alzando un pollice “Ma… sei uno di quei ragazzi che si picchiano per qualsiasi cosa?”

“Beh… Si…” ammise Juan.

“Allora ti dimostrerò che in realtà un vero guerriero non è colui che usa le mani per far valere la propria ragione!” disse Arito.

Juan si sentì affascinato. Avrebbe avuto validi insegnamenti da quel guerriero, e, chissà, li avrebbe conservati per tutta la vita.


Angolo Autrice
*canticchiando* I'M NOT OOOOKAAAAAAAAY, I'M NOT OOOKAAAAAAAY, I'M NOT- Oh, ehm, siete già qui?
Ehm, salve! Allora, beh, nulla da dire, a parte il solito "Se avete dei consigli bla bla bla, fatevi avanti e bla bla bla...". AH, UN'ALTRA COSA!
Teoricamente io sono un'umana e come tutti gli umani stupidi (Barians approve) vado in vacanza... Eeeeh... Quindi, lunedì prossimo niente capitolo ;-;
MI DISPIACE!! Purtroppo non ho internet lì quindi dovrete aspettare... MA continuerò a scrivere i miei capitolozzi (?), visto che mi porterò il computer. Beh, ancora una volta ciao, ragazzi scusa e ci vediamo tra due lunedì...
eli8600

P.S. Si, lo so, Juan è uno stronzo... Ma non fatevelo troppo antipatico, plis. xD

 
 

 

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Capitolo 5
*** 5: A strange dream ***


Nonostante fosse ancora settembre, a Ventimiglia, in Italia già faceva abbastanza freddo. Il cielo era molto scuro, ogni tanto solcato da qualche lampo, e con molta probabilità avrebbe piovuto. Era sera, dovevano essere le nove.

Nessuno era in strada, a quest’ora i teppistelli del posto avrebbero iniziato a popolare le strade, giocando a calcio e picchiando chiunque si fosse avvicinato anche solo di tre centimetri nel loro campo visivo, che fosse stata una coppia di anziani, una donna o un ragazzino di soli undici anni, per loro non aveva alcuna importanza, se superavi l’orario del coprifuoco potevi essere ammazzato di botte.

Oggi a violare la regola è un ragazzo che dovrebbe avere, ad occhio e croce, diciotto o diciannove anni. Capelli neri e occhi azzurri, nascosti da un paio di occhiali. Aveva con sé una custodia per il computer. Purtroppo non sapeva che la strada che stava percorrendo era popolata dai ragazzacci, perciò continuava a camminare, pensando di essere al sicuro. E poi gli si presentarono davanti. Dovevano essere in sei.

“Ti è andata male, Nicolson!” disse il più alto del gruppetto, che sull’orecchio aveva tanti piercing, così tanti che lì sopra avrebbe potuto avere un intero negozio di ferramenta.

“Cosa volete?” disse piano il ragazzo.

“Oh, beh, sai quali sono le regole qui, no? Come i bambini, o torni a casa prima delle nove, oppure… Beh, ti lascio immaginare cosa venga dopo!” disse il capo del gruppo sghignazzando.

“Ora lo facciamo nero!” disse un altro ragazzo, con un cappello con la visiera girato al contrario.

“Stavolta la polizia non arriverà a salvarti, non succederà come quella volta in cui ti sei immedesimato in un supereroe dei poveri.” disse un altro, dai capelli rasati da un lato e un piercing sul sopracciglio, avvicinandosi a lui insieme al resto del gruppetto.

E ricordava benissimo quel giorno citato da quel teppista.

 
Flashback

Era una domenica di maggio, e il giovane Nicolson stava passeggiando. Durante quella passeggiata, però, sentì delle urla che chiedevano aiuto. Dovevano essere di una ragazza della sua età.

“Non ci scappi, bella!” urlò un ragazzo.

Evidentemente la ragazzina era inseguita. Nicolson si precipitò immediatamente nel luogo in cui aveva sentito quelle urla. Non riusciva a trovare il luogo preciso, vagava come una persona che cercava di uscire da un labirinto: svoltava a destra, a sinistra, tornava indietro, ritornava al punto di partenza…

Poi le venne incontro una ragazza, dai capelli stranamente viola, che correva e si fermò davanti a Nicolson. Era spaventata, aveva paura anche di quel ragazzino. Evidentemente pensava che fosse uno dei ragazzi che la stavano inseguendo.

“No! Ti prego, non farmi nulla! Per favore!” disse lei, in preda al terrore.

“Puoi stare tranquilla, non voglio farti niente. A dire il vero, appena ho sentito le urla, sono accorso. Non riuscivo a trovare la fonte, ma a quanto pare ci sono finalmente riuscito.” disse Nicolson, sorridendo.

Lei si tranquillizzò un po’. Ebbe giusto il tempo di respirare per un attimo, poi arrivarono loro. Un gruppo di ragazzi di strada che la stavano cercando.

“Ecco la stronzetta! Prendiamola!” disse uno di loro, per poi avventarsi sulla ragazzina.

Nicolson però si mise davanti a lei.

“Cosa vorresti fare, eh? Proteggerla?” disse uno di loro ridendo.

“Non basterà!” disse il ragazzino che si trovava davanti a tutti gli altri, avvicinandosi a lui e tirandogli un pugno sul naso.

Il ragazzo si coprì il viso dal dolore.

“Visto, ragazzi? È proprio una femminuccia!” disse il tizio che gli aveva dato il pugno.

Un altro si avvicinò per tirargli un calcio. Nicolson gemette, sotto gli occhi terrorizzati della ragazzina, che sperava con tutto il cuore che non si facesse troppo male per colpa sua.

Arrivò un altro che voleva tirargli un altro calcio, ma si sentì un suono caratteristico, che ai teppistelli non piaceva affatto.

“Gli sbirri!!” disse il capo del gruppo, scappando e portandosi dietro il suo seguito.

“Se ne sono andati, finalmente!” disse la ragazzina con le lacrime agli occhi, chinandosi su di lui per aiutarlo a rialzarsi. “Stai bene?”

Il ragazzo era tutto dolorante, ma riuscì a rialzarsi senza troppa fatica. Dal naso arrossato e gonfio usciva un po’ di sangue, ma stava bene.

“Diciamo di si…” disse, con voce flebile.

La ragazzina gli diede un fazzoletto per pulirsi il naso dal sangue.

“Grazie tante. Non mi conosci, ma mi hai salvato lo stesso. Come posso sdebitarmi?” disse la ragazzina, asciugandosi le lacrime e sorridendo.

Che bel sorriso, pensò Nicolson.

“Beh, solo dicendomi come ti chiami…”disse il ragazzino, con un lieve rossore sul viso.

“Il mio nome è Evelyn, piacere! Il tuo?” rispose la ragazzina.

“Nick… Nicolson…” disse il ragazzino, un po’ imbarazzato.

“Nick…” disse Evelyn “Spero di rivederti, un giorno!”

 
Nick trovò un modo per scappare e iniziò a correre, lasciando a terra il suo computer. Quello che era importante era scappare, cercare di non farsi prendere, perché se quelle di sei anni fa erano botte da lividi, in quel momento dovevano essere da ricovero immediato.

“Non ce la farò…Mi prenderanno…” disse fra sé, sicuro di prenderle.

Era talmente occupato a pensare alla sua “fine” imminente che non aveva visto che si stava dirigendo verso un vicolo cieco.

“Maledizione! Ora non me la caverò facilmente…” pensò, mentre osservava i teppistelli che gli si avvicinavano pericolosamente, con i pugni serrati e tremanti.

“Che idiota! Sai cacciarti spesso nei guai, vedo. Prima uscendo a quest’ora e poi imboccando questo vicolo cieco. Che sbadato!” disse il ragazzo dei piercing.

Erano sempre più vicini, sempre più vogliosi di dare dei pugni allo “sfigato”. Nick restava immobile, sentendo il terrore che scorreva veloce nelle sue vene.

Erano a pochi centimetri da lui.

Il ragazzo con il berretto provò a dargli un pugno sul viso, ma lo ritrasse subito urlando da dolore. Sul suo braccio era apparso un enorme e profondo taglio che grondava sangue.

“Ma-ma… Sei stato tu?!” chiese il ragazzo dei piercing.

Nick non capì cosa stava succedendo, ma strabuzzò gli occhi alla vista di quella ferita.

“Ma… Scappiamo! Lui è pericoloso!” disse l’altro, scappando insieme al resto della banda.

Nick continuava a non capire. Era successo tutto troppo in fretta. Ricordava solo di aver visto un bagliore velocissimo che si dirigeva verso il teppista. Guardò in alto, il punto da cui sarebbe dovuto provenire quello strano luccichio.

“NICK!! Stai bene!!” urlò una voce femminile.

Nick si girò. Era una ragazza dai capelli e occhi viola, leggermente più bassa di lui, che correva verso il vicolo dove si trovava Nick. Aveva una maglia azzurra a maniche corte, un paio di jeans aderenti e delle scarpe da ginnastica nere. Gli sembrò di averla già vista in precedenza. Nick sembrò riconoscerla, anche se era molto diversa rispetto a sei anni prima.

“Ma tu sei… Evelyn, giusto?” disse con un lampo di sorpresa.

“Si! Da quanto tempo!” disse lei, sorpresa allo stesso modo. “Ho visto gli stessi teppistelli che scappavano dicendo il tuo nome, dicendo che tu eri un mostro, o qualcosa di simile. Uno di loro era ferito piuttosto gravemente… Tu come stai?”

“Bene, non mi hanno fatto nulla. Non sono stato io a colpirlo… È stata una luce…” disse Nick, poi spiegò velocemente l’accaduto.

“Può darsi che tu sia speciale! Sai, un po’ come quei ragazzi degli anime…” disse Evelyn scherzando.

“Non posso essere stato io…” disse Nick, anche se iniziava a dubitare delle sue stesse parole.

“L’importante è che tu stia bene… Ah, ho trovato una borsa con un portatile!” disse la ragazza, mostrandolo a Nick. Era lo stesso che stava portando prima di scappare.

“Cavolo! Questo è il mio!” disse Nick, prendendolo e ringraziando Evelyn.

“Direi che oggi te la sei vista un po’ brutta… Andiamo a mangiare qualcosa? Pago io, non preoccuparti!” chiese Evelyn.

Nick accettò l’invito con riluttanza, visto che avrebbe pagato Evelyn. Trascorsero insieme la serata, sicuri che i teppisti non sarebbero ritornati, per paura di ricevere altre botte.

“Beh, ora devo andare. Ti lascio il mio numero.” Disse Evelyn, tirando fuori dalla tasca del jeans un biglietto, su cui era scritto un numero di telefono. “Se hai aggiornamenti su quello che è successo oggi, fammelo sapere.”

“O-ok…” disse Nick.

Evelyn attraversò la strada ed entrò in un palazzo, sparendo dalla vista di Nick.

“Sono davvero…speciale?” pensò Nick “Impossibile! Non sarei in grado di difendermi nemmeno da un insetto.”

La caratteristica di cui era dotato Nick era una forte insicurezza. Ce l’aveva da sempre, era un po’ come il suo marchio di fabbrica. Eppure non sembrava, visto che era riuscito a salvare Evelyn da quei tre teppisti, anche se non ne era riuscito proprio illeso.

Tornò a casa, evitando di parlare di ciò che era successo quella sera con i genitori. Andò a letto presto, addormentandosi quasi subito. Durante la notte, però, fece uno strano sogno.

Si trovava in uno strano posto, forse in un altro pianeta, in cui il cielo era viola, a tratti rosso, e il terreno arido era spaccato in più punti. Sembrava che si stesse svolgendo una battaglia tra mostri con fattezze umane e due tipi di esseri: c’erano sei umani, ognuno con un abbigliamento e un’arma diversa, il cui viso era nero e non si potevano notare gli occhi e il naso, ma la bocca si. C’era chi stava indossando un’armatura dorata e impugnava un arco, chi sembrava un pugile, chi aveva dei guanti più grandi delle mani… E poi c’erano sette alieni, tutti senza bocca, che incitavano gli umani ad attaccare.
Nick invece aveva delle ali e impugnava un cerchio d’oro, al quale ne erano attaccati altri due uguali. Doveva essere il settimo umano. Stava lanciando gli anelli ai mostri, colpendoli e ferendoli quasi a morte, quando cadde a terra, colto da un dolore improvviso sulla schiena.

“Nick!” disse una voce maschile.

Uno degli alieni si avvicinò. Era l’unico con un paio di ali, proprio come Nick.

“Per te la battaglia non è ancora finita! Rialzati, e fai vedere a quei bastardi che ci vuole ben altro per sconfiggerti!

Nick si svegliò di soprassalto, chiedendosi il senso del sogno. Sembrava tutto molto strano, ma allo stesso tempo macabro. Aveva ferito gravemente un mostro? Perché? Cosa aveva fatto di male?
Erano le sei del mattino, un buon orario. Si alzò dal letto e si vestì, poi andò in cucina e fece colazione, inzuppando alcuni biscotti nel latte.

“A cosa mi devo preparare?” si chiese Nick. Dopotutto, la luce che aveva ferito quel ragazzo e il sogno lo stavano facendo insospettire. Che sarebbe successo qualcosa di strano?

“No, queste cose succedono solo nei film” concluse, dopo aver finito l’ultimo biscotto.

Uscì di casa per prendere una boccata d’aria, ma quando aprì la porta…

“SORPRESAAAAA!!” urlò uno strano essere.

Nick, per lo spavento, saltò e cadde a terra.

“HAHAHAHA!! Te l’ho fatta! Dovevi vedere la tua faccia! Ah, solo io posso riuscire in questi scherzi!” disse la figura.

Nick lo guardò meglio: la pelle era grigia, aveva degli occhi viola ametista, con due segni neri sul viso, privo di bocca e naso. Aveva i capelli tirati all’insù, di colore grigio tendente al blu acquamarina, con delle piccole gemme rosa. Indossava solo una specie di gonnellino grigio scuro e…aveva le ali! Un paio di ali nere con delle gemme rosa sopra. Aveva gemme su quasi tutto il corpo, ma ciò che stupì Nick fu quella che aveva sul petto, più grande rispetto alle altre.

“E…e tu chi sei?!” chiese Nick, mettendosi sulla difensiva. “Bel…bel costume…”

“Quello che ieri ti ha salvato da quei teppisti!” rispose lo strano essere. “E grazie per i complimenti, ma non è un costume!”

“Eh?!” pensò Nick.

“Mi chiamo Vector e sono un Bariano. Più precisamente sono un imperatore. Ma non sono qui per stupidate. Tu… Abbiamo bisogno di te!” disse quell’essere.

Nick trasalì. A cosa serviva, di preciso? E poi…Bariano? Che diavolo era un Bariano? Poi, ripensandoci, sorrise di fronte a quell’apparente cosplayer evidentemente ubriaco.

“Non preoccuparti, non vogliamo farti prigioniero. Anzi, tu sei uno tra i sette prescelti!” disse Vector.

“Sette? Un momento, nel mio sogno c’erano sette umani, tra cui io… Ora capisco!” pensò Nick, capendo il perché del sogno. “Ma…no, è solo una coincidenza!”

“Dunque, cercherò di farla breve: nel nostro mondo una divinità sconfitta tempo fa grazie al potere che hai anche tu si sta per risvegliare. E l’unico modo per sconfiggerla, forse definitivamente, è farci aiutare dalle persone che possiedono un potere uguale al tuo. Accetteresti di difendere un popolo da questa minaccia?”

Nick ci rifletté: sembrava tutto molto strano. Nel sogno c’erano sette umani, e anche Vector aveva detto che ce ne sarebbero stati sette. Ma allo stesso tempo pensava che un mondo del genere non sarebbe potuto esistere sul serio. Già, doveva essere un cosplayer ubriaco, quel tipo. Con un bel costume addosso, pensò. Quasi realistico.

“Io non ne sarei capace… E poi, dopo averci usato ci sconfiggerete!” disse Nick, con un accento di ironia nella sua voce. “Senza contare che io creda che quello che è successo, nell’insieme, sia solo una cazzata.”

“Ok, proverò a convincerti: lo sai che se questa divinità non venisse uccisa, dopo aver distrutto il nostro mondo, passerebbe subito al vostro? Se non ci credi, beh, fra qualche mese te lo dimostrerò! Inoltre, cosa dovremmo fare con degli umani come prigionieri?” disse Vector.

“Si, certo, ci sto creden-“

Non ebbe il tempo di finire che Vector gli aveva lanciato addosso una sorta di bagliore, che schivò per un pelo. Stavolta Nick pensò che quel tipo non era veramente un umano e il solo pensiero di trovarsi di fronte a un umanoide lo spaventò.

 “E poi, a te piacerebbe vedere la gente che credeva in te morire per causa tua?” disse Vector.

Nick pensò alla sua famiglia, ai pochi amici che aveva e… ad Evelyn…

“E va bene, accetto. Anche se morirò, cercherò di difendere voi e il mio pianeta, anche se dubito che ci riuscirò…” disse Nick, colto ancora dall’insicurezza. Ci credette, anche se aveva bisogno di più risposte da parte di quel tipo.

“Guarda che se non sei sicuro di farcela, è inutile che ci provi. Non ce la farai se parti da questo presupposto. Devi solo pensare di provarci, e magari ti riesce.” Disse Vector.

“Ci spero!” disse Nick, infine, sorridendo. Certo, non era ancora sicuro di quello che era appena successo, ma sperava con tutto il cuore che, accettando, non abbia commesso un grosso errore.


 
Angolo Autrice
E rieccomi! Dopo due settigiorni (?) ho aggiornato di nuovo! YAAAAAY!! (scusate, la qui presente sta ancora sclerando per il trailer di Mockingjay part 2. Tributes, unitevi!! u.u)
Beh, non mi sembra che ci sia altro da aggiungere! Al prossimo capitolo!!
 

 
 
 
 
 
 

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Capitolo 6
*** 5: Exhibition ***


A Tokio c’erano molti ragazzi, tutti riuniti sotto un grande palco, con luci e casse gigantesche. Il palco era decorato in rosa, con una poltrona viola e dorata al centro e un tavolino da caffè del medesimo colore a lato della poltrona, mentre lo sfondo aveva delle nuvole bianche, quasi rosa, che pendevano e si muovevano a causa del vento, un arcobaleno che, invece di possedere i tipici sette colori, aveva delle diverse tonalità di viola, da un bianco perla fino a un viola scuro, e un cielo al tramonto proiettato su uno schermo grande quanto il palco. 

Molti ragazzi avevano abiti leggeri, come T-shirt e pantaloncini, in modo da non sudare troppo durante lo spettacolo. Alcuni avevano addosso le maglie del loro idolo musicale, che si sarebbe esibito tra qualche minuto.
In un camerino, la cantante si stava preparando allo spettacolo dando gli ultimi ritocchi al suo trucco, né troppo leggero, né troppo marcato. Era una ragazza magra, con capelli biondi e meches azzurre, legati in una coda di cavallo a lato, dagli occhi grigi. Nonostante fosse appena ventenne, non era molto alta.

Dopo aver finito pensò: “Bene, e ora quale metto per primo?”

Si alzò dalla sedia e iniziò a guardare due completi, totalmente differenti, pensando bene a quale mettere per primo. Scelse, come primo outfit, una canotta aderente viola, con dei brillantini scintillanti, e un paio di pantaloncini di una tonalità più chiara della canotta, sempre pieno di brillantini. Le scarpe erano degli stivaletti bianchi alti fino alla caviglia, con un po’ di tacco.

“Bene” pensò lei “ora sono pronta”.

Uscì dal camerino e si avviò verso il palco, facendo cenno ad alcuni uomini di iniziare lo spettacolo.

“Quando dirà il tuo nome, tu sali sul palco e siediti sulla poltrona. Sarà…” disse l’uomo, che doveva essere l’organizzatore dei concerti, ma la cantante lo interruppe.

“Si, lo so… Sarà buio e io magicamente comparirò davanti ai miei fan e inizierò a cantare. Poi entreranno i ballerini e…Si, lo so. Me lo hai detto ieri durante le prove.”

“Se non ti ricordi le coreografie, canta e cammina avanti e indietro per il palco. E non dimenticare: il sorriso è la chiave di tutto.” Disse poi l’organizzatore.

“Va bene!” disse la ragazza.

Pochi minuti dopo, un uomo iniziò a parlare.

“RAGAZZI, SIETE PRONTI PER LO SHOW??” disse una voce maschile.

I ragazzi sotto al palco iniziarono ad urlare e a sollevare degli striscioni, che dicevano frasi come “Tokio ti ama!” e “Sei il nostro mondo!”.

“E ALLORA… CHE ENTRI LA REGINA DELLO SPETTACOLO!! MASUMI ONIKA, FATTI AVANTI!!”

La ragazza, una volta sentito il nome, si avviò verso la poltrona e si sedette, attendendo l’inizio della prima canzone, mentre i fan deliranti incitavano l’inizio del concerto urlando.

Poi la musica partì, e il palco s’illuminò. I ragazzi impazzirono alla vista del loro idolo dal vivo, con un microfono in mano, a scaldare i loro cuori con la sola voce.

La prima canzone non era molto movimentata, aveva una melodia dolce, ma Masumi cercò di animare il pubblico, che rispose a quella sollecitazione muovendo le mani a destra e sinistra.

Nei suoi concerti era solita alternare canzoni lente a canzoni allegre, movimentate, e lo scenario era quasi sempre lo stesso: un trono al centro del palco, come se la cantante si definisse la regina della musica j-pop, cosa che non tutti pensavano su di lei. Cambiavano solo i colori dello sfondo e della seduta.

Prima di iniziare una canzone, beveva un po’ d’acqua per non far seccare la gola.

Durante le canzoni si muoveva, ballava con i suoi ballerini, saltava… Faceva di tutto, pur di lasciare un bel ricordo impresso nel cuore dei suoi fan.

Dopo aver cantato sei canzoni disse: “Facciamo una piccola pausa! Ci vediamo fra dieci minuti! Siete dei grandi!”.
Così si ritirò nel suo camerino, dove indossò il suo secondo vestito. Era un abito bianco con delle sfumature rosa, stretto in vita e largo sui fianchi, con delle mezze maniche.

Dopo essersi cambiata, sentì una voce dietro di lei.

“Sapevo che ti avrei trovata qui.”

La ragazza si girò, rischiando di cadere per la sorpresa, anche a causa degli stivaletti con i tacchi a spillo. La voce era di un ragazzo, che avrebbe dovuto avere la sua stessa età, più o meno. I suoi capelli erano lunghi e biondi, con un ciuffo al lato sinistro della testa che sembrava un’ala. Aveva gli occhi azzurri ed era sorridente. Era vestito normalmente, con una camicia azzurra e un jeans.

“Cosa ci fai qui?” chiese la cantante “Fuori non c’erano gli uomini della sicurezza?”

“Mi hanno lasciato entrare. Sai, volevo incontrarti per dirti una cosa…”

La cantante fu più lesta e lo precedette, senza però indovinare cosa volesse in realtà.

“Vuoi un autografo? Una foto? Una dedica?”

“Ehm, no, non era quello che intendevo…” disse il biondo, senza distogliere lo sguardo dagli occhi di Masumi. La cantante non sembrava averlo ascoltato.

“Dopo firmerò degli autografi, se vuoi. Ma ora non posso proprio, devo prepararmi per la seconda parte del concerto.” Continuò la cantante, noncurante del ragazzo, che sembrava piuttosto irritato dal comportamento di Masumi.

“Ma…”

“Mi dispiace, ma dopo ti assicuro che avrai tutto il tempo di fare autografi, foto…Quello che vuoi!” disse Masumi, sedendosi su una sedia davanti allo specchio per ritoccarsi il trucco.

“E va bene, dopo il concerto però mi dovrai ascoltare!” disse il ragazzo, molto irritato.

“Quando esci, chiudi bene la porta!” disse la cantante senza girarsi.

Ma non sentì nessun suono di porte che si aprivano e chiudevano, solo il leggero rumore del pennello per il fard che stava usando sulle guance in quel momento.

“Allora, esci o no?” disse girandosi, ma, con sua grande sorpresa, non trovò nessuno. Eppure non era sorda, anzi, la porta faceva un brutto rumore quando si apriva.

“Possibile che me lo sia solo immaginato?” pensò la cantante, un po’ intimorita.

Non poteva essere possibile che un ragazzo normale si potesse teletrasportare, oltretutto senza fare il minimo rumore. Decise di uscire dal camerino per chiedere agli uomini della sicurezza se avessero dato il permesso per entrare nel camerino a un ragazzo, ma loro risposero di non aver visto nessuna persona che aveva l’intenzione di entrare.

Tutto ciò era molto strano. Chi poteva essere quello strano ragazzo? Come aveva fatto a entrare? E soprattutto, cosa voleva? Il ragazzo aveva detto che dopo il concerto avrebbe dovuto ascoltarlo, quindi l’avrebbe sicuramente rivisto.

“È ora di ricominciare!” disse l’organizzatore bussando con forza.

“Si, sono pronta!” disse lei, posando il pennello per il trucco e uscendo dal camerino.

Tornò sul palco e subito si rimise a cantare e ballare, ma non come sempre. Quell’incontro l’aveva turbata, la rendeva più insicura e sperava di vedere quel viso tra la moltitudine di giovani venuti ad assistere al concerto. Voleva assolutamente sapere cosa c’era dietro a quel ragazzo, cosa volesse da lei. Sperava che le sue fossero buone intenzioni, perché non voleva finire nei guai, visto che, in passato, ci è stata più e più volte.

Si muoveva energicamente, insieme al corpo di ballo che compiva gli stessi movimenti della cantante, ma qualcosa dentro di lei sperava che il concerto finisse subito. Era impaziente e timorosa allo stesso tempo.

Dopo due canzoni iniziò ad alzarsi un vento, inizialmente leggero, quasi impercettibile, poi molto forte, che scompigliava i capelli dei presenti. Era molto strano, visto che le condizioni del tempo sembravano ottime fino a quel momento.

Improvvisamente le luci che illuminavano il palco esplosero, rompendo le lampadine in mille pezzi di vetro che cadevano sul pubblico, che si riparò con le braccia. Come conseguenza, ci fu un blackout, mentre il vento iniziò a calmarsi.

Masumi non poteva credere ai suoi occhi. In vita sua, non aveva mai assistito a una cosa del genere. Il suo concerto era stato rovinato, e lei non potette fare altro che scendere dal palco e tornare nel backstage, con il corpo di ballo.
L’organizzatore era sconvolto e arrabbiato come non l’aveva mai visto. Pensava che ci fosse stato un guasto tecnico e si stava sfogando sui poveri macchinisti che provavano invano a spiegare che non era colpa loro.

“Adesso dovremo rimborsare il biglietto a tutti!!” disse, più arrabbiato che mai.

“Non esageri adesso!” disse uno dei tecnici, mettendo le mani davanti a sé.

Poi si rivolse a Masumi.

“Beh, ti conviene andare!” disse l’uomo, con irritazione. “Torna all’appartamento. Tra pochi giorni riprendiamo il tour!”

“Va bene…” disse Masumi, entrando nel camerino e prendendo i suoi effetti personali. Poi uscì, cercando di evitare di farsi vedere da fotografi, fan o persone che sapevano chi fosse lei.

“Ora saresti disposta ad ascoltarmi?” disse una voce dietro di lei.

Riconobbe subito la sua voce. Si girò e si trovò davanti lo stesso ragazzo che aveva fatto un apparente teletrasporto nel suo camerino.

“Chi sei? E cosa vuoi? E soprattutto, come hai fatto a entrare senza farti vedere dagli uomini della sicurezza?” chiese lei, facendo uscire le parole dalla bocca come se fossero acqua un fiume un piena.

“Una domanda alla volta… Io mi chiamo Misael, sono un Bariano”

“Ehm, Baria- che?” chiese Masumi, cercando di capire cosa significasse quella parola.

“Bariano, Masumi, Bariano…” disse Misael, continuando a guardarla negli occhi “Vengo dal Barian World, un altro mondo.”

Masumi era piuttosto stranita. Era vero che quello era un…alieno?

“Non dire stronzate! Gli alieni non esistono!” disse Masumi, alterandosi.

“Ma io non sono un alieno…” disse Misael sogghignando “Io sono un Bariano!”

“Crede ancora che io me la beva…” pensò Masumi, scocciata.

“Dai, sono più che serio! Comunque, sai perché mi sono manifestato a te?”

“Beh, se non lo so io lo saprai tu…” disse Masumi.

“Ecco, tu non lo sai, ma hai un potere!” disse Misael.

“Si, certo, ho il potere di incantare la folla. Questo lo sapevo già!” disse Masumi battendo le mani.

“Ehm, no, non intendevo quello! Hai un potere simile al mio! Sai perché le luci sono esplose?” chiese Misael.

“Un semplice guasto?” disse Masumi.

“SBAGLIATO!! Sono stato io!” disse Misael, indicandosi “Ho usato il mio potere, che hai anche tu, il Soffio di Drago.”

“Soffio di Drago??” Masumi era ancora più confusa di prima!

“E, non per fare il modesto, ma credo sia un potere mooolto forte!” disse Misael.

“Ah, certo…” disse Masumi “Beh, se non ti spiace io ora dovrei andare, visto che se mi beccano qui non me ne vado più…”

“Prima devo chiederti una cosa: noi Bariani dobbiamo affrontare una guerra e se vogliamo avere vittoria assicurata dobbiamo…Ugh, farci aiutare da alcuni umani…” disse, pronunciando l’ultima frase con una nota di disgusto “Anche se non sono proprio umani, essendo Mezzi-Bariani, ma comunque…Tu sei uno di questi, ne esistono solo sette, sparsi in tutto il mondo, e io, in qualità di Imperatore, dovevo cercare l’umano con lo stesso tipo di potere usato da me… Cioè tu!”

“Dovrò…combattere? Ma se non so fare male a una mosca!” disse Masumi, protestando.

“Tranquilla, ti aiuterò io a sviluppare il tuo potere e a migliorare. Devi solo accettare la mia proposta… Ci aiuterai o no?” chiese Misael.

La ragazza esitò, poi rispose.

“Io non ti credo. Dimostrami prima che non mi stai prendendo in giro!”

“Ah, si?” disse Misael, puntando il braccio verso il palco. Dalla mano uscì una luce azzurra, che si espandeva dal centro del palmo fino a ricoprirlo del tutto.

Si alzò di nuovo un forte vento, come prima.

Si sentì uno schianto. A quanto pare, i sostegni delle luci avevano ceduto e i riflettori erano caduti.

Misael abbassò la mano e la luce scomparve, così come il vento.

Masumi aveva guardato lo spettacolo con stupore e meraviglia. Era stato davvero capace di fare una magia del genere?

“Come vedi, non ho nulla sulla mano, né sul braccio, né sul resto del corpo. Nessun trucco, questo è il mio potere.” disse, mostrando le mani e le braccia “Ora mi credi?”

“Adesso si… E va bene, accetto. Ma come farò ad allenarmi se sono una…celebrità?” disse poi, un po' intimorita dal Briano.

“Beh, mi dispiace dirtelo, ma dovrai ritirarti dalle scene…” disse Misael.

“COME??” disse Masumi, quasi urlando.

“Beh, puoi sempre tornare dopo la guerra, no?” disse Misael.

Masumi ci pensò. Beh, almeno sarebbe potuta tornare sul suo amato palco dopo la pausa, anche se l’assenza da ciò che amava la rendeva triste. Ma alla fine accettò. Sarebbe potuta tornare più carica di prima.

“Bene! Sono contento che tu abbia accettato! Ti assicuro che non imparerai solo a combattere!” disse Misael, con un sorriso.

“Beh, sarà interessante…” pensò Masumi.




Angolo Autrice

Heilà!! Todo bien? Bene, ecco il nostro Misael (so che qualcuno lo aspettava dall'inizio xD) e non uccidetemi se è con una ragazza ^^'. Potete abbassare i forconi ^^"... Sul serio o.o
Beh, come al solito i soliti ringraziamenti per chi recensisce e chi legge la storia e il solito "Se avete consigli blablabla, potete dirli blablabla" (a lungo andare dovrò cambiare l'angolo autrice e metterci qualcos'altro xD).
Bene, ho detto tutto! Grazie ancora e... Al prossimo capitolo!!

eli8600




 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 7
*** 6: Twins ***


“Cavolo, che giornata oggi!” disse una voce femminile.

Due ragazzi stavano passeggiando per New York, dopo una dura giornata di scuola.

“Già… Ci stanno caricando di interrogazioni e di compiti! Fortunatamente mi sono preparato, altrimenti la media sarebbe calata…” disse il ragazzo.

Entrambi avevano diciassette anni ed erano simili. Lei aveva i capelli rossicci, ricci e lunghi fino alle spalle, con occhi verde scuro, con indosso la divisa scolastica: una gonna rossa, una giacca bianca e una camicia del medesimo colore. Lui invece aveva i capelli rossi corti, con un ciuffo che gli copriva un occhio. Indossava la divisa maschile, con gli stessi colori di quella femminile. I due erano gemelli.

“Tu stai zitto, che il voto più basso che tu abbia mai preso è stato B…” disse la ragazza.

“Beh, è vero, ma voglio avere risultati eccellenti, visto che questo è l’ultimo anno a scuola…” disse il ragazzo.

“Non vedo l’ora che finisca, così siamo finalmente liberi!” disse la ragazza.

“Non è proprio così…Dopo dovremo cercare lavoro!” disse lui.

“Lo so, ma non ne posso più di studiare!” disse lei, mettendosi le mani nei capelli “Sono stata abbastanza fortunata ad aver preso D all’interrogazione di oggi!”

“D non è un bellissimo voto, ma almeno non hai preso F…”

“Juniper! Nathan!”

I gemelli si girarono. Una ragazza, della stessa età dei gemelli, stava venendo verso di loro. Anche lei aveva la divisa scolastica ed era bionda, con lunghi capelli lisci e occhi castani.

“Anne! Quante volte ti ho detto che devi chiamarmi Juny, e non Juniper?” disse la ragazza arrossendo.

“Ma Juniper è un nome stupendo! Mia cugina si chiama così!” disse Anne “Comunque, tornate a casa?”

“Si. Dopo ho gli allenamenti per la squadra di basket. Fra tre giorni abbiamo la partita di qualificazione, quindi è meglio riposarsi…” disse il ragazzo.

“Io stasera esco…” disse Juniper.

“Eh?! Non me lo hai detto!” disse Nathan.

“Lo so, l’ho saputo ieri sera…” disse la ragazza.

“E con chi esc-“

Anne interruppe Nathan:

“Io lo so con chi esce! Con Da-“

“Zitta!!” disse Juniper, arrossendo.

Ma Nathan intuì subito.

“Da… Un momento! David Fender ti ha chiesto di uscire?” le chiese sbalordito.

David Fender era il capitano della squadra di football nella loro scuola. Era il ragazzo più desiderato tra le studentesse del liceo.

“Beh, si…” disse Juniper arrossendo.

“Fai attenzione a lui! So che esce con dieci ragazze diverse alla settimana!” disse Nathan, facendosi serio.

“Ma non è un’uscita romantica! È solo un’uscita tra amici. Nulla di serio!” disse Juniper, mettendo le mani davanti a sé.

“Beh, lo spero… Sai, non voglio che tu soffra…” disse Anne “Non voglio vedere un’amica soffrire!”

“Grazie, Anne! Tranquilla, non mi farò film mentali!” disse Juniper.

“Di nulla, sei una mia cara amica, mi sembra il minimo! Comunque, ora devo andare! Ci vediamo domani! Ciaooo!”

Anne aveva salutato i due gemelli e se n’era andata, mentre Nathan e Juniper proseguivano per la strada verso casa.
Improvvisamente il cielo diventò scuro, coperto interamente da nuvole cariche di pioggia.

“Oh, no! Sbrighiamoci, non ho portato l’ombrello!” disse Nathan, iniziando a correre.

“Va bene!” disse Juniper facendo lo stesso.

In quella situazione, i due presero la strada più corta per arrivare a casa, visto che stava iniziando a piovere.
Dopo un chilometro stavano ancora continuando a correre, cercando di non rallentare, anche se la fatica si faceva sentire ad ogni passo. Erano stanchi, ma dovevano arrivare a casa prima dell’imminente acquazzone.

La loro corsa fu però interrotta da una caduta improvvisa. I due ragazzi erano caduti a terra, come se avessero colpito in pieno un muro.

“Ahi!” si lamentava Nathan, rialzandosi a sedere e massaggiandosi un braccio dolorante.

“Ma cosa è stato?!” disse Juniper, rialzandosi.

Davanti a loro non c’era nulla, a parte il vialetto che stavano percorrendo.

“Non lo so, ma andiamo avanti!” Nathan si era rialzato ed era tornato a correre, ma aveva nuovamente sbattuto contro qualcosa. La botta lo fece arretrare di qualche passo. Aveva una mano sul naso.

“Questo è…veramente strano!” disse Juniper.

Avanzò con il braccio teso in avanti. Continuava a camminare finché la sua mano non toccò qualcosa di solido. Era come se ci fosse un muro invisibile, una barriera che impediva loro di andare oltre.

“Che cosa strana…” disse Nathan.

Juniper percorse il muro con la mano, cercando di capire dove finisse. Dopo aver percorso qualche metro con la mano su quella barriera tornò indietro.

“Non finisce…” disse Juniper, sconsolata.

“Beh, ci tocca tagliare di qua!” disse Nathan indicando a destra un marciapiede.

“Allora andiamo!” disse Juniper, correndo in quella direzione, seguita da Nathan.

Nel frattempo, aveva iniziato a piovere. Inizialmente erano piccole gocce, poi si trasformò in un temporale.

Fortunatamente, i due gemelli riuscirono ad arrivare a casa poco prima che iniziasse a diluviare. Erano un po’ bagnati, ma non eccessivamente.

Erano da soli in casa poiché i genitori si trovavano a Los Angeles per lavoro da tre giorni.

Entrati in casa, posarono gli zaini e si tolsero le scarpe, poi andarono nelle proprie stanze a togliersi la divisa e mettersi qualcosa di più comodo. Poi ognuno trovò il proprio metodo per svagarsi. Nathan con i videogiochi, Juniper completando una ricerca per la scuola.

Dopo un paio di ore, i due fratelli si ritrovarono a parlare di quello che era accaduto quel giorno nel salone di casa, seduti sul divano mentre guardavano la televisione.

“Mi sembra fin troppo strano. È… assurdo! Queste cose esistono solo nei film di fantascienza!” disse Nathan, senza distogliere lo sguardo dal televisore.

“Hai ragione, è assurdo! Non so a cosa pensare… Come è possibile che noi non riuscissimo a superare quelle specie di barriera?”

Entrambi i gemelli erano perplessi. Non sapevano a cosa pensare.

“E se ci fosse qualcosa che noi non dobbiamo vedere, oltre quella barriera?” chiese Nathan, voltandosi verso la sorella gemella.

“La stai prendendo sul serio?” chiese Juniper, preoccupata.

“Non si può mai sapere… Magari potremo tornare a vedere…” disse Nathan.

“Quando?” chiese Juniper.

“Potremmo tornare domani pomeriggio, dopo la scuola. Può darsi che domani la barriera sia sparita.” disse Nathan.

“E a qual punto avremmo perso solo tempo.” disse Juniper, scuotendo leggermente la testa.

“Si, ma io sono curioso! Voglio andare fino in fondo alla storia!” disse Nathan, alzandosi in piedi.

“Beh, speriamo di riuscire a scoprire qualcosa…” disse Juniper, andando in camera sua. “Vado a prepararmi, tra poco devo uscire con David! Tu non dovevi andare agli allenamenti?”

“Ah, si! Me ne sono dimenticato! Quello che è successo oggi mi ha confuso un poco…” disse correndo in camera sua.

Juniper aveva l’armadio spalancato, che conteneva tanti vestiti, di ogni tonalità e stile possibili. Sceglieva con calma dei vestiti, poi li posava, li osservava e infine li riprendeva, molto indecisa su cosa indossare.

“Non so cosa mettere!” disse, prendendo in mano due vestiti, uno rosa pallido e uno nero.

“Juny, hai milioni di cose da indossare! È impossibile che non sai cosa mettere stasera!” disse Nathan, prendendo il borsone e indossando le scarpe.

“Tu quale sceglieresti?” chiese Juniper, mostrando i due vestiti al fratello.

“Quello rosa! Quello nero è troppo elegante…” le rispose, cercando di infilarsi un paio di scarpe vecchi, usati per praticare attività fisica.

“In effetti hai ragione…” disse la sorella.

Nathan era pronto ad andare agli allenamenti, così diede un bacio sulla guancia a sua sorella per salutarla, raccomandandole di tornare presto e di passare una bella serata. Sua sorella annuì, dicendo che avrebbe fatto attenzione.
 
 
Il giorno dopo i due ragazzi uscirono da scuola un’ora prima, siccome mancava un professore all’ultima ora, e andarono a controllare il vialetto dove avevano trovato quella barriera invisibile. Nathan era così curioso che correva molto velocemente. Voleva saperne di più, pensando di avere davanti una scoperta sensazionale. Quale segreto nascondeva quella barriera?

“NATHAN!! Non correreee!!” disse Juniper, cercando di stare dietro al fratello.

Improvvisamente si arrestò, facendo cenno alla sorella di fare lo stesso per evitare che andasse a sbattere. Erano arrivati nel punto preciso.

“È qui?” chiese la sorella, ansimando per la lunga e faticosa corsa.

“Esattamente…”

Nathan si avvicinò con la mano cercando di capire dove fosse il punto preciso. Con grande sorpresa, però, la sua mano non incontrò nessun muro invisibile.

“È sparito!” disse il ragazzo, facendo cenno a Juniper di avvicinarsi “Andiamo!!”

“Ok, però stiamo attenti!”

I due si incamminarono, cercando di rimanere cauti. Percorsero pochi metri, quando sentirono una voce dietro di loro, che li fece voltare:

“Dove state andando?”

La voce era di un ragazzo piuttosto strano, con dei capelli viola lunghi fino alle spalle, con le punte all’insù, e occhi azzurri. Indossava una giacca viola, una maglia marrone, un jeans e un paio di scarpe bianche. All’apparenza doveva avere diciotto o diciannove anni.

Vicino a lui c’era una ragazza, poco più bassa, che aveva i capelli blu, con due ciocche azzurr, dagli occhi magenta. Lei aveva un vestito bianco e azzurro, con un paio di mocassini. Lei doveva avere sedici o diciassette anni.

“Stiamo andando a casa.” Mentì Juniper.

“Voi non dovevate uscire tra un’ora?” chiese la ragazza in modo freddo.

“Mancava un professore…” disse Nathan. "Un momento...Ma come facevano a saperlo?" pensò dopo.

“E perché passate di qui?” chiese la ragazza.

Juniper iniziava a spazientirsi. Il comportamento di quella ragazza le stava dando sui nervi.

“Forse perché questa strada porta a casa nostra?”

“Voi non dovete assolutamente passare di qui!” disse il ragazzo, senza distogliere lo sguardo da Juniper.

“E chi saresti tu per dircelo? Sei il presidente?” chiese la gemella.

“Sono…”

Il ragazzo si paralizzò, come se avesse visto un mostro. La ragazza invece si mise sulla difensiva.

“Cosa c’è?” chiese Juniper, notando subito lo strano comportamento dei due.

“Allora?” li incitò Nathan.

Nessuno dei due rispose , si limitarono ad alzare il braccio verso i due gemelli. Le loro mani si illuminarono di una luce color azzurro, che sembrava attirare una leggera brezza.

Nathan si accorse di cosa stavano per fare.

“Juny! A terra!!”

Nathan si gettò a terra, tirando a sé anche la sorella. Nel medesimo istante, quel bagliore fu rilasciato dai due sconosciuti e viaggiò veloce.

“Ma siete pazzi?! Cosa vi abbiamo fatto?!” disse Nathan, rialzandosi, mentre la sorpresa  del momento lasciò il posto a una grande rabbia.

“Prima di giudicarci, guardatevi le spalle” disse la ragazza, indicando il viale.

I due si girarono e si trovarono davanti a uno spettacolo che, fino ad allora, per loro risultava impossibile da vedere nella vita reale.

Un mostro color nero pece era davanti a loro. Era alto quasi un metro e mezzo, ricoperto da un liquido nero denso e appiccicoso che gocciolava per terra. Aveva una grande mandibola, con denti affilati, e le orbite erano prive di occhi. Gli arti erano sottili e alle mani aveva degli artigli bianchi e taglienti.

“Che…diavolo…” disse Juniper con voce flebile, con un’espressione a metà tra il sorpreso e il terrore.

Il mostro si avvicinò a lei con un balzo. Juniper arretrò piano, cacciando un urlo per lo spavento. Il mostro allungò un braccio verso di lei, pronto a colpirla. La ragazza chiuse gli occhi e si preparò al colpo. In quel momento, il mostro fece un balzo. Poco dopo una luce bianca colpì il mostro, facendolo cadere a terra. La creatura si stava contorcendo dal dolore.

“Sei…sei stato tu?” disse il ragazzo dai capelli viola, guardando Nathan con stupore.

Juniper si girò. Nathan aveva ancora il braccio teso e la sua espressione era carica di sorpresa.

“Sono stato io… sul serio?” si chiese, guardandosi la mano.

Dopo un paio di minuti, il mostro si dissolse.

L’espressione dei due ragazzi cambiò. Ora sorridevano, come se avessero appena raggiunto un obiettivo.

“Allora…avevamo ragione!” disse la ragazza.

“Già, sorellina, questi due ragazzi sono Mezzi-Bariani!” disse il ragazzo.

“Mezzi-Bariani?!” dissero i due gemelli all’unisono.

“Ah, scusateci per i toni bruschi di prima. Dovevamo essere sicuri di quello che pensavamo. Comunque, io sono Nasch, e lei è mia sorella Merag.” Disse il ragazzo, indicando prima sé stesso, poi la ragazza che aveva vicino “Anche se non sembra, noi veniamo da un altro mondo, il Barian World. E io ne sono il re, mentre lei è un’imperatrice. Veniamo chiamati Bariani.”

I due gemelli ascoltarono attentamente le parole di Nasch.

“Comunque, vi abbiamo visto sbattere contro lo Scudo Invisibile creato da noi.” Disse la ragazza.

“Ma allora…siete stati voi!” disse Juniper, indicando i due fratelli.

“Beh, si… Era uno scudo fatto di energia Barian. Anche voi ne avete un certo quantitativo all’interno dei vostri corpi. Quello scudo possedeva troppa energia per voi. Ecco perché non riuscivate ad attraversarlo.” Disse Merag.

“Ma…cosa sarebbero i Mezzi-Bariani?” chiese Nathan.

“Bene, è molto semplice…”

Nasch raccontò una storia riguardo il loro mondo. Raccontò di una certa divinità sconfitta tempo fa grazie all’uso di un grande quantitativo di potere. Il re Bariano di quel tempo aveva esaurito quasi tutte le energie e in punto di morte le liberò, dicendo che sette umani avrebbero avuto questo potere. Aggiunse anche che la divinità si sarebbe risvegliata e che queste energie sarebbero servite per sconfiggerla nuovamente e per farla cadere in un sonno eterno, dal quale non si sarebbe più potuta risvegliare.

“E voi siete uno di questi sette umani a possedere il potere Bariano…” aggiunse Merag.

I due ragazzi non ci potevano credere. Erano in possesso di un potere che avrebbe potuto sconfiggere un nemico potentissimo.

“Beh, a questo punto vi aiuteremo… Credo che tutto ciò sia vero. Nathan ha sprigionato quel potere…” disse Juniper.

“Già… Però volevo chiedervi una cosa...” disse Nathan, facendosi avanti.

“Fa’ pure!” disse Nasch.

“Ecco…perché avete messo quella barriera?” disse Nathan.

“Beh, era per vedere come reagiva a voi. E poi sappiamo che voi percorrete questa strada, quindi ce ne siamo potuti accorgere subito.” Disse Nasch.

“Bene, ma come ci prepareremo?” chiese Juniper.

“Vi aiuteremo noi, state tranquilli!” disse Merag.

“Ah, capisco. Beh, ci divertiremo molto, mi sa!” disse Nathan.

“Beh, diciamo di si!” disse Nasch, sorridendo.

I sette umani erano stati trovati. Ora tocca agli Imperatori allenarli e farli diventare forti abbastanza da poter sconfiggere la divinità. È ora che inizia la vera storia dei sette combattenti leggendari, i cui poteri li hanno resi noti come “Mezzi-Bariani”.



Angolo Autrice

Bene, e anche Mister  "Piovra sulla testa" e sua sorella hanno trovato i loro...ehm, Mezzi-Bariani...
Beh, come al solito grazie mille per le recensioni e se volete darmi qualche consiglio su come migliorare la storia fatevi avanti ;)
Chissà cosa succederà più in avanti... Non vi resta che aspettare la prossima settimana! Ci vediamo al prossimo capitolo! Sciauuuuu!!!
 

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Capitolo 8
*** 7: Nick's first enemy ***


Pov: Elise

E così… si, sono diversa. In senso positivo, ovviamente. Ho qualcosa che altri non hanno. Strano, ma bello, dal mio punto di vista.

La schiena mi fa ancora un male cane, a stento riesco ad alzarmi in piedi, ma quel Durbe è riuscito a farmi stare meglio. Ha semplicemente poggiato una mano nel punto in cui mi faceva male e… il dolore è passato. Certo, mi fa ancora abbastanza male, ma rispetto al giorno in cui Vector mi ha scagliato contro quel muro va meglio, non mi posso lamentare più di tanto.

“Dovrai aspettare che il dolore ti passi naturalmente. Non posso fare più di così.” Mi aveva detto Durbe, dopo un paio di volte.

Non sono ancora riuscita ad abituarmi al fatto che io sia rimasta sola, dopo la morte dei miei genitori. Più volte dicevo a Durbe di non crederci, ma lui rispondeva sempre allo stesso modo: “Mi dispiace, ma io non avevo voglia di mentirti. Perché avrei dovuto farlo?”. Mi irrita, ma non so il perché…

La casa è così vuota, non sembra casa mia. Non c’è più mia madre che cucina, non c’è più mio padre che guarda la televisione, non ci sono più le domeniche passate fuori casa… ARGH! Basta, Eli! Basta pensarci! Più ci pensi e più ti fai male, mi ripeto.

Esco dalla mia camera. Fare questi pensieri a notte fonda non è la cosa migliore, ma non riesco a dormire. In questi ultimi giorni sono successe così tante cose. Sono rimasta sola, il mio ragazzo è diventato un ex, un essere mi ha rotto la schiena e…ho incontrato lui. Più volte avevo immaginato un incontro con qualcuno di strano, visto che la mia fantasia viaggia spesso, soprattutto durante le ore di scuola, e ho sempre costruito qualcosa di brusco, un incontro un po’ ostile.

Ma Durbe è stato…gentile. Pensavo volesse uccidermi, o rapirmi, invece mi ha aiutato, mi ha guarita… Ah, giusto, mi sono appena ricordata che devo affrontare uno scontro in cui rischio la vita e quindi devo essere totalmente sana, pur di proteggere il loro mondo. Si, sono solo un piccolo soldatino nelle loro mani.

“Io non ho intenzione di usarti. Dopotutto, non stai proteggendo solo il nostro mondo, ma anche il tuo.”

Alzo la testa. Davanti a me c’è Durbe, nella sua forma Bariana. Lo vedo come un’ombra nera, come la prima volta che l’ho visto, ma ciò è dovuto alla poca luce dei lampioni che entra dalle finestre. Mi ha letto nel pensiero? Come diavolo…

“Ti avevo già detto che se quel mostro distruggesse il nostro mondo passerebbe subito al successivo, cioè la Terra.”

Il suo tono non sembra affatto alterato, ma piuttosto pacato.

“Non mi sono ancora abituata a tutto ciò… Scusa…” rispondo, dispiaciuta.

Durbe si avvicina a me e poggia una mano sulla mia spalla.

“Non riesci a dormire?” mi chiede.

Annuisco.

“Ti fa ancora male la schiena?” mi chiede ancora.

“No, non è per quello. È che…mi manca la vita che conducevo prima. Mi mancano i miei genitori, mi manca…”

Senza volerlo, le lacrime iniziano a rigarmi il viso, bruciandomi come lava. Cerco di asciugarmele con le dita, nonostante continuino imperterrite a bagnarmi le guance. Durbe mi stringe delicatamente a sé. Mi ha abbracciato! E quell’abbraccio è così rassicurante, così caldo… Ricambio e poggio la testa sul suo petto, chiudendo gli occhi e respirando piano. Una strana sensazione si espande nel mio corpo. Mi sento meglio, sembra che quei dolori siano passati. Le lacrime non mi bagnano più le guance, è tutto così bello…

Poi mi rendo conto di quello che era appena successo. Mi stacco delicatamente da lui. Sento le guance in fiamme. Durbe mi guarda leggermente stranito, poi mi dice:

“Vuoi che resti con te finché non ti addormenti?”

L’ha detto davvero? Oddio! È una cosa così tenera! Ma…no, non mi fido ancora di lui.

“No, penso che per stanotte…dormirò da sola…” dico. Lui si limita ad annuire, mentre mi stendo sul letto e ripenso a quell’abbraccio. Certo, è stata una cosa piuttosto sbrigativa, ma è stato in grado di farmi sentire meglio. È stato così dolce da parte sua. Chissà, forse…no, no, no. Ricaccio subito i pensieri in un angolino buio della mia mente. Tutti, tranne quello dell’abbraccio. E continuo a ripensare a quell’attimo finchè non mi addormento.
 
Pov: Juan

“Arito, dannazione, mi spieghi perché siamo qui, a quest’ora??”

Io e Arito siamo andati al parco molto tardi, verso le tre di notte. Tutto ciò solo per dimostrarmi che quello che dice è vero. Avrebbe anche potuto evitare di svegliarmi a quest’ora, poteva benissimo farlo domani. Invece no, mi ha costretto a uscire di casa senza farmi scoprire, dalla finestra, magari facendomi passare per un ladro.

“Adesso non c’è nessuno, così posso trasformarmi senza troppi problemi!”

Si, non c’era nessuno, a parte qualche decina di tossicomani rissosi sotto l’effetto di qualche sostanza allucinogena… Insomma, gente assolutamente innocua.

Effettivamente ho paura, e non poca. Fa freddo, e io non mi sono premurato di mettermi qualcosa di più pesante addosso. Mi sento uno stupido, visto che ora tremo dal freddo. Camminiamo verso una zona piuttosto nascosta grazie agli alberi.

“Ci sono dei drogati lì…” gli dico, indicando un gruppo di uomini con delle canne in mano a qualche metro da noi.

Arito non si scompone, anzi, sorride.

“Meglio così… Quando mi vedranno, penseranno di aver avuto le allucinazioni. So che quelle cose hanno questi effetti.”

“Hai pensato all’ipotesi di rischiare di essere malmenati?” gli chiedo.

“Avanti, Juan, sono così scoordinati! Cosa potrebbero farci? E poi, ti ricordo che io sono un Bariano…” mi risponde, continuando a camminare.

Si, certo, un Bariano. Se mi ha preso in giro non so cosa potrei fargli. Nel dubbio, mi riscaldo i pugni.

“Eccoci!” dice, fermandosi. “Adesso guarda attentamente!”

Il suo corpo si circonda di una luce bianca talmente luminosa da costringermi a chiudere gli occhi e coprirmeli con le braccia, ma non è abbastanza. Mi viene un gran mal di testa. La tortura, per fortuna, finisce subito. Al posto di Arito, ora mi trovo davanti a un Bariano. I suoi occhi sono cambiati di colore, lasciando il posto a un verde più scuro e la sua bocca è sparita. Sul viso ha una specie di maschera viola scuro, che sembra rotta in più punti, con delle gemme gialle ai lati e al centro. I suoi capelli sono rossi e formano delle strane punte, simili ad asce. Sul petto sono apparse delle gemme gialle e una rossa, più grande delle altre. Il suo corpo è diventato rosso e più muscoloso.

“O…oddio…” dico, in preda al terrore, poi urlo esaltato: “Che… CHE FIGATA PAZZESCA!!”

Arito mi mette una mano sulla bocca.

“Zitto! Sei idiota??” disse Arito.

“Mpfh…” questa è l’unica cosa che riesco a dire.

Nel frattempo, noto che i drogati si sono girati, ma non nella nostra direzione. A quanto pare sono talmente fatti che non capiscono nemmeno da dove venga un suono. Meglio così, evitiamo di farci scoprire.

“Ok, ora ti faccio vedere una cosa che sarai in grado di fare anche tu.” Mi dice, andando verso un albero.

Vede il ramo più vicino a lui, un ramo che avrà almeno trenta centimetri di diametro, e poggia una mano.

Solo poggiando la mano, dopo neanche un secondo, il ramo si stacca. Faccio dei passi indietro per evitare di essere colpito. Sono davvero così potenti?

“Cosa ca-” dico.

Evidentemente con Carlos non aveva usato tutta la sua forza, e nemmeno in questa occasione l’ha fatto, ne sono sicuro.

“Ora mi credi?” mi chiede il Bariano.

Annuisco incredulo. Arito torna nella sua forma umana e ci dirigiamo verso casa. Mi aiuta a salire dalla finestra. Prima che se ne vada, però, un dubbio mi assale.

“Ma…diventerò più forte di te?” chiedo ad Arito, il quale ride di gusto.

“Andiamo! Non esagerare!” dice allegro. “Però… Potresti…”

Potrei…E ce la farò.

“Beh, domani inizieremo l’allenamento. Mi raccomando, fatti trovare al parco alle cinque del pomeriggio, non tardare!” mi dice, per poi entrare in un varco e dissolversi.

Guardo l’orologio. Sono le quattro e mezza. Beh, almeno posso dormire un altro po’ di tempo, prima di andare a scuola.
 
Pov: Nick

Sono passati pochi giorni dall’incontro con quel Bariano, come si fa chiamare, ma in questi giorni sono riuscito a convincermi sulla veridicità del racconto di Vector. No, non poteva essere entrato nella mia mente e leggere tutta la storia, spacciandola per verità. Inoltre, non avevo mai visto un essere del genere, né minimamente immaginato, e il fatto che mi sia apparso sia in sogno che nella realtà mi fa pensare che la storia possa essere vera.

In questi giorni ho potuto conoscere meglio Vector e spesso uscivamo per passeggiare. Riesce a trasformarsi anche in umano! Il suo aspetto non cambia molto, gli unici cambiamenti che ho potuto constatare sono il colore dei capelli (da grigio ad arancioni) e la presenza della bocca.

Anche oggi sono uscito con lui. Durante il tragitto da casa alla piazza ho incontrato anche Evelyn. Cavolo, mi sono dimenticato di aggiornarla!

“Oh, Evelyn…” dico, abbassando la testa, un po’ per la vergogna.

“Nick! Hai scoperto qualcosa, allora?” dice. Dal suo tono, credo che scherzi. Sicuramente non l’ha presa così tanto sul serio il giorno in cui le ho raccontato di come sono riuscito a ferire quel teppista.

“Si. Ecco, lui è…” dico, indicando Vector, il quale mi interrompe pestandomi un piede. “Lui è… Ehm… Lorenzo! Si chiama Lorenzo!”

Evelyn gli tende la mano e si presenta, mentre Vector gliela stringe guardandomi con un’espressione che traduco in “Davvero, sei serio?”

“Allora? Cosa hai scoperto?” insiste lei, sorridendo.

“Ah, nulla…” dico, mettendomi una mano dietro la testa. “Stavo solo scherzando!”

Decidiamo di farci un giro in centro, nonostante il mio parere contrariato. Non amo molto stare in zone affollate e spesso ci sono tante persone che non vorrei incontrare per strada. Mi dà parecchio fastidio. Però Vector ed Evelyn mi costringono e…che dovrei fare?

Fortunatamente oggi non sembra ci sia grande fermento, quindi continuiamo a camminare e a ridere insieme, anche per piccole sciocchezze. Però dopo un po’ ci penso: è davvero molto strano che non ci sia nessuno, soprattutto oggi e a quest’ora della sera.

“Ragazzi, non trovate strano che il sabato sera non ci sia nessuno per le vie del centro?” chiedo. Entrambi mi guardano.

“Beh, non saprei…” dice Vector. Lui non è un umano, quindi non sa quando escono i giovani.

“In effetti è strano… Di solito qui ci sono i soliti ragazzini delle medie e i ragazzi del liceo…” dice, indicando la zona con la mano. “Perché non c’è nessuno?”

Alzo le spalle, come per dire “Non lo so!”. Però non ci preoccupiamo troppo, può darsi che una discoteca abbia organizzato un evento e siano andati tutti lì, quindi continuiamo a camminare.

Sono le nove, il cielo è buio, ad eccezione di qualche stella, e noi siamo ancora fuori casa. Nel frattempo abbiamo mangiato (Vector, in preda all’insazietà, avrà mangiato due o tre pizze, come se non mangiasse da giorni.) e ora siamo seduti su una panchina a goderci la tranquillità.

Dopo qualche minuto sentiamo degli scoppi abbastanza vicini. Strano, direi. Molto strano.

“Cosa è stato?” si chiede Evelyn allarmandosi.

Dopo qualche secondo sentiamo altri scoppi, che si avvicinano sempre di più.

“Andiamo a controllare!” dice Vector, alzandosi e correndo verso una stradina, luogo da cui provengono gli scoppi.

Provo a prendergli un braccio per impedirgli di andare, ma lui è più lesto e riesce a scapparmi.

“Dove vai?!” gli urla Evelyn, senza ottenere alcuna risposta. “Andiamo anche noi!”

Anche lei si alza, seguita a ruota da me. Insieme raggiungiamo Vector in quel vicolo. Lo troviamo fermo, con sguardo serio, che fissa una figura dinanzi a lui.

“Lorenzo, sei impazzito?” dice Evelyn furente. “Senti degli scoppi e vai a controllare? Ma cosa ti dice la testa?!”

“Vedi quello, Nick?” mi chiede, indicando la figura davanti a lui.

Lo osservo. Sembra umano. Dovrebbe avere sui vent’anni. Ha gli occhi verdi e i capelli biondo cenere, con un ciuffo che gli copre l’occhio sinistro. Indossa una strana armatura, nera con dei riflessi rossi, che gli copre tutto il corpo ad eccezione della testa e del collo. Sta sorridendo beffardo. Dietro di lui alcuni negozi sono in fiamme.

“Guarda chi abbiamo qui… Un Bariano! Allora avevo ragione! Sono contento di riuscire a captare la forza Bariana.” Dice, continuando a sorridere, senza scomporsi. Come avrà fatto?

“Un…Bariano?” chiede Evelyn, confusa.

“Lascia che mi presenti, Vector, o Lorenzo, come ti fai chiamare… Io mi chiamo Dwayn e…beh, ti lascio indovinare. Cosa sono?” dice lui.

“Ma allora… Non ti chiami Lorenzo!” dice Evelyn, indicando il Bariano.

Vector non risponde, mi guarda dicendo:

“Nick, quello è uno dei servitori della divinità, ed è solo uno dei tanti nemici che ti troverai davanti.”

 
Pov: Ivan

Sono al cimitero di Nolinsk. Sono venuto a trovare mio padre. Il suo corpo senza vita è stato portato qui da pochi giorni. Avrei preferito che tornasse vivo, ma purtroppo il destino è crudele. Ricordo il giorno in cui ci aveva detto che sarebbe partito. Non mi sono mai preoccupato così tanto per una persona. E infatti è successo quello che temevo succedesse.

Ieri si sono svolti i funerali. Sono venuti dei conoscenti, i miei compagni di scuola, a consolarmi, e la mamma di Andrey. La sua presenza mi ha dato molto fastidio, soprattutto dopo la funzione. È venuta vicino a me e mi ha detto:

“Condoglianze…Davvero, mi dispiace così tanto per mio padre. E ti chiedo scusa per quello che ti fa mio figlio…”

Ero così nervoso che avrei voluto urlarle contro, ma mi trattenni dicendo:

“Non mi chieda scusa… è suo figlio che dovrebbe farlo!”

E me ne sono andato senza dirle altro, anche se avrei voluto, ma probabilmente avrei perso solo tempo.
E adesso, davanti alla tomba di papà, sto provando un misto di emozioni che non mi piace per niente. Solo emozioni negative, come la tristezza, rabbia, delusione, commozione… Nell’insieme non sto bene. Per niente.

Poso i fiori sulla sua tomba, lo saluto e me ne vado. È questo che fa la guerra? E se quella che dovrò affrontare sarà la stessa cosa? Non voglio pensarci, sarebbe terribile.

Mi dirigo verso casa, passando per le strade dove solitamente vengo pestato. Non mi interessa minimamente, potrebbero anche picchiarmi, ma a me non interessa. Ormai sono così triste che possono tranquillamente aggiungere la beffa al danno, ma il mio umore rimarrà invariato.

Stranamente riesco a tornare a casa senza altre botte. L’occhio nero che mi hanno fatto sta guarendo, i lividi anche e il dolore sta passando. Appena rientro a casa non c’è nessuno. Mia madre sarà andata a lavorare, ma Gilag? Vado al piano di sopra, nella mia camera, e lo trovo ancora addormentato, sul suo letto, con niente addosso, a parte un paio di boxer. È quasi mezzogiorno, mi sembra piuttosto strano.
Provo a svegliarlo, sperando che non mi uccida.

“Gilag? Ehi, Gilag, svegliati, è quasi ora di pranzo!”

Lui si gira dall’altro lato.

“Gilag, tra poco si mangia!” gli dico, insistendo.

Per tutta risposta, lui si mette un cuscino sulla testa. Cavolo, sembra me quando ero piccolo e non volevo andare a scuola!

“Gilag! Svegliati!!” insisto, ma nulla.

Sto per perdere la pazienza. A questo punto gli tolgo il cuscino e glielo butto addosso con forza. Finalmente apre gli occhi.

“Yawn… Buongiorno… Perché a quest’ora?” mi dice, stropicciandosi gli occhi.

“Perché tra poco si mangia…” dico, leggermente spazientito.

“Già?” dice, un po’ confuso. “Certo che voi umani siete strani…”

Lo dice perché non ha mai mangiato nulla in vita sua, essendo solitamente un alieno senza bocca.

“Comunque, bella cuscinata…” dice, alzandosi e sbadigliando.

Mormoro un “grazie”, poi scendo le scale e riscaldo il cibo che mia madre ci ha preparato in un microonde. Gilag mi raggiunge poco dopo, con addosso una maglia e un pantalone.

“Bene, oggi faremo un giro di allenamento!” mi dice.

Un momento… Oggi? Allenarsi?

“Potevi dirmelo prima! Mi sarei potuto preparare psicologicamente a tutto questo!” gli dico, mettendomi le mani tra i capelli.

“Dai, non sarà così terribile!”

“Non sarà così terribile”. Bene, lo terrò a mente quando, dopo l’allenamento, crollerò a terra per la fatica. E sono sicuro che succederà.

 
 
Angolo Autrice:

Bene! Sperando che non siate morti di diabete nella scena iniziale, che non vi abbia lasciato troppi dubbi su cosa succederà a Vector e Nick e che non vi abbia fatto vomitare lasciandovi immaginare un Gilag in boxer (ciao Cyber XD), direi che posso chiudere il capitolo. Oddio, spero di non aver fatto una cavolata a proseguire in prima persona. Beh, in ogni caso, se avete suggerimenti, consigli, pacchi bomba (?) o semplicemente non avete nulla da fare, lasciatemi una bella recensione! (tanto io le leggo sempre :3). Bene, al prossimo capitolozzo (?)! Ciauu!
eli8600

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Capitolo 9
*** 8: Gold Rings ***


Pov: Masumi

Finalmente torno nel mio appartamento a Tokio, e non vedevo l’ora. Il concerto è stato…disastroso! Non poteva andare peggio di così! È stato lui, quel Misael! Cavolo, è da poco che lo conosco e già lo odio! È davvero inquietante il fatto che abbia quegli strani poteri e la cosa non mi piace. Voleva persino accompagnarmi all’appartamento e io ho accettato, a condizione che se ne andasse subito dopo e che non mi avrebbe tormentato. Spero che rispetti la seconda, ma non sono sicura che andrà così. Me lo sento.

Quindi decido di uscire dalla mia stanza per chiedere a qualcuno di non far entrare nessuno. Ma nel momento in cui apro la porta sobbalzo dalla paura e caccio un gridolino. Mi trovo davanti qualcuno, e capisco subito chi è. Capelli biondi e lisci e occhi verdi. Lo sapevo!

“Buonasera!” mi dice Misael.

Inizia a salirmi la rabbia.

“Che diamine ci fai tu qui? Avevi detto che te ne andavi!!” dico, scandendo ogni sillaba e alzando la voce.
Si mette una mano tra i capelli per aggiustarseli e mi guarda.

“Sono le dieci! A quest’ora dormo!” dico, ma lui non distoglie lo sguardo e non si sposta di un centimetro.

“Allora?” cerco di insistere.

Lui prende una ciocca dei miei capelli e se la attorciglia al dito.

“Non toccarmi!” dico, spostando la sua mano con la mia in un colpo.

“Dai, non posso stare nella tua camera? Sai, non vorrei stare in un letto vuoto, preferirei dormire in tua compagnia…” dice Misael, facendomi sbiancare.

Che…cosa?! Lui…con me… Argh! Idiota!

“…e non solo. In un letto non si può solo dormire…”

L’ha detto sul serio?! Non riesco a controllare la mia indignazione, così gli dò uno schiaffo.

“Ahio… Beh, non male!” mi dice, massaggiandosi la guancia. “Bel colpo!”

Mi chiedo se sia sano di mente o no…

“Comunque, quando vogliamo fissare i giorni di allenamento?” mi chiede, con un’espressione più seria.

“Ah, non ce n’è bisogno. Ho già un personal trainer che mi allena.” Dico.

“Ehm, no, io non intendevo QUEGLI allenamenti. Un altro tipo. Beh, iniziamo tra due giorni.” Dice.

Ok, tra due giorn-… UN MOMENTO!

“Ma io tra due giorni ho un altro concerto!” dico, alzando un po’ la voce.

Lui si mette le mani davanti a sé.

“Ehi, calma, non c’è problema! Fra tre giorni! Va bene?” mi chiede.

Annuisco, dopodiché gli dico che vado a dormire e gli chiudo la porta in faccia.

Che tipo… E pensare che mi ha persino chiesto di smettere di fare la cantante per un po’. Beh, ma chi è lui per dirmi quello che devo e non devo fare?

 
Pov: Nathan

“Ahi!”

Io, mia sorella e i due Bariani siamo nel giardino di casa nostra. Sto facendo le flessioni, sono alla cinquantesima e in più ho il peso di Nasch addosso. Che fatica!

“Amico… Credevo…” dico, tra uno sforzo e l’altro. “Che tu… Pesassi…Di meno…”

“Peccato!” si limita a dire Nasch. Che stronzo…

“Vai, Nathan!” dice Juniper, incitandomi.

Faccio la cinquantunesima con molta fatica, tremando e cercando di respirare. Non ce la faccio più. Le mie braccia cedono e colpisco il suolo, insieme a tutto il corpo, con il sudore che mi esce dalla fronte e cade sull’erba.

“Beh, Nathan, hai fatto abbastanza, su!” mi dice Nasch.

Alzo lo sguardo verso il giardino e lo osservo, in cerca di qualcosa che mi rinfreschi. Un tavolo di legno con quattro sedie, degli alberi, tanti alberi, e una piscina. LA PISCINA. In un attimo mi rialzo e corro verso di essa, nonostante le mie gambe siano affaticate, buttandomi in acqua. Una sensazione di freschezza mi invade e in un momento i dolori mi passano.

“Sei proprio pazzo…” mi dice Merag.

Effettivamente ha ragione, poiché siamo nei primi giorni di Ottobre e inizia a fare freddo, ma non ce la facevo più! Ero troppo sudato e troppo accaldato. Inoltre mi sono tuffato con tutti i vestiti addosso, motivo in più per definirmi folle.

“Cavolo, che fatica…” dico, riemergendo dall’acqua e sedendomi sul bordo della piscina.

Guardo Merag e Nasch, che stanno fissando mia sorella. Cosa vorranno da lei?

“Ehm…” dice lei, notando tutti gli sguardi addosso. “Cosa volete?”

Merag dice subito che, essendo anche lei una Mezza-Bariana, deve seguire gli stessi allenamenti. Beh, almeno vedo qualcun altro soffrire per la stanchezza.

“Tu farai qualcos’altro…” dice Nasch, indicando uno degli alberi del giardino con un cenno della testa. Credo che Juny abbia capito cosa vuole farle fare, perché la sua espressione cambia e il suo viso sbianca all’improvviso.

“N…no… ti prego…tutto, ma non quello…” dice, balbettando e tremando di paura.

“Vorresti dirmi che hai paura di arrampicarti su un albero di dieci metri?” le dice Merag, sfidandola.

Purtroppo, Juniper, oltre ad avere la paura delle altezze, è anche terrorizzata da quell’albero. Quando avevamo nove anni, io e lei ci divertivamo a giocare in giardino, soprattutto durante l’estate. Uno dei nostri giochi preferiti era arrampicarsi sugli alberi e chi arrivava in cima nel minor tempo possibile vinceva. Un giorno decidemmo di usare quell’albero, un abete alto sui dieci metri, per giocare. Iniziò Juny, e durante il percorso incontrò un nido di vespe. Per sbaglio lo mosse e alcune di esse iniziarono a pungerla, costringendola a mollare la presa e a cadere. Per fortuna non si era arrampicata tanto in alto, così non si fece ancora più male, ma il trauma le è rimasto.

“NO! Non ho paura!” dice, ma si vede chiaramente che sta tremando.

Nasch la incita ad arrampicarsi e a superare la paura del momento, dicendole che se avesse perso l’equilibrio le avremmo impedito di schiantarsi al suolo.

“Non…non ce la faccio…” dice, scuotendo la testa.

A quel punto, Nasch si avvicina a lei e le dice che non c’è nulla di male nell’arrampicarsi su un albero e che non deve avere paura, perché non avrebbe permesso che si facesse male. Poi le dà una pacca sulla spalla. Certo che il comportamento di Nasch nei suoi confronti è strano, come se fosse interessato. Beh, non nego che mia sorella sia una bella ragazza, però…

“Ok… vado…” dice lei, sospirando e avvicinandosi all’abete.

Poggia la mano sul ramo più basso e spinge, sedendocisi sopra.

Nel frattempo, sento Nasch e sua sorella confabulare.

“Perché non la inciti anche tu? Non è lei la tua Mezza-Bariana?” dice Nasch a voce bassa.

“Non sono il tipo, e tu lo sai…” dice Merag, con un sospiro.

Beh, cerca di esserlo, mi dico.

Juniper ha raggiunto il terzo ramo dell’albero, e qui le cose iniziano a farsi difficili.
 
Pov: Juniper

Non ci posso credere che lo sto facendo. Sono costretta ad affrontare le mie più grandi paure, nascoste nel giardino della mia casa. Mi sto arrampicando lì, dove credo di aver avuto un grosso trauma a causa di un maledetto nido di vespe, e sono esattamente in quel punto, dove dovetti cadere per evitare di essere punta ancora.

Ho i brividi, ricordo ancora il dolore delle punture sulla mia pelle, gli stessi identici posti. Un incubo che sembrava non finire mai!

Ora il nido non c’è più, ma ho ancora paura. Non si sa mai, magari hanno costruito un nido più in alto… Non devo pensarci, mi ripeto.

Uno dopo l’altro salgo sui rami, arrivando quasi in cima. La paura continua a divorarmi, e la speranza di uscirne illesa è sempre più forte. Poggio il piede su uno degli ultimi rami, ma mi rendo conto troppo tardi che era troppo sottile per reggere il mio peso. Mi aggrappo al tronco, mentre il ramo cade, e per poco non urlo dalla sorpresa. Ho sbagliato a fare i calcoli. Maledizione! E adesso? Il ramo più alto è troppo piccolo e sottile! Non posso arrivarci, altrimenti crolla sotto i miei piedi, e io insieme a lui.

“Juny!” urla Nasch. “Basta così! Ora puoi scendere!”

Guardo giù, e mi rendo conto che, per tutto il tempo, ho avuto talmente paura di salire che non mi sono resa conto che dopo sarei dovuta scendere. Merda!

Cerco di scendere facendo più attenzione possibile, un ramo alla volta, sempre più piano. Sono quasi a terra! Dai, ancora un ultimo sforzo! E…cosa sento? Un rumore che non mi piace per nulla. Un ronzio familiare e inquietante. Mi giro e noto una cosa che mi fa accapponare la pelle. Dall’altra parte del tronco c’è un nido di vespe. Dannazione, lo sapevo! Ora vorrei scendere, ma ho troppa paura.

Devo fare appello a tutte le mie facoltà pur di acquistare un po’ di coraggio e buttarmi. Ok, sono pronta.
Cado sull’erba in ginocchio. Ce l’ho fatta! Ed ero talmente spaventata che ho ignorato Nasch quando mi ha chiamata “Juny”. Questo nome deve sparire.

“Bravissima, sorellina!” dice Nathan, cercando di avvicinarsi a me, ma venendo fermato da Merag.

“Non è finita qui…” dice lei, prendendo un sasso e scaraventandolo contro l’albero. Qualcosa cade dall’abete e un ronzio si avvicina sempre di più. Tutte le vespe del nido volano arrabbiate verso di me. La paura mi ha paralizzato. Vorrei scappare ma non riesco. L’unica cosa che faccio è accovacciarmi, proteggendomi la faccia con le braccia. Ho molta paura, nessuno può aiutarmi… Mi limito ad attendere il peggio, tremando di paura e chiudendo gli occhi. Non posso farmi del male così, non posso permettere una cosa del genere!

Passano dei secondi, per me interminabili, ma non sento alcun dolore. Apro gli occhi e quello che vedo è incredibile. Intorno a me ho una specie di cupola di colore azzurrino, ma trasparente. Le vespe sono tutte ai piedi della cupola, morte. Mi alzo, continuando a chiedermi che cosa sia successo, non escludendo la possibilità di essere stata io a creare quello scudo.

“Brava, ti sei difesa! E hai anche superato la tua paura!” dice Nasch, trionfante, avvicinandosi a me. Merag mi sorride annuendo, come per dire “Brava, niente male!”. Nathan mi abbraccia.

“CAVOLO! Stavo iniziando a pensare che ti avrebbero punto e che ti avrebbero fatto molto male!” mi dice, stringendomi forte a sé.

Sono davvero molto contenta. Ho vinto sulle mie paure. Ma so che questo è solo un piccolo progresso. Ho ancora molto da imparare. Le vespe non sono un avversario potente, sono solo un piccolo allenamento, ma sono soddisfatta.

 
Pov: Nick

Servitore della divinità? Che razza di tipo è quello? Allora, vuol dire che la divinità non è la prima cosa a cui dobbiamo pensare?

“Ma cosa stai dicend-” dice Evelyn, prima di essere interrotta da Vector.

“Non sono faccende che ti riguardano, Evelyn.” Le dice.

Non riesco a controllare ciò che esce dalla mia bocca un istante dopo:

“Vector, tranquillo. Lei lo può sapere. Ne avevo parlato con lei qualche giorno fa di quello che era successo con i teppisti. E poi mi fido di lei.”

Lo dico quasi arrabbiato, come se volessi difenderla. Divampo al solo pensiero, mentre quel Dwayn continua a sorridere in quel modo.

“Ma allora… Quello che dicevi era vero!” mi dice indicandomi, mentre la sua espressione diventa stupita. Alla mia risposta affermativa, lei dice che pensava che io scherzassi.

“Evelyn, è meglio che tu vada… Rischi di farti del male…” le dico, guardandola. La sua faccia è quasi terrorizzata. A quanto pare, la realtà dei fatti le ha fatto capire che si tratta di qualcosa di serio e che non è una buona idea scherzarci su.

“Nick… Io voglio aiutarti…” mi dice flebilmente.

“Lo capisco, ma non puoi stare qui! Me la caverò… Stanne certa!” le dico, alzando la voce.

“Ma…”

“Evelyn, ti prego, non voglio che nessuno si metta in mezzo e si faccia male.” Le dico, guardandola negli occhi. “Lo so, è brutto sembrare inutili in certe situazioni, ma lo sto facendo perché nessuno deve immischiarsi ferendosi.”

Evelyn esita un po’, poi si allontana aggiungendo: “Resta vivo!”

Dwayn, nel frattempo, ride, come se trovasse buffa questa faccenda.

“Che scenetta patetica…” dice, continuando a ridere. Poi la sua espressione diventa più seria e mi guarda interessato. “Bariano, tieniti a riposo. Per ora voglio il ragazzo.”

Vuole combattere…con me? Ma non so nemmeno come difendermi!

“Nick, sei più forte di quello che sembri e che credi di essere! Ce la farai! Pensa solo a batterlo e a difendere te stesso.” Mi incita Vector.

Non ho nemmeno iniziato ad allenarmi, come mi aveva detto. Non ho alcuna possibilità di batterlo. Come farò?

“Vector, io… Non so come fare…”

“Nick, dannazione! I tuoi poteri non si manifesteranno mai se continui a pensare di non riuscirci! La prima cosa è sempre la sicurezza in sé stessi. Hai intenzione di andare avanti in questo modo?! Coraggio!”

Devo credere in me, allora? Cavolo, è proprio questo il punto in cui sono più debole. La vedo molto difficile, ma devo provarci. Dai, non deve essere così forte, è solo un servo…

“Sento in te un bel quantitativo di potere Bariano… Si, sarà uno scontro interessante… Se riesci a parare un colpo!” dice, scoppiando in una risata compiaciuta.

Faccio un passo verso di lui e mi preparo a ricevere i potenti colpi che mi aspettano. Arriva il primo… e non avrei dovuto parlare prima. Il colpo è stato fortissimo e ora sento un gran dolore al braccio. Lo guardo ed è livido. Fa un gran male.

“Ahi…” gemo, piegandomi in due dal dolore.

Il bastardo ride, come se avessi appena raccontato una barzelletta.

“Nick, stai bene?!” dice Vector, evidentemente preoccupato.

“Sto…bene…” dico stringendo i denti e rialzandomi.

Dwayn ne approfitta per tirarmi un altro colpo, stavolta allo stinco, facendomi cadere. Stavolta non ha fatto così male, ma ora sono a terra e alla sua portata. Sono finito. No, non posso assolutamente perdere! Ho detto che avrei difeso il loro mondo e il mio. Non devo ritirare la parola!

Mi rialzo, più determinato di prima. Dwayn mi guarda in modo strano, poi torna a sorridere in quel modo odioso.

“Cosa c’è? Non vedi l’ora di farti ancora male?” dice, tornando a ridere, poi si avvicina lentamente a me. Io mi preparo a difendermi, usando le braccia come scudo per la faccia. Si ferma davanti a me e prova a darmi un pugno con il braccio sinistro, senza successo, poiché riesco a bloccarlo con una mano. Dwayn non mi sorride più, ritira il braccio e ci riprova con il destro, ma io riesco a parare il colpo per la seconda volta.

“Niente male…” dice Dwayn, ritirando il braccio, e tirandomi un calcio, senza smuovermi affatto.

“Vai, Nick!” mi incita Vector.

Cerco di colpirlo con un pugno in faccia, ma pare che non gli abbia fatto nulla. Mi dà dei colpi ben assestati, ma è come se fossi diventato più resistente e più forte. Non sento tanto male, è…strano.

“Cosa diamine è successo?” dice Dwayn, sgranando gli occhi. “Sei diventato più forte?”

“Può darsi…” mi interrompo quasi subito. Le mie mani brillano di una luce dorata che converge in tre cerchi. La luce svanisce piano e al suo posto appaiono tre cerchi dorati, incastrati tra di loro. Li prendo tutti e tre e li faccio combaciare e con mio stupore si staccano. Mollo la presa sui cerchi e sono di nuovo incastrati. Che cosa diamine sono? Mi giro verso Vector, che mi guarda con una faccia stupita e felice al tempo stesso.

“Cosa è successo?” si chiede Dwayn, impassibile.

“Vector…cosa sono?” chiedo, ma Vector si limita a dire: “Lanciali…come se fossero dei frisbee…”

Annuisco e guardo Dwayn, poi prendo uno dei cerchi e lo lancio verso di lui. Il cerchio rotea brillando, dirigendosi verso di lui velocemente. Pare che non faccia nulla per spostarsi e per evitare il colpo. La lama taglia l’armatura sul petto, ma lui non si fa nulla. Anzi, rimane piuttosto impressionato.

“Wow, devo dire che non mi aspettavo che un tale colpo rovinasse la mia armatura. È indistruttibile!” dice, asciugandosi il sudore con la mano.

“Se è indistruttibile, perché ho praticato un taglio proprio lì con molta facilità?” chiedo, preparandomi a lanciare un altro anello e notando che quello che avevo lanciato prima si era materializzato di nuovo sulla mia mano e si era incastrato agli altri due.

“Doveva essere un bel colpo, quello…” dice, avvicinandosi. “Vediamo se schivi…questo!”

Mi dà un pugno fortissimo sulla guancia destra, che mi fa perdere l’equilibrio. Il dolore che provo è orribile e si fa sentire parecchio. Mi esce anche del sangue dal naso.

“Nick, rialzati!” dice Vector, accorrendo e aiutandomi a rialzarmi. Dwayn prova a colpirlo, ma riesco e respingere il colpo lanciando un altro anello, che va a finire sull’armatura, ma, anziché romperla ancora, lo fa arretrare. Cavolo, come avrò fatto prima? Avrò messo più forza nel braccio? Ritento, cercando di dare più spinta all’anello, senza successo. Riprovo ancora, ancora e ancora, con il risultato di affaticarmi e di non concludere un bel niente.

“HAHAHAH!! Ti arrendi così?” dice Dwayn, avvicinandosi lentamente a me. Evidentemente lo fa apposta per fare in modo che io lo attacchi, per prendermi per il culo, ma io non ci casco. Ci deve pur essere un altro modo per farlo fuori…

Riflettiamo, mi dico. L’armatura è indistruttibile, ma perché? Resiste al potere Bariano… Ma perché prima sono riuscito a tagliarla all’altezza del petto? Osservo meglio quella protezione nero-pece. Tra un pezzo e l’altro dell’armatura… c’è un punto vuoto! Si, non è un unico pezzo, ma sono tanti pezzi separati tra loro. Adesso ho capito dove devo mirare! Il suo corpo, sotto quello scudo, è debole.

“Cosa vuoi fare? Attaccarmi?” gli chiedo, allontanandomi da lui di qualche passo.

“Non so…” dice ironico, sorridendo ancora in quel modo odioso. “Pensavo di darti una stretta di mano.”

A quel punto corro verso di lui e gli salto addosso, cercando di conficcare l’anello nello spazio tra la spalla e il torace, mirando al cuore. Accorgendosi di quello che voglio fare, con un movimento si scansa e rotola. Ora sono io sotto e lui cerca di tenermi fermo, nonostante io faccia forza col braccio. Sono stremato, più ci provo e più mi fa male il braccio. Provo anche con l’altro ma la faccenda risulta ancora più complicata. Lo sapevo, sapevo che non ce l’avrei fatta. Eppure prima ero così sicuro…

“Sei finito, amico!” dice Dwayn ridendo di gusto, poi cerca di tirarmi un pugno, ma qualcosa lo blocca. Anzi, qualcuno che lo ha preso per il braccio.

“Ti sei dimenticato che esisto anche io!” dice quel tipo, tirando Dwayn a sé e tenendolo fermo. Vector!

“Nick! Ora o mai più!” dice, cercando di tenerlo fermo, mentre si dimena cercando di far mollare la presa al Bariano. Mi rialzo più velocemente possibile, cercando di non ascoltare il mio cervello, che dà segnali di stanchezza alle braccia. Poi corro verso Dwayn e, con tutta la forza che riesco a dare al mio braccio destro, conficco l’anello nel suo petto. Lui urla dal dolore, mentre dalla ferita esce un liquame nero che lo avvolge. Vector molla la presa e si allontana, avvicinandosi a me. Io guardo la scena schifato, mi verrebbe da vomitare in questi casi ma mi limito a fare una smorfia di disgusto. Poco dopo, il liquame si dissolve, e con lui anche Dwayn.

Sono ancora stupefatto… Riprendo fiato, mentre Vector si avvicina a me e mi dice:

“Però… Niente male, considerando che ancora non ci siamo allenati! Sei persino riuscito a materializzare gli anelli di Masquerade!”

Ma…Masquerade? È il mio potere?

“E ora?” chiedo, indicando gli anelli. “Come faccio a farli dissolvere?”

“Semplice: sei tu che comandi la tua arma! Devi semplicemente immaginare di farli sparire. Se vuoi usarli di nuovo, devi fare la stessa cosa: immaginare di riaverli.”

Faccio una prova, immaginando che gli anelli si dissolvono tra le mie mani, e così accade. Gli anelli spariscono, lasciando al loro posto una sorta di polvere color oro nell’aria. Wow, che strano! Mi sento un mago. Faccio il procedimento contrario e in poco tempo la polverina che galleggiava nell’aria si riunisce e forma i tre anelli di prima.

“Wow!” dico, non riuscendomi ad esprimere in altro modo.

“Beh, è ora di tornare a casa… Ti riaccompagno!” dice Vector.

Faccio sparire gli anelli e lo seguo, sperando di non cadere svenuto dalla stanchezza durante il tragitto. È incredibile che io sia riuscito a sconfiggere il mio primo nemico. E spero vivamente di non rivedere quel volto e quel sorrisetto odioso.

 
 
Angolo Autrice

Bene, salve a tutti!! ^^

In questo capitolo si è concluso il primo scontro vero e proprio della storia. (segnatevi il momento xD). Shono felicia anche perché riesco a trovare tempo per la storia tra Doctor Who, Fate/Stay Night, Harry Potter… Si, sto letteralmente facendo cose da personcine normali (circa xD). Comunque…Spero di non aver reso il tutto troppo sbrigativo (ho scritto persino più cose rispetto agli altri capitoli…). Spero anche che abbiate apprezzato le scene iniziali. (Posate quei forconi, plis. ^^”). Bene, detto questo, posso dire (come al solito):

-Consigli? Scrivetemi (anche in messaggio privato)

-Grazie per le recensioni e per i consigli che mi avete dato nello scorso capitolo ^^

-Spero di non aver fatto un casino ^^

Ok, è tutto! Al prossimo capitolozzo!!! ^^

P.S. Scusate il leggero ritardo, ma codesta capra si era dimenticata (grazie a delle cosa “stupende” che a noi donne vengono una volta al mese) che oggi era lunedì. Fortunatamente pubblico oggi, con un piccolo ritardo di qualche ora.

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Capitolo 10
*** 9: Unexpected monster ***


Pov: Ivan

Lo sapevo! L’allenamento è durissimo, sono quasi due ore che corro in questa pianura calma e tranquilla, senza nessun disturbatore, e l’unica pausa che ho fatto è durata cinque minuti contati e ogni volta che ho provato a fermarmi di mia spontanea volontà, Gilag mi minacciava di ferirmi, dicendo che sarei dovuto resistere a qualunque tipo di fatica. Che stronzo!

Cavolo, mi fanno un male cane le gambe e ho un istinto omicida nei confronti di Gilag. Anche lui sta correndo con me e non è per niente stanco. Diamine, questi Bariani sono incredibili!

“DAI! Manca poco!” mi sprona lui, facendomi sbottare.

“Si, bravo, immagina… se tu fossi al mio… posto! Immagina se… tu fossi una persona normale…Sarei io a… divertirmi ad incitarti a… continuare…” dico, tra un respiro e l’altro. Me ne pento quasi subito. Ora il fiato mi manca ancora di più!

“Va bene, basta così!” dice Gilag, fermandosi. Si!! Finalmente! Mi sdraio e chiudo gli occhi, quasi volessi addormentarmi. Ma Gilag, accorgendosene, mi intima di alzarmi dicendomi che l’allenamento non è ancora finito.

“Basta…” dico io con voce lamentosa. “Non ce la faccio più, davvero…”

“Tranquillo, niente corse! Semplicemente una cosa più utile!” dice Gilag.

Lo fisso scioccato mentre mi rialzo con calma. Se questa cosa che sta per farmi fare è più utile della corsa allora perché mi ha fatto stancare con la corsa? Perché non ha semplicemente preso un sasso appuntito e me l’ha messo in mano, come sta facendo ora? Un momento, cosa devo farci con questo sasso?

“Rompilo!” mi dice.

Romperlo? Come faccio? Ah, si, giusto. Lo scaglio a terra con tutta la forza che ho nel braccio, anche se rotola più in avanti e non si scheggia neanche un po’.

“No, non intendevo questo. Devi stringerlo con forza in mano e spezzarlo.” Mi dice.

Probabilmente le mie orecchie non hanno capito bene, perché è impossibile distruggere questa…cosa… stringendola in mano.

“Per te è facile…” dico, mentre stringo la pietra con la mia mano, cercando di imprimere tutta la forza che mi è rimasta dopo la corsa e la stanchezza da essa causata. Non succede nulla… Faccio altri tentativi, ma niente. Provo con l’altra mano, visto che la sinistra inizia a farmi male per lo sforzo, e, dopo aver provato un paio di volte, sul sasso si forma una crepa non più grande di tre centimetri. Non è molto ma è già un passo avanti!

“Bene, sei stato bravo, ma devi frantumarla!” mi dice Gilag. Ma cosa si aspetta da me? Pensa che spaccare pietre a mani nude sia il mio hobby?

Continuo a provare a spaccarla, alternando la sinistra con la destra, finchè non riesco a imprimere la forza necessaria a spaccarla. Alcuni pezzi cadono a terra, altri invece restano nella mia mano tagliando il palmo. Mi massaggio le mani doloranti.

“Allora…ti basta come prova?” chiedo a Gilag, che prima osserva i trucioli di pietra, poi si china e prende un altro sasso.

“Bene, ma dovrai continuare ad esercitarti se vuoi rompere un paio di ossa durante la battaglia…” dice Gilag. Rompere…ossa? Quindi…sarò in grado di fratturare ossa?

Mi porge un altro sasso, e stavolta lo rompo con più facilità, avendo capito come fare.

“Notevole!” dice, porgendomene un altro.

“Spaccando tutte queste pietre finirò col lavorare in miniera…” dico, prendendo il sasso e rompendolo. Era un po’ più spesso degli altri due, ma riesco comunque a romperlo. Quando Gilag si china per prenderne un altro, lo fermo:

“Tranquillo, faccio io!” dico, chinandomi e prendendo un sasso alla volta e riducendoli in trucioli.

“Bene, basta così.” Dice Gilag, fermandomi dopo aver rotto almeno una decina di pietre. “Ora è il momento di…”

Non riesce a finire la frase, perché una voce femminile lo interrompe.

“È il momento di combattere, pivellino.”

Mi giro e dietro di me c’è una ragazza molto carina, con gli occhi castani e i capelli biondo cenere lunghi e legati con una coda di cavallo bassa, alta e slanciata. Indossa una salopette di jeans, con una maglia nera da sotto, e un paio di stivaletti neri.

“Combattere? Con te?” dice Gilag, quasi divertito.

“Beh, io non riderei se sapessi che la mia avversaria sa di quello che state cercando di fare voi Bariani e che ha intenzione di fermarvi. Ma comunque, mi presento: mi chiamo Bella e per ordine della grande divinità devo sconfiggerti, ragazzino.” Dice, indicandomi.

“Io…contro di te?” chiedo, cercando di rimanere calmo.

 
Pov: Elise

Finalmente esco da scuola. Odio rimanere a scuola un’ora in più del dovuto. Già è tanto se ci vado ancora, a scuola. Sarebbe normale pensare a un’Elise che non va più a scuola perché deve affrontare una guerra in cui sono coinvolti tizi oscuri detti Bariani…

“Cominciavo a sospettare che tu non uscissi più…” dice un ragazzo, la cui voce mi ricorda qualcuno. Alzo lo sguardo e…Oh, penso al diavolo e spuntano le corna, o una cosa del genere.

“Sei venuto a prendermi?” dico a Durbe, che si trova nella sua forma umana, quasi identica a quella Bariana, se non fosse per la bocca, ovviamente, e per un paio di occhiali.

“Beh, si!” dice, sorridendo. Che bel sorriso che ha… Oddio, sto facendo altri pensieri assurdi! “E poi…ti avevo accennato che oggi ci saremo allenati…” continua.

Giusto! Gli allenamenti! Con il pensiero della scuola, mi ero dimenticata.

“A…allora andiamo…” dico, iniziando a camminare, prima che lui mi fermi per il braccio sinistro.

“Dall’altra parte. Ho trovato un posto abbastanza isolato…” dice. Divampo immediatamente. Maledetti pensieri sconci!

Il tragitto è caratterizzato da un silenzio piuttosto imbarazzante. Non ci diciamo nulla, finchè non arriviamo a destinazione: un parcheggio abbandonato. Ci sono tanti posti per mettere l’auto, ma a quanto pare è stato chiuso al transito e da allora nessuno lo frequenta. Il parcheggio è circondato da un muretto, su cui ci sono delle scritte fatte con bombolette spray, che non possono essere definiti murales ma semplici dichiarazioni d’amore, simboli di crew e altre scritte per me senza significato. Ai piedi del muretto vi sono alcune aiuole con alberi ormai rinsecchiti e scricchiolanti, cespugli secchi ed erba asciutta.

“Bene, ora attenta…” mi dice Durbe, prendendomi per il polso. Improvvisamente avverto un forte dolore che si espande in tutto il corpo, simile a una scarica elettrica, che mi fa piegare a terra. Pochi istanti dopo, Durbe molla la presa su di me e tutto passa gradualmente.

“Ahio…ma sei impazzito o cosa??” gli urlo, mentre mi rialzo tremante.

“Scusami, ho esagerato un po’…” mi dice, guardandomi negli occhi. Dal modo in cui mi guarda, riesco a capire che è veramente dispiaciuto. “Beh, ora dovresti riuscire a usare l’arco…”

L’arco? Di cosa parla?

“Potevo tranquillamente usarne uno senza ricevere quella scossa…” gli dico. Ma lui mi corregge subito quando, immaginandomi un arco, nota che un bagliore dorato è apparso sulla mia mano, prendendo una forma ben definita. Un arco…d’oro… Un altro bagliore è sulla mia schiena, ma non riesco a vedere bene cos’è.

“Ti serviva per riuscire ad evocarlo. Volevo fartelo provare subito… Beh, più avanti sarai in grado di farlo apparire senza aiuti. Ma per ora, finchè non raggiungi una certa quantità di potere Bariano da sola, dovrai sopportare questa tortura ogni volta che ci alleneremo.” Mi dice lui. Nelle sue parole ha l’aria davvero dispiaciuta, come se non gli piacesse…torturarmi. Spero di riuscire ad evocare l’arco da sola il prima possibile, sia per evitare di soffrire troppo, sia per evitare di vedere Durbe in quello stato. A quanto pare, non ama far soffrire troppo la gente a cui tiene… Allora ci tiene a me?

“Bene, lascia che ti dica alcune cose sull’arco: sulla tua schiena hai una faretra, che contiene un certo numero di frecce. Ogni volta che ne verrà scagliata una, dopo un minuto circa, essa ritornerà nella faretra. Quindi hai frecce illimitate, ma ci saranno occasioni in cui dovrai tirarne più di una alla volta, e se non stai attenta ti ritroverai con una faretra vuota e un nemico pronto ad ucciderti. A meno che tu non riesca a scappare e riuscire a guadagnare del tempo, in modo che tu possa riprenderti le frecce senza problemi.”

Ascoltavo le sue parole senza soffermarmi troppo su ogni frase. Era piuttosto chiaro nella spiegazione e sono riuscita a cogliere ogni informazione del discorso. Mi ha anche detto che l’arco è indistruttibile e volendo lo posso usare anche come mazza, nel caso in cui io abbia il nemico non molto lontano da me. Ma devo stare attenta a non farmelo scappare di mano.

“Tutto chiaro?” mi chiede, dopo avermi dato tutti quei consigli.

Annuisco, poi lui mi fa cenno di seguirlo. Raggiungiamo il muro, a circa cinque metri di distanza da noi. Lui mi dice di fermarmi, mentre si avvicina e indica un punto preciso, un buco nel muro molto stretto, largo quasi due dita.

“Vedi questo buco? Perché non provi a centrarlo con una freccia?” mi chiede poi, allontanandosi e avvicinandosi a me.

È come se mi avesse chiesto di prendere l’acqua in un deserto. Per una principiante come me è davvero impossibile!

“Non ce la farò mai…” mi dico. È la prima volta che uso l’arco, non può pretendere che io riesca subito a centrare un buco tirando una freccia lì.

Prendo una freccia dietro la schiena, poi la posiziono sull’arco. È davvero difficile: la freccia si sposta sempre di lato e non rimane mai dritta.

“La punta va dall’altro lato, non a destra dell’arco.” mi dice Durbe, sorridendomi.

Ah, ecco perché! Che stupida… Cambio subito il lato e ora non si muove più. Bene, e ora dovrei tirare. Cerco di mirare alla meglio e tiro. Come prevedibile, la freccia vola contro il muro, poi cade a terra. Riprovo ancora, e stavolta la freccia finisce quasi vicino al buco.

Continuo a tirare frecce: alcune volte manco il buco per un soffio, altre tiro da tutt’altra parte. Ma mi sa che, finchè non centro il bersaglio, non ce ne andremo mai di qui. Riprovo in continuazione senza grandi risultati.

Alla fine, dopo aver tirato almeno una trentina di frecce, non ce la faccio più. Quindi abbasso l’arco e dico:

“Non ce la farò mai. Continuo, ma non ci riesco… Stiamo solo sprecando tempo!”

Mi sento inutile. Lo so che ci vuole tempo ad imparare, ma non voglio far perdere tempo prezioso. È inutile, tutto inutile. Non sarò mai in grado di centrare un bersaglio.

“Eli, è normale. È la prima volta che impugni un arco. Devi stare tranquilla, provando e riprovando arriverai a degli ottimi risultati. Ne sono sicuro. Perciò…non arrenderti ora. Riprova!” mi dice lui, avvicinandosi. “E immagina di dover centrare il cuore di quella persona che ha ucciso i tuoi genitori.”

Ma se non so nemmeno chi ha ucciso i miei genitori! Non so come sia fatto, chi sia e perché l’abbia fatto! Beh, provo ad immaginarlo. Vedo… Una figura scura, di cui non si vede il volto o il corpo, ma solo la sua forma. E io so che ha ucciso i miei genitori. Devo…fargliela pagare. Devo assolutamente ucciderlo. Non me lo perdonerei mai se non riuscissi a farcela. Quindi alzo l’arco, prendo la freccia, tiro la corda il più possibile e lascio. La freccia si conficca nel cuore di quella figura, che cade a terra senza vita. L’ho ucciso.

“Ce l’hai fatta!!” dice Durbe, riportandomi alla realtà. Ora vedo la freccia che ha centrato in pieno quel buco. Mi avvicino per estrarla, mettendoci più forza. L’intera punta della freccia era conficcata nel muro. Wow, è incredibile che io sia riuscita in una cosa del genere! Ma non ho ancora visto morto chi ha ucciso i miei genitori. Non ancora. Spero di avere la soddisfazione, un giorno…

“Beh, ora…voglio tornare a casa…” dico piano.

“Certamente! Mi pare il minimo!” dice Durbe.

Beh, se non altro, credo di aver imparato come si fa.

 
Pov: Juniper

È da un paio di giorni che usciamo con Merag e Nasch, e pare che, ogni giorno che passa, diventino sempre più simpatici. Beh, meglio così! Non vorrei farmi mai allenare da una scorbutica…

Oggi siamo in un bar molto famoso di New York e siamo seduti intorno a un tavolino, mentre sorseggiamo le bevande che abbiamo ordinato.

“Ho uno strano presentimento…” dice Nasch. Oh, no… Non iniziare a portare sfiga, mi dico. È vero che adesso siamo esposti a più pericoli, ma non è detto che ovunque andiamo ci portiamo dietro delle rogne…

“Dai, amico. Non pensarci! Non credo che possa succedere qualcosa di strano… è vero, siamo a New York, e qui succedono tante cose. Ma non preoccuparti.” Dice mio fratello, prima di sorseggiare il suo caffè.

“Beh, è sempre meglio stare attenti. E poi… Nasch, non senti anche tu quest’aura cattiva?” dice Merag.

Aura cattiva? Cosa intende?

Nasch scuote la testa. “Non sento nulla di malefico…”

“Io si! Ed è vicina!” dice Merag, guardandosi intorno.

Ammetto che ora sono un po’ timorosa, non so cosa potrebbe succedere… Spero che Merag si sbagli! Poi ci ripenso… Ma come può una come lei sbagliarsi? È una Bariana, può avvertire il potere che aleggia intorno a lei.

“Molto vicina…” dice Nasch. Pare che ora avverti anche lui quel potere.

Stringo la mano di mio fratello. Ora ho davvero tanta paura. Rischiamo la vita già ora?

“Hey, Juniper!” dice una voce maschile alla mia sinistra. Mi giro e mi trovo davanti a David Fender, il ragazzo con cui sono uscita la settimana scorsa.

“David! Ciao! Che piacere vederti…” dico, un po’ imbarazzata. Sento tutti gli occhi dei miei accompagnatori addosso. Pare che ci vedano qualcosa di male.

“Tu! Allontanati, mostro!” dice Merag, alzandosi dalla sedia e spingendolo a terra. Io gli tendo una mano per aiutarlo ad alzarsi, ma vengo subito fermata da Nasch, che mi tira a sé. Cosa sta succedendo?

“Merag! Perché l’hai fatto?” dice mio fratello, osservando la Bariana.

“Fatti due domande, Nathan: ho sentito un potere malvagio e poi ho spinto a terra questo tizio. Come mai, secondo te?” dice Merag.

David si rialza e colpisce Merag con un pugno alla guancia destra. Lei arretra, ma non pare molto sofferente. Nasch si avvicina a lei e colpisce David, ma lui respinge il colpo creando una cupola azzurrina intorno a lui, la stessa che ho usato per difendermi dalle api. Nasch ritrae il braccio, evidentemente ferito. Nel frattempo, i dipendenti del locale e i clienti scappano terrorizzati, dicendo di chiamare la polizia. Io osservo la scena senza poter fare nulla. Mi limito solo ad allungare il braccio, stendendo il palmo. Come è successo per Nathan, la mia mano è circondata da un vapore argenteo, che si concentra in una sfera che si ingrandisce sempre di più. Una volta raggiunta la dimensione della mia mano, la tiro, come se fosse una palla, addosso a David, che, ricevendo il colpo, cade a terra. Ma stranamente si dissolve, diventando polvere. Ma cosa diamine…?

“Mi sorprendo delle tue capacità, Juniper.” Dice la stessa voce che ho sentito prima. David è ricomparso sulla soglia dell’uscita del bar e mi sta sorridendo, quasi volesse prendersi gioco di me.

“Ma tu…eri lì…” dico, facendo dei passi indietro e indicando il punto in cui si trovava prima. Come diamine avrà fatto?

“Ah, no. Quella era una mia copia che ho creato usando i miei poteri. Io sono il vero David Fender.” Dice lui, abbassando lo sguardo, divertito dalla faccenda.

“Che cosa vuoi da lei?” chiede Nasch, in modo brusco.

“Oh, nulla…Semplicemente…PRENDERMI I SUOI POTERI!” dice, ridendo sguaiatamente.

Cosa? Vuole prendersi i miei poteri? Ma allora lui…

“Lui è un servitore della divinità, non una persona qualsiasi!” dice Nasch, puntandogli contro il dito. Lui… La persona con cui ero uscita. Quella persona che mi aveva chiesto di uscire. Lo ha fatto apposta. Lui voleva solo conoscere più dettagli su di me, solo per farmi fuori.

“Quindi… Tu non volevi solo passare una serata assieme a me. Volevi anche conoscere i miei poteri?” gli chiedo. Sono sicura che la risposta sia affermativa, ma voglio avere la conferma.

“Ci sei arrivata, eh? Non avevo intenzione di essere tuo amico. Si può dire che io ti abbia…USATA!”

Torna a ridere, mentre io mi sento male. Sono ferita nell’animo. Eppure non dovrebbe importarmene, visto che lui è un nemico. Ma ho come l’impressione di essermi fidata di lui per quei pochi giorni che abbiamo parlato. Mi sono illusa. Io… Come ha potuto?

“Maledetto!” dice Nathan, gettandosi addosso a lui e facendolo cadere a terra. Il suo viso è rosso dalla rabbia. Non ho mai visto mio fratello in questo stato. “Io lo sapevo! Sapevo che tu ti comportassi da autentico stronzo! Hai sbagliato a comportarti così con mia sorella.” Lo prende per il bavero e gli dà dei pugni che, come minimo, gli hanno rotto la mascella. David non ha la forza né di parlare, né di provare a contrattaccare. Dopo un po’ sembra senza vita. E poi, come un déjà-vu, diventa polvere.

“Nathan, attento!” urla Merag. Dietro di lui è ricomparso David, che gli tira un calcio sul fianco sinistro. Il colpo lo dirige dritto contro il muro, sfondandolo.

“NATHAN!!” urlo, avvicinandomi a grandi passi verso di lui. David prova a colpirmi per evitare di raggiungerlo, ma io riesco a scamparla per un soffio, piegandomi un attimo prima che un colpo di luce mi centri in pieno viso.

Nathan respira, è ancora vivo, ma è svenuto.

Nasch mi raggiunge e si para davanti a me per evitare che io mi faccia male. Anche Merag fa lo stesso, ma vengono entrambi feriti ripetutamente. Nei loro volti vedo la sofferenza, ma non si arrendono. Non posso permettere che loro soffrano solo per proteggermi. Non riesco a vederli in questo stato.

“Ragazzi, basta.” Dico, alzandomi e mettendomi davanti ai due fratelli, nonostante loro provino a prendermi e riportarmi dietro di loro. “Me la vedo io, adesso.”

 
Angolo Autrice

Duuuunque, salve a tutti!!^^

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, tra Gilag che tortura Ivan (porello), Elise alle prese con un arco (una nuova Katniss Everdeen? Nah, Catnip è unica xD) e i nostri gemelli alle prese con un nuovo nemico: David Fender (che abbiamo già ritrovato nel sesto capitolo della storia, Twins).

Bene, rendiamoci conto che il prossimo capitolo sarà il decimo della storia (beh, già siamo al decimo, ma il prologo non conta, quindi…)! E sono riuscita ad impegnarmi SERIAMENTE e PSICOLOGICAMENTE a scrivere i primi dieci capitoli senza blocchi dello scrittore. Woo-Hoo!! (ricordo che nella prima storia a capitoli che ho pubblicato su EFP impiegavo due o tre mesi a scrivere 800 parole. OTTOCENTO! Giuro.)

Ok, direi che ho detto tutto. Per le solite cose, ormai le sapete a memoria, quindi non c’è bisogno che ve lo ripeta. XD

Ci vediamo al prossimo capitolo! Bye bye!!

eli8600

P.S. Avete anime da consigliare? (Possibilmente non licenziati. Non mi piace vederli doppiati.) xD (Se proprio richiedete i generi… Ehm, i miei generi preferiti sono Scolastici, Azione e Splatter. Soprattutto l’ultimo B) Ma in ogni caso, se la trama mi incuriosisce, lo guarderò.)

P.P. S. Probabilmente lunedì prossimo non pubblicherò L Potrei pubblicare qualche giorno dopo (se tutto va bene). Proverò a trovare tempo, per ora credo di riuscire a pubblicare. Se così non fosse, vi avviserò nei messaggi privati e il capitolo lo farò uscire comunque in settimana. ^^

P.P.P.S. Per un attimo ho avuto un infarto: non mi si apriva Word e ho temuto di non poter pubblicare. Menomale che, riavviando, sono riuscita ad aprirlo. Computer stronzo -.-

P.P.P. P.S. Non ho mai fatto una nota dell’autore più lunga di questa xD.

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Capitolo 11
*** 10: Lies ***


Pov: Masumi

“Avanti! È questo il modo in cui vuoi arrivare a padroneggiare il tuo potere?”

Misael… Lo odio sempre di più! Mi ha fatto tirare pugni a un sacco da boxe…con dei guantoni che avrà già usato e insudiciato qualcun altro… In una palestra vuota, ma che ha l’odore di tutte le persone che si sono allenate qui… Che schifo!

È da un sacco di tempo che sto dando pugni a quel sacco, ma, a quanto pare, Misael non ne vuole sapere.

“Senti, basta…” gli dicevo ogni tanto, ma lui mi minacciava con una sfera di luce creata nelle sue mani, evidentemente fatale per me (anche se so che lui non mi ucciderebbe mai), dicendomi: “Ormai hai accettato. Comportati da persona matura. Hai tirato solo venti pugni e già sei stanca? Muoviti, miss Perfezione!”

È normale che io sia stanca. Ieri ho fatto un concerto e ho finito veramente tardi. Per fortuna non mi ha rovinato lo spettacolo, come la scorsa volta. E spero vivamente che non lo rifaccia, altrimenti getto dell’acido nei suoi capelli.
Continuo a dare ganci destri a quel sacco da boxe. Ogni pugno è un dolore per le mie nocche. Le braccia quasi mi crollano. Non mollo, ma sono veramente stanca.

“Resisti, eh? Bene, continua così!”

Misael finalmente mi incita e io stavolta sono più convinta. Le braccia sono sempre più indolenzite (quasi mi si staccano) e io sempre più affaticata.

Ne dò sempre più forti, cercando di non far passare troppo tempo tra un pugno e l’altro. Probabilmente è questo che vuole lui, e lo faccio per finirla qui. Quanto vorrei trovarmi in una vasca da bagno in questo momento! Il sudore esce ovunque, sempre più copioso. Dopo alcuni pugni forti, improvvisamente la catena sul soffitto che regge il sacco cede e cade a terra. Beh, senza un sacco niente allenamento, quindi finalmente posso riposare…

“Beh, era questo quello che mi aspettavo che tu facessi. Ora… Ti consiglio di andarti a fare una doccia. Sai, una star non dovrebbe puzzare di sudore…” mi dice Misael.

Gli rivolgo un sorriso sghembo, per poi dirigermi negli spogliatoi e prendere tutto il necessario per lavarmi. Vado nelle docce, mi spoglio e una piccola pioggia di acqua tiepida mi cade prima sui capelli, poi sul resto del corpo. Mi lavo per bene e mi sciacquo, per poi mettermi l’accappatoio. Mentre mi asciugo, mi siedo su una delle panchine, però mi rendo conto di essere veramente stanca, così mi sdraio. Per fortuna, a parte me e Misael, non c’è nessuno in palestra, quindi posso fare quello che voglio senza che qualcuno mi riconosca o mi prendi per pazza per le azioni che sto facendo. Riesco a trovare una posizione talmente comoda che quasi mi addormento, ma quando chiudo gli occhi mi ricordo che a casa ho un letto comodo in cui dormire. Mi alzo con un po’ con malavoglia ed esco dallo spogliatoio, seguendo Misael che mi porta a casa.

 
Pov: Ivan        
                                                                                                                                       

Combattere contro di lei? Perché?

“Gilag…chi sarebbe questa...” inizio a dire, ma lui si avventa contro di lei cercando di colpirla con un pugno. Lei si sposta di lato con un salto, alzando un po’ di terra dal suolo.

Gilag prova ripetutamente ad attaccarla con calci e pugni, ma i suoi riflessi le impediscono di farsi male, schivando ogni attacco. Ma non prova a difendersi, si limita semplicemente a evitare di essere colpita dal mio amico. È troppo strano…

“Sei troppo lento, Bariano.” Dice Bella, continuando a schivare senza la minima fatica. Gilag si ferma.

“I miei complimenti, Bella. Ma non voglio assolutamente permettere che il mio protetto combatta contro di te. Dopotutto, è ancora un novellino.” Dice lui, riprendendo fiato. Poi viene circondato da un’aria bianca accecante. Devo coprirmi gli occhi con le mani, altrimenti rischio di perderci la vista. Credo. Oppure è il semplice fatto che mi dia fastidio la luce troppo forte. Difatti Bella osserva la scena come se niente fosse. Una volta che l’aura bianca è sparita, appare Gilag in forma bariana, proprio come il giorno in cui l’ho conosciuto.

“Le cose si fanno interessanti.” Mi dico. Ora sono sicuro che Bella avrà più difficoltà.

“Bene, meglio così! Sai, gli avversari deboli non mi piacciono.” Dice lei, sorridendo.

“Davvero? Ma se non stai facendo il minimo sforzo per colpirmi. Ti stai solo limitando a schivare!” dice Gilag, cercando di darle un pugno che lei schiva per poco, spostandosi di lato prima che la colpisca. Evidentemente stavolta è stata presa alla sprovvista.

Lei però si fa una risatina.

“Sai…prima mi sembravi più… patetico!” dice lei, con un tono di sfida. Vuole fargli perdere la pazienza.
Gilag prova a darle un calcio all’altezza dell’addome, ma lei riesce a parare l’attacco con gli avanbracci. Lui riprova con l’altra gamba, ma anche qui Bella riesce a difendersi, bloccando il colpo con entrambe le mani. Gilag sembra stupito, ma continua ad attaccare, mandando a segno una gomitata sulla faccia. Io mi limito ad esultare, purtroppo. Mi sento inutile, ora che non posso aiutare il mio amico. Ma ciò nulla mi impedisce di tifare per lui.

Bella, subendo il colpo, arretra leggermente, rimanendo comunque in piedi. Con una mano si pulisce il labbro leggermente spaccato, da cui esce un po’ di sangue. Gilag ne approfitta per sferrare un altro attacco, gettandosi su di lei per darle un gancio destro, ma lei schiva, abbassandosi e colpendo Gilag alla caviglia. Gilag inciampa cadendo di faccia, ma si rialza in poco tempo.

Succede però qualcosa che non mi spiego. La ragazza ha chiuso gli occhi, come se si stesse concentrando su qualcosa. Gilag però non approfitta affatto della situazione, anzi, la osserva.

“Gilag! Cosa fai?! Mandala al tappeto! È la tua occasione!!” gli urlo, ma lui pare non ascoltarmi. Dopo qualche secondo accade ciò che avrei voluto non accadesse. Gilag si accascia a terra, mentre io, dopo essermene reso conto, corro verso di lui.

“Gilag!!” urlo, mentre mi avvicino a lui. Lui è incosciente, sembra svenuto. Dà ancora segni di vita, per fortuna. Poi mi giro verso Bella. I suoi occhi sono luminosissimi, come se i bulbi oculari siano semplici sfere di luce.

“Cosa gli hai fatto?!” ringhio, mentre i suoi occhi tornano normali. Lei rimane totalmente impassibile.

“Allora? Che diamine gli è successo?!” le urlo contro, prendendola per la salopette e sollevandola da terra.

“Quello che hai visto…è il mio potere. Sono in grado, una volta ogni mezz’ora, di accumulare abbastanza potere dai colpi del mio nemico e stordire un qualunque essere solo guardandolo negli occhi. E il tuo amico è proprio un incosciente, perché avrebbe potuto allontanarsi. O forse no… Vuoi sapere il bello del mio potere? Poco prima che succeda…” mi dice, sorridendo “…riesco a costringere il mio nemico a guardarmi negli occhi. Tra mezz’ora farò lo stesso con te, e tu non te ne renderai nemmeno conto!! Anzi, non te ne renderai MAI conto, visto che mentre sarai addormentato ti ucciderò!”

Per la rabbia, la scaravento in aria. Lei però riesce ad atterrare senza farsi male.

“Non riuscirai a sconfiggermi in mezz’ora!” mi dice, gettandosi addosso a me e colpendomi con un pugno sulla guancia. Il dolore è inaudito. Mi sento come se avessi la mascella rotta. Cado a terra per lo stordimento. Mi gira la testa. Morirò qui.

“Hahahaha!! E non puoi nemmeno salvare il tuo amico, visto che risveglierà tra dodici ore… A meno che tu non riesca a battermi! Ma ne dubito…” dice lei con tono di sfida.

Mi metto le mani tra i capelli e soffoco un lamento. Il dolore alla testa è incredibile. Non ne ho mai provato così tanto in vita mia! È questo quello che posso fare: rimanere accasciato a terra e lamentarmi. Basta. Mi sento un fallito!

“Alzati!” mi ordina la ragazza. Io vorrei farlo e continuare a combattere, ma il mio corpo e la mia forza di volontà si rifiutano di collaborare.

“Avanti…mi sto annoiando!” mi dice ancora. Cerco di alzarmi, venendo scosso da un fremito a ogni movimento. Ora che sono in piedi, il dolore, stranamente, si fa sentire sempre meno. Ma adesso…come la attacco? E come la sconfiggerò?

 
Pov: Juniper

“Juniper… No…” dice piano Nasch.

“Invece si che devo! Lui… ha fatto del male a mio fratello. In più mi ha usata… Devo essere io a sconfiggerlo!” gli dico.

“Ma non puoi… Ti prego, Juniper, non farlo. Lascia combattere me al tuo posto. Sei ancora inesperta…” dice Nasch, cercando di convincermi. Ma io faccio di no con la testa, continuando a osservare David, che sembra si stia trattenendo dal ridere.

“Juniper, lasciaci combattere.” Dice Merag, prendendomi per un braccio, ma io la allontano con una lieve spinta.

“Nasch, Merag… So che volete proteggermi, ma io non posso permettere che lui la faccia franca. Mio fratello è svenuto per colpa sua, e ho paura che si sia fatto molto male, quindi devo essere io a vendicarmi di lui.”

Nasch e Merag sono davvero poco convinti. Cercano spesso di dissuadermi e di lasciarli combattere al posto mio, ma io rifiuto il loro aiuto.

“Juniper, non voglio che tu ti faccia così male… Non hai avuto ancora un buon allenamento…” dice Nasch. Non vuole che io mi faccia male…

“Nasch…” dico io. Lui…mi ha tolto le parole di bocca…

“Allora, la smettiamo con questo teatrino? Chi si vuole iniziare?”

David è impaziente, e non vede l’ora di farci fuori. Nasch si fa avanti, ma io lo blocco con un braccio. Devo essere io a combattere.

“Ragazzi… fidatevi di me…” dico loro. “Per favore, assicuratevi che Nathan non si sia fatto troppo male…”

I due annuiscono, stavolta più convinti, e si avvicinano a Nathan.

“Bene, finalmente!” dice David. “Sappi che non mi tratterrò solo perché sei una ragazza. Anzi, hai fatto un pessimo errore a impedire ai Bariani di affrontarmi per primi. Beh, ora sono fatti tuoi.”

La velocità con cui si getta addosso a me e mi lancia contro i tavoli è impressionante. Neanche il tempo di rendermene conto e sono a terra, dolorante per la caduta, tra i trucioli dei tavoli di legno del bar, ormai completamente distrutti. Non riesco a rialzarmi in tempo, poiché mi sferra un calcio allo stomaco proprio mentre ero inginocchiata. Il colpo mi fa piegare in due dal dolore. Inoltre in bocca ho il sapore del sangue.

“Visto? Un aiuto dai Bariani ogni tanto non guasta, non credi?” mi dice lui, sogghignando e tirandomi i capelli.

“Juniper!” urla Merag, avvicinandosi velocemente a me e David, ma quest’ultimo, con la mano libera, riesce a mandarla k.o. Non sono riuscita a vedere bene come, ho solo visto Merag cadere a terra dolorante.

Le ha fatto del male. Dopo questo, non posso rimanere con le mani in mano. Devo reagire. Così stringo forte la sua caviglia destra, nella speranza di riuscire a ferirlo e di fargli mollare la presa. Ma è inutile. Stringo ancora più forte e sento una strana sensazione alla mano. Probabilmente è solo il dolore che mi fa avere le allucinazioni, ma sento…una sorta di fresco. Un fresco che si trasforma in freddo. Come se stessi tenendo la mia mano su un pezzo di ghiaccio. E in effetti… quello che vedo è proprio ghiaccio. Sulla sua caviglia si sta formando del ghiaccio!

Quando se ne accorge, molla la presa per darmi un pugno, ma sono più veloce e riesco ad alzarmi ed allontanarmi in tempo. Wow, non riesco a credere di aver fatto una cosa del genere. Forse è grazie al mio potere Bariano se ci riesco.

Merag, nel frattempo, si è rialzata con una smorfia di dolore. Ha la guancia un po’ arrossata. Poi, vedendo che sono riuscita a congelare la caviglia a David, si congratula con un occhiolino.

“Cosa stavi cercando di fare, eh?” mi dice David. Da quello che vedo nella sua espressione facciale, credo di averlo stupito un po’.

“Ah, beh, niente…” dico io, sorridente. “Volevo solo…rendere la faccenda più… AGGHIACCIANTE!”

“Credo che questa sia la battuta peggiore che abbia mai sentito… Ma non importa!”

Cerca di saltarmi addosso, ma commette un errore: si lancia troppo in alto, quindi riesco ad abbassarmi e a non farmi prendere, e contemporaneamente cerco di ghiacciarlo, poggiandogli una mano sul petto mentre era a mezz’aria. Non riesco nell’intento, ma sono riuscita a ghiacciargli la zona in cui si dovrebbe trovare il cuore.
Ricordo cosa mi disse mio fratello sul congelamento in una delle ripetizioni noiosissime a cui partecipavo: se un corpo viene congelato è ancora vivo, ma scongelarlo equivale a condannarlo. Devo solo riuscire a ghiacciarlo, anche se so che sarà difficile.

David è leggermente spossato.

“Di’ un po’… Di preciso, cosa sei?” gli chiedo, approfittando della sua debolezza momentanea.

“Io? Sono un servitore della divinità. Siamo un po’ come voi Mezzi-Bariani…” dice lui.

Allora… ha capito che lo sono?

“Siamo nati umani” continua, facendo una pausa “e sin dalla nascita siamo stati destinati a essere i servitori di questo dio. Per noi, a un certo punto della nostra vita, inizia il periodo in cui dobbiamo essere allenati.”

“E voi non potete semplicemente opporvi a tutto questo?” chiedo, continuando a guardare David in modo freddo.

“Opporci? HAHAHAHAHAHAH!!” dice lui, ridendo di gusto. “Vedi, Juniper, noi, ovvero sia i servitori che voi Mezzi-Bariani siete stati posti davanti a una scelta: o l’incarico…o la morte!”

Cosa? No, non può essere…

“Stai mentendo! Non credo che qualcuno di noi abbia rifiutato! Abbiamo scelto noi di stare dalla loro parte e di non rimanere con le mani in mano mentre il nostro pianeta veniva portato alla distruzione! Sono stati loro a convincerci senza costringerci!” gli urlo contro, stringendo i pugni.

“Davvero? Hai pensato all’ipotesi che, se non fossero riusciti a farvi pronunciare quel si, avrebbero passato a minacciarvi di morte?”

Per un attimo ci penso, e diventa tutto grigio. Loro… loro… Nasch e Merag… Non lo avrebbero mai fatto. No… Non potevano assolutamente farlo. Va contro tutto quello che hanno dimostrato a me e Nathan. Loro… Sono nostri amici.

“Io…” dico tremante, con una lacrima che esce dal mio occhio.

“Juniper, sta mentendo!!” dice Nasch urlando. Mi giro verso di lui. “Non avremmo mai usato la violenza con te e tuo fratello! Non sono questi gli insegnamenti che ci sono stati impartiti! E poi… David, non osare mai più paragonarci a quella divinità del cazzo!”

“Stai mentendo! Vuoi solo cercare di farla diventare come te!” dice Merag.

E improvvisamente mi rendo conto di quello che è appena successo: sono stata presa in giro. Due volte. Dalla stessa persona.

“Complimenti, David.” Dico, asciugandomi le lacrime. “Per un attimo ci avevo quasi creduto! Ma mi complimento con te anche per avermi preso in giro ancora. E ora ne paghi le conseguenze!”

Mi getto verso di lui con il braccio teso, pronta a colpirlo! Nel frattempo si è rialzato, ma da quel che vedo è ancora troppo debole, quindi ne approfitto. Riesco a colpirlo con un pugno in piena testa, all’altezza della fronte, ghiacciandogli gli occhi.

“Non ci vedo!” si lamenta lui, cadendo a terra e rompendo una sedia. Mi avvicino a lui e gli do dei calci sullo stomaco, per poi tirargli un pugno nella stessa zona. Sul suo addome si forma una patina di ghiaccio sempre più spessa, fino a che non lo avvolge completamente. Mi ritraggo e assisto alla scena. Lui sembra che sia stato messo k.o. Il suo corpo è pallido e non sembra respirare. Non dà più segni di vita.

“Ce l’hai fatta!!” mi dice Merag gioiosa, avvicinandosi a me e abbracciandomi.

“Voi state bene?” chiedo ai due, e loro mi rispondono annuendo.

“Che…cosa è successo?” chiede una voce.

Vicino al muro crepato, Nathan si è risvegliato e si sta rialzando, con una mano sulla testa per la botta subita.

“Nathan!!” gli dico, correndogli incontro e abbracciandolo. “Stai bene?”

“Ecco… mi fa male la testa, ma sto bene… Tu… cosa ti sei fatta?” mi chiede preoccupato.

“Non è nulla, sto bene. Poco prima che tu ti risvegliassi, ho ucciso David. Ti ricordi? È stato lui a colpirti.” Gli dico.

“Ah, si… Lo hai sconfitto? E come hai fatto?” mi chiede lui.

“Ecco… Ho il potere del ghiaccio. E l’ho congelato.” Gli racconto, sorridente.

“Brava! Sono fiero di te!” mi dice, sorridendo debolmente.

“Sconfitto?? HAHAHAHAHAHA!! È una parola un po’ esagerata…”

Mi giro e mi trovo David completamente sano, che ride.

“Mi sa che ti sei dimenticata della mia abilità!” mi dice, indicandomi e continuando a ridere.

Accidenti! Ho solo congelato la sua copia!

“Bene, nel frattempo noto che tuo fratello si è risvegliato…” dice David, osservando mio fratello, che lo guarda in cagnesco.

“Ora però ci sono anche io, David. Preparati!” dice Nathan.

“Nathan, sei ancora debole…”gli dico, ma lui mi interrompe.

“No, sorellina. Tu mi hai protetto fino ad ora. Ora voglio aiutarti. Anzi, DEVO aiutarti!” ribatte lui.

 
Angolo Autrice

Woo! Salve a tutti! :-) 

Dunque, Gilag, come prevedibile, va k.o. … Eh, cosa vi aspettavate? Che vincesse? Pff, lui non vincerebbe neanche contro una foglia…

Vector: Sono d’accordo… Anzi, no. La foglia lo ucciderebbe.
Durbe: Avrebbe potuto rimorchiarla, quella ragazza. Ma stranamente non lo ha fatto…
Gilag: PIANTATELA!!!

Ehm, tornando a noi… Masumi invece…

Elise: Un po’ deboluccia…
Masumi: Falla tu una cosa del genere dopo un concerto di tre ore! Anzi, no, tu sei troppo impegnata a sbavare dietro a Durbe…
Elise: Non è vero… *arrossisce*
Durbe: Fatti i fatti tuoi… *arrossisce pure lui*

Buoni, giovani u.u E infine, Juny si trasforma in…

Juniper: JUNIPER! NON JUNY!!

Giusto… scusa JUNY (mi diverto troppo). Comunque, si trasforma in Elsa di Frozen…

Juniper: Ma…

E direi di chiudere qui.

Juan: Ma io? Quando arrivo?

Presto… Dai tempo al tempo, Hermano.

Juan: Che palle…

Dicevo, chiudo qui. Ci vediamo al prossimo capitolozzo!! 
eli8600, Juniper, Masumi, Elise,(&) Durbe (lol), Gilag, Juan e Vector.
 
 
 
 
 

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Capitolo 12
*** 11: Surrender ***


Pov: Juan

Sono passate due settimane dal mio incontro con Arito e le cose sembrano andare bene. I suoi continui allenamenti non mi stancano molto (essendo io un grande frequentatore di palestre) e sembrano piuttosto efficaci. Ho notato che la mia tartaruga è diventata più evidente di quanto non lo fosse prima. Anche i muscoli delle braccia sono aumentati. Peccato che è l’inverno è alle porte e che quindi io non possa mostrare granché a causa del freddo.

È notte. In questo momento mi trovo in discoteca con un gruppo di amici, composto da tre ragazzi con cui esco da quando avevo dodici anni: Gabriel, un ragazzo di sedici anni alto quasi quanto me, con capelli neri e occhi color ambra accentuati da un paio di occhiali da vista dalla montatura scura; Martino, il cui aspetto ricorda quello di un emo, con capelli semi-lunghi neri e una frangia che gli copre l’occhio destro, con occhi verdi e un piercing al labbro inferiore; Jorge, capelli castani e occhi azzurri, sempre nascosti dietro un paio di occhiali da sole, nonostante sia buio.

Quando andiamo in discoteca è sempre la solita storia: Martino non vuole andarci, ma dobbiamo sempre convincerlo perché è l’unico con la patente e una macchina. Tira fuori sempre la stessa scusa: “La discoteca è sempre il solito posto per scemi e drogati seriali. Io odio stare in mezzo a questa gente bla bla bla…”. Alla fine riusciamo a farlo venire con noi e pare che, ogni volta, si diverta. Durante la serata, tutti cerchiamo di invitare una ragazza a ballare con noi, tranne Gabriel, essendo già fidanzato. Se non ci riusciamo, andiamo a fare compagnia al nostro amico.

Questa sera ho provato a chiedere a una ragazza strafiga: aveva i capelli castani legati in una treccia alta che ondeggiava insieme a lei mentre ballava, occhi del medesimo colore e un vestito aderente senza spalline che le arrivava fino a metà coscia. Ma quando le ho domandato se era sola, lei si è comportata in modo strano: appena mi ha visto aveva già strabuzzato gli occhi ed era divampata, poi mi ha detto:

“Io… ecco… Non posso perché… Tra poco me ne vado, c’è anche il mio ragazzo… Devo andare, ciao!”
E poi si è allontanata. Chissà cosa aveva…

“Mah, secondo me è una di quelle che sono fidanzate e vengono tenute d’occhio dal proprio ragazzo…” urlava Martino, a causa del volume della musica troppo alto.

Siamo rimasti lì, ad osservare la gente che ballava e a ridere per il modo in cui si comportavano alcuni ragazzi ubriachi, fino a mezzanotte, poi abbiamo deciso di uscire a prendere un po’ d’aria fresca. Fuori dalla discoteca c’è un grande parcheggio, completamente ricoperto di auto. Alcune se ne stanno andando, altre invece rimangono lì. Ai lati dei posti auto ci sono delle aiuole.

Siamo rimasti a chiacchierare delle solite cose: scuola, calcio, musica…

Mentre Gabriel ci parla delle sue considerazioni su una partita di ieri, sento che non siamo gli unici a parlare. Sento due voci: una maschile e una femminile, che parlano tra di loro. Con due gesti dico a Gabriel di zittirsi e di aspettare un attimo.

“Juan, cosa c’è?” chiede sottovoce Jorge.

Il fatto è che… la voce della ragazza è molto familiare. Troppo!

Dico ai miei amici di aspettarmi, mentre io mi dirigo molto piano nel luogo da cui provengono le voci. Mi nascondo in un cespuglio di un’aiuola senza farmi né vedere né sentire. Ciò che riesco a vedere sono: un ragazzo di spalle seduto su una panchina e la stessa ragazza a cui ho chiesto di ballare, seduta sulle sue ginocchia. Si stanno baciando, riprendendo fiato ogni tanto. Allora ecco chi è il fortunato! Cerco di andarmene senza fare rumore, poi sento la voce del ragazzo che dice una cosa che mi stupisce parecchio.

“Allora, come hai detto che ti chiami? Marìa…?”

Io pensavo che quello fosse il suo ragazzo… Invece è uno appena conosciuto! Ma la cosa che mi spaventa è la risposta della ragazza:

“Alvarez. Marìa Alvarez.”

No. Non poteva essere lei. Non è quella la ragazza con le trecce che ogni mattina, dopo la scuola, mi aspetta per fare il tragitto con lei. Lei non si veste così. Lei non va in discoteca. Non è lei. Marìa è timida, non sta con il primo che capita.

Me ne vado senza fare troppo rumore, poi torno dai miei amici e riferisco loro l’accaduto. Tutti sanno chi è Marìa e sono sbalorditi quanto me.

“Ma secondo me non è lei… Sai quante ragazze che hanno il cognome Alvarez ci sono in tutta la Spagna? E tra queste, sai quante si chiamano Marìa?” dice Martino.

“Io vi dico che la voce era la stessa. È da anni che la sento, ormai so come parla!” dico, insistendo.

Si è fatto tardi, quindi continuiamo a parlarne in macchina. Non diciamo granchè, solo alcune ipotesi su un possibile cambiamento di Marìa.

Arrivato a casa saluto i miei amici e ringrazio Martino per il passaggio.

Entro piano, cercando di non svegliare mia sorella che, come al solito, si è addormentata sul divano del soggiorno.
Entro in camera mia, chiudo la porta e accendo la luce, saltando per lo spavento. Sul mio letto c’è Arito.

“Questa casa non è un albergo! Che ore sono?” mi dice.

“Che paura… Uhm, è mezzanotte e mezza… Scusa, Mamma!” dico io scherzosamente, prendendo un pigiama pulito. “Comunque, hai presente Marìa? Quella ragazza che mi aspetta sempre davanti alla scuola dopo le lezioni?”

“Beh, si… Perché?” mi chiede subito lui, e gli spiego quello che è successo questa sera. Quando gli dico di Marìa, la sua faccia è sconvolta.

“Wow, non la facevo così tanto…da discoteca…” dice lui.

“Nemmeno io… Però ti dico che era così bella da non sembrare neanche lei…” dico io, lasciandomi sfuggire quelle paroline magiche.

Dopo un po’ vado a letto e Arito torna nel mondo Bariano.

 
Pov: Ivan

Questa volta tocca a me combattere e devo assolutamente vincere! Non permetterò a me stesso di perdere al primo avversario che mi trovo davanti. Le altre volte sono stato debole e i colpi li ho incassati, ma stavolta non devo lasciarmi intimidire!

Perciò mi avvicino a lei e cerco di darle un pugno, ma lei si scansa subito. Devo assolutamente colpirla! Cerco di tirarle un calcio all’altezza della caviglia, ma lei salta e lo evita. Provo ancora… e ancora… e ancora…

Ogni attacco lo schiva come se niente fosse. Non prova mai a colpirmi… Secondo me vuole stancarmi, in modo da approfittarne e darmele di santa ragione.

“Cavolo!” dico io.

“Tesoro…sei troooooppo lento!” dice lei, sghignazzando. “Non ti facevo così… LENTO…”

Diamine, è riuscita nel suo intento… Sono stanchissimo… Ora di sicuro ne approfitterà per picchiarmi, sapendo che ho questa debolezza. Un po’ come i bulli… Sanno che sono un debole e che non mi difendo, quindi per loro picchiarmi è un gioco da ragazzi.

Ma non sono un debole. Non devo dimostrarlo, almeno. Cosa ho fatto finora per rendermi più forte? Gli allenamenti di Gilag. Ho spaccato pietre. Beh, non sono poi così forte, con questo allenamento…

“Bene, ma dovrai continuare ad esercitarti se vuoi rompere un paio di ossa durante la battaglia…”

Quello che ha detto Gilag. Ma certo! Devo fare esattamente quello che mi ha insegnato lui! Devo rompere pietre… cioè, ossa!

“Avanti, cosa aspetti?” mi dice Bella, facendo un gesto con la mano che significa “fatti sotto”. Ma io non attacco. Io sono un debole, non attacco per primo. Ma mi difendo per primo.

“Dai, che il tempo passa!” dice lei. Ma imito il suo gesto.

“Perché non attacchi prima tu?” dico io, guardandola fisso negli occhi e sorridendo. “Oppure sei debole e sai solo schivare e far addormentare la gente?”

Lei mi guarda, poi cerca di tirarmi un calcio sul fianco sinistro, ma io riesco a bloccarlo con una mano.

Bella si stupisce, vista la sua espressione. Ma non si aspetta minimamente quello che le sto per fare. Le stringo forte la caviglia. Devo romperla, così lei schiverà in modo più lento e io potrò colpirla.

Lei digrigna i denti dal dolore e cerca di liberarsi, ma il braccio libero fa da scudo ai suoi pugni. Stringo la presa sempre più forte, fino a quando non sento un lieve “crack”.

Lei si lamenta dal dolore e mi tira un pugno sullo stomaco, che stavolta va a segno e mi fa mollare la presa.
Lei si allontana da me zoppicando leggermente. Io mi avvicino subito a lei e le tiro un pugno sulla guancia. Bella cade a terra dolorante.

“Che dolore…” dice, rialzandosi piano e tremante.

“Tesoro…sei troooooppo lenta!” le dico, imitandola. “Non ti facevo così… LENTA…”

Lei si infuria e prova a tirarmi un pugno, colpo che riesco a bloccare di nuovo con una mano. E ora provo a romperle il polso, stringendo la presa anche su quell’arto. Bella però fa la medesima cosa. Stringe il mio polso. E con la mano libera, mi colpisce lo stomaco ripetutamente. Il dolore mi fa mollare la presa, ma non riesco a liberarmi perché lei mi trattiene. Sento dolori continui, come se sul mio stomaco si stia abbattendo una scarica di fulmini: il dolore non dura tanto, ma un frazione di secondo dopo se ne abbatte un altro. E tanti altri cadono finché il dolore non rimane, facendosi sentire. E anche tanto.

Quando riesco finalmente a divincolarmi, cado a terra supino. Il dolore mi fa piegare in due. Ho le braccia incrociate sul mio stomaco, mentre mi rotolo a destra e a sinistra sull’erba secca. Le lacrime mi escono dal viso. È una cosa a cui ormai ci sono abituato, ma stavolta è diverso. Non potevo permettermi di limitarmi a prenderle, dovevo farlo per il mio pianeta. Dovevo farlo perché sono stato incaricato. E invece sono costretto a terra, a vergognarmi di ciò che ho fatto. Ricevo ogni giorno un sacco di pugni senza provare minimamente a difendermi. E così anche stavolta. Sono abituato a questa tortura, così abituato che se mi volessero dare un pugno, io acconsentirei.

“Bene, vuoi sapere il bello?” mi chiede Bella, inginocchiandosi vicino a me.

“C…cosa…?” chiedo, tra i singhiozzi.

“La mezz’ora è scaduta. Ora mi tocca prendere i tuoi poteri. Sogni d’oro, ragazzino.”

I suoi occhi si illuminano. Io sono costretto ad osservare. Provo ad oppormi, ma fa troppo male. Sono costretto ad osservare la mia fine. L’ultima cosa che vedo è una ragazza che mi addormenta per sempre. Ho permesso questo a una divinità. Ho tradito tutti quelli che credevano in me. Dal primo all’ultimo.

La luce nei suoi occhi sparisce improvvisamente. Sono ancora vivo?

Vedo Bella che guarda il vuoto, come quando qualcuno è al telefono. Sembra che stia ascoltando qualcosa, visto che annuisce. Poi si rivolge a me.

“Caro, mi dispiace. Non sai quanto. Ma la tua fine non è ancora giunta. Il mio superiore mi ha dato l’ordine di ritornare immediatamente alla base e di interrompere quello che stavo facendo. Argh, io odio essere interrotta. Beh, immagino che ci rivedremo. Tranquillo, per ora ti ho risparmiato. La prossima volta non saremo così clementi!”

Bella si dissolve piano, finché non è sparita del tutto. Non mi ha ucciso. Eppure, la sensazione che provo è quella. Il dolore si è impossessato di ogni cellula del mio corpo e quello che posso fare e rimanere lì. Aspettare. Ma non posso farlo, mi sono rassegnato una volta oggi, non deve succedere una seconda volta!

Mi rialzo con molta fatica e mi dirigo verso il mio zainetto, contenente alcune cose che mi sono servite per l’allenamento. Lo apro e prendo il cellulare. Tremante, digito il numero di mia mamma. A quest’ora non lavora… Spero solo che non si preoccupi troppo.

“Mamma…” dico a fatica, quando risponde. “Mamma… Per favore… Vienici… a prendere… Siamo alla pianura… quella poco distante… capito? Per favore, fai… presto…”

Mia madre sembrava preoccupata, ma ha detto che sarebbe venuta. E così non mi resta che aspettare. Spero solo che faccia presto... Il dolore è insopportabile.

 
Pov: Nathan

Sono leggermente confuso, mi sono appena svegliato da una botta in testa che mi aveva addormentato, ma so cosa devo fare. Fino ad ora, Juniper ha combattuto per sconfiggere David, colui che mi ha fatto male, e devo aiutarla!

“Ora ci sono anche io! Preparati…” dico determinato. “Perché non ti lasceremo vincere!”

David, come risposta, scoppia a ridere.

“Voi due? Sconfiggermi?” dice tra le risa. “Di quali sostanze vi siete fatti?”

“Di coraggio!” dico io, correndo verso di lui per colpirlo con una sfera di luce.

Il colpo lo prende in pieno, liberando della polvere in aria. Mia sorella ne approfitta per attaccarlo con uno dei suoi poteri. La vedo arretrare dolorante. A quanto pare, David non è stato minimamente scalfito dal mio attacco.

“Sorellina? Stai bene?” le chiedo. Lei annuisce con un mezzo sorriso.

“Hai fatto male ad avvicinarti, Juny!” dice David, mettendo enfasi nell’ultima parola, schernendo Juniper.

Io mi avvicino e cerco di colpirlo, emettendo una luce biancastra dal mio braccio. Il pugno va a segno e David viene sbattuto qualche metro più in là, crepando leggermente il muro.

“Forza, ragazzi!!” dice Nasch, che finora si è limitato a guardare la scena. Viene poi imitato dalla sorella, che poi prova ad aiutarci intrappolando il nostro nemico in una specie di ragnatela gelida.

“Sorpresa!”

Mi giro e noto che David ha creato un’altra copia, quella che abbiamo messo al tappeto. E ora il vero David ha un braccio intorno alla gola di Juniper. La sta strozzando!

Non posso permettere che mia sorella soffra in questo modo! Corro verso di lui e lo colpisco alla testa con un pugno, che non gli fa nulla. Con uno scatto fulmineo, il braccio mi colpisce sul fianco e io vengo lanciato, sbattendo nuovamente contro un muro.

“Questo… è troppo…” dico, rialzandomi, seppur dolorante. Formo una sfera di luce tra le mie mani, grande prima quanto una palla da calcio, poi dalle dimensioni gigantesche. Il colore è diverso: se prima era bianco, ora è azzurrino. Senza pensarci due volte, la scaglio alle spalle di David, in modo che non ferisca troppo Juniper. La “bomba” esplode e una grande quantità d’acqua a velocità impressionante lo investe. Urla dal dolore e cade a terra, lasciando mia sorella, che prende un bel respiro dopo essere stata senza per un po’.

“Tutto ok?” le chiedo.

“S…si… Mi hai bagnato…” mi dice lei, poi dalla sua faccia capisco che le è venuta un’idea. Mi sussurra: “Ascolta, l’acqua può essere congelata. Quindi, se noi congelassimo David in questo modo?”

“Cioè inzuppandolo e ghiacciandolo?” le chiedo piano. Lei annuisce e io inizio a preparare un’altra palla d’acqua.
David, intanto, è ancora a terra ed è tremolante.

“Perché non riesco a sdoppiarmi?!” continua a ripetersi.

“È chiaro che abbiamo capito le tue debolezze! Sei spacciato!” dice Nasch. Buffo, detto da uno che non è mai intervenuto.

Scaglio la bomba d’acqua su di lui, dopodichè Juniper lancia una specie di raggio congelante e David continua a urlare dal dolore.

“Non è… possibile! Sono stato battuto…così? Nooooooo!!”

È stato sconfitto. Ora è accasciato a terra congelato. Mia sorella si avvicina a me per abbracciarmi, ma la allontano.

“Aspetta a cantar vittoria… E se si fosse sdoppiato e quello che ha detto era una presa per il culo?” le dico.

“No, non credo… Ho notato che gli avete congelato il cuore, e da quel che ho capito è quello il motivo per cui riusciva a non morire mai. Bravi!” dice Nasch, avvicinandosi a noi e dandoci delle pacche sulle spalle. Merag ci abbraccia, dicendoci che si era alquanto preoccupata.

“Non volevo che voi interveniste… Tutto qua.” Dice Juniper.

Beh, ora è meglio dimenticarci di quello che è successo, così propongo a tutti di andare a casa. Come primo scontro, sono fiero di essere riuscito a batterlo. E sono fiero anche di mia sorella, che ha combattuto molto prima che mi svegliassi. Spero di riuscire a battere anche i prossimi avversari.
 
 

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Capitolo 13
*** 12: New friends ***


Pov: Ivan

Dopo il durissimo scontro e la mia quasi morte, mi sono ripreso. Sono passati tre giorni e mi sento molto meglio ora. Gilag sta bene, tutti stanno bene. E di questo ne sono contento. Ciò che mi dà ancora fastidio è questa brutta sensazione allo stomaco. Non è dolore… è la sensazione di essere stato poco utile e se sono salvo è solo per una semplice botta di culo. Sono stato fin troppo fortunato e so che la prossima volta la dea bendata non mi assisterà…
Ma comunque cerco di ignorare questa sensazione allenandomi per conto mio, a volte aiutato dal mio amico Bariano.

Ho trovato un ottimo posto per allenarmi: lo scantinato. È la zona più fresca della casa, quindi è lì che passo la maggior parte del tempo quando fa caldo.

Inizio facendo un po’ di flessioni, cercando anche di vedere quali sono i miei limiti. E direi che arrivano subito, i limiti. Alla decima sono già stanco… Ma non posso arrendermi ancora. Non devo. Così continuo, nonostante la stanchezza. Devo arrivare a un punto in cui le mie braccia devono cedere. Undici… dodici… tredi…ci… sento il sudore colarmi sulla fronte… quattor…dici… se… dici… diciass… ette…

Alla diciottesima entra Gilag.

“Ehi, Ivan! Sono stato un attimo nel mondo Bariano… E a quanto pare è arrivato il momento di conoscere gli altri Mezzi-Bariani!”

Proprio in quel momento cado di faccia, ma non tanto per la stanchezza, quanto per la sorpresa. Ah, è arrivata ora di conoscere gli altri…

“Così vi aiuterete anche tra di voi… Magari quando c’è un nemico troppo forte potreste collaborare… Ehm, sei pronto? Partiamo proprio ora!” dice Gilag.

Adesso?! Ma non posso presentarmi così… sudato!

“Uff…” mi dice, dopo aver visto la mia faccia imbronciata. “E va bene, ti do dieci minuti per farti una doccia e prepararti.”

Così corro, salgo le scale e inizio a prepararmi.

 
Pov: Nick

Proprio ora Vector mi ha avvertito sulla partenza per incontrare gli altri Mezzi-Bariani. Sono stato leggermente colto alla sprovvista, ma prendo un paio di cose.

“Oh, non c’è bisogno che tu prepari una valigia… Sai, andiamo a New York…” mi dice lui.

“NEW YORK?! Ma è proprio per questo motivo che sto facendo la valigia…” ribatto io, ma Vector mi ferma.

“Ci resteremo per poco, giusto per fare conoscenza con gli altri… E arriveremo in un attimo! Posso aprire un varco e teletrasportarci lì!”

Tiro un sospiro di sollievo nel sapere che almeno non dovremo farci una giornata intera in aereo.

“Bene, sei pronto? Hai detto ai tuoi che torni più tardi?” mi chiede Vector.

“Beh… Si…” dico io.

Così Vector genera un varco, della dimensione di un ovale, il cui interno sembra una galassia piena di sfumature di colore: dal viola all’azzurro, dal verde al giallo. Uno spettacolo incredibilmente bello!

Vector entra e fa cenno di seguirmi. Io entro e quello che succede dopo è molto confuso. Mi sembra di viaggiare a una grande velocità sospeso nell’aria. Quando arriviamo dall’altra parte rallentiamo e usciamo. Ora siamo dall’altra parte del mondo, nella Grande Mela. Tutti quei grattacieli, tutte quelle luci notturne. Da mozzare il fiato.

“Vector, ma… di preciso, perché siamo qui?” chiedo a Vector, e lui risponde subito.

“Beh, qui ci sono due Mezzi-Bariani. È qui che abbiamo deciso di radunarci.”

Beh, se non altro, è un bel posto. Camminiamo per un bel po’, passando per vari vicoli e attraversando strade. Qualcuno ci chiede indicazioni a cui noi non possiamo rispondere.

Dopo almeno venti minuti arriviamo davanti a una casa abbastanza grande, di due piani. Una di quelle ville americane, penso.

Bussiamo e ci viene ad aprire una ragazza dai capelli riccissimi rossi e gli occhi verdi.

“Salve… Voi sareste…?” chiese poi.

“Siamo Vector e Nick, rispettivamente Bariano e Mezzo-Bariano” risponde Vector, indicando prima sé stesso poi me. Quello che mi sembra davvero assurdo è che la ragazza ha parlato la mia stessa lingua.

“Ah, aspettate…” dice lei rientrando in casa. Dopo qualche secondo ritorna e ci dice di accomodarci. Nella stessa casa ci sono anche altri tre ragazzi: il primo assomiglia tantissimo alla ragazza di prima, poi c’è un ragazzo che sembra avere dei tentacoli viola al posto dei capelli e infine una ragazza dai capelli azzurri e blu.

“Bene, loro due sono Nasch e Merag, i due Bariani, mentre io sono Juniper e lui è mio fratello Nathan.” Mi dice, sorridendo. Stringo la mano a tutti presentandomi e Vector fa lo stesso.

“Ma… sbaglio o sembrate feriti?” chiedo loro.

“Beh, tre giorni fa siamo stati attaccati da uno di quelli che si chiamano ‘Servitori della divinità’ e ci ha attaccati. Per fortuna ce l’abbiamo fatta!” risponde Nathan.

Più tardi arrivano altri Mezzi-Bariani, tra cui una ragazza castana dagli occhi marroni, accompagnata da un ragazzo dai capelli argentati e un paio di occhiali.

“Ah, ciao Durbe! Benvenuto!” dice Vector.

“Ciao Vector! Ciao anche a voi!” dice il Bariano. La ragazza storce il naso.

“Aspetta, come hai detto che si chiama quello?” gli chiede, indicando Vector.

“Ah, quello è Vector…” dice lui, stringendo la ragazza che, con uno scatto fulmineo, voleva lanciarsi contro il mio amico per pestarlo.

“MALEDETTO!! Devi ancora pagarla per avermi rotto la schiena!!” urla lei, cercando di divincolarsi dalla presa. Vector ride come non so cosa, per poco non si rotola a terra dalle risate. Le ha rotto la schiena? Mah, mi sa che dopo mi deve un paio di spiegazioni...

“Eli, Eli… Calmati, su. E poi, ti ho guarito io, ora stai bene. Non ti ha fatto niente.” La calma Durbe. Incredibile come ora la ragazza, che si chiama Eli, sia calma come se non fosse successo nulla, anche se continua a guardare storto Vector.

“Chiedo scusa… Io… mi chiamo Elise.” Dice poi, arrossendo lievemente.

“Piacere, Vector!” dice il mio amico. Elise ringhia.

“Piacere Elise! Io sono Juniper!” dice Juniper, avvicinandosi a lei e stringendole la mano. “Credevo di essere l’unica Mezza-Bariana…”

Più tardi arrivano anche un ragazzo spagnolo, che quando vede le ragazze ci prova per poi essere mandato miseramente a quel paese, una ragazza che credo di aver già visto da qualche parte… Beh, ha un po’ di manie di protagonismo… Rivela a tutti chi è, ma nessuno pare conoscerla (per accontentarla le chiedo se ha fatto qualche opening di qualche anime e lei mi rivela tutte, ma dico TUTTE le canzoni. E io invento di aver capito chi è, poiché ha fatto la sigla di un anime, anche se lo conosco poco). Dai suoi occhi deduco che è orientale. Poi arriva anche un russo, che quando vede Elise la abbraccia forte. Pare che si conoscano già. Durbe osserva la scena un po’ irritato. Magari lui ed Elise stanno insieme ed è geloso… Chi lo sa…

Arrivati tutti ci accomodiamo sul divano. A seguire c’è un silenzio decisamente imbarazzante, nessuno sa cosa dire. Poi un Bariano (che, da quel che mi ha detto Vector, dovrebbe chiamarsi Arito) rompe il silenzio:

“Allora… Beh, da dove venite?”

“Io vengo da Tokio.” Dice la ragazza orientale, di nome Masumi.

“Io sono del sud della Francia, precisamente a Nizza.” Dice Elise.

“Io sono russo, da Nolinsk…” dice Ivan, il ragazzo che ha abbracciato Elise.

E in breve tutti sanno la provenienza di ciascuno di noi. Insomma, siamo un po’ sparpagliai per il mondo...

“Beh, come avete scoperto di essere Mezzi-Bariani? Inizio da… Nick.” chiede il ragazzo americano, Nathan. Oh, io? Perché inizio io? Vabbè, cerco di non essere noioso…

“Beh, io… All’inizio ero stato circondato da dei teppistelli del mio paese ed erano stati colpiti da delle strane sfere di luce… Poi il giorno dopo mi ritrovo questo tipo davanti appena apro la porta di casa. E beh, dire di aver fatto un salto di tre metri è un eufemismo.”

Qualcuno ride, compreso Vector.

“Lui invece mi ha rovinato il concerto!!” dice Masumi, indicando Misael.

“Tu non mi hai ascoltato!” ribatte lui, alterandosi leggermente.

“Ma ti pare il caso di fare così?!” dice lei, alzandosi.

“Si, non c’era altro modo!” dice Misael, alzandosi anche lui.

“Ma io ti…”

A quel punto, Masumi voleva dargli un pugno, ma fu fermata subito da Gilag, che si mise in mezzo ad entrambi e li separò, anche se continuano ancora a guardarsi in cagnesco. Beh, non vanno molto d’accordo.

“Avrei da ridire anche io…” dice Elise. “Ecco, io stavo conducendo una vita normalissima, insomma, amici, compiti, scuola, gente che non sopporto… Un ex ragazzo…” Sull’ultima parola ha esitato leggermente. “Poi boh, arriva Vector, mi prende e mi butta contro un muro. Senza motivo. Non è normale!”

Vector sghignazza coprendosi la bocca.

“Tranquilla, se ne pente…” dico io, facendo in modo che Vector ridesse ancora di più.

“Io invece sono stato aiutato da lui contro un imbecille!” dice lo spagnolo, Juan.

“Per me e mio fratello è strano… La storia è un po’ lunga da spiegare…” dice Juniper, grattandosi la testa.

“Io invece l’ho salvato dai bulli.” Dice Gilag, indicando Ivan.

“Wow, Gilag. Sono profondamente colpito!” dice Durbe, facendo scattare una risata generale a tutti i Bariani. Noi ragazzi non capiamo il perché.

Continuiamo a chiacchierare del più e del meno, poi mangiamo e beviamo  qualcosa. Dopo tutti parlano tra di loro: Elise e Juniper, Nathan e Juan…

Io invece parlo con Ivan. Sembra un ragazzo a posto. Mi ha raccontato un po’ di lui: mi ha rivelato che è dalle medie che i bulli lo perseguitano e ogni giorno è la stessa storia, anche se da quando ha incontrato Gilag non succede più. In questi mesi gli è anche venuto a mancare il padre, morto in guerra, e lui è a pezzi.

“Sto facendo di tutto pur di rendere fiero mio padre. Non ho intenzione di arrendermi molto facilmente. Anche se devo migliorare la mia difesa. Non sono molto bravo a difendermi… Tu invece?”

“Beh, direi che per me è tutto normale, anche se… Beh, non ho molti amici… Non mi piace uscire in città… C’è gente che non riesco proprio a sopportare.” Gli dico. “Beh, sono piuttosto noioso…”

“Ma no, dai… Mi fa piacere conoscerti meglio. Sai, così dovremmo essere. E poi neanche a me piace uscire il sabato sera. Per la maggior parte delle volte lo passo leggendo manga oppure studiando. Non ti devi preoccupare, sono cose piuttosto normali!” dice lui dandomi una pacca sulla spalla.

Beh, dai, almeno ho conosciuto uno che mi capisce!

 
Pov: Elise

Ho conosciuto gli altri Mezzi-Bariani e devo dire che sono tutti molto simpatici… Beh, a dir la verità Masumi è un po’ troppo vittima e Juan non ha un gran bell’atteggiamento, però mi sta bene.

Ora sto parlando con Juniper, che è una ragazza davvero molto simpatica.

“Beh, quel giorno David si era rivelato per come era, insomma… Un servitore della divinità…”

Io rimango un po’ perplessa da questo nome.

“Ehm… Cos’è?” le chiedo.

“Se ancora non lo sai sei molto fortunata! Beh, sono i tirapiedi della divinità che dobbiamo sconfiggere. E sono forti. Parecchio. Per sconfiggerlo, io e mio fratello ci abbiamo messo molto. E ci abbiamo quasi rimesso la pelle…” mi spiega lei.

Ora capisco.

“Era il tuo ragazzo?” le chiedo.

“Cosa? No, eravamo usciti insieme. Ma non ci eravamo fidanzati… Tu, invece?” mi  dice, colpendo un tasto dolente. “Hai detto che eri stata lasciata da poco dal tuo ormai ex…”

“Si, preferirei non parlarne… Ti dico solo che ora sta con una troia! E io sono una che non dice di essere bella, ma, detto sinceramente, se lei è una bella ragazza io sono la perfezione scesa in terra. Per farti capire, è… brutta… E gira voce che faccia cose sconce con altri in chat… Non ti spiego cosa, spero che lo abbia capito!”

In un attimo ho tirato fuori tutto quello che pensavo. Beh, almeno mi sono sfogata. Era da tanto che volevo dire cose del genere alle mie amiche, ma non sempre mi ascoltavano…

“Hahahaha! Beh, oddio, cavolo cosa si è perso quel ragazzo. E guarda che bella scelta che ha fatto Durbe!” mi dice, indicandomi con entrambe le mani.

Aspetta, cos’era l’ultim- NO! Cos’ha capito?!

“Ma io e Durbe non stiamo insieme!” dico io. Sento le guance calde. Non è un buon segno.

“Ma gli piaci! Dai, tu non l’hai notato, ma quando hai abbracciato Ivan lui lo guardava storto. E te lo posso giurare, lo hanno visto tutti!” mi dice lei.

“Ti credo… Dici sul serio? Credi che io gli piaccia?” le chiedo. Lei mi risponde annuendo.

“Siete… ecco, come dire… Shippabili!” mi dice.

“Beh, grazie… Posso chiamarti Juny?” le chiedo, ma lei sbotta improvvisamente.

“NO!!”

Io paro le mani davanti a me e le dico:

“Ok, scusa. Non lo faccio più!”

Lei sospira.

“Uff… Tutti ormai mi prendono in giro…” mi dice lei.

“Per cosa? Per questo nome? Ma dai, non è nulla di che…”

“Invece no! Alle elementari ho passato anni d’inferno!”

Così mi ha raccontato cosa è successo in quel periodo: c’era una bambina che si era seduta vicino a lei nel banco ed erano diventate amiche del cuore. Poi, un giorno, questa bambina si allontanò da lei per fare amicizia con altre bambine. E tutto cambiò.

“Queste bambine, sapendo che ero sua amica, mi minacciavano e mi affibbiavano questo nomignolo: Juny. Non erano cose come ‘Stai lontana da lei!’ oppure ‘Non rivolgerle la parola!’… Volevano che io portassi loro la merenda tutti i giorni. A tutte e tre. Un giorno ho provato a non portare niente da mangiare e loro mi rubarono un quaderno con tutti i compiti svolti. Così presi una nota. Fecero così sempre, finchè non passarono dalla merenda ai soldi, che spendevano per comprare riviste… Tutto questo per gelosia. Erano capaci di tutto se non rispettavo i loro accordi. Addirittura, un giorno, non portando niente per loro, scrissero cose false su di me su un diario, spacciandolo per mio, e io diventai lo zimbello della classe. Beh, potrebbe sembrare da stupidi, ma stavo sempre male. La notte non dormivo e il giorno dopo piangevo perché non volevo andare a scuola. I miei genitori, osservando questo comportamento, si insospettirono, soprattutto dopo che iniziavo a chiedergli i soldi che davo alle tre bambine. Così chiesero alla maestra di tenermi d’occhio e lei scoprì tutto e lo disse ai miei. L’incubo finì lì, poiché quelle tre erano sempre controllate dalle maestre, ma comunque è rimasto questo trauma.”

“Cavolo, mi dispiace…” dico io. Non so cosa dire, purtroppo. Non ho ricevuto mai questo genere di trattamento, quindi non posso consolarla come si deve.

“Eh… Beh, certe volte bisogna passare dei brutti momenti per poter crescere come si deve… Però i ricordi sono brutti, ed essere chiamata spesso Juny è uno di questi…” mi dice lei.

Sono senz’altro colpita. Sono sicura che io, lei e gli altri Mezzi-Bariani saremo invincibili. Abbiamo tutti un punto di forza differente e dobbiamo sfruttarlo per salvare i due mondi.

 
Angolo Autrice


Bene, nello scorso capitolo l’ho mancato e ho deciso di usarlo solo per eventuali news. Ecco, appunto, che vi devo dire che dalla settimana prossima in poi caricherò i capitoli il mercoledì, poiché mi risulta più facile. Questo era l’ultimo lunedì in cui aggiorno BWID… Beh, il lunedì è semplicemente odioso, non trovate? XD
Comunque, spero che il capitolo vi sia piaciuto e… Ci vediamo al prossimo capitolo!!

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Capitolo 14
*** 13: Big Apple ***


Pov: Juan

“Ragazzi, che ne dite di uscire un po’? Sapete com’è, stare in una casa senza fare nulla è noioso. Visto che siamo a New York, approfittiamo per farci un giro…” propongo io. In un certo senso parlare con gli altri è stato abbastanza divertente, fino a un certo punto. Beh, dopo un po’ gli argomenti di discussione erano stati esauriti del tutto.

“Si! Io non sono mai stata a New York, vorrei tanto visitarla!” dice Masumi, totalmente esaltata dalla mia idea.

Dopo un po’ finalmente ci decidiamo a uscire, tutti insieme. Siamo in quattordici persone, la più grande comitiva in cui sia stato. I due gemelli Nathan e Juniper ci dicono tutto sulla Grande Mela. E dopo un’ora e mezza abbiamo visitato tutti i posti possibili e immaginabili (anche se non tutti, New York è troppo grande!), dal porto in cui si trova la Statua della Libertà al World Trade Center, posto che ha suscitato in noi un grande magone per il disastro avvenuto tempo fa, quando due aerei si schiantarono contro le Torri che prima si trovavano qui. Dopo il giro siamo andati in un ristorante (uno dei tanti, anzi, uno dei TROPPI ristoranti dove mangiare qui), dove ora stiamo mangiando gratuitamente, visto che i genitori di Nathan e Juniper conoscono i proprietari.

“Uhm, dunque…” diceva Arito, leggendo il menù. “Io… Beh, direi che prendiamo una porzione di tutto ciascuno!”

“CHE?!” diciamo tutti improvvisamente.

“Arito, credo che tu stia esagerando un po’…” fa Ivan, ma viene interrotto da Gilag.

“Suvvia, direi che ordinare solo due cose è troppo poco!”

“Ma qui le porzioni sono grandi…” dice Elise.

“Sciocchezze!” dice Arito, schioccando le dita. “E direi che per saziarci tutto il menù non basta.”

“Di preciso…” dice Durbe, sistemandosi gli occhiali. “Quando venite sulla Terra pensate sempre a mangiare? Vector, di’ qualcosa anche tu…”

Vector però era contrariato.

“Argh, stai zitto, Durbe! Prendo anche io tutto il menù! DOPPIO!” dice, facendo scorrere il dito su tutto il foglio.

“Ok, ora esagerate davvero… Sono il vostro capo, e per gerarchia decido io cosa fare! Vi concedo solo un primo e un secondo, niente dessert!” dice Nasch, zittendoli tutti.

“Non è giusto… Volevo il dolce…” mormora Gilag.

“Grazie, Nasch. Se avessimo ordinato tutto il menù ci avrebbero fatto pagare sicuramente! Ma la regola vale anche per noi poveri umani?” chiede Juniper. Nasch annuisce.

“Con la sola eccezione che potete avere il dessert!” mi risponde.

“YEEEE!!” diciamo noi Mezzi-Bariani in coro. Una soddisfazione in più.

“Peccato… Mi piacciono i dolci…” dice Durbe, abbassando lo sguardo.

“Se vuoi te ne do un po’ io…” dice Elise. Lui la guarda negli occhi, per poi abbassare lo sguardo subito dopo, arrossendo e mormorando un “Sei davvero gentile…”

Aspettiamo le portate chiacchierando su tutto.

“Sapete… Ora che ci penso, potremmo allenarci insieme, qualche volta… Basterebbe teletrasportarci insieme ai nostri Bariani!” dice Juniper, ma Merag sembra contrariata.

“Si potrebbe, ma costa molte energie ai Bariani, che si recuperano molto, ma molto più tardi. Teletrasportarvi, ad esempio, da New York a Nizza e viceversa in una sola giornata fa esaurire la nostra energia…”

“Già, e visto che siete ancora poco esperti nei combattimenti, nonostante alcuni di voi abbiano già combattuto e vinto, i nemici potrebbero approfittare della nostra debolezza per attaccare.” Continua Arito. “È una cosa che abbiamo già considerato, ma sarebbe meglio far passare un giorno tra un teletrasporto e l’altro. Il che significa che qualcuno dovrà ospitare due persone per una notte.”

“Per me non ci sono problemi… Ormai ho la casa sempre libera, quindi un po’ di compagnia vostra non mi farebbe male!” dice Elise.

“Che fortuna!” dico io, ma Elise sbotta.

“Fortuna? Perdere i genitori e rimanere totalmente sola… Ehm, quasi sola, secondo te, è una cosa fortunata?!”

Ha… perso i genitori? Non lo sapevo, nessuno me ne ha parlato!

“Scusa, non mi ero informato…” dico, abbassando lo sguardo. Mi sento male per lei e al tempo stesso imbarazzato. Elise si calma, per fortuna.

Più tardi arrivano le nostre portate. Appena iniziamo a mangiare, già sento la parola “Finito!”.

“Arito, ma come diavolo…” dico io, osservando quello che c’è nel su piatto. NULLA! Completamente pulito!

“Amico, il piatto si deve gustare, non finire in un attimo… Capisco che hai fame, ma datti una calmata!” dice Gilag.

“Era proprio buono!” dice Arito, toccandosi la pancia.

“Rischiavi di strozzarti…” dice Masumi, mettendosi in bocca una forchettata di noodles.

“Allora, ragazzi? Come si mangia qui?” dice Nathan, cercando di cambiare argomento. “Come sono i primi assaggi?”

Molti annuiscono. Io ancora non ho mangiato nulla. Avevo ordinato del riso fritto e non l’ho ancora assaggiato. La ciotola scotta da morire. Ho provato ad afferrarla ma mi sono ustionato. Che male!

“Attento, che ti scotti!” dice Masumi.

“Grazie per avermelo detto in ritardo…” le dico.

Assaggio. E devo dire che non è per niente male. Senza pensarci, mi ci fiondo e per poco non finisco in tre secondi, esattamente come Arito.

“Qualcuno ha fame…” dice Juniper, soffiando sui suoi spaghetti.

Più tardi, dopo aver mangiato, usciamo dal ristorante e torniamo al nostro giro. Quasi non ce la faccio a camminare, sono troppo pieno. È vero che erano solo tre portate, dolce compreso, ma erano porzioni belle abbondanti. Gli altri, Masumi in particolar modo, si sono tenuti più leggeri. Juniper mi ha spiegato che è la sua regola dei turisti: mai mangiare troppo per poi tornare a visitare la città.

“Mi immagino domani quanto ti tratterrai al bagno…” dice Ivan, provocando una risata generale.

Nick non ride. Piuttosto si guarda intorno, come se cercasse qualcosa. Provo a chiedergli cos’ha che non va, è la sua risposta è:

“Solo io mi sento osservato?”

Gli spiego che è normale, visto che qui passa un casino di gente. Lui in un primo momento annuisce, poi torna alla sua “ricerca”.

Chissà cosa gli prende…

 
Pov: Masumi

È così strano dover passeggiare con dei ragazzi più giovani di me. Ma l’idea mi sta bene, soprattutto se si tratta di una città così viva come New York. Sembra un po’ Tokio, ma sotto sotto è tutt’altra cosa. Parliamo di tutto.

“Odio la scuola…” dice Juan, esasperato. Non posso compatirlo, io non ci vado più. “Tutte le ragazze mi guardano con aria di disprezzo perché dicono che ho tradito gente e bla bla bla. Inventano tutte queste cose per cosa? Per giustificarsi di avermi tradito? Mah, io non le capisco…”

“Ti accorgerai che sono cose futili… io, prima dell’arrivo di Gilag, ero preso di mira da tre bulletti del cazzo. Per cosa? Boh, solo loro lo sanno. Non lo so nemmeno io.”

“Io ora ho un problema a scuola. Non grave, per fortuna. Sarò costretta a prendere lo stesso pullman su cui salgono quel ritardato del mio ex e quell’analfabeta della sua ragazza.” Dice Elise, mettendosi le mani nei capelli per il nervosismo.

“Poi non ci farai più caso…” dico io, cercando di essere comprensiva. Non mi va di rivelare loro cosa mi è successo tempo fa… Non voglio sconvolgerli.

“Già! Te ne dimenticherai presto grazie a qualcun altro…” dice Juniper, dando una spallata a Durbe.

“Ehi, ma che…” protesta lui.

“Niente… hehehehe…” sghignazza Juniper.

“Mi fai paura!” dice Elise, arrossendo.

“Non capisco…” dico io. Juniper fa finta di schiarirsi la voce e indica il Bariano di Elise senza farsi vedere da quest’ultimo. Ah! Ecco!

Provo a socializzare anche con gli altri. Nick per ora non sembra che abbia detto molto.

“Ehi, Nick. A te invece? Come va la vita?” gli chiedo. Lui non risponde subito, e dopo un istante dice:

“Cosa? Scusa, non ti stavo ascoltando, avevo la testa altrove…”

“Ti ho chiesto solo come ti va la vita!” dico io, sorridente.

“Ah, beh, non male…” dice lui, voltando la testa altrove. Poi si ferma bruscamente, fermandoci tutti con un braccio.

“Ma che-“ dice Nathan.

“Ragazzi, dobbiamo allontanarci da qui!” dice Nick, girandosi verso di noi con fare serio.

“Nick, avverti anche tu presenze maligne?” chiede Durbe, evidentemente allarmato.

“Ragazzi, torniamo a casa!” dice Merag, girandosi e correndo. Tutti, compresa me, fanno lo stesso.

“Cosa sta succedendo?” chiede Ivan.

“Ora correte, poi diamo le dovute spiegazioni!” dice Arito.

È un po’ strano correre nel centro di questa città, ma ora la nostra priorità è quella di salvarci, qualunque cosa stia succedendo.

“Di qua!” dice Juniper, svoltando un angolo. E un altro. E un altro ancora. Abbiamo praticamente corso per quasi tutta New York, tra un’Avenue e l’altra. Alla fine usciamo dal centro e arriviamo in periferia, vicino casa di Juniper e Nathan.
“Teletrasportatevi tutti a casa! TUTTI!” dice Nasch. “Dobbiamo far perdere le nostre tracce! Noi andremo da un’altra parte!”

“Masumi, qui!” dice Misael, avvicinandosi a me e creando un varco, quasi lo stesso con cui siamo venuti.

Velocemente ci catapultiamo dentro. Qualche secondo dopo siamo a casa.

“Salvi…” sussurra Misael, tirando un sospiro di sollievo.

“Cosa stava succedendo?” gli chiedo.

“Ops, pare che qualcuno vi abbia seguiti…”

Una voce ha parlato. Una voce femminile. Mi giro. E davanti a me c’è questa ragazza giovane, alla quale non do più di quindici anni. Occhi verdi e capelli ricci castani, un po’ sul biondo. La sua corporatura non è magra, bensì un po’ robusta.

“Maledizione!” dice Misael, scagliandole contro lo stesso attacco, credo, che ha usato per distruggere le luci del concerto. Lei sparisce e ricompare pochi metri più avanti.

“Oh, andiamo, almeno dammi il tempo di presentarmi, visto che ho viaggiato con voi! Io mi chiamo Alice… Volevo combattere contro uno di voi in particolare, visto che ho dei conti in sospeso con questa persona, ma ho visto che stavate tentando la fuga e vi ho seguiti nel portale. Che sciocca mossa, Bariano!” dice lei, arricciandosi una ciocca di capelli intorno al dito.

“Cosa vorresti?” chiedo, mentre lei si avvicina a me e mi colpisce improvvisamente in faccia. Che dolore!

“Ma è ovvio che voglio combattere!” e così dicendo mi dà un altro pugno sulla guancia, stavolta più forte. Cado a terra dal dolore e mi rialzo con un po’ di fatica. Nel frattempo, Misael si è lanciato contro di lei, mollandole un pugno avvolto da una luce abbagliante, che la colpisce in pieno e la fa cadere.

“Masumi, tutto be…” dice avvicinandosi a me, ma si blocca improvvisamente quando mi guarda in faccia.

“Misael, cosa è successo?” gli chiedo. “Sto bene, non mi sono fatta nulla…”

“Ma la tua faccia..” dice lui, indicandomi la guancia destra.

Nel frattempo, Alice si è rialzata e ora sta fissando anche me.

“Wow, avevo ipotizzato il fatto che tu avessi un viso perfetto, da bambola… Ma non pensavo che tu fossi fatta davvero di ceramica!” dice lei, sorridendo sadica.

“Masumi… La tua faccia… Ha una crepa!” mi dice Misael, facendomi sussultare.

 
Pov: Ivan

“Forza!” dice Ivan, cercando di creare un portale.

“Argh! Non ci riesco nemmeno io!” dice Arito.

“Ma che diamine sta succedendo?!” chiede Elise, sempre più spaventata.

“Elise, vieni qui. Resta vicina a me!” dice Durbe, prendendola per un braccio.

La situazione è questa: Misael è riuscito a creare il portale, così lui è Masumi se la sono svignata, mentre noi siamo ancora qui, incapaci di fuggire.

“C’è qualcosa che blocca il processo di teletrasporto!” dice Merag, guardandosi intorno per capire che cosa non andasse.

Maledizione! E adesso some ci difenderemo.

“Non siamo arrivati in tempo!” dice Vector, pestando un piede per terra.

“E ora?” chiedo io.

“Ora dovremmo difenderci come meglio possiamo! Potete contare su noi Bariani!” dice Durbe.

“Proveremo ad aiutarvi… Vero, ragazzi?” chiede Nick a noi Mezzi-Bariani. Noi annuiamo cercando di rimanere calmi.

“Tirate fuori le armi.” Ordina Nasch. In breve tempo quasi tutti, tranne me e Juan, sono armati: Nick ha tre anelli molto grandi e dorati, Elise un arco e delle frecce, Nathan e Juniper hanno un bagliore rispettivamente azzurro e argenteo tra le loro mani.

“A voi serve una piccola scossa…” dice Gilag, avvicinandosi a me e prendendomi per il polso. Subisco immediatamente dopo una forte scarica che passa per tutto il mio corpo. Cerco di trattenermi dall’urlare, non voglio che nessuno si insospettisca. Non so quanto dura quest’agonia. Due o tre secondi? Beh, dopo mi piego a terra. A Juan è stato riservato lo stesso trattamento e anche lui, come me, è piegato a terra.

“Cavolo, potevate avvertire prima di torturarci!” dice Juan, rialzandosi e scaldandosi le mani. Ma ovviamente le sue mani non sentono la sua pelle, ma qualcos’altro. Ora ha indosso dei guantoni da boxe.

“E io?” chiedo a Gilag.

“Beh, Ivan, tu sei molto più bravo nel dare pugni. Sei abbastanza forte negli scontri diretti.” Mi risponde.

“Dunque, siete tutti qui?”

Una voce femminile attira la nostra attenzione. Mi giro verso quella direzione e… Bella!

“Tu!” dico io, indicandola.

“Oh, ciao, Lentone!” dice lei, spostando i suoi capelli dietro la schiena.

“E tu chi saresti?” chiede Nathan, caricandosi.

“Bella, servitrice della divinità. Con me c’è anche lui…” dice, spostandosi di lato per darci maggiore visuale. E appare. Un ragazzo che ha quasi la nostra età, capelli neri e occhi ambra. Nel suo volto riesco a distinguere un accenno di tristezza.

“E c’era anche un’altra ragazza di nome Alice, ma ha seguito la ragazza che è riuscita a scappare!” continua poi.

“Allora, che ne dici? Vuoi iniziare a combattere contro sei di noi? Anzi, dodici. Siamo in dodici!” dice Juan, preparandosi.

“In verità…” dice lei, prendendo un respiro profondo. “Non vogliamo combattere contro di voi.”

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Capitolo 15
*** 14: Dragon ***


Hey!! Prima di iniziare volevo scusarmi per il ritardo di una settimana causa malattia! :( Cercherò di rimediare a questo ritardo aggiungendo un capitolo extra questa settimana, ma se passano tre giorni dalla pubblicazione di questo e ancora non avete visto nessun nuovo capitolo allora non ci sperate più xD. Detto questo, buona lettura!! :D
 
Pov: Nick

Quello che ci ha detto Bella, quella servitrice della divinità, ci ha lasciato leggermente spiazzati. È strano vedere che ci sono nemici che non sono qui per combatterci. E allora perché sono qui?

“Il fatto è che siete in troppi e siamo stati inviati solo noi tre. Non abbiamo intenzione di fare un tre contro sei, perderemo a prescindere.” Dice la ragazza.

“E allora perché siete qui?” chiede Durbe, mettendosi sulla difensiva. Fa bene, potrebbero prenderci in giro!

“Bene, il fatto è che volevamo separarvi, in modo che sia più facile combattervi. I nostri poteri hanno permesso a uno solo di voi di scappare. Purtroppo per lui, o lei, il portale non si è chiuso in tempo, permettendo a una dei nostri di seguirla e di combatterla.” Dice il ragazzo al suo fianco.

“Masumi è in pericolo! Dobbiamo aiutarla!” dice Juan, cercando l’appoggio di Arito.

“Mi dispiace per voi, ma non sarà così… Abbiamo fatto in modo che voi possiate scappare, ma non andando dalla vostra amica. Se la deve vedere lei!” dice Bella, sghignazzando.

“Siete stati furbi, davvero… Ma rimanete dei codardi!” dice Ivan.

“Come, scusa?” dice Bella, strabuzzando gli occhi.

“Avete fatto questo per cosa? Per evitare di complicarvi il gioco? Insomma, avete paura di affrontarci tutti insieme?” ribatte Ivan, con tono d’ira.

“No di certo!” dice Bella, presa nell’orgoglio. Si avvicina a lui, pronta a dimostrargli che non è quello che crede. Però viene bloccata dal ragazzo vicino a lei.

“Ti ricordo che non siamo abbastanza forti per affrontarli tutti assieme, per ora. Ricordi?” le dice, trattenendola dal lanciarsi contro Ivan.

“Uff… Arriverà il momento in cui vi atterreremo con il solo sguardo!” dice Bella. “Ah, giusto, lo so fare già da adesso!”

I suoi occhi diventano luminosissimi.

“Non guardate!!” ci ordina Ivan. Tutti, me compreso, ci giriamo e ci copriamo gli occhi.  Non so cosa potrebbe succedere se incrociassimo il suo sguardo.
Quel bagliore dura poco. Quando è finito apro gli occhi, mi guardo intorno e noto che tutti stiamo bene. Tutti, tranne Juniper. È svenuta e ora è a terra.

“Juniper!” dice Nasch, molto sorpreso.

“Sorellina!!” urla Nathan dallo stupore. Poi si rivolge alla servitrice “Cosa le hai fatto?!”

“Fattelo spiegare dal tuo amico Ivan, visto che lui lo sa!” dice Bella. Un altro bagliore la circonda, assieme al ragazzo. Qualche secondo dopo sono spariti.

“Se ne sono andati!” dice Gilag. “Dove saranno?”

“Juniper è stata costretta da lei a guardarla negli occhi. È una sorta di coma, quello in cui si trova. A meno che non si sconfigge quella bastarda, si risveglierà tra dodici ore!” dice Ivan, molto velocemente.

“Dodici?!” dice Elise, evidentemente sconvolta.

“La porteremo a casa e la metteremo a letto. Ovviamente ci terremo pronti nel caso in cui qualcuno approfitti della situazione e voglia attaccarla” dice Merag, piegandosi sulla ragazza e assicurandosi che stia dormendo e che sia ancora viva.

“Secondo me non è il caso di andarcene proprio ora. Io direi di rimanere qui. Potrebbero presentarsi ancora ed approfittarne per uccidervi!” dico io.

“Già! Non lasciamoci prendere alla sprovvista!” dice Elise. “Sono preoccupata per Masumi… Ma è vero che non possiamo trasportarci da lei e aiutarla?”

“Ci provo…” dice Durbe. Chiude gli occhi e si concentra. Dopo qualche secondo riesce a creare un portale.

“Stavano mentendo!” dice Juan.

“Già…” dice Merag. Poco dopo, però, Durbe si inginocchia sofferente.

“AAARGH!!” urla dal dolore.

“Durbe!!” dice Elise, correndo in suo soccorso. “Stai bene?”

Dal portale esce una specie di raggio che colpisce Durbe in pieno. Poi si richiude. Non dura molto, ma dovrebbe aver fatto male. Il Bariano apre gli occhi un po’ tremante.

“Cavolo, è stata una bella botta…” dice, rialzandosi pian piano, aiutato da Elise. “Sto bene, ma quei pochi secondi sono stati terribili. Sembrava che una scarica mi avesse elettrificato! Ed era potente!”

“E se fosse così anche per ritornare a casa?” chiede Arito.

“Stavolta ci provo io. Non voglio mettervi in pericolo!” dice Nasch. Anche lui fa esattamente come Durbe. Chiude gli occhi e si concentra. Anche lui apre un portale. Attendiamo qualche secondo, ma non succede nulla.

“Bene, pare che avessero ragione, allora…” dice Durbe.

“Andiamo, ragazzi. Stanotte rimarrete da noi!” dice Nathan, inginocchiandosi vicino alla sorella e prendendola in braccio. Elise aiuta Durbe, che è leggermente spossato dall’attacco ricevuto. Mi metto anche io al fianco del Bariano e gli faccio mettere il braccio intorno al mio collo per sorreggerlo.

“Grazie, Nick…” dice Durbe, sorridendo. “Ma… cos’hai dietro la schiena? Sento che hai qualcosa conficcato nella spalla…”

Dietro la schiena? Conficcato nella spalla? Non capisco…

“È vero!” dice Juan, che si trova proprio dietro di me. Sento che stacca qualcosa, poi me lo mostra. È una freccetta. Una freccetta lunga quanto una siringa a strisce bianche e rosse.

“Fa’ vedere!” dice Vector, prendendo quella freccetta in mano. “Ah, si. Questa è una delle armi usate dai servitori della divinità! Rilascia del veleno dopo un certo periodo di tempo. Chi la tiene conficcata non se ne accorge. E dopo un certo periodo di tempo viene avvelenato.”

Cavolo!

“Rischiavo di morire se qualcuno non se ne accorgeva… Ma quando me l’hanno tirata?” chiedo.

“Probabilmente quando eri girato, quando Bella ha usato la sua abilità!” dice Merag.

“E se ce le avessimo anche noi?” chiede Nasch. Così tutti quanti ci osserviamo in cerca di eventuali freccette ma non le troviamo, per fortuna.

“Wow, piuttosto furbe queste persone!” dice Ivan, sorpreso. “Dovremo essere più furbi di loro!”

“Già!” dice Elise. Poi ci rimettiamo in marcia. Non è molto lontana la casa dei due gemelli, ci arriviamo in poco tempo. Entriamo in casa e io ed Elise facciamo sedere Durbe su un divano, mentre Nathan porta Juniper a letto.

“Mi sento un po’ inutile… Masumi sta rischiando la vita e noi non possiamo aiutarla!” dice Juan, sconsolato.

“Purtroppo non possiamo farci nulla. Hai visto cos’è successo a Durbe quando ha provato a teletrasportarsi… Meglio non rischiare!” dice Vector, mettendosi una mano sulla nuca.
“Bene, ragazzi…” dice Nathan, uscendo da una stanza. “Abbiamo due piani, per dormire ci sono alcune soluzioni: tre divani, due qui e uno in camera nostra, poi abbiamo un sacco a pelo, tre sdraio che possiamo portare dentro, poi abbiamo il letto dei miei genitori e un materasso gonfiabile che possiamo usare come letto.”

“Cavolo, siete molto attrezzati!” dice Elise, sistemandosi i capelli.

“Beh, per questione di cavalleria, Elise dovrebbe dormire comoda!” dice Juan. “Quindi, direi che può prendersi il matrimoniale…”

“Oh, ma no! E poi, se lo prendessi tutto per me, toglierei il posto a qualcuno…” dice lei, sorridendo. “Starei bene anche nel sacco a pelo!”

“No, casomai dormi con Durbe!” dice Ivan. I due, arrossendo come due peperoni, urlarono un “No!” molto contrariato.

“Scusate…” dice Ivan, parando le mani davanti a sé e sogghignando.

“Però potreste…” dice Juan. “Durbe perché si è ferito ed Elise per galanteria!”

“In questi momenti vorrei essere uomo…” ribatte lei, nascondendosi il viso per la vergogna.

“Beh, per me va bene qualunque cosa…” dico io.

“Se volete metto il mio letto a disposizione!” dice Nathan.

“No, stai tranquillo. Non solo ci ospiti, ma dobbiamo anche prenderci il tuo letto? Non dire cavolate!” dice Juan.

“Io prendo il sacco a pelo!” dice Ivan.

In breve tutti sono sistemati: Juan e Arito si prendono due divani in salotto, Gilag, Vector e Nasch si addormentano sulle sdraio, Merag sta sul materasso gonfiabile, Ivan usa il sacco a pelo, Durbe ed Elise stanno sul matrimoniale, mentre io prendo il divano in camera. Prima di addormentarmi penso alla bella serata trascorsa interrotta dall’imprevisto dei due servitori.

 
Pov: Elise

È imbarazzante il fatto che io debba dormire con Durbe. Avevo detto a tutti che mi sarebbe andata bene qualunque cosa, ma hanno deciso di mettermi comoda da qualche parte. Con lui. Già.

La camera da letto è molto bella. Le pareti sono colorate di azzurrino, il lampadario è una serie di forme geometriche di metallo, colorate d’argento, che pendono dal soffitto. C’è un armadio con un grande specchio, due comodini con due abat-jour semplici, e, naturalmente, il letto, la cui trapunta è di color beige. Beh, devo dire che è leggermente esagerato dormire qui, hanno insistito un po’ troppo… In fondo, sono ospite in una casa, non in un albergo a cinque stelle!

Comunque, appena entro mi tolgo le scarpe e mi infilo a letto, rimanendo però seduta, con la schiena poggiata sullo schienale. Nathan mi ha anche dato un caricabatteria per il mio telefono, così lo attacco a una presa vicina e navigo su internet per farmi venire sonno. Sono vestita, non ho portato nulla da mettere poiché il fatto di dover passare la notte qui non era pianificato.

Più tardi arriva anche Durbe, che si mette sul letto al lato opposto al mio. Mi sono preoccupata un po’ quando ha ricevuto quella scarica. Sembrava davvero sofferente.

“Ehm… Come stai ora?” gli chiedo molto timidamente.

“Meglio! Il dolore è stato momentaneo, anche se ha fatto male. Ero un po’ spossato, ma ora sto bene.” Mi risponde, girandosi verso di me.

“Menomale!” dico. La parola è letteralmente scappata dalla mia gola. Ma non è la cosa più imbarazzante che ho detto senza pensarci, per fortuna. Avrei potuto dire “Sono contenta che tu stia bene!” oppure “Sono stata molto in pensiero per te…”

“Già!” risponde lui, affondando la testa nel cuscino. “Non sei stanca dopo aver girato per quasi tutta New York?”

“Si, ma non mi viene sonno… Mi capita spesso…” gli rispondo.

“Domani partiremo presto, così potrai andare a scuola…” mi dice lui.

“Vuoi farmi andare a scuola dopo essere tornata dall’America?” gli chiedo, con tono scherzoso.

“E va bene… Domani staremo a casa!” dice lui con una risatina. Io sbadiglio. Mi sa che ora il mio corpo vuole dormire!

“Beh, buonanotte, Durbe!” gli dico, girandomi dall’altro lato.

“Notte, Eli!” mi risponde lui.

Mi ci vuole un po’ per assopirmi in quel tepore che si è creato sotto le coperte, e riesco a dormire sonni tranquilli.

 
Pov: Masumi

La faccia crepata? Oh, no! Non può essere successo!

“Masumi, tranquilla! Sarà un suo potere…” mi dice Misael, cercando di tranquillizzarmi, notando la mia faccia sconvolta.

“No, devo contraddirti…” dice Alice, venendo verso di noi, con passo sicuro. “Non ho il potere di trasformare la pelle umana in qualcosa di estremamente fragile come la porcellana!”

“Allora come diamine sarà successo?” si chiede Misael.

Io sono ancora a terra. Sono decisamente sconvolta. La mia faccia, quella che ho sempre mostrato a tutti, si è rotta. Una crepa si è formata sulla mia guancia. Mi tocco il viso e le mie mani incontrano un avvallamento la parte destra del mio naso, che va a finire sulla mia guancia. Mi sento debole. Come è possibile che una cosa del genere si sia rotta?

“Forza, non ho tempo da perdere!” dice lei, scagliandosi addosso a Misael. Lui riesce ad evitare l’attacco e io le faccio lo sgambetto subito dopo.
Lei, come previsto, cade a terra di faccia. Io ne approfitto per alzarmi e prepararmi a combattere. Adesso non c’è il tempo per pensare alla mia faccia. Non è nulla, non mi fa male. Inoltre, rispetto alla vita, è una cosa futile. Posso ripararla, ma la vita no. Si muore una volta sola.

Quando si rialza è furiosa. Ha un’abrasione sul lato sinistro della fronte, da cui esce un po’ di sangue.

“Siete furbi… Ma non mi batterete tanto facilmente!” dice, con un sorriso reso inquietante dalla sua rabbia.

“Chi lo può dire?” dico io, sfidandola. So a cosa vado incontro, ma è tutto sotto controllo. Se reagisce nel modo che penso, dovrebbe funzionare. Come previsto, viene verso di me e prova a darmi un pugno. Io lo schivo prontamente, aspettando che Misael la colpisca. Ma non succede. Salta e mi tira un calcio sul fianco. Io gemo, facendo qualche passo indietro.

“Mi dispiace, cara faccia crepata, io non mi faccio prendere in giro due volte dallo stesso scherzo.” Dice Alice, guardandomi. “Dovresti sap- OUCH!”
Misael ha fatto una scivolata e l’ha fatta cadere.

“Davvero? A me pare che sia capitato ancora!” dice lui, rialzandosi.

“Questa me la paghi…” ringhia Alice, alterata, mentre poggia a terra le mani per rialzarsi. Io ne approfitto per colpirla sullo stomaco con un calcio e farla cadere di nuovo a terra. Lei fa un ringhio rabbioso e mi prende per la caviglia. Cerco di divincolarmi, ma qualcosa riesce a paralizzarmi. In un attimo, sono circondata da una luce abbagliante e sento una fortissima scarica che si propaga in tutto il corpo, dapprima debole, ora estremamente forte. Chiudo gli occhi e urlo dal dolore, mentre Alice mi elettrifica. Riesco a sentire Misael che la colpisce costringendola a mollare la presa su di me.
Mi accascio a terra, non per istinto, ma per il semplice motivo che non riesco a muovermi. Le mie gambe sono paralizzate!

“Misael… non riesco… a muovermi…” dico, riprendendo il fiato che ho lasciato nell’urlo.

“Dannazione!” impreca lui, tenendo lontana da me Alice, che è in piedi e sta cercando di colpirlo con delle scariche elettriche a distanza, fallendo a causa dei raggi lanciati dal Bariano. Devo assolutamente aiutarlo! Avrò le gambe paralizzate ma non le braccia. Potrei colpirla a distanza… ma come? Non ho ancora imparato a fare il soffio del Drago. Potrei fare qualcos’altro… Anzi! Devo fare qualcos’altro!

Posizione le mani davanti a me e lo proteggo con un campo di forza, sperando che ciò basti. E resiste a una decina di lampi prima di distruggersi.
“Mi state davvero stancando!!” dice la servitrice, sempre più rabbiosa.

Si avvicina a me con l’intenzione di colpirmi. Ho davvero troppa paura, ma provo a tirarle un pugno sullo stomaco, sperando che basti per allontanarla. Il mio pugno, però, ha emanato una specie di fumo che ha assunto una forma ben precisa. Ha la forma di un drago!

Quel fumo spinge via Alice, che viene lanciata in aria e scaraventata a terra.

“Argh… Diavolo…” dice lei, cercando di rialzarsi piano.

“Bel colpo!!” dice Misael, molto soddisfatto. “Approfittane!”

“Beh, se non fossi paralizzata dalla vita in giù…” dico io, protestando.

“Prova a rilasciare il drago… Andrà da sé!” mi dice lui.

Allora io mi concentro e il mio drago ricompare. Con un movimento simile a un pugno lo rilascio e lui va a colpire la servitrice. Lei si contorce dal dolore. Lo faccio ancora e anche questo va a segno.

Ora è a terra, incapace di fare qualunque cosa, se non di imprecare.

“Dannazione…” dice lei. “Sappiate che non finisce qui!”

Dopo aver pronunciato questa frase, si dissolve, lasciandomi con un interrogativo. L’ho sconfitta? O è ancora viva?

“Mi sa che la rivedremo presto. Comunque… Sei stata grande!!” dice Misael festoso. “Ora dovremmo pensare alla tua faccia…”

In quel momento mi sono chiesta se dirglielo o meno. Dovrei davvero raccontare ciò a Misael, un alieno che conosco da poco? Mi dovrei fidare di lui? Ma si, tanto a lui cosa potrebbe fregare? Non lo racconterebbe a qualcuno, non sarà mai una storia tanto interessante… E va bene, glielo dico.

“No, Misael. Ora dovremmo sostituire la mia faccia.” Gli faccio notare. Lui mi guarda in modo strano.

“Cosa intendi?” mi chiede.

“Andiamo a casa… Ti devo un po’ di spiegazioni. Sei uno dei primi a sentire quello che ti sto per raccontare.”

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Capitolo 16
*** 15: Mask ***


Pov: Masumi

Dopo quello scontro la servitrice, sono tornata nel mio appartamento con Misael. Nonostante sia tardi, ho deciso comunque di parlare con Misael di una cosa che mi successe parecchi anni prima. Così, dopo aver preparato due tazze di tè, io e lui ci siamo seduti al tavolo e abbiamo iniziato a parlare.

“Beh, avevo diciotto anni… Era il periodo successivo alla partecipazione e conseguente vittoria di un talent show, quello che mi ha resa famosa… Un giorno un ragazzo scoprì il luogo in cui abitavo e mi portò delle rose rosse, affermando di essere un mio fan. Per ringraziarlo lo accolsi in casa e gli offrii un caffè. Nulla di speciale, abbiamo chiacchierato per un po’, poi se n’è andato…”

“E, in tutto ciò, cosa dovrebbe centrare la tua faccia spaccata?” mi chiede Misael, curioso.

“Tra un poco ci arrivo… Comunque, si ripresentò diversi giorni dopo, portandomi un altro dono. Continuò a venire a trovarmi portando sempre un piccolo pensierino. Sembrava davvero un ragazzo dolcissimo, quindi… Beh, gli diedi una possibilità!” dico, abbozzando un sorriso e bevendo un po’.

“Quindi uscisti con lui?” mi chiede, sorseggiando del tè dalla sua tazza.

“Già… E diede la dimostrazione di essere un bravo ragazzo. Non fu l’unica volta in cui uscimmo… E tra una cosa e l’altra me ne innamorai!” dico, cercando di trattenere una lacrima che sta per uscire da un occhio.

“Ehi, se non te la senti… Davvero, se non ne vuoi parlare…” fa Misael, ma lo blocco subito.

“No, io ne voglio parlare. Non lo sa nessuno, e tenermi tutto dentro fa male. Ora che è capitata l’occasione non posso certo far finta di niente!” gli dico, con voce tremante.

“O…ok… Allora vai avanti…” mi dice, abbassando lo sguardo.

“Io e lui ci dichiarammo. Eravamo due innamorati persi, uscivamo quasi tutte le sere, parlavamo sempre al telefono o facevamo videochiamate quando ero in tour. Era tutto così perfetto! Ci conoscevamo alla benissimo…”

“E poi?” chiede Misael.

“Beh, l’ultima cosa che ho detto era una bugia… Io non lo conoscevo abbastanza. Il suo essere possessivo iniziò a manifestarsi pochi giorni prima della partenza per il mio secondo tour del Giappone. Voleva uscire con me sempre, a tutte le ore del giorno, senza darmi nemmeno la possibilità di uscire con le mie amiche. Era davvero geloso, credeva che io, quando ero senza di lui, lo tradissi. Sono stata sola per le prime due tappe del tour, poi mi ha raggiunto, totalmente a sorpresa. Fu allora che inizia a sentirmi davvero a disagio, ma per qualche motivo non volevo che il nostro amore finisse così. Dopotutto, pensavo che sarebbe stata una cosa momentanea.”

“E invece no…” dice Misael.

“Già! Diventava sempre più geloso. Chiunque mi si avvicinasse era un potenziale amante per lui. Lo affrontavo spesso, mi facevo valere. Ma io, come una stupida, lo perdonavo sempre… Un giorno però non fui io a prevalere. Si arrabbiò tantissimo con me, era irriconoscibile. Mi picchiava. Io non sapevo a chi chiedere aiuto. Ero in balia della sua ira e nessuno avrebbe potuto salvarmi. Non avevo ancora le guardie del corpo, quindi ero una preda facile. Successe quello che non volevo accadesse… Mi gettò l’acido in faccia, poi se ne andò…”

Inizio a sentirmi gli occhi pizzicare per via delle lacrime.

“Cavolo…” commenta Misael, mettendosi una mano davanti alla bocca.

“Il dolore era insopportabile… Provai di tutto ma nulla funzionava. Alla fine mi vidi costretta a chiedere aiuto in ospedale, così ci andai, ma non volevo che tutti mi chiedessero cosa avessi in faccia. Quindi mi coprii per bene e uscii. Spiegai la situazione a un medico, pregandolo di non far uscire la notizia da quella stanza. Fui curata, ma naturalmente sono rimasti ancora oggi gli sfregi.” Dico, staccando dei bottoni dietro le orecchie. “Così questo medico contattò un famoso scienziato che aveva inventato delle maschere che sostituissero perfettamente la faccia e che, una volta indossate, non davano alcun fastidio. Me ne feci fare due su misura, grazie a una foto che avevo scattato poche ore prima dell’accaduto. Una ce l’ho indosso adesso, l’altra è di scorta nel caso in cui questa si sarebbe rotta.”

Mi tolgo la maschera, mostrando a Misael la mia vera faccia, completamente sfregiata dal rosso ad eccezione degli occhi. Lui mi guarda dispiaciuto. Non sa cosa dire.

“Non lo sa nessuno, solo io, il mio ex, il dottore, lo scienziato e ora anche tu.” Gli dico, dirigendomi in stanza per prendere la maschera sostitutiva.

“Ha anche un altro effetto: quello di adattarsi ai cambiamenti dovuti all’età, quindi quando sarò più vecchia a questa maschera spunteranno le rughe.” Dico io, scherzando.

“Mi… dispiace che ti sia successo tutto ciò… Io…” dice lui, ma si sforza di dire qualcosa. “Non so davvero che dire, solo uno scontato ‘Mi dispiace’…”

“Non fa nulla…” gli dico, mettendomi la nuova maschera.

La serata passa con un silenzio tombale, in cui non sappiamo cosa dirci. Alla fine decide di rimanere, visto che ha bisogno di molta energia per ritornare nel mondo Bariano.

“Mi prometti che non lo dirai a nessuno?” gli chiedo, prima di coricarmi a letto.

“Tranquilla, non lo farei mai…” mi dice, accennando un mezzo sorriso.

Spero di potermi fidare di lui. Sento che lui non è come tanti altri.

 
Pov: Nathan

Il giorno dopo tutti i nostri ospiti sono tornati a casa, tranne Juan e Arito. Juan si è offerto di rimanere per poterci allenare insieme e io ho accettato volentieri. Durante la mattinata è rimasto in casa con mia sorella, che non si era ancora svegliata da quel piccolo sonno, mentre io sono andato a scuola. Tornato a casa, ho saputo del ritorno dei miei genitori. Torneranno tra quattro o cinque giorni e ho intenzione di riferire tutto quello che è successo a loro. Di certo non posso nascondere una cosa del genere a mamma e papà, anche se ho un po’ paura della loro reazione. Spero che, alla vista di due alieni, non si scandalizzino troppo.

Dopo scuola abbiamo mangiato leggero, senza esagerare.

“Uhm… cosa è successo?” dice una voce femminile provenire dall’altra stanza. La riconosco… è mia sorella.

“Juny! Stai bene?” le dico, vedendola uscire dalla stanza in camicia da notte, ancora mezza addormentata.

“Ti ho detto tantissime… YAWN… volte di non chiamarmi Juny!” protesta lei, sbadigliando. “Comunque sto bene… Cosa è successo?”

“Hai dormito per mezza giornata” le dice Arito, spiegandole cosa è successo quella notte.

“Per fortuna c’eravate anche voi…” dice lei, sedendosi a tavola e mangiando qualcosa.

“Tra poco andiamo ad allenarci… Se vuoi unirti a noi…” le propongo.

“Uhm… Non credo sia il caso… Nonostante abbia dormito tanto mi sento debole… Mi sa che starò a guardare!” dice mia sorella, con un sorriso un po’ dispiaciuto.

Più tardi finiamo di mangiare e ci mettiamo in giardino. Non c’è rischio che nessuno ci veda, abbiamo una siepe molto fitta e alta.

“Bene, perché non vi affrontate?” chiede Merag.

“Dovremmo combattere?” dice Juan.

“No, dovete fare una partita a carte…” dice Merag, e io riesco a cogliere l’evidente ironia nelle sue parole. “Mi sembra ovvio che dobbiate allenarvi combattendo tra di voi. È un buon allenamento per capire le strategie dell’avversario e riuscire a farvi venire in mente qualcosa per batterlo.”

“E anche per comprendere la situazione in cui vi trovate. Ad esempio, se voi combatteste in un luogo glaciale dovrete saper sfruttare tutto. Le mosse inaspettate confondono l’avversario.” Dice Nasch.

“In effetti, molti smaniano per avere un gran potere ed essere forti, ma vengono puntualmente sconfitti a causa di un minimo d’intelligenza dell’avversario…” dice Juniper, incrociando le braccia. “Sfruttare ciò che si trova nell’ambiente circostante credo che sia un buon punto di forza!”

“Già.” Dice Nasch, sorridendo.

“Bene, allora iniziamo…” dico io, guardando Juan, ma vengo colpito. Juan mi ha tirato un pugno allo stomaco. “Ehi, non vale! Ero distratto!”

“Ricorda che anche un minimo di distrazione uccide!” mi risponde, provando a darmi un calcio sulla testa, che io schivo senza problemi.

“In un normale scontro sarebbe sleale colpire l’avversario mentre non è attento, ma, siccome dobbiamo affrontare un conflitto che potrebbe costare la vita, tutto è lecito!” sento dire da Arito.

Lo spagnolo non si ferma un attimo. Prova a darmi calci, pugni… Ma non posso solo schivare! Devo anche difendermi. Quindi lo allontano con un getto forte di acqua, riuscendo nel mio intento. Poi mi avvicino e provo a dargli un pugno in faccia. Lui si piega in avanti e mi tira una gomitata sulla schiena. Il colpo mi fa cadere a terra a pancia in giù. Mi giro subito e mi rialzo, schivando un calcio basso e uno alto.

“Cavolo, non ti fermi un attimo!” gli dico, mentre riesco per un soffio a bloccargli un pugno con entrambe le mani.

“Lo so!” mi dice, dandomi un pugno sullo stomaco con l’altra mano, che io schivo con un salto all’indietro. Mentre sono in volo gli do un calcio con la gamba destra sulla guancia. Lui riceve il colpo tentennando.

“Che riflessi…” mi dice, barcollando leggermente.

“Mi sono allenato tanto per migliorarli…” gli rispondo, cercando di farlo cadere a terra abbassandomi e dandogli un calcio sulle caviglie.

Lui riesce a evitare il colpo e nel contempo a tirarmi una ginocchiata sulla faccia. È molto doloroso. Per un po’ mi copro la faccia, oscurando la mia visuale per qualche secondo.  Vedo che ne approfitta ma il pugno non va a segno, visto che prima del colpo sono arretrato di qualche passo. Quando tolgo le mani dal mio viso, noto che mi è uscito un po’ di sangue da un taglio inflitto sul naso.

“Ti ho fatto troppo male?” dice lui, prendendomi in giro.

“Neanche tanto…” gli rispondo, non abbassando la guardia su di lui. Chi lo sa, potrebbe colpirmi a tradimento.

“Va bene, basta così!” dice Merag, dopo essersi stata zitta durante tutto lo scontro. Io e Juan ci avviciniamo ai nostri spettatori per sentire cosa non va nei nostri metodi di combattimento.

“Dunque, Nathan, non ho nulla da ridire. Solo… migliora i tuoi attacchi. Sono un po’ deboli.” Mi dice Nasch, poi guarda lo spagnolo. “Juan… tu invece non dovresti colpire a raffica il tuo avversario. Almeno non all’inizio. Colpi deboli e rapidi non ti salveranno. Devi optare per degli attacchi preparati e forti all’inizio, per stordirlo. Dopodiché potresti iniziare a non permettergli nemmeno di alzarsi. E poi… la rapidità stanca… Non è consigliabile stancarsi all’inizio del duello!”

Juan annuisce comprensivo.

“Però siete stati bravi entrambi!” dice Juniper, con un sorriso sincero. Io e il mio amico la ringraziamo e torniamo dentro. Sono molto sudato, sarebbe il caso di fare una doccia.

“Juan, se vuoi lavarti puoi andare nel bagno del piano di sopra!” gli dico, indicandogli le scale.

“Va benissimo. Grazie!” mi risponde, sorridente.

 
Pov: Juan

Wow! Non credo di aver avuto più adrenalina di così. Però questa condizione non mi ha permesso di dare il meglio. Si, mi hanno detto che sono stato bravo, ma ho fatto qualche errore. Ovviamente è il mio primo scontro… beh, scontro che non diventa rissa… Quindi migliorerò e diventerò un valido avversario!

Entro nel bagno accaldato, apro l’acqua, mi spoglio ed entro nella doccia. Inizialmente i capelli si afflosciano per l’acqua e in poco tempo sono bagnato dall’acqua dalla testa ai piedi. Dopo essermi pulito e vestito con dei panni di ricambio che mi sono portato da casa per sicurezza, vado da Nathan, che sta videogiocando in camera sua.

“Oh, Juan…” dice, premendo ripetutamente una serie di pulsanti sul suo joystick. “Vuoi favorire? Ho un altro controller lì dentro…”

Con un cenno del capo mi indica un cassetto vicino alla scrivania. Accetto volentieri. Quel gioco lo adoro! Mi ha permesso di far sparire completamente la vita sociale, che ho riacquistato più tardi. Rimaniamo incollati davanti al televisore per qualche ore, prendendoci amichevolmente in giro per le sconfitte.

Contemporaneamente arriva Juniper.

“Ragazzi, stasera abbiamo pensato di prendere del sushi. Che ne dite?” ci chiede, restando sull’uscio della porta.

“Bisognerebbe andare a prenderlo…” dice Nathan.

A questo punto decido di propormi per non farli scomodare. Insomma, il fatto di dover stare qui senza fare niente non mi sta bene. Vorrei essere utile. Perciò dico loro di voler andare a ordinare. All’inizio sono parecchio riluttanti, dicono frasi come “Tranquillo, tu aspetta qui” o “Vieni con noi per decidere cosa prendere”, ma io riesco a convincerli. Ricordo dov’è il sushi bar, ci eravamo passati davanti quando eravamo tutti assieme, quindi raccolgo le ordinazioni degli altri su un foglietto, mi faccio dare i soldi ed esco di casa.

La distanza non è tanta, arrivo in dieci minuti grazie alla bici che mi ha prestato Nathan. Entro nel locale, do le ordinazioni, compresa quella mia, e poco dopo prendo il cartone con dentro tutto il sushi per stasera.

Mi rimetto il sella alla bici e ritorno a casa. È buio, a parte i lampioni non si vede molto. Questa zona non è luminosa come il centro di New York. Mi guardo intorno per controllare che non ci sia nulla di strano. Sono uscito da solo, potrei essere in pericolo.

D’un tratto sento uno strano rumore alla mia destra. Mi giro e… in effetti c’è qualcuno in uno dei vicoli. La figura mi osserva. Non è il momento di fermarsi, mi dico. Non so chi sia, ma non vorrei fare una brutta fine. Se si trattasse di un servitore?

Così pedalo più veloce che posso. Non devo farmi prendere.
 
Angolo Autrice

Ok, lo so. Teoricamente dovrei pubblicare il mercoledì, ma per qualche strana ragione il mercoledì ancora non ho finito il capitolo. Cioè, l’ho quasi finito oppure lo finisco ma non mi va di pubblicarlo. Quindi ho deciso di spostare ulteriormente il giorno della pubblicazione. Il giovedì!
Credo che il giovedì sia un giorno stupendo. Ho la possibilità di respirare a pieni polmoni, senza interruzione, dedicarmi allo sv… Ok, la smetto! XD
Bene, ultima cosa: se avete consiglio lasciatemi una bella recensione o in alternativa un messaggio privato! (cavolo, era da tanto che non lo dicevo XD).
A giovedì prossimo!!

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Capitolo 17
*** 16: Enemy for today ***


Pov: Juan

Pedalo più velocemente possibile. La paura ha acceso qualcosa in me, una sorta di determinazione. Non voglio morire. Se mi prende, proverò a combattere, a salvarmi le chiappe. È ancora troppo presto per abbandonare questo mondo.

Sono certo che l’unico posto sicuro, in questo momento, è la casa dei miei amici. Lì non sono solo, sono insieme a loro. Insieme siamo forti, ma da solo non ce la farò mai. Ci proverò, ma non credo che ci riuscirò. Ah, che idiota! Devo credere di più in me stesso… eppure solitamente sono il contrario di quello che sono ora. È bastato un minimo di paura a cambiarmi in questo modo. Cosa diavolo sto facendo?! Se ora sono spaventato per così poco, anche se non so nemmeno cosa o chi ho incontrato sulla mia strada, cosa succederà quando ci sarà una battaglia decisiva?

Il vento colpisce la mia faccia. Sembra che la stia sfregiando in continuazione. Dei tagli che non bruciano… che non si vedono… che non sanguinano… Dà una grande sensazione di fastidio. Ma sono tenuto ad sopportarlo. Non manca tanto alla casa dei due gemelli, posso resistere.

Più volte mi guardo dietro per capire se mi sta seguendo, ma non vedo nulla, solo la strada completamente deserta.
Arrivo davanti alla casa di Nathan e Juniper, lascio subito la bicicletta e il cartone con dentro il sushi a pochi metri dalla porta di casa e corro verso la porta, suonando il campanello più e più volte.

Ad aprirmi la porta è Juniper, che mi guarda con un’espressione interrogativa e preoccupata.

“Juan, bastava bussare una vol-“

Non le lascio nemmeno il tempo di fare domande. Entro dentro e chiudo la porta alle mie spalle.

“Juan, cosa succede?” mi chiede Arito, venendo verso di me.

“Sulla via del ritorno… Ho visto qualcuno… Una persona… Sembrava che ce l’avesse con me… Allora sono scappato e venuto qui velocemente…” rispondo, ansimando per la fatica, mentre tutti mi circondano. Restano fermi per qualche secondo guardandosi negli occhi, poi decidono di uscire fuori. Li seguo, rimanendo però sulla soglia.

Si guardano intorno con attenzione. Ho seriamente paura che una qualsiasi creatura spunti fuori dal buio e li attacchi. Ma ciò, per fortuna, non succede. Alla fine tornano dentro. Nathan posa la bici e Juniper prende il cartone, aprendolo.

“È tutto ancora integro. Direi che possiamo mangiare!” dice Juniper, sorridendomi.

Mi siedo sulla sedia della cucina, stanco. Merag si siede vicino a me e dice, poggiando una mano sulla mia spalla:

“Juan, tranquillo. Avrai visto un uomo che stava semplicemente passeggiando e hai frainteso le sue intenzioni…”

“Ho visto il modo in cui mi guardava… Sembrava davvero… Cattivo. Non era uno sguardo indifferente. Mi fissava come se gli avessi fatto qualcosa di terribile…” le rispondo. Lei alza le sopracciglia.

“Questa situazione ti sta facendo fare un bel po’ di film mentali, eh? È perché tu sai di poter essere sempre in pericolo, in qualunque situazione in cui ti trovi…” dice Nasch, prendendo il suo teramaki e dandogli un morso.

“Già… Sarà per quello… Ma non capisco perché, nonostante sia una cosa normale, ho avuto timore di una cosa che potrebbe essere futile...” rispondo, prendendo un onigiri in mano. “Dovremmo essere abituati a tutto ciò…”

Juniper guardava verso il basso, come se stesse pensando intensamente a qualcosa.

“Juan, per caso hai visto se ti stava inseguendo?” mi chiede Merag, fissandomi. Sembra che sia in cerca di una risposta interessante.

“No… Mi giravo spesso per vedere se fosse effettivamente interessato a me, ma non mi stava seguendo. Mi sono comunque preoccupato perché nei suoi occhi vedevo una nota di… Non so come spiegare… Come se fosse rancore…”rispondo, per poi masticare il sushi.

“Aspetta, forse ho un’idea di quello che ti sei trovato davanti!” dice Juniper, alzandosi di scatto e quasi rovesciando la sedia su cui era seduta.

Tutti la fissiamo curiosi.

“Juny, che intendi?” le chiede Nathan. Per tutta risposta, Juniper emette uno sbuffo infastidito.

“Ah…” fa Nathan, sbuffando anche lui. “Volevo dire ‘Juniper’…”

“Uhm, non ne sono molto certa. Mi servirebbe solo una descrizione del tizio. Ti ricordi qualcosa?” mi chiede lei.

Non ricordo molto… Sono scappato quasi subito. Dunque mi sforzo di rievocare la scena dentro di me in modo da ricordare anche come fosse fatto quel uomo, o qualunque cosa sia.

“Era una figura… umana. Non ho visto bene com’era fatto in faccia, l’oscurità non mi ha dato alcun modo di osservargli il viso. Ricordo solo che indossava una sorta di cappotto.”

C’era di sicuro qualcos’altro! Devo assolutamente ricordare! Cos’altro c’era? D’un tratto l’immagine torna alla mia mente. Esito un po’ prima di rispondere.

“E… un cappello… Forse una bombetta… O simili...”

“Potrebbe sembrare assurdo, anzi, lo è… ma ti dovresti essere trovato davanti a una leggenda metropolitana tipica di questo quartiere!” dice Juniper, indicandomi.

“Juniper, sul serio…?” le chiede Nathan stranito. Neanche io mi aspettavo questa risposta.

“Uhm, lasciate che vi spieghi… Nathan, ti ricordi quando mamma ci raccontò di un ladro di queste parti?” chiede Juniper al fratello, tornando a sedersi.

“Si… Quando avevamo 10 anni… E quindi?” chiede Nathan. Dalla sua espressione sembra che si stia chiedendo numerose volte il perché.

“Ve la racconto… La storia è su un ladro, di cui non si sa il nome. Compiva furti in tutto il quartiere, senza mai farsi scoprire. Il problema era che spesso, nelle case e nei luoghi in cui compiva le sue malefatte, c’era un cadavere. Si dice che egli uccidesse chiunque lo scopriva. In poche parole, lo vedi e, se lui se ne accorge, ti ammazza senza troppe esitazioni. Alcuni testimoni lo hanno visto. Tutti dicevano che era sempre vestito con un cappotto e un cappello…” Racconta lei.

“E allora perché sono ancora vivo? Dopotutto mi ha visto e mi ha persino guardato male…” le rispondo. Non può essere un mito. “I miti non esistono.”

“Ne state vivendo uno proprio ora.” Dice Nasch. “Non avete mai pensato alla nostra esistenza e all’esistenza dei Mezzi-Bariani finché non ci avete visti…”

In effetti ha ragione. Ma comunque non credo al racconto di Juniper.

“Vabbè… Avevo solo ipotizzato.” Dice la sorella di Nathan, prendendo da mangiare.

La serata si è svolta così: mangiando, facendo considerazioni sul sushi, parlando degli altri Mezzi-Bariani e di quando avremmo potuto organizzarci per degli allenamenti di gruppo. Ma non abbiamo più parlato di quello che mi era successo. Alla fine mi sono lasciato prendere un po’ troppo dal panico. Non deve accadere più, mi ripeto.

Finita la cena abbiamo salutato e ringraziato i due gemelli e i due Bariani, poi siamo tornati a Madrid.

“Finalmente!” dico davanti alla porta di casa.

“Ti mancava Madrid?” mi chiede Arito.

“Uhm… Lo ammetto, un po’ si…” dico, grattandomi la testa. “Oh, cavolo, a quest’ora è quasi l’alba…”

Me ne sono reso conto un po’ tardi. C’è una bella differenza di fuso orario tra New York e Madrid…

“A quest’ora saranno le quattro del mattino…” dico io. “Dovrei andare a scuola domani…”

“Non andarci… Sarà il caso che tu dorma. Ti sei allenato, hai perso almeno cinque anni di vita con quello che è successo… Riposati…” mi dice Arito.

“Beh, lo farò… Sperando che mia madre non mi butti giù dal letto… Ciao, Arito!” dico, salutandolo.

“Ciao!” dice lui, aprendo un varco per il mondo Bariano.

A quel punto mi giro verso la porta e mi ricordo di un particolare che mi fa irritare. Per l’ennesima volta, ho dimenticato le chiavi di casa!

 
Pov: Ivan

Dopo l’episodio di New York ho pensato di prendere più seriamente l’allenamento, nonostante lo stia facendo tutt’ora. Ho chiesto a Gilag di allenarci ancora più spesso. Mamma è leggermente preoccupata, pensa che io mi stia sforzando un po’ troppo, ma non posso cullarmi sugli allori. Devo darmi da fare.

Oggi ci alleniamo in un punto un po’ più esposto di Nolinsk, una zona che viene popolata di notte, mentre, prima del tramonto, non c’è anima viva che la frequenti. Una sorta di parco abbandonato, non troppo grande, circondato da un muretto di pietra. Ci sono resti di scivoli e altalene, caratterizzati da trucioli e una giostra girevole, ancora funzionante seppur un po’ arrugginita. Ci sono anche molte panchine, la maggior parte delle quali sono rotte. Non c’è un singolo albero in questo posto, solo delle piante cresciute fino ad arrivare a qualche metro di altezza. Il selciato è ancora umido, a causa di una forte pioggia risalente a qualche giorno fa. Tutt’intorno ci sono case dipinte di arancione, con qualche signora sui balconi, occupate a stendere i panni appena usciti dalla lavatrice.

“Uhm, non è che siamo un po’ troppo osservati in questo posto?” chiedo a Gilag, notando che, effettivamente, in questa zona vedere un allenamento del genere potrebbe suscitare curiosità.

“Mi sono informato… E pare che gli abitanti di questo luogo abbiano visto parecchie stranezze qui, perciò, per loro, due ragazzi che si allenano è una cosa normale!” mi risponde, senza voltarsi e continuando a guardarsi intorno. Non avevo quasi mai fatto caso a questo posto. Sapevo che si erano verificati alcuni avvenimenti usciti sul giornale locale, ma per il resto non sapevo nient’altro.

E ora che ci penso… Visto che accadono alcuni fatti di cronaca, non ci sarà per caso il rischio di incontrare qualche servitore? Ormai non mi fido più nemmeno dei passanti…

“Bene, oggi metterai a punto la velocità. Dovrai provare a colpirmi almeno tre volte. In qualunque modo, senza farmi male necessariamente. Ovviamente devi metterci un po’ di forza” mi dice il Bariano.

Tutto qua? Sarà un gioco da ragazzi!

“A partire da adesso!” mi dice dandomi il via. Io mi avvento subito su di lui provando a dargli un pugno. Non va affatto a segno. Non appena ho steso il braccio il corpo di Gilag è sparito all’istante.

“Sono qua.” Mi dice la sua voce nell’orecchio. D’improvviso mi giro e me lo ritrovo dietro. Provo a mandare a segno un altro colpo diretto alla sua guancia, ma evita con un balzo all’indietro. Mi avvicino con uno scatto a lui e provo a tirargli un calcio sullo stinco. Come prevedibile, non riesco a prenderlo.

“Avanti, sai fare di meglio!” dice Gilag. Mi fa leggermente innervosire questo commento. È troppo veloce per me. Ma credo che ora dovrei iniziare a prevedere le sue mosse. Provo a dargli un destro in faccia. Lui balza all’indietro, come aveva fatto prima, ma salto anche io con lui, per poi tirargli un calcio a mezz’aria con la gamba sinistra, dritta nello stomaco. Lui si piega in avanti con una mano leggermente poggiata sullo stomaco.

“Ouch…” dice Gilag, mentre io cado a terra di schiena, senza farmi troppo male e mi rialzo quasi subito.

“Cavolo, non me l’aspettavo…” dice più tardi. Davvero, sono già l’allievo che supera il maestro?

Una cosa che ho imparato con tutti questi allenamenti è che bisogna essere spesso imprevedibili. Fare mosse che l’avversario non si aspetta, per esempio, lo manda in tilt per quell’attimo che basta per poterlo attaccare. Perciò non esito: lo colpisco ancora una volta, con un gancio sulla guancia. Lui si scompone ben poco. L’ho già colpito due volte, mancherebbe solo la terza. Ne approfitto quindi, cercando di calciarlo sul fianco…

… ma sparisce. In un attimo è fuggito dal mio arco visivo.

“Finora ho solo giocherellato. Adesso faccio sul serio!” dice la sua voce alle mie spalle. Pensando di trovarmelo dietro, mi giro all’istante per dargli un pugno. Mi accorgo dopo che è molto più distante rispetto a quello che pensavo. Ha deciso di allontanarsi!

“Hai paura di farti colpire troppo presto, eh?” gli dico.

“Invece di stare fermo lì, vieni a prendermi!” mi dice alzando la voce.

Colgo al volo la sua richiesta e corro verso di lui. Provo subito a sferrargli un pugno. Ma c’è una cosa che non ho considerato. Essendo più distante da me ha il tempo per ragionare, per capire quale sarà il mio attacco, nonostante la mia velocità.

Credo che sarà più difficile del previsto...

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Capitolo 18
*** 17: "Are you still alive?" ***


Pov: Elise

È incredibile il nostro senso dell’organizzazione. Ho scoperto da Durbe di dover ospitare Masumi e il suo mentore. Naturalmente era un orario scomodo. Molto scomodo. In Giappone dovrebbero essere le undici del mattino. A quest’ora, di solito, dormo ancora, visto che in Francia adesso sono le tre di notte. Saputa la notizia che a breve sarebbero arrivati, sono sbiancata.

“C-come?!” chiedo al bariano grigio, sperando di non aver capito bene. Purtroppo ripete esattamente, parola per parola, quello che ho compreso poco prima.
In un attimo salto giù dal letto e prendo i primi vestiti che trovo, un jeans e una maglietta, che prendo da una pila di panni ammucchiati su una sedia. È lì che poggio tutti i panni che mi tolgo e li metto in ordine sono quando formano una colonna che rischia di crollarmi addosso. Insomma, sono molto ordinata…

Mi rendo conto che l’abbinamento che ho fatto è bruttissimo. Beh, pazienza! Sempre meglio del ridicolo pigiama che avevo addosso, un pantaloncino e una t-shirt rosa confetto assolutamente ridicoli, tra l’altro anche fuori stagione.

Dopo essermi cambiata, io e Durbe ci sediamo in salone. Più volte rischio di addormentarvi, ma devo resistere. Per una volta, mi dispiace che il divano sia così comodo.

“Di’ un po’… Quando te lo hanno detto?” gli chiedo, dopo qualche istante di silenzio imbarazzante.

“Poco prima di svegliarti…” risponde, guardandomi. Noto in lui un lieve accenno di occhiaie. Sarà stanco anche lui…

Più tardi (pochi attimi che mi sono sembrati lunghi quanto ore) qualcuno bussa alla porta. Apro e mi trovo davanti ai due ospiti: Masumi e Misael. Quando la vedo, le salto quasi addosso e la abbraccio, chiedendole come sta.

“Sto bene, me la sono cavata. Sono riuscita solo ad allontanarla…” mi dice, sorridendomi. Si riferisce al fatto che fosse stata attaccata da uno dei servitori, da sola, con l’aiuto di Misael.

“Avete scoperto qualcosa su di loro?” chiede Durbe, chiudendo la porta alle nostre spalle.

“Niente.” Risponde secco Misael. “Sappiamo solo che questa servitrice… volesse regolare i conti con uno di voi Mezzi-Bariani. Non sappiamo a chi si riferisse, ma ha detto testuali parole…”

Mi chiedo con chi voglia regolare i conti e quali siano i motivi per una cosa del genere, oltre, ovviamente, al fatto di essere nemici per natura. Dovrebbe essere successo qualcosa di veramente grave.

“Comunque, mi dispiace per il disturbo… Dopotutto, vi siete svegliati così presto per noi! E dovete anche ospitarci…” dice la bionda. Io le rispondo subito che per me non è un problema.

“Sai, a volte è bello un po’ di compagnia in più!” le dico, sfoderando un bel sorriso.

“Davvero? Però…” dice lei, guardandoci in faccia. “Sembrate davvero stanchi… Se avete sonno, dormite pure. Quando sarà ora ci alleneremo tutti assieme!”

Misael la guarda un po’ contrariato.

“E in queste cinque o sei ore cosa hai intenzione di fare? Programmare il tuo grande ritorno in scena?” dice, accennando l’ironia sull’ultima frase.
“Non ti è passato nulla per la mente? Tipo… allenamento singolo?” sbotta la giapponese. Sembra molto più matura rispetto all’ultima volta che l’ho vista!
“Ah… beh, no…” risponde il biondo, un po’ imbarazzato.

“Mi stupisci…” dice Masumi, con una mano poggiata appena sulla fronte.

Un allenamento notturno?

“Non è un po’ pericoloso a quest’ora?” chiedo perplessa.

“Tranquilla, non ci succederà nulla! Sto facendo pratica più spesso e cerchiamo di individuare ogni difficoltà da superare.” Dice Masumi, sorridendoci.
Do loro una copia delle chiavi e le indicazioni per arrivare al parcheggio in cui faccio pratica con l’arco, nonostante sia poco sicura. Loro escono, lasciando me e Durbe da soli.

“Spero che non gli succeda nulla” gli dico, con lo sguardo fisso sul pavimento bianco.

“Non temere. Misael è forte. E Masumi ha già avuto un’esperienza contro una servitrice. Nel caso, se la caveranno!” mi dice, avvicinandosi a me e mettendomi una mano sulla spalla. “Il compito di noi Bariani è quello di proteggervi e allenarvi. Perciò, quando siamo con voi, non potrebbe succedervi nulla.”

Sono ancora preoccupata, ma la sua frase mi rassicura leggermente. Ora però è il caso di dormire un po’…

“Vado… A più tardi!” gli dico, dirigendomi nella cameretta.

“Notte! Tra poco vengo anche io!” mi dice, con tono rassicurante.

È strano ma mi sento meglio. Una sorta di senso di protezione.

 
Pov: Ivan

È bastato un attimo per rendere la sfida più difficile. Gilag è capace di spostarsi più velocemente di me ed io, essendo più lento, non riesco mai a prenderlo. Oramai le ho provate tutte, e niente ha funzionato. ARGH! Ci deve pur essere un modo per batterlo senza l’ausilio della rapidità!

“Un po’ nervoso?” mi stuzzica lui.

Quando mi trovo in certe situazioni in cui davvero non so come agire, come questa, tendo ad alterarmi perché mi sento sotto pressione e ciò rende il mio compito più complicato.

Fisso il selciato. Devo assolutamente ragionare: cosa potrebbe indebolire Gilag per quel poco che mi basta per attaccarlo? Qual è il suo punto debole? Cosa potrebbe distrarlo un attimo?

In questi giorni ho imparato a conoscere molto bene Gilag, eppure non abbastanza. Il suo carattere è singolare: spesso si esalta per poco, non è mai molto serio. Inoltre è abbastanza egocentrico…

Potrei provare a…

“Sarai anche veloce…” gli dico. Spero che funzioni. “… ma, a parte questo punto di forza, non hai nient’altro? Uhm, mi sa di no…”

“Che cosa intendi?” mi chiede lui, a metà tra il curioso e il nervoso.

“Sai, ti ricordi quando ho combattuto contro quella Bella? Ecco, tu hai fallito subito. Ti ha paralizzato! Una ragazza ti ha paralizzato! Come ci si sente?” continuo, cercando di usare il tono più derisorio che posso.

I suoi occhi si allargano, poi si richiudono in due fessure strette. Da quel che vedo si sta innervosendo!

“Ah, per non parlare del fatto che poco fa ti sei fatto colpire due volte… E con una tale facilità!” gli dico indicandolo.

“Cos’altro hai da dire, eh?!” mi chiede, scrocchiandosi i pugni.

“Altro? Uhm… Fammici pensare…” dico, mettendo una mano davanti alla bocca con fare pensante. “Ci sono tante cose che avrei da dire su di te… Così tante che ricordarsene due o tre è già tanto…”

“Ah, è così?! Ora ti sistemo!” mi dice, avvicinandosi velocemente a me e provando a darmi un pugno, che evito spostandomi di lato.
“Una di queste è la tua pessima mira. Io sono qui!” gli dico, mentre prova a darmi un altro gancio. Credo che sia arrivato il momento di colpirlo, così tendo il braccio senza caricarlo troppo…

… ma lui lo blocca con entrambe le mani.

“Bene, ci hai provato!” dice Gilag, con una risatina.

“Non sei neanche così forte… Perché con entrambe le mani e non con una?” gli chiedo con un sorrisetto, riferendomi al modo in cui aveva parato un colpo.
Lui mi solleva e mi lancia. Atterro di pancia strusciando leggermente la faccia sulla pietra. L’abrasione ricevuta brucia il mio viso, soprattutto sulla fronte. Mi rialzo, controllando con una mano se c’è del sangue.

“Hai ancora da ridire?” mi chiede, rimanendo sullo stesso punto.

“Beh, il modo in cui ti comporti parla da sé…” gli dico. Si avvicina per l’ennesima volta a me, cercando di afferrarmi. È la mia occasione.
Allarga le braccia per intrappolarmi nella sua presa, ma non ha considerato che, nonostante avessi le braccia incastrate, posso ancora dargli calci.
Il colpo arriva sullo stomaco, quasi all’inguine. Non credo di averci messo tantissima forza, eppure molla la presa su di me e mette le mani nel punto in cui l’ho bersagliato.

“Bene, ho vinto…” dico io, con un respiro profondo.

“Cavolo, mi hai battuto… E mi sono anche reso conto il tuo metodo. Hai saputo sfruttare il fatto che io perda spesso il controllo e diventi poco lucido quando mi sento preso in giro. Davvero niente male!” mi dice.

“Già… In quel momento non sapevo più come comportarmi. Così ho utilizzato l’ultima risorsa che avevo…” dico, tra un respiro e l’altro.

“Beh, davvero ottimo! Ho notato anche che sei migliorato, dal punto di vista della forza!” dice Gilag, avvicinandosi a me. “Ora è il caso di tornare a casa.”

Io osservo l’area: non trovo nessuno che ci guarda in modo strano, quindi direi che va bene. Eppure ho la sensazione che domani saremo in prima pagina.
 
Pov: Masumi

L’allenamento sarà durato si e no un’ora. È stata una pessima idea, in fondo: il parcheggio era poco illuminato e gli unici spiragli di luce erano formati dai miei attacchi, simili a fiammelle blu. Qualcuno ancora in circolazione a quell’ora ci ha chiesto spiegazioni riguardo a quelle e noi ci siamo giustificati dicendo che erano fuochi d’artificio. Se l’è bevuta, poiché per terra c’erano dei residui di un probabile spettacolo pirotecnico.

Rientriamo in casa, dove Elise e Durbe sono addormentati, così decido di mettermi sul divano. Adesso, in Giappone, dovrei fare un breve pisolino, quindi mi lascio trasportare dal sonno fino ad addormentarmi.

 
“Ehi, Masumi… Svegliati!”

Apro gli occhi, stropicciandoli leggermente, poi mi stiracchio. Elise mi ha svegliato. Dalla persiana filtra un po’ di luce, segno che è arrivata la mattina. Rispetto al solito, ho dormito molto di più. Pensavo di svegliarmi dopo una mezz’ora…

“Che ore sono?” chiedo sbadigliando e mettendomi a sedere.

“Adesso sono le nove. Abbiamo deciso di allenarci fra qualche minuto.” Dice lei. Indossa una felpa grigia e un paio di leggins neri. I suoi capelli castani sono legati in una cosa di cavallo alta.

Mi prendo un po’ di tempo per svegliarmi completamente, poi, assieme ai ragazzi, vado ad allenarmi.

Decidiamo di allenarci in questo modo: Elise tira qualche freccia con il suo arco dorato e io devo riuscire a colpirle tutte con il soffio del drago. All’inizio era un po’ difficile direzionare il colpo e contemporaneamente metterci forza, ma dopo qualche tentativo ci ho preso la mano. Poi ci siamo scambiate i ruoli, con lei che doveva scoccare frecce precise.

L’allenamento prosegue in questo modo, con i due Bariani che danno consigli.

“Ragazze…” richiama l’attenzione Misael. Ci fa cenno di smetterla. Elise scuote il capo come per chiedere il perché. Durbe fa un lieve cenno con la testa. Guardiamo nella direzione da lui indicata e…

C’è un ragazzo. Ha i capelli castani, più corti ai lati e con un ciuffo. Gli occhi sono del medesimo colore. Dall’aspetto dovrebbe avere diciassette anni. È anche alto e indossa una maglia a maniche lunghe e un jeans. Sta guardando nella nostra direzione.

“Ci ha scoperti, secondo voi?” chiedo ai due Bariani a bassa voce. Misael mi dice di usare la stessa scusa che ho usato prima. Elise invece lo guarda fisso, seria.

Quel ragazzo si avvicina a noi, come se volesse qualcosa.

“Non ho mai desiderato così tanto che lui mi fissasse…” dice Eli, stringendo il pugno libero. “Spero che sia qui per me e non per tutti noi…”

Vorrei chiederle se lo conosce e cosa intendesse di preciso, ma ormai è troppo tardi.

“Elise, ti sei data al tiro con l’arco!” dice il tipo, mettendosi una mano nei capelli.

“Ormai quello che faccio non ti riguarda più, David!” risponde lei, fissandolo alterata.

“Oh, certo… Vedo che ti sei fatta nuovi amici! Persino un’asiatica!” dice, senza scomporsi, guardando prima la mia amica e poi me e gli altri.

“Cosa saresti venuto a fare qui?” gli chiede. Noto una certa aria di tensione tra quei due, anche se il ragazzo resta calmo e pacato.

“Sai, devo vedermi con la mia nuova ragazza…”

Sentendo quelle parole, Elise abbassa lo sguardo enormemente innervosita. Fa dei respiri profondi e digrigna i denti. Anche Durbe lo guarda male.

“Oh, scusa. Pensavo che ci fossi già passata!” dice il moro, alzando le spalle.

Elise non sa che dire. Continua a guardare l’asfalto senza proferir parola. Sembra che sia una bomba che stia per scoppiare.

“Cosa vuoi da lei?” intervengo io, avvicinandomi.

“Oh, nulla, a dire il vero… Solo scambiare un’amichevole chiacchierata!” dice David, con un sorrisetto.

“Come puoi… dopo tutto questo…” dice Elise, tremante. Durbe le si avvicina abbracciandola.

“Stai anche con qualcuno che ti farà dimenticare di me. Come fai a non essere felice?” le chiede, dopo aver osservato la scena leggermente disgustato.

“Smettila…” dice Durbe con un sussurro, simile al sibilare di un serpente.

“Amore, eccoti qua!”

Una voce squarcia il breve silenzio che si era venuto a creare poco dopo. Una ragazza riccia viene incontro a David, abbracciandolo e baciandolo. Elise li guarda lasciandosi sfuggire un verso di repulsione.

Purtroppo, quella che mi trovo davanti è una mia conoscenza. Alice.

“Oh, ci rincontriamo!” mi dice, rivolgendosi a me con un tono sorpreso. “Hai riparato il viso?”

Elise solleva lo sguardo. Una lacrima sta correndo lungo la sua guancia.

Alice volge lo sguardo a lei. Uno sguardo molto schifato.

“Oh, e tu sei ancora viva?” le chiede. Elise la guarda in faccia accennando un piccolo sorriso ironico.

“Sai, ho avuto la fortuna di combattere contro Masumi qualche giorno fa! Ma… non era lei che volevo distruggere…” dice, scrocchiandosi il collo.

La francese alza subito lo sguardo. Ora è cambiato: nei suoi occhi c’è la paura. Ha capito qualcosa che non le piace affatto.

“Quella persona che desideravo picchiare violentemente… sei tu!”

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Capitolo 19
*** 18: Revenge! ***


Pov: Masumi

“A-aspetta… Picchiarla?” chiede David. “Oh, ma non mi sembra il caso…”

“Invece si!” risponde Alice. “Questa troia ha provato a rubarti, a portarti via da me!”

Rubarlo? Cosa diavolo sarà successo tra di loro?

“Ma Eli…” dico per avere spiegazioni, ma lei mi blocca sbottando.

“No, non ascoltarla! Tra la mia e la sua versione c’è una bella differenza!”

La servitrice fa una piccola risatina, poi sussurra:

“Mi sembra fin troppo ovvio… La tua è errata!”

Elise non le risponde. Abbassa di nuovo lo sguardo, più nervosa che mai.

“E tu…” dice la ragazza di David, rivolgendosi a Durbe. “Ti saresti innamorato davvero di lei? Uhm, ti consiglio di fare attenzione…”

Durbe assottiglia lo sguardo e poggia una mano sulla spalla della sua protetta, vedendola tremare violentemente nel tentativo di trattenersi.

“Non la ascoltare. Se ti arrabbi perdi la concentrazione e sarà più facile per lei sconfiggerti!” le dice, anche se l’effetto ottenuto è quello di calmarla pochissimo.

“Alice, credo che ora stia leggermente esagerando…” dice David alla sua fidanzata. Wow, questa dichiarazione mi ha stupito parecchio!

“Esagerando? Andiamo, vorrei dire molte più cose, ad esempio che è stupida, che non farà mai nulla nella vita e che il miglior lavoro che intraprenderà è quello di prostituta sulla provinciale, ma mi sto trattenendo… Ops! Troppo tardi!” dice Alice, scoppiando in una risata.

“Questo… è… TROPPO!! Ne ho davvero abbastanza adesso!!” dice Eli, alzando l’arco e rivolgendo la freccia verso la servitrice. Il suo sguardo è davvero furente!

“No! Ferma!” urla David, ponendosi davanti alla sua dolce metà per proteggerla.

“Togliti…” dice la mia amica, con un sussurro. “Oppure uccido anche te!”

Quasi non la riconosco più, ma ciò che mi preoccupa è che potrebbe perdere di vista il nostro vero scopo e cercare di ucciderla solo per vendetta personale.

Il suo ex-ragazzo ci guarda come per dire “Fermatela, fate qualcosa!”, ma non reagiamo, anzi… Ci prepariamo ad aiutare la nostra amica, a combattere quella servitrice.

La freccia viene scoccata e, con una grande precisione, supera David e si dirige verso la ragazza dietro di lui. Il tiro viene schivato davvero di poco. Ed è quel segnale che fa scattare l’inizio del combattimento. Una lotta che vede Elise, io, Misael e Durbe contro una servitrice vendicativa. Siamo numerosi, potremmo farcela!

Alice si sposta in avanti, pronta a sferrare un pugno avvolto da una luce arancione, che brilla come una fiamma, ad Elise, che lo evita e nel contempo si gira e calcia l’avversaria. Quest’ultima arretra leggermente.

“Ma… ma cos’era quel pugno? Come hai fatto?” dice David incredulo, indicando il pugno della sua ragazza. Non sa ancora la verità su di lei. Non sa che è una persona pericolosa che combatte per scopi malvagi.

“Prima distruggo questa puttana, poi ti spiego…” gli risponde, mentre Eli, distante dalla servitrice, incocca velocemente un’altra freccia e la lascia penetrare nella schiena dell’avversaria, distratta dalla domanda posta dal suo ragazzo.

Anche io ne approfitto per attaccarla, lanciando una scia di fiamme celesti. Quest’ultimo attacco viene evitato in tempo, quando Alice si lancia di lato.

“Maledette…” dice. Togliendosi il dardo e buttandolo a terra con forza.

Improvvisamente si lancia verso Elise e la colpisce con un pugno sulla guancia destra. Io, nel frattempo, provo a lanciarle altre fiammate, che vanno a scontrarsi con una sfera scura tirata dalla servitrice, esplodendo e generando una colonna di fumo.

Mi riparo gli occhi. Non vedo molto, a parte, all’interno del grigio, dei dischi dorati, generati dai due Bariani.

“Ouch…”

La voce di Elise è debole. Vedo la sua ombra. Si sta massaggiando la guancia colpita dalla sua nemica.

Il fumo si dirada. Alice si è allontanata, ma ci guarda con odio.

“Siete una bella seccatura… Tutti quanti!” dice Alice, lanciandoci qualche sfera oscura. Tutti le evitiamo, ma esse tornano indietro, girandoci attorno e colpendoci.

“Argh!” ci lamentiamo dal dolore. Tutte le palle ci hanno colpito allo stomaco. La sensazione è stata simile ad una scottatura.

“Soffrite!” ci dice la servitrice. Alzo lo sguardo e vedo che ne arrivano altre quattro, tutte dirette a noi. Produco un soffio del drago in modo da intercettarle, e ci riesco… Il getto, però, non arriva a tutte le sfere oscure. L’attacco è stato troppo debole per riuscire a evitarle completamente. Infatti, quella diretta a Durbe è stata presa in pieno non da me, ma da quest’ultimo, precisamente sulla schiena.

Lui stringe i denti, mentre Eli e Misael si assicurano che stia bene. Nel frattempo io interrogo Alice sul perché nel nostro scontro non le abbia usate.

“Ammetto che in quella occasione ti ho sottovalutata, per questo motivo non ho usato quegli attacchi.” Mi dice, creandone un’altra. “Queste si chiamano Dark Spherese hanno una particolarità… Riducono poco a poco la forza del nemico!”

Successivamente me la lancia come se fosse una palla da baseball. Ho il tempo di schivarla e distruggerla con un movimento fluido.

La distrazione però è una brutta bestia. Ti attacca quando meno te lo aspetti. L’avversaria si è avvicinata a me e mi ha dato una fortissima gomitata sulla schiena. Il colpo si propaga nel mio corpo come velocissime scariche elettriche e per un attimo mi sento paralizzata.

Cado a terra, mentre Eli prova a tirarle un’altra freccia. Alice si avvicina a me e cerca di colpirmi mentre sono sull’asfalto. Io evito rotolando prima a destra e poi a sinistra, poi le calcio la caviglia e la faccio inciampare. Ne approfitto per colpirla con un soffio del drago, mentre Elise si avvicina e la colpisce con una freccia sulla gamba.

“Brava, Eli!” mi complimento con lei, senza distogliere lo sguardo dalla servitrice, rialzandomi e centrando una delle sue Dark Spherescon il mio incantesimo.

“Dovrei fare di più, devo colpirla in un punto vitale!” dice, tendendo la corda del suo arco per scoccare un’altra freccia, mentre Misael e Durbe attaccano a mani nude.

Alice però è incredibilmente veloce: evita praticamente tutti i pugni dei due Bariani, le frecce di Elise e le mie fiammate, e contemporaneamente prova ad atterrarci, senza riuscirci.

“Vi conviene arrendervi!” dice, spostandosi di lato e cercando di centrare il viso di Misael con un pugno.

“Non capisco il perché…” le dico, avvicinandomi parecchio a lei e bruciandole lievemente il braccio usato per coprirsi il viso dal mio fuoco. “Dopotutto, quella in difficoltà sei tu!”

“Esatto!” rincara la dose Elise, lanciando una freccia che mi sfiora il pugno che emana il fuoco azzurro, assumendo lo stesso colore e colpendo Alice.

“AARGH!” si lamenta lei. A quanto pare le ha fatto parecchio male, visto che si sta reggendo lo stomaco, punto in cui l’ha trafitta.

Mi avvicino ad Eli, spiegandole brevemente il mio piano: fare in modo che il dardo entri in contatto con il mio potere per poi colpire quella servitrice.

“Ce la faremo!” dico, emanando dai pugni le mie fiamme, mentre Elise posiziona sull’arco tre frecce. Passo lievemente la mia mano sulle punte ed esse si tingono di blu.

Durbe e Misael trattengono la servitrice, mentre Eli si prepara a colpire.

 
Pov: Nick

“Eh?! Vuoi uscire di nuovo?”

Evelyn mi chiede la stessa identica cosa ogni pomeriggio. Non ho nemmeno il tempo di mettermi un po’ in allenamento che mi chiama e mi fa la fatidica domanda. Non è che mi dà fastidio… è solo che ho bisogno di fare pratica con gli anelli. Ormai ho tirato fuori tutte le scuse del mondo, perciò sono rassegnato.

Usciamo sempre senza Vector e ciò significa rischiare il suicidio ogni giorno. Senza di lui potrebbero arrivare dei servitori che hanno l’intento di uccidermi. E così metto in pericolo anche la vita di Evelyn.

Ogni sera facciamo una cosa diversa: o andiamo a un bar, o ordiniamo una pizza, o facciamo un giro per il centro…

L’ultima cosa che ho menzionato è il programma di stasera, e come al solito mi scoccia parecchio stare in mezzo a tanta… troppa gente. C’è qualcuno che preferirei non avere all’interno del mio campo visivo. Né stasera, né mai.

Comunque, per adesso, dopo tre ore fuori casa, non vedo nessuna persona antipatica. Solo facce già viste, nuove e qualcuno con cui prima avevo un buon rapporto e adesso ci comportiamo da sconosciuti. Beh, un classico.

“Adoro i climi freschi! Finalmente gli ultimi residui d’estate sono passati! Non riesco a sopportare il caldo!” dice Evelyn, stiracchiandosi un po’.

“Già!” le do ragione. Questa estate è stata noiosa e incredibilmente calda.

“Uhm, cosa facciamo adesso?” mi chiede, avvicinandosi amichevolmente a me. “Sai, è da mezz’ora che stiamo facendo avanti e indietro sulla stessa strada…”

La stessa domanda me la pongo anche io… Cosa si fa?

“Potremmo andare a mangiare, visto che sono le venti… Conosco una pizzeria dove si paga poco e si mangia bene. È un po’ affollata a quest’ora, ma ne vale davvero la pena!” le dico, cercando di essere più convincente possibile.

“Ok, mi fido del tuo gusto! Dov’è?” mi dice, sorridendo con entusiasmo.

“Ora ci andiamo!”

La pizzeria non si trova nel centro. Bisogna passare qualche via per arrivarci e il percorso più breve è dopo circa sei vicoli.

Ci dirigiamo nel secondo. È tutto molto buio. La luce è davvero fioca e non si vede molto. Ma cammino con tranquillità, come se non ci fosse nulla da temere. Poi, dietro di me, sento dei lamenti soffocati.

Mi giro subito e vedo Evelyn con una mano davanti alla bocca. La mano non è la sua. Sta cercando di liberarsi da qualcuno che sta cercando di soffocarla. Corro subito verso di lei e la aiuto a liberarsi dalla presa.

“Uff…” dice lei, prendendo un bel respiro e avvicinandosi a me, tremante, abbracciandomi.

“Ci siete cascati!!” dice una voce con tono scherzoso. E riconosco subito quella voce.

“Vector! Ma che diavolo ti salta in mente?!” gli urlo contro.

“HAHAHAHA!! Volevo solo divertirmi un poco!” ci risponde, ridendoci in faccia. “Evelyn è ancora sconvolta! HAHAHA!!”

“NON FACEVA RIDERE, VECTOR!” gli risponde lei.

“HAHAHA… Comunque, volevo solo fare la stessa cosa che aveva intenzione di fare qualcun altro…” ci risponde, girandosi e guardando un punto fisso nell’oscurità. Qualcuno ne spunta fuori. Un ragazzo dai capelli neri semi-lunghi e occhi castano chiaro, che sembrano quasi giallognoli. Lo avevo già visto prima.

“Tu… Sei quel tipo che era in compagnia di Bella?” gli chiedo.

“Esattamente…” dice il ragazzo, continuando a fissarmi serio. Nei suoi occhi vedo un certo tipo di tristezza.

“Aspetta, chi è Bella?” chiede Evelyn, guardandomi. Mi stacco da lei e la guardo.

“Evelyn, allontanati… Devo vedermela con questo tipo!”
 
Angolo Autrice
Gomen, lo so che il capitolo è un po' corto, questa settimana ho avuto davvero tanto da fare e poca ispirazione. Cercherò di rifarmi nel prossimo capitolo! ^^
Beh, altra cosa... Chiedo scusa se non avviso tutti nei messaggi privati e non rispondo subito alle recensioni. Io comunque le leggo sempre, ma dovete aspettare un po' per le risposte! XD
Ultima ma non per importanza... Questa settimana mi prenderò un periodo di pausa, in cui ho intenzione di correggere i capitoli precedenti! Quindi, per il prossimo, mi dispiace ma dovrete aspettare due settimane... Ci proverò comunque a pubblicare, dipenderà dal mio umore! ^^
Detto questo, ci vediamo al prossimo capitolo!!

eli8600
 
 
 

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Capitolo 20
*** 19: Did he deserve it? ***


Ooooookay, non so davvero come iniziare il discorso se non con un’ implorazione del perdono per non aver aggiornato per quasi un mese!!! Cavolo, è stato davvero un mese frenetico, quello di novembre, sto ritardando qualunque cosa (anche il mio cervello o.o). E un’altra cosa: probabilmente non aggiornerò più regolarmente, visto che i capitoli potrebbero essere pronti o prima o dopo o MOLTO DOPO!! (mannaggia agli impegni). Beh, detto questo, eccovi il tanto atteso (?) capitolo!!

 
 
Pov: Nick

Quel tipo era in compagnia di quella ragazza, Bella, la sera in cui ero a New York.

“Con quale sicurezza dici ciò?” mi domanda, guardando verso il basso. Il suo tono è strano. Le sue parole si diffondono nell’aria come se fossero state tirate fuori con la forza.

“Evelyn, ti prego, scappa… Allontanati… Stanne fuori!” imploro la ragazza, girandomi verso di lei e fissandola dritto negli occhi. Mi osserva impaurita.

“Io…” mi dice, venendo subito interrotta da quel ragazzo dal viso triste.

“Giuro sulla mia parola d’onore che qualsiasi persona, ad eccezione di te, non subirà alcun male in questo scontro. Non ho intenzione di fare come quegli idioti dei miei compagni. Nel caso in cui dovesse succedere, non esiterò nel farmi uccidere. Tanto sarò comunque destinato a morire.”

“Uhm, devo dire un paio di cose: prima di tutto, ti sei dimenticato di me? E secondo, cosa ci fa pensare che tu non ci stia mentendo?” chiede Vector, incrociando le braccia e assottigliando lo sguardo.

“Non ho prove per dimostrarlo… Spero che prendiate in considerazione la mia parola…” dice, alzando lo sguardo con determinazione.

“Io, invece, ce le ho, ma dimostrano il contrario!” sbotta il Bariano, indicandomi.

“Cosa inten-” provo a dire.

“Nick, il dardo avvelenato!” mi ricorda Vector, interrompendomi improvvisamente e rivolgendosi ora al servitore. “Sia tu che Bella avevate detto che non avevate intenzione di ferirci… Come si spiega la freccetta conficcata nella spalla di Nick e il coma temporaneo di Juniper?”

“Come ho detto prima, non mi abbasso ai livelli dei miei compagni. Bella ha agito d’impulso… Probabilmente non ci ha nemmeno pensato. E, mi dispiace deludervi, ma la mia arma non è un paio di insulse frecce da tiro a segno avvelenate. La magia della mia amica avrebbe potuto colpire anche me, per questo ho chiuso gli occhi. E come avrei potuto mirare privato della vista? Non ho nessun potere che me lo permette…” ci spiega, senza scomporsi.

Evelyn ci guarda stranita. Lei non sa nulla di quello che sono in realtà.

“Uhm… devo ammettere che stavolta sei giustificato solo perché non abbiamo altre prove…” sospira Vector, un po’ irritato.

“Posso assicurarti che l’ho visto di sfuggita chiudersi gli occhi. E non sto raccontando balle.” Dico a Vector. Lui annuisce, stavolta abbastanza convinto.

“Io non mento mai…” dice il tipetto, incrociando le braccia.

“Ma… di cosa state parlando?” chiede Evelyn con tono curioso e confuso al tempo stesso. Non so se dirle la verità o no… Non so se mi crederebbe…

Osservo il ragazzo, e vorrei tanto sapere come mai, nonostante la sua determinazione ha uno sguardo così malinconico, come se sapesse di rischiare di andare incontro a un tragico epilogo. Ma non voglio essere invadente.

“Sono desolato, ma non ho molto tempo. Dopo ho altri impegni da sbrigare, quindi… Possiamo iniziare ora?” chiede, facendo apparire una lancia nera, con la punta viola chiaro e impugnandola con entrambe le mani.

“Certo…” dico, tirando fuori gli anelli di Masquerade.

“C… cosa sono quelli?” chiede Evelyn, scioccata.

“Vector, assicurati che non si faccia male!” ordino al Bariano.

“Ma io volevo…” inizia a dire, ma lo interrompo.

“Ce la farò!” gli dico, abbozzando un sorriso.

“Se proprio ne sei convinto…” risponde, sbuffando rassegnato.

“Non portare sfortuna!!” urla Evelyn contro Vector.

“Ehi, posso sapere come ti chiami?” chiedo al servitore dall’aria triste.

“Axl… mi chiamo Axl…” fa lui, alzando lo sguardo malinconico.

“Bene, Axl… preparati a combattere!” gli dico, lanciando uno degli anelli nella sua direzione.

 
Pov: Nathan

Giro la chiave nella serratura per aprire la porta di casa. Sono le 15.00, sono tornato a casa da scuola, senza Juniper. Si sentiva ancora un po’ debole, quindi non è venuta con me.

“Sono tornato!!” dico ad alta voce, aprendo la porta e richiudendola appena entrato.

“Bentornato!!” mi dice mia sorella, seduta sul divano nel soggiorno. A causa dell’attacco di Bella si sentiva ancora stanca. A tal proposito, le chiedo come sta adesso.

“Meglio…” mi risponde, stiracchiandosi, mentre io prendo posto sul sofà, vicino a lei. Poco dopo mi rendo conto che la casa è un po’ vuota.

“Dove sono Nasch e Merag?” chiedo, constatando l’assenza dei due fratelli Bariani.

“Sono stati convocati nel Barian World per una piccola mansione… Sono fuori da un po’…”

“Capisco…” sussurro. Tra di noi seguono un po’ di secondi in cui non sappiamo su cosa discutere, secondi all’apparenza lunghi quanto minuti. Poi Juniper rompe il silenzio.

“Ho parlato con mamma e papà in videochiamata e mi hanno detto che torneranno tra un paio di giorni.”

Questa notizia mi rende felice perché sono stati all’estero per quasi un mese a causa del lavoro e rivederli dopo tanto è bello. Ma dall’altra parte mi preoccupa: loro non sanno di quello che ci è successo ultimamente, dall’incontro con i due Bariani fino allo svenimento di Juny. Spiegarglielo sarà difficile… Forse mia sorella ha fatto qualche accenno all’argomento.

“Per caso hai fatto loro qualche riferimento al nostro… essere Mezzi-Bariani?” le domando.

“Nulla di che… ho solo detto che dovevamo parlare di una cosa importante.” Replica lei.

“Va bene!” dico con enfasi, alzandomi. “Vado un secondo in bagno.”

Mi avvio verso la porta del gabinetto e mi avvicino al lavabo di marmo per lavarmi la faccia, gettandomi un po’ d’acqua fresca sul viso.

Poco dopo sento una voce. A quanto pare, i due fratelli sono tornati.

“Nasch! Dov’è Merag?” dice la voce della mia gemella.

“È rimasta a supervisionare l’addestramento di soldati Bariani. Sai, non sarete solo voi a combattere contro quella divinità e i suoi servitori…” le risponde.

“Ah, ok…” sussurra lei. Dopo essermi asciugato le mani e il viso faccio per aprire la porta, ma appena poggio la mano sulla maniglia una frase mi blocca.

“Stai meglio? Mi preoccupo per te…”

Nasch non mi aveva mai detto una cosa del genere. Capisco un’eventuale preoccupazione, ma perché proprio con lei e non con me? Così decido di rimanere in bagno ad origliare. È sbagliato, lo so, ma vorrei sapere alcune cose…

“Oh… beh, non dovresti… Comunque, sto bene adesso!” sento dire da Juniper, che esita nel rispondere.

“Perché non dovrei? Uno dei miei soldati è stato attaccato e io non mi accerto che stai bene?” le chiede il Bariano. Poggio l’orecchio sulla porta per sentire meglio. Il modo in cui le formula la domanda è così naturale… Cosa ha in mente?

“No, hai ragione!” risponde subito Juniper.

“Mi fa piacere che tu sia d’accordo con me!” le dice con tranquillità.

Aspetto che si dicando qualcos’altro, ma, a quanto pare, la conversazione è finita lì. Attendo un po’ prima di uscire, scaricando anche l’acqua del gabinetto per giustificare il motivo per cui sono stato così tanto in bagno, poi torno in salotto e saluto Nasch.

“Ciao… quanto hai preso all’interrogazione di inglese?” mi domanda. Il giorno prima ho ripetuto come un pazzo e i risultati sono stati buoni.

“B… Sono stato un po’ incerto su Shakespeare…” rispondo sincero. “Però è andata bene!”

“io devo sempre accontentarmi di una C… il professore non mi trova molto simpatica…” dice Juniper, sospirando.

“Comunque, dovete aiutarci…” dico al Bariano, per poi parlare della chiamata che Juniper ha avuto con i nostri genitori e del nostro bisogno di rivelare loro chi siamo e chi sono Nasch e Merag.

“Beh, vi dobbiamo dei favori per quello che fate! È ovvio che vi aiuteremo!” dice Nasch, dopo aver ascoltato con attenzione.

“Grazie! Sei davvero un amico!” esclama Juniper.

“Ehm… beh, faccio quello che posso…” risponde lui, guardando a terra, un po’ infastidito.

 
Pov: Elise

Mi trovo davanti ad una situazione che volevo da tempo: vendicarmi di quanto ho sofferto a causa di Alice e di David. Non si sono limitati a pugnalarmi alle spalle, ma anche a rinfacciarmi tutto quello che è successo, facendomi sentire sempre più di merda. Hanno rovinato un’esperienza che desideravo vivere così tanto e di cui ora ho paura. Sto prendendo la mira, con la corda tirata al massimo possibile. È importante che mi sbrighi, visto che Durbe e Misael non riusciranno a trattenere la servitrice per molto.

“Forza, Eli!” sussurra Masumi, aiutando i due Bariani a tenerla ferma.

“Eli, no…” mormora David.

“No! Non dirmi cosa non devo fare!” gli grido contro. Il suo sguardo è terrorizzato, ha paura di perdere la persona che ama.

“Io… devo… è pericolosa…” gli spiego, senza abbassare l’arma.

“Non puoi portarmela via…” dice, con voce tremante. “Soffrirò…”

“Bene…” ribatto, un po’ esitante. “… allora ti farò capire… cosa si prova…”

“Eli!” urla Misael. Non ce la fa più, e nemmeno Durbe e Masumi. Alice si dimena nel tentativo di liberarsi, imprecando pesantemente.

Mi preparo nuovamente a mirare, quando David si getta su di me, abbracciandomi, nel tentativo di fermarmi.

“Ti scongiuro… Ti prego in ginocchio… Non farlo!”

“Dammi un motivo per cui dovrei risparmiarla!” gli urlo contro, facendolo sobbalzare e staccarsi lievemente da me. È troppo spaventato.

Non ricevendo alcuna risposta tiro una freccia allo stomaco di Alice.

“Caz…zo…” urla lei, piegandosi. Non è mortale, ma non voglio rendere questa faccenda troppo difficile anche per loro.

“Cos’hai fatto?!” continua a chiedermi, urlandomi contro.

La servitrice si lamenta dal dolore e chiede con maleducazione di essere mollata dai due Bariani. Poi viene minacciata da Masumi con uno dei suoi Soffi di Drago.

“Continuerò a farla soffrire se non ti sbrighi. Allora… Ti decidi?” dico al suo fidanzato, allontanandolo da me spingendolo con un mano.

“Lei è l’ultima cosa che mi è rimasta… è vero, sono stato un coglione, con te e con le altre, e nonostante ci sia lei, che è il mio sorriso e la mia ragione di vita, ancora soffro per averti persa. Dopotutto… sei stata una parte importante della mia vita.”

Lo ascolto attentamente… e all’ultima frase mi si gela il sangue. È una delle sue tante bugie.

“COSA?! Tu… parli… in quel modo… con quella TROIA?!”

Alice si è arrabbiata. Tipico.

“Oh, andiamo… Forse il tuo ragazzo sta cercando di salvarti!” le dice Misael, infastidito.

“Davvero, ragazzo, se pensi di ottenere pietà con le lusinghe… Sei veramente patetico!” dice Durbe a David.

“”Eli, io… so che ti ho fatto soffrire così… Ma ti chiedo perdono… Errare è umano…”

Vorrei dirgli che perseverare, al contrario, non è affatto da uomo, ma arrivata a questo punto succede quello che è sempre successo e dalla quale non sono mai riuscita a trovare una via di fuga: la confusione, che mi porta a dire o fare cose di cui nemmeno io sono certa.

“E poi ti ho fatto stare bene, ogni tanto. E me ne accorgevo  da come cambiavi. Da fredda a dolce e aperta…”

Mi sta confondendo ancora di più. Diamine! Non è affatto un buon momento!

“Avanti!” mi urla contro Misael. “Non abbiamo molto tempo!”

Ora vengo immediatamente catapultata nella mia coscienza. Devo prendere una decisione: o uccido Alice o niente. Il fatto è che, nonostante serbi parecchio rancore nei loro confronti, non credo che l’unica soluzione sia uccidere. Ci dovrebbe essere un altro modo… Ma non c’è…
 
Ora… credo di aver deciso…
 
“Eli… cosa fai?!” dice Masumi, mentre lentamente abbasso l’arco.

“Oh, ma grazie! Davvero! Non credevo fossi così stupida!” sghignazza Alice, mentre con uno scatto fulmineo si libera dalla presa di Misael e colpisce Durbe con una Dark Sphere, facendolo cadere a terra, sofferente. La giapponese prova a fermarla, ma viene presa in pieno petto da un pugno.

“Certo che Elise LeBlanc, oltre ad essere troia…” dice, girandosi verso il Bariano biondo. “…è anche incredibilmente idiota!”

“Mi dispiace…” dico piano, abbassando il capo.

“Prima tu, poi le-”

Alice si interrompe improvvisamente, per poi fare dei versi di dolore e piegarsi lentamente a terra. Ha una freccia conficcata nella schiena, all’altezza del cuore, da cui fuoriesce del sangue che, lentamente, macchia la sua maglietta. Si accascia sull’asfalto, tremante e sofferente.

“Avresti dovuto fare più attenzione…” dico, tenendo in mano l’arma che l’ha ferita e che presto la ucciderà.

“Finalmente!” dice Durbe, che si rialza dopo il colpo ricevuto prima. Dal tono capisco che è molto infastidito. Cavolo…

“Beh… Non mi aspettavo che Alice fosse un essere del genere… e così pericolosa…” dice David. “Ora che ci penso, credo che sia meglio così. Non pensavo esistessero questi poteri. Oh, magari sto sognando! Guardo troppe serie tv…”

La sua voce è triste e rassegnata. Abbozza un sorriso, ma è davvero sconsolato.

“Ha avuto la sfortuna di nascere cattiva…” sussurro. “La faccenda è parecchio lunga da spiegare. Mi dispiace…”

“Oh, è tutto sotto controllo! Immagino d non doverne fare parola con nessuno, vero?”

“Sarebbe il caso…” dico. Non mi potrò mai scusare abbastanza con lui. Mi avrà fatto soffrire, ma di certo non si meritava tutto ciò.

Vado verso la servitrice morente. Il dardo non c’è più, è tornato nella mia faretra.

“Male… detta…” bisbiglia con sforzo. Voglio evitare che si riprenda. La faccio girare a pancia in su, mentre prova a darci pugni senza successo. Io tiro un’altra freccia, stavolta diretta al cuore. Sento un suo lamento disperato, mentre chiude piano gli occhi. Masumi le lancia una sfera celestina addosso, ma il suo corpo non reagisce.

“È morta.” Dice Misael. Poco dopo, il cadavere diventa una melma nera che penetra nell’asfalto e lì scompare. Poi David ci raggiunge.

“Mi dispiace… Vi ho causato un bel po’ di problemi…”

Durbe lo guarda in malomodo, poi distoglie lo sguardo. Nessuno replica.

“Beh, ci si becca in giro…” saluta, per poi dirigersi sulla sua strada.

“Eli…” dice Durbe. “Perché prima hai esitato?”

Vorrei poter riuscire a dire qualcosa, ma la mia gola non emette alcun fiato.

“Se ci penso, però, Alice ha abbassato la guardia ed Eli ha potuto ucciderla. Non è stata una pessima idea!” dice Masumi. Credo che stia provando a difendermi.

“Hai rischiato molto…” replica lui. Complimenti, Elise. Si è incazzato.

“Torniamo a casa, dobbiamo festeggiare!” dice Misael, cercando di migliorare l’atmosfera. Così lo seguiamo.

“Mi devi raccontare alcune cose… E tranquilla, non ce l’ho con te!” mi dice Durbe.

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Capitolo 21
*** 20: Harassment ***


Pov: Nick

L’anello viene deviato dalla lancia, che non si spezza minimamente, nemmeno un pezzetto di legno, ferro o di qualunque altro materiale è fatto quel giavellotto maledetto. Il cerchio di Masquerade cade a terra, quasi ai miei piedi, continuando a girare. Neanche il tempo di abbassarmi e prenderlo che Axl è già vicino a me, che tenta di infilzarmi. Mi scanso giusto in tempo e la punta di quell’arma si conficca in una piccola crepa, nel catrame nero dell’asfalto, generata dalla forza del servitore.

“Oddio! Attento!” dice Evelyn scioccata.

“Stai tranquilla! Me la caverò!” le rispondo, senza distogliere lo sguardo dal guerriero con la lancia. Nel contempo, provo ad avvicinarmi e a ferirlo con la mia arma. Lui usa la sua come scudo, parandosi il corpo. Solleva di scatto la punta e mi taglia il sopracciglio.

Metto una mano sulla fronte e subito si bagna di sangue. Ma adesso non è ora di pensarci: sono molto vicino a lui… ne approfitto per colpirlo nello stomaco con il gomito, per poi cercare di provocargli almeno un taglio sul braccio, ma ha dei bei riflessi. Troppi riflessi.

“Ci hai provato!” dice il servitore, allontanandosi piano.

“Bisogna sempre provare!” dico, lanciando un cerchio e riprendendo velocemente l’altro, che si trovava ancora sulla strada.

Nel frattempo, un ragazzino è arrivato e ci sta fissando con occhi sbarrati. Lo osservo distrattamente. Ha i capelli biondo cenere, gli occhi verde scuro e delle lentiggini sulle guance. Dovrebbe avere quindici anni.

“Che… che sta… succedendo qui?” dice, paralizzato dalla paura. “Oh… no… non tu…”

Indica Axl. Lo conosce?

“Oh, Thomas… ci rivediamo!” dice il servitore in risposta, sorpreso. “Tranquillo, non vi cerchiamo più. Ormai avete perso quello che ci serviva…”

“Di cosa state parlando?” chiedo.

“Cavolo, Thomas….” Dice Vector, parecchio innervosito. “Accidenti a te! Cosa ci fai qui?! Dovevi rimanere nascosto!”
Sono alquanto sorpreso. Persino Vector lo conosce. Perché prima Axl gli dava la caccia? Cosa voleva da lui?

“Pensavo di essere al sicuro…” risponde lui, timoroso, provocando la reazione di Vector, non proprio felice.

“Sei un idiota!” gli urla contro. “C’erano decine di migliaia di posti in cui nascondersi… E TU SCEGLI PROPRIO UNO DEI POCHI DOVE NON ANDARE?!”

Io e Axl ci fermiamo ed Evelyn si allontana da loro di qualche passo. Sembra che il Bariano si stia per alterare sul serio, a tal punto da ricorrere agli schiaffi.

“Non pensavo…” dice, impaurito dalla furia di Vector.

“ESATTO! Tu non pensi mai alle conseguenze! Ciò che hai passato non ti è bastato?”

“Vector, anche se non capisco cosa succede tra voi due, lascialo in pace!” dice Evelyn, frapponendosi davanti a Thomas.

“Tu stai zitta e non intrometterti!” le risponde Vector, rabbioso, anche se, nel suo tono, sembra che si stia calmando.

“Vector!” lo richiama Axl. “Direi che dopo… dopo avrete le dovute spiegazioni. Ma adesso dobbiamo combattere. Non vorrete per caso confondere il vostro amico e svantaggiarlo?”

A quelle parole tutti si acquietarono, Vector compreso, anche se di malavoglia.

“Possiamo continuare…” dico, cercando si affondare l’anello nel collo dell’avversario. Lui si protegge con la lancia e contemporaneamente , con l’altra estremità della sua arma, mi colpisce in testa. Per la botta forte cado a terra e, poco prima di rialzarmi, sento un dolore lancinante alla mano sinistra.

“AAARGH!” urlo, quasi paralizzato. I nervi del mio braccio propagano il dolore a tutto l’arto. Sembra che siano stati piantati milioni di spilli, quasi tutti concentrati sul dorso della mano, che vengono estratti improvvisamente. Giro la testa per capire cosa sia successo e me ne accorgo: Axl mi ha bucato la mano.

“Nick!” urla Evelyn, sorpresa e terrorizzata. Poco dopo arriva un altro affondo, che riesco ad evitare rialzandomi appena in tempo.

“Sto bene!” dico, nonostante il sangue copioso che esce da quella ferita profonda e il dolore dalla quale scaturisce. So che posso ignorare questa piccolezza, visto che lo è, e devo continuare. È in gioco qualcos’altro.

“Sei tosto!” dice Axl, di nuovo vicino a me, sfiorandomi la spalla con la punta della sua arma. Nel frattempo, lanciando un anello, riesco a lacerargli il petto e parte dell’addome: un taglio poco profondo solca il suo torace e la sua pancia. Ne lancio un altro, prontamente schivato , mentre il servitore dallo sguardo triste corre verso di me.
Mi tira un gancio ben assestato, così forte da far cadere i miei occhiali poco lontano da me. Il colpo è molto doloroso, mi sento come se avessi il naso schiacciato. Ma non demordo. Do una ginocchiata nell’addome del servitore, che si piega in due, con una faccia molto sofferente. La botta sul mio setto nasale continua a farsi sentire, sento che si gonfia, e fa male, tanto da costringermi a chiudere gli occhi per qualche secondo.

“Non mollare!” urla quel Thomas. MI fa piacere sentire il suo incoraggiamento, anche se ancora non ho la più pallida idea di chi sia e del perché conosce Vector e Axl.

“Forza, Nick! Non puoi perdere!!” mi incita Evelyn.

“Non vi deluderò!” esclamo, mentre Axl si ricompone.

“Hai amici che ti sostengono. Sono… contento per te!”

Il suo tono è molto malinconico.  A questo punto vorrei chiedergli come mai è così…

“Scusami, magari non è il caso e forse sono un po’ troppo invadente, ma… Hai una faccia molto triste… Come mai?”

Lui mi guarda, poi abbassa lo sguardo, abbozzando un sorriso.

“Perché tutti i servitori sono nati come servitori… Io no… Sono stato costretto a diventarlo…”

 
Pov: Juan

Dopo scuola, stranamente, Maria non mi ha aspettato.

L’ho vista entrare nell’istituto, quindi so che ha partecipato alle lezioni. Da quando sono andato in discoteca e l’ho incontrata conciata in quel modo, non ci siamo più sentiti. Né chiamate, né SMS, nessun contatto.

Quando ho varcato l’ingresso del liceo ci siamo scambiati una rapida occhiata, poi ha distolto subito lo sguardo. Era vestita come al solito e il suo stile nell’acconciare i capelli era lo stesso. Mi avrà visto e riconosciuto in discoteca?
Decido di chiedere ad una ragazza della sua classe. Magari mi dice qualcosa in più.

“Ehm, scusa…” le dico, sfiorandole la spalla con la mano. Lei si gira e mi squadra da capo a piedi.

“Ah… tu sei l’ex di Carolina… Cosa vuoi?” mi chiede con tono sprezzante. Carolina è stata la prima ed unica volta in cui ho dovuto lasciare una ragazza e non essere lasciato da lei. Però è una delle tante che se l’è presa con me. Ovviamente. Lei è giustificata solo perché quando era con me si comportava da bambina e faceva i capricci per ogni minima cosa.

“Ora non ha importanza chi sono! Per caso… sai dov’è andata Maria?” le chiedo, molto infastidito.

“Ora te la fai con  quella sfigata? HAHAHAHAH! Divertente e penoso… comunque, oggi il fratello è venuto a prenderla prima, quindi è già a casa.”

Cavolo! Si comporta da ochetta starnazzante!

Le rispondo un misero “grazie” e mi dirigo verso casa. Mi domando come faccia a sopportare lei e quel gruppetto del cazzo della sua classe… Povera Maria!

Mentre compio il solito tragitto sento dei lievi lamenti provenire dalla mia destra. Giro la testa e noto che un uomo con un passamontagna in testa sta dando fastidio ad una ragazza con un sacchetto nero sulla testa. Sta rovistando nel suo zaino.

Non ci penso due volte: mi precipito su quel delinquente e lo spingo, allontanandolo da quella povera malcapitata. Lui cade a terra, sbattendo la schiena contro un piccolo bidone dell’immondizia e rovesciandolo. Si può dire che ora è coperto dei suoi simili, ricoperto di schifo.

Prima che si rialzi, tolgo la busta dalla testa della ragazza: capelli scuri, occhi scuri, pelle pallida e occhiali da vista…

“Maria!” dico, a dir poco sorpreso. È ancora imbavagliata e legata e ha le lacrime agli occhi. Le tolgo il fazzoletto che le impedisce di urlare e chiedere aiuto. Poco dopo arriva una gomitata nelle mie costole, che mi mozza il fiato, poi un pugno all’altezza dell’orecchio.

“Juan! Stai attento!!” urla Maria, con voce rotta dallo sconforto.

Tiro un calcio sul petto del malfattore. Devo guadagnare tempo per far scappare la mia amica. Le libero un braccio da una delle corde che la lega, poi sciolgo velocemente l’altro nodo. Ora dovrebbe essere capace di liberarsi le caviglie da sola.

“Marai, ascolta…” dico, parandomi la testa per evitare colpi in quella zona. “Dopo esserti liberata, torna a casa. Non preoccuparti per me. Se puoi, chiama la polizia!”

“Juan… non voglio che tu ti faccia male solo per me!”

“Questo è il minimo che io possa fare adesso! Scappa!” le urlo, mentre spingo nuovamente a terra il tipo losco e mi ci butto addosso. Lei scappa, prendendo distrattamente la borsa e digitando un numero.

“Maledizione! Mi è sfuggita!” dice quel malfattore provando a scappare, ma riesco ad afferrarlo per un braccio e ad impedirgli la fuga. Poi lo strattono con tutta la forza che ho e lo getto a terra. La botta lo fa sussultare dal dolore e lo fa restare accasciato al suolo, mezzo intontito, il tempo necessario per prendere le corde con cui ha legato Maria e usarle su di lui.

“Ben ti sta, stronzo!” dico, stringendo le corde attorno ai suoi polsi, dietro la schiena, ed aspettando l’arrivo della polizia.

Uhm, chissà… Magari, dopo questa, diventerò una sorta di eroe. Anzi meglio di no, altrimenti verrei notato da tutti e sarà difficile essere un Mezzo-Bariano senza far sapere alla gente che ho i poteri.

Poco più tardi, una volante della polizia e delle moto arrivano sul posto. Dalla macchina esce…

“Papà!” dico, vedendolo in divisa. Lui mi squadra, poi mi dice:

“Oh, Juan, all’inizio, quando è arrivata la chiamata, non pensavo centrassi anche tu! Ti sei fatto male?”

“No…” dico, abbassando il capo per farmi scompigliare i capelli dal mio vecchio.

“Maria è a casa adesso!” mi comunica. “Ha detto che vorrebbe ringraziarti a dovere!”

“Vado subito!” esclamo, mentre due poliziotti mettono le manette a quel tizio e lo accompagnano alla macchina. Per un attimo, mi è sembrato che quel tipo mi stesse guardando, ma non con uno sguardo che lasciava trasparire odio…

Dopo qualche domanda, mi avvio verso la casa della mia amica.

 
Pov: Terza Persona

Poco più tardi, alla centrale di polizia, un uomo è in procinto di essere interrogato.

“Dunque, è stato arrestato con l’accusa di molestie nei confronti di una minorenne…” dice il poliziotto, che, dall’aspetto, sembra avere tanti anni di esperienza. Per lui un caso del genere è una cosa normalissima, nella sua carriera ha visto cose ben più insolite.

“Uhm, si…” mormora il delinquente, che, senza il suo passamontagna, mostra dei lineamenti giovalini. Avrà al massimo vent’anni, con capelli scuri semi-lunghi e occhi neri, i quali provocano un certo senso d’inquietudine solo a guardarli.

“Dice di chiamarsi Ben… residente in Germania, non è così?” chiede l’uomo, dando uno sguardo ai documenti piazzati sul tavolo di quella saletta completamente bianca e priva di qualunque decorazione.

Il molestatore, Ben, annuisce debolmente, mentre, sorridendo in modo malizioso, trattiene a stento una risata.
“Dunque, ha delle prove che dimostrino la sua innocenza?” chiede ancora il poliziotto.

“No… haha… Non me ne pento…” dice Ben, con lo sguardo verso il basso e fremendo come se stesse per ridere sguaiatamente. “Se solo… Quel ragazzino non fosse arrivato, avrei potuto fare altro con quella tipa… Ho un debole per quel tipo di ragazza. Sembra così innocente…”

Lo sbirro aveva interrogato spesso dei molestatori, ma quel ragazzo ha qualcos’altro che non va. Non sembra così… sano di mente.

“Perché lo hai fatto?” si limita a chiedere.

“Per divertirmi un po’… Prima di passare allo sterminio di quelle inutili fecce…” risponde il tedesco, sempre a testa bassa.

Lungo la schiena del poliziotto si fa sentire un brivido.

“Ma… di cosa stai parlando? Chi sarebbero queste fecce?” prosegue l’uomo in divisa, segnandosi distrattamente qualcosa su un foglio.

Il delinquente non risponde. Si limita a girare il collo verso destra, mantenendo quel sorriso inquietante sul suo volto. Il poliziotto si irrigidisce alla vista di quell’espressione così paurosa.

“A-allora?” balbetta. Nemmeno stavolta osa replicare. Ma fa un gesto improvviso. Solleva il braccio e apre la mano verso di lui. L’uomo, in questo momento, si rende conto di aver avuto davanti a sé un caso non di poco conto, soprattutto dopo che un qualcosa lo spinge improvvisamente contro il muro, colpendolo e frantumandolo. Dolorante, mentre perde i sensi, rivede ancora quel viso, la cui bocca è contratta in una risata che lo accompagna mentre tutto si fa sempre più buio fino a non vedere né sentire più nulla.

 
Angolo Autrice

Ohayo!! Si, lo so, perdonatemi per la lunghissima attesa! >.<

Allora, in ritardo:

-A tutti voi, spero che abbiate trascorso un buon Natale e che vi siate ingozzati di panettone o pandoro (dipende dai gusti);
-Spero che abbiate iniziato l’anno alla grande!
-Spero che la Befana vi abbia portato taaaaaante caramelle e dolci e che non vi siate sentiti male nel mangiarli.
Uff, quanto sono in ritardo. E mi raccomando, domani mangiate tante chiacchiere!! (o qualunque altro dolce di Carnevale!)

Comunque, ho fatto una piccola modifica al nome di Maria. Duuunque, la sottoscritta capra, per farlo sembrare più espaῆol  (la n con la tilde non c’è e ho dovuto mettere una lettera greca. Pardon!) aveva messo un accento. E poi ho scoperto che la parola Maria è una cosiddetta parola llana, ovvero dove l’accento cade sulla penultima sillaba. Chi non sa lo spagnolo si chiederà “Mbè? Che c’entra?”. Il problema è l’accento grafico, ovvero quello che si vede. Nelle parole llanas, l’accento si mette quando la parola termina per qualunque consonante diversa da n e s. In questo caso termina per vocale, quindi “BRAVA, ELI, TANTI COMPLIMENTI!!”

Comunque, ho messo l’ultimo paragrafo in terza persona e OMMIODDIO NESSUNO HA CAPITO CHI è BEN!! No, sul serio, è molto ovvia la cosa. Ora, direi che è tutto. Ancora una volta mi scuso per il ritardo e ci sentiamo al prossimo capitolo!!

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Capitolo 22
*** 21: Allies? ***


Pov: Juniper

“Nathan! Juny!”

“Mamma…” sussurro, infastidita dal nomignolo ma contenta di rivederla.

I nostri genitori sono finalmente tornati dal loro viaggio di lavoro insieme alle numerose valigie che si sono portati dietro.

“L’avevo detto che tre bagagli erano un po’ troppi…” dice Nathan, aiutandoli a portare dentro le valigie.

“Allora… siete ancora vivi?” dice papà, ridendo. Se sapesse che abbiamo seriamente rischiato…

Nostra madre ha i capelli color rosso fuoco, accentuati da una tinta per coprire quelli bianchi, e gli occhi castani, mentre papà ha i capelli nero pece e gli occhi verde chiaro.

“Serve una mano?” chiede Nasch. Si, è in casa, ed anche sua sorella.

“Non scomodarti, sei un nostro ospite!” risponde mamma, urtando distrattamente un tavolino con la borsa, facendolo oscillare un poco.

“Siete loro amici?” chiede papà, rivolgendosi ai due fratelli con un sorriso.

“Ehm, si…” risponde timidamente Merag.

Guardo mio fratello negli occhi. Con un cenno del capo mi fa capire che è ora di dire la verità. Ci sediamo sui due divani e iniziamo a chiacchierare sulle ultime novità, senza fare accenno alla cosa più importante.

“Avete fatto un’uscita insieme ad altri, eh?” Avete mangiato bene?” chiede la mamma, curiosa.

“Beh, si…” risponde Nathan.

“Gli altri hanno ordinato il doppio delle cose. Mi stupisco che siano riusciti a mangiare tutto!” dice Nasch. Ricordo quella sera, quando sono svenuta a causa di Bella.

“Sono tinti, vero?” dice mia mamma, indicando le chiome dei due Bariani.

“Ecco… veramente…” inizia Nasch, venendo subito interrotto.

“Ah, sono parrucche!” esclama mamma. “Devono esservi costate una fortuna!”

“Mamma, non ha molta importanza ora…” cerco di dirle.

“Karen, ricorda quello che ha detto Juniper…” dice papà, guardandomi. “Non dovevate dirci qualcosa di importante?”

“Oh, si…” fa Nathan.

“Possono ascoltare il discorso?” chiede mamma, riferendosi ai due gemelli.

“Diciamo che ci riguarda…” dice Merag, alzando subito lo sguardo.

“Non è così importante, presumo…” sussurra papà.

“Invece lo è!” dico io, quasi sbottando. “Ascoltateci, per favore!”

I due genitori si zittiscono. Visto che nessuno parla, inizio io.

“Allora, come dire… Abbiamo i poteri…”

 I due adulti ci guardano straniti, poi scoppiano a ridere.

“Lo avete detto per farci divertire prima di comunicarci qualche bravata?” dice papà, dopo essersi asciugato le lacrime. “Ormai conosciamo i nostri polli…”

“Lo avevo detto che non ci avrebbero preso sul serio…” sussurra Nathan, mettendosi una mano sulla fronte. “E adesso come ci facciamo credere?”

“Ho un’idea…” dico piano. “Vai a prendere due bicchieri…”

Mentre mio fratello si dirige in cucina per prendere l’occorrente, io provo a convincerli.

“Se non ci credete, guardate cosa sappiamo fare!!”

Nathan poggia i due bicchieri sul tavolino, poi unisce l’indice e il medio, come per fare il gesto della pistola. Dalle punte delle due dita esce acqua, come se fosse un rubinetto, e con quella riempie i due contenitori. Io sfrego le mani e produco dei piccoli pezzi di ghiaccio, che, schizzando, finiscono nel liquido. I nostri genitori guardano la scena incuriositi e al tempo stesso sbalorditi.

“Visto?” chiede Nathan. “O dobbiamo rifarlo?”

“Quindi era questa la cosa importante?” chiede mamma.

“Dovevate dirci di aver imparato un nuovo trucchetto di magia?” aggiunge papà.

“Ma non è magia!!” esclama Nathan.

“Dai, fai vedere la bottiglia che hai nella manica, Nath…” dice mamma, tirando su la manica del mio gemello, ma constatando che non c’è nulla, a parte, ovviamente, il braccio.

“Bel trucco, ma mi aspettavo qualcosa di davvero importante…” dice papà, alzandosi dal divano.

“Argh…”

Merag si è portata una mano alla testa e storce il naso.

“Merag, che succede?” chiedo, avvicinandomi a lei ed accovacciandomi.

“Sono vicini…” sussurra Nasch, cingendo le spalle della sorella con il braccio.

Non ci credo! Proprio ora?!

“Cosa facciamo?” si chiede mio fratello.

“Ragazzi, cosa sta succedendo?” chiede mamma.

Tutti alziamo lo sguardo. I nostri si stanno preoccupando… Dobbiamo assolutamente proteggerli!

“Qualunque cosa succeda…” dico io, alzandomi e uscendo con passo svelto, seguita da Nathan e i due Bariani. “Non abbandonate questa casa!”

“Ma cos-“

“Papà! Mamma! Ascoltateci, solo per questa volta!” sbotta Nathan, girandosi verso di loro. Entrambi rimangono in piedi, con un’espressione interrogativa sul volto.

Una volta fuori, l’aria fredda ci sferza la pelle scoperta della faccia e delle mani. Siamo in allerta e non possiamo assolutamente distrarci. Ho così tanta paura per i miei genitori che ignoro la temperatura dell’aria e il mio corpo che trema.

“Dove diavolo sono?” si chiede Nasch, osservando con attenzione l’area circostante.

“Ma… Sento che si stanno allontanando…” dice Merag, con la testa ancora dolorante.

“Come ‘si stanno allontanando’?” le chiedo.

“Dobbiamo raggiungerli!!” esclama Nathan, deciso. “Dove lo sentite?”

Nasch indica alla nostra destra e noi corriamo verso quella direzione. Non andiamo tanto lontano, perché qualcosa mi afferra il braccio e prova a strattonarmi.

 
Pov: Elise

È passata una settimana dalla morte di Alice. Ci siamo ripresi tutti. Io non proprio. Sento di non essere a posto con la coscienza. Mi sento ancora in colpa, sia per David che per Durbe, Masumi e Misael. Nei giorni successivi ho parlato con il mio mentore e la sua risposta è stata la stessa. Sempre.

“Non ce l’ho con te!”

Dal tono non ne sono mai convinta…

“Eli…”

Mentre ero immersa nei miei pensieri, Durbe è entrato nella mia disordinatissima camera.

“Durbe?” chiedo, con l’intenzione di sapere cosa vuole.

“Devo chiederti una cosa…” dice, sedendosi sul letto, vicino a me. Argh! Questa è una frase che dà spesso ansia e non si sa mai cosa dirà l’altro.

“Ehm… Cioè?” domando con timore.

“Volevo… semplicemente sapere…” mormora, esitando.

Cosa mi dirà ora?!

“…che rapporto hai con quel David…”

Ah… Tutto qua? Pensavo volesse rimproverarmi per quello che ho fatto.

“Beh… Io e lui eravamo fidanzati…” dico. Durbe mi fa cenno di continuare. A quanto pare vuole sapere tutta la storia.
“È iniziato tutto un  anno fa. Ci siamo conosciuti grazie a degli amici in comune. Avevamo gli stessi interessi e spesso ci intendevamo. Insieme ci facevamo un sacco di risate e… beh, dopo qualche giorno scoppiò qualcosa di più…”

Mi rendo conto che riportare a galla questi ricordi mi fa venire una certa nostalgia.

“Immagino che siete stati molto bene insieme…” commenta Durbe. “Poi cosa successe?”

“Il sabato sera io e lui uscivamo con una comitiva di ragazzi della nostra età. Ecco, un giorno si aggiunse una nuova…”

“Fammi indovinare: Alice?” chiese Durbe.

“Proprio lei!” rispondo. “Parlava con tutti… Poi si interessò soprattutto a David. Mi raccontava che spesso parlavano in chat… Mi diceva che per lui esistevo solo io, nonostante sia per me che per lui era fin troppo evidente che questa nostra amica ci stava provando con il mio ragazzo. Ti dico solo che qualche volta gli arrivavano foto un po’… spinte…”

L’ultima frase ha fatto ridere Durbe. La sua risata è contagiosa e rido anche io, nonostante la malinconia che ho in corpo.

“Lei è l’ultima ragazza che vorrei vedere nuda… Se avesse avuto un bel fisico come il tuo sarebbe stato uno spettacolo molto più bello. Ma così è rivoltante!”

Credo che il Bariano abbia fatto un apprezzamento nei miei confronti.

“Oh, grazie…” dico arrossendo. “Comunque, nonostante lui ci scherzasse su, io ero molto gelosa e non volevo che Alice si comportasse in quel modo. Dissi a David di smetterla e lui? Difese Alice! Io non… Uff…”

Sono ancora arrabbiata e per questo non riesco ad esprimermi bene.

“Se non te la senti…” dice Durbe, mettendomi una mano sulla spalla.

“Sto bene…” dico, per poi continuare: “Lo lasciai. Lui però tornò nella mia vita. E non una sola volta… Molteplici… Ed io, come un’idiota, ci cascavo sempre…”

A questo punto delle lacrime iniziano a cadermi sul viso.

“Alice continuava a sostenere che io stavo provando a… portarglielo via… Mi definiva ‘troia’… Insomma, tornavo da lui per soffrire… E speravo sempre che io e lui tornassimo come una volta, solo noi due… Ma non successe mai…”

“Ehi, ehi…”

Durbe si avvicina e mi abbraccia da dietro, cingendomi il ventre con le braccia e poggiando la testa sulla spalla.

“Il fatto è che spesso ci ripenso, forse perché, come prima relazione sentimentale, la immaginavo diversa…”

“Forse sembrerò scontato ma è normale che certe delusioni capitino. È raro trovare una persona seria al primo colpo.” dice Durbe, stringendomi. Sento il suo calore darmi una sensazione piacevole e confortante. “L’importante è che ora, da queste esperienze, tu abbia imparato qualcosa. Non so cosa hai provato, non ho mai vissuto un’esperienza del genere… Ma mi dispiace! Tu… non te lo meriti!”

Le sue parole mi aiutano a riprendermi. Certo, non del tutto, ma mi sento meglio.

“Sarebbe meglio dimenticarsi, ma dovrà anche servirmi di lezione…” dico, asciugandomi le lacrime.

“Ora sorridi!” dice.

“Ma non so sorridere!” dico, ridendo un po’.

“Lo hai appena fatto!”

Resto tra le sue braccia per un sacco di tempo, non so quanto, forse cinque o dieci minuti. Poi mi giro verso di lui e ci guardiamo negli occhi. Mi accarezza la guancia e mi dice:

“Non mi capacito di come certi uomini trattano le proprie fidanzate, la cui unica colpa è quella di essere tanto innamorate ed ingenue.”

“Tutti ne approfittano..” commento, abbassando lo sguardo.

“E pochi non hanno questo carattere…” dice, alzandomi il mento con il dito.

“Vorrei tanto conoscere uno dei pochi…” sussurro.

“Ti sta abbracciando in questo preciso istante.”

Lo guardo negli occhi e divampo subito. Mi sorride. Un sorriso sincero, che in David non ho mai visto. Non rispondo, mi limito a stringerlo più forte e ad affondare il mio viso sul suo petto. Lui poggia le mani sulla mia schiena, ormai completamente guarita.

Dopo un po’ si stacca leggermente e mi chiede:

“Adesso ti senti meglio?”

“Decisamente!” rispondo annuendo.

“Non sai quanto mi fa piacere!” dice, prendendomi la mano e baciandola. Poi si alza dal letto ed esce dalla mia camera, lasciandomi sola a rivivere nella testa quei momenti.

 
Pov: Nick

Costretto?

“Ma… non sei nato così?” chiedo, dopo essermi lasciato sfuggire un verso di sorpresa.

“Magari! Avrei sofferto di meno se fossi sempre stato un servitore…” risponde, abbassando il capo.

“Cosa intendi per ‘costretto’?” domando avvicinandomi a lui. Lui esita, mordendosi il labbro come se volesse impedire alle parole di uscire.

“Io odio Arihem…” si limita a dire. “È così che si chiama…”

Chi è Arihem? Perché lo odia così tanto?

“Quella sporca divinità è ricorsa alle minacce per farmi sottostare ai suoi ordini… Quel bastardo…”

In questo momento non riesco a capire se è arrabbiato o triste o entrambe le cose. Sta inveendo contro Arihem e nel contempo singhiozza.

“Come… lo ha minacciato?” si chiede piano Evelyn.

“Ero un ragazzo normale, una volta… Poi quell’infame è entrato nella mia vita, chiedendomi di diventare un servitore e spiegandomi che cosa avrei dovuto fare. Dopo aver rifiutato questa proposta, ha minacciato di uccidere mia sorella. E anche stavolta ho rifiutato…”

Si ferma bruscamente, iniziando a piangere lacrime amare. Con le dita si asciuga le lacrime, con scarsi risultati, siccome il suo viso è completamente bagnato.

“Per colpa di un no trovai Sandy completamente insanguinata nel suo letto, il giorno dopo… Aveva compiuto dodici anni il giorno prima…”

Oh… sono completamente scioccato… Non me lo aspettavo!

“Spero per te che non sia una storia inventata!” dice Vector, acido.

“COME POTREI FARE UNA COSA DEL GENERE?!” inveisce Axl, cercando però di mantenere la calma.

“È vero… Lo conosco da quando andavamo alle elementari assieme…” dice Thomas. Vector non osa ribattere.

“Poi ha minacciato mia madre… E lì ho deciso di non fare più quell’errore… Quindi, eccomi qui…” conclude il servitore, lasciando scorrere una lacrima sulla sua guancia.

Dopo questo triste racconto mi sento parecchio in pena per lui. Ha provato queste sensazioni sulla sua pelle. Per questo aveva quell’aria triste. Mi giro verso i miei amici: mi guardano tristi per quello che hanno appena sentito. Tutti tranne Vector, che negli occhi ha un messaggio ben chiaro: è diffidente.

“Bene… continuiamo…” dice scuotendo la testa (forse per scacciare via gli ultimi pensieri negativi) e rimettendosi sulla difensiva.

Mi giro di nuovo verso di lui.

“Non credo sia il caso di continuare.” dico con tono secco. Lui si sorprende da quell’improvvisa dichiarazione ed io do subito una spiegazione. “Ha dovuto minacciarti ben due volte per quello che voleva, per i suoi scopi… Hai davvero intenzione di accontentarlo così?”

“Se mi ribello ucciderà anche mia madre!” ribatte. “Chiederà ad uno dei miei colleghi di farlo… Io devo proteggerla!”

“Ti aiuteremo noi! Diventerai forte abbastanza per poterla difendere! Ti aiuteremo noi!”

“COSA?! Ti ha dato di volta il cervello?” sbotta immediatamente Vector.

“Vector, calma…” dice Evelyn, anche lei sorpresa.

Axl caccia fuori una debole risata.

“Il tuo amico bariano ha ragione! Un servitore ed un mezzo-bariano… alleati?” chiede con serietà.

“Non trovi che sia meglio che combatterci e farci male?” gli chiedo. Sento Vector ringhiarmi contro come un cane rabbioso. Non mi interessa.

“Come farei? Arihem mi scoprirà! Lui vede tutto quello che accade sulla Terra…” dice sconsolato. Però! Sembra che stai prendendo in considerazione l’idea.

“Visto, Nick?” dice Vector, parecchio innervosito. “Non si può far nulla! Ora! Continuate a combattere!”

Mi volto verso Thomas, che ha una mano sulla fronte.

“Beh, grazie per il pensiero… Ma dobbiamo!” dice, mentre si prepara a scagliare la lancia contro di me. Anche io, di malavoglia, mi predispongo a lottare. Per un po’ mi ero illuso di poterla finire qui con una soluzione pacifica. Ma non è possibile! Siamo nemici!

Con un movimento del braccio porta avanti la lancia… senza scagliarla.

“Aspettate!” urla Evelyn, interrompendoci. “Lui vede SOLO quello che accade sulla Terra?”

“Si… Non essendosi ancora risvegliato del tutto riesce a vedere solo il suo obiettivo secondario…” dichiara.

“E Vector sa teletrasportarsi!” esclama Thomas.

“Cosa intendete dire?” chiede Vector.

“Già… Che cosa?” domando anche io. Cerco di collegare tutto: teletrasporto… solo sulla Terra… obiettivo secondario… Ma certo!

“Possiamo allenarci insieme nel Mondo Bariano!! Cavolo, Evelyn, sei un genio!” le dico, correndole incontro per abbracciarla.

“Ehi… Grazie!” dice lei, colta alla sprovvista.

“Non penserete che io sprechi energia per voi!” protesta Vector, capendo.

“Ops… scusa…” mormoro, staccandomi da Evelyn. Che imbarazzo… “Vector, me ne assumo io la responsabilità!”

“Si… certo…” sussurra, alzando gli occhi al cielo.

“Voi… vi fidate di me?” chiede Axl, anche se un po’ più deciso rispetto a prima. Io non rispondo. Allungo la mano verso di lui. Un po’ titubante la stringe.

“Teoricamente io no…” sussurra Vector.

“Ehm, Nick, dovresti medicarti la ferita alla mano…” mi consiglia Thomas. In effetti, da quando quel servitore me l’ha inflitta, l’ho completamente ignorata. Chiedo a Vector di aiutarmi, ma lui rifiuta. È ancora arrabbiato.

“Faccio io, non preoccuparti!” si propone la ragazza dai capelli viola.

“Grazie!” le sorrido. “Comunque… Thomas, tu chi saresti? Come fai a conoscere Vector?”

Il biondino impallidisce e farfuglia.

“Beh, dobbiamo riunirci tutti e parlarne. È ora che sappiate un paio di cose…” parla Vector.


Angolo Autrice 
ECCOMI FINALMENTE QUI!! Vi chiedo nuovamente scusa per il ritardo! Faccio solo due piccole comunicazioni di servizio:

1) Avete presente che l'altra volta ho scritto che il nome di Marìa si scrive senza accento? Ecco, ho detto una sciocchezza! Come sono strani gli spagnoli...

2) Buona Pasqua a tutti! Mi raccomando, ingozzatevi di uova fino a pesare 100 kg!! (Ehm...)

Detto questo, vi auguro una buona giornata/serata!

eli8600



 

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Capitolo 23
*** 22: The Second Generation ***


Pov: Ivan

“Bene, ci siamo tutti…” dice Nasch. Ci siamo riuniti tutti a casa di Elise per discutere di una nuova situazione.

“Manca il tuo, Arito.”

“Juan ha un impegno a cui non è potuto mancare. Riferirò io dopo.” risponde.

“Mi chiedo cosa ci sia di così importante, ma non fa nulla… Dunque, Vector, perché ci hai riuniti?” domanda Nasch, guardando il Bariano alato.

“Chiedilo al genio che mi ritrovo!” esclama, indicando il suo Mezzo-Bariano e dandogli una gomitata.

“Ahi… Ecco, c’è un servitore di nome Axl…” sussurra. “Da oggi sarà un nostro nuovo alleato e-“

Non riesce a terminare la frase che viene seguito da versi di sorpresa e disappunto da tutti.

“Devi essere impazzito!” esclama Juniper, facendo di no con la testa.

“Non mi fido…” dice Misael, guardando il soffitto.

“È quello che gli ho detto!” dice Vector con tono accusatorio, alzando le spalle.

“Nick, non ti faccio così stupido! Credo che, dietro a tutto ciò, ci sia un motivo…” dico al ragazzo italiano.

“Lo spero vivamente…” dice Durbe, grattandosi la testa.

Così Nick ci spiega che Axl è stato minacciato da questa divinità che dovremo affrontare ed è stato costretto a combatterci dopo l’assassinio di sua sorella per mano di quel mostro. Per questo il Mezzo-Bariano ha voluto aiutarlo.

“Che tristezza…” sussurra Masumi.

“Già…” dice Elise, ironica. “Sembra il copione perfetto per un film!”

“Posso confermarlo! Era un mio compagno di scuola!” dice una voce. Cerco di individuare la provenienza e… c’è un altro ragazzo.

“E lui chi è? Un altro servitore?” parla Nathan, notando la sua presenza.

“Assolutamente no!” dice timoroso, mettendo le mani davanti a sé.

“Thomas!” esclama Durbe, sorpreso. “Cosa ci fai qui?”

“Oh, Durbe, ehm…” dice Thomas, guardando per terra.

“Si può sapere chi è?” chiede Juniper. Guardo Nick, ma pare che neanche lui lo sappia.

“Oh, beh, ecco…”

È come se avesse paura di noi e si vede da come gli tremano le mani e la voce.

“Durbe, come fai a conoscerlo?” domanda Elise, sospettosa.

“Era un Mezzo-Bariano… proprio come voi!” prende la parola Merag.

“Cosa intendi con questo? Perché ERA?” chiede Masumi, allibita.

“Aveva i poteri… li ha persi…” sussurra Nasch. Sembra che non voglia dire altro.

“Si possono perdere?” chiede Nick, sistemandosi gli occhiali.

“Se uno di voi muore, si.” risponde Arito. Tutti rimaniamo scioccati.

“Immaginatevi come corde di un bracciale. Le perline sono i vostri compagni. Cosa succede se la cordicina si rompe?” chiede Gilag.

“Le perline si perdono…” dice Masumi.

“Esattamente. Diventano inutili! La corda è la vostra vita e ciò che essa unisce è il potere degli altri.” dice Misael. “Non so se considerarlo uno sventurato caso o un errore… Fatto sta che un servitore è riuscito ad uccidere la Mezza-Bariana che era sotto la custodia di Nasch. Gli altri hanno perso i poteri. Questo improvviso cambiamento ha causato la morte di un altro servitore che, proprio in quel momento, stava combattendo da un’altra parte della Terra.”

Oh, cavolo. Ci siamo presi davvero una grande responsabilità!

“Ma allora… Ci avete mentito!” dice Elise, guardando Durbe. “Non era vero che ci siamo nati!”

“Non è proprio così…" le risponde il Bariano dagli occhi grigi. “Avete sempre avuto il potere, ma ha tardato a manifestarsi.”

“Non capisco… Se era in loro, come faceva ad essere contemporaneamente in noi?” chiede Nathan.

“Pare che il re Bariano che ha portato la divinità in un lungo letargo ha designato anche dei sostituti in caso di morte di uno dei primi, secondo un testo che abbiamo trovato ed analizzato.” dice Merag. “Siete la seconda “generazione””

“Ciò che non sappiamo è… C’è n’è una terza? Una quarta?” si chiede Arito.

“In ogni caso vorremmo fosse l’ultima. Niente perdite!  Abbiamo errato una volta… Ho errato… Sono stato troppo superficiale, e nessuno di noi commetterà lo stesso errore una seconda volta!” dice Nasch, determinato.

“Già… Evitiamo!” dice Nick, sorridendo debolmente.

“Comunque dobbiamo stare attenti. Questi servitori ci stanno facendo scherzetti!” dice Juniper, cambiando argomento.

“Scherzi? Ma come…” si chiede Elise. “Davvero pensano a ‘ste cose con lo scopo che hanno?”

“Qualche sera fa ci hanno colti di sorpresa e ci hanno fatto allarmare tantissimo. Ci siamo recati al luogo in cui il potere avvertito da Merag era più forte, ma quando siamo arrivati si sono allontanati!” spiega Nathan.

“Sarà successa la stessa cosa che mi capitò con Bella. Fu richiamata dalla divinità e il nostro scontro venne interrotto.” dico. E ricordo quanto sono stato fortunato in quell’occasione!

“Può darsi…” sussurra la bariana.

“Già…” risponde piano Juniper. “Tra l’altro, abbiamo fatto anche una bella figura di merda con i nostri genitori…”

 
Pov: Nathan

La sera di ieri non è stata una delle migliori. Prima di tutto, nonostante ci avessimo provato, non ci hanno creduto. Provare a sfruttare il proprio potere mettendoci però più forza attirerebbe l’attenzione. E tentare di allagare la città o congelarla, oltre ad essere un’idea stupida, significa far discutere la gente, che si insospettirebbe se non piovesse o nevicasse.

Inutile aggiungere che, dopo stanotte, mamma e papà hanno preso appuntamento da una psicologa per entrambi. Ieri sono usciti di casa, benché avessimo detto loro di rimanerci, ci hanno seguito e ci hanno riportati dentro tirandoci per il braccio e mandando via Nasch e Merag. Di certo non siamo pazzi, ma addirittura la psicologa!

“Hanno ragione a non credervi, visto che non sono cose che si vedono sempre. Semplicemente dovete provarglielo in un altro modo…” consiglia Nick, incrociando le braccia.

“Certo che voi umani siete strani…” sussurra Vector, buttandosi sullo schienale della sedia su cui è seduto, sbilanciandosi e cadendo a terra, scatenando in tutti le risa.

“Anche tu lo sei, Vector!” dice Arito, tenendosi la pancia dal ridere.

“Mi sa che non ha capito come si usa una sedia…” dice Juniper, sghignazzando.

“Prima mi rompi la schiena, poi la sedia… Come minimo spero che tu ti sia spaccato la testa!” si lamenta Elise, con le mani nei capelli.

“Non è divertente…” sibila Vector, massaggiandosi la nuca.
“Invece si… HAHAHAH!!” ride Durbe, con una mano davanti alla bocca.
“Non fare la stessa cazzata!!” esclama la francese, notando che anche il Bariano dagli occhi grigi stava per fare la stessa fine di Vector.

 
Pov: Juan

Salgo le scale e mi fermo davanti alla porta di casa di Marìa*. Suono il campanello e attendo. La risposta non si fa attendere:

“Juan!” esclama la ragazza, quasi saltandomi addosso.

“Ehi, ciao!” dico, un po’ sorpreso, ma felice.

“Entra pure!” mi dice, spostandosi per farmi entrare. “Andiamo in camera, mia madre sta pulendo.”

Mi conduce nella sua stanza, attraversando un corridoio decorato da alcuni quadri che mostrano nature morte. Entriamo nel suo mondo: quattro pareti colorate di grigio, con il soffitto verde acqua, delimitano la stanza. Vicino a quella alla mia sinistra c’è un letto, le cui lenzuola sono bianche e azzurre, con dei cuscini a varie fantasie sopra. Accanto al letto c’è un comodino rosa pesca, abbinato alla tenda che copre per metà una finestra, posta di fronte a me. Sulla parete destra sono attaccati dei disegni, dei post-it e delle foto. La scrivania poggia accanto al muro. È bianca, come la sedia, e sopra sono sparsi libri di scuola ed appunti.

“Scusa il disordine…” dice, cercando di sistemare il tavolo.

“Non preoccuparti!” la rassicuro. “Piuttosto… come stai? Ti ha fatto qualcosa?”

“Uhm, a parte impedirmi di scappare… Ricordo solo che mentre tornavo a casa con quello che credevo fosse mio fratello ho sentito qualcosa spingermi a terra. È riuscito a portarmi in un vicoletto e a legarmi… Dopo un’ora sei arrivato tu, che mi hai sentito nonostante fossi imbavagliata…”

“Come hai fatto scambiarlo per tuo fratello?” chiedo, un po’ scettico. “Non era a Manchester per l’università?”

“Ti dico che era lui!” mi risponde. “L’ho anche abbracciato… Che schifo…”

Come avrà fatto ad illuderla così?

“Non ti ha fatto nient’altro, spero.” dico, sedendomi sul letto.

“Ehm… ci ha provato…” mi risponde, abbassando il capo.

“Pezzo di merda!” scatto, serrando i pugni.

“Già… Menomale che sei arrivato in tempo… Grazie, davvero!” dice, riconoscente.

Per un po’ rimaniamo in silenzio, senza sapere cosa raccontarci. Mi torna in mente quella sera in discoteca.

“Ecco, c’è una cosa che vorrei chiederti…” sussurro. “Qualche sera fa sono andato in disco e c’era una ragazza che ti somigliava. Diceva di chiamarsi come te…”

“Si… ero io…” tronca lei. “Sono uscita tardi, molto tardi… I miei non lo sanno.”

“Davvero? Avresti potuto rischiare grosso…” commento.

“Ne sono consapevole… Ma sai, per un po’ volevo non essere io. Volevo vedere come vivono i giovani di solito…” risponde.

“E?”

“Beh, non è poi così male… Ma non voglio divertirmi così… Ho baciato un ragazzo che conosco da pochissimo…”

Mi ricordo quella scena. Forse è meglio non dirle che ho assistito…

“Mi hai detto, quando ti ho chiesto di ballare, che eri con il fidanzato… Era una scusa?” le domando.

“Uhm… ero con quel tipo, ma non è il mio ragazzo!” risponde, arrossendo.

Capisco… un attimo! Perché le ho fatto quella domanda da padre protettivo e geloso?! Spero non se ne sia accorta…

“Beh, non c’è nulla di male, comunque… Però ci sono altri modi! Una vita sociale si costruisce anche solo uscendo con gli amici… Non solo in quei locali!” le dico.

“Almeno ho visto com’è andare in discoteca. Mi fischiano ancora le orecchie per la musica assordante!” mi confessa.

Io faccio una debole risata. Devo ammettere che, dopo quello che è successo oggi sono abbastanza preoccupato per la mia amica. Eppure prima me ne importava ben poco, anzi, quasi non la sopportavo. Parlava e parlava, ma cosa diceva? Non lo so, non l’ho mai ascoltata… Magari chiedeva qualche consiglio, anche se non esplicitamente, ed io non ho mai saputo aiutarla. Ero fin troppo occupato dietro a varie ragazze. “È sfigata” ha detto quella sua compagna di classe. Quanto si sarà sentita sola, senza amici e senza nessuno che la ascolta? Mi domando cosa si provi…

“Comunque, sono davvero stupefatta! L’hai steso! Hai per caso i superpoteri?” mi chiede tutta esaltata.

“Oh, beh…”

Devo trovare una scusa, perché, ovviamente, non posso dirle “L’ho sconfitto perché sono un Mezzo-Bariano ganzo da far paura!”. E non sono così modesto!

“È da un paio di mesi che seguo un corso di kick-boxing e ho imparato a difendermi da solo!” mento. È abbastanza credibile.

“Dovrei fare anche io qualche lezione di autodifesa!” dice lei, grattandosi il mento con l’indice. Poco dopo il suo telefono emette un leggero suono.

“Scusa, mi è arrivata una notifica…” si scusa, prendendo il cellulare.

“Controlla pure!” le dico, sorridendole.

 
Pov: Masumi

Questo pomeriggio passato tra risate, nonostante il motivo della riunione fosse piuttosto serio, è servito a tirarmi su di morale. Sono andata sul terrazzo della casa di Elise e sto pensando, osservando automobili e bus che vanno avanti e indietro. Penso alle sofferenze passate e quelle del futuro. Il mio ex… Mi ha fatto soffrire di dolore. E anche Alice… Tra i due c’è una bella, anzi, brutta differenza: la servitrice mi ha “solo” fatto del male, mentre lui mi ha anche spezzato il cuore. Magari sono io la stupida che avrebbe dovuto allontanarsi. Avevo notato dei segnali di un cambiamento nei miei confronti, perché non l’ho lasciato perdere?

“Masumi, non vieni?”

Una voce dietro di me mi invita. Lo riconosco senza girarmi.

“Scusami, Ivan, dammi un attimo.” Gli rispondo, continuando a fissare il paesaggio davanti a me.

Si avvicina e poggia le braccia sul corrimano.

“Va tutto bene?” chiede.

“Si, sono solo uscita per prendere un po’ d’aria!” rispondo. Da una parte è vero, in fondo. Non so nemmeno come sia arrivata a ripensare a quello…

“Sei sicura?” insiste. “Se vuoi, puoi parl-”

“No!” scatto io. “Sto bene!”

Lui si zittisce. Rimane con me per un po’, senza sapere cosa dire. Poi torna nel salotto, aggiungendo: “Ci stiamo divertendo un mondo! Non restare qui da sola!”

Credo che abbia ragione. Forse dovrei evitare di pensarci stando con gli altri. Argh, devo dimenticarmelo! Mi volto e vado dai miei amici. Poco dopo aver richiuso la porta scorrevole dietro di me sento un boato.

“Bene, sta per piovere…” dice Vector, avvertendolo anche lui.

“Ma non era prevista pioggia!” dice Elise, alzandosi. Sposto la tenda che copre l’accesso al balcone. Il cielo, già buio poiché è sera, si è coperto di nuvole nere, cariche di acqua.

“Prima non era così!” esclamo.

“Durbe, successe la stessa cosa qualche mese fa… Ricordi?” dice Thomas al bariano. Lui annuisce in risposta.

“Di che parlate?” chiede Nathan, preoccupato.

“Sento puzza di servitore…” sussurra Arito.

“Uno di loro utilizza questo potere… Ed io lo conosco molto bene…” sibila Thomas, stringendo i pugni.

“Sono qui… Li sento. E non sono pochi!” dice Merag con una mano sulla sua fronte.

“Dobbiamo andare! Quei bastardi non devono passarla liscia!” esclama Nick, avviandosi verso la porta. Viene seguito da tutti.

“Bene…” mi dico. “…lasciamo da parte i miei problemi. C’è qualcosa di più grave…”

 
 
Angolo Autrice

Come di consueto, ormai ci impiego un mese per aggiornare. La cosa mi rattrista molto perché non riesco ad essere molto puntuale T.T

Stavolta ho una giustificazione: ultimamente non ho avuto molta voglia di scrivere perché… beh, diciamo che non ho passato un periodo pieno di gioie ^^”. Come si dice, mai ‘na gioia! xD

Comunque, non so se questa nota l’avevo già messa nello scorso capitolo, ma lo ripeto così sono sicura di averla messa:

*sul nome di Marìa ci va l’accento perché, essendo un nome spagnolo, ha bisogno della cosiddetta tilde (che non è solo quella che va sulla n), ovvero l’accento, altrimenti si pronuncerebbe Mària (?) o in altro modo.

Correggetemi se ho detto una cavolata! xD Comunque, ci vediamo al prossimo capitolo! (quando uscirà xD)

eli8600

P.S: Sto lavorando ad copertina per la storia. Nel prossimo capitolo la vedrete ^^ (si, lo so, non è Wattpad, però mi annoiavo... xD)
 

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Capitolo 24
*** 23: Battle in the Dark ***


Pov: Terza persona

“Ed io?” chiede Thomas. “Cosa faccio?”

“Tu resta qui con Arito!” ordina Nasch, uscendo insieme agli altri.

Seguendo le indicazioni di Merag, i ragazzi si incamminano per le strade di Nizza a passo veloce. Le vie della città sono molto popolate, quindi devono passare tra i tanti turisti e cittadini rischiando di separarsi e perdersi.

“Restate sempre vicini a noi… Qualche servitore potrebbe trovarsi da queste parti.” suggerisce Misael.

“Ma Merag lo capterebbe, no?” domanda Nathan.

“Ci riuscirebbe se non ci fosse tutta questa gente. Non riesco a capire quanto sono lontani, dobbiamo cercare un posto meno affollato…” gli risponde la Bariana.

“Solo tu hai questo potere?” le chiede Elise.

“In teoria anche noi lo possediamo, ma non è tanto preciso e forte quanto quello di mia sorella.” spiega il re Bariano.

Dopo aver camminato per altri dieci minuti, rallentati dall’affollarsi di gente, raggiungono un posto più ampio e spazioso, senza troppo movimento.

“Dove ci troviamo, precisamente?” chiede Masumi.

“A Place Masséna, la piazza principale di Nizza.” dice Elise. Come farebbe a non saperlo, dopotutto?

Nick alza gli occhi al cielo. Sembra che stia per piovere. La piazza, poiché è tardi, è molto illuminata. Da dove si trovano i nostri amici non si vede quanto è grande. È divisa a metà dalla rete tramviaria, vicino alla qualche si ergono sette colonne con sopra delle statue, che fungono un po’ da lampioni, con luci di diverso colore. Tutt’intorno ci sono vari edifici adibiti alla vendita di souvenir o di capi d’abbigliamento.

“Allora, Merag?” chiede Ivan.

La Bariana rimane in silenzio, concentrata.

“Riesco a sentire finalmente qualcosa di forte…” replica poco dopo. “Alla fine della strada, davanti a noi.”

Nathan aumenta la velocità del passo, quasi corre.

“Non perdiamo tempo!” afferma il gemello di Juniper.

“Già! Sbrighiamoci, prima che arrivino qui e attacchino gli innocenti!” ordina Nasch, seguendo il suo Mezzo-Bariano. Viene subito imitato dagli altri.

Da lontano non si notava, ma, come la precedente, anche quella strada è affollata. E quando se ne accorgono, frenando bruscamente come piccole automobili all’inizio della via, c’è chi si mette le mani nei capelli e chi si innervosisce, come Vector.

“Sul serio?! È la seconda volta che becchiamo una strada piena!” protesta. “Cosa c’è di così bello da vedere?”

“Tsk! Non puoi capire…” ribatte Elise.

“Non mi pare che ci sia qualche quadrato con dentro forme colorate, in questo posto!” replica lui.

“Si chiamano “ritratti”…” lo corregge Nick.

“…beh, quello che è!” conclude il Bariano.

“In ogni caso, dovremo passare!” dice Nathan, cercando di farsi spazio e spintonando, scatenando qualche piccola protesta in lingua francese.

Vous garçons ne respectez pas le plus vieux!” inveisce una signora anziana contro l’americano, e “Pardon!” è l’unica cosa che Nathan è capace di rispondere. Poi si rivolge ad Elise:

“Cos’ha detto?”

“Una frase sul fatto che i giovani non rispettano gli anziani e bla bla bla…” gli risponde. “Comunque, non possiamo passare di qua. Conosco una strada più lunga, che porta dalla stessa parte, più tranquilla. Meglio passare per di là.”

“Giusto! Qui i servitori potrebbero anche prendere di mira queste persone.” parla Juniper.

I ragazzi e i rispettivi Bariani seguono Elise, che li conduce di nuovo nella piazza, per poi prendere un’altra via e svoltare ancora. Durante il tragitto non si è sentito neppure il ronzio di una mosca che vola: un silenzio pacifico ed inquietante. Da quei palazzi a due e tre piani, attraverso le finestre, fuoriesce della luce.

A Nick ricorda la strada in cui ha combattuto contro Axl, mentre Ivan pensa che sia molto simile alle stesse in cui veniva picchiato da Andrej e i suoi amici. Un tuono fa tremare l’aria, più forte del precedente.

“Si avvicinano…” pensa Masumi.

“Ora riesco a percepire meglio… Sento sei poteri diversi dai nostri…” sussurra Merag.

“SEI?!” chiede Ivan, sconvolto.

“Perfetto… che ansia…” dice Juniper.

“Pensavate che saremmo venuti impreparati, per caso?”

“Arihem vi ha visti e sa quanti siete. Non siamo così stupidi!”

Due voci con due toni differenti (uno maschile ed uno femminile) interrompono i giovani. Contemporaneamente, un fulmine dà più luce al luogo per un breve istante, seguito, quasi in contemporanea, da un rimbombo spaccatimpani. Quel piccolo bagliore rivela la figura di due ragazzi. Poco dopo, un’altra voce femminile li spinge a voltarsi.

“Che sciocchi!”

Ivan realizza subito chi è la ragazza che ha parlato.

“Peggio di una malattia, Bella.” dice, scocciato. Lei gli rivolge un’occhiata sprezzante. Dietro di lei c’è un altro servitore.

“Bene, ora possiamo iniziare!” dice quel tipo, con fare stranamente allegro. “Ci divertiremo tanto a rompervi le ossa, infilzarvi ripetutamente…”

Nick ed Elise evocano le loro armi, pronti ad attaccare. Gli altri si preparano.

“Che ne dite di un quattro contro due?” propone l’altra ragazza. “Vi conviene, visto che siete rimasti soltanto in otto…”

“Come?” chiede Durbe, voltandosi immediatamente. In effetti, dei dodici, mancano Nasch, Misael, Nathan e Masumi.

“Dove sono? Cosa gli avete fatto?” domanda Elise minacciosa, posizionando una freccia sulla corda e preparandosi a scagliarla su uno dei quattro nemici che, nel frattempo, si sono allineati di fronte ai ragazzi.

“Oh, state tranquilli… Sono stati portati a lottare da un’altra parte…” parla Bella. “Stanno combattendo contro due dei nostri e sono ancora vivi… Forse!”

La sonora risata della servitrice è qualcosa che la francese non riesce a sopportare; per questo scocca una freccia in direzione di quella ragazza odiosa, che la schiva spostandosi leggermente a destra.

“Oh, che maleducata…” commenta in seguito.

“Elise, non darle corda…” suggerisce Ivan. “È fatta così…”

“È insopportabile!” ringhia lei.

“Avrai l’occasione di scaricare il tuo nervosismo, se non con lei, con me o con gli altri due.” dice il ragazzo accanto a Bella, mettendo le mani sulla nuca.

“A questo punto, direi che il quattro contro due va bene.” dice Juniper.

“Ivan, vorrei finire lo scontro iniziato con te tempo fa…” dice Bella al Mezzo-Bariano russo.

“E vorrei confrontarmi anche io con te, maledetta smorfiosa!” esclama Elise, determinata.

“Durbe, tocca anche a noi!” esclama Gilag.

“Io e Juniper prenderemo gli altri!” afferma Nick, sostenuto dalla sorella gemella di Nathan.

“Bene…” sussurra il ragazzo che dovrà combattere contro di lui.

“Voi seguiteci! Ci dividiamo!” dice la servitrice bionda.

 
Pov: Nathan

Apro improvvisamente gli occhi. Non vedo nulla. Sento qualcosa sotto di me particolarmente ruvido, come erba secca. C’è qualcosa di strano: prima ero con i miei amici. Dove saranno in questo momento?

“Juniper! Nasch! Ragazzi, dove siete?!” provo a chiamarli ad alta voce più volte.

“N… Nath… an…” sussurra una voce femminile, debolmente. È Masumi.

“Masumi, dove ti trovi?” le chiedo. Lei, in risposta, usa il suo potere che, per un attimo, illumina il suo volto e mi fa capire dove andare. Arrivato vicino a lei, la aiuto ad alzarsi.

“Tutto bene?” le domando.

“Si… ma come ci siamo finiti qui?”

“Bella domanda… Se solo sapessi cosa è successo…” rispondo sinceramente. Il buio non mi aiuta affatto.

“Siete pronti a combattere?”

“E tu chi sei?” domanda Masumi, usando di nuovo un po’ del suo fuoco per fare luce. Davanti a noi ci sono due ragazzi: il primo ha i capelli stranamente viola e lisci, appiccicati sulla testa, gli occhi scuri e penetranti ed un viso giovane, con qualche brufolo sulle guance, mentre l’altro, un po’ più basso, porta i capelli scuri, gli occhi dalle pupille quasi rosse e la pelle pallida quanto un fantasma.

“Credo proprio che possiate arrivarci da soli. Ma ci presentiamo: io sono Damon.” dice il ragazzo dagli occhi cremisi. “E lui è Byron.”

“Siamo due servitori di Arihem!” conclude l’altro.

“Lo sapevo…” dice Masumi in risposta. Non si mette bene… Dove sono tutti gli altri?

“Dunque, volete combattere?” domanda Damon, scaldandosi i pugni.

Poco dopo, la luce emanata dalla giapponese si spegne e rimaniamo completamente al buio. La sento lamentarsi, ma non riesco a capire cosa le sia successo. Qualcosa mi colpisce una spalla, qualcosa che brucia parecchio, d’istinto ci poggio la mano sopra, però il dolore è troppo forte persino per sfiorare la ferita. Ne arriva un altro sul mento, così potente da sollevarmi leggermente da terra. Cado al suolo. Non riesco a muovere la mandibola.
“Ahi!” esclama Masumi, in contemporanea con un suono un po’ ovattato. Forse sono io che ci sento poco a causa della botta.

“Debolucci…” dice Byron, un po’ irritato. “Pensavo di dovermi impegnare di più…”

“Infatti così sarà!”

È arrivato qualcun altro. Nasch. Con la cosa dell’occhio noto una leggera luce. Si avvicina a me.

“Stai bene?” domanda, accovacciandosi. Sento Byron gemere dal dolore. Forse Masumi lo ha colpito. Indico la bocca e la spalla con una mano. Lui mi poggia il palmo sul muso e poco a poco inizio a sentire sempre meno dolore. Non fa in tempo a curarmi del tutto, però, perché Damon lo colpisce con una gamba, ma il Bariano riesce a difendersi da quel calcio, fermandolo con il braccio. Mi rialzo senza poggiare troppo l’arto dolorante a terra.

“Non vedo niente…” dico piano. A differenza degli altri, i miei attacchi non sono luminosi. Da quando ho iniziato ad allenarmi, quelle sfere di luce che riuscivo a lanciare si sono convertite in acqua.

Noto che un piccolo sprazzo di luce azzurra cerca di colpire un servitore (credo Byron) e subito dopo un altro lo prende in  pieno. Nasch, frattanto, attacca Damon e Misael aiuta Masumi.

“Ugh…” fa Byron. “Adesso facciamo sul serio!”

“Si, dai, fai sul serio…” lo schernisce la giapponese.

“Che diavolo sta… sto volando!”

Non vedo nulla. Sento solo la voce di Misael, in panico.

“Diamine, anche io!” fa Nasch.

All’improvviso vedo un raggio di colore rossastro sparato verso l’alto. Noto, in questa luce, le sagome dei due Bariani, molto in alto.

“AAAAAARGH!!” urlano entrambi. Quando quella colona cremisi sparisce, si ode un tonfo. Hanno fatto una caduta rovinosa. Spero stiano bene!

“Vi è piaciuto il mio attacco demoniaco? HAHAHA!!” li prende in giro Damon. Bastardo!

“Misael!” esclama Masumi. Getta a terra una fiammata e dell’erba secca si brucia ed alimenta il calore e la luce. Finalmente riesco a vedere bene!

“Ehi, come mai tu non stai facendo nulla?” mi chiede Byron, lanciandomi addosso delle pietre che fluttuano, evidentemente controllate da lui, che riesco ad intrappolare dentro uno scudo d’acqua. Credo di aver capito cosa sia successo ai nostri due amici: il tipo dai capelli viola li ha sollevati in aria, mentre Damon li ha colpiti con quello strano laser. Masumi riesce a colpire il servitore cadaverico, graffiandogli il braccio destro.

“Gh… Maledizione!” impreca, per poi colpirla con un pugno sulla tempia, che lei tenta di evitare senza successo. Si inginocchia per il dolore. Il suo nemico si avvicina ancora a lei per attaccarla ancora. Devo aiutarla!

“Prendi questo!” dico, scagliando lo scudo d’acqua su Damon e facendolo allontanare da lei. Nel mentre, i due Bariani si sono ripresi e il biondo va ad aiutare la giapponese, chiedendole come sta.

“Mi gira un po’ la testa…” risponde, con una mano sul punto colpito.

Mentre schivo attacchi da Byron e aiuto Nasch, qualcosa di molto caldo arriva sulla mia nuca. L’impatto è molto forte, così tanto che abbasso la testa per un attimo: ciò, però, mi permette di non prendere un calcio alto da quel servitore.

“Oh, cavolo! Nathan, scusami!” si scusa Masumi. A quanto pare è stata lei.

“Ma tu guarda… Colpisci anche i tuoi alleati!” la umilia Damon, rialzandosi.

“Sta… zitto…” gli ordina, lanciando un altro attacco. Credo che fosse indirizzato a Damon, ma lo stordimento causato da quel pugno non aiuta. In compenso, prende in pieno Byron.

“Cazzo…” si lamenta il diretto interessato.

“Ehi, sono qui!” continua a provocarla il ragazzo dagli occhi rossi.

Misael prova a convincerla che, nelle condizioni in cui si trova, potrebbe commettere errori, ma non viene ascoltato. Un altro colpo arriva verso di me, velocissimo. Sento di non riuscire a proteggermi da questo. Mi limito a chiudere gli occhi e posizionare le mani davanti a me…

… e non mi succede nulla.

“Che caso fortuito!” dice il servitore che ha sollevato i Bariani, ironicamente. Noto cos’è successo: come con Byron, la fiamma lanciata da Masumi è stata risucchiata dentro una palla d’acqua.

“Nathan, non restare a guardare!” mi incita Nasch, calciando il servitore “psichico” e trattenendolo. “Colpiscilo!”

“Ma così prenderò anche t-” gli dico io, ma lui mi interrompe guardandomi male. “Uff, va bene…”

Getto questa “bomba” addosso al servitore, mentre Nasch si scansa all’ultimo. Essa esplode, spedendo il nemico a terra. Sembra che sia stato colpito bene, che ciò possa svantaggiarlo. Ma è ancora presto per dirlo! Dobbiamo continuare!

 
Angolo autrice

Ehm, dunque… Ho fatto più tardi del solito….

Spero che possiate perdonarmi! Soprattutto dopo aver visto la copertina della storia!! (purtroppo devo ancora vedere un modo per metterla... se qualcuno mi può dare una mano me lo scriva in privato o in recensione xD)

Vi lascio con un: “Giuro solennemente di impegnarmi per fare uscire il prossimo capitolo il prima possibile!”

Alla prossima!

eli8600

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Capitolo 25
*** 24: Skeleton Wings ***


Pov: Masumi

Vedo che Byron è stato colpito. Prima mi sono lasciata andare un po’ troppo e ho rischiato di fare molto male a Nathan. Continuo a sentire un forte dolore alla testa, anche se il capogiro è passato ed ora vedo bene. Con un movimento fulmineo cerco di danneggiare il servitore dai capelli viola con una fiammata argentea, che lo avvolge come se attorno a lui ci fosse uno scudo trasparente. Intanto Misael e Nathan mi coprono le spalle, attaccando Damon.

“Troppo lenti…” dice il servitore, gettando con forza le mani sul terreno. “Credo proprio che sia il caso di chiamare i miei amici. Sapete, anche loro vorrebbero divertirsi…”

Ritraendo le mani, compaiono due mostri strani. Sono neri e sembrano fatti di un liquido denso ed appiccicoso, senza occhi e con denti ed unghie affilati, quasi color avorio. Sembrano piuttosto gracili, ma io mi metto in guardia lo stesso.

“Nasch! Sono gli stessi del nostro primo incontro!” esclama il ragazzo rosso, allarmato. Quindi dovrebbe sapere come affrontarli…

“Oh, vedo che l’hai capito! Ero io ad avervi attaccato quella volta; da lì ho anche avuto la conferma che tu e tua sorella siete Mezzi-Bariani.” dice Damon, altezzoso. “Indovinate perché mi chiamo così… Si legge demon, demone.”

“Certo che Arihem ti ha dotato di un potere fatto apposta per farci un gioco di parole con il tuo appellativo…” sostengo, dando un pugno lucente ad una delle due creature, che cade a terra e si rialza molto lentamente. “Che simpatico…”

“Ehi, attenta a quello che sputi dalla tua bocca!” dice Byron nervoso, cingendomi con forza il collo. Per fortuna, Nasch lo spinge via.

Nathan non è per niente insicuro. Magari è perché si è già ritrovato in questa situazione.

“Ben ritrovati…” ghigna, preparando due palle d’acqua nelle mani. Intanto, Damon lo guarda compiaciuto, lasciandosi sfuggire una risatina inquietante.

“Ecco, l’altra volta te la sei cavata…” dice Damon, con lo sguardo basso.

Il ragazzo americano scaglia i suoi attacchi su entrambi i mostri melmosi, creando un buco dentro il loro petto che si rimargina subito. Tutti e due non danno segni di cedimento.

“MA…” si stupisce Nathan.

“E perché ora non ci sei riuscito?” domanda il servitore, rialzando lo sguardo. I suoi demoni si avvicinano pericolosamente, così li percuoto con un po’ di fuoco. Stavolta, sembra che abbia funzionato: arretrano leggermente e producono suoni fastidiosi, simili ad urla ma più acute.

“Forse ho capito…” dice Nasch, attirando l’attenzione del suo protetto. “Quella volta non avevi ancora iniziato l’allenamento, per questo non sapevi usare l’acqua, bensì sfere di luce. Quei mostri sono sensibili a tutto ciò che è luminoso.”

“Per questo motivo ho potuto evocarli. Quel giorno era nuvoloso, il sole non era ben visibile. Vi sembra strano il fatto che, anche se c’è molta luce, essi sopravvivano? Guardatevi intorno, osservate quanto sia buio questo posto nonostante queste fiamme. Sembra un cielo che ha una sola stella, no? Inoltre, io mi sono potenziato, e loro con me! Sarà più difficile di quella volta fortunata!” spiega Damon, prima di indicarci. “Attaccateli… e massacrateli…”

Come una forte folata di vento, qualcosa mi spinge a terra e, poco prima di sfiorare il suolo, ricevo un due colpi, come pugni: uno in testa e l’altro sul petto. Forse sono stati quegli esseri melmosi. E… ARGH! Ecco che ritorna il dolore atroce alla tempia. Chiudo gli occhi, mentre il mio udito avverte diversi rumori: i ruggiti dei mostri, le risate di Damon… e le urla di Nathan, che mi spingono a riaprire le palpebre per capire cosa è successo. Quella visione è… terrificante. Lui è disteso a terra, con una mano si tiene lo stomaco, dal quale esce sangue, mentre Byron ha una mano tesa su di lui. Lo sta torturando con i suoi poteri! Con la coda dell’occhio noto che uno dei mostri sta per attaccarmi, così mi sposto velocemente di lato, rotolando, per poi alzarmi e dirigermi da Byron. La tempia mi fa così male che quasi non mi reggo in piedi, ma non importa! Devo aiutare il mio amico! Mi getto su Byron e finiamo entrambi sul terreno.

“L… lurida troia…” sussurra Byron, nervoso. Poco prima che io riesca a colpirlo grazie ad una fiamma che parte dalla mia mano, mi sento come immobilizzata.

“Volevi colpirmi, eh? Peccato…” dice, stringendo la mano in un pugno. Come le dita si chiudono, mi sento venir meno. Sembra che qualunque parte del mio corpo stia ricevendo vari colpi dall’interno. Digrigno i denti e cerco di resistere. Fa malissimo!

“Masumi!” esclama Misael, avvicinandosi a Byron, ma fermato da Damon. Non sento più dolore… cosa è successo? Sono ancora a terra e vedo che il servitore dai capelli viola viene sollevato in aria, per poi venir buttato nuovamente giù, quasi senza vita. Dalla nuca cola un liquido rosso.

“Porca miseria, Byron!” esclama Damon, furioso. Misael gli tira una gomitata e lui molla la presa, cadendo in ginocchio e tenendosi la pancia. Il Bariano viene a soccorrermi.

“Ahi…” sussurra mentre mi aiuta a rialzarmi. “Potevi farlo prima, Nasch…”

“Damon era impegnato a trattenerti, ho approfittato della distrazione di Byron per tagliargli la carotide…” risponde Nasch, allontanando i mostri del demone con dei dischi luminosi. I due si accasciano, deboli, fino a sparire del tutto.

“Ca… carotide?” chiede Misael. A quanto pare non sa molto sul corpo umano.

“Sarebbe la vena principale…” spiego, poi sposto lo sguardo verso Nathan: è ancora sdraiato, molto sofferente.

“U…gh…” si lamenta Byron. È ancora vivo, ma non per molto.

“Cavolo, avete sconfitto Byron… e anche i miei mostri…” sussurra Damon. Nelle sue parole si avverte un gran nervosismo.

“Sei rimasto solo, maledetto servitore!” esclama Misael. “Ora te la faremo pagare per tutti i dolori che ci hai inflitto!”

“Provateci!” ci sfida lui. I due Bariani lo attaccano, mentre io mi stendo a terra, a pancia in su. La testa fa sempre più male, accidenti! Cerco però di non pensarci: lo scontro ormai è finito, ne siamo usciti vincitori, quindi mi godo questo piccolissimo e meritato riposo. Poco distante da dove mi trovo c’è Nathan, che mi sorride trionfante per poi fare una piccola smorfia di dolore. intanto, le fiamme che ho sprigionato per fare luce si stanno affievolendo sempre di più.

“Prendi questo!” sento dire da Nasch. Poi però…

“Ma… cosa diavolo…” si chiede Misael, sconvolto. Mi metto a sedere osservando la situazione e… dove è andato a finire il servitore demoniaco?

“Dove sei, bastardo?!” domanda Nasch, arrabbiato. “Acci… dobbiamo trovarlo o…”

Qualcosa va a tutta velocità al di sopra della mia testa e va a schiantarsi. Mi volto e…

“Porca… troia…” impreca Damon. Cerco di ricostruire: lui mi stava per attaccare ma è stato colpito da qualcosa. È zuppo d’acqua… Ma allora…

“Nathan!” esclama Misael, contento. Mi ha salvata…

“Hai finito di servire quel pezzo di merda di Arihem!” dice Nasch, colpendolo con un raggio di luce che lo converte in melma nera, come successe con Alice quando io ed Elise la sconfiggemmo. Anche Byron è sparito.

“Abbiamo… vinto?” domanda Nathan debolmente. Nasch si avvicina a lui per provare a curarlo, mentre il fuoco si spegne. Giusto in tempo!

Tiro fuori il telefono dalla tasca e provo a chiamare Elise. Nessuna riposta. Magari Ivan risponde…
 
niente.

Provo a contattare tutti, ma nessuno accetta la chiamata.

“Spero che stiano bene…” sussurro a Misael, osservando il vuoto. È tutto buio, non si riesce a capire dove cielo e terra si dividono. Non c’è differenza neppure quando chiudo gli occhi e mi addormento, preda del gran dolore alla tempia.
 

Pov: Ivan

“Voi… venite con noi!” dice il ragazzo vicino a Bella. Io, Elise, Gilag e Durbe li seguiamo, molto vicini a loro. Il tizio è alto, ha riccioli castani lunghi fino alla nuca e occhi chiari, non riesco a capire di che colore siano. Indossa abiti normalissimi.

“A proposito, scusatemi. Non mi sono presentato. Mi chiamo Cale!”

A quel punto ci tende la mano, ma nessuno la stringe.

“Che simpatici…” commenta.

“Dove ci state portando?” chiede Durbe, sospettoso.

“Tranquillo, nessuno di noi sarà avvantaggiato. E, se proprio volete saperlo… no, userò il mio potere più forte SOLO come ultima risorsa.” risponde  Bella.

“Io non mi fiderei…” mi sussurra Gilag.

Non ci mettiamo tanto tempo ad arrivare dentro un edificio abbandonato, dove, per terra, si possono trovare tutte le schifezze possibili ed immaginabili: barili arrugginiti, mozziconi di sigarette e siringhe usate. Che schifo!

“Tutto bene, Ivan?” mi domanda Durbe, forse perché ha notato la mia faccia disgustata. Io annuisco in risposta.

“Beh, direi che… è stato bello accompagnarvi qui!” dice il compagno di Bella.

“Allora stampatevelo bene in testa…” mormora Elise, tirando fuori l’arco. “Sarà il vostro ultimo ricordo!”

“O il VOSTRO?” ribatte Bella, mentre delle ali scheletriche spuntano sulla sua schiena. Trasformo le mie mani in roccia, cosa che sono riuscito a fare dopo tanti duri allenamenti.

“Iniziamo a divertirci!” esclama Cale, dando inizio alla battaglia. Ci lancia contro una specie di fulmine, che frizza nell’aria. Per schivarlo, il nostro gruppo si divide a metà: da una parte io e Durbe, dall’altra Elise e Gilag. La mia amica prova a ferire Bella con una freccia, ma la servitrice, in volo, la scaraventa di lato con un colpo d’ala. Io, intanto, appoggiato da Durbe, prendo a pugni Cale, mentre il Bariano lo colpisce a distanza con dischi dorati. Preso dalla confusione, il servitore schiva qualche colpo, ma non tutti.

“Ah… Non male come strategia! I miei complimenti!” dice. Lo ringrazio in tono ironico.

Il servitore si avvolge in un turbine luccicante e corre verso di noi. Il Bariano di Elise gli tira addosso una lancia fatta di luce, fermandolo. Il tornado attorno a lui, però, continua a girare.

“Conosco le tue mosse, Cale!” afferma Durbe. “Ci siamo già incontrati. Ricordi?”

“Oh, si, infatti mi ricordavi qualcuno. Già, prima che quella ragazza morisse per mano nostra… E il potere di quel Thomas è passato a lei, eh?” risponde Cale, indicando Elise, che cerca di prendere in pieno Bella, aiutata da Gilag, mentre schiva delle sfere di uno strano materiale bianco, solido,  e resiste ai colpi di vento generati dallo sbattere di ali.

“Cosa intenderesti, scusa? Che lei non è all’altezza?” domanda il Bariano con gli occhiali, assottigliando lo sguardo.

“Oh, no, anzi… Se non fosse stata una nemica le avrei chiesto di uscire insieme…” dice il ragazzo, tranquillamente. Oddio… Ma è serio oppure ci sta prendendo in giro? Davvero dice queste cose tranquillamente, come se fosse un nostro conoscente? È stupido o cosa? Sento Durbe digrignare i denti.

“Fai meno complimenti e passa all’azione, servitore!” esclamo, creando una palla di roccia e scagliandogliela contro. Come prevedibile, si rompe senza ferirlo minimamente.

“Oh, chiedo scusa… Mi ero distratto!” si scusa lui. Che tipo strano! Non dà segni di ironia in quello che dice.

Di sfuggita, noto che Elise si è riparata dietro alcuni barili, aspettando il momento giusto per scoccare una freccia, mentre Gilag prova ad afferrare Bella e tirarla giù, riuscendo però solo a sfiorarla e ricevere uno degli attacchi di lei sul petto. Approfittando della distrazione della ragazza, la francese si sporge e scaglia tre frecce su di lei. Purtroppo non mette abbastanza forza e i dardi cadono poco lontano da dove si trova Bella, che, accorgendosene, tira una sfera su quei barili. Quei contenitori vuoti, per l’impatto, si sollevano leggermente e colpiscono Elise.

“Elise! Stai bene?” le chiede Durbe, preoccupato, poco dopo aver lanciato dei dischi dorati al servitore. Io mi chiedo come facciano ad oltrepassare quella barriera fulminante.

“Ahi… Si, sto bene! Non preoccuparti!” risponde Elise, rassicurandoci sulle sue condizioni, mentre si rialza e scocca un’altra freccia.

“Gh…” dice Cale, sorridendo, con una smorfia di dolore dovuta agli attacchi del Bariano. Intanto Gilag solleva uno dei barili e lo tira a Bella, che viene colpita, ma continua a volare come se niente fosse.

“Accidenti!” esclama lui, infastidito per la non riuscita della sua azione.

“Ma adesso… Vediamo se schivate questo!” ci sfida Cale. Con una mano spinge un po’ dei suoi fulmini addosso a noi due, che, non avendo il tempo di proteggerci, finiamo a terra elettrizzati da quelle scosse.

 
Angolo Autrice

Ce l’ho fatta! Ho aggiornato quando avevo previsto!! :D

Ehm, ehm… Dunque, prima di salutarvi, però, volevo dirvi due piccole cose. Parto dalla più “brutta”:
  1. Sicuramente, notando che fine del cavolo che ha fatto Byron, avrete detto “Ma Nasch può fare questo e non l’ha mai fatto prima?” oppure “Ma è morto così facilmente?” e taaaaanto altro. Sapete cosa vi dico? AVETE RAGIONE! Che cavolo di idea è mai questa? Il fatto è che volevo portarvi oggi questo capitolo per il motivo che leggerete sotto… Non rimarrà per sempre così, però! Dunque, saranno due le cose: o cambierò questo capitolo nel punto in cui Byron ci fa ciao ciao oppure… beh, un’altra cosa… Non vi spoilero, devo decidere tra queste due eventualità! B)
  2. - Esattamente un anno fa pubblicavo il prologo di questa fanfiction e mi ricordo di quanto mi sentivo soddisfatta sia per aver cambiato stile di scrittura (basta guardare la prima long che ho scritto, però non ve la pubblicizzo perché, credetemi, FA DAVVERO SCHIFO!) sia perché per quel prologo e per i primi capitoli mi arrivarono un casino di recensioni TUTTE POSITIVE!  E quindi niente, ero davvero contenta. Cioè, lo sono tutt’ora, perché, nonostante aggiorno una volta al mese (che, per sole 2000 parole è tantissimo, e ne ho avuto la conferma scrivendo in due ore consecutive, senza sosta, 800 parole), continuo a scrivere perché mi piace :3 E quest’estate cercherò di impegnarmi di più. Non ve lo prometto, ma lo spero. Sarebbe una bella soddisfazione diminuire i tempi di pubblicazione! ^^Quindi, ricapitolando, in questi giorni cercherò di trovare una fine più degna per Byron, primo. Secondo, grazie a tutti per le recensioni che lasciate, grazie a chi mette le storie tra le preferite, seguite, ricordate ecc.
E, last but not least, mi sono resa conto di essere leggermente cattivella con il mio amico CyberFinalAvatar. Prima cosa, non recensisco mai con regolarità la sua storia (xD). Seconda cosa, non vi ho mai consigliato le sue storie! Che persona di cacca che sono… Coooomunque, ha scritto tante storie, ma se siete più familiari con i duelli e quindi con Yu-Gi-Oh!, vi piaceranno sicuramente  le sue due storie, Psycho Reborn (non so nemmeno se ho scritto bene il titolo xD) e il suo sequel, Saigono Teki, che è quasi giunto alla fine, quindi AFFRETTATEVI! (no, scherzo, basta che ci andate :’)

Finalmente posso dirlo: ci vediamo al prossimo capitolo! :3

eli8600

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Capitolo 26
*** 25: It hurts itself in his confusion! ***


POV: Nick

Una leggera brezza soffia, mentre i tuoni si sentono sempre più lontani. Di fronte a noi, i due servitori osservano i nostri amici (Ivan, Elise e i loro Bariani) allontanarsi con i loro avversari. Spero vivamente che se la cavino. Tre preoccupazioni mi affliggono: quella per Nathan e Masumi, poiché non sappiamo dove si trovano e se stanno bene; quella per i ragazzi che proprio ora stanno per scontrarsi; quella noi due.

“A… allora…” dice Juniper, irrequieta. “Ci portate nel luogo dello scontro?”

“Non dovremo fare altri passi, ci siamo già.” risponde il ragazzo. Qui?! Non è che questa sia una strada dove non passa nessuno…

“I vostri nomi…” ordina Merag. Anche lei sembra leggermente intimorita.

“Uhm, non sono poi così utili, dopotutto… Ma ve li diciamo ugualmente: io sono Samantha, ma preferisco “Sam”, mentre lui è Matt.”
Sam sembra un’adolescente. Ha i capelli biondi, lunghi fino a metà schiena e legati in una coda di cavallo bassa, occhi grigi e lentiggini sotto gli occhi e sul naso. Indossa una canotta nera dalle bretelle sottili, degli shorts chiari, scarpe da ginnastica nere e bracciali all’altezza del gomito. Matt, invece, è castano e porta un taglio corto e spettinato, ha occhi scuri protetti da un paio di occhiali da vista quadrati. Anche lui è vestito normalmente: felpa blu con cerniera aperta, maglietta bianca, pantalone largo blu scuro e scarpe basse.

“Mi pare di aver già sentito quel nome, servitrice. Ma non ricordo dove… In ogni caso, non vedo nessun motivo per attendere oltre…” sostiene Merag.

“Beh, allora…” dice la ragazza, materializzando un’arma: un’ascia! Ha il manico di legno, con degli intarsi colorati che brillano, mentre la lama è normale. Anche Matt si prepara, tirando fuori una spada meno dettagliata dell’ascia usata da Sam, con l’elsa dorata e la lama lucente.

Vedo Sam dirigersi verso di me, così mi preparo a difendermi con i miei anelli. Arriva poco distante da me e… cambia improvvisamente direzione. Si dirige verso Merag, caricando l’ascia. La distanza tra le due è poca, sembra che per la Bariana non ci sia molto tempo per riuscire a proteggersi. Cerco di rallentare la servitrice con uno dei miei cerchi, ma la manco. Anche Juniper, vedendola avvicinarsi pericolosamente, crea un muro di ghiaccio, ma non fa in tempo a sollevarsi che Sam è già passata. Merag verrà ferita, me lo sento…

“Argh, accidenti!” impreca la servitrice, vedendo che il suo colpo non è andato a segno: Vector, poco prima che la lama sfiorasse la sorella di Nasch, ha usato la sua forma Bariana, ha preso il volo e l’ha afferrata per i fianchi, ponendosi in alto. Intanto, Matt viene lentamente verso di me ed io mi metto sulla difensiva, parando davanti a me, con la mano destra, un anello, mentre l’altra mano regge gli altri due.

“Grazie, ma sapevo cavarmela!” sento dire da Merag. Il Bariano alato risponde con una risatina di scherno.

Il servitore, con un fendente, attacca. Io riesco a pararlo, ma lui continua ad esercitare pressione sull’anello che separa la sua arma da me. Faccio forza con entrambe le mani e cerco di respingerlo. Lui, però, è più potente di me. Le mie braccia cedono e Matt porta la spada in alto, preparandosi a tagliarmi in due. Ma riesco a salvarmi grazie a Juniper, che tira delle schegge fredde al mio avversario, che, distraendosi un attimo, per poco non gli tagliavo via un braccio.

“Ok… haha… cavolo…” ride nervosamente lui. “Me la sono vista davvero brutta.”

Intanto, l’ascia di Sam finisce a terra, poco distante da me. Qualcuno, forse Merag, deve averla deviata, la proprietaria corre verso di essa, nel tentativo di riprenderla.

“Non ce la farai!” esclama la gemella di Nathan, poggiando le mani al suolo e ghiacciandolo, rendendolo scivoloso. La servitrice, infatti, cade a terra, rischiando di farsi male poiché vicinissima alla sua arma. Nel mentre, Vector e Merag tornano giù.

“Ugh, che botta…” si lamenta Sam, in ginocchio, mentre si massaggia il naso. È caduta di faccia.

“Se per te questo fa male, figuriamoci quando userò meglio i miei poteri su di te!” dice Juniper, beffarda. Subito dopo, Matt la colpisce, ma lei riesce a parare… con la mano?

“Ma… come hai fatto a non tagliarti?” si stupisce il servitore, tirando la lama verso di sé. “E perché non riesco a staccarla?”

In effetti, sembra che la spada si sia conficcata nell’arto, ma sul volto della Mezza-Bariana non c’è nessuna espressione che indica dolore. Inoltre, non ha ritratto il braccio, gesto involontario che compiamo quando ci facciamo male.

“Ho creato uno strato di ghiaccio sulla mia mano, durissimo. Ho fatto in modo che si sciogliesse leggermente, così da diventare un po’ liquido. Appena la tua arma mi ha toccato, l’ho ricongelato all’istante. Per questo la lama si è incastrata…” spiega.

“Che furba… Ma posso sempre sfruttare la cosa a mio favore…” dice Matt, strattonando con forza la spada, verso di sé. Forse voleva avvicinare Juniper e colpirla con un pugno o un calcio. Ma non riesce perché, tirando, la spada si stacca e se la dà in testa, provocandosi un piccolo taglietto sulla fronte.

“Anche io!” lo prende in giro lei. “Perché ti colpisci da solo? Sei confuso?”

“Che bastarda…” commenta Sam, assistendo alla scena. È occupata a vedere cosa è successo! È la mia occasione! Le lancio un cerchio…

… ma lei, quasi come se la sua ascia fosse una mazza da baseball, prendendo l’arma con entrambe le mani, devia il lancio.

“Ma…” dico, stranito da quella mossa.

“Cosa c’è? Mi credevi stupida, per caso?” mi domanda, puntandomi. Avrei dovuto prevedere una simile eventualità…

Tiro un altro cerchio, ma questo viene facilmente evitato. Ne resta solo uno nella mia mano. Cosa faccio? Attacco ancora o lo uso per proteggermi?

“Ora ti sistemo io!” dice lei, avvicinandosi a me. Alza l’ascia. A questo punto userò la mia ultima arma come scudo. Mi preparo ad assorbire questo colpo…

“Gh… la mia schiena…” dice, mettendosi una mano sulla spina dorsale. Rimane sconvolta quando si rende conto che c’è una ferita da cui esce sangue.

“Se non fossi stata stupida, avresti considerato il fatto che ci siamo anche noi due!” dice Vector, tenendo in mano uno dei due cerchi che erano caduti per terra.

“Ma allora… sei stato tu!” dice Sam, furente, rivolta verso il Bariano.

“Nick, prendi!” mi ordina Merag, che intanto ha recuperato l’altro anello di Masquerade e me lo ha lanciato.

 
POV: Ivan

Cadiamo a terra con un tonfo. Qualche piccolo fulmine ci circonda, scoppiettante, mentre tremiamo ancora, quasi paralizzati. Elise corre verso di noi, ma così facendo fa saltare la copertura che aveva. Infatti Bella se ne accorge.

"Eccoti! Non mi scappi!" dice ancora in volo, caricando un attacco somigliante ad una palla di cannone. Lei non si volta. Si farà malissimo!

"Eli… atten… ta…" la avverto, alzando un braccio verso di lei. Bella scaglia quella palla, ed Elise si gira all'ultimo…

…quando il colpo viene deviato da Gilag.

"Argh, che seccatore!" si lamenta la servitrice, calciando il Bariano e allontanandolo. 

"Gilag!" esclamo stupito.

"State bene, ragaz-"

Elise si interrompe subito e schiva con una capriola un fulmine di Cale.

"Ah, ci sei anche tu…" dice, per poi scoccargli contro una freccia, che evita con facilità. Cerco di rialzarmi. Il tremore è quasi scomparso. Durbe, invece, si rialza quasi subito una volta scomparso il dolore.

"Ugh… Mi ero quasi dimenticato questa sensazione…" dice lui.

"Tutto ok?" gli sussurra Elise. Sembra un po' preoccupata.

"Si, tranquilla…" le risponde. 

"Credimi, Durbe, mi sono trattenuto parecchio rispetto alla scorsa volta!" gli dice Cale, con un mezzo sorriso.

"Scorsa volta?" chiedo, mentre mi alzo e vado a vedere come sta Gilag. Si mette in piedi un po' barcollante, ma anche lui è a posto.

"Si, ma ne parleremo dopo. Non è il momento adesso…" ci risponde Durbe.

"Già, ora dobbiamo at- AAAARGH!!" 

Mi giro di scatto. Elise è in ginocchio. Stavolta non ha evitato il lampo e l'ha ricevuto in pieno petto.

"Eli!" esclama Durbe, inginocchiandosi vicino a lei e mettendole una mano sulla spalla, poi rivolge uno sguardo assassino verso Cale. "È sleale attaccare qualcuno mentre è distratto, bastardo!"

"Oh, ci sono delle regole? Non mi risulta…" gli risponde, con una voce a dir poco insopportabile. "E poi in ballo ci sono le nostre vite. Non dovreste distrarvi neppure un secondo, poiché non potremmo mai avere un minimo di pietà verso di voi. Il nostro scopo è distruggervi, quindi perché lasciarci sfuggire l'occasione di non sporcarci tanto le mani?"

"Non siete veri combattenti se cercate di vincere senza impegnarvi. Argh, ma che importa a voi?!" sibila il Bariano. "Voi siete solo degli stupidi che obbediscono agli ordini di una divinità!"

"Come ci hai chiamato?!" ruggisce il servitore, mentre il turbine attorno a lui gira più velocemente.

"Calmati, Cale… Te la prendi davvero per il commento di un Bariano?" dice Bella, incrociando le braccia. "Continuiamo!"

La ragazza scaglia delle lance appuntite verso di me. Alcune le schivo, altre le blocco con le mani, con così tanta forza da frantumarle. Elise, intanto, si è rialzata e prende la mira verso Cale, mentre Durbe carica una sfera luminosa su una mano. Gilag, invece, riesce a prendere Bella per una caviglia e scagliarla lontano, contro una colonna. Le sue ali la proteggono un po' dallo schianto. 

"Bravo, amico!" commento con una piccola risata. Dò un'occhiata all'altro servitore. Man mano che scaglia i suoi fulmini, il turbine attorno a lui si restringe e si concentra attorno alla sua vita. Sembra più vulnerabile alla testa. Mimo ad Eli di colpire sulla testa, ma appena lei mi rivolge lo sguardo, mi arriva un altro lampo.

"Non abbiamo bisogno di suggeritori!" dice Cale, con sguardo glaciale. "Te lo sei solo merit- AUCH!"

Si interrompe perché un disco argenteo gli arriva dritto in testa e lo taglia sulla fronte. 

"Questo è per quello che hai fatto prima ad Elise!" esclama Durbe. La ragazza in questione lo guarda, sorridente.

Il fastidio per quel colpo si può sopportare. Non è stato forte come il primissimo. Mi giro verso Bella e vedo che si è rimessa in piedi. In un attimo mi scaglia contro altre lance bianche, che riesco a schivare gettandomi a terra. Senza attendere un secondo in più, proiettili dello stesso colore tentano di perforarmi la pelle, senza successo. Ancora non demorde: prima che mi rialzi, la servitrice viene verso di me volando, facendo un po’ di fatica, siccome l’impatto con quella colonna ha causato delle piccole crepe nelle ossa che formano le ali. Apre la mano e dell’energia lattea converge sul palmo. Dopodiché, me la scaglia contro ma… vedo quella luce rimbalzare, come una palla su un muro, e tornare su di lei, colpendola. Cosa diavolo sarà successo?

“OUCH!” geme lei, tornando sul suolo, atterrata di schiena. Non ci penso troppo, mi rialzo e, approfittando dell’attimo la colpisco, mentre è ancora a terra, con un pugno. Il primo lo incassa, il secondo lo blocca con una sfera bianca, che appena viene toccata dal mio gancio destro si rompe in tanti pezzi. Ed è così per il terzo, il quarto, il quinto… a quel punto rotola di lato e si solleva in aria. Velocissima, forma altre sfere più piccole delle altre e le tira tutte contro di me. Qui non ho il tempo per attaccare, quindi mi proteggo e frantumo quelle palle.

“Ehi, cosa c’è?” ride lei derisoria.  “Ti vedo un po’ in difficoltà… HAHAHAHAHA!”

Intorno a me, tanti frammenti, alcuni più piccoli ed altri più grandi, di quello strano materiale continuano ad ammucchiarsi in piccole montagne.
“Prima o poi riuscirò ad intrappolarti dentro quei frammenti!” esclama Bella. “Questa scarica non finirà…”

E invece è costretta ad interrompersi. Qualcosa di luccicante si pianta nel suo fianco e lei, d’istinto, ci poggia entrambe le mani, emettendo un piccolo verso di dolore. È una freccia! Elise si trova poco lontano si tiene il braccio, colpito dal fulmine di Cale.

“Ugh…” si lamenta lei, incoccando velocemente un’altra freccia, infischiandosene del fastidio che le dà l’arto, e tirandola contro la servitrice bionda, che stavolta la schiva. Intanto io mi sposto da quella catena montuosa fatta di… osso? Chi lo sa…

“Accidenti… Beh, è arrivato il momento giusto…” dice lei, staccandosi il dardo dalla pelle. E dopo, i suoi occhi… OH NO!

“NON GUARDATE!” urlo, coprendomi velocemente gli occhi con le mani e girandomi di lato. L’ha fatto! Non ci posso credere… non era in gigantesca difficoltà, perché ha anticipato la sua mossa più efficace?! Quando mi accorgo che il buio dato dai miei occhi chiusi diventa ancora più nero, mi rendo conto che forse ha terminato. Apro gli occhi. Chi avrà preso? Gilag, Durbe… Elise? No, nessuno. Sono tutti perfettamente svegli! Eppure dev’essere cambiato qualcosa. Noto un sorriso sadico sul volto di Bella. E osservo meglio le facce dei miei amici. Sembrano molto irrequieti, stanno osservando un punto preciso, dietro di me. Allora mi giro e…



…avrei preferito non farlo…

 
 
Angolo Autrice

Sono una persona cattiva! Non solo vi ho fatto aspettare anni per l’uscita di questo capitolo, ma è anche terminato con un odioso CLIFFANGER!! Argh, scusatemi, sono un esempio da non seguire T.T

In compenso, questa volta è uscito fuori un po’ più lungo il capitolo, non trovate? ^^

Beh, vi lascio ora che ho da fare, ci vediamo alla prossima!!

P.S. Si, il titolo del capitolo è riferito a quando Matt si colpisce da solo. Ed è la traduzione di “è così confuso da colpirsi da solo” xD

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Capitolo 27
*** 26: The killer ***


Pov: Elise

Ivan si gira, rendendosi conto di quello che ci ha scioccato. È uno scheletro, ma non uno di quelli ad altezza uomo. È alto quasi quanto il soffitto e ha denti aguzzi. Osserva il mio amico minaccioso.

"Ora capisci perchè ti ho fatto rompere tutte quelle ossa?" gli chiede Bella, sghignazzando.

"Erano ossa?!" domanda lui, impaurito. Quell'essere solleva un pugno e subito colpisce il terreno, proprio dove si trova Ivan, che si sposta velocemente. L'impatto causa un leggero tremore e una crepa in quel punto del pavimento.

"Acci… dobbiamo attaccare!" esclama Gilag, correndo verso quel mostro e tirandogli un pugno sul femore, rompendolo.

"Ma allora non è così difficile distruggerlo!" esclamo. E se quello fosse un mezzo per distrarci? Quello scheletro sembra debole, ma ci sono anche i due servitori. L'essere inciampa, reggendosi con le braccia al suolo.

"Allora distruggiamolo!" ci incita Gilag, un po' più distante dal mostro. Io non voglio rischiare che, per una distrazione, ci attacchino.

"Vi copro le spalle!" dico a Durbe, che si avvia verso lo scheletro, mentre incocco una freccia. Il braccio trema, ancora dolorante dopo quel maledetto fulmine. Chi colpirò tra Bella e Cale? Bella non sembra davvero interessata ai ragazzi, anzi, li osserva sghignazzando. Cosa avrà in mente? Cale, invece, dopo aver tirato un po' dei suoi attacchi, ha il turbine di lampi concentrato attorno alla vita. Mi sa che ora è più vulnerabile alla testa. Eppure nemmeno a lui sembra importare tanto dei Bariani e di Ivan. Anche lui li guarda, seppur non nello stesso modo in cui li guarda la servitrice dalle ali scheletriche. Tiro una freccia a Cale, che si sposta leggermente per schivarla. Dannazione!

"Come mai non segui i tuoi amici?" mi dice Cale, prendendo il cerchio di fulmini, come se fossero solidi, e formando una sfera molto grande e luminosa.

"Non credere… che siamo così idioti…" ribatto debolmente, mentre mi reggo il braccio che brucia come se stesse andando a fuoco. Per un attimo mi era sembrato che Bella stesse venendo verso di me, in soccorso del suo compagno, ma si è solo mossa leggermente e continua ad osservare, silenziosa e apparentemente divertita, gli altri che hanno da fare con quello scheletro. Non se ne frega neppure dei suoi alleati?!

"Oh, figurati, non intendevo questo!" dice lui, con un mezzo sorriso.

"Menom-"

Vengo interrotta da un urlo. Immediatamente mi giro e… quel gigantesco ammasso di ossa è crollato a terra, distruggendosi, ma schiacciando Durbe e Gilag.

"Oh, no! Durbe!" esclamo, correndo velocemente da lui. "Ivan, mi aiuti a tirarli fuori?"

Lui accetta la proposta, iniziando a scavare tra le ossa. Il braccio di Gilag sporge dal cumulo, mentre Durbe è completamente sepolto. Il mio amico mi indica la sua probabile posizione ed io inizio a scavare. Devo tirarlo fuori! Faccio un grande sforzo per non urlare dal dolore mentre scavo e faccio forza con il mio braccio ferito. Improvvisamente qualcosa sfreccia a tutta velocità vicinissimo alla mia faccia. La sfera che Cale aveva formato! Per fortuna, in quel momento, mi ero spostata per scavare nel punto indicatomi da Ivan. In compenso, il colpo è finito sulla montagna di pezzi di ossa, spostando un grosso quantitativo di macerie.

"E…li…" mormora una voce.    
                                                       
"Durbe! Ora ti tiro fuori!" gli dico, spingendo via grandi pezzi. Riesco a vedere la sua mano. Gliela prendo per fargli capire che sono qui, che ora lo salvo. Gilag, invece, è quasi fuori.

"Che quadretto…" commenta Bella. Stronza! Prendo l'arco e una freccia e la attacco, ma ovviamente la schiva. Contrattaccherà? Non lo so, ora devo salvare Durbe.

Finalmente la sua testa spunta fuori e, tirato fuori l'altro braccio, cerca di "dissotterrare" le parti del corpo restanti.

"Caspita…" commenta.

"Stai bene?" gli chiedo, preoccupata. Dai suoi occhi strizzati sembra che stia provando dolore.

"Si… grazie per l'aiuto…" mi ringrazia, cercando di alzarsi in piedi. "Beh, ci siamo già tolti un ostacolo!"

"Almeno…" dice Ivan, aiutando il suo Bariano a sollevarsi.

Cale colpisce ancora e questa volta è Gilag a dover subire un attacco fulminante. Eppure non sembra tanto sofferente. Si piega su sè stesso, rimanendo in piedi, ma si riprende poco dopo. Il servitore si stupisce di quello che è appena successo, compiendo dei piccoli passi indietro.

"Oh, maledizione!" esclama, quasi mettendosi le mani nei capelli. Avrà esaurito il suo repertorio?

"Complimenti!" dice Bella, rimanendo in aria e battendo lentamente le mani, con un sorriso beffardo in volto. "Voi Bariani avete distrutto il mio animaletto!"
Che coraggio a chiamare quel coso un "animaletto"!

"Ora, però, nulla vi impedirà di combattere contro me e Cale!" continua. Ovvio, finora cosa ho fatto io?

"Oppure si?" domanda Cale. Quasi come se si fosse teletrasportato, sparisce. Non può essere tornato nel suo mondo, non credo che-

"AAARGH!"

Il suono della mia voce echeggia per tutto il piano dell'edificio, per poi essere interrotto dal rumore secco di qualcosa di poco fragile che si crepa. Non è solo questo che sento, sento anche qualcosa che si espande sulla mia schiena, qualcosa che avevo già provato. Si, quando Vector mi ha lanciato contro il muro e mi ha rotto la spina dorsale. Proprio quello. E poco dopo la botta sul dorso, arriva anche quella sulla spalla, che sbatte su qualcosa di duro. Ma cos'è successo?

"ELISE!" sento che mi chiamano. Apro gli occhi e posso ricostruire cos'è successo. Mi ritrovo sul pavimento dell'edificio, quindi dovrei aver fatto un volo e sbattuto contro una parete. Ma cosa mi ha spinto in questa maniera? È stato Cale o Bella?

"Elise, stai bene? Ti sei fatta molto male?" domanda preoccupato Durbe, avvicinatosi a me e provando ad alzarmi. Una piccola fitta mi percorre la colonna, ma riesco a mettermi a sedere. Forse non è così grave come sembra…

"Sto bene… credo…" rispondo. La prima volta che ho fatto un volo contro un muro sono svenuta. Ora che l'ho rifatto sono ancora cosciente. Intanto, noto che Ivan è riuscito a distruggere parte delle ali di Bella e Gilag sta tenendo Cale impegnato.

"Aspetta, ti curo un po'… Dove ti fa più male?" chiede. Gli indico la schiena e lui ci mette entrambe le mani sopra. Una sensazione piacevole sostituisce quella terribile del dolore. È così piacevole che mi addormenterei… No, non ci penso neanche!

"Ecco, spero che ora vada meglio. Ah, ti ho anche portato l'arco e la faretra. Quando sei stata colpita da Cale hai mollato la presa sull'arco, mentre la faretra si è semplicemente separata dal corpo durante il "volo"." mi spiega lui, porgendomi l'arma.

"Grazie, Durbe…" gli dico, rialzandomi con un po' di fatica. Non soffro più di tanto.

"E di cosa? Devi essere perfettamente in forma se vogliamo combattere!" dice lui. Non c'è durezza nel suo tono di voce. Sembra un incitamento. Allora andiamo, ma… c'è qualcuno che ci blocca la strada, che non ci vuole far raggiungere i nostri amici. E sto parlando dell' "animaletto" di prima…

 
Pov: Juniper
 
Credo di aver fatto leggermente infuriare Matt. Sta più volte cercando di affettarmi con quella spada, ma invano. Quasi quasi mi fa pena… Il sangue della ferita che "si è causato da solo" si è seccato, perdendo il colore vivido che aveva e diventando marrone. Potrei usare quel ragazzo come cavia per testare degli scherzi da fare ai miei amici o a mio fratello… che non so dove diavolo sia! Spero vivamente che lui stia bene…
 
Mentre prendo in giro il servitore, dò una rapida occhiata a quello che sta succedendo con la sua collega. Ha un taglio sulla schiena, non apparentemente profondo, di cui si lamenta. Da quel che ho capito, Vector ha tirato uno degli anelli di Masquerade (o almeno così dovrebbero chiamarsi) in quel punto. Riprende a combattere con Nick, che prova, con un affondo, a premere sul corpo di Sam con l'anello, ma lei risponde subito con un colpo d'ascia, dalla parte del manico…
 
"Ehi! Sono qui!"
 
Velocemente giro la testa verso l'altro nemico e… me lo ritrovo a pochi centimetri da me, brandendo la spada che vuole usare per tagliarmi a metà. Lesta, mi sposto a destra e mi allontano. Bene, duello sia!
 
"Cosa stai facendo?" mi chiede, stranito.
 
Quel che sto facendo è fabbricare una spada con il mio stesso ghiaccio. Cosa ci potrebbe essere di più umiliante dell'essere battuto dai propri stessi modi?
 
"Oh, non la sai usare!" commenta, capendo le mie intenzioni.
 
Una volta finita la osservo: è bianca, un po' traslucida, la cui forma è la stessa di quella di Matt. Gli rivolgo uno sguardo di sfida e gli dico:
 
"Beh… vedremo!"
 
Mi dirigo verso di lui con calma e al momento giusto… il primo fendente, bloccato peró dalla lama del mio avversario. Ci riprovo, mettendoci più forza. Anche stavolta viene parato, costringendo le nostre spade a fare resistenza tra di loro, in una gara tra me e lui a chi ha più forza. Indubbiamente lui. Vengo distratta per un attimo dalla mia arma di ghiaccio che, in assenza della resistenza, si sposta in avanti, quando noto che il servitore, quasi al rallentatore, si prepara a tranciarmi la testa. Subito mi proteggo mettendo la spada in orizzontale, al di sopra del naso.
 
"Ci è mancato poco…" penso, mentre respingo la lama di Matt e lo faccio allontanare.
 
"Juniper, tutto ok?" mi domanda Merag, venendo verso di me.
 
"Sto bene, ho rischiato di farmi dividere il cervello a metà, ma sto bene!" le dico ironicamente. Volevo aggiungere anche un "E grazie per l'aiuto!", ma non mi sembra il caso.
 
"Oh, andiamo! Non sarebbe successo, in questi mesi hai sviluppato degli ottimi riflessi…" mi complimenta lei.
 
"Grazie, ma lo sapevo già! Ora, ti dispiacerebbe aiutarmi?" le chiedo, siccome, finora, me la sono cavata da sola.
 
"Era mia intenzione!" mi risponde, sollevando quattro colonne di ghiaccio molto spesse dall'asfalto, che, in qualche modo, ingabbiano il servitore.
 
Ho scoperto di avere la capacità di vedere attraverso il ghiaccio, per questo individuo la sagoma di Matt che si guarda intorno, confuso. Mi sistemo dietro ad uno dei pilastri, aspettando il momento in cui lui si gira, in modo tale da attaccarlo da dietro. Ecco, ci è cascato. Lentamente, cercando di non farmi scoprire, mi avvicino a lui e… lo colpisco con l'elsa sulla spalla, molto violentemente. Lui si inginocchi tenendosi il punto colpito con l'altra mano. È ora! Come se la spada fosse una mazza da baseball, imito un battitore sul punto di colpire una palla importante, quella che potrebbe assicurare la vittoria della squadra. La lama lo colpisce sulla testa violentemente, ma, non essendo molto tagliente, il cranio non si spacca in due. Da una parte è un bene, sono molto schizzinosa e solo una goccia di sangue mi fa star male. Mi sembra strano che la ferita di Sam non mi abbia causato nessun conato di vomito… Comunque, nonostante ciò, Matt è svenuto per la botta e un pezzo della mia spada si è scheggiato ed è rimasto conficcato sulla fronte.  Esco da quella gabbia congelata e corro a vedere come se la sta cavando Nick. Lui e Sam stanno oppenendo resistenza tra di loro, con le loro armi. Lei è su di lui, per terra, e cerca di strozzarlo con il bastone della sua ascia. Furtiva, cerco di attaccarla con la mia spada di ghiaccio. Ma appena la lama si avvicina alla sua spalla…
 
…si rompe.
 
"Cosa?" dico, sorpresa dalla mossa appena compiuta dalla servitrice. Si è girata di scatto ed ha spezzato l'arma con un semplice ma forte colpo d'ascia.
 
"Eheh…" sussurra, rialzandosi lentamente, permettendo anche a Nick di rialzarsi. "Ho i riflessi di un felino, per colpirmi ci vuole ben altro!"
 
Finita di pronunciare quella frase, alza nuovamente le braccia che reggono la sua arma. Non le abbassa subito perchè prima capisce di essere minacciata anche dai Bariani, che prima non ho notato perchè Vector era in volo e Nerag occupata a preparare un attacco di ghiaccio. La servitrice completamente circondata. È la nostra chance!
 
"Dov'è Matt?" domanda, senza scomporsi.
 
"Oh, beh… Diciamo che gli ho cantato una ninna nanna con la mia spada…" rispondo con nonchalance, fingendo di controllare l'arma che ho in mano.
 
"Dovevo aspettarmelo da quell'idiota… Ma non fa niente! Sarei capace di farvi fuori tutti!" sorride Sam, estremamente convinta delle sue parole.
 
"Siamo numericamente superiori a te. Cosa ti fa pensare una cosa del genere?" ride Vector.
 
"Finora ho solo giocato… E volete sapere qualcosa che probabilmente voi due Mezzi-Bariani vi siete già fatti raccontare? Stavo quasi per lasciare uno dei vostri Bariani in fin di vita."
 
In quel momento, Vector ammutolisce e la guarda seriamente.
 
"Immagino che ci sia altro…" sussurra Nick, mettendosi sulla difensiva.
 
"Esatto… Prima di lui, un'altra ragazza ci ha rimesso la pelle!" sostiene la servitrice.
 
"Cosa?! Ma allora…" inizia Merag, allontanandosi pian piano da lei.
 
"Ah, ricordo come se fosse ieri… Eppure è passato un bel po' di tempo… Arihem doveva essere davvero soddisfatto del mio operato, anche se la mia mossa non è riuscita a fermarvi… In ogni caso riuscii in qualcosa che tutti avevano fallito, rimanendo feriti seriamente o morendo. Nessuno era riuscito a uccidere una Mezza-Bariana, tra l'altro ferendo anche il capo dei Bariani!" spiega lei.
 
"Sei tu l'assassina di Grecya!" urla la sorella di Nasch, rabbiosa.
 
"E sei così fiera di aver ucciso qualcuno?" le domando, un po' sconvolta dal suo racconto.
 
"Affatto! E vi ricordo che anche voi avete ammazzato alcuni dei nostri, quindi non accusarmi di indifferenza quando tu sei stata la prima a provarla! In ogni caso, non vedo l'ora di rifare la stessa scena del film con tutti voi!"

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Capitolo 28
*** 27: Rage ***


Ciao! Sono ancora viva, stranamente (mi sa che dopo aver pubblicato verrete tutti sotto casa mia con i forconi xD). Non voglio farvi perdere ulteriore tempo, dunque ci vediamo a fine capitolo ^^
 
 
POV: Nick

“Dunque, sei stata tu a uccidere la Mezza-Bariana…” dice Vector. La sua solita espressione da divertito e sadico è sostituita da una faccia seria. Quasi mi sembra assurdo vederlo in quello stato.

“Esattamente!” sostiene la servitrice con tono scocciato. “Ma ora basta parlare di lei. Dopotutto… non ho intenzione di prendermi troppo il merito per un’uccisione così semplice da realizzare…”

“Lei era forte! Mio fratello l’aveva allenata duramente, quindi non osare dire queste cose!” ribatte Merag, furiosa.

“L’aveva allenata duramente, eh? A quanto pare non erano ancora arrivati a quella parte di addestramento dove Nasch le spiegava che se si combatte sul ciglio di una montagna non bisogna spingersi verso il dirupo…”.

È morta… cadendo da un punto molto alto?

“Ne ho abbastanza!” Merag è in lacrime e sta preparando una sfera luminosa che man mano aumenta di volume sulla sua mano destra. “Non ho più intenzione di sentire nemmeno uno di voi infangare il nome di Grecya!”

Io, Juniper e Vector ci allontaniamo per evitare di essere colpiti da quell’attacco, mentre Sam si sposta, quasi nel momento in cui la sfera tocca terra. Ma quest’ultima non si dissolve, anzi, segue la servitrice e cerca di ferirla, causando solo buchi nell’asfalto a furia di tentare di prenderla.

“Merag è davvero furiosa… se va avanti così rischia di colpire anche noi!” commenta Vector.

“Dobbiamo trovare un modo per fermare Sam, così Merag la può fare fuori…” propone Juniper. “Ho un’idea!”

Detto questo, la sorella di Nathan rivolge il palmo delle mani verso l’alto e le solleva lentamente. Ciò che si crea è un muro intorno alla servitrice, la quale, disorientata, si guarda intorno e prova a crearsi un varco con la sua ascia. Merag, fluttuando nell’aria, si dirige verso il centro di quel ring artificiale e scaglia la palla di luce contro la servitrice. Un bagliore molto forte si diffonde in quella zona e parte del muro va in frantumi. Della servitrice non c’è traccia.

“Anf… ce l’ho fatta… Grecya…” sussurra Merag, affannata.

Uhm… eppure sento che c’è qualcosa di strano.

“La sua ascia è ancora lì. Non si è dissolta con lei!” dico, indicando l’arma, poco lontano dal luogo dell’esplosione. Vector, planando, va a raccoglierla.

“Non ci provare!” urla la servitrice, visibilmente ferita in più punti, lanciandosi sul Bariano e andandogli addosso.

Entrambi finiscono a terra, cercando di colpirsi con calci e pugni. Stranamente, Sam riesce a tenere testa alla forza del Baria- Un attimo! L’arma è rimasta lì!

“Vado io!” si propone Merag, prendendo l’ascia. “Eh… eheh… ora… arriva la tua fine…”

C’è qualcosa di strano nel tono di Merag. Sembra più… sadica…

“Vector, tienila ferma!” gli ordina.

“Merag, no! Così rischi di uccidere anche lui!” prova a convincerla Juniper, ma pare non ascoltarla. “Oh, Vector, spostati da lì!”

“Tranquilla! Starò bene!” sostiene Vector, provando a tenere ferma la ragazza.

“Oh, Merag, vuoi davvero vedere un tuo compagno fare la stessa fine di Grecya? Mentre lei è stata sostituita, lui non credo possa essere rimpiazzato. Dopotutto, la leggenda vuole che il re di Barian abbia designato alcuni sostituti Mezzi-Bariani, non Bariani…” provo a convincerla io. Stavolta sembra esitare.

“Perché continuate a perdere tempo?” parla Sam. “Uccidetemi e bast-“

Vector la fa stare zitta stringendo la presa sul suo collo.

“Merag, ascolta… C’è un altro modo per sconfiggerla. Così come ci tenevi… tieni, a questa Grecya, sicuramente provi lo stesso per i tuoi compagni. Magari Vector non è il tuo più grande amico, ma è un tuo compagno e stai collaborando con lui per salvare Barian. Se lo perdi, c’è una possibilità in meno di salvare il luogo dove sei nata e cresciuta. Tu vuoi questo?” tenta nuovamente la sua protetta.

“Esatto. Non lasciare che la perdita di una persona ti abbatta al punto tale da cercare vendetta nei confronti di chi l’ha uccisa. Anche loro combattono per un credo, purtroppo sbagliato, ma sono come noi…” aggiungo io.

“Ma non doveva permettersi di parlare di lei in quel modo…” sussurra Merag.

“Quanto ancora dovrò aspettare?” chiede spazientito Vector. “Questa qui si dimena troppo!”

“Tu taci!” gli ordina Juniper, poi si rivolge nuovamente a Merag. “Ecco, lo fa apposta. Vuole farti innervosire e farti perdere il controllo. Prima eri così arrabbiata che avresti potuto colpire anche noi. Lo ha fatto perché è rimasta sola, quindi voleva facilitarsi il lavoro.”

Merag si ferma, dispiaciuta. Molla la presa sull’ascia, che cade a terra con un rumore metallico.

“Oh, finalmente!” dice piano la servitrice, limitata dalla costrizione che Vector esercita sulle sue vie respiratorie. Tira un forte pugno al viso del bariano che, per il dolore, molla la presa e lascia la servitrice libera di gettarsi sull’ascia per riprenderla. Devo impedirglielo! Getto con forza un anello al suo braccio, tranciandolo.

“AAAAAAARGH!!!” urla Sam dal dolore, mentre sotto di lei inizia ad allargarsi una pozza di sangue e anche i suoi vestiti si macchiano di quel liquido. 

“Non volevo farlo… è stato istintivo…” dico, avvicinandomi a lei e prendendo sia l’ascia che l’anello che avevo scagliato.

“Male… dizione…” dice lei, affannata a causa della grande quantità di sangue perso.

“Beh, tu invece hai saltato la lezione su come evitare di farsi amputare un braccio…” dice Merag, dispettosa.

“Maledetta stronza!” urla la servitrice, alzandosi improvvisamente e scagliandosi sulla Bariana, ma…

“Ops…”

Juniper si para tra le due e infilza la servitrice allo stomaco con una lancia di ghiaccio molto appuntita. Quest’ultima cade a terra, come se privata di qualsiasi forza.

“Beh, è finita… Ma vi avver…to… Ci sono… servitori… più for…ti… di me…”

Detto questo, i suoi occhi si chiudono improvvisamente e il suo corpo si scioglie nell’asfalto, senza lasciare alcuna traccia neppure del liquido rosso.

“Bene…” dice Vector, alzandosi da terra. “I miei complimenti, Nick. Hai dei riflessi pronti!”

“Beh, si, ma non pensavo di tagliarle via il braccio!” ammetto io, mettendo una mano dietro la testa.

“Vi prego di scusarmi… Avevo perso la testa…” si scusa Merag. “La prossima volta cercherò di controllarmi… Ma adesso dobbiamo trovare gli altri. Chissà come stanno mio fratello, Misael, Nathan e Masumi…”

Dopo aver parlato, Merag chiude gli occhi. Oh, sta cercando di captare qualche presenza…

“Accidenti, non riesco a sentire i poteri di Nasch. Probabilmente è troppo distante… In compenso, riesco a percepire quelli di Durbe e Gilag… Da questa parte! Non sono molto distanti da qui.”

 
POV: Ivan

“Ma come è possibile?! Lo avevamo distrutto!” sostiene Gilag.

“HAHAHAHAHA!” ride Bella di gusto. “Non vi libererete facilmente del mio scheletro!”

“Ragazzi, voi due occupatevi di Bella. Io e Gilag distruggiamo quel mostro!” propone Durbe, quando viene colpito da una piccola scossa elettrica che lo fa inginocchiare.

“Ehehe… Avete dimenticato che ci sono anche io?” parla Cale.

Intanto Elise incocca tre frecce e le scaglia velocemente contro Bella, ma solo una di queste riesce a sfiorare la gamba della servitrice, le cui ali sembra che stiano per abbandonarla. Io, con un balzo, cerco di andare addosso alla servitrice per colpirla dall’alto con i miei pugni rocciosi, ma l’unico effetto che riesco ad ottenere è quello di crepare il pavimento, già fragile a causa dei precedenti attacchi, poiché lei si sposta.

“Prendi questo!” dice Gilag, attaccando il mostro alla tibia, facendolo inciampare e cadere. Quest’ultimo, però, nonostante abbia svariate fratture lungo tutte le ossa, si rialza e tenta di schiacciare il bariano con la sua mano.

“Ops!” lo schernisce lui, schivando quel danno, mentre la mano del mostro va in frantumi. “Cosa c’è? Non mi vedi? Ah, giusto… Non hai gli occhi!”

“Gilag, dannazione!” si lamenta Durbe, mentre lo scheletro gigante si rialza. “Fai il serio!”

Elise, intanto, viene presa in pieno da un altro fulmine, che la costringe a terra. Bella si avventa su di lei, ma io sono pronto a bloccare qualsiasi suo attacco. All’improvviso sentiamo un tonfo e un rumore di qualcosa che cade a terra e va in frantumi, come se fosse ceramica.

“Uff… Spero che sia stato il tuo ultimo risveglio…” dice Gilag, calciando un frammento del cranio di quella creatura. Ce l’hanno fatta!

“Già…” commenta Durbe, guardandosi intorno. “Ma dov’è il tizio che mi ha elettrificato?”

In effetti è vero. Manca Cale all’appello.

“Io non canterei subito vittoria…” parla la francese, prendendo l’arco e incoccando un dardo, guardandosi intorno e pronta a colpire.

Improvvisamente un vento fortissimo soffia all’interno dell’edificio. Intorno a noi si crea un vortice che emana una forte carica elettrica. Quasi veniamo trasportati da questa tempesta.

“Questo…” dice una figura malconcia e piena di tagli che si solleva dal mucchio di ossa. “È il mio attacco finale!”

Nemmeno il tempo di rendermi conto che quell’individuo è Cale che dal vortice escono violentissimi fulmini che cercano di abbattersi su di noi. Riusciamo a schivare il primo per un pelo, ma il secondo…

“AAARGH!” si lamenta Gilag, cadendo a terra, incapace di muoversi.

“Gilag!” dice Elise di sorpresa. Maledizione! E adesso cosa facciamo?

“Siete spacciati!” dice Bella, creando delle lance fatte di ossa e scagliandocele contro. Una di queste si conficca lievemente nella gamba di Durbe.

“Accidenti!” impreca lui, mentre Elise lo aiuta a reggersi in piedi e a togliergli quell’arma dalla sua pelle. Del sangue esce dalla sua ferita. Improvvisamente vedo una scia luminosa venire velocemente verso di me. Sta per colpirmi… Ma provo ugualmente a proteggermi, creando una sorta di scudo roccioso. Quello che ottengo è… che il lampo viene come assorbito dalla roccia.

“Devo impedire che gli altri subiscano ulteriori danni!”  mi dico. Cerco quindi di creare velocemente un rifugio, una sorta di igloo fatto con la pietra. Siamo quindi circondati dalla roccia. Il vento non soffia più, se non da un piccolo spiraglio che ci permette di respirare, ma rispetto a prima è più debole.

“Hai avuto… un’ottima idea…” si congratula con me Gilag, riprendendosi dall’attacco di prima. Sono molto soddisfatto.

“Già… Sembra anche uno strato abbastanza spesso…” aggiunge Elise. “Però dobbiamo comunque tenerci pronti…”

Intanto sentiamo dei rumori provenienti dall’esterno. A quanto pare stanno cercando di rompere la nostra “fortezza”.

“Non mi fido di quel Cale… Anche in passato aveva usato questo genere di mossa e per poco non faceva fuori me e Thomas. Dobbiamo sconfiggerlo da questo posto!” ci dice Durbe.

“E come possiamo fare senza distruggere questa struttura?” domando io.

“Ci vuole una gran precisione… E solo Elise può farcela…” risponde il bariano. A quelle parole, Elise reagisce.

“Come faccio? C’è un vento assurdo, quindi la freccia andrà sicuramente altrove. Poi devo riuscire a centrare un punto vitale al primo colpo, perché se sbaglio si renderanno conto che c’è un punto in cui siamo scoperti e ci attaccheranno. In più devo imprimere una forza necessaria a… Insomma, non so se ce la faccio!”

A queste parole, Durbe si avvicina ad Elise e le mette una mano sulla spalla.

“Tranquilla, ce la puoi fare. Il vortice ruota in senso orario, dunque devi scagliare la freccia più a sinistra. La freccia sarà così veloce che andrà a colpirlo senza che lui si accorga di un pericolo imminente. Mira alla stessa altezza della testa, così sei sicura di prendere un punto vitale al cento per cento.” La tranquillizza lui.

“Si, ma ci vuole molta forza…” si scoraggia lei.

“Per quello non c’è problema! Da una parte c’è il vento, che aumenta la velocità della freccia. Dall’altra, visto che potrebbe non bastare… Ti presto il mio potere.”

Ella ci riflette per qualche secondo, poi si avvicina al buco e inizia a preparare la freccia.

“Se non riesci, possiamo sempre avere un piano di riserva. Non ti preoccupare!” le dico, mentre Durbe le poggia una mano sulla spalla destra, quella che deve tendere l’arco.

Piano piano tira la corda, prendendo anche la mira. Poi rilascia la freccia, la quale si circonda di una luce azzurrina poco dopo essere stata scagliata. Subito dopo, la Mezza-Bariana spia dal buco per vedere se il colpo è andato a segno.

“Acci… Non ce l’ho fatta…” dice lei, allontanandosi dalla feritoia terribilmente dispiaciuta. A quel punto, Durbe si avvicina per controllare anche lui, rimanendo attento ad eventuali attacchi.

“Non fa nulla!” dice Gilag, cercando di sollevarle il morale. “Hai fatto del tuo-”

“È andata a segno!”

Elise fa una faccia sbalordita quando Durbe le dà quella bella notizia.

“A quanto pare la freccia ha continuato a girare con il tornado e al secondo giro è riuscita a prendere Cale, per di più in testa! Bravissima!” si congratula con lei.

“Ma è fantastico!” esclamo io. “E ora?”

Elise si avvicina a Durbe per spiare la situazione.

“Cale è a terra… Si, si sta dissolvendo! È morto!” sostiene lei, saltellando di gioia. Fuori uno! Ora resta solo quella infame!

CRASH!

La parte di igloo sopra le nostre teste è in frantumi. Sopra di noi… No, non di nuovo!

“Non ci credo! Ancora?!” esclama Durbe, altamente sorpreso.

“Non ce la farete mai!” sghignazza Bella, comparendo vicino al mucchio d’ossa. “Vi siete sbarazzati di Cale, ma non riuscirete a batterci!”

Elise tenta di colpirla con un dardo, ma la servitrice riesce a fermarlo con la mano.

“Andiamo… ci vuole ben altro!” commenta lei. Proprio in quel momento sento dei passi veloci, come di qualcuno che corre, e dei respiri affannati.

“Argh! Voi chi siete?!” domanda Bella, spazientita, ai nuovi arrivati. Mi affaccio dall’igloo (ormai ridotto a mura). Sono Nick, Merag, Juniper e Vector.

Sono arrivati i rinforzi.
 
 
Angolo autrice (completamente barricato per evitare pomodori e altra roba)

Ebbene, eccoci qui. Uh, era davvero da un sacco che non aggiornavo e non scrivevo! Ma ora sono tornata e vi ho riportato un capitolo della mia storia. Chissà se tutti i vecchi lettori verranno qui apposta per picchiarmi xD

Comunque, i motivi della mia assenza sono stati vari. Diciamo che il principale è stato la scuola e altri nuovi impegni, seguito da una mancata voglia di scrivere. Insomma, ero entrata davvero in una situazione di stress e quindi ho iniziato a ridurre gli impegni (sennò sarei morta). Insomma, spero che possiate capirmi ^^

Quest’estate cercherò di pubblicare il più possibile, cercando di rispettare anche i tempi di pubblicazione vecchi (cioè almeno un capitolo a settimana). Fatemi gli auguri u.u

Detto questo, fatemi spere se il capitolo vi è piaciuto e se avete notato errori. Ci vediamo alla prossima (il prima possibile, si spera xD)!
 
eli8600
 

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Capitolo 29
*** 28: Weakness ***


POV: Elise

“Sono arrivati!” esclama Ivan, felice. Mi affaccio anche io e noto i volti determinati dei nostri compagni, purtroppo non al completo. Mi chiedo dove siano Nathan e gli altri… La reazione di Bella, invece, è l’esatto opposto: sa di essere spacciata, vista l’espressione tesa.

Lo scheletro gigante si avvicina a noi a grandi passi e ci rendiamo conto della distanza che ci separa solo poco prima che colpisca la muratura che resta del nostro rifugio. Vediamo il suo braccio tendersi e piegarsi, con la mano pronta a schiacciarci. All’impatto si sente un rumore di vetri in frantumi e, poco dopo, una pioggia fredda sulla nostra pelle.

“Eh, no!” esclama Juniper. “Dal soffitto di ghiaccio non passi!”

Il mostro, sentendola, si avvicina agli altri. Noi ne approfittiamo per scappare da quella trappola e raggiungerli. Nick, con una mossa abile, colpisce con uno dei suoi anelli lo scheletro in un punto in cui il braccio si collega con la spalla, con l’effetto di staccarlo dall’articolazione.

“Nick si sta specializzando nelle amputazioni!” ridacchia Vector, seguito dalla risata un po’ imbarazzata del suo protetto.

“Cosa intendi dire?” domanda Durbe, mentre Bella si avvicina volando (un po’ a fatica, data la condizione in cui si trovano le sue ali: in più parti mancano le ossa) e prova a dare un pugno a Merag, girata di spalle. A bloccarla c’è Ivan, che materializza uno scudo di roccia proprio davanti a lei. La servitrice prende, dunque, un obiettivo che la ferisce, graffiandole la mano. Ne approfitto per colpirla con una freccia che si conficca nella sua coscia. Un danno da niente, visto che fa una leggera smorfia di dolore e poi se la toglie.

“Questa bestiolina dà davvero fastidio!” dice Merag, mentre Juniper, spalla a spalla con lei, prepara delle lance di ghiaccio per colpire la servitrice.

“Dobbiamo dividerci…” propongo io. “Quattro di noi provano a distruggere quel mostro, gli altri si occupano di Bella.”

“Lasciate che noi imperatori sconfiggiamo questo dolce animaletto. Dopotutto, ci sarà pure il modo per disintegrarlo definitivamente!” dice Gilag.

“Oh, beh… In realtà ci sarebbe un modo… Ma lascio a voi scoprirlo!” ci comunica Bella. “Vi dico solo che è tutto collegato a me!”

Molto vago, ma in qualche modo potremmo capirlo… Collegato a lei…

“Bene, andiamo!” ci esorta Ivan. Tiro fuori tre frecce dalla faretra, mentre Juniper si decide a scagliare quelle lance, che provocano un'altra ferita minore sul corpo della servitrice. I vestiti sono un po’ lacerati e sono visibili dei taglietti sottili. Nick, invece, tira due dei suoi anelli, i quali provocano altre fratture sulle ali scheletriche di Bella prima di cadere a terra poco distanti da lei.

“Come mai si è piegato?” si domanda Merag, mentre il mostro si contorce su sé stesso, come se avesse ricevuto un colpo all’addome. Poco dopo, però, si riprende e ricomincia ad attaccare i bariani. Ivan, nel frattempo, salta e prende la servitrice in volo per una gamba, trascinandola al suolo. Le ali, nuovamente, si spezzano a causa dell’impatto col terreno. Resta solo una piccola struttura che, più che ali, sembrano ricordare tre tentacoli. Sarà ancora capace di volare?

“È caduto a terra? Ma come?” domanda Durbe. Mi giro e… si, effettivamente è a terra.

“Una cosa simile è successa anche prima…” mi sussurra Juniper. “Prima Nick ha fatto dei taglietti sulle ali e il mostro… è come se avesse provato dolore…”

Nick, intanto, aiuta Ivan con Bella. Dopo aver recuperato gli anelli, li usa come se fossero manette. I cerchi si restringono improvvisamente attorno ai polsi della servitrice, bloccandoli dietro la schiena.

“Ivan!” richiama l’attenzione Juniper. Il ragazzo rivolge lo sguardo a lei, la quale indica dietro la sua schiena. Lui pare non capire subito. Bella, intanto, prova a togliersi da quella posizione, ma Nick la tiene ferma.

“Accidenti…” si lamenta Juniper, così fa il gesto con le mani delle ali.

“Ho capito cosa intendi!” esclama Nick. Anche Ivan comprende. Solo io non capisco cosa può aver intes- UN MOMENTO! Me lo stava per dire!

Il ragazzo italiano afferra i residui di ali, tenendoli fermi.

“Cosa vuoi fare, eh?” domanda furiosa la servitrice, dimenandosi.

“Colpiscili!” ordina Nick a Ivan. Quest’ultimo tramuta le sue mani i martelli di roccia e frantuma uno dei tre “tentacoli”. A quel punto, Juniper si gira verso i bariani che combattono il mostro e nota che, come prima, il mostro ha sofferto il colpo che Bella gli ha inflitto.

“Allora avevo ragione!” esclama la sorella di Nathan. Ivan, rendendosi conto che il piano sta funzionando, colpisce i restanti residui di ali. Oltre a far male a Bella, che geme dal dolore, fa male anche al mostro, che cade a terra senza muoversi, come privo di sensi.

“È il momento giusto!” esorta Durbe, attaccandolo con delle sfere di luce e distruggendolo pian piano.

“Maledizione!” esclama Bella, riuscendo finalmente a liberarsi, assieme al suo potere, che ci spazza via quasi come la tempesta di prima. Siamo a terra, ma poco prima di rialzarci... Il soffitto si crepa gradualmente, fino a crollarci sopra…
 
 
“Dai, forza! Svegliati!”

Una voce disperata e impaziente mi fa aprire gli occhi.

“Finalmente, accidenti!” dice, sollevata.

Quello che vedo è Durbe in versione umana che, in ginocchio, mi tiene tra le sue braccia. Cavolo, mi fa male tutto…

“Dov’è Bella?” gli domando.

“Pare che sia stata travolta anche lei dalle macerie, ma non siamo sicuri che sia morta. Dopotutto non l’abbiamo vista dissolversi…”

Capisco. Quindi la battaglia è conclusa… O sospesa…

“Temevo che ti fossi fatta davvero molto male… Non sono riuscito a salvarti da quel crollo… Scusami…” dice lui, molto dispiaciuto.

“Non scusarti, va tutto bene… Credo di riuscire a…”

Mi blocco perché mi rendo conto di essere abbracciata a lui. Arrossisco seduta stante.

“L’importante è che tu sia viva!” mi sorride lui.

“Anche tu lo sei…” sussurro io. Senza rendermene conto, la distanza tra i nostri visi diminuisce. Siamo sempre più vicini, con gli occhi chiusi, aspettando che quella distanza che ci separa diventi nulla.

“Eccovi, finalmente! Ah, menomale che state tutti bene! È stata un’impresa trovarvi!”

Riapro gli occhi e mi volto verso la direzione da cui proviene quella voce. È Nasch, assieme agli altri. Fortunatamente stanno bene anche loro!

 
POV: Nathan

L’edificio dento il quale ci ha portati Nasch è abbastanza malandato a causa dei precedenti scontri. Una parte del soffitto è crollato e molte crepe ricoprono i muri (già rovinati da teppistelli con le bombolette spray). Fortunatamente la prima cosa che notiamo è che il resto dei nostri compagni stanno bene, a parte qualche ferita superficiale.

“Nathan!” corre mia sorella verso di me, abbracciandomi sollevata. “Menomale che state bene! Dove eravate finiti?”

“Non lo sappiamo nemmeno noi… Era una sorta di pianura, senza null’altro…” risponde Nasch. “Abbiamo cercato di ricordarci l’ultimo luogo che abbiamo visto prima di svenire e risvegliarci in quel luogo, ci siamo teletrasportati lì e poi abbiamo sentito rumori di crolli, così siamo arrivati qui…”

“Oh, ma tu guarda…” commenta improvvisamente Masumi. “Vi abbiamo interrotti?”

Guardo verso la sua direzione e noto Elise e Durbe che, da abbracciati, si sciolgono da quella posizione imbarazzati. Dunque c’è qualcosa tra loro?

“C-comunque…” balbetta lei, rossa in viso. “Dovremmo iniziare ad andarcene. Sicuramente la gente che abita qui intorno avrà sentito tutti i rumori dei vari scontri, o peggio, avrà visto…”

“Sono d’accordo! Inoltre l’edificio è abbastanza debole adesso, potrebbe crollare da un momento all’altro. Torniamo tutti a casa di Elise.” sostiene anche Nick. Decidiamo, dunque, di teletrasportarci a casa della francese. Al nostro arrivo…

“Siete tornati, finalmente! Ci stavamo preoccupando!”

Arito e Thomas si avvicinano a noi, assicurandosi che stiamo bene. I due, poi, prendono un kit di pronto soccorso e lo usano per medicare i più feriti.

“Sarà meglio non usare altro potere per farci curare. Dopotutto, sia per combattere che per teletrasportarci ne avete sprecato un bel po’.” dico io. “Per fortuna non abbiamo subito ferite gravi o altre lesioni. Sono solo dei taglietti!”

“Quale scusa vuoi tirar fuori con i nostri genitori, quando noteranno tutte queste bende?” gli domanda Juniper.

“Che… siamo caduti dalla bici…” rispondo io.

“Ma noi non usiamo mai la bicicletta…” ribatte mia sorella.

“Allora diremo che una persona in bici ci ha investito!” propongo io.

“Uhm…” mormora lei, pensando. “Sentiamo, genio… Dove avremmo preso i cerotti?”

Accidenti! Non trovo un’altra scusa per vincere questo botta e risposta!

“Per quanto ancora avreste intenzione di continuare?” ci chiede Misael. “Se proprio non volete subire l’interrogatorio di mamma e papà, perché non vi fate curare da noi le ferite più visibili? Quelle che potete nascondere ve le fate medicare, no?”

È una bella idea! Perché non ci ho pensato prima?

“Vada per questa…” mi arrendo io.

“Anche voi bariani siete feriti. Come guarite?” chiede Elise, mentre Durbe le cura un graffio molto grande sul gomito.

“Noi abbiamo un tempo di guarigione più veloce del vostro, quindi domani potremmo già essere perfettamente in forma.” le risponde Gilag.

Il resto della serata lo passiamo a curarci e a raccontare com’è andata a Thomas e Arito (ma anche a chi non ha assistito ai vari combattimenti).

“Avete trovato grande difficoltà con Cale?” domanda Thomas.

“Si, ma Elise è riuscita a farlo fuori con una freccia!” risponde Durbe, guardandola.

“Per favore… Se non ci fossi stato tu…” dice lei, cercando di non prendersi troppo il merito.

“Era davvero un’orda, quella che abbiamo affrontato…” commenta Ivan.

“E non sarà l’ultima, purtroppo… Non sappiamo bene quanti servitori siano rimasti, probabilmente ne sono spuntati di nuovi…” parla Nasch. “L’unica certezza è che dobbiamo tenerci sempre pronti. Questa sera doveva essere una normalissima serata in compagnia, invece abbiamo finito per separarci, essere affrontati ed uscirne feriti. Siamo stati colti abbastanza di sorpresa, dunque d’ora in avanti cerchiamo di rimanere sempre in guardia. Capito?”

“Si!” diciamo tutti in coro.

“Per fare ciò, dobbiamo cercare di incontrarci per allenarci insieme, come facevamo già, ma più spesso. Qualche volta dobbiamo, invece, vederci tutti insieme nel Barian World, come aveva già suggerito Nick, comprendendo anche quel servitore che pare essere dalla nostra parte. Verrete chiamati dal vostro bariano per quanto riguarda gli allenamenti. Arito, comunica anche a Juan, dicendogli anche che non manchi più a queste riunioni. In questa occasione avrebbe potuto darci una mano con quei servitori…” continua il re di Barian.

“Lo farò, Signore!” risponde Arito.

“Bene, non ho altro da dire.” dice Nasch. “Elise, stai attenta. Con tutto il caos che abbiamo fatto nella tua città potrebbero sospettare anche di te. Sicuramente non mancheranno le notizie in merito a quanto accaduto, perciò cerca di non destare ulteriori sospetti. Non ti allenare in posti molto frequentati. La stessa cosa vale anche per gli altri, ovviamente.”

Tutti annuiamo in risposta.

“Beh, non resta altro da fare… Potremmo anche tornare a casa, no?” propone Vector.

“Si, meritiamo tutti di riposare!” dice Merag. “Sarete tutti stanchissimi…”

“Yawn… In effetti…” risponde Juniper.

Dopo esserci salutati, torniamo tutti a casa. È pomeriggio nella nostra città, quindi i nostri genitori continuano a pensare che siamo stati fuori a passeggiare con degli amici. Ah, se solo ci credessero, invece di mandarci da uno psicologo…

“Forse è meglio così…” commenta mia sorella. “Altrimenti li faremmo preoccupare…”

Tornati a casa, mamma e papà ci accolgono con il sorriso, come sempre.

“Tra mezz’ora è pronta la cena!” ci avvisa nostra madre. Nel frattempo saliamo e ci buttiamo sui nostri rispettivi letti, riposandoci ma cercando di non addormentarci. Dopotutto, sono appena le sette di sera. È difficile, visto che ne abbiamo passate tante solo oggi, ma in qualche modo ci riusciamo. Sarà anche la fame da lupi a tenerci svegli…


Mamma ci chiama per mangiare, così scendiamo le scale di corsa e ci fiondiamo in cucina. Che delizia! Sulla tavola ci sono così tante cose buone che non resistiamo e divoriamo quasi tutto ad una velocità impressionante.

“Hahahaha! Eravate affamati, eh?” dice papà.

“Vi dobbiamo dire una cosa…” inizia mamma. Cosa vorranno dirci?

“Vedete, l’ultima volta vi abbiamo detto che avremmo preso appuntamento da un esperto per voi. Ecco…” dice papà.

“Ci abbiamo riflettuto e…” continua mamma. “Ci siamo resi conto che abbiamo esagerato un po’. Dopotutto, voi stavate scherzando e quello che ci avete fatto vedere era tutta una messa in scena, vero?”

Guardo mia sorella. Lei ricambia. Capisco, a quel punto, di dover mentire.

“Beh… Si…” rispondo io.

“Dopotutto era uno scherzo e volevamo vedere se ci cascavate!” aggiunge Juniper.

“Ci siamo rimasti un po’ male quando ci avete detto il fatto della psicologa…” continuo.

“Non c’è che dire, vi è riuscito bene!” commenta papà. “Vi siete fatti aiutare dai vostri amici?”

Si riferisce a Nasch e Merag.

“Si, erano complici!” risponde mia sorella prontamente.

“Come siete simpatici!” esclama papà.

Beh, menomale. Ci hanno creduto, almeno questa volta.
 
 
Angolo autrice

Rieccomi di nuovo qui, a distanza di una settimana u.u

Colgo l’occasione per ringraziare tutti coloro che hanno recensito la scorsa volta, visto che sono vecchi recensori, ovvero CyberFinalAvatar, Misty_chan44 e ssj13 ^^

Di nuovo, fatemi sapere se avete riscontrato qualche errore (ho revisionato il testo, ma magari mi è sfuggito qualcosa xD).

Detto questo, ci vediamo la prossima settimana con un nuovo capitolo! Ciau!

eli8600
 
 

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Capitolo 30
*** 29: A deserved rest ***


Il giorno dopo…
 
POV: Ivan

Come al solito, dopo essere uscito da scuola, torno a casa a piedi. Sarà meglio che mi sbrighi, mamma e Gilag mi aspettano per mangiare. Ora che ci penso, anche io ho una fame da lupi… Beh, dovrei metterci poco a tornare a casa. Mi mancano solo cinque minuti e arriverò…

“Ivan.”

Una voce mi chiama. Non riesco a capire bene da dove viene, visto che ho gli auricolari e sto ascoltando musica. Guardo prima a destra, poi a sinistra, infine dietro di me e… La figura di Andrej compare davanti a me. Nonostante sia da solo, comunque mi metto sull’attenti. Non si può mai sapere, può darsi anche che sia diventato un servitore.  Dopotutto Elise conosceva una ragazza che si è rivelata una nemica. Oltretutto, potrebbe anche volermi semplicemente picchiare, anche se dopo la batosta di qualche mese fa non credo voglia davvero farlo.

“Cosa vuoi?” gli chiedo con tono freddo, mettendo in pausa la canzone.

“Ecco… Diciamo che in questi giorni ci ho riflettuto parecchio. Ho pensato a tutto quello che ti ho fatto e… Mi sono sentito uno schifo. Davvero, mi sento veramente in colpa per il danno che ti ho causato. Quindi volevo chiederti scusa. Hai subito anche un lutto ed io non ho fatto altro che causarti problemi su problemi. Mi dispiace. So che sarà difficile che tu mi perdoni, però volevo che tu sapessi questo.”

Quelle parole… Sono davvero uscite dalla sua bocca? Incredibile.

“Lo intendi dire davvero?” gli domando, dubbioso.

“A scuola sono stato sospeso perché sono andato dal preside a confessare questa colpa. Non credo di essere mai stato più serio di così.” risponde lui. Il suo tono di voce mi fa capire che sta dicendo la verità. L’ho visto spesso altezzoso, con un sorriso ironico stampato sulle labbra, sicuro di sé e anche sbruffone. Ora è così pentito che è andato anche a dirlo al preside e questo influirà sul suo giudizio finale. Non l’ho mai visto in questo stato, quindi…

“Va bene, ti credo. Sei perdonato. Una cosa, però: promettimi che non lo farai mai più. Né a me, né a qualcun altro.” gli dico. “Mi avevate messo in una condizione in cui avevo paura di scendere giù di casa, persino di affacciarmi al balcone. Ora sono maturato e so che non devo aver paura, ma molti ragazzi sono ancora abbastanza fragili, quindi, invece di dargli ciò che avete dato a me per due anni, aiutateli.”

“Ho imparato la lezione… Lo farò senz’altro!” esclama lui, determinato. “Ci si vede in giro!”

Lo guardo voltarsi indietro e andare via. Faccio ripartire la musica e ricomincio il mio cammino verso casa.

 
POV: Masumi

“Dai, andiamo a farci un giro!” dico a Misael.

“Uff… Io volevo riposarmi…” si lamenta lui. È un giorno libero per me, quindi, invece di stare a casa a guardare la televisione, mi piacerebbe andare a fare una passeggiata per Tokyo e visitare dei quartieri di cui non ricordo molto.

“Hai avuto tutto il tempo per riposare. Forza!” lo incoraggio, mettendomi il fard sulle guance.

“Non puoi uscire da sola?” domanda lui.

“Una passeggiata da sola? Neanche per idea!” gli rispondo, prendendo la borsa.

Per un buon quarto d’ora cerco di convincere il bariano a venire con me. Alla fine, esasperata, lo trascino fuori casa. A quanto pare si arrende anche lui, visto che non fa altre storie quando chiudo la porta a chiave. Un taxi ci porta al quartiere di Uyeno-Eki. Inizia, dunque, il nostro giro.

“Questa città ha un sacco di insegne…” commenta lui.

“È la particolarità di Tokyo!” gli dico io. “Aspetta che cali il sole…”

Mentre passeggiamo per la città, entrando in vari negozi e uscendo con alcune buste in mano, notiamo gli sguardi della gente su di noi.

“Ehm… Perché ci guardano tutti?” domanda Misael. “Ci avranno scoperti?”

A quella supposizione ridacchio.

“Ma no! Ti ricordo che sono una cantante abbastanza conosciuta nel paese. In più tu hai… Un aspetto strano…” gli rispondo.

“Perché strano?!” si innervosisce lui. “Nel mondo Bariano è normale!”

Mi rendo conto che la sua ultima dichiarazione è stata sentita da un bel po’ di gente, che si ferma a guardarci stranita.

“Mi pare anche ovvio, visto che Mondo Bariano è un negozio pieno di articoli da cosplay…” commento io. Misael mi fissa con un’espressione interrogativa sul volto.

“Cosa sono i cosplay?” domanda.

“Voi Bariani pensate così tanto a voce alta che quando dovete dire ciò che vi frulla in testa alzate il volume della vostra bocca?” domando sottovoce. “Non urlare!”

“Va bene, ma cosa sono i cosplay?” chiede, questa volta con un tono di voce più basso.

Neanche il tempo di proferir parola che arriva un gruppo di ragazzini verso di noi, riconoscendomi e chiedendomi una foto o un autografo.

“Ti succede spesso?” chiede il bariano.

“Si!” rispondo, tra una firma e una foto. “Questo è il bello del mio lavoro! Adoro vedere la gente che mi ferma e mi fa i complimenti per quello che faccio. Mi sento davvero amata!”

Dopo aver salutato quei ragazzi, continuiamo il nostro giro.

 
POV: Elise

“… e dei testimoni affermano di aver visto una tempesta solo sopra l’edificio. Ciò che è emerso dai controlli fatti all’interno del fabbricato è che sono stati trovati degli stani materiali che, da una prima analisi, sembrano fatti di tessuto osseo. Verranno fatte ulteriori analisi per stabilir-”

Spengo la televisione. A quanto pare la notizia è uscita… Spero solo che non esca fuori che c’erano anche dei ragazzi…

Mi alzo dal divano, tutta dolorante, quando si crea un varco e da esso esce Durbe.

“Sei tornato! Allora, cosa hanno detto?” gli domando.

“Tra due giorni saremo attrezzati per accogliervi nel mondo Bariano. Per ora i primi ad andare saranno i due gemelli, poi verrà stabilito l’ordine!” risponde, sedendosi sul divano. “Vector e Nasch, come al solito, stavano per scannarsi…”

Ridacchio al solo pensiero dei due Bariani che litigano furiosamente e si insultano.

“Comunque… Volevo parlarti di una cosa…” dice lui, guardandomi.

“Dimmi pure!” gli dico io.

“Ecco… Ieri stava per succedere qualcosa tra noi…” inizia Durbe. Si riferisce sicuramente al bacio che ci stavamo per dare. “Il fatto è che… è stato quasi involontario. Insomma, ero davvero preoccupato per te perché buona parte di quel soffitto ti è crollata addosso. Poi non ti svegliavi. Devi essere rimasta priva di sensi per qualche minuto, ma per me sono stati lunghissimi, paragonabili ad ore. Ero così sollevato nel vederti sveglia che non mi sono controllato… Quindi, nel caso in cui ti abbia dato fastidio, scusami.”

Wow, non so che dire…

“Va tutto bene!” lo rassicuro io. “Sono contenta che tu ti preoccupi per me. Mi fa sentire meno sola e più amata!”

“Dici? Allora sono riuscito a fartelo capire…” sostiene lui.

“Cosa?” gli domando.

“Che provo qualcosa per te.”

A sentire quelle parole rimango altamente sorpresa. Allora è vero. Quello che diceva Juniper… Tutto vero… Credevo fosse semplice spirito fraterno, anche se dentro di me sapevo che non era solo questo… Mi mancano le parole. È vero, è una frase che ho già sentito dire da David, eppure, detta da lui, ha tutto un altro suono.

“Diciamo che un po’ lo avevo capito. Ti comporti in modo diverso rispetto agli altri bariani. Loro si premurano di allenare i loro Mezzi-Bariani e hanno anche qualche rapporto di amicizia, non lo nego… Ma tu… tu sembri più premuroso…”

“Dopotutto ho un passato da cavaliere… Sono così di natura verso chi mi sta a cuore.” Sostiene lui. Dall’espressione sembra felice e anche rilassato.

Per un po’ rimango a fissare lo schermo nero della tv. Poi continua a parlare.

“Io sono un cavaliere… Ma tu vorresti essere la mia principessa?”

Non indugio. Gli prendo la mano.

“Sarei stupida a dire di no a qualcuno che mi offre il sogno di qualunque bambina. Perciò… si, voglio essere in una favola!”

Ci abbracciamo, poi ci sediamo sul divano e restiamo a coccolarci.
 

POV: Nick

“Quindi, fammi capire… Hai del DNA Variano?”

“È ‘Bariano’.” la correggo. “Non so nemmeno se definirlo DNA…”

Sono a pranzo con la mia amica Evelyn e sembra molto interessata ai miei poteri.

“Uhm… Che ne diresti se io provassi a farti delle analisi?” mi propone. Beh, tentar non- COSA? Accidenti, per poco non le sputavo in faccia l’acqua che stavo bevendo.

“Ma sei pazza?! Analisi?!” le domando io, a dir poco stranito. Ho come l’impressione che il resto dei commensali ci stia guardando e anche male.

“Sto studiando biologia all’università, perciò magari potrei prendere qualche campione da te per analizzarlo…” mi spiega.

Io la guardo come per dire “non mi faccio prelevare alcun liquido da te!”.

“Oh, non ti preoccupare. Non ho intenzione di infilzarti ripetutamente con una siringa finché non trovo una vena da cui eseguire un prelievo. Parlavo dei capelli. Posso fare degli esami anche solo da un capello!” mi rassicura lei. Io tiro un sospiro di sollievo.

“Cosa c’è?” mi domanda. “Paura degli aghi?”

“No, non è per questo!” rispondo io, prontamente. “Semplicemente eviterei una siringa in mano ad una non-professionista…”

“Quindi hai paura degli aghi…” conclude lei.

“Ma no!” ribatto io. “È solo che… uff, lasciamo stare…”

Evelyn ridacchia.

“Allora… Ti trovi in questa situazione da quanto?” mi chiede, facendosi seria.

“Sono passati quasi due mesi da quel giorno.” le rispondo io.

“Come ti senti a riguardo?” domanda ancora. “Insomma, sei costretto a fare cose che ti impediscono di spassartela con gli amici o svagarti in altri modi, per non parlare del fatto che rischi di perdere la vita e non puoi fare assolutamente nulla, sei stato scelto e non c’è qualcuno che può farlo al posto tuo…”

In effetti quello che dice è vero.

“Fortunatamente Vector non ci tiene così tanto agli allenamenti, anzi, tra gli imperatori forse lui è il meno rigido, raramente facciamo allenamenti pesantissimi, di quelli che vogliono solo farmi venire la voglia di uccidermi. Però quando capita che gli passa per la testa una cosa del genere, stai certa che fa di tutto per vedermi sudare.” le rispondo. “Il resto delle volte, quando si scoccia lui, finisco di allenarmi. È strano… Però sto migliorando un sacco! Ieri, durante uno scontro, sono riuscito a lanciare uno degli anelli di Masquerade su uno scheletro enorme e gli ho fatto cadere un braccio, ed ero davvero distante!”

Mi fermo per bere un sorso d’acqua, poi continuo.

“Per quanto riguarda il sostituto… Beh, potrebbe esserci qualcun altro che può farlo al posto mio, ma il prezzo da pagare è che uno di noi sette muoia. In realtà c’erano già dei Mezzi-Bariani come noi, ma una di loro è morta e il potere è svanito a tutti loro e passato a noi. Noi siamo già dei sostituti, ma non sappiamo se ce ne sono altri. Per questo combattiamo, cerchiamo di sopravvivere ed evitiamo ulteriori perdite dalla nostra parte.”

“Dev’essere tosta…” commenta Evelyn, abbassando la testa. “Vorrei aiutare anche io, ma non so come…”

“Ci stai già aiutando mantenendo il segreto!” la rassicuro io. “Non devi preoccuparti, noi siamo forti!”

Lei annuisce, poi arrivano le portate e iniziamo a pranzare.

“Buon appetito!” diciamo all’unisono, prima di affondare le forchette nei nostri piatti di pasta.

 
POV: Juan

Oggi ho accompagnato Maria a fare shopping. Non è uno dei modi migliori per scusarsi, ma sto facendo del mio meglio.

“Non c’era bisogno che pagassi tu per quel vestito!” dice lei, grattandosi la testa. “Potevo tranquillamente permettermelo!”

“Tu non ti preoccupare!” le sorrido io. “Costava anche poco!”

“Se per te venti euro è poco…” dice lei. “Dai, andiamo a mangiare! Offro io!”

“Ma neanche per idea!” protesto io.

“Juan, per favore… Il fatto che tu mi stia facendo compagnia significa molto per me. Vorrei tanto ricambiare il favore in qualche modo… Davvero!” mi dice lei.

“Va bene, fai come vuoi…” le dico.

Continuiamo a camminare per un po’, quando svoltiamo all’angolo e…

“Juan, torniamo indietro!”

Maria mi afferra per un braccio e cerca di trascinarmi nella direzione opposta.

“Cosa succede?” le chiedo, allarmato.

“Te lo spiego dopo!” dice lei, particolarmente irrequieta. Io la seguo, mentre ogni due per tre cambiamo vicolo, allontanandoci sempre di più.

Dopo essere arrivati di fronte ad un ex cantiere, mi faccio spiegare ciò che è successo da Maria.

“Ho visto… Oh, no…”

Si blocca, con gli occhi spalancati e terrorizzati, guardando dietro di me. Mi giro per capire meglio cosa stia succedendo e…
 
 
Angolo autrice

CLIFFANGER!!!

Non ve lo aspettavate, eh? Un capitolo tranquillo che va a finire così. Ehehe…

Questa volta ho deciso di includere più POV, spero che l’idea vi sia piaciuta. Ho pensato di approfondire ancora un po’ sui vari personaggi e aggiungere qualcosa che magari avevo lasciato in sospeso o di cui avevo tenuto poco conto.

A proposito di qualcosa di trascurato… Era da un bel po’ che non vedevamo Juan, vero? Bene, vi avviso che il prossimo capitolo, se riesco, lo farò interamente su di lui. Mi sembra anche giusto, visto che per tutta la durata dello scontro precedente lo avevamo lasciato molto indietro. Voi che ne pensate?

Termino con il ringraziamento per CyberFinalAvatar che ha recensito lo scorso capitolo (a cui devo ancora rispondere -.-‘).

Di nuovo, fatemi sapere cosa ne pensate con una bella recensione!

Alla prossima!

eli8600 
 

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Capitolo 31
*** 30: Molester ***


POV: Juan

… adesso capisco come mai Maria è così terrorizzata. Davanti a me c’è un viso incorniciato da capelli neri le cui punte toccano appena le spalle, occhi scuri e penetranti e un sorriso beffardo. Il ragazzo è poco più alto di me ed è vestito completamente di nero.

“Ci rivediamo…” un sussurro simile ad un sibilo esce dalla sua bocca. “Non ci siamo presentati a dovere: mi chiamo Ben.”

“Per noi non è affatto un piacere conoscerti, lurido bastardo!” sputo io. Cosa vuole ancora da Maria? Per quale motivo non è al fresco?

“Oh, che modi…” commenta lui, abbassando lo sguardo. Faccio segno a Maria di mettersi dietro di me.

“Ho paura…” mi dice, stringendo le mani sulla mia maglietta.

“Andrà tutto bene…” la rassicuro io. “L’altra volta l’ho steso. Com’è uscito dalla cella ci ritorna!”

Il malvivente, ascoltando tutto, ridacchia in modo abbastanza inquietante.

“Cosa c’è? Credi che abbia improvvisamente perso la forza che ho usato per sbaragliarti?” gli domando.

“No… hahaha… è che…” sussurra, poi alza lo sguardo verso di noi. “… sei davvero ingenuo…”

“Cos-”

Non ho il tempo nemmeno di farmi domande che un dolore assurdo mi tormenta la pancia e mi costringe a piegarmi sulle ginocchia. Mi è venuto addosso! Quando si è mosso?

“JUAN!” esclama Maria, vedendomi in quello stato. Riaprendo gli occhi, vedo Ben che cerca di afferrare il braccio di Maria. Non posso assolutamente permetterglielo! Nonostante il dolore, mi alzo e salto su di lui per allontanarlo dalla mia amica. A quanto pare con questo delinquente devo usare i miei poteri. Sembra davvero veloce! Non è una cosa normale!

Un momento… E se fosse…

“Maria, vai via! Me ne occupo io!” le dico, mentre il ragazzo prova a togliermi di dosso.

“Non voglio lasciarti di nuovo da solo…” mi dice, evidentemente terrorizzata.

“Maria, non puoi fare nulla! Devi scappare! Non voglio che anche tu venga coinvolta in tutto questo!” cerco di convincerla ancora. Intanto Ben mi colpisce con un pugno ben assestato in pieno viso. Cazzo, che dolore!

“Devo chiamare la polizia…” dice lei, prendendo il cellulare, ma io la fermo subito.

“No! Non fare nulla! Scappa!” dico ancora, quasi incapace di muovere le labbra a causa del colpo subito. “Se dovesse andarmi male non voglio che tu venga nuovamente infastidita da questo tizio! Per favore, ascoltami!”

Maria resta interdetta. Deve andarsene. Non voglio che si faccia male per colpa mia e di questo stronzo. Non voglio nemmeno che scopra il mio segreto. Se venisse coinvolta in questa faccenda potrebbe anche rischiare la vita. Potrebbe capitare di tutto!

“… d’accordo… Ti prego, Juan… Non cacciarti nei guai…”

Finalmente vedo Maria prendere la stessa strada che avevamo percorso per arrivare fin qui, correndo. Ora siamo rimasti solo io e Ben.

Con uno strattone si libera dalla mia presa e mi fa rotolare poco lontano. Mi rialzo lentamente, complice anche il forte dolore allo stomaco.

“Non devi assolutamente preoccuparti…” dice il ragazzo, quasi illeso. “Una volta che avrò finito con te, Mezzo-Bariano, tornerò a cercare la tua cara amichetta!”

Allora avevo ragione. È un servitore!

“Non te lo permetterò assolutamente!” esclamo. “Non ti perdonerò per quello che le hai fatto!”

“Oh, andiamo!” dice lui, ridacchiando. “Mi dite tutti quanti che quello che ho fatto è sbagliato! Ma non ho fatto nulla di male!”

“Hanno ragione…” lo correggo.

“Divertirsi è sbagliato?” domanda Ben, ridendo. “In che Paese di merda sono capitato per uccidere un Mezzo-Bariano?”

Comincia a farmi innervosire.

“Mi dispiace se sei capitato in un posto in cui ‘divertimento’ non è uguale a ‘stupro’… Forse nell’aldilà lo è. Che dici? Vuoi provare a dare un’occhiata lì? Ti ci manderei volentieri…”

“Sai, mi piacerebbe, ma non credo che tu abbia le capacità per farlo…” commenta lui. “Alla fine potrei essere io quello qualificato a spedirti lì!”

“Staremo a vedere!” dico nella mia testa. Con una sfera di luce cerco di colpirlo, ma nel momento esatto in cui questa lo raggiunge… lui sparisce.

“Ma come…”

“EHI! Devi stare più attento!” sento la sua voce dietro di me. Mi giro e mi arriva un altro pugno in faccia. Percepisco l’odore del sangue che esce dalle mie narici. Il dolore si fa sentire davvero tanto, ma nonostante ciò cerco di non demordere. È in gioco la mia vita, quella di Maria, dei miei amici, del Barian World.

Provo ad afferrarlo per la maglietta, ma lui, ancora una volta, scompare dalla mia vista. Mi guardo intorno, poi guardo verso l’alto e mi sposto velocemente a destra con una capriola. Voleva attaccarmi dall’alto. Lui atterra con un ginocchio a terra e un buco nel terreno. L’immagine resta fissa solo un nanosecondo, perché subito dopo si lancia su di me e mi dà un’altra ginocchiata sullo stomaco, già dolente per l’attacco di prima. La sensazione di rimanere senza fiato si fa sentire più forte di prima e per un attimo mi sembra di stare nello spazio senza l’ossigeno.

Neanche Ben vuole prendersi il tempo per respirare: dopo avermi privato del respiro, un’onda d’urto mi getta su un pilone distante qualche metro. Dopo averci sbattuto contro con la spalla sinistra, cado a terra quasi incapace di muovermi.

“Cosa c’è? Già stanco?” mi urla Ben da poco lontano. “Alzati!”

Vorrei poterlo fare, ma, anche se ha colpito alcuni punti specifici del mio corpo, è come se mi facesse male di tutto. Come se avessi ogni singolo osso dello scheletro rotto.

“Muoviti!” mi ordina quel servitore. Cerco di fare forza sulle braccia per alzarmi in piedi, ma non ce la faccio e cado a terra stremato. Se solo Arito fosse qui…

“È ancora presto, dunque dopo averti sconfitto passerò al prossimo.” sostiene lui. “Non farmi perdere tempo!”

A queste parole mi sforzo ad alzarmi. Non voglio che lui uccida me e i miei amici, tanto meno voglio che dia fastidio a Maria. Devo alzarmi. Forza…

“Come hai potuto notare, la scorsa volta non avevo usato la mia vera forza e il mio vero potere perché non credevo fossi così forte.” spiega. “Ti avevo sottovalutato…”

Mi reggo con le mani sul terreno mentre lentamente mi metto in ginocchio.

“Così ho deciso di fare sul serio, stavolta…” continua, osservandomi mentre, appoggiato al pilone, cerco di mettermi in piedi. “Questa volta, però, ti ho sopravvalutato. Non sei ancora riuscito a farmi un graffio. Deludente…”

Mi raddrizzo con la schiena. La pancia, facendo questo movimento, fa così male che mi gira la testa e vedo tutto sfocato per un paio di secondi.

“Avanti, che dopo andrò alla ricerca della tua amichetta.” dice lui con fare perverso. “Voglio concludere quello che avevo iniziato la volta scorsa, se solo tu fossi rimasto al tuo posto…”

“Oh… no, non ce la farai…” dico io, con voce rotta.

“Io non direi, sei davvero messo male. Stai tranquillo, morirai prima di sentire la tua ragazza urlare!” ridacchia lui.

Come osa…

“Smettila…” gli dico con fare rabbioso.

“Perché dovrei? Sembra così divertente…” ribatte Ben. Io, intanto, mi avvicino a testa bassa. Mi aspetto un qualunque tipo di attacco da parte del servitore, ma lui non si muove, dunque mi dà la possibilità di avvicinarmi, anche se ogni passo che faccio è una fitta in una parte del corpo differente.

“Sarebbe troppo divertente prenderla per le trecce mentre-”

“TI HO DETTO DI SMETTERLA!” gli urlo io. “Tu non devi neppure avvicinarti a lei!”

Sento uno strano calore nel mio corpo.

“Tanto da morto non riuscirai ad impartirmi ordini!” ridacchia lui, poco prima di sferrarmi un pugno. “Come…?”

Riesco a bloccare la sua offensiva riuscendo a prendere quel pugno con la mia mano. Stringo la presa, percependo la rottura di qualche dito.

“ARGH!” si lamenta lui, strizzando gli occhi.

“Cosa c’è? Ora ti lamenti per qualche piccola frattura?” lo stuzzico io, quando Ben prova a tirare un calcio basso che io schivo. Sono subito dietro di lui, così con una gomitata nel centro della schiena lo faccio crollare a terra. Lo prendo per una caviglia e lo lancio poco lontano, spedendolo su un’impalcatura che, sotto il peso dell’impatto, si distrugge.

Non ci ho messo davvero niente a mandarlo lì! È come se avessi lanciato un aeroplanino di carta, sembrava così leggero. Anche prima mi sono sentito strano, quando ho evitato quel calcio basso e mi sono spostato subito dietro di lui. Cosa diamine è successo? Mi sento più forte e più veloce di prima.

Vedo il servitore spuntare fuori da quell’ammasso di ferro un po’ ferito. Ha qualche taglio sul viso e delle lacerazioni sui vestiti. La cosa più evidente, però, è la sua espressione: prima era davvero spaventosa e sadica e incuteva timore anche solo se incrociavi lo sguardo con lui per un nanosecondo. Adesso, invece, è come se sapesse che deve stare attento, che la sua forza non basta per sconfiggermi, come inizialmente aveva creduto. È come se i ruoli si fossero invertiti: ora sono io quello cattivo e lui quello indifeso, con la sola differenza che non sono incosciente quanto lui. Dopotutto, così come io ho tirato fuori la mia forza, anche lui potrebbe uscirsene con qualche abilità di cui non sapevo nulla.

Mentre sono immerso nei miei pensieri, noto delle forme quasi trasparenti, simili a boomerang, che vengono veloci verso di me. Sono tante e sono disposte in fila. Le schivo tutte, per poi accorgermi di un’altra fila uguale. Schivo anche quelle. A quanto pare Ben sta cercando di colpirmi con delle onde d’urto dello stesso tipo di quella che mi ha spedito sul pilone.

Una raffica di quegli attacchi viene nella mia direzione. Consapevole di avere una velocità maggiore, li evito tutti e, contemporaneamente, mi avvicino al servitore.

“Ma come diavolo hai fatto?” domanda timoroso. Gli leggo la paura negli occhi.

“È una cosa normale diventare forti…” gli rispondo, prendendolo per i capelli e dandogli ripetute ginocchiate. “Ciò che non è normale è avere un comportamento come il tuo!”

Sento il ragazzo che fa versi strani, come se si fosse ritrovato improvvisamente senza fiato. Ah, adesso capisci cosa ho provato?

Dopo aver visto che il servitore non reagisce agli attacchi, mollo la presa su di lui e lo faccio cadere a terra, esanime. Gli metto un piede sul torace.

“Ti prego… basta…” dice lui, sconsolato.

“Perché dovrei?” domando io, mettendo il peso sul piede. “Hai dato fastidio a Maria, le hai fatto passare qualcosa che l’ha sconvolta! Secondo te non dovrei fare qualcosa che ti ricorderai per sempre? Anzi, non te lo ricorderai perché tra poco tirerai le cuoia. Non meriti di vivere, essendo un molestatore e un servitore.”

“Hai…” dice a fatica. “Uno dei… due occhi… rosso…”

Perfetto, sta delirando.

“Uh, iniziano le allucinazioni…” commento io.

“No… dico davvero…” risponde, tossendo.

“Beh, anche se fosse, non ha importanza ora…” dico io.

Inizio ad ansimare, come se fossi stanco. Mi sento come se le forze mi stessero abbandonando…

Intanto do un’occhiata al ragazzo, che cerca in tutti i modi di rimanere sveglio. Beh, direi che è arrivato il momento. Mi accovaccio vicino a lui e gli prendo la testa con entrambe le mani.

“Addio, stronzo.”

Con un movimento improvviso, gli giro il collo, rompendoglielo. Una pozza nera si allarga prima sotto di lui, poi sopra di lui, inghiottendolo e facendolo sparire.

È finita. Ce l’ho fatta… da solo.

Mi rimetto in piedi, ma quando lo faccio inizia improvvisamente girare la testa e le forze mi abbandonano totalmente. Mi accascio a terra mentre tutto si fa buio.

 
Angolo autrice

Salve!

Alla fine ho portato il capitolo interamente dedicato al povero cristo Juan, che non appariva nella storia da un bel po’…
Allora, perdonatemi la lunghezza del capitolo ma questa settimana ho fatto di tutto pur di portarvi il capitolo oggi. Vi prego di scusarmi <.<

Comunque, piccola notiziuola: la settimana prossima al 90% non pubblicherò perché sarò impegnata per tutta la settimana, dunque ci si vede tra due settimane. Non è escluso che io riesca a pubblicare, ma nel caso sabato non vedrete il nuovo capitolo, beh, sapete il perché xD

Ancora una volta ringrazio CyberFinalAvatar per la recensione dello scorso capitolo (ultimamente siete tutti in vacanza T.T)

Detto questo, fatemi sapere se avete trovato errori o semplicemente avete qualche suggerimento per la storia (non siate timidi^^)

Ci vediamo al prossimo capitolo!

eli8600

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Capitolo 32
*** 31: Interview ***


POV: Nathan

“Certo che quelli di ieri erano davvero forti!” commenta Bob, il mio compagno di squadra. “Ma li abbiamo battuti!”

Ci troviamo nei corridoi della scuola, durante l’intervallo di un quarto d’ora che ci concedono quotidianamente, e discutiamo della partita di basket che abbiamo disputato ieri contro una scuola di Brooklyn.  Il mio amico è uno spilungone, alto quasi due metri, dalla pelle scura e dreadlocks semi lunghi portati legati sulla nuca.

“Già… menomale che c’era Steve che ha evitato molti possibili canestri…” aggiungo io. “Kurt mi ha stupito! Di solito gli manca la concentrazione e per colpa sua la palla va spesso nelle mani avversarie, ma stavolta il migliore in campo è stato lui.”

“Sono d’accordo. Per poco non mi veniva un infarto quando il nostro allenatore lo ha fatto entrare in campo al posto di Lucas.” dice Bob. “A proposito di Lucas… Sai se sta meglio?”

“Il dottore ha detto che può continuare ad allenarsi senza fare sforzi troppo grossi. Sono contento che quella caviglia non se la sia rotta. Dalla faccia che aveva fatto sembrava davvero sofferente!” rispondo io. “Comunque parlando di chi mi ha stupito, stavolta in negativo…Derek.”

 “Vero, hai visto com’era incazzato Mr. Jones? Lo ha letteralmente cacciato dal campo a calci nel sedere!”

“Eh già, ma ha fatto bene!” dico. “Non è possibile che uno dei migliori giocatori della squadra, che riesce a fare canestri da tre punti come se fossero saltelli sul posto, sbagli tutti quei tiri. Lanciava la palla letteralmente sotto il canestro e non lo centrava! In più non aveva nemmeno un giocatore della squadra avversaria addosso a lui!”

“Mi hanno riferito che ultimamente la madre di Derek sta poco bene… Sarà per questo…” sostiene Bob.

“Oh…” dico io, non sapendo la notizia. “Mi dispiace… Si sa di cosa soffre?”

“No, ma a quanto ne so dovrebbe essere curabile.” risponde lui.

“Quindi nulla di grave, immagino…” continuo io.

“Così sembra. In ogni caso, anche la squadra avversaria era piena di scarsi!” dice lui, sghignazzando.

“Si, molti sembravano confusi. Si stavano chiedendo dove fossero!” aggiungo io. “Anche se quelli con la maglietta numero 30 e 17 sono studenti provenienti da un’altra scuola e si sono trasferiti da poco a Brooklyn. Li conosco perché il 30 faceva parte di un team che l’anno scorso ha vinto il campionato, mentre l’altro abitava vicino casa mia prima che i genitori divorziassero. Ci ritrovavamo spesso a fare qualche canestro nel cortile di casa sua e-”

“Chiedo scusa, avresti un minuto per rilasciare una piccola intervista?”

Mi giro e mi ritrovo due ragazze con la coccarda del giornalino della scuola appuntata sulla giacca della divisa. La prima ha lunghissimi capelli scuri, che le arrivano sulla schiena, con occhi color castano-verde, naso in su e più alta della sua amica, dalla carnagione poco più scura, con occhiali che le incorniciano gli occhi scuri e che poggiano su un naso a patata. Ha i capelli di lunghezza media, che le arrivano poco più in basso delle spalle. Ha le labbra carnose che sfoggiano un sorriso. Quest’ultima mi tende la mano per stringermela.

“Sono Serena. Lei è Margareth. Facciamo parte del team che si occupa di scrivere il giornalino scolastico e volevamo chiederti un’intervista a proposito della vittoria di ieri contro i Red Crokodiles. È possibile?”

Uhm, non ho la più pallida idea sul perché abbiano scelto di intervistare me, che non sono neppure il capitano.

“Meglio di no, potrei dirvi baggianate… Chiedete a Steve Terrie, lui è il capitano!” dico io.

“Oh, non devi assolutamente preoccuparti, sono domande semplici. Al momento Terrie non può rilasciare interviste perché è stato convocato dal preside, sempre riguardo al match. Ieri ti abbiamo visto in campo e, visto che sei stato uno dei migliori, abbiamo pensato di chiedere a te!” tenta di convincermi Serena, con il sorriso sempre sulle labbra.

“Non è stato difficile notarti, visto che sei un ragazzo così carino!” parla Margareth, ridacchiando. Aspetta, cosa?!

Sento addosso a me lo sguardo di Bob. Uno sguardo parecchio stranito.

“Beh, non so se in questo momento sono in grado di rilasciare un’intervista…” dico io, poco prima che suoni la campanella. Come si dice, saved by the bell

“Va bene, allora ci si vede più tardi in biblioteca, dopo le lezioni!” dice Serena, prendendo immediatamente l’amica a braccetto e correndo per raggiungere l’aula.

“Uh…” borbotta Bob. “Beh, ora vado a sentire le scemenze che racconta la prof di scienze. Ci vediamo dopo!”

“Ciao!” dico, mentre mi volto per tornare in classe. Per tutta la lezione continua ad assalirmi il dubbio… cosa diamine dirò all’intervista?! Cosa vogliono da me quelle due?! Ho quasi la tentazione di non presentarmi… Per quell’ora, poi, dovrebbe liberarsi anche Steve. Perché non intervistano lui?! Sono nel panico!

 
POV: Juan

Apro gli occhi, seppur con un po’ di difficoltà perché c’è una luce forte proprio sopra di me. Sono finito in paradiso? Mi guardo intorno. No, sono in un ospedale. Ho diversi cerotti e bende di tutti i tipi sul corpo, ma nonostante ciò riesco a muovermi. Il dolore più grande è alla testa, mi gira come se fossi su una giostra. Mi metto a sedere, per poi scoprire che ho una flebo attaccata al braccio. Cavolo, e se avessero scoperto tutto? E se portandomi in ospedale avessero riscontrato un’anomalia in me?

Ricordo tutto quello che è successo… Ho sconfitto quel lurido di Ben, dopodiché ho iniziato a perdere le forze e si è fatto tutto buio. Non so più nulla.

“JUAN! Stai bene?” dice una voce familiare. “Finalmente! Erano ore che dormivi!”

Sollevo lo sguardo e mia madre è sulla soglia. Corre ad abbracciarmi. Menomale, c’è lei. C’è anche mio padre, anche lui felice per il mio risveglio.

“Maria ci ha detto che sei stato avvicinato da un gruppo di ragazzi che hanno iniziato a picchiarti e poi sei svenuto e se ne sono andati. Lei sta bene, è scappata!” dice mio padre. “Ci spieghi il perché?”

Un momento… perché Maria ha detto questo? Come faceva a sapere che ero svenuto? Le avevo detto di scappare…

“Volevano prendersi Maria, così l’ho fatta scappare ed io li ho trattenuti, affinché lei andasse lontano…” rispondo, reggendo il gioco.

“Ti ricordi chi fossero?” continua a domandare.

“Sto cercando di ricordare, ma niente…” dico.

“Mi hanno detto che ieri, a Madrid, c’erano dei ragazzi incappucciati che andavano in giro. Nessuno li riconosceva. Magari sono stati loro!” dice mia madre.

“Forse… Non ricordo molto…” commento io.

“Beh, è normale… Hai preso una botta in testa…” dice mio padre. Mi tocco la testa e scopro che c’è un tessuto attaccato lì. Ah, ecco perché… Non ricordo di aver ricevuto un colpo in testa (e questo DAVVERO non me lo ricordo), forse quando sono svenuto ho sbattuto il cranio a terra.

“In ogni caso hanno detto che se ti fossi svegliato ti avrebbero dimesso perché hai un tempo di recupero molto veloce e le ferite sono quasi del tutto guarite!” dice mia madre. “Ah, a proposito, è venuta a trovarti Maria! Ora le andiamo a dire che ti sei svegliato!”

Maria è qui? Bene, perché volevo proprio parlarle.

“Ottimo…” dico io.

Mia madre esce, per poi rientrare in stanza con la mia amica che, quando mi vede, si getta letteralmente addosso a me.

“Ho avuto davvero tanta paura per te! Stai bene?” mi domanda, quasi in lacrime.

“Si, sto bene…” le rispondo, poi mi rivolgo ai miei genitori. “Vorrei parlare un attimo in privato con lei…”

Loro lasciano la stanza e Maria si scioglie da quell’abbraccio.

“Tu invece? Stai bene?” le domando. “Lo sai che hai rischiato grosso?”

“Cosa intendi dire? Sono scappata, come hai detto tu…” risponde lei.

“Falso!” esclamo. “Di’ la verità, per favore… Come facevi a sapere che ero svenuto? Cosa ne sapevi tu, visto che sei fuggita? Per quanto ne sapevi, avrei potuto anche sfasciarli e tornare a casa.”

“Ecco…” inizia a dire lei. Io la sprono a continuare. “La verità è che all’inizio stavo fuggendo e stavo ripercorrendo gli stessi vicoli che avevamo preso per arrivare a quel cantiere, poi ho sentito di rumori molto forti provenire da lì e sono tornata indietro per sincerarmi che tu stessi bene. Così mi sono nascosta e ho assistito a tutto lo scontro da lontano…”

“Maria, ti avevo detto di andare via non solo perché se mi avesse messo KO tu avresti passato guai, ma anche perché durante lo scontro avresti potuto farti davvero male. Non so se hai visto quanto era forte, ma era capace di lanciarmi e farmi arrivare a grandi distanze. Se avesse preso il punto in cui eri nascosta ti saresti fatta malissimo anche tu!” le dico, arrabbiato.

“Mi… mi dispiace…” sussurra lei, chinando il capo.

“Beh… almeno stai bene, quindi ti perdono…” le dico. “Ma la prossima volta stammi a sentire e non fare di testa tua.”

“Come mai eravate così forti?” mi domanda lei. “Facevate paura… Non sembravate umani… Ho sentito che lui ti chiamava Mezzo-Bariano… Poi si è anche dissolto a terra, una volta morto. Ho le allucinazioni?”

Io le avevo detto di andare via anche per evitare che lo scoprisse, ma ormai è inutile nasconderglielo. Ha visto tutto. Inoltre, è anche impossibile trovare una scusa alla mia forza. Chi crederebbe che lanciare qualcuno a distanza di cento metri circa sia qualcosa a cui si può arrivare solo con la palestra?

“Te lo spiego, ma tu giurami che non lo dirai a nessuno. Hai fatto bene a mascherare questo fatto con qualcosa di più fattibile. Mi raccomando, questa storia la sappiamo solo io e te!” la avverto. Lei annuisce ed io inizio a raccontare tutto, dal primo incontro con Arito a tutto quello che è successo finora.

“Oh…” commenta lei. “Che strano…”

“Si, lo so. Difficile da credersi, eh?” le domando.

“Sembra qualcosa uscito da un film…” aggiunge. “Però ho visto tutto con i miei occhi, perciò ti credo.”

“Bene.” le dico con un sorriso. “Ricorda, acqua in bocca!”

Lei annuisce. Per un po’ rimaniamo in silenzio, senza guardarci. Ora che ci penso, nonostante tutto quello che sia successo (compresa anche la non-fuga di Maria), di una cosa sono felice.

“Maria…” mi rivolgo a lei. “Sono contento che tu stia bene.”

Le faccio segno di avvicinarsi a me e di abbracciarmi. Si, sono contento. Contento perché sono riuscito a proteggere qualcuno a cui tengo.

 
POV: Juniper

Appena torno a casa, la prima cosa che faccio è gettare la borsa dietro la porta e lanciarmi sul divano. Argh, che giornata. Che ansia tremenda quando il prof scorreva il dito sul registro per scegliere chi chiamare all’interrogazione! Sono stata fortunata a non essere tra i “vincitori”, visto che né ieri né l’altro ieri ho aperto un libro.

“Juniper!” esclama qualcuno. Io sobbalzo dalla sorpresa.

“Argh, Merag, mi hai fatto prendere un colpo!” protesto io.

“Si, scusa!” dice lei, sorridendo. “Nathan non è con te?”

“No, doveva restare per un’intervista per quella partita…” rispondo. “Ha detto che due ragazze che avranno avuto un anno in meno di noi si sono avvicinate con l’intento di fargli qualche domanda. Tizie del giornalino scolastico…”

Ho una forte antipatia verso i ragazzi che si occupano di quello stupido pezzo di carta. Due anni fa scrissero un articolo con protagonista una ragazza che aveva fatto una cosa normalissima: mettersi a suonare la chitarra durante l’intervallo nel cortile della scuola. A quanto pare questa ragazza non era amata dal club, dunque in quelle righe scrissero che lo stava facendo per raccogliere soldi per sè. Nei corridoi tutti la guardavano male e perfino quelle che erano le sue amiche si allontanarono da lei. Insomma, alla fine cambiò scuola. Spero che non facciano la stessa cosa con Nathan… Mi sembra strano che abbiano chiesto proprio a lui di fare questa intervista.

“Beh, sarà il prossimo…” dice Merag. “Per ora vieni solo tu.”

Sono confusa. Dove? A fare cosa?

“Dov’è che dovremmo andare?” chiedo io, assonnata. “Sono stanca adesso, non mi va di andare a fare un giro… Yawn…”

“Dobbiamo andare nel Barian World. È il tuo turno per allenarti lì!” dice Merag, tentando di smuovermi dal divano.

“Di già?” chiedo io, cercando di aggrapparmi al cuscino.

“Si, Ivan ha appena finito. C’è anche Axl, il servitore, dunque vedi di far presto!” continua ad insistere.

“Uff… E va bene…” rispondo scocciata.

Merag crea un varco per il Barian World e ci saltiamo dentro.

 
Angolo autrice

La mia testa: Eli, prova a scrivere il capitolo in questa settimana.
Io: El1, pr0vA 4 scR1v3RE 1L cap!t0Lo In qU3sTa s3TtImAn4.
 
Si, è andata così. Però vi avevo avvertito che la settimana scorsa era molto probabile che non avrei pubblicato.

Anyway, un altro capitolo. Anche questo abbastanza tranquillo. Prometto che il prossimo avrà più azione, giuro u.u

Ringrazio (come al solito) CyberFinalAvatar (e date un’occhiata alla sua storia Pokèmon Orange, se vi interessano i Pokèmon u.u) e Auri 25 per le recensioni allo scorso capitolo. Fatemi sapere se avete trovato errori o se avete qualche consiglio da darmi (non siate timidi, non mordo u.u)

Ciauuuu!

eli8600
 

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Capitolo 33
*** 32: Attention whore ***


POV: Juniper

“Coraggio! Sei quasi alla fine!” mi incita Merag da lontano, mentre distruggo con un pugno delle statue fatte di uno strano materiale, simile alla pietra.

Sento le singole gocce di sudore che scendono dalla fronte e dalle tempie, mentre ansimo stanca. L’allenamento è stato forse il più tosto che ho affrontato finora. Ho un assoluto bisogno di bere acqua, la testa mi gira a causa del caldo che provo e della stanchezza che mi assale, le gambe vogliono crollare sotto il peso del mio corpo, mentre le braccia si sollevano a fatica. Vorrei quasi dire a Merag che sono al limite, ma neanche un singolo suono vuole uscire dalla mia gola. Quasi alla fine, eh? Mi chiedo per quanto tempo voglia tenermi ancora qui, in questo mondo tetro che non conosco.

“Bene, adesso un ultimo sforzo… Voglio che tu colpisca dei bersagli che adesso materializzerò. Ce la fai?” mi domanda la bariana. Io le rispondo con un cenno non molto convinto, però se questo esercizio mi farà stare un po’ più ferma rispetto a prima… beh, in un certo senso potrò riposare.

“Pronta?” chiede, mentre dei cerchi fatti del materiale di prima si innalzano e fluttuano nel vuoto. Preparo delle lance fatte di ghiaccio per poter colpire quei bersagli. Nel momento in cui mi ritengo pronta, scaglio tutte le lance contemporaneamente, dirigendole ognuna su un obiettivo diverso. Nel momento in cui vedo che vanno tutte a segno faccio un sorrisetto stanco. Ho terminato?

“Ottimo. Ora colpisci questi!”

Merag ne ha materializzati altri. Ancora? Argh, ma perché Nathan non è qui?! Magari allenandoci assieme soffrivo di meno…

Questa volta, però, quelle rocce sono in movimento, posizionate in un cerchio che gira in senso orario. Bene, allora cercherò di far fare alle lance una traiettoria ben precisa, in modo che esse facciano un bel frontale con quei bersagli. La mia mossa funziona, perché riesco non solo a distruggerli tutti, ma anche contemporaneamente. Certo, la mia piccola disattenzione stava per costarmi un frammento in testa, per questo mi sono spostata improvvisamente da lì. Guardo Merag. Lei alza un pollice, ma subito dopo vedo… Oh, non mi dire… Altri bersagli… Anche questa volta sono in movimento, ma si muovono più velocemente e non sono più disposti in cerchio. Ma è seria?!

Questa volta creo una lancia alla volta e miro ad ogni singolo… coso… non ho idea di cosa siano e di che materiale sia, visto che sembra pietra ma più fragile. In ogni caso ci impiego un po’ di più, ma alla fine li distruggo tutti. Di nuovo, mi volto in direzione di Merag e la osservo, in attesa di un nuovo ordine. Forza! Voglio altri bersagli! Ehm, no… in realtà voglio solo andare a casa… Ma tanto so già che dirà di colpire-

“Va bene, basta così! Per oggi ci possiamo fermare!”

… altri oggetti…

Probabilmente ho le allucinazioni, perché non mi sembra vero che lei abbia detto DAVVERO quella frase. In ogni caso, la prima cosa che faccio è buttarmi a terra, non importa se è scomodo. Ah, finalmente… Quasi quasi mi addormenterei guardando il cielo viola scuro del Barian World con quegli sprazzi di luce che ci girano intorno…

“Juniper? Stai bene?”

Merag viene vicino a me osservandomi dall’alto con curiosità.

“Si, è che sono stanca…” le rispondo, mettendomi lentamente in piedi. Stranamente ora mi sento meno stanca. Sdraiarmi per terra mi ha fatto bene…

“Comunque, in quale parte del Barian World ci troviamo?” domando a Merag.

“Qui ci troviamo nel cuore del nostro palazzo. È una stanza segreta in cui solo noi imperatori possiamo entrare. La usiamo, appunto, per allenarci e per rafforzare il nostro potere. Qui duelliamo e meditiamo, senza disturbare gli altri abitanti del palazzo.”

Quindi non eravamo all’esterno. Ah, devo essermi davvero addormentata. In effetti, la stanza in cui mi trovo è davvero grande e, inoltre, ha il soffitto molto alto. Ai muri, di un colore molto vicino al viola scuro, poste molto in alto, vi sono delle vetrate molto grandi da cui non si vede l’esterno. Al centro del soffitto c’è una sorta di lampadario che emana una luce molto forte (e questo era il “cielo” che vedevo io). Ci sono alcune sedute, simili a dei troni neri, più in lontananza, dove poco prima c’era Merag.

“Che strano… Pensavo che fossimo fuori di qui…” le dico. “Sarà l’altezza di questa camera…”

“È anche perché l’atmosfera che si crea si adatta automaticamente a quella di un qualunque luogo. Potrebbe diventare anche un deserto o un ghiacciaio… Insomma, ci alleneremo qui anche per abituarvi a combattere ovunque voi vi troviate!” mi risponde. “Non è fantastico?”

“Beh… si che lo-”

La porta si spalanca. Io mi metto immediatamente sulla difensiva, poi mi accorgo della presenza di una figura conosciuta. Nasch.

“Avete sentito di Juan?” domanda il nuovo arrivato.

“No, cosa è successo?” risponde Merag, un po’ preoccupata.

“È stato attaccato da un servitore. L’ha sconfitto, ma ora è in una struttura chiamata ’ospedale’…” freme lui. “Insomma, dobbiamo tirarlo fuori da lì!”

“Perché? Sta solo guarendo le sue ferite… Non lo tengono imprigionato!” rispondo. “In che stato di salute si trova?”

“Arito mi ha detto che è cosciente e che sa dove si trova e-”

“Allora è tutto a posto!” rispondo, sorridente. “Se la caverà… C’è Arito con lui!”

“Può darsi, ma mi preoccupa una cosa che ha detto Juan…” dice il fratello di Merag.

“Cosa ha detto?” domanda quest’ultima.

“Il servitore, poco prima di tirare le cuoia, ha detto di aver visto Juan con un occhio rosso… Che sia già passato allo stadio successivo?” le risponde.

“Stadio successivo?” domando io, confusa. “Esiste uno stadio successivo?”

“Ne parleremo più in là!” mi risponde Merag. “Comunque, è meglio se torniamo a casa. Nathan starà aspettando che torniamo!”

“In realtà no… Ero passato a casa vostra per cercarlo, ma la casa era vuota. Nessuno ha risposto al campanello e le luci erano tutte spente!” puntualizza Nasch.

“Sul serio? Dove si sarà cacciato?” mi domando. “Aveva detto che sarebbe stato impegnato in un’intervista davanti alla scuola…”

“Vogliamo andare a dare un’occhiata lì?” chiede Merag. “Non so voi, ma io credo che si stia cacciando in qualche guaio…”

“Del tipo?” domando ancora.

“Tipo… un servitore…”

 
POV: Nathan

Mi rialzo dopo che qualcuno o qualcosa mi ha colpito sulla schiena. Mi giro e… si, deve per forza provenire da lei.

“Ma che diamine…” commento io, mentre lei mi guarda dispiaciuta.

“Oh, scusami tanto! Non volevo farti del male! Sono un disastro, davvero…” si scusa lei, nascondendosi il viso con una mano e piagnucolando.

“Tutto a posto, ma… Sei stata tu?” domando, rimanendo stranito dal suo comportamento. È una servitrice (almeno credo), ma perché si scusa?

“Si… Disastri del genere potevo solo combinarli io… Argh, sono uno schifo!” esclama, iniziando a piangere, anche se la veridicità del suo pianto non mi convince molto. Insomma, sembra che stia recitando!

“Ok, ok, ma tu dovresti attaccarmi e non dovresti avere i sensi di colpa perchè-”

“Lo so, è che sono un disastro!”

Ok, questo suo atteggiamento inizia ad irritarmi. Va bene la scarsa autostima, ma sembra che lo stia facendo apposta per farsi dire il contrario.

“Se non ti piace, allora, perché mi hai attaccato?” le chiedo, incrociando le braccia.

“Io… io…” balbetta lei, pensandoci un attimo. “Argh, non lo so! Faccio un sacco di cose senza pensarci!”

È una cosa sua o lo sta facendo apposta a farmi incazzare?

“Non capisco per quale motivo io abbia questi poteri. Sono così fuori forma!” esclama lei. “Mi vedi? Sono cicciona!”

Qui mi parte in automatico il facepalm… Non è una ragazza mingherlina, ok, ma è solo un po’ più robusta.

“Non sei grassa…” le dico scocciato, massaggiandomi il viso con la mano di prima.

“Lo dici solo per farmi felice…” risponde lei.

“VA BENE! SEI GRASSA!” sbotto io. “Volevi sentirtelo dire?! Eccoti accontentata!”

“COSA HAI DETTO?!” chiede Serena, visibilmente arrabbiata. Oh…

Inizia a lanciare a grande velocità dei raggi luminosi, ma lo fa così a caso che nessuno di loro mi colpisce. Beh, è riuscita a sfiorarmi il braccio, ma quel colpo mi ha fatto il solletico. È così debole? Ci sto pure perdendo tempo, quindi direi pure che sia il caso di distruggerla. Mi avvicino a lei lentamente, tanto sta continuando a sparare quei cosi (andiamo, non si possono definire attacchi!) e pure ad occhi chiusi, non si accorgerà mai del fatto che sono dietro di lei e sto per romperle l’osso del collo.

CRACK!

La tizia cade a terra senza emettere alcun fiato, per poi svanire nel terreno. Se solo tutti i servitori fossero così… oh, no, sarebbe l’inferno! Dovrei stare a sentire le loro lagne… La testa mi scoppia! Argh, se avessi tenuto la bocca chiusa ancora per un po’ lei avrebbe continuato! Per fortuna è finita… E se anche la sua amica fosse una servitrice? Stasera non si è presentata all’intervista, ma se lei fosse più forte di Serena?

In ogni caso, mi avvio verso casa visto che è tardi, ma mi vengono incontro tre figure.

“Nathan! Eccoti!”

“Ci stavamo preoccupando!”

Sono Merag, Nasch e Juniper.

“Ragazzi, l’aspirante giornalista era una servitrice!” dico io, fingendo di essere sconvolto.

“Lo sapevo!” esclama Nasch. “Com’è andata?”

“È stata durissima, l’avevo sottovalutata!” dico, ansimando per finta. “Aveva degli attacchi precisissimi e molto veloci!”

“Ma… tu non ti sei fatto male…” commenta Juniper.

“È vero… Li ho evitati quasi tutti per miracolo, qualcuno mi ha colpito ma sto bene!” rispondo.

“Wow, ti sei ritrovato da solo contro una servitrice forte!” dice Juniper. “In pratica oggi hai saltato l’allenamento ma è come se lo avessi fatto ugualmente!”

“A proposito, avrei qualcosa da dire…” commenta Nasch, facendosi serio.

“Va bene, ho raccontato balle.” confesso. “Mi sono battuto con una servitrice per niente forte, attaccava senza vedere dove andavano i colpi e, soprattutto, era una rompicoglioni esagerata!”

Gli altri mi guardano in modo strano, domandandosi (probabilmente) per quale motivo hanno mandato un’incapace.

“Si, ma resta il fatto che alle 18 dovevi essere a casa, in modo che potessimo prelevarti e farti allenare.” continua Nasch.

“Si, ti chiedo scusa, mi ero dimenticato di quest’appuntamento…” mi scuso io, grattandomi la testa.

“Era troppo occupato a farsi dire che è un ragazzo carino…” dice mia sorella, maliziosa. Io la guardo come per dire “aspetta che torniamo a casa e…”.

Torniamo a casa a piedi. Durante quel tragitto ripenso a quella nemica. Per quale motivo hanno mandato proprio una come lei? Hanno in mente qualcosa?

 
Angolo autrice

Allooooora. Innanzitutto mi scuso sia per il ritardo della pubblicazione, sia per la lunghezza del capitolo. Il ritardo è dovuto al fatto che in questi ultimi giorni ho avuto problemi con il pc. Siccome volevo portarvi il capitolo il prima possibile non l’ho approfondito più di tanto, diciamo che pensavo più ad aggiornare. In ogni caso, più in là cercherò di sistemarlo ^^
Dunque, non stupitevi se trovate errori o ripetizioni. In ogni caso, segnalatemeli nelle recensioni così correggerò!
Ringrazio CyberFinalAvatar (come di consueto xD) per la scorsa recensione.
Ci vediamo al prossimo capitolo!
eli8600

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