Non avvicinarti

di Madame_Padfoot93
(/viewuser.php?uid=527670)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: Un nuovo inizio - Partenze ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: Di nuovo a casa – Hogwarts ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3: Lezione di Difesa - Confessioni ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1: Un nuovo inizio - Partenze ***



Attenzione: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di J.K. Rowling; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro. 


 

Questa storia è dedicata a tutte quelle persone,
che, con il loro continuo e incessante affetto,
i consigli e le tirate d’orecchie,
mi spronano a scrivere.
Probabilmente, senza voi, mi sarei fermata subito.
Chissà quanto dovrebbe essere lunga una dedica…
pensate che stia esagerando?
E va bene, va bene, la chiudo qui.

 

 

 

Non avvicinarti

 

 

 

 

Capitolo 1: Un nuovo inizio –
Partenze
 

 

La luce del sole filtrava attraverso le leggere tende, appena accostate; i tiepidi raggi le colpivano il viso, su cui si formò una piccola smorfia di fastidio.
Oh… Per favore… Ancora cinque minuti.
Aveva appena formulato quel pensiero quando la porta si spalancò e una voce squillante le intimò di alzarsi.
«Su… coraggio pelandrona! È ora di svegliarsi. Harry e quell’altro idiota partiranno oggi. Vuoi passare questi ultimi momenti abbracciata al cuscino?». E mentre Ginny Weasley apriva del tutto le tende, un’ ancora assonatissima Hermione Granger si buttò giù dal letto. Letteralmente. Il tonfo fece girare la rossa, che invece di aiutarla scoppiò in una risata cristallina. «E questa cos’è? Una tecnica babbana per svegliarsi? Dai su Hermione! Muoviti!» disse, uscendo dalla stanza.
Hermione si alzò, con il sedere dolorante e la voglia di ributtarsi tra le lenzuola. Ma sapeva bene che avrebbe dovuto muoversi.
Lui partirà oggi. Partirà oggi e staremo lontani. Staremo lontani e sicuramente si scorderà di me.
Erano questi i pensieri di Hermione e forse stava capendo perché non aveva proprio voglia di alzarsi quel giorno: sperava che non arrivasse mai. Eppure era arrivato. Presto, troppo presto. Si chiedeva, mentre si dirigeva in bagno per rinfrescarsi (e svegliarsi del tutto), come riuscisse Ginny ad essere così attiva, invece. Non che lei fosse distrutta, ovviamente. Sapeva che dopo la scuola avrebbero potuto vedersi più spesso. Ma non poteva fare a meno di pensare a quei caldi pomeriggi estivi passati insieme, alle passeggiate mano nella mano, alle giornate trascorse sotto l’ombra dei salici, distesi sull’erba a progettare il futuro: Ron all’Accademia per Auror, Hermione che finiva gli studi e poi alla Magiuniversità (era ancora indecisa tra Magisprudenza o Medimagia); poi una casa, la convivenza, il matrimonio, un lavoro, magari dei figli (pochi, al massimo due o tre visto l’esperienza di Ron). Quei pensieri la facevano arrossire. Razionalmente sapeva che era troppo presto per pensare così avanti nel futuro (Merlino! Ho solo 19 anni!) ma in cuor suo sperava che tutte quelle promesse che si erano scambiati diventassero realtà. Uscita dal bagno e vestita si diresse verso l’accogliente, ma sempre troppo affollata, cucina della Tana. La signora Weasley stava preparando la colazione, mentre Ginny sistemava la tavola; il signor Weasley, con Harry, Bill, Charlie, George e Percy stavano conversando, come al solito, sull’argomento più scottante di quei giorni: i processi alla famiglia Malfoy.
«Avanti, Harry! Come si può pensare che quel viziatello non fosse consapevole di ciò che faceva? Non era certo sotto Imperius: ha fatto tutto volontariamente!»
«Harry infatti non ha detto questo, George. – disse Bill, anticipando il ragazzo – Ha detto solo che l’ambiente in cui è cresciuto lo ha portato a certe scelte. Certo aveva anche personali motivazioni di rivalsa, oltre che una profonda devozione alla causa di Voldemort, eppure...»
Il resto della frase Hermione non lo sentì. Come sempre, dopo la sua sconfitta, il nome del Signore Oscuro la riportava indietro ai giorni della guerra e a tutti quegli amici che, per un mondo migliore, avevano dato la vita; ma le dava anche un enorme sollievo il fatto che ormai, quasi tutti, riuscissero a pronunciare quel maledetto nome: significava che non ci sarebbe stato più nulla di cui aver paura.
«Oh, Hermione cara. Buongiorno. Dormito bene?» disse la signora Weasley, quando la notò. La voce di Molly era, come sempre, gentile e materna, ma i suoi occhi, dal giorno della Battaglia di Hogwarts, erano sempre velati da una leggera tristezza, così come quelli del marito: perdere un figlio non è stato certo facile, ma la presenza e il supporto di tanti amici e della famiglia in continua espansione li consolava, facendo ricordare i momenti felici.
Alle parole della signora Weasley tutti i presenti si girarono verso Hermione, salutandola.
«Benissimo come sempre, signora Weasley.» e mentre prendeva posto a tavola, afferrò un muffin ai mirtilli, prima che Ginny lo facesse al suo posto.
«Ehi. Quello era mio!» esclamò la rossa, fintamente contrariata.
«E ora è mio! – rispose l’altra, ridendo e addentandolo – Dov’è Ron?»
«Sta finendo di sistemare le ultime cose. – rispose Harry – E prima che tu ti arrabbi per il fatto che avrebbe dovuto farlo prima…»
«Beh avrebbe dovuto!» disse la signora Weasley con decisione.
«Ok, è vero. Ma ormai ha finito. Mancano le ultime cose!» rispose il ragazzo, nel tentativo di difendere l’amico.
«Speriamo che l’Accademia gli faccia mettere un po’ di sale in zucca. Ooooh il mio bambino farà l’Auror, come sono orgogliosa. E anche tu Harry. Sicuramente diventerai Capo Auror, come è stato per Alastor. Sono così fiera di entrambi…».
E mentre la signora Weasley usciva dalla cucina, con l’intento di aiutare Ron, George si girò verso Hermione : «Come avete potuto testimoniare a favore dei Malfoy?»
Mmm… ci risiamo.
«George, te lo avremmo detto centinaia di volte. – cominciò Hermione, con la solita voce petulante che usava a scuola quando rispondeva pronta a una domanda dei professori – Punto primo, non abbiamo testimoniato a favore dei Malfoy, ma solo a quello del figlio. E poi Draco Malfoy ha colpe più lievi, dettate dalla boria e dalla convinzione di essere superiore, ma alla fine si è comunque pentito, a differenza del padre».
George sbuffò: «Ma aveva organizzato l’uccisione di Silente…»
«Gli avvenimenti che hanno portato alla morte di Silente sono stati chiariti, George, e lo sai. – disse il signor Weasley – Certo posso capire che tu disapprovi il fatto che l’intera famiglia sia stata rilasciata, ma il giovane Malfoy è cresciuto con la convinzione di essere superiore in quanto Purosangue; è un bullo, un gradasso e si… è stato anche cattivo, ma non malvagio e non è irrecuperabile».
«Ma...»
«Quello che papà vuole dire – si intromise Bill – è che nel caso ci sia anche la pur minima possibilità di redenzione, che sia dettata da codardia o da veri rimorsi di coscienza, è bene assecondarla. E quel ragazzo Malfoy l’ha. Anche se trovo indegno che Lucius ne sia uscito».
«Beh non del tutto pulito almeno. – disse Harry, con aria grave – Non solo ha dovuto contribuire alla ricostruzione di Hogwarts e a versare onerosi contributi alle famiglie. Adesso sta aiutando la giustizia e gli Auror a catturare i Mangiamorte fuggiti, con il rischio di ripercussioni».
«Pensa se fossi stato cresciuto come un Malfoy, George. – disse Charlie – E con il continuo e incessante monito di essere superiore solo perché sei “Purosangue”. Questo è quello che differenzia Malfoy da altre famiglie Purosangue, come quella del padre di Harry, o dei Paciock, o anche la nostra».
«Beh, – si intromise Percy, gonfiando il petto con finta supponenza – dimentichi che la nostra è una famiglia di traditori del proprio sangue: sarebbe stato ipocrita, da parte nostra, sostenere cose banali come la sua purezza».
Tutti si misero a ridere: era davvero strano sentire Percy, una volta così altezzoso e pomposo, sciogliersi a battute taglienti e divertenti. Ma presto la risata cessò e nella cucina calò il silenzio.
La mente di Hermione volò a qualche giorno prima, al processo della famiglia Malfoy. Tutti sapevano che Narcissa Malfoy se la sarebbe cavata con poco e niente, quindi nessuno fu sorpreso quando il giudice l’assolse da ogni accusa. La donna aveva sì sostenuto la causa di Voldemort, abbracciandone i principi, ma non aveva mai partecipato attivamente alle operazioni dei Mangiamorte, né divenne mai propriamente una di loro: a differenza del marito, della sorella e poi del figlio non aveva il Marchio Nero. Inoltre, dettaglio di non poca importanza, aveva mentito sulla morte di Harry solo per entrare nel castello. Certo, forse il suo non era un gesto di pentimento, ma solo l’egoistico pensiero di salvaguardare il figlio; tuttavia Harry ha voluto comunque aiutare quella donna, riconoscendo di doverle molto. Un altra mossa aspettata era il patteggiamento di Lucius: se durante la prima guerra la scusa dell’Imperius lo aveva scagionato, questa volta l’unico modo per salvarsi era quello di consegnare i nomi di tutti i Mangiamorte in fuga. Tuttavia nessuno si aspettava che quell’uomo non scontasse nemmeno un giorno in carcere: il tutto si è risolto con una salatissima multa e l’impegno di ricostruire la scuola. Nessuno dei tre si mise a suo favore, così come non apposero alcuna rimostranza per il verdetto.
Su Draco, invece, gravava l’accusa di aver organizzato l’Assalto ad Hogwarts oltre che l’assassinio di Silente. Anche in questo caso l’intervento di Harry era stato fondamentale: non solo aveva reso noto a tutti la verità sulla morte del vecchio Preside, ma aveva raccontato anche come il Serpeverde aveva finto di non riconoscerli quando erano stati catturati e portati al Manor dei Malfoy, instillando il dubbio nel Wizengamot di un possibile pentimento del giovane (anche se, più probabilmente, era stato un semplice atto di vigliaccheria). Inoltre aveva spinto sul fatto che Draco fosse solo un ragazzo, con la possibilità di poter cambiare e correggersi. Anche lei e Ron avevano testimoniato a favore del giovane Malfoy, dimostrando così di aver buttato alle spalle gli anni di insulti e scherzi crudeli durante la scuola. La guerra li ha fatti maturare tutti troppo velocemente.
Il silenzio della cucina, così come il filo dei suoi pensieri, venne bruscamente interrotto dall’entrata di Ron.
«Buongiorno a tutti! – disse allegramente, sedendosi accanto alla fidanzata – Buongiorno, Hermione!» Il rosso salutò la ragazza con un bacio sulla guancia; Hermione divenne paonazza e affondò il viso nella sua tazza di caffè, cercando di nascondere inutilmente il rossore: ancora non era abituata a quei gesti così inusuali da parte di Ron.
«Oh Merlino, quanta dolcezza di prima mattina. – si lamentò con un mezzo sorriso George – Trovatevi una stanza o almeno uscite. Anzi, voi quattro, andate fuori a godervi queste ore insieme, prima della partenza. Io vado al negozio. Ron, Harry! Passate per Diagon Alley, quando potrete. A stasera!»
E detto ciò fece un segno di saluto a tutti e, uscito in giardino, si Smaterializzò.
«Bene, vado anche io. – fece Bill, alzandosi e dirigendosi verso la porta – Ero passato per salutarvi ragazzi. E anche Fleur vi manda i suoi migliori auguri. Se mai aveste bisogno di aiuto, sapete dove trovarci. Vi serve una mano con i bagagli?»
Harry negò con la testa: «No, grazie mille Bill. Charlie si è già offerto e ormai mancano poche cose: abbiamo già portato il necessario a Grimmauld Place. Piuttosto ringrazia Fleur per averci aiutato a sistemarla».
Hermione sbuffò al pensiero: quei due avevano deciso di sistemarsi in quella grande casa, da soli, insieme all’ Elfo Domestico Kreacher, dopo averla fatta risistemare da Fleur. E ogni volta che sentiva quel nome una lieve fitta di gelosia la pervadeva, ricordandosi di come Ron l’ha sempre guardata. Certo: ora Ron guardava lei con quell’espressione (e ciò la faceva sempre arrossire), ma anche il solo ricordo la rendeva inquieta e incerta.
«Perfetto allora! Non mancherò di ringraziarla. – disse Bill, poi rivolto al padre – Papà, saluta la mamma da parte mia. Ciao a tutti.» e uscito dalla casa si Smaterializzò, seguito poi da Percy.
«Allora, ragazzi? – esclamò il signor Weasley – Non seguite il consiglio di George? Fuori è una bellissima giornata. Godetevi questa mattinata.» e si immerse nella Gazzetta del Profeta.
Charlie, dicendo che sarebbe tornato presto, uscì per andare al villaggio vicino, mentre i quattro ragazzi, dopo aver divorato la colazione, andarono sulla collina dove era soliti giocare a Quiddich. Sembrava essere passato davvero tanto, tantissimo tempo da quei giorni in cui si dividevano in coppie e si lanciavano mele a cavallo della scopa.
Una volta arrivati in cima, dove svettava un melo gigantesco, si sedettero ai piedi di questo, riparandosi dal sole, stranamente cocente di quel fine agosto, con le fronde lussureggianti.
Parlarono tanto, di quello che i ragazzi avrebbero affrontato all’accademia, delle lezioni che le ragazze avrebbero avuto ad Hogwarts, dei periodi in cui si sarebbero potuti vedere ad Hogsmeade, di quante volte si sarebbero scritti.
«Tranquilla, Hermione. – disse Ron, sorridendole con affetto – ti scriverò ogni giorno!»
«Oh, Ron! Che sciocco! Mi basta anche una volta alla settimana. E poi devi ricordarti di impegnarti, di studiare e di non gingillarti troppo. Mi raccomando Harry, conto su di te: tienilo d’occhio!»
«Allora siamo messi proprio male!» esclamò Ginny, facendo ridere tutti quanti.
Quei momenti, così spensierati, così allegri e pieni di gioia, di vita, di speranza per il futuro erano comunque velati da quella tristezza, che ancora non poteva essere cancellata. La morte di tanti amici, compagni, giovani ragazzi ai quali quel futuro, a cui loro tanto si aggrappavano, era stato negato, era sempre presente nei loro pensieri e li colpiva ogni giorno, attraverso una parola, un gesto o una semplice risata. Ed è per questo che i ragazzi smisero di ridere lentamente.
«Bene, ragazzi! – disse Harry, alzandosi da terra e tendendo una mano alla rossa – Io e Ginny vi lasciamo un po’ soli. Andiamo a farci una passeggiata.» e mentre i due si allontanavano da Hermione e Ron, sentirono quest’ultimo urlare: «Attento a dove metti le mani, Potter! Ti controllo!» ma questa volta la sorella non si arrabbiò, anzi ne rise.
Rimasti soli, sotto il melo, Hermione sospirò e guardò Ron negli occhi, mentre lui di rimando sbuffò e sorrise.
«So benissimo cosa stai per dire: che non dovremmo andare a vivere da soli a Grimmauld Place, che dovremmo stare qui, che potremmo fare avanti e indietro come fa mio padre… Ma Hermione lo sai. Non possiamo stare qui. Non più. Abbiamo bisogno di incominciare una nuova vita, di costruircela da soli».
Hermione storse leggermente la bocca, ma sapeva che Ron aveva ragione: bisognava ricominciare e camminare sulle proprie gambe.
«Dai, Hermione! Su, sorridi!»
«Si, ma non so se sono d’accordo sul piano di andare a vivere insieme tutti e quattro… Voglio bene a Harry e Ginny, ma forse dovremmo trovare un posto nostro…» mormorò lei, poggiando la testa sul petto del rosso.
«Lo so, hai ragione! Ma l’accademia durerà tre anni e nel frattempo tu studierai. I soldi della ricompensa dobbiamo utilizzarli per completare gli studi. Non appena incominceremo ad ingranare, avremo un posto tutto nostro. Promesso. Ehi – disse, prendendole delicatamente il mento tra le dita e portando lo sguardo di lei all’altezza del suo – promesso».
Hermione lo guardò a lungo, incatenando gli occhi ai suoi: era davvero cambiato, era diventato più maturo, mostrando però sempre il suo lato buffo e poco empatico.
«Da quand’è che sei tu quello maturo e serio tra i due?» disse lei, sorridendo.
«Tranquilla, lascio volentieri a te questo gravoso onore.» rispose Ron, abbracciandola per la vita e stringendola più vicino a sé; avvicinò il viso al suo e aspettò che fosse lei a colmare la distanza, cosa che non tardò molto a succedere. Passarono il tempo abbracciati sotto l’albero, tra silenzi e baci. E dopo quelli che sono sembrati solo pochi minuti, videro Harry e Ginny tornare con un’espressione felice e beata. Ginny, a differenza sua, non sembrava soffrire più di tanto la lontananza dal suo ragazzo.
«Andiamo, ragazzi. – disse la rossa – Mamma ci ha chiamati per il pranzo».

 

«Dai, mamma! Ci rivedremo prestissimo. Solo il tempo di abituarci ai ritmi. Vedrai, presto saremo qui, per uno dei tuoi pranzi! Smettila di piangere, mamma!»
Era tardo pomeriggio: Harry e Ron stavano accingendosi a partire, dopo aver salutato Charlie che aveva portato le ultime cose a Grimmauld Place.
«Oh, quanto sei stupido Ron. – la signora Weasley era una fontana, ma rideva tra i singhiozzi – I miei ragazzi. Dovete scrivermi sempre, mi raccomando! E se avete qualche problema, non esitate a chiedere ad Arthur. Harry, mi raccomando mangia. Chissà se quell’Elfo…»
«Signora Weasley, non si preoccupi. Kreacher è cambiato moltissimo e adesso non vede l’ora di avere compagnia». Harry era vicino al camino, con il vaso di Polvere Volante in mano.
«Penso ancora che avresti dovuto liberarlo… – iniziò Hermione, ma notando lo sguardo esasperato dell’amico rinunciò alla sua filippica – Va bene, va bene. Trattatelo con gentilezza, però!»
«Hermione, dai! Hanno capito. – scherzò Ginny, avvicinandosi al fratello e abbracciandolo – Ciao zuccone! Mi mancherai… bleah! Guarda cosa vado a dire!» poi si avvicinò e salutò Harry, baciandolo senza alcun pudore di fronte ai genitori e scatenando il rossore di lui, una risatina della madre e lo sconcerto del padre. «Su, su… ora Harry deve salutare Hermione!» disse il signor Weasley, con voce un po’ acuta.
Harry e Ginny si staccarono, sorridenti e poi lui si avvicinò a Hermione, abbracciandola e sussurrandole un semplice Ti voglio bene!. Si staccarono e lentamente Harry entrò nel camino, passò il vaso a Ron, salutò con un cenno tutti quanti, prese un po’ di Polvere e, lanciandola, gridò in maniera chiara “GRIMMAULD PLACE!” e sparì tra le fiamme smeraldine.
Vedendolo sparire tra le fiamme, Ginny sospirò: «Almeno, stavolta, ha pronunciato la giusta destinazione». La sua battuta fece ridacchiare i presenti.
Ron si avvicinò a Hermione, l’abbracciò, le diede un bacio sulla guancia asciugandole con il pollice le lacrime. Poi, rivolto a entrambe le ragazze disse: «Scriveteci quando dopodomani arriverete ad Hogwarts! Ciao a tutti!» e fu il suo turno di sparire.

 

* * *

 

Era il 1 Settembre e l’Esprsso per Hogwarts era lì, al Binario 9 ¾ , immerso come sempre nel vapore e scintillante come non mai. Herimione osservava i bambini eccitati e allegri, mentre salutavano un po’ troppo frettolosamente i genitori che invece avevano un’espressione preoccupata; i vari Prefetti e i Capiscuola incitavano tutti gli studenti a salire e prendere posto al più presto; vi erano gruppetti di ragazzi felici, che si aiutavano a caricare i bagagli o parlavano tra loro, ed alcuni più seri, in disparte rispetto agli altri. Notò che, mentre i gruppetti allegri erano formati da ragazzi di Case differenti, i ragazzi in disparte appartenevano perlopiù a Serpeverde. Ma ciò che più la colpì era quello che vedeva nei loro occhi: non c’era disprezzo (o almeno non più come una volta) ma forse qualcosa che si avvicinava al senso di colpa.
«Lo hai notato anche tu? – fece Ginny, rivolta a lei – Sembrano… diversi».
«Che intendi dire?»
«Non so. Dico solo che la guerra, forse, non ha cambiato solo Ron. Oh ecco Luna! E Neville!» disse la rossa, agitando le braccia e correndo con il suo carrello verso gli amici. Hermione invece si avvicinò con calma e salutò i due con un abbraccio caloroso.
«Luna! Neville! Che bello rivedervi!»
«Ciao, Hermione.» fece Luna, con il suo sguardo trasognato e con voce calma.
«Hermione. Sono contento anche io di vederti! E Harry e Ron? Non sono qui a salutarvi? Hanno già iniziato l’Accademia?»
Ginny sorrise per la raffica di domande ed Hermione spiegò all’amico che i due ragazzi avevano già iniziato gli studi: «Hanno iniziato giusto ieri. Il loro programma è fantastico, pieno di lezioni su incantesimi complicatissimi, pozioni meravigliose, e…»
Neville rise e anche Ginny si lasciò contagiare dalla risata, scuotendo la testa.
«Che c’è?»
«Herimione, non sei cambiata affatto.» disse per loro Luna, con un leggero divertimento. Hermione sorrise, riconoscendo di essersi lasciata trasportare: «Voi non capite! Non vedo l’ora di iniziare le nuove lezioni. Non vedevo l’ora di tornare ad Hogwarts, di ritrovare…»
«Di ritrovare la normalità? – concluse per lei Neville – Ti capiamo benissimo! Anche io non vedevo l’ora, nonostante stia ripetendo l’anno». Poi lui e Luna aiutarono le due ragazze a caricare i bagagli: i due bauli, la gabbia con la civetta di Ginny, Connie («È un regalo di Harry, per il compleanno.» disse imbarazzata.), e la gabbia di Grattastinchi («È tornato alla Tana qualche giorno dopo la fine della guerra. È un gatto davvero intelligente!»).
Hermione e Ginny scesero dal treno per salutare i signori Weasley che fino ad allora erano rimasti in disparte, lasciando alle ragazze lo spazio per riabbracciare gli amici.
«Ginny, Hermione cara. Mi raccomando scriveteci…» anche qui la signora Weasley piangeva, asciugandosi gli occhi con un fazzolettino.
«Certo, mamma! Ti arriverà una lettera ogni settimana. Promesso.» e avvicinandosi alla madre l’abbracciò e così fece con il padre.
«Esatto, signora Weasley, non pianga. Non mancheremo mai di farci sentire. E signor Weasley, la ringrazio ancora per la vostra ospitalità!» e così come l’amica, anche lei salutò i due e la seguì a bordo del treno. Le due ragazze si sporsero dal finestrino quando sentirono un lungo fischio, segno che il treno si stava muovendo, e urlarono un Ci vediamo a Natale! cercando di sovrastare il rumore del treno.
Hermione, prendendo posto sul comodo sedile, guardava la stazione farsi velocemente sempre più lontana e sentiva crescere in lei una forte emozione: stava tornando a casa.


Il viaggio verso Hogwarts fu una continua rievocazione di ricordi, perlopiù felici, fino a quando Neville ed Hermione non dovettero andare alla carrozza dei Prefetti, il primo come nuovo Prefetto, in sostituzione di Ron, l’altra come Caposcuola dei Grifondoro.
La carrozza dei Prefetti, a differenza delle altre che prevedevano le cabine, era arredata da alcuni divani, un basso tavolino su cui vi erano dei dolci e alle pareti gli stemmi delle quattro Case più quello di Hogwarts; quando i due Grifondoro arrivarono videro che erano già presenti alcuni dei prefetti di Tassorosso, tutti quelli di Corvonero, i restanti quattro della loro Casa e due dei Serpeverde. Ed Hermione ebbe un moto di sorpresa quando riconobbe, in uno di quei due, Draco Malfoy.










Note di Autrice:
Ciao a tutti e benvenuti nella mia prima long.
"Ma davvero Madame? Sei riuscita a fare una long?" Eeeeeeeh,.....
In realtà sono pronti solo tre capitoli, compreso questo, e non so neppure se sarà una mini-long o un longhissima; non so se sarà una Romione o una Dramione (devo vedere dove mi porta), ma soprattutto non sono certa se sarò puntuale nel pubblicare. Belle premesse, no? Una cosa da specificare: molte cose sono frutto della mia fantasia (come un nuovo personaggio che introdurrò nel prossimo capitolo) altre fanno riferimento ai libri e a Potteremore.
Ad ogni modo io vi lascio e vi mando tanti bacini.



 

Madame_Padfoot








 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2: Di nuovo a casa – Hogwarts ***


Capitolo 2: Di nuovo a casa –
Hogwarts   

 

 

 

«Malfoy! – sussurrò sorpreso Neville, in direzione della compagna – Non credevo che sarebbe tornato. Pensavo che avrebbe continuato a studiare a casa, o nella sua amata Durmstrang…»
«La McGrannitt ha chiesto personalmente che tornasse, per rifrequentare l’ultimo anno come molti di noi. – disse Anthony Goldstein, avvicinatosi a loro – Mi chiedo perché gli abbia lasciato la carica da Prefetto.» concluse, con una smorfia di disgusto.
«Non sta a noi discutere sulle decisioni della nuova Preside, Caposcuola Goldstein.» disse Hermione, con un filo di supponenza nella voce. Tuttavia, dentro di sé, una piccolissima parte urlava Ha ragione! Perché è qui? Perché la McGrannitt gli ha lasciato la carica da Prefetto?, ma mise subito a tacere quella vocina: la guerra era finita e con lei dovevano essere seppelliti tutti i pregiudizi e i rancori.
Quando tutti i Prefetti di tutte le Case arrivarono, cominciò la riunione, in cui si spiegò ai nuovi Prefetti i compiti e si sorteggiarono i vari turni per pattugliare i corridoi; i ragazzi erano tutti molto coinvolti e discutevano animatamente e in piena collaborazione i vari punti esposti dai Capiscuola, eccetto i Serpeverde, i quali invece stavano in silenzio, seduti sul lungo divano verde e mostravano il loro assenso accennando appena con il capo. Persino la loro Caposcuola, Pansy Parkinson, restava insolitamente in silenzio, parlando solo se direttamente interpellata.
Almeno adesso sta zitta. Non ha più nessuno da denunciare. pensò Hermione, con un velo di malignità, ripensando a quando la Serpeverde voleva far consegnare Harry a Voldemort, durante la Battaglia di Hogwarts.
Goldstein, intanto, stava esponendo, con una certa pomposità, le regole sui turni delle ronde notturne.
«L’idea è quella di avere ogni sera un gruppo di quattro persone, una per ogni Casa: un Prefetto per quinto e sesto anno, più due del settimo. Questi gruppi, ovviamente, non saranno mai fissi e cambieranno continuamente. Qualche obiezione? – si interruppe, guardando tutti, ma dato che nessuno parlò riprese – In questo caso si prega di dimenticare… i dissapori… e vi ricordo di non abusare dei vostri privilegi per togliere punti ingiustamente. Per eventuali domande non esitate a chiedere al Caposcuola della vostra Casa. Detto questo la riunione è sciolta. Andate ai vostri scompartimenti. Capiscuola, – disse poi, mentre gli studenti uscivano lentamente dalla carrozza – a noi è stato chiesto di perlustrare il treno prima dell’arrivo».

I quattro Capiscuola camminavano lungo i corridoi dell’Espresso, controllando di tanto in tanto qualche cabina guardando attraverso i vetri: era un compito piuttosto noioso perché, per quanto i più piccoli fossero felici ed eccitati, i più grandi, quelli che avevano visto e vissuto la recente guerra, erano piuttosto tranquilli e restavano sui loro sedili, leggendo o chiacchierando con gli amici.
Camminavano uno dietro l’altro, Anthony a capo, seguito poco distante da Hermione e subito dopo da Hannah Abbott ed infine, un po’ più distanziata, la Parkinson.
«Hermione? – la voce di Hannah la riscosse dai suoi pensieri – Quanti Grifondoro del settimo sono tornati? Beh... a parte Harry e Ron, naturalmente...».
«Beh, io sono l’unica ragazza a tornare ad Hogwarts, almeno tra quelle che saremmo dovute uscire lo scorso anno. Calì ha preso una casa a Londra e ha trovato un impiego presso il Ministero. Sta cominciando ad andare avanti dopo… beh… la morte di Padma. Lavanda invece… – la voce di Hermione si incrinò. In un attimo ritornò ai giorni in cui Ron e Lavanda Brown si frequentavano e di come lei ne fosse gelosa e il ricordo amaro le fece sentire una punta di vergogna, mescolata alla tristezza per la compagna.
«È orribile quello che le è successo…» disse la Tassorosso, ma anche a lei ben presto morì la voce.
«Si…». Al ricordo precedente si unì quello più recente: il corpo di Lavanda che cadeva dalla balconata e Grayback sopra di lei, pronto a divorarla; il proprio urlo uscirle prepotente dalla gola, accompagnato dall’ incantesimo rivolto al Lupo Mannaro; Lavanda, che si muoveva appena. Aveva saputo delle sue condizioni qualche settimana prima: si trovava ancora al San Mungo, dove era stata ricoverata per le gravissime fratture e per un profondo squarcio inflittole da Grayback; nonostante le ferite stessero gradualmente guarendo, lo shock era stato così grande da cambiarla completamente e, da quanto Calì aveva scritto in una lettera indirizzata a Ginny, ora si aggirava per i corridoi come uno spettro, senza toccare cibo e senza spiccicare una sola parola. Era diventata l’ombra della ragazza vanitosa e un po’ sciocca di un tempo.
«E dei ragazzi chi è tornato?» chiese Goldstein, cercando di alleggerire un poco il clima.

«Seamus Finnigan, oltre Neville come avete visto. Anche se lui non ne avrebbe avuto bisogno».
«E perché?» chiese Hannah con voce strozzata e stranamente rossa in viso, dopo aver sentito il nome del compagno.
Hermione spiegò che la Sprite avrebbe voluto lasciargli il posto come insegnante, dato che avrebbe preferito ritirarsi, ma Neville l’ha pregata di restare solo per quest’anno. «E anche Ginny è voluta tornare anche se avrebbe potuto non farlo. – contiuò la Grifondoro – È stata reclutata da una squadra di Quidditch molto nota, così come Harry. Lui ha rifiutato, per diventare Auror; Ginny, invece, ha accettato ma a condizione di finire prima la scuola».
«Davvero? E quale squadra?» chiese con stupore il Corvonero.
«Ehm...oh Merlino, sono una frana con i nomi delle squadre di Quidditch. Qualcosa come le Polly...Holly...»
«Stai scherzando! – squittì l’altro, tra l’entusiasta e lo sconcertato – Le Holyhead Harpies? Ma è la squadra femminile più forte di tutto il Campionato…oltre ad avere giocatrici davvero carine…»
«Contieni l’entusiasmo, Goldstein!» disse l’Abbott, facendo ridere i due amici.
Intanto Pansy li seguiva silenziosa, non emettendo un solo sospiro.
«Beh, Anthony, le squadre di Quidditch scelgono i Capitani migliori!» disse con un sorrisetto Hermione.
«Aspetta un momento. La Weasley è anche Capitano?»
L’espressione del Caposcuola dei Corvonero si fece seria e preoccupata, mentre sul volto di Hermione spuntò un ghigno divertito. «Credo che anche quest’anno sarà davvero difficile per voi, mio caro Corvonero.» disse la ragazza, pungolandolo nell’orgoglio.
«Abbiamo finito la ronda?» disse all’improvviso la Parkinson, con voce bassa e neutra.
Gli altri tre Capiscuola si voltarono a guardarla e si accorsero di essere arrivati sino alla fine del treno.

«Beh, penso che possa bastare, giusto ragazzi?» fece la Grifondoro, rivolta agli altri due, che annuirono.
Si incamminarono nella direzione opposta, ognuno alla volta della propria cabina. La prima a rientrare fu proprio la Serpeverde, che, prima di chiudere la porta dello scompartimento, borbottò un saluto appena udibile. Hermione notò che all’interno vi erano, oltre Malfoy, Zabini, Nott e la Greengrass, anche una ragazza, più piccola di loro e che aveva visto tra le fila dei Serpeverde quando frequentava la scuola.
«È la sorella minore di Daphne Greengrass, Astoria. Smistata a Serpeverde due anni dopo di noi. Come ad ognuno di noi, le è stato chiesto se ripetere l’anno o proseguire con il nuovo e lei è stata una de tanti a volerlo ripetere.» disse Goldstein, tutto d’un fiato. Al solito i Corvonero erano i più informati, non solo nelle materie scolastiche, ma anche sui vari pettegolezzi della scuola. «A quanto pare tra i Serpeverde sono tornati in tanti. Quasi tutti, in effetti... Beh, tranne quel tonto di Goyle».
Arrivato al suo scompartimento Anthony salutò allegramente le ragazze e si chiuse la porta alle spalle. Hermione si rivolse così alla compagna Tassorosso : «Hannah, ti andrebbe di venire nel nostro scompartimento...c’è anche Neville, sai…»
«Neville? – squittì lei, di rimando – Oh, no… no, sai sono con altri miei compagni…»
«Tranquilla, Hannah. Avremo occasione per stare insieme». Si salutarono e si diressero ognuna al proprio posto.

Mentre percorreva la breve distanza che la separava dalla cabina, Hermione rifletté sul suo cambiamento: un tempo non era affatto così. Oh si, premurosa, gentile, altruista senza dubbio, ma davvero poco empatica e poco incline all’affetto: poteva contare sulle punta delle dita le persone a cui aveva aperto davvero il suo cuore e solo Harry e Ron potevano dire di conoscerla pienamente. Ma la guerra, il tempo, la consapevolezza che tutto può svanire in un attimo avevano sciolto un po’ il suo animo. Anche il suo carattere, a tratti fastidioso ed irritante, dovuto alla grande insicurezza che aveva di sé, era un po’ migliorato.
Entrata nello scompartimento, riprese il suo posto accanto a Luna, che leggeva la rivista del padre, Il Cavillo, mentre Ginny e Neville di fronte a lei discutevano animatamente su chi sarebbero stati i nuovi professori, come sarebbero state le lezioni, cosa avrebbe detto il Cappello Parlante, quanti sarebbero stati Smistati a Serpeverde e quanti a Grifondoro (e qui Luna sbuffò lievemente, ma solo Hermione se ne accorse), quali nuove strategie adottare per la squadra di Quidditch… Tutti questi argomenti erano affrontati dai ragazzi nella maniera più disparata possibile e lei non riusciva a seguirli; alla fine si arrese e riportò lo sguardo sul paesaggio che correva veloce di fronte a lei.

«Hermione… Hermione! Su, sveglia!»
La voce dolce di Luna si era insinuata nel suo sogno e lentamente aprì gli occhi, trovandosi davanti la Corvonero sorridente. «Dai, su! – la incitò – Non manca molto. Dovremmo cambiarci.» e con poca grazia prese Neville per un polso, lo fece alzare e lo buttò letteralmente fuori dallo scompartimento, tirando poi le tende. Dopo essersi cambiate, richiamarono il povero ragazzo, che nel frattempo aveva indossato anche lui la divisa.
Guardando dal finestrino, i ragazzi notarono la scura sagoma del castello, punteggiata di piccole luci, farsi sempre più grande, sullo sfondo del cielo notturno.
Il treno perdeva sempre maggiore velocità, finché non si fermò.
«Siamo tornati!» sospirò Ginny, con un sorriso un po’ triste: in fondo, l’ultima volta che erano stati lì, avevano combattuto, avevano perso tanto e avevano visto la distruzione. Eppure il castello era lì, maestoso e imponente come una volta.
Forse anche di più.” pensò Hermione.
Tutti gli studenti più giovani scesero dal treno felici, urlando e ammirando Hogwarts, che silenziosa si ergeva sopra il Lago Nero, ma si ammutolirono presto alla visione della mastodontica figura di Hagrid.
«Hermione! Ginny! Siete tornate! – le salutò, agitando il grosso braccio sopra la testa – Ci vediamo dopo!»
«Ciao, Hagrid!» urlarono le ragazze, cercando di sovrastare i ragazzi di prima, che avevano ricominciato a parlare.
Insieme a Neville e Luna, le due si indirizzarono alle carrozze, trainate dai Thestral: le pacifiche ma inquietanti creature, adesso, erano ben visibili a moltissimi degli studenti, alcuni dei quali le guardavano con un misto di orrore e sbigottimento.
«Dai, saliamo su questa!» disse Ginny, avvicinandosi a una carrozza vuota e salendovi; Neville e Luna la seguirono, mentre Hermione si fermò un attimo, contemplando lo spettacolo del castello contro il cielo scuro un’ultima volta, prima di raggiungere gli altri.

Entrata nella Sala Grande, Hermione spalancò gli occhi: quella che, fino a qualche mese fa, era un cumulo di macerie e polvere, era tornata ad essere la meravigliosa sala dal magico soffitto, da cui si vedeva il cielo puntellato di stelle e le candele sospese in aria. Nulla lasciava pensare che tra quelle mura si era svolta una guerra. Nulla lasciava pensare che proprio lì, dove ora c’erano i quattro lunghi tavoli, sovrastati dagli stendardi delle Case e della stessa scuola, avevano disposto i corpi privi di vita di chi aveva combattuto e perso.
Lupin. Tonks. Fred.
Luna la distrasse da quei pensieri, salutandola per dirigersi al tavolo dei Corvonero; i tre Grifondoro, a loro volta, si sedettero al loro, ritrovando alcuni compagni. Un brusio eccitato aleggiava per l’intera sala e i fantasmi del castello si fermavano ogni tanto a salutare qualche studente; Nick-quasi-senza-testa fece un profondo inchino quando notò la presenza di Hermione e i suoi amici, tessendo le lodi delle loro gesta in battaglia e rimarcando la loro appartenenza alla Casa di Godric Grifondoro. Questo, però, portò molti degli studenti più giovani, sia del loro tavolo che degli altri, a voltarsi nella loro direzione e a indicarli, facendo aumentare il brusio. Mentre Ginny era incurante degli sguardi altrui su di lei, Neville e Hermione ne erano imbarazzati. «Ora capisco cosa prova Harry. Questi sguardi addosso… sono… invadenti.» disse il ragazzo, guardandosi attorno e portandosi la mano tra i capelli. Probabilmente quel gesto doveva risultare molto seducente agli occhi altrui, visto che moltissime ragazzine lanciarono risolini adoranti. In effetti Neville era cambiato non solo caratterialmente, diventando più spigliato e meno timido, ma anche fisicamente, mostrando al mondo di poter essere un bel ragazzo: una maggior sicurezza interiore si riversava sul suo aspetto.
«Neville, stai facendo conquiste!» disse, ridendo, Ginny; questo non fece altro che imbarazzare ancor più il ragazzo, che invece si voltò verso il tavolo dei Tassorosso.
Hermione sorrise, cercando di non farsi vedere né da Neville né da Ginny: aveva capito che il ragazzo stava cercando una Tassorosso in particolare e pensava che il sentimento poteva essere ricambiato.
Il brusio cessò improvvisamente e la Grifondoro si girò verso il tavolo dei professori, osservando la Preside Minerva McGrannit prendere posto su uno scranno, dall’alto schienale, al centro; alla sua sinistra vi era la professoressa Sprite, ma dall’altro lato il posto era vuoto: doveva essere quello riservato al nuovo Vice-Preside. Quando Hermione si girò verso Ginny, quest’ultima la precedette: «So cosa vuoi chiedermi, ma non so chi sia il nuovo Vice-Preside. Avremmo dovuto chiedere informazioni a Goldestein… Quello lì sa tutto dei fatti di tutti.» concluse la rossa, mettendo un gomito sul tavolo e poggiando la testa sulla mano aperta.
Il rumore del portone che si spalancava sulla Sala Grande fece voltare tutti quanti; una giovane strega avvolta da un lungo mantello blu notte cominciò a percorrere il lungo corridoio, seguita da una trentina di ragazzini che si guardavano intorno affascinati e un po’ terrorizzati: molti di loro puntavano il dito verso la volta, spalancando la bocca per la sorpresa, altri guardavano davanti a loro, preoccupati, forse, per come sarebbe avvenuto lo Smistamento. Hermione ricordò, con un sorriso nostalgico, quando anche lei, come loro, temeva per quello che le avrebbe detto il Cappello Parlante e di come non fosse stata propriamente entusiasta di essere finita a Grifondoro, proprio accanto a quelli che sarebbero stati il suo miglior amico e il suo fidanzato: a quel tempo avrebbe preferito sedere tra i Corvonero, ma ora sapeva che Grifondoro era, davvero, la sua Casa.
La strega in blu reggeva con una mano quello che sembrava uno straccio, un poco annerito sulla punta, che posò su un sgabello a quattro gambe: era il Cappello Parlante, miracolosamente ancora intatto, nonostante Voldemort gli avesse dato fuoco, dopo averlo calato in testa a Neville; il ragazzo, vedendolo, si toccò inconsapevolmente il capo, ancora un po’ traumatizzato dall’evento. «Non vedo l’ora di sentire quello che dirà quest’anno!» bisbigliò Ginny all’orecchio di Hermione. Anche quest’ultima, come molti altri in Sala, stava aspettando di sentire la nuova canzone del Cappello: era, ogni anno, una fonte di saggezza. Per qualche secondo regnò il silenzio più assoluto, finché lo strappo vicino al bordo si spalancò come una bocca, e lui cominciò a cantare:*

Un canto nuovo a voi che ascoltate,
orecchie a me, orsù, ora prestate.
L’odio si è cementato nei cuori degli stolti,
l’arroganza ha guidato la bacchetta di molti;
la brama di potere ha spinto al massacro
portando orrore in questo luogo sacro.
Le mura della vecchia Hogwarts han tremato,
il Mondo Magico, crudelmente, si è spaccato,
il Male ha cominciato a dilagare,
e gli uomini buoni spirare.
Strega contro strega, mago contro mago,
da Nero in cremisi si è tinto il nostro Lago;
le stelle han smesso di brillare,
nuove voci a sussurrare.
Non siate sordi, non siate ciechi,
vi possano raggiungere i loro echi:
"Che mai più questo orrore possa tornare
dagli errori del passato possiate imparare."
Eran madri, padri, fratelli e figli:
non ignorate i loro bisbigli.
Il loro messaggio nei cuori conservate,
ogni pregiudizio, adesso, lavate.
Sulla vostra testa adesso mi metterete,
e per stasera nella vostra Casa sarete.
E a voi tutti, che spero mi ascoltiate,
un’ importante lezione prego impariate,
che siate Tassorosso, di certo privi di pigrizia,
o Serpeverde, in cui è accetta la furbizia;
che siate Grifondoro, colmi di coraggio,
o Corvonero, dimora di chi è saggio.
Mai più siate nemici,
vi garantisco: sarete più felici.
Ecco, presto, è giunto il momento:
ora mi accingo allo Smistamento.

Al termine della canzone del Cappello, gli studenti ai tavoli si alzarono e applaudirono fragorosamente: solo i Serpeverde, soprattutto i più grandi, nonostante fossero in piedi, applaudirono con minor vigore. Anche la McGrannit, così come tutti gli altri professori, si unirono all’applauso, finché la preside, con un gesto della mano calmò la Sala.
La strega che aveva guidato il gruppo del primo anno mise una mano nella larga manica del mantello e ne estrasse una pergamena arrotolata; con voce chiara e squillante cominciò a chiamare i ragazzi, per poterli Smistare.
Dopo che anche l’ultimo ragazzo venne attribuito alla sua Casa, la strega in blu prese il Cappello e lo sgabello e uscì di lato; poi tornò in Sala, sedendosi al posto vuoto, accanto alla Preside, che nel frattempo si era alzata e, diretta ai suoi studenti, disse: «Benvenuti e bentornati ad Hogwarts, miei cari. Prima di cominciare a mangiare, vorrei, insieme a voi, ricordare le vittime della guerra. – la voce della McGrannit si incrinò – Molte di loro erano ragazzi, come voi; erano studenti o lo erano stati un tempo; erano maghi e streghe, alcuni dei quali ho visto crescere e a cui ho insegnato; erano uomini e donne che credevano, speravano in un mondo migliore. Un mondo in cui la purezza del sangue non conti più nulla: siamo tutti maghi e streghe, allo stesso modo; ma prima di tutto siamo uomini. Ed è, in onore dei Caduti della Guerra, che questa Sala verrà ricordata. Perché mai più possa accadere una simile tragedia. Prego, rispettiamo adesso un minuto di silenzio».
Tutti in Sala chinarono il capo; da qualche parte si sentiva qualche singhiozzo e molti studenti si abbracciarono. Ginny strinse forte la mano di Hermione, che avvolse subito le braccia intorno all’amica, tirandosela verso sé; anche Neville si avvicinò alle ragazze, mostrando senza alcuna vergogna le lacrime che bagnavano il viso. Mentre accarezzava i capelli rossi di Ginny, Hermione alzò lo sguardo oltre la spalla di quest’ultima: il tavolo dei Serpeverde, come sempre, era di fronte al loro e poteva vedere Draco Malfoy, con una smorfia che sembrava essere di puro fastidio, mano nella mano con quella ragazza che aveva visto nella cabina con lui. Astoria, forse. Gli occhi del Serpeverde si puntarono, per un solo istante, su di lei, ma presto distolse lo sguardo, portandolo sulle sue dita incrociate con quelle della ragazza affianco. Hermione ripensò alle parole del Cappello Parlante e della McGrannit: tutti avevano perso qualcuno, in fondo, persino tra i Serpeverde. A differenza di tutti gli altri, loro, non volevano, né pensavano di poter essere compatiti.Dopo quel minuto di silenzio, la McGrannit chiese a tutti di sedersi. «Bene, ragazzi. Un ultima cosa e poi siete liberi di mangiare. Come ben saprete, ho assunto la carica di Preside di Hogwarts. – si interruppe un momento, lasciando che studenti e professori finissero l’applauso rivoltole – Tuttavia… e mi dispiace per alcuni di voi… non lascerò ancora la mia cattedra di Trasfigurazione: cercherò di conciliare, per quanto mi sia possibile, sia il ruolo di Preside che quello di insegnante. Ovviamente, dovendo essere imparziale, non sarò più la Direttrice della Casa di Grifondoro. Il mio posto sarà preso da Eleanor Crockford, la vostra nuova insegnante in Difesa Contro le Arti Oscure, nonché nuova Vice-Preside di Hogwarts». La strega che aveva svolto lo Smistamento si alzò e sorrise gentilmente alla folla di alunni che applaudiva. Era molto giovane: doveva avere più o meno la stessa età che avrebbe avuto Tonks; i suoi occhi marroni riflettevano la luce delle candele e scuri ricci ribelli le incorniciavano il volto; il naso, dalla punta un po’ all’ingiù, sovrastava la bocca aperta in un grande sorriso. Con un gesto della mano la Preside invitò tutti a mangiare e dolo allora Hermione capì di avere davvero fame; un gran chiacchiericcio ed espressioni di sorpresa le giungevano alle orecchie, mentre aggiungeva altre patate al suo roast beef; Ginny, ripresasi dal ricordo del fratello Fred, le fece notare, con il tatto tipico dei Weasley, che stava prendendo le brutte abitudini di Ron: «Attenta a non abbuffarti! Mi ricordi quell’idiota di mio fratello!» disse, ma Hermione rispose facendo solo spallucce. Dopo la cena, la voce della McGrannit risuonò nuovamente nella Sala: «Bene studenti. Prima di avviarvi ai vostri dormitori, vi ricordo che è severamente vietato addentrarsi nella Foresta Proibita, in qualsiasi momento; saranno puniti duramente duelli non regolamentati e ripercussioni a danno degli altri studenti: siamo in un nuovo periodo di pace, cerchiamo di ricordarlo sempre. E ora, andate. I Capiscuola facciano strada ai ragazzi di primo anno».

Hermione si buttò a peso morto sul letto: non solo il viaggio era stato maledettamente stancante, ma il dover fare da guida a dei ragazzini scalmanati e fuori controllo, più interessati al fatto che lei fosse “Hermione Granger” e non a dove stessero i dormitori, l’aveva praticamente sfinita. La testa le rimbombava dolorosamente contro le pareti del cranio e quasi non sentì la voce di Ginny che la stava chiamando.
«Hermione, dobbiamo scrivere a Harry e Roooaaahhhn… – disse, sbadigliando – Fa..fa..fallo tu». Hermione, che nel frattempo aveva già appellato il pigiama dal baule e una sveglia Babbana, disse che lo avrebbe fatto l’indomani mattina, a colazione, ma non ottenne alcuna risposta, visto che l’amica si era già addormentata.

 

 

 

 

*: Riformulazione di quanto scrive la Rowling nel libro Harry Potter e la pietra filosofale, cap 7 "Il Cappello Parlante".

 

Note d’autrice:
Ma salve a tutti... come va? 
E quindi questo è il secondo capitolo. Non ci si addentra molto nella trama, ma ne avevo bisogno per introdurre un po’ il contesto.
Allora, qualche precisazione: i vari riferimenti alle formazioni dei Prefetti e dei Capiscuola la potete trovare sui vari siti dedicati a HP (infatti esistono 2 Prefetti per ogni anno, dal quinto al settimo, e uno dei due Prefetti del settimo anno per ogni Casa è un Caposcuola), mentre l’attribuzione dei vari titoli ai personaggi è inventata (o almeno non so se la Rowling ha disposto così).Il personaggio di Eleanor Crockford è, invece, di mia invenzione e la vedremo presto nei prossimi capitoli. Come vi sembra per ora?
Allo stesso modo la canzone del Cappello è stata pensata da me… è stata la parte più complicata, ma mi son divertita a crearla. Ovviamente non sarà mai bella come quelle della Rowling... 

Un piccolo avviso: pubblico ora perchè sicuramente non pubblicherò nelle prossime due settimane (ho gli esami)... Dopo i capitoli saranno pubblicati ogni due settimane (sabato o domenica, vedremo).

Bene… io vi lascio prima che mi linciate.

Un bacione a tutti

 

Madame_Padfoot

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3: Lezione di Difesa - Confessioni ***


Capitolo 3: Lezione di Difesa-

Confessioni

 

 

Care Hermione e Ginny,
la vita qui nell’accademia è davvero molto dura,
ma sia Ron che io ce la stiamo mettendo tutta.
Gli allenamenti fisici sono molto intensi e
Ron rimpiange di non essere a Hogwarts:
almeno lì poteva avere una mano con i compiti scritti.
A fine mese avremo già le nostre prime prove,
quindi stiamo studiando davvero tanto
(per fortuna Kreacher ci vizia con tanto buon cibo).
Ci mancate moltissimo,
un abbraccio

Harry


Ps: scusate questa breve lettera
ma siamo sommersi di compiti e siamo già in alto mare.

 

 

Era primo mattino e Hermione stava leggendo la lettera che Harry aveva inviato a lei e Ginny tramite la sua civetta, che ora la guardava con gli enormi occhi scuri in attesa che la ripagasse con un premio. La ragazza alzò gli occhi al cielo: quei due testoni non sarebbero mai cambiati; ripiegò la lettera, la mise nella borsa, porse un biscottino gufico al volatile e riprese a far colazione. Guardò l’orologio, sperando che, almeno quella volta, Ginny non arrivasse all’ultimo momento.Questi Weasley hanno un concetto distorto della puntualità.
Nella Sala Grande regnavano un gran silenzio e moltissime facce assonnate: i ragazzini entusiasti di qualche sera prima si erano presto accorti di quanto potesse essere dura quella scuola. Molti studenti stavano completando i loro compiti, mentre altri sostenevano la testa con le mani affinché questa non finisse nella ciotola di porridge o di cereali che avevano davanti.
Hermione riportò lo sguardo sul suo orologio: erano già un quarto alle otto e la lezione sarebbe presto iniziata. Finalmente avrebbe potuto conoscere meglio quella nuova Professoressa Crockford. Non ne aveva mai sentito parlare né, tanto meno, l’aveva vista tra le file dei combattenti della guerra; inoltre, perché mai era la direttrice della Casa di Grifondoro? Avrebbe voluto fare qualche ricerca, ma con i suoi nuovi impegni da Caposcuola e lo studio trovava ben poco tempo per le ricerche extra.
Però… mi manca la fase “ricerca in biblioteca”.
«Sono qui. Sono qui. Sono qui.» urlò trafelata Ginny, correndo verso lei e facendo scattare molti volti infastiditi. La rossa si buttò sulla panca e cominciò a trangugiare un toast voracemente, facendo segno a Hermione (gesto che solo lei avrebbe potuto capire) di versarle del succo.
«Se tu ti svegliassi quando ti chiamo, non ti ingozzeresti così ogni mattina!» disse questa, passandole un bicchiere di succo di zucca.
«Si, si, si. Hai ragione mamma. – disse Ginny, una volta ingoiato il boccone – Adesso presto, presto, presto! Andiamo!» e dopo aver bevuto in un sol fiato la bevanda offertale, prese la borsa e cominciò a correre verso il portone. Hermione, basita, la seguì cercando di starle dietro: «Insomma, Ginny! Almeno aspettami!»


Entrate nell’aula di Difese contro le Arti Oscure, la prima cosa che le ragazze notarono era la totale assenza di banchi, sedie o quant’altro: la stanza era completamente vuota, eccetto che per la cattedra posta in fondo.
Hermione individuò, tra i vari compagni di altre Case, la testa di Neville, il quale le salutò agitando la mano e facendo poi cenno di raggiungerlo. «Ce l’avete fatta, ragazze! Tra poco inizia la lezione. Non vedo l’ora.» disse, euforico, quando le compagne lo avvicinarono. La ragazza si guardò attorno, notando che molti erano già lì: lei e Ginny dovevano essere tra le ultime ad entrare in aula. Come molte lezioni, anche quella prevedeva la presenza di tutti gli studenti del settimo anno, di ogni Casa: questi, infatti, erano davvero in pochi rispetto a quelli del primo anno che, tra ripetenti e nuovi arrivati, creavano classi davvero numerose.
«Hermione Granger! Strano vederti in ritardo, soprattutto a una lezione di Difesa».
La Grifondoro si voltò in direzione della voce di Anthony Goldestein, che le sorrideva scherzosamente.
«Ciao, Anthony. Beh, come vedi la professoressa non è arrivata e io sono perfettamente puntuale.» disse, salutando il ragazzo. Dietro di lui, Luna guardava estasiata l’aula, finché non incrociò il suo sguardo e le sorrise. La Corvonero si avvicinò al gruppetto, salutando tutti quanti.
Nella stanza si era sollevato un brusio concitato, carico di attesa, che però cessò quando in aula entrò Draco Malfoy; il ragazzo, impassibile agli sguardi un po’ astiosi di alcuni compagni delle altre Case, raggiunse il compatto gruppo di Serpeverde, in disparte rispetto agli altri: quest’ultimi guardavano tutti con circospezione, quasi temendo di essere presto attaccati. Un evento simile, infatti, si era manifestato alla prima lezione dell’anno, quella di Incantesimi, quando un zelante Corvonero aveva espresso apertamente come fosse inconcepibile dover condividere il banco con un figlio di Mangiamorte qual era Theodore Nott; tuttavia nell’aula c’era anche il professor Vitious, che disgustato dal comportamento di uno studente della sua Casa, lo punì con trenta punti in meno. Da allora tutti cercavano di stare alla larga dai Serpeverde, per evitare di perdere altri punti; d’altro canto quest’ultimi sembravano essere infastiditi dall’ “opera di fraternizzazione” messa in atto dai professori. Hermione, sorda alle parole di Ginny che le stava parlando, osservava i Serpeverde incuriosita: Pansy Parkinson e Daphne Greengrass cercavano di parlare tra loro, visibilmente a disagio, lanciando occhiate agli altri studenti, che avevano ripreso a chiacchierare; Theodore Nott e Blaise Zabini stavano in silenzio, appoggiati a una parete, uno con le braccia dietro la testa, l’altro incrociate sullo stomaco, osservando l’aula con un’espressione cupa; infine Malfoy guardava fuori da una grande finestra triangolare, che dava sulle Serre.
«… e dunque mi sembra strano che quei due testoni non si siano ancora fatti sentire. Che ne pensi? – concluse Ginny, ma accorgendosi che l’amica era distratta continuò – Poi volevo danzare con il diavolo nel pallido plenilunio*. Che ne dici?»
Hermione si voltò, un po’ stranita, ma capendo che quella della rossa era solo una provocazione si scusò per la sua disattenzione, chiedendole di ripetere.
In quel momento, dai gradini in legno che portavano all’ufficio del docente di Difesa, scese proprio la professoressa Crockford e nell’aula scese un gran silenzio: il suo abbigliamento era alquanto strano e a Hermione ricordava quello dei cavallerizzi, in particolar modo per gli alti stivali, i cui tacchi risuonavano a ogni suo passo.
«Benvenuta, classe del settimo anno.» salutò la Crockford, con un ampio sorriso; Hermione notò che gli incisivi superiori erano un po’ grandi, tanto da coprire la fila di denti inferiori: per riflesso si portò una mano alla bocca, ricordandosi poi che si era fatta limare i suoi al quarto anno.
«Vedo che siamo un buon numero, anche se pensavo molto meno. Ad ogni modo, prima che dimentichi le buone maniere – e qui risatine sommesse si alzarono tra Tassorosso e Corvonero – io sono la Professoressa Eleanor Crockford, ex Auror presso il MACUSA».
Tra gli studenti si alzarono bisbigli di stupore e ammirazione: il MACUSA era il corrispettivo del Ministero della Magia inglese negli Stati Uniti ed era molto strano che un suo membro fosse venuto ad insegnare ad Hogwarts.
«Mi scusi, Professoressa Crockford – fece Michael Corner, alzando la mano – ma quindi lei non è inglese? E come mai ha lasciato il suo lavoro al MACUSA?»
«Beh, signor… ? – Crockford, in attesa che il Corvonero rispondesse, per poi proseguire – Beh, signor Corner, io sono inglese e ho anche frequentato questa scuola per sette anni tra i Grifondoro. Mi sono diplomata ben quindici anni fa e dopo i M.A.G.O. ho proseguito gli studi in America, dove avrei potuto conoscere nuovi metodi e un mondo magico tutto nuovo». Mentre parlava, camminava avanti e indietro, battendo la bacchetta sul palmo della mano sinistra come se avesse voluto tenere il tempo. «Dopo l’addestramento Auror – continuò – fui subito assunta al MACUSA; ma quando la Professoressa McGranitt mi ha chiesto di insegnare, ho accettato. Il Mondo Magico americano è molto diverso da quello da quello inglese: mostrarvi cosa c’è fuori da qui, dall’altra parte del mondo, in cui la magia è diversa, è nuova… beh, è qualcosa di esaltante». La professoressa Crockford parlava in maniera concitata e con occhi luminosi: sembrava davvero entusiasta di ciò di cui parlava e la sua voce era allegra e trillante.
«Allora, ragazzi. La McGranitt mi ha spiegato cosa avete fatto in questi anni… e quello che avete dovuto fare l’anno scorso. – qui la sua faccia divenne seria e la sua voce perse tutto il tono allegro e divertito – Ovviamente il mio è un corso di Difesa e questo voglio che sia ben chiaro. Vorrei che nessuno, e sottolineo “nessuno”, ne approfitti per poter “far ripagare i torti subiti”. Spero di essere stata chiara». Tutti i ragazzi la guardarono, in un muto assenso.
«Bene! – riprese, la voce di nuovo allegra – Oggi faremo un ripasso degli Incantesimi e per questo ho già sgomberato l’aula. Dunque… chi sa dirmi qualcosa riguardo gli Incantesimi Non Verbali?»

L’ora successiva trascorse velocemente mentre gli studenti si allenavano, lanciandosi tra loro blandi incantesimi e cercando di non pronunciarli a voce alta: solo qualcuno degli studenti più grandi ci riuscì, tra cui Hermione, ma con sua grande sorpresa anche altri suoi compagni non riuscivano a disarmare l’avversario senza bisbigliare.
«Mmm… ok, basta per ora! – disse la Crockford, spalancando le braccia per fermarli – Beh, non che mi aspettassi molto dato i recenti eventi… ma siamo qui per imparare, no? Da oggi in poi faremo almeno mezz’ora di esercitazione sugli incantesimi non verbali. Vi saranno molto utili, soprattutto per chi vuole intraprendere la carriera di Auror. E a proposito di ciò… ». La professoressa appellò dalla cattedra dei fogli, che distribuì a ognuno dei presenti: «In qualità di Vice-Preside di Hogwarts – disse in tono fintamente pomposo – è mio dovere informarvi che avrete lezioni extra». Tra gli studenti si alzarono voci di malcontento:
Come se non avessimo già da studiare per i M.A.G.O.
E il Quidditch?
Uffa, che pal...
Ma la Crockford li zittì: «Silenzio! Ad ogni modo, come potete vedere dai fogli, le lezioni verteranno sulla preparazione ai test d’ammissione per le Accademie e Università Magiche. Troverete per ogni Professore la materia, gli orari e l’aula. Sono solo dieci lezioni, fino ad Aprile: non vi impedirà di giocare a Quidditch, tranquilli».
Hermione abbassò lo sguardo sul suo foglio, cercando di guardare rapidamente chi tenesse le lezioni su Magisprudenza e Medimagia, sperando vivamente di non aver a che fare con Lumacorno.
«Io – riprese la Professoressa – sarò disponibile per chi vorrebbe intraprendere la carriera di Auror, ovviamente, e per chi volesse iscriversi in Medimagia. Troverete lo stesso avviso in bacheca, con le liste per potersi iscrivere. Queste lezioni vi saranno utili su come affrontare gli esami di ammissione, su quali materie dovreste migliorare e su ciò che vi aspetta una volta ammessi; potreste incontrare insegnanti o esperti del settore: vi consiglio caldamente di partecipare. Detto questo riprendiamo!»

* * *

«Merlino, quella donna è pazza! Va come un treno… »
Un’esausta Ginny Weasley si sedette con uno sbuffo sulla panca, al tavolo dei Grifondoro, accanto ai suoi compagni; non vedeva l’ora di poter addentare qualcosa e osservava estasiata la tavola imbandita.
«Di chi stai parlando, scusa?» chiese Hermione, mentre si serviva un cornish pasty; la rossa la guardò sbigottita, allargando i suoi occhi nocciola: «Ma della Crockford, ovviamente! – disse, infilzando con violenza un povera patata al forno innocente – Non solo abbiamo una marea di compiti da fare, ma ci ha anche assegnato compiti extra perché “L’anno scorso non avete fatto Difesa”!» concluse, facendo una strana imitazione dell’insegnante. «Per di più dobbiamo fare queste stupidissime lezioni, per delle stupidissime Accademie. Ah, che nervi! Lo so che non è colpa sua, ma… Oh per le mutande bianche di Merlino!» si bloccò, facendo cadere la forchetta sul piatto.
Hermione sollevò la testa, spaventata dal rumore e dall’interruzione dell’amica.
«Cosa c’è, Ginny?»
«Il Quidditch! Devo ancora formare la squadra e sono già passati tre giorni! Devo subito organizzarmi… Ma come faccio! Piuma! Devo cercare una piuma… e una pergamena! Pergamena… pergamena… pergamena… »
«Ginny, calmati. – fece la riccia, bloccandola per le spalle – Per prima cosa mangia: almeno ragioni con calma. Secondo: tu sei già stata scelta come riserva delle Holly… Dolly… Oh, quella squadra lì! Quindi non devi preoccuparti delle lezioni extra, che per altro non sono obbligatorie e se ti fossi presa la briga di leggere il foglio lo sapresti. Terzo: fammi finire di mangiare e ti aiuto con i compiti, così hai tempo di organizzarti per il… Quidditch. Merlino, per fortuna è l’ultimo anno!»; ma non finì neppure di parlare che Ginny le si fiondò addosso, abbracciandola e ripetendole continuamente “Grazie, grazie, grazie!”.
«Ah, me ne sono dimenticata. – riprese Hermione, dopo qualche boccone – Harry ha scritto!» e passò la lettera che aveva ricevuto quella mattina alla compagna.

* * *

Draco fissava con astio la bacheca degli avvisi; vi erano alcuni fogli affissi, tra cui una copia della pergamena ricevuta quel giorno e diverse vuote, eccezion fatta per il nome del professore che avrebbe tenuto il corso in alto. Alcuni suoi compagni stavano apponendo la propria firma su diversi fogli, chiacchierando tra loro animatamente: alcuni erano entusiasti, altri invece, soprattutto tra i Corvonero, la trovavano un’inutile perdita di tempo e lui non si sorprese affatto di pensarla allo stesso modo.
E lo devo fare! Devo entrare in quella dannata Magiuniversità!
Si avvicinò di più, cercando di farsi spazio tra gli altri studenti che appena lo riconobbero si allontanarono, come se si fossero scottati, tra bisbigli e occhiate oblique. Passò lo sguardo tra i fogli, finché non trovò quello che cercava: prese una piuma dalla borsa e, con una certa stizza, firmò. Notò di essere il primo ad essersi inserito e sperava vivamente di essere anche l’unico: in fondo erano pochi e non tutti avrebbero avuto le possibilità di intraprendere quella carriera.
«Oh, un attimo solo Ginny. Mi segno ai corsi e poi saliamo».
La voce petulante della Granger lo ridestò: era rimasto a contemplare la bacheca per qualche minuto, assorto dai pensieri che lo assillavano da giorni. Vide la Grifondoro avvicinarsi, con lo sguardo rivolto alla borsa, alla disperata ricerca di una piuma.
«Ma dove l’avrò messa?» ripeteva a se stessa.
Per un attimo Draco credette che gli sarebbe finita addosso, ma la ragazza si arrestò improvvisamente, sollevando il volto verso lui.
«Scusami.» gli mormorò, cercando di sistemarsi una ciocca di capelli dietro un orecchio. Draco non si mosse, né le rispose, ma si limitò a guardarla brevemente per poi riportare lo sguardo sulla bacheca.
«Ehm ehm… »
Draco dovette voltarsi nuovamente verso la ragazza, che lo guardava con insistenza.
Cosa vuole, adesso?
«Granger.» disse, con tono neutro, sperando che si levasse di torno.
«Malfoy. – rispose lei, la voce alta e chiara, dopo essersi ripresa dall’iniziale defaillance – Vorrei potermi iscrivere al corso e tu sei proprio davanti al foglio che mi interessa». Lo guardava dritto negli occhi, a testa alta ma senza arroganza o presunzione: era l’eroina del Mondo Magico, colei che più di tutti avrebbe dovuto ripagarlo per i torti subiti nel passato, eppure lo degnava a stento di uno sguardo. Non che la cosa lo interessasse, ma certo non lo comprendeva. Se i ruoli fossero stati invertiti…
Draco si scostò, il braccio teso verso la bacheca e l’aria beffarda. «Ma prego, Granger. Accomodati pure… e riempi tutti i fogli che vuoi».
La Grifondoro non raccolse la provocazione, ma si avvicinò alla liste, le firmò per poi allontanarsi a passo svelto e raggiungere la Weasley senza rivolgergli una sola parola.
Draco non se ne curò molto e, anzi, ne fu sollevato: l’ultima cosa che voleva era litigare con quella saccente So-tutto-io. Doveva sopportare e cercare di non dare nell’occhio.
Profilo basso, Draco.” gli aveva consigliato il padre, poco prima della partenza, ben sapendo come sarebbe stato accolto dai suoi compagni una volta a scuola. In una scuola in cui non sarebbe voluto tornare, in cui non voleva stare.
Si girò in direzione dei dormitori di Serpeverde, ma qualcosa attirò la sua attenzione: sulla lista dei corsi di preparazione in Medimagia, proprio sotto il suo nome, vi era scritto quello di Hermione Granger.
No, no, no, no! Maledizione!

* * *

 

Furente, Draco entrò nella Sala Comune dei Serpeverde.
Dannazione! Proprio lei.
Superò un gruppo di matricole, urtando un ragazzino che con spavalderia gli intimò di stare più attento. Draco si voltò a guardarlo e perse tutto il suo autocontrollo.
«Se no, che fai? Sentiamo. – gli disse, afferrandolo per il bavero – Mi denunci? Mi rovinerai? Cos- » ma si bloccò quando una mano piccola e fredda si posò sulla sua.
«Basta, Draco. Lascialo andare».
La voce di Astoria gli sembrava provenire da molto lontano e si accorse appena che gli aveva fatto allentare la presa, facendo leva sulle sue dita; la ragazza lo prese per mano e lo condusse a uno dei lunghi divani di pelle verde, facendolo sedere, mentre la matricola, sistemandosi meglio la cravatta verde-argento, li guardò brevemente con disprezzo e uscì dalla Sala, facendo un cenno ai suoi compagni di seguirlo.
Draco osservava il fuoco, che scoppiettava nel camino, con uno sguardo tale da sembrare che lo stesse alimentando con il pensiero; Astoria, accanto a lui, si arricciava una ciocca di capelli castani attorno alle dita, guardandolo di sottecchi, finché non sbottò: «Insomma, Draco. Mi dici cosa ti ha preso? Trattare quel ragazzino a quel modo?»
Lui però non le rispose, chiuso nel suo mutismo; a quel punto la Serpeverde sbuffò e si alzò, pronta per dirigersi al dormitorio femminile. «Fa’ un po’ come ti pare».
«Aspetta. – mormorò Draco, così debolmente che Astoria pensò di esserselo immaginato – Scusami. È che… è che è tutto così… complicato. Tu… lo sai, qui non volevo venirci. Tutti mi guardano con disprezzo… con disgusto». Era talmente furioso da non riuscire a mettere insieme una frase senza inciampare sulle parole.
La ragazza, che si era fermata al richiamo del biondo, lo ascoltò in silenzio comprensiva, sedendosi accanto a lui e guardandolo attentamente.
«Beh, te lo aspettavi in fondo. – disse lei, pacata – Tutti noi veniamo visti con sospetto, persino quelle matricole contro cui stavi inveendo». Draco stava per intervenire, ma la ragazza lo precedette: «So cosa stai per dire, e no… loro non sono molto diversi da te. Ti comportavi allo stesso modo, me lo hai detto tu stesso. E anche molti loro, come te… come me, sono cresciuti con l’ideologia della supremazia dei Purosangue. Loro hanno la fortuna di crescere senza i nostri fardelli. Ma Draco, sta a noi decidere cosa vogliamo diventare, chi essere. Tuo padre potrà pure continuare a pensare che noi siamo superiori e stupidaggini simili, ma… »
«… ma non lo siamo.» concluse per lei il ragazzo.
«Già, non lo siamo. Ad ogni modo non credo che sia solo questo quello che ti… beh, diciamo “turba”. Sapevamo bene che avremmo trovato diverse difficoltà una volta tornati a scuola e che gli altri ci avrebbero guardato come spazzatura… »
«Diciamo che ci guardano come se fossimo tutti dei Mangiamorte, assassini graziati solo perché siamo ragazzi. Solo perché… Potter ci ha dato una mano.» la interruppe nuovamente lui, sempre più frustrato e pronunciando con repulsione il nome dell’ex Grifondoro: il pensiero che era stato proprio l’intervento di Potter a permettergli di evitare Azkaban ed essere, così, un “uomo libero”, lo innervosiva e lo confondeva ancor di più.
«Credi davvero che sia solo per questo? Solo perché Potter ha detto qualche parola? Draco, tu pensi sempre il peggio di te stesso. Non sei Lucius, lo sai. E rispetto a lui tu hai una scintilla di bontà».
«E tu pensi che sia stato per “bontà” il fatto di non aver ucciso Silente? O l’aver finto di non riconoscere quei tre, quando si son fatti prendere dai Ghermidori? Tu mi sopravvaluti, Astoria. Io avevo paura. Volevo scappare, fuggire da quell’assurda situazione. Io non sono Potter.» rispose Draco, esasperato, alzandosi dal divano e andando verso la grande finestra, che rifletteva una luce verdognola, da dove poteva vedere gli abissi del Lago Nero.
Anche stavolta Astoria gli si avvicinò, abbracciandolo da dietro, un braccio attorno alla vita e l’altro sotto quello di lui, portando la mano all’altezza del petto e il viso contro la sua schiena.
«È vero… qui dentro non c’è un cuore coraggioso, ma codardo e vigliacco. Tuttavia, per quanto sembri assurdo, non possiamo certo essere tutti coraggiosi e la tua vigliaccheria, in fondo, ha aiutato te e altri. E ora, con la stessa vigliaccheria, ti vuoi nascondere da tutti. Eppure io so, sono certa che non è solo questo: tu sei pentito… o almeno ti stai pentendo».
Astoria sorrise contro le spalle di Draco quando lo sentì sbuffare; sciolse l’abbraccio e lo fece voltare, in modo tale da averlo di fronte a sé: era una fortuna che nessuno avesse ancora messo piede in quella Sala, che risultava miracolosamente deserta. Gli afferrò entrambe la mani tra le sue e lo guardò intensamente negli occhi: «Non sei Harry Potter. Non hai salvato il Mondo Magico. Sei il figlio di un Mangiamorte, pentito per giunta. Sei disprezzato da chi ancora crede nella stupida causa di Voldemort e da chi invece l’ha combattuta. E quindi? Tu hai me, io sono qui. Non ti posso giudicare, perché anche io sono cresciuta con i tuoi stessi valori e anche io sto cominciando a capire quanto fossero sbagliati. Stiamo imparando… insieme. Stai persino pensando alla carriera di Medimago! E non dirmi che è solo per “ripristinare il patrimonio dei Malfoy” perché non ti credo. Non te ne frega più nulla dei galeoni e delle magioni. Vuoi aiutare e allo stesso tempo ripulirti la coscienza. Ma non è un male… perché ti tormenti?»
Draco la guardava rapito e sbalordito: quella ragazzina lo aveva capito; aveva preso le sue emozioni e le aveva sviscerate una ad una e gliele aveva ripresentate in maniera chiara.
Lui si stava tormentando, preso dai rimorsi e dai rimpianti, e credeva di non meritarsi nulla, soprattutto la carriera da Medimago. Per quello era letteralmente impazzito vedendo il nome della Granger: credeva che lei lo meritasse molto più di lui, che lei ne fosse all’altezza molto più di lui e che, a suo confronto, nessuno avrebbe creduto nelle sue capacità.
«È per la Granger… anche lei, a quanto pare, ha intenzione di iscriversi a Medimagia».
Astoria sospirò, alzando gli occhi al cielo, per poi rivolgergli un sorriso.
«Sei davvero uno stupido, Malfoy. E quindi? Sei certo che si iscriverà davvero? O se vorrà fare la Medimaga piuttosto che la Guaritrice? O, nel caso volesse fare la Medimaga, di specializzarsi nel tuo stesso campo? No, non puoi saperlo. Per di più, penso che vorrebbe essere riconosciuta per i suoi meriti e non per l’aver salvato il Mondo Magico: non accetterebbe mai un trattamento di favore a discapito di chiunque, persino del tuo».
Il ragazzo l’ascoltava stregato e tutte le sue paure, le ansie e i timori che lo attanagliavano da giorni sembravano essersi volatilizzati: era bastata una dose di Astoria per calmarlo. Erano bastati quei suoi enormi occhi azzurri per farlo tornare a respirare.
Le accarezzò una guancia, sussurrandole semplicemente “Grazie”.







* Se non riconoscete la citazione.... no, non potete non riconoscerla. In ogni caso, per dovere di cronaca, è la rielaborazione di una celeberrima frase detta dal Joker di Jack Nicholson in Batman (quello con l'unico vero Batman, Michael Keaton). La frase originaria era: "Dimmi bambino, tu danzi mai col diavolo nel pallido plenilunio?"



Note d'autrice (ex Note Padfoottiane, ex Note canine):

Oh, salve. Questo che avete appena cercato di leggere è il terzo capitolo di sta storia. Yeah! 
Lo so, me ne rendo conto: è molto Drastoriacentrica. Ma... ma... ma... come vi ho detto la storia si sta evolvendo da sola e quindi manco io so niente. So solo che la trama c'è... le parole di contorno mi mancano, al solito. 
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto.
Il prossimo appuntamento sarà Domenica 1 Ottobre (urca, è già Ottobre... per la miseria). 
Infine ringrazio tutti coloro che hanno messo la storia tra le preferite e le seguite e che l'hanno recensita... voi siete i miei piccoli babà e io ve amo na cifra. 
In particolare ringrazio DANI1993, che mi lusinga sempre con le sue recensioni, e la mia SendyMalfoy, la quale ascolta volentieri le mie strampalate e io le sue. Grazie, mille ragazzi!

Niente, io ho finito di gracidare... ci sentiamo presto... andate in pace!
Ciriciao, 

 

Madame_Padfoot





 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3698445