Naruko

di Jeo 95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


N.d.A- Tornano per voi le avventure di Naruko, la storia raccontata da me se Naruto fosse nato ragazza :)
Ovviamente manterrò alcune scelte che feci anche nella scorsa fanfiction, come per esempio la scelta dei membri del Team 7, mentre per altri le cose saranno un po' diverse u.u
Spero davvero che questa storia vi catturi come fece l'altra, perchè qui c'è la Jeo che è cresciuta, la Jeo che ha dedicato 8 anni alla scrittura, e che vuole dimostrare a tutti quel che è capace di fare.
Un bacio a chiunque vorrà seguirmi in quest'impresa.
Grazie e alla prossima,

Jeo 95 =3 (ArhiShay)


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Naruko

 


 

Mentre le fiamme distruttive si assopivano, Hiruzen Sarutobi guardava malinconico il suo villaggio rialzarsi da una notte piena di terrore e distruzione.

Dal suo ufficio, circondato dalle tenebre più scure, il vecchio Hokage non riusciva a contare tutto ciò che in una sola notte gli era stato portato via, a lui ed alla piccola creatura che adesso, dopo diversi minuti di pianto ininterrotto, giaceva addormentata in una culla di fortuna, a pochi metri da lui.

Tra le perdite, Hiruzen contava anche la sua amata moglie, uccisa mentre aiutava una donna a partorire, dalla stessa mente diabolica che aveva liberato il demone per le strade del loro villaggio. Il neonato nella culla invece, aveva perso i genitori, subendo al contempo una maledizione eterna che l'avrebbe costretto ad una vita fatta di dolore e sofferenza.

L'attacco della Kyuubi no Yoko, così improvviso ed inaspettato li aveva piegati tutti, dal primo all'ultimo, e solo grazie all'eroico sacrificio del quarto Hokage, il villaggio di Konoha non era stato completamente distrutto. Ed ora, quel mostro giaceva sigillato nel fragile corpo di un neonato.

A nulla sarebbe servito il desiderio dello Yondaime che esso fosse trattato come un eroe, gli abitanti l'avrebbero visto sempre e solo come un mostro.

«Sandaime-sama.» un Ambu apparve alle sue spalle, silenzioso come la notte stessa.

Hiruzen lo guardò con occhi tristi e stanchi. Anche lui aveva perso qualcuno quella notte.

«Cosa intendete fare del neonato?» c'era una nota incrinata nella voce apparentemente impassibile del giovane ninja, qualcosa che sapeva di rabbia, tristezza e, forse, odio.

Sarutobi sospirò, consapevole che questo era solo il principio di quello che lo aspettava.

«Ancora non lo so, ma dopo stanotte... non credo avrà vita facile.» perché nessuno l'avrebbe visto realmente per la creatura indifesa che era. Guardandolo, le persone non avrebbero visto altro che il mostro spietato e crudele che aveva rovinato le loro vite quella notte di Ottobre.

Dei vagiti chiamarono a gran voce l'Hokage, che con passo incerto si avvicinò alla culla.

Il cucciolo era sveglio e si agitava, e forse per la prima volta Sarutobi guardò davvero quella creaturina dalla testa bionda che si agitava con energia tra le copertine. Sembrava quasi vi stesse lottando, ed il vecchio capo non potè che sorride. Era una bambina bellissima.

La prese tra le braccia, cullandola e cercando di calmare i suoi acuti versetti.

«Ha solo poche ore di vita ed è già piena di energia.» sentì distintamente il verso seccato dell'Anbu.

«Dopo tutto quel che ha causato... con tutto il rispetto ma trovo questa frase fuori luogo, Hokage-sama.»

Hiruzen lo guardò duro, corrugando in una smorfia infastidita le folte sopracciglia ingrigite dal tempo.

«Attento a come parli, lei non ha colpa. Sei un Anbu, dovresti controllare le tue emozioni meglio di così.»

Lo sapeva... eppure non ci riusciva. Strinse i pugni lungo i fianchi e prese un profondo respiro, cancellando dalla sua mente ogni sorta d'astio provasse verso quella bambina. Sarutobi aveva ragione, lei non aveva fatto nulla di male. Era una vittima quanto loro dell'infausto destino di quella notte, forse addirittura era quella che aveva perso più di tutti.

Eppure non riusciva a provare empatia per lei. Un fuoco di odio e rabbia bruciava in lui appena lo sguardo si spostava sulla fragile figura della bambina. Era sua la colpa, se aveva perso le ultime persone a cui voleva bene. Se lei non fosse nata, loro sarebbero ancora con lui.

La guardò da dietro la maschera. Aveva rubato i capelli biondi di lui, e fu certo che da grande avrebbe mostrato la bellezza rubata a lei.

«Nessuno al villaggio vorrà aver a che fare con lei» stavolta nascose ogni traccia di rabbia, esprimendo solo quella che secondo lui era la realtà dei fatti.

E Hiruzen, amaramente, dovette concordare con il giovane ninja.

Guardò la piccola sbadigliare e accoccolarsi tra le sue braccia, stringendo la veste bianca dell'Hokage in una delle piccole manine. Sarutobi non ebbe il cuore di rimetterla nella culla, ormai stregato dalla creaturina.

«Pare che stanotte siamo rimasti soli entrambi.» non era esattamente così. Lui aveva ancora i suoi figli, mentre lei ormai non aveva più nessuno.

Fu in quel momento che l'Hokage prese una decisione ferrea, alla quale non avrebbe permesso nemmeno al consiglio dei saggi di opporvisi.

«Mi prenderò cura io di lei.» sentenziò infine, girandosi verso l'Anbu con sguardo fermo e serio, così diverso dall'espressione benevola che di solito accompagnava il viso del Sandaime.«E vorrei che mi aiutassi a badare a lei. Non posso proteggerla da solo.»

Il ragazzo ci pensò. Non voleva assolutamente accettare, al contrario sentiva di essere lui per primo il peggior nemico che la bambina avrebbe mai avuto nella vita. Poi i volti di loro gli salirono alle mente, assieme ai loro sorrisi, alle carezze ed a tutto l'amore che gli avevano riservato negli anni. E si sentì un verme nell'aver anche solo pensato di far del male a qualcosa che avevano protetto a costo della vita.

«Non posso prometterle che i miei sentimenti per lei cambieranno.» confessò, ma in fondo era un ninja. Ed i sentimenti non dovevano mai intaccare la riuscita di una missione.«Ma farò del mio meglio per impedire a chiunque di farle del male.»

Hiruzen gli sorrise ed annui, riportando lo sguardo sulla figura della bambina addormentata.

«Nonostante tutto, farò in modo che tu sia sempre felice e al sicuro. È una promessa, piccola Naruko.» ed era più che intenzionato a mantenerla.

 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


N.d.A- Salve a tutti!
Chiedo venia per il ritardo, ma tra lavoro e l'esame dell'università non ho avuto tempo per scrivere, e ho ricominciato con i miei soliti ritardi. Spero possiate perdonarmi. 
Anyway, ecco il secondo capitolo di Naruko :) 
Non ho modificato più di tanto la scena della scuola, più che altro ho scritto in un italiano corretto, migliore di quello della prima versione, ed il risultato non mi è dispiaciuto. Ho inoltre modificato delle scene, spero che vi abbia incuriosito questo sguardo al passato :)
Un bacio a chiunque vorrà seguirmi in quest'impresa.
Grazie e alla prossima,

Jeo 95 =3 (ArhiShay)


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Naruko

 


 

A cinque anni dal grande disastro, Konoha era risorta dalle proprie ceneri, ancora debole e stanca, ma più forte nello spiriti di prima.

Hiruzen stava controllando alcuni rapporti quando qualcuno bussò alla porta del suo ufficio, distraendolo. Ringraziò mentalmente chiunque vi fosse al di là della soglia, per avergli concesso una pausa da tutte quelle scartoffie.

«Avanti.»

Itachi Uchiha si presentò a lui con un profondo inchino.

Sarutobi gli sorrise cortese. Aveva solo 10 anni Itachi, eppure era già riuscito a guadagnarsi il titolo di Chunin. Erano passati anni dall'ultima volta che il Sandaime aveva avuto l'occasione di vedere la nascita di un vero prodigio, ed era contento che il dono della genialità fosse toccata proprio al maggiore dei figli di Fugaku.

Era un pacifista, devoto completamente al mantenere la sicurezza e la pace nel villaggio, nonostante negli anni molte prove difficili l'avessero messo davanti agli orrori del mondo.

Un po' gli dispiaceva per quel ragazzino, costretto a crescere troppo presto e troppo in fretta.

«Itachi, hai bisogno di qualcosa?»

Il giovane ninja annuì, senza però dare una risposta concreta all'Hokage. Sembrava in imbarazzo, cosa assai rara per lui, sempre calmo e pacato, come se cercasse le parole esatte per esporre il suo pensiero all'Hokage.

«Ecco Hokage-sama... so che sembra impertinente da parte mia, ma mi chiedevo... sarebbe possibile farle visita?»

Hiruzen sgranò gli occhi. Non credeva che Itachi sapesse della sua esistenza, aveva fatto tutto il possibile affinché nessuno conoscesse l'ubicazione in cui aveva deciso di nasconderla, e benchè lei stessa fosse un tornado di energia e spesso provasse a scappare, Sarutobi non credeva che qualcuno l'avesse davvero trovata.

Dopo i primi attimi di sorpresa però, sorrise. Stava parlando di Itachi dopotutto, era ovvio che l'avesse scoperta.

«Come mai questa richiesta?» era sinceramente curioso.

Itachi non rispose. Gli aveva fatto promettere di non dire nulla, perché altrimenti sarebbe stata sgridata e non avrebbe più potuto giocare assieme all'amico che si era trovata con tanta fatica. Come poteva rispondere quindi?

La porta si aprì con un tonfo, salvando Itachi da una spinosa situazione. Sia il giovane che l'Hokage sobbalzarono per la sorpresa.

«Quella piccola peste è scappata di nuovo!»

Le isteriche urla furiose di Kakashi Hatake, giovane ed abile Ambu, riempirono per alcuni secondi la stanza, togliendo ad Hiruzen un sospiro rassegnato. Era la terza volta quella settimana.

«Come fa tutte le volte a svignarsela? Ci sono sempre gli Ambu migliori davanti alla sua porta...»

Itachi lo sapeva, ma anche stavolta non poteva dire nulla. Anche quello gli aveva fatto promettere di non dire nulla. Forse però era anche l'unico a poter effettivamente sapere dove si trovasse.

«Ecco... io forse so dove può essere.» disse, sorprendendo l'Hokage e l'Ambu appena entrati.

Se prima aveva qualche sospetto, ora Sarutobi era certo che il giovane Uchiha gli stesse nascondendo qualcosa, non certo da solo, ma qualcosa nelle sue vecchie ossa gli suggeriva di lasciare questa impresa al neo Chunin.

«Bene allora, Itachi questa missione è tua. Per ora sarà un grado B, ma visti i rischi che corre la persona da ritrovare, forse potrebbe anche essere un grado A...» sospirò, e guardò negli occhi il giovane. Non era solo la richiesta di un capo, ma la preghiera di un nonno.«Ti prego trovala alla svelta.»

E senza dire nient'altro, il ragazzo sparì in una nuvola di fumo.

Kakashi sospirò, chinandosi per chiedere scusa all'Hokage della sua negligenza.

«Quel mostriciattolo è davvero incorreggibile... non fa altro che farmi dispetti e scappare in continuazione, mi farà diventare matto un giorno di questi.»

Hiruzen rise, perché nonostante la preoccupazione sentiva di potersi fidare di Itachi. Lui l'avrebbe trovata di certo, e a quel punto nessuno le avrebbe più fatto del male.

«Probabilmente vuole semplicemente attirare la tua attenzione. Ti vuole bene, più di quanto credi.»

Kakashi non rispose, chiudendosi in un profondo silenzio, ed Hiruzen lo lasciò fare. Ritornò alle sue scartoffie, con la testa rivolta verso Itachi e la sua missione.

Sperò di ricevere sue notizie al più presto.



 


 

Itachi sospirò di sollievo quando vide una piccola testolina bionda sbucare da dietro una grossa quercia secolare. Gli aveva confessato che era il suo posto preferito, nascosta tra le radici dell'albero antico nessuno poteva trovarla.

«Naruko.» la chiamò, accucciandosi accanto al nascondiglio e aspettando che la bambina di appena cinque anni decidesse di farsi vedere.

«Non c'è nessuna Naruko qui, sono una radice!» gridò lei, con voce singhiozzante.

Itachi sospirò. Doveva di nuovo essere successo qualcosa con Kakashi o con qualcuno degli Ambu che sorvegliavano la porta della sua camera.

«Ok signora radice, mi vuole dire perché piange?» si sedette, assecondandola e aspettando che si confidasse con lui. In questi casi era utile avere un fratello minore, almeno sapeva come comportarsi e come gestire determinate situazioni.

«Kakashi... è un baka!» lo immaginava.«Si è arrabbiato perché ho morso uno di quegli stupidi Ambu! Ma non è stata colpa mia! Quel tipo mi ha chiamata mostro e mi ha preso per un braccio!»

Singhiozzò ancora, tirando su col naso il modo che probabilmente le colava a causa del pianto. Itachi si intristì. Non era una novità che gli Ambu trattassero male quella povera bambina, e lo frustrava non conoscere il motivo di tanto odio e accanimento contro un essere innocente.

«Ha detto che non potevo più giocare con Shika-kun... per una settimana intera!» e per chi come lei poteva giocare soltanto una volta ogni tanto, doveva essere stata la più terribile delle situazioni.

«Mi dispiace tanto signora radice, ma anche se non è stato giusto quello che ha fatto l'Ambu, non crede che morderlo sia stato altrettanto sbagliato?»

«Ma lui mi ha chiamata mostro!»

«E sono sicuro che Kakashi-san abbia punito a dovere anche lui. Non si risponde alla violenza con altra violenza, altrimenti il male potrebbe vincere.»

La sentì sussultare.«I-Il male?!»

Il ragazzo sorrise.«Proprio così. Se anche noi ninja cominciassimo a diffondere l'odio e la violenza, il male vincerebbe sul bene, e nessuno potrebbe più fermarlo.»

«Ma è terribile!» Naruko uscì dal suo nascondiglio trafelata. I capelli disordinati, gli occhi azzurri arrossati dal pianto, nulla sembrava turbarla quanto la possibilità che il male trionfasse.«Non possiamo lasciare che il male vinca!»

Itachi le carezzò con dolcezza i capelli, sorridendo del buon cuore e dell'ingenuità che rendevano Naruko così speciale.«Hai perfettamente ragione. Spetta a noi ninja sconfiggerlo, anche soltanto chiedendo scusa, o evitando gli scontri quando non sono necessari. Capisci Naruko?»

Non tutto. A volte Itachi parlava in modo davvero strano e complicato, ma una cosa le era chiara. Doveva scusarsi con Kakashi, e forse anche con l'Ambu che aveva morso, per impedire al male di espandersi.

«Credo di sì.»

«Che ne dici di tornare dall'Hokage? Sembrava molto preoccupato, e anche Kakashi-san.»

Non era ancora convinta di voler incontrare Kakashi, ma se il nonno si stava preoccupando per lei, allora doveva andare da lui e fargli vedere che stava bene. Comportandosi da brava bambina, almeno fino a quando anche lei non fosse diventata una ninja, avrebbe combattuto il male a modo suo.

«Va bene Itachi-kun! Però...» le guance le si imporporavano, mentre stringeva con forza la mano del ragazzo e gli camminava a fianco. Fare una piccola richiesta non poteva fare di lei una bimba cattiva no? «Resti a giocare un po' con me dopo?»

Con una dolcezza infinita nello sguardo, il giovane annuì.«Sarà un vero piacere per me accontentare questa brava bambina.»

E d'improvviso, Naruko non vedeva l'ora di potersi scusare con Kakashi per averlo fatto arrabbiare.



 

Sette anni dopo...



 

Naruko sbadigliò sonoramente. C'era fresco quella mattina, e le strade del villaggio erano ancora semi deserte e sgombre dal caos della folla.

Meglio così, non aveva voglia di scontrarsi con i soliti sguardi astiosi che se avessero potuto, l'avrebbero uccisa all'istante. Svegliarsi presto, comunque, non era nelle sue corde.

Aveva legato i lunghi capelli biondi in due pratiche code laterali, così che non le fossero troppo d'intralcio e non le mettessero addosso troppo caldo.

Nella sua tenuta arancione, spiccava come un faro nella notte tra le grige vie di Konoha, ma non se ne curò più di tanto. Non era in missione, non c'era quindi necessità di nascondere la propria presenza a possibili nemici.

Benchè nel villaggio quasi tutti per lei fossero tali, finché gli occhi vigili dell'Hokage vegliavano su di lei, nessuno poteva metterle addosso nemmeno un dito.

Non sapeva perché ce l'avessero tanto con lei, forse a causa degli scherzi che ogni tanto si divertiva a fare a suo nonno, o per via dei dispetti che combinava a quegli abitanti che la trattavano come un'appestata quando semplicemente camminava per le vie di Konoha ammirando la merce in vendita nei negozi.

Aveva smesso di chiederselo però, quando era arrivata alla conclusione che un vero motivo non ci fosse.

Camminò fino ai cancelli della scuola, lungo il cortile d'addestramento, fino a raggiungere la porta della sua classe, dove soltanto pochi dei suoi compagni già sedevano ai loro posti, chi chiacchierando con gli amici, chi cercando di copiare compiti dimenticati la sera prima.

Vagò con lo sguardo per la classe, studiando i volti di coloro che già c'erano, e stupendosi di trovare fra quei volti noti, quello del suo pigro migliore amico, l'ultima persona che avrebbe mai pensato di trovare lì a quell'ora.

Perché Shikamaru Nara era la persona più pigra e svogliata del villaggio, ed era quasi sicura che per nessuna ragione al mondo avrebbe abbandonato il suo morbido letto prima di quanto non fosse necessario.

Seduto nel suo posto abituale, vicino alla finestra, si era coricato sulla sedia, i piedi sul banco, chiudendo gli occhi e beandosi dell'arietta fresca che proveniva da fuori. Se lei non era mattiniera, Shiakamaru lo era ancora di meno.

Sorrise mentre gli si avvicinava. Doveva trovare un modo per ringraziarlo, perché era quasi certa che il motivo per cui lui fosse lì a quell'ora, centrasse con il suo essere mattiniera.

«Buongiorno Shika!» lo salutò allegra, svegliandolo di soprassalto.

L'erede del Clan Nara, uno tra i più noti nel villaggio, la polverizzò con un solo sguardo. Troppo rumorosa già dal mattino.

Sbadigliò sonoramente, ricambiando il saluto e tornando al pisolino che ancora lo chiamava nel mondo dei sogni.

Naruko si sedette al suo posto, proprio davanti a quello di Shikamaru, e si rigirò verso di lui, sorridendo maliziosa.

«Sei venuto presto oggi, come mai questa novità?» lo punzecchiò.

Shiakamaru sbuffò con aria annoiata.«Mia madre... sai com'è. Ogni tanto le viene voglia di mandarmi a scuola prima del previsto. Dice che sono troppo pigro per avere solo dodici anni, e che una camminata mattutina potrebbe aiutarmi a schiarirmi le idee.»

Rise annuendo, prendendo per buona quella scusa. Anche sotto tortura, Shikamaru nn avrebbe mai ammesso di averlo fatto per lei, per non lasciarla sola più del necessario. Sotto molti punti di vista, benché la sua pigrizia fosse ormai leggendaria, Shikamaru era il migliore amico che potesse mai desiderare.

Quando la porta si aprì un'altra volta, il sangue di Naruko ribollì di furore alla vista di Sasuke Uchiha, tenebroso come sempre, indisposto ad intrattenere qualsiasi tipo di conversazione con chiunque. Un lupo solitario che le faceva salire il nervoso, senza che lei ne conoscesse la ragione.

Quel suo atteggiamento da perfettino la irritava.

Sfortunatamente, quel pallone gonfiato era il suo vicino di banco. Non capiva perché Iruka-sensei l'avesse sistemata tra lui e Sakura Haruno, altra seccatura della sua vita, ma probabilmente faceva tutto parte di un piano studiato a suo danno. I peggiori elementi della classe erano i suoi vicini di banco... era certamente opera di un complotto.

Certo Sasuke Uchiha era un bellissimo ragazzo. Moro e dagli occhi neri, il rubacuori della loro classe di cui praticamente tutte le ragazze erano innamorate, ma con un carattere talmente gelido da non permettere a nessuno di farsi strada nel suo cuore e creare alcun tipo di legame.

Da quel lato però, Naruko poteva comprendere perché Sasuke fosse restio a fidarsi degli altri. Apparteneva al Clan Uchiha, sterminato tre anni prima dal più promettente dei suoi elementi, nonché fratello del giovane. Era ovvio che questo l'avesse segnato profondamente.

Solo pensando a quella tragedia, Naruko s'incupì. Anche lei aveva perso qualcuno quella notte, e benchè i suoi ricordi fossero confusi e sbiaditi, uno soltanto persisteva nella sua testa: quella persona le aveva salvato la vita, e non poteva più sdebitarsi per quel gesto.

«Allora, sei pronta per gli esami Naru?» ci pensò Shikamaru a risvegliarla dalle sue riflessioni sugli Uchiha, con la peggiore delle uscite che per lei fu come una doccia fredda.

«Come scusa?»

Shikamaru alzò la testa e ghignò, ammirando gli occhi azzurri che si facevano via via sempre più disperati e consapevoli.

«Non dirmelo, l'avevi dimenticato.»

Avrebbe voluto spegnere quel suo sorriso ridendo sguaiatamente e sbattendogli in faccia che no, non si era affatto dimenticata che il giorno seguente avrebbero avuto gli esami, sia teorici che pratici, che avrebbero potuto decidere il suo futuro da ninja, purtroppo però non poteva. Perché purtroppo aveva perfettamente ragione.

«Maledizione...» abbassò la testa sconsolata, cadendo in uno stato di apparente catalessi in cui il suo spirito sembrava volersi separare dal corpo.

Shikamaru scosse il capo, rassegnato all'evidenza: quella ragazza era un caso disperato.«Se sempre la solita Naru.»

Pian piano, la classe iniziò a riempirsi, e ben presto la tranquillità della mattina presto fu sostituita dal caos generale. Mancava poco all'inizio delle lezioni e ciò per Naruko significava che tra poco il suo banco sarebbe stato invaso dalle fan sfegatate di Sasuke.

Non poteva fare a meno di chiedersi cosa ci trovassero in quel tipo. Ok certo era carino, ma rivolgergli la parola sembrava un'impresa impossibile.

Ci aveva provato, più di una volta e con metodi anche poco ortodossi secondo alcuni, ma ogni volta l'aveva puntualmente liquidata ed ignorata con nient'altro che un'occhiataccia feroce.

Aveva quindi messo da parte per un po' il suo desiderio di parlare con lui. Probabilmente, in tutta Konoha lei e la timida Hinata Hyuga erano le uniche a non provare sentimenti romantici per Sasuke.

«Non lo invidio per nulla.» aveva sbuffato Shikamaru, mentre la folla di ragazzine urlanti circondava i loro posti gridando a Sasuke di notarle. (notice me sempaaaaaiiii. n.d.a scusate... non ho resistito...)

Naruko lo guardò dubbiosa. «Credevo fosse il desiderio di ogni maschio avere uno stuolo di ragazzine urlanti ai propri piedi.»

«Assolutamente no!»sembrò quasi offeso da quel pensiero.«Mi basti tu come seccatura, non ho certo bisogno di altre dieci bisbetiche urlanti.»

Con i nervi a fior di pelle, Naruko afferrò Shikamaru per le guance, tirandogliele e strizzandole fino a farlo quasi gridare dal dolore.

«Neh Shika... chi sarebbe la bisbetica urlante?!?!»

«Shon shu.» lo interpretò come un “non tu” e soddisfatta lo lasciò andare.

«Accidenti... sei davvero una seccatura tu.» Naruko gonfiò le guance, offesa e pronta a riprendersi la sua vendetta sul viso dell'amico, ma quando la mano di lui le toccò con dolcezza i capelli si fermò.«La mia personale ed insostituibile seccatura.» e quasi senza rendersene conto, al sorriso dolce e caldo del Nara, la ragazza arrossì spiazzata, prima di ricambiare anche lei il sorriso.

Quando Iruka-sensei entrò dalla porta, il caos si acquietò in un istante, e l'ultima lezione prima dell'esame finale ebbe inizio. Per una come Naruko che con lo studio non è mai andata davvero d'accordo, quella lezione durò un'eternità, in cui non aveva capito nulla di tutto il ripasso teorico fatto dal sensei.

Per la pratica non era un problema. Nel Taijutsu non se la cavava male, inoltre grazie ad un piccolo trucco insegnatole dal suo fratellone, era stata in grado di utilizzare il Kage Bushin no Jutsu, una tecnica avanzata che secondo lui si addiceva di più ad una testa calda come lei rispetto ad un Bushin no Jutsu normale.

La teoria invece era quanto di più tremendo Naruko avesse mai incontrato. Tutte quelle parole, quelle formule e quelle teorie, la storia del villaggio e di tutti quelli a loro vicini, per lei era un argomento impossibile da assimilare attraverso mere lezioni.

I racconti del nonno e del fratellone erano assai più interessanti, e grazie a loro probabilmente nella parte di storia non avrebbe fatto schifo come in tutto il resto. Non si era mai sentita tanto sconfortata come in quel momento.

«Ahhhh.» si lasciò scappare un sospiro rassegnato, che non sfuggì a Shikamaru.

«Non hai capito niente, vero?» lei semplicemente annuì depressa.

Il ragazzo sospirò. Stava per dirle qualcosa, quando il caos portato dal “Sasuke fan club” impedì loro di comunicare a dovere.

Una vena nervosa pulsò sulla fronte di Naruko. Nervosa, affranta e con un gran desiderio di usare Sasuke come sacco d'allenamento, si alzò sbattendo violentemente le mani sul banco, attirando su di sé l'attenzione dell'intera classe.

Shiakamaru sudò freddo. Naruko era mentalmente instabile al momento, e c'era seriamente la possibilità che iniziasse a sbraitare ed inveire con chiunque nel raggio di cinque metri da lei. Quando si arrabbiava diventava intrattabile e pericolosa, quasi come qualsiasi donna, e per un attimo temette azzannasse le ochette alla gola.

Con sua somma sorpresa invece, si limitò ad alzarsi e cercare un modo per uscire da quel gruppo di urlatrici, spazzolandosi una delle lunghe code bionde e dando le spalle al gruppetto di ragazze, per andare poi a sedersi al suo fianco.

Di solito era il posto di Choji quello, ma era probabilmente andato a consumare la sua merenda in giardino, quindi al momento era un posto vuoto.

Shikamaru la fissava sorpreso.«Mi hai stupito, avrei giurato che fossi pronta a combinare uno dei tuoi soliti casini.»

Naruko scosse le spalle. «Fortunatamente per loro ho altro a cui pensare.» e si lasciò scivolare sulla spalla dell'amico, singhiozzando sul fallimento sicuro del suo esame teorico.

Pieno e stanco di tutti quei piagnistei, fu Shikamaru a prendere in mano la situazione, con una proposta che lo sapeva, Naruko non avrebbe potuto rifiutare.

«Che ne dici di venire a casa mia? Potrei aiutarti a studiare, anche se so già che sarà una grossa seccatura.»

Naruko ci pensò su. Era già stata nel quartiere Nara, e da quel che ricordava non c'era un singolo membro di quel Clan che vedesse in lei qualcosa di più che un mostro.

Shikaku, il padre dell'amico, la trattava bene e non si opponeva all'amicizia tra lei ed il figlio, ma d'altro canto Yoshino, la madre, non era stata particolarmente entusiasta di scoprire il loro rapporto.

Ora sembrava aver cambiato idea, ma gli sguardi duri ed ostili degli altri membri del Clan la mettevano a disagio. Inoltre non voleva ripetere l'esperienza dell'ultima volta che aveva messo piede nei loro quartieri.

«Forse è meglio di no... sai, non vorrei disturbare.»

Shikamaru capì subito che non era affatto quello il problema. Sospirando, sapeva che a quel punto, l'unico modo per convincere Naruko era prenderla per la gola.

«Per cena mia madre farà il ramen, sarebbe felice se restassi. Inoltre staremo nella mia stanza, eviteremo di uscire ed useremo la scorciatoia per entrare. Vedrai, non ci saranno problemi.»

Non ne era convinta, ma come poteva resistere all'invitante pensiero del ramen di Yoshino Nara? Era al terzo posto tra i suoi ramen preferiti!

Sospirando accettò rassegnata, ringraziando di cuore l'amico. Le stava letteralmente salvando la vita.

«Anche se sei una seccatura, sai che ci sarò sempre se avrai bisogno di me. A questo servono gli amici dopotutto.»

A quelle parole, grossi lacrimoni di commozione inumidirono gli occhi di Naruko he presa dalla gioia saltò al collo di Shikamaru inneggiando al suo buon cuore. La sedia si sbilanciò e caddero entrambi, uno sopra l'altro, scatenando le risate generali della classe.

Risero anche loro, e in quel momento Naruko si sentì felice di essere a scuola. Perché se c'era Shikamaru, anche un esame non faceva poi così paura.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


N.d.A- Salve a tutti!
Chiedo venia per il ritardo, aggiornare anche secondo un calendario si sta rivelando più complicato del previto -.-" spero che questa ri-edizione della storia di Naruko interessi ancora a qualcuno!
Grazie a tutti quelli che mi seguiranno e a chi ha portato pazienza fino ad ora, 
un bacione grossissimo e alla prossima,

Jeo 95 =3 (ArhiShay)


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Naruko

 


 

Di tutti quegli eventi accaduti nel corso della storia del mondo ninja, Naruko non riusciva a memorizzare il minimo dettaglio. Tutte quelle guerre iniziate da ninja i cui nomi ancora risuonavano nelle vecchie storie, scritti su tomi vecchi e polverosi che ormai più nessuno consultava, non avevano per lei alcun significato.

Per come viveva lei, il passato doveva restare tale, focalizzando la propria vita sul presente e, nel particolare, sul futuro. Lei aveva chiaro ciò che voleva per la propria vita.

Diventare Hokage era il suo sogno, l'ambizione di mostrare a tutti quanti che non era solo un disastroso fallimento, bensì una tra i più grandi guerrieri mai esistiti nel villaggio della Foglia.

Forse addirittura più di un titolo, ciò a cui aspirava davvero era il rispetto di tutti quelli che l'avevano sempre discriminata, accusata, odiata. Tutto questo senza darle una spiegazione chiara sulle ragioni per cui, sin da che avesse memoria, venisse trattata da quasi tutti come un'appestata.

Mentre le pagine del libro cantavano gli scontri epici e le eroiche imprese di ninja e kage, ciò che invece Naruko vi leggeva non era altro che un inutile spargimento di sangue per le ragioni più futili. E a farne le spese, sempre secondo la sua interpretazione del testo, erano i più deboli.

Sfogliò ancora pagina, saltando dalla seconda alla Terza Grande Guerra Ninja, e ancora fino ad uno dei più terribili avvenimenti mai accaduti al suo villaggio: l'attacco della Kyuubi no Yoko.

Da piccola, quando il nonno le leggeva la storia dell'attacco, c'era sempre un tono incrinato nella sua voce, quasi temesse a raccontarle cosa fosse accaduto quella notte di dodici anni prima. Naruko non ci aveva mai creduto davvero.

Conosceva la leggenda delle bestie codate, ma non avendone mai vista una davvero, trovava difficile credere all'esistenza di mostri di quel calibro. Eppure, quando Hiruzen parlava c'era sempre una luce strana nel suo sguardo, ed era quando la vedeva che Naruko non aveva dubbi su quel che le veniva detto.

Spostò lo sguardo annoiata da una pagina all'altra, leggendo di come lo Yondaime di allora, un certo Namikaze Minato, si fosse sacrificato per sigillare la volpe e salvare così il villaggio dalla distruzione completa. Il libro finiva così, senza spiegare la storia del quarto né fornire ulteriori dettagli su cosa ne fosse stato della bestia e come fosse morto l'Hokage. Sospirando, infine Naruko chiuse il libro e si lasciò cadere sul tatami con un tonfo.

Shikamaru tornò nella stanza qualche istante dopo, tra le mani alcuni dolcetti e due tazze di tè caldo.

«Hai già memorizzato tutto il libro?» le chiese, scettico.

Era un bravo insegnante il giovane Nara, benché ogni parola fosse subito seguito da uno sbadiglio, alternato a volte dall'immancabile “che seccatura”. Eppure nemmeno tutto il suo genio e le sue capacità da insegnante potevano aiutare Naruko a ricordare tutti quegli eventi che la sua mente rifiutava di memorizzare. Era, come si suol dire, un caso disperato.

«Perchè dobbiamo ricordare tutte quelle guerre?! Sono state inutili e sanguinarie, che motivo c'è di ricordarle?»

Tutti parlavano di vittorie, sconfitte, onore e gloria, ma tutto ciò che lei vedeva altro non era se non la prova di quanto la stupidità umana potesse dimostrarsi ogni volta pronta a raggiungere nuovi limiti. Non trovava alcuna buona ragione per ricordare quelle battaglie.

«Forse perché sperano di non ripetere più gli stessi errori.» la buttò lì Shikamaru, azzannando un dolcetto, e forse poteva anche avere ragione, ma a Naruko non bastava.

Se avessero voluto davvero non rifare più quel genere di errori, sarebbe stato più corretto descrivere per filo e per segno la cruda realtà, non addolcire il tutto come i successi di eroi che davvero eroi non erano.

Afferrò un biscotto e li addentò.«Fono fuffe sfufe.» detto questo si rigirò sul fianco e chiuse gli occhi. Non voleva più saperne di studiare quelle inutili guerre.


 

Alla fine aveva dovuto studiarle seriamente, quelle stupide battaglie.

Shikaku Nara era entrato nella stanza del figlio qualche ora dopo la merenda, e trovandoli in panciolle, persi in qualche videogioco, si era impuntato a voler fare loro da tutore personale. Ed incredibilmente, Naruko pendette dalle sue labbra.

Ciò che Shikaku raccontava, il modo avvincente con cui evidenziava dettagli assenti in tutti quei libri, furono per la ragazza come una ventata di novità in una storia altrimenti noiosa ed incomprensibile. Voleva saperne di più, bramava di conoscere quelle sfaccettature che soltanto il capo clan sembrava conoscere, o meglio era l'unico disposto a raccontargliele.

E lo ascoltò a lungo, fino a quando Yoshino Nara non andò a chiamarli per la cena.

Naruko non si fermava mai così tanto a casa di Shikamaru, sia per non recare disturbo, sia perché si sentiva a disagio nel restare così a lungo nel quartiere di un clan tanto rinomato come lo era quello dei Nara. Perché a parte la famiglia dell'amico, benchè non fosse ancora convinta che Yoshino la vedesse come un'innocente bambina, tutti gli altri esponenti del Clan non sembravano volerla intorno più di quanto necessario.

Eppure, in quei brevi momenti in cui Naruko poteva passare del tempo assieme a tutta quella famiglia, si sentiva felice come forse non era mai stata. La casa si scaldava all'improvviso, il cibo aveva un sapore più buono, ogni parola o battuta che fosse sembrava sempre più divertente di quanto non sarebbe stata detta nella solitudine del suo appartamento, illuminato dalla flebile luce di una candela, banchettando con un insipido ramen istantaneo di cui però andava ghiotta.

Nulla però era buono come il ramen di Yoshino Nara mangiato in compagnia. Eccetto forse il ramen di Teuchi, quello era difficile da battere.

E anche se sapeva che presto o tardi il silenzio del suo appartamento l'avrebbe di nuovo avvolta nel suo freddo abbraccio, il tiepido calore condiviso con Nara l'avrebbe riscaldata ancora per qualche tempo.

In quei momenti, a Naruko sembrava finalmente di capire cosa significasse avere una famiglia.

 

*w*w*w*w*
 

Quando era poi tornata a casa la sera prima, aveva trovato due lettere ad attenderla sui gradini, assieme ad una deliziosa tavoletta di cioccolato al latte.

Si richiuse la porta alle spalle e si concesse un bagno rilassante. Sentì la tensione sparire ed i nervi rilassarsi a contatto con l'acqua calda, e per un attimo tutte le pressioni del mondo sembrarono sparire dalla sua mente.

C'erano soltanto lei e la vasca colma di acqua calda.

Quando uscì la pelle delle dita si erano fatte grinzose, ma benché risultasse fastidioso Naruko non si pentì di essere rimasta a mollo più di quanto non facesse solitamente. Un bagno rilassante era sempre la risposta giusta ad ogni problema.

Si vestì con una larga canotta bianca ed un paio di pantaloncini scuri. Faceva troppo caldo per indossare un pigiama completo, e se mai avesse avuto freddo, il lenzuolo avrebbe fornito sufficiente copertura per riscaldarla il necessario.

Finalmente pronta e rilassata, Naruko aprì il primo biglietto.

 

Sarò uno degli esaminatori,

per questo il mio giuzio sarà imparziale.

Spero ugualmente di non dover bocciare la mia preziosa nipotina.

In bocca al lupo.

Nonno.”

 

Naruko sorrise. Ultimamente, specialmente da quando viveva in quel monolocale per conto suo, vedere suo nonno diventava ogni giorno più difficile. E non voleva ammetterlo, ma sentiva la mancanza di quel burbero vecchietto che per sei anni era stato l'unica figura a cui potesse associare l'appellativo di famiglia.

Strinse a sé la lettera e l'appoggiò con delicatezza sul comodino, passando poi alla seconda busta che le era stata lasciata sull'uscio. Mentre l'apriva addentò un pezzo di cioccolato, e le sembrò di essere improvvisamente rinata. Era delizioso.
 

Metticela tutta, sono sicuro che ce la farai.

Faccio il tifo per te.

Buona fortuna.

Kakashi.

p.s. Questo cioccolato è per stimolare la tua concentrazione,

mangialo tutto mi raccomando.”

 

Le si imporporarono le guance leggendo quelle parole. Ora che anche Kakashi le stava dando il suo supporto, Naruko si disse che fallire l'esame non era un'opzione contemplabile. Troppe persone credevano in lei per poterle deludere.

«Yosh! Ce la metterò tutta! Farò vedere a tutti di che pasta è fatta Uzumaki Naruko! Diventerò Hokage e guadagnerò il rispetto del villaggio intero, state a vedere!»

Finì il cioccolato e si distese carica di nuova energia e voglia di impegnarsi più di prima. Quella notte non dormì tranquilla, ma nonostante tutto fu felice di avere accanto persone che contavano su di lei.

E quando l'energia dell'eccitazione si esaurì, finalmente crollò esausta tra le braccia di Morfeo.

 

*w*w*w*w*
 

Hiruzen guardò nervoso l'orologio per l'ennesima volta. Tra le teste dei molti studenti che spiccavano davanti a lui, determinati a diventare presto dei ninja d'elitè, non vi era alcuna testa bionda che spiccasse particolarmente tra loro.

Sospirò, chiedendosi dove fosse andata a cacciarsi la sua piccola Naruko. Se non fosse arrivata in tempo, nemmeno la sua posizione di Hokage avrebbe potuto salvarla dal non poter più svolgere l'esame.

Iruka sospirava sconsolato al suo fianco, e Hiruzen poteva scommettere che anche lui si stesse chiedendo che fine avesse fatto la giovane allieva, proprio il giorno dell'esame di promozione.

Infine non poterono più aspettare. Mizuki, l'altro sensei che con loro avrebbero esaminato e valutato quali fossero gli studenti meritevoli di promozione, si alzò in piedi. Salutò gli studenti con un sorriso, rassicurandoli sulle loro capacità e sul non essere tesi, poiché tutti avevano le capacità per farcela.

Toccò poi ad Iruka alzarsi in piedi.

«Bene ragazzi, la prima prova sarà...»

La porta si aprì con uno scatto violento, mentre Naruko combatteva contro la stanchezza per riuscire a varcare la soglia. Alle sue spalle due ninja corpulenti e nerboruti l'avevano afferrata per le braccia, impedendole di compiere l'ultimo passo che l'avrebbe portata alla sua classe.

«Mollate l'osso stupidi babbuini!» si dimenava scalciava, ma la presa si intensificò soltanto.

Sarutobi li fulminò con un solo sguardo, intimandogli con il tono più calmo di cui disponeva di lasciar andare la ragazza. Quando fu a terra, libera dalla ferrea presa dei suoi aguzzini, finalmente Naruko trasse un profondo respiro.

«Sei in ritardo Naruko, sai che non potrei farti svolgere l'esame per questo?»

Le sembrò di sentire il mondo crollarle sulla testa. Non poteva arrendersi così, non voleva.

«L-La prego Iruka-sensei! Io... mi sono preparata tanto! La scongiuro, mi faccia fare l'esame!» si prostò in un profondo inchino, serrò gli occhi e si mise in attesa di una risposta.

Iruka guardò l'Hokage e Mizuki, in cerca di un qualche segno che lo aiutasse a decidere come comportarsi con quella ragazza. Era una brava allieva nonostante tutto, chiassosa e indisciplinata certo, ma era evidente la passione che mettesse in ogni cosa che facesse.

E a lui più di altri, non sfuggiva mai quella fredda scintilla di solitudine e tristezza che le annebbiava lo sguardo altrimenti attivo.

Con un sospiro e l'ok degli altri esaminatori, si concesse di sorriderle.«Forza, vatti a sedere, la prova inizierà tra poco.

Naruko rialzò il capo stupita. Sorrise, ringraziando più e più volte gli esaminatori per non averla cacciata, per averle ugualmente dato la possibilità di poter finalmente lasciare l'accademia.

Prese posto accanto a Sakura Haruno, una giovane compagna di classe dai capelli rosa e gli occhi verdi con la quale non era mai andata particolarmente d'accordo, che per quel mattino aveva occupato il suo posto accanto a Sasuke Uchiha. Non discusse con lei, era già stata fortunata a poter partecipare all'esame nonostante il ritardo, creare problemi di alcun tipo era l'ultima cosa di cui aveva bisogno.

Guardò per un attimo la ragazza al suo fianco, e sentì le guance bruciarle mentre realizzava quanto fosse carino il viso di Sakura. L'aveva sempre pensato, in verità.

Avrebbe tanto voluto diventare sua amica, era più o meno da quel giorno di tanto tempo prima che le sarebbe piaciuto poterle parlare in qualche modo, conoscerla, instaurare con lei un rapporto d'amicizia forte e duraturo. Magari non come quello con Shikamaru, non chiedeva certo così tanto, andava bene anche un'amicizia semplice, fatta di sorrisi e qualche uscita insieme.

Eppure, ogni volta che cercava di avvicinarla, Sakura l'allontanava bruscamente, a volte infastidita, altre ancora arrabbiata. E davvero Naruko non capiva perché si fosse ritrovata vittima dell'astio di una ragazza per il quale lei invece provava una sincera ammirazione. Forse anche i suoi genitori le avevano detto di non avvicinarsi, di evitare ogni tipo di contatto con Uzumaki Naruko, il mostro di Konoha.

Si lanciò uno sguardo alle spalle. Shikamaru mimava con le labbra un qualcosa che assomigliava molto ad un “baka”, al quale rispose con una buffa linguaccia.

«Bene ragazzi, che gli esami abbiano inizio!»

E solo in quel momento, il cuore di Naruko ebbe un sussulto.
 

*w*w*w*w*

 

Il vociare orgoglioso dei genitori riempiva il cortile della scuola come non aveva mai fatto prima, riempiendo l'aria di allegria e risate.

Naruko osservava quelle famiglie orgogliose del successo dei loro figli seduta sull'altalena del cortile, da sola, lontana da tutta quella folla che di sicuro non avrebbe voluto avere nulla a che fare con lei.

Si toccò con incertezza la fronte, timorosa di non trovarvi il copri-fronte tanto agognato, e quando le dita sottili si scontrarono con la fredda placca di metallo della fascia, istintivamente sorrise. Se lo tolse, percorrendo con le dita il simbolo di Konoha inciso su di esso.

Era finalmente diventata una Kunoichi. Ancora Genin certo, ma aveva fatto un passo più vicino verso quello che era il suo sogno. Eppure, nemmeno lei sapeva spiegarsi esattamente perché, non riusciva ad essere completamente felice di quella vittoria.

Guardò ancora una volta la folla, e tra le tante famiglie riuscì a scorgere l'unica altra figura che come lei era sola e senza nessuno. Sasuke Uchiha se ne andò dal cancello della scuola così com'era entrato, solo quanto lo era lei.

Si chiese se anche a lui mancasse il calore di una famiglia, quello che lei non aveva mai provato, e che lui sembrava aver perso una notte di qualche anni prima, per mano del suo stesso fratello. Naruko di fratelli non ne aveva, se non l'unico che considerasse tale nonostante non lo fosse davvero, e non poteva capire cosa comportasse il tradimento da parte di qualcuno che prima ammiravi quasi come un'eroe.

«Come ha potuto l'Hokage permettere una cosa del genere?» alcuni acidi commenti le arrivarono alle orecchie quasi per caso, mentre cominciava a sentire occhiate astiose fissarsi su di lei.

«Non riesco a capire, perché ha lasciato che diventasse un ninja? Rischia di condannarci tutti!» cercò di ignorarli, di non ascoltare, ma fu più difficile di quel che sembrasse.

«È lei vero?» si aggiunse poi una terza persona.«La ragazzina della volpe.»

«Zitta! Lo sai che è proibito parlare di quella storia!»

Ancora quei discorsi senza senso, quelle inutili accuse che per lei non avevano alcun significato apparente. Erano anni che sentiva accusarsi di essere un mostro, una minaccia, ma nessuno mai le aveva spiegato perché o cosa avesse fatto per ricevere alcuni appellativi.

Si toccò un fianco, pensierosa, mentre la cicatrice che si era procurata da bambina bruciava ora più che mai. Sarebbe morta quella sera, se lui non fosse arrivato a salvarla.

Ma chi era lui? Questo Naruko non riusciva proprio a ricordarlo.

«Ehi.» Shiakamaru la strappò ai suoi pensieri. Shikaku e Yoshino poco dietro di lui.

Si stava ormai facendo tardi, e molte famiglie ormai stanche stavano lentamente rientrando nelle loro case, probabilmente prossimi a festeggiamenti per la conquista dei loro ragazzi.

«Congratulazioni per la promozione, Naru-chan!»

Ringraziò i coniugi Nara con un sorriso sincero, declinando però l'offerta di andare con loro a festeggiare la fine degli esami e la loro nuova vita da Gennin. Mentì.

«Ho un impegno, ma la prossima volta verrò di sicuro!» aveva sempre quel suo stupido sorriso stampato in volto, eppure Shikamaru riuscì chiaramente a capire che qualcosa non andava nel comportamento dell'amica. Avrebbe voluto dirle qualcosa, ma non lo fece.

Era evidente ai suoi occhi che Naruko volesse stare sola, perché non voleva sentirsi un peso per loro, un'estranea in un quadro di famiglia in cui sentiva di non centrare assolutamente nulla.

Quando la famiglia Nara se ne andò, Naruko restò su quell'altalena fino a quando anche gli ultimi gruppetti non se ne furono andati. In quel miasma di gente aveva visto Sakura abbracciare sua madre con orgoglio, sgridare suo padre per averle scompigliato i capelli davanti a tutti, guardarsi attorno con imbarazzo, sperando che Sasuke non l'avesse vista.

Ognuna delle sue mosse erano bellissime agli occhi di Naruko, rendendo Sakura ancora più carina. Le piaceva davvero guardare la sua spontaneità, il suo imbarazzarsi quando Sasuke era troppo vicino, l'alterarsi ogni qual volta si accendeva una discussione con Yamanaka Ino.

Forse un giorno avrebbe provato davvero a parlarci, sperando di non ricevere la solita occhiataccia che puntualmente, ogni mattina che la vedeva avvicinarsi a lei per prendere il posto accanto al suo, la inceneriva sul posto. Ancora non aveva capito perché lo facesse, e non aveva mai trovato l'occasione per chiederle qualcosa.

Il buio prese presto il posto della luce, e quando la luna fu alta nel cielo scuro, Naruko era ancora seduta sull'altalena a pensare, a chiedersi perché l'avere tra le mani quello stupido pezzo di stoffa non la rendesse felice così come credeva.

Una mano grande le si posò sul capo all'improvviso, carezzandola con gesti dolci e gentili. L'aveva colta di sorpresa, eppure aveva riconosciuto il tocco gentile del fratello nell'istante in cui la mano di lui le si era posata sui capelli.

D'istinto sorrise.

«Kakashi-nii!» lo abbracciò, ma nell'attimo in cui si staccarono le guance le si gonfiarono. Aggrottò le sopracciglia, fissando con disappunto il viso mascherato del fratello.«Ma dove sei stato?! Sono due settimane che non vieni a trovarmi!»

Kakashi rise, ricominciando a carezzare il capo della biondina che parve rilassarsi a quel dolce contatto.«Perdonami, ho avuto una missione urgente di cui occuparmi.»

Probabilmente era una bugia. Sospettava si fosse rintanato in casa, sole e senza impegni, a leggere uno di quei strani libri sulle pomiciate di cui andava tanto fiero. Ma in quel momento le importava soltanto che fosse lì con lei, a riempire almeno in parte quel vuoto che la stava lacerando.

«Guarda, guarda! Finalmente anche io sono una ninja!»

Si congratulò con lei, l'avviso delle fatiche che comportava essere un ninja e delle responsabilità a cui andava incontro, ma Naruko era troppo impegnata a decantare le imprese di cui sarebbe stata la protagonista, e di come alla fine tutti l'avrebbero acclamata come nuova e miglior Hokage di sempre.

Con un sospiro Kakashi la lasciò parlare, guardandola saltare euforica da una parte all'altra del cortile. Sorrise. L'aveva vista abbattuta mentre le si avvicinava, triste e sconsolata, pensava che fosse successo qualcosa di grave, ma era felice di essersi sbagliato. Sembrava davvero felice, e questo, indirettamente, rendeva felice anche lui.

«Che ne dici di andare a mangiare del buon ramen da Ichiraku? Offro io per stavolta.» lo sguardo le di illuminò, e ancora una volta fu subito al collo dell'uomo dai capelli d'argento.

«Grazie mille Kakashi-nii!»

Naruko rise per tutta la sera. Davanti ad una ciotola calda di ramen in compagnia del suo amato fratello, Naruko fu finalmente felice di aver conquistato quel tanto agognato copri-fronte.

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