Hogwarts 1944 - First Act di Ms Mary Santiago (/viewuser.php?uid=976451)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 25: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo
Adhara
appoggiò la testa sulla spalla di Abraxas, scorrendo lo
sguardo sulle righe
fittamente battute a macchina della copia della Gazzetta del Profeta
che
l’amico stava leggendo.
L’ennesimo
attacco.
Il
mondo magico, e malgrado a molti non importasse anche quello Babbano,
stavano
mettendosi lentamente in ginocchio davanti alla spinta espansionistica
del
potere di Grindelwald.
Storse
il naso, contrariata.
- Non
capisco cosa aspetti Silente a prendere in mano la situazione.
–
-
Dubito che si muoverà, ho sentito dire che erano molto amici
quando avevano la
nostra età. –
Si mise
seduta meglio, scrutandolo negli occhi con risolutezza.
- Pensi
davvero che Silente rimarrà con le mani in mano in eterno?
–
-
Silente è un uomo patetico dal cuore tenero. –
-
Queste sono le parole di Riddle -, constatò, - ma non credo
che l’avere una
coscienza renda le persone più deboli di altre. –
Abraxas
scrollò le spalle in un gesto elegante, preferendo cambiare
argomento.
- Come
hanno preso a casa tua la mancanza della spilla? –
- Se ne
faranno una ragione; personalmente sono più che soddisfatta
della mia spilla –
replicò, picchiettando il
dito sulla spilla da Capitano che aveva appuntata sulla divisa dei
Corvonero, -
A casa Malfoy? –
- Ai
miei piace Tom. –
La
risposta era più che eloquente: se la spilla gli era stata
soffiata sotto al
naso da Tom Riddle allora per i signori Malfoy tutto andava
più che bene.
-
Personalmente trovo sempre più difficile capire come a
qualcuno sano di mente
possa piacere Riddle. –
Abraxas
rise, scuotendo la testa, - Mi basta che continuate a evitarvi; ho il
curioso
desiderio di non vedere i miei migliori amici saltarsi alla gola a
vicenda. –
Perché non
avrebbe saputo da che parte schierarsi … non lo disse, ma
era implicito.
Adhara
era la sua migliore amica da sempre, non riusciva a ricordare un evento
della
sua vita in cui non fosse coinvolta, ma da quando aveva cominciato la
scuola
Tom aveva esercitato una sorta di attrazione magnetica in lui.
Aveva
così cominciato a gestire il suo tempo dividendolo tra di
loro, che per qualche
strano scherzo del destino non si sopportavano.
Il
rumore dello sportello che veniva fatto scorrere li fece trasalire.
-
Tranquilli, sono io. –
Renford
Lestrange, le iridi blu cobalto che luccicavano divertite, fece
capolino.
I
capelli corvini erano scarmigliati come se qualcuno avesse affondato
più volte
le dita tra le ciocche nell’impeto della passione del momento
e, conoscendolo,
sicuramente era così.
- Tom
sta per arrivare. La riunione è finita dieci minuti fa
… Ah, la McGranitt ti
cercava – aggiunse quasi distrattamente, facendosi cadere sul
sedile di fronte
al loro.
Adhara
rassettò la divisa, rivolgendogli un’occhiata
penetrante.
-
Lestrange, le hai dato di nuovo il tormento? –
- Non
mi permetterei mai -, sogghignò, - l’ho
semplicemente incontrata vicino al
carrello dei dolci. –
Per
nulla convinta, scoccò un bacio sulla guancia di Abraxas e
si diresse verso l’uscita
dello scompartimento.
Scambiò
un cenno del capo con Renford e uscì prima di correre il
rischio di incontrare
Riddle.
*
Trovò
Minerva e Drusilla nel solito scompartimento, la prima con un pacco di
gomme
bolle bollenti in una mano e un libro nell’altra e la seconda
intenta a
divorare cioccolata.
Sorrise,
sedendosi di fronte alla Selwyn e lasciando vagare lo sguardo sul loro
bottino
di guerra.
C’erano
almeno una ventina di confezioni di Cioccorane, per un terzo
già divorata, due
pacchi di gelatine tutti i gusti più uno, qualche gomma
bolle bollenti e un
maxi pacco di Api frizzole.
- Dru,
hai svaligiato il carrello dei dolci? –
La
Selwyn ravviò una ciocca bionda, allontanando
l’incarto dell’ennesima
confezione di Cioccorane.
-
Assolutamente no. Questa è la dose necessaria a trascorrere
il viaggio sull’Espresso
… e Minerva ha contribuito – aggiunse in fretta,
tirando in ballo l’amica.
- Solo perché
mi stavi dando il tormento. –
-
Tormento, esagerata … te l’avrò chiesto
due o tre volte. –
Le
iridi verdi della Grifondoro smisero di seguire le pagine del libro e
rotearono
leggermente.
- Sì,
due o tre volte ogni cinque minuti per tutta la durata della riunione.
–
- Non è
colpa mia, lo sapete come divento se rimango in astinenza da zuccheri
-, sventolò
una mano a mezz’aria afferrando il pacco di Api frizzole, - e
comunque ho
pensato anche a te, Adhara. –
-
Troppo gentile -, afferrò il pacco, - che turni vi sono
toccati? –
Il
labbro inferiore di Drusilla, sporco di cioccolata, si
arricciò in un lieve
broncio.
- Devo
coprire le ronde notturne di mercoledì e venerdì
… a Minnie è toccato il martedì
e il giovedì. –
- Già e
mi toccherà riferire a Riddle – aggiunse Minerva.
- Le
mie più sentite condoglianze. È insopportabile
come al solito? –
- Anche
di più. Come se non bastasse la maggior parte delle ragazze
degli ultimi anni
passa il tempo a fargli gli occhi dolci ogni volta che lo incontra.
–
Si
scambiarono un’occhiata eloquente.
Probabilmente
all’interno di Hogwarts solo due persone odiavano Riddle a
livelli esponenziali
ed entrambe si trovavano in quello scompartimento.
- È
oggettivamente molto bello, quasi quanto Lestrange -, intervenne
Drusilla il
cui argomento preferito dopo i dolci erano decisamente i ragazzi, - ma
ha quel
modo di guardarti che ti dà i brividi. Ogni
volta che incrocia il mio sguardo spero che lo distolga il prima
possibile. –
- È un
borioso imbecille, non capisco perché i professori lo
adorino. –
- E a
te non va a genio l’idea che sia il cocco di Lumacorno
– concluse Minerva con l’aria
di chi la sapeva lunga.
Tacque,
incrociando le braccia al petto.
- A
proposito di persone che non sopportiamo … Lestrange ti ha
dato fastidio? –
La vide
tentennare per un breve istante per poi scuotere la testa.
- No,
nessun fastidio, immagino che avesse altro per la testa. –
-
Probabilmente aveva di meglio da fare … quando è
arrivato nello scompartimento
aveva tutta l’aria di uno uscito da un incontro bollente -,
ammiccò
leggermente, - mi domando chi fosse la ragazza con cui si è
appartato. –
Minerva
alzò gli occhi al cielo, sbuffando.
I
pettegolezzi l’avevano sempre infastidita.
- Sai,
Dru, dovresti davvero pensare ad altro che non siano pettegolezzi,
dolci e
ragazzi. –
- Sì, mamma. –
*
Trovò
Abraxas e Renford intenti a discutere di Quidditch.
Si
accigliò leggermente.
Non
aveva mai capito tutto quell’interesse per uno sport,
specialmente uno in cui
non serviva altro che volare su una scopa e aggirarsi tra palle che
sfrecciavano da una parte all’altra.
Non
aveva mai avuto una grande opinione dei giocatori di Quidditch, la
maggior
parte di loro erano degli scimmioni senza cervello, ma se persone tutto
sommato
brillanti come i suoi compagni lo apprezzavano allora forse
c’era qualcosa che
gli sfuggiva.
Renford
alzò lo sguardo, inarcando un sopracciglio.
- Tom,
siediti, mi metti ansia. –
-
Dovresti cominciare a cambiarti, siamo quasi arrivati – lo
rimbeccò, accennando
agli abiti scuri che indossava al posto della divisa dei Serpeverde.
- C’è
ancora un po’ di tempo. –
- Non
voglio arrivare tardi per colpa tua. –
- Santo
Salazar, che ansia. –
Si alzò
in piedi, rovistando nel baule alla ricerca della divisa e ignorando
palesemente l’occhiata seccata del compagno.
C’erano
volte in cui non sopportava veramente Tom e le sue manie di controllo.
Abraxas
parve fiutare la tensione che si respirava dentro lo scompartimento e
dirottò
la conversazione.
- Ren,
si può sapere con chi eri prima? Volevo chiedertelo quando
sei arrivato, ma mi
è passato di mente. –
- Una. –
- Non
sei mai stato così evasivo sulle tue conquiste. –
-
Magari perché non ha importanza -, scrollò le
spalle, - o perché non mi va di
sentire pettegolezzi già dal primo giorno di scuola.
–
C’era
decisamente qualcosa di strano.
Provò a
insistere per l’ultima volta.
- In
che Casa è? –
Lo sferragliare
del treno che arrivava a destinazione lo salvò
all’ultimo secondo.
-
Dobbiamo andare, non vorremo far fare tardi a Tom. –
Spazio
autrice:
Salve!
Sembrava che avessi trovato pace … e invece no!
Non credo che siano mai state create interattive ambientate
durante gli anni di scuola di Tom e Minerva, perciò ho
deciso di provare a
fondere la cosa sfruttando gli anni del terrore Grindelwaldiano (ci
troviamo
nello specifico nel 1944).
Ma non indugiamo oltre e passiamo alle indicazioni per
partecipare:
-
non c’è limite al numero di OC con cui potete
provare a
partecipare ma vi chiedo di non crearli tutti dello stesso sesso e
della stessa
Casa;
-
avete tempo fino al 14 aprile per inviare le schede e il
15 aprile in mattinata avrete il capitolo successivo e la scelta degli
OC;
-
non accetto Mary Sue, Gary Stu, personaggi ricchi di
cliché, Animagus, Metamorphomagus, Veela, Licantropi o
Ibridi di qualsiasi
tipo;
-
vi chiederei di farvi sentire almeno ogni 2 capitoli nel
rispetto del principio che regge le interattive ossia quello di
prendere
attivamente parte allo svolgimento della storia e alla
caratterizzazione dei
personaggi;
-
le schede andranno inviate solo ed esclusivamente tramite
messaggio privato;
-
le recensioni con “voglio iscrivermi con
…” non sono
considerate valide dal regolamento di EFP pertanto vi chiedo di
articolarla
come una recensione effettiva al capitolo;
-
visto che ci troviamo nel 1944 e all’epoca c’era
una certa
chiusura sessuale, accetterò solo coppie het;
-
non chiedetemi
relazioni sentimentali con Tom. Lo dico da subito onde
evitare
incomprensioni: Tom non è capace di amare. Potete creare
amici, succubi, cotte
non corrisposte o al massimo relazioni esclusivamente a livello fisico
(alla
luce degli eventi della Maledizione dell’Erede …
che per me è fan service allo
stato puro e basta, ma la Rowling l’ha approvato e quanto
basta);
-
per dubbi, perplessità e quant’altro non fatevi
problemi a
chiedere.
Scheda
Nome:
Secondo nome:
Cognome:
Stato di sangue:
Età:
Casa e anno:
Aspetto fisico:
Prestavolto (obbligatorio
e reale):
Carattere (dettagliato):
Amicizie/Inimicizie:
Amore:
Patronus:
Molliccio:
Fobie/Paure/Incubi:
Amortentia:
Famiglia e rapporto con essa:
Ruolo (Quidditch, Prefetto, Caposcuola):
Lumaclub?
Materie preferite:
Materie odiate:
Cosa pensa di Tom?
Cosa pensa di Grindelwald?
Altro:
Personaggi
Tom
Orvoloson Riddle
(PV Matt
Gordon) – VII anno, Serpeverde. Caposcuola.
Drusilla
Selwyn
(PV Julia Parshuta)
– VI anno, Tassorosso. Prefetto.
Adhara
Rosier
(PV Megan Fox) –
VI anno, Corvonero. Capitano e Cacciatrice.
Abraxas
Malfoy
(PV Jamie Campbell
Bower) – VII anno, Serpeverde. Cercatore.
Renford
Lestrange
(PV Gaspard Ulliel)
– VII anno, Serpeverde. Capitano e Cacciatore.
Minerva
McGranitt
(PV Astrid Berges
Frisbey) – VI anno, Grifondoro. Prefetto.
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Capitolo 2 *** Capitolo 1 ***
Nda:
Qui
sotto trovate il capitolo e la selezione degli OC che, vi avviso, non
è ancora
completa perché mi mancano le schede di due autrici quindi
potrebbero esseri
aggiunti altri OC. Oltre a ciò invito chi lo desidera a
partecipare visto che sono
in carenza di maschietti. Per la precisione me ne servono 2 e uno
dovrebbe
essere Corvonero mentre per l’altro avete piena
libertà di scelta.
Capitolo
1
Katherine
varcò l’ingresso della Sala Grande a passo deciso,
ignorando risolutamente gli
sguardi su di sé.
Del
resto c’era abituata. Non capitava spesso che una Purosangue
inglese venisse
mandata a studiare a Durmstrang e che, all’inizio del suo
quinto anno, si trasferisse
nuovamente in terra natia per completare la sua istruzione magica.
Fosse
stato per lei sarebbe rimasta più che volentieri a
Durmstrang, ma sua madre
aveva strepitato e pianto in modo tanto estenuante e convincente che
suo padre
aveva finito con l’accontentarla e riportarla a casa.
Tutto
per quell’assurda credenza che aveva sua madre che vedeva lei
protagonista di
uno scenario apocalittico in cui Gellert Grindelwald prendeva
d’assalto la
scuola e la faceva fuori.
Come se
un aspirante dominatore del mondo magico non avesse nulla di meglio da
fare
nella vita che dare la caccia agli studenti della sua ex scuola.
Aveva
rinunciato a capire quella donna da anni, troppo apprensiva e
iperprotettiva
per i suoi gusti.
Raggiunse
il tavolo verde argento e folgorò con
un’occhiataccia una studentessa del terzo
anno che aveva occupato il suo consueto posto.
La
ragazzina scalò lungo la panca, liberando la destra di Tom.
-
Complimenti, adesso fai scappare anche le ragazzine? –
Rivolse
un sorrisetto beffardo all’indirizzo di Renford, allontanando
una ciocca
castano scuro dal bel volto.
-
Perché, avevi intenzione di provarci anche con lei?
–
Tom
stirò le labbra in un sorriso divertito davanti
all’espressione seccata
dell’amico, per poi rivolgere lo sguardo verso Abraxas che
gli stava seduto di
fronte.
- Si
può sapere a cosa stai pensando? Sei con la testa da
tutt’altra parte. –
- Elaboro teorie.
–
- Non
un’altra volta, Abraxas -, sbuffò a
metà tra l’esasperato e il divertito, -
Renford non ti ha già detto che non c’è
nulla d’interessante nella sua piccola
avventura? –
- Lo ha
detto -, confermò, - ma io non gli credo. –
Allungandosi
a prendere la brocca con il succo di zucca, Katherine
osservò la scena con
interesse.
Non era
la prima volta che Abraxas si concentrava su pettegolezzi amorosi o
sessuali,
ma quella volta doveva esserci davvero un grande mistero se si ostinava
così
tanto nel voler sapere la verità.
-
Perché il biondastro è così
sospettoso? –
-
Perché -, replicò il diretto interessato con
un’occhiata poco amichevole, -
Renford non vuole rivelare di chi si tratti quindi sono giunto a due
possibili
conclusioni: o è una ragazza già impegnata oppure
è qualcuna di davvero molto
imbarazzante. –
- E a
questa brillante deduzione sei giunto perché? –
-
Perché è fuori di testa –, intervenne
Ren, - e sessualmente frustrato visto che
nelle ultime settimane non ha avuto neanche mezza ragazza sotto mano.
Pensa a
riempire il tuo letto, Malfoy, e non a quelle che entrano nel mio.
–
- Di
quello che vuoi, Lestrange, ma prima o poi scoprirò di chi
si tratta. –
- Se
mettessi anche solo un decimo di questa determinazione in
Trasfigurazione a
quest’ora avresti ben più che una misera A
– osservò Tom.
Katherine
ridacchiò. – Colpito e affondato. –
Abraxas
sbuffò in modo molto poco regale e incrociò le
braccia al petto, contrariato.
- Giuro
che non vi coinvolgerò mai più nelle mie teorie,
siete impossibili. –
Tom lo
fissò di rimando, sfoggiando un cipiglio serio e impassibile.
- È una
promessa? Perché in questo caso ti prendo in parola.
–
Stoicamente,
Abraxas non replicò e si mise a mangiare.
Lo
stavano prendendo in giro e non avrebbe di certo fatto nulla che
potesse
facilitare il compito a quei suoi spudoratamente irriverenti amici.
Insomma,
era un Malfoy, non poteva certo farsi prendere in giro a quel modo.
*
-
Perché guardi Adhara in quel modo? –
Azalea
infilzò con vigore la patata alla brace nel suo piatto,
lanciando l’ennesima
occhiata truce all’indirizzo della compagna di Casa.
- La
spilla. –
-
Quella da Capitano? –
-
Perché, le vedi altre spille appuntate al petto? –
Azalea
notò lo sguardo lievemente risentito dell’amico.
Clay
era probabilmente la persona più sensibile e delicata che
conoscesse, un’anima
candida che tendeva a essere ferito da commenti beffardi e taglienti.
E lei
aveva lasciato che la rabbia e il desiderio di rivalsa che provava nei
confronti di Adhara Rosier le offuscassero il giudizio.
-
Scusami, è che non riesco proprio a farmi andare
giù la cosa -, ammise, - ho
aspettato quella spilla per tutta l’estate e appena sono
arrivata sul treno ho
saputo che l’avevano data a lei. –
Clay
annuì, indeciso su quale fosse la risposta migliore.
Non era
un granchè con le relazioni interpersonali; per come la
vedeva lui i libri
erano molto più semplici, con loro non sbagliavi e non ti
mettevano sotto
pressione perché era pressoché impossibile che
fraintendessero una tua
affermazione.
E a lui
capitava spesso di essere frainteso.
Certe
volte avrebbe voluto essere un po’ più come
Renford Lestrange, il tipo di
persona che diceva dritto in faccia quello che pensava e che mandava al
diavolo
chiunque avesse qualcosa da ridire su di lui.
Lui non
ci riusciva.
Il
giudizio di chi lo circondava finiva inevitabilmente con il ferirlo;
non
importava con quanta ostinazione si sforzasse di non darlo a vedere,
chi lo
conosceva bene sapeva leggere i segnali che il suo corpo mandava.
- Non
preoccuparti, posso capirlo – assicurò.
Sapevano
entrambi che non era così.
Clay
non aveva mai avuto velleità sportive né era mai
stato particolarmente
competitivo.
- È
solo che mi sembra che si prenda sempre tutto quello che vuole senza
fare il
minimo sforzo. È intelligente, bella, popolare e
particolarmente apprezzata dai
professori … adesso anche la spilla. È
semplicemente troppo. –
- Già,
certe volte è un pensiero che passa per la testa anche a me
quando guardo
alcuni nostri compagni; confesso di invidiarli un po’ per la
semplicità con cui
adottano comportamenti popolari e vincenti -, ammise, - ma suppongo che
non
importi poi chissà quanto chi sia il Capitano della squadra.
Alla fine
l’importante è che vinciate le partite, no?
–
Azalea
annuì distrattamente.
In
linea di principio era vero, ma la sua indole battagliera protestava a
gran
voce per quella che ai suoi occhi era una vera e propria ingiustizia.
Entrambe
erano entrate nella squadra nello stesso anno e, sebbene in ruoli
differenti,
avevano dato il loro contributo a più riprese. Cosa aveva
spinto Vitious a
metterla in secondo piano?
*
Abraxas
raggiunse il tavolo di Corvonero poco dopo la fine dei pasti, quando i
Prefetti
e i Caposcuola stavano cominciando a radunare gli studenti del primo
anno
attorno a loro per condurli nei rispettivi dormitori.
Adhara
fu la prima ad accorgersi di lui, dando leggermente di gomito a Sophie.
- Ed
ecco il figliol prodigo che ritorna all’ovile. Che
c’è, troppa influenza
Serpeverde ti ha spinto a scappare via? –
- È la
loro ironia che mi ha fatto scappare, quindi vedete di non cominciare
anche voi
-, borbottò mettendo su un adorabile broncio da cucciolo
bastonato, - non
potrei proprio sopportare un’altra presa in giro. –
-
L’indistruttibile ego dei Malfoy deve aver preso una bella
batosta durante la
cena -, osservò Sophie sorridendo divertita, - Si
può sapere cosa hai
combinato, Abraxas? –
- Io
non ho combinato proprio un bel niente -, sbuffò indignato,
- ho solo fatto
ipotesi sulla nuova scappatella di Renford … ma sembra che a
quel tavolo la
curiosità sia morta e sepolta. –
- Beh,
ti annuncio ufficialmente che se riguarda Lestrange io
non voglio saperne nulla. Meno lo sento nominare e meglio sto
–
lo interruppe Sophie.
- Un
giorno mi spiegherai perché tutta questa ostilità
nei suoi confronti e in
quelli di Tom? –
-
Lestrange è ego narcisista a livelli esponenziali e ha dato
il tormento a Minerva
per anni, quanto a Riddle … beh, è Riddle.
–
- Il
che la dice lunga – convenne Adhara.
-
Comunque se hai proprio bisogno di condividere teorie vi lascio soli e
vado a
cercare Tobias – concluse Sophie, mentre le guance le si
tingevano di una lieve
sfumatura di rosa al nominare il Grifondoro del settimo anno.
Adhara
ammiccò leggermente.
- Vai
pure, mi sorbisco io le crisi da prima donna di Abe. –
Augurò
loro la buonanotte e si avviò allegra verso il ragazzo che
l’attendeva davanti
alla porta in quercia della Sala.
-
Continuo a non capire cosa ci trovi in quel Grifondoro …
insomma, è un Grifondoro.
–
- Noi
ci interroghiamo da anni su cosa trovi in Riddle … Insomma,
è Riddle -, gli fece il
verso, - Perciò
credo proprio che tu sia l’ultima persona sulla faccia della
terra che può
esprimere giudizi sulle scelte sentimentali di chicchessia. –
- Deve
esserci qualcosa di guasto nel banchetto di questa sera
perché siete tutti
inspiegabilmente acidi nei miei confronti; se fossi un pizzico emotivo
potrei
sentirmi offeso. –
-
Quindi è una fortuna che tu sia completamente insensibile
alle offese –,
ironizzò, - Adesso dimmi cosa ha teorizzato il tuo cervello
malato prima che
perda qualsiasi interesse per tutto ciò che non ha le
sembianze di un letto a
baldacchino. –
- Io
credo che Renford nasconda una ragazza che per qualche motivo non deve
venire
assolutamente fuori o si scatenerebbe un bel putiferio. Lui lo nega, ma
io so
che è così. La Selwyn è in gamba con
queste cose … potresti chiederle di
indagare un po’ in giro. –
Si
accigliò.
D’accordo
la curiosità, ma lì si sfociava quasi nel
patologico.
- Cosa
speri di ottenere? –
- La
soddisfazione di sentirmi dire: “avevi ragione, Abraxas, non
dovremmo mai
mettere in dubbio ciò che le tue sovrumane
capacità intellettive captano”. –
- Vedrò
cosa riesco a scoprire -, cedette, - ma scordati di sentirmi
pronunciare una
frase del genere. –
*
-
Dovremmo smetterla di vederci così –
mormorò, interrompendo quello scambio di
baci, con il fiato corto.
Vide
gli occhi blu lampeggiare nella semi oscurità
dell’arazzo che li proteggeva da
occhi indiscreti.
Un
sorriso divertito increspava le labbra del ragazzo.
Minerva
gli rivolse un’occhiataccia, frapponendo le mani tra lei e il
corpo del
Serpeverde.
Non le
piaceva quando qualcuno si prendeva gioco di lei, così come
non le piaceva
quell’espressione.
- Ho
detto qualcosa di divertente? –
La
domanda le uscì più acidamente di quanto avesse
voluto, ma ormai era troppo
tardi per tornare indietro.
- No,
affatto, ma mi era sembrato che fossi d’accordo sul non
pubblicizzare troppo la
cosa per il momento. Insomma, ti immagini le reazioni? –
- Vuoi
dire le reazioni dei tuoi amici –, lo rimbeccò, -
Perché è inammissibile che
Renford Lestrange frequenti una Mezzosangue, vero? –
Il
sorriso scomparve dal volto di Renford, sostituito da
un’espressione glaciale.
- Dei
miei amici? Come se Grifondoro non fosse la culla dei prevenuti ab
eternum
quando si tratta di noi Serpeverde. Com’è che ci
chiamate … ah, sì, la progenie
di Satana. Molto politicamente corretto, non c’è
che dire. –
- È
diverso, nessuno di loro ti giudicherebbe indegno se provassi a
mostrare il
lato del tuo carattere che hai mostrato a me. Per Riddle e la sua
cricca,
invece, io non valgo abbastanza a livello biologico … una
Mezzosangue che si
mischia tra di voi è inaccettabile – concluse
aspramente.
Non
sapeva neanche lei cosa si aspettava di sentirgli dire, forse che
negasse la
loro retrograda chiusura mentale o che le dicesse che nel suo caso
sarebbe
stato diverso … ma nulla di tutto questo uscì
dalle labbra di Renford.
- Lo
sai come la pensano -, convenne, - ma magari con un po’ di
tempo per prepararli
all’idea non reagirebbero nemmeno così male.
–
Le
iridi verdi lampeggiarono furiose.
-
Intendi dire che così non se la prenderebbero troppo con te
e non ti
considererebbero un Traditore del tuo sangue. –
Scosse
la testa con risolutezza. – Non intendevo questo. Sono un
Lestrange, l’erede
universale della famiglia, anche volendo non potrebbero tagliarmi
fuori.
L’unica cosa di cui mi preoccupo sei tu … Non hai
una famiglia come la mia a
proteggerti, non si farebbero scrupoli a prendersela con te –
concluse.
Forse
era una sciocca, ma gli credette.
Aveva
imparato a conoscere Renford Lestrange in un modo del tutto nuovo
quando
durante l’estate, in vacanza a Parigi, lo aveva incontrato
per caso.
Lontani
dalla scuola e dalle chiacchiere frequentarsi era stato semplice e
naturale
come respirare.
Era
venuto fuori che le frecciatine altro non erano che un maldestro
tentativo di
attirare la sua attenzione senza esporsi troppo in una
società che, ancora per
la maggior parte, non vedeva bene la relazione tra un Purosangue e una
Mezzosangue.
E poi
c’era stato quel bacio all’ombra della Tour Eiffel
che aveva spazzato via le
sue ultime resistenze.
Il Renford
della scuola era solo una maschera, qualcosa dietro cui nascondersi,
con lei
era veramente se stesso.
Ma la
scuola era ricominciata e vederlo tornare a trincerarsi dietro quel suo
modo di
fare per nascondere ciò che veramente gli passava per la
testa era qualcosa
d’insopportabile ai suoi occhi.
-
D’accordo -, cedette, - aspettiamo ancora un po’.
–
Ren
parve improvvisamente risollevato.
- Sarà
per poco, lo giuro, il tempo di spiegare ai ragazzi come stanno le
cose. –
Si
chinò a baciarla per l’ultima volta, per poi
svicolare fuori dall’arazzo stando
attento a non incrociare nessuno.
- Lo
spero – mormorò, osservandolo sparire lungo la
rampa di scale.
*
Erano
circa dieci minuti che l’intera squadra di Grifondoro si era
radunata nella
Sala Comune … o meglio, l’intera squadra meno uno
dei loro Cacciatori.
Tobias
era infatti ancora fuori dal quadro della Signora Grassa, teneva
stretta tra le
braccia muscolose Sophie e sembrava molto poco propenso a lasciarla
tornare al
dormitorio di Corvonero.
Fleamont
Potter, il loro Capitano, li osservava con un’espressione
vagamente divertita
dipinta sul volto ma Kara era di tutt’altro avviso.
Era
contenta che quei due stessero insieme e che si amassero, erano una
splendida
coppia e tutto il resto, ma il Quidditch non doveva passare in secondo
piano.
Soprattutto
quando la prima partita di campionato, come da tradizione, avrebbe
visto
fronteggiarsi Grifondoro e Serpeverde.
-
Brooks, piantala di fare l’appiccicoso e datti una mossa.
Sophie non fuggirà
solo perché rientri nel dormitorio, ma ti assicuro che se
non ti decidi a
unirti alla riunione il mio piede impatterà contro il tuo
fondoschiena. –
Fleamont
ridacchiò, scuotendo la testa.
- Sei
sempre la solita, Kara. Non è un problema se cominciamo con
qualche minuto di
ritardo. –
- Ma,
Capitano …. –, provò a protestare, - la
riunione. –
Sophie
si sottrasse dalla presa del ragazzo con una risatina, scoccandogli un
ultimo
bacio a fior di labbra e sgattaiolando via.
Tobias
rientrò nella Sala Comune con un sorriso gigantesco stampato
sul volto per poi
essere letteralmente assalito da Kara, che
l’afferrò per la mano e lo trascinò
verso le poltrone su cui si era accomodata il resto della squadra.
- Non
credo serva rimarcare quanto sia cruciale la prima partita di
campionato -,
esordì la ragazza, - ma il punto focale è uno
solo: annientare i Serpeverde. Mi
assicurerò personalmente che Abraxas Malfoy non sfiori il
Boccino nemmeno con
il manico della sua scopa a costo di buttarlo giù a suon di
Bolidi. –
C’era
un luccichio battagliero nello sguardo della ragazza che fece
impallidire
leggermente i compagni di Casa.
Quando
si trattava di Quidditch non c’era persona in tutta la scuola
più agguerrita di
lei.
- Ehm,
Kara, va tutto bene ma non ti sembra di dimenticare un punto
fondamentale? –
intervenne ridendo Tobias.
- E
sarebbe? –
- Il
capitano è Flaemont, dovrebbe essere lui a tenere il
discorso, non tu. –
-
Giusto, ma credo che sia d’accordo con quanto ho detto
… non è vero, Capitano?
–
Flaemont
sentì gli sguardi della squadra puntati su di lui e non gli
rimase altro da
fare se non stringersi nelle spalle e annuire.
In fin
dei conti i suoi genitori gli avevano sempre ripetuto che i pazzi
andavano
assecondati senza fare troppe storie.
Mayra
King, la più giovane della lunga dinastia di King che aveva
affollato Hogwarts
negli ultimi sette anni, osservava la scena comodamente acciambellata
sulla
poltrona più distante e sbocconcellava Cioccorane come se
stesse assistendo
allo spettacolo più interessante della sua vita.
Distolse
lo sguardo solo quando sentì il rumore del quadro della
Signora Grassa che
ruotava nuovamente su se stesso e mostrava una Minerva McGranitt
decisamente
diversa dal solito.
Gli
occhi verdi erano persi nel vuoto e camminava a passo lento lungo il
corridoio
principale; era più che evidente che ci fosse qualcosa che
le frullava per la
testa.
La
raggiunse, sfiorandole un braccio e facendola quasi sussultare tanto
l’aveva
colta alla sprovvista.
-
Minerva, stai bene? –
-
Certo. –
-
Sicura? –
Annuì.
– Non preoccuparti, Mayra, sono solo stanca. –
C’era
qualcosa che non la convinceva nella compagna di Casa, ma decisamente
saggiamente di lasciar perdere.
Minerva
era leale e comprensiva con i suoi amici, ma tendeva a perdere la calma
quando
le venivano poste troppe domande su un argomento che non le andava di
affrontare.
Conoscendola
si sarebbe aperta se e quando se la fosse sentita senza bisogno di
alcuna
ulteriore sollecitazione.
-
D’accordo, ma se avessi voglia di parlarne sai dove trovarmi
– cedette infine.
- lo
terrò a mente; ora scusami, ma ho davvero bisogno di farmi
una bella dormita –
tagliò corto la Prefetto, incamminandosi verso la scalinata
che conduceva al
dormitorio femminile.
*
-
Sembra che tu sia stata assunta ufficialmente da Abraxas Malfoy per
indagare su
certi movimenti strani in Casa Serpeverde –
constatò timidamente Alya,
sistemando nel suo lato dell’armadio gli indumenti
accuratamente ripiegati.
Laura,
che aveva già finito da un bel pezzo e camminava in giro per
la stanza come se
fosse incapace di mettersi a letto finchè non avesse
esaurito la scorta di
energia giornaliera, emise uno sbuffo incredulo.
- Come
se non ci fosse nulla di più importante al momento, tipo un
pazzo esagitato con
manie di dominio mondiale, del sapere chi si porta a letto Lestrange.
–
-
Malfoy ha le sue strane fisse -, riconobbe Drusilla, - ma a quanto dice
Adhara
il mio lavoro sarà lautamente ricompensato con un
rifornimento annuale
direttamente da Mielandia. –
- Ah,
ora sì che capisco perché hai accettato di fargli
un favore. –
Scoppiarono
a ridere all’unisono.
- E hai
già qualche idea sull’identità della
misteriosa ragazza? –
Scosse
la testa, terminando di riporre l’ultima busta di dolciumi
all’interno del
baule ormai completamente privo di abiti.
-
Neppure mezza, ma la scuola è grande e stiamo parlando di un
tipo che piace a
molte … penso di potermi concentrare sulle studentesse tra
il quinto e il
settimo anno delle varie Case, escludendo il resto. –
-
Conoscendolo dovresti escludere anche tutti coloro che non sono di
sangue puro
… non sia mai che si “contamini”
– bofonchiò Alya, che più di tutte era
toccata
dall’argomento essendo una Nata Babbana.
Drusilla
corrugò la fronte, pensierosa.
- Se
fosse Purosangue dubito che si farebbe problemi a rivelarne
l’identità. –
- Dru,
pensi sul serio che Lestrange se la faccia con una Mezzosangue? Stiamo
parlando
di Lestrange, sii realistica.
–
- Già,
magari si tratta solo della promessa sposa di qualche ricco rampollo o
di
qualche ragazza con un fidanzato geloso e violento. –
Stiracchiandosi
pigramente, Alya soffocò uno sbadiglio.
- Non
so voi, ma al momento l’unica cosa a cui riesco a pensare
è la voglia di
andarmene dritta a letto. –
-
Condivido in pieno … Laura? –
- Sì,
tra poco mi sdraio anche io … devo solo riuscire a prendere
sonno. –
Il che
era una vera e propria impresa considerando la sua
iperattività sfrenata.
-
D’accordo, allora spegni tu la luce –
mormorò Drusilla, affondando la testa sul
cuscino e raggomitolandosi come un gattino sotto le coperte di
patchwork.
*
Devon
si lasciò ricadere sul letto di peso, sbuffando mentre
allentava la cravatta
con i colori dei Tassorosso.
-
Questi ragazzini diventano sempre più insopportabili di anno
in anno. –
- È in
momenti come questi che sono grato di non essere un Prefetto
–, sentenziò
Stephen, - non riuscirei mai a gestire un branco di undicenni
esagitati. –
- Il
non gestirli credo sia il minore dei mali nel tuo caso, più
che altro mi
preoccuperei del fatto che potresti strangolarli. –
- Ehy,
ho una sorella minore, so gestire i mocciosi –
protestò.
Devon
sorrise ironico.
- Già,
infatti tu e Mayra non passate mica tutto il tempo a litigare
… oh, aspetta, e
invece è esattamente quello che fate ogni volta che vi
incontrate. –
Stephen
emise una risata secca prima di tirargli addosso un cuscino in
patchwork.
- Con
una mira come questa non centrerai neppure un tiro durante la prossima
partita
– lo sfottè mentre schivava il colpo
all’ultimo secondo.
Il
cuscino successivo lo colpì in piena fronte prima ancora che
avesse il tempo di
mettersi in guardia.
- Ehy,
non ero pronto! –
-
Certo, Bones, perché non usi la stessa scusa la prossima
volta che sbagli un
passaggio? – lo rimbeccò.
Rimasero
a fissarsi in silenzio finchè entrambi non scoppiarono a
ridere.
Ci
voleva una discreta pazienza nel sopportare Stephen e una tolleranza
particolarmente alta alle battute e alle frecciatine per andare
d’accordo con
Devon.
Per
alcuni quella sarebbe stata la più improbabile delle coppie
d’amici, ma il loro
rapporto funzionava alla grande fin dal loro primo anno.
Era
come se i loro caratteri si compensassero a vicenda e vederli aggirarsi
da soli
per il castello era ormai praticamente impossibile.
- Piuttosto,
che turni di ronde ti sono stati assegnati? –
Devon
lo osservò dalla testa ai piedi, sorridendo con
l’aria di chi la sapeva lunga.
-
Questa domanda è dovuta solo al tuo desiderio
incontrollabile di passare il
maggior tempo possibile con me oppure ha un secondo fine? –
-
Imbecille -, rise, - era semplice curiosità. –
-
Certo. Ti sembro forse stupido, King? –
Arricciò
il labbro in un sogghigno. – Cos’è una
domanda a trabocchetto? –
- Sei
veramente simpatico. Mi premurerò di far presente a Drusilla
quanto tu sia
divertente quando martedì sera avremo la ronda insieme.
–
Stephen
si raddrizzò all’istante.
- Non
oseresti mai. –
Venne
il suo turno di sogghignare. – Oh, King, credimi oserei
eccome. Ma, per tua
immensa fortuna, sei il mio migliore amico e non ti metterei mai in
difficoltà
con lei … anche perché riesci a farti odiare
benissimo da solo. –
-
Potresti anche mettere una buona parola per me. –
-
Potrei -, convenne, - e lo farei se ricevessi un incentivo. –
Stephen
sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
Certe
volte dimenticava che il suo migliore amico era un Testurbante tra
Tassorosso e
Serpeverde.
I
Testurbante erano rari, ma ancora di più quella particolare
combinazione.
Tassi e
Serpi erano agli antipodi per definizione.
Quindi
Devon era sì leale e sincero, ma allo stesso tempo cercava
sempre un proprio
tornaconto personale ed era profondamente ambizioso.
-
D’accordo -, cedette, - cosa vuoi in cambio? –
- Ti
farò una tariffa da vero amico … diciamo una mano
con i compiti di Divinazione
da qui alla fine dell’anno? –
- Fino
alla vacanze di Natale – rilanciò.
- Mi
era sembrato che Drusilla ti piacesse parecchio … e il
lavoro da fare sarà
lungo e complicato visto che ti sei premurato ampiamente di farle
credere di
essere un insopportabile e completo idiota. –
-
Saresti dovuto finire a Serpeverde, lo sai vero? –
- Lo
so. Allora, accetti? –
Strinse
la mano che Devon gli tendeva. – Accetto. –
Spazio
autrice:
Come
dicevo nelle Nda le iscrizioni sono ancora aperte per 2 OC di sesso
maschile
tra il V e il VII anno preferibilmente uno dei due Corvonero mentre per
l’altro
avete totale libertà.
Passando
poi a un’altra questione, ho notato che alcune
persone tendono a sparire dalle interattive e pertanto vi chiederei di
farvi
sentire almeno ogni due capitoli anche per non bloccare lo scorrere
della
storia quando a termine capitolo vi pongo delle domande fini alla
trama.
Infine, proprio per rimanere in tema, vi pongo due domande
che mi erano sfuggite al momento della creazione della scheda:
-
in che giorno compie gli anni il vostro OC?
-
cosa vorrebbe fare da adulto? Questa domanda riguarda gli
studenti del VI e VII anno. Tenete presente che mi baserò su
questo per
inserirlo nelle varie classi visto che per i M.A.G.O. il programma
scolastico è
differenziato.
Per
ora è tutto.
Al prossimo capitolo.
Stay tuned.
XO XO,
Mary
Serpeverde
Katherine
Nott
(PV Nina Dobrev) – VII
anno,
Cacciatrice e membro del Lumaclub.
Corvonero
Azalea
Chrystal Bennett
(PV Emmy
Rossum) – VI anno, Cercatrice e membro del Lumaclub.
Clay
Montgomery
(PV Logan Lerman)
– VII anno, membro del Lumaclub.
Sophie
Rebecca Welch
(PV
Peyton List) – V anno.
Grifondoro
Tobias
William Brooks
(PV
Dominic Sherwood) – VII anno, Cacciatore.
Kara
Victoria Dawson
(PV Brec
Bassinger) – VI anno, Battitrice.
Fleamont
Potter
(PV Josh Hartnett)
– VII anno, Capitano e Portiere e membro del Lumaclub.
Mayra
Daphne King
(PV Nell
Tiger Free) – V anno, membro del Lumaclub.
Tassorosso
Laura
Alexandra Marie Neuberg
(PV
Genevieve Gaunt) – VI anno, Cacciatrice e membro
del Lumaclub.
Alya
Alice Morrison
(PV Edy
Ganem) – VII anno, Cacciatrice.
Stephen
Andrew King
(PV Devin
Paisley) – VI anno, Cacciatore.
Devon
Bones
(PV Jensen Ackles)
– VI anno, Prefetto, Capitano e Cacciatore.
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Capitolo 3 *** Capitolo 2 ***
Capitolo
2
Avrebbe
voluto conoscere chi aveva messo in giro la voce che i Corvonero
fossero tutti
puntuali e tremendamente precisini.
Perché
chiunque fosse stato non aveva mai fatto un salto nel loro dormitorio
né,
tantomeno, aveva mai avuto a che fare con Adhara.
Da
quando la conosceva non c’era mai stato un singolo giorno in
cui la ragazza si
fosse presentata in orario alle lezioni.
- Adhara,
svegliati, stiamo facendo tardi per la colazione. –
La
scosse leggermente, ricevendo in risposta un mugolio contrariato.
-
Adhara, dai, non abbiamo ancora ricevuto l’orario delle
lezioni e tu arrivi già
in ritardo? –
-
Cinque minuti -, borbottò affondando la testa sotto al
cuscino, - poi mi alzo.
–
- Sono
venti minuti che dici “cinque minuti” -, le fece
notare, - non mi lasci altra
scelta. –
Toccò
la sveglia con la bacchetta, mormorando – Sonorus.
–
Il
trillo di quell’aggeggio infernale venne amplificato di dieci
volte, producendo
un suono che era assolutamente certa avrebbe finito con lo svegliare
qualsiasi
abitante del castello.
Eppure
Adhara continuava a sonnecchiare beatamente.
Azalea
inarcò un sopracciglio, facendo capolino dalla porta del
bagno.
- Non
ci posso credere. Riesce a dormire anche con tutto questo casino?
–
- Mai
sottovalutare le capacità di Adhara Rosier quando si tratta
di prolungare il
sonno di altri cinque minuti. –
Fece
levitare via le coperte dell’amica, osservandola tentare
prima di artigliarle
tenendo gli occhi ancora saldamente chiusi e poi scalciare spazientita.
Era
veramente molto poco regale in quel momento, considerò
sorridendo divertita.
Finalmente
parve rassegnarsi all’idea di cominciare la giornata e
aprì gli occhi, scrutando
le compagne di dormitorio con aria contrariata.
- Stavo
dormendo. –
- Ma
non mi dire … peccato che siamo in ritardo di quasi
mezz’ora. –
Scattò
a sedere, afferrando roba alla rinfusa e lanciandosi in bagno al grido
di: -
Caffè … caffè …
caffè. –
La triste
verità era che al tavolo dei Corvonero il caffè
veniva finito a un ritmo
pauroso e appropriarsi anche solo di una tazza era praticamente
un’impresa.
E
Adhara aveva disperatamente bisogno della sua dose di caffeina
giornaliera se
voleva uscire dalla “fase zombie” mattutina e
permettere al suo cervello di
cominciare a carburare.
- È
bello vedere quali sono le sue priorità -,
ironizzò Azalea mentre finiva di
sistemare la divisa e afferrava la borsa con i libri, - Io comincio a
scendere.
Ci si vede. –
Sophie
annuì distrattamente, mentre riordinava i libri che aveva
lasciato accatastati
la sera precedente.
Aveva
appena terminato quando Adhara riemerse dal bagno. Non importava che si
scapicollasse, che fosse uscita dal letto appena dieci minuti prima e
che non
avesse avuto il tempo di acconciare i capelli: era strepitosa lo stesso.
Ragazze
come lei erano capaci di far crollare l’autostima di chi le
circondava; se non
fosse stata una sua carissima amica probabilmente l’avrebbe
invidiata a morte.
- Sono
pronta, possiamo andare. –
*
Alphard
si accomodò accanto a Edward King, inarcando un sopracciglio
all’indirizzo di
Tom e Katherine che parlottavano fittamente tra loro con le teste tanto
vicine
che si fatica a distinguere dove cominciassero i capelli di una e
finissero
quelli dell’altro. Sembravano molto concentrarti e
completamente estraniati da
quello che stava succedendo attorno a loro.
- Di
che stanno parlando? –
- Non
ne ho idea -, rispose, - ma conoscendoli nulla di buono. –
Alphard
annuì distrattamente mentre si serviva una generose dose di
succo di zucca.
Fin dal
loro primo anno aveva notato che Katherine e Tom avevano legato molto e
passavano intere ore estraniandosi dal resto del gruppo. In un primo
momento
aveva pensato che ci fosse una questione sentimentale tra loro, ma
osservandoli
meglio aveva potuto notare che la loro sembrava più
un’affinità spirituale
quasi avessero trovato la propria versione incarnata nel sesso opposto.
Non
avrebbe saputo dire se questo fosse un bene o un male.
Katherine
era imprevedibile e incostante come avrebbe potuto essere un tornado,
un attimo
prima rideva e scherzava e quello dopo s’innervosiva e ti
mandava al diavolo.
Tom era freddo e cortese, ma allo stesso tempo non faceva mai capire
cosa gli
stesse passando davvero per la testa.
Eppure
entrambi erano brillanti e carismatici, capaci di attirare
l’attenzione dei
professori su di loro e di conquistare il favore delle persone che si
mettevano
in testa di farsi amiche.
Avevano
molto in comune, il più delle cose non erano nemmeno
necessariamente positive,
ma finchè se ne stavano tra di loro non creavano un problema
al resto della
scuola.
- Sai
se Renford ha già fissato il calendario degli allenamenti?
– domandò poi,
cambiando velocemente discorso.
Prima o
poi sarebbe venuto a sapere di cosa si trattava, non era necessario
passare le
ore a scervellarsi su quello di cui stavano parlando.
- Credo
che non l’abbia ancora fatto, ma è da ieri sera
che non lo vedo in giro quindi
potrei anche sbagliarmi. –
- Spero
che non metta orari assurdi come suo solito –,
sospirò passandosi una mano tra
le ciocche scure, - tende a diventare decisamente maniacale quando si
parla di
Quidditch. –
- Già,
non dirlo a me. –
Edward
sospirò ripensando a quando l’anno precedente
Renford aveva dato di matto dopo
la sconfitta contro i Grifondoro e lo aveva obbligato a passare ben tre
ore a
parare ogni tipo di tiro che gli era venuto in mente.
Era
stato faticoso e per giunta aveva creduto di essere prossimo
all’ipotermia
visto che durante il mese di dicembre la temperatura notturna a
Hogwarts
scendeva sotto lo zero.
- Chi è
che diventa maniacale? –
Edward
e Alphard si scambiarono un’occhiata di mutua
solidarietà. Parlavi del diavolo
…
- Uhm …
Nessuno? –
Abraxas,
dietro di lui, ridacchiò assestandogli una pacca sulla
spalla.
-
Difendete le vostre idee, ragazzi. Se volete dire che Renford
è un despota con
manie di ego narcisismo ipersviluppate potete farlo e avreste
immensamente
ragione. –
- Disse
il biondo ossigenato che passa più tempo a curare i suoi
capelli di quanto una
persona sanamente eterosessuale impieghi nel prepararsi per le lezioni
– lo
rimbeccò Lestrange.
- I
miei capelli sono delicati e la bellezza costa tempo e fatica
… e per la
cronaca sono assolutamente biondo naturale. –
- Sei
assolutamente un imbecille naturale. –
Alphard
ed Edward assistettero allo scambio di battute sforzandosi di non
scoppiare a
ridere. I battibecchi tra quei due erano all’ordine del
giorno, ma dopo ogni
scambio di frecciatine tornavano a comportarsi come i migliori degli
amici.
Abraxas
si strinse nelle spalle, rivolgendo l’attenzione alla coppia
che continuava a
mormorare tra di loro.
-
Piuttosto, voi due piccioncini, di che state discutendo? –
- Cosa
c’è, biondastro, sei geloso? – lo
rimbeccò Katherine.
-
Nient’affatto, miss banshee, solo curioso. Per inciso, mi
passeresti il thè? –
-
Certo. Con il thè gradisci una zolletta di zucchero, del
miele … del cianuro? –
- Solo
thè, grazie mille. –
- Ti
sembro il tuo elfo domestico, Malfoy? Alzati e prenditelo da solo.
–
-
Sempre così dolce … rischi di farti venire il
diabete a forza di starle
accanto, Tom. –
Il
ragazzo scrollò le spalle. – Correrò il
rischio. Comunque, stavamo parlando di
una cosa piuttosto interessante che potrebbe anche riguardarvi.
–
Renford
inarcò un sopracciglio, sospettoso.
- Del
tipo? –
- Del
tipo che ho avuto un’idea e Tom è
d’accordo con me -, replicò con un sorriso
compiaciuto Katherine, - Visto che la questione Grindelwald si fa
sempre più
seria ho pensato che sarebbe interessante creare una sorta di Club dei
duellanti in modo tale da esercitarci in modo pratico con i vari
incantesimi.
Le ore di lezione sono troppo poche per essere davvero preparati a
quello che
troveremo fuori di qui. –
Rimasero
in silenzio, metabolizzando la notizia.
- Mi
sembra un’ottima idea -, constatò Edward, - e sono
d’accordo con voi, ma
dovremmo parlarne prima con il resto delle Case. –
-
Purchè non interferisca con gli allenamenti di Quidditch.
–
Alzarono
gli occhi al cielo.
Renford
era sempre il solito.
*
Kara
continuava a fissare l’orario delle lezioni da una decina di
minuti, quasi
volesse incenerirlo con lo sguardo.
Minerva
dal canto suo continuava a fare colazione come se nulla fosse. Quello
era il
sesto anno che assisteva a una scena di quel tipo e ormai non era
più una
novità. Indipendentemente dalla materia che avessero messo,
Kara si sarebbe
lamentata per il semplice fatto di dover trascorrere parte della
mattinata con
i Serpeverde.
Il
commento che Ren aveva fatto la sera precedente le tornò in
mente.
Effettivamente
anche nella sua Casa c’era una certa intolleranza quando si
trattava dei verde
argento, negarlo non avrebbe avuto senso.
Sospirò,
lanciando un’occhiata verso la loro tavolata.
Li vide
confabulare in gruppo e si chiese di cosa stessero parlando, a
giudicare dalle
espressioni sui loro volti doveva essere qualcosa di molto eccitante.
La voce
di Kara la riportò alla realtà.
-
Guarda tu che diavolo d’orario. Ti sembra possibile che tra
tante materie
dobbiamo proprio cominciare il lunedì mattina con due ore di
Pozioni con i
Serpeverde? –
Mayra,
tra un boccone di biscotti al cioccolato e l’altro, le
rivolse un sorrisetto
divertito.
- Lo
sai che se continui a lamentarti non cambia, vero? –
-
Spiritosa … tu piuttosto con cosa cominci? –
-
Incantesimi con i Corvonero. Tutto sommato mi dice bene, se non altro
ci sarà
Sophie. –
Ethan
smise di parlare con Fleamont e sbuffò, alzando gli occhi al
cielo.
Non
bastava che il suo migliore amico si fosse fidanzato con quella
Corvonero e
fosse diventato tutto sorrisi e paroline dolci … no, adesso
anche il resto
della sua Casa doveva elogiarla.
Di
questo passo avrebbe potuto tranquillamente stilare una lista dei
“cento motivo
per cui Sophie Welch è la persona migliore sulla faccia
della terra”.
- Non è
possibile, ovunque vada sento parlare
della Welch, sta diventando una persecuzione. Perché tu e
Tobias non fondate un
fanclub tutto per lei? –
Il
diretto interessato provò a obiettare.
- Non
parlo sempre di Sophie! –
- Non
sempre, almeno quando dormi ci risparmi quelle storie su quanto sia
bella e
incredibilmente fantastica. –
Fleamont
rise, scuotendo la testa con l’aria di chi la sapeva lunga, -
I misteri
dell’amore. –
- O
dell’ossessione … questione di punti di vista
suppongo. –
- Ma
cosa vuoi saperne tu, non mi pare che abbia mai deciso di stare
stabilmente
insieme a una ragazza. –
Fleamont
gli rivolse un’occhiata colpita. – Colpito e
affondato. –
-
Insomma, Potter, si può sapere da che parte stai?
– protestò indignato.
-
Semplice, da nessuna delle due. –
- Già,
perché ognuno di voi a modo suo è completamente
fuori di testa -, convenne
Minerva con un sorrisetto, - e soprattutto si sta dimenticando della
questione
che dovevamo discutere questa mattina. –
I
ragazzi le rivolsero occhiate perplesse quasi in sincrono.
Ecco,
appunto.
Tra
tutti e tre non ce n’era uno che si ricordasse davvero delle
cose importanti.
- Gli
orari degli allenamenti settimanali. –
Fleamont
battè una mano sulla fronte. – Dannazione, ecco
cosa dovevo fare prima della
lezione: consegnare gli orari a Silente. –
Kara
gli rivolse un’occhiata di fuoco.
- Te ne
stavi dimenticando, Potter? Alla vigilia della partita con i
Serpeverde? –
- Manca
una settimana alla partita, Kara, abbiamo tempo. –
- Se la
perdiamo giuro che vi ammazzo, poi mi uccido e vengo a tormentarvi
anche nel
mondo degli spiriti. –
- Sai,
in questi momenti assomigli tremendamente a Lestrange -,
commentò Ethan
sorridendo consapevole che avrebbe indignato l’amica oltre
ogni dire, -
sembrate quasi anime gemelle. –
Gli
puntò contro l’indice con fare minaccioso.
- Non
osare mai più insinuare una cosa del genere, Prince, o giuro
che ti castro. –
- Brrr,
che paura che mi fai, nanerottola. –
L’occhiata
che gli rivolse avrebbe tranquillamente potuto fulminare una persona
all’istante, ma Ethan aveva la pellaccia resistente.
-
Inizia a correre
– sillabò lentamente, prima di
spingere all’indietro la panca e scattare in piedi.
Non se
lo fece ripetere una seconda volta e scattò a sua volta,
puntando verso l’uscita.
Kara
arrabbiata diventava decisamente pericolosa.
E, come
al solito, cominciava l’anno mettendosi nei guai.
*
Sfrecciarono
lungo il corridoio a passo di carica e, come al solito, i riflessi di
Drusilla
decisero di tradirla proprio quando erano ormai prossime a raggiungere
l’ingresso
dell’aula di Difesa Contro le Arti Oscure.
Inciampò
sulla solita mattonella sconnessa e finì con lo schiantarsi
sul pavimento
freddo.
Proprio
un modo fantastico di cominciare l’anno scolastico, non
c’era che dire.
Laura
arrestò la sua corsa, voltandosi verso di lei.
- Dru,
sei tutta intera? –
Annuì.
- Non
fermarti, almeno tu arriva in classe prima che la Merrythought ci tolga
una
caterva di punti. –
L’anziana
donna era rigida come un manico di scopa e molto incline
all’assegnare
punizioni a qualsiasi alunno arrivasse anche con solo un minuto di
ritardo alle
sue lezioni.
- Cerco
di coprirti come posso – le annunciò mentre
voltava l’angolo e s’infilava in
classe una frazione di secondo prima che la porta venisse chiusa.
E
almeno lei era salva.
- Stai
comoda? –
Alzò
gli occhi verso il proprietario di quella voce fastidiosamente
familiare.
Fantastico,
proprio l’ultima persona che voleva vedere.
Il suo
primo giorno era ufficialmente rovinato.
Stephen
King la osservava dall’alto con un sorrisetto divertito
dipinto sul volto.
- Sono
inciampata. –
- Ma
davvero? Strano, pensavo che avessi avuto solo voglia di abbracciare il
pavimento. In quel caso mi offro volontario per compensare le tue
carenze
affettive, Selwyn. –
Riuscì
a vedere chiaramente l’espressione esasperata sul volto di
Devon mentre
lanciava un’occhiata eloquente all’amico, quasi
volesse avvisarlo di non
esagerare.
Ovviamente
non l’avrebbe mai ascoltato.
Probabilmente
avrebbe dovuto alzarsi e ignorarlo, entrando in classe nella speranza
che la
professoressa non le urlasse contro per troppo tempo, ma
l’impulso di mandarlo
al diavolo era semplicemente troppo forte.
-
Piuttosto chiederei un abbraccio a Riddle. –
- Hai
pessimi gusti in fatto di abbracci, lasciatelo dire. –
-
Immagino dipenda dai punti di vista. –
Accettò
la mano che Devon le porgeva e si lasciò tirare su.
- Se
non altro la cavalleria non è morta –
mormorò, con un’occhiata significativa.
Ma poi
cosa si aspettava da uno come Stephen? Uno che cambiava ragazze come il
resto
del mondo faceva con le mutande.
Era
ovvio che fosse completamente sprovvisto della minima forma di
gentilezza e
riguardo nei confronti delle ragazze che non facevano parte della sua
famiglia.
Una
causa persa in partenza.
- E
così i Tassorosso in ritardo a Difesa sono ufficialmente tre
… credo proprio
che perderemo una quantità di punti assurda –
osservò Devon, mentre si
dirigevano verso l’aula.
- Voi
due siete Prefetti, potreste assegnarcene un po’ per
compensare la perdita. –
- Non
funziona così, King. –
- Oh,
andiamo Selwyn, dovresti proprio scioglierti un po’. Se vuoi
posso insegnarti
come – concluse con un sorriso sghembo.
-
Perché invece non sei tu ad evaporare? –
Voltò
loro le spalle e si diresse verso il posto che Laura le aveva tenuto
accanto a
sé.
Devon
scosse la testa, incredulo.
- Mi
spieghi chi credi che io sia, Merlino? Come pensi che possa riuscire a
farle
capire che non sei un idiota totale quando ti comporti da tale ogni
volta che
la vedi? –
- Lo
so, ma è più forte di me. –
-
Allora lascia che ti dia un consiglio per la prossima volta che avrai a
che
fare con Drusilla: pensa a cosa fare e poi fai esattamente
l’opposto di ciò che
ti suggerisce il cervello – lo rimbeccò, sedendosi
e cercando di disturbare la
lezione il meno possibile.
*
-
Continuo a non capire come tu faccia a essere così indietro
con il programma di
Trasfigurazione – sospirò Adhara mentre riguardava
il tema che Alexandra aveva
cominciato a scrivere per Silente.
L’argomento
era la trasfigurazione umana e sembrava che l’amica ne avesse
capito
decisamente poco e niente perché dai pochi sconclusionati
appunti che aveva
preso non si riusciva a tirare fuori un discorso di senso compiuto.
- Lo
sai che non sopporto quella materia e credo che Silente mi detesti.
–
- Non
essere ridicola, Silente è completamente incapace di
detestare qualcuno -, la
rimbeccò, - la verità è che non ti
impegni affatto. Io sì che sono giustificata
con Storia della magia, Ruf è umanamente insostenibile.
–
- Ma la
materia è affascinante. –
Adhara
mosse una mano a mezz’aria. – Sì,
affascinante come la prospettiva di un calcio
sulle gengive. Facciamo così, io ti scrivo il tema di
Trasfigurazione e tu fai
quello che mi ha assegnato Ruf. –
Alexandra
sapeva riconoscere un buon accordo quando ne trovava uno: - Andata.
–
Passarono
le restanti due ore a ultimare i temi, per poi scambiarseli.
Fu
allora che si rese conto di una sagoma familiare intenta ad aggirarsi
tra gli
scaffali della libreria.
Consapevole
di Adhara che l’aspettava in piedi con la borsa
già in mano, s’inventò
rapidamente una scusa.
- Mi
sono ricordata di dover prendere in prestito un libro
d’Incantesimi. Ti spiace
se ti raggiungo più tardi? –
Si
strinse nelle spalle. – Nessun problema, ma cerca di non fare
troppo tardi
perché ho sentito che ci sono novità
all’orizzonte: i tuoi compagni di Casa
sembrano aver organizzato qualcosa d’interessante. –
- Ci
metto cinque minuti – assicurò, dirigendosi verso
il reparto in cui aveva visto
sparire Abraxas.
Stava
per voltare l’angolo quando l’odore inconfondibile
del suo profumo l’assalì un
attimo prima che le braccia del ragazzo le si chiudessero attorno alla
vita.
Si
rilassò nel suo abbraccio, lasciando che Abraxas la facesse
voltare verso di sé
e le depositasse un lieve bacio a fior di labbra.
- È
tutta la mattina che muoio dalla voglia di farlo, ma tuo fratello non
ti ha mai
perso di vista neppure per un secondo. –
- Lo
sai com’è tra gemelli, siamo molto legati.
–
-
Quindi dovrebbe capire se gli dicessi di noi –
osservò, inarcando un
sopracciglio biondo.
Scosse
la testa, sospirando.
Ne
avevano già discusso più di una volta: i suoi
fratelli non l’avrebbero mai
accettato.
Sia
Edward che Stephen non lo sopportavano e solo Mayra, pur essendone
consapevole,
sembrava disposta a rivalutarlo.
-
Tesoro, lo sai come la pensano. –
-
Continuo a non capire perché non gli piaccio; insomma,
guardami, sono
adorabile. –
Lo
osservò dalla testa ai piedi.
I lisci
e lunghi capelli biondi, le iridi azzurre, il volto dai tratti decisi e
lievemente spigolosi, le spalle larghe e il fisico asciutto e
muscoloso, il
sorriso furbo dipinto quasi perennemente sulle labbra.
Assolutamente
perfetto … ed era tutto per lei.
-
Abraxas … -
- Lo
so, non devo insistere, ma prima o poi dovremo dirglielo. –
Annuì,
sigillando la promessa con un lungo e dolce bacio, – Al
momento giusto. –
*
-
Un
Club dei duellanti? – ripetè.
Non era
certo di aver capito bene e ancora di più lo sconvolgeva il
fatto che Alya e
Clay avessero intenzione di valutare l’ipotesi di inserirsi
in qualche attività
organizzata e gestita dai Serpeverde.
- Per
prepararci al mondo al di fuori della scuola, o così ha
detto la Nott –, annuì
Clay, - e i Grifondoro hanno già dato il loro assenso alla
cosa. –
Certo,
chi meglio di quegli scavezzacollo aveva desiderio di infrangere le
regole?
Quello
che lo sconvolgeva era il fatto che Minerva potesse aver considerato
un’ipotesi
del genere.
Insomma,
lei era l’emblema del rispetto delle regole e aspirava a
diventare Caposcuola
l’anno successivo … se fossero stati scoperti
avrebbero tranquillamente potuto dire
addio a quel ruolo.
- Anche
Minerva? –
- Anche
lei. –
- E voi
Tassorosso cosa avete deciso? –
Alya
giocherellò con una ciocca di capelli. – Ci
stiamo, è una buona idea. È ancora
tutto da organizzare, però, perchè Lestrange ha
tenuto a precisare che non
dovrà intralciare in alcun modo gli allenamenti di
Quidditch, Fleamont ha detto
lo stesso riguardo le cene del Lumaclub e Minerva ha aggiunto la
questione
dello studio. –
-
Inoltre bisogna trovare il posto. Insomma hai tutto il tempo di
pensarci,
Norman – concluse Clay.
Sembrava
che se non altro Grindelwald fosse riuscito a far trovare un punto di
contatto
ai membri di tutte e quattro le Case.
Era una
cosa mai vista prima di quel momento.
-
D’accordo -, cedette, - ci sto anche io. –
Spazio
autrice:
Salve!
Eccoci qui con il nuovo capitolo e l’inserimento degli
ultimi OC selezionati (qui sotto trovate Casa e prestavolto). Invito
chiunque
non fosse stato selezionato a non prendersela perché se
ciò è avvenuto è solo
ed esclusivamente per due motivi, non necessariamente correlati:
-
il vostro OC era caratterialmente identico a un altro che
avevo già preso e non volevo troppa ripetitività;
-
il vostro OC non s’inseriva bene ai fini della trama.
Detto
ciò chiederei ai creatori dei nuovi OC che compaiono
in questo capitolo di rispondere alle domande del capitolo precedente
(ossia
giorno di nascita e cosa vogliono fare una volta diplomati) e vorrei
che tutti coloro che hanno un personaggio che
fa parte del Lumaclub mi mandassero un messaggio privato con
oggetto “Risposta
domande – *nome OC*” in cui rispondete a queste due
domandine:
-
chi potrebbe portare a una festa organizzata da Lumacorno
(se non avete preferenze posso pensarci direttamente io);
-
che abito indosserebbe per la festa (possibilmente
inseritemi anche un link dell’outfit in questione).
Detto
ciò, per il momento è tutto.
Alla prossima.
Stay tuned.
XO XO,
Mary
Serpeverde
Alphard
Black
(PV David Giuntoli)
– VII anno, Prefetto e Battitore, membro del Lumaclub.
Alexandra
Helen King
(PV Scarlett Johansson)
– VII anno, Caposcuola.
Edward
Robert King
(PV
Hunter Johansson) – VII anno, Portiere.
Corvonero
Norman
Andie Fealton
(PV Ian
Somerhalder) – VI anno, Prefetto e membro del
Lumaclub.
Grifondoro
Ethan
Fenimore Prince (PV
Adrien Sahores) –
VII anno, Cacciatore e membro del Lumaclub.
|
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Capitolo 4 *** Capitolo 3 ***
Capitolo
3
-
Lestrange ore dodici. –
Fleamont
volse lo sguardo nella direzione in cui guardava Tobias giusto in tempo
per
notare che, effettivamente, il Capitano di Serpeverde stava puntando
proprio
dritto verso di loro.
Non era
circondato dal solito drappello di compagni di Casa quindi dedusse che,
una
volta tanto, non stava cercando lite.
Strano,
considerato che in quei sette anni si era fatto premura di specificare
che mai,
neanche sotto costrizione, avrebbe intavolato una conversazione civile
con un
Grifondoro … specialmente uno di loro tre.
Francamente
non sapeva con precisione quando avessero cominciato a scontrarsi tra
di loro,
ma alla fine del primo anno ormai tutta la scuola sapeva che Lestrange,
Malfoy
e Riddle che incontravano Potter, Brooks e Fenimore presagivano guai in
vista.
Quando
si fermò proprio davanti a loro, con l’aria di chi
avrebbe preferito passare un
mese di villeggiatura ad Azkaban piuttosto che trovarsi lì,
Ethan lo accolse
con un sorrisetto sarcastico.
- Cosa
c’è, Lestrange, ti sei perso? –
- È il
meglio che sei riuscito a escogitare, Fenimore? Cominci a perdere
colpi. –
Fleamont
alzò gli occhi al cielo.
Sempre
la stessa storia.
E dire
che il più delle volte lui non voleva nemmeno cominciarle
certe discussioni, ma
sembrava che per qualche strano effetto cosmico anche le conversazioni
più
innocue portassero a quella conclusione.
- Ti
serviva qualcosa, Lestrange? – intervenne in fretta, certo
che da lì a poco
Ethan lo avrebbe rimbeccato con qualcosa che avrebbe fatto degenerare
la
situazione.
- Sì,
dobbiamo vederci alle clessidre delle Case; Bones e Adhara sono
già lì. –
- Per?
–
- Per
prendere un thè con i pasticcini e scambiarci pettegolezzi,
Potter! -, sbuffò
lanciandogli un’occhiata che faceva chiaramente intendere
quanto considerasse
stupida quella domanda, - Dobbiamo discutere della divisione dei turni
d’allenamento. Sembra che i nostri orari si siano
accavallati. –
Tobias
sgranò gli occhi, allarmato.
Se non
fossero riusciti a trovare una soluzione avrebbero finito con
l’avere problemi
in vista della partita d’inizio stagione.
-
Cosa?! –
Lo
zittì con un cenno della mano.
- Posso
gestire un Grifondoro alla volta … più di uno
diventa masochismo. –
Voltò
loro le spalle, girandosi a chiamare Fleamont solo quando era in
prossimità
della porta.
-
Potter, muoviti, voglio finire questa tortura il prima possibile.
–
*
Adhara
osservò i tre ragazzi discutere per circa dieci minuti prima
di prendere la
parola e mettere fine a quello spettacolo inutile.
Era
incredibile quanto il genere maschile sapesse essere infantile.
Era
tutto un “no, quel giorno lo voglio io”,
“non esiste che sia io a cambiare
turni, cambiali tu”, e cose di quel tipo.
Approfittò
di una pausa particolarmente lunga in cui il terzetto stava riprendendo
fiato
per intervenire.
- Avete
una vaga idea di quanto siate patetici in questo momento? –
- Il
tuo suggerimento, oh intellettuale Corvonero? –
- Il
mio suggerimento, oh sarcastico Serpeverde -, lo rimbeccò
strappando un sorriso
divertito a Fleamont e Devon, - è che lasciamo decidere al
caso. –
-
Estrazione casuale? – chiese Devon, accennando al sacchetto
che la ragazza
teneva in mano.
-
Esattamente. Ho preparato un foglio di pergamena per ogni giorno
disponibile,
visto che sapevo che non sareste riusciti a mettervi
d’accordo. –
Non che
fosse una novità.
Poteva
anche essere il suo primo anno da Capitano, ma l’esperienza
accumulata nel
corso degli anni come semplice Cacciatrice le aveva insegnato che in
nessun
caso i quattro Capitani sarebbero mai riusciti a mettersi
d’accordo … Specialmente
Serpeverde e Grifondoro.
Certe
volte si domandava se Dippet si divertisse nello stabilire
l’inizio di ogni
singolo campionato con uno scontro tra le due Case.
Di
sicuro c’era solo il fatto che, in qualità di ex
Serpeverde, privilegiasse in
modo spudorato la sua Casa.
-
Allora usiamo il tuo metodo -, stabilì Fleamont mentre gli
altri due ragazzi
annuivano, - prima le signore. –
Aprì il
sacchetto e si accinse a rovistarvi all’interno.
Estrasse
il primo foglietto: martedì pomeriggio.
Il
secondo: giovedì sera.
E il
terzo: sabato pomeriggio.
Il
sacchetto venne passato in senso orario, finendo tra le mani di Devon.
Lunedì
sera, mercoledì pomeriggio e sabato mattina.
Storse
il naso.
E così
tanti saluti alla prospettiva di dormire fino a tardi il sabato.
Il
resto della squadra avrebbe finito con il linciarlo.
-
Fleamont, tocca a te. –
Il
Grifondoro rovistò con cura alla ricerca della tripletta
migliore.
Lunedì
pomeriggio, mercoledì sera e venerdì pomeriggio.
Si
trattenne dall’esultare in modo palese.
Con
quegli orari non avrebbe avuto alcun problema nell’incastrare
le cene di
Lumacorno, che solitamente si tenevano il lunedì o il
venerdì.
-
Quindi a me non restano che il martedì sera, il
giovedì pomeriggio e il venerdì
sera. –
Sorrise
soddisfatto.
Due
allenamenti così ravvicinati alla vigilia della partita
d’inizio anno potevano
solo che essere proficui.
Rivolse
un cenno del capo ad Adhara e Bones, ignorando del tutto Fleamont.
- Se
non c’è altro, io andrei … vorrei poter
dire che è stato un piacere, ma
mentirei. –
Fu
proprio quest’ultimo a richiamarlo.
-
Lestrange. –
- No,
Potter, non ci vado alla cena di Lumacorno con te è inutile
che me lo chiedi –
lo sbeffeggiò.
- Ah,
simpatico. Volevo sapere se la Nott aveva novità per quella
storia del Club dei
Duellanti. –
- Nulla
di particolare per il momento … non abbiamo ancora trovato
un posto adatto. –
Annuì.
Sembrava
che almeno per quel primo allenamento non ci fossero problemi.
Non
restava che recuperare la squadra.
*
-
Non
dirmi che è arrivato l’invito. –
Alphard
annuì, sventolandole sotto il naso l’invito alla
cena di Lumacorno.
Era
solo questione di tempo prima che il professore comunicasse
ufficialmente l’ora
della cena che si sarebbe tenuta nel suo studio.
-
Condoglianze. –
- Non
sei divertente, King. –
Alexandra
scrollò le spalle, picchiettando la punta della piuma sul
foglio di pergamena
ancora miseramente vuoto.
- Bene,
perché non volevo esserlo. –
Edward
tossicchiò, sforzandosi di non scoppiare a ridere davanti al
lieve battibecco
in corso tra l’amico e la gemella.
Si
ritrovò gli occhi di entrambi puntati addosso.
- Non
stavi per metterti a ridere delle mie disgrazie, vero Ed? –
- Non
stavi per metterti a ridere delle mie risposte, vero Ed? –
gli fece eco
Alexandra.
Ecco
fatto, era incastrato.
- No,
mi stavo solo strozzando. –
- Ah
sì, e con cosa? –
- Uhm …
con la saliva. –
Si
sarebbe dato volentieri una botta in testa.
Poteva
trovare una scusa più patetica di quella?
Decisamente
scettici, rimasero a fissarlo in silenzio.
Doveva
trovare un altro argomento di conversazione e alla svelta.
-
Allora … questi compiti di Divinazione …
Mettiamoci a lavoro! –
Storse
il naso al suono della voce forzatamente allegra che gli era uscita
fuori, ma
fortunatamente il solo accenno a quell’infausta materia era
stato sufficiente a
distogliere l’attenzione dalla discussione in corso.
E per
il momento era salvo.
*
Sophie
e Mayra avevano cercato Minerva da ogni parte, ma senza grandi
risultati.
Persino
la biblioteca, se si escludevano Norman e Clay in evidente agitazione
per
chissà quale compito che non riuscivano a terminare, si era
rivelata
desolatamente vuota.
Lo
stesso valeva per la Sala Comune e la Sala studio.
Fu solo
quando sentirono le urla provenienti dal cortile che realizzarono dove
fosse l’amica.
Quel
pomeriggio si sarebbe tenuto il primo allenamento dei Grifondoro e
quale altro
posto se non le gradinate del campo da Quidditch?
Puntarono
in quella direzione, constatando appena giunte lì che le
loro previsioni si
erano rivelate corrette.
Minerva
era appollaiata sull’ultimo gradone degli spalti e osservava
la squadra
sistemare l’attrezzatura in vista dell’allenamento.
Fino
all’anno precedente anche lei era stata un membro della
squadra, ma durante la
penultima partita di campionato un Bolide le aveva fracassato il
ginocchio
destro. L’infermiera l’aveva rimessa a nuovo,
rinsaldando la frattura, ma la
sua gamba non era più stata la stessa.
La
stabilità del ginocchio era stata definitivamente
compromessa e così la
sicurezza della presa sul manico da scopa.
Un
infortunio del genere segnava inevitabilmente la fine della carriera
sportiva
per un giocatore di Quidditch.
Da allora
era diventata la più accanita delle supporter e aveva
proposto a Fleamont tattiche
e schemi sempre nuovi.
Si
arrampicarono sulle gradinate, sedendole accanto.
- Ti
manca molto, vero? –
Minerva
si voltò verso la più giovane dei King e
annuì.
Le
mancava il vento che le scompigliava i capelli, la velocità
e l’ebbrezza di
segnare la rete che avrebbe portato la squadra alla vittoria.
Le
mancava quel brivido.
- Già.
Piuttosto, che ci fate qui voi due? –
Nessuna
delle due giocava né tantomeno aveva mai mostrato
particolare interesse per
quello sport.
Sorrisero
con aria colpevole.
- Ci
stavamo chiedendo -, cominciò Sophie, - se per caso
… -
- Se
per caso avessi i tuoi appunti di Trasfigurazione dell’anno
scorso -, le venne
in aiuto Mayra, - e potessi farci dare un’occhiata ad alcune
cose. –
- Un’occhiata? –
Conoscendole,
dubitava seriamente che si trattasse solo di questo.
- D’accordo,
magari una mezza copiata. –
- Ho la
cena con Lumacorno questa sera – aggiunse Mayra.
Ah, la
carta della compassione.
Come
conosceva bene le sue amiche.
- D’accordo,
cedette … ma mi dovete un favore enorme. –
-
Certo. –
- A
testa – precisò.
-
Nessun problema. –
Il
rumore di una scopa che sterzava per poi inchiodare bruscamente,
annunciò loro
che Kara si era fermata di fronte a loro e aveva
un’espressione minacciosa
dipinta sul volto.
-
Intruse! –
Ancora
con quella storia.
- Kara, siamo
semplicemente noi due –, provò a
obiettare Sophie, - ti ricordi che io e Tobias stiamo insieme, vero?
–
-
Certo, ma ti ricordi di essere una Corvonero e condividere il
dormitorio con il
Capitano della tua Casa? –
- E la
mia colpa quale sarebbe? – rise Mayra.
- La
tua è doppia: Stephen è il Cacciatore di
Tassorosso ed Edward è il Portiere di Serpeverde!
Per quanto ne so potresti
spiarci per conto suo. –
Si
scambiarono un’occhiata, sforzandosi di non scoppiare a
ridere.
Kara e le
sue manie di complottismo.
- D’accordo,
ce ne andiamo. –
-
Trovate i miei vecchi appunti nell’ultimo scompartimento del
baule – gridò loro
dietro Minerva.
*
Azalea
richiuse il libro con un botto secco.
- Ci
rinuncio, non riuscirò mai a cavarne qualcosa. –
- So
che Adhara ha finito il suo tema ore fa … potremmo chiederle
di farci dare un’occhiata
al suo o darci una mano. –
Lo
guardò come se avesse detto la bestemmia del secolo.
-
Scordatelo Norman. Io non chiederò mai nulla ad Adhara
Rosier, piuttosto la
morte. –
Alya
soffocò la risata che le stava per sgorgare dalla gola.
Era
incredibile come Azalea fosse intransigente quando si metteva in testa
qualcosa.
Decise
ugualmente di provare a farla ragionare.
-
Preferisci passare la notte in biblioteca? –
-
Piuttosto che chiederle aiuto? Certo. –
-
Abbiamo la cena con Lumacorno alle otto -, le ricordò
Norman, - vuoi davvero
perdertela? –
Tacque,
ponderando la questione.
No, in
effetti non se la sarebbe persa per nulla al mondo.
Lumacorno
poteva anche non essere il migliore dei professori, ma gli studenti che
partecipavano alle sue cene finivano inevitabilmente con
l’acquisire un certo “status
sociale” e con il conoscere molte persone influenti utili
dopo il diploma.
Vide il
compagno di Casa più adatto alla situazione studiare poco
distante da loro.
- Ci
faremo aiutare da Clay. Lui ha già studiato questa roba
l’anno scorso, non
dovrebbe avere problemi. –
- In
bocca al lupo con il riuscire a convincerlo. Lo sai che non ama
mettersi in
mostra con discorsi e spiegazioni a un pubblico ampio. –
E, nel
suo caso, ampio significava generalmente più di una persona.
- Ci
penso io – assicurò, alzandosi e puntando
risolutamente verso di lui.
La
videro parlare fittamente con Clay, che inizialmente scosse la testa ma
poi,
davanti alle insistenti suppliche dell’amica, la
seguì verso di loro con l’aria
di un condannato a morte diretto verso la ghigliottina.
- D’accordo
-, sospirò rassegnato, - vi aiuterò. –
*
L’allenamento
era finito da poco meno di mezz’ora e aveva solo dieci minuti
per darsi una
ripulita e prepararsi per la cena di Lumacorno.
Doveva
ammettere che gli allenamenti erano stati smistati in giorni davvero
duri, ma
era sempre così quando si lasciava Devon a vedersela con la
fortuna.
- In
bocca al lupo per questa sera -, le disse Alya mentre tamponava i
lunghi
capelli corvini, - dentro quel covo di Serpi. –
In
effetti quasi la metà dei membri del Lumaclub erano
Serpeverde, come
praticamente ogni anno da quando Lumacorno aveva avuto quella brillante
idea, e
Grifondoro e Corvonero si posizionavano parimenti a metà
rappresentanza con tre
membri ciascuno. Solo Tassorosso aveva un unico rappresentante: lei.
- Spero
solo che non ricominci a tempestarci di domande personali.
L’ultima cena dell’anno
scorso è stata a dir poco imbarazzante. –
Ricordava
con precisione quando Lumacorno si era lanciato in ricordi di
giovinezza e
racconti dettagliati dei suoi amori estivi, esortandoli a cogliere il
momento
fintanto che erano giovani e belli.
Anche
se lei, francamente, faticava a immaginare una versione giovane e
attraente di
quel vecchio tricheco.
- Ne
dubito, lo sai com’è fatto – rise.
- Già,
se non torno per le undici significa che mi sono suicidata durante la
cena –
concluse, lanciando un’ultima occhiata alla figura riflessa
nello specchio.
Poteva
andare, stabilì.
*
Con
Laura alla cena di Lumacorno e Alya ancora alle prese con gli
allenamenti di
Quidditch il tavolo di Tassorosso era momentaneamente sprovvisto di
persone con
cui avesse una certa confidenza.
Per
questo quando sentì un rumore di passi alle sue spalle e
vide qualcuno
scivolarle accanto pensò all’istante che si
trattasse dell’amica.
- Ah, finalmente,
cominciavo a pensare che non venissi più. –
- Ho
sempre saputo che non vedevi l’ora di passare del tempo sola
con me, Selwyn. –
Quella
voce.
Si
scansò di scatto, lanciandogli l’occhiata
più cattiva del suo repertorio.
Non
doveva essere stata molto convincente, però,
perché Stephen scoppiò a ridere.
-
Quando cerchi di essere minacciosa sei ancora più carina.
–
-
Allora quando comincerò a tirarti contro piatti e bicchieri
dovrò sembrarti a
dir poco strepitosa. –
- Ah,
lasciamo perdere -, sbuffò, - andiamo a fare la ronda.
–
Devon,
che aveva appena preso una porzione di roastbeef, le rivolse uno
sguardo
affranto.
- Ma io
non ho ancora mangiato nulla. –
- E io
non voglio stare qui un minuto di più. Ringrazia il tuo
amichetto se salti la
cena. Coraggio, Devon Alfred Bones, seguimi! –
Sconfitto,
fece come gli era stato detto.
- Sappi
che questa sera morirai –, disse puntando minacciosamente un
dito contro l’amico,
- considerati avvisato. –
*
Minerva
alzò lo sguardo verso il ragazzo che la teneva stretta tra
le braccia.
In
qualità di Prefetto aveva una considerevole esperienza sulle
ale del castello
che non venivano utilizzate.
E
quella vecchia aula ormai chiusa al pubblico sembrava la scelta
migliore per
passare un po’ di tempo insieme.
- Come
è andato questo primo giorno? –
- Nulla
di particolarmente eccitante -, si strinse nelle spalle, - e stasera mi
tocca
anche la cena con Lumacorno. Il tuo? –
- È
stato interessante e Silente mi ha dato una grande notizia. –
- E
sarebbe? –
Vide
gli occhi di Minerva brillare in un misto di soddisfazione, orgoglio ed
euforia.
Era
quello sguardo che aveva attirato la sua attenzione per la prima volta.
La
rendeva diversa dalle altre ragazze, determinata a raggiungere uno
scopo, a
guardare al futuro.
Era una
che sapeva quello che voleva.
E ai
suoi occhi non c’era nulla di più attraente di una
bella ragazza determinata e
sicura di sé.
- Mi ha
detto che, se lo desidero, può aiutarmi a diventare un
Animagus. –
- Non è
il tuo sogno da tipo tutta la vita? –
Annuì. –
Già, mi sono sempre chiesta che forma assumerei se ci
riuscissi. –
- Un
gatto. –
Lo
disse di getto, perché l’animale che la sua mente
associava di riflesso a
Minerva era quello: enigmatica, elegante e indipendente come una gatta.
- Adoro
i gatti. –
- Lo
so. –
- Pensi
che ci riuscirei sul serio? –
Annuì. –
Non lo penso, ne sono certo. –
Lo
ricompensò con un sorriso radioso, uno di quelli che
sfoggiava solo in rare
occasioni.
E poi
prese l’iniziativa, allungandosi a baciarlo.
Era
diverso dai baci famelici che si scambiavano quando riuscivano a
ritagliarsi
dei momenti da soli.
Era
dolce, di totale abbandono.
Fu
quello che gli diede il coraggio di prendere la parola e chiederle
ciò su cui
aveva meditato per tutta la mattinata.
Prima
che avesse modo di parlare, però, Minerva parve cambiare
umore.
- Ho
saputo che mercoledì sera Lumacorno organizza la sua solita
festa. –
- Già. –
- E che
Heidi Carrow ti ha chiesto piuttosto esplicitamente di portarla con te.
–
In
realtà Heidi gli aveva chiesto piuttosto esplicitamente di fare altro
dopo la
festa, ma riteneva che fosse meglio che Minerva non lo sapesse.
Conoscendola
avrebbe tranquillamente potuto Schiantarla in qualche corridoio buio e
isolato.
- Senti
come è ben informata la mia piccola Grifondoro -, sorrise, -
quindi immagino
che tu sappia anche che le ho detto di togliersi dai piedi. –
Annuì.
- Se
non lo sapessi probabilmente ti avrei Schiantato appena sei entrato
– confermò divertita.
- E
sarebbe stato un vero peccato perché non avrei potuto
invitarti. –
Minerva
sgranò gli occhi, colta di sorpresa.
- Me?
Vuoi portarci me? –
- E i
tuoi amici? I miei amici?
–
Scrollò
le spalle. – Sinceramente non mi importa, ci inventeremo
qualcosa. –
*
Tom
richiuse la porta della loro stanza con uno sbuffo irritato.
Lui
detestava arrivare in ritardo, ma sembrava che ad Abraxas la cosa non
importasse minimamente.
L’aveva
lasciato intento a elucubrare su quale cravatta risaltasse maggiormente
i suoi
occhi.
Era
uscito perché la fantasia che gli aveva attraversato la
mente era stata tanto
vivida da dipingere una chiara immagine mentale di Abraxas paonazzo e
impiccato
al lampadario della loro stanza con la tanto decantata
“cravatta perfetta”.
Quando
raggiunse la Sala Comune trovò Katherine seduta sulla
poltrona davanti al
camino, le gambe accavallate e un lieve broncio a incresparle le labbra
voluttuose.
Picchiettava
ritmicamente con la punta della scarpa contro il freddo marmo del
pavimento.
Non era
il tipo di persona a cui piaceva aspettare, una delle tante cose che
avevano in
comune.
- Il
biondastro non è ancora pronto? –
- Sta
decidendo che cravatta mettersi – rispose con malcelata
irritazione.
- A proposito
di cravatte -, gli fece cenno di avvicinarsi, - hai un’altra
volta il nodo
storto. –
Non che
fosse una novità.
Tom
Orvoloson Riddle era orgogliosamente il migliore studente della scuola,
la
mente più eccelsa e sviluppata, ma il fare il nodo alla
cravatta sembrava
essere un’abilità non contemplata nel suo bagaglio
genetico.
Supponeva
che il fatto di essere cresciuto in uno squallido orfanatrofio babbano
centrasse qualcosa.
Katherine
si alzò in punta di piedi, disfacendo il nodo e
risistemandolo con mosse rapide
e precise.
Tirò
giù il colletto della camicia e si allontanò di
un paio di passi per ammirare
il suo operato con un sorriso compiaciuto.
- Ecco
fatto, adesso sei perfetto. –
Abraxas
scelse proprio quel momento per fare la sua comparsa.
-
Eccomi qui in tutto il mio splendore! –
Parve interdetto,
lasciando vagare lo sguardo alla ricerca di chissà chi.
-
Renford e Alphard? –
-
Alphard è uscito cinque minuti fa, Renford ha detto che
doveva fare non so cosa
prima della cena e che ci saremmo incontrati direttamente lì
– li informò
Katherine.
-
Quindi non ci resta che andare – stabilì Tom.
E che
lo spettacolo avesse inizio.
Spazio
autrice:
Eccoci
qui con il nuovo capitolo. Volevo informarvi che
aggiornerò orientativamente una volta a settimana
perché ho altre interattive
da portare avanti e tre esami da preparare da qui al 1 giugno
… quindi se
vedete aggiornamenti lievemente in ritardo non preoccupatevi,
perché porterò la
storia avanti così come tutte le altre :)
Vorrei
chiedere altre due cosette che nell’altro capitolo mi
sono passate di mente e riguarda i membri del Lumaclub:
-
C’è qualche argomento sul quale vorreste che
Lumacorno
facesse domande al vostro OC? E come risponderebbe alle domande in
questione?
-
Come reagirà il vostro OC vedendo Renford e Minerva
arrivare insieme alla festa di mercoledì?
Tutto
ciò sempre tramite messaggio privato con l’oggetto
“risposte
Lumaclub - *nome OC*”.
Nel prossimo capitolo troverete la cena con Lumacorno, in
quello successivo il primo incontro del Club dei Duellanti e in quello
dopo ancora
la festa di Lumacorno … questo giusto per darvi una scaletta
a livello di trama.
Per ora è tutto.
Al prossimo capitolo.
Stay tuned.
XO XO,
Mary
|
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Capitolo 5 *** Capitolo 4 ***
Capitolo
4
Solitamente
i membri di una Casa finivano con il trovare simpatico il proprio
Direttore, o
quantomeno nutrire un po’ di rispetto nei suoi riguardi, ma
quello non era
decisamente il suo caso.
Fin dalla
prima volta in cui si erano incontrati non aveva mai tollerato Horace
Lumacorno
e non si era mai fatta problemi nel dimostrarlo in modo più
o meno palese.
Peccato
solo che non forse servito a nulla e che il Direttore
l’avesse invitata
prontamente a ogni singola cena o evento che aveva organizzato in
quegli anni.
Così,
mentre i ragazzi seduti attorno all’ampio tavolo circolare
cominciavano a far
passare piattini da una parte all’altra, diede leggermente di
gomito ad
Abraxas.
- Ti
prego, dimmi che possiamo andarcene. –
- Siamo
appena arrivati. –
- E già
non lo sopporto più … se comincia con le sue
solite domande giuro che non
risponderò di me e gli conficcherò la forchetta
in un occhio. –
Il
biondo si sforzò di darsi un contegno mentre soffocava la
risata che stava per
sgorgargli dalla gola e prendeva un lungo sorso d’acqua nella
speranza di
camuffare la cosa.
- E io
ti darò una mano a ultimare il lavoro –
sussurrò Alphard, seduto alla sua
sinistra, mentre le passava il patto con la moussaka.
-
Continuo a non capire perché non lo sopportate, è
un tipo particolare ma non è
male. –
Katherine
e Alphard si scambiarono un’occhiata complice, per poi alzare
gli occhi al
cielo roteandoli spazientiti.
-
Questo perché non sei tu quello che viene tartassato di
domande su vita morte e
miracoli della famiglia Black; siamo talmente tanti che certe volte mi
domando
come faccia a ricordarsi tutti i pettegolezzi su ogni singolo
componente. A
volte ci metto alcuni minuti per riuscire a capire di chi diavolo sta
parlando.
–
- E
scommetto che gli sarà giunta all’orecchio anche
la storia di quello stupido
contratto matrimoniale –, aggiunse la ragazza, - come se non
fosse stato già
abbastanza pesante sentirne parlare per tutta l’estate.
–
-
Ragazzi … perché non condividete con noi le
vostre novità? –
Fantastico,
avevano attirato l’attenzione di quel tricheco fin troppo
cresciuto.
-
Veramente, professore, non si tratta di nulla di così
importante … sono sicura
che non interessi a nessuno dei presenti. –
Ethan
tossicchiò, attirando l’attenzione su di
sé, per poi rivolgerle un sorrisetto
malandrino.
- Se
riguarda la questione del contratto matrimoniale a me interessa.
–
Dannato
Fenimore.
Strinse
la presa sull’impugnatura del coltello e le ci volle tutto il
suo autocontrollo
per non ridurlo a una tartare di Grifondoro.
Le
iridi acquose del professore brillarono per l’eccitazione.
Smise
di mangiare il suo soufflè e battè le mani
gioioso.
- Un
pettegolezzo amoroso, sono sempre i miei preferiti. Signorina Nott, non
si
faccia pregare, ci racconti ogni dettaglio. –
Piuttosto
la morte.
Ma
ormai il danno era fatto e non c’era alcun modo per togliersi
d’impaccio senza
risultare scontrosa o sgradevole.
Sospirò,
costringendo la sua faccia ad assumere un’espressione pacata
e a non lasciar
trapelare il desiderio omicida che covava in quel momento.
-
Quest’estate i miei genitori hanno avuto modo di prendere
contatti con
Rodericus Wilkes. Come sicuramente saprà, la dinastia dei
Wilkes al momento
conta un solo erede per linea maschile. –
Lumacorno
annuì. – Ovviamente, il signor Maximillien Wilkes.
È stato un mio allievo anni
fa, uno studente immensamente dotato e un vero e proprio gentiluomo.
–
Su
quello non c’erano dubbi.
In
effetti era così perfetto da sembrare quasi imbalsamato.
Persino
quando erano rimasti da soli nell’ampio cortile della villa
dei Wilkes, ricco
di anfratti in cui non essere notati durante la passeggiata serale,
Maximillien
si era limitato a camminare e raccontarle del suo lavoro al ministero e
di
certi importanti progetti che sperava di attuare il prima possibile.
Qualunque
altro ragazzo avrebbe cercato di allungare le mani … lui no.
E non
poteva che essere rincuorata dalla cosa.
L’idea
di avere il corpo di Maximillien premuto contro il suo non
l’attirava affatto.
Non che
fosse brutto … anzi, proprio come tutti i Wilkes era tanto
bello da sembrare
quasi un angelo, ma aveva la personalità di una mummia.
-
Ebbene, Maximillien ha chiesto formalmente la mia mano ai miei genitori
-,
riprese con il racconto, - ma ovviamente non c’è
ancora nulla di sicuro. Mancano
ancora molti mesi al diploma e tutto può cambiare.
–
Tutto doveva cambiare.
-
Naturale, naturale, l’istruzione è sempre la
priorità. –
Lumacorno
spostò lo sguardo verso Azalea, seduta accanto al cugino a
qualche posto di
distanza rispetto al suo, - Per quanto riguarda lei, mia cara
signorina, ci
sono invece novità all’orizzonte in campo amoroso?
–
Katherine
sospirò rinfrancata mentre osservava questa volta la
Corvonero che prendeva un
bel respiro e arrossiva leggermente.
- In
realtà no, professore. Al momento ho altri obiettivi e non
ho davvero il tempo
di concentrarmi sulla mia vita sentimentale. –
- Più
che giusto, ma ritengo che non si dovrebbe mai aspettare troppo.
L’amore è
bello soprattutto quando si è giovani, a una certa
età si perde entusiasmo e vigore.
–
- Sì,
suppongo di sì – mormorò Azalea,
ringraziando mentalmente Lestrange che
sembrava sul punto di strozzarsi.
Lo vide
borbottare qualcosa all’indirizzo di Tom che suonava come un
“non ci credo che
ha parlato davvero di vigore”.
Scosse
la testa, ma se non altro l’attenzione era stata distolta da
lei.
- Se
tutti voi siete d’accordo, continuerei con gli argomenti
frivoli … ci sarà
tempo per portare argomentazioni più serie con il prosieguo
della cena. –
Annuirono
all’unisono.
Cos’altro
avrebbero potuto fare altrimenti?
La
vittima successiva di Lumacorno fu proprio Renford.
-
Allora, signor Lestrange, come sta sua zia Leta? La ricordo con affetto
ai
tempi della scuola, una giovane … particolare ma
singolarmente dotata. –
Già,
probabilmente tutti quelli che avevano frequentato Hogwarts in quegli
anni si
ricordavano di Leta “la maledettamente strana”
Lestrange.
Fuori
come un balcone sarebbe stata la sua prima spontanea risposta, ma
dubitava che
fosse quello che Lumacorno voleva sentirsi dire.
- Zia
Leta sta … come al solito. Non la vedo molto spesso, a dire
il vero, perché … -
Perché
la mia zia matta come un cavallo si
è unita a quei fanatici di Grindelwald e non ha molto tempo
da dedicare alla
famiglia … sa com’è, tra
un’uccisione e un piano di conquista mondiale diventa
complicato ritagliarsi un po’ di tempo libero.
Santo
Salazar, quanto gli sarebbe piaciuto rispondergli in quel modo
… peccato solo
che poi suo padre avrebbe preteso la sua testa su un vassoio
d’argento.
Roland
Lestrange tendeva a diventare alquanto permaloso quando si metteva in
cattiva
luce il nome di famiglia.
-
Perché è molto impegnata in questo periodo e ho
avuto modo d’incontrarla solo
una volta quest’estate – concluse diplomaticamente.
-
Naturale, immagino che i suoi impegni siano particolarmente spossanti.
–
-
Suppongo di sì. –
Fantastico,
era riuscito a rispondergli senza nemmeno dover mentire.
Insomma,
per quanto ne sapeva lui, tentare di dominare Babbani sparsi in giro
per il
mondo e organizzare attentati poteva rivelarsi davvero spossante.
-
Mentre lei, signor Black, ha certamente avuto modo di vedere i suoi
parenti
durante l’estate. Il matrimonio di sua cugina, Cassiopea, e
la nascita della
piccola Polaris erano notizia imperante nei mesi scorsi. –
Alphard
si mise seduto dritto, appoggiando la schiena al resistente schienale
in noce
nero.
- Sì,
il matrimonio di Cassie è stato veramente maestoso, mia zia
Callidora ha
impiegato mesi per organizzarlo. E Polaris … è
veramente una bambina adorabile.
–
Sì,
quando dormiva, perché passava ogni istante di veglia a
strillare come una
piccola aquila.
Per
certi versi gli ricordava tremendamente sua sorella Walburga.
- Non
lo dubito, sua madre è di rara bellezza, ma immagino che
questa sia ormai una
consolidata caratteristica famigliare. –
Già,
quella e l’abilità nel fingere di avere a cuore un
argomento di discussione.
- Credo
che questo stia agli altri dirlo – replicò,
sorridendo.
-
Troppa modestia, mio caro ragazzo, troppa modestia. Ma passiamo al
signor
Malfoy … mio caro ragazzo, puoi confermarmi se le voci sugli
investimenti al
Ministero sono vere? Sai, un vecchio professore non sa mai quando
è il momento
di correre ai ripari e cominciare a pensare alla pensione. –
Emise
una risatina divertita a cui la maggior parte dei presenti rispose con
un
sorriso di circostanza.
-
Veramente non potrei proprio dirlo -, cominciò Abraxas con
un sorrisetto
scaltro, - ma suppongo che possa fare un’eccezione per una
persona come lei che
gode della stima imperitura sia mia che della mia famiglia. –
Sentì
Katherine tossicchiare discretamente qualcosa che suonava come un
“che
sviolinata” e si sforzò di non scoppiare a ridere.
Era
bravo nell’ingraziarsi le persone, dote di famiglia se
così la si voleva
chiamare, e non ci vedeva proprio nulla di male nello sfruttarla per
prendersi
un piccolo vantaggio.
Dopotutto
lui era un Malfoy … e Lumacorno adorava sentirsi importante.
Non
faceva mica male a nessuno.
- In
effetti quelle voci sui fondi ministeriali e i conseguenti investimenti
della
mia famiglia sono assolutamente fondate; mio nonno e mio padre hanno
appena
versato una generosa caparra per i primi movimenti internazionali.
–
- Molto
interessante, decisamente molto interessante … e di che
margine d’investimento si
parla? –
Gli occhietti
acquosi improvvisamente avidi.
-
Centinaia di migliaia di Galeoni … sempre se la situazione
con Grindelwald
viene riportata sotto controllo. –
-
Naturale … Gellert Grindelwald è una spinosa
questione che attanaglia l’intero
mondo magico -, considerò meditabondo, - ma forse la
signorina Neuberg ne sa
più di noi sull’argomento. –
Laura
sentì immediatamente gli sguardi dei compagni puntarsi su di
lei.
Suo
padre era stato un Auror tedesco e lei si era sempre sentita
tremendamente
vicina agli avvenimenti che in quegli anni stavano scuotendo il
panorama magico
e, in particolare, la Germania.
- Gli
Auror tedeschi si stanno impegnando molto nelle operazioni di
localizzazione e
contenimento di Grindelwald e dei fanatici che lo seguono -,
iniziò, - ma
dubito che senza l’aiuto consistente del governo inglese e di
quello di tutti
gli altri ministeri le cose potranno prendere una piega decisiva nei
mesi a
venire. –
L’uomo
annuì. – Attenta analisi, di sicuro, non resta che
sperare che il ministero raggiunga
presto un accordo con i suoi corrispondenti esteri … -
-
Sempre che tale accordo venga raggiunto -, mormorò Fleamont
attirando l’attenzione
su di sé, - visto che in passato il Ministero ha dimostrato
scarsa propensione
nell’intervenire in aiuto dei Babbani. –
Tom
tossicchiò educatamente, mettendo da parte le posate.
-
Perdonami, Potter … ma ti risulta forse che il governo
Babbano abbia mai mosso
un dito per aiutare la comunità magica? –
-
Questo perché … -
- Perché
lo Statuto di segretezza non ci consente di rivelare la nostra
esistenza -, lo
interruppe il Serpeverde, - quindi a rigor di logica ne consegue che
per la
nostra segretezza eventuali
interventi in loro favore dovrebbero essere considerati inappropriati.
–
Fleamont
sbattè il bicchiere sul tavolo, le iridi nocciola brillanti
per la rabbia
repressa a stento.
- Quindi
la soluzione è rimanere a guardare, condannandoli a morte
certa? –
Lumacorno
parve rendersi conto solo in quel momento che la sua preziosissima cena
si
stava per trasformare in un aperto campo di battaglia e
cercò di correre ai
ripari.
- Miei
cari ragazzi … miei cari ragazzi! Suvvia, non è
il caso di inalberarsi così
tanto. È certamente lodevole che portiate avanti le vostre
convinzioni con
tanta fermezza, ma non sarà certo il vostro parere a
influenzare l’operato del
Ministero. Perché non torniamo ad argomenti più
leggeri? Dopotutto questa vuole
essere un’occasione gioiosa … Signor Montgomery,
ha forse scritto qualche nuova
poesia? –
Clay
arrossì leggermente, annuendo appena.
- E
vorrebbe forse recitarcela? –
No, in
realtà non avrebbe voluto, ma se serviva a stemperare la
tensione allora
avrebbe provato a dare il suo contributo.
- D’accordo
-, assentì con una voce che persino alle sue stesse orecchie
suonava molto poco
euforica, - Vita. La fortuna di esistere,
il coraggio di sorridere, la voglia di sperare, la forza di resistere e
l’umiltà
di ringraziare. –
Horace
applaudì, asciugandosi teatralmente un’ipotetica
lacrima all’angolo dell’occhio
sinistro.
-
Sublime, semplicemente sublime … e ora il momento del
dessert! –
*
-
La
prossima volta che mi lascio coinvolgere da una cena di Lumacorno
ricordami di
legarmi una pietra al collo e buttarmi nel Lago Nero –
sospirò Mayra, mentre
salivano le rampe di scale alla volta dei rispettivi dormitori.
Sophie
e Tobias ridacchiarono.
- Come
sei melodrammatica. –
-
Certo, perché a voi non è stato chiesto di
parlare del figlio di Toby né di
come state gestendo la situazione … io ho dovuto sorbirmi
decine di domande
sull’immenso clan dei King e sul perché nessuno
dei miei fratelli abbia mai
preso a cuore Pozioni. –
Il
terzetto scoppiò a ridere e continuarono a ridacchiare per
un bel mezzo.
Quando
arrivarono all’imbocco delle scale per il dormitorio di
Grifondoro salutò gli
amici, consapevole che quei due avessero bisogno di passare un
po’ di tempo
insieme dopo la disastrosa cena.
- Vi
lascio, piccioncini, ma cercate di non farvi beccare fuori oltre il
coprifuoco.
Minerva e Adhara vi uccideranno se farete perdere dei punti a
Grifondoro e
Corvonero – concluse, ammiccando leggermente davanti alle
espressioni imbarazzate
dei due.
Eppure
l’imbarazzo dovette durare ben poco perché aveva
percorso solo pochi metri
quando udì il rumore inconfondibile di baci scoccati con
impeto.
Dal
canto suo avrebbe fatto meglio a darsi una mossa
nell’infilarsi a letto, visto
che la mattina seguente avrebbe avuto due ore di Storia della Magia.
*
Drusilla
camminava a passo spedito lungo il corridoio del settimo piano, seguita
a ruota
da Devon.
- Non
ci credo – asserì, fermandosi a fronteggiare
l’amico a braccia conserte.
- Te lo
giuro, non è poi così male, è un bravo
ragazzo in fin dei conti. –
Inarcò
un sopracciglio, beffarda.
-
Stiamo ancora parlando di Stephen King? –
- Sul
serio Dru, non ti sembra di essere un po’ troppo prevenuta
per essere una
Tassorosso? – scherzò, per poi sgranare gli occhi
all’improvviso, - Quella
porta da dove spunta fuori? –
Seguì
lo sguardo del ragazzo, notando solo in quel momento che dopo la terza
volta
che avevano percorso quel corridoio si era materializzata una porta che
non c’era
mai stata.
Posò la
mano sulla maniglia, attirata dall’odore che proveniva
dall’interno.
- Diamo
un’occhiata. –
Guardinghi,
s’intrufolarono nella stanza, trovando un’intera
tavolata imbandita.
Lo
stomaco di Devon brontolò per la fame.
- Deve
essere la “stanza va e vieni” di cui ho letto in
Storia di Hogwarts –, mormorò
eccitata, - mi chiedo solo perché abbia
quest’immensa dose di cibo. –
- Ehm …
credo sia colpa mia. Stavo pensando a quanto mi piacerebbe intrufolarmi
nelle
cucine per mettere qualcosa sotto i denti. –
Incredula,
la Tassorosso scoppiò a ridere.
- Sei
sempre il solito, Dev. –
Eppure
quella poteva essere una scoperta veramente interessante,
considerò, avrebbero
dovuto parlarne con il resto del gruppo.
- A
cosa stai pensando? –
- Al
fatto che abbiamo appena trovato il posto adatto al nostro Club dei
duellanti. –
Spazio
autrice:
Hola!
Come noterete il capitolo è un po’ più
breve dei precedenti
e concentrato quasi interamente sulla cena al Lumaclub, ma
recupererò lo spazio
degli altri OC nel successivo.
Al prossimo capitolo.
Stay tuned.
XO XO,
Mary
|
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Capitolo 6 *** Capitolo 5 ***
Capitolo
5
-
Io
giuro che l’ammazzo. Fosse l’ultima cosa che faccio
nella vita, lo ammazzo. –
Minerva
si accigliò, osservando l’amica che continuava a
inveire tra sé mentre
percorrevano il corridoio del secondo piano alla volta della prima
lezione del
mattino.
Kara le
diede di gomito, borbottando a mezza voce, - Si può sapere
con chi ce l’ha? –
Scosse
la testa a indicare che non ne aveva la minima idea.
Chiunque
fosse però, poco ma sicuro, si era appena aggiudicato
l’eterna ira di Adhara. –
- Ehm …
Adha, cosa succede? –
-
Succede che lo ammazzo. –
- Sì -,
si sforzò di non scoppiare a ridere, - questo
l’avevo capito, tesoro. Ma chi vuoi
ammazzare? –
- Quell’imbecille
di Fenimore. Ha cominciato a darmi il tormento da quando Lumacorno se
ne è
uscito con quella stupida idea della festa di domani sera. Continua a
invitarmici in ogni modo ridicolo che gli viene in mente. –
Kara
scosse la testa, riconoscendo il tocco del suo migliore amico.
Ethan
sapeva essere estenuante quando ci si metteva, questo andava
riconosciuto, e
Adhara non era certo rinomata per la sua pazienza.
- Non
mi sembra una cosa poi così grave –
mormorò Minerva, allontanando la lunga
treccia in cui aveva acconciato i capelli corvini.
- Non è
poi così grave? Mi ha mandato una Lettera
canterina … roba che ha fatto morire dal ridere
l’intero dormitorio di
Corvonero -, sbuffò, - e il punto è che sono
abbastanza sicura che lo faccia
solo per irritare Azalea. –
Già,
anche quello era da lui: irritare sua cugina invitando la ragazza che
più di
ogni altra non sopportava era solo l’ennesimo dei giochetti
di Ethan.
Kara sorrise
con aria furba.
-
Quindi quello che ti dà fastidio è che lo faccia
solo come dispetto nei
confronti della cugina? Preferiresti che ti invitasse perché
gli interessi sul
serio? –
- Non
essere ridicola -, gesticolò con la mano a
mezz’aria, - non uscirei con Fenimore
nemmeno se dovessi scegliere tra lui e la Piovra Gigante. –
Lei e
Minerva si scambiarono un’occhiata d’intesa.
In
tutto ciò c’era qualcosa che non quadrava affatto.
-
Allora continua a rifiutare il suo invito. Devi resistere solo fino a
domani -,
osservò Minerva, - non è poi la fine del mondo.
–
Adhara
si voltò a fronteggiare le amiche.
- Il
vero problema è che quell’idiota va in giro a dire
che andremo alla festa
insieme; sta boicottando tutti i ragazzi che mi girano intorno.
–
Ah,
adesso sì che cominciavano a venire i nodi al pettine.
- E c’è
forse un ragazzo da cui speravi di essere invitata? –
-
Potrebbe anche essere, Minnie. Ma grazie a Fenimore le
possibilità che mi
inviti si avvicinano spaventosamente allo zero. –
Stavano
per indagare ulteriormente quando il rintocco delle nove
annunciò loro che
avrebbero fatto meglio a muoversi se non volevano arrivare in ritardo.
- In
che Casa è? –
Rivolse
loro un sorriso furbo prima di puntare in direzione di Norman e
sederglisi
accanto.
-
Serpeverde. –
Trattenne
una risata davanti all’espressione disgustata di Kara, poi
tornò a rivolgere la
sua attenzione al compagno di Casa.
- Non
hai affatto una bella cera, Norman. –
-
Sempre delicata come una rosa -, la rimbeccò con un
sorrisetto, - non c’è che
dire. –
Scrollò
le spalle, recuperando piuma e inchiostro dalla borsa in pelle di drago.
-
Scusa, troppa sincerità non richiesta … come
è andata la cena da Lumacorno? –
Norman
si limitò a continuare a fissare il foglio e a borbottare
un: - Come al solito.
–
Non era
di molte parole, specialmente di prima mattina, nessuna sorpresa che
andasse d’accordo
con Azalea e Clay.
- Non è
che, per caso, ha accennato a un annullamento di quella stupida festa?
–
Perplesso,
si voltò verso di lei.
- Lumacorno
che annulla una festa? Non accadrebbe nemmeno se si presentasse
Grindelwald in
persona. E poi tu non fai parte del Lumaclub quindi perché
te ne preoccupi? –
-
Inviti indesiderati – concluse, decisa a non scendere troppo
nei particolari.
Ci
mancava solo che il ragazzo lo riferisse ad Azalea.
In quel
caso si sarebbe ritrovata nell’occhio del ciclone prima
ancora di avere il
tempo di dire “maledetto Fenimore”.
*
-
Perché
hanno quel tono da cospiratori? –
Ethan
si sporse in avanti, osservando la fila di banchi occupata dai
Serpeverde di
fronte a loro.
Si
strinse nelle spalle.
- Affari
serpenteschi suppongo … oppure hanno già parlato
con Drusilla e Devon. –
Accigliato,
Tobias gli rivolse una muta richiesta di spiegazioni.
-
Sembrerebbe che quei due abbiano trovato una strana stanza che appare e
scompare a comando. Pensavano di usare quella come punto
d’incontro per il Club
dei duellanti. –
- Non
sarebbe male … -
- Già,
e poi quella stanza può tornare utile per scopi piuttosto
interessanti. –
Ethan
ammiccò malizioso, facendolo scoppiare a ridere e attirando
le occhiate
contrariate della professoressa di Difesa Contro le Arti Oscure.
- Sei
sempre il solito pervertito. –
-
Sempre - confermò mentre il sorriso compiaciuto si allargava
sul suo volto.
-
Piuttosto, cos’è quella storia che stai
continuando a invitare Adhara alla
festa di Lumacorno? –
- Una
storia vera – replicò prontamente.
- E perché
lo fai? –
- Uhm,
che domanda difficile -, finse di ponderare attentamente la cosa, -
magari perché
Azalea darà di matto? E poi aggiungici che quella ragazza
è uno schianto, non
mi sembra una scelta così strana. –
-
Continuo a non capire perché devi far perdere in
continuazione la pazienza ad
Azalea. –
- Perché
è divertente e perché a casa lei è
sempre la cocca di tutti; diciamo che mi
vendico di ogni ramanzina che mi fa collezionare durante
l’estate rendendole
pan per focaccia durante l’anno scolastico. –
Quei
due cugini erano completamente fuori di testa, poco ma sicuro, ma le
cose
andavano avanti così da anni e di sicuro non sarebbero
cambiate.
- E
come procede la tattica d’invito? –
- Al
momento è molto probabile che finirò con
l’essere Schiantato in qualche
corridoio. –
- E la
cosa ti diverte? –
Sogghignò.
– Tremendamente, amico mio, non puoi neanche immaginare
quanto. Tu immagino ci
vada con Sophie, quindi non serve neanche chiedertelo, ma il nostro
Fleamont ha
intenzione di portarci qualcuna? –
-
Inaspettatamente sì -, ammise Tobias, - ha deciso di
chiederlo a Kara. –
Ethan
fece scattare la sedia all’indietro, producendo uno stridio
fastidioso che fece
voltare tutti i presenti.
-
Fleamont, razza di sconsiderato, vuoi davvero invitare Kara? –
Perplesso,
il ragazzo ci mise qualche secondo a capire di cosa stesse parlando
l’amico.
- Era
un’idea. –
- Perché
ti piace o per semplice amicizia? –
La
professoressa si avvicinò loro con un’espressione
talmente spaventosa che
chiunque con un briciolo di buon senso sarebbe scappato via a gambe
levate.
Chiunque
tranne Ethan, ovviamente.
-
Signor Fenimore, le sembra forse il momento? –
- Sta
per invitare la mia migliore amica a una festa, quindi direi che
è proprio il
momento adatto! –
-
Benissimo -, sbottò la donna, - Fenimore, Potter e Brooks
uscite immediatamente
dalla mia aula. Vi aspetto venerdì sera per la vostra
punizione. –
Uscirono
dall’aula a passo svelto, con Tobias che borbottava
contrariato.
- Io
non ho detto nulla -, protestò, - perché devo
finire nei guai anche io? –
-
Nemmeno io ho fatto nulla di male -, lo rimbeccò Fleamont, -
se si esclude l’avere
un amico schizofrenico che fa dell’invito a una festa un
affare di stato. –
Eppure
Ethan non li stava già più ascoltando,
perché la divisa di Corvonero che aveva
voltato l’angolo aveva catturato la sua attenzione.
- Vado,
invito per la ventesima volta la Rosier, e torno –
annunciò, per poi
allontanarsi a passo di carica.
*
-
Devon
andrà alla festa con Mayra, quindi per domani sera niente
allenamenti di
Quidditch – le annunciò Stephen mentre
s’incamminavano verso l’aula di Storia
della magia.
- E tu
non hai dato in escandescenze? – domandò Alya,
incredula.
I King
erano iperprotettivi nei confronti delle loro sorelle, non era certo un
segreto
per nessuno, quindi quella strana e pacata ragionevolezza suonava
tremendamente
fuori luogo.
- Certo
che no. Punto primo, è lei che lo ha invitato e non
viceversa e, punto secondo,
se va con lui automaticamente tutti gli altri ragazzi della scuola le
si
terranno alla larga. Insomma, è un po’ come se
andasse alla festa con me o
Edward … nessun rischio di contatti inopportuni con il
genere maschile –
concluse soddisfatto.
- Non
ti sembra strano che l’abbia chiesto a lui? –
Socchiuse
gli occhi.
- Che
intendi? –
- Di
solito lo chiedeva a te o a Edward, invece questa volta lo ha chiesto a
Devon.
Potrebbe darsi che le piaccia. –
Stephen
sgranò gli occhi come se avesse appena sentito la bestemmia
più oscena della
sua intera vita.
- Non
essere ridicola, Alya. Mayra è mia sorella.
–
-
Appunto -, convenne divertita, - è tua
sorella,
non è mica imparentata con Devon. –
- No,
no … assolutamente no. Lei non ci pensa neppure ai ragazzi
– insisté.
- Se lo
dici tu … -
Era
divertente vedere lo spavaldo Stephen King sbiancare per la tensione
all’idea
della sua sorellina che aveva una cotta per il suo migliore amico.
- È tutta
colpa di Devon -, stabilì d’un tratto con un tono
da voce marziale che le costò
tutto il suo autocontrollo per non farla scoppiare a ridere, - Insomma,
doveva
per forza essere attraente? –
- Già,
è proprio una colpa imperdonabile –, convenne
ridacchiando, - andrebbe punito. –
Lo
scintillio negli occhi chiari di Stephen le annunciò che il
ragazzo non aveva
afferrato a pieno il suo sarcasmo.
- Sono
lieto che ragioniamo sulla stessa lunghezza d’onda.
–
-
Stephen, io non intendevo mica sul serio … -
-
Tranquilla -, la rassicurò, - io e Devon siamo in affari al
momento quindi non
posso ucciderlo. –
*
-
Fenimore in arrivo – le annunciò Alexandra,
trattenendo a fatica una risata
davanti all’espressione esasperata dell’amica.
- Non
ci credo, è la seconda volta nel giro di due ore. Sta
diventando una
persecuzione – sbuffò, cercando di allungare il
passo.
Forse
con un po’ di fortuna sarebbe riuscita a intrufolarsi nel
bagno delle ragazze e
a sfuggirgli.
- Vuoi
che ci parli io? – intervenne Edward.
Lo
soppesò dall’alto in basso.
Edward
era un bravo ragazzo, studioso e riflessivo, decisamente non il tipo
che poteva
intimorire un soggetto come Fenimore.
- Non è
necessario, Ed, ma grazie per l’interessamento – lo
rassicurò.
Si voltò
per fronteggiare il Grifondoro prima che quest’ultimo avesse
percorso gli
ultimi metri che li separavano.
-
Fenimore, sei la mia maledizione personale in questi giorni –
lo accolse.
Ethan
le rivolse un sorrisetto irriverente in risposta.
- Non è
mica colpa mia se sono irrimediabilmente calamitato da te. –
- Sai invece
cosa di me è irrimediabilmente calamitata da te? –
Il
sorrisetto divenne una smorfia sensuale.
Era
quel genere d’espressione da canaglia impenitente che faceva
tremare le
ginocchia di ben più di una ragazza all’interno
della scuola.
Molte
delle sue coetanee sarebbero state lusingate da tutta quella attenzione
… non
lei però.
- Le
labbra? –
- No,
il mio piede che chiede a gran voce di prenderti a calci. –
Alexandra
scoppiò a ridere, mentre il gemello continuava a fissare il
Grifondoro con un
cipiglio molto poco amichevole.
- Una
persona dovrebbe capirlo quando sta combattendo una causa persa
– constatò Edward.
- E una
persona dovrebbe capire quando la sua opinione non è
richiesta – lo rimbeccò.
Alexandra
fece per rispondergli con una replica tagliente, ma Adhara scelse quel
momento
per correre al riparo.
- Alex,
Ed, non serve che mi aspettiate. Posso gestire Fenimore da sola.
–
- Ne
sei sicura? –
Annuì. –
Ci vediamo più tardi, ragazzi. –
Attese
che i gemelli si fossero allontanati per rivolgersi al ragazzo di
fronte a lei.
- Non
ti rassegnerai finchè non accetterò di andare a
quella stupida festa con te,
vero? –
-
Esatto. –
Non le
restava che decidere se farsi tormentare fino alla sera successiva
oppure
cedere e pregare che la festa di Lumacorno non si rivelasse una tortura
così efferata.
- D’accordo,
allora verrò a quella stupida festa con te. –
Ethan
parve preso in contropiede, come se non si aspettasse che avrebbe
finito con il
cedere così repentinamente.
- Cosa?
–
- Non
farmelo ripetere un’altra volta, Fenimore. –
Un
sorriso vittorioso si dipinse sul bel volto.
- È
stato quasi più facile di quanto pensassi. Sarà
una bella serata – stabilì.
Sicuro,
come no.
- Già …
vado a sfruttare quello che rimane della mia ora buca per finire il
tema di
Trasfigurazione – asserì, decisa ad andarsene di
lì il prima possibile.
Gli
voltò le spalle senza attendere una risposta.
*
-
Mi fa
male ogni singolo muscolo – sbuffò Abraxas,
scrocchiando la schiena mentre si
stiracchiava uscendo dalla doccia dello spogliatoio.
- L’allenamento
è stato tremendo –, convenne Alphard, - e pensare
che è solo il primo della
settimana. Più ci avviciniamo alla partita e peggio
sarà. –
La
replica di Katherine giunse da dietro il separè che era
stato montato per
separare lo spogliatoio dei ragazzi da quello delle ragazze, dove lei e
Heidi
stavano finendo di cambiarsi.
- State
sempre a lamentarvi … siete proprio delle signorine.
–
- E tu
sei un maschio mancato -, la rimbeccò Abraxas, - mi domando
cosa ci trovi in te
Maximillien Wilkes. –
- Doti
insospettabili – replicò a tono, facendo capolino
con la testa dal separè e
rivolgendogli una mezza linguaccia.
-
Renford non è ancora rientrato dal campo? –
intervenne Heidi.
- Perché
vuoi saperlo, per fargli un agguato sotto alla doccia? –
-
Malfoy, sei un vero idiota -, sbuffò la Carrow, - stavo solo
pensando di
aspettarlo per la cena. –
- Già,
immagino che non veda l’ora – commentò
beffarda Katherine, finendo di sistemare
il cravattino della divisa mentre raggiungeva gli amici.
Heidi rivolse
loro uno sguardo sdegnato e parve decidere che era molto meglio se si
rassegnava all’idea di andare a cena da sola.
Qualche
minuto dopo che se ne era andata Renford fece il suo ingresso.
Le
ciocche corvine gli aderivano al volto e la carnagione alabastrina era
rosata
per il calore e la stanchezza dell’allenamento.
- Se
non ti sbrighi rischiamo di saltare la cena – lo
informò Alphard.
- Mettetemi
qualcosa da parte -, replicò con una scrollata di spalle, -
ho troppa voglia di
una doccia calda per preoccuparmi del cibo. –
Annuirono,
lasciandolo solo mentre si toglieva la divisa di dosso e si infilava
sotto il
getto bollente della doccia.
Era
tremendamente rilassante sentire l’acqua scorrere sul corpo
teso e dargli
ristoro.
Se
fosse dipeso da lui non sarebbe mai uscito di lì.
Però
quella sera era il giorno di ronda di Minerva e la prospettiva di
incontrarla
vinceva di gran lunga sul rilassante torpore della doccia.
Si
asciugò con calma, indossando la divisa scolastica, e
s’incamminò verso il
castello.
Si
diresse verso il piano in cui la Selwyn aveva detto di aver trovato
quella
fantomatica stanza.
Mancavano
ancora dieci minuti all’appuntamento con il resto del gruppo,
ma se conosceva
abbastanza bene Minerva allora l’avrebbe trovata
già lì.
Non era
il tipo di persona a cui piaceva essere in ritardo; era incredibile
come lei e
Tom si somigliassero quando si trattava di cose di quel tipo e fossero
completamente agli antipodi per quanto riguardava tutto il resto.
Appena
voltato l’angolo, infatti, vide la consueta treccia scura
incorniciare il volto
dai tratti eleganti.
Con sua
malcelata insopportazione tuttavia vide che non era da sola.
Quell’idiota
di Corvonero … quel Norman, o come diavolo si chiamava, le
stava vicino e l’aveva
coinvolta in una conversazione su chissà cosa.
Quando
la sentì ridere per qualcosa che quel tizio le aveva detto
decise di averne
abbastanza e si fece avanti, mostrandosi alla coppia chiacchierina.
- Che
spettacolo veramente dolce … a voi piccioncini non dispiace
mica se aspetto gli
altri insieme a voi, vero? –
Si
appoggiò alla parete con aria disinvolta, ripescando una
sigaretta dal taschino
interno.
Quelle
diavolerie babbane avevano un effetto rilassante su di lui.
-
Dovremmo farti rapporto – constatò Norman.
-
Allora che aspetti, fallo. Poi spiegheremo tutti quanti insieme a
Dippet cosa
ci facevamo qui davanti a quest’ora della sera. Oppure vuoi
vedertela da solo
senza coinvolgerlo? Sarebbe interessante vedertici provare –
concluse,
soffiando fuori una lunga boccata di fumo.
Vide
Minerva corrugare la fronte e assottigliare lo sguardo.
Conosceva
bene quell’espressione: non era contenta.
Bene, perché
neppure lui lo era.
Anzi,
era decisamente incazzato.
Il
rumore dei passi in avvicinamento annunciò loro che il resto
dei ragazzi interessati
a quell’incontro si stavano avvicinando a loro.
I primi
ad arrivare furono i Tassorosso, con Drusilla in testa, seguiti dai
Corvonero,
i Serpeverde e i Grifondoro.
Erano
una ventina di persone, un gruppo talmente numeroso ed eterogeneo che
non si era
mai riunito prima d’ora e di sicuro non con
l’intento di collaborare gli uni
con gli altri.
Distolse
lo sguardo da Minerva per puntarlo verso Tom e Katherine che guidavano
la
delegazione verde argento.
-
Allora, vogliamo darci una mossa? Non ho tutta la notte. –
Katherine
inarcò un sopracciglio davanti al suo tono infastidito ma
non disse nulla; fece
un cenno del capo a Drusilla, che prese a camminare avanti e indietro
lungo il
corridoio.
Al
terzo passaggio si materializzò la porta.
- Prima
le signore -, ironizzò tenendola aperta e facendosi di lato,
- cominci tu a
entrare, Abraxas? –
Rise
quando l’amico lo mandò al diavolo.
Li
guardò entrare uno alla volta finchè non rimasero
solo lui e Minerva lì fuori.
Le
iridi verdi di lei brillavano mentre lo fissava dritto negli occhi.
- Perché
ti sei comportato in quel modo prima? –
- In
che modo? –
- Come
se … come se fossi geloso di Norman –
mormorò.
- Ma
per favore. Sono Renford Lestrange, quel Norman vattelapesca non
potrebbe farmi
ingelosire nemmeno se ci si mettesse d’impegno con tutto se
stesso. –
La vide
sorridere divertita.
- Che c’è?
–
- Non
posso crederci, sei davvero geloso di lui. –
- Stai
delirando, donna. –
-
Chiamami un’altra volta donna, Lestrange, e giuro che ti
castro – lo rimbeccò,
con una determinazione nello sguardo che gli strappò una
lieve risata.
Eccola
lì la sua guerriera pronta a dare battaglia.
*
Quando
furono tutti seduti sulle stuoiette comparse per l’occasione,
Tom e Katherine
si sistemarono al centro della stanza e presero la parola.
- L’idea
di fondo é quella di addestrarci a quello che incontreremo
fuori di qui.
Grindelwald è lì e nessuno nel mondo magico sta
facendo concretamente qualcosa
per fermarlo, quindi credo sia giusto che tutti noi ci prepariamo a
quello che
potrebbe essere il nostro futuro fuori dalle mura di questa scuola
–, cominciò Katherine,
- Io credo che la cosa migliore sia addestrarci per conto nostro,
mettendo in
pratica ciò che ci viene insegnato e aiutandoci a vicenda
nel migliorare nel
combattimento. –
Mayra
alzò la voce, attirando l’attenzione su di
sé.
- Quindi
non saranno solo duelli? –
- Non
solo. Ci aiuteremo con quegli incantesimi che danno problemi ad alcuni
di noi e
perfezioneremo altri … potremmo impararne anche di nuovi.
–
-
Quello che Katherine sta cercando di dire -, intervenne Tom, -
è che io e lei
abbiamo trovato degli incanti superiori che eludono il programma
scolastico
curriculare, ma che potrebbero tornarci utili. –
-
Stiamo parlando di roba legale, vero? –
-
Stiamo parlando, Brooks, di roba che ci aiuti a sopravvivere in uno
scontro
contro gli uomini di Grindelwald. –
Tobias
corrugò la fronte.
- Vuoi
dire che roba del tipo cui fate riferimento potrebbe farci espellere?
–
Tom e
Katherine si scambiarono un’occhiata eloquente.
-
Potrebbe -, ammise con tono mellifluo il ragazzo, - ma ovviamente
nessuno di
voi è costretto a imparare certi incantesimi. Li insegneremo
solo a coloro che
si dimostreranno disposti a … spingersi oltre la magia
puramente accademica di
questi sette anni. –
- Ne va
della nostra sopravvivenza -, asserì Katherine, -
perché non ha senso
nascondersi dietro mezze verità: siamo in guerra. –
Qualche
mormorio concorde si levò nel silenzio.
- È importante
che località e orari dei nostri incontri rimangano segreti.
Per fare ciò vi
prego di scrivere i nomi di chi accetta di prendere parte al Club su
questa
pergamena. È stata stregata per avvertirvi quando ci
incontreremo. Il segnale
sarà una macchia nera che comparirà sul palmo
della vostra mano pochi minuti
prima dell’incontro – spiegò Tom.
Minerva
fece per alzare una mano, ma la bloccò a
mezz’aria, attirando l’attenzione.
- Che
tipo d’incantesimo è? Non mi sembra di averne mai
sentito parlare prima. –
- Un
mio piccolo esperimento, assolutamente innocuo. –
- Lo
usiamo da mesi per comunicare -, asserì Katherine, - in modo
da sapere quando
uno ha bisogno dell’altra. –
Fecero
vagare gli sguardi attorno a loro.
-
Allora, chi ci sta? –
Le mani
dei presenti svettarono in alto.
Chi con
decisione, chi con incertezza e chi vagamente riluttante o intimidito,
ma tutti
i presenti aderirono al progetto.
Sarebbe
stato l’inizio di qualcosa di grande.
Spazio
autrice:
Hola!
Eccoci qui con l’aggiornamento. Spero che il capitolo vi sia
piaciuto e vi abbia divertiti. Alla prossima.
Stay tuned.
XO XO,
Mary
|
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Capitolo 7 *** Capitolo 6 ***
Capitolo
6
-
Cosa
succede? –
Clay
lasciò perdere la colazione e si voltò verso
Azalea e Norman che lo fissavano
con insistenza.
- Nulla,
magari sono solo io che penso troppo – mormorò.
Effettivamente
non sarebbe stata la prima volta che si concentrava su possibili esiti
che si
rivelavano nulla più che sue paranoie.
Eppure
non riusciva a togliersi dalla testa l’idea che ci fosse
qualcosa che non
andava.
- Sicuramente
è così -, convenne Norman, - ma lo sai che siamo
più che pronti a sorbirci ogni
tua singola strana teoria.
- Non
riesco a togliermi dalla testa la sensazione che sia una pessima idea
quella di
affidarsi a Riddle … non avete notato com’era
strano durante il suo discorso? –
Azalea si
accigliò.
- Intendi
più strano di quanto non sia di solito? –
Risero.
Effettivamente
Riddle aveva la sua bella nomina come tipo particolare e imprevedibile,
eppure
stranamente tre quarti della scuola pendeva dalle sue labbra.
- Sì, non
sono sicuro che sia un bene lasciarsi coinvolgere dal Club. In fin dei
conti
quanto ne sappiamo di questi suoi strani esperimenti? Lui stesso ha
detto che
si tratta di incantesimi illegali. –
Dall’occhiata
che gli rivolsero seppe che non condividevano a pieno le sue
preoccupazioni.
- Clay, non
stiamo mica parlando di vendere l’anima al diavolo. Possiamo
tirarcene fuori
quando vogliamo – osservò Azalea, - quindi cerca
di rilassarti. –
*
-
Si può
sapere cosa stai guardando? –
Adhara si
riscosse dalle sue considerazioni, girandosi verso Sophie che cercava
di
indovinare dove fosse puntato il suo sguardo.
- Non
stavo guardando nulla. –
- Sì,
certo. Dimmi, ti sembro forse stupida? –
- Sul
serio, Soph, ero solo sovrappensiero. Stavo pensando alla festa di
stasera –
mentì in fretta.
Insomma,
non c’era proprio bisogno che sapesse che aveva passato
l’ennesima volta buona
parte della permanenza nella Sala Grande osservando Alphard Black.
Lei
stessa sapeva che quel ragazzo portava guai.
Nessuno
l’aveva mai visto, nell’arco di quei sette anni,
instaurare una vera relazione
con una ragazza … non una che andasse oltre la settimana di
vita, perlomeno, e
non c’era alcun motivo per credere che le cose sarebbero
cambiate di lì a poco.
Alphard
era uno spirito libero, uno che non voleva legami, e lei doveva proprio
cercare
di toglierselo dalla testa.
- Già,
spero solo che la festa non sia assordante e spossante come quella
dell’anno
scorso -, sospirò la bionda, - e poi non mi hai detto
perché hai finito con
l’accettare l’invito di Ethan. –
Le intimò
di abbassare la voce con un’occhiataccia.
Era
abbastanza sicura che Azalea ancora non fosse stata messa a corrente
della cosa
e voleva davvero evitare dei melodrammi di prima mattina, specialmente
quando
aveva la testa da tutt’altra parte.
- Così
avrebbe smesso di darmi il tormento. –
E magari
Alphard avrebbe manifestato una minima reazione che potesse farle
capire se gli
era completamente indifferente o meno.
Dannazione,
doveva proprio togliersi dalla testa quel Black.
- Vado a
lezione di Erbologia, ci vediamo a pranzo – aggiunse poi,
decisa a mettere
quanta più distanza da lei e i Serpeverde. Così
forse avrebbe trovato un po’ di
pace.
Sophie
annuì, salutandola con un cenno del capo mentre tornava ad
attaccare la sua
colazione.
*
Minerva
osservò Fleamont e Kara parlare fittamente a pochi metri
dall’ingresso della
Sala Grande.
Il
ragazzo sembrava in evidente difficoltà mentre
l’amica aveva l’espressione di
chi non era affatto sicura di aver sentito bene quello che le veniva
detto.
Si
rivolse a Ethan e Tobias, certa che quei due avrebbero saputo darle una
spiegazione.
- Che
succede tra quei due? –
- Nulla
di buono a parer mio -, bofonchiò Ethan, - anzi qualcosa di
assolutamente
contro natura. –
Tobias
rise, scuotendo la testa, e spiegò a beneficio della
compagna di Casa: -
Fleamont sta chiedendo a Kara di andare alla festa di Lumacorno con
lui. Ed
Ethan è convinto che sia una pessima idea. Sai, per la
storia della stabilità
della squadra e altre stupidaggini partorite dal suo cervello
iperprotettivo. –
Annuì.
Tipico di
Ethan, faceva tanto il dongiovanni dal cuore duro ma alla fine si
schierava in
prima linea quando riguardava le questioni sentimentali delle persone a
cui
teneva.
In fin
dei conti quei due potevano essere una buona coppia: entrambi
appassionati di
Quidditch, competitivi e Grifondoro fino al midollo.
-
Ascoltami bene, Fenimore. Se provi a fare l’amico
ridicolmente iperprotettivo e
a metterti in mezzo giuro che farò del rovinarti
l’esistenza la missione della
mia vita. Quindi considerati avvertito e lascia in pace quei due
– concluse,
riprendendo a sorseggiare il suo thè, vagamente consapevole
di quanto i due
ragazzi fossero sbiancati.
Del resto tutti a Hogwarts sapevano quanto non convenisse
farla arrabbiare.
*
-
Allora,
questo tuo invito a Devon nasconde dietro qualcosa oppure è
un semplice invito
di cortesia? –
Mayra si
accigliò, lanciando un’occhiata alla sorella che
aveva alzato gli occhi al
cielo.
- In che
senso? –
Alexandra
sfoggiò un sorrisetto divertito.
- Già,
Ed, perché non cerchi di farti capire? –
Il
maggiore dei King prese un respiro profondo e cercò di
essere il più chiaro
possibile.
- Quello
che intendevo dire è: hai una cotta per Devon oppure lo
consideri solo un
amico? –
- Io … è
ovvio che considero Devon un amico. L’ho invitato
perché andare con te o
Stephen sarebbe stato decisamente imbarazzante. –
Si rese
conto di essersi cacciata in un guaio gigantesco solo dopo aver
ultimato la
frase.
Edward
aveva infatti sfoggiato il migliore dei suoi bronci da cucciolo offeso
e la
stava guardando con un’espressione che le faceva venire
voglia di rimangiarsi
immediatamente qualsiasi cosa avesse detto e di dirgli che sarebbe
andata alla
festa con lui invece che con Devon.
Fortunatamente
Alexandra giunse in suo aiuto.
-
Andiamo, non è più una bambina, non potete
continuare a farle da cavalieri … le
riderebbe dietro tutta la scuola. E questo non ha assolutamente nulla a
che
fare con il fatto che siate voi due, sarebbe lo stesso per qualsiasi
ragazza –
aggiunse in fretta, diplomatica.
Edward
parve riflettere sulla cosa, perché si ritrovò ad
annuire.
-
D’accordo, allora se le cose stanno così va bene.
Volevo solo sincerarmi che
non ci fossero strane motivazioni … insomma, sei troppo
giovane per avere un
ragazzo. –
Alexandra
le fece cenno di assecondarlo, cosa che fece dopo un breve istante.
-
Assolutamente, figurati se penso ai ragazzi. –
*
Accartocciò
la lettera, gettandola nel caminetto crepitante.
Era incredibile
come i suoi genitori riuscissero a farle perdere la pazienza anche a
miglia di
distanza.
La fissò
consumarsi lentamente, sforzandosi di scrollarsi di dosso quel
fastidioso
nervosismo.
Era una
vera fortuna che non avesse lezione alla prima ora, perché
non sapeva proprio
come avrebbe fatto a concentrarsi.
- Notizie
da casa? –
La voce
di Alphard la fece sussultare.
Il
ragazzo sedette accanto a lei. – Non volevo spaventarti.
–
- Non
pensavo ci fosse qualcun altro in Sala Comune -, replicò, -
avevo voglia di
stare un po’ per conto mio. –
- Si
tratta del contratto matrimoniale? –
Annuì.
Già, i
suoi fantastici genitori erano riusciti a rovinarle anche la
prospettiva del
rientro a casa per le vacanze di Natale.
-
Maximillien trascorrerà le vacanze di Natale a casa nostra,
vuole conoscermi
meglio. –
- Non
sembra poi così tremendo … -
E non lo
era.
Maximillien
era di certo uno dei migliori aspiranti mariti che una ragazza
Purosangue
avrebbe mai voluto: intelligente, bello, galante e apparentemente molto
preso
da lei.
Eppure
non riusciva ad accettare la cosa.
- È solo
che non ho mai pensato davvero che avrei finito con lo sposarmi appena
diplomata. Avevo altri piani … viaggiare, trovare un bel
posto nel dipartimento
delle relazioni internazionali del Ministero, non rimanere ancorata a
casa a
fare la brava massaia e sfornare figli. –
- Puoi
sempre decidere di restare a scuola. –
Già, e
disobbedire platealmente a suo padre.
Conoscendolo
si sarebbe presentato al castello e l’avrebbe portata a casa
di peso, infuriato.
- Non
tutti vanno a briglia sciolta come te, Alphard. –
Si
strinse nelle spalle. – Immagino che sia la fortuna di non
essere figlio unico.
–
- Non
voglio parlarne -, tagliò corto, - con chi vai alla festa di
Lumacorno? –
- Con
nessuno in particolare; io e Abraxas andremo da soli … tu
vai con Tom? –
Annuì.
Era
diventata una sorta di tradizione quella di andare a quegli eventi
mondani
insieme. E pensare che Lumacorno ancora credeva che tra di loro ci
fosse
qualcosa di sentimentale.
La verità
era che per un po’, al suo quarto anno, aveva creduto di
essersi presa una
cotta per Tom ma alla fine aveva capito che non era così.
Tom era
l’altra faccia della medaglia, il tipo di persona che sarebbe
stata se fosse
stata uomo.
Il pensare
a loro due come una coppia era qualcosa di assurdo.
- Avrai
fatto disperare metà della popolazione femminile della
scuola con la tua scelta
di andare da solo. –
- Se ne
faranno una ragione -, sorrise ironico, - così come
farebbero i tuoi se
mandassi tutto a monte. –
Forse
aveva ragione, ma se così non fosse stato?
- Vado a
lezione, tu riflettici su – disse poi, alzandosi in piedi e
scompigliandole
leggermente le ciocche castano scuro.
Rimase a
fissare le fiamme che crepitavano nel caminetto.
Forse era
venuto il momento di prendere in mano la situazione.
*
-
Sei
proprio sicura di non voler venire? –
Alzò gli
occhi dalla pianta che stavano travasando, sbuffando.
- Per
l’ennesima volta, Laura, no. Non ti accompagnerò
alla cena del tricheco, non importa
quanti dolci tu possa offrirmi. –
Laura
risistemò gli occhiali protettivi, selezionando con cura un
paio di rami secchi
da asportare.
- Guarda
che non è poi così male. –
- Sì,
certo, un vero e proprio spasso. Portaci Alya, io sono incorruttibile
– affermò,
sbattendo un pugno sul bancone.
Doveva
averci messo un po’ troppo vigore, perché il sacco
del fertilizzante si riversò
a terra, scontrandosi con una lunga fila di vasetti di terracotta
predisposti
per il travaso.
Il rumore
dei cocci rotti risuonò per tutta la serra.
L’intera
classe scoppiò a ridere.
Avrebbe
voluto sotterrarsi, soprattutto quando la professoressa Jones si
avvicinò al
loro bancone con l’aria di una veela pronta ad attaccare.
- Se
prestasse un po’ d’attenzione a ciò che
fate, signorine, riuscireste a non
combinare danni mentre portate a termine un compito tanto semplice come
quello
che vi ho assegnato. Evidentemente, però, le chiacchiere
hanno la precedenza …
percià mi vedo costretta a separarvi –, fece
vagare i chiarissimi ed inquietanti
occhi azzurri lungo i banchi, - Signor Bones, faccia cambio di posto
con la
signorina Selwyn. –
Fantastico.
Proprio
fantastico.
Drusilla
raccolse le sue cose, spostandosi controvoglia all’ultimo
banco.
Stephen
l’accolse con un sorrisetto divertito.
-
Comincio ad amare Erbologia. –
- Buon
per te, perché è appena diventata
l’esatta versione del mio inferno personale.
–
*
-
Ragazze, siete pronte? –
Sbuffò,
seduto sul divano della Sala Comune, in attesa di una risposta.
Quella
storia sull’impossibilità di entrare nel
dormitorio femminile era una vera
scocciatura, perché non dubitava minimamente del fatto che
Laura e Alya
stessero semplicemente perdendo tempo con trucco e tutte quelle cose da
ragazze.
E alla
festa mancavano solo dieci minuti.
- Faremo
tardi – urlò ancora lungo la rampa di scale che
portava alle stanze femminili.
Stephen,
intento a sfogliare una rivista di Quidditch, storse il naso sentendo
tutto
quel rumore.
- Non
riesco a concentrarmi se continui a strepitare come una checca
isterica. –
Gli
rifilò un’occhiataccia.
- Io ti
ricordo che mi devi ancora una cena, perciò non sfiderei
così tanto la fortuna,
King. –
Ancora
con quella storia della cena che gli aveva fatto saltare.
-
Tecnicamente è Drusilla quella che ti ha impedito di cenare,
non io. –
- Già, ma
tu sei sempre responsabile in un modo o nell’altro.
–
- Quando
mai sono stato responsabile di qualcosa che ti è capitata?
–
Devon si
accigliò, contando mentalmente tutte le volte in cui il suo
migliore amico lo
aveva trascinato in qualche storia che aveva finito con
l’avere ripercussioni
anche su di lui.
- Uhm …
quanto tempo ho per finire di contarle? Perché sono alla
numero trentadue e non
ho ancora finito di riepilogare tutti gli avvenimenti del terzo anno.
–
Stephen
gli rivolse un sorrisetto forzato.
-
Spiritoso. –
-
Preferisco definirmi realista … piuttosto, è
proprio necessario il cravattino? –
- Di
solito non hai problemi con la cravatta della divisa. –
Già, ma
quello era ben diverso.
Sembrava
una specie di pinguino strizzato in quel piccolo pezzo di stoffa nera.
- La
cravatta va bene, ma con questo coso mi sembra di avere un cappio al
collo. –
- Il che
non è da escludere, se non terrai le mani al loro posto per
tutta la serata. –
Una
risata argentina interruppe il loro scambio di frecciatine.
Laura,
seguita a ruota da Alya, aveva fatto il suo ingresso nella Sala Comune.
- Bene,
siamo arrivate giusto in tempo per assistere alle minacce di rito -,
risero, -
però dovresti sbrigarti, Stephen, perché siamo in
ritardo. –
Devon
sbuffò, incredulo.
Quando lo
diceva lui non se lo filavano e adesso erano più che pronte
a darsi una mossa?
Donne,
chi le capiva era bravo.
- La
vostra amichetta dove l’avete lasciata? –
Alya lo
ammonì con un’occhiata. – Non darle
fastidio, King. –
Con un
sorriso che lasciava presagire chiaramente quello che gli passava per
la testa,
Stephen scrollò le spalle: - Sarò un perfetto
gentiluomo. –
Il
terzetto si scrutò, dubbioso, ma poi parvero decidere che
non avrebbero potuto
evitare una discussione tra lui e Drusilla nemmeno se fossero stati
presenti
rinunciando alla festa.
Sulla
soglia dell’ingresso segreto, Devon si voltò verso
di lui.
- Se
Drusilla ti uccide reclamo per me la tua collezione di autografi della
nazionale inglese. –
*
Sorseggiando
un calice di vino elfico, Abraxas fece scorrere lo sguardo lungo la
folla d’invitati
che aveva gremito lo studio di Lumacorno, allargato
all’inverosimile tramite l’uso
della magia per l’occasione.
Non
riusciva a vedere Renford da nessuna parte, eppure l’amico
aveva assicurato a
tutti loro che sarebbe stato alla festa.
Che
avesse deciso di inventarsi una scusa per dare buca
all’ultimo momento?
Katherine
e Tom, dopo l’ennesima chiacchierata con uno dei tanti
influenti amici di
Lumacorno che lavoravano al Ministero e che volevano tanto conoscere
quei du
giovani ragazzi di cui Horace raccontava, lo raggiunsero.
- Com’è
andata con quel viscido di Hector van Persen? –
La
ragazza storse il naso, disgustata.
Il
vecchio responsabile delle relazioni internazionali era il prototipo
del pervertito
con un debole per le ragazzine ed era fermamente convinta che solo la
presenza
di tutta quella gente lo avesse frenato dal tentare di allungare le
mani.
- Hai una
domanda di riserva? –
- Per la
verità sì. Avete idea di dove sia Ren? –
Tom si
accigliò, guardandosi attorno come aveva fatto lui stesso
fino a poco fa.
- Aveva
detto che sarebbe venuto, deve essere da qualche parte. –
- E io
credo di sapere anche dove – intervenne Katherine, attirata
dal chiacchiericcio
che proveniva dalla zona d’ingresso della sala.
Accennò
con il capo al piccolo drappello di persone che si davano di gomito in
modo più
o meno palese.
Abraxas
parve aver bisogno di un po’ di tempo per riuscire a
ossigenare il cervello
quanto bastava per mettere insieme poche frasi di senso compiuto.
E non
sembrava il solo a essere in quella situazione.
- Quella è
Minerva? Minerva McGranitt? Con Renford? –
*
Adhara
sgranò gli occhi, incredula, e diede di gomito a Kara e
Sophie per dirottare la
loro attenzione verso l’amica.
- Voi lo
sapevate? –
- Assolutamente
no -, esclamò Kara, - deve essere stata Schiantata, non
c’è altra spiegazione. –
- Oppure
è tutto uno scherzo –, intervenne Ethan, -
sì, deve essere così. –
Adhara
scosse la testa.
Conoscendo
quei due non si trattava né di uno scherzo né di
chissà quale strano
incantesimo.
Doveva
esserci sotto qualcosa di veramente importante o non si sarebbero mai
sbilanciati
in quel modo, per giunta sotto gli occhi di tutti.
Si voltò
verso i Serpeverde presenti.
Heidi
Carrow, giunta alla festa con un suo compagno di Casa del sesto anno,
sembrava
essere appena stata costretta a ingoiare qualcosa di particolarmente
disgustoso.
Abraxas
continuava a fissarli come se il suo cervello si rifiutasse di dare un
senso a
ciò che aveva davanti.
Tom era
impassibile, ma dallo sguardo gelido che aveva si capiva che
disapprovava in
pieno.
E
Katherine … lei era sorpresa, ma sembrava più in
modo piacevole che
scandalizzato.
Infine guardò
Alphard.
Lo vide
alzare il calice al loro indirizzo, come in un silenzioso brindisi, e
sorridere
al di sopra dell’orlo mentre si chinava a sorseggiarlo.
Di
riflesso, si avvicinò verso di lui, lasciando i suoi amici a
interrogarsi su
quella strana coppia.
- Tu ne
sapevi qualcosa? –
Alphard
si voltò verso di lei, scuotendo disinvoltamente la testa.
- No, non
ne avevo idea, ma non ci vedo nulla di male. –
- Nemmeno
io –, mormorò, - anzi devo dire che sono molto
belli insieme. –
Ed era
vero.
Minerva
era deliziosa nel suo abito di pizzo, che la faceva apparire come una
minuta e
delicata bambola di porcellana, e appariva raggiante.
Renford,
dal canto suo, la guardava in un modo che … beh, non avrebbe
mai pensato di
vedere un’espressione come quella sul suo volto, specialmente
poi se rivolta a
Minerva.
Era il
tipo d’espressione con cui si guardavano i suoi genitori,
Sophie e Tobias … e con
cui probabilmente lei guardava Alphard.
Socchiuse
gli occhi, assaporando la melodia che il complesso stava cominciando a
suonare.
- Adoro
questa canzone. –
- Vuoi
ballare? –
Tentennò.
Certo che
avrebbe voluto, non chiedeva altro.
- Sono
qui con Ethan … -
- Già, ma
al momento mi sembra parecchio occupato -, accennò al gruppo
di Grifondoro che
continuava a confabulare, - non credo che si offenderebbe se ballassi
con me …
è solo un ballo, Adhara, nulla di male. –
Quelle
iridi profonde catturarono le sue e si ritrovò ad annuire,
lasciandosi condurre
verso la pista da ballo.
*
Sentì
battere delicatamente sulla sua spalla.
Voltandosi,
si trovò di fronte il profilo scolpito e aristocratico di
Maximillien.
Il
ragazzo indossava un abito di sartoria che doveva essere costato
centinaia di
Galeoni e guardava il vestito di Tom, di qualità decisamente
inferiore, con
malcelato disappunto.
- Non
sapevo che saresti stato alla festa – esordì.
I suoi
genitori si erano guardati bene dall’avvertirla della sua
presenza.
Probabilmente
perché sapevano che altrimenti avrebbe trovato una scusa per
evitare la festa.
-
Lumacorno mi ha scritto ieri, dicendo di essere stato informato da poco
del
nostro futuro fidanzamento. Ha pensato che sarebbe stato un gesto
carino darci
l’opportunità di vederci. –
Già,
carino come un calcio sulle gengive o una seduta intensiva di
Cruciatus.
Avrebbe
dovuto raccomandare Lumacorno per una serie di shockantesimi al San
Mungo.
- Sono
qui con un’altra persona -, gli fece notare, - Tom, lui
è Maximillien Wilkes.
Max, lui è Tom Riddle. –
Maximillien
gli porse la mano con un gesto affettato.
- A te
non spiace se ballo con la mia futura fidanzata, vero Tom? –
Non le
piaceva il modo in cui continuava a rimarcare la cosa.
- Se a
Katherine non dispiace, io non ho problemi. –
Fantastico.
Dalla
padella alla brace.
- D’accordo,
ma solo un ballo – cedette, non trovando altro modo per
togliersi d’impaccio.
Quella
festa si stava rivelando un insieme di sorprese, non tutte
necessariamente
piacevoli.
*
-
Come
stai? –
Minerva
alzò lo sguardo verso di lui, sorridendogli di rimando.
- Un po’
meno agitata, anche se continuano a guardarci tutti come se avessimo
due teste.
–
- Se non
altro nessuno ha fatto scenate, è un buon punto di partenza
-, scherzò lui, -
perciò direi che possiamo aprire le danze. –
Tentennò,
sentendo le gote arrossire.
- Non
sono un granchè nel ballo – ammise.
- Minerva
McGranitt che non sa fare qualcosa? Sono sconvolto. –
Gli
assestò un buffetto sulla guancia, ridendo.
-
Stupido. –
- Uno
stupido tremendamente attraente -, precisò, - coraggio,
mademoiselle, sarò io a
guidarti. –
Intrecciò
le dita alle sue, conducendola con fermezza verso la pista.
Continuava
a sentire gli occhi su di sé, ma si sforzò di
ignorare chiunque li circondava.
Quello
era il loro momento.
Si
rilassò sentendo Renford cingerle la vita e attirarla contro
il suo petto
asciutto e muscoloso.
Appoggiò
la testa sulla sua spalla e si lasciò guidare da lui.
L’odore
lievemente pungente del suo dopobarba l’avvolse e la musica
li cullò per quella
che sembrò un’eternità.
Buffo,
non avrebbe mai pensato di riuscire a essere a proprio agio a una festa
di quel
tipo.
Sentì le
labbra di Renford catturare le sue in un dolce bacio.
Sorpresa,
inarcò un sopracciglio.
- Tanto
per chiarire come stanno effettivamente le cose –, disse a
mo’ di spiegazione,
- così che nessuno si faccia venire in mente strane idee.
–
E tanti
saluti alla segretezza.
Lei e
Renford avevano appena ufficializzato la loro relazione davanti a
tutti, adesso
fraintendere sarebbe stato impossibile.
Spazio
autrice:
Eccoci
qui con l’aggiornamento!
Devo dire che mi sono divertita molto nello scrivere questo
capitolo e spero che sia piaciuto anche a voi.
Vi lascio una piccola scaletta dei prossimi capitoli:
-
capitolo 7 = partita Grifondoro vs Serpeverde;
-
capitolo 8 = uscita a Hogsmeade;
-
capitolo 9 = incontro con il Club dei Duellanti;
-
capitolo 10 = partita Corvonero vs Tassorosso.
Per
il momento non ho domande ufficiali da farvi, ma mi
piacerebbe chiedervi se qualcuno di voi ha già qualche ship
e/o preferenze
particolari in mente.
Qui sotto vi lascio il pv di Maximillien Wilkes e di Heidi
Carrow, visto che saranno personaggi secondari che di tanto in tanto
verranno
accennati; così avete un’idea di come siano.
Al prossimo capitolo.
Stay tuned.
XO XO,
Mary Santiago
Heidi
Carrow
(PV Erin Heatherton)
– VI anno, Serpeverde. Cacciatrice.
Maximillien
Wilkes
(PV Sean O’Pry)
–
19 anni, ex Serpeverde.
|
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Capitolo 8 *** Capitolo 7 ***
Capitolo
7
Sbocconcellò
controvoglia una fetta di pane tostato.
Sentiva
lo stomaco chiuso, come sempre prima di una partita importante come
quella che
avrebbero giocato di lì a qualche minuto.
- Faresti
meglio a mettere qualcosa sotto i denti prima che Renford noti che non
stai
mangiando – le sussurrò Heidi, accennando al
ragazzo che era appena entrato in
Sala Grande e puntava a passi decisi verso il loro tavolo.
L’ultima
volta che Renford aveva visto uno dei suoi giocatori non mangiare prima
della
partita aveva fatto una scenata da pazzo esaltato, sostenendo che non
si poteva
disputare una partita con lo stomaco vuoto e che, se proprio non
avevano voglia
di mangiare, si sarebbe sincerato che non potessero più
farlo per il resto
della vita in caso di sconfitta … assimilare cibo da morti
poteva diventare una
faccenda alquanto complicata.
Si sforzò
di mandare giù il toast, fingendo addirittura di assaporarlo
con gusto.
Renford
si sedette sulla panca di fronte a lei e spostò le iridi
cobalto lungo tutto il
tavolo verde argento.
-
Squadra, cinque minuti e andiamo a cambiarci. Devo ricordarvi cosa mi
aspetto?
–
Abraxas
mormorò, a voce abbastanza alta da poter essere
perfettamente udito da tutti, -
Santo Salazar, no, risparmiaci almeno questa volta. –
La
tavolata scoppiò a ridere e persino Ren abbozzò
un sorrisetto divertito.
- Allora
ci vediamo nello spogliatoio tra poco -, assestò una pacca
particolarmente
violenta sulla spalla del biondo, - non perdere troppo tempo ad
aggiustarti i
capelli, Abraxas. –
- Ho come
l’impressione che ti farà pagare cara quella tua
battuta se non prendi il
Boccino - rise Alphard.
- Già -,
rincarò la dose Edward con un sorrisetto divertito, - sembra
proprio che ti sia
cacciato in un bel guaio, Malfoy. –
Storse il
naso, indignato.
- È una
vera ingiustizia, in questo paese esiste una cosuccia chiamata
“libertà di
parola”. –
- Sì, se
fossimo in democrazia, ma non sotto il regime del terrore di Lestrange
–
assentì Katherine.
- Vi
state divertendo tutti quanti alla prospettiva di vedermi soffrire, non
è così?
–
Si
scambiarono un’occhiata complice, prima di confermare
all’unisono: - Esatto. –
- Vi odio
-, lanciò loro uno sguardo truce, - tutti voi. Ci tenevo a
farvelo presente in
caso di mia prematura dipartita. –
*
Kara
non
le aveva rivolto la parola dalla sera precedente, dopo che
l’aveva vista
arrivare alla festa con Renford e aveva assistito al loro bacio al
centro della
pista da ballo.
Continuava
a fissarla dall’alto in basso con attenzione, quasi si
aspettasse di sentirle
confessare da un momento all’altro di essere sotto
l’effetto della maledizione
Imperius o di un qualche strano filtro d’amore.
Quella
storia stava diventando davvero ridicola.
- Guarda
che sto bene e sono perfettamente in me -, sbuffò
spazientita, - quindi
smettila di guardarmi come se fossi in procinto di essere ricoverata al
reparto
per malati mentali del San Mungo. –
- Stiamo
parlando di Renford Lestrange, è ovvio che non sei in te
altrimenti capiresti
da sola quanto è assurda questa cosa. –
Assurda?
Era così
che appariva agli occhi dei suoi compagni di Casa?
- Già,
perché io sono solo una comune Mezzosangue, è
ovvio che l’idea di me e un
Lestrange sia ridicola – replicò, con calma
glaciale, prima di alzarsi da
tavola con uno scatto e abbandonare la Sala Grande a passo di carica.
Sentì
dietro di sé Kara che alzava la voce, richiamandola: -
Minerva, non intendevo
dire questo, lo sai … -
Non le
diede ascolto.
Non
voleva che vedesse quanto l’aveva ferita, né che
capisse la consapevolezza che
l’aveva assalita: Renford aveva ragione, i Grifondoro non
erano certo più
liberi dai pregiudizi dei Serpeverde.
*
-
Sembra
che non abbiano preso bene le cose – constatò
Sophie, che aveva appena
assistito alla scena al tavolo dei Grifondoro.
Mayra
annuì, rattristata.
Personalmente
non era troppo scandalizzata dalla cosa.
Era la
sola in famiglia a sapere della relazione tra sua sorella e Abraxas e
aveva
mantenuto il segreto, stabilendo che la relazione era solo ed
esclusivamente
affar loro e che, se si piacevano, andava bene così.
La
situazione tra Minerva e Renford era la stessa, pertanto il suo
atteggiamento
sarebbe stato il medesimo.
- Tobias
che ne pensa? –
- Era un
po’ sorpreso, ma non ha fatto commenti particolari. Credo che
quelli più
scandalizzati siano stati Ethan e Kara. –
Annuì,
meditabonda.
Sperava
solo che le cose non finissero con il degenerare.
-
Sbrighiamoci a raggiungere gli spalti, voglio trovare Minerva prima
dell’inizio
della partita. –
*
-
Sei
stata un po’ troppo dura con Minerva –
esordì Fleamont quando furono lontani
dal resto della squadra.
Kara
sospirò, scompigliandosi la frangia.
- Ha
frainteso, non intendevo dire quello che pensa lei. È solo
che … insomma,
stiamo parlando di Lestrange. –
Annuì.
Già,
sapeva alla perfezione cosa intendeva la compagna.
Era il
settimo anno che aveva a che fare con Renford Lestrange e probabilmente
non
c’era persona all’interno di Hogwarts che
sopportasse di meno.
-
Dobbiamo avere fiducia in lei. Minerva non è una sprovveduta
e, a quanto ho
visto ieri sera, la tratta bene -, sospirò, - se lei
è felice allora non ci
resta che starle vicini come dei buoni amici. –
Kara fece
oscillare minacciosamente la mazza da Battitrice.
-
D’accordo, ma se la fa stare male questa la
utilizzerò per fracassargli quella
faccia di cui va tanto orgogliosamente fiero. –
Fleamont
ridacchiò, passandole un braccio intorno alle spalle e
dirottandola verso il
resto della squadra.
-
Ragazzi, la partita comincerà a minuti, non serve dire
quanto sia importante
vincere. In caso di sconfitta non credo che riuscirei a sopportare le
prese in
giro dei Serpeverde. –
-
Vinceremo -, assentì Ethan, - e se non dovessimo vincere
rompiamo almeno
qualche testa – concluse, citando il motto dei Falmouth
Falcons.
- A
quello ci penserà di certo Kara – rise Tobias.
- Puoi
giurarci, Brooks, non ti resta che sperare che non la usi anche contro
di te
dopo la partita se sbagli un’altra volta quella serie di
passaggi che avete
provato in allenamento. –
Le
rivolse un beffardo cenno militare.
-
Sissignora. –
*
-
Allora,
per chi hai intenzione di fare il tifo? –
Minerva
ignorò volutamente i sorrisetti maliziosi delle sue due
amiche, concentrandosi
sul campo mentre le due squadre uscivano dagli spogliatoi e si
fronteggiavano a
mezz’aria.
- Non c’è
nulla che potrebbe mai convincermi a non tifare per la mia Casa -,
asserì
risolutamente, - non importa quanto insistiate con le vostre
frecciatine
maliziose. –
Adhara e
Alexandra si scambiarono un’occhiata complice.
-
Frecciatine maliziose? Tu hai idea di cosa stia parlando, Alex?
–
-
Assolutamente no. Forse passare troppo tempo con Renford la spinge a
pensare
che ci sia malizia in ogni frase che le viene rivolta. –
- O
magari sta pensando a come poter consolare Ren in caso di sconfitta.
–
Sghignazzarono,
dandosi di gomito.
La
Grifondoro sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
- Siete
veramente impossibili, lo sapete? –
Eppure il
suo tono non era neanche lontanamente seccato come avrebbe voluto.
In realtà
era contenta che almeno loro non le facessero pesare la cosa, ma ci
scherzassero persino su.
- Certo
che lo sappiamo -, confermò Adhara, - e ne siamo
assolutamente orgogliose. –
- Ci
rinuncio, anche insultarvi sta cominciando a diventare impossibile.
–
Alexandra
parve sul punto di risponderle, ma il fischio d’inizio della
partita attirò la
loro attenzione.
- Che
cominci il bagno di sangue – scherzò la King,
accennando a Renford e Fleamont
che volavano ognuno al rispettivo posto.
*
-
Secondo
voi a cosa sta lavorando? –
Azalea
socchiuse gli occhi, cercando di mettere a fuoco la copertina del
manuale che
Riddle aveva sistemato in un angolo del tavolo della biblioteca.
- Non
riesco a leggere il titolo da qui, ma c’è un
simbolo strano. –
Come se l’avesse
sentita, il ragazzo si voltò verso di loro con uno sguardo
glaciale che le fece
correre un brivido lungo la schiena.
- Credo
che sia meglio se ci facciamo gli affari nostri –,
mormorò Clay, - non mi
sembra particolarmente amichevole questa mattina. –
- Già. –
Norman
scoccò un’occhiata all’orologio a
pendolo nell’angolo della biblioteca.
- Azalea,
non dovevi andare a vedere la partita di Ethan? Deve essere appena
cominciata. –
Fece
scattare la sedia all’indietro, con uno stridio fastidioso
che le attirò un’occhiataccia
da parte della bibliotecaria.
-
Maledizione, me ne stavo completamente dimenticando, Ethan mi
ucciderà se me la
perdo -, sbattè le lunghe ciglia scure con aria
supplichevole, - Potete andare
avanti da soli con il compito di Astronomia? –
I due
ragazzi si scambiarono un’occhiata, per poi annuire.
- D’accordo,
ti lasceremo copiare la mappa, vai pure. –
Raccolse
la borsa in pelle di drago, infilandoci dentro le sue cose alla rinfusa.
- Un
milione di grazie, vi adoro – replicò, scoccando
un bacio sulla guancia d’entrambi
prima di sfrecciare via.
Sperava
solo di arrivare al campo prima che suo cugino si rendesse conto della
sua
assenza.
*
Il
Bolide
colpì in pieno il fianco di Ethan, provocando un boato sordo
di costole che s’incrinavano
sotto la violenza dell’impatto.
Il
Cacciatore strinse i denti, imprecando sonoramente mentre Kara urlava
improperi
contro il loro secondo Battitore che non aveva coperto a dovere la
zona.
- Ahia,
quello deve aver fatto proprio male – osservò
Stephen, storcendo il naso alla
vista della scena.
- Black
non ci va leggero con i suoi rilanci. È un bene assistere a
questa partita,
servirà a ricordarci quanto giocano duro i Serpeverde e a
regolarci di
conseguenza – osservò Devon, che continuava a non
distogliere gli occhi dal
gioco neppure per un istante.
Assistere
alle partite di tutte le squadre della scuola era un buon modo per
farsi un’idea
degli avversari che avrebbero incontrato di lì a qualche
settimana.
- Come è andata
la festa? –
- Bene -,
replicò seguendo con lo sguardo la picchiata in cui Abraxas
era sceso nel
tentativo di fingere di aver avvistato il Boccino, - nessuno ha dato
fastidio a
Mayra se è quello che volevi sapere. –
- Molto
bene. E tra Lestrange e Minerva? –
La
risposta questa volta venne da una voce femminile decisamente piccata.
- Non
sono affari tuoi, King. –
Si voltò
verso di lei, notando l’espressione decisamente infastidita
dipinta sul volto
di Drusilla.
- Come
siamo scontrose. –
- Con te
sempre. –
- Siamo
in quel periodo del mese, per caso? –
Devon
abbandonò la partita per ammonire con un’occhiata
l’amico.
Sembrava
proprio che Stephen non riuscisse a fare a meno di parlare senza
collegare
prima il cervello alla bocca.
Eppure
Drusilla lo stupì mantenendo la calma e replicando con tutto
il sarcasmo di cui
era capace.
Finse un’espressione
meditabonda. – Io no di certo, ma per quanto riguarda te non
saprei visto che
non abbiamo le mestruazioni sincronizzate, signorina. –
Alya e
Laura risero, scambiando un cinque con l’amica, mentre
Stephen apriva e
chiudeva la bocca un paio di volte all’evidente ricerca di
qualche battuta
arguta con cui replicare.
Non
dovette riuscire a trovarne nessuna, perché tacque e
tornò a guardare la
partita.
*
Katherine
si fece largo tra Brooks e Fenimore, sfruttando la sua statura agile e
snella
per districarsi tra i corpi possenti e muscolosi dei due giocatori, e
riuscì a
mantenere la Pluffa stretta al petto.
Vide
Heidi poco più avanti, completamente smarcata, che sembrava
essersi accorta
delle sue intenzioni e non la perdeva di vista neppure per un secondo.
Fece un
tiro lungo, che catapultò la Pluffa direttamente tra le mani
della bionda.
Heidi
sfrecciò in avanti, zigzagando per il campo alla ricerca di
un punto cieco
nella difesa di Fleamont.
Un Bolide
perfettamente gestito da Kara la costrinse a deviare
all’ultimo istante e le
fece perdere la Pluffa.
Si tuffò
verso il basso, recuperando la Pluffa prima che Mclaggen potesse fare
altrettanto.
Cercò poi
di seminarlo, ma il Cacciatore di Grifondoro era tremendamente veloce
per
essere così grosso e le stava attaccato.
Venne
stretta contro uno dei piloni del campo e rischiò di perdere
il controllo della
scopa; se non fosse riuscita ad andare via di lì alla svelta
avrebbe finito con
l’essere disarcionata.
Fu
Renford a piombare su di loro, accostandosi a Mclaggen e allontanandolo
con un
calcio alla gamba che lo costrinse a perdere quota per mantenere
l’equilibrio.
Ren puntò
le iridi cobalto nelle sue per una frazione di secondo, ignorando i
boati di
protesta che provenivano dalle gradinate rosso oro e che chiedevano a
gran voce
una punizione in favore dei Grifondoro.
- Tutto a
posto, Kat? –
- Tutto
bene, Capitano. –
La
professoressa Boomer fischiò, concedendo la punizione.
Il tiro
venne effettuato da Mclaggen che, probabilmente a causa della rabbia
per il
colpo ricevuto, non lo calibrò bene e venne agevolmente
parato da Edward.
Heidi
ripartì in contropiede, con un lancio lungo che mise in moto
Renford.
Fintò a
sinistra, mandando infine la Pluffa nell’anello a destra.
60 a 50
per i Serpeverde.
Finalmente,
dopo oltre mezz’ora di gioco, la partita smetteva di essere
in parità e si
sbloccava.
*
-
Credo
che Malfoy abbia avvistato il Boccino – considerò
Laura, accennando al biondo
che scendeva in picchiata seguito a ruota dalla Cercatrice di
Grifondoro.
Era
chinato sul manico tanto da sembrare in procinto di diventare un
tutt’uno con
esso, per sfruttare tutta l’aerodinamicità di cui
era provvista la sua scopa.
Macinava
metri a una velocità spaventosa e il terreno appariva sempre
più vicino.
Alya
sbiancò, osservando la scopa che continuava a puntare verso
terra senza dare
cenno di volersi arrestare.
- Si
schianterà. –
- Forse …
o forse no. –
Trattennero
il fiato vedendo la giocatrice rosso oro sterzare bruscamente e
riprendere
quota mentre Abraxas allungava una mano verso il Boccino che svolazzava
poco
sotto di lui.
Si sporse
ancora di più, afferrandolo al volo.
Un boato
allarmato proruppe nell’arena dello stadio quando il biondo
cadde a terra,
rotolando su se stesso, tenendo stretta a sé la sfera dorata.
La
professoressa Boomer fischiò, decretando la fine
dell’incontro.
-
Serpeverde vince 210 a 50! –
*
Alexandra
entrò nell’infermeria a passo di carica non appena
il resto della squadra ebbe
tolto le tende.
- Tu sei
un imbecille! –
Abraxas
si mise seduto più dritto, storcendo il naso alla fitta di
dolore che lo
assalì.
Quel
tuffo dalla scopa non era stato una grande idea tutto sommato.
- Anche
per me è bello vederti, tesoro. –
Lo guardò
male.
- Non è
divertente. Mi hai fatto prendere un
colpo. –
Allungò
una mano verso di lei, attirandola a sé con gentilezza
finchè il corpo della ragazza
non fu completamente sdraiato sul lettino accanto a lui.
- Se non
l’avessi preso subito non avremmo sbloccato la partita.
Dovevo inventarmi
qualcosa -, mormorò, - ma mi dispiace se ti ho spaventata.
Comunque ora sto
bene, guardarmi, non sento neanche più dolore. –
-
Bugiardo. –
- D’accordo,
magari un po’ di dolore lo sento, ma per domani
sarò come nuovo e potremo
andare a Hogsmeade insieme. –
La vide
sgranare gli occhi, allarmata.
- Ma … -
- Non
intendo un’uscita ufficiale di coppia -, spiegò in
fretta, - lo so che vuoi
aspettare a dirlo ai tuoi fratelli. Intendevo qualcosa tutti insieme:
noi due,
Edward ed Alphard. –
Annuì,
rasserenata.
- D’accordo,
ma se ti azzardi a fare un’altra volta una prodezza come
quella di oggi ti
uccido con le mie mani, Malfoy. –
Rise,
chinandosi a baciarla.
- Ai suoi
ordini, signorina King. –
Spazio
autrice:
Salve!
Non era nei piani aggiornare oggi, ma morivo dalla voglia di
andare avanti con la storia e così eccomi qui.
Come vi avevo già anticipato, nel prossimo capitolo ci
sarà l’uscita
a Hogsmeade (che avrete sicuramente entro lunedì) quindi vi
chiederei di rispondere
a una semplice domanda (potete farlo sia per recensione che tramite mp):
-
Volete che il vostro
OC faccia qualcosa e/o vada con qualcuno in particolare a Hogsmeade?
Infine
un piccolo appunto, anche se so che farà di me una
rompiscatole a livelli mostruosi, ma meglio ora che siamo ancora in
tempo che
in futuro quando non ci sarà più tempo.
Ho notato che ultimamente le persone “latitano” un
po’ nelle
interattive (mi è capitato giusto la settimana scorsa di
dover sostituire un OC
nell’altra mia interattiva a causa della scomparsa
dell’autrice) e vorrei
evitare di dover far fuori qualche OC perché questo viene
abbandonato nelle mie
mani senza alcuna indicazione precisa. Se avete problemi per
studio/lavoro/impegni personali o altro potete dirlo e limitarvi anche
solo a
comunicazioni in mp con le risposte alle domande, non vi mangio mica,
l’importante
è saperlo. Faccio questo discorso al plurale, ma in
realtà è diretto a un paio
di autrici che non si fanno sentire da un po’ (senza fare
nomi, le dirette
interessate immagino capiranno). Non vorrei proprio essere costretta a
tagliare
fuori dei personaggi anche da questa interattiva, perché se
ho scelto questi OC
è perché mi avevano conquistata e perderli a
questo punto mi dispiacerebbe
tantissimo.
Concludo questo piccolo sfogo e vi chiedo scusa se posso
essere sembrata dura.
Al prossimo capitolo.
Stay tuned.
XO XO,
Mary
|
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Capitolo 9 *** Capitolo 8 ***
Capitolo
8
- Kara si
è ripresa? –
Fleamont
si strinse nelle spalle.
- Lo sai
come reagisce dopo una sconfitta, credo sia stato il suo ventesimo
tentativo di
affogamento in una doccia. –
-
Qualcuno dovrebbe spiegarle che non ci si può affogare in
una doccia, per quello
ci sono le vasche – ironizzò Tobias.
- Vuoi
essere tu a farlo? Perché personalmente non ci vedo proprio
nulla di
intelligente nel farle battute dopo la partita di ieri. –
Perdere
la partita d’inizio campionato, oltretutto proprio contro i
Serpeverde, era
stata una bella botta per l’umore della squadra.
- Ci
rifaremo con la prossima partita. Non resta che sperare che Corvonero
batta
Tassorosso così che siano loro ad andare allo scontro con i
Serpeverde e a noi
tocchino i Tassi, vincere contro di loro dovrebbe essere più
facile – constatò.
-
Parlando di cose ben più serie -, intervenne Mayra, - sapete
se tra Kara e
Minerva le cose si sono sistemate? –
- Credo
che non abbiano ancora chiarito. Kara ha esagerato, ma Minerva avrebbe
potuto
parlarcene prima di sbatterci in faccia la loro relazione. Insomma,
secondo me
la colpa sta da tutte e due … -
Fleamont
tossicchiò, dando loro di gomito e invitandoli a cambiare
argomento.
Le
dirette interessate avevano appena fatto il loro ingresso in Sala
Grande.
Il
silenzio scese sull’intera tavolata rosso oro, che negli anni
non aveva mai
visto le due amiche discutere in modo tanto serio, mentre osservavano
lo
svolgimento degli eventi.
Kara
sembrava in procinto di parlarle, ma Minerva volse ostentatamente lo
sguardo da
tutt’altra parte e si diresse all’altra
estremità della tavolata.
- Minnie
è tremendamente testarda -, sospirò Mayra, -
immagino ci vorrà del tempo prima
che la perdoni. –
*
Heidi
scavallò le gambe con un gesto fluido, dirigendosi verso Tom
e Katherine nel
momento stesso in cui li vide.
Con aria
da cospiratrice, si chinò leggermente verso di loro,
sussurrando: - Ho parlato
con quel mio amico come mi avevate chiesto, è disposto a
vedervi alla Testa di
porco poco prima di pranzo. –
Tom
annuì, socchiudendo gli occhi, indagatore.
- E per
quanto riguarda il pagamento? –
- Ho
pensato anche a questo, avrete un trattamento di favore visto che sono
stata io
a raccomandarvi. –
- E siamo
sicuri della segretezza della transazione? –
-
Assolutamente. Sa benissimo che non gli conviene deludere una Carrow.
–
-
Specialmente se si tratta di te -, concluse Katherine, - giusto?
–
La bionda
rispose con un sorrisetto sghembo.
-
Esattamente. –
Poi
aggiunse, distrattamente come se la cosa le fosse appena passata per la
testa,
- Che ne pensate di tutta questa storia tra Renford e la McGrannit?
–
Katherine
scrollò le spalle, allontanando le lunghe ciocche castano
scure.
- Per
quanto mi riguarda Renford può frequentare chi preferisce,
sono esclusivamente
affari suoi. –
- Già, ma
mi domando quanto sia appropriato –, intervenne Tom, -
dopotutto lui è l’unico
erede dei Lestrange, no? –
Il
sorriso di Heidi si allargò.
- È
esattamente quello a cui stavo pensando. Insomma, è ovvio
che la sua famiglia
non permetterebbe mai un’unione di questo genere. –
- Non
sarebbe certo né il primo Purosangue né
l’ultimo ad avere una relazione con una
Mezzosangue. Non lo diserederanno mai, non quando il risultato
è quello di
estinguere la linea maschile della famiglia. –
- Sembra
quasi che la cosa ti diverta, Kat -, osservò Heidi storcendo
il naso, - eppure
come amica di Renford dovresti fare i suoi interessi. E questa
… relazione, non
è certo la cosa migliore per lui. –
La mora
inarcò le labbra in un sorrisetto a metà tra
l’insinuante e il beffardo.
Un’espressione
sgradevole, ne era perfettamente consapevole, ma adatta alla
circostanza.
- Fammi
indovinare, quella tra un Lestrange e una Carrow sarebbe di gran lunga
più
appropriata, giusto? –
-
Sicuramente … facciamo entrambi parte di una famiglia
appartenente alle Sacre
Ventotto. –
- D’accordo,
credo di aver sentito abbastanza commenti sibillini per oggi. Continua
pure a
tessere le tue reti complottistiche, Carrow, ma non coinvolgere me nei
tuoi
giochetti. –
La
oltrepassò, seguita a ruota da Tom.
- Non la
tolleri proprio. –
- Già, la
cosa ti stupisce? –
- Nient’affatto,
ma cerca di non maledirla finchè non ci avrà
fornito tutto l’aiuto di cui
dispone. –
*
-
Credo
che ci sia qualcuno che ti sta aspettando –
constatò Sophie, accennando con il
capo al ragazzo appoggiato al muro vicino all’ingresso della
torre di
Corvonero.
Adhara
seguì il suo sguardo, trovando Alphard Black a braccia
incrociate e in palese
attesa.
Si
accigliò quando lo vide alzare lo sguardo verso di loro e
fissarle con
intensità.
- Dici
che sta aspettando me? –
- E chi
altri sennò? Che aspetti, vai a vedere cosa vuole. Ci
vediamo più tardi all’ingresso
della scuola. –
Annuì,
per poi dirigersi verso il ragazzo con espressione incuriosita dipinta
sul
volto.
- Alphard
-, salutò, - non sei un po’ lontano dai
sotterranei? –
- Però,
che occhio -, replicò ironico, - capisco perché
sei finita a Corvonero. –
Alzò gli
occhi al cielo, trattenendo a fatica un sorriso divertito.
- Stai
aspettando qualcuno in particolare? –
- A dire
la verità sì, ma suppongo che l’attesa
sia finita. –
Adesso
era ufficialmente spiazzata.
- Volevi
chiedermi qualcosa? –
- Volevo
sapere se avevi già progetti per oggi. –
- Nulla
di particolare. Pensavo di andare con Alexandra, Ed e Abraxas
… ma non avevamo
ancora un programma preciso. L’unica cosa che so con certezza
è che svaligerò
Mielandia – concluse, con un cipiglio determinato che
strappò un sorriso
divertito al ragazzo.
- Mi
sembra un buon piano, ma ti avviso che se mai proverai a metterti tra
me e le
mie barrette di cioccolato al latte e al caffè allora
finirai dritta sulla mia
lista nera. –
Storse il
naso.
- Al
caffè, sul serio? –
-
Assolutamente, sono la cosa più buona che abbia mai
mangiato. –
- Se lo
dici tu … -
- Ma come
siamo scettiche … dovrò convincerti di quello che
dico. –
- Non mi
farai mai cambiare idea, per me il caffè si beve non si
mangia. –
Alphard
sorrise sghembo, in un modo che le procurò una sensazione di
calore in tutto il
corpo.
Non era
certo un segreto che quel ragazzo fosse così tremendamente
accattivante.
- Sei
così sicura da scommetterci sopra? –
-
Dipende, cosa vuoi scommettere? –
- Se l’assaggi
e la trovi buona allora dovrai accettare un pranzo offerto da me.
–
- E se
dovessi vincere io? –
- Se mai
dovesse succedere, allora sarai tu a decidere cosa dovrò
fare. –
Le tese
la mano, invitandola a stringerla.
Dopo un
attimo di esitazione, la strinse.
- Accetto
la sfida, preparati a perdere. –
*
Renford
continuava ad osservarla da una decina di minuti e lei stava seriamente
cominciando a perdere la pazienza.
Si voltò
verso di lui, le mani sui fianchi e un sopracciglio inarcato.
- Se hai
qualcosa da dire allora fallo. –
Il
ragazzo le rise spudoratamente in faccia.
- Quell’espressione
dovrebbe intimorirmi? –
- In
teoria sì. –
- Quando
fai il broncio sembri una bambina … io non ho paura delle
bambine – replicò,
sfrontato.
Gli
assestò una gomitata sul fianco che lo fece storcere di lato
nel tentativo di
parare il colpo.
- Voi
Grifondoro non eravate quelli onorevoli? Questo è stato
decisamente un colpo a
tradimento. –
- Vorrà
dire che la tua influenza comincia a farsi sentire – lo
rimbeccò.
- Ma
davvero? –
- Ci stai
girando intorno, Ren. Mi dici cosa volevi dirmi? –
Sospirò.
- D’accordo.
Lo sai che non sono esattamente un grande estimatore dei Grifondoro in
generale
e tantomeno di Kara … però non credo che
intendesse essere offensiva. Immagino
che voglia solo cercare di proteggerti. –
Annuì,
meditabonda.
- Credo
che tu abbia ragione. –
- E
allora perché non le parli? –
- Perché sto
ancora aspettando che sia lei a venire a scusarsi. Fino a quel momento
non le
renderò le cose più semplici, poco ma sicuro.
–
- È incredibile
come una cosina così delicata e graziosa sappia essere
così testarda e
orgogliosa. –
- Non
cambio mai idea, dovresti saperlo. –
Il
sorriso furbo sul volto di Renford le preannunciò quello che
sarebbe successo
di lì a poco.
Lo vide
chinarsi su di lei, ma deviò verso il collo e non le labbra
come aveva pensato
all’inizio.
Partendo
dalla clavicola, le depositò una delicata scia di baci lungo
il collo.
Fremette,
rilassandosi nella sua stretta, socchiudendo gli occhi mentre brividi
di
piacere le percorrevano tutto il corpo.
Era una
sensazione quasi troppo bella per essere vera.
Sentì
Renford ridacchiare contro la pelle delicata e sottile del suo collo
quando giunse
all’attaccatura del lobo.
- Non
avevi detto che volevi passare in libreria come prima tappa? O hai
cambiato
idea, gattina? –
Si
schiarì la gola prima di replicare.
- Certo,
andiamo a cercare quei libri che mi interessavano. –
*
-
Siamo
appena usciti da Mielandia, ne ho abbastanza di dolci per la prossima
settimana
– osservò Devon, accennando all’enorme
busta che stavano trascinando lui e
Stephen.
In realtà
il fatto che Drusilla avesse accettato di buon grado che i due ragazzi
si
unissero a loro nel girare per Hogsmeade era stato di per sé
abbastanza
stupefacente e, era pronto a scommetterci, dovuto in massima parte al
fatto che
così avrebbero avuto due paia di robuste braccia in grado di
trasportare tutte
le buste dei loro acquisti.
- Ma la
cioccolateria ha aperto solo due giorni fa, non c’era mai
stata prima a
Hogsmeade. E lo sai che io amo il
cioccolato. –
Laura
ridacchiò.
- Credo
che tutto il mondo magico lo sappia, Dru. –
- Solo il
mondo magico? Dopo l’ultima gita nella Londra Babbana direi
che anche i Babbani
ne sono consapevoli. Il commesso di quel negozio di dolci
avrà ancora gli
incubi ripensando a lei e al giorno dell’inaugurazione; non
avevo mai visto
nessuno mangiare tanti dolci tutti insieme e a una tale
velocità – aggiunse Alya.
- Erano
buonissimi e poi erano gratis … non potevo permettere che
venissero sprecati. –
- Non sia
mai – convennero le amiche.
- Mi
state prendendo in giro? –
- Solo un
po’. –
- Allora,
per farvi perdonare, portatemi alla cioccolateria. –
Stephen tossicchiò,
attirando l’attenzione su di sé.
- Se voi
e Devon non volete proprio andarci posso accompagnarla io. –
Si
voltarono tutti verso di lui, con espressione stupita.
- Beh,
che ho detto? –
- Nulla
di male … anzi sei stato incredibilmente gentile,
è questo che è strano –
considerò Laura.
- Oh,
andiamo, non sono un cattivo ragazzo. Diglielo, Dev. –
Il
diretto interessato sgranò gli occhi, fingendosi stupito.
- Ah, non
lo sei, davvero? –
L’occhiataccia
del suo migliore amico lo fece scoppiare a ridere.
- Scherzi
a parte, è vero … Stephen è un bravo
ragazzo quando ha voglia di esserlo –
riconobbe.
- D’accordo,
se King è l’unico disposto a venire con me, va
bene – cedette Drusilla,
stupendo tutti quanti per la terza volta in quella mattinata.
Non solo
aveva accettato di vederlo unirsi al gruppo, ma si era persino astenuta
dal
commentare su di lui e adesso accettava di andare in cioccolateria sola
con
lui.
- Allora,
Dev, lascio a te questa roba. –
Stephen
gli affibbiò le buste prima che avesse modo di ribattere e
seguì Drusilla che
stava già cominciando ad incamminarsi verso la cioccolateria.
-
Sbrigati, King, non ho mica tutta la giornata. –
La
raggiunsero nell’arco di una decina di minuti, trovandola
quasi del tutto
piena.
Gli
interni erano decorati in color carta da zucchero, lo stesso colore che
compariva sulle barrette di purissimo cioccolato di Mielandia, e
l’odore di
dolci appena sfornati e intensa cioccolata calda si sentiva in tutto il
locale.
- Questo
deve essere il paradiso – sospirò Drusilla,
guardandosi attorno con aria
sognante.
Stephen
rise, dirottandola verso il tavolo libero più vicino.
Fu solo
allora, mentre stavano seduti uno di fronte all’altra che
realizzò che la
maggior parte degli avventori erano coppie.
Si chiese
distrattamente se anche Drusilla l’avesse notato, ma la
ragazza sembrava troppo
immersa nella sua aria di beatitudine per rendersene conto.
La
cameriera, una ragazza poco più grande di loro dai grandi
occhi azzurri e
incredibilmente carina, si avvicinò al loro tavolo.
- Cosa
posso portarvi? –
Aveva
rivolto la domanda a entrambi, ma i suoi occhi non avevano abbandonato
nemmeno
per un istante il bel volto del ragazzo.
Drusilla
sbuffò, roteando gli occhi.
Ci
mancava solo che quell’idiota si mettesse a fare il
dongiovanni con la
cameriera.
- Prima
le signore -, replicò cavallerescamente, - tu cosa prendi,
Dru? –
- Un
tortino di cioccolato fondente al cuore caldo, senza panna …
e una cioccolata
calda fondente con scorze d’arancia. –
- Per me
lo stesso. –
Annotò in
fretta l’ordinazione.
Cinque
minuti più tardi il loro ordine venne consegnato.
- Se
volete altro non fatevi problemi a chiedermelo – concluse,
occhieggiando
nuovamente a Stephen.
- Roba da
matti -, borbottò Drusilla prendendo il primo lungo sorso di
cioccolata, - ci
mancava solo che ti saltasse direttamente addosso. –
Osservandola
da sopra il bordo della tazza fumante, sorrise.
- Gelosa?
–
-
Figurati. –
- Saresti
più credibile se non avessi il labbro sporco di cioccolata
– osservò Stephen.
Arrossì,
tamponando la bocca con un tovagliolo.
- Adesso?
–
- Sei
ancora sporca. –
Allungò
una mano verso di lei, accarezzandole il labbro inferiore con il
pollice.
Portò poi
il dito alle labbra, ripulendolo con un movimento rapido.
- Uhm,
buono. –
Se aveva
creduto di non poter avvampare più di così si era
sbagliata.
Era
abbastanza sicura che il suo volto fosse ormai dello stesso colore dei
pomodori
maturi.
- Ti
diverti proprio tanto a mettermi in imbarazzo, vero? –
- Solo un
po’. La verità è che sei ancora
più carina quando arrossisci. –
- D’accordo,
Stephen, ci hai provato ma con me non attacca. Dovrai fare ben altro
che un
paio di moine se vuoi impressionarmi. –
La fissò
risolutamente negli occhi.
- Allora
immagino di dovermi mettere d’impegno. –
*
-
Sembra
che tutti quanti abbiano deciso di andare ai Tre Manici di Scopa
– considerò
Alexandra, occhieggiando alla folla all’interno della sala.
Intravidero
Fleamont, Mayra e Kara seduti a un tavolo poco distante.
-
Potremmo unirci a loro – considerò Edward.
Abraxas
lo guardò come se avesse detto una bestialità.
-
Piuttosto la morte. –
- Sia mai
che un Malfoy si unisca a dei comuni mortali – lo
rimbeccò.
Il biondo
storse il naso in una comica espressione di beffarda
superiorità.
- Già, è
proprio così. Voi sedetevi pure, se volete, ma io preferisco
andare al negozio
di Quidditch a vedere se Alphard e Adhara o Renford e Minerva sono da
quelle
parti. –
Alexandra
rivolse un sorriso di scuse al fratello.
- Ti
dispiace molto se vado anche io? Volevo parlare a quelle due di una
cosa. –
- Nessun
problema, sorellina, ma se Malfoy dovesse darti fastidio dimmelo e ci
penso io.
–
Sorrise,
scoccandogli un bacio sulla guancia.
- So
cavarmela anche da sola, non preoccuparti. –
Dopodichè
seguì Abraxas fuori dal locale.
Quando
furono a una distanza considerevole, si avvicinarono l’una
all’altro,
camminando così vicini da far sì che le mani si
sfiorassero.
- Con
quei commenti non è che aiuti molto mio fratello ad
accettarti – osservò.
- Ma se
non so neanche io perché non mi sopporta, insomma sono
adorabile. –
- Sì, in
qualche parte dell’universo qualcuno potrebbe considerarti
tale. –
- Spiritosa.
Vuoi andare da qualche parte in particolare? –
Si
accigliò.
- Ti va
di fare un salto all’Emporio di Zonko? –
Le
rivolse un sorriso che ebbe il potere di farla sentire la persona
più importante
sulla faccia della terra.
- Tutto
quello che vuoi. –
*
-
Sono
Riddle e la Nott quelli che si sono intrufolati nella Testa di porco?
–
Azalea
sbuffò.
- Cominci
a essere ossessionato da quei due, Clay. –
- Dico
solo che non è uno di quei locali che vengono frequentati di
solito dagli
studenti di Hogwarts. –
- Se vuoi
possiamo entrare a dare un’occhiata, almeno così
ti togli il dubbio –
intervenne Norman, venendo folgorato da un’occhiataccia
dell’amica.
- Che c’è,
non dirmi che ti tiri indietro davanti a un po’
d’azione. –
- Certo
che non mi tiro indietro. Ethan, tu che dici? –
- Io dico
che alla Testa di porco servono Whiskey e Idromele senza chiedere
l’età quindi
è ovvio che voglio andarci. –
Entrarono
nel locale, fingendosi più disinvolti di quanto in
realtà non fossero e
scelsero un tavolo leggermente nascosto ma poco distante da quello dei
due
Serpeverde.
Seduto di
fronte a loro, accanto a Heidi Carrow, c’era un uomo che
teneva ben calcato
sulla testa il cappuccio del mantello da viaggio.
Dava loro
le spalle e rendeva impossibile guardarlo in faccia.
- Questo
è come minimo sospetto – riconobbe Norman.
- Ve l’avevo
detto che c’era qualcosa di strano. –
- D’accordo,
avevi ragione, ma … -
Ethan la
zittì.
- Non
riesco a sentire quello che dicono, voi capite di che stanno parlando?
–
Scossero
la testa.
Il locale
era troppo rumoroso e il gruppetto parlava a voce troppo bassa per
essere
percepito.
- Non
importa, lo scopriremo. –
*
-
Allora,
com’è? –
Ingoiò l’ultimo
boccone di cioccolata, trovandosi suo malgrado a sorridere.
-
Immagino di aver appena perso la scommessa. Avevi ragione, è
un sapore
particolare ma è divino. –
- Te l’avevo
detto. –
- Oh,
adesso non cominciare con la supponenza tipica dei Black – lo
redarguì bonariamente.
- Sono un
Black nato, un Black cresciuto e quando sarò morto
… -
- Sarai
un Black morto? – concluse per lui.
Scoppiarono
a ridere.
-
Immagino di sì. È una di quelle frasi che si
ostinano a ripetere casa. –
- Già,
immagino che ognuna delle Sacre Ventotto ne abbia una … se
non altro il vostro
è un po’ meno egocentrico di quello della mia
famiglia. –
- Il
motto dei Rosier è “Nous arrivons toujours avant
vous”, “noi veniamo sempre
prima di voi”. Giusto? –
- Già,
qualcosa che fa sembrare il “Toujours pur” dei
Black come una cosetta timida e
discreta a confronto. –
- Stai
cercando di prendere tempo? Ti ricordo che hai un debito da pagare.
–
- Oh, non
me lo scordo mica -, sorrise furba, - specialmente quando si tratta di
un
pranzo offerto. –
Alphard
scoppiò a ridere.
- Stai
forse cercando di dirmi che costa meno farti un vestito che invitarti
fuori a
mangiare? –
Annuì.
- Ebbene
sì, ti sei ufficialmente messo nei guai da solo. –
- Allora
vorrà dire che la prossima volta ti porterò a
fare shopping. –
*
Soppesando
il contenuto della sacca che portava nascosta sotto al mantello, Tom le
rivolse
un’occhiata.
- Sei
sempre convinta di farlo? –
-
Assolutamente sì. Ci siamo spinti troppo oltre per fermarci
adesso. –
Le
rivolse un sorriso lieve.
- Lo
sapevo che non mi avresti deluso. –
Spazio
autrice:
Salve!
Finalmente sono di ritorno con gli aggiornamenti.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, perché io mi sono
divertita tantissimo a scriverlo.
Vi anticipo che l’aggiornamento dovrebbe arrivare intorno a
lunedì.
Alla prossima.
Stay tuned.
XO XO,
Mary
|
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Capitolo 10 *** Capitolo 9 ***
Capitolo
9
Accarezzò
la copertina in pelle di drago, apprezzando il modo in cui le rune
impresse
sopra creavano i rilievi.
Era un
testo antichissimo, eppure sembrava essersi conservato alla perfezione
nel
corso dei secoli.
Sinister,
il contatto che Heidi aveva loro fornito, sosteneva che nessuno fosse
più riuscito
ad aprire quel Grimorio dai tempi della sua proprietaria originaria.
L’incantesimo
di sigillo era talmente complesso che tutti quelli che ci avevano
provato
avevano miseramente fallito.
E a loro
non stava andando tanto meglio.
- Non
riesco a credere che abbiamo davvero il Grimorio di Morgana tra le mani
e non
riusciamo ad aprirlo. –
-
Troveremo un modo. –
- Sì,
immagino che sia quello che hanno detto tutti quelli che ci hanno
provato prima
di noi. –
Tom le
rivolse un’occhiata penetrante.
- Credevo
che non fossi una che si arrende alla prima difficoltà.
–
- Non mi
sto arrendendo -, sbuffò, - dico solo che non abbiamo
nemmeno la minima idea di
dove cominciare per aprirlo. –
Lo vide
sorridere freddamente. – Vuoi dire che tu non ne hai idea
… -
Decise di
non cogliere la provocazione, troppo incuriosita dalle possibili
implicazioni
di quella risposta, - Vuoi farmi credere che invece tu sai come fare?
–
- Credo
di saperlo, ma devo prima assicurarmi che sia disposta ad aiutarci.
–
- Di chi
si tratta? –
- Di
qualcuno che era al castello ai tempi di Morgana. –
- Un
fantasma? –
- Non un
fantasma qualsiasi -, replicò, - ma Helena Corvonero.
–
*
Aprì
la
porta del dormitorio, impiegando una manciata di secondi prima di
rendersi
conto di quello che stavano registrando i suoi occhi.
Tom aveva
lasciato il maglione della divisa sulla sedia e aveva la cravatta
allentata.
Katherine
era sdraiata sul letto a baldacchino del ragazzo, le gambe accavallate
e scarpe
e calze abbandonate ai piedi del letto.
- Che sta
succedendo? Anzi no -, si corresse in fretta, - non lo voglio sapere
cosa sta
succedendo. Magari la prossima volta però avvertite ed evito
di entrare in
dormitorio come se nulla fosse – esclamò Abraxas,
gesticolando a mezz’aria in
direzione della coppia di amici.
Tom
inarcò un sopracciglio, con l’aria di chi non
aveva la minima idea di quello
che stava blaterando il biondo.
-
Abraxas, cosa stai cercando di dire? –
Katherine
dal canto suo aveva capito perfettamente cosa doveva essere passato per
il
cervello del ragazzo e proruppe in una risata argentina.
- Santo
Salazar, che diavolo ti passa per la testa? –
Il biondo
continuò a gesticolare verso di loro. – Ma
… ma … allora si può sapere
perché siete
qui? –
- Perché avevamo
bisogno di un posto tranquillo … e questo lo era
finchè non sei venuto a
interromperci con i tuoi deliri da ragazzina pettegola, biondastro.
–
-
Tranquillo … per fare cosa? –
Tom gli
rivolse un’occhiataccia. – Se non esci dalla stanza
entro tre secondi giuro che
ti Crucio. –
Alzò le
mani, mostrandosi disarmato, e indietreggiò.
Prima di
chiudersi la porta alle spalle, fece capolino con la testa.
- Non
dicevi sul serio sul Cruciarmi, vero Tom? –
- Ero
mortalmente serio, Abraxas. –
-
Magnifico … buon proseguimento. –
Sbattè la
porta, dirigendosi a passo spedito verso la Sala Comune.
Se si
fosse trattato di chiunque altro avrebbe continuato a indagare, ma con
Tom non
si era mai sicuri di quando si stava per passare il segno e scatenare
la sua
reazione.
*
-
Allora,
alla fine voi ragazze avete fatto quella chiacchierata? –
Adhara e
Minerva rivolsero un’occhiata interrogativa a Edward, intento
a risistemare le
sue cose dopo l’ora buca trascorsa a studiare in biblioteca
con loro.
-
Chiacchierata? – ripetè la Grifondoro, perplessa.
-
Alexandra aveva detto di dovervi parlare di qualcosa. –
- Ah -,
saltò su Adhara reggendogli immediatamente il gioco, - ma
certo, stavi parlando
di Alex. Sì, ci ha detto tutto … ma da noi non
sentirai nemmeno una sillaba. –
Rise.
- Lo so,
lo so. Tutta quella storia sulla solidarietà femminile e i
segreti inviolabili
tra amiche. –
-
Esattamente – convenne Minerva, determinata a fare la sua
parte nell’aiutare
Alexandra a tirarsi fuori da guai con il fratello.
- D’accordo,
allora non vi chiederò nulla -, promise Ed, - anzi scappo a
Incantesimi prima
di essere costretto a sedermi accanto a Malfoy. –
Le salutò
con un cenno del capo, afferrando la borsa e dirigendosi verso
l’uscita.
Rimaste
sole, le due ragazze si scambiarono un’occhiata.
- Hai la
minima idea di cosa stesse parlando Ed? –
Adhara
scosse la testa.
- Neanche
mezza. Perciò adesso andiamo a cercare Alex e la
costringiamo a raccontarci
cosa ha combinato a Hogsmeade e perché ha dovuto inventarsi
una scusa per
scaricare suo fratello. –
Minerva
accennò al tema di Antiche Rune, che giaceva ancora
sconsolatamente a metà.
- E
questo? –
Si
strinse nelle spalle. – Con quello improvviseremo, abbiamo un
mistero molto più
interessante da risolvere invece di cercare d’interpretare
queste stupidissime
rune. –
*
Renford
allungò il passo, nella speranza di seminare Heidi.
Sembrava
che quella mattina la ragazza non volesse saperne di lasciarlo in pace.
Svoltò l’angolo,
puntando verso le scale che conducevano alla torre di Grifondoro, ma
nemmeno
allora sembrò dare segno di voler mollare l’osso.
- Pensi
di passare le vacanze di Natale a casa? –
- Se non
posso evitarlo … -
- I miei
daranno una festa per la vigilia di Natale, mi farebbe piacere se
venissi –
insisté.
-Ma
davvero, mi dici una cosa che non sapevo proprio … insomma,
la fate solo ogni
anno da dieci anni a questa parte – ironizzò,
congelandole il sorriso sulle
labbra voluttuose.
- C’è
qualcosa che non va, Ren? –
Sì,
qualcosa c’era: lei.
Heidi “la
piattola” Carrow sembrava aver fatto del cercare di attirare
costantemente la
sua attenzione la missione della vita.
- Nulla
di grave, solo la spalla che mi fa male – mentì.
- Sta
cambiando il tempo, immagino che sia per questo che torna a darti
fastidio -,
disse pensierosa, - magari potrei farti un massaggio
all’articolazione dopo
cena. Sono molto brava. –
Dal modo
in cui aveva pronunciato le ultime tre parole dubitava seriamente che
si stesse
riferendo al massaggio.
- Credo
che passerò in infermeria, un tonico sarà
sufficiente. –
- Se
dovesse continuare a darti noie non farti problemi a dirmelo.
–
Si voltò
a fronteggiarla, deciso a mettere in chiaro le cose.
- Heidi,
ti è chiaro che ho una ragazza, vero? –
Atteggiò
il volto a un’espressione contrita, come se la sua
insinuazione l’avesse
profondamente ferita, gli occhioni blu lucidi come se stesse reprimendo
le
lacrime.
- Certo
che mi è chiaro. Ci conosciamo da una vita, Ren. Ti ho
sempre voluto bene, ma
forse tu non mi consideri tua amica? –
- Certo,
sei mia amica, Heidi – borbottò.
Salazar,
quanto detestava le ragazze in procinto di scoppiare a piangere.
Non
sapeva mai come trattarle.
Intravide
la salvezza a qualche metro da lui.
Kara era
appena uscita dal dormitorio dei Grifondoro e stava giocherellando
distrattamente con un laccio per i capelli.
- Puoi
scusarmi? Dovrei parlarle un momento, ci vediamo per cena –
la liquidò, senza
attendere una risposta, per poi marciare a passo deciso verso la
ragazza.
Kara gli
rivolse un’occhiataccia non appena lo vide.
-
Lestrange, che vuoi? –
- Vengo
in pace, quindi ritira gli artigli -, la rimbeccò, - volevo
solo parlarti di
Minerva. –
- Fammi
indovinare, sei venuto a gongolare perché io e lei abbiamo
discusso? –
- Certo
che no. Merlino santissimo, hai proprio una pessima opinione di me.
–
- Già, mi
domando come mai … -
Le
rivolse un sorriso sghembo. – D’accordo, magari non
sono stato mai molto
propenso al trattare voi Grifondoro come esseri umani …
però direi che le cose
sono palesemente cambiate, no? –
- Arriva
al dunque, non ho tutta la giornata. –
- Volevo
dirti che ho parlato con Minerva della vostra discussione. Aspetta solo
che tu
vada da lei a scusarti per concederti il perdono. –
La
ragazza sgranò gli occhi. – Mi prendi in giro?
È disposta a perdonarmi, sul
serio? –
- Mai
stato più serio di così … quindi muovi
il culo e vatti a scusare – concluse,
voltandole le spalle.
La sua
parte l’aveva fatta, adesso ciò che rimaneva stava
solo a loro due.
*
Seduto
al
tavolo dei Serpeverde, Alphard sentiva su di sé lo sguardo
insistente di
Alexandra.
- Ti
serve qualcosa? –
- Direi
proprio di sì. Mi servirebbe sapere come mai hai passato
l’uscita di Hogsmeade
con Adhara – replicò, sorridendo indagatrice.
- E perché
lo vuoi sapere? –
- Perché è
la mia migliore amica e tu mi sei simpatico, Black. Mi dispiacerebbe
doverti
uccidere solo perché hai combinato qualcosa che
l’ha fatta arrabbiare, quindi
voglio conoscere le tue motivazioni. –
Le
sorrise di rimando, divertito da quella singolare circostanza.
- Sono
sempre stato un perfetto cavaliere. –
- Già, ma
non ti sei nemmeno mai impegnato in modo serio e duraturo. –
- Aspetta
un momento -, alzò le mani in segno di resa, - chi ha detto
che mi sto
impegnando? –
Alexandra
assottigliò lo sguardo.
- Quindi
non vuoi impegnarti nemmeno questa volta? –
- Non sto
dicendo questo -, obiettò, - ma solo che ancora non lo so.
Adhara è interessante,
mi ha incuriosito quanto basta per spingermi a conoscerla prima di
prendere una
qualsiasi decisione. –
Parve
soddisfatta dalla sua risposta, perché tornò ad
adagiarsi allo schienale della
sedia.
- Ti sei
salvato in calcio d’angolo con questa risposta, Alphard.
–
Ridacchiò.
– Come se avessi paura di te. –
-
Dovresti, perché se fai qualcosa che non devi allora
sarò felice di prenderti a
calci fino alla fine del mondo. –
- Sarò un
vero gentiluomo – assicurò.
- Bene, perché
se tieni ai tuoi “gioielli di famiglia” e alla
possibilità di procreare in un
futuro più o meno remoto dovrai comportarti proprio
così. –
E
finalmente il sorriso di Alphard vacillò.
Uomini,
bastava minacciare le loro parti basse per essere certe di essere prese
sul
serio.
*
Drusilla
stava mangiando il dessert quando la macchia nera cominciò a
prendere
rapidamente forma sulla sua mano.
Fece
quasi cadere la forchetta per la sorpresa, notando con la coda
dell’occhio che
Laura e Alya avevano fatto altrettanto.
Anche
Devon e Stephen si stavano osservando il polso.
E così
faceva una buona parte degli studenti del sesto e del settimo anno
delle
quattro Case.
- Sembra
che finalmente ci sarà il primo incontro del Club dei
duellanti. –
- Si
stanno cominciando ad alzare – la informò Laura,
accennando al tavolo dei
Serpeverde che radunava le sue cose e si dirigeva verso
l’uscita.
- Andiamo
anche noi, sono curiosa di scoprire come saranno strutturati gli
incontri. –
- Ma … e
il dolce? –
- Dru,
vuoi sul serio far aspettare Riddle perché devi mangiare il
dolce? – provò a
farla ragionare Alya.
-
Assolutamente sì. –
- Dru, muoviti.
–
Occhieggiò
nuovamente al piattino.
- Ma … -
Stephen
le diede un buffetto sul fianco. – Coraggio, marshmallow, se
fai la brava prima
di tornare in dormitorio sgattaiolo nelle cucine e te ne rimedio un
po’. –
Laura
alzò gli occhi al cielo. – Ti sembra una buona
idea parlare d’infrangere il
coprifuoco davanti a un Prefetto? –
- Beh, se
lo fa per una buona causa … ma poi perché
marshmallow? –
Le
ragazze e Devon si scambiarono un’occhiata incredula.
- Sei
incredibile, Dru, ti vendi per dei dolci. –
Stephen
ammiccò. – Perché il tuo profumo mi
ricorda quelli. –
-
Sdolcinato, King, ma non attacca … tuttavia apprezzo il
tentativo e accetto
quel dolce dopo l’incontro. –
*
La
decisione di cominciare con gli incantesimi di base si era rivelata una
vera e
propria doccia fredda per chi aveva pensato di imparare fin da subito
qualcosa
di nuovo.
Eppure
Tom e Katherine ci avevano visto giusto, perché osservandoli
duellare tra di
loro sembrava che la conoscenza pratica non fosse affatto
all’altezza di quella
teorica.
- Azalea,
se continui a muovere la bacchetta in quel modo finirai con il cavarti
un
occhio – commentò Ethan, in coppia con la cugina
nella prova sugli incantesimi
di disarmo.
- Non è colpa
mia se non funziona. –
- Forse,
se la muovessi nel modo corretto, ci riusciresti. –
- O forse
potrei mettere via la bacchetta e farti nero in un duello alla Babbana
– lo rimbeccò.
- Non
credo che impressioneresti granchè l’inquietante
duo. –
Katherine
e Tom, infatti, avevano smesso di esercitarsi tra loro e avevano preso
a girare
tra le coppie.
- Sembra
che Sophie e Tobias non se la cavino granchè. –
In
effetti la coppietta sembrava molto poco desiderosa di rivolgere la
bacchetta
uno contro l’altro.
La voce
di Tom riecheggiò nella sala quando si avvicinò a
loro due.
- Meno
chiacchiere e più incantesimi. O pensate di sconfiggere
Grindelwald annoiandolo
a morte? –
Azalea
fece per rivolgergli una delle sue rispostacce, ma il secco cenno di
diniego di
Ethan la fece desistere.
Riprovò l’incantesimo,
sospirando sollevata nel vederlo riuscire.
- E
adesso? – ribattè, inarcando un sopracciglio con
aria di sfida.
-
Passabile – la congedò il Serpeverde prima di
riprendere il giro.
*
-
Mi
fanno male tutte le ossa – gemette Clay, dirigendosi verso il
dormitorio.
- Essere
Schiantato da una parte all’altra non è proprio il
massimo -, riconobbe Norman,
- eppure sembrava che Riddle e la Nott si divertissero parecchio nel
vederci
sballottolare da una parte e dall’altra. –
- Credi
che ci abbiano visto alla Testa di Porco? –
Scrollò
le spalle.
- Non ne
ho idea, ma non credo che sia una buona idea quella di continuare a
indagare,
Clay. Insomma, non abbiamo neanche le prove che facciano davvero
qualcosa d’illegale
o pericoloso. –
- Eppure
continuo a credere che ne dovremmo sapere di più
… non mi convincono. –
- Clay –
lo pregò.
- D’accordo,
d’accordo, la smetterò con le mie teorie
… ma quelli sono loro due, che ci
fanno intorno alla nostra Casa? –
Alzò gli
occhi al cielo, sbuffando.
- Cosa
abbiamo appena detto? –
- L’ultima
volta e poi non ne parliamo più –, promise, - non
dirmi che non sei curioso
anche tu. –
- D’accordo,
ma poi la smetti di giocare all’Auror. Andiamo –
cedette.
Spazio
autrice:
Salve!
Eccoci qui con l’aggiornamento.
Spero che vi sia piaciuto e vi lascio con un piccolo
sondaggio: qual è finora il vostro personaggio maschile e
quale quello
femminile che preferite? Quale invece proprio non sopportate?
Detto ciò vi saluto e ci aggiorniamo al prossimo capitolo.
Stay tuned.
XO XO,
Mary
|
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Capitolo 11 *** Capitolo 10 ***
Capitolo
10
-
Continuo a credere che non sia affatto una buona idea –
insistè Norman, mentre
seguivano Tom e Katherine fino alla base della torre
d’astronomia.
- E io
continuo a sostenere che ci sia qualcosa di strano in loro due che se
ne vanno
in giro con l’aria di due che stanno combinando qualcosa.
–
- Magari
stanno solo cercando un angolo tranquillo in cui appartarsi –
minimizzò.
Clay si
voltò verso di lui, inarcando un sopracciglio con
l’aria di chi aveva appena
sentito la cosa più assurda e ridicola di tutta la sua vita.
- Riddle
che si apparta con qualcuno? Sul serio? –
-
D’accordo, sarebbe strano, ma solo perché Riddle
è un tipo strano e molto
inquietante questo non significa che … -
Lo zittì
con un cenno della mano.
-
Aspetta, l’hai sentito? –
- Cosa? –
- C’è
un’altra voce oltre alle loro. –
Rimasero
in silenzio, concentrandosi sui rumori che si percepivano in contrasto
con il
silenzio assoluto del resto della scuola.
- Sembra
la voce di una ragazza, ma non l’ho mai sentita prima.
Cerchiamo di capire cosa
stanno dicendo. –
-
Tom …
chi è questa ragazza e perché l’hai
portata qui? –
La
ragazza misteriosa parlava con un tono di voce basso e delicato, ma che
suonava
indignato e ferito.
- Una mia
compagna di Casa, una persona di cui ci si può fidare.
–
- Non mi
piace, eravamo d’accordo per vederci solo noi due. –
- Helena,
sii ragionevole … -
Il
fastidio cominciava a permeare la voce solitamente suadente e affettata
di
Riddle, segno che stava per perdere la calma.
Non
avrebbe voluto essere al posto della sconosciuta.
- Ti
lascio chiacchierare con la tua fidanzatina fantasma, Tom …
altrimenti non ne
ricaveremo nulla. Non metterci una vita – concluse Katherine,
seccamente, prima
di riprendere a scendere la scala a chiocciola.
-
Dobbiamo andarcene di qui – saltò su Clay,
afferrando Norman per un braccio e
trascinandolo dietro all’arazzo più vicino.
Videro
Katherine camminare a passo svelto lungo il corridoio semi buio, il
mantello
della divisa che ondeggiava alle sue spalle.
Era quasi
sparita dietro l’angolo quando si fermò e si
voltò indietro, puntando le iridi
castano intenso verso l’arazzo.
Clay si
ritrovò a pregare silenziosamente affinchè
riprendesse a camminare il prima
possibile.
La vide
continuare a scrutarlo per una manciata di secondi, poi
scrollò le spalle e
riprese la sua strada.
Attesero
un paio di minuti prima di uscire di lì.
Le iridi
azzurre di Norman erano sgranate e il suo sguardo valeva più
di mille parole:
non si sarebbe lasciato coinvolgere in un’altra impresa come
quella.
*
Rimestò
svogliatamente le uova strapazzate nel suo piatto.
Sentiva
lo stomaco fastidiosamente chiuso e aveva la netta sensazione che
avrebbe
finito con il rimettere anche ciò che non aveva ancora messo
sotto i denti.
Era la
sua prima partita come Capitano e la pressione la stava uccidendo.
Non
potevano permettersi di perdere quella partita, ne andava del suo
futuro di
Capitano.
Era
talmente assorta dalle sue considerazioni che non si accorse dei
ragazzi seduti
accanto a lei finchè Sophie non tossicchiò con
vigore.
Alexandra
e Abraxas le sorrisero mentre poco distante da loro c’era
Alphard in evidente
attesa.
- Siamo
passati per farti gli auguri per la partita … asfaltate i
Tassorosso! – esclamò
la bionda.
- Beh,
potete anche limitarvi a vincere senza asfaltarli … insomma,
non serve che
superiate il nostro punteggio – precisò Abraxas,
ricevendo per tutta risposta
una gomitata nelle costole da parte della ragazza.
- Ahia,
sei impazzita? –
- E tu ce
la fai a non pensare alla vittoria in ogni secondo? Siamo qui per
sostenere
Adhara, non per confrontare statistiche e punteggi. –
Le fece
la linguaccia, atteggiando il volto in una buffa smorfia che fece
alzare gli
occhi al cielo ad Alexandra.
Eppure
non gli rifilò una rispostaccia come Adhara aveva previsto.
Anzi,
sembrava palesemente concentrata nel non scoppiare a ridere.
Da quando
quei due andavano tanto d’accordo da mettersi a scherzare
insieme?
A meno
che … effettivamente nell’ultimo periodo li aveva
visti passare sempre più
tempo l’una nei pressi dell’altro e la cosa era a
dir poco sospetta.
- Non
avete nulla da dirmi voi due? –
Si
scambiarono una rapida occhiata.
- Nulla.
–
- Ne
siete proprio sicuri? Neppure qualcosa che è successo in
questi giorni? –
Un lieve
rossore si dipinse sul volto di Alexandra, tradendola.
- Te
l’avevo detto che l’avrebbe scoperto –
constatò Abraxas.
- Già, ma
mi domando come abbia fatto … insomma, questa volta sono
stata attentissima. –
Vide
l’amica sbuffare, atteggiando le labbra in un lieve broncio
che aveva il potere
di farla apparire sexy e tenera allo stesso tempo.
- Lo sai
che nulla sfugge al mio radar. –
- Già,
però così non è divertente. Se sai
già che ti ho preparato uno striscione
d’incoraggiamento mi dici che sorpresa è?
–
Rimase
interdetta.
Uno
striscione?
Era questo
il grande enigma da risolvere?
-
Apprezzo comunque il gesto, sorpresa o meno –
assicurò Adhara.
- Voglio
sperarlo, ho lavorato per ore per riuscire a incantare le frasi
… e lo sai che
sono una frana con la Trasfigurazione. –
Abraxas
tossicchiò, accennando alle sue spalle.
-
Alexandra, non avevamo detto due minuti? Lo sai che ad Alphard non
piace
aspettare. –
- Già,
andiamo subito, ancora in bocca al drago – disse,
stringendola in un ultimo
abbraccio prima di lasciarsi condurre via.
Alphard
sedette al suo posto, rivolgendole un sorriso sghembo.
Era una
di quelle espressioni che aveva il potere di farle tremare le ginocchia
ogni
volta che gliela rivolgeva.
Si sforzò
di darsi un contegno; insomma, era pur sempre una Rosier.
La studiò
per interminabili secondi, guardandola dritta negli occhi, prima di
pronunciare
la sua diagnosi.
- PSM? –
- Come
scusa? –
- Pre
match stress – chiarì.
- Solo un
po’, dopotutto il Capitano ha le aspettative di tutta la Casa
sulle spalle. –
- Te la
caverai alla grande. –
- Lo dici
solo per sollevarmi l’umore o lo pensi davvero? –
- Dico
sempre e solo quello che penso, dovresti saperlo. E tu voli veramente
bene, sei
una delle migliori Cacciatrici della scuola. –
Sgranò
gli occhi, fingendosi sconvolta.
- Alphard
Black che fa un complimento a qualcuno che non sia se stesso? Stai
attento,
potrei cominciare ad abituarmici. –
- Chissà,
forse. –
Le
strizzò l’occhio, alzandosi dalla panca.
- Ci
vediamo dopo la partita. –
- Certo.
–
Lo vide
allontanarsi e dirigersi verso la tavolata verde argento.
Fu solo
allora che realizzò quello che le aveva detto il ragazzo.
Dopo la
partita?
Aveva
forse intenzione di aspettarla dopo l’incontro?
O magari
era solo un modo di dire.
Doveva
davvero smetterla e tornare con i piedi per terra.
*
Fleamont
osservò l’amica continuare a guardarsi intorno
come se fosse alla disperata
ricerca di qualcosa o qualcuno.
- Ehm,
Kara? Stiamo per perderci la partita. –
Lo
liquidò con un mezzo gemito infastidito.
- Se
aspettiamo ancora tutti i posti saranno presi –
insistè Edward.
- Andate
se proprio dovete, ma smettetela di darmi il tormento –,
sbuffò, - io devo fare
una cosa molto più importante. –
- E
sarebbe? – domandò il compagno di Casa, perplesso.
- Devo
parlare con Minerva e scusarmi perché sono stata
un’idiota e lei è stata
un’idiota ancora più grande perché ha
pensato che io potessi mai considerarla
inferiore a qualcuno – buttò tutto fuori di scatto.
Ecco,
finalmente l’aveva detto a qualcuno o avrebbe finito con
l’impazzire.
- Sono le
scuse più strane che io abbia mai sentito, Dawson, ma non ho
molta esperienza
in materia quindi potrebbe essere comunque un modo efficace di farle,
per
quanto ne so. –
Sussultò,
colta alla sorpresa nell’udire la voce di Renford.
Si voltò
lentamente, trovandosi davanti il Serpeverde e, mano nella mano con
lui,
Minerva.
L’amica
la fissava in silenzio, facendo crescere la tensione e al contempo
l’imbarazzo
dentro di sé.
- Ecco,
io … immagino tu abbia già sentito tutto quanto
quindi fondamentalmente non c’è
molto altro che possa dirti se non: mi dispiace, sul serio,
più di quanto possa
dire a parole. –
Minerva
le si avvicinò di scatto e per un folle istante temette che
l’avrebbe
picchiata.
Invece
l’abbracciò, tenendola stretta a sé.
Ricambiò
il gesto, sentendo la tensione abbandonarla rapidamente.
- Siamo
ancora amiche, Minnie? –
- Saremo
sempre amiche, sciocca. –
Si
separarono nel momento in cui il fischio d’inizio si
librò giunse alle loro
orecchie.
-
Perfetto, adesso diamoci una mossa – intervenne Fleamont,
avviandosi verso le
gradinate.
- Come
rovinare un momento tenero – sospirò Edward,
tuttavia lo seguì.
Tuttavia
a Kara non era sfuggita la reazione del Serpeverde rimasto con loro.
Le
guardava come se fosse veramente contento della loro riappacificazione.
La
considerazione che aveva di Renford Lestrange salì
vertiginosamente.
- Stai
sorridendo intenerito, Lestrange?
- Non so
di cosa ti faccia, Dawson, ma ti considero vivamente di cambiare
spacciatore.
Io non sorrido mai intenerito – la rimbeccò,
facendo sparire il sorriso che
aveva intravisto fino a poco prima.
Sì,
certo, ma a chi voleva darla a bere?
*
Devon
perlustrò l’area attorno a lui.
Erano
sotto per 30 a 20 e il Boccino non si era ancora fatto vedere.
Se
volevano sperare di vincere la partita dove trovarlo e doveva farlo il
prima
possibile.
Notò con
la coda dell’occhio che Azalea, a pochi metri da lui, faceva
altrettanto.
Era più
piccola e veloce di lui, non poteva permettere che lo battesse sul
tempo.
Fu allora
che avvertì un fruscio alle sue spalle.
Si voltò
di scatto, vedendo il familiare bagliore dorato che solcava il cielo
azzurro.
Si lanciò
all’inseguimento, venendo affiancato all’istante da
Azalea.
Spinse la
scopa al massimo, appiattendosi contro il manico per cercare di
aumentare al
massimo l’aerodinamicità.
Non era
abbastanza.
Vide
Azalea doppiarlo e allungare la mano verso la sfera.
Le dita
sottili e femminili si chiusero sul Boccino, scatenando il boato della
folla
sedulta tra gli spalti di Corvonero.
Il
fischio che sanciva la fine della partita giunse all’istante.
- E
Corvonero vince per 180 a 20 – annunciò il
commentatore, accompagnato dai
sospiri rassegnati dei Tassorosso.
Era stata
una partita sotto tono e l’avevano giocata davvero male, non
c’erano scuse.
Puntò
nella direzione opposta a quella del resto dei giocatori e spinse la
scopa al
massimo della velocità, determinato ad allontanarsi di
lì il più possibile.
Laura e
Alya atterrarono a pochi passi da Stephen, con il fiato corto.
-
Dovremmo andargli dietro? –
Il biondo
scosse la testa.
Era
tipico di Devon sfogare la rabbia in quel modo.
- Non
serve. Torniamo al castello, si farà vivo quando
avrà sbollito. –
Spazio
autrice:
Salve!
Comincio scusandomi per l’attesa, la brevità e il
capitolo non
del tutto convincente (o almeno non mi ha convita del tutto, non so
voi) ma
purtroppo lo studio, il caldo e un torcicollo tremendo mi hanno messa
ko in
questi giorni quindi oggi mi sono auto imposta di lavorare al capitolo
perché
non mi andava di farvi aspettare ancora.
Spero che non faccia eccessivamente schifo, in quel caso
scusatemi e prometto di rifarmi con il prossimo.
Al prossimo aggiornamento.
Stay tuned.
XO XO,
Mary
|
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Capitolo 12 *** Capitolo 11 ***
Capitolo
11
Minerva
venne svegliata da un chiacchiericcio di sottofondo.
Inizialmente
aveva creduto che si trattasse semplicemente di un sogno, ma quando le
voci si
erano sovrapposte e il mormorio era cresciuto di volume aveva dovuto
prendere
atto che no, non era un sogno.
C’era
davvero qualcuno nella loro stanza che, in barba all’ora a
dir poco antelucana,
aveva pensato bene di svegliarla.
Aprì un
occhio, tenendo l’altro saldamente serrato, sondando la
stanza.
Kara era
seduta sul suo letto, a gambe incrociate, e accanto a lei
c’erano Alexandra e
Adhara intente a smaltarsi le unghie a vicenda; Drusilla, invece, era
seduta a
cavalcioni sulla sedia e teneva tra le braccia quella che aveva tutta
l’aria di
essere una qualche torta.
Il suo
cervello mezzo addormentato registrò solo in quel momento
che giorno fosse.
Ecco perché
il dormitorio femminile di Grifondoro era stato preso
d’assalto.
Il suo
compleanno, il suo diciassettesimo compleanno.
Era
ufficialmente un’adulta per il mondo magico.
- Sorgi e
brilla, raggio di sole, stavamo cominciando a pensare di doverci
mangiare la
torta da sole – la salutò Kara, mentre Drusilla
annuiva con vigore.
- Il che
non sarebbe stato male, sicura di non voler tornare a dormire?
–
-
Riaddormentarmi sarebbe impossibile anche con una pozione soporifera
visto il
rumore che state facendo, Dru – replicò ridendo.
Allontanò
le coperte e si mise a sedere sul bordo del letto.
Adhara si
alzò con un colpo di reni, abbracciandola goffamente per non
rovinarsi lo
smalto nero ancora umido.
- La mia
bambina è diventata grande – disse, fingendo di
asciugarsi una lacrima.
- Ti
ricordo che hai due mesi meno di me, non dovrei essere io la mamma?
–
Scosse le
onde corvine. – Dettagli. Sei solo anagraficamente
più grande di me, Minnie,
per il resto direi che devi ancora metterti in pari … o
almeno credo. –
Le
rivolse un’occhiata strana che fece sorridere maliziosa
Alexandra e avvampare
Drusilla.
Kara alzò
gli occhi al cielo.
- Per le
mutande di Merlino, ditemi che non stiamo davvero parlando di aver
fatto o meno
sesso? –
- Lo dici
come se fosse una cosa tremenda – constatò
Alexandra.
- Lo é. –
- Oh,
andiamo Kara, non essere bigotta. Immagino che tutte ce lo stiamo
chiedendo da
quando la storia tra lei e Renford è diventata ufficiale.
Insomma, lo avete
fatto o no? –
Minerva
sentì le guance diventare bollenti e non ebbe alcun bisogno
di guardarsi allo
specchio per avere la certezza di essere ormai diventata un vero e
proprio
pomodoro umano.
- Ecco,
devo proprio rispondervi? –
- Certo
che devi – replicò all’istante Adhara.
Prese un
respiro profondo, sforzandosi di sconfiggere la tremenda sensazione di
imbarazzo che stava provando.
Dopotutto
erano le sue migliori amiche, non l’avrebbero mai giudicata.
- D’accordo
… non lo abbiamo ancora fatto – ammise.
Alexandra
e Adhara sgranarono gli occhi, colte di sorpresa.
- Sul
serio? –
- Già,
sembrate sconvolte dalla cosa. –
- Non in
senso negativo -, si affrettò a precisare Adhara, -
semplicemente non pensavamo
che Renford fosse uno di quei tipi che sanno aspettare. È
un’ottima cosa,
significa che ci tiene davvero – le assicurò.
Certo
Renford non era un verginello di primo pelo, anzi aveva avuto parecchie
avventure nell’arco di quei sette anni di permanenza al
castello, ma lei non si
era mai soffermata a pensare a quanto dovesse mettersi
d’impegno per non farle
pressioni.
- Ragazza
fortunata – assentì Alexandra a sua volta,
sorridendole affettuosamente, - e
adesso che ci siamo tolte la curiosità accantoniamo
l’argomento sesso e
dedichiamoci alla torta! –
Drusilla
annuì con convinzione, cominciando a dividere la piccola
torta alla frutta in
porzioni equamente ripartite.
-
Finalmente qualcosa su cui sono assolutamente d’accordo.
–
*
Alya
si
accigliò osservando la sedia al suo fianco ancora
desolatamente vuota.
- Sai che
fine ha fatto Dru? –
Laura annuì,
continuando a tenere gli occhi puntati sulla copia della Gazzetta del
Profeta
che le era appena stata consegnata.
In prima
pagina capeggiava un immenso articolo sul recente attacco di
Grindelwald a
Parigi.
- E dov’è?
–
Nessuna
risposta.
Alya
tossicchiò, cercando di attirare l’attenzione
dell’amica.
Nulla.
Quando si
trattava di Grindelwald Laura finiva su un altro pianeta.
- Laura,
torna sulla terra. Siamo in Sala Grande, a Hogwarts, e stritolare la
copia
della Gazzetta non cambierà le cose – la
richiamò, alzando leggermente la voce.
Fu allora
che diede finalmente segno di averla sentita.
Alzò lo
sguardo su di lei, rivolgendole un lieve sorriso di scusa.
- Ero
concentrata nella lettura. Questo è il quarto attacco
nell’arco di circa un mese,
è possibile che nessuno faccia nulla? –
Capiva
alla perfezione i sentimenti dell’amica, doveva essere dura
per lei sapere che
Grindelwald era ancora a piede libero dopo tutte le persone che aveva
ucciso.
- Riusciranno
a fermarlo … -
- E non è
vero che nessuno sta facendo nulla – intervenne Devon, che
aveva suo malgrado origliato
parte della conversazione. Noi stiamo
facendo qualcosa, tu stai facendo
qualcosa. È a questo che serve il Club dei Duellanti
– concluse, posandole una
mano grande e lievemente escoriata sulla sua.
Osservò
le ferite sulle nocche, storcendo il naso.
Aveva
avuto la conferma che fosse rimasto a volare per molto dopo la
sconfitta, ma
quei segni erano la conferma lampante.
- Quanto
tempo hai passato a continuare ad allenarti dopo la partita di ieri?
–
Devon
tentennò per un attimo prima di rispondere.
Puntò le
iridi verde pallido su quelle scure di Alya e ironizzò: -
Che dici, mi
strangola se glielo confesso? –
Alya
rise, stringendosi nelle spalle.
-
Immagino che non ti resti che scoprirlo, Dev. –
- Tu non
mi difenderesti? –
-
Assolutamente no. Mai mettersi contro Laura, è la prima
lezione da imparare …
specialmente quando ha ragione. –
- Allora
immagino che andrò incontro al mio destino. Lo confesso,
sono rientrato in
dormitorio verso le undici. –
Laura
sgranò gli occhi.
- Le
undici? Ma la partita è finita alle sei … sei
rimasto ad allenarti per cinque
ore? –
- Se
avessi preso il Boccino per primo avremmo vinto. –
- Non è stata
colpa tua, Devon – replicò, stringendo a sua volta
la mano del ragazzo, ancora
adagiata sulla sua.
Annuì,
poco convinto.
-
Piuttosto, tu sai che fine ha fatto Drusilla? –
Scosse la
testa.
- Non ne
ho idea, ma mancano parecchie delle ragazze ai vari tavoli. Steph, tu
ne sai
qualcosa? –
Il biondo
annuì. – Certo. –
- E perché
non ce l’hai detto? – domandò Alya.
- Perché nessuno
me lo ha chiesto -, si strinse nelle spalle, - comunque è
nella torre di
Grifondoro con mia sorella, Adhara e Kara. Oggi è il
compleanno di Minerva e
sono andate a farle una sorpresa. –
Giusto,
con tutto quello che stava succedendo in quel periodo aveva finito con
il
passarle completamente di mente.
- E tu
come lo sai? –
- Perché questa
mattina l’ho vista sgattaiolare fuori dalle cucine con una
torta al cioccolato.
Non ha saputo resistere al mio charme e mi ha raccontato tutto.
–
-
Tradotto l’hai molestata finchè non te
l’ha detto, esasperata – chiarì Devon.
- Oh,
andiamo, molestata è una parola forte … diciamo
che potrei averle chiesto dove
stava andando una decina … o magari una ventina,
d’accordo diciamo anche una
trentina, di volte dove stava andando. –
-
Santissima Helga, King, sei un vero e proprio stalker. –
- Non
sono uno stalker, Alya. –
- Ah, no?
E come ti definiresti? –
- Un tipo
determinato a ottenere quello che vuole. –
Un
sorriso furbo si dipinse sulle labbra di Laura.
- Quindi
quello che vuoi è Dru? –
Stephen
smise di mangiare, alzandosi di scatto.
- Parlerò
solo in presenza del mio magi avvocato; se volete scusarmi, ci vediamo
a
lezione. –
E fu così
che Devon si ritrovò con due paia di occhi puntati su di
lui, l’unico in grado
di dare loro risposte accurate sul comportamento di quel pazzo
scatenato del
suo migliore amico.
Stephen
gliel’avrebbe pagata, poco ma sicuro.
*
-
Avete
una vaga idea di come accidenti si prepari questa cosa? –
sbuffò Azalea,
indicando con un cenno disgustato del capo la pozione che sobbolliva
lentamente
nel calderone di peltro.
- Prova
con le radici di alloro – suggerì Norman.
- Radici
di alloro? Stai scherzando, spero … vai di ginepro,
cuginetta – intervenne Ethan,
affacciandosi dal banco dietro al loro.
- Bacche di
ginepro, Fenimore, sul serio? – gli fece eco il Corvonero,
aggrottando la
fronte, - funzionerebbe se volessi far esplodere il calderone.
–
Ethan
parve perdersi nel nulla, come se il suo cervello stesse viaggiando a
tutta
velocità verso chissà che direzione.
- Non
pensarci nemmeno, Et – lo redarguì la ragazza.
- A cosa?
–
- A
combinare qualche scherzo dei tuoi. –
- Mi
sento ufficialmente offeso. Credi forse che potrei mai manomettere di
proposito
il tuo calderone per far esplodere la pozione dritta addosso a
Lumacorno non
appena si avvicina a controllare come procedi con il lavoro? –
Gli
rivolse un’occhiataccia.
- Sì,
esatto, sono assolutamente certa che lo faresti. –
-
Ribadisco, sono offeso. –
Tobias,
seduto al suo fianco, ridacchiò.
-
Rassegnati, amico, ormai ti ha beccato. –
Sbuffando,
si lasciò ricadere sulla sua sedia. – Peccato,
sarebbe stato davvero divertente.
–
*
-
Signor
King, sa per caso che fine abbia fatto la sua gemella? –
- Ehm …
non esattamente, professor Silente. –
- Le
faccia presente che sto ancora aspettando il suo tema sulla
trasfigurazione
congiunta. –
Annuì
meccanicamente.
Avrebbe
voluto sotterrarsi, lui che non era mai in ritardo con i compiti.
E poi,
effettivamente, dove si era cacciata Alexandra?
Doveva
essere andata a fare gli auguri a Minerva, ma era passata
più di un’ora e mezza
da quando aveva lasciato la loro Sala Comune.
Cominciava
seriamente a preoccuparsi.
- Neppure
Kara e Minerva si sono viste – lo informò
Fleamont, suo ormai storico compagno
di banco.
- Credi
che si siano cacciate nei guai? –
- Se si
trattasse solo di tua sorella e delle altre ci scommetterei, ma con
Minerva?
Non credo che permetterebbe loro di finire nei guai. –
- Per
quanto sia affascinante la vostra smodata preoccupazione, ho il
bizzarro desiderio
di ascoltare la spiegazione – sibilò Tom,
voltandosi verso di loro per
folgorarli con un’occhiataccia.
I due
ragazzi si zittirono all’istante.
Quando
Riddle utilizzava quel tono non c’era nulla di buono
all’orizzonte e tanto
valeva dargli retta.
Silente
era alle prese con un passaggio particolarmente ostico della lezione
quando la
porta dell’aula si spalancò a mostrare
un’Alexandra dai capelli biondi
scarmigliati e il fiato corto.
Aveva
tutta l’aria di chi aveva fatto gli ultimi piani correndo
come una pazza.
- Mi
scusi per il ritardo, professor Silente … le ho portato il
tema – aggiunse,
sventolando un rotolo di pergamena palesemente appena finito di
scrivere e
decisamente spiegazzato.
Il
professore le rivolse un lieve sorriso, afferrando la pergamena.
- Molto
bene, signorina King, prenda pure posto … cinque punti in
meno a Serpeverde per
il suo ritardo. –
L’occhiata
micidiale di Tom la fece trasalire.
Fantastico,
era persino più inquietante del solito.
Edward si
sporse verso di lei, attirando la sua attenzione.
- Che è successo?
–
- Avevo
dimenticato di fare il tema per Silente … Minerva e Adhara
mi hanno aiutata a
scriverlo all’ultimo secondo perciò abbiamo finito
con il fare tardi. –
Fleamont
tossicchiò, accennando a Silente che stava guardando verso
di loro.
- Vado
contro i miei interessi, ragazzi, ma sono abbastanza certo che se fate
perdere
altri punti a Serpeverde Riddle si alzava dalla sedia e vi squarta
davanti a
tutti. –
*
-
Hai
preso tutto? –
Sophie
annuì, trascinando dietro di sé
l’immensa cesta da pic nic che gli elfi
domestici erano stati tanto gentili da preparare per loro.
- Dovremo
fare almeno altri tre viaggi, hanno cucinato veramente tantissima roba
–
sospirò Mayra.
- Merito
di Dru e della sua amicizia con gli elfi domestici. Non avrei saputo
dove altro
trovare tutto questo cibo. –
- Credi
che a Minerva piacerà? Insomma, quello che stiamo facendo
non è che sia
esattamente nello spirito delle regole. –
Con un
sorriso furbo, la bionda le strizzò l’occhio.
- Fidati,
May, lo adorerà e non penserà nemmeno per un
attimo a tutte le regole che
violeremo … o meglio, magari ci penserà per i
primi cinque minuti ma poi
lascerà perdere. –
Sperava
davvero che avesse ragione.
L’idea di
utilizzare la Stanza delle Necessità per organizzare una
festa per i
diciassette anni della ragazza era venuta ad Adhara, che aveva
organizzato
tutti i dettagli insieme a Renford, e a loro era toccato il faticoso
compito di
trasportare i viveri.
Alle
bevande, gli era stato detto, avrebbero pensato Abraxas e Alphard.
Non
avevano la minima idea di come sarebbero riusciti a fare entrare
dell’alcool all’interno
della scuola, ma aveva fiducia nelle capacità combinate di
un Black e di un
Malfoy.
- Sarà la
festa più epica che Hogwarts abbia mai visto –
profetizzò.
- Anche
meglio, sarà la festa migliore dell’intero mondo
magico! –
*
-
Sei
proprio sicura di non voler venire? –
Katherine
scosse la testa, raggomitolandosi maggiormente sulla poltrona davanti
al
caminetto scoppiettante.
- Al
cento per cento. Mi sentirei un’imbucata, non è
esattamente una mia amica. –
- Ma non
ti sta nemmeno antipatica – osservò Alphard.
Già, era
vero, trovava che Minerva fosse inaspettatamente niente male per essere
una
Grifondoro.
Eppure
non avrebbe mai passato del tempo in sua compagnia, semplicemente
dubitava che
sarebbero mai potute essere due tipe compatibili.
- Resterò
qui, io e Tom abbiamo in programma una partita di scacchi. –
- Come
preferisci -, si strinse nelle spalle, - se cambiate idea sapete dove
trovarci.
–
Come se
Tom avrebbe mai accettato di prendere parte a una festa illegale
… per di più
di una Grifondoro e Mezzosangue
con
cui non aveva alcun tipo di rapporto o legame.
-
Divertitevi – tagliò corto, notando con la coda
dell’occhio che il suddetto
amico stava uscendo dal dormitorio maschile.
Non c’era
bisogno di coinvolgere anche Tom nella discussione.
- Ci
vediamo – annuì Alphard, avvicinandosi ad Abraxas
che aveva l’aria palesemente
sofferente.
- Black,
dammi una mano con questa roba, pesa troppo. –
-
Braccine deboli, Malfoy? –
Gli
rivolse un gestaccio.
- Hai
visto come sono resistenti? –
Ridendo,
Alphard gli tolse di mano un paio di casse di idromele e dopo aver
rivolto un
cenno del capo ai compagni di Casa sgusciò fuori dal
passaggio segreto.
Abraxas
gli venne dietro.
Rimasti
soli, Tom inarcò un sopracciglio.
- Se ci
fanno perdere dei punti giuro che appenderò le loro teste
proprio sopra al
caminetto. –
- Accanto
alla stendardo di Serpeverde? Non credo che starebbero bene, forse
dovresti
sistemarle un po’ più in alto. –
- Tu
dici? –
Annuì,
sorridendo divertita.
- Già …
ti è chiaro che sto scherzando, vero Tom? –
Un
sorriso stese le labbra sottili del ragazzo.
-
Ovviamente … stavo scherzando anche io. –
Sì,
forse, ma non aveva avuto affatto quella sensazione.
Era un
periodo che le sembrava che le sanguinarie minacce di Tom fossero
sempre più
assennate e decise come se l’idea di uccidere e menomare
qualche cadavere non
lo preoccupasse minimamente.
Forse era
solo una sua impressione, chi poteva dirlo.
- Allora,
questa partita a scacchi? –
- Arrivo
subito -, assicurò raggiungendolo al tavolo, - questa volta
ti batterò, fosse l’ultima
cosa che faccio. –
*
Renford
continuò a guidarla lungo la strada, fornendole indicazioni
precise mentre la
faceva camminare con il volto coperto.
- Mi dici
dove stiamo andando? –
- Se te
lo dicessi che sorpresa sarebbe? C’è un ultimo
gradino, stai attenta. –
Le posò
le mani sui fianchi, facendola voltare verso di sé e
attirandola maggiormente
vicina.
Minerva
sentiva chiaramente il calore provenire dal suo corpo.
Dovevano
essere tremendamente vicini.
Allungò
una mano, posandola sul petto del ragazzo.
Persino
al di sopra della divisa riusciva a percepire quanto fosse solido e ben
fatto
il suo corpo.
- Che
fai, allunghi le mani? – la prese bonariamente in giro.
- E se
anche fosse? –
Lo sentì
esitare per un istante, segno che la sua risposta doveva averlo colto
di sorpresa.
- In quel
caso sarei più che pronto a farmi mettere le mani addosso da
te … e non solo
quelle. –
Ringraziò
di avere gli occhi coperti in modo tale da non guardarlo negli occhi,
perché era
certa che il suo sguardo avrebbe tradito un imbarazzo tremendo.
-
Comunque, tornando al motivo per cui siamo qui … puoi
togliere la benda. –
Obbedì,
attendendo pazientemente che gli occhi ormai abituati
all’oscurità mettessero a
fuoco i contorni del luogo in cui si trovava.
- Siamo
fuori dalla Stanza della Necessità? –
- Già. –
- E che
ci facciamo qui? –
- Apri la
porta e lo scoprirai … non avrai mica paura? – la
sfidò con un luccichio
divertito nelle iridi cobalto.
- Non ho
mai paura. –
Abbassò
la maniglia.
La porta
si aprì, mostrando decine di candele disseminate per la
stanza.
Venne
assalita dal clamore un attimo prima di registrare la presenza di
decine di
volti sorridenti.
- Sorpresa!
–
Si voltò
verso Renford, saltandogli al collo.
- È la
cosa più … nessuno l’aveva mai fatto
per me – mormorò, piantandogli un bacio
sulle labbra, incurante degli sguardi dei presenti.
Spazio
autrice:
Salve!
Eccoci qui con il nuovo aggiornamento, spero che il capitolo
vi sia piaciuto.
Vi lascio una scaletta dei prossimi quattro capitoli e vi
chiederei di mandarmi un tipo di
odore/profumo che potrebbe rappresentare il vostro OC
(tramite recensione o
tramite MP):
-
Secondo incontro del Club dei duellanti;
- Una lezione di Pozioni un po’ particolare (mi spiace, ma
non posso aggiungere altro vista la mia filosofia "no spoiler
eccessivi" xD);
- Halloween;
- Partita Corvonero vs Serpeverde.
Al prossimo aggiornamento.
Stay tuned.
XO XO,
Mary
|
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Capitolo 13 *** Capitolo 12 ***
Capitolo
12
-
Merlino, ho un mal di testa tremendo – gemette Abraxas,
passandosi le mani sul
volto stanco e segnato dalla nottata passata a fare le ore piccole.
- Potevi
andare a dormire a un’ora decente – lo
rimbeccò Tom, sorseggiando il suo succo di
zucca.
- Non hai
la minima solidarietà nei miei confronti, Tom? –
-
Assolutamente no. Anche perché devo ancora capito il motivo
per cui hai
accettato di prestarti a quella ridicola trovata. –
- Bella
domanda. Sarà forse perché Renford e Adhara non
mi hanno lasciato alcuna
possibilità di scelta? –
- Renford
sembra essersi bruciato il cervello in quest’ultimo periodo
–, osservò Heidi
inserendosi nella conversazione prima ancora che uno dei due ragazzi si
fosse
reso conto del fatto che stava origliando, - Non sei
d’accordo anche tu, Tom? –
Il
ragazzo posò a malapena lo sguardo su di lei, limitandosi a
fissarla con fredda
noncuranza quasi non avesse neppure aperto bocca.
Abraxas
invece non perse l’occasione di punzecchiarla, dopotutto
erano settimane che
non discuteva con qualcuno e stava cominciando davvero a sentirne la
mancanza.
- Lo sai
che quando ti accigli in quel modo ti compaiono delle piccole rughe
intorno
agli occhi, vero Heidi? –
- Non ho nessuna
ruga, Malfoy – lo rimbeccò,
ma abbandonò immediatamente quell’espressione e
tornò a concentrarsi sulla
colazione.
Era una
sua impressione oppure stava cercando di specchiarsi nel riflesso del
cucchiaio
nell’intento di trovare conferma o meno alle sue
insinuazioni?
- Quindi,
tornando alla tua scarsa solidarietà, non ci sono speranze
che mi faccia dare
un’occhiata al tuo compito di Storia della magia? –
-
Assolutamente nessuna. –
- Sono
sempre più convinto che tu ci goda nel vedermi supplicarti.
–
- Questo
sì che è possibile -, convenne con un ghigno
divertito, - comunque invece di
dare il tormento a me perché non provi a rivolgerti ad
Alexandra? È quasi brava
come me in Storia della
magia – concluse, calcando in modo palese sul
“quasi”.
Le iridi
grigie del ragazzo s’illuminarono.
A quello
non aveva minimamente pensato.
- Sei un
genio, Tom. –
- Lo so.
–
Scivolò
sulla panca fino a ritrovarsi di fronte ad Alexandra, rivolgendole un
sorriso
smagliante.
Edward lo
folgorò con un’occhiataccia.
- Che ti
serve, Malfoy? –
- Da te
assolutamente nulla, mr simpatia. Avevo intenzione di rivolgermi a una
versione
più bionda, più femminile e francamente
più bella di te. Alexandra, salveresti
una povera e innocente anima dall’ennesima D in Storia della
magia? –
Alexandra
trattenne una risata, osservandolo sfoggiare un’espressione
supplichevole che
lo faceva sembrare un cucciolo indifeso.
-
D’accordo, ti passerò il mio tema, ma mi devi un
favore enorme. –
- Certo.
–
Ripescò
il foglio dalla borsa in pelle di drago, tendendoglielo.
- Ah,
quando dico enorme intendo veramente enorme.
–
- Affare
fatto. –
*
-
Signorina Dawson, cosa dovrebbe essere esattamente quella che ribolle
nel suo
calderone? –
Kara
osservò la poltiglia verdognola che si stava rapidamente
depositando sul fondo
del calderone.
Adhara, a
pochi calderoni di distanza, borbottò qualcosa che suonava
come un “non
rispondere, è una trappola”.
Trattenne
una risata, certa che scoppiare a ridere in faccia al professore non
avrebbe di
certo perorato la sua causa.
- Ehm …
distillato della morte vivente, professore? –
Lumacorno
arricciò il naso, assottigliando gli occhietti acquosi.
- Ne
dubito fortemente. Qualsiasi cosa sia questa … cosa, le assicuro che non è
Distillato della morte vivente anche se
noto una certa somiglianza con il muco di troll. –
Che era
precisamente il voto che avrebbe preso ai M.A.G.O. dell’anno
seguente in quella
maledetta materia, ne era certa.
- Trenta
centimetri di pergamena sulla corretta preparazione del Distillato
della morte
vivente, li voglio sulla mia scrivania per venerdì mattina o
collezionerà uno
zero, signorina Dawson – concluse, passando oltre.
-
Fantastico, ho già quaranta centimetri di pergamena per
Trasfigurazione e altri
venti per Incantesimi … senza contare gli allenamenti di
questa sera, me lo
dite quando studio? – sospirò, rivolgendo uno
sguardo affranto in direzione di
Minerva e Adhara.
Quest’ultima
spinse leggermente di lato il Corvonero del suo anno, Gabriel Davies,
per
rivolgerle un’occhiata solidale.
- Posso
darti una mano con Pozioni, se vuoi. –
- Lo
apprezzo moltissimo -, replicò speranzosa, - anche
perché la colpa del mio
votaccio è tutta del tuo compagno di banco –
concluse, lanciando
un’occhiataccia al suddetto ragazzo.
Davies
inarcò un sopracciglio, guardandola dall’alto in
basso.
Se
sperava di sfruttare la sua considerevole stazza da Battitore per
intimorirla
si sbagliava di grosso.
- E
perché sarebbe colpa mia se sei completamente negata in
Pozioni? –
- Perché
Adhara era la mia unica speranza per superare la lezione incolume e tu
hai
occupato il posto accanto al suo. –
- Potevi
arrivare prima – la rimbeccò.
Sbuffando,
Kara alzò gli occhi al cielo.
- Credi
davvero che questo tuo atteggiamento sia producente, Davies? Insomma,
lo
sappiamo tutti che hai una cotta per Adhara dal terzo anno …
pensi seriamente
di avere qualche chance solo perché monopolizzi il posto
accanto a lei a ogni
lezione? –
Gabriel
parve perdere l’uso della parola; il suo viso
passò da un pallore quasi mortale
a un rosso pomodoro particolarmente acceso.
- Resta
il fatto che non è colpa mia se ti sei presa un compito di
punizione –
bofonchiò, tornando ad annotare i procedimenti sul suo
rotolo di pergamena.
Infilò
tutto in borsa, attendendo il termine della lezione per uscire
dall’aula a
passo di carica.
Adhara
rise, aspettando che l’amica le si affiancasse mentre
uscivano a loro volta
dall’aula.
- C’era
proprio bisogno di dirglielo così duramente? –
-
Non sono stata dura -, chiarì la Grifondoro, - ma
semplicemente sincera. –
La
Corvonero alzò gli occhi al cielo, astenendosi dal
commentare che ultimamente
la sincerità di Kara non le era stata particolarmente utile,
bastava pensare
alla discussione di pochi giorni prima con Minerva.
Eppure
tutte loro sapevano com’era fatta l’amica e a loro
andava bene così, non
sarebbe stata Kara altrimenti.
-
Ma quello non è Alphard? – aggiunse poi, indicando
il ragazzo che aveva appena
svoltato l’angolo in compagnia di Katherine Nott.
Fu
proprio quest’ultima ad accorgersi per prima della loro
presenza.
Diede
un colpetto al fianco del compagno di Casa, accennando a loro.
Dopodichè
la videro mormorare qualcosa e prendere uno dei corridoi laterali.
Alphard
si avvicinò loro, sorridendo all’indirizzo di
Adhara e rivolgendo un lieve
cenno del capo a Kara.
-
Reduci da Pozioni? –
La
Grifondoro annuì. – Lasciamo perdere, ormai sono
certa che Lumacorno mi odi. Vi
lascio chiacchierare, ragazzi, perché per le prossime
quarantotto ore sarò sommersa
dai libri fino a qui – concluse, indicando un punto a
mezz’aria che era una
decina di centimetri sopra la sua testa.
-
Quando hai finito con Pozioni fammi avere il tema così te lo
correggo. –
-
Signorsì, signora. E, mi raccomando, di a Davies che se si
siede vicino a te
anche ad Antiche Rune potrei davvero ucciderlo. –
Le
rivolse un beffardo cenno di saluto militare e li lasciò da
soli.
-
Davies? Gabriel Davies? –
chiese Alphard,
con un’espressione sul bel volto che non seppe interpretare.
-
Già, Kara ce l’ha a morte con lui
perché a Pozioni continua a impedirle di
sedersi accanto a me … e senza il mio aiuto lei continua a
prendere voti
imbarazzanti. –
-
Ah. –
-
Ah cosa? –
-
Nulla. –
-
Perché ho la sensazione che il tuo
“nulla” non sia realmente nulla? –
-
Non so di cosa tu stia parlando. –
-
Alphard – sbuffò, le mani sui fianchi e
l’espressione di chi non avrebbe
lasciato correre affatto.
-
Adhara – la rimbeccò.
-
Mi dici per cosa era quell’ “ah”?
–
-
Niente, sono solo contento che tu abbia un compagno di banco
così fedele –
concluse con tono affettato e, perlomeno alle sue orecchie,
tremendamente
falso.
Sgranò
le iridi color ghiaccio, incredula.
-
Sei geloso? Sei veramente geloso di Gabriel? –
Non
sapeva se essere più lusingata o divertita dalla cosa.
-
Non sto dicendo questo. Sto solo affermando che alla prossima partita,
che se
non sbaglio è la settimana prossima, Davies farebbe meglio a
indossare un
caschetto protettivo bello resistente –, sorrise sornione per
poi porgerle
cavallerescamente il braccio, - andiamo, ti accompagno al dormitorio.
–
*
Seduti
al tavolo della biblioteca, Renford osservava la ragazza davanti a lui
analizzare attentamente la versione da tradurre.
-
Continuo a non capire come faccia a piacerti questa materia -,
sbuffò Minerva,
- a me solo guardare queste rune fa venire il mal di testa. –
Ammiccò.
-
Suppongo dipenda dalla mia smodata intelligenza. –
Gli
assestò un buffetto sul braccio. – Arrogante,
Lestrange, veramente molto
arrogante. –
-
Scherzi a parte, vuoi che ti dia una mano? –
-
No, voglio riuscirci da sola, è una questione di principio.
Insomma, non posso
certo farmi sconfiggere da una stupida traduzione. –
-
Già, non sarebbe molto da Grifondoro – convenne,
ironico.
-
Renford … -
-
Sì, Minnie? –
-
Sei venuto in biblioteca solo per darmi fastidio o per studiare?
–
-
Una via di mezzo tra le due, credo – replicò,
rivolgendole un sorriso sghembo.
Un
tossicchiare discreto interruppe il loro piccolo teatrino.
Minerva
si voltò, trovando dietro di sé Katherine Nott.
C’erano
poche persone in grado di metterla a disagio, ma Katherine rientrava a
pieno
titolo nella top five.
Forse
erano i penetranti occhi castano scuro, che sembravano sempre sul punto
di
folgorarti con la semplice forza del pensiero, o l’aria
solitamente seria e
sicura di sé che aveva o ancora il semplice fatto che non
fosse un segreto la
sua stretta amicizia con Riddle … e, insomma, quale persona
completamente sana
di mente avrebbe mai legato così tanto con un tipo oscuro e
inquietante come
quello?
-
Scusate l’interruzione, ma avrei bisogno di parlare con te
Ren. –
-
D’accordo. –
-
In privato. –
Con
un sorriso di scuse, Renford si alzò dal tavolo. –
Torno subito. –
La
seguì verso il reparto d’incantesimi.
-
Che succede, Kat? –
-
Mi serve un aiuto … o meglio, ci serve. –
Non
ebbe bisogno di chiedere chi altro fosse l’interessato
perché quando si
trattava di Katherine il nome che balzava immediatamente alla mente per
associazione era un solo.
-
Cosa posso fare per te e Tom? –
-
Abbiamo bisogno di una mano con una traduzione. Abbiamo provato a
lavorarci per
giorni, ma siamo bloccati. È un tipo di runa veramente
arcaico. –
-
Di che periodo stiamo parlando? –
-
Medioevo. La tua famiglia è nota per essere esperta in
Antiche Rune, tua zia
Leta ha anche vinto un premio durante gli anni della scuola, no?
–
-
Giusto, ma io non sono bravo quanto lei – la
anticipò.
-
Ma sei il migliore qui a scuola e, se non dovessi riuscire nella
traduzione,
magari potresti chiedere a tua zia di pensarci. –
-
Perché ho l’impressione che sia una traduzione che
noi non dovremmo neppure
conoscere? –
Un
sorriso divertito si allargò sulle sue labbra. –
Perché non sei affatto
stupido. Lo ammetto, è roba oscura, potenzialmente molto oscura e quasi sicuramente
illegale. –
-
Mi avevi già convinto con “il molto
oscura”. Vedrò cosa riesco a ricavarne, ma
ci vorrà del tempo. –
-
Naturalmente, prenditi tutto il tempo che ti serve fino al ritorno
dalle
vacanze di Natale. –
Estrasse
il Grimorio dalla tasca interna della divisa, depositandoglielo tra le
braccia.
-
Ah, non serve sottolineare l’importanza della discrezione.
–
-
Ovviamente. Vi aggiorno appena scopro qualcosa. –
Fece
scivolare il Grimorio nella tracolla in pelle di drago e
tornò verso il tavolo
a cui era seduto poco prima.
Minerva
alzò gli occhi su di lui, incuriosita.
-
Cosa ti ha chiesto? –
-
Mi ha chiesto una mano con un compito di Antiche Rune. –
Dopotutto
era solo una mezza bugia.
*
-
Cosa
credi che faremo in questo incontro? –
Alya si
strinse nelle spalle. – Non ne ho assolutamente idea, ma
conoscendo Riddle sono
abbastanza sicura che si accanirà parecchio su di noi.
–
- Come
sempre – sbuffò Drusilla.
-
Personalmente non lo trovo poi così male come insegnante -,
intervenne Laura
lasciandole senza parole, - è un tipo particolare, ma
è un bravo insegnante. –
Devon la
osservò dall’alto in basso, come se la stesse
analizzando.
- Sei
sicura di non avere preso botte in testa durante
l’allenamento di questo
pomeriggio? Perché cominci a dire cose senza senso.
–
Rise,
spintonandolo leggermente.
- Non
dire sciocchezze, Dev. Sono solo obiettiva. –
- O forse
sei preda del fascino alla Riddle come tante altre ragazze della scuola
– la contraddì
Stephen.
- Oh, ma
Tom non è certo il suo tipo – intervenne Alya,
scambiando un’occhiata complice
con Drusilla.
- Ah, sì?
E come sarebbe il suo tipo? – chiese di getto Devon, salvo
poi darsi
mentalmente dell’idiota.
Insomma,
ci mancava solo che quelle due fiutassero il suo interesse.
- Come
mai questa domanda, Devon? Sei forse interessato per qualche motivo?
– chiese infatti
subito dopo Drusilla.
-
Semplice curiosità. –
Eppure
non convinse nemmeno se stesso.
- Farò
finta di crederti … il suo tipo è un ragazzo
solare, divertente, gentile …
magari con i capelli chiari e un bel po’ di muscoli.
Dimentico nulla, Laura? –
Arrossendo
leggermente, la ragazza aggiunse: - Hai dimenticato gli occhi verdi.
–
- Giusto
-, convenne Alya sorridendo con l’aria di chi la sapeva
lunga, - come hai fatto
a dimenticarti degli occhi verdi? Più chiari sono e meglio
è … ce lo stava
dicendo giusto l’altra volta. –
Devon
lanciò un’occhiata supplichevole
all’indirizzo di Stephen, in una muta
richiesta di soccorso.
Si sentiva
decisamente messo in mezzo e lo stesso sembrava provare Laura visto che
si
ostinava a camminare guardando ben dritta davanti a sé.
- Quindi,
se non è il fascino alla Riddle, forse hai preso davvero una
botta in testa.
Insomma, la metà degli incantesimi su cui stiamo lavorando
non promette nulla
di buono – intervenne Stephen, riportando la conversazione su
un terreno
neutrale.
- Ma sono
utili in caso di pericolo e, vista l’inerzia del ministero
inglese, potrebbero
davvero servirci. –
- Forse
hai ragione, ma non mi piace dipendere da Riddle. –
- Nessuno
sta dipendendo da lui o dalla Nott. –
- Eppure
quando parla non sembra proprio, ci tratta come se fossimo dei soldati
personali che si stanno addestrando. –
Drusilla
sbuffò.
- Non
essere paranoico, Stephen. Che fine ha fatto il tuo spirito
d’avventuriero? –
- Vuoi l’avventuriero,
Dru? E che avventuriero sia. –
La tirò
su come se non pesasse nulla, tenendola stretta tra le braccia per poi
lanciarsi in una folle corsa verso la Stanza delle necessità
tra le risate
divertite di tutti i presenti.
*
Mayra
venne scagliata all’indietro, atterrando sulla pesante
imbottitura dei giganti
cuscini che erano stati sistemati agli angoli di ogni quadrato
d’allenamento.
Stava
lavorando in gruppo con Sophie, Azalea e Tobias e le cose per lei non
si
stavano mettendo particolarmente bene.
Gli
Schiantesimi non erano mai stati i suoi incantesimi preferiti,
soprattutto a
causa del fatto che essendo al quinto anno non aveva ancora molta
dimestichezza
con loro.
- King,
vuoi della cioccolata calda e dei biscotti oppure di rimetti in piedi e
provi a
parare almeno uno Schiantesimo?
–
sibilò Tom, guardandola con l’espressione che lei
avrebbe rivolto a un grosso e
disgustoso scarafaggio.
- Sto
riprendendo fiato, è la quinta volta che vengo Schiantata.
–
- Già, di
solito succede questo quando non ti difendi in modo efficace.
–
- Sono al
quinto anno, abbiamo cominciato a lavorare agli Schiantesimi solo dieci
giorni
fa – protestò.
- Già, mi
raccomando, premurati di farlo presente a Grindelwald quando te lo
troverai di
fronte. Sono certo che sarà mosso a compassione. E adesso in
piedi. –
Si rialzò
trattenendo un gemito.
Malgrado
i cuscini, le faceva male ogni parte del corpo.
- È
proprio un gigantesco str … stramboide – concluse
alla fine, ingoiando l’insulto
che le stava per uscire.
Ci
mancava solo che la sentisse e si accanisse ancora più su di
lei.
- Già.
Ricominciamo, ci andremo più piano – le
assicurò Tobias.
*
-
Chi più
e chi meno sembra che abbiate migliorato la vostra tecnica con gli
Schiantesimi. Pensavamo di testare un po’ la vostra
abilità nei duelli.
Potremmo cominciare da … - Katherine fece scorrere gli occhi
sui presenti, -
Potter e Fenimore? –
I due
Grifondoro si fecero avanti, mentre gli altri partecipanti si
sistemavano a
creare un semicerchio attorno a loro.
Si
fronteggiarono, sfoderando le bacchette e inchinandosi a vicenda.
Si
voltarono le spalle, camminando a lunghi passi nelle direzioni opposte.
Quando
furono a una distanza accettabile l’uno dall’altro
mossero in contemporanea le
bacchette.
-
Stupeficium! –
-
Protego! –
-
Tarantallegra. –
-
Colloportus! –
Ethan volò
all’indietro, sbattendo contro la parete della stanza,
emettendo un lieve
gemito.
Fleamont
si avvicinò all’amico, tendendogli una mano per
aiutarlo ad alzarsi.
- Sei
tutto intero? –
- Più o
meno. –
Poco
distante, Tom emise un verso disgustato.
- Potrei
vomitare. – Poi si voltò verso Katherine e
aggiunse: - Sono un caso disperato,
ci rinuncio, sono morti che camminano. –
Detto ciò
uscì dalla Stanza delle necessità senza
aggiungere altro.
- Beh,
sembra che qualcuno abbia le sue cose –
ironizzò Fleamont.
Buona
parte dei presenti scoppiò a ridere, stemperando la tensione
che si era venuta
a creare.
- Per oggi
abbiamo finito, vi aggiorneremo su quando sarà il prossimo
incontro – tagliò corto
Katherine, per poi lanciarsi all’inseguimento del ragazzo.
*
-
Tom! –
Si voltò
verso di lei, il volto solitamente pallido e imperscrutabile distorto
dalla
rabbia.
- Sono un
completo spreco di tempo. Combattono come dei deboli, hanno paura di
farsi
male. –
-
Qualcuno di loro non è poi male. –
- Si
contano sulle dita di una mano e per la maggior parte sono persone
della nostra
Casa. Abbiamo organizzato questa buffonata per un motivo ben preciso e
non era
certo quello di avvicinare persone che ci sono già vicine
– sbottò.
-
Diamogli tempo, almeno fino a dopo le vacanze di Natale, poi decideremo
se
continuare o meno. –
- Spero
solo che ne valga la pensa, ci servono persone che sappiano combattere
e non
abbiano paura di spargere un po’ di sangue. –
Annuì,
affiancandolo nella loro passeggiata verso i sotterranei.
Avrebbero
trovato qualcuno, prima o poi, dovevano solo pazientare.
Spazio
autrice:
Salve!
Eccoci qui con il nuovo capitolo. Spero che vi sia piaciuto e
chiederei a chi non l’avesse già fatto di
rispondere alla domanda del capitolo
precedente (ovvero che odore rappresenterebbe il vostro OC)
perché mi servirà
per il prossimo capitolo. Detto ciò, vi avviso che dal
capitolo 16 in poi ci
saranno parecchi sbalzi temporali in avanti perché mi sono
resa conto che
continuando a questo ritmo dovrei dedicare qualcosa come 50 capitoli
alla fic
per coprire tutto l’arco temporale che avevo in mente e non
mi sembra una cosa
fattibile … perciò dal capitolo 16 ci
proietteremo direttamente a Dicembre in
modo tale da rientrare nella trentina di capitoli che avevo
pianificato.
Non mi resta che augurarvi una buona giornata.
Al prossimo capitolo.
Stay tuned.
XO XO,
Mary
|
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Capitolo 14 *** Capitolo 13 ***
Capitolo
13
Alzò
lo
sguardo dalla rivista di Quidditch che stava sfogliando, sulla quale
era
presente un cospicuo articolo sui Tutshill Tornados che aveva davvero
voglia di
leggere, spinto dalla sensazione penetrante di qualcuno che lo fissava
con
insistenza.
Seduto
sulla poltrona di fronte alla sua, Tom continuava a tenere puntati gli
occhi
scuri su di lui.
- Mi stai
mettendo ansia. –
- Hai
cominciato a lavorare a quella traduzione? –
- Non
ancora, ci lavorerò quando avrò un attimo di
tempo. –
- Ovvero
quando avrai finito di leggere la tua rivista? –
-
Esattamente. –
Tom alzò
gli occhi al cielo, irritato da quell’ostentata noncuranza.
- È più
importante di una stupida squadra di Quidditch, non te ne rendi conto?
–
Chiuse la
rivista di scatto, tenendo l’indice tra le pagine per
mantenere il segno.
- Quello
di cui mi rendo conto è che vorrei finire di leggere questo
stramaledetto
articolo prima di dover raggiungere Lumacorno alla sua lezione
… e che quella
traduzione è solo potenzialmente importante
dal momento che non sappiamo minimamente cosa contenga. –
Tornò a
ignorare l’occhiata omicida di Tom.
Probabilmente
prima o poi lo avrebbe strangolato nel sonno, ma se non altro sarebbe
morto
essendo a conoscenza della nuova campagna d’acquisti dei
Tornados.
Abraxas e
Katherine entrarono in Sala Comune proprio in quel momento, seguiti a
ruota da
Alexandra e Alphard.
- Il
vecchio ha chiesto anche a voi di partecipare? –
Alphard
annuì, sporgendosi a leggere l’articolo da sopra
la sua spalla.
- Non mi
sembra una gran campagna d’acquisti. –
- Da
quando in qua ti intendi dei Tornados? – lo
rimbeccò.
- Dicevo
per dire, vedremo come andranno le cose a fine campionato. –
Katherine
tossicchiò leggermente, avvicinandosi ai due ragazzi.
- Quando
ciò è i Falcons stracceranno tutte le altre
squadre del campionato? –
- Come se
potesse mai accadere una cosa del genere … non bastano una
coppia di bravi
Battitori a fare una squadra. –
Abraxas
annuì alle parole di Renford. – Ha ragione, i
vostri gemelli non possono
portare avanti tutto il reparto. –
- Forse
no, ma saranno sicuramente più che in grado di spaccare un
bel po’ di teste –
li rimbeccò, con un sorrisetto allegro che stonava
incredibilmente con le sue
parole.
E poi si
chiedevano perché lei e Tom andassero così
d’accordo: parlare di menomare e
mutilare persone con il sorriso sulle labbra non era decisamente da
tutti.
- Quando
sorridi in quel modo sei inquietante, lo sai? – le disse
Abraxas.
- In
quale modo, in questo? – lo rimbeccò, dedicandogli
un sorriso ancora più
accentuato.
Il biondo
finse di rabbrividire e che gli tremassero le ginocchia in modo
incontrollato.
-
Tremenda. –
Risero,
spintonandosi a vicenda, sotto gli occhi di un Tom a dir poco
esasperato.
- È
troppo chiedervi di comportarvi per qualche minuto come delle persone
adulte? –
- D’accordo,
andiamo ad aiutare Lumacorno – cedette Katherine,
ricomponendosi all’istante e
accennando al passaggio segreto.
Renford
mise la rivista nella tracolla, sospirando affranto.
Ed ecco
che la possibilità di leggere quell’articolo
sfumava nel nulla.
*
Devon
si
sporse in avanti, incuriosito dal vociare proveniente da dietro la
porta.
- C’è un
po’ d’affollamento all’interno
dell’aula o sbaglio? –
Laura
fece capolino da dietro di lui, appoggiandosi sulle sue spalle per
alzarsi in
punta di piedi e sbirciare a sua volta all’interno.
- Sono i
ragazzi dell’ultimo anno – constatò,
individuando Alya seduta dietro al
calderone della terza fila.
L’amica
alzò la testa in segno di saluto, sorridendo loro.
- Che ci
fanno qui dentro? –
- Credo
che Lumacorno abbia chiesto loro di darci una mano con
chissà quale pozione –
mormorò Drusilla.
- E tu
come lo sai, Dru? –
- Oh,
andiamo, ormai dovreste saperlo che quando si tratta di voci di
corridoio e
pettegolezzi io so sempre tutto – replicò,
sorridendo furba.
- Quindi
saprai anche che tipo di pozione dobbiamo preparare? –
domandò Laura, inarcando
un sopracciglio con aria di sfida.
-
Ovviamente. –
- E
sarebbe? –
- Non ho
intenzione di dirtelo, ma sappi che ci divertiremo davvero molto
– replicò, con
l’aria di chi ne sapeva una più del diavolo.
Li
precedette, intrufolandosi nell’aula.
Rimasti
soli, Devon si strinse nelle spalle.
- Certe
volte vedendola così bionda, minuta e innocente mi domando
dove nasconda dentro
di sé questa piccola vena ambigua e sadica. –
- Non ne
ho idea, ma immagino che sia la conferma che non bisogna lasciarsi
ingannare
dalle apparenze –, scherzò prendendolo
sottobraccio, - coraggio, cerchiamoci un
posto. –
Osservò
per un attimo la mano appoggiata con delicatezza sul suo avambraccio
per poi
allungare un braccio verso la vita della ragazza, usando come scusa
quella di
farla passare per prima dalla porta per assaporare la sensazione che lo
assaliva quando i loro corpi entravano in contatto anche solo in modo
fugace.
Non
sapeva cosa gli stava succedendo, ma da qualche tempo a quella parte
aveva
cominciato a prestare molta più attenzione a Laura e al suo
sorriso, al profumo
che portava e al modo in cui la gonna della divisa metteva in risalto
le sue
gambe.
- Allora?
Vieni dentro o ti sei incantato, Dev? –
- Certo,
arrivo subito. –
*
Alphard
intercettò Davies proprio mentre si stava dirigendo verso il
posto libero
accanto ad Adhara.
Il
Corvonero era più alto di lui di circa cinque centimetri e
aveva le spalle più
larghe delle sue, ma Alphard aveva dalla sua una capacità
persuasiva che il più
delle volte arrivava forte e chiara all’indirizzo delle
persone che voleva “convincere”
e dal modo in cui Davies lo guardava sembrava proprio che avesse capito
che c’era
qualcosa che non andava.
- Vai da
qualche parte così di fretta? –
- In
effetti sì, Black, quello sarebbe il mio posto. –
- Ma
davvero? Non oggi, cercatene un altro – tagliò
corto, voltandogli le spalle e
prendendo posto accanto ad Adhara.
Vide la
ragazza che sorrideva divertita, ma decise di non darle soddisfazione.
- E così
non eri geloso, eh? –
- Volevo
solo essere certo che avessi un buon compagno, la pozione di oggi
sarà molto
complicata – replicò.
- E che
pozione sarebbe? –
-
Lumacorno vuole farvi preparare l’Amortentia e ci ha chiesto
di darvi una mano;
sembra che al sesto anno non ci siano grandi menti eccelse nel campo
delle
pozioni. –
- Già, la
maggior parte di noi é abbastanza disastrosa –
ammise.
- Hai
qualche idea? –
Gli
rivolse uno sguardo perplesso.
- In
merito a? –
- Due
cose. La prima è sull’odore che sentirai
nell’Amortentia e l’altro sulla festa
di Halloween di domani sera. –
- Ho
ricevuto un paio di inviti per la festa – ammise,
tralasciando volutamente la
domanda sull’Amortentia.
Non aveva
alcuna intenzione di sbilanciarsi troppo fintanto che non fosse stata
scelta di
come stavano le cose tra loro due.
- Fammi
indovinare, Davies? –
- Già. Davies
e Fenimore, anche se quest’ultimo credo l’abbia
fatto ancora una volta per
irritare Azalea, e questa mattina mi hanno invitata Burke e Travers.
–
Rabbrividì
leggermente nel pensare a Oswald Travers, con quell’aria da
lugubre maniaco
omicida che faceva sembrare Tom Riddle un angioletto in confronto.
- Però,
sembra che tu abbia un carnet di bello pieno. –
- Come se
tre quarti del castello non morisse dalla voglia di ricevere un tuo
invito – lo
rimbeccò.
- Non ho
invitato nessuna … al momento. –
-
Indeciso su chi sarà la fortunata? –
La fissò
dritta negli occhi. – Oh, al contrario, sono fermamente
deciso a invitare una
ragazza in particolare. –
- Dovrai
sbrigarti a farlo, allora, o accetterà l’invito di
qualcun altro. –
- Non
credo che lo farà. –
- Non è un
po’ arrogante da parte tua supporre che continui a rifiutare
inviti solo perché
aspetta il tuo? –
Il
sorriso sul volto di Alphard si fece più insinuante.
– Non saprei, hai
intenzione di preferirmi qualcun altro? –
Adhara
scosse la testa, ridendo.
-
Immagino che sia l’invito a un ballo meno romantico del
secolo. –
- Non
sono un granchè con il romanticismo – ammise.
- Già, è
proprio una fortuna che tu abbia un così bel faccino, Black.
–
- È un
sì? Accetti l’invito? –
Annuì,
sorridendo graziosamente.
- Accetto
l’invito. –
*
Lumacorno
si schiarì la voce, attirando l’attenzione
generale su di sé.
- Come
avrete notato questa mattina siamo in molti più del solito.
Ho chiesto ad
alcuni studenti del settimo anno, che si sono gentilmente detti
d’accordo, di
aiutarvi nella preparazione di una pozioncina assai curiosa -,
alzò il
coperchio del calderone che ribolliva alle sue spalle, - qualcuno sa
dirmi di
cosa si tratta? –
La mano
di Minerva svettò alta all’istante.
- Sì,
signorina McGranitt? –
- È
Amortentia, signore. È il filtro d’amore
più potente del mondo, tanto che il
Ministero ne ha vietato la produzione. Provoca una forte infatuazione
per
coloro che l’hanno somministrata al soggetto. Ha un odore
diverso per ogni
persona che lo sente, secondo le fragranze che gli piacciono di
più, anche se
la persona non si rende conto che la fragranza le piace. Solitamente la
persona
sente l'odore del soggetto che l'attrae di più, o di cui
è innamorata. Le sue
caratteristiche sono la luminosità madreperlacea, il
caratteristico vapore che
sale a spirali e la fragranza che percepiamo. –
- Non
avrei saputo dirlo meglio -, convenne l’uomo, - dieci punti a
Grifondoro per la
sua risposta. Il vostro compito sarà quello di riprodurla
con l’ausilio di uno
studente del settimo anno, che ne ha studiato la procedura
l’anno scorso. Ho
fatto io stesso le coppie per l’occasione –,
rovistò alla ricerca del rotolo di
pergamena accuratamente arrotolato e lo dispiegò con
teatralità, - La signorina
Rosier e il signor Black lavoreranno in coppia; il signor Lestrange si
vada a
sedere accanto alla signorina Dawson, nella speranza che le sue
capacità
impediscano alla signorina di fondere l’ennesimo calderone, e
il signor Riddle
venga a sedersi accanto alla signorina McGranitt. La signorina King
è assegnata
a suo fratello, la signorina Nott con il signor Bones e il signor
Fleamont va
vicino alla signorina Selwyn … -
Continuò
a dividerli finchè tutti non ebbero un compagno.
Alya,
seduta accanto a Ethan, gli rivolse un’occhiata incuriosita.
- Come te
la cavi con Pozioni? –
- Dipende,
direi che quando mi impegno sono abbastanza bravo. –
- Ecco,
allora vedi di impegnarti. –
- Sennò? –
la sfidò con un sorrisetto beffardo.
- Sennò
ti tirò un pugno sul naso – replicò,
sorridendo con nonchalance, prima di
allungarsi a recuperare tutti gli ingredienti necessari a ultimare la
preparazione.
*
-
Tu non
annusi la pozione? – domandò Minerva, osservando
Riddle che continuava a stare
ben dritto con la schiena appoggiata allo schienale della sedia.
- Non
sono una di quelle ragazzine euforiche all’idea di scoprire
di chi sono
innamorate. –
- Hai paura
di una pozione, Riddle? – lo sfidò.
- Non
essere sciocca. È solo che ritengo ci siano pozioni di gran
lunga più
interessanti dell’Amortentia … mi annoia. Se ci
tieni così tanto, perché non l’annusi
tu per prima? –
Ecco il
solito Riddle, aveva fiutato la trappola e stava usando la sua stessa
moneta
contro di lei.
Eppure da
brava Grifondoro non batteva mai in ritirata davanti a una sfida,
indipendentemente da quanto l’odore dell’Amortentia
avrebbe potuto sopraffarla
con la consapevolezza della profondità dei suoi sentimenti.
- D’accordo,
nessun problema. –
Si chinò
a insipirare i fumi della pozione a pieni polmoni.
Le giunse
il profumo dei bouganville che coltivava sua madre nel giardino e
l’odore della
torta di mele che veniva sfornata nelle mattine passate a casa,
immediatamente
dopo emerse prepotente quello possente e deciso di legna bruciata e
fumo che le
ricordava il camino ardente … Renford passava ore talmente
vicino al camino
della sua Sala Comune da avere la divisa perennemente impregnata di
quell’odore
durante l’autunno e l’inverno.
Quando lo
abbracciava sentiva sempre quell’odore.
Era così
familiare da stringerle il cuore.
Quando si
voltò verso di lui, seduto tre file più indietro,
scoprì che anche lui era
vicino al suo calderone e la fissava.
Si chiese
distrattamente quale odore avesse percepito nella sua Amortentia.
Aveva
forse sentito lei?
- È il
tuo turno, Riddle – disse poi, ricomponendosi e cedendogli il
posto davanti al
calderone.
- So già
di cosa odora la mia Amortentia. –
Ed era
vero.
L’odore
che percepiva era quello dell’umidità che
aleggiava all’interno della Camera
dei Segreti due anni prima e poi quello di cibo caldo, vestiti puliti e
libri
che aleggiava a Hogwarts e un altro odore … metallico,
pungente, che non sapeva
bene a cosa associare ma che lo faceva sentire stranamente in pace con
se
stesso.
*
-
Sembra
che tu abbia visto un fantasma – commentò Abraxas,
osservando la reazione
spaesata della ragazza al suo fianco.
- È solo
che … c’era qualcosa che non mi sarei aspettata di
trovare –, ammise Laura
perplessa, - scusami un attimo, devo controllare una cosa. –
Percorse
i pochi metri che la separavano da Devon e lo afferrò per un
braccio,
attirandolo verso di sé.
Il
compagno di Casa la fissò perplesso.
- Che
succede, Laura? –
- Cos’è
quest’odore? –
Accigliato,
la fissò senza capirla. – Ehm, il mio solito
profumo? –
- No, non
mi riferisco al tuo profumo … a quest’altro odore
che si sente in modo meno forte.
–
- Non
saprei, forse è il lucido per manici da scopa, lo sai che
lucido la Scopalinda
ogni sera … immagino che un po’ mi sia rimasto
addosso. –
- Ah, ok …
-
Voltò le
spalle a lui e alle persone che li osservavano con aria incuriosita.
Aveva
appena dato spettacolo, ma doveva essere sicura di quello che aveva
sentito.
Insomma,
doveva esserci un motivo se nella sua Amortentia aveva fiutato odore di
lucido
per scope.
Tornata
al suo posto, vide le iridi grigie di Abraxas che luccicavano divertite.
- Sei
molto poco discreta, lo sai? –
- Non so
a cosa ti riferisci, Malfoy, ma devi essere alquanto confuso se pensi
di
poterti autonominare mio confidente. –
- Io ho
fiutato odore di crisantemi … non serve fare la dura con me,
so cosa si prova
nel sentire l’odore di una persona a cui tieni in quella
pozione. –
Crisantemi?
Era un
odore difficile da trovare in giro.
- Di chi
si tratta? –
Le
rivolse un sorriso enigmatico.
- Se io
non sono il tuo confidente allora puoi essere altrettanto sicura che tu
non sei
la mia. –
Più che
giusto, si era meritata quella risposta.
*
Alphard
le rivolse un sorriso divertito.
- Ti vedo
in difficoltà, vogliamo dirlo insieme? –
- D’accordo
-, cedette, - al tre. Uno … -
- Due … -
- Tre. –
- Predominava
qualcosa di esotico e speziato … credo sia cannella.
–
- Non sono
affari tuoi – disse allo stesso tempo Adhara.
Rimasero
a fissarsi in silenzio per una manciata di secondi.
Lasso di
tempo nel quale la ragazza si chiese distrattamente se
l’odore che aveva
percepito Alphard fosse dovuto ai prodotti che lei utilizzava per la
cura dei
capelli.
La
fragranza era proprio quella: la cannella.
- Sei
sleale, io ti ho detto quello che ho sentito. –
- Fammi
causa per reticenza. –
-
Coraggio, non mi metto mica a ridere – insistè.
- D’accordo
-, sbuffò, - era un misto di pino e muschio … hai
presente l’odore del bosco? –
Eccome se
lo aveva presente.
Passava
ogni momento libero nei boschi, a leggere o meditare o semplicemente a
cercare
un po’ di calma dal caos della scuola.
Si poteva
dire che il bosco fosse la sua seconda casa.
*
-
È stata
una lezione interessante, non credi? –
Fleamont
annuì distrattamente mentre camminavano lungo il corridoio.
- Dru,
secondo te l’Amortentia può sbagliare? –
Accigliata,
scosse la testa.
- Non
credo sia possibile, insomma è la pozione più
potente al mondo … come potrebbe
sbagliarsi? –
Fleamont
gemette.
- Proprio
come pensavo. –
- Perché,
hai sentito qualcosa di strano? –
- Ho
sentito qualcosa che è un potenziale disastro … -
Drusilla
si fermò nel bel mezzo del corridoio, fronteggiandolo.
- Chi hai
sentito? –
- Io …
credo di aver sentito l’odore di Kara – ammise,
strascicando nervosamente i
piedi.
- Credevo
che voi due foste solo amici. –
- Già, è
solo che lei è veramente in gamba no? Ed è carina
… e le piace il Quidditch,
non è una di quelle bamboline delicate che hanno paura di
spezzarsi un’unghia. –
Ridacchiò.
– No, decisamente non lo é. –
- Ma è la
mia migliore amica, non sarebbe strano? –
- Non
necessariamente, non se lei prova lo stesso. –
- Provare
lo stesso? Credo tu abbia frainteso, Dru. Nno ho alcuna intenzione di
confessarle quello che provo, finirei con il mettere a repentaglio la
nostra
amicizia. –
- Ma … -
provò a protestare, ma il Grifondoro la zittì con
un cenno secco della mano.
- Niente
ma, giurami che manterrai il segreto. –
- È una
cosa stupida. –
-
Giuralo, Dru. –
Sbuffò.
- D’accordo,
d’accordo, te lo giuro. –
Spazio
autrice:
Buona
sera bella gente!
Eccoci con il nuovo capitolo, spero che vi piaccia.
Vado un po’ di fretta quindi vi auguro una buona serata.
Al prossimo aggiornamento.
Stay tuned.
XO XO,
Mary
|
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Capitolo 15 *** Capitolo 14 ***
Capitolo
14
Accartocciò
l’ennesimo foglio di pergamena, sbuffando spazientito.
Aveva
passato tutto il pomeriggio su quella stupidissima traduzione e non era
riuscito a capirci nulla.
Abraxas
alzò lo sguardo dal Boccino con il quale stava giocando,
inarcando un
sopracciglio.
- Cos’è
una lettera d’amore alla tua bella? –
- Non
essere ridicolo, Abe. Sto lavorando a una cosa, ma non riesco a
tradurre più di
qualche parola. Sono rune troppo antiche. –
Si alzò
dal letto con un colpo di reni, affiancandoglisi e chinandosi a
studiare a sua
volta il tomo tra le sue mani.
- Ha
l’aria di essere un Grimorio veramente molto vecchio, come
l’hai avuto? –
- Riddle.
–
- Ah,
dunque è bastato che Tom ti chiedesse di giocare con lui con
le Arti Oscure per
rendertelo immediatamente più simpatico? –
- In
realtà me lo ha chiesto Kat. –
Abraxas
ammiccò, sorridendo furbo.
- Adesso
sì che si spiega tutto, se te lo ha chiesto lei. –
Renford
si voltò di scatto, folgorandolo con gli occhi cobalto.
- Che
stai insinuando? –
- Nulla,
solo … a Minerva non da fastidio che tu e Katherine siate
tanto amici? Di
solito le ragazze vanno fuori di testa per cose di questo tipo.
–
- Siamo
amici da quando avevamo tre anni, praticamente siamo cresciuti insieme,
non c’è
nulla di cui essere gelosi. –
- E
questo lei lo sa? –
Scosse la
testa, mandandolo silenziosamente al diavolo.
- Ti
diverti a instillarmi paranoie Abe oppure vuoi darmi una mano?
–
- Renford
Lestrange con le paranoie per una ragazza? Non avrei mai creduto di
vivere
abbastanza da vedere questo giorno – lo prese bonariamente in
giro.
Il moro
gli rivolse un sorrisetto sghembo e vagamente minaccioso.
- Beh,
siamo sempre in tempo … se vuoi ti uccido in questo istante.
–
Abraxas
si allontanò leggermente, alzando le mani in segno di resa.
- Buon
Salazar, come siamo nervosi. Hai provato a sentire tua zia per quella
traduzione? –
Già, la
buona vecchia zia Leta.
Sempre
che non fosse troppo presa a correre dietro a Grindelwald per aiutare
il suo
unico nipote.
- Ho in
programma di inviarle una copia il prima possibile, per le vacanze di
Natale
devo finire di lavorarci. Sembra che sia una cosa veramente grossa.
–
- Inutile
che ti chieda se ne hai fatto menzione a Minerva. –
Lo guardò
come se avesse appena detto una bestialità.
- Certo
che no, lo sai che lei e le Arti Oscure sono due mondi separati e
distinti, lei
sa solo che è un compito supplementare per la scuola.
–
Abraxas
annuì gravemente.
Già, non
aveva alcun dubbio.
-
D’accordo, allora ti lascio tranquillo a lavorarci, vado a
farmi un giro. –
Renford
assentì lievemente, per poi chinarsi nuovamente sul Grimorio.
Era
abbastanza testardo da passarci l’intera giornata se fosse
stato necessario.
*
Adhara
passò in rassegna gli abiti dell’amica con
espressione concentrata mentre
Alexandra cercava di domare la chioma della Grifondoro.
- Minnie,
sai che ti voglio bene ma non ti sembra l’ora di fare un
po’ di shopping? Qui
dentro ci si potrebbe tranquillamente vestire mia madre. –
Minerva
le rivolse un’espressione sarcastica.
- Troppo
gentile, sei di una gentilezza disarmante, Adha. –
- Sono
solo la voce della verità … Fortunatamente ho
portato qualcosa che dovrebbe
andarti bene, abbiamo quasi la stessa taglia –
replicò, rovistando nella borsa
che si era portata dietro.
Ne
estrasse un abito color cipria con un corpetto in pizzo e una gonna
leggermente
più morbida che le arrivava a metà coscia.
- Adoro
quell’abito – sospirò Alexandra, finendo
di sistemare le ultime forcine.
- Non è
un po’ troppo? –
- Minnie,
è Halloween, è la notte degli eccessi per
antonomasia – le fece notare la
Serpeverde.
- Non hai
detto la stessa cosa per Ferragosto e Capodanno? –
Adhara e
Alexandra si scambiarono un’occhiata complice, ridacchiando.
- Diciamo
che ci sono parecchie notti dell’anno che sono fatte per gli
eccessi. –
- Siete
incorreggibili. –
-
Ovviamente. Renford resterà senza fiato vedendoti con questo
addosso. Vedrai,
domani ci ringrazierai – profetizzò Adhara.
Minerva
continuò a osservare l’abito in silenzio.
Renford
l’aveva sempre vista con il suo solito abbigliamento, non
avrebbe certo fatto
male vestirsi in modo più appariscente per una sera, no?
-
D’accordo -, cedette, - lo metterò, ma se mi
rideranno dietro sarà tutta colpa
vostra. –
- Nessuno
ti riderà dietro – assicurò.
- E se
qualcuno dovesse farlo ci penseremo noi a spaccargli i denti, vedremo
se
avranno voglia di ridere da sdentati – concluse Alexandra.
Rise,
lasciandosi vestire dalle amiche e permise persino loro di truccarla e
smaltarle le unghie.
Quando
ebbero finito si concesse una lunga occhiata allo specchio a figura
intera
apposto all’anta dell’armadio.
Non
sembrava quasi neppure più un’adolescente, ma una
donna sensuale e bellissima,
capace di catturare l’attenzione di qualsiasi uomo presente.
- Wow –
sussurrò.
-
Assolutamente perfetta – decretò Adhara con
solennità.
E sapeva
che era sincera, Adhara Rosier non era mai stata il tipo che faceva
falsi
complimenti.
*
-
Sembri
pensierosa – esordì Drusilla, osservando
l’amica che fissava un punto
imprecisato del pianterreno.
Kara
parve riscuotersi dai suoi pensieri e le rivolse un lieve sorriso.
- È solo
che stavo riflettendo su Fleamont … da ieri dopo la lezione
di Lumacorno ha
cominciato a comportarsi in modo strano, sembra quasi che voglia
evitarmi. –
Drusilla
giocherellò con la spallina dell’abito verde che
indossava, nervosa.
Aveva
promesso a Fleamont di mantenere il segreto, ma nascondere la
verità a una
delle sue più care amiche era davvero difficile.
- Magari
è solo stanco, capita anche a me di comportarmi in modo
strano quando sono
stressata. –
- Forse,
eppure mi sembra così strano … di solito mi parla
di quello che lo preoccupa. –
-
Potrebbe essere qualcosa che lo imbarazza molto, ma sono sicura che
quando si
sentirà pronto te ne parlerà – le
assicurò.
Capì di
essersi sbilanciata troppo quando Kara puntò lo sguardo su
di lei con fare
indagatore.
- Dru,
sai qualcosa che non so? –
- Io? No
… cosa potrei mai sapere? Ma quelle lì non sono
Sophie e Mayra? – tagliò corto,
voltandosi verso le due ragazze e i loro accompagnatori al seguito.
Kara
sbuffò.
- Ne
riparleremo, non credere di essere riuscita a cavartela con
così poco. –
Raggiunsero
le due ragazze, trovandole impegnate a chiacchierare vivacemente di
chissà
cosa.
- Di che
si parla? –
Mayra si
voltò verso di lei, l’aria imbarazzata.
-
Discutevamo di quanto sia strano il fatto che mi tocchi ballare con mio
fratello -, sbuffò occhieggiando a Edward che sembrava
più che mai deciso a
ignorare il disappunto della sorella, - ma a quanto pare non vuole
saperne di
lasciarmi ballare con qualcun altro. –
- È una
festa scolastica, mica un evento mondano di qualche importanza
– bofonchiò
Edward.
- Resta
comunque strano vedere fratello e sorella insieme. –
- Nessuno
ci farà nemmeno caso – la rimbeccò.
Mayra
alzò gli occhi al cielo, pestando un piede sul pavimento.
- Santo
Godric, quanto ti odio quando fai così. –
Eppure
Kara aveva la netta sensazione che tutti i rimproveri del mondo non
sarebbero
riusciti a farla venire fuori da quella situazione.
Sophie,
scoccando all’amica un’occhiata solidale,
intrecciò le dita a quelle di Tobias
e accennò all’ingresso della Sala Grande.
- Allora,
vogliamo andare? –
*
Adhara
e
le ragazze uscirono dalla Sala Comune di Grifondoro trovando Renford,
Alphard e
Abraxas ad attenderle.
La
Corvonero aggrottò leggermente la fronte, scrutando il suo
migliore amico come
se volesse costringerlo a dichiarare immediatamente cosa stava
succedendo.
Aveva
avuto la netta sensazione che ci fosse qualcosa di strano tra lui e
Alexandra e
di giorno in giorno si convinceva sempre di più della cosa.
Salutò
Renford con un sorriso, scoccò un bacio sulla guancia liscia
e imberbe di
Abraxas e infine accettò il braccio che Alphard le porgeva.
Si
avvicinò leggermente a lui, sussurrandogli
all’orecchio.
- Come
mai Abe è con voi? –
Alphard
si strinse nelle spalle. – Ci ha chiesto di unirsi a noi
dicendo che dopotutto
c’era già Alexandra come
“scoppiata” del gruppo. –
Assottigliò
lo sguardo.
Uhm, quel
platinato non la convinceva affatto.
Abraxas e
Alexandra le stavano nascondendo qualcosa ed era decisa più
che mai a scoprire
di cosa si trattasse.
Alphard
le sfiorò una guancia con le dita, osservandola incuriosito.
Si sforzò
di soffocare un sospiro di piacere al contatto tra la loro pelle, ma a
giudicare dal sorriso soddisfatto di lui non doveva esserci riuscita
troppo
bene.
- Eri
molto concentrata, a cosa stavi pensando? –
- Al
fatto che stai veramente bene, il blu ti dona tantissimo –
replicò.
In
effetti era vero, metteva in risalto ancora di più le sue
iridi incredibili.
Non che
di solito Alphard non fosse a dir poco da mozzare il fiato,
indipendentemente
dal colore che indossava, come lei aveva avuto modo di notare
costantemente nel
corso degli anni.
- Anche
tu sei incredibile questa sera, forse solo un po’ troppo
scollata –, aggiunse
soffermandosi sulla generosa porzione di pelle che il corsetto a forma
di cuore
dell’abito lasciava scoperta, - non vorrei dover fare qualche
occhio nero a chi
guarda troppo. –
Rise,
appoggiandosi maggiormente contro di lui.
Le
piaceva la sensazione dei loro corpi a contatto.
- Gli
unici occhi che sono contenta di avere addosso questa sera sono i tuoi
– ammise
candidamente.
Ricambiò
il suo sorriso, cingendole la vita con un braccio e attirandola
più vicina.
- Per me
vale lo stesso. –
Vennero
interrotti dal tossicchiare divertito di Alexandra.
- Ehm,
spiacente di interrompere questo momento a densa carica di seduzione,
ma noi
stiamo andando. –
Adhara
non interruppe il contatto visivo tra loro e si limitò a
indirizzare un cenno
all’amica.
-
Cominciate ad andare, adesso arriviamo. –
Sentirono
i passi allontanarsi lungo il corridoio.
- Non
andiamo con loro? –
Scosse il
capo, dischiudendo appena le labbra voluttuose. –
C’è qualcosa che muoio dalla
voglia di fare prima. –
Si alzò
in punta di piedi, appoggiando le mani sul petto solido del ragazzo, e
chiuse
gli occhi.
Alphard
sentì le labbra sfiorare le sue e
l’assecondò, chinandosi su di lei e
rinserrando la presa sulla sua vita.
Rispose
al bacio con decisione, sentendo Adhara sospirare contro le sue labbra.
Quando si
separarono, ormai a corto di fiato, si sorrisero.
- Non
pensavo fossi il tipo che prende l’iniziativa –
scherzò.
- Solo
quando ne vale la pena. –
*
Alya
rivolse uno sguardo d’intesa in direzione di Drusilla e
Stephen.
Era da un
po’ di tempo che aveva il dubbio che tra Devon e Laura le
cose fossero in
prossimità di giungere a una svolta e aveva tutte le
intenzioni di agevolare le
cose più che poteva.
- Io vado
a prendermi qualcosa da bere, voi volete qualcosa? –
- Una burrobirra
– replicò Laura, seduta su uno dei divanetti
disposti nell’angolo della Sala.
- Io
invece voglio ballare – aggiunse Drusilla, puntando le iridi
verde pallido
verso Stephen, - Ti va di farmi da cavaliere, King? –
Stephen
scattò in piedi all’istante, prendendola per mano.
- Non mi
lascio certo sfuggire un’occasione come questa. A voi non
dispiace se vi
lasciamo da soli, vero? –
Devon si
strinse nelle spalle.
- Non
direi a meno che Laura non voglia ballare … - aggiunse
incerto.
Gli occhi
dei Tassorosso si puntarono tutti su di lei.
Le cose
stavano prendendo una svolta decisamente più rapida e
inaspettata di quanto
avessero previsto.
Era forse
possibile che quei due facessero la loro mossa senza bisogno del loro
aiuto?
- A Laura
piace molto ballare – convenne Alya.
- Già e
Dev è un gran ballerino – le diede man forte
Stephen.
I diretti
interessati si scambiarono un’occhiata in silenzio
finchè Laura non si alzò dal
divanetto e annuì sorridendo.
- Perché
no, sarà divertente. –
Si lasciò
condurre da Devon verso la pista, passandogli le braccia intorno al
collo e
lasciando che l’amico l’attirasse maggiormente a
sé.
Chiuse
gli occhi, lasciandosi cullare dalla musica.
Stephen
aveva ragione: Devon era davvero un bravo ballerino.
Quando li
riaprì, al termine della prima canzone, vide che i loro
amici li stavano
guardando con un sorriso sulle labbra che le fece intendere che tutto
filava
secondo i loro piani.
Rivolse
un’occhiata interrogativa ad Alya che scosse leggermente la
testa come a
invitarla a godersi quella serata e non porsi troppe domande.
Decise
che avrebbe seguito quel tacito consiglio.
Una
serata come quella non capitava tutti i giorni.
*
-
Tuo
cugino che fine ha fatto? –
Azalea
volse lo sguardo verso Norman, stringendosi nelle spalle.
- L’ultima
volta che l’ho visto era intento a scolarsi qualsiasi cosa di
alcolico
riuscisse a trovare, ormai è possibile che sia passato alla
ricerca di qualche
ragazza carina e disponibile – concluse ridendo.
Norman
rise a sua volta.
- Sarebbe
decisamente da lui. –
-
Piuttosto, dove hai lasciato Clay? –
Accennò
con il capo in direzione del migliore amico che sembrava aver vinto la
sua
naturale timidezza e si era lasciato coinvolgere da Alya in un giro di
danza.
Volteggiavano
a qualche passo di distanza da Katherine e Tom.
La coppia
di Serpeverde sembrava poco presa dal ballo, anche se si muovevano con
una
grazia e perfezione che aveva dell’incredibile, e non avevano
smesso di
mormorarsi a vicenda qualcosa.
- Non
dirmi che rientra nel suo piano per scoprire che fanno quei due
– sospirò
Azalea, incredula.
Norman
rispose con un sorrisetto divertito che era un’implicita
ammissione.
- Quale
altro motivo potrebbe mai spingere Clay a ballare di fronte a tutta la
scuola? –
- È un
caso disperato, quella per Riddle sta diventando una vera e propria
ossessione.
–
- Già -,
convenne il ragazzo per poi cambiare immediatamente espressione, -
Azalea … non
voltarti. –
Certo che
se glielo diceva così le rendeva praticamente impossibile
accontentarlo.
Fece
quindi l’esatto opposto, trovandosi davanti suo cugino che
ballava nientemeno
che con Heidi Carrow.
- È
completamente impazzito? –
- Beh,
Heidi non è certo una brutta ragazza … -
- È una
viscida serpe in seno, ecco cosa é. Ah, ma adesso mi sente.
–
Si alzò
dal divanetto e puntò dritta verso la coppia incriminata.
Qualcuno
doveva pur far rinsavire suo cugino.
*
-
Allora,
hai sentito tutto quello che t’interessava? –
Clay
avvampò, trascinando nervosamente il piede contro il
pavimento in marmo della
Sala Grande.
- Era
così evidente? –
Alya
annuì, sorridendo dolcemente.
- Va
bene, Clay, lo so quanto ti ostini quando qualcosa attira la tua
attenzione. –
- Non sei
arrabbiata? – chiese, sinceramente sorpreso.
La
maggior parte delle ragazze avrebbe dato in escandescenze venendo a
sapere che
il proprio cavaliere le aveva invitate a ballare solo per origliare la
conversazione di un’altra coppia di ballerini.
- Certo
che no. Sei mio amico, se non ti aiuto io nei tuoi piani complottistici
chi
dovrebbe pensarci? –
La
ricompensò con un sorriso solare.
Era
quello il bello di Alya, sapeva sempre capirlo e talvolta ci riusciva
molto
meglio di quanto facessero Norman e Azalea.
- Non
riesco a togliermi dalla testa l’idea che ci sia qualcosa che
non va in quei
due – ammise.
- Credo
che sia più che normale, sono entrambi a dir poco
spaventosi. Se non ci fosse
Grindelwald in circolazione mi preoccuperei anche io di loro.
–
- Norman
e Azalea credono che sia paranoico. –
- Io non
lo penso, anzi. Potresti avere davvero ragione, ma dobbiamo prima
trovare delle
prove a sostegno della nostra tesi. –
Le
rivolse uno sguardo a metà tra lo stupito e lo speranzoso.
- Stai
dicendo sul serio quello che penso? –
- Se
pensi che ti darò una mano allora sì. Siamo una
squadra, mio caro! –
*
-
Allora,
che stai combinando in questi giorni? –
Renford
le rivolse un’occhiata interrogativa.
- Cosa
dovrei combinare? –
- Non so,
ultimamente passi quasi tutti i pomeriggi a studiare … quasi
non ti riconosco
più, comincio a preoccuparmi – scherzò
Minerva.
Renford
le sorrise, accarezzandole il fianco al di sopra della stoffa leggera
dell’abito.
- Voglio
solo arrivare preparato alla fine dell’anno; non immagini
quanto invidio te e
il resto del sesto anno, niente M.A.G.O. per voi a Giugno. –
Annuì.
Effettivamente
la cosa aveva senso.
- Ho
visto che ti stai concentrando molto su quel compito di Antiche Rune,
deve
essere un argomento che t’interessa parecchio. –
- Più che
altro è molto difficile. –
- E cosa
riguarda la traduzione? –
-
Dobbiamo davvero parlare di Antiche Rune per tutta la serata?
– sbuffò.
Minerva
socchiuse gli occhi, registrando quell’improvviso cambiamento
nella voce.
Era
lieve, appena accennato, eppure aveva percepito il nervosismo.
- Ero
solo curiosa – replicò a tono.
- Sono solo
stupide rune, non c’è nulla di cui essere curiosi.
–
- Eppure
sembra che il compito interessi molto anche a Katherine …
immagino non siano
cose poi così noiose. –
Renford
si scostò leggermente, fissandola dritta negli occhi con le
iridi cobalto leggermente
più scure del solito; era facile che gli si rabbuiasse lo
sguardo quando si
arrabbiava, era una cosa che aveva notato più di una volta.
- Adesso
cosa c’entra lei? –
- Non lo
so -, lo rimbeccò, - dimmelo tu. –
- Nulla,
ma a quanto sembra per te c’entra eccome. Pensavo ti fidassi,
ma evidentemente
non è possibile fidarsi completamente di me, no? –
Tentennò,
presa alla sprovvista.
In
effetti non era poi andato così lontano dal punto della
questione.
Vederlo
passare tutto quel tempo con Katherine la rendeva nervosa.
Entrambi
Purosangue, bellissimi, altolocati … era esattamente il tipo
di coppia per cui
ogni genitore dell’elitè Purosangue avrebbe spinto.
- È solo
che … -
- Che non ti fidi,
ho capito –, la interruppe,
- buona serata. –
La lasciò
lì, nel bel mezzo della pista, dirigendosi verso
l’uscita senza voltarsi
indietro.
Minerva
strinse i pugni, sforzandosi di reprimere le lacrime.
Capì che
era inutile quando Kara le si avvicinò, la prese
sottobraccio e la portò fuori
accarezzandole ritmicamente la schiena.
Fu allora
che si rese conto delle lacrime calde che le correvano lungo le guance.
Spazio
autrice:
Buongiorno
:)
Come potete notare questo capitolo è decisamente dolce amaro.
Da un lato abbiamo l’ufficializzazione
dell’Alphara, ma dall’altro
assistiamo alla rottura della Rennie.
Personalmente è stato un colpo al cuore scrivere la parte
finale del capitolo, ma nei prossimi le cose evolveranno velocemente e
tutto
sarà ben più chiaro … ma
c’è la domanda di rito: siete pro Minnie e la sua
gelosia oppure pro Renford e la sua delusione nel non godere della
fiducia
della ragazza?
Io credo di stare nel mezzo xD
Ho due domandine per i vostri OC:
-
Per chi tiferanno durante la partita Serpeverde vs
Corvonero?
-
Torneranno a casa per Natale o resteranno a scuola?
Come
al solito vi chiedo di mandare le risposte tramite MP.
Al prossimo capitolo.
Stay tuned.
XO XO,
Mary
|
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Capitolo 16 *** Capitolo 15 ***
Capitolo
15
-
Hai
un’aria da schifo – osservò Katherine,
sedendosi sul divano accanto a lui.
- Sempre
molto delicata, non c’è che dire. –
- Dico
solo la verità, mi conosci. Ti va di raccontarmi cosa
è successo? –
Si lasciò
ricadere contro lo schienale del divano, buttando la testa
all’indietro e
sbuffando.
- Minerva
non si fida di me, é gelosa. –
- Di
Heidi? Effettivamente ti guarda come se volesse mangiarti, il che a
dirla tutta
è piuttosto patetico, ma del resto dai Carrow non
è che ci si possa aspettare
chissà cosa. –
Renford
soffocò una risata.
Katherine
e il suo razzismo indiscriminato nei confronti di quella famiglia lo
aveva
sempre divertito e dire che non ne aveva mai capito il motivo.
- No, non
di Heidi. È gelosa di te.
–
- Di me?
Pensavo che fosse paurosamente intelligente –,
ironizzò, - Quindi come ha fatto
a venirle in mente quest’idea malsana? –
- Quella
maledettissima traduzione. Crede che se passiamo tanto tempo insieme
non sia
per quello, ma perché c’è
qualcos’altro sotto. –
- Uhm, ha
senso – riconobbe, accavallando le gambe.
Renford
si raddrizzò, guardandola con un sopracciglio inarcato.
- Tutto
qui? Non hai nient’altro da aggiungere? –
Finse di
pensarci su, tamburellando le dita sulle labbra voluttuose.
- No, non
direi. Primo perché non mi interessano granchè le
sue paturnie e secondo perché
non sta a me risolvere le cose, vedi scritto da qualche parte
“Aiuto Cupido a
tempo perso”? E, terzo, se non ha creduto a te dubito che lo
faccia con me … io
non lo farei. –
Davanti
al silenzio del ragazzo, Katherine gli rivolse un’occhiata
penetrante.
- Perché
tu le hai spiegato per bene come stanno le cose, vero Ren? –
- Più o
meno. –
- Santo
Salazar, comincio a pensare che quella botta in testa che hai preso a
quattro
anni ti abbia lasciato danni cerebrali più gravi del
previsto. –
- Botta
in testa che mi hai dato tu – precisò, sentendo le
labbra incresparsi in un
lieve sorriso.
La
ragazza scrollò le spalle.
- Te la
meritavi, mi avevi rubato l’ultimo biscotto allo zenzero.
–
- Mi hai
dato una botta con la mazza da Battitore dello zio Robert –
protestò.
- Già …
adoro i biscotti allo zenzero. –
Si
fissarono per una manciata di secondi prima di scoppiare a ridere.
Fu così
che li trovarono Abraxas e Alphard quando misero piede
all’interno della Sala
Comune.
- Adhara
vuole ucciderti – gli comunicò Alphard, soffocando
uno sbadiglio.
- E
Alexandra è intenzionata a darle una mano –,
aggiunse Abraxas, - quindi non so
quanto ti convenga farti trovare qui quando si sveglierà.
–
Renford
roteò gli occhi.
- Che
magnifico lunedì di merda. –
*
-
Devi
mangiare qualcosa – insistè Kara, spingendo verso
di lei il piatto con il bacon
croccante e le uova strapazzate.
- Non ho
fame. –
- Minnie,
fare lo sciopero della fame non cambierà le cose –
provò a farla ragionare.
- Non sto
facendo nessuno sciopero, semplicemente non ho fame. –
Kara
scambiò un’occhiata con Mayra, che scosse
debolmente la testa.
Quando ci
si metteva diventava una testona di prima categoria.
Minerva
incrociò le braccia, scrutando con la coda
dell’occhio la tavolata verde
argento.
Vide
Renford entrare e andarsi a sedere a qualche posto di distanza da
Abraxas,
Edward, Alphard e Alexandra.
Scivolò
sulla sedia di fronte a Tom e Katherine.
Lo vide
sorseggiare del succo di zucca e ascoltare quello che i due compagni di
Casa
stavano dicendo.
Sembrava
distaccato, freddo come il ghiaccio, come se si fosse estraniato da
tutto
quello che lo circondava.
- Sai che
non avrei mai pensato di dirlo, ma non mi sento di accanirmi troppo
contro di
lui – ruppe il silenzio Kara, attirando le occhiate sorprese
delle due ragazze.
- Sei
sicura di sentirti bene? Magari quel latte era avariato –
replicò Mayra,
osservando circospetta la brocca davanti a loro.
- Sto
benissimo. Dico solo che a nessuno farebbe piacere sentirsi accusare di
essere
un bugiardo e un potenziale traditore. Minnie … con me hai
reagito nello stesso
modo per molto meno – constatò.
Effettivamente
era vero.
Non gli
aveva dato molte occasioni di spiegarsi, si era limitata a riversargli
contro
tutti i suoi dubbi e le sue paure.
Forse se
gli avesse concesso il beneficio del dubbio le cose non sarebbero
andate in
quel modo.
- Credi
che debba andare a parlargli? –
Kara
annuì decisa.
- Prima
chiarite e meglio é. Non siete obbligati a tornare insieme,
ma almeno saprete
davvero come stanno le cose. È sempre meglio chiarirsi
– concluse, lo sguardo
che puntava verso Fleamont a qualche posto di distanza che
chiacchierava con
Ethan e Tobias.
-
Continua a evitarti? –
- Già e
non capisco cosa gli ho fatto. –
- Ti darò
il tuo stesso consiglio: parlagli – replicò
Minerva, scostando la sedia
all’indietro.
- Dove
stai andando? –
- A
parlargli prima della partita – replicò, seguendo
il ragazzo che si era appena
alzato dal tavolo ed era uscito dalla Sala.
*
-
Renford! Aspetta, per favore! –
Il
ragazzo smise di camminare, voltandosi verso di lei.
Un lieve
guizzo illuminò le iridi cobalto, ravvivando almeno un
po’ la sfumatura cupa
che avevano assunto dalla sera precedente.
-
Minerva, dimmi. –
- Io …
volevo parlarti di ieri sera. –
- Ho la
partita tra mezz’ora. –
- Lo so.
Ti rubo solo un minuto – assicurò.
Lo vide
farle cenno di uscire dalla scuola, appoggiandosi poi contro la colonna
del
patio e pescando una sigaretta dalla tasca interna della divisa.
Storse
leggermente il naso davanti a quell’evidente violazione delle
regole, ma non
disse nulla.
- Ti sto
ascoltando, cosa volevi dirmi? – chiese, buttando fuori una
boccata di fumo.
- Mi
dispiace se ti ho accusato di avere qualcosa a che fare con Katherine,
ma credo
che al posto mio anche a te sarebbe venuto il dubbio – disse
tutto d’un fiato.
- Forse
-, ammise, - e probabilmente avrei dovuto spiegarti come stavano le
cose prima.
Io e Katherine siamo amici da quando avevamo tre anni, è
sempre stata parte
della mia vita ma non ho mai pensato a lei in quel modo e lei neppure.
Quella
traduzione è semplicemente una traduzione in cui la sto
aiutando, niente di più
e niente di meno. Dopo le vacanze di Natale non se ne
parlerà più. –
Minerva
assimilò quelle parole alla velocità della luce.
- Capisco
e mi dispiace di essere partita prevenuta e di averti fatto un vero e
proprio
interrogatorio. È solo che ci tengo davvero a te e la cosa
un po’ mi spaventa –
ammise.
Renford
annullò la distanza che li separava, chinandosi a
depositarle un bacio sulla
fronte.
- Anche
io. –
Un
tossicchiare discreto li interruppe.
Abraxas e
il resto della squadra erano lì fuori e li osservavano.
- Avremmo
bisogno del nostro Capitano, tra poco comincia la partita. –
- Ve lo
lascio subito – assicurò Minerva.
- Vado,
vinco la partita, e torno a finire questo discorso – le
assicurò,
accarezzandole una guancia.
-
Arrogante, Lestrange. –
- Sempre
– replicò, strizzandole l’occhio.
Dopodichè
raggiunse la squadra e puntò in direzione del campo da
Quidditch.
Con il
cuore decisamente più leggero, Minerva andò alla
ricerca di Kara e Alexandra
per raggiungere a loro volta gli spalti.
*
-
Mi
domando se Adhara e Alphard si scateneranno l’una contro
l’altro durante la
partita o ci andranno più leggeri del solito –
considerò Alya, osservando le
due squadre che scendevano in campo e si fronteggiavano.
-
Conoscendo i soggetti immagino di sì, una semplice relazione
sentimentale non
può fermare la loro competitività –
rise Laura.
Drusilla
annuì in silenzio, poco propensa a partecipare allo scambio
di chiacchiere.
Le si
rodeva la coscienza nel non fare nulla e vedere Kara che continuava a
cercare
di capire cosa passasse per la testa di Fleamont.
Si voltò,
sentendosi osservata, e incrociò le iridi color cielo di
Stephen.
- Cosa ti
passa per la testa, biondina? –
-
Considerazioni che mi mandano in crisi – ammise.
- Magari
un parere esterno può esserti utile. –
Lo
soppesò per qualche secondo.
Se
qualcuno le avesse detto che da lì a qualche mese
dall’inizio dell’anno
scolastico avrebbe cominciato ad affidarsi al giudizio di Stephen King
avrebbe
raccomandato alla persona in questione una buona dose di Shockantesimi
al San
Mungo.
Eppure in
quel momento l’idea non le sembrava poi così
malvagia.
- Ho
scoperto che un mio amico ha una cotta per una mia amica e mi ha fatto
giurare
di non dirle nulla; ora però lui fa l’idiota e la
evita e lei si tormenta
cercando di capire cosa sia cambiato. –
Il
ragazzo annuì in silenzio, concentrato alla ricerca di una
soluzione.
- Per
come la vedo io, se sei sicura che questa tua amica lo ricambi,
dovresti
parlarle e raccontarle come stanno le cose. Il tuo amico alla fine ti
ringrazierà. –
- Già. Il
punto è che non so se lei lo ricambia oppure no. –
- Magari
se mi dici di chi si tratta posso dirti come la penso –
suggerì.
Per la
buona Helga, doveva davvero essere impazzita.
- Kara e
Fleamont. –
Stephen
sorrise senza apparire minimamente sorpreso dalla cosa.
- Erano
sempre pappa e ciccia e non ho mai creduto alla storia che fossero solo
amici,
si vede lontano un chilometro che Potter è gelosissimo di
lei. E, secondo il
mio modesto parere di latin lover e spezzacuori, lei lo ricambia.
–
- Giusto,
se parla l’esperto bisogna crederci per forza –
ironizzò.
- Oh,
tesoro, torniamo alla tua gelosia sul mio passato? Dovrebbe esserti
chiaro che
al momento non ti tolgo gli occhi di dosso – la
rimbeccò, posandole una mano sotto
al mento e costringendola a guardarlo dritto negli occhi.
- Io non
ho proprio nessuna gelosia nei tuoi confronti. –
- Non mi sembra.
–
- E
allora ti sembra male. –
- Sicura?
Perché quello che sembra a me è che io ti
piaccio, ma non vuoi ammetterlo
nemmeno con te stessa perché pensi che prima o poi mi
stuferò e tu rimarrai da
sola a soffrire. –
Avrebbe
voluto trovare le parole adatte per dirgli quanto si stesse sbagliando,
ma
sfortunatamente per se stessa ci aveva preso alla grande.
Non si
fidava di lui dal punto di vista sentimentale, lo aveva visto cambiare
troppe
ragazze in troppo poco tempo per ritenerlo affidabile, ma non poteva
negare che
le piacesse.
- Ti ho
già detto che ti fai troppi trip mentali? –
Il
sorriso non abbandonò il volto di Stephen nemmeno allora.
- Va bene
se non vuoi ancora ammetterlo, io resto qui non vado mica di fretta.
–
*
-
Sembra
proprio che siano più che determinati a vincere la partita
– considerò Fleamont.
- Già,
stanno giocando in modo molto accanito – convenne Tobias.
- E
purtroppo mettono ancora di più in luce il fatto che sono le
due squadre più
forti del campionato – gemette infine Ethan.
-
Pronostici? –
- Non ne
ho idea … il trio d’attacco di Serpeverde
è molto forte, ma anche quello di
Corvonero non scherza e le difese si equivalgono quasi –
considerò Fleamont.
Tobias ed
Ethan si scambiarono un’occhiata semplice.
- D’accordo
signor tecnico -, ironizzò il biondo, - adesso
perché non lasci da parte il
Quidditch e ci dici che cosa sta succedendo con Kara? –
Fleamont
si irrigidì, continuando a fissare con ostentazione davanti
a sé.
- Nulla. –
- Non
sembra proprio visto che sono giorni che non vi parlate. –
- Abbiamo
solo da fare, non c’è mica scritto da nessuna
parte che dobbiamo stare sempre
appiccicati e vivere in simbiosi. –
La
replica gli uscì più acida di quello che avrebbe
voluto e seppe all’istante di
essersi tradito: lui non era mai così brusco e scocciato con
i suoi amici, era
ovvio che non era il solito Fleamont.
- Di
qualsiasi cosa si tratti vedi di risolverla; siete i miei migliori
amici, non
voglio vedervi comportarvi come due perfetti estranei. –
Già, se
solo fosse stato così semplice.
- Non è facile.
–
Tobias si
accigliò, intromettendosi nello scambio.
- C’è
qualcosa che non ci hai detto, vero? –
Finalmente
si decise a smettere di guardare la partita.
- Sì -,
ammise, - ho fiutato il profumo di Kara nella mia Amortentia.
–
Vide
Tobias sgranare gli occhi, colto alla sprovvista, ed Ethan guardarlo
con l’espressione
frastornata di una preda puntata dal cacciatore.
- Tu sei innamorato di lei?
– ripetè lentamente.
- Già. –
- E lei? –
- Lei non
ne ha idea e non ho intenzione di dirle nulla. Non voglio correre il
rischio di
rovinare tutto. –
Tobias
tossicchiò. – Fleamont, stai già
rischiando di rovinare tutto comportandoti in
questo modo. Non puoi fare danni peggiori confidandole tutto.
–
- Ha
ragione -, convenne Ethan, - e magari lei ti ricambia e le cose
torneranno
nuovamente alla normalità. –
Sotto l’insistenza
degli amici si ritrovò ad annuire in silenzio.
Era un
Potter, loro affrontavano i problemi non scappavano davanti alla prima
difficoltà.
*
-
Per le
mutande di Merlino, ma è completamente impazzito?
– esclamò Alexandra,
osservando uno dei Battitori di Corvonero che scagliava un Bolide a
velocità
impressionante dritto verso i Cacciatori di Serpeverde.
L’urlo di
avvertimento arrivò troppo tardi.
Il Bolide
impattò con violenza al centro, colpendo in pieno Renford.
Tramortito,
il ragazzo perse il controllo della scopa e cominciò a
precipitare verso terra.
Vide
Minerva osservarlo con gli occhi sbarrati, una mano premuta sulla bocca
per
trattenere l’urlo che le nasceva lungo la gola.
Abraxas e
Alphard si mossero verso terra fianco a fianco, cercando di arginare la
rovinosa caduta dell’amico ma invano.
Prima
ancora che riuscissero ad afferrarlo, Renford si schiantò al
suolo con un tonfo
che gelò l’intera scolaresca.
Spazio
autrice:
Salve!
Non era nei programmi aggiornare oggi, ma l’ispirazione mi ha
colta e ho deciso di anticipare un pochino visto che, oltretutto, ieri
ho
concluso l’odiata sessione estiva quindi ho tutto il tempo
del mondo per scrivere!
Come vi avevo anticipato tempo fa, dal prossimo capitolo ci
sarà un salto temporale che porterà direttamente
alle vacanze di Natale perciò
chiedo a chi non l’ha già fatto di mandarmi la
risposta alla domanda dello
scorso capitolo.
Detto ciò, spero che il capitolo vi sia piaciuto anche se
è
solo di transizione.
Al prossimo aggiornamento.
Stay tuned.
XO XO,
Mary
|
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Capitolo 17 *** Capitolo 16 ***
Capitolo
16
19
Dicembre 1944
Minerva
richiuse il baule, assicurandosi con un colpo di bacchetta di
assicurare i
ganci di sicurezza in modo che non cedessero sotto al peso del
contenuto.
Seduta
sul suo letto a baldacchino, Kara ruppe il silenzio che aleggiava tra
di loro.
- Sei
riuscita a riprendere quel famoso discorso? –
Scosse la
testa, allontanando una ciocca sfuggita dalla treccia laterale.
- No. Non
abbiamo più avuto modo di parlare da soli dal giorno della
partita. –
Erano
passate tre settimane da quando Renford si era schiantato durante la
partita
tra Serpeverde e Corvonero e a parte qualche visita sporadica in
infermeria,
Minerva non aveva avuto modo di stare da sola con lui perché
la sua stanza
sembrava diventata un vero e proprio porto di mare: compagni di Casa
che si
affaccendavano portandogli compiti, amici che gli raccontavano gli
ultimi
pettegolezzi, persino i signori Lestrange erano arrivati al castello
per
venirlo a trovare e tra di loro Minerva aveva intravisto una donna dai
tratti
decisi e lunghe ciocche color platino che non aveva mai visto prima.
Leta
Lestrange, la zia mezza matta di Renford, o almeno così le
aveva detto Adhara.
Sembrava
che il coma magico nel quale era precipitato il nipote a seguito della
caduta
avesse avuto la precedenza su qualsiasi affare la coinvolgesse nel
Nuovo mondo.
Non che
fosse una sorpresa, dopotutto era l’unica
possibilità della famiglia di vedere
il proprio cognome portato avanti.
-
Dovresti parlarci prima di partire. –
- Avevo
intenzione di farlo non appena avrò finito con il baule.
–
- Tu vai,
al baule ci penso io – asserì Kara, spingendola
quasi letteralmente fuori dalla
stanza del loro dormitorio.
Sconfitta,
non le restò che scendere il Sala Comune e dirigersi verso
il ritratto della
Signora Grassa.
Incrociò
Fleamont, l’espressione da cane bastonato, e
rallentò affinchè il compagno di
Casa le si affiancasse.
Era
palese che volesse dirle qualcosa, ma non riuscisse a trovare le parole
più
adatte.
- Ti stai
comportando da idiota – lo accolse.
Trasalendo,
Fleamont sgranò gli occhioni nocciola.
- Non so
cosa fare, Minerva. Non è semplice come sembra. –
- L’unica
cosa che devi fare è spiegare a Kara cosa provi per lei.
Insomma, ormai l’ha
capito tre quarti della scuola che non siete due semplici amici, solo
voi due
testoni fate fatica ad accettarlo. –
Annuì,
passandosi una mano dietro al collo con fare imbarazzato.
-
Aspetterò che scenda in Sala Comune e le parlerò
– assicurò, improvvisamente
determinato a mettere un freno a quella situazione.
- Sarà
meglio altrimenti ti appenderò a testa in giù
fuori dalla finestra della torre …
e non so quanto ti convenga con questo freddo. –
Ridendo,
Fleamont assicurò che l’avrebbe fatto.
Mai
sottovalutare una delle minacce di Minerva.
Sorrise
soddisfatta, varcando l’uscita e dirigendosi a passi spediti
verso l’infermeria.
Non c’era
il solito andirivieni né persone nella saletta
d’attesa e ne dedusse che
Renford dovesse essere solo.
Aprì
piano la porta dell’infermeria, intrufolandosi
all’interno a passo leggero nel
timore di trovarlo addormentato.
Voltò l’angolo
nascosto dal separè e lo trovò lì.
Renford
era seduto su uno dei letti dell’infermeria, la schiena
appoggiata contro la
spalliera del letto, e una donna era seduta sulla sedia accanto a lui.
La chioma
candida come la neve la rendeva estremamente riconoscibile: Leta.
Fece per
tornare sui suoi passi, ma un paio di iridi blu erano ormai fisse su di
lui e
luccicavano mostrando palese allegria.
- Minerva.
–
Sorrise
di rimando, uscendo da dietro il separè e avvicinandosi al
letto.
Sentiva
un altro paio d’occhi, neri come il carbone, che la
studiavano con intensità.
- Lieta
di conoscerti, Minerva – le sorrise.
Era un’espressione
diversa da quelle di circostanza o da coloro che tentavano di essere
amichevoli.
La prima
cosa che le venne in mente fu il ghigno del gatto del Cheshire che
tanto l’aveva
inquietata quando era piccola e i suoi genitori le avevano fatto dono
dell’album
di disegni che rappresentava i personaggi di quella fiaba.
Era il
genere di sorriso di chi sapeva di essere imperscrutabile, inquietante
e di
saperne una più del diavolo.
Leta
sapeva di metterla in difficoltà e di suscitarle
inquietudine e sembrava più
che soddisfatta dalla cosa sebbene le sue parole contrastassero con il
linguaggio del suo corpo.
- Piacere
di conoscerla, signorina Lestrange – replicò,
sforzandosi di sorridere mentre
accettava la mano che la donna le porgeva.
La pelle
di Leta era gelida, sembrava quasi che fosse rimasta immersa nella neve
per
delle ore e non al caldo dell’infermeria.
- Vi
lascio da soli così potrete parlare in pace –
annunciò Leta, alzandosi e
rassettando la lunga veste nera come la notte.
Accarezzò
il volto del nipote con un lieve sorriso, questa volta decisamente
più
autentico di tutti quelli che aveva dispensato da quando aveva messo
piede lì dentro,
e rivolse un cenno del capo a Minerva per poi guadagnare
l’uscita e richiudere
la porta dietro di sé.
- Lo so,
Leta fa questo effetto a parecchie persone – la precedette,
battendo sul
materasso accanto a sé per invitarla a sedersi lì.
- Sembra
una donna molto … particolare –
asserì, alla ricerca del termine più neutrale
possibile.
- È la
prima volta che sento qualcuno dire “particolare”
per intendere completamente
fuori di testa -, rise Renford, - però non posso negare che
tu abbia ragione. –
- I tuoi
genitori? –
- Se ne
sono andati non appena hanno saputo con sicurezza che non fossi in
pericolo di
morte. Tipico. –
Non
sembrava che la cosa lo toccasse particolarmente, ma Minerva non
riusciva a
capire come fosse possibile.
I suoi
genitori non l’avrebbero persa d’occhio per un
istante se quello spaventoso
incidente fosse successo a lei.
- Come
stai? –
- Meglio.
So che hanno rigiocato la partita e che Corvonero ha vinto e so che voi
avete
giocato contro Tassorosso e avete vinto quindi al momento sono i Corvi
a
guidare la classifica – aggiunse poi, nel palese tentativo di
cambiare
discorso.
Sapeva perché
faceva così.
- Senti
ancora dolore, vero? –
Renford
rimase immobile per qualche secondo prima di annuire.
- Stare
seduto mi uccide – ammise.
Lo spinse
delicatamente in giù, ma mettendoci la giusta dose di
decisione da fargli
capire che opporre resistenza non avrebbe avuto il minimo senso.
- Sei un
caso disperato, Lestrange, dovresti saperlo che fare il duro non porta
da
nessuna parte – sbuffò.
- In
realtà non è del tutto vero. Più
faccio il duro e prima posso uscire di qui. Mi
annoio a morte. –
- Già …
domani cominciano le vacanze. –
- E noi
dobbiamo ancora parlare di quello che ci siamo detti prima della
partita –
ricordò lui.
- Se
senti ancora dolore possiamo rimandare. –
Scosse
risolutamente la testa.
- No,
voglio chiarire le cose. –
Le prese
la mano, intrecciando le dita alle sue.
- Ci
tengo a te, Minerva, e voglio che le cose funzionino. –
- Lo
stesso vale per me -, sussurrò di rimando, - e sono pronta a
fidarmi del tutto.
–
Con un
colpo di reni che gli strappò un gemito di dolore, Renford
si mise nuovamente
seduto e catturò le sue labbra in un lieve bacio prima che
Minerva potesse
anche solo pensare di intimargli di rimettersi sdraiato.
- Partirò
per l’Italia con zia Leta durante le vacanze, me
l’ha chiesto e non sono
riuscito a trovare una ragione abbastanza buona per rifiutare, ma ti
scriverò
tutti i giorni – assicurò, accarezzandole il volto.
- Sarà
meglio per te -, scherzò, - o quell’incidente di
Quidditch ti sembrerà una
carezza a confronto. –
Renford
scoppiò a ridere nella sua solita risata bassa e profonda e
l’abbracciò per l’ultima
volta, separandosi quando sentirono la porta riaprirsi e annunciare
l’imminente
ritorno di Leta.
- A
presto – gli sussurrò, uscendo
dall’infermeria.
- A
presto. –
*
Kara
sedette sul divano di fronte al caminetto della Sala Comune, osservando
di
sottecchi il suo migliore amico che sembrava alla ricerca delle parole
giuste
per cominciare il discorso.
- Hai
intenzione di dirmi perché hai fatto l’idiota per
tutto l’ultimo mese oppure
stai aspettando che diventi una Legilimens e lo scopra da me?
–
- Io … mi
dispiace, Kara, ma non è stata colpa tua. –
- Lo
spero bene, non ho fatto nulla di male eppure mi hai esclusa.
–
- Io non
ti ho esclusa -, protestò, - dovevo solo avere il tempo di
capire. –
Accigliandosi,
Kara si sporse verso di lui.
- Capire cosa, Potter? –
- Ho
sentito qualcosa che non mi aspettavo nella mia Amortentia e non sapevo
come
venire a patti con la cosa – spiegò.
- Di chi
ti sei innamorato? – chiese a bruciapelo.
Insomma, perché
tirare in ballo l’Amortentia se non era per confessare una
cotta a dir poco
imbarazzante?
- Io … io
… sonoinnamoratodite. –
- Cosa?
Fleamont parla in una lingua comprensibile al genere umano se vuoi che
ti
capisca. –
Con un
sospiro profondo, ripetè: - Sono innamorato di te.
–
Vide la
ragazza sgranare gli occhi, incredula, per poi alzarsi in piedi di
scatto e
fronteggiarlo.
Sentì lo
spostamento d’aria prodotto dallo schiaffo una frazione di
secondo prima che
questo si abbattesse sulla sua guancia, facendogli scattare la testa
dall’altro
lato.
- Ahia,
sei impazzita? –
- Sei un
idiota. Mi evitavi perché ti sei innamorato di me!
–
- Non
volevo dirtelo proprio perché sapevo che avresti reagito
così … ho rovinato la
nostra amicizia, lo sapevo. –
Evitò di
sfuggita l’ennesima sberla.
-
Imbecille! Grandissimo idiota! Perché avresti dovuto
rovinare tutto? –
Interdetto,
borbottò: - Beh, a giudicare da come mi prendi a schiaffi mi
sembra che tu sia
arrabbiata perché mi sono innamorato di te. –
Alzando
gli occhi al cielo, Kara scosse la testa.
- Non
sono arrabbiata per quello, testone di un Potter. Sono arrabbiata
perché piuttosto
che dirmelo subito hai preferito fare l’idiota. –
- Non
sapevo come dirtelo … -
Avvicinandoglisi,
Kara parve finalmente aver recuperato la calma.
- Anche
io. –
- Anche
tu cosa? –
- Sei
proprio un testone –, sbuffò, - anche io sono
innamorata di te. –
- Da
quanto? – chiese, incredulo.
- Oh, non
poi così tanto … solo il primo giorno del primo
anno. –
Si chinò
su di lei non appena ebbe finito di pronunciare la frase, baciandola
con
vigore.
Sentì
Kara rispondere con passione, spintonandolo sul divano e allacciandogli
le
braccia intorno al collo.
Le voci
divertite e i fischi d’approvazione dei loro compagni di Casa
erano ormai lontani
anni luce.
*
Adhara
alzò lo sguardo verso il cielo, incrociando due iridi di un
blu assoluto che la
fissavano.
Erano ai
margini della Foresta Proibita, spinti lì dalla
volontà di trovare un angolo
tranquillo in cui passare le ultime ore prima della partenza.
- Questo
posto è fantastico, c’è una calma quasi
innaturale. –
- Già, è
il mio preferito proprio per questo –, riconobbe Alphard, - e
ne sono
particolarmente geloso, non ne ho mai parlato a nessuno. –
- Sono la
prima persona a cui lo dici? –
Annuì,
seguendo con le dita da pianista i contorni del suo viso.
- Sì,
volevo che fosse una persona speciale. –
Rimasero
in silenzio per un po’ finchè Alphard non prese
nuovamente la parola.
- Io mi
stavo chiedendo … hai piani particolari per le vacanze?
–
Adhara
scosse la testa.
- Non
direi se si escludono i soliti pranzi e cene con i parenti …
ah, c’è la festa
dei Carrow come tutti gli anni ma a quella immagino andrete anche voi.
–
- Sì, è un
tradizionale supplizio annuale. –
- Tu
invece che piani hai? –
Alphard
si strinse nelle spalle. – Più o meno i tuoi. Casa
sarà affollata di parenti e
mi toccherà sopportare Walburga, Orion e Cygnus. –
Annuì.
Si
ricordava bene la sorella di Alphard, una specie di banshee dal
delicato volto
da bambola e le onde corvine in mezzo alle quali luccicavano due iridi
di
ghiaccio.
Così come
ricordava Cygnus, leggermente più basso del fratello e
dall’aria molto meno
virile, che aveva finito con l’essere promesso a sua cugina
Druella Rosier.
- Non ti
invidio per niente – rise.
- Te l’ho
chiesto perché avevo una proposta da farti -
esordì cauto.
Non aveva
voglia di bruciarsi subito e rischiare un rifiuto.
- Sono
ufficialmente incuriosita. Che tipo di proposta? –
- Volevo
chiederti di passare le vacanze dal ventisei in poi a casa mia.
Insomma,
dovrebbe esserci anche tua cugina Druella, stando a quanto dice Cygnus,
perciò
non credo ci sia nulla di troppo sconveniente. Sempre se ti va
ovviamente –
aggiunse alla fine.
- Certo
che mi va – replicò all’istante,
vagamente consapevole di star sorridendo come
una bambina la mattina di Natale davanti a decine di pacchetti da
scartare.
Alphard
replicò al suo sorriso, chinandosi a scoccarle un lieve
bacio a fior di labbra.
- Saranno
le migliori vacanze di Natale di sempre. –
Spazio
autrice:
Salve!
Comincio scusandomi se in questo capitolo sono comparsi pochi
OC, ma ho deciso di suddividere le vacanze di Natale in più
parti proprio per
dare il giusto spazio a ognuno degli OC perciò rivedrete gli
altri nei prossimi
due capitoli. Inoltre avevo bisogno di introdurre un po’ il
personaggio di Leta
(che rivedrete nei prossimi capitoli) perché si lega a
un’altra mia interattiva
in fase di creazione … a questo proposito se voleste andare
a vedere di che si
tratta la trovate come “Ilvermorny
1944 –
How to hang a witch” e vi anticipo che si
legherà negli ultimi capitoli e
in particolare nell’Epilogo di questa storia.
Detto ciò, qui sotto vi lascio la pv di Leta.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Al prossimo aggiornamento.
Stay tuned.
XO XO,
Mary
Leta
Lestrange
(PV Zoe Kravitz) –
47 anni, ex Serpeverde.
|
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Capitolo 18 *** Capitolo 17 ***
Capitolo
17
20
Dicembre 1944
-
Come mai non sei con il resto del gruppo? – chiese Clay,
osservando la ragazza seduta davanti a lui con un sacchetto di Api
Frizzole tra
le mani.
Alya
sorrise ironica.
-
Perché non sei contento di passare un po’ di tempo
con me?
Sono profondamente offesa. –
Il
Corvonero si affrettò a scuotere la testa con vigore,
arrossendo leggermente.
-
N .. no, certo che no! Non intendevo dire questo! –
-
Rilassati, Clay, stavo solo scherzando – lo
rassicurò con
una risata.
Era
fin troppo facile prendersi gioco di quel ragazzo; in
effetti Clay era un ragazzo così tenero e gentile che la
prospettiva di ferire
qualcuno l’atterriva.
Passare
il tempo con lui le piaceva, era un buon amico e
sapeva di poterci fare affidamento.
-
Spiritosa -, bofonchiò tornando a rilassarsi contro il
sedile dello scompartimento, - allora mi spieghi il perché?
Di solito fai il
viaggio in treno sempre con Laura e Drusilla. –
-
È vero, ma volevo lasciarle insieme a Devon e Stephen senza
fare la quinta incomoda. –
-
Avevo intuito che ci fosse una qualche attrazione tra Laura
e Devon, ma Drusilla e Stephen? – chiese scettico.
-
Sì, sono bravi a cercare di continuare a fare finta che non
sia così, ma è solo questione di tempo prima che
quei due si saltino addosso in
modo molto più pacifico di quanto non facciano di solito.
–
Sentì
un sorriso dipingerlesi sul volto alla vista dell’espressione
sconcertata di Clay.
-
Credo che non capirò mai certi comportamenti. –
-
Non tutto è sempre logico. –
-
Poco ma sicuro, ma quei due dovrebbero farsi dare una
controllata da un serio e professionale strizzacervelli se finiscono
davvero
insieme. –
-
Quanto ci scommetti che sarà così? –
Clay
si accigliò.
-
Cosa proponi? –
-
Se vinco io mi passerai tutti i compiti di Storia della
Magia da qui alla fine dell’anno. –
-
E se vinco io? –
-
Allora farò una cosa a tua scelta. –
Si
strinsero la mano in tono solenne.
-
Scommessa accettata. –
*
-
Mi raccomando biondina, non pensarmi troppo in questi
giorni. –
Drusilla
sbuffò, allontanando una ciocca dal volto e inarcando
un sopracciglio.
-
Casomai dovrei essere io a dirtelo, King. Non trattenere il
respiro nell’attesa di rivedermi. –
Stephen
scoppiò a ridere.
Adorava
il modo in cui Drusilla gli teneva testa, rimettendolo
al suo posto in continuazione in modo del tutto naturale.
-
Beccato in pieno -, ammise ridendo, - ma cosa posso farci se
non faccio che pensare a … -
-
Oh, credimi, lo sono bene a cosa pensi razza di pervertito! –
Era
incredibile, riusciva sempre a capire cosa gli passava per
la testa.
-
Non stavo per dire nulla di scandaloso – protestò.
-
Ma per favore, dal sorrisetto che avevi sulla faccia sono
più che sicura che fosse qualcosa di davvero indecente.
–
-
Devi passare parecchio tempo a guardarmi se sai come
decifrare le mie espressioni. –
L’aveva
buttata lì come una frecciatina provocatoria, ma non
avrebbe mai immaginato di vedere Drusilla arrossire leggermente.
-
Non ti stanchi mai di delirare, vero? –
-
Mai. –
Sorrise
lievemente. – Bene, ma adesso devo davvero andare -,
indicò con un cenno del capo una coppia dall’aria
distinta che stava a qualche
metro, - ai miei genitori non piace molto stare in mezzo alla
confusione. –
-
Certo. Allora fai buone vacanze e … ci vediamo alla festa
della Carrow. –
-
Buone vacanze anche a te. –
Gli
rivolse un ultimo sorriso e poi raggiunse i suoi genitori.
Stephen
la vide venire abbracciata con trasporto dal padre e
ricevere un bacio sulla guancia dalla madre mentre una bambina che
poteva avere
all’incirca cinque anni si aggrappava alla gonna di Drusilla
chiedendo a gran
voce l’attenzione della sorella.
Si
era spesso chiesto come fosse la famiglia di Drusilla e a
quanto pareva era una delle poche famiglie Purosangue che aveva un
matrimonio
felice e trattava i propri figli con amore.
Fu
contento per lei, se la meritava in pieno.
*
22
Dicembre 1944
-
Sei proprio sicuro di voler andare da solo? –
Tom
alzò lo sguardo dal libro che stava leggendo, seduto sulla
poltrona di fronte al grande camino del salone di casa Malfoy.
Alla
fine aveva accettato l’invito di Abraxas a passare le
feste a casa sua, stremato dall’insistenza del biondo e dal
suo arrivo in
quella gigantesca villa aveva potuto prendere contatti con un gran
numero di
Purosangue e membri dell’elité del mondo magico.
Avevano
ospitato molti pranzi e cene, ma quella sera era stata
la meno formale di tutte.
I
signori Nott erano stati a cena lì quella sera e Katherine
lo aveva raggiunto non appena avevano finito di mangiare.
-
Te l’ho già detto, è una cosa che devo
fare da solo. –
-
Non sai nemmeno se abitano ancora lì. –
-
Non avrebbero mai lasciato casa loro, i Gaunt da quello che
ho letto sono molto fieri delle proprie origini. –
-
E sono anche completamente pazzi. –
Gli
rivolse un sorriso di scuse.
Dopotutto
erano pur sempre gli unici parenti che Tom avesse ed
era più che ovvio che volesse conoscerli.
-
Non intendevo dire … -
-
Non sono molto lucidi, almeno così dicono, ma voglio
comunque parlare con loro. Voglio sapere. –
Annuì
in silenzio.
Tom
aveva scovato una vecchia copia di “Genealogie
Purosangue”
e dopo aver cercato per giorni era riuscito a scovare il ramo della
famiglia a
cui era appartenuta sua madre: i Gaunt.
Gli
ultimi discendenti in vita di Salazar Serpeverde.
Instabili,
reclusi in una sottospecie di baracca fatiscente in
un villaggio abitanto perlopiù da Babbani.
Lontani
anni luce dall’antico splendore che ci si sarebbe
aspettato perdurasse in coloro che avevano il sangue di Salazar nelle
vene.
Tuttavia
se Tom ne era stato deluso non l’aveva di certo dato
a vedere; anzi aveva lavorato con incessante cura per localizzare la
posizione
precisa e prepararsi a effettuare quel lungo viaggio.
-
Lo sai che tutti si domanderanno dove ti sei cacciato se non
presenzierai alla festa dei Carrow, vero? –
Tom
assentì. – Ci sarò, non dovrei metterci
più di una
giornata per trovare quello che cerco. –
Katherine
trovò curiosa quella scelta di parole.
Non
chi cerco, ma quello.
C’era
qualcosa che Tom non le stava dicendo.
*
24
Dicembre 1944
-
Laura! –
La
voce di sua madre, proveniente dal piano inferiore, la
riscosse dalla concentrazione con la quale stava svolgendo i compiti
per le
vacanze.
Si
affacciò sul pianerottolo, sporgendosi dalla balaustra per
essere certa che sua madre la sentisse.
-
Sì? –
-
Hai visite. –
Visite?
Era
la Vigilia di Natale per cui non riusciva proprio a
pensare chi avesse trovato il tempo di abbandonare i preparativi per
cene e
feste solo per venirla a trovare.
Incuriosita,
percorse la scala che conduceva all’atrio
principale.
-
Eccomi, chi è? –
-
Siamo in cucina. –
Percorse
buona parte del piano inferiore, sbucando in cucina.
Trovò
sua madre che porgeva una tazzina di caffè a un ragazzo
dai capelli castano chiaro, seduto compostamente sulla sedia alla
destra del
tavolo.
-
Ben svegliata – esordì Devon, voltandosi verso di
lei con un
sorrisetto divertito.
Arrossì
furiosamente ripensando al pigiama bianco con i
bastoncini di zucchero rossi disegnati sopra, i calzettoni di lana
pesante e i
capelli scarmigliati.
Doveva
sembrargli una sorta di pazza fuggita dal San Mungo.
-
Io … io non mi aspettavo visite –
farfugliò presa in
contropiede.
-
Ho pensato di farti una sorpresa. Parto subito dopo pranzo
perciò volevo essere sicuro che ricevessi il mio regalo di
Natale. –
-
Parti? –
-
Sì, i miei genitori hanno deciso di passare le feste dai
miei zii a Manchester. È molto che non li vediamo.
–
Laura
vide con la coda dell’occhio che sua madre osservava la
scena con intensità come se volesse essere certa di non
perdersi il minimo
dettaglio.
La
cosa si stava facendo ancora più imbarazzante.
-
Perché non ci spostiamo in salone? C’è
il camino acceso,
farà più caldo. –
Devon
annuì, permettendole di fargli strada.
-
Volevi scappare da tua madre? – chiese ridendo.
-
Esattamente. –
-
Sembra una donna veramente in gamba. –
-
Lo è, ha una gran forza interiore –
concordò.
-
Come te. –
Sorrise,
lusingata.
Vide
Devon rovistare alla ricerca di un pacchetto nella tasca
interna del mantello da viaggio.
Le
porse la confezione, accuratamente realizzata con della
bella carta verde e oro.
-
Tieni, aprilo. –
Scartò
la carta con attenzione, scoprendo una scatolina bianca
con l’apertura a scatto. L’aprì,
mettendo in mostra una collanina con un
ciondolo realizzato in legno al centro del quale c’era
incastonato un piccolo
smeraldo.
-
Il legno è pino -, la informò, - ed è
incantato affinchè tu
possa sempre sentire la sua fragranza. So quanto ti piace
quell’odore. –
La
rigirò tra le dita, ammirandola in tutto il suo splendore,
poi buttò i capelli di lato e gli porse il collo esile ed
elegante.
-
Mi aiuti a metterla? –
-
Certo. –
Rabbrividì
leggermente quando sentì le dita di Devon sfiorarle
la pelle.
-
Scusa -, rise imbarazzato, - ho dimenticato i guanti quindi
le mie mani devono essere gelate. –
Avrebbe
voluto dirgli che il freddo non era la causa di quel
brivido, ma si trattenne.
-
È bellissima – si limitò a mormorare,
rigirandosi il
ciondolo tra le dita.
-
Ho pensato a te appena l’ho vista, sono contento che ti
piaccia -, lanciò un’occhiata
all’orologio a pendolo nell’angolo e trattenne
un’imprecazione,
- i miei genitori si staranno chiedendo dove sono finito. Devo
scappare. Ci
vediamo a scuola. –
Annuì,
accompagnandolo alla porta.
-
Buon Natale, Devon. –
-
Buon Natale anche a te – ricambiò, chinandosi a
scoccarle un
bacio sulla fronte mentre la cingeva in un lieve abbraccio.
Quando
si separarono Laura rimase sulla soglia finchè non lo
vide Smaterializzarsi.
Alla
fine si decise a rientrare, pronta ad affrontare la
curiosità materna.
Spazio
autrice:
Sono
giunta ad aggiornare anche qui finalmente!
Come
vi
avevo accennato ogni capitolo sarà concentrato su alcuni OC
in particolare e le
loro vacanze natalizie in modo da non creare troppa confusione e fare
troppi
pastrocchi.
Spero
che
il capitolo vi sia piaciuto.
Al
prossimo aggiornamento.
Stay
tuned.
XO
XO,
Mary
|
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Capitolo 19 *** Capitolo 18 ***
Capitolo
18
25
Dicembre 1944
Alexandra
indossò l’abito che le era stato consegnato quella
mattina da un elegante barbagianni.
Non
era il gufo di Abraxas, ma la lettera allegata non
lasciava spazio a dubbi sul fatto che fosse un regalo di Natale del
ragazzo
vista la svolazzante sigla alla fine della pergamena.
A.
M.
-
Alexa, faremo tardi se non ti dai una mossa … ma sei
stupenda – esclamò Mayra, affacciandosi nella
stanza della sorella maggiore.
In
effetti con quell’abito color dell’alabastro, che
le
fasciava il corpo con eleganza e sinuosità, sembrava una di
quelle principesse
delle favole.
-
Devo dire che il biondastro ha buon gusto. –
Alexandra
le sorrise lievemente.
Mayra
era l’unica a sapere con esattezza cosa ci fosse tra lei
e Abraxas, avendoli sorpresi a scambiarsi effusioni l’anno
precedente.
-
Sarai la più bella della festa, la Carrow morirà
d’invidia –
sentenziò la ragazza, sorridendo compiaciuta mentre prendeva
per mano la
sorella e la costringeva a fare una giravolta per ammirare ogni
dettaglio dell’abito.
Alexandra
ridacchiò leggermente, divertita dall’entusiasmo
della più piccola.
-
Non mi interessa rivaleggiare con Heidi. –
-
Dovrebbe. Se io fossi come te non perderei un istante e le
farei perdere quell’aria da miss mondo con cui si aggira per
i corridoi. –
-
È un commento pericolosamente da Serpeverde, lo sai?
–
replicò, ammiccando maliziosa.
Mayra
sgranò gli occhi, scuotendo la testa con vigore.
-
Lo sapevo. Avere in casa te ed Edward ha finito con il
contagiarmi con il gene della serpitudine. –
-
Il gene di cosa? – chiese quest’ultimo,
affacciandosi nella
stanza per capire come mai ci mettessero tutto quel tempo a scendere.
-
Mayra dice che è colpa nostra se ogni tanto ha uscite da
Serpeverde. –
-
Meglio le uscite che assimila da noi piuttosto che quelle
che potrebbe trasmetterle Stephen. –
-
Ehy, ti ho sentito – replicò la voce
dell’altro dal
corridoio.
-
Bene, perché non era certo un segreto. –
-
Non vedo l’ora di tornare a Hogwarts, almeno lì
siamo in
Case diverse e non devo sopportarti per tutta la giornata –
sbuffò Stephen,
facendosi avanti e porgendo solennemente entrambe le braccia alle
sorelle
affinchè lo prendessero sottobraccio.
Edward
roteò gli occhi al cielo.
Immaturo
a livelli esponenziali.
-
Diamoci una mossa o i nostri genitori partiranno senza di
noi. –
-
Il che sarebbe una grandissima perdita – ironizzò
Mayra.
Tuttavia
la ragazzina li seguì docilmente al piano di sotto e
poi verso il giardino dal quale si sarebbero Smaterializzati.
Sperava
solo che quella maledetta festa avesse vita breve.
*
-
I Carrow hanno esagerato come al solito –
considerò Azalea.
-
E quale sarebbe la novità? Sono megalomani come pochi
–
replicò il cugino, guardandosi attorno alla ricerca di
qualche figura familiare
e amichevole.
Al
momento gli sembrava solo di trovarsi in un covo di serpi.
-
Chi stai cercando? –
-
Fleamont. Aveva detto che sarebbe venuto alla festa. –
-
Arriverà, lo sai che non è certo il massimo della
puntualità. Piuttosto, credevo che saresti stato contento di
essere alla festa,
l’ultima volta sei andato al ballo con Heidi. –
Scrollò
le spalle.
-
Cercavo una distrazione sufficientemente bella, nient’altro.
Piuttosto, chi è quella?
–
Azalea
seguì il suo sguardo, accigliandosi.
La
ragazza doveva avere all’incirca quindici anni, un fisico
aggraziato e sottile come un giunco, lunghe onde biondissime che le
ricadevano
fino a metà schiena e grandi occhi blu come zaffiri che la
facevano sembrare
una sorta di innocente angelo.
-
Credo sia una delle cugine francesi di Heidi. –
-
In tal caso credo sia d’obbligo andare a farle da chaperon.
Insomma, si sentirà spaesata in un posto in cui la maggior
parte degli invitati
non parla una parola della sua lingua madre. –
Azalea
alzò gli occhi al cielo.
Non
c’era niente da fare, Ethan era sempre il solito.
-
Vai pure, cugino. –
-
Tu vieni con me, come potrei fare a comunicare con lei
altrimenti? Sei tu quella che parla francese, non io. –
-
D’accordo -, assentì, - ma sia chiaro che questo
ti costerà
un gigantesco favore a mia scelta che riscuoterò non appena
vorrò. –
Ethan
annuì con aria solenne.
-
Ci sto. –
*
Kara
era seduta sul pavimento di casa Brooks a osservare il
figlio di Tobias che sgambettava attorno all’albero di
Natale, i grandi
occhioni sgranati mentre osservava le decine di pacchetti deposti ai
piedi del
gigantesco albero riccamente decorato.
Incrociò
lo sguardo di Sophie.
La
ragazza osservava il bambino con una tenerezza nello
sguardo che la commosse.
Il
piccolo era figlio della precedente ragazza di Tobias,
morta poco dopo in un tragico incidente, ma la Corvonero
l’aveva accettato e
amato come se fosse suo.
Di
certo portava allegria in casa Brooks, che quella sera
aveva visto una vera e propria invasione da parte di metà
Casa di Grifondoro
visto che lei, Minerva e Fleamont avevano accettato l’invito
a cena.
-
Ethan si starà domandando dove sei finito –
considerò Minerva.
-
Mi sono completamente dimenticato di avvertirlo -, ammise il
ragazzo, - ma non avevo la minima intenzione di andare a quella stupida
festa. –
Kara
si accoccolò maggiormente contro il petto del ragazzo,
sorridendo quando lo sentì cingere le braccia forti attorno
a lei.
-
Lo sentirai lamentarsi per giorni – profetizzò
Tobias.
Scoppiarono
a ridere all’unisono.
Effettivamente
Ethan Fenimore era noto in tutta la scuola per
la caparbietà con cui continuava a rinfacciare fatti come
quello.
-
Non credo che sarà triste per molto, troverà
presto qualche
bella ragazza da rimorchiare. –
Risero
nuovamente.
Quel
Natale portava una ventata di complicità e dolcezza come
nessuno dei precedenti aveva mai fatto.
C’erano
i suoi amici, i loro genitori, e il suo fidanzato.
Tutto
era perfetto.
E
Kara era veramente, totalmente, felice.
*
26
Dicembre 1944
Adhara
e Druella vennero accolte all’ingresso dall’elfa
domestica dei Black.
La
creaturina si inchinò toccando quasi il pavimento con il
lungo e sottile naso, prese i loro soprabiti e annunciò che
si sarebbe occupata
all’istante di portare i loro bagagli nelle camere loro
assegnate.
-
Prego le signorine di seguirmi nel salone principale, i
padroni saranno qui il prima possibile – squittì,
accompagnandole verso l’enorme
stanza che era il cuore pulsante della casa.
Con
la coda dell’occhio Adhara osservò sua cugina che
si
guardava attorno con espressione deliziata.
-
Sapevo che i Black erano incredibilmente ricchi, ma questa
casa va al di là di ogni mia più sfrenata
immaginazione. –
-
È bella – convenne.
-
Bella, tutto qui? – ripeté incredula.
-
Non sono qui per la casa né per quello che contiene
–
replicò, lasciando intendere che non era affatto sicura che
lei condividesse il
suo pensiero.
Druella
in quei giorni aveva parlato più dei Black come famiglia
e posizione che di Cygnus.
Sapeva
che il loro era un fidanzamento combinato, ma non
riusciva a capire come potesse andarle bene se non provava almeno un
briciolo d’affetto
per Cygnus.
Quanto
al rampollo dei Black, era più evidente dal modo in cui
guardava Druella che la considerasse la ragazza più bella su
cui avesse mai
posato lo sguardo.
Se
non fosse stato un insopportabile essere pomposo, Adhara si
sarebbe sentita dispiaciuta per lui.
La
loro conversazione venne interrotta da un rumore di passi lungo
il corridoio che preannunciò di pochi istanti la comparsa
della famiglia Black
al completo.
Pollux
Black e Irma Crabbe guidavano quella sorta di solenne
drappello, dietro di loro venivano Alphard e Cygnus e a qualche passo
da loro
Walburga sottobraccio a Orion.
-
È un piacere avervi qui per le vacanze, sono lieto che le
vostre famiglie abbiano acconsentito all’invito –
esordì Pollux, osservandole
dalla testa ai piedi con aria palesemente compiaciuta.
-
Il piacere e onore è nostro, signor Black –
assicurò Druella,
sorridendo come ogni brava Purosangue avrebbe dovuto fare.
Adhara
rimase in silenzio, limitandosi a sorridere chinando
lievemente il capo.
Aveva
già detto tutto sua cugina, nell’evidente
desiderio di
mettersi in mostra e riscuotere il favore della matrona dei Black.
Quanto
a lei, non aveva alcun dubbio circa il fatto di partire
decisamente svantaggiata.
Walburga
non la sopportava dai tempi della scuola e non aveva
alcun dubbio che anche la signora Black condividesse il suo sentimento.
-
Milly vi mostrerà le vostre stanze, immagino vorrete
rinfrescarvi prima della cena – asserì Irma,
ordinando con un cenno del capo
all’elfa di scortarle al piano superiore.
In
silenzio, assecondarono il desiderio della padrona di casa
e seguirono l’elfa al piano superiore fino alla fine del
corridoio, dove si
trovavano le loro stanze.
Druella
raggiunse la sua squittendo deliziata, per poi
richiudersi la porta alle spalle.
Adhara
sostò invece sulla soglia della sua per qualche
secondo, rivolgendo un sorriso all’indirizzo
dell’elfa.
-
Ti ringrazio, Milly, da qui posso cavarmela da sola. –
L’elfa
la guardò sorpresa, come se non fosse abituata a quella
gentilezza, e si profuse nell’ennesimo inchino.
-
Milly è a completa disposizione della signorina,
è un
piacere. –
Dopodichè
si congedò e, immaginò Adhara, corse a svolgere
qualche altro compito in vista della cena.
Rimasta
sola, osservò la stanza che le era stata assegnata.
Era
all’estremo opposto del piano rispetto a quella di Alphard
e immaginò che fosse stata una scelta studiata per evitare
qualsiasi possibile
sconveniente evento.
L’interno
era decorata con uno sfavillante stile barocco,
ricco di verde e argento, che la fece sentire come se fosse
improvvisamente
finita nel dormitorio di Serpeverde.
Tuttavia
era una bella stanza, aveva persino un piccolo
terrazzo privato dal quale ammirare la vista mozzafiato sulla serra
all’aperto.
Sentì
bussare delicatamente alla porta in mogano.
-
Avanti. –
Alphard
fece capolino, sorridendo.
-
Allora, come ti sembra? –
Sorrise
di rimando, avvicinandosi verso di lui fino ad
annullare la distanza che li separava e incrociare le braccia dietro al
suo
collo.
Sentì
le mani del ragazzo cingerle i fianchi, tenendola
stretta a sé.
-
Va benissimo. –
-
Ti ricordavi di Cygnus, Walburga e Orion quindi sai già che
tipi sono, ma dei miei cosa pensi? –
-
Sinceramente? –
Alphard
scoppiò a ridere, annuendo.
-
Tuo padre ci guardava come se stesse valutando quanto
valessimo a peso d’oro mentre tua madre … sembra
una Walburga di mezza età. –
-
Se questo non è parlare chiaro -, replicò ormai
in preda
alle risate più totali, - credo sia la prima volta che
qualcuno che non fa
parte della famiglia ha avuto il coraggio di dire davvero come stanno
le cose. –
-
Dovresti saperlo che sono una piccola ribelle –
scherzò.
-
Lo so. Ed è una delle tante qualità che mi hanno
attirato
quando ti ho conosciuta. –
Sentì
le guance colorirsi di una bella tonalità di rosa
intenso mentre il ragazzo la fissava dritta negli occhi.
Era
uno sguardo in cui avrebbe tranquillamente potuto
perdersi.
Una
frazione di secondo dopo le labbra di Alphard erano
premute sulle sue in un lento e passionale bacio.
Quando
si separarono, Alphard le accarezzò il volto.
-
Non vedo l’ora di vederti alle prese con Walburga, sono
certo che darete spettacolo nel migliore dei modi possibili. –
Sorrise
malandrina.
-
Farò sicuramente del mio meglio. –
Spazio
autrice:
Salve!
Aggiornamento
a tempo di record, ma ero ispirata e non volevo attendere oltre.
Con
il
prossimo capitolo termineremo le vacanze di Natale perciò
tra due capitoli li
rivedremo tutti a scuola.
Vorrei
però porvi una piccola domanda:
-
Come
trascorreranno il Capodanno?
Detto
ciò, per chi fosse curioso vi lascio qui sotto i pv di
Druella, Walburga, Orion
e Cygnus per come me li ero immaginati visto che li rivedrete
sicuramente nel
prossimo capitolo.
Al
prossimo aggiornamento.
Stay
tuned.
XO
XO,
Mary
Walburga
Black
(PV Olivia Wilde) –
21 anni, ex Serpeverde.
Orion
Black
(PV Henry Cavill) –
21 anni, ex Serpeverde.
Cygnus
Black
(PV Orlando Bloom) –
19 anni, ex Serpeverde.
Druella
Rosier
(PV Katie McGrath) –
18 anni, ex Corvonero.
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Capitolo 20 *** Capitolo 19 ***
Capitolo
19
31
Dicembre 1944
Aprì
gli occhi, soffocando uno sbadiglio, svegliato dal
fracasso che stavano facendo al piano di sotto.
Mise
giù i piedi dal letto a baldacchino e uscì dalla
sua
stanza per dirigersi verso il piano inferiore e cercare di capire cosa
stesse
succedendo.
Facendo
capolino dalla rampa di scale, Ethan vide una mezza
dozzina di elfi domestici che si affaccendavano con i preparativi.
Emise
un gemito.
La
festa dell’ultimo dell’anno, stava quasi per
dimenticarsene.
L’ennesima
occasione per i suoi genitori di cercare di
combinargli un vantaggioso e rispettabile matrimonio Purosangue.
Stando
attento a non farsi sentire, tornò al piano superiore e
prese immediatamente piuma e inchiostro.
Doveva
mettersi subito in contatto con Azalea: urgeva una
strategia per mandare in fumo il piano dei genitori.
S.
O S.
Preparativi
per la festa in corso.
Salvami.
Affidò
la missiva al suo gufo, guardandolo mentre spiccava il
volo e percorreva rapidamente le poche miglia che lo separavano da casa
della
cugina.
Dieci
minuti più tardi il gufo era di ritorno stringendo tra
le zampe la risposta alle sue preghiere.
Trova
un
modo per farmi entrare alla festa.
Ci
penserò io a tenerti lontane quelle sanguisughe.
Sorrise
fissando quelle poche righe vergate con la calligrafia
tondeggiante della ragazza.
Poteva
sempre fare affidamento su Azalea.
*
Abraxas
stava comodamente sdraiato sul grande divano in pelle
di drago e osservava Tom rigirarsi tra le dita uno dei regali che aveva
ricevuto per il suo compleanno.
Era
sempre interessante osservare la sua espressione quando ne
aveva uno tra le mani.
Sapeva
che era cresciuto in un orfanatrofio Babbano, ma non
aveva mai considerato fino a che punto la cosa avesse condizionato
l’amico
anche nella più piccola e insignificante delle cose.
-
È una prima edizione, ma non è di cristallo -,
ironizzò il
biondo davanti alla reverenza con cui Tom maneggiava il tomo di Arti
Oscure, -
puoi sfogliarlo senza temere che si disintegri. –
Aveva
trovato quell’edizione da Magie Sinister prima che
cominciasse l’anno scolastico e l’aveva acquistata
di getto, certo che Tom l’avrebbe
apprezzata.
La
biblioteca di Hogwarts era deplorevolmente carente sotto
quel particolare punto di vista.
Tom
gli rivolse una di quelle sue espressioni indecifrabili,
come se si stesse domandando se scoppiare a ridere oppure Schiantarlo.
Sentì
il sorriso allargarsi ancora di più sulle labbra
sottili.
Merlino,
quanto lo divertiva quel ragazzo.
Una
delle elfe domestiche del Manor fece capolino
timorosamente, lo sguardo fisso verso il basso.
-
Signorino Malfoy, ci sono delle persone che desiderano
vedere lei e il signorino Riddle. –
Accigliato,
si raddrizzò leggermente.
-
Delle persone? Di chi si tratta, Tiffany? –
-
Il signorino Lestrange e un suo amico, padroncino Malfoy. –
E
così finalmente Renford si decideva a ricomparire da quel
misterioso viaggio in Italia con quella svitata di Leta.
-
Conducili qui. –
L’elfa
annuì, inchinandosi e sgattaiolando verso il portone.
Abraxas
la sentì squittire qualcosa e una manciata di secondi
più tardi la vide fare ritorno scortando gli ospiti.
Renford
aveva il volto leggermente colorito, ma lo sguardo
spento tradiva la stanchezza. Di qualsiasi cosa si fosse trattata di
sicuro non
era stato un viaggio di piacere.
Dietro
di lui veniva un ragazzo che Abraxas non aveva mai
visto prima; doveva avere uno o due anni più di loro, i
corti capelli erano
castani e le iridi azzurre luccicavano allegre.
-
Abe, Tom – salutò asciutto, scambiando delle
virili pacche
di saluto prima con uno e poi con l’altro, - lui è
Christopher Zabini. –
-
Lieto di conoscervi, Ren ha parlato molto bene di voi due. –
-
Piacere di conoscerti – replicò Tom, studiandolo
con fredda
cortesia.
-
Ti abbiamo portato un regalo di compleanno che adorerai –
dichiarò Renford, lasciandosi cadere con disinvoltura su una
delle poltrone più
vicine, - Chris, fagli vedere. –
Il
nuovo arrivato tese un pacchetto elegantemente incartato.
-
Tanti auguri, Tom – augurò.
Scartandolo
con circospezione, Tom esaminò il contenuto con
aria febbrile.
Finalmente
aveva tra le mani quello che tanto a lungo aveva
atteso.
La
traduzione del Grimorio di Morgana.
-
Chris è un traduttore molto dotato, è stata Leta
a consigliarmi
di rivolgermi a lui – spiegò Renford.
-
Non troverai una traduzione più accurata nemmeno se la
dovessi cercare per il resto della vita – assicurò
Zabini.
Tom
assentì in silenzio.
Era
sempre più vicino al suo obiettivo.
*
Se
non fosse uscita da lì il prima possibile sarebbe finita
con l’impazzire, poco ma sicuro.
Quel
pomeriggio Irma Crabbe aveva preteso che sia Adhara che
Druella si unissero a lei e alla figlia nel salone principale della
residenza
invernale per sorseggiare un the e scambiarsi chiacchiere
sull’imminente
matrimonio di Walburga e Orion.
Inutile
dire che Adhara fosse rinomatamente ben poco
interessata a chiacchiere e pettegolezzi, specialmente se si trattava
di
Walburga.
Druella
invece appariva deliziata e sinceramente partecipe
nella conversazione, non che quella fosse ormai una novità.
La
bionda era più che mai decisa a conquistarsi i favori della
futura suocera e sembrava decisamente sulla buona strada, godendo in
pieno
anche dell’approvazione della futura cognata.
-
Tu cosa ne pensi, Adhara? –
Venne
strappata dai suoi pensieri dalla domanda di Walburga.
Si
riprese in fretta, sorridendo lievemente.
-
Credo che sia un bellissimo vestito. –
Era
la verità, l’abito era davvero delizioso.
La
ragazza parve interdetta nel trovarla effettivamente pronta
e attiva nella conversazione, quasi avesse sperato di vederla cadere
dalle
nuvole e farle fare una figuraccia.
Annuì,
guardandola dall’alto in basso, e tornò a
rivolgersi
alla madre elencando una sfilza di nomi che aveva intenzione
d’invitare alla cerimonia
che si sarebbe tenuta di lì a sei mesi.
Venne
interrotta da un tossicchiare educato che spinse le
quattro donne a voltarsi verso la sua provenienza.
Alphard
era sulla soglia del salone, le iridi blu che
sondavano la stanza con aria divertita.
-
Spiacente di interrompere le vostre interessantissime
chiacchiere, ma temo di dovervi rubare Adhara. –
Irma
lanciò un’occhiata corrucciata al figlio come se
volesse
spingerlo a rimangiarsi la sua richiesta e fare marcia indietro,
lasciando la
sua fidanzata in balia loro.
Eppure
Alphard resse bene lo sguardo materno e aggiunse: -
Sempre ammesso che a lei non dispiaccia e che invece preferisca
rimanere qui a
chiacchierare del matrimonio con voi. –
Adhara
vide chiaramente la scintilla divertita nello sguardo
del ragazzo che contrastava con la seriosità della frase.
Si
sarebbe fatta Schiantare per tutta la stanza piuttosto che
passare lì dentro ancora un solo minuto e lui lo sapeva
perfettamente.
-
Immagino che se si tratta di una cosa seria io possa
assentarmi; Druella mi racconterà ogni cosa nei minimi
dettagli, non è vero? –
La
cugina annuì con vigore, rassicurando Irma con un sorriso a
trentadue denti.
-
Naturalmente. Non si preoccupi, signora Black, aggiornerò io
Adhara. –
Irma
soppesò la faccenda per qualche secondo prima di annuire
rigidamente.
-
D’accordo, andate pure. –
Si
alzò in piedi, rassettando l’abito verde, e si
impose di
uscire dalla stanza senza correre malgrado lo volesse oltre ogni dire.
Prese
sottobraccio Alphard e si lasciò condurre verso
l’atrio
e poi fuori fino al grande giardino antistante la villa.
-
Allora, ti stavi divertendo? –
Gli
rivolse un’occhiata ironica. – Sì,
è stato uno dei momenti
più emozionanti della mia vita … specialmente
quando Walburga ha cominciato a
decantare ogni esatta sfumatura di bianco che avrebbe utilizzato per il
ricevimento. Sapevi che esistono ben undici gradazioni di bianco?
–
Scoppiò
a ridere.
-
Non ne avevo idea. Se l’avessi saputo non mi sarei mai
intromesso tra te e questa grande lezione di cultura. –
-
Prova a lasciarmi un’altra volta sola con quelle tre e giuro
che mi metto a urlare. –
-
Allora immagino sarai contenta di sapere che siamo esentati
dal partecipare alla festa dei Prince. Orion aveva un invito a cena da
certi
suoi colleghi del ministero e ha deciso di portare con sé
Walburga mentre
Cygnus e Druella hanno una festa da certi loro ex compagni di scuola.
Quindi
sono riuscito a convincere mio padre a lasciarci una serata lontana
dagli
eventi mondani. –
Emise
un sospiro sollevato.
Ne
aveva davvero abbastanza di quella sfilza d’eventi sociali
a cui erano stati invitati nella settimana.
-
E dove andremo? –
Le
rivolse un sorriso furbo. – Questa è una sorpresa,
tu fatti
solo trovare pronta per l’ora di cena. –
-
Agli ordini – scherzò.
Non
vedeva l’ora di scoprire di cosa si sarebbe trattato, la
curiosità la stava divorando.
*
Laura
si guardò attorno, esaminando gli invitati alla festa
con attenzione.
-
È una mia impressione oppure c’è una
quantità incredibile di
ragazze? –
Devon
annuì, seguendo il suo sguardo.
-
Sembra che ci siano tre quarti delle ragazze Purosangue in
età da contratto matrimoniale. Immagino che i genitori di
Ethan stiano cercando
qualcuna con cui accasarlo. –
Drusilla
si strinse nelle spalle, sorseggiando un calice di
vino elfico.
-
Personalmente la trovo una pratica a dir poco barbara. È
come
se ci si mettesse all’asta e si comprassero le persone come
si fa con i quarti
di bue. –
-
Credo che tu abbia trovato un paragone calzante – convenne
Laura,
accennando al modo in cui i genitori presenti esaminavano i vari
pretendenti.
Effettivamente
sembrava di stare a una sorta di gigantesco e
tremendamente chic mercato al chiuso.
-
E quello chi è? – chiese d’un tratto
Drusilla, accennando
con il capo al ragazzo nell’angolo della sala che
chiacchierava educatamente
con Abraxas, Edward e Alexandra.
-
Quale? –
-
Quello carino, con i capelli castani e i grandi occhi
azzurri. –
-
Quel damerino tutto sorrisi? – chiese Stephen, la fronte
corrucciata mentre lo individuava.
-
Credo che sia un nuovo amico di Renford arrivato insieme a
lui dall’Italia –, considerò Devon, - se
non sbaglio è uno Zabini. –
Le
sue parole vennero accompagnate dall’inizio di una lenta e
armoniosa melodia che si propagò velocemente
all’interno dell’immenso salone.
Devon
vide Laura sorridere al suono della melodia, ondeggiando
appena sul posto.
-
Ti va di ballare? –
Annuì,
accettando la mano che il ragazzo le porgeva e
lasciandosi scortare sulla pista da ballo.
-
Sembra che quei due stiano facendo passi da gigante –
considerò Drusilla osservandoli danzare con i corpi premuti
stretti gli uni
contro gli altri.
-
Così sembrerebbe. Vado a prendermi dell’altro da
bere, tu ne
vuoi? –
Lasciandogli
il calice vuoto tra le mani, annuì con un
sorriso. – Sì, grazie. –
Rimasta
sola dedicò la sua attenzione ai ballerini in pista.
Si muovevano in modo elegante e aggraziato, erano un vero piacere per
gli
occhi.
-
Come mai una ragazza così carina non è in pista a
ballare? –
Si
voltò verso il ragazzo che aveva parlato, incontrando gli
occhi azzurri del misterioso sconosciuto.
-
Credo sia ancora troppo presto per cominciare a ballare. Di
questo passo mi distruggerei i piedi a metà serata
– rise, accennando ai tacchi
alti.
Il
ragazzo ridacchiò, porgendole la mano. –
Cristopher Zabini.
–
-
Drusilla Selwyn. –
-
Posso comunque sfidare la sorte e invitarti a ballare? –
-
Potresti … -
-
Ma sfortunatamente per te Drusilla ha già un cavaliere
–
intervenne Stephen, ricomparso con due calici stretti tra le mani.
Ne
porse uno alla ragazza, che lo ringraziò.
-
Ah -, Christopher parve interdetto, - allora le mie scuse e
buon proseguimento – concluse congedandosi con un sorriso di
scuse.
Rimasti
soli, inarcò un sopracciglio divertita. – Davvero?
Buffo, perché non mi ero resa conto di essere venuta
accompagnata da qualcuno.
Immagino che la mia memoria comincia a fare scherzi. –
-
Spiritosa. Bevi quel vino e poi seguimi in pista, biondina.
Se pensi che io resti qui a fare tappezzeria mentre ogni singolo
ragazzo della
festa ci prova con te ti sbagli di grosso. –
*
Laura
si rilassò nella stretta del ragazzo, lasciandosi
guidare con sicurezza da Devon in vortici sempre più rapidi
e precisi.
Era
un ottimo conduttore, considerò, e tra le sue braccia si
sentiva più al sicuro di quanto non le fosse mai capitato
dalla morte di suo
padre.
-
Ti stai divertendo? –
-
Moltissimo -, assicurò, - questa serata si è
rivelata
inaspettatamente piacevole. –
Un
sorriso furbo si dipinse sul volto di Devon.
-
È troppo arrogante da parte mia se presumo che buona parte
del merito sia mio? –
Laura
rise, scuotendo la testa.
-
Certe volte mi dimentico che sei un Testurbante e che
c’è
una parte molto Serperverde in te. –
-
Solo la parte migliore delle serpi – assicurò,
portandosi
una mano al cuore come se fosse in procinto di giurarlo solennemente.
-
D’accordo, signor Bones, gonfierò un po’
il tuo ego e
ammetterò che hai ragione. –
-
Lo sapevo. –
-
E perché ne eri così certo? –
-
Perché indossi il mio regalo – mormorò,
accennando al
ciondolo che portava al collo.
-
È stato un bellissimo regalo. –
-
So cosa significa l’odore del pino per te … e
volevo che il
mio regalo significasse qualcosa, che avesse un qualche valore per te e
non
fosse solo uno dei tanti che si ricevono alle feste. –
Toccata
da quelle parole, arrossì e abbassò lo sguardo.
-
Devon … -
-
No -, la interruppe, - lasciami finire prima che perda il
coraggio. Mi ci è voluto molto per ammetterlo, ma alla fine
ho capito che non
aveva senso continuare a negarlo. Per me non sei solo
un’amica. Io provo
qualcosa che va oltre l’amicizia … ti amo, Laura.
E forse rovinerò tutto con
questa dichiarazione, ma avevo bisogno che tu lo sapessi. –
Vide
Laura alzare finalmente lo sguardo su di sé.
Era
a dir poco raggiante.
-
Il tuo discorso è difficilmente superabile da qualsiasi
altro quindi ti risponderò nel modo più diretto
che conosco: ti amo anche io. –
Smisero
di danzare e Devon la prese per mano all’istante,
attirandola verso l’uscita del salone.
-
Dove stiamo andando? – chiese ridendo.
-
Lontano da tutta questa gente. Ho voglia di baciarti, ma non
voglio dare spettacolo davanti a tutti. –
La
replica la fece avvampare, ma l’imbarazzo evaporò
non
appena si ritrovarono in uno dei corridoi della casa e Devon le prese
il volto
tra le mani.
La
baciò con dolcezza, tenendola stretta a sé.
Era
il posto migliore in cui essere.
*
Adhara
mise un piede davanti all’altro con fare incerto, il
volto coperto da una sottile striscia di stoffa morbida che le
nascondeva ogni
indizio circa dove si trovassero.
Avevano
cenato in uno dei villaggi magici poco distanti dal
Manor.
Un
posto elegante dalla luce soffusa e decine di coppie che si
guardavano dritte negli occhi per tutta la durata della cena.
E
avevano riso e scherzato fino al momento del dolce.
Dopodiché
Alphard l’aveva fatta alzare e le aveva chiesto di
coprirsi il volto con quella benda, assicurandogliela dietro al capo.
E
allora era stata ufficialmente in balia del ragazzo.
Avevano
camminato per un lasso di tempo che non seppe
quantificare. Le aveva fatto salire una lunga rampa di scale e
l’aveva sentito
mormorare qualcosa con degli sconosciuti.
E
adesso erano fermi sul posto, una lieve brezza che li
accarezzava.
-
Posso togliere la benda? –
-
La puoi togliere. –
La
fece scivolare via, abituando velocemente gli occhi a ciò
che aveva di fronte.
Erano
su una terrazza, questa fu la prima cosa che realizzò,
la seconda era che da lì si vedeva l’intero
villaggio illuminato dalle luci
delle feste.
-
È bellissimo. –
-
Sì, la vista è stupenda –, convenne, -
ma la vera sorpresa
comincia adesso. –
Il
primo sibilo la colse di sorpresa.
Vide
i fuochi d’artificio magici saettare verso il cielo
notturno con frequenza cadenzata.
Assumevano
forme sempre nuove, riproducendo costellazioni,
fiori, comete di luce e ogni sorta di forma umanamente pensabile.
I
colori erano sgargianti e illuminavano il cielo attorno a
loro in una miriade di sfumature sempre nuove.
-
Hai organizzato tutto tu? Tutto solo per me? – chiese, la
voce rotta per l’emozione.
-
Sì. –
Nessuno
l’aveva mai sorpresa in quel modo, a nessuno era mai
importato abbastanza per prendersi la briga di farlo.
Sorrise,
voltandosi verso di lui che la teneva stretta tra le
braccia.
-
Ti amo, Alphard Black. –
Lo
vide sorridere mentre si chinava a sfiorarle le labbra con
le sue, mormorandole di rimando: - Ti amo, Adhara Rosier. –
*
Mancavano
pochi minuti alla mezzanotte quando un gufo battè
alla finestra della sua camera.
Minerva
alzò lo sguardo verso l’animale, riconoscendolo
all’istante.
Aprì
la finestra, facendolo entrare, e armeggiò per sfilare la
lettera dal legaccio assicurato a una delle zampe.
Srotolò
la pergamena.
Affacciati.
Fece
come le era stato detto, individuando all’istante la
sagoma con indosso il pesante mantello che se ne stava in piedi tra la
neve
fresca che gli arrivava quasi alle ginocchia.
-
Renford? –
-
Perché, aspettavi qualcun altro? –
Rise,
richiudendo la finestra e correndo giù per le scale fino
alla porta, ignorando gli sguardi sorpresi dei suoi genitori e dei suoi
fratelli.
Uscì
fuori, gettandosi tra le braccia del ragazzo.
Le
era mancato così tanto.
-
Sei tornato! –
-
Questa mattina – confermò, accarezzandole il volto.
-
Non dovevi essere alla festa dei Prince? –
-
Ci sono stato fino a poco fa -, confermò, - ma dovevo essere
qui per la mezzanotte. –
Si
alzò in punta di piedi, baciandolo di slancio.
Ignorò
i suoi genitori sulla soglia, i suoi fratelli che
ridacchiavano e persino i piccoli e delicati fiocchi di neve che
avevano
ripreso a cadere su di loro.
Renford
era lì con lei, nient’altro importava.
Spazio
autrice:
Salve!
Credo
che
questo sia stato il capitolo più sdolcinato che io abbia mai
scritto in tutta
la mia permanenza qui su EFP, ma ogni tanto un po’ di
dolcezza non fa male.
Anche la Devara è ufficialmente Canon e chissà
che qualche altra coppia non la
raggiunga nel corso di questi ultimi sei capitoli che ci separano dalla
fine
della storia.
Al
prossimo aggiornamento.
Stay
tuned.
XO
XO,
Mary
|
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Capitolo 21 *** Capitolo 20 ***
Capitolo
20
7
Gennaio
1945
-
Non ci posso credere, hai davvero finito tutte le
Cioccorane? –
-
Non mi sembra di aver visto un cartello che diceva che erano
roba tua – la rimbeccò Stephen, stravaccato sul
divanetto accanto a lei.
Laura
e Devon erano seduti di fronte a loro, troppo impegnati
a parlottare tra loro per degnarli della minima considerazione.
-
Ma lo sanno tutti che io non posso affrontare il viaggio in
treno senza la mia solita dose di cioccolata. –
-
Che enorme disdetta. –
Drusilla
si allungò verso di lui, pizzicandogli il fianco e
facendolo gemere.
-
Ahia, sei impazzita? –
-
Questo è nulla. Tu hai finito le Cioccorane! –
-
E tu sei fuori di testa. –
Gonfiando
le guance in un’espressione che la faceva sembrare
vagamente un pesce palla, la bionda gli rivolse un’occhiata
minacciosa.
O
perlomeno lo sarebbe stato se solo Stephen non l’avesse
trovata tremendamente adorabile.
-
Non mi spaventi, nanerottola. –
-
Molto male. Dovresti tremare di paura, so essere molto
vendicativa – asserì, incrociando le braccia al
petto.
-
Allora immagino sia un bene che io abbia conservato l’ultima
Cioccorana rimasta. –
Le
sventolò la confezione sotto il naso, sorridendo nel
vederla illuminarsi all’improvviso.
Drusilla
tese le mani verso il pacchetto come avrebbe fatto
una bambina che si fosse vista sventolare davanti agli occhi la cosa
che
desiderava più di ogni altra sulla faccia della terra.
-
È per me? – chiese speranzosa.
-
Non sono poi così cattivo da privarti dell’ultima
Cioccorana. –
Le
depositò il dolciume tra le mani, ammiccando.
-
Non sei un essere così malvagio, Stephen King –
asserì,
ingoiando la cioccolata in due grandi bocconi.
-
Ammettilo, Selwyn, sono adorabile. –
-
Adesso non esageriamo. Diciamo solo che non sei poi così
male –, lo ridimensionò, - Quanto a voi due, siamo
arrivati al castello quindi
smettetela di fare i piccioncini. Ricomincia il semestre! –
Laura
e Devon sobbalzarono leggermente, strappati al loro
piccolo intermezzo romantico dalle parole dell’amica, e
arrossirono per essere
stati beccati con la testa fra le nuvole.
Effettivamente
fuori dal finestrino dello scompartimento si
stagliava in lontananza il profilo del castello e le quattro torri che
svettavano all’orizzonte.
Hogwarts,
cara vecchia Hogwarts.
*
-
Credo che tu abbia ragione su Tom – ammise Azalea, prima di
abbandonare lo scompartimento che aveva condiviso fino a quel momento
con
Norman, Clay e Alya.
Il
compagno di Casa si accigliò, sorpreso.
-
E cosa te lo fa pensare? –
-
Ho sentito Lestrange e quel tipo … Zabini. Parlavano di una
qualche traduzione che avevano consegnato a Tom. E ho come
l’impressione che
non sia il genere di cosa di cui si può parlare
tranquillamente con un
professore. –
-
Hai idea di cosa trattasse? –
-
Purtroppo no, ma credo che con un po’ di pazienza si possa
giungere a una conclusione logica. Insomma, se ha chiesto aiuto a
Lestrange
doveva trattarsi di qualcosa con rune molto antiche. –
Alya
tamburellò con le dita sulle labbra, pensierosa.
-
Rune medievali? So che sono molto difficili da tradurre, ma
che in Italia c’è una scuola apposita per esperti
di Rune. Forse Zabini la
frequenta. –
Clay
annuì, pensieroso.
Le
uniche Rune medievali che potessero essere abbastanza
interessanti per un tipo come Tom si riconducevano unicamente a tre
persone:
Merlino, ma i suoi testi erano stati tutti tradotti; Nimue, della quale
non
esistevano tuttavia indizi sull’esistenza di testi che non
fossero stati
completamente distrutti durante il periodo della caccia alle streghe, e
Morgana. Il suo Grimorio non era mai stato trovato e di sicuro era
pregno di
magia oscura.
-
Credo di sapere di cosa si tratti. –
Sentì
tre paia d’occhi puntarsi su di lui.
Tuttavia
non era ancora il momento di sbilanciarsi e muovere
accuse infondate.
Se
Tom aveva messo davvero le mani su una copia del Grimorio
di Morgana e gli oscuri malefici che conteneva allora doveva essere
certo della
cosa prima di denunciarlo al Preside.
-
Ti degni di dirci di cosa si tratta? – chiese Azalea.
-
Non ancora. Devo prima appurare una cosa –
replicò,
alzandosi in piedi e abbandonando lo scompartimento in tutta fretta.
Norman
si strinse nelle spalle davanti agli sguardi perplessi
delle amiche.
-
Non guardate me, non ho la minima idea di cosa gli passi per
la testa in questo periodo. –
*
9
Gennaio
1945
-
Credi che si arrabbierebbe
parecchio se lo svegliassi con un Aguamenti? –
considerò Abraxas, osservando l’amico
ancora sommerso dalle coperte del letto a baldacchino dalle coltri
aperte.
Renford
non le tirava mai quando
andava a dormire, sosteneva che per la sua lieve claustrofobia fosse
assolutamente deleterio.
Alphard,
intento a risistemare la
cravatta della divisa, distolse appena lo sguardo dal grande specchio a
figura
intera.
-
Credo proprio di sì. –
-
Tom? –
-
Concordo con Alphard –,
sentenziò il Caposcuola, - senza contare che non voglio
ritrovarmi con la
stanza mezza allagata né tantomeno con il tuo cadavere da
occultare. –
Abraxas
sbuffò, contrariato.
In
quel dormitorio non lo
assecondava mai nessuno, era tutto così profondamente
ingiusto.
-
Siete due guastafeste. –
-
O magari ti hanno appena
salvato la vita – lo rimbeccò la voce assonnata di
Renford.
-
Ecco, si è svegliato. –
-
Certo, era un po’ difficile
continuare a dormire con te che mi strepitavi a due centimetri
dall’orecchio. –
-
Io non strepito mai – protestò,
indignato.
Insomma,
i Malfoy avevano una
certa classe quindi era assolutamente impossibile che la sua voce
risultasse
fastidiosa. Ce l’aveva nei geni la grazia e
l’eleganza.
-
Sì, come ti pare. –
Renford
spinse via le coperte con
forza, finendo con il far sbilanciare Abraxas e farlo rotolare a terra.
Ridendo,
Alphard gli tese una
mano e lo tirò su come se non pesasse nulla.
-
Ti perdono quest’incredibile
affronto solo perché oggi è il tuo compleanno
– disse il rampollo dei Malfoy,
spolverandosi i pantaloni della divisa.
-
Che onore. –
-
Farò finta di non aver sentito
l’ironia. Allora, che piani hai per questa sera? –
Stiracchiandosi
come un gatto,
Ren si strinse nelle spalle.
-
Nulla di particolare. –
-
Spero scherzi, che ne è delle
feste in perfetto stile Lestrange? –
-
Non sono dell’umore adatto,
Abe. –
-
Ma … - provò a obiettare,
vedendosi chiudere in faccia la porta del bagno.
Chi
riusciva a capirlo era bravo.
*
Katherine
fece capolino da dietro
al divano, appoggiandosi alla spalla di Renford con il mento, e
osservò la
lettera che il ragazzo si rigirava tra le mani.
-
È quello che penso che sia? –
Annuì
distrattamente, porgendole
la missiva.
La
ragazza la scorse rapidamente,
sospirando solidale.
-
Ne uscirai in qualche modo,
Ren. –
-
Sì, certo, in fin dei conti i
miei genitori sono così accomodanti –
ironizzò aspramente.
-
Ne hai parlato con Minerva? –
-
Lei lasciala fuori. –
-
Ha diritto di saperlo. –
-
Lo saprà al momento adatto.
Stanne fuori, Kat. –
Ravviando
le onde castano scuro,
la Serpeverde alzò gli occhi al cielo roteandoli davanti a
quel classico
esempio di ottusità e orgoglio maschile.
-
D’accordo, ma non dire che non
te l’avevo detto. –
*
29
Gennaio 1945
Minerva
non sapeva cosa pensare.
Era
da una ventina di giorni che
Renford sembrava distratto, come se fosse con la testa da
tutt’altra parte, ma
ogni volta che aveva provato ad affrontare il discorso il ragazzo aveva
sorvolato e portato la conversazione su argomenti che non
c’entravano nulla.
C’era
qualcosa che non andava, ma
per qualche strana ragione non voleva saperne di confidarsi con lei.
Ne
aveva parlato con Adhara e
Alexandra, ma nessuna delle due aveva saputo darle una risposta.
Alle
loro orecchie non era giunto
nessun pettegolezzo che riguardasse l’elité
Purosangue tuttavia Adhara aveva
promesso che avrebbe indagato e le avrebbe fatto sapere.
Era
proprio per questo che la
stava aspettando in biblioteca da una ventina abbondante di minuti.
Si
sarebbe preoccupata ancora di
più se non avesse saputo che la puntualità e
Adhara viaggiavano su due binari
completamente diversi.
Alla
fine, quando era sul punto
di alzarsi e andarla a cercare, l’amica fece la sua comparsa
in biblioteca.
Le
sedette di fronte, l’espressione
perplessa nelle iridi color ghiaccio.
-
Che succede? –
-
Ho messo sotto torchio Abraxas,
ma dice di non saperne nulla. Tuttavia sono riuscita a scoprire da
altre fonti
che il giorno del suo compleanno ha ricevuto una lettera dai suoi
genitori e
che la lettera in questione ha fatto un bel tuffo nel caminetto della
Sala
Comune di Serpeverde. –
Brutte
notizie, dunque, ma di
cosa poteva trattarsi e perché non le aveva detto nulla?
-
Cosa credi che sia? –
Adhara
scosse il capo, desolata.
-
Vorrei aiutarti, Minnie, ma non
so davvero cosa possa essere. Forse hanno semplicemente discusso; i
Lestrange
sono una famiglia strana. –
Già,
forse era così.
-
Potresti sempre chiederlo a lui
– aggiunse dopo un po’.
-
No, lo escludo. Abbiamo
recuperato le cose da poco, non voglio che pensi che lo spio
perché non mi
fido. –
Quando
si fosse sentito pronto le
avrebbe parlato, di questo era certa.
*
7
Febbraio 1945
-
Sei sicuro di voler sospendere
gli incontri con il resto dei ragazzi? –
Tom
annuì, accarezzando
ritmicamente la copertina del Grimorio.
-
Non ci servono più, Kat.
Abbiamo tutto quello di cui abbiamo bisogno. –
-
Quasi tutto -, lo corresse, - perché
a Hogwarts ci sono pochissimi libri che trattano degli Horcrux e
nessuno scende
nei dettagli. –
L’anello
dei Gaunt scintillò sull’indice
del ragazzo mentre se lo rigirava, concentrato sul trovare una
soluzione a
quell’increscioso inghippo.
Era
vicinissimo a quello che più
bramava, doveva solo trovare qualcuno che fosse disposto a fornirgli le
informazioni di cui necessitava.
Doveva
essere qualcuno che lo
stimasse, che fosse facile da raggirare tramite l’adulazione
e che si sarebbe
convinto che non ci fosse nulla di male nelle domande che gli poneva.
Fu
allora che ebbe l’illuminazione.
-
Credo di sapere con chi
parlarne. –
-
Quando abbiamo la prossima cena
con Lumacorno? –
-
Venerdì prossimo. –
-
Bene. Sarà per allora che
agiremo. –
Spazio
autrice:
Salve!
Il
capitolo è un po’ discorsivo, ma lascia aperte
delle porte che svilupperò in seguito
e chiariranno molte cose a livello di trama. Sono curiosa di sapere se
avete
già qualche idea in merito.
Al
prossimo aggiornamento.
Stay
tuned.
XO
XO,
Mary
|
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Capitolo 22 *** Capitolo 21 ***
Capitolo
21
11
Febbraio 1945
-
La prossima volta che mi viene in mente di accettare di
partecipare a qualche assurdo Club incatenami da qualche parte e
impediscimi di
commettere altri errori madornali – bofonchiò
Sophie mentre camminava verso i
sotterranei in compagnia di Tobias e Fleamont.
Il
fidanzato sorrise, scompigliandole affettuosamente i
capelli.
-
Ti lamenti sempre, ma alla fine della serata ti ritrovi a
ridere come una matta – le fece notare.
-
Certo, perché Lumacorno è sempre il solito.
–
-
A me non dispiace poi così tanto, l’unico problema
è che
Kara non ne fa parte. –
I
due ragazzi si scambiarono un’occhiata eloquente.
Da
qualche tempo a quella parte Fleamont era diventato decisamente
più sentimentalmente estroverso e non dubitavano che la cosa
dipendesse in
massima parte dal comportamento espansivo e schietto di Kara.
Un
bel miglioramento, non c’era che dire.
-
A te non dispiace perché Lumacorno ti adora –
considerò Tobias.
-
Questo non è affatto vero. Lo sanno tutti che il suo
preferito è Riddle. –
-
E la cosa ti fa rodere il fegato – ridacchiò
Sophie.
Fleamont
si strinse nelle spalle.
Aveva
messo in conto da tempo la netta preferenza della maggior
parte dei professori per Riddle e se n’era fatto una ragione.
Non
condivideva e non comprendeva il motivo, ma le cose
stavano così e non c’era nulla che potesse fare a
riguardo.
Non
che non ci avesse provato, ma sembrava che tutto il corpo
insegnanti fosse completamente incapace di vedere la vera natura di
Riddle,
quella che talvolta trapelava per brevi istanti sul volto da bravo
ragazzo
ligio alle regole.
O
meglio, si corresse, tutti tranne Silente.
Sembrava
che il professore di Trasfigurazione fosse l’unico
immune al suo fascino.
Dopotutto
era il mago più brillante del secolo, nessun dubbio
che non si lasciasse imbrogliare da parole sussurrate con sussiego e
smodata
accondiscendenza.
Arrivati
alla porta dello studio di Lumacorno, Fleamont si
fece da parte e invitò Sophie a precederli.
-
Prima le signore. –
*
Lumacorno
li aveva rimbambiti di chiacchiere fin dal primo
istante in cui avevano messo piede lì dentro, ma fu la
domanda che le rivolse a
coglierla di sorpresa.
-
Mi scusi professore, potrebbe ripetere? –
L’uomo
annuì con un sorrisone solare sotto i grandi baffi da
tricheco.
-
Naturalmente. Stavo considerando che fosse felice della
grande retata messa a segno negli Stati Uniti. Buona parte dello stato
maggiore
di Grindelwald nel Nuovo Mondo è stato arrestato. –
Già.
La
notizia era su tutti i giornali quella mattina e leggendola
non aveva potuto fare a meno di sentirsi più leggera e
spensierata.
Per
la prima volta dalla morte di suo padre, con il mondo
magico che finalmente si decideva a prendere in mano in modo deciso la
questione Grindelwald e la sua neonata relazione con Devon, sembrava
che le
cose avessero improvvisamente cominciato a girare per il verso giusto.
-
Naturalmente, signore. È un primo importante segno del
cambiamento in atto. –
-
Assolutamente sì, mi sento molto propositivo e fiducioso per
il futuro. Quest’era così buia finirà
presto, miei cari ragazzi, fidatevi di me
… ma, accidenti come si è fatto tardi –
esclamò guardando l’orologio a pendolo
che indicava pochi minuti allo scoccare della mezzanotte, - Forza,
tornate ai
vostri dormitori, è quasi passato il coprifuoco. –
Laura
e la maggior parte dei presenti obbedirono, recuperando
i loro mantelli e avvicinandosi all’uscita, ma con la coda
dell’occhio notò che
la Nott e Riddle erano rimasti leggermente in disparte.
-
Tu vai, ci vediamo in Sala Comune – sentì
sussurrare dal
Serpeverde.
Vide
Katherine annuire, agrgegandosi ad Abraxas, Renford e
Alphard nel lasciare la stanza.
Li
seguì a ruota.
Qualunque
cosa fosse di sicuro Riddle e Lumacorno non ne
avrebbero parlato in sua presenza.
*
Tom
entrò in Sala Comune mezz’ora più
tardi, trovando
Katherine seduta sul divano davanti al caminetto ardente.
Le
fiamme guizzanti venivano riflesse nelle iridi castano
scuro.
-
Allora? Ha parlato? –
Le
sedette accanto, lasciando al sorriso che aveva trattenuto
fino a quel momento la possibilità di trapelare sul volto
solitamente serio e
composto.
-
Ovviamente. Quel vecchio sprovveduto mi ha raccontato tutto
quello di cui avevo bisogno. –
Accigliandosi,
si voltò verso di lui.
-
E si è bevuto la scusa della teoria accademica? –
Annuì.
Katherine
emise un sibilo sprezzante.
Certe
volte dubitava seriamente della saggezza di Lumacorno; o
forse aveva compreso alla perfezione ma aveva preferito far finta di
non vedere
… di non comprendere.
-
Dunque è il momento di parlarne agli altri? –
-
Sì, lo è -, confermò, - ma solo ad
alcuni del nostro gruppo.
–
-
Che nomi avevi in mente? –
-
Sicuramente Abraxas e Renford, forse Avery e la Carrow, e
bisognerebbe provare ad avvicinare Wilkes. –
-
E Alphard? –
Tom
osservò il caminetto, prendendo tempo prima di dare la sua
risposta.
Era
una bella domanda.
I
Black erano una famiglia molto attaccata alla purezza del
sangue e a tutto ciò che ne derivava, disprezzando Babbani e
Mezzosangue almeno
quanto tutti loro.
Il
problema era solo uno: Alphard era un Black molto diverso
dal resto dei componenti della sua famiglia.
-
Non credo che sia pronto alla nostra idea di ordine
mondiale. Forse in futuro. –
-
D’accordo -, convenne, - ma che sia chiaro che con Avery e
la Carrow parli tu; uno è un viscido idiota mentre
l’altra mi fa venire voglia
di tirarle il collo ogni volta che apre bocca. –
Con
un sorrisetto vagamente divertito, Tom annuì.
*
13
Febbraio 1945
Kara
venne accolta al tavolo di Grifondoro per la cena da una
Minerva dal sorriso smagliante e l’espressione luccicante di
soddisfazione.
-
Come mai sorridi come un gatto del Cheshire? –
-
Un gatto di che? – le fece eco Ethan, accigliandosi.
-
Il gatto del Cheshire è il famoso Stregatto del romanzo
“Alice
nel Paese delle meraviglie” -, spiegò Minerva, -
ed è un libro Babbano, ecco perché
non lo conosci. –
Kara
scosse la testa.
-
No, Minnie, ti sbagli. Non lo conosci perché Ethan non sa
leggere quindi non lo conoscerebbe neppure se fosse un libro di favole
per
pargoli Purosangue. –
Davanti
all’ironia dell’amica Ethan le rivolse
un’espressione
buffa che avrebbe dovuto farlo sembrare profondamente indignato, ma che
ottenne
solo di farle ridere come matte.
-
Ad ogni modo, sono contenta perché ce l’ho fatta,
finalmente
oggi ci sono riuscita – annunciò Minerva,
orgogliosa.
Kara
mandò un piccolo strillo, sporgendosi ad abbracciare
l’amica.
Era
dall’inizio dell’anno che Minerva lavorava
incessantemente
per diventare un’Animagus e finalmente era giunta al suo
traguardo.
Si
sentiva tremendamente orgogliosa di lei.
-
Non tenermi sulle spine … che animale sei? –
Ethan,
che aveva continuato a guardare prima una e poi l’altra,
le interruppe.
-
Ehm ... a una di voi due dispiacerebbe molto spiegarmi di
che accidenti state parlando? –
-
Minerva è diventata un’Animagus. –
-
Ah, forte. –
Kara
gli assestò una pacca sul collo, facendolo sussultare.
-
E questa per cos’era? –
-
Per non esserti dimostrato sufficientemente emozionato dalla
cosa. È un grande traguardo. –
Minerva
scosse la testa, ridendo davanti al battibecco degli
amici.
-
Comunque, divento un gatto. Precisamente un soriano. –
-
Lo sapevo -, esclamò Kara attirando l’attenzione
generale, -
lo sapevo che saresti diventata un gatto, ho sempre detto che me lo
ricordi
tantissimo – concluse, abbassando un po’ la voce
per non far sapere i fatti
loro a metà della scuola.
-
Già, l’avevi detto –, riconobbe, - ma
quello non è Stephen
King? –
Kara
seguì il suo sguardo, vedendo il suddetto Tassorosso
entrare in Sala Grande con una scatola di cartone contenente decine di
prodotti
a base di cioccolato e dirigersi verso Drusilla.
-
Sembra che la nostra Dru stia per avere una sorpresa. –
*
Alya
si sforzò di non scoppiare a ridere davanti alla scena
che una delle sue migliori amiche si trovava a dover affrontare.
Il
loro compagno di Casa sembrava aver svaligiato l’intera
Mielandia e deciso di racchiudere tutto in quello scatolone.
-
Dru, credo che quella roba sia per te. –
Drusilla
si voltò verso il ragazzo, sgranando le iridi
castane.
Stephen
aveva deposto lo scatolone ai suoi piedi e le si era
inginocchiato davanti.
Riusciva
chiaramente a sentire le ragazze sospirare e i
ragazzi ridacchiare.
-
King, si può sapere cosa stai facendo? –
-
Cerco di attirare la tua attenzione – replicò,
imperturbabile.
-
La mia e quella dell’intera scuola, ci guardano tutti.
Alzati in piedi. –
-
Non finchè non avrai risposto alla mia domanda. –
-
Che domanda? –
-
Vuoi trascorrere il San Valentino con me? –
Da
qualche parte doveva essere gelato l’Inferno
perché la
risposta che le salì alla bocca era quella che fin dal primo
anno aveva sempre
giurato di non rivolgere mai a una domanda di quel genere da parte del
loro
biondo dongiovanni.
Ma,
al diavolo, avrebbe sempre potuto giustificare il suo
improvviso cambio d’opinione con quella caterva di dolci.
-
D’accordo, King, ci vengo ma adesso alzati in piedi
– rise.
-
Fantastico -, l’assecondò sedendole accanto, - e
pensi che
possa prendere una parte dei dolci? –
-
Adesso non esagerare. –
-
Puoi avere lei ma non i dolci, questo sì che è
avere chiare
le priorità – ridacchiò Alya.
Drusilla
le fece l’occhiolino.
-
Diciamo solo che potrebbe anche non dispiacermi più di
tanto. –
Stephen
sgranò gli occhi, preso in contropiede.
A
quanto pareva la resistenza della sua nanerottola era in
gran parte per partito preso. Si ritrovò a sorridere.
Forse
era quello sguardo nei suoi occhi quando lo punzecchiava
oppure il sorriso che gli rivolgeva.
A
chi importava.
Prima
o poi avrebbe sposato Drusilla Selwyn, di questo era più
che certo.
Spazio
autrice:
Salve!
A
tempo
di record, ma ero troppo ispirata per lasciar perdere e ho deciso di
pubblicare
anche questo capitolo.
Avrei
una
piccola domanda per voi visto che nel prossimo ci sarà San
Valentino con
annessa uscita a Hogsmeade:
-
Avete richieste particolari per il vostro
OC?
Per
ora è
tutto.
Ci
sentiamo presto, o almeno spero xD … dipende da quando
arriveranno le vostre
risposte Al prossimo aggiornamento.
Stay
tuned.
XO
XO,
Mary
|
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Capitolo 23 *** Capitolo 22 ***
Capitolo
22
14
Febbraio 1945
L’elegante
gufo planò dritto verso di lui, tendendogli la
zampa con aria pomposa e cerimoniale.
Sciolse
il laccio, aprendo la busta e riconobbe all’istante la
calligrafia di suo padre.
Scorse
le poche righe, vergate con evidente rabbia.
Una
Mezzosangue?
Quanto
ancora pensi di voler mettere in imbarazzo la famiglia?
Nemmeno
tua zia Leta ha mai osato tanto.
Metti
immediatamente fine a quest’assurdità o me ne
occuperò io e non ti piacerà come
andrà a finire.
Non
si era nemmeno firmato, non che ce ne fosse bisogno.
L’anno
scolastico stava volgendo al termine e presto o tardi
suo padre avrebbe preteso un conveniente e prestigioso matrimonio
Purosangue.
Aveva
già trovato la ragazza perfetta, gli aveva detto,
invitandolo a mostrarsi più cortese e garbato che mai con
Heidi Carrow.
Eppure
la sua mancata risposta doveva averlo spinto a indagare
più a fondo per capire la ragione del silenzio del suo unico
figlio.
Come
c’era da aspettarsi non gli era piaciuto minimamente
quello che aveva scoperto.
S’impose
di mantenere la calma, i Lestrange non crollavano mai
neppure quando tutto dentro loro sembrava andare in pezzi.
Ignorò
l’occhiata incuriosita di Abraxas e fece un cenno a
Heidi, invitandola ad avvicinarsi.
La
ragazza fu lì all’istante, sorridendo allegra.
-
Cosa c’è, Ren? –
Le
mostrò la lettera, inarcando un sopracciglio, le iridi
cobalto più gelide che mai.
-
Tu ne sai qualcosa? –
Non
fu necessaria nemmeno una risposta perché Heidi era
impallidita e quella era la riprova dei suoi dubbi: era stata lei a
informare
suo padre di Minerva.
-
Non succederà mai, Heidi. Io e te … non
è mai stata un’opzione
contemplata, quindi è meglio che ti metti il cuore in pace e
cominci a fartene
una ragione. –
-
Ma Ren … lo sai che tu e Minerva siete destinati a non
durare. Tuo padre … -
Suo
padre avrebbe fatto letteralmente qualsiasi cosa per
preservare la purezza del sangue dei Lestrange, nulla lo avrebbe
fermato.
-
Lo so –, la zittì, - e adesso sparisci. Mi dai la
nausea. –
Abraxas
si sporse verso l’amico, l’espressione
interrogativa
sul volto.
-
Mi dici cosa succede? –
Gli
mostrò la lettera, in silenzio, serrando le mani sul bordo
del tavolo finchè vide le nocche farsi livide.
-
Cosa pensi di fare? –
Bella
domanda.
-
Devo parlarne con lei. Avrei dovuto farlo quando è arrivata
la prima lettera di mio padre, ma ho rimandato nel tentativo di trovare
una
soluzione. Evidentemente non ci sono riuscito. –
Il
biondo gli posò una mano sulla spalla, solidale, - Mi
dispiace, Ren, sul serio. –
-
Lo so. –
Gli
rivolse un sorriso tirato, amaro, alzandosi e dirigendosi
verso il tavolo dei Grifondoro.
Doveva
parlare con Minerva prima di arrivare a Hogsmeade.
*
Alexandra
alzò lo sguardo verso Abraxas, trovandoselo
inaspettatamente vicino.
-
Che stai facendo? – sussurrò, notando che Edward
li guardava
con la fronte corrucciata.
-
Prendo in mano la situazione -, le sussurrò di rimando, -
perché
non so come andranno le cose in futuro quindi è meglio agire
subito senza
aspettare troppo. –
Detto
ciò si voltò verso Edward, sorridendo sornione.
-
Ed, io e tua sorella stiamo insieme da metà
dell’anno scorso
– annunciò.
Vide
una strana espressione dipingersi sul volto del ragazzo,
seguito da un dolore atroce all’altezza
dell’attaccatura del naso.
Sentendo
Alexandra urlare contro il fratello, Abraxas registrò
lentamente che era appena successo l’impensabile.
Il
pacato, tranquillo e morigerato Edward King gli aveva
appena dato un pugno sul naso.
Sentì
le braccia forti di Alphard tirarlo su, aiutato da Tom,
e trascinarlo fuori dalla Sala Grande.
-
Però chi avrebbe mai detto che Edward avesse un gancio
così
buono? Ho sempre pensato che fosse Stephen il King incline alle risse
–
ironizzò Alphard, bussando alla porta
dell’infermeria.
-
Avresti potuto usare un po’ più di tatto. Una
rissa in Sala
Grande non è il massimo per la nostra situazione nella
classifica quando
mancano poco più di due mesi alla fine della scuola.
–
-
Grazie, Tom, ma ti prego di non mostrarti eccessivamente
preoccupato per la mia salute fisica – sbuffò
Abraxas, roteando gli occhi.
Dannazione,
anche parlare gli faceva male.
Non
voleva nemmeno immaginare che razza d’aspetto potesse mai
avere.
L’infermiera
lo fece accomodare, osservando la frattura con
aria professionale.
-
È una frattura composta, sei fortunato. –
-
Sì, mi sento veramente molto fortunato –
ironizzò.
-
Stia zitto, signor Malfoy, e mi lasci fare il mio lavoro. Per
questa sera sarà come nuovo. –
Di
bene in meglio, adesso veniva anche tiranneggiato
dall’infermiera
scolastica.
-
Quanto a voi due -, aggiunse la donna, - potete pure andare
alla vostra gita. Il vostro amico è in buone mani.
–
-
Ti prenderò qualcosa da Zonko –
assicurò Alphard, prima che
lui e Tom uscissero dalla stanza.
Cos’era
un bambino che si comprava con gli oggetti per farlo
stare buono durante le medicazioni?
Sbuffò
nuovamente, trasalendo poi per il dolore.
-
Madama! –
-
Avevo detto di stare fermo, signor Malfoy. –
Comunque
restò fermo e zitto finchè non lo ebbe medicato,
dopodichè trangugiò la pozione che gli porse e si
sdraiò sul letto in attesa
che il medicamento facesse effetto.
Era
quasi in dormiveglia quando sentì la voce di Alexandra che
si rivolgeva garbatamente all’infermiera.
La
donna le diede il permesso di entrare e la ragazza si
avvicinò al letto, mordicchiandosi nervosamente il labbro
inferiore.
-
Tuo fratello ha un gancio micidiale. –
-
Stai bene? Senti molto dolore? –
-
Solo un po’, ma verrò rimesso in piedi entro sera.
–
Picchiettò
sul materasso accanto a lui, invitandola a sedersi.
-
Se non altro adesso tutti sanno di noi – osservò
Alexandra.
-
Già. Mi spiace solo di averti costretta a passare il San
Valentino in infermeria. –
-
Non dirlo nemmeno per scherzo. Ho già fatto una sfuriata a
Edward … prima o poi passerà a chiederti scusa.
–
-
E Stephen? Devo aspettarmi di essere usato come sacco da
boxe anche da lui? –
Rise,
scuotendo i corti capelli biondi.
-
No, lui sembrava piuttosto rilassato a dire il vero.
Immagino c’entrasse molto il suo appuntamento con Drusilla.
–
-
Bene, perché non so se te ne sei mai accorta, ma sono un
po’
troppo gracile per cavarmela bene con i duelli alla Babbana. –
-
Lo so, ma a me vai benissimo così – gli
assicurò, chinandosi
a baciarlo delicatamente.
*
Minerva
lo osservò, in attesa che si decidesse finalmente a
prendere la parola.
L’aveva
seguito fuori dalla Sala Grande perché le aveva detto
di avere bisogno di parlarle prima del loro appuntamento.
Era
curiosa, ma adesso aveva la netta sensazione che ci fosse
qualcosa che non andava.
“Ti
devo parlare” non era mai una buona frase, specialmente se
seguiva una settimana in cui sembrava che Renford fosse tormentato da
chissà
quali demoni interiori.
-
Di cosa volevi parlarmi? – chiese, decisa ormai a rompere
quel silenzio.
-
È difficile da spiegare a parole. Faccio meglio a fartela
leggere. –
Le
piazzò in mano una lettera.
Un
brivido freddo le corse lungo la schiena.
Mancava
poco al diploma, quindi poteva trattarsi di una cosa
sola: un contratto matrimoniale.
Lesse
le poche righe, faticando a contenere il tremito nella
voce.
-
Cosa significa? –
Era
ovvio che sapesse il significato di quelle parole, ma
Renford capì la domanda implicita.
“Cosa
significava per loro due?”
-
Ho cercato di risolvere il problema trovando una soluzione
da me, ma questa lettera non lascia alternative. Non conosci mio padre,
non
dice tanto per dire. Neppure se rinunciassi al nome di famiglia e mi
auto
diseredassi servirebbe a qualcosa. Sono l’ultimo dei
Lestrange, non mi
lascerebbe mai andare via come se nulla fosse. E tu …
–
-
Io sarei molto più facile da far sparire per risolvere
questo increscioso problema – concluse aspramente al posto
suo.
Le
era perfettamente chiaro come funzionasse la logica di
certi Purosangue.
-
Forse, tutto sommato, sapevamo entrambi che non avrebbe
funzionato. –
Renford
teneva lo sguardo fisso verso il basso, rifiutandosi
di guardarla negli occhi.
-
Quindi … mi stai lasciando? – chiese, la voce
ridotta a un
flebile sussurro nel disperato tentativo di non scoppiare a piangere.
-
È meglio così. È meglio soffrire un
po’ adesso che molto di
più in futuro. –
Non
aveva senso.
Nulla
di quello che aveva sentito fino a quel momento aveva
senso.
-
Ma … -
-
Avrei voluto che le cose andassero diversamente. Non hai
idea di quanto lo avrei voluto – la interruppe.
Questa
volta aveva alzato lo sguardo e la fissava come se la
stesse letteralmente implorando di credergli.
E
lei gli credeva, perché da quando lo conosceva non aveva mai
visto lacrime in quelle iridi cobalto … eppure Renford
Lestrange aveva gli
occhi lucidi e arrossati in quel momento.
-
Io ti credo – sussurrò, lasciando che le braccia
del ragazzo
si chiudessero su di lei.
Si
abbandonò a quell’ultimo intenso abbraccio.
*
Drusilla
sorseggiò la sua cioccolata calda con panna,
guardandosi attorno.
-
Sembra che tutti siano concentrati su di noi –
considerò imbarazzata.
-
Già. Come se non bastasse il nostro appuntamento, mio
fratello ha anche pensato bene di spaccare il naso ad Abraxas.
–
C’era
una certa ilarità nella sua voce che incuriosì
Drusilla.
-
Tu come la pensi? –
Stephen
si strinse nelle spalle.
-
Penso che se due persone si amano non è colpa di nessuno.
Certo Abraxas non mi fa impazzire e lo reputo un damerino, ma se
Alexandra è felice
e lui la tratta come merita allora sono disposto a fare
l’abitudine a vederli
insieme. –
-
Sei un buon fratello … credo che mi sarebbe piaciuto avere
un fratello come te. –
-
Pensa invece quanto sei ancora più fortunata …
invece di uno
come me hai l’unica e sola versione autentica –
sorrise ammiccando.
Scoppiò
a ridere, sollevando una polvere di zucchero a velo
dai cornetti al centro del tavolo.
-
Scusa, ti ho riempito di zucchero – mormorò,
avvicinandosi
verso di lui con un fazzoletto per ripulirlo.
Stephen
socchiuse gli occhi sotto il tocco delicato della
ragazza, inspirando quel profumo dolce che associava ai marshmallow e
che
irradiavano le lunghe ciocche di Drusilla.
E
allora seguì semplicemente l’istinto e
annullò la distanza
che li separava, catturandole le labbra in un bacio carico di passione
che le
facesse capire quanto la desiderasse, quanto fosse affascinato e
inesorabilmente attratto da lei.
Quando
si separarono la vide fissarlo in silenzio, con gli
occhi sgranati, stranamente a corto di parole.
-
Non avrei dovuto farlo … scusami. –
-
Fallo di nuovo – lo zittì.
-
Come hai detto? –
-
Fallo di nuovo. Baciami. –
Impiegò
qualche secondo a realizzare che non stava affatto
scherzando.
Così
si chinò di nuovo, sorridendo contro le sue labbra quando
la sentì rispondere al bacio con altrettanto trasporto.
Spazio
autrice:
Salve!
In
questo
capitolo ce ne è davvero molta di carne al fuoco per quanto
riguarda le
relazioni.
Alexandra
e Abraxas che escono allo scoperto, Renford e Minerva che chiudono
definitivamente la loro relazione, e la Druphen che diventa Canon.
La
seconda parte di San Valentino arriverà con il prossimo
capitolo, non
preoccupatevi.
Al
prossimo aggiornamento.
XO
XO,
Mary
|
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Capitolo 24 *** Capitolo 23 ***
Capitolo
23
14
Febbraio 1945
Sophie
scoccò un’occhiata interrogativa al di sopra del
boccale di Burrobirra che stava sorseggiando.
Tobias
appariva stranamente serio in quel momento e non aveva
smesso per un attimo di armeggiare con qualcosa che teneva nella tasca
del
mantello.
-
Che succede? –
-
Io … volevo chiederti una cosa, ma non so da dove cominciare
– ammise, titubante.
-
Beh, comincia dal principio. –
Prese
un respiro profondo, afferrando finalmente la scatolina
che teneva nella tasca interna del mantello.
Aveva
atteso a lungo il momento migliore finchè non aveva
realizzato che qualsiasi momento sarebbe stato perfetto
purchè fosse al suo
fianco.
Attendere
ancora non aveva senso.
Estrasse
la scatolina, facendola scattare con un gesto deciso.
L’anello
al suo interno luccicò sotto la luce artificiale dei
Tre Manici di Scopa.
-
Sophie, vuoi rendermi l’uomo più felice del mondo
e
accettare di diventare mia moglie una volta che ti sarai diplomata?
–
Sophie
si coprì la bocca con la mano, trattenendo
l’esclamazione
sorpresa che stava per sgorgarle dalla gola.
Fece
il giro del tavolo, gettando le braccia attorno al collo
di Tobias.
-
Certo. Certo che lo voglio! –
*
Adhara
assottigliò lo sguardo, incredula davanti allo
spettacolo a cui stava assistendo.
Quella
che passeggiava per le vie di Hogsmeade con Renford non
era di certo Minerva.
Strinse
leggermente la mano di Alphard, accennando alla strana
coppia poco distante.
-
Sono in preda alle allucinazioni oppure quelli sono Renford
e Katherine? –
Seguendo
il suo sguardo, annuì con altrettanto stupore.
-
So che Renford ha parlato con lei prima dell’uscita, ma non
ho la minima idea di cosa abbiano combinato. –
-
Bene, allora andiamo -, asserì puntando risolutamente verso
quei due, - voglio vederci chiaro. –
Rassegnato
ad assecondarla, Alphard si ritrovò a seguirla
verso i suoi compagni di Casa.
La
prima ad accorgersi della loro avanzata fu Katherine, che
diede leggermente di gomito a Renford.
-
Lestrange, cosa diavolo stai facendo? –
Atteggiò
il bel volto nella solita espressione sprezzante e
palesemente beffarda che aveva sfoggiato per i sei anni precedenti.
Non
sembrava più nemmeno il Renford di quegli ultimi sei mesi.
-
Che domanda difficile … forse sto passeggiando? –
-
Non trattarmi con sufficienza -, lo rimbeccò, - hai capito
benissimo a cosa mi sto riferendo. Dov’è Minerva e
perché non sei con lei? –
-
Io e Minerva ci siamo lasciati. Credo che sia rimasta al castello
… è finito l’interrogatorio? –
Interdetta,
Adhara sentì tutto il suo corpo tendersi nello
smodato desiderio di assestargli una cinquina.
Perciò
fu quello che fece.
Caricò
il braccio e sentì distintamente ognuna delle cinque
dita stamparsi su quel volto fin troppo perfetto.
Vide
lo stupore balenare per un attimo nelle iridi color
cobalto, sostituito da un’ombrosità cupa e
vagamente inquietante che di rado si
era manifestata in pubblico.
-
Sfogata abbastanza? Black, porta via la tua ragazza prima
che faccia qualcosa di cui finirebbe con il pentirsi. –
Alphard
e Renford rimasero a fissarsi per qualche secondo,
finchè il rampollo dei Black annuì leggermente.
Afferrò
Adhara per una mano e la trascinò via con sé.
Rimasti
soli, le rivolse un’occhiata piccata.
-
Che accidenti ti è passato per la testa? –
-
A me? Casomai a lui. Lascia Minerva e un paio d’ore dopo si
fa vedere a passeggiare con la Nott? –
-
Renford è strano in questi giorni …
più strano di quanto
siano notoriamente i Lestrange -, precisò, - e non mi piace
affatto lo sguardo
che aveva. Cerca di girargli alla larga fino alla fine
dell’anno scolastico. –
-
Io non ho mica paura di … -
-
Non sto dicendo che tu abbia paura. Solo … fammi stare
tranquillo e dammi retta, d’accordo? Fallo per me. –
Davanti
allo sguardo profondo e insistente del fidanzato,
Adhara si ritrovò ad annuire.
Non
le piaceva come stavano evolvendo le cose ma se ne sarebbe
tenuta alla larga.
Non
per sua volontà, ma perché era stato Alphard a
chiederle
di farlo.
*
-
Sei stato spaventosamente odioso – osservò
Katherine,
riprendendo a camminare lungo il sentiero in ciottolato.
Renford
scrollò le spalle.
-
Tutta la situazione è odiosa quindi perché dovrei
sforzarmi
di comportarmi bene? Mio padre provvede ampiamente a rendere vani i
miei
sforzi; è tutto inutile e non vale la fatica. –
-
Insiste ancora con la storia del matrimonio con la Carrow? –
Annuì
distrattamente.
-
Condoglianze. Non augurerei quella piattola nemmeno al
peggiore dei miei nemici. –
Continuarono
a camminare fianco a fianco fino alla Testa di
porco, dove Tom e il resto del gruppo li aspettavano.
Erano
quasi arrivati all’ingresso quando le venne l’idea.
Era
una di quelle idee con la I maiuscola che avrebbe risolto
ogni loro problema.
-
Ho trovato. –
-
Cosa? –
-
Ho trovato il modo che impedirà a te di sposare la Carrow e
a me di finire con il diventare la mogliettina di Wilkes. –
-
Ti sto ascoltando. –
-
Dobbiamo essere noi due a sposarci – decretò,
soddisfatta
dalla semplicità del suo piano.
Renford
abbozzò un sorriso a metà tra il divertito e
l’incredulo.
-
Ti dispiacerebbe ripetere? –
Katherine
roteò gli occhi, sbuffando.
-
Non guardarmi come se fossi pazza, Ren. Ci conosciamo
praticamente da sempre; le nostre famiglie sono amiche da una vita, tua
madre
mi adora e lo stesso vale per mio padre nei tuoi confronti …
convincerli non
sarà difficile. A me non importerebbe se tu continuassi a
pensare a Minerva perché
non sono innamorata di te e tu non mi obbligheresti a stare a casa a
sfornare
marmocchi come una brava mogliettina Purosangue. Non dovresti fingere
di
provare amore per me e io non sarei sottomessa a un marito padrone.
Sarebbe una
vittoria per entrambi. –
-
E in più ci togliamo dai piedi Wilkes e Heidi -,
considerò
lui, - mi sembra un piano ragionevole. –
-
È più che ragionevole, è perfetto.
–
Annuì.
In
fin dei conti un matrimonio con Kat sarebbe stato il minore
dei mali.
Nessuna
aspettativa, nessun sentimento da ferire.
Solo
due amici che casualmente si erano ritrovati marito e
moglie.
Tutto
così tremendamente semplice.
-
Scriverò a mio padre appena saremo rientrati al castello.
Formalizzerà la proposta il prima possibile. –
-
Bene. Sarà l’inizio di una proficua non
relazione. –
*
21
Marzo
1945
La
notizia dell’accordo matrimoniale tra Renford e Katherine
aveva fatto rapidamente il giro della scuola.
Sembrava
che il loro matrimonio si sarebbe tenuto di lì a
qualche anno. Giusto il tempo di dare alla giovane coppia il tempo di
finire i
corsi di perfezionamento e trovare un lavoro di loro gradimento.
-
Smettetela di spettegolare – sbottò Kara,
folgorando con un’occhiataccia
un paio di loro coetanee Serpeverde che discutevano su quale sarebbe
stato l’abito
che Katherine avrebbe indossato alla festa di fidanzamento prevista per
Luglio.
Minerva
era seduta accanto a lei con una certa rigidità.
Sapeva
che quel matrimonio era null’altro che un’abile
strategia per massimizzare la libertà di cui entrambi i
ragazzi avrebbero
goduto in futuro, ma non poteva fare a meno di pensare a come sarebbero
state
le cose se quella proposta di matrimonio avesse riguardato lei e Ren.
-
Stai bene, Minnie? –
Annuì
rigidamente, tornando ad affondare il volto nel cumulo
di libri davanti a lei.
-
Riprendiamo a studiare, manca poco agli esami di fine anno. –
Kara
fece per obiettare, ma richiuse la bocca senza proferire
parola.
Era
il modo di Minerva di allontanare i pensieri e doveva
accettarlo.
Anche
se personalmente avrebbe scelto un’altra strategia
invece dello studio. Magari un sano volo e qualche colpo di mazza a
Bolidi che
sfrecciavano impazziti in giro per il campo da Quidditch.
Un
tossicchiare lieve attirò la loro attenzione.
Fleamont
si chinò a scoccarle un bacio sulla fronte,
scompigliandole affettuosamente i capelli.
-
Tra mezz’ora cominciano gli allenamenti. Minnie, vieni a
vederci? Alla squadra mancano i tuoi preziosi suggerimenti. –
-
Dovrei proprio studiare … -
Il
Grifondoro le chiuse il libro davanti, afferrando tra le
braccia muscolose l’intera pila di libri.
-
Basta con lo studio per oggi. Vieni al campo con noi, ne hai
bisogno. –
Sorridendo
leggermente, rinfrancata dall’affetto dei suoi
amici, Minerva cedette e li seguì verso il campo.
Dove
sarebbe andata senza quei due sempre pronti a sostenerla?
Doveva
ricambiare come poteva e supervisionare gli allenamenti
alla vigilia della penultima partita di campionato sembrava un buon
modo per
sdebitarsi.
*
1
Aprile
1945
Il
coprifuoco era appena scattato quando una decina di sagome
interamente vestite di nero, con il cappuccio del mantello saldamente
calato
sul volto, uscirono dal castello e si diressero a passo spedito verso i
confini
della Foresta Proibita.
Guidava
la fila una figura alta e sottile, seguita a pochi
passi da una leggermente più bassa e più esile.
Una
voce sottile e femminile ruppe il silenzio.
-
La Foresta Proibita? Ma lì dentro ci sono creature di ogni
tipo, si dice che ci siano persino lupi mannari. –
-
Puoi sempre tornartene al castello se hai paura, Carrow – fu
la replica piccata dell’altra ragazza del gruppo.
-
Non sto dicendo questo, Nott. Dico solo che c’erano altri
posti in cui riunirsi. –
-
Non altrettanto nascosti. Qui nessuno verrà a disturbarci
–
le mise a tacere Renford, affiancandosi a Tom poco dopo il limitare
della
Foresta, - La radura di cui ti parlavo è a qualche metro a
ovest di qui. –
Tom
annuì, facendogli cenno di precederlo. –
Mostramela. –
Raggiunsero
la radura in un paio di minuti, sistemandosi a
cerchio intorno a Tom, in attesa che prendesse la parola e chiarisse
gli ultimi
dettagli della sua idea.
-
Tutti voi sapete perché ci troviamo qui e vi siete detti
d’accordo
con le mie idee. Avete tutti dimostrato di essere versati nelle Arti
Oscure e
nelle arti magiche più in generale, perciò avete
attirato la mia attenzione.
Ora la domanda è: siete pronti per quello che
accadrà una volta diplomati? –
Katherine
annuì risolutamente.
-
Lo siamo, Tom. Adesso arriva al dunque. –
-
Ho studiato un simbolo che ci permetta di identificarci e
tenerci in contatto, migliorando l’incantesimo di
convocazione che avevo
adoperato per il Club dei duellanti. Si tratta di questo –
concluse, mostrando
loro un rotolo di pergamena.
Il
disegno che vi era impresso era un teschio dalla cui bocca
fuoriusciva un serpente.
Era
insieme tenebroso e affascinante, bello e letale.
Rappresentava
in pieno Tom Riddle e, di certo, anche i suoi
seguaci.
-
Come ci chiameremo? Strafighi in nero dal 1945? –
domandò Abraxas,
ironizzando con una delle sue solite battute.
Le
risate riecheggiarono nella radura, tacitate dall’espressione
seria di Tom.
-
No, Abe. Sarete i Mangiamorte. –
Uno
alla volta assaporarono sulla lingua il sapore di quella
parola.
Forte,
decisa, intimidatoria, spregiudicata.
-
Mi piace – stabilì il biondo.
Il
resto del gruppo mormorò il suo assenso e il sorriso di Tom
si fece più marcato.
Tutto
stava andando esattamente come aveva preventivato.
-
Chi vuole essere il primo a essere marchiato? –
Fu
Katherine a muoversi per prima, porgendogli il braccio
sinistro.
La
bacchetta di Tom s’infranse contro la pelle chiara e
delicata dell’avambraccio della ragazza.
Il
dolore fu sordo e accecante, spingendola a mordersi le
labbra per impedire al più piccolo lamento di fuoriuscire.
Durò
una manciata di minuti, poi finì lasciandole la pelle
arrossata e dolorante.
Il
marchio brillava sinistramente sulla pelle chiara, tra le
gocce di sangue della marchiatura, sotto la luna piena che svettava nel
cielo
primaverile.
Era
la cosa più bella che avesse mai visto.
*
15
Maggio
1945
-
Abbiamo vinto la Coppa! Abbiamo vinto la Coppa! –
Fleamont
e Kara saltellavano in giro per la Sala Comune da più
di due ore ormai, evidentemente su di giri.
La
maggior parte dei loro compagni era crollata dopo i
festeggiamenti ufficiali, ritirandosi nelle rispettive stanze, ma loro
sembravano avere ancora energie da vendere.
Mayra
li osservò ridendo, seduta accanto a Ethan e Tobias che
cercavano di darle una mano in vista dei G.U.F.O.
Agli
esami mancavano pochi giorni e lei era indietro più che
mai con il programma.
-
Ragazzi, avete intenzione di saltellare ancora per molto? –
chiese Minerva, ritrovandosi suo malgrado a sorridere.
Anche
lei era euforica per la vittoria, specialmente perché la
partita finale era stata contro Serpeverde ed erano riusciti a vincere
per una
manciata di punti in più.
Rivedere
Renford era stata una fitta al cuore come sempre, ma
il Quidditch era stato un deterrente più efficace che mai.
Avevano
vinto, erano loro i campioni della scuola per quell’anno,
e nient’altro poteva andare storto quando mancavano solo due
settimane alla
fine della scuola.
-
Che piani hai per l’estate, Minnie? –
-
Non saprei. Immagino che farò quello che faccio tutte le
estati, starmene a casa con i miei genitori e i miei fratelli.
–
-
L’anno prossimo Malcolm inizierà Hogwarts, vero?
–
-
Già. Spera di finire a Grifondoro ed è
terrorizzato dall’idea
di poter capitare a Serpeverde. –
-
Più che comprensibile, anche io al suo posto non vorrei
–
convenne Ethan, soffocando uno sbadiglio mentre si sgranchiva e
lasciava
perdere gli appunti di Mayra, - Mi arrendo, May, sono troppo stanco per
continuare a spiegarti questa roba. Riprendiamo domani mattina.
–
Annuì,
mettendoli via.
-
Credo che ti seguirò, anche io sono stanca morta. Voi due,
salterini pazzi, avete intenzione di dormire oppure volete andare
avanti per
tutta la notte? –
Sovrastando
la voce di Fleamont che intonava un canto da
stadio dietro l’altro, Kara replicò: - Aspetto che
il pazzo si calmi e ti
raggiungo in dormitorio, Minnie. –
Minerva
annuì, richiudendosi dietro la porta che conduceva al
dormitorio femminile.
L’anno
successivo, quando Fleamont, Tobias ed Ethan non ci
sarebbero stati, le cose sarebbero diventate malinconiche e sotto tono
nella
torre di Grifondoro.
Del
resto l’anno scolastico non era ancora finito e lei
già
sentiva la mancanza di quel trio scatenato.
*
12
Giugno
1945
Seduta
al tavolo dei Tassorosso, Drusilla osservava gli
studenti dei vari anni scambiarsi saluti e abbracci in vista
dell’imminente
ripartenza verso casa.
Al
tavolo degli insegnanti persino i professori sembravano
dividersi tra l’essere contenti di aver finito un altro anno
scolastico e la
nostalgia di avere tutti lì.
Fu
allora che notò la mancanza di una figura che spiccava su
tutte più di ogni altra.
-
Silente non c’è – osservò,
voltandosi verso Alya e Laura.
Entrambe
le ragazze seguirono il suo sguardo, incredule.
Silente
era sempre puntuale, possibile che mancasse proprio l’ultimo
giorno di scuola? Lui che era da sempre uno degli insegnanti
più affezionati
alla scolaresca?
Fu
Devon a chiarire ogni loro dubbio, afferrando una delle
copie della Gazzetta del Profeta che i gufi avevano consegnato al loro
tavolo.
-
Guardate qui. Silente ha sconfitto Grindelwald. –
Laura
afferrò la copia del giornale, leggendo l’articolo
con
aria febbrile.
Durante
la notte Silente era volato in Italia, affrontando l’amico
di un tempo nel suggestivo scenario del Colosseo.
Lo
scontro era stato a dir poco epico, aveva sostenuto chi vi
aveva assistito, e si era risolto con la cattura di Grindelwald e la
sua
incarcerazione a Numergard.
Sentì
un sorriso dipingersi sul volto.
Finalmente
giustizia era stata fatta.
L’anno
scolastico si concludeva nel migliore dei modi, non
avrebbe mai potuto chiedere nulla di meglio.
Spazio
autrice:
Salve!
Siamo
giunti
all’ultimo capitolo della storia … domani dovrei
pubblicare l’Epilogo e allo
stesso tempo una nuova storia che sarà il sequel di questa
inoltre mediterò
sulla stesura di una raccolta di OS con protagoniste le coppie della
storia. A
presto con l’Epilogo e il sequel in cui incontrerete i figli
dei nostri
beniamini.
Al
prossimo aggiornamento.
Stay
tuned.
XO
XO,
Mary
|
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Capitolo 25 *** Epilogo ***
Epilogo
12
Giugno 1945
Espresso di Hogwarts
-
Mi fa
uno strano effetto pensare che questa sarà
l’ultima volta in cui prenderò
l’Espresso
– considerò Fleamont, rompendo il silenzio che
aleggiava nello scompartimento.
Kara
annuì, la testa appoggiata sulla sua spalla.
-
Già, ma
quest’anno abbiamo dato il meglio di noi. Finalmente abbiamo
vinto la Coppa. –
-
E io ho
vinto te – concluse, accarezzandole il volto, - Personalmente
la trovo una vittoria
ancora più entusiasmante. –
Minerva
sorrise davanti all’espressione imbarazzata
dell’amica.
Era
venuto il momento di lasciare da soli i piccioncini.
-
Vado a
cercare il carrello dei dolci, voi volete qualcosa? –
Scossero
la testa, continuando a guardarsi negli occhi come se lì
dentro fossero già da
soli.
Chiuse
la
porta scorrevole dello scompartimento, percorrendo lo stretto corridoio
e
facendo una deviazione verso i bagni quando intravide Renford e
Katherine che
avanzavano nella direzione opposta.
Si
appoggiò al bordo del lavandino, fissando il suo riflesso
allo specchio.
Contegno,
Minerva, contegno.
Trasalì
quando la porta alle sue spalle venne aperta e Katherine fece il suo
ingresso.
La
ragazza sistemò le ciocche castane, portandole sulle spalle
e nel farlo la
manica della camicia scoprì l’avambraccio sinistro.
Uno
strano tatuaggio lampeggiò sulla pelle alabastrina.
Seguendo
il suo sguardo, la Nott tirò giù la manica con
studiata lentezza, fissandola
dritta negli occhi.
-
Cos’è,
il marchio del fanclub di Riddle? –
Rimase
in
silenzio, abbozzando un sorrisetto sghembo.
-
Siamo
cresciuti, Minerva, le cose cambiano e il tempo per i giochi
è finito. –
Lestrange
Manor, Costa Azzurra.
5
Luglio, 1950
Mancavano
solo due giorni al matrimonio eppure il manor era letteralmente invaso
da
preparatori e consulenti matrimoniali esattamente come nei mesi passati.
Si
preannunciava il matrimonio del secolo.
Sospirò,
afferrando un bicchiere di Whiskey Incendiario e lo
sorseggiò con rapidi sorsi.
A
quell’ora avrebbe dovuto aver fatto l’abitudine
all’idea di diventare un uomo
sposato, ma continuava a cacciare l’immagine che si stava
profilando nella sua
mente.
Supponeva
che avrebbe accettato la cosa quando sarebbe ormai stata del tutto
inevitabile.
Seduto
sulla veranda del Manor, intento ad osservare l’orizzonte, si
accorse della
presenza di Katherine solo quando la ragazza gli sedette accanto.
-
Se vuoi
andarla a trovare so dove abita adesso. –
Inarcò
un
sopracciglio, fingendo che non capisse minimamente a cosa si stesse
riferendo.
-
Di cosa
stai parlando? –
Katherine
emise uno sbuffo beffardo, allontanando i capelli dal volto.
Sotto
la
luce estiva, con il volto leggermente abbronzato e il delicato abito
floreale,
appariva più giovane e bella del solito.
Qualunque
altro ragazzo sarebbe stato più che felice di passare il
resto della vita con
una moglie come quella nel letto.
-
Non
provarci nemmeno, Ren. Lo sai benissimo di chi sto parlando e non sei
credibile
quando fai il finto tonto. –
-
Non ha
molto senso andarla a trovare, no? Ormai lo saprà che mi
sposo. –
Insomma,
la notizia era capeggiata su tutti i giornali per giorni interi
… avrebbe
dovuto vivere sotto una roccia per essere all’oscuro della
cosa.
-
Non
sarebbe male se glielo dicessi, io l’apprezzerei se fossi al
suo posto. –
Certo,
se
fosse stata al suo posto e se avesse mai provato qualcosa per qualcuno
che non
fosse se stessa.
Del
che
dubitava seriamente.
Era
stato
proprio quello a convincerlo a sposarla.
Katherine
non lo amava, non lo avrebbe mai amato, e non pretendeva che lui
facesse
altrettanto.
Per
lui
era un ottimo matrimonio senza troppe pretese, per lei un modo per
avere un
marito che non la costringesse a stare chiusa tra quattro mura e le
permettesse
di coltivare sogni e ambizioni.
-
Forse
l’andrò a trovare – cedette.
-
Sono
anni che lo dici, sappiamo entrambi che non lo farai. –
-
Che
figura avrei fatto se dopo aver annunciato il fidanzamento con te mi
avessero
visto con un’altra donna? –
Fece
spallucce.
-
A me
non sarebbe importato e gli altri avrebbero tranquillamente potuto
pensare
quello che volevano. –
-
Mia
madre mi avrebbe ucciso se avessi scatenato pettegolezzi. –
-
La cosa
non ti ha mai fermato, mi pare. –
Non
voleva sentirla, non gli andava di sentirsi ripetere sempre le stesse
cose, non
voleva venire a patti con la realtà.
Rivedere
Minerva l’avrebbe ucciso.
Si
chinò
su Katherine, catturando le labbra in un bacio passionale.
La
sentì
irrigidirsi, sorpresa, prima di ricambiare.
-
E
questo per cos’era? –
-
Dovremo
farci l’abitudine, no? –
Plage
de Tahiti, Costa azzurra.
7
Luglio, 1950
Alexandra
fu la prima a individuare Alphard e Adhara tra la folla degli invitati.
Tirò
Abraxas
per la manica dell’elegante completo su misura,
indicandoglieli con un cenno
del capo.
-
Il
testimone dello sposo non avrebbe dovuto essere già arrivato
da un pezzo? Sono
sicura che quello della sposa è stato puntualissimo
– lo punzecchiò Adhara, splendida
nel suo abito fiordaliso.
Il
biondo
le rivolse una lieve smorfia, accennando alla ragazza al suo braccio.
-
Qualcuno ha deciso di mettersi dei trampoli al posto dei tacchi e non
riesce a
camminare a una velocità superiore a quella di una lumaca.
–
Alexandra
gli affibbiò un colpetto al fianco, arricciando le labbra in
un’espressione
buffa.
-
La
bellezza richiede tempo e fatica, dovresti saperlo biondastro.
–
Attirata
da un luccichio sospetto, Adhara le afferrò la mano sinistra.
Un
gigantesco diamante era ancorato a un elegante anello di fidanzamento.
Cacciò
un
piccolo urlo di gioia.
-
Quando
è successo e perché non me lo hai detto subito?
–
La
bionda
ridacchiò, lasciandosi abbracciare prima
dall’amica e poi da Alphard.
-
Circa
venti minuti fa, si vede che l’aria del matrimonio gli ha
dato alla testa. –
-
A onor
del vero erano mesi che ce l’avevo, ma non ho mai trovato il
momento giusto –
bofonchiò Abraxas.
-
Beh,
meglio tardi che mai. –
Improvvisamente
tornò seria, puntando lo sguardo su Adhara.
-
Hai
sentito Minerva? –
L’ex
Corvonero scosse la testa.
Aveva
provato a contattare l’amica dalla sera precedente, ma Kara
aveva risposto
tutte le volte e aveva assicurato che quando Minerva si fosse sentita
pronta ad
abbandonare la sua camera gliel’avrebbe fatto sapere.
A
quanto
sembrava quel momento non era ancora giunto.
Non
che
potesse biasimarla, nei suoi panni avrebbe reagito anche peggio.
-
Dobbiamo darle del tempo. –
Tossicchiando,
Alphard accennò alla sagoma in lontananza che si stava
sbracciando verso di
loro.
Rookwood
e Mulciber, due Serpeverde di un anno più piccoli di loro
che da un po’ di
tempo avevano cominciato ad orbitare attorno a Tom, facevano loro segno
di
darsi una mossa.
-
Credo
che Tom si stia spazientendo – considerò Abraxas.
-
E
allora diamoci una mossa prima che il testimone più
inquietante che una sposa
abbia mai avuto cominci seriamente a dare i numeri. Qualche invitato
brutalmente assassinato potrebbe raffreddare un po’ i
festeggiamenti – scherzò
Adhara, prendendo sotto braccio il suo ragazzo e incamminandosi sulle
dune
sabbiose della Plage.
Malfoy
Manor, Wiltshire, Inghilterra.
2
Giugno, 1951
Il
matrimonio si teneva all’interno degli immensi giardini del
Manor dei Malfoy e
c’erano gigli e pavoni bianchi dovunque.
I
Malfoy
sapevano decisamente trattarsi bene.
-
È
assolutamente stupenda – sussurrò Kara, coprendosi
la bocca quando vide la
sposa avanzare lungo la navata centrale che conduceva
all’altare.
Alexandra
indossava un abito su misura realizzato da una magistilista di grido
che si
stava affermando sempre più sulla scena
dell’elitè magica.
Era
un
modello a sirena che la fasciava con eleganza, facendo risaltare il
fisico
delicato e femminile.
I
capelli
biondi erano stati acconciati in un elegante chignon dal quale
ricadevano
qualche ciocca per creare un effetto spettinato artisticamente studiato.
Dietro
di
lei veniva Adhara come sua testimone di nozze, con indosso un casto
abito rosa
pallido, e sull’altare attendevano già Abraxas e
Renford, come testimone dello
sposo. Chiudeva la processione Mayra, con indosso l’abito da
damigella d’onore.
Seduti
dall’altro lato della navata c’erano gli invitati
dello sposo.
Perlopiù
erano altolocate famiglie Purosangue, ma tra tutti spiccava la figura
alta e
sottile di Tom.
Sedeva
in
seconda fila, appena dietro i parenti più stretti dello
sposo, accanto a
Katherine.
Un
bambino
di circa un anno era adagiato tra le braccia della ragazza.
Era
proprio su quest’ultimo che gli occhi di Minerva tornavano
insistentemente.
Si
chiese
come sarebbe stato il bambino se al posto di Katherine ci fosse stata
lei.
-
Minnie?
–
Si
riscosse dalle sue considerazioni.
-
Sì, è
veramente bellissima. –
-
Non
avrei mai creduto di dirlo, ma credo proprio che i matrimoni mi
piacciano. –
-
Stai
cercando di dirmi che non vedi l’ora che Fleamont ti faccia
la proposta? –
sorrise con l’aria di chi la sapeva lunga.
-
Per
Merlino, non ancora! Insomma, lo amo ma non sono ancora pronta per una
famiglia. –
Ecco
appunto, le era sembrato strano.
Studio
del Preside, Hogwarts.
31
ottobre 1954
-
Buonasera, Tom – lo salutò Silente, seduto dietro
alla scrivania, - Vuoi
sederti? –
Con
un
cenno del capo, Tom si sedette sulla sedia che fronteggiava la
scrivania.
-
Grazie.
Vedo che è diventato Preside, una degna scelta. –
-
Sono
lieto che approvi –, replicò Silente con un
sorriso, - Posso offrirti da bere?
–
-
Volentieri. Vengo da molto lontano. –
Silente
si alzò e si spostò verso l’armadietto
nell’angolo, pieno di bottiglie. Porse
un calice di vino elfico a Tom e se ne versò uno a sua
volta, tornando a
mettersi seduto.
-
Allora,
Tom … a cosa devo il piacere? –
Si
irrigidì leggermente, continuando a sorseggiare il vino.
-
Non mi
chiamo più Tom. Adesso sono noto come … -
-
So come
sei noto -, lo interruppe con un sorriso garbato, - ma temo che per me
sarai
sempre Tom Riddle. È una mania dei vecchi insegnanti,
purtroppo, non
dimenticare mai gli esordi dei propri allievi. –
Prese
un
altro sorso di vino, senza accennare alla minima reazione
all’evidente rifiuto
di Silente di sottostare alle sue condizioni.
Non
che
fosse cosa nuova per l’anziano mago.
-
Sono
tornato -, spiegò infine, - forse più tardi di
quanto il professor Dippet si
aspettasse per chiedere di nuovo quello che allora, mi disse, ero
troppo
giovane per ottenere. Le chiedo di farmi tornare in questo castello per
insegnare. Mi consentirà di tornare? Pongo me stesso e i
miei talenti ai suoi
ordini. –
Silente
alzò le sopracciglia.
-
E cosa
ne sarà di quelli a cui tu dai
ordini? Cosa succederà a coloro che si definiscono, o
così dicono le voci, i
Mangiamorte? –
Non
si
aspettava che il vecchio Babbanofilo conoscesse quel nome, a dire la
verità, ma
riprese in fretta il controllo.
-
I miei
amici andranno avanti senza di me, ne sono certo. –
-
Sono
lieto che li consideri amici, avevo avuto l’impressione che
li considerassi più
come servitori. –
-
Si
sbaglia – ribattè freddamente.
-
Allora
se dovessi andare alla Testa di Porco non troverei un gruppo
… Nott, Lestrange,
Malfoy, Mulciber e Dolohov in attesa del tuo ritorno? Amici fedeli
davvero per
viaggiare con te in una notte di neve solo per augurarti buona fortuna
mentre
cerchi un posto da insegnante. –
-
Onnisciente come sempre, vedo. –
Gli
rivolse un sorriso lieve. – Oh no, solo in ottimi rapporti
con i baristi.
Parliamoci francamente, Tom: perché sei venuto qui,
circondato dai tuoi
accoliti, a chiedere un posto che entrambi sappiamo che non vuoi
davvero? –
-
Che non
voglio? Al contrario, Silente, lo desidero molto. –
-
Oh,
vuoi tornare a Hogwarts ma non desideri insegnare più di
quanto non lo volessi
a diciotto anni. Cosa vuoi davvero, Tom? –
Tom
sorrise beffardo.
-
Se non
vuole darmi un lavoro … -
-
Certo
che non voglio e non credo affatto che ti aspettassi un sì.
Eppure sei venuto
qui, hai chiesto, devi avere uno scopo. –
Tom
si
alzò.
Sentiva
chiaramente gli occhi lampeggiare furenti e il volto serrato in una
maschera di
rabbia.
-
Questa
è la sua ultima parola? –
-
Sì. –
-
Allora
non abbiamo altro da dirci. –
-
No,
niente – confermò Silente tristemente.
Tom
uscì
dallo studio a passo svelto, percorrendo i metri che lo separavano
dall’ingresso del castello.
Raggiunse
Hogsmeade nel giro di una ventina di minuti, trovando il resto del
gruppo ad
attenderlo alla Testa di Porco.
Katherine
alzò la testa dal boccale d’idromele non appena
mise piede lì dentro.
-
Allora?
–
-
Ho
fatto quello che andava fatto, possiamo andare. –
La
missione era stata compiuta con successo.
Malfoy
Manor, Wiltshire, Inghilterra.
24
Dicembre, 1954
-
Abraxas
Scorpius Malfoy, spero per te che quel pacco che hai lasciato sotto
l’albero di
Natale non sia una scopa. –
Con
il
sorriso più innocente del suo repertorio, che comunque non
la convinse affatto,
sedette sul divano accanto a lei.
-
Non è
per me, tesoro. –
Alexandra
inarcò un sopracciglio.
-
Ah, no?
E per chi sarebbe, sentiamo? –
Il
sorriso si allargò maggiormente sul volto dell’ex
Serpeverde.
-
Ma per
Lucius, non è ovvio? –
-
Abraxas
ti è chiaro che tuo figlio ha meno di due mesi, vero?
–
-
Certo,
infatti non la deve mica usare subito. –
-
Ma che
pensiero spaventosamente ragionevole –, ironizzò,
- dimmi chi sei e cosa ne hai
fatto di mio marito? –
-
Ehy,
stai dicendo che di solito sono un irresponsabile? –
protestò indignato.
Con
un
sorriso candido, annuì. – Bravo, é
esattamente quello che sto dicendo. –
-
Mi
ritengo profondamente indignato. –
-
Indignati pure quanto vuoi … piuttosto, dimmi, che scopa hai
comprato? –
-
Una
Nimbus 1000 – replicò orgogliosamente.
Il
cuscino di velluto lo centrò in pieno volto con inaudita
ferocia.
-
Una
Nimbus? E vuoi farmi anche credere che fosse per Lucius?! –
Si
allungò ad afferrare il frugoletto dai capelli biondi e le
iridi grigie che
dormiva nella culla, stringendoselo al petto e usandolo come una sorta
di
strano scudo.
-
Sto
tenendo il piccolo in braccio, non puoi uccidermi. –
-
Dovrai
metterlo giù prima o poi e sarà allora che
colpirò Malfoy, è una promessa. –
Paiolo
magico, Diagon Alley.
1
marzo 1957
-
E così
domani ti sposi, non riesco a credere che tu sia riuscita a mettere il
guinzaglio ad Alphard Black – rise Kara, mentre Minerva le
raggiungeva al
tavolo.
Adhara
scrollò le spalle, sorridendo divertita.
-
Che
posso dire, ci siamo trovati e stiamo bene così. Piuttosto,
Alex, come sta il
piccolo Lucius? –
La
bionda
fece un’espressione intenerita, come sempre quando si
accennava al figlio.
-
Lui e
Rodolphus sono tremendi quando sono nella stessa stanza, sono tali e
quali ai rispettivi
padrini. –
-
Sei
fortunata che non abbia ripreso da Abraxas o avrebbe già
cominciato a riempirti
il bagno di prodotti per capelli – rise Adhara.
Il
gruppetto si unì alla risata.
-
Dunque,
il vino elfico è per Alexandra, l’idromele per
Kara e per me la Burrobirra … il
succo di zucca tocca ad Adhara – annunciò Minerva,
passando i rispettivi
boccali.
Kara
si
accigliò.
-
Succo
di zucca? Ti senti male? – chiese, ben ricordando le celebri
bevute dell’amica.
Adhara
rivolse loro un’espressione furba che valse più di
mille parole.
-
Sei
incinta?! – saltò su Minerva, occhieggiando alla
pancia della mora.
-
Da
quasi tre mesi –, confermò, - fortunatamente
ancora non si vede o in bianco
sembrerei una mongolfiera. –
Alexandra
fece rapidamente i conti.
-
Quindi
nascerà nello stesso periodo di … - tacque
all’ultimo secondo, mordendosi la
lingua.
Stava
quasi per parlare della nascita della secondogenita di Renford e
Katherine.
Minerva
tuttavia scrollò le spalle.
-
Puoi
nominare la bambina, Alex. So della nascita. –
Come
tutto quello che riguardava i Lestrange, la notizia si era sparsa alla
velocità
della luce e girava voce che ci fosse già qualcuno
desideroso di proporre un
accordo matrimoniale.
-
Stai un
po’ meglio? –
Bella
domanda.
Vedere
Renford e Katherine era ancora un colpo al cuore e probabilmente
sarebbe sempre
stato così, ma doveva andare avanti con la sua vita.
-
Sto
meglio … Silente oggi mi ha confermata come professoressa di
Trasfigurazione.
Inizierò a Settembre – annunciò.
-
Ma
questo è fantastico, doppi festeggiamenti! –
San
Mungo, reparto di maternità.
5
agosto 1958
-
Padre,
quando potrò vederlo? –
Renford
posò gli occhi sul suo primogenito.
Rodolphus
aveva compiuto da poco sette anni e sembrava molto incuriosito
dall’idea di
avere un altro fratello, soprattutto un maschio con cui potesse giocare
e non
fare “cose da femmina” come le chiamava lui.
-
Tra non
molto, sta per uscire dalla stanza. –
Come
a voler
confermare le sue parole, l’infermiera fece capolino dalla
sala nido con un
frugoletto stretto tra le braccia.
Lo
depose
tra le sue braccia e Renford sentì un sorriso dipingersi sul
suo volto.
Aveva
creduto di essersi abituato alla sensazione di diventare padre dopo la
nascita
di Rod e Rae, ma si era sbagliato.
Ogni
volta l’emozione era sempre intensa allo stesso modo.
Il
piccolo gli rivolse un sorriso sdentato.
Facendo
cenno a Rodolphus e Raelena di seguirlo, si diresse verso
l’estremità del
corridoio.
-
Coraggio, andiamo a vedere come sta vostra madre. –
Entrarono
nella stanza trovando una Katherine dai capelli scarmigliati e
l’aria stremata.
-
Se osi
mettermi incinta un’altra volta, Renford, giuro che
troverò un incantesimo per
farti affrontare il parto al posto mio – scherzò,
passando un braccio intorno
alle spalle della figlia quando Raelena si arrampicò sul
letto e si accucciò
contro di lei.
-
Allora,
Rodolphus, mi era parso di capire che volessi essere tu a scegliere il
nome per
tuo fratello … - lo invitò gentilmente la donna.
-
Io … io
credo che … mi
piacerebbe chiamarlo
Rabastan – concluse alla fine, dopo un attimo di titubanza,
memore della
tradizione familiare di nominare i membri con un nome che avesse la R
come
iniziale.
Katherine
e Renford si scambiarono un lieve sorriso.
Potevano
non amarsi di quell’amore dolce e sentimentale, ma a distanza
di tanti anni
passati l’uno al fianco dell’altra era certamente
nato qualcosa che andava al
di là della semplice amicizia.
C’era
un’intesa assoluta e perfetta tra loro, cosa che non si
poteva dire di molti
matrimoni “nati dall’amore” e tutto
sommato a entrambi sarebbe potuta andare
molto peggio.
-
Credo
che sia un nome perfetto, ottima scelta, Rod. –
Sala
Grande, Hogwarts.
1
settembre 1968
Raelena
era in fila insieme agli altri studenti del primo anno, in attesa di
essere
Smistata.
-
Nervosa? –
Annuì
leggermente, voltandosi verso la ragazza al suo fianco.
Hydra
Black la conosceva da quando entrambe erano venute al mondo e sapeva
leggere ogni
sua minima espressione.
Nulla
da
meravigliarsi se, dietro al cipiglio corrucciato con cui scrutava il
Cappello,
Hydra avesse visto la sua reale preoccupazione.
-
Se non
finisco a Serpeverde mio fratello mi uccide –
borbottò, mentre la fila davanti
a loro si assottigliava.
-
Esagerata, lo sai che Rod ti adora. –
-
Infatti
dopo avermi uccisa farà scrivere una dedica strappalacrime
sulla lapide: “qui
giace Raelena Lestrange, sorella adorata, morta dopo essere stata
Smistata in
un’altra Casa.”
La
voce
della Capo Casa di Grifondoro le interruppe.
-
Hydra
Black, è il tuo turno. –
Hydra
si
fece avanti, camminando a testa alta con il contegno tipico dei Black.
Incurante
delle occhiate delle cugine sedute al tavolo dei Serpeverde, che
seguivano con
attenzione il suo Smistamento.
Sedette
sullo sgabello, attendendo che le venisse adagiato il Capello Parlante
sul
capo.
Dopo
una
manciata di secondi l’oggetto trillò con voce
squillante: - Corvonero! –
Raggiunse
il tavolo che era stato una volta teatro di innumerevoli momenti
vissuti da sua
madre, sorridendo.
-
Edgar
Bones! –
Un
ragazzo biondo cenere, dagli incredibili occhi verdi, alto e
dinoccolato si
fece avanti.
Sedette
sullo sgabello e venne Smistato in Tassorosso.
Dopo
di
lui venne il turno di Raelena.
Hydra
vide Rodolphus smettere di parlare con la sua ragazza, Bellatrix, e
fissare
l’avanzata della sorella con i profondi occhi scuri.
La
spilla
da Prefetto che scintillava sul petto accanto a quella da Capitano.
L’attesa
fu maggiore nel suo caso, segno che il Capello doveva essere indeciso.
-
Serpeverde! – strillò infine.
Raelena
emise un sospiro sollevato, ravviandosi la divisa e camminando
sorridendo
orgogliosa verso di loro.
Sedette
accanto a Rodolphus, che le scompigliò effettuosamente i
capelli.
-
Sarà un
grande anno, me lo sento – mormorò, le iridi
scintillanti d’euforia.
Spazio
autrice:
Eccoci
qui con l’epilogo. Ho cercato di darvi una panoramica
generale di questi anni che seguono il diploma dei nostri beniamini. E,
come
penso avrete capito, questo epilogo sta a significare che ci
sarà una nuova
interattiva e che riguarderà il Primo Ordine della Fenice!
A breve pubblicherò il prologo e se voleste partecipare mi
farebbe molto piacere.
Alla prossima.
Stay tuned.
XO XO,
Mary
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