Hogwarts 1944 - First Act

di Ms Mary Santiago
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 25: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 

Prologo

 

 

 

 

 

Adhara appoggiò la testa sulla spalla di Abraxas, scorrendo lo sguardo sulle righe fittamente battute a macchina della copia della Gazzetta del Profeta che l’amico stava leggendo.
L’ennesimo attacco.
Il mondo magico, e malgrado a molti non importasse anche quello Babbano, stavano mettendosi lentamente in ginocchio davanti alla spinta espansionistica del potere di Grindelwald.
Storse il naso, contrariata.
- Non capisco cosa aspetti Silente a prendere in mano la situazione. –
- Dubito che si muoverà, ho sentito dire che erano molto amici quando avevano la nostra età. –
Si mise seduta meglio, scrutandolo negli occhi con risolutezza.
- Pensi davvero che Silente rimarrà con le mani in mano in eterno? –
- Silente è un uomo patetico dal cuore tenero. –
- Queste sono le parole di Riddle -, constatò, - ma non credo che l’avere una coscienza renda le persone più deboli di altre. –
Abraxas scrollò le spalle in un gesto elegante, preferendo cambiare argomento.
- Come hanno preso a casa tua la mancanza della spilla? –
- Se ne faranno una ragione; personalmente sono più che soddisfatta della mia spilla – replicò, picchiettando il dito sulla spilla da Capitano che aveva appuntata sulla divisa dei Corvonero, - A casa Malfoy? –
- Ai miei piace Tom. –
La risposta era più che eloquente: se la spilla gli era stata soffiata sotto al naso da Tom Riddle allora per i signori Malfoy tutto andava più che bene.
- Personalmente trovo sempre più difficile capire come a qualcuno sano di mente possa piacere Riddle. –
Abraxas rise, scuotendo la testa, - Mi basta che continuate a evitarvi; ho il curioso desiderio di non vedere i miei migliori amici saltarsi alla gola a vicenda. –
Perché non avrebbe saputo da che parte schierarsi … non lo disse, ma era implicito.
Adhara era la sua migliore amica da sempre, non riusciva a ricordare un evento della sua vita in cui non fosse coinvolta, ma da quando aveva cominciato la scuola Tom aveva esercitato una sorta di attrazione magnetica in lui.
Aveva così cominciato a gestire il suo tempo dividendolo tra di loro, che per qualche strano scherzo del destino non si sopportavano.
Il rumore dello sportello che veniva fatto scorrere li fece trasalire.
- Tranquilli, sono io. –
Renford Lestrange, le iridi blu cobalto che luccicavano divertite, fece capolino.
I capelli corvini erano scarmigliati come se qualcuno avesse affondato più volte le dita tra le ciocche nell’impeto della passione del momento e, conoscendolo, sicuramente era così.
- Tom sta per arrivare. La riunione è finita dieci minuti fa … Ah, la McGranitt ti cercava – aggiunse quasi distrattamente, facendosi cadere sul sedile di fronte al loro.
Adhara rassettò la divisa, rivolgendogli un’occhiata penetrante.
- Lestrange, le hai dato di nuovo il tormento? –
- Non mi permetterei mai -, sogghignò, - l’ho semplicemente incontrata vicino al carrello dei dolci. –
Per nulla convinta, scoccò un bacio sulla guancia di Abraxas e si diresse verso l’uscita dello scompartimento.
Scambiò un cenno del capo con Renford e uscì prima di correre il rischio di incontrare Riddle.

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Trovò Minerva e Drusilla nel solito scompartimento, la prima con un pacco di gomme bolle bollenti in una mano e un libro nell’altra e la seconda intenta a divorare cioccolata.
Sorrise, sedendosi di fronte alla Selwyn e lasciando vagare lo sguardo sul loro bottino di guerra.
C’erano almeno una ventina di confezioni di Cioccorane, per un terzo già divorata, due pacchi di gelatine tutti i gusti più uno, qualche gomma bolle bollenti e un maxi pacco di Api frizzole.
- Dru, hai svaligiato il carrello dei dolci? –
La Selwyn ravviò una ciocca bionda, allontanando l’incarto dell’ennesima confezione di Cioccorane.
- Assolutamente no. Questa è la dose necessaria a trascorrere il viaggio sull’Espresso … e Minerva ha contribuito – aggiunse in fretta, tirando in ballo l’amica.
- Solo perché mi stavi dando il tormento. –
- Tormento, esagerata … te l’avrò chiesto due o tre volte. –
Le iridi verdi della Grifondoro smisero di seguire le pagine del libro e rotearono leggermente.
- Sì, due o tre volte ogni cinque minuti per tutta la durata della riunione. –
- Non è colpa mia, lo sapete come divento se rimango in astinenza da zuccheri -, sventolò una mano a mezz’aria afferrando il pacco di Api frizzole, - e comunque ho pensato anche a te, Adhara. –
- Troppo gentile -, afferrò il pacco, - che turni vi sono toccati? –
Il labbro inferiore di Drusilla, sporco di cioccolata, si arricciò in un lieve broncio.
- Devo coprire le ronde notturne di mercoledì e venerdì … a Minnie è toccato il martedì e il giovedì. –
- Già e mi toccherà riferire a Riddle – aggiunse Minerva.
- Le mie più sentite condoglianze. È insopportabile come al solito? –
- Anche di più. Come se non bastasse la maggior parte delle ragazze degli ultimi anni passa il tempo a fargli gli occhi dolci ogni volta che lo incontra. –
Si scambiarono un’occhiata eloquente.
Probabilmente all’interno di Hogwarts solo due persone odiavano Riddle a livelli esponenziali ed entrambe si trovavano in quello scompartimento.
- È oggettivamente molto bello, quasi quanto Lestrange -, intervenne Drusilla il cui argomento preferito dopo i dolci erano decisamente i ragazzi, - ma ha quel modo di guardarti che ti dà i brividi.  Ogni volta che incrocia il mio sguardo spero che lo distolga il prima possibile. –
- È un borioso imbecille, non capisco perché i professori lo adorino. –
- E a te non va a genio l’idea che sia il cocco di Lumacorno – concluse Minerva con l’aria di chi la sapeva lunga.
Tacque, incrociando le braccia al petto.
- A proposito di persone che non sopportiamo … Lestrange ti ha dato fastidio? –
La vide tentennare per un breve istante per poi scuotere la testa.
- No, nessun fastidio, immagino che avesse altro per la testa. –
- Probabilmente aveva di meglio da fare … quando è arrivato nello scompartimento aveva tutta l’aria di uno uscito da un incontro bollente -, ammiccò leggermente, - mi domando chi fosse la ragazza con cui si è appartato. –
Minerva alzò gli occhi al cielo, sbuffando.
I pettegolezzi l’avevano sempre infastidita.
- Sai, Dru, dovresti davvero pensare ad altro che non siano pettegolezzi, dolci e ragazzi. –
- Sì, mamma. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

Trovò Abraxas e Renford intenti a discutere di Quidditch.
Si accigliò leggermente.
Non aveva mai capito tutto quell’interesse per uno sport, specialmente uno in cui non serviva altro che volare su una scopa e aggirarsi tra palle che sfrecciavano da una parte all’altra.
Non aveva mai avuto una grande opinione dei giocatori di Quidditch, la maggior parte di loro erano degli scimmioni senza cervello, ma se persone tutto sommato brillanti come i suoi compagni lo apprezzavano allora forse c’era qualcosa che gli sfuggiva.
Renford alzò lo sguardo, inarcando un sopracciglio.
- Tom, siediti, mi metti ansia. –
- Dovresti cominciare a cambiarti, siamo quasi arrivati – lo rimbeccò, accennando agli abiti scuri che indossava al posto della divisa dei Serpeverde.
- C’è ancora un po’ di tempo. –
- Non voglio arrivare tardi per colpa tua. –
- Santo Salazar, che ansia. –
Si alzò in piedi, rovistando nel baule alla ricerca della divisa e ignorando palesemente l’occhiata seccata del compagno.
C’erano volte in cui non sopportava veramente Tom e le sue manie di controllo.
Abraxas parve fiutare la tensione che si respirava dentro lo scompartimento e dirottò la conversazione.
- Ren, si può sapere con chi eri prima? Volevo chiedertelo quando sei arrivato, ma mi è passato di mente. –
- Una. –
- Non sei mai stato così evasivo sulle tue conquiste. –
- Magari perché non ha importanza -, scrollò le spalle, - o perché non mi va di sentire pettegolezzi già dal primo giorno di scuola. –
C’era decisamente qualcosa di strano.
Provò a insistere per l’ultima volta.
- In che Casa è? –
Lo sferragliare del treno che arrivava a destinazione lo salvò all’ultimo secondo.
- Dobbiamo andare, non vorremo far fare tardi a Tom. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!
Sembrava che avessi trovato pace … e invece no!
Non credo che siano mai state create interattive ambientate durante gli anni di scuola di Tom e Minerva, perciò ho deciso di provare a fondere la cosa sfruttando gli anni del terrore Grindelwaldiano (ci troviamo nello specifico nel 1944).
Ma non indugiamo oltre e passiamo alle indicazioni per partecipare:
 

- non c’è limite al numero di OC con cui potete provare a partecipare ma vi chiedo di non crearli tutti dello stesso sesso e della stessa Casa;

- avete tempo fino al 14 aprile per inviare le schede e il 15 aprile in mattinata avrete il capitolo successivo e la scelta degli OC;

- non accetto Mary Sue, Gary Stu, personaggi ricchi di cliché, Animagus, Metamorphomagus, Veela, Licantropi o Ibridi di qualsiasi tipo;

- vi chiederei di farvi sentire almeno ogni 2 capitoli nel rispetto del principio che regge le interattive ossia quello di prendere attivamente parte allo svolgimento della storia e alla caratterizzazione dei personaggi;

- le schede andranno inviate solo ed esclusivamente tramite messaggio privato;

- le recensioni con “voglio iscrivermi con …” non sono considerate valide dal regolamento di EFP pertanto vi chiedo di articolarla come una recensione effettiva al capitolo;

- visto che ci troviamo nel 1944 e all’epoca c’era una certa chiusura sessuale, accetterò solo coppie het;

- non chiedetemi relazioni sentimentali con Tom. Lo dico da subito onde evitare incomprensioni: Tom non è capace di amare. Potete creare amici, succubi, cotte non corrisposte o al massimo relazioni esclusivamente a livello fisico (alla luce degli eventi della Maledizione dell’Erede … che per me è fan service allo stato puro e basta, ma la Rowling l’ha approvato e quanto basta);

- per dubbi, perplessità e quant’altro non fatevi problemi a chiedere.

 

 

Scheda

 

Nome:
Secondo nome:
Cognome:
Stato di sangue:
Età:
Casa e anno:
Aspetto fisico:
Prestavolto (obbligatorio e reale):
Carattere (dettagliato):
Amicizie/Inimicizie:
Amore:
Patronus:
Molliccio:
Fobie/Paure/Incubi:
Amortentia:
Famiglia e rapporto con essa:
Ruolo (Quidditch, Prefetto, Caposcuola):
Lumaclub?
Materie preferite:
Materie odiate:
Cosa pensa di Tom?
Cosa pensa di Grindelwald?
Altro:

 

 

 

 

 

Personaggi

 

 

 

Tom Orvoloson Riddle (PV Matt Gordon) – VII anno, Serpeverde. Caposcuola.

Drusilla Selwyn (PV Julia Parshuta) – VI anno, Tassorosso. Prefetto.

Adhara Rosier (PV Megan Fox) – VI anno, Corvonero. Capitano e Cacciatrice.

Abraxas Malfoy (PV Jamie Campbell Bower) – VII anno, Serpeverde. Cercatore.

Renford Lestrange (PV Gaspard Ulliel) – VII anno, Serpeverde. Capitano e Cacciatore.

Minerva McGranitt (PV Astrid Berges Frisbey) – VI anno, Grifondoro. Prefetto.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Nda:

Qui sotto trovate il capitolo e la selezione degli OC che, vi avviso, non è ancora completa perché mi mancano le schede di due autrici quindi potrebbero esseri aggiunti altri OC. Oltre a ciò invito chi lo desidera a partecipare visto che sono in carenza di maschietti. Per la precisione me ne servono 2 e uno dovrebbe essere Corvonero mentre per l’altro avete piena libertà di scelta.

 

 

 

Capitolo 1

 

 

 

 

 

Katherine varcò l’ingresso della Sala Grande a passo deciso, ignorando risolutamente gli sguardi su di sé.
Del resto c’era abituata. Non capitava spesso che una Purosangue inglese venisse mandata a studiare a Durmstrang e che, all’inizio del suo quinto anno, si trasferisse nuovamente in terra natia per completare la sua istruzione magica.
Fosse stato per lei sarebbe rimasta più che volentieri a Durmstrang, ma sua madre aveva strepitato e pianto in modo tanto estenuante e convincente che suo padre aveva finito con l’accontentarla e riportarla a casa.
Tutto per quell’assurda credenza che aveva sua madre che vedeva lei protagonista di uno scenario apocalittico in cui Gellert Grindelwald prendeva d’assalto la scuola e la faceva fuori.
Come se un aspirante dominatore del mondo magico non avesse nulla di meglio da fare nella vita che dare la caccia agli studenti della sua ex scuola.
Aveva rinunciato a capire quella donna da anni, troppo apprensiva e iperprotettiva per i suoi gusti.
Raggiunse il tavolo verde argento e folgorò con un’occhiataccia una studentessa del terzo anno che aveva occupato il suo consueto posto.
La ragazzina scalò lungo la panca, liberando la destra di Tom.
- Complimenti, adesso fai scappare anche le ragazzine? –
Rivolse un sorrisetto beffardo all’indirizzo di Renford, allontanando una ciocca castano scuro dal bel volto.
- Perché, avevi intenzione di provarci anche con lei? –
Tom stirò le labbra in un sorriso divertito davanti all’espressione seccata dell’amico, per poi rivolgere lo sguardo verso Abraxas che gli stava seduto di fronte.
- Si può sapere a cosa stai pensando? Sei con la testa da tutt’altra parte. –
 - Elaboro teorie. –
- Non un’altra volta, Abraxas -, sbuffò a metà tra l’esasperato e il divertito, - Renford non ti ha già detto che non c’è nulla d’interessante nella sua piccola avventura? –
- Lo ha detto -, confermò, - ma io non gli credo. –
Allungandosi a prendere la brocca con il succo di zucca, Katherine osservò la scena con interesse.
Non era la prima volta che Abraxas si concentrava su pettegolezzi amorosi o sessuali, ma quella volta doveva esserci davvero un grande mistero se si ostinava così tanto nel voler sapere la verità.
- Perché il biondastro è così sospettoso? –
- Perché -, replicò il diretto interessato con un’occhiata poco amichevole, - Renford non vuole rivelare di chi si tratti quindi sono giunto a due possibili conclusioni: o è una ragazza già impegnata oppure è qualcuna di davvero molto imbarazzante. –
- E a questa brillante deduzione sei giunto perché? –
- Perché è fuori di testa –, intervenne Ren, - e sessualmente frustrato visto che nelle ultime settimane non ha avuto neanche mezza ragazza sotto mano. Pensa a riempire il tuo letto, Malfoy, e non a quelle che entrano nel mio. –
- Di quello che vuoi, Lestrange, ma prima o poi scoprirò di chi si tratta. –
- Se mettessi anche solo un decimo di questa determinazione in Trasfigurazione a quest’ora avresti ben più che una misera A – osservò Tom.
Katherine ridacchiò. – Colpito e affondato. –
Abraxas sbuffò in modo molto poco regale e incrociò le braccia al petto, contrariato.
- Giuro che non vi coinvolgerò mai più nelle mie teorie, siete impossibili. –
Tom lo fissò di rimando, sfoggiando un cipiglio serio e impassibile.
- È una promessa? Perché in questo caso ti prendo in parola. –
Stoicamente, Abraxas non replicò e si mise a mangiare.
Lo stavano prendendo in giro e non avrebbe di certo fatto nulla che potesse facilitare il compito a quei suoi spudoratamente irriverenti amici.
Insomma, era un Malfoy, non poteva certo farsi prendere in giro a quel modo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

- Perché guardi Adhara in quel modo? –
Azalea infilzò con vigore la patata alla brace nel suo piatto, lanciando l’ennesima occhiata truce all’indirizzo della compagna di Casa.
- La spilla. –
- Quella da Capitano? –
- Perché, le vedi altre spille appuntate al petto? –
Azalea notò lo sguardo lievemente risentito dell’amico.
Clay era probabilmente la persona più sensibile e delicata che conoscesse, un’anima candida che tendeva a essere ferito da commenti beffardi e taglienti.
E lei aveva lasciato che la rabbia e il desiderio di rivalsa che provava nei confronti di Adhara Rosier le offuscassero il giudizio.
- Scusami, è che non riesco proprio a farmi andare giù la cosa -, ammise, - ho aspettato quella spilla per tutta l’estate e appena sono arrivata sul treno ho saputo che l’avevano data a lei. –
Clay annuì, indeciso su quale fosse la risposta migliore.
Non era un granchè con le relazioni interpersonali; per come la vedeva lui i libri erano molto più semplici, con loro non sbagliavi e non ti mettevano sotto pressione perché era pressoché impossibile che fraintendessero una tua affermazione.
E a lui capitava spesso di essere frainteso.
Certe volte avrebbe voluto essere un po’ più come Renford Lestrange, il tipo di persona che diceva dritto in faccia quello che pensava e che mandava al diavolo chiunque avesse qualcosa da ridire su di lui.
Lui non ci riusciva.
Il giudizio di chi lo circondava finiva inevitabilmente con il ferirlo; non importava con quanta ostinazione si sforzasse di non darlo a vedere, chi lo conosceva bene sapeva leggere i segnali che il suo corpo mandava.
- Non preoccuparti, posso capirlo – assicurò.
Sapevano entrambi che non era così.
Clay non aveva mai avuto velleità sportive né era mai stato particolarmente competitivo.
- È solo che mi sembra che si prenda sempre tutto quello che vuole senza fare il minimo sforzo. È intelligente, bella, popolare e particolarmente apprezzata dai professori … adesso anche la spilla. È semplicemente troppo. –
- Già, certe volte è un pensiero che passa per la testa anche a me quando guardo alcuni nostri compagni; confesso di invidiarli un po’ per la semplicità con cui adottano comportamenti popolari e vincenti -, ammise, - ma suppongo che non importi poi chissà quanto chi sia il Capitano della squadra. Alla fine l’importante è che vinciate le partite, no? –
Azalea annuì distrattamente.
In linea di principio era vero, ma la sua indole battagliera protestava a gran voce per quella che ai suoi occhi era una vera e propria ingiustizia.
Entrambe erano entrate nella squadra nello stesso anno e, sebbene in ruoli differenti, avevano dato il loro contributo a più riprese. Cosa aveva spinto Vitious a metterla in secondo piano?

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

Abraxas raggiunse il tavolo di Corvonero poco dopo la fine dei pasti, quando i Prefetti e i Caposcuola stavano cominciando a radunare gli studenti del primo anno attorno a loro per condurli nei rispettivi dormitori.
Adhara fu la prima ad accorgersi di lui, dando leggermente di gomito a Sophie.
- Ed ecco il figliol prodigo che ritorna all’ovile. Che c’è, troppa influenza Serpeverde ti ha spinto a scappare via? –
- È la loro ironia che mi ha fatto scappare, quindi vedete di non cominciare anche voi -, borbottò mettendo su un adorabile broncio da cucciolo bastonato, - non potrei proprio sopportare un’altra presa in giro. –
- L’indistruttibile ego dei Malfoy deve aver preso una bella batosta durante la cena -, osservò Sophie sorridendo divertita, - Si può sapere cosa hai combinato, Abraxas? –
- Io non ho combinato proprio un bel niente -, sbuffò indignato, - ho solo fatto ipotesi sulla nuova scappatella di Renford … ma sembra che a quel tavolo la curiosità sia morta e sepolta. –
- Beh, ti annuncio ufficialmente che se riguarda Lestrange io non voglio saperne nulla. Meno lo sento nominare e meglio sto – lo interruppe Sophie.
- Un giorno mi spiegherai perché tutta questa ostilità nei suoi confronti e in quelli di Tom? –
- Lestrange è ego narcisista a livelli esponenziali e ha dato il tormento a Minerva per anni, quanto a Riddle … beh, è Riddle. –
- Il che la dice lunga – convenne Adhara.
- Comunque se hai proprio bisogno di condividere teorie vi lascio soli e vado a cercare Tobias – concluse Sophie, mentre le guance le si tingevano di una lieve sfumatura di rosa al nominare il Grifondoro del settimo anno.
Adhara ammiccò leggermente.
- Vai pure, mi sorbisco io le crisi da prima donna di Abe. –
Augurò loro la buonanotte e si avviò allegra verso il ragazzo che l’attendeva davanti alla porta in quercia della Sala.
- Continuo a non capire cosa ci trovi in quel Grifondoro … insomma, è un Grifondoro. –
- Noi ci interroghiamo da anni su cosa trovi in Riddle … Insomma, è Riddle -, gli fece il verso, - Perciò credo proprio che tu sia l’ultima persona sulla faccia della terra che può esprimere giudizi sulle scelte sentimentali di chicchessia. –
- Deve esserci qualcosa di guasto nel banchetto di questa sera perché siete tutti inspiegabilmente acidi nei miei confronti; se fossi un pizzico emotivo potrei sentirmi offeso. –
- Quindi è una fortuna che tu sia completamente insensibile alle offese –, ironizzò, - Adesso dimmi cosa ha teorizzato il tuo cervello malato prima che perda qualsiasi interesse per tutto ciò che non ha le sembianze di un letto a baldacchino. –
- Io credo che Renford nasconda una ragazza che per qualche motivo non deve venire assolutamente fuori o si scatenerebbe un bel putiferio. Lui lo nega, ma io so che è così. La Selwyn è in gamba con queste cose … potresti chiederle di indagare un po’ in giro. –
Si accigliò.
D’accordo la curiosità, ma lì si sfociava quasi nel patologico.
- Cosa speri di ottenere? –
- La soddisfazione di sentirmi dire: “avevi ragione, Abraxas, non dovremmo mai mettere in dubbio ciò che le tue sovrumane capacità intellettive captano”. –
- Vedrò cosa riesco a scoprire -, cedette, - ma scordati di sentirmi pronunciare una frase del genere. –

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

- Dovremmo smetterla di vederci così – mormorò, interrompendo quello scambio di baci, con il fiato corto.
Vide gli occhi blu lampeggiare nella semi oscurità dell’arazzo che li proteggeva da occhi indiscreti.
Un sorriso divertito increspava le labbra del ragazzo.
Minerva gli rivolse un’occhiataccia, frapponendo le mani tra lei e il corpo del Serpeverde.
Non le piaceva quando qualcuno si prendeva gioco di lei, così come non le piaceva quell’espressione.
- Ho detto qualcosa di divertente? –
La domanda le uscì più acidamente di quanto avesse voluto, ma ormai era troppo tardi per tornare indietro.
- No, affatto, ma mi era sembrato che fossi d’accordo sul non pubblicizzare troppo la cosa per il momento. Insomma, ti immagini le reazioni? –
- Vuoi dire le reazioni dei tuoi amici –, lo rimbeccò, - Perché è inammissibile che Renford Lestrange frequenti una Mezzosangue, vero? –
Il sorriso scomparve dal volto di Renford, sostituito da un’espressione glaciale.
- Dei miei amici? Come se Grifondoro non fosse la culla dei prevenuti ab eternum quando si tratta di noi Serpeverde. Com’è che ci chiamate … ah, sì, la progenie di Satana. Molto politicamente corretto, non c’è che dire. –
- È diverso, nessuno di loro ti giudicherebbe indegno se provassi a mostrare il lato del tuo carattere che hai mostrato a me. Per Riddle e la sua cricca, invece, io non valgo abbastanza a livello biologico … una Mezzosangue che si mischia tra di voi è inaccettabile – concluse aspramente.
Non sapeva neanche lei cosa si aspettava di sentirgli dire, forse che negasse la loro retrograda chiusura mentale o che le dicesse che nel suo caso sarebbe stato diverso … ma nulla di tutto questo uscì dalle labbra di Renford.
- Lo sai come la pensano -, convenne, - ma magari con un po’ di tempo per prepararli all’idea non reagirebbero nemmeno così male. –
Le iridi verdi lampeggiarono furiose.
- Intendi dire che così non se la prenderebbero troppo con te e non ti considererebbero un Traditore del tuo sangue. –
Scosse la testa con risolutezza. – Non intendevo questo. Sono un Lestrange, l’erede universale della famiglia, anche volendo non potrebbero tagliarmi fuori. L’unica cosa di cui mi preoccupo sei tu … Non hai una famiglia come la mia a proteggerti, non si farebbero scrupoli a prendersela con te – concluse.
Forse era una sciocca, ma gli credette.
Aveva imparato a conoscere Renford Lestrange in un modo del tutto nuovo quando durante l’estate, in vacanza a Parigi, lo aveva incontrato per caso.
Lontani dalla scuola e dalle chiacchiere frequentarsi era stato semplice e naturale come respirare.
Era venuto fuori che le frecciatine altro non erano che un maldestro tentativo di attirare la sua attenzione senza esporsi troppo in una società che, ancora per la maggior parte, non vedeva bene la relazione tra un Purosangue e una Mezzosangue.
E poi c’era stato quel bacio all’ombra della Tour Eiffel che aveva spazzato via le sue ultime resistenze.
Il Renford della scuola era solo una maschera, qualcosa dietro cui nascondersi, con lei era veramente se stesso.
Ma la scuola era ricominciata e vederlo tornare a trincerarsi dietro quel suo modo di fare per nascondere ciò che veramente gli passava per la testa era qualcosa d’insopportabile ai suoi occhi.
- D’accordo -, cedette, - aspettiamo ancora un po’. –
Ren parve improvvisamente risollevato.
- Sarà per poco, lo giuro, il tempo di spiegare ai ragazzi come stanno le cose. –
Si chinò a baciarla per l’ultima volta, per poi svicolare fuori dall’arazzo stando attento a non incrociare nessuno.
- Lo spero – mormorò, osservandolo sparire lungo la rampa di scale.

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Erano circa dieci minuti che l’intera squadra di Grifondoro si era radunata nella Sala Comune … o meglio, l’intera squadra meno uno dei loro Cacciatori.
Tobias era infatti ancora fuori dal quadro della Signora Grassa, teneva stretta tra le braccia muscolose Sophie e sembrava molto poco propenso a lasciarla tornare al dormitorio di Corvonero.
Fleamont Potter, il loro Capitano, li osservava con un’espressione vagamente divertita dipinta sul volto ma Kara era di tutt’altro avviso.
Era contenta che quei due stessero insieme e che si amassero, erano una splendida coppia e tutto il resto, ma il Quidditch non doveva passare in secondo piano.
Soprattutto quando la prima partita di campionato, come da tradizione, avrebbe visto fronteggiarsi Grifondoro e Serpeverde.
- Brooks, piantala di fare l’appiccicoso e datti una mossa. Sophie non fuggirà solo perché rientri nel dormitorio, ma ti assicuro che se non ti decidi a unirti alla riunione il mio piede impatterà contro il tuo fondoschiena. –
Fleamont ridacchiò, scuotendo la testa.
- Sei sempre la solita, Kara. Non è un problema se cominciamo con qualche minuto di ritardo. –
- Ma, Capitano …. –, provò a protestare, - la riunione. –
Sophie si sottrasse dalla presa del ragazzo con una risatina, scoccandogli un ultimo bacio a fior di labbra e sgattaiolando via.
Tobias rientrò nella Sala Comune con un sorriso gigantesco stampato sul volto per poi essere letteralmente assalito da Kara, che l’afferrò per la mano e lo trascinò verso le poltrone su cui si era accomodata il resto della squadra.
- Non credo serva rimarcare quanto sia cruciale la prima partita di campionato -, esordì la ragazza, - ma il punto focale è uno solo: annientare i Serpeverde. Mi assicurerò personalmente che Abraxas Malfoy non sfiori il Boccino nemmeno con il manico della sua scopa a costo di buttarlo giù a suon di Bolidi. –
C’era un luccichio battagliero nello sguardo della ragazza che fece impallidire leggermente i compagni di Casa.
Quando si trattava di Quidditch non c’era persona in tutta la scuola più agguerrita di lei.
- Ehm, Kara, va tutto bene ma non ti sembra di dimenticare un punto fondamentale? – intervenne ridendo Tobias.
- E sarebbe? –
- Il capitano è Flaemont, dovrebbe essere lui a tenere il discorso, non tu. –
- Giusto, ma credo che sia d’accordo con quanto ho detto … non è vero, Capitano? –
Flaemont sentì gli sguardi della squadra puntati su di lui e non gli rimase altro da fare se non stringersi nelle spalle e annuire.
In fin dei conti i suoi genitori gli avevano sempre ripetuto che i pazzi andavano assecondati senza fare troppe storie.
Mayra King, la più giovane della lunga dinastia di King che aveva affollato Hogwarts negli ultimi sette anni, osservava la scena comodamente acciambellata sulla poltrona più distante e sbocconcellava Cioccorane come se stesse assistendo allo spettacolo più interessante della sua vita.
Distolse lo sguardo solo quando sentì il rumore del quadro della Signora Grassa che ruotava nuovamente su se stesso e mostrava una Minerva McGranitt decisamente diversa dal solito.
Gli occhi verdi erano persi nel vuoto e camminava a passo lento lungo il corridoio principale; era più che evidente che ci fosse qualcosa che le frullava per la testa.
La raggiunse, sfiorandole un braccio e facendola quasi sussultare tanto l’aveva colta alla sprovvista.
- Minerva, stai bene? –
- Certo. –
- Sicura? –
Annuì. – Non preoccuparti, Mayra, sono solo stanca. –
C’era qualcosa che non la convinceva nella compagna di Casa, ma decisamente saggiamente di lasciar perdere.
Minerva era leale e comprensiva con i suoi amici, ma tendeva a perdere la calma quando le venivano poste troppe domande su un argomento che non le andava di affrontare.
Conoscendola si sarebbe aperta se e quando se la fosse sentita senza bisogno di alcuna ulteriore sollecitazione.
- D’accordo, ma se avessi voglia di parlarne sai dove trovarmi – cedette infine.
- lo terrò a mente; ora scusami, ma ho davvero bisogno di farmi una bella dormita – tagliò corto la Prefetto, incamminandosi verso la scalinata che conduceva al dormitorio femminile.

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

- Sembra che tu sia stata assunta ufficialmente da Abraxas Malfoy per indagare su certi movimenti strani in Casa Serpeverde – constatò timidamente Alya, sistemando nel suo lato dell’armadio gli indumenti accuratamente ripiegati.
Laura, che aveva già finito da un bel pezzo e camminava in giro per la stanza come se fosse incapace di mettersi a letto finchè non avesse esaurito la scorta di energia giornaliera, emise uno sbuffo incredulo.
- Come se non ci fosse nulla di più importante al momento, tipo un pazzo esagitato con manie di dominio mondiale, del sapere chi si porta a letto Lestrange. –
- Malfoy ha le sue strane fisse -, riconobbe Drusilla, - ma a quanto dice Adhara il mio lavoro sarà lautamente ricompensato con un rifornimento annuale direttamente da Mielandia. –
- Ah, ora sì che capisco perché hai accettato di fargli un favore. –
Scoppiarono a ridere all’unisono.
- E hai già qualche idea sull’identità della misteriosa ragazza? –
Scosse la testa, terminando di riporre l’ultima busta di dolciumi all’interno del baule ormai completamente privo di abiti.
- Neppure mezza, ma la scuola è grande e stiamo parlando di un tipo che piace a molte … penso di potermi concentrare sulle studentesse tra il quinto e il settimo anno delle varie Case, escludendo il resto. –
- Conoscendolo dovresti escludere anche tutti coloro che non sono di sangue puro … non sia mai che si “contamini” – bofonchiò Alya, che più di tutte era toccata dall’argomento essendo una Nata Babbana.
Drusilla corrugò la fronte, pensierosa.
- Se fosse Purosangue dubito che si farebbe problemi a rivelarne l’identità. –
- Dru, pensi sul serio che Lestrange se la faccia con una Mezzosangue? Stiamo parlando di Lestrange, sii realistica. –
- Già, magari si tratta solo della promessa sposa di qualche ricco rampollo o di qualche ragazza con un fidanzato geloso e violento. –
Stiracchiandosi pigramente, Alya soffocò uno sbadiglio.
- Non so voi, ma al momento l’unica cosa a cui riesco a pensare è la voglia di andarmene dritta a letto. –
- Condivido in pieno … Laura? –
- Sì, tra poco mi sdraio anche io … devo solo riuscire a prendere sonno. –
Il che era una vera e propria impresa considerando la sua iperattività sfrenata.
- D’accordo, allora spegni tu la luce – mormorò Drusilla, affondando la testa sul cuscino e raggomitolandosi come un gattino sotto le coperte di patchwork.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

Devon si lasciò ricadere sul letto di peso, sbuffando mentre allentava la cravatta con i colori dei Tassorosso.
- Questi ragazzini diventano sempre più insopportabili di anno in anno. –
- È in momenti come questi che sono grato di non essere un Prefetto –, sentenziò Stephen, - non riuscirei mai a gestire un branco di undicenni esagitati. –
- Il non gestirli credo sia il minore dei mali nel tuo caso, più che altro mi preoccuperei del fatto che potresti strangolarli. –
- Ehy, ho una sorella minore, so gestire i mocciosi – protestò.
Devon sorrise ironico.
- Già, infatti tu e Mayra non passate mica tutto il tempo a litigare … oh, aspetta, e invece è esattamente quello che fate ogni volta che vi incontrate. –
Stephen emise una risata secca prima di tirargli addosso un cuscino in patchwork.
- Con una mira come questa non centrerai neppure un tiro durante la prossima partita – lo sfottè mentre schivava il colpo all’ultimo secondo.
Il cuscino successivo lo colpì in piena fronte prima ancora che avesse il tempo di mettersi in guardia.
- Ehy, non ero pronto! –
- Certo, Bones, perché non usi la stessa scusa la prossima volta che sbagli un passaggio? – lo rimbeccò.
Rimasero a fissarsi in silenzio finchè entrambi non scoppiarono a ridere.
Ci voleva una discreta pazienza nel sopportare Stephen e una tolleranza particolarmente alta alle battute e alle frecciatine per andare d’accordo con Devon.
Per alcuni quella sarebbe stata la più improbabile delle coppie d’amici, ma il loro rapporto funzionava alla grande fin dal loro primo anno.
Era come se i loro caratteri si compensassero a vicenda e vederli aggirarsi da soli per il castello era ormai praticamente impossibile.
- Piuttosto, che turni di ronde ti sono stati assegnati? –
Devon lo osservò dalla testa ai piedi, sorridendo con l’aria di chi la sapeva lunga.
- Questa domanda è dovuta solo al tuo desiderio incontrollabile di passare il maggior tempo possibile con me oppure ha un secondo fine? –
- Imbecille -, rise, - era semplice curiosità. –
- Certo. Ti sembro forse stupido, King? –
Arricciò il labbro in un sogghigno. – Cos’è una domanda a trabocchetto? –
- Sei veramente simpatico. Mi premurerò di far presente a Drusilla quanto tu sia divertente quando martedì sera avremo la ronda insieme. –
Stephen si raddrizzò all’istante.
- Non oseresti mai. –
Venne il suo turno di sogghignare. – Oh, King, credimi oserei eccome. Ma, per tua immensa fortuna, sei il mio migliore amico e non ti metterei mai in difficoltà con lei … anche perché riesci a farti odiare benissimo da solo. –
- Potresti anche mettere una buona parola per me. –
- Potrei -, convenne, - e lo farei se ricevessi un incentivo. –
Stephen sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
Certe volte dimenticava che il suo migliore amico era un Testurbante tra Tassorosso e Serpeverde.
I Testurbante erano rari, ma ancora di più quella particolare combinazione.
Tassi e Serpi erano agli antipodi per definizione.
Quindi Devon era sì leale e sincero, ma allo stesso tempo cercava sempre un proprio tornaconto personale ed era profondamente ambizioso.
- D’accordo -, cedette, - cosa vuoi in cambio? –
- Ti farò una tariffa da vero amico … diciamo una mano con i compiti di Divinazione da qui alla fine dell’anno? –
- Fino alla vacanze di Natale – rilanciò.
- Mi era sembrato che Drusilla ti piacesse parecchio … e il lavoro da fare sarà lungo e complicato visto che ti sei premurato ampiamente di farle credere di essere un insopportabile e completo idiota. –
- Saresti dovuto finire a Serpeverde, lo sai vero? –
- Lo so. Allora, accetti? –
Strinse la mano che Devon gli tendeva. – Accetto. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Come dicevo nelle Nda le iscrizioni sono ancora aperte per 2 OC di sesso maschile tra il V e il VII anno preferibilmente uno dei due Corvonero mentre per l’altro avete totale libertà.

Passando poi a un’altra questione, ho notato che alcune persone tendono a sparire dalle interattive e pertanto vi chiederei di farvi sentire almeno ogni due capitoli anche per non bloccare lo scorrere della storia quando a termine capitolo vi pongo delle domande fini alla trama.
Infine, proprio per rimanere in tema, vi pongo due domande che mi erano sfuggite al momento della creazione della scheda:

- in che giorno compie gli anni il vostro OC?

- cosa vorrebbe fare da adulto? Questa domanda riguarda gli studenti del VI e VII anno. Tenete presente che mi baserò su questo per inserirlo nelle varie classi visto che per i M.A.G.O. il programma scolastico è differenziato.

Per ora è tutto.
Al prossimo capitolo.
Stay tuned.
XO XO,
Mary

 

 

Serpeverde

Katherine Nott (PV Nina Dobrev) – VII anno, Cacciatrice e membro del Lumaclub.

 

Corvonero

 

Azalea Chrystal Bennett (PV Emmy Rossum) – VI anno, Cercatrice e membro del Lumaclub.

Clay Montgomery (PV Logan Lerman) – VII anno, membro del Lumaclub.

Sophie Rebecca Welch (PV Peyton List) – V anno.

 

 

Grifondoro

 

Tobias William Brooks (PV Dominic Sherwood) – VII anno, Cacciatore.

Kara Victoria Dawson (PV Brec Bassinger) – VI anno, Battitrice.

Fleamont Potter (PV Josh Hartnett) – VII anno, Capitano e Portiere e membro del Lumaclub.

Mayra Daphne King (PV Nell Tiger Free) – V anno, membro del Lumaclub.

 

Tassorosso

 

Laura Alexandra Marie Neuberg (PV Genevieve Gaunt) – VI anno, Cacciatrice e membro del Lumaclub.

Alya Alice Morrison (PV Edy Ganem) – VII anno, Cacciatrice.

Stephen Andrew King (PV Devin Paisley) – VI anno, Cacciatore.

Devon Bones (PV Jensen Ackles) – VI anno, Prefetto, Capitano e Cacciatore.

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

 

 

 

 

 

Avrebbe voluto conoscere chi aveva messo in giro la voce che i Corvonero fossero tutti puntuali e tremendamente precisini.
Perché chiunque fosse stato non aveva mai fatto un salto nel loro dormitorio né, tantomeno, aveva mai avuto a che fare con Adhara.
Da quando la conosceva non c’era mai stato un singolo giorno in cui la ragazza si fosse presentata in orario alle lezioni.
- Adhara, svegliati, stiamo facendo tardi per la colazione. –
La scosse leggermente, ricevendo in risposta un mugolio contrariato.
- Adhara, dai, non abbiamo ancora ricevuto l’orario delle lezioni e tu arrivi già in ritardo? –
- Cinque minuti -, borbottò affondando la testa sotto al cuscino, - poi mi alzo. –
- Sono venti minuti che dici “cinque minuti” -, le fece notare, - non mi lasci altra scelta. –
Toccò la sveglia con la bacchetta, mormorando – Sonorus.
Il trillo di quell’aggeggio infernale venne amplificato di dieci volte, producendo un suono che era assolutamente certa avrebbe finito con lo svegliare qualsiasi abitante del castello.
Eppure Adhara continuava a sonnecchiare beatamente.
Azalea inarcò un sopracciglio, facendo capolino dalla porta del bagno.
- Non ci posso credere. Riesce a dormire anche con tutto questo casino? –
- Mai sottovalutare le capacità di Adhara Rosier quando si tratta di prolungare il sonno di altri cinque minuti. –
Fece levitare via le coperte dell’amica, osservandola tentare prima di artigliarle tenendo gli occhi ancora saldamente chiusi e poi scalciare spazientita.
Era veramente molto poco regale in quel momento, considerò sorridendo divertita.
Finalmente parve rassegnarsi all’idea di cominciare la giornata e aprì gli occhi, scrutando le compagne di dormitorio con aria contrariata.
- Stavo dormendo. –
- Ma non mi dire … peccato che siamo in ritardo di quasi mezz’ora. –
Scattò a sedere, afferrando roba alla rinfusa e lanciandosi in bagno al grido di: - Caffè … caffè … caffè. –
La triste verità era che al tavolo dei Corvonero il caffè veniva finito a un ritmo pauroso e appropriarsi anche solo di una tazza era praticamente un’impresa.
E Adhara aveva disperatamente bisogno della sua dose di caffeina giornaliera se voleva uscire dalla “fase zombie” mattutina e permettere al suo cervello di cominciare a carburare.
- È bello vedere quali sono le sue priorità -, ironizzò Azalea mentre finiva di sistemare la divisa e afferrava la borsa con i libri, - Io comincio a scendere. Ci si vede. –
Sophie annuì distrattamente, mentre riordinava i libri che aveva lasciato accatastati la sera precedente.
Aveva appena terminato quando Adhara riemerse dal bagno. Non importava che si scapicollasse, che fosse uscita dal letto appena dieci minuti prima e che non avesse avuto il tempo di acconciare i capelli: era strepitosa lo stesso.
Ragazze come lei erano capaci di far crollare l’autostima di chi le circondava; se non fosse stata una sua carissima amica probabilmente l’avrebbe invidiata a morte.
- Sono pronta, possiamo andare. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

Alphard si accomodò accanto a Edward King, inarcando un sopracciglio all’indirizzo di Tom e Katherine che parlottavano fittamente tra loro con le teste tanto vicine che si fatica a distinguere dove cominciassero i capelli di una e finissero quelli dell’altro. Sembravano molto concentrarti e completamente estraniati da quello che stava succedendo attorno a loro.
- Di che stanno parlando? –
- Non ne ho idea -, rispose, - ma conoscendoli nulla di buono. –
Alphard annuì distrattamente mentre si serviva una generose dose di succo di zucca.
Fin dal loro primo anno aveva notato che Katherine e Tom avevano legato molto e passavano intere ore estraniandosi dal resto del gruppo. In un primo momento aveva pensato che ci fosse una questione sentimentale tra loro, ma osservandoli meglio aveva potuto notare che la loro sembrava più un’affinità spirituale quasi avessero trovato la propria versione incarnata nel sesso opposto.
Non avrebbe saputo dire se questo fosse un bene o un male.
Katherine era imprevedibile e incostante come avrebbe potuto essere un tornado, un attimo prima rideva e scherzava e quello dopo s’innervosiva e ti mandava al diavolo. Tom era freddo e cortese, ma allo stesso tempo non faceva mai capire cosa gli stesse passando davvero per la testa.
Eppure entrambi erano brillanti e carismatici, capaci di attirare l’attenzione dei professori su di loro e di conquistare il favore delle persone che si mettevano in testa di farsi amiche.
Avevano molto in comune, il più delle cose non erano nemmeno necessariamente positive, ma finchè se ne stavano tra di loro non creavano un problema al resto della scuola.
- Sai se Renford ha già fissato il calendario degli allenamenti? – domandò poi, cambiando velocemente discorso.
Prima o poi sarebbe venuto a sapere di cosa si trattava, non era necessario passare le ore a scervellarsi su quello di cui stavano parlando.
- Credo che non l’abbia ancora fatto, ma è da ieri sera che non lo vedo in giro quindi potrei anche sbagliarmi. –
- Spero che non metta orari assurdi come suo solito –, sospirò passandosi una mano tra le ciocche scure, - tende a diventare decisamente maniacale quando si parla di Quidditch. –
- Già, non dirlo a me. –
Edward sospirò ripensando a quando l’anno precedente Renford aveva dato di matto dopo la sconfitta contro i Grifondoro e lo aveva obbligato a passare ben tre ore a parare ogni tipo di tiro che gli era venuto in mente.
Era stato faticoso e per giunta aveva creduto di essere prossimo all’ipotermia visto che durante il mese di dicembre la temperatura notturna a Hogwarts scendeva sotto lo zero.
- Chi è che diventa maniacale? –
Edward e Alphard si scambiarono un’occhiata di mutua solidarietà. Parlavi del diavolo …
- Uhm … Nessuno? –
Abraxas, dietro di lui, ridacchiò assestandogli una pacca sulla spalla.
- Difendete le vostre idee, ragazzi. Se volete dire che Renford è un despota con manie di ego narcisismo ipersviluppate potete farlo e avreste immensamente ragione. –
- Disse il biondo ossigenato che passa più tempo a curare i suoi capelli di quanto una persona sanamente eterosessuale impieghi nel prepararsi per le lezioni – lo rimbeccò Lestrange.
- I miei capelli sono delicati e la bellezza costa tempo e fatica … e per la cronaca sono assolutamente biondo naturale. –
- Sei assolutamente un imbecille naturale. –
Alphard ed Edward assistettero allo scambio di battute sforzandosi di non scoppiare a ridere. I battibecchi tra quei due erano all’ordine del giorno, ma dopo ogni scambio di frecciatine tornavano a comportarsi come i migliori degli amici.
Abraxas si strinse nelle spalle, rivolgendo l’attenzione alla coppia che continuava a mormorare tra di loro.
- Piuttosto, voi due piccioncini, di che state discutendo? –
- Cosa c’è, biondastro, sei geloso? – lo rimbeccò Katherine.
- Nient’affatto, miss banshee, solo curioso. Per inciso, mi passeresti il thè? –
- Certo. Con il thè gradisci una zolletta di zucchero, del miele … del cianuro? –
- Solo thè, grazie mille. –
- Ti sembro il tuo elfo domestico, Malfoy? Alzati e prenditelo da solo. –
- Sempre così dolce … rischi di farti venire il diabete a forza di starle accanto, Tom. –
Il ragazzo scrollò le spalle. – Correrò il rischio. Comunque, stavamo parlando di una cosa piuttosto interessante che potrebbe anche riguardarvi. –
Renford inarcò un sopracciglio, sospettoso.
- Del tipo? –
- Del tipo che ho avuto un’idea e Tom è d’accordo con me -, replicò con un sorriso compiaciuto Katherine, - Visto che la questione Grindelwald si fa sempre più seria ho pensato che sarebbe interessante creare una sorta di Club dei duellanti in modo tale da esercitarci in modo pratico con i vari incantesimi. Le ore di lezione sono troppo poche per essere davvero preparati a quello che troveremo fuori di qui. –
Rimasero in silenzio, metabolizzando la notizia.
- Mi sembra un’ottima idea -, constatò Edward, - e sono d’accordo con voi, ma dovremmo parlarne prima con il resto delle Case. –
- Purchè non interferisca con gli allenamenti di Quidditch. –
Alzarono gli occhi al cielo.
Renford era sempre il solito.

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Kara continuava a fissare l’orario delle lezioni da una decina di minuti, quasi volesse incenerirlo con lo sguardo.
Minerva dal canto suo continuava a fare colazione come se nulla fosse. Quello era il sesto anno che assisteva a una scena di quel tipo e ormai non era più una novità. Indipendentemente dalla materia che avessero messo, Kara si sarebbe lamentata per il semplice fatto di dover trascorrere parte della mattinata con i Serpeverde.
Il commento che Ren aveva fatto la sera precedente le tornò in mente.
Effettivamente anche nella sua Casa c’era una certa intolleranza quando si trattava dei verde argento, negarlo non avrebbe avuto senso.
Sospirò, lanciando un’occhiata verso la loro tavolata.
Li vide confabulare in gruppo e si chiese di cosa stessero parlando, a giudicare dalle espressioni sui loro volti doveva essere qualcosa di molto eccitante.
La voce di Kara la riportò alla realtà.
- Guarda tu che diavolo d’orario. Ti sembra possibile che tra tante materie dobbiamo proprio cominciare il lunedì mattina con due ore di Pozioni con i Serpeverde? –
Mayra, tra un boccone di biscotti al cioccolato e l’altro, le rivolse un sorrisetto divertito.
- Lo sai che se continui a lamentarti non cambia, vero? –
- Spiritosa … tu piuttosto con cosa cominci? –
- Incantesimi con i Corvonero. Tutto sommato mi dice bene, se non altro ci sarà Sophie. –
Ethan smise di parlare con Fleamont e sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
Non bastava che il suo migliore amico si fosse fidanzato con quella Corvonero e fosse diventato tutto sorrisi e paroline dolci … no, adesso anche il resto della sua Casa doveva elogiarla.
Di questo passo avrebbe potuto tranquillamente stilare una lista dei “cento motivo per cui Sophie Welch è la persona migliore sulla faccia della terra”.
 - Non è possibile, ovunque vada sento parlare della Welch, sta diventando una persecuzione. Perché tu e Tobias non fondate un fanclub tutto per lei? –
Il diretto interessato provò a obiettare.
- Non parlo sempre di Sophie! –
- Non sempre, almeno quando dormi ci risparmi quelle storie su quanto sia bella e incredibilmente fantastica. –
Fleamont rise, scuotendo la testa con l’aria di chi la sapeva lunga, - I misteri dell’amore. –
- O dell’ossessione … questione di punti di vista suppongo. –
- Ma cosa vuoi saperne tu, non mi pare che abbia mai deciso di stare stabilmente insieme a una ragazza. –
Fleamont gli rivolse un’occhiata colpita. – Colpito e affondato. –
- Insomma, Potter, si può sapere da che parte stai? – protestò indignato.
- Semplice, da nessuna delle due. –
- Già, perché ognuno di voi a modo suo è completamente fuori di testa -, convenne Minerva con un sorrisetto, - e soprattutto si sta dimenticando della questione che dovevamo discutere questa mattina. –
I ragazzi le rivolsero occhiate perplesse quasi in sincrono.
Ecco, appunto.
Tra tutti e tre non ce n’era uno che si ricordasse davvero delle cose importanti.
- Gli orari degli allenamenti settimanali. –
Fleamont battè una mano sulla fronte. – Dannazione, ecco cosa dovevo fare prima della lezione: consegnare gli orari a Silente. –
Kara gli rivolse un’occhiata di fuoco.
- Te ne stavi dimenticando, Potter? Alla vigilia della partita con i Serpeverde? –
- Manca una settimana alla partita, Kara, abbiamo tempo. –
- Se la perdiamo giuro che vi ammazzo, poi mi uccido e vengo a tormentarvi anche nel mondo degli spiriti. –
- Sai, in questi momenti assomigli tremendamente a Lestrange -, commentò Ethan sorridendo consapevole che avrebbe indignato l’amica oltre ogni dire, - sembrate quasi anime gemelle. –
Gli puntò contro l’indice con fare minaccioso.
- Non osare mai più insinuare una cosa del genere, Prince, o giuro che ti castro. –
- Brrr, che paura che mi fai, nanerottola.
L’occhiata che gli rivolse avrebbe tranquillamente potuto fulminare una persona all’istante, ma Ethan aveva la pellaccia resistente.
- Inizia    a      correre – sillabò lentamente, prima di spingere all’indietro la panca e scattare in piedi.
Non se lo fece ripetere una seconda volta e scattò a sua volta, puntando verso l’uscita.
Kara arrabbiata diventava decisamente pericolosa.
E, come al solito, cominciava l’anno mettendosi nei guai.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

Sfrecciarono lungo il corridoio a passo di carica e, come al solito, i riflessi di Drusilla decisero di tradirla proprio quando erano ormai prossime a raggiungere l’ingresso dell’aula di Difesa Contro le Arti Oscure.
Inciampò sulla solita mattonella sconnessa e finì con lo schiantarsi sul pavimento freddo.
Proprio un modo fantastico di cominciare l’anno scolastico, non c’era che dire.
Laura arrestò la sua corsa, voltandosi verso di lei.
- Dru, sei tutta intera? –
Annuì.
- Non fermarti, almeno tu arriva in classe prima che la Merrythought ci tolga una caterva di punti. –
L’anziana donna era rigida come un manico di scopa e molto incline all’assegnare punizioni a qualsiasi alunno arrivasse anche con solo un minuto di ritardo alle sue lezioni.
- Cerco di coprirti come posso – le annunciò mentre voltava l’angolo e s’infilava in classe una frazione di secondo prima che la porta venisse chiusa.
E almeno lei era salva.
- Stai comoda? –
Alzò gli occhi verso il proprietario di quella voce fastidiosamente familiare.
Fantastico, proprio l’ultima persona che voleva vedere.
Il suo primo giorno era ufficialmente rovinato.
Stephen King la osservava dall’alto con un sorrisetto divertito dipinto sul volto.
- Sono inciampata. –
- Ma davvero? Strano, pensavo che avessi avuto solo voglia di abbracciare il pavimento. In quel caso mi offro volontario per compensare le tue carenze affettive, Selwyn. –
Riuscì a vedere chiaramente l’espressione esasperata sul volto di Devon mentre lanciava un’occhiata eloquente all’amico, quasi volesse avvisarlo di non esagerare.
Ovviamente non l’avrebbe mai ascoltato.
Probabilmente avrebbe dovuto alzarsi e ignorarlo, entrando in classe nella speranza che la professoressa non le urlasse contro per troppo tempo, ma l’impulso di mandarlo al diavolo era semplicemente troppo forte.
- Piuttosto chiederei un abbraccio a Riddle. –
- Hai pessimi gusti in fatto di abbracci, lasciatelo dire. –
- Immagino dipenda dai punti di vista. –
Accettò la mano che Devon le porgeva e si lasciò tirare su.
- Se non altro la cavalleria non è morta – mormorò, con un’occhiata significativa.
Ma poi cosa si aspettava da uno come Stephen? Uno che cambiava ragazze come il resto del mondo faceva con le mutande.
Era ovvio che fosse completamente sprovvisto della minima forma di gentilezza e riguardo nei confronti delle ragazze che non facevano parte della sua famiglia.
Una causa persa in partenza.
- E così i Tassorosso in ritardo a Difesa sono ufficialmente tre … credo proprio che perderemo una quantità di punti assurda – osservò Devon, mentre si dirigevano verso l’aula.
- Voi due siete Prefetti, potreste assegnarcene un po’ per compensare la perdita. –
- Non funziona così, King. –
- Oh, andiamo Selwyn, dovresti proprio scioglierti un po’. Se vuoi posso insegnarti come – concluse con un sorriso sghembo.
- Perché invece non sei tu ad evaporare? –
Voltò loro le spalle e si diresse verso il posto che Laura le aveva tenuto accanto a sé.
Devon scosse la testa, incredulo.
- Mi spieghi chi credi che io sia, Merlino? Come pensi che possa riuscire a farle capire che non sei un idiota totale quando ti comporti da tale ogni volta che la vedi? –
- Lo so, ma è più forte di me. –
- Allora lascia che ti dia un consiglio per la prossima volta che avrai a che fare con Drusilla: pensa a cosa fare e poi fai esattamente l’opposto di ciò che ti suggerisce il cervello – lo rimbeccò, sedendosi e cercando di disturbare la lezione il meno possibile.

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

- Continuo a non capire come tu faccia a essere così indietro con il programma di Trasfigurazione – sospirò Adhara mentre riguardava il tema che Alexandra aveva cominciato a scrivere per Silente.
L’argomento era la trasfigurazione umana e sembrava che l’amica ne avesse capito decisamente poco e niente perché dai pochi sconclusionati appunti che aveva preso non si riusciva a tirare fuori un discorso di senso compiuto.
- Lo sai che non sopporto quella materia e credo che Silente mi detesti. –
- Non essere ridicola, Silente è completamente incapace di detestare qualcuno -, la rimbeccò, - la verità è che non ti impegni affatto. Io sì che sono giustificata con Storia della magia, Ruf è umanamente insostenibile. –
- Ma la materia è affascinante. –
Adhara mosse una mano a mezz’aria. – Sì, affascinante come la prospettiva di un calcio sulle gengive. Facciamo così, io ti scrivo il tema di Trasfigurazione e tu fai quello che mi ha assegnato Ruf. –
Alexandra sapeva riconoscere un buon accordo quando ne trovava uno: - Andata. –
Passarono le restanti due ore a ultimare i temi, per poi scambiarseli.
Fu allora che si rese conto di una sagoma familiare intenta ad aggirarsi tra gli scaffali della libreria.
Consapevole di Adhara che l’aspettava in piedi con la borsa già in mano, s’inventò rapidamente una scusa.
- Mi sono ricordata di dover prendere in prestito un libro d’Incantesimi. Ti spiace se ti raggiungo più tardi? –
Si strinse nelle spalle. – Nessun problema, ma cerca di non fare troppo tardi perché ho sentito che ci sono novità all’orizzonte: i tuoi compagni di Casa sembrano aver organizzato qualcosa d’interessante. –
- Ci metto cinque minuti – assicurò, dirigendosi verso il reparto in cui aveva visto sparire Abraxas.
Stava per voltare l’angolo quando l’odore inconfondibile del suo profumo l’assalì un attimo prima che le braccia del ragazzo le si chiudessero attorno alla vita.
Si rilassò nel suo abbraccio, lasciando che Abraxas la facesse voltare verso di sé e le depositasse un lieve bacio a fior di labbra.
- È tutta la mattina che muoio dalla voglia di farlo, ma tuo fratello non ti ha mai perso di vista neppure per un secondo. –
- Lo sai com’è tra gemelli, siamo molto legati. –
- Quindi dovrebbe capire se gli dicessi di noi – osservò, inarcando un sopracciglio biondo.
Scosse la testa, sospirando.
Ne avevano già discusso più di una volta: i suoi fratelli non l’avrebbero mai accettato.
Sia Edward che Stephen non lo sopportavano e solo Mayra, pur essendone consapevole, sembrava disposta a rivalutarlo.
- Tesoro, lo sai come la pensano. –
- Continuo a non capire perché non gli piaccio; insomma, guardami, sono adorabile. –
Lo osservò dalla testa ai piedi.
I lisci e lunghi capelli biondi, le iridi azzurre, il volto dai tratti decisi e lievemente spigolosi, le spalle larghe e il fisico asciutto e muscoloso, il sorriso furbo dipinto quasi perennemente sulle labbra.
Assolutamente perfetto … ed era tutto per lei.
- Abraxas … -
- Lo so, non devo insistere, ma prima o poi dovremo dirglielo. –
Annuì, sigillando la promessa con un lungo e dolce bacio, – Al momento giusto. –

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

- Un Club dei duellanti? – ripetè.
Non era certo di aver capito bene e ancora di più lo sconvolgeva il fatto che Alya e Clay avessero intenzione di valutare l’ipotesi di inserirsi in qualche attività organizzata e gestita dai Serpeverde.
- Per prepararci al mondo al di fuori della scuola, o così ha detto la Nott –, annuì Clay, - e i Grifondoro hanno già dato il loro assenso alla cosa. –
Certo, chi meglio di quegli scavezzacollo aveva desiderio di infrangere le regole?
Quello che lo sconvolgeva era il fatto che Minerva potesse aver considerato un’ipotesi del genere.
Insomma, lei era l’emblema del rispetto delle regole e aspirava a diventare Caposcuola l’anno successivo … se fossero stati scoperti avrebbero tranquillamente potuto dire addio a quel ruolo.
- Anche Minerva? –
- Anche lei. –
- E voi Tassorosso cosa avete deciso? –
Alya giocherellò con una ciocca di capelli. – Ci stiamo, è una buona idea. È ancora tutto da organizzare, però, perchè Lestrange ha tenuto a precisare che non dovrà intralciare in alcun modo gli allenamenti di Quidditch, Fleamont ha detto lo stesso riguardo le cene del Lumaclub e Minerva ha aggiunto la questione dello studio. –
- Inoltre bisogna trovare il posto. Insomma hai tutto il tempo di pensarci, Norman – concluse Clay.
Sembrava che se non altro Grindelwald fosse riuscito a far trovare un punto di contatto ai membri di tutte e quattro le Case.
Era una cosa mai vista prima di quel momento.
- D’accordo -, cedette, - ci sto anche io. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice: 

Salve!
Eccoci qui con il nuovo capitolo e l’inserimento degli ultimi OC selezionati (qui sotto trovate Casa e prestavolto). Invito chiunque non fosse stato selezionato a non prendersela perché se ciò è avvenuto è solo ed esclusivamente per due motivi, non necessariamente correlati:

- il vostro OC era caratterialmente identico a un altro che avevo già preso e non volevo troppa ripetitività;

- il vostro OC non s’inseriva bene ai fini della trama.

Detto ciò chiederei ai creatori dei nuovi OC che compaiono in questo capitolo di rispondere alle domande del capitolo precedente (ossia giorno di nascita e cosa vogliono fare una volta diplomati) e vorrei che tutti coloro che hanno un personaggio che fa parte del Lumaclub mi mandassero un messaggio privato con oggetto “Risposta domande – *nome OC*” in cui rispondete a queste due domandine:

- chi potrebbe portare a una festa organizzata da Lumacorno (se non avete preferenze posso pensarci direttamente io);

- che abito indosserebbe per la festa (possibilmente inseritemi anche un link dell’outfit in questione).

Detto ciò, per il momento è tutto.
Alla prossima.
Stay tuned.
XO XO,
Mary

 

 

 

 

 

 

 

 

Serpeverde

 

 

Alphard Black (PV David Giuntoli) – VII anno, Prefetto e Battitore, membro del Lumaclub.

Alexandra Helen King (PV Scarlett Johansson) – VII anno, Caposcuola.

Edward Robert King (PV Hunter Johansson) – VII anno, Portiere.

 

 

 

Corvonero

 

Norman Andie Fealton (PV Ian Somerhalder) – VI anno, Prefetto e membro del Lumaclub.

 

 

Grifondoro

Ethan Fenimore Prince (PV Adrien Sahores) – VII anno, Cacciatore e membro del Lumaclub.

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

 

 

 

 

 

- Lestrange ore dodici. –
Fleamont volse lo sguardo nella direzione in cui guardava Tobias giusto in tempo per notare che, effettivamente, il Capitano di Serpeverde stava puntando proprio dritto verso di loro.
Non era circondato dal solito drappello di compagni di Casa quindi dedusse che, una volta tanto, non stava cercando lite.
Strano, considerato che in quei sette anni si era fatto premura di specificare che mai, neanche sotto costrizione, avrebbe intavolato una conversazione civile con un Grifondoro … specialmente uno di loro tre.
Francamente non sapeva con precisione quando avessero cominciato a scontrarsi tra di loro, ma alla fine del primo anno ormai tutta la scuola sapeva che Lestrange, Malfoy e Riddle che incontravano Potter, Brooks e Fenimore presagivano guai in vista.
Quando si fermò proprio davanti a loro, con l’aria di chi avrebbe preferito passare un mese di villeggiatura ad Azkaban piuttosto che trovarsi lì, Ethan lo accolse con un sorrisetto sarcastico.
- Cosa c’è, Lestrange, ti sei perso? –
- È il meglio che sei riuscito a escogitare, Fenimore? Cominci a perdere colpi. –
Fleamont alzò gli occhi al cielo.
Sempre la stessa storia.
E dire che il più delle volte lui non voleva nemmeno cominciarle certe discussioni, ma sembrava che per qualche strano effetto cosmico anche le conversazioni più innocue portassero a quella conclusione.
- Ti serviva qualcosa, Lestrange? – intervenne in fretta, certo che da lì a poco Ethan lo avrebbe rimbeccato con qualcosa che avrebbe fatto degenerare la situazione.
- Sì, dobbiamo vederci alle clessidre delle Case; Bones e Adhara sono già lì. –
- Per? –
- Per prendere un thè con i pasticcini e scambiarci pettegolezzi, Potter! -, sbuffò lanciandogli un’occhiata che faceva chiaramente intendere quanto considerasse stupida quella domanda, - Dobbiamo discutere della divisione dei turni d’allenamento. Sembra che i nostri orari si siano accavallati. –
Tobias sgranò gli occhi, allarmato.
Se non fossero riusciti a trovare una soluzione avrebbero finito con l’avere problemi in vista della partita d’inizio stagione.
- Cosa?! –
Lo zittì con un cenno della mano.
- Posso gestire un Grifondoro alla volta … più di uno diventa masochismo. –
Voltò loro le spalle, girandosi a chiamare Fleamont solo quando era in prossimità della porta.
- Potter, muoviti, voglio finire questa tortura il prima possibile. –

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

Adhara osservò i tre ragazzi discutere per circa dieci minuti prima di prendere la parola e mettere fine a quello spettacolo inutile.
Era incredibile quanto il genere maschile sapesse essere infantile.
Era tutto un “no, quel giorno lo voglio io”, “non esiste che sia io a cambiare turni, cambiali tu”, e cose di quel tipo.
Approfittò di una pausa particolarmente lunga in cui il terzetto stava riprendendo fiato per intervenire.
- Avete una vaga idea di quanto siate patetici in questo momento? –
- Il tuo suggerimento, oh intellettuale Corvonero? –
- Il mio suggerimento, oh sarcastico Serpeverde -, lo rimbeccò strappando un sorriso divertito a Fleamont e Devon, - è che lasciamo decidere al caso. –
- Estrazione casuale? – chiese Devon, accennando al sacchetto che la ragazza teneva in mano.
- Esattamente. Ho preparato un foglio di pergamena per ogni giorno disponibile, visto che sapevo che non sareste riusciti a mettervi d’accordo. –
Non che fosse una novità.
Poteva anche essere il suo primo anno da Capitano, ma l’esperienza accumulata nel corso degli anni come semplice Cacciatrice le aveva insegnato che in nessun caso i quattro Capitani sarebbero mai riusciti a mettersi d’accordo … Specialmente Serpeverde e Grifondoro.
Certe volte si domandava se Dippet si divertisse nello stabilire l’inizio di ogni singolo campionato con uno scontro tra le due Case.
Di sicuro c’era solo il fatto che, in qualità di ex Serpeverde, privilegiasse in modo spudorato la sua Casa.
- Allora usiamo il tuo metodo -, stabilì Fleamont mentre gli altri due ragazzi annuivano, - prima le signore. –
Aprì il sacchetto e si accinse a rovistarvi all’interno.
Estrasse il primo foglietto: martedì pomeriggio.
Il secondo: giovedì sera.
E il terzo: sabato pomeriggio.
Il sacchetto venne passato in senso orario, finendo tra le mani di Devon.
Lunedì sera, mercoledì pomeriggio e sabato mattina.
Storse il naso.
E così tanti saluti alla prospettiva di dormire fino a tardi il sabato.
Il resto della squadra avrebbe finito con il linciarlo.
- Fleamont, tocca a te. –
Il Grifondoro rovistò con cura alla ricerca della tripletta migliore.
Lunedì pomeriggio, mercoledì sera e venerdì pomeriggio.
Si trattenne dall’esultare in modo palese.
Con quegli orari non avrebbe avuto alcun problema nell’incastrare le cene di Lumacorno, che solitamente si tenevano il lunedì o il venerdì.
- Quindi a me non restano che il martedì sera, il giovedì pomeriggio e il venerdì sera. –
Sorrise soddisfatto.
Due allenamenti così ravvicinati alla vigilia della partita d’inizio anno potevano solo che essere proficui.
Rivolse un cenno del capo ad Adhara e Bones, ignorando del tutto Fleamont.
- Se non c’è altro, io andrei … vorrei poter dire che è stato un piacere, ma mentirei. –
Fu proprio quest’ultimo a richiamarlo.
- Lestrange. –
- No, Potter, non ci vado alla cena di Lumacorno con te è inutile che me lo chiedi – lo sbeffeggiò.
- Ah, simpatico. Volevo sapere se la Nott aveva novità per quella storia del Club dei Duellanti. –
- Nulla di particolare per il momento … non abbiamo ancora trovato un posto adatto. –
Annuì.
Sembrava che almeno per quel primo allenamento non ci fossero problemi.
Non restava che recuperare la squadra.

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

- Non dirmi che è arrivato l’invito. –
Alphard annuì, sventolandole sotto il naso l’invito alla cena di Lumacorno.
Era solo questione di tempo prima che il professore comunicasse ufficialmente l’ora della cena che si sarebbe tenuta nel suo studio.
- Condoglianze. –
- Non sei divertente, King. –
Alexandra scrollò le spalle, picchiettando la punta della piuma sul foglio di pergamena ancora miseramente vuoto.
- Bene, perché non volevo esserlo. –
Edward tossicchiò, sforzandosi di non scoppiare a ridere davanti al lieve battibecco in corso tra l’amico e la gemella.
Si ritrovò gli occhi di entrambi puntati addosso.
- Non stavi per metterti a ridere delle mie disgrazie, vero Ed? –
- Non stavi per metterti a ridere delle mie risposte, vero Ed? – gli fece eco Alexandra.
Ecco fatto, era incastrato.
- No, mi stavo solo strozzando. –
- Ah sì, e con cosa? –
- Uhm … con la saliva. –
Si sarebbe dato volentieri una botta in testa.
Poteva trovare una scusa più patetica di quella?
Decisamente scettici, rimasero a fissarlo in silenzio.
Doveva trovare un altro argomento di conversazione e alla svelta.
- Allora … questi compiti di Divinazione … Mettiamoci a lavoro! –
Storse il naso al suono della voce forzatamente allegra che gli era uscita fuori, ma fortunatamente il solo accenno a quell’infausta materia era stato sufficiente a distogliere l’attenzione dalla discussione in corso.
E per il momento era salvo.

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

Sophie e Mayra avevano cercato Minerva da ogni parte, ma senza grandi risultati.
Persino la biblioteca, se si escludevano Norman e Clay in evidente agitazione per chissà quale compito che non riuscivano a terminare, si era rivelata desolatamente vuota.
Lo stesso valeva per la Sala Comune e la Sala studio.
Fu solo quando sentirono le urla provenienti dal cortile che realizzarono dove fosse l’amica.
Quel pomeriggio si sarebbe tenuto il primo allenamento dei Grifondoro e quale altro posto se non le gradinate del campo da Quidditch?
Puntarono in quella direzione, constatando appena giunte lì che le loro previsioni si erano rivelate corrette.
Minerva era appollaiata sull’ultimo gradone degli spalti e osservava la squadra sistemare l’attrezzatura in vista dell’allenamento.
Fino all’anno precedente anche lei era stata un membro della squadra, ma durante la penultima partita di campionato un Bolide le aveva fracassato il ginocchio destro. L’infermiera l’aveva rimessa a nuovo, rinsaldando la frattura, ma la sua gamba non era più stata la stessa.
La stabilità del ginocchio era stata definitivamente compromessa e così la sicurezza della presa sul manico da scopa.
Un infortunio del genere segnava inevitabilmente la fine della carriera sportiva per un giocatore di Quidditch.
Da allora era diventata la più accanita delle supporter e aveva proposto a Fleamont tattiche e schemi sempre nuovi.
Si arrampicarono sulle gradinate, sedendole accanto.
- Ti manca molto, vero? –
Minerva si voltò verso la più giovane dei King e annuì.
Le mancava il vento che le scompigliava i capelli, la velocità e l’ebbrezza di segnare la rete che avrebbe portato la squadra alla vittoria.
Le mancava quel brivido.
- Già. Piuttosto, che ci fate qui voi due? –
Nessuna delle due giocava né tantomeno aveva mai mostrato particolare interesse per quello sport.
Sorrisero con aria colpevole.
- Ci stavamo chiedendo -, cominciò Sophie, - se per caso … -
- Se per caso avessi i tuoi appunti di Trasfigurazione dell’anno scorso -, le venne in aiuto Mayra, - e potessi farci dare un’occhiata ad alcune cose. –
- Un’occhiata?
Conoscendole, dubitava seriamente che si trattasse solo di questo.
- D’accordo, magari una mezza copiata. –
- Ho la cena con Lumacorno questa sera – aggiunse Mayra.
Ah, la carta della compassione.
Come conosceva bene le sue amiche.
- D’accordo, cedette … ma mi dovete un favore enorme. –
- Certo. –
- A testa – precisò.
- Nessun problema. –
Il rumore di una scopa che sterzava per poi inchiodare bruscamente, annunciò loro che Kara si era fermata di fronte a loro e aveva un’espressione minacciosa dipinta sul volto.
- Intruse! –
Ancora con quella storia.
-  Kara, siamo semplicemente noi due –, provò a obiettare Sophie, - ti ricordi che io e Tobias stiamo insieme, vero? –
- Certo, ma ti ricordi di essere una Corvonero e condividere il dormitorio con il Capitano della tua Casa? –
- E la mia colpa quale sarebbe? – rise Mayra.
- La tua è doppia: Stephen è il Cacciatore di Tassorosso ed Edward è il Portiere di Serpeverde! Per quanto ne so potresti spiarci per conto suo. –
Si scambiarono un’occhiata, sforzandosi di non scoppiare a ridere.
Kara e le sue manie di complottismo.
- D’accordo, ce ne andiamo. –
- Trovate i miei vecchi appunti nell’ultimo scompartimento del baule – gridò loro dietro Minerva.

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

Azalea richiuse il libro con un botto secco.
- Ci rinuncio, non riuscirò mai a cavarne qualcosa. –
- So che Adhara ha finito il suo tema ore fa … potremmo chiederle di farci dare un’occhiata al suo o darci una mano. –
Lo guardò come se avesse detto la bestemmia del secolo.
- Scordatelo Norman. Io non chiederò mai nulla ad Adhara Rosier, piuttosto la morte. –
Alya soffocò la risata che le stava per sgorgare dalla gola.
Era incredibile come Azalea fosse intransigente quando si metteva in testa qualcosa.
Decise ugualmente di provare a farla ragionare.
- Preferisci passare la notte in biblioteca? –
- Piuttosto che chiederle aiuto? Certo. –
- Abbiamo la cena con Lumacorno alle otto -, le ricordò Norman, - vuoi davvero perdertela? –
Tacque, ponderando la questione.
No, in effetti non se la sarebbe persa per nulla al mondo.
Lumacorno poteva anche non essere il migliore dei professori, ma gli studenti che partecipavano alle sue cene finivano inevitabilmente con l’acquisire un certo “status sociale” e con il conoscere molte persone influenti utili dopo il diploma.
Vide il compagno di Casa più adatto alla situazione studiare poco distante da loro.
- Ci faremo aiutare da Clay. Lui ha già studiato questa roba l’anno scorso, non dovrebbe avere problemi. –
- In bocca al lupo con il riuscire a convincerlo. Lo sai che non ama mettersi in mostra con discorsi e spiegazioni a un pubblico ampio. –
E, nel suo caso, ampio significava generalmente più di una persona.
- Ci penso io – assicurò, alzandosi e puntando risolutamente verso di lui.
La videro parlare fittamente con Clay, che inizialmente scosse la testa ma poi, davanti alle insistenti suppliche dell’amica, la seguì verso di loro con l’aria di un condannato a morte diretto verso la ghigliottina.
- D’accordo -, sospirò rassegnato, - vi aiuterò. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

L’allenamento era finito da poco meno di mezz’ora e aveva solo dieci minuti per darsi una ripulita e prepararsi per la cena di Lumacorno.
Doveva ammettere che gli allenamenti erano stati smistati in giorni davvero duri, ma era sempre così quando si lasciava Devon a vedersela con la fortuna.
- In bocca al lupo per questa sera -, le disse Alya mentre tamponava i lunghi capelli corvini, - dentro quel covo di Serpi. –
In effetti quasi la metà dei membri del Lumaclub erano Serpeverde, come praticamente ogni anno da quando Lumacorno aveva avuto quella brillante idea, e Grifondoro e Corvonero si posizionavano parimenti a metà rappresentanza con tre membri ciascuno. Solo Tassorosso aveva un unico rappresentante: lei.
- Spero solo che non ricominci a tempestarci di domande personali. L’ultima cena dell’anno scorso è stata a dir poco imbarazzante. –
Ricordava con precisione quando Lumacorno si era lanciato in ricordi di giovinezza e racconti dettagliati dei suoi amori estivi, esortandoli a cogliere il momento fintanto che erano giovani e belli.
Anche se lei, francamente, faticava a immaginare una versione giovane e attraente di quel vecchio tricheco.
- Ne dubito, lo sai com’è fatto – rise.
- Già, se non torno per le undici significa che mi sono suicidata durante la cena – concluse, lanciando un’ultima occhiata alla figura riflessa nello specchio.
Poteva andare, stabilì.

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

Con Laura alla cena di Lumacorno e Alya ancora alle prese con gli allenamenti di Quidditch il tavolo di Tassorosso era momentaneamente sprovvisto di persone con cui avesse una certa confidenza.
Per questo quando sentì un rumore di passi alle sue spalle e vide qualcuno scivolarle accanto pensò all’istante che si trattasse dell’amica.
- Ah, finalmente, cominciavo a pensare che non venissi più. –
- Ho sempre saputo che non vedevi l’ora di passare del tempo sola con me, Selwyn. –
Quella voce.
Si scansò di scatto, lanciandogli l’occhiata più cattiva del suo repertorio.
Non doveva essere stata molto convincente, però, perché Stephen scoppiò a ridere.
- Quando cerchi di essere minacciosa sei ancora più carina. –
- Allora quando comincerò a tirarti contro piatti e bicchieri dovrò sembrarti a dir poco strepitosa. –
- Ah, lasciamo perdere -, sbuffò, - andiamo a fare la ronda. –
Devon, che aveva appena preso una porzione di roastbeef, le rivolse uno sguardo affranto.
- Ma io non ho ancora mangiato nulla. –
- E io non voglio stare qui un minuto di più. Ringrazia il tuo amichetto se salti la cena. Coraggio, Devon Alfred Bones, seguimi! –
Sconfitto, fece come gli era stato detto.
- Sappi che questa sera morirai –, disse puntando minacciosamente un dito contro l’amico, - considerati avvisato. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

Minerva alzò lo sguardo verso il ragazzo che la teneva stretta tra le braccia.
In qualità di Prefetto aveva una considerevole esperienza sulle ale del castello che non venivano utilizzate.
E quella vecchia aula ormai chiusa al pubblico sembrava la scelta migliore per passare un po’ di tempo insieme.
- Come è andato questo primo giorno? –
- Nulla di particolarmente eccitante -, si strinse nelle spalle, - e stasera mi tocca anche la cena con Lumacorno. Il tuo? –
- È stato interessante e Silente mi ha dato una grande notizia. –
- E sarebbe? –
Vide gli occhi di Minerva brillare in un misto di soddisfazione, orgoglio ed euforia.
Era quello sguardo che aveva attirato la sua attenzione per la prima volta.
La rendeva diversa dalle altre ragazze, determinata a raggiungere uno scopo, a guardare al futuro.
Era una che sapeva quello che voleva.
E ai suoi occhi non c’era nulla di più attraente di una bella ragazza determinata e sicura di sé.
- Mi ha detto che, se lo desidero, può aiutarmi a diventare un Animagus. –
- Non è il tuo sogno da tipo tutta la vita? –
Annuì. – Già, mi sono sempre chiesta che forma assumerei se ci riuscissi. –
- Un gatto. –
Lo disse di getto, perché l’animale che la sua mente associava di riflesso a Minerva era quello: enigmatica, elegante e indipendente come una gatta.  
- Adoro i gatti. –
- Lo so. –
- Pensi che ci riuscirei sul serio? –
Annuì. – Non lo penso, ne sono certo. –
Lo ricompensò con un sorriso radioso, uno di quelli che sfoggiava solo in rare occasioni.
E poi prese l’iniziativa, allungandosi a baciarlo.
Era diverso dai baci famelici che si scambiavano quando riuscivano a ritagliarsi dei momenti da soli.
Era dolce, di totale abbandono.
Fu quello che gli diede il coraggio di prendere la parola e chiederle ciò su cui aveva meditato per tutta la mattinata.
Prima che avesse modo di parlare, però, Minerva parve cambiare umore.
- Ho saputo che mercoledì sera Lumacorno organizza la sua solita festa. –
- Già. –
- E che Heidi Carrow ti ha chiesto piuttosto esplicitamente di portarla con te. –
In realtà Heidi gli aveva chiesto piuttosto esplicitamente di fare altro dopo la festa, ma riteneva che fosse meglio che Minerva non lo sapesse.
Conoscendola avrebbe tranquillamente potuto Schiantarla in qualche corridoio buio e isolato.
- Senti come è ben informata la mia piccola Grifondoro -, sorrise, - quindi immagino che tu sappia anche che le ho detto di togliersi dai piedi. –
Annuì.
- Se non lo sapessi probabilmente ti avrei Schiantato appena sei entrato – confermò divertita.
- E sarebbe stato un vero peccato perché non avrei potuto invitarti. –
Minerva sgranò gli occhi, colta di sorpresa.
- Me? Vuoi portarci me? –
- E i tuoi amici? I miei amici? –
Scrollò le spalle. – Sinceramente non mi importa, ci inventeremo qualcosa. –

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Tom richiuse la porta della loro stanza con uno sbuffo irritato.
Lui detestava arrivare in ritardo, ma sembrava che ad Abraxas la cosa non importasse minimamente.
L’aveva lasciato intento a elucubrare su quale cravatta risaltasse maggiormente i suoi occhi.
Era uscito perché la fantasia che gli aveva attraversato la mente era stata tanto vivida da dipingere una chiara immagine mentale di Abraxas paonazzo e impiccato al lampadario della loro stanza con la tanto decantata “cravatta perfetta”.
Quando raggiunse la Sala Comune trovò Katherine seduta sulla poltrona davanti al camino, le gambe accavallate e un lieve broncio a incresparle le labbra voluttuose.
Picchiettava ritmicamente con la punta della scarpa contro il freddo marmo del pavimento.
Non era il tipo di persona a cui piaceva aspettare, una delle tante cose che avevano in comune.
- Il biondastro non è ancora pronto? –
- Sta decidendo che cravatta mettersi – rispose con malcelata irritazione.
- A proposito di cravatte -, gli fece cenno di avvicinarsi, - hai un’altra volta il nodo storto. –
Non che fosse una novità.
Tom Orvoloson Riddle era orgogliosamente il migliore studente della scuola, la mente più eccelsa e sviluppata, ma il fare il nodo alla cravatta sembrava essere un’abilità non contemplata nel suo bagaglio genetico.
Supponeva che il fatto di essere cresciuto in uno squallido orfanatrofio babbano centrasse qualcosa.
Katherine si alzò in punta di piedi, disfacendo il nodo e risistemandolo con mosse rapide e precise.
Tirò giù il colletto della camicia e si allontanò di un paio di passi per ammirare il suo operato con un sorriso compiaciuto.
- Ecco fatto, adesso sei perfetto. –
Abraxas scelse proprio quel momento per fare la sua comparsa.
- Eccomi qui in tutto il mio splendore! –
Parve interdetto, lasciando vagare lo sguardo alla ricerca di chissà chi.
- Renford e Alphard? –
- Alphard è uscito cinque minuti fa, Renford ha detto che doveva fare non so cosa prima della cena e che ci saremmo incontrati direttamente lì – li informò Katherine.
- Quindi non ci resta che andare – stabilì Tom.
E che lo spettacolo avesse inizio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice: 

Eccoci qui con il nuovo capitolo. Volevo informarvi che aggiornerò orientativamente una volta a settimana perché ho altre interattive da portare avanti e tre esami da preparare da qui al 1 giugno … quindi se vedete aggiornamenti lievemente in ritardo non preoccupatevi, perché porterò la storia avanti così come tutte le altre :)

Vorrei chiedere altre due cosette che nell’altro capitolo mi sono passate di mente e riguarda i membri del Lumaclub:

- C’è qualche argomento sul quale vorreste che Lumacorno facesse domande al vostro OC? E come risponderebbe alle domande in questione?

- Come reagirà il vostro OC vedendo Renford e Minerva arrivare insieme alla festa di mercoledì?

 

Tutto ciò sempre tramite messaggio privato con l’oggetto “risposte Lumaclub - *nome OC*”.
Nel prossimo capitolo troverete la cena con Lumacorno, in quello successivo il primo incontro del Club dei Duellanti e in quello dopo ancora la festa di Lumacorno … questo giusto per darvi una scaletta a livello di trama.
Per ora è tutto.
Al prossimo capitolo.
Stay tuned.
XO XO,
Mary

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

 

 

 

 

 

 

 

Solitamente i membri di una Casa finivano con il trovare simpatico il proprio Direttore, o quantomeno nutrire un po’ di rispetto nei suoi riguardi, ma quello non era decisamente il suo caso.
Fin dalla prima volta in cui si erano incontrati non aveva mai tollerato Horace Lumacorno e non si era mai fatta problemi nel dimostrarlo in modo più o meno palese.
Peccato solo che non forse servito a nulla e che il Direttore l’avesse invitata prontamente a ogni singola cena o evento che aveva organizzato in quegli anni.
Così, mentre i ragazzi seduti attorno all’ampio tavolo circolare cominciavano a far passare piattini da una parte all’altra, diede leggermente di gomito ad Abraxas.
- Ti prego, dimmi che possiamo andarcene. –
- Siamo appena arrivati. –
- E già non lo sopporto più … se comincia con le sue solite domande giuro che non risponderò di me e gli conficcherò la forchetta in un occhio. –
Il biondo si sforzò di darsi un contegno mentre soffocava la risata che stava per sgorgargli dalla gola e prendeva un lungo sorso d’acqua nella speranza di camuffare la cosa.
- E io ti darò una mano a ultimare il lavoro – sussurrò Alphard, seduto alla sua sinistra, mentre le passava il patto con la moussaka.
- Continuo a non capire perché non lo sopportate, è un tipo particolare ma non è male. –
Katherine e Alphard si scambiarono un’occhiata complice, per poi alzare gli occhi al cielo roteandoli spazientiti.
- Questo perché non sei tu quello che viene tartassato di domande su vita morte e miracoli della famiglia Black; siamo talmente tanti che certe volte mi domando come faccia a ricordarsi tutti i pettegolezzi su ogni singolo componente. A volte ci metto alcuni minuti per riuscire a capire di chi diavolo sta parlando. –
- E scommetto che gli sarà giunta all’orecchio anche la storia di quello stupido contratto matrimoniale –, aggiunse la ragazza, - come se non fosse stato già abbastanza pesante sentirne parlare per tutta l’estate. –
- Ragazzi … perché non condividete con noi le vostre novità? –
Fantastico, avevano attirato l’attenzione di quel tricheco fin troppo cresciuto.
- Veramente, professore, non si tratta di nulla di così importante … sono sicura che non interessi a nessuno dei presenti. –
Ethan tossicchiò, attirando l’attenzione su di sé, per poi rivolgerle un sorrisetto malandrino.
- Se riguarda la questione del contratto matrimoniale a me interessa. –
Dannato Fenimore.
Strinse la presa sull’impugnatura del coltello e le ci volle tutto il suo autocontrollo per non ridurlo a una tartare di Grifondoro.
Le iridi acquose del professore brillarono per l’eccitazione.
Smise di mangiare il suo soufflè e battè le mani gioioso.
- Un pettegolezzo amoroso, sono sempre i miei preferiti. Signorina Nott, non si faccia pregare, ci racconti ogni dettaglio. –
Piuttosto la morte.
Ma ormai il danno era fatto e non c’era alcun modo per togliersi d’impaccio senza risultare scontrosa o sgradevole.
Sospirò, costringendo la sua faccia ad assumere un’espressione pacata e a non lasciar trapelare il desiderio omicida che covava in quel momento.
- Quest’estate i miei genitori hanno avuto modo di prendere contatti con Rodericus Wilkes. Come sicuramente saprà, la dinastia dei Wilkes al momento conta un solo erede per linea maschile. –
Lumacorno annuì. – Ovviamente, il signor Maximillien Wilkes. È stato un mio allievo anni fa, uno studente immensamente dotato e un vero e proprio gentiluomo. –
Su quello non c’erano dubbi.
In effetti era così perfetto da sembrare quasi imbalsamato.
Persino quando erano rimasti da soli nell’ampio cortile della villa dei Wilkes, ricco di anfratti in cui non essere notati durante la passeggiata serale, Maximillien si era limitato a camminare e raccontarle del suo lavoro al ministero e di certi importanti progetti che sperava di attuare il prima possibile.
Qualunque altro ragazzo avrebbe cercato di allungare le mani … lui no.
E non poteva che essere rincuorata dalla cosa.
L’idea di avere il corpo di Maximillien premuto contro il suo non l’attirava affatto.
Non che fosse brutto … anzi, proprio come tutti i Wilkes era tanto bello da sembrare quasi un angelo, ma aveva la personalità di una mummia.
- Ebbene, Maximillien ha chiesto formalmente la mia mano ai miei genitori -, riprese con il racconto, - ma ovviamente non c’è ancora nulla di sicuro. Mancano ancora molti mesi al diploma e tutto può cambiare. –
Tutto doveva cambiare.
- Naturale, naturale, l’istruzione è sempre la priorità. –
Lumacorno spostò lo sguardo verso Azalea, seduta accanto al cugino a qualche posto di distanza rispetto al suo, - Per quanto riguarda lei, mia cara signorina, ci sono invece novità all’orizzonte in campo amoroso? –
Katherine sospirò rinfrancata mentre osservava questa volta la Corvonero che prendeva un bel respiro e arrossiva leggermente.
- In realtà no, professore. Al momento ho altri obiettivi e non ho davvero il tempo di concentrarmi sulla mia vita sentimentale. –
- Più che giusto, ma ritengo che non si dovrebbe mai aspettare troppo. L’amore è bello soprattutto quando si è giovani, a una certa età si perde entusiasmo e vigore. –
- Sì, suppongo di sì – mormorò Azalea, ringraziando mentalmente Lestrange che sembrava sul punto di strozzarsi.
Lo vide borbottare qualcosa all’indirizzo di Tom che suonava come un “non ci credo che ha parlato davvero di vigore”.
Scosse la testa, ma se non altro l’attenzione era stata distolta da lei.
- Se tutti voi siete d’accordo, continuerei con gli argomenti frivoli … ci sarà tempo per portare argomentazioni più serie con il prosieguo della cena. –
Annuirono all’unisono.
Cos’altro avrebbero potuto fare altrimenti?
La vittima successiva di Lumacorno fu proprio Renford.
- Allora, signor Lestrange, come sta sua zia Leta? La ricordo con affetto ai tempi della scuola, una giovane … particolare ma singolarmente dotata. –
Già, probabilmente tutti quelli che avevano frequentato Hogwarts in quegli anni si ricordavano di Leta “la maledettamente strana” Lestrange.
Fuori come un balcone sarebbe stata la sua prima spontanea risposta, ma dubitava che fosse quello che Lumacorno voleva sentirsi dire.
- Zia Leta sta … come al solito. Non la vedo molto spesso, a dire il vero, perché … -

Perché la mia zia matta come un cavallo si è unita a quei fanatici di Grindelwald e non ha molto tempo da dedicare alla famiglia … sa com’è, tra un’uccisione e un piano di conquista mondiale diventa complicato ritagliarsi un po’ di tempo libero.
Santo Salazar, quanto gli sarebbe piaciuto rispondergli in quel modo … peccato solo che poi suo padre avrebbe preteso la sua testa su un vassoio d’argento.
Roland Lestrange tendeva a diventare alquanto permaloso quando si metteva in cattiva luce il nome di famiglia.
- Perché è molto impegnata in questo periodo e ho avuto modo d’incontrarla solo una volta quest’estate – concluse diplomaticamente.
- Naturale, immagino che i suoi impegni siano particolarmente spossanti. –
- Suppongo di sì. –
Fantastico, era riuscito a rispondergli senza nemmeno dover mentire.
Insomma, per quanto ne sapeva lui, tentare di dominare Babbani sparsi in giro per il mondo e organizzare attentati poteva rivelarsi davvero spossante.
- Mentre lei, signor Black, ha certamente avuto modo di vedere i suoi parenti durante l’estate. Il matrimonio di sua cugina, Cassiopea, e la nascita della piccola Polaris erano notizia imperante nei mesi scorsi. –
Alphard si mise seduto dritto, appoggiando la schiena al resistente schienale in noce nero.
- Sì, il matrimonio di Cassie è stato veramente maestoso, mia zia Callidora ha impiegato mesi per organizzarlo. E Polaris … è veramente una bambina adorabile. –
Sì, quando dormiva, perché passava ogni istante di veglia a strillare come una piccola aquila.
Per certi versi gli ricordava tremendamente sua sorella Walburga.
- Non lo dubito, sua madre è di rara bellezza, ma immagino che questa sia ormai una consolidata caratteristica famigliare. –
Già, quella e l’abilità nel fingere di avere a cuore un argomento di discussione.
- Credo che questo stia agli altri dirlo – replicò, sorridendo.
- Troppa modestia, mio caro ragazzo, troppa modestia. Ma passiamo al signor Malfoy … mio caro ragazzo, puoi confermarmi se le voci sugli investimenti al Ministero sono vere? Sai, un vecchio professore non sa mai quando è il momento di correre ai ripari e cominciare a pensare alla pensione. –
Emise una risatina divertita a cui la maggior parte dei presenti rispose con un sorriso di circostanza.
- Veramente non potrei proprio dirlo -, cominciò Abraxas con un sorrisetto scaltro, - ma suppongo che possa fare un’eccezione per una persona come lei che gode della stima imperitura sia mia che della mia famiglia. –
Sentì Katherine tossicchiare discretamente qualcosa che suonava come un “che sviolinata” e si sforzò di non scoppiare a ridere.
Era bravo nell’ingraziarsi le persone, dote di famiglia se così la si voleva chiamare, e non ci vedeva proprio nulla di male nello sfruttarla per prendersi un piccolo vantaggio.
Dopotutto lui era un Malfoy … e Lumacorno adorava sentirsi importante.
Non faceva mica male a nessuno.
- In effetti quelle voci sui fondi ministeriali e i conseguenti investimenti della mia famiglia sono assolutamente fondate; mio nonno e mio padre hanno appena versato una generosa caparra per i primi movimenti internazionali. –
- Molto interessante, decisamente molto interessante … e di che margine d’investimento si parla? –
Gli occhietti acquosi improvvisamente avidi.
- Centinaia di migliaia di Galeoni … sempre se la situazione con Grindelwald viene riportata sotto controllo. –
- Naturale … Gellert Grindelwald è una spinosa questione che attanaglia l’intero mondo magico -, considerò meditabondo, - ma forse la signorina Neuberg ne sa più di noi sull’argomento. –
Laura sentì immediatamente gli sguardi dei compagni puntarsi su di lei.
Suo padre era stato un Auror tedesco e lei si era sempre sentita tremendamente vicina agli avvenimenti che in quegli anni stavano scuotendo il panorama magico e, in particolare, la Germania.
- Gli Auror tedeschi si stanno impegnando molto nelle operazioni di localizzazione e contenimento di Grindelwald e dei fanatici che lo seguono -, iniziò, - ma dubito che senza l’aiuto consistente del governo inglese e di quello di tutti gli altri ministeri le cose potranno prendere una piega decisiva nei mesi a venire. –
L’uomo annuì. – Attenta analisi, di sicuro, non resta che sperare che il ministero raggiunga presto un accordo con i suoi corrispondenti esteri … -
- Sempre che tale accordo venga raggiunto -, mormorò Fleamont attirando l’attenzione su di sé, - visto che in passato il Ministero ha dimostrato scarsa propensione nell’intervenire in aiuto dei Babbani. –
Tom tossicchiò educatamente, mettendo da parte le posate.
- Perdonami, Potter … ma ti risulta forse che il governo Babbano abbia mai mosso un dito per aiutare la comunità magica? –
- Questo perché … -
- Perché lo Statuto di segretezza non ci consente di rivelare la nostra esistenza -, lo interruppe il Serpeverde, - quindi a rigor di logica ne consegue che per la nostra segretezza eventuali interventi in loro favore dovrebbero essere considerati inappropriati. –
Fleamont sbattè il bicchiere sul tavolo, le iridi nocciola brillanti per la rabbia repressa a stento.
- Quindi la soluzione è rimanere a guardare, condannandoli a morte certa? –
Lumacorno parve rendersi conto solo in quel momento che la sua preziosissima cena si stava per trasformare in un aperto campo di battaglia e cercò di correre ai ripari.
- Miei cari ragazzi … miei cari ragazzi! Suvvia, non è il caso di inalberarsi così tanto. È certamente lodevole che portiate avanti le vostre convinzioni con tanta fermezza, ma non sarà certo il vostro parere a influenzare l’operato del Ministero. Perché non torniamo ad argomenti più leggeri? Dopotutto questa vuole essere un’occasione gioiosa … Signor Montgomery, ha forse scritto qualche nuova poesia? –
Clay arrossì leggermente, annuendo appena.
- E vorrebbe forse recitarcela? –
No, in realtà non avrebbe voluto, ma se serviva a stemperare la tensione allora avrebbe provato a dare il suo contributo.
- D’accordo -, assentì con una voce che persino alle sue stesse orecchie suonava molto poco euforica, - Vita. La fortuna di esistere, il coraggio di sorridere, la voglia di sperare, la forza di resistere e l’umiltà di ringraziare.
Horace applaudì, asciugandosi teatralmente un’ipotetica lacrima all’angolo dell’occhio sinistro.
- Sublime, semplicemente sublime … e ora il momento del dessert! –

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

- La prossima volta che mi lascio coinvolgere da una cena di Lumacorno ricordami di legarmi una pietra al collo e buttarmi nel Lago Nero – sospirò Mayra, mentre salivano le rampe di scale alla volta dei rispettivi dormitori.
Sophie e Tobias ridacchiarono.
- Come sei melodrammatica. –
- Certo, perché a voi non è stato chiesto di parlare del figlio di Toby né di come state gestendo la situazione … io ho dovuto sorbirmi decine di domande sull’immenso clan dei King e sul perché nessuno dei miei fratelli abbia mai preso a cuore Pozioni. –
Il terzetto scoppiò a ridere e continuarono a ridacchiare per un bel mezzo.
Quando arrivarono all’imbocco delle scale per il dormitorio di Grifondoro salutò gli amici, consapevole che quei due avessero bisogno di passare un po’ di tempo insieme dopo la disastrosa cena.
- Vi lascio, piccioncini, ma cercate di non farvi beccare fuori oltre il coprifuoco. Minerva e Adhara vi uccideranno se farete perdere dei punti a Grifondoro e Corvonero – concluse, ammiccando leggermente davanti alle espressioni imbarazzate dei due.
Eppure l’imbarazzo dovette durare ben poco perché aveva percorso solo pochi metri quando udì il rumore inconfondibile di baci scoccati con impeto.
Dal canto suo avrebbe fatto meglio a darsi una mossa nell’infilarsi a letto, visto che la mattina seguente avrebbe avuto due ore di Storia della Magia.

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

Drusilla camminava a passo spedito lungo il corridoio del settimo piano, seguita a ruota da Devon.
- Non ci credo – asserì, fermandosi a fronteggiare l’amico a braccia conserte.
- Te lo giuro, non è poi così male, è un bravo ragazzo in fin dei conti. –
Inarcò un sopracciglio, beffarda.
- Stiamo ancora parlando di Stephen King? –
- Sul serio Dru, non ti sembra di essere un po’ troppo prevenuta per essere una Tassorosso? – scherzò, per poi sgranare gli occhi all’improvviso, - Quella porta da dove spunta fuori? –
Seguì lo sguardo del ragazzo, notando solo in quel momento che dopo la terza volta che avevano percorso quel corridoio si era materializzata una porta che non c’era mai stata.
Posò la mano sulla maniglia, attirata dall’odore che proveniva dall’interno.
- Diamo un’occhiata. –
Guardinghi, s’intrufolarono nella stanza, trovando un’intera tavolata imbandita.
Lo stomaco di Devon brontolò per la fame.
- Deve essere la “stanza va e vieni” di cui ho letto in Storia di Hogwarts –, mormorò eccitata, - mi chiedo solo perché abbia quest’immensa dose di cibo. –
- Ehm … credo sia colpa mia. Stavo pensando a quanto mi piacerebbe intrufolarmi nelle cucine per mettere qualcosa sotto i denti. –
Incredula, la Tassorosso scoppiò a ridere.
- Sei sempre il solito, Dev. –
Eppure quella poteva essere una scoperta veramente interessante, considerò, avrebbero dovuto parlarne con il resto del gruppo.
- A cosa stai pensando? –
- Al fatto che abbiamo appena trovato il posto adatto al nostro Club dei duellanti. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Hola!
Come noterete il capitolo è un po’ più breve dei precedenti e concentrato quasi interamente sulla cena al Lumaclub, ma recupererò lo spazio degli altri OC nel successivo.
Al prossimo capitolo.
Stay tuned.
XO XO,
Mary

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

 

 

 

 

- Io giuro che l’ammazzo. Fosse l’ultima cosa che faccio nella vita, lo ammazzo. –
Minerva si accigliò, osservando l’amica che continuava a inveire tra sé mentre percorrevano il corridoio del secondo piano alla volta della prima lezione del mattino.
Kara le diede di gomito, borbottando a mezza voce, - Si può sapere con chi ce l’ha? –
Scosse la testa a indicare che non ne aveva la minima idea.
Chiunque fosse però, poco ma sicuro, si era appena aggiudicato l’eterna ira di Adhara. –
- Ehm … Adha, cosa succede? –
- Succede che lo ammazzo. –
- Sì -, si sforzò di non scoppiare a ridere, - questo l’avevo capito, tesoro. Ma chi vuoi ammazzare? –
- Quell’imbecille di Fenimore. Ha cominciato a darmi il tormento da quando Lumacorno se ne è uscito con quella stupida idea della festa di domani sera. Continua a invitarmici in ogni modo ridicolo che gli viene in mente. –
Kara scosse la testa, riconoscendo il tocco del suo migliore amico.
Ethan sapeva essere estenuante quando ci si metteva, questo andava riconosciuto, e Adhara non era certo rinomata per la sua pazienza.
- Non mi sembra una cosa poi così grave – mormorò Minerva, allontanando la lunga treccia in cui aveva acconciato i capelli corvini.
- Non è poi così grave? Mi ha mandato una Lettera canterina … roba che ha fatto morire dal ridere l’intero dormitorio di Corvonero -, sbuffò, - e il punto è che sono abbastanza sicura che lo faccia solo per irritare Azalea. –
Già, anche quello era da lui: irritare sua cugina invitando la ragazza che più di ogni altra non sopportava era solo l’ennesimo dei giochetti di Ethan.
Kara sorrise con aria furba.
- Quindi quello che ti dà fastidio è che lo faccia solo come dispetto nei confronti della cugina? Preferiresti che ti invitasse perché gli interessi sul serio? –
- Non essere ridicola -, gesticolò con la mano a mezz’aria, - non uscirei con Fenimore nemmeno se dovessi scegliere tra lui e la Piovra Gigante. –
Lei e Minerva si scambiarono un’occhiata d’intesa.
In tutto ciò c’era qualcosa che non quadrava affatto.
- Allora continua a rifiutare il suo invito. Devi resistere solo fino a domani -, osservò Minerva, - non è poi la fine del mondo. –
Adhara si voltò a fronteggiare le amiche.
- Il vero problema è che quell’idiota va in giro a dire che andremo alla festa insieme; sta boicottando tutti i ragazzi che mi girano intorno. –
Ah, adesso sì che cominciavano a venire i nodi al pettine.
- E c’è forse un ragazzo da cui speravi di essere invitata? –
- Potrebbe anche essere, Minnie. Ma grazie a Fenimore le possibilità che mi inviti si avvicinano spaventosamente allo zero. –
Stavano per indagare ulteriormente quando il rintocco delle nove annunciò loro che avrebbero fatto meglio a muoversi se non volevano arrivare in ritardo.
- In che Casa è? –
Rivolse loro un sorriso furbo prima di puntare in direzione di Norman e sederglisi accanto.
- Serpeverde. –
Trattenne una risata davanti all’espressione disgustata di Kara, poi tornò a rivolgere la sua attenzione al compagno di Casa.
- Non hai affatto una bella cera, Norman. –
- Sempre delicata come una rosa -, la rimbeccò con un sorrisetto, - non c’è che dire. –
Scrollò le spalle, recuperando piuma e inchiostro dalla borsa in pelle di drago.
- Scusa, troppa sincerità non richiesta … come è andata la cena da Lumacorno? –
Norman si limitò a continuare a fissare il foglio e a borbottare un: - Come al solito. –
Non era di molte parole, specialmente di prima mattina, nessuna sorpresa che andasse d’accordo con Azalea e Clay.
- Non è che, per caso, ha accennato a un annullamento di quella stupida festa? –
Perplesso, si voltò verso di lei.
- Lumacorno che annulla una festa? Non accadrebbe nemmeno se si presentasse Grindelwald in persona. E poi tu non fai parte del Lumaclub quindi perché te ne preoccupi? –
- Inviti indesiderati – concluse, decisa a non scendere troppo nei particolari.
Ci mancava solo che il ragazzo lo riferisse ad Azalea.
In quel caso si sarebbe ritrovata nell’occhio del ciclone prima ancora di avere il tempo di dire “maledetto Fenimore”.

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

- Perché hanno quel tono da cospiratori? –
Ethan si sporse in avanti, osservando la fila di banchi occupata dai Serpeverde di fronte a loro.
Si strinse nelle spalle.
- Affari serpenteschi suppongo … oppure hanno già parlato con Drusilla e Devon. –
Accigliato, Tobias gli rivolse una muta richiesta di spiegazioni.
- Sembrerebbe che quei due abbiano trovato una strana stanza che appare e scompare a comando. Pensavano di usare quella come punto d’incontro per il Club dei duellanti. –
- Non sarebbe male … -
- Già, e poi quella stanza può tornare utile per scopi piuttosto interessanti. –
Ethan ammiccò malizioso, facendolo scoppiare a ridere e attirando le occhiate contrariate della professoressa di Difesa Contro le Arti Oscure.
- Sei sempre il solito pervertito. –
- Sempre - confermò mentre il sorriso compiaciuto si allargava sul suo volto.
- Piuttosto, cos’è quella storia che stai continuando a invitare Adhara alla festa di Lumacorno? –
- Una storia vera – replicò prontamente.
- E perché lo fai? –
- Uhm, che domanda difficile -, finse di ponderare attentamente la cosa, - magari perché Azalea darà di matto? E poi aggiungici che quella ragazza è uno schianto, non mi sembra una scelta così strana. –
- Continuo a non capire perché devi far perdere in continuazione la pazienza ad Azalea. –
- Perché è divertente e perché a casa lei è sempre la cocca di tutti; diciamo che mi vendico di ogni ramanzina che mi fa collezionare durante l’estate rendendole pan per focaccia durante l’anno scolastico. –
Quei due cugini erano completamente fuori di testa, poco ma sicuro, ma le cose andavano avanti così da anni e di sicuro non sarebbero cambiate.
- E come procede la tattica d’invito? –
- Al momento è molto probabile che finirò con l’essere Schiantato in qualche corridoio. –
- E la cosa ti diverte? –
Sogghignò. – Tremendamente, amico mio, non puoi neanche immaginare quanto. Tu immagino ci vada con Sophie, quindi non serve neanche chiedertelo, ma il nostro Fleamont ha intenzione di portarci qualcuna? –
- Inaspettatamente sì -, ammise Tobias, - ha deciso di chiederlo a Kara. –
Ethan fece scattare la sedia all’indietro, producendo uno stridio fastidioso che fece voltare tutti i presenti.
- Fleamont, razza di sconsiderato, vuoi davvero invitare Kara? –
Perplesso, il ragazzo ci mise qualche secondo a capire di cosa stesse parlando l’amico.
- Era un’idea. –
- Perché ti piace o per semplice amicizia? –
La professoressa si avvicinò loro con un’espressione talmente spaventosa che chiunque con un briciolo di buon senso sarebbe scappato via a gambe levate.
Chiunque tranne Ethan, ovviamente.
- Signor Fenimore, le sembra forse il momento? –
- Sta per invitare la mia migliore amica a una festa, quindi direi che è proprio il momento adatto! –
- Benissimo -, sbottò la donna, - Fenimore, Potter e Brooks uscite immediatamente dalla mia aula. Vi aspetto venerdì sera per la vostra punizione. –
Uscirono dall’aula a passo svelto, con Tobias che borbottava contrariato.
- Io non ho detto nulla -, protestò, - perché devo finire nei guai anche io? –
- Nemmeno io ho fatto nulla di male -, lo rimbeccò Fleamont, - se si esclude l’avere un amico schizofrenico che fa dell’invito a una festa un affare di stato. –
Eppure Ethan non li stava già più ascoltando, perché la divisa di Corvonero che aveva voltato l’angolo aveva catturato la sua attenzione.
- Vado, invito per la ventesima volta la Rosier, e torno – annunciò, per poi allontanarsi a passo di carica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

- Devon andrà alla festa con Mayra, quindi per domani sera niente allenamenti di Quidditch – le annunciò Stephen mentre s’incamminavano verso l’aula di Storia della magia.
- E tu non hai dato in escandescenze? – domandò Alya, incredula.
I King erano iperprotettivi nei confronti delle loro sorelle, non era certo un segreto per nessuno, quindi quella strana e pacata ragionevolezza suonava tremendamente fuori luogo.
- Certo che no. Punto primo, è lei che lo ha invitato e non viceversa e, punto secondo, se va con lui automaticamente tutti gli altri ragazzi della scuola le si terranno alla larga. Insomma, è un po’ come se andasse alla festa con me o Edward … nessun rischio di contatti inopportuni con il genere maschile – concluse soddisfatto.
- Non ti sembra strano che l’abbia chiesto a lui? –
Socchiuse gli occhi.
- Che intendi? –
- Di solito lo chiedeva a te o a Edward, invece questa volta lo ha chiesto a Devon. Potrebbe darsi che le piaccia. –
Stephen sgranò gli occhi come se avesse appena sentito la bestemmia più oscena della sua intera vita.
- Non essere ridicola, Alya. Mayra è mia sorella. –
- Appunto -, convenne divertita, - è tua sorella, non è mica imparentata con Devon. –
- No, no … assolutamente no. Lei non ci pensa neppure ai ragazzi – insisté.
- Se lo dici tu … -
Era divertente vedere lo spavaldo Stephen King sbiancare per la tensione all’idea della sua sorellina che aveva una cotta per il suo migliore amico.
- È tutta colpa di Devon -, stabilì d’un tratto con un tono da voce marziale che le costò tutto il suo autocontrollo per non farla scoppiare a ridere, - Insomma, doveva per forza essere attraente? –
- Già, è proprio una colpa imperdonabile –, convenne ridacchiando, - andrebbe punito. –
Lo scintillio negli occhi chiari di Stephen le annunciò che il ragazzo non aveva afferrato a pieno il suo sarcasmo.
- Sono lieto che ragioniamo sulla stessa lunghezza d’onda. –
- Stephen, io non intendevo mica sul serio … -
- Tranquilla -, la rassicurò, - io e Devon siamo in affari al momento quindi non posso ucciderlo. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

- Fenimore in arrivo – le annunciò Alexandra, trattenendo a fatica una risata davanti all’espressione esasperata dell’amica.
- Non ci credo, è la seconda volta nel giro di due ore. Sta diventando una persecuzione – sbuffò, cercando di allungare il passo.
Forse con un po’ di fortuna sarebbe riuscita a intrufolarsi nel bagno delle ragazze e a sfuggirgli.
- Vuoi che ci parli io? – intervenne Edward.
Lo soppesò dall’alto in basso.
Edward era un bravo ragazzo, studioso e riflessivo, decisamente non il tipo che poteva intimorire un soggetto come Fenimore.
- Non è necessario, Ed, ma grazie per l’interessamento – lo rassicurò.
Si voltò per fronteggiare il Grifondoro prima che quest’ultimo avesse percorso gli ultimi metri che li separavano.
- Fenimore, sei la mia maledizione personale in questi giorni – lo accolse.
Ethan le rivolse un sorrisetto irriverente in risposta.
- Non è mica colpa mia se sono irrimediabilmente calamitato da te. –
- Sai invece cosa di me è irrimediabilmente calamitata da te? –
Il sorrisetto divenne una smorfia sensuale.
Era quel genere d’espressione da canaglia impenitente che faceva tremare le ginocchia di ben più di una ragazza all’interno della scuola.
Molte delle sue coetanee sarebbero state lusingate da tutta quella attenzione … non lei però.
- Le labbra? –
- No, il mio piede che chiede a gran voce di prenderti a calci. –
Alexandra scoppiò a ridere, mentre il gemello continuava a fissare il Grifondoro con un cipiglio molto poco amichevole.
- Una persona dovrebbe capirlo quando sta combattendo una causa persa – constatò Edward.
- E una persona dovrebbe capire quando la sua opinione non è richiesta – lo rimbeccò.
Alexandra fece per rispondergli con una replica tagliente, ma Adhara scelse quel momento per correre al riparo.
- Alex, Ed, non serve che mi aspettiate. Posso gestire Fenimore da sola. –
- Ne sei sicura? –
Annuì. – Ci vediamo più tardi, ragazzi. –
Attese che i gemelli si fossero allontanati per rivolgersi al ragazzo di fronte a lei.
- Non ti rassegnerai finchè non accetterò di andare a quella stupida festa con te, vero? –
- Esatto. –
Non le restava che decidere se farsi tormentare fino alla sera successiva oppure cedere e pregare che la festa di Lumacorno non si rivelasse una tortura così efferata.
- D’accordo, allora verrò a quella stupida festa con te. –
Ethan parve preso in contropiede, come se non si aspettasse che avrebbe finito con il cedere così repentinamente.
- Cosa? –
- Non farmelo ripetere un’altra volta, Fenimore. –
Un sorriso vittorioso si dipinse sul bel volto.
- È stato quasi più facile di quanto pensassi. Sarà una bella serata – stabilì.
Sicuro, come no.
- Già … vado a sfruttare quello che rimane della mia ora buca per finire il tema di Trasfigurazione – asserì, decisa ad andarsene di lì il prima possibile.
Gli voltò le spalle senza attendere una risposta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

- Mi fa male ogni singolo muscolo – sbuffò Abraxas, scrocchiando la schiena mentre si stiracchiava uscendo dalla doccia dello spogliatoio.
- L’allenamento è stato tremendo –, convenne Alphard, - e pensare che è solo il primo della settimana. Più ci avviciniamo alla partita e peggio sarà. –
La replica di Katherine giunse da dietro il separè che era stato montato per separare lo spogliatoio dei ragazzi da quello delle ragazze, dove lei e Heidi stavano finendo di cambiarsi.
- State sempre a lamentarvi … siete proprio delle signorine. –
- E tu sei un maschio mancato -, la rimbeccò Abraxas, - mi domando cosa ci trovi in te Maximillien Wilkes. –
- Doti insospettabili – replicò a tono, facendo capolino con la testa dal separè e rivolgendogli una mezza linguaccia.
- Renford non è ancora rientrato dal campo? – intervenne Heidi.
- Perché vuoi saperlo, per fargli un agguato sotto alla doccia? –
- Malfoy, sei un vero idiota -, sbuffò la Carrow, - stavo solo pensando di aspettarlo per la cena. –
- Già, immagino che non veda l’ora – commentò beffarda Katherine, finendo di sistemare il cravattino della divisa mentre raggiungeva gli amici.
Heidi rivolse loro uno sguardo sdegnato e parve decidere che era molto meglio se si rassegnava all’idea di andare a cena da sola.
Qualche minuto dopo che se ne era andata Renford fece il suo ingresso.
Le ciocche corvine gli aderivano al volto e la carnagione alabastrina era rosata per il calore e la stanchezza dell’allenamento.
- Se non ti sbrighi rischiamo di saltare la cena – lo informò Alphard.
- Mettetemi qualcosa da parte -, replicò con una scrollata di spalle, - ho troppa voglia di una doccia calda per preoccuparmi del cibo. –
Annuirono, lasciandolo solo mentre si toglieva la divisa di dosso e si infilava sotto il getto bollente della doccia.
Era tremendamente rilassante sentire l’acqua scorrere sul corpo teso e dargli ristoro.
Se fosse dipeso da lui non sarebbe mai uscito di lì.
Però quella sera era il giorno di ronda di Minerva e la prospettiva di incontrarla vinceva di gran lunga sul rilassante torpore della doccia.
Si asciugò con calma, indossando la divisa scolastica, e s’incamminò verso il castello.
Si diresse verso il piano in cui la Selwyn aveva detto di aver trovato quella fantomatica stanza.
Mancavano ancora dieci minuti all’appuntamento con il resto del gruppo, ma se conosceva abbastanza bene Minerva allora l’avrebbe trovata già lì.
Non era il tipo di persona a cui piaceva essere in ritardo; era incredibile come lei e Tom si somigliassero quando si trattava di cose di quel tipo e fossero completamente agli antipodi per quanto riguardava tutto il resto.
Appena voltato l’angolo, infatti, vide la consueta treccia scura incorniciare il volto dai tratti eleganti.
Con sua malcelata insopportazione tuttavia vide che non era da sola.
Quell’idiota di Corvonero … quel Norman, o come diavolo si chiamava, le stava vicino e l’aveva coinvolta in una conversazione su chissà cosa.
Quando la sentì ridere per qualcosa che quel tizio le aveva detto decise di averne abbastanza e si fece avanti, mostrandosi alla coppia chiacchierina.
- Che spettacolo veramente dolce … a voi piccioncini non dispiace mica se aspetto gli altri insieme a voi, vero? –
Si appoggiò alla parete con aria disinvolta, ripescando una sigaretta dal taschino interno.
Quelle diavolerie babbane avevano un effetto rilassante su di lui.
- Dovremmo farti rapporto – constatò Norman.
- Allora che aspetti, fallo. Poi spiegheremo tutti quanti insieme a Dippet cosa ci facevamo qui davanti a quest’ora della sera. Oppure vuoi vedertela da solo senza coinvolgerlo? Sarebbe interessante vedertici provare – concluse, soffiando fuori una lunga boccata di fumo.
Vide Minerva corrugare la fronte e assottigliare lo sguardo.
Conosceva bene quell’espressione: non era contenta.
Bene, perché neppure lui lo era.
Anzi, era decisamente incazzato.
Il rumore dei passi in avvicinamento annunciò loro che il resto dei ragazzi interessati a quell’incontro si stavano avvicinando a loro.
I primi ad arrivare furono i Tassorosso, con Drusilla in testa, seguiti dai Corvonero, i Serpeverde e i Grifondoro.
Erano una ventina di persone, un gruppo talmente numeroso ed eterogeneo che non si era mai riunito prima d’ora e di sicuro non con l’intento di collaborare gli uni con gli altri.
Distolse lo sguardo da Minerva per puntarlo verso Tom e Katherine che guidavano la delegazione verde argento.
- Allora, vogliamo darci una mossa? Non ho tutta la notte. –
Katherine inarcò un sopracciglio davanti al suo tono infastidito ma non disse nulla; fece un cenno del capo a Drusilla, che prese a camminare avanti e indietro lungo il corridoio.
Al terzo passaggio si materializzò la porta.
- Prima le signore -, ironizzò tenendola aperta e facendosi di lato, - cominci tu a entrare, Abraxas? –
Rise quando l’amico lo mandò al diavolo.
Li guardò entrare uno alla volta finchè non rimasero solo lui e Minerva lì fuori.
Le iridi verdi di lei brillavano mentre lo fissava dritto negli occhi.
- Perché ti sei comportato in quel modo prima? –
- In che modo? –
- Come se … come se fossi geloso di Norman – mormorò.
- Ma per favore. Sono Renford Lestrange, quel Norman vattelapesca non potrebbe farmi ingelosire nemmeno se ci si mettesse d’impegno con tutto se stesso. –
La vide sorridere divertita.
- Che c’è? –
- Non posso crederci, sei davvero geloso di lui. –
- Stai delirando, donna. –
- Chiamami un’altra volta donna, Lestrange, e giuro che ti castro – lo rimbeccò, con una determinazione nello sguardo che gli strappò una lieve risata.
Eccola lì la sua guerriera pronta a dare battaglia.

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

Quando furono tutti seduti sulle stuoiette comparse per l’occasione, Tom e Katherine si sistemarono al centro della stanza e presero la parola.
- L’idea di fondo é quella di addestrarci a quello che incontreremo fuori di qui. Grindelwald è lì e nessuno nel mondo magico sta facendo concretamente qualcosa per fermarlo, quindi credo sia giusto che tutti noi ci prepariamo a quello che potrebbe essere il nostro futuro fuori dalle mura di questa scuola –, cominciò Katherine, - Io credo che la cosa migliore sia addestrarci per conto nostro, mettendo in pratica ciò che ci viene insegnato e aiutandoci a vicenda nel migliorare nel combattimento. –
Mayra alzò la voce, attirando l’attenzione su di sé.
- Quindi non saranno solo duelli? –
- Non solo. Ci aiuteremo con quegli incantesimi che danno problemi ad alcuni di noi e perfezioneremo altri … potremmo impararne anche di nuovi. –
- Quello che Katherine sta cercando di dire -, intervenne Tom, - è che io e lei abbiamo trovato degli incanti superiori che eludono il programma scolastico curriculare, ma che potrebbero tornarci utili. –
- Stiamo parlando di roba legale, vero? –
- Stiamo parlando, Brooks, di roba che ci aiuti a sopravvivere in uno scontro contro gli uomini di Grindelwald. –
Tobias corrugò la fronte.
- Vuoi dire che roba del tipo cui fate riferimento potrebbe farci espellere? –
Tom e Katherine si scambiarono un’occhiata eloquente.
- Potrebbe -, ammise con tono mellifluo il ragazzo, - ma ovviamente nessuno di voi è costretto a imparare certi incantesimi. Li insegneremo solo a coloro che si dimostreranno disposti a … spingersi oltre la magia puramente accademica di questi sette anni. –
- Ne va della nostra sopravvivenza -, asserì Katherine, - perché non ha senso nascondersi dietro mezze verità: siamo in guerra. –
Qualche mormorio concorde si levò nel silenzio.
- È importante che località e orari dei nostri incontri rimangano segreti. Per fare ciò vi prego di scrivere i nomi di chi accetta di prendere parte al Club su questa pergamena. È stata stregata per avvertirvi quando ci incontreremo. Il segnale sarà una macchia nera che comparirà sul palmo della vostra mano pochi minuti prima dell’incontro – spiegò Tom.
Minerva fece per alzare una mano, ma la bloccò a mezz’aria, attirando l’attenzione.
- Che tipo d’incantesimo è? Non mi sembra di averne mai sentito parlare prima. –
- Un mio piccolo esperimento, assolutamente innocuo. –
- Lo usiamo da mesi per comunicare -, asserì Katherine, - in modo da sapere quando uno ha bisogno dell’altra. –
Fecero vagare gli sguardi attorno a loro.
- Allora, chi ci sta? –
Le mani dei presenti svettarono in alto.
Chi con decisione, chi con incertezza e chi vagamente riluttante o intimidito, ma tutti i presenti aderirono al progetto.
Sarebbe stato l’inizio di qualcosa di grande.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice: 

Hola!
Eccoci qui con l’aggiornamento. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi abbia divertiti. Alla prossima.
Stay tuned.
XO XO,
Mary

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

 

 

 

 

 

 

 

- Cosa succede? –
Clay lasciò perdere la colazione e si voltò verso Azalea e Norman che lo fissavano con insistenza.
- Nulla, magari sono solo io che penso troppo – mormorò.
Effettivamente non sarebbe stata la prima volta che si concentrava su possibili esiti che si rivelavano nulla più che sue paranoie.
Eppure non riusciva a togliersi dalla testa l’idea che ci fosse qualcosa che non andava.
- Sicuramente è così -, convenne Norman, - ma lo sai che siamo più che pronti a sorbirci ogni tua singola strana teoria.
- Non riesco a togliermi dalla testa la sensazione che sia una pessima idea quella di affidarsi a Riddle … non avete notato com’era strano durante il suo discorso? –
Azalea si accigliò.
- Intendi più strano di quanto non sia di solito? –
Risero.
Effettivamente Riddle aveva la sua bella nomina come tipo particolare e imprevedibile, eppure stranamente tre quarti della scuola pendeva dalle sue labbra.
- Sì, non sono sicuro che sia un bene lasciarsi coinvolgere dal Club. In fin dei conti quanto ne sappiamo di questi suoi strani esperimenti? Lui stesso ha detto che si tratta di incantesimi illegali. –
Dall’occhiata che gli rivolsero seppe che non condividevano a pieno le sue preoccupazioni.
- Clay, non stiamo mica parlando di vendere l’anima al diavolo. Possiamo tirarcene fuori quando vogliamo – osservò Azalea, - quindi cerca di rilassarti. –

 

 

 

 

*

 

 

 

- Si può sapere cosa stai guardando? –
Adhara si riscosse dalle sue considerazioni, girandosi verso Sophie che cercava di indovinare dove fosse puntato il suo sguardo.
- Non stavo guardando nulla. –
- Sì, certo. Dimmi, ti sembro forse stupida? –
- Sul serio, Soph, ero solo sovrappensiero. Stavo pensando alla festa di stasera – mentì in fretta.
Insomma, non c’era proprio bisogno che sapesse che aveva passato l’ennesima volta buona parte della permanenza nella Sala Grande osservando Alphard Black.
Lei stessa sapeva che quel ragazzo portava guai.
Nessuno l’aveva mai visto, nell’arco di quei sette anni, instaurare una vera relazione con una ragazza … non una che andasse oltre la settimana di vita, perlomeno, e non c’era alcun motivo per credere che le cose sarebbero cambiate di lì a poco.
Alphard era uno spirito libero, uno che non voleva legami, e lei doveva proprio cercare di toglierselo dalla testa.
- Già, spero solo che la festa non sia assordante e spossante come quella dell’anno scorso -, sospirò la bionda, - e poi non mi hai detto perché hai finito con l’accettare l’invito di Ethan. –
Le intimò di abbassare la voce con un’occhiataccia.
Era abbastanza sicura che Azalea ancora non fosse stata messa a corrente della cosa e voleva davvero evitare dei melodrammi di prima mattina, specialmente quando aveva la testa da tutt’altra parte.
- Così avrebbe smesso di darmi il tormento. –
E magari Alphard avrebbe manifestato una minima reazione che potesse farle capire se gli era completamente indifferente o meno.
Dannazione, doveva proprio togliersi dalla testa quel Black.
- Vado a lezione di Erbologia, ci vediamo a pranzo – aggiunse poi, decisa a mettere quanta più distanza da lei e i Serpeverde. Così forse avrebbe trovato un po’ di pace.
Sophie annuì, salutandola con un cenno del capo mentre tornava ad attaccare la sua colazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

Minerva osservò Fleamont e Kara parlare fittamente a pochi metri dall’ingresso della Sala Grande.
Il ragazzo sembrava in evidente difficoltà mentre l’amica aveva l’espressione di chi non era affatto sicura di aver sentito bene quello che le veniva detto.
Si rivolse a Ethan e Tobias, certa che quei due avrebbero saputo darle una spiegazione.
- Che succede tra quei due? –
- Nulla di buono a parer mio -, bofonchiò Ethan, - anzi qualcosa di assolutamente contro natura. –
Tobias rise, scuotendo la testa, e spiegò a beneficio della compagna di Casa: - Fleamont sta chiedendo a Kara di andare alla festa di Lumacorno con lui. Ed Ethan è convinto che sia una pessima idea. Sai, per la storia della stabilità della squadra e altre stupidaggini partorite dal suo cervello iperprotettivo. –
Annuì.
Tipico di Ethan, faceva tanto il dongiovanni dal cuore duro ma alla fine si schierava in prima linea quando riguardava le questioni sentimentali delle persone a cui teneva.
In fin dei conti quei due potevano essere una buona coppia: entrambi appassionati di Quidditch, competitivi e Grifondoro fino al midollo.
- Ascoltami bene, Fenimore. Se provi a fare l’amico ridicolmente iperprotettivo e a metterti in mezzo giuro che farò del rovinarti l’esistenza la missione della mia vita. Quindi considerati avvertito e lascia in pace quei due – concluse, riprendendo a sorseggiare il suo thè, vagamente consapevole di quanto i due ragazzi fossero sbiancati.
Del resto tutti a Hogwarts sapevano quanto non convenisse farla arrabbiare.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

- Allora, questo tuo invito a Devon nasconde dietro qualcosa oppure è un semplice invito di cortesia? –
Mayra si accigliò, lanciando un’occhiata alla sorella che aveva alzato gli occhi al cielo.
- In che senso? –
Alexandra sfoggiò un sorrisetto divertito.
- Già, Ed, perché non cerchi di farti capire? –
Il maggiore dei King prese un respiro profondo e cercò di essere il più chiaro possibile.
- Quello che intendevo dire è: hai una cotta per Devon oppure lo consideri solo un amico? –
- Io … è ovvio che considero Devon un amico. L’ho invitato perché andare con te o Stephen sarebbe stato decisamente imbarazzante. –
Si rese conto di essersi cacciata in un guaio gigantesco solo dopo aver ultimato la frase.
Edward aveva infatti sfoggiato il migliore dei suoi bronci da cucciolo offeso e la stava guardando con un’espressione che le faceva venire voglia di rimangiarsi immediatamente qualsiasi cosa avesse detto e di dirgli che sarebbe andata alla festa con lui invece che con Devon.
Fortunatamente Alexandra giunse in suo aiuto.
- Andiamo, non è più una bambina, non potete continuare a farle da cavalieri … le riderebbe dietro tutta la scuola. E questo non ha assolutamente nulla a che fare con il fatto che siate voi due, sarebbe lo stesso per qualsiasi ragazza – aggiunse in fretta, diplomatica.
Edward parve riflettere sulla cosa, perché si ritrovò ad annuire.
- D’accordo, allora se le cose stanno così va bene. Volevo solo sincerarmi che non ci fossero strane motivazioni … insomma, sei troppo giovane per avere un ragazzo. –
Alexandra le fece cenno di assecondarlo, cosa che fece dopo un breve istante.
- Assolutamente, figurati se penso ai ragazzi. –

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

Accartocciò la lettera, gettandola nel caminetto crepitante.
Era incredibile come i suoi genitori riuscissero a farle perdere la pazienza anche a miglia di distanza.
La fissò consumarsi lentamente, sforzandosi di scrollarsi di dosso quel fastidioso nervosismo.
Era una vera fortuna che non avesse lezione alla prima ora, perché non sapeva proprio come avrebbe fatto a concentrarsi.
- Notizie da casa? –
La voce di Alphard la fece sussultare.
Il ragazzo sedette accanto a lei. – Non volevo spaventarti. –
- Non pensavo ci fosse qualcun altro in Sala Comune -, replicò, - avevo voglia di stare un po’ per conto mio. –
- Si tratta del contratto matrimoniale? –
Annuì.
Già, i suoi fantastici genitori erano riusciti a rovinarle anche la prospettiva del rientro a casa per le vacanze di Natale.
- Maximillien trascorrerà le vacanze di Natale a casa nostra, vuole conoscermi meglio. –
- Non sembra poi così tremendo … -
E non lo era.
Maximillien era di certo uno dei migliori aspiranti mariti che una ragazza Purosangue avrebbe mai voluto: intelligente, bello, galante e apparentemente molto preso da lei.
Eppure non riusciva ad accettare la cosa.
- È solo che non ho mai pensato davvero che avrei finito con lo sposarmi appena diplomata. Avevo altri piani … viaggiare, trovare un bel posto nel dipartimento delle relazioni internazionali del Ministero, non rimanere ancorata a casa a fare la brava massaia e sfornare figli. –
- Puoi sempre decidere di restare a scuola. –
Già, e disobbedire platealmente a suo padre.
Conoscendolo si sarebbe presentato al castello e l’avrebbe portata a casa di peso, infuriato.
- Non tutti vanno a briglia sciolta come te, Alphard. –
Si strinse nelle spalle. – Immagino che sia la fortuna di non essere figlio unico. –
- Non voglio parlarne -, tagliò corto, - con chi vai alla festa di Lumacorno? –
- Con nessuno in particolare; io e Abraxas andremo da soli … tu vai con Tom? –
Annuì.
Era diventata una sorta di tradizione quella di andare a quegli eventi mondani insieme. E pensare che Lumacorno ancora credeva che tra di loro ci fosse qualcosa di sentimentale.
La verità era che per un po’, al suo quarto anno, aveva creduto di essersi presa una cotta per Tom ma alla fine aveva capito che non era così.
Tom era l’altra faccia della medaglia, il tipo di persona che sarebbe stata se fosse stata uomo.
Il pensare a loro due come una coppia era qualcosa di assurdo.
- Avrai fatto disperare metà della popolazione femminile della scuola con la tua scelta di andare da solo. –
- Se ne faranno una ragione -, sorrise ironico, - così come farebbero i tuoi se mandassi tutto a monte. –
Forse aveva ragione, ma se così non fosse stato?
- Vado a lezione, tu riflettici su – disse poi, alzandosi in piedi e scompigliandole leggermente le ciocche castano scuro.
Rimase a fissare le fiamme che crepitavano nel caminetto.
Forse era venuto il momento di prendere in mano la situazione.

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

- Sei proprio sicura di non voler venire? –
Alzò gli occhi dalla pianta che stavano travasando, sbuffando.
- Per l’ennesima volta, Laura, no. Non ti accompagnerò alla cena del tricheco, non importa quanti dolci tu possa offrirmi. –
Laura risistemò gli occhiali protettivi, selezionando con cura un paio di rami secchi da asportare.
- Guarda che non è poi così male. –
- Sì, certo, un vero e proprio spasso. Portaci Alya, io sono incorruttibile – affermò, sbattendo un pugno sul bancone.
Doveva averci messo un po’ troppo vigore, perché il sacco del fertilizzante si riversò a terra, scontrandosi con una lunga fila di vasetti di terracotta predisposti per il travaso.
Il rumore dei cocci rotti risuonò per tutta la serra.
L’intera classe scoppiò a ridere.
Avrebbe voluto sotterrarsi, soprattutto quando la professoressa Jones si avvicinò al loro bancone con l’aria di una veela pronta ad attaccare.
- Se prestasse un po’ d’attenzione a ciò che fate, signorine, riuscireste a non combinare danni mentre portate a termine un compito tanto semplice come quello che vi ho assegnato. Evidentemente, però, le chiacchiere hanno la precedenza … percià mi vedo costretta a separarvi –, fece vagare i chiarissimi ed inquietanti occhi azzurri lungo i banchi, - Signor Bones, faccia cambio di posto con la signorina Selwyn. –
Fantastico.
Proprio fantastico.
Drusilla raccolse le sue cose, spostandosi controvoglia all’ultimo banco.
Stephen l’accolse con un sorrisetto divertito.
- Comincio ad amare Erbologia. –
- Buon per te, perché è appena diventata l’esatta versione del mio inferno personale. –

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

- Ragazze, siete pronte? –
Sbuffò, seduto sul divano della Sala Comune, in attesa di una risposta.
Quella storia sull’impossibilità di entrare nel dormitorio femminile era una vera scocciatura, perché non dubitava minimamente del fatto che Laura e Alya stessero semplicemente perdendo tempo con trucco e tutte quelle cose da ragazze.
E alla festa mancavano solo dieci minuti.
- Faremo tardi – urlò ancora lungo la rampa di scale che portava alle stanze femminili.
Stephen, intento a sfogliare una rivista di Quidditch, storse il naso sentendo tutto quel rumore.
- Non riesco a concentrarmi se continui a strepitare come una checca isterica. –
Gli rifilò un’occhiataccia.
- Io ti ricordo che mi devi ancora una cena, perciò non sfiderei così tanto la fortuna, King. –
Ancora con quella storia della cena che gli aveva fatto saltare.
- Tecnicamente è Drusilla quella che ti ha impedito di cenare, non io. –
- Già, ma tu sei sempre responsabile in un modo o nell’altro. –
- Quando mai sono stato responsabile di qualcosa che ti è capitata? –
Devon si accigliò, contando mentalmente tutte le volte in cui il suo migliore amico lo aveva trascinato in qualche storia che aveva finito con l’avere ripercussioni anche su di lui.
- Uhm … quanto tempo ho per finire di contarle? Perché sono alla numero trentadue e non ho ancora finito di riepilogare tutti gli avvenimenti del terzo anno. –
Stephen gli rivolse un sorrisetto forzato.
- Spiritoso. –
- Preferisco definirmi realista … piuttosto, è proprio necessario il cravattino? –
- Di solito non hai problemi con la cravatta della divisa. –
Già, ma quello era ben diverso.
Sembrava una specie di pinguino strizzato in quel piccolo pezzo di stoffa nera.
- La cravatta va bene, ma con questo coso mi sembra di avere un cappio al collo. –
- Il che non è da escludere, se non terrai le mani al loro posto per tutta la serata. –
Una risata argentina interruppe il loro scambio di frecciatine.
Laura, seguita a ruota da Alya, aveva fatto il suo ingresso nella Sala Comune.
- Bene, siamo arrivate giusto in tempo per assistere alle minacce di rito -, risero, - però dovresti sbrigarti, Stephen, perché siamo in ritardo. –
Devon sbuffò, incredulo.
Quando lo diceva lui non se lo filavano e adesso erano più che pronte a darsi una mossa?
Donne, chi le capiva era bravo.
- La vostra amichetta dove l’avete lasciata? –
Alya lo ammonì con un’occhiata. – Non darle fastidio, King. –
Con un sorriso che lasciava presagire chiaramente quello che gli passava per la testa, Stephen scrollò le spalle: - Sarò un perfetto gentiluomo. –
Il terzetto si scrutò, dubbioso, ma poi parvero decidere che non avrebbero potuto evitare una discussione tra lui e Drusilla nemmeno se fossero stati presenti rinunciando alla festa.
Sulla soglia dell’ingresso segreto, Devon si voltò verso di lui.
- Se Drusilla ti uccide reclamo per me la tua collezione di autografi della nazionale inglese. –

 

 

 

 

*

 

 

 

 

Sorseggiando un calice di vino elfico, Abraxas fece scorrere lo sguardo lungo la folla d’invitati che aveva gremito lo studio di Lumacorno, allargato all’inverosimile tramite l’uso della magia per l’occasione.
Non riusciva a vedere Renford da nessuna parte, eppure l’amico aveva assicurato a tutti loro che sarebbe stato alla festa.
Che avesse deciso di inventarsi una scusa per dare buca all’ultimo momento?
Katherine e Tom, dopo l’ennesima chiacchierata con uno dei tanti influenti amici di Lumacorno che lavoravano al Ministero e che volevano tanto conoscere quei du giovani ragazzi di cui Horace raccontava, lo raggiunsero.
- Com’è andata con quel viscido di Hector van Persen? –
La ragazza storse il naso, disgustata.
Il vecchio responsabile delle relazioni internazionali era il prototipo del pervertito con un debole per le ragazzine ed era fermamente convinta che solo la presenza di tutta quella gente lo avesse frenato dal tentare di allungare le mani.
- Hai una domanda di riserva? –
- Per la verità sì. Avete idea di dove sia Ren? –
Tom si accigliò, guardandosi attorno come aveva fatto lui stesso fino a poco fa.
- Aveva detto che sarebbe venuto, deve essere da qualche parte. –
- E io credo di sapere anche dove – intervenne Katherine, attirata dal chiacchiericcio che proveniva dalla zona d’ingresso della sala.
Accennò con il capo al piccolo drappello di persone che si davano di gomito in modo più o meno palese.
Abraxas parve aver bisogno di un po’ di tempo per riuscire a ossigenare il cervello quanto bastava per mettere insieme poche frasi di senso compiuto.
E non sembrava il solo a essere in quella situazione.
- Quella è Minerva? Minerva McGranitt? Con Renford? –

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Adhara sgranò gli occhi, incredula, e diede di gomito a Kara e Sophie per dirottare la loro attenzione verso l’amica.
- Voi lo sapevate? –
- Assolutamente no -, esclamò Kara, - deve essere stata Schiantata, non c’è altra spiegazione. –
- Oppure è tutto uno scherzo –, intervenne Ethan, - sì, deve essere così. –
Adhara scosse la testa.
Conoscendo quei due non si trattava né di uno scherzo né di chissà quale strano incantesimo.
Doveva esserci sotto qualcosa di veramente importante o non si sarebbero mai sbilanciati in quel modo, per giunta sotto gli occhi di tutti.
Si voltò verso i Serpeverde presenti.
Heidi Carrow, giunta alla festa con un suo compagno di Casa del sesto anno, sembrava essere appena stata costretta a ingoiare qualcosa di particolarmente disgustoso.
Abraxas continuava a fissarli come se il suo cervello si rifiutasse di dare un senso a ciò che aveva davanti.
Tom era impassibile, ma dallo sguardo gelido che aveva si capiva che disapprovava in pieno.
E Katherine … lei era sorpresa, ma sembrava più in modo piacevole che scandalizzato.
Infine guardò Alphard.
Lo vide alzare il calice al loro indirizzo, come in un silenzioso brindisi, e sorridere al di sopra dell’orlo mentre si chinava a sorseggiarlo.
Di riflesso, si avvicinò verso di lui, lasciando i suoi amici a interrogarsi su quella strana coppia.
- Tu ne sapevi qualcosa? –
Alphard si voltò verso di lei, scuotendo disinvoltamente la testa.
- No, non ne avevo idea, ma non ci vedo nulla di male. –
- Nemmeno io –, mormorò, - anzi devo dire che sono molto belli insieme. –
Ed era vero.
Minerva era deliziosa nel suo abito di pizzo, che la faceva apparire come una minuta e delicata bambola di porcellana, e appariva raggiante.
Renford, dal canto suo, la guardava in un modo che … beh, non avrebbe mai pensato di vedere un’espressione come quella sul suo volto, specialmente poi se rivolta a Minerva.
Era il tipo d’espressione con cui si guardavano i suoi genitori, Sophie e Tobias … e con cui probabilmente lei guardava Alphard.
Socchiuse gli occhi, assaporando la melodia che il complesso stava cominciando a suonare.
- Adoro questa canzone. –
- Vuoi ballare? –
Tentennò.
Certo che avrebbe voluto, non chiedeva altro.
- Sono qui con Ethan … -
- Già, ma al momento mi sembra parecchio occupato -, accennò al gruppo di Grifondoro che continuava a confabulare, - non credo che si offenderebbe se ballassi con me … è solo un ballo, Adhara, nulla di male. –
Quelle iridi profonde catturarono le sue e si ritrovò ad annuire, lasciandosi condurre verso la pista da ballo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

Sentì battere delicatamente sulla sua spalla.
Voltandosi, si trovò di fronte il profilo scolpito e aristocratico di Maximillien.
Il ragazzo indossava un abito di sartoria che doveva essere costato centinaia di Galeoni e guardava il vestito di Tom, di qualità decisamente inferiore, con malcelato disappunto.
- Non sapevo che saresti stato alla festa – esordì.
I suoi genitori si erano guardati bene dall’avvertirla della sua presenza.
Probabilmente perché sapevano che altrimenti avrebbe trovato una scusa per evitare la festa.
- Lumacorno mi ha scritto ieri, dicendo di essere stato informato da poco del nostro futuro fidanzamento. Ha pensato che sarebbe stato un gesto carino darci l’opportunità di vederci. –
Già, carino come un calcio sulle gengive o una seduta intensiva di Cruciatus.
Avrebbe dovuto raccomandare Lumacorno per una serie di shockantesimi al San Mungo.
- Sono qui con un’altra persona -, gli fece notare, - Tom, lui è Maximillien Wilkes. Max, lui è Tom Riddle. –
Maximillien gli porse la mano con un gesto affettato.
- A te non spiace se ballo con la mia futura fidanzata, vero Tom? –
Non le piaceva il modo in cui continuava a rimarcare la cosa.
- Se a Katherine non dispiace, io non ho problemi. –
Fantastico.
Dalla padella alla brace.
- D’accordo, ma solo un ballo – cedette, non trovando altro modo per togliersi d’impaccio.
Quella festa si stava rivelando un insieme di sorprese, non tutte necessariamente piacevoli.

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Come stai? –
Minerva alzò lo sguardo verso di lui, sorridendogli di rimando.
- Un po’ meno agitata, anche se continuano a guardarci tutti come se avessimo due teste. –
- Se non altro nessuno ha fatto scenate, è un buon punto di partenza -, scherzò lui, - perciò direi che possiamo aprire le danze. –
Tentennò, sentendo le gote arrossire.
- Non sono un granchè nel ballo – ammise.
- Minerva McGranitt che non sa fare qualcosa? Sono sconvolto. –
Gli assestò un buffetto sulla guancia, ridendo.
- Stupido. –
- Uno stupido tremendamente attraente -, precisò, - coraggio, mademoiselle, sarò io a guidarti. –
Intrecciò le dita alle sue, conducendola con fermezza verso la pista.
Continuava a sentire gli occhi su di sé, ma si sforzò di ignorare chiunque li circondava.
Quello era il loro momento.
Si rilassò sentendo Renford cingerle la vita e attirarla contro il suo petto asciutto e muscoloso.
Appoggiò la testa sulla sua spalla e si lasciò guidare da lui.
L’odore lievemente pungente del suo dopobarba l’avvolse e la musica li cullò per quella che sembrò un’eternità.
Buffo, non avrebbe mai pensato di riuscire a essere a proprio agio a una festa di quel tipo.
Sentì le labbra di Renford catturare le sue in un dolce bacio.
Sorpresa, inarcò un sopracciglio.
- Tanto per chiarire come stanno effettivamente le cose –, disse a mo’ di spiegazione, - così che nessuno si faccia venire in mente strane idee. –
E tanti saluti alla segretezza.
Lei e Renford avevano appena ufficializzato la loro relazione davanti a tutti, adesso fraintendere sarebbe stato impossibile.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice: 

Eccoci qui con l’aggiornamento!
Devo dire che mi sono divertita molto nello scrivere questo capitolo e spero che sia piaciuto anche a voi.
Vi lascio una piccola scaletta dei prossimi capitoli:

- capitolo 7 = partita Grifondoro vs Serpeverde;

- capitolo 8 = uscita a Hogsmeade;

- capitolo 9 = incontro con il Club dei Duellanti;

- capitolo 10 = partita Corvonero vs Tassorosso.

 

Per il momento non ho domande ufficiali da farvi, ma mi piacerebbe chiedervi se qualcuno di voi ha già qualche ship e/o preferenze particolari in mente.
Qui sotto vi lascio il pv di Maximillien Wilkes e di Heidi Carrow, visto che saranno personaggi secondari che di tanto in tanto verranno accennati; così avete un’idea di come siano.
Al prossimo capitolo.
Stay tuned.
XO XO,
Mary Santiago

 

 

 

 

 

 

 

 

Heidi Carrow (PV Erin Heatherton) – VI anno, Serpeverde. Cacciatrice.

 

 

Maximillien Wilkes (PV Sean O’Pry) – 19 anni, ex Serpeverde.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

 

 

 

 

 

Sbocconcellò controvoglia una fetta di pane tostato.
Sentiva lo stomaco chiuso, come sempre prima di una partita importante come quella che avrebbero giocato di lì a qualche minuto.
- Faresti meglio a mettere qualcosa sotto i denti prima che Renford noti che non stai mangiando – le sussurrò Heidi, accennando al ragazzo che era appena entrato in Sala Grande e puntava a passi decisi verso il loro tavolo.
L’ultima volta che Renford aveva visto uno dei suoi giocatori non mangiare prima della partita aveva fatto una scenata da pazzo esaltato, sostenendo che non si poteva disputare una partita con lo stomaco vuoto e che, se proprio non avevano voglia di mangiare, si sarebbe sincerato che non potessero più farlo per il resto della vita in caso di sconfitta … assimilare cibo da morti poteva diventare una faccenda alquanto complicata.
Si sforzò di mandare giù il toast, fingendo addirittura di assaporarlo con gusto.
Renford si sedette sulla panca di fronte a lei e spostò le iridi cobalto lungo tutto il tavolo verde argento.
- Squadra, cinque minuti e andiamo a cambiarci. Devo ricordarvi cosa mi aspetto? –
Abraxas mormorò, a voce abbastanza alta da poter essere perfettamente udito da tutti, - Santo Salazar, no, risparmiaci almeno questa volta. –
La tavolata scoppiò a ridere e persino Ren abbozzò un sorrisetto divertito.
- Allora ci vediamo nello spogliatoio tra poco -, assestò una pacca particolarmente violenta sulla spalla del biondo, - non perdere troppo tempo ad aggiustarti i capelli, Abraxas. –
- Ho come l’impressione che ti farà pagare cara quella tua battuta se non prendi il Boccino - rise Alphard.
- Già -, rincarò la dose Edward con un sorrisetto divertito, - sembra proprio che ti sia cacciato in un bel guaio, Malfoy. –
Storse il naso, indignato.
- È una vera ingiustizia, in questo paese esiste una cosuccia chiamata “libertà di parola”. –
- Sì, se fossimo in democrazia, ma non sotto il regime del terrore di Lestrange – assentì Katherine.
- Vi state divertendo tutti quanti alla prospettiva di vedermi soffrire, non è così? –
Si scambiarono un’occhiata complice, prima di confermare all’unisono: - Esatto. –
- Vi odio -, lanciò loro uno sguardo truce, - tutti voi. Ci tenevo a farvelo presente in caso di mia prematura dipartita. –

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

Kara non le aveva rivolto la parola dalla sera precedente, dopo che l’aveva vista arrivare alla festa con Renford e aveva assistito al loro bacio al centro della pista da ballo.
Continuava a fissarla dall’alto in basso con attenzione, quasi si aspettasse di sentirle confessare da un momento all’altro di essere sotto l’effetto della maledizione Imperius o di un qualche strano filtro d’amore.
Quella storia stava diventando davvero ridicola.
- Guarda che sto bene e sono perfettamente in me -, sbuffò spazientita, - quindi smettila di guardarmi come se fossi in procinto di essere ricoverata al reparto per malati mentali del San Mungo. –
- Stiamo parlando di Renford Lestrange, è ovvio che non sei in te altrimenti capiresti da sola quanto è assurda questa cosa. –
Assurda?
Era così che appariva agli occhi dei suoi compagni di Casa?
- Già, perché io sono solo una comune Mezzosangue, è ovvio che l’idea di me e un Lestrange sia ridicola – replicò, con calma glaciale, prima di alzarsi da tavola con uno scatto e abbandonare la Sala Grande a passo di carica.
Sentì dietro di sé Kara che alzava la voce, richiamandola: - Minerva, non intendevo dire questo, lo sai … -
Non le diede ascolto.
Non voleva che vedesse quanto l’aveva ferita, né che capisse la consapevolezza che l’aveva assalita: Renford aveva ragione, i Grifondoro non erano certo più liberi dai pregiudizi dei Serpeverde.

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

- Sembra che non abbiano preso bene le cose – constatò Sophie, che aveva appena assistito alla scena al tavolo dei Grifondoro.
Mayra annuì, rattristata.
Personalmente non era troppo scandalizzata dalla cosa.
Era la sola in famiglia a sapere della relazione tra sua sorella e Abraxas e aveva mantenuto il segreto, stabilendo che la relazione era solo ed esclusivamente affar loro e che, se si piacevano, andava bene così.
La situazione tra Minerva e Renford era la stessa, pertanto il suo atteggiamento sarebbe stato il medesimo.
- Tobias che ne pensa? –
- Era un po’ sorpreso, ma non ha fatto commenti particolari. Credo che quelli più scandalizzati siano stati Ethan e Kara. –
Annuì, meditabonda.
Sperava solo che le cose non finissero con il degenerare.
- Sbrighiamoci a raggiungere gli spalti, voglio trovare Minerva prima dell’inizio della partita. –

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

- Sei stata un po’ troppo dura con Minerva – esordì Fleamont quando furono lontani dal resto della squadra.
Kara sospirò, scompigliandosi la frangia.
- Ha frainteso, non intendevo dire quello che pensa lei. È solo che … insomma, stiamo parlando di Lestrange. –
Annuì.
Già, sapeva alla perfezione cosa intendeva la compagna.
Era il settimo anno che aveva a che fare con Renford Lestrange e probabilmente non c’era persona all’interno di Hogwarts che sopportasse di meno.
- Dobbiamo avere fiducia in lei. Minerva non è una sprovveduta e, a quanto ho visto ieri sera, la tratta bene -, sospirò, - se lei è felice allora non ci resta che starle vicini come dei buoni amici. –
Kara fece oscillare minacciosamente la mazza da Battitrice.
- D’accordo, ma se la fa stare male questa la utilizzerò per fracassargli quella faccia di cui va tanto orgogliosamente fiero. –
Fleamont ridacchiò, passandole un braccio intorno alle spalle e dirottandola verso il resto della squadra.
- Ragazzi, la partita comincerà a minuti, non serve dire quanto sia importante vincere. In caso di sconfitta non credo che riuscirei a sopportare le prese in giro dei Serpeverde. –
- Vinceremo -, assentì Ethan, - e se non dovessimo vincere rompiamo almeno qualche testa – concluse, citando il motto dei Falmouth Falcons.
- A quello ci penserà di certo Kara – rise Tobias.
- Puoi giurarci, Brooks, non ti resta che sperare che non la usi anche contro di te dopo la partita se sbagli un’altra volta quella serie di passaggi che avete provato in allenamento. –
Le rivolse un beffardo cenno militare.
- Sissignora. –

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

- Allora, per chi hai intenzione di fare il tifo? –
Minerva ignorò volutamente i sorrisetti maliziosi delle sue due amiche, concentrandosi sul campo mentre le due squadre uscivano dagli spogliatoi e si fronteggiavano a mezz’aria.
- Non c’è nulla che potrebbe mai convincermi a non tifare per la mia Casa -, asserì risolutamente, - non importa quanto insistiate con le vostre frecciatine maliziose. –
Adhara e Alexandra si scambiarono un’occhiata complice.
- Frecciatine maliziose? Tu hai idea di cosa stia parlando, Alex? –
- Assolutamente no. Forse passare troppo tempo con Renford la spinge a pensare che ci sia malizia in ogni frase che le viene rivolta. –
- O magari sta pensando a come poter consolare Ren in caso di sconfitta. –
Sghignazzarono, dandosi di gomito.
La Grifondoro sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
- Siete veramente impossibili, lo sapete? –
Eppure il suo tono non era neanche lontanamente seccato come avrebbe voluto.
In realtà era contenta che almeno loro non le facessero pesare la cosa, ma ci scherzassero persino su.
- Certo che lo sappiamo -, confermò Adhara, - e ne siamo assolutamente orgogliose. –
- Ci rinuncio, anche insultarvi sta cominciando a diventare impossibile. –
Alexandra parve sul punto di risponderle, ma il fischio d’inizio della partita attirò la loro attenzione.
- Che cominci il bagno di sangue – scherzò la King, accennando a Renford e Fleamont che volavano ognuno al rispettivo posto.

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

- Secondo voi a cosa sta lavorando? –
Azalea socchiuse gli occhi, cercando di mettere a fuoco la copertina del manuale che Riddle aveva sistemato in un angolo del tavolo della biblioteca.
- Non riesco a leggere il titolo da qui, ma c’è un simbolo strano. –
Come se l’avesse sentita, il ragazzo si voltò verso di loro con uno sguardo glaciale che le fece correre un brivido lungo la schiena.
- Credo che sia meglio se ci facciamo gli affari nostri –, mormorò Clay, - non mi sembra particolarmente amichevole questa mattina. –
- Già. –
Norman scoccò un’occhiata all’orologio a pendolo nell’angolo della biblioteca.
- Azalea, non dovevi andare a vedere la partita di Ethan? Deve essere appena cominciata. –
Fece scattare la sedia all’indietro, con uno stridio fastidioso che le attirò un’occhiataccia da parte della bibliotecaria.
- Maledizione, me ne stavo completamente dimenticando, Ethan mi ucciderà se me la perdo -, sbattè le lunghe ciglia scure con aria supplichevole, - Potete andare avanti da soli con il compito di Astronomia? –
I due ragazzi si scambiarono un’occhiata, per poi annuire.
- D’accordo, ti lasceremo copiare la mappa, vai pure. –
Raccolse la borsa in pelle di drago, infilandoci dentro le sue cose alla rinfusa.
- Un milione di grazie, vi adoro – replicò, scoccando un bacio sulla guancia d’entrambi prima di sfrecciare via.
Sperava solo di arrivare al campo prima che suo cugino si rendesse conto della sua assenza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Il Bolide colpì in pieno il fianco di Ethan, provocando un boato sordo di costole che s’incrinavano sotto la violenza dell’impatto.
Il Cacciatore strinse i denti, imprecando sonoramente mentre Kara urlava improperi contro il loro secondo Battitore che non aveva coperto a dovere la zona.
- Ahia, quello deve aver fatto proprio male – osservò Stephen, storcendo il naso alla vista della scena.
- Black non ci va leggero con i suoi rilanci. È un bene assistere a questa partita, servirà a ricordarci quanto giocano duro i Serpeverde e a regolarci di conseguenza – osservò Devon, che continuava a non distogliere gli occhi dal gioco neppure per un istante.
Assistere alle partite di tutte le squadre della scuola era un buon modo per farsi un’idea degli avversari che avrebbero incontrato di lì a qualche settimana.
- Come è andata la festa? –
- Bene -, replicò seguendo con lo sguardo la picchiata in cui Abraxas era sceso nel tentativo di fingere di aver avvistato il Boccino, - nessuno ha dato fastidio a Mayra se è quello che volevi sapere. –
- Molto bene. E tra Lestrange e Minerva? –
La risposta questa volta venne da una voce femminile decisamente piccata.
- Non sono affari tuoi, King. –
Si voltò verso di lei, notando l’espressione decisamente infastidita dipinta sul volto di Drusilla.
- Come siamo scontrose. –
- Con te sempre. –
- Siamo in quel periodo del mese, per caso? –
Devon abbandonò la partita per ammonire con un’occhiata l’amico.
Sembrava proprio che Stephen non riuscisse a fare a meno di parlare senza collegare prima il cervello alla bocca.
Eppure Drusilla lo stupì mantenendo la calma e replicando con tutto il sarcasmo di cui era capace.
Finse un’espressione meditabonda. – Io no di certo, ma per quanto riguarda te non saprei visto che non abbiamo le mestruazioni sincronizzate, signorina. –
Alya e Laura risero, scambiando un cinque con l’amica, mentre Stephen apriva e chiudeva la bocca un paio di volte all’evidente ricerca di qualche battuta arguta con cui replicare.
Non dovette riuscire a trovarne nessuna, perché tacque e tornò a guardare la partita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

Katherine si fece largo tra Brooks e Fenimore, sfruttando la sua statura agile e snella per districarsi tra i corpi possenti e muscolosi dei due giocatori, e riuscì a mantenere la Pluffa stretta al petto.
Vide Heidi poco più avanti, completamente smarcata, che sembrava essersi accorta delle sue intenzioni e non la perdeva di vista neppure per un secondo.
Fece un tiro lungo, che catapultò la Pluffa direttamente tra le mani della bionda.
Heidi sfrecciò in avanti, zigzagando per il campo alla ricerca di un punto cieco nella difesa di Fleamont.
Un Bolide perfettamente gestito da Kara la costrinse a deviare all’ultimo istante e le fece perdere la Pluffa.
Si tuffò verso il basso, recuperando la Pluffa prima che Mclaggen potesse fare altrettanto.
Cercò poi di seminarlo, ma il Cacciatore di Grifondoro era tremendamente veloce per essere così grosso e le stava attaccato.
Venne stretta contro uno dei piloni del campo e rischiò di perdere il controllo della scopa; se non fosse riuscita ad andare via di lì alla svelta avrebbe finito con l’essere disarcionata.
Fu Renford a piombare su di loro, accostandosi a Mclaggen e allontanandolo con un calcio alla gamba che lo costrinse a perdere quota per mantenere l’equilibrio.
Ren puntò le iridi cobalto nelle sue per una frazione di secondo, ignorando i boati di protesta che provenivano dalle gradinate rosso oro e che chiedevano a gran voce una punizione in favore dei Grifondoro.
- Tutto a posto, Kat? –
- Tutto bene, Capitano. –
La professoressa Boomer fischiò, concedendo la punizione.
Il tiro venne effettuato da Mclaggen che, probabilmente a causa della rabbia per il colpo ricevuto, non lo calibrò bene e venne agevolmente parato da Edward.
Heidi ripartì in contropiede, con un lancio lungo che mise in moto Renford.
Fintò a sinistra, mandando infine la Pluffa nell’anello a destra.
60 a 50 per i Serpeverde.
Finalmente, dopo oltre mezz’ora di gioco, la partita smetteva di essere in parità e si sbloccava.

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

- Credo che Malfoy abbia avvistato il Boccino – considerò Laura, accennando al biondo che scendeva in picchiata seguito a ruota dalla Cercatrice di Grifondoro.
Era chinato sul manico tanto da sembrare in procinto di diventare un tutt’uno con esso, per sfruttare tutta l’aerodinamicità di cui era provvista la sua scopa.
Macinava metri a una velocità spaventosa e il terreno appariva sempre più vicino.
Alya sbiancò, osservando la scopa che continuava a puntare verso terra senza dare cenno di volersi arrestare.
- Si schianterà. –
- Forse … o forse no. –
Trattennero il fiato vedendo la giocatrice rosso oro sterzare bruscamente e riprendere quota mentre Abraxas allungava una mano verso il Boccino che svolazzava poco sotto di lui.
Si sporse ancora di più, afferrandolo al volo.
Un boato allarmato proruppe nell’arena dello stadio quando il biondo cadde a terra, rotolando su se stesso, tenendo stretta a sé la sfera dorata.
La professoressa Boomer fischiò, decretando la fine dell’incontro.
- Serpeverde vince 210 a 50! –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

Alexandra entrò nell’infermeria a passo di carica non appena il resto della squadra ebbe tolto le tende.
- Tu sei un imbecille! –
Abraxas si mise seduto più dritto, storcendo il naso alla fitta di dolore che lo assalì.
Quel tuffo dalla scopa non era stato una grande idea tutto sommato.
- Anche per me è bello vederti, tesoro. –
Lo guardò male.
 - Non è divertente. Mi hai fatto prendere un colpo. –
Allungò una mano verso di lei, attirandola a sé con gentilezza finchè il corpo della ragazza non fu completamente sdraiato sul lettino accanto a lui.
- Se non l’avessi preso subito non avremmo sbloccato la partita. Dovevo inventarmi qualcosa -, mormorò, - ma mi dispiace se ti ho spaventata. Comunque ora sto bene, guardarmi, non sento neanche più dolore. –
- Bugiardo. –
- D’accordo, magari un po’ di dolore lo sento, ma per domani sarò come nuovo e potremo andare a Hogsmeade insieme. –
La vide sgranare gli occhi, allarmata.
- Ma … -
- Non intendo un’uscita ufficiale di coppia -, spiegò in fretta, - lo so che vuoi aspettare a dirlo ai tuoi fratelli. Intendevo qualcosa tutti insieme: noi due, Edward ed Alphard. –
Annuì, rasserenata.
- D’accordo, ma se ti azzardi a fare un’altra volta una prodezza come quella di oggi ti uccido con le mie mani, Malfoy. –
Rise, chinandosi a baciarla.
- Ai suoi ordini, signorina King. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice: 

Salve!
Non era nei piani aggiornare oggi, ma morivo dalla voglia di andare avanti con la storia e così eccomi qui.
Come vi avevo già anticipato, nel prossimo capitolo ci sarà l’uscita a Hogsmeade (che avrete sicuramente entro lunedì) quindi vi chiederei di rispondere a una semplice domanda (potete farlo sia per recensione che tramite mp):

- Volete che il vostro OC faccia qualcosa e/o vada con qualcuno in particolare a Hogsmeade?

 

Infine un piccolo appunto, anche se so che farà di me una rompiscatole a livelli mostruosi, ma meglio ora che siamo ancora in tempo che in futuro quando non ci sarà più tempo.
Ho notato che ultimamente le persone “latitano” un po’ nelle interattive (mi è capitato giusto la settimana scorsa di dover sostituire un OC nell’altra mia interattiva a causa della scomparsa dell’autrice) e vorrei evitare di dover far fuori qualche OC perché questo viene abbandonato nelle mie mani senza alcuna indicazione precisa. Se avete problemi per studio/lavoro/impegni personali o altro potete dirlo e limitarvi anche solo a comunicazioni in mp con le risposte alle domande, non vi mangio mica, l’importante è saperlo. Faccio questo discorso al plurale, ma in realtà è diretto a un paio di autrici che non si fanno sentire da un po’ (senza fare nomi, le dirette interessate immagino capiranno). Non vorrei proprio essere costretta a tagliare fuori dei personaggi anche da questa interattiva, perché se ho scelto questi OC è perché mi avevano conquistata e perderli a questo punto mi dispiacerebbe tantissimo.
Concludo questo piccolo sfogo e vi chiedo scusa se posso essere sembrata dura.
Al prossimo capitolo.
Stay tuned.
XO XO,
Mary

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8

 

 

 

 


- Kara si è ripresa? –
Fleamont si strinse nelle spalle.
- Lo sai come reagisce dopo una sconfitta, credo sia stato il suo ventesimo tentativo di affogamento in una doccia. –
- Qualcuno dovrebbe spiegarle che non ci si può affogare in una doccia, per quello ci sono le vasche – ironizzò Tobias.
- Vuoi essere tu a farlo? Perché personalmente non ci vedo proprio nulla di intelligente nel farle battute dopo la partita di ieri. –
Perdere la partita d’inizio campionato, oltretutto proprio contro i Serpeverde, era stata una bella botta per l’umore della squadra.
- Ci rifaremo con la prossima partita. Non resta che sperare che Corvonero batta Tassorosso così che siano loro ad andare allo scontro con i Serpeverde e a noi tocchino i Tassi, vincere contro di loro dovrebbe essere più facile – constatò.
- Parlando di cose ben più serie -, intervenne Mayra, - sapete se tra Kara e Minerva le cose si sono sistemate? –
- Credo che non abbiano ancora chiarito. Kara ha esagerato, ma Minerva avrebbe potuto parlarcene prima di sbatterci in faccia la loro relazione. Insomma, secondo me la colpa sta da tutte e due … -
Fleamont tossicchiò, dando loro di gomito e invitandoli a cambiare argomento.
Le dirette interessate avevano appena fatto il loro ingresso in Sala Grande.
Il silenzio scese sull’intera tavolata rosso oro, che negli anni non aveva mai visto le due amiche discutere in modo tanto serio, mentre osservavano lo svolgimento degli eventi.
Kara sembrava in procinto di parlarle, ma Minerva volse ostentatamente lo sguardo da tutt’altra parte e si diresse all’altra estremità della tavolata.
- Minnie è tremendamente testarda -, sospirò Mayra, - immagino ci vorrà del tempo prima che la perdoni. –

 

 

 

 

 

 

*

 

 

Heidi scavallò le gambe con un gesto fluido, dirigendosi verso Tom e Katherine nel momento stesso in cui li vide.
Con aria da cospiratrice, si chinò leggermente verso di loro, sussurrando: - Ho parlato con quel mio amico come mi avevate chiesto, è disposto a vedervi alla Testa di porco poco prima di pranzo. –
Tom annuì, socchiudendo gli occhi, indagatore.
- E per quanto riguarda il pagamento? –
- Ho pensato anche a questo, avrete un trattamento di favore visto che sono stata io a raccomandarvi. –
- E siamo sicuri della segretezza della transazione? –
- Assolutamente. Sa benissimo che non gli conviene deludere una Carrow. –
- Specialmente se si tratta di te -, concluse Katherine, - giusto? –
La bionda rispose con un sorrisetto sghembo.
- Esattamente. –
Poi aggiunse, distrattamente come se la cosa le fosse appena passata per la testa, - Che ne pensate di tutta questa storia tra Renford e la McGrannit? –
Katherine scrollò le spalle, allontanando le lunghe ciocche castano scure.
- Per quanto mi riguarda Renford può frequentare chi preferisce, sono esclusivamente affari suoi. –
- Già, ma mi domando quanto sia appropriato –, intervenne Tom, - dopotutto lui è l’unico erede dei Lestrange, no? –
Il sorriso di Heidi si allargò.
- È esattamente quello a cui stavo pensando. Insomma, è ovvio che la sua famiglia non permetterebbe mai un’unione di questo genere. –
- Non sarebbe certo né il primo Purosangue né l’ultimo ad avere una relazione con una Mezzosangue. Non lo diserederanno mai, non quando il risultato è quello di estinguere la linea maschile della famiglia. –
- Sembra quasi che la cosa ti diverta, Kat -, osservò Heidi storcendo il naso, - eppure come amica di Renford dovresti fare i suoi interessi. E questa … relazione, non è certo la cosa migliore per lui. –
La mora inarcò le labbra in un sorrisetto a metà tra l’insinuante e il beffardo.
Un’espressione sgradevole, ne era perfettamente consapevole, ma adatta alla circostanza.
- Fammi indovinare, quella tra un Lestrange e una Carrow sarebbe di gran lunga più appropriata, giusto? –
- Sicuramente … facciamo entrambi parte di una famiglia appartenente alle Sacre Ventotto. –
- D’accordo, credo di aver sentito abbastanza commenti sibillini per oggi. Continua pure a tessere le tue reti complottistiche, Carrow, ma non coinvolgere me nei tuoi giochetti. –
La oltrepassò, seguita a ruota da Tom.
- Non la tolleri proprio. –
- Già, la cosa ti stupisce? –
- Nient’affatto, ma cerca di non maledirla finchè non ci avrà fornito tutto l’aiuto di cui dispone. –

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

- Credo che ci sia qualcuno che ti sta aspettando – constatò Sophie, accennando con il capo al ragazzo appoggiato al muro vicino all’ingresso della torre di Corvonero.
Adhara seguì il suo sguardo, trovando Alphard Black a braccia incrociate e in palese attesa.
Si accigliò quando lo vide alzare lo sguardo verso di loro e fissarle con intensità.
- Dici che sta aspettando me? –
- E chi altri sennò? Che aspetti, vai a vedere cosa vuole. Ci vediamo più tardi all’ingresso della scuola. –
Annuì, per poi dirigersi verso il ragazzo con espressione incuriosita dipinta sul volto.
- Alphard -, salutò, - non sei un po’ lontano dai sotterranei? –
- Però, che occhio -, replicò ironico, - capisco perché sei finita a Corvonero. –
Alzò gli occhi al cielo, trattenendo a fatica un sorriso divertito.
- Stai aspettando qualcuno in particolare? –
- A dire la verità sì, ma suppongo che l’attesa sia finita. –
Adesso era ufficialmente spiazzata.
- Volevi chiedermi qualcosa? –
- Volevo sapere se avevi già progetti per oggi. –
- Nulla di particolare. Pensavo di andare con Alexandra, Ed e Abraxas … ma non avevamo ancora un programma preciso. L’unica cosa che so con certezza è che svaligerò Mielandia – concluse, con un cipiglio determinato che strappò un sorriso divertito al ragazzo.
- Mi sembra un buon piano, ma ti avviso che se mai proverai a metterti tra me e le mie barrette di cioccolato al latte e al caffè allora finirai dritta sulla mia lista nera. –
Storse il naso.
- Al caffè, sul serio? –
- Assolutamente, sono la cosa più buona che abbia mai mangiato. –
- Se lo dici tu … -
- Ma come siamo scettiche … dovrò convincerti di quello che dico. –
- Non mi farai mai cambiare idea, per me il caffè si beve non si mangia. –
Alphard sorrise sghembo, in un modo che le procurò una sensazione di calore in tutto il corpo.
Non era certo un segreto che quel ragazzo fosse così tremendamente accattivante.
- Sei così sicura da scommetterci sopra? –
- Dipende, cosa vuoi scommettere? –
- Se l’assaggi e la trovi buona allora dovrai accettare un pranzo offerto da me. –
- E se dovessi vincere io? –
- Se mai dovesse succedere, allora sarai tu a decidere cosa dovrò fare. –
Le tese la mano, invitandola a stringerla.
Dopo un attimo di esitazione, la strinse.
- Accetto la sfida, preparati a perdere. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

Renford continuava ad osservarla da una decina di minuti e lei stava seriamente cominciando a perdere la pazienza.
Si voltò verso di lui, le mani sui fianchi e un sopracciglio inarcato.
- Se hai qualcosa da dire allora fallo. –
Il ragazzo le rise spudoratamente in faccia.
- Quell’espressione dovrebbe intimorirmi? –
- In teoria sì. –
- Quando fai il broncio sembri una bambina … io non ho paura delle bambine – replicò, sfrontato.
Gli assestò una gomitata sul fianco che lo fece storcere di lato nel tentativo di parare il colpo.
- Voi Grifondoro non eravate quelli onorevoli? Questo è stato decisamente un colpo a tradimento. –
- Vorrà dire che la tua influenza comincia a farsi sentire – lo rimbeccò.
- Ma davvero? –
- Ci stai girando intorno, Ren. Mi dici cosa volevi dirmi? –
Sospirò.
- D’accordo. Lo sai che non sono esattamente un grande estimatore dei Grifondoro in generale e tantomeno di Kara … però non credo che intendesse essere offensiva. Immagino che voglia solo cercare di proteggerti. –
Annuì, meditabonda.
- Credo che tu abbia ragione. –
- E allora perché non le parli? –
- Perché sto ancora aspettando che sia lei a venire a scusarsi. Fino a quel momento non le renderò le cose più semplici, poco ma sicuro. –
- È incredibile come una cosina così delicata e graziosa sappia essere così testarda e orgogliosa. –
- Non cambio mai idea, dovresti saperlo. –
Il sorriso furbo sul volto di Renford le preannunciò quello che sarebbe successo di lì a poco.
Lo vide chinarsi su di lei, ma deviò verso il collo e non le labbra come aveva pensato all’inizio.
Partendo dalla clavicola, le depositò una delicata scia di baci lungo il collo.
Fremette, rilassandosi nella sua stretta, socchiudendo gli occhi mentre brividi di piacere le percorrevano tutto il corpo.
Era una sensazione quasi troppo bella per essere vera.
Sentì Renford ridacchiare contro la pelle delicata e sottile del suo collo quando giunse all’attaccatura del lobo.
- Non avevi detto che volevi passare in libreria come prima tappa? O hai cambiato idea, gattina? –
Si schiarì la gola prima di replicare.
- Certo, andiamo a cercare quei libri che mi interessavano. –

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

- Siamo appena usciti da Mielandia, ne ho abbastanza di dolci per la prossima settimana – osservò Devon, accennando all’enorme busta che stavano trascinando lui e Stephen.
In realtà il fatto che Drusilla avesse accettato di buon grado che i due ragazzi si unissero a loro nel girare per Hogsmeade era stato di per sé abbastanza stupefacente e, era pronto a scommetterci, dovuto in massima parte al fatto che così avrebbero avuto due paia di robuste braccia in grado di trasportare tutte le buste dei loro acquisti.
- Ma la cioccolateria ha aperto solo due giorni fa, non c’era mai stata prima a Hogsmeade. E lo sai che io amo il cioccolato. –
Laura ridacchiò.
- Credo che tutto il mondo magico lo sappia, Dru. –
- Solo il mondo magico? Dopo l’ultima gita nella Londra Babbana direi che anche i Babbani ne sono consapevoli. Il commesso di quel negozio di dolci avrà ancora gli incubi ripensando a lei e al giorno dell’inaugurazione; non avevo mai visto nessuno mangiare tanti dolci tutti insieme e a una tale velocità – aggiunse Alya.
- Erano buonissimi e poi erano gratis … non potevo permettere che venissero sprecati. –
- Non sia mai – convennero le amiche.
- Mi state prendendo in giro? –
- Solo un po’. –
- Allora, per farvi perdonare, portatemi alla cioccolateria. –
Stephen tossicchiò, attirando l’attenzione su di sé.
- Se voi e Devon non volete proprio andarci posso accompagnarla io. –
Si voltarono tutti verso di lui, con espressione stupita.
- Beh, che ho detto? –
- Nulla di male … anzi sei stato incredibilmente gentile, è questo che è strano – considerò Laura.
- Oh, andiamo, non sono un cattivo ragazzo. Diglielo, Dev. –
Il diretto interessato sgranò gli occhi, fingendosi stupito.
- Ah, non lo sei, davvero? –
L’occhiataccia del suo migliore amico lo fece scoppiare a ridere.
- Scherzi a parte, è vero … Stephen è un bravo ragazzo quando ha voglia di esserlo – riconobbe.
- D’accordo, se King è l’unico disposto a venire con me, va bene – cedette Drusilla, stupendo tutti quanti per la terza volta in quella mattinata.
Non solo aveva accettato di vederlo unirsi al gruppo, ma si era persino astenuta dal commentare su di lui e adesso accettava di andare in cioccolateria sola con lui.
- Allora, Dev, lascio a te questa roba. –
Stephen gli affibbiò le buste prima che avesse modo di ribattere e seguì Drusilla che stava già cominciando ad incamminarsi verso la cioccolateria.
- Sbrigati, King, non ho mica tutta la giornata. –
La raggiunsero nell’arco di una decina di minuti, trovandola quasi del tutto piena.
Gli interni erano decorati in color carta da zucchero, lo stesso colore che compariva sulle barrette di purissimo cioccolato di Mielandia, e l’odore di dolci appena sfornati e intensa cioccolata calda si sentiva in tutto il locale.
- Questo deve essere il paradiso – sospirò Drusilla, guardandosi attorno con aria sognante.
Stephen rise, dirottandola verso il tavolo libero più vicino.
Fu solo allora, mentre stavano seduti uno di fronte all’altra che realizzò che la maggior parte degli avventori erano coppie.
Si chiese distrattamente se anche Drusilla l’avesse notato, ma la ragazza sembrava troppo immersa nella sua aria di beatitudine per rendersene conto.
La cameriera, una ragazza poco più grande di loro dai grandi occhi azzurri e incredibilmente carina, si avvicinò al loro tavolo.
- Cosa posso portarvi? –
Aveva rivolto la domanda a entrambi, ma i suoi occhi non avevano abbandonato nemmeno per un istante il bel volto del ragazzo.
Drusilla sbuffò, roteando gli occhi.
Ci mancava solo che quell’idiota si mettesse a fare il dongiovanni con la cameriera.
- Prima le signore -, replicò cavallerescamente, - tu cosa prendi, Dru? –
- Un tortino di cioccolato fondente al cuore caldo, senza panna … e una cioccolata calda fondente con scorze d’arancia. –
- Per me lo stesso. –
Annotò in fretta l’ordinazione.
Cinque minuti più tardi il loro ordine venne consegnato.
- Se volete altro non fatevi problemi a chiedermelo – concluse, occhieggiando nuovamente a Stephen.
- Roba da matti -, borbottò Drusilla prendendo il primo lungo sorso di cioccolata, - ci mancava solo che ti saltasse direttamente addosso. –
Osservandola da sopra il bordo della tazza fumante, sorrise.
- Gelosa? –
- Figurati. –
- Saresti più credibile se non avessi il labbro sporco di cioccolata – osservò Stephen.
Arrossì, tamponando la bocca con un tovagliolo.
- Adesso? –
- Sei ancora sporca. –
Allungò una mano verso di lei, accarezzandole il labbro inferiore con il pollice.
Portò poi il dito alle labbra, ripulendolo con un movimento rapido.
- Uhm, buono. –
Se aveva creduto di non poter avvampare più di così si era sbagliata.
Era abbastanza sicura che il suo volto fosse ormai dello stesso colore dei pomodori maturi.
- Ti diverti proprio tanto a mettermi in imbarazzo, vero? –
- Solo un po’. La verità è che sei ancora più carina quando arrossisci. –
- D’accordo, Stephen, ci hai provato ma con me non attacca. Dovrai fare ben altro che un paio di moine se vuoi impressionarmi. –
La fissò risolutamente negli occhi.
- Allora immagino di dovermi mettere d’impegno. –

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

- Sembra che tutti quanti abbiano deciso di andare ai Tre Manici di Scopa – considerò Alexandra, occhieggiando alla folla all’interno della sala.
Intravidero Fleamont, Mayra e Kara seduti a un tavolo poco distante.
- Potremmo unirci a loro – considerò Edward.
Abraxas lo guardò come se avesse detto una bestialità.
- Piuttosto la morte. –
- Sia mai che un Malfoy si unisca a dei comuni mortali – lo rimbeccò.
Il biondo storse il naso in una comica espressione di beffarda superiorità.
- Già, è proprio così. Voi sedetevi pure, se volete, ma io preferisco andare al negozio di Quidditch a vedere se Alphard e Adhara o Renford e Minerva sono da quelle parti. –
Alexandra rivolse un sorriso di scuse al fratello.
- Ti dispiace molto se vado anche io? Volevo parlare a quelle due di una cosa. –
- Nessun problema, sorellina, ma se Malfoy dovesse darti fastidio dimmelo e ci penso io. –
Sorrise, scoccandogli un bacio sulla guancia.
- So cavarmela anche da sola, non preoccuparti. –
Dopodichè seguì Abraxas fuori dal locale.
Quando furono a una distanza considerevole, si avvicinarono l’una all’altro, camminando così vicini da far sì che le mani si sfiorassero.
- Con quei commenti non è che aiuti molto mio fratello ad accettarti – osservò.
- Ma se non so neanche io perché non mi sopporta, insomma sono adorabile. –
- Sì, in qualche parte dell’universo qualcuno potrebbe considerarti tale. –
- Spiritosa. Vuoi andare da qualche parte in particolare? –
Si accigliò.
- Ti va di fare un salto all’Emporio di Zonko? –
Le rivolse un sorriso che ebbe il potere di farla sentire la persona più importante sulla faccia della terra.
- Tutto quello che vuoi. –

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

- Sono Riddle e la Nott quelli che si sono intrufolati nella Testa di porco? –
Azalea sbuffò.
- Cominci a essere ossessionato da quei due, Clay. –
- Dico solo che non è uno di quei locali che vengono frequentati di solito dagli studenti di Hogwarts. –
- Se vuoi possiamo entrare a dare un’occhiata, almeno così ti togli il dubbio – intervenne Norman, venendo folgorato da un’occhiataccia dell’amica.
- Che c’è, non dirmi che ti tiri indietro davanti a un po’ d’azione. –
- Certo che non mi tiro indietro. Ethan, tu che dici? –
- Io dico che alla Testa di porco servono Whiskey e Idromele senza chiedere l’età quindi è ovvio che voglio andarci. –
Entrarono nel locale, fingendosi più disinvolti di quanto in realtà non fossero e scelsero un tavolo leggermente nascosto ma poco distante da quello dei due Serpeverde.
Seduto di fronte a loro, accanto a Heidi Carrow, c’era un uomo che teneva ben calcato sulla testa il cappuccio del mantello da viaggio.
Dava loro le spalle e rendeva impossibile guardarlo in faccia.
- Questo è come minimo sospetto – riconobbe Norman.
- Ve l’avevo detto che c’era qualcosa di strano. –
- D’accordo, avevi ragione, ma … -
Ethan la zittì.
- Non riesco a sentire quello che dicono, voi capite di che stanno parlando? –
Scossero la testa.
Il locale era troppo rumoroso e il gruppetto parlava a voce troppo bassa per essere percepito.
- Non importa, lo scopriremo. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

- Allora, com’è? –
Ingoiò l’ultimo boccone di cioccolata, trovandosi suo malgrado a sorridere.
- Immagino di aver appena perso la scommessa. Avevi ragione, è un sapore particolare ma è divino. –
- Te l’avevo detto. –
- Oh, adesso non cominciare con la supponenza tipica dei Black – lo redarguì bonariamente.
- Sono un Black nato, un Black cresciuto e quando sarò morto … -
- Sarai un Black morto? – concluse per lui.
Scoppiarono a ridere.
- Immagino di sì. È una di quelle frasi che si ostinano a ripetere casa. –
- Già, immagino che ognuna delle Sacre Ventotto ne abbia una … se non altro il vostro è un po’ meno egocentrico di quello della mia famiglia. –
- Il motto dei Rosier è “Nous arrivons toujours avant vous”, “noi veniamo sempre prima di voi”. Giusto? –
- Già, qualcosa che fa sembrare il “Toujours pur” dei Black come una cosetta timida e discreta a confronto. –
- Stai cercando di prendere tempo? Ti ricordo che hai un debito da pagare. –
- Oh, non me lo scordo mica -, sorrise furba, - specialmente quando si tratta di un pranzo offerto. –
Alphard scoppiò a ridere.
- Stai forse cercando di dirmi che costa meno farti un vestito che invitarti fuori a mangiare? –
Annuì.
- Ebbene sì, ti sei ufficialmente messo nei guai da solo. –
- Allora vorrà dire che la prossima volta ti porterò a fare shopping. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Soppesando il contenuto della sacca che portava nascosta sotto al mantello, Tom le rivolse un’occhiata.
- Sei sempre convinta di farlo? –
- Assolutamente sì. Ci siamo spinti troppo oltre per fermarci adesso. –
Le rivolse un sorriso lieve.
- Lo sapevo che non mi avresti deluso. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice: 

Salve!
Finalmente sono di ritorno con gli aggiornamenti.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, perché io mi sono divertita tantissimo a scriverlo.
Vi anticipo che l’aggiornamento dovrebbe arrivare intorno a lunedì.
Alla prossima.
Stay tuned.
XO XO,
Mary

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9

 

 

 

 

 

Accarezzò la copertina in pelle di drago, apprezzando il modo in cui le rune impresse sopra creavano i rilievi.
Era un testo antichissimo, eppure sembrava essersi conservato alla perfezione nel corso dei secoli.
Sinister, il contatto che Heidi aveva loro fornito, sosteneva che nessuno fosse più riuscito ad aprire quel Grimorio dai tempi della sua proprietaria originaria.
L’incantesimo di sigillo era talmente complesso che tutti quelli che ci avevano provato avevano miseramente fallito.
E a loro non stava andando tanto meglio.
- Non riesco a credere che abbiamo davvero il Grimorio di Morgana tra le mani e non riusciamo ad aprirlo. –
- Troveremo un modo. –
- Sì, immagino che sia quello che hanno detto tutti quelli che ci hanno provato prima di noi. –
Tom le rivolse un’occhiata penetrante.
- Credevo che non fossi una che si arrende alla prima difficoltà. –
- Non mi sto arrendendo -, sbuffò, - dico solo che non abbiamo nemmeno la minima idea di dove cominciare per aprirlo. –
Lo vide sorridere freddamente. – Vuoi dire che tu non ne hai idea … -
Decise di non cogliere la provocazione, troppo incuriosita dalle possibili implicazioni di quella risposta, - Vuoi farmi credere che invece tu sai come fare? –
- Credo di saperlo, ma devo prima assicurarmi che sia disposta ad aiutarci. –
- Di chi si tratta? –
- Di qualcuno che era al castello ai tempi di Morgana. –
- Un fantasma? –
- Non un fantasma qualsiasi -, replicò, - ma Helena Corvonero. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Aprì la porta del dormitorio, impiegando una manciata di secondi prima di rendersi conto di quello che stavano registrando i suoi occhi.
Tom aveva lasciato il maglione della divisa sulla sedia e aveva la cravatta allentata.
Katherine era sdraiata sul letto a baldacchino del ragazzo, le gambe accavallate e scarpe e calze abbandonate ai piedi del letto.
- Che sta succedendo? Anzi no -, si corresse in fretta, - non lo voglio sapere cosa sta succedendo. Magari la prossima volta però avvertite ed evito di entrare in dormitorio come se nulla fosse – esclamò Abraxas, gesticolando a mezz’aria in direzione della coppia di amici.
Tom inarcò un sopracciglio, con l’aria di chi non aveva la minima idea di quello che stava blaterando il biondo.
- Abraxas, cosa stai cercando di dire? –
Katherine dal canto suo aveva capito perfettamente cosa doveva essere passato per il cervello del ragazzo e proruppe in una risata argentina.
- Santo Salazar, che diavolo ti passa per la testa? –
Il biondo continuò a gesticolare verso di loro. – Ma … ma … allora si può sapere perché siete qui? –
- Perché avevamo bisogno di un posto tranquillo … e questo lo era finchè non sei venuto a interromperci con i tuoi deliri da ragazzina pettegola, biondastro. –
- Tranquillo … per fare cosa? –
Tom gli rivolse un’occhiataccia. – Se non esci dalla stanza entro tre secondi giuro che ti Crucio. –
Alzò le mani, mostrandosi disarmato, e indietreggiò.
Prima di chiudersi la porta alle spalle, fece capolino con la testa.
- Non dicevi sul serio sul Cruciarmi, vero Tom? –
- Ero mortalmente serio, Abraxas. –
- Magnifico … buon proseguimento. –
Sbattè la porta, dirigendosi a passo spedito verso la Sala Comune.
Se si fosse trattato di chiunque altro avrebbe continuato a indagare, ma con Tom non si era mai sicuri di quando si stava per passare il segno e scatenare la sua reazione.

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Allora, alla fine voi ragazze avete fatto quella chiacchierata? –
Adhara e Minerva rivolsero un’occhiata interrogativa a Edward, intento a risistemare le sue cose dopo l’ora buca trascorsa a studiare in biblioteca con loro.
- Chiacchierata? – ripetè la Grifondoro, perplessa.
- Alexandra aveva detto di dovervi parlare di qualcosa. –
- Ah -, saltò su Adhara reggendogli immediatamente il gioco, - ma certo, stavi parlando di Alex. Sì, ci ha detto tutto … ma da noi non sentirai nemmeno una sillaba. –
Rise.
- Lo so, lo so. Tutta quella storia sulla solidarietà femminile e i segreti inviolabili tra amiche. –
- Esattamente – convenne Minerva, determinata a fare la sua parte nell’aiutare Alexandra a tirarsi fuori da guai con il fratello.
- D’accordo, allora non vi chiederò nulla -, promise Ed, - anzi scappo a Incantesimi prima di essere costretto a sedermi accanto a Malfoy. –
Le salutò con un cenno del capo, afferrando la borsa e dirigendosi verso l’uscita.
Rimaste sole, le due ragazze si scambiarono un’occhiata.
- Hai la minima idea di cosa stesse parlando Ed? –
Adhara scosse la testa.
- Neanche mezza. Perciò adesso andiamo a cercare Alex e la costringiamo a raccontarci cosa ha combinato a Hogsmeade e perché ha dovuto inventarsi una scusa per scaricare suo fratello. –
Minerva accennò al tema di Antiche Rune, che giaceva ancora sconsolatamente a metà.
- E questo? –
Si strinse nelle spalle. – Con quello improvviseremo, abbiamo un mistero molto più interessante da risolvere invece di cercare d’interpretare queste stupidissime rune. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

Renford allungò il passo, nella speranza di seminare Heidi.
Sembrava che quella mattina la ragazza non volesse saperne di lasciarlo in pace.
Svoltò l’angolo, puntando verso le scale che conducevano alla torre di Grifondoro, ma nemmeno allora sembrò dare segno di voler mollare l’osso.
- Pensi di passare le vacanze di Natale a casa? –
- Se non posso evitarlo … -
- I miei daranno una festa per la vigilia di Natale, mi farebbe piacere se venissi – insisté.
-Ma davvero, mi dici una cosa che non sapevo proprio … insomma, la fate solo ogni anno da dieci anni a questa parte – ironizzò, congelandole il sorriso sulle labbra voluttuose.
- C’è qualcosa che non va, Ren? –
Sì, qualcosa c’era: lei.
Heidi “la piattola” Carrow sembrava aver fatto del cercare di attirare costantemente la sua attenzione la missione della vita.
- Nulla di grave, solo la spalla che mi fa male – mentì.
- Sta cambiando il tempo, immagino che sia per questo che torna a darti fastidio -, disse pensierosa, - magari potrei farti un massaggio all’articolazione dopo cena. Sono molto brava. –
Dal modo in cui aveva pronunciato le ultime tre parole dubitava seriamente che si stesse riferendo al massaggio.
- Credo che passerò in infermeria, un tonico sarà sufficiente. –
- Se dovesse continuare a darti noie non farti problemi a dirmelo. –
Si voltò a fronteggiarla, deciso a mettere in chiaro le cose.
- Heidi, ti è chiaro che ho una ragazza, vero? –
Atteggiò il volto a un’espressione contrita, come se la sua insinuazione l’avesse profondamente ferita, gli occhioni blu lucidi come se stesse reprimendo le lacrime.
- Certo che mi è chiaro. Ci conosciamo da una vita, Ren. Ti ho sempre voluto bene, ma forse tu non mi consideri tua amica? –
- Certo, sei mia amica, Heidi – borbottò.
Salazar, quanto detestava le ragazze in procinto di scoppiare a piangere.
Non sapeva mai come trattarle.
Intravide la salvezza a qualche metro da lui.
Kara era appena uscita dal dormitorio dei Grifondoro e stava giocherellando distrattamente con un laccio per i capelli.
- Puoi scusarmi? Dovrei parlarle un momento, ci vediamo per cena – la liquidò, senza attendere una risposta, per poi marciare a passo deciso verso la ragazza.
Kara gli rivolse un’occhiataccia non appena lo vide.
- Lestrange, che vuoi? –
- Vengo in pace, quindi ritira gli artigli -, la rimbeccò, - volevo solo parlarti di Minerva. –
- Fammi indovinare, sei venuto a gongolare perché io e lei abbiamo discusso? –
- Certo che no. Merlino santissimo, hai proprio una pessima opinione di me. –
- Già, mi domando come mai … -
Le rivolse un sorriso sghembo. – D’accordo, magari non sono stato mai molto propenso al trattare voi Grifondoro come esseri umani … però direi che le cose sono palesemente cambiate, no? –
- Arriva al dunque, non ho tutta la giornata. –
- Volevo dirti che ho parlato con Minerva della vostra discussione. Aspetta solo che tu vada da lei a scusarti per concederti il perdono. –
La ragazza sgranò gli occhi. – Mi prendi in giro? È disposta a perdonarmi, sul serio? –
- Mai stato più serio di così … quindi muovi il culo e vatti a scusare – concluse, voltandole le spalle.
La sua parte l’aveva fatta, adesso ciò che rimaneva stava solo a loro due.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

Seduto al tavolo dei Serpeverde, Alphard sentiva su di sé lo sguardo insistente di Alexandra.
- Ti serve qualcosa? –
- Direi proprio di sì. Mi servirebbe sapere come mai hai passato l’uscita di Hogsmeade con Adhara – replicò, sorridendo indagatrice.
- E perché lo vuoi sapere? –
- Perché è la mia migliore amica e tu mi sei simpatico, Black. Mi dispiacerebbe doverti uccidere solo perché hai combinato qualcosa che l’ha fatta arrabbiare, quindi voglio conoscere le tue motivazioni. –
Le sorrise di rimando, divertito da quella singolare circostanza.
- Sono sempre stato un perfetto cavaliere. –
- Già, ma non ti sei nemmeno mai impegnato in modo serio e duraturo. –
- Aspetta un momento -, alzò le mani in segno di resa, - chi ha detto che mi sto impegnando? –
Alexandra assottigliò lo sguardo.
- Quindi non vuoi impegnarti nemmeno questa volta? –
- Non sto dicendo questo -, obiettò, - ma solo che ancora non lo so. Adhara è interessante, mi ha incuriosito quanto basta per spingermi a conoscerla prima di prendere una qualsiasi decisione. –
Parve soddisfatta dalla sua risposta, perché tornò ad adagiarsi allo schienale della sedia.
- Ti sei salvato in calcio d’angolo con questa risposta, Alphard. –
Ridacchiò. – Come se avessi paura di te. –
- Dovresti, perché se fai qualcosa che non devi allora sarò felice di prenderti a calci fino alla fine del mondo. –
- Sarò un vero gentiluomo – assicurò.
- Bene, perché se tieni ai tuoi “gioielli di famiglia” e alla possibilità di procreare in un futuro più o meno remoto dovrai comportarti proprio così. –
E finalmente il sorriso di Alphard vacillò.
Uomini, bastava minacciare le loro parti basse per essere certe di essere prese sul serio.

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

Drusilla stava mangiando il dessert quando la macchia nera cominciò a prendere rapidamente forma sulla sua mano.
Fece quasi cadere la forchetta per la sorpresa, notando con la coda dell’occhio che Laura e Alya avevano fatto altrettanto.
Anche Devon e Stephen si stavano osservando il polso.
E così faceva una buona parte degli studenti del sesto e del settimo anno delle quattro Case.
- Sembra che finalmente ci sarà il primo incontro del Club dei duellanti. –
- Si stanno cominciando ad alzare – la informò Laura, accennando al tavolo dei Serpeverde che radunava le sue cose e si dirigeva verso l’uscita.
- Andiamo anche noi, sono curiosa di scoprire come saranno strutturati gli incontri. –
- Ma … e il dolce? –
- Dru, vuoi sul serio far aspettare Riddle perché devi mangiare il dolce? – provò a farla ragionare Alya.
- Assolutamente sì. –
- Dru, muoviti. –
Occhieggiò nuovamente al piattino.
- Ma … -
Stephen le diede un buffetto sul fianco. – Coraggio, marshmallow, se fai la brava prima di tornare in dormitorio sgattaiolo nelle cucine e te ne rimedio un po’. –
Laura alzò gli occhi al cielo. – Ti sembra una buona idea parlare d’infrangere il coprifuoco davanti a un Prefetto? –
- Beh, se lo fa per una buona causa … ma poi perché marshmallow? –
Le ragazze e Devon si scambiarono un’occhiata incredula.
- Sei incredibile, Dru, ti vendi per dei dolci. –
Stephen ammiccò. – Perché il tuo profumo mi ricorda quelli. –
- Sdolcinato, King, ma non attacca … tuttavia apprezzo il tentativo e accetto quel dolce dopo l’incontro. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

La decisione di cominciare con gli incantesimi di base si era rivelata una vera e propria doccia fredda per chi aveva pensato di imparare fin da subito qualcosa di nuovo.
Eppure Tom e Katherine ci avevano visto giusto, perché osservandoli duellare tra di loro sembrava che la conoscenza pratica non fosse affatto all’altezza di quella teorica.
- Azalea, se continui a muovere la bacchetta in quel modo finirai con il cavarti un occhio – commentò Ethan, in coppia con la cugina nella prova sugli incantesimi di disarmo.
- Non è colpa mia se non funziona. –
- Forse, se la muovessi nel modo corretto, ci riusciresti. –
- O forse potrei mettere via la bacchetta e farti nero in un duello alla Babbana – lo rimbeccò.
- Non credo che impressioneresti granchè l’inquietante duo. –
Katherine e Tom, infatti, avevano smesso di esercitarsi tra loro e avevano preso a girare tra le coppie.
- Sembra che Sophie e Tobias non se la cavino granchè. –
In effetti la coppietta sembrava molto poco desiderosa di rivolgere la bacchetta uno contro l’altro.
La voce di Tom riecheggiò nella sala quando si avvicinò a loro due.
- Meno chiacchiere e più incantesimi. O pensate di sconfiggere Grindelwald annoiandolo a morte? –
Azalea fece per rivolgergli una delle sue rispostacce, ma il secco cenno di diniego di Ethan la fece desistere.
Riprovò l’incantesimo, sospirando sollevata nel vederlo riuscire.
- E adesso? – ribattè, inarcando un sopracciglio con aria di sfida.
- Passabile – la congedò il Serpeverde prima di riprendere il giro.

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

- Mi fanno male tutte le ossa – gemette Clay, dirigendosi verso il dormitorio.
- Essere Schiantato da una parte all’altra non è proprio il massimo -, riconobbe Norman, - eppure sembrava che Riddle e la Nott si divertissero parecchio nel vederci sballottolare da una parte e dall’altra. –
- Credi che ci abbiano visto alla Testa di Porco? –
Scrollò le spalle.
- Non ne ho idea, ma non credo che sia una buona idea quella di continuare a indagare, Clay. Insomma, non abbiamo neanche le prove che facciano davvero qualcosa d’illegale o pericoloso. –
- Eppure continuo a credere che ne dovremmo sapere di più … non mi convincono. –
- Clay – lo pregò.
- D’accordo, d’accordo, la smetterò con le mie teorie … ma quelli sono loro due, che ci fanno intorno alla nostra Casa? –
Alzò gli occhi al cielo, sbuffando.
- Cosa abbiamo appena detto? –
- L’ultima volta e poi non ne parliamo più –, promise, - non dirmi che non sei curioso anche tu. –
- D’accordo, ma poi la smetti di giocare all’Auror. Andiamo – cedette.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!
Eccoci qui con l’aggiornamento.
Spero che vi sia piaciuto e vi lascio con un piccolo sondaggio: qual è finora il vostro personaggio maschile e quale quello femminile che preferite? Quale invece proprio non sopportate?
Detto ciò vi saluto e ci aggiorniamo al prossimo capitolo.
Stay tuned.
XO XO,
Mary

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10

 

 

 

 

- Continuo a credere che non sia affatto una buona idea – insistè Norman, mentre seguivano Tom e Katherine fino alla base della torre d’astronomia.
- E io continuo a sostenere che ci sia qualcosa di strano in loro due che se ne vanno in giro con l’aria di due che stanno combinando qualcosa. –
- Magari stanno solo cercando un angolo tranquillo in cui appartarsi – minimizzò.
Clay si voltò verso di lui, inarcando un sopracciglio con l’aria di chi aveva appena sentito la cosa più assurda e ridicola di tutta la sua vita.
- Riddle che si apparta con qualcuno? Sul serio? –
- D’accordo, sarebbe strano, ma solo perché Riddle è un tipo strano e molto inquietante questo non significa che … -
Lo zittì con un cenno della mano.
- Aspetta, l’hai sentito? –
- Cosa? –
- C’è un’altra voce oltre alle loro. –
Rimasero in silenzio, concentrandosi sui rumori che si percepivano in contrasto con il silenzio assoluto del resto della scuola.
- Sembra la voce di una ragazza, ma non l’ho mai sentita prima. Cerchiamo di capire cosa stanno dicendo. –

 

 

 

- Tom … chi è questa ragazza e perché l’hai portata qui? –
La ragazza misteriosa parlava con un tono di voce basso e delicato, ma che suonava indignato e ferito.
- Una mia compagna di Casa, una persona di cui ci si può fidare. –
- Non mi piace, eravamo d’accordo per vederci solo noi due. –
- Helena, sii ragionevole … -
Il fastidio cominciava a permeare la voce solitamente suadente e affettata di Riddle, segno che stava per perdere la calma.
Non avrebbe voluto essere al posto della sconosciuta.
- Ti lascio chiacchierare con la tua fidanzatina fantasma, Tom … altrimenti non ne ricaveremo nulla. Non metterci una vita – concluse Katherine, seccamente, prima di riprendere a scendere la scala a chiocciola.

 

- Dobbiamo andarcene di qui – saltò su Clay, afferrando Norman per un braccio e trascinandolo dietro all’arazzo più vicino.
Videro Katherine camminare a passo svelto lungo il corridoio semi buio, il mantello della divisa che ondeggiava alle sue spalle.
Era quasi sparita dietro l’angolo quando si fermò e si voltò indietro, puntando le iridi castano intenso verso l’arazzo.
Clay si ritrovò a pregare silenziosamente affinchè riprendesse a camminare il prima possibile.
La vide continuare a scrutarlo per una manciata di secondi, poi scrollò le spalle e riprese la sua strada.
Attesero un paio di minuti prima di uscire di lì.
Le iridi azzurre di Norman erano sgranate e il suo sguardo valeva più di mille parole: non si sarebbe lasciato coinvolgere in un’altra impresa come quella.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

Rimestò svogliatamente le uova strapazzate nel suo piatto.
Sentiva lo stomaco fastidiosamente chiuso e aveva la netta sensazione che avrebbe finito con il rimettere anche ciò che non aveva ancora messo sotto i denti.
Era la sua prima partita come Capitano e la pressione la stava uccidendo.
Non potevano permettersi di perdere quella partita, ne andava del suo futuro di Capitano.
Era talmente assorta dalle sue considerazioni che non si accorse dei ragazzi seduti accanto a lei finchè Sophie non tossicchiò con vigore.
Alexandra e Abraxas le sorrisero mentre poco distante da loro c’era Alphard in evidente attesa.
- Siamo passati per farti gli auguri per la partita … asfaltate i Tassorosso! – esclamò la bionda.
- Beh, potete anche limitarvi a vincere senza asfaltarli … insomma, non serve che superiate il nostro punteggio – precisò Abraxas, ricevendo per tutta risposta una gomitata nelle costole da parte della ragazza.
- Ahia, sei impazzita? –
- E tu ce la fai a non pensare alla vittoria in ogni secondo? Siamo qui per sostenere Adhara, non per confrontare statistiche e punteggi. –
Le fece la linguaccia, atteggiando il volto in una buffa smorfia che fece alzare gli occhi al cielo ad Alexandra.
Eppure non gli rifilò una rispostaccia come Adhara aveva previsto.
Anzi, sembrava palesemente concentrata nel non scoppiare a ridere.
Da quando quei due andavano tanto d’accordo da mettersi a scherzare insieme?
A meno che … effettivamente nell’ultimo periodo li aveva visti passare sempre più tempo l’una nei pressi dell’altro e la cosa era a dir poco sospetta.
- Non avete nulla da dirmi voi due? –
Si scambiarono una rapida occhiata.
- Nulla. –
- Ne siete proprio sicuri? Neppure qualcosa che è successo in questi giorni? –
Un lieve rossore si dipinse sul volto di Alexandra, tradendola.
- Te l’avevo detto che l’avrebbe scoperto – constatò Abraxas.
- Già, ma mi domando come abbia fatto … insomma, questa volta sono stata attentissima. –
Vide l’amica sbuffare, atteggiando le labbra in un lieve broncio che aveva il potere di farla apparire sexy e tenera allo stesso tempo.
- Lo sai che nulla sfugge al mio radar. –
- Già, però così non è divertente. Se sai già che ti ho preparato uno striscione d’incoraggiamento mi dici che sorpresa è? –
Rimase interdetta.
Uno striscione?
Era questo il grande enigma da risolvere?
- Apprezzo comunque il gesto, sorpresa o meno – assicurò Adhara.
- Voglio sperarlo, ho lavorato per ore per riuscire a incantare le frasi … e lo sai che sono una frana con la Trasfigurazione. –
Abraxas tossicchiò, accennando alle sue spalle.
- Alexandra, non avevamo detto due minuti? Lo sai che ad Alphard non piace aspettare. –
- Già, andiamo subito, ancora in bocca al drago – disse, stringendola in un ultimo abbraccio prima di lasciarsi condurre via.
Alphard sedette al suo posto, rivolgendole un sorriso sghembo.
Era una di quelle espressioni che aveva il potere di farle tremare le ginocchia ogni volta che gliela rivolgeva.
Si sforzò di darsi un contegno; insomma, era pur sempre una Rosier.
La studiò per interminabili secondi, guardandola dritta negli occhi, prima di pronunciare la sua diagnosi.
- PSM? –
- Come scusa? –
- Pre match stress – chiarì.
- Solo un po’, dopotutto il Capitano ha le aspettative di tutta la Casa sulle spalle. –
- Te la caverai alla grande. –
- Lo dici solo per sollevarmi l’umore o lo pensi davvero? –
- Dico sempre e solo quello che penso, dovresti saperlo. E tu voli veramente bene, sei una delle migliori Cacciatrici della scuola. –
Sgranò gli occhi, fingendosi sconvolta.
- Alphard Black che fa un complimento a qualcuno che non sia se stesso? Stai attento, potrei cominciare ad abituarmici. –
- Chissà, forse. –
Le strizzò l’occhio, alzandosi dalla panca.
- Ci vediamo dopo la partita. –
- Certo. –
Lo vide allontanarsi e dirigersi verso la tavolata verde argento.
Fu solo allora che realizzò quello che le aveva detto il ragazzo.
Dopo la partita?
Aveva forse intenzione di aspettarla dopo l’incontro?
O magari era solo un modo di dire.
Doveva davvero smetterla e tornare con i piedi per terra.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fleamont osservò l’amica continuare a guardarsi intorno come se fosse alla disperata ricerca di qualcosa o qualcuno.
- Ehm, Kara? Stiamo per perderci la partita. –
Lo liquidò con un mezzo gemito infastidito.
- Se aspettiamo ancora tutti i posti saranno presi – insistè Edward.
- Andate se proprio dovete, ma smettetela di darmi il tormento –, sbuffò, - io devo fare una cosa molto più importante. –
- E sarebbe? – domandò il compagno di Casa, perplesso.
- Devo parlare con Minerva e scusarmi perché sono stata un’idiota e lei è stata un’idiota ancora più grande perché ha pensato che io potessi mai considerarla inferiore a qualcuno – buttò tutto fuori di scatto.
Ecco, finalmente l’aveva detto a qualcuno o avrebbe finito con l’impazzire.
- Sono le scuse più strane che io abbia mai sentito, Dawson, ma non ho molta esperienza in materia quindi potrebbe essere comunque un modo efficace di farle, per quanto ne so. –
Sussultò, colta alla sorpresa nell’udire la voce di Renford.
Si voltò lentamente, trovandosi davanti il Serpeverde e, mano nella mano con lui, Minerva.
L’amica la fissava in silenzio, facendo crescere la tensione e al contempo l’imbarazzo dentro di sé.
- Ecco, io … immagino tu abbia già sentito tutto quanto quindi fondamentalmente non c’è molto altro che possa dirti se non: mi dispiace, sul serio, più di quanto possa dire a parole. –
Minerva le si avvicinò di scatto e per un folle istante temette che l’avrebbe picchiata.
Invece l’abbracciò, tenendola stretta a sé.
Ricambiò il gesto, sentendo la tensione abbandonarla rapidamente.
- Siamo ancora amiche, Minnie? –
- Saremo sempre amiche, sciocca. –
Si separarono nel momento in cui il fischio d’inizio si librò giunse alle loro orecchie.
- Perfetto, adesso diamoci una mossa – intervenne Fleamont, avviandosi verso le gradinate.
- Come rovinare un momento tenero – sospirò Edward, tuttavia lo seguì.
Tuttavia a Kara non era sfuggita la reazione del Serpeverde rimasto con loro.
Le guardava come se fosse veramente contento della loro riappacificazione.
La considerazione che aveva di Renford Lestrange salì vertiginosamente.
- Stai sorridendo intenerito, Lestrange?
- Non so di cosa ti faccia, Dawson, ma ti considero vivamente di cambiare spacciatore. Io non sorrido mai intenerito – la rimbeccò, facendo sparire il sorriso che aveva intravisto fino a poco prima.
Sì, certo, ma a chi voleva darla a bere?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Devon perlustrò l’area attorno a lui.
Erano sotto per 30 a 20 e il Boccino non si era ancora fatto vedere.
Se volevano sperare di vincere la partita dove trovarlo e doveva farlo il prima possibile.
Notò con la coda dell’occhio che Azalea, a pochi metri da lui, faceva altrettanto.
Era più piccola e veloce di lui, non poteva permettere che lo battesse sul tempo.
Fu allora che avvertì un fruscio alle sue spalle.
Si voltò di scatto, vedendo il familiare bagliore dorato che solcava il cielo azzurro.
Si lanciò all’inseguimento, venendo affiancato all’istante da Azalea.
Spinse la scopa al massimo, appiattendosi contro il manico per cercare di aumentare al massimo l’aerodinamicità.
Non era abbastanza.
Vide Azalea doppiarlo e allungare la mano verso la sfera.
Le dita sottili e femminili si chiusero sul Boccino, scatenando il boato della folla sedulta tra gli spalti di Corvonero.
Il fischio che sanciva la fine della partita giunse all’istante.
- E Corvonero vince per 180 a 20 – annunciò il commentatore, accompagnato dai sospiri rassegnati dei Tassorosso.
Era stata una partita sotto tono e l’avevano giocata davvero male, non c’erano scuse.
Puntò nella direzione opposta a quella del resto dei giocatori e spinse la scopa al massimo della velocità, determinato ad allontanarsi di lì il più possibile.
Laura e Alya atterrarono a pochi passi da Stephen, con il fiato corto.
- Dovremmo andargli dietro? –
Il biondo scosse la testa.
Era tipico di Devon sfogare la rabbia in quel modo.
- Non serve. Torniamo al castello, si farà vivo quando avrà sbollito. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

 Salve!
Comincio scusandomi per l’attesa, la brevità e il capitolo non del tutto convincente (o almeno non mi ha convita del tutto, non so voi) ma purtroppo lo studio, il caldo e un torcicollo tremendo mi hanno messa ko in questi giorni quindi oggi mi sono auto imposta di lavorare al capitolo perché non mi andava di farvi aspettare ancora.
Spero che non faccia eccessivamente schifo, in quel caso scusatemi e prometto di rifarmi con il prossimo.
Al prossimo aggiornamento.
Stay tuned.
XO XO,
Mary

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Minerva venne svegliata da un chiacchiericcio di sottofondo.
Inizialmente aveva creduto che si trattasse semplicemente di un sogno, ma quando le voci si erano sovrapposte e il mormorio era cresciuto di volume aveva dovuto prendere atto che no, non era un sogno.
C’era davvero qualcuno nella loro stanza che, in barba all’ora a dir poco antelucana, aveva pensato bene di svegliarla.
Aprì un occhio, tenendo l’altro saldamente serrato, sondando la stanza.
Kara era seduta sul suo letto, a gambe incrociate, e accanto a lei c’erano Alexandra e Adhara intente a smaltarsi le unghie a vicenda; Drusilla, invece, era seduta a cavalcioni sulla sedia e teneva tra le braccia quella che aveva tutta l’aria di essere una qualche torta.
Il suo cervello mezzo addormentato registrò solo in quel momento che giorno fosse.
Ecco perché il dormitorio femminile di Grifondoro era stato preso d’assalto.
Il suo compleanno, il suo diciassettesimo compleanno.
Era ufficialmente un’adulta per il mondo magico.
- Sorgi e brilla, raggio di sole, stavamo cominciando a pensare di doverci mangiare la torta da sole – la salutò Kara, mentre Drusilla annuiva con vigore.
- Il che non sarebbe stato male, sicura di non voler tornare a dormire? –
- Riaddormentarmi sarebbe impossibile anche con una pozione soporifera visto il rumore che state facendo, Dru – replicò ridendo.
Allontanò le coperte e si mise a sedere sul bordo del letto.
Adhara si alzò con un colpo di reni, abbracciandola goffamente per non rovinarsi lo smalto nero ancora umido.
- La mia bambina è diventata grande – disse, fingendo di asciugarsi una lacrima.
- Ti ricordo che hai due mesi meno di me, non dovrei essere io la mamma? –
Scosse le onde corvine. – Dettagli. Sei solo anagraficamente più grande di me, Minnie, per il resto direi che devi ancora metterti in pari … o almeno credo. –
Le rivolse un’occhiata strana che fece sorridere maliziosa Alexandra e avvampare Drusilla.
Kara alzò gli occhi al cielo.
- Per le mutande di Merlino, ditemi che non stiamo davvero parlando di aver fatto o meno sesso? –
- Lo dici come se fosse una cosa tremenda – constatò Alexandra.
- Lo é. –
- Oh, andiamo Kara, non essere bigotta. Immagino che tutte ce lo stiamo chiedendo da quando la storia tra lei e Renford è diventata ufficiale. Insomma, lo avete fatto o no? –
Minerva sentì le guance diventare bollenti e non ebbe alcun bisogno di guardarsi allo specchio per avere la certezza di essere ormai diventata un vero e proprio pomodoro umano.
- Ecco, devo proprio rispondervi? –
- Certo che devi – replicò all’istante Adhara.
Prese un respiro profondo, sforzandosi di sconfiggere la tremenda sensazione di imbarazzo che stava provando.
Dopotutto erano le sue migliori amiche, non l’avrebbero mai giudicata.
- D’accordo … non lo abbiamo ancora fatto – ammise.
Alexandra e Adhara sgranarono gli occhi, colte di sorpresa.
- Sul serio? –
- Già, sembrate sconvolte dalla cosa. –
- Non in senso negativo -, si affrettò a precisare Adhara, - semplicemente non pensavamo che Renford fosse uno di quei tipi che sanno aspettare. È un’ottima cosa, significa che ci tiene davvero – le assicurò.
Certo Renford non era un verginello di primo pelo, anzi aveva avuto parecchie avventure nell’arco di quei sette anni di permanenza al castello, ma lei non si era mai soffermata a pensare a quanto dovesse mettersi d’impegno per non farle pressioni.
- Ragazza fortunata – assentì Alexandra a sua volta, sorridendole affettuosamente, - e adesso che ci siamo tolte la curiosità accantoniamo l’argomento sesso e dedichiamoci alla torta! –
Drusilla annuì con convinzione, cominciando a dividere la piccola torta alla frutta in porzioni equamente ripartite.
- Finalmente qualcosa su cui sono assolutamente d’accordo. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

Alya si accigliò osservando la sedia al suo fianco ancora desolatamente vuota.
- Sai che fine ha fatto Dru? –
Laura annuì, continuando a tenere gli occhi puntati sulla copia della Gazzetta del Profeta che le era appena stata consegnata.
In prima pagina capeggiava un immenso articolo sul recente attacco di Grindelwald a Parigi.
- E dov’è? –
Nessuna risposta.
Alya tossicchiò, cercando di attirare l’attenzione dell’amica.
Nulla.
Quando si trattava di Grindelwald Laura finiva su un altro pianeta.
- Laura, torna sulla terra. Siamo in Sala Grande, a Hogwarts, e stritolare la copia della Gazzetta non cambierà le cose – la richiamò, alzando leggermente la voce.
Fu allora che diede finalmente segno di averla sentita.
Alzò lo sguardo su di lei, rivolgendole un lieve sorriso di scusa.
- Ero concentrata nella lettura. Questo è il quarto attacco nell’arco di circa un mese, è possibile che nessuno faccia nulla? –
Capiva alla perfezione i sentimenti dell’amica, doveva essere dura per lei sapere che Grindelwald era ancora a piede libero dopo tutte le persone che aveva ucciso.
- Riusciranno a fermarlo … -
- E non è vero che nessuno sta facendo nulla – intervenne Devon, che aveva suo malgrado origliato parte della conversazione. Noi stiamo facendo qualcosa, tu stai facendo qualcosa. È a questo che serve il Club dei Duellanti – concluse, posandole una mano grande e lievemente escoriata sulla sua.
Osservò le ferite sulle nocche, storcendo il naso.
Aveva avuto la conferma che fosse rimasto a volare per molto dopo la sconfitta, ma quei segni erano la conferma lampante.
- Quanto tempo hai passato a continuare ad allenarti dopo la partita di ieri? –
Devon tentennò per un attimo prima di rispondere.
Puntò le iridi verde pallido su quelle scure di Alya e ironizzò: - Che dici, mi strangola se glielo confesso? –
Alya rise, stringendosi nelle spalle.
- Immagino che non ti resti che scoprirlo, Dev. –
- Tu non mi difenderesti? –
- Assolutamente no. Mai mettersi contro Laura, è la prima lezione da imparare … specialmente quando ha ragione. –
- Allora immagino che andrò incontro al mio destino. Lo confesso, sono rientrato in dormitorio verso le undici. –
Laura sgranò gli occhi.
- Le undici? Ma la partita è finita alle sei … sei rimasto ad allenarti per cinque ore? –
- Se avessi preso il Boccino per primo avremmo vinto. –
- Non è stata colpa tua, Devon – replicò, stringendo a sua volta la mano del ragazzo, ancora adagiata sulla sua.
Annuì, poco convinto.
- Piuttosto, tu sai che fine ha fatto Drusilla? –
Scosse la testa.
- Non ne ho idea, ma mancano parecchie delle ragazze ai vari tavoli. Steph, tu ne sai qualcosa? –
Il biondo annuì. – Certo. –
- E perché non ce l’hai detto? – domandò Alya.
- Perché nessuno me lo ha chiesto -, si strinse nelle spalle, - comunque è nella torre di Grifondoro con mia sorella, Adhara e Kara. Oggi è il compleanno di Minerva e sono andate a farle una sorpresa. –
Giusto, con tutto quello che stava succedendo in quel periodo aveva finito con il passarle completamente di mente.
- E tu come lo sai? –
- Perché questa mattina l’ho vista sgattaiolare fuori dalle cucine con una torta al cioccolato. Non ha saputo resistere al mio charme e mi ha raccontato tutto. –
- Tradotto l’hai molestata finchè non te l’ha detto, esasperata – chiarì Devon.
- Oh, andiamo, molestata è una parola forte … diciamo che potrei averle chiesto dove stava andando una decina … o magari una ventina, d’accordo diciamo anche una trentina, di volte dove stava andando. –
- Santissima Helga, King, sei un vero e proprio stalker. –
- Non sono uno stalker, Alya. –
- Ah, no? E come ti definiresti? –
- Un tipo determinato a ottenere quello che vuole. –
Un sorriso furbo si dipinse sulle labbra di Laura.
- Quindi quello che vuoi è Dru? –
Stephen smise di mangiare, alzandosi di scatto.
- Parlerò solo in presenza del mio magi avvocato; se volete scusarmi, ci vediamo a lezione. –
E fu così che Devon si ritrovò con due paia di occhi puntati su di lui, l’unico in grado di dare loro risposte accurate sul comportamento di quel pazzo scatenato del suo migliore amico.
Stephen gliel’avrebbe pagata, poco ma sicuro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

- Avete una vaga idea di come accidenti si prepari questa cosa? – sbuffò Azalea, indicando con un cenno disgustato del capo la pozione che sobbolliva lentamente nel calderone di peltro.
- Prova con le radici di alloro – suggerì Norman.
- Radici di alloro? Stai scherzando, spero … vai di ginepro, cuginetta – intervenne Ethan, affacciandosi dal banco dietro al loro.
- Bacche di ginepro, Fenimore, sul serio? – gli fece eco il Corvonero, aggrottando la fronte, - funzionerebbe se volessi far esplodere il calderone. –
Ethan parve perdersi nel nulla, come se il suo cervello stesse viaggiando a tutta velocità verso chissà che direzione.
- Non pensarci nemmeno, Et – lo redarguì la ragazza.
- A cosa? –
- A combinare qualche scherzo dei tuoi. –
- Mi sento ufficialmente offeso. Credi forse che potrei mai manomettere di proposito il tuo calderone per far esplodere la pozione dritta addosso a Lumacorno non appena si avvicina a controllare come procedi con il lavoro? –
Gli rivolse un’occhiataccia.
- Sì, esatto, sono assolutamente certa che lo faresti. –
- Ribadisco, sono offeso. –
Tobias, seduto al suo fianco, ridacchiò.
- Rassegnati, amico, ormai ti ha beccato. –
Sbuffando, si lasciò ricadere sulla sua sedia. – Peccato, sarebbe stato davvero divertente. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

- Signor King, sa per caso che fine abbia fatto la sua gemella? –
- Ehm … non esattamente, professor Silente. –
- Le faccia presente che sto ancora aspettando il suo tema sulla trasfigurazione congiunta. –
Annuì meccanicamente.
Avrebbe voluto sotterrarsi, lui che non era mai in ritardo con i compiti.
E poi, effettivamente, dove si era cacciata Alexandra?
Doveva essere andata a fare gli auguri a Minerva, ma era passata più di un’ora e mezza da quando aveva lasciato la loro Sala Comune.
Cominciava seriamente a preoccuparsi.
- Neppure Kara e Minerva si sono viste – lo informò Fleamont, suo ormai storico compagno di banco.
- Credi che si siano cacciate nei guai? –
- Se si trattasse solo di tua sorella e delle altre ci scommetterei, ma con Minerva? Non credo che permetterebbe loro di finire nei guai. –
- Per quanto sia affascinante la vostra smodata preoccupazione, ho il bizzarro desiderio di ascoltare la spiegazione – sibilò Tom, voltandosi verso di loro per folgorarli con un’occhiataccia.
I due ragazzi si zittirono all’istante.
Quando Riddle utilizzava quel tono non c’era nulla di buono all’orizzonte e tanto valeva dargli retta.
Silente era alle prese con un passaggio particolarmente ostico della lezione quando la porta dell’aula si spalancò a mostrare un’Alexandra dai capelli biondi scarmigliati e il fiato corto.
Aveva tutta l’aria di chi aveva fatto gli ultimi piani correndo come una pazza.
- Mi scusi per il ritardo, professor Silente … le ho portato il tema – aggiunse, sventolando un rotolo di pergamena palesemente appena finito di scrivere e decisamente spiegazzato.
Il professore le rivolse un lieve sorriso, afferrando la pergamena.
- Molto bene, signorina King, prenda pure posto … cinque punti in meno a Serpeverde per il suo ritardo. –
L’occhiata micidiale di Tom la fece trasalire.
Fantastico, era persino più inquietante del solito.
Edward si sporse verso di lei, attirando la sua attenzione.
- Che è successo? –
- Avevo dimenticato di fare il tema per Silente … Minerva e Adhara mi hanno aiutata a scriverlo all’ultimo secondo perciò abbiamo finito con il fare tardi. –
Fleamont tossicchiò, accennando a Silente che stava guardando verso di loro.
- Vado contro i miei interessi, ragazzi, ma sono abbastanza certo che se fate perdere altri punti a Serpeverde Riddle si alzava dalla sedia e vi squarta davanti a tutti. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

- Hai preso tutto? –
Sophie annuì, trascinando dietro di sé l’immensa cesta da pic nic che gli elfi domestici erano stati tanto gentili da preparare per loro.
- Dovremo fare almeno altri tre viaggi, hanno cucinato veramente tantissima roba – sospirò Mayra.
- Merito di Dru e della sua amicizia con gli elfi domestici. Non avrei saputo dove altro trovare tutto questo cibo. –
- Credi che a Minerva piacerà? Insomma, quello che stiamo facendo non è che sia esattamente nello spirito delle regole. –
Con un sorriso furbo, la bionda le strizzò l’occhio.
- Fidati, May, lo adorerà e non penserà nemmeno per un attimo a tutte le regole che violeremo … o meglio, magari ci penserà per i primi cinque minuti ma poi lascerà perdere. –
Sperava davvero che avesse ragione.
L’idea di utilizzare la Stanza delle Necessità per organizzare una festa per i diciassette anni della ragazza era venuta ad Adhara, che aveva organizzato tutti i dettagli insieme a Renford, e a loro era toccato il faticoso compito di trasportare i viveri.
Alle bevande, gli era stato detto, avrebbero pensato Abraxas e Alphard.
Non avevano la minima idea di come sarebbero riusciti a fare entrare dell’alcool all’interno della scuola, ma aveva fiducia nelle capacità combinate di un Black e di un Malfoy.
- Sarà la festa più epica che Hogwarts abbia mai visto – profetizzò.
- Anche meglio, sarà la festa migliore dell’intero mondo magico! –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

- Sei proprio sicura di non voler venire? –
Katherine scosse la testa, raggomitolandosi maggiormente sulla poltrona davanti al caminetto scoppiettante.
- Al cento per cento. Mi sentirei un’imbucata, non è esattamente una mia amica. –
- Ma non ti sta nemmeno antipatica – osservò Alphard.
Già, era vero, trovava che Minerva fosse inaspettatamente niente male per essere una Grifondoro.
Eppure non avrebbe mai passato del tempo in sua compagnia, semplicemente dubitava che sarebbero mai potute essere due tipe compatibili.
- Resterò qui, io e Tom abbiamo in programma una partita di scacchi. –
- Come preferisci -, si strinse nelle spalle, - se cambiate idea sapete dove trovarci. –
Come se Tom avrebbe mai accettato di prendere parte a una festa illegale … per di più di una Grifondoro e Mezzosangue con cui non aveva alcun tipo di rapporto o legame.
- Divertitevi – tagliò corto, notando con la coda dell’occhio che il suddetto amico stava uscendo dal dormitorio maschile.
Non c’era bisogno di coinvolgere anche Tom nella discussione.
- Ci vediamo – annuì Alphard, avvicinandosi ad Abraxas che aveva l’aria palesemente sofferente.
- Black, dammi una mano con questa roba, pesa troppo. –
- Braccine deboli, Malfoy? –
Gli rivolse un gestaccio.
- Hai visto come sono resistenti? –
Ridendo, Alphard gli tolse di mano un paio di casse di idromele e dopo aver rivolto un cenno del capo ai compagni di Casa sgusciò fuori dal passaggio segreto.
Abraxas gli venne dietro.
Rimasti soli, Tom inarcò un sopracciglio.
- Se ci fanno perdere dei punti giuro che appenderò le loro teste proprio sopra al caminetto. –
- Accanto alla stendardo di Serpeverde? Non credo che starebbero bene, forse dovresti sistemarle un po’ più in alto. –
- Tu dici? –
Annuì, sorridendo divertita.
- Già … ti è chiaro che sto scherzando, vero Tom? –
Un sorriso stese le labbra sottili del ragazzo.
- Ovviamente … stavo scherzando anche io. –
Sì, forse, ma non aveva avuto affatto quella sensazione.
Era un periodo che le sembrava che le sanguinarie minacce di Tom fossero sempre più assennate e decise come se l’idea di uccidere e menomare qualche cadavere non lo preoccupasse minimamente.
Forse era solo una sua impressione, chi poteva dirlo.
- Allora, questa partita a scacchi? –
- Arrivo subito -, assicurò raggiungendolo al tavolo, - questa volta ti batterò, fosse l’ultima cosa che faccio. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

Renford continuò a guidarla lungo la strada, fornendole indicazioni precise mentre la faceva camminare con il volto coperto.
- Mi dici dove stiamo andando? –
- Se te lo dicessi che sorpresa sarebbe? C’è un ultimo gradino, stai attenta. –
Le posò le mani sui fianchi, facendola voltare verso di sé e attirandola maggiormente vicina.
Minerva sentiva chiaramente il calore provenire dal suo corpo.
Dovevano essere tremendamente vicini.
Allungò una mano, posandola sul petto del ragazzo.
Persino al di sopra della divisa riusciva a percepire quanto fosse solido e ben fatto il suo corpo.
- Che fai, allunghi le mani? – la prese bonariamente in giro.
- E se anche fosse? –
Lo sentì esitare per un istante, segno che la sua risposta doveva averlo colto di sorpresa.
- In quel caso sarei più che pronto a farmi mettere le mani addosso da te … e non solo quelle. –
Ringraziò di avere gli occhi coperti in modo tale da non guardarlo negli occhi, perché era certa che il suo sguardo avrebbe tradito un imbarazzo tremendo.
- Comunque, tornando al motivo per cui siamo qui … puoi togliere la benda. –
Obbedì, attendendo pazientemente che gli occhi ormai abituati all’oscurità mettessero a fuoco i contorni del luogo in cui si trovava.
- Siamo fuori dalla Stanza della Necessità? –
- Già. –
- E che ci facciamo qui? –
- Apri la porta e lo scoprirai … non avrai mica paura? – la sfidò con un luccichio divertito nelle iridi cobalto.
- Non ho mai paura. –
Abbassò la maniglia.
La porta si aprì, mostrando decine di candele disseminate per la stanza.
Venne assalita dal clamore un attimo prima di registrare la presenza di decine di volti sorridenti.
- Sorpresa! –
Si voltò verso Renford, saltandogli al collo.
- È la cosa più … nessuno l’aveva mai fatto per me – mormorò, piantandogli un bacio sulle labbra, incurante degli sguardi dei presenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

 Salve!
Eccoci qui con il nuovo aggiornamento, spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Vi lascio una scaletta dei prossimi quattro capitoli e vi chiederei di mandarmi un tipo di odore/profumo che potrebbe rappresentare il vostro OC (tramite recensione o tramite MP):

- Secondo incontro del Club dei duellanti;
- Una lezione di Pozioni un po’ particolare (mi spiace, ma non posso aggiungere altro vista la mia filosofia "no spoiler eccessivi" xD);
- Halloween;
- Partita Corvonero vs Serpeverde.

 
Al prossimo aggiornamento.
Stay tuned.
XO XO,
Mary

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12

 

 

 

 

 

- Merlino, ho un mal di testa tremendo – gemette Abraxas, passandosi le mani sul volto stanco e segnato dalla nottata passata a fare le ore piccole.
- Potevi andare a dormire a un’ora decente – lo rimbeccò Tom, sorseggiando il suo succo di zucca.
- Non hai la minima solidarietà nei miei confronti, Tom? –
- Assolutamente no. Anche perché devo ancora capito il motivo per cui hai accettato di prestarti a quella ridicola trovata. –
- Bella domanda. Sarà forse perché Renford e Adhara non mi hanno lasciato alcuna possibilità di scelta? –
- Renford sembra essersi bruciato il cervello in quest’ultimo periodo –, osservò Heidi inserendosi nella conversazione prima ancora che uno dei due ragazzi si fosse reso conto del fatto che stava origliando, - Non sei d’accordo anche tu, Tom? –
Il ragazzo posò a malapena lo sguardo su di lei, limitandosi a fissarla con fredda noncuranza quasi non avesse neppure aperto bocca.
Abraxas invece non perse l’occasione di punzecchiarla, dopotutto erano settimane che non discuteva con qualcuno e stava cominciando davvero a sentirne la mancanza.
- Lo sai che quando ti accigli in quel modo ti compaiono delle piccole rughe intorno agli occhi, vero Heidi? –
 - Non ho nessuna ruga, Malfoy – lo rimbeccò, ma abbandonò immediatamente quell’espressione e tornò a concentrarsi sulla colazione.
Era una sua impressione oppure stava cercando di specchiarsi nel riflesso del cucchiaio nell’intento di trovare conferma o meno alle sue insinuazioni?
- Quindi, tornando alla tua scarsa solidarietà, non ci sono speranze che mi faccia dare un’occhiata al tuo compito di Storia della magia? –
- Assolutamente nessuna. –
- Sono sempre più convinto che tu ci goda nel vedermi supplicarti. –
- Questo sì che è possibile -, convenne con un ghigno divertito, - comunque invece di dare il tormento a me perché non provi a rivolgerti ad Alexandra? È quasi brava come me in Storia della magia – concluse, calcando in modo palese sul “quasi”.
Le iridi grigie del ragazzo s’illuminarono.
A quello non aveva minimamente pensato.
- Sei un genio, Tom. –
- Lo so. –
Scivolò sulla panca fino a ritrovarsi di fronte ad Alexandra, rivolgendole un sorriso smagliante.
Edward lo folgorò con un’occhiataccia.
- Che ti serve, Malfoy? –
- Da te assolutamente nulla, mr simpatia. Avevo intenzione di rivolgermi a una versione più bionda, più femminile e francamente più bella di te. Alexandra, salveresti una povera e innocente anima dall’ennesima D in Storia della magia? –
Alexandra trattenne una risata, osservandolo sfoggiare un’espressione supplichevole che lo faceva sembrare un cucciolo indifeso.
- D’accordo, ti passerò il mio tema, ma mi devi un favore enorme. –
- Certo. –
Ripescò il foglio dalla borsa in pelle di drago, tendendoglielo.
- Ah, quando dico enorme intendo veramente enorme. –
- Affare fatto. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Signorina Dawson, cosa dovrebbe essere esattamente quella che ribolle nel suo calderone? –
Kara osservò la poltiglia verdognola che si stava rapidamente depositando sul fondo del calderone.
Adhara, a pochi calderoni di distanza, borbottò qualcosa che suonava come un “non rispondere, è una trappola”.
Trattenne una risata, certa che scoppiare a ridere in faccia al professore non avrebbe di certo perorato la sua causa.
- Ehm … distillato della morte vivente, professore? –
Lumacorno arricciò il naso, assottigliando gli occhietti acquosi.
- Ne dubito fortemente. Qualsiasi cosa sia questa … cosa, le assicuro che non è Distillato della morte vivente anche se noto una certa somiglianza con il muco di troll. –
Che era precisamente il voto che avrebbe preso ai M.A.G.O. dell’anno seguente in quella maledetta materia, ne era certa.
- Trenta centimetri di pergamena sulla corretta preparazione del Distillato della morte vivente, li voglio sulla mia scrivania per venerdì mattina o collezionerà uno zero, signorina Dawson – concluse, passando oltre.
- Fantastico, ho già quaranta centimetri di pergamena per Trasfigurazione e altri venti per Incantesimi … senza contare gli allenamenti di questa sera, me lo dite quando studio? – sospirò, rivolgendo uno sguardo affranto in direzione di Minerva e Adhara.
Quest’ultima spinse leggermente di lato il Corvonero del suo anno, Gabriel Davies, per rivolgerle un’occhiata solidale.
- Posso darti una mano con Pozioni, se vuoi. –
- Lo apprezzo moltissimo -, replicò speranzosa, - anche perché la colpa del mio votaccio è tutta del tuo compagno di banco – concluse, lanciando un’occhiataccia al suddetto ragazzo.
Davies inarcò un sopracciglio, guardandola dall’alto in basso.
Se sperava di sfruttare la sua considerevole stazza da Battitore per intimorirla si sbagliava di grosso.
- E perché sarebbe colpa mia se sei completamente negata in Pozioni? –
- Perché Adhara era la mia unica speranza per superare la lezione incolume e tu hai occupato il posto accanto al suo. –
- Potevi arrivare prima – la rimbeccò.
Sbuffando, Kara alzò gli occhi al cielo.
- Credi davvero che questo tuo atteggiamento sia producente, Davies? Insomma, lo sappiamo tutti che hai una cotta per Adhara dal terzo anno … pensi seriamente di avere qualche chance solo perché monopolizzi il posto accanto a lei a ogni lezione? –
Gabriel parve perdere l’uso della parola; il suo viso passò da un pallore quasi mortale a un rosso pomodoro particolarmente acceso.
- Resta il fatto che non è colpa mia se ti sei presa un compito di punizione – bofonchiò, tornando ad annotare i procedimenti sul suo rotolo di pergamena.
Infilò tutto in borsa, attendendo il termine della lezione per uscire dall’aula a passo di carica.
Adhara rise, aspettando che l’amica le si affiancasse mentre uscivano a loro volta dall’aula.
- C’era proprio bisogno di dirglielo così duramente? –
- Non sono stata dura -, chiarì la Grifondoro, - ma semplicemente sincera. –   
La Corvonero alzò gli occhi al cielo, astenendosi dal commentare che ultimamente la sincerità di Kara non le era stata particolarmente utile, bastava pensare alla discussione di pochi giorni prima con Minerva.
Eppure tutte loro sapevano com’era fatta l’amica e a loro andava bene così, non sarebbe stata Kara altrimenti.
- Ma quello non è Alphard? – aggiunse poi, indicando il ragazzo che aveva appena svoltato l’angolo in compagnia di Katherine Nott.
Fu proprio quest’ultima ad accorgersi per prima della loro presenza.
Diede un colpetto al fianco del compagno di Casa, accennando a loro.
Dopodichè la videro mormorare qualcosa e prendere uno dei corridoi laterali.
Alphard si avvicinò loro, sorridendo all’indirizzo di Adhara e rivolgendo un lieve cenno del capo a Kara.
- Reduci da Pozioni? –
La Grifondoro annuì. – Lasciamo perdere, ormai sono certa che Lumacorno mi odi. Vi lascio chiacchierare, ragazzi, perché per le prossime quarantotto ore sarò sommersa dai libri fino a qui – concluse, indicando un punto a mezz’aria che era una decina di centimetri sopra la sua testa.
- Quando hai finito con Pozioni fammi avere il tema così te lo correggo. –
- Signorsì, signora. E, mi raccomando, di a Davies che se si siede vicino a te anche ad Antiche Rune potrei davvero ucciderlo. –
Le rivolse un beffardo cenno di saluto militare e li lasciò da soli.
- Davies? Gabriel Davies? – chiese Alphard, con un’espressione sul bel volto che non seppe interpretare.
- Già, Kara ce l’ha a morte con lui perché a Pozioni continua a impedirle di sedersi accanto a me … e senza il mio aiuto lei continua a prendere voti imbarazzanti. –
- Ah. –
- Ah cosa? –
- Nulla. –
- Perché ho la sensazione che il tuo “nulla” non sia realmente nulla? –
- Non so di cosa tu stia parlando. –
- Alphard – sbuffò, le mani sui fianchi e l’espressione di chi non avrebbe lasciato correre affatto.
- Adhara – la rimbeccò.
- Mi dici per cosa era quell’ “ah”? –
- Niente, sono solo contento che tu abbia un compagno di banco così fedele – concluse con tono affettato e, perlomeno alle sue orecchie, tremendamente falso.
Sgranò le iridi color ghiaccio, incredula.
- Sei geloso? Sei veramente geloso di Gabriel? –
Non sapeva se essere più lusingata o divertita dalla cosa.
- Non sto dicendo questo. Sto solo affermando che alla prossima partita, che se non sbaglio è la settimana prossima, Davies farebbe meglio a indossare un caschetto protettivo bello resistente –, sorrise sornione per poi porgerle cavallerescamente il braccio, - andiamo, ti accompagno al dormitorio. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Seduti al tavolo della biblioteca, Renford osservava la ragazza davanti a lui analizzare attentamente la versione da tradurre.
- Continuo a non capire come faccia a piacerti questa materia -, sbuffò Minerva, - a me solo guardare queste rune fa venire il mal di testa. –
Ammiccò.
- Suppongo dipenda dalla mia smodata intelligenza. –
Gli assestò un buffetto sul braccio. – Arrogante, Lestrange, veramente molto arrogante. –
- Scherzi a parte, vuoi che ti dia una mano? –
- No, voglio riuscirci da sola, è una questione di principio. Insomma, non posso certo farmi sconfiggere da una stupida traduzione. –
- Già, non sarebbe molto da Grifondoro – convenne, ironico.
- Renford … -
- Sì, Minnie? –
- Sei venuto in biblioteca solo per darmi fastidio o per studiare? –
- Una via di mezzo tra le due, credo – replicò, rivolgendole un sorriso sghembo.
Un tossicchiare discreto interruppe il loro piccolo teatrino.
Minerva si voltò, trovando dietro di sé Katherine Nott.
C’erano poche persone in grado di metterla a disagio, ma Katherine rientrava a pieno titolo nella top five.
Forse erano i penetranti occhi castano scuro, che sembravano sempre sul punto di folgorarti con la semplice forza del pensiero, o l’aria solitamente seria e sicura di sé che aveva o ancora il semplice fatto che non fosse un segreto la sua stretta amicizia con Riddle … e, insomma, quale persona completamente sana di mente avrebbe mai legato così tanto con un tipo oscuro e inquietante come quello?
- Scusate l’interruzione, ma avrei bisogno di parlare con te Ren. –
- D’accordo. –
- In privato. –
Con un sorriso di scuse, Renford si alzò dal tavolo. – Torno subito. –
La seguì verso il reparto d’incantesimi.
- Che succede, Kat? –
- Mi serve un aiuto … o meglio, ci serve. –
Non ebbe bisogno di chiedere chi altro fosse l’interessato perché quando si trattava di Katherine il nome che balzava immediatamente alla mente per associazione era un solo.
- Cosa posso fare per te e Tom? –
- Abbiamo bisogno di una mano con una traduzione. Abbiamo provato a lavorarci per giorni, ma siamo bloccati. È un tipo di runa veramente arcaico. –
- Di che periodo stiamo parlando? –
- Medioevo. La tua famiglia è nota per essere esperta in Antiche Rune, tua zia Leta ha anche vinto un premio durante gli anni della scuola, no? –
- Giusto, ma io non sono bravo quanto lei – la anticipò.
- Ma sei il migliore qui a scuola e, se non dovessi riuscire nella traduzione, magari potresti chiedere a tua zia di pensarci. –
- Perché ho l’impressione che sia una traduzione che noi non dovremmo neppure conoscere? –
Un sorriso divertito si allargò sulle sue labbra. – Perché non sei affatto stupido. Lo ammetto, è roba oscura, potenzialmente molto oscura e quasi sicuramente illegale. –
- Mi avevi già convinto con “il molto oscura”. Vedrò cosa riesco a ricavarne, ma ci vorrà del tempo. –
- Naturalmente, prenditi tutto il tempo che ti serve fino al ritorno dalle vacanze di Natale. –
Estrasse il Grimorio dalla tasca interna della divisa, depositandoglielo tra le braccia.
- Ah, non serve sottolineare l’importanza della discrezione. –
- Ovviamente. Vi aggiorno appena scopro qualcosa. –
Fece scivolare il Grimorio nella tracolla in pelle di drago e tornò verso il tavolo a cui era seduto poco prima.
Minerva alzò gli occhi su di lui, incuriosita.
- Cosa ti ha chiesto? –
- Mi ha chiesto una mano con un compito di Antiche Rune. –
Dopotutto era solo una mezza bugia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

- Cosa credi che faremo in questo incontro? –
Alya si strinse nelle spalle. – Non ne ho assolutamente idea, ma conoscendo Riddle sono abbastanza sicura che si accanirà parecchio su di noi. –
- Come sempre – sbuffò Drusilla.
- Personalmente non lo trovo poi così male come insegnante -, intervenne Laura lasciandole senza parole, - è un tipo particolare, ma è un bravo insegnante. –
Devon la osservò dall’alto in basso, come se la stesse analizzando.
- Sei sicura di non avere preso botte in testa durante l’allenamento di questo pomeriggio? Perché cominci a dire cose senza senso. –
Rise, spintonandolo leggermente.
- Non dire sciocchezze, Dev. Sono solo obiettiva. –
- O forse sei preda del fascino alla Riddle come tante altre ragazze della scuola – la contraddì Stephen.
- Oh, ma Tom non è certo il suo tipo – intervenne Alya, scambiando un’occhiata complice con Drusilla.
- Ah, sì? E come sarebbe il suo tipo? – chiese di getto Devon, salvo poi darsi mentalmente dell’idiota.
Insomma, ci mancava solo che quelle due fiutassero il suo interesse.
- Come mai questa domanda, Devon? Sei forse interessato per qualche motivo? – chiese infatti subito dopo Drusilla.
- Semplice curiosità. –
Eppure non convinse nemmeno se stesso.
- Farò finta di crederti … il suo tipo è un ragazzo solare, divertente, gentile … magari con i capelli chiari e un bel po’ di muscoli. Dimentico nulla, Laura? –
Arrossendo leggermente, la ragazza aggiunse: - Hai dimenticato gli occhi verdi. –
- Giusto -, convenne Alya sorridendo con l’aria di chi la sapeva lunga, - come hai fatto a dimenticarti degli occhi verdi? Più chiari sono e meglio è … ce lo stava dicendo giusto l’altra volta. –
Devon lanciò un’occhiata supplichevole all’indirizzo di Stephen, in una muta richiesta di soccorso.
Si sentiva decisamente messo in mezzo e lo stesso sembrava provare Laura visto che si ostinava a camminare guardando ben dritta davanti a sé.
- Quindi, se non è il fascino alla Riddle, forse hai preso davvero una botta in testa. Insomma, la metà degli incantesimi su cui stiamo lavorando non promette nulla di buono – intervenne Stephen, riportando la conversazione su un terreno neutrale.
- Ma sono utili in caso di pericolo e, vista l’inerzia del ministero inglese, potrebbero davvero servirci. –
- Forse hai ragione, ma non mi piace dipendere da Riddle. –
- Nessuno sta dipendendo da lui o dalla Nott. –
- Eppure quando parla non sembra proprio, ci tratta come se fossimo dei soldati personali che si stanno addestrando. –
Drusilla sbuffò.
- Non essere paranoico, Stephen. Che fine ha fatto il tuo spirito d’avventuriero? –
- Vuoi l’avventuriero, Dru? E che avventuriero sia. –
La tirò su come se non pesasse nulla, tenendola stretta tra le braccia per poi lanciarsi in una folle corsa verso la Stanza delle necessità tra le risate divertite di tutti i presenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

Mayra venne scagliata all’indietro, atterrando sulla pesante imbottitura dei giganti cuscini che erano stati sistemati agli angoli di ogni quadrato d’allenamento.
Stava lavorando in gruppo con Sophie, Azalea e Tobias e le cose per lei non si stavano mettendo particolarmente bene.
Gli Schiantesimi non erano mai stati i suoi incantesimi preferiti, soprattutto a causa del fatto che essendo al quinto anno non aveva ancora molta dimestichezza con loro.
- King, vuoi della cioccolata calda e dei biscotti oppure di rimetti in piedi e provi a parare almeno uno Schiantesimo? – sibilò Tom, guardandola con l’espressione che lei avrebbe rivolto a un grosso e disgustoso scarafaggio.
- Sto riprendendo fiato, è la quinta volta che vengo Schiantata. –
- Già, di solito succede questo quando non ti difendi in modo efficace. –
- Sono al quinto anno, abbiamo cominciato a lavorare agli Schiantesimi solo dieci giorni fa – protestò.
- Già, mi raccomando, premurati di farlo presente a Grindelwald quando te lo troverai di fronte. Sono certo che sarà mosso a compassione. E adesso in piedi. –
Si rialzò trattenendo un gemito.
Malgrado i cuscini, le faceva male ogni parte del corpo.
- È proprio un gigantesco str … stramboide – concluse alla fine, ingoiando l’insulto che le stava per uscire.
Ci mancava solo che la sentisse e si accanisse ancora più su di lei.
- Già. Ricominciamo, ci andremo più piano – le assicurò Tobias.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

- Chi più e chi meno sembra che abbiate migliorato la vostra tecnica con gli Schiantesimi. Pensavamo di testare un po’ la vostra abilità nei duelli. Potremmo cominciare da … - Katherine fece scorrere gli occhi sui presenti, - Potter e Fenimore? –
I due Grifondoro si fecero avanti, mentre gli altri partecipanti si sistemavano a creare un semicerchio attorno a loro.
Si fronteggiarono, sfoderando le bacchette e inchinandosi a vicenda.
Si voltarono le spalle, camminando a lunghi passi nelle direzioni opposte.
Quando furono a una distanza accettabile l’uno dall’altro mossero in contemporanea le bacchette.
- Stupeficium! –
- Protego! –
- Tarantallegra. –
- Colloportus! –
Ethan volò all’indietro, sbattendo contro la parete della stanza, emettendo un lieve gemito.
Fleamont si avvicinò all’amico, tendendogli una mano per aiutarlo ad alzarsi.
- Sei tutto intero? –
- Più o meno. –
Poco distante, Tom emise un verso disgustato.
- Potrei vomitare. – Poi si voltò verso Katherine e aggiunse: - Sono un caso disperato, ci rinuncio, sono morti che camminano. –
Detto ciò uscì dalla Stanza delle necessità senza aggiungere altro.
- Beh, sembra che qualcuno abbia le sue cose – ironizzò Fleamont.
Buona parte dei presenti scoppiò a ridere, stemperando la tensione che si era venuta a creare.
- Per oggi abbiamo finito, vi aggiorneremo su quando sarà il prossimo incontro – tagliò corto Katherine, per poi lanciarsi all’inseguimento del ragazzo.

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

- Tom! –
Si voltò verso di lei, il volto solitamente pallido e imperscrutabile distorto dalla rabbia.
- Sono un completo spreco di tempo. Combattono come dei deboli, hanno paura di farsi male. –
- Qualcuno di loro non è poi male. –
- Si contano sulle dita di una mano e per la maggior parte sono persone della nostra Casa. Abbiamo organizzato questa buffonata per un motivo ben preciso e non era certo quello di avvicinare persone che ci sono già vicine – sbottò.
- Diamogli tempo, almeno fino a dopo le vacanze di Natale, poi decideremo se continuare o meno. –
- Spero solo che ne valga la pensa, ci servono persone che sappiano combattere e non abbiano paura di spargere un po’ di sangue. –
Annuì, affiancandolo nella loro passeggiata verso i sotterranei.
Avrebbero trovato qualcuno, prima o poi, dovevano solo pazientare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice: 

Salve!
Eccoci qui con il nuovo capitolo. Spero che vi sia piaciuto e chiederei a chi non l’avesse già fatto di rispondere alla domanda del capitolo precedente (ovvero che odore rappresenterebbe il vostro OC) perché mi servirà per il prossimo capitolo. Detto ciò, vi avviso che dal capitolo 16 in poi ci saranno parecchi sbalzi temporali in avanti perché mi sono resa conto che continuando a questo ritmo dovrei dedicare qualcosa come 50 capitoli alla fic per coprire tutto l’arco temporale che avevo in mente e non mi sembra una cosa fattibile … perciò dal capitolo 16 ci proietteremo direttamente a Dicembre in modo tale da rientrare nella trentina di capitoli che avevo pianificato.
Non mi resta che augurarvi una buona giornata.
Al prossimo capitolo.
Stay tuned.
XO XO,
Mary

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13

 

 

 

 

 

 

 

Alzò lo sguardo dalla rivista di Quidditch che stava sfogliando, sulla quale era presente un cospicuo articolo sui Tutshill Tornados che aveva davvero voglia di leggere, spinto dalla sensazione penetrante di qualcuno che lo fissava con insistenza.
Seduto sulla poltrona di fronte alla sua, Tom continuava a tenere puntati gli occhi scuri su di lui.
- Mi stai mettendo ansia. –
- Hai cominciato a lavorare a quella traduzione? –
- Non ancora, ci lavorerò quando avrò un attimo di tempo. –
- Ovvero quando avrai finito di leggere la tua rivista? –
- Esattamente. –
Tom alzò gli occhi al cielo, irritato da quell’ostentata noncuranza.
- È più importante di una stupida squadra di Quidditch, non te ne rendi conto? –
Chiuse la rivista di scatto, tenendo l’indice tra le pagine per mantenere il segno.
- Quello di cui mi rendo conto è che vorrei finire di leggere questo stramaledetto articolo prima di dover raggiungere Lumacorno alla sua lezione … e che quella traduzione è solo potenzialmente importante dal momento che non sappiamo minimamente cosa contenga. –
Tornò a ignorare l’occhiata omicida di Tom.
Probabilmente prima o poi lo avrebbe strangolato nel sonno, ma se non altro sarebbe morto essendo a conoscenza della nuova campagna d’acquisti dei Tornados.
Abraxas e Katherine entrarono in Sala Comune proprio in quel momento, seguiti a ruota da Alexandra e Alphard.
- Il vecchio ha chiesto anche a voi di partecipare? –
Alphard annuì, sporgendosi a leggere l’articolo da sopra la sua spalla.
- Non mi sembra una gran campagna d’acquisti. –
- Da quando in qua ti intendi dei Tornados? – lo rimbeccò.
- Dicevo per dire, vedremo come andranno le cose a fine campionato. –
Katherine tossicchiò leggermente, avvicinandosi ai due ragazzi.
- Quando ciò è i Falcons stracceranno tutte le altre squadre del campionato? –
- Come se potesse mai accadere una cosa del genere … non bastano una coppia di bravi Battitori a fare una squadra. –
Abraxas annuì alle parole di Renford. – Ha ragione, i vostri gemelli non possono portare avanti tutto il reparto. –
- Forse no, ma saranno sicuramente più che in grado di spaccare un bel po’ di teste – li rimbeccò, con un sorrisetto allegro che stonava incredibilmente con le sue parole.
E poi si chiedevano perché lei e Tom andassero così d’accordo: parlare di menomare e mutilare persone con il sorriso sulle labbra non era decisamente da tutti.
- Quando sorridi in quel modo sei inquietante, lo sai? – le disse Abraxas.
- In quale modo, in questo? – lo rimbeccò, dedicandogli un sorriso ancora più accentuato.
Il biondo finse di rabbrividire e che gli tremassero le ginocchia in modo incontrollato.
- Tremenda. –
Risero, spintonandosi a vicenda, sotto gli occhi di un Tom a dir poco esasperato.
- È troppo chiedervi di comportarvi per qualche minuto come delle persone adulte? –
- D’accordo, andiamo ad aiutare Lumacorno – cedette Katherine, ricomponendosi all’istante e accennando al passaggio segreto.
Renford mise la rivista nella tracolla, sospirando affranto.
Ed ecco che la possibilità di leggere quell’articolo sfumava nel nulla.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Devon si sporse in avanti, incuriosito dal vociare proveniente da dietro la porta.
- C’è un po’ d’affollamento all’interno dell’aula o sbaglio? –
Laura fece capolino da dietro di lui, appoggiandosi sulle sue spalle per alzarsi in punta di piedi e sbirciare a sua volta all’interno.
- Sono i ragazzi dell’ultimo anno – constatò, individuando Alya seduta dietro al calderone della terza fila.
L’amica alzò la testa in segno di saluto, sorridendo loro.
- Che ci fanno qui dentro? –
- Credo che Lumacorno abbia chiesto loro di darci una mano con chissà quale pozione – mormorò Drusilla.
- E tu come lo sai, Dru? –
- Oh, andiamo, ormai dovreste saperlo che quando si tratta di voci di corridoio e pettegolezzi io so sempre tutto – replicò, sorridendo furba.
- Quindi saprai anche che tipo di pozione dobbiamo preparare? – domandò Laura, inarcando un sopracciglio con aria di sfida.
- Ovviamente. –
- E sarebbe? –
- Non ho intenzione di dirtelo, ma sappi che ci divertiremo davvero molto – replicò, con l’aria di chi ne sapeva una più del diavolo.
Li precedette, intrufolandosi nell’aula.
Rimasti soli, Devon si strinse nelle spalle.
- Certe volte vedendola così bionda, minuta e innocente mi domando dove nasconda dentro di sé questa piccola vena ambigua e sadica. –
- Non ne ho idea, ma immagino che sia la conferma che non bisogna lasciarsi ingannare dalle apparenze –, scherzò prendendolo sottobraccio, - coraggio, cerchiamoci un posto. –
Osservò per un attimo la mano appoggiata con delicatezza sul suo avambraccio per poi allungare un braccio verso la vita della ragazza, usando come scusa quella di farla passare per prima dalla porta per assaporare la sensazione che lo assaliva quando i loro corpi entravano in contatto anche solo in modo fugace.
Non sapeva cosa gli stava succedendo, ma da qualche tempo a quella parte aveva cominciato a prestare molta più attenzione a Laura e al suo sorriso, al profumo che portava e al modo in cui la gonna della divisa metteva in risalto le sue gambe.
- Allora? Vieni dentro o ti sei incantato, Dev? –
- Certo, arrivo subito. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

Alphard intercettò Davies proprio mentre si stava dirigendo verso il posto libero accanto ad Adhara.
Il Corvonero era più alto di lui di circa cinque centimetri e aveva le spalle più larghe delle sue, ma Alphard aveva dalla sua una capacità persuasiva che il più delle volte arrivava forte e chiara all’indirizzo delle persone che voleva “convincere” e dal modo in cui Davies lo guardava sembrava proprio che avesse capito che c’era qualcosa che non andava.
- Vai da qualche parte così di fretta? –
- In effetti sì, Black, quello sarebbe il mio posto. –
- Ma davvero? Non oggi, cercatene un altro – tagliò corto, voltandogli le spalle e prendendo posto accanto ad Adhara.
Vide la ragazza che sorrideva divertita, ma decise di non darle soddisfazione.
- E così non eri geloso, eh? –
- Volevo solo essere certo che avessi un buon compagno, la pozione di oggi sarà molto complicata – replicò.
- E che pozione sarebbe? –
- Lumacorno vuole farvi preparare l’Amortentia e ci ha chiesto di darvi una mano; sembra che al sesto anno non ci siano grandi menti eccelse nel campo delle pozioni. –
- Già, la maggior parte di noi é abbastanza disastrosa – ammise.
- Hai qualche idea? –
Gli rivolse uno sguardo perplesso.
- In merito a? –
- Due cose. La prima è sull’odore che sentirai nell’Amortentia e l’altro sulla festa di Halloween di domani sera. –
- Ho ricevuto un paio di inviti per la festa – ammise, tralasciando volutamente la domanda sull’Amortentia.
Non aveva alcuna intenzione di sbilanciarsi troppo fintanto che non fosse stata scelta di come stavano le cose tra loro due.
- Fammi indovinare, Davies? –
- Già. Davies e Fenimore, anche se quest’ultimo credo l’abbia fatto ancora una volta per irritare Azalea, e questa mattina mi hanno invitata Burke e Travers. –
Rabbrividì leggermente nel pensare a Oswald Travers, con quell’aria da lugubre maniaco omicida che faceva sembrare Tom Riddle un angioletto in confronto.
- Però, sembra che tu abbia un carnet di bello pieno. –
- Come se tre quarti del castello non morisse dalla voglia di ricevere un tuo invito – lo rimbeccò.
- Non ho invitato nessuna … al momento. –
- Indeciso su chi sarà la fortunata? –
La fissò dritta negli occhi. – Oh, al contrario, sono fermamente deciso a invitare una ragazza in particolare. –
- Dovrai sbrigarti a farlo, allora, o accetterà l’invito di qualcun altro. –
- Non credo che lo farà. –
- Non è un po’ arrogante da parte tua supporre che continui a rifiutare inviti solo perché aspetta il tuo? –
Il sorriso sul volto di Alphard si fece più insinuante. – Non saprei, hai intenzione di preferirmi qualcun altro? –
Adhara scosse la testa, ridendo.
- Immagino che sia l’invito a un ballo meno romantico del secolo. –
- Non sono un granchè con il romanticismo – ammise.
- Già, è proprio una fortuna che tu abbia un così bel faccino, Black. –
- È un sì? Accetti l’invito? –
Annuì, sorridendo graziosamente.
- Accetto l’invito. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

Lumacorno si schiarì la voce, attirando l’attenzione generale su di sé.
- Come avrete notato questa mattina siamo in molti più del solito. Ho chiesto ad alcuni studenti del settimo anno, che si sono gentilmente detti d’accordo, di aiutarvi nella preparazione di una pozioncina assai curiosa -, alzò il coperchio del calderone che ribolliva alle sue spalle, - qualcuno sa dirmi di cosa si tratta? –
La mano di Minerva svettò alta all’istante.
- Sì, signorina McGranitt? –
- È Amortentia, signore. È il filtro d’amore più potente del mondo, tanto che il Ministero ne ha vietato la produzione. Provoca una forte infatuazione per coloro che l’hanno somministrata al soggetto. Ha un odore diverso per ogni persona che lo sente, secondo le fragranze che gli piacciono di più, anche se la persona non si rende conto che la fragranza le piace. Solitamente la persona sente l'odore del soggetto che l'attrae di più, o di cui è innamorata. Le sue caratteristiche sono la luminosità madreperlacea, il caratteristico vapore che sale a spirali e la fragranza che percepiamo. –
- Non avrei saputo dirlo meglio -, convenne l’uomo, - dieci punti a Grifondoro per la sua risposta. Il vostro compito sarà quello di riprodurla con l’ausilio di uno studente del settimo anno, che ne ha studiato la procedura l’anno scorso. Ho fatto io stesso le coppie per l’occasione –, rovistò alla ricerca del rotolo di pergamena accuratamente arrotolato e lo dispiegò con teatralità, - La signorina Rosier e il signor Black lavoreranno in coppia; il signor Lestrange si vada a sedere accanto alla signorina Dawson, nella speranza che le sue capacità impediscano alla signorina di fondere l’ennesimo calderone, e il signor Riddle venga a sedersi accanto alla signorina McGranitt. La signorina King è assegnata a suo fratello, la signorina Nott con il signor Bones e il signor Fleamont va vicino alla signorina Selwyn … -
Continuò a dividerli finchè tutti non ebbero un compagno.
Alya, seduta accanto a Ethan, gli rivolse un’occhiata incuriosita.
- Come te la cavi con Pozioni? –
- Dipende, direi che quando mi impegno sono abbastanza bravo. –
- Ecco, allora vedi di impegnarti. –
- Sennò? – la sfidò con un sorrisetto beffardo.
- Sennò ti tirò un pugno sul naso – replicò, sorridendo con nonchalance, prima di allungarsi a recuperare tutti gli ingredienti necessari a ultimare la preparazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

- Tu non annusi la pozione? – domandò Minerva, osservando Riddle che continuava a stare ben dritto con la schiena appoggiata allo schienale della sedia.
- Non sono una di quelle ragazzine euforiche all’idea di scoprire di chi sono innamorate. –
- Hai paura di una pozione, Riddle? – lo sfidò.
- Non essere sciocca. È solo che ritengo ci siano pozioni di gran lunga più interessanti dell’Amortentia … mi annoia. Se ci tieni così tanto, perché non l’annusi tu per prima? –
Ecco il solito Riddle, aveva fiutato la trappola e stava usando la sua stessa moneta contro di lei.
Eppure da brava Grifondoro non batteva mai in ritirata davanti a una sfida, indipendentemente da quanto l’odore dell’Amortentia avrebbe potuto sopraffarla con la consapevolezza della profondità dei suoi sentimenti.
- D’accordo, nessun problema. –
Si chinò a insipirare i fumi della pozione a pieni polmoni.
Le giunse il profumo dei bouganville che coltivava sua madre nel giardino e l’odore della torta di mele che veniva sfornata nelle mattine passate a casa, immediatamente dopo emerse prepotente quello possente e deciso di legna bruciata e fumo che le ricordava il camino ardente … Renford passava ore talmente vicino al camino della sua Sala Comune da avere la divisa perennemente impregnata di quell’odore durante l’autunno e l’inverno.
Quando lo abbracciava sentiva sempre quell’odore.
Era così familiare da stringerle il cuore.
Quando si voltò verso di lui, seduto tre file più indietro, scoprì che anche lui era vicino al suo calderone e la fissava.
Si chiese distrattamente quale odore avesse percepito nella sua Amortentia.
Aveva forse sentito lei?
- È il tuo turno, Riddle – disse poi, ricomponendosi e cedendogli il posto davanti al calderone.
- So già di cosa odora la mia Amortentia. –
Ed era vero.
L’odore che percepiva era quello dell’umidità che aleggiava all’interno della Camera dei Segreti due anni prima e poi quello di cibo caldo, vestiti puliti e libri che aleggiava a Hogwarts e un altro odore … metallico, pungente, che non sapeva bene a cosa associare ma che lo faceva sentire stranamente in pace con se stesso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

- Sembra che tu abbia visto un fantasma – commentò Abraxas, osservando la reazione spaesata della ragazza al suo fianco.
- È solo che … c’era qualcosa che non mi sarei aspettata di trovare –, ammise Laura perplessa, - scusami un attimo, devo controllare una cosa. –
Percorse i pochi metri che la separavano da Devon e lo afferrò per un braccio, attirandolo verso di sé.
Il compagno di Casa la fissò perplesso.
- Che succede, Laura? –
- Cos’è quest’odore? –
Accigliato, la fissò senza capirla. – Ehm, il mio solito profumo? –
- No, non mi riferisco al tuo profumo … a quest’altro odore che si sente in modo meno forte. –
- Non saprei, forse è il lucido per manici da scopa, lo sai che lucido la Scopalinda ogni sera … immagino che un po’ mi sia rimasto addosso. –
- Ah, ok … -
Voltò le spalle a lui e alle persone che li osservavano con aria incuriosita.
Aveva appena dato spettacolo, ma doveva essere sicura di quello che aveva sentito.
Insomma, doveva esserci un motivo se nella sua Amortentia aveva fiutato odore di lucido per scope.   
Tornata al suo posto, vide le iridi grigie di Abraxas che luccicavano divertite.
- Sei molto poco discreta, lo sai? –
- Non so a cosa ti riferisci, Malfoy, ma devi essere alquanto confuso se pensi di poterti autonominare mio confidente. –
- Io ho fiutato odore di crisantemi … non serve fare la dura con me, so cosa si prova nel sentire l’odore di una persona a cui tieni in quella pozione. –
Crisantemi?
Era un odore difficile da trovare in giro.
- Di chi si tratta? –
Le rivolse un sorriso enigmatico.
- Se io non sono il tuo confidente allora puoi essere altrettanto sicura che tu non sei la mia. –
Più che giusto, si era meritata quella risposta.

 

 

  

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Alphard le rivolse un sorriso divertito.
- Ti vedo in difficoltà, vogliamo dirlo insieme? –
- D’accordo -, cedette, - al tre. Uno … -
- Due … -
- Tre. –
- Predominava qualcosa di esotico e speziato … credo sia cannella. –
- Non sono affari tuoi – disse allo stesso tempo Adhara.
Rimasero a fissarsi in silenzio per una manciata di secondi.
Lasso di tempo nel quale la ragazza si chiese distrattamente se l’odore che aveva percepito Alphard fosse dovuto ai prodotti che lei utilizzava per la cura dei capelli.
La fragranza era proprio quella: la cannella.
- Sei sleale, io ti ho detto quello che ho sentito. –
- Fammi causa per reticenza. –
- Coraggio, non mi metto mica a ridere – insistè.
- D’accordo -, sbuffò, - era un misto di pino e muschio … hai presente l’odore del bosco? –
Eccome se lo aveva presente.
Passava ogni momento libero nei boschi, a leggere o meditare o semplicemente a cercare un po’ di calma dal caos della scuola.
Si poteva dire che il bosco fosse la sua seconda casa.

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

- È stata una lezione interessante, non credi? –
Fleamont annuì distrattamente mentre camminavano lungo il corridoio.
- Dru, secondo te l’Amortentia può sbagliare? –
Accigliata, scosse la testa.
- Non credo sia possibile, insomma è la pozione più potente al mondo … come potrebbe sbagliarsi? –
Fleamont gemette.
- Proprio come pensavo. –
- Perché, hai sentito qualcosa di strano? –
- Ho sentito qualcosa che è un potenziale disastro … -
Drusilla si fermò nel bel mezzo del corridoio, fronteggiandolo.
- Chi hai sentito? –
- Io … credo di aver sentito l’odore di Kara – ammise, strascicando nervosamente i piedi.
- Credevo che voi due foste solo amici. –
- Già, è solo che lei è veramente in gamba no? Ed è carina … e le piace il Quidditch, non è una di quelle bamboline delicate che hanno paura di spezzarsi un’unghia. –
Ridacchiò. – No, decisamente non lo é. –
- Ma è la mia migliore amica, non sarebbe strano? –
- Non necessariamente, non se lei prova lo stesso. –
- Provare lo stesso? Credo tu abbia frainteso, Dru. Nno ho alcuna intenzione di confessarle quello che provo, finirei con il mettere a repentaglio la nostra amicizia. –
- Ma … - provò a protestare, ma il Grifondoro la zittì con un cenno secco della mano.
- Niente ma, giurami che manterrai il segreto. –
- È una cosa stupida. –
- Giuralo, Dru. –
Sbuffò.
- D’accordo, d’accordo, te lo giuro. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice: 

Buona sera bella gente!
Eccoci con il nuovo capitolo, spero che vi piaccia.
Vado un po’ di fretta quindi vi auguro una buona serata.
Al prossimo aggiornamento.
Stay tuned.
XO XO,
Mary

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14

 

 

 

 

 

 

 

Accartocciò l’ennesimo foglio di pergamena, sbuffando spazientito.
Aveva passato tutto il pomeriggio su quella stupidissima traduzione e non era riuscito a capirci nulla.
Abraxas alzò lo sguardo dal Boccino con il quale stava giocando, inarcando un sopracciglio.
- Cos’è una lettera d’amore alla tua bella? –
- Non essere ridicolo, Abe. Sto lavorando a una cosa, ma non riesco a tradurre più di qualche parola. Sono rune troppo antiche. –
Si alzò dal letto con un colpo di reni, affiancandoglisi e chinandosi a studiare a sua volta il tomo tra le sue mani.
- Ha l’aria di essere un Grimorio veramente molto vecchio, come l’hai avuto? –
- Riddle. –
- Ah, dunque è bastato che Tom ti chiedesse di giocare con lui con le Arti Oscure per rendertelo immediatamente più simpatico? –
- In realtà me lo ha chiesto Kat. –
Abraxas ammiccò, sorridendo furbo.
- Adesso sì che si spiega tutto, se te lo ha chiesto lei. –
Renford si voltò di scatto, folgorandolo con gli occhi cobalto.
- Che stai insinuando? –
- Nulla, solo … a Minerva non da fastidio che tu e Katherine siate tanto amici? Di solito le ragazze vanno fuori di testa per cose di questo tipo. –
- Siamo amici da quando avevamo tre anni, praticamente siamo cresciuti insieme, non c’è nulla di cui essere gelosi. –
- E questo lei lo sa? –
Scosse la testa, mandandolo silenziosamente al diavolo.
- Ti diverti a instillarmi paranoie Abe oppure vuoi darmi una mano? –
- Renford Lestrange con le paranoie per una ragazza? Non avrei mai creduto di vivere abbastanza da vedere questo giorno – lo prese bonariamente in giro.
Il moro gli rivolse un sorrisetto sghembo e vagamente minaccioso.
- Beh, siamo sempre in tempo … se vuoi ti uccido in questo istante. –
Abraxas si allontanò leggermente, alzando le mani in segno di resa.
- Buon Salazar, come siamo nervosi. Hai provato a sentire tua zia per quella traduzione? –
Già, la buona vecchia zia Leta.
Sempre che non fosse troppo presa a correre dietro a Grindelwald per aiutare il suo unico nipote.
- Ho in programma di inviarle una copia il prima possibile, per le vacanze di Natale devo finire di lavorarci. Sembra che sia una cosa veramente grossa. –
- Inutile che ti chieda se ne hai fatto menzione a Minerva. –
Lo guardò come se avesse appena detto una bestialità.
- Certo che no, lo sai che lei e le Arti Oscure sono due mondi separati e distinti, lei sa solo che è un compito supplementare per la scuola. –
Abraxas annuì gravemente.
Già, non aveva alcun dubbio.
- D’accordo, allora ti lascio tranquillo a lavorarci, vado a farmi un giro. –
Renford assentì lievemente, per poi chinarsi nuovamente sul Grimorio.
Era abbastanza testardo da passarci l’intera giornata se fosse stato necessario.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Adhara passò in rassegna gli abiti dell’amica con espressione concentrata mentre Alexandra cercava di domare la chioma della Grifondoro.
- Minnie, sai che ti voglio bene ma non ti sembra l’ora di fare un po’ di shopping? Qui dentro ci si potrebbe tranquillamente vestire mia madre. –
Minerva le rivolse un’espressione sarcastica.
- Troppo gentile, sei di una gentilezza disarmante, Adha. –
- Sono solo la voce della verità … Fortunatamente ho portato qualcosa che dovrebbe andarti bene, abbiamo quasi la stessa taglia – replicò, rovistando nella borsa che si era portata dietro.
Ne estrasse un abito color cipria con un corpetto in pizzo e una gonna leggermente più morbida che le arrivava a metà coscia.
- Adoro quell’abito – sospirò Alexandra, finendo di sistemare le ultime forcine.
- Non è un po’ troppo? –
- Minnie, è Halloween, è la notte degli eccessi per antonomasia – le fece notare la Serpeverde.
- Non hai detto la stessa cosa per Ferragosto e Capodanno? –
Adhara e Alexandra si scambiarono un’occhiata complice, ridacchiando.
- Diciamo che ci sono parecchie notti dell’anno che sono fatte per gli eccessi. –
- Siete incorreggibili. –
- Ovviamente. Renford resterà senza fiato vedendoti con questo addosso. Vedrai, domani ci ringrazierai – profetizzò Adhara.
Minerva continuò a osservare l’abito in silenzio.
Renford l’aveva sempre vista con il suo solito abbigliamento, non avrebbe certo fatto male vestirsi in modo più appariscente per una sera, no?
- D’accordo -, cedette, - lo metterò, ma se mi rideranno dietro sarà tutta colpa vostra. –
- Nessuno ti riderà dietro – assicurò.
- E se qualcuno dovesse farlo ci penseremo noi a spaccargli i denti, vedremo se avranno voglia di ridere da sdentati – concluse Alexandra.
Rise, lasciandosi vestire dalle amiche e permise persino loro di truccarla e smaltarle le unghie.
Quando ebbero finito si concesse una lunga occhiata allo specchio a figura intera apposto all’anta dell’armadio.
Non sembrava quasi neppure più un’adolescente, ma una donna sensuale e bellissima, capace di catturare l’attenzione di qualsiasi uomo presente.
- Wow – sussurrò.
- Assolutamente perfetta – decretò Adhara con solennità.
E sapeva che era sincera, Adhara Rosier non era mai stata il tipo che faceva falsi complimenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

- Sembri pensierosa – esordì Drusilla, osservando l’amica che fissava un punto imprecisato del pianterreno.
Kara parve riscuotersi dai suoi pensieri e le rivolse un lieve sorriso.
- È solo che stavo riflettendo su Fleamont … da ieri dopo la lezione di Lumacorno ha cominciato a comportarsi in modo strano, sembra quasi che voglia evitarmi. –
Drusilla giocherellò con la spallina dell’abito verde che indossava, nervosa.
Aveva promesso a Fleamont di mantenere il segreto, ma nascondere la verità a una delle sue più care amiche era davvero difficile.
- Magari è solo stanco, capita anche a me di comportarmi in modo strano quando sono stressata. –
- Forse, eppure mi sembra così strano … di solito mi parla di quello che lo preoccupa. –
- Potrebbe essere qualcosa che lo imbarazza molto, ma sono sicura che quando si sentirà pronto te ne parlerà – le assicurò.
Capì di essersi sbilanciata troppo quando Kara puntò lo sguardo su di lei con fare indagatore.
- Dru, sai qualcosa che non so? –
- Io? No … cosa potrei mai sapere? Ma quelle lì non sono Sophie e Mayra? – tagliò corto, voltandosi verso le due ragazze e i loro accompagnatori al seguito.
Kara sbuffò.
- Ne riparleremo, non credere di essere riuscita a cavartela con così poco. –
Raggiunsero le due ragazze, trovandole impegnate a chiacchierare vivacemente di chissà cosa.
- Di che si parla? –
Mayra si voltò verso di lei, l’aria imbarazzata.
- Discutevamo di quanto sia strano il fatto che mi tocchi ballare con mio fratello -, sbuffò occhieggiando a Edward che sembrava più che mai deciso a ignorare il disappunto della sorella, - ma a quanto pare non vuole saperne di lasciarmi ballare con qualcun altro. –
- È una festa scolastica, mica un evento mondano di qualche importanza – bofonchiò Edward.
- Resta comunque strano vedere fratello e sorella insieme. –
- Nessuno ci farà nemmeno caso – la rimbeccò.
Mayra alzò gli occhi al cielo, pestando un piede sul pavimento.
- Santo Godric, quanto ti odio quando fai così. –
Eppure Kara aveva la netta sensazione che tutti i rimproveri del mondo non sarebbero riusciti a farla venire fuori da quella situazione.
Sophie, scoccando all’amica un’occhiata solidale, intrecciò le dita a quelle di Tobias e accennò all’ingresso della Sala Grande.
- Allora, vogliamo andare? –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Adhara e le ragazze uscirono dalla Sala Comune di Grifondoro trovando Renford, Alphard e Abraxas ad attenderle.
La Corvonero aggrottò leggermente la fronte, scrutando il suo migliore amico come se volesse costringerlo a dichiarare immediatamente cosa stava succedendo.
Aveva avuto la netta sensazione che ci fosse qualcosa di strano tra lui e Alexandra e di giorno in giorno si convinceva sempre di più della cosa.
Salutò Renford con un sorriso, scoccò un bacio sulla guancia liscia e imberbe di Abraxas e infine accettò il braccio che Alphard le porgeva.
Si avvicinò leggermente a lui, sussurrandogli all’orecchio.
- Come mai Abe è con voi? –
Alphard si strinse nelle spalle. – Ci ha chiesto di unirsi a noi dicendo che dopotutto c’era già Alexandra come “scoppiata” del gruppo. –
Assottigliò lo sguardo.
Uhm, quel platinato non la convinceva affatto.
Abraxas e Alexandra le stavano nascondendo qualcosa ed era decisa più che mai a scoprire di cosa si trattasse.
Alphard le sfiorò una guancia con le dita, osservandola incuriosito.
Si sforzò di soffocare un sospiro di piacere al contatto tra la loro pelle, ma a giudicare dal sorriso soddisfatto di lui non doveva esserci riuscita troppo bene.
- Eri molto concentrata, a cosa stavi pensando? –
- Al fatto che stai veramente bene, il blu ti dona tantissimo – replicò.
In effetti era vero, metteva in risalto ancora di più le sue iridi incredibili.
Non che di solito Alphard non fosse a dir poco da mozzare il fiato, indipendentemente dal colore che indossava, come lei aveva avuto modo di notare costantemente nel corso degli anni.
- Anche tu sei incredibile questa sera, forse solo un po’ troppo scollata –, aggiunse soffermandosi sulla generosa porzione di pelle che il corsetto a forma di cuore dell’abito lasciava scoperta, - non vorrei dover fare qualche occhio nero a chi guarda troppo. –
Rise, appoggiandosi maggiormente contro di lui.
Le piaceva la sensazione dei loro corpi a contatto.
- Gli unici occhi che sono contenta di avere addosso questa sera sono i tuoi – ammise candidamente.
Ricambiò il suo sorriso, cingendole la vita con un braccio e attirandola più vicina.
- Per me vale lo stesso. –
Vennero interrotti dal tossicchiare divertito di Alexandra.
- Ehm, spiacente di interrompere questo momento a densa carica di seduzione, ma noi stiamo andando. –
Adhara non interruppe il contatto visivo tra loro e si limitò a indirizzare un cenno all’amica.
- Cominciate ad andare, adesso arriviamo. –
Sentirono i passi allontanarsi lungo il corridoio.
- Non andiamo con loro? –
Scosse il capo, dischiudendo appena le labbra voluttuose. – C’è qualcosa che muoio dalla voglia di fare prima. –
Si alzò in punta di piedi, appoggiando le mani sul petto solido del ragazzo, e chiuse gli occhi.
Alphard sentì le labbra sfiorare le sue e l’assecondò, chinandosi su di lei e rinserrando la presa sulla sua vita.
Rispose al bacio con decisione, sentendo Adhara sospirare contro le sue labbra.
Quando si separarono, ormai a corto di fiato, si sorrisero.
- Non pensavo fossi il tipo che prende l’iniziativa – scherzò.
- Solo quando ne vale la pena. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Alya rivolse uno sguardo d’intesa in direzione di Drusilla e Stephen.
Era da un po’ di tempo che aveva il dubbio che tra Devon e Laura le cose fossero in prossimità di giungere a una svolta e aveva tutte le intenzioni di agevolare le cose più che poteva.
- Io vado a prendermi qualcosa da bere, voi volete qualcosa? –
- Una burrobirra – replicò Laura, seduta su uno dei divanetti disposti nell’angolo della Sala.
- Io invece voglio ballare – aggiunse Drusilla, puntando le iridi verde pallido verso Stephen, - Ti va di farmi da cavaliere, King? –
Stephen scattò in piedi all’istante, prendendola per mano.
- Non mi lascio certo sfuggire un’occasione come questa. A voi non dispiace se vi lasciamo da soli, vero? –
Devon si strinse nelle spalle.
- Non direi a meno che Laura non voglia ballare … - aggiunse incerto.
Gli occhi dei Tassorosso si puntarono tutti su di lei.
Le cose stavano prendendo una svolta decisamente più rapida e inaspettata di quanto avessero previsto.
Era forse possibile che quei due facessero la loro mossa senza bisogno del loro aiuto?
- A Laura piace molto ballare – convenne Alya.
- Già e Dev è un gran ballerino – le diede man forte Stephen.
I diretti interessati si scambiarono un’occhiata in silenzio finchè Laura non si alzò dal divanetto e annuì sorridendo.
- Perché no, sarà divertente. –
Si lasciò condurre da Devon verso la pista, passandogli le braccia intorno al collo e lasciando che l’amico l’attirasse maggiormente a sé.
Chiuse gli occhi, lasciandosi cullare dalla musica.
Stephen aveva ragione: Devon era davvero un bravo ballerino.
Quando li riaprì, al termine della prima canzone, vide che i loro amici li stavano guardando con un sorriso sulle labbra che le fece intendere che tutto filava secondo i loro piani.
Rivolse un’occhiata interrogativa ad Alya che scosse leggermente la testa come a invitarla a godersi quella serata e non porsi troppe domande.
Decise che avrebbe seguito quel tacito consiglio.
Una serata come quella non capitava tutti i giorni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Tuo cugino che fine ha fatto? –
Azalea volse lo sguardo verso Norman, stringendosi nelle spalle.
- L’ultima volta che l’ho visto era intento a scolarsi qualsiasi cosa di alcolico riuscisse a trovare, ormai è possibile che sia passato alla ricerca di qualche ragazza carina e disponibile – concluse ridendo.
Norman rise a sua volta.
- Sarebbe decisamente da lui. –
- Piuttosto, dove hai lasciato Clay? –
Accennò con il capo in direzione del migliore amico che sembrava aver vinto la sua naturale timidezza e si era lasciato coinvolgere da Alya in un giro di danza.
Volteggiavano a qualche passo di distanza da Katherine e Tom.
La coppia di Serpeverde sembrava poco presa dal ballo, anche se si muovevano con una grazia e perfezione che aveva dell’incredibile, e non avevano smesso di mormorarsi a vicenda qualcosa.
- Non dirmi che rientra nel suo piano per scoprire che fanno quei due – sospirò Azalea, incredula.
Norman rispose con un sorrisetto divertito che era un’implicita ammissione.
- Quale altro motivo potrebbe mai spingere Clay a ballare di fronte a tutta la scuola? –
- È un caso disperato, quella per Riddle sta diventando una vera e propria ossessione. –
- Già -, convenne il ragazzo per poi cambiare immediatamente espressione, - Azalea … non voltarti. –
Certo che se glielo diceva così le rendeva praticamente impossibile accontentarlo.
Fece quindi l’esatto opposto, trovandosi davanti suo cugino che ballava nientemeno che con Heidi Carrow.
- È completamente impazzito? –
- Beh, Heidi non è certo una brutta ragazza … -
- È una viscida serpe in seno, ecco cosa é. Ah, ma adesso mi sente. –
Si alzò dal divanetto e puntò dritta verso la coppia incriminata.
Qualcuno doveva pur far rinsavire suo cugino.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Allora, hai sentito tutto quello che t’interessava? –
Clay avvampò, trascinando nervosamente il piede contro il pavimento in marmo della Sala Grande.
- Era così evidente? –
Alya annuì, sorridendo dolcemente.
- Va bene, Clay, lo so quanto ti ostini quando qualcosa attira la tua attenzione. –
- Non sei arrabbiata? – chiese, sinceramente sorpreso.
La maggior parte delle ragazze avrebbe dato in escandescenze venendo a sapere che il proprio cavaliere le aveva invitate a ballare solo per origliare la conversazione di un’altra coppia di ballerini.
- Certo che no. Sei mio amico, se non ti aiuto io nei tuoi piani complottistici chi dovrebbe pensarci? –
La ricompensò con un sorriso solare.
Era quello il bello di Alya, sapeva sempre capirlo e talvolta ci riusciva molto meglio di quanto facessero Norman e Azalea.
- Non riesco a togliermi dalla testa l’idea che ci sia qualcosa che non va in quei due – ammise.
- Credo che sia più che normale, sono entrambi a dir poco spaventosi. Se non ci fosse Grindelwald in circolazione mi preoccuperei anche io di loro. –
- Norman e Azalea credono che sia paranoico. –
- Io non lo penso, anzi. Potresti avere davvero ragione, ma dobbiamo prima trovare delle prove a sostegno della nostra tesi. –
Le rivolse uno sguardo a metà tra lo stupito e lo speranzoso.
- Stai dicendo sul serio quello che penso? –
- Se pensi che ti darò una mano allora sì. Siamo una squadra, mio caro! –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

- Allora, che stai combinando in questi giorni? –
Renford le rivolse un’occhiata interrogativa.
- Cosa dovrei combinare? –
- Non so, ultimamente passi quasi tutti i pomeriggi a studiare … quasi non ti riconosco più, comincio a preoccuparmi – scherzò Minerva.
Renford le sorrise, accarezzandole il fianco al di sopra della stoffa leggera dell’abito.
- Voglio solo arrivare preparato alla fine dell’anno; non immagini quanto invidio te e il resto del sesto anno, niente M.A.G.O. per voi a Giugno. –
Annuì.
Effettivamente la cosa aveva senso.
- Ho visto che ti stai concentrando molto su quel compito di Antiche Rune, deve essere un argomento che t’interessa parecchio. –
- Più che altro è molto difficile. –
- E cosa riguarda la traduzione? –
- Dobbiamo davvero parlare di Antiche Rune per tutta la serata? – sbuffò.
Minerva socchiuse gli occhi, registrando quell’improvviso cambiamento nella voce.
Era lieve, appena accennato, eppure aveva percepito il nervosismo.
- Ero solo curiosa – replicò a tono.
- Sono solo stupide rune, non c’è nulla di cui essere curiosi. –
- Eppure sembra che il compito interessi molto anche a Katherine … immagino non siano cose poi così noiose. –
Renford si scostò leggermente, fissandola dritta negli occhi con le iridi cobalto leggermente più scure del solito; era facile che gli si rabbuiasse lo sguardo quando si arrabbiava, era una cosa che aveva notato più di una volta.
- Adesso cosa c’entra lei? –
- Non lo so -, lo rimbeccò, - dimmelo tu. –
- Nulla, ma a quanto sembra per te c’entra eccome. Pensavo ti fidassi, ma evidentemente non è possibile fidarsi completamente di me, no? –
Tentennò, presa alla sprovvista.
In effetti non era poi andato così lontano dal punto della questione.
Vederlo passare tutto quel tempo con Katherine la rendeva nervosa.
Entrambi Purosangue, bellissimi, altolocati … era esattamente il tipo di coppia per cui ogni genitore dell’elitè Purosangue avrebbe spinto.
- È solo che … -
 - Che non ti fidi, ho capito –, la interruppe, - buona serata. –
La lasciò lì, nel bel mezzo della pista, dirigendosi verso l’uscita senza voltarsi indietro.
Minerva strinse i pugni, sforzandosi di reprimere le lacrime.
Capì che era inutile quando Kara le si avvicinò, la prese sottobraccio e la portò fuori accarezzandole ritmicamente la schiena.
Fu allora che si rese conto delle lacrime calde che le correvano lungo le guance.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice: 

Buongiorno :)
Come potete notare questo capitolo è decisamente dolce amaro.
Da un lato abbiamo l’ufficializzazione dell’Alphara, ma dall’altro assistiamo alla rottura della Rennie.
Personalmente è stato un colpo al cuore scrivere la parte finale del capitolo, ma nei prossimi le cose evolveranno velocemente e tutto sarà ben più chiaro … ma c’è la domanda di rito: siete pro Minnie e la sua gelosia oppure pro Renford e la sua delusione nel non godere della fiducia della ragazza?
Io credo di stare nel mezzo xD
Ho due domandine per i vostri OC:

- Per chi tiferanno durante la partita Serpeverde vs Corvonero?

- Torneranno a casa per Natale o resteranno a scuola?

Come al solito vi chiedo di mandare le risposte tramite MP.
Al prossimo capitolo.
Stay tuned.
XO XO,
Mary

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15

 

 

 

 

 

- Hai un’aria da schifo – osservò Katherine, sedendosi sul divano accanto a lui.
- Sempre molto delicata, non c’è che dire. –
- Dico solo la verità, mi conosci. Ti va di raccontarmi cosa è successo? –
Si lasciò ricadere contro lo schienale del divano, buttando la testa all’indietro e sbuffando.
- Minerva non si fida di me, é gelosa. –
- Di Heidi? Effettivamente ti guarda come se volesse mangiarti, il che a dirla tutta è piuttosto patetico, ma del resto dai Carrow non è che ci si possa aspettare chissà cosa. –
Renford soffocò una risata.
Katherine e il suo razzismo indiscriminato nei confronti di quella famiglia lo aveva sempre divertito e dire che non ne aveva mai capito il motivo.
- No, non di Heidi. È gelosa di te. –
- Di me? Pensavo che fosse paurosamente intelligente –, ironizzò, - Quindi come ha fatto a venirle in mente quest’idea malsana? –
- Quella maledettissima traduzione. Crede che se passiamo tanto tempo insieme non sia per quello, ma perché c’è qualcos’altro sotto. –
- Uhm, ha senso – riconobbe, accavallando le gambe.
Renford si raddrizzò, guardandola con un sopracciglio inarcato.
- Tutto qui? Non hai nient’altro da aggiungere? –
Finse di pensarci su, tamburellando le dita sulle labbra voluttuose.
- No, non direi. Primo perché non mi interessano granchè le sue paturnie e secondo perché non sta a me risolvere le cose, vedi scritto da qualche parte “Aiuto Cupido a tempo perso”? E, terzo, se non ha creduto a te dubito che lo faccia con me … io non lo farei. –
Davanti al silenzio del ragazzo, Katherine gli rivolse un’occhiata penetrante.
- Perché tu le hai spiegato per bene come stanno le cose, vero Ren? –
- Più o meno. –
- Santo Salazar, comincio a pensare che quella botta in testa che hai preso a quattro anni ti abbia lasciato danni cerebrali più gravi del previsto. –
- Botta in testa che mi hai dato tu – precisò, sentendo le labbra incresparsi in un lieve sorriso.
La ragazza scrollò le spalle.
- Te la meritavi, mi avevi rubato l’ultimo biscotto allo zenzero. –
- Mi hai dato una botta con la mazza da Battitore dello zio Robert – protestò.
- Già … adoro i biscotti allo zenzero. –
Si fissarono per una manciata di secondi prima di scoppiare a ridere.
Fu così che li trovarono Abraxas e Alphard quando misero piede all’interno della Sala Comune.
- Adhara vuole ucciderti – gli comunicò Alphard, soffocando uno sbadiglio.
- E Alexandra è intenzionata a darle una mano –, aggiunse Abraxas, - quindi non so quanto ti convenga farti trovare qui quando si sveglierà. –
Renford roteò gli occhi.
- Che magnifico lunedì di merda. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

- Devi mangiare qualcosa – insistè Kara, spingendo verso di lei il piatto con il bacon croccante e le uova strapazzate.
- Non ho fame. –
- Minnie, fare lo sciopero della fame non cambierà le cose – provò a farla ragionare.
- Non sto facendo nessuno sciopero, semplicemente non ho fame. –
Kara scambiò un’occhiata con Mayra, che scosse debolmente la testa.
Quando ci si metteva diventava una testona di prima categoria.
Minerva incrociò le braccia, scrutando con la coda dell’occhio la tavolata verde argento.
Vide Renford entrare e andarsi a sedere a qualche posto di distanza da Abraxas, Edward, Alphard e Alexandra.
Scivolò sulla sedia di fronte a Tom e Katherine.
Lo vide sorseggiare del succo di zucca e ascoltare quello che i due compagni di Casa stavano dicendo.
Sembrava distaccato, freddo come il ghiaccio, come se si fosse estraniato da tutto quello che lo circondava.
- Sai che non avrei mai pensato di dirlo, ma non mi sento di accanirmi troppo contro di lui – ruppe il silenzio Kara, attirando le occhiate sorprese delle due ragazze.
- Sei sicura di sentirti bene? Magari quel latte era avariato – replicò Mayra, osservando circospetta la brocca davanti a loro.
- Sto benissimo. Dico solo che a nessuno farebbe piacere sentirsi accusare di essere un bugiardo e un potenziale traditore. Minnie … con me hai reagito nello stesso modo per molto meno – constatò.
Effettivamente era vero.
Non gli aveva dato molte occasioni di spiegarsi, si era limitata a riversargli contro tutti i suoi dubbi e le sue paure.
Forse se gli avesse concesso il beneficio del dubbio le cose non sarebbero andate in quel modo.
- Credi che debba andare a parlargli? –
Kara annuì decisa.
- Prima chiarite e meglio é. Non siete obbligati a tornare insieme, ma almeno saprete davvero come stanno le cose. È sempre meglio chiarirsi – concluse, lo sguardo che puntava verso Fleamont a qualche posto di distanza che chiacchierava con Ethan e Tobias.
- Continua a evitarti? –
- Già e non capisco cosa gli ho fatto. –
- Ti darò il tuo stesso consiglio: parlagli – replicò Minerva, scostando la sedia all’indietro.
- Dove stai andando? –
- A parlargli prima della partita – replicò, seguendo il ragazzo che si era appena alzato dal tavolo ed era uscito dalla Sala.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Renford! Aspetta, per favore! –
Il ragazzo smise di camminare, voltandosi verso di lei.
Un lieve guizzo illuminò le iridi cobalto, ravvivando almeno un po’ la sfumatura cupa che avevano assunto dalla sera precedente.
- Minerva, dimmi. –
- Io … volevo parlarti di ieri sera. –
- Ho la partita tra mezz’ora. –
- Lo so. Ti rubo solo un minuto – assicurò.
Lo vide farle cenno di uscire dalla scuola, appoggiandosi poi contro la colonna del patio e pescando una sigaretta dalla tasca interna della divisa.
Storse leggermente il naso davanti a quell’evidente violazione delle regole, ma non disse nulla.
- Ti sto ascoltando, cosa volevi dirmi? – chiese, buttando fuori una boccata di fumo.
- Mi dispiace se ti ho accusato di avere qualcosa a che fare con Katherine, ma credo che al posto mio anche a te sarebbe venuto il dubbio – disse tutto d’un fiato.
- Forse -, ammise, - e probabilmente avrei dovuto spiegarti come stavano le cose prima. Io e Katherine siamo amici da quando avevamo tre anni, è sempre stata parte della mia vita ma non ho mai pensato a lei in quel modo e lei neppure. Quella traduzione è semplicemente una traduzione in cui la sto aiutando, niente di più e niente di meno. Dopo le vacanze di Natale non se ne parlerà più. –
Minerva assimilò quelle parole alla velocità della luce.
- Capisco e mi dispiace di essere partita prevenuta e di averti fatto un vero e proprio interrogatorio. È solo che ci tengo davvero a te e la cosa un po’ mi spaventa – ammise.
Renford annullò la distanza che li separava, chinandosi a depositarle un bacio sulla fronte.
- Anche io. –
Un tossicchiare discreto li interruppe.
Abraxas e il resto della squadra erano lì fuori e li osservavano.
- Avremmo bisogno del nostro Capitano, tra poco comincia la partita. –
- Ve lo lascio subito – assicurò Minerva.
- Vado, vinco la partita, e torno a finire questo discorso – le assicurò, accarezzandole una guancia.
- Arrogante, Lestrange. –
- Sempre – replicò, strizzandole l’occhio.
Dopodichè raggiunse la squadra e puntò in direzione del campo da Quidditch.
Con il cuore decisamente più leggero, Minerva andò alla ricerca di Kara e Alexandra per raggiungere a loro volta gli spalti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

- Mi domando se Adhara e Alphard si scateneranno l’una contro l’altro durante la partita o ci andranno più leggeri del solito – considerò Alya, osservando le due squadre che scendevano in campo e si fronteggiavano.
- Conoscendo i soggetti immagino di sì, una semplice relazione sentimentale non può fermare la loro competitività – rise Laura.
Drusilla annuì in silenzio, poco propensa a partecipare allo scambio di chiacchiere.
Le si rodeva la coscienza nel non fare nulla e vedere Kara che continuava a cercare di capire cosa passasse per la testa di Fleamont.
Si voltò, sentendosi osservata, e incrociò le iridi color cielo di Stephen.
- Cosa ti passa per la testa, biondina? –
- Considerazioni che mi mandano in crisi – ammise.
- Magari un parere esterno può esserti utile. –
Lo soppesò per qualche secondo.
Se qualcuno le avesse detto che da lì a qualche mese dall’inizio dell’anno scolastico avrebbe cominciato ad affidarsi al giudizio di Stephen King avrebbe raccomandato alla persona in questione una buona dose di Shockantesimi al San Mungo.
Eppure in quel momento l’idea non le sembrava poi così malvagia.
- Ho scoperto che un mio amico ha una cotta per una mia amica e mi ha fatto giurare di non dirle nulla; ora però lui fa l’idiota e la evita e lei si tormenta cercando di capire cosa sia cambiato. –
Il ragazzo annuì in silenzio, concentrato alla ricerca di una soluzione.
- Per come la vedo io, se sei sicura che questa tua amica lo ricambi, dovresti parlarle e raccontarle come stanno le cose. Il tuo amico alla fine ti ringrazierà. –
- Già. Il punto è che non so se lei lo ricambia oppure no. –
- Magari se mi dici di chi si tratta posso dirti come la penso – suggerì.
Per la buona Helga, doveva davvero essere impazzita.
- Kara e Fleamont. –
Stephen sorrise senza apparire minimamente sorpreso dalla cosa.
- Erano sempre pappa e ciccia e non ho mai creduto alla storia che fossero solo amici, si vede lontano un chilometro che Potter è gelosissimo di lei. E, secondo il mio modesto parere di latin lover e spezzacuori, lei lo ricambia. –
- Giusto, se parla l’esperto bisogna crederci per forza – ironizzò.
- Oh, tesoro, torniamo alla tua gelosia sul mio passato? Dovrebbe esserti chiaro che al momento non ti tolgo gli occhi di dosso – la rimbeccò, posandole una mano sotto al mento e costringendola a guardarlo dritto negli occhi.
- Io non ho proprio nessuna gelosia nei tuoi confronti. –
- Non mi sembra. –
- E allora ti sembra male. –
- Sicura? Perché quello che sembra a me è che io ti piaccio, ma non vuoi ammetterlo nemmeno con te stessa perché pensi che prima o poi mi stuferò e tu rimarrai da sola a soffrire. –
Avrebbe voluto trovare le parole adatte per dirgli quanto si stesse sbagliando, ma sfortunatamente per se stessa ci aveva preso alla grande.
Non si fidava di lui dal punto di vista sentimentale, lo aveva visto cambiare troppe ragazze in troppo poco tempo per ritenerlo affidabile, ma non poteva negare che le piacesse.
- Ti ho già detto che ti fai troppi trip mentali? –
Il sorriso non abbandonò il volto di Stephen nemmeno allora.
- Va bene se non vuoi ancora ammetterlo, io resto qui non vado mica di fretta. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Sembra proprio che siano più che determinati a vincere la partita – considerò Fleamont.
- Già, stanno giocando in modo molto accanito – convenne Tobias.
- E purtroppo mettono ancora di più in luce il fatto che sono le due squadre più forti del campionato – gemette infine Ethan.
- Pronostici? –
- Non ne ho idea … il trio d’attacco di Serpeverde è molto forte, ma anche quello di Corvonero non scherza e le difese si equivalgono quasi – considerò Fleamont.
Tobias ed Ethan si scambiarono un’occhiata semplice.
- D’accordo signor tecnico -, ironizzò il biondo, - adesso perché non lasci da parte il Quidditch e ci dici che cosa sta succedendo con Kara? –
Fleamont si irrigidì, continuando a fissare con ostentazione davanti a sé.
- Nulla. –
- Non sembra proprio visto che sono giorni che non vi parlate. –
- Abbiamo solo da fare, non c’è mica scritto da nessuna parte che dobbiamo stare sempre appiccicati e vivere in simbiosi. –
La replica gli uscì più acida di quello che avrebbe voluto e seppe all’istante di essersi tradito: lui non era mai così brusco e scocciato con i suoi amici, era ovvio che non era il solito Fleamont.
- Di qualsiasi cosa si tratti vedi di risolverla; siete i miei migliori amici, non voglio vedervi comportarvi come due perfetti estranei. –
Già, se solo fosse stato così semplice.
- Non è facile. –
Tobias si accigliò, intromettendosi nello scambio.
- C’è qualcosa che non ci hai detto, vero? –
Finalmente si decise a smettere di guardare la partita.
- Sì -, ammise, - ho fiutato il profumo di Kara nella mia Amortentia. –
Vide Tobias sgranare gli occhi, colto alla sprovvista, ed Ethan guardarlo con l’espressione frastornata di una preda puntata dal cacciatore.
- Tu sei innamorato di lei? – ripetè lentamente.
- Già. –
- E lei? –
- Lei non ne ha idea e non ho intenzione di dirle nulla. Non voglio correre il rischio di rovinare tutto. –
Tobias tossicchiò. – Fleamont, stai già rischiando di rovinare tutto comportandoti in questo modo. Non puoi fare danni peggiori confidandole tutto. –
- Ha ragione -, convenne Ethan, - e magari lei ti ricambia e le cose torneranno nuovamente alla normalità. –
Sotto l’insistenza degli amici si ritrovò ad annuire in silenzio.
Era un Potter, loro affrontavano i problemi non scappavano davanti alla prima difficoltà.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Per le mutande di Merlino, ma è completamente impazzito? – esclamò Alexandra, osservando uno dei Battitori di Corvonero che scagliava un Bolide a velocità impressionante dritto verso i Cacciatori di Serpeverde.
L’urlo di avvertimento arrivò troppo tardi.
Il Bolide impattò con violenza al centro, colpendo in pieno Renford.
Tramortito, il ragazzo perse il controllo della scopa e cominciò a precipitare verso terra.
Vide Minerva osservarlo con gli occhi sbarrati, una mano premuta sulla bocca per trattenere l’urlo che le nasceva lungo la gola.
Abraxas e Alphard si mossero verso terra fianco a fianco, cercando di arginare la rovinosa caduta dell’amico ma invano.
Prima ancora che riuscissero ad afferrarlo, Renford si schiantò al suolo con un tonfo che gelò l’intera scolaresca.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

 Salve!
Non era nei programmi aggiornare oggi, ma l’ispirazione mi ha colta e ho deciso di anticipare un pochino visto che, oltretutto, ieri ho concluso l’odiata sessione estiva quindi ho tutto il tempo del mondo per scrivere!
Come vi avevo anticipato tempo fa, dal prossimo capitolo ci sarà un salto temporale che porterà direttamente alle vacanze di Natale perciò chiedo a chi non l’ha già fatto di mandarmi la risposta alla domanda dello scorso capitolo.
Detto ciò, spero che il capitolo vi sia piaciuto anche se è solo di transizione.
Al prossimo aggiornamento.
Stay tuned.
XO XO,
Mary

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16

 

 

 

 

 

 

 

19 Dicembre 1944

 

 

 

 

 

 

 

Minerva richiuse il baule, assicurandosi con un colpo di bacchetta di assicurare i ganci di sicurezza in modo che non cedessero sotto al peso del contenuto.
Seduta sul suo letto a baldacchino, Kara ruppe il silenzio che aleggiava tra di loro.
- Sei riuscita a riprendere quel famoso discorso? –
Scosse la testa, allontanando una ciocca sfuggita dalla treccia laterale.
- No. Non abbiamo più avuto modo di parlare da soli dal giorno della partita. –
Erano passate tre settimane da quando Renford si era schiantato durante la partita tra Serpeverde e Corvonero e a parte qualche visita sporadica in infermeria, Minerva non aveva avuto modo di stare da sola con lui perché la sua stanza sembrava diventata un vero e proprio porto di mare: compagni di Casa che si affaccendavano portandogli compiti, amici che gli raccontavano gli ultimi pettegolezzi, persino i signori Lestrange erano arrivati al castello per venirlo a trovare e tra di loro Minerva aveva intravisto una donna dai tratti decisi e lunghe ciocche color platino che non aveva mai visto prima.
Leta Lestrange, la zia mezza matta di Renford, o almeno così le aveva detto Adhara.
Sembrava che il coma magico nel quale era precipitato il nipote a seguito della caduta avesse avuto la precedenza su qualsiasi affare la coinvolgesse nel Nuovo mondo.
Non che fosse una sorpresa, dopotutto era l’unica possibilità della famiglia di vedere il proprio cognome portato avanti.
- Dovresti parlarci prima di partire. –
- Avevo intenzione di farlo non appena avrò finito con il baule. –
- Tu vai, al baule ci penso io – asserì Kara, spingendola quasi letteralmente fuori dalla stanza del loro dormitorio.
Sconfitta, non le restò che scendere il Sala Comune e dirigersi verso il ritratto della Signora Grassa.
Incrociò Fleamont, l’espressione da cane bastonato, e rallentò affinchè il compagno di Casa le si affiancasse.
Era palese che volesse dirle qualcosa, ma non riuscisse a trovare le parole più adatte.
- Ti stai comportando da idiota – lo accolse.
Trasalendo, Fleamont sgranò gli occhioni nocciola.
- Non so cosa fare, Minerva. Non è semplice come sembra. –
- L’unica cosa che devi fare è spiegare a Kara cosa provi per lei. Insomma, ormai l’ha capito tre quarti della scuola che non siete due semplici amici, solo voi due testoni fate fatica ad accettarlo. –
Annuì, passandosi una mano dietro al collo con fare imbarazzato.
- Aspetterò che scenda in Sala Comune e le parlerò – assicurò, improvvisamente determinato a mettere un freno a quella situazione.
- Sarà meglio altrimenti ti appenderò a testa in giù fuori dalla finestra della torre … e non so quanto ti convenga con questo freddo. –
Ridendo, Fleamont assicurò che l’avrebbe fatto.
Mai sottovalutare una delle minacce di Minerva.
Sorrise soddisfatta, varcando l’uscita e dirigendosi a passi spediti verso l’infermeria.
Non c’era il solito andirivieni né persone nella saletta d’attesa e ne dedusse che Renford dovesse essere solo.
Aprì piano la porta dell’infermeria, intrufolandosi all’interno a passo leggero nel timore di trovarlo addormentato.
Voltò l’angolo nascosto dal separè e lo trovò lì.
Renford era seduto su uno dei letti dell’infermeria, la schiena appoggiata contro la spalliera del letto, e una donna era seduta sulla sedia accanto a lui.
La chioma candida come la neve la rendeva estremamente riconoscibile: Leta.
Fece per tornare sui suoi passi, ma un paio di iridi blu erano ormai fisse su di lui e luccicavano mostrando palese allegria.
- Minerva. –
Sorrise di rimando, uscendo da dietro il separè e avvicinandosi al letto.
Sentiva un altro paio d’occhi, neri come il carbone, che la studiavano con intensità.
- Lieta di conoscerti, Minerva – le sorrise.
Era un’espressione diversa da quelle di circostanza o da coloro che tentavano di essere amichevoli.
La prima cosa che le venne in mente fu il ghigno del gatto del Cheshire che tanto l’aveva inquietata quando era piccola e i suoi genitori le avevano fatto dono dell’album di disegni che rappresentava i personaggi di quella fiaba.
Era il genere di sorriso di chi sapeva di essere imperscrutabile, inquietante e di saperne una più del diavolo.
Leta sapeva di metterla in difficoltà e di suscitarle inquietudine e sembrava più che soddisfatta dalla cosa sebbene le sue parole contrastassero con il linguaggio del suo corpo.
- Piacere di conoscerla, signorina Lestrange – replicò, sforzandosi di sorridere mentre accettava la mano che la donna le porgeva.
La pelle di Leta era gelida, sembrava quasi che fosse rimasta immersa nella neve per delle ore e non al caldo dell’infermeria.
- Vi lascio da soli così potrete parlare in pace – annunciò Leta, alzandosi e rassettando la lunga veste nera come la notte.
Accarezzò il volto del nipote con un lieve sorriso, questa volta decisamente più autentico di tutti quelli che aveva dispensato da quando aveva messo piede lì dentro, e rivolse un cenno del capo a Minerva per poi guadagnare l’uscita e richiudere la porta dietro di sé.
- Lo so, Leta fa questo effetto a parecchie persone – la precedette, battendo sul materasso accanto a sé per invitarla a sedersi lì.
- Sembra una donna molto … particolare – asserì, alla ricerca del termine più neutrale possibile.
- È la prima volta che sento qualcuno dire “particolare” per intendere completamente fuori di testa -, rise Renford, - però non posso negare che tu abbia ragione. –
- I tuoi genitori? –
- Se ne sono andati non appena hanno saputo con sicurezza che non fossi in pericolo di morte. Tipico. –
Non sembrava che la cosa lo toccasse particolarmente, ma Minerva non riusciva a capire come fosse possibile.
I suoi genitori non l’avrebbero persa d’occhio per un istante se quello spaventoso incidente fosse successo a lei.
- Come stai? –
- Meglio. So che hanno rigiocato la partita e che Corvonero ha vinto e so che voi avete giocato contro Tassorosso e avete vinto quindi al momento sono i Corvi a guidare la classifica – aggiunse poi, nel palese tentativo di cambiare discorso.
Sapeva perché faceva così.
- Senti ancora dolore, vero? –
Renford rimase immobile per qualche secondo prima di annuire.
- Stare seduto mi uccide – ammise.
Lo spinse delicatamente in giù, ma mettendoci la giusta dose di decisione da fargli capire che opporre resistenza non avrebbe avuto il minimo senso.
- Sei un caso disperato, Lestrange, dovresti saperlo che fare il duro non porta da nessuna parte – sbuffò.
- In realtà non è del tutto vero. Più faccio il duro e prima posso uscire di qui. Mi annoio a morte. –
- Già … domani cominciano le vacanze. –
- E noi dobbiamo ancora parlare di quello che ci siamo detti prima della partita – ricordò lui.
- Se senti ancora dolore possiamo rimandare. –
Scosse risolutamente la testa.
- No, voglio chiarire le cose. –
Le prese la mano, intrecciando le dita alle sue.
- Ci tengo a te, Minerva, e voglio che le cose funzionino. –
- Lo stesso vale per me -, sussurrò di rimando, - e sono pronta a fidarmi del tutto. –
Con un colpo di reni che gli strappò un gemito di dolore, Renford si mise nuovamente seduto e catturò le sue labbra in un lieve bacio prima che Minerva potesse anche solo pensare di intimargli di rimettersi sdraiato.
- Partirò per l’Italia con zia Leta durante le vacanze, me l’ha chiesto e non sono riuscito a trovare una ragione abbastanza buona per rifiutare, ma ti scriverò tutti i giorni – assicurò, accarezzandole il volto.
- Sarà meglio per te -, scherzò, - o quell’incidente di Quidditch ti sembrerà una carezza a confronto. –
Renford scoppiò a ridere nella sua solita risata bassa e profonda e l’abbracciò per l’ultima volta, separandosi quando sentirono la porta riaprirsi e annunciare l’imminente ritorno di Leta.
- A presto – gli sussurrò, uscendo dall’infermeria.
- A presto. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Kara sedette sul divano di fronte al caminetto della Sala Comune, osservando di sottecchi il suo migliore amico che sembrava alla ricerca delle parole giuste per cominciare il discorso.
- Hai intenzione di dirmi perché hai fatto l’idiota per tutto l’ultimo mese oppure stai aspettando che diventi una Legilimens e lo scopra da me? –
- Io … mi dispiace, Kara, ma non è stata colpa tua. –
- Lo spero bene, non ho fatto nulla di male eppure mi hai esclusa. –
- Io non ti ho esclusa -, protestò, - dovevo solo avere il tempo di capire. –
Accigliandosi, Kara si sporse verso di lui.
- Capire cosa, Potter? –
- Ho sentito qualcosa che non mi aspettavo nella mia Amortentia e non sapevo come venire a patti con la cosa – spiegò.
- Di chi ti sei innamorato? – chiese a bruciapelo.
Insomma, perché tirare in ballo l’Amortentia se non era per confessare una cotta a dir poco imbarazzante?
- Io … io … sonoinnamoratodite. –
- Cosa? Fleamont parla in una lingua comprensibile al genere umano se vuoi che ti capisca. –
Con un sospiro profondo, ripetè: - Sono innamorato di te. –
Vide la ragazza sgranare gli occhi, incredula, per poi alzarsi in piedi di scatto e fronteggiarlo.
Sentì lo spostamento d’aria prodotto dallo schiaffo una frazione di secondo prima che questo si abbattesse sulla sua guancia, facendogli scattare la testa dall’altro lato.
- Ahia, sei impazzita? –
- Sei un idiota. Mi evitavi perché ti sei innamorato di me! –
- Non volevo dirtelo proprio perché sapevo che avresti reagito così … ho rovinato la nostra amicizia, lo sapevo. –
Evitò di sfuggita l’ennesima sberla.
- Imbecille! Grandissimo idiota! Perché avresti dovuto rovinare tutto? –
Interdetto, borbottò: - Beh, a giudicare da come mi prendi a schiaffi mi sembra che tu sia arrabbiata perché mi sono innamorato di te. –
Alzando gli occhi al cielo, Kara scosse la testa.
- Non sono arrabbiata per quello, testone di un Potter. Sono arrabbiata perché piuttosto che dirmelo subito hai preferito fare l’idiota. –
- Non sapevo come dirtelo … -
Avvicinandoglisi, Kara parve finalmente aver recuperato la calma.
- Anche io. –
- Anche tu cosa? –
- Sei proprio un testone –, sbuffò, - anche io sono innamorata di te. –
- Da quanto? – chiese, incredulo.
- Oh, non poi così tanto … solo il primo giorno del primo anno. –
Si chinò su di lei non appena ebbe finito di pronunciare la frase, baciandola con vigore.
Sentì Kara rispondere con passione, spintonandolo sul divano e allacciandogli le braccia intorno al collo.
Le voci divertite e i fischi d’approvazione dei loro compagni di Casa erano ormai lontani anni luce.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

Adhara alzò lo sguardo verso il cielo, incrociando due iridi di un blu assoluto che la fissavano.
Erano ai margini della Foresta Proibita, spinti lì dalla volontà di trovare un angolo tranquillo in cui passare le ultime ore prima della partenza.
- Questo posto è fantastico, c’è una calma quasi innaturale. –
- Già, è il mio preferito proprio per questo –, riconobbe Alphard, - e ne sono particolarmente geloso, non ne ho mai parlato a nessuno. –
- Sono la prima persona a cui lo dici? –
Annuì, seguendo con le dita da pianista i contorni del suo viso.
- Sì, volevo che fosse una persona speciale. –
Rimasero in silenzio per un po’ finchè Alphard non prese nuovamente la parola.
- Io mi stavo chiedendo … hai piani particolari per le vacanze? –
Adhara scosse la testa.
- Non direi se si escludono i soliti pranzi e cene con i parenti … ah, c’è la festa dei Carrow come tutti gli anni ma a quella immagino andrete anche voi. –
- Sì, è un tradizionale supplizio annuale. –
- Tu invece che piani hai? –
Alphard si strinse nelle spalle. – Più o meno i tuoi. Casa sarà affollata di parenti e mi toccherà sopportare Walburga, Orion e Cygnus. –
Annuì.
Si ricordava bene la sorella di Alphard, una specie di banshee dal delicato volto da bambola e le onde corvine in mezzo alle quali luccicavano due iridi di ghiaccio.
Così come ricordava Cygnus, leggermente più basso del fratello e dall’aria molto meno virile, che aveva finito con l’essere promesso a sua cugina Druella Rosier.
- Non ti invidio per niente – rise.
- Te l’ho chiesto perché avevo una proposta da farti - esordì cauto.
Non aveva voglia di bruciarsi subito e rischiare un rifiuto.
- Sono ufficialmente incuriosita. Che tipo di proposta? –
- Volevo chiederti di passare le vacanze dal ventisei in poi a casa mia. Insomma, dovrebbe esserci anche tua cugina Druella, stando a quanto dice Cygnus, perciò non credo ci sia nulla di troppo sconveniente. Sempre se ti va ovviamente – aggiunse alla fine.
- Certo che mi va – replicò all’istante, vagamente consapevole di star sorridendo come una bambina la mattina di Natale davanti a decine di pacchetti da scartare.
Alphard replicò al suo sorriso, chinandosi a scoccarle un lieve bacio a fior di labbra.
- Saranno le migliori vacanze di Natale di sempre. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice: 

Salve!
Comincio scusandomi se in questo capitolo sono comparsi pochi OC, ma ho deciso di suddividere le vacanze di Natale in più parti proprio per dare il giusto spazio a ognuno degli OC perciò rivedrete gli altri nei prossimi due capitoli. Inoltre avevo bisogno di introdurre un po’ il personaggio di Leta (che rivedrete nei prossimi capitoli) perché si lega a un’altra mia interattiva in fase di creazione … a questo proposito se voleste andare a vedere di che si tratta la trovate come “Ilvermorny 1944 – How to hang a witch” e vi anticipo che si legherà negli ultimi capitoli e in particolare nell’Epilogo di questa storia.
Detto ciò, qui sotto vi lascio la pv di Leta.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Al prossimo aggiornamento.
Stay tuned.
XO XO,
Mary

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Leta Lestrange (PV Zoe Kravitz) – 47 anni, ex Serpeverde.

 

 

 

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


Capitolo 17

 

 

 

 

 

 

20 Dicembre 1944

 

 

 

 

 

 

 

- Come mai non sei con il resto del gruppo? – chiese Clay, osservando la ragazza seduta davanti a lui con un sacchetto di Api Frizzole tra le mani.

Alya sorrise ironica.

- Perché non sei contento di passare un po’ di tempo con me? Sono profondamente offesa. –

Il Corvonero si affrettò a scuotere la testa con vigore, arrossendo leggermente.

- N .. no, certo che no! Non intendevo dire questo! –

- Rilassati, Clay, stavo solo scherzando – lo rassicurò con una risata.

Era fin troppo facile prendersi gioco di quel ragazzo; in effetti Clay era un ragazzo così tenero e gentile che la prospettiva di ferire qualcuno l’atterriva.

Passare il tempo con lui le piaceva, era un buon amico e sapeva di poterci fare affidamento.

- Spiritosa -, bofonchiò tornando a rilassarsi contro il sedile dello scompartimento, - allora mi spieghi il perché? Di solito fai il viaggio in treno sempre con Laura e Drusilla. –

- È vero, ma volevo lasciarle insieme a Devon e Stephen senza fare la quinta incomoda. –

- Avevo intuito che ci fosse una qualche attrazione tra Laura e Devon, ma Drusilla e Stephen? – chiese scettico.

- Sì, sono bravi a cercare di continuare a fare finta che non sia così, ma è solo questione di tempo prima che quei due si saltino addosso in modo molto più pacifico di quanto non facciano di solito. –

Sentì un sorriso dipingerlesi sul volto alla vista dell’espressione sconcertata di Clay.

- Credo che non capirò mai certi comportamenti. –

- Non tutto è sempre logico. –

- Poco ma sicuro, ma quei due dovrebbero farsi dare una controllata da un serio e professionale strizzacervelli se finiscono davvero insieme. –

- Quanto ci scommetti che sarà così? –

Clay si accigliò.

- Cosa proponi? –

- Se vinco io mi passerai tutti i compiti di Storia della Magia da qui alla fine dell’anno. –

- E se vinco io? –

- Allora farò una cosa a tua scelta. –

Si strinsero la mano in tono solenne.

- Scommessa accettata. –

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

- Mi raccomando biondina, non pensarmi troppo in questi giorni. –

Drusilla sbuffò, allontanando una ciocca dal volto e inarcando un sopracciglio.

- Casomai dovrei essere io a dirtelo, King. Non trattenere il respiro nell’attesa di rivedermi. –

Stephen scoppiò a ridere.

Adorava il modo in cui Drusilla gli teneva testa, rimettendolo al suo posto in continuazione in modo del tutto naturale.

- Beccato in pieno -, ammise ridendo, - ma cosa posso farci se non faccio che pensare a … -

- Oh, credimi, lo sono bene a cosa pensi razza di pervertito! –

Era incredibile, riusciva sempre a capire cosa gli passava per la testa.

- Non stavo per dire nulla di scandaloso – protestò.

- Ma per favore, dal sorrisetto che avevi sulla faccia sono più che sicura che fosse qualcosa di davvero indecente. –

- Devi passare parecchio tempo a guardarmi se sai come decifrare le mie espressioni. –

L’aveva buttata lì come una frecciatina provocatoria, ma non avrebbe mai immaginato di vedere Drusilla arrossire leggermente.

- Non ti stanchi mai di delirare, vero? –

- Mai. –

Sorrise lievemente. – Bene, ma adesso devo davvero andare -, indicò con un cenno del capo una coppia dall’aria distinta che stava a qualche metro, - ai miei genitori non piace molto stare in mezzo alla confusione. –

- Certo. Allora fai buone vacanze e … ci vediamo alla festa della Carrow. –

- Buone vacanze anche a te. –

Gli rivolse un ultimo sorriso e poi raggiunse i suoi genitori.

Stephen la vide venire abbracciata con trasporto dal padre e ricevere un bacio sulla guancia dalla madre mentre una bambina che poteva avere all’incirca cinque anni si aggrappava alla gonna di Drusilla chiedendo a gran voce l’attenzione della sorella.

Si era spesso chiesto come fosse la famiglia di Drusilla e a quanto pareva era una delle poche famiglie Purosangue che aveva un matrimonio felice e trattava i propri figli con amore.

Fu contento per lei, se la meritava in pieno.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

22 Dicembre 1944

 

 

 

 

 

 

 

- Sei proprio sicuro di voler andare da solo? –

Tom alzò lo sguardo dal libro che stava leggendo, seduto sulla poltrona di fronte al grande camino del salone di casa Malfoy.

Alla fine aveva accettato l’invito di Abraxas a passare le feste a casa sua, stremato dall’insistenza del biondo e dal suo arrivo in quella gigantesca villa aveva potuto prendere contatti con un gran numero di Purosangue e membri dell’elité del mondo magico.

Avevano ospitato molti pranzi e cene, ma quella sera era stata la meno formale di tutte.

I signori Nott erano stati a cena lì quella sera e Katherine lo aveva raggiunto non appena avevano finito di mangiare.

- Te l’ho già detto, è una cosa che devo fare da solo. –

- Non sai nemmeno se abitano ancora lì. –

- Non avrebbero mai lasciato casa loro, i Gaunt da quello che ho letto sono molto fieri delle proprie origini. –

- E sono anche completamente pazzi. –

Gli rivolse un sorriso di scuse.

Dopotutto erano pur sempre gli unici parenti che Tom avesse ed era più che ovvio che volesse conoscerli.

- Non intendevo dire … -

- Non sono molto lucidi, almeno così dicono, ma voglio comunque parlare con loro. Voglio sapere. –

Annuì in silenzio.

Tom aveva scovato una vecchia copia di “Genealogie Purosangue” e dopo aver cercato per giorni era riuscito a scovare il ramo della famiglia a cui era appartenuta sua madre: i Gaunt.

Gli ultimi discendenti in vita di Salazar Serpeverde.

Instabili, reclusi in una sottospecie di baracca fatiscente in un villaggio abitanto perlopiù da Babbani.

Lontani anni luce dall’antico splendore che ci si sarebbe aspettato perdurasse in coloro che avevano il sangue di Salazar nelle vene.

Tuttavia se Tom ne era stato deluso non l’aveva di certo dato a vedere; anzi aveva lavorato con incessante cura per localizzare la posizione precisa e prepararsi a effettuare quel lungo viaggio.

- Lo sai che tutti si domanderanno dove ti sei cacciato se non presenzierai alla festa dei Carrow, vero? –

Tom assentì. – Ci sarò, non dovrei metterci più di una giornata per trovare quello che cerco. –

Katherine trovò curiosa quella scelta di parole.

Non chi cerco, ma quello.

C’era qualcosa che Tom non le stava dicendo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

24 Dicembre 1944

 

 

 

 

 

 

- Laura! –

La voce di sua madre, proveniente dal piano inferiore, la riscosse dalla concentrazione con la quale stava svolgendo i compiti per le vacanze.

Si affacciò sul pianerottolo, sporgendosi dalla balaustra per essere certa che sua madre la sentisse.

- Sì? –

- Hai visite. –

Visite?

Era la Vigilia di Natale per cui non riusciva proprio a pensare chi avesse trovato il tempo di abbandonare i preparativi per cene e feste solo per venirla a trovare.

Incuriosita, percorse la scala che conduceva all’atrio principale.

- Eccomi, chi è? –

- Siamo in cucina. –

Percorse buona parte del piano inferiore, sbucando in cucina.

Trovò sua madre che porgeva una tazzina di caffè a un ragazzo dai capelli castano chiaro, seduto compostamente sulla sedia alla destra del tavolo.

- Ben svegliata – esordì Devon, voltandosi verso di lei con un sorrisetto divertito.

Arrossì furiosamente ripensando al pigiama bianco con i bastoncini di zucchero rossi disegnati sopra, i calzettoni di lana pesante e i capelli scarmigliati.

Doveva sembrargli una sorta di pazza fuggita dal San Mungo.

- Io … io non mi aspettavo visite – farfugliò presa in contropiede.

- Ho pensato di farti una sorpresa. Parto subito dopo pranzo perciò volevo essere sicuro che ricevessi il mio regalo di Natale. –

- Parti? –

- Sì, i miei genitori hanno deciso di passare le feste dai miei zii a Manchester. È molto che non li vediamo. –

Laura vide con la coda dell’occhio che sua madre osservava la scena con intensità come se volesse essere certa di non perdersi il minimo dettaglio.

La cosa si stava facendo ancora più imbarazzante.

- Perché non ci spostiamo in salone? C’è il camino acceso, farà più caldo. –

Devon annuì, permettendole di fargli strada.

- Volevi scappare da tua madre? – chiese ridendo.

- Esattamente. –

- Sembra una donna veramente in gamba. –

- Lo è, ha una gran forza interiore – concordò.

- Come te. –

Sorrise, lusingata.

Vide Devon rovistare alla ricerca di un pacchetto nella tasca interna del mantello da viaggio.

Le porse la confezione, accuratamente realizzata con della bella carta verde e oro.

- Tieni, aprilo. –

Scartò la carta con attenzione, scoprendo una scatolina bianca con l’apertura a scatto. L’aprì, mettendo in mostra una collanina con un ciondolo realizzato in legno al centro del quale c’era incastonato un piccolo smeraldo.

- Il legno è pino -, la informò, - ed è incantato affinchè tu possa sempre sentire la sua fragranza. So quanto ti piace quell’odore. –

La rigirò tra le dita, ammirandola in tutto il suo splendore, poi buttò i capelli di lato e gli porse il collo esile ed elegante.

- Mi aiuti a metterla? –

- Certo. –

Rabbrividì leggermente quando sentì le dita di Devon sfiorarle la pelle.

- Scusa -, rise imbarazzato, - ho dimenticato i guanti quindi le mie mani devono essere gelate. –

Avrebbe voluto dirgli che il freddo non era la causa di quel brivido, ma si trattenne.

- È bellissima – si limitò a mormorare, rigirandosi il ciondolo tra le dita.

- Ho pensato a te appena l’ho vista, sono contento che ti piaccia -, lanciò un’occhiata all’orologio a pendolo nell’angolo e trattenne un’imprecazione, - i miei genitori si staranno chiedendo dove sono finito. Devo scappare. Ci vediamo a scuola. –

Annuì, accompagnandolo alla porta.

- Buon Natale, Devon. –

- Buon Natale anche a te – ricambiò, chinandosi a scoccarle un bacio sulla fronte mentre la cingeva in un lieve abbraccio.

Quando si separarono Laura rimase sulla soglia finchè non lo vide Smaterializzarsi.

Alla fine si decise a rientrare, pronta ad affrontare la curiosità materna.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Sono giunta ad aggiornare anche qui finalmente!

Come vi avevo accennato ogni capitolo sarà concentrato su alcuni OC in particolare e le loro vacanze natalizie in modo da non creare troppa confusione e fare troppi pastrocchi.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto.

Al prossimo aggiornamento.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***


Capitolo 18

 

 

 

 

 

 

 

25 Dicembre 1944

 

 

 

 

 

 

Alexandra indossò l’abito che le era stato consegnato quella mattina da un elegante barbagianni.

Non era il gufo di Abraxas, ma la lettera allegata non lasciava spazio a dubbi sul fatto che fosse un regalo di Natale del ragazzo vista la svolazzante sigla alla fine della pergamena.

A.     M.

 

 

- Alexa, faremo tardi se non ti dai una mossa … ma sei stupenda – esclamò Mayra, affacciandosi nella stanza della sorella maggiore.

In effetti con quell’abito color dell’alabastro, che le fasciava il corpo con eleganza e sinuosità, sembrava una di quelle principesse delle favole.

- Devo dire che il biondastro ha buon gusto. –

Alexandra le sorrise lievemente.

Mayra era l’unica a sapere con esattezza cosa ci fosse tra lei e Abraxas, avendoli sorpresi a scambiarsi effusioni l’anno precedente.

- Sarai la più bella della festa, la Carrow morirà d’invidia – sentenziò la ragazza, sorridendo compiaciuta mentre prendeva per mano la sorella e la costringeva a fare una giravolta per ammirare ogni dettaglio dell’abito.

Alexandra ridacchiò leggermente, divertita dall’entusiasmo della più piccola.

- Non mi interessa rivaleggiare con Heidi. –

- Dovrebbe. Se io fossi come te non perderei un istante e le farei perdere quell’aria da miss mondo con cui si aggira per i corridoi. –

- È un commento pericolosamente da Serpeverde, lo sai? – replicò, ammiccando maliziosa.

Mayra sgranò gli occhi, scuotendo la testa con vigore.

- Lo sapevo. Avere in casa te ed Edward ha finito con il contagiarmi con il gene della serpitudine. –

- Il gene di cosa? – chiese quest’ultimo, affacciandosi nella stanza per capire come mai ci mettessero tutto quel tempo a scendere.

- Mayra dice che è colpa nostra se ogni tanto ha uscite da Serpeverde. –

- Meglio le uscite che assimila da noi piuttosto che quelle che potrebbe trasmetterle Stephen. –

- Ehy, ti ho sentito – replicò la voce dell’altro dal corridoio.

- Bene, perché non era certo un segreto. –

- Non vedo l’ora di tornare a Hogwarts, almeno lì siamo in Case diverse e non devo sopportarti per tutta la giornata – sbuffò Stephen, facendosi avanti e porgendo solennemente entrambe le braccia alle sorelle affinchè lo prendessero sottobraccio.

Edward roteò gli occhi al cielo.

Immaturo a livelli esponenziali.

- Diamoci una mossa o i nostri genitori partiranno senza di noi. –

- Il che sarebbe una grandissima perdita – ironizzò Mayra.

Tuttavia la ragazzina li seguì docilmente al piano di sotto e poi verso il giardino dal quale si sarebbero Smaterializzati.

Sperava solo che quella maledetta festa avesse vita breve.

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

- I Carrow hanno esagerato come al solito – considerò Azalea.

- E quale sarebbe la novità? Sono megalomani come pochi – replicò il cugino, guardandosi attorno alla ricerca di qualche figura familiare e amichevole.

Al momento gli sembrava solo di trovarsi in un covo di serpi.

- Chi stai cercando? –

- Fleamont. Aveva detto che sarebbe venuto alla festa. –

- Arriverà, lo sai che non è certo il massimo della puntualità. Piuttosto, credevo che saresti stato contento di essere alla festa, l’ultima volta sei andato al ballo con Heidi. –

Scrollò le spalle.

- Cercavo una distrazione sufficientemente bella, nient’altro. Piuttosto, chi è quella? –

Azalea seguì il suo sguardo, accigliandosi.

La ragazza doveva avere all’incirca quindici anni, un fisico aggraziato e sottile come un giunco, lunghe onde biondissime che le ricadevano fino a metà schiena e grandi occhi blu come zaffiri che la facevano sembrare una sorta di innocente angelo.

- Credo sia una delle cugine francesi di Heidi. –

- In tal caso credo sia d’obbligo andare a farle da chaperon. Insomma, si sentirà spaesata in un posto in cui la maggior parte degli invitati non parla una parola della sua lingua madre. –

Azalea alzò gli occhi al cielo.

Non c’era niente da fare, Ethan era sempre il solito.

- Vai pure, cugino. –

- Tu vieni con me, come potrei fare a comunicare con lei altrimenti? Sei tu quella che parla francese, non io. –

- D’accordo -, assentì, - ma sia chiaro che questo ti costerà un gigantesco favore a mia scelta che riscuoterò non appena vorrò. –

Ethan annuì con aria solenne.

- Ci sto. –

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

Kara era seduta sul pavimento di casa Brooks a osservare il figlio di Tobias che sgambettava attorno all’albero di Natale, i grandi occhioni sgranati mentre osservava le decine di pacchetti deposti ai piedi del gigantesco albero riccamente decorato.

Incrociò lo sguardo di Sophie.

La ragazza osservava il bambino con una tenerezza nello sguardo che la commosse.

Il piccolo era figlio della precedente ragazza di Tobias, morta poco dopo in un tragico incidente, ma la Corvonero l’aveva accettato e amato come se fosse suo.

Di certo portava allegria in casa Brooks, che quella sera aveva visto una vera e propria invasione da parte di metà Casa di Grifondoro visto che lei, Minerva e Fleamont avevano accettato l’invito a cena.

- Ethan si starà domandando dove sei finito – considerò Minerva.

- Mi sono completamente dimenticato di avvertirlo -, ammise il ragazzo, - ma non avevo la minima intenzione di andare a quella stupida festa. –

Kara si accoccolò maggiormente contro il petto del ragazzo, sorridendo quando lo sentì cingere le braccia forti attorno a lei.

- Lo sentirai lamentarsi per giorni – profetizzò Tobias.

Scoppiarono a ridere all’unisono.

Effettivamente Ethan Fenimore era noto in tutta la scuola per la caparbietà con cui continuava a rinfacciare fatti come quello.

- Non credo che sarà triste per molto, troverà presto qualche bella ragazza da rimorchiare. –

Risero nuovamente.

Quel Natale portava una ventata di complicità e dolcezza come nessuno dei precedenti aveva mai fatto.

C’erano i suoi amici, i loro genitori, e il suo fidanzato.

Tutto era perfetto.

E Kara era veramente, totalmente, felice.

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

26 Dicembre 1944

 

 

 

 

 

 

Adhara e Druella vennero accolte all’ingresso dall’elfa domestica dei Black.

La creaturina si inchinò toccando quasi il pavimento con il lungo e sottile naso, prese i loro soprabiti e annunciò che si sarebbe occupata all’istante di portare i loro bagagli nelle camere loro assegnate.

- Prego le signorine di seguirmi nel salone principale, i padroni saranno qui il prima possibile – squittì, accompagnandole verso l’enorme stanza che era il cuore pulsante della casa.

Con la coda dell’occhio Adhara osservò sua cugina che si guardava attorno con espressione deliziata.

- Sapevo che i Black erano incredibilmente ricchi, ma questa casa va al di là di ogni mia più sfrenata immaginazione. –

- È bella – convenne.

- Bella, tutto qui? – ripeté incredula.

- Non sono qui per la casa né per quello che contiene – replicò, lasciando intendere che non era affatto sicura che lei condividesse il suo pensiero.

Druella in quei giorni aveva parlato più dei Black come famiglia e posizione che di Cygnus.

Sapeva che il loro era un fidanzamento combinato, ma non riusciva a capire come potesse andarle bene se non provava almeno un briciolo d’affetto per Cygnus.

Quanto al rampollo dei Black, era più evidente dal modo in cui guardava Druella che la considerasse la ragazza più bella su cui avesse mai posato lo sguardo.

Se non fosse stato un insopportabile essere pomposo, Adhara si sarebbe sentita dispiaciuta per lui.

La loro conversazione venne interrotta da un rumore di passi lungo il corridoio che preannunciò di pochi istanti la comparsa della famiglia Black al completo.

Pollux Black e Irma Crabbe guidavano quella sorta di solenne drappello, dietro di loro venivano Alphard e Cygnus e a qualche passo da loro Walburga sottobraccio a Orion.

- È un piacere avervi qui per le vacanze, sono lieto che le vostre famiglie abbiano acconsentito all’invito – esordì Pollux, osservandole dalla testa ai piedi con aria palesemente compiaciuta.

- Il piacere e onore è nostro, signor Black – assicurò Druella, sorridendo come ogni brava Purosangue avrebbe dovuto fare.

Adhara rimase in silenzio, limitandosi a sorridere chinando lievemente il capo.

Aveva già detto tutto sua cugina, nell’evidente desiderio di mettersi in mostra e riscuotere il favore della matrona dei Black.

Quanto a lei, non aveva alcun dubbio circa il fatto di partire decisamente svantaggiata.

Walburga non la sopportava dai tempi della scuola e non aveva alcun dubbio che anche la signora Black condividesse il suo sentimento.

- Milly vi mostrerà le vostre stanze, immagino vorrete rinfrescarvi prima della cena – asserì Irma, ordinando con un cenno del capo all’elfa di scortarle al piano superiore.

In silenzio, assecondarono il desiderio della padrona di casa e seguirono l’elfa al piano superiore fino alla fine del corridoio, dove si trovavano le loro stanze.

Druella raggiunse la sua squittendo deliziata, per poi richiudersi la porta alle spalle.

Adhara sostò invece sulla soglia della sua per qualche secondo, rivolgendo un sorriso all’indirizzo dell’elfa.

- Ti ringrazio, Milly, da qui posso cavarmela da sola. –

L’elfa la guardò sorpresa, come se non fosse abituata a quella gentilezza, e si profuse nell’ennesimo inchino.

- Milly è a completa disposizione della signorina, è un piacere. –

Dopodichè si congedò e, immaginò Adhara, corse a svolgere qualche altro compito in vista della cena.

Rimasta sola, osservò la stanza che le era stata assegnata.

Era all’estremo opposto del piano rispetto a quella di Alphard e immaginò che fosse stata una scelta studiata per evitare qualsiasi possibile sconveniente evento.

L’interno era decorata con uno sfavillante stile barocco, ricco di verde e argento, che la fece sentire come se fosse improvvisamente finita nel dormitorio di Serpeverde.

Tuttavia era una bella stanza, aveva persino un piccolo terrazzo privato dal quale ammirare la vista mozzafiato sulla serra all’aperto.  

Sentì bussare delicatamente alla porta in mogano.

- Avanti. –

Alphard fece capolino, sorridendo.

- Allora, come ti sembra? –

Sorrise di rimando, avvicinandosi verso di lui fino ad annullare la distanza che li separava e incrociare le braccia dietro al suo collo.

Sentì le mani del ragazzo cingerle i fianchi, tenendola stretta a sé.

- Va benissimo. –

- Ti ricordavi di Cygnus, Walburga e Orion quindi sai già che tipi sono, ma dei miei cosa pensi? –

- Sinceramente? –

Alphard scoppiò a ridere, annuendo.

- Tuo padre ci guardava come se stesse valutando quanto valessimo a peso d’oro mentre tua madre … sembra una Walburga di mezza età. –

- Se questo non è parlare chiaro -, replicò ormai in preda alle risate più totali, - credo sia la prima volta che qualcuno che non fa parte della famiglia ha avuto il coraggio di dire davvero come stanno le cose. –

- Dovresti saperlo che sono una piccola ribelle – scherzò.

- Lo so. Ed è una delle tante qualità che mi hanno attirato quando ti ho conosciuta. –

Sentì le guance colorirsi di una bella tonalità di rosa intenso mentre il ragazzo la fissava dritta negli occhi.

Era uno sguardo in cui avrebbe tranquillamente potuto perdersi.

Una frazione di secondo dopo le labbra di Alphard erano premute sulle sue in un lento e passionale bacio.

Quando si separarono, Alphard le accarezzò il volto.

- Non vedo l’ora di vederti alle prese con Walburga, sono certo che darete spettacolo nel migliore dei modi possibili. –

Sorrise malandrina.

- Farò sicuramente del mio meglio. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Aggiornamento a tempo di record, ma ero ispirata e non volevo attendere oltre.

Con il prossimo capitolo termineremo le vacanze di Natale perciò tra due capitoli li rivedremo tutti a scuola.

Vorrei però porvi una piccola domanda:

- Come trascorreranno il Capodanno?

Detto ciò, per chi fosse curioso vi lascio qui sotto i pv di Druella, Walburga, Orion e Cygnus per come me li ero immaginati visto che li rivedrete sicuramente nel prossimo capitolo.

Al prossimo aggiornamento.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

 

 

 

 

 

 

Walburga Black (PV Olivia Wilde) – 21 anni, ex Serpeverde.

 

Orion Black (PV Henry Cavill) – 21 anni, ex Serpeverde.

 

Cygnus Black (PV Orlando Bloom) – 19 anni, ex Serpeverde.

 

Druella Rosier (PV Katie McGrath) – 18 anni, ex Corvonero.

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 ***


Capitolo 19

 

 

 

 

 

 

 

31 Dicembre 1944

 

 

 

 

 

 

 

 

Aprì gli occhi, soffocando uno sbadiglio, svegliato dal fracasso che stavano facendo al piano di sotto.

Mise giù i piedi dal letto a baldacchino e uscì dalla sua stanza per dirigersi verso il piano inferiore e cercare di capire cosa stesse succedendo.

Facendo capolino dalla rampa di scale, Ethan vide una mezza dozzina di elfi domestici che si affaccendavano con i preparativi.

Emise un gemito.

La festa dell’ultimo dell’anno, stava quasi per dimenticarsene.

L’ennesima occasione per i suoi genitori di cercare di combinargli un vantaggioso e rispettabile matrimonio Purosangue.

Stando attento a non farsi sentire, tornò al piano superiore e prese immediatamente piuma e inchiostro.

Doveva mettersi subito in contatto con Azalea: urgeva una strategia per mandare in fumo il piano dei genitori.

 

S. O S.

Preparativi per la festa in corso.

Salvami.

 

 

Affidò la missiva al suo gufo, guardandolo mentre spiccava il volo e percorreva rapidamente le poche miglia che lo separavano da casa della cugina.

Dieci minuti più tardi il gufo era di ritorno stringendo tra le zampe la risposta alle sue preghiere.

 

Trova un modo per farmi entrare alla festa.

Ci penserò io a tenerti lontane quelle sanguisughe.

 

 

Sorrise fissando quelle poche righe vergate con la calligrafia tondeggiante della ragazza.

Poteva sempre fare affidamento su Azalea.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

Abraxas stava comodamente sdraiato sul grande divano in pelle di drago e osservava Tom rigirarsi tra le dita uno dei regali che aveva ricevuto per il suo compleanno.

Era sempre interessante osservare la sua espressione quando ne aveva uno tra le mani.

Sapeva che era cresciuto in un orfanatrofio Babbano, ma non aveva mai considerato fino a che punto la cosa avesse condizionato l’amico anche nella più piccola e insignificante delle cose.

- È una prima edizione, ma non è di cristallo -, ironizzò il biondo davanti alla reverenza con cui Tom maneggiava il tomo di Arti Oscure, - puoi sfogliarlo senza temere che si disintegri. –

Aveva trovato quell’edizione da Magie Sinister prima che cominciasse l’anno scolastico e l’aveva acquistata di getto, certo che Tom l’avrebbe apprezzata.

La biblioteca di Hogwarts era deplorevolmente carente sotto quel particolare punto di vista.

Tom gli rivolse una di quelle sue espressioni indecifrabili, come se si stesse domandando se scoppiare a ridere oppure Schiantarlo.

Sentì il sorriso allargarsi ancora di più sulle labbra sottili.

Merlino, quanto lo divertiva quel ragazzo.

Una delle elfe domestiche del Manor fece capolino timorosamente, lo sguardo fisso verso il basso.

- Signorino Malfoy, ci sono delle persone che desiderano vedere lei e il signorino Riddle. –

Accigliato, si raddrizzò leggermente.

- Delle persone? Di chi si tratta, Tiffany? –

- Il signorino Lestrange e un suo amico, padroncino Malfoy. –

E così finalmente Renford si decideva a ricomparire da quel misterioso viaggio in Italia con quella svitata di Leta.

- Conducili qui. –

L’elfa annuì, inchinandosi e sgattaiolando verso il portone.

Abraxas la sentì squittire qualcosa e una manciata di secondi più tardi la vide fare ritorno scortando gli ospiti.

Renford aveva il volto leggermente colorito, ma lo sguardo spento tradiva la stanchezza. Di qualsiasi cosa si fosse trattata di sicuro non era stato un viaggio di piacere.

Dietro di lui veniva un ragazzo che Abraxas non aveva mai visto prima; doveva avere uno o due anni più di loro, i corti capelli erano castani e le iridi azzurre luccicavano allegre.

- Abe, Tom – salutò asciutto, scambiando delle virili pacche di saluto prima con uno e poi con l’altro, - lui è Christopher Zabini. –

- Lieto di conoscervi, Ren ha parlato molto bene di voi due. –

- Piacere di conoscerti – replicò Tom, studiandolo con fredda cortesia.

- Ti abbiamo portato un regalo di compleanno che adorerai – dichiarò Renford, lasciandosi cadere con disinvoltura su una delle poltrone più vicine, - Chris, fagli vedere. –

Il nuovo arrivato tese un pacchetto elegantemente incartato.

- Tanti auguri, Tom – augurò.

Scartandolo con circospezione, Tom esaminò il contenuto con aria febbrile.

Finalmente aveva tra le mani quello che tanto a lungo aveva atteso.

La traduzione del Grimorio di Morgana.

- Chris è un traduttore molto dotato, è stata Leta a consigliarmi di rivolgermi a lui – spiegò Renford.

- Non troverai una traduzione più accurata nemmeno se la dovessi cercare per il resto della vita – assicurò Zabini.

Tom assentì in silenzio.

Era sempre più vicino al suo obiettivo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Se non fosse uscita da lì il prima possibile sarebbe finita con l’impazzire, poco ma sicuro.

Quel pomeriggio Irma Crabbe aveva preteso che sia Adhara che Druella si unissero a lei e alla figlia nel salone principale della residenza invernale per sorseggiare un the e scambiarsi chiacchiere sull’imminente matrimonio di Walburga e Orion.

Inutile dire che Adhara fosse rinomatamente ben poco interessata a chiacchiere e pettegolezzi, specialmente se si trattava di Walburga.

Druella invece appariva deliziata e sinceramente partecipe nella conversazione, non che quella fosse ormai una novità.

La bionda era più che mai decisa a conquistarsi i favori della futura suocera e sembrava decisamente sulla buona strada, godendo in pieno anche dell’approvazione della futura cognata.

- Tu cosa ne pensi, Adhara? –

Venne strappata dai suoi pensieri dalla domanda di Walburga.

Si riprese in fretta, sorridendo lievemente.

- Credo che sia un bellissimo vestito. –

Era la verità, l’abito era davvero delizioso.

La ragazza parve interdetta nel trovarla effettivamente pronta e attiva nella conversazione, quasi avesse sperato di vederla cadere dalle nuvole e farle fare una figuraccia.

Annuì, guardandola dall’alto in basso, e tornò a rivolgersi alla madre elencando una sfilza di nomi che aveva intenzione d’invitare alla cerimonia che si sarebbe tenuta di lì a sei mesi.

Venne interrotta da un tossicchiare educato che spinse le quattro donne a voltarsi verso la sua provenienza.

Alphard era sulla soglia del salone, le iridi blu che sondavano la stanza con aria divertita.

- Spiacente di interrompere le vostre interessantissime chiacchiere, ma temo di dovervi rubare Adhara. –

Irma lanciò un’occhiata corrucciata al figlio come se volesse spingerlo a rimangiarsi la sua richiesta e fare marcia indietro, lasciando la sua fidanzata in balia loro.

Eppure Alphard resse bene lo sguardo materno e aggiunse: - Sempre ammesso che a lei non dispiaccia e che invece preferisca rimanere qui a chiacchierare del matrimonio con voi. –

Adhara vide chiaramente la scintilla divertita nello sguardo del ragazzo che contrastava con la seriosità della frase.

Si sarebbe fatta Schiantare per tutta la stanza piuttosto che passare lì dentro ancora un solo minuto e lui lo sapeva perfettamente.

- Immagino che se si tratta di una cosa seria io possa assentarmi; Druella mi racconterà ogni cosa nei minimi dettagli, non è vero? –

La cugina annuì con vigore, rassicurando Irma con un sorriso a trentadue denti.

- Naturalmente. Non si preoccupi, signora Black, aggiornerò io Adhara. –

Irma soppesò la faccenda per qualche secondo prima di annuire rigidamente.

- D’accordo, andate pure. –

Si alzò in piedi, rassettando l’abito verde, e si impose di uscire dalla stanza senza correre malgrado lo volesse oltre ogni dire.

Prese sottobraccio Alphard e si lasciò condurre verso l’atrio e poi fuori fino al grande giardino antistante la villa.

- Allora, ti stavi divertendo? –

Gli rivolse un’occhiata ironica. – Sì, è stato uno dei momenti più emozionanti della mia vita … specialmente quando Walburga ha cominciato a decantare ogni esatta sfumatura di bianco che avrebbe utilizzato per il ricevimento. Sapevi che esistono ben undici gradazioni di bianco? –

Scoppiò a ridere.

- Non ne avevo idea. Se l’avessi saputo non mi sarei mai intromesso tra te e questa grande lezione di cultura. –

- Prova a lasciarmi un’altra volta sola con quelle tre e giuro che mi metto a urlare. –

- Allora immagino sarai contenta di sapere che siamo esentati dal partecipare alla festa dei Prince. Orion aveva un invito a cena da certi suoi colleghi del ministero e ha deciso di portare con sé Walburga mentre Cygnus e Druella hanno una festa da certi loro ex compagni di scuola. Quindi sono riuscito a convincere mio padre a lasciarci una serata lontana dagli eventi mondani. –

Emise un sospiro sollevato.

Ne aveva davvero abbastanza di quella sfilza d’eventi sociali a cui erano stati invitati nella settimana.

- E dove andremo? –

Le rivolse un sorriso furbo. – Questa è una sorpresa, tu fatti solo trovare pronta per l’ora di cena. –

- Agli ordini – scherzò.

Non vedeva l’ora di scoprire di cosa si sarebbe trattato, la curiosità la stava divorando.

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

Laura si guardò attorno, esaminando gli invitati alla festa con attenzione.

- È una mia impressione oppure c’è una quantità incredibile di ragazze? –

Devon annuì, seguendo il suo sguardo.

- Sembra che ci siano tre quarti delle ragazze Purosangue in età da contratto matrimoniale. Immagino che i genitori di Ethan stiano cercando qualcuna con cui accasarlo. –

Drusilla si strinse nelle spalle, sorseggiando un calice di vino elfico.

- Personalmente la trovo una pratica a dir poco barbara. È come se ci si mettesse all’asta e si comprassero le persone come si fa con i quarti di bue. –

- Credo che tu abbia trovato un paragone calzante – convenne Laura, accennando al modo in cui i genitori presenti esaminavano i vari pretendenti.

Effettivamente sembrava di stare a una sorta di gigantesco e tremendamente chic mercato al chiuso.

- E quello chi è? – chiese d’un tratto Drusilla, accennando con il capo al ragazzo nell’angolo della sala che chiacchierava educatamente con Abraxas, Edward e Alexandra.

- Quale? –

- Quello carino, con i capelli castani e i grandi occhi azzurri. –

- Quel damerino tutto sorrisi? – chiese Stephen, la fronte corrucciata mentre lo individuava.

- Credo che sia un nuovo amico di Renford arrivato insieme a lui dall’Italia –, considerò Devon, - se non sbaglio è uno Zabini. –

Le sue parole vennero accompagnate dall’inizio di una lenta e armoniosa melodia che si propagò velocemente all’interno dell’immenso salone.

Devon vide Laura sorridere al suono della melodia, ondeggiando appena sul posto.

- Ti va di ballare? –

Annuì, accettando la mano che il ragazzo le porgeva e lasciandosi scortare sulla pista da ballo.

- Sembra che quei due stiano facendo passi da gigante – considerò Drusilla osservandoli danzare con i corpi premuti stretti gli uni contro gli altri.

- Così sembrerebbe. Vado a prendermi dell’altro da bere, tu ne vuoi? –

Lasciandogli il calice vuoto tra le mani, annuì con un sorriso. – Sì, grazie. –

Rimasta sola dedicò la sua attenzione ai ballerini in pista. Si muovevano in modo elegante e aggraziato, erano un vero piacere per gli occhi.

- Come mai una ragazza così carina non è in pista a ballare? –

Si voltò verso il ragazzo che aveva parlato, incontrando gli occhi azzurri del misterioso sconosciuto.

- Credo sia ancora troppo presto per cominciare a ballare. Di questo passo mi distruggerei i piedi a metà serata – rise, accennando ai tacchi alti.

Il ragazzo ridacchiò, porgendole la mano. – Cristopher Zabini. –

- Drusilla Selwyn. –

- Posso comunque sfidare la sorte e invitarti a ballare? –

- Potresti … -

- Ma sfortunatamente per te Drusilla ha già un cavaliere – intervenne Stephen, ricomparso con due calici stretti tra le mani.

Ne porse uno alla ragazza, che lo ringraziò.

- Ah -, Christopher parve interdetto, - allora le mie scuse e buon proseguimento – concluse congedandosi con un sorriso di scuse.

Rimasti soli, inarcò un sopracciglio divertita. – Davvero? Buffo, perché non mi ero resa conto di essere venuta accompagnata da qualcuno. Immagino che la mia memoria comincia a fare scherzi. –

- Spiritosa. Bevi quel vino e poi seguimi in pista, biondina. Se pensi che io resti qui a fare tappezzeria mentre ogni singolo ragazzo della festa ci prova con te ti sbagli di grosso. –

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

Laura si rilassò nella stretta del ragazzo, lasciandosi guidare con sicurezza da Devon in vortici sempre più rapidi e precisi.

Era un ottimo conduttore, considerò, e tra le sue braccia si sentiva più al sicuro di quanto non le fosse mai capitato dalla morte di suo padre.

- Ti stai divertendo? –

- Moltissimo -, assicurò, - questa serata si è rivelata inaspettatamente piacevole. –

Un sorriso furbo si dipinse sul volto di Devon.

- È troppo arrogante da parte mia se presumo che buona parte del merito sia mio? –

Laura rise, scuotendo la testa.

- Certe volte mi dimentico che sei un Testurbante e che c’è una parte molto Serperverde in te. –

- Solo la parte migliore delle serpi – assicurò, portandosi una mano al cuore come se fosse in procinto di giurarlo solennemente.

- D’accordo, signor Bones, gonfierò un po’ il tuo ego e ammetterò che hai ragione. –

- Lo sapevo. –

- E perché ne eri così certo? –

- Perché indossi il mio regalo – mormorò, accennando al ciondolo che portava al collo.

- È stato un bellissimo regalo. –

- So cosa significa l’odore del pino per te … e volevo che il mio regalo significasse qualcosa, che avesse un qualche valore per te e non fosse solo uno dei tanti che si ricevono alle feste. –

Toccata da quelle parole, arrossì e abbassò lo sguardo.

- Devon … -

- No -, la interruppe, - lasciami finire prima che perda il coraggio. Mi ci è voluto molto per ammetterlo, ma alla fine ho capito che non aveva senso continuare a negarlo. Per me non sei solo un’amica. Io provo qualcosa che va oltre l’amicizia … ti amo, Laura. E forse rovinerò tutto con questa dichiarazione, ma avevo bisogno che tu lo sapessi. –

Vide Laura alzare finalmente lo sguardo su di sé.

Era a dir poco raggiante.

- Il tuo discorso è difficilmente superabile da qualsiasi altro quindi ti risponderò nel modo più diretto che conosco: ti amo anche io. –

Smisero di danzare e Devon la prese per mano all’istante, attirandola verso l’uscita del salone.

- Dove stiamo andando? – chiese ridendo.

- Lontano da tutta questa gente. Ho voglia di baciarti, ma non voglio dare spettacolo davanti a tutti. –

La replica la fece avvampare, ma l’imbarazzo evaporò non appena si ritrovarono in uno dei corridoi della casa e Devon le prese il volto tra le mani.

La baciò con dolcezza, tenendola stretta a sé.

Era il posto migliore in cui essere.

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

Adhara mise un piede davanti all’altro con fare incerto, il volto coperto da una sottile striscia di stoffa morbida che le nascondeva ogni indizio circa dove si trovassero.

Avevano cenato in uno dei villaggi magici poco distanti dal Manor.

Un posto elegante dalla luce soffusa e decine di coppie che si guardavano dritte negli occhi per tutta la durata della cena.

E avevano riso e scherzato fino al momento del dolce.

Dopodiché Alphard l’aveva fatta alzare e le aveva chiesto di coprirsi il volto con quella benda, assicurandogliela dietro al capo.

E allora era stata ufficialmente in balia del ragazzo.

Avevano camminato per un lasso di tempo che non seppe quantificare. Le aveva fatto salire una lunga rampa di scale e l’aveva sentito mormorare qualcosa con degli sconosciuti.

E adesso erano fermi sul posto, una lieve brezza che li accarezzava.

- Posso togliere la benda? –

- La puoi togliere. –

La fece scivolare via, abituando velocemente gli occhi a ciò che aveva di fronte.

Erano su una terrazza, questa fu la prima cosa che realizzò, la seconda era che da lì si vedeva l’intero villaggio illuminato dalle luci delle feste.

- È bellissimo. –

- Sì, la vista è stupenda –, convenne, - ma la vera sorpresa comincia adesso. –

Il primo sibilo la colse di sorpresa.

Vide i fuochi d’artificio magici saettare verso il cielo notturno con frequenza cadenzata.

Assumevano forme sempre nuove, riproducendo costellazioni, fiori, comete di luce e ogni sorta di forma umanamente pensabile.

I colori erano sgargianti e illuminavano il cielo attorno a loro in una miriade di sfumature sempre nuove.

- Hai organizzato tutto tu? Tutto solo per me? – chiese, la voce rotta per l’emozione.

- Sì. –

Nessuno l’aveva mai sorpresa in quel modo, a nessuno era mai importato abbastanza per prendersi la briga di farlo.

Sorrise, voltandosi verso di lui che la teneva stretta tra le braccia.

- Ti amo, Alphard Black. –

Lo vide sorridere mentre si chinava a sfiorarle le labbra con le sue, mormorandole di rimando: - Ti amo, Adhara Rosier. –

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

Mancavano pochi minuti alla mezzanotte quando un gufo battè alla finestra della sua camera.

Minerva alzò lo sguardo verso l’animale, riconoscendolo all’istante.

Aprì la finestra, facendolo entrare, e armeggiò per sfilare la lettera dal legaccio assicurato a una delle zampe.

Srotolò la pergamena.

 

Affacciati.

 

 

Fece come le era stato detto, individuando all’istante la sagoma con indosso il pesante mantello che se ne stava in piedi tra la neve fresca che gli arrivava quasi alle ginocchia.

- Renford? –

- Perché, aspettavi qualcun altro? –

Rise, richiudendo la finestra e correndo giù per le scale fino alla porta, ignorando gli sguardi sorpresi dei suoi genitori e dei suoi fratelli.

Uscì fuori, gettandosi tra le braccia del ragazzo.

Le era mancato così tanto.

- Sei tornato! –

- Questa mattina – confermò, accarezzandole il volto.

- Non dovevi essere alla festa dei Prince? –

- Ci sono stato fino a poco fa -, confermò, - ma dovevo essere qui per la mezzanotte. –

Si alzò in punta di piedi, baciandolo di slancio.

Ignorò i suoi genitori sulla soglia, i suoi fratelli che ridacchiavano e persino i piccoli e delicati fiocchi di neve che avevano ripreso a cadere su di loro.

Renford era lì con lei, nient’altro importava.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Credo che questo sia stato il capitolo più sdolcinato che io abbia mai scritto in tutta la mia permanenza qui su EFP, ma ogni tanto un po’ di dolcezza non fa male. Anche la Devara è ufficialmente Canon e chissà che qualche altra coppia non la raggiunga nel corso di questi ultimi sei capitoli che ci separano dalla fine della storia.

Al prossimo aggiornamento.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

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Capitolo 21
*** Capitolo 20 ***


Capitolo 20

 

 

 

 

 

 

7 Gennaio 1945

 

 

 

 

 

 

 

- Non ci posso credere, hai davvero finito tutte le Cioccorane? –

- Non mi sembra di aver visto un cartello che diceva che erano roba tua – la rimbeccò Stephen, stravaccato sul divanetto accanto a lei.

Laura e Devon erano seduti di fronte a loro, troppo impegnati a parlottare tra loro per degnarli della minima considerazione.

- Ma lo sanno tutti che io non posso affrontare il viaggio in treno senza la mia solita dose di cioccolata. –

- Che enorme disdetta. –

Drusilla si allungò verso di lui, pizzicandogli il fianco e facendolo gemere.

- Ahia, sei impazzita? –

- Questo è nulla. Tu hai finito le Cioccorane! –

- E tu sei fuori di testa. –

Gonfiando le guance in un’espressione che la faceva sembrare vagamente un pesce palla, la bionda gli rivolse un’occhiata minacciosa.

O perlomeno lo sarebbe stato se solo Stephen non l’avesse trovata tremendamente adorabile.

- Non mi spaventi, nanerottola. –

- Molto male. Dovresti tremare di paura, so essere molto vendicativa – asserì, incrociando le braccia al petto.

- Allora immagino sia un bene che io abbia conservato l’ultima Cioccorana rimasta. –

Le sventolò la confezione sotto il naso, sorridendo nel vederla illuminarsi all’improvviso.

Drusilla tese le mani verso il pacchetto come avrebbe fatto una bambina che si fosse vista sventolare davanti agli occhi la cosa che desiderava più di ogni altra sulla faccia della terra.

- È per me? – chiese speranzosa.

- Non sono poi così cattivo da privarti dell’ultima Cioccorana. –

Le depositò il dolciume tra le mani, ammiccando.

- Non sei un essere così malvagio, Stephen King – asserì, ingoiando la cioccolata in due grandi bocconi.

- Ammettilo, Selwyn, sono adorabile. –

- Adesso non esageriamo. Diciamo solo che non sei poi così male –, lo ridimensionò, - Quanto a voi due, siamo arrivati al castello quindi smettetela di fare i piccioncini. Ricomincia il semestre! –

Laura e Devon sobbalzarono leggermente, strappati al loro piccolo intermezzo romantico dalle parole dell’amica, e arrossirono per essere stati beccati con la testa fra le nuvole.

Effettivamente fuori dal finestrino dello scompartimento si stagliava in lontananza il profilo del castello e le quattro torri che svettavano all’orizzonte.

Hogwarts, cara vecchia Hogwarts.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

- Credo che tu abbia ragione su Tom – ammise Azalea, prima di abbandonare lo scompartimento che aveva condiviso fino a quel momento con Norman, Clay e Alya.

Il compagno di Casa si accigliò, sorpreso.

- E cosa te lo fa pensare? –

- Ho sentito Lestrange e quel tipo … Zabini. Parlavano di una qualche traduzione che avevano consegnato a Tom. E ho come l’impressione che non sia il genere di cosa di cui si può parlare tranquillamente con un professore. –

- Hai idea di cosa trattasse? –

- Purtroppo no, ma credo che con un po’ di pazienza si possa giungere a una conclusione logica. Insomma, se ha chiesto aiuto a Lestrange doveva trattarsi di qualcosa con rune molto antiche. –

Alya tamburellò con le dita sulle labbra, pensierosa.

- Rune medievali? So che sono molto difficili da tradurre, ma che in Italia c’è una scuola apposita per esperti di Rune. Forse Zabini la frequenta. –

Clay annuì, pensieroso.

Le uniche Rune medievali che potessero essere abbastanza interessanti per un tipo come Tom si riconducevano unicamente a tre persone: Merlino, ma i suoi testi erano stati tutti tradotti; Nimue, della quale non esistevano tuttavia indizi sull’esistenza di testi che non fossero stati completamente distrutti durante il periodo della caccia alle streghe, e Morgana. Il suo Grimorio non era mai stato trovato e di sicuro era pregno di magia oscura.

- Credo di sapere di cosa si tratti. –

Sentì tre paia d’occhi puntarsi su di lui.

Tuttavia non era ancora il momento di sbilanciarsi e muovere accuse infondate.

Se Tom aveva messo davvero le mani su una copia del Grimorio di Morgana e gli oscuri malefici che conteneva allora doveva essere certo della cosa prima di denunciarlo al Preside.

- Ti degni di dirci di cosa si tratta? – chiese Azalea.

- Non ancora. Devo prima appurare una cosa – replicò, alzandosi in piedi e abbandonando lo scompartimento in tutta fretta.

Norman si strinse nelle spalle davanti agli sguardi perplessi delle amiche.

- Non guardate me, non ho la minima idea di cosa gli passi per la testa in questo periodo. –

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

9 Gennaio 1945

 

 

 

 

 

 

- Credi che si arrabbierebbe parecchio se lo svegliassi con un Aguamenti? – considerò Abraxas, osservando l’amico ancora sommerso dalle coperte del letto a baldacchino dalle coltri aperte.

Renford non le tirava mai quando andava a dormire, sosteneva che per la sua lieve claustrofobia fosse assolutamente deleterio.

Alphard, intento a risistemare la cravatta della divisa, distolse appena lo sguardo dal grande specchio a figura intera.

- Credo proprio di sì. –

- Tom? –

- Concordo con Alphard –, sentenziò il Caposcuola, - senza contare che non voglio ritrovarmi con la stanza mezza allagata né tantomeno con il tuo cadavere da occultare. –

Abraxas sbuffò, contrariato.

In quel dormitorio non lo assecondava mai nessuno, era tutto così profondamente ingiusto.

- Siete due guastafeste. –

- O magari ti hanno appena salvato la vita – lo rimbeccò la voce assonnata di Renford.

- Ecco, si è svegliato. –

- Certo, era un po’ difficile continuare a dormire con te che mi strepitavi a due centimetri dall’orecchio. –

- Io non strepito mai – protestò, indignato.

Insomma, i Malfoy avevano una certa classe quindi era assolutamente impossibile che la sua voce risultasse fastidiosa. Ce l’aveva nei geni la grazia e l’eleganza.

- Sì, come ti pare. –

Renford spinse via le coperte con forza, finendo con il far sbilanciare Abraxas e farlo rotolare a terra.

Ridendo, Alphard gli tese una mano e lo tirò su come se non pesasse nulla.

- Ti perdono quest’incredibile affronto solo perché oggi è il tuo compleanno – disse il rampollo dei Malfoy, spolverandosi i pantaloni della divisa.

- Che onore. –

- Farò finta di non aver sentito l’ironia. Allora, che piani hai per questa sera? –

Stiracchiandosi come un gatto, Ren si strinse nelle spalle.

- Nulla di particolare. –

- Spero scherzi, che ne è delle feste in perfetto stile Lestrange? –

- Non sono dell’umore adatto, Abe. –

- Ma … - provò a obiettare, vedendosi chiudere in faccia la porta del bagno.

Chi riusciva a capirlo era bravo.

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

Katherine fece capolino da dietro al divano, appoggiandosi alla spalla di Renford con il mento, e osservò la lettera che il ragazzo si rigirava tra le mani.

- È quello che penso che sia? –

Annuì distrattamente, porgendole la missiva.

La ragazza la scorse rapidamente, sospirando solidale.

- Ne uscirai in qualche modo, Ren. –

- Sì, certo, in fin dei conti i miei genitori sono così accomodanti – ironizzò aspramente.

- Ne hai parlato con Minerva? –

- Lei lasciala fuori. –

- Ha diritto di saperlo. –

- Lo saprà al momento adatto. Stanne fuori, Kat. –

Ravviando le onde castano scuro, la Serpeverde alzò gli occhi al cielo roteandoli davanti a quel classico esempio di ottusità e orgoglio maschile.

- D’accordo, ma non dire che non te l’avevo detto. –

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

29 Gennaio 1945

 

 

 

 

 

Minerva non sapeva cosa pensare.

Era da una ventina di giorni che Renford sembrava distratto, come se fosse con la testa da tutt’altra parte, ma ogni volta che aveva provato ad affrontare il discorso il ragazzo aveva sorvolato e portato la conversazione su argomenti che non c’entravano nulla.

C’era qualcosa che non andava, ma per qualche strana ragione non voleva saperne di confidarsi con lei.

Ne aveva parlato con Adhara e Alexandra, ma nessuna delle due aveva saputo darle una risposta.

Alle loro orecchie non era giunto nessun pettegolezzo che riguardasse l’elité Purosangue tuttavia Adhara aveva promesso che avrebbe indagato e le avrebbe fatto sapere.

Era proprio per questo che la stava aspettando in biblioteca da una ventina abbondante di minuti.

Si sarebbe preoccupata ancora di più se non avesse saputo che la puntualità e Adhara viaggiavano su due binari completamente diversi.

Alla fine, quando era sul punto di alzarsi e andarla a cercare, l’amica fece la sua comparsa in biblioteca.

Le sedette di fronte, l’espressione perplessa nelle iridi color ghiaccio.

- Che succede? –

- Ho messo sotto torchio Abraxas, ma dice di non saperne nulla. Tuttavia sono riuscita a scoprire da altre fonti che il giorno del suo compleanno ha ricevuto una lettera dai suoi genitori e che la lettera in questione ha fatto un bel tuffo nel caminetto della Sala Comune di Serpeverde. –

Brutte notizie, dunque, ma di cosa poteva trattarsi e perché non le aveva detto nulla?

- Cosa credi che sia? –

Adhara scosse il capo, desolata.

- Vorrei aiutarti, Minnie, ma non so davvero cosa possa essere. Forse hanno semplicemente discusso; i Lestrange sono una famiglia strana. –

Già, forse era così.

- Potresti sempre chiederlo a lui – aggiunse dopo un po’.

- No, lo escludo. Abbiamo recuperato le cose da poco, non voglio che pensi che lo spio perché non mi fido. –

Quando si fosse sentito pronto le avrebbe parlato, di questo era certa.

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

7 Febbraio 1945

 

 

 

 

 

- Sei sicuro di voler sospendere gli incontri con il resto dei ragazzi? –

Tom annuì, accarezzando ritmicamente la copertina del Grimorio.

- Non ci servono più, Kat. Abbiamo tutto quello di cui abbiamo bisogno. –

- Quasi tutto -, lo corresse, - perché a Hogwarts ci sono pochissimi libri che trattano degli Horcrux e nessuno scende nei dettagli. –

L’anello dei Gaunt scintillò sull’indice del ragazzo mentre se lo rigirava, concentrato sul trovare una soluzione a quell’increscioso inghippo.

Era vicinissimo a quello che più bramava, doveva solo trovare qualcuno che fosse disposto a fornirgli le informazioni di cui necessitava.

Doveva essere qualcuno che lo stimasse, che fosse facile da raggirare tramite l’adulazione e che si sarebbe convinto che non ci fosse nulla di male nelle domande che gli poneva.

Fu allora che ebbe l’illuminazione.

- Credo di sapere con chi parlarne. –

- Quando abbiamo la prossima cena con Lumacorno? –

- Venerdì prossimo. –

- Bene. Sarà per allora che agiremo. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Il capitolo è un po’ discorsivo, ma lascia aperte delle porte che svilupperò in seguito e chiariranno molte cose a livello di trama. Sono curiosa di sapere se avete già qualche idea in merito.

Al prossimo aggiornamento.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

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Capitolo 22
*** Capitolo 21 ***


Capitolo 21

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

11 Febbraio 1945

 

 

 

 

 

 

- La prossima volta che mi viene in mente di accettare di partecipare a qualche assurdo Club incatenami da qualche parte e impediscimi di commettere altri errori madornali – bofonchiò Sophie mentre camminava verso i sotterranei in compagnia di Tobias e Fleamont.

Il fidanzato sorrise, scompigliandole affettuosamente i capelli.

- Ti lamenti sempre, ma alla fine della serata ti ritrovi a ridere come una matta – le fece notare.

- Certo, perché Lumacorno è sempre il solito. –

- A me non dispiace poi così tanto, l’unico problema è che Kara non ne fa parte. –

I due ragazzi si scambiarono un’occhiata eloquente.

Da qualche tempo a quella parte Fleamont era diventato decisamente più sentimentalmente estroverso e non dubitavano che la cosa dipendesse in massima parte dal comportamento espansivo e schietto di Kara.

Un bel miglioramento, non c’era che dire.

- A te non dispiace perché Lumacorno ti adora – considerò Tobias.

- Questo non è affatto vero. Lo sanno tutti che il suo preferito è Riddle. –

- E la cosa ti fa rodere il fegato – ridacchiò Sophie.

Fleamont si strinse nelle spalle.

Aveva messo in conto da tempo la netta preferenza della maggior parte dei professori per Riddle e se n’era fatto una ragione.

Non condivideva e non comprendeva il motivo, ma le cose stavano così e non c’era nulla che potesse fare a riguardo.

Non che non ci avesse provato, ma sembrava che tutto il corpo insegnanti fosse completamente incapace di vedere la vera natura di Riddle, quella che talvolta trapelava per brevi istanti sul volto da bravo ragazzo ligio alle regole.

O meglio, si corresse, tutti tranne Silente.

Sembrava che il professore di Trasfigurazione fosse l’unico immune al suo fascino.

Dopotutto era il mago più brillante del secolo, nessun dubbio che non si lasciasse imbrogliare da parole sussurrate con sussiego e smodata accondiscendenza.

Arrivati alla porta dello studio di Lumacorno, Fleamont si fece da parte e invitò Sophie a precederli.

- Prima le signore. –

 

 

 

 

 

 

*

 

 

Lumacorno li aveva rimbambiti di chiacchiere fin dal primo istante in cui avevano messo piede lì dentro, ma fu la domanda che le rivolse a coglierla di sorpresa.

- Mi scusi professore, potrebbe ripetere? –

L’uomo annuì con un sorrisone solare sotto i grandi baffi da tricheco.

- Naturalmente. Stavo considerando che fosse felice della grande retata messa a segno negli Stati Uniti. Buona parte dello stato maggiore di Grindelwald nel Nuovo Mondo è stato arrestato. –

Già.

La notizia era su tutti i giornali quella mattina e leggendola non aveva potuto fare a meno di sentirsi più leggera e spensierata.

Per la prima volta dalla morte di suo padre, con il mondo magico che finalmente si decideva a prendere in mano in modo deciso la questione Grindelwald e la sua neonata relazione con Devon, sembrava che le cose avessero improvvisamente cominciato a girare per il verso giusto.

- Naturalmente, signore. È un primo importante segno del cambiamento in atto. –

- Assolutamente sì, mi sento molto propositivo e fiducioso per il futuro. Quest’era così buia finirà presto, miei cari ragazzi, fidatevi di me … ma, accidenti come si è fatto tardi – esclamò guardando l’orologio a pendolo che indicava pochi minuti allo scoccare della mezzanotte, - Forza, tornate ai vostri dormitori, è quasi passato il coprifuoco. –

Laura e la maggior parte dei presenti obbedirono, recuperando i loro mantelli e avvicinandosi all’uscita, ma con la coda dell’occhio notò che la Nott e Riddle erano rimasti leggermente in disparte.

- Tu vai, ci vediamo in Sala Comune – sentì sussurrare dal Serpeverde.

Vide Katherine annuire, agrgegandosi ad Abraxas, Renford e Alphard nel lasciare la stanza.

Li seguì a ruota.

Qualunque cosa fosse di sicuro Riddle e Lumacorno non ne avrebbero parlato in sua presenza.

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

Tom entrò in Sala Comune mezz’ora più tardi, trovando Katherine seduta sul divano davanti al caminetto ardente.

Le fiamme guizzanti venivano riflesse nelle iridi castano scuro.

- Allora? Ha parlato? –

Le sedette accanto, lasciando al sorriso che aveva trattenuto fino a quel momento la possibilità di trapelare sul volto solitamente serio e composto.

- Ovviamente. Quel vecchio sprovveduto mi ha raccontato tutto quello di cui avevo bisogno. –

Accigliandosi, si voltò verso di lui.

- E si è bevuto la scusa della teoria accademica? –

Annuì.

Katherine emise un sibilo sprezzante.

Certe volte dubitava seriamente della saggezza di Lumacorno; o forse aveva compreso alla perfezione ma aveva preferito far finta di non vedere … di non comprendere.

- Dunque è il momento di parlarne agli altri? –

- Sì, lo è -, confermò, - ma solo ad alcuni del nostro gruppo. –

- Che nomi avevi in mente? –

- Sicuramente Abraxas e Renford, forse Avery e la Carrow, e bisognerebbe provare ad avvicinare Wilkes. –

- E Alphard? –

Tom osservò il caminetto, prendendo tempo prima di dare la sua risposta.

Era una bella domanda.

I Black erano una famiglia molto attaccata alla purezza del sangue e a tutto ciò che ne derivava, disprezzando Babbani e Mezzosangue almeno quanto tutti loro.

Il problema era solo uno: Alphard era un Black molto diverso dal resto dei componenti della sua famiglia.

- Non credo che sia pronto alla nostra idea di ordine mondiale. Forse in futuro. –

- D’accordo -, convenne, - ma che sia chiaro che con Avery e la Carrow parli tu; uno è un viscido idiota mentre l’altra mi fa venire voglia di tirarle il collo ogni volta che apre bocca. –

Con un sorrisetto vagamente divertito, Tom annuì.

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

13 Febbraio 1945

 

 

 

 

 

Kara venne accolta al tavolo di Grifondoro per la cena da una Minerva dal sorriso smagliante e l’espressione luccicante di soddisfazione.

- Come mai sorridi come un gatto del Cheshire? –

- Un gatto di che? – le fece eco Ethan, accigliandosi.

- Il gatto del Cheshire è il famoso Stregatto del romanzo “Alice nel Paese delle meraviglie” -, spiegò Minerva, - ed è un libro Babbano, ecco perché non lo conosci. –

Kara scosse la testa.

- No, Minnie, ti sbagli. Non lo conosci perché Ethan non sa leggere quindi non lo conoscerebbe neppure se fosse un libro di favole per pargoli Purosangue. –

Davanti all’ironia dell’amica Ethan le rivolse un’espressione buffa che avrebbe dovuto farlo sembrare profondamente indignato, ma che ottenne solo di farle ridere come matte.

- Ad ogni modo, sono contenta perché ce l’ho fatta, finalmente oggi ci sono riuscita – annunciò Minerva, orgogliosa.

Kara mandò un piccolo strillo, sporgendosi ad abbracciare l’amica.

Era dall’inizio dell’anno che Minerva lavorava incessantemente per diventare un’Animagus e finalmente era giunta al suo traguardo.

Si sentiva tremendamente orgogliosa di lei.

- Non tenermi sulle spine … che animale sei? –

Ethan, che aveva continuato a guardare prima una e poi l’altra, le interruppe.

- Ehm ... a una di voi due dispiacerebbe molto spiegarmi di che accidenti state parlando? –

- Minerva è diventata un’Animagus. –

- Ah, forte. –

Kara gli assestò una pacca sul collo, facendolo sussultare.

- E questa per cos’era? –

- Per non esserti dimostrato sufficientemente emozionato dalla cosa. È un grande traguardo. –

Minerva scosse la testa, ridendo davanti al battibecco degli amici.

- Comunque, divento un gatto. Precisamente un soriano. –

- Lo sapevo -, esclamò Kara attirando l’attenzione generale, - lo sapevo che saresti diventata un gatto, ho sempre detto che me lo ricordi tantissimo – concluse, abbassando un po’ la voce per non far sapere i fatti loro a metà della scuola.

- Già, l’avevi detto –, riconobbe, - ma quello non è Stephen King? –

Kara seguì il suo sguardo, vedendo il suddetto Tassorosso entrare in Sala Grande con una scatola di cartone contenente decine di prodotti a base di cioccolato e dirigersi verso Drusilla.

- Sembra che la nostra Dru stia per avere una sorpresa. –

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

Alya si sforzò di non scoppiare a ridere davanti alla scena che una delle sue migliori amiche si trovava a dover affrontare.

Il loro compagno di Casa sembrava aver svaligiato l’intera Mielandia e deciso di racchiudere tutto in quello scatolone.

- Dru, credo che quella roba sia per te. –

Drusilla si voltò verso il ragazzo, sgranando le iridi castane.

Stephen aveva deposto lo scatolone ai suoi piedi e le si era inginocchiato davanti.

Riusciva chiaramente a sentire le ragazze sospirare e i ragazzi ridacchiare.

- King, si può sapere cosa stai facendo? –

- Cerco di attirare la tua attenzione – replicò, imperturbabile.

- La mia e quella dell’intera scuola, ci guardano tutti. Alzati in piedi. –

- Non finchè non avrai risposto alla mia domanda. –

- Che domanda? –

- Vuoi trascorrere il San Valentino con me? –

Da qualche parte doveva essere gelato l’Inferno perché la risposta che le salì alla bocca era quella che fin dal primo anno aveva sempre giurato di non rivolgere mai a una domanda di quel genere da parte del loro biondo dongiovanni.

Ma, al diavolo, avrebbe sempre potuto giustificare il suo improvviso cambio d’opinione con quella caterva di dolci.

- D’accordo, King, ci vengo ma adesso alzati in piedi – rise.

- Fantastico -, l’assecondò sedendole accanto, - e pensi che possa prendere una parte dei dolci? –

- Adesso non esagerare. –

- Puoi avere lei ma non i dolci, questo sì che è avere chiare le priorità – ridacchiò Alya.

Drusilla le fece l’occhiolino.

- Diciamo solo che potrebbe anche non dispiacermi più di tanto. –

Stephen sgranò gli occhi, preso in contropiede.

A quanto pareva la resistenza della sua nanerottola era in gran parte per partito preso. Si ritrovò a sorridere.

Forse era quello sguardo nei suoi occhi quando lo punzecchiava oppure il sorriso che gli rivolgeva.

A chi importava.

Prima o poi avrebbe sposato Drusilla Selwyn, di questo era più che certo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

A tempo di record, ma ero troppo ispirata per lasciar perdere e ho deciso di pubblicare anche questo capitolo.

Avrei una piccola domanda per voi visto che nel prossimo ci sarà San Valentino con annessa uscita a Hogsmeade:

- Avete richieste particolari per il vostro OC?

Per ora è tutto.

Ci sentiamo presto, o almeno spero xD … dipende da quando arriveranno le vostre risposte Al prossimo aggiornamento.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

 

 

 

 

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Capitolo 23
*** Capitolo 22 ***


Capitolo 22

 

 

 

 

 

 

14 Febbraio 1945

 

 

 

 

 

 

L’elegante gufo planò dritto verso di lui, tendendogli la zampa con aria pomposa e cerimoniale.

Sciolse il laccio, aprendo la busta e riconobbe all’istante la calligrafia di suo padre.

Scorse le poche righe, vergate con evidente rabbia.

 

 

Una Mezzosangue?

Quanto ancora pensi di voler mettere in imbarazzo la famiglia?

Nemmeno tua zia Leta ha mai osato tanto.

Metti immediatamente fine a quest’assurdità o me ne occuperò io e non ti piacerà come andrà a finire.

 

 

 

Non si era nemmeno firmato, non che ce ne fosse bisogno.

L’anno scolastico stava volgendo al termine e presto o tardi suo padre avrebbe preteso un conveniente e prestigioso matrimonio Purosangue.

Aveva già trovato la ragazza perfetta, gli aveva detto, invitandolo a mostrarsi più cortese e garbato che mai con Heidi Carrow.

Eppure la sua mancata risposta doveva averlo spinto a indagare più a fondo per capire la ragione del silenzio del suo unico figlio.

Come c’era da aspettarsi non gli era piaciuto minimamente quello che aveva scoperto.

S’impose di mantenere la calma, i Lestrange non crollavano mai neppure quando tutto dentro loro sembrava andare in pezzi.

Ignorò l’occhiata incuriosita di Abraxas e fece un cenno a Heidi, invitandola ad avvicinarsi.

La ragazza fu lì all’istante, sorridendo allegra.

- Cosa c’è, Ren? –

Le mostrò la lettera, inarcando un sopracciglio, le iridi cobalto più gelide che mai.

- Tu ne sai qualcosa? –

Non fu necessaria nemmeno una risposta perché Heidi era impallidita e quella era la riprova dei suoi dubbi: era stata lei a informare suo padre di Minerva.

- Non succederà mai, Heidi. Io e te … non è mai stata un’opzione contemplata, quindi è meglio che ti metti il cuore in pace e cominci a fartene una ragione. –

- Ma Ren … lo sai che tu e Minerva siete destinati a non durare. Tuo padre … -

Suo padre avrebbe fatto letteralmente qualsiasi cosa per preservare la purezza del sangue dei Lestrange, nulla lo avrebbe fermato.

- Lo so –, la zittì, - e adesso sparisci. Mi dai la nausea. –

Abraxas si sporse verso l’amico, l’espressione interrogativa sul volto.

- Mi dici cosa succede? –

Gli mostrò la lettera, in silenzio, serrando le mani sul bordo del tavolo finchè vide le nocche farsi livide.

- Cosa pensi di fare? –

Bella domanda.

- Devo parlarne con lei. Avrei dovuto farlo quando è arrivata la prima lettera di mio padre, ma ho rimandato nel tentativo di trovare una soluzione. Evidentemente non ci sono riuscito. –

Il biondo gli posò una mano sulla spalla, solidale, - Mi dispiace, Ren, sul serio. –

- Lo so. –

Gli rivolse un sorriso tirato, amaro, alzandosi e dirigendosi verso il tavolo dei Grifondoro.

Doveva parlare con Minerva prima di arrivare a Hogsmeade.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

Alexandra alzò lo sguardo verso Abraxas, trovandoselo inaspettatamente vicino.

- Che stai facendo? – sussurrò, notando che Edward li guardava con la fronte corrucciata.

- Prendo in mano la situazione -, le sussurrò di rimando, - perché non so come andranno le cose in futuro quindi è meglio agire subito senza aspettare troppo. –

Detto ciò si voltò verso Edward, sorridendo sornione.

- Ed, io e tua sorella stiamo insieme da metà dell’anno scorso – annunciò.

Vide una strana espressione dipingersi sul volto del ragazzo, seguito da un dolore atroce all’altezza dell’attaccatura del naso.

Sentendo Alexandra urlare contro il fratello, Abraxas registrò lentamente che era appena successo l’impensabile.

Il pacato, tranquillo e morigerato Edward King gli aveva appena dato un pugno sul naso.

Sentì le braccia forti di Alphard tirarlo su, aiutato da Tom, e trascinarlo fuori dalla Sala Grande.

- Però chi avrebbe mai detto che Edward avesse un gancio così buono? Ho sempre pensato che fosse Stephen il King incline alle risse – ironizzò Alphard, bussando alla porta dell’infermeria.

- Avresti potuto usare un po’ più di tatto. Una rissa in Sala Grande non è il massimo per la nostra situazione nella classifica quando mancano poco più di due mesi alla fine della scuola. –

- Grazie, Tom, ma ti prego di non mostrarti eccessivamente preoccupato per la mia salute fisica – sbuffò Abraxas, roteando gli occhi.

Dannazione, anche parlare gli faceva male.

Non voleva nemmeno immaginare che razza d’aspetto potesse mai avere.

L’infermiera lo fece accomodare, osservando la frattura con aria professionale.

- È una frattura composta, sei fortunato. –

- Sì, mi sento veramente molto fortunato – ironizzò.

- Stia zitto, signor Malfoy, e mi lasci fare il mio lavoro. Per questa sera sarà come nuovo. –

Di bene in meglio, adesso veniva anche tiranneggiato dall’infermiera scolastica.

- Quanto a voi due -, aggiunse la donna, - potete pure andare alla vostra gita. Il vostro amico è in buone mani. –

- Ti prenderò qualcosa da Zonko – assicurò Alphard, prima che lui e Tom uscissero dalla stanza.

Cos’era un bambino che si comprava con gli oggetti per farlo stare buono durante le medicazioni?

Sbuffò nuovamente, trasalendo poi per il dolore.

- Madama! –

- Avevo detto di stare fermo, signor Malfoy. –

Comunque restò fermo e zitto finchè non lo ebbe medicato, dopodichè trangugiò la pozione che gli porse e si sdraiò sul letto in attesa che il medicamento facesse effetto.

Era quasi in dormiveglia quando sentì la voce di Alexandra che si rivolgeva garbatamente all’infermiera.

La donna le diede il permesso di entrare e la ragazza si avvicinò al letto, mordicchiandosi nervosamente il labbro inferiore.

- Tuo fratello ha un gancio micidiale. –

- Stai bene? Senti molto dolore? –

- Solo un po’, ma verrò rimesso in piedi entro sera. –

Picchiettò sul materasso accanto a lui, invitandola a sedersi.

- Se non altro adesso tutti sanno di noi – osservò Alexandra.

- Già. Mi spiace solo di averti costretta a passare il San Valentino in infermeria. –

- Non dirlo nemmeno per scherzo. Ho già fatto una sfuriata a Edward … prima o poi passerà a chiederti scusa. –

- E Stephen? Devo aspettarmi di essere usato come sacco da boxe anche da lui? –

Rise, scuotendo i corti capelli biondi.

- No, lui sembrava piuttosto rilassato a dire il vero. Immagino c’entrasse molto il suo appuntamento con Drusilla. –

- Bene, perché non so se te ne sei mai accorta, ma sono un po’ troppo gracile per cavarmela bene con i duelli alla Babbana. –

- Lo so, ma a me vai benissimo così – gli assicurò, chinandosi a baciarlo delicatamente.

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

Minerva lo osservò, in attesa che si decidesse finalmente a prendere la parola.

L’aveva seguito fuori dalla Sala Grande perché le aveva detto di avere bisogno di parlarle prima del loro appuntamento.

Era curiosa, ma adesso aveva la netta sensazione che ci fosse qualcosa che non andava.

“Ti devo parlare” non era mai una buona frase, specialmente se seguiva una settimana in cui sembrava che Renford fosse tormentato da chissà quali demoni interiori.

- Di cosa volevi parlarmi? – chiese, decisa ormai a rompere quel silenzio.

- È difficile da spiegare a parole. Faccio meglio a fartela leggere. –

Le piazzò in mano una lettera.

Un brivido freddo le corse lungo la schiena.

Mancava poco al diploma, quindi poteva trattarsi di una cosa sola: un contratto matrimoniale.

Lesse le poche righe, faticando a contenere il tremito nella voce.

- Cosa significa? –

Era ovvio che sapesse il significato di quelle parole, ma Renford capì la domanda implicita.

“Cosa significava per loro due?”

- Ho cercato di risolvere il problema trovando una soluzione da me, ma questa lettera non lascia alternative. Non conosci mio padre, non dice tanto per dire. Neppure se rinunciassi al nome di famiglia e mi auto diseredassi servirebbe a qualcosa. Sono l’ultimo dei Lestrange, non mi lascerebbe mai andare via come se nulla fosse. E tu … –

- Io sarei molto più facile da far sparire per risolvere questo increscioso problema – concluse aspramente al posto suo.

Le era perfettamente chiaro come funzionasse la logica di certi Purosangue.

- Forse, tutto sommato, sapevamo entrambi che non avrebbe funzionato. –

Renford teneva lo sguardo fisso verso il basso, rifiutandosi di guardarla negli occhi.

- Quindi … mi stai lasciando? – chiese, la voce ridotta a un flebile sussurro nel disperato tentativo di non scoppiare a piangere.

- È meglio così. È meglio soffrire un po’ adesso che molto di più in futuro. –

Non aveva senso.

Nulla di quello che aveva sentito fino a quel momento aveva senso.

- Ma … -

- Avrei voluto che le cose andassero diversamente. Non hai idea di quanto lo avrei voluto – la interruppe.

Questa volta aveva alzato lo sguardo e la fissava come se la stesse letteralmente implorando di credergli.

E lei gli credeva, perché da quando lo conosceva non aveva mai visto lacrime in quelle iridi cobalto … eppure Renford Lestrange aveva gli occhi lucidi e arrossati in quel momento.

- Io ti credo – sussurrò, lasciando che le braccia del ragazzo si chiudessero su di lei.

Si abbandonò a quell’ultimo intenso abbraccio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

Drusilla sorseggiò la sua cioccolata calda con panna, guardandosi attorno.

- Sembra che tutti siano concentrati su di noi – considerò imbarazzata.

- Già. Come se non bastasse il nostro appuntamento, mio fratello ha anche pensato bene di spaccare il naso ad Abraxas. –

C’era una certa ilarità nella sua voce che incuriosì Drusilla.

- Tu come la pensi? –

Stephen si strinse nelle spalle.

- Penso che se due persone si amano non è colpa di nessuno. Certo Abraxas non mi fa impazzire e lo reputo un damerino, ma se Alexandra è felice e lui la tratta come merita allora sono disposto a fare l’abitudine a vederli insieme. –

- Sei un buon fratello … credo che mi sarebbe piaciuto avere un fratello come te. –

- Pensa invece quanto sei ancora più fortunata … invece di uno come me hai l’unica e sola versione autentica – sorrise ammiccando.

Scoppiò a ridere, sollevando una polvere di zucchero a velo dai cornetti al centro del tavolo.

- Scusa, ti ho riempito di zucchero – mormorò, avvicinandosi verso di lui con un fazzoletto per ripulirlo.

Stephen socchiuse gli occhi sotto il tocco delicato della ragazza, inspirando quel profumo dolce che associava ai marshmallow e che irradiavano le lunghe ciocche di Drusilla.

E allora seguì semplicemente l’istinto e annullò la distanza che li separava, catturandole le labbra in un bacio carico di passione che le facesse capire quanto la desiderasse, quanto fosse affascinato e inesorabilmente attratto da lei.

Quando si separarono la vide fissarlo in silenzio, con gli occhi sgranati, stranamente a corto di parole.

- Non avrei dovuto farlo … scusami. –

- Fallo di nuovo – lo zittì.

- Come hai detto? –

- Fallo di nuovo. Baciami. –

Impiegò qualche secondo a realizzare che non stava affatto scherzando.

Così si chinò di nuovo, sorridendo contro le sue labbra quando la sentì rispondere al bacio con altrettanto trasporto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

In questo capitolo ce ne è davvero molta di carne al fuoco per quanto riguarda le relazioni.

Alexandra e Abraxas che escono allo scoperto, Renford e Minerva che chiudono definitivamente la loro relazione, e la Druphen che diventa Canon.

La seconda parte di San Valentino arriverà con il prossimo capitolo, non preoccupatevi.

Al prossimo aggiornamento.

XO XO,

Mary

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Capitolo 24
*** Capitolo 23 ***


Capitolo 23

 

 

 

 

 

 

 

 

14 Febbraio 1945

 

 

 

 

 

Sophie scoccò un’occhiata interrogativa al di sopra del boccale di Burrobirra che stava sorseggiando.

Tobias appariva stranamente serio in quel momento e non aveva smesso per un attimo di armeggiare con qualcosa che teneva nella tasca del mantello.

- Che succede? –

- Io … volevo chiederti una cosa, ma non so da dove cominciare – ammise, titubante.

- Beh, comincia dal principio. –

Prese un respiro profondo, afferrando finalmente la scatolina che teneva nella tasca interna del mantello.

Aveva atteso a lungo il momento migliore finchè non aveva realizzato che qualsiasi momento sarebbe stato perfetto purchè fosse al suo fianco.

Attendere ancora non aveva senso.

Estrasse la scatolina, facendola scattare con un gesto deciso.

L’anello al suo interno luccicò sotto la luce artificiale dei Tre Manici di Scopa.

- Sophie, vuoi rendermi l’uomo più felice del mondo e accettare di diventare mia moglie una volta che ti sarai diplomata? –

Sophie si coprì la bocca con la mano, trattenendo l’esclamazione sorpresa che stava per sgorgarle dalla gola.

Fece il giro del tavolo, gettando le braccia attorno al collo di Tobias.

- Certo. Certo che lo voglio! –

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Adhara assottigliò lo sguardo, incredula davanti allo spettacolo a cui stava assistendo.

Quella che passeggiava per le vie di Hogsmeade con Renford non era di certo Minerva.

Strinse leggermente la mano di Alphard, accennando alla strana coppia poco distante.

- Sono in preda alle allucinazioni oppure quelli sono Renford e Katherine? –

Seguendo il suo sguardo, annuì con altrettanto stupore.

- So che Renford ha parlato con lei prima dell’uscita, ma non ho la minima idea di cosa abbiano combinato. –

- Bene, allora andiamo -, asserì puntando risolutamente verso quei due, - voglio vederci chiaro. –

Rassegnato ad assecondarla, Alphard si ritrovò a seguirla verso i suoi compagni di Casa.

La prima ad accorgersi della loro avanzata fu Katherine, che diede leggermente di gomito a Renford.

- Lestrange, cosa diavolo stai facendo? –

Atteggiò il bel volto nella solita espressione sprezzante e palesemente beffarda che aveva sfoggiato per i sei anni precedenti.

Non sembrava più nemmeno il Renford di quegli ultimi sei mesi.

- Che domanda difficile … forse sto passeggiando? –

- Non trattarmi con sufficienza -, lo rimbeccò, - hai capito benissimo a cosa mi sto riferendo. Dov’è Minerva e perché non sei con lei? –

- Io e Minerva ci siamo lasciati. Credo che sia rimasta al castello … è finito l’interrogatorio? –

Interdetta, Adhara sentì tutto il suo corpo tendersi nello smodato desiderio di assestargli una cinquina.

Perciò fu quello che fece.

Caricò il braccio e sentì distintamente ognuna delle cinque dita stamparsi su quel volto fin troppo perfetto.

Vide lo stupore balenare per un attimo nelle iridi color cobalto, sostituito da un’ombrosità cupa e vagamente inquietante che di rado si era manifestata in pubblico.

- Sfogata abbastanza? Black, porta via la tua ragazza prima che faccia qualcosa di cui finirebbe con il pentirsi. –

Alphard e Renford rimasero a fissarsi per qualche secondo, finchè il rampollo dei Black annuì leggermente.

Afferrò Adhara per una mano e la trascinò via con sé.

Rimasti soli, le rivolse un’occhiata piccata.

- Che accidenti ti è passato per la testa? –

- A me? Casomai a lui. Lascia Minerva e un paio d’ore dopo si fa vedere a passeggiare con la Nott? –

- Renford è strano in questi giorni … più strano di quanto siano notoriamente i Lestrange -, precisò, - e non mi piace affatto lo sguardo che aveva. Cerca di girargli alla larga fino alla fine dell’anno scolastico. –

- Io non ho mica paura di … -

- Non sto dicendo che tu abbia paura. Solo … fammi stare tranquillo e dammi retta, d’accordo? Fallo per me. –

Davanti allo sguardo profondo e insistente del fidanzato, Adhara si ritrovò ad annuire.

Non le piaceva come stavano evolvendo le cose ma se ne sarebbe tenuta alla larga.

Non per sua volontà, ma perché era stato Alphard a chiederle di farlo.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

- Sei stato spaventosamente odioso – osservò Katherine, riprendendo a camminare lungo il sentiero in ciottolato.

Renford scrollò le spalle.

- Tutta la situazione è odiosa quindi perché dovrei sforzarmi di comportarmi bene? Mio padre provvede ampiamente a rendere vani i miei sforzi; è tutto inutile e non vale la fatica. –

- Insiste ancora con la storia del matrimonio con la Carrow? –

Annuì distrattamente.

- Condoglianze. Non augurerei quella piattola nemmeno al peggiore dei miei nemici. –

Continuarono a camminare fianco a fianco fino alla Testa di porco, dove Tom e il resto del gruppo li aspettavano.

Erano quasi arrivati all’ingresso quando le venne l’idea.

Era una di quelle idee con la I maiuscola che avrebbe risolto ogni loro problema.

- Ho trovato. –

- Cosa? –

- Ho trovato il modo che impedirà a te di sposare la Carrow e a me di finire con il diventare la mogliettina di Wilkes. –

- Ti sto ascoltando. –

- Dobbiamo essere noi due a sposarci – decretò, soddisfatta dalla semplicità del suo piano.

Renford abbozzò un sorriso a metà tra il divertito e l’incredulo.

- Ti dispiacerebbe ripetere? –

Katherine roteò gli occhi, sbuffando.

- Non guardarmi come se fossi pazza, Ren. Ci conosciamo praticamente da sempre; le nostre famiglie sono amiche da una vita, tua madre mi adora e lo stesso vale per mio padre nei tuoi confronti … convincerli non sarà difficile. A me non importerebbe se tu continuassi a pensare a Minerva perché non sono innamorata di te e tu non mi obbligheresti a stare a casa a sfornare marmocchi come una brava mogliettina Purosangue. Non dovresti fingere di provare amore per me e io non sarei sottomessa a un marito padrone. Sarebbe una vittoria per entrambi. –

- E in più ci togliamo dai piedi Wilkes e Heidi -, considerò lui, - mi sembra un piano ragionevole. –

- È più che ragionevole, è perfetto. –

Annuì.

In fin dei conti un matrimonio con Kat sarebbe stato il minore dei mali.

Nessuna aspettativa, nessun sentimento da ferire.

Solo due amici che casualmente si erano ritrovati marito e moglie.

Tutto così tremendamente semplice.

- Scriverò a mio padre appena saremo rientrati al castello. Formalizzerà la proposta il prima possibile. –

- Bene. Sarà l’inizio di una proficua non relazione. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

21 Marzo 1945

 

 

 

La notizia dell’accordo matrimoniale tra Renford e Katherine aveva fatto rapidamente il giro della scuola.

Sembrava che il loro matrimonio si sarebbe tenuto di lì a qualche anno. Giusto il tempo di dare alla giovane coppia il tempo di finire i corsi di perfezionamento e trovare un lavoro di loro gradimento.

- Smettetela di spettegolare – sbottò Kara, folgorando con un’occhiataccia un paio di loro coetanee Serpeverde che discutevano su quale sarebbe stato l’abito che Katherine avrebbe indossato alla festa di fidanzamento prevista per Luglio.

Minerva era seduta accanto a lei con una certa rigidità.

Sapeva che quel matrimonio era null’altro che un’abile strategia per massimizzare la libertà di cui entrambi i ragazzi avrebbero goduto in futuro, ma non poteva fare a meno di pensare a come sarebbero state le cose se quella proposta di matrimonio avesse riguardato lei e Ren.

- Stai bene, Minnie? –

Annuì rigidamente, tornando ad affondare il volto nel cumulo di libri davanti a lei.

- Riprendiamo a studiare, manca poco agli esami di fine anno. –

Kara fece per obiettare, ma richiuse la bocca senza proferire parola.

Era il modo di Minerva di allontanare i pensieri e doveva accettarlo.

Anche se personalmente avrebbe scelto un’altra strategia invece dello studio. Magari un sano volo e qualche colpo di mazza a Bolidi che sfrecciavano impazziti in giro per il campo da Quidditch.

Un tossicchiare lieve attirò la loro attenzione.

Fleamont si chinò a scoccarle un bacio sulla fronte, scompigliandole affettuosamente i capelli.

- Tra mezz’ora cominciano gli allenamenti. Minnie, vieni a vederci? Alla squadra mancano i tuoi preziosi suggerimenti. –

- Dovrei proprio studiare … -

Il Grifondoro le chiuse il libro davanti, afferrando tra le braccia muscolose l’intera pila di libri.

- Basta con lo studio per oggi. Vieni al campo con noi, ne hai bisogno. –

Sorridendo leggermente, rinfrancata dall’affetto dei suoi amici, Minerva cedette e li seguì verso il campo.

Dove sarebbe andata senza quei due sempre pronti a sostenerla?

Doveva ricambiare come poteva e supervisionare gli allenamenti alla vigilia della penultima partita di campionato sembrava un buon modo per sdebitarsi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

1 Aprile 1945

 

 

 

 

 

 

Il coprifuoco era appena scattato quando una decina di sagome interamente vestite di nero, con il cappuccio del mantello saldamente calato sul volto, uscirono dal castello e si diressero a passo spedito verso i confini della Foresta Proibita.

Guidava la fila una figura alta e sottile, seguita a pochi passi da una leggermente più bassa e più esile.

Una voce sottile e femminile ruppe il silenzio.

- La Foresta Proibita? Ma lì dentro ci sono creature di ogni tipo, si dice che ci siano persino lupi mannari. –

- Puoi sempre tornartene al castello se hai paura, Carrow – fu la replica piccata dell’altra ragazza del gruppo.

- Non sto dicendo questo, Nott. Dico solo che c’erano altri posti in cui riunirsi. –

- Non altrettanto nascosti. Qui nessuno verrà a disturbarci – le mise a tacere Renford, affiancandosi a Tom poco dopo il limitare della Foresta, - La radura di cui ti parlavo è a qualche metro a ovest di qui. –

Tom annuì, facendogli cenno di precederlo. – Mostramela. –

Raggiunsero la radura in un paio di minuti, sistemandosi a cerchio intorno a Tom, in attesa che prendesse la parola e chiarisse gli ultimi dettagli della sua idea.

- Tutti voi sapete perché ci troviamo qui e vi siete detti d’accordo con le mie idee. Avete tutti dimostrato di essere versati nelle Arti Oscure e nelle arti magiche più in generale, perciò avete attirato la mia attenzione. Ora la domanda è: siete pronti per quello che accadrà una volta diplomati? –

Katherine annuì risolutamente.

- Lo siamo, Tom. Adesso arriva al dunque. –

- Ho studiato un simbolo che ci permetta di identificarci e tenerci in contatto, migliorando l’incantesimo di convocazione che avevo adoperato per il Club dei duellanti. Si tratta di questo – concluse, mostrando loro un rotolo di pergamena.

Il disegno che vi era impresso era un teschio dalla cui bocca fuoriusciva un serpente.

Era insieme tenebroso e affascinante, bello e letale.

Rappresentava in pieno Tom Riddle e, di certo, anche i suoi seguaci.

- Come ci chiameremo? Strafighi in nero dal 1945? – domandò Abraxas, ironizzando con una delle sue solite battute.

Le risate riecheggiarono nella radura, tacitate dall’espressione seria di Tom.

- No, Abe. Sarete i Mangiamorte. –

Uno alla volta assaporarono sulla lingua il sapore di quella parola.

Forte, decisa, intimidatoria, spregiudicata.

- Mi piace – stabilì il biondo.

Il resto del gruppo mormorò il suo assenso e il sorriso di Tom si fece più marcato.

Tutto stava andando esattamente come aveva preventivato.

- Chi vuole essere il primo a essere marchiato? –

Fu Katherine a muoversi per prima, porgendogli il braccio sinistro.

La bacchetta di Tom s’infranse contro la pelle chiara e delicata dell’avambraccio della ragazza.

Il dolore fu sordo e accecante, spingendola a mordersi le labbra per impedire al più piccolo lamento di fuoriuscire.

Durò una manciata di minuti, poi finì lasciandole la pelle arrossata e dolorante.

Il marchio brillava sinistramente sulla pelle chiara, tra le gocce di sangue della marchiatura, sotto la luna piena che svettava nel cielo primaverile.

Era la cosa più bella che avesse mai visto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

15 Maggio 1945

 

 

 

 

 

- Abbiamo vinto la Coppa! Abbiamo vinto la Coppa! –

Fleamont e Kara saltellavano in giro per la Sala Comune da più di due ore ormai, evidentemente su di giri.

La maggior parte dei loro compagni era crollata dopo i festeggiamenti ufficiali, ritirandosi nelle rispettive stanze, ma loro sembravano avere ancora energie da vendere.

Mayra li osservò ridendo, seduta accanto a Ethan e Tobias che cercavano di darle una mano in vista dei G.U.F.O.

Agli esami mancavano pochi giorni e lei era indietro più che mai con il programma.

- Ragazzi, avete intenzione di saltellare ancora per molto? – chiese Minerva, ritrovandosi suo malgrado a sorridere.

Anche lei era euforica per la vittoria, specialmente perché la partita finale era stata contro Serpeverde ed erano riusciti a vincere per una manciata di punti in più.

Rivedere Renford era stata una fitta al cuore come sempre, ma il Quidditch era stato un deterrente più efficace che mai.

Avevano vinto, erano loro i campioni della scuola per quell’anno, e nient’altro poteva andare storto quando mancavano solo due settimane alla fine della scuola.

- Che piani hai per l’estate, Minnie? –

- Non saprei. Immagino che farò quello che faccio tutte le estati, starmene a casa con i miei genitori e i miei fratelli. –

- L’anno prossimo Malcolm inizierà Hogwarts, vero? –

- Già. Spera di finire a Grifondoro ed è terrorizzato dall’idea di poter capitare a Serpeverde. –

- Più che comprensibile, anche io al suo posto non vorrei – convenne Ethan, soffocando uno sbadiglio mentre si sgranchiva e lasciava perdere gli appunti di Mayra, - Mi arrendo, May, sono troppo stanco per continuare a spiegarti questa roba. Riprendiamo domani mattina. –

Annuì, mettendoli via.

- Credo che ti seguirò, anche io sono stanca morta. Voi due, salterini pazzi, avete intenzione di dormire oppure volete andare avanti per tutta la notte? –

Sovrastando la voce di Fleamont che intonava un canto da stadio dietro l’altro, Kara replicò: - Aspetto che il pazzo si calmi e ti raggiungo in dormitorio, Minnie. –

Minerva annuì, richiudendosi dietro la porta che conduceva al dormitorio femminile.

L’anno successivo, quando Fleamont, Tobias ed Ethan non ci sarebbero stati, le cose sarebbero diventate malinconiche e sotto tono nella torre di Grifondoro.

Del resto l’anno scolastico non era ancora finito e lei già sentiva la mancanza di quel trio scatenato.

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

12 Giugno 1945

 

 

 

 

Seduta al tavolo dei Tassorosso, Drusilla osservava gli studenti dei vari anni scambiarsi saluti e abbracci in vista dell’imminente ripartenza verso casa.

Al tavolo degli insegnanti persino i professori sembravano dividersi tra l’essere contenti di aver finito un altro anno scolastico e la nostalgia di avere tutti lì.

Fu allora che notò la mancanza di una figura che spiccava su tutte più di ogni altra.

- Silente non c’è – osservò, voltandosi verso Alya e Laura.

Entrambe le ragazze seguirono il suo sguardo, incredule.

Silente era sempre puntuale, possibile che mancasse proprio l’ultimo giorno di scuola? Lui che era da sempre uno degli insegnanti più affezionati alla scolaresca?

Fu Devon a chiarire ogni loro dubbio, afferrando una delle copie della Gazzetta del Profeta che i gufi avevano consegnato al loro tavolo.

- Guardate qui. Silente ha sconfitto Grindelwald. –

Laura afferrò la copia del giornale, leggendo l’articolo con aria febbrile.

Durante la notte Silente era volato in Italia, affrontando l’amico di un tempo nel suggestivo scenario del Colosseo.

Lo scontro era stato a dir poco epico, aveva sostenuto chi vi aveva assistito, e si era risolto con la cattura di Grindelwald e la sua incarcerazione a Numergard.

Sentì un sorriso dipingersi sul volto.

Finalmente giustizia era stata fatta.

L’anno scolastico si concludeva nel migliore dei modi, non avrebbe mai potuto chiedere nulla di meglio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Siamo giunti all’ultimo capitolo della storia … domani dovrei pubblicare l’Epilogo e allo stesso tempo una nuova storia che sarà il sequel di questa inoltre mediterò sulla stesura di una raccolta di OS con protagoniste le coppie della storia. A presto con l’Epilogo e il sequel in cui incontrerete i figli dei nostri beniamini.

Al prossimo aggiornamento.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

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Capitolo 25
*** Epilogo ***


Epilogo

 

 

 

 

 

 

 

 

12 Giugno 1945
Espresso di Hogwarts

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Mi fa uno strano effetto pensare che questa sarà l’ultima volta in cui prenderò l’Espresso – considerò Fleamont, rompendo il silenzio che aleggiava nello scompartimento.

Kara annuì, la testa appoggiata sulla sua spalla.

- Già, ma quest’anno abbiamo dato il meglio di noi. Finalmente abbiamo vinto la Coppa. –

- E io ho vinto te – concluse, accarezzandole il volto, - Personalmente la trovo una vittoria ancora più entusiasmante. –

Minerva sorrise davanti all’espressione imbarazzata dell’amica.

Era venuto il momento di lasciare da soli i piccioncini.

- Vado a cercare il carrello dei dolci, voi volete qualcosa? –

Scossero la testa, continuando a guardarsi negli occhi come se lì dentro fossero già da soli.

Chiuse la porta scorrevole dello scompartimento, percorrendo lo stretto corridoio e facendo una deviazione verso i bagni quando intravide Renford e Katherine che avanzavano nella direzione opposta.

Si appoggiò al bordo del lavandino, fissando il suo riflesso allo specchio.

Contegno, Minerva, contegno.

Trasalì quando la porta alle sue spalle venne aperta e Katherine fece il suo ingresso.

La ragazza sistemò le ciocche castane, portandole sulle spalle e nel farlo la manica della camicia scoprì l’avambraccio sinistro.

Uno strano tatuaggio lampeggiò sulla pelle alabastrina.

Seguendo il suo sguardo, la Nott tirò giù la manica con studiata lentezza, fissandola dritta negli occhi.

- Cos’è, il marchio del fanclub di Riddle? –

Rimase in silenzio, abbozzando un sorrisetto sghembo.

- Siamo cresciuti, Minerva, le cose cambiano e il tempo per i giochi è finito. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lestrange Manor, Costa Azzurra.

5 Luglio, 1950

 

 

 

 

 

Mancavano solo due giorni al matrimonio eppure il manor era letteralmente invaso da preparatori e consulenti matrimoniali esattamente come nei mesi passati.

Si preannunciava il matrimonio del secolo.

Sospirò, afferrando un bicchiere di Whiskey Incendiario e lo sorseggiò con rapidi sorsi.

A quell’ora avrebbe dovuto aver fatto l’abitudine all’idea di diventare un uomo sposato, ma continuava a cacciare l’immagine che si stava profilando nella sua mente.

Supponeva che avrebbe accettato la cosa quando sarebbe ormai stata del tutto inevitabile.

Seduto sulla veranda del Manor, intento ad osservare l’orizzonte, si accorse della presenza di Katherine solo quando la ragazza gli sedette accanto.

- Se vuoi andarla a trovare so dove abita adesso. –

Inarcò un sopracciglio, fingendo che non capisse minimamente a cosa si stesse riferendo.

- Di cosa stai parlando? –

Katherine emise uno sbuffo beffardo, allontanando i capelli dal volto.

Sotto la luce estiva, con il volto leggermente abbronzato e il delicato abito floreale, appariva più giovane e bella del solito.

Qualunque altro ragazzo sarebbe stato più che felice di passare il resto della vita con una moglie come quella nel letto.

- Non provarci nemmeno, Ren. Lo sai benissimo di chi sto parlando e non sei credibile quando fai il finto tonto. –

- Non ha molto senso andarla a trovare, no? Ormai lo saprà che mi sposo. –

Insomma, la notizia era capeggiata su tutti i giornali per giorni interi … avrebbe dovuto vivere sotto una roccia per essere all’oscuro della cosa.

- Non sarebbe male se glielo dicessi, io l’apprezzerei se fossi al suo posto. –

Certo, se fosse stata al suo posto e se avesse mai provato qualcosa per qualcuno che non fosse se stessa.

Del che dubitava seriamente.

Era stato proprio quello a convincerlo a sposarla.

Katherine non lo amava, non lo avrebbe mai amato, e non pretendeva che lui facesse altrettanto.

Per lui era un ottimo matrimonio senza troppe pretese, per lei un modo per avere un marito che non la costringesse a stare chiusa tra quattro mura e le permettesse di coltivare sogni e ambizioni.

- Forse l’andrò a trovare – cedette.

- Sono anni che lo dici, sappiamo entrambi che non lo farai. –

- Che figura avrei fatto se dopo aver annunciato il fidanzamento con te mi avessero visto con un’altra donna? –

Fece spallucce.

- A me non sarebbe importato e gli altri avrebbero tranquillamente potuto pensare quello che volevano. –

- Mia madre mi avrebbe ucciso se avessi scatenato pettegolezzi. –

- La cosa non ti ha mai fermato, mi pare. –

Non voleva sentirla, non gli andava di sentirsi ripetere sempre le stesse cose, non voleva venire a patti con la realtà.

Rivedere Minerva l’avrebbe ucciso.

Si chinò su Katherine, catturando le labbra in un bacio passionale.

La sentì irrigidirsi, sorpresa, prima di ricambiare.

- E questo per cos’era? –

- Dovremo farci l’abitudine, no? –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Plage de Tahiti, Costa azzurra.

7 Luglio, 1950

 

 

 

 

 

Alexandra fu la prima a individuare Alphard e Adhara tra la folla degli invitati.

Tirò Abraxas per la manica dell’elegante completo su misura, indicandoglieli con un cenno del capo.

- Il testimone dello sposo non avrebbe dovuto essere già arrivato da un pezzo? Sono sicura che quello della sposa è stato puntualissimo – lo punzecchiò Adhara, splendida nel suo abito fiordaliso.

Il biondo le rivolse una lieve smorfia, accennando alla ragazza al suo braccio.

- Qualcuno ha deciso di mettersi dei trampoli al posto dei tacchi e non riesce a camminare a una velocità superiore a quella di una lumaca. –

Alexandra gli affibbiò un colpetto al fianco, arricciando le labbra in un’espressione buffa.

- La bellezza richiede tempo e fatica, dovresti saperlo biondastro. –

Attirata da un luccichio sospetto, Adhara le afferrò la mano sinistra.

Un gigantesco diamante era ancorato a un elegante anello di fidanzamento.

Cacciò un piccolo urlo di gioia.

- Quando è successo e perché non me lo hai detto subito? –

La bionda ridacchiò, lasciandosi abbracciare prima dall’amica e poi da Alphard.

- Circa venti minuti fa, si vede che l’aria del matrimonio gli ha dato alla testa. –

- A onor del vero erano mesi che ce l’avevo, ma non ho mai trovato il momento giusto – bofonchiò Abraxas.

- Beh, meglio tardi che mai. –

Improvvisamente tornò seria, puntando lo sguardo su Adhara.

- Hai sentito Minerva? –

L’ex Corvonero scosse la testa.

Aveva provato a contattare l’amica dalla sera precedente, ma Kara aveva risposto tutte le volte e aveva assicurato che quando Minerva si fosse sentita pronta ad abbandonare la sua camera gliel’avrebbe fatto sapere.

A quanto sembrava quel momento non era ancora giunto.

Non che potesse biasimarla, nei suoi panni avrebbe reagito anche peggio.

- Dobbiamo darle del tempo. –

Tossicchiando, Alphard accennò alla sagoma in lontananza che si stava sbracciando verso di loro.

Rookwood e Mulciber, due Serpeverde di un anno più piccoli di loro che da un po’ di tempo avevano cominciato ad orbitare attorno a Tom, facevano loro segno di darsi una mossa.

- Credo che Tom si stia spazientendo – considerò Abraxas.

- E allora diamoci una mossa prima che il testimone più inquietante che una sposa abbia mai avuto cominci seriamente a dare i numeri. Qualche invitato brutalmente assassinato potrebbe raffreddare un po’ i festeggiamenti – scherzò Adhara, prendendo sotto braccio il suo ragazzo e incamminandosi sulle dune sabbiose della Plage.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Malfoy Manor, Wiltshire, Inghilterra.

2 Giugno, 1951

 

 

 

 

 

 

 

Il matrimonio si teneva all’interno degli immensi giardini del Manor dei Malfoy e c’erano gigli e pavoni bianchi dovunque.

I Malfoy sapevano decisamente trattarsi bene.

- È assolutamente stupenda – sussurrò Kara, coprendosi la bocca quando vide la sposa avanzare lungo la navata centrale che conduceva all’altare.

Alexandra indossava un abito su misura realizzato da una magistilista di grido che si stava affermando sempre più sulla scena dell’elitè magica.

Era un modello a sirena che la fasciava con eleganza, facendo risaltare il fisico delicato e femminile.

I capelli biondi erano stati acconciati in un elegante chignon dal quale ricadevano qualche ciocca per creare un effetto spettinato artisticamente studiato.

Dietro di lei veniva Adhara come sua testimone di nozze, con indosso un casto abito rosa pallido, e sull’altare attendevano già Abraxas e Renford, come testimone dello sposo. Chiudeva la processione Mayra, con indosso l’abito da damigella d’onore.

Seduti dall’altro lato della navata c’erano gli invitati dello sposo.

Perlopiù erano altolocate famiglie Purosangue, ma tra tutti spiccava la figura alta e sottile di Tom.

Sedeva in seconda fila, appena dietro i parenti più stretti dello sposo, accanto a Katherine.

Un bambino di circa un anno era adagiato tra le braccia della ragazza.

Era proprio su quest’ultimo che gli occhi di Minerva tornavano insistentemente.

Si chiese come sarebbe stato il bambino se al posto di Katherine ci fosse stata lei.

- Minnie? –

Si riscosse dalle sue considerazioni.

- Sì, è veramente bellissima. –

- Non avrei mai creduto di dirlo, ma credo proprio che i matrimoni mi piacciano. –

- Stai cercando di dirmi che non vedi l’ora che Fleamont ti faccia la proposta? – sorrise con l’aria di chi la sapeva lunga.

- Per Merlino, non ancora! Insomma, lo amo ma non sono ancora pronta per una famiglia. –

Ecco appunto, le era sembrato strano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Studio del Preside, Hogwarts.

31 ottobre 1954

 

 

 

 

 

 

 

- Buonasera, Tom – lo salutò Silente, seduto dietro alla scrivania, - Vuoi sederti? –

Con un cenno del capo, Tom si sedette sulla sedia che fronteggiava la scrivania.

- Grazie. Vedo che è diventato Preside, una degna scelta. –

- Sono lieto che approvi –, replicò Silente con un sorriso, - Posso offrirti da bere? –

- Volentieri. Vengo da molto lontano. –

Silente si alzò e si spostò verso l’armadietto nell’angolo, pieno di bottiglie. Porse un calice di vino elfico a Tom e se ne versò uno a sua volta, tornando a mettersi seduto.

- Allora, Tom … a cosa devo il piacere? –

Si irrigidì leggermente, continuando a sorseggiare il vino.

- Non mi chiamo più Tom. Adesso sono noto come … -

- So come sei noto -, lo interruppe con un sorriso garbato, - ma temo che per me sarai sempre Tom Riddle. È una mania dei vecchi insegnanti, purtroppo, non dimenticare mai gli esordi dei propri allievi. –

Prese un altro sorso di vino, senza accennare alla minima reazione all’evidente rifiuto di Silente di sottostare alle sue condizioni.

Non che fosse cosa nuova per l’anziano mago.

- Sono tornato -, spiegò infine, - forse più tardi di quanto il professor Dippet si aspettasse per chiedere di nuovo quello che allora, mi disse, ero troppo giovane per ottenere. Le chiedo di farmi tornare in questo castello per insegnare. Mi consentirà di tornare? Pongo me stesso e i miei talenti ai suoi ordini. –

Silente alzò le sopracciglia.

- E cosa ne sarà di quelli a cui tu dai ordini? Cosa succederà a coloro che si definiscono, o così dicono le voci, i Mangiamorte? –

Non si aspettava che il vecchio Babbanofilo conoscesse quel nome, a dire la verità, ma riprese in fretta il controllo.

- I miei amici andranno avanti senza di me, ne sono certo. –

- Sono lieto che li consideri amici, avevo avuto l’impressione che li considerassi più come servitori. –

- Si sbaglia – ribattè freddamente.

- Allora se dovessi andare alla Testa di Porco non troverei un gruppo … Nott, Lestrange, Malfoy, Mulciber e Dolohov in attesa del tuo ritorno? Amici fedeli davvero per viaggiare con te in una notte di neve solo per augurarti buona fortuna mentre cerchi un posto da insegnante. –

- Onnisciente come sempre, vedo. –

Gli rivolse un sorriso lieve. – Oh no, solo in ottimi rapporti con i baristi. Parliamoci francamente, Tom: perché sei venuto qui, circondato dai tuoi accoliti, a chiedere un posto che entrambi sappiamo che non vuoi davvero? –

- Che non voglio? Al contrario, Silente, lo desidero molto. –

- Oh, vuoi tornare a Hogwarts ma non desideri insegnare più di quanto non lo volessi a diciotto anni. Cosa vuoi davvero, Tom? –

Tom sorrise beffardo.

- Se non vuole darmi un lavoro … -

- Certo che non voglio e non credo affatto che ti aspettassi un sì. Eppure sei venuto qui, hai chiesto, devi avere uno scopo. –

Tom si alzò.

Sentiva chiaramente gli occhi lampeggiare furenti e il volto serrato in una maschera di rabbia.

- Questa è la sua ultima parola? –

- Sì. –

- Allora non abbiamo altro da dirci. –

- No, niente – confermò Silente tristemente.

Tom uscì dallo studio a passo svelto, percorrendo i metri che lo separavano dall’ingresso del castello.

Raggiunse Hogsmeade nel giro di una ventina di minuti, trovando il resto del gruppo ad attenderlo alla Testa di Porco.

Katherine alzò la testa dal boccale d’idromele non appena mise piede lì dentro.

- Allora? –

- Ho fatto quello che andava fatto, possiamo andare. –

La missione era stata compiuta con successo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Malfoy Manor, Wiltshire, Inghilterra.

24 Dicembre, 1954

 

 

 

 

 

 

- Abraxas Scorpius Malfoy, spero per te che quel pacco che hai lasciato sotto l’albero di Natale non sia una scopa. –

Con il sorriso più innocente del suo repertorio, che comunque non la convinse affatto, sedette sul divano accanto a lei.

- Non è per me, tesoro. –

Alexandra inarcò un sopracciglio.

- Ah, no? E per chi sarebbe, sentiamo? –

Il sorriso si allargò maggiormente sul volto dell’ex Serpeverde.

- Ma per Lucius, non è ovvio? –

- Abraxas ti è chiaro che tuo figlio ha meno di due mesi, vero? –

- Certo, infatti non la deve mica usare subito. –

- Ma che pensiero spaventosamente ragionevole –, ironizzò, - dimmi chi sei e cosa ne hai fatto di mio marito? –

- Ehy, stai dicendo che di solito sono un irresponsabile? – protestò indignato.

Con un sorriso candido, annuì. – Bravo, é esattamente quello che sto dicendo. –

- Mi ritengo profondamente indignato. –

- Indignati pure quanto vuoi … piuttosto, dimmi, che scopa hai comprato? –

- Una Nimbus 1000 – replicò orgogliosamente.

Il cuscino di velluto lo centrò in pieno volto con inaudita ferocia.

- Una Nimbus? E vuoi farmi anche credere che fosse per Lucius?! –

Si allungò ad afferrare il frugoletto dai capelli biondi e le iridi grigie che dormiva nella culla, stringendoselo al petto e usandolo come una sorta di strano scudo.

- Sto tenendo il piccolo in braccio, non puoi uccidermi. –

- Dovrai metterlo giù prima o poi e sarà allora che colpirò Malfoy, è una promessa. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Paiolo magico, Diagon Alley.

1 marzo 1957

 

 

 

 

 

 

 

- E così domani ti sposi, non riesco a credere che tu sia riuscita a mettere il guinzaglio ad Alphard Black – rise Kara, mentre Minerva le raggiungeva al tavolo.

Adhara scrollò le spalle, sorridendo divertita.

- Che posso dire, ci siamo trovati e stiamo bene così. Piuttosto, Alex, come sta il piccolo Lucius? –

La bionda fece un’espressione intenerita, come sempre quando si accennava al figlio.

- Lui e Rodolphus sono tremendi quando sono nella stessa stanza, sono tali e quali ai rispettivi padrini. –

- Sei fortunata che non abbia ripreso da Abraxas o avrebbe già cominciato a riempirti il bagno di prodotti per capelli – rise Adhara.

Il gruppetto si unì alla risata.

- Dunque, il vino elfico è per Alexandra, l’idromele per Kara e per me la Burrobirra … il succo di zucca tocca ad Adhara – annunciò Minerva, passando i rispettivi boccali.

Kara si accigliò.

- Succo di zucca? Ti senti male? – chiese, ben ricordando le celebri bevute dell’amica.

Adhara rivolse loro un’espressione furba che valse più di mille parole.

- Sei incinta?! – saltò su Minerva, occhieggiando alla pancia della mora.

- Da quasi tre mesi –, confermò, - fortunatamente ancora non si vede o in bianco sembrerei una mongolfiera. –

Alexandra fece rapidamente i conti.

- Quindi nascerà nello stesso periodo di … - tacque all’ultimo secondo, mordendosi la lingua.

Stava quasi per parlare della nascita della secondogenita di Renford e Katherine.

Minerva tuttavia scrollò le spalle.

- Puoi nominare la bambina, Alex. So della nascita. –

Come tutto quello che riguardava i Lestrange, la notizia si era sparsa alla velocità della luce e girava voce che ci fosse già qualcuno desideroso di proporre un accordo matrimoniale.

- Stai un po’ meglio? –

Bella domanda.

Vedere Renford e Katherine era ancora un colpo al cuore e probabilmente sarebbe sempre stato così, ma doveva andare avanti con la sua vita.

- Sto meglio … Silente oggi mi ha confermata come professoressa di Trasfigurazione. Inizierò a Settembre – annunciò.

- Ma questo è fantastico, doppi festeggiamenti! –

 

 

 

 

 

San Mungo, reparto di maternità.

5 agosto 1958

 

 

 

 

 

 

- Padre, quando potrò vederlo? –

Renford posò gli occhi sul suo primogenito.

Rodolphus aveva compiuto da poco sette anni e sembrava molto incuriosito dall’idea di avere un altro fratello, soprattutto un maschio con cui potesse giocare e non fare “cose da femmina” come le chiamava lui.

- Tra non molto, sta per uscire dalla stanza. –

Come a voler confermare le sue parole, l’infermiera fece capolino dalla sala nido con un frugoletto stretto tra le braccia.

Lo depose tra le sue braccia e Renford sentì un sorriso dipingersi sul suo volto.

Aveva creduto di essersi abituato alla sensazione di diventare padre dopo la nascita di Rod e Rae, ma si era sbagliato.

Ogni volta l’emozione era sempre intensa allo stesso modo.

Il piccolo gli rivolse un sorriso sdentato.

Facendo cenno a Rodolphus e Raelena di seguirlo, si diresse verso l’estremità del corridoio.

- Coraggio, andiamo a vedere come sta vostra madre. –

Entrarono nella stanza trovando una Katherine dai capelli scarmigliati e l’aria stremata.

- Se osi mettermi incinta un’altra volta, Renford, giuro che troverò un incantesimo per farti affrontare il parto al posto mio – scherzò, passando un braccio intorno alle spalle della figlia quando Raelena si arrampicò sul letto e si accucciò contro di lei.

- Allora, Rodolphus, mi era parso di capire che volessi essere tu a scegliere il nome per tuo fratello … - lo invitò gentilmente la donna.

- Io … io credo che …  mi piacerebbe chiamarlo Rabastan – concluse alla fine, dopo un attimo di titubanza, memore della tradizione familiare di nominare i membri con un nome che avesse la R come iniziale.

Katherine e Renford si scambiarono un lieve sorriso.

Potevano non amarsi di quell’amore dolce e sentimentale, ma a distanza di tanti anni passati l’uno al fianco dell’altra era certamente nato qualcosa che andava al di là della semplice amicizia.

C’era un’intesa assoluta e perfetta tra loro, cosa che non si poteva dire di molti matrimoni “nati dall’amore” e tutto sommato a entrambi sarebbe potuta andare molto peggio.

- Credo che sia un nome perfetto, ottima scelta, Rod. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sala Grande, Hogwarts.

1 settembre 1968

 

 

 

 

 

 

 

 

Raelena era in fila insieme agli altri studenti del primo anno, in attesa di essere Smistata.

- Nervosa? –

Annuì leggermente, voltandosi verso la ragazza al suo fianco.

Hydra Black la conosceva da quando entrambe erano venute al mondo e sapeva leggere ogni sua minima espressione.

Nulla da meravigliarsi se, dietro al cipiglio corrucciato con cui scrutava il Cappello, Hydra avesse visto la sua reale preoccupazione.

- Se non finisco a Serpeverde mio fratello mi uccide – borbottò, mentre la fila davanti a loro si assottigliava.

- Esagerata, lo sai che Rod ti adora. –

- Infatti dopo avermi uccisa farà scrivere una dedica strappalacrime sulla lapide: “qui giace Raelena Lestrange, sorella adorata, morta dopo essere stata Smistata in un’altra Casa.”

La voce della Capo Casa di Grifondoro le interruppe.

- Hydra Black, è il tuo turno. –

Hydra si fece avanti, camminando a testa alta con il contegno tipico dei Black.

Incurante delle occhiate delle cugine sedute al tavolo dei Serpeverde, che seguivano con attenzione il suo Smistamento.

Sedette sullo sgabello, attendendo che le venisse adagiato il Capello Parlante sul capo.

Dopo una manciata di secondi l’oggetto trillò con voce squillante: - Corvonero! –

Raggiunse il tavolo che era stato una volta teatro di innumerevoli momenti vissuti da sua madre, sorridendo.

- Edgar Bones! –

Un ragazzo biondo cenere, dagli incredibili occhi verdi, alto e dinoccolato si fece avanti.

Sedette sullo sgabello e venne Smistato in Tassorosso.

Dopo di lui venne il turno di Raelena.

Hydra vide Rodolphus smettere di parlare con la sua ragazza, Bellatrix, e fissare l’avanzata della sorella con i profondi occhi scuri.

La spilla da Prefetto che scintillava sul petto accanto a quella da Capitano.

L’attesa fu maggiore nel suo caso, segno che il Capello doveva essere indeciso.

- Serpeverde! – strillò infine.

Raelena emise un sospiro sollevato, ravviandosi la divisa e camminando sorridendo orgogliosa verso di loro.

Sedette accanto a Rodolphus, che le scompigliò effettuosamente i capelli.

- Sarà un grande anno, me lo sento – mormorò, le iridi scintillanti d’euforia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:
 

Eccoci qui con l’epilogo. Ho cercato di darvi una panoramica generale di questi anni che seguono il diploma dei nostri beniamini. E, come penso avrete capito, questo epilogo sta a significare che ci sarà una nuova interattiva e che riguarderà il Primo Ordine della Fenice!
A breve pubblicherò il prologo e se voleste partecipare mi farebbe molto piacere.
Alla prossima.
Stay tuned.
XO XO,
Mary

 

 

 

 

 

 

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