Misunderstood Proveniences

di Voldemortslostnose
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. ***
Capitolo 2: *** II. ***
Capitolo 3: *** III. ***
Capitolo 4: *** IV. ***



Capitolo 1
*** I. ***


I.

Will era acquattato dietro un covone nel fienile sul retro della fattoria dei suoi nonni, quasi evitando di respirare per non essere scoperto. Una voce di bambina aveva strillato deliziata, e sentendo i suoi fratelli ridere, Will era uscito dal suo nascondiglio ed aveva iniziato a correre verso la finestra della cucina, la "toppa" del loro gioco, mentre il suo migliore amico Cecil urlava i nomi dei suoi fratelli uno dopo l'altro.
Will aveva appoggiato la mano sul vetro, lasciando l'impronta di una manina grassoccia per la quale sua madre l'avrebbe sicuramente sgridato, ed aveva gridato "toppa libera tutti!" nell'esatto momento in cui Cecil si era girato verso di lui, gli occhi scuri spalancati in una comica espressione tradita, la curva all'insù delle labbra che lasciava comunque intuire la sua felicità.
Will si era chiesto perché fosse proprio quello il ricordo che gli era venuto in mente, prima di lanciare un'ultima occhiata al display del suo cellulare sul quale lampeggiava la scritta "CeChill" e decidersi a rispondere.

"Non mi hai mai raccontato dove hai imparato l'italiano" aveva detto Nico, per poi tornare tornare a sorseggiare tranquillamente la sua cioccolata calda, seduto al tavolo della cucina dell'appartamento che ora erano in quattro a condividere.
Will aveva sorriso. "Quando ero piccolo"- aveva iniziato -"io e il mio migliore amico Cecil ci raccontavamo un sacco di cose, soprattutto segreti, che segreti poi non erano, ma sai come sono i bambini. Ma i miei fratelli sono sempre stati tremendamente curiosi, ed hanno sempre voluto sapere tutto di me. Se ti ricordi, settimana scorsa Eric mi ha tenuto al telefono più di tre ore per cercare di capire cosa avessi combinato durante i due giorni in cui non ci siamo sentiti. Così, io e Cecil abbiamo deciso di inventare una lingua che capissimo soltanto noi. Abbiamo abbandonato l'idea dopo due giorni, ed abbiamo cercato di imparare una lingua che non fosse per niente simile all'inglese. Long story short, alla fine abbiamo lottato contro fonetica e regole grammaticali per mesi ma da allora in poi nessuno dei miei fratelli è più venuto a conoscenza di cose che non avrebbe dovuto sapere."
"Tu, invece?"- aveva chiesto Will, curioso -"Nico è un nome italiano, ma Leo mi ha raccontato che vi conoscete fin dall'asilo, quindi... Chi ti ha insegnato la lingua?" aveva concluso, addolcendo la voce verso la fine. Sapeva che la morte di Maria, sua madre, e di Bianca, sua sorella, erano ancora delle ferite aperte nel cuore di Nico e non avrebbe mai voluto farlo stare peggio di quanto il più piccolo non si sentisse già.
"Me l'ha insegnato Bianca" aveva sussurrato Nico, abbassando lo sguardo sul tavolo in legno di mogano.
Will non gli aveva chiesto se gli mancasse, questo lo sapeva fin troppo bene. Erano poche le notti in cui le urla di Nico non squarciavano il silenzio dopo che si risvegliava da un incubo, ansante, gli occhi sbarrati nel buio, le labbra livide, la gola dolorante, i muscoli contratti e le unghie conficcate nella pelle dei palmi.
Ed ogni notte, Will si alzava, entrava nella stanza accanto alla sua, si sedeva sul letto e Nico si tranquillizzava tra le sue braccia, il sangue fuoriuscito dai palmi che lasciava ogni volta tracce sul pigiama bianco del biondo, gli occhi ambrati di Nico che lasciavano tracce ancora più indelebili nel cuore di Will.
Sembrava un uomo come tanti, seduto a quel tavolo, senza problemi, senza rimpianti, senza incubi a tormentarlo, e Will avrebbe voluto che fosse davvero così, che un giorno Nico potesse essere finalmente libero dal suo passato, che non dovesse più chiedersi, ogni volta sempre con più dolore ed amarezza della precedente, se non avesse potuto morire lui al posto della sorella e della madre. Will si era chiesto se quello fosse il momento giusto per dirgli della telefonata di Cecil, ma non aveva trovato una risposta soddisfacente e si era limitato a rispondere al citofono ed aprire a Leo che non trovava le sue chiavi, per la terza volta solo quella settimana.

Quando l'ispanico aveva bussato alla porta Will stava ancora riflettendo sulla notizia datagli da Cecil. C'era qualcosa che gli sfuggiva nel racconto dell'amico. Un nome, degli occhi, una voce. Nel momento in cui Leo aveva posato le borse della spesa sul pavimento, e tra un respiro affannoso e l'altro aveva cominciato a lamentarsi sul grande aiuto fornitogli dagli amici, Will si era reso conto di avere un enorme problema.
Il biondo aveva posato il palmo della mano sulle labbra di Leo, che gli aveva lanciato un'occhiata scandalizzata mentre Nico cercava inutilmente di non scoppiare a ridere allo sguardo impagabile dell'ispanico ed aveva finalmente detto: "Il mio migliore amico e una mia collega hanno entrambi bisogno di un testimone di nozze." "Qual è il problema? Non dirmi che entrambi i matrimoni si terranno lo stesso giorno ed allo stesso orario!" aveva detto Nico, alzando un sopracciglio. "Beh, mettiamola così: anche il prete sarà lo stesso." aveva detto Will, alzando le braccia e portando le palme delle mani verso l'alto. "È la punizione per non avermi impedito di spaccarmi la schiena con la spesa" aveva risposto Leo, piccato, mentre riponeva i formaggi in frigo.

Calypso era rientrata dal lavoro in officina solo ore dopo, ed aveva trovato Nico sdraiato a pancia in giù sul pavimento che tentava disperatamente di correggere i temi dei suoi studenti, mentre Leo e Will litigavano sul presunto fuorigioco a favore dei giocatori ispanici durante la partita di campionato Italia-Spagna che stavano guardando urlando in due lingue diverse. La ragazza aveva sospirato rassegnata, prima di afferrare il telecomando come lo Scettro Vendicatore di Diocleziano - lei e Nico avrebbero dovuto smetterla di guardare i thriller di serie Z a sfondo storico, davvero - e spegnere il televisore. Mentre Nico esalava un ringraziamento sofferente senza smuoversi dalla sua posizione e due identiche espressioni tradite si dipingevano sui volti di Leo e Will, Calypso si era lasciata cadere sul divano, esausta.
"Bene" aveva detto "devo dirvi una cosa."
***
L'anno prima, quando il misterioso contatto del preside Octavian era sparito senza lasciare tracce, Will aveva deciso di restare ad insegnare in quella scuola, ufficialmente per cercare altre informazioni ed ufficiosamente per restare con Nico. Ed ora che viveva con lui, Leo e Calypso, quella faccenda per lui sembrava essere definitivamente chiusa.
Ma a pochi chilometri di distanza dall'appartamento di Nico, quella vicenda andava ancora avanti, nella persona di un uomo che nonostante il passare degli anni aveva conservato il suo aspetto attraente legato ad una sedia da catene che gli stringevano i polsi e le caviglie.
Rude, ma efficace, come l'avrebbe definito Leo.
L'uomo in questione si trovava in quella posizione da giorni ormai, ed i tratti europei, la muscolatura ben sviluppata, i capelli biondi e gli occhi azzurro cielo sembravano essere un ricordo, l'ombra sbiadita di quello che ora somigliava più alla vittima di una cerimonia sacrificale, pesto, sbattuto e coperto di sangue.
L'uomo aveva alzato la testa, sul volto un'espressione sofferente, ed aveva parlato con voce roca.
Aveva sussurrato al cuore dell'ascoltatore di venirlo a prendere, di non lasciarlo così a morire, di avere pietà di lui.
Poi la telecamera si era spenta, e sul volto dell'uomo era comparso un ghigno, che si rifletteva in quello del suo compagno dietro il vetro che divideva la stanza dove il biondo era legato da quella che somigliava ad una sala di registrazione.
"Niente male" era rimbombata la voce proveniente da dietro gli apparecchi di regolazione del suono. "Chi non verrebbe a salvarti, così? Quell'idiota non si renderà conto di nulla finché non si ritroverà legato al tuo posto."

A casa di Nico, Leo stava andando in iper ventilazione. Un bambino! Sarebbe stata una bellissima avventura, se solo lui e Calypso fossero stati già sposati.
Il padre di Calypso, Atlante, non era d'accordo sulla sua scelta di lasciare la casa natia per andare a vivere con Leo, e sarebbe stato impossibile riuscire a tenergli nascosto qualcosa, dato che ogni fine settimana insisteva perché Calypso tornasse nella casa in Ogygia Street e pranzasse con lui.
Leo aveva alzato lo sguardo, incrociando quello della sua ragazza, e le aveva promesso che sarebbe andato tutto bene. Nico aveva annuito accanto a lui, sapendo che la donna avrebbe capito che stava offrendo il suo supporto, e Will le aveva sorriso, incoraggiante.
"Dovrei dirvi qualcosa anch'io" aveva detto poi Will "Cecil mi ha detto che gli piacerebbe incontrare i miei amici, quindi vi ha invitati tutti al matrimonio, che per inciso è tra tre settimane."
Nico aveva rischiato di soffocarsi con la saliva.
Il giorno dopo, Will aveva trascinato Nico al più vicino centro commerciale perché no, non puoi presentarti ad un matrimonio in jeans e maglietta, Nico, smettila di brontolare. Avevano girato ogni singolo negozio di abbigliamento senza trovare uno smoking che una volta indossato non sembrasse un palloncino sgonfiato, ed ormai Will era quasi sicuro che Nico sarebbe imploso alla prossima prova ed avrebbe insistito per tornare a casa ed andare al matrimonio vestito come sempre.
Ma quando ormai si stavano avviando all'uscita, era stato Nico stesso a strattonarlo per la manica indicando un negozietto minuscolo che esponeva nella vetrina uno smoking nero notte che sembrava cucito apposta per Nico.
Erano entrati e la commessa, una ragazza mora vestita da hippie con un cartellino consunto fissato alla maglietta che recitava: "Salve! Il mio nome è Iride, ed oggi vi aiuterò!" aveva sorriso calorosamente ad entrambi.
Venti minuti dopo, Nico era uscito dalla cabina di prova e Will aveva sentito il suo cuore battere contro le costole tanto velocemente che per un momento aveva temuto di aver preso un infarto.
"Allora? Sto così tanto male?" aveva chiesto Nico, con un sorriso nervoso. Will aveva cercato di rispondere, ma non ricordava neppure come si facesse a respirare.
"Ehm" aveva iniziato, insicuro su cosa dire. Gli occhi di Nico si erano velati di tristezza, ed il ragazzo aveva iniziato a mordersi nervosamente il labbro inferiore. "Ti sposerei" aveva detto Will, sorridendo, e Nico era scoppiato a ridere mentre si allontanava dallo specchio. Will l'aveva abbracciato, ridendo insieme a lui.
"Bene" aveva detto poi Nico, con un sorriso che aveva sicuramente del sadico "Ora dobbiamo cercare un completo anche per te, non credi?"

In una grande villa poco distante dalla sede della registrazione del messaggio, due uomini stavano guardandosi negli occhi, uno dei due deciso ad impedire all'altro di iniziare una conversazione che in quel luogo avrebbe potuto tradirli. "Quando invierai il messaggio?" aveva chiesto il biondo guardando l'altro come a sfidarlo a fidarsi di lui, massaggiandosi i polsi ancora sfregiati dalle corde, mentre beveva un bicchiere di champagne stravaccato su un divano rosso in pelle. L'uomo che era nella stanza si era seduto accanto a lui, ghignando. "Oh, durante un giorno molto speciale, questo è certo..." aveva risposto, per poi prendere il bicchiere dalle mani dell'altro e posarlo delicatamente sul tavolinetto accanto al divano ed iniziare a baciare il collo del biondo, che aveva emesso un singhiozzo soffuso e l'aveva tirato giù facendolo distendere su di lui. Le mani del moro si stavano già prodigando a slacciare i jeans del biondo quando lui l'aveva interrotto chiedendo se dovesse rimettere quelle corde. "Vedrai" aveva risposto il moro "ed ora che ne dici di lasciarmi curare le tue ferite a modo mio?" Il biondo aveva ghignato in risposta, tirandosi suo marito di nuovo addosso.


Angolo Autrice
Poca roba, e pure brutta. Ma ciao, gentah. Lo so, lo so, vi aspettavate di meglio. Lasciate ogni speranza.

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Capitolo 2
*** II. ***


II.


Qualche anno prima, Leo era sicuro di aver detto a Nico che lui non si sarebbe mai fatto prendere dal panico per una donna, ma quella sera l'affermazione non era assolutamente vera. Probabilmente, aveva pensato amaramente divertito Leo, considerando i suoi precedenti con le ragazze-Hazel, con la quale non aveva mai avuto speranze perché sorella di Nico, il quale aveva fatto del cosiddetto "bro code" uno stile di vita e Chione, la sua prima cotta, che aveva corteggiato per quasi un mese prima di sentirsi dire che avrebbe preferito vederlo morto piuttosto che anche solo dargli una chance-quella frase non era stata minimamente veritiera neanche nel momento in cui era stata pronunciata per la prima volta. Calypso, attaccata al suo braccio, irradiava letteralmente felicità mentre entravano nel ristorante che Leo aveva prenotato per loro quella sera. Si erano accomodati al loro tavolo, e Calypso gli aveva sorriso.
Leo si sentiva il sangue bruciare nelle vene, mentre si alzava dalla sua sedia e si inginocchiava davanti a Calypso. La donna si era portata le mani alla bocca, aveva già gli occhi lucidi e tremava, ma a Leo non era sembrata mai così bella come in quel momento. "Calypso, figlia di Atlante" aveva iniziato, un leggero tremore nella voce che non aveva potuto evitare di lasciar trapelare la grande paura che provava l'ispanico "Vuoi farmi l'onore di diventare mia moglie?" aveva chiesto sorridendo. Calypso si era inginocchiata davanti a lui, e l'aveva baciato come Leo era sicuro non avesse mai fatto. Si sentiva invincibile in quel momento, come se potesse spiccare il volo in sella ad un drago da un momento all'altro, portando Calypso con sé per iniziare la loro nuova vita insieme. Calypso si era separata leggermente da lui, e Leo l'aveva stretta a sé mentre singhiozzi di gioia scuotevano le spalle della donna. L'aveva tenuta stretta mentre si rialzavano insieme, e il ristorante era esploso in un boato di applausi.

Erano passati due giorni dall'"impresa" al centro commerciale e Will aveva cercato di convincere Nico che neanche legandolo ed imbavagliandolo sarebbe mai riuscito a fargli indossare lo smoking che il figlio di Ade aveva preso per lui. Un attimo prima di uscire dal negozio, dove la commessa Iride era stata una consigliera a dir poco perfetta, infatti Nico aveva preso la ragazza da parte per sussurrarle qualcosa all'orecchio. A Will non era piaciuto il risolino della commessa, gli era piaciuto ancora meno il ghigno di Nico e la cosa che gli era piaciuta di meno in assoluto era stato il numero che Nico aveva scarabocchiato sul registro di cassa poco dopo aver parlato con Iride.
Quella mattina, stranamente, Nico si era alzato allo squillo del campanello, quando invece normalmente non l'avrebbero svegliato nemmeno le cannonate di una guerra appena scoppiata esattamente sotto il suo appartamento. Non che Will se ne fosse accorto perché dormissero insieme - Nico non era abbastanza fiducioso per un passo del genere, e Will aveva capito già tempo prima di non essere interessato a spingere oltre la sfera affettiva la sua relazione con Nico - ma perché il più piccolo era barcollato fino alla porta facendo un baccano infernale, cosa che nessuno si sarebbe aspettato visto e considerato che tutte le sue calzature non avevano mai fatto nessun rumore - un altro dei motivi per cui tutti, non sentendolo mai arrivare, pensavano uscisse direttamente dalle ombre.
Quando Will si era alzato ed aveva ciabattato fino alla cucina, aveva trovato Nico ed una tazza di cioccolata calda fumante sul tavolo. Non avvertendo il tradimento imminente, aveva sorseggiato tranquillo la sua cioccolata per poi dirigersi in sala ed accomodarsi sul divano come tutte le mattine da un mese a quella parte. Nico si era accoccolato accanto a lui e si era impossessato del telecomando, per poi fare zapping tra i canali televisivi per qualche minuto. Aveva lasciato scorrere le immagini del telegiornale, e alla fine aveva spento il televisore. Will aveva provato a protestare, ma Nico lo aveva zittito lasciandogli un leggero bacio sulle labbra. Will aveva sorriso stupito, per poi aprire il pacco che Nico gli stava porgendo con un sorrisetto che avrebbe dovuto allarmare il biondo ma che era stato solo fonte di maggiore tradimento passato nelle iridi del biondo quando aveva visto cosa conteneva il pacco. Nico era scoppiato a ridere, e Will nonostante tutto non aveva potuto fare a meno di ammirare come i suoi lineamenti si trasfigurassero nei rari momenti in cui il più piccolo si lasciava andare alla risate.
Ma poi Will gli aveva lanciato addosso un cuscino. Nico aveva alzato un sopracciglio che sembrava chiedergli davvero, Solace? Mi hai veramente appena tirato addosso un cuscino? E Will per tutta risposta aveva iniziato a fargli il solletico, al quale Nico aveva reagito cercando di scappare. Ma Will aveva continuato inflessibile la sua tortura, non ascoltando le suppliche del più piccolo.
Perché andava bene che gli piacessero i colori vivaci, ma il biondo era sicuro, sicurissimo, perfettamente sicuro che la bastardata dello smoking rosa confetto non gliel'avrebbe mai perdonata.

Cecil quel sabato avrebbe voluto morire. Oh, sì, avrebbe preferito di gran lunga dissolversi nell'Ade piuttosto che stilare la lista degli invitati al matrimonio e quella, parallela, degli invitati al suo addio al celibato. Si era pentito più volte della decisione di organizzarne uno, per poi tornare continuamente a ritrattare sulle sue decisioni perché ehi, sarebbe stato divertente.
Alla fine si era deciso, ed aveva impugnato la penna, guardando interrogativamente Lou Ellen. La donna aveva sorriso, spostando un ricciolo blu mare dietro l'orecchio destro ed aveva iniziato a snocciolare nomi su nomi.
Cecil aveva iniziato a scrivere, eliminando automaticamente quelli su cui la sua futura moglie era stata leggermente incerta, sapendo che lei sarebbe stata d'accordo, e si era interrotto solo per guardare quella che da lì a due settimane sarebbe stata sua moglie. Era bellissima, sorridente ed assorta, e Cecil avrebbe potuto sposarla anche lì, in quel momento, nella loro cucina illuminata dal sole di giugno.

Nico stava scappando infilandosi in un vicolo scuro dopo l'altro, sentendo i passi pesanti di Percy Jackson dietro di lui. Il ragazzo per cui si era preso una cotta alle medie l'aveva notato in mezzo alla strada quelle che dovevano essere state ore prima, ed aveva iniziato ad inseguirlo subito dopo, ed era da allora che il cielo si era fatto scuro e Nico aveva cominciato a correre. I piedi gli sembravano andare a fuoco, e non riusciva quasi più a respirare.
Poi, svoltato l'ennesimo angolo, Nico si era accorto con orrore di essersi cacciato in un vicolo cieco. Aveva provato a voltarsi, ma all'entrata del vicolo, perfettamente calmo, Percy gli stava sorridendo. Gli occhi di Nico si erano spalancati dal terrore, ed il figlio di Ade aveva cercato disperatamente una via d'uscita mentre Percy gli si avvicinava, estraendo una pistola dalla fondina agganciata alla sua cintura.
Nico aveva sentito il respiro di Percy sulle sue labbra, e prima che l'altro potesse fare qualsiasi cosa, aveva esalato stremato un "Perché?" che in quel momento domandava risposte a centinaia di domande che gli si erano affollate nella mente da quando aveva conosciuto Percy per la prima volta. "Perché, mio piccolo Nico", aveva detto Percy, sogghignando diabolicamente "il primo amore non si scorda mai."
Nico si era risvegliato nel suo letto, urlando. Will era comparso quasi immediatamente accanto a lui, e l'aveva abbracciato come faceva ogni notte. Nico aveva deglutito, cercando di tirare indietro le lacrime che già scendevano sulle sue guance scavate. Erano rimasti così per quelli che erano sembrati anni ma che in realtà erano stati solo pochi minuti, finché Nico si era calmato leggermente e Will si era tirato lentamente indietro, sciogliendo l'abbraccio. "Will" aveva sussurrato Nico nel buio "Will, resta con me, per favore." Il biondo gli aveva preso le mani nelle proprie e si erano addormentati l'uno di fianco all'altro.

***
Leo non ci teneva particolarmente a svegliare il suo migliore amico, da quando, anni prima, Nico l'aveva mandato in ospedale con il polso sinistro rotto e la spalla lussata dopo quello che era stato un disastroso tentativo di far svegliare l'italiano, che si era bellamente dimenticato del fatto che quella domenica mattina Ade sarebbe passato a salutarlo a casa sua, ed ad informarsi su come stessero andando le cose. Leo sapeva che svegliarlo non sarebbe assolutamente stata una buona idea già quando Nico, la settimana prima, aveva riattaccato la cornetta del telefono, lasciandosi cadere sul divano esasperato, e mugugnando qualcosa sulla domenica, sulla perdita di preziose ore di sonno, sui genitori invadenti, sulle fidanzate e sul fatto che Ade stesse iniziando a sospettare che la storia della sua amicizia con Leo stesse nascondendo qualcosa di illegale o, peggio, -testuali parole di Ade-una tresca con l'ispanico. Ma Leo, accidenti alla sua ostinazione, l'aveva strattonato leggermente dopo avergli urlato nelle orecchie di svegliarsi fino a perdere completamente la voce, e in due secondi si era ritrovato a gemere sul pavimento, con un dolore lancinante al polso ed alla spalla, mentre Nico dormiva beato.
Memore dell'episodio, e consapevole del fatto che la camera di Nico era stata insonorizzata-dietro costante insistenza del corvino, che non voleva dargli fastidio con le sue urla notturne dovute agli incubi, che a detta sua avrebbero potuto far pensare male Ade una volta di più-, Leo si era diretto verso la camera del corvino come se stesse andando al patibolo, sapendo che in caso di rottura di qualsiasi altro osso, urlare come un ossesso non lo avrebbe aiutato, perché Calypso sapeva benissimo che Nico ci metteva un'ora e più a svegliarsi nel fine settimana e non si sarebbe preoccupata affatto.
Ma, giunto, sulla porta, Leo non aveva avuto bisogno di aprirla per sentire i respiri di due persone diverse nella camera, regolari come il ticchettio degli orologi che sapeva riparare in pochi secondi, segno che Nico non era da solo, e che, conoscendo Will, si sarebbe svegliato a breve, evitando alle sue ossa di subire altri danni.
Leo si era scostato per dirigersi verso la cucina. Come ogni domenica mattina, l'odore del caffè si mescolava al profumo inconfondibile di Calypso, ma c'era un'ombra scura contro la porta in vetro della cucina che non poteva certo appartenere alla figlia di Atlante.
Leo aveva fatto scorrere la porta nel supporto, e nel suo campo visivo la sua futura moglie era scoppiata a ridere, mentre una donna dagli improbabili capelli lilla si portava una mano curata alla bocca, nascondendo un sorriso. Seduto con le spalle alla porta, un uomo con corti capelli castani sembrava non essere affatto divertito.
Leo aveva circondato con un braccio le spalle di Calypso, mentre la donna che rideva con lei aveva allungato una mano ed aveva detto sorridendo di chiamarsi Lou Ellen. Leo le aveva stretto la mano, quando la zazzera bionda e spettinata di Will aveva fatto capolino dalla porta aperta. "Non ci speravo più" aveva detto l'uomo seduto in un tono di voce che lo aveva fatto sembrare improvvisamente un ragazzino, girandosi verso Will con un sorriso. "Cecil!" aveva esclamato il biondo, contento. "Che ci fate qui?"

"Allora? Quando hai intenzione di mandare il video al nostro amico?" aveva chiesto il biondo, mentre stappava l'ennesima bottiglia di birra, steso sul grande letto matrimoniale in una delle stanze attigue alla sala di registrazione. "Non ho intenzione di rovinarmi ulteriormente i polsi se non so neanche quando dovrò recitare la commedia che abbiamo preparato con così tanta cura nelle ultime settimane, e"-si era interrotto, lanciando un'occhiata ammonitrice a suo marito che si stava avvicinando a lui con uno sguardo tutt'altro che innocente-"non ti azzardare a dire che mi legheresti ogni notte, i miei polsi ne risentono anche troppo già così! Ho la pelle delicata, e sai benissimo che devo essere sempre al meglio!"
L'altro aveva sbuffato. "Certo, principino..." aveva risposto, modulando la voce per prendere in giro l'altro. "Comunque non ti preoccupare, manca poco. E poi..." Si era interrotto per un attimo, e poi aveva costretto l'altro sotto di sé, sorridendo lascivo "...sai benissimo che non ti legherei certo con delle corde, ma se preferisci..." Il biondo aveva ridacchiato, e si era sporto in avanti per lasciare un bacio sulle sue labbra.

Prima che Cecil potesse rispondere, la voce assonnata di Nico aveva richiamato Will dal corridoio. Il biondo si era sporto verso di lui, ridacchiando piano alla vista dell'insegnante che aveva ancora il segno rosso del cuscino sulla guancia. A Will era balenata in mente per un attimo l'idea di svegliarsi ogni giorno accanto a Nico, ed aveva dovuto distogliere lo sguardo dagli occhi del coinquilino, sentendosi arrossire.
Nico era entrato in cucina, senza quasi notare i due nuovi arrivati, ed aveva iniziato ad armeggiare con la caffettiera, mentre Cecil cercava di attirare l'attenzione di Will per chiedergli spiegazioni, dato che il corvino entrato in quel momento gli incuteva abbastanza paura, nonostante fosse in pigiama. Ma gli sforzi di Cecil non sembravano essere destinati a fargli ottenere alcunché, dato che il suo migliore amico non aveva occhi che per il potenziale serial killer dai capelli neri che, Cecil si era reso improvvisamente conto, doveva essere la persona speciale di cui Will gli aveva parlato con un sorriso stampato in volto avvertibile anche per telefono e che in quel momento stava molto probabilmente per scottarsi le dita. Mentre Leo si assicurava che il vestito a fiori della donna accanto a lui non prendesse fuoco, Cecil aveva potuto constatare come il "serial killer" fosse veramente quello di cui Will gli aveva parlato, nel vedere l'amico precipitarsi al salvataggio delle dita del corvino, spegnendo prontamente il gas. L'altro aveva mugugnato in protesta qualcosa che somigliava molto ad una sequela di improperi in italiano, ma Will si era limitato a sorridergli incoraggiante mentre gli spostava delicatamente le mani dai fornelli e vi posizionava nuovamente la caffettiera.
"Scusatelo" aveva detto poi, approfittando del momento in cui Nico stava bevendo il caffè ed era quindi forzatamente innocuo, a meno che non volesse strozzarsi con la bevanda calda "È domenica mattina, e senza caffè nessuno di noi funziona propriamente. Beh, Nico lo da' anche a vedere, ma a parte questo..." Will era stato zittito da una gomitata tiratagli da Nico nel plesso solare, a dimostrazione del fatto che non fosse mai veramente innocuo. L'italiano aveva poggiato la tazzina sul tavolo, spostando gli occhi su Cecil, che si era ritrovato a deglutire sotto quello sguardo. Will si era allontanato leggermente dal suo ragazzo, prima di aggiungere "Guarda che non morde", al che Nico gli aveva angelicamente pestato il piede destro, che sapeva essere stato ferito durante una sparatoria all'inizio della ex carriera come agente segreto di Will.
Mentre il biondo gemeva tra i denti, Cecil aveva iniziato a raccontare della sua sofferta decisone di dare una festa di addio al celibato, lanciando di tanto in tanto un'occhiata a Lou Ellen, che sembrava essere costantemente sul punto di dire qualcosa. Aveva invitato Will, Leo e-facendo buon viso a cattivo gioco-Nico, che ancora non gli piaceva per nulla.
Lou Ellen stava parlottando a bassa voce con Calypso, e quando Cecil le aveva lanciato silenziosamente un'occhiata interrogativa lei si era limitata a sorridere in un modo che non gli era piaciuto per nulla.
Solo ore dopo, durante il viaggio di ritorno verso casa, aveva avuto il coraggio di chiederle di cosa avessero parlato. Lei gli aveva tranquillamente comunicato di aver invitato Calypso al suo addio al nubilato, e Cecil aveva rischiato di andare a sbattere contro un semaforo.

Il sabato mattina, Will si alzava sempre di buon'ora, e quel sabato in particolare avrebbe rispettato la tradizione, dato che doveva anche impedire a Nico di fargli veramente indossare l'obbrobrio rosa shocking che il corvino si ostinava beffardamente a chiamare smoking, nascondendolo dove Nico non avrebbe potuto trovarlo neanche se avesse avuto un esercito di scheletri di trovarobe al suo servizio. Avrebbe, appunto, se non fosse stato che il suddetto corvino la sera prima avesse insistito che Will dormisse insieme a lui, e alle sette e mezza del mattino stesse ancora dormendo beatamente avvinghiato alla maglietta del suo pigiama. Avendo saputo della disavventura di Leo, Will non ci teneva certo a farsi fracassare il polso per essersi spostato. E poi, anche se non l'avrebbe mai ammesso-per non creare disagio a Nico, non che avesse una reputazione da mantenere-spostarsi anche solo di un millimetro avrebbe significato perdere ogni traccia della fiducia che Nico aveva riposto in lui nell'ultima settimana. Il figlio di Ade non era un grande entusiasta del contatto fisico, e già dormire insieme-come, quella stupida vocina nella sua testa aveva convinto Will a pensare per l'ennesima volta, avrebbe voluto fare ogni notte-era stato un grande passo avanti. Nonostante questo, Will aveva davvero bisogno di un modo per evitare di indossare lo stupidissimo smoking. Non che quello che avesse già, color giallo canarino, fosse molto meglio, ma avrebbe fatto di tutto per non indossarlo. Poi, un'idea diabolica gli era venuta in mente.
Aveva afferrato il cellulare che la sera prima aveva dimenticato acceso sul comodino, ed aveva chiesto a Cecil se avesse intenzione di rovinare il vestito che avrebbe indossato all'addio al celibato.
Quella sera, mentre la musica a palla rimbombava sulle pareti dell'appartamento che Cecil aveva affittato e diversi ventenni ubriachi ballavano ad un ritmo tutto loro, Will, ancora-per sua fortuna-sobrio, si era avvicinato a Cecil, tentando di farsi sentire sopra il rumore assordante dell'ultimo singolo di Bruno Mars. Si era scusato per il comportamento di Nico il giorno precedente - sapevano entrambi che l'italiano non era stato scortese, ma si era limitato a far venire voglia a Cecil di fuggire a gambe levate da quel posto - e Cecil gli aveva chiesto informazioni sulla loro storia, dato che da quando Will aveva iniziato a lavorare erano stati costretti ad interrompere ogni contatto.
Will era arrossito sotto le luci stroboscopiche ed aveva iniziato a raccontare a Cecil come si erano conosciuti, tacendogli i dettagli della sua missione. Poi, incuriosito, aveva chiesto come lui e Lou Ellen si fossero incontrati. Cecil aveva ridacchiato, rispondendo che avrebbe saputo tutto al matrimonio. "Ma come, il mio migliore amico sta per sposare la sua anima gemella e io non so praticamente nulla su come ha capito che fosse lei quella giusta?" aveva chiesto Will scherzosamente.
Cecil aveva sorriso, e sorseggiando l'ennesimo bicchiere di birra gli aveva chiesto in italiano "E tu? Hai intenzione di portare Nico all'altare?" Will era arrossito senza riuscire a spiccicare parola, e si era accorto troppo tardi dell'ombra scura alle sue spalle. "Oh, probabilmente sì" aveva detto Nico con un sorriso diabolico. "Ha anche lo smoking giusto." Cecil aveva guardato l'obbrobrio rosa che stava indossando per gentile concessione dell'amico ed aveva promesso a Nico che non l'avrebbe rovinato per nulla al mondo.
Will avrebbe voluto ucciderli entrambi.

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Capitolo 3
*** III. ***


III.
Il giorno dopo l'addio al celibato di Cecil, Will si era ritrovato chissà come steso su un divano di un pacchiano blu elettrico, un dolore sordo alla schiena e Nico sdraiato a pancia in giù addosso a lui, le gambe intrecciate alle sue e il piede destro che sfiorava il pavimento.
Will si era portato una mano alla tempia, sollevando cautamente la testa e lasciandola ricadere alla vista dei corpi addormentati stesi dappertutto.
Aveva richiuso gli occhi, imponendosi di dimenticare la scena, e di risvegliarsi dal suo incubo al tre. Aveva dovuto contare fino a tre per tredici volte di seguito prima di convincersi a riaprire gli occhi, e quando l'aveva fatto si era ritrovato davanti le calde iridi ambrate di Nico che lo scrutavano con tutta la disapprovazione di cui il suo ragazzo era capace di prima mattina. In un attimo si era reso conto di essere praticamente seminudo e di non avere nemmeno uno straccio di idea di come fosse finito in quello stato. Lo sguardo di Nico era piuttosto eloquente - sicuramente Will aveva fatto qualcosa di sbagliato la sera prima. Ma cosa, esattamente?
La sera prima qualcuno aveva fatto una battuta su uno smoking, e poi c'erano state diverse birre e una ragazza. Una ragazza? No, un ragazzo vestito da ragazza. Ecco cosa, o meglio chi lo aveva ridotto in quello stato! Ma prima che potesse congratularsi con sé stesso per esserselo ricordato, aveva realizzato che avrebbe dovuto ricordarsi di essere fidanzato. Aveva abbassato lo sguardo, colpevole, ed aveva cercato di trovare un modo per dimostrare a Nico che non si sarebbe mai sognato di fare una cosa del genere da sobrio, e che comunque non l'avrebbe più rifatto. Era rimasto a riflettere per diversi minuti, prima di sentire le lunghe dita che aveva stretto un'infinità di volte tra le sue sollevargli delicatamente il mento. Stavolta era una luce diabolica ad illuminare lo sguardo di Nico, e Will sapeva già di doversi preoccupare. Per un attimo aveva pensato di cavarsela con una battutina sarcastica, ma Nico gli aveva già preso il volto tra le mani e lo stava baciando.
Will aveva sbattuto le palpebre, confuso.
"E questo per cos'era?" aveva chiesto dopo essersi abbandonato al bacio. "Per aver allontanato quel ragazzo" aveva risposto Nico, prima di riprendere a mordicchiargli le labbra. Will non era sicuro che quella fosse la verità. Nico non si era mai esposto così tanto in pubblico - che il loro "pubblico" fosse composto da uomini addormentati stesi sul pavimento non contava, non erano comunque nell'intimità di casa loro - ed il sapore di alcool sulle sue labbra non lasciava molto spazio alla già remota possibilità che il ragazzo non fosse ubriaco.
Will avrebbe dovuto riportarlo a casa, ma nel tempo in cui si era reso conto della necessità Nico si era riaddormentato su di lui e davvero Will non aveva alcuna voglia di svegliarlo. Era piacevole, in realtà, considerato quanto poco Nico amasse il contatto fisico.
Ma, con grande dispiacere di Will, alcuni degli invitati stavano iniziando a rialzarsi, barcollando sulle gambe instabili, e farsi vedere dal suo migliore amico in quella situazione non sarebbe stato esattamente il modo migliore per uscire - anche se finalmente - allo scoperto.
"Nico, sveglia" aveva sussurrato, per poi arrendersi al fatto che il suo ragazzo non si sarebbe alzato nemmeno con le cannonate. Si era lasciato scivolare giù dal divano stando attento a non far cadere Nico, e si era rialzato.

Tre ore dopo, erano arrivati a casa. Durante il viaggio Nico non aveva detto una parola, e Will era tristemente sicuro che l'avesse fatto in quanto non era riuscito a metterlo in imbarazzo davanti agli amici di Cecil - tra i quali c'era anche il ragazzo che ci aveva provato con lui la sera prima (sicuramente inducendo il biondo a fare cose delle quali non si ricordava assolutamente ma di cui era già pentito), al quale Nico voleva dimostrare che Will fosse fidanzato. Con lui, per l'esattezza. Benché sollevato di aver evitato il teatrino, Will era consapevole di doversi scusare. E, anche se non era il momento, era consapevole anche delle gelosia di Nico - cosa che, se possibile, l'aveva fatto innamorare ancora un po' di più del suo ragazzo.
Will aveva parcheggiato la macchina sotto casa, ed aveva chiuso finestrini e portiere per un attimo. Si era slacciato la cintura e, passatosi nervosamente le mani nei capelli, si era voltato verso Nico. "Senti" - aveva iniziato, insicuro su cosa dire - "lo so che ti sembrerà un tentativo melenso di farti dimenticare tutto quello che ho fatto, ma non è così. Voglio chiederti scusa, perché non so cosa sia successo ieri sera, ma so che è quello che ti ha spinto a baciarmi stamattina non curandoti degli amici di Cecil che erano ancora intorno a noi. Se vuoi, se puoi, accetta le mie scuse. E potrà anche sembrarti una promessa vuota ma-"
Nico gli aveva messo una mano sul braccio, interrompendolo. "No, non promettere ciò che non riuscirai a mantenere. Hai detto che Apollo ha tradito tua madre? Beh, dev'essere qualcosa di genetico allora." aveva buttato fuori le parole con rabbia, e Will non sapeva cosa doversi aspettare.
L'italiano aveva riaperto le portiere, si era slacciato la cintura di sicurezza ed era uscito dall'auto, sbattendo la portiera dietro di sé. Poi aveva sembrato ripensarci, si era girato ed aveva picchiettato con le nocche sul vetro del finestrino.
Will l'aveva abbassato lentamente, e Nico aveva sbattuto diverse volte le palpebre.
"Siamo entrambi ubriachi, Will. Va' a stenderti, e pensaci su. Quando capirai per cosa ti devi scusare veramente, ti farò sapere dove trovarmi. Ma fino ad allora non cercarmi."
Will non aveva potuto fare altro che chinare la testa e sbatterla diverse volte sul volante, al quale le sue mani si aggrappavano disperatamente, come a cercare una prova tangibile dell'autenticità di quella situazione assurda. Prova che aveva, purtroppo per lui, trovato.

Erano passati tre giorni, e di Nico nessuna notizia, tranne il commento lapidario di Leo sul fatto che stesse bene e fosse al sicuro. Will era tornato al suo vecchio appartamento, che, completamente vuoto, non gli era sembrato altro che il simbolo in mattoni, calce e vernice bianca del cumulo di macerie insensate che la vita precedente al suo incontro con Nico gli aveva ricordato da due anni a quella parte.
Non se l'era sentita di chiedere subito a Leo di poter impacchettare tutte le sue cose. Un po' perché gli sembrava scortese nei loro confronti, dato che dopo averlo visto insieme a Nico per due anni quel cambiamento repentino gli sarebbe sembrato quantomeno irrispettoso dell'importanza del loro legame, come se Will passasse da un ragazzo all'altro senza battere ciglio.
In secondo luogo, poi, sperava di poter sistemare le cose con Nico prima che fosse troppo tardi. Il primo giorno aveva seguito il consiglio - o, più propriamente, l'ordine - dell'italiano e si era buttato sul vecchio divano ancora coperto da un lenzuolo coperto a sua volta di polvere e lì aveva dormito per ore, per poi risvegliarsi perfettamente consapevole del reale sbaglio che aveva commesso quella maledetta sera e di cui Nico gli chiedeva di pentirsi.
Will non aveva fatto nulla con quel ragazzo, ma aveva tradito la fiducia di Nico. Avevano discusso, dapprima scherzosamente e poi sempre più seriamente dell'infelice battuta sul matrimonio, finché, in un impeto di "libertinaggio", Will aveva lasciato Nico al bancone con la scusa di andare a cercare Cecil, ed invece si era buttato in pista. Sarebbe potuta sembrare una cosa da nulla, ma per Nico - come Will aveva avuto modo di imparare negli ultimi due anni - la fiducia che poteva permettersi di dare agli altri non era fatta per essere tradita, in nessun caso e per nessun motivo. Era la leggerezza con la quale Will aveva tradito la fiducia che l'altro aveva riposto in lui che aveva fatto arrabbiare Nico, non il gesto in sé.
Così ora Will si trovava di nuovo al punto di partenza, ma con una nuova consapevolezza.
Aveva provato a mandare all'italiano l'unico messaggio che veramente gli sarebbe importato, scrivendogli di aver capito il suo errore ed essere disposto ad accettare qualsiasi sua decisione, a patto di poterlo aiutare in qualsiasi cosa avesse avuto bisogno nel tempo a venire.
Aveva pensato molte volte di chiamarlo, o di scrivergli - un messaggio, una e-mail, una lettera, un foglio da affidare ad un piccione viaggiatore, qualsiasi cosa purché gli permettesse di entrare in contatto, seppur indiretto, con lui - ma ci aveva rinunciato ogni volta, sapendo che sarebbe solo andato a peggiorare una situazione già terribile di per sé.
Nico gli aveva risposto ore dopo, scusandosi del ritardo causato da un impegno improvviso. Senza lasciargli dire nulla – cosa di cui Will era stato grato, avendo paura di ferire nuovamente Nico con delle scuse che lo avrebbero fatto infuriare ancora di più– il moro aveva sospirato, stanco, e aveva fatto capire a Will che avrebbe dovuto impegnarsi a fondo per riconquistare la sua fiducia.
***
Cinque giorni dopo, Will era al matrimonio di Cecil e Lou Ellen. Non che sperasse di aggiustare le cose con Nico in quel contesto, ma vederlo chiacchierare con Cecil e Leo accanto all'altare prima che iniziasse la funzione gli aveva fatto piacere - oltre a fargli sentire una fitta al cuore. L'ostilità tra Nico e Cecil sembrava acqua passata, ma se non fosse riuscito a scusarsi neanche in questa ultima occasione, Nico e Cecil non si sarebbero visti mai più, perché sarebbe venuto a mancare, nella vita del corvino, ciò che li univa, ossia Will stesso.
Durante la funzione aveva lanciato di tanto in tanto una occhiata nella sua direzione, rendendosi conto ogni istante di più di quanto fossero scavate le sue guance e rossi i suoi occhi. Erano lo specchio del suo stesso viso, a dire la verità, ma Nico era innegabilmente più affascinante di lui.
I voti che Cecil e Lou Ellen si erano scambiati erano stati sinceri e pieni d'amore, e non pochi ospiti avevano dovuto asciugarsi le lacrime più volte. Gli occhi scuri della madre della sposa sembravano una cascata in piena.
Al pranzo che aveva seguito la funzione, Cecil aveva chiesto a Will di fare un discorso. Al tentativo del biondo di rifiutarsi, non avendone preparato uno, Cecil si era scusato con Lou Ellen, lo aveva preso da parte e gli aveva sussurrato di riprendersi il suo posto. Non era stato necessario dire altro, perché Will aveva già capito cosa intendesse.
Ritornati al tavolo, Cecil aveva chiesto silenzio e Will si era alzato in piedi cercando di sorridere.
"Ecco, io non sono forse la persona più adatta a parlare di matrimoni, dal momento che sono appena riuscito a fare una completa idiozia nei confronti della persona che amo." Non aveva osato alzare lo sguardo, ma sapeva che Nico aveva gli occhi fissi su di lui e, conoscendolo, si stava trattenendo dal lanciargli addosso qualcosa. "Ma conosco Cecil da quando eravamo entrambi bambini, ed è stato un ottimo amico, sempre pronto a cacciarsi nei guai insieme a me e ad aiutarmi. Quando abbiamo iniziato la scuola, è stato un ottimo compagno di classe, ha sempre avuto ottimi voti e buoni consigli da dare. Quando ha iniziato a lavorare abbiamo preso strade diverse, ma persone a me vicine mi hanno garantito che è stato un ottimo collega, sempre sorridente ed organizzato. Dio, sembra che stia facendo uno di quei discorsi che si fanno ai funerali." L'auditorio aveva riso, ed alzando un attimo lo sguardo, Will aveva notato un piccolo sorriso fare capolino anche sulle labbra di Nico.
"Ma ora" - aveva ripreso, facendosi serio - "Cecil e Lou Ellen stanno per costruire insieme qualcosa di speciale, e sono sicuro che sarà un marito premuroso e, se decideranno di avere figli - non si preoccupi, signora, la tinta alla Nimphadora Tonks non è ereditaria -, sarà un padre straordinario. Quindi, propongo un brindisi a questa coppia!" La madre di Lou Ellen aveva tirato un sospiro di sollievo perfettamente udibile nel silenzio creatosi, scatenando un nuovo accesso di risa.
Quando la testimone della sposa, la sua migliore amica, aveva completato il suo discorso, Will non se ne era quasi accorto, cercando di intercettare lo sguardo di Nico durante tutto il tempo intercorso tra l'inizio e la fine del discorso della ragazza.

Gli invitati avevano iniziato a dirigersi verso gli eleganti tavoli del buffet, e Nico si era fermato a parlare con Leo e Calipso. Will aveva cercato di farsi spazio tra i parenti e gli amici degli sposi, ma quando finalmente stava per raggiungere Nico, il cellulare che aveva in tasca aveva suonato. Aveva accettato il video che lo sconosciuto gli aveva mandato solo perché aveva intravisto, tra le ombre del fermo immagine iniziale, suo padre.
Aveva guardato il video, ascoltato le suppliche di Apollo e - dopo aver lanciato un ultimo sguardo a Nico ed aver sussurrato un "perdonami" inaudibile persino a lui - si era diretto velocemente verso la sua macchina.

Nico aveva sospirato vedendo la scena. "Ehi, amico" - aveva detto Leo con un tono che non ammetteva repliche, prendendolo per le spalle e facendo modo di guardarlo negli occhi - "ora seguilo."
Nico si era liberato con uno strattone. "Oh, sì, grande idea" - aveva detto, sarcastico - "E per fare cosa? La figura dell'idiota?"
Leo lo aveva guardato, alzando un sopracciglio, e Nico si era arreso. Aveva iniziato a correre verso l'uscita del giardino all'italiana nel quale Cecil e Lou Anne avevano organizzato il ricevimento e si era nascosto dietro una siepe, sporgendosi per vedere Will che apriva la portiera posteriore della sua auto parcheggiata nel vialetto, per poi posare dentro la giacca.
Nico aveva raccolto una manciata di ghiaia da vicino alla siepe, per poi tirarla in testa a Will, che si era girato lasciandogli il tempo sufficiente di infilarsi in macchina, non senza lasciarsi scappare un sorrisetto.
"Bah" - aveva detto Will, chiudendo la portiera - "oggi è una giornata assurda."
Si era seduto dalla parte del guidatore, recuperando un'arma dal cruscotto e infilandola nel fodero che aveva preso l'abitudine di portare alla cintura, sempre e comunque, e che ira non era più nascosto dalla giacca.
Nico aveva estratto da un doppio fondo nei sedili posteriori la valigetta che, Will gli aveva spiegato tempo prima, conteneva altre armi di riserva, ed aveva preso una delle pistole.
Will aveva messo in modo la macchina e Nico si era augurato che le armi non servissero a nessuno dei due.

Angolo Autrice
Non ho idea di cosa sia un giardino all'italiana. Chiedo perdono. Will sta facendo disastri, ma no os preocupéis, tutto si risolverà.
Forse.

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Capitolo 4
*** IV. ***


IV.

Un paio di ore dopo, Will si era fermato ad una concessionaria che fungeva anche da autogrill e Nico ne aveva approfittato per scivolare fuori dalla macchina e noleggiare una moto.
Will si era rimesso in moto una decina di minuti dopo, e Nico aveva inforcato la moto seguendolo a distanza di qualche centinaia di metri.
Dopo altre due ore, erano arrivati nei pressi di un capannone industriale.
Will si era fermato sollevando una nuvola di polvere ed era sceso dall'auto, per poi fare il giro del capannone. Nico era sceso dalla moto facendo il giro dall'altra parte, e si era fermato con un sussulto. Adiacente al capannone c'era una casa ed al suo interno, seduto ad una scrivania, c'era l'uomo che aveva riconosciuto come il complice in fuga di Octavian dalle foto pubblicate due anni prima dai giornali.
Aveva afferrato il telefono e chiamato la polizia, poi si era diretto verso l'entrata del capannone.
Nel frattempo, Will era entrato nel capannone buio e si era diretto verso Apollo, legato ad una sedia nel mezzo dello sterrato che fungeva da pavimento alla costruzione.
Nel momento in cui Apollo aveva aperto la bocca, Will aveva sentito un grido soffocato dietro di lui e un secondo dopo si era sentito svenire.

Will si era risvegliato solo quelle che sembravano essere ore dopo, legato ad una colonna in un posto che, anche se in penombra, era chiaramente diverso dal capannone. Il biondo aveva mosso le mani, tentando di slegarsi, ed aveva avvertito delle dita inermi sotto le sue. Le stesse dita che avrebbe voluto stringere di nuovo. Aveva chiamato piano il nome di Nico, finché non aveva sentito le dita del ragazzo sussultare sotto il suo tocco.
"Will?" aveva chiesto Nico titubante. "Oh, dei, grazie. Stai bene? Ti hanno fatto del male? Ti-" aveva chiesto Will preoccupato. "Will" - l'aveva interrotto Nico - "È tutto a posto. Piuttosto, come stai tu? C'era una casa vicino al capannone e... Sai il complice di Octavian, quello che è fuggito la notte di due anni fa a scuola? Beh, ecco, era in quella casa. E- e c'era un video di un uomo biondo legato che scorreva sullo schermo del suo computer, e alla fine del video lui- lui è andato verso l'uomo legato e si sono baciati e-" Nico aveva sospirato, scosso.
"Quello legato era mio padre. Conosci il detto, no? Parenti serpenti. I miei, di parenti, si fanno legare ad una sedia e riprendere mentre supplicano di liberarli per attirare in trappola me e il mio fi- ...e te. Dannazione, scusa." Will aveva desiderato di morire. Oh, sì, proprio in quell'istante. Come aveva potuto essere così stupido? Avrebbe dovuto dire a Nico dove stesse andando già al matrimonio, e non avrebbe dovuto dire l'ultima cosa che aveva detto.
Nico, però, aveva afferrato le dita di Will e le aveva strette tra le sue. Gli stava di nuovo dando fiducia, e Will sapeva di non doverla sprecare così alla leggera, non questa volta. Aveva mosso il polso, cercando di allentare le corde. Conosceva quel tipo di nodo, e conosceva anche i movimenti da fare per scioglierlo. In pochi minuti, che però gli erano sembrati ore, si era liberato, aveva slegato le sue caviglie e quelle di Nico, e poi gli aveva avvolto le braccia attorno alle spalle per poter slegare anche i suoi polsi. Mentre lavorava alle corde, aveva sollevato il viso, trovandosi a pochi millimetri di distanza da Nico, il corpo teso e statico in quella posizione. "C'è una pistola nei tuoi pantaloni o sei solo contento di vedermi?" aveva sussurrato, cercando di farlo sorridere. Nico, con le mani finalmente libere, gli aveva tirato un pugno. Will non aveva ritenuto necessario spostarsi - se Nico aveva intenzione di punirlo per il suo comportamento, che facesse pure, ne avrebbe avuto tutte le ragioni.
"Ma ti sembra il caso?" aveva sibilato, per poi abbassare gli occhi e rialzarli velocemente, afferrare la camicia di Will, attirarlo verso di sé e baciarlo sulle labbra.
Will si era sentito come quella mattina di giugno di due anni prima, in classe, quando Nico aveva fatto la stessa identica cosa.
Nico aveva interrotto il bacio, aveva preso il volto di Will tra le mani ed aveva avvicinato le loro fronti. "Ora muoviamoci." aveva sussurrato, per poi alzarsi in piedi, spazzolarsi la polvere dai vestiti e andare verso la porta. Will l'aveva seguito in silenzio. Nico si era inginocchiato davanti alla maniglia, aveva preso una delle schegge della porta, non più nuova, cadute a terra e con pochi e fluidi movimenti aveva fatto scattare la serratura. "Bel lavoro, Mister Morte" aveva sussurrato ammirato Will. "Beh, qualche trucchetto l'ho imparato anche io" aveva risposto Nico, uscendo senza fare rumore e fermandosi subito dopo.
Si era guardato intorno alla ricerca di telecamere ed armi, ma era stata la canna di una pistola a trovarlo per prima. O, più esattamente, la canna di una pistola tenuta dalla mano tremante di Apollo aveva trovato la nuca di Nico e si era fissata lì. Il ragazzo aveva alzato le braccia in segno di resa, ma Will aveva fatto un veloce giro su sé stesso ed aveva allontanato con un calcio la mano di Apollo dalla testa di Nico. "Scappa!" aveva urlato poi, preparandosi a disarmare suo padre.

Nico aveva girato l'angolo, poi ne aveva svoltato un'altro ed un'altro ancora e poi si era sentito puntare la canna fredda di una pistola alla testa per la seconda volta in una manciata appena di secondi. "Oh, non è possibile." - aveva detto annoiato - "Ancora?"
Si era girato di scatto, colpendo l'uomo alle gambe ed allontanandosi dalla pistola quanto era bastato per evitare di beccarsi una pallottola dritta allo stomaco. Era ritornato su suoi passi per tentare di prendergli l'arma, ma l'uomo gliela aveva puntata al cuore e l'aveva spinto verso l'uscita.
Dieci minuti dopo, Nico si trovava di nuovo legato ad un palo, questa volta in una stanza diversa dalla prima, e non aveva la ben che minima idea di dove fosse Will.
***
Leo aveva iniziato a preoccuparsi. Era passata mezza giornata e Nico non era ancora tornato: poteva essergli successo di tutto e Leo non poteva essere sicuro di nulla.
Ma prima che la sua mente potesse anche solo iniziare a scandagliare le possibili spiegazioni per quel ritardo - che andavano dalla decisione di perdonare Will e fare finalmente il grande passo sfruttando l'assenza sua e di Calypso al progettare la distruzione del pianeta Terra addestrando le rane velenose della foresta pluviale ad attaccare tutta la popolazione mondiale - la sua ragazza l'aveva trascinato a ballare.
Leo non era un gran ballerino, nonostante vantasse l'abilità insita data dai geni spagnoli. Calypso aveva condotto ogni danza, ed era stato solo dopo due ore che avevano smesso - o, meglio, che Calypso aveva concesso a Leo di riposarsi e prendere un drink.

Poi si erano, con grande sconforto di Leo, ributtati nelle danze. Beh, si era detto Leo mentre stringeva a sé la sua fidanzata, il mondo, quasi sicuramente, non finirà domani. Non devo dire a Nico quanto sia stato bello averlo conosciuto, anche se mi ha spaccato un osso, e non devo tirare un pugno in faccia a Will per tutto ciò che gli ha fatto passare negli ultimi giorni, quindi posso anche rilassarmi.
Non erano passati che cinque minuti da quelle considerazioni che Leo aveva deciso di non rilassarsi. Forse era stato quell'istinto a mettersi nei guai anche quando i guai lo stavano lasciando perdere per un attimo per concentrarsi su qualcun altro, o forse la necessità, dettata dal momento, di abbandonare la pista da ballo, anche se reggendosi poco dignitosamente a Calypso e non ai suoi piedi martoriati che ormai si rifiutavano di percorrere anche un solo millimetro: fatto sta che Leo aveva sussurrato all'orecchio di Calypso che forse, ma solo forse, sarebbe stato meglio accertarsi che le cose tra Will e Nico non fossero finite nel sangue. Se stesse temendo per entrambi, o solo per uno, nemmeno Leo avrebbe potuto dirlo con certezza.

Leo aveva detto a Calypso della scomparsa improvvisa dei loro coinquilini e Calypso lo aveva guardato tristemente. Poi la ragazza aveva estratto dalla tasca un cellulare nero e anonimo, che Leo non le aveva mai visto usare e aveva digitato con mano sicura un numero che Leo, suo malgrado testimone di un processo di interesse internazionale nella sua infanzia, conosceva fin troppo bene. “Questa potrebbe essere l’ unica cosa che Nico e io abbiamo in comune: essere i fidanzati di delle spie” aveva borbottato Leo. “Che c’è, Valdez?” aveva chiesto Calypso “Geloso di essere tagliato fuori dal club degli agenti segreti?”
“Oh assolutamente no.” aveva detto Leo una volta che si erano seduti in macchina, alla testa di una lunga fila di altre vetture dell’agenzia per cui lavorava Calypso.
“Come, prego?” aveva chiesto la ragazza, stranita, senza però staccare gli occhi dalla strada.
“Non sono assolutamente geloso di essere tagliato fuori dal club degli agenti segreti. Insomma, può essere molto utile avere un agente segreto come ragazza quando un amico viene probabilmente rapito e bisogna trovarlo, e allora basta un messaggio a qualcuno che lei conosce e viene trovata l’ultima cellula alla quale si è agganciato il cellulare del tuo amico, metro più, metro meno, e con delle tecniche di ricerca incrociata nei fornitissimi database di chissà quale agenzia che farebbero diventare viola dalla rabbia un qualsiasi maniaco della privacy si scopre che potrebbe essere coinvolto un pericoloso criminale internazionale, allora sì, te lo concedo, è utilissimo avere una ragazza come agente segreto. Ma nel momento in cui, dopo neanche un mese dal momento in cui ha accettato di sposarti, trovi la sua vera carta d’identità nel suo cassetto beh… Non è più così tanto utile. E nemmeno molto piacevole, soprattutto se ti si accende una lampadina in testa e decidi di rispolverare quell’unico testo di mitologia greca che sai non essere finito tra le mani del tuo coinquilino.”
Le mani di Calypso si erano strette attorno al volante, mentre gli angoli delle sue labbra si curvavano all’ingiù. “Ascolta, Leo...” aveva iniziato a dire lentamente. Ma il ragazzo seduto sul sedile accanto a lei non l'aveva lasciata continuare. "No, adesso ascolta tu. Ti racconto una storia, vuoi?" Calypso aveva fatto una smorfia, avvertendo l'amarezza nella voce di Leo.
"Le leggende greche raccontano la storia di Calypso, figlia del titano Atlante, costretta dagli dei a vivere sola su un'isola fuori dai confini del mondo per essersi schierata dalla parte del padre, contro di loro, durante la guerra combattuta contro i titani. Le leggende raccontano di come, una volta che Calypso si è innamorata dell'uomo che le è capitato accanto, egli può finalmente lasciare l'isola su cui è confinato. Ogni volta, raccontano le leggende, il cuore di Calypso si spezza un po' di più. Ma quello che leggende non raccontano, beh, quello che non raccontano è come stanno gli uomini dei quali Calypso si innamora. Perché se a tanti di lei non importa nulla, ce ne sono tanti altri che sperimentano lo stesso dolore quando sono costretti a lasciare l'isola della ragazza. Certo, questi uomini potrebbero decidere di restare, e invece scelgono di partire, di dedicarsi alla loro vita... Ma, dimmi, come potrebbero restare dopo che lei gli ha mentito sul loro soggiorno sulla sua isola, rassicurandoli del fatto che avrebbero solo dovuto costruire una nave per poter partire?" Calypso sente un groppo in gola. Leo si era fermato, aveva flesso le dita, e poi, a voce bassa, acido, aveva concluso: "Come dovrebbero sentirsi secondo te questi uomini, Calypso?".
L'ultima parola, lo pseudonimo usato dalla ragazza, era caricato di così tanta tristezza che la ragazza avrebbe preferito di gran lunga una coltellata al cuore piuttosto che dover sopportare la vista di un Leo così deluso dal suo comportamento che non aveva neanche più la forza di urlarle addosso.
***
La pista lasciata dal cellulare di Nico si era rivelata completamente inutile. Gli occupanti delle cinque macchine messe a disposizione di Calypso si erano addentrati nella tenuta senza trovare traccia di Nico - o di Will.
Leo, per la seconda volta in vita sua dalla morte di sua madre, aveva pianto.
Nel momento in cui gli era stato detto che di Nico non c'era traccia, si era lasciato completamente andare. Aveva pianto nell'abitacolo della macchina per ore e ore, aveva rifiutato la coperta che gli hanno portato (la voce di Nico che imita Sherlock dicendo che "è sotto shock, ha anche la coperta" è un ricordo fin troppo vivido nella memoria di Leo. Il fatto che Nico possa essere in pericolo è, al momento, il ricordo più vivido di tutti) e aveva passato la notte in macchina.

Quel lunedì mattina, Calypso stava bevendo il terzo caffè nero bollente ("Il caffè è probabilmente l'unica cosa che Nico e io abbiamo in comune", rimbomba la voce di Leo nelle sue orecchie, e la ragazza sorride amaramente) e aveva tra le mani un vecchio fascicolo. Dalla pagina sotto i suoi occhi, la versione undicenne di Leo sorride sdentatamente, sfrontatamente all'obiettivo. Il fuoco nei suoi occhi non è cambiato.
La ragazza aveva fatto scorrere il dito sulla pagina di fronte a lei. Ormai conosceva la storia a memoria. Leo Valdez, nove anni, sta giocando con dei pezzi del Meccano nell'officina della madre, quando sente un odore strano. Prima che possa arrivare a comprendere che si tratta di fumo, il fuoco ha già consumato il capannone, ed Esperanza Valdez giace a terra, i polmoni pieni di anidride carbonica, e senza neanche il poco ossigeno che le servirebbe a dire un'ultima volta al figlio che gli vuole bene, e che è orgogliosa del su hijo. Leo capisce che per sua madre non c'è più niente da fare, e scappa, scappa più lontano che può, fino alla caserma dei vigili del fuoco, che vedono arrivare un bambino in lacrime, pensano che abbia bisogno di far scendere il suo gatto dall'albero. Quando Leo gli urla che la sua casa è in fiamme, insieme ad altre tre, che facciano qualcosa, por el amor de Dios, l'intera caserma è sul posto in meno di dieci minuti.
Quando un poliziotto lo viene a prendere per interrogarlo, Leo le dice di aver visto delle figure scure scappare nella direzione opposta a quella in cui è corso lui, una volta che le fiamme che avevano appiccato avevano compiuto il loro dovere.
Quelle tre figure, grazie anche al contributo delle telecamere di sorveglianza della zona, erano state identificate con tre tirapiedi al servizio di Paolo Montes, il criminale brasiliano più ricercato d'America.
Paolo non venne incarcerato perché nessuno sapeva dove fosse. O, se qualcuno lo sapeva, aveva preferito rimanere vivo ancora per un po'. Ma Leo, intanto, è diventato il testimone più in pericolo d'America.

Calypso era stata riscossa da un urlo proveniente dalla stanza accanto e si era avvicinata alla finestra schermata del suo ufficio per capire cosa stesse succedendo, attenta a non fare alcun rumore. In mezzo alla stanza, la donna che Calypso aveva visto in abito bianco solo due giorni prima stava gridando ad Atlante, il capo del dipartimento, di organizzare una spedizione, continuare le ricerche, fare qualcosa, for God's sake.
Sulla sua scrivania, il rapporto su Leo Valdez, unico sopravvissuto all'incendio che aveva distrutto quattro palazzi e ucciso oltre quattrocento persone perché il capomafia brasiliano Paolo Montes potesse costruire sul sito una villa, era rimasto aperto.
Un quarto d'ora dopo, Calypso si era avvicinata alla donna - Lou Ellen, se non ricordava male -, che aveva i gomiti appoggiati alla scrivania e la testa fra le mani, e le aveva chiesto se avesse voglia di raccontarle cos'era successo.
Lou Ellen aveva alzato la testa e un lampo di riconoscimento le aveva attraversato le iridi scure.

Angolo Autrice
Come prima cosa, mi scuso per il ritardo praticamente immenso, ma, come da copione, i compiti mi hanno stretto tra le loro malefiche grinfie. In realtà, ci ho messo un po' a pubblicare anche perché volevo verificare il cognome di Paolo (sorpresa sorpresa! Non ve l'aspettavate che il malefico antagonista fosse un personaggio così secondario, eh? Non odio Paolo. Non odio i brasiliani. Avevo bisogno di un plot twist e Brunagonda ha disegnato più di una favolosa fanart dove Paolo flirta con Apollo in brasiliano e, boh, cose e l'ispirazione mi ha preso) e girando su Wikipedia (perché RiordanPedia, la Wiki Fandom dedicata, ha solo le descrizioni dei personaggi principali. Shame on you, shame on your descendance, shame on your cow!) ho scoperto che Paolo capisce perfettamente l'inglese ma parla solo in brasiliano e niente, è diventato il mio nuovo Troll™ preferito dopo lo zio Rick.

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