L'altra riva

di Miwako_chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PRIMO CAPITOLO ***
Capitolo 2: *** SECONDO CAPITOLO ***
Capitolo 3: *** TERZO CAPITOLO ***
Capitolo 4: *** QUARTO CAPITOLO ***
Capitolo 5: *** QUINTO CAPITOLO ***
Capitolo 6: *** SESTO CAPITOLO ***
Capitolo 7: *** SETTIMO CAPITOLO ***
Capitolo 8: *** OTTAVO CAPITOLO ***



Capitolo 1
*** PRIMO CAPITOLO ***


L'altra riva

Ed eccomi qui con un’altra storia, o meglio una breve raccolta di spaccati quotidiani. Non ci sono particolari riferimenti geografici e se ci sono, sono sbagliati. Volevo scrivere di loro due in un contesto piacevole e leggero, spero vi possa piacere! Grazie di cuore a chi leggerà

 















L’altra riva





Le acque del lago Izuya sono rinomate per la loro ricchezza faunistica e colorazione blu, intensa e pura. Sulla sponda a ovest, incastonato tra i monti Futogai, Kyokai e Setegai si affaccia il pittoresco Villaggio dei Pescatori, un luogo in cui la natura si fonde con l’operato del uomo secondo antiche promesse, dando vita a una sinergia d’intenti talvolta solo all’apparenza contrastanti. Gli abitanti, poco più di un centinaio, svolgono un’esistenza semplice e onesta, seguendo i lenti ed estenuanti ritmi dell’acquacoltura, dai cicli di riproduzione dei pesci fino alla cattura nelle reti.
Su modeste terrazze scavate nella montagna, crescono rigogliose le piante di tè. Da lontano il verde sfavillante delle foglie riverbera sotto il sole, accostandosi come in un dipinto al blu del lago disseminato da piccole e lucenti imbarcazioni.

Con le gambe nude allungate sull’erba fresca, si riposano due ragazzi sui quindici anni. I colori del cielo del tardo imbrunire si riflettono sull’acqua placida dell'Izuya. Le prime lucciole fluttuano frementi, emettendo tenui bagliori, era da alcuni anni che non se ne vedevano così tante.

“Cosa c’è di là?”


Lo sguardo può spaziare fino alla striscia di terra oltre il lago, dove le miriadi di luci della capitale si stagliano sulla cornice scura di montagne lontane.

Sasuke si sdraia e cala sugli occhi la visiera del cappello.
“Oi, dormi?” Insiste Naruto.
“Al di là di che?” Sbotta.
“Del lago, sull’altra riva.”
“Tokyo”
“Ehi, l’hai detto come se sembrassi stupido!” Sbraita, scaldandosi per un nonnulla. Tra loro è sempre stata guerra aperta, anche senza volerlo.

“Non lo sembri,” Mormora allungando un sorriso sghembo sulle labbra. “lo sei.”


“Cos… Ripetilo sei hai le palle!”

“Se avessi pensato che fossi stupido ti avrei detto: che diavolo vuoi che ci sia? Tokyo!”
Sasuke si solleva sui gomiti di scatto ritrovandosi a scambiare con Naruto un lungo sguardo in cagnesco.


Alla fine Uzumaki sbuffa rumorosamente e, roteando gli occhi, lascia intendere di voler passare oltre. Almeno per questa volta s’intende.

“Cazzo di permaloso.” Dice a denti stretti Uchiha, incapace di trattenersi.
Naruto sobbalza, aggrottando la fronte. “Che hai detto?”
L’amico s’accomoda nuovamente sdraiato. “Che fai domani?” Replica invece.
Naruto lo fissa, interdetto, stringendo ciuffi d’erba fra le mani. “Non so, devo ancora decidere, te?” Risponde dopo alcuni istanti e Sasuke non capisce se stesse davvero riflettendo su qualcosa in particolare o si fosse semplicemente perso in sciocche fantasie.
“Vado col vecchio a pescare, vuoi venire?”
Assottiglia gli occhi, deluso. “I pesci gatto ancora?”
“Già-“
“Detesto mettere i pesci gatto nelle ceste!” Confessa a voce alta.
“Se sapessi pescare non saresti sfruttato per compiti ingrati.”
“Sono bravo in molte altre cose, però.” Dice con spavalderia, incrociando le braccia al petto.
“Quali?” Chiede d’impulso, senza la volontà di offenderlo.

Naruto si alza in piedi come una molla, indicando col braccio l’albicocco di cui si scorge la punta della chioma al di sotto del dolce declivio.

“Ti sfido a chi arriva primo fino a quell’albero! Stai certo che ti batto.” Afferma con un ghigno obliquo.

“Non scherzare.” Mormora Sasuke, alzandosi a sua volta.

“Mai stato più serio.”
“Poi non piangere.” Continua, pulendosi la maglia dalle sterpaglie.
Naruto ridacchia, poi punta lo sguardo dritto davanti a sé. “Uno! Due! Via!” Vocia, cogliendo l’amico impreparato.
Sasuke scatta in ritardo e si leva il cappello bianco prima che gli voli via, insultando Uzumaki a mezza voce. Il vento gli gonfia la maglia, rivelando a tratti la schiena, e gli spazza i capelli corvini all’indietro. Corre a perdifiato sul terreno sconnesso in discesa con l’impressione che le ginocchia possano cedergli per lo sforzo, ma il suo corpo così allenato non ha alcuna intenzione di abbandonarlo.
Il fiato si fa corto e decide di allungare ulteriormente la falcata, anche a rischio di capitolare a terra. Con la coda dell’occhio può scorgere Naruto cedergli il passo, lasciandosi superare a poco più di duecento metri dall’arrivo.

“Non ne ha più, quello scemo.”
Riflette divertito.


Il grande albero dal tronco nocchiuto e i rami svettanti, è di fronte a lui. Già può pregustarsi il piacere, un po’ asprigno, di una facile vittoria, quando a un tratto si sente braccato. Due forti braccia gli cingono saldamente la vita, sbilanciandolo in avanti e con un urlo rabbioso si ritrova a ruzzolare a terra insieme al suo assalitore.

“Idiota!” Gli abbaia in faccia, divincolandosi. “Che diavolo ti è saltato in mente?”
Non solo è dolorante per la caduta, ma ha pure tutto il peso di Uzumaki addosso e un ginocchio puntato al basso ventre.
“Se avessi vinto non sarei più riuscito a sopportarti.”
“E quindi cerchi di farci ammazzare?”
“Non fare il drammatico, non ti sei fatto niente!”
Sasuke lo spinge via, colpendolo al petto con l’avambraccio, e ribalta le posizioni. “E comunque hai perso lo stesso.” Soffia.
“Ah sì, ho perso?” Ribatte nel tentativo di deriderlo. “Chi lo dice, il campione di pesci in faccia?” Conclude, mentre viene strattonato per la canotta. Sasuke inarca un sopracciglio, annoiato oltre misura dal comportamento dell’amico, e gli tappa la bocca con una mano, con forza.
Naruto non si perde d’animo e caccia fuori la lingua, bagnando di saliva il palmo di Sasuke.
“Falla finita!” Sbraita duramente, perdendo la calma. Lo spintona, buttandolo a terra, ma Naruto continua a prenderlo per i fondelli anche quando si ritrova una mano umida di saliva a pigiargli mezza faccia nell’erba.

“Ehi, guarda.” Biascica all'improvviso, tirandogli la maglia mentre con l’altro braccio cerca di indicare l’orizzonte.

“Cosa dovrei guardare, idiota.” Gli fa, cattivo, vicino all’orecchio.
Naruto se lo leva di dosso, senza troppo impegno, del resto anche Sasuke si è stancato di azzuffarsi nel prato.
“Il panorama. Pazzesco!”
Uchiha osserva Naruto, scettico. “Bello, ma il solito.” Replica poi, dedicando un’occhiata sfuggente al lago.

Le luci della città sono intense e brillanti quasi da sembrare vive, alcune sono bianche, altre di un blu o magenta più violento, probabilmente appartenenti a qualche hotel o insegna commerciale. Come una spinta irrefrenabile seguita da un balzo nel vuoto, la città pare richiamarlo. Proprio in virtù di quella distanza e mistero, il desiderio di raggiungere quei luoghi si moltiplica. Negli occhi chiari di Naruto splende un fulmine di eccitazione.

Sasuke si porta una spiga selvatica bruciata dal sole alle labbra, sovrappensiero.
“È pieno di luci laggiù.” Dice, carico di aspettative. “E loro cosa pensi possano vedere da questa parte?”
“La sagoma del monte” Ribatte Uchiha, fissandolo.

“Come se avessi detto niente. Non è triste?”


Per un attimo Sasuke ci casca, credendo davvero che quella semplice constatazione possa dargli un dispiacere.

Sospira, calzando il cappello, e si accomoda a gambe incrociate. “Non lo è.”
Naruto grugnisce qualcosa, infastidito per essere stato ancora una volta contraddetto e non capito, mentre Sasuke osserva l'Izuya, i bagliori tremanti che si riflettono sulla sua superficie. Sopra le loro teste, il cielo è un’arcata di stelle.

“Ti racconto una cosa,” Inizia, con tono pacato, catturando subito l’interesse di Naruto. “alcuni anni fa, quando la cara nonna si ammalò di polmonite, dovetti accompagnarla a Tokyo assieme a mio fratello, aveva appuntamento da un noto pneumologo per un controllo. Lei sembrava star bene comunque.
Shisui, nostro cugino che vive lì, si offrì di accompagnarmi per un giro della capitale, mentre Itachi rimaneva alla clinica. Prendemmo l’autobus e Shisui guardando fuori dal finestrino vide un falco appollaiato su una grossa insegna pubblicitaria, allora mi confessò che avrebbe preferito essere come uno di quegli uccelli e non avere niente a cui pensare in particolare.”

Sasuke fa una pausa, stropiccia la spiga tra le dita e la tira lontano. 


“Un’idea del genere non mi ha mai sfiorato. Non potrei mai rinunciare a essere una persona e non godere più della bellezza di un falco che si alza in cielo, dei gabbiani che planano sul filo dell’acqua o di qualunque altra creazione della natura. Perdere la consapevolezza, che solo un umano può avere, di ciò che ci circonda, sarebbe terribile. Proprio per questo, anche se forse non te ne rendi conto, essere nati in questo luogo è come essere privilegiati.” Conclude.


Naruto assottiglia le palpebre e si massaggia il collo. In realtà non ha mai creduto di essere un privilegiato, ma tende per natura a non riflettere eccessivamente su certe questioni perché rischierebbero di complicarsi.

Qui però si sta bene, non può dargli torto. Stare accanto al suo migliore amico, poter parlare di qualsiasi cosa, la schiena bagnata di sudore e il venticello in viso, forse tutto questo è da privilegiati.

“Non ricordo affatto di questa tua visita a Tokyo con la nonna, come mai?"
Replica con simulata leggerezza. “E poi onestamente non ho ben capito che vuoi dirmi.”

Sasuke scrolla le spalle e, lui che pare sempre un passo avanti rispetto a tutti, si alza con fare risoluto.
Piantandogli gli occhi in faccia, risponde alla domanda che quell'ottuso di Naruto non è ancora riuscito a formulare.

“Io non ho nessuna intenzione di lasciare questo posto.”


















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Capitolo 2
*** SECONDO CAPITOLO ***











La luce del sole riverbera sulla piatta superficie del lago, mentre le sterne dal capo nero scendono in picchiata sul filo dell’acqua senza mai fare ritorno a becco vuoto. 
Le vele delle barche ondeggiano lente, quasi immobili. Dall’alba i pescatori sono al largo a gettare le reti, come i pesci sembrano anch’essi rimasti intrappolati, ma in un’attesa placida e senza tempo anziché in stretti tramagli. 
La strada che costeggia l’Izuya è in terra battuta, a eccezione della parte adiacente al Villaggio lastricata con ciottoli opalescenti, che riflettono il colore cangiante del cielo estivo. Sette moli si protendono sul lago e nonostante gli innumerevoli anni passati dalla loro costruzione si presentano ancora in ottime condizioni, segno di una manutenzione recente. Di notte sono illuminati da lanterne verdi piazzate su alti sostegni.

Sasuke trascina un carretto di legno a due ruote, carico di ceste contenti pesci gatto; Naruto lo segue, con la canottiera bianca fradicia di sudore e sporca di fango, sulle spalle regge una gerla in vimini per il trasporto del pescato.

“Mi sono rotto di fare il mulo! Facciamo una pausa.”
Il rumore del pesante carico sbattuto a terra fa voltare Sasuke di scatto.

“Perché non la finisci di lamentarti invece? Prima arriviamo a casa e prima ci riposiamo.”
“Parliamo un attimo.” Replica Uzumaki, con un sorriso tirato sulle labbra che preannuncia solo tempesta.
Sasuke solleva di poco la visiera del cappello.
“Iruka mi ha detto che ci sono ottime scuole superiori a Tokyo.”
Uchiha sbuffa, guarda altrove, sembra valutare se ha davvero la pazienza necessaria per intraprendere una discussione del genere.
“Ovvio, è la capitale.” Dice asciutto.
“Stavo pensando che qui non è che abbiamo molte prospettive per il futuro. Se vogliamo diventare persone di successo, gente che conta intendo, non possiamo restare al Villaggio. A Tokyo è tutto diverso, studiare lì potrebbe aprirci molte porte, si potrebbe pensare anche all’università e poi—”
“Allora perché Iruka non insegna in quelle diavolo di scuole? Ci hai mai pensato? Forse qui non è così male come vogliono farti credere.” Replica, giusto con l’intento di ferirlo. Non ha grandi argomentazioni a sostegno, ma solo una tagliente arroganza a sua disposizione.
“Se non è andato altrove, l’ha fatto soltanto per me.”
“Per te?” Sasuke ride sommessamente, tutt’altro che divertito.
“Ero ancora un moccioso e lui mi ha fatto praticamente da padre! E poi dubito che sia così semplice ottenere una cattedra a Tokyo, la concorrenza dev’essere spietata.”
“Va bene, vedila come ti pare.” Lo liquida. “Il fatto invece è che qui si sta bene, ma tu proprio non riesci a rendertene conto. Dietro a tutta quella lucentezza, c'è solo marciume.”
Naruto aggrotta le sopracciglia e serra i denti, mentre un moto di rabbia gli colora il volto.
“Non voglio dare la caccia a 'sti cazzo di pesci per tutta la vita, lo capisci?” Sbraita.

Sasuke piega gli angoli delle labbra in una linea severa, vorrebbe ribattere con una collera di pari entità, ma al momento non la possiede.

“Io voglio diventare qualcuno, combinare qualcosa nella vita, e a Tokyo so che avrò le basi per realizzare i miei sogni. Anche tu, Sasuke, dovresti darti una possibilità. Chessò potresti diventare addirittura medico con la testa che ti ritrovi!”
“E tu? Con quella testa quadra cosa credi di poter fare?”
“Tutto quello che voglio.” Dice, indurendo lo sguardo.
Sasuke abbandona il carretto e avanza a grandi falcate verso l’amico, i nervi sono saldi ma le sue spalle rigide lasciano trapelare una certa impazienza d’azione.
“Rischi solo di prenderti un granchio.” Mormora rauco, mentre allunga già la mano a ghermirgli la canotta.
Il braccio di Naruto risponde autonomamente, copiando il gesto di Sasuke. Senza quasi rendersene conto gli sta strattonando anche lui il collo della maglia. Si ritrovano in una fase di stallo, dove nessuno dei due intende cedere di un solo passo.
Uzumaki è un ragazzo cocciuto, ma di solito sa essere molto più diplomatico.

“Ho ragione a volermene andare, ma detesti dirmelo.” Sentenzia, serrando la presa.
“Affatto. Un cazzo, hai ragione.”
Naruto avvampa. “Lasciami.” Ringhia, ma Sasuke non ne ha intenzione.
Uchiha flette leggermente il capo e dai suoi occhi scuri traspare un’incredibile sicurezza, simile a una lama baluginante: “Sei un egoista.” Lo dice come se fosse la cosa più semplice e ovvia.


Nelle ceste i pesci gatto si dimenano senza tregua, lo s’intuisce dal rumore delle grosse code che sbattono. Le livree degli animali, scure e maculate, luccicano umide sotto il sole cocente.

“Tu sei un egoista!” Urla Naruto con veemenza. Non sa se effettivamente quello di Sasuke sia egoismo o addirittura codardia, ma dovrebbe dargli almeno la soddisfazione di dirgli di non andare, e non perché ci sia qualcosa di sbagliato nel voler studiare a Tokyo ma perché senza di lui questo posto diventerebbe di una noia mortale. Che diavolo ne sarebbe di loro? Della loro amicizia, di tutte le cazzate fatte insieme?

“Sei disgustoso, mi è arrivata la tua saliva in faccia.” Uchiha si strofina il viso con il dorso della mano.

“Adesso ti colpisco!” Vocia, allontanandolo in malo modo, e leva un pugno. Sasuke per quanto rapido non riesce a schivarlo in tempo, ritrovandosi con uno zigomo segnato. Senza perdere di lucidità, para il successivo colpo diretto allo stomaco e contrattacca immediatamente. Aggancia una gamba di Naruto con la propria e gli fa perdere l’equilibrio, scaraventandolo sul terreno secco e polveroso.
“Bastardo!”
Uchiha non lascia trasparire alcuna emozione e cala il cappello sulla fronte.

Naruto osserva la guancia livida dell’amico. Si sente in colpa, eppure non può ignorare quella prepotente voglia di saltargli nuovamente addosso, infrangere quel gelido distacco e vedere finalmente cosa c’è dietro.
Tuttavia prima che possa agire, Sasuke gli dà le spalle a dimostrazione del fatto che non teme alcuna scorrettezza da parte sua. “E adesso muoviti. Quei pesci stanno soffrendo inutilmente.” Lo riprende brusco, afferrando le stanghe del carretto.











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Capitolo 3
*** TERZO CAPITOLO ***


Cap III altrarivaaa






L’acqua scorre con dolce violenza sulle mani mentre lava i piatti. Lo sgabello che usava da piccolo per arrivare al lavandino, adesso è relegato in un angolo del salone rimesso a nuova vita come base d’appoggio per un vaso d’iris decidui. Mikoto adora quei fiori, in particolar modo quelli di colore blu.

“Non c’è virtù più preziosa nell’uomo che l’amicizia.” Suo padre parla rigorosamente, immerso nei soliti sermoni. Tiene gli occhiali da presbite sulla punta del naso e il giornale ben stirato in mano.
“Non dovremmo criticarli duramente, quanto non potremmo fare con noi stessi. Gli amici, fino a una certa misura, sono a nostra immagine e somiglianza.”

“Fino a una certa misura…” Ripete Sasuke, sovrappensiero.


“È da un po’ che non inviti Naruto a casa.” S’intromette Itachi.

“E perché dovrei? È solo una testa dura, non fa il minimo progresso in niente!”
“Io lo trovo migliorato nella pesca.”
“Cos-?” Il piatto che stava lavando gli scivola andando a cozzare contro le altre stoviglie nel lavello.

“Anche tu hai un umore migliore quando c’è Naruto intorno.” Dice Fugaku.


Sasuke emette un secco monosillabo, i suoi famigliari sanno essere davvero pesanti quando vogliono. “Esco.” Fa. Chiude il rubinetto e si asciuga velocemente le mani con lo strofinaccio.

“Dove?” Fugaku gli dedica una rapida occhiata.

“Qui fuori, faccio due passi.” Risponde evasivo. Fugaku è preistorico, non saprebbe con che altro aggettivo descriverlo, e non lo capisce per niente nonostante sia palese che si sforzi davvero tanto per farlo; questo lo esaspera, ma lo fa anche sorridere intimamente.


Itachi gli scompiglia la zazzera nera in un maldestro gesto d’affetto. “Prima finisci i piatti… e sparecchia.”

Sul tavolo ci sono ancora la tovaglia, le chicchere delle salse e la piastra per cuocere la carne.
“Potresti fare qualcosa anche tu!”
Il maggiore si limita ad alzare un braccio in segno di saluto e si ritira al piano di sopra.



Sdraiato sul letto, Naruto sfoglia distrattamente le pagine della rivista Naitai; ne ha diversi numeri buttati alla rinfusa in uno scatolone nell’armadio, gli sono stati regalati dallo zio Jiraiya con grande generosità e spirito formativo.
La ragazza mora in prima pagina con il costumino a righe è un autentica bellezza, ha pure il seno enorme, ma non è esattamente a questo che pensa mentre fa scivolare il pollice lungo l’elastico delle mutande e intrufola la mano nei pantaloni.
Sasuke ha stronzeggiato per tutta la settimana, comportandosi come una vera spina nel fianco e non sa bene se essere contento di questa sua reazione oppure disperarsi.

Aggrotta la fronte, la rivista di ragazze in costume non si sta rivelando granché utile. Ricorda come se fosse ieri quel pomeriggio di un paio di anni fa, quando con l’acqua del lago a cingergli i fianchi ha provato l’impulso di premere le sue labbra contro quelle umide di Sasuke. Qualche meccanismo nella sua testa è scattato con un rumore assordante, qualcosa che probabilmente non avrebbe mai dovuto entrare in funzione.

A volte pensa, con una certa dose d’ingenuità, che baciarlo sul serio potrebbe spazzare via ogni dubbio.
L’unico problema di spingersi troppo in là è che poi non è più possibile tornare sui propri passi, ma il problema ancora peggiore è che Sasuke non ha nessunissima idea di spingersi, punto.

Anche la ragazza con le mutandine rosa è uno schianto.


Si stravacca meglio sul letto e socchiude gli occhi, ansando in un misto d’impaccio ed eccitazione. Lui e Sasuke che si baciano, che si stringono, che si masturbano, che si parlano a un soffio dal viso… si rende conto che fantasticare su tutto questo è un po’ come tradirlo, macchiare di nefandezza la loro amicizia.

Credere che per dimenticare questi stupidi sentimenti basti gettare tra loro qualche centinaio di chilometri, è come crogiolarsi in una facile e anestetica soluzione. Ma non avere Sasuke sotto gli occhi tutto il santo giorno, forse renderebbe più semplice smettere di desiderare scelte sbagliate per entrambi.
Non si è mai sentito così disonesto, proprio lui, che spesso viene considerato troppo ottuso anche solo per mentire.

Getta la rivista a terra e guarda il bianco del soffitto. Chiude le palpebre e reclina il capo sul cuscino, emettendo un gemito basso e rabbioso.
È diventato di una diplomazia vergognosa, e se devono menarsi per avere un contatto degno di questo nome, se l’è fatto andar bene.
Domani potrebbe chiedergli di andare al fiume a catturare i gamberi grigi, o arrampicarsi sugli alberi, oppure potrebbero fregare la barca a Fugaku e farsi un giro alla conca a ovest. Gli basterebbe alla fine anche solo parlare con Sasuke, non importa l’argomento, sfiorarsi per caso e sentire quella tensione spietata, ritrovandosi a deglutire il nulla.
Si potrebbe andare a tuffarsi alla cascata, nuotare insieme. Capitava di restare nudi l’uno di fronte l’altro, per non bagnare la biancheria, e non c’era nulla di male tra amici. Tuttavia è dall’estate scorsa che non succede. Potrebbe proporgli, con lo sguardo basso, un bagno improvvisato e sarebbe tanto facile quanto sleale.
Ed è proprio fottuto, fino all’osso.

Va a darsi una ripulita in bagno. Osserva dal riquadro della finestra il leggero muoversi delle onde dell’Izuya. Può distinguere nitidamente la sagoma di Sasuke seduto sul bordo del pontile, la sua apparizione è una sorta di monito capace di rizzargli i peli sulla nuca.


“Un demone.” Pensa, rabbrividendo. Di Sasuke non ne voleva sapere più niente, almeno fino al giorno successivo.


Si getta sul letto, dovrebbe essere facile continuare a ciondolare in camera come se nulla fosse. Guarda il soffitto, sbuffando.

“’fanculo!” Grugnisce, convinto ormai di non avere più un briciolo di controllo sul suo corpo.  Si alza con furia ed esce sbattendo la porta.




I colori caldi del cielo si riflettono volubili sulla superficie del lago. Le lanterne sul pontile illuminano l’acqua circostante, rendendola quasi cristallina. Le trote iridee nuotano lentamente, le loro livree presentano strisce di scaglie argentee che risplendono sotto la luce artificiale; si spostano in piccoli branchi e alcuni esemplari, i più temerari, s’affacciano a filo dell’acqua per poi scivolare nelle zone d’ombra.

Si toglie una ciabatta e appoggia il piede sulla schiena di Sasuke.


“Sei venuto ad annoiarmi pure qui?”

“Beh potevi evitare di appostarti sotto casa mia, allora.” Replica Naruto, premendo tra le scapole.
“Volevo stare da solo, a farmi i cazzi miei.” Dice. “Per te è incomprensibile, ma a volte la gente ne ha bisogno.”

Naruto abbassa le palpebre e storce la bocca, non lo sta più ascoltando. Gli osserva la nuca, nitida, con i capelli tenuti corti. Per gioco cerca di afferrargli il cappello, infilando l’alluce nella fessura per regolarne la dimensione, ma qualcosa va storto e maldestramente glielo scalza di colpo dalla testa. Il cappello finisce in acqua sotto lo sguardo esterrefatto di Uchiha.


“T’ammazzo.”


“Ah! Oh…” Mormora, ridacchiando. “non l’ho fatto di proposito.”

“Sei morto.” Si alza, facendo perno con le mani sulle ginocchia, con un movimento fluido e misurato. Naruto rimane fermo sul posto con la faccia da ebete, nonostante il puzzo di pericolo gli penetri nelle narici.
Sasuke senza alcun preavviso gli sferra una gomitata nelle costole strappandogli un verso di dolore. Si gira e Naruto gli colpisce con un pugno la spalla. Uchiha incassa il colpo, serrando i denti, e gli prende il braccio torcendoglielo dietro la schiena. Indirizza Naruto, che si dimena insultandolo a gran voce, sul bordo del pontile e con una pedata lo fa cadere in acqua.

Uzumaki finisce sottacqua, lì i suoni sono come ovattati e riesce a percepire a stento il rimbombo della voce di Sasuke. Davanti ai suoi occhi il cappello bianco affonda lentamente. Lo afferra strizzandolo nel pugno e riemerge in superficie.


“Non credi di aver esagerato, bastardo?” Bercia, agitando il capello a mezz’aria.


“Poteva andarti peggio.” Sasuke si sgranchisce la spalla.

Naruto si toglie la ciabatta, miracolosamente rimastagli ancora infilata al piede, e la lancia con forza contro l’amico. Uchiha, con le mani ficcate nelle tasche dei bermuda, si sposta un poco di lato, evitandola.

“Com’è l’acqua?” Domanda, apatico, mentre la ciabatta rimbalza inoffensiva sulla passerella di legno.


“Ah, una goduria! Guarda, avevo davvero voglia di fare un bel bagno.” Vocia, imbronciandosi. “Ero sceso proprio per questo.”

“Se è fredda, t’affogo.” Un lieve sorriso accende il volto di Sasuke. Poi si toglie la maglia, rimanendo a torso nudo.
Naruto abbassa lo sguardo per un istante, con il cappello stretto spasmodicamente nella mano. Tutt’intorno, i piccoli pesci scivolano nell’acqua a scatti, resi folli dalla sua presenza estranea.
Sasuke retrocede di qualche passo, piega un ginocchio e solleva il tallone opposto per darsi la spinta. Parte di corsa e si getta nel lago tuffandosi di testa. Naruto non può che ammirare la dimostrazione di stile dell’Uchiha e segue col capo la parabola perfetta che compie proprio sopra di lui.

Buca la superficie dell’acqua, senza produrre schizzi, e riemerge diversi metri più in là. Poi, con poche bracciate regolari, fa ritorno dall’amico.

Si squadrano senza proferire parola, Naruto con le sopracciglia ancora aggrottate e Sasuke con la solita espressione carica di supponenza, come se il mondo avesse da sempre un debito aperto con lui. L’acqua del lago li avvolge dolcemente, è tiepida, carica del calore del sole catturato durante l’arco della giornata. In lontananza i boschi fitti e rigogliosi dei monti risplendono bagnati dalla luce incendiaria del tramonto.

“Stai meglio senza cappello.” Dice Uzumaki infine. Nonostante quelle parole, non sembra affatto meno scontroso.

Sasuke si tira i capelli fradici via dal volto. “Questa è una tua tipica frase.”
“Perché?”
“Perché non ha senso.”
“Eh? Non è che volessi farti un complimento,” Ci tiene a precisare. “ma lascia perdere.”
“E io non è che lo indosso per sentirmi più figo.” Dice, canzonandolo.
“Che ci sarebbe di male? Poteva essere anche per quello, visto che ce l’hai sempre in testa.”
“È un regalo di mio fratello.” Lo interrompe.
“Lo so.” Dice, seccamente.
Sasuke si riprende il capello e lo calza, sistemandolo alla rovescia.
“E se…” Blatera Naruto, come distratto. “mettiamo che io, tipo, e se io ti facessi un regalo, tu lo porteresti sempre con te?”
“Perché mai dovresti regalarmi qualcosa?” Sasuke non sembra volerlo ferire, è la sua schiettezza a far male.
“Un ricordo, per quando mi trasferirò a Tokyo.” Risponde, senza staccargli gli occhi di dosso, un po’ come quelle gocce d’acqua appicciate al suo corpo.

Uchiha accenna a un sorriso obliquo. “Un po’ patetico.” Mormora.


Sasuke è così odioso, ma Naruto l’ha passata ormai da un pezzo la fase dove non riusciva a far fronte a quell’arroganza.

Sorride anche lui di rimando, mostrando i denti. “Girano voci dell’avvistamento di un siluro.”
Uchiha pare riscuotersi, anche se per poco, ma non manca di correggersi blaterando un annoiato: “Cazzate.”
“Non sono cazzate! Ci sono i testimoni.”
“Non darai credito a queste dicerie? Anche se non nego che qualche idiota possa averne liberato uno. Se così fosse è molto grave, quei pesci sopravvivono in qualsiasi ambiente e soprattutto non hanno competitori naturali qui.”
Naruto deglutisce infastidito. Non sa bene il motivo, del resto si è inventato tutto, ma è come se avesse l’impressione che l’idiota in questione debba essere per forza lui.
“Beh, non so come sia successo, ma si parla di un bestione di sette metri.” Dice, grattandosi una guancia.
“Ah sì, addirittura…” Sasuke guarda altrove, assottigliando le iridi scure. “e quindi? Vorrà dire che sarà più divertente da pescare.”
“Io non starei così tranquillo, nei loro stomaci sono stati trovati resti di cani e addirittura bambini. Hanno bocche così grandi che ti risucchiano un arto senza manco che te ne accorgi.”
“Sei peggiorato, Naruto. Sono solo leggende senza fondamento.”

“Meglio fare attenzione.”


Sasuke osserva stranito Uzumaki che s’immerge con una capriola in avanti.

Poco dopo sgrana gli occhi, capendo le stupide intenzioni dell’amico. “Non ci provare, coglione!” Impreca, ma è troppo tardi quando una mano gli afferra saldamente la caviglia trascinandolo sott’acqua.
Lottano avvinghiati. Uchiha digrigna i denti e sbraita, ma dalla sua bocca escono solo bolle insieme a suoni gorgoglianti, mentre Naruto tenta di passargli una gamba attorno al collo.

Risalgono in superficie poco dopo, per riprendere fiato. Gli occhi di Uzumaki fremono e un sorriso gli si apre sulle labbra. Sasuke si rende conto che qualcosa è cambiato senza soluzione di continuità, ma agire a riguardo gli costerebbe uno sforzo tremendo e poi ha un po’ paura, a esser sincero. Si calca il cappello in testa.
“Idiota.” Gli tira la maglia con forza, quasi con urgenza, come se bastasse questo per mantenersi in equilibrio. Le fibre del cotone marcio d’acqua si tendono allo stremo sotto la sua presa.














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Capitolo 4
*** QUARTO CAPITOLO ***


Capitolo 4 altrariva





L’ha cercato per tutto il Villaggio e alla fine si è arreso all’evidenza che Naruto fosse proprio nel luogo più faticoso da raggiungere. In cima al monte Setegai si erge il santuario shintoista dedicato al dio Hachiman, al suo interno vi è custodito il corpo sacro della divinità rappresentato da un arco dorato e una faretra. Uzumaki è sempre stato profondamente legato a quel luogo, dove si respira un’aria particolarmente pura e luminosa, circondati da un paesaggio percorso dalle suggestioni della spiritualità. Non che sia una persona religiosa o dedita a certe pratiche così prive di concretezza, ma certi luoghi rappresentano una sorta di spiraglio verso i propri cari e antenati, l’unico modo per avvicinarsi a qualcosa di ormai irraggiungibile. E dopo un profondo respiro, lo spirito s’innalza leggero, sollevato dalle noie quotidiane.

La strada è ripida, immersa nei boschi punteggiati dagli accesi colori dell’autunno. Verso la cima il terreno è così scosceso che sono state fissate delle catene alle rocce per offrire sostegno in caso di difficoltà.
Sasuke corre come un folle, talvolta arrancando. Vorrebbe fermarsi ma il suo cuore pompa furioso con una frenesia tale che, non appena rallenta, viene percorso sulle braccia da un prurito insopportabile. Reclina il capo all’indietro, le gambe si muovono libere e veloci, e osserva il cielo sbiadito fantasticando di essere ascoltato da una qualche divinità, ma non sa esattamente in cosa sperare.

Attorno al tempio si estende un prato cosparso qua e là da piccoli fiori dai petali semi trasparenti, fragili e bianchi. Naruto è seduto sopra una roccia ricoperta da licheni colorati, all’ombra di un imponente acero. I raggi del sole penetrano tra le fronde disegnando delicati giochi di luce. Il ragazzo pare assorto, lo sguardo scuro, indossa una maglietta arancione che spicca in modo chiassoso in quel quadro di semplice natura.
Una brezza leggera fa stormire le foglie e ondeggiare le strisce votive appese alle corde sacre che decorano la veranda del tempio.  

Sasuke ha la canottiera bianca appiccicata alla schiena e il sudore che gronda dalla fronte.

“Quando pensavi di dirmelo?” Nonostante tutta la rabbia in corpo si mantiene pulito nel linguaggio. Sotto la visiera del cappello, i suoi occhi riflettono l’usuale limpidezza, ora così acuminata da pungere. Naruto al contrario non è mai stato tanto disonesto e sporco. I suoi pensieri sono imbrattati di fanghiglia come i pesci gatto che discendono il fiume. Nasconde qualcosa d’inafferrabile in quelle sabbie limacciose, Sasuke ne ha il presentimento.

“Ehi”

Uchiha stringe i pugni fino a farsi sbiancare le nocche. “Pensavi di dirmelo una volta a Tokyo? Un po’ tardi non credi?”

Naruto scuote il capo e scende dal masso. “Sei stupido? Non far finta di non saperne nulla! È da mesi che te ne parlo, voglio andare a Tokyo perché voglio studiare lì.”
“Tu!” Sbraita con voce arrochita. “Tu non fai altro che parlare a vanvera. Come potevo sapere che facevi sul serio o era un’altra delle tue stronzate?”
“Che bastardo… come sarebbe a dire che parlo sempre a vanvera? Io sono una persona seria, così seria che a Tokyo domani ci vado sul serio.” Naruto l’affronta con un’energia tale che perfino uno come Sasuke inizia a sentirsi spaesato.

“A Tokyo non pensare che sia tutta ‘sta gran cosa, tornerai con la coda tra le gam—” Blatera con un ghigno dimesso.

Naruto l’interrompe: “Non iniziare con i tuoi discorsi intimidatori del cazzo.”

“Che speri di trovarci? Cosa ti manca qui?” Mormora, rabbuiandosi sotto la tesa del cappello.
“La possibilità di fare qualcosa di grande. Stando qui non combinerò mai niente a parte cazzeggiare, pescare e…”

“Tu non sai pescare.”

“Appunto!” Ringhia Uzumaki.

“Perché sei così ottuso da non accorgerti che qui hai già tutto, cosa puoi desiderare più di questo?” Sasuke lo dice con collera, aprendo un braccio verso il promontorio. I gabbiani descrivono ampi cerchi nel cielo, che si riflette nel lago Izuya creando l’illusione di fondersi con esso. Un panorama così abbacinante da strappare il cuore.

“Per me non è abbastanza.” Afferma duramente, senza nemmeno soffermarsi a guardare qualcosa che ha imparato a memoria. I suoi occhi chiari rimangono fissi su Sasuke. Si avvicina quasi volesse sbattere la fronte contro la sua, inclinando leggermente il volto. Uchiha si leva il cappello in un gesto inusuale.

“Inizi a essere irritante.”

“Non vuoi che ti stia così vicino?”

“No.”

“E cosa vuoi?”

Uchiha tace, ma le sue iridi grigie mostrano una lucida volontà.

“Sei venuto fin qua per cosa allora?” Naruto incalza, rabbioso. “Per ammorbarmi con le tue prediche? Non sei neanche in grado di dirmi che ci tieni alla nostra amicizia, che non dovremmo perderci!”

“Cosa diavolo dovrei dirti quando tu sei l’unico a voler gettare tutto alle ortiche! Io sto cercando di farti desistere da scelte sbagliate, visto che sei troppo idiota per capirlo da solo.”
Dietro quella scorza dura, Naruto comincia a credere che forse anche Sasuke ha le sue stesse paure. Sente un poco di calore riscaldargli il petto.
“Vieni insieme a me.” Gli rotola via dalla lingua e poi sgrana gli occhi, preoccupato. Il motivo per cui se ne sta andando è proprio Sasuke, allontanarsi da lui per non doverlo affrontare più in modo così diretto. Socchiude le labbra e il suo cuore impazzito accelera i battiti, quasi si aspettasse, in modo del tutto improbabile, una risposta affermativa dall’altra parte.
Il senso si perde tra le sue dita, mentre gli afferra il polso con forza.

Sasuke osserva la mano di Naruto, la sua stretta è dolorosa. “Io non me ne andrò mai.” Recita come se fosse l’unica certezza disponibile. “Sei tu che devi rimanere.”

Naruto lascia la presa. “Ti dimostrerò che sbagli.” Sbraita a pochi centimetri dal suo viso e gli dà le spalle, allontanandosi. “Ciao, Sasuke.” Caccia le mani in tasca e abbassa la testa. Forse ha sbagliato tutto, forse non c’era proprio nessuna possibilità di fare giusto. Come se l’acqua del lago l’avesse raggiunto allagando il terreno, inizia a vedere sfocato.
Uchiha non risponde e se ne va calandosi il cappello sugli occhi, la sua schiena si perde nell’ombra nitida dell’acero. I sentimenti, come pezzi di vetro in frantumi, luccicano di mille colori in una sconnessa scia tra i fili d’erba ai loro piedi.










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Capitolo 5
*** QUINTO CAPITOLO ***


altrariva cap V





Tokyo è come te la descrivono, sporca e caotica. Un sistema rumoroso e abbagliante di grattacieli, centri commerciali, locali e uffici, attraversato da una rete metropolitana labirintica. I cittadini della capitale sono tutti diversi l’uno dall’altro, e solo in questo assomigliano alla gente del Villaggio.
Naruto credeva fossero stronzate, eppure il primo impatto con quella convulsa realtà non è stato dei migliori. La voce tediata di Sasuke che ripete: “Non è un granché” a volte gli riecheggia nelle orecchie.

Adagia la testa sul banco sbuffando, mentre Inuzuka da dietro gli lancia palline di carta tra i capelli con una rudimentale fionda. Quando suonerà la campanella dell’intervallo si alzerà e lo riempirà di botte, è una promessa. Il professore prosegue imperterrito la lezione d’inglese, gli studenti per quanto gli riguarda possono fare ciò che vogliono fintanto che restano seduti e in silenzio.

I suoi coetanei non sono poi così male. Alcuni sono piuttosto creativi e dotati di senso dell’umorismo, come quei burloni che gli nascondevano i branzini nell’armadietto. In quegli occhi tondeggianti, ricoperti da una patina sottile, rivedeva il suo stesso sconforto.
È stato difficile, deve ammetterlo. È bastato uno sguardo per prenderlo di mira. Non aveva assolutamente modo di mescolarsi o fuggire in sordina, perché troppo ottuso per stare zitto e troppo diverso per non essere notato. Il cortile sul retro, un appezzamento ricoperto di cemento con una fontana ormai in disuso nel mezzo, è stato teatro del pestaggio giornaliero.
Ne ha prese tante, ma qualche colpo l’ha messo a segno anche lui dimostrando almeno di non essere una preda così facile. Scemato l’entusiasmo iniziale e stanchi di avere a che fare con un cane che nonostante le bastonate tenta sempre di morderti, pian piano l’hanno lasciato perdere. Del resto in quel liceo arrivano nuovi studenti con una certa frequenza, avrebbero trovato presto un degno sostituto.
Dopo essersi leccato le ferite e con l'animo un po' più calmo, Naruto ha riconsiderato tutta la vicenda come una sorta di rito d’iniziazione. La capitale offre tanto, ma è rigida, non perdona chi si arrende.

Stupid-Sampei
. Quel nomignolo idiota è ancora sulle loro bocche però.

“Io non so manco pescare, coglioni.” Serra i denti e stringe i pugni. Ha le nocche sbucciate e lo stomaco sottosopra.






Scende una pioggia leggera, l’aria è talmente umida e afosa che neanche il fumo della sigaretta si alza, ma aleggia tra il suo viso e le mani in una densa nuvola. Fa un altro tiro. Appoggiato sulla ringhiera del balcone, osserva quell’angolo di periferia grigia e silenziosa. Le luci dei lampioni si mescolano fioche in un cielo incolore. Non c’è molto a cui pensare, è stata una giornata pesante. Un gatto in calore passeggia ciondolando sul muretto col pelo arruffato, bagnato dall’acqua. Miagola rauco.
Sente il cellulare vibrare nella tasca dei pantaloni della tuta. Sarà sicuramente Inuzuka che gli chiede di andare a farsi un giro. Si sposta sotto la tettoia di plastica gialla e afferra il cellulare, sullo schermo illuminato c’è la notifica di un messaggio accompagnata dagli ideogrammi del nome Sasuke. Porta la sigaretta alle labbra e inspira profondamente. Poi la spegne contro il muro gettando il mozzicone nel vaso del ficus, una pianta rinsecchita che pende dal lato sinistro.

Gli ha scritto un semplice saluto.

“Ehi”
Digita velocemente.

Si ritrovano a mandarsi nello stesso momento: “Com’è?” “Come va?”

“Benissimo credimi” Scrive Naruto. “Sono successe una sacco di cose”

“Quali?”

“Troppo lunga da scrivere per messaggio”

Sullo schermo appare l’avviso di chiamata. Sgrana gli occhi osservando interdetto il cellulare. Si passa una mano sulla faccia, tra i capelli e dietro la nuca. Non è preparato per questo, ma le dita sono più veloci del cervello e accetta la chiamata.

“Ohi, Naruto.”

Anche se è da diverso tempo che non la sentiva, la sua voce continua a rimanere qualcosa di estremamente famigliare.

“Sasuke!”
“Che stai facendo?”
“Sto studiando.”
“Non dire stronzate.”
“Davvero.”
“Che materia?”
“Letteratura del periodo Meiji… i testi di Miyazawa Kenji.”
“Kenji viene dopo, durante l’Impero di Taisho. Ti starai confondendo con Mikazawa Kejiro.”
“No, senti, qua studiamo quel periodo e quell’autore, due cose insieme ma separate.”
“Che idiozia.”
“I programmi scolastici della capitale sono diversi da quelli delle nostre scuole.”
“Non hai fatto un grande affare a trasferirti per studi a questo punto.”
“Che ne sai tu.”
“L’unico effetto positivo, ammesso che davvero stessi studiando, è che l’aria di Tokyo pare abbia risvegliato i tuoi neuroni e senso di respons

“Oh! Mi sto impegnando seriamente, non immagini quanto. Sono riuscito a recuperare quasi tutte le materie. Manca solo matematica e inglese.”
“Non hai ancora saldato tutti i debiti e ti aspettano anche gli esami di fine trimestre.”
“Mi sto impegnando, credimi!”
“Testa quadra, stai andando peggio di quanto immaginavo.”
“Non devi immaginarti proprio nulla! E poi devo dedicarmi anche ad altre cose, mi sono iscritto a un club scolastico.”
“Male.”
“Perché? Ce ne saranno quasi una cinquantina qui, è stata una scelta molto difficile.”
“Suppongo ti porterà via altro tempo allo studio.”
“Può anche darsi, ma sono obbligatori.” Dice e neanche si accorge di avere già le sopracciglia corrugate. “Ho scelto basket.”
“Me l’aspettavo.”
“Che? Le mie scelte sono sempre imprevedibili!”
“E fortunatamente le alternative non ti mancavano...”
“Non fare tanto il superiore, ho semplicemente scelto qualcosa per sfogarmi. Comunque c’è di tutto: arte, letteratura, scrittura creativa, giornalismo, una marea di sport, anche il nuoto e perfino il kendo.”
“Che t’importa del kendo.”
“È tra le varie possibilità. E, beh, stavo pensando a te. La palestra è molto attrezzata, ci sono insegnanti validi, so che ti ha sempre ispirato l’idea di praticarlo ad alti livelli.”
“Basta un’armatura e una buona spada, non necessito d’altro.”
“Va bene, sarai anche portato, ma non ti vedrà mai nessuno al Villaggio. Come pensi di migliorarti?”
“Non ho ben capito dove vuoi andare a parare, ma ad ogni modo non mi trasferisco a Tokyo per fare kendo, non mi sembra una motivazione sufficiente.”
“Dimmi quale sarebbe una buona motivazione.”
Sasuke pare pensarci un attimo. “Non c’è.” Dice brusco.
Naruto sbuffa e si gratta il capo, calciando la ringhiera. “Raccontami qualcosa tu. Qui il tempo è una merda.”
“Solo il tempo?”
“Solo il tempo, bastardo. Come sta la famiglia? E Iruka?”
“Bene. Perché non lo chiami?”
“L’ho sentito ieri.”
“Allora perché me lo chiedi?”
“Di certo non vorrà farmi preoccupare, forse non mi dice esattamente le cose come stanno. Tutto qui.”
“Lui è sincero, dovresti fare altrettanto.”
“Lo so.”
“Nascondere i problemi non farà altro che ingigantirli.”
“È soltanto questione di tempo, le cose si sistemeranno. A che serve fare casini adesso.”
“Tu stai già creando casini.”
Stringe il pacchetto di sigarette nella tasca, in un gesto istintivo. “Vuoi dirmi se è successo qualcosa al Villaggio, o i miei problemi sono molto meglio del piattume in cui affoghi?” Replica con fin troppa foga.
“L’altro ieri ho catturato un dorato, ti può bastare come qualcosa?”
Naruto ridacchia. “Dai, non scherzare.”
“Non mi piace scherzare.”
“Serio.”
“Ottantacinque chili di pesce gatto. È stata una lotta estenuante di quasi due ore, ma alla fine l’ho spuntata.”
“Pazzesco!”
“Dovevi vedere Fugaku, non ha fatto altro che sorridere tutto il giorno.”
“Ah cazzo, non ho mai visto tuo padre sorridere.”
“Ha detto che era fiero di me, deve essergli costato un certo sforzo. Abbiamo scattato una foto.”
“Voglio vederla!"
“Se fossimo stati in tre sarebbe venuta meglio.”
“Perché?”
“Avresti potuto dare una mano a sorreggere il bestione.”
“Come ai vecchi tempi!”
“Già. A pescare eri inutile, ma per queste cose direi che funzionavi.”
“È un modo per dirmi che ti manco?”
“Non pensare di essere per forza al centro dei pensieri di qualcuno.”
Non sa bene perché, ma immagina Sasuke sorridere nel dirlo, al di là di centinaia di chilometri sotto un cielo terso e luminoso.

“Perché non ci vediamo?” Afferra la gelida ringhiera, come per cercare un conforto. La pioggia gli bagna i capelli e le spalle nude. Indossa solo una canottiera e inizia a sentire freddo.

“Quando?”

“Anche questo sabato.”

“Va bene.”

Deglutisce a vuoto. Non se l’aspettava, non una risposta affermativa e non con questa semplicità. Pensava che avrebbe dovuto sudare sangue per rivederlo. “Fantastico! Puoi fermarti a casa mia se vuoi e rimanere per tutto il fine settimana. Così sei più comodo, per il treno intendo.”

“Okay.”

“Okay,” Un sorriso tremante gli affiora sulle labbra. “ci sentiamo per messaggio.”

“Bene, ora devo andare.”

“Ciao, Sasuke.”







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Capitolo 6
*** SESTO CAPITOLO ***


capitolo 6 lar





Il cappello bianco gli adombra il viso. Sasuke è un ragazzo semplice, una figura nitida senza troppi dettagli, indossa i pantaloni neri della tuta, quelli belli con le righe ai lati, e la maglietta a mezze maniche. Il treno superveloce scivola via dietro di lui, più rapido e silenzioso di quanto si possa pensare date le dimensioni. La stazione è affollatissima. Il sole si riflette su una distesa di candido cemento, facendola brillare come uno specchio d’acqua.

“Sasuke!” Alza un braccio al cielo e lo sventola con foga. “Contenuto, non esagerato, dimostra contentezza ma non darlo troppo a vedere.” Così si era detto qualche minuto fa percorrendo a passo svelto i gradini. “Non stargli addosso. Act cool.”

Sasuke non fa nemmeno in tempo a dare uno sguardo intorno, che Naruto l’ha già braccato. Gli piazza un braccio intorno alle spalle, tirandoselo vicino.

“Ohi! Non starmi addosso!” Dice e gli afferra la nuca. Nella foga del momento cozzano le fronti. Alcuni passanti si scansano continuando di fretta per la loro strada, altri si soffermano a guardarli giusto il tempo per etichettarli come teppistelli rumorosi ma innocui.
Sasuke si libera dalla presa di Uzumaki, si rassetta la maglia e tira sulle spalle lo zaino che durante quel saluto irruento gli è scivolato lungo un braccio fino al gomito.
“Sei il solito idiota.” Lo squadra dalla testa ai piedi con calma e si cala la visiera sulla fronte. Poi si volta e inizia a incamminarsi.
“Ehi, dove stai andando?”
“Usciamo dalla stazione.”
Naruto ride. “Pensi sia così facile?”
“Basterà seguire le indicazioni.”
“Per dove?”
Sasuke si gira e serra le labbra, incapace di ammettere di non averne idea. “Qualunque posto andrà bene” gli sembra una risposta talmente da Naruto che la sua lingua non osa srotolarsi.
Uzumaki gli dà una pacca sulla spalla, la pressione della sua mano ha la capacità di placargli lo spirito, ma è una sensazione fugace, che lascia subito spazio alla finta necessità di aumentare le distanze. “Seguimi. Ti ho fatto scendere a una fermata più tranquilla così prendiamo la metropolitana per spostarci nella zona centrale. A Shibuya sarebbe stato un disastro trovarci.”
Sasuke tace e stringe uno spallaccio dello zaino, Naruto pare percepire la sua difficoltà. “Ho imparato a sopravvivere.” Dice con un sorriso aperto.




All’ennesima persona che lo urta, Sasuke si volta col piede di guerra. “Che diavolo… guarda dove vai!”
“Dopo un po’ ci fai l’abitudine.” Blatera Naruto e intreccia le mani dietro al capo. Lo affianca, procedendo con disinvoltura sull’affollato marciapiede.
“Dalla tua hai solo un misero vantaggio.” Dice Sasuke con tono piatto. Uzumaki s’imbroncia e strizza gli occhi in due fessure come una volpe selvatica.
“Non fare quella faccia.”
“Perché non dovrei?” Gli si avvicina al viso, tanto che Sasuke è costretto ad allontanarsi, infastidito.
“Sembri ancora più idiota.”
“Smettila di camminarmi davanti! Sono io la guida!”
Sasuke allunga un ghigno sottile. Il rosso furore del tramonto avanza calando ombre decise sulla città. Tokyo è piena dei bagliori di un futuro dirompente. “Tra poco si riempirà di luci.”

“È incredibile di notte, ti piacerà che…”


Uchiha si volta a guardarlo. I suoi occhi sono scuri e vividi. Per una volta l’arcata sopraccigliare è distesa in un’indolente espressione.  


“che non vorrai più tornare alla noia del Villaggio.” Conclude Naruto dopo un leggero tentennamento.

“Tutto dipende dalla propria attitudine mentale, se è buona nulla potrà annoiarti. Evidentemente la tua è guasta.”
“Che? Non c’è nulla che non vada in me.” Replica brusco e scuote il capo, affondando le mani nelle tasche. “Dai, vieni. Andiamo a mangiare qualcosa.”




Sferra un morso all’ultima polpetta di takoyaki. Socchiude gli occhi, mentre il sapore squisito gli invade la bocca come un’onda lenta e spumosa. Poi guarda Sasuke che tiene lo spiedino a mezz’aria e la bocca socchiusa. I palazzi di Tokyo si ergono altissimi fino a sfiorare le nuvole scure, splendidi e ricoperti di riflessi dorati sembrano racchiudere la grandiosità senza tempo dei monumenti imperiali. I giganteschi schermi, posizionati in modo strategico per essere perfettamente visibili da diverse angolazioni, trasmettono le immagini in movimento di svariate pubblicità: succulenti piatti, bellissime modelle dai begli abiti e gioielli, annunci di sconti fuori controllo ai magazzini locali.
Le luci si proiettano nel cielo senza stelle, trapassandolo con fasci baluginanti simili a stilettate di spade. Le insegne al neon si alternano alle lanterne di negozi fatiscenti. Nella fiumana che si riversa sulla strada, è possibile scorgere donne in abiti tradizionali aggirarsi come spettri. Il passato sembra volere ostinatamente la sua parte in una capitale lanciata verso un futuro vorticoso.

“Ti sta cadendo la mandibola.” Naruto sghignazza, mentre Sasuke si ricompone all’istante schioccando un monosillabo a denti stretti.
“Si può sapere dove stiamo andando?”
Un treno sfreccia sulla superstrada superiore a decine di metri sopra le loro teste. Uchiha alza lo sguardo sconvolto, gli è parso quasi silenzioso a confronto della cacofonia della strada.
“Stiamo camminando da ore.” Continua poi con tono neutro.
“Siamo arrivati.”
Naruto l’afferra per un gomito e si fa seguire in un vicolo. Immondizia di vario genere e scatoloni vuoti giacciono abbandonati lungo i lati della via. Un capannello di giovani chiacchera soffusamente accanto a una porta ricoperta di graffiti come il resto del muro, cosa che la rende difficile da notare. Sasuke si libera della presa dell’amico, lo seguirà in ogni caso quindi non c’è alcun bisogno di farsi trascinare.
Naruto cerca il suo sguardo mentre attraversa il gruppetto. Apre la porta e scendono una scalinata lunga e stretta, le pareti sono come trasparenti e illuminate dall’interno da luci al led di colore blu. La musica è fortissima e confusa, un rimbombo ovattato che si ripercuote fin dentro il petto. Un tizio con un abito in tweed li accoglie all’ingresso, consegnando i biglietti.

“Non si paga?” Chiede Sasuke all’orecchio dell’amico.
“All’uscita, non preoccuparti.”

Il locale è gremito di gente. Sasuke si cala istintivamente il cappello in fronte, non ha mai visto così tanta gente in un singolo posto. Naruto si accalca insieme a un gruppo di ragazze davanti al bancone.


“Non devi offrirmi roba.” Dice seccato, quando si ritrova un bicchiere di plastica con cannuccia sotto il naso. Naruto gli sorride mentre beve a grandi sorsi una birra, è evidente che non abbia sentito le sue parole a causa della musica.

“Potevi prendere una birra anche per me.”
Uzumaki assottiglia gli occhi con espressione interrogativa, tanto che Sasuke si vede costretto a tirarselo vicino per ripetere la frase, seccato.
“La birra c’è anche al Villaggio, quello non lo trovi!”
Sasuke sorseggia cautamente. La bevanda è dolce con una punta di piccante, una merda in pratica. Mentre Naruto s’inoltra nella folla sotto il palco, Uchiha abbandona il bicchiere sul primo tavolino libero che trova. Raggiunge l'amico, trovandolo intento a discutere con una ragazza dagli abiti scuri e due incredibili codini in testa, che lo accusa probabilmente di averle fatto rovesciare il drink. Sasuke sospira, scusandosi al posto suo. “Razza di imbranato.” Borbotta, invitandolo a seguirlo.
“Chi sarebbe l’imbranato? È lei che mi è venuta addosso!”
Sul palco ci sono un tavolino e diverse attrezzature, una tastiera, un microfono e un laptop, in alto è posizionato un grande schermo accompagnato da altri quattro più piccoli ai lati. Quando l’artista entra in scena ed emergono dalla semioscurità le prime e inconfondibili note, Sasuke si volta verso l’amico sgranando gli occhi. Naruto piega le labbra in un sorriso obliquo.“Porter Robinson.” Bisbiglia Uchiha.
“Non è proprio lui, ma…”
Un lieve ghigno compare sul volto di Sasuke. Non gli importa se non è lui, ma fa le sue canzoni ed è di certo la cosa che più gli si avvicina e che mai avrebbe pensato di ascoltare se non dallo stereo, chiuso in camera sua.
È sul punto di ringraziare Naruto, ma lo vede distratto, spensierato, e per qualche motivo riesce solo a ricambiare tiepidamente il suo sorriso. Ben presto viene rapito da quella musica accompagnata dalle immagini che si susseguono sugli schermi. I disegni coloratissimi e i suoni gli riempiono l'animo di un’emozione mai provata, una sorta di sottile euforia. La musica diventa immagine e i colori e le forme diventano musica. È quasi facile per lui adesso sognare a occhi aperti, Naruto è bravo a farlo, ha sempre sognato qualcosa d’altro che andasse oltre i limiti imposti e forse ha visto giusto in Tokyo la risposta per tutti i suoi dubbi.
Balla al suo fianco, ogni tanto lo prende dentro con una spallata, Sasuke barcolla appena reggendosi saldamente sulle gambe. Dovrebbe lasciarsi andare ma non ne ha idea. Nelle iridi scure si riflettono lampi di colore. Chiude gli occhi e si leva il cappello, strizzandolo nel pugno. Vuole farsi cullare da quella follia di suoni che nulla hanno di umano.

Lean into my side never felt alive

Call the chants inside

Tuffarsi nel mare, senza avere il mare. Si aprono così tante possibilità, e anche se ha vissuto in un luogo dove la vista poteva spaziare ovunque senza confini, qui incastrato tra i corpi di sconosciuti si sente stupidamente pervaso da un nuovo affascinante senso di libertà. Naruto gli passa un braccio intorno alle spalle e salta sul posto, il suo peso lo indolenzisce e l’odore del suo corpo, misto a quello del fumo e del sudore, è così intenso da stordirlo. Sente a malapena la sua risata prepotente e contagiosa.


We were made for this, we will wait for this





Balza sopra la ringhiera e si mette a sedere. Si porta una sigaretta alle labbra, proteggendo il fuoco dell’accendino col palmo. La musica li raggiunge fino all’esterno, è come un sottofondo martellante. Sasuke si appoggia con i gomiti alla sbarra in metallo e distende il collo all’indietro, osservando il cielo reso brunastro dall’inquinamento luminoso. “Sei cambiato molto Naruto.”
Uzumaki l’osserva e aspira a lungo. “Nonostante non sia passato neanche un anno, la capitale ha comunque agito su di te.” Continua Sasuke.
Naruto butta fuori il fumo, sorpreso. “Per queste?” Dice, roteando la sigaretta tra le dita.
“No, non è solo per quello.”
“Eppure sto facendo del mio meglio per rimanere fedele a me stesso.”
“Non sto dicendo che sei cambiato negativamente.” Replica Uchiha. “ma nemmeno positivamente.”
Naruto corruga la fronte.
“Fammi provare.” Sasuke indica con un cenno del mento la sigaretta.
Uzumaki gli passa quella che tiene in mano.
“Dammene un’altra.” Mormora indispettito.
“È l’ultima.” Commenta facendo spallucce. È palesemente una balla, Sasuke assottiglia lo sguardo ma alla fine accetta ugualmente l’offerta. Porta la sigaretta alle labbra con una manualità che non gli appartiene.
“Devi ingoiare il fumo.”
Fa un tiro e solleva un poco il capo, con la chiara intenzione di ignorarlo. Gli pizzica il naso, ma piuttosto che mettersi a tossire come un pivello preferirebbe il seppuku. “Non ti ho chiesto spiegazioni.” Sbotta col fumo che si spande tra i loro visi.
“Ma è la tua prima volta!”
“Questo non ti dà il diritto di insegnarmi qualcosa.”
Così Naruto, stranamente silenzioso, rimane ad osservarlo; il suo migliore amico con la maglietta bianca e la pelle d’oca sulle braccia, lo zainetto buttato ai piedi, la gamba destra piegata contro la ringhiera.
Sasuke finisce quel che rimane della sigaretta con un impercettibile ghigno di soddisfazione. Ha la testa piena di pensieri densi come il fumo che gli esce in un soffio sottile dall’angolo della bocca. Le orecchie gli fischiano spiacevolmente.

“Bastardo, tu invece non sei cambiato per nulla.” Naruto ride, colpito all’improvviso da questa consapevolezza.




L’asfalto è disconnesso, pieno di buche che sono diventate pozzanghere dopo le scorse piogge. Ai lati della strada si susseguono piccole villette a schiera con alte reti di recinzione laccate di verde, hanno un aspetto freddo in questa notte senza luna. I due ragazzi percorrono la strada di periferia di un quartiere residenziale. Il cielo è reso ancora più scuro dal contrasto con la luce bianca dei lampioni.
Sasuke caccia una mano in tasca, mentre con l’altra si aggiusta la visiera. Naruto riesce giusto a scorgere il profilo del naso.
“Allora, ti sei fatto qualche amico qui?”
Uzumaki si gratta la nuca scoperta. Forse la sua solitudine è trapelata dai pori della pelle come un odore.
“Mi sono fatto un sacco di amici.”
Uchiha sembra ascoltarlo attentamente.
“Sono… piuttosto popolare.”
“Tu!” Sputa, incapace di trattenersi. Naruto sgrana gli occhi, ferito da una reazione tanto spontanea da parte sua.
“Yeah! Perché cazzo non dovrei esserlo?”
Sasuke ghigna appena e l’osserva fugacemente con la coda dell’occhio.
“Mi sono fatto anche la ragazza!”
Ha sganciato la bomba, ma Sasuke continua a camminare, impassibile. Nessuna reazione.

“Nah, sto scherzando.” Si affretta ad aggiungere.


Uchiha rilassa la mano stretta a pugno, gli sono rimasti i segni delle unghie conficcate nel palmo.

“Lo sapevo.”
“Come facevi a saperlo? Bastardo, pensi che sia impossibile per me trovarmi la ragazza?”
“Se l’avessi avuta me l’avresti sbandierata davanti dal primo momento che ho messo piede a Tokyo. Tutto qui.”
“Che stai dicendo, probabilmente non te l’avrei mai presentata.”
“Perché?”
“Come dirtelo… sei tipo l’incarnazione del suo ideale d’uomo.”
Sasuke incurva le spalle e si lascia sfuggire una debole risata. “Di chi incontrerei i gusti?”
“Di Sakura.”
“Sakura è il nome della tipa che ti piace.” Mormora talmente piano che sembra parlare tra sé e sé.
“Già…”
“E come fai a sapere che sarei il suo tipo?”
Naruto pensava che avrebbe sorvolato su una questione del genere con la sua solita indifferenza, quell'interesse invece lo lascia po’ sorpreso e anche un po’ turbato. “Che devo dirti,” Risponde asciutto. “le piacciono i bastardi, di bell’aspetto, che fanno i misteriosi.”
“Quindi se mi avesse visto in stazione, avrebbe subito preferito me a te.” Sasuke gli sta ridendo in faccia. Non che lo stia facendo davvero, ma i suoi occhi sono incredibilmente lucidi.
“No!”
“Ma è praticamente quello che hai detto.”
“Nessuno sano di mente potrebbe preferirti a me! E Sakura è intelligentissima!”
Sasuke assottiglia le palpebre. “Da quando sei così poco onesto, idiota?”
“E con questo” Sbotta Naruto, afferrandogli un gomito con fermezza. “cosa vorresti dire?”
Ha iniziato a piovigginare. Sasuke cammina a testa bassa, tirandosi Naruto dietro, per nulla disposto a dargli ulteriori spiegazioni. Le piccole gocce d’acqua scendono sempre più fitte fino a rendere l'asfalto nero e terso, percorso dai riflessi delle luci artificiali.
“Quanto manca a casa tua?” Sasuke scuote il braccio per liberarsi da quella presa invadente.
“Siamo quasi arrivati.” Naruto si scosta i capelli umidi appiccicati alla fronte. Circonda le spalle dell’amico con un braccio e mostra uno sguardo deteminato.

“Se corriamo non ci bagneremo più di tanto.”


Uchiha sa che è una cazzata, ma per una volta non ha voglia di ribattere. Si scrolla Naruto di dosso e prendendolo alla sprovvista decide di far partire la sfida.

Inizia a correre con lo zaino che gli sobbalza sulla schiena a ogni falcata. “Chi arriva ultimo è un coglione!” Gli urla, scalzandosi il berretto.
“Bastardo!” Naruto si lancia all'inseguimento, quasi vola sull’asfalto sfiorandolo appena con le scarpe da ginnastica. Ha le sopracciglia aggrottate nella consueta espressione rissosa, ma il suo sorriso racconta tutt'altro.




Getta lo zaino a terra, ansando. Hanno corso come dei pazzi e dopo aver varcato la porta dell’appartamento hanno finto entrambi come di comune accordo di essersi dimenticati del motivo di tutto quell'inutile sforzo. Essere così infantile imbarazza un po’ Sasuke ora che è fuori dal Villaggio.
Fa scorrere lo sguardo lungo le pareti di quell’angusto monolocale. C’è un gran casino e puzza di chiuso, i piatti sporchi sul tavolo da chissà quanto e diversi vestiti accantonati in giro.
“Che merda di posto.” Mormora, mentre si passa una mano tra i capelli, infilandosi i ciuffi ai lati del viso sotto il cappello. Naruto pur avendolo sentito non risponde e sembrerebbe dargli ragione. Recupera una maglia pulita dall’armadio e gliela schiaffa sul petto. “Ohi, cambiati.”
Sasuke l’afferra e va ad aprire la portafinestra che da sulla balconata.
“Voglio far cambiare un po’ d’aria qui dentro.”
Naruto si toglie la maglia. Sasuke indugia con lo sguardo senza timore, come se fosse estraneo da se stesso. Le luci tenui dell’esterno disegnano misteriose ombre sul dorso nudo dell’amico. Si spoglia anche lui, alle sue spalle l’aria frizzante gli percorre la schiena in un piacevole brivido. Appoggia la t-shirt bagnata sullo schienale di una sedia. Naruto si avvicina e gli stringe l'avambraccio, è un contatto lieve che dura poco, Sasuke fa giusto in tempo a osservare le dita dell’amico serrarsi.
“Vuoi una birra?” S’infila la maglia asciutta, dirigendosi verso il frigo.
Sasuke si piazza sul divano, rivestito da un lenzuolo dai colori chiassosi. Sobbalza quando Naruto gli appoggia la lattina gelida contro la nuca. “Ehi!” Sbotta, scansandosi, e gli strappa la birra dalle mani. Uzumaki ridacchia e accende la console sopra il televisore, con i cavi dei joystick che penzolano davanti allo schermo. È una delle poche cose che si è portato dietro dal Villaggio, probabilmente l’unica che non avrebbe stonato alla capitale.
Si siede poi accanto a Uchiha con pesantezza, sfiorandolo di proposito.
Naruto è sempre stato una persona molto fisica, al limite dell’invadenza, e Sasuke non sa bene come abbia potuto sparire dalla sua quotidianità in così poco tempo e senza che lui potesse in qualche modo opporsi. Si ritrova a indurire lo sguardo sotto l’ombra di quei pensieri, non riesce in alcun modo a rilassare i lineamenti del volto, eppure il suo spirito potrebbe lasciarsi andare fino ad addormentarsi su quel divano, come se si fosse finalmente posato in un luogo sicuro e familiare. “A che gioco vuoi perdere?” Dice sforzandosi di apparire naturale.
“Chi perderà è tutto da decidere…” Replica Uzumaki, accomodandosi meglio. “Visto che ho voglia di metterti le mani addosso, facciamo un picchiaduro.” Continua e appoggia una mano sul suo ginocchio, stringendolo. Sasuke lo spinge via col gomito in malo modo. “Levati.” Apprezza la scelta, anche lui ha bisogno di sfogarsi ma non ne ha le forze o il coraggio.




Lancia il joystick sul lato libero del divano, imbronciato.
“Ti sei arreso di già?” 
“Mi sono stancato, è diverso.”
“Hai i riflessi di un salmerino”
Naruto lo guarda stravolto. “Non sai neanche più come cazzo insultarmi.” Dà un colpo alla visiera del cappello per indispettirlo.
Sasuke lo trafigge con un’occhiata furibonda, ben più incazzato di quanto Naruto potesse sperare. “Non devi toccare il cappello, coglione.” Sibila duramente e gli si butta addosso. Uzumaki tenta di colpirlo al petto, a suo parere l’attacco è sempre la miglior difesa, ma Sasuke con rapidità gli blocca l’avambraccio e lo spinge di schiena sul divano.
Si azzuffano per pochi minuti, a suon di calci, pugni e spintoni, strattonandosi i vestiti. Sasuke lo inchioda sotto di lui, puntandogli un ginocchio in mezzo alle gambe e fermandogli un braccio sopra la testa. Naruto gli stringe una spalla, cercando di allontanarlo. È nel momento in cui i loro sguardi s’incontrano e gli insulti si esauriscono, che Uchiha nota come il sorriso sul volto di Naruto si sia spento, lasciando spazio a un’espressione più seria.

“Ehi.”


Fatica a riconoscere in quello sguardo il suo migliore amico.


“Ehi.” Gli sfiora il viso e affonda le dita tra i capelli folti e stopposi. “Che diavolo ti prende adesso?”

Naruto strizza gli occhi per un istante e serra i denti, afferrandogli con forza il polso.
“Sai cosa c’è? Che non ce la faccio più!” Sbraita con voce ruvida, piena di rabbia. “Fanculo la capitale! L’unica cosa che voglio è tornare al Villaggio. Sono stanco di essere trattato da sfigato, alla stregua di un reietto!”
Naruto è un fiume in piena, anche se Sasuke aveva già il sentore che gli avesse rifilato un sacco di cazzate riguardo quei mesi a Tokyo, non pensava che le cose andassero così male.
“Il futuro brillante che ti immaginavi…” Dice, cercando di trovare uno spazio nello sfogo dell’altro.
“Quale cazzo di futuro? Le superiori sono una merda, è impossibile che riesca a recuperare gli esami per tempo e i professori mi hanno già preso di mira.”
“Questo non è da te.” Lo interrompe con tono duro.
“Cosa non sarebbe da me?”
“Lamentarti per delle stronzate.” La mano di Sasuke è ancora sul suo viso. “Se gli altri ti trattano da schifo, reagisci. O pensi di risolvere la cosa frignando come un mocc-”
“Che cazzo dici, non sto frignando!”
“Hai idea dei sacrifici che sta facendo Iruka per permetterti di studiare, di vivere qui a Tokyo?”
Naruto tace e il solco tra le sopracciglia si fa più profondo che mai.
“Le persone che tengono a te hanno fatto dei sacrifici per permetterti di essere qui adesso, tutti abbiamo sacrificato qualcosa. Tu in prima persona hai dovuto pagare un caro prezzo, non è vero? E ora non puoi assolutamente tradire te stesso.”
Naruto gli stringe la maglia con foga, cercando di attirarlo a sé. Increspa le labbra in un vago sorriso. “Anche tu a volte ti senti terribilmente solo?”
Sasuke a quel punto smette di opporsi e ricade su di lui. Naruto lo stringe in un goffo abbraccio, sente il suo volto nell’incavo del collo e la voce cupa vibrargli nell’orecchio. “Sì.” Gli risponde Uchiha, intrufolando una mano sotto la maglia. Naruto deglutisce a vuoto e lo artiglia con ancor più forza sulla schiena.
Sasuke gli sfiora col naso la mandibola, seguendo poi con le labbra una linea invisibile sul collo. Gli ha sollevato la maglietta quasi fino al petto. Poi si alza lentamente, rimanendo a cavalcioni su di lui, lo guarda per pochi istanti e volta il capo. Naruto non sa se trattenerlo ancora, blatera qualcosa di sconnesso mentre le sue mani vanno ad aggrapparsi istintivamente al rivestimento stropicciato del divano, come in cerca di un vitale appiglio.
Sasuke scende dal divano, raccoglie il cappello caduto a terra durante la lotta e gli dà le spalle. “Vado a farmi una doccia.” Gli comunica, grattandosi incerto la nuca.
Naruto ne approfitta per darsi una rapida rovistata nei pantaloni. C’è qualcosa di bello e doloroso insieme nell'osservare la schiena di Sasuke. “Ah.” Bofonchia. “Il bagno è in comune, fuori sul corridoio in fondo a destra.”

“Ok.”












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Capitolo 7
*** SETTIMO CAPITOLO ***


cap 7 llar



Credeva che trasferirsi per studi a Tokyo avrebbe portato solo a risultati positivi, tra questi tornare a vedere Sasuke come un amico e invece la lontananza ha contribuito a creargli un’immagine ancora più idealizzata del ragazzo. Gli spigoli del suo carattere sono come smussati, parlare con lui è terribilmente piacevole e lo è in un modo diverso che farlo con chiunque altro. Il sentimento che lo lega a Sasuke è un qualcosa d’irripetibile, che non è stato minimamente offuscato dai chilometri che ha gettato tra loro.


È stato drastico. In questo la distanza l’ha agevolato, è fin troppo semplice evitare una persona se non c’è la possibilità di incontrarla fisicamente. Ha iniziato a rispondere sporadicamente ai messaggi e Sasuke ha agito di conseguenza scrivendogli sempre più di rado. Ha inventato le scuse più banali per non rispondere quando gli telefonava e non l’ha mai richiamato.


È passato più di un anno dall’ultima volta che si sono visti, da quella sera in cui ha sentito le sue labbra lungo il collo e la sua mano contro la pelle, in cui ha creduto che il cuore potesse esplodergli nel petto. L’ha considerato un momento di debolezza da parte di entrambi, una sorta di cattivo gioco: quello di chi si sbilancia di più, così che l’altro possa colpire con più forza.

“Stai studiando testa quadra?”
“Senza di te si pesca molto di più”
“Incredibile oltre che inutile eri pure dannoso”
 “Quando torni?”
“C’è un posto che devi vedere”
“Come stai?”

Eppure ogni volta che legge quelle parole, scritte in piccoli e freddi caratteri neri, si scatena in lui la speranza sottile e insidiosa che anche Sasuke viva in una trepida attesa.
La sua testa è piena di pensieri confusi e controproducenti, ma si è ripromesso di non perdere di vista l’obiettivo per cui si trova a Tokyo.




“Stupido stupido stupido! Stupido al cubo!”
A scuola le ragazze sono tutte molto carine, ma forse un po’ difficili da avvicinare e lui ignora totalmente un modo decente di approcciarsi. Sakura ha rifiutato di uscire con lui almeno una decina di volte e alla fine stremata ha accettato quantomeno di diventare sua amica o dispensatrice d’insulti.
 
“Sei crudele Sakura-chan, in fondo non ho fatto nulla di male.”

Haruno gli strofina forte le nocche sulla testa. “Nulla di male? Come puoi davvero averle chiamate in quel modo!”
“Merda, perché voi ragazze dovete sempre dirvi tutto?”
“Coniglie bianche!” Geme mettendosi le mani tra i corti capelli rosa.

Alcuni giorni fa ha convinto Hinata ad arrischiare un momento d’intimità chiusi nello spogliatoio della palestra. Con le mani infilate sotto la maglietta di cotone leggero, si è rivolto alle tette della ragazza chiamandole candide coniglie con il risultato che lei per poco non è scoppiata a piangere per l’imbarazzo. Naruto allora si è fermato immediatamente, già poco convinto dal principio, e biascicando delle scuse si è levato d’impiccio.


“Tu non capisci proprio niente, sei un animale! Te le volevi mangiare per caso?”

“Abbassa la voce!” Sbraita Uzumaki alzandosi dalla sedia di scatto. Sakura per tutta risposta si siede a gambe accavallate sul suo banco.
“Nel libro che mi ha prestato Sasuke le descrivevano anche così… pensavo di far colpo.” Bofonchia.
Sakura scoppia a ridere di gusto. “Davvero? Che razza di libri ti prestano!”
“Raccontava la storia di una povera famiglia cinese del Novecento. S’intitola, ehm, ‘Grande seno, fianchi lar—”
“Il tuo amico dev’essere una specie di pervertito, sicuro!” Sakura continua a ridere e con il braccio destro si tiene la pancia.

Era pure un bel mattone di quasi mille pagine, ma stupendo perfino se stesso è riuscito a leggerlo tutto, e ora a ripensarci il motivo è ancora lo stesso: far colpo su qualcuno.


“Sasuke non è un pervertito!”

Sakura sgrana gli occhi verdi, sorpresa da quel tono duro. Con le labbra ancora increspate in un sorriso lascia scivolare la questione e gli picchia una mano aperta sul petto. “Sì, ma non ti scaldare adesso! Senti… forse non tutto è perduto.”
Naruto storce la bocca in una smorfia. “Che vuoi dire?”
“Che potrei mettere una buona parola su di te, Hinata è una ragazza molto comprensiva e paziente.”
“Non ce n’è bisogno.” Dice. “Voglio risolverla da me.” Non farà nulla in tal proposito, è probabile che tutto sia accaduto per risparmiargli l’ennesimo errore.
“Sicuro?” Sakura scende dal banco e si piazza davanti a lui con le mani ancorate ai fianchi.
“Certo. Grazie Sakura-chan.” Naruto la scansa e si dirige fuori dalla classe. “Pranziamo insieme? Offro io.” Propone poco dopo.
“Quanta generosità in un uomo solo!” Replica la ragazza con tono allegro, tirandogli una pacca così vigorosa sulla schiena da far girare tutti i presenti.





Il ronzio del ventilatore si mescola al rumore di spari, alle sottili imprecazioni di Shikamaru Nara e lo sghignazzare convulso di Kiba Inuzuka, che stravaccati sul divano giocano alla console.
Akamaru, il cane di Inuzuka, ignorato da tutti è riuscito a profanare lo zaino di Naruto sparpagliando per terra il suo contenuto. Se ne sta accucciato sul tappetino vicino all’ingresso intento a ridurre in pezzi un quaderno. È un cucciolone di appena sei mesi, ma supera già i venti chili. In realtà nello stabile è vietata l’introduzione di animali, ma né Kiba né Naruto sembrano molto interessati al rispetto delle regole. “Non se ne accorgerà nessuno” Aveva ribadito Kiba, come se si trattasse di un gattino da nascondere sotto la giacca.

“Già, un animale discreto.” Aveva commentato Shikamaru. Gli altri due avevano annuito non cogliendo minimante il sarcasmo o fingendo di non farlo.

Naruto appoggiato alla ringhiera del balcone mangia un ghiacciolo all’anice dello stesso colore del cielo della Capitale. Dalla portafinestra spalancata entrano ondate di aria calda e afosa insieme
al frinire incessante delle cicale.
“Mi sto annoiando!” Vocia Kiba ululando l’ultima sillaba della frase.
Shikamaru gli ha piazzato sei kill di seguito e lui ha perso ogni briciolo di concentrazione. Sente i pollici intorpiditi a furia di pigiare freneticamente sul controller.
Akamaru solleva la testa, istintivamente attratto dalla voce del padrone, e drizza in avanti le pendule orecchie fulve.
“Non ti puoi stancare proprio quando inizi a perdere.” Replica mollemente Shikamaru, non intende insistere comunque, è da più di mezz’ora che gioca solo per inerzia. Mette in pausa, incrocia le braccia dietro la testa e divarica le gambe.
Inuzuka prende una manciata di snack all’alga piccante dalla ciotola sul tavolino davanti al televisore, gli basta allungare un po’ il braccio senza nemmeno alzarsi. Sul tavolino ci sono diverse lattine vuote e le confezioni del cibo d’asporto che hanno mangiato per pranzo.


“Andiamo a giocare a basket?”


“No.” Sbadiglia Nara.


Naruto non dice nulla, l’afa estiva è opprimente, e lecca via dalle dita qualche goccia del ghiacciolo che ha incominciato a sciogliersi. Il riflesso della luce del sole che attraversa la tettoia gialla crea un soffuso disegno sulla sua schiena.

“Perché no?” Dice Kiba innervosito e nel girarsi verso l’amico quasi non lo colpisce con una gomitata.
Shikamaru gli lancia uno sguardo tagliente.“Fa troppo caldo.”
Risponde, poi reclina la testa all’indietro e chiude le palpebre.
“Il basket non ha mai ucciso nessuno! Ehi, Naruto, che ne dici?” Cerca appoggio.
“Ha ragione Shika. Possiamo farci una partita stasera al massimo.” Dice mentre osserva il quartiere immerso in una quiete singolare. Gli insulti sbraitati con ferocia da Kiba si rovesciano contro le sue spalle.
“Fattene una ragione.” Mormora Nara, poi sempre a occhi chiusi tira fuori un pacchetto accartocciato di sigarette dalla tasca dei jeans e ne accende una.

“Ci vorrebbe qualcosa di fresco.” Dice Kiba, incazzarsi a quel modo gli ha fatto venire ancora più caldo. Si siede di fronte al ventilatore e lo imposta fisso nella sua direzione. “Se abitassimo al mare, sai che figata.” Commenta trasognante. “Potremmo organizzare una vacanza! Che dite?”

Shikamaru annuisce appena, il fumo scivola lento dalle sue labbra socchiuse allungandosi verso il soffitto.
“Tu, Naruto, prima di trasferirti a Tokyo non abitavi vicino al lago Izuya? Potremmo andare lì!”
“Non parlavi del mare?” Replica Uzumaki.
“Fa lo stesso, è sempre acqua e il clima sarà di certo migliore.”
“Non credo sia una buona idea. Il Villaggio dei pescatori non è come Okinawa!”
“E con questo?”
“Dico che non ci sono feste, non ci sono locali, non c’è niente d’interessante.”
“Beh, le tipe ci saranno, no? O vi riproduce per partenogenesi?”
“Per parte-cosa? Certo che ci sono!”
“E come sono?”
“Eh? Non so, normali! Ma mi ascolti quando ti dico che non c’è niente da fare? Non è un posto turistico!”
“Forse non sono tutti interessati a festeggiare sulla spiaggia o cose simili, un posto tranquillo andrebbe più che bene per me.” S’intromette Shikamaru.
“E il vitto e alloggio gratis? Non dimentichiamoci del vitto e alloggio gratis.” Esclama Kiba e sul suo viso si allarga un sorriso furbo. L’aria del ventilatore gli spazza deliziosamente i capelli via dalla fronte.
“Cosa?” Sbotta Naruto.
“Non abbiamo abbastanza soldi da parte per andare a Okinawa, quello sarà il viaggetto per festeggiare la maturità. Per quest’estate ci accontenteremo dell’Izuya.”
“Dovrei ospitarvi a casa mia?”
“Cazzo di domande sono? Certo! Il Villaggio è un gran posto, bagni al lago e natura incontaminata. Poi ci potrai presentare questo Sasuke di cui parli spesso, il tuo miglior amico mi pare.”
“No.”
Inuzuka aggrotta le sopracciglia scure. “Come no?”
“Ho detto di no. Non si farà nessuna vacanza al Villaggio.” Ripete duramente e getta lo stecco del ghiacciolo nel vaso del ficus rinsecchito. “Cosa non ti è chiaro?”
Kiba spalanca la bocca in una smorfia. “Che cazzo di carattere! È da settimane che ti comporti da merdaccia, ma la vuoi finire?” Afferra un cuscino del divano e glielo lancia mancando però clamorosamente la mira, Naruto non riesce ad afferrarlo in tempo e il cuscino vola oltre la ringhiera del bancone.

“Cazzo! Vallo a recuperare!” Sbraita.


Kiba ghigna. “Non ci penso proprio.”


Uzumaki a piedi scalzi avanza verso l’amico con intenzioni tutt’altro che pacifiche e gli si butta addosso sul divano. Kiba viene spinto contro Shikamaru che cerca in qualche modo di protestare e togliersi di mezzo. “Idioti! Ho la sigaretta in mano!”

“Devo insegnare una lezione a questo cagnaccio!”
Inuzuka ride stupidamente, difendendosi come può. Una gamba di Nara è incastrata sotto la sua schiena. Akamaru saltella intorno al divano, tirando calde slappate ovunque trovi qualche centimetro di pelle nuda. Uggiola di tanto in tanto, desideroso di unirsi anche lui all’allegro baccano in cui è coinvolto il padrone.
Shikamaru tira un sospiro di stanchezza, non sente più la gamba. “Ehi, Naruto, quando inizi il turno?” Fa un ultimo tentativo prima di decidere di rassegnarsi e crepare lì, se non schiacciato quantomeno di caldo.
Quella domanda posta così alla sprovvista fa abbassare la guardia a Uzumaki che viene colpito sotto al mento da una pedata di Kiba.
“Ahio!” Si porta una mano alla bocca, trovandola macchiata di sangue. Con i denti dev’essersi tagliato il labbro dall’interno.
“Ah! Scusa dai!” Esala Kiba.
“Cazzo! Che ore sono?” Afferra per il collo Inuzuka e gli pigia con forza la testa sul divano. Shikamaru in qualche modo riesce a rotolare sul pavimento e a rimettersi in piedi. “Ti esce sangue.” Commenta fiaccamente.
Inuzuka raggiunge con il braccio libero il controller poggiato sul tavolino e accede al menu di gioco. “Quasi le due.” Bofonchia contro la stoffa del lenzuolo di copertura, schiacciato dal peso di Naruto.
“Merda.” Uzumaki si alza di scatto e va a darsi una ripulita al lavandino della cucina. Kiba ed Akamaru lo seguono come pulcini.
“Ohi, scusa.” Blatera ancora, guardando ovunque tranne che Naruto.
“Nah, non mi hai fatto niente.” Dice con una leggera alzata di spalle. Alla fine si tratta solo di un taglietto.
“Non hai nemmeno del ghiaccio in casa,” Shikamaru gli porge un pacchetto di piselli surgelati. “tieni.”
“Ah! Grazie.” Naruto prende la busta e la pigia sulla zona dolente. “Non sapevo di averne nel congelatore.”
“La cosa non mi stupisce.”
“Devi andare via subito immagino, beh, ci vediamo comunque stasera per la partita?” Dice Kiba.
Naruto allunga un sorriso obliquo. “Ok.”
Cercando il cane con lo sguardo, Inuzuka nota vicino all’ingresso lo zaino aperto dell’amico e i pezzi di carta stracciata tutt’intorno. Akamaru è nuovamente lì che pascola languidamente nella sua opera di distruzione. Sente i peli rizzarsi sulla nuca e si mette di fianco al tavolo cercando di coprire il fattaccio con il suo stesso corpo, anche se è consapevole dell’inutilità del gesto. “Vuoi un passaggio fino alla fermata della metro? Sono venuto in bici.” Quando è nervoso Kiba tende a straparlare.
Naruto l’osserva scettico. “Se è il tuo modo di farti perdonare, accetto.”




Al café non l’hanno assunto per una qualche valida ragione, se non per il sorriso. Il fatto che sia un ragazzo trasandato nel vestire, dai modi grezzi, dall’accento marcato e con zero esperienza nel campo della torrefazione, o in qualsiasi campo in generale, non sono da considerarsi punti a suo favore.

“Un caffè, un cappuccino e due torte alla fragola.” Ripete l’ordine e sorride.
Gli serviva un lavoretto estivo per contribuire alle spese d’affitto del suo monolocale e, motivo da non sottovalutare, far passare il tempo in modo costruttivo. Nonostante attenda sempre con smania l’arrivo della bella stagione durante il periodo scolastico, una volta arrivata si ritrova in una specie di limbo. L’anno scorso è successa la stessa identica cosa, ha passato due mesi a rosolare nei suoi problemi senza combinare niente di buono.
Dovrebbe sfruttare questo periodo per studiare, ma ha ancora meno voglia del solito. Le giornate diventano lunghe, molli, senza respiro, e i suoi amici spariscono uno dopo l’altro per andare in vacanza o tornare dalle loro famiglie. Presto anche Kiba e Shikamaru partiranno, non ha soldi per seguirli e non intende dirglielo o farglielo pesare, ma senza di loro sarà ancora più difficile. Stare alla Capitale è un supplizio. Tornare al Villaggio sembrerebbe l’unica alternativa valida, ma significherebbe affrontare la realtà dei propri sentimenti e paure.


“Naruto va a vedere i tavoli nell’altra saletta, stanno aspettando da un po’. Muoviti.”

Il suo capo è un tipo allampanato, dovrebbe essere sulla trentina ma ha già tutti i capelli bianchi. Per certi versi gli ricorda suo padre, cioè il suo tutore Iruka, ma non è buono quanto lui, in realtà non sa bene fino a che punto può fidarsi.

“Sì, sì, subito.” Blatera, dirigendosi a prendere le ordinazioni.

Quella sera nel suo appartamento, Sasuke gli ha confessato di sentirsi solo quanto lui. Chissà a cosa starà pensando adesso, cosa starà facendo, può immaginarlo intento a pescare, oppure addormentato all’ombra di qualche albero. Osserva la ragazza al tavolo ringraziarlo, è molto bella con una frangetta corta e folta a incorniciarle il viso, ma non sente nemmeno le sue parole. Sorride di rimando e finisce di scrivere la comanda. Ha la netta sensazione che la Capitale non gli apparterrà mai e lui non apparterrà mai a lei.

“Oggi ho bisogno che rimani qualche ora in più, c’è da sistemare in cucina.” Kakashi glielo dice pacatamente, mentre si incrociano lungo il corridoio che porta ai bagni. Prima che Naruto possa ribattere qualcosa, l’uomo ha già svoltato l’angolo. Niente basket stasera, il suo piano di fracassare a pallonate la testa vuota di Kiba verrà rimandato.



Porta fuori la spazzatura, sono le dieci passate. Tira un vento leggero, molto piacevole, e qualche timida stella traspare nel limpido cielo estivo di Tokyo. Infila la mano sotto il grembiule per prendere il pacchetto di sigarette. Ne accende una, del resto pensa di meritarsela una piccola pausa. Fa giusto in tempo a fare un tiro che appare Kakashi da dietro i pannelli in plastica del retrocucina. Naruto incurva le spalle e lancia un’occhiata sbieca al capo, aspettandosi già un cazziatone. “Vuole favorire?” Dice nascondendosi dietro la sua sfacciataggine.

“Non dovresti fumare.”
“Si preoccupa per me adesso?”
“Eh? No, non sono nessuno per dirti di smettere, alla tua età facevo lo stesso. Ma devi finire di pulire dentro.” Replica spiccio.
Naruto aggrotta le sopracciglia.
“Ascolti.”
“Dimmi.”
“Domani ho bisogno della giornata libera.”
“È sabato.” Kakashi si gratta il capo. “L’unico giorno in cui mi sei realmente utile… Dovrei dirti di no.”
Naruto spegne la sigaretta e la getta nel cassonetto. “Se non me la concede, mi licenzio.”
“Stai un po’ esagerando, ragazzo.” Kakashi ha un’espressione stanca e un tono di voce sempre corroso dall’indifferenza. È difficile farsi un’idea precisa di quello che ha in mente.
“Affatto.”
“Passa nel mio ufficio prima di andartene. La pausa è finita comunque.” Replica e con un lieve fruscio di tende rientra in cucina.

Il lago Izuya è rinomato per il colore blu delle sue acque, capace di infondere un senso di pace e tranquillità. I pensieri negativi scompaiono trasportati via dalla brezza accompagnata dai richiami striduli dei gabbiani.


Se deve avere poco, preferisce non avere niente ed è questa la consapevolezza da cui può finalmente ripartire. Afferra il cellulare e scrive un messaggio semplice e conciso: “Sto bene domani torno.”







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Capitolo 8
*** OTTAVO CAPITOLO ***


Ultimo capitolo







C’è un luogo a cui apparteniamo, al quale tendiamo spasmodicamente. L’unico che non ci fa desiderare nient’altro, dove è possibile prendere un respiro profondo e sentirsi finalmente in pace. Per Naruto quel posto è il Villaggio dei Pescatori, sulle sponde di un lago così blu e vasto che un occhio inesperto potrebbe scambiarlo per il mare.
Il cielo è terso, di un azzurro abbacinante, e i gabbiani volano alti lanciando striduli richiami. Naruto sgrana gli occhi, grato di quello spettacolo. Pur essendo piena estate non c’è afa e il caldo è mitigato da un vento gentile.

Sasuke è il frutto di quel fortunato incontro tra i monti e l’Izuya. I boschi di faggio, i pesci, le onde fulgide, le piante del thè e degli agrumi sono profondamente radicati nel suo spirito tanto da aver fatto della natura un valore imprescindibile.
Naruto potrebbe giurare che è diventato più alto. Le sue spalle sono più larghe, gli spigoli del suo corpo e i muscoli tesi di braccia e gambe sfiorano l’ombra della loro forma definitiva. Si è perso quei giorni, riflette con malinconia, quelli in cui sarebbero diventati adulti insieme, fianco a fianco senza accorgersi dei cambiamenti. Oggi invece ogni differenza emerge prepotente come uno schiaffo. Sasuke indossa dei bermuda color cachi, una canottiera slabbrata e le infradito. Una collana fatta di conchiglie e piume di falco gli adorna il petto. Non porta il cappello e al posto della visiera una frangia spettinata gli nasconde la fronte.
Nei suoi abiti curati all’ultima moda di Tokyo, troppo costosi per quello che potrebbe permettersi, cioè niente, Naruto si sente stretto e accalorato. Lascia cadere lo zaino a terra e si toglie la giacca rossa.

“Con quale faccia ti ripresenti dopo tutto questo tempo.”

E Naruto avanza a passi decisi, lo sguardo duro di Sasuke non lo scalfisce minimamente.

“La mia.” Blatera e prendendolo di contropiede lo abbraccia. Sasuke gli afferra la nuca con una mano mentre con l’altra gli artiglia la maglia.
“Alla fine hai trovato la strada di casa.”
Ha la salivazione ridotta a zero. Naruto annuisce con la fronte appoggiata sulla pelle dell’amico vagamente abbronzata. Sasuke lo allontana spingendolo con l’avambraccio, è più un invito a sciogliere l’abbraccio che una reale protesta. Entrambi distolgono lo sguardo.
“Dove hai messo il cappello?”
“Quale cappello?” Gli dà le spalle, ma Naruto fa comunque in tempo a scorgere un lieve ghigno sulle sue labbra.
“Bastardo, il tuo.”
“Credo di averlo dimenticato” Risponde neutro. “da qualche parte.”
“Che? Non è possibile, non puoi essertelo semplicemente dimenticato!”
“È così invece.” Sasuke si sistema la frangia passando le dita tra i fini capelli neri. “Le cose cambiano, ne è pass-“
“Non così tanto.” Lo interrompe Naruto, raggiungendolo. Sfodera un sorriso obliquo.
“Che devi fare?” Sasuke si ferma a pochi passi dal molo. Si sente il rumore dell’acqua che sciaborda contro i pilastri di legno.
Naruto osserva il lago appena increspato dalla brezza luccicare di riflessi argentei.
Potrebbero prendere una barca, remare fin nel bel mezzo dell’Izuya, fermarsi lì e parlare, toccarsi, riconoscersi. Vedere fin dove sono simili e in cosa diversi.
“Per prima cosa voglio andare da Iruka.”
Sasuke annuisce piano, anche lui sovrappensiero. L’aria è talmente limpida che all’orizzonte è visibile la riva grigia e sottile della Capitale.
“T’accompagno.”




Hanno camminato a lungo, percorrendo le viuzze del Villaggio fino a raggiungere le strade di periferia che conducono ai campi di sorgo selvatico.
Tra le sparute spighe, dallo stelo sottile e il pennacchio rosso, i bambini del Villaggio hanno messo delle girandole colorate. Naruto sorride, anche lui e Sasuke ne avevano piantate alcune nel terreno, ma ora non saprebbe riconoscerle. Di che colore erano? Forse quella laggiù di un blu sbiadito dal sole e dalle intemperie è una delle loro.
“E così ti sei trovato un lavoro.”
“Un lavoretto estivo” Specifica Uzumaki. Ha un sorriso calmo sul viso mentre guarda le girandole ruotare a tratti, hanno un non so che di magico e nostalgico.
“Già. Chi l’avrebbe mai detto che un idiota come te…”
Naruto aggrotta le sopracciglia e serra i pugni. “Oh! Falla finita con ‘ste stronzate!” Non ha nessuna intenzione di litigare, ma gli afferra ugualmente con veemenza il braccio. Uchiha gli prende il polso, facendo una pressione tale che sembra avere delle tenaglie di ferro al posto delle dita. Lo sta invogliando con le buone a lasciare la presa.
“Il cameriere.” Sasuke ghigna. “Tu.”
Uchiha è come quei felini rinchiusi nello zoo del quartiere Ueno di Tokyo, un animale selvatico, puro e fiero, ficcato a forza in uno spietato meccanismo di cui è totalmente ignaro. Naruto si allontana di qualche passo.
“Io.” Si siede a terra e sbuffa rumorosamente, la fronte ancora corrugata.
“Resta qualcosa dello stipendio dopo aver ripagato le cose che rompi?”
Uzumaki strappa una spiga e gliela lancia contro, pizzicandogli un braccio. Senza scomporsi Sasuke la osserva ricadere a terra e mescolarsi nel prato.
“Abbastanza per permettermi di pagare qualche mese d’affitto.”
“Lo fai per Iruka? Perché lui vorrebbe solo che t’impegnassi con la scuola.”
“Lo faccio soprattutto per lui, ma anche per me.”
Sasuke si accovaccia di fronte a lui, poggiando le mani sulle ginocchia. “Non dovevi diventare una persona di successo?” Mormora vicino al suo viso.
Naruto non ha mai visto un ragazzo così bello. È costretto a distogliere lo sguardo, ha le orecchie in fiamme. “Ovvio!” Replica con voce ruvida.
“Questo lavoretto, ritornare qui all’improvviso senza motivo… sembra che tu abbia voglia di perdere tempo, dovresti rimanere concentrato sul tuo obiet—”
“Venire qui non è una perdita di tempo!” Dice, stavolta puntandogli gli occhi addosso.
Sasuke tace, ma non intende allontanarsi. È strano stare così vicini senza mettersi le mani addosso. Naruto prende con una mano la collana di juta che oscilla dal collo dell’amico. “E questa?” È da quando l’ha vista che ne è rimasto incuriosito.
Uchiha gli stringe la mano nella sua. “L’ho fatta io.” Dice, sembra provare un certo orgoglio. “C’è un luogo dove puoi trovare sia conchiglie che piume di falco senza spostarti.”
“Dove?”
“Sulle sponde dell’Izuya, un posto che non hai ancora mai visto.”
Naruto ride forte e gli tira una pacca sulla spalla. “Ho vissuto qui per oltre quindici anni,” Comincia e Uchiha socchiude le palpebre con fare annoiato. “abbiamo percorso ogni strada e sentiero, ci siamo arrampicati su ogni albero. Abbiamo scalato insieme tutti e tre i monti! Non può esserci un posto che non abbia mai visto.”

“Ti sbagli. C’è ancora tanto da scoprire, non peccare di presunzione.” Sasuke si alza. Un vento gentile gli smuove i capelli. “Per quanto resterai al Villaggio?”

Naruto lo fissa indispettito, ora salta fuori che lui non sa più nulla dell’Izuya. Se c’è qualcuno di davvero arrogante quello è Sasuke.

“Domani torno a Tokyo, lavoro.” 

Per un attimo Sasuke sgrana gli occhi, Naruto ha la netta sensazione che ci sia rimasto male, questo dovrebbe regalargli una piccola soddisfazione e invece sente solo una spiacevole fitta al petto.
“Non abbiamo molto tempo, allora.” Replica spiccio e s’incammina spedito tra la bassa sterpaglia. “Muoviti.”
Naruto l’osserva allontanarsi. Ha forse intenzione di andarsene via senza di lui? Sasuke non si gira indietro nemmeno una volta.
“Ehi!” Urla e si alza di scatto, mettendosi a correre per raggiungerlo. “Aspetta!”




La luce filtra attraverso il fogliame degli alberi, disegnando soffuse chiazze verde giada. La schiena di Sasuke è imperlata di sudore, i muscoli guizzano appena percettibili sotto la pelle a ogni passo, esprimono l’incredibile tensione e forza della giovinezza.
Si sente provenire da poco lontano il rumore dell’acqua che in piccole onde s’infrange sulla riva. La vegetazione si apre su una cala incassata tra due alte rocce. La sabbia è fine e chiara a causa della presenza di polveri di cristalli.

“Come abbiamo potuto farci sfuggire questa spiaggetta?”

“Non lo so.” Sasuke si toglie le infradito e cammina lungo la battigia a piedi scalzi. “E chissà quanti altri luoghi.”
Le loro impronte sono così diverse: la sagoma magra dei piedi di Sasuke e la suola delle sue scarpe da ginnastica bianche. Naruto inizia a spogliarsi, ha voglia di abbandonare tutto, vestito dopo vestito, pezzo dopo pezzo, tutto quello che lo lega ancora a Tokyo. È come un serpente che si toglie con soddisfazione la pelle vecchia di dosso, placando quella sensazione pruriginosa. Raggiungono la roccia che fa da parete a ovest della conca, ricoperta nelle zone meno ripide da zolle erbose e piccoli arbusti.
“Sei pronto a faticare un po’?” Sasuke fa il gesto di tirarsi su delle invisibili maniche e inizia a scalare la parete. È molto abile e senza titubanza raggiunge le sporgenze migliori su cui far leva.
“Pensavo volessi fare il bagno!” Vocia Naruto.
Sasuke lascia un appiglio per voltarsi a guardare l’amico. “Più tardi.” Replica facendo cenno di seguirlo e riprende la scalata. Dev’essere già salito lassù, riflette Naruto corrugando le sopracciglia, ad ogni modo non ha nessuna intenzione di farsi lasciare indietro.

Sulla cima c’è un piccolo spiazzo e in due si sta comodi. Lì a terra ci sono delle piume di falco e dei rametti secchi che dovevano essere utilizzati per la costruzione di un nido. Sasuke raccoglie una delle piume e la rigira tra due dita come se si trattasse di una preziosa scoperta.
Il panorama che si dispiega davanti a loro è meraviglioso: il lago brilla sotto il sole, piccole barche solcano l’orizzonte con le loro vele colorate e boschi rigogliosi si estendono in entrambe le direzioni a perdita d’occhio. I gabbiani giocano in cielo sfrecciando sul filo dell’acqua e più in alto una coppia di rapaci riposa le proprie ali sfruttando le correnti.
Naruto prende un respiro profondo riempiendo i polmoni di aria pura.
“Qui è bellissimo!” Urla così forte che Sasuke è costretto a coprirsi infastidito le orecchie con le mani.
Gli inveisce di zittirsi. “Idiota! Qui nidificano i falchi, vuoi farli spaventare?”
“E ora che si sveglino anche loro.” Naruto ride.
Sasuke gli strattona un braccio con forza. “Ti sei bevuto il cervello!”
Naruto gli cinge la vita con presa ferrea e Sasuke si ritrova a sbarrare gli occhi consapevole della situazione in cui si è cacciato.
“Ti va un tuffo?”
“Non ci provare coglione.” Sputa serrando i denti. Oppone tutta la resistenza che può tentando anche di colpirlo, ma sente già il terreno mancare sotto i piedi. “Nessun cazzo di perfetto tuffo di testa stavolta!” Naruto para un pugno con la mano e coglie l’occasione per bloccargli l’altro braccio. Così avvinghiati, Uzumaki si lancia dalla roccia trascinandosi Sasuke dietro.

Uchiha non si accorge nemmeno di aver iniziato a urlare, mentre il vento gli sferza la faccia e una tremenda sensazione di vuoto lo prende allo stomaco. Naruto ride forte contro il suo orecchio, ma è un suono ovattato che s’interrompe all’improvviso quando affondano nell’acqua, alzando mille altissimi schizzi. Banchi di agoni fuggono dalla loro presenza estranea come una nuvola argentata. Naruto e Sasuke si tengono ancora le braccia a vicenda, in una sorta di abbraccio distaccato. Muovono le gambe lentamente, l’acqua è pesante e fredda, rischiarata dai caldi raggi del sole. Naruto ha le palpebre serrate e i capelli biondi ondeggiano intorno al suo viso, sembrano addirittura morbidi.
I pantaloni da 11000 yen hanno cambiato colore virando per un marrone molto scuro. Visto che non si decide ad aprire gli occhi, Sasuke inizia a insultarlo spazientivo. Nessun suono ma solo una serie di bolle gli escono dalla bocca. Lo colpisce con una manata in faccia. Naruto sobbalza digrignando i denti. Uchiha si raccoglie su se stesso e picchiando un piede sulla spalla dell’amico si dà la spinta necessaria per raggiungere la superficie.
Naruto riemerge poco dopo e prende una vigorosa boccata d’aria. “Ti sei messo a gridare come una ragazzina!” Bercia.
Sasuke gli sferra un pugno sulla medesima spalla. “Sta zitto! Non è vero.”
“Ohi!” Uzumaki accusa il colpo e si massaggia la parte dolorante. “Sì invece!” Dice. “Ti sei spaventato?”
“Non è certo la prima volta che mi tuffo da lassù, solo che” Biascica. “che mi hai preso alla sprovvista.”
Naruto ridacchia divertito. Poi si mette a galleggiare sul dorso, allargando braccia e gambe. Il sole picchia forte e la roccia da cui si sono buttati sembra ancora più imponente da quella prospettiva. I rapaci volteggiano sopra di loro come raffinati ventagli neri.

“Sei un pazzo.” Afferma, togliendosi i capelli dal volto.

“Nuotiamo un po’?”

Sasuke non risponde e inizia con una decina di metri a delfino e poi in stile libero, Naruto gli sta dietro pur essendo un po’ fuori allenamento, la sua tecnica non è mai stata molto precisa.
L’acqua dell’Izuya li avvolge, li separa e li unisce. È bello rivedere Sasuke immerso nel suo ambiente, è quasi più elegante lì che sulla terra ferma. Naruto lo guarda, lo ascolta. Ogni sfida pronunciata dalle sue labbra, mentre gli occhi tagliati a mandorla si assottigliano, sembra avvicinarsi a una promessa: raccogliere un sasso dal fondale, toccare la coda di un pesce, nuotare a rana ad occhi chiusi fino alla rupe laggiù.


Quando finalmente escono dall’acqua sono stanchi e un po’ infreddoliti. Sulla spiaggia Sasuke cammina un paio di metri avanti a lui. Allaccia le mani dietro la nuca e si guarda intorno, teme che Sasuke percepisca i suoi occhi fissi sulla sua schiena.
“Se tu te ne fossi andato, ti avrei inseguito ovunque.” Dice infine.
Uchiha stringe le nocche istintivamente. Il pizzicore alle guance è immediato, perché quella frase assomiglia tanto a una sciocca quanto insperata dichiarazione.
“Allora perché sei stato tu ad andartene a Tokyo?” La voce gli esce più cupa e bassa di quanto vorrebbe. Un sorriso amaro gli aleggia sulle labbra al pensiero di quanto sia folle la logica di Naruto. Rallenta il passo.
“Te l’ho detto” Uzumaki lo supera. I pantaloni bagnati gli aderiscono come una seconda pelle. “volevo diventare una persona di successo, fare qualcosa di più della mia vita. Dimostrare di essere un tuo degno rivale e amico.”
Sasuke lo trattiene per un gomito. “La vera ragione.”
Naruto si siede sulla battigia, le onde raggiungono a stento le dita dei piedi. “Beh, forse volevo vedere se mi avresti seguito.”
Sasuke l’osserva in silenzio. “Invece ti ho lasciato andare.” Replica piano, sedendosi accanto a lui. Raccoglie la sabbia e la soppesa nel palmo, facendola poi filtrare dal pugno socchiuso. “Non posso e non potrò mai abbandonare questo luogo, è parte di me. Capisci cosa intendo?”
Tiene lo sguardo rivolto al lago, increspato dal vento e cosparso di bagliori dorati come una rappresentazione del paradiso buddista. L’altra riva è un profilo lontano, ora offuscato dal torpore arancione del cielo pomeridiano.
Naruto scuote il capo, non in segno di diniego ma per dire che non c’è alcun bisogno di ulteriori spiegazioni. Sa perfettamente cosa intende Sasuke quando dice di essere parte operante dell’Izuya, anche lui serba nel cuore la stessa pulsione per la natura e la vita del Villaggio seppur in modo meno lancinante rispetto all’amico.
“Io” Non riesce ad andare avanti, si ritrova a deglutire rumorosamente, Sasuke è talmente vicino al suo viso che fatica a trovare la concentrazione necessaria per parlare.
“Tu cosa?” Dice senza smuoversi di un centimetro. Ha le ciglia umide unite e una goccia gli solca la fronte, scorrendo poi lungo il profilo dritto del naso.
In quegli occhi scuri, Naruto riesce a scorgere l’ombra nascosta di un sogno che credeva lontanissimo. “Se resti così vicino, fatico a trattenermi.” Biascica, arreso. Sente sgretolarsi qualcosa di dosso e non è la sabbia bagnata sulle gambe.

“Sei sempre stato un debole, Naruto.”

Riesce a sentire il suo respiro sulla pelle. Gli afferra un braccio con rabbia.
“Non sono un debole!” Serra i denti. Le fronti si scontrano. Sasuke stringe le labbra in una linea sottile.
“Dimostralo.” Il suo tono è duro, completamente fuori luogo con il modo in cui cerca lo sguardo dell’altro.
Naruto schiude la bocca, sta annaspando. Pigia la fronte contro la sua piegandogli quasi collo. “Bastardo, adesso io ti—.” Sbraita nella confusione.
Sasuke inclina il capo e lo bacia. Un bacio morbido, sorprendente. Naruto stringe gli occhi e gli prende il viso tra le mani. Gli sfiora le orecchie e gli accarezza i capelli corti dietro la nuca, tagliati di recente. Caccia fuori la lingua ficcandogliela in bocca e Sasuke, anziché tirarsi indietro, lo asseconda con la stessa famelica urgenza.
Credeva di conoscerlo, ma ora si rende conto di non sapere proprio nulla di lui. Si ritrovano uno sopra l’altro. Allontana le labbra dalle sue per baciarlo sul collo fino a macchiare di rosso quella pelle sottile. Ha l’euforia in corpo, è bastato un solo bacio per colmargli l’anima. Gli accarezza il fianco col palmo aperto scendendo poi sull’addome. Sasuke a quel punto lo prende con forza per una spalla obbligandolo ad allontanarsi quel che basta per rimettersi seduto. Ha la sabbia dappertutto, sulla schiena e tra i capelli fradici. Gli prende il collo, passandogli il pollice sul mento vicino al labbro inferiore. Naruto socchiude gli occhi e sorride. Gli stringe il polso, mentre Sasuke si protende verso di lui.

“Restiamo qui tutta la notte.” Dice Naruto. Percepisce il respiro di Sasuke farsi corto, i suoi muscoli irrigidirsi d’un tratto.

Uchiha si alza, accarezzandogli distrattamente il volto. Vorrebbe trovare una scusa per dire che non è possibile, ma non c’è nulla che non possano fare, non c’è più alcun appiglio per tirarsi indietro. “Non abbiamo avvisato nessuno, si preoccuperanno per noi.” Tenta di scoraggiarlo senza convinzione. Non pretende e forse non vuole che le sue parole abbiano un qualche effetto.
“Ohi.”
Sasuke si sfiora la fronte con un gesto istintivo, come se ci fosse un cappello da risistemare e si allontana di alcuni passi, immergendosi fino alle caviglie nell’acqua. Neanche guardare l’Izuya riesce a calmare i battiti del cuore.
“Non m’importa.” Uzumaki lo affianca, dandogli una scherzosa gomitata. “Oggi sono troppo felice.”
Si volta verso Naruto incrociando i suoi occhi chiari, limpidi come il cielo e l’acqua che li circonda.


“Quando tornerai, Naruto?”











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