Once Upon Another Story

di jarmione
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La maledizone ***
Capitolo 2: *** Storybrooke ***
Capitolo 3: *** I Darwin ***
Capitolo 4: *** Di lavoro e di Sfide ***
Capitolo 5: *** Primo problema, prima soluzione ***
Capitolo 6: *** Prepariamoci per Dracula ***
Capitolo 7: *** La caccia ***
Capitolo 8: *** Inizio di risposte ***
Capitolo 9: *** Ad armi pari ***
Capitolo 10: *** Credere ***
Capitolo 11: *** Missione Salvataggio ***
Capitolo 12: *** Indagare sul Dottore ***
Capitolo 13: *** Un valido aiuto ***
Capitolo 14: *** Il giorno del talent show - parte 1 ***
Capitolo 15: *** Il giorno del talent show - parte 2 ***
Capitolo 16: *** Rabbia e ostacoli ***
Capitolo 17: *** La miniera ***
Capitolo 18: *** Il piano ***
Capitolo 19: *** Credere ***
Capitolo 20: *** Magia ***



Capitolo 1
*** La maledizone ***


ATTENZIONE!
  1. Essendo che l’ambientazione è Storybrooke di “Once upon a time” ma non tratta i personaggi di quella serie, ho scelto di metterla nella sezione “Serie TV” categoria “Altro Crossover”
  2. Per chi segue la serie di “Once upon a time” premetto che non troverete i personaggi originali ma altri (segnalati nella INTRO e specificati poi sotto) e troverete le tempistiche un differenti.
  3. Ho messo tutti gli avvertimenti possibili e immaginabili anche OOC perciò se non siete amanti del genere SCONSIGLIO la lettura
  4. Critiche ben accette, non pretendo di essere un genio. Io provo, se non vi piace basta dirlo che provvedo a togliere la storia.
 
Ci vediamo da basso per alcune specifiche, buona lettura.

 
 
Jareth non si capacitava.
Sconfitto e respinto da una giocatrice.
Era una cosa troppo umiliante.
Lui, che le aveva fornito il libro con le “istruzioni” per raggiungerlo, l’aveva sfidata per primo facendola poi convincere di essere stata lei a sfidarlo.
Le aveva fatto superare il suo Labirinto e aveva fatto di tutto per ostacolarla.
Era persino riuscito a farla cadere ai suoi piedi, in un ballo, in un illusione che aveva creato per lei.
Era proprio in quel momento che Jareth aveva sentito il desiderio di sottomettersi a lei.
Ma Sarah Williams lo aveva respinto e questo non poteva sopportarlo.
Quel giorno nevicava.
Tutto era bianco, tutto era morto.
Lui era morto.
Non poteva continuare così
Un re non poteva essere trattato in quel modo, nessuno doveva osare umiliare il re di Goblin!
Sarah l’avrebbe pagata.
Per quanto lui, in fondo, amasse ancora quella ragazza, non poteva sopportare la sua lontananza.
Lei poteva anche essersi scordata, poteva anche credere che fosse tutto un sogno.
Non glielo avrebbe impedito, poteva avere tutte le credenze che ella desiderava, ma lui non dimenticava e mai avrebbe dimenticato.
Attese il calar della notte e, senza che i suoi sudditi si accorgessero, decise di recarsi nell’Aboveground.
Voleva vedere Sarah, voleva assicurarsi che stesse bene e voleva essere sicuro che di lui si fosse dimenticata.
La speranza era sempre l’ultima a morire, dicevano, ma la sua era morta già da tempo e per questo aveva deciso che la vendetta si sarebbe consumata sia che lei ricordava sia che si fosse dimenticata.
Mutò la sua forma, nessuno doveva notarlo, anche se sapeva che un barbagianni dalle ali dorate non era di certo comune.
Una volta nel mondo di sopra, dove anche lì nevicava fitto, si mise sui rami più vicini alla casa di Sarah.
Era splendida.
I suoi lunghi capelli corvini erano leggermente mossi e stava riordinando la sua stanza.
Jareth ebbe un mancamento.
Non c’era più niente.
La stanza aveva solo le cose necessarie, tutto il resto era sparito.
Portagioie, statuette, pupazzi, libri di favole e tutto ciò che un tempo allestiva al meglio quella stanza, era scomparso.
Forse un barlume di ricordi ancora c’era in lei, ma non voleva farlo riaffiorare.
Se Jareth fosse stato in forma umana, avrebbe distrutto qualcosa.
Quella era la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
Spiccò il volo.
C’era solo un uomo che poteva aiutarlo.
Volò verso le nuvole e abbandonò l’Aboveground, recandosi in un altro luogo.
Anche lì vi era la neve.
Jareth detestava vagare per i mondi, l’Aboveground era già diverso, lo tollerava di più.
Ma la Terra di Ooo era forse il peggior mondo che avesse mai visto.
Tutta quella gente colorata, troppo dolce.
Erano pochi quelli che veramente gli andavano a genio e tra quelli c’era il re Ghiaccio.
Quello era così stupido da cadere ai suoi piedi e fare di tutto per agevolarlo.
Volò fino alle montagne di ghiaccio e, una volta all’interno, riacquistò la sua forma umana.
“Re Ghiaccio!” esclamò.
La sua voce rimbombò per tutta la struttura.
“Re Ghiaccio!”
“Eccomi, eccomi, quanta fretta Ghunter!” il re scese dal sofitto.
“Re ghiaccio mi serve il tuo…aiuto”
Era una cosa indicibile chiedere aiuto per il re di Goblin, ma a volte doveva mostrarsi debole per ottenere le cose.
Si sarebbe rifatto alla prima occasione.
“Dimmi come posso aiutarti?”
“Vorrei…” chiederlo direttamente sarebbe stato stupido.
Sapeva dove teneva tutte le cianfrusaglie, poteva benissimo rubarla, ma perché essere così subdoli?
Alla fine era su Sarah che voleva vendicarsi non su di lui.
Sorrise malignamente.
“MI piacerebbe poter osservare la collezione del famoso re Ghiaccio”
A quelle parole, il re Ghiaccio sgranò gli occhi ed iniziò a piangere come un bambino.
Jareth sbuffò.
“Nessuno aveva mai voluto guardare la mia collezione!” piagnucolava “nessuno ama re Ghiaccio”
Dopo circa dieci secondi Jareth era sul punto di vendicarsi anche su di lui se non la finiva.
“Finito?”
“Si, vieni” rispose passando dal pianto irrefrenabile ad un sorriso smagliante che solo un bambino con il gelato poteva avere.
Erano sbalzi di umore che facevano pensare.
Il re ghiaccio saltellò allegramente verso una piccola porta.
Quando l’aprì, venne sommerso da un mucchio di libri e cianfrusaglie rotte.
“Prego da questa parte Ghunter”
Jareth rabbrividì.
Ghunter era un dannato pinguino che faceva da valletto al re Ghiaccio.
Essere paragonato ad un essere così insignificante era oltraggioso.
Entrò nello stanzino e si osservò attorno.
C’era un disordine incredibile.
Le uniche cose ancora sane erano delle mensole e un armadio, che Jareth non ebbe il coraggio di aprire.
Sulle mensole c’erano delle bottiglie e delle provette, ma solo una attirò la sua attenzione.
Una bottiglia di vetro nero, grande sì e no quanto la sua mano, con un etichetta bianca e la scritta rossa “NON TOCCARE”
Conoscendo il re Ghiaccio, sapeva che dopo poco si sarebbe dimenticato quello che aveva detto, perciò iniziò a fare il finto curioso.
“Cosa contiene quella?”
Il re Ghiaccio la osservò e cacciò un grido di terrore
“Se apri quella bottiglia accadranno cose catastrofiche!”
“Del tipo?”
Il re tornò tranquillo e allegro, facendo salire la rabbia di Jareth alle stelle.
“Niente di che” rispose alzando le spalle “se la apri scomparirà il nostro mondo e tutti gli altri, almeno penso ci siano altri mondi, me lo sono sempre chiesto, ti immagini altri mondi che…”
“Ora basta!” sbottò Jareth facendolo zittire “hai già detto fin troppo” e si mise la bottiglia sotto il mantello.
“Non vorrai mica usarla!”
“Al contrario” rispose Jareth sorridendo “ho intenzione di conservarla con molta cura”
“Ah va bene, se la metti così” uscirono dal ripostiglio “vuoi fermarti per una grigliata? Ho preparato delle ottime bistecche!” e tirò fuori dal nulla due bistecche avariate e congelate.
Jareth ebbe un tale ribrezzo che non rispose e mutò la sua forma, uscendo dalla montagna
“Fa buon viaggio Ghunter!”
“Simon!” una ragazza, che fluttuava a mezz’aria, spuntò alle spalle del re “chi era quello?”
“Non lo so”
“Come sarebbe a dire non lo so!?”
“Non ha importanza” iniziò a cuocere le due bistecche avariate “mangiamoci qualcosa, ti va Ghunter?”
“Bleah…Io mi chiamo Marceline!”
“Si si va bene Ghunter”
Marceline emise un sospiro esasperato.
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Charles aprì di colpo gli occhi.
Il respiro affannoso e la mani gli tremavano.
La sua reazione fece scattare Eric e Logan, che erano nella stessa stanza con lui.
Si alzò dalla sedia e corse fuori in giardino.
“Charles che succede?” domandò Eric, non ottenendo risposta.
Logan si preparò in difesa, fece spuntare i suoi artigli, che ritirò non appena capì cosa aveva fatto preoccupare il ragazzo.
Una coltre spessa di nubi color viola scuro si stava avvicinando velocemente.
“Ma che caz…?”
“Charles spiega!” lo spronò Eric.
“L’hanno aperta” disse “qualcuno sta cancellando il nostro mondo”
“Che significa?”
“Significa…che stavolta nessuno potrà fermare il guaio…verremo cancellati”
“Cazzo” Eric scosse la testa “io non mi faccio cancellare!” con movimenti veloci delle mani, iniziò a scagliare contro la nube qualunque cosa di ferro che gli capitava a tiro.
“Se è per questo nemmeno io!” Logan fece rispuntare gli artigli e, indistintamente dalle parole di Charles, chiese ad Eric di scagliarlo contro la nube.
“Logan sei impazzito!?”
“Se devo essere cancellato lo farò a modo mio”
“Non puoi fare niente!”
“Mi dispiace Charles” si intromise Eric “se così fosse, io non intendo starmene fermo a farmi travolgere da qualunque cosa sia quella roba”
Guardò Logan e chiese l’approvazione per il lancio.
Logan annuì ed Eric lo fece sollevare in aria, con un bel pò di fatica.
“Eric non farlo”
“Perdonami fratello” e scaraventò Logan verso la nube
“LOGAN!”
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Loki se ne stava seduto in un angolo della prigione in cui era stato rinchiuso.
Ormai si era rassegnato, ma sapeva che a breve sarebbe uscito e avrebbe avuto la sua vendetta.
Forse quel tempo non era molto distante.
Dalla città provenivano grida e urla disumane, eppure non aveva udito di eventuali attacchi ad Asgard.
Si alzò in piedi, i capelli spettinati, i piedi nudi e sanguinanti a causa dei vetri rotti in un impeto di ira.
Guardò dalla finestra.
La gente correva e urlava mentre una coltre di nubi spessa e di un colore viola scuro, che Loki riteneva abominevole, si stava avvicinando.
Qualunque cosa fosse, sentiva che gli sarebbe stata di aiuto.
Sorrise ed infine rise.
Perché crogiolarsi in quella cella maleodorante se la fuori c’era qualcuno che stava mettendo in atto un piano?
Avrebbe accolto quella nube a braccia aperte.
La sua vendetta poteva avere inizio.
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Il TARDIS iniziò improvvisamente a tremare, obbligando Clara e il Dottore ad aggrapparsi ben saldi per non cadere.
“Dottore…”
L'uomo guardò lo schermo del TARDIS.
Sembrava in tilt, non mostrava cosa stava accadendo.
“Avanti avanti!” Gli diede dei colpi e armeggiò con i pulsanti ma non ci fu reazione.
Clara, tenendosi ben salda a tutto ciò che trovava, tentò di avvicinarsi alla porta di entrata.
“Ferma!” Gridò il Dottore prima che lei aprisse “il campo d'ossigeno non è attivo!”
“Ma che succede?”
Il Dottore armeggio ancora con le manopole finché lo schermo presentò un immagine sfocata di ciò che c'era all'esterno.
“Oh no”
E il TARDIS si fermò di colpo.
Clara poté lasciare la presa e avvicinarsi a guardare
“Che cosa è?”
Il Dottore indietreggió.
Qualunque cosa fosse lo spaventava.
“È qualcosa di potente” disse “qualcosa di un altro mondo, che nessuno può fermare”
Clara iniziò a tremare.
Se il Dottore non poteva fermare qualcosa, significava solo che c'era da aver davvero paura.
“Di che si tratta? Dottore dimmelo”
Lui scosse ancora la testa
“Non lo so…odio non sapere” rispose “ma so che ci cancellerà tutti e noi siamo troppo vicino per scappare” si voltò verso Clara “mi dispiace Clara, non posso fare nulla”
La donna senti un battito in meno e guardò i Dottore 
“Dimmi che scherzi”
“Vorrei fosse così”
Lui sembrava rassegnato.
Clara non voleva crederci e pensava ad ogni modo per scappare.
Fu tutto inutile.
Il Dottore fece qualcosa di inaspettato.
La strinse dolcemente fra le braccia.
Poco dopo vennero travolti da una coltre spessa di nubi.
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“Sherlock!”
Watson salì più velocemente che poteva le scale del 221 di Baker Street.
Aveva il fiato corto e sudava freddo.
Giunto nell’appartamento dell’amico lo trovò vuoto.
La finestra era aperta.
Watson sospirò.
Proprio sul tetto doveva andare?
Si affacciò “Sherlock!” ma non ottenne risposta.
Un altro sospiro e andò nel ripostiglio, tirando giù la botola che dava sul tetto.
Prese la scala e andò sopra anche lui.
A causa della gamba non poteva usare di certo la grondaia come faceva il suo amico.
“Sherlock!” lo vide in piedi, che osservava lontano.
Osservava una coltre di nubi viola scuro che si avvicinava.
“Sherlock dobbiamo andarcene”
“Non c’è fretta Watson” disse Sherlock, con le mani nelle tasche dell’impermeabile e il volto impassibile.
Sul volto aveva uno strano sorriso.
“Ti sembra il momento di ridere? La gente sta dando di matto e tu ridi!?”
“Sei troppo agitato John, non riesci a vedere il lato positivo”
“Che c’è di positivo quando qualcosa minaccia la città!?”
Sherlock abbassò lo sguardo alcuni istanti, senza smettere di sorridere.
“Quando mi si propone un caso io lo accetto sempre”
“Ma questo non è un caso!”
“Certo che lo è, non vedi?”
John cercò di capire ma era troppo nervoso per pensare o fare qualcosa
“Tu sei pazzo!”
“Forse” Sherlock alzò le spalle “ma questo per me è un caso e voglio arrivare fino in fondo, anche a costo di dover subire le conseguenze io stesso”
La nube li raggiunse e vennero travolti.
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“Mamma!” Amy corse nell’ufficio di Devon, ignorando la regola del “bussa e poi entri”
“Amy!” esclamò la donna, che stava armeggiando dei documenti assieme a Michael e Devon.
“Mamma presto vieni!”
“Amy lo sai che devi bussare prima di entrare” la rimproverò Michael “che succede di così grave da farti correre?”
“Non lo so ma devi correre!”
“Michael, devi venire a vedere” anche KITT comunicò attraverso l’orologio di Michael.
A quel punto nessuno poteva ignorare la richiesta.
Michael e Bonnie corsero fuori, mentre Amy li seguì con Devon.
KITT era uscito dal garage e si era messo nel mezzo del cortile.
“Oddio che cos’è?” Bonnie spalancò la bocca senza parole.
KITT cercava di analizzare la situazione.
“I miei sensori non funzionano”
“Sembrano…nuvole” constatò Devon
“Color viola scuro?” Michael alzò un sopracciglio “KITT non riesci proprio a fare niente?”
“Mi spiace Michael, sembra inarrestabile”
Bonnie non aveva mai visto una cosa del genere, come del resto nessuno di loro, il suo unico pensiero andò alla ragazza.
“Amy vai dentro KITT”
“Ma mamma…”
“Fa quello che dice, Amy” confermò Michael “qualunque cosa sia, dentro KITT sarai al sicuro”
Amy eseguì e KITT sigillò le porte
“Non so se resisterò Michael” disse KITT “non ho idea di cosa ci colpirà”
“Preferiamo che sia tu a proteggerla”
“KITT…” Devon mise una mano sul tettuccio della Transamm “qualunque cosa accada proteggi Amy”
“Ma Devon…”
“Fallo KITT”
KITT non rispose.
La nube si avvicinò
“MAMMA! PAPA’!”
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“Joe guarda!” Averell indicò il cielo “gli indiani hanno fatto qualche magia!”
“E sai quanto mi interessa a me della magia” sbuffò Joe, che si annoiava e non riusciva a trovare un pieno per evadere da giorni.
“Ehm Joe, non ti pare una magia un po’ strana?” chiese William, guardando anche lui il cielo.
Una coltre di nubi viola stava venendo velocemente verso di loro.
Joe emise un ringhio di rabbia e si decise a guardare.
Rimase colpito quando la vide
“Ma che razza di magia è?”
“Magari ci fornirà cibo a volontà!”
Un sonore ceffone e Averell si trovò disteso a terra
“Sempre al mangiare sai pensare?!”
“Ehi ragazzi che succede?” Evelyn li raggiunse e, quando vide la nube, ebbe un brivido “che diamine è?”
“Non lo sappiamo” rispose Jack “però non mi piace”
Joe ragionò
“Ho un idea!”
Tutti lo guardarono
“Quella nube sembra abbastanza spessa per non far vedere niente a nessuno, approfitteremo del suo passaggio per uscire dal portone ed evadere!”
I fratelli si guardarono senza capire
“Ma scusa se non si vede nulla, come facciamo noi a vedere?”
“Semplice, andiamo vicino al portone tenendoci per mano, io lo aprirò, l’ultimo lo chiuderà e attendiamo che sparisca per fuggire”
“Geniale Joe!”
“Che schifo di piano” commentò Evelyn
“Che cosa hai detto pulce!?”
“Ehm Joe…” Jack richiamò la sua attenzione
“Che vuoi!?”
“Sarà meglio fare alla svelta perché sta arrivando”
“Presto tutti al portone!”
Il penitenziario era in pieno panico, nessuno li notava.
Si avvicinarono al portone e si presero per mano.
“Pronti?”
“Pronti”
“Joe io ho fame!”
“Piantala imbecille!”
La nube li travolse
 
 
 
 
Ciao a tutti!
Che ve ne pare?
Vi do alcune specifiche:
  1. Amy ed Evelyn sono due mie OC e, come avete notato arrivano da due serie ben specifiche. Amy da Supercar e Evelyn dai Dalton. Non serve che andiate a leggere le storie da cui provengono (se invece le leggete, mi fa comunque piacere) le descriverò meglio nei prossimi capitoli.
  2. Essendo che a Storybrooke ci sono tutti i personaggi delle favole ho pensato “Se le favole si sono create quando l’uomo le ha inventate significa che tutte le storie (serie TV e film compresi) sono vive in qualche altro mondo, perché non usarle?” e quindi ho pensato di togliere i personaggi della serie TV originale e metterci altri, ognuno avrà contatti con l’altro e le storie si mescoleranno.
 
Ringrazio chiunque si riuscito ad arrivare fino a qui senza annoiarsi e ringrazio chiunque mi lascerà una critica per due motivi
PRIMO: Le critiche mi aiutano a migliorare e quindi a crescere
SECONDO: mi aiutate a capire al schifezza che ho pubblicato XD

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Capitolo 2
*** Storybrooke ***


Ecco a voi il secondo capitolo.
In fondo vi elencherò i nomi che ho inserito e a quale personaggio originale corrispondono (chi vuole indovinarlo da solo non legga alla fine)
 
Amy si svegliò di soprassalto, senza riuscire a trattenere un grido.
Aveva il respiro affannoso, sudava e aveva i brividi.
Iniziò lentamente a focalizzare dove si trovava.
Era circondata da alberi e il cielo, per quel poco che riusciva a vederlo, era grigio e sul punto di piovere.
Si mise a sedere.
Si trovava in una foresta, se fosse all’inizio, alla fine o al centro non poteva stabilirlo.
Per sua fortuna il terreno non era bagnato, ma la ghiaia era gelida e lei era coperta solo da una felpa più grande di lei, presa da suo padre quella mattina.
In quell’istante realizzò.
Non era alla Fondazione e non c’erano foreste vicino alla sua abitazione quindi…
“Oh cavolo!” si alzò in piedi, ripulendosi alla svelta.
Dove diavolo si trovava?
Anche se era in grado di cavarsela da sola ormai da tempo, sentiva solo una gran paura e un senso di vuoto.
Era la prima volta che sentiva una cosa del genere.
Non era da lei.
Fece un respiro profondo e si mise le mani nei capelli, spettinati e pieni di residui di foglie secche.
Si li sistemò alla buona e, per sua fortuna, aveva con se un elastico al polso e si fece la coda.
La prima cosa da fare era uscire da quella foresta, sperando di non essere troppo lontana dal centro abitato.
L’ultima cosa che riusciva a ricordare era una nube viola che veniva verso di loro, poi il nulla.
Non aveva idea di come fosse arrivata lì.
Non c’era il sole, non poteva orientarsi, così decise di prendere la prima direzione che capitava.
A parte il rumore dei suoi passi sulla ghiaia e qualche uccellino che cinguettava qua e là, non vi era alcun suono e questo era inquietante.
Mentre camminava pensava a ciò che avrebbe fatto appena si fosse trovata in un centro abitato.
Sicuramente avrebbe chiesto in che città fosse e poi?
Non poteva di certo andare in giro a dire frasi tipo –Avete visto la mia mamma e il mio papà?– come fanno i bambini che si perdono.
Aveva sedici anni e poteva benissimo cavarsela…forse.
Se solo avesse idea di dove siano i genitori.
Ebbe un flash!
Si guardò il polso, indossava ancora l’orologio della Fondazione, sempre in collegamento con KITT e suo padre, unico altro membro che lo possedeva.
“Si!”
Ma appena lo avvicinò alle labbra per parlare, si accorse che il pulsante che lo permetteva era diventato un semplice tasto per cambiare l’ora.
“Cosa?!” tentò più volte di farlo partire ma ottenne un pessimo risultato e l’orologio iniziò a segnare un orario completamente sballato.
“No…no…no!”
Inutile.
Sbuffò sonoramente ed evitò di urlare dalla frustrazione.
Riprese a camminare, lo fece per quasi venti minuti, finchè non si ritrovò in mezzo ad una strada.
Non conosceva il percorso ma fu grata di essere finalmente in un punto di passaggio.
Attese qualche istante, magari qualcuno passava e si faceva dare un passaggio.
Sua madre l’avrebbe uccisa, ma almeno tornava a casa.
Purtroppo non passò nessuno.
Se quella non era sfortuna, non sapeva come chiamarla.
Si incamminò ancora, prima o poi doveva arrivare da qualche parte.
Svoltò a destra e, in lontananza, vide un cartello strada.
Ringraziò il cielo e corse finchè non riuscì a leggere.
-BENVENUTI A STORYBROOKE-
Storybrooke?
Che razza di città era?
Non l’aveva mai sentita e, per quanto la riguardava, aveva un nome talmente assurdo che era impossibile esistesse davvero.
Peggio non poteva andare, almeno lì qualcuno che poteva aiutarla c’era di sicuro.
Ci volle mezz’ora prima che raggiunse le prime case.
Poca gente bazzicava lì, la maggior parte era concentrata più avanti, in quello che doveva essere il centro.
Non era malvagia come città, nonostante il nome assurdo.
Strade ben asfaltate, negozi, uffici, tavole calde e pub.
Decisamente meglio di ciò che aveva immaginato.
Nel vagare osservava le persone, cercando quella giusta a cui chiedere senza sembrare una pazza.
Fu lieta di vedere che tra i vari passanti c’era un signore che conosceva.
Questo poveretto era anziano ma ancora bello arzillo e recava sul volto una cicatrice dovuta alla guerra.
“Signor Cleveland!” si avvicinò a lui “buongiorno signore!”
L’uomo sobbalzò e la guardò con un sopracciglio alzato
“Ci conosciamo?”
“Sono Amelia Knight, non si ricorda?”
“Devi avermi confuso per qualcun altro cara” sorriso l’uomo, guardandola con pietà
“Ma…lei non è il signor Cleveland?”
Lui scosse la testa
“Sono il signor Bentley”
Amy volle sprofondare.
“Mi…mi dispiace, non volevo disturbare”
“Di niente, buona giornata cara” e se ne andò.
Non era pazza e, soprattutto, era più che certa di conoscere quel tizio.
Lei e suo padre lo avevano aiutato a rimettere in piedi un negozio dopo una rapina qualche anno prima e da allora lei frequentava sempre quelle zone per fare un saluto.
E adesso che lo vedeva non la riconosceva.
Poteva benissimo avere un gemello, ok, ma allora perché questo gemello aveva la stessa cicatrice, delle stesse dimensioni e nello stesso posto?
O sognava o qualcosa non andava.
Più probabile la seconda.
“Sto impazzendo”
“Se impazzisci solo perché confondi le persone, allora siamo tutti pazzi” una voce alle sue spalle la fece sobbalzare.
“Scusa, non volevo spaventarti” un ragazzo, alto capelli castani fino alle spalle e con tanto di barba e baffi, osservava Amy con sguardo interrogativo e la scrutava attentamente “Sono Aaron Mind, psicologo della città” si presentò allungando una mano e stringendo quella di Amy “Non sei di queste parti vero?”
Amy scosse la testa, un per confusione e un pò perché come ragazzo non era per nulla malvagio, anzi!
Aveva un non so che di misterioso che lo rendeva affascinante, anche se non aveva idea di chi esso fosse.
Ad ogni modo, cercò di non sembrare più pazza di quello che già si sentiva e voleva evitare figuracce.
“Sono…appena arrivata”
“Lo notavo” sorrise Aaron “posso avere l’onore di sapere il tuo nome?”
“A…Amelia…Amelia Knight”
“Amelia, sicuramente ti farai chiamare Amy per comodità e sei qui alla ricerca di qualcosa, anzi! Qualcuno”
Come faceva a saperlo?
Indietreggiò di un passo
“Tranquilla, non sono un veggente ho tirato ad indovinare ma di solito ci azzecco” disse lui “dopotutto sono uno psicologo”
Amy sospirò “Già…”
“Ad ogni modo, se posso esserti utile…” tirò fuori un biglietto da visita “vieni pure a trovarmi, faccio anche da supporto morale” ammiccò, estorcendo un piccolo sorriso dalla ragazza.
“Grazie…” rispose lei “senta io…”
“Dammi pure del tu” la fermò lui “il LEI mi fa sentire così vecchio”
“Oh ehm…ok…io avrei…bisogno di sapere dove si trova l’ufficio dello sceriffo”
Aaron ci pensò su “L’ufficio si trova appena svolti l’angolo laggiù” ed indicò una via sulla destra “ma a quest’ora starà facendo il suo giro di pattuglia e poi va a fermarsi al Granny’s” mostrò invece la tavola calda dall’altro lato della strada “Prova ad aspettarlo lì, almeno non stai qui al gelo”
Salutò e se ne andò, lasciandola sola sul marciapiede.
Anche se non aveva concluso nulla, era sempre meglio di niente.
Sospirò e frugò nelle tasche, trovando due dollari.
Almeno si consolò sul fatto che poteva permettersi un caffè.
Attraversò la strada ed entrò nel locale.
Faceva un bel calduccio e sentì il suo corpo rilassarsi a quel tepore.
Il bar era vuoto.
Come cosa era strana.
Cercò un orologio e quando lo trovò vide l’ora.
Erano le dieci del mattino.
O tutti erano al lavoro o c’era qualcosa che non andava.
“Salve!” da quella che doveva essere la cucina, spuntò fuori una ragazza, forse della sua stessa età, dai capelli biondo platino raccolti in due trecce ordinate.
“Salve”
“Wow!” esclamò la ragazza “sei nuova? Non c’era mai stato un forestiero, sei la prima! Come ti chiami?!”
Amy ci mise alcuni secondi a realizzare e anche la ragazza si accorse della velocità con cui aveva parlato.
“Scusami, non volevo essere invadente, è che non ci sono mai stati forestieri in questa città”
“Tranquilla” rispose Amy “ad ogni modo mi chiamo Amy”
“Io sono Mina tanto piacere di conoscerti” Mina risultava molto amichevole.
Per essere una che gestiva una tavola calda, Amy notò che Mina era molto magra e sembrava una che la notte dormiva poco, anzi niente.
“Allora? Cosa posso servirti?”
“Un…un caffè grazie”
Mina eseguì alla svelta “Da dove vieni?” chiese per fare un pò di conversazione “scusa se sono curiosa”
“Figurati” Amy sorseggiò il caffè.
Ci voleva proprio.
Che poteva dirle?
Che una nube viola l’aveva portata lì? Altro che pazza e altro che psicologo affascinante.
La rinchiudevano.
“Da…da lontano, estero”
“Capito” Mina alzò un sopracciglio, la risposta non era convincente e iniziò a sospettare qualcosa.
Scrollò le spalle e non volle indagare oltre, lavando alcuni piattini e tazze nel lavandino.
“Stavo cercando lo sceriffo” cambiò discorso Amy “sai dirmi dove posso trovarlo?”
Mina ci pensò e guardò l’orologio
“A momento dovrebbe arrivare il vice sceriffo e subito dopo lo sceriffo”
Amy notò che alla parola “vice sceriffo”, Mina aveva assunto una sguardo mezzo sognante.
Sorrise appena.
Come da previsioni della barista, la porta si spalancò ed entrò quello che doveva essere il vice.
Ebbe la conferma dal sorriso di Mina quando lo vide.
Era un ragazzo molto giovane, con i capelli neri e il ciuffo, jeans praticamente attillati e camicia gialla, con la stella delle autorità sul petto.
“Buongiorno Mina” salutò lui con un enorme sorriso, avvicinandosi al bancone “come stai?”
“Buongiorno sceriffo” salutò Mina “Non c’è male grazie” poi si avvicinò a lui, come per sussurrare “immagino che Jeff sia da voi”
Il vice annuì “Ti aspettavi diversamente?”
“Non sai quanto mi vergogno” Mina era diventata rossa “mi dispiace”
“La colpa non è tua” la rassicurò il vice “ma se non si danno una regolata tutti e quattro la situazione si farà pesante”
“Si lo so” Mina abbassò lo sguardo e preparò un caffè per il vice, tornando poi a lavare i piatti.
Amy, nel frattempo, finì la sua tazza e prese i soldi, che mise sul bancone.
“Salve” salutò il vice “perdona se te lo chiedo ma…non mi sembri un volto famigliare”
“Ehm…sono appena arrivata”
“Non ci capitano molti forestieri” allungò la mano “io sono il vice sceriffo Lowell”
Amy la strinse “Io sono Amelia”
“E’ un piacere, Amelia” disse con un cenno del capo “sei così giovane, avrai forse la sua età” indicò Mina “come mai da queste parti?”
“Sto cercando alcuni parenti e so che sono qui”
Si sentiva un emerita stupida.
Ma ormai che poteva fare? Vice sceriffo o meno, era l’unico che poteva aiutarla.
“Se mi dici i loro nomi magari posso aiutarti”
Amy fece per rispondere, quando la porta del locale si spalancò ed entrò un uomo che, dalla stella, doveva essere LO sceriffo.
Amy si sentì sprofondare.
Giacca nera, camicia rossa e jeans neri.
“Papà…” mormorò ma, nel silenzio, la udirono tutti, compreso l’interessato.
“Prego?” la guardò l’uomo stupito
“Papà!...sono Amy!” disse “non ti ricordi?”
Tutti la guardavano accigliati, come se fosse pazza.
Si era detta di non fare altre figure, ma non era riuscita a mantenere questa promessa.
Amy pensò che fossero loro i pazzi.
Ma che diamine era quella nube che l’aveva portata lì? E che diamine aveva fatto alla sua famiglia?
Aveva davanti suo padre e nemmeno la riconosceva.
“Io…mi dispiace…” corse fuori a gran velocità.
“Amy aspetta!” cercò di fermarla Mina, ma con insuccesso “mi spiace sceriffo Kostner”
L’uomo sorrise “Figurati, vado a vedere che succede” ed uscì con l’intenzione di seguirla.
Amy, intanto, era corsa nella stessa direzione da cui era venuta, attirando su di se lo sguardo dei passanti.
Qualcosa non andava.
Tutti erano strani e suo padre non la riconosceva nemmeno.
Che diavolo era successo?
Arrivata all’altezza del cartello stradale “State lasciando Storybrooke” si fermò.
La sua prima idea era quella di andarsene ma, se suo padre era lì e non la riconosceva come poteva farlo?
Avrebbe dovuto starsene lì e aiutarlo, trovare anche sua madre, suo zio e KITT.
La figuraccia fatta poco prima le si stava ritorcendo contro.
Aveva lo stomaco sottosopra e sentiva il bisogno di piangere.
Cercò di calmarsi.
Scappare non era una soluzione.
Doveva restare.
Avrebbe risolto quella situazione da sola.
Si addentrò nella foresta, cercando di restare nel territorio della città.
Mentre camminava, però, avvertì dei passi dietro di lei e quando si voltò per vedere cosa la stesse seguendo, emise un grido.
Si trovò, a circa due centimetri, suo padre.
“Calmati, non voglio farti del male”
Amy indietreggiò di alcuni passi
“Tranquilla” teneva le mani alzate, per segnalare che era disarmato “non ti farò del male” poi alzò lo sguardo e lo puntò dietro Amy.
Anche lei si voltò, senza capire.
“Vieni dietro di me” le disse lo sceriffo “e indietreggia lentamente”
Anche se poco convinta, eseguì l’ordine.
Benchè suo padre non avesse la minima idea di chi lei fosse, si fidava lo stesso di lui.
Diede un'altra occhiata e finalmente vide cosa lo aveva fatto fermare.
In lontananza, fra gli alberi, vi era un lupo.
Era completamente nero e portava al collo una specie di bandana rossa.
Il lupo tentava di avvicinarsi ma lo sceriffo indietreggiava e obbligava Amy a fare lo stesso.
“Corri alla macchina, svelta!”
Lei obbedì e corse fuori dalla foresta.
Vide subito la macchina dello sceriffo e vi si infilò dentro, non vedendo però suo padre tornare
“Papà!” ma nulla “papà!”
Lo vide spuntare in lontananza.
Anche lui di corsa.
Salì in macchina e mise in moto, tornando verso la città.
“Sei impazzita ad intrufolarti nella foresta?” domandò lui “Mina non ti ha detto niente?”
Amy scosse la testa
“Dracula è Pericolo, sta lontano dalla foresta”
“Dracula?”
“Il lupo che hai visto”
Amy respirava affannosamente
“Ad ogni modo…” cercò di darsi una calmata anche lui “come ti chiami?”
“Ma…” giusto…lui non si ricordava di lei.
Qualunque nome avrebbe detto sarebbe stato nuovo.
“Amelia Knight”
Lo sceriffo la guardò velocemente, lo sguardo stupito e quasi allucinato.
Lo sceriffo sentì un battito mancargli ma non vi diede peso
“Bene, Amelia Knight, io sono lo sceriffo Kostner e pattuglio questa città” disse, dando ad Amy la conferma di ogni suo pensiero.
Era completamente sola.
Il signor Cleveland passi, ma non suo padre.
“Dove sono i tuoi genitori?”
“Sono in vacanza da sola e…sto anche cercando un posto dove stabilirmi e cercarmi un piccolo lavoretto”
“Non sei un pò troppo piccola?”
“Ho sedici anni”
“Sedici anni o no, dovresti comunque essere sotto la tutele di qualcuno” sospirò “hai un luogo dove stare?”
Amy non ci aveva pensato e non era neanche il suo pensiero principale.
Scosse la testa.
Lo sceriffo ragionò
“Al momento il Bad and Breakfast è pieno” disse “per stanotte, dormirai in centrale, così verifichiamo anche la tua situazione e domani ti accompagnerò io”
Amy si rassegnò e si fece scortare fino alla centrale, la situazione era degenerata.
 
PERSONAGGI USATI:
 
SCERIFFO KOSTNER: quello l’ho già detto, è il papà di Amelia Knight (mia OC). Personaggio di Supercar, nome originale MICHAEL KNIGHT
SCERIFFO LOWELL: Corrispose a LUCKY LUKE della serie dei Fratelli Dalton (quelli su K2)
MINA: corrisponde alla mia OC EVELYN DALTON (anche lei proviene dalla serie dei Dalton e sarebbe la loro sorella minore adottiva)
AMY KNIGHT: ha davvero bisogno di descrizioni? Vi dico solo che è la mia OC dalla seria Supercar, figlia di Michael e Bonnie
SIGNOR CLEVELAND: primo tizio con primo nome che mi è venuto in mente giusto per far fare figuracce ad Amy XD
JEFF: verrà menzionato meglio dopo, fratello maggiore di MINA (Evelyn) arriva dai Dalton
AARON MIND: corrisponde a Charles Xavier giovane (saga degli X-men)

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Capitolo 3
*** I Darwin ***


Terzo capitolo!
Dovevo metterlo assieme al precedente ma ho preferito dividerlo in due.
Poi ci vediamo sotto
 
 
Fregata.
Si era fregata con le sue stesse mani e grazie a suo padre, che nemmeno aveva idea di star parlando con la figlia.
Raggiunsero la centrale e trovarono, all’ingresso, il vice sceriffo Lowell con due ragazze.
Quando scesero dalla macchina le guardarono.
“Nuove iniziative?” domandò lo sceriffo Kostner.
Le due si voltarono ed Amy rimase a bocca spalancata nel vedere l’enorme differenza che correva fra loro, non che la cosa fosse strana ma, in quel caso, era ancora più evidente.
Una delle due non sembrava nemmeno un essere umano talmente era strana.
Aveva i capelli neri lunghi fino al fondo schiena, un sorriso che metteva in risalto i canini abbastanza pronunciati e la pelle talmente bianca da sembrare un cadavere.
Eppure era molto vitale.
L’altra invece era una ragazza semplice, con un paio di jeans e una maglietta simile ad una camicia medioevale, con tanto di gillette dorato a fiorellini bianchi.
Sembrava uscita da un teatro.
Quest’ultima prese la parola “Sceriffo Kostner!” si avvicinò a lui con un volantino “lei sarebbe disposto a partecipare al talent show che si terrà nella sala delle conferenze del municipio?”
Lo sceriffo prese il volantino e sorrise “Come avete convinto il sindaco stavolta?”
La ragazza dalla pelle bianca alzò le mani e si ritrasse, mentre l’altra sbuffò
“Lasciamo perdere” tagliò corto, per poi voltarsi verso Amy “Ciao!”
“Ciao”
“Sei nuova?” chiese la ragazza dalla pelle bianca
“Ehm…”
“Non avete iscrizioni da prendere ragazze?” intervenne lo sceriffo Lowell, che Amy ringraziò con lo sguardo.
“Giusto!” allungarono la mano “ad ogni modo, se sei interessata chiedi di Madeline e Sally”
“Io sono Madeline” si identificò la bianca
“Oh si, ci penserò grazie” e le vide andar via.
Lo sceriffo sospirò e la scortò dentro.
“Sally cerca sempre di creare iniziative per il paese”
“E’ una cosa positiva”
“Dipende” rispose Lowell “se per positivo si intende che dobbiamo fare gli straordinari”
Si udì uno sbuffo molto sonoro.
“Che problemi hai Jeff?” domandò Kostner
“Se mi lasciate andare non fareste gli straordinari”
I due sceriffo sospirarono e lo ignorarono.
Lowell si mise alla scrivania e accese il computer “Adesso dovrai darci le tue generalità” spiegò “così potremo registrarti”
“Ma non ho commesso un reato”
Kostner rise “Ma no, non è per questo” la tranquillizzò “è solo la prassi, tieni conto che sei minorenne e sola”
“E’ il nostro modo per sapere chi sei e aiutarti se ti capita qualcosa”
Amy sospirò.
Non poteva di certo dire che aveva qualcuno dove andare.
L’avrebbero accompagnata e quindi non sarebbe stata sola.
“Hai un documento con te?”
Amy si frugò nelle tasche.
Non aveva niente, nemmeno il cartellino della Fondazione da mostrare.
Presero le sue generalità e stamparono il promemoria in triplice copia
“A posto” concluse Lowell “finito, una per noi, una per l’archivio e una per te” gliela porse “Se ti chiedono i documenti mostra questo, è valido per un mese ma dovrai farti i documenti se resti qui”
Amy annuì
“Ascolta, non abbiamo altro posto dove farti stare, per stanotte starai nella cella qui a fianco” Kostner indicò la seconda cella vicino a quella dove stava l’altro tizio “Sarà aperta, perciò potrai muoverti come ti pare e piace”
“Ed io?”
“Tu sta zitto Jeff” lo ammonì Kostner “vado a fare il mio giro, affido tutto a te”
Lowell annuì e lo lasciò andare.
Restò seduto e indietreggiò un poco, quel tanto che bastava per allungare le gambe sulla scrivania.
Prese un cappello, bianco e in stile far west, dall’appendi abiti vicino e se lo mise in testa, fino a coprirsi gli occhi.
Amy entrò nella cella e si mise seduta sulla branda.
“Ehi…ehi ragazzina psss” il signore della cella a fianco la stava chiamando “ehi dico a te”
Amy si avvicinò.
Notò che non era difficile stare alla sua altezza, erano uguali…cioè molto bassi.
La stessa altezza, si e no, della ragazza del bar, Mina.
Non era una gran bellezza, capelli neri spettinati, un naso enorme e due baffi appuntiti che spuntavano sotto di esso.
“Tu sei nuova della città, se non ho capito male, dico bene?” lei annuì “bene, mi presento io sono Jefferson Darwin, ma puoi chiamarmi Jeff e sono il responsabile…bancario…della banca della città”
“Io sono Amy”
“Bene Amy, vorrei porti un quesito” lei si mise in ascolto “se tu avessi un parente che viene arrestato perché sta vagando senza meta per strada, giusto per sgranchirsi le gambe, che cosa faresti?”
“Non lo so…”
“Fai un sforzo ragazzina”
Amy ci pensò ma capì dove voleva andare a parare e capì anche a cosa alludeva.
Qualunque cosa quell’uomo avesse fatto, c’era un motivo per farlo stare dentro.
Fece un passo indietro “Non credo di poter rispondere”
“Cosa?!”
“Se mi sta chiedendo di uscire non posso aiutarla”
“Mi portano qui dentro ogni volta che ne hanno l’occasione e per una volta che non faccio niente mi sbattono in cella” disse “tu mi dai una mano ed io vedrò di ricambiarti il favore, ci stai?”
Amy decise di ignorarlo e tornò sulla branda.
“Ehi ma che fai!?”
“Non vado contro la legge”
“Andiamo!” Amy scosse la testa “voi donne siete tutte uguali!” sbuffò sedendosi a sua volta.
Amy lo ignorò e cercò di non badare alle parole irripetibili.
Era chiusa nella centrale di polizia, senza aver commesso reati e vicino a suo padre che non sapeva niente.
Ma che diamine era successo? Ma, soprattutto, come diamine era possibile che lei sapeva chi era mentre lui no?
Allora anche gli altri dovevano essere persone che non avevano la minima idea della loro identità.
O forse era solo lei e la sua famiglia?
In quel momento ebbe la strana voglia di farsi sbranare dal lupo che aveva visto con lo sceriffo.
Magari si evitava tutti questi problemi.
“Ma quanto ci mette mia sorella ad arrivare?”
A quella frase, Amy alzò lo sguardo
“Sua sorella?”
“Fatti gli affari tuoi ragazzina!”
“Sta parlando di Mina?”
“E tu come la conosci?”
“Sono stata al bar poco prima di venire qui e…”
“E..?”
“E…ecco…”
“Sceriffo Lowell” il discorso si concluse lì, proprio quando la persona nominata fece capolino dall’ingresso.
Lowell, che aveva tirato giù le gambe e si era tolto il cappello, la guardò “Ciao Mina”
“Ho portato i centoventisette dollari” mise una busta sulla scrivania
“Ma sei impazzita!?” sbottò Jeff “che stai facendo!?”
“Mina…”
“La prego sceriffo Lowell”
I due si guardarono molto intensamente, poi lui sospirò e si alzò.
Aprì la cella e fece uscire Jeff.
Mina subito lo strinse e lui, nonostante l’aria scorbutica, ricambiò.
“Ma sei uscita di testa Mina?!”
“Lo sto facendo per te Jeff, per la nostra famiglia”
“Se nostra madre ti vedesse ti ucciderebbe”
“Ucciderebbe te lo sai”
“Se dovete discutere discutete fuori” lo ammonì Lowell.
Lui e Jeff si lanciarono uno sguardo di fuoco.
“Amy”
“Ciao Mina”
“Che è successo?”
“Stanotte resterà qui, domani la porteremo al Bad & Breakfast di Cora”
Mina ragionò, ignorando il fratello che la chiamava per andare.
“Può venire a stare da noi”
“Cosa?” chiese Amy.
Lowell alzò un sopracciglio
“Puoi venire da noi, puoi stare quanto vuoi, il posto lo abbiamo”
“Mina non credo sia una buona idea”
“Ha ragione!”
“Ti sbrighi!” Jeff non li stava ascoltando e attendeva fuori, borbottando.
“Preferisci una cella?”
“No ma…”
“Problema risolto” lanciò un altro sguardo a Lowell, che sospirò un'altra volta e fece firmare a Mina la liberatoria.
Poi fece cenno ad Amy di uscire.
Lei eseguì.
“Vai pure da Jeff io arrivo subito” le sorrise ed Amy obbedì.
Sballottata ovunque.
Si sentiva come un pacco postale.
Benchè fosse rimasta con suo padre fino a poco prima, il fatto che lui non ricordava nulla era come se non esistesse.
Ad Amy mancava.
Mancava da morire.
Nel frattempo, Jeff batteva il piede con fare nervoso e, quando la sorella uscì, sbuffò “Era ora”
“Anche io ti voglio bene Jeff”
“Forza muoviti pulce” e le superò, lasciandole dietro
“Muoviti pulce” lo scimmiottò Mina, ridendo con Amy “nano”
“Ti ho sentito!”
**********************
La casa di Mina era un appartamento abbastanza grande ma molto fatiscente.
I muri stavano su per miracolo.
A quel punto si aspettava di vedere degli scarafaggi ma, al contrario, era tutto pulito e ordinato.
Si vede che c’era il tocco di Mina, anche il bar era pulito uguale.
“Gli altri miei fratelli arriveranno a breve, tu mettiti pure comoda, il bagno è laggiù” indicò la seconda porta sulla sinistra.
“Ok, grazie…sei sicura di volermi ospitare?” chiese “insomma…non mi conosci nemmeno”
“Sei giovane, simpatica, hai l’aria affidabile”
“Ok ma potrei essere chiunque”
Mina rise “Vivi con i miei fratelli ventiquattro ore e poi ne riparliamo”
Anche Amy rise “Hai altri fratelli?”
“Altri tre” rispose, facendo spalancare la bocca ad Amy “in totale siamo in cinque”
“Caspita!”
“E tu? Hai fratelli?”
Amy scosse la testa, a meno che non considerava KITT.
Per lei era come avere un fratello maggiore.
I loro pensieri vennero interrotti dalla porta di ingresso che si apriva.
Altri uomini, uguali a Jeff ma con altezze diverse che Amy identificò come gli altri fratelli, entrarono.
“Mina!” quello più alto, sarà stato si e no due metri, corse incontro alla sorella e la strinse forte.
“Arvey mi stritoli” venne lasciata “ciao fratellone, ciao ragazzi”
“Ciao Mina” video Amy “vedo che hai invitato un amica”
“Si, lei è Amy” fece cenno a quest’ultima che poteva avvicinarsi e che erano innocui.
“Io sono Jamie, molto piacere” salutò il primo, che era poco più alto di Jeff
“Io Wayne” lui era più alto di Jamie
“Ed io sono Arvey!” questo, invece, era il più alto ed Amy capì perché Mina chiamava Jeff nano.
Si dissero delle cose private, Amy cercò di non ascoltare ma non era così facile.
“La signorina ha usato i soldi dell’affitto!” spiegò Jeff
“Ho usato solo un dollaro di quelli riservati all’affitto, gli altri sono le mance della settimana scorsa”
Jamie, Wayne e Arvey non parlarono anzi.
Arvey aveva uno sguardo molto infantile e l’espressione attuale era simile a quella di un bambino che cerca di comprendere i discorsi degli adulti.
“Lo sai che ci servono!”
“Dipendesse da te l’affitto non si pagherebbe”
“Ha ragione”
“Sta zitto Wayne!” sbottò Jeff, che poi puntò il dito contro Mina “e tu” lo sguardo era minaccioso “vedi di trovare quel dollaro mancante entro domani o ti faccio sentire l’ebrezza di un volo giù dal secondo piano!”
“Preparo il macinato e lo porto alla vicina!” si offrì Arvey, ottenendo uno sguardo serio da parte di tutti
“Se non stai zitto, razza di imbecille, te lo dico io dove ti metto il macinato”
“Scusate…” si intromise Amy, che alla fine non era riuscita a stare zitta.
Si rivolse a Jeff, dandogli stavolta del tu “Se ti do il dollaro mancante, la smetteresti di sbraitare?”
“E tu che cosa vuoi? Non immischiarti negli affari di famiglia!”
“E tu vedi di portare rispetto a tua sorella che è venuta a tirarti fuori di prigione”
“Questi non sono affari tuoi ragazzina”
“Jeff piantala!” li fermò Mina “Amy ti prego, basta”
“Impicciona!”
“Jeff!”
Ed infine calò il silenzio.
Un silenzio che durò qualche istante, ma che parve durare secoli.
Amy frugò in tasca e prese l’ultimo dollaro che aveva “Tieni”
“Amy no, non posso accettare”
“Tu intanto prendilo, poi ne riparliamo”
A Mina vennero gli occhi lucidi e anche i fratelli, Jeff a parte, la ringraziarono.
***********************
Pranzarono e passarono il resto del pomeriggio a sistemare casa.
Jamie era andato al bar e lo aveva gestito lui.
Di solito tra fratelli scoppiano sempre guerre su chi deve fare cosa.
Per Amy era strano vedere cinque fratelli gestire una casa senza i genitori.
I quattro uomini erano maggiorenni mentre lei era l’unica minorenne.
Non fece alcuna domanda, anche se Mina sapeva ciò che frullava nella testa dell’amica.
Seppe solo che la madre era scomparsa e che i fratelli si prendevano cura di lei, mandandola a scuola e dandole ciò che serve ad una ragazza della sua età.
Aiutava a gestire il bar solo nel weekend.
Per Amy era qualcosa di straordinario, nonostante la situazione difficile.
Passò il tempo ad aiutarli a sistemare in giro e imparò a conoscere meglio i fratelli, Jeff se ne stava in disparte.
Jamie lavorava nel minimarket della città.
Wayne era professore di matematica alla scuola dove studiava Mina, che non era particolarmente felice che suo fratello facesse il maestro nella sua classe.
Arvey aveva un negozio di giocattoli con tanto di saletta per feste di compleanno, era l’idolo di tutti i bambini.
Jeff, invece, riparava le porte e le metteva su, ma il lavoro non gli girava bene e ultimamente vagava in giro in cerca di clienti.
Amy non indagò, ma immaginò che fosse a causa del suo carattere scorbutico
Il pomeriggio trascorse velocemente.
Quella sera Arvey, che Amy scoprì essere un ottimo cuoco, fece lui stesso la pizza e mangiarono a sazietà.
Mina, dal canto suo, era molto restia a voler mangiare la pizza.
Le piaceva ma si sentiva indisposta e quindi saltò il pasto, promettendo al fratello che se le lasciava una fetta l’avrebbe mangiata più tardi.
“E’ un periodo che non mangi molto”
“Lo so ma non ho molta fame, ho molti pensieri”
“Quello anche noi” borbottò Jeff “qual è il problema”
“Niente te l’ho detto, sono solo un pò indisposta tutto qui”
“Lo sei sempre”
Mina sbuffò e lo ignorò, lavando lei i piatti, con l’aiuto di Amy, mentre i fratelli si misero a fare i tornei alla playstation.
“Un giorno gliela vendo” borbottò Mina
“Sembra che giochino tranquilli”
Mina scosse la testa e fece un piccolo conto alla rovescia.
“Tre, due, uno…”
“Arvey tocca a me!”
“Ma io non ho giocato ieri sera”
“E’ il turno di Jamie e Jeff, tu sei domani con me”
“Ma io volevo giocare”
“Play station mia, regole mie, siamo pari”
“Non è giusto”
“Io sono il maggiore”
“Ma se sei piccolo”
“NON SONO PICCOLO!” urlò Jeff “SONO SOLO DIVERSAMENTE ALTO COME VE LO DEVO DIRE!”
Mina ed Amy ridevano come matte a sentirli litigare.
Erano buffi.
“Non devi aiutarmi” disse Mina, calmandosi “sei mia ospite, non avresti dovuto fare neanche la casa”
“Appunto perché sono tua ospite mi sento in dovere di dare il mio contributo”
“Si ma…”
“Niente ma, stai facendo fin troppo per me” le fece l’occhiolino.
Mina sorrise grata, per poi essere interrotta dal suo cellulare che squillava.
Un certo “C”
Quando vide chi la chiamava ebbe un sussulto e, dopo un piccolo ripensamento, mise giù.
Amy non chiese e proseguì il lavaggio.
La cosa durò poco.
Il telefono squillò ancora.
Ancora “C”
“Insistente questo C” fu l’unico commento che riuscì a fare
“Già…” Mina non era infastidita.
Avrebbe tanto voluto rispondere ma non ne aveva il coraggio.
Nuovamente mise giù la telefonata e spense il cellulare.
Finì di lavare i piatti e se ne andò in camera sua, dicendo ad Amy di seguirla.
Una volta chiuse dentro si sedette sul letto sospirando.
“Ehm…se non sono invadente…chi è C?” chiese Amy.
“Nessuno”
“Mmh…”
“E’ solo un ragazzo”
Amy sorrise maliziosa “E’ carino?”
“Da morire” Mina guardò la porta, assicurandosi che nessuno dei fratelli origliasse “se ti svelo un segreto lo mantieni?”
Amy annuì
“C sta per Christopher”
“Beh…come segreto è strano”
“Ecco…non è proprio questo il segreto” precisò “si tratta di…”
Vedendo che Mina esitava, le mise una mano sulla spalla
“Non sentirti obbligata” disse Amy “anzi, scusami se faccio la curiosa”
Mina scosse la testa “Devo dirlo a qualcuno altrimenti scoppio, se lo dico ai miei fratelli viene fuori un disastro, specialmente con Jeff, che lo odia”
“Quindi Jeff lo sa?”
“No…è complicato…lo conoscono ma certi dettagli no, non ne hanno neanche la più pallida idea”
“Mi sembra che Jamie e Wayne siano molto ragionevoli e stessa cosa Arvey”
“Loro si, ma Arvey lo urlerebbe ai quattro venti e Jeff mi ucciderebbe”
“Capisco…comunque…chi è?”
“Christopher Lowell…il vice sceriffo”
 
 
 
1) per chi segue “Once upon a time”, le vicende non sono uguali identiche con personaggi diversi.
Sono anch’esse totalmente diverse, è solo l’ambientazione e la situazione inerente alla memoria.
Ho messo gli avvertimenti ed avevo specificato che non era adatta ai pignoli.
 
2) messaggio per Evelyn80: hai mica notato qualche…differenza dalla Evelyn delle mie storie? Eheheh
 
3) i nuovi nomi sono: MADELINE e SALLY (i fratelli di Mina avete già capito chi sono e per chi non lo sapesse sono i fratelli Dalton).
Le due ragazze sono rispettivamente: MARCELINE (Adventure Time) e SARAH WILLIAMS (Labyrinth)

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Capitolo 4
*** Di lavoro e di Sfide ***


Amy spalancò la bocca e fissò Mina con sguardo stupito.

“Il vice sceriffo!?”

“Shhh!” Mina le fece cenno di abbassare la voce “i miei fratelli non devono saperlo”

“Che c’è di così strano?”

“Sei l’unica che mi farebbe questa domanda”

Amy la guardi interrogativa.

“Mi aspettavo cose tipo...lui è più grande di te, va contro la legge, la differenza di età...”

“Per quanto grande, non ci vedo niente di strano” Amy alzò le spalle “se lo ami devi esserne sicura tu...e anche lui, ovviamente” precisó “al diavolo gli altri”

“Tu come reagiresti se scoprissi che tua sorella sta insieme alla persona che odi di più?”

Amy ci pensò.

“La odio io, non tu quindi me lo farei andar giù”

Mina sospiró.

Se solo i suoi fratelli ragionassero così, Jeff in particolare.

Spiego ad Amy come stava la faccenda.

I suoi fratelli consideravano buona ogni occasione per fare disastri, tra cui atti vandalici di ogni genere.

Lei non riusciva ad avere amici e il bar era tutto ciò che aveva.

Nonostante i fratelli fossero degli scapestrati, il bar era frequentato per via del fatto che era meno caro del pub all’altro lato della città.

Eppure i suoi fratelli non erano cattivi.

Jeff sapeva essere dolce se voleva, mentre gli altri non sapevano cosa fosse la cattiveria.

Si lasciavano sempre trascinare e di solito era Arvey a farli beccare.

Lei e Lowell avevano iniziato a frequentarsi dopo l’ennesimo arresto del maggiore.

Anche se era lui a catturarli, si era dimostrato molto gentile e disponibile.

Erano però due mesi che lei non voleva vederlo.

Presentarsi per la cauzione del fratello era stata una tortura.

La motivazione non la disse, ma doveva essere qualcosa di serio.

“Me ne andrò Amy” concluse “andrò via da questa città”

“E dove andrai?”

“Non lo so...forse a Boston” rispose “ho sentito che ci sono grandi opportunità laggiù e poi potrei raccontare di essere uscita per prima”

“Per prima?”

“Tu sei la prima forestiera che capita da quando ho memoria, io sarò la prima ad uscire da qui”

Amy spalancò di nuovo la bocca.

Nessuno entrava, nessuno usciva

“Perché non è mai uscito nessuno?”

“Dicono che accadono cose brutte a chi lascia la città, incidenti” spiegò Mina “ma io non sono superstiziosa e intendo uscire”

“E Lowell?”

“Chris capirà” poi si avvicinò all’armadio e prese delle coperte, un cuscino e un pigiama.

Li porse ad Amy, che si cambiò.

“Ad ogni modo...Chris ha l’età di mio fratello Arvey”

Amy contó sulle dita, ma non sapendo l’età doveva fare un conto approssimativo

“Venti?”

“Ventisei”

“Urca!”

Mina rise e aiutó Amy a fare il letto, composto da un materasso sul pavimento.

Amy era grata per l’aiuto ricevuto e avrebbe fatto di tutto per sdebitarsi.

Non poteva pesare sulla famiglia Darwin a lungo.

Anche se avrebbe voluto aiutare suo padre a ricordare e cercare sua madre, KITT e suo zio Devon, l’indomani si sarebbe messa a cercare un lavoro.

Avrebbe tanto voluto avere un cellulare.

Suo padre non glielo voleva comprare perché erano sempre in contatto tramite l’orologio.

Lo stesso orologio che adesso aveva la sola funziona oraria.

Non avrebbe potuto contattare nessuno.

Non avrebbe potuto parlare con KITT.

Lei e Mina parlarono ancora un po’, infine spensero la luce.

L’unico sveglio era Jeff, che guardava la televisione con fare annoiato.

Che strana e splendida famiglia.

Quanto avrebbe voluto avere la sua con se.

Avvicinò l’orologio alle labbra, sperando in un miracolo.

“Buona notte mamma, buona notte papà, buona notte zio Devon, buona notte KITT”

E chiuse gli occhi.

************************

Esistevano due detti:

Il primo: il mattino ha l’oro in bocca 

Il secondo: il buon giorno si vede dal mattino

Entrambi si sono rivelati veri.

Amy venne svegliata da un raggio di sole dorato, che penetrava dalla finestra, che riscaldava e dava una luce particolare alla stanza.

E poi, una volta in cucina con gli altri, venne accolta dal profumo dì pancake appena sfornati, con tanto di sciroppo d’acero, preparati da Arvey.

“Buongiorno” esultò quest’ultimo “ho fatto i pancake!” Ne riempì un piatto e lo passò alle ragazze.

“Sei unico fratellone”

Arvey sorrise a trentadue denti, con aria soddisfatta.

“Si si buongiorno un corno” borbottò Jeff 

“Ma è scorbutico anche la mattina?” Mormorò Amy a Wayne, che era seduto vicino a lei

“A volte è anche peggio” rispose invece Jamie

“Guardate che vi sento!”

Mina rise e andò alle sue spalle, abbracciandolo da dietro

“A me invece lo dai il buongiorno come si deve?”

Jeff sbuffó 

“Eddai fratellone” lo incalzò lei “sono la tua sorellina”

“Appunto”

Mina rise ancora e diede un bacio sulla guancia al fratello, che fece un leggero sorriso.

In fondo voleva bene alla ragazza.

“Che programmi hai oggi?” Domandò Wayne a Amy

“Innanzitutto cercherò un luogo dove stare e poi un impiego...o viceversa”

“Ma puoi restare qui” asserì Mina, che non voleva perdere la sua nuova amica.

“Ha ragione” si intromise Arvey “chi farà da assaggiatrice ai miei piatti speciali?”

“Imbecille” borbottò Jeff.

“Siete stati tutti molto gentili ragazzi...anche tu Jeff” sottolineò Amy “ma voi avete i vostri affari ed io i miei e preferisco non intralciare nessuno”

Fece capire che voleva chiudere li il discorso.

Dopo colazione si vestì e ripiegó le coperte e il pigiama.

“Sei fortunata” disse Mina “oggi è lunedì e di solito la gente cerca sempre qualcuno che li aiuti”

“Speriamo” si fece la coda “Tu? Vai al bar?”

“Ripeto...” mostró lo zaino di scuola “è lunedì”

“Ah giusto”

“Mina, sbrigati!” La chiamarono dall’ingresso 

“Arrivo Wayne!” Rispose “ci vediamo più tardi, esco a mezzogiorno”

Uscirono assieme e poi si divisero.

Amy vagó a lungo per la città.

I negozi aprivano alle otto e mezza o alle nove e l’orologio della torre, che Amy si accorse solo in quel momento della sua esistenza, segnava le otto.

Aveva ancora mezz’ora di tempo, anche se le pareva di essere stata in giro più a lungo.

Che avrebbe fatto?

Si chiese anche chi poteva assumerla.

Era solo una ragazzina, senza documenti e con un verbale della polizia in tasca.

Un ottima referenza. 

Avrebbe dovuto ammazzare il tempo, sarebbe andata al bar assieme a Jamie e poi avrebbe iniziato le ricerche.

Neanche ventiquattro ore, ed era già come se fosse a Storybrooke da sempre.

Si sentiva strana…tutti erano strani.

Entrò nel bar e si mise seduta in un angolo, con la testa fra le mani.

“Ti sei già arresa?” le domandò Jamie, che si era avvicinato.

“Sinceramente non ho ancora cominciato”

“E che aspetti?”

Amy sospirò “L’apertura dei negozi”

“Sono già aperti”

Amy spalancò gli occhi “Prego?”

“I negozi sono tutti aperti a quest’ora”

“Alle otto?” guardò l’orologio della torre

“Mina non te lo ha detto?” si stupì Jamie “quell’orologio non ha mai funzionato da quando ne ho memoria”

Amy si sentì male “Mai?...”

“Mai” confermò “sono le nove”

“Cosa!?” esclamò Amy, facendo girare le poche persone presenti nel bar e facendo sobbalzare Jamie “come faccio a trovare un lavoro se sono così stupida!?” e corse fuori, ignorando Jamie che cercava di fermarla.

Corse al primo negozio che le capitò a tiro.

Un negozio di un commercialista.

Significava puntare alto, nessuno avrebbe preso una ragazzina.

Entrò.

“Buongiorno…?” disse

“Buongiorno”

Amy ebbe un tuffo al cuore.

Quella voce era famigliare.

Un signore anziano, ma ancora ben tenuto, fece capolino nella stanza.

Aveva un eleganza ed un portamento che ad Amy vennero quasi le lacrime agli occhi.

“Zio Devon…” mormorò

“Come scusa?” domandò lui, sorridendo in modo affabile.

Voleva morire.

Prima suo padre, ora suo zio.

Le mancavano sua madre e KITT, chi altro era senza memoria in quel paese?

E perché capitavano tutte a lei?

Fece un profondo respiro.

Non doveva darlo a vedere, non doveva lasciar trasparire emozioni.

Le figuracce del giorno prima le erano bastate.

“Ehm…io stavo…” deglutì “mi chiedevo se le servisse una mano in negozio, sto cercando un lavoro”

L’uomo la guardò sbalordito

“Ma non sei un pò troppo giovane?”

Amy scosse la testa “Se sono grande per la patente, posso essere grande anche per un lavoro”

“Giusta osservazione” affermò l’uomo “ma rimane il fatto che sei davvero giovane, non dovresti essere a scuola?”

E adesso?

“Lo so” rispose “ma ritengo più gratificante una giornata di lavoro che la scuola”

L’uomo era soddisfatto di tali risposte.

Amy sapeva cosa piaceva a suo zio e sapeva ogni singola risposta da dargli quando le poneva le domande.

Nonostante non si ricordasse di lei, aveva ancora le abitudini che lei conosceva.

“Facciamo così cara…” si mise seduto alla scrivania.

Una bella scrivania in noce, in tono con tutto il resto dello studio.

Tante cose antiche e costose.

Era proprio nel suo stile.

“Mi hai dato delle ottime risposte e questo mi fa capire che sei una ragazza volenterosa” precisò “io ti assumo come apprendista ma devi mostrarmi il certificato di frequenza scolastico e i tuoi documenti”

L’entusiasmo di Amy si fermò all’istante e divenne bianca.

“Ci sono problemi?”

Amy annuì e mostrò, a colui che dovrebbe essere suo zio, il foglio dello sceriffo.

L’uomo lo lesse “Ah capisco” disse, anche lui evidentemente deluso “sei appena arrivata ed hai smarrito i documenti…questo è un problema”

“Non le darò problemi…”

“Non ne dubito, ma in mancanza di documenti non posso permettermi di assumerti”

Amy sospirò sconfortata.

Se reagiva così lui, figuriamoci gli altri.

“Non abbatterti, se riesci a recuperare i tuoi documenti posso sempre tenerti un posto”

“Lo farebbe davvero?” l’uomo annuì “la ringrazio tanto signor…”

“Claiton” rispose “Sam Claiton”

Amy annuì e ringraziò, uscendo fuori dal negozio.

Si allontanò e si intrufolò in un vicolo.

Lì scoppiò a piangere.

Stava perdendo la sua famiglia.

Si sentiva quasi morire.

Suo padre vagava per la città in veste di sceriffo e con un nome da brivido, suo zio sembrava avere il nome di una marca di caramelle.

Si aspettava di vedere sua madre fare la cheerleader ed era a posto.

E KITT?

Che fine aveva fatto?

Più ci pensava peggio era.

Non doveva lasciarsi andare.

E se avesse ritrovato anche sua madre, non avrebbe dovuto lasciar trasparire nessuna emozione, proprio come aveva appena fatto con suo zio.

Non riusciva a spiegarsi perché lei si ricordava e loro no, ma scosse la testa e si diede una calmata.

Uscì dal vicolo e riprese il suo giro.

Nessuno sembrava intenzionato ad assumere una ragazzina e i pochi disponibili cambiavano idea appena mostrava il documento della polizia.

Era ora di avere dei documenti veri.

Chiese l’orario ad un passante.

Era mezzogiorno.

Si fece indicare la scuola e vi andò, in attesa che Mina uscisse.

La vide passare assieme alle due ragazze che il giorno prima le avevano proposto di partecipare al talent show.

Anche Mina si accorse di lei e la salutò, correndo verso di lei.

“Sei venuta!”

“Come promesso”

“Hai trovato qualcosa?” Amy scosse la testa “non abbatterti”

“Fosse facile…ciao” salutò poi le altre due

“Ciao, sei la ragazza di ieri, Mina ci ha parlato di te”

Amy arrossì “Ah…”

“Presentiamoci meglio” la ragazza dalle diafana sorrise, mostrando i canini ben pronunciati “io sono Madeline Gold, mio padre ha il negozio di antiquariato in fondo al paese”

“Piacere Madeline”

“Ed io sono Sally Winter, abito qui vicino e assieme ai miei genitori organizzo eventi per la città”

“Io e te abbiamo già dato” ammiccò Mina

“Già…io invece sono appena arrivata, non ho documenti e ho preso il due di picche da tutti”

“Se è per i documenti, vai pure in comune e te li faranno”

Sally sbuffò e sembrò infastidita.

“Non ama il comune”

“Detesto lui!” sbottò, facendo sorridere Madeline “non ridere, è uno sbruffone!”

“Ma di chi…?”

“Parla del sindaco” spiegò Mina “ha sempre da ridire sulle iniziative che creano per la città, anche su quelle gratuite in cui nessuno deve sborsare soldi”

“Appunto!”

“Comunque, se vuoi, ti accompagnerò io” si offrì Madeline

“Anche io!” seguì Mina

“Io mi ritiro”

“Ma se ti piace!”

“Vai al diavolo Maddy!”

“Sempre mia cara!” sorrise maliziosa lei.

Sally sbuffò e se ne andò infastidita.

“Vado a portare le cose al negozio e ci vediamo in comune” Madeline salutò e andò anche lei.

Mina sospirò “Io non ho fretta, andiamo e la aspetteremmo lì.

Fecero per andare ma Mina si fermò di colpo.

Respirò affannosamente per qualche secondo.

“Mina stai bene?”

“Si…si sto bene…” deglutì e si guardò attorno, sperando che nessuno l’avesse vista.

Qualcuno c’era.

Lowell, che teneva d’occhio gli studenti quando uscivano, la stava osservando da lontano.

Si vedeva che era preoccupato.

Lei lo ignorò e se ne andò con la testa bassa, seguita da Amy.

“Che ti prende?”

“Devo aver mangiato troppo veloce stamattina”

“A me la racconti?”

“Ti prego Amy…non mi va di parlarne”

“Sei bianca, ti serve un dottore”

“Non esagerare”

Amy non proseguì e andarono in comune.

Attesero Madeline e poi entrarono.

Il palazzo era immenso e pulito tanto da specchiarsi.

“A giudicare dal luogo direi che il sindaco è molto potente”

“E vanesio” precisò Mina “e su questo do ragione a Sally”

“Qualche problema ragazzine?” una voce maschile le fece sobbalzare.

Si voltarono e vennero a contatto con un uomo alto, distinto.

I capelli biondo platino lunghi e raccolti in una coda ordinata dietro la testa.

Tutte e tre rabbrividirono.

“Buongiorno signor sindaco” salutò Mina in modo educato e timoroso.

Amy ammise che dava una certa inquietudine.

Eppure lui sorrideva.

Non sembrava affatto stupito di vedere tre ragazze minorenni nella sua “dimora”

“A cosa devo l’onore?”

“Deve fare i documenti!” Madeline, che era ritornata a velocità della luce, spinse Amy avanti

“Maddy!” esclamò lei

“I documenti?” domandò lui quasi stupito “e per quale motivo vieni tu e non i tuoi genitori?” senza attendere la risposta si incamminò verso una porta a vetri, dove si trovava il suo studio, anch’esso immenso.

“Ho sedici anni e posso gestire le mie cose da sola”

“Mi spiace ma senza i tuoi genitori non posso fare nulla” tagliò corto lui, mettendosi a maneggiare delle carte.

Amy sospirò e mostrò la carta dello sceriffo.

Il sindaco la lesse “Capisco…ma sai che adesso sono costretto a farti uscire dal paese? E credimi, nessuno può lasciare il paese”

“Perché capitano incidenti” disse, facendo sobbalzare le due ragazze con lei e ricevendo un lievissimo –sei impazzita?- di sottofondo.

“Che intendi dire?” il sindaco la guardò come se volesse fulminarla.

Sapeva qualcosa.

Amy si rese conto della cavolata appena detta e, per evitare di mettere in imbarazzo le ragazze, decise di tacere.

“Niente…”

“Bene, direi che abbiamo concluso”

“E per i documenti?” si intromise Maddy

“Nessun documento per i forestieri!” tuonò “ed entro ventiquattro ore dovrà andarsene o sarò costretta a rivolgermi ai servizi sociali!” si ricompose “giusto signorina Darwin?” domandò infine, con un tono quasi maligno.

Mina tremò e abbassò il capo “Si signore” e sia lei che Maddy uscirono.

“Io non me ne vado senza i documenti”

Anche se era da poco in quella città, non intendeva farsi mettere i piedi in testa.

Quell’uomo nascondeva qualcosa di importante e teneva in pugno gli abitanti.

Non poteva dirlo con certezza ma voleva vedere fino a che punto arrivava.

“Non sei nessuno, per la legge non esisti e quindi non ho modo e motivo per rilasciarti i documenti”

Amy riflettè.

Non era nessuno?

“Che cosa dovrei essere per avere i documenti?”

“Innanzi tutto la presenza dei genitori, che non ci sono” puntualizzò “un minimo di rispetto per le autorità e non ce l’hai ed infine un lavoro, assente anche quello”

Fregata.

Si guardò in giro, in cerca di qualsiasi cosa che potesse venirle in aiuto.

I suoi occhi caddero su un foglio di giornale, posto su una sedia.

Ritraeva il lupo che aveva visto la sera prima.

A caratteri cubitali c’era il titolo –Dracula ancora libero–

“E se vi portassi Dracula?”

Il sindaco tornò nuovamente a guardarla

“Prego?”

“Vi porto Dracula” prese il foglio di giornale e glielo sbattè sul tavolo “entro ventiquattro ore”

Come avrebbe fatto non lo sapeva neanche lei.

Ma pur di non dargliela vinta quello e altro…anche se era più facile che fosse le a rimetterci le penne.

“Sei impazzita ragazzina” rise lui.

“La metta su questo piano” disse “se lo catturo io ottengo i documenti”

“Ti renderai conto di aver detto ventiquattro ore?”

Amy annuì “Appunto per questo intendo sfidarla”

Il sindacò sembrò interessato.

Amava le sfide.

“Facciamo così” si alzò in piedi e si avvicinò a lei, sovrastandola con la sua altezza “tu lo catturi ed io ti do i documenti ma se non ce la fai io provvederò a farti sparire da questa città per sempre”

“Affare fatto” si strinsero la mano

“Ah, un ultima cosa” la fermò lui “nell’ipotesi più drastica che tu non riesca a catturarlo e venissi…presa tu da lui” sottolineò bene queste parole “la signorina Darwin pagherà al posto tuo”

“Che cosa centra lei?”

“Non sono cose che ti riguardano, ma se fossi in te farei di tutto per catturare quel mostro”

Amy rimase impietrita per qualche istante.

Il sindaco scoppiò in una risata fragorosa e a quel punto Amy uscì di corsa.

Superò Mina e Maddy e andò a nascondersi nel primo vicolo che trovò.

Si nascose come una stupida, come una vigliacca.

Aveva sfidato il sindaco e aveva fatto finire in mezzo anche Mina.

Perché non imparava a stare zitta?

Ma, soprattutto, perché Mina?

 

 

Salve a tutti, come va?

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto.

Stavolta abbiamo visto due nuovi personaggi: SAM CLAITON (che sarebbe Devon Mile di Supercar)

E il sindaco (Che sarebbe Jareth di Labyrinth)

A presto.

Ciauuu!

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Capitolo 5
*** Primo problema, prima soluzione ***


ATTENZIONE! Questo capitolo contiene un elemento che mi ha obbligato a cambiare alcune impostazioni alla storia aggiungendo “TEMATICHE DELICATE” (anche perché era l’unico avvertimento più consono)

Leggendo capirete e PREMETTO che la storia avrà anche personaggi esistenti (le mie OC però sono mie a tutti gli effetti) ma è di pura fantasia, quindi ribadisco, niente pignoli o gente facile da scandalizzare.

Vi auguro buona lettura

 

 

 

 

La sua stupidità aveva superato il limite.

Glielo diceva sempre sua madre.

 

-Hai la testardaggine di tuo padre-

 

E suo padre confermava sempre

 

-È una degna Knight-

 

E finivano sempre a scoppiare a ridere assieme a suo zio, che era disperato

 

-Prima il padre, poi la figlia, questa è una condanna-

 

Li stava deludendo tutti.

Avrebbe voluto sua madre, avrebbe voluto confidarsi con KITT.

Desiderava abbracciare suo padre e sentire protezione.

Lei non era una Knight, era solo una ragazzina stupida e impulsiva che si era cacciata in una situazione più grande di lei.

Aveva tirato in mezzo anche Mina, che non centrava niente.

Che poteva fare?

Aveva solo ventiquattr’ore per risolvere tutto il casino.

Non doveva perdersi d’animo.

“Amy!” Maddy e Mina l’avevano raggiunta

“Cavolo quanto corri ragazza” si congratuló Maddy “hai mai pensato di fare qualche gara?”

“No e non intendo farlo” rispose secca Amy, continuando a ragionare sul da farsi.

“Che è successo con il sindaco?”

Amy respirava affannosamente.

Un po’ per la paura e un po’ perché aveva agora il fiatone della corsa.

“Ho...ho detto che avrei catturato Dracula”

“COSA!?” Esclamarono le due in coro

“Sei impazzita?”

“Penso proprio di sì”

“Oh Amy che hai fatto?” Mina era preoccupata.

Se solo avesse saputo...

“Ma c’è di peggio”

“Cosa può esserci di peggio che tentare di catturare quel mostro?” Domandò Maddy

“Ho solo ventiquattro ore”

A Mina caddero i libri di mano e Maddy lasciò cadere lo zaino.

“Tu...sei...pazza!”

“Grazie Maddy, non lo avevo notato” rispose sarcastica Amy, ormai esasperata.

“Possiamo fare qualcosa?” Si offrì Mina, che ebbe l’intelligenza di stare zitta e non esternare i suoi pensieri.

“No...non lo so”

“Beh...” intervenne Maddy, ricevendo già delle occhiatacce da parte delle altre “non sarà molto ma penso di avere qualcosa che può aiutarti al negozio di mio padre”

Mina la guardò e, conoscendo la sua amica, sgranó gli occhi “No...sul serio?”

“Si!” Maddy era eccitata “era una vita che volevo usarla e adesso ho l’occasione di inaugurarla”

“Ma di che state parlando?”

“Vedrai!” Ammiccò Maddy “vieni al negozio di antiquariato alle quattro, mio padre non ci sarà” e corse via.

Amy non osó immaginare cosa aveva in mente.

“Come farai?” Mi a la fece ridestare dai suoi pensieri

“Non lo so ma qualcosa farò” sospiró “Mina devi fare una cosa molto importante”

“Dimmi”

“Ecco...” deglutì “ieri sera mi hai detto che volevi uscire dalla città, andartene via”

“Si perché?”

“Ti consiglio di uscire dalla città prima che scadano le ventiquattro ore”

Mina sbiancò e si preoccupó “Perché? Che succede?”

“Non ho molto tempo per spiegarti ma...non voglio farti agitare ma devi farlo”

“No se non mi dico perché”

Amy era esasperata.

Ma perché non eseguivano i consigli e basta?

Dovette vuotare il sacco

“Perché il sindaco ha detto che se mi capita qualcosa e vengo presa io da Dracula, chi pagherà le conseguenze del fallimento sarai tu!”

Mina iniziò a tremare visibilmente, dando ad Amy la conferma che c’era qualcosa sotto di cui non era a conoscenza.

“Quello che ti chiedo è di scappare, di lasciare la città o almeno dirmi cosa posso fare per aiutarti”

Mina non la guardava.

Aveva gli occhi lucidi.

Nella sua mente c’erano i volti dei fratelli e il volto di Lowell.

O aveva cambiato idea sul fatto di scappare oppure non si sa.

“Mina dimmi come posso aiutarti” la incalzò Amy “non mi importa di Dracula mi importa di te adesso!”

Mina dovette appoggiarsi al muro.

Scivoló fino a sedersi a terra.

Amy fece lo stesso.

“Da quando nostra madre è scomparsa i miei fratelli sono diventati i miei tutori finché non sarò maggiorenne” fece una pausa “ma a causa delle loro malefatte c’è un ordine del sindaco di revocare il loro potere e di farmi allontanare”

Amy si mise una mano davanti alla bocca “Oh Dio...”

“L’unico modo per farmi restare sarebbe che io diventi maggiorenne ma è impossibile prima di due anni”

Era un problema.

Avrebbe dovuto esserci un nuovo tutore, o qualcuno più competente.

Non che i fratelli Darwin fossero pessimi, anzi!

Se non era per loro, Mina non avrebbe avuto ciò che ha adessso

Provava quasi dispiacere per Jeff, che sin da subito non le era stato molto simpatico.

“Ma c’è di peggio”

Ancora?

Che poteva esserci di peggio?

Perché tutti erano convinti che ci fosse qualcosa di peggio de peggio?

C’era uno psicologo nella città, stava meditando di andarci.

“Cosa?”

“Ha a che fare con Chris”

“Ti porterebbe via lui?”

Mina scosse la testa “No, se ne occuperebbe lo sceriffo Kostner”

Amy rabbrividì.

Va bene la perdita di memoria ma non riusciva proprio ad immaginare suo padre che strappava i ragazzi, o i bambini, ai loro cari.

Sarebbe stata una delusione.

“Quindi cosa?”

Mina fece un lungo sospiro

“Aspetto un figlio da Chris”

“COSA!?”

“Non mi stupisce la tua reazione”

“Ma...” cercò di non andare in escandescenza.

Non era la situazione e nemmeno il luogo adatto.

Cercò di assumere un controllo

“Beh...lui è...molto grande”

“Lo so...e so la stupidata che ho fatto” confessò Mina “ma ti giuro Amy che non era previsto e che, in ogni caso, ero consenziente e non negherei nulla”

“I tuo fratelli?”

“Non sanno che sto con lui figuriamoci che sono incinta”

“Per tutti i fusibili” Amy si passo le mani sul volto “è un bel problema...va contro la legge, anche se eri consenziente”

“Ma perché una persona non può fare l’amore con chi vuole senza essere giudicata?” Piagnucoló Mina 

“Ormai siamo in ballo, tanto vale ballare” si rimise in piedi e aiuto Mina a fare lo stesso “so che ci conosciamo da meno di un giorno ma ho bisogno di sapere se ti fidi”

“Ti ho raccontato tutta la mia vita in un giorno, più fiducia di così...” sorrise appena.

Stavano correndo, ma Amy dava fiducia a Mina e ne incuteva altrettanta.

Era strano come gli adolescenti legassero praticamente subito.

Sembravano due bambine.

I bambini facevano amicizia senza pregiudizi.

“Allora devi fare esattamente ciò che ti dico” si assicuró che nessuno fosse nelle vicinanze “vai a casa, prepara una borsa con dentro solo lo stretto necessario, se hai qualche risparmio prendi pure quelli e poi vai dal vice sceriffo”

“Da Chris?” Amy annuì “Perché?”

“Provvederò io ad avvisarlo” la rassicurò “gli dirò solo di portarti fuori città e assicurarsi che non ti manchi nulla, almeno con lui sarai al sicuro”

“Non che la cosa mi dispiaccia ma...per quanto dovremmo stare fuori città?”

“Finché non si calmano le acque”

“Non per contraddirti ma faranno in tempo a rompersi a me...ti ricordo che Chris non sa del bambino”

“Preferisci che ti strappino dai tuoi fratelli e te lo portino via una volta nato?”

“Certo che no!”

“Allora fidati di me”

Mina sospiró “E i miei fratelli?” Chiese “non so come reagiranno, non voglio lasciarli...non voglio abbandonarli”

“Non è un abbandono se poi ritorni”

“Dio che situazione...”

A chi lo dici...ci vediamo da Maddy alle quattro, vieni con Lowell”

Mina annuì e recupero i libri, correndo poi verso casa sua.

La decisione era drastica, ma se il sindaco avesse fatto davvero ciò che Mina le aveva appena riferito allora era la decisione migliore.

Anche se ancora piccola per lo stato, in quel momento si sentiva un leone.

Avrebbe difeso Mina in ogni modo e per quanto possibile.

Dracula poteva aspettare.

Si recò alla stazione di polizia.

Una volta dentro trovò lo Sceriffo Kostner alla scrivania, che alzò di colpo la testa “Signorina Knight”

“Pa...sceriffo Kostner...” non era proprio la persona che si aspettava di vedere, anche se si sentiva più sicura in sua presenza.

“Che è successo?” Chiese preoccupato.

“Cercavo il vice sceriffo”

“Sa finendo il giro, arriverà a breve, vuoi dire a me?”

Amy scosse la testa “Non ho fretta, posso aspettare”

Kostner incrocio le braccia e alzò un sopracciglio, evidentemente infastidito.

Si stava mettendo contro suo padre...si sentiva peggio di prima.

Lo sceriffo fece per ribattere ma venne interrotto da Lowell, che era rientrato fischiettando.

“Ehi Chris” salutó Kostner “tutto a posto?”

“Tutto ok” poi si accorse di Amy “ehi!”

“Salve”

“Amelia aveva bisogno di te”

Amy sentì un brivido lungo la schiena.

Era difficile che la chiamassero Amelia e quando ciò accadeva significava che aveva combinato qualche disastro.

Sentirlo dire da suo padre era anche peggio.

“Dimmi pure” Lowell le sorrise ed era pronto ad ascoltare

“Si tratta di un’amica” il vice sceriffo capì e smise di sorridere.

La fece accomodare nell’altra stanza e chiuse la porta.

“Di che si tratta?”

“Non sono affari miei e non intendo entrare nei dettagli più di quello che già mi è stato detto ma...”

Lowell la incalzò con lo sguardo.

Amy alla fine svuotò il sacco, evitando di menzionare la gravidanza di Mina.

Il vice rimase ad ascoltare.

Non sembrava minimamente turbato, ma Amy aveva imparato a leggere gli occhi delle persone e si vedeva che dentro stava morendo.

“E il sindaco ha detto che la farà pagare a Mina se Dracula mi fa fuori”

Lowell strinse i pugni, convinto di non essere notato.

“Io cosa dovrei fare?”

“Ho già detto a Mina che deve lasciare la città, non permetterò al sindaco di agire in caso di fallimento da parte mia”

Quella frase era bastata a convincere Lowell e a fargli capire il piano di Amy.

Finalmente qualcuno di meno testardo.

“Ci penso io” si alzò dalla sedia e si sistemò il cappello alla cowboy.

Un ottimo elemento per distinguersi.

“La ringrazio sceriffo Lowell”

Lui sorrise appena “Date le circostanze puoi chiamarmi Christopher...o Chris per comodità”

Amy annuì

“Per quanto riguarda Dracula...” aggiunse “recati dal signor Mind, lo psicologo della città, lui saprà aiutarti”

Amy sgranó gli occhi.

Non credeva di essere così pazza...anche se in fondo...

Annuì di nuovo.

Meglio ascoltarlo, dopotutto lui aveva ascoltato lei.

“Se vedi Mina dille che la sto aspettando”

“Si” ed Amy uscì.

Aveva risolto un problema, adesso doveva pensare a Dracula.

Il suo orologio segnava ancora un orario sballato e non riuscita a metterlo in ordine.

Essendo che Mina era uscita a mezzogiorno da scuola, doveva essere all’incirca la una.

Aveva tre ore di tempo prima di presentarsi da Maddy per l’aiuto con Dracula.

Le era venuto mal di testa.

Se ci fosse stato KITT avrebbe tenuto lui in memoria tutti gli appuntamenti e le cose da fare.

Ma lui non c’era...e chissà che fine aveva fatto.

Avrebbe tanto voluto cercare un meccanico e vedere se lo trovava, ma non era il momento.

Schioccó le dita una per una e poi frugó nella tasca della giacca.

Prese il biglietto da visita del signor Mind, ottenuto il giorno prima.

Lesse la via e vi si recò.

“A noi due Dracula”

 

 

AVVISO! Pian piano che vado avanti metterò anche gli altri personaggi inseriti nel primissimo capitolo! Tranquilli che non mi sono dimenticata di loro.

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Capitolo 6
*** Prepariamoci per Dracula ***


Amy fece un profondo respiro e chiuse gli occhi.

Per fortuna era riuscita a sistemare Mina.

Non voleva che la gente finisse nei guai a causa sua e della sua demenza acuta, che ancora non capiva da chi avesse ereditato.

Non di certo dai suoi genitori.

Sembrava quasi che la sfortuna la perseguitasse e, in automatico, chiunque entrava in contatto con lei né subiva le conseguenze.

Era in quella città da un giorno e mezzo e aveva già procurato guai a tutti quelli che le erano stati vicino.

Percorse il viale centrale della città, fino a raggiungere l’indirizzo che cercava.

Rimase sbalordita quando vide la porta.

Controlló meglio l’indirizzo ma non c’era errore.

Si aspettava di trovare una targhetta con scritto qualcosa de tipo “Studio dello psicologo” oppure “psicanalista”

L’unica cosa che trovò era il nome sulla porta “MIND”

Era praticamente la casa.

Deglutì e suonó il campanello.

Attese pochi istanti prima che la porta si aprisse.

Lo stesso uomo de giorno prima la stava squadrando da cima a fondo con un sorriso.

“Mi ricordo di te”

“Anche io”

Era sempre strano trovare uno psicologo affascinante.

Di solito erano tutti vecchi oppure brutti.

Ovviamente erano solo pareri suoi.

Magari a certa gente un anziano piaceva di più di un giovane.

“Vieni entra” la invitò lui.

Amy entro in casa sua.

Venne accolta da un arredamento leggermente più moderno dello studio che suo zio aveva in città.

E venne invasa anche da un lieve odore di incenso, che tentava di coprire quello nauseante dello scotch.

Sperava che quest’ultimo fosse perché lo offriva ai clienti e non per altri motivi.

“Accomodati” la fece sedere sul divano “posso offrirti qualcosa? Succo di frutta? Acqua? The?”

Amy scosse la testa “No la ringrazio”

L’uomo non disse altro e si andò a sedere su una poltrona davanti a lei.

“Dimmi tutto”

“Ecco...non sono qui per fare una seduta, anche se ammetto di averne bisogno”

Il signor Mind sorrise.

“Mi manda il vice sceriffo Lowell”

L’uomo tornó serio e tese di più le orecchie.

Amy abbassò lo sguardo.

“Mi ha detto di chiedere aiuto a lei perché...”

Non riusciva a trovare le parole.

Il signor Mind era professionale quel tanto che bastava da non forzarla, anzi!

Tentò persino di aiutarla.

“Hai avuto problemi con il sindaco”

Amy sgranó gli occhi “Come...?”

“Tranquilla, quando Chris mi manda qui qualcuno e perché il sindaco ha fatto qualcosa”

“Beh...più o meno...l’ho combinata io al sindaco”

“Questa è nuova”

“Mi sono arrabbiata perché non voleva farmi i documenti”

Ricevette uno strano sguardo ma non ci badò.

“Insomma...oh al diavolo so o stufa di girarci intorno!” Esclamò, tornando poi composta.

Si era scordata di non essere in presenza di amici o parenti “gli ho detto che avrei catturato Dracula in ventiquattro ore...ventidue e mezzo attuali”

Il signor Mind la guardò fissa negli occhi, appoggiando il gomito alla gamba e portandosi le dita alla tempia.

Sembrava quasi che volesse leggerle nel pensiero.

“Mi può aiutare?”

L’uomo annuì e si alzò.

Andò vicino ad uno scrittoio e frugó nei cassetti, recuperando un foglio e scrivendoci sopra.

Porse il foglietto ad Amy.

In una calligrafia ordinata vi era scritto un nome.

John Wolf.

“Lo troverai alla vecchia miniera” spiegó il signor Mind “lui saprà aiutarti”

Si sentiva presa in giro.

Prima Chris la mandava da lui, lui la mandava da questo tizio alle miniere.

E il tizio delle miniere? Da chi l’avrebbe mandata?

Sperava di non star perdendo tempo.

“Grazie signor Mind”

“Sbaglio o ieri ti avevo detto di darmi del tu?”

Amy sorrise appena “Giusto”

“Ad ogni modo figurati” la accompagnò alla porta “buona fortuna”

“Grazie...” si bloccò sulla soglia, sentendo qualcuno che sbraitava da una casa vicina.

Assomigliava molto a...

“Jefferson Darwin” Aaron diede vita al suo pensiero “starà di nuovo sbraitando con qualcuno dei fratelli” spiegó “li ho seguiti tutti, lui e Mina in particolare “non sa gestire la rabbia”

“Mina...” Amy lo ignoró e corse verso la casa.

Vide la porta aperta.

Sentiva Jeff urlare, per fortuna non c’erano passanti e la casa era abbastanza isolata.

Fece per avvicinarsi ma si bloccò quadro ricevette in pieno petto un borsone da viaggio, che la fece cadere.

Scosse la testa e osservó, mettendolo da parte.

C’erano dentro dei vestiti...femminili.

“E ora vattene!” Tuonò Jeff spingendo Mina fuori di casa.

La ragazza era in lacrime e urlava disperata.

“Jeff ti prego!”

“Sparisci!” Sbottó lui “razza di ingrata! È questo il modo di ripagare ciò che abbiamo fatto?”

“Ti posso spiegare”

“Una che vuole scappare senza dire nulla ha ben poco da spiegare! E sei pure incinta! Ed ora sparisci! Non farti più vedere”

“Jeff ti supplico” tentò di placarlo ma c’era ben poco da fare.

Jeff aveva cambiato colore.

Rosso paonazzo dalla rabbia.

“Ho detto vattene!” E con l’urlo seguì uno spintone, che fece finire a terra Mina, ormai al limite.

Gli occhi gonfi dal piangere e le guance rosse, di cui una più scura.

Jeff doveva averle dato uno schiaffo.

“Non sei più mia sorella” borbottó sbattendo la porta e chiudendo a chiave.

“Jeff!” Si inginocchió davanti al portone e batteva i pugni “non abbandonarmi! Jeff ti prego ti voglio bene non lasciarmi!”

“Mina!” Amy sentì il dovere di intervenire.

“Amy” si strinse a lei e pianse tutte le sue lacrime.

Amy la teneva stretta e guardava verso la casa.

Jeff le osservó alcuni istanti dalla finestra e poi tirò le tende.

Amy giurò che sotto lo sguardo infuriato si nascondessero lacrime di pentimento.

Ma non ci badò, anche perché la sua voglia di farlo fuori era tale da farle dimenticare che era più adulto di lei.

“Ha capito che stavo andando via e con chi” disse “e ha scoperto del bambino... è infuriato non ha voluto ascoltare e mi ha dato uno schiaffo” ed ecco la conferma della guancia rossa “e ha detto che non devo aver niente a che fare neanche con gli altri”

Tra una parola e l’altra piangeva.

Era praticamente a singhiozzi.

Meno male che aveva lanciato la borsa e non la sorella, Amy si aspettava di tutto.

“L’ho deluso Amy” disse in un pigolio “ho deluso mio fratello...ho deluso lui, Jamie, Wayne e Arvey e sicuramente sto deludendo anche Chris”

“Non dire così”

“Li ho persi Amy!”

“Sta tranquilla” cercò di rassicurarla “adesso cerca di calmarti, ti porto da Chris e starai da lui”

“Amelia” Aaron, che aveva udito le urla furiose di Jeff, era corso per aiutare “va tutto bene?”

Amy gli diede un occhiata sconsolata.

“Tu va pure alla miniera, ci penso io a lei”

Aaron annuì e mise un braccio intorno alle spalle di Mina, prendendo anche il borsone con i vestiti.

“Ti ha fatto del male?” Mina scosse la testa “Dimmi la verità”

Mina stava cercando di calmarsi, istintivamente si porto le mani al ventre

“Non dirmi che ti ha colpito li” sembrava scandalizzato.

Amy intuì che Aaron sapeva del bambino.

Mina scosse di nuovo la testa, non aveva la forza di rispondere.

“Lo ha scoperto ma le ha dato solo uno schiaffo e degli spintoni”

Aaron sospiró e si incamminarono 

“Aaron” lo fermò Amy “puoi assicurarti che arrivi da Christopher?”

Annuì e proseguì.

Attese che svoltarono l’angolo, per giungere al viale centrale, prima di mettersi all’opera.

Doveva andare alla miniera a cercare questo John Wolf.

Prima di tutto avrebbe recuperato “l’arma” da Maddy, qualunque essa fosse.

Vagó per la città per riuscire a tirare le quattro.

Evitò il bar e tutti i luoghi dove stavano i fratelli di Mina, anche il negozio di giocattoli di Arvey.

Nel vagare riuscí a vedere che Aaron aveva portato la sua amica a destinazione.

Era fra le braccia di Lowell, sul retro della stazione di polizia.

Lui l’aveva notata e, per farle capire che era tutto ok, ammiccò, venendo ricambiato.

Povera Mina.

Da una parte era felice di essere figlia unica, non osava immaginare che cosa provasse...o forse lo sapeva.

Dopotutto lei vedeva le persone che amava non ricordarsi di lei, non era uguale preciso ma simile.

Anche lei si sentiva abbandonata.

Giunte le quattro si presentò davanti al negozio del padre di Maddy.

Entrò, venendo accolta da un leggero odore di polvere, di legno e dal trillo della campanella sulla porta.

Il negozio era piccolo ma era pieno di oggetti di ogni genere, antichi e moderni.

Da collane a gingilli vari.

C’era persino una collana con le targhette militari, appesa dietro al bancone, seguita da pupazzi ritraenti creature strane e mitologiche.

Che posto...magico.

C’era pure un pinguino ciccione imbalsamato, che però era molto inquietante.

“Buongiorno...”

“Amy?”

“Si sono io”

Maddy fece capolino dalla porta che dava sul retro “Sei fortunata, è uscito dieci minuti fa, più tardi del solito”

Le fece cenno di seguirla nel retro “Mina?”

“Lei...non è venuta, ha avuto imprevisto”

“L’imprevisto si chiama per caso Christopher Lowell?” Chiese maliziosa

“Eh già”

“Beata lei” sospiró mettendosi a frugare fra gli scaffali.

Amy trattenne i commenti.

“Ma dove l’ha messa?” Frugó ancora, poi ebbe l’idea di guardare nell’unico posto che Amy non pensava nemmeno.

Sotto alle assi del pavimento.

“Che strano posto per mettere gli oggetti”

Maddy rise e prese una custodia, che sembrava fosse quella di un cannocchiale.

La aprì e mostró il contento.

“Ecco a te!”

Amy, per qualche istante, penso che ci fosse davvero il suddetto cannocchiale.

Invece vide una spada.

Era diversa dalle spade che aveva in mente.

La lama era gialla.

“Che strana”

“Io la considero magica, è favolosa!”

Per un attimo credette che fosse finta.

La toccò per assicurarsi di aver davanti qualcosa di autentico.

“Prendila”

Amy la prese.

Pesava ma non tanto da non riuscire a tenerla.

“Ti aiuterei ma l’altra mia arma preferita ha un ruolo diverso”

“Cioè?”

Maddy ridacchiò e aprì un armadio, mostrando un ascia gigante rossa...adibita a chitarra.

“Seria?”

“Serissima! E la adoro, non devono toccarmela” richiuse l’armadio “la userò al talent show, sempre se riusciremo a trovare abbastanza iscritti”

“Fantastico” poi guardò la spada “come la porto in giro?”

“Ho pensato a tutto” le fornì una cintura con tanto di porta spada annesso “così sarai comoda”

L’aiutó a metterla e infilarono anche la spada.

“Mi va in mezzo ai piedi”

“Si tiene di lato sciocca” e girò la cintura, in modo che la fodera colpisse al massimo la coscia di Amy.

“Molto meglio”

“Vedi?” Sorrise soddisfatta Maddy “adesso? Che piano hai?”

“Andrò alla miniera e cercherò un certo John Wolf”

Maddy sbiancò, per quanto possibile visto che era già bianca di suo.

“Quello è un eremita!” Disse “non da confidenza a nessuno tranne che al signor Mind! E pensa che dura voce che sia...beh hai capito, dopotutto uomo con uomo”

“Non ho altra scelta” alzò le spalle Amy “e se anche così fosse allora mi ritengo fortunata che non subirò qualche violenza o simili”

Maddy sospiró “Se è così...buona fortuna” accompagnò Amy alla porta “se dovesse capitarti qualcosa...è stato un piacere averti conosciuta”

Amy senti un brivido lungo la schiena e se ne andò, facendo tutti gli scongiuri possibili e lanciando maledizioni a Maddy.

Pessimo augurio.

Camminare era facile, ma se ci fosse stato da correre non sapeva come avrebbe reagito la custodia.

Ci ripensó subito.

Era scomodissima anche a camminare

Si fece indicare la miniera.

Si trovava al centro esatto della foresta di Storybrooke.

Quando la raggiunse rimase delusa, più che una miniera sembrava una grotta abbandonata.

Non c’erano case e nemmeno accampamenti da minatori nella zona, così decise di guardare dentro.

Non si sarebbe addentrata molto, onde evitare di perdersi.

Dentro era buio, neanche una luce per caso o meglio, c’erano le lampadine ma non erano accese.

“Ehilà!”

Ma solo l’eco le rispose.

Aveva fatto la strada per niente.

Quando notò di essersi spinta troppo oltre, torno verso l’entrata ma venne fermata da un suono metallico e qualche sasso che cadeva dal soffitto.

Indietreggió di un passo, ma andò a sbattere contro qualcosa.

Si voltò per vedere contro cosa aveva sbattuto, visto che fino a poco prima non c’era niente.

Trovò una figura alta e grossa che la sovrastava.

Spalancò la bocca, emettendo un lieve grido.

Fece per scappare ma la figura la fermò per un braccio.

“Lasciami!”

“Sta calma ragazzina” era un uomo, aveva la voce profonda.

Amy si dimenava ma la presa era più forte.

Dovette arrendersi.

L’uomo la trascinò fino alla fine del tunnel, cioè all’entrata.

Appena la lascio Amy tentò di tirare fuori la spada, facendola però cadere a terra.

Quando riuscì a prenderla gliela puntó quasi in faccia “Come vedi sono armata”

L’uomo rimase qualche istante a guardarla è stessa cosa fece Amy.

Era un uomo di, si e no, quarant’anni ma, a causa della barba che ricopriva metà volto, sembrava più vecchio.

Aveva una canottiera bianca che metteva in risalto il corpo muscoloso dell’uomo.

Aveva l’aria di uno che non vedeva la luce del sole da secoli e stava in miniera da una vita.

Non per niente era quasi sparito tutto il profumo che aveva, acqua di cologna a giudicare da quel poco che riusciva ancora a sentire.

Il resto era odore di sudore e basta.

Era sporco di terra.

Sul volto sporse un sorriso sarcastico.

“Non è un giocattolo per mocciose”

“Non sono una mocciosa!” Sbottó lei “chi sei!?”

“Sei tu che ti sei intrufolata nella miniera” rispose l’uomo in tono piatto “non ti devo dare un nome”

Amy tenne la spada puntata, anche se avrebbe fatto ben poco.

“Cer...cercavo il signor Wolf...John Wolf”

L’uomo sospiró “Chi ti manda?”

“E a te che importa?”

“Vuoi sapere dove si trova la persona che cerchi o no?” Amy ci pensò e poi annuì “Allora?”

“Mi manda Aaron Mind...lo psicologo”

Sospiró un altra volta “Puoi smettere di cercare e puoi anche smettere di puntare quella cosa” e si ri addentrò nella miniera, seguito da Amy.

 

 

Perdonate la cattiveria che ho utilizzato nel capitolo.

Comunque, la spada che Madeline da ad Amy è la FINN SPADA, quella che viene utilizzata da Finn di Adventure Time

Nuovi nomi utilizzati:

JHONWOLF: Alias Wolverine degli X-Men 

Aaron Mind lo avete già conosciuto.

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Capitolo 7
*** La caccia ***


“Sei tu John Wolf?” Domandò Amy abbassando la spada

“Conosco il signor Mind” rispose “ti basti questo”

Amy la prese come una conferma, anche se già lo detestava.

Rimise la spada nella fodera e continuò a seguirlo.

Il signor Wolf si avvicinò alla parete e fece scattare una leva, che illuminò l’intera galleria.

Raggiunsero una cavità più ampia, dove c’erano degli attrezzi e un carrello da minatore posto su dei binari, che si inoltravano in un altra galleria più lunga.

“Perché siamo qui?”

“Le domande le faccio io” la fermò John “e voglio risposte chiare” parlava senza guardarla.

Ad Amy dava fastidio non essere guardata in faccia.

Parlava con una persona mica con un muro!

“Dimmi perché Aaron ti ha mandato da me”

“Perché ho avuto problemi con il sindaco”

John scosse la testa “Risposta sbagliata”

“Se sai già la risposta perché chiedi?”

“Non so la risposta ma so che non mi manda la gente perché questi hanno problemi con il sindaco” puntualizzò

Amy sospiró “M serve aiuto per catturare Dracula”

John sembró trattenere il respiro e alzò finalmente lo sguardo verso Amy.

Avevo lo sguardo infuriato e sembrava trapelare anche terrore.

“Vattene”

“Prego?”

“Mi hai sentito” tagliò corto John, alzandosi e prendendo il piccone per continuare a lavorare.

“Scherzi?!” Sbottó lei “sono qui da quasi due giorni, ho fatto dividere una famiglia senza accorgermene, ho litigato con il sindaco dicendogli che avrei catturato Dracula per avere i miei documenti, ho perso la mia famiglia, sto per avere un esaurimento e tu mi dici di andarmene!?”

John non sembrava minimamente scandalizzato da quell’uscita e si limitò a sbuffare.

“Se mi hanno mandato da te significherà pure qualcosa!”

“Significa che ti stai imbarcando in una missione suicida ed io non intendo parteciparvi” rispose John “sei una ragazzina, dovresti essere a scuola perciò smamma”

Amy aveva il sangue che le ribolliva nelle vene.

L’istinto era quello di tirargli un pugno, ma aveva abbastanza educazione da non mettersi più di tanto contro qualcuno più grande di lei.

Specie se per grande non si intendeva solo di età ma anche di massa muscolare.

John aveva gli addominali e i muscoli ben visibili.

Cento chili circa di forza c’erano, lei né pesava a malapena cinquantadue vestita.

Suo padre era convinto di avere una figlia  anoressica, prima di rendersi conto che mangiava anche i tavoli se fossero stati commestibili.

Voleva andarsene e rinunciare ai documenti, tanto Mina era con Lowell e non poteva capitarle niente.

Se ne sarebbe andata.

Rimase immobile quando John, finito di usare il piccone, prese ciò che aveva scavato riponendolo nel carrello.

Aveva le mani che mostravano cicatrici all’altezza delle nocche.

Tre per ognuna, totale sei cicatrici.

Erano ben distinte, abbastanza rosse da essere visibili ad occhio nudo, senza contare che erano in una posizione molto esposta.

Sembrava che gliele avesse fatto qualcuno con artigli.

A quel punto le venne un flash.

“Come ti sei fatto quelle?”

John si fermò ancora, per alcuni istanti.

Strinse le mani a pugno e poi sospiró, ricominciando a lavorare “Non sono affari tuoi”

“È stato Dracula, vero?”

“Se sai già la risposta perché chiedi?”

“Non so la risposta ma so che certe cose non puoi essertele formate da solo”

John sorrise appena “Touchè”

Amy sentiva di aver raggiunto un pezzo del suo scopo.

“Mi aiuterai?” nessuna risposta “per favore...ho solo venti ore di tempo prima di dover lasciare la città, se non catturo Dracula saranno guai per molte persone”

Ma anche lì, John non disse nulla.

“Hai interesse quanto me per prenderlo” continuò Amy “io ho i miei motivi e tu i tuoi, non voglio saperli, posso solo...posso solo dirti che se non dovessi riuscire a catturarlo e ti faccio perdere tempo hai tutto il diritto di arrabbiarti e denunciarmi alle autorità per...per quello che vuoi”

Convincente come un giullare di corte, ma se serviva a convincerlo era disposta a tutto.

John sospiró, stava pensando.

Era positivo?

Lo sperava vivamente.

Pochi istanti dopo, l’uomo prese il piccone e se lo mise in spalla “Forza muoviti”

Amy sorrise grata.

Allora Aaron l’aveva indirizzata bene.

Se ne usciva intera avrebbe fatto un monumento sia a Mind che a John.

In silenzio, si inoltrò nella foresta ma...l’unica cosa che riusciva a sentire erano i suoi passi.

Si voltò, John non la stava seguendo.

“Se ti dicessi che hai iniziato malamente, mi ascolteresti?”

Amy sbuffó e torno indietro.

“Non sono amante delle regole ma dobbiamo stabilirne alcune”

“Un enorme lupo si aggira per la foresta e tu vuoi stabilire regole?” Domandò Amy

Lui la ignoró “Prima di tutto mai girare senza un arma” mostró il piccone ben saldo in mano, facendo capire ad Amy di estrarre la spada.

“In secondo luogo” proseguì John “hai mai dato la caccia ad un animale?”

Amy scosse la testa

“Vai a caccia di animali e non sai come si fa?” John sorrise sarcastico “hai già perso in partenza ragazzina”

“Smettila di chiamarmi ragazzina!” Sbottó lei “ho un nome ed è Amy!”

“Ed hai anche poco cervello” puntualizzó “mi stupisce che Aaron non ti abbia preso in cura”

Amy si infuriò ulteriormente e prese la spada, cercando di attaccarlo.

Lui si difese con il piccone e lei cadde a terra.

John fu dietro di lei in un secondo e le strinse il collo, obbligandola a lasciar cadere la spada per tentare di liberarsi dalla morsa.

“Se ti metti a discutere ti distrai e se ti distrai sei morta” sussurrò al suo orecchio, per poi spingerla via e lasciandole riprendere fiato “non cedere alle provocazioni o esse ti sommergeranno”

Allungó la mano e l’aiuto a rialzarsi.

Amy ebbe l’istinto di rispondere ma non lo fece.

Capì che John voleva metterla alla prova e lei aveva fallito.

Forse era meglio ascoltarlo.

“Se vuoi trovare un predatore, devi pensare come un predatore”

“Per te è facile” commentò lei “la forma di un bestione ce l’hai” per tutta risposta, ricevette il manico del piccone in testa.

“Un predatore non perde tempo in commenti stupidi” l’ammonì “un vero predatore segue il vento”

Amy lo guardò interrogativo

“Prima devi essere brava ad orientarti e, una volta che sei in grado di farlo, potrai seguire il vento”

Amy sospiró e guardò il cielo.

Era nuvoloso e il sole coperto.

Era difficile orientarsi ma, grazie agli insegnamenti di KITT, riuscì a barcamenarsi.

“Da dove arriva il vento?”

Amy cercò di ascoltare, come le era stato detto.

Dalle sue labbra un mormorio... “Vento dall’est”

John non disse nulla, sorrise appena...o forse neanche quello.

Era difficile distinguere la bocca sotto quella barba folta.

Sempre senza parlare, John andò proprio nella direzione da cui proveniva il vento.

“Perché vai di la?”

“I predatori vanno contro vento perché così riescono a prendere la loro vittima” disse “Se vuoi catturare Dracula devi andare contro vento”

“Ma non so come si fa a sentire l’odore!”

Stavolta lui sorrise sul serio “No, ma lui sentirà il tuo e ne sarà attirato”

“Prego!?” Domandò sbalordita, prima di finirgli addosso.

John si era fermato.

“Che succede?”

“Shhh” la zittì lui “non è lontano”

“Come fai a saperlo?”

Lui rimase immobile e si guardava attorno, con tanto di piccone in mano

“Sei sopra ad un suo ricordo”

Amy salto indietro, emettendo un urletto schifato.

Era finita esattamente su una... “Merda!”

“Avrei evitato certe parole ma hai azzeccato”

Amy sbuffó esasperata.

Quel John era odioso e, se tutto andava per il meglio, gliel’avrebbe fatta pagare.

Venne distolta dai pensieri omicidi quando usi dei rametti spezzarsi.

Si riparò dietro John, evitando il ricordino di poco prima.

Dietro ad alcuni alberi, non tanto distanti, una figura nera avanzava lentamente.

Amy riuscì a distinguerla dopo alcuni istanti.

Era lo stesso lupo del giorno prima.

Aveva persino la bandana rossa al collo.

Non si riusciva o nemmeno a vedere gli occhi, talmente erano scuri.

La cosa non duró a lungo.

Quando John prese il piccone, puntandoglielo contro, gli occhi del lupo sembrava che cambiassero colore.

Tendevano al rosso, pareva quasi finto.

Ma il lupo non attaccava.

A volte emetteva dei suoni gutturali, dei ringhi.

Eppur non sembrava intenzionato a combattere e nemmeno a farsi catturare.

Amy aveva uno strano presentimento misto ad una sensazione di sollievo.

Come poteva sentirsi sollevata se stava per combattere contro un lupo selvatico?

Superò John, con l’intenzione di avvicinarsi.

“Che stai facendo!?” La bloccó lui per un braccio, ottenendo un ringhio da parte del lupo.

Non smetteva di osservarli.

Era curioso.

“Non sembra che voglia farci del male”

“Non puoi saperlo”

“Un lupo con un foulard rosso non mi sembra selvaggio” disse Amy “qualcuno glielo ha messo e lo tiene anche pulito, guarda” glielo indicò “non ha una macchia e non ha il pelo sporco è...lucido”

John sembró quasi scioccato da quella rivelazione.

Non si aspettava certe osservazioni da parte di una ragazzina.

Amy approfittò di quell’attimo di distrazione e si liberò dalla presa.

Si avvicinò a piccoli passi verso il lupo, che rimaneva immobile e la osservava.

Man mano che andava avanti, Amy notò ance che quell’animale non era come tutti gli altri.

Oltre a sembrare addomesticato, non aveva dimensione umane anzi, aveva le dimensioni DI un umano.

Sembrava alto quasi quanto lei.

Questo la fece rabbrividire ma non si perse d’animo e continuò, finché non gli fu vicino quel tanto che bastava da poter sia toccarlo che scappare.

Si guardarono negli occhi.

Amy confermo il suo stato di animale domestico.

Provó ad allungare una mano

“Ragazzina fermati!” La fermò John, senza avvicinarsi.

“Non vuole farci del male!” Lo tranquillizzó lei “guarda”

Lentamente, la ragazza riuscì a raggiungere la testa del lupo, che la chinò per permetterle di accarezzarlo.

John rimase senza parole.

Dracula sembrava quasi reclamare affetto e carezze.

John tentò di avvicinarsi e, quando arrivò dietro ad Amy, ottenne un ringhio da parte del lupo.

Non voleva che si avvicinasse e lo obbligò ad indietreggiare.

“Gli sto già simpatica” rise lei

“Va al diavolo ragazzina!”

Lei si sentiva soddisfatta.

Avere qualcuno dalla sua parte era un traguardo e, in fondo, considerava il comportamento di Dracula come una vendetta su John.

Poco dopo, il lupo richiamò l’attenzione di Amy e tentò di farle capire che doveva seguirlo.

“Lo seguiamo?”

“Ci porterà nella sua tana” mormorò John “ci farà fuori”

“Mettiamola così, se vuole portarci nella sua tana per mangiarci, uno di noi due potrà scappare, mentre l’altro viene sbranato, per avvisare chi di dovere dove sta la tana del famigerato Dracula”

“Tu sei pazza”

“Me lo dicono tutti” alzò le spalle, mentre seguiva il lupo.

Amy pensó che il nome era azzeccato.

Nero, foulard rosso grosso come una tovaglia, canini ben pronunciati che avrebbe fatto invidia a Maddy, insomma un perfetto Dracula.

Si aspettava di vederlo trasformarsi in vampiro.

Dracula li condusse fino ad una radura, dove vi era una casetta in legno abbandonata.

Doveva essere il rifugio per i boscaioli e i cacciatori, ormai in disuso.

Il lupo lì condusse fino alla scaletta, che portava sotto il terrazzino, salendo e dando dei colpetti alla porta.

“Sta...bussando?”

“E la cosa mi piace sempre di meno” borbottó John.

Rimasero che in attesa.

La porta si aprì qualche istante dopo, di scatto.

Amy, che aveva rimesso via la spada mentre seguivano Dracula, afferro l’elsa e si tenne pronta, stessa cosa John.

Apparve un uomo.

Alto, molto magro da sembrare scheletrico e con i capelli ricci neri e spettinati.

Un impermeabile nero lo copriva fino alle ginocchia e una sciarpa blu e grigia gli avvolgeva il collo.

L’unica cosa che Amy riuscì a constatare, in un attimo di “distrazione” era che tutti gli uomini conosciuti in quella città, esclusi suo padre e suo zio, erano molto affascinanti.

Anche John e i fratelli di Mina avevano un loro perché.

“Bravo ragazzo!” Disse rivolto a Dracula “sapevo che l’avresti trovata” e rientrò.

Dracula fece lo stesso e, automaticamente, anche gli altri due.

La casa era effettivamente abbandonata.

L’unica cosa che sembrava darle vita, era il camino.

Vi era un bel tepore e il fuoco caldo si espandeva per tutta la stanza dando un senso di accoglienza migliore.

L’uomo con l’impermeabile prese una scodella piena di acqua e la mise a terra, in modo che Dracula potesse bere.

John fece mettere Amy dietro di lui per sicurezza “Chi diavolo sei?”

“Sean Hale” rispose lui “consulente investigativo, assunto per risolvere casi e, credetemi, sono molto bravo a farlo e sono qui per risolvere un caso già risolto e credetemi è una cosa frustrante”

Parló a raffica e aveva l’aria di essere il classico saputello.

“E che cosa vuoi?”

“Voglio lei” indicò Amy, come se fosse una cosa ovvia “e dato che lei è la soluzione direi caso chiuso”

“Un momento” continuò John “lei non è la soluzione di niente e di nessuno”

“Direi di sì visto che lei mi aiuterà a risolvere anche i tuoi problemi”

“Adesso mi sto incazzando” puntó il piccone ma Amy lo afferrò per un braccio cercando di fermarlo.

“Fermati!” Esclamò “e comunque non potete parlare di me come se non ci fossi!” Si mise davanti a John e fisso dritto negli occhi Sean “non sono un caso, non sono una soluzione ma soprattutto non permetto a nessuno di decidere per me!”

Dracula, che aveva finito di bere, si era avvicinato ad Amy e con il muso richiamava la sua attenzione e sembrava quasi implorarla.

“Non ascolteresti almeno lui?” Domandò Sean, riferito a Dracula.

“Mi prendi in giro?”

“Andiamo Amy” John le fece cenno di uscire “non perdiamo tempo con questo bastardo”

“Neanche se avessi informazioni sulla tua famiglia?”

Amy si bloccò.

Sean aveva attirato la sua attenzione.

“Non sei sola vecchia mia” disse “per quanto detesto ammettere che non capisco ancora il significato della frase che sto per dire, posso solo confermarti che qualcuno che...ricorda...c’è”

“Cambia spacciatore” borbottó John

“Tu sai cosa sto dicendo, vero Amelia?”

Amy rabbrividì, voltandosi a guardarlo “Ma non riesco a ricordarmi di te”

“Nemmeno io è da quanto ne so nemmeno tu mi conosci quindi non sono io uno che...ricorda...” si avvicinò a Dracula “lui però ricorda...si ricorda di te”

Amy non riuscì a capire.

Parlava di ricordi, di famiglia, quindi sapeva che i suoi genitori si erano scordati di lei...o comunque gli era stato detto da qualcuno che, pare, sappia qualcosa.

Ma perché Dracula?

Perché lui ricorda lei?

Cosa...?

Amy sentì un battito mancarle, il respiro fermarsi alcuni istanti.

Dracula...foulard rosso...occhi che sembrano diventare rossi quando si arrabbia.

Pelo lucido e curato.

“Ma...”

“Che succede ragazzina?” Si preoccupó John 

Ad Amy scese una lacrima e un sorriso si formò sulle sue labbra.

“Sei...sei davvero tu?”

Il lupo sembro capirla e...annuì.

Amy si lascio andare e lo strinse “KITT!”

 

 

Salve a tutti!

 

SEAN HALE: Sherlock Holmes

DRACULA: KITT

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Capitolo 8
*** Inizio di risposte ***


Scusate se è breve! 

 

 

Amy restó aggrappata al collo di KITT per dei secondi infiniti.

Non le era difficile dato che era alto quasi quanto lei.

Il suo amico, il suo unico amico.

L’unico e solo KITT.

“Pensavo di aver perduto anche te” mormorò con la faccia affondata nel suo pelo folto, che giuro odorasse di lucido per macchine.

Lui teneva il muso ben stretto a lei, come a volerla proteggere, come fa un padre con i suoi figli.

Sean li osservava sorridendo, un po’ per la soddisfazione e un po’ perché aveva risolto metà del caso affidatogli.

John, dal canto suo, era rimasto talmente sbalordito da non capirci più niente.

“Conosci quel mostro?”

Amy si staccò da KITT e annuì, senza distogliere lo sguardo dal suo amico.

Aveva paura che se si fosse voltata lo avrebbe visto sparire.

“Di quello che vuoi ma tu hai qualche rotella fuori posto ragazzina”

KITT si infuriò e ringhiò contro John mentre i suoi occhi, come previsto, divennero rossi.

“Sta buono micetto” 

Amy lo fulminó e accarezzò KITT per farlo calmare.

“Avrò anche le rotelle fuori posto” disse rivolta a John “ma...non aveva idea che Dracula fosse KITT”

“KITT?”

“È complicato da spiegare”

John sbuffó “Dimmi solo una cosa ragazzina, questo...KITT” Marcó bene il nome “è davvero un mostro e farà del male?”

Amy vide i pugni di John stringersi e le nocche diventare bianche per lo sforzo.

Era pronto ad attaccare e di sicuro pensava alle cicatrici che aveva.

Scosse la testa “Posso assicurarti che nn farà del male a nessuno...”

John annuì e sul suo volto, per quel che si vedeva, si formò un sorriso sarcastico

“Molto bene” si rimise il piccone in spalla “ti saluto”

Ed uscì a grandi passi

“John!” Lei lo segui, ignorando Sean che tentava d fermarla “John aspetta”

“Che diavolo vuoi?!” Sbottó lui, voltandosi e facendola sobbalzare “mi hai immischiato in una storia che non ha niente di sensato! Mi chiedi aiuto per catturare un mostro e poi scopro che in realtà è tuo amico e adesso vorresti che io rimanga qui a godermi lo spettacolo?!”

Amy deglutì.

Non sapeva spiegare niente...anche perché non sapeva nulla nemmeno lei.

Come poteva spiegargli che era arrivata fino a quella città grazie ad una nuvola viola che aveva travolto lei e la sua famiglia? E che quest’ultima non si ricorda di lei e che KITT era una macchina e non un animale?

Le sarebbero serviti tre psicologi.

“Io...” ma niente.

Le parole non vennero.

“Addio ragazzina” sibilò a denti stretti, mentre tornava indietro.

E adesso?

Che avrebbe fatto?

Come avrebbe potuto aiutare Mina?

Nn avrebbe mai consegnati KITT al sindaco e non avrebbe permesso a nessuno di portarglielo via.

Se Christopher le aveva dato ascolto, a breve lui e Mina sarebbero usciti dalla città e sarebbero stati salvi.

Lo sperava vivamente.

KITT, nel frattempo, l’aveva raggiunta

“Voglio tornare a casa...”

Ma sapeva anche lei che non c’era nessuna casa, come non c’era niente di normale in tutta la città.

“Amelia” Sean era arrivato anche lui “devi venire con me”

Amy sospiró 

“Dove?”

“Da chi ha le risposte che cerchi”

Un altro sospiro.

Guardò negli occhi KITT, che le fece capire che andava tutto bene e poteva stare tranquilla.

Si fidava di KITT.

Annuì e segui Sean.

Rientrarono nella foresta e camminarono per dieci minuti buoni, prima di raggiungere una cancellata.

Dentro si vedeva un cimitero.

Amy indietreggió di un passo ma KITT la rassicurò e lasció che si aggrappasse a lui.

Sean entrò nel cimitero e raggiunse una cripta.

Anche se si fidava di KITT, aveva comunque paura che potesse accadere qualcosa.

“Che ci facciamo qui?”

“Ti porto da chi potrà davvero aiutarti” facendo forza, aprì la porta in pietra della cripta.

L’interno era buio, non c’era neanche una candela o una finestra.

Ed era anche molto stretto.

Sean si appoggiò alla parete di fondo ed iniziò a bussare in alcuni punti finché non si udì un suono vuoto.

“Ha cambiato di nuovo il mattone di apertura” commentò, mentre la parete iniziò lentamente ad aprirsi.

Come nei film, apparve un passaggio segreto con una rampa di scale che scendeva.

Amy sgranó gli occhi, restando immobile alcuni istanti.

KITT le diede una musata e le fece capire che poteva andare.

“Siamo qui” esclamó Sean una volta giù.

Amy resto ancora più sbalordita appena vide cosa c’era sotto.

Si ritrovó in una stanza con un sacco di...cassetti?

Erano cassetti che si illuminavano di rosso.

Le venne la curiosità di sbirciare il perché, ma KITT la fermò.

Dopo quella stanza c’era un altra porta con un altra stanza ancora.

Una specie di salottino...molto lugubre.

Stavolta, però, c’erano delle candele ad illuminare.

“Molto bene” un uomo, a giudicare dalla voce, girato di spalle se ne stava sul fondo del salottino, vicino a quella che sembrava un ennesima cassettiera, che però non si illuminava.

Sean sospiró e ammiccò ad Amy, per poi uscire e andarsene via.

Rimasti soli, calo i silenzio...tombale.

Sembrava quasi una presa in giro.

“Ottimo lavoro anche a te KITT” disse l’uomo girandosi.

Amy me rimase abbagliata confermando, per l’ennesima volta, che tutti gli uomini della città era molto affascinanti.

Erano proprio pensieri da ragazzina.

Scosse la testa, non era il momento di pensare a certe cose.

L’uomo sorrise.

Avrà avuto si e no qualche anno in più di Amy, i capelli neri e ondulati fino alle spalle.

Una felpa verde scuro e dei jeans neri.

Magro quasi quanto Sean.

“Ciao Amelia” salutó allargando le braccia.

“Ciao...” mormorò “ci conosciamo?”

L’uomo sorrise ancora, quasi divertito.

“No” rispose “ma io conosco te e conosco tutte le persone di questa città...con i loro veri nomi, ovviamente”

Amy si guardò con KITT.

Anche se non poteva parlare, riusciva a farle capire che andava tutto bene e che poteva chiedere quello che voleva.

“Chi sei tu?”

“Io mi chiamo Loki Laufeyson” rispose “sono colui che viene considerato da voi il Dio degli inganni” precisò.

Amy non capiva, però ammise di conoscere una storia riguardo agli dei mitologici.

Loki non era un nome nuovo.

“Ma non siamo qui per parlare di me” continuò “tu stai cercando la tua famiglia, o meglio...vuoi riunirla, giusto?”

“Come fai a...?”

“So molte più cose di quanto immagini cara Amelia” rispose con somma calma, quasi glaciale “io conosco i segreti della città e dei suoi abitanti, compresi quelli del sindaco”

Solo a quel punto, Amy si ricordò perché stava cercando Dracula...cioè KITT.

“Dannazione!” Si battè una mano sulla fronte “mi ero scordata che dovevo...”

“Portare Dracula su un piatto d’argento al sindaco per avere i documenti” continuò la frase Loki per lei.

“Che devo fare adesso?”

“Innanzitutto hai ancora alcune ore a disposizione” precisó Loki “potrai fare tutto con calma domani mattina”

“E come?”

“Ogni cosa a suo tempo” iniziò a frugare nei cassetti dietro di lui “io direi...di iniziare a scoprire come riunire la tua famiglia e aiutare i tuoi amici...non credi?” Le mostró un enorme libro.

La copertina era in cuoio marrone con la scritta dorata.

“Once upon a time”

Lo porse ad Amy e si sedette su una panchina, adibita a divano.

“Un libro di favole?”

“Le vostre favole” Loki aprì la prima pagina, dove la prima figura che vide fu quella del sindaco.

Le vennero i brividi.

“Che cosa dovrei farne? Usarlo come Roma contro il sindaco?”

“Sempre meglio che quella spada” indicò la fodera sul fianco di Amy.

Sempre convinta che peggio non poteva andare, sospiró.

“Adesso scoprirai molti più segreti di quanti immagini, mia cara” e il sorriso di Loki divenne quasi maligno.

 

 

Hola!

Sorpresa! Amy iniziava a farmi pena e quindi ho pensato che darle qualcuno che ricorda come lei (e nel prossimo capitolo dirò il perché) fosse d’obbligo.

Dopotutto...ventiquattr’ore e mezzo travolgenti le ha avuto, diamole supporto XD

 

Nomi usati

Devo proprio dirlo?? Ahahah

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Capitolo 9
*** Ad armi pari ***


Nuovo capitolo! Ciao

 

 

Amy lesse quello che, secondo il libro, era il primo capitolo.

Parlava del sindaco.

Chi era, come aveva fatto ad arrivare lì e perché.

Parlava persino di Sally.

“Oh mio Dio” fu l’unica cosa che riuscì a dire una volta finito il capitolo.

Faceva accenno anche a Madeline e suo padre, con tanto di illustrazioni molto fedeli.

Per quanto riguarda il papà si Maddy si aspettava qualcosa di diverso e non un vecchio con la barba lunga e una camicia da notte blu.

Il libro le cadde di mano, più per lo stupore che lo spavento.

Il sindaco era il re di una città chiamata Goblin City ed era a capo di un labirinto che cambiava in base alle sue esigenze e a quelle dei giocatori.

Il nome reale era Jareth.

E Sally era stata una sua giocatrice, il cui vero nome sembrerebbe essere Sarah Williams.

“Vuoi che mi beva questa roba?”

“Non intendo mentirti...si, devi crederci”

“Questa risposta non mi piace”

“E pensi che a me piaccia?” Ribattè “guarda che ci sono dentro anche io”

“E allora perché tu ricordi? E stessa cosa KITT” quest’ultimo se ne stava seduto vicino alla porta a fare la guardia.

“Te l’ho detto, io sono Loki un Dio” rispose quasi scocciato “e gli Dei sono più potenti di un elfo magico dai capelli e dal cervello fulminato”

Amy restó seria “E KITT?”

“Magia e scienza sono due cose differenti, KITT è un opera scientifica, tecnologia avanzata. La magia non può intaccarla e te, che eri al suo interno hai mantenuto la tua memoria”

Amy si voltò verso KITT che, non potendo parlare, si limitò ad annuire lievemente.

Il suo cuore si fermò per un istante, un po’ per la notizia appena ricevuta e un po’ perché non poteva sentire la voce del suo migliore amico.

Quella voce calma e profonda che le dava un senso di tranquillità ogni volta che la ascoltava.

Ne aveva passate parecchie, ormai avrebbe creduto anche agli asini che volavano se glielo dicevano, quindi credere che una maledizione li aveva colpiti poteva anche essere normale.

Dopotutto la nube viola non l’aveva sognata.

“Che cosa dovrei fare?”

A Loki spuntò un altro piccolo sorriso, ma tornò serio quasi subito “Se vuoi che i tuoi genitori ricordano e che tutti abbiano il lieto fine che meritano…dovrai aiutarli a ricongiungersi”

“Non ho pieno potere decisionale…sono minorenne”

“Questo è vero ma hai dalla tua parte un arma ben superiore”

“Cioè?”

“I ricordi, il sapere e KITT” indicò il lupo

“Tu mi aiuterai?”

“Se sarà necessario si, anche l’uomo che ti ha portato qui è disposto ad aiutare” si riferiva a Sean Hale.

Non sapeva né come né da dove cominciare.

Forse era meglio se leggeva tutto il libro, almeno avrebbe avuto un idea di ciò che l’attendeva.

I gradi di parentela e di amicizia.

Poi ragionò meglio.

Sarebbe stato più giusto far credere al sindaco che lei sapeva, o aveva scoperto, il suo segreto e, lentamente, aiutare le persone a ricongiungersi a sua insaputa.

Nel leggere la storia del sindaco immaginò che non c’era da aspettarsi nulla di buono.

Le avrebbe messo i bastoni fra le ruote in ogni modo pur di non aiutare chi era stato maledetto.

In quel momento si rese conto che nella storia di questo re di Goblin e di Sarah non si faceva cenno alla maledizione.

Parlava solo della loro storia e di chi erano prima di Storybrooke.

Aveva molto lavoro da fare.

Si alzò in piedi con l’intenzione di uscire.

Barcollò un attimo, era stanca ma voleva mettersi subito in moto.

“Dove pensi di andare?”

“A fare il mio lavoro” rispose “prima comincio prima la finiamo”

“Hai bisogno di riposo, devi recuperare le forze” Loki si alzò a sua volta e la raggiunse

“Sto bene” fece per salire le scale ma ebbe un lieve capogiro.

Loki la sorresse “Non ti reggi in piedi ragazzina”

“Non sono una ragazzina”

“Fino a prova contraria si” la riportò sul divano “sono ore che leggi e hai già avuto abbastanza problemi da quando sei qui”

“E chi me lo dice che tu non me ne creerai?”

Loki rise “Se avessi voluto darti problemi, te li avrei già dati” e, dopo essersi assicurato che dal divano non si sarebbe mossa, la superò uscendo e senza dire una parola.

La porta si richiuse e lei rimase sola con KITT.

Sbuffò sonoramente e si sdraiò.

In effetti aveva ragione, era meglio dormire e riordinare le idee.

KITT si mise sdraiato al suo fianco, con il muso sul divano.

“Mi sento stupida KITT” mormorò Amy “ho creato tanti casini che non so come rimediare”

Lui ascoltava ma non poteva rispondere

“Come vorrei che tu potessi parlare…come vorrei tornare a casa”

KITT emise un uggiolio, segno evidente che le dava tutto il suo appoggio

“Ho visto papà…non si ricorda di me…mi manca KITT…ho bisogno di lui” sospirò “e dello zio Devon…voglio anche la mamma, ma non l’ho trovata, tu sai dove si trova?”

KITT annuì “Mi ci porterai?” annuì ancora.

Amy sorrise appena e accarezzò il muso di KITT, dandogli un leggero bacio

“Ti voglio bene KITT” e lui rispose con una leccata, che la fece ridere “non mi dispiaci in questa versione”

Lui sbuffò.

Avrebbe preferito essere una macchina indistruttibile invece che un animale peloso che deve mangiare e bere per nutrirsi e se sparano può anche morire.

Il vantaggio, per lui, era che finalmente poteva provare dei sentimenti.

Capire cosa le persone sentono e…un cuore che batte.

Se avesse potuto, avrebbe risposto “Ti voglio bene anche io” ad Amy, perché sapeva che cosa significava voler bene a qualcuno in maniera più…umana e non tecnologica.

Sentire i profumo, capire come si muovo gli animali.

Poco dopo si addormentarono entrambi, volto contro volto.

Un leggero sorriso sulle labbra di Amy fece intendere che con KITT si sentiva sicura.

Si sentiva più a casa.

***************

Quando si risvegliò, era ancora nella stessa stanza.

Un leggero profumo di the ai frutti di bosco aleggiava tutto in torno e...non c’era nessuno.

Spalancò bene gli occhi e si tirò su di scatto.

Ci vollero alcuni secondi per riprendersi e...per accorgersi che aveva una coperta.

Doveva avergliela messa Loki.

“Loki?” Ma non ottenne risposta “KITT?”

Ancora nulla.

Sospiró e si alzò, notando che sul tavolino c’era una tazza con un liquido rosso scuro.

Il the.

Accanto c’era un biglietto

-Ti aspetto fuori-

Sospiró ancora e infine si mise a bere.

Ci voleva proprio qualcosa di caldo.

Piegó la coperta, rimettendola sul divano ed uscì.

Fuori c’era un filo di nebbia che stava ben salda al terreno, dando al cimitero un aspetto più tetro.

Faceva freddo ma il cielo sembrava promettere bene.

Fuori c’era KITT.

“Buongiorno KITT” sorrise avvicinandosi a lui e dandogli un bacio sul muso, venendo ricambiata a sua volta.

“Ti stavo aspettando da trenta minuti” fu il buongiorno che, invece, ottenne da Loki.

Come inizio non c’era male.

“Buongiorno anche a te” disse con fare sarcastico

“Hai gradito il the?”

Amy annuì “Grazie e...grazie anche per la coperta”

“Dovere” la serietà glaciale di quell’uomo era il fredda della nebbia sul terreno.

“Che ore sono?”

“Le sette e trentacinque minuti”

Amy sgranó gli occhi.

“Ho dormito fino a quest’ora!?” Loki non capì la sua reazione “io ho un compito da svolgere!”

“Guarda che non sono scadute le ventiquattro ore” precisò Loki “hai tempo fino alle due del pomeriggio e comunque l’ufficio del sindaco apre tra mezz’ora”

Amy sbuffó e si passò una mano sul volto.

“E comune mi sono permesso di organizzarmi per te” ottenne l’attenzione della ragazza e...anche quella di KITT “di certo non posso farti arrivare lì con il tuo...coso peloso, desteresti il panico per le strade” specificò “quindi ho pensato che potresti andare la portando qualcosa che confermi la cattura o, comunque, la tua vittoria” si avvicinò a KITT e gli tolse la bandana dal collo, porgendole ad Amy.

“Certo” confermó lei “e direi che l’ho ucciso tranquillamente per un colpo di fortuna”

“Veramente ho pensato anche a quello” si guardò con KITT, che distolse lo sguardo.

Non sembrava d’accordo su questa parte di piano.

Loki sospiró e si avvicinò a KITT, sussurrandogli qualcosa all’orecchio.

Lui ringhiò per un istante ed infine cedette.

“Che gli hai detto?”

“Nulla che ti riguardi”

“Mi riguarda eccome” Ribattè Amy “che cosa gli hai detto?”

Loki non rispose.

“RISPONDIMI!” Esclamò a voce alta, tanto che l’avrebbero sentita fino all’altro capo della città.

“Che se non ti colpisce non è veritiero” rispose pacato Loki, ottenendo un altro ringhio da parte di KITT.

“Colpirmi?”

“Deve risultare che hai combattuto” disse “ti colpirà in punti non vitali, in modo da simulare una lotta”

KITT si ritrasse di un passo.

Amy, dal canto suo, non era d’accordo ma che altra scelta aveva?

Loki non aveva tutti i torti e poi, se non era per lui, non avrebbe scoperto molte cose sul sindaco.

Si avvicinò al suo amico e lo strinse

“Fallo” gli sussurrò all’orecchio “fallo KITT”

Lui scosse la testa, in cuor suo sapeva che doveva preservare la vita umana e non danneggiarla.

“Fallo per me KITT”

KITT esitò ma capì anche lui che non aveva scelta.

Con una musata si scusò e poco dopo i suoi occhi divennero rossi.

Iniziò a colpire con gli artigli Amy.

La sentiva gemere ma non poteva fermarsi.

Persino Loki si stava rendendo conto dell’esagerazione del lupo.

“Ok basta, fermati!” Si paró davanti ad Amy, impedendo a KITT di proseguire.

Il lupo scosse la testa e si riprese, uggiolando per il male provocato ad Amy, che tentò di rimettersi in piedi.

“Forza” Loki le diede una mano, sorreggendola.

KITT l’aveva colpita alla spalla, alla schiena, al petto e al volto, quest’ultimo per fortuna di striscio.

Essendo caduta sotto al primo colpo, i jeans erano strappati alle ginocchia e il resto dei vestiti a brandelli.

KITT non osava guardarla.

“Ottimo...ottimo lavoro KITT” gli sorrise Amy.

Non era arrabbiata con lui, era l’unica soluzione e poi era stata lei stessa a dirgli di farlo.

KITT scosse la testa e, con un altro uggiolio, corse via, andando verso la foresta.

“KITT!”

“Lascialo andare” la fermò Loki “tornerà” la tranquillizzó “riesci a stare in piedi?”

Amy annuì “Vieni con me” la sua risultava una richiesta e assomigliava quasi ad un implorazione.

Loki non seppe cosa dire.

“Per favore” 

Sbuffó “Va bene”

La sorresse e l’aiutó a camminare.

La bandana rossa di KITT ancora ben salda in mano.

Avrebbe voluto seguirlo, voleva abbracciarlo e dimostrargli che non era arrabbiata e che era giusto ciò che aveva fatto.

Ma come?

Dove?

Loki la portò fino al retro del municipio

“Vieni con me”

“Non posso venire fino a dentro” tagliò corto “va dentro”

Amy voleva implorarlo ma quello che aveva fatto fino a quel momento era stato anche troppo.

Si staccò e andò verso il municipio.

Mentre si mostrava in pubblico, i volti della gente la osservavano scioccati, terrorizzati.

Alcuni commentavano e vedevano la banda a che teneva in mano.

Si sentiva il nome di Dracula provenire dalle loro labbra.

Dracula...il suo KITT.

Chiuse gli occhi.

L’avrebbe cercato, appena tutto finiva avrebbe trovato il suo amico e gli avrebbe detto quanto gli voleva bene e quanto fosse stato coraggioso.

Entrò a fatica nell’ufficio del sindaco.

L’uomo fu sorpreso di vederla, anche lui aveva un stia mista al terrore.

I suoi occhi lasciavano trapelare un solo pensiero “Come diavolo ha fatto?”

Amy sentiva le ferite bruciare e un dolore lancinante al petto e alla schiena.

Gettó la bandana sul tavolo.

Sotto suggerimento di Loki l’aveva impregnata di sangue, per dare un senso di realistico.

Il sindaco la guardò schifato e poi posò gli occhi su Amy

“Posso avere...i miei documenti?”

Il sindaco sorrise appena

“Vedo che hai portato a termine il tuo compito ragazzina” si alzò e iniziò a girarle intorno “hai mantenuto la parola data e ti sei dimostrata coraggiosa”

Amy teneva lo sguardo basso.

La voglia di tirargli un pugno in faccia era tale da farle dimenticare il dolore.

“Tuttavia...” proseguì “poco fa avrei giurato di aver visto una figura pelosa e nera correre per la foresta”

Amy deglutì 

“Era molto grande, quasi quanto un essere umano” specificò “e avrei giurato che fosse proprio il nostro caro Dracula”

Amy iniziò a tremare

“Posso avere i miei documenti”

L’uomo rise “Consideralo un no mia cara, le bugie hanno le gambe corte”

“Oppure il naso lungo” aggiunse Amy, facendolo bloccare “non è vero? Jareth...re di Goblin”

Il sindaco iniziò a tremare.

Aveva colto nel segno.

Amy sapeva solo la sua storia assieme a Sally, cioè Sarah, non conosceva altro.

Ma vederlo tremare per qualcosa che solo lui è convinto di spere era una soddisfazione.

“Come fai...?”

“Non sono cose ti riguardano” tagliò corto Amy “e adesso Posso avere i miei documenti?”

Sapeva che il re di Goblin aveva il potere di manipolare le persone, ma lei non ci sarebbe cascata.

“Tu ragazzina....”

“Non ti avvicinare!” Esclamò “e adesso dammi ciò che mi spetta”

“Non puoi costringermi”

“Nemmeno tu re di Goblin” Amy emise un gemito di dolore, dovuto alle ferite riportate “tu non hai nessun potere su di me”

Jareth ebbe un tuffo al cuore.

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Capitolo 10
*** Credere ***


Capitolo un po’ lungo e poco interessante, ma mi serviva una specie di “intervallo”

Alla prossima ciauuu

 

 

Jareth non ebbe la forza di ribattere.

Lo sguardo che rivolse ad Amy, dopo averle dato il consenso e i documenti, lasciava intendere che non sarebbe finita lì e che, prima o poi, gliel’avrebbe fatta pagare.

Amy non fiatò anzi, ringrazió per la sua cortesia ed uscì, portandosi via la bandana di KITT come se fosse un trofeo.

Ce l’aveva fatta e tutto grazie a Loki e KITT.

Ma anche grazie al signor Hale e a John.

John...Avrebbe dovuto scusarsi anche con lui.

Tornó quatta quatta nella foresta.

Le ferite le facevano male e si sentiva debole.

La ferita sul petto doveva essere la più profonda a giudicare dal dolore e dalla chiazza di sangue formatasi sui vestiti.

“Loki?” Chiamò “Loki!”

“Vedo che hai ottenuto quello che volevi” l’uomo apparve da dietro un albero.

Amy sorrise appena “Ho ottenuto più di quanto immagini” si avvicinò “ti ringrazio”

Lo sguardo di Loki era serio.

Amy non capì il motivo di quella faccia o almeno...non subito.

Realizzò solo in un secondo momento che Loki non era solo serio, ma anche preoccupato.

Avvertì un altro dolore forte al petto e vide la macchia di sangue allargarsi ulteriormente.

Le sue gambe cedettero e so ritrovó in ginocchio.

Loki le fu addosso in un secondo.

Non la toccava.

Un po’ per paura di farle male e un po’ per schizzinosità verso il sangue.

“Devi andare all’ospedale” tentò di aiutarla a rialzarsi ma Amy fece fatica.

I suoi non stavano aperti.

“L...Loki...”

“Ehi ehi, non mollare ragazzina...andiamo” cercava di tenerla svegli “ragazzina?”

Sbuffó e iniziò a cercare freneticamente qualcosa nelle tasche.

Prese il cellulare e compose un numero.

“Loki...”

Ancora alcuni istanti “Sceriffo Kostner? C’è una ragazza ferita nella foresta vicino al municipio, fate presto...”

Stava chiamando i soccorsi

“È stato Dracula” e mise giù.

Amy sentì un tuffo al cuore.

Dracula?

Voleva denunciare KITT, farlo catturare.

“L...Loki” cerco di guardarlo.

Come aveva potuto fare una cosa simile?

“T...tra...traditore”

Loki rimise via il cellulare.

Le sue mani tremavano e sembrava quasi scioccato di ciò che aveva appena fatto.

Purtroppo il suo sguardo non dava molte idee sui suoi pensieri.

“Mi spiace ragazzina” mormorò “ho anche io i miei vantaggi”

Prese la bandana rossa di KITT dalle mani di Amy, fece un passo indietro e poi corse via.

“Lo...Loki” e poi buio.

***************

Radura al centro della foresta.

Era buio, il cielo terso e alcune lucciole vagavano nell’aria.

Amy si guardava attorno meravigliata.

“È bellissimo” mormorò.

In lontananza, una figura nera si avvicinava.

Amy la osservó.

Un enorme lupo nero a grandezza umana.

“KITT!” Esclamò, correndogli incontro e abbracciandolo “Oh KITT”

Lo tenne stretto a lungo “pensavo che non volevi più vedermi” disse “volevo dirti che non è colpa tua, hai dovuto farlo perché te l’ho chiesto io, non essere triste”

Ma KITT non reagiva.

Non era triste e nemmeno felice.

Senza espressione, senza emozioni.

“KITT? Va tutto bene amico mio?”

Ma KITT iniziò a dimenarsi.

Ringhiava e si agitava.

“KITT!”

Ma KITT, per tutta risposta, la scaraventó a terra con una musata.

“KITT fermati!”

Ma niente.

Quando KITT sembró calmarsi, i suoi occhi erano color rosso sangue e la sua bocca era semi aperta.

Respirava affannosamente.

“KITT?”

Si guardarono alcuni istanti.

Poi KITT le saltò addosso a fauci aperte.

 

Amy aprì di scatto gli occhi, emettendo un grido soffocato e venendo accolta da una serie di Bip incessanti.

In un istante realizzò che era stato solo un brutto sogno.

Il respiro affannoso, la fronte sudata e...

“Ma che...?”

Aveva addosso un camice da ospedale e sentiva delle fasciature stringerla sul petto, sulla schiena, gamba e braccio.

Sul volto si sono limitati ad una semplice garza tenuta assieme da due cerotti.

I capelli sciolti e spettinati.

Come era arrivata lì? E perché l’odore era nauseabondo nonostante si trattasse di medicinali?

Poi ricordó.

Loki.

Aveva chiamato suo padre prima di tradirla.

Si guardò attorno, i suoi vestiti erano su una poltrona e, sulla sedia vicina, c’erano altri vestiti.

La bandana di KITT non c’era.

Aveva sperato di vederla, ma sapeva che l’aveva presa Loki.

Se l’avesse trovato...

Sentì la rabbia ribollire e decise che li non poteva stare.

Fece per alzarsi, ma era ancora debole e le sue gambe cedettero.

Però non toccò il suolo.

Due possenti braccia la sorressero appena in tempo.

“Dove credi di andare?”

Il tono era misto tra il divertito e il rimprovero.

La voce era...famigliare.

“Pa...sceriffo Kostner?”

Alzò lo sguardo, incrociando quello dello sceriffo.

Era talmente stanca e confusa che non badò alle figuracce.

“Sceriffo Kostner!” Esclamò di nuovo, aggrappandosi alla sua giacca, come se volesse tenerlo lì.

Anche se l’uomo non si ricordava di lei, Amy aveva bisogno di sentire e toccare una figura materna, o paterna in questo caso.

Fece dei respiri profondi, inalando il profumo di suo padre.

Aveva bisogno di lui.

“Ehi” sorrise lui, stringendola fra le sue braccia “lieto anche io di rivederti”

Rimase attaccata a lui alcuni secondi, poi iniziò a darsi una calmata.

“Da quanto sono qui?”

“Tre giorni” disse “hai fatto prendere un bello spavento a tutti”

Amy lo guardò confusa

“Tutti?”

Lo sceriffo sorrise e annuì “C’è un sacco di gente qua fuori che voleva a tutti i costi entrare”

Amy scosse la testa, sempre più confusa.

“Tranquilla, non intendo farti affaticare” la tranquillizzó “e adesso riposati, hai fatto un ottimo lavoro con Dracula, nessuno avrebbe avuto tutto questo coraggio”

Dracula...KITT!

“Dove si trova?”

“Lo stiamo ancora cercando, ma lo troveremo”

“Vi prego non fategli del male”

Lo sceriffo Kostner sembró scioccato a quella richiesta “Lui ha fatto del male a molte persone Amelia”

“Ma...”

“Mi dispiace ragazza mia” disse l’uomo “ma è la procedura, ordini dall’alto”

Jareth...

Era stato lui!

E Loki...che fosse tutto collegato?

I suoi occhi si riempirono si lacrime ma non osava buttarle fuori.

Lo sceriffo osservó meglio.

Più la guardava più aveva una strana sensazione.

“So che non è il momento giusto ma...” deglutì “sei per caso imparentata con Penny? Penny Black?”

Amy scosse la testa.

“Ok...ehm...vuoi che faccio entrare i tuoi amici?”

Amici?

“Sally e Maddy?”

“Anche loro”

Anche?

E chi altro c’era?

Annuì e lo lascio andare

-Papà resta con me, ti salverò ma resta con me-

Gridava la sua mente.

Ma come poteva trattenere un uomo che non ricordava nulla?

I ricordi!

Il libro che le aveva dato Loki.

Era sicuramente sul divano della cripta.

Appena sarebbe uscita lo avrebbe recuperato.

Ma avrebbe avuto bisogno di aiuto...ma da chi?

“Amy!”

Un coro di circa tre voci era entrato nella stanza.

Sally, Maddy e Mina

“Ragazze!” Che bello rivedere volti amici “che piacere vedervi...Mina ma...non eri...”

Mina sorrise e scosse la testa “Non potevamo farlo dopo quello che ti è successo, saremo sempre in debito con te”

Amy sorrise e cercò di stringerle, ma le ferite glielo impedivano così come le fasciature.

“Non affaticarti” la fermò Mina

“Da che pulpito” mormorò fra se e se Amy

“Ragazza mia assomigli ad una mummia” disse Maddy

“Beh, per Halloween siete a posto entrambe” ridacchiò Sally “tu sembri un vampiro”

Maddy le fece la linguaccia.

“Ci hai fatto spaventare” disse Mina ignorando le altre due “meno male che stai bene”

“Si, meno male” sorrisero felici Sally e Maddy “se ci prometti di non cacciarti nei guai...” proseguì Maddy “possiamo andare tranquille?”

Amy rise ed annuì “Ma sì certo”

“Ottimo! Ti lasciamo riposare allora”

Amy alzò il pollice in segno di approvazione e Maddy e Sally uscirono

“Tu non vai?”

“Ehm...” Mina abbassó lo sguardo “dovrei chiederti un favore”

“Se posso...”

“Chris è qui fuori, sta aspettando che usciamo noi per entrare con altri tre”

Altri tre? 

Amy sentì lo stomaco chiudersi.

Chi altro poteva venire a trovarla?

Si aspettava solo il sindaco e non tre persone.

“E...?” La incalzò, sempre pensando a chi ci fosse fuori

“Non gliel’ho ancora detto...stavo per farlo ma ci è giunta notizia che eri qui e mi sono fermata”

Amy fece mente locale e finalmente realizzò.

Chris non sapeva del bambino.

“Glielo diresti tu?”

“Io? Ma...quelle sono cose private!”

Mina chiuse gli occhi e annuì “Lo so hai ragione ma non ho il coraggio!” Disse tutto d’un fiato “ti ricordo che lui è maggiorenne ed io no e se non lo volesse?”

Amy scosse la testa “Non mi sembra tipo da tirarsi indietro”

“Non lo so...”

Sospiró molto sonoramente “E va bene, se ti fa stare tranquilla lo farò” acconsentì “dopotutto tu mi hai molto aiutata”

“Grazie, sei una vera amica” fu Mina a stringere Amy.

Lo fece delicatamente, cercando di non farle male.

Salutó ed uscì con il sorriso, più tranquilla.

Dopo cinque minuti fu proprio Chris ad entrare, seguito da Sean Hale e da...John

Amy sgranó gli occhi.

Non riusciva a credere che tre uomini, con cui aveva parlato a malapena una volta, fossero preoccupati per lei.

“Ciao Amy” sorrise Chris avvicinandosi.

Giacca nera allacciata e cappello bianco in testa

“Amelia” sorrise Sean

“Ehi ragazzina” persino John sorrideva sotto la barba.

Amy notò che era vestito diverso e pulito.

Allora non era un eremita senza igiene.

“Ciao” disse lei quasi pigolando.

I primi due giorni che era arrivata in città era talmente tesa e nervosa che avrebbe mandato al diavolo tutti quelli che trovava, adesso era più tranquilla e...la timidezza stava iniziando a farsi sentire.

“Hai avuto molto coraggio” commentò Sean “non me lo sarei aspettato da una ragazzina che spunta dal nulla”

“Nemmeno io”

“Mi associo”

“Grazie...”

Amy li osservava.

Era davvero grata di quella visita, non se la sarebbe mai aspettata.

Erano tre uomini in gamba che avevano preso a cuore una tonta come lei.

Non si meritava tutte quelle attenzioni.

Per un attimo pensó di chiedere aiuto a loro per sconfiggere il sindaco ma lo rimosse quasi subito.

Chris stava per diventare papà e John era più il tipo da azione che da cupido o simili.

Sean sembrava curioso, non per niente faceva il consulente investigativo, ma non aveva idea se accettava l’incarico o no.

Scosse la testa.

Era meglio non chiedere.

“Ti senti meglio?” Domando John, evidentemente preoccupato

Amy annuì e abbassó lo sguardo.

Anche se lui era preoccupato, lei sapeva di averlo fatto infuriare “Mi...mi dispiace per...”

“Non fa niente” la rassicurò “mi è stato spiegato” e con la testa indicò Sean

“Sicura di stare bene?” Chiese nuovamente Sean, ottenendo conferma “Molto bene”

“Sai che David e Jack sanno fare il loro lavoro” gli ricordó Chris.

Doveva trattarsi dei medici che l’avevano curata.

Sean annuì serio “Io ora devo andare, ma tornerò, mi raccomando non cacciarti nei guai”

“Ma avete così poca fiducia?” Domando Amy sorridendo sarcastica

“Chissà perché” Ribattè John “ora vado anche io, sta attenta ragazzina”

E sia lui che Sean andarono via.

Chris rimase immobile.

Fece un profondo sospiro e si lascio cadere sulla poltrona.

Una mano si massaggiava la fronte.

Amy si morse il labbro inferiore.

Come poteva iniziare un discorso? E come poteva dire una cosa privata di Mina al posto suo?

-Accidenti a te Mina- pensò -in che situazione mi hai cacciata?-

Però glielo doveva.

Mina l’aveva davvero aiutata.

“Stanco dal lavoro?”

“Fosse quello” sospiró guardandola “Approposito non ti ho ancora ringraziato per ciò che hai fatto con Mina”

“Figurati” sorrise Amy “era il minimo...so cosa si prova ad essere cacciati di casa e nessuno ti vuole”

Non aveva mai provato veramente una cosa simile, ma avere gente che si conosce che ti ignora o non si ricorda era uguale.

“E...come sta?” Domanda stupida.

Aveva notato l’aria stanca di mina e le occhiaie ma non voleva farlo pesare.

Chris sospiró ancora “Non bene” rispose “cerca di contattare i fratelli ma hanno tutti la segreteria e Jeff squilla libero ma non risponde...è stanca e poi di notte non dorme perché spesso si sente male”

Ed ecco le nausee 

“Le ho detto di andare a parlare con Aaron o di venire qui e farsi visitare ma dice che non è niente di male”

Si mie entrambe le mani al volto “Sono con le mani legate e non posso portarla fuori città finché sta male”

Amy tamburelló con le dita sul letto e si morse il labbro.

“Senti...so che non dovrei essere io a dirtelo ma mi hanno costretta”

Chris la guardò interrogativo

“Non so dirti nulla riguardo ai fratelli di Mina, vorrei aiutarla ma non ho molte possibilità...però osso dirti che Mina sta bene di salute”

Chris non sembró convinto

“Una che sta male la maggior parte delle volte non sembra una che stia bene”

“Ecco...meglio andare al sodo...” deglutì “Mina...aspetta un bambino”

Chris sgranó gli occhi, spalancò la bocca e sbiancò.

Forse non doveva andare subito al sodo in quel modo.

“C...Chris?”

“Un...un bambino?”

Sembrava quasi scandalizzato...sconvolto.

O non ci credeva o non se lo aspettava.

Amy non capì se definirlo felice o troppo fuori per esserlo.

“Questo...questo è...”

“Bello?” Azzardo Amy

Chris non sapeva cosa dire.

Non diede nessun aggettivo, neanche un cenno di felicità.

Rimasero in silenzio alcuni secondi.

Chris fece un mezzo sorriso, che scomparve quasi subito.

Amy pensò che aveva appena realizzato la differenza di età fra loro due ma, allo stesso tempo, non sembrava importargli.

“Diventerò padre...”

Ancora silenzio.

Chris si alzò “Io...grazie Amy” disse ancora ad occhi sgranati “ci...ci vediamo” ed uscì.

“Chris!” Ma niente, l’uomo se ne andò.

Amy si affacciò alla finestra.

Per sua fortuna dava sull’ingresso.

Vide Mina, seduta su una panchina con lo sguardo basso.

Due minuti dopo uscì Chris, andandole vicino.

Amy vide che si scambiarono sguardi, poi lunghi silenzi.

Infine Chris la strinse forte e la baciò con passione.

L’aveva presa bene.

Lo vide accarezzarle il ventre e sorride, per poi andare via.

Amy sospiró felice.

Chissà che emozione.

Tornó sul letto e si sedette, facendo attenzione ai movimenti.

La gamba non le faceva tanto male, il resto del corpo si.

Avrebbe aiutato Mina, sarebbe stata la prima.

Era determinata.

Appena usciva si sarebbe data da fare.

Avrebbe recuperato il libro, avrebbe cercato KITT e avrebbe aiutato la gente a ricordare.

Se avesse avuto l’occasione, avrebbe preso anche Loki.

Gliel’avrebbe fatta pagare.

Ci credeva.

Ci credeva sul serio.

Le parole di Loki sul sindaco si erano rivelate vere, anche il resto sarebbe stato reale.

“Io ci credo”

E, in lontananza, l’orologio della torre iniziò a ticchettare

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Capitolo 11
*** Missione Salvataggio ***


Amy ruscì ad andarsene dall’ospedale una settimana dopo.
Si sentiva in ritardo sulla sua tabella di marcia.
A quest’ora Loki avrebbe potuto fare di tutto, sia nascondere il libro che fare qualcosa a KITT.
Quando uscì si inoltrò subito nella foresta, tanto nessuno era venuto a prenderla e l’unica persona che poteva farlo era stata chiusa in casa per paura che si facesse del male.
Lowell era diventato improvvisamente protettivo nei confronti di Mina.
Si diresse verso il cimitero ma, prima di tutto, cercò di chiamare il suo amico.
“KITT!” gridò a gran voce “KITT!”
Neanche l’ombra del suo amico, nemmeno un passo in lontananza.
Forse aveva ancora paura, forse si sentiva in colpa per averle fatto del male.
Ma se sapeva che doveva essere credibile? Glielo aveva chiesto lei!
Sperò di trovarlo alla cripta, almeno non faceva il viaggio a vuoto.
Aumentò il passo, cosa non molto facile viste le ferite che ancora dolevano, fino a raggiungere il cancello sul retro del cimitero.
Era aperto.
Rabbrividì, come poteva essere aperto?
Osservò meglio notando segni di artigli enormi sulla cancellata e…sangue.
Per un attimo ebbe un mancamento
“KITT!” entrò nel cimitero e tentò di aprire la cripta a suon di pugni.
Non si apriva.
“KITT!” urlò ancora “KITT ti prego aprimi! Se sei lì dentro aprimi! KIIIIITT!”
Ma solo il silenzio avvolgeva il cimitero, compresa una nebbia che rasentava il terreno.
Pregò che quel sangue non fosse del suo amico, altrimenti poteva benissimo essere morto dissanguato.
“Dove sei KITT…” mormorò “ho bisogno di te”
Dietro di lei si udirono dei passi, ma non ebbe il coraggio di voltarsi.
Non sapeva dove fosse KITT e si sentiva nuovamente persa e sola.
“Perso qualcosa ragazzina?”
Amy sgranò gli occhi.
Quella voce…
“John…” lentamente si voltò, trovandosi davanti la figura possente di John, vestito con camicia di flanella alla boscaiolo e la solita canotta bianca.
Si era persino…tagliato la barba?
Dimostrava decisamente meno anni di quello che sembrava all’inizio.
“Come ti senti?”
Amy non riuscì a rispondere e tornò a fissare la cripta.
“E’ stata chiusa” disse John, avvicinandosi e mostrando delle strisce più chiare attorno alla cornice “il sindaco l’ha fatta sigillare l’altro giorno”
Amy strinse i pugni.
Jareth stava iniziando le tattiche di difesa.
Se lo faceva per nascondere i cassetti luminosi era un conto, ma sapeva che lo stava facendo per lei.
“Il libro…” pensò in un istante di lucidità “il libro!”
“Intendi questo?” Amy si voltò e vide che Jhon teneva in mano il libro che le aveva mostrato Loki.
Quello che conteneva le storie di tutti gli abitanti della città.
Qualche attimo dopo si sentì gelare.
“Lo hai letto?”
Lui scosse la testa “Chiedimi tutto tranne che leggere” glielo lanciò e lei lo prese al volo “tutta questa storia per un libro di favole…sei strana ragazzina”
“Io…io ci tengo” che altro poteva dirgli?
Iniziò a sfogliarlo avidamente, come se all’interno di quelle pagine ci fosse aria per respirare.
Aveva avuto una settimana di tempo per ragionare e farsi una scaletta.
Voleva cominciare ad aiutare qualcuno con cui non era legata o, comunque, con cui non aveva ancora avuto a che fare.
Aveva visto i due dottori che l’avevano curata.
Uno era biondo e l’altro castano, entrambi molto giovani.
Amy era convinta che qualcuno dei due non arrivasse nemmeno alla trentina.
Si ricordava le loro facce, voleva cominciare da loro per ripagarli delle cure ricevute.
Il primo che le venne in mano, dopo aver sfogliato le pagine e aver notato persino le immagini di John, fu il medico dai capelli castani.
Era il medico più eccentrico e strano dell’ospedale ma sapeva il fatto suo.
Era molto amato dai bambini in compenso, era arrivato a farli divertire con il ballo della giraffa ubriaca…così lo aveva chiamato.
“Che stai facendo?”
“Devo assolutamente leggere questa storia”
John sbuffò “Sorvolerò sul fatto che sembri una svitata” disse “ma non credi che sarebbe meglio che lo fai in un luogo caldo e meno umido?”
Amy scosse la testa e sbuffò.
Ma convenne con John che era meglio.
Nascose il libro sotto la giacca e tornarono verso la città.
Nemmeno si accorse che la portò al bar dei fratelli di Mina.
Una volta dentro venne accolta dalla voce di Jamie.
“Ehi Amy!” e, in quel momento, lei si ridestò dai suoi pensieri e si rese conto del luogo in cui stava “Che bello sapere che stai bene” le sorrise amichevole e si avvicinò per abbracciarla.
In tutto il locale, nel frattempo, era partito un applauso da parte dei clienti.
La voce che aveva tentato di sconfiggere Dracula e che aveva tenuto testa al sindaco era girata velocemente.
“J…Jamie…e Mina?”
Jamie continuò a sorridere ma, sotto sotto, non sembrava felice “Abbiamo saputo della sua situazione…io e Wayne abbiamo deciso di ritirarla da scuola” spiegò “adesso lavora nel mio mini market, lì almeno non dovrà fare grandi sforzi o toccare detersivi corrosivi” fece un cenno con il capo verso uno smacchiatore “siediti, la colazione te la offro io” e, prima che Amy potesse obbiettare, andò dietro al bancone e iniziò a maneggiare tra tazze e piattini.
Amy e John si sedettero.
“Ascolta…” iniziò John “non mi voglio intromettere e non penso siano affari miei ma…non pensi che sei un po’ troppo grande per i libri di favole?”
Amy scosse la testa e sfogliò il libro fino a trovare le immagini di John.
Gliele mostrò “Non credo proprio”
John spalancò la bocca ed infine rise “Pensi che me la beva?”
“Come?”
“Non sono io…non ho quei cosi che mi spuntano dalle mani”
“Tu dici?” prese la mano di John “e questi come li spieghi? Non vedi che combaciano?”
Lui ritirò la mano di scatto “E’ stato quel sacco di pulci a farmeli”
“KITT non è un sacco di pulci!” sibilò lei
John sbuffò alzando le spalle “Se lo dici tu”
“Io devo riuscire a farla pagare al sindaco” continuò Amy “e per quanto strano possa apparire non ci riesco da sola…mi serve aiuto John…”
“Ed io cosa dovrei fare, sentiamo” intanto, Jamie aveva portato cappuccino e brioche calde al cioccolato.
“Non lo so!” disse “non so nemmeno da dove cominciare!”
“Chiedi allo sceriffo”
“Mio pa…lo sceriffo non mi darebbe ascolto e poi anche lui ha bisogno di aiuto”
John sospirò.
Si stava facendo mettere in trappola da una ragazzina.
Si sentiva umiliato ed era caduto in basso.
“Sono l’ultimo che può aiutarti ragazzina” si schiarì la voce “se hai una missione da compiere, come penso di aver capito, ti consiglio di chiedere a qualcuno che ama investigare”
“E a chi dovrei chiedere?”
John la guardò con occhi straniti, prima di dare un occhiata in giro per il locale “Sei seria?”
“Perché?”
“Non hai pensato a quel damerino con l’impermeabile nero?”
Amy riflettè alcuni istanti “Sean?”
“Se si chiama così…” un'altra occhiata nel locale
“Non lo so…”
“Tu provaci” si alzò “stammi bene Amy” andò vicino al bancone e lasciò i soldi per la sua colazione.
Poi uscì, lasciandola sola.
“Damerino…” una voce alle sue spalle la fece sobbalzare “è la prima volta che mi assegnano questo nome”
“Sean?” e quando era entrato?
Neanche si era accorta di lui.
Realizzò.
John osservava in giro perché Sean era lì!
Si erano organizzati!
Come poteva essere così stupida?
“Vedo che vuoi cominciare con il dottor Blue”
Si riferiva a Jack Blue, il dottore dai capelli castani eccentrico.
“Ma come…?”
“E sei convinta che sia collegato a quel libro, giusto?” sorrideva soddisfatto, sapeva di aver ragione “tutti qui nascondono qualcosa e tu sei convinta che sia contro la loro volontà e deduco anche che tutti gli abitanti non se ne rendono nemmeno conto a parte…diciamo tre persone, esclusa te?”
Amy era sbalordita.
Quell’uomo sapeva il fatto suo e…sapeva cose che non aveva ancora detto.
“Penso di poterti aiutare e credo che dovremmo cominciare dal Bad and Breakfast di Cora in fondo alla strada” si alzò ed uscì dal locale.
Dopo un attimo di smarrimento, anche Amy si alzò ed uscì, salutando al volo Jamie.
Sean era già sparito.
“Allora? Sbrigati Knight!” la chiamò dal vicolo della palazzina vicino al bar.
Amy lo raggiunse, faticando parecchio per via delle ferite “Dove stiamo andando?”
“Da Cora” rispose come se fosse ovvio, come se anche lei avesse la sua stessa velocità di comprensione
“E che cosa centra questa Cora?” chiese Amy “come puoi dire che è collegata al dottor Blue?”
“Un uomo eccentrico, molto infantile e strano” spiegò “solo un Bad and Breakfast può ospitare gente strana o averne a che fare quindi, restringendo il campo, Cora è l’unica scelta che abbiamo e quindi andiamo da lei”
Non era il modo in cui si aspettava di iniziare la sua missione di salvataggio ma…che altra scelta aveva?
Avrebbe cominciato con il dottor Blue.
Avrebbe dimostrato al sindaco che lei non cedeva.
Lei era una Knight e, quando finalmente suo padre si sarebbe risvegliato, gli avrebbe dimostrato il suo coraggio.
Sarebbe stata una degna Knight.
 
 
Macciauuuuuuu finalmente Amy inizia a fare qualcosa ed ecco anche l’aiuto!
Spero vi sia piaciuto.
A presto!!

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Capitolo 12
*** Indagare sul Dottore ***


Aleeeee chi non muore si rivedeeee rieccomiiiiii *fumo e foglie che attestano l’assenza di persone* che pubblico magnifico XD
Era da tanto che non scrivevo su questa storia e ammetto di essere in un orrendo ritardo ma, come potete vedere, ecco il nuovo capitolo.
Facciamo un riassunto per chi mi segue dall’inizio ma non ha voglia di rileggere
Per aiutarvi a ricordare, vi lascio al “dove eravamo rimasti”.
 
DOVE ERAVAMO RIMASTI: Amelia Knight (mia OC) si è ritrovata a Storybrooke a causa di Jareth che ha scagliato la maledizione.
Lei ricorda tutta la sua vita e, come lei, anche KITT e Loki in quanto (lei grazie a KITT) ne sono immuni.
Avevamo lasciato la nostra protagonista con Sean Hale (Sherlock Holmes della BBC) che stavano andando da Cora (Clara Oswald) per aiutare lei e il Dottore a ricordare chi sono veramente.
KITT è sparito, dopo averla attaccata, così come Loki, dopo averla tradita.
 
Buona lettura
 
 
 
Il Bed and Breakfast si trovava in mezzo al verde, non lontano dalla città.
Era uguale ad una tipica casa di montagna, con fiori e cespugli di more tutti intorno e la foresta che passava dietro.
Era una visione da sogno ed Amy, per un attimo, si dimenticò la sua missione.
Davanti alla porta di ingresso, accanto ai cespugli di more, c’era una giovane donna dai capelli castani lunghi fino alle spalle.
Stava spuntando i rami in eccesso e lo faceva con una tale grazia da sembrare quasi inumana.
Si avvicinarono ancora alcuni passi, poi Amy si fermò.
“Non sono convinta di volerlo fare…”
“Sarebbe a dire?” domandò Sean, tornando indietro e mettendosi accanto a lei.
“Vorrei prima aiutare i miei genitori, ma ho paura di fare anche quello” disse “e vorrei trovare KITT”
Sean sorrise appena “Staranno bene” le disse con tono rassicurante “se vuoi raggiungere un obbiettivo devi cominciare dal gradino più basso, quindi per dare una lezione al sindaco prima devi cominciare con i pesci più piccoli e dopo raggiungere quelli che lui manovra di più”
Amy sospirò.
Si era fidata di Loki, che l’aveva tradita, poteva benissimo fidarsi di Sean e delle sue deduzioni.
Tra lui e John non sembravano tipi da volerla mettere in difficoltà.
Annuì e si lasciò guidare fino all’ingresso dove stava la donna.
“Buongiorno, Cora”
La donna alzò lo sguardo e sorrise amichevolmente “Buongiorno a te caro Sean” salutò “come mai da questa parti?”
“Accompagno un’amica” fece avanzare Amy “abbiamo bisogno del tuo aiuto per un caso”
“Molto piacere” salutò Amy “io mi chiamo Amelia”
“Piacere di conoscerti” Cora allungò la mano e strinse quella di Amy.
Per un lungo istante rimase ad occhi sgranati, come in trance, poi scosse la testa e continuò a sorridere.
Perché aveva reagito così? Era la stessa reazione avuta da suo padre e da chiunque le avesse stretto la mano.
“Venite dentro, così parliamo meglio e vi preparo una bella tazza di the” disse la donna “gelsomino se non ricordo male”
“Oh ricordi molto bene” sorrise Sean ed entrarono.
L’ingresso era caldo e accogliente, un leggero profumo di lavanda aleggiava ovunque.
Il pavimento, in legno, era lucido ed un grande tappeto persiano ricopriva gran parte della sua superficie.
Sulla sinistra vi era una rampa di scale, che portava al piano superiore; a fianco di questa il piccolo banco della reception e dietro di esso il casellario con tutte le chiavi.
A giudicare dal numero di scomparti, si capiva che il posto non aveva tante stanze e si aveva la sensazione che di queste poche fossero occupate.
Una di esse sicuramente occupata da John ed un’altra dal dottor Jack Blue.
Amy si perse con lo sguardo ad osservare quella stanza che assomigliava tanto al tipico ingresso della casa della nonna, sorvolando dal banco della reception.
Venne ridestata dai suoi pensieri quando udì il fischio del bollitore che annunciava l’arrivo del the.
Cora porse due tazze fumanti a lei e Sean e si sedette al tavolo, tenendo stretta la sua.
“Allora?” domandò tutta eccitata “di che caso si tratta?”
“Dobbiamo trovare delle persone” intervenne Amy “e sappiamo che il primo indizio si trova qui”
Cora sorrise “A parte un dottor Blue ed un uomo di Neandertal, direi che qui troverete ben poco”
Amy ridacchiò quando realizzò a chi si riferiva con quel nominativo.
Non aveva tutti i torti, John sembrava un uomo delle caverne.
Sean le lanciò un occhiataccia e le fece capire che avrebbe proseguito lui.
“E’ proprio in merito al dottor Blue che siamo qui, Cora” spiegò.
“Oddio” si allarmò lei “si è fatto male? Gli è successo qualcosa?”
Amy, che aveva dato una sbirciata al libro mentre venivano lì, nel leggere aveva scoperto solo che il dottor Blue si faceva chiamare semplicemente Dottore e lei si chiamava Clara Oswin Oswald oppure Ragazza Impossibile.
Lui era una specie di alieno che vagava nel tempo e nello spazio con una cabina telefonica della polizia Londinese chiamata TARDIS, Clara era una semplice umana che, in fondo, aveva una cotta per il Dottore e dove andava lui c’era anche lei.
Il fatto che si preoccupasse che gli fosse successo qualcosa, era segno evidente che provava la stessa cosa anche se non ricordava.
“No no, sta bene e non gli è successo nulla” Cora tirò un sospiro di sollievo e Sean proseguì “vorremmo sapere se hai notato qualcosa di strano in lui ultimamente”
La domanda sembrava stupida e banale, Sean se ne rendeva conto, ma Amy aveva portato parecchio scompiglio nella città e tutti quelli entrati in contatto con lei sembravano risvegliarsi da uno stato di trance.
Si rendevano conto che qualcosa non quadrava ma non capivano cosa.
Quella ragazza era la via per risolvere quel mistero.
“Di che tipo?”
“Comportamenti bizzarri o segni particolari che non avevi notato prima”
Cora ci pensò un attimo, bevendo nel frattempo la sua tazza di the.
L’aroma di gelsomino si era sparso per tutta la cucina.
“In effetti…qualcosa l’ho notata” disse “qualcosa di strano, cioè…non che lui non sia già strano di suo ma questa ha davvero superato il massimo”
“Spiegati meglio” incalzò Sean.
“Più o meno il giorno che l’orologio della torre ha ripreso a segnare l’ora” disse “il preistorico era uscito ed io ero qui in cucina a preparare la cena quando, ad un certo punto, ho sentito l’orologio rintoccare. Io ho avuto per un attimo il respiro affannato e Jack…ho sentito Jack che urlava…di dolore”
Abbassò lo sguardo, non era qualcosa che le piaceva ricordare.
“Sono corsa al piano di sopra ma la porta era chiusa a chiave, l’ho chiamato ma lui mi ha gridato di andarmene e che stava bene…” deglutì.
“E…?” incalzò Sean.
“E niente…nell’attimo che è uscito era tutto allegro, più del solito, si è soffermato a guardarmi come se non mi vedesse da secoli, mi ha lanciato enormi sorrisi e quando diceva il mio nome lo sottolineava per bene” concluse “poi ha fatto il ballo della giraffa ubriaca ed è uscito per andare al lavoro e quando è rientrato sbuffava e borbottava contro un paziente rompiscatole”
Amy sorrise, poi tornò seria.
Mentre Sean ascoltava e cercava di trovare indizi extra, lei sfogliava al volo il libro alla ricerca di risposte.
A parte alcune storie sulle avventure del Dottore e Clara insieme, non sembrava esserci niente di suo interesse.
A meno che…
Provò a rileggere le prime pagine della storia inerente al Dottore; avendolo fatto di fretta non aveva notato i dettagli.
Il Dottore un abitante di un pianeta chiamato Gallifrey, viaggiava nel tempo e nello spazio con una cabina, ecc, ecc.
Era considerato a tutti gli effetti un alieno, poteva rigenerarsi se gli capitava qualcosa di mortale durante il corso della sua esistenza, invecchiava più lentamente e…aveva due cuori.
L’urlo di dolore che Cora aveva udito il giorno che l’orologio era partito, era perché il secondo cuore del Dottore era ripartito ed essendo lui una specie di alieno, i suoi ricordi erano probabilmente tornati.
Oh almeno così sperava e se davvero era accaduto, poteva essere il primo vero passo su come far risvegliare gli abitanti.
E il TARDIS? La cabina telefonica, dove si trovava? Esisteva davvero?
“Signora Cora…”
“Ti prego, signora?” rise la donna “chiamami Cora e basta e dammi del tu, sei così giovane”
Amy arrossì ed annuì “Cora, sai dove si trova adesso il dottor Blue?”
“Al piano di sopra…” si fermò alcuni istanti “che strano, di solito fa un baccano con il suo avanti e indietro…”
Sean, che aveva notato lo sguardo trionfale di Amy, era rimasto zitto e pronto ad intervenire se ci fosse stato bisogno.
Quando vide che la ragazza fece per alzarsi, la bloccò prendendole la mano “Cora” disse poi rivolto alla padrona di casa “ti dispiace se andiamo da lui a fargli alcune domande?”
“Per me non c’è problema, dipende da lui” indicò il piano superiore “Non vuole vedere mai nessuno, solo me”
“Capisco” sospirò Sean “prometto che saremo discreti e non ti faremo avere problemi”
“Figurati” sorrise Cora “se serve per aiutarti con un caso, ben volentieri” e diede ai due il permesso di salire.
Su per le scale, dove Cora non poteva notarli, Sean la bloccò “Che cosa hai scoperto?”
Amy gli mostrò la pagina del libro con la descrizione del dottor Blue “Lui non è umano, non del tutto” disse “questo significa che lui già ricorda”
Sean si passò una mano sul volto “Ho accettato questo caso convinto che tu stessi cercando un modo per vendicarti del sindaco e non un uomo che ricorda qualunque cosa debba ricordare”
“Ma non capisci?” domandò “John ti ha detto niente?”
“Che avrebbe dovuto dirmi?”
“Sei stato tu a dirmi che, oltre a me, altri ricordavano” rammentò all’uomo “e se si fosse aggiunto anche lui?”
Sean rifletté.
Non aveva idea di cosa la gente avrebbe dovuto ricordare, neanche sapeva di cosa stavano parlando.
L’unica cosa che aveva capito, e a cui doveva ancora dare un peso, era il fatto che nessun abitante di Storybrooke era ciò che sembrava.
Tanto per cominciare tutti avevano il loro nome e cognome ma, in qualche modo, non suonavano corretti; nemmeno il suo.
Eppure sentiva che Amy non stava dicendo frottole.
Quando gli si presentava un caso così complesso, lui non poteva fare a meno di indagare.
Da che ne aveva memoria, aveva sempre sentito lo stimolo a cercare, senza per altro avere nemmeno lui idea di quale fosse l’obiettivo della sua ricerca.
Forse era proprio per quello che aveva scelto di aiutare Amy; in fondo, lei, lo stava inconsapevolmente aiutando a far luce su sé stesso.
“Mi auguro che tu abbia ragione” mormorò e la lasciò proseguire.
Salirono le scale e raggiunsero la camera del dottore Blue.
Non gli fu difficile accorgersene, era l’unica da cui provenivano borbottii e passi.
Sean bussò “Dottor Blue, sono Sean Hale, mi apra per favore” ma non ottennero risposta.
I passi e il borbottio cessarono all’improvviso.
“Dottor Blue?” bussò di nuovo Sean che, all’ennesimo silenzio, si preparò a sfondare la porta.
“Che vuoi fare?”
“Voglio parlare con lui” fece per dare una spallata ma Amy lo fermò per un braccio.
“Lascia fare a me” disse mettendosi in mezzo fra lui e la porta.
Fece un profondo respiro e bussò appena.
Quello che stava per dire sarebbe risultato stupido alle orecchie di Sean, ma non a quelle del dottor Blue.
Lui avrebbe capito.
“Ricorderà anche lei” disse, mentre Sean cercava di capire “Clara c’è ancora…devi aiutarci a farla tornare…”
Un altro respiro profondo, per un attimo non ebbe il coraggio di continuare.
Udendo dei passi avvicinarsi alla porta, Sean intuì che Amy aveva colto nel segno.
Le mise una mano sulla spalla per darle sostegno, per farle capire che lui c’era e ci sarebbe stato fino alla fine.
Amy trovò il coraggio di dire le ultime parole.
“Aiutaci, Dottore”
E la porta della camera si spalancò.

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Capitolo 13
*** Un valido aiuto ***


Il Dottore aprì e guardò Amy come se fosse più aliena di lui.
Lo sguardo curioso e penetrante concentrato sulla ragazza, le cui parole avevano colto nel segno.
Amy deglutì “Riesci a ricordare?”
Il Dottore si spostò e la fece entrare, Sean chiuse la porta.
Per quest’ultimo, la faccenda si stava facendo interessante e vedere la determinatezza di Amelia a risolvere il suo caso gli aveva dato un incentivo in più.
E poi lei era così perspicace e intraprendente.
Non aveva paura di niente, nemmeno di essere attaccata da un lupo gigante o dal sindaco.
Anche lei si stava mostrando interessante, era difficile che qualcuno fosse migliore o alla sua altezza.
Amy era entrambe le cose.
“E’ questo il problema” disse il Dottore, facendolo ridestare dai suoi pensieri “i ricordi” ed indicò la stanza.
Era completamente in disordine, c’erano persino dei calzini appesi al lampadario.
Fogli di ogni dimensione e colore erano sparsi per tutto il pavimento, vestiti non stirati stavano impilati a miracolo su una sedia ed infine tre papillon giacevano sul letto, unici in ordine.
“Questi ricordi non sono reali” proseguì il Dottore, mettendosi a fare avanti e indietro con fare pensoso “la nube!” esclamò “è stata quella strana nube viola a farmi questo, ma perché? Che cosa è? Odio non sapere!”
“Dottore…” Amy lo lasciò borbottare per qualche momento, poi si avvicinò e gli porse il libro aperto sulla sua storia “aiutaci”
Il Dottore prese il libro e lesse quello che vi era scritto “No…no no no NO!” sbottò “chi ha scritto questo libro? Non è veritiero!” sfogliò le pagine al volo senza leggerle e ne mostrò una in particolare.
C’era raffigurata l’immagine di lui e Cora, cioè Clara, che si scambiavano un bacio.
“Questo…” indicò freneticamente il disegno “non è mai accaduto e, credimi, io ricordo tutto perciò…” ridiede il libro ad Amy “riprenditi il tuo libro e trovane uno che dica la verità”
“Ma…” Amy scosse la testa.
Che diamine poteva saperne lei se la loro storia o i fatti accaduti erano reali o no?
Sospirò e passò il libro a Sean, che iniziò a sfogliarlo, poi si rivolse di nuovo al Dottore “Dottore, sei l’unico che può aiutarci a capire perché siamo qui” disse “tu la magia la capisci molto meglio di noi semplici umani”
“E dimmi un po’, semplice umana…” si avvicinò pericolosamente a lei “perché dovrei ascoltare le parole di una ragazzina che se ne va in giro con un libro sbagliato e con l’idea di salvare questa città da qualcosa che ne lei, ne nessun altro conosce?” domandò “per me è frustrante non sapere e non avere più il mio cacciavite sonico ed il mio TARDIS” aggiunse “e non mi sembra molto carino che tu venga a chiedere aiuto a me, al Dottore, che non ho i miei strumenti e nemmeno la possibilità di sapere quanta energia c’è in questo luogo quindi, a meno che tu non sappia dove si trovano sia il MIO cacciavite…” ecco spiegato il disordine nella camera “che il MIO TARDIS, non credo che ti sarò di aiuto e nemmeno disponibile”
Amy lo fissava seria, ma dovette indietreggiare di un passo a causa della troppa vicinanza “Molto bene…” rispose cercando di mantenere un tono freddo e distaccato “Avevo letto che il Dottore era un salvatore, il più acclamato dai pianeti in pericolo…un uomo migliore di quello che ho appena scoperto” in fondo, però, lo capiva.
Quella situazione stava facendo diventare matta lei che era lì da una settimana e tre giorni, figuriamoci qualcuno che aveva in mente ricordi di una vita e/o infanzia falsi.
Per un attimo si chiese che ricordi avesse suo padre, cosa aveva creato Jareth per lui.
Ricacciò indietro il pensiero e tornò a concentrarsi sul Dottore “L’aiuto che tu ci fornivi sarebbe stato ripagato, ma non credo che tu lo voglia…” stavolta fu lei ad avvicinarsi pericolosamente all’uomo “tu hai solo paura” sottolineò bene l’ultima parola e cercò di ricordare ogni cosa letta sul Dottore, anche le frasi al volo “capisco perché sei ricercato su Gallifrey”
Fece per andarsene, ma una mano l’afferrò per il braccio.
Il Dottore la fissava sbalordito “Come fai a saperlo?”
Lei indicò il libro in mano a Sean “Grazie al libro ‘SBAGLIATO’” detto questo, attese che il Dottore la lasciasse ed uscì.
Sentiva che le poche speranze avute, durante la prima parte della conversazione, erano svanite nel nulla.
Non pretendeva di ottenere chissà quale aiuto o rivelazione, ma vedere l’unico normale e con i ricordi mandarla via a causa di un libro sbagliato e di cui lei non era a conoscenza dei fatti o l’autore che lo aveva scritto.
Probabilmente era pure stato creato dalla stessa nube che li aveva portati lì oppure da Jareth stesso e, a causa di ciò, lei vedeva suo padre e la sua famiglia svanire piano piano davanti a lei.
Non era nemmeno riuscita a trovare sua madre e assicurarsi che stesse bene.
Nel frattempo, Sean aveva assistito e diede il libro al Dottore, aprendolo alla pagina dove c’era la figura del bacio.
“Ti consiglio di leggere attentamente, invece che sfogliare” ed uscì anche lui, senza dare il tempo al Dottore di replicare e chiudendosi la porta alle spalle.
Raggiunse Amy, che lo aspettava a metà della rampa di scale, con le braccia strette in vita e le lacrime agli occhi.
“Amy…”
“Ho sbagliato, Sean” mormorò “non dovevo venire qui, sono stata una stupida”
“Hai fatto ciò che credevi giusto per aiutare la tua famiglia” cercò di tranquillizzarla lui “vedrai che cambierà idea”
“Come fai a dirlo?”
Sean sorrise “Intuizione” e le mise un braccio attorno alle spalle “andiamo” ed uscirono, salutando Cora e ringraziandola per la sua disponibilità.
“Che facciamo adesso?” domandò Amy, che aveva esaurito le idee.
Sean si sistemò l’impermeabile nero, alzando il colletto per tenersi ben coperto “Andiamo a casa”
Amy si bloccò.
Lei non aveva una casa e i fratelli di Mina non l’avrebbero mai ospitata.
La cripta era stata sigillata e KITT era scomparso.
Era lui la sua famiglia…la sua casa, il suo migliore amico.
“KITT è casa mia”
Sean la capì.
KITT, o Dracula come lo chiamavano in città, era l’unico amico che aveva Amy, uno dei tanti con i ricordi.
“Lo troveremo” disse Sean fermandosi e asciugandole gli occhi “te lo prometto”
Amy sorrise appena, ma si sentiva male.
Il dolore delle ferite provocatole da KITT quasi non si sentivano più, ciò che era davvero forte era la morsa allo stomaco.
Sentiva il bisogno di piangere, di sfogarsi e Sean era l’unico che in quel momento la capiva.
Si stava comportando come un vero amico, un fratello…un padre.
Non riuscì a trattenere tutto per molto.
Iniziò a singhiozzare e si strinse a lui che, nonostante fosse preso alla sprovvista, ricambiò la stretta e le accarezzò i capelli.
“Tranquilla” mormorò lui “sei con me adesso”
Amy cercò di darsi una calmata e si asciugò gli occhi, Sean le passò un fazzoletto per aiutarla.
“Scusa”
“Non scusarti” le sorrise lui “sei più coraggiosa di quanto immagini e quello che hai fatto e stai facendo è ammirevole” le prese il volto fra le mani “nessuna ragazza avrebbe il tuo stesso ardire” fece per aggiungere altro ma nel spostare lo sguardo dietro Amy, verso la foresta, aumentò il sorriso “non sei sola”
Amy non capì, si voltò ed osservò nel punto in cui stava guardando Sean.
All’ingresso della foresta c’era un uomo.
Non era tanto alto ed aveva i capelli corti e biondi, un lieve sorriso solcava il suo volto.
Amy lo riconobbe, era il dottor David Gale colui che l’aveva curata mentre era in ospedale.
Al suo fianco…
“KITT…” Amy sgranò gli occhi e senti il cuore mancarle di un battito “KITT!” corse verso l’enorme lupo e si aggrappò al suo collo stringendolo forte.
Lui, per tutta risposta, ricambiò riempiendola di baci.
“Credevo ti avessero catturato, oh KITT, mio solo ed unico KITT” rimase stretta a lui per secondi infiniti, poi si voltò verso il dottore “grazie”
“Figurati, è un lupo socievole” rispose l’uomo “nonostante sia enorme e…quasi umano”
“Si lo è” confermò Amy, tornando a guardare KITT “stai bene?” ed il lupo annuì.
Si frugò all’interno delle tasche della giacca e tirò fuori il foulard rosso di KITT; lo portava sempre a dietro, non lo lasciava mai.
Lo legò attorno al collo del suo amico “Così non ti perderò più di vista” gli diede un bacio sul muso “mi sei mancato”
KITT le diede una musata dolce e lei ricambiò con una carezza.
“Come ha fatto a trovarlo?”
“E’ una storia lunga” rispose il dottore “diciamo che mi è stato riferito dove potevo trovare un lupo gigante amico di una ragazza molto coraggiosa” e con gli occhi fece cenno verso Sean.
Amy si stupì “Glielo hai detto tu? Tu sapevi dove si trovava KITT?”
Sean annuì “Appena sei entrata alla tavola calda ho subito mandato un messaggio a David dicendogli di andare a prenderlo e portarlo qui”
“I-io…grazie…grazie, Sean”
Rivedere KITT fu il più bel regalo della giornata, Sean aveva degli assi nascosti nella mani.
“E Loki?” domandò rivolta più Sean che al dottor Gale, quest’ultimo alzò le mani per segnalare che non sapeva di chi parlassero.
“Per quello devi ringraziare John Wolf” rispose “non ti darà più fastidio”
Amy tremò visibilmente “Non lo avrà…”
“No no, tranquilla, nulla di così esagerato” la rassicurò Sean “diciamo che ha avuto ciò che si meritava”
Amy non volle entrare nel dettaglio ma aveva intenzione di scoprire che fine avesse fatto.
Prima o poi si sarebbe messa ad indagare, per ora aveva in meno solo KITT, Sean e la sua famiglia.
“Grazie ancora, dottor Gale”
“Figurati” sorrise il dottore “sarà meglio che torno all’ospedale, ho lasciato l’infermiera Stacy al comando”
Salutò Sean con un cenno del capo e si addentrò di nuovo nella foresta, in direzione del retro dell’ospedale.
“Andiamo, Amy” incalzò Sean.
Lei scosse la testa “Non lascio KITT da solo”
“Starà bene, fidati di me” le disse “Non posso garantirti che lo vedrai spesso, ma ti assicuro che nessuno lo troverà o gli farà del male, diglielo anche tu” aggiunse rivolto a KITT.
Il Lupo annuì e le diede una musata.
Amy lo strinse forte.
KITT era la sua famiglia, dovergli stare lontano di nuovo sarebbe stata una tortura “Non ti abbandonerò” mormorò all’orecchio del suo amico, per poi lasciarlo andare e osservarlo mentre scompariva all’interno della foresta.
 
*****
 
Passò una settimana.
Sean aveva detto ad Amy di stabilirsi da lui finchè non riusciva a ricongiungersi con la sua famiglia, che ancora non ricordava.
Pur di assicurarsi che tutti stessero bene, nonché per aiutare Sean con le spese, era riuscita a convincere suo zio Devon, o meglio…Sam Claiton, ad assumerla per tenere l’archivio e digitalizzare i documenti in quanto lui era negato con il computer.
Ma stava male…troppo male.
Aveva persino scoperto dove lavorava sua madre, ma non aveva avuto il coraggio di andare a verificare.
Pregò di risolvere tutto al più presto perché la sua pazienza stava già raggiungendo il limite.
Il Dottore non si era fatto vivo e il libro lo aveva lui.
Che gli fosse successo qualcosa?
Che Jareth fosse intervenuto?
Era tutto troppo tranquillo, troppo normale per essere vero.
Giunta la sera, dopo cena, si mise seduta sulla poltrona accanto al divano.
Faceva freddo e teneva una coperta sulle spalle per sentire un po’ di caldo.
Sean era chiuso nel suo studio e stava armeggiando con fogli e oggetti vari.
Per quanto cercasse di essere riservato, parlava abbastanza da farle capire parecchie cose su di lui.
Però non le ascoltava del tutto, perché sapeva che erano ricordi falsi che Jareth aveva creato lanciando la maledizione.
Il perché l’avesse lanciata era ancora un mistero e perché avesse cancellato la memoria di tutti gli abitanti di Storybrooke altrettanto.
Un altro mistero era la sua vera identità, che non poteva scoprire finché non riotteneva il libro
L’unica cosa che dava per certa era l’età di Sean, confermata anche da certi suoi comportamenti.
Aveva l’età di Christopher Lowell, ventisei anni. (*)
Sembrava molto più maturo, non avrebbe mai detto che fosse così giovane.
L’orologio della pendola rintoccò le dieci, Amy lasciò la coperta e decise che era ora di recarsi a letto.
Passò accanto allo studio di Sean e bussò “Buona notte” disse, senza ottenere però risposta.
I primi due giorni ricambiava, poi aveva smesso.
Non la trattava male, non rispondeva alla buona notte e basta.
Passava la maggior parte della notte chiuso nello studio e a volte si udivano dei colpi contro al muro, probabilmente pugni.
Sospirò e poi le scale della casa fino al piano superiore.
Fece per aprire le stanza degli ospiti che era stata allestita solo per lei, ma venne fermata dal rumore di passi veloci che correvano su per le scale.
Sean arrivò su tutto trafelato, i capelli scompigliati e la camicia metà dentro i pantaloni e metà fuori.
Amy si preoccupò “Sean…”
Lui si avvicinò.
La guardava con uno sguardo incantato.
“Sean?”
Lui sembrò accorgersi di quello che stava facendo e si allontanò “Perdonami” disse “perdonami, Amy” e corse nuovamente giù per le scale, chiudendosi dentro allo studio.
“Sean!” Amy lo seguì.
Anche se era una ragazzina, aveva intuito cosa gli aveva preso e forse aveva appena trovato la risposta al perché non le diceva più “buona notte” alla sera.
“Sean, apri” disse bussando alla porta “per favore, aprimi”
Amy udì uno strano suono provenire dalla stanza, seguito da un pugno sulla scrivania.
“Non avevi detto buona notte!?” domandò lui bruscamente.
La ragazza ebbe un tuffo al cuore, ma sapeva che quella reazione era dovuta proprio a ciò che pensava…a ciò che anche lei provava.
Non si perse d’animo, o adesso o mai più.
“Si, l’ho detto” disse “ma non importa più”
“Vedi di fartelo importare e vattene a letto!” urlava Sean, che nel frattempo si metteva le mani nei capelli quasi a volerseli strappare.
Si sentiva stupido e lui odiava essere stupido o essere considerato tale.
Amy non voleva mollare.
C’era differenza di età, ma se funzionava tra Chris e Mina poteva funzionare anche fra di loro.
“Ho detto che non mi importa” ribattè risoluta.
“Perché!?” sbottò lui “perché resti lì fuori? Perché mi tormenti!?”
Amy deglutì “Perché…perché…perché ti amo, Sean”
Silenzio…un silenzio glaciale.
Aveva fatto la frittata e l’aveva pure disfatta.
Poco dopo, la porta dello studio si aprì.
Sean apparve e lo sguardo che aveva avuto pocanzi al piano superiore era ricomparso.
“Che hai detto?” domandò, con tono molto più tranquillo.
“C-che ti amo”
Sean la osservò ancora per lunghi secondi, poi prese il suo volto fra le mani e lo avvicinò al suo.
Le loro labbra si unirono in un lungo, caldo e desiderato bacio.
 
 
(*) Non avendo trovato da nessuna parte riferimenti sull’età reale di Sherlock Holmes (in uno dei libri di Conan Doyle si fa cenno che Holmes, durante un travestimento, ha l’apparente età di 60 anni ma in realtà nessuno l’ha davvero confermata, ovviamente il Sherlock che sto usando io non ha quell’età XD) perciò ho dato sfogo alla mia libera interpretazione ed ho pensato che 26 anni andassero più che bene per 4 motivi
 
1. Certi comportamenti di Sherlock sono adolescenziali
2. Ho visto gente a 26 anni sembrare più anziana (chiedo perdono a chiunque abbia questa età, non voglio offendere, nemmeno io sembro una del 93)
3. Un cervello così sopraffino può averlo tranquillamente un ragazzo di 26 anni
4. A 26 anni si può anche avere un lavoro proprio
 
Questi sono i motivi, se pensate che non vada bene, preferirei che me lo diciate.
 
NB: Minorenne o meno, ho messo apposta la nota di “TEMATICHE DELICATE” in quanto è ovvia la differenza di età e non lì farò arrivare tanto oltre come ho fatto con Evelyn e Lucky Luke (anche di questo nessuno sa la vera età e perciò ho dato sfogo alla mia fantasia).
Vi premetto (avendo già avuto rimostranze da un paio di utenti) che il fatto che una ragazza di 16/17 anni stia con un ventenne (ovviamente consenziente) non è poi così scandaloso.
Mi auguro che, comunque, vi sia piaciuto.
Un bacio ad Evelyn80

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Capitolo 14
*** Il giorno del talent show - parte 1 ***


Ho dimenticato di dirlo nel capitolo precedente:
DAVID GALE sarebbe John Watson della serie Sherlock della BBC.
 
 
Passò un altro mese.
Amy si era ormai abituata alla vita semplice e ordinaria della città senza ricordi e questo le dava un enorme fastidio.
Più di una volta Jareth era venuto nello studio di suo zio Devon e fingeva di essere passato solo per un saluto mentre, in realtà, la controllava e le sorrideva malignamente.
– Ti ho in pugno, mia cara – le aveva mormorato una volta, facendola sentire ancora più infuriata e senza speranze.
Suo zio nemmeno si era accorto e ripeteva sempre la stessa frase “Che uomo eccentrico, ma è un bravo sindaco”
Se solo avesse saputo ciò che gli aveva fatto il suo “bravo sindaco” e come aveva ridotto la loro famiglia.
Togliere ogni ricordo e rifilare un nome diverso ad ogni abitante non era certo un comportamento da bravo sindaco.
Persino Sean era riuscito a capirlo, anche se faticava a crederci del tutto.
La situazione era così assurda che, raggiunto il punto in cui avrebbe potuto dare il la alla sua storia, si bloccava.
Prima o poi avrebbe creduto e i suoi ricordi sarebbero tornati come quelli del Dottore, che ancora non si era fatto vedere ed il libro lo aveva lui.
Per Sean c’era ancora tempo, non voleva che Jareth avesse un appiglio in più per tenerla ferma.
Tra lei e Sean si era creato un legame forte, fatto più di sguardi di intesa che di parole e/o azioni.
Oltre a questo non erano andati e, forse, era meglio così.
Lui diceva che poteva accadere solo se la storia dei ricordi falsi era vera e che, quindi, erano tutti sotto una maledizione e che quando questa si fosse risolta lei sarebbe stata davvero sua.
Quanto sarebbe durata, però, non lo sapevano.
Ma si amavano, quello era certo e Sean era sbalordito nel vedere quanto fosse risoluta e collaborativa.
Lui cercava di darle sostegno più che poteva andando a prenderla al lavoro, portandola a casa e, sotto richiesta esplicita di lei, l’accompagnava alla centrale per fare un saluto al vice sceriffo Lowell e chiedere come stava Mina, che non vedeva da tempo.
Infine, ma non ultimo, per vedere suo padre, lo sceriffo Kostner.
Quest’ultimo era sempre disponibile e si preoccupava per lei nonostante le ferite provocate da KITT si fossero ormai rimarginate, lasciando solo delle piccole strisce rosse.
Quelle attenzioni le riempivano il cuore, ma quando tornava a casa sentiva una parte di sé morire.
Quanto avrebbe voluto abbracciarlo, quanto avrebbe voluto parlare con sua madre invece che osservarla da lontano senza il coraggio di avvicinarsi.
Quanto desiderava sentire suo zio Devon e suo padre discutere e battibeccare, i rimproveri, le risate.
Quanto rivoleva la sua vita!
KITT lo vedeva una volta a settimana e aveva scoperto dove si nascondeva per non essere preso.
Se non ci fosse stato lui si sarebbe sentita ancora più sola.
Quel giorno era soleggiato, un vero miracolo a Storybrooke dove il cielo era perennemente nuvoloso.
Amy stava scansionando e digitalizzando gli ultimi documenti del mese di dicembre dell’anno precedente.
Aveva smesso di leggere cosa ci fosse scritto sopra quasi da subito e si chiedeva come fosse possibile che una maledizione potesse creare tutti quei documenti e quelle storie.
Suo zio Devon, o meglio Sam Claiton, stava trascrivendo alcuni appunti su un blocco note sospirando di tanto in tanto.
Egli guardò l’orologio e si alzò “Amelia, mia cara…” disse con tono di voce amichevole “se hai voglia, per oggi, puoi concludere e tornare a casa ora”
Amy si sbalordì, mancava più di un’ora alla fine della giornata di lavoro “I-io…la ringrazio signor Claiton ma…”
“Niente ma, Amelia” la fermò lui risoluto “è venerdì e tu hai fatto un ottimo lavoro e penso di averti tartassata abbastanza” le ammiccò “oggi puoi concludere prima, andare a casa e sistemarti per stasera”
Lei lo guardò interrogativa “Per stasera?”
“Non sai del talent show?”
Amy fece mente locale ed ebbe un flash.
Sally e Madeline stavano distribuendo volantini il giorno in cui lei era giunta a Storybrooke e parlavano di un talent show, ancora da fissare.
Non vedendole spesso se ne era completamente scordata.
Ma lei che ci andava a fare al talent show? La spettatrice distratta e basta.
Aveva ben altro in mente che uno spettacolo e, vista la notizia appena ricevuta, avrebbe sfruttato quell’occasione per indagare e aiutare gli abitanti.
Probabilmente avrebbe cercato Loki, gliene avrebbe dette quattro e si sarebbe fatta dare le informazioni che voleva.
Non avrebbe coinvolto Sean, lui non doveva per forza fare ogni cosa che lei aveva in mente.
 
“Finisco gli ultimi documenti e vado”
Sam annuì e tornò a scrivere i suoi appunti.
Amy sospirò –Oh, zietto, come vorrei che tu ti ricordassi di me– e con questo pensiero concluse il suo lavoro.
Fece per alzarsi e prendere la giacca, ma la porta si aprì ed entrò Mina “Permesso?”
“Mina!” Amy sorrise, felice di vedere un volto amico “come stai?”
“Bene grazie” ricambiò il sorriso e si voltò verso Sam “buon pomeriggio signor Claiton”
“Buon pomeriggio a te, Mina” salutò cordialmente Sam “procede tutto bene?”
La ragazza annuì “Benissimo, direi che sta molto meglio di me” alludeva al bambino.
Sam ridacchiò “Posso capirti” posò la penna “posso esserti d’aiuto?”
“Non ho bisogno nulla, per ora, volevo solo chiederle una cortesia”
“Qualunque cosa, nei limiti del ragionevole” disse facendo ridere Amy, che sapeva cosa intendeva suo zio quando diceva quel tipo di frase.
Di solito era rivolta a suo padre quando gli domandava i soldi per accedere alle bische clandestine durante le indagini.
“Volevo chiedere se Amy poteva uscire un po’ prima oggi” spiegò Mina “sa…c’è il talent show e ci servirebbe una mano per concludere l’allestimento della sala del municipio”
Sam guardò Amy “Pensi di voler discutere dopo una richiesta del genere?”
Amy sorrise dolcemente a Sam “No, penso proprio di no”
Mina non capì “Ho…detto qualcosa di sbagliato?”
Amy scosse la testa “Mi aveva proposto di uscire prima ed io non volevo, ma ora penso che verrò con te”
“Fantastico” esclamò Mina con occhi illuminati “ti aspetto qui fuori” ed uscì.
Amy recuperò la borsa e la giacca “Lei andrà al talent stasera?”
“Probabilmente farò un giro”
“Allora ci vediamo stasera, signor Claiton”
“Amy…” la fermò lui prima che uscisse “quando comincerai a chiamarmi Sam?” domandò “mi fai sentire vecchio quando mi chiami ‘signor Claiton’”
“Provvederò a farlo” anche se pensava che dare del tu a suo zio in quella situazione fosse del tutto strano “ci vediamo” ed Amy uscì.
Raggiunse Mina, ma la trovò intenta a guardare verso l’ingresso della via opposta a loro.
Jeff era stava appoggiato al muro e fumava una sigaretta, assorto nei suoi pensieri.
Lanciava degli sguardi verso Mina che, tristemente, sorrideva e gli faceva un piccolo cenno con la mano.
Ma lui non si mosse, finì la sigaretta, la gettò a terra spegnendola con il piede e se ne andò.
“Mina…”
“Mi manca Amy” mormorò la ragazza “Arvey è l’unico che ancora mi sta vicino, Jamie e Wayne fanno quello che gli dice Jeff e quindi non mi parlano”
Amy non proferì parola, altrimenti avrebbe lanciato solo delle offese nei confronti di Jeff.
Mise un braccio intorno alle spalle dell’amica e si avviarono verso il municipio, dove Sally e Maddy stavano rispettivamente attaccando il poster del talent show e i nastri colorati ai cornicioni.
“Eccole la le due lumache!” esclamò Madeline “era ora!”
“Colpa mia!” disse Amy “ho finito di archiviare gli ultimi documenti dello scorso anno”
Madeline sbuffò “Che noia, ma non potresti dedicarti a qualcosa di migliore?”
“Tipo suonare una chitarra a forma di ascia?” domandò sarcastica Sally, ricevendo una linguaccia come risposta.
“Sono più pratica come meccanico che non le scartoffie” confessò Amy, sospirando tristemente pensando a sua madre “ma preferisco stare nello studio del signor Claiton, mi sento un po’ a casa”
In realtà si sentiva super a casa, ma non poteva dire loro come stavano le cose.
“Dove possiamo aiutarvi?” domandò Mina, pronta per mettersi all’opera.
“Tu dovevi solo recuperare la miss nascondino che non si fa mai trovare e non risponde ai messaggi!” Disse Maddy rivolta ad Amy.
“E’ capitato una volta sola che non ti rispondessi e sai anche perché”
“Per via di quel damerino in impermeabile” sbuffò la ragazza, attaccando l’ultimo nastro e scendendo dalla scala “sul serio ragazze” aggiunse rivolta anche a Mina “tu il vice sceriffo e te una sottospecie di investigatore privato…vi siete messe d’accordo?”
“Va dentro a far vedere ad Amy cosa deve fare” Sally la prese per le spalle e la spinse dentro alla sala del municipio, sotto lo sguardo divertito delle altre due.
All’interno c’erano due uomini e una donna, tutti intenti a sistemare, pulire e mettere le sedie in file ordinate e alla giusta distanza dal grande palco, su cui era appeso un cartellone azzurro con la scritta oro e rossa –TALENT SHOW–
In un angolo, seduto a giocare con dei lego giganti, c’era un bambino di circa un anno e mezzo e dai boccoli dorati.
“Papà” Sally si avvicinò all’uomo più vicino all’ingresso “abbia recuperato gli aiuti” fece avvicinare Amy “lei è Amy, la ragazza di cui ti ho parlato”
L’uomo sorrise e salutò “E’ un piacere conoscerti, Amy, io sono Ron e lei è mia moglie Katrin” indicò la signora al suo fianco.
“Tanto piacere cara” salutò la donna.
“E lui invece…” aggiunse Sally prendendo il bambino seduto a giocare “è Timothy, il mio fratellino” sorrise al piccolo e gli strofinò il naso facendolo ridacchiare.
“E questo è mio padre” Maddy si avvicinò con il secondo uomo “papà, lei è Amy”
L’uomo, a detta di Amy, era ancora più inquietante di Maddy.
La pelle era talmente bianca da sembrare un lenzuolo appena uscito dal candeggio, aveva capelli bianchi e lunghi fino alle spalle con tanto di barba che gli ricopriva metà del volto.
Un paio di occhialini tondi sulla punta del naso e gli abiti eleganti davano l’aria che fosse un uomo d’affari di grande fama invece che il titolare di un semplice banco dei pegni.
“Ho sentito molto parlare di te” salutò “io sono il signor Gold e sono lieto di conoscere la prima forestiera della nostra città”
“E’ un vero piacere signor Gold”
“Bene” si intromise Sally “presentazioni fatte, ora dobbiamo proseguire” indicò ad Amy dei rotoli di nastro colorato vicino al palco “devi creare dei fiocchi e appenderli sulle tende del palco e sul sostegno dei riflettori”
“Subito”
“E tu…” rivolto a Mina “è meglio se vai a controllare se ci sono iscritti dell’ultimo minuto”
Mina sbuffò “Non sono malata, Sally”
“Sei incinta, è la stessa cosa, su vai!” e la spedì fuori con dei moduli di iscrizione e tornò al lavoro.
 
*************
 
Due ore dopo la sala del municipio era completamente finita e rinata.
Nell’attesa che il talent avesse inizio, era tornata a casa e si era lavata e cambiata.
Sean era ancora al lavoro ma si erano sentiti per telefono e le aveva promesso che quella sera sarebbe stato con lei.
Nel tornare verso la piazza, si era fermata alla tavola calda e vide Wayne dentro al bancone.
“Ciao Amy” salutò lui
“Ciao…non c’è Jamie?”
“E’ a casa, gli ho dato il cambio” si guardò attorno e si avvicinò di più ad Amy “Mina?”
Amy sospirò “Gli mancate…tutti” sottolineò bene l’ultima parola.
Wayne distolse lo sguardo e assunse un aria pensosa.
Poi scosse la testa e tornò a sorridere come se niente fosse “Cosa posso servirti?” domandò “un buon caffè?”
Amy pensò e alla fine annuì optando anche per due ciambelle con la glassa al cioccolato e i canditi sopra, la brioche preferita di suo padre e che avrebbe portato proprio a lui e a Chris, se era presente.
Era una scusa per vederlo prima del talent show.
Wayne la servì “Ecco fatto”
Amy pagò “Tu ci vai al talent show?”
Silenzio alcuni istanti poi Wayne sorrise e ammiccò, lasciandola uscire più sollevata.
Camminò per la strada, osservandosi attorno con aria curiosa.
Non aveva mai dato peso alla bellezza di Storybrooke, era stata troppo intenta a cercare di salvare la sua famiglia invece che alla sua vita.
Si stava lasciando andare.
Ma ormai era cresciuta, la famiglia veniva prima di se stessa e quindi non avrebbe mollato.
Raggiunta la stazione di polizia, venne accolta dalle chiacchiere tra Chris e suo padre.
“Permesso?”
“Ciao, Amy” salutò Chris.
“Amelia” sorrise lo sceriffo Kostner, facendo rabbrividire Amy “qual buon vento?”
Lei deglutì e mostrò il sacchetto delle ciambelle “Merenda” disse “ho pensato potesse essere una buona idea portarvi due ciambelle”
Nessuno dei due se lo fece ripetere due volte e ne presero una a testa.
“Cioccolato e canditi” disse lo sceriffo Kostner “la mia preferita, hai azzeccato”
“Mi fa piacere” –Ti prego ricordati di me– pensò per un breve e vano istante “Ehm…ci vediamo stasera…in giro”
“Va bene, a stasera”
“Posso parlarti un minuto?” intervenne Chris, prendendo Amy e portandola fuori dalla centrale “E’ venuto il signor Hale stamattina”
Amy sgranò gli occhi e deglutì.
Perché era andato alla centrale?
“Stava frugando nei nostri archivi e l’ho sorpreso e dopo di lui è venuto anche il dotto Blue a fare strane domande e farneticare qualcosa” continuò Chris, facendo arrossire Amy e obbligandola a distogliere lo sguardo “Sean ha chiesto anche di Mina”
Amy si sentì stranamente in colpa e avvertì il terreno sotto i suoi piedi sprofondare.
“Non so chi sei, Amy, non so perché sei qui e forse non lo voglio neanche sapere” proseguì Chris “ma da quando sei arrivata, in questa città accadono cose veramente strane e la gente comincia a non essere al sicuro…neanche Mina” Chris era serio, nonché parecchio furioso.
Manteneva, comunque, uno stato di apparente calma e sangue freddo.
“Voglio essere chiaro, Amy…se dovesse accadere di nuovo, sarò costretto ad arrestare Sean e rivolgermi ai servizi sociali…” nella sua voce si poteva percepire delusione e tristezza “cerca di tenere freno a qualunque cosa tu stia facendo, non voglio arrivare a tanto”
Gli occhi di Amy si inumidirono “Si signore”
Chris sospirò “Adesso va, ci vediamo in giro” e rientrò, chiudendosi la porta della centrale alle spalle.

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Capitolo 15
*** Il giorno del talent show - parte 2 ***


Sono orribile, oscena e non ho scusanti per l’enorme ritardo con cui mi ripresento.
Odiatemi pure, ne avete il diritto.
 
 
Amy si allontanò il più velocemente possibile dalla centrale.
Senza volerlo, aveva creato una confusione tale da far insospettire Chris; e pensare che voleva solo aiutare tutti a ricordare chi fossero nella vita reale.
E Sean?
Perché era andato a frugare negli archivi della polizia?
E perché il Dottore era andato a fare domande?
Doveva trovare Sean, doveva parlare con lui subito.
Affrettò il passo ma si ritrovò nella piazza del municipio, che già brulicava di persone nonché di partecipanti che provavano i loro pezzi o camminavano avanti e indietro con fare nervoso.
In lontananza, i genitori di Sally, Sally stessa e Mina stavano finendo di organizzare il talent e iscrivere quelli dell’ultimo minuto.
Sperò di trovare Sean in mezzo a quella massa e, per sua fortuna, non fu così difficile.
Anche voltato di spalle lo riconosceva.
“Sean!” tentò di chiamarlo ma, ovviamente, lui non la sentì.
Stava parlando con qualcuno.
Decise di avvicinarsi, giusto per fargli notare che lei era lì, ma dovette bloccarsi quando vide chi era l’interlocutore.
Stava parlato con il sindaco, con Jareth.
Ebbe un mancamento; che stava facendo? Perché parlava con lui?
Ma quello era il dilemma meno problematico, il più difficile sorse quando Jareth passò una busta chiusa a Sean.
Quest’ultimo la aprì e poi la mise in tasca, cercando di non farsi notare.
Purtroppo per lui, Amy aveva visto molto bene e, cosa peggiore, aveva visto che all’interno della busta vi era del denaro.
Indietreggiò di un passo senza distogliere lo sguardo da Sean, che nel frattempo si allontanava.
Non si accorse neanche di Mina, che si era avvicinata a lei.
La notò dopo esserle finita contro.
“Amy!”
Amy sussultò “Mina!” sospirò di sollievo “mi hai fatto prendere un colpo”
“Faccio così paura?” ridacchiò la bionda “hai deciso per caso di iscriverti?”
“Te l’ho detto…” si voltò un istante per vedere se Sean era ancora in zona, ma era già sparito “…non mi va di iscrivermi” anche Jareth era sparito.
“Va tutto bene?” domandò Mina.
“Si…tutto bene” tornò a guardare l’amica e sorrise.
“Quasi dimenticavo!” esclamò Mina frugando nella tasca della giacca e porgendo ad Amy una foto in bianco a nero.
Un ecografia.
“Hai visto?”
Amy ci mise un attimo a realizzare che si trattava dell’ecografia del bambino di Mina “Oh, Mina, è bellissimo”
“In borsa ne ho tre attaccate agli esami fatti, volevo cecare Chris per fargliele vedere ma non è ancora di arrivato”
Per un attimo ebbe intenzione di impedirle di andare da Chris e parlare con lui, ma avrebbe peggiorato la situazione.
“Vai da lui, dovrebbe essere in centrale”
“Sto raccogliendo le ultime iscrizioni e, comunque, qualcuno mi ha ingaggiata come ‘manager’ questa sera” con lo sguardo indicò Maddy, che si stava esercitando in un angolo con la sua chitarra…a forma di ascia.
Amy ebbe i brividi, la chitarra era stupenda ma inquietante.
“Quando me l’aveva mostrata non credevo fosse reale” mormorò, tornando a guardare la foto che Mina le aveva dato “è così…strano, in senso buono” e poi gliela ridiede indietro.
“A chi lo dici” Mina la mise in tasca “mi hanno detto che con la prossima potremo già vedere se sarà maschio o femmina”
“Non vedo l’ora” sorrise Amy abbracciando l’amica.
Mentre la stringeva, notò un trio di uomini che le osservava.
Era un trio inconfondibile.
Sorrise e mormorò a Mina “C’è qualcuno che ti cerca”
Mina la guardò interrogativa “Chris?” al diniego di Amy si voltò.
Arvey, Jamie e Wayne la salutarono.
“Ragazzi!” corse incontro ai fratelli e li abbracciò forte, lasciandosi stringere a sua volta.
Nel frattempo, tutti i gli abitanti ed i partecipanti entrarono nella sala gande del municipio.
Il talent stava per cominciare.
Amy sospirò sorridendo appena, mentre il quartetto seguiva il resto dei cittadini all’interno della sala grande.
Era felice per Mina che si stava riavvicinando con i fratelli.
Ancora, però, non riusciva a capacitarsi della scena vista poco prima tra Jareth e Sean.
Il colpo di grazia giunse grazie ad un ulteriore fatto di Jareth che teneva le braccia allungato contro al muro e bloccava Sally.
Lei teneva lo sguardo basso e Jareth sembrava guardarla implorante…impotente.
Era strano vederlo senza il suo solito sorriso di scherno.
Sally non era infuriata e nemmeno sul punto di prenderlo a calci; la vide sospirare e pregarlo di lasciarla andare dentro.
Lui eseguì restando solo, almeno così credeva.
Tirò un pugno sul muro con rabbia ed infine entrò nella sala grande, riprendendo il suo solito aspetto arrogante.
La voce del padre di Sally si udiva anche fuori ed annunciava la prima concorrente, una bambina.
Amy non poteva perdere tempo e non poteva nemmeno stare lì impalata.
Doveva andare a trovare Loki.
Fece per andarsene ma si bloccò a metà strada quando udì la musica e la voce della bambina che cantava, accompagnata da un coro di adulti.
Probabilmente suoi parenti
Sgranò gli occhi.
 
Rest now
My warrior
Rest now
Your hardship is over
 
Era una canzone splendida, cantata da un angelo.
Dentro al cuore sentiva di averla già udita tempo addietro…prima di essere trascinata a Storybrooke.
Si sentiva come avvolta da un’improvvisa pace interiore, che le donava calore e gioia.
Sentimenti nascosti ormai da troppo tempo
 
Live
Wake up
Wake up
And let the cloak
Of life
Cling to your bones
Cling to your bones
 
Si ritrovò a mormorare fra se e se “E’ bellissima…”
“E’ la lunga canzone di Akhaten” una voce maschile, alle sue spalle, la fece sobbalzare.
Si voltò di scatto vedendo il Dottore.
“Era la nenia dedicata ad una divinata” spiegò “hanno smesso di cantarla quando scoprirono che in realtà si trattava di un demone parassita” sospirò “la bambina era la regina di quel pianeta...il suo inconscio sta ricordando per lei”
Amy lo ascoltò, rapita da quella storia.
Il Dottore incrociò lo sguardo con quello di lei e le sorrise “Io ti credo, Amelia Knight” disse porgendole il libro, che aveva tirato fuori da sotto la giacca.
Amy lo prese, ignorando momentaneamente la canzone “Lo hai letto tutto?”
Il Dottore annuì “So tutto di te, della tua famiglia e dove vivevate…” sembrò sul punto di dire altro, ma esitò e cambiò discorso “so della maledizione, di come e perché è stata lanciata…” nel parlare di questo argomento, Amy notò che era infastidito; anche a lui non andava giù la situazione in cui Jareth li aveva cacciati.
Infine concluse “…e so perché siamo in pochi a ricordare”
Amy non aveva letto tutto il libro, ma potè immaginare come mai solo pochi abitanti ricordavano.
Quando la canzone finì, partirono gli applausi “Oh bene!” esclamò il Dottore, battendo le mani “penso che andrò a prendermi dello zucchero filato! Adoro lo zucchero filato” disse con tono sognante, superando Amy “ci vediamo…ragazza dei ricordi” ammiccò e corse verso il baracchino dello zucchero filato.
Amy rise, restando alcuni istanti immobile ad osservare il libro.
Era intatto ma mostrava i segni di orecchie dovute all’assidua lettura.
Circa metà vi era un segna libro argento con una scritta dorata
 
–Spero di esseri di aiuto, ragazza dei ricordi–
 
Incuriosita, aprì sulla pagina interessata.
La prima cosa che attirò la sua attenzione fu la fotografia di Sean e del dottor Gale seduti su due poltrone all’interno di un appartamento disordinato e pieno di carte appese ovunque.
Era simile allo studio dove Sean si rinchiudeva la sera per non cadere in tentazione con lei.
Lesse al volo la pagina e per poco non ebbe un mancamento.
Il dottor Gale era John Watson, residente a Londra al 221 B di Baker Street e Sean Hale era…
“Sherlock Holmes…”
Chiuse il libro e lo strinse a se.
Sean hale era Sherlock Holmes…lei viveva con Sherlock Holmes.
Deglutì, doveva trovare Loki e subito!
Nel frattempo era salita sul palco Madeline, che con la sua chitarra-ascia aveva mandato in visibilio il pubblico.
 
…L’autunno è qui
Ma tu non ci sei
E’ in estate il ricordo di te
 
Amy si allontanò, inoltrandosi nella foresta
 
Via dal buio
Oramai son qui
Qui dove mi puoi vedere
 
Anche lei sarebbe uscita dal buio in cui Jareth la stava obbligando, si sarebbe fatta vedere e avrebbe mostrato a tutti cosa era in grado di fare.
Doveva raggiungere la cripta e per farlo sarebbe passata sul retro dell’ospedale.
Nel farlo, però, rimase attratta da qualcosa.
Una figura che si intravedeva da una delle finestre da scantinato.
Si fermò e andò a guardare.
La finestra era di una stanza con le pareti imbottite, una brandina come letto ed un lavandino.
Sulla branda, seduto con le gambe al petto, i piedi nudi ed i capelli spettinati c’era…
“Loki!”
Loki alzò lo sguardo “Ti godi lo spettacolo, ragazzina?”
Amy non capì, cosa ci faceva in una stanza che sembrava simile a quelle dei manicomi?
Poi ebbe un flash.
All’ingresso dell’ospedale c’era un cartello che indicava il reparto psichiatrico della struttura.
Avevano messo Loki nel manicomio.
“Cazzo…” si guardò attorno “devo farti uscire da qui”
“La finestra non si apre più di così” rispose lui “e poi, proprio tu vuoi farmi uscire?” domandò “prima mi fai finire qui dentro e poi cambi idea?”
“Non ti ho fatto finire io qui dentro!” ribattè la ragazza “perché avrei dovuto?”
Loki rise nervosamente “Che faccia tosta, anche il coraggio di negare” si alzò e si avvicinò alla finestra “te ed il tuo amichetto Sean fareste meglio a guardarvi le spalle” le disse “anche se lavorate per Jareth non significa che lui vi risparmierà”
Lavorare per Jareth?
Amy sgranò gli occhi.
Sean stava lavorando per Jareth! E aveva fatto chiudere Loki nel manicomio.
Anche se Loki l’aveva tradita, non avrebbe mai voluto vederlo chiuso in un luogo come quello.
Ecco spiegato perché Jareth l’aveva pagato.
“Ti tirerò fuori da qui, Loki…ti tirerò fuori da qui”
 
 
Le due canzoni che ho citato sono le seguenti:
-Long Song “Rest now”- del Doctor Who stagione 7 episodio 7 “Gli anelli di Akhaten”
-Dove mi puoi vedere- di Adventure Time stagione 7 episodio 36 “La battaglia delle band”

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Capitolo 16
*** Rabbia e ostacoli ***


.Sono senza speranze, imperdonabile e non so cosa dire per questo aggiornamento dopo una vita.

Probabilmente non se la filerà più nessuno, ma vi faccio lo stesso un “dove eravamo rimasti” giusto che se volete riprenderla almeno capite qualcosa...mi spiace.

 

 

RIASSUNTO ULTRA BREVE: Amelia Knight (mia OC) si è ritrovata a Storybrooke a causa di Jareth che ha scagliato la maledizione.
Lei ricorda tutta la sua vita e, come lei, anche KITT e Loki in quanto (lei grazie a KITT) ne sono immuni.
Avevamo lasciato la nostra protagonista con Sean Hale (Sherlock Holmes della BBC) che stavano andando da Cora (Clara Oswald) per aiutare lei e il Dottore a ricordare chi sono veramente.
KITT è sparito, dopo averla attaccata, così come Loki, dopo averla tradita.

Il Dottore alla fine ricorda tutto e vuole aiutare Amy, ma i problemi non sono finiti.

Sean ha qualche patto con Jareth di cui Amy non sa nulla, Loki è stato trovato in una cella di manicomio e Amy ha deciso di aiutarlo.

 

 

 

 

Amy corse a più non posso, cercando di evitare le buche e le radici degli alberi che spuntavano dal terreno.

Dannazione a lei e la sua curiosità; ma perché non si faceva gli affari suoi?

Semplice, rivoleva la sua famiglia e voleva aiutare le persone a ricordare per poter insorgere e prevalere su Jareth.

Per ora poteva contare su poche persone...molto poche.

Poteva contare sul Dottore, su KITT e su Loki, ma avrebbe dovuto liberare quest'ultimo prima.

Corse nel rifugio dove si trovava KITT.

“KITT!” lo chiamò “KITT, presto, aiutami!”

KITT uscì velocemente, ringhiando e pronto ad attaccare chiunque stesse infastidendo Amy.

Invece, la vide sola.

“KITT, dobbiamo liberare Loki!” si fermò e riprese fiato.

KITT scosse la testa, non era intenzionato a farlo.

“Ti prego” implorò Amy “Loki è tra i pochi che possono aiutarci e Jareth lo vuole togliere di mezzo”

KITT la scrutò con occhi da rimprovero.

Anche se Loki gli aveva dato una mano in passato, non significa che ci si possa fidare di lui, viste le problematiche sorte.

“KITT...” ma il lupo scosse la testa “Vorrà dire che farò da sola” sibilò Amy, voltandosi e correndo nella direzione opposta.

KITT non sembrò della stessa opinione di Amy; con un balzo le fu davanti e le bloccò la strada con un ringhio.

Sembrava quasi che le stesse dicendo -Non ti permetterò di avanzare, sono programmato per salvare vite e non mandarle al patibolo-

Amy interpretò così lo sguardo del suo amico.

“Se davvero tieni a me, allora saprai che sto andando a salvare una vita” gli disse “E tu le salvi le vite, vero?”

KITT odiava quando Amy usava il doppio gioco con lui, però ammise che quel discorso non faceva una piega.

Sbuffò e acconsentì di aiutarla.

Raggiunsero l'ospedale.

Non c'era nessuno, erano tutti al talent-show, questo le dava la possibilità di agire senza problemi...più o meno.

Giunti vicino all'ingresso, sussurrò qualcosa all'orecchio di KITT ed indicò la finestra aperta di una delle stanze vuote dell'ospedale.

“KITT, stai attento, ti prego”

Lui, per tutta risposta, le diede un buffetto con il muso e si incamminò verso l'entrata dell'ospedale.

Con un ululato, balzò all'interno ed iniziò a ringhiare e abbaiare facendo spaventare e gridare gli infermieri presenti .

Approfittando del caos creatosi, Amy entrò e raggiunse la porta che dava verso le celle del piccolo manicomio; l'infermiera che doveva restare nel reparto era uscita per controllare cosa stesse accadendo ed era rimasta paralizzata.

Una volta nel corridoio, più calmo rispetto all'atrio, cercò subito con lo sguardo le chiavi delle celle e, non appena le vide, le prese al volo ed iniziò a cercare la cella di suo interesse.

Notò che su tutte quante le porte, una sola possedeva un lucchetto.

-Trovata!- pensò.

Subito cominciò a cercare la chiave giusta per aprire quel dannato lucchetto e quando la trovò si sentì quasi sollevata.

Quando la aprì vide che Loki stava dormendo sulla branda, con la coperta fin sopra la testa.

“Loki, svegliati” lo scrollò “Presto, prima che ci scoprano” Amy volse uno sguardo verso la porta, da cui provenivano le urla degli infermieri.

“Credo che ti abbiano già scoperta”

Amy deglutì e sentì lo stomaco chiudersi.

Quella voce...

La coperta cadde a terra e al posto di Loki c'era Jareth.

Amy fece per indietreggiare, ma andò a sbattere contro qualcun'altro...qualcuno che non credeva di vedere.

“Tutto bene, signor sindaco?” domandò lo sceriffo Kostner, mettendo le mani sulle spalle di Amy e facendo forza per non farla scappare.

-Perché?- pensò Amy -Perché mi fanno questo?-

Jareth rispose con un cenno del capo e si ripulì la giacca dalla polvere.

“Dov'è Loki?” domandò Amy, cercando di dimenarsi “Dov'è!?”

“Non è di tuo interesse” la liquidò Jareth, che si rivolse poi allo sceriffo “Portala via, sai cosa fare”

lo sceriffo annuì, ma Amy inziò a dimenarsi ancora più forte “No! Lasciami!” riuscì a liberarsi “Digli la verità!”

“Ma di che verità parli?” domandò Jareth, con finto tono sorpreso.

“Basta! Smettila di fingere!”esclamò Amy, voltandosi verso lo sceriffo “Tu sei Michael Knight!” gli disse “Lavori per la Fondazione per il rispetto della legge, sei mio padre!” Kostner era talmente sbalordito che non sapeva come reagire, mentre Amy si era aggrappata alla sua giacca e lo guardava con gli occhi lacrimanti “Papà, ti prego, ricordati di me!”

“La porti via, sceriffo”

Kostner era confuso e gli era venuto persino mal di testa, ma obbedì.

Prese Amy per le spalle e fu costretto ad ammanettarla per farla calmare.

Nell'atrio c'era ancora il caos, ma non era quello il peggio.

KITT era steso a terra, con Chris sopra di lui.

Quest'ultimo teneva in mano una pistola per sedare.

“KITT...”

Il lupo stava per addormentarsi sotto l'effetto del sedativo.

“KITT!” Amy tentò di nuovo di dimenarsi, ignorando i pazienti, gli infermieri ed i parenti lì attorno.

C'era persino il dottor Gale, che quel giorno era di turno.

Quando i loro occhi si incrociarono, lui le fece intendere che andava tutto bene.

Ma Amy era accecata dalla rabbia per poterlo realizzare.

“Vi prego, lasciatelo stare!” gridò “Come hai potuto!?” sbraitò rivolta a Chris, che la ignorò e rimise la pistola nella fondina.

Lo sceriffo Kostner si assicurò che la situazione fosse sotto controllo, poi trascinò Amy fuori dall'ospedale e la fece salire in macchina come se fosse una ricercata.

Grazie al caos creato da KITT, tutte le persone al talent-show erano accorso per vedere cosa stesse accadendo.

Tra la folla vi erano anche Mina, Maddy e Sally.

“Amy!” Mina tentò di avvicinarsi, ma venne bloccata da Wayne e Jamie.

Amy non guardò nessuno.

Voleva solo sprofondare nelle viscere della terra.

Sua padre l'aveva appena arrestata e le sue parole non avevano fatto il benché minimo effetto.

E KITT? Che ne sarebbe stato di lui?

Loki? Anche lui era nei guai per colpa sua.

Sean...era infuriata con lui, era intenzionata a concludere ogni rapporto con lui.

Ma aveva bisogno di lui, non sapeva perché o per come ma aveva bisogno di Sean...di Sherlock.

La macchina dello sceriffo stava dirigendosi verso la centrale a sirene spiegate; le manette stringevano e lei non sapeva cosa fare.

Le porte erano bloccate dall'esterno e quindi non poteva aprirle.

Pensò velocemente e trovò una sola soluzione.

Quando lo sceriffo si fermò, attese che le aprisse la portiera e quando scese lo guardò dritto negli occhi a metà fra il rassegnato e la sfida.

“Vorrei allacciarmi la scarpa” disse facendo capire all'uomo che con le manette non era in grado, anche perché l'aveva ammanettata dietro la schiena.

Kostner sospirò e si piegò lui ad allacciarla. Un vero poliziotto non l'avrebbe mai fatto.

Amy trattenne un singhiozzo “Perdonami, papà” mormorò

Non diede il tempo a Kostner di realizzare la frase.

Con velocità, assestò un calcio in pieno volto allo sceriffo e mentre lui cadeva a terra lei iniziò a correre.

Corse come se avesse alle calcagna il diavolo, cercando di evitare tutti gli ostacoli che la strada e la foresta le mettevano davanti.

Le lacrime le appannavano gli occhi, ma lei continuò a correre fino a raggiungere la miniera.

“John!” chiamò a gran voce “John!”

dall'ingresso si intravide la figura di John.

“Amy?” appena lei raggiunse l'entrata, lui la prese al volo “Ma che...?”

Non volle approfondire, ebbe una risposta dalle voci dello sceriffo Kostner e di altri che si stavano avvicinando.

“John, ti prego, aiutami” lo implorò lei.

Dapprima, John osservò le manette ai polsi di Amy, poi la fece mettere dietro di se “Vai al riparo!” ordinò, mentre metteva quella che assomigliava a dinamite intorno all'ingresso.

Poi si allontanò, prendendola al volo mentre correva via e si rifugiava nell'ascensore in fondo al tunnel.

Prese dalla tasca un accendino e lo accese, gettandolo a terra.

Amy si accorse che, oltre alla dinamite, aveva rilasciato una striscia di polvere da sparo.

Una volta nell'ascensore, John si mise sopra di lei per farle da scudo.

Un boato echeggiò per tutta la miniera.

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Capitolo 17
*** La miniera ***


Nell'atterrare Amy, per evitare che venisse colpita dalle pietre, John era stato abbastanza brusco da provocarle delle ferite ai polsi, ancora bloccati dalle manette, nonché una alla testa, che sanguinava di più.

John, senza smettere di tenerla, la scrutò da cima a fondo.

Amy si mise seduta, tossendo a causa della polvere.

Intravide l'entrata della miniera, che ormai era bloccata e impediva l'accesso e l'uscita a chiunque.

“Tutto bene, ragazzina?”

Amy annuì, il respiro affannato.

Non riusciva nemmeno a ringraziare e sentiva solo le lacrime tornare a galla.

“D-devo uscire da qui” mormorò tentando di alzarsi, ma a fatica; le braccia legate dietro la schiena non erano decisamente utili.

John la fermò e, dopo aver guardato come erano fatte, usò tutta la forza in suo possesso per spezzare le catene e dare ad Amy la possibilità di muovere le mani a proprio piacimento.

La prima cosa che fece, fu portarsi la mano destra in fronte; sanguinava.

“Aspetta” John si frugò in tasca e prese quello che avrebbe dovuto essere un fazzoletto e glielo mise addosso per tamponare “Che volevi fare?” domandò lui.

Amy, dopo l'ennesimo gemito, sospirò “Non serve che te lo dica, non mi crederesti”

“Ti ho aiutato, bloccando l'ingresso della miniera” disse lui “Sei una fuggitiva e da quando sei arrivata sta accadendo di tutto, non mi stupirei di nulla”

Amy non rispose e si guardò attorno “Come usciamo da qui?”

John fece lo stesso “Bella domanda”

“Ma tu vivi nelle miniere!” esclamò Amy “Come fa a non sapere da dove si esce?”

“Innanzi tutto, io vivo al Bad and Breakfast di Cora, quindi non nella miniera, secondo, c'è una via d'uscita ma si trova lassù” indicò verso l'alto, dove vi era solo buio pesto.

“Sul serio?” Amy era scettica.

John annuì e, dopo aver chiuso la grata dell'ascensore, azionò la leva e questi iniziò a salire.

A parte il buio, Amy non vedeva altro.

Come poteva esserci una via di uscita lassù?

Ma non ebbe la risposta al suo quesito, anzi! Tutto ciò che ebbe fu un cigolio orribile ed un crack.

L'ascensore si era fermato.

“Che succede?” domandò, mentre John tentava di armeggiare con la leva.

“Si è bloccato” rispose “Non va su ma nemmeno giù”

“Cosa!?” Amy entrò in panico “No, no, no, no! Io devo uscire da qui! Devo ritrovare KITT, devo trovare Loki!” iniziò a fare destra e sinistra alla ricerca di un modo per far ripartire l'ascensore, ma nulla.

Lei era pratica come meccanico e non come manutentore di ascensori, perciò era completamente in alto mare.

“Ehi, ragazzina, adesso calmati” ordinò John, bloccandola per le spalle “Calmati e ascoltami” disse, attenendo che Amy si calmasse e lo guardasse.

Lui sospirò ed indicò di sopra “Vedi lassù? Lì c'è una grata che da sull'esterno, attualmente è coperta con un masso che io stesso ho messo per evitare che quando piove entri acqua” Amy lo ascoltava attentamente “Ascolta...” e si bloccò, facendo in modo che Amy prestasse attenzione.

Si potevano udire le grida delle persone, che accorrevano sul luogo dell'incidente.

 

Allontanatevi!”

 

Era la voce dello sceriffo Kostner.

-Papà...- Amy avvertì lo stomaco chiudersi, ma non sapeva con quale motivazione.

Non sapeva se era perché lui stava lì vicino, ma non sapeva chi lei fosse, oppure perché era appena scappata da lui colpendolo.

Sapeva solo che si sentiva male...molto male.

 

State indietro!”

 

Chris, c'era anche lui.

Le altre voci erano confuse e non riuscivano a distinguerle.

“Ehi!” gridò Amy “Siamo qua sotto! Aiuto!”

John chiuse gli occhi infastidito “Ragazzina, non ti sentiranno”

“In che senso?”

“Ti pare che la pietra faccia trapassare il suono?” domandò “Nessuno ti sentirà, dovrai attendere che liberino il passaggio oppure che riaprano questo”

Amy sgranò gli occhi “E me lo dici soltanto adesso!?” sbottò, iniziando a dare dei colpi al petto di John “Maledetto, disgraziato, antipatico!”

John le bloccò i polsi con forza, facendo comunque attenzione a non farle del male.

“Se questi sono gli insulti migliori che hai nel repertorio, allora taci” le disse “E adesso, sta calma, non serve a nulla agitarsi”

dopo averla fatta calmare, si sedette a terra con fare rassegnato.

“Che stai facendo?” domandò lei

“Aspetto i soccorsi” rispose, come se fosse ovvio “E ti suggerisco di farlo anche tu”

Amy strinse i pugni.

Avrebbe voluto continuare a gridare finché qualcuno non arrivava a prenderli, ma sapeva che era inutile.

KITT non li avrebbe percepiti, in quanto non era più una macchina e tutti gli altri non li avrebbero sentiti.

Si rassegnò e si sedette anche lei, portandosi di nuovo la mano alla testa. Le faceva male.

Guardò verso l'alto.

-Papà...papà ti prego, aiutaci-

 

*****

 

Il caos all'esterno era diventato insostenibile per lo sceriffo ed il suo vice, che avevano recintato con il nastro tutta la zona in modo tale da tenere i curiosi lontano.

Avevano già chiamato i soccorsi e gli unici giunti erano i paramedici, mentre gli altri erano in procinto di arrivare.

“Sceriffo!” una donna, alla guida di un carro attrezzi, era appena arrivata “Se serve sono disponibile anche io”

“Grazie, signora Black” ringraziò Lowell, mentre Kostner si limitava ad annuire e osservarla mentre si parcheggiava.

Nemmeno si accorse di Chris che gli passava una mano davanti agli occhi.

“Sei ancora fra noi?” gli domandò Chris, facendolo finalmente ridestare.

“Scusami, dicevi?” domandò Kostner, sperando che la domanda fosse azzeccata.

“Io non ho detto nulla” sorrise appena Chris, guardando la signora Black scendere dal carro attrezzi per essere pronta ad aiutare in caso di bisogno.

“Penny è molto carina, vero?” domandò Chris a Kostner, ben sapendo quanto quest'ultimo fosse attratto dalla donna.

“Oh, Chris!” Kostner assunse un tono scandalizzato e scandalosamente finto “Non è sicuramente un mio pensiero!”

“Ok, scusami, se lo dici tu” Chris alzò le spalle e tornò ad osservare verso l'ingresso della miniera.

Qualche sassolino stava ancora rotolando giù.

“Dannazione” borbottò Kostner “Ci mancava solo la miniera che crollava”

“Già” confermò Chris, osservando il collega “Bel colpo” riferito al naso di Kostner.

Lui scosse la testa e si asciugò come poteva l'ultimo rivolo di sangue “Lascia perdere, è tosta la ragazza” commentò “Davvero tosta...”

“A che pensi?”

“Non mi sembra una fuori di testa eppure si comporta come se lo fosse” si portò una mano al mento “E' seria e convinta di quello che dice e che fa ed è persino riuscita a tenere a bada Dracula o come diamine lo chiama lei”

“KITT, mi sembra abbia detto così” intervenne in aiuto Chris che, come il compagno, aveva i suoi dubbi “Deve esserci un fondo di verità in quello che dice”

“E' quello che intendo scoprire” disse Kostner “Per ora pare ci sia di mezzo solo il sindaco” ed entrambi si voltarono verso la folla, che si stava allargando per far passare il sindaco.

Jareth avanzò a grandi passi, facendo comunque attenzione ad evitare le pozze di fango.

Si vedeva che odiava stare in quel luogo.

“Che cosa è successo qui?” domandò con tono autoritario.

“Knight è riuscita a fuggire” disse Kostner “Però...”

“Però cosa!?” sbottò Jareth “Avevate un compito ben preciso entrambi e specialmente lei, Kostner!”

lo sceriffo abbassò lo sguardo

“Come avete potuto permettere che accada!?”

“Signor sindaco...” intervenne Chris, venendo però bloccato da Kostner.

“Sono stato io, signore” ammise lo sceriffo “Avrei dovuto sorvegliarla, ma non l'ho fatto come si deve. Merito qualunque decisione lei prenda nei miei confronti”

“Anche nei miei” si intromise di nuovo Chris “Avrei dovuto aiutarlo, invece sono stato al talent per controllare che tutto filasse liscio”

Jareth non ci pensò due volte, quelle dichiarazioni gli bastavano per giustificare ogni suo comportamento “Signor Kostner, signor Lowell, siete entrambi sollevati dal vostro incarico di sceriffo e vi chiedo di presentare il distintivo e le armi in dotazione si da subito”

I due si scambiarono un'occhiata di intesa ed obbedirono, sotto lo sguardo sbalordito dei passanti e dei soccorsi, che nel frattempo erano giunti ed avevano già cominciato il loro lavoro.

Persino Maddy, Sally e Mina erano arrivate, seguite dai fratelli di quest'ultima, e stavano osservando quella scena surreale.

“Da ora...” esclamò a gran voce il sindaco mentre, poco distante, un uomo si avvicinava lentamente “Chi proteggerà la nostra città sarà il signor Iron, da oggi ufficialmente sceriffo!”

mise la stella sul petto dell'uomo e gli passò il distintivo e le armi di dotazione.

Il nuovo sceriffo non disse una parola.

Il suo sguardo era inquietante e aveva l'aria di non essere per niente amichevole.

“Cazzo...” mormorò Aaron Mind, che si trovava vicino a Mina “James come sceriffo...non sarà facile la vita a Storybrooke da oggi in poi”

“Perchè?” domandò Sally

“Perchè è il complice del sindaco” rispose Aaron “Quello che lui ordina, lui esegue”

“Accidenti” Wayne, alle spalle di Mina, si morse il labbro “Non potrebbe andare peggio”

“Beh, potrebbe piovere” disse Arvey come se nulla fosse...anche se era meglio se stava zitto.

Un tuono echeggiò per tutta la città e le gocce iniziarono pian piano a cadere.

“Santo cielo!” esclamò Maddy “Potevi startene zitto, razza di spilungone della malora!?”

“Perchè? Che ho detto?”

Nessuno osò rispondere e se ci fosse stato Jeff lo avrebbe preso a ceffoni.

Non appena la pioggia si fece più intensa, la maggior parte dei cittadini iniziò ad allontanarsi e scappare verso le proprie abitazioni.

Jareth, che non voleva mancare alla riapertura del passaggio, si era riparato sotto al tendone che i soccorritori avevano installato per poter controllare le carte e le zone di accesso e/o rischio crollo.

Dietro di lui il nuovo sceriffo, che lanciava sguardi verso Aaron.

Quest'ultimo sospirò “Andiamo via, ragazzi”

“Non me ne vado finché non avrò la certezza che Amy sta bene” disse Mina risoluta

“Ti stai bagnando tutta e nelle tue condizioni non è l'ideale” gli ricordò Aaron

“Non mi interessa”

“Dagli retta, Mina” disse Christopher, che si era avvicinato “Non puoi restare qui”

Mina osservò i fratelli, Aaron e poi Chris, che prese e la portò un attimo in disparte; il tutto sotto lo sguardo dei fratelli di lei.

“Chris, fammi restare” lo implorò

“Sai che non posso” gli disse “E non te lo dico in qualità di vice sceriffo ma in qualità di uomo con un minimo di buon senso”

Mina abbassò lo sguardo, nascondendo un singhiozzo

“Mina, ascoltami” le prese il volto fra le mani “Amy ti ha parlato di qualcosa di particolare? Un dettaglio o qualcosa riguardante il sindaco?”

Mina pensò, ma non lo venne in mente nulla tranne che il sindaco era un emerito bastardo.

“Capisco, vai a casa adesso”

“Promettimi...” deglutì lei “Promettimi che Amy starà bene e che tu tornerai a casa”

Chris annuì “Te lo prometto” le diede un bacio veloce sulle labbra, poi la lasciò andare

Mina, anche se poco convinta, cedette e tornò a casa.

Chris e lo sceriffo Kostner rimase lì.

“Che facciamo adesso?” domandò Chris, che era intenzionato quanto Kostner a trovare una soluzione “Hai qualche idea?”

Kostner si portò le mani al volto “Una sola...ed è purtroppo l'unica”

 

 

PENNY BLACK: Bonnie Barstow (Supercar)

JAMES IRON: Erik (x-men)

 

Dovevo farli apparire prima o poi XD

 

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Capitolo 18
*** Il piano ***


Salve! rieccomi con il nuovo capitolo e vi comunico che, dopo questo, ne restano solo due e poi FINE.... (*rumori di sottofondo* buuuu, chissene frega! ci hai rotto)
Ok, buona lettura ^_^




Kostner e Lowell si diressero verso l'ospedale, dove il caos regnava ancora sovrano.

Una delle infermiere, la più anziana, si avvicinò ai due con aria minacciosa.

“Avete visto che disastro?” disse, come se Kostner e Lowell fossero i responsabili “Come pensate di risolvere la situazione?” proseguì “Referti medici strappati ed una scatola di medicine andata in frantumi, per non parlare del panico dei pazienti e del personale!”

Gli ex sceriffi si guardarono, ma convennero che dire la verità era l'opzione migliore.

Non avrebbero, comunque, potuto fare nulla senza passare prima dal sindaco e, dato che in quel momento stavano agendo contro di lui, non era proprio il caso.

“Il nuovo sceriffo si occuperà di tutto” disse Chris, mostrando alla donna che nessuno dei due portava il distintivo e la stella.

La donna arrossì di botto, quasi avesse fatto qualcosa di male.

Sospirò e si fece da parte lasciandoli passare, in quanto riconosceva in loro ancora un'autorità.

“Che stiamo cercando?” domandò Chris, vedendo che Kostner si guardava attorno con molta attenzione.

“Lo vedrai appena lo trovo”

Chris sgranò gli occhi, non era la risposta che si aspettava, ma si accontentò.

Alle loro spalle, qualcuno li chiamò

“Sceriffo Kostner?” il dottor Gale si avvicinò “Posso parlarle?”

Kostner era indeciso se ignorarlo o meno, ma optò per ascoltarlo; dopotutto aveva sedato lui Dracula...o KITT, come lo chiamava Amy. Prestargli attenzione era il minimo.

“Ho qualcosa che potrebbe aiutarvi” fece segno ai due di seguirlo ed entrarono nel ripostiglio.

“Te l'hanno mai detto di rimpicciolire le spalle?” domandò Chris a Kostner che occupava molto spazio, nonostante fosse magro.

“Così divento un filo d'erba come te?”

Chris sorrise e poi si misero ad ascoltare il dottor Gale, che stava frugando all'interno di uno scatolone.

Pochi istanti dopo ne estrasse un libro con la scritta dorata.

“La ragazza l'ha perso nel caos e, decisamente, non si è neanche accorta”

Kostner si illuminò e Chris realizzò che era quello che stava cercando.

Iniziò a sfogliarlo avidamente.

“Ho avuto modo di dargli un'occhiata, prima” disse il dottor Gale a Chris “Forse non avrà senso ma...io ci credo, o meglio, sono intenzionato a farlo”

Chris non capì e guardò le pagine che Kostner stava sfogliando, bloccandosi quando intravide una figura del libro molto simile a lui.

“Aspetta!” fermò il collega e prese il libro fra le mani “Ma questo assomiglia a me”

la figura del libro, indipendentemente dalle scritte della pagina a fianco, mostrava Chris vestito come un cowboy che brandiva la pistola contro una nube viola in lontananza, quest'ultima ritratta in un'immagine sottostante a quella di Chris.

Kostner, a quell'affermazione, andò indietro di due pagine e ne mostrò una uguale ma con lui all'interno.

Nella stessa figura vi erano anche una donna, un signore anziano, una macchina e...

“Amelia?” Chris si passò una mano sul volto, convinto di aver visto male.

“Che tu ci creda o no...” Kostner aveva la voce spezzata “Quest'immagine mi crea delle strane sensazioni” chiuse gli occhi per un istante e fece un profondo respiro “Non so se si tratta di uno scherzo o meno, ma sento che questo libro racchiude più di quanto pensiamo e che possiamo scoprire qualcosa solo grazie ad esso”

Il dottor Gale, che aveva ascoltato attentamente, prese parola.

“Ammetto di non capire molto e penso di non volerci neanche entrare, ma credo di sapere chi può aiutarvi” i due lo ascoltarono e il dottore tirò fuori un bigliettino “O meglio, chi già crede a queste cose”

Kostner lo lesse. Era un elenco di quattro persone.

“Lui so dove trovarlo” disse Chris, indicando il nome di Aaron Mind “E' con Mina”

Kostner annuì e poi osservò meglio i nomi “Questo è il tizio che il sindaco mi ha chiesto di portare via poco fa” indicò il nome di Loki “Ma che razza di nome è?”

Il dottor Gale non poté fare a meno di sorridere, poi si permise di sfogliare il libro due pagine dopo quelle raffiguranti Chris.

“Ha lo stesso identico nome di questo tizio” indicò

“Il dio degli inganni e delle malefatte?” Kostner scoppiò a ridere nervosamente “Lo sapevo che quest'idea era una cazzata”

“Che intendi dire?” chiese Chris

“Volevo trovare questo dannato libro per capire come mai Amelia asserisse determinate cose e...e perchè mi sono sentito così strano mentre la portavo via” gli tornò alla mente anche il calcio ricevuto e la sua mano si portò istintivamente sul punto colpito “Ma è talmente assurdo che è per forza di cose inventato!”

“Però, se mi permette, sceriffo” si intromise Gale “A volte le cose più assurde possono rivelarsi la pista più giusta”

“Che dovrei fare?” domandò con tono di sfida Kostner “Andare in giro a dire cose, tipo: Sono Michael Knight e...” si bloccò, avvertendo dentro di se una morsa allo stomaco.

Era come se, pronunciare quel nome, fosse reale.

“Direi che dobbiamo seguire questa pista” convenne Chris “Grazie, dottr Gale”

“Di nulla” sorrise il dottore “Approposito, che cosa era quello scoppio?”

“La miniera è crollata” rispose Kostner, ricomponendosi “Amelia e Wolf sono la dentro”

Il dottor Gale si portò una mano sul volto “Non posso fare nulla, ma se serve sono qui” disse “Chiamatemi”

Kostner annuì e poi, dopo aver notato un pelo nero sul camice bianco del dottore, chiese “Che ne è stato del lupo?”

“Non preoccupatevi per lui” tagliò corto Gale “Se Amy chiede, ditele che sta bene”

I due annuirono, sicuri che Gale si fosse occupato in modo perfetto del lupo senza ucciderlo, poi corsero fuori con il libro e con il foglietto.

“Io vado da Loki e da Sean, tu vai da Aaron e dal dottor Blue, ci vediamo alla tavola calda dei Darwin” ordinò Kostner e Chris annuì.

Si divisero.

Kostner andò alla centrale, dove poco prima aveva chiuso Loki sotto ordine del sindaco, che aveva una certa fretta di farlo sparire dalla cella del manicomio in cui era rinchiuso.

“Loki!” lo chiamò già dall'ingresso.

Una volta dentro prese subito le chiavi e aprì la cella “C'è bisogno di te”

Loki non fece una piega e rimase seduto sulla branda a braccia conserte “E chi mai avrebbe bisogno di me?” domandò con un mezzo sorriso stampato in volto “Non sono stato sballottato abbastanza, per oggi?”

“Amelia ha bisogno di te”

A quelle parole, Loki drizzò le orecchie e prestò attenzione.

“Questo libro...” Kostner glielo mostrò “Sto ancora faticando a crederci, ma la tua presenza potrebbe esserci di aiuto”

Loki si mise in piedi e si avvicinò a Kostner

“Le risposte alle tue domande le hai già trovate, non ti servo io come conferma” disse Loki “O sbaglio?”

“Mi serve il tuo aiuto per Amy” ribadì Kostner “E' chiusa nella miniera che è crollata e se non trovo un modo per togliere di mezzo il sindaco, che pare essere l'artefice di tutto, non saprei più cosa fare”

Loki rise “Devi essere proprio disperato per venire a chiedere aiuto a me” si sistemò la giacca “Ma oggi sono del verso giusto ed ho voglia di ascoltarti, che devo fare?”

“Per ora aiutami a cercare Sean Hale”

“Ah, Sherlock Holmes” disse Loki, facendo sgranare gli occhi allo sceriffo “Lo capirai a tempo debito, su muoviti” e superò Kostner, fermandosi quasi subito e abbassando lo sguardo sui propri piedi...nudi “Non è che avresti un paio di scarpe?”

 

*****

 

Chris bussò alla porta di Aaron Mind con un po' troppo vigore, ma era necessario a far capire la fretta.

Infatti, non ci volle molto prima che si aprisse.

“Christopher, che succede?” domandò Aaron spaesato.

“Mi serve il tuo aiuto”

“Quello che vuoi”

Chris tentò di spiegare del libro e del collegamento che, forse, c'era fra esso ed Amy, nonché il sindaco e tutti loro.

Non era semplice senza il libro davanti, ma ci provò lo stesso.

Per sua fortuna, Aaron sembrava capire.

“Se quello che dice il libro è vero, allora il sindaco dovrà dare parecchie spiegazioni alle persone e davanti alla legge”

“Quale legge?” domandò Chris “Quella del posto da cui pare provenga lui, o quella del posto dove ci troviamo adesso? O peggio! Quella relativa ad ogni luogo da cui pare proveniamo tutti?”

“Bella domanda”

“Chris!” Mina, che Aaron si era offerto di portare temporaneamente a casa sua, apparve dalla cucina e si fiondò fra le sue braccia “Amy sta bene?”

“Stanno ancora lavorando, ma sono sicuro che sta bene” Mina non era convinta, ma se lo fece andare bene lo stesso “Mina, devi fare una cosa per me”

“Che cosa?”

“Vattene, Mina” disse “Non appena liberiamo Amy, tu devi andare via da qui, fuori città, a Boston”

Mina non capiva “C-cosa? N-no, non me ne vado!” ribatté “Non ho intenzione di farlo e poi sai benissimo che accadono incidenti a chi cerca di abbandonare la città”

“Mina...” si intromise Aaron “Christopher ha ragione” disse con tono tranquillo “Se vai fuori città per un po' sarai meno compromessa”

“A me sta bene essere compromessa!” Mina iniziò a lacrimare “Non mi importa quello che dice la gente e non mi importa del sindaco e della sua voglia di allontanarmi dai miei fratelli!” mozzò un singhiozzo “Amy è mia amica e tu...” indicò Chris e si portò una mano al ventre “...tu sei il padre”

Chris restò in silenzio alcuni secondi, poi diede un dolce bacio sulle labbra di Mina “Perdonami” e fece cenno ad Aaron di seguirlo.

Mina, dopo un attimo di smarrimento, realizzò che quel “perdonami” non era affatto un modo per chiedere scusa di quanto appena detto; era un modo per dirle “Guarda che lo farò lo stesso”

“Chris...Chris, no!” ma non venne ascoltata.

La porta si chiuse a chiave e lei rimase dentro.

“Chris!”

 

*****

 

“Sul serio?” domandò Loki osservandosi i piedi, debitamente coperti da un paio di calzini bianchi e da ciabatte di gomma blu adatte per la doccia “Mi hai preso per un bagnino?”

“Ringrazia che avevo queste con me, o saresti rimasto a piedi nudi” sbuffò Kostner

“Forse era meglio” borbottò Loki, mentre raggiunsero la casa di Sean Hale.

Kostner bussò “Signor Hale!? Sono Kostner, apra la porta”

“Hai lo stesso atteggiamento anche con le donne?” domandò sarcastico Loki, ricevendo un'occhiataccia.

Quando la porta si aprì, Sean era vestito con l'impermeabile e la sciarpa.

“Ero sul punto di uscire, ditemi?”

“Ci serve il tuo aiuto”

Sean non sembrava affatto sorpreso “E' per quel libro, vero?” disse indicandolo “Lo immaginavo”

“Se ci dai una mano potremo aiutare Amelia”

“Sai, è sepolta nella miniera” disse Loki, mentre Kostner gli tirò una gomitata.

“Oh lo so, ma so anche che sta bene” disse Sean “Sarà in compagnia di Wolf”

Kostner si insospettì “Come fai a dire che sta bene? Non mi sembra di averti visto nella zona al momento dell'incidente”

“Solo semplice deduzione, caro sceriffo, o meglio...ex sceriffo” si corresse Sean “E le spiego anche come lo so” aggiunse prima che qualcuno facesse altre domande “Visto che erano tutti, o la maggior parte, al talent show e lui...” riferito a Loki “...era sparito, Amy non aveva nessun altro luogo dove andare se non nascondersi alla miniera, che era la più vicina e dove il signor Wolf lavora ogni giorno compresa la domenica”

“E perché non è venuta da te?” domandò Loki ricevendo, stavolta, l'approvazione di Kostner “Forse perché ha visto ciò che hai fatto”

Sean si irrigidì “Non credo che siano affari tuoi”

“Tu dici?” Loki si voltò verso Kostner “Sai che questo individuo ha bloccato la via d'uscita secondaria della miniera?”

Kostner era sconcertato “Tu cosa?”

“Loki, stai zitto” ringhiò Sean, ma Loki non gli diede retta.

“Il sindaco lo ha pagato per chiudere l'unica altra via d'uscita in caso di frana”

“L'ho fatto per Amy!” sbottò Sean “con Wolf so che è al sicuro”

Loki fu sul punto di ribattere, ma Kostner lo superò e bloccò Sean alla parete mettendogli un braccio sulla gola e impedendogli di respirare.

“Sei un traditore!” esclamò “Amelia si fidava di te!”

Sean riuscì a liberarsi ma Kostner, essendo più grosso, riuscì a bloccarlo di nuovo e lo spinse a terra, tentando nuovamente di strangolarlo “Si fidava te! E tu l'hai venduta!”

“Sai ben-nissimo che n-on l'ho fat-to!” biascicò Sean dimenandosi

“Sei morto, Hale!” affermò Kostner

“N-non lo f-arai! N-non ne sei in grad-o!”

“Ho anche i miei giorni no!”

“Sceriffo? Kostner? Qualcuno mi ascolta?” Loki era parecchio spazientito “Ok, non mi lasciate altra scelta” si avvicinò all'ingresso e prese dal porta ombrelli un bastone da passeggio.

Lo impugnò per bene e, con un colpo ben assestato, lo diede in testa a Sean.

Questi si bloccò e Kostner fu costretto a lasciarlo per non cadere anche lui sul pavimento.

“Così va meglio” disse Loki mentre rimetteva il bastone al suo posto “ora avrò la vostra attenzione”

Sean si rimise seduto, con la fronte che sanguinava e un dolore lancinante alla fronte.

“Ma sei impazzito?” domandò Kostner, venendo ignorato.

Loki si inginocchiò all'altezza di Sean e lo guardò dritto negli occhi.

“Anche io sono stato pagato dal sindaco per fermarla e mi sono trovato nella tua stessa e attuale situazione” precisò “Quindi, visto che so molto bene quanto ci tieni a quella ragazzina, devi rimediare aiutandoci non solo a liberarla ma a capire come sconfiggere il sindaco”

Il silenzio che calò nella stanza era glaciale.

Sean era davvero convinto di aver agito per il meglio ma, a quanto pare, non era così.

Venne interrotto dal trillo di un cellulare, quello di Kostner.

“Chris!”

 

Ho recuperato tutti, stiamo andando alla tavola calda”

 

“Perfetto, arrivo anche io” e chiuse la conversazione, rivolgendosi poi ai due “Dobbiamo andare” ordinò “Anche tu” aggiunse rivolto a Sean, che nel frattempo si era rimesso in piedi barcollante.

Uscirono e raggiunsero la tavola calda in silenzio.

Appena entrarono si accorsero di essere gli unici oltre a Chris e gli altri due.

Jamie e Wayne, i fratelli di Mina, erano dietro al bancone e salutarono con un cenno del capo Kostner.

Mentre Loki e Sean si accomodavano, Kostner si avvicinò a Chris al bancone “Problemi?”

“No” rispose lui sorseggiando un caffè e stessa cosa ordinò Kostner “A parte il dottor Blue, che l'ho trovato ad intrattenere i bambini con il ballo della giraffa ubriaca”

Kostner trattenne un risolino.

Dottor Blue andava d'accordo con i bambini e, sicuramente, avrà fatto qualcosa per non farli spaventare dopo il botto.

“Che è successo?” domandò Chris riferito a Sean, che si teneva un fazzoletto premuto in fronte.

“Lascia stare” Kostner bevve il suo caffè e poi andò a sedersi con Chris e gli altri.

“Qualcuno di voi si rende conto che gli unici normali sembrano loro?” domandò Loki, indicando Jamie e Wayne e venendo, come sempre, ignorato.

Kostner prese il libro e lo appoggiò sul tavolo.

“Questo libro...” il dottor Blue si portò le mani alla testa “Come fate ad averlo voi? L'avevo dato ad Amy”

“Come ben sai, Amy è sepolta nella miniera con quel cavernicolo di Wolf” rispose Loki.

Kostner non volle nemmeno tentare di capire i discorsi, non sarebbe riuscito.

Prese parola e disse “Dobbiamo cercare un indizio, qualcosa che ci aiuti a capire come mai tutto quello che succede qui a Storybrooke ed il sindaco sono collegati”

“Guarda che posso risponderti senza bisogno di loro” disse Loki

“Perché non l'hai detto subito?” domandò Chris

“Perché nessuno me lo ha chiesto”

Kostner si portò le mani al volto, maledicendo il dottor Gale ed il fogliettino che gli aveva dato.

“Se ti chiedo quello che sai...” disse Kostner a Loki “...ci dirai anche come far tornare tutto come prima?”

“Mi spiace, ma il rimedio non lo conosco”

“Allora temo che ci sarai di poco aiuto” commentò il dottore “penso di saperne più io di te”

Loki sorrise “Dimostralo, Dottore”

I due si lanciarono uno sguardo di sfida.

Alla fine, il dottor Blue prese la parola.

 

*****

 

Nel frattempo, alla miniera, i lavori proseguivano incessanti.

La pioggia era durata poco e questa fu una fortuna per tutti.

Il terreno si era abbastanza ammorbidito e gli operai stavano già cercando un posto dove scavare per poter entrare senza far crollare tutto.

Jareth se ne stava sotto al gazebo assieme al nuovo sceriffo, James Iron.

“I lavori non finiranno velocemente” disse Jareth “Che spreco di denaro e tutto per una ragazzina insolente e fuori di testa” era evidentemente infastidito e si guardava attorno molto attentamente.

Si morse le labbra e si appoggiò al tavolino portatile, scrivendo qualcosa su un foglio che passò ad Iron.

“Trovami queste persone, arrestale tutte e...” corrucciò ancora di più lo sguardo ed indicò uno dei nomi “Portala fuori città”

 

*****

 

“J-John” Amy tremava ed era gelata.

La miniera non era di certo famosa per il suo calore; faceva decisamente freddo e la temperatura aveva raggiunto gli otto gradi.

Avendo piovuto, le pareti erano umide e questo faceva si che quei pochi gradi sembrassero anche di meno.

John si avvicinò, aprì la felpa e le fece cenno di stringesi a lui.

Quando Amy eseguì lui la richiuse, sentendo il corpo della ragazza rilassarsi un poco.

Le mise una mano alla fronte e si accorse che era calda.

“Ti sta salendo una bella febbre, ragazzina” John la strinse a se, cercando di scaldarla “Cerca di non farmi scherzi, capito?”

Amy non riuscì a ribattere, ma sorrise appena prima di perdere i sensi.

“Ragazzina?” la chiamò John “Accidenti”

John non sapeva che fare.

Non poteva chiamare aiuto e non poteva nemmeno mettersi a gridare come un forsennato.

Non sapeva come farsi sentire.

Si guardò attorno, ma aveva ben poco da utilizzare in quell'ascensore.

“Pensa, pensa, pensa!” mormorò e, non venendogli nulla in mente, tirò un calcio di rabbia alla parete dell'ascensore.

Essa emise un rumore metallico molto forte, che fece vibrare l'intera struttura.

“Vibrazioni” John diede un altro colpo e posò una mano sulle pareti di terra e sassi “Le vibrazioni!”

Tentò di alzarsi, tenendo Amy fra le braccia e facendo non poca fatica “Scusami, ragazzina” le baciò la fronte “Ti farò uscire da qui”

John iniziò a colpire la parete metallica dell'ascensore, creando parecchie vibrazioni e cigolii.

“Resisti, Amy”

 

*****

 

“Ehi!” uno dei vigili del fuoco richiamò l'attenzione dei colleghi “Qui c'è qualcosa!” indicò il sismografo accanto ad un enorme masso.

Tutti accorsero e, i pochi esterni presenti sulla zona, rimasero con il fiato sospeso.

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Capitolo 19
*** Credere ***


“Capite, adesso?” domandò il dottor Blue, sotto lo sguardo stranito di Kostner.

Chris era impassibile, era come se quella storia fosse un semplice racconto per lui.

Il re di Goblin che lancia una maledizione così potente, da colpire tutti quanti, solo perché la ragazza di cui si era innamorato l'aveva sconfitto e non voleva più saperne di lui era talmente in sintonia con il contesto creatosi che poteva anche risultare vera.

Erano tutti d'accordo sul fatto che l'amore portava fare cose strane alle persone, ma quello era esagerato.

Eppure in quel libro c'erano raffigurati tutti loro e le loro storie, il loro passato ed i loro legami.

“L'hai raccontata in modo terribile, ma sì, è proprio quello che è accaduto” confermò Loki.

“Io ci credo” disse Aaron “Questo libro non ha il nome di un autore, o la data di creazione, quindi un fondo di verità deve possederlo”

“Non possiamo basarci su un libro!” ribatté Kostner “E non ho ancora capito come fate a ricordare voi due! O come fa Amy a ricordare queste cose!”

“Io fossi in te non lo ripeterei” disse Loki, rivolto al Dottore.

“Sentite, so che sembra assurdo” riprese il Dottore “Ma se adesso mi portate a fare una TC vi dimostrerò che qui dentro...” si batté la mano sul petto “...sono due”

“Senti...” Chris mise una mano sulla spalla di Kostner “Mi spiace ammetterlo, ma anche io ci credo”

“Ci credo anche io” disse Sean, che fino a quel momento era rimasto in silenzio “Può sembrare strano ma ci tengo ad Amy e, come voi, voglio scoprire qualcosa di più”

“Cinque contro uno” sorrise Loki “Mi spiace, sceriffo, ma deve adattarsi”

“Comunque...” Aaron si mise in mezzo “...penso di aver capito come togliere la maledizione”

tutti lo guardarono

“Questa maledizione è stata creata a causa di un amore non corrisposto, giusto?” disse Aaron “Quindi, visto che abbiamo davanti un libro che racconta una storia dove l'amore ha portato un uomo a commettere un gesto simile, solo un amore lo può spezzare”

“Come nelle favole?” domandò Chris e Aaron annuì.

“Oh, bene, allora andate voi da questa...” Loki lesse al volo la pagina in cui era aperto il libro “...Sarah William e ditele di amare il sindaco”

“Loki, ti sbatto di nuovo in cella” lo ammonì Kostner, rivolgendosi poi ad Aaron “Questa Sarah è uguale a Sally, l'amica di Mina ed Amy, ha sedici anni!”

“Ti vorrei ricordare che Amy, tua figlia secondo il libro, sta con questo damerino” Loki indicò Sean “Non farei troppo lo scandalizzato se fossi in te”

Sean non fece una piega, mentre Chris distolse lo sguardo. Era meglio che non parlava visto che lui aveva messo incinta Mina...che aveva sedici anni.

Mina...si sentiva in colpa per averla lasciata in quel modo, ma non aveva ancora cambiato idea; l'avrebbe portata lui stesso fuori città se necessario.

Non voleva perderla, voleva saperla al sicuro e se per farlo doveva rinunciare a lei e al bambino lo avrebbe fatto.

Loro non dovevano pagare colpe ingiuste.

“Non serve tormentare Sally” li tranquillizzò Aaron “Un gesto d'amore lo si vede anche tra genitore e figlio, fratelli e sorelle o parenti di qualunque genere e non per forza tra due amanti”

“E' assurdo...”

“Questa parola comincia a stancarmi” sbuffò Loki “E' stata nominata così tanto che tra poco l'abolirò dal vocabolario”

“Io crederò solo...solo quando vedrò quella TC” disse Kostner, che neanche ci sperava in un risultato così sconvolgente “Solo allora inizierò ad avere meno dubbi”

“Allora andiamo, vi dimostrerò ogni cosa” il Dottore si alzò “ma non sfruttatemi come cavia ogni volta che vi serve una credenza! O un comodino, o una lampada, un armadio...” il Dottore uscì, seguito da Loki ed i suoi commenti su quanto quell'uomo fosse sciroccato.

Kostner li seguì, mentre Aaron restò indietro con Chris.

“Mina è troppo testarda” commentò Chris “Penso che non si renda conto”

Aaron sospirò “Mina è molto matura per la sua età e con il bambino sembra acquisirne ancora di più” spiegò “Ma è comunque molto giovane, con una vita davanti e con pensieri da...sedicenne?”

“Una vita davanti rovinata da me che non ho prestato attenzione e l'ho messa in quello stato”

“So che tieni a lei e al bambino e so quanto faccia male doverle dire di andarsene” Aaron lo capiva “Ma hai agito e scelto la via più giusta”

“Però è vero che uscire dalla città comporta incidenti inspiegabili” aggiunse Chris “Se le capita qualcosa io...”

Aaron gli appoggiò una mano sulla spalla, facendogli coraggio e lasciando intendere che lui sarebbe intervenuto se ci fosse stato bisogno.

Vennero interrotti dal cellulare di Wayne che squillava.

“Arvey, che c'è?” ….. “Sul serio?”...... “Grazie, fratellino” e riattaccò

“Che succede?” chiese Jamie.

Wayne si rivolse a lui ed anche a Chris e Aaron, che erano ancora lì

“Era Arvey, alla miniera, forse li hanno trovati e li stanno tirando fuori”

“Grazie, Wayne” Chris uscì di corsa, seguito da Aaron “Ragazzi!” richiamò l'attenzione di Kostner e gli altri “Si muove qualcosa alla miniera”

“Ok, muoviamoci!”

fecero per andare, ma vennero tutti bloccati dalla macchina dello sceriffo e da quest'ultimo.

“Sceriffo” Kostner si fece avanti “Alla miniera sta succedendo qualcosa, presto!” ma Iron non lo ascoltò e tirò fuori due paia di manette, più dei pezzi lunghi di corda.

Ad un ad uno iniziò ad ammanettarli.

“Che sta facendo?” Kostner era scandalizzato “Non abbiamo fatto nulla!”

“Siete tutti in arresto per ostacolo alla giustizia, minacce a pubblico ufficiale e provocato allarme” disse Iron, senza batter ciglio.

Per non aggravare la situazione, nessuno si mosse e si lasciarono ammanettare senza fiatare.

“James, non farlo” tentò di intermediare Aaron “Non dare retta a tutto quello che ti dice il sindaco, lo conosci e sai che persona è”

“Sta zitto, Aaron” disse James “Non mi importa nulla se mezza Storybrooke è tua paziente, non prendo ordini da te”

“Ascoltami, James!” Aaron cercava di essere autoritario “Se vuoi davvero aiutare questa città hai il dovere, come sceriffo, di ascoltare le parole dei suoi abitanti per arrivare alla soluzione!”

James fece salire Kostner, Chris e Loki sulla macchina “Se mi dai un buon motivo, potrei anche pensarci”

Il gruppo si scambiò sguardi di intesa ed il Dottore prese la parola.

“Ok, direi che tocca a me parlare” fece un passo avanti, mentre Iron chiudeva la portiera e puntava verso il Dottore la pistola “Voglio solo parlare”

“Fai un altro passo e faccio fuoco!”

“Non lo farai” disse Aaron “Tu sei lo sceriffo e lo sceriffo salva le vite, anche dei criminali”

“Ad ogni modo, piacere” il Dottore riprese la parola “Io sono il Dottore, mi chiamano tutti così e siamo in questa splendida città a causa del sindaco, che in realtà è il re di Goblin ed ha lanciato una maledizione che ci ha cancellato la memoria, creato ricordi falsi e costretti a vivere come degli automi sotto al suo comando e, cosa più importante, ha fatto tutto questo a causa di un amore non corrisposto; perciò, se ci lasci andare, possiamo trovare un vero amore e farlo sbocciare. Oh, quasi dimenticavo, ho due cuori...sorpreso vero?”

James aveva ascoltato quella farneticazione senza capire una parola.

“Tu...tu sei...”

“Pazzo?” domandò il Dottore “Lo so, me lo dicono spesso...a parte lui, ovviamente” disse riferito ad Aaron.

“E vi aspettate che me la beva?”

Aaron scosse la testa “No, ma è stato comunque utile”

“Che vuoi dire?”

“Dottore, quanto avranno di vantaggio?” domandò Aaron al Dottore, che alzò le spalle.

“Non ho l'orologio, odio gli orologi, ma ad occhio e croce avranno circa tre minuti di vantaggio”

Colto da un intuito, James si voltò verso l'auto e si accorse che la portiera di dietro a quella del guidatore era aperta e l'auto vuota.

“Maledetti!” si rivoltò verso Aaron e il Dottore...ma non c'erano più “Ma che ca...?” colto alla sprovvista e dalla rabbia, cacciò un grido liberatorio e salì in macchina e sgommò.

Nel frattempo, in un vicolo che finiva nella foresta, Kostner e gli altri tre stavano correndo verso la miniera.

Chris, aveva un coltellino svizzero nella tasca di dietro dei pantaloni e, essendo lui legato con la corda, era riuscito a liberarsi ed aveva fatto lo stesso con Loki e Kostner; quest'ultimo aveva, invece, rubato le chiavi di scorta delle manette.

“Il sindaco doveva avere molta fretta quando vi ha sbattuto fuori” commentò Loki.

Kostner sorrise appena e raggiunsero la miniera nel minor tempo possibile.

Nessuno dei tre si ricordava un giorno in cui avessero corso così tanto.

Una volta giunti, si accorsero che i lavori erano quasi conclusi.

Con l'aiuto di Penny Black e l'escavatore, erano riusciti a spostare l'enorme masso che Sean aveva fatto finire sulla grata di accesso secondario.

Notarono, anche, che il sindaco sembrava infastidito da ciò.

“Amelia...” Mormorò Kostner, con l'intenzione di avvicinarsi; sentiva di doverlo fare.

Ma Sean lo fermò “Aspetta, se vai adesso comprometti tutto”

Kostner obbedì e attese.

Il masso venne spostato e la grata aperta.

Uno dei vigili del fuoco scese all'interno della galleria. Il silenzio calò in tutto il circondato.

Dopo qualche secondo gli ingranaggi si mossero e lo tirarono su.

Reggeva fra le braccia Amy, svenuta.

“Ora” disse Sean a Kostner, che corse verso Amy sotto lo sguardo sbalordito del sindaco.

Jareth, infatti, si infuriò.

“Che sta facendo, Kostner!?” sbraitò, avvicinandosi all'uomo con fare minaccioso “Lei dovrebbe essere in arresto!”

“Non mi tocchi!” ringhiò Kostner, vedendo che il sindaco stava per allungare le mani “Lei non ha alcun potere su di me”

Jareth si bloccò e sentì un mancamento.

Che stava succedendo? Perché aveva detto quella frase?

Amelia...era di sicuro lei l'artefice di tutto.

Con il suo arrivo a Storybrooke aveva scombussolato le vite di tutti e Jareth aveva il timore che la gente iniziasse a “svegliarsi”.

Se qualcuno spezzava la maledizione lui era il primo a restare fregato e sentiva che mancava molto poco a quel momento.

Ma perchè non aveva fermato i lavori? Perchè era rimasto a guardare mentre le tiravano su?

Avrebbe dovuto bloccare tutto e lasciarla marcire nella miniera.

C'era solo una cosa che poteva fare per evitare problemi.

Non disse più nulla e lasciò che Kostner si avvicinasse ad Amy, allontanandosi poi in direzione della città.

Nel contempo avevano aiutato anche Wolf ad uscire dal buco ed anche lui si era avvicinato ad Amy.

“Sceriffo” salutò velocemente, rivolgendosi poi ai paramedici che erano giunti in soccorso “E' svenuta circa un quarto d'ora fa”

il paramedico segnò ogni parola che Wolf diceva e poi si dedicarono a lui, che non aveva nulla in quanto abituato ad ogni ostacolo della miniera.

Accadde tutto a rallentatore, Kostner era stanco e voleva solo capire di più di quella situazione.

Amy fu trasportata in ospedale a tutta velocità e lui la seguì.

 

*****

 

Jareth camminava con passo felpato e si guardava attorno con il terrore di essere seguito.

Per un attimo, ma solo per un attimo, si pentì amaramente di aver lanciato una maledizione del genere, ma ormai era tardi per rimediare.

Nel momento stesso che gli abitanti della città si fossero svegliati, lui aveva il patibolo assicurato...o come minimo la prigione.

Poteva starsene nel suo castello, prendere a calci i goblin e tormentare le vittime che intendevano sfidarlo.

Avrebbe potuto vivere molto meglio di così; invece aveva preferito vendicarsi di un amore non corrisposto e quello era il risultato.

Il rancore e la morsa allo stomaco non erano mai andati via e stessa cosa l'amore che provava per quella maledetta Sarah.

Perché? Perché non lo ricambiava?

Ad ogni modo, era meglio per lui correre ai ripari; era per questo che si stava recando al banco dei pegni.

Quando entrò, al bancone trovò Maddy che tamburellava nervosamente le dita e sbuffava.

La chitarra a forma di ascia se ne stava in un angolo e lei la osservava attentamente.

Appena si rese conto della presenza del sindaco, si mise subito sull'attenti come un soldatino “Signor sindaco, buongiorno” sorrise forzatamente “Come posso esserle utile?”

“Sto cercando una cosa importante” rispose secco Jareth “Dov'è tuo padre?”

“Ehm...”

“Signor sindaco” il signor Gold uscì dal retro del negozio “quale onore, cosa posso fare per lei?”

“Mi serve” disse semplicemente, senza specificare ne cosa e ne perché.

Gold ci pensò un attimo, poi si portò le mani al volto e spalancò la bocca “Ma, signor sindaco, se vi serve qualcosa potete chiederlo tranquillamente, non è il caso di ricorrere a tanto”

“Ho detto che mi serve” ribadì con tono glaciale il sindaco, costringendo Gold ad eseguire i suoi ordini.

Andò nel retro e tornò poco dopo con una scatola, che porse a Jareth “Spero che i vostri problemi si risolvano, caro sindaco”

“Me lo auguro” disse Jareth “Me lo auguro molto fermamente”

fece per andarsene, ma si fermò quando la porta del negozio si spalancò all'improvviso e Sally fece il suo ingresso.

“Amy, alla miniera, l'hanno tirata fuori!” esclamò a gran voce, felice di dare la notizia a Maddy.

“Sul serio!?” Maddy sembrò più sollevata, ma rimase immobile nel vedere Sally impietrita a causa del sindaco.

Sally deglutì “S-signor sindaco” salutò educatamente.

Jareth, invece che schernirla come al suo solito, aveva cambiato espressione.

Sembrava quasi...felice di vederla.

“Sally...”

Sally avvertì lo stomaco chiudersi; da quando la chiamava per nome?

Jareth si ricompose, ma iniziò a parlare con un tono di voce fin troppo anomalo “Ho bisogno che tu venga con me nella foresta” disse rivolto a Sally “per favore” aggiunse, lasciando Sally senza parole e Maddy sul punto di svenire.

Sally non sapeva cosa rispondere, ma visto il tono con cui le aveva parlato non era in grado di dire di no.

Doveva essere davvero urgente e...disperato?

“O-ok, va bene...signore” rispose Sally lanciando un'occhiata a Maddy, che alzò le spalle in segno di “Non guardare me, non so niente”.

I due uscirono fuori e si incamminarono.

“Signore, cosa devo fare?”

Jareth sospirò “Credere, Sally” rispose “Solamente credere”

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Capitolo 20
*** Magia ***


FINE! Stop, nisba, nada, ultimo capitolo (con la promessa che farò un seguito...non so quando però)

Buona lettura.

Evelyn80 sappi che ti voglio bene, non uccidermi

 

 

 

 

Giunti all'ospedale, Kostner avvertiva una morsa allo stomaco mescolata con la testa che girava.

Era tutto così confuso.

Mentre attendeva che Amy venisse visitata, se ne stava davanti all'ingresso e cercava di respirare a pieni polmoni l'aria.

“Non temere” lo confortava Chris “Amy ha la pelle dura, starà bene”

“Ha ragione” confermò Sean

“Confermo anche io...più o meno” affermò Loki.

Kostner era grato a tutti e tre.

Nel frattempo, nella sua mente frullavano mille pensieri e mille domande.

Da quando era giunta in quella città, Amy era riuscita ad avere dei seguaci senza nemmeno accorgersene.

Se così tante persone erano intenzionate ad aiutarla, forse era tutto vero.

Era vero che il sindaco aveva lanciato una maledizione, era vero che i loro ricordi erano falsi e, automaticamente, anche che lui era il padre di Amy.

Ma perchè non se lo ricordava? E perchè al solo pensiero sentiva il cuore accelerare?

“Ehi! Voi!” il dottore, seguito da Aaron, arrivò di corsa vicino al gruppo.

“Alla buon ora” commentò Loki “Che fine avevate fatto?”

“Ho le prove che mi avevi chiesto” disse il dottore, mentre Aaron porgeva il suo cellulare a Kostner “E' stato umiliante”

“Disse colui che si è quasi levato i pantaloni” rise Aaron

Kostner non li ascoltò e guardò le uniche due foto che erano state fatte.

Il dottore si era sottoposto ad una TC e, per non inficiare sul materiale ospedaliero, avevano semplicemente scattato delle foto.

Si vedeva perfettamente il dettaglio che volevano: due cuori.

“Al momento pare che uno di loro stia dormendo e quindi farà parecchio male quando si riprenderà” il dottore rabbrividì al solo pensiero.

Vennero interrotti da un'infermiera, che era uscita apposta per avvisare Kostner che Amy stava bene e poteva entrare.

“Scusatemi” Kostner entrò, seguito da Loki e da Sean.

Chris e gli altri rimasero fuori “E' questo che si prova quando un figlio sta male?” mormorò, senza accorgersi che l'aveva sentito.

Aaron gli mise una mano sulla spalla e stessa cosa fece il dottore.

“Non sarò un dottore...o meglio, lo sono ma non nel vero senso della parola” aggiunse facendolo sorridere “Non sono nemmeno uno strizza cervelli, senza offesa Aaron, ma credimi se ti dico che quello che provi è il sentimento più vero e più puro che un essere umano possa provare” sorrise amichevolmente.

“Vedrai che andrà tutto bene” confermò Aaron.

“Mina...” Chris deglutì “Dannazione l'abbiamo lasciata chiusa in casa”

Aaron frugò nelle tasche e tirò fuori le chiavi di casa “Forza, corri”

Chris obbedì e corse via.

Aaron sorrise e poi sospirò “Che giornata, sembra non finire mai”

“A chi lo dici” disse il Dottore, incrociando le braccia al petto “E adesso? Che si fa?”

“Dobbiamo solo attendere” rispose Aaron “Ho la sensazione che stia per succedere qualcosa.

 

*****

 

Kostner stava sulla soglia della porta e faticava ad entrare.

Amy era sdraiata, dormiva e parlava nel sonno.

“Papà...” chiamava “Mamma...KITT...”

Era le febbre? Delirava? O stava nominando persone reali?

La terza opzione era quella vera e adesso lo sapeva.

Si avvicinò alla ragazza lentamente.

Perchè faceva fatica? Che gli stava succedendo?

Quando le fu accanto, le prese la mano fra le sue e sorrise appena.

“Amelia...Amy...” non sapeva come dirlo, non era facile “Dio, che sto facendo?”

Si sentiva un idiota; meno male che era da solo in quella stanza e nessuno lo sentiva se diceva cose assurde.

Alla fine dovette prendere tutto il coraggio che aveva per poter dire quelle maledettissime tre parole che, di sicuro, gli avrebbero cambiato la vita per sempre.

“Io ti credo”

Dopo un attimo di esitazione, si chinò e diede un bacio sulla fronte ad Amy.

Tutto ciò che sentì fu un'onda di energia, che balzò fuori dal suo petto e si diradò ovunque.

 

*****

 

Jareth aveva raggiunto il centro esatto della foresta.

In un piccolo spiazzo, si ergeva un pozzo. Era vecchio e sembrava sul punto di crollare al minimo soffio di vento.

Jareth aprì la scatola e tirò fuori una boccetta color viola scuro e prese anche un medaglione con le punte rivolte verso il basso.

Quel medaglione gli aveva procurato non pochi problemi, ma grazie ad esso avrebbe ottenuto quello che gli serviva per vivere in pace.

La magia.

E Sally, lei doveva essere presente; voleva dimostrarle che stava facendo tutto per lei ancora una volta.

“Che cosa è?” chiese Sally alle sue spalle.

“Questa è...” Jareth si bloccò all'improvviso.

Avvertì una strana energia trapassargli il petto e, probabilmente, anche Sally l'aveva avvertita.

Rimase zitto un istante, senza capire cosa fosse successo.

Ottenne risposta solo quando Sally indietreggiò di un passo, mentre lo guardava ad occhi spalancati.

“Tu...” disse sentendo il respiro mancarle “Tu...io...che diavolo ci faccio qui?”

Jareth ci mise un po' a realizzare, alla fine si rese conto che qualcuno aveva spezzato la maledizione.

Qualcuno aveva usato il vero amore e la maledizione era stata spezzata.

Quanti altri tipi di amore esistevano? Perché Jareth non ne era a conoscenza?

Forse perché non sapeva davvero cosa fosse l'amore e quello che aveva provato e provava ancora per Sarah era la sua “prima volta”.

“Sarah...”

“Jareth” lei tentò di apparire minacciosa, ma era spaventata e non capiva come mai fosse lì “Che cosa hai fatto?”

Lui cambiò subito tono ed espressione “Nulla di cui tu debba preoccuparti, cara la mia Sarah Williams” disse cercando di apparire tranquillo “Voglio solo che tu osservi quello che farò molto attentamente e che ti resti bene impresso nella mente che lo sto facendo solo per te, mia preziosa”

Sarah non capì e si avvicinò al pozzo.

Quando vide Jareth prendere la boccetta e aprirla, avvertì una morsa allo stomaco “Jareth...non farlo”

“Devo farlo, mia cara” disse lui “Questo è il solo modo per ottenere ciò che voglio e per vivere in pace” versò il contenuto della boccetta nel pozzo e, nel giro di poco, un enorme nube violacea si levò nel cielo.

La stessa nube che Sarah aveva visto arrivare tempo prima.

“Che cosa è?” domandò, temendo il peggio.

“Te l'ho detto, mia preziosa, è il mio biglietto per la tranquillità” rispose lui e, vedendo che Sarah non era convinta, aggiunse “Magia”

 

*****

 

Aaron gridò e si accasciò a terra con le mani sulla testa.

“No, no!” il Dottore lo soccorse “Dannazione, Aaron”

“Aaaargh” gridò ancora “Charles!” esclamò “Charles Xavier!”

In lontananza si udì un altro grido “Chaaaaaarles!”

Charles riconobbe quella voce “Erik!”

*****

 

Loki osservò il caos dell'ospedale e si accorse che quell'onda aveva fatto un bel putiferio.

Tutti iniziavano a dare e dire nomi diversi da quelli che fino a poco prima avevano dato e detto.

“Ci è voluto parecchio” commentò, lieto di sentirsi meno solo in quel posto di matti “Tutto bene, tu?” domandò rivolto a Sean.

Quest'ultimo stava fissando il vuoto.

All'inizio sorrideva appena, alla fine il suo sorriso si tramutò in una risata “Holmes!” esclamò “Il mio nome è Sherlock Holmes!”

Loki non fu l'unico ad udire quel nome.

Dietro di loro, apparve il dottor Gale “Sherlock...”

Sherlock si voltò, senza smettere di sorridere “Ben ritrovato...Watson”

 

*****

 

Chris si fermò a metà strada e lo fece con una tale inchiodata da inciampare e finire steso a terra.

“Ma cosa...?” scosse la testa.

Lucky Luke...si ricordava, ricordava ogni cosa.

Chiuse gli occhi, la sua testa sembrava scoppiare.

Lucky Luke, i Dalton...Evelyn.

“Evelyn!” ricordò anche cosa stava facendo e si alzò, riprendendo a correre.

 

*****

 

Giunta al suo garage, Penny parcheggiò il suo pick up e scese.

Ma fece pochi passi, prima di rimanere immobile con la testa che scoppiava.

“Oddio...” fu l'unica parola che uscì dalle sue labbra.

Si guardò attorno smarrita, nonostante quel luogo lo conoscesse bene.

In lontananza, qualcuno si stava avvicinando.

Per lei fu quasi uno shock “Devon...”

Anche a lui era capitato lo stesso e la guardò come mai aveva guardato qualcuno prima “Bonnie...”

 

*****

 

Un piccolo grido sfuggì dalle sue labbra, mentre le sue mani si premevano contro la testa con l'intenzione di far sparire il caos che si era appena creato.

“Ma che diamine...?” la ragazza si guardò attorno “Dove...? Simon...Simon!”

dal retro apparve il signor Gold, che guardò Maddy ad occhi sgranati.

“Marceline...”

 

*****

 

“Jareth!” Sarah tentò di fermarlo, ma inutilmente.

La nube stava pian piano scendendo.

“Non temere, Sarah” la rassicurò Jareth “Nessuno si farà male, te lo prometto”

Sarah tentò di coprirsi il volto con le braccia.

Nel giro di pochi minuti, la nube sorvolò l'intera città di Storybrooke e ricoprì ogni cosa, senza dare il tempo agli abitanti di difendersi o realizzare quanto accaduto poco prima.

Qualcuno indicava la nube, altri si misero direttamente a terra e si coprirono il volto.

Tentavano tutti di ripararsi da qualcosa che, ricordarono, solo una volta avevano visto in tutta la loro vita.

Storybrooke venne sommersa e, per un attimo, l'intera città smise di respirare

 

FINE

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